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ARCHIVIO

della Società 'Romana di Storia 'Tatria.

ARCHIVIO

DELLA

SOCIETÀ ROMANA DI STORIA PATRIA

Volume VI.

In ^ma: presso la Società.

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Forzani e C, tipografi del Senato

INDICE GENERALE

delle materie contenute nei quattro fascicoli del sesto volume.

MUNTZ K. L- FROTHINGHAM A. L. (jun.) // Tesoro della ba- sili cn di S. Pietro in ì'aticavo dal XIII al XV secolo coti una scella d'inventari inediti Pag. i

CUGNONI G. Appendice al Commento della Vita di Agostino

Chigi il Magnifico (continua) 139

G. TOMASSF.TTl. Della Campagna Romana nel Medio Evo

(continuazione) lyj

LANCIANI R. Il Codice luir.keKiniano .XXX, cS'9 contenente f rammenti di una descrixjone di Roma del secolo XVI (con- tinua) 225

Varietà 241

Bibliografia 249

Periodici 255

CANTARELLI LUIGI L'Imperatore Maioriano (Saggio

critico) 261

RAVIOLI C. Le Guerre dei Sette Anni sotto Clemente VII, l'assalto, presa e sacco di Roma, l'assedio e la perdita di Firenze, dall'anno MDXXIII al MDXXXI sui documenti ufficiali . .303

vili Indice

LANCIANI R. // Codice harheriniauo XXX, S9, contenente jrammeuii di una descrizione di Roma del secolo XVI (conti- nuazione e fine) 445

CUGNONI G. Appendice al Commento della Vita di Agostino

Chigi il Magnifico (continuazione e fine) i97

Varietà 54i

Periodici 553

IL TESORO

DELLA BASILICA DI S. PIETRO IN VATICANO

dal XIII al XV secolo

con una scelta d'inventarii inediti

y/rjj/'L tesoro della basilica di S. Pietro presenta un'im- *^ Ini portanza assai maggiore, che se fosse una semplice ^^^:^;: collezione di relique; tanti illustri Sovrani, tanti pre- lati distinti, tanti generosi fedeli vollero offrirgli memorie della loro munificenza o della loro pietà; che, percorrendo la lista dei loro doni, dei quali i più antichi rimontano al regno di Costantino, vediamo svolgersi gli annali stessi dell'arte e del lusso, dal trionfo del Cristianesimo fino ai nostri giorni, I più ricchi tessuti vi si alternano coi capi- lavori dell'oreficeria e della scultura in avorio; i mano- scritti miniati mostransi accanto a cristalli di rocca, smalti e mosaici portabiH; qui ammiriamo un paUio d'altare di- pinto dal Giotto, più oltre la croce offerta nel vi secolo dall'imperatore Giustino, o la famosa dalmatica imperiale (i). Se non fossero le tante crudeli ed irrimediabili mutilazioni,

(i) Oggi sappiamo che questo magnifico parato, attribuito per molto tempo al pontificato di Leone III, data realmente dalla fine del XII o dal principio del xiii secolo. Vedi il canonico BocK, Ges- clnchte der lilurgischen Gewànder des Mittelalters, Bonn, 1859-1871, t. I, pag. 201, e Die Kleinodien des heil. ròmischen Reiches deutscher Natioii, Vienna, 1864, pag. 95-110.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. i

E. €Munt-{ e oA. L. Jrothingham

il tesoro di S. Pietro formerebbe oggi un museo impa- reggiabile. Insistiamo sopra la parola museo ; difatti, mercè il loro continuo uso nelle cerimonie della basilica, le opere d'arte del tesoro dovettero esercitare una considerevole influenza sul gusto del popolo romano.

Il tesoro di S. Pietro rimonta, come abbiam detto, al tempo stesso di Costantino. Il Lìbcr Pontificaìis una lunga lista di candelabri, calici, ampolle, patene, vasi d'oro e d'argento offerti al santuario dal primo imperatore cri- stiano (i). I successori di Costantino sul trono imperiale non furono meno generosi. Fra i loro doni merita spe- ciale menzione la croce d'oro a rilievo, offerta da Giu- stino e conservata fino ai nostri giorni (2). I sovrani d'oltr'Alpe si sforzarono anch'essi di gareggiare in ma- gnificenza colla Corte Bizantina: Clodoveo, Teodorico, Carlomagno, tutti i principi infine, i quali si resero famosi nella storia, arricchirono a gara la basilica di doni preziosis- simi, come dire oggetti d'oreficeria, tessuti, ecc. Carlomagno si segnalò, come tutti sanno, col dono di un crocifisso in argento, e di tavole, anch'esse in argento, sulle quali erano incise delle vedute di città o dei mappamondi (3). Sarebbe superfluo aggiungere che i Papi superarono queste prove di pietà o di liberalità prodigate da ogni parte d'Eu-

(i) In Vita S. Silvestri.

(2) Riprodotta nell'opera: Die Klcìnodim dcs hnil. romischen Reiches deutscber Nation, pi. XX, pag. 111-114.

(3) Vedi per questi vari doni : Panvinio, De praecipuis urìrìs Roinae saiictioribiisque basilicis, qiias septem ecclesias vulgo vocant, 'Rom.a., 1570, pag. 39 e seg.; P. Ugonio, Historia delle Stationi di Roma, Roma, 1588, pag. IDI e segg. ; Severano, Memorie sacre delle sette chiese di Roma, Roma, 1630, t. I, pag. 64 e seg.; Torrìgio, Le sacre grotte vaticane, Roma, 1639, passim; De Angelis, Descriptio Vaticanae Basilicae veteris et novae, Roma, 1643, pag. 25, 50 e passim; Borgia, Vaticana Con- fessio beati Petri, Roma, 1776, passim; Mignanti, /^/orm della sacro- santa patriarcale Basilica Vaticana, Roma, 1867, t. I, pag. 189 e se- guenti, ecc.

// Tesoro della 'Basilica di S. T^ietro

ropa alla basilica del principe degli Apostoli : fin dal tempo del pontificato di Celestino I (422-432) è difficile il re- gistrare le innumerevoli opere, preziose per il materiale e per il lavoro, colle quali essi si piacquero arricchirla.

S'ignorano le vicende del tesoro di S. Pietro in mezzo alle calamità che, dal v secolo in poi, piombarono cosi spesso suir Eterna Città. Solo sappiamo che sotto Sergio II, neir 84^, i Saraceni s'impadronirono della basilica e ne saccheggiarono il tesoro (i). Quanti oggetti storici, quanti capilavori d'arte dovettero essere perduti in questa occa- sione! La liberalità di Leone IV riparò in gran parte a queste sventure, ma non v'ha dubbio che gli sconvolgi- menti del Medio Evo recassero di frequente danno ad una collezione che ha veramente attraversato tutte le prove immaginabili.

I doni dei fedeli contribuirono anche spesso a colmare le lacune fatte nel tesoro: Pietro Mallio il quale scrisse la sua descrizione di S. Pietro sotto il pontificato di Ales- sandro III (11 59-1 181), c'insegna chei fedeli, allorché vi- sitavano la confessione del principe degli apostoli, offirivano di consuetudine vestimenti sacri ed ornati preziosi dei quali la quarta parte riveniva di diritto ai canonici della Basilica ed i tre quarti al Pontefice (2).

Nel XIII secolo i doni fatti da Bonifazio Vili alla cat-

(i) Vedi varie testimonianze riguardanti questo sacco in Borgia, Confessio Beati Pelri, pag. Lxii.

(2) Descriptio Valiamae. hasilicae- veteris et novac Edizione. De An- gelis, pag. 131. Roma, 1644. Dt; consuetudine Confessionis Altaris Beati Pdri. « Haec sunt qnae Dominus Papa de consuetudine recepturus est ab illis, qui eunt ad confessionem beati Petri, prò tribus partibus: canonici vero prò quarta parte. In primis Planetas, Camisos, Dalmaticas, Tunicas, Aniictas, Stolas, Manipulas, Cingulas, crucem, Turibulurn, Anulum au- reuni, qui sit aptus ad cantandum Missam; libros et alia rasa, quae ad officium altaris spectant: candelabra, tualias (sic) frisatas, et operatas, quae totum Altare colligant, sine frisio tantum; frisatas vero parvas, vel magnas », etc.

E. Qj[funti e (yl. L. Jrothingham

tedrale di Anagni, la quale ha potuto conservare fino ai nostri giorni questi ricordi si preziosi (i), permettono di giudicare della ricchezza e della varietà di quelli offerti dal medesimo pontefice a S. Pietro di Roma. Ogni traccia degli accrescimenti fatti in quel tempo al tesoro della ba- silica non si è però perduta ; la sala del Capitolo contiene ancora il pallio d'altare dipinto dal Giotto per il cardinale Giacomo Caetani Stefaneschi, mentre la biblioteca va su- perba d'un codice le cui miniature furono per molto tertipo attribuite al medesimo artista.

È appena necessario l'osservare che il tesoro pontificio è sempre stato separato da quello della basilica: l'inven- tario redatto nel 1295, al momento della creazione di Bo- nifacio Vili, si riferisce alle collezioni della Santa Sede e non a quelle del Capitolo, delle quali i canonici di S. Pietro possono considerarsi come gli usufruttuari (2). L'istesso deve dirsi dell'inventario redatto nel 1304, alla morte di Benedetto XI (3). Questa circostanza spiega come il te- soro di S. Pietro sia restato a Roma, mentre quello dei Papi fu trasferito ad Avignone.

Durante il soggiorno della Corte Pontificia in Francia, il tesoro della basilica non sembra aver ricevuto aumenti importanti. Solo noteremo il dono fatto nel 1330 dalla

(i) Vedi Exposiiion religieuse de Rome, 1870; Antiquìtès chrctiennes photographiées par M. Ch. Simklli, cataloguées et décrites par Mgr, X. Barbier de Montault, Roma, 1870, nn. 91, 94, loi, 115, 118, 121, 142 e segg.

(2) La Bibliothèque de l'Ecoli des Charles sta ora pubblicando il testo completo di questo pregevole documento, da una copia con- servata nella Biblioteca Nazionale di Parigi (il manoscritto originale trovasi negli Archivi della Santa Sede).

(3) [MCCCIIII tam Romae quam Penisii]. Hoc est inventarium thesauri Romanae Ecclesiae fuit factum de tempore dominorum Bonifatii et Benedicti summoriun pontificum.... P. Gallet ri. Del vestarario della Santa Romana Chiesa, Roma, 1758, pag. 58-76.

// Tesoro della 'basilica di S. 'Pietro 5

contessa Costanza Anguillara di tre grandi cortine di seta (i) e l'acquisto d'un antifonario, in una delle cui miniature vedesi Cristo in trono sotto il quale stanno sei donatori. Questo volume e dell'anno 1337, come lo prova la se- guente iscrizione: « Ego pbr Guillermus màgn Bernardi de lo Gypso scripsi et illuminavi hoc opus prò basilica principis apostolorum de Urbe anno domini i}}'], V indictione » (2). Lo scisma che segui la « captività di Babilonia » non era neanche adatto a flivoreggiare lo sviluppo delle col- lezioni vaticane. Tutt'al più possiamo registrare per questo periodo il dono o il lascito di alcune stoffe preziose; ar- ricchendosi notevolmente il tesoro coi vestimenti sacri dei cardinali seppeUiti a S. Pietro. Fra le profiinazioni onde ebbe a soffrire in questi tempi la basilica devesi special- mente citare quella commessa nel 141 3 dalle barbare orde di Ladislao.

I « censuali » degH anni 1403 e seguenti ci provano che in questo periodo agitato il Capitolo non neglesse nulla per tutelare i suoi diritti, e per aumentare i suoi mezzi. Lo vediamo affittare a pittori o ad orefici delle botteghe istallate nell'atrio della basilica e destinate al com- mercio dei «volti santi», delle medaglie di divozione, dei rosari ed altri simili oggetti che i pellegrini solevano ri-

(i) ff Reliquit siipradìcte hasilice tres cortinas tiiagnas siricalas, et •voliiit et mandavit qiiod appendantiir Ui dieta basilica aiiiiiiatim in festa Cor- poris Domini nostri Ihesu Oiristi». (Archivio del Capitolo di S. Pietro, libro dei benefattori, fol. i24-v°).

(2) Grimaldi, De SS. Sudario, fol. 138-v". Un altro codice miniato della medesima raccolta, che contiene le Messe àtW Annunciata e di 5. Giorgio, la vita del medesimo Santo scritta da J. C. Stefanesclii,ecc., è stato descritto dai signori Crowe e Cavalcaselle nella loro Storia della pittura in Italia, t. ii, pag. 351 (ed. tedesca): venne anche de- scritto \\€iVIndex IJhrorum MSS. Arch. Bas. S. Petri a ci. v. L. Hol- stenio digestus; Cancellieri, De Sec, pag. 920: k lacchi de Stefanescis Diaconi Cardinalis, de miraculis et martyrio Sancii Georgii Martvris, miniatus iiianu lotti pictoris cxiinii ».

E. oMiinti e oA. L. froihingham

portare nella loro patria, come ricordi della Città Eterna (i). Queste rendite giovarono più d'una volta alle collezioni che formavano il tesoro, collezioni il cui mantenimento era alquanto oneroso.

(i) (Ex censualibus Capituli Vaticani, 140^-14^)).

« Die penultima Januarii 140^ per mantis Petri Palili a .Paiono pletore, a Palutio Bellohomo et a Lello de lo Monte, prò parte restae ter- tiae solutionis locormn ad vendendnm ymagines in porthico Pontificum.

Die XXIV Februarii dicti anni recepimus a Palutio Bellohomo pletore prò parte nltimae restae tertiae solutionis locorum ad vendendnm ymagines fior. Ili (Idem).

1404. Die IV Fehr. 1404 recepimus per manus Lclli dello Monte a Lello Cecchi Sahhe pletore f. xx.

140^. Minutius aurifex tenetur prò censii suae vineae ad portavi Viri- dariam positae, ah anno 1^8^ ad annum 1401 inclusive, ad rat. per annum f. XL, lib. XXIIII.

Apotheca sub navi musajca (la « Navicella » di Giotto) locata est lohanni Carboni aurificidie xiujiiUi anni [uccc]L\xxxvnu, pretio annat.

f. VIII.

140J. Loca paliariorum et pictorum existentium in portieu Pontificum: imprimis recepimus a Palutio Bellotno et sotiis siiis pietoribus prò medie- tate pensionis locorum ad vendenduni ymagines prò pretio florenorum xxxvi, in summa due. xii (Censitali, 1407, f. 2-v°).

In Paradiso discoperto : a magistro lohaniie Adami prò suo banco,

b. VITI.

Ab Antonio Lclli Philippi aurifice prò suo banco f. xiiii.

A Petro Philippi aurifice prò suo banco f. xiiii.

Recepimus a Niceodemo aurifice prò suo banco b. x.

Recepimus a magistro Theotonieo aurifice prò medietate pensionis apotheeae dimidii anni sibi locatae die xv mensis Aprilis anni [mJcccciii, pretio annatim fior. v....

Pro actatione domus cum sigito clavium 140'/ solviinus Ceccho Ve- rigutio et Gabrieli suo sotio prò quatuor diebus qui laboraverunt in dicto domo ad rat. prò quolibet s. xx, in summa libr. viii.

Die xvii Mail 140"/ solvimus Ceccho Virigutii et sotio prò uno ponlello posilo in domo cum signo biccherii de Parocia S. Marinae de

Virgariis f. vini.

Die XV lunii 140J solvimus, quando ivimus ad casale piscis cum magistro Juvannola et suo sotio cum certis aliis magistris et aliis hominibus

I

// Tesoro della basilica di S. Ttelro 7

La pacificazione della Chiesa ed il ristabilimento del potere pontificio nella Capitale del mondo cristiano apri- rono pel tesoro di S. Pietro una nuova era di sviluppo e

ad detnonstrandum dictum casale quantum posset ibi expendi ut comode possent ibi laboratores stare, in pane, vino et carnibus s. xxv. (?)

Die XXIII dicti mensis solvimus Allo Vistione de Fantino prò pie- tura duariim armarum pictarum in domo, sire Apoleca posila in canale pontis Sancii Petri grossum i.

V decenibris 140J solvimus cuidam pictori prò /adendo depingi arma in domo noviter relieta Basilicae nostrae per quamdam Margaritam sit. in parochia Sancii Panialeonìs bon. vi.

Die XXI Jan. 140J solviìnus magistro Paulo muratori prò tribns dietis positis in domo dominae Petrutiae ad rat. per dietam s. xxiii, in summa Jìor. 7. (?)

I40<^. Die V apr. 140C) locavimns loca ymaginariorum deporticu Ponti- ficuìi! infrascriptis sex personis, videlicet: Palutio Bellomo, Lello dello Monte, Petro Paulo Paloni, Lutio Pauli Bruni, Johanni Mathei, et Lello Nutii Gori pictoribus, prò uno anno....

A Jacobello Nelloni aurifice recepinius prò suo banco gross. 11.

A Laurentio aurifice boi. iii.

A Cola Lelli Philippi aurifice, boi. v.

A Petro Cola Philippi aurifice, boi. v.

A Paulo Lelli Philippi aurifice, boi. v.

140Q ; V sep. Recepimus a magistro Paulo muratore prò parte pen- sionis domus cum signo rosarum, boi. xiiii.

Die xxiii mail 140^ Ceccho Herigutii et Joanni Paulo ejusfratri, qui reparaverunt teda domorum q'" episcopi Firmani, videlicet prò duabus operìs in summa S. xl.

Die xxvii augusti 140^ magistro Tome et Johanni Paulo fratri Cecchi Herigulii prò eorum salario de quatuor operis positis in repara- tione domus antedidiC (cum signo tenailarum), ad rationem prò qualibet opera boi. xii, in summa b. XLViii.

Ultima die didi mensis et anni solvimus magistro Paulo muratori prò tribus operis pontiì in reparatione tedorum domus cum signo Rocchae de platea saiicti Tetri, in parochia sancii Gregorii de Cortina, ad rationem prò qualibet opera boi. xiiii, in summa boi. xlii.

Solvimus magistro Stefano sciavo aurifici, qui fecit nostra cande- labra majora, videlicet prò parte sui salarvi, ut patet in bastardello dic- torum caiidelabrorum, in compensationem vili ducatorum auri, in summa rubla mi.

E. Stinti e qA. L. Jrothingham

di prosperità. Papa Martino V (1417-1431), per dare alla basilica una prova della sua venerazione, le fece omaggio della rosa d'oro. Fra brgve, sotto il regno di Eugenio IV, nel 1430, il ricchissimo lascito del cardinale Giordano Orsini aumentò il tesoro considerevolmente: la biblioteca lasciata da questo prelato era specialmente l'ammirazione dei con- temporanei (i). Queste liberalità furono sfortunatamente contrappesate dagli atti di vandalismo avvenuti durante il lungo soggiorno di Eugenio IV a Firenze (2).

Verso la metà del xv secolo, oltre i ricchi e preziosi gioielli offerti dai papi, devonsi citare le pitture ed i mo- saici lasciati al tesoro dal cardinale Bessarione (3) ; il « missale », il « breviario » e gli ornati sacri lasciati dal- l'arcidiacono Martino de Roa (4); il pluviale di drappo d'oro donato nel 1474 dal card. Filiberto Ugonetti (5) e quello di damaschino dato da Angelo di Crapanicha, ve- scovo di Palestrina (-]- 1478) (6^); la a pianeta cum dalma- tica, et tnincella pulcherrima auri intertexti brocati cum orna- menti » : e le « due planete de serico et duo altaris para-

141^. Unimn palatiuin dirutum magnum, quodfuH ohm domini Jobannis de Malpihis, locatum fiiit Macào aurifici (Censuale, 141 5).

Medieias domus, jtincta cum. alia medietate Lutii pictoris, locata fuit Dante de Florentia, ejus vita durante, die v niensis octobris anni mille 412, quam- promisit raedificare de solariis, hostiis et tectis, et de om- nibus aliis necessariis... snis suniptibus et expensis, annua pensione due. un et una libra piperis in festo S. Lucine. Solvit camerarris a. Mccccxii.

(i) V. Cancellieri, De Secretariis basilicae Vaticanae, pag. 906-914.

(2) Vedi specialmente il Bullarium Vaticanum, t. II, pag. 89 e seg.

(3) Les Arts à la Cour des Papes, t. II, pag. 298.

(4) Ibid., l. Ili, pag. 261, 267, 268.

(5) 1474. 2S giugno. « Philibertus Ugumcti cardinalis.... donavit nostre basilice unum pulcherrimum pluviale de drapo aureo rubeo ». Libro dei benefattori, fol. 90.

(6) 1478. f « Angelus de Crapanicha, episcopus prenestìnus S. R. Eccl. Cardinalis.... qui donavit nostre basilice unum pluviale de damaschino brochatum auro et pulcherrimum », ih., fol. 92.

// Tesoro della 'basilica di S. T^ietro 9

menta », lasciati dalla regina di Cipro nel 1487 (i). Dob- biamo anche far menzione in questo secolo del lascito di quattro planetae piiìchrae fatto da Neìhis de Bononia, fa- miìiaris domìni nostri Nicolai P. P. V. (2) I canonici, da parte loro, non trascurarono verun mezzo per aumentare od abbellire questa rara collezione.

A cagione delle ripetute prove da essa sofferte, fra le quali è da segnalarsi specialmente il sacco di Roma nel 1527 (3), in conseguenza anche dei cambiamenti nel gusto, i quali fecero sacrificare tante opere pregevoH, il tesoro di S. Pietro non racchiude oggi che un piccolo numero di antichi oggetti storici. Ce ne possiamo accertare percor- rendo il catalogo fatto da monsignor Barbierde Montault (4).

Ciò rende anche più interessante il cercare di ristabi- lire un insieme che era nel passato cosi brillante, e che ha nella storia dell'arte un posto cosi riguardevole. Gli elementi di cui si dispone per questo lavoro sono nume- rosi; oltre il Liber Pontificalis, varie cronache romane, la descrizione della basilica di Pietro Mallio (5), si dovrebbe far uso degli inventari, dei Hbri delle spese, e del libro dei benefattori della basilica, documenti i quali trovansi tutti negli Archivi del Capitolo. Malgrado lo spoglio che ne fecero Grimaldi nel xvi-xvii secolo, e Cancellieri nel xviii, in maggior parte questi documenti sono ancora inediti (6).

(i) Libro dei benefattori, fol. 99. Vedi Dionisio, Sacrarum Vati- canae Basilicae cryptariiiu. .monunienta. Roma, 1773.

(2) Libro dei benefattori, fol. 161, e Cancellieri, de Sccretariis, t. II, pag. 869.

(3) Vedi ToRRiGio, Sacre grotte vaticane, pag. 255-259 e le Ricerche intorno ai lavori archeologici di Giacomo Grimaldi, Firenze, 1881, pag. 49 e segg.

(4) Les Souterrains et le Trésor de Saint Pierre à Rome. Rome, 1866.

(5) Descriptio Vaticanae hasilicae veteris et novae, ed. De Angelis, Roma, 1644,

(6) De Secretariis Basilicae Vaticanae: Indices reliquiarum Basilicae

IO E. <£Milnti e Q^i. L. Jrothingham

Lasciando da parte i registri delle spese ed il libro dei benefattori, ci applicheremo al presente a riprodurre quattro inventari, dei quali il primo appartiene al xiv secolo, gli altri tre al xv. Da questi documenti si vedrà quanta sia stata, a quest' epoca, la ricchezza del tesoro in ornati d'ogni genere.

Faremo precedere questi quattro inventari da un estratto del Libro dei benefattori della basilica, relativo ai doni di Bonifacio Vili: questo estratto, poco conosciuto, quan- tunque abbia già avuto gli onori della stampa, si collega così intimamente alla storia del tesoro che ci parve im- possibile di trascurarlo in questa occasione.

Infine dobbiamo rendere omaggio alla memoria del compianto cardinale Borromeo, arciprete della basilica, mercè la cui benevolenza ci fu possibile consultare gli Archivi del Capitolo, ed anche rivolgere i nostri ringrazia- menti al dottissimo archivista D. Pietro Wenzel, la cui gen- tilezza ci ha aiutato, singolarmente nelle nostre ricerche.

Eugenio Muntz

A. L. FrOTHINGHAM Jun.

Vaticanae db Alpharano adornati, t. iv, pag. 1 659-1 666. Elenchus Rc- liqiiiariim Basìlicae Vaiicanac a lacoho Grimaldo conUxtus novis acces- sionihus locHplòtatus, ibid., pag. 1 667-1 696. Lychnuchi Pensihs aliaqiie donarla aurea et argentea Principi Jpostoloruin dicata, ibid., p. 175 3-1 759.

// Tesoro della basilica di S. Tietro ii

Libro dei Bette/attori della Basilica di S. Pietro [1294-1303]

[f. i44-v°] In nomine domini Amen. Anno ejusdem MCCCIII, III" Indictionc mensis Octobris. Obiit sancte memorie dominus Bonifatius Papa Vili, natione Campanus, de Civitate Anagnie, de domo Gaytanorum, magnarnm scientie et eloquentie, qui oh magnam devotionem quam hahuit ad islam Sacrosanctam Ba- silicam, ciijus ante fiierat Canonicus, liberaliter donavit ipsi Basilice....

Item unum calicem aureum ad usum Sancte Marie de Can- cellis, ponderis qiiinque marcharum.

Item imam crucem cum pede de argento pulcerimc (sic) operis ad smaltos, ponderis LVII marcharum cum dimidia.

Item unum pluviale nobilissimum de opere Cyprensi ad ymagines cum aurifrigio Anglicano ad perlas.

Item unam dalmaticam nobilissimam de opere Cyprensi cum gramicis ad figuras cum perlis

Hic etiam instituii tres beneficiatos ultra numerum triginta institutum per sancte memorie doniinum Nicol aum papam ter- tium per qnos volnit perpetuis temporibus dici missas ad al- tare Santi Bonifatii prò anima sua, juxta quod altare, quod fecit innovari et etiam consecrari, fecit construi et erigi sepul- chrum suuni, in quo requiescit; supra quod altare, et juxta ipsum fecit erigi cappellani insignem, cancellis ferreis circum- datam... Ad cujus cappelle altaris et ministrorum usum do- navit hec, que sequuntur :

In primis unum par bacilium de argento: quatuor calices cum patenis, duas cruces de argento, unam de dyaspro, et unam de cristallo: tria paria candelabrornm de argento, et unum par de dyaspro cum apparatu de argento et gemmis ; duas na- viculas de argento: unam pissidem de argento deauratam prò

12 E. oMunti e oA. L. Jrothingham

hostiis: unum collatorium de argento perforatum, qiiatuor paria ampullarum de argento, quorum unum par est deanratmn.

Item tria thuribula de argento quorum duo sunt deaiirata : et sunt in eis due teste de argento ponderis predictarum CXIIII marcharum unciarum iiii et quartorum Hi.

Item imam coronam de ebure cum duodecim ystoriis novi testamenti valde pretiosam.

Item undecim planetas diversorum coi or uni de scyamito, panno tartarico, et dyaspro.

Item duo pìuvialia de dyaspro et panno tartarico.

Item sex doxalia diversorum coìorum, quorum tria sunt de opere Cyprensi nobilissima.

Item deceni et septem pannos integros diversorum coìorum de opere Lucano.

Item quinque aurifrigia, quorum tria sunt de opere Cy- prensi, et unum est de opere Anglicano, et unum est ad smaldos (sic) habens figuras sanctorum integras, nobilissimum.

Item quatuor camixos (sic) de cortina cum pectorallbus et gramicis (sic) de opere Cyprensi.

Item septem amictos cum aurifrigiis de opere Cyprensi.

Item tres stolas et tria manualia de opere Cyprensi.

Item septem cingala de serico.

Item duo paria corporalium cum domibus de opere cypressino.

Item unum missale pulchrum.

Item unum breviarium pulchrum notatuin in duobus volu- minibus.

Item unum graduale notatum parvi voluminis.

Item viginti tobaleas tam sericas (sic), quani operis Ala- manici.

Item tria superpellicia de vimpa {i), et cortina.

Item duo articularia de opere ad arcum.

Item hic cum in nocte festi beati Petri ex incuria mansiona- ri) Ducange: « Vimpa, pannus scilicet lineus ex quo conficiebantiir vimpae, seu pepla iitiilienuii».

// Tesoro della T^asilica di S. dietro i3

riorum ignis consiimpsisset tcctnm et quicqiiid hcdificii lignei erat i?i campanili a siimnio usque deorsum. Et propter quod campane corrmntes in terram confracte fuissent, celeriter ipsum campanile in hedificiis ligneis reparari et innovavi melins so- lito. Et campanas sex fieri de novo fecit optimas duplicati pon- derisi et plnris quam prioris (sic) extitissent.

Qui etiani super alia bona que nostre Basilice fecit non

contenta in libro hoc mandavit de camera nostra perpetuis

temporibus in anniversario suo duodecim florenos expendi inter

canonicos, beneficiatos, et clericos chori distribuendos secimdum

.tenorem in licteris (sic) sua bulla bullatis contentum (i).

[f. 35-r°] [13^1].

Incipit Inventarium omnium et singiilorum dossalium, paramentorum,pliivialium sacristie Basillice Prin- cipis Apostoloriim de Urbe. (2)

In primis unum dossale magniim, quod vulgariter dicitur Constantini, ornatum perlis et auro cum ymaginibus et cru- cibus mire piilchritudinis prò altari majori.

Item unum dossale prò dicto altari majori^ ornatum perlis

(i) Martirologio ossia Libro dei benefattori, fol. 144-145. Cf. Ru- BEVS. Bonifacìtis Vili efaniilia Caietanonim, princìpum romanorum, pon- tifex. Roma, 1651, pag. '^42 e segg.

(2) I canonici di S. Pietro, come se avessero il presentimento del prossimo ritorno della Papazia a Roma e del ristabilimento, anche momentaneo, della tranquillità pubblica, fecero redarre l'in- ventario qui riprodotto quasi alla vigilia dell'elezione di Urbano V, il primo dei papi Avignonesi che tentò seriamente di tornare all'Eterna Città. Il soggiorno d'Urbano V sulle sponde del Tevere (13 67- 13 70) divenne il segnale d'importanti lavori intrapresi tanto al Vaticano quanto al Laterano. La Chronique des Arts et de la Curiosile (22 mag- gio 1880) ha pubblicato la lista degli artisti i quali lavorarono nel 1369, insieme al Giottino, a Giovanni da Milano, ed a Giovanni ed Angelo Taddei, a decorare due Cappelle situate nel Vaticano. Possediamo inoltre il dettaglio dei lavori eseguiti nella « pescheria » del giar- dino pontificio: « ij6^, VII novemhris. Die eadem ftieruiit ibidem soluti

14 E. QMiinl-{ e (lA. L. Jrothingham

ad fipiras qnatuor grifonum in medio ejiis, qiiod dicitiir dos- sale Bonifatii, valde pnlchrum.

Item aliud dossale prò dicto altari majori de catassamito (i) celestino (sic) coloris ornatiim de auro ad figuras, videlicet in medio ejns est ystoria assumptionis cimi XIIII angelis magnis, et perlis in circuitu, et qnatuor evangelistis, et ah nna parte est ystoria annnntiationis nat. Domini, quando beata Virgo visitavit beatam Helisabet, etystoria magornm cumstellisper totum deanro.

Item unum aliud dossale prò dicto altari de syndone vio- lato, ornatum de novem ymaginibus, videlicet, cimi nostra domina in medio et a dextris ejiis sanctus Paiilus, sanctus Ste- pbanus Rex Ungarie, sanctus Erricus Diix Ungarie et san- ctus Lodoycus, et a sinistris sanctus Petrus et sanctus Ladislaus Rex Ungarie, sancta Helisabet filia Regis Ungarie, et sancta Margarita filia Regis Ungarie, ami spicis aureis duplicatis inter ipsas ymagines et in circuitu una vitis de auro in sindone ruheo ciim rosis aureis.

Item unum aliud dossale prò dicto altari majori de ca- tassamito celestini coloris cum XXIIII grifonìhns et diiodecim vitibus de auro inter ipsos et cimi UH"'' ymaginibus sanctoruni a dextris et a sinistris de auro et serico.

Item unum aliud magnimi dossale prò dicto altari labo- ratum ad aurimi cum ordine creationis mundi et judicio ejus, crucifixo et multis et diversis ymaginibus.

de, mandato dui uri pape Johanni Siiichis canccllario alme Urbis de- putato per dnum nruni papani ad fieri Jac'iedmn pìscariam in viiiea orti palacii apostolici Rome, apnd sanctitm Petriim, prò expensis per ipsum factis fieri », etc, etc. Conviene citare fra i marmorarii impiegati da Urbano V, M''" Janni d'Amelia, Jacometto, Donato ; fra i muratori Muccio dello Rico, Pisanello, lo Mancino; fra i pittori, oltre quegli già annoverati, Juani e Jacopo da Janeria, etc.

(i) Sul senso delle parole « cataxamitum, catesamitmn, cathasa- mitiim, cathesamittum », vedi F. Michel, Recherches sur le commerce, la fabrication et Viisage des étoffes de soie, d'or et d'argent et autres iissiis prècieux, en Occident,principalenieiit eii France, pendant le Moyen Age. Paris, 1850, t. I, pag. 362; t. II, pag. 5, 454.

// Tesoro della Tiasilica di S. T^ieiro i5

[f. 35-v°] Itim iiuniìi alìiid dossale rubeiim de catassanùto cimi duabus figuris in medio, videìicct Domini nostri cnm palla in m,ann et Domine tiostre coronate ciim duohus angelis supra ipsas figuras, et cum liliis aureiis (sic) per tòtnm, cimi capitibiis leoniim in medio ipsorum liliorum, circumdatimi friseis aurcis cum parvis roseis nibeis, quod dicitiir Regis Francie.

Item unum dossale prò altari majori antiquum de auro la- horat. ad arma Regis Aragonum, et aquilas nigras in sciitis albis.

Item unum dossale antiquum de serico albo laborat. ad aurum ad diversa opera prò dicto altari.

Item unum dossale prò dicto altari de cataxamito rubeo ad magnos pavvones (sic) et pennas (?) avium de auro.

Item aliitd dossale dz sindone reforcxato rubeo, cum una rota magna in mi'dio et cum quatiior figuris secularium perso- naruin cnm qnatuor pavonibus et 1111°'' parvis rolis et qiiatuor compaxibus sive nodibus (?) et duabus listis ab utroque capite de opere Saracenico (i), fodsrat. de panno lineo viridi. [f. 36-r°] Item unum dossale prò altari diete sancte Marie de Cancellis ad aurum cum ymagine domine nostre cimi dyademate de perlis et a dextris sanctus Johannes baptista, sanctus Jo- hannes evangelista, sanctus Franciscus et sanctus Gregorius, a sinistris vero sanctus Petrus et sanctus Pauliis, sanctus Antonius et sanctus Nicolaus cum FUI angelis a capite, et in circuitu ipsius dossalis una vitis magna de perlis circum ornata duobiis listis de perlis et vitreolis, quod dossale dicitiir pape Nicolay.

Item unum dossale prò dicto altari de Cancellis de ca- tassanùto coloris celestini cum morte domine nostre cum sexdecim angelis magnis et parvis: ab una parte est y storia innocentum (sic) et baptismi Domini, ab alia parte est purificatio, quando Chri- stus fuit temptatus a Demone, cum stellis miiltis, omnia de auro laborata.

(i) Vedi sopra Vopiis saraccnicum, F. Michel, Rechuxlies, etc. t. Ili, pag. 105.

i6 E. oMiìnti e oA. L. Jrothingham

Item unum dossale de catassamito rubeo prò diete altari cani crucifisso in medio cum domina nostra et sancto lohanne et sex figuris de auro erucifigentihus eiim et duobus angeìis ineen- santihus super dictuin crucifissum, et cum liliis de auro per totum in quibus sani capita leonum circumcirca, et per medium ornatmn aurifrisio cum rosis rubeis et liliis albis serico.

Assignata ad tisum Sacristie mingris.

Item aliud doxale de serico albo laborat. ad compassus de auro, cum rosectis et stellis minutis de serico diversorum co- lorum, cum duabus listis ad vites cum rosis et stellis et crucibus major ibiis de auro et serico ab utroque capite, cum tribus scutis ad arma Comitis et Comitisse de Celano cum aurifrisio de serico ad rotas cum Agnis Dei et stellis de auro et serico diver- sorum colorum et ceruliis (sic): foderat. de sindone indico.

Item unum dossale prò dicto altari de Cancellis de serico nigro laborat. ad figuras sanctorum et Angelorum Salvatoris et domine nostre de aurifrisato cum Vili aurìfrisiis juxia ipsum et in circuitu antiqumn.

[f. 3^-v°] Item aliud dossale prò dicto altari de panno serico viridi ad aiirum laborat. cum duobus listis in capite de sa- mato (sic) rubeo.

Item aliud dossale prò dicto altari de panno serico viridi simpliciter laborat.

Item aliud dossale prò dicto altari de grosso opere adplures ymagines domine nostre et angelorum.

Item aliud dossale antiquum ad diversas ystorias domine nostre cum listis viridibus in circuitu de sindone et catassamito. [f. 37-r°] Aurif risia seu frontalia prò altari majori.

In primis unum aurifrisiuni seu frontale prò altari majori de catassamito rubeo quod fuit ornatmn de perlis et ymaginibus de argento deaurato longis et rotundis destructis propter anti- quitatem, a parte superiori et inferiori mia vite in modum cor- dulae cum seralia de serico diversorum colorum, sutum in una tobalea Alamanica cum quibusdam licteris.

// Tesoro della ^Basilica di S. dietro i 7

Iteni unum aiirifrisiiun de catassamato rubeo prò dicto al- tari min pUtatù in nudio cani quatnor yniaginibiis sanctonini ab utraquz parte et Inter ipsas sunt odo ymagìnes parv: in campo aureo et ab una est sudarium et ab alio (sic) est ymago domine nostre, cum seralia diversorum colorum de serico, sutum in quodam linteo, quod dicitur Reginae Ungarie.

Item unum aurifrisium seu frontale prò dicto altari de opere Lucano (i) de auro et serico viridi et rubeo laboratiim cum seraliis de serico diversorum colorum consutum in una tela de cortina cum dimidia, cum tribus listis a quolibet capite de panno lineo laborat. ad aves et vites de auro et serico nigro.

Item aliud aurifrisium d: opcr: autiquissimo cum quibnsdam vitris more lapidum prctìosornm in casconibus suis, cum qiii- busddììi vitreolis albis et giallis et aliorum colorum, sutum in qnadam tobalea cum listis banibicinis cum seraliis de serico rubeo puro.

It:m aliud aurifrisium de opere antiquissimo ad vitriolos albos et auripellum (sic) et ad circa (sic) inter ea more lapidum pretiosorum diversorum colorum cum serraliis de serico rubeo cum tobalea de panno lineo virgato de bombice nigro cum repet. nigris.

[f. 37-v°] Aurif risia prò altari de Cancellis.

In primis unum aurifrisium de catassamato rubeo ornatum de perlis per totum cum ymaginibus de argento deauratis ro- tundis cum seratura de serico diversorum colorum, sutum in quodam tobalea de Alamania.

Item unum aliud aurifrisium prò dicto altari factum ad vmagines sanctorum de serico videlicet Domini nostri et Domine ab utraque parte ymagines apostolorum, cum vite et foliis sericeis diversorum colorum cum seralia de serico diversorum colorum.

Item aliud aurifrisium prò dicto altari de opere antiquo ad

(i) Riguardo alVopus lucanum, vedi l'opera citata di F. Michel, t. II, pag. 342.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 2

E. oMiint'^ e oA. L. Jrothmgham

laminas siibtiles de argento deanratas quadratas et ìongas in modum compassiium cuni qidhiisdam smaltis parvis ad steììas in campo ac'^iro et ad perìas in modum rosarum et criicium et cum quibusdam aliis smaìtnìis diversoriim colorum et ad lilia de argento deanrata cum seraliis ligatis more marsupiarum et auro et serico diversorum colorum, sutuni in antiqua tohaìiola.

Item unum aurifrisiiun antiquum qnod quandoque fuit im- pernatum sed est deformatam prò vetustate sine tobalea.

Item unum aurifrìsium prò dicto altari de opere Lucano ad leones et rosectas de auro in campo de serico violato cum seraliis de serico non toto diversorum colorum, foderai, de sin- done rubeo.

Item alìud aurifrisium prò dicto altari de opere Lucano antiquo cum certis compaxibus cum seraliis viridibus sutum cum una tobalia lini antiqua et nmcida.

Item aliud aurifrisium de opere Lucano cum seraliis rubcis sutum in una tobalia cum rosis de serico rubeo.

Item aliud aurifrisium prò dicto altari ad compaxus de opere simplici cum seraliis de serico.

Item aliud aurifrisium de sifidone rubeo laborat. ad aurum iani consuìNpfuììi cum seraliis.

[f. 38-v°] Pluvialia Pontificalia.

Im primis unum pluviale, quod dedit Basilice bone me- morie Papa lohannes XXII, de auro cum multis et diversis ystoriis novi et veteris testamenti et alibus (sic) compassibus ad perlas cum uno pulchro aurifrisio de auro, ornatum adfiguras diversorum animalium et avium de perlis et viireolis, in cuius capite ornato de perlis sunt duo angeli incensantes et in pede ipsius est unum monile rotundum de perlis plenum; a pede vero ipsius pluvialis est unum aurifrisium rubei et viridi coloris mire pulchritudinis per totum (i).

(i) Non è cosa impossibile che questo lavoro prezioso di ricamo sia stato eseguito nell'Italia stessa, quantunque il Papa che l'offri, residesse ad Avignone. Difatti sappiamo dai documenti pubblicati

// Tesoro della 'basilica di S. T^ietro 19

lUm unum pluviale de auro curii injìnitis imaginibus di- versarum ystoriarum sanctorum de opere Anglicano (i), silicei (sic) cum ystoria passionis Christi et beati Petri cum aurifrisio mirepulchritudinis ad fignras diversorum animaìium et avium de perlis et vitriolis, et in caputio ornato de perlis sunt duo angeli incensantes, et a pede ipsius est una vitis de perlis cum avihus et animalibus infra ipsam vitem, quod transivit (sic) Basilice sanctissimus pater Chmms papa VI per reverendum patrem do- mìnum A. Episcopum Tusculanum sancte Romanae Ecclesie Cardinalem apostolice sedis Legatum Archiprebyterum sacro- sancte Basilice (2), multe pulchritudinis per totuui.

Item unum pluviale de auro de opere Anglicano quod fiiit Bonifatii papae Vili cum ymagine in modum pontificis cum corona amicto pallio pontificali et libro de perlis et a medietate infra in circuytu ymagines apostolorum cum frisio ornato de perlis minutis et crucibus nigris de serico^ et in caputio ejus est Annunctiatio domine nostre, a pede vero est aurifrisium or- natum de perlis.

Item unum aliud pluviale de \opere^ Anglicano, quod fuit Nicolay Tertii, cum diversis figuris et in campo aureo cum aurifrisio de opere Romano (3)^ in medio ejus praecipue est ymago Salvatoris cum luna et sole ab utraqw: parte et duobus angelis uno a dixtris et alio a sinistris. Signat. per AB: foderat. de sindone rubeo.

dal signor Faucon che Giovanni XXII comprò o comandò molti gioielli, oggetti d'orifìceria e stoffe preziose, principalmente in To- scana : Ecold Fraii^aisi de Rome. Mèlaiiges d'archeologìe et d'histoìre, 1882, pag. 71, 72.

(i) Vedi, per Vopus anglicamim, l'opera citata del Michel, t. II, pagg. 336, 337, 342.

(2) Vedi \]GnE'Li.\, Italia sacra, t. i, pag. 238, ove dice: Aegidius Arcellinì, vel Iselnii de Sylva di MontMcuto Gallus, ex PresbyLro Card, tu. S. S. Silvestri ac Martini in Montibiis sub Innocentìo VI, Sub Mar- tino V pronnnciatus est Episcopus Card. Tusculanus, ac S. Petri Patrimonil Legatus.... Decessit Avenioiie i^yS non. Decemb. »

(3) Si tratta probabilmente di tessuti di Romania: vedi l'opera del Michel, t. I, pagg. 258, 280 e 295; t. II, pagg. 363, 369 e 570.

20 ' E. oMilnti e oA. L. Jrothìngham

[f. 39-r°] Itcm unum pluviale de cassamito viridi cum diversi s ■compaxibus aureis et diversis ymaginihm Salvatoris et apostolo- rum Petri et Pauli cum aurifrisio Regimi Francie et Anglie, in cujus capputio est ymago Salvatoris et beate Virginis, foderat. de sindone rubeo. Signat. per duo SS.

Item unum aliud pluviale de diaspcro viridi laborato ad aves cum capitibus et pedibus et capite alar uni de auro, et certis aliis figuris seralium, cum aurifrisio de opere Romano ad figuras sanctorum apostolorum. In cujus caputio est figura beate virginis Marie. Signat. per I. O: foderat. de sindone rubeo.

Item aliud pluviale de catassamito rubeo adyuiaginesleonum de auro et compassus de auro cum diversis armatiiris in dictis compassibus et in medio ystoria assumptionis, et in capite duo angeli incensantes, et a pede ystoria sancii Sebastiani cum au- rifrisio de auro cum certis compassibus cum capputio ad eumdem compassum. Signat. per S: foderat. de sindone viridi.

Item aliud pluviale de dyaspero rubeo factum ad ymagines honum et grifonum cum capitibus et pedibus de auro cum au- rifrisio de opere Romano cum ymaginibus Salvatoris et domine nostre et ab utraqm parte apostolorum, in cujus capputio est ymago beati Petri. Signat. per duo R R: foderat. de sindone croceo.

Item unum aliud pluviale de dyaspero rubeo cum vitibus et uvis viridibus cum aurifrisio de opere Romano cum ymagine Salvatoris et domine nostre et ab utraque parte diverse alie ymagines apostolorum et aliorum sanctorum, in cujus capputio est ymago cujusdam pontificis cum mitra in capite. Foderat. de sindone giallo. Signat. per fo _p.

Item unum aliud pluviale de catassamito rubeo simplici cum aurifrisio de opere Anglicano cum ystoria pueritiae Domini nostri et certis avibus diversorum colorum, in cujus caputio est ymago Salvatoris cum palla in manu in quodam compasso (sic) albo, non foderat. Signat. per duo DD. [f. 39-v°J Item pluviale unum di vAluto rubeo cum aurifrisio de opere Romano cum ymagine Salvatoris et domine nostre

// Tesoro della IBasilica di S. 'Pietro 2 1

et sancii lohannis, ah utraqite parte ymagines Apostohriim. In cujus capputio est ymago ciijusdam episcopi benedicentis. Fode- rai, de sindone giallo. Signat. per xxx-

Item unum aliud pluviale de auro lahorat. ad pappa- gallos cum foliis de serico albo cuni aurifrisio de opere Ro- mano, in summitate, videlicet in medio est ymago Salvatoris et ab una parte est ymago domine nostre et ab alia sancii lohannis et ab niraque parte ymagines apostolorum et in fin:. media ymago sancii Stephani, in cujus capputio est ymago sancii Johannis evangeliste, foderai, de sindone rubeo. Signat. per I C.

Item unum aliud pluviale de diaspero aureo cum compas- sibus de rubeo cum pappagallis et aliis compassibus et foliis de auro cum aurifrisio de opere Romano, in medio ymago Sal- vatoris et nostre domine et sancii lohannis et ah niraque parte ymagines apostolorum, in cujus capputio est ymago Pape cum regno in capite induti de pluviali rubeo, foderai, de sin- done giallo. Sigimi, per L G.

Item unum aliud pluviale de dyaspero rubeo cum pappa- gallis et grifonibus et bestiis viridibus et cum compassibus in medio cum aurifrisio de opere Romano, in medio ymago Sal- vatoris cum compassibus et foliis circumcirca et ymagine do- mine nostre et sancii fohannis, ab niraque parte ymagines apo- stolorum et aliorum sanctorum et sanctarum, in cujus capputio est ymago cujusdam episcopi cum crocia et libro in manibus. Foderai, de sindone croceo. Signat. per T T.

Item unum aliud pluviale de diaspero rubeo cum ccrtis com- passibus et figuris ad pappagallos cum capitibus summilalibus alarum et pedibus de auro, et ad grifones cum capitibus et pe- dibus de auro cum aurifrisio de opere Romano, in medio ymago Salvatoris cum compassibus et foliis ab ulraque parte cum yma- gine domine nostre et sancii fohannis, et ab ulraque parte ymago apostolorum- et sanctorum et sanctarum cum avibus et vitibus diversorum colorum, in cujus capputio est ymago cujusdam Epi- scopi benedicentis, foderai, de sindone croceo. Signat. per LL. [f. 40-r°] Item unum aliud pluviale de diaspero albo ad aves et

22

E. óMiint^ e oA. L. Jrothìngham

fjifones ciim capitìhiis siuniìiitatibiis alarum et pedibus de auro ciim aurifrisio de opere Lucano ad ymagìms apostolorum, in cujus caputio est ymago unius pontificis benedìcentis, sine fodera. Signat. per duo C C et duo e e.

Iteni unum aìiud pluviale de panno ìaborat. ad auruni in campo rubeo ad rosas et folia cum rosectis indicis in dictis rosis aureis cum aurifrisio de opere Lucano ad compassos (sic) parvos diversorum coìorum. In cujus capputio stint compassus majores, foderat. per totum de sindone croceo. Signat. per DPS.

Item unum aliud pluviale de catassamito rubeo sim fodera cum aurifrisio de opere Romano ad medias ymagines aposto- lorum et aliorum sanctorum et sanctarum cum avibus et foliis diversorum coìorum, in cujus capputio est ymago unius pape cum libro in manu. Signat. per duo h h

Item unum aliud pluviale de diaspero rubeo ad aves cum capitibus summitatibus alarum et pedibus de auro et cervos cum capitibus de auro, sine fodera cum aurifrisio de opere Romano ad medias figuras apostolorum cum Salvatore, nostra domina et sancto lohanne baptista in summitate, in cujus capputio sunt quatuor ymagines cpiscoporum, donatum per dominum A. episco- pum Tusculanum Archipresbyterum nostrum, (i) Signat. per /^

Item unum aliud pluviale de panno serico laborato ad au- rum in campo nigro cum diversis avibus et animalibus cum aurifrisio de catassamato viridi laborato ad vites aureas cum rosectis albis et fiorcctis rubeis cum certis compassibus ad lilia aureas in campo yndico, foderat. de sindone yndìco. In cujus capputio sunt duo angeli cum turibulis incensantes. Signat. per g

[f. 40-v°] Item unum aliud pluviale de. panno serico ad aurum in campo albo ad divcrsas parvas aves de opere Lucano cum aurifrisio de opere Romano ad ymagines apostolorum infra quas ymagines sunt aves et folia diversorum coìorum In cujus summitate sunt ymagines Salvatoris, nostre domine, et sancti

(i) Vedi la nota a pag. 19.

// Tesoro della TBasilica di S. T*ietro 23

lohannìs haptiste, in cujiis cappiitio est y mago unìiis epìscopi cum crocia hi manu, foderai, de sindone rubeo. Signat. per AX.

Item unum aìind pluviale de catassamito viridi sine fodera, cum aurifrisio de opere Lucano cum compaxibus parvis de serico diversorum colorum, in cujus capputio sunt eidem com- passus aliquantulum majores. Signat. par duo PP.

Item unum aliud pluviale de dyaspero albo cum cervis et pappagallis cum capitibus [et^ pedibus de auro, cum aurifrisio de opere Lucano cum mediis parvis ymaginibus diversorum colo- rum sanctorum, cum capputio de eodem panno cum frisio in quo est ymago cujusdam sancti induti de biada tenentis librum in duabus tnanibus, cum fodere de sindone rubeo. Signat. per KK.

Item unum aliud pluviale de catassamito rubeo, sine fode- ratura, cum aurifrisio de opere Lucano ad compassus de serico diversorum colorum, cum capputio de eodem panno et frisio sine fodera. Signat. per e e.

Item unum aliud pluviale de opere Lucano de serico albo laborat. ad ramiculos et frondes de auro, cum aurifrisio de opere Romano ad medias ymagines apostolorum in compaxibus cum pavonibus et pappagallis de serico diversorum colorum, in cujus summitate sunt ymagines Salvatoris, nostre domine, etlohan- nis baptiste: cum capputio de eodem panno, et aurifrisio in quo est ymago cujusdam pape tenentis crociani in manu : foderat. de sindone rubeo. Signat. per PS.

[f. 4i-r°] Item unum aliud pluviale de catassamito albo sim- plici cum aurifrisio de opere Senensi cum magnis compassibus diversorum colorum sine fodera, cum capputio de eodem panno et aurifrisio. Signat. per LL.

Item unum aliud pluviale de velluto rubeo, cum aurifrisio de opere Romano ad integras ymagines apostolorum, et ange- lorum, foderat. de sindone giallo cum capputio de eodem panno, et frisio cum ymagine unius sancti pape. Signat. per ...

Item unum aliud pluviale de catassamito violaceo simplici, cum aurifrisio ad magnas arbores de opere Senarum, sine fo- dera, cum capputio de eodem panno. Signat. per SS.

24 E. oMiint-^ e oA. L. Jrothingham

[f. 42-r°] \PluviaUa\ Beneficiatormn.

Item unutn aliud pluviale ài panno serico violato lahorat. ad rotas magnas in qtiibus rotis snnt magate, figure bestiaruni de auro, et in giro dictarum rotarum siint rosi, et aìie figure animalium de auro cum aurifrisio ad aliquos compassus de opere Lucano, in cujus capputio de eodem panno est aurifrisium de auro simplici, foderai, de sindone giallo. Signat. per unum ...

Item unum aliud pluviale de catassamito rubeo ad com- passus de auro in medio quorum su7ìt stelle et in giro flores et lilia cum aurifrisio de catassamito yndico ad lilia aurea la- borat. per totum, iti cujus capputio est ymago unius pontificis, foderat. de sindone albo. Signat. per...

Item unum aliud pluviale de dyaspero albo laborat. ad pavones et pappagallos de auro cum aurifrisio ad certos com- passus diversorum colorum, foderat. de sindone rubeo, in cujus capputio sunt idem compassus per totum. Signat. per duo MM.

Item unum aliud pluviale de panno ad aurum per totum cum aurifrisio de catassamito rubeo ad medias ymagines apo- stolorum in campo argenteo cum licteris ipsorum sanctorum, in cujus capputio est ymago unius sancii coronati, sine fodera. Signat. per Y.

Item unum aliud pluviale de panno serico nigro laborat. ad aurum de opere Lucano, cum aurifrisio de dicto opere, ad certos compassus, cum caputio de eodem opere. Signat. per F.

Item unum aliud pluviale de catassamito albo laborat. ad rotas per totum, in quibus rotis sunt duo pappagalli de auro, et serico rubeo, cum aurifrisio ad certos compassus magnos, et parvos cum caputio de eodem opere sine fodera. Signat. per E. P.

[f. 42-v°] Item unum aliud pluviale de catassamito rubeo ad pingias (i) aureas cum floribus diversorum colorum, cum au- rifrisio de opere Lucano ad ymagines sanctorum, et sanctarum, hi cujus summitate sunt duo Angeli, et capputio (sic) est ymago beati Petri, sine fodera. Signat. per duo MM.

(i) Si deve leggere pignias come in appresso.

// Tesoro della 'Basilica di S. ^Pietro 25

Item unum aìiiid pluviale de panno serico nigro de opere Lucano lahorat. ad aurum ad frondes et folia, cum aurifrisio sim figuris dicto opere ad aliquos magnos compassus, cum ca- putio de eodem aurifrisio sine fodera. Signat. per ...

Item unum aliud pluviale de panno serico nigro lahorat. ad aurum de opere Lucano ad pignias cum ramusculis, etfron- dihus in giro: cum aurifrisio sine figuris ad quosdam compassus, cum capiitio de simili aurifrisio et panno sine fodera. Signat. per ...

Item unum aliud pluviale de paimo serico nigro lahorat. ad aurum de opere Lucano ad pignias parvas cum ramusculis, foliis et rosis in giro cum aurifrisio et panno ad aurum in campo ruheo sine fodera, cum caputio de dicto panno. Signat. per B.

Item unum aliud pluviale de cataxamito giallo siniplici sine fodera cum aurifrisio de opere Lucano cum certis com- paxihus et quihusdam parvis figuris ehurneis (?) cum caputio de dicto panno. Signat. per I. *

Item unum aliud pluviale de catassamito coloris celestini simplici cum aurifrisio de Cipriano rupto, cum caputio sim- plici. Signat. per ...

Item unum aliud pluviale de velluto ruheo scacchato (sic) de auro foderat. de sindone ruheo cum aurifrisio de opere Nea- politano lahorat. ad rosas diversorum colorum per totum cum caputio de eodem panno. Signat per GG.

Item aliud pluviale de serico ad listas giallas et columhinas quod dicitur de lana piscis sine fodera cum aurifrisio de opere Lucano ad grifones, cum caputio de eodem panno et frisio. Si- gnat. per Sf.

Item aliud pluviale de serico ruheo lahorat. ad aurum de opere Lucano lahorat. ad vites et pampanes, cum aurifrisio de opere Anglicano antiquo ad compaxus, cum caputio de eodem opere sine fodera. Signat. per o

Item unum aliud pluviale de opere Veneto lahorat. ad compassus per totum, in quìhus sunt diversa ammalia ad au-

26 E. Stìnti e oA. L. frothingham

rum et aves cum simplici anrifrisio de panno Lucano, cimi caputio de eodem panno. Signat. per N.

Item aliud pluviale de opere Veneto laborat. ad rotas de auro cum leonìbus in campo violaceo, cum anrifrisio de panno aureo, cum caputio de alio panno cum modico fresecto (sic) de auro. Signat. per duo VV. .

Item unum aliud pluviale de dyaspero albo laborat. ad pignas de auro cum anrifrisio simplici cum capputio de eodem panno. Signat. per ...

It:m unum aliud pluviale de opzre Lucano de syrico albo laborat. de auro ad diversas bestias, cum anrifrisio de syrico intico (sic) cmn liliis de auro per totum cum caputio de eodem anrifrisio, foderat. de syndone rubeo. Signat. per IL

Item unum aliud pluviale de syrico biavo darò laborat. ad aurum cum pignis cmn anrifrisio strido et antiquo sine fo- dera, cum caputio de eodem panno. Signat. per PP. [f. 43-v°J Item unum aliud pluviale de serico giallo laborat. ad magnos compaxus de auro in campo rubeo ad aves, et am- malia, sine fodera, cum anrifrisio de serico violaceo cum gri- fonibus, et gallis de auro, cum caputio de eodem panno sine fodera. Signat. per ...

Item aliud pluviale de cataxamito nigro cum anrifrisio stricto de opere Lucano ad compassus de auro et sirico diver- sorum ' colorum, sine fodera, cum caputio de eodem panno et f'isio.

Item aliud pluviale de cataxamito giallo cum anrifrisio de panno serico ad nodos Salomonis sine fodera, cum caputio de dyaspero giallo cum aliquali frisio. Signat. per ...

Item aliud pluviale parvum de cataxamito violaceo cum anrifrisio de panno Cypriano prò accholitis. Signat per ...

Item unum aliud pluviale parvum simile proximi (sic) supe- riori. Signat. per PG.

Item aliud pluviale de cataxamito albo cum magnis rotis, et cum duobus pappagallìs in qualibet rota, et cum compaxibus in predictis rotis: cum anrifrisio de opere Lucano cum alibus

// Tesoro della 'Basilica di S. 'Pietro 27

(sic) compaxibus cum caputio de dyaspero albo sine fodera. Signat. per FFF.

Item aliud pluviale de dyaspero albo laborat. ad grifones de auro cum certis compaxibus in medio cum aurifrisio de opere Senensi, cum caputio de eodem panno et frisio. Signat. per 00.

Item aliud pluviale de cataxamito rubeo simplici cum auri- frisio simplici et antiquo sine fodera, cum caputio de eodem panno, et frisio. Signat. per F.

Item unum pluviale simile proximi (sic) superiori. Signat. per ...

[f. 44-r°] Item aliud pluviale de cataxamito rubeo cum au- rifrisio antiquo et laborat. ad certas bestias cum aurifrisio de eodem panno. Signat. per ...

Item aliud pluviale de cataxamito rubeo, cutn aurifrisio antiquo strido laborat. ad certas bestias, cum caputio de eodem panno. Signat. per e.

Item aliud pi uuiale de cataxamito rubeo laborat. ad aurum ad incognita opera, cum aurifrisio antiquo ad compaxus, cum caputio de eodem panno. Signat. per a.

Item aliud pluviale de dyaspero albo ad rotas cum pappa- gallis, cum capitibus et pedibus et quibusdam stellis de auro, cum aurifrisio antiquo ad certos compaxus de opere Senensi sine fodera, cum caputio de eodem pamno, et frisio. Signat. per M-\r .

Item aliud pluviale de cataxamito albo, cum grifonibus de auro in campo rubeo in rotis niagnis, antiquo et reparato de alio panno, cum simplici aurifrisio. Signat. per R.

Item unum aliud pluviale de buccarame (sic) albo, cum sim- plici aurifrisio de auro caputio et frisio de eisdem. Signat. per ...

Item tmum aliud pluviale de opere Veneto antiquum, cum rotis et grifonibus aureis in campo rubeo, cum aurifrisio ad armaturas Regis Roberti (i). Signat. per ...

(i) Si tratta probabilmente di Roberto d'Anjou, re di Napoli: 1 309-1 543.

E. biniti e qA. L. Jrothingham

Item aliiid pluviale de serico giallo et riiheo lixlato cum pappagallis fractis et antiquum, cum simplici aurifrisio. Si- gnat. per ...

Item aliud pluviale de cataxatnito antiquo violaceo simplici cum aurifrisio ad arma Regis Roberti. Signat. per YY. [f. 44'V°] Item aliud pluviale de cataxatnito albo rupto et antiquo, cum aurifrisio antiquo ad compaxus. Signat. per C.h.

Item aliud pluviale de syndone violaceo, cum aurifrisio strido antiquo ad scaccos et certos compassus. Signat. per XX.

Item aliud pluviale de opere Veneto ad rolas magnas cum duobus Iconibus de auro in campo rubeo, antiquum confractum, cum aurifrisio, et reparatum cum caputio de alio panno. Si- gnat. per ...

Ad usum sacrìsiie minoris.

Item aliud pluviale de cataxamito rubeo simplici, cum aurifrisio antiquo ad compaxus et ammalia et aves, cum ca- putio de eodem panno. Signat. per QV.

Item aliud pluviale de cataxamito rubeo simplici, cum au- rifrisio ad certos compaxus, cum caputio de eodem panno. Si- gnat. per TT.

Item aliud pluviale de cataxamito rubeo simile superiori. Signat. per C.N

Item aliud pluviale de cataxamito violaceo simplici cum aurifrisio largo ad compaxus cum caputio de eodem panno et frisio. Signat. per BB.

Item aliud pluviale de dyaspero albo cum rotis et grifo- ìiibus aureis in campo albo et stellis aureis in campo albo, quod communiter portatur ad incensandum cum aurifrisio ad aliquas parvas aviculas, cum caputio de eodem panno, et alio auri- frisio. Signat. per -f-

[f. 45-r°] Item aliud pluviale de dyaspero albo ad rotas parvas et stellas et compaxibus inter ipsas rotas, cum auri- frisio stricto, et antiquo ad parvos compaxus. Signat. per FQ.

Item aliud pluviale de dyaspero albo ad grifones cum pignis

Il Tesoro della 'Basilica di S. 'Pietro 29

et aìiis compaxìhus cuin aurifrisio de syrico ad parvos leones in campo rubeo. Signat. per NN.

Item aìiiid pluviale de serico rubeo cum avlbus, ramun- culis et foliis de auro, cum aurifrisio antiquo stricto. Signat. per T.

Item aliud pluviale antiquum confractum de cataxamito violaceo cum aurifrisio largo et antiquo ad compaxus, cum caputio de eodem panno. Signat. per TT.

Item aliud pluviale de opere Veneto ad rotas cum leonibus aureis cum capitibus de serico intico cum aurifrisio antiquo et stricto. Signat. per L.

Item aliud pluviale antiquum admagnas rotas, cimi duobus grifonibus aureis in campo de syrico violaceo cum aurifrisio antiquo ad compaxus. Signat. per ...

Item aliud pluviale de opere grosso Veneto serico ad di- versas listas modici valor is. Signat. per ^.

Item aliud pluviale de serico cum maximis rotis albis et leonibus inter ipsas in campo violaceo cum frisio antiquo. Si- gnat. per TT.

[f. 45-v°J Item aliud pluviale de cataxamito nigro cum au- rifrisio antiquo cum tribus Angelis in capite: ad compaxus cum caputio de eodem panno, cum frisio de alio opere. Signat. per IT.

Item aliud pluviale de panno serico deaurato de opere Ve- neto antiquo ad rosas aureas in campo rubeo et anatres per totum inter ipsas rosas, cum aurifrisio de serico rubeo labe- rat, ad vites et leones de auro, cum caputio de eodem opere. Signat. per a a .

Item aliud pluviale de panno serico albo deaurato antiquo, cum aurifrisio de cataxamito rubeo ad leones de auro, cum caputio de eodem panno. Signat. per e e .

[f. 47-r"] Viridia paramenta sacerdotalia:

videlicet planete dalmatice, et tunicelle.

In primis una pianeta de dyaspero viridi ad pappagallos cum capitibus, rotunditate alarum, et pedibus de auro, et cum

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E. oMiint'^ e oA. L. Jrothingham

ccrvis cmn capitìbus et pedibus de auro, cnm aurifrisio de opere Romano ad medias Jiguras in compaxìbus et avibiis de serico diversorum colorum ante et retro, in cujus cruce simt guatiwr ymagines s. Salvatoris, domine nostre, sancti lohannis baptìste, et iinius sancti. Itmi tonicella et dalmatica de eodem panno dyasperi, ciim fimbriis de serico albo ad pappagalìos et cervos de auro, cum capitibus pedibus et summitatibus alarutn de se- rico rubeo et viridi cum foliis aureis ad collum ad spatuìas et ad manus. Signat. per A. Reìicta Basiìicz per dommum Petrum Ferri Episcopum Theatinum. (i)

Item alia pianeta de dyaspero viridi cum pavvonibus, cum capitibus pedibus et snmiìiitatibus alarum de auro, et cervis cum capitibus et pedibus de auro et alibus (sic) floribus de auro, cum aurifrisio de opere Romano cum figuris diversorum sanctorum, et diversorum colorum in tabernaculis ante et retro. In cujus pectore estymago Salvatoris coronantis dominam no- strani, et ab utraque parte duo angeli magni. Item dalma- tica et tunicella de eodem dyaspero, cum fimbriis de serico rubeo cum arboribus de auro et serico viridi, cum aurifrisiis ad collnni et ad spatuìas. Signat. per B. Relieta per dominum Petrum Yspanum Cardinalem, Episcopum Sabinensem. (2)

(i) e Petrus Fcrrus, Privenias, Canoiiìcns Antisiodorcnsis, generis no- hilitatc praeclarus electus [Episcopiis] Anagninus, anno ipo, idib. Aprilis a Joanne XXII, etc. Poscia, nel 1327, fu fatto Episcopum Marsorum, e finalmente trasferito da Papa Benedetto XII, nel 1336, alla Chiesa di Chieti: egli mori nel medesimo anno, li 14 dicembre (vedi Ughelli, Italia Sacra, t. I, pag. 319 e 911, e t. VI). Il Martirologio ossia Libro dei Benefattori di S. Pietro lo ricorda in queste parole al fol. 163; Quinto decimo hahndas Decemhris. Ohiit bone memorie Rcverendus pater et dominns, dominus Petrus Ferro (sic) de Piperno, Episcopus Theatinus qui reìiquid (sic) tiostre Basilice unum paramentum compbtum cum pianeta dialmatica tunicella et pluviale de auro siip. viridi unum dossale cum pineis aureis unum facistorum et unani tohaleam de sirìco valoris ceiUum trl- ginta florenoi'um.

(2) Sembra essere il medesimo onde parla 1' Ughelli (op. cit., t. I, pag. 174): Petrus Gomesii de Bar rosso Hispanus, ex Episcopo Car- thaginensi factus est Presb. Card. tit. S. Praxedis a Joanne XXII, anno

// Tesoro della T^asilica di S. 'T*ìetro 3i

lUm una dalmatica, et tma tunìceìla de panno serico vi- ridi testo ad spinam piscis per totum cimi fimbriis de cataxa- mito riibeo lahorat. ad aurum, cum pallis rotimdis, et aliquibns hestiis parvis : foderat. de syndone giallo cum aurifrisio ad col- lum et ad pectiis. Signat. per ...

Item una dalmatica de dyaspero viridi cmn pavonihus, cum capitihus, summitatibus alarum et pedibus de auro, et cervis cum capitibus et pedibus de auro, cum fimbriis aureis in campo rubeo, et mappis, e friseis ad collum et pectus. Signat. per ...

[f. 47-v°] Data Sacristie minori.

Item una planata de cataxamito viridi et simplici, cum aurifrisio de opere Lucano cum certis compaxibus et foliis cir- cumdata (sic) dictos compaxos de serico diversorum colorum retro ante, et in cruce pectoris de eodem opere. Item dalmatica et tunicella de eodcm panno, cum fimbriis et manicis de panno serico rubeo cum leonibus, cervis et vitibus de auro per totum cum aurifrisio ad collum et spatulas cum certis compaxibus de serico diversorum colorum sine foderatiiris. Signat. per ...

Item una pianeta de cataxamito viridi simplici cum auri- frisio de opere Lucano, cum compaxibus magnis de serico di- versorum colorum et in conjunctione dictorum compassuuni parvi compassus, ad lilla et rosettas, et in dictis magnis compaxibus sunt parvi conipaxus de auro, et serico diversorum colorum, ante retro et in pectore sine fodere (sic). Item dalmatica et tunicella de simili cataxamito cum aurifrisiis ad collum et spatulas cum compaxibus de auro, et serico diversorum colo- rum, et cum fimbriis et manicis de panno de serico rubeo, cum leonibus, cervis et vitibus de auro per totum, non foderat. Signat. per ...

Item tma alia pianeta de sindone viridi cum fimbriis de panno serico rubeo cum bestiis sive avibus magnis et certis

jp'/, a Bémàìcto vero XII Card. Episcopus Sahinensis. Avenione decessit anno 1^48, 14 Jidiì.

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E. oMiìnti e oA. L. Jroihingham

compaxihiis et rosectis de auro ciim frìsio ad colìuin, et spa- tulas, et manus, cimi certis cotnpaxibus de serico diversorum co- lorimi sine fodere. Signat. per....

Iteni una pianeta de cataxamito viridi simplici cimi aiiri- frisio ante retro et ad pectiis de panno serico rubeo laborat. ad hones parvos, et certas vites de auro. Item dalmatica et timicella de eodem panno cimi fimbriis et inanicis de eodem panno siciit est aurifrisimn. planete, cimi frisiis ad collum sed non ad spatulas. Signat. per Q.

Item alia pianeta de sindone viridi cimi frisio de dy aspero laborato ad vites et criices de auro et serico diversorum colo- rimi, foderat. de panno lineo viridi. Signat. per ... [f. 48-r°] Item ima pianeta de dyaspero viridi cum pappa- gallis et cervis, cum capitibus, rotunditatibus alarum, et pedibiis de auro, cum aurifrisio ad listas, cum quatuor scutis ad arma Collumpna, foderat. de panno lineo giallo antiquo. Signat. per K.

Item una pianeta de cataxamito celestino simplici cum au- rifrisio de opere Nealetano (sic) ad figuras diversorum sancto- rum et sanctarum cum onice a tergo, cum dalmatica et tii- nicella sua de eodem panno, cum aurifrisiis simplicibus ad spa- tulas tisqiie ad pedes et ad manus, foderat. de sindone viridi, cum spalleriis de syrico rubeo cimi nodis de auro. Donatam (sic) per Reginani Ungarie. Signat. per HE.

[f. 48-v°] Rubea pafamenta

Item una pianeta de samato (sic) rubeo cum aurifrisio de opere Anglicano magno cimi ystoria Anmmiptiationis beate Virginis, Resurrectione et Ascentione Domini a tergo: ante vero in cruce pectoris ymago Salvatoris, foderat., ab utraque parte ymagines apostolorimi Petri et Pauli: intra vero ymagines alio- rum X apostolorum bini et bini sine fodera. Signat. per

Item dalmatica et tunicella de cataxamito rubeo, cum fimbriis aureis ad quatuor listas laborat. de opere Tartarico cum manicis de eodem panno cum frisiis ad collum et spatulas, sine fodera. Signat. per I.

// Tesoro della basilica di S. Tietro 33

Item una pianeta de cataxamito rubeo simpUci cimi an- rifrisio ad medias ymagiiies in giro apostoloriun et aìiorum sanctoriun cani steììls de auro aìaterihus dictornm sanctorum qne inedie ymagines a tergo sunt XIIII, et pectore Salvatoris nostre domine et sancii lohannis, et intra X medie ymagines apostolorum et sanctorum et sanctarum ciim predictis stellis in campo Litico. Item dalmatica et tnnicella de sUnili panno cataxamito cum fimbriis de panno aureo, lahorat. de serico rubeo cum aurifrisiis ad collum et ad spatulas. Signat...

Item una pianeta de cataxamito rubeo simplici, cum au- rifrisio de cataxamito violaceo strido laborat. cum ramulciis (sic) et frondibus laboratis ad perlas in quo a tergo sunt XIIII ymagines sanctorum. In pectore vero y storia spiritus sancii de- scendcntis in discìpulos, et subsequenter usque ad pedes XII me- dias ymagines sanctorum de opere Cipriano in rotunditatibus de perlis cum frisio aureo ad collum. Signat. per B.

Item una tunicella de cataxamito rubeo cum fimbriis de serico acxiirino cum magnis pigiiis de auro cum vite et fron- dibus de auro Inter dictas pignas, cum aurifrisio ad collum et ad spatulas. Signat. per P.

Data ììiansionariis ad usum Sacristie.

Item una pianeta de cataxamito rubeo simplici, cum au- rifrisio de opere Cipriano in campo de serico albo cum com- paxibus de auro . in serico diversorum colorum ante et retro et in pectore cum orlatura in giro de sindone giallo. Signat. per... [f. 49-1"°] Item una pianeta de cataxamito rubeo sive sin- done reforczato foderai, de sindone violaceo, cum aurifrisio de sindone viridi laborat. ad vites et folla de auro ante et retro per totum: cum cruce ante et retro. Signat. per C.

Item una dalmatica et una tunicella de cataxamito rubeo grosso, cum fimbriis de eodem cataxamito laborat. ad leones et ad vites et compaxus de auro cum fimbriis, aurifrisiis ad collum et ad pectus cum alibus (sic) compaxibus. Signat. per...

Item ima pianeta de dy aspero rubeo, cum pappagallis, cum

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 3

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E. oMunti e oA. L. Jrothingham

capitihus, rotunditatibus alariim, et pedibus de auro, et cervis cuni capitibus et pedibus de auro, et certis floribus in medio cum aurifrisio largo ìaborat. ad compaxus de opere Lucano de serico diversorum coìornm retro et ante per totiim, foderai, de sindone albo. Iteni dalmatica et tunicella de codem panno cum fimbriis de cataxamito rubeo laborat. ad magnas ymagines de auro, cum aiirifrisiis ad collum et ad spatulas ad certos com- paxus, de serico diversorum colorimi. Signat. per lA.

Item una pianeta de dyaspero rubeo ad pappagallos, cum capitibus, rotunditatibus alaruin et pedibus de auro et ad cervos, cum capitibus et pedibus de auro, et certis floribus de auro in medio, cum aurifrisio de opere Romano. In quo a tergo sunt VI ymagines in tabernaculis, videlicet in capite ymago domine nostre et subsequenter apostolorum, ex parte ante sunt V yma- gines videlicet in cruce pectoris ymago Salvatoris cum Angelis a dextris et a sinistris et subsequenter ymagines apostoloruni, cum aurifrisiis ad collum ad aliquos compaxus sine fodere. Item dalmatica et tunicella de cataxamito rubeo ad gallos, pampanes et ad quatuor listas, cum licteris grecis et certis com- paxibus ex sirico diversorum colorum, cum frisios ad collum et ad spatulas strictis, foderai, de panno croceo. Signat. per... [f. 49-v°] Item una pianeta de cataxamito rubeo laborat. ad magna tabernacula cum grifonibus et arboribus de auro, cum aurifrisio de serico viridi et rubeo laborat. ad auruni, sine fodere. Signat. per ...

Item una pianeta de serico rubeo deauraia per totum de diversis operibus, cum magno aurifrisio de opere Cipriano, cum floribus, avibus, crucibus, compassibus et rosis de syrico diver- sorum colorum ante et retro, foderai, de sindone giallo. Si- gnat. per....

Item una dalmatica de sirico rubeo laborato ad aurum, laborata ad certas magnas figuras avium, cum aliquibus com- paxibus in medio, cum fimbriis et manicis de sirico biado la- borat. ad magnas pignas de auro, cum frisio de auro simplici ad collum et ad pectus. Signat. per n.

// Tesoro della T^asìlica di S. Tìetro 35

Item una dalmatica de dyaspero viridi ìaborat. ad cervos de serico rnbeo, cimi capitibus et pcdibtis de auro, et ad pi- gnias de eodem serico rnbeo curri floribns de auro in medio cum fimbriis et manicis de auro ìaborat. ad grifones, pappa- galìos, et alias diversas aves, et pavones, in compaxibus de serico diversoruììi colorimi cum aurifrisio ad spatuìas et ad collimi de auro simplici. Signat. per N.

Item una tuniceìla de dyaspero ìaborat. ad rotas et com- paxus de serico rnbeo in campo de serico viridi per totimi, cum avibus in ipsìs rotis, capitibus, pectoribus, et pedibus deanratis, et steììis in ipsis compaxibus de auro. Cimi fimbriis de samato (sic) viridi ìaborat. ad compaxus de serico diversorum colo- rum, in quibus sunt grifones, et aquile, et folla de auro, ante et retro. Cum frisiis aiireis ad coììum et ad manicas et spa- tuìas. Signat. per N.

[f. 50-r°] Item una pianeta de dyaspero de opere Lucano ìa- borat. ad vitjs, pampanes, et uvas de serico biavo in campo rubco, Clini aurifrisio ad armaturas Coìumnensium, cum fo- dere (sic) de panno ìineo croceo. Signat. per E.

Item una pianeta, daìmatica et tuniceììa de cataxamito riibeo cum frisiis ad compaxus et fimbriis ad pcdes, et manicas de diversis operibus ad aurum, argentimi, et sericum, sine fo- dere, ad continuum usimi beneficiatorum et cìericorum. Signat. per....

[f. 50-v°] Aìba par amenta.

Item una pianeta de dyaspero aìbo ìaborat. ad aves, ar- bores, et cervos, cum capitibus et pedibus de auro per totani, cum puìcro aurifrisio de opere Romano, cum quinque figurìs magnis in tabernacuìis suis a parte anteriori, videlicet in ca- pite ymago domine nostre fiìium tenentis in braccìjiis et diiohus Angelis a dextris et sinistris, luna et sole in capitibus eorum et Fili mediis angelis Inter ipsas figuras. A parte vero po- steriori est ymago Saìvatoris sedentis cum ìibro et 1111°^ aìias figuras integras cimi X angelis midiis et una midia figura in

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E. oMiinti e oA. L. Jrolhing^ham

taberiiacHÌìs et compaxibus siiìs: foderai, de sindone indico. Signat. per R.

Item dalmatica et tiinicelìa de dyaspero albo laborat. ad basiliscos, et babuynos, et arbores de auro pter totuin, cnni fim- hriis aiireis in campo de syrico rubeo de diverso laborerio, sine fodere exceptis fimbriis et manids de iisdeni finibriis et cuni aurifrìsiìs, cuni certis compaxibus de serico diversonim cole- rum. Signat. per....

Item una pianeta de diaspero albo de opere Lucano labe- rata ad aves et cervos per totum, [cnm] capitibns et pedibus et sumitatibns alaram aviiim de auro, et ad flores aureos in qui- busdam pineis insertos, cnm pulcro aurifrisio de opere Scnensi, cum Salvatore et domina nostra, cum dnobiis angelis in pectore et quatuor angelis in compaxibus siiis, cum aliqiiibiis avibiis relevatis, cum nominibas et licteris ipsariini figurar nin. A tergo vero est in sumitate ynlago domine nostre cum filio. Infra vero quinque ymagines angelorum in compaxibus suis et dcscriptionibiis, cum aliquibus parvis figuris, pappagallis, pavonibus, grugibus, et aliis avibns iìiter ipsos compaxus sine fodere excepto frisio. Item dalmatica et tunicella de \eodem\ dyaspero et laborerio, cum fimbriis de panno serico rubeo laborat. ad aurum et ar- gentum de diverso opere frondium et avium, sine fodere, cum friseis strictis, et munitis ad collum et ad spatidas. Signat. per G. [f. 5i-r°] Item una pianeta de samato (sic) albo laborat. ad au- rum cum diversis operibus per totum, cum aurifrisio de serico biavo, cum liliis aureis ante et retro per totum, foderat. de sindone rubeo. Signat. per....

Item dalmatica et tunicella de eodem panno aurato per totum cum frisiis ante et retro et ad collum et ad nianicas, foderat. de sindone rubeo, sine fimbriis. Signat. per ....

Item una pianeta de panno tartarico albo deaurato de opere curioso minuto per totum cum pulcro aurifrisio sine figuris, cum compaxibus de serico diversorum colorum ante et retro, et in cruce pectoris, foderat. de sindone rubeo. Signat. per....

Item et dalmatica et tunicella de eodem panno, et opere,

// Tesoro della 'Basilica di S. Tietro 3;

que dalmatica habet ornatas manicas de samato (sic) viridi, ciim quinqiic mediis fif^nris aureis et foìiis in compaxibus suis sericis et manicis et aureis prò qualibet manica. Finibrias vero habet de serico intico, de opere Veneto ad gaìlos et grifones ciim an- rifrisio ad spatnìas et'' ad collnm, ad vites avicuìas et rosas. Timiceìla vero habet fiinbrias de serico viridi laborat. ad au- riun de diverso opere, cum similibus aurifrisiis ad col Inni, et ad spatnìas, foderai, ambe de sindone rubeo. Signat. per....

Item lina tuniceììa et dahnatica de panno Tartarico labo- rat. curiose ed aurum de opere minuto, cum finibriis ad pedes de panno serico rubeo laborat. ad kones et vites de auro ; ad manichas vero habet fmbrias ornatas de panno aureo laborat. ad grifones, pappagallos, pavones, et aqnilas in certis com- paxibus ad modum vitis de serico diversorum colorum. Cum aurifrisiis ad colìum et ad spatulas et ad mappulas manicarum, Tuniceììa, cum raniis [in] compaxibus, foderat. de sindone rubeo. Signat. per....

[f. 5I-^■°] Itcui una pianeta de diaspero albo ad pappagallos, cum capitibus,rotuuditatibus alar uni etpedibus de auro, et agnos Dei cum capitibus, et pedibus, et crucibus de auro, cum aurifrisio de opere Lucano ad compaxus magnos etparvos, in dictis magnis compaxibus de serico diversorum colorum ante et retro, et in cruce pectoris de eodem opere, foderat. de sindone rubeo. Signat. per....

Item una dalmatica de serico albo ad leones de auro in magnis rotis de auro cum fimbriis et manicis de panno aureo laborat. ad 1111°'' listas licteris grecis et diversis compaxibus diversorum colorum, cum frisiis ad collum et. ad spatulas de auro, cum certis compaxibus de serico biavo et nigro. Signat. per IO.

Item una dalmatica et tuniceììa de panno miro (?) laborat. ad scachos aureos cum aliqiiibusparvis compaxibus et scacos (sic) columbiuos picchiatos de auro per totum, cum fimbriis et manicis de samato rubeo ad undas aureas. Cum aurifrisio ad collum et spatulas de auro, cum certis compaxibus, foderat. de sindone giallo. Signat. per PE.

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E. oMiinti e 0^4. L. J'rothingham

Itein una pianeta de serico albo, ciini rotis de serico rubea ad vites anreas ciun pappagallis et iiliis in ipsis rolis, ctim frisio de panno serico, et iaborat. ad aiiriun, rcparat., sine fodere. Signat. per B.

Iteiìi aiia pianeta de cataxaniito albo ctiuì aiirifrisio de serico rubilo iaborat. ad aiirnm. Signat. per T.

Itcm una pianeta de dyaspero aibo iaborat. ad pappagaiios cani capitibns roUinditatibus ai arimi et pcdibns d: auro, et ad cervos, cum capitibns et pedibus de auro, cnm anrifrisio magno et puicro de opere Angiicano ciun tribiis figuris ex parie ante sajictorinn, et in fine unns conipaxus de serico et ex parte [f. ^2-r°] posteriori ciini quatnor figuris Episcoporiini et Regnili in tabernacniis, cum duobns intra qiiodiibet tabcrnacnium, sine fodere, et frisio ad coiitun ad compaxus. Signat. per....

Iteni una daimatica Imperiaiis soiiepnissima] que dicitur Costant[i?ii^ de dyaspero albo iaborato ad rotas de auro, et serico, in quibns sunt grifones et pappagalli et aquile cum duobns capitibns, crucibus in medio de auro et serico, cum finibriis et manicis deauratis cnm figuris in rotis ad perlas, et cnm dnabus cordis de perlis circumcirca. Cum armato ad colhun, et ad spatulas ad filnni ornatum de perlis, foderai, de sindone ritbeo. Signat. per A4.

Item una daimatica et una tunicella de dyaspero albo ia- borato de opere minuto et curioso cum fimbriis a p:de de ca- taxamiio rubeo Iaborat. ad vites folla et flores de auro et serico dìversornm coloruin cum tribits mediis ymaginibus sanctorum in quibusdam rotis factis ante et retro ipsas daiiìiaticam et in- nicellam, cnm aurifrisiis ad manicas et ad colliiiii et ad literam (sic), de simplici opere laboratis, que fuerunt domini Raymimdi domini Pape Vicarii. (i) Signat. per p.a.

(i) L'Ughelli (Italia Sacra, t. I, pag. 1208) ricorda fra i vescovi di Rieti un « Raymundus Urbevetanus » eletto vescovo nel 1342 ed il quale fu anche Vicario della città: di ciò troviamo una conferma in un'iscrizione che stava presso l'altare di S. Antonio Eremita nel- l'antica Basilica di S. Pietro, la quale ricorda esser stata eretta e

// Tesoro della basilica di S. Tietro 89

Item novem planete de panno lineo albo, cum aliquibus crucihus de sindone ruheo, sine signo et sine fodere.

Item una pianeta de dyaspero albo de opere Lucano laborat. ad avcs et cervos cum capitibus et pedibus et rotunditatibus alaruni avìum et qaibusdani parvis florìbus de auro, cum auri- frisio ante, et retro, et in pectore ad aves, lilia et quosdam compaxus et nodis de serico diversorum colorum, et cum uno aurifrisio ad collum laborat. ad vitem de serico, etiam diver- sorum colorum, foderat. de sindone rubeo. Signat. per...

Item una dalmatica et tunicella de dyaspero albo laborat. de opere Lucano ad quedam opera minuta ad ramunculos, frondes et rosas et animalia de auro, cum fimbriis ad pedes de samato rubeo laborat. de simili opere ad aurum et de simili opere ad nianicas dalmatice, cum aurifrisiis simplicibus ad collum, spa- tulas et pedes et manicas tunicelle, sine fodere. Signat. per...

[f. 52-v°] Ad usmn Sacristie minor is.

Item una pianeta et dalmatica et tunicella de dyaspro albo cum fimbriis, aurifrisiis et aliis ornamentis ad ymagines et alia opera : jam prò vetustate consumpta, sine fodere et signo, ad usum continuum beneficiatorum et ckricorum.

Gialla paramenta.

Item una pianeta de cataxamito giallo simplici, cum auri- frisio de opere Lucano, in quo a tergo sunt quinque ymagines apostolorum et aliorum sanctorum, et in pectore ymago Salva- toris media, domine nostre et sancii lohannis Evangeliste, et

consacrata per mano di questo « Raymundus » Vescovo di Rieti e Vicario.

Hoc OPVS ET ALTARE ERIGI ET CONSECRARI FECIT VeNERABILIS VIR DOMINVS NlCOLAVS DE AsTALLIS CANONICVS HVJVS BaSILICAE SVB VOCABVLO SaNCTI AnTONII ErEMITAE et CONFESSORIS PER MANVS VENERABILIS PATRIS DOMINI RayMVNDI EPISCOPI REATINI AC DOMINI PaPAE in VrBE ViCARII CONCESSA INDVLGENTIA VNIVS ANNI PER EVM

Anno Domini MCCCXLIIII, Mense Martii, Die XXIII.

n

40

E. oMunt^ e oA. L. Jrothingham

intus 1111°^ ymagines apostolorum et aliorum sanctorum cum aurifrisio ad collum ad parvos compaxus de serico. Item dal- matica et tunicella de eodem panno, cum fimbriis et manicis de panno aureo et serico ad iindas cumfloribus aureis et sericis (sic): cum frisis (sic) strictis ad coììum et spatuìas cum certis com- paxihus, sine fodere. Signat. per....

Item una pianeta de panno Lucano giallo laborat. per totum ad rosectas minutas de auro cum aurifrisio per totum de panno serico rubeo laborat. per totum ad aurum cum aurifrisio anti- quo ad collum. Signat. per L.

Item alia pianeta de cataxamito giallo cum aurifrisio stricto de serico viridi ad licteras grecas de auro et serico rubeo per totum, sine fodere. Signat. per....

Item una pianeta, dalmatica et tunicella de cataxamito giallo cum aurifrisio, fimbriis et mappulis de diversis operibus, sine fodere et sine signo, prò usu continuo.

U- 53-v"]

Violacea paramenta.

Item una pianeta de cataxamito violaceo simplici, cum magno aurifrisio de opere Cipriano ante, et retro, et ad pcctus, cum niagnis compaxibus in quihus sunt parvi compaxus de auro et serico diversorum colorimi et frisio ad collum cum certis compaxibus de serico, sine fodere. Signat. per....

Item alia pianeta pulcra cataxamito violaceo, cum magno aurifrisio de opere Cipriano ante, retro, et ad pcctus, cum avibus de serico albo, rosectis de serico rubeo et vite viridi, cum ramulculis (sic) blavis, et floribus rubeis de serico, cum auri- frisio ad collum cum certis compaxibus, sine fodere. Signat. per....

Item alia pianeta pulcra violacea cataxamiti, cum pulcro aurifrisio de opere Cipriano ante, retro, adpectus, cum vitibus, ramusculis, rosectis, avibus et liliis de serico diversorum colo' rum, cum aurifrisio ad collum ad aliquos compaxus, sine fodere. Signat. per....

Item una pianeta de cataxamito violaceo simplici cum auri- frisio de opere Tartarico laborat. ante, retro et ad pectus ad

Il Tesoro della 'Basilica di S. 'Pietro 41

sex magnas arhores cum aviculis de serico albo. Cnm auri-

frisio ad collum, sine fodere. Signat. per....

Item dalmatica et tunicella de simili panno, cnm auri-

frisiis [et] fimhriis de panno aureo ad pignas de serico rnbeo, *et ad collum et ad spatnlas cum aurifrisio ad vites, ad rosas,

et lilia de serico rubeo et yntico. Signat. ut supra, sine fodere.

[f. 54-r°] Item dalmatica et tunicella de sindone violaceo, cum

fimbriis [et] manicis de panno serico rnbeo ad listas aureas.

In campo yntico, cum frisiis laboratis de auro et serico di-

versorum colorum, ad leones parvos et arbores, sine fodere.

Signat. per.... Tunicella vero caret fimbriis et habet frisium

in pede.

Item una pianeta de panno sericAblavo laborat. ad aurum

per totum ad pignias cum leporibus, canibus et avibus de auro. Cum pulcro aurifrisio de opere Tartarico laborat. ante, retro,

et ad pectus ad magnos et parvos compassus de auro in campo

rubeo cum duabus virgis nigris a qualibet parte ejus, sine

fodere. Signat. per....

Item dalmatica et tunicella de dy aspero violaceo ad pap-

pagallos et cervos cum capitibus et pedibus de auro : cum

fimbriis et manicis de panno serico rubeo laborat. ad magnas

pignas de auro : cum frisiis ad collum et spatulas, ad compaxus de serico diversorum colorum, sine fodere. Signat. per....

Item una pianeta pulcra de panno dy aspero violaceo la- borat. ad viperas, aves, cum vitibus et floribus, cum aurifrisio de auro laborat. per totum ad perlas grossas et minutas, ad aves et ammalia ante, retro, et ad pectus, et in circuytu ipsius aurifrisii est una catenula de perlis per totum, et ad collum habet unam vitem cum foliis de perlis, foderat. de panno lineo rubeo; donata per unam comitissam de Ungaria. Signat. per... Item una pianeta de syndone violaceo, cum antiquo frisio de serico rubeo ad grifones de auro, cum frisiis parvis de auro simplici a qualibet parte cum virgulis de serico diver- sorum colorum, foderat. de panno viridi. Signat. per.... Item alia pianeta de cataxamito violaceo, cum frisio

42

E. oMunti e oA. L. Jrothingham

laborat per totum ad arnia Regis Roberti, sine fodere. Signat. per F.

[f. 54-v°] Itein alia pianeta de syndone violaceo, cum frisio de syndone viridi virgato de rubco ante et retro, foderai, de panno lineo rubeo antiquo. Signat. per....

Item lina pianeta, dalmatica et tunicella de cataxamito violaceo cum aurifrisio, fimbriis, manicis et mappulis de diversis operibus antiquìs. Sine signo et fodere, ad continuum tisum beneficiatorum.

Item due alie planete de cataxamito violaceo et similes superioribus, cum aurìfrisiis antiquis, sine fodere et signo, ad usum continuum.

u- 55-n

Nigra paramenta.

Item una pianeta de cataxamito nigro; cimi aurifrisio de opere Lucano ad compaxus de auro, et serico diversorum colorum, cum rosectis et liliis de auro ante et retro, et ad pectus et ad collum, cum aurifrisio ad compaxus, sine fodere. Signat. per L.

Item una pianeta de cataxamito nigro; cum aurifrisio de auro simplici cum vitibus, avibus, et rosectis de serico diver- sorum colorum, ante, retro et ad pectus; cum aurifrisio sim- plici ad collum. Signat. per F.

Item alia pianeta de cataxamito nigro; cum aurifrisio ante, retro et ad pectus, cum IX compaxibus de serico diversorum colorum; cum una virgo (sic) nigra ab utraque parte ipsius, sine fodere. Signat. per I.

Item alia pianeta de cataxamito nigro; cum aurifrisio de opere Cypriano ad compaxus magnos et parvos per totum, de serico albo, et a qualibet parte ipsius due virgule de serico rubeo, cum frisio ad collum, ad compaxus, aviculas, et rosectas de serico diversorum colorum. Signat. per....

Item alia pianeta de cataxamito nigro; cum aurifrisio stricto de panno serico rubeo deaurato per totum, cum aurifrisio stricto ad collum. Signat. per 0.

// Tesoro della "basilica di S. T'ietro 48

Itevi una dalmatica et tunicella de cataxainito nigro, cimi finihriis, manicis, [g/] aiirifrisiis ad collimi et ad spatiilas^ nsqne ad pedes de panno auro (sic) et serico rubeo ad spinatii piscis foderat. de panno lineo viridi. Signat. per T.

Item alia pianeta de cataxamito nigro, cimi frisio de panno serico rubeo laborato ad aurimi, cum aurifrisio de serico albo laborato ad aiiruni ad collimi. Signat. per ~\- E.

Itcni una pianeta nigra et antiqua de sindone cimi frisio ad collimi, cum crucibus de serico rubeo. Signat. per R.

[f. 5^-r°] Cortine.

Item una cortina magna de serico violaceo laborat. de serico albo de opere minutissimo auro intermisto (sic), ornata in circuytu de syndone rubeo ad armatiiras Regis Roberti, Ursi- noriim et lerusalem, foderat. de panno lineo viridi, qne fuit olim domini lohannis Gaytani (i).

Item una alia cortina de panno serico rubeo laborat. ad compaxiis aureos ornat. ab utraque parte ad armattiras Boni- faci] pape Vllf ornat. in circuytu de syndone violaceo et fode- derat. de panno lineo viridi, qne fuit ipsiits Bonifacii.

Item alia cortina de panno serico biavo laborat. ad aiirimi per totimi, et in circuytu ad listas de syndone rubeo et giallo foderat. de panno lineo rubeo.

Item una alia cortina minor de eodem panno et laboritio similis superiori.

(i) Egli sembra il medesimo famoso Cardinale onde parla il Libro dei Benefattori (fol. 121). « Tcrtio Kal. ScpUmhris. Anno Dui. MCCCXXXF tertie Indictlonis, mensis Augii Hi, ohiil RìUhs pater et do- minus, domìniis Joannes Gaytanus de domo Ursinornm Sancii Tlieodori Diaconus Cardinalis Concanonicus noster, ciijns corpus requiescit apud suam cappellam Sancie Marie Pregitantis sitam in nostra Basilica, qui in vita sua doìHivit nostre Basilice etc.

Leggiamo in Giacomo Grimaldi (Cod. Barh. XXXIV, 50, f. 30J i' racconto della dissecra^ione di questa Cappella e della distruzione del sepolcro del Card. Caetani: questo ebbe luogo nel 1605.

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E. Giunti e qA. L. Jrothmgham

Itein una cortina magna de syndone intico^sunpìici, quefnit facta in honorem Regine [uxoris] Regis Ungarie.

Item tres panni de serico violaceo ad rosas et arhores aureas simili constiti cum alio panno serico laborat. ad aves, rosas, folla et raninscnlos divcrsonim coloriun.

Item unus aliiis pannus de serico albo laborat. ad aiirnm, ad aves et alia diversa opera.

Item tres panni de serico rubeo laborat. ad auriim, ad vites et arbores diversimode.

Item unus pannus Tartariciis de serico laborat. ad diversas ymagines hominurn mnlierum et quadrupedum, arborum, avium, foliorum, ramiisculorum et fiorum de auro et serico diversorum colorum, donat. per quamdam comitissam soiiam Regine Ungarie. [f. 5^-v°] Item unus alius pannus de serico violaceo laborat. ad aiirum, ad dracones, et arbores, cum arboribus de serico diversorum colorum, cum simplici aurifrisio ab utroque capite.

Item una petia integra magna de cataxamito rubeo simplici.

Item unus pannus de serico violaceo laborat. ad leones et anseres de auro in campo serico diversorum colorum.

Item alius pannus de serico rubeo antiquus, cum XII ymaginibus magnis domine nostre, et alia opera ad auriim.

Item alius pannus de serico albo laborat. ad senta de se- rico violaceo ad lunas, stdlas et cruces sive scalladoos (sic) in compaxibus de auro.

Item alius pannus de serico rubeo laborat. ad rosas in compaxibus ad modiim catenarum per totiini, cum listis aureis ab utroque capite.

Item alius pannus antiquus de serico violaceo ad rotas cum leonibus in ipsis rotis et lilia inter ipsas rotas, et cum listis aureis ab utraque parte.

Item alius pannus antiquus et fractus de serico rubeo la- borat. ad pappagallos et leones de auro in compaxibus de auro cum listis ab utraque parte.

Item alius pannus de serico albo ad parvas rotas, cum una lista ab uno capite.

// Tesoro della Ijasilica di S. 'Pieti^o 46

Item duo panni magni de opere Tartarico ìahorat. ad listas de auro et serico diversorum color uni, ad vites et com- paxns, qui dicuntur panni Regis Francie.

Beni uniis aìius panniis de dicto opere Tartarico ad listas aureas et sericas diversorum operiim, qui dicitur pannus Se- natoris.

[f. 57-r°] Iteni iinus pannus de dy aspero viridi prò copertorio corporaìium et prò yinagine unius Cappelle portatile (sic) in quo panno ah uno capite est yniago Salvatoris de auro, cimi libro aperto in manu de perlis niiniitis, in quo sunt lictere nigre dicentcs Ego suni lux mundi, cuni dyadeniate de auro girato de perlis, cum quatuor rotis de auro. 4^ alio capite est yniago domine nostre cum filio in brachiis de eodem opere de auro et perlis, cum quatuor rotis de auro. In medio vero est Crucifixus cum domina nostra et sancto lohanne, et duohus parvis Angelis, cum dyadematibus de perlis minutis. Qui pannus est circumdatus de serico et auro, et cum fodere de syndone rubeo. Qui fitit domini lohannis Gaytani.

Item tres cortine de opere Alamanico, cum licteris ab utroque latere, et cum una lista ab utroque latere de syndone rubeo, ad rosas albas, et cum anulis de octone, quaruni una discrepat ab aliis, que non habet licteras, set (sic) certas rosas, et stellas, et alia diversa opera in modum vitis et compaxus.

Item alia cortina de syndone rubeo, cum duobus taberna- culis de syndone giallo, in uno quorum est qiiedam magna ymago domine nostre, cum filio, et in alio sunt tres magi ado- rante s et offerentes eis mimerà.

Item alia cortina de opere Alamanico, cum listis in cir- cuytu nigris de panno lineo yntico.

Item unus pannus de serico violaceo laborat. ad pignas de auro per totum.

Item alius pannus de dyaspcro novus de opere Lucano com- petenti ad aves et cervos de serico rubeo, cum capitibus et pe- dibus de auro et sumitatibus alarum in campo de serico viridi.

Item alius pannus de serico intico, cum arboribus ad

n

46

E. Stinti e qA. L. Jrothingham

rnodum pineanim de auro per iotiim, ciim duabus listis in capitibns.

Iteni alius pannus antiquiis de serico riiheo ciim diversis operibns de auro.

Itein alius pannus antiquus de serico et ruptus (i).

[f. 57-v°] Faìcistoria.

Itcm unum falcistorinni de cataxaniito rubeo, cum pallio in medio de cataxamito giallo laborat. ad unani magnani rotam ad dnas magnas aves cum una arbore.

Item aliud falcistorium de duobus pannis siuiul consutis de àiaspero rubeo laborat. ad aves diverse forme.

Item aliud falcistorium pulcrum de serico albo, laborat. ad compaxus de auro cum leonibus et aliis animalihus de auro in ipsis compaxìbus, cum listis de syndone rubeo et giallo circumcirca.

Item aliud falcistorium de velluto violaceo ornat. circum circa de listis syndonis viridis et rubei, foderat. de panno lineo viridi.

Item aliud falcistorium de panno Tartarico ad IIIf°^ ma- gnas rotas, cum avibus magnis in eis, foderat. de panno lineo albo.

Item aliud falcistorium de dyaspero viridi laborat. ad cer- vos de serico rubeo cum capitibus et pedibus de auro, et ad quasdam rotunditates et vites ad modum arborum, cum qui- busdam florectis de auro in medio ipsoru?n, et cum listis de sindone rubeo et albo in circuytu ipsius panni.

Item duo paria sandalium cum caligis suis de cataxa- mato (sic) rubeo et sine auro, et aliud cum auro ad leones et aves, et diversa opera.

(i) Quest'Inventario delle cortine del Tesoro di S. Pietro con- ferma ciò che uno di noi ha detto nella sua Histoire de. la Tapis- serie Italienne sulla rarità degli « arazzi » propriamente detti in Italia durante il xiv secolo. Gli oggetti ivi descritti sembrano comporsi unicamente di stoffe broccate o ricamate, e non mai di arazzi fatti al telaio.

// Tesoro della 'basilica di S, T^ieiro 47

Camìsì.

Itcììi tiniis camisus seii alba caniisia de panno lineo sub- tili cimi fimhrìis seii f^ramitibiis de syndone ìntico, ciim duobus draconibus siinul coììigatis in collo de auro, cum caudis ad modum arborum et ciini mappiiìis in manicis de simili syn- done, cum una arbore, cum uno magno folio, cum odo bocto- nibiis seu pistillionibus de argento deaurato in qualibet ma- nica, et ciun simplicibns frisis (sic) et uno pistillione in collo de argento deaurato. Cum suo ammicto, cum frisio de simili opere, et cum uno boctone de argento deaurato, [f. 58-r°]

Item undecim camisi sive albe camisie de cortina cum fimbriis seu graniitibus de auro et serico de opere simplici et de opere figurato, cum aurifrisiis in collo et ad latera prò parte simplici et prò parte curioso.

Item aia sexdecim camisi, seu albe camisie de panno lineo et prò parte de cortina, nove et antique, fimbriate et frisate de fimbriis et frisis (sic) anliquis de diversis operibiis et coloribus, de quibus computantiir albe due, quas donavit Regina Un- garie, cum fimbriis de samato intiquo (sic) simplici.

Item aia tresdecim albe camisie, seu camisi de panno lineo novo et antiquo, grosso et siibtili, simplices sine aliquo orna- mento.

Ad usum Sacristie minoris.

Item camisy canonicales tres cum fimbriis seu gramitibus ad pedes et ad pectiis in duobus, de quibus unum fuit do- natum per Reginam Ungarie, qui sunt de cortina ornata ad diversa laboreria, et opere figurato Anglicano et Romano de serico et auro et stellis ad usum continuum, cum duabus stolis et tribiis manipulis de opere Anglicano, et Veneto, cum figuris et sine figuris. Cum tribus cintoriis de serico diversorum co- lorum, et tribus ammictis cum aurifrisiis largis et strictis.

Item sex cintoria sacerdotalia de serico diversorum colorum, et alique laborat. de serico ad aurum.

48

E. Òdiinti e qA. L. Jrothingham

Itcm octo camìsi seu albe camisìe inUr novos et vetcres, fimhriatos et sine fimhrìis de panno lineo.

Iteni mi"'' aia ad usiiin heneficiatorum et chrìconun, ciim ammictis et alìis fornitnentis.

[f. 58-v°] Ammìcti.

Iteni nnus aiiwiictus de cortina, cnin (qirifrisio ad perlas, et ad aiiruin lahorat. ad conipaxns, de quo aurifrisio multe perle jani ceciderunt prò vetustate.

Itein alius animictus de panno lineo ciim aurifrisio de opere Romano cum sex compaxibns de serico diversorum co- lorum in qnihus sunt medie ymagines diversorum sanctorum arma et folla, cum seraliis de syrico diversorum colorum.

Item alius ammictus de cortina, cum aurifrisio de opere Romano, cum tribus compaxibns, in quorum quolibet est qnedam figura media unius sancti et alia folla de serico.

Item alius ammictus de cortina cani aurifrisio de simplici opere laborato novo donato per Reginam Ungarie.

Item aliits ammictus, cum frisio strido de opere Romano, cum septem figuris sanctorum in compaxibns suis.

Item unum aurifrisium prò ammicto antiquum laboratum ad perlas de opere Romano cum septem figuris sanctorum, cum compaxib'.is de perlis et dyadcmis de perlis.

[f. 59-r°] Stole.

Item IIII"'' stole de opere Anglicano ad figuras sanctorum de serico et auro diversorum colorum foderai, de syndone pallio (sic) et due stole de dyaspero viridi foderat. de syndone rubeo.

Item ima stola cum manuleis de syndone violaceo, cum cru- cibus rubeis foderat. de panno lineo rubeo.

Item una stola cu^n mannìi de syndone violaceo darò laborata ad rosas aureas, et in rotas sericas mistas, cum una ymagine ab uno capite stole, et sex pistilliones de argento deau- rat. pendentes in seraliis, cum una ymagine ab alio capite cum HIP'' pistill. in seraliis. In manule vero cum Salvatore in

// Tesot^o della T^asilica di S. dietro 49

medio ami sancto Pctro ab una parte, et ciim sancto Paulo ab alio (sic), et ciim uno pistillione de argento deaurat.

[f. 59-v°] . Tobalie.

Item quinque paria tobaliarum de panno lineo ad listas sericas seu costas ab utraque parte diversorom colornm, tani de opere texto qiiam et de opere siito prò altari majori.

Item duo paria tobaliarum de panno lineo ad listas sericas et bamacinas ab utroque capite prò dicto altari.

Item unum par tobaliarum de panno lineo ad listas sericas ah uno capite, cum clavis pictis in medio, prò dicto altari.

Item septem paria tobaliarum de panno lineo cum listis amplis et strictis prò dicto altari ab utraque parte de bambice nigro inter novas et veteres.

Item unum par antiquum cum certis rosectis de serico et leonibus antiq. multum prò dicto altari.

Item unus pannus subtilis de Uno cum una lista de filo de lino diversorum colorum ad rote (sic) prò dicto altari.

Item viginti tres tobalie ad ramas (sic) laborate cum listis hombicino nigro ab utraque parte prò missa, de quibus octo sunt nove et quatuordecim sunt antique.

Item due tobalie in una petia de simili opere prò missa, antique.

Item due tobalie ampie prò dicto altari majori de opere Alamanico ad rosas et cruces et alia opera de panno lineo.

Item septem alie tobalie de opere Alamanico de panno lini de diversis operibus laborat.

Item due tobalie magne sine ramma (sic) in uno fusto sive petio, cum quibusdam coslis sericis rnbeis et nigris, que sunt nove, et non sunt ad aliquem usum deputate.

Item alie due tobalie de simili opere de panno lini sine rammis (sic) cum quibusdam listis a quolibet capite de serico nigro et rubeo, que sunt aliquantulum usate.

Item triginta iobalia de panno lineo laborate ad sericum de diversis coloribus per listas ah utroque capite ipsorum, de

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 4

5o

E. SMiint^ e oA. L. Jrothingham

quibus decem sunt nove, et XX antique, et usate, parve, et magne, et mediocres.

[f. ^o-r°] Item sexdecim tohaleoli inter magnos et parvos, cum costis de bombice nigro ab utraque [parte\

Item unus tobaleolus de opere Veneto, vel Yannuensi de panno lineo factus ad moduni velluti.

Item octo tobaleoli seu vinipe ad sericum et ad aurum, et syndone diversoriim colorum, quibus utuntur clerici quando faciunt et simulant festuni de Mariis.

Item viginti quatuor vimpe de serico ad listas aureas et sericas diversorum colorum prò crismate et corpore Christi, inter parvas et magnas.

Item quinque tobalie ad listas sericas et de serico et ad figuras aliquas deauratas quibus utuntur prelati quando ce- lebrant.

Item tobalie magne serìcate, que vocantur tobalie Comi- tisse, que ponuntur in girulis, qimm celebratur festum corporis Christi.

Item tres case corporalium; cum paribus (?) corporalium intus in eis.

Item tres muscon. ad pellendas muscas diversimode laborati.

Item una cocto, seu superpellicium subtile de serico.

Item unum copertorìum prò onglerio de pallio (sic) de opere Veneto ad aurum in capite rubeo.

Item quatuor frustra panni bomicini.

Item una tobalea prò altare de Cancellis, cum duabus costis amplis de serico nigro et rubeo.

Item una tobalia prò dicto altare ad rammas (sic) de opere antiquo.

Item unum rotolum de panno lineo subtili prò coctis seu subpelliciis.

Item sex sudaria prò facie tergenda laborata ad modum Theotonicum cum serico et sine serico.

Item quatuor tappeta, duo magna, et duo parva, ad di- versa opera laborata.

// Tesoro della 'basilica di S. dietro 5 1

Item odo tobalie sericate ad usum altaris de Cancellis. Itetn alie UH"'' tobalie sericate de diverso opere (i).

(i) Q.uest' inventario offre una grandissima importanza da varii punti di vista: è pregevole per la precisione delle sue descrizioni e per preziose indicazioni che ci permettono di far risalire ad un'cr poca molto anteriore a quella della sua compilazione un gran nu- mero di opere importanti. Diffatti il nostro inventario, classificando le opere contenutevi in « antichissime », k antiche », o senza quali- ficazione di epoca, ci permette, appoggiandoci alle opere di data certa, di stabilirvi per cosi dire una cronologia: per esempio il termine « antiquum » non si alle opere del principio del medesimo se- colo, il XIV (i)nè, in generale, a quelle della seconda metà del xiii: potremmo dunque senza dubbio datare alcune opere dal xii secolo, e, fors' anche le due descritte alla pagina 17 come opere atitiquissimo, e d'un lavoro tanto diverso da quello di tutte le altre, devono attri- buirsi ad età anche più remota.

Vediamo svolgersi una lunga lista d'illustri donatori: si distin- sero pei doni che offrirono alla Basilica i Re di Francia, d'Inghil- terra, d'Aragona e di Napoli, ma specialmente la famiglia reale di Ungheria la quale si mostrò verso di essa di una munificenza vera- mente rimarchevole, e che fu in ciò imitata da nobili della sua corte (2): dobbiamo verosimilmente attribuire questi doni alla dina- stia d'Angiò che montò sul trono di Ungheria nel 1310. Della me- desima famiglia era Roberto d'Angiò, Re di Napoli (i 309-1 543) al quale sono dovuti gl'importanti doni di due «pluviali» (3) e di una « pianeta » (4). Le opere che portano le armi dei Re di Fran- cia e d'Inghilterra furono, secondo ogni probabilità, donate da Edoardo III d'Inghilterra (1327-77) il quale aveva preso titolo di Re di Francia.

Fra i sommi pontefici nominati troviamo Niccolò III (1277-81), Bonifazio Vili (1294-1303), Giovanni XXII (1316-34), Clemente VI (1342-52), etc. Vediamo anche figurare nobili personaggi come il Conte e la Contessa di Celano, e la famosa famiglia Colonna, senza parlare dell'illustre stuolo di vescovi e cardinali i quali si segnala- rono pei loro doni nella prima metà del xiv secolo.

(i) Di quest'epoca sono p. e. i doni di Pietro Ferri Vescovo di Cliieti, del Card. Giovanni Gaetani, e dei pontefici Bonifacio VII! e Giovanni XXII. etc.

(2) Esempi ne sono i doni di una » comitissa de Ungheria » (p. 41), e d'una » co- mitissa sotia regine Ungarie » (p. 4<f).

(3) Vedi le pag. 27 e 28.

(4) Vedi a pag. 42.

52

E. oMitnti e oA. L. frothingham

[1436J.

Itivenlarium Sacnstie.

[f. i-r°] Anno domini tn.cccc.xxxvj, Ind. xiiii, mense luìii die xvij. Hoc est inventarium factum de honis et jocaìihus sa- cristie principis apostoloruin de Urbe; de mandato Reverendis- simi in Christo patris et domini, domini Jordani miseratione divina Episcopi Sahinensis, dignissimi cardinalis de Ursinis, in Sili presentia, in domo videìicet ad presens prò sacrisiia deputata posita in regione Parionis etc : prescntihus dominis Jacoho de Aquila priore, Angelo Petri, A. Lelli, P. Puccia- relli, L. Sancti sacrista. Silvestro Thome, L. de Leis, P. de Porcariis, A. Laurentii, L. de Ursinis, B. Joannis Panis et nonnullis Beneficiatis etc (i).

Caput sancti Luce cum argento et litteris smaltatis.

Crux Constantini cum lapidibus diversorum coloruni et litteris latinis.

Tahernaculum beati Gregorii pape cum tabernaculo dear- gentato, deaurato cum smaltis et armis de Stefanescis (2).

Brachium sancti Andree Apostoli cum tribus anulis in- clusum in argento.

Brachium sancti Longini cum uno anulo similiter in ar- gento iticlusum.

Imago beati Petri, cum regno in capite, deaurata, smal- tata in pede.

(i) Nel libro dell'» Introitus et Exitus )> conservato nel medesimo archivio, troviamo più volte ripetuti i nomi delle persone qui anno- verate, sia all'anno medesimo sia nei seguenti. In questo modo pos- siamo supplire l'intero nome del quale non abbiamo qui che la sola lettera iniziale: p. e. Petrus Pucciarelli, Johannes Panis o Bapta Panis, Laur. de Leys, Anton. Laur. etc.

(2) Questo si riferisce probabilmente a Pietro Stefanesco degli Annibaldi fatto cardinale nel 1405 e morto nel 141 7: vedi Lorenzo Cardella, Memorie. Storiche dei Cardinali, Roma, 1 793, t. II, pag. 331-33.

// Tesoro della 'Basilica di S. T^ietro 53

Alia ymago beati Petri deaurata sine mitra cum tribus smaltis in pede.

Alia ymago sancii Petri parva cum diademate de argento deaurata.

Una cona de argento deaurata piena reliquiarum a tergo cum Christo crucifixo.

Unum reliquiarium de argento deauratum cum diversis reliquìis rotundum cum aquila in capite. [f. i-v°] Una alia cona de argento deaurata cum ultra duo- decim perlis grossis.

Oiwddam tabernaculum cum cristallo in medio, et pede et superficie de argento deaurato cum armis dni Cardinalis de Ursinis cum una spina de corona domini nostri Jhesu Christi.

Unum tabernaculum de cristallo cum multis reliquiis et cum pater noster {sìc)Sancte Caterine, facto de ossibus Sancte Caterine.

Aliud tabernaculum de cristallo, ornatum de argento, deau- ratum et smaltatum, cum reliquiis beati lohannis Glisostomi (sic), cum crucifixo in capite.

Aliud tabernaculum cum cristallo cum pede, ornatum de argento cum mia ex costis Sancii Laurentii, cum armis de Thebaldescis.

Reliquiarium rotundum de argento, cum reliquiis, videlicet beati Andree et Egidii.

Unum tabernaculum parvum de cristallo, ornatum de ar- gento, cum reliquiis beati Antonii cremile, cum pede deaurato.

Crux de argento deaurata cum perlis et lapidibus pluribus et [m] medio de Ugno vere Crucis.

Alia crux de argento deaurata, cum smaltis, cum lapide unichino (sic) in medio et cum aliis lapidibus per circuitum.

Alia crux de argento deaurata et smaltata ab utroque latere, in medio esl agnus dei sculpitus (sic).

Alia crux de argento deaurata cum crucifixo in medio et smaltata et lapidibus pretiosis.

Alia crux de argento deaurata cum pede smaldato (sic) et reliquiis et crucifixo in medio et lapidibus per totum, cum dua-

54

E. oMiint-^ e oA. L. Jrothingham

bus ymagìnìbus, in qua deficiunt plures ìapides [in quo sunt plures sanctorum] (sic), (i)

Alia criix de argento deaurata ad niodum sancti Spiritus cum duobus smaìtis in medio.

Alia criix de ere deaiirala, cum armis de Tomacellis (2) et crucifixo in medio.

[f. 2-r°] Alia crux de argento deaurata cum pede quadrato et nonnullis lapidibus.

Alia crux lignea (3) cooperta tecis et intits de Ugno cum crucifixo et evangelistis.

Alia crux de argento deaurata cum pede de ere septem pomorum.

Alia crux antiqua de argento intus de Ugno: cum cruci- fixo in medio et apostolis Petro et Paulo in pede.

Unus crucifixus de argento posiius in erme lignea.

Crux de diaspero rubeo et onichino, ornata de argento deaurata cum pano rotunno (sic) in pede.

Alia crux de cristallo albo totaliter cum fusto ferreo per totum.

Alia crux de cristallo ornata de argento deaurata cum crucifixo in medio.

Crux magna de argento alba, qm stationaria dicitur.

Tabernaculum de argento deaurato cum tribus columnis cum imagine Nostre Domine.

Tabernaculum cum cristallo in medio de argento, deau- ratiim ad portandum corpus Christi, cum pede magno, smal- tatum, in quo deficit unum smaltum.

Unum reliquiarium parvum de auro in medio cum Ugno vere crucis cum instrumentis passionis Domini, quod clauditur (?).

(i) In questo inventario le parole fra parentesi sono sempre ag- giunte fatte ad un tempo posteriore, sia per amplificare la descrizione originale, sia per indicare alcuni cambiamenti fatti, o anche la distru- zione dell'oggetto.

(2) Pietro o Pierino Tomacelli, Napoletano, creato cardinale nel 1381 e sommo pontefice sotto il nome di Bonifacio IX nel 1389. Cardella, Meni. Stor., t. II, pag. 291.

(3) Prima eravi scritto de argento.

Il Tesoro della ^Basilica di S. T*tetro 65

Tabula cimi diversis reliquiis ornata de argento cum cru- cifixo in medio.

Tabernaculum de argento deauratum cum cristallo in medio cum armis Ursinorum cum crucifixo in capite.

Una carta cum allquibus lapidibus pretiosis parvi valoris.

Una alia carta cum perlis intus et matreperlis.

Una carta cum certis smaltis et ymaginibus de argento et aliis nonnullis rebus positis in quadam cappa. [f. 2-v°] Una alia carta cum duobus anulis (sic) de argento, quorum unus est sine lapide.

Una crux parva de argento deaurata in modum crucis septem pomorum, que posita fuit super tabernaculum in quo est spatula Sancii Stephani.

Unum parvum focale de auro cum catenella et perlis in medio, cum Michaele archangelo draconem inter fidente.

Una parva bussala de ebore cum aliquibus reliquiis, or- nata de argento.

Crux parvula de argento cum lapide viridi in medio et perlis in circuìtu.

Acus de argento cum lapide in capite ad usum palli (sic) pontificalis et tribus petiis de argento simul involutis.

Maspillus de cristallo.

Una carta cum aliquibus lapidibus et argento fracto et aliis rebus.

Que omnia usque ad crucem supradictam parvula (sic) recondita sunt in quadam scutella de Ugno.

Anulus pontificalis de auro cum lapidez^ aphireo in medio cum perlis per circuitum.

Unus anulus pontificalis cum cambeo (sic) in medio cum quatuor perlis et tribus lapidibus [positus jam in brachio Sancii Philippi apostoli].

Unus anulus pontificalis prò episcopo de argento cum la- pidibus (i).

(i) Vedi sull'uso di questo genere di anelli la dotta dissertazione

56

E. oMimti e oA. L. Jrothingham

Una crux de auro pectoralis cum perlis et smaltis et agnus dei in medio.

Quatuor parve cruces simul ligate.

Item alia ad moduin crucis smaltata cum crucifìxo in medio. Alia cristallo (sic) parva cum Ugno vere crucis, ab uno ex lateribus [cumji lapidibus et perlis [posita est in taberna- culo corporis Christi].

Tres anuli de argento lapidati (sic) [duo fuerunt positi in bracino Sancii Philippi].

Hec sunt omnia simul ligata. [f. 3-r°] Unum pectorale de argento deauratum d. de Ursinis cum tribus maspilUs de perlis ad ponendum ante pectus.

Unum vasculum de argento positum in vase coreo ad po- nendum crisma oleum sanctum et oleum infirmorum d. de Ursinis.

Tria petia coralli fracti.

Item unum petium coralli pulcrum.

Unum aliud petium coralli.

Unum petium coralli ad moduni leonis ctLm argento in capite cum armis Ursinorum.

Due parve claves de argento.

Unum pomum de cristallo cum manico de ere deaurato.

Unum petium cristalli triangulatum.

Vasculum rotundum de cristallo in parte fractum.

Una testa parva de marmore sculpita.

Unum pectorale de argento deauratum et smaltatum cum quatuor evangelistis cum lapidibus et perlis.

Una tabula de cristallo ornata de argento per circuitum cum angelo annuntiante beatam Virginem posita in in (sic) vasa corea.

Ymago ad dannimi (sic) pacem de argento deaurata cum pietate in medio [destructa prò bracino Sancti Philippi'].

di Mgr. Barbier de Montault: L anneau d'investiture dii Musée de, Mptitauban. Montauban, 1881.

// Tesoro della 'basilica di S. 'Pietro 67

Una teca argentea deaurata in qua est ymago Sancti Petri.

Sanctus Petrus de argento deauratus et unum telarium de argento deauratum simul ligatum (i).

Pomuni de argento cum armis Cardinaìis Sancti Angeli ad ponendum in sinichio (sic).

Una scuteìla de ambra cum clocleari de maxar^^a (?) ornatum (sic) de argento positis ' (sic) in vasis coreis.

Una ìanipas de argento albo cum catenella et pomo et armis Sancti Petri [destructa fuit prò braccìno (sic) Sancti Philippi].

Unum turribulum (sic) de argento album cum armis dni Petri Nardi smaìtatis.

[f. 3-v°] Tabula ornata cum ymagine beati lohannis Bap- tiste in medio.

Figura beati lacobi apostoli posila in lignea tabula, que fuit fusa quando fuerunt renovata candelabra Sancti Petri (2).

Due ampulle de argento albe sine pizo que fuerunt fuse quando fuerunt renovata candelabra supradicta (3).

Due alie ampulle de argento in parte deaurate cum pi^is. Fuerunt fuse prò candelabris (4).

Due alie ampulle de cristallo de argento ornate in capite et pede.

Unum petium de cristallo rotunduni ad modum coppe cum coper torio.

Una crux parva de cristallo posita in uno vase rotundo ligneo.

Aliud vasculum de cristallo rotundum cum copertorio po- silo in vase ligneo [posilum fuit in ornamento labernaculi cor- por is Christi] (5).

(i) Cancellato nel codice.

(2) Cancellato.

(3) Cancellato.

(4) Cancellato.

(5) Cancellato.

58

E. oMiinti e oA. L. Jì^othingham

Unum pomum de cristallo ad faciendum novum ignem in die sabbati sancti, cum manucUo (i).

Duo poma de ere deaurata ad calefaciendum manus.

Unum altare viaticum cum lapidibus viridibus ornatum.

Aliud altare viaticum ornatum de argento cum diaspero in medio et figuris in circnitu.

Duo alia altaria viatica etiam de diaspero, unum orna- tum de argento, aliud vero prò parte ornatum.

Unum par cirotecarum ad usum Episcopi cum duobus jo- calibus de argento deaurato et perlis et lapidibus.

Unum vas rotundum de argento, album sine reliquiis [cum una capsetta etiam de argento {2)], in quo erat caput Sancti Sebastiani, et una casseta que fuit destructa quando fecimus ta- bernaculum in quo est spatula Sancti Stephani, et alia pars ipsius cassete est in manibus d. L. prò renovatione ampullarum.

Duo parva candelabra de argento albo cum castris per circuitum, [fuerunt destructa'] (3).

Duo alia candelabra de argento cum smaltis et pomis in medio ad usum altaris conventus [renovata sunt] (4).

Duo alia candelabra argentea de cristallo in parte deau- rata et [cum] armis domini Card, de Ursinis. [f. 4-r°] Mitria pontificalis de argento cum perlis et lapidibus per totum, donata per dominum Cardinalem de Ursinis.

Rosa aurea cum pede de bere deaurato cum duabus yma- ginibus (5).

Ymago beati Michaelis ornata de auro cum perlis et la- pidibus pretiosis in capite.

Item viginti tres calìces de argento deaurati et smaltati in medio.

(i) Cancellato; in margine leggesi: bis positus est.

(2) Cancellato : ciò che segue è di mano posteriore.

(3) Cancellato.

(4) Cancellato.

(5) Può credersi la rosa data dal papa Martino V (Les Aris à la coiir des Papes, t. I, pag. 19).

// Tesoro della 'Basilica di S. 'Pietro 69

Calices viginti de argento deaurati sine smaìtis in medio.

Item sex calices de argento in (sic) coppa in pede de ere deaurati et smaìtatis (sic) prò parte.

Item calix nnus de argento deauratus cum sua patena da- tus per uxore Gemini harhitonsoris cum literis in pede ((per l'anima di Gemma ».

Item patene de argento deaurato xxxxvij.^"^

Patene quinque de ere deaurate.

Una capsula tartiata cum inuìtis reliquiis.

Brachia Sancti Philippi et Sancii Guilielmi.

Multe reliquie sanctorum involute in sindone nigro deau- rato, que sunt posite in quodam scrineo rotundo, cum armis pape Alexandre

Item bracchium sancti Philippi apostoli, expcnsis ecclesie noviter ornatum.

Item candelahra de argento paria duo, cxpensis capituli noviter facta.

Item naviculam de argento, per Antonium Masotti nostre Basilice donatam, heneficiatum ejusdem Basilice.

Item ampullas duas datas per fratrem Antonium sancti Marcelli, de argento (i).

5-r°j [Par amenta alba].

Eodem anno et sequenti die: Paramenta alba in capsa prima cum signo I.

Unum pluviale album de auro cumfrisio de perlis et smaltis cum leonibus et aquilis et papagallis laboratum.

Una pianeta ejusdem laborei (sic) et frisii cum armis de Cechano (2).

Una alia pianeta ejusdem coloris cum frisio laborato ad sanctos rachamato et laborato ad aquilas et grifones.

(i) Queste ultime quattro rubricelle sono di mano diversa e po- steriore : abbiamo già veduto, alle pagine precedenti, come, per fare gli oggetti qui annoverati, fossero adoperati molti fra gli ornamenti sacri che trovansi cancellati nell'inventario.

(2) Il card. Annibaldo di Ccccano era vescovo toscolano e legato

6o

E. oMiinti e oA. L. Jrothingham

Una funicella quasi ejusdetn laborerii, sed solummodo min papagallis.

Due dalmatice etiam de auro ad grifones, papagallos et aquilas.

Unum pluviale papale de auro, laboratum ad diversos sanctos cum frisio aureo, inpernato ad ammalia diversa.

Aliud pluviale papale de auro cum figuris diversis cum frisio de auro et perlis cum diversis animalibus et avibus et domini nostri Jhesu Christi passione.

Pianeta, diarmatica (sic) et tunicella albe cum armis olim domini Cardinalis Vivaniensis (i) deaurate.

Una tunicella de purpura alba [inbrochata de auro (2)] cum armis regum Francie et Anglie in manicis.

Una dialmatica de eadem purpura cum figuris sanctorum in manicis et cum armis rcgis Francie et leonibus rubeis et aquila alba.

Una pianeta de purpura alba cum frisio de auro et armis Rmi domini Cardinalis Aquilegensis (3).

Una pianeta de purpura alba inbrochata de auro cum frisio de auro rachamato ad sanctos.

Diarmatica et tunicella albe inbrochate de auro ad aquilas cum fimbreis ad sanctos.

[f. 5-v°J Diarmatica etiam de purpura inbrochata de auro ad papagallos [et aquilas (4)].

Tunicella de purpura alba cum fimbreis de auro antiquo.

Diarmatica et tunicella alba inbrochata de auro cum gallis in pede in manicis cum figuris de auro.

della Santa Sede. Cardella, Meni. Stor. dei cardinali, t. II, pag. 122-25. Morì nel 1350 e dei suoi doni parla il Libro dei BenefaUori, f. 96. (i) Joannes episcopus Vivanensis -{- 1426. (Panvinio, op. land., pag. 295).

(2) Cancellato.

(3) 11 famoso Lodovico Scarampi patriarca d'.Aquileia. (Panvi- nio, pag. 311).

(4) Cancellato.

// Tesoro della 'Basilica di S. Tietro 6\

Una tuniceìla ejusdem drappi cuni fimhres (sic) in pme viridis coloris.

Una tuniceìla alba punctata de auro et fimbriata de auro.

Dialmatica de purpura alba antiqua.

Pianeta alba inbrochata de auro et rosettis rubeis cum frisio de auro lab orato ad s aneto s.

Dialmatica de purpura alba inbrochata de auro et parvis rosettis cum fimbreis rubeis inbrochata de auro (sic).

Pianeta de purpura alba inbrochata de auro cum friso di:, auro ad sanctos.

Pluviale album inbrochatum de auro ad aves et rosettas cum pulcro friso de auro ad sanctos.

Dialmatica alba de purpura inbrochata de auro cum fim- breis rubeis etiam inbrochatis.

Dialmatica de purpura alba cum friseis rubeis inbrochatis de auro in pede, in manicis vero de serico ad leones et alia.

Tuniceìla de serico albo fimbriata de auro et serico rubeo et axiirino.

Tuniceìla de serico albo cum fimbriis de auro.

Tuniceìla alia de purpura alba cum fresis (sic) rubeis in pede ad angelos.

Diarmatica alba inbrochata de auro antiqua. [f. 6-r°] Dialmatica etiam alba inbrochata de auro et antiqua cum fimbreis per circnitum, ad arma Regis Francie.

Dialmatica etiam alba de auro cum fimbreis de auro et diversorum colorum.

Tuniceìla de serico albo cum fimbreis de serico rubeo deaurato.

Dialmatica de purpura alba cum fimbreis rubeis et aureis ad figuras.

Dialmatica de serico albo cum fimbreis inbrochatis de auro.

Dialmatica de serico albo cum fimbreis de auro.

Dialmatica de serico albo cum friseis rubeis inbrochata de auro.

62

E. oMiinti e oA. L. Jrothingham

Pluviale album inhrochatum de auro ad aves et rosettas parvas.

Pluviale album cum armis Urbani sexti per totum..

Tunicella alba de serico fimbriata in pede ad parvas aves.

Dialmatica similis panni et similiter inbrochata.

Dialmatica et tunicella albe de purpura alba.

Pluviale de purpura alba cum frysio pulcherrimo fé. me. domini Card, de Ursinis.

Dialmatica et tunicella de purpura alba ejusdem domini Cardinalis.

Dialmatica et tunicella de purpura imbroccata de auro ejusdem domini Cardinalis.

Pianeta de purpura inbroccata de auro per totum cum parvis rosectis rubeis de serico croceo foderata cum frysio ad sanctos (i).

[f. 7-r°] [Par amenta rubea'].

Eodem die. Paramenta rubea in alia capsa cum signo R. IL

Una pianeta de velluto rubeo cum friso (sic) de auro ad sanctos.

Pianeta rubea inbrochata de auro ad folla et ammalia et cum friso (sic) ad sanctos.

Pianeta, dialmatica et tunicella rubee de serico inbrochatc de opere anglicano cum angelis de auro.

Pianeta rubea inbrochata de auro ad aves cum friso (sic) de auro ad sanctos.

Dialmatica de serico rubeo cum fimbreis sbedatis (sic) de auro quasi croceis.

Dialmatica de serico rubeo cum fimbreis in manicis de auro cum figuris magorum adorantium dominum.

Dialmatica et tunicella de serico rubeo cum fimbreis a^u- rinis inbrochati de auro ad aves et arbores.

(i) dueste quattro ultime rubricelle sono state cassate da mano posteriore che aggiunge in margine « cassala quia in alio loco simi- liter posila sunt ».

// Tesoro della T^asilica S. T^ietro 63

Pianeta, dialmatica et funicella de purptira rubea figurata cum friso in pianeta cum representatione Yhesu in tempio et aliis figuris.

Tunicella de purpura rubea cum fimbris nigris inbrochatis de auro.

- Dialmatica de serico rubeo cum fimbreis aTjirinis inbro- chatis de auro.

Tunicella et dialmatica de purpura rubea cum fimbreis diversorum colorum ad diversa ammalia.

Pianeta, dialmatica et tunicella inbrochate de auro, rubee, ad aves et camelos.

Pianeta, dialmatica et tunicella rubee inbrochate de auro ohm domini Card, de Francia.

Pluviale riibeum inbrochatum de auro ad aves et arbores. [f. 7-v°] Pianeta, due dialmatice et due tunicelle et duo plu- vialia ohm domini Cardinalis de sancto Petro.

Dialmatica et tunicella de serico rubeo cum fimbreis alhis de auro.

Tunicella de serico rubeo, ubi deficiunt fimbree in pede.

Pianeta de serico rubeo cum friso ad medias figuras.

Tunicella de serico rubeo cum fimbreis viridis coloris et rubei, antiqua.

Dialmatica de serico rubeo cum fimbreis de auro.

Tunicella de serico rubeo cum fimbreis a^irinis inbrochatis de auro.

Dialmatica et tunicella de serico rubeo cum fimbreis albis imbrochatis de auro.

Dialmatica et tunicella etiam de serico rubeo, qnarum diar- matica s ine fimbris, tunicella cum fimbris inbrochata de auro.

Tunicella rubea imbrochata de auro cum fimbreis de azjiro cum stellis et aliis de auro.

Dialmatica et tunicella de auro inbrochate ad papagallos.

Dialmatica rubea inbrochata de auro cum leonibus sive draconibus.

Dialmatica rubea de auro cum opere minuto ad aves.

E. oMiinti e oA. L. Jrothingham

Pianeta rtibea inbrochata de auro cum frisoriim (sic) de auro sine figuris: cum crucibtis tantum.

Pianeta alia de purpura rubea ad aves et camelos cum pedibus et capìdibus (sic) deauratis.

[f. 8-r°] Dialmatica de purpura viridi et rubea cum anima- libtis habentibus capita et pedibus (sic), deaurata: cmn fim- breis in manicis et pede ad papagaUos et alias aves.

Tunicella etiam de viridi et rubea ad aves prò parte deau- ratas cum fimbreis agricagies (?) et aquilas.

Pluviale rubcmn ad sanctos de auro per totum cum friso cum pcrlis.

Pluviale de purpura viridi et rubea ad avus prò parte ad aquilas, olim domini de Francia.

Pianeta, diarmatica et tunicella de sitani (sic) rubeo cum friso pulcro ad figuras de auro.

Pluviale rubeum de setani cum friso inbrochato de auro.

Tunicella rubea inbrochata de auro ad pisces.

Pluviale ad cherubin et serapbinper totum cum friso aureo ad figuras s aneto rum.

Pluviale de veluto rubeo inbrochatum de auro ad flore- nos (sic) cum friso de auro et perlis.

Una pianeta rubea lacerata.

Tunicelle due de purpura rubea antique ad aves inbro- chate de auro. [Defcit una].

Dialmatica de serico rubeo, antiqua.

Tunicella etiam antiqua de serico rubeo incolorata (sic).

Pianeta [et] pluviale de purpura rubea cum frisiis pul- cherrimis fé. me. domini sancii Marcelli. [Cardinalis S. Mar- celli Stephanus Palosius qui canonicus fuit] (i).

Dialmatica et tunicella de serico rubeo foderate boccacino ejusdem domini Cardinalis.

(i) Di mano posteriore. Stefano Palosio di Roma, cardinale del titolo di S. Marcello, mori nel 1394; egli fu sepolto a Santa Maria Maggiore. Panvinio, Epit. pont. rornan. a S. Petro usquc ad Patilum mi, pag. 264.

// Tesoro della 'Basilica di S. 'Pietro 65

[f. 9-r°] \Paramenta varii coloris].

Eodem die in tertia capsa paramenta infrascripta viridia, crocea, axurina et nigra, ciim signo videlicet III.

Pianeta, dialmatica et funicella de purpiira viridi cum avibus in parte deauratis.

Dialmatica de purpiira viridi cum avibus consimilibus et fimbreis rubeis de auro.

Pianeta, diamiatica et ttmicella de pur pur a viridi cum avibus consimilibus et animalibus antique.

Dialmatica et timicella etiam de purpiira viridi cum fim- breis ad aquilas deauratas.

Dialmatica de ciammelotto viridi siveattabi (sic) cum pulcris fimbreis in manicis et pede et ymaginibus sanctorum.

Tiinicella de siricio viridi cum fimbris in pede aureis cum nostra domina et sanctis.

Dialmatica et tunicclla de sirico viridi cum fimbreis rubeis imbrochatis de auro.

Dialmatica et tunicclla de sirico viridi quarum una est fimbriata, alia vero non.

Dialmatica et tunicella de sirico viridi cum fimbreis au- reis ad leones.

Dialmatica et tunicella etiam viridia sive crocea inbro- chate in fimbris ad leones etc. (sic).

Pianeta de purpura viridi cum friso de velluto rubeo cum costis de auro.

Dialmatica et tunicella crocee ornate cum fimbreis undatis de auro et sirico.

Pianeta crocea de sirico antiqua cum friso de auro.

Pianeta rubei et viridis coloris inbrochata de auro cum friso attirino, inbrocata ad aves.

Pianeta more Teutonicorum inbrochata de auro ad aves, et viridis coloris.

[f 9-v°] Pluviale de purpura viridi cum avibus prò parte aureis.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 5

66

E. oMiinti e oA. L. Jrothingham

Pianeta violata inbrochata de auro ad aves et lepores, ciim friso de auro ad figuras sanctorum.

Pianeta alia violata ad aves cum diarmatica et tunicella violate ad aves prò parte aiireas.

Pianeta, diarmatica et tunicella etiam violate ad aves con- similes. [Deficit pianeta].

Pluviale violatum ad ammalia cum capidibus (sic) aureis et pineis etiam de auro.

Due planete violate etiam imbrodiate de auro ad cervos et aves.

Pianeta et diarmatica violate imbrodiate de auro ad leones et aves cum friso totaliter de auro filato.

Tunicella a^tirina imbrochata de auro ad rosas per totum, et aurea.

Pianeta etiam a^urina imbrochata de auro cum florihus rubeis et foliis diversis, cum friso ad figuras sanctorum.

Pianeta violata imbrochata de auro sive attira, cum friso de serico in medio cum friso (sic) [samati rubei listìs aureis albis et croceis].

Pianeta de attiro inbrochata de auro cum friso rubeo in- brochato de auro, [cunt] armis domini Cardinalis Iserniensis{i).

Pianeta de setani a^uro cum friso de auro ad figuras sanctorum.

Pianeta de pur pur a a^urina cum friso diversorum colorum et armis Ursinorum.

Pianeta de purpura violata cum friso diversimode labo- rato, videlicet albo, rubeo et viridi. [f. io-r°] Quatuor planete de purpura nigra cum frisis de auro.

Due dialmatice de purpura nigra cum frisis aureis [de- ficit una que fuit destructa in reparatione parame?itorum].

Unum pluviale de purpura consimili cum friso ad figuras sanctorum.

(i) Il card. Cristoforo de Majoribus di Roma. « Episcopus Eser- niensis » morì nel 1404, e fu sepolto a S. Pietro; Panvinio, pag. 266.

// Tesoro della 'Basilica di S. dietro 6j

Duo (sic) pìanete de setani nigro ctim friseis deaiiratis.

Due tiiìiicelle de serico nigro fimbriate [lacerate et quasi totum anichilate].

Tres pìanete etiam de serico nigro cum frisis aureis in parte.

Pluviale de purpura nigra cum friso de auro.

Petia palìiorum tria parva de purpura nigra inbrochata de auro antiquissima.

Duo alia petia palìiorum de serico nigro ornata per cir- cuiium serico croceo et nigro.

Diarmatica et tunicella antique et violate cum avibus im- brochatis de auro.

Pianeta, dialmatica et tunicella coloris viridis cum anima- libus et avibus [cum] capidibus et pedibus deauratis, cum eorum (sic) fimbris.

Pluviale croceum cum friso deaurato.

[Omissis. Libri] (2).

[Pallia^.

[f. i9-r°] Eodem die (21 Lug.° 14)6) infrascripta sunt pal- lia Bas[ilice\

Pallium antiquum rubeum inbrochatiim de auro sine fodera.

Petium sindonis crocei et rubei coloris scachatum et liliatum.

Pallium album inbrochatum de auro antiquum [foderatum de bocacino et fimbriatum fimbreis de sirico rubeis].

Pallium violatum sine fodera cum appennaglis (sic) diver- sorum armorum.

Pallium rubeum laboratum sine auro, cum fimbreis nigrìs cum armis de Tomacellis, foderatum.

Pallium de cammellotto attirino, cum fimbreis albis labo- ratis ad ymagines, foderatum bochacino attirino.

Pallium rubeum inbrochatum de auro et serico viridi, cum fimbris nigris, cum armis de Milis (o NulisJ.

(2) Qui principia l'enumerazione dei libri manoscritti della Sagre- stia fino al f. i8-v:cfr. Cancellieri, De Secret. Vat., t. II, p. 906 e 915.

68 E. QMUnt\ e oA. L. Jrothingham

Pallium ruheum inhrochatum de auro, antiqimm, cum fimbreis nigris, cum armis, non foderatum.

Pallium violatum antiquum inhrochatum de auro, circuvi- datum frisio aureo antiquo.

Pallium rubeum inhrochatum de auro, cum appennagUs per circuitum uhi sunt arma ecclesie et regis Lodovici et no- stre Basilice sancti Petri, non foderatum.

Pallium quasi alhum laboratum minutim cum appendaglis per circuitum, et cum armis regis Francie et Ursinorum, fo- deratum.

Pallium ruheum imhrochatum de auro per circuitum de serico ruheo cum armis spadarum, foderatum de hochaccino.

Pallium rubeum inhrochatum de auro et serico, circumda- tum dz serico nigro cum armis ad porcos, non foderatum.

Pallium rubeum inhrochatum de auro, circumdatum serico nigro cum armis Innocentii pape 7.

Pallium rubeum inhrochatum de auro, circumdatum serico attirino cum armis ad Cossas (i), non foderatum. [f. i9-v°] Pallium a^urinum inhrochatum de auro, circumda- tum serico aziirìno , cum armis olim Cardinalis de s aneto Angelo ad stdlas, foderatum (2).

Pallium axurinum inbrochatum de auro circumdatum de serico nigro cum armis prioris Urbis de ordine lerosolimitano: foderatum de panno tincto.

Pallium axiirinum inbrochatum de auro, cum armis do- mini Cardinalis Vivariensis (3), foderatum.

Pallium axiiri'num inhrochatum de auro, circumdatum serico

(i) Devono credersi le armi del noto cardinale Baldassare Cossa il quale ebbe una così avventurata carriera, e fu per qualche tempo papa sotto il nome di Gregorio XXIII: egli mori del 1419.

(2) Si tratta probabilmente di Pietro Fonseca, spagnuolo, card, di Sant'Angelo, morto nel 1422, e sepolto a S. Pietro « in aedicola S. Thomae, sepulchro marmoreo » (Panvinio, Epitome pontìficum romanorum a S. Petro usque ad Patilum UH, pag. 295).

(3) Giovanni Armet o Brogner cardinale Vescovo d'Ostia detto card.Vivariense, mori nel 1426. Cardella, op. laud., t. Il, p. 355.

// Tesoro della 'Basilica di S. Tietro 69

nigro cum armis domiìii Cardinalis Iserniensis, fodcratuni panno lineo croceo.

Pallium rubeum inbrochatum de auro, cum armis Ursi- norum, foderatum voccacino (sic), Jìmbriatum, cum armis Pan- celli de Ursinis (i).

Pallium a^urinum inbrochatum de auro, cum armis domini Cardinalis Novdriensis, alias dicti Della Porta (2),

Pallium rubeum inbrochatum de auro et serico, cum armis domini Cardinalis de Calvis, circumdatum serico viridi, non foderatum (3).

Pallium axtirinum inbrochatum de auro, cum armis domini Petri Nardi, circumdatum serico viridi, foderatum de voccaccino. [f, 2o-v°] Eodem die infrascripta sunt pallia ad usum pon tificalem ad altare majus, et primo videlicet:

Pallium axiirinum inbrochatum- de auro, circumdatum se- rico viridi, et foderatum.

Pallium rubeum inbrochatum de auro, circumdatum serico viridi. Clini armis Ursinorum.

Pallium a^urinum inbrochatum de auro, circumdatum se- rico viridi, et foderatum.

Pallium axiirinum imbrochatum de auro, cum armis de Tomacellis.

Pallium a:(urinum imbrochatum de auro, cum fìmbreis nigris, foderatum.

Pallium album olim Urbani sexti, foderatum.

(i) Poncello Orsini, card, pretedi S. Clemente; fatto Vicario Gen. in Sabina da Bonifacio IX; morto nel 1395. Cardella, t. 11, p. 278.

(2) « Ardicinus de la Porta Novariensis » senioi-e, morto nel 1434, sepolto « in basilica principis Apostolorum sepulchro marmoreo, quod adhucextat in aedicola S. Apostoli, Romae» (Panvinio, pag. 505, cfr. Cardella, t. Ili, p. 43). Il suo sepolcro ora vedesi nelle cripte Vaticane.

(5) « Antonius Calvus Romanus, archipresbyter Basilicae S. Pe- tri ». (f 141 1). (Panvinio, pag. 285). Il Cardella (op. land., t. II, pag. 329) nega che fu arciprete: d'altra parte era canonico della Ba- silica e fu fatto cardinale nel 1405.

70

E. (zMiint'^ e oA. L. yrothingham

Palliiim rubeuin inhrochatiim de auro olini Urbani scxtt, foderatum .

Pallium axtirinum inbrochatum de auro cum fimbreis croceis, foderatum.

Pallium rubeum de serico, foderatum.

Pallium violatum inbrochatum de auro, et foderatum sin- done viridi.

Pallium a:^urinum inbrochatum de auro cum serico nigro per circuitum, cum armis olim Cardinalis Vivariensis, fode- ratum panno rubeo.

Pallium de serico violatum laboratum ad folia et tivas et alia, ornatum sindone viridi, foderatum panno rubeo.

Pallium de serico attirino inbrochatum de auro antiquo, ornatum de panno axiirino.

Pallium de serico albo antiquum laboratum et inbrochatum de auro antiquo, foderatum cum tobalia sericata. [f. 2i-r°] Diversa et multa petia de diverso serico lacerata et multi aia panni etiam lacerati.

Tres calices de stanio (?) cum duabus patenis.

Una pianeta alba de serico inbrochata, in parte lacerata.

[Pallium de auro album felicis memorie domini de Ursinis]. [f. 2i-v°] Eodem anno et die XXIII ejusdem mensis.

Boxale de velluto cum figuris de auro ad sanctos, et Ut- teris per circuitum etiam de auro, cum una tobalia.

Boxale de auro cum passione domini nostri fhesu Christi, cum una tobalia, et foderatum.

Pallium Constantini cum figuris et crucibus per totum, foderatum sindone rubeo.

Boxale de velluto rubeo cum sanctorum figuris, et co- lumpnatum in inter (sic) ipsas figuras, foderatum sindone violata.

Boxale rubeum de purpura, foderatum canapatro.

Boxale de auro et serico cum figuris de judicio, de opere Anglicano, foderatum sindone rubea.

Boxale de auro ad figuras sanctorum, et impernatum prò

Il Tesoro della 'basilica di S. dietro 71

parte cimi beata Virgine filium tenente, in medio, cum to- balia, et foderatum panno lineo tincto.

Doxalc de sindone ruhea cum crucifixo in medio et armis de Thebaìdescis (i) et aliis armis, cum tobalia, et foderatum panno viridi.

Boxale de sindone violatum cum figuris sanctorum et spicis et cum rosis per circuitum, cum tobalia.

Boxale de velluto rubeo cum figuris sanctorum de auro, cum beata Virgine in medio et angelis, foderatum panno attirino.

Boxale de serico attirino cum figuris de auro et stellis, cum Salvatore coronante beatam Virginem in medio, foderatum cum sindone crocea et rubea.

Pannus antiquus de serico coloris diversi cum figuris an- tiquis, foderatus panno lini.

Boxale de serico attirino cum figuris et stellis de auro, cum as- sumptione beate Virginis in medio, foderatum baccaccino attirino . [f. 22-r°] Boxale de serico a^iirino cum grifonibus de auro et sanctis a lateribus, foderatum serico croceo.

Boxale parvum prò parte de velluto croceo et serico, anti- quum, diversimode laboratum (2). [fuit destructum et positum in fimbreis pallii Urbani sexti].

Frontale antiquum de velluto rubeo cum sanctis, cum magna tobalia.

Frontale antiquum de auro et serico ad figuras, cum ap- pennaglis de serico.

Frontale de auro, etiam antiquum, ad figuras et appen- naglias, cum tobalia.

Frontale de auro de opere Anglicano, antiquum, cum to- balia et appendaglis.

(i) Francesco Tebaldeschi, era card, arciprete di S. Pietro e de- cano tra i canonici della Basilica; morì nel 1378 e fu sepolto in S. Pietro. Cfr. Torrigio, Le sacre grotte vaticane, pag. 234, F. Dionisio Sacr. Vaticanae Bus. Crypt. Moti., pag. no, e L. Cardella, Meiw. Stor. dei Cardinali, Roma, 1793, t. II, pag. 222-23.

(2) Cancellato.

E. QMunt\ e oA. L. Jrolhingham

Frontale de velluto violato cum pulcris figuris de auro et matreperlis.

Quinque figure de serico et auro separate. [Quatuor sunt quia una ipsarum fuit posita in uno camiso sollempni].

Frontale pulcherrimum de auro ad figuras sericas, cum appennaglis cum bochaccino albo, et tobalia.

Frontale de auro, antiquum, etiam ad figuras minutas, cum tobalia.

Frontale de serico rubeo olirn parvis perlis impernatum et auro, cum tobalia. [f. 23 -r°] Eodem die: Facistorialia et alia.

Facistoriuni antiquum de velluto Indico in medio, circum- datum de serico viridi et rubeo, foderatum panno attirino.

Facistorium rubeum de auro, circumdatum serico croceo et rubeo, foderatum [serico croceo] panno lino tincto.

Facistorium antiquum de serico violato, ad cervos de auro, circumdatum serico violato et rubeo, foderatum.

Facistorium de purpura viridi, ad papagallos prò parte deauratos, circumdatum serico rubeo et croceo, foderatum.

Facistorium rubeum inbrochatum de auro, circumdatum se- rico violato et croceo, foderatum.

Facistoriale antiquum de serico cum parvis rosettis per to- tum, foderatum sindone violata.

Petium de serico longum ad aves crocei et viridis color is, laceratum in parte.

Facistorium nigrum inbrochatum de auro, circumdatum se- rico nigro et croceo.

Facistorium sine ornatu de purpura rubea et viridi, inbro- chatum de auro antiquo, foderatum sindone crocea.

Facistorium longum de serico rubeo, inbrochatum de auro circumdato (sic) sindone croceo et rubeo (sic), laceratum in medio, in parte foderatum panno croceo.

Facistorium de serico viridi cum animalibus prò parte de- auratis, circumdatum serico rubeo et albo.

Facistorium de serico rubeo sive purpura si?ie ornatu.

// Tesoro della basilica di S. Tieli'o 7 3

Facistorium de serico rubeo cimi clavibus aìbis in medio.

Facistorium a^urinum scachatum de auro, circumdatimi se- rico rubeo et croceo.

[f. 23 -v°] Facistorium longum album de auro, circumdatum croceo rubeo et viridi (sic), foderatum panno croceo.

Facistorium longum nigrum sindone (sic), circumdatum sin- done rubea et viridi, foderatum bochaccino.

Facistorium magnum rubeum de auro antiquum, circum- datum sindone croceo (sic) et violatum, foderatum panno croceo.

Facistorium sbendatum derico (i) diversi coloris et auro, cum appennaglis de serico a tribus lateribus, foderatum sindone viridi.

Facistorium de auro album, circumdatum sindone rubea et crocea, foderatum panno croceo.

Facistorium antiquum [de^ serico sive panno nigro diver- simode laboratum sine ornatu, foderatum panno croceo.

Petium sive facistorium de panno serico rubeo cum vasis et rosis de auro per totum, sine ornatu et fodera.

Facistorium de purpura violatum inbrochatum de auro, circumdatum serico albo et rubeo, foderatum panno croceo.

Facistorium sbendatum serico et auro, circumdatum sindone crocea et rubea, foderatum panno croceo.

Facistorium album de auro, circumdatum serico rubeo et croceo, foderatum panno croceo.

Facistorium de serico nigro ornatum sindone rubea et crocea, dissutum, foderatum panno attirino.

Petium panni serici axurini et rubei coloris, cum literis per totum, non ornatum, sine fodera [quod poni solet per circuitum tabernaculi inagni corporis Christi].

[f. 24-r°] Petium panni serici antiqui crocei, et diversi coloris, non foderatum.

Petium panni serici axurini cum rosis albls in parte et croceis.

(i) Per de serico.

74

E. oMunt-^ e oA. L. jrofntngnam

Cortina de serico diverso antiqua, non foderata.

Vexillum de serico cum magis dona portantibus Domino Deo, in parte laceratum.

Facistorium antiquum cnm gallis in medio de serico, fode- rattim panno albo.

Pannus inconsutilisy ìaboratus ad cruces, foderatus.

Petium palla ruba antiquum, inhrochatum de auro.

Petium panni serici antiqui, cum armis per totum.

Duo paria sandalium sive calicarum de serico albo.

Unum par calicarum de serico rubeo, inbrochatum de auro.

Calica una de serico viridi, et una alia de serico albo.

Duo paria sandalium prò episcopo celebrante.

Duo petia panni serici a^urini, inbrochati de auro, prò auricularibus et capitalibus faciendis.

Duo coopertoria similiter prò capitalibus de serico rubeo, inbrochata de auro ad aviculas.

Tria petia sindonis nigre longa simul ligata. [^Ex quibus facta fuerunt duo pluvialia'] (i).

Duo petia sindonis albe.

Quatuor [duo] petia sindonis nigre.

Unum petium sindonis avarine.

Unum petium sindonis violate sbendatum per totum.

Eacistorium longum de serico et auro sbendatum, circum- datum sindone crocea \et\ rubea, foderatum panno croceo. [Nota quod tria facistoria seu petia sunt in basilica, duo ad locum cathedre et duo (sic) ad altare majus], [f. 24-v°] Novem mitrie.

Due case (sic) corporalium.

Duo petia brevia de serico et auro ad aves et ammalia.

Frisium antiquum planete prò parte anteriori ad figuras ad gloriam.

Duo /risei antiqui de serico et auro.

Unum pannum ami cum angelo nuntiante beatam Virgi-

(i) Cancellato.

// Tesoro della 'Basilica di S. Tietro 7 5

nem olim impernato [Est positus (sic) in qiiodam camiso ante, pectiis ad usum tnisse].

Unum pet'mm quadrimi et parvum de auro per totum, cnm una figura in medio.

Sex petia frisi ad figuras de auro et serico.

Duo 'petia prò fimbreis faciendis de serico a^iirìno inhro- chato de auro. [Sunt posita in camiso'] (i).

Certa alia parva petia etiam de auro et serico.

Certa alia petia de diversis maneriebus (sic) de serico si- mili ligata.

Quinque cirotece dissimiles ad usum Episcopi, antique.

Octo corporalia nova.

Corporalia vigintiquatuor antiqua.

Duodecim mocichini (sic) simul ligati.

Amictus de serico rubeo cnm animalibus et [vitibus] de perlis per totum.

Amictus de auro cum figuris sanctorum et perlis per totum.

Papilionus parvus cum francis de serico rubeo et croceo.

Stola una et marnile (sic) ad arma regis Francie, et alia arma, impernate per totum.

Stole vigintiquinque de auro et de serico [in ter] (2) novas et antiquas.

Una alia stola ad figuras sanctorum de auro et serico viridi. [f. 25-r°], Manipuli decem etiam de serico.

Facistorium de sindone nigra, circumdatum- sindone crocea et viridi, foderatum panno aziirino. [f. 25-v°] Die XXIIII ejusdem mensis....

[Omissis. Camici, tovaglie, tele, ecc.].

Petium longum de velluto cum angelis et crucibus de auro per totum, donatimi per filium Regis Portugalli, cum tobaliis sericatis, involutum intus et extra.

[Omissis],

(i) Cancellato.

(2) Per completare il senso è stato d'uopo qui, come in varii altri posti, aggiungere una parola tra parentesi.

76

E. ^iml\ e qA. L. Jrothingham

Due fimbrie de serico aziirino cum sanctis de auro labo- ratis. l^Posite sunt in camiso^

Duo petia ad modum corporalis de auro et serico, cum beata Virgine et Salvator e. [f. 26]. [Omissis'].

Doxale de serico rubeo et viridi inbrocato de auro antiquo cum tobaìia.

[Omissis]. [f. 27-r°] Die XXV ejusdem mensis secuntur (sic) bona donata per dominum Cardinalem de Ursinis, nostre basilice archipresbi- terum, in primis:

Unum missale puìcherrimum tavolatum, cum armis Ursi- norum, et cum strictoriis de argento.

Breviarum compìetum vaìde pulchrum, cum predictis armis et strictoriis simiìibus.

Psalterium degrossatra (sic) tabulatum et copertum corio nigro.

Pluviale de purpura alba cum friso pulcherrimo de auro ad figuras sanctorum, foderatum bochacino albo.

Pluviale etiam album de serico, imbrochatum de auro, cum friso de auro ad figuras sanctorum, foderatum sindone viridi.

Dialmatica et tunicella de purpura alba cum rubeis fim- breis, imbrochate de auro.

Dialmatica et tunicella etiam de purpura, imbrochate de auro, cum fimbreis de serico attirino, inbrochatz de serico atti- rino et auro.

Pianeta de serico albo imbrochata de auro, cum rosettis rubeis de serico per totum, cum pulcro friso de auro ad figuras sanctorum.

Camisus cum fimbreis de auro et serico. '

Stola et manipulus de purpura alba.

Cingulus ad usum sacerdotis, albus.

Duo amictus albi.

Gremiale de bochacino albo cum agno dei in medio, et armis ipsius domini Card, de Ursinis.

Gremiale cum litteris aureis in medio. Ave Maria videlicet.

// Tesoro della ^Basilica di S. Tietro 77

Gremiale album de serico cimi cruce septem pomorum de auro in medio, et armis predictis, foderatum viridi.

Vnum par cirotecharum de lana alba, emù duobus joca- libus de argento smaltatis.

[f. 27-v°] Aliiid par cirotecarum cum armis ipsius domini, et jocalibus etiam de argento smaltatis.

Alitid par cirotecharum cum literis Maria et Ihesu, sine jocalibus.

Pluviale de purpura violata cum pulcherrimo friso de auro ad figuras sanctorum.

Pianeta, dialmatica et tuulcella etiam de purpura violata, fimbriate de auro.

Camisus albus cum fimbreis de purpura rubea.

Facistorium de serico rubeo imbrochatum de auro, cir- cumdatum sindone rubea t axiirina, foderatum boccacino rubeo.

Pluviale de sammato (sic) nigro cum friso rubeo de auro, foderatum panno nigro.

Tunicella de purpura nigra .cum fimbreis de auro.

Dialmatica de serico nigro fimbriata similiter.

Pianeta de purpura nigra cum friso de auro cum literis Ihesu et Maria, foderata bochaccino adirino.

Camisus albus cum fimbreis de purpura nigra.

Amicius cum velluto nigro.

Stola et manipulus de purpura nigra, inbrochati de auro.

Alia stola et manipulus etiam de purpura nigra, sine auro.

Cingulus de serico nigro.

Pluviale de purpura rubea ctim friso pulcherrimo de auro ad figuras sanctorum.

Facistorium de purpura viridi inbrochatum de auro, cir- cunidatum sindone crocea et rubea.

Unus camisus. [f. 28-r°] Amictus cum purpura rubea.

Stola de velluto figurato rubea, imbrocha[ta^ de auro.

Alia stola et manipulus de purpura rubea cum crucibus de auro.

78

E. oMunti e oA. L. Jrothingham

Alia stola de purpura violata.

Cingulns maspillatus de serico rubeo et auro.

Cingiilus de serico carmusi (sic) ruheo.

Manipulus de serico attirino, imbrochato de auro et serico rubeo.

Stola et manipulus de serico axurino cum crucibus albis.

Casa cum corporali de velluto rubeo et auro, cum Ihesu ab uno latere, ab alio vero cum assumptione beate Marie Virginis.

Alia casa etiam cum corporali de auro et serico, cum do- mino nostro Ihesu resurgente et armis dicti domini, videlicet pietatis, in medio.

Alia casa de serico impernata et laborata, cum cruce de auro in medio et figuris doctorum ecclesie.

Tria corporalia alba posila in una casa de Ugno.

Par caligarum et sandalium de purpura viridi et rubea.

[Pianeta, dialmatica et tunicella de purpura rubea']. [f. 28-v°] Eodem die.

Casa corporalium de serico et auro, cum Salvatore et beata Virgine et crucifixo.

Alia casa corporalium cum perlis diversis, laborata cum auro, ad arma plurima.

Alia casa corporalium pulcherrima de auro filato cum ar- gento et gemmis et perlis, cum crucifixo ab uno latere, ab alio cum Salvatore coronante beatam Virginem, posite (sic) in una casa de Ugno.

Utia capsetta de serico et auro, cum armis diversis, cum reliquiis intus positis.

Una pissis de ere cum uno anulo intus de auro et certis la- pidibus et perlis et smaltis de argento.

Una cassa. [f. 29-r°] Anno domini MCCCCXXXXI, die XXI, mensis februarii, assignata fuerunt nob[ili] domiìio A. de Paparonibus ac L. Sancti sacristanis presentis anni basilice principis aposto- lorum, per egregium virum dominum lacobum de Bracciano exe- cutorem ultime voluntatis Rnii dm Cardìnalis de Ursinis, quc

// Tesoro della basilica di S. 'Pietro 79

nondum consìgnata fuerant juxta relictum factum sictiti in testa- mento continentur res infrascriptas {sic), videlicet. Tunicella \

Diarmatica I . . . , .....

p, > cinerttia ad usimi primi dui quatragesime.

Pluviale )

Item pianeta invellutata et inbroccata de auro cum frixo nobilissimo.

Item pianeta nigra inbroccata et pulcra. [f. 29-v°] Die XXVI ejusdem mensis.

[Omissis. Tovaglie, panni, cotte, ecc.].

Unum petium de serico et auro, ad arma Francie et Anglie [positum est in fimbreis unius caniisi\

[f. 30-r°] Eodem die, reliquie sanctorum infrascripte posite in una capsa.

Una cassepta (sic) tarsiata cum certis ramis, cum reliquis intus.

Alia cassetta de Ugno deauraia, etiam cum reliquiis.

Alia cassetta de Ugno depicta, etiam cum reliquiis.

Una cassetta etiam de Ugno deaurata, cum int" (?) sine cri- stallo etiam cum reliquiis.

Una cona de ebore alba, cum passione Ihesu Christi.

Una capsetta parva de ebore, cum reliquiis.

Alia cassetta paulo major etiam de ebore, cum reliquiis.

[Omissis. Altre cassette ecc. con reliquie].

Una cona pulcherrima ad figuras de ebore et matreperla.

Ymago beate Virginis de ebore cum pede.

Una colletta de ebore cum figura beate Virginis, et aliis sanctis.

Alia conetta paulo minor, etiam de ebore, cum beata Virgine in medio, et aliis figuris.

Ymago beate Virginis parva de alabastro.

Ymago beati Georgii de ebore, cum armis Ursinorum.

Yma[go\ beate Virginis, tenentis filium in brachiis, de ebore.

8o

E. €Munti e oA. L. Jrothingham

[Omìssis. Pissidi, qcc\. [f. 30-v°] Ymago de Ugno deaurata ciim figuris de ebore.

Ymago Virginis de Ugno dipicta more Grecormn. [f. 3i-r°] Eodem die.

Pianeta de serico viridi et ruhea (s\c), inhrocata de atiro, cum friso ad arma regis Francie et alia arma.

Alia pianeta de serico viridi cum friso de auro, foderata de panno ruheo.

Alia pianeta de serico violata cum friso de auro antiquo, foderata panno croceo.

Alia pianeta de purpura ruhea cum friso viridi deaurato, foderata pannis ruhei (sic).

Alia pianeta de serico ruheo, inbrochata de auro, cum friso lacerato, foderata panno croceo.

Alia pianeta de serico croceo, foderata de serico viridi, cum friso lacerato.

Alia pianeta de bochaccino a:{urino cum friso de hochacino ruheo, foderata hochacino nigro.

Alia pianeta de purpura viridi, inbrochata de auro, cum friso de auro ad figuras sanctorum.

Alia pianeta de serico axiirino sbendato de auro, prò parte lacerata, cum friso de sindone ruhea.

Alia plancia de purpura viridi, cum purpura (sic) friso de auro, foderata panno ruheo.

Alia pianeta de serico viridi prò parte lacerata, cum friso de auro antiquo, foderata bochaccino viridi.

Alia pianeta antiqua de purpura ruhea cum friso de auro antiquo.

Alia pianeta sbendata de serico viridi et alio serico, cum friso de serico ruhea sive sbendata (sic).

Alia pianeta de serico azìirino antiqua, inbrochata de auro, foderata panno ruheo.

Pianeta de serico ruhea cum friso de auro et serico antiquo, non foderata.

Alia pianeta de vochaccino nigro cum friso albo.

Il Tesoro della basilica di S. 'Pietro 8i

[Nos Agneloctus et Oddo sacrist[ani] antiqui assignavimus novis sacristanis planetas numero triginta [alias : vigintiseptem] antiquas et prò majori parte laceratas, quia difficile fuit supra- dictani formam reperire, v eluti supra habetur scriptum] (i). [f. 3i-v°] Tunicella de pur pur a rubea inbrochata de auro, cum fimbreis de auro.

Dialmatica de purpura alba antiqua inbrochata de auro, cum fimbreis rubeis etiam inbrochatis.

Unum doxale de sindone rubea, cum armis de Tomacellis, foderatum panno croceo.

Camisus cum fimbreis de serico sbendato aziirino.

Doxale de palino tincto ad stellas, cum tribus tobaliis seri- catis simul sutis.

[Omissis. Tovaglie].

Planete albe de panno lineo numero sex. [f. 32-r°] Eodem anno et die XXVIII ejusdem mensis.

Pannus cum figuris lotti inseratus et rotulatus.

Quatuor tobalie longissime rotulate et sericate.

Una tobalia alba et laborata ad acum, magna, cum diversis laboreriis, et rotulata.

Duo riglieria de auro et serico.

Duo alia riglieria de velluto attirino.

Una banneria de sindone alba cum magna rosa rubea in medio.

[Omissis. Pezzi di seta, camici, tovaglie, ecc.] [f. 33-r°] Eodem anno et penultima die ejusdem mensis.

Pluviale violatum cum signo ....

\_Omissis. Pluviali, ecc.] (2).

(i) Di mano posteriore.

(2) Segue una lunga enumerazione di pluviali (52), tovaglie, panni, ecc., che, per non avere nessun interesse artistico, crediamo bene omettere.

Archivio della Società romana Storia patria. Voi. VI. 6

E. oMiinti e QA.jjTjrófhingh

am

[f. i3-r°] hwentariiim omnium rerum Basilice S. Petri. Inventarium siippellettilium et librorum Bibliothece

et Sacristie anni 14S4-145S cum intToitu et exitu

expensarum sacristie 145S. (i)

Unum frisium allaris antiquum sine tohaìiis. [Est in altari Sancii Philippi et Jacobi]. (2)

Duo frontaìia aìtarìs ami tohaìiis antiqua.

Una cortina de hucchaccino ruheo, que est in sancto Petro.

Una cortina de pannato (sic) viridi.

Gremialia parva quinque.

Dorsaìia prò altari majori et altari conventuali numero decem. [Quorum unum est ad altare majus, et alind ad altare conventus].

Capitalia de auro qiiatuor.

Capitalia de sirico ruheo domini Eugenii (3) duo.

Capitalia de villuto azurro duo.

Unum capitale rubeum de auro antiquum [fiiit sepultum cum domino Nicol ao].

Unum capitale de azurro cum auro antiquum.

Unum capitale de giallo antiquum.

Duo tappeta.

[Omissis. Camici, etc.].

Stole pontificales sex.

(i) I primi dodici fogli del codice contengono parte d'un inven- tario antico del Tesoro senza data ma compilato verso il 1400, col seguente titolo: Istud est Inventarium continens in se omnia et singula bona et molnlia Sacristie Basilice Principis apostolortim Urbe, videlicet Imprimis Argentum cum reliquiis et alia ornamenta assignatum in do- mtim quondam Epi Fiumani et Imprimis, etc.

(2) Abbiamo già osservato, nel precedente inventario, essere le parole fra parentesi una giunta posteriore alla compilazione del do- cumento.

(3) Il papa Eugenio IV.

Il Tesoro della 'Basilica di S. 'Pietro 83

Unum manule pontificale.

[Omìssis. Stole, manipole, cingoli], [f. i4-r°] [Omissis. Libri della sagrestia], [f. 17] Sequuntur libri qui fuerunt de libraria sancii Blasii portati ad Sacristiam, in primis

[Omissis]. [f. 2i-r°] Infrascripte suntres quas donavit Andreas Corso Ba- silice sancti Petri, assignate mihi Jacobo de Benenatis sacriste, inprimis :

Unum calicem aniiqtmm parvum argenteum, cum signo aquile in pede, ponderis unciarum sex et quarti, non totaliter deauratum.

Unum altare portatile marmar eum longitudinis unius palmi.

Unum camisum tristissimum, cum stola et manipulo et ammictu.

Unam planetam de panno lineo.

Item habuimus per manus dui Vicarii unum par oculorum de argento ponderis dimidie uncie minus den (?) medio.

Item habuimus per manus Loysii unam tobaliam grossam et decolor atam in costis, et duo frustra (sic) panni linei subtilis ad faciendum quatuor ammictus.

[Qiie omnia posila sunt in amictuario predicto et infra- scripto']. (i)

[f. 22-r°] (sic) Iste sunt res assignate ultra primum Inven- tarium.

Una pianeta rubea de sammato (sic) cum frisio albo ad breves.

Item alia pianeta de sammato rubeo cum frisio aureo, cum armis Francisci de Ursinis.

Item alia pianeta de sirico cum frisio aureo, et habet arma cum rosa alba in pectore ante et retro.

(i) Tutte queste rubriche del fol. 21 sono cancellate, ed una mano posteriore aggiunge Qtie omnia, ecc.

Ove manca, come in questo caso, l'indicazione del recto o del verso di un foglio, è segno, a meno che non vi sia un omissis, che la pagina è lasciata in bianco nel codice.

84

E. QMiint-{ e oA. L. Jrothingham

Item alia pianeta de sammato ami frisio cum apostolis.

Item alia pianeta violata ciun leporibiis de auro, et frisio de auro.

Item alia pianeta tota de auro, cum frisio de auro pulcro .

Item unum pluviale viride cum pallottis etpedibus de auro.

Item alia plaìieta rubea cum frisio ad sanctos.

Item una diahnatica viridis cum capitibus, pallottis (sic) et pedibus de auro.

Item una diahnatica tota de auro.

Item una diahnatica alba tristis.

Item una tunicella rubea de sirico.

Item alia tunicella cum fimbria, cum cervìs et aquilis.

Item alia tunicella sanguinea, cum piscibus de auro.

Item alia tunicella similis, cum pallottis de auro.

Item una pianeta gialla cum frisio tristi.

Item ima tunicella alba serpentina.

Item duo pluvialia gialla tristia.

Item octo facistoria.

Item- una tobalia magna cum costis, cum litteris aureis et argenteis.

Item novem camisi inter magnos et parvos.

Item una tobalia de bombice prò altari conventuali. [f. 22-v°] Item due planete de panno lineo.

[Omissis. Panni e tovaglie].

Item unum frisium prò altari majori depavona^o cum foliis, pukerrimum (sic), cum tobalia.

Item unum frisium de auro pulcrum, cum testamento novo (sic), cum tobalia.

Item unum dorsale de a^uro, cum grifonibus, prò altari conventuali, de auro, cum tobalia.

Item unum frontale rubeum cum frisio rachamato de filo in medio fenestrarum, cum tobalia.

Item unum dorsale de viridi et mixto antiquo, cum tobalia.

Item unum dorsale de auro antiquum, cum armis cum aquila, cum tobalia.

// Tesoro della '\Basilica di S. Tietro 85

'[Otiiissis. Tovaglie, amitti]. [f. 23 -r°] Item una tobalia de sirico larga.

Item aia panniculi pulcripro calicibus, inter quos sunt alique tobalie pulcre de sirico.

Item senicchium antiquum cum clavibiis.

Item quatiwr planete albe de purpura, reliete ecclesie per Nellum (r).

Item ima dialmatica alba cum pallottis et capidibiis (sic) de auro.

Item. due alie cruces, ultra numerum primi inventarii, com- munis forme.

Item una crux pectoraìis smaltata.

Item una crux de argento fracta cum duobus oculis argen- tasi que alias erat in cappella sete crucis.

Item una bussula de argento parva prò hostiis deaurata.

Item alique relique sigillate in quodam amictu.

Item certe alie relique sigillate in quodam :(annato nigro.

Item unum altare portatile marmoreum.

Item vigìntìquatuor capsette diverse cum reliquiis sanctorum.

Item una alia capsetta cum reliquiis sanctorum, que ftiit olim cappelle sancte Marie de febribus.

Item duo tabernacula crea cum reliquiis.

Item una cuppa vitrea virgata cum relliquiis (sic).

Item sex ymagines eburnee.

Item una ymago Virginis de ambra.

Item una cona eburnea cum ymaginibus intus, et passione domini nostri lesu Christì.

Item una cona magna de tribus frustris (sic) cum ymagi- nibus sanctorum eburneis.

Item una alia capsetta rachamata cum reliquiis san- ctorum.

Item duo frustra (sic) de cristallo ttirpia.

Item quatuor ammicti sine cingulis, quos dedit Loysius.

(i) Nello da Bologna, famigliare di papa Niccolò V.

86

E. oMiinti e oA. L. Jrothingham

Iteni una corona argentea deaurata cuni ìapìdibus. [f. 23 -v°] Isti sunt libri ultra ìibros Cardinalis de Ursinis, eie.

[Omissis. Libri], [f. 24-r°] Inventarium rerum et bonorum repertorum in Mo- nasterio nostro sancii Blasii della Pagnotta. In primis

Una crux lignea coperta de argento, cum crucifixo ab uno latere, ab alio cum agnus (sic) dei.

Calix de argento cum luna in pede et duabus stellis, et pa- tena cum stampa.

Calix de argento cum rosis rubeis et patena.

\_Alius calix^ de argento, cum armis ad modum bovis in pede, cum patena.

Tabernaculum de argento ad usum corporis Christi, invo- lutum cum una vimpa (?).

[Omissis. Messali ed altri libri].

Unum dorsale diversorum colorum.

Dorsale aliud de balacchino (sic) deaurato, cum una tobalia.

Pallium diversorum colorum cum fimbriis de viridi, cum armis ad modum avvis (sic) nigre.

Pallium de auro cum avibus.

Pianeta rubea de velluto cum frisio de attiro.

Pianeta alia de drappo aureo cum avibus.

Pianeta alia de sirico rubeo.

Pianeta alia diversorum colorum laniata.

Pianeta alia de sirico nigro.

Pianeta alia alba sine frisio.

Pianeta alia de syricho (sic) a:(t.iro cum frisio ad sanctos.

[Omissis Camici, etc.]. [f. 25-r°] Introitus.

In nomine Dni Amen, anno Dui MCCCCLIIII, mense Marta, die primo. Infrascripte sunt pecunie recepte, etc. [f. 26-r°] Exitus die ultimo Martii (i).

(1) Fra le altre cose vi notiamo spese per la riparazione di an- tichi parati, come pallii, pianete, amitti, ecc., fra altri quelli donati

Il Tesoro della basilica di S. dietro 87

[Omissis].

Iteni solvi prò camera quam fecimus fieri de novo in nostra sacristia, prout apparet nianu magistri lohannis de Pa- lanxia, qui fecit eam in totum, due. septem, hon. vigin-

tisex due. FU hon. XXVI

[f. 2j-r°] Lignum crucis ornatum cum cristaììis, cum angelis et hasis (sic) argenteis.

Cassetta de argento cum cristaììis, donata per papam Ni- coìaum quintum.

Navis argentea domini Eugenii quarti.

Capud (sic) sancti Luce.

Capud sancti Sebastiani in quo deficiunt tres lapides.

Capud sancti Jacohi intercisi in quo deficit unus lapis.

Capud sancti Manni de rame deaurato.

Regnum domini pape Nicolai quinti.

Rosa aurea Martini quinti.

Spatula sancti Stephaìii in uno tabernaculo argenteo, cum cristalUs.

Brachium sancti Andree.

Brachium sancti Philippi in quo sunt quatuor perle, tres lapilli, cum imo cammeo.

Brachium sancti Longini in quo deficiunt septem la- pides.

Brachium loseph a Barimattia (sic).

Tabernaculum de cristallo cum genu sancti Andree, dona- tum per papam N[icolaum] quintum.

Reliquiarium cum brachio sancti Gregorii.

Tabernaculum argenteum ubi est gutttir sancti Bìasii cum duobus angelis.

Tabernaculum de cristallo ad portandum corpus Christi.

Tabernaculum de cristallo ornatum per dominum Petrum Pucciarelli, cum armis Eugenii.

da Bonifacio Vili, dai cardinali Poncello degli Orsini, di S. Angelo, Vivariense, Iserniense, Cossa, ecc.

E. oMunti e oA. L. Jrothìngham

Tabernaculum de cristallo ami corona argentea, cum co- stula sancti Laurentii martiris.

Tabernaculum de cristallo cum armis Symonetti, cum reli- quiis sancti Teodori.

Tabernaculum de cristallo cum spina Christi.

Tabernaculum de cristallo cum paternostris de ossibus sancte Katerine.

Tabernaculum parvum de cristallo cum crucifixo supra, cum armis de Ursinis.

[f. 2y-v°^ Tabernaculum parvum de cristallo sine pede, ad portandum corpus domini, quod est in sancto Petro.

Tabernaculum de cristallo parvum cum una cruxetta, cum reliquiis sancti lohannis Crisostomi, cum smaldis (sic) sancti Benedicti et sancti Antonii.

Tabernaculum parvulum de cristallo cum smaldis sancti Michaelis et sancti Antonii, cum reliquiis de Ugno crucis et de pane et piscibus de quibus satiati sunt quinque milia hominum.

Tabernaculum de cristallo sine copertorio alias fracto, cum reliquiis capitis sancti Antotiii abbatis.

Tabernaculum de argento deaurato factum ad modum castri, cum falcone in capite.

Tabernaculum sive bussulum de argento planum cum li- stis deauratìs.

Imago seti Petri, cum regno in capite, cum libro in manu sinistra et clavibus hi dextra, de argento, induta ad modum pontificis, aliquantulum magna.

Imago seti Petri minor predicta de argento deaurata, cum erme et clavibus in manu dextra.

Imago seti Petri parvula de argento deaurata, cum cla- vibus in manu dixtra, et libro in sinistra.

Una cona de argento deaurata piena reliquiis, cum gemmis parvis diversorum colorum, de quibus deficiunt septem cum crucifi[xo de argento].

Una alia cona cum perlis grossis, cum crucifixo intus, tota deaurata, que perle sunt in totum duodecim.

Il Tesoro della basilica di S. 'Pietro 89

Una alia concita parvula plicahìlis de. auro, cum passione Christi et reUiquiis, larga duobus digltis.

Una alia conetta parvuncida cum septem perlis parvis de argento deaurata, cum ymagine heburnea seti Michaelis.

Una tabula sive cona ornata de auro, in qua est ymago seti Michaelis habens coronam cum duobus balascis et uno zciffiro g[rosso] cum undecim perlis grossis. [f. 28-r°] Una tabula cum ymaginibus apostolorum Petri et Pauli, que dicitur Constantini, que est apud altare majus.

Tabula magna de cristallo ornata cum argento.

Tabula de diaspro prò altari portatili in qua deficit ar- gentimi circumcirca.

Una alia tabula seu altare portatile minor predicta, ornata cum argento deaurato circumcirca.

Tabula seu altare portatile de porfiro (sic) viridi.

Tabula vel altare portatile cum reUiquiis, cum smaldo cum cruci fixo in medio.

Pectorale de argento cum quatuor Evangelistis smaldatis de smaldo attirino, et quatuor perlis grossis et una smarola (sic).

Pectorale de argento deaurato cum tribus bottonibus de perlis ad ponendum in pluvialibns.

Crux magna coperta de argento, que dicitur crux proces- sionalis.

Crux Constantini magna de auro et argento, cum lapidibus, et pede ligneo coperto de argento.

Crux cum pede smaldata per totum cum crucifixo, cum la- pidibus, et cum reUiquiis, et duabus ymaginibus in pede [et deficiunt novem lapides] .

Crux de argento deaurata cum tribus niccolis, cum uno ca- pite de cammeo in pede, et cum uno capite de crugnola (sic) in capite cum aliis lapidibus.

Crux de argento ornata cum lapidibus parvis de turchino, et aliis lapidibus et perlis parvis.

Crux de argento deaurata ad modum crucis seti Spiritus, in qua deficiunt omnes smaldi preter duo.

90

E. oMiint^ e OA. L. Jrothingham

[f. 28-v°] Criix de argento deaurata, ornata cimi lapidihiis cimi crucìfixo in medio [deficiimt odo lapides].

Criix de cristallo cum cruce viridi in medio, cimi pede de argento.

Crux de cristallo rottmda, in qua estferrum intus.

Crux de cristallo cum crucìfixo in medio, smaldata.

Crux de diaspro cum ferro intus, cum uno pomo in pede.

Crux crea cum aliquihus smaldis de argento de quihus de- ficiunt duo.

Crux de Ugno coperta cum crucifixo, cum duohus pomis ereis a laterihus.

Crux de argento parva cum pede de argento, que stat in Sa- cristia prò altari conventuali.

Crux crea deaurata que dicitiir : delle sette pomelle, que est apud scttfm Petrum.

Una tassia de ambra ornata ami argento deaurato, que dicitur de scià Chiara, cum cocleari de mazara.

Unum pomum de cristallo magnum ad faciendum ignem.

Unum ocularium de cristallo cum manico de argento.

Una pax de argento deaurata, cum crucifixo, ad dandum pacem.

Unum caldarotium cum aspersorio de argento prò aqua be- nedicta.

Unum par candelabrorum magnum de argento cimi ferris intus.

Unum aliud par candelabrorum de argento cotidianum.

Unum par candelabrorum de cristallo.

Unum turibidum de argento magnum.

Unum turibulum de argento parvum cotidianum.

Unum par ampullarum de cristallo.

Tria paria ampullarum de argento, unum quorum est sine manicis.

Una navicula de argento cum cocleari.

Navicula alia minor predicta cum cocleari parvo et alio cocleari.

Il Tesoro della 'Basilica di S. Tietro 91

Unum colatorium de argento deauratum.

Unum bussulum parvum de argento prò crismate et oleo sancto.

Unum pomum de argento smaìdatum prò sinicchio (sic).

Duo poma erea deaurata ad cahfaciendum [tmum est in sancto Petro].

[f. 29-r°] Calices argenti inter magnos et parvos numero l^quinquagintanovem] .

Calices argenti cum pcde ereo numero novem miii.

Quorum iinus est in altari cappelle Gentilis juxta Feronicam.

Quorum unum habet dominus Antonellus.

Item unus est in altari Crucifixi.

Item unus est in altari sancii Pbilippi et Jacobi.

Item unus est in altari sancii Petri dello brunxp.

Item unus est apud altare sancii Leonis.

Item unus est apud aliare domini Cardinalis de Ursinis.

Item unus est penes dominum Maffeum.

Item sex calices, sunt in sacristia seti Petri, inter quos est calix conventualis.

Item unus est in cappella sancte Marie de febribus.

Item unus calix est apud Magistrum Petrum Grassum, quam fedi fieri Anselmus.

Patene argentee inter magnas ci parvas numero septuaginia.

Patene eree numero quatuor.

Mitra dui Cardinalis de Ursinis pulcra aurifrigiata, cum smaldis, lapidibus et perlis, in qua deficiunt plures lapides et perle [et una campanella^.

Mitra alia antiqua de x^nnaio aurifrigiata cum lapidibus.

Unus anulus (sic) pontifixalis cum uno zaffiro grosso cum perlis et lapillis, prefati dm de Ursinis.

Crux parva seupectorale vel pontificale, cum smaldis parvis cum evangelistis et agnus dei in medio, cum septem perlis, pre- fati dui de Ursinis, relique cecideruni.

Crux mortuorum.

Alius anulus pontificalis cum lapidibus ei sex perlis parvis.

E. oMimt'^ e oA. L. Jrothingham

Crux alia seu pectorak de argento deaiirata.

Odo alle criices seu pectoraìia parve de argento et de rame. [f. 29-v°] Duo agnus dei, uniis de argento, alter de rame.

Tres branche corallorum.

Unum par cirotecarum domini de Ursinis, cum smaldis et armis suis.

Tria alia paria cirothecarum pontificalia.

Samìalia Inter caligas et scarpettas paria sex.

Due calige, una viridis, alia alba. 'Novemdomus corporalium pulcra (sic).

Corporale medium racchaniatum.

Due domus corporalium de villuto plano rubeo. [^Quorum

unum habet Au alium habet dnus Maff[eius] ut asserunt

sacristani preteriti'].

Duo amidi pule ri cum aurifrisio cum perlis, de uno defi- ciunt X perle grosse, et de alio multe plures (sic).

Corporalia linea undecim.

[Oìnissis. Altri corporalia].

Una pissis lignea cum certis rebus, [et] jocalibus prò paramentis, posita in uno marsubio.

Imago manu lotti in panno lineo, posita in quodam Ugno concavo.

Due alle imagines, una in panno lineo, altera depicta in Ugno; sunt in fenestra sacristie.

Gabattum seu reliquiarumdni Alexandri ornatum de argento. [f. 30-r°] Pluviale, pianeta cum dialmatica et tunicella dm Ni- colai quinti, rubeum cum ymaginibus Salvatoris et seti Tome (sic)

Pluviale, pianeta pulcherrima cum dialmatica et tunicella dui Nicolai quinti, album cum predictis ymaginibus.

Duo pluvialia alba papalia de opere Anglicano cum perlis, que dicuntur fuisse pape Bonifatii octavi. " Unum pluviale album dui de Cecchano{i)de opere Ciprino.

Unum pluviale album dni de Ursinis cum armis suis.

(i) Vedi la nota alla pagina 59.

// Tesoro della basilica di S. 'Pietro gS

Unum pluviale album dui de Aquilea, cum armis suis.

Unum pluviale album foderatum de viridi, cum armis de Ursinis.

Unum pluviale album foderatum de buccaccino attiro cum rosettis.

Unum pluviale album domini Urbani.

Tria pluvialia alba papalia antiqua de opere Anglicano, que dicuntur fuisse pape Gregorii.

Pluvialia alba antiqua et consumata numero odo.

Unum pluviale cinericium de ciambellotto dni de UrsMs, sine armis.

Unum pluviale album cum avibus cum pallottis de auro.

Unum pluviale cum pianeta, dyalmatica et tunicclla de in- brocchato rubeo pulcherrimo, donatum per s. d. Nicolaum quintum.

Due planete albe dni de Cecchano de opere Ciprino, quarum una est cum perlis.

Due dialmatice dicti dni ejusdem operis.

Una tunicella prefati dm ejusdem operis.

Una pianeta alba dni Vivariensis cum armis suis.

Dialmatica et tunicella predicti dni de eodem drappo.

Una pianeta alba cum rosettis rubeis cum ramis (sic) de auro dni de Ursinis.

Dialmatica et tunicella ejus (sic) de damaschino albo, cum fimbriis cumfloribus de viridi.

Una pianeta alba dni de Aquilea cum armis suis.

Dialmatica diete planete dicti dfii cum fimbriis aureis.

Una pianeta alba cum brevibus antiqua, cum dialmatica et tunicella ejusdem coloris.

Una alia pianeta alba antiqua ad usum beneficiatorum, cum dialmatica et tunicella cum brevibus.

[f. 30-v°] U?ia pianeta alba cum auro cumparvis rosettis rubeis dni de Ursinis.

Una pianeta cineritia de damaschino, cum dialmatica et tunicella de ciambellotto ejusdem coloris, dni de Ursinis.

94

É. oMiuiti e qA. L. Jrothingham

Due planete de panno lineo,

Dìaìmatice et timiceìle albe Inter honas et maìas quindecim.

Dialmatìca et tunicella serpentine de auro antique.

Diahnatica alba cum avibus de auro, que dicitur de Regìbus.

Duo pluvialia rubea cuni angeìis de auro de drappo Regis Portugallie.

Unum pluviale rubeum cum sanctis de auro, cum frisio cum perlis.

Unum pluviale rubeum cum seraphinis. Unum pluviale rubeum ad baslones din de Ursinis, cum armis suis.

Unum pluviale rubeum cum avibus et cervis drd Urbani.

Unum pluviale rubeum dm Seti Marcelli, cum armis suis.

Unum pluviale rubeum damaschinimi drd de Ursinis, cimi armis suis.

Unum pluviale rubeum cimi ducat\is\ sive flor[ems].

Unum pluviale rubeum dui Seti Petri.

Unum pluviale rubeum de sammito (sic) cum frisio de pallio aureo.

Unum pluviale rubeum antiquum cum grijonibus.

Unum pluviale rubeum antiquum cum leonibus et armis.

Unum pluviale rubeum dui de Francia.

Pluvialia trista (sic) rubea numero vigintitres (sic).

Unum pluviale rubeum parvum dni seti Petri.

Una pianeta rubea ad bastones drd de Ursinis, cum armis suis.

Una pianeta rubea damaschina dni de Ursinis, cum armis suis.

Diahnatica et tunicella diete planete dicti drd, ejusdem coloris.

Una pianeta rubea de damaschino dni seti Marcelli, cum armis suis.

Dialmatìca et tunicella de pannato raso dicti dnis ejusdem coloris. [f. ji-r'^] Pianeta rubea cum angelis, cum dialmatica et tunicella.

// Tesoro della Tìasilica di S. 'Pietro go

Pianeta rubea domini sancii Petri sanguinea.

Due dialmatice et due tunicelìe prefati din, ejusdem coloris.

Pianeta rubea sanguinea cum armis dni Eugenii.

Pianeta rubea cum campo viridi dni de Francia.

Diahnatica et tunicella dicti dni, ejusdem coloris.

Una dialmatica cimi campo viridi cum animalibus rubeis, ejusdem coloris.

Una tunicella ejusdem coloris cum avibus rubeis cum pal- lottis de auro.

Pianeta rubea de damaschino figurato antiqua, cumpaiwis liliis, cum frisio de auro.

Dialmatica et tunicella ejusdem coloris et drappi cum fimbrìis.

Una pianeta rubea cum avibus, pallottis et capidibusde auro.

Diahnatica et tunicella ejusdem coloris et drappi.

Pianeta alia ejusdem drappi, cum frisio de sirico.

Planete rubee inter bonas et malas numero quatuor.

Una pianeta de auro cum armis Bonifatii noni.

Una pianeta de auro cum frisio plano cum crucibus de azjiro et avibus albis parvis, cum tunicella ejusdem drappi.

Dialmatice de auro tres.

Dialmatice et tunicelìe rubee numero vigintiquatuor.

Una pianeta rubea, cum dialmatica et tunicella, ad usum quotidianum ifi scto Petro.

Pluviale violatum drd de Ursinis.

Pluvialia tria violata antiqua.

Pianeta violata dni de Ursinis.

Dialmatica et tunicella ejusdem coloris et ejusdem dni. [f. 3i-v°] Una pianeta violata cum floribus rubeis cum canibus, leporibus et avibus de auro.

Tres planete violate ad usum cotidianum.

Una alia pianeta violata valde consumata.

Una pianeta violata et viridis.

Planete violate piane et satis consumpte tres.

Dialmatice et tunicelìe numero quatuor.

96

E. oMiinti e

Trothingham

Unum pluviale de axuro cum regibus de auro.

Unum pluviale de attiro imbrocchato de auro cum leo- nibus, floribus et avihus.

Una pianeta de a^iiro cum floribus et avibus de auro.

Unaplaneta a^urina inbrocchatade auro dfii Serniensis (sic).

Tres planete de attiro damaschine dni de Ursinis.

Una dialmatica de a^uro de panno prefati pluvialis inbroc- chati ad leones.

Una tunicella a^tirina cum canibus et rosis de auro.

Dialmatica et tunicella de axuro dfii Eugenii.

Duo pluvialia viridia antiqua.

Unum pluviale viride antiquum cum frisis (sic) de vitibus.

Planete virides inter bonas et malas numero octo.

Dialmatice et tunicelle virides numero quindecim.

Una pianeta seu vestis seti Petri sine frisio cum rosa.

Unum pluviale de giallo canonicale.

Pluviale aliud de giallo rachamatum antiquum.

Duo alia pluvialia de giallo antiqua.

Una pianeta cum dialmatica et tunicella de giallo prò canonicis.

Una pianeta cum dialmatica et tunicella de giallo prò b^- neficiatis. [f. 32-r°] Una pianeta tristis de giallo.

Dialmatice et tunicelle de giallo quatuor.

Due alle dialmatice et tunicelle de giallo.

Pluviale nigrum dni de Ursinis.

Pluviale nigrum de samato cotidianum.

Pianeta nigra cum floribus de auro, cum frisio cum an- gelis tenentibus tabernaculum corporis Christi.

Pianeta nigra dni de Ursinis.

Pianeta nigra cum canestrellis sclava (sic), cum dialmatica et tunicella.

Dialmatica nigra drn de Ursinis.

Tunicella nigra de damaschino dni de Ursinis.

Unum aliud pluviale nigrum ruptum.

// Tesoro della 'basilica di S. 'Pietro 97

Planetc nigre rupie numero quinque.

Pluvialia diversoruni colorum numero quindecim.

Planetc diversorum colorum tristissime numero sexdecim.

Planetc linee inter bonas et malas numero quhtdecim. [f. 32-v°] Pallìum Constantini.

Pallium dni Eugenii de auro cum uno linteamine.

Palliuni din cardinalis de Ursinis novum.

Pallium dni cardinalis de Cesarinis.

Pallium dni cardinalis della Porta.

Pallium dni cardinalis de Aquilea.

Pallium dni cardinalis Vivariensis.

Pallium drd cardinalis de Tuderto.

Pallium dni cardinalis Vicecancellarii.

Pallium dni cardinalis seti Angeli Ispaniensis cum stellis.

Pallium cum armis Bonifatii noni.

Pallium dni cardinalis Serniensis.

Pallium dni de Cossa.

Pallium dni Petri Nardi.

Pallium din Georgii de Cesarinis.

Pallium cum armis de Ursinis antiquum.

Pallium prioris de Roma.

Pallium castellani Castri Seti Angeli.

Pallium serpentinum.

Pallium campi sancti.

Pallium de Tetellinis (sic) cum spadis.

Pallium corporis Cbristi.

Pallium seti Nicolai de Tollentino.

Pallium seti Bernardini.

Pallium Puncelli de Ursinis antiquum.

Duo frustra pallior uni baldachini cumfloribus de viridi cum campo rubeo, donata per quandam dominam de Albania.

Facistoria inter magna et parva, inter bona et mala, nu- mero trigintaocto. [Unum est in altare crucifixi, aliud in altari sanctorum Philippi et Jacobi']. [f. 33-r°] [Omissis. Varie spese insignificanti].

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 7

E. Plinti e qA. L. jFrothingham

[f, 34] Iste simt res exportate de cappella 5/ Marie de fe- hrihus per venerabiles vtros dnnm Agabìtum et dnum Xa- [verium] dehutatos Sacristanos eie, et assignate duo Corrado de MarcelHnis et dm L.^ Magdalene. In primis

Una pianeta rnbea virgata fracta.

Una pianeta axiirra.

Unum camisum pulcrum.

Septeni tobalie aliqnaìiter magne.

Item una tobalia de serico cum costis de auro.

Item aìie tobaìioìe et panniculi numero decem et odo.

Item pannicnhis rubens de sirico cum costis de auro.

Item una vimpa de sirico.

Item pannicnhis cum frauda de viride (sic).

Item vimpe quindecim.

Item nasitergium unum.

Item ima chona cum ymagine Crucifixi.

Item due mammille de argento juncte.

Item lingua et labium argenti.

Item anulus argenti.

Item corculum parvum argenti.

Item unum frustum guarnelli.

Item duo pulcri amidi.

Item una pulcra tobalia sericata larga.

Item panniculus prò calice ad reticella.

Item panniculus pulcer circumcircha deauratus.

Item alius panniculus de auro cum costis et franciis.

Item alius panniculus cum armis in medio.

Item alius panniculus de serico.

Item alius panniculus cum- listis de auro.

Item due vimpe pulcre.

Item unus alius pannicnhis. [f. 3^] Introitus anni 14^^. [f. 37 a 39] Exitus »

Il Tesoro della IBasilica di S. T^ietvo 99

[fol. 47-r°] Inventarium Sacristie

[1489]. Mobilium, Bonorum et Librorum 'Bibliothece (i).

Capita.

Caput S. Sebastiani ornatum argento cum quatuor pedihus, cum aniiìs Eugenii super spatulis, et trihus^ ìapidibus super quoìibet arnwrum, licei in uno deficiat unus, et in pectore cum uno speculo cristallino et quinque ìapidibus cìrcumcirca.

Caput S. lacobi intercisi ornatimi argento cum quatuor pedibus leoninis, cum armìs Eugenii super quoìibet humero cum iiii°^ ìapidibus super quoìibet, licet in uno deficiat unus, et cum speculo cristallino in pectore cimi octo ìapidibus, quorum duo deficiunt.

Caput S. Luce ornatum argento cum figura bovis in pectore et cum litteris circumcirca.

(i) Nel principio del Codice dal quale sono Tratti il precedente inventario ed il presente, vi è il sunto del medesimo che deve essere al più della fine del secolo xviii, ma probabilmente del secolo presente e dice : Si contengono in questo ire inventari delle suppdbttil sagre della sagrestia, e delle sac. reliquie, e delti libri della nostra Biblio- teca co^ nota di alcuni strumenti, bolle e privilegi ecc.

Il primo inventario che di cesi antichissimo (in pergamena an- tica) senza anno, principia dalla pagina prima a tutta la pag. 12: varie ragioni ci conducono a fissarne la data all'anno incirca 1400.

Il secondo, che deve essere stato fatto negli anni 1454 e 1455, principia alla pag. 13 e finisce alla pag. 46.

Il terzo, che si nota fatto l'anno 1489, principia alla pag. 47 colla •descrizione delle sacre reliquie, e termina alla pag. 81 in quella dei libri della Biblioteca della Basilica' Vaticana in decima bancha, ecc. ■Cfr. alla pag. 82.

Appena si apre la fodera del Codice, prima del suddetto sunto "vi sono 4 fogli oblunghi come un foglio piegato in mezzo dall'alto -al basso, a guisa di quei libri oblunghi che si dicono vacchette : in essi vi sono alcuni oggetti dell' Inv. del 1489, con la seguente nota marginale per traverso: Ista sunt Pallia magna Inijus inventariì in pergamena et in papiro sub anno 148^.

100

E. oMiuiti e qA. L. Jrothingham

Caput S. Manni in tabernaculo de ere deaurato cutn duabus artnis curri novem foliis et curn littera G supra dìctis armis. [^Caput S. Lamberti in capsa argentea'], (i)

[f. 47-v°] Brachia

Brachiuìu Joseph ab Araniatìe (sic) ornaturn argento, cum teneìlis argenteis in marni.

Brachiurn S. Andree Apostoli ornaturn argento, cum duobtis annuìis in digitts cum tribus lapidibiis.

Brachium S. Guiìhehni ornaturn argento, cum litteris de- scriptis in basi designantibus (sic).

Brachium S. Longìni ornatnm argento, cum uno annulo in digito annulari.

Brachium S. Pbilippi apostoli ornaturn argento, curn uno an- nulo viridi in digito grosso et uno alio annulo in digito an- nulari cum uno cambeo (sic) galeato et quatuor perlis circum- circa et duobus lapidibus.

[f. 48-r°] Tabernacula.

Tabernaculiun in quo est ligmim sancte Crucis cum una capsa curn signo crucis sanctl Spiritus de argento, cum duobus angelis dictam capsam manutenentibus, quorum unus sine alis, cum base argentea deaurata cum litteris circumcirca, cum uno pomo superius cum lapidibus novem, et cum quatuor aliis la- pidibus in dieta capsa.

Tabernaciilum de argento rotundum cum reliquiis intus et circumcirca infrascriptis figuris, videlicet beate Virginis, san- ctoriim Petri, Pauli, Thome, Nicholai, cum duabus (sic) la- pidibus.

Tabernaculum cum Ugno sancte Crucis, et curn una capsula cum duabus tabiilis cristallinis cum uno lilio smaltato in stim- mitate, cum duobus angelis argenteis, et cum base argentea deau- rata et perforata.

(i) Di. mano posteriore.

Il Tesoro della ^Basilica di S. "Pietro loi

Tahernaculmn ad tnodum arcis fabricatum, deatiratum, in quo simt reliquie cum figuris circmncirca, et cum falcone in summitate.

Tahernacnhim deauratmn quod per angelos diios sustinetur, habentes alasfractas, cum armis unius cardinalis cumuno leone scacato de albo et asurro in campo rubeo. [Nota quod hec insignia sunt Card. Henrici de Minutulis Archiep. Neapolit. et in co servatur guttur S. Blasii et vixit tempore Bonifacii IX] (i).

Tabernaculum de argento cum armis de Ursinis ab una parte, et ab alia clavibus S. Petri, in quo est spatula S. Stephani prothomartiris .

Tabernaculum aliud cristallinum ornatum argento deaurato, cum sento in quo sunt litere continentes: Nicolaus papa V, et cum sex leonibus sustinentibus ipsum tabernaculum, et in sum- mitate ifuàgo sancti Petri, in quo sunt (sic) gemi S. Andree apostoli (2).

Tabernaculum cristallinum ornatum argento in parte deau- rato, in cacumine imago S. Petri, in pcde vero scutum cum arce alba in campo rubeo, in quo sunt incluse reliquie S. Tbeodori{^).

Tabernaculum parvum cristallinum rotundum cum figura S. Michaelis Archangeli et S. Anthonii, in quo sunt infrascripte reliquie, videlicetdepane, depiscibus de quibus satiavit Christus quinque milia hominum. Item de Ugno S. Crucis. Item de re- liquiis S. Nicholai Epi et confessoris. Item de reliquiis S. Marie Magdalene. Cimi armis in pede cum compassu et novem foliis et hoc nomine: Anthonius.

[f. 48-v°] Tabernaculum cristaUinum cum armis Cardhialis de Ursinis.

Tabernaculum cristallinum ornatum argento cum figuris sanctorum Anthonii et.... (in bianco) in quo sunt reliquie, vi-

(i) Enrico Minutolo patrizio napoletano, fatto card, nel 1389 e morto nel 141 2. Cardella, t. II, pag. 512.

(2) Reliquie perdute nel 1527, al tempo del sacco di Roma: Vedi Grimaldi.

(3) Idem.

102

E. oMiinti e oA. L. frothingham

delicet de sindone Dni, S. lohannis Crisostomi et S. lohannis Baptiste, cum una cruce parva in parte superiori cum imagine crucifixi in una parte et alia beate Marie, cum quatuor pedi- bus leoninis (i).

Tabernaculum cristaììinnm cum multis reìiquiis interius,cum pede rotundo pontato cum armis Eugenii Cardinalis de Cesarinis et ecclesie S. Petri et tribusdliis rotundis cum cruce rubea et quatuor rotundis rubeis.

Tabernaculum cristallinum sine copertorio in quo sunt re- liquie de costala S. Laurentii niartiris, cum aliquibus figuris sanctorum et armis de Ursinis smaltatis, et cum pede ad sex angui OS.

Tabernaculum cristallinum in ere, ligatum cum copertorio fracto, in quo sunt infrascripte reliquie, videlicet de sanguine 5. Catherine, de ossibus apostolorum Petri et Pauli et S. Sa- turnini de ossibus XI. m. virginum et S. Vrsule, de ossibus S. Mo- nache matris S. Augustini, de reìiquiis S. Georgii, de manto S. Magdalene, de spinis dui nrt Ihfi XrJ, de reìiquiis S. Mar- garite.

Tabernaculum cristallinum ornatum argento deaurato, cum pomo in medio ad fectas (sic) et cum pomo parvo cum cruce superius et cum. pede rotundo cum armis Cardinalis de Vrsi- nis, in quo est una de spinis dnJ nrt Ihu Xru

Tabernaculum cristallinum cum pede de argento deaurato ad odo angulos, in quo sunt reliquie infrascripte, videlicet de digito S. Georgii, de ossibus S. lacobi majoris. Pater noster de ossibus S. Catherine, de reìiquiis S. Romani et de reìiquiis S. Agnetis.

Tabernaculum cristallinum prò corpore Xrt cum pomo in medio cum aliquibus figuris sntaltatis, cum pede, in qua (sic) sunt arma beati Petri et tria alia arma cum aliis figuris smal- tatis et cum quatuor imaginibus parvis, cujus copertorium est cristallinum et fractum.

(i) Idem.

Il Tesoro della 'basilica di S. T^ietro io3

[f. 49-r°] Tahernacidiim de argento deaurato firmatimi super tribus coìumpnis, in quo est imago beate Virginis cum filio in brachio de lapide gallo (sic).

Tabernaculum argenteum cum pede rotundo et cum armis in pomo cum listis albis asurris et aurcis, in quo sunt de ca- pite beati Antonii.

Tabernaculum parvum in quo est figura S. Michaelis cum aliquibus perlis circumcirca.

[f. 50-r°] Capsule et bussule.

Capsula de cristallo cum armis pape Nicolai, ornata ar- gento deaurato, in qua sunt reliquie infrascripte, videlicet pars capitis S. Lamberti Episcopi, et reliquie S. Joseph ab Ara- matie.

Capsula argentea cum pede smaltato, cum figura S. Gre- gorii in summitate capsule, cum armis in quibus sunt tres liste rubee et inter dictas listas Urne rubee.

Casetta una quadra munita ab intus laminis argenteis et in superiori parte copertorii coperta argento laborato ad rosas, et similiter circumcirca latitudinem diete casette, in qua tamen deficit unum frustum argenti, cum nonnullis. reliquiis.

Calamare unum de osse cum clausuris de ere, sculptum cum figuris hominum equestrium et aliorum diversorum anìmalium, cufìi reliquiis.

Cophonettum unum de cristallo ornatum cum laminis ar- genteis deauratis, cum pluribus reliquiis intus.

Cophonettum ligneum cum certis reliquiis.

Cophonettum copertum coreo rubeo cum certis reliquiis.

Capsa parva serata coperta corio albo cum reliquiis.

Capsula lignea piena reliquiis.

Capse due de corio nigro ad conservandum mitras.

Bussula argentea cum uno circulo in quo est nomen Xrùs, cum quatuor stellis et una crux parva.

Bussula rutonda de Ugno ornata certis lapidibus ad mo- dum perlarum asurris et albis, cum certis -eliquiis.

I04

E. oMiinti e OA. L. Jrothingham

[f. 5i-r°] Imagines.

Imago S. Petri argentea et deaurata, indtita pontificali, cum libro et clavihus in manihus, cum base smaltata que sustinetur a quinque leonibus, et cum regno in capite cum lapidibus.

Imago S. Petri minor predicta, dcaurata, cum cruce et cla- vibus in manu dextra, et cum arinis trium ìeonum nigrorum in parte anteriori, et in parte dextra cum leone flavo in campo nigro, in parte sinistra cum leone albo in campo rubeo.

Imago S. Petri minor predictìs duobus, de argento deaurato, cum clavibus in manu dextra et libro in sinistra, cum base in qua sunt reliquie.

Imago sive figura unius sancti de ebore cum armis de Ursinis.

[f. 52-r°] Cruces.

Crux argentea deaurata cum pluribus lapidibus et tribus perlis cum quinque cameis, unum in summitate cum facie hominis, alind in medio cum erme et duobus angelis, aliud in parte dextra cum uno vase, a parte sinistra cum figura unius avis, in pede ipsius crucis aliud cum figura hominis galeati, et in parte posteriori cum quinque figurìs, videlicet in superiori parte Xrl, in medio beate Virginis, a dextris S. Pauli et a sinìstris S. Petri, in pede unius angeli factis ex smalto.

Crux argentea deaurata in cujus medio sunt tabule cri- stalline et de Ugno crucis intus, cum diversis lapidibus diver- sorum colorum et perlis parvis.

Crux cristallina cum uno pomo rotundo in pede ipsius.

Crux magna cum quatuor petiis de diaspro a lateribus, in medio cum uno quadro de alabastro et similiter in extre- mitatibus de alabastro cum uno pomo in pede de diaspro.

Crux cristallina ligata cum argento deaurato ab una parte cum figura crucifixi, beate Marie Virginis et S. lohannis Evan- geliste; ab alia parte figura beate Virginis defuncte cum apo- stolis circumcirca.

Crux cristallina ligata cum argento deaurato, in medio

Il Tesoro della "Basilica di S. Tietro io5

cruce (sic) de lapide smaragdino cum quatuordedm perlis parvis, et ah alla parte facies Feronice.

Crux argentea deaurata lahorata ah strafa rum (sic), in ctijus medio est, ah ima parte figura crucifixi argentea stantis in cruce; ah alia parte est figura Agnus dei in medio, in sum- mìtate, in parte inferiori et a ìateribus figure evangeìistarum,

Crux argentea parva que consuevit portari in processio- nibus supra senichium.

Crux parva deaurata cum figura crucifixi, cumundecimperlis.

Crux parva aurea cum figura crucifixi et cum fguris quatuor evvan\^gelistaruni\ circumcirca.

Crux parva argentea deaurata cum tribus granatis circum circa, et in pede cum una turchina, et in medio cum uno cri- stallo, et pater noster quatuor de corallo.

Crux parva de auro que pontificihus celebrantihus sus- penditur in collo, in qua sunt quinque smaldi virides cum variis foliis et cum decem perlis et decem alle defitiunt. Ah alia parte in medio est figura Agnus [f. 52-v°] dei et circum- circa figure quatuor evangeìistarum. Item cum dieta cruce an- nulus pontificalis cum lapidibus smaragdinis et balasiis et perlis parvis.

Crux argentea deaurata cum figura crucifixi et a ìate- ribus cum figuris beate Virginis et S. lohannis Evvangeliste, cum pomo in medio, et cum pede in quo sunt sculpte figure apostolorum Petri et Pauli.

Crux argentea antiqua et fracta cum figura crucifixi in medio et Evvangelìstarum circumcirca, et cum figuris ali- quorum sanctorum in pomo.

Crux argentea, ab una parte cum crucifixo in medio, et figura Dei in parte superiori, et a ìateribus figure B. Marie Virginis et S. lohannis, in pede cum figura S. Francisci. Ab alia parte in medio figura beate Catherine et circumcirca figure evvangelistarum.

Alia crux quem (sic) tenet R. p. d. Vicarius Epus Ur- bevetanus.

loG E. oMiniti e oA. L. Jrothìngham

Cnices septeni parve simul ligatc cum uno agniis dei de argento.

Crux argentea in qua, ab una parte est facies Feronice cum quatuor ìiìiis, in alia parte imago S. lohannis Evvangeliste.

Reìiquiarium parvum de auro in quo est una crux parva et varie alie reliquie, in quo etiani sunt sculpta omnia instrn- menta passionis XrT, videlicet laucea, colmnpna eie. [f. sy^^^ ^"^ scattila in qua est fornimentum unius mitre, videlicet pendentia de argento aurato, et xii figure smaltate in argento ad ponendwn super pendentibus.

Item castones quator (sic) magni cum rosetis.

Item quatuordecim castones mìnores cum rosetis.

Item sex alii sine rosetis.

Item castones parvi sine rosetis cxxij.

Item unus annulus de auro cum una corniola, cum duobus capitibus.

Item alias annlus cum certis armis.

[f. 54-r°] Tabule et altaria portatilia.

Tabula in qua est depicta figura Xrt ornata auro stra- forato, cum tribus lapidibus in capite, videlicet uno sapbiro et duobus balasiis, et pcrlis undecim.

Tabula sive reìiquiarium ornata argento, in cujus medio est figura Xriin cruce et a lateribus beate Virginis et S. lohannis Evvangeliste et octo alie figure sanctorum facte ex smalto.

Tabula una cristallina ornata argento cum figuris san- ctorum circumcirca, in qua a parte superiori, ab uno latere est figura beate Virginis, et ab alia Gabrielis angeli.

Tabula una de ebore in qua est sculpta passio drd nri Iha XrT.

Altare portalvz (sic) de diaspro quadruni, ornatum argento aurato, cum figuris evvangelistarum circumcirca in quo sunt littere continentes annum consecrationis et nomina sanctorum in quorum honorem consecratumfuit.

Altare aliud de diaspro ornatum argento, oblongum.

// Tesoro della 'basilica S. 'Pietro 107

Altare portatile de lapide serpentino oblongtim ornatum ar- gento circnmcirca.

Alìud altare portatile.

Altare portatile de lapide serpentino ciim opere tertiato (sic) circnmcirca.

[Patene argentee 2)\.

[Patene de ere f\.

[Calices argentei iii\.

[Calices habentes pedes eneos 11].

[f. 55-r°] Calices.

Calix magnns de argento deaurato cum pomo in medio, ciim armìs de Ursinis factis ex smaltis, et inpede cum plnribus Jìguris sanctonim similiter smaltatìs, et cum litteris designan- tibus nomen domine Ursine que illum donavit ecclesie. Et cum patena sua cum smalto in medio cum figura crucifixì in se- pulcino.

Calix argenteus deauratus cum pomo in medio cum rosis viridibus et galdis (sic) smaltatìs, cum patena sua.

Calix argenteus cum pomo in medio cum certis smaltis parvis quadris, cum tribas armi's in pede cum campo albo et tribus listis rubeis, cum litteris designantibus nomen illius qui donavit, cum patena sua.

Calix cum pomo in medio in quo sunt plures figure san- ctoruni anneliate (sic), cum armis in pede cum compassu albo et asurro ad undas cum littera P in campo rubeo, cum pa- tena sua.

Calix alius cum pomo in medio cum pluribus figuris sanctorum smaltatis, et cum fuste (sic) smaltato tam supra pomum quam infra in modum rosarum, cum patena sua [smaltata].

Calix argenteus deauratus cum pomo in medio cum quì- busdam parvis smaltis quadris in quibus sunt littere, cum fuste similiter supra et infra pomum similiter smaltato cum argento perforato circnmcirca, cum patena sua.

IO?

E. oMiinti e oA. L. Jrothingham

Caììx argenteiis deauratus cum pomo in medio in quo sunt pìures figure sanctomm cum figura crucifixifacte ex smalto, et cum fuste supra et infra pomiim simiìiter smaltate ex colo- rihus ruheis, viridibus, aìhis et gallis (sic), cum patena sua in qua sculpta est crux.

Caìix argenteus deauratus cum. pomo in medio cum smaltis in quibus est scriptum nomen Ihesus, simiìiter cum tribus smaltis in pede in quibus scriptum est dictum nomen Ihesus, cum patena sua in qua designata est crux in medio.

Calix argenteus deauratus cum pomo in medio cum smaltis in quibus est figura crucifixi et beate Virginis et S. lohannis et arma in campo aureo cum quinque balottis, et cum uno signo mercatoris cum quibusdam litteris in pede, cum patena sua. [f. S5'^°ì Calix argenteus deauratus cum pomo in medio cum pluribus smaltis in quibus sunt figure sanctorum in cujus pede sunt infrascripte littere: Martinus de Rova Canonicus saficti Petri, cum patena sua (i).

Calix argenteus deauratus cum cupa argentea, et pede creo, cum pomo in medio cum smaltis de rosis viridibus et asurris, cum patena sua argentea deaurata.

Calix argenteus deauratus cum pomo in medio cum plu- ribus figuris sanctorum smaltatis, et cum clavibus Ro. Ec- clesie, cum tribus smaltis in pede in quorum uno est figura Xrì, in alio beate Virginis, in alio S. lohannis Evvangeliste, cum patena sua.

Calix argenteus deauratus cum pomo in medio cum plu- ribus smaltis cum figuris sanctorum, cum patena sua.

Calix argenteus deauratus cum pomo in medio ad fectas, et cum pede rotundo plano, cum patena sua.

Calix argenteus deauratus cum pomo in medio et figuris sanctorum smaltatis, in cujus parte inferiori pedis sunt arma de Ursinis et S. Petri, cum patena sua.

(i) Sul lascito fatto da Martinus de Roa (f 1475) vedi Les Arts à la Coiir des Papes, t. Ili, pag. 268.

// Tesoro della 'Basilica di S. 'Pietro 109

Calix cum cupa argentea et pede ereo deauratus, ciim pomo in medio ad fectas, cum patena sua.

Calix argentcus deauratus cum pomo in medio cum smaìtis plurium sanctorum, in cujtis pede sunt arma cimi aquila nigra et certis listis rubeis et aureis et tribus spicis in campo rubeo, cum patena sua.

Calix argentus deauratus cum pluribus figuris sanctorum smaltatis, cum pede rotundo et laborato cum foliis, cum pa- tena sua.

Calix argentcus deauratus cum pomo sculpto ad rosas, in cujus pede designata est una crux, cum patena sua.

Calix cum cuppa argentea et pede ereo, cum pomo smal- tato cum pluribus figuris sanctorum, et sine patena.

Calix cum cuppa argentea et pede ereo, cum pomo in quo sunt figure sanctorum smaltate et arma cum campo rubeo cum lista nigra Inter se[i. ^6-r°]cata aliis listis nigris; item alia arma cum campo aureo et una lista rubea per transversum in qua sunt tres rose, sine patena.

Calix cum cuppa argentea et pede ereo, cum pomo in medio plano cum armis in pede imius Cardinalis in campo gaillo (sic) et listis rubeis, sitie patena.

Calix cum cuppa argentea et pede ereo, cum pomo plano et armis Cardinalis proxime suprascripti, sine patena.

Calix cum cuppa argentea et pede ereo cum pomo in nijedio ad fectas.

Calix cum cuppa argentea et pede ereo deauratis, cum pomo smaltalo, in quibus smaltis est figura XrJ in sepulchro et ali- quorum alioruin sanctorum, et sine patena.

Calix argentcus deauratus cum pomo in medio cum figuris sanctorum smaltatis, et cum tribus smaltis in pede cum figuris sanctorum, cum patena sua.

Calix argentcus deauratus cum pomo in medio laborato ad rosas, cum patena sua.

Calix argentcus deauratus cum pomo in medio laborato ad rosas, cum patena sua.

Ilo

E. oMunt^ e oA. L. Jrolhingham

Calix argenteus cum pomo in medio ad fectas, deauratus solum intra cuppam et circa pomum, in cujus pede est scnlpta ima aquila, cimi patena sua.

Calix argenteus deauratus cum pomo scuipto ad rosas et folla, et cum signo in summitate cuppe, cum patena sua.

Calix ereus deauratus cum pomo in medio plano.

Calix argenteus deauratus cum pomo lahoratoad rosas, cum armis in pede cum lista de quadris albis et asurris in campo rubeo et cum stella in campo asurro, cum patena sua.

Calix argenteus d:auratus cum pomo smaltato cum figuris sanctorum XrJ, Beate Marie et S. lohannis.

Calix argenteus deauratus cum pomo in medio cum rotundis anneliatìs cum figuris sanctorum, sine patena.

Calix argenteus deauratus cum pomo in medio laborato ad jenestras, cum quatuor smaltis in pede cum figuris sanctorum, sine patena.

[f. 5^-v°] Calix argenteus deauratus cum pomo laborato ad folla in quo sunt aliqui smalti parvi cum litteris et rosis, cum patena sua.

Calix argenteus deauratus cum pomo ad fectas et cum pede rupto, sine patena.

Calix cum cupp a argentea et pede creo deauratus, cum pomo ad fectas, sine patena.

Calix quem tenet dominus Simon Bonadies.

Calix quem tenet Blasius Pharao.

Calix quem tenet lulianus Matheoli.

Calix cum cappa argentea et pede creo deauratus, cum patena, quem tenet dominus Paulus.

Calix quem tenet dominus Fabianus Canonicus.

Calix quem tenet dominus Georgius Vicarius Episcopus Urbevetanus (i).

Patene sex. Tres mediocres et tres parve argentee deaurate.

(i) Giorgio della Rovere fu nominato vescovo di Orvieto nel 1476. Ughelli, Italia Sac, t. I, pag. 1476.

// Tesoro della 'Basìlica di S. dietro iii

Calìx hahens in porno nomen Francisci, in pede arma Car- dinaìis Senensis {i) et figuram set Petrì, ciun patena sua (2).

Caìix hahens in pomo litteras smaldatas dicens: Ihesus, cum patena sua, quem dedit Cardinaìis Rachanatensis (3).

Calìx habens pomiim ad fectas, cum patena sua.

Caìix ìdahens pomum smaìdatum cum aìiquibus Jìguris san- ctorum et sanctarum, cum patena sua.

Caìix ìjabens pedem eneum, pomum cum figuris smaìdatis, [et] infra pomum rosas aìbas, cum patena sua.

Caìix Ìjabens pomum cum ìitteris Teutonicis {/\) que dicunt: lÌKSus, habens ìitteras supra et infra pomum, cum pede rotimdo, cum patena sua.

[f. 57-r°] Caìix habens pomum cum aìiquibus smaldis quadratis cum fioribus, cum patena sua.

Caìix cum pomo a fettas (sic) cum pede rotundo et eneo, cum patena sua.

Caìix cum pomo habens smaìdas (sic) cum figuris sancto- riim, cum patena sua.

Caìix cum pomo a fectas (sic) cum pede rotundo et eneo, cum patena sua.

Caìix cum pomo habens scutos rotundos cum pede eneo, et patena sua.

[f. 58-r^] Reìictasive legata per Nicenum Car. Grecum (5). Icona cum figura beati Michaeìis Archangeìi, ornata ar-

(i) Antonio Casini Senese, personaggio di nota fama, adempì a moltissime ed alte cariche ecclesiastiche : fatto cardinale nel 1426, mori nel 1439. Egli era generalmente chiamato « Cardinaìis Senensis », ma anche « cardinaìis S. Marcelli », essendo questo il suo titolo.

(2) Le seguenti notizie sono scritte di altra mano.

(3) Girolamo Basso della Rovere, nipote di Sisto IV, fu da luì fatto vescovo di Recanati e poscia cardinale nel 1477: egli morì nel 1507. Il suo magnifico mausoleo a Santa Maria del Popolo è un capolavoro del Sansovino. Cardella, t. Ili, pag. 203.

(4) Con questi s'intendevano probabilmente lettere gotiche.

(5) Questa lista di oggetti d'arte lasciati dal cardinale Bessa-

112

E. oMiinli e oA. L. Jrothingham

genio signato ciim stellis, et cum sìrice Alexandrino a parte posteriori.

Icona Clini uno sancto armato cani lancea in manti, ornata argento scuJpto ad rosas et alia folia.

Icona cum Cristo crucifixo et a lateribus beata Virgìne et S. lohanne Evvangelista, ornata argento cum litteris grecis et a parte posteriori cum cruce argentea cum figura Xr'i et angulis deargentatis.

Icona cum figura unius sancti, ornata argento signato stellis, cum sirico Alexandrino in parte posteriori.

Ichona in qua est figura beati lohannis Evvangeliste, ornata argento deaurato cum figuris sanctorum circunicirca.

Ichona in qua est figura beate Virginis in sepukhro cum sanctis circumcirca, ornata argento deaurato cum figuris san- ctorum, quatuor smaltatis et quatuor sculptis, ornata in poste- riori parte damaschino rubeo cum uno flore rubeo.

Ichona in qua est figura S. lohannis Baptiste in heremo, et una parassis (sic) in qua est caput ejtisdem et figura Dei lo- quentis ad eum, ornata argento deaurato circumcirca cum figu- ris sanctorum circumcirca et rosis et aliis figuris et foliis.

Ichona in qua sunt similes figure, ornata argento deaurato cum cruce in parte superiori et novem figuris sanctorum circumcirca.

Ichona in qua est figura Michaelis Archangeli cum ense in manu, ornata argento deaurato sculpto ad rosas.

Ichona in qua sunt quatuor figure sanctorum de ebore in campo asurro, ornata argento deaurato laborato ad rosas.

Ichona in qua sunt quinque figure de ebore, videìicet figura Dei in sede, b. Virginis, b. lohannis, b. Petri et Pauli, ornata argento deaurato laborato ad rosas.

Ichona cum figura unius sancti, ornata argento deaurato cum quatuor figuris et quatuor rosis.

Ichona cum figura beati Michaelis Archangeli integra, or- nata argento deaurato laborato cum rosis et foliis.

rione è molto più completa di quella redatta dal Grimaldi che fu pubblicata nell'opera Les Arts à la Cour des Papes, t. II, pag. 298.

Il Tesoro della 'basilica di S. Tietro 1 1 3

[f. 58-v°] Due tabule in quibus sunt xxiiii casule in quìhus sunt figure de operibus Xri ab anmmtiatione usque missionem Spiritus Sancti.

Due tabule de ebore in quibus est historia beate Marie Vìrginis et XrT usque ad ascensionem ipsius. In .una scatula.

Crux argentea deaurata cum crucifixo in medio et a late- ribus cum figuris Evvangelistarum.

Crux cum crucifixo in medio et figuris Evvangelistarum-, facta cum smalto et ornata circumcirca perlis : et in parte po- steriori siniiliter smaltata cum figura b. Marie Virginis in me- dio et quatuor aliorum sanctorum circumcirca.

Figura B. lohannis Baptiste argentea et deaurata demon- strantis agnum.

Ichona argentea deaurata cum figura XrT portantis cru- ceni et cum figuris B. Virginis et B. lohannis sculptis in clau- suris diete icìwne,- cum imo lapide asurro in summitate.

Pax argentea cum armis dui Niceni (i).

Pissis argentea cum armis dui Niceni ad tenendum hostias.

Crux ornata argento deaurato, in qua ab una parte est figura crucifixi, ab alia parte figura B. Virginis cum aliquibus figuris sanctorum, inclusa in una capsula crea deaurata.

Una bulla domini Venetorum super receptionem Niceni ad nobilitatem.

Alia bulla super ujiione Grecorum cum Ro: Ecclesia.

Due figure sanctorum simul scnlpte de ebore.

Una crux de lapide diasprino duplex, ornata cum cristalUs et argento deaurato, et cum pomo in pede deaurato.

Unum doxale prò altare contextum auro et argento, cum figura XrT in medio et figuris angelorum et aliorum sanctorum. Cum armis Niceni a lateribus cum veluto rubeo.

[f. 59-r"] Diversa denodia.

Navicula Petri cum cruce cristallina cum quatuor vexillis

(i) In margine, di altra mano. Archivio della Società romana di Storia p.itria. Voi. VI. 8

114

E. oMimti e oA. L. Jrothingham

argenteis cum armis domini Eugenii pape iiii et ciim quinde- cim lapidibus, videlicet :^aphiriis vel coloris :;^apbiri et smaragdi et balasiì, et octo simiìihus lapidibus hi velo, in qua deficiunt due imagines parve angelorum.

Unum pectorale argenteum deauratum smaltatntn ab una parte cum figuris Evvangelistarum et figura XrJ in medio, et ab alia parte simiUter est figura XrJ sculpta.

Rosa Martini pape V in qua sunt tantum quatuor rami cum quatuor rosis, cum uno vase cum quatuor pedibus leonis et cum quatuor smaltis in pedc basis (i).

Bacile argenteum cum armis S. Petri, et cum bocali etiam argenteo.

Ampulle due cristalline ornate ornate (sic) argento. _

Ampulk alie due argentee [fuenmt fuse prò uno calice novo].

Scutella una de cornoilha (sic) ornata argento deaurato, smaldis cum uno cocleare ligneo ornato argento.

Coclearia duo argentea parva.

Coclear (sic) aliud majus perforatum et deauratum.

Baculus argenteus ad deferendum crucem, cum pomo in summitate cum armis Cardinalis Constantiensis.

Pomum unum argenteum prò sinechio (sic) cum quinque smaldis cum armis Cardinalis S. Marcelli.

Pomum cristallinum ad incendendum ignem in die sabuati sancto (sic).

Pomum ereum deauratum ad calefitiendum (sic) manus.

Corona beate Catherine parvi valoris.

Unum oculare de cristallo ligatum in argento.

Quinque petie corallorum.

Agnus dei de ere.

Anulus unus pontificalis cum lapide de granato (sic) de argento.

Ale due argentee de angelo tabernaculi in quo est lignum crucis (2).

(1) Involata nel 1527. (Grimaldi).

(2) Appartenevano ad uno degli angeli che reggevano la cassa del suddetto tabernacolo di cui leggesi la descrizione alla pag. 100.

// Tesoro della 'Basilica di S. Tietro ii5

Turrihula. Turribuìnm unum nmgnum, argcnteum. Turribuhim aliud mediocre, etiam argenteum.' Ttirribiilum aliiid parviim, argcnteum. Navicella una argentea, cum cocleare prò incenso.

Candelahra.

Unum par candelahrorum argenteoruni, magnum.

Aliud par candelahrorum, mediocre, argcnteum. [f. 59-v°] Aliud par parvorum candelahrorum, argcnteum, cumarmis de Ursinis, ad usum altaris majoris, noviter factum.

Aliud par magnum candelahrorum, ad usum etiam altaris majoris.

Aliud par parvum candelahrorum ad usum ecclesie.

Mitre.

Mitra una aurifrisata cum duohus Xf-phi^is in summitate, cum rosis factis de perlis in latitudine ipsius mitre, cum vigin- tiquatuor lapidihus magnis ante et retro, ^aphiriftis, smarag- dinis et halasinis : et cum. duodecim similibus lapidihus fixis in pendentihus diete mitre: et cum deCem campanellis affixis ipsis pendentihus : et cum multis aliis lapidihus parvis, affixis circumcirca in dieta mitra et in pendentihus divcrsorum co- lortim, sicut predicti majores.

Mitra una antiqua que fuit S. Catherine, cum figura Agnus dei in parte anteriori et qnatuor rosis factis ex perlis et duohus lapidihus de granato, et in parte posteriori cum una rota in medio de argento et figura Agnus dei in parte supe- riori, et uno lilio in parte inferiori, et duabus rotis de perlis, et cum frisie (sic) circumcirca caput de perlis.

Mitra alia alba cum duabus crucis (sic) de perlis in parte anteriori, et duabus in parte posteriori, cum decem et octo lapidi- bus divcrsorum colorum et perlis minutis in frisiis diete mitre.

Mitra alia de brochato albo, cum sole in medio tam a parte anteriori quam posteriori, que fuit pape Pauli.

ii6

E. Plinti e od. L. Jrothingham

Mitra alia de damaschino albo, qne fuit Cardinalis Spo- letani (i).

Regnum pontificale qiiod fuit pape Martini. Religuiarium ligneum in quo sunt arma Alexandri pape.

[f. ^i-r°] Pluvialia, dalmatice et alia par amenta rubea.

Pluviale rubeum contextum cum figuris Criicifixi et olio- rum sanctorum, et variis animalibus, videlicet leonum et aqui- laruin, et cum frisio similiter contexto.

Pianeta, dalmatica et tunica (sic) ejusdem panni et operis.

Pluviale de sirico rubeo commixto cum sirico viridi, cum variis. animalibus et avibus et variis floribus et cum liliis in capuano.

Pianeta, tunicella et dalmatica ejusdem coloris et operis. [deficit pianeta].

Pluviale rubeum contextum cum figuris aureis animalium et avium, et cum diversis arboribus.

Pianeta, tunicella et dalmatica ejusdem coloris et operis.

Pluviale de veluto carmusino rubeo figurato et cum ba- stonis (sic) aureis cum quibusdam foliis de sirico viridi.

Pianeta ejusdem panni et operis.

Pluviale de damaschino rubeo, cum arniis Cardinalis S. Marcelli.

Pianeta, tunicella et dalmatica ejusdem panni et coloris, et cum armis predictis.

Duo (sic) dalmatice et due tunicelle de damaschino rubeo scolorato, cum fimbriis contextis auro ad rosas et flores.

Pluviale contextum auro et argento, cum figuris sanctorum et cum frisiis diversorum animalium et avium factis ex perlis.

Pluviale aliud simile proxime precedenti.

(i) Berardo o Bernardo Erulo di Narni fatto vescovo di Spo- leto nel 1448, creato cardinale nel 1460, e morto nel 1479. Egli fu sepolto nella Basilica Vaticana e si vedono ancora nelle cripte frammenti del suo monumento : cfr. Dionisio, Sacr. Vat. Bus. cripta- rum niQnmnenta, pag. 162.

// Tesoro della basilica di S. 'Pietro 117

Pluviale contextum auro cum figuris animaìium et avium ctitn rosis.

Pianeta, tunicella, et dalmatica ejusdem panni et operis.

Pluviale, tunicella et dalmatica rubea cum figuris diversorum animaìium in campo viridi, et figurate cum rosis et aliisfioribus, cum fimhriis contextis auro et argento cum animalibus et avibus.

Pluviale de veluto rubeo brochato auri cum figuris Cristi (sic) et S. Thome mittentis manum in latus Cristi.

Pianeta, tunicella et dalmatica ejusdem coloris et operis.

Pluvialia duo de veluto carmusino brochato auri cum fi- guris angelorum et cruce.

Pluviale de panno aureo carmusino cum armis R. d. Car- dinalis Masticonensis (sic) cum capusitio (sic), [f. ^i-v°] Pluviale de panno aureo rubeo cum armis Abbatis Farfensis.

Dalmatica et tunicella de raso carmusino que fuerunt pape Nicolai.

Pianeta de panno aureo cum figura XrT in medio crucis, et b. Virginis et S. lohannis Baptiste a lateribus.

Dalmatica et tunicella ejusdem panni et coloris.

Pluviale rubeum cum ducatis aureis.

Pluviale rubeum cum figuris sanctorum contextis ex auro et cumfrisio contexto ad modum [nodi] Salomoìtis.

Unus pannus rubeus cum quatuor figuris, videlicei B. Vir- ginis et trium Magorum.

Vesiis S. Petri de sirico et auro.

[f. 62-r"] Paramenta asurrea,

gailla (sic), pavvonachia et viridia.

Asurrea. Una dalmatica de colore celesti contexta cum figuris aureis et argenteis, que in una parte habet figuram dei et pluriiim aliorum sanctorum, in altera parte similiter habet figuram XrT sedentis in ihrono cum angelis circumcirca et cum cruce super caput ex opere Greco, cum stola.

Scapulare unum similiter contextum.

ri!

E. oMiinij e (2A. L. ^rothingham

Timicetla et dalmatica de panno aureo asurro cutn firn- briis de panno albo aureo.

Pluviale asurrum contextum cum auro et cuni figuris regum et angelorum.

Gailla (sic). Pluviale de sirico gaillo.

Pianeta, dalmatica et tunicella ejusdem coloris.

Pluviale gallum (sic) contextum. cum figuris sanctorum cum armis Francie et Angine.

Pavvonachia. Pluviale de hrochato auri pavvonachio cum armis ecclesie S. Petri [co mbustum fuit pluviale].

Pianeta, dalmatica et tunicella ejusdem panni.

Pluviale de brochato auri pavvonachio, quod donavit Car- dinalis S. Crucis Reatin. cum armis ejusdem (i).

Viridia. Pluviale de damaschino viridi brochato ami cum armis d. lacobi de Moncerellis.

Pianeta, tunicella et dalmatica de damaschino viridi bro- chato, factum (sic) cum floribus aureis.

[f. 62-v°J Paramenta nigra.

Pluviale de veluto nigro [aliud refectum loco combusti].

Pianeta, tunicella et dalmatica ejusdem panni et coloris. [pluviale tantum fuit combustum].

Unum frustum pendati nigri [antiquatum].

Una coperta prò cruce ex damaschino biso cum f ade Sal- vatoris in summitate.

Unum frisium de uno pluviali de auro tirato, cum decem figuris sanctorum et quinque figuris in colari, videlicet Xrlin medio, et beate Virginis et S. lohannis Evvangeliste ab una parte, et S. lohannis Baptiste et Petri ab altera.

(i) Angelo Capranica detto cardinale di Santa Croce, divenne vescovo di Rieti nel 1450 o 51 : era celebre per virtù, pietà e talento, ed a lui furono affidati i più gravi affari della Chiesa. La sua morte avvenne nell'anno 1478.

// Tesoro della basilica di S. dietro 119

[f. 63 -r*'] Par amenta alba.

Pluviale de hrochato albo cum armis dui Martini de Rova, donatimi per ipsimi d. Martinum (i).

Pluviale album contextum auro cum figuris avium, aqui- larum et leonum, cum frisio rubeo rechamato cum perlis.

Pianeta ejusdem coloris et operis, similiter cum frisio ra- chamato cum perlis.

Pianeta alia ejusdem coloris et operis, cum frisio sine perlis.

Due dalmatice ejusdem coloris et operis [de duobus (sic) dalmaticìs facta fuit una tunicella].

Dalmatica una de damaschino albo brochato auri cum figuris papagall[orum]. /

Tunicella una alba contexta auro cum figuris papagal- lorum, et cum fimbriis contextis auro cum figuris papagallorum et gruum.

Pluviale de veluto albo brochato auri cum figuris Xrt et S. Thome ponentis manum in latus Xrì.

Pianeta, dalmatica et tunicella ejusdem coloris et operis.

Pluviale de damaschino albo brochato, cum captitio, cum figura assumpsionis (sic) bte Marie Vìrginis.

Pianeta ejusdem panni et coloris cum figura Xrt in medio crucis et duobus angelis a lateribus [fuit combusta'].

Dalmatica et tunicella deservientes predicte planete, de pennato albo ab una parte, et ab alia parte de pennato rubeo.

Pianeta alba de damaschino brochato cum mitris, clavibus et quercubus.

Tunicella et dalmatica de damaschino albo quas donavit papa Paulus.

Pluviale album contextum cum sirico rubeo, cum floribus flavis cum Annuntiata in caputio, et cum armis unius Episcopi cum una lista asurra in campo flavo.

(i) Vedi la nota a pag. 108.

120 E. QMu7iti e dA. L. frothingham

Pianeta de. damaschino albo min figura Annuntiationis in criice.

Dalmatica et tmicella ejusdem coloris cum aliquibus fio- ribus aureis.

Pluviale de damaschino albo cum armis unius Episcopi, cum una lista alba et tribns stellis aureis, quod donavit d. An- tonius Marganus. [combustiun].

Una dalmatica et una tunicella prò episcopis celebrantibus, albe in una parte et rubee in alia. [f. 6y\°~\ [Pluvialia facta post suprascriptum inventarium.]

Pluviale album de damaschino, inbrochatum auro.

[f. ^4-r°] Stole et manipuli.

Stola de panno aureo cum octo figuris sanctorum, cum ta- bernaculis super capita ipsarum figurarum.

Stola aurea cum XII figuris sanctorum, cum tabernaculis super capita illarum, ex sirico viridi.

Stola contexta ex auro et sirico gaillo cum frangis (sic) viridibus et tribus crucibus rubeis.

Stola cmn liliis et leonibus aureis, ornata cum perlis. Ma- nipulus similis.

Stola de damaschino albo brochato auri cum fiocchis et frangiis ex sirico de gratta et auro, cum una cruce in qua fuerunt perle.

Stola pontificalis ex damaschino carmusino, rechamata ex floribus et rosis auri, cum una cruce de perlis et quatuor rosis similiter de perlis et duobus Agnus dei similiter de perlis.

Stola viridis cum figuris sanctorum contextis ex auro et sirico, cum frangiis rubeis, albis, viridibus et gaillis (sic).

Stola antiqua cum figuris sanctorum contextis ex sirico, cum tabernaculis super capita ipsarum rubeis et viridibus.

Stola antiqua contexta auro cum figuris decem sanctorum contextis ex sirico, foderata sirico gaillo per totum.

Stola de cambelotto (sic) albo cum frangiis asurris. Ma- nipulus de simili patino.

Il Tesoro della 'Basilica di S. 'Pietro 121

Manipulus rubeus ex panno aureo citm figuris cervorum factis ex auro.

Ma?iipHlus de sirico pìurium coìorum cum crucibus argenteis. [f. ^4-v°] Camisus de cortina cum amictu de simili panno, et cum fimbriis ante et post ex damaschino carmusino brochato auri.

Unus amictus de veluto carmusino cum perìis et cum aìi- quibus rotundis de argento in quibus est scuìpta corona.

Ornamentum prò uno amictu, nigrum cum rosis de perìis minutis.

Frisium unius amidi rechamati et cum septem figuris, vi- delicet Dei in medio, et a latere dextro beate Virghiis et apo- stolorum Petri et Pauli, a sinistro S. lohannis Evvangeìistc, lohannis Baptiste et lacobi, cum frisiis de perìis circiimcirca,

Frisium unius amidi quod ftiit destructmn ut ex perìis que erant in eo fieret mitra.

Cinguìum rubeum pontificale cum flocclns ex sirico rubeo et botonibus aureis.

Cinguìum rubeum cum floccìjis ex auro et sirico rubeo.

[f. 6yf\ Capse corporaìium.

Capsa de veìuto carmusino prò corporaìibus, in qua ab una parte est nomen Ihesus cum radiis ad modum soìis, ab aìia parte est una crux cum quatuor flocchis cum perìis.

Capsa de damaschiino aìbo brocloato cum uno flore aureo in medio, cum quatuor floccìns de sirico de grano (sic) et auro.

Capsa contexta ex auro et sirico cum figuris Agnus dei aureis, et cum nomine lìjesus cum radiis soìaribus.

Capsa contexta ex auro cum figura Dei Patris, cum muìtis crucifixis.

Capsa antiqua contexta auro cum figura S. Pauìi in medio, et quatuor rosis in quibus fuerunt oìim perìe.

Capsa contexta ex auro cum- pietate in medio, cum armis Cardinaìis de Ursinis.

122

E. QMimi-{ e oA. L. Jrothingham

Capsa córporalis alba cum qtiatuor jìoribus aiiri et cruce aurea in medio, cum frangiis viridibus circiimcirca.

Ornamentum sive capsa córporalis in quo, ab una parte est figura crucifixi, B. Marie Virginis, S. lohannis Evvange- liste rechaniato auro et argento, ab alia parte figura Dei et beate Virginis stantis in throno, rechaniatuni auro et argento et sirico et cum perìis.

Ornamentum sive capsa córporalis in quo, ab una parte est crux cum 4^^ figuris sanctorum circumcirca, videlicet Au- gustini, Iheronimi, Anthonii, etc, ab alia parte est nomen Ihesus de perìis, ornatum per totum cum perìis et rosis smaìtatis et aliis floribus de sirico.

Ornamentum simile contextum auro et argento, cum aquilis nigris et leonibus rubeis et quibusdam quadris cum ìistis rubeis et albis.

Ornamentum simile in quo est figura Dei sedentis in tìorono cum quatuor angelìs circumcirca, rechamatum auro et ar- gento.

Ornamentum simile in quo est figura beate Virginis, cum Xró in bracìjio et cum angeìis circumcirca, sedentis in tìorono et allieta soie, similiter rechamatum auro et sirico.

Ornamentum simile in tribus petiis, in quorum uno est figura crucifixi cum figura beate Virginis et S. lohannis, in alio est figura Xrt cum litteris : Ego sum lux mundi; in alio est figura b. Virsìnis cum Xró in bracino.

[f. 6y\°'\ Gremiaìia.

Gremiale album cum duobus grifonibus et quatuor rosis et cum litteris aureis: Ave Maria.

Gremiale album cum rosis rubeis et cum aliquibus anima- libtis cum diversis armis.

Gremiale album cum armis Niceni.

Gremiale aliud simile etiam cum armis Niceni.

Gremiale album cum rethibus a lateribus et frangiis albis et bisis (sic).

// Tesoro della 'Basilica di S. T*ieiro i23

Grcmiale album contextum auro a lateribus et sirico vi- ridi, cum frangiis albis et rnbeis.

Gremiale album cum sex texturis de sirico et auro, cum frangiis asurris et rtibeis.

Gremiale antiquum contextum ad modum rethis, cum cru- cibus nigris.

Gremiale de ortica cum texturis ex auro et sirico viridi in angulis, cum una figura leonis in medio et quatuor aliis figuris avium.

Gremiale de veluto carmusino figurato ad fior es cum frangiis rubeis albis et celestis (sic).

Ttielle (sic).

Tuella (sic) una de serico rubeo cum listis diversorum co- loruni, ad serviendum Pontifici prò mitra.

Tuella una de renaci prò paranda mense (sic) quando Epi- scopus celebrat. Et quatuor tuelle parve ad tergendum nianus quando lavat.

Tuella de sirico cum listis albis rubeis et viridibus cum sex crucibus nigris.

Tuella de sirico laborata cum roseis viridibus, rubeis, asurris et cum variis animalibus, videlìcet pavonibus et leonibus et cum stellis aureis et asurris.

Tuella contexta auro et argento cum listis rubeis de sirico rubeo.

Pannicellus de x^ennato rubeo cum tribus flocchis de perlis.

Quatuordecim petie pannicellorum et tuellarum et vimpa- rum diversorum colorum,

[f. 66-1°] Capitalia.

Duo capitalia de veluto asurio (sic).

Capitalia duo de veluto rubeo figurato cum fioribus albis et viridibus, que fuerunt Cardinalis Spoletani.

Duo capitalia de veluto pavena^io (sic), que fuerunt pape Pauli.

124

E. oMimti e qA. L. Jrothinghatn

Capitalia duo de raso car musino. Capitale de veluto car?nusino. Capitale de raso carmusino, antiquum. Capitale album cum rosis vìridibiis rubeis et pavonaxiis. Capitalia duo rubea cum figuris avium factis ex auro, et cum trunsis (sic) arborum aureis et rosis aureis, albis et asurris.

Fimbrie.

Fimbrie due albe cum figuris grifonum aureis.

Fimbria una rubea contexta auro cum papagallibus (sic).

Fimbria contexta auro cum figuris annuntiationis et visi- tationis.

Fimbria alia similis cum figura nativitatis et adorationis trium magorum.

Fimbria antiqua rubea cum figura leonis et aquile ex auro.

[f. ^6-v°] Doxalia.

Boxale prò altare contextum auro cum figuris decem, vi- delicet Xr'i, beate Marie Virginis, beati lohannis Evvangeliste, B. Petri, B. Zenobii, S. Marie Magdalene, S. lohannis Bap- tiste, S. Aìidree, S. Nicholai et S. Catherine, cumfrisio cir- cumcirca celesti contexto auro.

Boxale contestum (sic) auro cum novem figuris, videlicet beate Marie Virginis in medio, B. lohannis Baptiste, B. lohannis Evvangeliste, S. Francisci et Silvestri a parte dextra, sancto- rum Petri, Pauli, Anthonii, Nicolai a parte sinistra, cumfim- briis contextis ex auro et perlis.

Boxale de veluto ruheo cum figuris contextis auro, videlicet Xrt et beate Virginis in medio, S. Petri, Laurentii, Bartho- lomei, lohajinis Evvangeliste, Bavid ex parte dextra : Pauli, Philippi, lohannis Baptiste, Catherine et lacobi ex parte sinistra.

Boxale magnum contextum auro cum figuris Xrt crucifixi in parte superiori, et figura Xrt sedentis in parte inferiori, et cum aliis diversis figuris et historiis.

Boxale de veluto viridi quod fecit Petrus de Summa, cum

// Tesoro della basilica di S. Tielro 126

uno frontale de veluto nigro cum frangia viridi, et una tuelìa de renxa.

Frontale contextum auro, antiquum, cum Ustoria passionis XrL

Frontale cum pluribus figuris sanctorum, cum frangiis vi- ridibus.

Frontale de veìuto ruheo factum ad tahernacula cum perlis. [f. ^8-r°] Unum par sirothecarnm (sic) cumfrisio contexto auro cum duabus rosis de argento deaurato et smaltato.

Sotularia pontificis de sirico asurro et auro cum coronis.

Unum par sotularium de panno albo cum fitutia (sic) aurea.

Unum par sandalorum de brochato albo cum armis pape Nicolai.

Unum par sandalorum de damaschiìio brochato auro cum fioribus albis.

Unum par sandalorum ex damaschino albo brochato qui- busdam rosis aureis.

Frisia duo prò sirothecis contexta auro et argento, cum armis de Ursinis.

Par cirothecarum pontificalium cum frisio contexto auro et argento ex sirico ad rosas.

[f. 68-v°] Tappetta (sic).

Tapettum (sic) magnum de quatuor compassibus cum qua- tuor rosis, et cum frisio circumcirca albo ad modum nodi Sa- lomonis.

Tapettum magnum contextum cum lana viridi obscura cum rosis, et cum frisio circumcirca albo.

Tapettum rubeum cum ima rosa in medio magna et qua- tuor rosis aliis (sic) parvis circumcirca et cum spicis.

Tapettum parvum cum uno compassa rubeo cum aliquibus listis nigris, et cum frisio albo et nigro circumcirca.

Figura beate Virginis pietà in panno lineo albo.

Due sedes pontificales de ferro.

126

E. oMuntj e oA. L. Jrothingham

Baìdechini (sic).

Baldechinum (sic) de brochatello cum armis Caìixti et regis Angìie.

Baldechinum album cum armis Pii et communitatis Senensìs.

Baldechinum de hrochato albo cum sctó Bernardino.

Baldechinum de brochato albo cum S. Vincentio et armis Calixti.

Baldechinum album cum floribus et rosis, cum armis Eu- genii et S. Nicolao d: Tollentino (sic).

Panni duo de ra:;^^ cum armis Niceni cum uno fonte in medio.

Duo aia patini rubei cum armis ejusdem Niceni.

[f. ^9-r''] Palia magna.

Palium martirum.

Palium Constantini Imperatoris contextum auro et argento.

Palium Eugenii pontifcis brochatum auro cum arboribus datiulorum.

Palium Nicolai pontificis.

Palium Calixti pontificis.

Palium Pii pontificis. ,

Palium Pauli 2 pontificis.

Palium Regis Ferdinandi.

Palium Cardinalis de Ursinis.

Palium Cardinalis Spoletani.

Palium Abbatis Farfensis.

Palium Cardinalis Constantiensis.

Palium prefecti Urbis.

Palium Cardinalis de Ursinis antiquum.

Palium Magistri de Rhodo.

Palium Cardinalis de Cesarinis.

Palium cum armis cum quinque stellis rubeis in campo albo.

Palium de brochatello cum armis Vicecancellarii nepotis Eugenii.

// Tesoro della 'basilica di S. Ttetro 127

Paliiim de brochatello asurro cum armis de Cossa.

Palium Cardìnalis de Calvis.

Paììum de brochatello asurro cum armis cum scachis albis et asurris cum una stella.

Palium de brochatello cum armis Micinensis Cardìnalis.

Palium (de) brochatello asurro cum armis unius Cardi- nalis cum duabus crucibus rubeis.

Palium de brochatello Cardìnalis De la Porta.

Palium antiquum cum armis de Cesarinis.

Palium de brochato aurì pavvena'^io (sic) cum fimbriìs circumcìrca de raso cel estro (sic).

Palium pontificale album cum listis aureis.

Palium de sirico cum listis aureis quod (sic) solent uti pontifices quando celebrat (sic).

[f. 6^-\°] Palium de panno aureo ad listas aureas, virìdes et asurras cum lista circumcirca de pennato rubeo.

Valium aliiid simile.

Palium de panno aureo albo cum figuris aquilarum, cum duabus listis, una de ::^ennato rubeo et alia de :^ennato gaillo circumcirca.

Palium de sirico celesti cum avìbus et floribus, cum duabus listis de :(ennato, una gailla et alia rubea circumcirca.

Palium rubeum deauratum cum figuris dragonum, cum duabus listis de :[emiato, una gailla et alia rubea circumcirca.

Palium de veluto pavvona:^io in medio, cum quatuor listis circumcirca, duabus de ::;ennato rubeo et duabus de pennato gaillo.

Palium asurrum cum quadris aureis, cum quatuor listis circumcirca, duabus rubeis et duabus gaillìs.

Palium nigrum, in medio cum quatuor listis gaillìs circum- - circa.

Palium de brochato rubeo cum rosis, cum quatuor listis. duabus gaillìs et duabus pavvenatiìs.

[f. 70-r°] Antiqua ornamenta

Duodecim tunìcelle rubee de sirico, antique.

12?

E. oMiinti e (lA. L. Jrothingìiam

Odo dalmatice rnbee de sirice, etiam antique.

Septem tunicelle virides de sirico, antique.

Octo dalmatice virides etiam de sirico, antique.

Una tunicdla et una dalmatica gaille, antique.

Sex tunicelle albe de sirico, antique.

Septem dalmatice albe de sirico, antique..

Novem pluvialia diversornm colorum, antiqua et consumpta.

Una pianeta viridis antiqua et consumpta.

Pianeta asurra cum auro, consumpta.

Unum sinichium antiquum et consumptum.

Unum sinichium ad usum processionis de sirico gaillo et rubeo.

Unum pluviale rubeum cum figuris sanctorum et leonibus et floribus, antiquum.

Una cortina de x^nnato viridi, antiqua.

Palium de pennato cum lilijs et quadris albis et listis asur- ris et gaillis.

[f. 7i-r°] [Omissis. Libri].

[f. 84- v°] [Calix habens in pomo nomen Francisci in pedede (sic) arma Cardinalis Senensis et figuram S. Petri cum pa- tena sua.

Calix habens in pomo litteras Ihesus cum patena sua.

Calix habens pomum ad fettas cum patena sua.

I sacula reputa multis rutturis (brani rotti)], [f. a-r''] Pallium Constantini in forma crucis, aureum ac ra- camatum (i).

Pallium Eugenii pontificis. )) Nicolai V » » Calixti »

» Pii II »

)) Pauli II » » Sixti UH »

(i) Q.uest' inventario dei pallii trovasi, come abbiamo notato alla pag. 99, separato dall'inventario del 1489 ed al principio del codice.

// Tesoro della 'Basilica di S. 'Pietro 129

Pallium Innocentii Vili pontìficiis.

))

Alexmidri VI »

»

Pii III »

»

Cardinalìs Ursinomm.

))

» Spoletani.

»

)> Mantuani.

»

» Aragonie.

n

Ardicini Cardinalis Della Porta.

))

Cardinalìs sci Dionysii.

))

» Mutinensìs.

»

» Perusini.

»

n sce Praxedis.

n

» set Petri ad v'incula.

))

» su Sabine.

»

)) Segurbiensis.

»

Regis Aragonie (i).

»

Cardinalis Constantiensis.

»

Prefecti Urbis.

»

Magnifici Roberti [Malatesta] (2).

Palliotta.

Palliottum in campo violaceo ciim armis Sixti Pontificis cimi floronibus (sic) aureis ciim balzana viridi.

} Palliotta tria in campo rubeo cani floribus aureis cum balzana viridi, omnia cum armis Alexandri.

[f. a-v°] Pallia antiqua.

Pallimn Cardinalis Cesarini antiqunm.

» » della Porta »

» Magri de Rhodis antiquum cum armis habentibus cruces duas et bar ras ex rubeo et croceo color[ibus]. Pallium antiquum cum armis Cardinalis Ursinomm.

(i) Cancellato.

(2) Nel margine è scritto: « lita sunt Pallia magna htijiis Inventarii in pergamena et in papiro sub anno 148C}. Omnes ce bracato ».

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 9

i3o is. oMunti e oA. L. Jrothingham

[f. b-r°] Baìdacchìna.

Baìdacchinum in damasco albo ciiin floronibus atireis cuvi armis Ecclesìe.

Baìdacchinum damascììì aìbì sìne floronibus cum armis Ecclesìe sacrosancte.

Baìdaccìjìnum de broccato Regis Aragonìe.

Baldaccìììnum ex damasco albo cum floronibus aureis [cum armis CarJ'^ Ursinoriini] (i).

[f. b-v°] Paramenta alba.

Pianeta brocchatì albi, pluviale, dalmatica et tunicella Pape Nicolai V, cum figuris set Tìmme.

Pianeta, pluviale, dìalmatìca, tunicella ex opere vermicu- lato aurato cum griphis in albo, pianeta tamen et pluviale cum perlìs.

Pianeta alia alba cum avìbus et griphis ex opere simili vermiculato aureo et tunicella: dieta pianeta h ab et natìvitatem domìni in friso.

Pianeta CarJ^^ S. Sabine ex auro in albo.

Dìalmatìca et tunicella alie ex damasco albo, episcopales.

Dìalmatìca et tunicella alle ex serico albo subtìlì, etiam episcopales, intus vero sunt ex rubeo.

Pluviale ex ciatubellotto albo cum capputìo consuto.

Dìalmatìca una ex damasco albo.

Dìalmatìca una cum avìbus ex auro basso in albo.

Pianeta Syxti 4, pluviale, dìalmatìca et tunicella, omnes cum armis Syxtì ex broccato in albo.

[Desimi pluvìalia ^ alba].

Pluviale attrìtum et antìquum cum crucìbus albìs in rubeo, cum armis diWrum Coìumnensìum et Comìtum.

[f. c-r°] Paramenta rubea.

Pianeta, pluviale, dìalmatìca, tunicella brocchatì in rubeo Car.^^^ Poriugallensìs cum duabus stoìis et trìbus manìpulìs.

(i) Cancellato'

Il Tesoro della 'Basilica di S. dietro i3i

Pianeta, pluviale, dìalmatìca et tnnicella Nicolai quinti broc- chati ritbei cuin figurìs set Thovie.

Pianeta, dialmatica, tunicella Regine Cyprie ex hrocchato in ruheo.

Pianeta, dialmatica et tunicella rasi rubei cmn frisis aureis.

Pianeta alia, dialmatica et tunicella rasi rubei ubi est in friso figura beate Virginis Marie assumpte in celum.

Pianeta ex velluto rubeo cuni armis Cardinalis Bononiensis de Calandrinis.

Pianeta alia ex velluto rubeo cum armis CarJ'^ Ursinorum et baculis pampinis aureis involuiis.

Pluviale etiam ex velluto rubeo cum baculis pampinis ex auro involuiis.

Pluvialia etiam ex velluto rubeo cum angelis ex auro crucem portantibus.

Pluviale Sixti iiii brocchati rubei cum armis ejusdem.

Pluviale brocchati in rubeo ex auro cum armis Ecclesie.

Pluviale brocchati rubei cum armis Car}'^ Matisconensis.

Pluviale brocchati rubei cum armis Abbatis Farfensis de Ursinis.

Pluvialia quattuor \_rasi rubei] damaschi rubei, duo ex ipsis ex damascho rubeo obscuro et duo [elafi] ex damasco claro{i).

Pianeta ex damasco rubeo cum S. Petro existente in navi- cula in friso aureo.

Pianeta ex damasco rubeo minuto cum dialmatica et tuni- cella ex rubeo subtili.

[f. c-v°] Rubea paramenta.

Dialmatice due et due alle tunicelle omnes rubee. Pianeta brocchati bassi in rubeo cum frisio aureo et pernis (sic), ohm Demetrii.

Tunicella et dalmatica ex raso rubeo attrite.

Pluviale cum ducatis in velluto rubeo et cum frisio cumperlis.

(i) Le parole tra parentesi furono cancellate da altra mano e le seguenti vi furono sostituite.

i32 E. oMiinii e oA. L. Jrolhingham

Pianeta, dialmatica et tunicella cuni wmginibus angeìornm ex auro basso.

Pianeta, pluviale, dialmatica et tunicella cnm cervis et avibus ex auro et arboribus ex serico.

Pluviale cuni liliis in cappuccio {sic), et dialmatica et tu- nicella cnm avibus et cervis ex serico rubeo in campo viridi.

[f. d-r"] Paranmtta violacea.

Pianeta Car.''^ Montis Regalis cnm dalmatica et tunicella et pluviali tantum cum armis Ecclesia.

Pianeta violacea cum floronibus aureis ubi est in finz frisi imago set Augustiìii. Pluviale cum armis Car.^^^ Capranicensis cum dalmatica et tunicella cum floronibus aureis, omnia violacea.

Pianeta vialacea (sic) cum armis Nicolai Boneventure.

Dialmatica cum avibus et leonibns ex auro in serico ce- lestis coloris, antiqua.

Paramenta viridia.

Pianeta cum pluviali cum armis \et'] cum enoforis tribus cum dialmatica et tunicella, omnes [su?it] ex damascho viridi cum floronibus aureis.

Pianeta alia ex damascho viridi cum avibus magnis et cum beata Fìrgine existente in friso tenente dominum parvulum fascibus cinctum, cum dialmatica et tunicella.

Alia pianeta ex damasco viridi habens quadrupedes in friso habens etiam imagìnem beati Baptiste, Imentem agnum (sic) dei, cum tunicella et dialmatica in viridi raso.

Duo alia pluvialia ex damasco viridi [attrital (i).

(i) Questa voce è stata corretta da altra mano in « antiqua ».

Il Tesoro della basilica di S. 'Pietro 1 33

APPENDICE

I.

Crediamo opportuno aggiungere alcune notizie tratte dal citato Martirolo^^ìo ossia Libro dei Benefattori della Basilica, che ci danno importanti schiarimenti intorno a varie opere d'arte ricordate negli inventarli precedenti.

Ognuno avrà ammirato, nel leggere l'inventario del 1361, il nu- mero e la ricchezza dei doni della casa reale di Ungheria dovuti quasi tutti ad una regina di cui si taceva il nome: in una nota alla pag. SI accennammo che questi dovevano attribuirsi alla dinastia d'Angiò, ma ultimamente una notizia del Libro dei Benefattori (f. 1 5 i-v") ci permette di precisare quasi con certezza che l'illustre benefattrice fosse la Regina Elisabetta. Ecco intanto il passo:

Quarto decimo Mas Octobris. In nomine Dui amen. Anno Dni M" trecentesimo qiiatragesimo quinto, pontificat. dni C[lementis] pape VI In- dictione XIIII mens. Septetnhris die XVIII. Obiit bone memorie dns Andreas Jerusalem et Sicilie Rex, ftlitis bone memorie diti Karoli regis Ungarie: cui dni ifgis Andree mater, videlicet dna Helysabeth consors relieta dicti dni Regis Ungarie et filia bone memorie dni Ladisìay regis Polonie, veniens ad urbem ante mortem dicti dni Regis Andree fìlii sui, donavit nostre Ba- silice unum pulcerrimum calicem de auro puro viultis pretiosis lapidibus et margaì-itis ornatum, et unam tabnlam depictam cum figura unius Angeli auro, argento, gemniis et margaritis mirifice ornatam, et insuper largissima reginali clementia donavit prò helymosina cationicis beneficiatis et clericis ipsius basilice in uno siffo (sic) de argento sexcentos florenos auri, et multa alia jocalia clementia reginali donavit. Fiat anniversa- rium, etc.

Negli inventari del 1456, 1454 e 1489 troviamo descritte con mag- giori o minori particolari tre preziosissime immagini di S. Pietro di argento dorato (pagg. 52, 88 e 104): ora, il Libro dei Benefattori (f. 125) c'insegna che queste immagini erano di un'antichità assai maggiore, poiché nell'anno 1378 furono dagli esecutori del cardinale Tibaldeschi restituite ai canonici, i quali le avevano messe in pegno per trecento fiorini. Q.uesto passo riveste anche speciale importanza per le vicis-

E. zMunt\ e Q/1. L. Jrothingham

situdinì del Tesoro, che in quei giorni versava in grande pericolo, a cagione dei debiti del Capitolo.

In nomine. Dui Amen. Anno nativitatis Dui MCCCLXXVIII° mense Sept. die VI. Ohiit hone memorie reverendi ssimus pater et diis dus Fran-

ciscus de Thebaldescis, tit. Scé Sabine presbiter card Item qnia

propter scisma noviter exortum in Ecclesia Dei nostra Basilica erat, prout est, in magnis debitis constitiita; ideo mannaliter dicti dui execntores sol- veruni prò distribntionibus sepiem mensium canonicis, beneficiatis, et cle- ricis dno inillia florenornm. Item recolligerunt nostre Basilice tres ymagines

de argento deaurato ponderis (in bianco), duas videlicet ad figuram

sancii Apostoli Petri cum regno in capite, aliavi sine regno, aliam ad figuram Sci Giorgii, que per Capitulum pignorate fuerunt prò defensione Romane Ecclesie prò trecentis florenis, quas nobis et nostre Basilice sine solutione aliqna tradiderunt, etc.

II.

Lettere inedite di Giacomo Grimaldi al cardinale Federigo Borromeo.

Non potremmo terminare più felicemente questa raccolta di ma- teriali intorno al Tesoro della Basilica di S. Pietro che col dare alcune lettere, fin'ora inedite, mandate a Federigo Borromeo da Gia- como Grimaldi, dal 1618 al 1622, e che riguardano dei codici*o dei disegni i quali fanno parte della medesima collezione. Il nome del Grimaldi è indissolubilmente unito a quello della venerabile Basi- lica, e queste lettere dell'archeologo romano oltre a dare maggior- mente in evidenza le relazioni di lui coli' illustre prelato milanese, ci adducono alcune particolarità utili a completare le ricerche che precedono. Nel pubblicarle cogliamo altresì l'occasione per additare la raccolta di disegni, fin'ora sconosciuta, che fu da Grimaldi formata per il fondatore della Biblioteca Ambrosiana, e che fino ad oggi si conserva nella stessa Biblioteca. Questa raccolta, quantunque copiata in maggior parte da quella del Ciacconio, che trovasi alla Vaticana, merita pertanto un esame approfondito da parte di qualche dotto avvezzato allo studio delle antichità cristiane di Roma.

///'"" & R"'° Sio'-' Padrone col"'°

Ho ricevuto la benignissima lettera di V. S. Ili""' et insieme li quin- dici scudi che ella mi ha donato; la ringratio infinitamente; & tanto piìi

// Tesoro della "Basilica di S. Tietro i35

per l'offerta di V. S. lll""^ che mi fa di valersi dell'opera mia in copiare scritture dall' arcìyivio del Palalo apostolico ; mi sfor^arò, ancor che debili siano le mie jor%e di servirla quanto meglio potrò & saprò à ogni minimo commandamento.

Ho voluto avvisarle che nella libraria di S. Pietro vi è un libro ma- nuscritto (sic) in tempo d'Alessandro ter\o in pergamena (sic); continet compilationem Decretoriim editam per Laborantem card. S. MaricC transti- berini. Detto libro é molto stimato, et tenuto cosa singolare. Nella libraria del Papa, non vi è. Della qualità del libro si può pigliare informatione nella bibliotheca Vaticana, et in altre tanto in Roma, come fuori.

Questo ho voluto accennare alla prudenza di V. S. Ill'"'^, alla quale riverentemente baciando le sacre vesti faccio riverenza. Di Roma, à 20 di aprile 1618. Di V. S. Ili""" & R'""

Humilissimo et devotissimo servitore Giacomo Grimaldi.

Ili"'" & R""> Sig" Padrone col'""

Non mancarò di servire V. S. Ili"'"' di copiare il libro, ma e neces- sario di domandarlo al Capitolo, ò per mezj^o dell'Ili"'" Sig'' Card'' arci- prete, ò del Sig'' Canonico Cittadino, ò altro canonico, che sarra (sic) dato subito; et quanto spetta à me farò ogni sformo per che V. S. Ill'"'^ resti sodisfatta della scrittura.

Per fine baciando riverentemente ecc.

24 maggio 161S

Giacomo Grimaldi, (i)

IW"" et R"'° Sig''' & Padrone col"'"

La tardanza di non haver servito piìi presto V. S. Ili'""- e stato ca- gione la residenza del choro di S. Pietro ; venute le vacani^e ho scritto il libro del S*"" Volto santo fatto da me, quale hora le invio. La supplico ' con ogni riverenia à scusare & la tardanza et la insufficien:^a, cedendo le for^e all'animo. Da <)i6 anni in qua per continua serie è stato in S. Pie- tro & forsi avanti, come diffusamente vedrà dal libro & dall'indice ri- dotto in sommario.

(i) Le lettere del 4 agosto e del 3 settembre 1618, nonché quella dell'S gen- naio 1622, si riferiscono all'invio del trattato sul SS. Sudario: non crediamo cosa utile pubblicarle in questa circostanza.

i36

E. Riluti e qA. L. Jrothingham

Ho intiso che V. S. Ill""^ fa copiare le hnagini de alcuni sommi pon- tefici. Neil' Archivio di S. Pietro vi è Adriano V, Celestino V ; nelle mine del palalo Lateranense Callisto 2°, Anastasio 4°, Alessandro f Pasquale 2", Gregorio 7". Apresso il duca Conti, Innocenzo f & Gre- gorio IX, havuti di musaico delle mine di S. Pietro.

Ricordo a V. S. Ill""^ Probo & Proba quali voleva ridurre in ritratto grande dal mio libro di Leon ter^o.

Ho alcune memorie delle imagini di alcuni cardinali antichi, che se ella desidera ne darò notitia in un'altra mia.

Questo è quanto per hora mi sovviene, offerendo humilm" à V. S. Ill""^ & R""^ come mio signore & padrone & il libro del 5""' Volto Santo & me stesso ad ogni suo commandamento, facendole humilissima rive- renza. Che S. D. Af'* la conservi felice.

Di Roma, a XXV di settembre 1621 Di V. S. IW"" & R'""

Humillissimo & devotissimo servitore Giacomo Grimaldi

chierico di S. Pietro. All'Ili""' & R"'" Sig. Padrone col'""

il sig. Cardinal Borromeo. - Milano.

111'"° et R"'" Sig" Padrone col"">

Con la presente vengo à fare humil riverenza à V. S. Ili""*, et per- chè so ch'ella fa copiare alcune antiche imagini in Roma de Papi et altri personaggi, ho voluto significarle queste:

Cioè in San Pietro Giovanni VII, già è notato nel libro del Volto Santo che io mandai a V. S. Ill""^

Probo et Proba, amicissimi di S. Ambrosio, già ne mandai copia nel libro del sermone di Leon j".

Adriano V in un libro manuscritto et è notabile per il breve pon- tificato, sta nella libraria di S. Pietro, prout in indice.

Statua di Bonifatio Vili, Benedetto XII, Nicolò V, Paolo 2°, Cal- listo f et altri pontefici et cardinali sotto il novo pavimento.

Innocentio VII, Urbano VI, nella libraria Vaticana nel libro in lettera longobarda delti privilegi di Santa Sofia di Benevento, fol. 126. Jmago Ottonis secundi imp. in privilegio anni (^^2. Ubertus episcopus Par- mensis archicancellarius dat. Beneventi, etc,

Fol. 14J privilegium Paschalis secundi cum ejus imagine.

Fol. ip privilegium Gelasii 2* cum ejus imagine sub dat. Capuae per manum Chrisogoni S. R. E. diaconi cardiiialis, 1118.

// Tesoro della basilica di S. Tietvo iSy

Foì. ;9 hnagines PaUolfi ei Lanàolfì Langoh ardo nini genlis principnm anno lo^i. Paldolfus factiis est nionachus S. Sophie ord. S. Benedicti et regnavit ann. 4], de quibns latius haheiiir foJ. 2], 24 et 2; d" libro.

Latcrani in oratorio Callisti 2 imagines ipsiiis Callisti, Anastasii IIII, Gregorii VII, Akxandrì secundi et aliornni.

Desidero quanto prima scrivere un catalogo che io feci mentre hebhi cura dell'Archivio di S. Pietro de' tutti li arcipreti di detta Imsilìca da Benedetto nono sino al presente giorno, sotto il qual pontefice cominciò detta dignità. Avanti li arcipreti il vescovo di Selvacandida, qual vesco- vato fh imito al Porttiense, governava la basilica di S. Pietro in co- gnoscendis causis, sacri ordinihus conferendis et alia agendi (sic) ciim ampia auctoritate, come chiaramente manifesta la bolla di Giovanni XIX. Et perchè detti vescovi cardinali di Porto pretendevano la basilica di S. Pietro essere totalmente della diocese di Porto, et sotto la omnimoda giurisditione di detto vescovato, imperochè si cardinalis erat prasens in basilica tertia oratio dicebatiir prò pontifice, non considerando essere meri suffraganei, et che la detta basilica est propria apostolici prasulis sedes. Benedetto nono come si racoglie da probabili ragioni, hvò l'autorità à detti vescovi, et fece l'arciprete (sic) quali sono stati 4j, tutti cardinali, sicome piacendo a Iddio vedrà dal mio libro.

Prego sua divina Maestà conservi longo tempo felicemente V. S. Ill""^, alla quale faccio humilissima riveren-^a. Di Roma, à 20 di settembre 1622 Di V. S. Ili""" & R"""

Hiimillissimo servitore Giacomo Grimaldi.

All'Ili'"" & R"'° Sig""' Padrone col" Cardinal Borromeo. - Milano.

ERRATA-CORRIGE.

30

5 a f. Amictas » > Manipulas « ' Cin^'-ulas

7 a f . pontìs

1 3 a f. raedificare

1 1 a f. faciedum

8 'deformatam

12 a f Im primis I a f. restdesse

5 a f. Martino 18 ^pluuiale 12 a f.'painno

9 \dommutn

Amictiis

Manipulos

Cingulos

positis

reaedijìcare

faciendum

deformatum

Irìprimis

risiedesse

Urbano

pluviale

panno

domimi in

pag-

linea

30

14 a f. 5 a f.

H

37 49

55

20 5af.

IO

S Saf.

il 85

5 ^ 7 a 1. 1 6 e 17 ioa f.

C)2

94

3 a f .

Episcopum

jacistorum

frisios

bracchiis

ed

diversorom

lapide^ aplii-

reo tixore Urbe relique reliquiarum dnis

Episcopiis jacistorium frisiis brachi is ad

diversorum lapide ;aph!-

reo uxorem de Urbe reliquie reUquiarium dni

APPENDICE

AL

Commento delia Vita di Agostino Chigi

IL MAGNIFICO (i)

m^^M(\}^^ consultare, per occasione d'altri miei studii, al-

, ^ _ - ^ .^-- ,„

{ i^ cuni manoscritti chieiani, essendomi imbattuto in ^^^^-^^z documenti risguardanti Agostino Chigi il Magni- fico, dei quali non potei valermi nelle note illustrative del Commentario della sua Vita, perchè allora a me ignoti; mi faccio adesso a qui pubblicarli a modo di appendice a quel mio lavoro. Nel quale, poiché per la fretta della stampa (vizio consueto delle pubblicazioni periodiche), non giunsi in tempo ad inserir per intiero altri documenti, di cui ac- cennai soltanto i titoli; ancora di questi darò qui più ampia contezza^ ed alcuni pure ne trascriverò compiutamente. Porrò prima le nuove note, indicando la pagina ed il vo- lume, e recitando le parole del testo, alle quali esse note si riferiscono; e poi le giunte e gli ampHamenti delle già pub- blicate, citandole col loro numero d'ordine.

Pag. 46, voi. II : « Haec (negolìaiio) loiige laLqne adeo patuit, ut

per Gaìliam, Hispaniam, Germaniam, Belgas, Britanniam.... etiagaret ».

Ai traffichi di Agostino nella Brettagna appartiene il seguente:

(i) V. questo Archivio, voi. II, pag. 3-83, 209-226, 475-490; voi. Ili, pag. 213-232, 291-3O), 422-448; voi. IV, pag. 56-75, 195-216.

140

G. Cugnoni

Laudo di Onofrio GienU, Simon da Ricasoli

e Leonardo Bartolini

nelle differenze fra i Chigi ed il loro agente a Londra, (i)

Noi Noferi de gienU, Simone da Ricasoli et lionardo di hartolomeo hartolini albitri chiamati da una parti per le rede di mariano cingi e compagnia di roma et dall'altra parte per Antonio di Iacopo da Siena chome lor chomando appare per contratto rogato messer Christofano Pagfii sotto di... (2) di giennaro a giudicare et dichiarare pili diferen^e sono in- fralii dette parti delle chose che detto Antonio a ministrate per detti Chigi in Inghilterra et vdito più volte h parti et tiisto quelle scripture ci anno ìioluto mostrare et di poi preso parere et buona informatione da terze per- sone di quelle chose che non erono a nostra notizia e tutto bene esaminato giudichiamo dechiariamo et lodiamo sopra esse diferen^e nel modo che apresso si dira e prima

Sopra più spese di lettere fatte per detto Antonio in spacciare caual- lari et vantaggi] et altre spese d'esse lettere che ascendono alla somma di lire hottanta di sterline in circha chonie si tiede per li conti dati da esso Antonio a essi Chigi, sopra il che giudichiamo et dechiariamo che detto Antonio resti asoluto et libero et che quello che mette in conto a essi Chigi li sia fatto buono et acieptato. lire

E pia trouiamo che detto Antonio di Iacopo mette in conto a essi Chigi in più partite per andare più uolte alla chorte del re d' Inghilterra et per altro dipendente dal seghiiire detta chorte lire quarantacinque di sterlini incircha come si uede per li Monti, sopra che giudichiamo et dechiariamo che per giuste e buone chagione se ne sbatta lire venti e che il resto essi Chigi lienabino affare buoni ne' chonti loro e pero esso antonio avrà a essere fatto debitore d'esse lire venti, lire 20

Item trouiamo che detto Antonio mette in conto a detti Chigi lire XIIII di sierliìii per auere la spedizione d'uno perdono del re d' Inghilterra cioè per il sugello e schripture d'esso, sopra che giudichiamo e dechiariamo che di detta somma ne sia sbattuto a esso Antonio lire hotto di sterlini et il resto li sia fatto buono nelli sua conti, lire 8

Iteiìì trouiamo che detto Antonio mette in conto a detti cingi in più par- titi per ritenzione di più denari rischossi dallumi, perdite di monete e chosti doro lire ji di sterlini in circha sopra che noi gìiidicìrianio e dechiariamo per giuste e buone chagione che se ne sbatta lire venticinque et il resto li sieno fatti buoni nelli sua chonti. lire 2/

Item trouiamo che detto Antonio mette in chonto a' detti cingi lire XI di sterlini in circha per più donatiui fatti a più persone di che ne ne lire

(i) Misceli, chig., ms. R. V. e. (2) Laguna del ms.

Agostino Chigi il Magnifico 14;

7. i^. j. di sUrlini che detto Antonio dicie auere donato a imsser Pietro Ghrisi nuntio appostoUco et mandato da' detti Chigi in Inghilterra del che noi giudichiamo e declariamo chessi sbatta a detto Antonio lire sette soldi XVIIII denari V di sterlini e ne sia fatto debitore da detti Chigi et il resto li sia fatto buono, lire 7. ic;. j.

Item trouiatno che detto Antonio mette in chonto a detti Chigi lire XXV di sterlini in circha per piti, viasseri^ie che dicie auere comperate per la sita chamera sopra che noi giudichiamo et dechiariamo che dette masseriiie restino et sieno di detto Antonio et chelli detti Chigi per danno per detti masserÌ7Je patischino et faccino buono a detto Antonio lire sette di sterlini e del resto che sono lire XVIII ne vadi debitore detto Antonio di detti Chigi, lire 18

Item trouiamo che detto Antonio mette in conto a detti Chigi lire Vili di sterlini in circha che mette auere spesi per prochuratori avochati con- sigli schripture et lite dipendente da gharbugli d'allumi sopra che giudi- chiamo et dechiariamo che gV abbino a essere fatti buoni da detti Chigi la detta somma giusto il conto datone loro detto Antonio, lire

Item trouiamo che detto Antonio mette in conto a' detti Chigi lire XIVIIII di sterlini in circha per le spese sue hordinarie di vitto et del ghar:(one suo et d'Antonio Saluestri et suo ghar^pne et salario di detti ghar- :{oni et altro sopra che giudichiamo et dechiariamo che detti Chigi li abino affare buono detta somma e che detto Antonio sia assoluto, lire

Item trouiamo che detto Antonio mette in conio a detti Chigi lire X di sterlini iti circha dipendenti da spese di vita et altro de cierto Fili:{iano . . . . (i) de quali per giuste e buone chagione giudichiamo e dechiariamo detti Chigi ne faccino buoni lire cinque ecche del resto che sono lire cinque ne vadi debitore detto Antonio di detti Chigi, lire j

Item trouiamo che detto Antonio mette in conto a detti Chigi qualche picchole somme per spese strasordinarie per la chamera sua et per fare dire messe e per molte altre spese straordinarie sopra che giudichiamo et dechiariamo che detti Chigi li abbino affare buone dette somme e che detto Antonio ne sia asoluto, lire

Item trouiamo che detto Antonio mette in conto a detti Chigi lire VII soldi V di sterlini per cierte dette contati da Giovanpaolo Gigli sopra che giudichiamo e dechiariamo che detto Antonio si pigli esse dette per se e allui se apertenghino e vadia debitore di detti Chigi di dette lire sette soldi V di sterlini. lire 7. )

Item trouiamo che detto Antonio di Iacopo a dato et mandalo pia conti a detti Chigi di uendite d'allumi fatte per loro in Inghilterra doue mette più quantità di spese fatte a detti allumi giudichiamo e dechiariamo

(i) Laguna del ms.

142 G. Cugnoni

chi detti conti e spese li abbino a essere fatti buoni secondo chelli a dati a detti Chigi chosi delle spese chome del peso e dogn'altra chosa ecceptiiato la prouixione di più allumi uiuduti per la quale mette in conto a detti Chigi lire ip. 4. io. di sterlini la quale prouisione giudichiamo e dechia- riamo per essere detto Antonio loro ghar:{one e mandato non l'abia potuto ne debba mettere in conto a essi Chigi ina se li debba dare vno salario conveniente il quale noi giudichiamo e dechlariamo che per mexi XXX in circha che è stato in Inghilterra se li faccia buono lire quarantacinque di sterlini di che viene a restare debitore detto Antonio di detti Chigi per questa partita di lire hottantasette soldi IIJI denari X di sterlini e di tanti a andare debitore dessi Chigi con questo inteso che di mesi hotto in circha che detto Antonio pretende essere stato alloro seruigi fuori d'Inghilterra oltre alli mesi XXX sopradetti n'abbia a contare con detti Chigi e starne con loro a ragione in nelli altri conti che anno insieme, lire Sj. 4. io

Item trouiamo che detto Antonio mette in conto a detti Chigi per chosto e spese di dna Caualli lire XXV soldi V denari VII di sterlini giudi- chiamo e dechiariamo che ci sia errore di lire dna e pero si defalchono e fassene debitore detto Antonio, lire 2

Item trouiamo che detto Antonio a ricieuto di conto di detti Chigi dette a risquotere per la somma di lire sexantadua di sterlini in circha 0 quello fussino delle quali esso Antonio dice auerne riscossi solo lire cinque giudichiamo e dechiariamo detto Antonio vadia debitore di dette lire cinque e del resto sia tenuto consegnare 0 fare consegnare a detti Chigi 0 a chi loro ordineranno li obrighi e chautele di detti debitori in fra mesi sej pro- ximì futuri e non faciendo consegnare le chautele chenna ridente sia tenuto alla satisfa:(ione di dette somme, lire j

It^m trouiamo che detto Antonio mette in conto a detti Chigi soldi XV denari Villi di sterlini per Giouanni Turelli soldi XIII den I per Agniolo Vieri lire una soldi XIII denari Villi per Piergiovantii Tay che in tutto fanno la somma di lire tre soldi II denari VII di sterlini giudichiamo e dechiariamo che detto Antonio vadia debitore d'essi Chigi ceche dasse stesso se li risquota e questo per che detti Chigi alleghano e mostrano non li attere auti. lire 3. 2. y

Item trouiamo che detto Antonio resta debitore di detti Chigi per uno resto di resti sechondo il libro suo di lire hottaniotto soldi XVIIII denari VII di sterlini de quali per essere chose chiare e d'achordo giudichiamo detto Antonio andarne debitore d'essi Chigi saluo se ni fussi errore di chalchulo che senpre le parte ne abino a stare a buon chonto. lire 88. ic). 7

Trouiamo che tutte le soprascripte partite schripte ih questo presente foglo ascendono alla somma di lire CCLXXVII soldi XI denari V di stjrlini e di tanti viene a restare debitore detto Antonio di Iacopo alle dette Rede di Mariano Chigi e compagni di Roma la quale somma giù-

Agostino Chigi il Magnijìco 143

diclnavw et dechiariamo abbi a pagare loro lìberamente e sen%a alchuna eccezione in fra mesi sey proximi auenire dando a detti Chigi sufficiente, chaiitela a satisfa^ione loro.

Item trouiamo che detto Antonio di Iacopo a paghato a conto di detti Chigi alla maestà del re d' Inghilterra la somma et quantità di lire seciento di sterlini per cauxa di non anere tratto merchanzje del regnio d'inghil- terra del ritratto delli allumi venduti chome portano li antichi statuti di detto regnio anchora che non sieno in vxo ne in frequentai^ione di che per sahiare buona somma delli allumi di detti Chigi da detta Maestà in mano di detto Antonio suti arestati e ingharbugliati esso Antonio insieme a messer Pietro Ghrisi nuno:io appostolico et mandato di detti Chigi in Inghilterra per la Chauxa di detti allumi e altri etc composono di paghare la detta somma per liberare li sopradetti allumi et quitarsi della detta proibi:(ione di leggie in che per la maestà regia si dicieua essere inchorsi etc. del che giornalmente auisauono detti Chigi etc. e chos'i detto Antonio ri- cercho della maestà regia dell' osseruan:(ci della convegnia pagho la detta somma II quale paghamento con effetto achosta essere stato fatto e perche detti Chigi alleghono essa convegna con la regia maestà di paghare detti danari e di poi esso pagamento fatto per detto Antonio essere suto fuora di loro commessione e volontà parendo loro vno spressa ruberia et for:(a di detta maestà contro a dovere uxata, doue per Antonio s'allegha moltj ragione in contrario con dire che detta convegnia chol Re di pagare detta somma fu fatta per messer Pietro Ghrifi mandato da detti Chigi e non per Uni ecche per hordine di detto messer pietro se iibrigho e fede tibri- ghare Gianpavolo Gigli alla maestà regia alla hoserua^jone di detta con- vegna e chosi di poi venuto il tenpo pago per commessione e consenso di detto Ghrifi e che se non si facieua tal convegna e pagamento la maestà regia di poteif^a si piglaua li allumi che eron molta maggior somma. In oltre el Gigli che era hobrigato aueua li allumi in chasa sua o in ci suo cielliere.

Seghue un altro foglo a presso della medexima mano della medexima materia arroto a un foglo tutto schripto della medexima mano della me- dexima materia e non Merla lassato disporre Antonio se prima non fussi stato disobrigo et in oltre allegha detto Antonio che per il magnifico messer Aghostiiio e suto acieptato detto achordo et paghamento chome per più sue lettere dice appare, Il perche noi ben considerato et esaminato hogni parte ella somma essere notabile anchora che il pagamento effettualmente fatto ci consti chome si dice

Declariamo che detta partita resti per non giudichata ecche dette parti si restino nelle loro ragione ne a persona diminuirle ne achrescierle pili che in fatto si sieno et nichiloniinus per essere suto disporsato dette somme e che a detti Chigi pare loro strano e fuora di dovere avergli a

144

G. Cugnoni

perdere prekndono di valersene in qualche modo o d' InghilLrra per me'i^^o d'esso Antotiio o altrimenti e pero noi anchora decblariamo che per da hoggi a mexi diciotto proxiini futuri essi Chigi non passino dimandare chosa alcuna di detta somma di lire seciento a esso Antonio ne in aucre ne in persona ne in modo alchuno stimolarlo ne farlo m farlo (sic) sti- molare ne qui ne altroue sotto alchuno quisito cholore affine che se in questo tenpo passino essi Chigi per mex_:(0 d'esso Antonio o altrimenti va- lersi di detta somma lo faccino per il quale effetto fare esse parte ciasche- duno ne vxera quella migliore diligenzia si potrà. Et quando non ne se- ghua alchuno effetto noi chome e detto giudichia:nio e dechiariamo che si restino nel medeximo termine chelli trouamo ecche ciaschuno si resti nelle sue ragioni sanza in alchuua parte diminuirli o achrescierle chome se di questa partita per noi parlato non si fussì.

Item perche noi ahiamo visto hogn'allra chosa particholarmente tanto cierti conti di saccherie e altre chose tutto bene esaminato noi dechiariamo e giudichiamo che d'ogn'altre chose che esso Antonio abbi ministrato in Inghilterra per essi Chigi resti assoluto ellibero et solum abbia a satisfare quanto di sopra e per lallro foglo si contiene e per che tutte le sopra schripte chose sono di nostra volontà giudichiamo lodiamo e dichiariamo questo di oltimo di denaro i^oS et per fede del vero ci sotto schriuiamo qui di sotto tutt'a tre di nostre proprie mano e diamo piena autorità al notaro di estendere esso lodo in hogni miglore forma non mutando chosa alchuna della senten:(a

Io. Lionardo. di bartolommeo. Bartolini. come, teri^o. albitro. de so- pradetti. Chigi: e. d'Antonio, di Iacopo, affermo, giudico, e lodo, e de- claro. quanto si contiene, di sopra, e nell'altro foglo. e per fede, del nero, mi sono soscripto. di mia. propria, mano, in Roma, questo, di. ultimo di giennaro i)o8 //

Io nofri di Gente vno de detti abitri con fermo quanto in questa sen- tensia si contiene e a fede mi sono sotloscrillo di mano propria questo di 31 di genaro 1^08 in Roma

Io Simon da Richasoli vno di detti arbitri/ con ferino quanto in questi 2 fogli si contiene e a fede della Ferita mi sono sotto scripto di mia propria mano questo di XXXI di Gennaro jjo8 ab incarnatione in Roma.

Pag. 46, voi. Il: « Romae ujro, sicut (negotiationem) cuiusque generis rerum.... fecit ».

Di tale disparata moltiplicità di commerci sono prova i docu- menti che seguono:

Agostino Chigi il Magnifico 145

jjjj. 50. Apr.

Empio facta per Mag.»^ D. Augustinum Chisium pannorum,

ut dr, Scarlatti prò scutis ; Venetij's

Actiim Romae (i)

In nomine Domini Amen. Per hoc praesens publicum instrumentum cunctis pateat euidenter, et sit notum, quod anno a Natiuitate eiusdem iji^ Indictione prima, die nero vltima mensis Aprilis Pontificatns S.^i in Christo Patris, et D. N. D. Leonis Diuina Prouidentia Papae X. anno primo In nostrorum pnhlicoriim Notariorum tesiiumq. infrascriptorum etc. praesen- tia personaliter constitutus MagS^^ D. Angustinus Chisius mercator ex una, et Maitheus de Cattare, alias Schiareto partihus ex altera nominihiis in- frascriptis Agentes ad infrascriptas conuentiones etc. deuenerunt etc. pront in quadam cedala etc. in uulgari sermone continetur, cuius tenor sequitur et est talis Vt.

Noto sia a ciascuno, come il M.^o Ms. Angustino Chigi compra dal S.f Giouanni Vittorio, e Compagni Drappen (sic) di Venetia àbsenti, con- trahenti per loro S.^ Matteo de Catlaro alias Schiareto, il quale ecc. panni scarlatti di Venetia di Cento di ottanta per la moneta de ducati trenta- mila d'oro Larghi per due. quattro d'oro Larghi el bra:(p quelli di Cento, e ducati (tre) d'oro Larghi quelli di ottanta; Quae hraza 2^00 di Cento et hraxa 6666, et due ter:ìj, di ottanta che tanto importano a ducati quat- tro, e ducati tre il hra^p misurati, e consegnati in Venetia in anni quattro ogni anno, comiticiando al primo anno in Calende de lidio ad vno anno la quarta parte, e così ogni anno vn quarto ecc. Seguono le con- dizioni del contratto, ed il relativo Rogito. Ada fuerunt haec Ro- mae in aedibus Dui in Christo Patris, et D. D. Adriani tituli 5/' Chri- sogoni Presbyteri Cardinalis etc. praesentibus etc. Philippus de Carolis de Sancto Miniato etc. rogatus etc.

2.

Cessio Vinorum graecorum facta per Laurentium Ghisium

nomine Augustini

sui fratris Antonio de Spanochiis (2)

Die 2(). lulii i4C)<)

Cum sit quod alias Augustinus de Ghisiis Ciuis, et Mercator senen. etc.

uendiderit Dno Aloisio Coppolae asserto Procuratori etc. Dui Lucae Cop-

polae summam et quantitatem sexdecim millium quingentorum librarum

(i) Scritture di casa Chigi, voi. II, pag. igS; vo!. B, pag. 25.

(2) Scritture di casa Chigi, voi. D, pag. 23, e nella Misceli. R. V. e.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. i

14?

irTUugnom

lanarum Maioricarum prò pretio de. Carlenorum septuaginta duorum prò quolibet centenario dictariim lanarum, et prò dictis lanis, et earum pretio praefatus Dnus Aloisius etc. promiserit, et conuenerit dicto Angustino dare etc. tot uina graeca de Montanea Suminae de quarto munda et pura de quatuor saporibus in Ripa Romana etc. ad rationem uiginti quatuor Flo- renorum Romanorum prò qualibet Vegete ad mensuram Romanam etc. Hinc est quod Laurentius de Gbisiis eiusdem Augustini frater uice et nomine dicti Angustini etc. promisit, et conuenit etc. Seguono le condizioni del contratto e il relativo Rogito. Actum Romae in banco Francisci de Lomellini etc. praesentibus etc. Ita est F. de Piscia

3- Irt un Regesto di contratti e d' istrumenti, inserito nella Misceli, chig., ms. R. V. d., sono ricordate più maniere di traffichi condotti in- vari tempi da Agostino. Eccone un cenno:

Traffico di lane

di salumi

stagnarum

di pannine

di bestiame

da macello

pag. )S6, }8j, }Sc), ]94.

389.

393-

400, 4og, pi.

di cereali

di :(uccheri

scartiae

di erbe e ^Ijìimle

40;, 406, 40J, 408,

416, 420.

408, 40C), 410, 411.

412.

417- 418, 421.

Del molto favore prestato ad Agostino, nel fatto di questi com- merci, dalla pubblica autorità, è argomento notevole il seguente pri- vilegio :

(i) « R. Epus Alban. CarM^ S.^' Georgv

Dui PP. Camer.s

K Spect.^^^ viris Heredibus Mariani de Chisijs Et Socifs mercatoribus senen. Sàlutem in Dno. Cuni sicut in Cama aplica exponi fecistis, varias ac diuersas merces a trasmarinis partibus aduehi faciatis : Et eas ad portus et loca Ste Ro. Ecc.^ applicare et exonerare intendati s et presertim per prouinciam Marchie Anconitane et aliquas forsan applicueritis et exone-

(i) Misceli. Chig., ms. R. V. b., pag. 187.

Agostino Chigi il Magnifico 147

rari feceritis Ctipiatisque ms de loco ad lociim irasuehi proni vobis fuerit oportunum ex quo et subditoriim ecc.^ iitilitas et carne aplice introitus aii- geantur debeatque mercatoribics et negociatoribiis liberum esse comertiutn, timealisque ne propter uliquas represalias aliquibus concessas aut in po- sterunt concedendas Fobis aut rebus et hominibus uestris ali qua molestia siue impedimentum inferatur Nos itaque volentes precibus uestris libenler annuere et de oportuno remedio et securitate prouidere De mandato S.""^ D. N. pape Viue Vocis oraento super hoc nobis facto et auctoritate nostri Camerariatus offici} Vobis et Cuilibet vrum vrisque socij's iustitoribus factoribus et ministris per quascunque Ciuitates terras castra et loca Ste Ro. EccS mediate et immediate suhiecta et presertim per prouinciam Mar- cine Ancotiitane prefate veniendi, standi, eundi, redeundi, pernoctandi, abeundi, recedendi et redeundi cum mercantijs rebus bonis pecunijs et ani- malibus uestris plenum liberum et ualidum saluum conductum, ac omni- modam realem et personalem securitatem concedimus per presentes man- dantes pp^ onDiibus et singulis Gubernatoribus potestatibus Bargeìlis, et alijs quibtiscunque officialibus quacunque dignitate et auctoritate fungen- tibus et alijs publicis et priuatis personis per Ciuitates terras castra et loca predicta constitutis Ne quis audeat cantra premissa aliquid atemptare sed predicta omnia et singula obseruet et faciat ab alijs obseruari sub quin- gentorum ducatorum Carne aplice appUcan. et alijs prò arbitrio nostro imponendis penis, Volumus autem presentes nostras Salui conducti patentes literas per annum et non ultra durare Dummodo represalìe predicte no- stra causa ani prò interesse Carne aplice concesse non fuerint, Non obstan- tibus quibuscunque in contrarium disponentihus Cum disdicta quindecim dierum. Dat. Rome in Cama aplica Die VII lulij M. D. V. pontificatus 5."*' in Chr.o pris et D. Nri Dui lulij diuina prouidentia pp. secundi anno secmtdo.

Visa F. Armellinus

M. de Campania ».

Pag. 50, voi. II . (( Villae, quas Casalìa nomen pabat, complures. Serpentariae » etc.

A questo tenimento, detto oggi Villa Spada, si riferisce il seguente contratto posteriore di pochi mesi alla morte di Agostino.

Die XXV. Octobris ipo (i). Maestro paganino di paganino da Carauagio muratore habitante in Roma in campo mar':(0 Et

(i) Misceli. Chig., ms. R. V. e.

148

Mgnoni

Maestr

naie de bettino da Can

rauagio nimratore habitante hi Roma in campomar:(o ambi doi insieme et ogni uno principalmente et per lo tutto (e per se et sol de loro spontanea volunta promettono) et s'ohligano al' nobile messer Sigismundo Chisio patruo et administratore de li beredi et beni del magnifico messere Angustino chisio quondam presente et sti- pulante (di fare et edificare) ne lo Cassale d'epsi heredi chiamato la Ser- pentaria (Tutte le muraglie et altri edificj) che a epsi maestri seranno dese- gnati (secundo el desegnio) quale a loro sarà dato per epsa Madonna Francesca 0 altri a nome suo (per lo predo et nomine de pretio Injra- scripto (cioè) La Canna del muro) per carlini dodici ad vsan:(a di Roma (a Tutte spese d'epsi maestri) La Canna del Tecto a carlini sinquanta (cioè Impianellato) a Tutte loro spese (La Canna del matonato in piano arotato) per carlini vndeci la Canna {La Canna de lastrico per carlini septi e messo la Canna) Et lo Intonicato quattro canne et me'^^a (al ducato a carlini diece per ducato a tutte loro spese Et li solari che in detti edifi:(i andasse) farli per quello saranno estimati ad Judicio de doa periti nell'arte (Et le volte che andassero in detto lauoro misurarle ad vsan'^a di Roma) Et tutti li prefatì lauori farli boni et belli et sufficienti ad fudicio de homini et maestri experti ne l'arte (ad tutte loro spe:(e) tra el tempo de vno anno proximo ad uenire cominciando hoggi (non mancando epso messer Sigi- smundo per la parte sua di quello che promette) A quali maestri paga- nino et menale (epso Messer Sigismundo promette pagare come e detto di sopra de mano in mano secundo il lauoro che epsi maestri faranno) Et per arra et parte di pagamento del predo de epsi edificj epsi maestri con- fessino hauere auto da epso messer Sigismundo presente ducati cento de car- lini diece per ogni ducato de qualli se chiamano contenti et quittano (cum pacto mai più domandare) Et ad prece et requisitione depsi maestri paga- nino et Menale

Maestro facobo di bettino da Carauagio sapendo non essere ohligato volendo obligarsi per epsi maestri in Tutto e per tutto come se contiene (et e detto conio principale debitore accede et s'obliga) il quale maestro Jacobo (epsi maestri Paganino et menale promettano di conseruare sen'^a danno alcuno Pro quibus etc se se obligarunt etc.) Aduni Rome in Palatio ipsorum heredum sito in regione Transtiberim presentibus dominis Ber- nardino fohannis de Viterbio et Antonio Plppi de Viterbio Testibus

foannes Caraiiasquini substitutus domini Nicolai Noiroti Curie Cau- sarum Camare apostolice notarius scripsìt.

Pag. 53, voi. II: « .... quos (equos) liberaliter Pi-incipibus atque Car- dinalibus mutuabat ».

In una lettera, a pag. 70 della Misceli. Chig. ms. R. V. e. Ago- stino scrive al fratello Sigismondo di voler donare un cavallo « al

Agostino Chigi il Magnifico 149

Mso Juliano (de' Medici) et imo a romolines (i) ». Altrove (ivi pag. 17) scrivendo al medesimo di alcune possessioni da comperare in Siena, dice ((Similmente del Monte, il quale io desiderano per la ra:(^a delle mie Caualle, ma poi esaminando meglio non so se ni stessero bene ».

Pag. 54, voi. II: « In horuin comitatu saepius fuil equo insidens Turco splendide phalerato ephippiatoque (Magni Turcae munus hocfuerat) ».

Di un cauallo turco tocca Agostino in una lettera al fratello Si- gismondo, la quale sta a pag. 71 della sopra citata Misceli, chig. ms. R. V e.

Pag. 54, voi. II: « Patria eins quamquam ahsentem, honorihus tamen semper proseqimta est ».

Trascrivo qui una lettera di Agostino al suo fratello Sigismondo, che ha relazione ad un capitano di ventura stipendiato da esso Ago- stino per conto della sua patria (2).

Gismondo. Ho receputo le tue Ire, et circa quel che ne scrini de li denari da pagarse al SJ' Chiappino, ne dicemo non debi in alcun modo pagarli più un quatrino, la Cascione è, che la SM de N. S.^^ non uole per niente che se conduca ali semiti]' della S."'^ come haturai inteso dal Magso ne far stima alcuna de condurre vn homo danne de quelli che ha facti perchè el prefato N. S.^^ ha facti in modo serrar li passi, che non ce uerso alcuno a poter passare, in modo che ne sera necessario resti- tuir li denari pagati, et che lui ne li restituisca a noi, et molto più facil- mente se rehaueranno quelli che sonno pagati che si fusseno magiur suma : si che non pagate pili cosa alcuna et fate intendere al S.^ Chiappino la Cascione sopradicta che non se li paga el resto secando ch'era ordinato, perchè è impossibile cosa per le prouisioni grandi che ha facte N. 5.'*<^

che possi condurre li soi homeni darme ali serviti] de la S.^ì^

Rome X maji M.D.X.

Pag. 60, voi. II: « .... intjr hos (eruditos) et poetas siue latine siue thusce canentes (invenit amicos, aut beneficentia fecit) ».

Tra questi poeti è da annoverare Serafino Aquilano, di cui narra il Calmeta (3): « (Agapito Gerardino) in Sala Maria dal Populo el

(i) Forse questo romolines è Rodorico Molina (confuse insieme, nella furia dello scrivere, le iniziali del nome ro col cognome Molines) « al quale (dice Ago- stino in un'altra lettera, ivi p. 114) sema desyderosissimi far cosa grata per ogni respecto » .

(2) Misceli. Chig., ms. R. V. e, pag. 40.

(3) Vita del fecondo Poeta Vulgare Seraphino Aquilc.no per Vincenzio Cal- meta composta. Sta a pag. 4-14 delle Collettanee Grece Latine e Vulgari per

130

G. Cugnoni

fece sepelire. Et ordinatoli mediante la industria de molti amici soi et in spetialita de Angustino Gìiisi getilbomo Senese ricco e generoso honoreuole sepoltura ». V. A. D'Ancona, Del Secentismo nelle poesie del secolo XV. Nuova Antologia, fase, d'agosto 1876.

Pag. 65, voi. Il: « Celsus quidem Cittadinus .... narrauit mihi, ma- lorum medicorum limoniorumque extitisse olim copiam immensom ».

In una lettera a pag. 47 della Misceli. Cliig. ms. R. V. e, Ago- stino fa premura al fratello Sigismondo perchè « Li annesti mandinsi a Roma (scrive da Bologna) con ogni presterà perchè hormay passa el tempo di piantarli ». 1

Pag. 69, voi. II: « Liberalitatem eius (Augustini), affines, cogttati, amici paene omnes experti sunt ».

Di tale liberalità è degno argomento la « Doiiatione d'Agostino, e Franzo Chigi a Gismondo loro Fratello di pili beni d'ogni heredità paterna» fatta per pubblico istromento in Roma ai 17 luglio 1504, trascritto a pag. 522 segg. del voi. I, delle Scritture di Casa Chigi. Rispetto alla quale donazione così Agostino scriveva al donatario il 50 settembre 151 3 (i).

<( Gis.^o come intenderai da Cristophano habiamo facto la diuisione fra nui e ti porta el quaterna tuo sottoscriuelo come nui altri e rispetto a la donatione che ti feci non uogUo pero tal diuisione ti prò giudichi an:(i uoglio uenga a seruirti perche come uederai per detto quinterno quello che e la parte mia e tanto apartiene a te per uigore di decta donatione non obslante la diuisione presente e per altrettanto ti resto obligato per la parte de Francesco e così douarai restar ben contento e se ti portarai bene non ti mancharo in maggior cosa ».

Pag. 71, voi. II: K Libct haec adnectere per uulgatani falso histo- riam a Maìeuolta, emptos tantum fuisse ab Angustino Castri huius (Portus Herculis) prouentus ac uestigalia, nihil nero dominationis aut regiminis ad eum per tinnisse ».

Di questa falsa diceria, così lamentasi Agostino col fratello Si- gismondo in una lettera a pag. 17 della Misceli. Chig. ms. R. V. e: « .... perchè in fine a dirti il nero io so assai stufo de le cose di Porther-

diuersi Auctori Moderni nella Morte de lardente Seraphino Aquilano Per Gioanne Philotheo Achillino Bolognese in uno corpo Redutte. Et alla Dina Helisabetta Feltria da Gonzaga Duchessa di Vrbino dicatenella Vetustissima Citta di Bolo- gna. Per Caligula Baialiero di quella Cittadino impresse. Gubernante il Secondo Bentiuoglio. Nel M.D.IIII di Luglio.

(1) Misceli. Chig., ms. R. V. e, pag. 63.

Agostino Chigi il Magnifico i5i

cole, parendomi che quelli Portbercolesi, o per ordine d'altri, o per cit- ladini di Siena, o per loro medesimi mille uolte hanno hauuto a dire che di la io non ho che fare, e che son semplice Gotiernatore e che per una piccola lettera della Balìa, o de la Signoria mi leuarebhero ogni ohbe- dien:(a: sicché io non son solito spendere il mio denaro in questa forma, e però con pruden:^a farai intendere l'animo mio a S. Magnificentia rin- gratiandolo del tutto ».

Pag. 72, voi. II: « Ex hoc eodem oppido Augustinus uina ut gene- rosiora hiberet, etc. ».

A questo suo deliziarsi in vini si riferisce il seguente brano di lettera al fratello Sigismondo (Misceli. Chig., ms. R. V. e, pag. 46): « Similmente mi manda 8, 0 io fiaschi di qualche hono vino nono parte vermiglio et parte bianco Che non manchi Ma sopra tutto aduertisce sia bono come dico et bene scarico ».

Pag. 75, voi. II: « Suo nero Augustinus dotem indulsit (alla Cap- pella della Pace) aureorum annuorum L ».

Da un istromento trascritto a pag, 375 della Misceli. Chig., ms. R. V. d., apparisce che questa rendita era fondata sopra una casa in Borgo, comperata poi da Girolamo de' Glanderoni, Arcivescovo di Amalfi.

Nota 12:

Dopo il n. I.: e Patentes ^ Due. prò Augusto Ghisio (per altrettanti da esso anticipati alla Camera Apostolica nell'atto della stipulazione del succitato istromento d'appalto delle Allumiere) die ly.Februarii ijoi {Scritture di Casa Chigi, voi. G, pag. 385) ».

Dopo il n. 6. « Motus proprius Leonis X. mandantis S. R. E. Ca- merario et Clericis et Praesiden. Camerae Apostolicae quod debeant so- lemniter promiitere etiam cum celebratione Contractus quod intra spatium decem et odo mensium Augustinus appaltator Allumeriae S. Cruciatae quietetur in forma a Duo Plumbini etc. de residuo pecuniarum soluto etc. » (ivi, pag. 331).

« Motus proprius Leonis X. in quo disponitur ut Angustino Chisio soluantur loiyó ducator. (per altrettanti de' quali questi risultò cre- ditore della Camera Apostolica nel computo finale dell'appalto delle Allumiere). Ivi, pag. 333 ».

Patti fra Agostino Chigi e Vannino d'Antonio di Sergiovanni mastro di gitlo (i).

Al nome di Dio a di XXIIII di Febraro i)o8 ab incarnatione.

(i) Misceli, Chig., ms. R. V. e.

l52

G. Cugnonì

Sia noto et manifesto a chi Uggiara la presente scripta come hoggi questo decto di sopra come Messer Angustino Chigi mercante senese appaltatore della Camera della Tolfa da vna parte e Maestro Vannino d'Antonio di Ser Giohanni di Siena mastro di gitto da l'altra parte de- uenghano a le in frascripti pacti capitali et conuentioni de li quali apresso si fa meutione In prima

El decto M. Angustino questo di decto di sopra consegna a decto Maestro Vannino alle Lumiere quatro fondi di Bron-^o rotti e rotti glieVha a rendare a la fine d'anni quatro tanto pia quanto di qui a Maggio pro- ximo a uenire Et quando li hauesse a rifare, si pesino et lui per quello pesano li hahbi a fare huoni.

liem che decto Maestro Vannino sia tenuto tener tre fondi che sempre possino lauorare come è usato El quando decto messer Angustino nolesse che si facessero septe casse possi farlo.

Item che decto Messer Angustino li dia ducati dugento viginti cinque eV anno di karlini X per ducato per mantenere decti fondi a spese di Maestro Vannino cominciando questo dì.

Item che alla fine anni quatro tutti li rami nuouì et uecchi restino a Maestro Vannino et si nolesse pagarli dicto Messer Angustino per quello stanno a Maestro Vannino possi farlo.

Item che tutti e hron7;i che al presente si trouano et rami et stagni sieno pesati al pi esente a decto Maestro Vannino Et a la fine di quatro anni, li hahbi arrendare dicto Maestro Vannino a Messer Augustìno, o, farli buoni ducati cinquanta el migliaro di kajlini l'uno per l'altro come parrà a Maestro Vannino. Et così li quatro fondi decti si debbino pesare et restituirli al medesimo peso.

Item chel decto Messer Angustino li debbi dare al presente dugento cinquanta ducati di carlini per comprare rami e fartte fondi.

Item che si caso fusse di guerre o, di peste che fisse rohbato o, non si potesse praticare dicto Maestro Vannino non sia tenuto a danno nissuno.

Item che li sia consignata una staw^a a la Lumera in casa per poter rimettare bron:(i et altre cose.

Item che in capo del primo anno si posi rinunciare la detta concordia per detto maestro Vannino restituendo tutto quello che lui hauesse hauto excepto quello che lui hauesse guadagnato.

Item che li habbi a dare tutti li denari di mano in mano che lui hausse guadagnato Et non n'abbi a fare buono ne denari ne cosa nissuna si non ne soscripto di sua mano. Computando per questi hauti per comprare li rami.

Item che dicto Messer Angustino tutto el tempo che maestro Vannino stesse a le Lumiere, li habbi a fare le spese et dare aiuto et legne come, e, usato per il passato sen:(a premio nissuno per fare dìcti fondi et non altre faccende.

Agostino Chigi il Magnifico i53

lìcm che quando per difecio di fondi non si potesse ìauorare come si suole ìauorare quando si lauora a tre caldare et non tenesse preparati quatro fondi che Maestro Vannino sia tenuto far buono el danno che fusse stimato per due homini comuni della Lumera Et tutto s'intendi a bona sen^a fraude.

Item che decto Messer Angustino li dia al presente un mulo et un paro di bufali per stima di due homitii delle Lumere.

Item che decto maestro Vannino sia tenuto dare li fondi facti a la buttega Et decto Messer Angustino li habbi a fare murare come e, usato per il passato et quando fussero rotti el decto Messer Angustino li habbia a fare cauare comejejusato.

Item se il detto Aghosiino non potessi più ìauorare overo non volessi ìauorare in fra questo tempo il posi fare a sua posta ne sia obrigato a pena alcuna per questo. Similmente se volessi ìauorare con mancho fondi sabi d'avere rispetto a lavorato.

Item promette detto maestro Vannino che li ducati 200 che piglia al presente di quelli n'ara conperato tanto rame e portato alla Lumiera la- uorato in fondi (0) vero rotto e questo per i tempo di 5 mesi da ogi e caso che non lo facci sia obrighato di pagarli 0 restituirli di contanti al detto tempo.

Que omnia etc. Actum Rome in apotxa mei notarli sita in regione Pontis corani et presentibus dominis Quinio Andreae notario publico Se- nensi et D. Petro Mariani de Senis aromatario testibus.

Christophorus Pagnus notarius de predìctis rogatus scripsit.

Di questo Vannino scrive Agostino in una lettera al fratello Si- gismondo (Misceli. Chig., ms. R. V, e, pag. 47) : « Circa quanto mi scrivi de facti di M.o Vannino voglio che sappi non esser siato sostenuto ad mia instantia. Ma della Camera Apostolica per certe quantità dallumi che lui el suo gar:^one hanno tolto ale Lumere et uenduto per le terre del patrimonio È ben nero ch'essendo examinato sopra questa cosa el vene- rabile ha confessato hauermi tolto io some di loppe di metallo ch'in ef- fecto era bron:(o schietto ».

Alle Allumiere della Tolfa si riferiscono le seguenti Memorie Antiche delle Lumiere, (i) Beatissimo Padre et Signore Ancor che la Grade-^a di V.o^ Santità mi spaueti no di meno, ecc. » La lettera è di F. Zenobi Eremita della Tolfa, il quale manda a Papa

(I) Ms. Chig. G, IV, 107.

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G. Cugnoni

Alessandro VII alcune notizie intorno ad Agostino Chigi. Notevole in questa lettera è il passo seguente: « Nello scatoUno sigillato qui congiuto è un chiodo di Broif^o, trouato a caso in un muro atico nel Cornuto di SJ^ Maria della Sugara, et si crede fusse di quelli maggiori fissi nella Grada del tetto della Tribuna coperta di Piombo, per che li chiodi di tutte le Macchine (non) erano minori in numero di sessata Mila, e Cento, come dissi nel Capo ymo»^ Seguono le Memorie:

« Ricordo come Santità di Papa Pio secondo lo stesso anno 146}. et il quinto del suo Pontificato, fece publicare una Bolla ecc. »

« Ricordo come l'Anno 1464. che successe nel Papato Paulo de Ve- nezia pure secondo, ti quale, fatta la Santa Cruciata, e Lega de Principi Christiani contr'alli Turchi, a persuasione di Misere Agostino Orisi da Siena nostro Padrone applicò tutte l'entrate dell'Allumiere della Tolfa per questa guerra ecc. »

3- _

« Paulus Venetus Papa secudus « Has Aedes cum alijs proxime circumstantibus conseruationi Aluminis aedificauit, quod primum sub Pij secundi Pontificis eius praedecessoris Anno Salutis M. CCCC. LXII Diurno munere apud Tulpham inuentum est, ipsa nero Tulpha, Paulo sedente, restiluta Ecclesiae, singulos Aluminis prouentus ob Fidei defensionem Sanctae Cruciatae perpetuo dedicauit.

Nicol.

1 Si giusto, incorruttibile, e sincero Si tu per S.ta Chiesa al pesar posto Per consignar che palese, o nascosto Non sia trouato mai se no col uero

De Fab.no

« Questa Memoria è in Ciuitauecchia scolpita in Marmo nella fac- ciata d'uno delti Maga:(;(ini dell'Allume, detto il Maga^xj^io della Chiauica ».

« Ricordo quahnete l'Anno 1464. Misere Agostino Chisi da Siena no- stro Padrone per somministrare maggiori sume di denari per la Santa Cruciata, et Guerra contro alti Turchi, deliberò accrescere il Nego:!;io delle Alluminiere, e trasferirlo alla Fontana della Bianca, luogo più op- portuno. Elio adunque con li suo Huomini cercò diligentemete per questi Monti nuotie Caue d'Allume in Pietra, et in breue tempo se ne scoper- sero molte, ma il detto Misere Agostino ne elesse una sola molto copiosa, posta neirAltei:(a d'un Monte fra la Rocca della Tolfa, e la Fontana della

Agostino Chigi il Magnifico i55

Bianca iierso Traniotaiia, et repudiò l'altre basse Si atterrò la

Macchia intorno al detto Monte, et con gran fretta si lauorò a detta Catta nuoiia, intanto molti operarij faceuano le Fornace lini appresso per cuo- cere le Pietre alluminose, le quali poi cotte si portarono per molti Mesi alla Fontana della Bianca prima che ui s'hàbitassi.

S- « Ricordo come l'Anno 146J rente (sic) alla Fontana della Bianca del Mote si trono una Catta di Sassi alltiminati, che non statia sotto terra un Cubito, migliore pur'assai della prima iti luogo largo, e piti comodo. Per qtiesto Misere Agostino Girisi Padrone del Nego:(io dell' Alltiminiere ui fece lattorare in prescia con molta gente. Itim, perchè V operarij e Ministri udissero ogni mattina la SM Messa, la prima cosa fece mtirare tuta Cap- pella Grande liui tiicitto, e nel muro ui fece dipengnere Madonna 5.^^ Maria col suo Bambinello, Misere Santo Pietro, e Misere Santo Agostino. Si tagliò il Bosco per farsi agio, et perchè la Legna ftisse stagionata, et per non fare uertina spesa di condutta. Itsm detto Misere Agostino Ghisi fece fare le Fornace per cuocere le Pietre alluminate appresso la Fontana della Bianca uerso Leuante, et le Pia'^^e in quel p.o piano uicitio un tiro di sasso. Dalla Caua lini sopra ru^p^olatcaiio li sassi alluminosi alle Fornace liui sotto, e coiti si portauano alle Pia:(^e. Di verno li vetturali faceuano Diciotto Viaggi, setti innattzi allo scioluere, e uttdici dopo lo scioluere, cominciando la mattina doppo la Messa, efiniuatio col sole per la gran uicittanxa. Misere Ago- stino detto fece murare alla Bianca Quattro Fornelli co le Caldaie piti mag- giori della prima per fare bollire l'Allume. Item fece circondare la Fontana, e ragunare l'Acqua con muro a Bottaccio per li bisogni del Negozio. Item Mi- sere Agostino Ghisi fece murare il Palagio alla Bianca per habitare esso con li sua Mitiistri, e Fanti. Item Misere Agostino Ghisi fece murare le stalle delle Bestie. Il Nego^iio ingrossò pure assai, perchè ui latioratiano sessata cinqtie Caualli, Venti Muli, e Dieci Carra tirate da Boni. Item fra le Cane e le Fornace ui lauorauano Cetito l^nticiitque Huomini. Misere Agostino Ghisi al principio di Giugno 146^ (sic) abbandonò il luogho del Zanfone, et esso con tutto il Nego:;jo andò a stare alla Biaca perchè liui non era quasi spesa di condutte, et ui era più comodità ».

Nota (17). Dopo il n, 2: « Mandatum Alexandri 6. super soltitione - due. per Atigtistinum Ghigitim super Dohana Patrimotiij. Die V. Octo- bris i4()6 » (Scritture di Casa Chigi, voi. G, pag. 367). « Decla- ratio prò Camera contra Atigtistinum Chigium Dohanerium (a pagar ducati quattromila dovuti per l'appalto della dogana pectidum Patri- monii, con fissazione di termine unius mensis ad prodticendum et prò-

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G. Cugnonì

handum qiiidquid voliierit prò recompcnsa damnorinn, tcc^ die 25. Maiì 149S » (Ivi, pag. 369).

In un fascicolo contenuto nella Misceli. Chig., ms. R. V. e. v' ha una ProUstatio di Agostino Chigi dohanerii dohane pairìmonii alla Ca- mera Apostolica prò recovipensa damnorum, tee, in data 27 Giugno 1498. Forse questa fu fatta da Agostino in conseguenza dell'accen- nata Dichiarazione.

Nello stesso fascicolo hannovi altre stampe e scritture spettanti all'argomento in proposito, di due delle quali parmi utile trascrivere il testo:

I.

Forma Salnj conducti antiqiiitus fidaiis dari soliti (i) AVGVSTINO : ChlSCI : DA : SIENA :

N deìa prouincia di Patrimonio generali Dohaneri perla sanctita del nostro signore ed de sancta Chiesia Affidemo, Assecuremo et Affran- chenio. (2)

con tutti et singuli (3) Gargari Pastori Gar^^oni et fanti con loro

Bestiame grosso et menato et arnese oportiino conducendolo 0 facendolo condure iti le Dohane de la prefata sanctita che possano venire: stare: et tornare : franchi et securi

Notificando ad tutti et singuli mediate vel immediate suhgetti della pre- fata sanctita et sancta Chiesa che prosumisseno impedire ditta securita (4) che incurrerauo in pena de ducati milli da applicarse alla Camera apostolica durante lo tempo della presente fida : la quale sia duratura fine ad Scto Auglo de magio pxft dauenire

Et più li assecuremo et affranchemo da ogni Represaglia contessa (5) et da comnietterse et per debiti getierali et particulari durante lo tempo della presente fida.

Et più li promettemo che porrano portare Arme de die de nocte (6) con lume et sen:(a lume sen-^ pagarne pena non ohstante ogne altra cosa in contrario ordinata.

Et promettemoli che porranno cauare de tutte le terre dela chiesa vit- tualia per hisognio loro et de loro bestiame serf^a pagerne gabella ne passo non portandela fuor deh terre della chiesa

Et più promettemo che facendo danno alchuno con loro bestiame venendo staendo : et tornado non possono essere constretti ad pagarne pena :

(i) E scrittura a stampa, riempita qua e ed annotata in margine a penna.

(2) Laguna dello stampato.

(3) Id.

(4) Sanctes de Morra fuit ceptus in terris ducis vrbini. (Nota marginale ms.)

(5) In petro mar....o de nursta hoc non fuit servatian. (Nota id.)

(6) Item in mor icone de treni qui in viterbio fuit captus. (Nota id.)

Agostino Chigi il Magnifico 167

ma solo ad emendare lo danno da estimarse per doi honiini conmunamete elecH perle parti: quali no essendo de accordo li promettemo noi o nostri mandati estimarli et accordarli

Et piti li promettemo che recepedo dano alchuno loro o in loro (i) bestiame da genti darme o da altri suhditi dela prefata Sanctita et sancta Chiesa emendarlilo o farlilo emedare alle spese de quelli che lo facessino.

Et prometlemoli che nisuno officiale mediate vel immediate subdito dela prefata sanctita et sancta Chiesa hauera iurisdictione alchuna sopra de essi fidati eccepto noi alli quali fidati administraremo giusticia in ogne diffe- rentia che li occurressi et per ogne altra cosa : eccepto Crimelese maie- statis. Domicidio et furto et ogne altro delieto che de ragione ne andassi la vita : quali delitti se debiano punire loro ludici competenti vna insieme con ìioi Dohaneri

Li sopraditti sei capituli cominciando da quello che contiene le (2) Re- pressaglie in li quali non se fa mentione de pena volemo che chi presumissi de nolli obseruare et cotra la continetia de essi venire che per ciaschuno et per quante volle contrafacessino incurrerano in pena de ducati vinti- cinque da defatto tollerse et applicarse perla teria parte alla camera apo- stolica; la ter:{a pt^ a noi Dohaneri: et laltra ter^fl parte allo denuntìa- tore: 0 vero accusatore: et niente de meno alla satisfactione de danni et interesse che perciò ditti fidati incurrissino

Et li sopraditti fidati siano tenuti et debiano pagare ad noi Dohaneri per nome dela Camera per ciaschun cetinaro de bestie grosse ducati vinti dua doro : et per ciaschun cetinaro de bestie menute mite (sic) ducati cinque et me:^o simili

Et debiano li sopraditti fidati vbedire ad tutti nostri comandmenti (sic) et no se partire dela Dohana se prima non hanno integramenti satisfacto tanto debiti de Camera quanto de officiali de Dohana ad quanto serranno obligati^ et sen^a nostra bolleta de passagio alla pena et sotto la pena de perditioe de quello bestiame che sen^a bolleta passassino cojiscatioe de loro beni et deh albitrio (sic) nostro : la mila dela qual pena da applicarse alla Camera apostolica: vn quarto ad noi Dohaneri: et laltro quarto allo inuentore 0 vero accusatore.

Et per auctorita del nostro officio comandemo ad tutti et singuli Si- gnori Baroni Cita Comunità Terre Castelli Gouernatori Castellani Po- testa Vicary et Conductori di genti darme da cauallo et da pie et a Ga- bellieri Passagieri et altri officiali et liiochi mediate vel immediate sub- tecti (sic) della prefata Sanctita et sancta chiesa che tutti et singuli sopradicti capituli debiano totaliter et ciim effictu obseruare et fare obseruare et che

(i) Nullus fuit affidatus qui non passus fuerit. (Nota marginale ms.) (2) Li sopradetti sei capitoli a nisciuno: et a nisciuno de essi e stato obser- uato. (Nota id.)

Cugnoni

nullo ardisca ne presuma iollere ne adomadare alchuna qualità de dinari 0 bestiame ne citra (sic) cosa per passo o vero gabella de destiame (sic) et de fructi descedenti de pecora li sopra dicti fidati in venire stare et tornare: ina che gli debiano dare aiuto et fauore tate volte quate li bi- sognassi et da loro fosseno recbiesti in modo che loro et loro bestiame (^ì) vengano steano et tornino franchi securi conto de sopra per eoi (sic) selli promette alla pena de ducati milli doro da de fatto tollerse ad qualunche cotrafacessi et applicare alla Camera apostolica. Data Rome in Dohana Pecudum sub anno dui Millesimo. CCCC. LXXXXFI Pontificatus Sanctis- simi domini nostri Alexandre diuina prouidentia pape sexti Indictione XIII f mensis die Pontificatus eiusdem Anno quinto

Secundianus Canc.^ de manto (2)

Lre aug. ad Camera p quas significai dapna et coitates et alios dapnu dantes cu denoiatie eor. q dapna receperut q. apparét pntate

adi Patri : oltra lessar annata qi tucta la dohana In puglia cotra il banj de V. S. ce e qstaltro rstoro : Et prima _

In ql de Spoleti per tucti li lochi doue passa la dohana no stimate eh ci sia passato fidato nisciuno eh In Grandissima quantità de loro bestiame no sia stato assassinati : et mostrando le fide le stato dto chi papa no fidar nel loro : et uoluto sopra ciò farci prouisione habiamo mandato ala Coita et al Gouprnator el q<^le ha acteso apigliarsi qualch prsente et qsta e la prouisione et la rsposta eh ci ha mandata _

In quel de lode per eer Gente Cortese no ce passa nisciuno eh no pi- glino a brancho de pecor : et e lecito ad omne mendico annar al fidato : et domandar la Carne con dir eh la uole voglia 0 no et a dispeeto de la fida et del papa : et maximamente ad un Castello chiamato lu quatro eh si dice ppr de qsti da Canale Passando vn Giuuannj de litio da Norscia li tolsero circa Cento pecor: doue annando el dto Giuuannj co vno de uri Cauallari per raquistarle li fu resposto eh no obstante de^ rendarle : ma per tucti l'altri eh ce passariano comp^ariano ama^^ar el Peco- raro et poi tucte le pecor et lu patrone : et mostrandoli la fida glela straeciaro et feeerone milli pe:(i : et iiolmdo far reurso per altre uolte al Gouernator: rsponde eh ha più anela eh el dohaniere nun e sopto posto ad esso: et no li uolesser schiano : Volendo.. ..(3) lochi Contar tucti li dampni et assassinameli no bastariatio dece fogli

In qllo damelia In vno Castello de eh Intano li schiauj hanno tolte tante

(1) In haue penam multe.

(2) Qui il ms. è corroso.

(3) Id.

et alq incicierunt. (Nota marginale ms.)

Agostino Chigi il Magnifico 169

pecor fra volta et uolta : eh horamai per modo de dir porrìano da loro medesimi far vna dohana. Et Vllimamete passandoci Pa\aglia da monte leone ne impiro vita fornace piena di ciauarri per la qual cosa recor.. (i) vn Garrone chiamato pampana per rcuperarli : al Gouernatore de nargne : et mostrandoli la fida et l'anctorita del officio : El fauor eh li : In mise in vna pscione : et menacciollo de impicharlo et anchora crdo eh ce stii

In quello de Surìano : Non ce passato fidato niscìuno eh chi no ghia donato le stato sfor':^ato et Rohato vno o dtij bestie per hrancho : et no solamente hanno acteso a questo quando ce passata qualche hella Cappa no lanno lassata annare

Simile in qllo de viturchiano et de bagnala : tucto qsto passo dela do- hana ce Sono stati septe o no odo latroncelli eh no ce passato alcuno eh no habino assassinato et volendo aeìo protieder : habìamo scripto ale Coita de dti lochi; et li resposte loro sonno no poterei proueder perch sonno soldati et allegano no essarli superiori ete.

In ql de Viterbo eh maj si intese più questo anno per no pterir el cuslume del altre Terre : hantio uoluto in qualeh cosa la parte loro in mo eh ne cocludemo eh per tucte le Terre de uro Signor doue passa la dohana no ce obedìentia alehuna

Anchora ve faeemo intendar eh el Mag.co Signor hercule soldato de N. S. et le sue genti in cambio de fauorir la dohana come sonno obli- gati : Ad Sancto hiemino : ad Pampana et Pa:(aglìa da mote leone tolsero circa cento castronj : et ad Robato et piacente dauissi li tolsero circa qua- ranta pecor Et ad Giuuanbaptista da Noscia nel Confino damelia li tol- sero vinti bestie : et a Giimanagto de Caterino da norscia li tolsero circa quaranta pecor : Ad Giuuannj de litio nel Confini de Tode et damelia tolsero circa Trenta pecor : ad Pietro de Coli alla Caprafica li tolsero septe bestie: et ad molti altri eh saria troppo lon^o lo scrinar in modo eh infra tiicti stimano per trecento bestie hanno tolte sen^a le cappe et mectar aroba le masseritie et laltre cose indebite eh hanno faete

Per le qual cose ne successo eh molle pecor et altri animali eh erano remasti in easci in monte leone: in monte del monaco in Vissi et in molti altri lochi li quali per hauer inteso tal portaniti se deuiaro : et annaro nela marcha et in altri lochi: Et più psto li uogliano scortiehar eh mectarli in bocha de qsti latronj

Da laltra Banna donde viene la dohana fagiolana et fiorentina

In quel de peruseia in tucte le terre loro dove passa la dohana e as- sassinata et robata: non solamele da Contadini et altri Ribaldi: ma da proprij ceptadini et Gentilominj de peroseia : et maximamte Ala fracta et al ponte lanese (?) et a Capo Cauallo ce sonno eerti Castellani latron-

(i) Qui il ms. è corroso.

i6o

G. Cugnoni

cellj eh non passa massaritia eh non ne tioglia qtialch bestia per braneho: Et no bastando qsto scareano le Caualle et tollano tucte le massaritìe doue casualmte iti vna de decte some ee trouaro certo easo eh secudo se dice era bono : et annado el cauallaro per rcuperare dee robe li fu rsposto eh se annasse co dio eh intediua eh no cene passasse nulla eh no fusse se ar- cata perch el caso era bono Et uolendoui scrinar tucte le Rebalderie et dampnj eh rcepe la dohana in qllo de peruscia : et la pocha ruerentia eh si psta ala fida sarbe troppo longo :

Vnauolta ve facciamo intendar la minor parte : la minor parte : donde nasce eh no ce più dohana : et si uolete più dohana fatane vnaltra de nono

Nela montagna dela piglia per li Conti de marciano: no ee passa fidato eh non veglino dece bestie per massaritie olirà le Cappe et Caualle et altre cose : et qn le possano tagliar non gliele lassano : Et perch li Gar:(oni et soldati loro no errino in poeho ee vanno personahnte Al ponte Carnaiola ce sonno certi latroncelli eh se dicano cer soldati de Nro Signor apocho apocho robanno : hanno piìi peeor eh no hauemo noi

El Castellano doruieto: quanti branchi ce passano intende voler una bestia per braneho et cussi la fa robar : Et per no errar de hauer la peggio piglia qlla eh guida laltra Et mostrandoli la fida et lauetorita del dohanieri sela mecte sul capo et dice eh ha più auctorità de luj et eh non li commandar

A Bagnorea hanno vna certa patente eh mai più se vide una simile et quando el fidato pteisce vna hora li uoglìano far pagar la Gabella et la pena

Per la qualcosa intendendo qsto el fagiolani et altri affidati fiorentini eh hauiuano promesso venir sene sonno annali in quello de Siena Et se ve facemo intendare eh per qsti rspecti et per Peroscia maxime no ce' ve- nera più Bestiame furestiero

Lect. in Cam.^ ap.'^<^ die lune XlIIf Nouembr. 1497.

(Di fuori) P.o AugP de Chisijs

Dopo il n. 5 : « Praesentatio Motus proprii Leonis X. facta a Fran- cisco de Chisiis (sull'appalto della Tesoreria del Patrimonio) die / lunii 1^16 » (Scritture di Casa Chigi, voi. G, pag. 201).

Dopo il n. 6. A pag. 183 della Misceli. Chig., ms. R. V. d., v'è un sunto di contratto, in data 9 maggio 1502, riferentesi alla gabella dell'Ancoraggio nel porto di Civitavecchia, appaltata da Agostino Chigi insieme con Antonio di Villanova, castellano della rocca di Civitavecchia.

Agostino Chigi il Magnifico i6i

Nota (24) in fine. Ancora il CasteUo di Castro Celo, nel regno napoletano, è da annoverare fra le possessioni di Agostino, come si ritrae dalla seguente scritta:

(i) Dh quinta Octohris 1^1}

In Dei nomini Amen. Cunctis pateat etc. quod Anno etc. In mei No- tarij piihlici etc. presentìa personaliter constituti magnificns dominus Au- gustìnus Olisi de Senis mercator etc. sponse asseruit etc, diebus non longe decursis, nohiUm viriini Herculem de russis de gifono procuratorevi Illu- stris domini Ferdinandi Francisci de Auolos de Aquino marchionis Pi- scarie, ac edam Illustris domine Victorie Colunpne sue consortis, ac II- lustris domine Constancie de Auolos ducisse Francheville , recepisse et Imbuisse mutuo a domino Benigno Egidii nomine etc. ipsius domini Au- gustini ducatos mille de auro in auro largos, et illos restituere promississe eidem domino Angustino seudicto domino Benigno etc. infra vnum annum, et in casum in quem in termino supradicto, dictos ducatos etc. non resti- tueret etc. In eodem casu prefatum Herculem procuratorio nomine et prò parte dicti domini Marchionis dedisse in solutum etc. quoddam Castrum vulgariter nominatum Castro celo cum casali palatoli situm etc. in regno neapolitano in prouintia terre laboris iuxta territorium rocche sicché iuxta territorìum aquini iuxta territorium collis et alios etc. cum eius castro seu fortellitio hominibus vaxallis vaxallorumque redditibus rendentibus ca- salibus villis bonis et iuribus etc. Vt lacius etc. in quodam publico instru- mento etc. rogato per manus Federici de Carpanis de neapoli etc. die XXVIII proximi preteriti mensis julii asseruit hec et alia contineri. Sub- iunxitque dictus Augustinus etc. prefatum dominum Benignum etc. per àliud publicum instrutnentum promisisse eidem Herculi etc. Quod vbi infra ter- minum quinque annorum dictus dominus marchio voliiisset emere ab ipso domino Angustino dictmn Castrum et eidem solueret ducatos mille etc, in casu ipso vendere et perpetuo alienìire eidem domino Marchioni etc. dictum Castrum Celi etc. pront hec et alia ladies etc. in altero publico instru- mento etc. rogato per manus dicti notarij Federici dicto die XX Vili mensis lulij dixit contineri. Quibus omnibus etc prefatus dominus Augustinus etc. voluit instrumentum ipsum eie sutim debitum sortiri effectum etc. Ada fuerunt hec Rome ante Banchum ipsius Magnifici domini Augustini et ecclesiam Sancii Celsi presentibus etc.

I. Nota 161. (2) Inuentario de le robe consigJ" ad ms. Paulo de Torri da ser Fran."" potestà et castellano : stato per el Mag."" ms. Agostin Chisi

(1) Misceli. Chig., ms. R. V. e.

(2) Scritture di Casa Chigi, voi. A, pag. i5.

Archivio della Società romana di Storia spatria. Voi. VI 11

102

G. Cugnonì

ne la Roccha et Urrà di Porthfrcide scripto àixtintamets secudo ad fervi o bauerle haute lui: Et prima le robe haute da Chisi de Siena: quali sou queste cioè :

Vn pano de ra^a uso ad personali

Vnìcì Maglini grossi usi

Doi Maglie da cocina use de le quali una ne me^a rotta

Vna maglia bianca curta et usa

Doi maglie grosse adpiccate use

Tre maglie grosse adpicchate

Vna maglia grossa uergata usa

Quadro sacchette da g"no use et co"se

Cinq para de reti da fieno vse

Doi accepte grandi

Vna pendala et una laterna

Vn criuello de grano

Doi caldaroncelli de rame

Vna sechia de ramo da lauar mano

Sei candelieri de octòne

Quadro piatti de stagno tre grandi et un piccholo

Sei tondj de stagno

Sei scudelle de stagno de le quali una leuato tiido Iorio

Sei scudellini de stagno

Doi padelle co la mescola

Quadro cultelli piccolj et tre g"ndj

It. tre altri cultelli piccholj

Quadro Lucerne use

Vn raniaiolo uso

Quadro fundelli

Quadro saliere

Vn bacino dodone '

Sei len:(ola fra bone triste

Vn panno de taula

Doi asini forniti de inbasti et funj.

Seguitano le Robe che disse hauer haute da Salinbene petroni per lin- frascripti pre:(i et primo cioè :

Braccia XXI de maglie none alla parisina per libr. . . . L. 2^ Lensola tredici fra bone et triste fra le quali ce ne uno i trepe%i. p. 20

Sei maglie quadro bone et doi use et triste p. 2y

Dodici maglìoli sottili usi p. 6

Tre sciuccatori da capo usi p. 21} io

Una guardanappa p. 5

Doi tappeti boni et tre tristi p. 21

Agostino Chigi il Magnifico i63

Vita spalliera et una portiera iiechia et usa p. i(,

Vn letto uso et uechio co coltra rosa et capatale et saccone . p. 26 Tre balestra frollane co trincaccj et montini p.

Vna lettiera in sala

49

Vn letto, doi capatali et un panno hiancho usi per lihr. . . ^9

p. u

Tre paiolj cum callari, doi piccolj et vn grande, et un collarone

doi pignatti de rame de peso in tucto de lihr. ^2 . . . p. 21

Vn scallaletto de rame />. j

Vn paio de molli, doi spitoni: una graticula: et una pala de

ferro da foco /,. 2

Più vasa de tirra

Doi monconi de torcia

2/j IO

30

14

Doi tank co 5 piedj et doi banchetti

Vn letto co una poltra: ttn cape^ale et una lettiera usi . . p. Doi me^e botti co some tre daceto \ Doi coppi doglio I .

Sei peli de taula ) ' ^"^^^ P- ^4

Vn cofanaccio tristo )

Dece peif de taub \

Una mastra ' i tucto

Un cassone grande 1

Cinque barilj

Tre barlecte

Doi bigon:(i p, 2

Vna botte co nino già heuto p. ^o

Stala doi et me:(o loglio jj

Seguitano le Massarie del Bottino et primo :

Vna cassa ferrata et detro

Vn bacino

Vn bocale

Vn ta:{one

Doi forcine ]> Tucli dargeto

Doi cuchiari grandi doi piccolj

Vn paio de salette

Quadro tondj

Quadro scudelle

Vna scuffia doro

Vn sagione de monachino forrato de raso negro

Vn sagione de accottonato negro sen^a maniche

Tre sciuccatori da capo

Tre para de guati da sparuierj

Vna barretta nona negra a doi paghe

164

G. Ciignonì

Doi barrette de tielluto negro

Tredici para de colse de più colori, et parte use

Quinici adsciuccatori corseschi i tre pe'^i

Sepie camise use

Vna pe\a de pano h'ancha cosila

Vna pe:(a de pano cilestra cusita

Vna coraiina hiancha co la brachetta

Tre targhe turchesche

Doi spade

Tre archi iurcheschj

Un ma\o de frecce

Un trincaccio de coio tristo

Doi coltre bianche use

Vn pano deletto biancho uso

Vna coltraccia usa

Tre cuffioncini depano lino

Tre fodere de guancialj

Septe sciuccatori de capo usi

Doi sciuccatori grossi

Vn cascino scoccato

Vna scatula co certe pietre de mare

Vn salone de lionato senza maniche: cioè de ciambelloi.o

Vn asciusccamani longo ad la turchesca

Vn pettinatoro de pano sottile

Doi tappeti tristi

Vna portiera piccola ad la turchesca

Vna maglietta

Vn lensolo bono

Vn lensolo tristo

Vn Untolo adnie:(ato.

Seguitano le Massarie et robe ha facts Ser Fran."" et cosignate come qui adpresso:

Tre lensola sottili far dco ser Francesco dal Frodo

Cinque Untola facte del panno compo dco ser FranS°

Vna maglia biancha ad la parisina

Vno sciuccamani grosso et piccolo

Vnaltro sciuccamanj grande

Vna tuaglia grande bona ad la parisina de braccia 4

Vna lanterna usa

Vna balestrina dacciaro ad Martinetto de bap.*" barbiero q'*le sta per libr. 4

Vna coperta da letto pelosa et laltra rasa

Agostino Chigi il Magnifico i65

Vn sacco longo uso

Cinq nia:(eUi de funi:

Vita accepta

Dot gabant da guardia, un biancho et laltro negro :

Vn focone de rame

Vn libro nono da coti

Dai statutelli de gabelle et anchor.

Vn Untolo uso eh e sop el ledo

Vna gratta cascio

Vn strapontino

It. 144 piccioli cagliaresi

It. mìlli et duceto aspri dargeto turchieschj

Quactro putaletti dargeto

It. uno smaldo dargeto co lamie del bacino

Vn ma^etto de bambace filata

Pe:^i . X . fra coscie et spalle de carne salata

Cinque pe:(i de lardo grandj . Tre rotolj de assogna

Vna botte: et un hotticino piene di uin greco

Vna botte di uin uermigUo piena

Quactro butti piene de uin biancho

Vna botte nota de la roccha comprata per ser Francesco

Doi mogia ul circa de farina

Staia X de grano ul circa

Quactro sete da cerner

Nota che le buttj piene : quelle del greco sondo de la roccha : qlla del uermiglio è de ant.° catalano: Doi ce ne sondo note: vna de mariotto Zuccalota: et laltra de paolo daltronino : et de le piene de uin biancho una nov : de Iheredi de grandino lombardo: et una de migliane: una nota che sa de muffa è de salinbe7ie : unaltra co laceto de salinbene puro

It. ce sondo X galline et ungallo

It. doi balle de seta spagnola admagliata

It. una cassa co la chiane

It. un altra cassetta longa sen\a chiane

It. staia doi et me-^o de sale

It. mcÀ^o staio de saletta

It. una catasta de legna

It. una sedia

Il vna sella co la briglia del cauallo morello morto

It. una striglia

It. un caldarino de rame:

E jo Fran."" de Someti nott." et castellano et potestà stato per dicto M.""

i66

G. Cugnoni

nis. Angustino Importerchole da mai-:io ijoj. Infine a di XV de giugnìo j)0^ affermo come de sopra et miso soli." scripto de mia mano.

Dopo il n, I. Da una lettera di Agostino al fratello Sigismondo, del i8 settembre 1510(1): a Se li falconetti et sacri sarano matidati Mipìacera assai Et hauendo trouato vno homhardiere come scrini uoleni cercare, Li farai vno salario honesto che mi par che stieno bene ». Da un'altra lettera, come sopra, del 26 aprile 15 16 (2): « Vedi se costi (in Siena) trouassi da comprare 2$ in 50 scoppietti dominali mandali a portercole per questi sospetti de mori che qui non nahbiamo trouati ».

Conuentiones Inter D. Aug.num Chisium et Mag.^^'"^ Cola Mathucij super edificatione Arcis Portus Herculis. (5) Die 22. Marti] 1^18. Mag.cus Vir d. Ang.^^^ de Chisijs patricius Senen. portus Herculis dnus ex una et Magr Cola Mathucij de Caprarola Ciuitatis Castdlan. dioc. architector partibus ex altera sup constructione erectione et edificatione cuiusd. arcis in loco portus Herculis erigende construende et edìficande deue- nerut ad infra*^ conuentiones pacta et capla. In primis vt Ipse Magr Cola Mathucij debeat et sic pmisit eid. d. Aug.f^ pnii construere erigere et edificare in dto loco portus Herculis et pficere vna arcem iuxta et secundu designa^ et specifica'"^ cuiusd. modelli p. dm Mag^ dnum Aug.''"^ dand. et consignand. eid. magro Cole omnibus eiusd. inagrì Cole sumptibus et expesis infra duos annos pxime futuros absq excep."^ quacuq. ita lame q cade arx sit bene et legaliter oc hi omni perfectione erecta constructa et edificata Et hoc prò pedo et nom.^ pecij Carlenoru None cu vno tertio alte^ius Carleni prò qualb . cana romatia Et ex nuc prò arra et pie solu.nis et pagameti pcij predicti prefatus Magr Cola confessus fuit et recognouit se Imbuisse et recepisse res. botta et massaricias ascenden. ad summS ducat. tercentoru triginta sex de Cari, in vna nec no in alia manibus ducs Centum de Carleni s siles inpropta et num.t'^ pecu.'^ de .quibus se bene contmtu uocauit etc. et prò laboribus fiendis in pia arce et residuu pcij ipe Dns Aug.^"^ pmisit eid. magro cole pnii etc. soluere secund. g. ipe laborabit seti secund. operatioe et erectioe quas faciet in dea arce Cu hoc g ipe magr Cola teneatur et sic pmisit accipere lapides decétes et congruas prò erectione cottstructione et edifica."' dc2 arcis in locis in quibus fosse designate existut prò fossibus eiusd. arcis oportunis et congruis et iuxta ipsius desig."' qua hic prò expressa hre voluit Ac

(i) Misceli. Chig., ms. R. V. e, pag. 45. {2) Ivi, pag. 76.

(3) Scritture di Casa Cliigi, voi. D, pag. 366; voi. G, pag. 399; Miscellanea Spithòver, pag. 14.

Agostino Chigi il Magnifico 167

etia cu hoc q. in euentii in' que ipé magr cola esset in mora in edificando còstuédo et erigédo et ud faceret làborare continue et decenter ita g possit pfici infra dtds duos annos g nunc et eo casti ipe niagJ d. aug."'" possit laborari et edificari.facere eavid. arce omnibus eiusd. magri Cole sum- ptibus et expis. Que ola eie. Actu Rome in do. pdtt Mag." dìii Aug"^ in regione trastiheri pntihcs Rnd. dmis Fraticisco Clementis cancelìarie ap.'^^ ndto substituto et magro Aloysio Jacobi de Neapoli test.

Dea die .

Cum hoc fuerit g dui heredes quond. Mariani de Chisijs et soci) mercres senéses R. Cu. se. ad instam magri Cole Mattucij de Caprola Ciuitatis Castcllatte dioc. fecefit pmissione J) eoru cedala banchi de soluédo dite Cecilie petri paiili de Cometa ducs Centu de Carlenis infra et p tota mésem mai) pxié futuru occaone tatoru bubalor. p eumd. magfum Cola ab ead. vt asseruit habitor. hinc est q ipe magr Cola sponse promisit èisd. mercatoribus licet absus dare et consig.''^ hic Rome et domi dti Dui aug."^ in trastiberi tanta lignamina prò horto dtt D. Aug."'- cògrua et decentia ascenden. ad eanid. suina iuxia ptius als inter eos conuèlu ad quod ipe magr cola rela."^ hfi voluit infra et p tota mése maij pxié futuru sine excep."' sic pmisit declaravit idem et accessit prò quibus etc. obligauit se sub penis Camere ap." iurauit etc. et prò eod. magro Cola

Gaspar magri Stephani de Suriano laicus pdté obligatìoni ducator. Centu in solid. accessit prò qiiib. se etc. sub penis Cam. ap.' iurauit etc. Act. Rome in horto pdcl D. augustini préntibus Francisco et Aloysio pdcls test.'''

P.

4.

« Deputatio Castellani arcis Portus Herculis facta a D. Aug."" Chisio illius pròno, et Dno (i)

<( Die jj" Octobris i^k). « Magnificus Dnus Augustinus de Ghisijs etc. Arcis Portus Herculis Dominus et Patronus, confisus etc. de legalitate etfidelitate Nobilis Viri Dìii Colae Mattucci) de Caprarola in eius, et dictae arcis Castellanum fecit etc. dictum Dnum Colam Mattucci) etc. cum salario et mercede quatuor du- catorum etc. prò quolibet mense etc. Et ex nunc idem Dnus Cola etc. sponte etc. promisit per se ipsum una cum quatuor suis famulis etc. tato tempore, quo dictae Arcis Castellanus erit bene, fideliter etc. custodire etc. restituere etc. dictam arcem etc. sub pocna etc. Quae quidem Castellani deputatio eie. censeatur durare ad beneplacilum praefati Magnifici Dìii

(i) Scritture di Casa Chigi, voi. D, pag. 441.

i68

G. Ciignoni

Augustini de. Actum Romae in Palatio ipsius Magnifici Diti Augustini sito in Regione Transtyherina Sub anno etc.

(c Nicolaiis Noirot Notarius ».

« Bretie hortatorium Clementis VII. ad Officiales Baliae, et Conser- uatons libertatis Reipublicae senensis, ut restituant D. Laurentio Chisio Oppidum Portiis Hercnlis, et nonnulla uasa argentea (i)

« Dilectis Filijs Officialibus Baliae, et Conseruatoribus Libertatis Rei- publicae Seneti senensibus.

« Dilecii Filij. Quaestus est nobis dilectus Filius Laurentius Chisius filius, et haeres quondam Augustini Chisij vester, et Romanus Ciuis, ac familiaris nost^r, quod licei oppidum Portus Hercnlis in nostro (uestro) Dominio ad eum legitinio spectet, tamen et illud, et ìionnulla vasa argentea notabilis valoris cum certis alijs rebus ad eum spectan. a vobis indebite oc- pantur. Quamobrem a nobis remedium, iustitiam (remedium iustitiae)» cuius debitores omnibus sumus, humilìter implorauit. Nos qui eundem Lau- rentium paterne dilìgimus, et vestram Rempublicam paterna charitate, ac nspectu prosequimur, ad vos prius scrihendum duxinius, vos hortantes, ac paterne requirentes, vt et oppidum, et vasa argentea, et suppellectilia praed.'^ eidem Laurentio corsu effectu restituere, et restituì facere velitis, Id erit nobis pergratum, tum ipsius Laurentij causa, tum ne cantra vos ad iustitiac remedia, ad quae inuiti descender emiis, ufo adducti officio, deuenire cogamur. Dat. Romae apud S. M. etc. Vili Augusti jpj (2) anno quarto

« Blosius ».

Neil' aprile dell' anno seguente £u fatta la restituzione del ricco pegno dalla Repubblica di Siena a Lorenzo Chigi con l'istromento qui appresso:

(3) (c In Dei nomine Amen. Anno Domini Millesimo Quingentesimo Vigesitno Octavo, Indiclione prima, Die nero nona mensis Aprilis, Cle- mente Septimo Summo Pontifice, et Dno Carolo Romanorum Rege Re- gnantihus

Cicm hoc fuerit, et sit, quod Magnifici Dui Officiales Baliae et Con- seruaiores libertatis ex.**' Ciuitatis Senensis in nfum CoUegium etc. conuocati età. Asseruerini se notitiam habere qlr eorum Respublica habet quasdam Margaritas, Gemmas pretiosas, Cortinaggia, Aurum, et Argentum, et quasdam alias res, et bona, quae fuerunt Nob. Viri Dìii Augustini de

(i) Scritture di Casa Chigi, voi. G, pag. 377.

(2) Nella copia la data è, con manifesto errore, « Vili Augusti 1538

(3) Misceli. Chig., ms. R. V. d., pag. 106.

Agostino Chigi il Magnifico 169

Chisijs Mercaioris Seiiensis, ed hodie suoriim haeredum. Et Andito Dno Hieronymo AUxandri de Venturie Prore, et prdrio nomine RA^ Dni Phi- lippi de Sargardis Prothonotarij Apostolici, Dndrum Praesidentiiwi, et Clericornm Camerae Apostolìcae Decani, Tutoris, et Curatoris prò ipsor. Mag.'^°^- haerediini hon: meni: quond. D. Augtistini de Chisijs praedicti, et eo nomine petente ab eortcm Republica, et Mag.^" Dìlis Baliae siti dt7> nomine restitiii dtas margaritas, gemmas pretiosas, auriim, et Argentum, et omnes alias res, et bona penes dtam Rempnhlicam, seti Mag.'^"' Dìios Baliae existen., et ad d."' haredes, et eortim Tiitorem, et Curatorem etc. spectan. et pertinen., proni de eius mandato ad dtam, et infram faciendam constare nidi, et ligi, pnblicaui Instrum rogatum, et pttblicatum manti ser Petri Paiili Armini Notrj publici fact. sub die 24 Marti] proxime praeteriti, et Voiis, et Siipplicationibus suis, tamquam iiistis faitorabilr annuen., Ctipientes, quod in bis, quae a rationis tramite non discordant se liberales exhibere pronos, atque benignos ut supra in numero sufficienti Congregati etc. decreuerint, et deliberauerint, quod dictae Gemmae, Mar- garitae, Aurum, et Argentum, ac res aliae etc. dictis haeredibus restituan- tur etc. Pro quarum Gemmarum etc. restitutione ehgerint, et deputaue- rint etc. Cupientes pta, et injrapta debitae executioni mandare, receptis prius clauibus locorum, in quibus sunt dictae infrascriptae Gemmae etc. una cum mag.'^° et Generoso Equite Diio Antonio Episcopi Rectore Operae Ecclesiae Cattedralis Senen. d.'" D. Hieronymo de Venturis Prdre, etc. Contulerunt se in primis ad Ecclesiam Cattedrahm Senen., ad Cappellam S. lohannis etc. in quo erat tunt infrapta Archula, seu Cassetta clauata cum infraptis Gemmis, Margaritis, auro, et argento. Qua aperta, pfati Mag.^'- Dni Commissari] etc. acceperunt dictam Archulam infrascriptam clausam, eamque etc. portare fecerunt etc. ad Domum d."'^ Operae habi- tationis pfacti Dili Antonij Epi, et ea aperta etc. consignauerunt etc. D. Hieronijmo de Venturis Prdri etc. dtam et infraptam Archulam cum infraptis gemmis etc.

Gemmae autem, Margaritae, Aurum, et Argentum, et alia, de quibus sup. fit mentio, sub maxime infraptae uulgari sermone descriptae.

In primis una Cassa di Christallo di longhe:(^a di 5/9 in e.** fornita tutta d'argento dentroui V Infrascritte Gioie, e cose inscritte molto belle.

Vna Collana d'oro a bronconi con dieci balasci grandi et perle Cento trenta, cioè 1^0 grosse.

Vna Crocetta con cinque Diamanti legati iti quella come perle grosse in un bossolino.

Vn Bossolino con uno smalto uerde, con una Testa d'oro, e circon- dato d'oro.

Vn Bossolo d'argento lauorato di straforo con suo Coperchio dentroui Trentanoue Turchine cioè Turchiae 59. inuolte in carta Gialla.

170

G. Cugnoni

Vna Natdcella di maniperla in uno Scatoìino.

Vna Scatola d'argento ìoiiga con suo Coperchio lauorata di straforo, dentroui un ditale con none Rubini, et Vna Corniola legati in oro, Vn altro Bossolìno in detta Scatola.

Vna Medaglia dentroui un'Agata.

Cinque Corniole, quattro legate, et vna sciolta.

Vna Plasma legata in oro.

Vna Collanina d'oro con ij. Smeraldi hucarati.

Vn Moccichino dentroui Dodici perle, otto in Coppia, e quattro scop- piate, et Sei Diamanti in Castone, et Sei Rubini in castone, et un ba- lascio sciolto, belli.

Vn bussohtto di Cuoio con un Agnus Deo fornito tutto di perle, et un balascio da pie d'oro con una Assunta, et Crocifisso d'oro sodo, belli.

Vno scatolina di legno, dentro tre Anella da cuscire d'argento. Dui acorainolì, et dui scatolini lauorati d'argento.

Vno scatoìino di legno, dentro vna Vasetta d'agata col pie d'argento, e suo Coperchio belli.

Vno scatoìino d'auorio, con sette perle, due Grosse, e cinque vie^:(ane non hucarate, et una perla legata in oro belle.

Vn' altro scatoìino con Tre perle grosse a pera belle.

Vn Bossolino d'Auorio dentroui un Cornicino di Serpente legato con un poco d'oro.

Vn ditale di Carta, con none Anella, cioè due Turchine, Vna grande, et Vna me^cina, et Sei Rubini et dui cerchietti.

Vn pelalo d'Agata Grande con un Aquila.

Sessantanoue pe^^i fra Agate, Topati), e Corniole.

Cento Vintisei medaglie d'argento con uno Scatoìino.

Trent'una medaglie d'argento in una Carta, fra grandi e picciole.

Vn Pendente con un' Aquila, Cinque Diamanti, Dui Rubini, Vna perla grossa a pera, et Sei Smeraldi attorno belli.

Vn Gioiello con un Smeraldo, un Diamante, et un Rubino belli.

Vn' altro Gioiello con un Diamante a faccia, et un Rubino bellis- simi.

Vn ditale con un smeraldo, e dui Rubini belli.

Uno Scatoìino con Trentasette perle di piii sorti.

Vn Balascio con un Castone d'oro.

Vn Zaffiro Tento con un Rubino.

Vna Rosetta con cinque Diamanti sfacciati con una perla da Capo manca una Pietra.

Vn Carneo con sei perlu:^e, et sei rubini.

Vn Ditali con otto anella. Quattro fra Diamanti e Zaffiri, Vna Tur- china, Vn Canteo, Vna Fede, et un Zaffiro Tento.

Agostino Chigi il Magnifico 171

Vn' altro ditale con otto anella, Vito Smeraldo, Cinque Diamanti, et Tre perle.

Vna Crocetta ài Vinti Diamanti, e Tre perle. Vna Rosetta di Cinque Rubini, et una perla. Vn Baiaselo legato in castone. Vna filw^a d'oro.

Vno Capo di forcina, Vn Cameo sciolto. Vna botta. Ada fuerunt pia Senis in Domo dictae operae etc,

Ego lohannes Ser Andreoccij not.' rog.^

In Dei Nomine Amen Anno, Indictione, Pontificatu, et Imperio prae- dictis, die nero decima eiusd. mensis Aprilis.

Dominus Hieronymus de Venluris suprascriptus Pròr etc. fuit con- sessus et recognouit etc. ultra gemmas etc. habitas et receptas etc. Imbuisse et recepisse etc. omnes alias infraptas Gemmas, aurum, et argentum, et bona infrascripta existentes, et existentia, et quae reperta fuerunt in quo- dam Cassone clauso existenti in Consistorio Mag.'"^- Dominor., et Capi- taneì III. Reipub. Senen., quae fuerunt, et sunt haeredum pti Dni Augu- stini de Chisijs etc.

Gemmae atitem, Margaritae, aurum, argentum, et res aliae, de quibus supra ft mentio sunt infrae uulgari sermone descripiae.

In prima Tutte le Gioie, Margarite, oro, argento, et altre cose de- scritte sopra nel precedente Contratto, et V Infrascritte, quali erano in Con- cistoro predetto contenute ecc.

In prima sette pe^^i di Cortinaggi d'oro per una Cuccia belli.

Sei pe'^i di Cortinaggi d'oro, e seta bianca per una Cuccia belli.

Due guanciali d'oro, e seta bianca belli.

Vn paro di Candelieri d'argento belli.

Vna pace d'Argento bella.

Vn Vaso d'una Noce d'India con pie e Coperchio d'argento.

Vna sega di legno dorata bella con denti d'argento.

Vn paro di Speroni di Rame dorati.

Vn Vaso di Diaspro ad uso di Drago con Capo, piedi, Ale, et altri finimenti d'argento.

Vno Scatolino di profumi smaltato dentroui una Chiana Cuore d'ar- gento, due palle d'argento, Vn Crocifisso d'oro, et Vn Ceraio di Vetro.

Vno Calice col pie. Coppa, e patena d'argento.

Vn Bossolo di legno con diciotto grossi d'argento dorati.

Tre Anella, cioè Vn Rubino, Vno Granato, et Vn' Agata, . Vna Ca- tena di Rame.

172

G. Cug?iom

Vna Nostra Donna in uno Trono d'oro con dieci diamanti piccioli, e perle 52, con suo Coperchio.

Vna Croce con Christo in Croce, con uno pie a Triangolo, tutto d'ar- gento indorato.

Tre Cortelli con manichi d'argento. Actum Senis in Coli." Baliae etc.

Ego Johannes quon. Ser Andreoccij Not.^ Baliae rog.'

(continua)

G. Tomassetiì lyS

DELLA CAMPAGNA ROMANA

NEL MEDIO EVO

(Continuazione, vedi voi. V, pag. 653).

Vìa Flaminia.

Una delle più nobili vie romane fu la Flaminia aperta nella prima metà del sesto secolo di Roma da quel Caio Flaminio, che peri nella famosa sconfitta del Trasimeno. Conduceva a Rimini, donde fu protratta ad Aquileia per opera del figlio di Flaminio stesso. Usciva dal primitivo recinto urbano per la porta Ratumena, ch'era nella gola tra il Campidoglio e il Quirinale, molto angusta prima che Traiano facesse costruire il suo Foro, e procedeva in una Hnea retta più o meno corrispondente alla nostra via del Corso fino al ponte odiernamente detto ponte molle; e quindi si volgeva sulla destra, più presso al fiume che non la Flaminia moderna. Delle stazioni della via Flaminia che ci forniscono gl'itinerari antichi, entrano nei limiti topografici di questo lavoro le prime cinque, che coincidono coi moderni luoghi di ponte molle, di prima porta, del monte della guardia, di Morolo e di Acqiiavlva (nome antico) presso Civita Castel- lana. Nel nuovo recinto urbano di Aureliano, la via Fla- minia ebbe la sua porta omonima, sul cui sito preciso gli archeologi finora non sono stati concordi; ma dopo nuovi studi fatti e nuove scoperte avvenute può affermarsi senza verun dubbio che la moderna porta del Popolo coincida colla porta Flaminia del recinto Aurelianèo (i). Per quanto

(1) I topografi moderni, dal Donati al Becker, eccettuati Fea e Piale, hanno tenuto l'opinione che la porta Flaminia stesse più a destra della moderna, sulla pendice del Pincio, opinione basata

^74

G. Tomassetti

dal secolo quarto in poi, cioè dall'età trionfale del cristia- nesimo, sia divenuta maggiore la frequenza e perciò l'im- portanza della via Clodia, siccome quella che conduceva

sul testo di Procopio, che nella guerra gotica (I, e. 23) scrisse es- sere tal porta situata in luogo dirupato e poco accessibile : àv x"P".* x.p-niJivu5ei, xei[AsvT) J.iav sttìv eÙTTpóo-O'^'o;. Ma si è provata la conti- nuazione della linea dei sepolcri, incominciando da quello pirami- dale già esistente al di qua della porta, segnato nella pianta del BuFALiNi, proseguendo con un altro fuori della porta, segnato pure nella pianta suddetta ; con un altro gruppo di sepolcri scavati sotto i miei occhi nella fondazione delle case dei signori Valle e Menotti nel 1872. duesti sepolcri corrispondono con altri conosciuti come esistenti sulla destra della via moderna, come per esempio colla chiesa di s. Andrea, costruita su di un antico sepolcro (Venuti, R. aiit., II, pag. IDI. EscHiNARDT, Descrii. di Roma e dell'agro rom., pag. 194). Inoltre sappiamo che la porta Flaminia fu sotto Gre- gorio II, cioè nei primi anni del secolo ottavo, e sotto Adriano I, soggetta alle inondazioni del Tevere (Lib. Pont., in Greg. II, n. 6, in Hadrìano, n. 94). Finalmente essendosi testé demolite le due torri laterali, sonosi rinvenuti entro le medesime gli avanzi delle torri di Onorio ; fatto che non permette ulteriore discussione sull'argomento. Adunque la porta Flaminia era la stessa che la presente ; ed il testo di Procopio devesi intendere in lato senso, cioè che la porta era difesa da fortificazioni poste in luogo scosceso, sul contiguo Pincio (cf. C.L. Vi- sconti nel Bull. Archiol. Coinunah, iSj-j, pag. 207-212). Le memorie antiche della via Flaminia consistono in alcuni luoghi dei classici scrittori che la ricordano come fiancheggiata da sontuosi sepolcri e da ville (Cicerone, Philipp., XII, 9. Livio, Epit., lib. 20; Hist., lib. 39, 2. Strabone, lib. V, 2. Ovidio, De Ponto, lib. I, 8. Gio- venale, Sat., l, V. 170). Se ne deduce che non era seconda alla Latina, ma soltanto all'Appia in fatto di monumenti. Io faccio os- servare che il numero dei nomi colla desinenza in annui, per lo più indizi di ville o vasti poderi, è più grande lungo la via Fla- minia che sulle altre. I monumenti pòi della Flaminia superstiti fino a memoria nostra, o dei quali ci è pervenuta la notizia, sono nu- merosi e insigni. Veggansi alcuni registrati neirAccnrata... descri:(_. di Roma antica del Venuti (voi. 2) tutti poi enumerati nella citata mo- nografia del comm. Visconti. Molte iscrizioni pagane ricordano la via Flaminia. Non se ne può agevolmente riunire la serie finché non saranno editi tutti i volumi del Corpus. Accenno soltanto quelle che

Della Campagna Romana lyS

direttamente al Vaticano, tuttavia la Flaminia non fu tra le vie che rimasero abbandonate. Imperocché comunicava essa, come ognun sa, colla Clodia presso il ponte Milvio; e perciò ne divideva, quantunque in minor parte, i van- taggi. Inoltre costituiva sempre l'arteria di comunicazione tra Roma, l'Umbria e la Romagna (i); quindi non cessò

ho nelle mie note. Alcune riguardano l'amministrazione della me- desima (WiLMANNS, II 79. Marini, Atti Arv.,-pa.g. 6']2. Orelli, 2285, 2648, 3183. Kellermann, Vìgiì. rom. lat., 243. Henzem, 6049), ^^^""^ spettano a luoghi lontani dalla città (Henzen, 5360, 5580). Altre furono trovate sulla strada, presso Roma, e quindi hanno valore topografico: (Corpus, voi. VI, 4, 5, 6, 1016, 2 161, 2765, ecc. Vi- sconti C. L., 1. cit., pag. 201, 202. GoRi F., Annoi. Istit., 1864, pag. 120-135. Marucchi Orazio in Bull. Comunali, 1877, pag. 255. Lanciani comm. R. in Bull. Comunale, 1878, pag. 270; 1880, pag. 49, nella Silloge aquaria dal n. 306 fino al 316; Noti:(ie degli scavi, 1879, pag. 16, 115, 116. Fea, Varietà di noti-^ie, pag. 159, Fabretti R. in più luoghi). Quando furono scoperti i sepolcri presso il nuovo ga- zometro dai signori Valle e Menotti, insieme colla lapide di L. Te- natius VahnÈ, importante per la rara menzione della coorte XI pretoria {Corpus,Yì, 2765), trascrissi ancora questa, ch'era in un cippo fastigiato ed ornato di pilastrini :

C . NVMMIVS COL SEVERVS

VIX ANNIS XX M Vini

D XV C NVMMIVS CARINVS

VIX ANNIS III M Vili D

XV-NVMMIA PHAEDR

A D I S M A N I B V S MiiS (filiis?)

SVIS FECIT

Enumerando sepolcri e lapidi della Flaminia il Venuti ricordò una vigna Bnccardini, della quale il eh. Visconti dichiarò di non avere rintracciato il sito. Neppure io sono riuscito a far ciò. Sol- tanto in conferma della giusta ipotesi dell'egregio scrittore, che tal vigna fosse prossima alla porta, posso notare che nel registro delle tasse di Roma del 1567, che si trova all'Archivio di Stato (docu- mento X) si legge, tra i nomi dei proprietari prossimi alla porta del Popolo, Hortensia Bucciardina.

(i) Che la via Flaminia fosse chiamata nel mtà\o &vo Ravennana dalla importantissima comunicazione che formava tra Roma e quella

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mai di essere percorsa, all'opposto di quanto ebbi occa- sione di osservare per la via Ardeatina. Finalmente se in tempi di religioso fervore per le memorie dei martiri giovò grandemente ad alcuna delle vie suburbane l'esistenza di qualche santuario ad essi dedicato, siccome abbiamo già veduto sull'Appia, eziandio questa sorte non mancò alla via Flaminia. Di questa cosa dirò prontamente ora, enu- merando le vicende onomastiche della porta, sulla quale tengo tuttora immobile il lettore dal principio di questo paragrafo. La porta Flaminia dunque ebbe nel medio evo quattro denominazioni più o meno successive. Anticamente conservò il suo nome primitivo, col quale apparisce tre volte nell'itinerario, che noi diciamo di Einsiedeln, del secolo ottavo (i). Ma nella descrizione di Roma attribuita a Guglielmo di Malmesbury (secolo xiii), che sembra molto più antica di lui e inserita nella sua istoria, troviamo la nuova denominazione della porta indicata siccome recente, dicendovisi : secnnda porta flammea quae modo appellatur sancii ualent'mi (2). Supponendo col De Rossi, che siffatta descrizione risalga al settimo secolo, dovremo ricercare la ragione storica di quella mutazione di nome in quel tempo. E l'abbiamo chiara e determinata nella notizia che il libro pontificale e l'anonimo detto Salisburgese ci somministrano, avere cioè i pontefici Onorio e Teodoro (che sono ap- punto del settimo secolo) magnificamente ristaurato la chiesa di s. Valentino eretta fin dal quarto secolo sulla via

celebre città, lo abbiamo dalle note topografiche del Maìmeshuriense (Urlichs, Cod. top., pag. 87), la qual cosa favorisce non poco la sentenza del eh. De Rossi (Roma sotierr., I, p. 146) che affermò essere quelle note del settimo secolo, ben cioè più antiche del compilatore inglese, che le inserì nella sua istoria. Infatti le relazioni tra Roma e Ravenna erano quasi cessate nel secolo xii, età dello storiografo, od almeno non v'era motivo per dar luogo a quella denominazione.

(i) Porta fiamima (sic) cf. Urlichs, Cod. top., pag. 66, 70, 78. Jordan, Topogr., I, pag. 353.

(2) Idem, ivi, pag. 86.

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Flaminia da Giulio I, presso il sepolcro del martire stesso (i). S'intende flicilmente che la popolarità del culto tributato a s. Valentino, e la sontuosità della sua nuova basilica detta nell'epitome Salisburgese de ìocis ss. martyrum, che spetta parimenti al settimo secolo, mirifice ornata (2), deve aver dato luogo alla nuova intitolazione della porta. Ciò non significa che il nome classico sia cessato, perchè questo ri- tornò sempre per lo meno associato a quello religioso. Cer- tamente la curia romana accogUeva volontieri e preferiva la nuova denominazione. Infatti la seconda menzione che abbiamo della porta di s. Valentino, e senza l'associazione del nome antico, si è nella bolla di Sergio II in fiivore del monistero di s. Silvestro in capite, uno dei più grandi, forse il massimo dei possidenti sulla via Flaminia nel medio evo (3). Dal testo alquanto lacero di tal diploma, una trascrizione del quale fritta nel secolo xi è nell'archivio di s. Silvestro (ora nell'archivio di Stato) impariamo che nel secolo ix, essendo l'anno 844 quello della bolla, Sergio II concesse ai monaci di s. Silvestro, oltre la porta medesima coi di- ritti annessi e terre di qua e di della medesima, il monte di s. Valentino fuori detta porta, la chiesa di s. Valen- tino compresa nella parola monasterium e il ponte Molle col suo pedaggio, affinchè i monaci stessi potessero rifab-

(1) Lih. poni, in Theodoro, e. 5. De Rossi, Roma soli., I, pag. 136.

(2) Urlichs, ivi, pag. 82.

(3) La maggior parte delle notizie spettanti al tronco suburbano della Flaminia provengono dall'archivio di s. Silvestro in capite. Non è necessario ch'io insista sul valore dei documenti contenuti in detto archivio, vera miniera di notizie topografiche urbane e suburbane. Viene ora conservato nell'Archivio di Stato in Roma, e consiste in una serie di pergamene, la più antica, delle quali è la bolla di Sergio II, di cui do un cenno nel testo, in tre volumi d'inventario o sommario di documenti, lavoro moderno ben compilato, ed in un volume detto compendio di bolle, ecc., dall'anno 775 all'anno 1573. È deplorevole il fatto che molti degli antichi documenti non sieno pervenuti al- l'Archivio di Stato, e perciò ne sia defraudato ogni studioso.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 12

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bricare il decadente loro cenobio. Ora nel testo suddetto è scritto: concedimus perpetuo portam quae vocatiir s. Ua- lentini, ecc. (i). La terza notizia della porta col nome stesso proviene dalla fonte del genere medesimo, cioè dalla bolla di Agapito II, che nell'anno 955 confermò ai monaci di s. Silvestro le concessioni di Sergio foris portam s. Ua- lentini, e nella quale per quattro volte troviamo essa porta cosi esclusivamente nominata (2). La quarta indicazione identica della porta si legge nella bolla di Giovanni XII, ch'è del 9^2 (3). Tuttavia nelle Mirabilia del codice Va- ticano 3973, che sono al certo posteriori di tempo a tutti i documenti finora citati, si trova la porta additata col nome di Flaminea; ciò che dimostra non essersi potuto cancellare il nome classico dalla popolare diffusione del culto prestato sulla via Flaminia al martire Valentino (4). Così Pandolfo Pisano, ch'è del secolo xii-xiii, nel de- scrivere l'entrata in Roma di Roberto Guiscardo, chiama Flaminia la porta (5). Nella Graphia poi si legge pa- rimenti l'antico nome (6); e ciò conferma l'idea del eh. prof, loRDAN, che questa descrizione di Roma spetti alla prima recensione delle Mirabilia ch'è del secolo xii (7). Ma già nel secolo xiii si affaccia il nome recente, cioè in un atto dell'anno 1293, nel quale alcune vigne sono indicate extra portam sce Marie de Popido (8). Nella pianta di Roma, del secolo xiii, eh' è nel Cod. Vatic. i960, la porta sembra nominata seti valentìnì (9). Nella seconda

(i) Carletti, Memorie istor. crit. delia chiesa e monist. di s. Silve- stro in capite, pag. 179.

(2) Marini, Papiri, pag. 38. Jaffé, pag. 320, 1* ediz.

(3) Idem, op. cit., pag. 45. JafiÉ, pag. 322.

(4) Urlichs, op. cit., pag, 92, 106,

(5) Rer. Ital. Script, III, pag. 313.

(6) Urlichs, op. cit,, pag. 115, 119.

(7) loRDAN, Topographie cit., II, pag. 362,

(8) Cod. Vat. 8050, f, 67.

(9) De Rossi, Piante icnogr. e prosp., tav. I,

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recensione delle Mirabilia, che si attribuisce al cardinale di Aragona (secolo xiv) la porta Flaminia è detta porta Flaminea quae dicitur sancii Vahntini (i). La stessa indica- zione abbiamo nella poUstpria di Giovanni Cavallini, ch'è del secolo xiv (in fine), ove comparisce ancora la terza denominazione in queste parole : porta flaminea dicebatur a flamine sacerdote martiali.... alias.... dicitur porta sci tia- lentini per quam itur ad dictam ecclesiam.... hodie dicitur porta de populo a multitndine popnlariiun degentium itixta e ani ante tempora Roberti dncis dicti belli Uiscardi de Normandia ducis Apulie qui loca finitima diete porte populauit bonis et com- bussit incendio corruptìs per eiini nonnullis ciuibus romanis de genere buchapeciidum.... al iter.... dieta est porta de populo propter nimiam frequentiam forentium popularium intrantium et exeuntium per eandem prò expiatione peccatorum huius (sic) populorum meritis beatoruni apostolorum Petri et Pauli (2). L'anonimo Magliabechiano, come più recente di età (se- colo xv), nella sua indicazione abbandona il nome del medio evo, cioè s. Valentino, e ritenendo l'antico vi ag- giunge, come già adottato, quello moderno : flaminea porta est porta populi (3). Nelle piante di Roma, del secolo xv,

(i) Urlichs, op. cit., pag. 127.

(2) Jdevi, pag. 142.

(3) Idem, pag. 151, 152. La denominazione di s. Valentino che l'anonimo attribuisce ad una porta pompeiana dev'essere uno dei tanti errori dell'anonimo stesso, a meno che non sia stata letta o scritta male invece di pinciana dal primo autore donde egli trascrisse. A costui sarebbe in tal caso da attribuirsi la speciosa ragione del nome quae dominus ... a Pompeio denominata uoluit, qcc. Del resto io penso che la porta s. Valentino per tutto il medio evo, rimanesse in pro- prietà della chiesa di s. Silvestro, e che non fosse in genere acces- sibile al commercio; perciò la porta Pinciana che vedremo al suo luogo essere stata chiusa nel principio del medio evo, venne ria- perta, e dovette (a mio credere) far le veci della Flaminia divenuta un possesso privato. Il Gregorovius riportando l'elenco delle porte di Roma di Ambrogio Spanocchi, tesoriere pontificio del 1454, notò con una certa maraviglia che non vi sia la porta del Popolo anno-

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si scorge la nostra porta col nome di flammea q. d. (quae dicitur) porta populi (i), ed anche col solo nome flam'mia (2). La quarta denominazione eh' ebbe questa porta cioè flu- mmtana comparisce nella pianta di Alessandro Strozzi, ch'è del secolo xv, ove leggesi p. fliimentana p. s. M.^ del popolo (5). La prossimità della porta al Tevere spiega sif- fatto nome. Fu esso prodotto ancora dal Biondo (4), flumentana fune flaminia, e dallo Smezio in proposito di una iscrizione spettante alla ripa vicina (5). Nelle piante eseguite sulla fine del secolo xv, come nel celebre panorama ch'è nella biblioteca di Mantova, edito dal De Rossi, si trova sempre il titolo moderno, óoh porta del popolo. Dalle fonti che ho allegato si scorge chiaramente la debolezza dell'opinione del NiBBY e seguaci, che cioè il nome del popolo non fosse anteriore al secolo xv (6). Infatti se accettiamo l'origine della nuova denominazione della chiesa dedicata da Pa- squale Il a s. Maria come patrona del popolo, ovvero dall'essere stata costruita essa chiesa a spese del popolo romano, sempre partiamo da un fatto che risale al secolo xii. Se ci persuade di più la ipotesi verosimile del eh. cav. Cor- visiERi, che il nome popiiliis sia rimasto alla chiesa ed alla porta nel senso parrocchia, siamo parimenti ben più indietro del XV secolo (7). Del resto la porta Flaminia ch'ebbe nel- l'età media numerosi fasti, dall'ingresso di Costantino vincitor

tata fra quelle alle quali si pagava la gabella (op. cit., lib. XII, e. 7, § 5). Colla ipotesi della proprietà suddetta mi sembra essere spie- gata tale mancanza. La Pinciana invece vi è annoverata. (i) Nel Cod. Vat. Urb. 277. De Rossi, op. cit., tav. III.

(2) Cod. bibl. naz. Parigi, fond. lat, 4802. De Rossi, tav. II.

(3) Cod. Laurenziano del Redi, 77. De Rossi, tav. IV.

(4) Biondo, Historicar., decas II, 3.

(5) Cf. Corpus Insci: Lat. VI, p. I, pag. 258.

(6) NiBBY, R. Antica, I, pag. 139. Nella monografia dette mura di Roma, egli avea detto che il nome det popoto risaliva alla fine del secolo XIV.

(7) CoRVisiERi C, Dette posierule tiberine, pag. i, 2.

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di Massenzio nel 312, fino a quello di Carlo Vili nell'ul- timo giorno dell'anno 1494, ebbe ancora il suo patrimonio di leggende, come tanti altri monumenti romani nel medio evo. Imperocché si trova prossima al colle degli orti, detto poi Pincio dalla famiglia dei Pinci, che v'ebbe la sua di- mora, sulla pendice del quale sorgeva un albero infestato dai demoni, che quivi avevano sepolto il cadavere di Ne- rone. A questo fatto è associata l'origine della chiesa di s. Maria del popolo. Parimenti si credeva che in una torre la quale stava sulla via Flaminia, prossima alla porta, ma dalla parte interna, apparisse lo spirito di Nerone (i).Nèda questa sola parte pagava la porta Flaminia il suo tributo al genio dell'età medievale, che dall'esterna eziandio essa confinava quasi con una rovina antica rivestita ancor essa di romantica leggenda. Questa è tuttora in piedi, e può da ognuno contemplarsi sotto il muraglione esterno del Pincio, presso l'antico cancello della villa Borghese. É un masso di costruzione in gran parte laterizia, di opera re- ticolata, che ha una pendenza di un metro verso la via. Può credersi che fosse una delle torri sostenenti le mura degli orti dei Domizì. Alcuni hanno giudicato che fosse un antico sepolcro piramidale, per ispiegare la pendenza, che altri vogliono causata da un terremoto (2). Questo

(i) Di questa torre, ch'era un sepolcro antico, e della sua demo- lizione veggasi quanto narra il cit. prof. Visconti nel Bull Arch. Covinnale, iSjj. La più antica rappresentanza si vegga nella cit. opera del comm. De Rossi, Piante ecc. di Roma, tav. 12. Sulla origine della chiesa e sulle tradizioni relative si veggano De Albertis Ja- cobus, Historicarum sanctiss. et gloriosiss. virginis Deiparae de populo aìmae urbis compendiutn, Roma, 1599, P^»- 3-iO- Landucci Ambrogio, Origine del tempio dedicato in Roma alla V. Maria, Roma, 1646, pag. 9. Panciroli Ottavio, Tesori nascosti dell'alma città di Roma, ecc., Roma, 1625, pag. 448-50. Graf prof. Arturo, Roma nella memoria e nelle imaginaiioni del medio evo, voi. I, pag. 353-55.

(2) EscHiNARDi, Descri:^. di Roma e dell'agro rom., pag. 192, 19 j. Becker, Topographie, pag. 198. Nibby, Roma ant., I, pag. 141, II,

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rudero si chiama muro torto, moderna corruzione di murus ruptus, come fu chiamato nel primo medio evo. La sua leggenda risale al secolo sesto, essendoci raccontato da Pro- copio nel luogo già da me citato per la porta Flaminia (I, 23). L'occasione del racconto è la storia dell'assedio posto dai Goti comandati dal re Vitige a Roma difesa da Belisario, nell'anno 537. Dopo un primo combattimento presso il ponte Salario, i Greci superati dal numero dei nemici ritiraronsi sul monte, che fra poco io dimostrerò essere il moderno colle detto dei Parìoli. Quindi Belisario rinunziò alla lotta esterna, però non senza opportune sor- tite, e Vitige intraprese l'assedio regolare. Ora nella difesa generale della città, Belisario voleva munire anche l'angolo delle mura Pinciane, cioè il murus ruptus; ma i Romani non gliel permisero affermando che l'apostolo s. Pietro aveva cura di difendere quel muro misterioso. Il fatto in- tanto favori la leggenda, perchè in più assalti, che i Goti diedero alle mura, non si rivolsero mai contro quella ro- vina, con meraviglia di Procopio" stesso, che aggiunse es- sersi per venerazione mantenuto quell'avanzo isolato. Ed esso è rimasto, e rimane sempre tale. Ma non finiscono qui le curiosità del muro torto. Nel medio evo ebbero sepol- tura presso il medesimo le donne di mala vita (i), e in tempo anche più recente uomini e donne che morivano impenitenti (2). Quindi mi sembra poter essere derivato il nome di muro malo, con cui venne talvolta designato nel medio evo. Le suddette circostanze diedero luogo a

pag. 314-18. NiBBY, !,(; mura di Roma, pag. 310-314. Nella tavola IV è disegnato questo muro dal Geil. Nell'anno 1789 presso questa torre fu scoperto un sotterraneo destinato a cella vinaria, pieno di an- fore; e fu illustrato dal visconte D'Agincourt (Recneil de Jragments de sctiìpture antique en terre cuiie, pag. 45, planche XIX).

(i) Adinolfi, Roma nel m. evo, I, pag. 84. Io credo che vi fosse il sepolcro per le sole meretrici morte impenitenti; la notizia che segue mi sembra confermare questa ipotesi.

(2) EscHiNARDi, 1. cit.; Venuti, Roma ani., 1. cit.

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popolari tradizioni di comparse di spiriti e ad altre simili malinconie, delle quali intorno a questa celebre porta temo di avere abbastanza, e forse troppo, trattenuto i lettori. Prima di incamminarci sulla via darò un ultimo e più serio cenno sul muro torto. Questo masso non è privo di storia diplomatica; ed ecco quanto mi è riuscito raggranellarne. Una pergamena di s. Maria in via Lata del 102^ conte- nente un affitto di una terra sementaricia, determina il sito di questa foris porta flammea iuxta muro de ssta porta et qui vocatur inclinato quod est inter affines hab uno latere terra quem ha pastinanduni detinet beno saioso et a secando vel a tertio latere via publica et a quarto latere muro qui vocatur h arcione iuris ssto monrio (i).

Una pergamena di s. Maria in via Lata, del 1045, contiene una donazione che Romanns de niorino (Marino?) e Constantia sua moglie flmno a quel monistero di mezza pezza di vinca mannaricia con metà di una vasca et cal- catorio suo cum introito et exoito (sic) suo usque in via pu- blica.... posita foris porta sancii balentini insta murum incli- nato inter affines ex omni latere tenientem monrium sci ci- riaci (2).

Un'altra pergamena dello stesso archivio, del 11 15 incirca, relativa ad un' enfiteusi a terza generazione, stabi- lisce la vigna foris portam flamineam ad muro inclinato inter hos affines a primo latere tenet Gre^orius bononis de rainerio et est iuris prcdicti monasterii et romanus de stantio a secundo et ante tenet prcdicto monasterio a quarto via publica (3).

In una pergamena dell'archivio di s. Pietro in Vincoh, del 1155, riguardante una lite dell'economo della chiesa di s. Maria monasterium, posta innanzi la basihca suddetta, coll'abbadessa di s. Agnese, figurano due pezze di terra po-

(i) Cod. Vat. 8048, f. 80.

(2) Cod. Vat. 7932, f. 69, Cod. Vat. 8048, f. 131,

(3) Cod. Vat. 8049, f. 5.

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sitas in muro malo et partem silvae positae ibidem.... e al- trove, nello stesso documento, oltre le dette cose anche un pratwn (i).

In un registro notarile già altrove arrecato, del 1370, si legge muro chienato extra portam Populi, lunii 18 (2).

Un'altra pergamena di s. Maria in via Lata, del 1270, concerne una vigna posta fuori la porta Flaminia in loco qui dicitur murus inclinatus (3).

In una pergamena della stessa raccolta, dell'anno 1278, si trova che quel monistero acconsentiva alla vendita del dominio utile di una vigna fatta da Odone Fina a Gio- vanni di Romano dei Sinibaldi, la quale era situata extra portam flamineam ad murnm incìinatum (4).

Da un documento dell'archivio del Salvatore si ha che Giovanni Orsini nel 1384, in soddisfazione della vo- lontà del suo estinto genitore Giacomello, donava alla Compagnia del ss. Salvatore dieci pezze di terreno vignato nel luogo detto mnr chinato (5).

Dall'analisi di tutti questi documenti si può scorgere come la ripetuta denominazione si estendesse alla contrada campestre circostante, o per dir meglio, posta innanzi alla misteriosa muraglia, e come vi si coltivassero vigne, vi fossero prati ed anche parti incolte. Non andrò lungi dal vero dicendo che questi fondi occupavano l'odierno prato e parte ancora della moderna villa Borghese.

Oltrepassata che abbiamo la linea delle mura urbane, ci si offre sulla destra la collina denominata dei Parioli, la quale fa parte, anzi è l'estrema punta settentrionale del gran monte di tufo vulcanico che si estende al sud-est

(i) Cod. Vat. 7930, f. 34.

(2) Cod. Vat. 7930, f. 125V.

(3) Cod. Vat. 8050, f. 58.

(4) Cod. Vat. 80JO, f. 62.

(5) Archivio del Salv., arni. II, fase, 8, n, 21. Adinolfi, op. e Ice. cit.

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di Roma (i). Qual nome ricevesse nell'età antica io non so; ne conosco la più antica menzione in Procopio, il quale descrivendo il conflitto tra Belisario e Vitige presso Roma, già da me poco sopra rammentato, dice che i Goti si ritirarono sul colle rimpetto alla porta Pinciana sepa- rato da quello degli orti per una gola, e lo chiama yfcóAoOov ^2) senza un nome proprio, perchè forse non l'aveva (3). Nel medio evo però questa collina ci si pre- senta con due nomi, l'uno è di s. Vahntìno e facilmente se ne intende la causa; l'altro è Pdaioìo, di cui non è facile indovinare la origine, ma che gli è appunto il nome pervenuto a noi trasformato in Parìolì (4). Il più antico documento relativo alPelaiolo ch'io abbia veduto, è nelle parole della citata bolla di Agapito II e nell'altra di Gio- vanni XII, confirmamus vobis (all'abate Leone di s. Sil- vestro in capite, nell'anno 955) casalem unum in ìntegrum quem Peìaiolum cum terris suis sationalibus campis pratis pa- scuis montìbus pìanitie in quo fuit ecclesia seti Silvestri q. est

(i) V. la carta della Campagna Romana edita dall'Ufficio geo- logico (1879).

(2) Procopio, op. cit., e. 18, ediz. Dindorf., voi. II, pag. 89.

(3) l^tlVAnalisi del Nibby non ho trovato notizia sui Parioli.

(4) L'Adinolfi registrò il vicolo del Pdaiolo, ch'egli lesse nel libro degl'istromenti di s. Silvestro in capite (R. nel medio evo, I, pag. 86) senz'avvedersi che coincide appunto colla moderna via dei Parioli. Che anzi avendo egli trovato il Pariolo in altri docu- menti di s. Silvestro, lo ha registrato separatamente (ivi, pag. 87). Del resto se i documenti non ci forzassero ad ammettere la sud- detta etimologia, nascerebbe il pensiero che pariolo derivasse da parietes antiche come il parione urbano e il paritorio (oggi palidoro) della via Aurelia. Anzi v' è un passo della bolla di Agapito II ri- petuto nell'altra di Giovanni XII, nel quale descrivendosi i confini del fondo Passarano situato su questo monte, s'indica tra i confini un caput de pariete antiqua (Marini, P., a pag. 38 e 46) che giove- rebbe alla ipotesi accennata. Ma ciò non basta ad escludere la identità dei Parioli col Pelaiolo, del quale io schiero nel testo le notizie che ne ho rinvenuto.

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in desertis posita et ciim omnibus ad eam generaliter pertinen- tibus sicutl oìitn in suprascripto vestro monrio in comniuta- tionem dedit per commutationis cariala Albericus omnium ro- manornm senator quondam, in qua et ille cum suis fratribus ac sororibus propriis manibus subscripserunt et consenserunt vide- licet Constantius 7iobilis vir Sergius sanctae Nepesine eccliae epiìs cum Berta et alia Berta propter vallcm sancti Viti què in vener. motirio s. Agnetis suprascr. Albericus donavit que vestro suprascripto monrio fuit posit. foris portam Salariam milia- rio.... tertio iuxta fluvium Tyberis. inter affines ab uno latere fundiim Gorgini, etc. (i). Se ne deduce pertanto che il Pelaiolo fu vasto possesso che comprendeva numerosi fondi; che fu del celebre Alberico il quale l'avrebbe ceduto al monistero di s. Silvestro in compenso della valle di s. Vito fuori la porta Salaria che sarebbe stata ceduta al moni- stero di sant'Agnese. La chiesa di s. Silvestro in desertis era la basiHca nel cimitero di Priscilla, sulla via Salaria, come provò il De Rossi (2). Infatti tra i nomi delle con- trade dei ParioH nel medio evo mi è occorso quello di vallis s. Silvestri in una pergamena dell'anno 1139 del- l'archivio di s. Silvestro, che contiene una locazione in favore di Pavarello e figliuoli (3) ; e mi sembra questa valle corrispondere al piano sottostante ai Parioli verso la via Salaria. Proseguendo la storia diplomatica dei Parioli, ne trovo la menzione, seconda per ordine di tempo, in una locazione dell'anno 11^5 fatta dall'abate di s. Silvestro a Berardo di Leone di una terra posta in Pelaiolo e pre- cisamente in valle de diacono (4); la quale doppia indica- zione dimostra che Pelaiolo era il nome generico di una

(i) Marini, Pap., pag. 46. Ho seguito il testo di Giovanni XII eh' è più corretto di quello d'Agapito.

(2) Bull., 1880, pag. 25. .

(3) Archivio di Stato. Pergam. di s. Silv. ad annum, perchè sono ordinate cronologicamente.

(4) Arch. di Stato come sopra.

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contrada. La terza notizia del sito medesimo ne conferma l'ampiezza, leggendosi in un atto del 1247 riguardante il tcnimentwìi quod dicitiir Pelaioìtim usufruito da Stefano ed Augusto figli dell'avvocato Giovanni Del Prete (i). La quarta volta che si offre il nome suddetto comparisce con una disgiuntiva che disperde qualunque dubbio sulla sua coincidenza col monte dei Parioli. È un atto di vendita del 1282 di Paolo Vecchiola a Carlo di Andrea di Carlo di una vinca posila foris portam Pincianam in Pelaiolo sive Parioìo (2). Dunque già nel secolo xii»si veniva mutando quel nome; quantunque lo si ritrovi nel secolo xiv, perchè trattandosi di documenti scritti dai notai del monistero, questi sempre si attenevano alla nomenclatura antica. Ri- guardo allo scambio della porta Pinciana colla Flaminia, non solo non deve recar meraviglia perchè le due porte sono quasi contigue, ma eziandio perchè l'accesso ai monti Parioli è dato per la via ora detta delle tre madonne, che risponde sulla via Pinciana. Questa via delle tre madonne, di cui parlerò sulla via Pinciana, è un antico diverticolo della via Salaria, che legava questa colla Pinciana e colla Fla- minia. Chi la percorre ancora al giorno d'oggi può scorgere in parecchi suoi punti l'antico lastricato, di livello alquanto più alto dell'odierno. Altri due documenti spettano al Pe- laiolo, e sono due vendite, l'una del 13 18, in cui è additato pure fuori la porta Pinciana, l'altra del 1325 (3). I contraenti nella prima sono Daria vedova di Pietro Carbone, e Perna moglie di Pietro da s. Maria; nella seconda sono Paolo di Simeone e Margherita moglie di Tomaso di piazza Lom- barda (odierna piazza Madama o del Senato). Alle date me- morie di cotesto luogo aggiungo di volo le notizie del vi- colo Pelaiolo che stabilisco come corrispondente alla nostra

(i) Ardii, come sopra.

(2) Arch. come sopra.

(3) Arch. di Stato. Arch. di s. Silv., libro degl' inventari, ad ami.

G. Tomassetti

via de Parioìi. L'una è stata giA notata dall' Adinolfi (i); l'altra parimenti è stata da lui veduta, ma riportata inesat- tamente, avendo scritto : « il capo del luogo detto Vorto « Pesce era dal vicolo del Pelaiolo » parole che non danno senso, mentre invece vi si legge un atto del 13 1^) che il sito orto Pesce era in capo al vicolo Pelaiolo. Rivedremo fra poco questo nome e ne daremo il sito approssimativo. Illustrata la denominazione generale dei Parioìi nel medio evo, e stabilito che il principale possidente lassù era il monistero di s, Silvestro di Roma, debbo passare a qualche particolarità topografica di tale contrada. E primie- ramente noterò i nomi diversi, che ne ho rintracciato, i quali ci aiuteranno a ricostruirne in qualche modo la pianta. Questi nomi pertanto sono :

Mons sancii Valentini

Cicongioìa o Cicognoìa

Saxum o Sasso

Horto Pisce ed orto Pesce

Mons Cacciareìli, o Ca^areìli, o ZaccareUi od AcT^a- rello

Casale Giridum

Passarana. Pubblicare tutti i documenti che si riferiscono alle no- tate denominazioni, e che per la massima parte spettano air Archivio di s. Silvestro, mi sembra cosa non necessaria e troppo tediosa. Dirò piuttosto generalmente ciò che si rileva dall'analisi di tali memorie intorno al collocamento topografico di quei nomi, e riporterò alcuni cenni di quei documenti che sono più efficaci a provarlo. Incomincio dal primo f^nons s. Valentini), e osservo che l'esame delle no- tizie che lo riguardano fa nascere la convinzione, che sif- fatto nome spettò alla punta dei Parioìi eh' è dopo la via detta dell'arco oscuro, ossia al di del casino di s. Carlo

(i) Op. cit., I, pag.

Della Campagna Romana 189

Borromeo e del palazzo di Papa Giulio. Anzi è mia opinione che la detta via colla Flaminia, col vicolo della Rondinella e col tratto che congiunge quest'ultima e il vicolo d'acqua acetosa formino i confini del monte s, Valentino (i). Ciò premesso, non debbo spender molte parole sulla origine del suo nome. Si consultino le fonti topografiche e le cri- tiche risguardanti i cimiteri suburbani; e si troverà che sotto cotesto monte stava il cimitero che tolse il nome dal martire Valentino, in onore del quale fu eretta quivi sopra la chiesa nel secolo quarto_, divenuta poi basilica nel secolo settimo (2). Alla chiesa era unito un monistero, come si scorge dal testo della bolla di Sergio II. Che questo cenobio fosse ricinto da un muro fortificato si apprende dalla iscri- zione tuttora superstite nel portico della chiesa di s. Silve- stro in Roma. Essa è una memoria del secolo xi, del pon- tificato di Nicola II (a. 1058-1061) relativa ai grandi lavori eseguiti nella basilica suburbana di s. Valentino, e ai dona-

(1) La pianta dei m. Parioli nella carta dello Stato Maggiore lascia molto a desiderare, come tutto il foglio Roma e parte del Casld GiiihiL'o.

(2) Ada Saiictornm 14 Fehriutr. Urlichs, op. cit., pag. 72; è l'anonimo di Einsiedbn che scrisse : in vìa Flaminia foris niurum in dextra sci Valeniinì, pag. 82, pag. 87. Ibi in primo milliario foris s. Valmtinus in sua ecclèsia requiescit (l'anonimo trascritto dal Mal- mesburiense). Infatti col monte s. Valentino siamo appunto al primo miglio della Flaminia. Lib. poni., 11. cit. in lidio, Theodoro. De Rossi, Roma sotterranea, I, pag. io, 144. Settele, Atti dell' Accad. di Archeol., tomo III, pag. 166 eseg. Mabillon, Museum Ital, II, pag. 161. Bosio Ant., Roma sotterranea, III, e. 65. Marucchi Orazio, La cripta se- polcrale di s. Valentino sulla via Flaminia, Roma, 1878. Uno dei pregi del cimitero in discorso era un affresco rappresentante il Crocifisso, soggetto di una certa rarità; aveasene notizia dal secolo xvi in poi. Fu merito del eh. signor Marucchi l'averlo ritrovato in una grotta della vigna del signor comm. Bernardo Tanlongo, ed è atto lodevole del proprietario l'averne curato la conservazione. Il Ma- rugghi la giudica opera del secolo settimo, e ciò basta per com- mendarne la importanza.

igo

G. Tomassetti

tivi filtri alla medesima dall'abate di s. Silvestro. Imperocché sembra che fin dal secolo nono i monaci benedettini di s. Silvestro andassero a costruire o per lo meno ad abitare il cenobio di s. Valentino, che venne poi loro confermato, come abbiam veduto, da parecchi diplomi. Del resto in co- testa lapide dottamente esaminata dal Settele (i) si legge: clausuram monasterii afundamento construxit. Io non intendo far la storia della basilica, perchè il citato autore 1' ha già riassunta (2); ricordo soltanto come le sue fortificazioni fossero bene intese dal secolo nono all'undecimo, tempi di continue infestazioni nella campagna romana prima da parte degli Arabi, poi di feudatari e dei Tedeschi ; che il moni- stero venne abbandonato prima che la chiesa, e di questa nel secolo xvi erano in piedi miserabili avanzi nella vigna spettante allora ai frati di s. Agostino (3). Questa vigna, ora spettante al signor comm. Tanlongo, si trova nella parte dei Parioh già da me indicata come quella che tolse il nome dalla ripetuta chiesa. Vi si cercherebbero invano al presente le accennate rovine; nondimeno recentemente il eh, signor Marucchi vi scoperse, insieme a parecchie lapidi dell'antico cimitero, eziandio un avanzo dell'abside della basilica ad- dossato alla colHna, alcuni capitelli e basi delle colonne, ch'egH suppone fossero alte circa sei metri e mezzo, una mensa marmorea, forse quella stessa dell'altare, ed altri frammenti (4). La basiHca era in piano; prospettava la via Flaminia, ed aveva un portico innanzi ed un nobile in- gresso, anzi più d'un portico come si arguisce dal testo della ricordata iscrizione (porticus qtiae circa sunt omnes re-

(i) Aiti ddì'Accad. ài Archeol, III, pag. 242. Il Settele ne diede quivi la lezione migliore di quella del Carletti (op. cit.)

(2) Settele, Atti cit., II, pag. 79-84.

(3) Per testimonianza del Panvinio (cf. De Rossi, R. Sott., l, pag. io). Il eh. Marucchi suppone che l'abbandono della chiesa avvenisse nel periodo del pontificato in Avignone (op. cit., pag. 21).

(4) Marucchi, op. cit., pag. 56, 57.

Della Campagna Romana 191

novavit... construxit arcum ante ianuatn ecchsiaej. Che insieme con s. Valentino fosse venerato s. Zenone lo ha scoperto re- centemente il De Rossi in un codice di Arezzo (i). Il moni- stero doveva essere contiguo; ma non ne rimangono ve- stigia, ad eccezione di due piccole torri del diametro di 3 metri, rovinate per metà, congiunte fra loro da un muro, le quali si veggono ancora sul ciglio del monte che do- mina la chiesa del Vignola, entro la vigna dei signori. Gnecco. Queste torrette insieme ad un frammento di bocca di pozzo in marmo lavorato a rozzo intaglio, super- stite nella vigna medesima, furono dal Marucchi attribuite al monistero. Inflitti la costruzione delle torri è simile a quella di altri muri del decimo e undecimo secolo. Quindi mi sembra che se pure non fecero esse parte del recinto del monistero cioè della clausura ricordata nella ripetuta iscrizione, come pensa il eh. mio amico; perchè forse io preferisco l' ipotesi che il monistero fosse in basso ; tuttavia le torrette in parola dovettero spettare a quelle fortificazioni che senza dubbio munivano il colle e proteggevano il santuario sottostante. Ciò premesso, riguardo allo stato delle memorie monumentali, aggiungo quanto mi forniscono quelle diplomatiche, facendo avvertire anzi tutto che queste sono in mirabile accordo con quelle. Infatti il mons s. Va- lentini nei documenti dell'Archivio di s. Silvestro apparisce diviso per cosi'dire nelle parti seguenti:

contrada s. Fakntini formeìlum s. Fai. (2)

plannm s. Fai. nionticdlum s. Fai.

prata s. Fai. elusa s. Fai.

(i) De Rossi, Musaici crist. e saggi dei pavimenti delle chiese di Roma. V. Musaico dell'oratorio di s. Zenone in s. Prassede.

(2) Nel sommario di un atto del 1242, contenuto nel libro detto compendio, si legge foracellum s. Valentini. Quantunque non possa ve- rificarsi la lezione, perchè il documento originale è scomparso, tut- tavia io sono convinto che l'abbreviatore ha letto foracellum invece di formeìlum.

omassetti

Mi affretto ad escludere dall'analisi il primo di questi nomi, che siccome generale non ha bisogno di comento, ed è stato posto soltanto per esattezza. Esso era proprio di cia- scuna parte piana come montuosa; quindi in un' enfi- teusi del 1356 (i) in favore di Nucio di Matteo, gli si con- cedono due pezze e sei 40""^ di terreno con chiostro, chììi claiistro; e gli si assegnano per confini i beni del detto Nucio, di Andrea di Giaquintello, di lacobello da Magliano ed il monte di s. Valentino. Dunque col nome di contrada s'intese quivi la parte piana, distinta dal monte. La se- conda appellazione planum s. Val. occorre in più atti, e spetta a quella parte della pianura sottostante ai Parioli, la quale non era compresa entro il ricinto del monistero. Riporto soltanto qualche menzione di questo luogo che ce ne indichi la situazione; per esempio quella nell'enfi- teusi del 1355 in fiivore di Tuccio di Giovanni Amoroso, perchè tra i confini del terreno situato in plano s. Vaìen- tini vi è notata la via puhlica, cioè la Flaminia, che lam- biva infatti la pianura adiacente alla chiesa. Altrettanto si legge in un'altra enfiteusi dellp stesso anno in favore di Giacomo Secnritas di Magliano in Sabina; altrettanto in altri che per brevità tralascio. Viene poi l'altro consueto nome di prata s. Val. il quale dovette appartenere a quella parte della pianura che si estende maggiormente verso la Flaminia e verso il fiume fin verso Acqua acetosa. Delle numerose memorie di questi prati scelgo soltanto una ch'è in un atto del 1242 perchè vi si aggiunge che tah prati erano vicini al forniellum di s. Valentino. Sarebbe questo un vero schiarimento se potessimo rintracciare quale con- dottura d'acqua dava luogo a siffatta denominazione. Ma io non conosco altr'acqua che scorresse sotto i Parioli, eccetto la vergine; la quale non passa nella parte di quel

(i) Archivio sudd. Dei documenti non citerò che l'anno, attesa la loro cronologica disposizione nell'Archivio.

Della Campagna Romana igS

monte, che ora stiamo indagando, sibbene la viene quasi a lambire. Ora questo fatto si accorda benissimo colla mia ipotesi che i prati di s. Valentino guardassero la cam- pagna prossima alla via Salaria, e quindi il formdliun in parola sarebbe una condottura dell'acqua Vergine, che an- ticamente percorreva ben più lungo giro che adesso, e forse forniva ancora il cenobio ed il borgo di s. Valen- tino, poiché come nota il Cassio : entrava tic vigneti su- hurbani del monistero di s. Silvestro in capite e d'altri parti- colari, nel guai tratto scuopronsi li molti pox^i o sfiatatori con suoi cappelli aperti in tempo de' sommi pontefici, siccome narra Luca Peto (de restit. aquae virginis) da cui si dice, che de- putati li nobili Mario Frangipani e Rutilio Alberini col taglio di un durissimo tufo fu- accorciato l'antico giro (i). Inflitti uno dei cippi iugerali dell'acqua Vergine fu rinvenuto al diver- ticolo detto di s. Filippo presso la già indicata via delle tre madonne, antica arteria dei Parioli (2). La fontana che doveva ahmentare la badia e gh annessi poderi l'ho ri- trovata nella bolla di Giovanni XII, nelle parole: inter affines (del Passaranum) a primo latcre iam dieta via publica (la Flaminia) et a secundo latere fontana aque vive comunalis inter suprascriptum Monrium et Gregorium, etc. Ecco pertanto il gruppo delle notizie riferibili al formello in discorso, che ho tratto dalle ripetute fonti. Esse sono, oltre il documento del 1242 già accennato, un altro del 1246^ che indica tra i confini dei prati la costa del monte (3); uno del 125 1 risguardante una vigna ad formellum foris portam s. Val. (4) una vendita del 1254 di vigna nel sito detto il formello di s. Val. fuori la porta stessa (5); un altro dello stesso

(i) Alb. Cassio, Corso delh acque, I, pag. 136.

(2) Cf. Laxciani R., I comentari di Frontino, pag. 123.

(3) Nel libro del compendio, ad ann.

(4) Ivi.

(5) Ivi.

Archivio della Società romana di Storia spatria. Voi. VI. 13

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194

G. Tomasselti

anno con semplice menzione del formello di s. Val. (i); uno del 13 12 con la sola indicazione di una vaììis for- mella fuori la porta Flaminia, ch'evidentemente è la pia- nura di cui trattiamo (2); uno infine, per prescindere da altri meno importanti, che è del 131^, nel quale ritorna la suddetta vaìlis formella (3). Sembrano eziandio da rife- rirsi a questa condottura dell'acqua Vergine le parole delle bolle di Agapito II e di Giovanni XII nell'annoverare i confini del casale Girulmn, vale a dire : ab uno latere via publica qiie est silice antiqua qui descendit usqtie in sanguinaria et a secundo latere Formello aque vive qui exit sub monte istius Girulo (ovvero exiit sub monte de snpradicto Girulo^ seti prato, etc. (4) Il quinto dei nomi particolari del monte s. Val. si è nionticellum, del quale può credersi che rap- presenti la sezione del monte immediatamente sovrastante alla chiesa, come, per esempio, la odierna vigna Cardelli. L'unico documento donde ho desunto tal nome, è il se- guente, che trovasi due volte, ed alquanto diversamente l'una dall'altra, in pergamene dell'Archivio di s. Maria in via Lata. Una dice : Nos presbiter Advocatus et lacobus cle- rici ecclesie set Martini de Posterula in presentia dm Stephani Paparonis indicis huius scrinarii et testium locamus tibi lohanni Angeli qui nominaris Johannes sancii lohannis tuisque here- dibus tres petias vinearnm positarum extra portam Flaminiam in pratis set Valentini in Monticellis sub proprietate diete ec- clesie inter fines a I lat tenet dieta ecclesia a II est viculus a III est fìumen a UH tenet ecclesia sce Cecilie ad quartam partem musti reddendam diete ecclesie (5). L'altra contiene la stessa locazione che sopra, più diffusa nel testo e nelle formole; quanto alla indicazione non vi trovo che extra

(i) Ivi.

(2) Inventario s. Silv., ad ami.

(3) Ivi.

(4) Marini, op. cit., pag. 46.

(5) Cod. Vat. 8049, f. 205.

Della Campagna Romana igS

portam Flamineam in pratis sancii Vahntini in Monticeìlo ; ì confini sono gli stessi (i). Rimane a dire dell'ultimo vo- cabolo, cioè della elusa s. Val. Io penso che per chiusa s' intendesse l'antico recinto del monistero, nel quale sorgevano case, poderi e specialmente vigne. Notai già nel cenno preUminare come elusa talvolta si adoperasse per curtis nel medio evo; ed avesse lo stesso significato di questa. Brevemente ne riassumo le memorie, che sono : un atto del 13 14, che nella descrizione dei confini ci porge lume sulla ubicazione della elusa, essendovi tra essi il vicolo del Sasso, che or ora rintracceremo; poi un atto del 1322 in cui la detta chiusa comparisce confinante colla via publica; ed un altro del 1325, nel quale un fondo della chiusa è detto esistere nella contrada Cicon- gnola. Non posso credere identica la indicazione della elusa con quella del claustrum del citato documento del 135^; quantunque a prima vista sembri tale, poiché mi sembra che per elusa s'intendesse l'ampio recinto in cui sorgeva il monistero, per claustrum invece il vero chiostro. La elusa corrispondeva alla clausura monisUrii che l'abbate a fundamento construxit nel secolo xi (come dalla citata la- pide); il claustrum invece dev'essere il cortile abbandonato e mezzo diruto. Ciò colUma giustamente colle notizie sto- riche rimasteci del monistero, la cui ultima memoria è del secolo xiii (2); mentre il documento che io adduco in prova del suo abbandono è della seconda metà del de- cimoquarto. Aggiungo inoltre come utile alla storia del monistero, in questa digressione, che nella serie dei do- cumenti che stiamo sfruttando, l'ultimo nel quale compa- risce la indicazione in monisterio s. Vahntini è dell'anno 123^ (3); ciò che conferma la sua esistenza in quel se-

(i) Cod. Vat. 8049, f- 206.

(2) Settele, AUicit., II, pag. 81. Le prove dello splendore dicotesta basilica nei sec. xi e xii veggansi nella R. sotl. del De Rossi, I, p. 222.

(3) Arch. s. Silv., lib. conipend. ad aii.

196

G. Tomassetti

colo, mentre nel posteriore abbiamo il suo chiostro ab- bandonato e dato in enfiteusi col terreno.

Entriamo nell'esame degli altri luoghi dei Parioli ossia di quello che ho sopra enunciato dopo il monte s. Valen- tino, dal quale siamo usciti appunto determinando alcuni confini della elusa. Dalle parole dei documenti possiamo dedurre che questa confinava colla via publica e colla con- trada Ciconiola o Ckognoìa e col Sasso. Poco o nulla so dire intorno al Cicognola, che può avere avuto origine anche dal nome di qualche enfiteuta, ne figura che in due documenti, per quanto io ho veduto. Invece il Sasso, eh' è il terzo dei nomi da me annoverato fra i singolari dei Parioli, ci apparisce frequente, e possiamo indagarne il sito. Io non voglio affermare che tal nome venga da un Saxo index che figura tra i proprietari di questa con- trada (i); soltanto sento l'obbligo di annotarlo, ed ora procedo coU'analisi del sito. Mi par certo che questo sasso corrisponda non ad un gruppo di fondi o ad un prato, ma ad una strada, e precisamente al vicolo che oggidì è de- signato col nome della rondinella, che taglia l'ultimo lembo dei Parioli verso il Tevere. Una pergamena di s. Maria in via Lata, del 1148, risguardante una rinunzia di lite per parte di Cincius et Pandoìfus filii Gregorii Cencii intorno ad una vigna, la indica siccome posta extra portani Fìaniineam ad Saxum, senza verun' altra topografica illustrazione (2). Un'altra del 1197 presenta qualche maggiore schiari- mento. È una cessione di diritto per parte di Romana uxor quondam Laurentii, e suoi parenti a favore di Crescentio de Americo : vi si legge ceduto totum ins quod habemus et dictiis Laurentius habiiit in uno petio terre ad imam petiam vinee pastinandam plus vel minus cum tota melioratione sea pastina- tione qne ibi est facta et cum vasca dirruta atque cum introhitu

(i) Veggasi l'atto del 1254 nel libro coìnpciidio. (2) Cod. Vat. 8049, f, 31.

Della Campagna Romana 197

et exittc suo omnibnsque siiis iisibtis et utilibus ac pertinentiis posita foris portam sci Vaìentinì ad sassum in mollarico. Inter hos fines a primo latere tenet lohannes petri advocati a II est flumen a tertio est mons mollaricus a IIII est via carraria vel vicìilus per quem transis ad dictam vineam et vascas (i).

Questa voce mollarico ci chiama verso il ponte Milvio o Molvio che veniva prendendo nel medio evo la denomi- nazione di ponte Molle. Inoltre in un documento del 1321 (locazione di un terreno a Sabatino di Manfreduzzo olim Mattia) il Saxo ha per confini i fondi della chiesa di s. Maria al ponte Milvio (2); e ciò conferma come il Sasso fosse una contrada non lontana dal ponte. Che poi fosse una strada ed anche posta sulla mano destra della Flaminia, come io testé annunciava, lo traggo non solo dal già riferito docu- mento, nel quale la chiusa di s. Valentino ci si offre come confinante con cotesto vicolo; ma eziandio dal registro delle tasse del 1570, nel quale la nota delle vigne tra i Parioli e il Tevere soggiace a questa intitolazione : vicolo a man dritta che va al sasso (3). Dunque il vicolo era anonimo nel secolo XVI, ma veniva ancora determinato dal Sasso. Del resto la contrada circostante, nel secolo xiv, toglieva il nome dal vicolo, come rilevasi dagli atti già allegati, ed anche da due altri istromenti d'enfiteusi, l'uno del 1357, l'altro del 1371 (4).

Abbiamo poi il nome della contrada horto pisce che sembra potersi attribuire ad una stazione di pescatori del Tevere, ovvero ad un mercato di pesce che quivi abbia avuto luogo. Nell'una e nell'altra ipotesi dobbiamo farne ricerca verso il fiume. Ma un'altra ragione mi persuade a fissarne il sito presso la discesa dei Parioli verso il Tevere; ed è il senso della indicazione che ne abbiamo nella ven-

(i) Cod. Vat. 8049, f- 78.

(2) Inventario s. Silv. ad ami.

(3) Archìvio di Stato, reg. eh. 1570, fol. 26v.

(4) Inventario s. Silv. ad ami.

198

G. Tomassetti

%

dita del 13 17, della quale ho restituito la lezione sbagliata dall' Adinolfi, Giova qui ripeterla: è una vigna fuori la porta Flaminia nel luogo detto horto pisce in capo al vicolo Pelaiolo presso li beni di Tebaldo di Matteo Miccinelli, il monte Cacciarello, il detto vicolo e la via. Ammesso per- tanto che pel capo di una strada chi scrive intende il punto di sbocco della medesima, non certo il principio; ammesso che il vicolo del Pelaiolo corrisponde alla via dei Parioli, poiché lo sbocco di questa è appunto verso il fiume, possiamo proporre che il sito borio pesce corrisponde al terreno occupato al presente dalla villa Glori, del quale studiandone alquanto la configurazione si possono anche tracciare i confini espressi nell'atto riferito. Altre e più an- tiche carte accennano a questo luogo ; e sono la solita bolla di Agapito, e meglio, cioè con più lunga frase, quella di Giovanni, vale a dire: che il gruppo delle terre del monte s. Valentino era posto infra.... terra qui appellatur Passaranum et ortum piscinm ; un'enfiteusi del 12^5, una locazione dell'anno stesso, un'enfiteusi del 151^, la ven- dita gii citata del 13 17, un'enfiteusi dell'anno medesimo, una vendita del 132 1 ed un'altra del 1322 (i). Questi documenti ci conducono all'analisi del quinto fra i nomi speciali dei Parioli, voglio dire del mons Cacciar elli o Ca- :(arelli, o Zaccarelli, o Ac-^arello. Imperocché questo é ad- ditato in esse carte siccome un dei confini dell'orto pe- sce (2). Dovett'essere così denominata una . delle alture mediocri dei Parioli, verso la parte di Acquacetosa, ma donde togliesse quel nome io non ho potuto scuoprirej^ dacché non credo accettabile la prima congettura che mi si offerse, cioè di un Ceccarello possidente in orto Pesce, quindi lupus in fabula, in un atto del 1354. La ragione che mi vieta di accoglierla è semplicissima, vale a dire,

(i) Arch. s. Silv., Inv. e compendio, ad ami. (2) Perciò non è necessario che ripeta la citazione dei docu- menti nei quali è notato.

Della Campagna Romana 199

perchè trovo quel nome in documenti che risalgono fino al 126^5, e più avanti; posso supporre che messer Ceccarello vivesse ben cento anni. Sarà stato forse qualche suo ante- nato; ma non ho come provarlo, e però tiro innanzi. Ri- mangono il casale Girulum e il Passar anuiìi, i quali dal tenore delle bolle spesso ricordate ci si presentano come situati, l'uno verso la via Salaria, ove sboccava il formalo di s. Valentino, l'altro lungo la via Flaminia non lungi dal grande arco di s. Valentino, e perciò è da supporsi tra i Parioli e la Flaminia, nella zona dei piani a destra di questa. Inoltre in tre documenti di s. Silvestro è additato un monu- mmium, forse un sepolcro antico. Non sarebbe improbabile l'attribuire siffatta appellazione ad un avanzo della chiesa di s. Valentino, che nel secolo xiv (età dei documenti stessi) poteva essere indicato in tal modo (i). A tutto ciò si aggiun- gono il Radiciola, nome di luogo indicato in un atto del 13 io, il Sanguinaria ed il Bussetulum, nomi frequenti della cam- pagna, significanti l'abbondanza di sanguini, del busso; nomi accennati nelle bolle e corrispondenti al versante di villa Borghese, che pertanto apparisce essere stato nel medio evo un folto e salubre bosco alle porte di Roma, ed avremo finito la lunga illustrazione dei monti Parioli. In genere la coltivazione della parte montuosa dei Parioli fu in vigna, com' è al presente. Chiuderò questa interessante sezione del mio itinerario con un elenco di possidenti dal secolo xii a tutto il XIV, quali risultano dagli atti di s. Silvestro come locatari, come enfiteuti, od anche estranei siccome con- finanti, affinchè i loro nomi e qualità e il respettivo tempo, che noterò accanto al nome di ciascuno, possano fornir lume a chiunque meglio di me saprà trarne pro- fitto per lo studio di cotesta contrada, o per qualsiasi altro scopo (2).

(i) Cf. il noto catalogo di Torino, del secolo xiv, ove la chiesa è detta sitie muris. Cf. De Rossi, R. Sott., I, pag. 161, 162.

(2) Quei nomi che non sono accompagnati dalla data non ri-

200

G. Tomassetti

1119.

Paccarello e figliuoli e Gregorio.

1165. Berardo di Leone.

1226. Callisto e Sofia (coniugi).

1236. Scotta moglie di Pietro cognata di Sinibaldo di Odone.

1247. Giovanni del Prete, avvocato e figli Stefano ed Angelo.

1251. Angela moglie di Giacomo di Gio.

Samartino Simone cognato del suddetto Gio. di Paolo Andrea di Gio. d'Andrea lacomo Gualtero Matteo Vecchiazolo.

1252. Alessio di Mattia Paolo di Accursone Gualterone

lacomo di Gio. Pietro Scotto Eredi di Gio. Nicolò Andrea lacomo de' Rustici.

1254. Alessio Giudice

Angelo Imperatore figlio di Sa- xone giudice e di lacoma.

I2s6. Benedetto di Gualterio Antonio di Gio. Gemma di Berardaccio.

1257. lanuccia ved. di Carmio Matteo, Bartolomeo, Angela figli

del suddetto Gualterone Fornelli

Leonardo Thebaldo Romano di Pizzo Thebaldo di Tivoli Pietro Andrea Corvino Iacopo Malavoglia.

1259. Pietruccia f. di Pietro di Stefano

Umilio e di Stefania Pietro di Lorenzo Giovanni Lacarena.

1260. Romano di Rinaldo Leonardo Salverio Bernardo Aquirio.

Pietro

1263. di Salucci.

1265. Gio. Thedaldi Bianca Vitello Argastaro.

Pietro

1266. de Falconj

Gregorio Cesareo Pietro Fissichonetti.

1268. Andrea di Bonacurtio Angelo Palladino

Lorenzo detto Salvagio

Pietro

Pippone.

1269. Saxo Malte

Santa moglie di Pier Vitale Gio. di Pietro Marelli Nicolao Musco Candido.

1270. Bartolomeo di Greg. di Leonardo lacomo Scalzolo Giorgio.

Nicolò Musco

1271.

sultano da documenti ma da un semplice elenco di fittaiuoli ed enfi- teuti esistente nell'Archivio.

Della Campagna Romana

201

Nicola di Pietro Falconi

Maestro Aurelio

Heredi di Rinaldo di Bianca.

1272. lacomo Crescenti Andrea di Gio. Andrea.

1275. Gio. Silvestro Gio. Casciola Angelo Bivario Andrea Mallaroni Pietro di Angelo de Giamonaschi.

1275. Acurambano di Orlando della

Marca Lorenzo di Colle Pietro Sgolgello Gio. Fornaro e fratello.

1277. Nicolò Cesarino Marco Vcchiazolo.

1282. Paolo Vecchiola Carlo di Andrea di Carlo.

1294. Pietro di Gio. di Nicola Gio. Paolo di Pietro bono Bertoldo del Giudice Pier Nicola Abruzelle.

1311. laquinta moglie di Paolo Marconi Perna di maestro Ventura Paolo Cafari

Giacomello di Marco Gaullo Agnese moglie di Paolo Manzone.

1312. Agnese moglie di lannuccio Gaita moglie di.... Paolo ed Angelo lannuccio.

Giovanni di Egidio Andreozza di Pietro Giov. Angela moglie di Silvestro Mu-

sciano Pandolfuccio de Gennaro Nicolò di Pietro Alessio Pier Nicola Castellone Angelo Castellone altrove Thar-

chellone (?) Martino di Marco Pietro e Lello di Giov. Matteo Andrea di Giov. Tani Margherita Del Prete Pietro di Romanello Giacomello di Sinibaldo. Cesario di Biagio Cesalino Stefano, Pietro di Carbone Giovanna de Roca f. Pietro

Ugolino La moglie di Teminotto Giacomello di Romano detto Mil-

■^etia. Lucio di Tebaldo Andrea marchisciano f. di Pietro

di Giov. e di Altamilia Sebastiano di Ang. di Pietro di

Calisto Pietro Muczolo Egidia moglie di Cerberio Romano di Romanello Apollinario Andrea moglie di Giov. di Sante

o Fati (?) Diorama ved. magìstri lacobi stt-

berarii. Pietruccio di Romanetto Angelo di Corrado.

1314. Prete Giacomo Giacorno di Sergio.

1315. Lucio di Teballo Margherita vedova di Pietruccio

Mugoli Mastro Giacomo di Bernardo,

calzolaio (i)

(i) In questo documento v' è menzione della, chiesa, s. Andrea de capite, che tuttora esiste presso il ponte Molle, per la quale veg- gasi l'EscHiNARDi, op. cit., pag. 195, che la dice costruita da Pio II,

202

G. Tomassettì

^

Eredi di Stefano Oddone

Silvestro Musciano

Neve moglie di Giov. Gemma.

1316. Lello di maestro Leonardo Pu-

zolino Maestro Giov. da Palestrina Stefano di Obizone Viviana ved. di Paolo Smerino Simeone di Angelo Porcaro Pietro di Oddone Bartolomeo di Stef. di Oddone Prete Angelo f. di Berarduccia e

di Francesco Portabarili Miliano di Giacomo Agnese ved. di Francesco Sec-

caficora Lello di Pier Gregorio, giudice Lello di Gregorio di Pietro Rosso Luca di Marco Cola Eredi di Francesco de Mutis.

1317. Matteo di Zampone Matteo Cellenio Thebaldo di Matteo MiccinelH.

1318. Angelo di Nicolò Boccamozza

Bartolomeo Malabranca

Pietro di Angelo

Stef. di Gocio

Daria ved. di Pietro Carbone

Perna moglie di Pietro da s. Maria.

di

1321. Manfreduzzo

olim

Sabatino Mattia Pietro Venerio Cola di lacobello Prete Adinolfino Stefanello di s. Maria.

1322.

Sofia moglie di Tuccio Bocti

Maria moglie di Guglielmo

Eredi Crilleto

Lucio di Marco

Romano Celletto

Romano di Giov. Bono

Leonarda di Greg. di Pietro

Giacomella moglie di Cipriano

Abbondanza ved. di Celletto, al- bergatore

Teodora moglie di Matteo di Silv.

Perna moglie di Romano

Guglielmo

Giacomo Rufino (i)

Erminia moglie di Buccio di Ni- colò di Cristoforo

come rilevasi ancora dalla relativa iscrizione; ma com'era in tal caso nominata nel citato documento fin dal 13 15? E il nome de capite derivò dal capo di s. Andrea quivi arrivato, sempre sotto Pio II, ovvero direi, per evitare l'anacronismo, dal titolo di s. Sil- vestro, che a sua volta lo ripeteva dalla testa di s. Giovanni? Io non sarei lungi dall'affermare che questa chiesa di s. Andrea non corrisponde a quella di Pio II, ma a quella più antica, che venne, dopo il sacco di Roma del 1527, ricostruita per voto di salvamento fatto da Giulio III, la quale poteva facilmente appartenere a s. Sil- vestro e portarne il nome. A proposito dell'altra più vicina al ponte Molle, osserverò che dobbiamo a un documento edito dal Muntz {Les arts à la cotir de Rome, l, pag. 296) la notizia dell'autore della statua rappresentante s. Andrea, cioè Paolo di Mariano romano. Ciò serve a correggere quanto il Guattani aveva accennato su quel monumento (Memorie enciclop., I, pag. 8).

(i) Questo Rufino dava il suo nome ad una collina.

Della Campagna Romana

2o3

Giovanni calzolaio

Vanna moglie del suddetto.

1325.

Santina moglie di Lombardo

Clodiello muratore

Cola sarto

Andrea di Giov.

Giacoma moglie di Palone Boc- caforno

Nicola di Giov. Stefano

Angelotto da Rieti

Bartolomea moglie di Giov. Mar- tino Pizolino

Maestro Giov. Rocco

Stefano di Obizone

Andrea ved. di Pietro Ang. di Martino

Stefano di Gocio.

1524. Giacomo di Lorenzo.

1325. Cecco di Ang. Montanello Teodora moglie di Giannello

Barberio Paolo di Simeone Margherita moglie di Tomaso di

Ang. di Bartolomeo di Piazza

lombarda Paolo di Luca.

1326. Giacoma di Calisto Francesca vedi di Stefanello di

Pier Lorenzo Cipriano Aldruda Pulgia.

1328. Bianca moglie di Simeone di

Pietro Giannicone Rossa Giovannella di Berberio.

1329. Nicola di Angelo Canicarone alias

Canicatore Giovanni Salvolo.

1330. Leonardo di Francesco

Bartolomeo Malabranca Mancino Traco Eredi D'Amico.

1352. Nuccio di Matteo Tomaso di Ru-

biano Paola moglie di Giaquintello Andrea madre del med. Bucio maestro Ciecha Lello Vitale Fidanzolo Paolo di Simone Nicolò di lacomo d'Ascoli Theodoro caldararo.

I3J4- Perna moglie di Federico di Fe- derico Nicola Carticella Eredi di Paolo di Teodoro Florenzello.

I3SS-

Lucio di Martino

Coppettone

Pietro da Narni nip. di Giov. dell' Olgio

Tuccio di Giovanni Amoroso

Lello Vitale

Il figlio di Giovanni Altruda

Giovanni Riso

Giovanna moglie di Paolo Bucio de Tostis de regione scortecla- rioriim

Pietro di Ventura da Todi

Giovanni di Paolo da Todi

Cecco della Chierica o del Chie- rico

Tito

Giacomello Securitas di Magliano (Sabina)

Apollinare

Andrea Giaquintello

Giovanni de Brabante hhorator.

1356. Nucio di Matteo di Tomaso Giacomello da Magliano Domenico di Andrea Fontinvolgia Filippo Frangiomuro di Sicilia Giacomo di Romanone della reg. scorteclaria.

^

204

G. Tomassetti

Filippo di Simeone siciliano Todora moglie di Nicola da santo lemini.

1357-

Leila di Giovenale sorella di Pie- tro da Narni

Giacoma di Paparello moglie di Bucio di Martino

Lucio di Andrea Securitas di Ma- gnano Sab.

Nucio Pacis

Bucio di Martino

Vannuccio

Gentilesca

Paolo di Angeluccio da Gubbio

Paolo di Piczolante.

1358. Pielruccio di Pietro Gemma Matteo detto Campana.

1370.

Caterina moglie di Pietruccio Ca- sale (i)

Cola di Lello d'Egidia

Pietro d'Ascoli

Zimera

Giacomello Frangipane

Giacomella di Acquasparta ved. di Giov. Pauletto

Nicola de Cecco

Bartolomeo da Terni

Adoneo di Giovanni

Pietruccio di Pancrazio

Giovanni di Magulgiano

Rainaldo siciliano.

I37S- Chiandi Giovanni Amico di Pietro di Nicola.

13 79-. Domenico di Leucio da Orvieto Giovanni di Guglielmo siciliano Antonio di Gocio pellicciaio Gio. Benzolino macellaio Vittorio da Narni Francesca ved. di Lorenzo di s. Todoro

Giovanni di Angelo Matteuccia moglie di Vanni Tac- cagna Cola di Andrea da Casamolo Paolo di maestro Sabba.

1382. Ceccola di Magulgiano Cecco ferraio.

1383. Matteo di Giovanni di Amelia Cola de Schiangielemosinis.

1387- Giacomuccio del Rosario Tomaso da s. lemini Torroscllo

Domenico di Pancrazio Domenico di Leucio Cecco di Nardo Riccio Cola di Vannuccio Munaletto barbaro. Cecco sartore.

-390. Stefano di lacomo Lucantonio Henrigo Siciliano Rosso di Crescentio Nicolò di Agustino Ceccho di Gio. Lebelle.

Gio. Parisi.

1391.

1399. Gio. di Pietruccio macellaro Agnese moglie di Gio. Visalti Gio. Minalletti Francesco di Casamala.

(Senza data).

Pietro di Andrea Vetulo e Nucio suo nip.

Maria Del Prete

Leonardo di Feo. Tuccio di Ca- listo

Simeone Porcario notaro della Pigna

(i) Della regione Campo Marzo. Dev'essere della nobile famiglia di tal nome.

Della Campagna Romana 2o5

Angelo della Riccia

Eredi Paolo Trachio

Eredi Meo di Stefano di Oddone

Cola Ferino, Renzo Lalle, Pietro di Carbone notaro

Monacello, Lello Ferraio, Gu- glielmo e Lucio da Orte

Paolo Teminotti

Lorenzo di Ligio Seccaficora

Cola di Bartolo

Giov. di Silvestro

Pietro Mario di Castelnovo

Sabbatino di Roffreduccio

.Cecco nip. di fr. Giovanni da Lamentana

Costanza di Lorenzo Lucido

Nicola di Egidio Giacomuccio da Rieti Pietro da Montenegro Andrea Spoletino Nicola di Caro Cola di Franco Barberio Cola di Giacomo di Ascoli Mattusio di Tagliaferro notaro

della Colonna Bucio di fr. Paolo del Mercato Giov. Bono dei Patareni Giov. di Ottaviano dei Tedallini Agostino calzolaio D. Egidia tessitrice Giov. di Carbone Tomaso Mardone.

Fece parte dei monti Parioli la contrada Selce rotta, che trovasi indicata fuori la porta Flaminia in alcuni do- cumenti di s. Silvestro? Non posso accertarlo perchè non vi è notato tra i confini il monte; ma poiché non vi è neppure marcato il fiume, od altra particolarità che faccia supporre essere stata a sinistra, cosi dobbiamo lasciarla in- certa (i).

È tempo che ci volgiamo alla sinistra della via Fla- minia, osservando come nel medio evo ancor questa parte spettasse quasi per intiero al monistero di s. Silvestro. In- fatti nelle bolle pontificie si ha: terram scmentaridam sitam foris portam s. Valmthii iuxta mnros huius dvttatis Rome mann leva inter affìnes a primo latere fossatum qiiod est car- bonaria inter ipsum miirum et eadem terra extenderet iisque in fliwiiim Tiberim et a secundo latere ipsum fliiviiim et a tertio latere via publica quae ducit et redncit ad s. Valentiniim, et a quarto latere iurls s. Rom. ecclesie. Da questo passo si de-

(i) La vendita dell'anno 13 71 per confinanti di un terreno in Selce roda i beni di Silvestro Lucido, gli eredi di Paolo de Astallis, la via publica innanzi e il vicolo vicinale dietro. Neppure da questi nomi può essere schiarita la topografia del sito. In un sommario di altra vendita del 1355 riguardante il medesimo fondo, non vi è maggior lume. L'essere però additato come terreno sodo mi fa in- clinare per la parte sinistra della via piuttostochè pei Parioli.

206

G. Tomassetti

^

termina che un terreno di s. Silvestro era situato tra le mura di Roma fuori della nostra porta a sinistra, un fos- sato Carbonaria, il Tevere, la via Flaminia e un altro ter- reno della Chiesa romana. È facile intendere quale sia questa situazione; e quanto al nome del fossato gh sarà stato pro- babilmente conferito da qualche scalo di carbone sul Te- vere quivi situato. Le scarse notizie che ci avanzano di questo tronco sinistro suburbano bastano per farci credere che fosse coltivato a prati ; ciò che del resto è consentaneo alla natura del terreno. Tuttavia qualche vigna v'era, come dai testi siamo per vedere. Non era quello sopra indicato come confine il solo fondo che la Curia romana possedeva su questa parte della strada. Dal regesto di Onorio I si ricava che si affittavano per annui trenta solidi d'oro: Ur- ras et v'meas et prata foris portam flamineam nsque ad pontem molvium (i). Una enfiteusi del monistero di s. Silvestro in favore di Rusticello figUo di Angelo, dell'anno 1192, concerne una vigna situata sulla sinistra della via Flaminia. Infatti essa è additata come posta innanzi alla chiesa di s. Valentino (nella pergamena originale leggo an eccìa sci Fai.) e tra i confini si notano la via pubbHca ed il fiume (2). Una enfiteusi del 13 13 in favore di Cesario figlio del quon- dam Biagio Cesalino riguarda una vigna in s. Valentino, ma poiché i confini n'erano i fondi di Stefano e di Pietro di Carbone, la strada e il fiume, mi sento inclinato a col- locare questa vigna sulla sinistra della Flaminia (3). Prima di accedere al ponte dovrei parlare di un ragguardevole monumento del medio evo, di una torre cioè chiamata Tripixpne, ove io accettassi la opinione di qualche scrit- tore, che collocò la torre al di qua del ponte stesso (4).

(i) Deusdedit, ed. Martinucci, pag. 321.

(2) Pergam. di s. Silv. ai an.

(3) Archivio cit., lib. invent. ad an.

(4) Adinolfi, R. nel m. evo, I, pag. 85. Il Gregorovius, narrando l'ingresso di Enrico VII in Roma, non determina il sito del Tripi-

Della Campagna Romana 207

Ma ciò non mi sembra probabile; ed io ne lascio il giu- dizio ai lettori, ai quali or ora sottoporrò i testi riferentisi a quel monumento.

Siam giunti al ponte Molle, il cui nome rappresenta una corruzione di Moìvio dal più antico Milvia o piuttosto Mulvio, come nel marmo Ancirano ed in Livio. Nel medio evo fu dapprima nominato Moìvio o Molbio, ma dal se- colo XIV in poi fu detto Moie o Molle (i).

Ordinando cronologicamente le notizie storiche e le menzioni diplomatiche del ponte Molle nel medio evo, mi si offre la serie seguente :

Apparisce col nome di pons Molhius nel Curiosum Urbis, e di Molvius nel flilso P. Vittore (2).

Nell'anno 637 Vitige movendo contro Roma e cin- gendola d'assedio pose il suo accampamento nella pianura presso il ponte, alle pendici del Monte Mario (3). In oc- casione di questa notizia il biografo pontificio chiama Mol- vitim il ponte; e da Procopio è detto Milvio (4).

Nel citato libro pontificale, narrandosi il trasporto della salma di Sabiniano, il successore di Gregorio Magno, si nota: funiis et lectiis eiiis per portam s. Ioannis dtictus est foris muros civitatis ad pontcm Molvium (5).

:(oiie, del cui nome propone la etimologia dalle macchine balistiche dette trahuchì. Prescindendo dalla poca probabilità di questa deriva- zione, non credo utile il cercarne un'altra, perchè cotesto nome stra- nissimo, forse allusivo alla forma triangolare delle fortificazioni on- d'era la torre munita, ci viene troppo variamente riferito dai cronisti, (i) Per la etimologia del nome e per la storia del ponte, cf. Nibby, Analisi, II, pag. 580, Piale, Degli antichi potiti di Roma, pag. 8-9. Jordan, op. cit., I, pag. 415. Per le iscrizioni relative alla ripa Tiberina presso il detto ponte, d. il Corpus Insci: Lat., voi. VI, 1234 e segg. Tito Livio, lo indica col nome Mulvitim (lìb. XXVII, e. 51, ed. Weissenborn).

(2) Urlichs, op. cit., pag. 22, 44.

(3) Procopio, lib. I, e. 19.

(4) Lib. pont. in Silverio, n. 4. Il Codice Vaticano 3764 ha Molvi. In Procopio si legge Mapiou (I, e. 19, ed. Dindorf, II, pag. 94).

(5) Lib. cit. in Sabiniano n. 2. Il Cod. Vat. 5269 e l'Ottoboniano

208

G. Tomassetti

q

È detto Milvius in più di un luogo delle Mirabilia, della prima recensione, vale a dire del secolo xii (i); nella graphia (2) e nelle altre recensioni (3).

Il noto fatto storico dell'anno 770, ci ricorda il ponte medesimo; cioè quando Cristoforo e Sergio capi degli ot- timati romani resistettero al papa Stefano III, protetto dal re Desiderio. Alia vero die, dice il biografo, trans&untes (Cristoforo e Sergio) per pontein Molviiim venerimt ad por- tam beati Petri et deinde pergentes appropinquaverunt ad por- tatii beati Pancratii (4). In tal modo è parimenti nominato il ponte a proposito della vicina basilica di s. Valentino (5). Ugualmente viene indicato nella biografia di Gregorio II ed in quella di Adriano I a proposito delle inondazioni che sotto l'uno e l'altro ebbero luogo {6).

Il ponte Milvio fu, mi si lasci dire, spettatore di una delle più grandi pompe del medio evo in Roma, dell' in- gresso solenne cioè di Carlomagno, nell'anno 799. Im- perocché questo principe, quantunque fosse venuto sotto Roma per la via Nomentana, tuttavia volle far l'entrata nella città pel Vaticano, girando le mura e passando pel ponte Milvio. Quivi gli andarono incontro il clero, gli ot- timati, la milizia, il popolo, le dame, le scholae straniere cioè la Franca, la Sassone, la Frisona e la Longobarda simili omnes connexi ad pontem Molvium (eum) ami signis bandis et canticis spiritalibns susceperunt (7).

Nell'anno 855 Benedetto III, eletto appena, fu turbato

183, hanno Olvium; il Vat. 629 e TOttobon. 545, Molhìum; il Vat. 3762, Moìhii.

(i) Urlichs, pag. 94, 9), etc.

(2) Idem, pag. 116, 118, etc.

(3) Idem, pag. 128, 131.

(4) Lib. cit. in SUfano IH, n. 8.

(5) Lib. cit. in Theodoro, n. 5.

(6) Lib. cit. in Gregorio II, n. 6, in Hadriano, n. 94 cum a porta beati Petri apostoli usque ad pontem Molvium aquae se distenderent.

(7) Lib. cit. in Leone III, n. 19.

Della Campagna Romana 209

e ridotto a mal partito dall'antipapa Anastasio spalleggiato dai legati dell'imperatore Ludovico IL Costoro non ma- nifestarono la loro avversione a Benedetto se non quando furono in Roma. Ora il biografo racconta che i Romani ebbero dai legati la ingiunzione di recarsi sulla via Fla- minia trans Milvium pontem per conoscere le intenzioni dell'Imperatore per bocca de' suoi legati (i).

Nell'anno 89^ quando il re tedesco Arnolfo venne in Roma, omnis senatus romanorutn, scrisse l'annalista così detto Bertiniano, vel graecorum scola ad pontem Molviiim venientes regem honorifice ad urbem perduxerunt (2).

Nel secolo x il pedaggio del ponte Molle con altri diritti fu dato da Agapito II al monistero di s. Silvestro, siccome si legge nella già ripetuta bolla: pontem Molv'mm in integrum cum omni eitis ingressa et egressu et datione et tribntu. S' intende facilmente che da questa concessione de- rivò in parte l'arricchimento del monistero.

Nel secolo ix o x le processioni facevano stazione ad pontem Mohium (3).

Nell'anno 13 12, quando s'avvicinava Enrico VII a Roma, Giovanni d'Acaia coi guelfi occupava il ponte Milvio; poi l'abbandonava per occupare il Vaticano, come si vedrà fra poco in proposito del Tripìxone.

Nella pianta prospettica di Roma del secolo xiv od almeno desunta da una di quel tempo, che il commend. De Rossi trovò in un codice di Parigi (4), è segnato il ponte Molle, e lo si scorge munito di tre torri.

Spetta pure al secolo xiv la menzione che fece Gio- vanni Villani di questo ponte, a proposito dei fatti sopra accennati, quando lo chiamò col singoiar nome di ponte

(i) Lib. cit. in Bened. Ili, n. 11.

(2) Annales Bertiniani in Rer. Ital. Script., II, p. i'^, pag. 574.

(3) Bosio, op. cit., pag. 575.

(4) Bibliot. naz. fond. ital., 81. De Rossi, Piante icnografiche, etc. di Roma, tav. II.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 14

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2 JO

G. Tomassetti

Emulo, corruzione forse di Emilio, nome che più scrittori gli hanno dato (i).

Nell'anno 1405 si combattè presso il ponte Milvio fra i partigiani di Innocenzo VII e i ghibellini di Roma. Il sapersi dall' Infessura, che il ponte allora fu incendiato, ne persuade che fosse almeno in parte di legno. Anche dopo i restauri fattine successivamente, le testate del ponte furono di legno fino all'anno 1805 (2). Intorno alla parte che in quella lotta toccò al ponte Molle potrei lungamente trattenere i lettori; ma mi studierò di esser brevissimo, accennandone le principali memorie. In forza del trattato conchiuso tra Innocenzo ed il popolo romano, mediatore il re Ladislao, il Comune restava padrone di tutti i ponti della città, eccetto il ponte Molle (3). Perciò il Papa di- ceva guardare il ponte da gente armata; ciò che doveva spiacer grandemente ai Romani, come osserva il eh. signor Giorgi che afferma essere stato « il possesso di quel ponte « il pomo della discordia fra i due mal conciliati avver- « sari » e ricorda come, per testimonianza di s. Antonino, i Romani prima di dar mano alle armi chiedessero al pon- tefice la consegna del ponte, adducendo a pretesto il ti- more che di potessero introdursi in Roma le genti di Ladislao. Mette in dubbio e giustamente il Giorgi l'alle- gazione di quel pretesto; ma ammette la richiesta e sup- pone che Innocenzo rifiutasse. Infatti i Romani, nella notte

(i) G. Villani, IX, e. 39.

(2) NiBBY, R. Antica, I, pag. 188. Infatti la iscrizione sulla torre dice plus vii pont. max. parUm pontis subliciam impetu aqiiarum vexatam structorio lapide- reficiendam curavit, etc. La parte media del ponte è antica.

(3) TnemER, Cod. dipi., Ili, pag. 131. Giorgi avv. Ignazio, Rda- lione di Saba Giaffri ntìV Archivio della S. R. di storia patria, voi. V,

.pag. 170. Mi valgo di questo eccellente scritto, in cui l'egregio au- tore ha riassunto e criticato giustamente tutto ciò che dai documenti pontifici, dai diarii e da altre fonti si ricava, per illustrare la rela- zione di Saba Giaffri.

Della Campagna Romana 211

dal al 2 di agosto, diedero l'assalto al ponte, intorno alla qual circostanza ed alle seguenti lasciamo parlare il re- latore edito dal Giorgi. Officìales urbis, scrisse Saba Giaffri, miserunt ad dictmn pontem Mihiium gmtes ariìiorum equitum, pedìtum prò hahendo pontem predicttwi, et prò comburendo dictum pontem, et proiecto et facto igtte supra pontem predictum, non potuerunt dictum pontem habere me comburere, propter defensiones factas per custodientes pontem predictum et prò snb- curso facto per gentes armorum, dicti Domini Nostri qui sta- bant in platea sancii Petri, in tantum quod in preìio facto ad dictum pontem multi uuìnerati fuertint, et sic reduccntes diete gentes Romanorum et Romani, qui iuerant ad dictum pontem prò habendo pontem predictum, dicto die Dominico in bora none, subbito pulsuta campana ad sturmum, et facto bandi- merito per Urbem, prò maiori parte Romanorum insurrexerunt ad arma, et armati inerunt ad Capitoìinm cum omnibus ca- pitibns Regionum Urbis qui Capite (sic) Regionum portaue- runt banderias prò eundo versus gentes armorum dicti Domini Imiocentii pape, que gentes armorum dicti Domini papae, ui- deìicet Brigata de Mostarda et Ceccoìini equites et multi pe- dites qui uenerunt ad urbem ad mandatum dicti Domini pape qui stabant in platea sancti Petri, munierant se se armis, et proiecerunt sbarras prope plateam Castelli per totam stradam et per uiam Pontinam, et uersus finmen. Itaque Romani et officiales Urbis qui armati iuerant ad Capitolium prò.... non iuerunt et ad eorum domos reduxerunt. Dicto die Dominico bora cenae quasi hi occasu solis; et hoc tempore officii sep- tatus Thome de arctionibus.... seguono altri nomi e poi: et deinde die hmae tertio et die martis quarto dicti mensis Au- gusti, tractata fuit concordia per officiales Urbis, et dictum Domìnum papam, in taìitum quod, de voluntate dicti Domini nostri papae, dictus Pons Miluius, in ea parte ubi erat pons lignaminis secatus fuit et proiectns ad terras (i). Quest'ultima

(i^ Archivio cit., pag. 205, 206.

212

G. Tomassetti

^

notizia cioè l'abbattimento della parte lignea del ponte con- ferma quanto sapevamo dal citato Infessura. Del resto è certo che questo danno fu in breve riparato, poiché da uno scrittore del 1408 ci apparisce come frequentato (i).

Nelle due piante prospettiche di Roma^ del secolo xv, tratte dal comm. De Rossi dai codici Vaticano-Urbinate 277 e di Parigi-latino 4802, apparisce il ponte col nome Milvius, e munito di una sola gran torre. In quella tratta dallo stesso De Rossi dal codice Laurenziano del Redi, ch'è pure del secolo xv, la figura del ponte è la mede- sima: soltanto il suo nome è scritto milius (2). Nell'altra pianta di Roma dipinta da Taddeo di Bartolo nella cap- pella del pubblico palazzo di Siena, edita dal eh. signor Enrico Stevenson, il ponte Molle si trova munito di tre torri, delle quali la più alta è nel mezzo del ponte stesso (3). Spetta pure al secolo xv la seguente menzione del ponte, che fece Leonardo Aretino : Pons est Milvius super amne Tiheris extra Urbem Romam per quem ex Etruria in Latium transitur. Nunc nostri prdesidio militum imposito tenehant. Romani vero cupientes eum quoque pontem in suam redigere potestatem... pontem adoriuntur, poi segue raccontando la respinta dei Romani, poi il nuovo assalto, poi la strage degli undici ed il resto (4).

Nel 1428, il ponte fu riparato coli' opera di un Fran- cesco di Genazzano, che ne fu pagato con io fiorini d'oro, come si deduce dai registri dei mandati deUa Camera (5).

(i) Mensis Januarii die Sahhati septima (1408)... equitavit Beccharinus cum mullis aliis de gentihus armoruni Pauli de Ursinis per pontem Molli versus montem Rotundum, etc. Diarium Antonii Petri in Rer. Ital. Script., XXIV, pag. 986.

(2) De Rossi, Piante, etc, tav. II e tav. Ili e IV.

(3) Cotesta pianta è dell'anno 1407, come lo Stevenson ha sco- perto. Veggasi la sua pubblicazione: Di una pianta di Roma dip. da Taddeo di B. nel Bull. Arch. Comunale, 1881.

(4) Leonardi Aretini, Comentarius in R. I. Script., XIX, pag. 922.

(5) Ex relatione Retri Juliani prò reparatione pontis Mollini. Man-

Della Campagna Romana 2i3

Pel ponte Milvio fece l' ingresso il re Sigismondo, quando venne nell'anno 1433 ad incoronarsi imperatore per mano di Eugenio IV (i). Ricordiamo poi la occupa- zione fattane da Nicolò Fortebraccio nemico di Eugenio IV nello stesso anno (2); e le altre riparazioni materiali fat- tevi nell'anno 143 1, forse in seguito del suddetto avve- nimento (3); i ristauri che ne intraprese Nicolò V e con- dusse a termine Calisto III (4). Ricordiamo l'imbarco di

dati Camerali, 1428, f. loi. Muntz, Les arts a la coiir des papes, I, pag. 17.

(i) Cf. Poggio nella Miscellanea del Baluzio, III, pag. 183 e lo Spicilegium Romanuni, t. X, ep. y

(2) Infessura in Eccardo Corpus hist. II, pag. 1877. Fortebraccio tenne lungo tempo assediata la città, finché cioè Francesco Sforza divenuto difensore di Eugenio IV costrinse il Fortebraccio a pren- dere la difensiva.

(3) Nobili viro lohanni de Valle Rtìbiano prò aptatione potitis Mollis fior. 60 atiri de camera. Mandati Cam. 1432, f. 50. Muntz, op. cit.,

pag. SI.

(4) Il suo stemma si vede ora murato nell'interno dell'arco mo- dernamente ricostruito. Quanto ai lavori del tempo di Nicolò V, si legge nei registri della tesoreria segreta, 145 1, f. 73, a m. Antonio Paciuri da Roma 686 ducati e holognini 18 per paxi 21^ di muro a fatto al ponte a ghakra a tutte sue spexe a ragione di due. 5 114 ilpaxo. Nel 1454, f. 3 7 : a m." lacomo Ciavarone di Ancona che fa ponte Molle ducati jo di papa.... per parti di detto lavoro; ed altrove (f. 119V) a Antonio Paciuro da Roma... due. 40 d. e. cont. a lui per casone di la pietra a cavata sotto Ponte Mole dove pasano le barche. Quanto al proseguimento e fine dei lavori sotto Calisto III, nei Mandati Cam., 1455, fol. 261 v. si veg- gono assegnati al sunnominato Ciavarone di Ancona altri 586 ducati e boi. 65 prò residuo et complemento omnium pecuniarum sibi quomodolibet detentarum ratione dictact fabricae. Ed a Mastro Cencio falegname ducati 20 prò manufactura portarum et pontium levandorum (ponti le- vatoi) in passu pontis Molli (Mand. C, 1457-58, fol. 43V) ed altrove altri pagamenti fatti al medesimo ed uno a messer Varrone d'An- gelo fiorentino scultori... prò certis marmoribus per eum laboratis prò edifitio pontis Mollis. Vedere il Muntz, op. cit., pag, 158, 203, 297. Reumont, Gesch. d. St. R., Ili, parte i*, pag. 378. De Rossi G. B., Piante icnog. e prosp., pag. 92.

214

G. Tomassettì

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Pio II per la crociata nel 14^4; i nuovi lavori eseguiti nel ponte sotto Paolo II (i); la nuova occupazione fat- tane da Virginio e Paolo Orsini nemici d' Innocenzo Vili, nel 1485, quando si era sparsa la voce della morte del Papa (2); e finalmente il passaggio che vi fece in Roma Carlo Vili, il 31 dicembre dell'anno 1494, allorquando venne in Italia, inaugurandovi la nuova infelicissima età delle invasioni straniere (3).

(i) Nei Mandati Cam. del 1464-73, fol. 47: Magistro Gilio Tocho muratori prò totidem in reparatìone pontis Milvii solutis, fl. 14, etc. e nel foglio 67: Mag. Domenico de Florentia fahro lignaniinis fior, auri de e. 12, b. ^6 prò totidem per eum e.xpositis in clavihus, lignaminilnis et magislerio certae reparationis factae in ponte levatore pontis Molli:'. MiJNTZ, op. cit, II, pag. 99-100.

(2) Virginius Ursinus et Panlus.... cepernnt pontem Molliinn, si noti dai lettori la denominazione moderna che apparisce quasi perfetta, pontem Salariiim et Nuinentanum quos per quamplures dies eorum nomine lenuerunt et custodivertint, et tentaverunt insuper siihtili ingenio capere portas videlicet Flaminiam Pincianam Salariam et Viminalem. Sed cimi desperati essent de morte Innocentii, ultro iììos dimiserunt et retrocesserunt. Infes- SURA, pag. 195 1.

(3) Qualche altro ricordo storico del ponte Milvio ci accompagna nell'età moderna; e siccome rimane fuori del nostro tema, così mi limito ad accennarlo in questa nota. Quando il duca Valentino tornò in Roma, dopo le sue imprese di Romagna, fu presso cotesto ponte accolto dalla Corte romana e dal corpo diplomatico. (Reumont, Geschichte der Stadi Rom, III, parte i", pag. 231). Sul parapetto del ponte a mano destra eravi una edicoletta con una imagine della Ver- gine, cui si largivano parecchie limosine, l'erogazione delle quali fu nel secolo xvn determinata come si deduce da una iscrizione ora scom- parsa, che diceva r= i. 0. m. vetustam hanc deiparae genitricis imagi- nem ad viatorum praesidium et pietatem hic positam omnesque elee- mosynas a christianorum ohsequio in eiiis cultiim erogatas innocentius decimus p. m. tnonialihus paenitentibus sub titillo sanctae mariae mag- dalenae ad cursum in earum paupertatis subsidium apostolica au- ihoritate concessit ubi viator et a maire misericordiae addisce mi- sericordiam erga pauperes paenitentes. (Galletti, Inscr. rom., I, pag. 117). S'intende che la lapide riferivasi alla casa delle donne traviate con- vertite, che. dava il nome alla via sul Corso, ora detta via della posta.

Della Campagna Romana 2i5

Enumerate le memorie del ponte, toccherò di quelle spettanti al Tripixpne. Escludendo che fosse situato al di qua del ponte, rimangono due ipotesi intorno alla posi- zione di esso, cioè o che sorgesse sul ponte, fosse più meno che una delle torri del ponte medesimo fortifi- cata in modo singolare, ovvero stesse al di del ponte, presso di questo, in modo da proibirne l'accesso in caso di guerra. La prima di queste ipotesi balenò al Nibby, che ricordando come la torre compiuta da Calisto III avesse il difetto di obbligare 'ad una svolta a destra, notò quasi di volo che antecedentemente vi era un propugna- colo in gran parte di legno, chiamato Tripi^ott e nomi- nato da alcuni cronisti (i). Mi sembra degna di consi- derazione questa congettura; tuttavia non voglio conclu- dere in proposito proporne un'altra senza accennare le fonti storiche di questo edifizio.

Nella stori-a di Roma è nominato; cioè nell' ingresso di Enrico VII in Roma, nell'anno 13 12. I lettori rammentano quanto avventurosa e singolare fosse l'incoronazione di queir imperatore; com'egli trovasse la città di Roma in gran parte occupata dai guelfi romani, fiorentini e napolitani, co- mandati da Giovanni d'Acaia fratello del re Roberto d'Anjou; come perciò foss'egfi -costretto ad entrare in Roma per la via Clodia colle proprie mìHzie in ordine di battagha. Ora i testimoni oculari di quel fatto e della lotta successiva, ch'ebbe luogo in Roma, ci raccontano che la cavalleria dei guelfi si limitò a molestare la retroguardia di Enrico VII presso il ponte Molle, e che questi potè accamparsi fuori della porta del Popolo, perché Giovanni d'Anjou aveva

Un'ultima moderna curiosità spetta alle memorie del ponte Molle, ed è la Società degli artisti denominata da esso ponte, ora non più in esercizio, sul cui statuto, iaiocco, insegne, etc, scrisse una mono- grafia il dott. Giovanni Boschi, (cf. Giornale Arcadico, voi. 148, pag. 62).

(i) Analisi, II, pag. 581.

2l6

G. Tomassetti

ritirato la sua gente; ma soltanto aveva lasciato un pre- sidio nella torre detta Tripi-:^one. I cronisti che ci forniscono qualche cenno su questo monumento scomparso, sono i seguenti:

Albertino Mussato, che chiama moìis il ponte, dice che ex ligneo propugnaculo ad pontis littis extructo quem Tripi- Xpneni vocabant, sagittarum iactus exivere, illataque vulnera introetmtibus ex quibus equi occisi quamphirimi et nonnulli hominum in transitu interemti. Poi racconta come fosse as- saHto ed espugnato dai ghibellini (i).

Buonincontro Morigia così ne parla: N'ani ante regis transitum faciendnm iuxta urbem quidam locus Columnensium erat Trepixpne nominatus iuxta ponte Mollem, quem super Humen Tiberis tcnebant Columnenses, atque unicum in urbe transitum servabant Regi et hostes iUis diebus occupaverant et praesidio armatorum, praecipue sagìttantium, pleìmni dimi- serant, ut saìtem volatili ferro Regis transitum impedirent. At Rex inqiiit mìlitibus suis:- locus iste ribellis in momento capi nequit, ncque hic est nobis libera mora : quocumque modo per hoc iter transeundum est. Aggiunge una viva descrizione dell'ingresso e delle ferite dall'alto. Era molto vicino il Tripixpne (il che combina coW'ad latus di Mussato) perchè dice : dum ante sagittantis muri nimium propinquam faciem necessarium iter faciunt (2).

Ferreto Vicentino narra che correva voce come: lo- hannem.... pontis Molli transitum quem ferme ter mille pas- sibus ab Urbe distantem murisque septum Stephanus et Sarra (3) Columnensium Optimates callide anticipatum Augusto servabant, totis viribus impugnare. All'arrivo di Enrico VII: Johan- nes.... copias suas retro abire coercens, relictis tantum viris XL prò tuitione loci quem Tripi^pn vocant, ubi Turris vasta

(i) MussATUs Ale., Hist. Aug. in Rer. Hai. Script., X, pag. 449.

(2) Morigia Bonincontrius, Cronicon Modoeti&nse, ibidem, t. XII, pag 1105.

(3) Sciarra.

%

Della Campagna Romana ii'j

in oppositum memorati Pontis non procul imminebat, in tuta s. Angeli oppido se crediderat. Caesar vero ttirmas hostiles praeterquam ftierat ratus ahiisse tristatiis, trans pontem libens memoratum nullo adversante se corripit. lam nox tenebris coelnm oppresserat, imde in agris mediis pernoctare coactiis quietis remedia, utcumque valuit, novus hospes invenit. Obs- tabat nempe Tripi^pnis arx metuenda, sub cuius eundum ca- cumine prorsus fuerat. Nec tamen inde absque iactura suorum transitum est ; multi namque spiculorum iactibus a longe sancii medicorum opem necessario petiere. In sequenti antem dilucido Caesar.... urbem romanam.... ingressus est.... e più appresso: Repìetus vero cibis mox in peragendìs aestuaus Proceres suos consuìtor maturus aìlicit, quibus ìwrtantibus, Treverentis An- tistes et Robertus Flandrensis prò expugnanda superandave Tripixpnis Turri, quae iter impediebat, dimittnntur. Hi Regis iussu sumtis virorum cohortibus ad id loci propere veniunt, et in agris, quibus nudius tertius Caesaris alae pernoctarant, castra disponunt, factoque impetu in lohannis satelìites aere conductos, qui Turrim missilibus variisque tormentorum ge- neribus tutabantur, pugna prima vix locum exceperunt. De- nique tamen, cum secundi iumulius etiam vim repulissent, adiecto bis mature praesidio propter copias multas illorsum a Ioanne transmissas, confecto proelio, muìtisque utrinque caesis et sauciis, Regis gens victrix emicat.... qui vero Turrim ser- vabant, opem desperantes, nitro se locumque Caesariensibus dederunt (i).

Nelle Gesta Baldewini de Luc^emburch legge: Deinde Rex cum domino Baldevvino et aliis multis XXIV die aprilis per Rausegonem, Bibone, Campillo, Castelliu, etc... et per campos de Bakenvelle transit Pontinole per ante turrim Tri- pe:(on, de qua plurimi fuerant sagittati (2).

(i) Ferretus Vicentinus, in R. I. S., IX, pag. 1098. (2) Gesta Baldewini de Luc:{emburch in Baluzio, Miscellanea (ed. Mansi), voi, I, pag. 310.

i8

G. Tomassetii

^

Nicolò di Botronto tra parecchie menzioni che fa del ponte produce queste : item petivimus qnod (Ioannes) gentem suam quae erat circa pontem De Mollen faceret recedere poi dominus rex et sua gens dircele versus pontem de Mollen aciehns ordinatìs. Quando ad pontem' venerunt jam homines domini Ioannis illuni locum ante pontem, ubi plusquam per mentem fuerant, dimiserant, munita una turri hominibus et balistis multum bene; nec aliquls supra pontem ascendere po- terai, quin illì, qui in turri existebant, possent eum sagittarc. Postquam rex prope pontem fuit, qui in penultima ade ve- nerai, nullus adirne transiverat. Exiverunt per pontem sancii Angeli gentes domini Ioannis, etc. Miserunt aliquos in cur- soribus ad respiciendum locum, et invenerunt illi quod pratum Mollae pulcrum erat medium et quaedam vineae inter eos, et unus rivus prope pratum, nec erat via nisi strida per quam pauci siviul ire poterant. Postea delìberaverunt quod pontem transìrent, credentes quod cum ultimis, si bellare inlcndcrenl, bellarent. Inceperunt continue transire et alii de turre sagil- tare. Dopo l'ingresso di Enrico in Roma dice il cronista: gens regis continuato insulta per duos vel tres dies lurrim Ulani iuxta pontem ceperunt et omnes qui erant ibi et credo quod se reddiderunt salva vita (i).

Da Giovanni di Cermenate estraggo che dicevasi: lo- hannem fratrem regis Roberti sedere hostiliter cum exercitu ante pontem Mollem.... nunciatur etiam ipsum pontem multis insultibus multis machinis et hellicis instrumentis continue ten- tari.... poi: Rex properans ad pontem hostem non invenit.... verum nec ab hoste transitus relictus est totus liber. Nam ante Regis transitum faciendum locus Colonnensium erat quem na- tura satis, et antiquorum arce (2) munitum vulgus Erupi- tionem nominai, et Saracenorum opus esse dicebat. Hunc locum hosles, durante obsidione pontis, proximum occuparant, ac

(i) NicoLAUs BoTRONTiNEN in R. I. S., IX, pag. 914. (2) Arte?

Della Campagna Romana 219

praesidio armatornm praecipue sagittariorum planum, cum recederent ab obsidione, dimiscrant, ne- saltem volatili ferro Regis transitum impedirent. At dum Rex examinat in tran- situ per certuni viam niminm sagittis hostium proximum pe- riculum; et detrimentum gentis snae, excitat ad passum aegro animo (i).

Dai Rendages di Gilè, che accompagnò Enrico VII in quella spedizione, tolgo questo passo : Item ce joiir (samedi vigile de la Trinitè) et ce lieti, delivré a monsegnour Renar d'Argny, quii avoit paiet do mandement monsegnour de Treves, XVI jour en may, a trente sergans; qui celi jour furent mis avoec leur conistable en le tour de Tribichon devant Ponte molle, et eut cascun sergans un gros le jour et li conistable iij monois le mois; quatrevingt iiij florins (2).

Altre menzioni di altri scrittori non valgono tanto da essere raccolte, perchè sono piuttosto trascrizioni di queste contemporanee che ho riunite (3). Se i lettori da esse ricaveranno una convinzione più sicura della mia, io ne sarò soddisfatto come se accettassero questa. Io trovo in- nanzi a me nelle citate fonti una incerta serie di deter- minazioni topografiche. Il tripixpne era rispetto al ponte come appresso, cioè:

ad latus (Mussato) in oppositiim (Ferreto) propinqua (Morigia)

(i) Johannes de Cermenate in R. I. S., IX, pag. 1263.

(2) Acta Henrici VII, R. I., etc. a Francisco Bonainio collecta. Fior., 1877, voi., pag. 316.

(3) Le opere posteriori riguardanti il viaggio di Enrico VII in Italia sono: Wezer Conradiis, de rebus gestis Henrici Vllimp. (autore del secolo xvi) ; Barthold F. W., der Ronier^iug Kònig Heinrichs von Lùt^elburg; Von Gundling I.P., Leben Heinrichs VII (iji^); Olen- schlaeger I. D., Geschichte des róm. Kaiserthums in dem vier:(ehnten lahrhund. i. Theil. (1755); Dònniges W., Acta Henrici VII, etc, (1839) e Geschichte des teutschen Kaiserehums im XIV lahrhund., etc, (1841),

220

G. Tomassetti

4

iuxta (Nicolò) ante (Gesta Baldewini) ante (G. Cermenate) devant (Gilè).

Prepondera, come ognun vede, la indicazione dell' an^^, ma non ha forse minor peso l'altra della semplice vici- nanza. Dalle piante del medio evo poca luce riceviamo in proposito, perchè certe particolarità vi sono trascurate. Da piante, le quali tutte collocano il ponte Salario sul Tevere possiamo aspettarci lume sulla gran torre trian- golare del ponte Molle? Inoltre esse partono da un ori- ginale comune, quindi non ha gran peso la loro identità. Del resto, se a questa si vuol dare un valore qualunque, giova osservare che tutte pongono, eccetto quella di Siena, la gran torre verso Roma, non già verso la campagna. Cresce con ciò la confusione; perchè dai testi degh scrittori si rileva che la lotta col tripixpne fu sempre prima che gH imperiali passassero il ponte, non sul ponte medesimo e molto meno dopo di esso. Lasciamo adunque da parte le inesatte indicazioni delle piante. In conclusione, io sono d'avviso che il difetto della svolta a destra, che il ponte manteneva fino al secolo passato, partisse appunto dalla pianta del medesimo fatta in modo che chiunque vi acce- deva dalla campagna fosse obbligato a passare presso il Tripizone; ciò che mi sembra accordarsi coi cenni dei cro- nisti. Adunque l'accesso del ponte Molle può definirsi, se- condo il mio ragionare, una specie di porta scea; il Tri- pixpne ne guardava sulla destra l'accesso tra la riva del fiume (detta ora la riva della torre") e la testata del ponte. Restituisco pertanto sotto questa forma approssimativa la pianta del ponte Molle nel medio evo:

•Della Campagna Romana 221

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tenendo per a il ponte, per e l'accesso e per h la dispu- tata torre. Con questa congettura, alla quale mi sembrano potersi adattare i passi degli allegati cronisti, si spiega eziandio il fatto che non ne sia rimasto avanzo, poiché fu essa compresa nei grandi lavori di Nicolò V e di Ca- listo in. Se volessimo collocare il Tripi^one alquanto più lungi dal ponte, sulla riva di destra, si potrebbe ricorrere a quel nucleo di sepolcro posto sull'antica Flaminia, che tuttora si scorge in piedi: ma parmi non essere questa supposizione conciliabile colle fonti finora discusse. Esiste tuttora un grosso muraglione di costruzione irregolare, propria dell'età di mezzo, addossato alla riva destra del fiume, presso la moderna torretta o testa del ponte. Io sono d'avviso che questa muraglia sia un avanzo della costruzione che sosteneva la ripetuta torre.

(continua).

n

// Codice harberiniano XXX, 8^

CONTENENTE FRAMMENTI DI VNA DESCRIZIONE DI ROMA DEL SECOLO XVI

,NÌ7T^1ì^ ACENDo lo spoglio topognifico dei codici barberi- (^ f^rsp niani, uno ne ho ritrovato, segnato col n. XXX, 89, cjs^^?<^ che mi sembra meritevole di illustrazione. Secondo le notizie favoritemi dall'egregio bibliotecario D. Sante Pie- ralisi, questo manoscritto formava parte, in origine, di una voluminosa miscellanea di argomenti così disparati, che è sembrato opportuno al lodato bibliotecario di formarne più tomi omogenei e riferibili ad uno stesso soggetto. Il co- dice XXX, 89, che è cartaceo e scritto negli ultimi anni del secolo xvi, regnando Sisto V, incomincia la numera- zione a carte 494, terminando a carte 5^9, e reca per ti- tolo: Cose antiche e modeme pub. e prinate in Roma e fuori anc.^ forse lontano.

Non so quali propositi letterari avesse l'autore di questo scritto: poiché i materiali da lui raccolti possono servire tanto ad una collettanea di iscrizioni antico-moderne che leggevansi disperse qua e per le vie, case, giardini ed edifizì pubblici nella Roma di Gregorio XIII e di Sisto V, quanto ad una guida descrittiva della città. Per ciò che spetta alle antichità classiche il codice è di poco valore: le grandi iscrizioni degH antichi monumenti pagani non vi sono trascritte, forse, perchè notissime ed alla vista di

224

'7^. Lanciani

%

tutti. Per converso vi .si ritrovano molti titoletti funebri di niuna importanza, specialmente quelli che stavano com- messi nei pavimenti delle chiese e de' cenobi, murati nei recinti delle vigne e degli orti, ovvero collocati ad orna- mento di questo o di quel cortile di casa privata, di atri, di fontane, di ninfei, etc. E siccome l'anonimo autore era stato preceduto in queste sue ricerche antiquarie da epi- grafisti valentissimi (cf. l' index auctorum del CIL, VI, n. I - LXV), ne avviene che il suo lavoro riesce per noi di pochissimo vantaggio.

Per ciò che spetta alle epigrafi ed ai monumenti della Roma di Gregorio XIII il codice è di notevole pregio, e degno di essere messo alla portata degli studiosi. Come elemento per una statistica catastale (ed antiquaria) della città, fa opportuno seguito al censimento di Leon X edito dal eh. Mariano Armellini, all' indice della pianta del Bu- falini edito dal eh. senatore Fiorelli, alle memorie di Ulisse Aldovrandi, alle « monumenta » di Lorenzo Schrader, e ad altrettali documenti del secolo xvi. Alcuni dei luoghi e alcuni degli « antiquari » descritti nel codice ci eran noti per altre fonti; quali sarebbero per esempio quelli del pa- lazzo Cesi, di villa Medici, degli orti di Giulio III, dei Porcari, dei Ceuli o Cefoli, dei Capodiferro, del palazzo dei Conservatori, etc. : nondimeno non mancano anche per questa classe notizie inedite e peregrine. Assai più abbon- dante è la serie dei luoghi, e delle raccolte men cono- sciute, descritte nel codice; quali sarebbero le case e le anticaglie di Antonio antiquario, di Fabrizio Lazzaro, di Gregorio Epifanio, di Cristoforo Nardini, di Alfonso Ca- rillo, di Geronimo Gabrielli, di Saturnio Gerona, dei Vi- telli, dei Santacroce, dei Savelli, di Alessandro de' Medici, etc. Disgraziatamente l'autore del manoscritto si occupa quasi esclusivamente delle iscrizioni che quei gentiluomini ave- vano fatto dipingere o incidere nelle loro case e nei loro conclavi: e siccome l'epigrafia non è, per vero dire, il suo

// Codice barberiniano XXX, 8g 226

cavai di battaglia, ne lascia sovente col desiderio di saperne di più. In ciò rassomiglia per filo e per segno a Lorenzo Schrader, il quale, pretendendo di descrivere Roma, si li- mita a copiare iscrizioni che, otto volte su dieci, hanno il solo merito di essere state copiate dugento novantanni or sono; e quando commette una eccezione alla regola, par- lando di cose diverse dai suoi epitaffi, parla di scioccherie che non e' interessano punto. Per esempio, uno dei più brillanti episodi dello Schrader, è la lista dei trentadue vini da pasto che la corte pontificia soleva bere largamente; intorno al merito relativo dei quaU egli pronuncia sentenza da vero figlio d'Arminio. Al modo istesso, l'anonimo autore del codice barberiniano è cosi secco nelle sue descrizioni che talvolta riesce inesplicabile; e quando si dilunga dall'a- bitudine, parlando ex professo di qualche opera d'arte, si può star sicuri che quell'opera non meritava tanto onore. Ad onta di questi difetti, io credo di non avere fatto opera vana pub- blicando il codice, perchè ogni descrizione della Roma del cinquecento, buona o cattiva che sia, è documento degno di essere conosciuto, e non manca di recare i suoi frutti, spe- cialmente quando lo si ponga a confronto con gli altri docu- menti contemporanei^ più accurati e degni di maggior fede. La mia edizione è stata fatta coi seguenti criteri:

L I nessi e le abbreviazioni talvolta eccessive del- l'originale sono disciolti, e la lettera v è stata sostituita alla u, quando quella ha il valore di questa. Ho pure sop- presso le maiuscole applicate ad ogni sostantivo, e le in- numerevoli interpunzioni.

IL Le iscrizioni moderne che ancora esistono, o che sono state trascritte da altri, sono emendate. Per le restanti, ho rispettato perfino gli errori evidenti del testo.

IH. Ho omesso le epigrafi edite nel sesto volume del Corpus inscrìptìonnm latinarum, citando soltanto i nu- meri di riferimento.

Rodolfo Lancianl

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. i5

226

'7^. Lari ciani

ff. 494] In una casa depinta non a colori incontro degli

Arcioni sul principio della montata di s. Silvestro a man dritta, nel cantone della strada che voltaverso Magnaìiapoli, e nella fac- ciata in calcina tal' iscrittione. « Antonius antiquarius, pub. uti- litatis potiusque sui rationem habens eximiorum artificum opera, quae nimia uetustate exesa, aedificiorumque mina sepulta, ac uariis urbis calamitatibus confracta et disiecta pene interierant, ingenti labore effossis et collectis, ad superiormn temporum glo- riam, nostrorumque posterorumque admirationem et imitationem instaurandis, prò rerum maximarum augustia fecit, anno Xti nati 1^46 » .

Ho sospettato sul principio che questo Antonio antiquario fosse una stessa persona con l'Antonio Agostini, contemporaneo del Bembo, di Fulvio Orsino, del Metello, dello Smezio, e di altri valenti epigra- fisti, ed epigrafista anche lui: tanto più che la data del 1546 segnata nell'iscrizione cade appunto nel decennio 1545-1555 della sua dimora in Roma. Cf. CIL, II, p. XV, 32 e VI p. XLIX, 35, Andres: Ant. Au- gustini Epistolae, Parma, 1804. Senonchè parmi impossibile che un ar- civescovo di Tarragona volesse di proposito celarsi sotto il modesto e profano appellativo di « antiquario », il quale appellativo, per di più, non deve prendersi nel senso scientifico, ma nel senso materiale e mer- cantile. L'Antonio della casa incontro gli Arcioni trafficava di antica- glie. Nel cod. barberiniano XLIX, 21 al f. 26 è disegnata una figura di vecchio, col moggio in testa, avvinto da una serpe, con varii occhi e simboli sulle nude carni. Segue la postilla: « Questa immagine sim- bolica del mondo di marmo fu trovata nelle therme di Traiano, poi venduta da Antonio antiquario a Giovan Antonio di Parione molto rotta «. Una figura molto somigliante a quella posseduta da Antonio antiquario è riprodotta nel cod. vat. 3109, f. 189, con la seguente po- stilla di mano di Pier Leone Ghezzi : « È stato copiato da me cav. Ghezzi da un libbro intitolato disegni originali cavati dall'antico .da Pietro Santi BartoH e da altri celebri professori, il padrone di detto libbro è il s. duca di Bracciano et è composto di fogli 166 e questo di- segnio'è a fogli 85 «. Veggasi il Bull. Cotti., X.

// Codice barberiniano XXX, Sg 22.7

{494^]. Nel f riscio al palax^o della Cancellaria :

((Raphael Riarius savonensis sancii Georgii diaconus car- dinalis 5. R. E. camerarius (( qui è l'arme di lion a Syxto iiii pontifice maximo honoribus ac fortunis honestatiis, templum ditio Lamentio martyri dicatum, et aedes a fundamentis sua impensa fedi mcccclxxxv [Alexandre vi p. m.'\ »

Raffaele Riario, creato cardinale appena trilustre nel 1477, da suo zio Sisto IV, costruì la Cancellaria sotto il pontificato di Innocenzo Vili (Muntz, Les Arts, III, pag. 37) con materiali tolti da antichi edificii, p. e. dall'arco di Gordiano al Castro pretorio (cuius quidem mar- mora e profunda tellure eruta converti vidimus in ornamenta templi ac palatii s. Laurentii in Damaso, A. Fulvio, Antiq., 1. II, f. 21), da un ignoto nobilissimo monumento che sorgeva poco lungi dalla eh. di s. Eusebio (Flavio Biondo, II, 17, Gamucci, pag. 105, Seve- rano, pag. 677), dal tempio del Sole quirinale (tutti li marmi che sono i nel palazo di sa giorgio sono canati da qsto edificio. S. PE- RVZZI Uffizi n. 664) e fors'anco dal Colosseo. Veggasi, per maggiori particolari il Fonseca, de basii, s. Laur. in Damaso, Fano, 1745. L'iscri- zione si vede tuttora nella fascia tra il primo ed il secondo piano del prospetto, ma non vi sono stemmi interposti. I più reputati de- scrittori di Roma s'accordano nell'attribuire l'architettura del palazzo a Bramante: mentre è certo che i Sangalli, zio e nipote, debbono èssere chiamati a parte del merito di quella fabbrica insigne. Nella scheda 987 degli Uffizi, v'è la pianta del u palazo di Santo Lorenzo in Damaso » postillata da Antonio Giuniore come segue : « questo è lo piano del chardinale, cioè lo primo piano dove abita lui : a piano tereno no sta così: ci è mura asai sopra alle volte. Questo disegnio è di mano del Golpaza, ed è misurato dove a bracia dove a palmi, ed è fatto falso a posta: non stanno bene le misure ». Nella scheda 188 è un disegno a penna e sepia della «porta per lo pa- latio del cardinale di santo Giorgio di Roma » con altri particolari : nella scheda 993 il disegno dell' « inbasamento del palazo della can- celleria» dal quale s'apprende come fosse ornato di antiche scol- ture, nominandovisi « la basa della femina grande ched e in la can- cellaria e la basa della fiura pichola eh' è nella cancellaria ». La scheda loio, finalmente, contiene la pianta <.<. del giardino di S. Lorenzo in Damaso ». Si consulti il cod. vat. 9181 di Francesco Cancellieri <( Notizie de' due pala:(^i Cesarini e Riario della vecchia e nuoya. Cartr cellaria etc. » Mi permetto di aggiungere un'altra pòsti-lla, l'argomento della quale entra assai bene nello spirito del nostro codice barberi-

228

9^. Lanci ani

n

niano. In altro codice di questa biblioteca, segnato XLIX, 32, f. 75 ed ultimo, si legge questa memoria di mano di Gasparo Morone. « Matthia Coruino dipinto in una casa a mano manca all'entrar della strada del Pellegrino (sul canto opposto al palazzo del card, di s. Gior- gio), della qual pittura ne fa menzione il Giovio. Da un lato del ca- valiere, sotto la figura d'angelo :

« Deberis coelo Matthia inuicte, sed ipsa Religio in terris usque tuenda tenet. Hanc, uictor, defende diu, coelumq. mereri Mortales possint qua pietate doce ».

A sinistra del cavaliere sotto la figura di demone: « Tartara te cupiunt : sed te sibi vindicat aether Dips (sic), adeo virtus, rex bone, cara tua (est) Dum neq te sperant in ea regna, neq astra exposcunt (?) Imperio terras inter utrumq. rege ».

Nello scoperto di s. Silvestro, all'arco di Portiigalìo messo al muro per fabrica e per memoria goffamente una parte di cass' antica di marmo bianco con figuracce di basso rilìeuo, che dinotando sepoltura, eccone lo scritto:

((.... caro op.filio incomparabili mater Pompeia Heliodora fecit et sibi)).

[495]. In una pietra antica, trovata del i^yS nell'orto dei Zoc- colanti, all' Isola di s. Bartolomeo:

Segue l'iscrizione di Senione Sanco CIL, VI, 567. Secondo il CiOFANO ad Ovili, fast., VI, v. 214, sarebbe stata ritrovata nel lu- glio 1574. Ora trovasi nella galleria lapidaria Vaticana.

Nella facciata del muro de frati di s. Pietro in vincola, verso la vigna con . 2 . statue una maschio e l'altra femina :

« L. Tampio L. [l] Tampia .1.1. Papae Prima

In un'altra dappresso:

(( L. Marcio l .1 . Theodoro [Grutero ^84 . ^].

[495^]. In un'altra:

« Clodius Hermogenianus \^CIL . FI. /ó^jy].

Il Codice barberiniano XXX, 8g 229

Queste epigrafi, copiate anche dallo Schrader, Monum., f. 172* debbono essere state ritrovate 0 in occasione dei restauri fatti al- l'edificio da Giuliano della Rovere nel 1 471 -1472, ovvero in occa- sione degli scavi descritti da Berto di Giovanni Alberti, Cod. ,di Borgo s. Sepolcro, f. 3. Nel 1550 incirca, furono scoperti altri piedi- stalli descritti più sotto al f. 550'. Giovanni Ruccellai, nel 1450, vide altre anticaglie « di fuori allato alla porta della chiesa » andate a fi- nire non so dove. Cf. Arch. S. R. di St. patria, IV, 574. Alla pag, 550 del codice si trovano altre notizie. Lorenzo Schrader pone il giar- dino di S. P. in Vinculi fra gli « hortos amoenissimos » nei quali « antiquitatis studiosi.... sese oblectare et animum ac oculos pascere possunt ».

Nella vigna 0 giardino dell'arcivescovo de Massimi, incon- tra S.'^ Sabina, trame^^ato dalla strada ptiblica, in una pietra antica di marmo bianco di . 2 . busti piccioli di maschio efèmina ch'era a man destra.

« D . M . « Flauiae elpidi . T . Flauius Herma coniugi sanctissimae ».

Questa vigna dei Massimi è nota non solo per gli oggetti d'arte e di erudizione che conteneva, ma anche per esservisi scoperto l'Er- cole di basalto capitolino. Il Vacca, mem., 90, la dice posta « verso Testacelo ». Appartenne in seguito alla casa professa dei Gesuiti (CIL, VI, 1008) e da ultimo al principe Torlonia. Nella edizione del Gru- TERO, 1141, 7, il cippo di Flavia Elpide è indicato «in palatio Maxi- morum sub stemmate viri ac foeminae ».

Alla fine dell' ortaccio verso uia lata 0 il corso, e verso il [496] Popolo, in un muro di Casetta nona era messo un pila- stro cosi scritto : « Soli inuicto mithrae ». \C .1 . L. VI, 72y].

Questa base marmorea, che forse appartiene all'insigne mitreo di s. Silvestro, stava sull'angolo di via della Croce con via Belsiana. Veggasi la bibliografia nel Corpus., 1. e.

Da ogni banda nel ponte di s. Maria in Trasteuere, con armi di me^xP dragone alli suoi luoghi :

ff Ex auctoritate Gregorii . xiii .poni. max. s. p. q. r. pon- iem senatorium, cuius fornices vetustate collapsos et iampridem

2'3ò

9^. Lanciarli

n

refectos, fluminis impctus denuo deiecerat, inpristinam firmitatem ab pulchritudinem restituii, anno lubilei .mdl xxv ».

Si consulti il Cancellieri « il ponte Leonino detto finora il ponte di s. Maria o ponte Rotto chiamato anticamente Fulvio, Senatorio, Consolare e Palatino » nel cod. vat. 9196.

[49 ^V]. Al cantone della facciata in Suburra:

«oh maiestatem

S.P.Q.R

Alex, vi . Pont . Max.

Sutura.

(( Aediculam Sahatoris trium imaginum suburani ambitus rég. montensiutn ne memoria intcriret, Stephanus Coppus Gemi- nianensis suis impcnsis in cultiorem formani redegit, aedituoq. annuós smnpius perpetuo conseruauit » .

In questa lapide ravvisiamo il secondo esempio che s'abbia in Roma di leggende poste per indicare la denominazione di una strada. Il più antico è quello della via Florea di Sisto IV (vedi appresso). La lapide di Alessandro VI è importante « sia per la memoria locale che serba della chiesa da lungo tempo disfatta del Salvatore detto delle tre immagini.... sia ancora perchè dimostra che la tradizione circa il sito del quartiere antico di Roma detto Subura, si era man- tenuta popolarmente «. Visconti, Bull, munìc, V, 192.

Vigna di papa Giulio, dentro lo spatio nella fontana, an- dandosi giù a man sinistra.

[497]. « Deo et loci Dominis volentibus - Hoc in suburbano omnium, si non quot in orbis al quot in Urbis sunt ambitu, pulcherrimo, ad honestam potissime uoluptatem facto, honeste uoluptarier cunctis fas honestis està : sed ne forte quis gratis iu" gratus sietf iussa haecce ante omnia omnes capessunto. - Quouis quisquis ambulanto, ubiuis quiescunto ; ucrum hoc citra sommum circumcapta illud. Passim quidlibet lustranto, ast nihilum quid- quamusquam attingunto - Qui secus faxerit, quidquamve clepserit aut rapserit non iam ut honesti moribus sed ut fustis onusti

// Codice barberiniano XXX, 8g 23'i

in crucem pessimam arcentur. - Illis vero, qui flortim fron- ditim pomorum olerutfique aliquid petierint, Fillici prò anni [497^] tempore, prò r^ruin copia et inopia prò que merito cuiusque largiuntor - aquam hanc qiiod tiirgo est, ne temeranto, sitìmque fistulis non fiumine, poculis non osculo aut volis extinguunto - Piscium lusu oblectantor, cantu avium mulcentor, et ne quem interturbent interim cauento - Signa, statuas, lapides, picturas, et cetera totius operis mir acida quàmdiu lubet obtiientor, dum ne nimio stupore in ta vertantor - Si cui, quid tamen haud ita mi- rum uidebitur eorum caussae, qua nemo mirari satis quiuit, equo potius silentio quamsermonibus iniquispraeterito-Dehincproxum^ in tempio Deo etdiuo Andreae gratias agunto, uitamque et salutem [498] lulio iiipont. max. Baìduino eius fratri, et eorum familiae uniuersae plurimam et aeternam precantor - Huic autem subur- bano speciem atque amplitudìnenipulchriorem in dies maioremque, ac in eo quidquid inest, felix, faustum, perpetuum optanto.

(( Hisce actis valento, et salui abeunto ».

A mano destra :

(( lulii Hi pont. max. auspicio - Balduinus eius frater, prae- dium suburbanum prope Flaminiam, ab Antonio palmo car- dinali olim ab eo comparatum, syìua hortis uillis uìnetisque con- tiguis, et cuiusvis plantarum generis numero pene infinito, a se [498^] auctum, nouoque acpolitiore uultu nullo non loco directum atque illustratum, aqua uirg(ine) etfontibus saluberrimis, e la- teribus terrae inaccessis non niinus ad comune omniumque ad priuatum commodum in lucem eductis, undisque ir riguum factum, salientibus, piscina, aviario atque hoc quali theatro admirabili picturae statuarum emblematum splendore extructis, tempio que in primis Deo opt. max. et diuo Andreae.... lulius pont. erecto atque dicato, sibi. Jnnocentio cardinali, et Fabiano corniti filiisqùe et eorum posteris in ampliorem et angustiorem formam redegit. - Praedium autem hoc ipsum, et quidquid uspiam in eo ortum, cultum, structum, ampliatum, ornatum, ut in pr aesenti est, uel erit in posterum, siue totum seu aliqua ex parte cuiusque modi [499] et quantulaecumque fuerint, praeter ipsosfructus uti, nullo

2 32 l^. Lanciarli

prorsus officio, nullo pacto, nullo iure, cuiquam nunquam alicubi uendi, obligari, donari, alioui quoUis modo alienari possit, te- stamento in perpetuimi ah eodeni Balduino omnibus est inter- dictum, ne de nomine exeat familiae suae».

Intorno alla villa di Papa Giulio, ai suoi adornamenti, alle sue vicende, ed allo stato miserando cui è stata ridotta dalla nostra pro- pria barbarie, si potrebbero scrivere volumi di commento. Ricorderò solamente due o tre notizie poco conosciute. Le colonne del porti- cato vengono dal Vaticano. « Antonio (da Sangallo, giuniore) per commessione di Sua Santità (Clemente VII) messo in opera, subito rifece un cortile in palazzo, dinanzi alle loggie che già furon dipinte con ordine di Raffaello; il quale cortile fu di grandissimo comodo e bellezza.... Ma questo luogo non istà oggi in quel modo che lo fece Antonio, perchè Papa Giulio terzo ne levò le colonne che vi erano di granito, per ornarne la sua vigna, ed alterò ogni cosa » Va- sari, ed. Lemonnier, v. X, pag. 9. Il Vasari e l'Ammannati architet- tarono il Ninfeo, alimentato dall'acqua vergine, allora scarsissima, e ricordato nella medaglia col motto FO'NS VIRGINIS VILLAE IFLIAE. Cf. Lanciani, Aqued., pag. 129. La villa conteneva una impareggia- bile raccolta di antichi monumenti soprattutto di marmi scritti. Se ne avessi il tempo e se ne valesse la pena, potrei ricostituire in gran parte il catalogo del nuseo epigrafico della villa. Basti rammentare quante volte ricorra nel VI volume del CIL l' indicazione « in hortis lulii III pont. max». Nel cod. vat. 3439, f. 46, si ha menzione di un labro porfiretico trovato a s. Adriano « postea ad villa[m] Iulia[m translatum] ». Altre scolture in marmo ed in bronzo, ritrovate in una vigna presso il ninfeo di Minerva Medica, erano state donate al papa dal suo tesoriere Francesco d'Aspra. Vacca, mem., 16.

Termini. All'anticaglia del muro eh' è bora di s. Maria degli angeli arme in facciata di mexxp dragone, eh' é del papa infra scritto:

<r Gregorius xiii pont. max. adversus annonae difficultatem subsidia praeparans, horreum in thermis diocletianis extruxit anno lobilei mdlxxv. pont. sui . Hi ».

Veggasi il cod. vat. 9160. «Le terme diocleziane illustrate da Francesco Cancellieri con le chiese ivi erette ».

Piazza Colonna in facciata di quella casa alta in Via lata

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// Codice barberiniano XXX, 8g 233

[499I] ch'era d'uno de'Buffali et bora è di mr. Fabritio La:(- Xaro dottore celebre.

« Sedente Paulo . iij Pont. opt. Max. suadente urbis ornatu Io: bapta Bubalus solo equauit, instauravit q. attuo D. 1^48».

Dentro nello scoperto è un pilastro appoggiato al muro con busti . 2 . di mex^o rilieuo, a man dritta d'homo vecchio raso, et alla manca di donna attempata co spessi capelli e ricci.

(( L. Tullio Diotimo » \cet. C . I . L. VI, 1^24].

Dentro questa casa di mr. Fabritio Lazzaro è ancora una rara statua nuda di Venere.

Il cippo di L. Tullio Diotimo fu scoperto nella vigna di Gio. Paolo Manfredi, fuori della porta s. Pancrazio l'anno 1567. Passò quindi nella casa dei Ceuli a strada Giulia, poi in questa di Fabrizio Laz- zaro. Ora trovasi in villa Borghese. Più sotto si troveranno altre notizie intorno questa casa.

[500]. Campidoglio. Nella prima sala del senatore, et in capo di lei è statua di marmo bianco:

« Gregorio XIII poni. max. opt. principi - Hugoni Bon- compagno bononiensi qui per romanos magistratus et ecclesia- sticas dignitates Tustitiam et pietatem coleus, ad pontificiant sedem evectus universam rempuhlicam christianam summa prudentia et charitate moderatur. S. P. Q. R. Hier. Bubalo, Camillo Mancino, et Ber. Caualerio conss. ».

Pur ivi al muro, e con statua di aspetto veramente virile e nobile, che sede con la corona in testa e con palla in una mano, nell'altra mostra tenesse la bacchetta reale: [500^]. <( Ille ego pr acciari tuleram qui sceptra senatus Rex Siculis Carolus iura dedi populis:

Ohrutus heu iacui saxis fumoque: dederunt Hunc tua conspicuum tempora, Sixte, locum.

Hac me Matheus posuit Tuschanus in aula Et patriae et gentis gloria magna suae.

Is dedit et populo, post me, bona iura senator Insignis titulis dotibus atque animi.

Anno Domini MCCCCLXXXI . Ili semestri ».

2 34

'7^. Lanciani

\

Nell'adornamento h V arme, di Sisto pp. 4°, eh' è la cerqtia, del Senato romano, et im altra. DaW altra banda della porta nella sala medesima è. nel muro e alla stessa mano, con statua che pur sede e tiene in una mano le chiavi, e con l'altra la beneditione:

[501]. «Paulo III poni. max. qtiod, eius iussu atispiciis atqm aere xotilato, urbem sitn et divertiadis viarum deformem et imperviam, disieUis male posìtis aedificiis, in meliorem fortnam redegerint, viis areisque cnm veteribus directis et ampliatis, timi novis constitutis auxerint ornaverin(t) qtie, Latinus luvenalis Mannectiis, Hyer. Mapheiis cnr. viar. urbe instaurata, officii et memoriae.ergo, statuam in capitolio opt. pont. posucrunt, anno Christi M . D . XLIII ».

Dalle bande é l'arme de Maffei e del compagno.

Nella pia^iXft di s. Giovanni Laterano, presso le scale sante, con l'arme papale, al posamento del cavallo, che noti c'è:

(( Sixtus ini pont. max. equum hunc aeneum vetustate quassum et iam collabentem cum sessore restituit n.

Hora sta nella piazza di Campidoglio, e nel posamento [501^] sono intagli di ynex^o rilievo, e l'arme del papa e dd popolo, guardando il cavallo verso Roma. Dalla banda d'Aracoeli:

(( Paulus III pont. max. statuam aeneam equestrem a S, P. Q. R. M. Antonino Pio etiam tum viventi statutam, variis dein urbis casib. eversam, et a Syxto IIII pont. max. ad lateran. basilicam repositam, ut memoriae opt. principis con- suleret, patriaeq. decora atq. ornamenta restitueret, ex humi- liori loco in aream capitolinam transtulit, atque dicavit ann. sai. M.DXXXFlH ».

Verso li conservatori (Iscrizione fittizia di M. Antonino). Dinnanzi nel basso :

« Augustinus Trincius, lacobus Bucca Bella, Caesar de magistris conservatores cur ». .

[502]. Nella prima sala de' conservatori in Campidoglio. Alla statua dorata d'Hercole:

// Codice barberinìano XXX, 8q 235

« S. P. Q. R. Signum Hcrculis aeneum in foro boario ad aram maximam egestis ruderihus repertiim et Syxto UH poni, max. in Capitolium translatum, nova collocatum basi reposuit, Gregorio XIII p. m. »

Questo è in faccia del posamento, e da una banda :

(( Octavio Muto de Papaztiris, Hier Rusis, Petro mathia Pignaneìlo cons. ».

hi questa sala, nella facciata, sopra tavola di bronco, ador- nata intorno di pietra bianca, circondata di rossa con vene bianche :

« Senatus populusque romanus monumentum regiae legis ex Laterano in Capitolium Gregorii XIII pont. max. aucto- rìtate reportatum, in antiquo suo loco reposuit ».

Questo è rifatto in pietra nera a lettere d'oro: poi segue cosi V antico scritto in bronco : ma da pie sta pur aggionto con tal parole:

[502^]. « Jo: bapta Buccabellio, Pompeio Rogerio, lulio Gual- terio cons. ».

[503J. [Segue il testo della Lex regia, CIL. VI, 930] e qui è rotto il bronco. In questa prima sala de' conservatori hanno lasciato, nel renovare, quattro quatri depinti nelle facciate a tempo d' Alessandro VI, che ci son l'armi, hora che risarciscono il Campidoglio, an:(i lo rifanno.

[504]. Nel primo quatro è- la fondatione del ponte Sublicio, ch'i quello tagliato da Horatio, e quivi apparisce tutta quella historia, et il vestire delle donne di quei seculi. Nel 2do ve- denio lo steccato et il successo tra gli oratii e coriatii, con bello ordine e varia moltitudine. Queste pitture sono finissime e lavo- rate per mani dottissime veramente tutte, ma la presente passa li- termini, avan:(ando forse gli antichi, massime nel ritratto degli occisi con quei gesti e quelle ferite somiglianti al naturale. Di sorte che genera stupore a' riguardanti. Nel terbio sta Cesare dittatore perpetuo con alcune cerimonie. Nel quarto era lo impe- ratore creato mentre arava. [504^]. Nella detta sala erano . 2 . quatri. Si rappresenta nel

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9^. Lanciani

n

primo la rotta de Sanniti, e nel sono raddunati a dar leggi, e simile.

Pitture iti una stanza più dentro con tali memorie:

« Fedus Luctatii. Cartagineses non solimi Sicilia, verum insulis que inter Sicilia Italiamq.forent excedat captivos restituàt, sotios no vexent, et duo millia . et . ducenta talenta in anos X pendàt ».

E nel presente palaxxp de Conservatori, da una banda della porta:

« S. P. Q. R. capitolium praecipue iovi olim commendatum, nunc deo vero cunctorum honorum auctori lesu Christo cum salute communi supplex tuendum tradit, anno post salutis ini- tium M.D.LXVIIl ».

Dall'altra banda incontro:

« S. P. Q. R maiorum suorum praestantiam, ut animo sic re, quantum licuit imitatus, deformatum iniuria temporum capi- tolium restituit. Prospero Buccapadulio Thoma Cavalerio cura- toribus, anno post urbem conditatn CXJCXJCCCXX ».

Nello scoperto al muro:

(( S.P.Q.R monumenta marmorea magistratuum triumpho- rumque, ab urbe condita ad tempora divi Augusti, ruderibus in foro egesiis eruta, impensa Alex Farnesii card. Pauli III [501^] pont. max. nepot. in Capitolio p. ».

Sotto sono . 12 . versi latini di questo suggetto [Forcella, I, 88]

In un posamento di marmo tenuto ivi sudiciamente con altre cose [Iscrizione di Vespasiano, CIL, VI, 931.]

Nel palazzo de' Conservatori in Campidoglio una statua in pie, con palla in mano bassa, e nell'altra un non so che, e con tal iscrittione:

[50^]. (( S. P. Q. R C. lulio Caesari dictatori perpetuo». Da una banda nel posamento è ancora: « Dedic. Honophrio Camaiano, Hippolyio Salviano, M. Antonio Palosio cons. » Dall'altra banda: « Ex aedibus Alexandri Rufini Melphiensium Episcopi in Capitolium translata ».

Nell'entrata presso le scale si legge la dichiaratione per

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conto della prccedenxfi nella processione che si faceva, mentre si portava il salvatore a sta Maria maggiore da san Giovanni Laterano, in conformità di una cerimonia antica. Questa procession bora è intromessa per essere suprastitiosa. [Segue il testo della iscrizione che ancora quivi esiste, cf. Forcella, I, 60].

La fondazione del museo capitolino, viste le condizioni dei tempi e della coltura generale, è una delle maggiori glorie di Sisto IV', e vale a discolparlo in certa guisa dei molti atti vandalici da lui com- messi a danno degli antichi monumenti, non ostante le proteste di persone assennate, quale è quella di Fausto Maddalene di Capo di Ferro, nel cod. vat. 3351, f. 56. II museo, solennemente costituito ai 14 di dicembre 147 1 (Forcella, Iscr., I, 28, n. 16) comprendeva il fanciullo che si cava la spina - l' Ercole del foro boario - il gruppo marmoreo del leone col cavallo - la mano di bronzo col globo - l'urna Agrippina - la Zingara, dai più riconosciuto nel Camillo (cf le An- tiquarie di Prospettivo Milanese, ed. Cori, 1876, pag. 25 - la lupa e gli altri bronzi già del Laterano (Stevenson, Ann. Inst., 1877, pag. 52, sg.) - alcuni busti -e la statua di Carlo d'Angiò. Nella iscri- zione che ricorda la fondazione del museo per opera di Sisto IV, è notevole la frase « insignes statuas, priscae excellentiae virtutisque monumentum populo romano.... restituendas censiiit ». Questo solenne riconoscimento dei diritti del comune sui monumenti della città, fatto nel secolo xv da Sisto IV, confermato nel secolo seguente da Paolo III (patriae decora atque ornamenta restituit) trova un curioso riscon- tro nel contegno di talune autorità verso il comune stesso dopo l'anno 1870. Abbiamo udito perfino negare al comune il possesso delle raccolte archeologiche capitoline, dopo decorsi quattrocent'anni dalla loro prima costituzione. Ma per tornare all'istitutore delle me- desime, a Sisto IV, è vero che i pochi oggetti d'arte da lui restituiti alla città formavano un gruppo di gran lunga inferiore ai tesori rac- colti da Paolo II suo predecessore. Ma mentre le collezioni del Barbo furono affatto private ed inaccessibili, Sisto ebbe il merito di aprire al pubblico il nuovo museo, e di inaugurare in tal guisa una riforma che doveva col volger degli anni trovare tante e così nobili imita- zioni in Roma ed altrove. L'epigrafe commemorativa del museo fon- dato nel palazzo dei Conservatori dice cosi :

« Sixtus IIII pont. max. ob immensam benignitatem aeneas in- signes statuas priscae excellentiae virtutisque monumentum, romano populo, unde exortae fuere, restituendas condonandusque censuit. La- tino de Ursinis cardinali camerario administrante, et lohanne Alpe-

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'T^. Lanciani

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rino, Phil. Paloscio, Nicolao Pinciaronio Urbis conservatoribus pro- curantibus. Anno salutis nostrae MCCCCLXXI, XVIII kal. ianuar ». (Forcella, Iscr., I, 28, n. 16).

È deplorevole che questo venerabile nucleo del museo capitolino, sia stato con poca avvedutezza disperso nei tre palazzi municipali, mentre avrebbe dovuto gelosamente custodirsi nel suo essere, nella sua semplicità primitiva, come un vanto piuttosto nazionale che cit- tadino. La mano col globo, l'Ercole, la lupa, il Camillo, il fanciullo dalla spina, stanno in una oscura e bassa sala del palazzo dei Con- servatori; l'urna d'Agrippina in un angolo del cortile, la statua di Carlo d'Angiò in fondo alle scale, la lex regia nel museo, e così via discorrendo.

La descrizione del palazzo dei Conservatori nel codice barberi- niano è veramente importante, non ostante che proceda a sbalzi e senz'ordine. L'anonimo descrittore visitò il palazzo nel momento della sua trasformazione.

La statua di Gregorio XIII fu tolta dall'aula del palazzo sena- torio nel 1876, e trasportata nella chiesa dell' Aracoeli, dappresso alla cappella del Pinturicchio. L'epigrafe antica non so dove ora stia : in sua vece leggesi questo ricordo del traslocamento :

« Translata de aula maxima palatii capitolini anno MDCCCLXX VI, curante Petro Venturi syndico Vrbis ».

Nel plinto è incisa la firma dello scultore: « P. Pauli Oliveri opus ». Veggasi il poemetto « In effigiem marmoream Gregorii XIII positam in Capitolio » nel cod. vat. 7192, f. 245' sg.

La statua di Carlo d'Angiò fu tolta dall'aula senatoria nell' istessa occasione, e collocata in fondo al vestibolo terreno del palazzo dei Conservatori. Sul lato destro del piedistallo è incisa la memoria del traslocamento simile a quella trascritta. Intorno alle vicende dell'iscri- zione metrica, cf. Archivio storico.... della città e provincia di Roma, 1875, pag. 48.

La statua di Paolo III fa ora riscontro a quella di Gregorio XIII nella chiesa dell'Aracoeli. L' iscrizione del sindaco Venturi è ripetuta sul piedistallo.

Sisto IV, per racconciare il celebre simulacro equestre di M. Au- relio si valse dell'opera di Nardo Corbolini e di Leonardo Guidocci, maestri orefici. I restauri durarono dal luglio 1473 al dicembre 1474, e costarono 600 fiorini d'oro, senza computare la nuova base di marmo. L'iscrizione, omessa dal Forcella è data dall' Albertini, de mirah., ed. 1515, f. 62. [Muntz, les arts, III, 177].

Il merito di aver rivolta l'attenzione al gruppo equestre e di aver iniziato i risarcimenti spetta a Paolo II. I documenti inediti, raccolti

// Codice barberiniano XXX^ 8g 239

e pubblicati per la prima volta dal Muntz, 1. e, II, 92, sg., dimo- strano come fino dal novembre 1466 si fosse incominciata a costruire una « domuncula prò resarcendo equum ereum apud sanctum lohan- nem » con 600 tavole di castagno del valore di 30 fiorini d'oro. La mano d'opera era costata 22 fiorini e 91 bolognini. L'artefice inca- ricato del ristauro chiamavasi Cristoforo de Gieremiis da Mantova: la sua mercede, sborsata il 25 giugno 1468, fu di 300 fiorini. Paolo III trasportò il gruppo sul Campidoglio nel 1538, ai 24 di marzo, come risulta dai Diarii di Cola Coleine, Bibl. chigiana, F VI, 146, pag. 266. Egli trasportò pure nell'istesso luogo i due Costantini scoperti nelle terme sul Q.uirinale. Vacca, mem., io.

Il piedistallo della statua equestre fu tagliato da un architrave del foro Traiano secondo il Vacca, mevi., 18, da un marmo del tempio dei Castori secondo il Ligorio. Paolo III trasportò pure « in capitolio signu[m] Minervae e parietinis urbis veteris erutum » [Forcella, I, 43] collocato poi da Gregorio XIII « in illustriore areae loco » [ivi, 71].

Intorno alla statua di Ercole del foro boario, alla sua scoperta, al suo trasferimento sul Campidoglio, ed alla distruzione del tempio dove fu rinvenuta, si consultino, oltre gli autori più noti, B. Ruc- CELLAi, de urbe Roma, pag. 968, ed. Tartini-Becucci: Momtfaucon, Diarium, pag. 173: R. Maffeo da Volterra, RR. nrhauar. Comment., 1. VI. L'Albertini, opusc, f. 86, ed il De Rossi, Ara Massima, in Ann. Inst., 1854. L'Albertini trascrive l'iscrizione commemorativa del simulacro a questo modo :

« Syxto IlII Pont. max. regnante aeneum Herculis simulachrum aurea mala secundum vivente (sic) tropeum sinixtra gerentis in ruinis Herculis Vict. fori boar. effossum,conservatores in monumentum glo- riae romanae heic locandum curarunt ». Sulle iscrizioni incise «in basi Herculis aenei » cf. Forcella, I, 70.

Importantissima è la descrizione ed il catalogo degli affreschi di- pinti al tempo di Alessandro VI, nella prima sala del palazzo dei Conservatori, e periti al tempo di Sisto V. Si vede che il cav. d'Ar- pino si è ispirato al concetto delle vetuste decorazioni, dipingendo la sala degli Orazi. Gli affreschi della « stanza più dentro » rappresen- tanti i fatti delle guerre puniche, ancora in essere, sono attribuiti a Benedetto Buonfiglio « assai stimato nella sua patria, innanzi che ve- nisse in cognizione Pietro Perugino « come dice il Vasari, V, 276. Il Buonfiglio ce molte cose lavorò in Roma» nel quadriennio 1450- 1453. Veggasi il Muntz, 1. e, I, 93.

L'iscrizione che ricorda il traslocamento dei fasti sta ancora in opera. L'epigramma, o siano i 12 versi latini, dei quali parla il co- dice, furono dettati dal cardinale Michele Silvio.

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Nelle iscrizioni commemorative del Campidoglio rinnovellato che ancora si leggono sui due lati dell'ingresso al cortile dei Conservatori, appariscono i nomi di Tommaso Cavalieri e di Prospero Boccapa- duli. I due gentiluomini furono grandi amatori e collettori insigni di scolture e di lapidi. Il nome di Tommaso Cavalieri apparisce so- vente nel CIL, come possessore di piedistalli e di marmi scavati nelle regioni Vili e X. Prospero Boccapaduli custodiva nella propria casa i rilievi trionfali dell'arco di Traiano a « Spoglia Cristi », i disegni dei quali, importanti oltre ogni dire, ho scoperto nel codice vat. 3439. Egli presiedette nel 1555 alla ricostruzione di una parte del Campi- doglio; e nell'anno 1566 collocò ed ordinò nel museo capitolino le statue del Belvedere vaticano, donate alla città da Pio V. Veggasi il Vacca, mem., 9, ed il Bicci, /«w. Boccapaduli, pag. 114, il quale divulga r inventario delle statue dettato dallo istesso Prospero.

Prima di dar fine a questo comento, parmi utile ricordare un altro monumento del palazzo dei Conservatori del quale s'è perduta ogni traccia: cioè la cisterna, abolita dopo la perduzione dell'acqua felice per opera di Sisto quinto. Nel puteale, oltre alla iscrizione:

« Antonius Militius, Stephanus Teulus, Sanus Corona coss. cister- nam hanc vetustate deforme[m] in meliorem forma[m] restituerunt », leggevasi pure questo brillante epigramma:

«Nos vas condidimus: pluvia, tu lupiter, imple, Praesidibusque tuae rupis adesse velis ».

(continua).

VARIETÀ

T)i un Processo in datene nel i3o2.

Nel R. Archivio di Firenze si trovano gli atti auten- tici del processo, che si fece nel 1302 in Atene contro Guglielmo de Bandonina cantore della chiesa di Daulio fDo- valiensis diceceseos) il quale aveva oltraggiato usque ad ef- fusloneni san^uinis Viviano tesoriere e canonico della diogesi di Tebe. Gli atti sono scritti in cinque fogli di carta per- gamena cuciti l'un l'altro, e portano da oltre trecento versi di scrittura, e rogati da Ilto de Tribiìian notaro imperiale in Atene, con data dell'i i agosto 1302. Essi si conser- vavano nel monastero degli Olivetani di S. Bernardo di Arezzo, e di quivi ne' primi del presente secolo furono tra- slocati all'Archivio di Stato. Siccome da loro si traggono delle utili notizie sull'oscurissima condizione delle diogesi della Chiesa ateniese^ però non sarà vano mostrare come andò questo processo.

Viviano, tesoriere e canonico, assahto e fortemente per- cosso da Guglielmo cantore, diresse la sua querela al papa Bonifacio Vili, che allora stava in Roma; e il papa con lettera pontificia datata dal Laterano delegò ad istituire il processo e deferire la scomunica Lorenzo de'Gandolfi di Roma, che in Atene aveva l'officio di tesoriere fthesaura- riiis Athenarum). Pare ch'egU fuggisse colà, per la persecu- zione che avevano fatto i Colonnesi alla sua famiglia; perchè in fine del processo ricorda, che « domimis Johannes

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 16

242

Varietà

de Coliipna ciim miiìtitiidine maxima armatorum bellicose ex- pulit dominiim Angelum de Candolphinis de domibiis suis. Item dicti Coìumnenses in Capestro beilo iiixta castrum Candolpin- norum interfecerunt filium domini lohannis de Candulphis » . Si vede inoltre dal processo, che sebbene l'Attica e gran parte del Peloponneso fossero allora in preda dei Catalani, erano divenuti pure il rifugio di molti Italiani, non pochi dei quali avevano ottenuto cariche ecclesiastiche.

Prima che il processo s' istituisse regolarmente, il can- tore Guglielmo aveva fatto appello all'arcivescovo di Atene per averlo dalla sua, ma a nulla attecchì. Si chiamava questi Ero (Ero Atheniensi archiepiscopo), che del tutto ignoto finora (per quanto sappia), (i) si dovrà porre fra Stefano e Fran- ceschino (Le Quien, Oriens Cìmst., Ili, pag. 840). Il can- tore si presentò in camera, ubi hospitabatur pradictus dominus arcJjiepiscopus, e dinanzi alla persona domini Bononcimtri de- cani argolicensis. Poco appresso, chiamati il querelante e l'offensore a comparire, si aprì l'udienza dinanzi al dele- gato pontificio Lorenzo dei Gandolfi, e corani domino Guil- lelmo de Lattaca Merellario ecclesia Atheniensis. Quest'ufficio di Merellario non lo trovo nell'edizione del Du Gange di questa biblioteca aretina (Venetiis, 1739); ma dalla voce meralltis o merellus bene si argomenta, ch'era una specie di sagrestano particolarmente addetto a distribuire la tes- sera^ e segnare le puntate a coloro che dovevano interve- nire agli uffici divini.

Il cantore non negò il fatto, ma cavò fuori un monte di cavilli, tacciò il tribunale d' incompetenza, e sostenne che non era incorso nella scomunica, perchè Viviano era già inflitto di scomunica maggiore, in quanto che col fa- vorire i Golonnesi veniva a dire che Bonifacio non era il vero papa; e qui citò varie testimonianze. Il delegato pro-

(i) Non si può riconoscere in lui l'arcivescovo SUphanus Man- giaterus (13 io?) citato dal Gams, Series epp. Eccl. Caih., pag. 430; giacché dovevasi adoperare assolutamente il nome di Stephanus.

Varietà 243

rogò il giudizio ad un'altra udienza; nella quale non com- parve l'offeso Viviano, ma fece la procura a Rogerio prete e vicario della diogesi tebana, e che fu stipulata in curia ar- cìmpiscopatiis Thebariiin; dalla quale si desume che la sen- tenza si sarebbe dovuta pronunziare a Tebe, piuttosto che ad Atene, se in Tebe fosse stato un luogo per il tribu- nale. Teneva allora l'arcivescovado tebano Niccolò, di cui non si aveva una notizia anteriore al 1308 (^Or. Chr., Ili, pag. 1084). Qui figura il cantore, che nuove eccezioni, nelle quali viene a sapersi il luogo dove egli dimorava, o dove il fatto avvenne, che si chiamava Corianos, et ìocns qui dicitur Petra, et isti loci, qui sunt de dioecesi Dovaliensi, non distant ab ecclesia et castro Athenarum unam dietam ; et ecclesia Dovalicnsis est sujfraganea ecclesia Atheniensi. Ma nel processo si obbietta contro, che questa distanza non era la vera, ma invece di due e più diete dai confini della dio- gesi di Daulio ad Atene. Il delegato non giudica ancora, e rimanda la sentenza all' 11 di agosto.

A questa udienza definitiva si presenta la procura del cantore, la quale fu fatta nella chiesa di Daulio coram Tho- masio de Bonis Fermopolensi electo et confirmato. Qui si tratta di un nuovo vescovo eletto e confermato; e di vero il vescovo di Daulio era morto di fresco, e si chiamava Gio- vanni, flohannem quondam Dovaliensem episcopumj, e Tom- maso de Boni ne era divenuto adunque il successore. Ciò è evidente, che non si può pensare ad una diogesi di Fer- mopoli, che non è esistita, ma sibbene che egli fosse della città di Fermo, nella quale viveva allora il vescovo Albe- rigo Visconte (Ughelli, It. Sacra, II, 711). Preziose queste notizie, che dei nomi dei vescovi di Daulio non ne sap- piamo niente prima del 1376^. (Or. Chr., Ili, pag. 855). Rispetto poi alla sentenza, il cantore Guglielmo, nonostante l'acre difesa fatta dal suo procuratore, venne condannato e scomunicato.

L'inserto del processo originale colla sentenza fu in-

244 Varietà

viato a Bonifazio Vili, che vi ponesse la sua sanzione. Molto probabilmente, se non certamente è quello stesso, che capitò quindi, non so per quale destino, nel mona- stero degli Olivetani di Arezzo, e che cosi fino a noi si è conservato.

G. F. Gamurrini.

Varietà 243

Una ^olla inedita di papa Gregorio X.

Allorché nella primavera del 126$ Carlo d'Angiò si mosse alla volta di Roma, la repubblica di Pisa mandò a Manfredi un buon numero di galee, perchè unite alle sveve impedissero il passaggio dell'Angioino alla imboc- catura del Tevere (i); e chiuse le porte al fratello di S. Luigi. Perciò il papa Clemente IV colpì d'interdetto la città di Pisa, che se ne Hberò il 15 aprile del 1266 col deporre nelle mani del pontefice trentamila lire e col ri- mettersi a quanto aveva ordinato (2).

Ma nel 1268 dirigendosi il giovane Corradino alla con- quista del reame di Napoli, tolto da Carlo a Manfredi nel 126^, fu accolto come legittimo imperatore dalla repub- blica di Pisa, che lo provvide di buona somma di danaro (3), gli fece grandi offerte di aiuto, fornì a lui cavalieri e ba- lestrieri, e fece scorrer molte galee per i Hdi napolitani, portandovi danni non lievi in alcuni paesi, volgendone altri alla devozione degli Svevi (4) ed ogni cosa tentando per rendere meno difficile a Corradino il riacquisto del reame. Perciò la repubblica pisana ricadde in disgrazia del papa, che sottopose di nuovo all' interdetto la città ribelle ai suoi voleri, le tolse la dignità arcivescovile ed altri insigni pri- vilegi, di cui godeva la Chiesa pisana da tempo assai antico.

Morto Clemente IV sul finire di novembre del 1299,

(i) Saba Malaspixa (In Mur., Rer. IL Script., tomo Vili), lib. II, cap. XVII.

(2) Annali Pisani (Ibid., tomo VI).

(3) G. Villani, lib. VII, cap. 23.

(4) Chi: Far. Pis. in Muratori, Rer. li. Script., tomo VI, col. 198.

246

P^arietà

vacata la S. Sede per circa due anni, veniva eletto ponte- fice Tebaldo o Tedaldo della nobil casata Visconti di Pia- cenza, arcidiacono di Liegi (i) che prese il nome di Gre- gorio X: uomo di grandi virtù e pieno di zelo per lo incremento della fede cristiana in Oriente ove si trovava da qualche tempo. Tornato in Italia per prendere il governo della Chiesa, intimò un generale Concilio per la liberazione di Terrasanta, da tenersi in Lione, alla cui volta più tardi si diresse partendo da Orvieto; e il 18 giugno del 1273 arrivò a Firenze ove stabilì di fermarsi tutta l'estate. Do- lenti i Pisani dell'interdetto e della perdita dei loro privi- legi, avendo così prossimo il pontefice, pensarono a man- dargli ambasciatori per supplicarlo a voler ricevere nelle sue grazie la loro città, restituendole quanto le aveva tolto (2). Gregorio X che era amante della pace (3), e desiderava che i Pisani, insieme ad altre città marittime della penisola, prestassero con buon numero di galee il loro valevole con- tributo alla santa impresa; accolse benignamente gli am- basciatori della repubblica, che sciolse dalle censure nelle quali era incorsa: e restituì alla sua chiesa la dignità ar- civescovile insieme a tutti gli altri privilegi ed onori per mezzo della Bolla che ora per la prima volta vede la luce, ed alla quale, fra i cronisti pisani, accenna monsignore Paolo Tronci in due luoghi dei suoi annali (4).

Pietro Vigo.

Gregorius episcopus servus servorum Dei ad perpeUmm rei memoriam. Sicut magni benefici inditium est indevotorum exces- sihus medicinalis ultionis antidotum obiter adhibere, ut qiios a

{1) Muratori, Annali d'Italia, ad annum.

(2) Tronci, Ann. Pis., ann. 1273.

(3) V. in Capponi, Storia della Rep. di Fir., lib. II, cap. I, i tentativi del pontefice per ristabilire nella città la più perfetta concordia.

(4) A. 1268; a. 1273.

Varietà 247

filialis devotionis debito, culpa proprie temeritatis, avertit; ad ipsius observantiam congruentis saltem severitatis disciplina con- vertati sic materne pietatis est debitum hiis qui post indevo- tionis lapsum et persecutionis excessum, fortiores in obsequendi proposito et continuande in posterum devotionis exhibitione re- sìirgunt, nec pietatis sinum precludere, nec miserationis ubera denegare. Sane dudum felicis recordationis Clemens papa pre- decessor noster, ecclesiam et civitatem pisanam exigentìbus ctilpis et pertinacia incolanim civitatis ipsius, qui contra monitiones, inìnbitiones et comminationes predecessoris eiusdem dudum Cor- radino quondam Frederici olim Romanorum imperatoris nepoti pertinaciter adherendo prestiterunt eidem auxilium, consilium et favor em, Romanam Ecclesiam et devotos ipsius una cum ilio et cum f autor ibus gravibus afficiendo molestiis et molestis in- iuriis aggravando : et carissimum in Christo filium nostrum Caroluni, Sicilie regem illustrem, primo paciarum et postea vicarium Imperii per eandem Ecclesiam in Tusciam destinatum, non solum recusaverimt admictere veruni etiam se UH pre sumpserunt opponere ac ipsum moltipliciter impugnare, archie- piscopalis dignitatis privavit. Verum eidem incolae, tangente Domino cor ipsorum, post tantorum excessuum culpam, magne humiliationes pretendentes indicia, eiusdem matris Ecclesie mi- sericordiam continuata diutius instantia implorarunt, devotionis ad eandem ecclesiam irrevocabiliter observanda suppUcantes oblationibus, et oblatis devote supplicationibus insistentes, ut ad fineni eiusdem matris ecclesie a quo ipsi, sua, quam recogno- scebant humiliter, perversitate recesserant, sola miseratio ma- terna reducer et et circa filios penitentes superexaltata iudicio benignitas pie matris ecclesie, pisane ac civitati predictis de restitutione dignitatis metropolitice misericorditer provider et. Nos itaque more pii patris offensarum immemores ubi ad id peni- tentie signis congruentibus invitamur, desiderantes civitatem pre- dictam in oblate ad eandem ecclesiam devotionis proposito multe benignitatis exhibitione firmare; syndicos et procuratores civi- tatis ipsius ad mandata recepimus, et civitati ac incolis me-

248

Varietà

moratis circa excommunicationis et interdicti sententias occasione pretnissorum latas in ipsos de absolutione et relaxatione bene- ficio fecinms provideri; et ut eo pìenius Sedi apostolice shicere affectionis vincuìis astringantur, quo erga se ipsiits henivoìen- tiam in remissionis promptitudine senserint promptiorem, de fratrum nostrorum Consilio, eccksiam pisanam restititentes in integrum ipsi ecclesie nec non et civitati predicte archiepisco- palem dignitatem cum omnibus iuribus suis, immunitatibus, pri- vilegiis et quibuscumque honoribus a sede apostolica ecclesie con- cessis, eidem, prout eadem tempore privationis huiusmodi obtinebat de grafia restituimus speciali. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostre restitutionis infringere vel ei ausu teme- rario contraire. Si quis autem hoc attentare presumpserit in- dignationem omnipotentis Dei et beatorum Petri et Fault apo- siolorum eius, se noverit incursurum. Datus Florentie XII". kal. Jnlii. Pontificatus nostri anno secundo.

(R. Archivio di Stato in Pisa^ Diplomatico, Atti pub- blici, 20 giugno 1273).

BIBLIOGRAFIA

Tito Berti. Dizionario dei Comuni della Provincia di Roma. Circondario di Roma : serie prima. Roma (tipi Arraanni)

1882.

È il primo volume di un'opera di gran mole eh stato pre- ceduto da un saggio contenente le prime pagine del volume stesso, vale a dire la descrizione del comune di Afile. Il titolo del- l'opera è modesto ed inferiore al merito di essa, che in sostanza è una illustrazione dei comuni della provincia romana sotto il punto di vista della storia come dell'economia e della stati- stica. L'autore avrà forsB inteso rendere la sua opera pratica- mente più utile ordinandola per alfabeto. Ad ogni modo è sempre un lavoro utile e commendevole per la quantità delle . notizie accumulatevi. Nel volume primo descrivonsi Ajile, Agosta, Al- iavo Laziale, Anguillaia Sabazia, Anticoli Corrado, Ariccia ed Arsoli. Di ciascun comune si trovano enumerate la circoscrizione politica, giudiziaria ed amministrativa, le condi zioni topogra- fiche, le notizie storiche antiche, medievali e moderne, le tra- dizioni sacre, i monumenti, le costumanze, le particolarità rife- ribili all' industria ed alla igiene, le biografie dei più illustri nativi del luogo, e finalmente le fonti letterarie. Quantunque l'autore non sia, a quanto apparisce da qualche espressione, della nostra provincia, nondimeno egli si è con lodevole sforzo impadronito abbastanza della nostra copiosa bibliografia storica. Egli non trascura neppure l'analisi aneddotica che spetta alla storia letteraria, come si vede nel capitolo della storia di Albano, in proposito del RiccY e del Lucidi (p. 86, 87).

Opere che hanno preceduto la presente sono, come ognun sa, quelle del Nibby, del Marocco, del Calindri, del Cayeo, del Palmieri. Ma chi oserebbe paragonare quegl' informi abborrac- ciamenti di notizie, salva l'opera del Nibby, coll'ordinato e com. posto metodo del dizionario del signor Berti ? 'L'Analisi del Nibby ha certamente il primo posto nei lavori di questo genere, quan- tunque l'ordine alfabetico abbia costretto l'autore a ripetersi spesso, e talora l'abbia messo in contraddizione. Il medio evo fu dal Nibby

2 So

Bibliografia

poco accuratamente osservato. La parte archeologica fu la migliore della sua analisi ; ma ora non è più tale ; e ciò dovrebbe essere considerato da chiunque si accinge a lavori analitici riguardanti la storia antica del nostro territorio. Dopo l'età del Nibby le sco- perte letterarie e monumentali sono state e sono tuttora così nu- merose, che molte cose allora per così dire nere, sono adesso dive- nute hìanch:. Incominciando dai testi degli scrittori che il NlBBY leggeva in edizioni scorretto, fino alle più recenti esplorazioni, vi è tanto da aggiungere e rettificare nella Analisi di quell'insigne scrittore, che essa dovrebbe rifarsi da capo con ordine topografico e sulla nuova pianta dello Stato Maggiore . Oggidì appartengono, per un esempio, alla bibliografia del suolo di Albano, gli scritti del De Rossi, dell' Hknzen, del Lakciani, alla bibliografia di Ar- soli lo scritto di Carlo Ludovico Visconti sulle epigrafi Arsolane. Così nelle antichità di Anguillara, la iscrizione data dal Beeti sulla fede del Nibby è sbagliata, perchè questi non la lesse esat- tamente. Inoltre vi meritavano posto le due lapidi di L. Longim Philomusns e di Fabia Meline importanti per le particolarità rela- tive alla cittadinanza di due lihertini. Ma tuttociò ed altre osser- vazioni possibili intorno Ariccia, Afile ed Anticoli, non pregiu- dicano punto il merito del dizionario del signor Berti ; lavoro d'indole non prettamente scientifica, ma tuttavia il più perfetto nel suo genere, e dal quale io credo che possiamo prometterci un eccellente compagno, quando andiamo girando pei nostri limi- trofi comuni. Lo stile dello scrittore è vivace specialmente a ca- rico di costumanze, di tradizioni più o meno superstiziose, comu- nissime del resto in ogni piccola città. Ma infine dobbiamo augurarci la continuazione di un lavoro che offre del pari utilità e diletto.

T.

Ferdinando Gregorovius. Mirabilia della città di Atene. Dai processi verbali della K. Accademia bavarese delle scienze, classe filosof. fllolog. stor. 1881, voi. I, fase. 3. {Monaco, Straub, editore, 1881).

Ha senza dubbio molta parte di vero l'analogia, balenata già alla mente dell' illustre storico di Roma medievale : « Lo stesso spi- « rito di leggenda ha avvolto nell'oscurità i monumenti di Atene « come quelli di Roma... » (^S";^. d. eit. di R. nel M. E., II, 145) Ma di fronte al fiume delle semierudite favole e delle travisate memorie, che il compilatore della grapTiia aurea urbis liomae at- tinse alla fantasia ingenua, ma fervida della popolazione romana del lieo, qual magra e meschina figura fanno mai quelle due roz- zissime e eerotine descrizioni di Atene, che i dotti conoscono sotto

Bibliografia 25 1

i nomi di anonimo viennese e di frammenti jjarif/ini! Ha ragione il Gregorovius : « Un libro di mirabilia ateniesi esiste tanto poco, ce quanto poca notizia si ha della cronaca di questa città nel medio ff evo ». E tuttavia ove si pensi che quei due poveri frammenti non sono più antichi della metà del secolo xv, dell'epoca, cioè « in cui Flavio Biondo dedicò ad Eugenio IV la sua Roma instau- « rata », si deve ammettere che il Gregorovius ha fatto ad essi un onore forse soverchio, col paragonarli alle mirabilia di Roma.

Le vestigia di un poema del dotto Michele Acuminato, metro- polita di Atene al xii secolo, parrebbero far risalire a quell'epoca i primi tentativi di una investigazione degli antichi monumenti di Atene, desunta dai ruderi ancora in piedi a quei tempi. Ma, se pur vi furono, furono tentativi isolati, e non furono, come a Roma, l'opera inconscia della fantasia di tutto un popolo. Un Nicolò Ma- chiavelli, della famiglia fiorentina, a cui appartenne più tardi il grande storico, andato nel 1423 alla Corte degli Acciaiuoli, altro non seppe vedere in Atene, fuorché un bel paese, ed una bella for- tezza, cioè l'Acropoli : e quando, pochi anni più tardi, un altro italiano, Ciriaco d'Ancona, si recò due volte ad Atene, e vi racco- glieva, con la curiosità scientifica di un archeologo occidentale, le notizie, i disegni e le misure di quel che restava dei monumenti dell'antichità, i pochi tratti, che da' suoi scritti si possono desu- mere, di tradizioni maravigliose esistenti nel popolo intorno a questo 0 quel monumento, mostrano che le mirabilia ateniesi del secolo XV nessun progresso segnavano su quelle dei tempi del ve- scovo Acuminato, oc Gli epiroti, parlanti una lingua diversa dalla « greca, ed ignari dell'antichità ateniese, difficilmente sarebbero <x stati capaci di darsi pena per l'origine o per l'ufficio di un an- « tico monumento, e, meno ancora, di dare a questo tali nomi, « che, per quanto fossero errati, avrebbero sempre presupposto « qualche nozione di archeologia ateniese ; come l'appellativo di ff Arsenale di lAcurgo per una parte del Propileo, e di lanterna di ff Demostene per quel monumento coragico (in onore di Lisicrate). « Tali nomi non potevano esser trovati se non se da ateniesi ff indigeni, e per di più mezzo eruditi, e così potevano col volger « del tempo esser divenuti popolari, e come tali Acuminato li avrà « trovati a lui preesistenti ».

L' impressione, che far dovettero negl'indotti ateniesi le ri- cerche archeologiche di Ciriaco d'Ancona, può fino ad un certo punto spiegare, come opina il Gregorovius, la tardiva e quasi isocrona comparizione delle due descrizioni della città di Atene, che sono gli unici frammenti che si conoscano di quello che dovrebb'essere un ciclo di mirabilia di quella città. Attorno a questi lavorò bre- vemente, ma col consueto acume critico il dottissimo illustratore del medio evo di Roma, per stabilire le poche analogie e le mol-

Bibliografia

teplici diversità esistenti tra quelle mirabilia ateniesi e le nostre viìrabilia della città di Koma.

Malgrado i tre secoli corsi dalla redazione di queste alla reda- zione di quelle, lo stile e il tono della descrizione è nelle une e nelle altre così vicino, da far supporre al Gregorovius che sotto il ducato franco avesse circolato fra gli Ateniesi qualche copia delle viirahilia romane. Ma qual diversità nel contenuto !

Il primo difetto, che si nota nei due frammenti ateniesi, si è la mancanza non solo di un ordine officiale (com'era stata per Roma la divisione nelle regioni), ma altresì di qualsivoglia altro ordine tipico.

Il secondo punto è l'assenza di un'Atene cristiana. Le mira- bilia romane prediligono i monumenti pagani : ma iJ pellegrino vi trovava, accanto a questi, le indicazioni de' luoghi santi o pii; e la leggenda miracolosa intreccia bene spesso incuriosi nodi paga- nità e cristianesimo. I due frammenti- gre ci sono privi di tali nessi caratteristici. L'anonimo viennese che designa il più gran tempio dell'Acropoli col nome di Santa Maria, mostra di non conoscere affatto la sua antica destinazione, e sembra anzi che ignori del tutto il nome classico di Partenone. L'anonimo parigino l'indica invece già ridotto a moschea, e, lungi dal far menzione della fase cristiana del tempio, lo chiama addirittura dal nome di Pallade Atene. A qualche raro luogo di Atene annettono bensì i due fram- menti una tradizione cristiana : ma sono casi rari ed isolati, che mostrano, come ad Atene la nuova fede del cristianesimo poca lotta combattè con la vecchia: ne v'ebbe mai una cristiana J.^ew^' sotterranea. Tradizioni relative a S, Paolo ed a S. Dionigi del- l'Areopago, menzionate in quei frammenti, ed ancora esistenti all'epoca del gesuita Babin, sembrano essere state le più vecchie leggende cristiane di Atene.

Il ricordo dell' impero romano e le tradizioni monarchiche dei coloni franchi possono aver influito sopra il frequente travisa- mento di antichi monumenti in palazzi o basiliche,- ma il ripetuto e spesso errato riscontro di luoghi, che erano stati già sedi delle accademie o scuole de' filosofi, dovè esser attinto come ricordo spontaneo alla viva tradizione ateniese, e costituisce una saliente caratteristica di quelle mirabilia. Questi ultimi caratteri sono quelli che danno alle mirabilia ateniesi una certa fisionomia ge- nerale, non dissimile ad un lato delle mirabilia romane : per ciò a Ferdinando Gregorovius la vista dell'ultimo monumento cora- gico, rimasto in piedi nell'antica via rpiTTSòiiav, ridestò in mente l'a- nalogia tra le mirabilia di Atene e di Roma. Le une e le altre poco o nulla concludenti per ristabilire la vera topografia archeo- logica delle due città : ma quelle di Atene tanto più monche e di- fettose, in quanto vi manca fin la nozione di molti tra i più indi- menticabili monumenti dell'antica -nro'Xt;.

Bibliog rafia 253

Forse altra più segnalata diversità si potrebbe rilevare tra le mirabilia ateniesi e quelle di Roma : ed è che in queste ultime si trova ad ogni pie sospinto l'impronta della tradizione popolare sul carattere universale, perpetuo, imperituro della città eterna ; Valma Roma è diventata il caput orhis dei cristiani : in luogo dei re trionfati vi accorrono i pellegrini e i divoti ; ma il popolo ro- mano, autore vero e primo delle mlrahilia, sente indeclinabilmente e trasforma in una fede inconcussa nell'avvenire questa coscienza della grandezza etorna di Roma. Mi ricordo di aver trovato lo stesso sentimento riprodotto nelle descrizioni di Roma per opera dei geografi arabi (J. Guidi, Roma nei geografi arabi, Arch. della Sflc. rem. di ut. pai., I. 173 e seg.) Questo sentimento stesso mancò all'Atene antica e mancò tanto più all'Atene del medio evo, po- vero ducato latino creato e poi smarrito dai crociati tra le guerre di Levante. Le leggende dei XII re che fondano VOlimpieion, e di Cecrope biforme che alza le mura di Atene e ne indora i santuari all'interno e all'esterno, palesano piuttosto il rimpianto di un pas- sato nobile perduto per sempre, che non la fede di una grandezza durata e duratura.

Questa differenza, per me tanto rilevante, non fu notata dal- l' illustre Gregorovius, forse perchè non è imputabile ne alla bar- barie degli abitanti di Atene nel medio evo, ne alla rozzezza di chi ha redatto le frammentarie mirabilia di quella città. L'illustre storico di Roma ha avuto ragione di tacere questo punto : il quale, più che una differenza con le mirabilia ateniesi, costituisce una caratteristica che distingue la tradizione popolare romana dalle tradizioni di qualsivoglia altra città del mondo. G. P.

Paulo Pierliiig S. I. Autonii Possevini Missio Moscovitica ex annuis litteris Societatis Jesu excerpta, etc, Parisiis, Leroiix, 1882.

Ivano IV il Terribile, durando ornai da molti anni l'infelice guerra colla Polonia, mandò, siccome è noto, pregando Grego- rio XIII che volesse interporsi perchè la pace fosse conclusa. A tal uopo fu dal Pontefice incaricato il gesuita P. Antonio Possevino di Mantova, il quale recatosi presso il Principe mo- scovita condusse felicemente a termine le trattative della pace (1581-82), ma non riuscì, come il Pontefice sperava, a convertire Ivano al cattolicismo. La narrazione di queste cose fu nel 1584 stampata a Roma nelle annuae littcrae della Compagnia di Gesù e ricavata dalla lettera del P. Possevino al P. Acquaviva gene- nerale della Compagnia, datata da Riga 28 aprile 1582, e dalle lettere di un compagno di viaggio del Possevino, il P. Campan.

2D4

Bibliografia

Il P. Pierling ha fatto un dono assai gradito ai cultori della storia russa ristampando dalle anniiae littcrae, libro ormai rarissimo, questo importante documento che è la missio mosco- vitica, ove, oltre la parte puramente storica, trovansi moltissime rilevanti e curiose notizie sulle condizioni in che era la Russia nel XVI secolo, le consuetudini della vita e gli usi religiosi. Ne il dotto editore si è contentato di semplicemente ristampare il testo delle annuae littcrae, ma vi ha aggiunto molte ed oppor- tune note, ed un glossario di nomi propri che nella trascrizione latina spesso si riconoscono appena. In fine dell'elegante volu- metto è pubblicata una memoria del cardinal di Como, segre- tario di Stato di Gregorio XIII, ove brevemente si ricordano le missioni inviate dal detto Pontefice. Questa memoria è tratta dagli archivi della Propaganda.

I. G.

PERIODICI

Archìvio storico italiano. To. XI. Disp. 1" del 1883. Yito La Manila. Notizie e documenti su le consuetudini delle città di Sicilia. Consuetudini di Castrogiovanni. Diario di Palla di Noferi Strozzi. G. E. Saltini. L'educazione del principe don Francesco Medici. Rassegna bibliografica. Notizie varie.

Annunzi bibliografìci. Pubblicazioni periodiche. Ap- pendice. Inventario delle carte strozziane del R. Archivio di Stato in Firenze.

ArcliÌTio storico lombardo. Anno IX. Fase. IV. P. Tede- schi. S. Vincenzo in Prato e le Basiliche Istriane. A. Ber- tolotti. I testamenti di Girolamo Cardano, medico, filosofo e matematico nel secolo xvi. M. Caffi. Raffaello da Brescia maestro di legname insigne nel secolo xvi. C. Canetta. Ari- stotile da Bologna. Notizie inedite tratte dall'Archivio di Stato di Milano. I. Ghiron. Bibliografia lombarda. Catalogo dei manoscritti intorno alla storia lombarda esistenti nella biblio- teca nazionale di Brera. Varietà. Rivista archeologica dell i provincia di Como.

Archivio storico per le provincie napoletane. Anno VII. Fase. IV. Minieri Riccio C. Genealogia di Carlo II d'Angiò Re di Napoli. Maresca B. Relazione della guerra in Italia nel 1733-1734, scritta da Tiberio Carafa. Lioiy G. L'aboli- zione dell'omaggio della chinea. Capasso B. Napoli descritta nei principii del secolo xvn da G. C. Capaccio. Notizie varie.

Rassegna bibliografica.

Archivio storico per Trieste, l'Istria e il Trentino. Voi. II. Fase. 1°. B. Malfatti. I confini del principato di Trento. P. Tedeschi. Fra Sebastiano Schiavone da Rovigo, intarsiatore

Periodici

del secolo xv. C. Cipolla. La valle di Pruviniano in un di- ploma di Berengario I. V. Toppi. Inventario del tesoro della chiesa patriarcale d'Aquileia. L. A. Ferrai. Pier Paolo Ver- gerlo il giovane a Padova. F. Novaii. La biografia di Alber- tino Mussato nel De scriptoribus illustribus di Secco Polentone.

Varietà. Appunti e notizie. Rassegna bibliografica^

Annunzi bibliografici. Pubblicazioni periodiche.

ArcliÌTÌo veneto. To. XXIV, parte II. E. Simonsfeld. Studii intorno a Marino Sanuto il vecchio. C. Cipolla. Provvedi- menti presi dal Consiglio di Verona in occasione della piena d'Adige del 1757. C. Bullo. Della cittadinanza di Chioggia e della nobiltà de' suoi antichi Consigli. G. Giorno. Le rubriche de' Libri misti del Senato perduti, trascritte. L. Gaiter. Il dialetto di Verona nel secolo di Dante. Aneddoti storici e letterari. Rassegna bibliografica. Commemorazioni. Atti della regia Deputazione veneta di storia patria. Bol- lettino bibliografico.

Archeografo triestiao. Nuova serie. Voi. IX. Fase. I-II. ' G. B. Di Sardagna. Lettere del doge Andrea Contarini e del capitano generale Domenico Michiel (1368-1369). Bernardo Dr. Benussi. L'Istria sino ad Angusto. Carlo Kunz. Monete inedite o rare di zecche italiane. Id. Aggiunta agli articoli di Mirandola e Correggio. Pietro Dr. Pervanoghi. L'Istria prima de' Romani. Antonio Dr. Toppi. Diritti di Aquileia nel marchesato d'Istria. Id. Lapide scoperta a San Martino di Terzo. Don Angelo Marsich. Regesto delle pergamene conservate nell'Archivio del rev. Capitolo della cattedrale di Trieste (1431-1439). Annunzi reciproci.

Foschungen zur Deutscheii Geschichte. To. XXII. Fase. 3".

Br. Krusch. Zur chronologie der Merowingischen Kònige.

G. Waitz. Ueber die Ueberlieferung von Bertolds Fortset- zung des Hermann von Reichenau. J. May. Zur kritik von Bertholds Annalen. R. Beyer. Die Bamberger, Constanzer, Reichenauer Kandel unter Heinrich IV. Von Stadtarchivar. H. von Breska. Ueber die Zeit, in welcher Helmold die beiden Bùcher seiner Chronik sabfaszte. 0. Meinardus. Die Verhand- lungen des Schmalkaldischen Bundes vom 14-18 Februar 1589 in Frankfurt a. M. Kleinere Mittheilungen.

Periodici 267

Giornale Ligustico archeologia, storia e letteratura.

Anno X. Fase. I. N. Giuliani. Ansaldo Cebà. G. Claretta. Di una nobile famiglia subalpina benenaerita dell'industria serica nel secolo xvi, e di analoghe relazioni del Piemonte col Geno- vesato. A. Neyn. Divertimenti. Yarielà. Spigolature e notizie, Bollettino bibliografico.

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Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 17

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Periodici

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n

L'IMPERATORE MAIORIANO

SAGGIO CRITICO.

Procopio, De beli, vand,, I, 7 (ed. Dindorf).

AiORiANO, questa nobile figura d'imperatore, che, quale meteora, passa attraverso il secolo quinto, merita di esser fatta oggetto di uno studio spe- ciale ? I pochi avvenimenti che costituiscono la storia del suo regno meritano di esser ricordati ?

Indebolire la potenza de' nemici esterni dell'impero oc- cidentale, quella di Genserico re de' Vandali in ispecie; miglio- rare, con savi provvedimenti, le misere condizioni, politiche, sociaH ed economiche, in cui versava, internamente, lo stato; ricondurre infine a severità e disciplina l'affievolito spirito militare, tal fu lo scopo grandioso che Maioriano si prefisse dal primo momento in cui venne assunto all'im- pero, e al quale consacrò tutto stesso fino a perderne miseramente la vita.

Se la forza delle cose impedì che il suo disegno po- tesse tradursi, del tutto, in realtà, e produrre effetti dure- voli ed efficaci, ciò non scema per nulla, a nostro avviso, la sua fama; anzi quella lotta disperata, da lui intrapresa contro un male ormai divenuto incurabile, lo rende, a' nostri occhi, più grande e degno quindi di studio. Noi crediamo infatti esser vere quelle parole scritte dal Machiavelli nel

Archivio della Società romana di Storia vatria. Voi. VI, 18

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L. Cantarelli

suo proemio alle Istorie fiorentiney vale a dire che « le azioni che hanno in grandezza, comunque elle si trattino, qua- lunque fine abbino, pare portino agli uomini più onore che biasimo » ; e non possiamo perciò accordarci nel giu- dizio poco favorevole emesso dal Wietersheim intorno a Maioriano nella sua Storia delle migrazioni dei popoli, ove egli dice che i tentativi, per quanto nobili ed efficaci pos- sano essere, non destano certo entusiasmo (Enihusiasmus) quando son condannati a riuscire interamente inutili.

Uno studio intorno all'imperatore Maioriano, per esser completo, dovrebbe, oltre l'uomo, descriverci ancora l'am- biente in cui egli si trovò a vivere; ma ciò equivarrebbe, come ben si comprende^ a tessere a dirittura, sia pur bre- vemente, la storia intima del pensiero, del costume, della vita sociale, insomma, del secolo quinto, di quel secolo che vide sparire la società antica e sulle rovine sue sor- gere le nuove società barbariche. Noi non abbiamo in animo di dare al presente scritto una tale estensione, se non altro perchè, facendolo, sostituiremmo un abbozzo informe allo splendido quadro che di quel tempo ci diede appunto, nei suoi Recits de l'Histoire Romaine au V^ siede, Amedeo Thierry.

Il nostro scopo è ben più modesto. In una parola, è il medaglione di Maioriano che noi cerchiamo d'illustrare nelle pagine seguenti.

Le fonti e la letteratura.

Dividiamo le fonti relative alla storia di Maioriano in due classi: fonti latine; fonti greche. Da ultimo verranno le fonti numismatiche.

a) Fonti latine.

i) Coiitinuatìo Prosperi ex ms. Vaticano, ed. Roncalli. {Vetustiorum Latinor. Scriptor. Chronica), I, pag. 719. Vedi quanto ne dice

L'Imperatore oMaioriano 263

I'Holder-Egger, Untersuchwigen uber einige annalistische Quellen :(ur Geschichte des fùnften una s. lahrhtmderts nel Neues Arch. der Gesellschaft fi'ir iilt. dentsche Geschichtskunde, I (1876), pag. 280. È un compendio della cronaca di Prospero Aquitanense, conti- nuata fino all'anno 466 e sta nel Cod. Vat. ms. 2077.

2) Jdatii Chronìcon (a. 395-470), ed. Roncalli, II, pag. 337. Idazio

era nativo di Lemica nella Gallaecia e fu vescovo di Aquae Flaviae (Chaves) nel Portogallo settentrionale. Sono autorevoli per noi le notizie della sua cronaca che si riferiscono agli av- venimenti dalla Spagna durante il regno di Avito e di Maioriano. Il Kaufmann (die fasten der spciteren kaisev^eit. Philologus XXXIV (1876) pag. 294), è d'opinione che siano opera d' Idazio anche i Fasti Idatio adscripti, che dall'anno 509 a. Cr. giungono fino al 468 d. Cr.

3) Anonymus Cuspiniani. Tal nome, come è noto, porta una cro- naca, in duplice redazione, di cui la prima, più completa, va dal 47 a. Cr. fino al 403 d. Cr. ; e dal 455-496 con molti partico- lari importanti. La seconda va dal 47 a. Cr. - 45 d. Cr. ; 77-387; 438-455 ; 496-539. Esiste in un ms. del xv secolo della Biblio- teca di Vienna. Il Mommsen pubblicò questa cronaca negli Atti dell'Accademia Sassone delle sciente, II, pag. 656 e seguenti, dando, come testo, la prima redazione, da lui chiamata ree. A, colle varianti in nota della seconda (ree. B). L'edizione del Roncalli (II, 103-138; 139-160) è sempre da consultarsi poiché le due redazioni sono da lui pubblicate separatamente. La parte della ree. A, che comprende gli anni 455-496, fu compilata in Ra- venna e contiene un frammento degli annali ravennati, dei quali I'Holder-Egger (op. cit., pag. 347 e seguenti) ha tentato una ricostruzione. L'Anonimo Cuspin. rec.^ (ed. Mommsen, pag. 166), è importante per noi in quanto stabilisce la vera data della ele- zione di Maioriano, come imperatore, e quella della sua morte.

4) Severi Snlpitii Cbronicon. Sotto questo titolo il Florez pubblicò una cronaca universale nel quarto volume della sua Espana Sa- grada, pag. 433-454. L'Holder-Egger, il quale ha scritto una erudita dissertazione intorno a questa cronaca (Ueher die Weltchro- nik des sogenn. Sev. Snlpitiiis nnd siìdgallischen Annalen, Gott., 1875) sostiene che essa sia stata compilata nella Gallia meridionale sopra un esemplare degli annali ravennati, che, venuto ad Arles, fu accresciuto di notizie relative alla Gallia. Per noi sono im- portanti le notizie sull'ultimo, anno del regno di Maioriano.

5) Magni Aiirelii Cassiodori senatoris Cbronicon, ed. Mommsen, Atti dell'Accademia Sassone delle scien:(e, VIII, pag. 589. Questa cronaca

264

L. Cantarelli

da Adamo giunge fino all'annuo 519, cioè sino al consolato di Eutarico, genero di re .Teodorico ; le notizie contenute in essa dal 455-495 son tolte dagli annali di Ravenna. Ciò non può dirsi però di tutte ; per esempio, di quella dell'anno 458 relativa al nostro argomento come vedremo in appresso. Cf. Holder-Egger, op. cit., pag. 247.

6) Marcellinus COMES Chronicon, ed. Roncalli, II, pag. 266. Si estende dall'anno 379-534. La continuazione che va dal 547 fino al 566 non è di Marcellino. Oltre che degli annali ravennati, egli si giova anche dei fasti costantinopolitani. Cf. Holder-Egger, op. cit., pag. 251. Scarse son le notizie di questa cronaca intorno a Maioriano.

7) Victor Tunnunensis Chronicon, ed. Roncalli, II, pag. 337. Questa cronaca, scritta da Vittore di Tunnuna vescovo della Chiesa africana, va dal 444-566; è piena di notizie inesatte, specialmente agli anni 457, 458, 462 in cui si parla di Maioriano. Cf. Hol- der-Egger, op. cit., pag. 298.

8) Marius Aventicensis vescovo di Aventicum (Avenches), la capi- tale degli Helvetii, continuò la cronaca di Prospero Aquitanense dall'anno 455-581, ed. Roncalli, II, pag. 399. Si giova degli annali di Ravenna ; le poche notizie che su Maioriano sono esattissime. Non abbiamo potuto servirci della recente edizione dell'ARNDT fatta sul ms. di Londra. Lipsia, 1875. Cf. Holder- Egger, op. cit., pag. 354.

9) loRDANis. De summa Umporum vel de origine actibusque gentis Ro- tnanorutn: de origine actibusque Gctarum, ed. Mommsen, Berol., 1882, pag. 43, 17; 118, 9. Il primo è un compendio della cronaca di s. Girolamo e de' suoi continuatori, di Floro, Eutropio, Rufo, Orosio; il secondo è un compendio della storia dei Goti di Cas- siodoro, scritti tutti e due nel 551 e 552. Il vero nome di questo cronista è Giordane, non Giornande come scrivono alcuni. Vedi a questo proposito il proemio del Mommsen alla ed. citata, pag. V. Giordane commette non pochi errori intorno a Maioriano come vedremo a suo tempo. Cf. Holder-Egger, op. cit., pag. 296.

io) Paulus Diaconus. Historia romana, XV, 25, ed. Droysen, Ber- lino, 1879. È ^^ continuazione di Eutropio; intorno a Maioriano ci notizie tolte dagli annali di Ravenna, non direttamente, ma mediante le cronache di Giordane e di Cassiodoro, come dimostra I'Holder-Egger, op. cit., pag. 302.

Il) Catàlogus Imperatorutn. Roncalli, II, pag. 254.

izX'Chronica sancii Benedictl Casinensis. Fa parte dei Mon. Germ. H., ed. Waitz,. Hannover, 1879, pag. 485.

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L'Imperatore oMaioriano 265

13) C. LoLLius Apollinaris Modestus Sidonius nato a Lione (Lugdunmn) l'anno 430, genero dell'imperatore Avito, fu dal 472 vescovo di Clermont d'Auvergne (Claramontium Arvernorum) ; morì nel 488. Pei primi anni di Maioriano; per la sua fami- glia; per le sue prime imprese militari; per la spedizione in Gallia, il panegirico pronunziato a Lione da Sidonio dinanzi allo stesso imperatore (Tanegyricus lidio Flavio Maioriano dictus) è la sola fonte a cui possiamo attingere. Certo bisogna conceder molto allo stile enfatico e pomposo di Sidonio. II suo panegirico, dice giustamente il Gibbon, contiene più artifizio che genio e più fatica che arte. Gli ornamenti son falsi e triviali; l'espressione debole e prolissa; e Sidonio manca dell'abilità di porre il soggetto prin- cipale in un aspetto luminoso e distinto. Anche una lettera di Sidonio (I, II) contiene notizie importanti pel nostro argomento. Vedi le edizioni commentate dal Savaron, Lutetiae Paris, 1599, e del SiRMOND, Paris, 1614. Noi seguiamo, in generale, la recente edizione del Baret, Oeiivres de Sidoine Apollinaire, Paris, 1879. La letteratura sopra Sidonio è abbastanza ricca; vedila citata nella Romische Literaturg.* del Teuffel-Schwabe, Leipzig, 1882, pag. 1109.

14) L'epigramma sulla tomba di Maioriano (De septilcro Maioriani Imp., carni, 136) composto da Ennodio (473-521) vescovo di Pavia. Ed. Magni Felicis Ennodii opera omnia, ree. Hartel (voi. 6" del Corpus Script. Eccl, Vindob., 1882, pag, 603), In- torno ad Ennodio vedi lo studio del Talini negli Studi in Ita- lia, 1880-81.

15) Liher Legum Novellarum Divi Maioriani A. Abbiamo seguito l'edizione dell' Haenel, Corp. iur. Antciustin. II, Bonnae, 1844, pag. 291. Diamo qui i titoli delle Novellae per ordine di data, notando che deir8^, 10^ e 12=^ ci son giunte solo le rubriche.

I) De Ortu Imperii Divi Maioriani A. - ad Senatum. III. Id. lan. Ravenna, Maioriano A. I, Cos. (11 gennaio 458).

II) De Indulgentiis reliquorum - Basilio Pf, P. VI. Id. Mart. Ra- venna, Maioriano A. L Cos. (io maggio 458).

III) De defensoribus civitatum - Unìvers. rect. prov. Vili. Id. Mai. Ravenna, Leone et Maioriano AA. Coss. (8 maggio 458).

IV) De Aedificiis puhlicis - Aemiliano Pf. U. V. Id. lui. Ravenna, Leone et Maioriano AA. Coss. (11 luglio 458).

V) De bonis caducis, sive proscriptorum - Ennodio corniti R. P. Prid. Non. Sept. Ravenna, Leone et Maioriano AA. Coss. (4 set- tembre 458).

VI) De Sane timoni alibus, vel viduis, et de successionibus earum -

266

L. Cantarelli

Basilio Pf. P. VII. Kal. Nov. Ravenna, Leone et Maioriano AA. Coss. (26 ottobre 458).

VII) De curialibus, et agnatione vel àistractìone praediorum eorum et de diversis negotiis - Basilio Pf. P. Vili. Id. Nov. Ravenna, Leone et Maioriano AA. Coss. (6 novembre 458).

Vili) De reddito iure armorum.

IX) De adulteriis - Rogatiano Consulari Tusciae Suburbicariae. XV. Kal. Mai. Arelato, Ricimere V. C. Cos. (17 aprile 459).

X) Neqtie senatorem urbis Romae, neque Ecchsiam ex testamento sihi a certis personis aliquid reìictuni fisco inferre cogendiim, et de po- ptilis urbicis.

XI) De Episcopali iudicio et ne quis invitus cUricus orditietur et de ceteris negotiis. Ricimeri viro illustri corniti et magistro utriusque militiae atque Patricio. V. Kal. Aprii., Magno et Apollonio VV. ce. Coss. Arelato (28 marzo 460).

XII) De aurigis et seditiosis.

b) Fonti Greche.

1) Prisco Panita (del quinto secolo). Il Niebuhr lo dice: longe opti- mus omnium sequioris aevi historicorum ; ingenio, fide, sapientia nulli vel optimorum temporum posthabendus. È relativo a Maioriano il frammento 27° della sua 'loTopi'a TotSuc'a conserva- toci negli Excerpta de legationibus. Ed. Moller, F.H.G., IV, pa- gina 103; DiNDORF, Ristorici Graeci Minores, I, pag. 338.

2) Procopio di Cesarea. De bello Vandalico, I, 7, ed. Dindorf. Bon- nae, 1835, pag. 340. L'autorità di Procopio, per le cose d'Occidente, è ben poca come hanno dimostrato di recente alcuni scrittori; vedremo a suo tempo come non sia attendibile quanto egli scrive intorno agli avvenimenti del regno di Maioriano.

3) EvAGRio di Epifania, amico del patriarca Gregorio (570-593). Historia Ecclesiastica, II, 7, ed. Reading, Cantabrigiae, 1720.

4) Giovanni Malala XpoNo-^pacpia, ed. Dindorf. Bonnae, 1831, pa- gina 375. Questo cronografo, di pochissima autorità, il quale scri- veva sotto Giustino II (565-578) apre la serie delle cronache bizantine. Esso fa succedere erroneamente Maioriano ad Olibrio.

5) Chronicon Pascale, ed. Dindorf. Bonnae, 1832, I, pag. 593.

6) Teofane d'Isauria soprannominato il Confessore, Xpovo-Ypacpta, ed. Classen, Bonnae, 1839, I, pagg. 169, 174, 183. Noi seguiamo, in generale, la recentissima edizione del De Boor, Lipsiae, 1883, I, pagg. 109, 112, 118. L'Holder-Egger (op. cit., pag. 292) crede che Teofane si sia giovato per la sua cronaca degH annali Ra- vennati. Le notizie che riferisce sono confuse ed inesatte, poiché

Ulmperatore oMaioriano 267

non solo la sua cronologia è arretrata di circa. 8 anni, ma inoltre egli ripete uno stesso fatto due o tre volte. Nel nostro caso ei pone la morte di Maioriano nel 455, quando invece avvenne nel 461 ; lo fa succedere, in un luogo a Massimo, in un altro ad Olibrio nel 472 (464 secondo Teofane) dimenticitndosi di aver poco prima parlato della sua morte.

7) Giovanni Antiocheno. Framm. 201, 202, 205, ed. Mùller, F.H.G., IV, pag. 615. Preziosissime notizie ci ha conservato questo mo- naco del settimo secolo, nella sua cronaca, intorno ad Avito e a Maioriano, notizie degne di esser considerate poiché Giovanni Antiocheno trascrive, a parola, le sue fonti; per esempio la prima parte del frammento 203 è tolta di peso dal frammento 27° di Prisco. Cf. Holder-Egger, op. cit., pag. 295.

8) G. Cedreno, Hist. compendium, ed. Bekk'er, Bonnae, 1838, I, pag. 607. La cronaca di Giorgio Cedreno, monaco del secolo un- decimo, va dall'origine del mondo fino all'anno 1057. Secondo questo cronista, ucciso Massimo, Maioriano occupò l'impero ro- mbano per due anni, e dopo di lui regnò Avito.

9) Costantino Manasse (del secolo xii), autore di una cronaca in versi (Comp. Chronicum, ed. Bekker, Bonnae, 1837, pag. 116) scrive che dopo Massimo regnarono in Roma Antemio, Olibrio e Maioriano.

c) Fonti Numismatiche.

Dell'imperatore Maioriano ci restano 16 medaglie d'oro, d'argento e di bronzo. Vedile descritte in Cohen, Médailles Imperiahs, Paris, 1862, VI, pag. 514. Cf. anche Rasche, Lexicon rei ninnmariae, III, i, pag. 130; Eckhel, Doctrina Numorum Veterum,YlU, pag. 195. Maioriano fu seguace della religione cristiana; lo dimostra il 2^ di alcune medaglie e la croce in una corona di lauro effigiata in una di queste.

Letteratura.

a) Monografie.

i) Jacobus van Hengel, specimen historico-literarium de Maioriano. Lugduni B., 1833. È il solo lavoro, fatto con abbastanza cura, che conosciamo intorno a Maioriano. Ce ne siamo giovati moltissimo.

b) Opere diverse.

i) SiGONius, de occidentali imperio. Francf., 1593, pag. 235. Non è molto esatto, anzi confonde i fatti, specialmente rispetto alla spe-

L. Caìitarelli

dizione Vandalica di Maioriano. Vedi la giusta critica che ne fa il VAN Hengel, op. cit., pag. 26 e seg.

2) H. Valesii, rerum Francicarum, Lutetiae, 1646, l, pag. 190. E utile specialmente per la guerra di Maioriano con Teodorico II re dei Visigoti.

3) T11.LEMONT, Histotre des Emperetirs. Venise, 1739, VI, pag. 306.

4) Vaissette, Histotre gén. de la province de Langtiedoc, Paris, 1730,

I, pag. 200 e seg.

5) DuBOS, Histoire critique de V établissement de la Monarchie Franfuise dans les Gaules. Amst., 1735, II, pag. 40 e seg.

6) BuAT, Histoire anc. des peuples. Paris, 1772, VIII, pag. 49 e seg.

7) Muratori, Annali d'Italia. Anni 457-61.

8) GiBBON, Storia della decaden:ì^a dell'impero romano (trad. it.), Milano, 1821, VI, pag. 501 e seg.

9) ScHLOSSER, Geschichte der alt. Welt. Frank., 1832, III, 3, pag. 246. Non è molto esatto: cf. van Hengel, op, cit., pag. 52.

io) Papencordt, Geschichte der vandalische Herrschaft in Afr. Berlin,

1837, pag. 93 e seg. ri) L. Marcus, Histoire des Wandales^, Paris, 1838, pag. 264.

12) H. Fynes Clinton, Fasti romani. Oxford, 1845, I, pag. 656 e seguenti,

13) L'art, del Teuffel nella Enciclopedia Reale del Pauly, IV, pag. 1457.

14) Nouvelle Biographie gén. Didot, XXXII, col. 989. Uart. intorno a Maioriano è segnato Y.

15) Uart. del Plate nel Dict. of G. a. Roman Biography dello Smith,

II, pag. 906.

16) Wietersheim-Dahn, Geschichte der Vòlkerivanderung, Leipzig, 1881, IP, pag. 282 e seg.

17) Dahn, Die Kònige der Germanen, Mùnchen, 1861, I, pag. 157; Wùrzburg, 1870, V, pag. 87.

18) Sievers, Siudien ^ur Gesch. der Rom. Kaiser, Berlin, 1870, pag. 518.

19) Gregorovius, Storia della città di Roma nel medio evo (trad. it.), Venezia, 1872, I, pag. 244.

20) Le già citate ricerche del Kaufmann e dell' Holder-Egger, che gettano tanta luce sulla storia dei secoli quinto e sesto, e che son fatte coll'erudizione e coU'esattezza propria dei lavori tedeschi.

21) Am. Thierry, Dermm temps de l'Empire d' Occidente, Faris, 1876, pag. 2 e seg.

22) WATTEtiBACH, Deutschlands Geschichtsquellen in M. A. '^, Berlin, 1878.

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L'Imperatore oMaioiHano 269

IL

Maioriano prima che fosse eletto imperatore.

Maioriano prese il suo nome (i) dall'avo materno, prode soldato, che, al tempo di Teodosio I, aveva avuto il co- mando della cavalleria e della infanteria nella Panonia, Della madre la storia non ci ha conesrvato il nome; il padre chiamavasi Donnino e, in qualità di questore di Ezio, amministrò con abilità e giustizia la cassa militare aella GaUia. In qual luogo e in quale anno sia nato il futuro imperatore ci è ignoto (2); è per altro certo che,

(i) Gli antichi scrittori non sono concordi sul nome di Maioriano. Maiorino (Ma-.opTvo;) lo chiamano Procopio (de hell. Vand., I, 7); Teofane (Chronographia, I, 109); Evagrio (Hist. Eccl., II, 7); Gio- vanni Malala (Chronographia, pag. 375); Giovanni Antiocheno (fr. 203); Cedreno (Chronographia, I, pag. 606); Costantino Ma- nasse lo chiama Mafwp (Camp. Chr., pag. 116). La Chronica Sancii Benedica Casinensis, pag. 485, lo dice Maurinus. Maioriano (Maioria- niis, Maiopia^ò;) lo si trova chiamato, tra i Greci, da Prisco Panila (fr. 27); tra i Latini da Idazio, Marcellino (Chr., Roncalli, pag. 42, 293); dall' Anonimo Cuspiniano (ree. A, pag. 666); da Cassiodoro (Chr., pag. 654); da Severo Sulpicio (Chr., pag. 451); da Sidonio Apollinare (passim); da Giordane (Rom., pag. 43), il quale però lo chiama anche Maiurianus (Gei., pag. 118). Vittore di Tunnuna lo dice Maioranus (Chr., Roncalli, 342). Il nome di Maiorianus però apparisce tale anche nelle Novellae e nelle medaglie che di lui ci rimangono ; perciò la sua autenticità ci pare bene stabilita. Gli altri due nomi da lui portati sono Julius e Flavius, non Valerius come sostengono alcuni. Cf. Rasche, Lexicon, III, i, pag. 130; Eckhel, Doctrina num., Vili, pag. 195; Cohen, Médailles Imp., VI, pag. 514. Una iscrizione greca cristiana data dal De Rossi, Inscr. Chr., 803, lo chiama appunto Flavio Maioriano. Non sappiamo per qual' ragion il Reumont nella sua Geschichte der Stadi Rom, I, pag. 777, lo chiami Julianus Maiorianus.

(2) SiD. Kv.,pan., v. 106 e seg. ; Giov. Ant., fr. 201, 6; Cf. Til- lemont, Empereurs, VI, pag. 306 ; Gibson, Impero Romano, VI, pa- gina 505.

270

L. Cantarelli

n

fin dai suoi primi anni, si esercitò, sotto il comando di Ezio, nel mestiere delle armi (i), e che, in breve volger di tempo, diede tali segni del suo valore da destar l'invidia e la gelosia di molti e, specialmente, della moglie di Ezio. Codesta donna, nata di sangue reale, profetessa come Vel- leda, ambiziosa e crudele come Agrippina (2), e che, se- gretamente cercava di preparare la via al trono al figHuol suo Gaudenzio, prevedendo forse un ostacolo nelle virtù militari di Maioriano, istigò il marito ad ucciderlo. Ma Ezio non volle soddisfare lo scellerato desiderio della mogUe sua, e contentossi di licenziare il valoroso giovane dalla mihzia; al quale ciò riuscì più utile che dannoso, poiché, ritiratosi nella solitudine della campagna, si diede tutto allo studio delle leggi, imparando cosi l'arte di ben governare i popoH (3).

Ucciso Ezio nell'anno 454, Maioriano fu richiamato alla corte nella qualità di conte dei domestici; ei vi tornava in giorni assai nefasti per l'impero romano. L'anno dopo infatti, levato di mezzo Valentiniano III da Optila e Traustila, due antichi commilitoni di Ezio, il irono venne usurpato dal senatore Petronio Massimo, non estraneo certo alla congiura che avea spento l'ultimo dei Teodosidi. Brevis-

(i) Che combattesse contro i Franchi, risuha da questi versi di SiDONio Apollinare, pan., v. 212:

post tempore parvo

Pugnastis pariter, Francus qua Cloio patentes Atrebatum terras pervaserat. Hic coeuntes Claudebant angusta vias, arcuque subactum Vicum Helenam, flumenque simul sub tramite longo Artus suppositis trabibus transmiserat agger. mie te posilo, pugnabat ponte sub ipso Maiorianus eques.

Vedi nel Dubos, Histoire Critique, II, pag. 40 e seg., e nel van Hengel, de Maioriano, pag. 11, la discussione sul tempo probabile di questa guerra.

(2) Am. Thierry, Empire d'Occident, pag. 5.

(3) SiD. Ap.,pan.,v. 205-295. Cf. Tillemont, op. cit., pag. 307.

L'Imperatore oMaiorìano 271

simo fu il regno del nuovo imperatore, che venne uc- ciso, come già è noto, dalla plebaglia, m.entre cercava di fuggire da Roma, minacciata da Genserico re de' Van- dali, il quale, con quella sua spedizione nel Lazio, inau- gurò la guerra di sterminio che d'allora in poi, come ha ben dimostrato il professore Morosi in una sua recente monografia (i), ei non risparmiò di fare alla dominazione romana. Mentre queste cose accadevano in Italia, Avito, patrizio di Alvernia, era proclamato, coll'aiuto dei Visigoti, imperatore a Tolosa. In mezzo a tanto disordine, a tanta confusione, un uomo cercava di usufruire degU avvenimenti a proprio vantaggio. Era costui Ricimero. Nato da uno svevo di sangue reale e da una figlia del re Vallia, il fon- datore del regno Visigoto di Tolosa (2), valoroso in guerra (della quale avea imparato l'arte alla scuola di Ezio, ove gli furono compagni Egidio, Marcellino e Maioriano) ma dotato di animo feroce, come ebbe a mostrarlo in parecchie occasioni, abbracciò subito la causa dell' imperatore Avito e da lui ottenne grandi favori fino ad esser nominato co- mandante supremo di tutte le milizie d'Italia (3). Egh pe- raltro mirava a cose maggiori; a creare, cioè, un potere

(i) L'Invito ài Eudossia a Gefiserico, Firenze, 1882. Vedi la nostra recensione nella Cultura 15 aprile 1883. Da un /r. (201, §6) di Giovanni Antiocheno risulterebbe che, dopo la morte di Valenti- niano III, alcuni, e tra questi specialmente l'imperatrice Eudossia, cercarono di innalzare al trono Maioriano, ma Petronio Massimo, a furia di oro (t-^ twv xp^.'^-àTUN xo^n'([(x) trionfò del suo competitore.

(2) SiD. Ap., carni. XXII, v. 360:

Tum livet quod Ricimerem In regnum duo regna vocant: nam patre Suevus, A genitrice Getes. Simul et reminiscitur iliud, Quod Tartesstacis avus huius Wailia terris Vandalicas turmas et iuncti Martis Alanos Stravit, et occiduam texere cadavera Calpen.

Cf. Am. Thierry, op. cit., pag. 3.

(3) Alcuni, tra cui il Wietersheim (Gesch. der Vòlkerwanderung, II*, pag. 285), credono che il comandante supremo delle milizie

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L. Cantarelli

occulto, a governare lo stato lasciando il vano titolo d'im- peratore ad un uomo che fosse a lui interamente devoto (i), e quest'uomo egli credeva di averlo trovato nel suo amico Maioriano. Unitosi a lui, ed approfittando dei malumori

(magister militiitn) a cui alludono i seguenti versi di Sidonio Ap. (pan., V. 553) sia Ricimero:

Qui libi praeterea comites, quantusque magister Militiae, vestrum post vos qui compulit agmen, Sed non invitum ? dignus cui cederei uni Sylla acie, genio Fabius, pietate Metellus, Appius eloquio, vi Fulvius, arte Camillus?

Ma, come osserva il van Hengel (op. cit., pag. 5), Ricimero era stato magister inilitiim prima di Maioriano e quando questi lo divenne, fu creato patrizio nello stesso giorno. Ad ogni modo Ricimero era comandante delle milizie in Italia, e qui Sidonio parla di quello delle Gallie. Questi versi alludono invece ad Egidio, antico com- pagno d'armi di Maioriano, comandante appunto le milizie della Gallia, come risulta da questo passo di Gregorio di Tours (Hist. Frane, II, 11): « in Galliis autem Egidius ex Romanis magister mi- litum datus est »; e al quale principalmente Maioriano dovè la vittoria sul partito che nelle Gallie si era formato contro di lui, come avremo occasione di vedere più tardi. Che nei versi di Sidonio non si alluda neppure a Nepoziano, come sostennero altri, lo ha provato lo stesso VAN Hengel col dimostrare che Nepoziano era magister militum di Teodorico II re dei Visigoti. È opportuno avvertire che Costantino istituì, pel comando dell'armata regolare, due magistri militum, uno per la fanteria, l'altro per la cavalleria. Al quinto secolo crebbero a otto: cinque nell'impero di Oriente, di cui due alla corte (prasen- tales), e tre nelle provincie (per Orientem, per Thracias, per Illyricum) ; tre in Occidente, di cui due alla corte (prasentales) ed uno in Gallia (per Gallias). Vedi Willems, Droit pnbìic romain,* Louvain, 1880, pag. 601.

(i) Quasi tutti gli storici, tra cui il Thierry (op. cit., pag. 7) sostengono che Ricimero non aspirò al potere imperiale nella sua qualità di barbaro; certo è invece che lo Svevo ambi l'impero e battè moneta. « Nei sepolcri santambrosiani, così il Biraghi (/ tre sepolcri santambrosiani. Milano, 1864, pag. 52, citato dal Talini, 5. Epifanio ed Ennodio), se ne rinvenne una colla scritta: VLavius REGImi;RVS, e nel rovescio YlcTOria rappresenta una nave gui- data da un genio e in essa la Vittoria con corone in mano ».

n

L'Imperatore oMaìoriano 278

che Avito aveva destato nel senato e nel popolo, ordì una congiura contro l'imperatore, lo costrinse a deporre il diadema imperiale in Piacenza il 5 ottobre del 456 e di 11 a poco tempo lo fece anche uccidere (i). .

(i) Alcuno potrà forse maravigliarsi di quanto diciamo, nel testo, sulla morte di Avito; ma noi vogliamo affermare sol quello che è consentito dalla maggior parte delle foiiti. Ora esse non sono con- cordi sulla fine di questo imperatore. Gregorio di Tours (II, 11) scrive che Avito a cum Romanorum ambisset imperium, a Senato- ribus proiectus apud Placentiam urbem episcopus ordinatur « ma temendo per la sua vita « basilicam sancti Juliani Arverni martyris cum multis muneribus expetivit » e che mori per via, ed il suo corpo, portato a Brives, fu sepolto a' piedi di quel martire. Tutto questo racconto, dice I'Holder-Egger (op. cit., pag. 273), « ist gewiss keiner schriftlichen Q.uelle entnommen, sondern Gregor hat den Grabstein des Avitus in der Kirche zu Brives gesehen und diese Erzàhlung ist ihm mùndlich mitgetheilt worden ». La notizia che Avito sia stato ordinato vescovo di Piacenza non mi pare molto attendibile benché la i\ìgistrino la cronaca del 641 (Prosperi chronìci contimiator Hauniensis, ed. Hille, pag. 26, cito dall' Holder-Egger, pag. 258); Mario d'Avenches (pag. 402), Vittorio di Tunnuna (pag. 342) e Gregorio di Tours sopra citato; non mi pare, dico, molto attendibile poiché non ne fan cenno alcuno I'An. Cuspiniano che ha queste sole parole (pag. 666) : « Et capituus est imperator Placentia a magis. mil. Ricimere »; Cassiodoro (pag. 654); la Cro- naca del Florez attribuita a Severo Sulpicio (pag. 453); la Con- tinuatìo Prosperi ex nis. Vaticano (pag. 719); Idazio (pag. 42), il quale cosi si esprime: « Avitus tertlo anno posteaquam a Galliis, et a Gothis factus fuerat Imperator caret imperio, Gothorum promisso destitutus auxilio, caret et vita ». Certo è che in questo caso, la pre- ferenza va data alla Cronaca d' Idazio « der glauhwùrdigere Zeitge- nosse » dell'imperatore Avito, come dice il Wietersheim (op. cit., pag. 281). Diverso da tutti è il racconto di Giovanni Antiocheno (fr. 202), secondo il quale Avito, sfuggendo ad una ribellione del popolo romano, sarebbe stato inseguito da Maiorìano e da- Ricimero e costretto a salvarsi in un luogo sacro (-:è;ji.ENo;). Colà le milizie di questi ultimi lo assediarono finché egli morì di fame. Però aggiun- gevasi che egU finisse invece strangolato (oTt àirsTT'v i-yti). Riassumendo adunque e fondandoci specialmente sopra 1' Anonimo, Idazio e Giovanni Antiocheno, noi crediamo probabile che Avito in Pia-

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L. Cantarelli

Dopo la morte di Avito successe un interregno di circa sei mesi, durante il quale Ricimero signoreggiò da solo; egli si fece creare patrizio il 28 febbraio dell'anno seguente, e nello stesso giorno concesse il supremo comando di tutte le milizie a Maioriano (i), il quale si conciliò subito il favore dei Romani, riportando una vittoria sopra gli Alemanni, Questi infatti, in numero di novecento, passate le Alpi, eran discesi a predare nella Rezia ; Maioriano inviò contro di loro un suo ufficiale di nome Burcone, il quale, nel marzo di quello stesso anno 457, li vinse nei cosid- detti Campi Canini obbligandoli ad abbandonare quelle regioni (2). Da questa vittoria, così facilmente acquistata, e che Sidonio Apollinare {Pan., v. 275) magnifica nel suo Panegirico, si può di leggieri comprendere, scrive il Gibbon, in quali misere condizioni versasse allora l' Italia.

III.

Maioriano imperatore. Sue riforme.

Morto sul finire di gennaio dell'anno 457 l' imperatore di Oriente Marciano, fu scelto a suo successore, il 7 feb-

cenza non solo abbia perduto la dignità imperiale ma anche la vita. Quanto alla data della deposizione, essa si fonda sopra un testo di Teofane il quale dice che Avito fu vinto {hi%riis-fì) da Ricimero 19 giorni (p.s3' r;v.E5a; ts') dopo la morte del patrizio Remisto {Chr., pag. 169, ed. Classen), e questa avvenne il 17 settembre (XV. Kal. Octohres) secondo I'An. Cusp. A. La complicità di Maioriano con Ricimero non si può metter in dubbio, che la registrano tutti i cro- nisti i quali attinsero ai fasti ravennati. Cf. Wietersheim, op. cit., II, pag. 281; SiEVERS, Studien, pag. 517; Kaufmann, Fasten, pag. 284; Holder-Egger, op. cit., pag. 249, 357.

(i) An. Cusp. A: « 457. Constantino et Rufo His coss. Ricimer magist. mil. patricius factus est prid. kl. Marcias. Et factus est Maio- rianus mag. mil. ipso die ». Cf. Muratori, Annali, a. 457; Sievers, op. cit., pag. 518.

(2) La vittoria sugli Alemanni deve esser avvenuta nel marzo 457, poiché SiDONio (Pan., v. 278) dice che Maioriano era allora mae-

Uhnperatore oMaioriano 276

braio, Leone chiamato il Trace (i); il quale, aderendo all'unanime desiderio del senato, del popolo e dell'eser- cito romano, nominò Augusto in Occidente, il primo aprile dello stesso anno, Maioriano, il comandante supremo delle milizie d' Italia (2). Giordane {Getica, 45) scrive :

stro delle milizie (iamque magister eras). I campi canini sono la val- lata di Bellinzona per la quale passa il Ticino nella sua discesa dal monte Adula al lago Maggiore. Oggi si chiamano Grauhùnàleti. Cf. Cluveri, Italia Antiqua, I, pag. idi.

(i) Marcell., Chr., pag. 293; Sievers, op. cit., pag. 480; Wie- TERSHEiM, op. cit., II, pag. 282; Holdhr-Egger, op. cit,, pag. 357. La data della elevazione di Leone I ricavasi dal Chronicon Pascah, pag. S92.

(2) An. Cusp. a, pag. 666: « Constantino et Rufo conss. Et le- vatus est imperator DN. Maiorianus Kal. Aprii. ». Cf. Caialog. Imp., pag. 254; Marcellin., pag. 293. Da questi versi di Sidonio {Pan., 387):

postquam ordine vobis Ordo omnis regnum dederat, plebs, curia, miles Et collega simul,

chiaro apparisce come Maioriano fu eletto imperatore per concorde volere del popolo (phhs), del senato (curia), dell'esercito (ìniles) e di Leone (collega). Il Tillemont, op. cit., pag. 634, in una nota erudita sostiene che l'elezione di Maioriano non può essere avve- nuta il primo aprile del 457, come risulta dal passo, testé riferito, dell'AN. CuspiNiANO, ma bensì verso la fine di quell'anno « à cause que dans sa lettre du 13 janvier 458 il mande sa promotion au Senat comme une chose tonte nouvelle: Imperatorem me factum co- gnoscite ». Devesi però osservare che in quella lettera (della quale parleremo fra poco) egli dice di aver liberato « communibus ex- cubiis » l'impero « et ab externo host.i et a domestica elude ». Secondo il GiBBON (op. cit., pag. 491), per quest'ultima, Maioriano doveva intendere (non so con quanta probabilità di esser nel vero) la tirannia di Avito, di cui egli riguardava la morte come un atto meritorio ; neir « externo hoste » a me pare di scorgere evidente l'allusione ai Vandali che invasero la Campania subito dopo eletto Maioriano, in ogni modo prima della fine del 457. Del resto la data riferita dall'ANONiMO merita considerazione poiché senza dubbio la ripor- tavano i fasti ravennati, di cui un frammento ci viene appunto con- servato, come già fu detto, nella ree. A. Vittore, di Tunnuna pone

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%

« post quem (cioè Petronio Massimo) iussu Marciarli im- peratoris Orientalis Maiurianus Occidentale suscepit im- perium gubernandum ». Due errori sono da rilevarsi in questo passo dell'antico cronista; il primo consiste nel far egli succedere immediatamente a Massimo, Maioriano, tralasciando così di discorrere del regno di Avito. Gior- dane incorse in questa omissione perchè erroneamente credeva che Avito avesse governato l' Occidente per bre- vissimo tempo e senza il consenso dell' imperatore Mar- ciano. Difatti egli dice nello stesso capitolo : « Ecdicius nobilissimus senator et dudum Aviti imperatoris, qui ad paiicos dies regnum invaserai, filius », quando invece è cosa accertata che Avito regnò circa un triennio col consenso dello stesso Marciano. Scrive invero nella sua cronaca (pag. 38) Idazio : « Marcianus et Avitus concordes prin- cipatu Romani utuntur imperii » (i). Il secondo errore di Giordane è di non minore evidenza; secondo lui, Maio- riano, diventando imperatore, avrebbe avuto il consenso di Marciano, e Marciano era già morto. È curioso poi che in altro suo hbro (^Romana, ^^^^ Giordane è immune da codesto errore, poiché egli scrive : « Leo Bessica ortus progeniae Asparis patricii potentia ex tribuno militum factus est imperator, cuius nutu mox loco Valentiniani (2) apud

erroneamente l'elezione di Maioriano nell'anno 458 a Roma. « Leone Aug. Cos. Maiorianus Romas imperium sumit » (pag. 342). Cf. Hol- der-Egger, op. cit., pag. 299.

(i) Già fu accennata, trattando delle fonti, la grande confusione che regna tra i cronisti bizantini sulla successione degli ultimi im- peratori d'Occidente. Teofane (pag. 109) in un luogo fa succe- dere Maioriano a Massimo, e dopo di lui « "A|ìy)to; tiqv t^; 'PoSar; paai>.£tav IjcpdcTrffS'' » ; in un altro (pag. ii8) dice che Maioriano, morto Olibrio, « xr^ paaiXatav SisSs^a-ro ». Così pure GIOVANNI Ma- LALA (pag. 375) afferma che ad Olibrio successe Maioriano, uno dei senatori romani (àwò rr? (jm^^xX-tto^j tti; aÙT'^; 'Pwam;). E lo stesso errore commettono, come fu già avvertito, Giorgio Cedreno e Co- stantino Manasse.

(2) Il VAN Hengel (op. cit., pag. 17) discute sulla parola Fa-

L'Imperatore oMaioriatio 277

Ravennani Maiorianus Caesar est ordinatus »; e ciò con- ferma Cassiodoro nella sua cronaca dove egli dice (pag. 547) che nell'anno 457 « Marciano defuncto Leo Orientis, Maiorianus Italiae suscepit imperium ».

Il primo aprile adunque, Maioriano fu creato impe- ratore a Ravenna in un campo, sei miglia distante dalla cittcì, chiamato le piccole colonne, che forse serviva come luogo di esercitazione pei soldati (i).

I primi mesi del suo regno furono occupati da lui nel respingere una incursione dei Vandali. Fu già accen- nato precedentemente come Genserico non si tenesse del tutto sicuro nel suo dominio africano finche l'impero occi- dentale fosse stato in caso di nuocergli. Collo scopo d'in- debolirlo prima e poi di distruggerlo, ei mandava ogni anno, con molte navi, i suoi Vandali ed i Mauri ad infe- stare le coste dell' Italia, della Sicilia, della Sardegna e della Corsica. Gl'imperatori d'Oriente, parecchie volte, gì' invia- rono ambasciatori a pregarlo che cessasse dal portare tanta desolazione in quelle regioni; ma Genserico non si lasciava distogliere dai suoi propositi. La fortuna delle armi non gli fu però sempre propizia, che nel 456 la flotta dei Van- dali patì non lieve sconfitta presso Agrigento e nella Cor- sica (2). Ad onta di ciò le incursioni continuarono ancora. Appunto poco dopo l'elezione di Maioriano, i Vandali ed i Mauri assalirono la Campania ; se non che que' luoghi, in previsione di un assalto nemico, non erano senza difesa. Infatti appena i Mauri, lasciati i Vandali nelle navi, scesero

lentiniani che non si sa, egli dice, come possa essere entrata nel testo. Ad ogni modo il Mommsen l'accoglie nella sua recente edi- zione (pag. 43) di Giordane.

(i) An. Cusp. A: « Constantino et Rufo. His coss.... levatus est imperator D.N. Maiorianus kl. Apr. in miliario VI. in campo ad Columellas ».

(2) Marcus, Histoire des Wandales, pag. 264; Sievers, Stiidien, pag. 517.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 19

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%

a terra, furono all' improvviso assaliti dalle milizie imperiali e costretti a retrocedere. Accorsi i Vandali in aiuto dei loro compagni, si venne a battaglia nel territorio di Sinuessa all'imboccatura del Garigliano e del Volturno. D'ambo le parti si combattè con ostinato furore; ma la vittoria rimase ai Romani, ed i barbari, lasciati sul campo mol- tissimi morti dei loro, tra cui il cognato medesimo di Genserico che li guidava, dovettero, in disordinata e pre- cipitosa fuga, riprendere la via del mare (i).

(i) Questa incursione dei Vandali è così descritta da Sidonio Ap. subito dopo la vittoria riportata da Burcone sugli Alemanni

(Pan., V. 386-391):

Nuper post hostis aperto Errabaf lentus pelago, postquam ordine vobis, Ordo omnis regniim dcderat, plebs, curia, milcs, V.X collega simili. Campanam flantibus austris Ingrediens terram, securum milite Mauro Agricolam aggreditur : pinguis per transtra sedebat Vandalus operiens praedam, quam iusserat illuc Captivo capiente trahi ; sed vestra repente Inter utrumque hostem dederant sese agmina planis, Quae pelagus collemque secant, portumque reducto Efficiunt lluxu fluvii. Perterrita primum Montes turba petit, trabibus quae clausa relictis Praedae praeda fuit etc.

SiDOMio non ci dice se Maioriano stesso comandasse l'esercito ro- mano. — Il Dahn (Die Kònige der Germanen, I, pag. 156; Urges- chichte der germ. und roman. Vólker. Berlin, 1881, I, pag. 168) pone la battaglia del Garigliano nell'anno 459; ma da quanto dice qui Sidonio {niiper post.... postquam ordine, etc.) è chiaro che essa av- venne subito dopo la elezione di Maioriano, il quale, a nostro av- viso, ne fa menzione nella sua lettera al senato, come già abbiamo più sopra avvertito. Curioso è peraltro che nella Storia delle miora- %ioni dei popoli del Wietersheim rimaneggiata appunto dal Dahn, quest'ultimo accetta, senz'altro, l'opinione del primo che cioè « die Landung der Vandalen.... sehr bald auf Maiorian's Erhebung zum Kaiser folgte » (pag. 387). Il Sirmond, nelle note al Panegìrico di Sidonio, e il Marcus, op. cit., pag. 264, credono, senza alcun fondamento di verità, che il cognato di Genserico, il quale coman- dava i Vandali fosse quel Sersaone che appunto Vittore di Vita nella sua Storia della persec. afric. (I, 35) chiama « cognatus regis ». Cf. Dahn, Die Kònige, I, pag. 157.

L'Imperatore oMaioriano 279

Ma questo, per Maioriano, era, come dice giustamente il Wietersheim, un vantaggio momentaneo, non una vit- toria decisiva; ed ei già preparavasi ad imprese maggiori.

Col primo gennaio del 458 assunse il consolato in- sieme all' imperatore d' Oriente, Leone ; e l' 1 1 dello stesso mese Maioriano scrisse al senato di Roma una lettera, la quale forma tutto il programma del suo regno, e che merita perciò di esser qui riportata per intero :

Imp. Maioriamis A. ad Senatum. Imperatorem me factum, Patres Conscripti, vestra electionis arbitrio et fortis- simi exercitus ordinatiom cognoscitc. Adsit ad existimationem omnium propitia divinitas, qua regni nostri augeat prò vestra utiìitatc et publica succcssiis, qui ad sustinendi principatus apiceni non voluntate rnea, sed obsequio publica devotionis accessi, ne aut mihi soli viverem, ant ingratus rcipublica, cui natus sum, sub hac recusatione iudicarer. Dicatis quoque lano kalendis suscepti feliciter consulatus ereximus fasces, ut pra- sens annus, nascenti imperii nostri incrementa suscipiens, nostro etiam nomine signaretur. Favete nunc principi, qnem fecistis, et tractandarum rerum curam participate nobiscum, ut impe- rium, quod mihi vobis annitentibus datum est, studiis conimu- nibus augeatur. Prasumite iustitiam nostris vigere temporibus, et sub innocentiae merito proficere posse virtutes. Nemo dela- tiones metuat, quas et privati in aliorum condemnavimus, et nunc specialiter persequimur. Nullus calumnias reformidet, nisi quas ipse commoverit. Erit apud ifos cum parente patri- cioque nostro Ricimere rei militaris pervigil cura. Romani orbis statum, quem communibus excubiis et ab externo hoste et a domestica clade (i) liberavinius, propitia divinitate ser- vcìnus. Pitto instituti nostri vobis inesse notitiam, quam mihi amore vestriìm, vitae et periculorum quondam socius indubitanter spondeo: enitar tamen rebus communibus, si superna conces- serint, auctoritate principis et obsequio coUegae, ut vestrum

(i) Vedi più sopra la spiegazione di queste parole.

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in me vobis non possit dispìicere iiidicium. Et manu divina: optamus vos felicissimos et florentissimos per multos annos bene valere, sanctissimi ordinis patres conscripti. Dai. IH. Id. lan. Ravenna, M." Aug. I. Cos. (i).

Un imperatore, dice il Gibbon (2), a proposito di questa lettera al senato, il quale, in mezzo alle rovine del mondo romano, faceva risorgere quell'antico linguaggio della legge e della libertà che avrebbe potuto esser proprio di Traiano, doveva trarre dal proprio cuore sentimenti si generosi; mentre non poteva prenderli dai costumi del suo secolo, ne dall'esempio de' suoi predecessori.

Le leggi che Maioriano promulgò durante il suo regno appartengono, quasi tutte, all'anno 458; è ragionevole quindi, prima di discorrere intorno alle spedizioni militari del no- stro imperatore, veder brevemente quali furono i principali provvedimenti, con cui egli tentò arrestare il processo di decomposizione della società romana.

In una sua costituzione, che porta la data del io marzo 458 ed è diretta al prefetto del pretorio Basilio (3), Maio- riano dichiara che fino dai primi momenti del suo regno ei fu sollecito a sollevare le sostanze dei provinciali oppresse dall'esazion dei tributi (fessas provincialium varia atqiie mul- tiplici tributorum exactione fortimasj e dal peso accumulato d'indizioni e soprindizioni (4). A questo fine egli accorda una generale e completa liberazione di tutti i tributi arre- trati dovuti al fisco fino al principio della indizione unde-

(i) Tutti gli storici dicono che la lettera di Maioriano al senato è del 13 gennaio (Id. lan.); noi seguiamo l'edizione delle Novellai data dall' Haenel, che l'ascrive invece all' 11 (III. Id. lan.). Vedi a questo proposito le note dell' Haenel, Nov. I.

(2) Op. cit., pag. 491.

(5) Nov. II: de indulgentiis reliquorum.

(4) L' imposta fondiaria era fissata per ogni anno finanziario, chia- mato hidi'^ìone. dal verbo indicere, che esprimeva l'azione d'imporre i! tributo. Superindictlo significa una tassa straordinaria. Cf. Serrigny, Dr. puh. rontain, Paris, 1862, I, pag. 113.

4

L Imperatore oMaioriano 281

cima che correva allora dal precedente mese di settembre (i). Per l'imposizione e la collezion delle tasse, Maioriano ri- stabilì la giurisdizione ordinaria dei governatori delle Pro- vincie, togliendo cosi l'abuso di alcuni officiali, chiamati palatini et canonicarii, i quali, in nome del prefetto del pre- torio, si servivano del loro potere per estorcere, in mille modi, il danaro ai sudditi senza che poi ne avvantaggiasse il pubblico erario. Essi infatti esigevano sempre i pagamenti in oro, ricusavano la moneta corrente e volevano solo le monete portanti l'effigie di Faustina e degli Antonini. L'im- peratore rimediò anche a questa frode col dare corso a tutte le monete d'oro, eccettuato il solido gallico, man- cante non nel peso ma nel titolo (2).

Di non minore importanza di questi provvedimenti, ris- guardanti le finanze dell'Impero, son quelli relativi alle curie, i nervi dello stato e le viscere delle città (curiales nervos esse reiptiblicae ac viscera civitatum nullus ignorat), come le chiama lo stesso imperatore nella sua legge del 6 novem- bre 458. Erano esse ridotte a tal misera condizione per la ingiustizia dei magistrati e per la venalità dei collettori (exactores) che parecchi dei loro membri, rinunziando alla loro dignità ed alla loro patria, fuggivano nelle più lontane

(i) Nov. II, § I : « ...sancimus, universorum fiscalium tìtulorum, vel ad arcarti magnificentiae tuae, vel ad utrumque aerarium perti- nentium, reliqua usque ad praesentis nndecitnae indictionis ìtiitium a possessoribus non petenda : quae sub generalis indulgentiae beneficio relaxamus obnoxiis ».

(2) Cf. GiBBON, op. cit., pag. 493. Il solidus era una moneta d'oro, che, dopo Costantino, secondo i calcoli di Bureau de la Malle (citato dal Serrigny, op. cit., I, pag. 93), valeva 15 franchi e io e. Nov. VII, § 14: «Nullus solidum integri ponderis calumniosae improbationis obtentu recuset exactor, excepto eo galHco, cuius aurum minore aestimatione taxatur ». §15: « IHis quoque fraudibus ob- viandum est, quas in varietale ponderum exactorum calliditas facere consuevit, qui vetustis caliginibus abutentes, Faustinae aliorumque numinum nescientibus faciant mentionem ».

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H

regioni. Maioriano, in quella legge, esorta i curiali a ritor- nare nelle città, da essi abbandonate, togliendo gli oneri aggravanti le loro funzioni municipali; ordina che, sotto l'autorità dei presidi delle provincie, levino di nuovo i tri- buti; ma, invece di farli responsabili di tutte le somme esigibili nel loro territorio, li obbliga solamente a render conto esatto dei pagamenti ricevuti e a presentare la lista dei morosi, i quali rimangono sempre debitori dello stato. Talvolta i curiali, per isfuggire agli oneri della loro dignità, entravano negli ordini sacri; Maioriano decise che quelli, tra essi, i quali non erano ancora pervenuti al diaconato, fossero reintegrati nelle curie. I diaconi poi, i sacerdoti, ed i vescovi, se aveano figli nella curia, doveano lasciar loro 1 propri beni non conservando che l'usufrutto della metà. Le stesse disposizioni avean luogo quando si fosse trattato di figlie maritate a curiali. Se invece erano privi di figli, tutto il loro patrimonio spettava alla curia (i).

Ma i provvedimenti dell'imperatore non erano rigo- rosamente applicati, e Maioriano stesso ce lo conferma. Difatti alcuni funzionari incaricati di ricercare e di rein- tegrare nella curia i decurioni, che l' aveano abbandonata da meno di trent'anni, li vendevano invece come schiavi.

(i) 'Nov. VII, § 14: « Compulsor tributi nihil amplius a curiali noverit exigendum, quam quod ipse a possessore susceperit: quia ad hoc tantummodo perurgendus est, ut pariter exigat, et publicum d'ebitorem ostendat atque convincat ». § 7 : « ... si intra diaconatus gradum locatus probatur, ad originem suam sine dilatione revocetur, si vero iam, diaconus aut presbyter aut episcopus latae huius legis tempore reperitur nihil de patrimonio suo ahenaturum se esse cognoscat. Cui si masculini sexus prolem seu propinquos esse conti- gerit, qui utique curiae necessitatibus obsequantur, mox medietatem omnium facultatum eis tradere non desistat, sibi ad usumfructum sex residuas uncias retentaturus : si defuerit sexus virilis, easdem in filiabus sine dubio servaturus, si tamen curialium connubiis copu- lentur. Qui si in totum fortasse defuerint, ad ordinem urbis suae praedictum patrimonium pertinebit ».

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dopo essersi impadroniti dei loro beni (i). L'imperatore pronunziò la pena di morte contro gli autori di tali spe- culazioni, ma ciò era del tutto inutile, poiché, come dice giustamente l'Houdoy, la corruzione aveva invaso tutti gli strati sociali, e se ancor esistevano principi capaci di sancir delle leggi, mancava affatto chi volesse eseguirle (2).

Con un' altra sua legge, intimamente congiunta con quella che abbiamo testé esaminata, Maioriano tentò di far risorgere l'ufficio del defensor civitatis. Introdotto, l'anno 3^4, nella diocesi dell'Illirico, da Valentiniano I, sulla proposta di Probo, prefetto del pretorio, il defensor ebbe lo scopo nobilissimo di proteggere tutte le classi dei cittadini, senza distinzione alcuna, ma più specialmente il popolo minuto fplebsj dalle oppressioni dei potentiores. Altre attribuzioni furono affidate, in processo di tempo, al defensor, già esteso per tutto l'impero, le quali ne scemarono "molto l'impor- tanza; né certo potè accrescerla Maioriano colla sua co- stituzione (3).

Appartiene* al 26 ottobre 458 quella che s'intitola de sanctimonialibus, vel viduis et de successionibtis earum. In essa r imperatore ordinò che le vergini non potessero abbracciare la vita monastica prima di 40 anni; i genitori, che avessero trasgredito quest'ordine erano puniti colla perdita di un terzo dei loro beni. Le donne poi, rimaste vedove e senza figli in età minore di 40 anni, doveano riprendere marito entro un quinquennio, altrimenti la metà del loro patri-

(i) 'Nov.Wl, § 8: <f Hic etiam eorum nequitia comprimenda est, qui locum principalitatis indepti, vendunt defugas curiales et obnoxios corporatos, cum eos occulta depraedatione concusserint, quos utique, si honestatis memores patriae suae aliquid affectionis impenderent, revocare deberent. Q.uod ne deinceps existiment se impune facturos, quicunque in tam sceleratis nundinis fecerit, quocumque accusante convictus, capitalem poenam subibit ».

(2) Le droitmunicipal. Paris, 1876, pag. 631.

(3) Cf. HouDOY, op. cit., pag. 647; Padelletti, Storia del D. Ro- mano, Firenze, 1878, pag. 423 ; Willems, op. cit., pag. 600.

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monio devolvevasi ai prossimi parenti,e mancando questi, al fisco. Maioriano ci avverte che, nel promulgare questa legge, era animato dallo scopo di veder moltiplicate le fa- miglie, preservando così lo stato dagli effetti dannosi del celibato (i). Questa legge venne abrogata più tardi (20 febbraio 4^3) dall'imperatore Severo, il quale la chiama a dirittura iniusta lex Maioriani (2).

Essendo in Arles, nell'anno 459, Maioriano promulgò, il 17 aprile, una legge sull'adulterio, di cui fu questa l'origine. Nella Tuscia suhurbicaria un Ambrogio era stato convinto d'adulterio; il governatore Rogaziano (3) avea

(i) Nov. VI, § I : « ...edictali lege sancimus, filias, quas pater ma- terve a saeculari permixtione translatas Christianae fidei servire prae- ceptis continuata virginitate censuerint, in beatae vitae proposito permanentes non ante suscepto honorato capitis velamine consecrari quam quadraginta annos aetatis emensae talibus infulis inofensa me- ruerint » § 5 : k Sancimus, ut maritali obitu destituta mulier qua- dragenaria minor, donec procreare per aetatem liberos potest, intra quinquennium nubat... sin vero saecularem vitam et coniugales taedas perosa damnaverit, emenso, ut dictum est, quinquennio in viduitate persistens mox cum germanis fratribus, vel sororibus, eorumque filiis vel parentibus propinquiisque... suas dividat facultates, aut, si hi for- tasse defuerint, cum fisco patrimonium partiatur ». Vedi l'editto identico, nel contenuto, del 28 marzo 460, col quale Maioriano or- dina che nessuno, contro la propria volontà, sia costretto ad abbrac- ciare lo stato ecclesiastico. « Il jugeoit fort bien, dice il Tillemont, op. cit., pag. 321, que ces ordinations violentes ne se pouvoient gueres faire qu'à la sollicitation des peres et des meres, qui vouloient avan- tager quelques-uns de leurs enfans au préjudice des autres ».

(2) Nov. Severi I, X. Kal. Mart., Romae. Basilio V. C. Cos.

(3) Questa Nof(j//a sull'adulterio è diretta a Rogaziano « Consularis Tusciae Sulnirhicariae ». È opportuno accennare qui come tra le Pro- vincie d'Italia, dipendenti dal vicarius urbis, fosse la Tuscia d Umbria, governata fino al 366 da correctores, e poi (dal 370) da consulares. Nel 367 la provincia fu divisa in due parti: a settentrione dell'Arno si chiamò Tuscia annonaria, e a mezzogiorno si chiamò Tuscia su- burbicaria. Ambedue furono governate da, un corrector o consularis. Ma nell'anno 459 (erroneamente il Marquardt scrive 458) la Tuscia suburbicaria apparisce nella Novella di Maioriano governata da

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L'Imperatore oMaioriano 285

creduto che fosse pena sufficiente il relegare quell'uomo in luogo determinato per un certo spazio di tempo. Ma non avendo Ambrogio ottemperato all'ordine ricevuto, Ro- gaziano fu costretto, per averne consiglio, di rivolgersi all'imperatore, il quale gli rispose che sarebbe stato dover suo di punire più severamente codesto delitto; « non so- lum leniter immo negligenter pensasti (così Maioriano), alieni doloris iniuriam, ut maculam pudoris extincti et eius summam criminis, in quo quicquid viro indignum est, continetur, elabi vita superstite iudicares ». E generalizzando questa disposizione relativa ad Ambrogio, l'imperatore or- dina che il reo d'adulterio sia punito colla relegazione, colla deportazione anzi e colla confisca di tutti i suoi beni ; facendo esso ritorno in Italia, permette a chiunque di uc- ciderlo (i).

Abbiamo tenuta per ultima la legge dell' ii luglio 458, diretta al prefetto di Roma EmiHano, la quale rivela nel nostro imperatore l'amore per le arti e lo rende beneme- rito dell'archeologia e della città di Roma.

Fin dai tempi di Costantino si trovano costituzioni impe- riah che lamentano l'incuria dei governatori delle provincia rispetto ai monumenti antichi. Ma più che la negligenza dei magistrati era deplorevole l'uso introdottosi allora nelle principaU città dell'impero di demohre i pubblici edifizì. Difatti in Roma specialmente « i monumenti dell'antica

un cow5;//am speciale. Sul nome di regiones annonariae et suburhicariae le opinioni sono diverse. Vedile riassunte nel Marq.uardt, Ròm. Staatsverw. P, pag. 230, 236.

(i) Nov. IX: « Unde, Rogatiane carissime, noveris, ad rigorem veteris disciplinae hanc perennitatem nostram observationis adiecisse mensuram, ut... relegationem probrosi ac nefandissimi rei deportatio adiecta continuo sequatur, et bonis eius omnibus fisci utilitatibus vindicatis, eum a congressu totius Italiae summovendum, edictorum propositione denunciata omnibus perimendi licentia : qua passim ita insequendus est... ut, si in comprehensa orbis nostri parte repertus fuerit, caesus iure videatur ».

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L. Cantarelli

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grandezza, cosi scrive il Ricci (i), non erano stimati che come miniera inesausta de' materiali più a buon mercato e più atti di quelli che si estraevano da lontane cave. Si face- vano continuamente ai facili magistrati delle speciose ri- chieste con le quali si esponeva la mancanza di pietre o <li mattoni per qualche opera necessaria: i più bei pezzi d'architettura venivano indegnamente deturpati per causa di qualche insignificante o pretesa riparazione». Contro tale usanza emisero leggi severissime, Costanzo, Valentiniano, Teodosio ed Onorio (2); ma facendosi sempre maggiori le demolizioni dei monumenti, Maioriano ordinò che nessun edifizio potesse, sotto qualunque pretesto, distruggersi, ri- servando al principe ed al senato la cognizione dei casi estremi. Il magistrato che avesse concesso il permesso, senza chiederlo prima alle autorità superiori, dovea esser multato di 50 libbre d'oro; i ministri subalterni poi che gh avessero obbedito, vengono minacciati, nella legge, di severi colpi di verghe e dell'amputazione d'ambo le mani (5). Quest'ultimo provvedimento, è inutile negarlo, ha del feroce, dell'eccessivo per lo meno; ma d'altra parte non bisogna dimenticarsi il tempo in cui esso veniva promulgato.

(i) Storia dell'architettura in Italia, Modena, 1857, I, pag. 94. E strano che il Fea nella sua eruditissima Dissertazione sulle rovine di Roma, la quale fa seguito alla Storia delle arti del disegno presso gli antichi del Winkelmann, trad. dallo stesso Fea, Roma, 1784, III, abbia tralasciato di parlare dell'editto di Maioriano.

(2) Cf. Garzetti, Della cond. di Roma e d'Italia sotto gl'imperatori. Capolago, 1843,1, pag. 334.

(3) Nov. IV, § I : ff Sancimus, cuncta aedificia, quae vel in tem- plis aliisque monumentis a veteribus condita propter usum vel amoe- nitatem publicam surrexerunt, ita a nullo destrui atque contingi, ut ìudex, qui hoc fieri statuerit, quinquaginta librarum auri illatione feriatur; apparitores vero atque numerarli, qui iubenti obtemperaverint, fustuario supplicio subditos, manuum quoque ammissione truncandos, per quas servanda vetera monumenta temerantur ». Cf. Gibbon, op. cit., pag. 491 ; Gregorovius, Storia di Roma nel M. E., I, pag. 245; Dyer, a History of the city of Rome, London, 1865, pag. 323.

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Con queste leggi Maioriano avea compiuta una parte del suo programma politico: il miglioramento delle con- dizioni interne dello stato. Gli restava da compiere an- cora la più difficile : deprimere le forze de' nemici esterni di Roma. Vedremo come ei dovesse, in codesta lotta, mi- seramente soccombere.

IV.

Le spedizioni militari di Maioriano. Sua morte.

La morte di Avito avea immerso la Gallia nella più completa anarchia. I Gallo-Romani, irritati che il loro im- peratore fosse stato deposto ed ucciso, rifiutavano di ob- bedire agli ordini del senato e di Ricimero; si era già formato un partito, il quale avea lo scopo di proclamare imperatore Marcellino, l'antico compagno d'armi di Ezio, che, sotto il pretesto di vendicare la morte di lui, si era impadronito della Dalmazia (i). Uno dei capi di questo partito era un certo Peonio, il quale avea usurpato il ti- tolo di prefetto del pretorio ; di lui Sidonio Apollinare, in una sua lettera (I, 1 1), ci fa questo ritratto : « Erat enim ipse Poeonius, popuh totus, qui tribunitiis flatibus crebro seditionum pelagus impelleret. Caeterum si requisisses, qui genus, unde domo, non eminentius quam municipaliter natus; quemque inter initia cognosci claritas vitrici magis quam patris fecerit; identidem tamen per fas nefasque cre- scere affectans, pecuniaeque per avari tiam parcus, per

(i) Procopio (de hell. Vand. passim) Io chiama Marcelliano i^Map- jteXXtavò;) ; Idazio, Prisco ed altri lo dicono invece Marcellino. Egli era ancora pagano, e ciò non deve far meraviglia, poiché il paga- nesimo contava ancora molti seguaci e nel popolo e nelle alte classi sociali. Vedi Baret, Étude sur Sid. Apol. nella sua citata edizione delle opere di questo scrittore, pag. 61. Cf. Dubos, loc. cit.; Beugnot, Hist. du Paganisme, Paris, 1835, II, pag. 246; Cons. La prov. rotti, de la Dalmatie, Paris, 1882, pag. 321.

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ambitum prodigus... Quumque de capessendo diademate coniuratio Marcelliana coqueretur, nobilium iuventuti signi- ferum sese in factione praebuerat: homo adhuc novus in senectute ; donec aliquando propter experimenta felicis au- daciae, natalium eius obscuritati dedit hiantis interregni rima fulgorem. Nam vacante aula turbataque republica, solus inventus est qui ad Gallias administrandas fascibus prius quam codicillis ausus accingi, mensibus multis tribunal illustrium potestatum spectabilis praefectus ascenderete . ».

Questo è il solo testo che ci rimanga sulla congiura Marcelliana ordita nelle Gallie; ed è cosa assai deplore- vole poiché sarebbe stato importante conoscere i rapporti dei congiurati con Marcellino e i loro intendimenti coi Burgundii e coi Visigoti, i quali naturalmente approfitta- vano dello stato delle cose per estendere la loro domi- nazione nelle Gallie. Idazio ci narra che Teodorico II re dei Visigoti, sulla fine del marzo 457 « adversis sibi nunciis territus » per la elezione cioè di Maioriano avvenuta poi il primo aprile^ abbandonò la Spagna, lasciandovi una parte del suo esercito a combattere i Suevi, i quali, dalla Gal- lizia ove aveano lor sede, si erano sparsi per tutto l'interno della penisola, e fece ritorno in Gallia. Fu certo allora che i Visigoti, e fors'anco i Burgundii, occuparono Lione per invito del partito ribelle, che di quella città avea fatto il centro delle sue operazioni (i).

Frattanto Maioriano, deciso a ridurre i ribeUi alla sua obbedienza, fece grandi preparativi di guerra. « Ridotto a sostituire de' barbari ausiliari in luogo degl' imbelli suoi sud- diti » raccolse un numeroso esercito, composto di Alani, di Suevi, di Daci, di Rugi, di Burgundii, di tutti gli avanzi

(i) Sulla guerra tra ì Visigoti e i Suevi in Spagna fonte prin- cipale è Idazio, Chr., pag, 41. Cf. Tillemont, op. cit., pag. 309; WiETERSHEiM, op. cit., pag. 309; Dahn, Kontge, V, 87; Urgeschichte, I, pag. 361.

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insomma delle schiere di Attila (i) e con questo passò le Alpi dopo la metà del gennaio 458 (2). Bisogna leg-

(i) SiDONio Ap. enumera nel Panegirico (v. 474-479) tutti questi barbari formanti l'esercito imperiale:

Bastarna, Suevus

Pannonius, Neurus, Chunus, Geta, Dacus, Alanus, Bellonothus, Rugus, Burgundio, Vesus, Alites, Bisalta, Ostrogothus, Procrustes, Sarmata, Moschus, Post aquilas venere tuas ; tibi militat omnis Caucasus, et Scythicae potor Tanaiticus undae.

Alcuni di questi nomi sono certamente un prodotto della fantasia di SiDONio. Cosi Bellonothus è certo un popolo sconosciuto; il Dahn (WiETERSHEiM, pag. 244) crede che sia un aggettivo trasformato in nome proprio dai copisti. Cf. Buat, Hist. des peuples, Vili, pag. 49. (2) Gli scrittori non sono d'accordo sul tempo in cui avvenne la spedizione gallica. Il Dubos (loc. cit.), il Tillemont, pag. 316, il VAN Hengel, pag. 34, il Papencordt, Gesch. der Vand. H., pag. 92, sostengono che Maioriano preparò il suo esercito dalla fine del 457 fino al 6 novembre 458 in cui esso era ancora in Ravenna, e che marciò alla volta della Gallia durante l'inverno 458-59, di guisa che fece la sua entrata in Lione nel dicembre 458. Sidonio infatti, nel Panegi- rico, lo chiama console ed il suo consolato finiva appunto in quell'anno. Questi scrittori si fondano sugli editti imperiali, che, nel- l'anno 458, son sempre datati da Ravenna sino all'ultimo del 6 no- vembre. La Novella nona invece del 17 aprile 459 è datata dalla città di Arles. Dunque, concludono i suddetti scrittori, la spedizione gallica deve porsi tra questi due termini e precisamente sul finire del 458 poiché Maioriano era ancora console quando entrò in Lione. Ma il WiETERSHEiM (op. cit., pag. 307), mostrò giustamente come r impresa gallica non possa invece esser avvenuta che nei primi mesi dell'anno 458. Va bene che, secondo le date delle Novelle, Maioriano sarebbe rimasto in Ravenna almeno fino al 6 di novembre 458; ma d'altra parte non si può comprendere come la lunga e difficile marcia da Ravenna a Lione, nel cuor dell' inverno, i negoziati coi nemici, tutto ciò insomma che ci descrive Sidonio abbia potuto avvenire in meno di otto settimane. Di più si paragoni il modo, col quale il poeta ricorda il consolato di Maioriano:

Concipe praeteritos, respubblica, mente triumphos: Imperium iam consul habet...

{Pan., V. 1-2)

coU'altra espressione di Sidonio (ib., v. 278): « iamque magister

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gere nel Panegirico di Sidonio la descrizione di questa marcia invernale e faticosissima, durante la quale Maio- riano era il primo ad affrontare i pericoli, incuorando, col suo esempio, i più deboli ed eccitando i meno disposti a soffrire tanti disagi e tante fatiche. La sua improvvisa ve- nuta nella Gallia sconcertò i disegni del partito a lui con- trario, sicché, a Pietro, il magister scrinionim, già spedito innanzi, riusci facile, dopo breve resistenza da parte dei ribelli, l'impadronirsi di Lione. Alla città fu imposta dap- prima una forte guarnigione per tenerla in obbedienza, e una considerevole contribuzione di guerra, che i prin- cipali abitanti, tra cui Sidonio Apollinare, furono ob- bligati a pagare. Ma Pietro, il segretario di Maioriano, legato di amicizia con Sidonio, consigliò all' imperatore più miti propositi verso Lione; e Maioriano accondiscesa a ricevere alcuni ostaggi in luogo della guarnigione; li- berò gli abitanti dalla contribuzion di guerra, esonerando anche Sidonio dal tributo (tria capita) del quale era stato

eras » relativa alla vittoria sugli Alemanni riportata, come sappiamo, da Burcone subito dopo che Maioriano era stato creato magister militum; e dal confronto sorgerà evidente come l'espressione « im- perium iam consul habet » non possa alludere che ai primi momenti del consolato di Maioriano. Sarebbe stata infatti, ci si conceda la parola, assai ridicola quella espressione, se il Panegirico di Sidonio fosse stato pronunciato negli ultimi giorni di codesta dignità. Oltre a ciò abbattere il partito Marcelliano era per l'imperatore una ne- cessità suprema; quindi egli non avrebbe fatto che il vantaggio dei propri nemici restando inoperoso per tutto l'anno 458. E se ci si oppone che, a formare quell'esercito di barbari, era necessario pa- recchio tempo, noi rispondiamo che dal primo aprile 457 alla se- conda metà del gennaio 458 esso potè benissimo esser raccolto ed organizzato. Queste ragioni ci paiono sufficienti per affermare che la spedizione gallica avvenne non sul finire, ma sul principio del- l'anno 458 ed in ogni caso dopo l'ii di gennaio. Se le leggi di Maioriano sono sempre datate da Ravenna, ciò devesi senza dubbio ascrivere, dice il Wietersheim, a consuetudini, che a noi rimangono affatto ignote. Cf. Sievers, Stuàien, pag. 518.

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colpito. Un'amnistia generale segui la vittoria riportata dalle milizie imperiali ; Maioriano fece il suo ingresso nella vinta città e dinanzi a lui Sidonio Apollinare, il quale era stato, come genero di Avito, uno dei più ardenti sosteni- tori di Marcellino, pronunciò quel lungo panegirico, di cui fu più volte discorso, e nel quale prega l'imperatore che voglia ristorare Lione dai mali sofferti durante la guerra (i). Ma vinti i ribelli, Maioriano dovè continuare a com- battere contro i Visigoti i quali posero l'assedio ad Arles. Anche su questi avvenimenti le fonti poco ci dicono; certo è che Egidio, il magist&r miìitum delle Gallie, rin- chiuso in Arles, potè fare una felice sortita dalla città, e sconfiggere completamente i nemici (2) tantoché essi chiesero la pace. Teodorico II infatti (a. 459) rinnovò

(i) Et quia lassatis nimium spes unica rebus

Venisti, nostris petimus succurre ruinis, Lugdunumque tuam, dum praeteris, adspice victor. Otìa post nimios poscit te iVacta labores: Cui pacem das, redde animum. Lassata iuvenci Cervix deposito melius post sulcat aratro Telluris glebam solidae ; bove, fruga, colono, Civibus exhausta est. Stantis fortuna latebat, Dum capitur, vae quanta fuit ! post gaudia, Princeps, Delectat meminisse mali. Populatlbus, igni, Etsi concidimus, veniens tamen omnia tecum Restituis : fuimus vestri quia causa triumphi Ipsa ruina placet,

(Pan., V. 573-586).

Un altro poemetto Sidonio indirizzò a Maioriano, nel quale appunto lo prega di liberarlo dal tributo che esso era obbligato a pagare (car. Vili). Vedi Baret, op. cit., pag. 12 e seg.

(2) Gregor. Tur., Mir. Mari., 2; Paulinus Petroc, De. Mir. s. Martini, 6. Su questa vittoria di Egidio così scrive il Valesio, Reruin Frane, I, pag. 130: k Pugnam, cuius Hydatius mentionem facit (vedi la nota seguente), Inter Romanos et Visigothos tum fuisse existimo, cum ^gidius, Magister militiae Gallicanse, Arelati obsessus, interclususque a suis, invocato Martino, ex urbe eruptionem fecit, et hostibus fusis ac fugatis cum auxiliis sese coniunxit, eaque Victoria Maioriano.... securitatem, Gallise pacem reddidit ». Questa battaglia è descritta da Paolino Petrocorio nella Vita di s. Martino (loc. cit.)

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l'antica alleanza con Maioriano promettendogli valido aiuto contro i Suevi e contro i Vandali (i); Prisco Panita ag- giunge che, oltre i Visigoti, l'imperatore d'Occidente sot- tomise ancora altri barbari, parte colle armi e parte colle alleanze (2). Così coli' aiuto e col credito che nella Gallia godevano Egidio, il maestro delle milizie, e Magno Felice di Narbonna, creato allora prefetto del pretorio, Maioriano riusci a pacificare quella regione, facendosi da essa rico- noscere come il legittimo successore di Avito (3).

Da Lione, ove si fermò poco tempo, Maioriano andò ad Arles e colà rimase per parecchi mesi tutto occupato nei preparativi per la spedizione contro Genserico. Negli arsenali di Ravenna e di Miseno, in quelli della Gallia furono allestite due grandi flotte, tantoché nel porto Cartagena in Ispagna, in breve tempo, si raccolsero tre- cento navi, pronte a trasportare l'esercito di terra in Africa (4). L'Italia e la Gallia gareggiarono in contribu- zioni ; i Visigoti mantennero i patti promessi, di guisa che nel maggio 4^0 Maioriano partì alla testa di un forte eser-

(i) Id., Chr., 43: (c Legati a Nepotiano magistro militice (di Teo- dorico II) et a Sunierico Cornile missi veniunt ad Gallnscos (ove Idazio viveva), nunciantes Maiorianum Augustum et Theodoricum regem firmissima inter se pacis iura sanxisse, Goihis in quodam cer- tamine superaiis ». Da quel tempo i Visigoti furono uniti ai Ro- mani nelle loro operazioni militari, e nel giugno 461 combatterono contro i Suevi, i quali aveano uccisi, nella città di Lugo in Gallizia, alcuni cittadini romani (Id., 43). Cf. Vaissette, Hist. de Lan^uédoc, I, pag. 200 e seg.; Dahn, Kónige, V, pag. 87; Martin, Hist. de France, Paris, 1865, !■*, pag. 381.

(2) Fr. 27 : « "0-» ó Maisptavò; ó tw'* lairspìwv 'Pwaatwv paaiXeù?, w; aÙTw oc ì^t FaXarta FotSoi (s{>'j.ij.olx.oi xarsa-rnaa^, xaì TlapoiìtoÙNTa Tiriv aÙTOÙ iTTDcpàTctaN its^n aèv ó'irXsi;, Xo-^oi; irapso-Ti^ffaTO ». Cf. TiLLEMONT, Op. cit., pag. 3 20; WlETERSHEIM, Op. cit., pag. 286.

(3) Vaissette, op. cit., pag. 200.

(4) Sui preparativi delle flotte vedi la descrizione poetica di Si- DONio Ap. (Pan., v. 441-461). Cf. Papencordt, op. cit., pag. 94.

L'Imperatore oMaiortano 2c)3

cito, per Saragozza donde muovere alla volta di Carta- gena (i).

Genserico, spaventato da quei grandi preparativi di guerra flitti contro di lui, fortificò Cartagine, ma nello stesso tempo volle inviare ambasciatori a Maioriano per chieder pace. L'imperatore rifiutò di accondiscere; il re vandalo invase allora le coste della Mauritania Tingitana e Cesariana, attraverso la quale doveano passare le milizie imperiali, mise a ferro e a fuoco ogni cosa, avvelenando perfino i pozzi e le fontane (2). Egli sperava così d' inti- morire Maioriano e di persuaderlo ad abbandonare l'inco- minciata impresa (3). Ma l' imperatore non era certamente

(i) Cassiodoro nella sua cronaca all'a. 458 (ed. Mo.mmsen, pag. 654) nota: c< Leo Aug. et Maiorianus Aug. His cons. Maiorianus in Africani movit procintum ». Forse qui accenna ai preparativi della spedizione; poiché da Idazio, Chr., 43, ricavasi invece che «(a. 4") mense Maio Maiorianus Hispanias ingreditur imperator », e Idazio, come cronista spagnuolo, merita fede. Vittore di Tunnuna (C/;r., 343) aggiunge che Maioriano entrò in Saragozza: « Magno et Apollonio Cos. His diebus Maiorianus imperator Ccesar. Augustam venit ». Che le navi, raccolte nel porto di Cartagena fossero in numero di trecento risulta da questo passo di Prisco, //-. 27: « Itti ttiv At^uviv ffÙN TTollvì 5'.aPat>;siN ÈTrstpà-rs Ò'j^Ì'j.zi, ^tiM^ àaoì rà; Tpiaxoota; rSpot-

(2) Prisc, Fr. 27: « npEd^J'? y-è^ irpsTspo-^ xap' aùrà^ ó twv Ba^*- òriXia^ r'ysuy.svo; lirsaTTS, Xustv rdé Stàcaspa Xi-yst; |3o'j>.o;ji.svo;. w; oùjt SirstSe, T^v Ma'jpo'jaìwv -yTiv, 1; vjv to'j; k'j.'^l tÒv Mxtopia^òv òl-kÒ ?■«? 'I^Tipia; àTTipaì^cH ly^^r,^, iràffav lòipioas, /.olì vaì/mciz y.txi uSara ».

(3) Procopio (De hell. Vana., I, 7), il quale di questa spedizione contro Genserico ci fa un racconto a modo suo, non degno di esser considerato, narra che Maioriano, desideroso di conoscere in per- sona le forze di cui i Vandali potevan disporre, fece tingere in nero i suoi biondi capelli, assunse il titolo di ambasciatore di stesso e partì per Cartagine. Colà giunto, Genserico, per spaventarlo, lo condusse nella sua armeria ove erano raccohe moltissime armi (ou Si^ OTvXa ^u^S)4£'.To iràvra, ■koWó. ts %%\ àatsXs-j'WTaTa ÓTrspcputS; ovra); ad un tratto le armi si mossero di per facendo molto rumore. Genserico pensò che ciò derivasse da un terremoto, ma quando seppe che la terra non avea punto tremato, non potè far a meno di cre-

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uomo da lasciarsi spaventare da quelle minacce; egli avrebbe proseguito imperterrito nella sua via e forse depressa per non dire abbattuta la potenza di Genserico, se i suoi di- segni non fossero stati sventati dal tradimento. Le fonti sono oscurissime su questo punto; pare che i Vandali abbiano potuto, forse, comprare coll'oro chi comandava la flotta romana ancorata nel porto di Cartagena; certo è che, ad un dato momento, l'assalirono all' improvviso e la distrussero catturando moltissime navi (i). Cosi, in

dere ad un prodigio di cui ignorava la ragione. Questo è il racconto che ci fa Procopio, e che dagh storici più autorevoli, tra cui il WiETHERSHEiM e il Dahn, è dichiarato un mero romanzo. Tale giudizio, emesso sul racconto procopiano, merita fede, poiché gli elementi romanzeschi, in ciò che ci narra lo storico di Cesarea, rispetto agli avvenimenti d' Occidente, non fanno difetto come ha dimostrato egregiamente il Morosi nella sua citata monografia.

(i) Idat., 43 : <c ....Quo Carthaginensem provinciam pertendente, aliquantas naves, quas sibi ad transitum adversum Vandalos prae- parabat, de litore Carthaginensi commoniti Vandali per proditores abripiunt »; Mar., Cbr., 402: « Magno et Apollinare coss.... eo anno capt^ sunt naves a Vandalis ad Elecem iuxta Carthagine Sparlarla Cf. Sev. Sulp., Chr. (Florez, E. S., IV, pag. 451). Queste sono le sole ed oscure notizie conservateci dalle fonti sulla disfatta della flotta romana. « Ob dies, dice il Wietersheim (op. cit., pag. 286), durch theilweise Zerstòrung mittelst Brander geschah, was bei ver- ràtherischen Einverstàndnisse oflfenbar am léichtesten ausfùhrbar gewesen und mit Idatius allenfalls vereinbar sein wùrde, oder ob der bestochene Fuhrer einer Abtheilung geradezu dieselbe den Van- dalen in die Hànde spielte, erfahren wir nicht, kònnen iedoch an eine fòrniliche Seeschlacht kaum glauben » e il Dahn aggiunge in pa- rentesi: « es war wohl nur ùberraschende Wegnahme j). Carthago Nova (Cartagena) nella Spagna Tarraconese era situata un po' ad occidente del proni. Saturni (C. de Palos), al fondo d'una baia, che, avendo l'entrata quasi chiusa dall'isola di Scombraria, era così ridotta un porto ben difeso. Al tempo di Cesare fu fatta colonia, col nome di Colonia Victrix Julia. Il suo soprannome di Sparlarla deriva da una pianta del genere delle ginestre (Spartum) che cresce in gran copia nel suo territorio (campus Spariarius), e che per la sua tena- cità vien adoperata nella fabbricazione dei cordami delle navi. Cf.

U Imperatore ^aioriano 29Ì

un sol giorno, l'opera di Maioriano era distrutta per sempre. Il Gibbon non crede improbabile che Ricimero sia stato partecipe di questo tradimento ; ripensando alla fine di Maioriano certo non si può che dar ragione allo storico inglese, ma d'altra parte Idazio, Mario Aventicense, la cosiddetta cronaca di Severo Sulpicio, che parlano del tradimento, tacciono il nome del traditore o meglio dei traditori (i).

Cean-Bermudes, Antìgiledades Row. cu Espaìia. Madrid, 1832, pag. 34; KiEPERT, Alte Gcogr., pag. 491 ; Smith, Gcogr. antica (tr. it.) pag. 633; Jung, Die romanischeu Landschaften des R.R. Innsbruck, i88i,pag. 24, 85. (i) Il Marcus (op. cit., pag. 266) è pieno di inesattezze per non dire errori, sulla spedizione di Maioriano. Dice che Teodorico II si offrì alleato di Maioriano perchè Genserico « se souciant peu de voir les Visigoths commander en maitres en Espagne » avea intri- gato presso i Suevi per eccitarli a ribellarsi contro i Visigoti loro vincitori. Il Marcus si fonda sopra Idazio, e Idazio non dice una parola di tutto ciò. Cf. Dahn, Kònige, I, 157. Più giù continua: « Giséric... pratiqua des intelligences sur la flotte romaine, au moyen de quelques capitaines maures en garnison dans l'ile de Maiorque, qui s'offrirent à servir de guides aux troupes de l'empereur lors- qu'elles marcheraient sur Carthage; ceux-ci gagnérent plusieurs of- ficier goths, qui massacrérent les commandans des vaisseaux au mo- ment où les Wandales se présenterent comme pour combattre; ces derniers firent le reste, et coulèrent à fond le vaisseaux qu'ils ne purent enlever ». Vero è che il Marcus cita come fonte di queste notizie un Victor Cartennensis, apud Mientras schediasmata antiqua. Madrid, 1653, pag. 31. Questa cronaca di Victor Cartennensis invano fu cercata per le biblioteche di Europa dal Papencordt, dal Waitz e dal Dahn ; il Marcus, a richiesta del Waitz, disse di averla trovata a Dijon. L' Hùbner pure, dimorando a Madrid, ne fece ri- cerca. Ma nessuno conosceva codesta opera ; per di più Mientras non è un nome, ma un avverbio spagnuolo. Però nel catalogo dei libri inediti di Tommaso Tamayo de Vargas, 1' Hùbner trovò una rac- colta intitolata : Schediasmata Latina de rebus diversis; quindi esso crede che quelle schediasmata provengano dalle schede di Girolamo Romano de la Higuera (15 51- 1624) famoso gesuita che falsificò varie cronache, e del quale il Tam.wo era appunto ammiratore, e che un esemplare a stampa 0 ms. esistesse a Dijon. Tale è la con-

296

L. Cantarelli

Maioriano, fallita V impresa contro il regno vandalico, ritornò nelle Gallie ed accolse di buon grado le offerte di pace fattegli da Genserico, e questa venne conclusa sulla fine dell'anno 4(30 (i). Benché non se ne conoscano di- rettamente le condizioni, pure da un luogo di Prisco (2) apparirebbe che Genserico si obbligava a non più deva- stare l'Italia e la Sicilia colle continue invasioni dei suoi Vandali e dei Mauri.

L'anno seguente (4^1), Maioriano diede splendidi giuo- chi nell'anfiteatro di Arles, forse per celebrare i suoi quin- quennali ; e nel medesimo giorno invitò ad una cena fami- gliare Severino, uno dei consoli ordinarli di quell'anno, l'ex console Magno, Sidonio Apollinare ed altri illustri personaggi. Il vescovo di Clermont ci ha lasciato in una sua lettera (1, 11) una descrizione bellissima di questo geniale banchetto che meriterebbe, se non fosse troppo lunga, di esser qui ripor- tata per intero (3). « Il est peu de tableaux d'histoire...

gettura dell' Hùbner manifestata negli Atti dell' Acc. di Berlino, 1861. Ad ogni modo questo è un problema ancora insoluto e che merite- rebbe di esser chiarito. Vedi intorno all'argomento e alle falsificazioni del gesuita Higuera la prefazione dell' Hùbner alle Iscrizioni della Spagna antica (Corp. Inscr. Lai., II, pag. XVII); Wattenbach, D. Geschichtsqnellen, II, Appendice.

(i) Idat., Cbr., 46 « Gaisericus (cosi lo chiama Idazio) rex a Maioriano Imperatore per legatos postulat pacem. » Secondo Gio- vanni Antiocheno (fr. 203) questa pace sarebbe stata vergognosa per Maioriano : « xaì lizi ff'jvSr.xat?, così scrive, aW^paT; xa-raXuaa; tòv

(2) Fr. 29: « OTi ó TeKt^i'i^i oùxèn tcv.ì wpò; Maioptavèv TESslaat; aiTONSat; laiAE'^wN BaNOT^Xw"* xal MaupouaìuN wX^So? lui Siriwasi xr? 'ItaXia; xal SixsXta; l-nvj.-KS... »

(3) SiD. Ap., Ep. I, II « Postridie iussit Augustus ut epulo suo circensibus ludis interessemus ». « Severino et Dagalaifo coss. Maio- rianus, così il SxWAROn nelle sue note a questo luogo, circenses edidit post quintum Imperii annum. Quinquennalibus Circenses edere solemne erat ». Nell'anfiteatro di Arles vi celebrarono giuochi, ohre Maioriano, gli imperatori Gallo e Volusiano nel 251; Costanzo II

L'Imperatore oMaioriauo 297

{scrive il Baret) aussi complets, mieux encadrés, que la description de ce souper... où... la figure de Majorien se dessine avec je ne sais quel air de majesté calme et sou- riante du plus grand effet, parfaitement conforme d'ailleurs à ce que raconte l'histoire du caractère magnanime de cet empereur. La conversation est vive et enjouée; les vers, les bons mots se succèdent comme dans un souper de seigneurs et de gens de lettres sous Louis XV. Un impromptu de Sidoine est accueilli avec des cris d'admi- ration par ces graves personnages, encore épris au plus haut degré de littérature et d'art. Sous cet enjouement ex- térieur se cache une grave question politique: la pacifica- tion de la Caule révoltée. Au fond du tableau est Arles la magnifique, Rome en petit de la Caule, comme l'ap- pelle Ausone, avec son théàtre, son immense amphithéatre, son' forum orné deportiques et de statues, parmi lesquelles se trouvaient sans doute cette statue de Vénus, dont on admire encore le torse, et celle d'Auguste, si remarquable par l'air de majesté qui respire dans les traits » (op. cit., pag. 58).

I giuochi circensi di Arles sono l'ultimo avvenimento del regno di Maioriano; licenziate in Calila le milizie degli alleati, ei si preparò a ritornare in Italia diretto a Roma. Ma le sue savie riforme che ponevano fine a tanti abusi, gli aveano creato un numero grande di nemici, specialmente tra coloro che erano addetti alla amministrazione delle finanze. Di questi malumori latenti, di quest'odio che ogni giorno diveniva più grande contro Maioriano, approfittò Ricimero, il quale non poteva certo perdonare al suo antico compagno d'armi di aver voluto regnare e governare lo stato romano indipendentemente dalla sua volontà. La disfatta della flotta

nel 355; e il re Childeberto, nell'anno 539, vi diede combattimenti gladiatori!. Vedi per maggiori notizie Estrangin, Èttides sur Arles, Aix, 1838, pag. 18.

298

L. Cantarelli

n

avvenuta nel porto di Cartagena forniva un'occasione pro- pizia per rigettarne tutta la colpa sullo stesso imperatore. Come lo Svevo sia riuscito ad ordire una congiura le fonti non lo dicono; certo è che a Tortona, ove Maioriano era giunto, lo fece arrestare il 2 agosto del 461, obbligandolo a deporre il diadema imperiale, e pochi giorni dopo (il 7 agosto) ordinò gli fosse mozzato il capo presso il fiume Iria, la Scrivia moderna, facendo spargere la voce che l'imperatore era morto di malattia, (i)

(i) Il VAN Hengel, op. cit., pag. 47, ed altri scrittori sostengono che Maioriano dalla Spagna fece ritorno in Italia, da dove si appa- recchiava a muovere contro gli Alani, invadenti la Gallia, quando invece venne ucciso a Tortona. Essi si fondano sopra questo passo di Giordane (Gd.,iiK): « Maiurianus... dum contra Alanos, qui Gallias infestabant, movisset procinctum, Dertona iuxta fluvium Hyra cognomento occiditur ». Ma, come ben osserva I'Holder-EGger, op. cit., pag. 297, di questa guerra contro gli Alani nulla sappiamo (dass Maiorian gegen die Alanen in Gallien gefochten oder doch zu fechten beabsichtigt hatte, ist uns unbekannt), e la sola testimonianza di Giordane non vale contro quella d'Idazio, della cronaca arleatense di Severo Sulpicio e di Giovanni Antiocheno, secondo i quali Ma- ioriano fu ucciso nel suo ritorno dalla Gallia in Italia. Id., Chr., 45, « Maiorianum de Galliis Romam redeuntem, et Romano imperio vel nomini res necessarias ordinantem, Rechimer livore percitus, et in- vidorum Consilio fultus, fraude interficit circumventum »; Sev. Sulp., Chr. (Florez., 1. cit.) : « Maiorianus... profectus autem ex Arelate ad Italiam a Patricio Recimere occiditur Dertona »; Joan. Ant,, fr. 203 :

(f MatoupTvo; y\òi\ Sa è; ti?ìn 'IraXiav SiaPsPTJcoTt ó'Psìtiaep òàvarov

IwePouXEuas-^. » Dopo aver detto che Maioriano colle milizie famigliari (aùv Tof; st-ziSioi;) se ne veniva a Roma, il cronista greco aggiunge, senza precisare peraltro il luogo dell'avvenimento, che i seguaci di Rici- mero arrestarono Maioriano, e spogliatolo della porpora (t^? àXoup-j'iSo;) e del diadema, gli mozzarono il capo (t^; xscpaX^; àwtxtavovTo). Da questo passo di Giov. Antiocheno parrebbe che tra la deposizione e la morte di Maioriano non corresse verun intervallo. L'An. Cusp. A però è preciso su questo punto; Severino et Dagalaifo coss. depositus est Maiorianus imp. a patricio Ricimere Dertona IIII. non. Aug. et occisus est ad fluvium Ira VII. id. Aug. (pag. 666). Oltre i testi citati affermano la morte violenta di Maioriano: Cassiodoro (pag. 654);

U Imperatore ^Maioriano 299

In Tortona correva un'antica tradizione che una mole grandiosa, la quale si vede nel convento di S. Matteo, fosse il sepolcro di Maioriano. Ma essa « non poteva con- venire (così scrive il Bottazzi) all'inumazione di quel prin- cipe amatissimo dalle truppe per le sue ottime qualità, e di cui non conveniva certamente al patrizio Ricimero, che l'aveva fatto trucidare, il ravvivar la memoria con sontuosi mausolei, ma piuttosto farlo sepellire il più nasco-

Mar. Av., 402; Paolo Diacono, HisU rom., XV, 25; Marcellino Conte (c. 293); il Catalogus hnperatorum (e. 254); ed infine Evagrio, Hist. EccL, II, 7. Giovanni Malala (Chron., pag. 375) ci dice che Maioriano fu levato di mezzo perchè partigiano di Genserico (w; cptXrcavra Ziv^pt^s"', pr-ya tw>< "Acppw*). Questa notizia riferitaci dal cro- nista bizantino, a me pare importante, poiché ci svela il pretesto col quale probabilmente Ricimero persuade a molti la necessità di ucci- dere r imperatore, cioè che egli tradiva i Romani a vantaggio del re barbaro. È una congettura, la quale benché basata sopra uno scrittore poco autorevole, non ci pare affatto improbabile. Vittore di Tunnuna (e. 343) scrive erroneamente che Maioriano fu ucciso a Roma (Romae occiditur) nel 462; e la contlnuatio Prosperi (Roncalli, I, 719) all'anno 461 registra: « Moritur Maiorianus » quando invece dovrebbe dire : « Oc- cisus est Maiorianus. » Cf. Holder-Egger, op. cit., pag. 285. Nel testo abbiamo detto che Ricimero fece spargere la notizia che Maioriano fosse morto di malattia, altrimenti non si saprebbe spie- gare come Procopio (de beli. Vand., I, 7) scriva : « àXXà |x3Ta;ù «iiuw òuaevTspia; àXoù; ó MaVspì^o; SiatpSsipETat ». E che si tratti di una voce fatta spargere a bella posta da Ricimero e dagli altri nemici di Maioriano me lo fa anche supporre Teofane, il quale dopo aver detto in un luogo della sua Cronografia, pag. 112, che Maioriano fu ucciso (lacoà-Yr) da Ricimero (nell'anno 455 secondo la sua cronologia che é arretrata di otto anni), poche pagine dopo (118) dice, come Pro- copio, che l'imperatore morì di malattia (èv tw asrailù NÓaw S-josNTspia; Xrcpsst; èT£u>.£UTin(T£v). Il luogo vero in cui Maiorano finì la vita, è posto dalle fonti presso il fiume Irla (hand procul a Dertonensi civitate iuxta Hyram flumen occisus est, dice Paolo Diacono, Hist. rom., XV, 25, e ciò attestano anche gli altri scrittori citati). Una città, chiamata Irla, registrano V Itinerario di Antonino, pag. 37, e la Tavola di Peutinger, pagina 199 (ed. UrbanJ, nella quale si vuol ravvisare la moderna Voghera. Allora il fiume Iria, dovendo trovarsi vicino ad essa, per

3oo L. Cantarelli

stamente che si potesse « (i). E Maioriano ebbe difatti un sepolcro modestissimo poiché ci resta una poesia di En- nodio vescovo di Pavia nella quale esso deplora la viltà del sepolcro in cui giaceva un imperatore degno invece del più splendido mausoleo.

Cum perstat gravior, bustum fortuna per iram

Contulit exuviis, Maioriane, tuis. Pyramidum indignis (ingentes) prospice moles,

Villa principibus linque scpulcra piis. (carni. II, 135) (2).

Cosi finì Maioriano dopo un regno di più che quattro anni (3); di lui Procopio e Teofane esaltano la giustizia

molti scrittori di geografia e di storia, tra cui il Cluverio (It. A., I, pag. 80), il Cellario, il Muratori, e il Becchetti, sarebbe la Staf- fora, la quale appunto scorre vicino a Voghera. Ma il Bottazzi nelle sue Antichità di Tortona, Alessandria, 1808, con diversi argo- menti, i quali si riducono a questo che il fiume Iria non era distante, ma vicino a Tortona, sostiene la identità della moderna Scrivia coiriria antica « con cui... ha bastante rassomiglianza di nome, cosa che non può... ravvisarsi nella Stafferà, il cui nome nelle carte più antiche è sempre scritto Staphiila, o Stafula », e conclude « che la Scrivia, che ora va in direzione, boreale al Po, anticamente pie- gasse da Tortona verso la città d'Iria (ora distrutta), e vi passasse a tal vicinanza da darle il nome» (pag. 152). Anche il Forbiger, Alte Geographie, III, pag. 554, crede che l' Iria fosse la Staffora; ^e ragioni del Bottazzi mi paiono però così convincenti da dover adottare la sua ipotesi. Non sappiamo come il Tillemont, op. cit., pag. 325, possa dire che l'Iria si chiama ora « Coron » e che la città d'Iria è « nommée... aujourd'hui Ponte-Coron ».

(i) Op. cit., nella nota precedente, pag. 93.

(2) L'epigramma di Ennodio è dato nel testo secondo la lezione dell'HARTEL ; assai errata era quella delle antiche edizioni, tanto da non poterne cogliere il senso. Non sarà inutile il trascriverla:

Cum praestat gravior bustum fortuna petitum

Contulit exuviis, Maioriane tuis ! Nane indignis pyramidum prospice mole '

Vilia principibus linque sepulclira tuis.

Cf. VAN Hengel, pag. 65.

(3) Erroneamente Evagrio (Hist. Ecch, II, 7); Teofane, Chr., pag. 109; Cedreno, pag. 606, lo fanno regnare per un biennio; del

4

L'Imperatore cMaiorìano Sor

pei sudditi, la severità coi nemici, il grande valore nella guerra, le virtù insomma che lo resero superiore a tutti gli imperatori romani. Questo giudizio de' due scrittori bizan- tini è stato accolto dalla maggior parte degli storici po- steriori.

Ma la morte di Maioriano dovè esser pianta molto dai romani del secolo quinto. In quella società di allora, che crollava da tutti i lati, vi furono, senza dubbio, alcuni, i quali, fiduciosi nelle peregrine virtù del nostro impera- tore, sperarono in lui il risorgimento della patria gran- dezza, ed accompagnarono coi voti più caldi e coi più fervidi auguri di felice successo la spedizione intrapresa contro il re Genserico. L'assassinio di Tortona e la suc- cessiva elezione (i) dell'oscuro Severo fecero svanire ben presto quelle speranze, se mai furono nudrite, talché, come benissimo osserva il Thierry, « on peut dire de ce Germa- nicus des derniers jours, enlevé aux illusions de Rome par un Tibère barbare, ce que Tacite disait de l'autre : Que les amours du peuple romain étaient fragiles et infortunées: jamais elles ne le furent davantage » (2).

Roma, aprile 1883.

Luigi Cantarelli.

pari errano Giordane, Rom., pag. 43 ; la cronaca di San Benedetto (ed. Waitz, pag. 485) che gli attribuiscono un regno di tre anni. Se le date dell' An. Cusp. A sono sicure (i aprile 457-2 agosto 461) Maioriano regnò 4 anni, 3 mesi ed i giorno.

(i) Severo fu creato imperatore a Ravenna il 19 novembre (XIII kal. Dee.) del 461. Cf. Sievers, Studien, pag. 519.

(2) Empire d'Occident, pag 2.

LE GUERRE DEI SETTE ANNI

SOTTO CLEMENTE VII

'assalto, presa e sacco di Roma, l'assedio e la perdita di Firenze dall'anno MDXXIII al MDXXXI

SUI DOCUMENTI UFFICIALI

A magnificenza, il fasto e la protezione alle arti e alle lettere non bastano a rendere rispettati gli individui e le città; anzi spesso nocciono agli uni e alle altre, quando questi fattori o espressioni di civiltà eccedono nella loro manifestazione o non fluiscono conti- nuatamente da pure fonti; imperocché si danno talora av- venimenti che, turbando la pace, rendono la situazione di tanto peggiore, di quanto per quelle lo Stato o l' individuo si era posto maggiormente in evidenza e in pericolo. Il papa e la sua Corte erano in questa condizione dopo i tempi lumi- nosi e terribili per grandi fatti e per più grandi nequizie, di cui fu teatro quanto d' ItaHa si racchiude dal Po e dall'Arno fino ed oltre il Garigliano ; poscia che si erano succeduti nel ro- mano pontificato il Borgia, i Della Rovere e i Medici. L'Eu- ropa colle sue diverse tendenze e co' suoi apprezzamenti tenea vólto lo sguardo sui possessi pontifici non meno che sulla città eterna; ma gli animi dei più, che non erano artisti o letterati o ferventi cattolici, venerazione ammirazione nutrivano per lei, ma invidia o disprezzo. D'altronde Roma, posta nel bel mezzo di un' Italia divisa in molteplici Stati deboli, su cui i più potenti monarchi per vecchie pretese si agitavano da circa trent'anni con varia sorte e con pò-

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C. I^avioli

derosi quanto ingordi eserciti, i quali viveano a carico delle terre occupate, e tra i quali serpeggiavano già colla riforma religiosa le idee dello scherno e la cupidigia dell'altrui; e cosi nel proprio seno partigiana, che quasi a gloria tenea, insieme ai diritti feudali, di essere coi Colonnesi e cogli Orsini ghibellina e guelfa ad un tempo, e infine circon- data solo di mura antiche qua e in ruina da non poter più resistere alle scalate e molto meno al cannone, Roma, che avrebbe dovuto tenersi in riserbo e lontana da ogni azione, fuorché quella di pace e di concordia, con nuovo principe sprovvisto d'ogni qualità eminente, con im- provvido consiglio gittata nelle avventure, s'attirò la mag- giore delle calamità che possa incoghere un popolo e che più non avea sofferto dall'epoca dei Goti e dei Vandah, il saccheggio, lo stupro, la strage, la ruina! E incredibile a dirsi! quel secolo medesimo che si nominò da Leone, dopo cinque anni da che quello era sceso nel sepolcro, vide la felicissima Roma sommersa nella miseria e nel lutto.

Morto dopo circa due anni di pontificato l'innocuo frate tedesco Adriano VI, fu eletto il cardinale Giulio dei Medici, che prese il nome di Clemente VII. Quest'ine- sperto si trovò subito a fronte dei due emuli del tempo, Carlo V e Francesco I; l'uno erede delle pretensioni im- periali, l'altro erede della protezione papale non solo, ma dei diritti pei quaH avvennero la famosa discesa di Carlo Vili e le recenti guerre di Luigi XII. Il nuovo papa volea schermendosi dominare ambidue e guidare gli eventi; e non fu che il giuoco miserabile di tutti e due, e Roma rese vittima degli eventi medesimi, che doveano opprimere lui solo, perchè lui solo nocente ed improvvido. giova dire che le intenzioni fossero santissime, e che il novello pontefice andasse lodato per alcune qualità personah, buo- nissime in uomo privato; ma in politica non valgono che gli accorgimenti, tra cui il principale è di non pascersi d' il- lusioni e d'essere ad un tempo giusto e temperante.

Le Guerre dei Sette oAnni 3o5

La lunga serie degli errori era cominciata col 4 agosto 1523, in cui fu stipulata una confederazione in Roma per mezzo del viceré di Napoli per Carlo V, in cui entrarono Adriano VI, lo stesso imperatore, il re d'Inghilterra, l'ar- ciduca d'Austria, il duca di Milano e molti dei principi e signorie d' Italia, la quale ebbe preso per pretesto di far collettivamente guerra al Turco. Ma Francesco I ben vide lo scopo principale a cui quella mirava; quindi a Lione si affrettò di preparare un grande esercito per venire in Italia; il disegno però fu rotto per l'ambizione di un uomo, il quale il grado di parentela col re, la sregolatezza del vivere e l'esagerazione dei torti ricevuti in Corte, fecero trascendere fino alla slealtà e alla ribellione contro la Francia, di cui era figlio, e contro il re a cui era legato dai vin- ^ coli di sangue.

Era costui Carlo di Borbone, figlio di Gilberto conte di Montpensier, che fu con Carlo Vili capitan generale de' Francesi, morto a PozzuoH nel 1495, e di Chiara Gon- zaga, nato nel 1489. Di sangue regio, ebbe in moglie l'u- nica figlia di Anna duchessa di Borbone^ vedova del duca Pietro e sorella di Carlo Vili, e con essa gli toccò in dote, tra le altre cose, la ducea di Borbone. Da ciò ostentando po- tenza di re, spendeva tanto, oltre le entrate, che gli convenne impegnare i suoi Stati ai creditori. E per maggiore sventura del re e della Francia, d'Itafia e sua, quest'ambizioso era chiamato naturalmente al trono di Francia dopo il duca d'Alen^on fatto riabilitare alla successione da Luigi XII, perchè questi volle dargli per mogUe Margherita sorella del duca di Angouléme, Francesco, divenuto re di Francia. A rendere a Carlo meno doloroso questo incidente, il re Francesco il fece nel 15 15 gran contestabile, carica del regno non più conferita a nessuno da Luigi XI in poi, il quale aveva fatto decapitare il conte di Saint-Pòi per la troppa autorità arrogatasi contro il suo principe.

La carica di contestabile non tardò molto ad inorgo-

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C. Traviali

n

glire anche Carlo di Borbone, al punto che la facea da signore assoluto in Milano, quando Francesco I ve lo lasciò governatore ; per lo che dovette il re dargli un compagno, ed adiratosene, per vendetta nel 15 16, quando l'impera- tore Massimiliano venne fin presso Milano, egli volea par- tirsene, ma, impedito, restò; e senza effetto da quella città allontanatosi poi l'imperatore, a stesso attribuì la gloria di quell'allontanamento.

Il re stancato dei suoi modi il richiamò in Francia, dove seguitò a spendere per parer grande e far proseliti; ma in breve gli mori la suocera, che di danaro il soccorreva spesso, poscia la moglie che, sconciatasi di sei mesi nel 15 18 di un bambino che visse un'ora, il lasciò senza figli, e perciò lo diseredava della dote. Quindi la madre del re, Lodovica di Savoia, per questo gH mosse lite, stantechè essa pure era discesa dalla medesima casa di Borbone, ed a lui senza prole eran morte suocera e moglie, uniche cause di ricchezza e potenza, ormai troppo abusate. Per questo raccomandavasi al re; e il re, che non volle offendere i diritti della madre, lo assicurava di compensarlo di più belle e ricche terre, se la sentenza a lui fosse stata contraria e lo avesse reso pitocco. Questa nuova posizione di lui, certo, non potea innalzarlo nell'animo del re, il suo ne potea essere sollevato, e l'occasione il dimostrò. Il re Francesco avea da combattere in Piccardia; al gran contestabile si dovea la cura della Guardia, e il re la dette invece al go- verno del suo cognato, il duca d'Alengon. Da qui nacquero sconci nell'azione e parole d' ira e deliberazione nell'ab- bietto di lui core vendicarsi del patito insulto: gli mancarono fautori che alla vendetta lo eccitassero. Entrò ben presto in congiura, promettendo all' imperatore Carlo V e ad Enrico Vili d' Inghilterra che quando l'esercito fran- cese avesse passato le Alpi, aiutato dai propri vassalH e dai baroni che alla sua causa perfidamente si erano legati, si sarebbe egh gettato nel regno di Francia.

Le Guerre dei Sette oAnni Soy

Il re e l' imperatore non vollero di meglio, assentirono alla proposta. Il re Francesco, scoperta la trama, adunata molta gente, si portò a Moulins, castello di Borbone. Costui si finse malato, ma ricevè il re, ne baciò le mani, atte- stando che veniva incolpato a torto dagli emuli suoi ne- mici ed assicurando il re della propria fede: anzi il pregò a perdonarlo se talvolta ebbe offeso con parole aspre troppo e licenziose la maestà del nome reale, mentre egli non cancellerebbe mai dalla memoria la grandezza dell'umanità e clemenza del suo re. Francesco, non tocco dalle espres- sioni di Carlo, risolutamente, partendosi da lui, gli comandò che il seguisse in Italia. Borbone seguitò a simularsi in- fermo per alcuni giorni, quando a un tratto travestito fuggi, e per la Borgogna entrò nelle terre dell' imperatore e quindi in Italia.

Di qua il ribelle, che tale fu dichiarato dal re, istigò a guerra imperatore e re, ai quah si era legato, ed espose r intendimento suo d'assaltar la Provenza, poiché al suo nome era certo che Francia a suo favore si sarebbe sol- levata. E re e imperatore, giudicando esser tempo di fiaccar la potenza del re Francesco, occupato ad estirpare i rami della congiura, deliberarono la guerra. Il marchese di Pe- scara, marito a Vittoria Colonna, fu fatto generale dell'e- sercito, il quale sarebbe governato da don Ugo di Mon- cada: ambidue sotto il consiglio e direzione di Carlo di Borbone, nuovamente governatore di Milano per Carlo V, come poc'anni prima lo era stato per Francesco I. Ne seguì l'assedio di Marsiglia. Il re non ardì allora di scen- dere in Italia e per tema di nuove defezioni o congiure giudicò restare in Francia.

Di questa guerra suscitata fuori di tempo e governata siffattamente, il papa Clemente, i Veneziani e Francesco Sforza furono scossi e turbati; ma più d'essi ne dovet- t' essere l'imperatore, imperocché le promesse di Borbone non si avverarono e l'esercito imperiale sul finire di set-

3o8 C. Traviali

tembre del 1524 diffidando di espugnare Marsiglia, dopo circa quaranta giorni e dopo aver sofferto perdite gravi, se ne parti. Borbone ne fu addolorato perchè si persuase che le sue cose erano disperate, ma non si perdette d'a- nimo, sebbene vedesse d'essere stato ingannato o tradito; fatta di necessità virtù, dissimulando, si mostrò obbediente al marchese di Pescara. Francesco I intanto, rassicuratosi all' interno, visto sciolto l'assedio di Marsiglia, colle sue nuove forze entra in Italia, prende Milano e passa a far l'assedio di Pavia.

Impaurito Borbone dai progressi del re, lascia l'eser- cito imperiale in Lombardia, passa in Alemagna a chieder soccorsi a Ferdinando, fratello dell'imperatore; Clemente e i Veneziani, temendo la vendetta di Francesco ove prenda Pavia, si stringono con lui in lega; ed egli da loro altro non vuole che non favoriscano alcuna delle parti, ma non impediscano le vettovaglie : tale condizione, mutata la for- tuna della guerra, sarà loro di grandissimo danno. valse al papa l'adoperarsi con i due contendenti per la pace; mandò al re ed ai capitani imperiali il vescovo di Verona, che era Gìovanmatteo Giberti, e l'arcivescovo di Capua, che era fra Niccolò Schomberg; fu passo inutile.

In questo tempo tornava Borbone d'Alemagna con forte esercito di Tedeschi e con esso arrivò a Lodi il 27 gen- naio 1525; sempre più impensierito allora il papa dell'esito della guerra, si die di nuovo a pregar per la pace, con- sigliando a rivolgere le armi comuni contro ai nemici del nome di Cristo. E ne avea ben d'onde, egli che nel proprio seno avea nemici pericolosi e potenti, i Colonnesi. Difitto, a preludio dell'esito degli avvenimenti che si maturavano, gravi timori furono in Roma la sera del 3 marzo per una scaramuccia con feriti e morti fattasi vuori le mura all'ab- badia delle Tre Fontane presso San Paolo tra Colonnesi ed Orsini, seguitando fino a Campo di Fiori e ritirandosi di poi gli uni a Monte Giordano, gli altri in casa del car-

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dinal Colonna. Il Palazzo si armò, serraronsi le porte, si posero in ordine le artiglierie. il caso fé' nascere quella contesa. Avea i suoi due precedenti, la defezione di Cle- mente, il rinforzo di Borbone; e il partito imperiale in Roma commovendosi avvisava e richiamava al dovere. Perciò a questo punto il Ragguaglio storico del sacco di Roma, che s'attribuisce a Jacopo Buonaparte, osserva che il papa « per sua fatalità voleva parere di non nuocere ad alcuna parte, con tacito senso l'una e l'altra parte offendendo gra- vemente, acquistò a e a tutta Italia una grave e peri- colosa guerra ».

Dopo ciò alcuni consigliavano il pontefice a mettere insieme un buon esercito per pesare nelle condizioni even- tuali di prossimi trattati. La mala sorte d' Italia lo impedì di prendere questo e qualunque altro partito; si astenne anche per non incontrare spese: sembra che ora volesse star lontano da ogni contrasto e fir professione di giu- dice e di uomo propenso alla pace.

In questa però, cioè agH ultimi di febbraio 1525, era successa la famosa rotta di Pavia e la prigionia del re; ed ecco esser consigliato il papa a volersi scordare della parte francese ed intendersi coi capitani imperiali. manca- vano altri che dicessero essere simiH consigli d'animo vile e dappoco e non si dovesse abbandonare il re nella sven- tura. L'uno e l'altro partito dispiacevano al papa, che diceva di voler quiete e temeva sempre degli esiti incerti della guerra. Quando ad un tratto finalmente si decise e fece solenne lega coli' imperatore per mezzo di Carlo Lannoy, generale di Carlo V, e questa con patti e condizioni sotto la data del primo maggio 1525 (i); ma l'imperatore non

(i) Ecco come Girolamo Negro in una lettera del 18 giugno 1525 diretta a Marcantonio Micheli racconta l'avvenimento : u II Pontefice s' è lasciato veder per Banchi, et l'ultimo di di aprile cavalcò bra- vamente sopra un cavallo turco da palazzo fino a San Giovanni Laterano. Di ritorno ad hore 23 diverti appresso di noi, nel palazzo

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e. Ravioli

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volle confermare ne gli uni, ne le altre. Ed ecco il papa, come è ben da credersi, trovarsi in grande affanno, che più gli si accrebbe per il caso seguito in Roma dei Co- lonnesi coi soldati del duca di Albania. « Venivano questi da Napoli alla volta di Roma per servizio della Chiesa e furono tutti tagliati a pezzi; essendo stati tolti in mezzo dagli Spagnoli e Colonnesi, i quali per la prigionia del re di Francia (dice il libro di Jacopo Buonaparte) avevano preso animo, dimodoché scorsero colle loro genti fino a Monte Giordano ed alle case degli Orsini, perseguitando ancora quelli che fuggivano per Roma. E tutto ciò face- vano perchè non stimavan più papa Clemente, facevan più conto alcuno delle minacele sue per aver tenuto dalla parte dei Francesi perditori : cosa che scemò grandemente la riputazione della Chiesa e del papa medesimo ».

E quel che importava di più, il papa era caduto in di- spregio nel cupo animo dell' imperatore, che si persuase della doppiezza o volubilità di Clemente, mentre egH fuor d'ogni pericolo se ne stava in Ispagna, tenendosi in armi per mezzo de' suoi generaU in Italia. Col 14 febbraio 1526 si concluse e seguì la liberazione del re Francesco. Questi si dolse al suo ritorno in Francia cogli ambasciatori del papa e dei Veneziani, andati per rallegrarsi secolui della liberazione, che non gli avessero mantenuta fede. E il papa, per la nuova posizione fattagli dal potente vincitore di Pavia

di Santo Apostolo de' Colonnesi, fabrica già di Papa Giulio, dove il Reverendissimo Cardinal Colonna lo ricevette con Pontificale ap- parato, et ivi pernottò. La seguente mattina fu celebrata una so- lenne messa.... In fine ìnitum foedus. I confederati sono il Pontefice l'eletto Imperatore, il Re Anglico, l'Arciduca, il Duca di Milano. In somma simile a quello, che fu fatto in tempo d'Adriano, centra il Turco, ut sonant verha, secondo la comune opinione contro la Calila, et utinam non sia contra la Italica libertà. Doppo la messa fu fatto un magnifico convito in detto palazzo, vi stette il Papa con quattordici Cardinali, et il Duca di Sessa, Orator Cesareo. Dio vo- glia, che l'effetto di questa confederazione sia buono ».

Le Guerre dei Sette oAnni 3ii

e dal proprio carattere, di nuovo si dispose coi Veneziani a coliegarsi a favore del re e del duca di Milano. E il re temporeggiava a concludere la lega con essi, perchè, non volendo mantenere i patti convenuti con V imperatore e proponendo denaro invece di rilasciar la Borgogna, aspet- tava di questo sciagurato appiglio una risoluzione. Intanto però il papa dal suo canto preparavasi a quella, mandando nell'aprile dello stesso anno 1526 a visitare le fortezze dello Stato, ed in ispecie quelle di Romagna, Antonio Gordiani da Sangallo fiorentino e Michele Sanmicheli veneto, perchè riferissero, e seguitando a munire di forti opere di difesa Parma e Piacenza, ove fin dal marzo 1525 sui disegni di Pierfrancesco da Viterbo s'era dato principio a fortificare. Così pure il conte Pietro Navarro e Niccolò Machiavelli avevano esaminato il terreno e le mura di Firenze, re- stava che giungessero in essa Vitello Vitelli, Baccio Bigio e Antonio da Sangallo per risolversi della forma dei baluardi e del modo di collocarli onde dar principio e costruire le fortificazioni preparate. Di già dal 1521 si eran cominciate a cimar le torri, con gran rammarico dei Fiorentini, e per l'eventualità di guerra ora co' disegni di Antonio da San- gallo innanzi alle porte maestre si costruirono puntoni, ossia rivellini sulla nuova maniera di difesa.

L' imperatore, sdegnato di tutto ciò e impensierito degli apparecchi che si facevano contro lui in Italia, fece subito partire di Spagna alla volta di Genova con poco numero di fanti il Borbone, col titolo di suo luogotenente e colla investitura per costui del ducato di Milano; e mandò in Francia don Ugo di Moncada a dire al re ch'egli non intendeva mutare la convenzione e i patti. Allora il re de- cise stringere la lega cogU agenti del papa e dei Vene- ziani, e si concluse a Gognac il 22 maggio 1526, con- venendo nel patto di far restituire intero il ducato di Milano a Francesco Sforza e Hberare i figli del re, ostaggi in Madrid. A questo proposito Luigi Guicciardini, scrittore

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del Sacco di Roma, cosi esclama nel giudicare questa lega: « Quanto i disegni delle grandi imprese male si colori- schino, quando da principi e dalle repubbliche non sono prima con diligenza misurati e molto maturamente pon- derati. Come si può affermare essere stati questi della pre- sente lega, essendo cominciata senza danari, senza proprio capitano, necessario a tanto grave impresa, e priva di quella celerità, unione e di quel fine conveniente a reprimere la grandezza dello imperatore e liberare Italia dagli avaris- simi e crudelissimi modi de' suoi ministri.... »

Difatto gli eserciti in quel tempo e l' imperiale in ispecie non avean che di rado le paghe, ma vivean giornalmente di prepotenza sulle terre occupate, taglieggiando città e castella e trattando crudelmente paesani e agricoltori. Era capitan generale Francesco Maria I della Rovere, che con quel grado stava già a soldo dei Veneziani e che ogni azione regolava sulle istruzioni ricevute dai suoi signori e sopra la massima di mantenersi nel comando e nella ripu- tazione colla sapienza de' movimenti e non coU'azzardo di fatti decisivi, nutrendo mal animo verso i Medici, che lo avean privato dello Stato d' Urbino e Pesaro. Da ciò le truppe papali della lega, che erano comandate dal luo- gotenente generale Francesco Guicciardini nelle Romagne e che dovevan fare testa a Piacenza per congiungersi a Chiari, oltre Po, con quelle dei Veneziani, restarono lungo tempo inoperose. Il duca di Ferrara, che poteva esser di grande aiuto alla lega, veduto di non poter convenire col papa per antichi dissapori circa le saline, teneva ambascia- tori presso l'imperatore e mostravasi pronto a secondarlo.

Questo era lo stato dei componenti la lega, mentre i principali articoli di questa portavano, oltre la durata, lo scopo e la spesa, anche quello che il re mandasse tosto uno de' suoi primi capitani con grosso esercito in Italia, sotto la custodia del quale si mantenessero unite le forze della lega; il che non si avverò mai. Quanto all'esercito

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imperiale, esso era allora composto di circa diecimila flinti tra Italiani, Spagnuoli e Tedeschi, con duemila cavalli, di- stribuiti tra Alessandria, Pavia, Cremona, Lodi e Milano; lo comandavano, poiché il Pescara era morto in seguito delle ferite toccate a Pavia, Tuna di picca nel viso e l'altra di punta d'alabarda in una gamba, il suo nipote il mar- chese del Vasto e Antonio di Leva.

Non parlando della composizione dell'esercito, ma dei principi che accederono alla lega, troviamo il papa, i Ve- neziani, lo Sforza ridotto nella cittadella di Milano e i Fiorentini, già mal sofferenti i Medici; ma non Genova, non Savoia, non Mantova, non Ferrara, non Lucca, non Siena, non Napoli. Al pubblicarsi poi di questa Santa lega, che tale è il titolo col quale fu bandita, non erano in campo che le forze della Chiesa e dei Veneziani, aspettandosi d'ora in ora diecimila Svizzeri da quella assoldati e gli aiuti di Francia. Mentre dunque quei due stavano per muo- vere alla liberazione dello Sforza, giunse reduce da Francia in Lombardia don Ugo di Moncada, il quale andò a Mi- lano dando grandi speranze di soccorso; scontrò presso Bologna Vitello Vitelli e il conte Guido Rangoni con assai numero di fanti e cavalli papali; passò per Firenze intenta alle opere di difesa e quindi a Siena, confortando quel popolo a restare in fede. Di qua scrisse lettere inquietanti all' imperatore e proponenti di accordarsi colla lega ; le quali vennero intercettate. In questa avvennero disordini in Milano e giunse a Piacenza il Guicciardini, dov'era Giovanni de' Medici colle sue bande ed altri capitani pon- tifici con seicento lancie e ottomila fanti, aspettando ri- sposta da Francesco Maria per sapere quando e dove s'a- vevano seco a congiungere. Questi stava già a Chiari con tutte le sue genti, ma disse non volersi muovere se prima non arrivavano i primi tremila Svizzeri che erano in marcia. Era intanto giunto in Roma don Ugo insieme al duca di Sessa. Eglino andarono dal papa e gh dissero che inten-

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C. %avioli

zione dell' imperatore era di lasciar libero il ducato di Mi- lano allo Sforza, purché fosse consegnato il castello al Caracciolo, di levar l'esercito di Lombardia e di por fine alle differenze che avea coi Veneziani. La risposta del papa agli ambasciatori non sembrò di pace.

Avvenne in questo tempo che il Malatesta Baglioni, condottiere dei Veneziani, per trattato entrasse di notte a Lodi e se ne impadronisse, meno la fortezza; e che di Milano si movesse il marchese del Vasto per ricuperarlo; ma dopo un assalto, fosse prudenza o timore, noi rinnovò e ritirossi e la fortezza si rese a patti. L'acquisto di Lodi, senz.l aspettare altra disposizione di Francesco Maria, ac- celerò il luogotenente Guicciardini e tutti i capi della Chiesa a passare il Po, ravvicinandosi a lui vicino a tre miglia; per lo che abboccatisi con esso si decise di non consumar più tempo ed avvicinarsi a Milano, ove non eran dentro che un 7 mila fanti e 400 cavalli tra Spagnoli e Tedeschi. Così tutto l'esercito della lega mosse fino a Marignano, ca- stello a dieci miglia da Milano; esso si componeva di un 20 mila finiti, tra cui erano 8 mila scoppettieri e archibusieri, 1500 lance ed altrettanti cavalli armati alla borgognona, con assai artiglieria grossa e da campagna e ben provvisto di munizioni e di vettovaglie. Ma qui volle il capitan generale far sosta ed aspettare i 3 mila Svizzeri, dichiarando di non far gran conto della fanteria italiana contro alla spagnuola; nel che non convenia altri che lui, ma n'avea ben d'onde : finalmente le ragioni del Guicciardini e la ferocia del Me- dici lo persuasero e il 5 di luglio 152^ si trasferì al ca- stello di San Donato a quattro miglia da Milano, dove in quel giorno stesso avea gettato meno di un migliaio di fanti il Borbone, il quale fin dal suo sbarco a Genova mostravasi pochissimo contento del termine in cui trova- vansi le forze imperiali in Lombardia. Il capitan generale a un tratto, senza seguire le deliberazioni prese co' capi, si mosse fin sotto le mura dalla banda di porta Tosa, i

Le Guerre dei Sette oAiini 3i5

soldati della lega vi fecero diverse scaramucce, diedero anche degli assalti; ma non fecero progressi, anzi, per la fuga delle fanterìe papali avvenuta in uno scontro, se ne ritirarono fino a Marignano, ove un 400 bocche inutili, tra cui molte donne, cacciate dal duca dal castello di Mi- lano, provarono a quale estremità egli era ridotto. Si de- liberò allora di tornare sotto Milano e vi giunsero a due miglia tra il fiume Lambro e la Badia di Casaretto. Gl'im- periali non aveano intanto perduto il tempo ; avendo atteso a fortificar Milano, usando i soldati di Borbone crudeltà inaudite contro i cittadini, ai quali, violando le abitazioni sotto colore di cercar armi, rubavano ciò che trovavano. Indugiando ancora più giorni il capitan generale di assaltar la città e di vettovagliare il duca, questi cesse il castello a patti e raggiunse il campo della lega a Casaretto.

Ma lasciamo che il coraggio e l'impazienza del Medici e delle sue bande nere si logori nell'inazione o in audaci fazioni isolate; il prudente animo di Francesco Maria si stia soddisfitto nel costruire ripari fortificandosi a Casa- retto tra gl'indugi e le speranze di obbligare, non senza ragione, i principi della lega a dichiararlo capo assoluto delle armi della medesima, e i Milanesi di sollevarsi da se e vincere il nemico, che aveano in seno; il tempo e gli errori altrui diano modo al Borbone e agli imperiali d'uscire dagl'imbarazzi, che sembrano travagliarli. Rechiamoci piut- tosto a Siena, il giorno stesso della consegna del castello di Milano, per vedervi la miserabile prova fattavi da genti papaU che, intente a predare più che ad obbedire, per or- dine del papa con artiglierie venute sotto le mura collo scopo di metter dentro i fuorusciti, furono fugate e rotte da piccol numero di Senesi, con sommo loro vitupero. A Genova, bloccata dal lato del mare dall'armata del papa, dai Francesi e dai Veneziani e ridotta da loro a più tristo termine, se fossero stati i viveri intercettati dalle armi della lega; ma Francesco Maria per aspettar gh Svizzeri, non s'in-

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dusse mai a distaccare un altro certo numero di fanti, come s'era convenuto ed ordinatogli. A Cremona, dove per to- glier la città a 2 mila fanti e a 200 cavalli nemici, non solo il Malatesta Baglioni con un quarto dell'esercito della lega, ma Francesco Maria con altrettanti furono costretti concorrervi e alla resa dettar condizioni che i Tedeschi tornassero in Alemagna, e gli Spagnuoli andassero a Na- poli passando per lo Stato romano. Ne avv enne che que- sti s'impadronirono di Carpi e fecero danno al paese e alla lega; di quelli la parte ricca di preda invogliò altri a venirvi^ la parte povera a tornare, contro la conven- zione, indietro per vendicare le ingiurie sofferte, avendo indarno consigliato Francesco Maria ai Veneziani di as- soldadi.

Intanto però che si trattava la resa di Cremona, ap- parve finalmente in Antignano, mandato dal re suddetto, il Marchese di Saluzzo con 500 uomini d'arme e 4 mila fanti; e a Casaretto arrivarono altri 2 mila Svizzeri ed altri 2 mila eran prossimi ad arrivare: ma avvenivano pur anche in mezzo a questi fatti ed imprese, in cui si per- deva onore, tempo e danaro, ben altre cose ancor più dannose e vituperevoli in Roma. Il pontefice, che indarno era stato consigliato di dover stare armato e non si fidare della poca fede dei Colonnesi, delle astuzie degH Spa- gnuoli, e che per il fatto degli stessi Colonnesi avea già pubblicato un Monitorio contro il cardinal Pompeo e gU altri della famigUa, che seguitavano a dargli travaglio, cominciò a dar orecchio a don Ugo di Moncada; e questi per di- stoglierlo dai provvedimenti di guerra e per tenere a bada l'animo suo debole proponeva convenzioni coi Colonnesi. Ma all'annunzio della resa del castello di Milano e in veder che la lega le cose del re si rivolgevano in bene, precipitò gl'indugi, e mandò il segretario allo stesso re di Francia proponendo nuovi partiti.

E nello stesso tempo avendo don Ugo pronta la sua

Le Guerre dei Sette oAnni Siy

proposta, mandava a Roma Vespasiano Colonna, in cui il papa avea fede, e fu convenuto il 22 di agosto 1526:

Che i Colonnesi restituissero Anagni e gli altri luoghi della Chiesa; che lasciassero le genti delle terre loro, le quali possedessero nello Stato della Chiesa; che potessero servire l'imperatore contro chi si sia che movesse contro il regno di Napoli; che il papa perdonasse loro ogni of- fesa fatta; che annullasse il Monitorio fotto contro il car- dinal Pompeo; che non offendesse gh Stati loro, che lasciasse che gli Orsini gli offendessero. Dopo ciò il papa fé' licenziare molti fanti e cavalH poc'anzi assoldati, ed altri pochi ne mandò nelle terre vicine. Ma non molti giorni passarono che s'intesero i progressi delle armi della lega per terra e per mare, dal che prevedevasi il danno de- gl'imperiali coir aver essi perduta Cremona ed essere Ge- nova in pericolo, Milano stretta d'assedio. Quando ad un tratto s'intese pure che contro la convenzione, che in fondo non era che un inganno teso dal Moncada e dal duca di Sessa a Clemente VII, i Colonnesi aveano spinto 2 mila fanti ad Anagni come volessero assaltarla occupando i passi d'attorno a Roma ed occultando bene quel che voleano fare che al numero di 5 mila fanti ed 800 cavalH con prestezza e silenzio la notte del 19 settembre 1526 giun- sero alle mura, presero tre porte della cittcà ed entrarono per porta Asinaria presso S. Giovanni in Laterano con Ascanio e Vespasiano Colonna e don Ugo Moncada: a giorno eran raccolti a Ss. Cosma e Damiano fino alle case dei Colonna in Ss. Apostoli

L'improvvisa notizia riempì il papa e la Corte di spa- vento, né più sapean che fare. Al Campidoglio si spedi- rono i cardinali Campeggio e Cesarino che nulla conclusero: il popolo romano stava e vedere e salutava fanti e cavalH -che passavano in bella ordinanza. Gli artefici che avevano aperte le loro bottege, non le serravano^ ma accorrevano sulla via o andavano molti a vederli passare sotto il Già-

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nicolo, diretti parte di sopra per la vigna allora del Ba- gnacavallo, parte per il portone di Santo Spirito ove ri- buttarono la guardia, e per Borgo Vecchio a San Pietro ed al palazzo del papa. Questo era stato munito di guardia e d'artiglieria e poscia abbandonato e ritirata l'una e l'altra in Castelsantangelo, da cui con grosse artiglierie erano scoperte le strade e con scoppettieri furono tenuti in ri- spetto i nemici, dei quali molti perirono; tanto che al terzo dì, carichi di preda, perseguitati a sera fino a Ponte Sisto, temendo dei Romani prima indifferenti ed ora irri- tati, si ritrassero alla Colonna.

Ma prima che questo avvenisse e al primo irrompere delle soldatesche a San Pietro, il papa si raccomandava e chiedeva aiuto; mandava ai Colonnesi i cardinali Della Valle e Cybo, che da quelli non vollero neppure essere ascoltati; cosi vedendosi abbandonato da tutti, era di- sposto a morire nella sua sedia, se alcuni cardinali a stento non lo avesser forzato ad andare in Castello con alcuni dei suoi più cari, e questo avvenne alle ore 17 (11 anti- meridiane) del 20 settembre. Non appena uscito, il pa- lazzo fu invaso e messo a ruba e saccheggiata la chiesa di San Pietro. Le insolenze di quella villana soldatesca fecero provare grandissimo dolore, affermano gli storici, al cardinal Colonna, eh' erasi fermato in sua casa per pianger meglio a lacrime di coccodrillo. Per avarizia del Camar- lingo, che parve eguagliasse quella di Clemente, era di- fetto in Castello di vettovagHa e di munizioni; perciò non trovandosi egli sicuro neppur dentro, con grandissimi preghi ottenne di potersi abboccare con don Ugo, man- dando per ostaggi i suoi nipoti cardinaH Innocenzo Cybo, e Niccolò Ridolfi.

Don Ugo, contro la volontà del cardinal Colonna, con pochi entrò in Castello. Restituì al papa il pastorale d'ar- gento e la mitria papale, rubata dai soldati, e parlò della pietà, giustizia e temperanza di Cesare; poiché tutto si

Le Guerre dei Sette oAnni 3i9

sarebbe rimesso nelle mani di Sua Santitcà, per dar la pace all'Italia; disse non pretender egli all'impero, ancorché di ragione vi potesse aspirare per l'antico possesso e comando degli antichi imperatori. A tanto umili dimostrazioni il papa poco rispose : di Pompeo parlò ironicamente, di Ve- spasiano si dolse. Quanto all'imperatore, del quale sempre avea favorito la dignità e la grandezza, soggiunse, se- guisse egli giustizia e stesse agli accordi, restituisse lo Stato di Lombardia a Francesco Sforza. Quindi dopo altri ra- gionamenti segreti fu concordato a modo di tregua per tre mesi: Il papa levasse i soldati di Lombardia; perdo- nasse a Pompeo e ai Colonnesi; mandasse ostaggio a Napoli Filippo Strozzi, ricchissimo : don Ugo tornasse nel regno con tutte le genti; procurasse la restituzione delle cose tolte alla Chiesa; fosse liberato senza paga- mento alcuno Camillo Colonna, prigioniero di Baccio Ba- glioni^ capitano dei cavalli dei Fiorentini, nella battaglia di Siena.

Da ciò vedesi a che tanto tramestìo e tanta rovina condusse: Clemente appena fu libero, a un tratto s'accese d'ira per vendicarsi dell'ingiuria patita, in ispecie da Pom- peo Colonna e da tutta la famigha. Per stare però all'ac- cordo e parere d'essere in pace coll'imperatore e per ti- more ancora dell'esercito che potea venire col Lannoy, richiamò, è vero, tutte le genti che eran sotto Milano e ch'erano pagate dalla Chiesa e dai Fiorentini ; e il luogo- tenente ben presto con tutti i suoi si trasfierl a Piacenza, mandando a Parma il Rangoni; ma fece venire in Roma, sbarcati a Civitavecchia, 2 mila degli Svizzeri e sette in- segne italiane di Giovanni dei Medici ; di più molta ca- valleria con Vitello Vitelli e 200 uomini d'arme di Federico Gonzaga ed altri soldati e capitani valorosi, restando a quanto pare a soldo di Francia in Italia 4 mila fanti delle bande nere col Medici, che seguitarono a stare nelle armi della lega. Parve il pontefice persuadersi alfine che pe' prò-

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pri interessi fosse meglio essere armato da vicino che aver esercito lontano a discrezione d'altrui.

L'imperatore in tal rivolgimento di cose fece che il Lannoy viceré di Napoli stesse in ordine con 6 mila Spa- gnuoli e con un' armata di trenta navi, ed aveva scritto a Ferdinando suo fratello gH mandasse un i8 mila Tede- schi con Giorgio Fronsberg, uomo nobile e pratico nelle passate guerre di Lombardia ed amicissimo del Borbone. Costoro tardarono a venire per essere intrigati contro il Turco in Ungheria, quando questo giunse a poche miglia da Vienna e poscia carico di preda si ritirò perchè infe- stato da gravi epidemie. Per lo che mentre le armi della lega stavano attendendo le risoluzioni di Francia e di Ve- nezia, sempre ferme a Casaretto^ all'udire la nuova di tal discesa di nemici, che era coli' intelligenza del duca di Ferrara, il Medici colle sue bande nere si mosse ad in- contrarli.

Il papa rimessosi da que' primi furori e pur ripensando al caso accadutogli co' Colonnesi diceva tanto di deside- rare la pace e di voler andare di persona a trovare l'im- peratore a Barcellona che ne fu sconsigliato dai re di Francia e d'Inghilterra, i quali lo avvertivano di non fidarsi di lui e che, se pace voleva, la trattasse sol con mezzi convenienti ed onorevoli. Allora per sua mala ventura ne pensò un' altra, di vendicare addirittura, per certe nuove correrie intorno a Roma, l'affronto già ricevuto dai Co- lonnesi, o come allora si diceva far la vendetta di San Pietro. Scagliò ai primi di novembre le forze chiamate in Roma a sua sicurtà, e con esse mandò il Vitelli, il quale co- minciò col bruciare Marino e Montefortino, spianare Gal- licano e Zagarolo ed afforzarsi a Valmontone.

Intanto Giorgio con un 12 in 14 mila Tedeschi tutti luterani, s'affrettò a discendere per Val di Sabbio e per la Rocca d'Anfo giungendo nel Mantovano a Castiglione delle Stiviere. Il duca d'Urbino e Giovanni dei Medici ai

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•19 novembre gli mossero incontro, e quest'ultimo che sapea coloro senza artiglieria da campagna e malissimo armati, cosi si die' a perseguitarli, che H stringea di continuo a ritirarsi, fuggendo verso Govèrnolo. Quelli però ai 24 pre- sero la via di Borgoforte e il Medici con ardire dava loro alla coda, situro sempre che non avevano artiglierie, quando tornando al suo alloggiamento per la via delle Fornaci, sentì scaricarglisi addosso alcuni falconetti sparati oltre il Mincio, i quali erano stati presi da una flottiglia che il duca di Ferrara mandava per il Po, restando ferito sotto il ginocchio per modo che in pochi giorni tra il 29 e il 30 novembre a Mantova, nonostante gli fosse segata la gamba, mori di spasimo.

Così finiva Giovanni de' Medici all'etcà di 28 anni, e così rimaneva, dice Luigi Guicciardini, questa nostra po- vera Italia a discrezione degli oltramontani, della morte del quale, subito che fu nota agli Spagnuoli e Tedeschi, co- storo mostrarono manifestissimi segni di grandissima le- tizia, poiché lo preponeano ad ogni altro capitano; restando inflitto sul fronte di Alfonso I d' Este onta ed infamia, soggiungo per mio conto, per essere stato strumento della morte del più prode e nobile dei cavalieri italiani, in una contesa, in cui egU avea poco a vedere, sfogando rancori ingiusti che risalivano al tempo di Giulio IL

Da ciò venne che non essendo più quelle masnade molestate, ai -28 passarono il Po ad Ostiglia ed alloggia- rono a Revere. Ben presto Bologna e Toscana entrarono in timore, poiché il duca d'Urbino non le seguitò più, non tenendo commissione di ciò, diceva egH, dal Senato ve- neziano. E per la morte del Medici anche i collegati co- minciarono a temere, tanto più perchè di que' giorni era arrivata al porto di Santo Stefano parte dell'armata spa- gnuola condotta da Carlo di Lannoy viceré di NapolL Sebbene disordinata da Andrea Doria, quando essa tentò di Corsica trasferirsi in Genova, adesso era cercata di nuovo

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in quel porto, di modo che con celerità sfuggendogli si gittò a Gaeta. Portava essa un 6 mila Spagnuoli circa e 2 mila Tedeschi, agguerriti per più anni contro certi Mori di Granata ai confini di Spagna e Francia ; ed ora smon- tati a terra presso Napoli gli uni e gli altri, dopo che il Doria gli ebbe sbaragliati, soffrivano malatt^a per i disagi avuti sul mare. Purnondimeno se per tutte queste cose, unite alla notizia della morte del Medici, si fossero gl'imperiali accordati in una risoluzione, forse ogni forza della lega in breve sarebbe stata fugata e disciolta. Ma i Tedeschi sebbene tardassero ad unirsi colle genti che erano in Mi- lano, passato il Secchia erano ai 3 dicembre a Guastalla, ai 4 raggiunsero Castelnuovo vicino a Parma, dove Fili- berto principe d'Orange, fiammingo, vi si congiunse; il 5 passarono il Lenza al ponte, il 7 il Parma; qui si fer- marono per le pioggie continue e per la grande penuria delle vettovaglie; con questa data il Datario Giberti scri- veva al Nunzio in Inghilterra: « I Colonnesi dopo la venuta dell'armata han preso tanto spirito, che minacciano far peggio che prima; et è una cosa grande lo spavento, che è nell'animo d'ognuno, che per tutta Roma si tra- mutano robe in quelle case, che son credute più secure, come se d'hora in hora aspettassero i Lanzichenecchi ». Perciò cogli 1 1 dicembre scriveva il Datario stesso al Na- varro ch'era sulle navi dei confederati, che presto mandassero a Roma Renzo da Ceri perchè col suo credito ed autorità solleverebbe le cose del papa, e coi 20 mila scudi del re, de' quali egli era portatore, avrebbe aiutato assai » . Agli 1 1 gl'imperiah passarono il Taro, ai 12 alloggiarono di da Piacenza a Castel Sangiovanni e a Borgo Sandonnino, ove restarono quattro mesi dilettandosi a guastare le imma- gini sacre e le rehquie. Dal canto loro i capitani spagnuoh in Milano vedevano l'utile del congiungersi coi Tedeschi e passare più sicuramente in Toscana; ma ne temevano al tempo istesso, perchè ne conoscevano le tendenze; quindi

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affermavano volere, prima di partire, essere soddisfatti delle paghe. E Borbone, che avea disegnato di secondarli, trovò l'espediente di fare sborsare al conte Girolamo Morone condannato a morte, 20 mila scudi dandogli libertà ; co- stui pel suo ingegno divenne suo consigliere.

Intanto il luogotenente del papa dette danaro ai fanti delle bande nere, che già cominciavano a sfilarsi, ne fece trasferire una parte a Parma, ov'egli pure si recò, e la- sciata ben guarnita Piacenza, dove dovea trovarsi già Giu- lian Leno, capitano d'artigheria e grande ingegnere con bombardieri scelti e munizioni, essendo partito da Roma il IO giugno 1526 a quella destinazione, e in dicembre era in Terracina; un' altra parte ne mandò verso Roma per il sospetto dell'armata a Gaeta e il resto delle forze a soldo della Chiesa e de' Fiorentini distribuì tra Bologna e Modena. Sarebbe stato miglior partito di tener sempre riunite le restanti armi della lega. Machiavelli avea pre- veduto le fatali conseguenze della disseminazione delle forze e del poco accordo dei collegati. Agli 1 1 di aprile da Forlì scriveva a Firenze : « ... e se si a fare la guerra, e questo esercito della lega non si unisce, ogni cosa andrà in rovina...» e più sotto: «... seguitando la guerra, se questo campo non si riunisce, se non si soddisfa a' capi, se i Veneziani e il re non diventano migliori compagni, se il Papa non fa di essere più danaroso, si porta peri- coli evidentissimi d'una strabocchevole rovina ». Ma era chiaro l'animo di Francesco Maria di non acconsentire mai quest'unione per non dover passare il Po e venire anche a giornata ; egli ritenendo sotto le mani le forze francesi e svizzere tutelava lo Stato de' Signori che lo tenean a soldo, promettendo solo passarlo in caso l'inimico si volgesse a Bologna o a Pontremoli : così era certo tener discosto la guerra da casa loro, guardando di non cattivo occhio, com'è usanza dei signori Veneziani, l'indebolimento e il travaglio degli altri Stati d'Italia, compromessi a subire una

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stessa sorte. Perciò questi abbandonati a stessi, ma legati sempre alle parti di Francia, venivan dando esecuzione a lavori di fortificazione: Firenze col conte Pier Nofri da Montedoglio secondo il dettato di Pietro Navarro quand'era segretario il Machiavelli e per recenti consigli del dicem- bre, che furono poco osservati ; le Romagne secondo la visita fatta innanzi dal Sangallo e dal Sanmicheli per mezzo del Guicciardini; e Roma restava sempre aperta, nessuno consigliando il papa a pensare di provvedere di ripari e di artiglierie le parti del recinto interamente sco- perte, le quali purtuttavia erano state studiate da Antonio da Sangallo.

Ma il papa pascendosi ognora della bella speranza di trovare a suo piacimento gli accordi della pace, li rinno- vava col viceré di Napoli, ch'era sempre a Gaeta : costui vi rispòndea simulando; imperocché il solo accordo in cui era fisso era quello di far coi Colonnesi guerra al ponte- fice, del cui carattere mal fermo diffidava sempre. Pro- mise perciò tregua per qualche mese se avesse Ostia e Civitavecchia per sicurezza, ed alcune somme di danaro: intanto non trascurò di ridurre insieme tutte le forze del regno con quelle che avea condotto per mare, uscir con esse da Napoli e andar a campo a Prosinone, dove si trovavano rinchiusi circa a 2000 fanti delle bande nere. Nel medesimo tempo il Borbone passava il Po, ed ai 30 gennaio 1527 univa gU Spagnuoli ai Tedeschi, parte di loro a Pontenuovo, parte di di Piacenza; e il Lan- noy trattava ancora col papa e teneva i suoi attorno a Prosinone; così il re e i Veneziani andavano a rilento ad aiutare questo, mentre quello co' suoi 12 mila fanti nuovi assediava e batteva quella città, e n'era ributtato più volte e il Vitelli accorreva in aiuto partendo da Roma il 12 e 13 gennaio con buona banda di cavalli e flmti italiani e 2 mila Svizzeri essendo legato dell'impresa il cardinal Ago- stino Trivulzio; cui il Datario Giberti infocava col dire

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che la maggior felicità d'Italia e del mondo era riposta nell'esercito, nel capitano e nel legato. E le cose proce- derono per questi siffattamente che il viceré si dovette di- scostare dalle mura, perchè in una zuffa parziale del 31 gennaio i suoi Tedeschi nuovamente venuti furono rotti con 200 morti e 400 prigioni in modo che spaventa- rono il resto dell'esercito. Che se si fosse seguitata la vit- toria, e soccorso di paghe i soldati, poiché il datario confessava che non essendovi danari da fornir la paga agli Svizzeri, non si eran potuti muovere, e quelli del signor Gio- vanni pur gridavan danari, si sarebbe interamente messo in fuga e fatto flicilmente dipoi gran mutamento nel re- gno. Avvenne il contrario.

Arrivò a Roma sul finir di gennaio. Cesare Fieramosca mandato dall'imperatore al papa per condolersi degli ac- cidenti avvenuti nella città per causa di don Ugo e dei Colonnesi, desideroso egli di comporre ogni discordia: ma il trattato della pace si riduceva ad una tregua da durare due o tre mesi, pagando però il papa centocinquanta mila scudi, i Veneziani scudi cinquanta mila, e dando pegno Parma, Piacenza e Civitavecchia, con tregua pure di otto giorni per dare spazio a conoscere le intenzioni di questi. L'ambasciatore inglese partì il 24 febbraio per Venezia per indurre la Signoria o ad aiutare gagliardamente il papa o a consentire alla tregua. Intanto ebber tempo le genti del Lannoy a ritirarsi pel danno ricevuto conducendosi con prestezza a Ceprano e lasciando molto bagaglio e due pezzi di grossa artiglieria, e l'esercito papale prosegui contro gl'imperiali; i Veneziani avendo risposto di non far tregua se non col consenso del re di Francia.

Pochi giorni prima, cioè agli ultimi di febbraio, Renzo degli Orsini detto da Ceri, per mezzo della fazione guelfa avendo bruciato Siciliano e preso l'Aquila, procedeva innanzi pe' monti con inaudita crudeltà vendicando antiche ingiurie, e mettea sossopra le deboli castella e villaggi degli Abruzzi.

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il Doria coll'armata, Orazio Baglioni liberato dalle carceri poco innanzi dal papa, restavano dal molestare con arditezza i porti vicini al mare tanto che questi avea di già preso Salerno e quegli si trovava con assai fanti a Gaeta. Per gli acquisti dunque fatti in terra e in mare, l'esercito del papa avea già passato Sangermano ; il viceré colla fantasia sbigottita e la fazione guelfa tumultuante, s'era ritirato a Gaeta e don Ugo a Napoli ; ma il papa bisognoso di danaro e trepidante per gl'imperiali che col Borbone venivano senza impedimenti innanzi, ai i8 feb- braio, mentre i collegati stavan fermi a vedere, non de- sisteva al solito di trattare accordi, senza concludere, per i suoi agenti, che non aveano istruzioni, mentre i colle- gati lo esortavano a non far tregua promettendo danaro.

I progressi però dei pontifici nel regno di NapoU se eran felici nelle fazioni, non lo erano per la carestia dei viveri che soffriva quell'esercito o per negligenza o per mali provvedimenti dei ministri al punto che all'apparire della vittoria, i soldati non progredendo tumultuavano, si sbandavano e l'impresa raffreddavasi; imperocché il re non mandava il danaro promesso, le genti mal reggevansi nei luoghi presi, anzi tornavansene a Roma non certo disci- plinate ed altere. E il papa che di più sentiva dire che il Borbone e i suoi s'accostavano con animo di andare a Bologna o di sorprendere Firenze, maggiormente inclinava alla pace.

Di fatto ai 20 febbraio il Borbone dopo eh' ebbe la- sciate metà delle forze in Milano sotto la custodia di An- tonio di Leva, passava il Trebbia con 7 mila uomini d'arme, molti cavalleggeri quasi tutti itahani, 12 mila fanti tedeschi, 405 mila fanti spagnuoli e 2 mila fanti ita- hani, feccia di banditi, e tutti non pagati. Ai 22 arrivò a Sandonnino, senza munizione e senza vettovagHa, senza guastatori e senza danari. Unica speranza era di aver Roma e gran parte d'Italia per predarla e saccheggiarla. Il 24

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passò il Taro, mentre il 25 i pontifici erano a Sassuolo diretti a Castelfranco ; intanto il Borbone giunse a Reggio, e passato il Secchia, piegò a sinistra ed arrivò a Buon- porto. Quindi andò solo al Finale, per abboccarsi col duca di Ferrara, e pare ch'egli il consigliasse di marciar diret- tamente su Roma. Ai 27 febbraio il Borbone e i suoi al- loggiarono a Sangiovanni in Persiceto, tra Cento e Bo- logna, Quivi si diedero a predare per vivere spargendosi nel contado. Se l'esercito della Chiesa si fosse loro avvi- cinato e li avesse tenuti in rispetto, era opinione ch'essi non sarebbero corsi qua e devastando; ma, com'eran ridotti nelle maggiori necessità, o avrebbero retrocesso o si sarebbero sciolti. Pur tuttavia il luogotenente generale Guicciardini, temendo che gl'imperiali si volgessero a Fi- renze, mandò parte delle sue fanterie a Pianoro e le altre aveva distribuite ed ordinate in modo che, come coloro avessero preso il cammino del Sasso a traverso l'Appen- nino subito quelle si conducessero, come si condussero, per la via di Marradi a Firenze innanzi agl'inimici, dove ancora sarebbe la persona sua insieme col marchese di Saluzzo e altri capitani con molti fanti e cavalli. Era troppo lo zelo del luogotenente; impedendo così la via di To- scana recisamente, l'inimico trova vasi agiatamente sulla via di Roma. Con tutto ciò il Borbone era intento ad altro che il travagliava; davasi ogni cura a trovare vettovagHe, molte delle quali ogni giorno gli venivan mandate da Fer- rara, e colà venia mettendo assieme guastatori e muni- zioni. Ma ai 14 di marzo i fanti tedeschi e spagnuoli gli si ammutinarono domandando danaro, e il Borbone correa pericolo di vita se non si fosse occultato; tanto è vero che svaligiarono il suo alloggiamento ed uccisero un suo gentiluomo. Il marchese Del Vasto perciò fu costretto di correre a Ferrara, dove trovò un po' di danaro e quietò con questo il tumulto, condiscendendo essi per necessità ad obbedire al Borbone, il quale generalmente era odiato. Gli

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Spagnuoli lo schernivano per l'ambizione di aver deside- rato sposare quella che ebbe in moglie Francesco I e per aspirare ad essere duca di Milano; i Tedeschi il dicevano furfante per aver perduto tutte le sue sostanze e per es- sere traditore della sua nazione. V'era poi il suo collega Giorgio Fronsberg, uomo bestiale e rotto, il quale per odio agli ecclesiastici diceva voler strozzare il papa con un cor- done d'oro che portava con sé, e ogni cardinale con cor- done di seta chermisina. A costui però in un tumulto dei suoi minacciato nella vita prese un colpo apopletico, onde cionco in lettiga fu portato a Ferrara ove visse alcun tempo, finché noi ricondussero in Germania. Ai 17 marzo soprav- vennero nevi e pioggie stemperate, che ingrossarono i fiumi e guastaronsi le strade in modo che quelle orde selvaggie furono costrette a rimanersi.

Noi pur lasciamole per poco tra i paduli e il fango, e riportiamoci a Roma tra ben altra melma. I nuovi pro- gressi del Borbone, l'inazione dell'armi della lega col suo generale Francesco Maria, coperto nemico dei Medici e scopertamente ligio al governo veneto, i Fiorentini mal disposti e volti a novità atterrivano il papa; la presenza in Roma del segretario del viceré di Napoli e l'arrivo in essa del frate Francesco degli AngeH,- generale dei fran- cescani, o confessore o stretto parente dell'imperatore, il quale portava commissione della pace tra lui e il ponte- fice_, ne lusingavano l'animo; le spese incessanti di guerra, il nessun esito delle operazioni fatte nel Napoletano lo spronavano a risolversi. Lo decisero finalmente alla pace il ritorno agli 1 1 di marzo di Cesare Fieramosca, confidente dell'imperatore e la lettera da lui recata, piena di rispetto e di sentimenti pacifici; ma contemporaneamente al Fie- ramosca, per mettere a tortura l'animo del papa, giunse pure monsignor Langes, con promesse assai del re di Francia, acceso più che mai alla guerra. Ma eran parole e nulla più; l'armata intanto al 7 marzo si era recata a

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Sorrento e alla Torre del Greco e fin presso Napoli, dove Orazio Baglioni con 1500 fanti sostenne un combatti- mento. E la pace, o meglio sospensione d'armi per otto mesi, si concluse ai 15 di marzo, giorno nefiisto, da cui trassero impulso se non origine le sciagure di Roma e d'Italia. Le condizioni^ senza commissione dei collegati e senz' essere preventivamente loro comunicate, furono queste, che amo trascrivere dalla descrizione citata di Luigi Guicciardini :

« Che le armi e le forze cesaree, insieme coi Lanzi ultimamente venuti in Italia, si ritraessino e si riducessino dove erano avanti si cominciasse la .guerra, restituendo nondimeno a Francesco Sforza, come a legittimo duca, il castello e Milano con tutto il suo ducato. Dall'altra parte, il regno napoletano rimanesse libero all' imperatore dove ancora si trasferissino tutte le fanteria sue; e che li Te- deschi, ricevute tre paghe da Sua Santità, ritornassino subito al paese loro; e finalmente si dovesse per l'una parte e per l'altra fare a spese comuni l' impresa gagliar- damente contro agi' infedeli, e che s' intendesse riservato tre mesi di tempo a tutti i collegati ratificare, piacendo » . Agli orecchi de' quali quando pervenne, prosegue il Guic- ciardini^ « fu biasimato molto e da ciascuno per diverse cagioni ripreso : da' cardinali e da' prelati, perchè si per- suadevano certa la vittoria, e che la grandezza e la pompa loro dovesse assai per tale accordo diminuire; da Francia e da Inghilterra, per dubitare che Cesare, non essendo stati autori loro, e restando il pontefice inclinato e obbli- gato alla voglia sua, avesse in futuro di ciascun re a te- nere poco conto : da' Veneziani, per giudicare che la sedia della guerra dovesse in breve ridursi nel dominio loro: dal duca di Milano, per perdere intieramente la speranza del suo ducato ; dal governo di Firenze, ancor che gran parte de' suoi cittadini l'avesse prima molto persuasa al papa, nondimeno avendo tardato tanto, dubitavano molto allora

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dell'astuzia del viceré; massime tenendo per cosa certa che Borbone, trovandosi tanto innanzi in campagna, e con tante forze, aggiunto il persuadere egli ad ognora a quelle il condurle in Toscana, essendo stato per ordine suo concluso, non l'avesse a confermare; ne stavano tutti li amici di Sua Santità di malissima voglia ».

La narrazione attribuita al Buonaparte riduce l'accordo in questi termini, che giova aggiungere : « Sospensione d'armi per otto mesi; il pontefice pagasse all'esercito im- periale scudi sessanta mila ; si restituissero le terre prese l'un l'altro, e la dignità del cardinalato a Pompeo Colonna assolvendolo dalle censure; venisse a Roma il viceré di Napoli ».

Questi ricevuto in ostaggio il legato Trivulzio a Na- poli, venne il 25 marzo a Roma; ma un fulmine (in mezzo ad una pessima giornata di vento, pioggia e tem- pesta inusitata, come quel giorno ch'ei venne a Roma ai tempi di Adriano VI) colpì e malmenò il palazzo che egli andò ad abitare; i Romani ne trassero cattivo augurio. E poiché un errore facilmente posto ad un secondo, il papa mostrando confidare nel concluso accordo licenziò la soldatesca tra cui i duemila Svizzeri e i fanti delle bande nere, che avean riputazione dei migliori in Italia. Riservossi solo cento cavalleggeri e circa un duemila delle suddette bande, e die ordine che tutta l'artiglieria per terra e non per mare fosse condotta in Roma. Il Fieramosca intanto avea spedito le convenzioni al Borbone, perchè le approvasse, e, ricevuti i danari, uscisse co' suoi dallo Stato; ma Borbone e coloro che voleano guerra e guadagni, i denari non essendo che per due paghe, non accettarono accordo e si dierono a saccheggiare come prima il Bolo- gnese, risoluti di proseguire il viaggio. Un messo pure del viceré si recò presso il Borbone, per persuaderlo a ricevere la tregua; il messo se non era lesto a fuggire, restava ucciso dalle ire degli Spagnuoli; così il marchese

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del Vasto se ne tornò a Napoli e il 5 di aprile il Borbone entrò nel territorio d'Imola e il 13 andò verso Meldola.

Il pontefice pregò il viceré di pigliar la briga lui d'an- dare in Toscana per provvedere alle cose di Firenze e di opporsi ai disegni del Borbone colla sua autorità. Dove mai si giunge quando si è messi in sentiero sdrucciolo ed inclinato ! Il Borbone già avea risposto al Fieramosca, il trattato piacergli molto ed essere utile all' imperatore, ma i denari esser pochi; se fosse stato un dugentomila scudi, si sarebbe egli ripromesso di contentare i soldati ; intanto non guardasse se non si fermava, poiché sebbene parea che non obbedisse, pur non erano che apparenze queste per secondare l'esercito. Cosi erasi costui accordato con alcuni soldati e capi a non voler danaro e minacciar chi lo portasse.

Il viceré sollecitato ancora dal papa, parti per le poste, e andò a Firenze. Quivi gli si promisero cencinquanta- mila scudi e dati ottantamila, il rimanente promesso ad ottobre. Il Borbone era vicino alla Vernia; il viceré gli fece intendere che si fermasse, che volea con lui abboccarsi, e solo con un trombetto e due gentiluomini famigliari andò a trovarlo ; poco mancò non fosse fatto a pezzi o maltrattato come gli altri che furono o presi o feriti. Im- pacciato e attonito rimandò Berlinghieri Orlandini cogli ottantamila scudi ai Fiorentini, e se ne andò a Siena. Molti sostennero che egli fosse d' intesa a sbeffare e bur- lare il papa, e tutto fosse finzione; la più comune e più verosimile opinione era ch'egH e il papa fossero dal Bor- bone villanamente ingannati e beffati !

Da Meldola, castello allora di Alberto da Carpi, vicino a Forlì, preso per trattato e messo a fuoco, si gittò a Ci- vitella di Romagna, debole e picciol castello della Chiesa ; avutolo a patti e saccheggiatolo, per la medesima valle seguitò il suo cammino e colla medesima furia e crudeltà passò Calcata, Pianetto, Santasofia e Sanpiero in Bagno,

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piccioli e debolissimi luoghi e borghi di Firenze, arden- doli e predandoh tutti. Dipoi, arrivato presso la Pieve di Santostefano e alcuni de'suoi fanti alla sfilata datovi qualche scaramuccia, si distese per il piano d' Anghiari e d'Arezzo : di allungando le sue masnade fino a Chiusi e Castel- luccio di sotto e di sopra, a Laterina e a Rondine, bat- tagliando e saccheggiando rivolse verso Firenze e giunse a Montevarchi tra il 21 e il 22 d'aprile, e vi si fermò col grosso dell'esercito stanco e per le difficoltà del vivere non cibandosi che d'erbe e carni perfino d'asino. I Fio- rentini intimoriti mandavano a lui per comporsi; ed egli chiedeva ogni più danaro, si movea: quindi essi con questa speranza non proseguiano i provvedimenti ed egli era sempre pronto ad assaltare gente sprovveduta. In questa stazione ingrossò l'esercito, perchè molti fanti d'Italia nel desiderio di qualche espugnazione e preda notabile, s' univano agli oltramontani, come portava il costume (sono parole della descrizione di Luigi Guicciardini) degh scorretti soldati del tempo, non avendo vergogna di tro- varsi coi comuni nemici all'estrema e miserabile distru- zione d' Italia; e il Borbone li riceveva volentieri per es- sere più formidabile !

Il pontefice, mentre il Borbone era fermo, scrisse al viceré a Siena dicendo che se costui non si ritirava fuori dello Stato della Chiesa e del dominio dei Fiorentini, non intendeva che il trattato andasse avanti. Sperava con ciò che i nemici fossero costretti a domandare ac- cordo più tollerabile, come se non avessero armi in mano, ma bordoni da pellegrini; tale speranza era poi lusingata dall'esser vicine alle mura di Firenze quasi tutte le forze della lega, e Firenze munita in parte per sostener assalti, come se quelle masnade stessero sulle Alpi, e non tra Roma e Firenze. Che sapienza di papa e di ministri !

Di soprappiù pareva che il papa ignorasse che una parte dei Fiorentini, anche per recenti violenze da lui co-

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mandate, desideravano che i Tedeschi magari pighassero e saccheggiassero Firenze, stimando non con altro modo Hberarsi dalla servitù di lui e di tutta la progenie medicea. La gioventù però, sempre generosa, chiedeva armi per difendere la patria, e il papa finalmente avendo scritto al cardinal di Cortona che si concedessero, questi si era posto d'accordo col gonfaloniere di Giustizia, Luigi Guicciardini, quando Rinaldo Corsini cominciò verso Mercato Nuovo contro quei che governavano lo Stato a declamare col- r intendimento di togliersi dal servaggio dei Medici. Non però l'oratore attecchì, e la gioventù corse al palazzo, e dopo parecchie ore inteso il tumulto, il cardinal di Cor- tona tornò a Firenze coi cardinali Cybo e Ridolfi, con Francesco Maria, con Ippolito Medici e molta fanteria, e tutto fu sedato, e tutto, il dirò colla frase dei reprimitori nostrani e stranieri, rientrò nell'ordine.

Quando poi il Borbone ebbe appreso che il papa ri- cusava di stare all'accordo, perchè non gH si erano man- tenute le condizioni fermate, tra le quali era che proprio egli e i suoi dovessero sgomberare lo Stato di Firenze e della Chiesa, e che eran riunite attorno a Firenze tutte le forze della lega, si partì da Montevarchi e si trasferì nel dominio di Siena, dove stabiU di gittarsi su Roma; onde lasciate in sicuro, perchè territorio amico, tutte le artiglierie ed ogni impedimento ed assicurate le vettovagHe col governo di Siena, ne partì il 27 di aprile (i). Questo

(i) Per questo fatto è inutile asserire che il Borbone avesse coi. anche un cannone; e peggio ancora un qualunque cannone di grosso calibro. Giova qui riportare una leggenda complicata, un po' curiosa, ,che trovasi nei libri. Si dice (vedi Antichità ài Roma di Giacomo Pinarolo. Roma, 171 3, tom. II, pag. 12) che « nella porta principale di questo Palazzo (di Villa Medici) foderata di ferro, si vedono tre colpi di palla di cannone tirati dalla regina Christiana Alessandra di Svezia da Castel Sant'Angelo per curiosità •>■>. Can- cellieri dopo di aver riferito quest'aneddoto nel volume L& Due- Campane, di Campidoglio (Roma 1806, pag. 156 in nota), vi torna

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si chiama profittar dell'occasione offerta dalla buaggine degli avversari ed anche dalla perversità di un Italiano, poiché si vuole che il cardinal Pompeo lo assicurasse

sopra nel volume II Mercato, il Lago, ecc. Roma, 1811, a pag. 222, in questo modo parlando della stessa Cristina di Svezia: « Un giorno per suo divertimento, tirò tre colpi di palla di cannone, con uno di libbre 2395 detto lo Spinosa, preso all'Esercito Borbone a Monte Mario (Degli Effetti, Monte Soratte, idi) alla Porta foderata di ferro della Villa Medici, ove ancora se ne vedono impresse le ve- stigia, dalla fortezza di Castel S. Angelo ». In tutto questo che cosa sia di vero, non so. Quello che v' è di certo si è che sulla piazza di Rignano, paese vicino a quello di S. Oreste, che sta sul Monte Soratte, si vede ancor oggi un antichissimo cannone formato almeno un secolo prima che il Borbone predasse Roma. Esso è a doghe di ferro battuto e cerchiato. Si carica dalla culatta, per mezzo di un mascolo ed è offeso nella gioia, rarissimo, e bel cannone degno di museo. E siccome il duca Valentino in Rignano aveva un forte, di cui resta in piedi tuttora la base di una torre, ragion vuole che quel cannone lo guernisse e sia restato colà quasi reliquia di quello. Certo è poi che quando il Borbone marciò su Roma, quasi ad appoggiar quella marcia i Colonnesi a Rignano fecero escursioni guidati da un tal Mario da Monterolondo della famiglia Orsini. Che costoro lo abbian preso e portato con è probabile ; ma lo abbian lasciato a Monte Mario e rimanesse preda delle genti di Clemente VII, fosse poi trasferito in Castelsantangelo, il ToR- RiGio (Le Grotte Vaticane, ecc., pag. 261) lo vedesse in questo e che con esso Cristina di Svezia tirasse dei colpi nel 1668 per divertimento alla porta ferrata di Villa Medici e che in questa ai primi del pre- sente secolo si vedessero ancora tre tracce dei colpi tirati, non è facil cosa colla scorta del buon senso il prestarvi fede. Domanderei, chi lo trasse di Castelsantangelo per farne dono a quei di Rignano, i quali lo tengono in proprietà e ne sono gelosi al punto che gli han fatto una tettoia ; che non lo han voluto cedere all'arsenale e museo d'artiglieria di Torino con lo scambio proposto d'altro pezzo d'artiglieria; che si servono del mascolo per spararci insieme a' mor- taletti in occasione di festa del Santo titolare. Q.uesto è quanto al cannone ; sul nome di Spinosa non fo quistione. Ma la regina di Svezia avrà tirato ella o no questi colpi che gli scrittori le attribui- scono? La Villa Medici a suoi tempi non era Accademia francese di belle arti; era facile però la Hcenza di tirar palle a traverso Roma,

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delle poche genti armate in Roma : qual' è quel capo di avventurieri, che con simili condizioni non avrebbe consumato l'impresa, favorita, vedi caso, da quella Siena stessa, da quella Repubblica che un secolo e mezzo ad- dietro favorì invece, con una santa monaca alla testa, il ritorno dei papi da Avignone?!

A grandi giornate giunsero le masnade al fiume Paglia, e traghettatolo a nuoto, sebbene gonfio per forti piogge e riordinatesi con prestezza e senza ostacoli seguitarono il viaggio; il maggio erano ad Acquapendente che misero a sacco, quindi a Sanlorenzo alle Grotte e a Boi- sena; l'indomani a Montefiascone, il quale non volendo dare il passo ne vettovaglia, fu saccheggiato ; mossero poscia verso Viterbo, ove entrarono con l'opera de' fuo- rusciti e n'ebbero i viveri; i Lanzichenecchi che furono alloggiati alla Madonna della Quercia, uccisero tutti i frati; Ronciglione per aver negato il passo e le sussistenze fu messo a sacco e violate le donne ed ammazzati molti della compagnia di Ranuccio, figliuolo del cardinal Farnese.

Firenze die pronto avviso a Roma della partenza del Borbone, e dispose che l'esercito della lega, ch'era a San- casciano, si spingesse prontamente ad Arezzo, onde per la via di Perugia fosse a Roma, che era sprovvista di tutto,

che nel tragitto non solo i comignoli de' tetti, ma potean colpire in pieno chiese e case, nobili e plebei ? E lo Spinosa o altra qualsiasi artiglieria del tempo giungeva a cogliere col Tevere e la sua valle in mezzo, e in direzione del mausoleo di Augusto senz'altro la porta di Villa Medici, 1500 metri distante in Hnea retta dal maschio, facendovi solo ammaccature?! In tutto il racconto v'è certo una confusione e una mistificazione innocente. Si creda pure che Cri- stina tirasse a un bersaglio qualunque dal Castello, ma si lasci a me credere nello stesso tempo che il Monte Mario non sia altro che Mario da Monterotondo co' Colonnesi a Rignano, dove è il Soratte a piccola distanza, ed era ed è il cannone a doghe cerchiato con suo mascolc del secolo xiv o xv da me veduto e toccato in questi ultimi anni, il più lungo che si conosca di que' tempi tra noi.

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prima del nemico; e questo prometteva il conte Guido Rangoni, sollecitando egli il capitan generale provvisorio della lega Francesco Maria, il marchese Saluzzo e il prov- veditor veneziano : ma sic erat in fatis il gran condottiero non si partiva di Firenze; e sebbene lo spazio a percor- rere fosse di un nono più lungo di quello del nemico, e sebbene il Borbone precedesse almeno di due marce le genti confederate di un 30 miglia circa, contando anche r impedimento delle artiglierie e delle salmerie, pur tut- tavia colla cavalleria e i fanti leggeri del Rangoni potea prendere le feroci masnade di fianco sui piani medesimi, ove lottarono Massenzio e Costantino, dar tempo a tutto l'esercito di giungere e sconfiggerle. Invece le genti della lega pel dominio fiorentino fecer peggio che non avean fatto Tedeschi e Spagnuoli, perfino saccheggiando Castel della Pieve con la morte, dicesi, di sei o ottocento per- sone, tanto che erano a due miglia dal lago di Perugia, quando il Borbone co' suoi giungeva alle mura di Roma il giorno di sabato 4 maggio 1527 alle ore 21 (ore 5 po- meridiane), il grosso dell'esercito prendendo alloggiamento alla distanza di sette miglia nel luogo detto Isola, or con più distinto nome chiamato Isola di Farnese, non lontano dal famoso torrente il Cremerà, luogo nefasto ai Fabi e a' Romani ed a Massenzio.

Roma, che tante volte aveva sostenuto assedio dal tempo dei Goti fino ad Arrigo IV e al Barbarossa, non era, al momento in cui vi giunse il Borbone, preparata a sostenere un assalto qualunque : non era che la Roma del tempo dei Galli, da cui non fu salvo che il CapitoHo. L'arte fina di Clemente talora per addormentare chiunque a forza dovea aver su lui la maggior vigilanza, e tal' altra per ecci- tare e sfidare il nemico con istolti propositi, consisteva nel lasciar sguernita Roma di difensori e di opere di difesa. Nuova politica d' ingegno bastardo ! Gridando ad ogni ora pace ed accordi, aveva fatto e veniva facendo guerra

Le Guerre dei Sette oAnni SSy

all' imperatore con un esercito, che giunse a' danni di quello fin sotto le mura di Milano, e con altro esercito e con le navi confederate fin sotto la città di Napoli, ar- mato ai confini e fuori, ma nel centro disarmato e nudo.

Aveva fatto il papa visitare e fortificare le città di Romagna; aveva fatto bastionare e guernire di tutto punto Parma e Piacenza, che allora erano sotto la dizione pon- tificia; aveva consigliato e fatto armare e munire magni- ficamente Firenze, e molti luoghi della campagna aveva resi forti e muniti; i più grandi nomi dell'epoca quali ingegneri e soldati presiedevano e combattevano, ma in Roma nulla; e se gente armata e di vaglia era fatta ve- nire, come gli Svizzeri e parte delle bande nere, giunta a Roma per ordin suo era sciolta e licenziata. Parea vo- lesse dire al Borbone vieni qua, vieni qua! ed egli vi venne e come !

È vero che Antonio da Sangallo il giovane, sia per commissione di lui, sia di moto spontaneo avea compiuto, prevedendo i tempi, ciò che valente ingegnere suol fare. Studiato egli avea tutto il terreno e il giro delle mura di Roma, e i suoi studi prima e dopo l'epoca infausta del 1527 protrasse per molti anni. Die forma alle sue idee sulla carta in molti disegni per afforzar la città di lavori alla moderna, modificando la cinta aureliana o sostituen- dola. Difatti cominciò in questa sua opera da Castelsantan- gelo, progredì pei borghi, poscia pei colh di Santo Spirito, di porta San Pancrazio, di Testacelo e del Monte Aven- tino giugnendo pel recinto aureliano a porta Pinciana, no- minando in questi suoi disegni, ove sono appunti di livel- lazione, anche il baluardo fuori porta San Paolo, da lui fatto eseguire poco dopo il 1534 coll'opera del fratel suo Battista il gobbo, sotto il pontificato del successore Paolo III. Oltre che tutto questo che io dico emerge dai disegni di lui, che si conservano a Firenze nella R. Galleria e dei quali è cenno nel Commentario alla vita di Antonio scritta

338 C. 1{avioli

dal Vasari nell'edizione fiorentina del Le Monnier, 1854, a pag. 24 e seguenti, voi. X; sappiamo chiaramente an- cora dall'opera del De Marchi, che il progetto del San- gallo buono o cattivo che fosse, era di circondar Roma con diciotto baluardi d'ordine rinforzato, ossia a fianchi doppi, come quello appunto, nominato di sopra, e che si eseguì fuori porta San Paolo. Ma se non potè, prima poi porre in atto tutto il suo progetto, cominciò egli tuttavia poco dopo il 1527 la fortificazione del colle di Santo Spi- rito e la porta, che restò incompleta, come ancor si vede, per la disputa avuta con Michelangelo circa il 1542 e perchè ben presto si pensò a fortificare le alture del Gianicolo.

Ma queste sono opere posteriori al 1527 e delle ante- riori non evvi traccia, perchè nulla si fece ad eccezione di un subito riparo fatto fabbricare da Renzo da Ceri nel mezzo del Vaticano; cosa della quale, oltre i periti di Roma, anche i nemici se ne facevano befie. Queste sono parole testuali del Ragguaglio storico attribuito a Jacopo Buonaparte. È un po' diffìcile dire in che consistesse questo riparo e dove fosse collocato. Può ritenersi però essere stato un trince- rone in terra a campo aperto sul monte Vaticano presso i giardini, il quale secondando le vie a dritta o a sinistra di porta Pertusa, allora non chiusa, a modo di forbice o di puntone, formasse una seconda cinta interna circondante la parte posteriore della basilica vaticana allora in rico- struzione. Quindi senza badare a tal riparo non resta che dare un' idea dello stato del circuito della città al momento che ferocemente a lei il Borbone sovrastava.

Il Castelsantangelo era quale ai tempi di Innocenzo Vili e di Alessandro VI ; cioè, si componea del maschio, qual' è pur oggi, entro cui s'alzava una torre merlata di basse cortine col suo torrione quadro di mezzo, ed un recinto quadrato ai piedi, con quattro torricelli agli angoli, che poscia presero nome di cavalieri; di faccia al ponte Elio il tor- rione tondo, legato alle cortine dei torricelli, e tra il fiume

Le Guerre dei Sette oAnni SSg

e il ponte, a destra di questo, l'edificio casamattato di Antonio da Sangallo il vecchio, distinto col nome di Giar- dino, legato esso pure all' inclaustro inferiore ed avente nell'angiporto tra lui e il torrion tondo l'unico ingresso al Castello, che avea le sue fosse all' ingiro, coronato tutto di piombatoi e beccatelli e di merli all'antica o alla francese per dar posto ai cannoni, (i) Chi volesse avere

(i) L'edificio casamattato del Giardino fu opera di Antonio Giam- berti da Sangallo, il vecchio, che gli fruttò la costruzione del bel forte di Civitacastellanà, lodato dal Brantóme nella Vita di Cesare Borgia, imperocché l'uno e l'altro furon costruiti ai tempi di Ales- sandro VI. Il forte del Giardino non è stato osservato mai da nes- suno, eppure era ben facile riconoscerlo nelle parole della lapide di Urbano Vili, il quale il fece demolire per tre ragioni. Perchè fosse libera la difesa dei fianchi del nuovo pentagono già finito di costruire ai tempi suoi, perchè la sua mole insistendo nell'area dell'attuale cancello d'ingresso al castello fino in direzione della porta, accecava due fornici del ponte Elio, e perchè restringendo la sezione del fiume all'epoca delle grandi piene tratteneva le acque. Il torrion tondo che fronteggiava il ponte suddetto sul passo della strada non ha nulla a vedere colla iscrizione della la- pide sopracitata, perchè fin che fu in piedi non off"ese mai le tre condizioni accennate nella lapide.

Di questo forte alessandrino esistono due documenti. L'uno è offerto dal Gamucci {Le Antichità della città di Roma, ecc., 1569), per chi sa leggerne l'incisione in legno a pag. 188, ove ne l'elevazione. Consisteva esso in un edificio quadro con sotterraneo quasi a livello del Tevere con muro a scarpa sino al cordone e quattro feritoie a fiasco da spingarde nel lato che guardava la piazza di ponte. Di sopra eravi una linea di beccatelH e piombatoi con sopra una cor- nice a livello del piano della volta. Su queste posava una batteria casamattata con tre cannoniere. Coperta essa pure da un secondo piano di volte, sostenenti un terrapieno in piano a botta di bomba, offriva comodità nel mezzo a coltivarvi fiori e piante, donde il nome di Giardino; e intorno una batteria in barba con sue cannoniere e merloni o merli, cosi detti, alla francese, in numero pur di tre, dal lato della piazza di ponte: di soprappiù il parapetto era in muro a becco di falco. Oltre ciò nell'angolo che sorgea presso il ponte s'alzava una torre con gran finestrone dal lato sempre che prospetta

340 e. Traviali

un' idea adeguata del Castello e del giro delle mura della cinta Leoniana di poco anteriore all'epoca che ci intrat- tiene, non ha che guardare l'affresco del 1465 di Benozzo

la piazza, coronata essa pure da piombatoia beccatelli e merli. L'altro documento sono le parole di Benvenuto Cellini, il quale in que' sotterranei fu rinchiuso dopo la sua evasione, quand'egli si gitto dal maschio nel 1539. « Io fui portato, dice nella sua vita, sotto il giardino in una stanza oscurissima, dov'era dell'acqua assai, piena di tarantole, e di molti vermi velenosi ». Dalla descrizione fatta è chiaro che al Cellini, dopo che colla gamba rotta il papa lo fece mettere in Vaticano nelle camere basse del giardino secreto, riconse- gnato al castellano, fu dato a carcere il piano della casamatta su- periore, sottostante al Giardino. Ma il castellano Giorgio Ugolini fiorentino non fu contento, lo volle cacciare nella inferiore con queste parole: « Andate presto e mettetelo in quella più sotterranea caverna, dove fu fatto morire il predicatore Foiano di fame.... » Quest'edificio adunque durò per tutto il secolo xvi e nel 1628 era già demolito e a monumento di giustificazione fu posta da Ur- bano Vili nel muro di Castelsantangelo la lapide seguente :

VRBANUS . Vili . PONT . MAX .

PROPVGNACVLVM . DVO . HAEC . INTERCLVDENS

SVB . PONTIS . FORNICE . SPATIA

INVTILITER . ANTIQVITVS . FABRICATVM

SOLO . AEQVAVIT

FLVMINIS . LAPSV . HAC . EX . PARTE . RESERATO

QVOD . MVNITAM . MAGIS . ARCEM . EFFICIT

ET . EXUNDATIONES . INGRUENTES . COHIBET

NE POSTERI . PROVENIENTIS . HINC . VTILITATIS

IGNARI . SECVS . QYID . MOLIANTVR

HOC . VOLVIT . EXTARE . DOCVMENTVM

AN . DNI . M . DC . XXVIII . PONT . V .

Tanta è la verità tutta la esposizione, che il Gamucci, il Cellini e la lapide si dan mano scambievole a costatare l'esistenza del forte del Giardino, che occultava l'entrata del castello in modo che nel serra serra della presa di Roma, che sto raccontando, coloro che vi si ricoverarono, non potean essere visti inseguiti dalle orde vincitrici in quell'angiporto tra il ponte levatoio e la porta, ambidue occulti e difesi. Che io nei miei Nove da Sangallo non abbia descritto tal forte borgiano, non è maraviglia. Nel 1865 non avea ancora ben

Le Guerre dei Sette cAnni 341

Gozzoli, che è nella chiesa di S. Agostino a S. Gimignano nel Senese, pubblicato non è guari dal Muntz dopo la seduta del 21 aprile 1880 de la Société natìonah des An- tiquaires de Frante (Nogent-le-Rotron, imprimerie Dau- peley-Gouverneur). È una veduta prospettica importantis- sima, da cui si rileva molto bene l'antica cinta colla porta di S. Pietro, prima che fosse ridotta a corridoio, l'alzato delle torri e la posizione delle due porte, che la pianta del Bufalini chiama Vaticana e Pertusa. (i) E più di tutto il maschio del Castello col giretto e i beccatelli e le torri soprapposte anteriori ad Alessandro VI e sopravi l'angelo quale è nominato da Benvenuto Cellini. Esso

chiara idea di quest'opera sparita da secoli. Dissi solo che « ad An- tonio da Sangallo il vecchio nel 1495 fu affidata la costruzione dei torrioni da basso, oggi cavalieri sotto il maschio di detto Ca- stello (Sant'Angelo) con i fossi e con le altre fortificazioni, che erano in piedi prima che avesse la cinta bastionata pentagona più recente ». (i) La porta Pertusa ebbe tal nome, perchè fu ricavata in una torre del recinto Leoniano e non nella cortina tra torre e torre, come fu quasi sempre in uso. Qual bisogno vi fosse a far ciò e quando venne essa costruita è difficile determinare. Non essendo stata formata come tante altre fin dal principio della costruzione del recinto, nel riattamento delle mura nacque forse la necessità di praticar quel foro e da pertiiiidere e da pertusum venne la denomi- nazione sua. Al Cancellieri cosi dotto investigatore non venne in mente tale origine del nome, e nel suo Mercato, il Lago, ecc., a pag. 216 dice: « Ma s'ignora perchè le sia stato dato questo nome ». È chiaro però dal disegno poc'anzi citato del Bozzoli : in questo scorgesi una strada che conduce a quella porta, ricavata nella faccia di una torre e quindi la strada prosegue nella direzione della ValU dell' Inferno. Naturalmente l'odierna porta non è più la primitiva, poiché sta nella cinta moderna, eretta alla fine del secolo xvi; ri- tiene quel nome, ma senza più indicarne l'origine. All'intelligentis- simo Stefano Piale (Delle mura e porte di Roma fatte da Leone IV nel secolo IX, ecc., pag. 14) non pertanto sfuggi questa origine del nome, dicendo egli : « la porta Pertusa, nuova porta aperta, forando le mura leoniane nell'alto del Vaticano » ; e ne stabilisce l'epoca dell'apertura sotto Giovanni XXIII ne' primi anni del secolo xv.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 23

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dominava tutto all'intorno; le sue artiglierie spazzavano di ficco più o meno utile, le strade dei borghi che me- nano alla piazza Vaticana per un 600 metri; spazzavano la campagna dalla parte dei prati e le rive scoperte del Tevere, dalla parte del palazzo pontificio fin sotto Belve- dere per metri 800, dall'altra più verso il recinto aure- liano è la via Flaminia per la distanza pur oltre gli 800 metri; e finalmente spazzavano il Tevere, le ruine del ponte trionfale rasentando l'ospedale di Santo Spirito, al- lora senza lunghi bracci o corsie, e infine la valle o ter- reno e le casipole tra l'odierna porta di Santo Spirito e suo colle e i piedi del colle di Sant' Onofi-io al Gianicolo per la distanza di un 500 metri e con tiri più ficcanti del maschio dominante più verso la vigna e palazzo Sal- viati per un rooo metri, luogo oggi occupato dal ponte di legno, dal porto Leonino e dal palazzo seicentistico Salviati alla Lungara. Nessuno ci dice il corredo delle artiglierie che allora vi fossero, in grossi cannoni, colu- brine e falconetti ; ma è certo che Benvenuto Cellini bom- bardiere ci notizia di gran tiri fatti e veduti fare; ne mai ci avverte della scarsezza della munizione, dei pezzi per l'uso che se ne fece il giorno dell'assalto e ne' mesi successivi a rilento, a riprese, quasi per giuoco. Ma qua- lunque fosse il numero dei cannoni e la dote delle mu- nizioni^ di cui in Roma in quella circostanza di guerra sempre fu penuria, è certo che fuori del Castello nessuna opera di difesa tra porta Santo Spirito e porta Settimiana, sui colli gianicolensi lungo il fiume ; e nessuna tra il ponte Santangelo e l'ultima torre sul Tevere verso la porta Flaminia: ogni difesa della città era l'ostacolo del fiume stesso e il dominio del Castello; unico concetto nu- drito e non mai posto ad effetto era il taglio dei ponti Sisto, Santangelo e Santamaria o Senatorio per tenere se- parati in caso disperato i borghi dalla città. Da tutto ciò è chiaro che le colline di Monte Mario e la lunga linea già-

Le Guerre dei Sette oAnni 843

nicolense sarebbero state facile base al nemico per dominare Roma ed investirla per l'odierna via della Lungara, per la valle dell' Inferno, pei prati ; e il solo Castello mal do- minava gli accessi di Santo Spirito, i borghi e i prati stessi per l'ondulamento del terreno, per i fossati delle vigne, per gli alberi e per le case coloniche o di piacere, di cui eran pieni allora com'oggi.

La regione Vaticana, che comprende i borghi, la piazza di San Pietro, i palazzi ed i giardini papali, il Monte Va- ticano, la basilica e il colle di Santo Spirito, era circon- data dalla cinta Leonina, restaurata più volte e poco mo- dificata se non dal Castello fino al palazzo papale presso la torre a Sanpellegrino; imperocché al giro delle ronde sotto il piano dei merli si era praticato un corridoio co- minciato nel 141 1 da Giovanni XXIII e terminato da Alessandro VI, onde il papa da questo liberamente potesse ricoverarsi in quello, chiamato Ambulatoritim Alexandri sexti; le torri e le tele di muro, coronate al solito di merlature, eran fatte d'opera saracinesca, perchè gli schiavi saraceni sotto Leone IV l'ebbero finite di costruire.

or ingressi alla città Leoniana, oltre i tre antichi del tempo di Leone IV, che furono la posterula presso l'ul- timo torricello di Castelsantangelo; la porta a San Pelle- grino o Viridaria, o Sancti Patri detta dal Bufalini, vicino alla guardia svizzera e alla piazza di San Pietro; e la poste- rula dei Sàssoni dal lato del fiume dappresso a Santo Spi- rito, v'erano allora la porta Vaticana e non lontano da questa la porta Pertusa, le quali due eran volte alla valle dell'Inferno; porta posterula detta da un tal Posterulone sassone, secondo la tradizione, che fu conosciuta anche sotto il nome di porta del Torrione ed oggi col nome di porta Cavalleggeri ; la porta Giulia di Giulio II, sotto i muri del Museo Vaticano e la porta delle Fornaci, aperta per comodo della fabbrica della basilica e perciò detta di poi porta Fabbrica. Quella delle Fornaci non deve mai

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C. ^I{avioli

confondersi, come alcuni fanno, colla Cavalleggeri ; essa tirava diritto al punto ov'era l'Obelisco, prima della sua traslazione ed avea vicino la porta del campo santo ed il fianco del San Pietro in costruzione.

Passando alle mura serviane ed aureliane che recin- gono la città, v'erano, come tuttor vi sono, la porta Set- timiana ai piedi del Gianicolo, la porta Aurelia o di San- pancrazio nell'alto dello stesso monte, la Portuense o Portese presso il Tevere; tutte e tre nella regione traste- verina. Le rimanenti porte erano allora al pari d'oggi, quella di Sanpaolo, di Sansebastiano in direzione dell'an- tica Capena, la Latina, la Metronia chiusa; la porta Asi- naria presso la piazza di San Giovanni in Laterano, la Maggiore, la Tiburtina o di San Lorenzo, la Nomentana o di Santagnese o Pia, la Salaria, la Pinciana chiusa, la Flaminia o del Popolo. È da notarsi che dall'ultima torre sul fiume, non lungi dalla porta Flaminia, ov' ora è il pubblico ammazzatoio fino al ponte Elio non sorgeva più il giro delle mura e delle torri, perchè le grandi inonda- zioni del Tevere, traboccando nel campo Marzio dalla porta Flaminia dopo d'aver lambito le radici dei colli Pa- rioli, a quattro in media per secolo dai tempi di Aureliano ad Alessandro VI nel numero almeno di cinquanta, ed obbedendo le acque alla chiamata nel loro decrescere, aveano in gran parte fatto cadere la cinta, che il popolo s'era af- frettato a demolire a rasa terra, servendosi del materiale per le nuove costruzioni nel piano del campo Marzio o anche sulle basi delle stesse mura, lasciando da principio degli intervalli per lo scolo delle acque e rispettando le traccie delle antiche posterule. La sola nona torre chia- mata Tordinona si salvò dalla distruzione e servi di car- cere, finché non fu convertita in teatro. Lo stesso dicasi del tratto delle mura e torri insistenti sul Tevere dal ponte Eho fin presso il ponte Sisto. Sola restò insieme alla Tor- dinona, la porta CorneHa all' ingresso del ponte Elio,

Le Guerre dei Sette Q/lnni Z^b

Questa che vedemmo restaurata da Alessandro VI, che r ingrandì, fu tolta nel principio del secolo xvi, perchè d' imbarazzo alla cresciuta popolazione. Restarono però a memoria due cappellette laterali al ponte che prendeano il nome dalle immagini di san Pietro e san Paolo. Perciò dovunque sola difesa della città era il fiume ai Prati e alla Lungara. Non parlo dello stato delle mura e delle torri nel resto della città; è solo ad osservarsi che nella guerra dei Caraffa vi si fecero molti risarcimenti, la qual cosa prova che vent'anni prima non erano al certo in buono stato, e che le nuove armi già consigliavano una trasfor- mazione, la cui base era il terrapieno; ma non bisogna dimenticare che il Borbone e le sue orde non aveano con le artiglierie, le quali erano state lasciate in con- segna alla Repubblica di Siena. Quanto alle mura Leo- niane, la cinta bastionata attuale gira esternamente ad esse ; ma dal punto di porta Cavalleggeri alla porta di Santo Spirito, le mura non erano affatto com'oggi sono, opera di Antonio da Sangallo, posteriori al 1527. Erano allora basse, irregolari ed aveano una casetta a filo di esse. Il loro nome era: mura di Magello o Macello (i), di Campo Santo, di Facciafronte, della posterula dei Sàssoni, del monte Santo Spirito : queste avvertenze sono necessarie leggendo

(1) <c Occiso Borbonio ad Terrionis portam, sitar» in loco nun- cupato Magello, sive Macello, ita sub Carolo Magno appellato e;c privilegio ejus in dicto archivio sancti Petri, nuncupatum macellum propter occisiones martvrum sub Neroniano gladio, ex Tacito, lib. XV, ubi ejus rei gratia Carolus, suggerente Leone tertio, ecclesiam in honorem Salvatoris excitavit, videturque hodie ad dictam portam, habens ingressum ex palatio Sancti Officii, et anathemisato ejus corpore in quadam aedicula angusta, quas modo parochia: Sancti Angeh in fornacibus subiacet, militari tumultu, ut fama est, et Bor- bonii aedicula appellatur, humato.... » {Ex notis Grimaldi de basilicae Vaticanae direptione - Ambrosiana, n. I, 168, inf. fol. 66. Vedi Eugenio Muntz, Ricerche intorno ai lavori archeologici di Giacomo Grimaldi, antico archivista della Basii. Vaticana. Firenze, 1881, pag. 50).

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gli storici. Inoltre è pur da notare che come al ponte No- mentano ed al Salaro, così a capo a ponte Molle v'era una cittadella, capace di resistenza che dovea espugnarsi da chi voleva essere padrone del ponte, dei colli Parioli, della via Flaminia e della via che conduce alla posterula di Castel- santangeio costeggiando la riva dritta del Tevere.

La parte minacciata, o come si direbbe oggi, il settore da investirsi dalle armi imperiali, seppure questo nome può convenire al caso nostro, era chiaramente disegnato dalla natura e dall'arte, considerate le condizioni del terreno, il numero degli offensori e la posizione del loro ultimo al- loggiamento. Erano le adiacenze del ponte Molle, il Monte Mario e i Prati di Castello, tutta la lunga cresta del Gia- nicolo girando per la valle dell' Inferno e dominando gli accessi della porta dei Sàssoni o di Santo Spirito, della Settimiana e di Sanpancrazio : minacciando i tre ponti Sisto, Santangelo e Santa Maria per invadere la città: i nemici perciò non aveano base dal punto donde eran venuti, ma l'avevan dovunque, perchè i Colonnesi scorrevano la cam- pagna da Velletri a Rignano verso il Soratte e la loro ritirata naturale era sempre aperta verso il reame di Napoli.

Descritto lo stato della città, non mancano che due pa- role per tratteggiare coloro, sopra i quali era imminente un disastro in gran parte preparato con gran cura dalle proprie mani, come colui che per altri cercò con industria 4i scavare la fossa e da ultimo vi cade dentro; ma a pa- tirne fossero stati soli! La Corte romana e il papa v'in- volsero i Romani e gh abitanti non romani, d'ogni ceto e d'ogni sesso, ricchi e poveri, patrizi e plebei, vecchi e fanciuUi tutti innocenti, che nulla avevano a dividere col- r universale stupidità e mahzia che forse chiamavano ra- gione di Stato, e benessere d'Italia.

I cardinaU e i prelati quante teste avevano, altrettante opinioni ed affezioni, perchè parteggiami o per l' impero o per Francia quelli che erano potenti ed ambiziosi, gli altri

Le Guerre dei Sette oAnni 347

di diverse tendenze sebbene di colore sbiavato non cessa- vano di sbraitare, secondo loro indole ognuno, ed erano tutti influenti nelle consulte sull'animo floscio e diffidente del papa, per lo che talor sembrava prudente, tal'altra scaltro e per passeggero soprassalto, energico, vendicativo, e non curante mai i saggi avvisi di Jacopo Sadoleto, vescovo e consigliere suo, il quale lo dissuadeva da tali guerre imbe- cilli. In fondo però per posizione e per carattere turbato sempre e sbattuto qual palischermo in balìa della tempesta, sforzandosi di conciliare gli animi, dava corso alle più sva- riate ed irreconciliabili risoluzioni ed a'provvedimenti tardi e sempre più dannosi. Da qui l'opinione generale che si formò di lui che ad ogni passo discopriva l' i))ipotm:{a e l' irreso- luxionc sua, e si rendeva altrettanto sospetto a' collegati quanto si confermava debolissimo ai nemici: sono parole del biografo di Francesco Maria. Da qui la sentenza del volere e non volere guerra, di che s'accorse fin dal 3 marzo 1525 il ve- scovo Del Monte, che fu poi papa col nome di Giulio III; da qui la conclusione che ne traeva agli 11 di aprile 1527 un personaggio, che era in relazione coi Veneziani : Questa Corte ornili è divenuta un cortile da galline; da qui il gran principio ripetuto più volte dal suo datario, il vescovo Gianmatteo Giberti, marchiar y pattear. Difatto papa e da- tario fiicendola da gran politici non solo, ma dar condottieri di esercito (i), dalle sale del Vaticano combinavano arruo-

(i) Clemente VII avea grand' opinione di a guidar gli eser- citi ; e il Machiavelli è in colpa se egli se ne persuadesse tanto da averlo posto in atto. Nel costui Discorso sopra il riformare lo Stato di Firm-^c fatto ad istanza di papa Leone X ecco quali termini usò, a quanto pare, con serietà : « Ma se si considera vivente la Santità Vostra e Monsignore Reverendissimo (che era proprio lui Giulio de' Medici), ella è una monarchia, perchè voi comandate alle armi, comandate a' giudici criminali, avete leggi in petto, so quello che più si possa desiderare uno in una città... » Il povero Segretario fiorentino deve avere arrossito quando nell'aprile del 1527 era tra le armi pontificie- a Forlì e parlava dell'accorcio del Fieramosca e

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lamenti all' interno e all'estero, comunicando direttamente con vescovi incaricati dell' assodamento; eglino ponevano alla testa delle compagnie e delle insegne, nelle marcie o nei campi colonnelli e capitani; offendevano per fondati sospetti col carcere e poi ne li tiravan fuori per metterli capi di soldatesche che li difendessero. Napoleone Orsini, abate di Farfa, ed Orazio Baglione; eglino corrispondevano co' nunzi alle Corti e spedivano ambasciatori ai campi, o legati che presiedessero alle frizioni di guerra. Eglino chie- devano direttamente danari al re di Francia, al re d' In- ghilterra, ai Veneziani, ai Fiorentini. E quel po' di danaro che giungeva, e il più si prometteva, eglino direttamente s' ingerivano di trasmettere con iscorta e con persona fidata ora ai campi verso il Po, ora a quelli verso il Garigliano e il Liri e fino a Terracina presso all'armata, ch'era sem- pre sotto gli ordini d'Andrea Doria. Eglino corrisponde- vano direttamente coi commissari dei viveri ordinari e straor- dinari, in ispecie dell'esercito al Garigliano, tali che messer Niccolò...., Giulian Leno, Giovanni della Stufa. E le prov- visioni consistevano tutte a raccoglier grano qua e colà e con 65 muli ed altrettanti sacchi portarli al mulino, e dal mulino la farina ai forni, e da questi il pane al campo per la distribuzione, onde pascere gli affamati soldati. Laonde il cardinal legato scriveva al Giberti: « ma mai, per estrema diligenzia che se sia fatta, s' è possuto per una volta cac- ciare la fame a questo exercito, e con fatica grande l'hab- biamo intertenuto fin qui (marzo 1527) a darli il pane una volta il giorno, et pur che ne fusse anche venuto tanto che havesse bastato per un buon pasto, saria stato assai.... » Quanto alla regolarità dei soldi ecco come il Giberti scri- veva ai 21 di marzo al cardinal legato:... «vedesse servirsi

della pace e della guerra alla vigilia della scesa del Borbone a Roma e della prigionia di monsignore divenuto papa, gran politico e grande strategico davvero !

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delle genti già pagate, intrattenendo le altre meglio che potesse con parole ». Nessun uomo sperimentato alla guerra, eppur ve n'erano parecchi, avea grado supremo e supremo comando, autorità e responsabilità per dirigere le operazioni e l'impresa al Po e al Garigliano: dal che venia che papa e datario, il primo quasi piccola figura di Napoleone o di Guglielmo, l'altro qual di Berthier o di Moltke intrattene- vano due piccoh eserciti al sud e al nord, il che equivale due guerre ad un tempo, amministrando, ordinando e di- rigendo marce, movimenti e fazioni innanzi e indietro per mare e per terra, mal retribuendo di viveri e di soldi gente benissimo animata e in gran parte agguerrita, comunicando co' diversi capi ad un tempo. Di questi ve ne erano parec- chi : al Po il luogotenente del papa, tal' era il titolo, avea nome Francesco Guicciardini; al Garigliano capo dell' im- presa era il capitano Vitello ViteUi; pei monti dell'Aquila e per Tivoli fino a Tagliacozzo, Alba e Celano scorreva Renzo da Ceri, luogotenente del re Francesco dato al papa; altro luogotenente del papa il signor Renato conte di Vau- demont mandato dal re fu spedito all'armata che scorreva minacciosa col capitan generale dei confederati Andrea Doria da Terracina a Castellamare e a Salerno. Questo signor di Vaudemont, o conte di Valdimonte, non era per sentimentalismo mandato alla guerra per mare nelle "spiaggie napolitane ; costui era l'ultimo rampollo della casa Angioina, ed imbarcato dal Doria pel Tevere, mandò i suoi manifesti a Napoli come vero successore al trono di Napoli : cosi Clemente irritava maggiormente il suo nemico con fanciulleschi trastulli. Oltre a questi v'era un cardinal legato dato al Vitelli, intermediario col papa e il datario, e questi era il cardinal Agostino Trivulzio, il quale il 12 aprile in concistoro riferì i gesti della sua le- gazione, mentre col primo maggio il Governo di Firenze chiamava a il ViteUi. E come se tanta mole imcomposta non bastasse per ad operare effetti contrari alle inten-

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/ioni, v'erano altri due elementi che non poteano appor- tare che gravi impacci e jatture. E questi indipendenti dal Borbone che inesorabilmente minacciava dall'un dei lati, il viceré che astutamente movevasi dall'altro. Essi erano il cardinal Pompeo Colonna, ghibellino già amico ed ora acerrimo nemico di Clemente, che neutralizzato colla famosa tregua, tranquillo e minaccioso ad un tempo nelle sue terre tra Roccadipapa e Marino, compreso Ca- stel Gandolfo ed Albano, infestava da Tivoli alla ma- rina, e disponendo a Roma e nella campagna di un dieci mila tra partigiani e soldati armati, con 800 dei migliori in Fallano, fortezza benissimo guernita, era vigile spia a settentrione e a mezzodì ed oltremare. L'altro Francesco Maria della Rovere nemico naturale dei Medici, perchè essi gli avevan tolto il ducato; all'epoca della lega era già capitan generale dei Veneziani e divenne pel suo grado capo provvisorio delle armi di quella con poca, in fondo, soddisfozione di Clemente, mentre al re di Francia spet- tava per trattato mandare un suo generale che dell'eser- cito confederato prendesse il comando e che mai non fu ne eletto spedito. L'astuto Francesco Maria vide per tempo di che si trattava e si persuase dei disordini che doveano succedere in ispecie colla direzione assunta dal papa e dal datario per la loro parte d'amministrare la guerra. Perciò egli invocava d'esser lui dichiarato capo assoluto delle armi, certo che qualcuno vi si sarebbe opposto: così re- stava più ch'altro capo delle armi veneziane, tollerando l'av- vicinamento d'altri corpi confederati, le cui armi non sempre dettero saggio di gran disciplina e coraggio, ma sottoposte le mosse e le fazioni di guerra non agli ordini collettivi dei capi subalterni della lega, ma all' interesse suo, ch'era di non azzardare, e a quello de' suoi padroni ch'era di tener netto da nemici lo Stato della Signoria e mandarli lontani. Fin qui nulla di riprovevole. La colpa sua era il nudrire speranza in coloro, che il voleano battagliere e difensore

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zelante più del papa che degli altri confederati; e costoro caddero in una illusione, che li trasse in ruina. Pur tut- tavia, sebbene ogni buon capitano deve usare a tempo la dissimulazione e il silenzio, egli non li lasciò illudersi to- talmente; fé' saggi progetti, che non furono ascoltati, perchè papa, datario, Salviati e Renzo, non gH approvarono; così parve che egli volesse profittare della fortuna per vendi- care vecchi rancori; ma se pur ciò avesse fatto, lo avrebbe compiuto con tanta maggior ragione, dal momento che dei confederati il duca Sforza, con accordo avea perduto lo Stato e la cittadella di Milano suo ultimo asilo,, e il papa per particolari conveiizioni contrarie e dannose alla lega, avea richiamato nei confini le truppe spedite oltre Po. Eran sogni di disperati, quando si persisteva a credere che avesse dovuto a ogni patto prendere alle spalle il Borbone per impedirgli l'ingresso in Roma: egli avea difeso il resto dei collegati fedeli, che erano i Fiorentini e i Veneziani, e avea dato saggi avvisi al pontefice. Ma gli storici contempo- ranei a torto gì' inflissero biasimo e responsabilità che egli non ebbe ; ma le affezioni diverse passate nel dominio della storia devono essere rispettate nelle narrazioni che si ripe- tono dopo tre secoli e mezzo; ma alcune osservazioni pur sono necessarie a chiarire gli avvenimenti e non tutto ciò che si è scritto, approvare. E come possono approvarsi le accuse scagliate contro Francesco Maria, s'egh co' suoi movimenti, lasciando a parte tutto il resto che fece, impedi che le bande del Borbone facessero peggio, che altrove non fecero, contro Bologna e Firenze; se aiutato dall'in- clemenza della stagione e dalle provvidenze fiorentine, le trattenne per tre mesi tra Bologna e Siena ? Perchè Roma non si difese in tempo coi soldati del Po e del Garigliano, con buone fortificazioni e cannoni in quei tre mesi! Invece la bella massima spagnuola di marciare e patteggiare messa in pratica col cervello di Clemente portò guerra e non guerra, pace e non pace, fare e disfiu'e in mare e in terra,

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arruolamenti febrili, e improvvisi congedi di truppe, calde proteste d'amore a Carlo in Ispagna e a Francesco in Francia, propugnare il ducato per Francesco Sforza, ed esser egli nudo bersaglio di nemici potenti vicini e lontani, esercito fin sotto Milano, e richiamo di questo entro il confine; concentramento parziale a Roma e per esso vendetta con- cepita contro i Colonnesi, sventata dal Viceré coi movi- menti spagnuoli contro Frosinone; speranza puerile di ridurre costui a chieder pace per certe apparenze di vittorie, vel- leità di sconfiggerlo interamente con un esercito mal pa- gato e peggio nudrito e perciò incapace di muoversi dalle posizioni ottenute; quindi nuovi licenziamenti di soldati e chieder egli pace e aprir la strada di Roma al viceré Lannoy, al Fieramosca, al Moncada; e firati e preti e prelati e car- dinali interessare a stringere accordi, mentre i Colonnesi eran forti a poche miglia e il Borbone da Siena con orde affamate aspettava s'aprisse l'abisso per precipitarvi gli scon- sigliati ? Cotal violento parossismo potea durare ? potea non recare i suoi frutti? Siamo alla vigilia degli avvenimenti. Non si tosto che il Borbone ebbe l'esercito accampato, certo che del suo arrivo fosse giunta novella in Roma, forte maravigliò che da essa così disarmata nessun amba- sciatore per parlamentare o nessuna lettera gli giungesse dal papa o dai cardinali; imperocché si sarebbe proposto, secondoché se ne scrisse dappoi a Carlo V, di patteggiare una somma di danaro e con essa risparmiare la distruzione della città. Fu quindi, colla speranza di accordo, consi- gliato anche da alcuno dei suoi, di voler condurre egli l'esercito in maniera che intimidendo fosse in sua mano il trattare: ma egli rispondeva che mai non si aveva ad aver rispetto al danno del nemico, dargli tempo di poter provvedere alle cose sue, e che al papa spettava di dimandar patto, più che indugiando egli offerirglielo; perciò deliberò risolutamente avvicinarsi alle mura.

Difatto innanzi l'alba della domenica 5 maggio pose in

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movimento le sue genti e lasciato un grosso distaccamento con Sciarra Colonna sulla via Flaminia a sorvegliare e fin- gere di attaccare il ponte Molle, cittadella guernita dalle genti di Orazio Baglioni, col resto marciò rapidamente sulle alture o croce di xMonte Mario, e lasciatovi una banda de' suoi scese e girò dal lato del Borgo e della cinta Leo- niana per la valle d' Inferno alla porta dei Sàssoni o di Santo Spirito, proseguì per le creste del colle gianicolense e raggiunse a dominar la città, prendendo alloggiamento parte a Sant'Onofrio sul Gianicolo, parte nel monastero di San Pancrazio. Ne avea lasciato il mattino di scrivere una lettera al Papa esortandolo, sono parole dell'ufficiale impe- riale scritte a Carlo V dopo il saccheggio, creduto fosse Giovanbartolommeo Arboreo da Gattinara, a pigliare alcun buon appuntamento, e non aspettare gV inconvenienti che ave- vano a succedere: quest'era mettere in pratica a tempo e luogo la massima spagnuola marchiar y pattear, non secondo l'interpretazione melensa di Clemente e del povero da- tario. Tale lettera venne spedita per un trombetta, che non fu lasciato passare, dandosene colpa a Renzo : qual fine essa facesse resterà sempre ignorato, che cosa dicesse è incerto, fuorché la condizione che se non veniva la risposta avanti le ore 22 di quel giorno (6 pom.) non v'era rimedio di contenere l'esercito.

La parola fu mantenuta: verso quell'ora Lucantonio Tomassoni da Terni con parte delle bande nere era sulla via di Monte Mario; scaramucciò coli' avanguardia dei Lanzi, ne fece tre o quattro prigioni e pei Prati si ritrasse a Castello; nel passare gran fracasso uscia da quelle com- pagnie dicendo che Vera un gran canaglia quelle orde, come attesta nella sua vita (vedi Gaye, Cart. d'artisti, tom. Ili, pag. 591) lo scultore Raffaello da Montelupo, che quel di stesso passato il portone di Castelsantangelo fu inscritto bombardiere dal suo maestro. Poco di poi con una barca, una banda di 300 nemici traghettò il fiume in Prati fuori

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del dominio del cannone di Castelsantangelo; ma v'era a guardia pur colà Orazio Baglioni con altro distaccamento di fanti delle bande nere; in breve si venne a combatti- mento; i nemici furono tutti uccisi e la barca a furia di archibugiate affondata : sul tardi Camillo Orsini uscì fuori di Ponte Molle ad esplorare. Conosciutisi così le diffi- coltà e i pericoli, il Borbone chiamò i capi della fanteria e dei cavalli per dar subito l'assalto alle mura prima che pontefice e popolo romano si preparassero a maggior di- fesa. Le parole sue non fecero frutto: perciò lasciò al- l'alba del domani a fare senza artiglieria, come meglio avrebbe potuto, ogni sforzo d'assaltare la città.

Avanti al tramontar del sole fece per ciò riunire quanto potè dell'esercito e salito in luogo eminente, che forse fu quello presso di Sant'Onofrio chiamato Belvedere, con lunga orazione animò tutti i suoi, che convennero di f;n" subito ogni preparamento di scale per dare l'assalto la mattina seguente dal canto delle Fornaci, dove il muro si giudicava esser più debole. Dopo di ciò gl'invito al ri- poso ed ordinatone l'alloggiamento si restrinse di nuovo coi colonnelli e coi capi per fissare le disposizioni neces- sarie ai corpi negli assalti simultanei dell'espugnazione.

Questo accadeva al di fuori della città; vediamo ora la posizione degli animi e delle cose all'interno, dappoi- ché contro la comune credibilità tanta moltitudine di ne- mici era piombata addosso e avea già mostrato chiaro il suo intendimento dal lato dei prati sul fiume. Clemente spaventato e diffidente avea pensieri diversi nell'animo tra- vagliatissimo. In Roma non seppesi la partenza da Siena del nemico, che quando era esso giunto a Viterbo, ed a maggiore sventura molti ancor afi^ermavano esser quello non altro che l'esercito della lega. Qui era il caso: Deus, quos vuìt perdere, dementai. Quando in tutti ogni illusione cadde dinanzi al vero, s'immagini ognuno la costernazione, l'ab- battimento, lo spavento. Il papa ora animosamente, ora

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paurosamente domandava aiuto, consiglio, favore ai car- dinali romani e ai pochi suoi capitani. Agitatissimo e per- plesso ora volea fuggirsene andando al mare cercando ricovero sulle sue galere, ora volea entrare in Roma, ab- bandonar San Pietro, tagliare i ponti ed aspettar gli aiuti delle armi della lega, ora comprar con grande quantità di danaro la pace, pronunciando per l'estrema volta la pa- rola, a lui fatale, accordo; l'amo pestifero a cui Spagna avea sempre preso lui improvvido e disarmato e adesso vittima abbandonata al suo destino.

Pochi di innanzi, il vedemmo già, per voler avanxarc, come allora usava dire Jacopo Salviati, trenta mila scudi al mese, e sen^a alcun proposito aggiungevan gli storici, avea licenziato due mila Svizzeri e due mila fanti delle bande nere. Conosciuto e tardi l'errore, e visto non aver più tempo a cavar fanti dai luoghi, che danno animosi soldati, fu costretto in mezzo all'universale trepidazione, assoldare tumultuosamente, oltre i pochi rimastigli, circa a tre mila fanti tra artigiani e servitori ed altre vilissime persone radunate fin dalle stalle de' cardinali e prelati, dalle botteghe degli artefici e dalle osterie. Inoltre si dettero armi a sei tribù romane, non consuete anch'esse al rumor dei tamburi e meno delle artiglierie, ad artisti volontari, toscani i più, e si raccolsero ancora alcuni pochi soldati tra i licenziati che avean venduto le armi ed eransi fer- mati in Roma. Renzo da Ceri preposto al comando con cosiffatta gente o inesperta o demoralizzata, fisso nella pazza idea che il seguente l'esercito della lega entre- rebbe e che i nemici per penuria di vettovaglia non po- tean contrastare due giorni e sovrastare alle mura, van- tavasi di voler mantenere con valore per due giorni Borgo e Roma tutta. Il datario e Jacopo Salviati eran tanto si- curi di questo fiitto che insieme ad altri non vollero per- mettere al papa di lasciar la città, ai mercatanti fiorentini e d'altre nazioni d'imbarcare in un galeone ed altre barche,

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preste a tal' uopo, le robe di maggior valuta e le donne per Civitavecchia, che si tagliassero i ponti per separare il Borgo e il Trastevere da Roma e tutto ciò, dicevano, perchè non fossero messi in maggior timore gli abitanti e nell'ostinazione i nemici; purtuttavia i più prudenti ed egoisti eran già pronti ad uscire ed uscirono il di 4, come il cardinale Egidio, il vescovo di Volterra, il vescovo di Bologna, il vescovo di Pesaro, la famigha del cardinal Cam- peggio, Costantino Greco e Baldassare da Pescia. Poi su- bito fecersi serrare le porte agli amici e ai nemici: con queste precauzioni Roma era salva e poteva aspettare tran- quilla l'assalto.

Clemente dunque riconfortato dalle parole de' suoi e fiducioso che Francesco Maria o almeno il conte Guido da un istante all'altro con gente esperta qual'era quella della lega arrivasse per la via Flaminia, mentre il Borbone era giunto per quella di Viterbo, esortò i Romani, ricor- dando che in tanto bisogno della patria tutti dovevano prontamente prendere le armi per difenderla e che i più ricchi dovessero in tanta estremità prestar danaro. Si mo- strò per Roma cavalcando; eccitò pure i capitani a rac- conciare mura e ripari, che sogHono farsi in simili circo- stanze; a compartire alle mura e alle parti più deboli i difensori; a collocare in siti opportuni grosse bande di armati che soccorressero al bisogno questa o quella parte ; ricordò inoltre che non si mancasse di deputare chi ammini- strasse le vettovagHe e ogni altra cosa necessaria a' combat- tenti; e con prestezza si facessero fuochi lavorati ed altre mi- sture di pece e pegola da gittare addosso a' nemici. mancò di confortare in tanta confusione e persuadere che i nemici sprovveduti di tutto e fino d'artigUerie,non eran buoni dibat- tere le mura di qualunque piccolo castello, come nelle lor mar- cie avean dimostro, non che Roma ; che non potean tentare che qualche assalto, dal quale ributtati, sarebbero astretti per la fame a pel timore dell'esercito nemico già prossimo

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alle mura, rompersi tra di loro. Mostrava ancora che i ne- mici per essere in gran parte luterani, Dio li aveva fatti venire sotto la città santa per essere tagliati a pezzi e com- partiva a chi combattesse valorosamente e morisse, se- guendo, dice il Guicciardini, « il costume ridicolo de' pon- tefici in tutti i tempi, offici e benefici ecclesiastici agli eredi e parenti e plenaria remissione di tutti i suoi peccati ».

Queste pratiche disposizioni eran bellissime a dirsi, ma difficili a porsi in effetto, tanto più che non eran seguite dal fatto di recarsi in persona durante l'azione sui luoghi, come avean fiuto altri pontefici tra cui Gregorio VII; che se quest'ufficio avesse egli di persona compiuto, era opinione di molti, aggiungono gli storici, che le cose sa- rebbero andate altrimenti; ma egli e il suo Datario fida- rono ne' propri capitani. Una mostra fatta pochi giorni prima di Romani e forestieri di circa trenta mila uomini da combattere, pria che fosser giunti i nemici, aveva in- dotto negli animi d'esser Roma invincibile, e le parole di Renzo da Ceri s'aggiungeano a dipingere il pericolo mi- nore ; mentre sarebbe stato opera di capitano prudente il proclamare il detto antico: ai vinti sola salvezza è non sperarne alcuna.

Era costui della prosapia degli Orsini e rappresentava co' suoi partigiani la fazione avversa ai Colonnesi, tal che il Datario scrivendo agli ii di dicembre del 152^ a Pietro Navarro diceva: « N. S. desidera haver presto qui il si- gnor Renzo, che con l'autorità et credito che ha, farà gran sollevamento alle cose di Sua Santità ». Cominciò a militare ai tempi di Giulio II, il quale gli permise di andare ai servigi dei Veneziani, e questi nel 151 1, dopo la morte del Brisighello, il fecero capitano delle loro fan- terie. Perciò il troviamo con Girolamo Savorgnano e l'Al- viano contro l'imperatore Massimiliano, quando essi cir- condarono e presero prigionieri sei mila imperiali scesi al di del Piave nella valle di Cadore. Nel 15 15 avea occupato

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Bergamo con approvazione dei Veneziani, interrompendo a quanto sembra alcuni disegni arditi dell' Alviano nella guerra pure contro l'impero; e mentre quegli occupò Cre- mona e Lodi, Renzo mosse da Crema con altre genti veneziane ai danni del Milanese; e forse qui adoperò l'astuzia a che accenna Guglielmo Bellay di aver tentato d'infettare il campo nemico con panni e robe che avean maneggiato gli appestati. Il ritrovarsi egli in queste guerre sempre a contatto dell' Alviano, mostra che questi lo avrebbe dovuto amare, perchè doveva essere memore d'essere stato fin dall'adolescenza a far carriera con Napoleone Orsini e col figlio Virginio non che con altri della famiglia di lui; ma la cosa andava altrimenti e il prova Luca Contile nella vita di Cesare Maggi da Napoli (carte 6 e seg.). Leon X nel 1517 commise a Renzo di combattere Francesco Maria I della Rovere duca d'Urbino per cacciarlo la seconda volta dallo Stato, infeudato da lui a Lorenzo de' Medici suo ni- pote; e fu si rapida l'impresa che essendovi il duca rien- trato a mezzo settembre, il 20 dello stesso era finita, pagando un venti mila scudi ai mercenari di lui, che si disciolsero. A mezzo aprile del 15 18 il cardinale di Cortona con Renzo partì per Roma da Ancona, lasciandovi Gìglio da Cor- tona, con ordine di scaricare alcune case, far bastioni, ca- sematte e ripari, essendosi dato principio con 300 uomini per munirsi certo contro i Turchi dal mare. Quattr'anni appresso il ritroviamo in posizione non troppo onorevole, perchè per suo conto volendo rilevare la parte Orsina nella sede vacante per la morte di Leon X, egli e i suoi Corsi infestavano in quel di Terni e Spoleto i viandanti, e nel bosco di Baccano avevano ammazzato di molti Spagnuoli, che ricchi venivano da Genova a Roma. I Colonnesi ai IO di agosto 1522 si adunarono in Cave per consultarsi, e deliberarono col consenso di Giovanni Emanuel uscir tutti per contraporsi loro ed impedire novelli assassini. Ma la nuova dell'elezione del pontefice Adriano VI fece lasciare

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ogni impresa all'una parte e all'altra. L'anno appresso egli con Federico da Bozzolo con dieci mila Svizzeri ed altret- tanti Tedeschi furon mandati contro il re d'Inghilterra per conto del re di Francia Francesco I, quand'egli era venuto a Lione per avviarsi verso Provenza o verso l'Italia: sciolto l'assedio di Marsiglia collo scorno di Borbone, tra il i^ ottobre e il 15 dicembre dello stesso 1524 stava colle armi francesi vicino ad Alessandria: nell'anno appresso con 500 Corsi presso Gherlasco, e trovossi anche a Barletta. Infine nel dicembre 152^ era pure in Italia luogotenente del re e sbarcato colla squadra francese a Savona fu chia- mato subito in Roma dal papa pel credito ed autorità di cui godeva tra i suoi, e per consegnargh la somma di scudi venti mila, di cui era latore da parte del re: e già si notò che sul finire di febbraio 1527 venne spedito pei monti di Tivoli e per gli Abruzzi a sollevare le provincie del regno, mentre fervevano rofi"ese sul Garigliano. Non era dunque uomo nuovo alla guerra; ma sia che si giu- dica spesso dall'esito delle cose, sia che si cerca un capro espiatore nei rovesci delle imprese guerresche, sia ch'egli per suo conto o d'altrui troppo s'illudesse con perturba- zione d'animo nell'universale agitazione, concordano gli scrittori a denunciarlo alla posterità come uomo non saggio nelle previdenze, inetto a reggere il grave carico della di- fesa e sconsigliato nel rapido succedersi dei funesti avve- nimenti.

Perchè nulla mancasse alla enumerazione degli errori commessi fino all'ultima ora, non dimenticarono gli scrit- tori di descrivere a distesa gH avvertimenti e portenti no- tati dai superstiziosi dopo il fatto, per dar motivo di credere che il cielo avea dato patente avviso, onde si scongiurasse il pericolo. Un tal Brandano di Siena avea predetto per le strade al popolo la sciagura della città e la rovina certa dei preti con voci lamentevoli e spaventose e dette parole ingiuriose contro il papa; per lo che fu rinchiuso in car-

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cere, dove s'ostinava a ripeterle. Una mula avea partorito nella cancelleria ed era caduto un tratto del corridore che dal Vaticano porta in Castello. Una saetta avea divelto il bambino e la corona ad una immagine della Madonna nella chiesa della Traspontina, e nel giovedì santo, allora allora decorso, nella cappella del papa fu trovata per terra la pis- side riposta nel tabernacolo; ma in mezzo alla generale superstizione il papa e la Corte pare che credesser poco ai portenti.

Per tal modo in mezzo alle provvisioni fatte d'ambo le parti si avvicinava l'alba del 6 maggio, giorno lacrimevole e nefasto.

Fin dalla mezzanotte (ore quattro) per due ore dal Bel- vedere sino al monte di Santo Spirito vennero scaramuc- ciando assalitori e difensori: ma sembrò il cielo stesso coi suoi fenomeni atmosferici congiurare alla perdizione di Roma. Sogliono nell'inverno e in primavera entro il ba- cino del Tevere giacere durante la notte i vapori umidi, che trovano nel letto raffreddato adatta dimora, come in ogni altro fiume, i quali presso il sorgere del sole svilup- pandosi sempre più si alzano ed allargano sotto forma di nebbia, che in tempo più o meno prolungato si sollevano e rapidamente si dileguano come il sole riscalda. Questo fenomeno però è più proprio del bacino a monte della città che non a valle. Purnonostante, quasi volesse i movimenti dei nemici, cui giovavan le tenebre e le basse nubi, ascon- dere ai difensori di Roma e peggiorarne la condizione, come più si avvicinava il giorno, più la nebbia si spandeva al- l' intorno. E le avvisaglie non erano pànico o fisime di que'di dentro, ma rumori e voci esterne, rese più sensi- bili nell'aere grasso. Difatto bande spagnuole eran depu- tate a prepararsi e a cominciare l'assalto in diversi punti della città ed accostavansi col minore strepito possibile.

« Non poco numero di quelle si sforzava di tentare l'assalto da quella parte che si trovava verso Santo Spi-

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rito, sopra l'orto del cardinale Ermellino, per essere le mura quivi più basse che altrove:, imperò che in quel luogo il circuito delle mura si vede continuato con il muro prin- cipale di una piccola casa privata, in modo che di dentro, a chi non vi aveva posto cura, di fuori ancora, appa- riva la sottigliezza e la debolezza sua: nel quale muro si trovava una cannoniera più larga assai che le solite misure, usata allora per finestra di quella casa. Oltre a questo, nella sottigliezza di quel muro era, rasente il terreno, ma ricoperta di fuori con terra e letame, una piccola finestra, quale gicà serviva alla cantina o cella di quell'abitazione: non ferrata, ma con traverse di legname chiusa talmente che per essa potesse solamente entrarvi il lume necessario. E benché in questo tempo non servisse per tale effetto e che per essere ricoperta e nascosta, non apparisse a chi non aveva particolare notizia,, nondimeno non si può ne- gare, non fosse errore sopra ogni altro gravissimo, pos- sibile escusarlo per verso alamo dal signor Renzo, o da Giuhano Leno, o da chi ebbe per rivedere le mura e luoghi pericolosi, commissione ». Questa narrazione ho tolta di peso da Luigi Guicciardini, che se non fu presente a Roma in que' di tristissimi, era però allora gonfaloniere a Firenze e raccolse tutti i documenti della storia del sacco. Tutte le altre storie o non danno tutte le particolarità, o se le danno le hanno tolte da lui. Quindi, riposando sulla sua sincerità, prose- guirò a dire che in que'giorni per sciagurata fatalità Giu- liano Leno era altrove, e neppure Antonio da Sangallo era in Roma, spedito qua e dai Fiorentini e solo dopo il sacco raggiunse il papa in Orvieto. Egli era conoscitore dello stato delle mura di Roma e ne avea studiato i bi- sogni : ma architetto e non soldato non avrebbe avuto ca- rico di ciò dall'Orsini, da altri, per ispirito di rivalità Q di non creduta idoneità.

Alle mura di questi due punti opposti di Borgo, Bel- vedere e monte Santo Spirito, gli Spagnuoli cercavano ac-

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costarsi ; l' uno era assalto simulato per distrarre le forze dei difensori, l'altro era vero. Era investito tutto il lato dalla posterula dei Sàssoni fino ed oltre alla porta Caval- leggeri. Tutto quello spazio, aveva allora mura basse e vecchie e il luogo eminente era distinto dai nomi, oltre al suddetto, più particolari per posizione di Facciafronte, di Macello e di mura del Camposanto; e lo sforzo mag- giore, più al sicuro dai tiri del Castello, facevasi verso la porta Cavalleggeri, allora detta semplicemente posterula o porta Torrione, e a quella più occidentale verso il Vaticano detta delle Fornaci. qui solo era l'assalto; contempo- raneamente era diretto presso la porta Settimiana e nel- l'alto del Gianicolo vicino a porta Sanpancrazio: dovunque però v'eran difensori, che vegliavano alla custodia.

Nessuna enumerazione completa può darsi sulla di- stribuzione dei difensori e sui capitani che reggevano i diversi corpi o drappelli sui luoghi ove si prevedeva l'of- fesa: la storia tace tutto questo; documenti manoscritti o danno poca luce o sono di persone poco competenti: quindi le particolarità finora s'ignorano: si conoscono solo in parte i nomi di coloro che caddero, prodighi di lor sangue a difesa della città tradita dalle illusioni non sue. Renzo il più illuso faceva assegnamento sul popolo armato all'im- provviso, nella famosa mostra dei trenta mila, accorsi con generoso slancio, quando il nemico era ancor lontano: ora ben altra cosa ell'era, si potea più dire come il 4 di maggio si scriveva ad un commissario apostolico da Roma: « Il popolo romano è in arme, e si mostra disposto di mo- rire per la Sedia apostoHca.... In Roma sono intorno a cin- que milia archibugieri col signor Renzo da Cere ». Pur- tuttavia, plebe, artisti, soldati e nobili fornirono un numero conveniente di difensori, che può sommarsi ad oltre otto mila. Munizione ve n'era a sufficienza; e il 4 maggio fu- rono distribuite le ultime sei mila libbre di polvere da can- none al Palazzo, al Monte S. Spirito, alle porte e ponti

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della città (i). I nomi dei capi, cui era affidata la difesa dei punti attaccati, sulla scorta delle memorie dell'epoca, possono ritenersi essere stati come appresso:

A Belvedere in Vaticano, il capitano Simone Tibaldi, romano e Giambattista Bolognese.

Sul monte Santo Spirito, a Facciafronte e al Campo- santo, capitano Lucantonio Tomassoni da Terni, capitano Giulio da Ferrara a guardia delle artiglierie, e queste di- rette con onore dal sergente Salvalaglio, e come bombar- diere v'era lo scultore Raffaello Sinibaldi da Montelupo, e il suo maestro Lorenzo, di cui ignorasi il cognome, ma noto col nome di Lorenzetto, amico di Raffiello da Ur- bino; capitano Nicolino Fiorentino, Gioanlione da Fano, il caporione di Ponte; di riserva mille Romani del rione Parione con Cristofano Buffoli (del Bufalo?) che ne por- tava l'insegna; di questi sembra tenesse il comando Ca- millo Orsini, cui venne affidata la guardia di quella parte di mura; infine il capitano degli Svizzeri più verso la porta delle Fornaci.

A porta S. Pancrazio, i capitani Romano Corso, Mario Na- poletano, il conte Niccolò da Tolentino con alcuni caporioni.

A porta Settimiana e ponte Sisto, oltre alcuni caporioni, v'era un'eletta schiera a cavallo di un dugento nobili, n'era colonnello Gianantonio degli Orsini con Giambattista Sa- velli, Valerio Orsini, Giovanpaolo Orsini figlio di Renzo, capitano Jeronimo Matteo, Ranuccio Farnese, Pierpaolo Tibaldi, Le storie inoltre ricordano i nomi di Paolo San- tacroce e di Fabio Petrucci.

(i) Ecco il documento che ho desunto dall'Archivio di Stato nel volume che porta sul fronte; MDXXVII In isto libro annotabuntur omnia mandata que expedientur per Notarios Cam. Ap. et alios, ecc., carte 247. « Mandatum Castellano S*' Angeli consignet D. Jo. Bapta de Avernia libras sex mille pulveris com. in triginta barilis prò usu Palatii, Montis S. Spiritus et portarum et pontium et aliorum locorum necessarios sub data 4 Mai) 1527 Lib. 6000».

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A Campo Marzio fino a ponte Molle, oltre i caporioni, il capitano Orazio Baglioni che aveva la maggiore auto- rità dopo Renzo da Ceri, a cui oltre il ponte Molle si affidò pure la difesa del Trastevere ; capitan generale delle artiglierie era Antonio Santacroce: presso il Vaticano v'era Stefano Colonna colle sue fanterie; egli die tempo a Cle- mente di rifugiarsi in Castello; per tale fatto questi gli dette poi il castello di Stroncone nell'Umbria; ma dopo che i nemici furono entrati, il Colonna potè uscire di Roma da porta Santagnese. Alcuni altri capitani o gentiluomini od artisti figurano tra i morti o feriti; ma non si sa se avessero comando; molti andavano volontari, senza appar- tenere a' corpi.

Delle artiglierie o batterie, dal poco che si può indo- vinare, più che con certezza stabilire, oltre quelle che po- tean trarre dal Castello, parecchie erano sul monte Santo Spirito, altre m fondo a via Giulia sulla riva del fiume dicontro alla porta de' Sàssoni, potendo esse battere i piedi del monte Santo Spirito e spazzare la via Giulia fino a ponte Sisto; altre a ponte Sisto, che poteano spazzare la via ora chiamata della Longara; altre alla fine presso San Pietro in Montorio, mal difendendo gli sbocchi all'interno della porta Sanpancrazio e giungendo a difendere dalla cima della col- lina con grosse artiglierie le mura del monte Santo Spirito.

Quanto alle bande imperiali, sotto la data stessa del 4 maggio e sotto l' impressione dell' imminente arrivo del Borbone, si scriveva da Roma al personaggio medesimo: « L'esercito cesareo si dice essere di persone utili, fanti 30 mila, tra'quali sono 9 mila archibugieri, circa é^oo cavai leggieri, ^ senza artiglieria. I Colonnesi sono circa diece mila fanti.... le strade verso Roma son rotte, et il signor Mario da Monteritondo è appresso Rignano con Colonnesi et scorrono la campagna ». Contuttociò può ritenersi ri- dotti ad un dodici mila gli Spagnuoli e i Lanzichenecchi ed un otto mila le. genti milanesi e napoletane, impinzate

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Le Guerre dei Sette oAnnì 365

da lina invereconda accozzaglia di soldatesca italiana, sac- comanni, ebrei e banditi, che non capivano il delitto che erano per perpetrare per poche once d'oro da raccogliersi tra gli stenti della fame e i pericoH di morte, contro inermi cittadini estranei ad ogni lotta di partito, romani e non romani, che parlavano la stessa lingua ed erano dello stesso lignaggio; di costoro, è buono saperlo fin d'ora, era ca- pitano Fernando Gonzaga.

Tra i nomi dei capi possiamo annoverare, oltre il Bor- bone e Filiberto d'Oranges, Giovanni da Orbina, il Var- gara, il Verzana, il conte di Giara, La Motta, l'Aldano, quasi tutti spagnuoli, condottieri di fanti e cavalli; l'ultimo di fanti italiani; Coradino o Corrado di Bemelberg era colonnello o capitan generale dei Lanzichenecchi; Giovanbartolommeo Arboreo da Gattinara, il capitano Luigi Gonzaga, chiamato il Rodomonte, il capitano Fabrizio Maramaldo da Napoli, corrottamente chiamato il Maramao, Sciarra Colonna, Ca- millo Colonna, Pierluigi Farnese, Marcantonio Napoletano, Luigi Lulla, Federico Caraffa conducean genti italiane, in ispecie milanesi e napoletane. Certo Antonio Sartorelli o Santarelli udinese si fa luogotenente generale del Borbone; de' cavalleggieri erano capitani lo stesso Fernando Gon- zaga e il d'Oranges, fino a che, morto il Borbone, fu chiamato a capitano generale dalla soldatesca.

Apparivano i primi albori e già il Borbone animando i suoi colle parole e coll'esempio avea percorso tutto il fronte d'attacco a cavallo, e già le schiere nemiche eransi concentrate ne'punti designati e cominciavano le scale a portarsi sotto le mura, ed alzate, a sforzarsi la soldatesca di tenerle salde alla cima di esse: e i difensori con arti- glierie da lontano e con sassi e fuochi lavorati, ch'eran pignatte o strali con palle di paglia impegolate ed ardenti e quant' altro l'arte a quel tempo insegnava in tal fatta di difesa, gittavano a corto ed a piombo dalle mura in mezzo a nebbia ognor più folta e colle picche o con antenne

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rigettavan le punte delle scale che tentavano alberarsi ai parapetti e ai merli. Ma lo spazio della casa interposta al giro del recinto restava poco e mal difeso dalla sola fine- stra superiore. Quivi gli archibugieri nemici facean con ogni industria di uccellare al vano del parapetto come uc- cellavano alle cime delle mura dovunque apparivan difen- sori, i quaH però per l'incertezza e la poca frequenza dei tiri di quell'epoca e il cielo nebbioso, di rado colpivano. solo alle mura era la difesa affidata.

Il valoroso capitano Lucantonio Tomassoni da Terni comandava pur esso scelto drappello, resto glorioso in Roma ed infelice delle bande nere. Sebbene le descrizioni tacciano di quanto la sua industria di bravo soldato gli suggerisse, cert' è che a guardar solo le mura, le sue genti coraggio- sissime e destre e disciplinate non potean fermarsi. E il suo discorso sull'arte militare, che si legge nel Tesoro po- litico di Onorio, questo conferma, poiché non teneva in pregio nessuna fortezza, gli architetti che le costruivano, facendo riposare tutta la forza di uno Stato ne' soldati eser- citati e studiosi dell'arte militare. Una sortita o un agguato è chiaro ch'ei fece in tempo opportuno dal lato di Fac- ciafronte, che ributtò con strage gli assalitori. Sia che uscisse da porta Cavalleggeri detta allora porta del Torrione, sia che presso stesse in arme, il suo urto fu terribile contro i primi battaglioni o battaglie come eran dette, serrate in massa, talché turbò l'offesa e in parte per lui andò fallito quel primo vigoroso assalto. Un documento o lettera degli II maggio diretta al Vitelli, dice: «Della compagnia del capitan Luca Antonio non ne sono rimasti dieci, oltre ch'egli ha tocco due ferite, et cosi fu ritirato in Castello » . Due ferite con molta perdita di uomini di una compagnia, che poteva in quel tempo equivalere ad un nostro batta- glione, é difficile toccarsi alle mura soltanto in un assalto non riuscito. Vedremo tra poco ove le bande nere col loro capo furono totalmente disfatte. Ora guardiamo l'effetto

Le Gueì^re dei Sette oAnni 867

dei colpi diretti dai vecchi soldati di Giovanni dei Me- dici. In quel tramestìo il Borbone sia che eccitasse i suoi contro Lucantonio che il prendeva di fianco, sia che te- nesse colla sinistra mano, come molti affermano, una delle scale appoggiate alle mura e colla destra accennasse o spin- gesse questi e quelli a salirvi, fu ferito da un archibuso nel basso del ventre, vicino alla coscia diritta. Tal ferita mortale non potè ucciderlo incontanente, checche ne dicano alcuni storici; farlo viver dell'ore ad onta che altri gli mettano in bocca di molte frasi, e g\\ dien agio a confessarsi delle sue iniquità; il posto della ferita dimostra che quan- tunque avesse perforata l'arteria e che ne morisse esangue, pure essa gli die tanto di vita da doversene fare il tra- sporto così moribondo alla cappelletta della Madonna del Refugio tra le vigne delle fornaci fuori porta Cavalleggeri, chiamata prima edicola Gozadini, sottoposta un tempo alla parrocchia di Sant'Angelo alle Fornaci. Queste circostanze ci rendono certi della località e del perchè fu subito tra- sferito lontano; un cadavere si copre e si nasconde alla vista dei soldati, non se ne fa nel calore della mischia il trasporto. Il Giovio aggiunge: « Borbone mentre faceva mettere una scala a una casetta congiunta col muro mori nel principio della sua maledetta vittoria, essendogli tirato d'una palla grossa ». Per lo che è chiaro che dopo la po- sterula dei Sàssoni giravano le mura del monte Santo Spi- rito, di cui la parte allora come adesso saliente era detta Facciafronte; colà sorgeva la malaugurata casetta, quindi nel rientrante il Torrione, che dava nome di porta del Torrione alla Cavalleggeri, e dopo questa seguitavano le mura basse fino alla porta delle Fornaci, la quale avea dietro a il Camposanto, l'obelisco e il fianco della ba- silica di San Pietro.

Non fa poi meraviglia che parecchi vantassero che la morte di quello sciagurato fosse dovuta al colpo da loro tirato. Nel bollor dell'assalto eran molti a mirare da più parti

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delle mura una cosa straordinaria, che di mezzo alla folta nebbia colpiva la vista, stantechè alcuni dicono coprisse egli la corazza di sopravveste bianca.

Il primo è Benvenuto Cellini, che con tutta credibilità ci narra che egli si recasse sulle mura di Camposanto con Alessandro Del Bene e Cecchino della Casa; che dietro suo consigHo sparasser tutti e tre due colpi ciascuno a un gruppo di battaglia più folta e più serrata, ponendo la mira nel mezzo appunto ad uno che vedevan sollevato dagli altri; ma la nebbia non lasciava discernere se questi fosse a cavallo o a pie; da questi colpi, conclude, si ammazzò Borbone. In queste asserzioni non è nessuna presunzione o vanto smoderato. Dico questo per quei tra gli scrittori, che l'un l'altro si copiarono sempre senza leggere il rac- conto, il quale egli trascrisse nella sua vita. Pompilio Totti narra che Borbone vicino a porta Cavalleggeri nel salire una scala per entrare sulle mura della città, fu da archi- bugiata, per mano di Francesco Valentini romano, tra il ventre e la coscia, a morte ferito, e nella cappelletta, che oggi v' è, della Madonna del Refugio, tra le vigne delle fornaci, miseramente mori nel 1527.

Il Capodogli afferma che Giovanni da Udine, pittore, (quegli che fece gli affreschi al piano superiore delle logge di Raffaello) colpi bravamente d'una archibugiata nel capo il duca di Borbone e spirò l'ultimo fiato nelle braccia di Antonio Sartorelli o Santarelli, udinese, suo luogotenente generale. Questo può essere stato, meno il colpo alla testa, poiché l'ebbe al ventre; a ogni modo questa circostanza d'esser Giovanni da Udine difensor di Roma, è sfuggita al Vasari, il quale ci dice che nelle stanze di Torre Borgia non fu appena finita la volta che « succedendo l' infehcis- simo sacco di Roma, non si potè più oltre seguitare, perchè Giovanni avendo assai patito nella persona e nella roba^ tornò di nuovo a Udine con animo di starvi lungamente ». Il Celebrino infine co' suoi rozzi versi ci apprende che

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Le Guerre dei Sette oAnni 369

Giunse per attastar e per vedere le mura quel signor vestito a bianco con una picca in man nanti le schiere, inverso Facciafronte ardito e franco; e al primo assalto urtò le bande nere di Lucantonio, e fu passato al fianco d'un archibuso....

Il Camposanto adunque indica la parte interna delle mura, ov'era il Cellini, Facciafronte la parte esterna ov'era Lu- cantonio^ e siccome nella coscia e nel ventre si colpisce meglio da tiri orizzontali che non di ficco e di sbieco, dall'alto un corpo armato di corazza, così resta il vanto della morte del Borbone alle bande nere, senza escludere la più volgare tradizione, che il colpo che lo feri fosse venuto pur dalle mura, donde però si coglie meglio nella testa o alle spalle. Checché sia di questo è certo che quel primo assalto andò fallito: solo verso il Camposanto, ma benanche dal lato delle mura verso la posterula de' Sàs- soni. Il primo che era salito sopr'esse, dice Brantóme, fu un' insegna spagnuola. Don Giovanni d'Avalos, cui un'ar- chibugiata ruppe l'osso del braccio, fu rovesciato e ne mori.

Le artiglierie che da Castelsantangelo e dalla spiaggia del Tevere in fondo a via Giulia presso San Giovanni dei Fiorentini, e qualche grosso cannone che dalla cima delle col- line tra porta Settimiana e quella di San Pancrazio traevano a più non posso in mezzo al poco chiarore antelucano of- fuscato dalla nebbia, ed un drappello della guardia svizzera misto ad altri soldati e cittadini bastarono a ributtare va- lorosamente quelli che serrati in battaglia accostavansi e sciolti in drappelli davano assalto in questa parte delle mura.

Restava la casetta dove non apparivano assalitori; ma forse pochi uomini, o guastatori, guardati da qualche gruppo di guardie, s'adoperavano a pie della casina stessa senza che i difensori, ebbri del primo assalto mandato a vuoto, si

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accorgessero dell'opera che veniasi compiendo a rasa terra, dove rimosso il letame per farsi facile spalleggiamento contro ai tiri delle mura, ebbero scoperto il pertugio sbarrato da tavole.

Sparsasi intanto pel campo e saputasi dai capi l'ina- spettata novella non tanto della ferita quanto della morte del Borbone, alla baldanza e alla fiducia della impresa sot- tentrò in un attimo sfiducia e abbattimento. Ma la ferocia dei capi medesimi, che fecer subito tra loro consiglio, con- cluse non aver altro rimedio, che ritentare con maggior impeto ed arte la fortuna. Chi fosse deputato alla direzione, in tanto perturbamento, non è noto, sia l'Oranges o l'Or- bina od altri; certo è che fuvvi una sosta che dirò fin verso le otto antimeridiane (ore 12 italiane). Ne profittò subito il papa per ispedire al conte Guido Rangoni, Va- lerio Orsini, sollecitandolo a venire, e Renzo spedì per commissione sua a Tivoli Jeronimo Matteo.

Accenneremo intanto quello che in altre parti era av- venuto in questo tempo. Il simulato assalto verso Belve- dere, perchè fiacco non riuscì; come pure non ebbe esito felice quello che quasi contemporaneamente fu dato a pie del Gianicolo oltre ponte Sisto nel Trastevere. Allora come adesso esisteva la porta Settimiana, colla differenza che ottime difese antiche ancor v'erano sul recinto dell'epoca dei re, restaurato nell'epoche imperiali e papali, il quale avea principio dal fiume presso ponte Sisto, saliva ripida- mente la cima del Montorio, già acropoli etrusca, fino a porta Sanpancrazio e di discendeva al fiume a porta Portese a foggia di due lati di un triangolo acuto a linee spezzate e squarciate, di cui tutto il Trastevere e il fiume erano la base, la quale ricurva e convessa avea dall'un lato il ponte Sisto e nel mezzo il ponte Senatorio detto di Santamaria.

Le difese acconciate ai mezzi moderni erano apparec- chiate su tutta la linea anzidetta; ed a porta Settimiana

Le Guerre dei Sette dAnni Syi

per la strada del lungotevere, ora via della Longara, fu tentato un assalto confidato ai veterani di Spagna. Ma le artiglierie del Montorio, di ficco dominanti la strada e la china, ed una sortita di dugento cavalieri della nobiltà ro- mana provetti nelle fazioni guerresche, a tempo usati, con una loro carica sgominarono gli assalitori con grande strage d'ambo le parti talmente che quelli dovettero rinunziare air impresa. Orazio Baglioni era corso a dirigere la difesa, e l'offesa di tutto il Gianicolo era affidata al Rodomonte, che era Luigi Gonzaga, un po' diverso dal suo omonimo e discendente. Costui allora cangiò proposito e diresse tutte le sue forze verso le alture di Sanpancrazio. Anche da questo lato vi fu dunque sosta per riordinare le masse scomposte e dirigere il movimento offensivo sulla vetta gianicolense.

Circa le otto del mattino l'assalto generale ritentò le sue prove con maggiore impeto ed audacia: ora infausta, in cui la nebbia ingrossatasi sempre più in que' luoghi adia- centi al fiume avvolse così offensori e difensori, che per fatai destino questi non potevan dirizzare i colpi d'arti- glieria del monte Santo Spirito, di via GiuHa, del Castello e del Montorio addosso ai nemici, se non sulla guida dello strepito delle armi e delle voci e della vampa degli archi- busi con danno dei difensori, che spesso ne rimanean of- fesi; né vegliare alla difesa delle mura che gittando fuochi e sassi, e sparando schioppi e falconetti alla cieca dov'era più intenso il rumore e il gridìo degli assalitori, i quali non si ritrassero di un palmo per quanto fosse gagHarda la difesa, che lor si opponea da que' di dentro: momento solenne e di disperato valore segnalato dalle urla feroci e strazianti ed accompagnato dal rullo de' tamburi, dal suono delle trombe, dal rombo d'ogni specie d'arme da taglio, da punta, da fuoco, che incessantemente feriva l'orecchio in mezzo alla nebbia ed al fumo, e l'occhio impietosito non vi vedea che una lontana imagine di una bolgia in-

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fernale. (i) Ma che valeva? Alle squadre di nuovo assa- litrici del monte Santo Spirito, appena sgominate e respinte, altre fresche succedevansi di continuo, di modo che i di- fensori delle mura diradati per morti e per ferite vedendo che il numero e l' impeto degl' inimici non rallentava mai, sebbene sette bandiere fossero lor tolte e dai Romani e dai soldati, cominciarono a disanimarsi e temere della vit- toria; e poco utile fu che vi fosser giunti sulla sinistra a tutta corsa da Campidoglio colla loro insegna da mille del rione Parione e sulla destra il capitano degli Svizzeri con tutta la guardia, da due in trecento uomini. E per colmo di sventura dalla finestra di cantina della funesta casa ormai troppo descritta^ fracassata ed allargata dai guastatori con pali e picconi, era penetrata dapprima piccola banda spa- gnuola, ma in breve non trovando ostacoli crebbe fuor misura, mentre che dal muro basso verso la posterula del Torrione o porta Cavalleggeri fino a porta delle Fornaci mal guardato e difeso debolmente oramai, perchè morti o feriti molti de'suoi difensori, i nemici primi vi si attaccarono saltandovi dentro, menando strage. Nella sua vita (vedi Gaye, t. Ili, pag. 592) il ridetto scultore Raffaele da Montelupo, dice: «il giorno di poi che fu alli 7 [6) di maggio deto (dettero) la bataglia alla muraglia la su a porta Torrione e porta delle For- nace, e porta Santo Spirito, dove alla guardia stava il ca- pitano Lucantonio da Terni el capitano Tofano da Pistoia, el capitano Cuio, fiorentino, che tutti dal capitano Lucan- tonio (in fuori) furono morti, e sforzato la muraglia en- trorono sachegiando San Pietro, el palazzo e Borgo insino a 21 ora....» Questo racconto dimostra che il resto delle

(i).... les arquebusades, les cris des combattans, les plaintes des blessez et mourans, le battement des armes, le son des trompettes, la rumeur des tambours, qui animoient d'autant plus les soldats au combat, et les coups de piques ; faisoient un tei bruit, qu'on n'eust pas oùy tonner le ciel s'il eust tonné. (Brantome, Memoìres, Pre- mière partie Monsieur de Bourbon).

Le Guerre dei Sette Q/lnni SyS

bande nere con Lucantonio dopo quel primo assalto nemico respinto, mal reggendo fuori alle difese, rientrarono e guer- nirono le mura, ove furono massacrate nel secondo assalto, in cui il nemico riesci tremendo e feroce. Così pure narra l' Horologi la fine di Camillo Orsini : « Papa Clemente che si vedeva a mal partito, sapendo quanto fosse il valor del- l'Orsino, gli consegnò la guardia d'una parte di Borgo, alla quale fu dato l'assalto da' Spagnuoli. Combattè egli con ammirabil valore e ributtò i nemici, havendo loro tolto due insegne. Ma sentendo poi, che erano entrati dentro da altra parte, e che non vi era più tempo da difesa tentò di salvarsi, uscendo dalla città per un condotto di sporcitie, e non sapendosi nuova alcuna di lui, fu con grandissimo cordoglio della moglie e di tutti i suoi cercato fra i corpi morti, dandosi ognuno a credere, che in quel primo im- peto fosse restato morto per mano de' nemici. Ma egli dopo haver fatto alquante miglia a piedi scalzo, e molto male in arnesi, a somiglianza di privatissimo soldato, si ritirò in Spoleto». Non passarono due anni che un altro valo- roso difensore di Roma morì vicino all' Orsini nel rico- noscere il luogo per piantare le batterie contro il castello di Brindisi. É questi il capitano Simone Tibaldi. Tali sono le parole dell' Horologi : « E tutto che d'un colpo d'archibugio gli havessero gì' inimici a canto, non senza suo pericolo (dell'Orsini), ammazzato Simone Romano, soldato di quei tempi di molto valore, non volle però rimanere di non riconoscere quel Castello.... » Ma torniamo alle mura, al luogo della strage.

Questa si fece dunque prima alla porta delle Fornaci, che fu dove ora è porta Fabbrica, in direzione dell'obe- hsco vaticano, che stava diritto, prima del suo trasporto, tra la Basilica e l'attuale cortile della sagrestia, eretta da Pio VI. Colà i nemici, dice il Giovio, « entrarono per Borgo in Roma dirimpetto alla Cuglia, dove le mura basse e cadute per la vecchiezza davano agevole entrata ».

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 25

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erano a guardia gli Svizzeri e opposero ogni resistenza fino agli estremi e indarno, perchè vi furono quasi tutti trucidati.

Allora a grida disperate successe breve e sanguinosa lotta e spaventi e fughe. giovò che il capitano Gioan- lione da Fano e il sergente d'artiglieria Salvalaglio aves- sero ricacciato dal resto delle mura gli assalenti e avesser lor tolto tre bandiere, che una quarta fosse presa dal- l'intrepido Romano ed orefice, padre di famiglia, Bernardino Passeri, che vi perdette la vita, com'è scritto nella lapide ch'ancor si legge sotto la torre della chiesa di Santo Spi- rito (i) ed altre tre in altre parti delle stesse mura da valo- rosi ed infelici difensori della patria. Renzo, che colla sua presenza avea dovunque ispirato coraggio, veduto i luoghi allagarsi di orde straniere, si vuole che prorompesse ad alta voce : « I nemici son dentro ; ciascuno pensi di sal- varsi e ritirarsi nei luoghi più sicuri e più forti ». Alcuni dangh carico di queste parole, seppure egli le pronunciò, e si aggiunge ch'ei si ritirò a tutta corsa prima entro Ca- stello, poscia verso ponte Sisto, con confusione e con im-

(i) Lapide incastrata nel lato esterno del campanile della chiesa di Santo Spirito in Roma sulla via che conduce alla Longara:

D.O.M. BERNARDINO PASSERIO IVL . II . LEONIS X . ET CLEM . VII . PONTTT . MAXXX . AVRIFICI AC GEMMARIO PRAESTANTISS . QVI CVM IN SACRO BELLO PRO PATRIA IN PROX . lANIC . PARTE HOSTIVM PLVREIS PVGNANS MILITI VEXILLVM ABSTVLISSET FORTITER OCCVBVIT PR . N . MAI . ooDXXVII V . A . XXX . VII . M . VI . D . XI . lACOBUS ET OCTAVIANUS PASSERII FRATRES PATRI AMANTISS . POSVERE

A sinistra dell'interno della chiesa di Sant' Eligio degli Orefici in

Le Guerre dei Sette oAnni 87 5

petuoso disordine di quanti gli si agitavano dintorno. Eran le nove del mattino, ore 13 italiane: Roma avea ceduto, non v'è che dire, con onore alla ineluttabile sua sorte !

Quand'era per ricominciare l'assalto coloro che rap- presentavano la cittadinanza in Campidoglio, e il Senatore era un Senese, Aldello de Placitis, avevan deliberato di mandare ambasciatori a monsignor di Borbone, di cui tut- tora s'ignorava la morte. E di pari consentimento dettero il mandato ad Agnolo Cesis, a Jacopo Frangipani ed a Pietro Astalli. Fatalità volle che i tre cardinali Cesarini, Valle e Jacobacci avesser deputato a tale missione Jacopo Frangipani, Marcantonio Altieri e il marchese di Brandi- burgo o meglio l'ambasciatore di Portogallo, don Martino, nipote del re. Per lo che come i primi furono giunti alla porta oltre il Tevere fu loro vietata l'uscita per ordine di Renzo. Subitamente allora il Cesis e l'Astalli andarono dal papa per la licenza, e il secondo mandò in Campi- doglio colla risoluzione dei tre cardinali. Quest' incidente portò un ritardo di tempo, ond' essi quando pervennero

via Giulia si legge lo stesso epitaffio con questa giunta:

AD PROPAGANDAM OPTIMI STRENVIQ.VE

AC EANDEM ARTEM PROFESSI

CIVIS MEMORIAM

MONVMENTI SACRAE S . SPIRITVS AEDIS

EXTERIORI MVRO ADFIXI

EXEMPLAR

HIC EXTARE VOLVERVNT

PETRVS FORERIVS

LVDOVICVS BARCHIVS

SIMON MIGLIÈ

CAIETANVS DE BLASIIS

CONSVLES COLLEGII AURIFICUM

ANNO IVBIL . MDCCXXV

Vedi Galletti, Inscriptìones Rom., II, 388. Cancellieri, Il Mer- cato, il Lago, ecc., parte IV, pag. 242, qcc.

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in Trastevere già i nemici erano entrati in Borgo, e vuoisi che il Frangipani vi restasse ammazzato. Purtuttavia l'am- basciatore giunse a parlare coi capi del consiglio dell'eser- cito. Questo era composto del principe di Oranges, del te- desco Hess, del figlio o nipote del capitano Giorgio Fronds- berg, del capitano Corradino, di don Ferrante Gonzaga, fratello del marchese di Mantova, dell'abate di Nagera, del conte Luigi di Lodrone, di Giovanni d'Orbina, di Pom- peo e Vespasiano Colonna, del Morone, di Giovanbarto- lomeo Arboreo da Gattinara, di La Motta di Bourbon. Messo alla presenza di molti di costoro, disse che alcuni Romani, vicini di sua casa, con consentimento del papa eran venuti per trattare. Fugli prima risposto che rimet- tendo prima il papa in mano degl'imperiali il ponte Molle e la parte di Trastevere eran contenti di trattare accordo. Ma nessuna risposta o ambasciatore tornò; tempo più v'era a far nulla ; gh avvenimenti precipitarono in brev'ora, e Clemente, i suoi aderenti e i cardinali, invasi tutti da spirito di parte, ogni cosa dovean menar siffiittamente o da muovere a riso^ o da fremere di raccapriccio.

Appena che dal campo passò rapida la notizia della espu- gnazione della porta delle Fornaci e del monte Santo Spirito e per ciò del certo possesso dei Borghi, Luigi Gonzaga affrettò più animosamente i suoi all'assalto delle mura verso porta San Pancrazio. E tra questa e la porta Setti- miana, messe le scale alle mura per la vigna, che allor v'era, gli assalitori con poco impedimento si trovaron den- tro agevolato l'entrare da certe scariche di cannone del Montorio, le quah nel bersagliarli mandarono a terra una parte delle mura. I difensori atterriti lasciarono la difesa, la porta San Pancrazio fu subito spezzata e fracassata con travi, presi in mezzo i Romani, restarono prigionieri coi loro capi, tra cui Romano Corso e Marco Napoletano ; mentre la compagnia del conte Niccolò da Tolentino e tutti gli altri affrettando la ritirata si gettarono a ponte

Le Guerre dei Sette oAnni 877

Sisto e al ponte Senatorio o di Santa Maria. Sembra che in capo a questi ponti vi fossero difese, e in ispecie al primo vi fosse una porta avente l'aspetto di fortilizio e munita a difesa in quest'occasione; e pare che sovr'essa vi fosse portato un gran cannone, che scopriva innanzi a non solo, ma dominava tutta quella strada ch'or no- masi Longara e forse nel mattino aveva influito alla fuga degli assalitori di porta Settimiana; ora era ridotto arnese inutile, imperocché mancava di munizioni e di bombar- dieri, presi anch'essi dallo sgomento universale, o in altra parte adoperati.

Intanto le schiere nemiche di Luigi Gonzaga, impa- dronite dell'altura si diedero a rinfrescarsi e a ricrearsi al- quanto colla copia delle vettovaglie, che vi trovarono. Alle 6 pomeridiane (ore 22 italiane) furono ordinate le schiere agli ultimi assalti dei ponti Sisto e Santa Maria, i quali in poco d'ora furono espugnati, lasciando morto o ferito un terzo delle genti di Niccolò da Tolentino e vi peri- rono pugnando dei cavalieri romani, Giambattista Savelli, Pierpaolo Tibaldi e Giulio Vallati portinsegna ; feriti Gio- vampaolo Orsini figlio di Renzo, e Ranuccio Farnese. Da questo punto ogni resistenza cessò; così Renzo ed Orazio vedendo di non poter più contrastare alla furia dei ne- mici, si volsero co' fuggenti cercando di entrare in Castel- santangelo.

Ora ai movimenti militari e alle vinte difese succe- dono nel generale scompiglio e terrore cose, da cui rifugge la penna, e pure è d'uopo narrare, poiché l'infausta gior- nata non é ancora al suo termine. Sulle mura di Santo Spi- rito, presi nel mezzo gli sventurati difensori e stretti dalle bande nemiche, che dall'un lato sorgevano compatte dal sotterraneo, e che dall'altro come torrente si rovesciavano sul piano dei merli dalle mura ; non domande di pietà, abbassamenti d'armi avrebbero mai valuto a sospendere lo sdegno; così la ferocia e l'ansia convulsa fecero intera la

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carneficina. Per tal modo e durante la difesa e dopo la presa il capitan Giulio nobile Ferrarese con tutti i suoi soldati furono massacrati : la guardia dell'artiglieria e il povero Tommaso servitore del Vitelli, uccisi; dei mille del rione di Parione, novecento spenti ; i residui delle bande nere capitanate da Lucantonio da Terni, trucidati tutti, meno dieci uomini; la guardia degli Svizzeri presso la ba- silica tagliata a fil di spada col suo capitano; morti il ca- porione di Ponte, il capitan Cuio fiorentino, Tofano da Pistoia, capitano Niccolò Bottigari, luogotenente Antonio Partigini, col suo capitano Cecchino da Ponte Sisto, il capitano Niccolò fiorentino e il canonico e cappellano Ales- sandro Bagarini di Anagni (i); feriti Guido congiunto del Vitelli, Cristof:mo Buffoli portinsegna del rione Parione; alle mura di Belvedere ferito Giambattista Bolognese, e nella fuga verso il Castello, morto Paolo d'Arezzo primo cameriere del papa. Dilatatisi dipoi per i borghi, a quanti incontravansi non era concessa la vita dagU efferati ne- mici, che predando e devastando ebber dato fuoco alle case fino a quella d'Alberto da Carpi presso Santo Spirito.

Ma costò caro al vincitore l'abuso della vittoria, e i vinti venderono lor vite a caro prezzo : i nemici furono anche una volta ributtati indietro. Allora non ebbe più confine la costoro vendetta. Gettatisi al Vaticano appic- caronvi fuoco, e trucidarono quanti erano stati posti a guardia di esso e del corridore che mena in Castello ; alcuni

(i) Risulta ciò da un motupropno di Clemente VII datato da Castel- santangelo agli 8 di maggio 1527, due giorni dopo la presa di Roma, fatto collo scopo d'investire dei benefici dello zio Alessandro Ba- garini, il nipote Guido. Le parole che si riferiscono alla morte di quello son queste : ... per ohiticm ejiisdem Akxaiidri qui niiper in Urbis ìiostrae eversione et prò illius defensione viriliter propugnando interemptus apud sedem eandem diem clausit extremum. Devo questa notizia alla cortesia dell'ottimo cav. avv. Raffaele Ambrosi, concittadino del Ba- garini e possessore del documento.

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scamparono gittandosi in Prati e su barchette traghettando il Tevere; l'ospedale di Santo Spirito fu malconcio ed ammazzati tutti gl'infermi; il cannone di Castelsantangelo infine aggiungeva i suoi guasti col trar di continuo per allontanare i nemici. In tanta confusione e in mezzo a tanti lutti non si pensò più a tagliare i ponti; cosa inutile ormai, perchè la città non meno che i Borghi eran preda della tracotanza nemica.

Appena che le mura furono invase, il papa, l'infausto Clemente, piangendo e gridando di essere tradito fu più tratto che accompagnato in Castello pel corridore; la Corte, i cardinali, ogni personaggio, che temeva della propria vita era accorso a ricoverarsi colà; s'immagini la calca, la trepidazione, il tumulto di que' momenti : ne lascio la de- scrizione ; si leggano i documenti dell'epoca ; io proseguo più ch'altro la parte militare. Tutte le artiglierie che si poterono furono ritirate in Castello, e il bravo Salva- laglio in questo serra serra fin sul ponte Santangelo scaricò un colpo ed uccise uno Spagnuolo che bra- vando s'avanzava con più audacia in mezzo a quel via- vai. Della Corte entrarono Jacopo Salviati, Niccolò Schom- berg arcivescovo di Capua, il datario Giberti, Alberto da Carpi, il cavalier Gregorio da Casale ambasciatore del re inglese, ed altri. Dei cardinali, Antonio De Pucci fio- rentino del titolo de' Santiquattro incoronati, vescovo di Pistoia, dopo aver infocato sulle mura i combattenti, nel ritrarsi, sul ponte caduto da cavallo, ferito e calpestato, mezzo morto, vi fu introdotto da una finestra inferrata; Francesco Ermellino fiorentino vi fu tirato colle funi in un corbello; e poteronvi entrare con molti dei loro ade- renti, Paolo Emilio Cesis romano, che si credette dapprima ucciso in Borgo, Alessandro Farnese, che poi fu papa, Gian- vincenzo Caraffa, arcivescovo di Napoli, Alessandro Ce- sarini romano, Franciotto Orsini romano, Niccolò de' Caddi fiorentino, Niccolò Ridolfi fiorentino e Benedetto degH Ac-

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colti aretino, arcivescovo di Ravenna; degli altri, poiché in tutto furono tredici, s'ignora il nome. Dei pochi car- dinali ch'erano in Roma, più o meno avversari di Clemente, chi si ricoverò nelle case dei Colonnesi, chi degli Spa- gnuoli, Fiamminghi e Tedeschi, chi nel palazzo Acciaiuoli. Non conosciamo che i nomi di Domenico Jacobacci, di Giandomenico De Cuppis, arcivescovo di Trani, di Tom- maso De Vio detto Gaetano o della Minerva o di San Sisto. Inoltre della fazione ghibellina troviamo Giuliano Cesarini, Valle, Aracoeli, Siena, Enkenvoer, Ponzetti, Infine Scara- muccia Trivulzio, vescovo di Como e il vecchio Del Monte zio del futuro papa Giulio III; questi erano i più miti, e l'ultimo il solo rispettato in quelle orribili vicende, sebbene gH fosse arsa la casa e gli fossero stati tagliati a pezzi i servitori.

Dopo costoro, che colle varie ed ostinate opinioni gran peso avevano aggiunto alle calamità di Roma, passiamo a conoscere i miseri avanzi di una difesa quanto onore- vole, per chi compì il dovere di soldato e di difensore della patria, altrettanto biasimevole per chi in tempo non seppe preservare dall'eccidio tanti innocenti che in essa e nelle parole dei capi si assicuravano. Coi pochi soldati, restati allo scempio e ritirati dalla difesa di Ponte Molle contiamo, oltre Renzo da Ceri, Lucantonio Tomassoni ed Orazio Baglioni, Ranuccio Farnese, ferito, Fabio Pe- trucci da Siena, Gioanlione da Fano, Stefano d'Amelia, il capitano Simone Tibaldi, Astolfo Perugino, il Salvalaglio, Benvenuto Cellini, Raffaello da Montelupo ed altri di minor conto frammisti ai nobili e alle dame, in tutti un tre mila, che alla rinfusa vi cercarono un ricovero, mentre che il ponte o saracinesca irrugginita del portone di Castello mal tenuta per trascuratezza di chi dovea avervi cura, dapprima non obbediva, di poi minacciò di offendere la calca di co- loro, cui si dovette niegare un asilo e la volontaria prigionia. Si aggiunga che provvigioni non v'erano a sfamare tanta

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gente e fu pur mestieri di provvedere di viveri in mezzo a quella lagrimevole confusione, come meglio si potè. Ca- pitano in essa era un tal Pallone dei Medici e capo dei bombardieri Antonio Santa Croce; chi fosse il castellano non è ricordato, se pur non l'era lo stesso Pallone, che nelle scritture dell'epoca trovo scritto Marcello Palonio. È straziante il racconto che fa di quel lamentevole caso il sopracitato Raffaello da Montelupo : « Su pel muro doppio, dic'egli, levato che fu il ponte, quelli che erano inazi spinti da quelli dirieto cascavano nel foso, e pochi ne campava da morte per la grande alteza: c'erano certi travi ritti, qualcuno abraciandoli si lassava sdruciolare, e così la canpava, benché dava a ogni modo nelle mane de' ne- mici, perchè a Chastello si chalò la caditoia, e cosi non si poseva pasare: è vero che la non arivò a terra a dua palmi, pure con difìcultà e per la furia pochi ne pasava. Stavavamo a vedere questa cosa come stare a vedere una festa, perchè non posevamo tirare che non amazasimo de' nostri asai magior numero che de' nimici. Sera ridotto fra la chiesa della Traspontina el portone di Castello più di 4, 5 mila persone, tute sotto sopra, e no li caciava cinquanta Lanzi, per quello che si vedeva, e dua alfieri de' Lanzi pasorno il portone alla mescolata.... »

In breve sfogate le prime furie della barbarie solda- tesca e veduto che ogni opposizione era vinta o dalla fuga o dalle uccisioni, si posero i nemici in ordinanza movendo verso il Castello per impadronirsi del ponte Adriano ed entrare nella città sbigottita. Le artiglierie però giocando contr'essi con vantaggio, li trattennero e fugarono anche una volta. Allora fu d'uopo attendere che la parte del- l'esercito, ch'era padrona del Trastevere e l'altra che ab- battuta la posterula de' Sàssoni per la Longara avea mar- ciato su porta Settimiana di già atterrata, si muovessero da via Giulia per congiungersi a loro. Difatto poco dopo le ore 6 pomeridiane al suono di bellici strumenti si pose in

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marcia da ponte Sisto e da porta Santa Maria e s'addirizzò d'accordo verso Castelsantangelo, ove inteso che il papa e i suoi eransi ritirati tutti, decisero di prenderlo d'assalto. E questo tentò un capitano spagnuolo con eletta squadra sforzando e spingendo le porte di quello. Ma di tanta te- nacità assieme con molti altri, dice il racconto attribuito al Buonaparte, ne pagò la pena, lasciandovi la vita: onde vedendo che per allora non potevano superare la fortezza del luogo, lasciandovi buona guardia, si voltarono, fatta sosta per poco in arme entro tre piazze, con fierissimo animo alla rovina del popolo romano.

Non parlerò con grandi particolarità delle uccisioni, degli stupri, dei ferimenti, delle prigionie, dei tormenti, dei rubamenti, delle distruzioni, dei ricatti e delle taglie poste ai cittadini; l'enfatico Luigi Guicciardini deve esser letto per formarsene idea adeguata; solo io traccerò quello che in altre scritture si legge : cosi resterà più completo il la- grimevole quadro. Fu posto fuoco a Monte Giordano re- sidenza degli Orsini, e in parte fu pure incendiato Campo di Fiori; ai Lanzichenecchi, luterani in gran parte, è chiaro che fu dato incarico d'impadronirsi della via del Corso e della porta del Popolo ; imperocché si fece colà dagl'in- vasori orribile scempio delle pinzochere di Montecitorio e delie monache di San Silvestro : dei frati del convento del Popolo fu fatta una beccheria, non rimanendone uno che potesse ragguagliar gli altri della loro disavventura. Non andrei più innanzi con la enumerazione dei delitti e nefan- dezze commesse da quella ciurma affamata di avventurieri indisciplinati e feroci contro le innocue ed avvilite famiglie romane, le storie ne son piene, se non amassi ricordare il caso di Domenico de' Massimi, ricchissimo, il quale pel proclama di Clemente, in cui, oltre agli eccitamenti alla difesa, era fatto invito ai più ricchi di prestar danaro al- l'esausto erario, ironicamente offerse scudi cento. La sua casa fu invasa, derubato di tutto ed oltraggiato nella mo-

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glie e nelle figlie. Osserva sempre Luigi Guicciardini, quanto all'abuso fatto delle donne che la nazione luteriana e tedesca, benché sia giudicata e stimata più inumana e più inimica del sangue italiano che la ispana, nondimeno questa volta, dimostrò essere per natura più benigna, meno avara e più trattabile assai che la ispana e l'italiana... Non dico al- tro, e taccio interamente ogni particolarità sulle donne d'ogni età, e sugli uomini nobili, potenti, ricchi e mercanti, discendendo fino agli acquaroH e a' facchini. Ma non vo' tacere dei cardinali, in ispecie di coloro che col core ignobile esultando dell'entrata degl'imperiali, certi del loro trionfo sopra Clemente, potenti ora più che mai e sod- disfatti di veder aperta Roma al gran Carlo austriaco, fu- rono tutti indistintamente malmenati, vilipesi negli averi e nelle persone, e nella loro avarizia trafitti con grosse taglie e a loro infamia avviliti trangugiando gli scherni orribili, che si compierono sotto i loro occhi. Il cardinal di Como ci è guida colla sua lettera, che da Civitavecchia scriveva il 24 maggio; in essa ci avverte che il principe di Oranges dopo tre giorni di ruine, ebbe fatto una grida, perchè non più si saccheggiasse, si facesse prigioni; e i soldati col dire che morto Borbone non avevano nes- sun superiore fecero peggio di prima, cominciando dal palazzo, residenza e cancelleria del cardinal Pompeo Co- lonna assente, a quello dell'ambasciatore di Portogallo, a questo involando pel valore di 14 mila ducati e per un mezzo milione ai signori, mercanti e giudei che a lui pre- ziosi oggetti, gemme e sostanze avevano affidato ; e se non fosse stato Giovanni d'Orbina sarebbe stato forzato a pa- gare di soprassello per una grossa taglia. I cardinali imperialisti poi, scaltri davvero, avevano attirato in lor casa i capitani spagnuoli, credendo cosi di esser salvi; ma costoro vedendo per ogni dove tante robe e persone colà ricoverate, protestando di non voler nulla da essi, impo- sero ad ognuno in massa una taglia di 100 mila scudi.

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che poi si compose nella maniera che segue. Cesarini pe' suoi fu tassato per 45 mila ducati, La Valle per 35 mila, Enkenvoer per 40 mila, Siena per 35 mila, che pagarono in diversi modi in due giorni. Ma sopravvennero i Lan- zichenecchi, i quali non potendo aver parte nella taglia suddetta, vollero la loro. Da Siena si venne alle armi, fu combattuto per quattr'ore con morti dentro e fuori e quindi saccheggiato il palazzo e il cardinale condotto prigione tra calci e pugna, vestito indecorosamente e al fratello, tra mille contumelie e intimidazioni di troncargli il capo, trassero in due volte, io mila ducati in danaro e in cedole di banco. Gli altri, sentendo che sarebbe venuta la lor volta, non l'aspettarono e rifugiaronsi nel palazzo Colonna; non ap- pena usciti, le lor case furono messe a sacco. I cardinali De Vio domenicano e Ponzetto ottuagenario furono svil- laneggiati, perchè poveri, tratti per le strade dai Lanziche- necchi e fatti prigioni; d'Aracoeli fu steso in una bara e portato per Roma cantandogli l'esequie, e fu veduto altre volte, in più luoghi, come vile prigione, in groppa a qual- che Spagnuolo in cerca della somma di sua tagUa. De Cuppis fuggì coi figli di Giordano Orsini calandosi fuori delle mura con una corda, e giunse a Civitavecchia dopo aver 'fatto di molte miglia a piedi. Il celebre Baldassarre Peruzzi cadde in mano dei soldati spagnuoli ; all'aspetto fu preso per qualche ricco prelato e straziato barbaramente, perchè cavasse le immaginate ricchezze. Riconosciutolo finalmente per un artista, gli fecero fare a forza il ritratto del Borbone e malconcio lo mandaron con Dio. Il vescovo di Bagnorea Giovan Mercurio Vipera fu preso ed ucciso il 23 giugno, come dice la lapide sul suo sepolcro in S. Stefano del Cacco.

Mi fermo, altrimenti ripeterei dolentissime storie e ben conte, che non entrano nello scopo del mio racconto. Ter- minerò questa parte colle stesse parole del cardinal di Como: « Infine, vennono li villani de' Colonnesi morti

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di fame, che saccheggiorono e ruborono quello che li altri soldati non si degnorono di togliere. Li quali andorono tutti carichi fuori di Roma, loro et donne et somari, et hanno portato fino le ferrate, chiodi in modo non li è re- stato cosa alcuna. Tutte le botteghe de' speziali saccheg- giate senza utile, con rompere et gettare tutte le scattole et vasi per terra, in modo che non si troveria per io du- cati un' oncia di spezieria per tutta Roma » .

Per questo quadro e per la lettura delle memorie di tutti coloro che parlarono del Sacco, in gran parte messe a stampa e facili a consultarsi, s'intende purtroppo che con- seguenza della guerra e della crudeltà usata ad una vinta città messa a ruba ed a fuoco, senza reggitori della pub- blica cosa, dovea necessariamente ben presto farsi sentire la carestia di tutto che è necessario alla vita, ridottisi cit- tadini e nemici a pascersi di cavalli, asini, cani, gatti e fino di topi; e quindi inoltrandosi il caldo coU'entrar dell'estate per la fame sofferta, pei feriti mal curati, pei morti inse- polti e pei continui terrori ed angoscie d'animo, da cui era stata afflitta all'improvviso una intera popolazione, co- minciarono malattie maligne, e da queste una generale contaminazione dei corpi, una più orribile pestilenza. È questa la seconda terribile scena, che è megUo lasciare all'immaginazione del lettore. Si leggano perciò le descri- zioni degli storici, ma più di esse eloquenti le iscrizioni delle tombe, che sono sparse per le chiese di Roma (i).

E dalla città passando entro il Castello, ove erano sti- pati insieme al papa, è Guicciardini che parla, tredici car- dinali, tanti prelati, signori, nobili donne, mercanti, cor- tigiani e soldati, tutti spaventati e disperati della salute

(i) Evvi di questa una Raccolta di Vincenzo Forcella, e un re- cente Estratto che leggesi nella Nuova Antologia con opportune os- servazioni di Domenico Gnoli. In questa circostanza è mio do- vere di mostrarmi grato al signor Alessandro Corvisieri, dotto cultore di cose patrie.

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loro, per non avere ancora particolare cognizione di quanto dentro vi sia successo, essendo circondato e con tanta di- ligenza guardato dagli inimici suoi; benché ci possiamo persuadere non vi attendino ad altro (conosciuto non po- terne senza manifesto perìcolo uscire), che a rimproverare con mordaci e velenose parole a Jacopo Salviati, al Da- tario, al signor Renzo, al cardinale Ermellino, e forse al pontefice ancora, gli errori manifesti fatti da essi più volte, e senza frutto alcuno molti maledischino cordialmente la loro passata pazienza... mentre forse lo stesso pontefice vedea fumare incendiata la sua vigna sotto Monte Mario incontro a Ponte Molle per opera del cardinale Colonna in cambio delle castella a costui arse nella campagna romana, nella guerra di NapoH.

Infatti nel mercoldì, ossia al terzo giorno dopo l'en- trata non dei soldati nemici, ma dei sicari di una popo- lazione in mille maniere avvilita e trafitta, era venuto in Roma Ascanio Colonna co' suoi e in capo a dieci di il cardinale Pompeo, turcimanno infame e vile di quest'opera di sangue e di ladroneggio; e per restar uniti l'uno e l'altro Colonnese andarono ad abitare, sono parole del Va- lesio, nel palazzo della Cancelleria, che era del cardinale. Benché i loro soldati e vassalH rapissero quelle cose più vili, ch'erano avanzate ai Cesarei, pure la loro venuta fu di gran giovamento. Questo nuovo Nettuno, che abbo- naccia la tempesta dopo un naufragio d'irreparabili sven- ture, si commosse all'aspetto miserando di sua patria, per lui solo assassinata. Essi si posero a salvar donne e cit- tadini, de' quali era quel palazzo ripieno. E il cardinale, pagata una grossa taglia, riscosse dalle mani dei soldati una matrona ed una figliuola nubile bellissima della no- bile famiglia Santa Croce, benché Girolamo, padre di esso cardinale, fosse stato ucciso da uno di quella casa, stato sempre di fazione Orsina.

Oh gran bontà de' cavalieri antiqui !

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Da questo momento si cercò di raffrenare la militare libidine, sia che il saccheggio fosse ormai esaurito e com- pleto, sia che realmente si temesse delle armi della lega, che sembravano avvicinarsi, sia che lo stato contagioso di Roma, in cui tra i nemici furonvi di molte vittime, in- timorisse que' petti di sasso per la propria salute, sia infine che fosse necessità concludere e stringere il Castello (i). Fu deputato chi tenesse particolarmente tra tanti ladrocinii ra- gione e punisse severamente chi non stesse ne' termini suoi. Per tal modo furono visti fermarsi gli assassinamenti ricominciati, e riposarsi e godersi le ricche prede. E per- chè il papa coi tredici cardinali e con molti nobili di vagHa, con grandi ricchezze rinchiuso nel forte si trovava, e gli Spagnuoli vedendo che per allora non poteano forzarlo^ vi posero grandissima guardia attorno, acciocché il pon- tefice in ispecie non potesse essere una notte, come parve tentare, furtivamente co' cardinali cavato. Dettero inoltre principio a disegnarvi e ordinarvi trincee col farvi subito dai prigioni di minor conto e dai soldati metter mano. Fu fatto il governator di Roma che andò a risiedere nel palazzo del cardinal di Como, in Campo di Fiore : le grida da lui emanate s'intitolavano: Per parte di monsignor della

(i) Gli scrittori non tennero conto dei nemici, morti di ferro o di peste. Avanzano soltanto a ricordo alcune lapidi di ufficiali in qualche chiesa di Roma. Registro que' nomi ch'io conosco spigolati nelle raccolte :

Giovanni Medrano, comandante di fanteria spagnuola, morto agli 8 di maggio 1527 (S. Stefano del Cacco).

Enrico di Flilznicem, capitano di Carlo V, morto ai 14 mag- gio 1527 (chiesa dell'Anima).

Melchiorre Frondsperg, figlio di Giorgio, comandante di fant. tedesche, morto il 9 gennaio 1528 a 21 anno (chiesa dell'Anima).

Si può aggiungere a questi di parte amica:

Garsias de Herodia, capitano di Castelsantangelo per 44 anni sopravissuto al giorno della presa della città, morto di peste il XVII ludio MDXXVII.

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Motta, governatore dell'alma città di Roma, per la inclita Cesarea maestà. Eransi le iene cangiate in leoni.

Poco sappiamo di quanto facessero in questo tempo gli assediati del Castello per difesa loro, ad onta che fos- sero cominciate trattative fino dal giorno dopo, ch'entra- rono gl'imperiali. Dal racconto del Cellini però slam resi certi ch'egli e i bombardieri non si ristavano dal tirare dal lato dei Prati contro i lavori di quella specie di ap- procci, appena che si venner costruendo più che per espu- gnare il Castello, per impedire ogni fuga da quello. Ogni sera si facevan tre fuochi di convenzione in cima del tor- rione quadro mal detto di Alessandro VI, accompagnati da tre colpi d'artiglieria rinterzati, come segnale alle armi della lega, che aspettavansi da un' ora all'altra, e che mai non vennero, ma che purtuttavia avvisava che il Castello non si era ancor reso. Con un gerifalco che il Cellini ebbe sparato contro di tal colonnello spagnuolo cognito al papa e vestito di rosato con gran spadone tenuto orizzontale, fu colpito si bene ch'egli ne restò morto diviso in due pezzi. E quando egli si accorse che alcune guardie, che cambia- vansi ogni ad ora certa, passavano per la porta de' Sàs- soni o di Santo Spirito benché i tiri dal Castello mirasser di traverso, pure era attento a far fuoco sovr'esse, e le danneggiava di molto ; per lo che in una notte i nemici posero sopra un tetto di una casa laterale da trenta botti, che impedissero ogni veduta; ma Benvenuto dirizzò i cin- que pezzi di cui potea disporre alle botti, e alle 6 po- meridiane (22 ore), tempo del rimetter le guardie, dato fuoco, afferma di averne uccise trenta. Questo sembra che si rinnovasse più volte, finché Giovanni d'Orbina dispose alle guardie più lungo giro per evitar l'infilata dei tiri del Castello.

Passavano intanto i giorni, l'accordo non si componea e si era allo stremo dei viveri; e papa e cardinali, non par- lando del resto, eran ridotti a pascersi di carne d'asino.

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essendo impedito dalle guardie assedianti ogni cibo, ogni erba v'entrasse tirata dalle mura, uccidendo chiunque vi si accostava. Colle trincee i nemici eran giunti a un trar di mano, secondo l'espressione del Cellini, ed egli intento sempre a disturbare i lavori di approccio e d'isolamento aveva preso certi passatoiacci ch'erano in genere proietti di legno di varia forma che a cataste già facean parte delle munizioni del Castello, e caricatoTie un sagro e un falco- netto lor dava fuoco e volando quelli all'impazzata reca- vano guasti ai lavoratori con ispessi ferimenti. E siccome dal papa avea avuto commissione di fondere cert'oro, cosi compiendo all'uno ufficio, non trascurava l'altro tener preste le artiglierie. E un giorno in sull'ora di vespro vide venire, e naturalmente non fu solo a vedere, sull'orlo della trincea uno a cavallo sopra un muletto, il quale andava veloce e l'uomo parlava ai lavoratori. Benvenuto presa la mira, die fuoco innanzi che quegli giungesse al suo diritto e cosi bene lo investi che il muletto restò morto ed ei ferito inviso. Era costui, prosegue adire, il principe d'Oran- ges, il quale venne trasportato dalla trincea in una vicina osteria, dove corse tutta la nobiltà dell'esercito. Il papa allora fece chiamare Antonio Santa Croce, perchè desse ordine di dirizzare a quella casa tutte le artigherie, ch'erano moltissime, e che a un colpo d'archibuso ognuno desse fuoco a un tempo. Intese quest'ordine il cardinal Orsini e subitamente cominciò a gridare col papa, dicendo che non si facesse tal colpo, perchè erano in sul conchiudere l'ac- cordo, e se quelli si ammazzavano, il campo senza guida sarebbe per forza entrato in Castello e gli avrebbe finiti di rovinare affatto. Il povero papa, conchiude il Cellini, vedutosi essere assassinato dentro e fuora, disse che lasciava il pensiero a loro. Contuttociò Benvenuto eh' avea prurito di tirare, tirò con un mezzo cannone, che percosse in un pilastro con danno di chi a quello si trovò vicino. Clemente a quanto sembra colla sua feroce stupidità alla massima ac-

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Gettata da Spagna di marciare e patteggiare voleva ben so- stituire l'altra di cannoneggiare e patteggiare. Il fatto si è che rOranges fu ferito davvero in quell'incontro, che fu il 28 di maggio, ma da palla d'archibuso, la quale en- trando sotto l'occhio, gli passò il palato e uscì fuori sotto l'orecchio, e tra non molto guarì. Il Montelupo per sua parte così narra gH avvenimenti di quei giorni : « .... il primo giorno che loro ebono preso Roma, cominciorono a fare le trinciere intorno al Castello, cominciando dalla parte del fiume di sopra una fossa e seguitandola insino alla parte di sotto, eoe alla chiavica della Traspontina, e così inforse dieci giorni ebono circhundato tuto il Castello, che persona niuna non poseva entrare uscire che non venisse loro in mano, salvo che per la banda del fiume, dove bisogniava esere buono notatore. Così stemo tutto il mese di Giugnio, e aspetando la lega che dovessi so- correre il papa; quando si vidde la speranza era vana, si cercò fare acordo, e in questo potrei dire di molte cose, come più volte vinne per tratare acordo in Castello un signor domandato il Catinaro; dove una volta venendo per tratare lacordo, da uno del Castello h fu tirata una archibusata e ferito in un braccio ».

Per intendere poi in che modo a quest'epoca erano sul conchiudere l'accordo, è mestieri sapere che il martedì stesso, ossia il appresso dell'entrata, il papa spedì lettera ai capitani dell'esercito imperiale, nella quale li pregava a mandargli per intendere alcune cose Giambartolommeo Arboreo da Gattinara. E questi andò in Castello, ma nel- r avvicinarsi ad esso fu ferito da un archibugiata partita da quello e n'ebbe trapassato il braccio destro, ma ciò non gl'impedì d'entrarvi. Il CeUini si vanto di quel colpo; e dice ancora che il papa, per adescare il Gattinara ad essergli favorevole si lasciasse cadere di dito un anello con diamante di un quattro mila scudi di valore e gliel donasse. Comunque ciò fosse, come fu egU alla presenza di Clemente,

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costui piangendo in presenza dei tredici cardinali dissegli : poiché la sorte, per troppo fidarsi in quello che dvea ca- pitolato col viceré di Napoli, lo avea condotto in quello stato, più non volea pensare a difendersi, ma rimetteva la sua persona, quella dei cardinali e lo Stato nelle mani di S. M. chiedendo ch'egli, il Gattinara, fosse mediatore con i capitani per fare un qualche buon appuntamento. Questi consolò papa e cardinali, lor mostrò che l'imperatore non ebbe mai intenzione di maltrattare papa, Sede apo- stolica; ma molta colpa era in loro, perchè era stato in lor potere di accomodarsi con qualche quantità di danaro, onde non venisse tanto avanti l'esercito a far la rovina di Roma. Ma una volta che così ebber essi voluto, ora e buon consiglio quello di mettersi in mano di S. M. Dopo ciò per ben quattro giorni consecutivi andò innanzi e indietro più volte per trattar un accordo e con i capitani e col papa e cardinali, concludendo con una capitolazione da sottomettersi all'imperatore. I capitoli di questa é difficile conoscere per intero, perché non divulgati ; ma la somma era che il papa, per non sembrare costretto a' patti, do- vesse fare un' oblazione in danaro. Qui però comincia- rono le difficoltà. Gli Alemanni s'erano posti in capo di non partire da Roma, se essi soli non avesser avuto da 300 mila scudi, co' quali essere soddisfatti delle paghe do- vute loro, mentre in contanti non v'erano che io mila scudi e vendendo quanto papa e cardinali avessero in Castello non sarebbe mai stato sufficiente a garantire la detta somma : poco mancò che per quest'incidente la convenzione non avesse più effetto. Ma dopo alcuni giorni si convenne che tutti i danari possibili ad aversi in qualunque modo sa- rebber dati ai Lanzichenecchi con promessa dell' Oranges e degh altri capitani che il restante, che si valutava ad un 100 mila scudi lor sarebbe dato colla sicurtà o cauzione di Parma e Piacenza. Condotti a questo con istento, ri- nunziavano ad aver papa e cardinali nelle lor mani; con-

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eludendo che col 20 maggio si sarebber posti nel Castello a sicurezza e conservazione del papa e delle persone che v'eran dentro 300 fanti con alcuno dei capitani. Avven- nero però nuovi incidenti e modificazioni.

Ai 19 maggio tornò il Gattinara per la risoluzione del trattato, ma trovò necessario che si riformassero i capi- toli aggiunti circa il modo d'uscir la gente dal castello. Erano in compagnia di lui Vespasiano Colonna e l'abate Alfonso Manriquez di Nagera, e stati col papa lungo tempo per trovar modo d'accomodare il pagamento in denari di centomila scudi, non essendovene in moneta ed argenti che ottantamila, fu concluso per i residuali ventimila una tratta sopra mercanti con obbligazioni del papa e dei cardinali. Risoluto questo, si passò ai capitoli per l'uscita delle genti e per l'entrata dei 300 fanti nel castello. Il papa volea differire a tutto quel giorno; pur sollecitato a risolvere sul momento proruppe in questi termini : « Io vi voglio par- lar chiaro. Io ho fatto la capitolazione che sapete, la quale non è tanto onorata per me quanto vorrei: e non dovete dubitare che se avessi modo di andarmene di qua con manco danno e vergogna della Sede apostolica, votontieri lo farei ; perchè io vi dono la persona mia e di questi car- dinali in prigione, e vi dono il stato, la robba e denari. Or vi dico come io tengo avviso come l'esercito della lega è qua vicino per soccorrermi. Pertanto desidero che diate alcun termine, nel quale potessi aspettare detto soccorso; e venendo il termine, io farò tutto quello che è stato trattato nella capitolazione : e non è cosa grande che vi domando, perchè mi contenteria del termine di seigiorni; e sempre che alcuna fortezza si abbia da rendere, non si sogliono negare simili condizioni ».

La risposta del Gattinara non si fece attendere a si- mili inqualificabili parole, e disse che l'esercito imperiale non temeva di tali soccorsi ; che se tal risposta ei desse ai capitani, essi terrebbero la capitolazione come un in-

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ganno fiuto per guadagnar tempo ; perciò sarebbe essa una vera rottura, che porterebbe l'espugnazione del Castello e il trattamento che ne verrebbe non sarebbe conciliato con l'offerta di milioni; vi sarebbe tempo a pentirsi, poi- ché ne verrebbe la perpetua perdizione della Sede apostolica.

Restarono tutti smarriti 'a tali parole, che suscitarono discordie tra i cardinali, perchè quelli di parte francese volevano a ogni modo aspettare il soccorso, gli altri uscir subito d'imbarazzo, e il papa, conciliatore perpetuo delle sue e delle altrui sciocchezze, instava per la dilazione di sei giorni. E qui il Gattinara s'accorse che della discordia au- tori dovean essere, tra gU altri, Alberto da Carpi, il Da- tario, Orazio Baglioni e Gregorio Casale ambasciatore d'In- ghilterra. Non v'era a far altro, partirono i tre, fecero relazione ai capitani e conclusero che nella notte si co- minciasse la trincea, che serrasse tutto il Castello, l'esercito stesse in arme, presto a qualunque evento.

Non vi volle poco a convincere, massime i Lanziche- necchi, della necessità di cessare dal bottino e dagli ozi che si prendevan per le case; ma conosciuto che le armi della lega erano a sette miglia, tornarono alle bandiere e fu chiesto da Napoli rinforzo di gente spagnuola ed ale- manna. Non lieve confusione esisteva nell'esercito saccheg- giatore dacché era morto il Borbone. Senza capo e colle nuove insubordinazioni, naturalissime nella condizione pre- sente di gente senza freno e sbandata, concorde solo nella rapina, sebbene per ragioni di presa fosser veduti spesso tra loro alle spade, il consiglio vedea l'urgenza di un co- mandante supremo anche provvisorio. Questo avrebbe amato che fosse tale il Lannoy viceré di Napoli, ma rOranges protestò di non voler stare sotto di lui, e quando si disse che il duca di Ferrara verrebbe, a questo si piegò, dichiarando però che ei non vorrebbe mai che altri in- tanto si tenesse per capitano senza ordine dell'imperatore, alludendo a Giovanni d'Orbina. Dopo ciò, restato tutto

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in sospeso, le cose spedivano a nome dell' Oranges, come principal persona dell'esercito, essendo anche nel favore degli Alemanni.

Passavano intanto i sei giorni richiesti dal papa, e già si discuteva e si dimandava all'imperatore come si avesse a governar Roma; se o no si avesse a lasciarvi alcuna forma di Sede apostolica; se convenisse asservirla all'im- pero, mentre Francia, Inghilterra e ogni altra nazione vorrebbe farsi un patriarca; o se piuttosto, secondo l'opi- nione di alcuni del consiglio e dei cardinali presenti in Roma, si avesse a fór in modo che non si perdesse del tutto; ma ogni provvidenza, si concludeva, dovesse di- pendere dalla volontà dell'imperatore; ma dal momento che Clemente era assediato in Castelsantangelo correa fama in Italia ch'egli era diventato il trastullo degli Spagnuoli; perciocché quando si scioglieva e quando si legava più stretto assai; ond'egli si giudica, dicevasi, che avanti si dia fine a questo gioco, noi dobbiam avere due papi.

Oltre queste speculazioni, messe in campo o dai ti- mori o dalle speranze, altro v'era più urgente e più pra- tico, che ventilato dal consiglio, si affrettava a sottoporsi alla deliberazione dell'imperatore. L'una cosa era che presi il papa e i cardinali, essi secondo la convenzione dovean essere trasferiti a Napoli : in questo caso dovean esser poi tradotti in Ispagna? L'altra, nel caso che il papa fuggisse, soccorso dalla lega, che cosa fare ? La terza, se espugnato per forza il Castello e per disgrazia fosse morto il papa, che si avrebbe a fare circa l'elezione d'un nuovo? Ad ogni modo attendendo gli ordini definitivi, il consiglio dei capitani si afforzerebbe del parere del viceré, del marchese del Vasto, di don Ugo di Moncada e dell'Alarcene, che si attendeano a momenti coi rinforzi.

L'esercito della lega in questo tempo venuto a poche miglia da Roma, scaramucciò talora col cesareo, e dopo d'essere stato fermo per dodici giorni, alla fine se ne andò

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verso Viterbo, non senza vergogna che parecchi capitani e molti soldati disertassero unendosi agl'imperiali. Perduta così ogni speranza, ch'era riposta nelle formidabili forze dei collegati, si tornò subito alla convenzione o capitola- zione, firmata dal papa, dai tredici cardinali e dai capitani del Borbone, di cui copia si mandò all'imperatore, l'ori- ginale restando nelle mani del Gattinara. Per essa, peg- giorata dalla prima di molto, il papa e i cardinali reste- rebbero in Castello fino a che potessero andar sicuri a Napoli, si fiirebbe promessa di sette statichi, ad istanza degli Alemanni, per garanzia dei pagamenti, si paghereb- bero o donerebbero dal papa 400 mila ducati all'esercito, metterebbe la sua persona e quella dei tredici cardinali in mano dell'imperatore, consegnerebbe oltre Roma e il Ca- stello, tre fortezze. Ostia, Civitacastellana e Civitavecchia, e tre città^ Parma, Piacenza e Modena. Dopo ciò, secondo la capitolazione medesima, uscirono da Castello agli 8 di giugno molti personaggi, tra cui Renzo da Ceri, Alberto Pio, il cavalier Casale oratore del re d'Inghilterra, e tre- cento della gente di guerra del papa, compresovi il Cel- lini, capitanati da Orazio Baglioni, i quali s'indirizzarono alla volta di Perugia; v'entrarono invece 300 fanti col- l'Alarcone a nome dell'imperatore.

Nulla vo' dire dei tre cappelli cardinalizi posti all'in- canto per compire le paghe dei soldati; dei soccorsi im- plorati, nella prigionia, dal re di Francia, dal re d'Inghilterra e dall'imperatore medesimo : tutto il sacco dell' abbiezione e delle umiliazioni fu votato, non mancava che una cosa e questa fu fatta. Il papa andava dicendo che essendo or- mai disperati tutti gli aiuti, era necessario aspettare il soc- corso solo della lancia d'Achille : quest'era il cardinal Pompeo Colonna; il papa volle vederlo e fu ricevuto con buon viso e fors'anco senza finzione, dice il racconto at- tribuito al Buonaparte. E prosegue : Piansero .insieme la miseria di Roma rovinata, la perduta riputazione della di-

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gnità sacerdotale, e finalmente la comune loro pazzia... Non trovo similitudine che si confaccia al caso. Dirli lupo Tuno, l'altro agnello, è troppo nobilitare due perversi senza cuore e con mal sano intelletto: lasciamoli nel brago e nel lezzo delle loro vituperevoli azioni; ambidue giudicati e condannati nella coscienza degli onesti d'ogni epoca.

Per un momento abbandoniamo i prigionieri di Ca- stelsantangelo e le armi imperiali in Roma, e diamoci ragione dei fatti delle armi della lega, le quali giunte in prossimità della citta saccheggiata e vituperata, se ne allon- tanarono peggiorando le condizioni di coloro, che facean fuochi e cannonate, certi del soccorso. Francesco Maria stesso è quegli che a sua discolpa narrerà le sue gesta militari, compiute in quest'occasione, per bocca del suo bio- grafo Giambattista Leoni : Francesco Guicciardini, giudi- cando e narrando i fatti, sotto il prisma della malevolenza, non lo contradice nelle istorie sue.

Fatta la lega, dopo che si abboccarono i capi di essa in Lodi, le armi papali eran rappresentate da un gover- natore generale dell'esercito ecclesiastico, il conte Guido Rangoni, e da un capitan generale delle fanterie, Giovanni de' Medici, ai quali si aggiungea Vitello Vitelli, generale dei Fiorentini, e luogotenente generale con amplissima au- torità era Francesco Guicciardini, presidente di Romagna, gentiluomo fiorentino, dottor di leggi e molto versato ne' governi dello Stato ecclesiastico insino dai tempi di Leone X, uomo che presumeva assai delle cose militari ed era eloquentissimo da influire nell'animo del provve- ditor Pesaro de' Veneziani tanto che lo indusse a tentare la presa di Milano, contando sopra una sollevazione certa del popolo, impressionando papa e Senato veneto. Le genti ecclesiastiche erano allora 8 mila fanti, in 700 a 800 uo- mini d'arme, 800 cavalleggeri, 4 mila col Rangoni, 2 mila delle bande nere, contandosi inoltre sopra 608 mila Sviz- zeri, procurati dal vescovo di Lodi e dal Castellano di Mus,

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il quale fu poi il famoso Giangiacomo de' Medici, marchese di Marignano (i); ventimila fanti in tutto e cinquemila cavalli.

S'accostarono di fatto a Milano, ma l'esito andò altri- menti dell'immaginato; che dato assalto da porta Tosa le fiinterie del papa, dopo qualche tiro di cannone si diedero a fuggire, il Rangoni e il Medici non valendo a ratienerle anche col battere e ferire molti soldati; e le genti vene- ziane fecero altrettanto dopo pochi colpi, i quali non uc- cisero che alcuni cavalli. Francesco Maria, lasciato Ma- latesta Baglioni a sostenere la pugna dal lato di porta Romana, accorse coi cavalleggeri a coprire quelle fughe : e quindi vide la necessità di ritirarsi a Marignano. Questo primo fatto, lieve in stesso, perchè avvenuto con mi- lizie novelle alla guerra, poco garantiva l'avvenire, e perciò Francesco Maria sempre mosse guardingo, non si fidando che della bontà e del coraggio del Medici, delle sue bande e della fanteria svizzera. All'impresa poi di Cremona, alla quale concorsero quasi tutte le forze della lega e il giorno innanzi che si compisse colla resa del castello, il Guicciar- dini ebbe ordine, per l'accordo fatto tra il papa e don Ugo di Moncada, di ritirar subito le genti papali oltre Po, ed abbandonare il campo dei collegati, come avvenne. Restò solo il Medici co' suoi, perchè a soldo, dicesi, di Francia.

Questo inopinato avvenimento nel principio della lega, interamente la turbò. Impaurironsi i Veneziani, ma più i Fiorentini, che si videro correre il medesimo rischio del pontefice, il quale ristretto ed agitato da grandissime an- gustie vedeva ne' nemici fatti potenti da' suoi medesimi disordini crescere l'orgoglio e la forza; e negli amici per

(i) Intorno a questo personaggio . veggansi le mie Nuove dichia- raiioni sopra i Sangalìo e Giangiacomo Medici, edite nel Buonarroti, periodico romano, serie III, voi. I, quad. IV, pubblicato il 7 marzo 1883 pag. 152.

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la varietà de' consigli suoi sottentrare agli obblighi della confederazione una propinqua alienazione di animo, e va- cillazione di confidenza. Di maniera che fatto ormai im- potente e inabile alla guerra non poteva assicurarsi della pace : nel trattar della quale tutto quello, ch'era già in lui arbitrio di risoluzione con dignità, era divenuto necessità di negozio con pericolo. Quest'era l'opinione di Fran- cesco Maria, e gli avvenimenti gli dettero ragione.

I timori poi negli stessi collegati crebbero quando col Fronsberg calarono i 14 mila Alemanni, e s'aggrandirono ancora per la morte di Giovanni de' Medici. Perciò essi tennero consiglio in Soncino e ventilati i casi che poteano insorgere, quando sarebbe avvenuta la riunione dei Tede- schi cogl' Imperiali di Milano, videro che costoro o an- drebbero ai danni del papa verso Piacenza, o vorrebbero ricuperare Cremona, o si volgerebbero sopra Bergamo a danno dei Veneziani. Quindi si deliberò che il Rangoni provvedesse Parma e Piacenza, che il Saluzzo colle genti francesi gettasse un ponte sul Po dirimpetto al castello di Cremona ed attendesse al procedere dei nemici, e Fran- cesco Maria co' Veneziani entrasse in Bergamo e vi fa- cesse difese, con intesa che dovunque i nemici voltassero, dovesse ciascuno soccorrere il compagno.

Appena che seppesi che i nemici si congiungerebbero col Borbone e chiaramente costui avrebbe mosso contro il pontefice, il Saluzzo andò in Parma, Francesco Maria la- sciato presidiata Bergamo passò a Casalmaggiore gettando un ponte sul Po. In Parma agli 11 febbraio 1527 si tenne un nuovo consiglio, mettendo in iscritto ognuno il parer suo per mandarne copia ai principi collegati. Quello di Francesco Maria fu consegnato al Guicciardini; ma questi noi mandò al papa, scusandosi poi colla negligenza del se- gretario : in quest'anno di grazia fu la negligenza di un segretario, a' tempi nostri fu l'errore di un copista.

Usciti di Parma, Francesco Maria e il Saluzzo assali-

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rono all'improvviso i Tedeschi in Busseto, i quali in disor- dine si gettarono in Borgo Sandonnino, ove restarono per quattro mesi. Perchè, domando io, non riattaccarli, sconfiggerli, sterminarli colà?' La giunzione si effettuò e il destino di Roma fu compiuto. Inflitti di qua impune- mente s' incamminarono uniti a Bologna. Allora Francesco Maria passato il Po si condusse a Valverde verso Modena e quivi fatto un ponte sul Panaro, mentre si preparava ad impedir le vettovaglie a' nemici, che traevano dal Fer- rarese, sopravvenne l'avviso che il papa, dopo d'aver fatto guerra al viceré nelle provincie napoletane con qualche successo, avea conchiusa ai 15 di marzo sospension d'armi per otto mesi. In conseguenza di ciò i Veneziani furono costretti a pensare alle cose loro, e Francesco Maria si ricondusse a Casalmaggiore e indi a Ficarolo.

Quando ebbe poi sentore che il Borbone non volea ratificare l'accordo suddetto, egli sollecito a gittar ponti in ogni circostanza di pericolo, subito ne costrusse uno sul Po dirimpetto alla Stellata per esser pronto ad accorrere suir inimico sia che si volgesse ai danni del Polesine dei Veneziani, sia che avesse animo d'assalire la Toscana, sia la Romagna; e siccome a quest'ultima colui si diresse, così il Rangoni si portò per vanguardia in Imola, il Saluzzo, lasciato presidio in Bologna, andò a Castelsanpietro e Fran- cesco Maria passò il Po, avviando verso Urbino con buona banda di gente a piedi e a cavallo il colonnello Pierfrancesco da Viterbo, che per gli scritti del Guglielmotti sappiamo che si chiamasse Pierfrancesco Florenzuoli. Cosi costeggia- vansi sempre i nemici, senza che ne fossero offesi ; ed allora che essi piegarono a Meldola, minacciando Firenze forse con intelligenza dei Fiorentini avversi ai Medici, le armi della lega scesero verso Poppi al principio di Valdarno avendo essi a fronte il Rangoni, alle spalle il Saluzzo per la via di Mugello, e Francesco Maria con gente spedita e con poca e leggera artiglieria dal Sasso di Simone calò

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in Toscana. Giunto il nemico in quel di Siena, i capitani della lega si determinarono a fare alloggiamento a Lancisa, temendosi allora non meno di Perugia che di Roma.

In questa il viceré di Napoli s'abboccò col Borbone verso Arezzo; e Francesco Maria s'avviò a Firenze, quando i cardinali di Cortona e Cybo ed Ippolito ed Alessandro de' Medici lo avvisarono del tumulto d'alcuni congiurati nella città e l' imprigionamento di Federico da Bozzolo in palazzo; egli accorse in essa con 8o tra gentiluomini e capitani e sedò la sollevazione. Sentitosi questo dal papa, questi mandò subito a ringraziar Francesco Maria, Paolo Valdambrini d'Arezzo camerier segreto, pregandolo di più si contentasse di dar consigli sulla difesa di Roma, se il Borbone si disponesse ad assalirla. Egli in presenza di molti capitani dei collegati propose che il papa avrebbe fatto bene provvedere Viterbo e Montefiascone di gente di guerra; non confidasse in popolo minuto, e si ritirasse in Orvieto o in Civitacastellana, lasciando in Roma Renzo da Ceri e Orazio Baglioni; nel resto riposasse nelle forze della lega, perchè così facendo avrebbe sfuggito egli, la Corte e i principali della città d'esser preda degl' inimici, ond'essi disperati e confusi facilmente si sarebbero dispersi. Piacque il consiglio, ma non fu accettato, e Renzo attese ad armarsi della plebe di Roma.

Intanto, fattosi nuovo patto tra' collegati, poiché- il papa con l'accordo del 15 marzo se n'era esentato, le genti loro s'eran ridotte tutte intorno a Lancisa, e appena che il Borbone si levò dal territorio di Siena e s'indirizzò a Roma, il Rangoni lasciata Perugia tirò pur verso Roma, il Saluzzo ad Orvieto e Francesco Maria a Todi. Il Ran- goni pervenuto ad Otricoli, ebbe tre lettere del Datario colla data del 4 maggio con commissione espressa che ivi si trattenesse fino all'arrivo di Francesco Maria, man- dasse a Roma se non 200 cavalli con 200 fanti, perché la città del resto era sufficientemente da Renzo provveduta.

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Il Rangoni obbedì, il Borbone si affrettò ad Acquapendente prima che il papa avesse notizia della mossa arrivando alla croce di Monlemario; e i cavalli del Rangoni non giun- sero a Roma, o meglio a ponte Salaro, se non dopo l' in- gresso dei nemici, onde riportarono essi stessi l' infelice avviso agli altri.

Francesco Maria era allora a Deruta nell' Umbria, e sa- puto ivi il caso, deliberò per la salute delle altre terre vi- cine a Roma, della Marca, della Toscana e della Romagna fermarsi a Perugia, donde fece uscire Gentile Paglioni, molto inclinato alla parte imperiale. Si condusse poi ad Orvieto, mentre il marchese di Saluzzo, Ugo di Pepoli e Federico da Bozzolo eransi speditamente incamminati verso Roma con intenzione di cavare di Castello il papa; ma il pericolo corso dal Bozzolo per essergli caduto addosso il cavallo, ond'egli per morto fu condotto a Viterbo, e fors'anche una scaramuccia d'esito infelice, disturbò quel- r impresa e pose in guardia il nemico. Giunto in Orvieto anche il Rangoni 'e tutti insieme deliberato d'accostarsi a Roma, si condussero all' isola di Bracciano. E per cam- mino intesero da Saporito Saporiti da Sassoferrato, came- riere segreto del papa, furtivamente uscito dal Castello, che questi desiderava trattare col viceré di Napoli, che si trovava in Siena; onde li pregava fare a questo, come fecero, un ampio salvacondotto si che ne potesse andar si- curo a Roma. I capitani della lega congregaronsi quindi all' isola in consiglio generale intorno al darsi soccorso al papa, e si fece il giorno appresso una rassegna generale dell'esercito; si trovò non essere esso che di 12 mila uo- mini, essendone fuggiti molti pel terrore della perdita di Roma e pel mancamento delle paghe e dei viveri. Erano intervenuti alla consulta oltre il Guicciardini e i due prov- veditori veneziani Giovanni Vitturi, ch'era col Saluzzo, e Luigi Pisani, ch'era con Francesco Maria, i principali ca- pitani dell'esercito e tutti quegli ufficiali e soldati stimati

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confidenti e di esperienza, oltre alcuni personaggi fuggiti da Roma.

Le proposte furono tre : l'una approvata dalla maggior parte e confermata dall'autorità del Vitturi, che non aven- dosi forze sufiBcienti da contrapporre a quella dei nemici si dovessero aumentar subito per sovvenire ai bisogni del papa e al servizio d' Italia. L'altra del Rangoni che gli si facesse spalla, ond'egli speditamente si sarebbe avvicinato al Castello per via dei Prati, procurando di salvare almeno la persona del papa con beneficio della lega. La terza di Ugo di Pepoli e di Filippino Doria che si passasse con tutto l'esercito alla croce di Montemario e qui si attendesse l'occasione di far servizio al papa. Francesco Maria incli- nava alla prima, dell'altre essendo l'una troppo ardita e pe- ricolosa, e l'altra incerta massime per la penuria dei viveri; ma soggiunse egli che era pronto a seguire quella qua- lunque che si sarebbe deciso di compiere. Riflettendo però che si aveva a contendere con esercito vittorioso di 20 mila uomini, fortificati e con acquisto di artiglierie e cogli aiuti di Napoli e le forze dei Colonnesi e che il papa avea pur da vivere in Castello per tre mesi, si deHberò di procu- rare dai principi collegati un accrescimento di un 20 mila fanti tra Svizzeri ed ItaHani, tremila guastatori ed altri quaranta pezzi tra piccoli e grandi, e che si avessero due corpi di armata, l'uno sull'Adriatico, l'altro sul Tirreno, che favorissero l'esercito di terra. Con tale risoluzione si spedì incontanente al re di Francia monsignor d'Aste.

Intanto il viceré da Siena era passato a Roma, ma non riuscendo d'aver quella superiorità di dominio, che sperava, su quelle torme raccogliticce, che pur dicevansi esercito, che tolleravano appena l'Oranges, se ne andò temporeg- giando presso i Colonnesi, portatosi insieme col marchese del Vasto a Marino, quattordici migUa da Roma ; mentre il papa ternendo di maggior violenza nella persona sua, poiché si andava ogni di più dai nemici stringendo il Ca-

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stello, e disperato d'aver aiuti dalla lega col sesto giorno di giugno, con quelle condizioni che gli furono imposte, si costituì prigione co' tredici cardinali. L'esercito dei con- federati per tal modo non potendo più servir cosi vicino, si ritirò per conservare almeno quello che restava.

E ve n'era bisogno, ed in questo veramente le armi della lega furono alquanto utili. Di fatto Gentile Baglioni s'era rimesso in Perugia con intelligenza dei Colonnesi, i quali dopo aver avuto stabilmente Perugia avevano in animo di spingere gl'imperiali nelle Marche. Quindi dai confederati si deliberò di avviarsi colà; e fatto l'alloggiamento a Ve- tralla, vi sopraggiunse anche coi capitolati del Castello di Roma Orazio Baglioni, nel punto in cui Francesco Maria aveavi spedito l'un dopo l'altro Gigante Corso e Federico da Bozzolo a persuadere di nuovo Gentile ad uscirne. Ma ambidue non ottenendo nuli' altro che parole, Biagio Stella ammazzò Gentile e poco dopo fu morto anche Galeotto suo nepote, che n'era uscito con assicurazione; per lo che Francesco Maria si sdegnò con Orazio. La peste intanto che s'era sviluppata in Roma si sparse nei contorni in- sieme alla scarsezza delle vettovaghe, e ne soffriva l'esercito della lega attorno al lago di Perugia tanto che le genti si sbandavano; e perchè la sventura porta gli allontana- menti, quanto la vittoria attrae coloro, che corrono dove la fortuna si mostra, tra le defezioni dal campo per servire nelle file degh imperiali, si annoverarono Piermaria Rosso ed Alessandro VitelH; inoltre il Rangoni si acconciò coi Francesi, i quali gli dettero la condotta di 3 mila fanti e di 60 lance con un altro buon grado : il Pepoli, il conte di Cajazzo, Sigismondo Malatesta e moltissimi altri con pensieri e con fini diversi se ne andarono in tanta per- turbazione e rovescio d'impreveduti avvenimenti. Di più, eransi cacciati i Medici e mutato il governo in Firenze, il duca di Ferrara aveva ricuperato Modena, da Bologna era stato cacciato il governatore, i Veneziani stessi, per

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antiche pretensioni avevano occupato Ravenna e Cervia, sotto titolo di tenerle per la Sede apostolica; le altre città che doveansi consegnare, secondo la capitolazione, pas- savano in mano degl'imperiali; imperocché Civitacastellana era in potere dei collegati, Civitavecchia Andrea Doria non volle dare se prima non gli si pagavano per gli stipendi 14 mila ducati: Parma e Piacenza ricusarono di ricevere i Cesarei. Tutto era insomma licenza e impunità e molti sdegni occulti prorompeano, come suole avvenire nel di- sordine generale, a crudeltà ed a vendette. E vittima dovea pur essere il luogotenente generale Guicciardini, cui per la sua mordacità il conte di Cajazzo era deciso ammazzare, se Francesco Maria, sebbene offeso pur egli pei sinistri uffici fattigli presso i Veneziani, non l'avesse pur tuttavia avvertito ed occultato nel suo alloggiamento. Questi in- fatti entrati in sospetto ed ingelositi avean posto la guardia alla duchessa moglie ed al figliuolo di Francesco Maria, temendo che poco diligentemente egli avesse fatto il ser- vizio della lega. E vi era a sospettare, per chi spassiona- tamente rifletteva che dopo tante spese e tante marcie manovre, il Borbone a danni d'ItaHa e di Roma destra- mente avea compiute le sue con l'esito che pur troppo abbiam visto. Ma il provveditore Pisani moderò ben presto quel rigore e tolse ogni sospetto.

Giunta la notizia della presa di Roma e della prigionia del papa al re di Francia, fu facile a monsignor d'Aste d'ottenere in gran parte gli aiuti, che si ricercavano dai collegati e fu dichiarato capitan generale Odetto di Foix, signore di Lautrec, maresciallo di Francia, governatore della Guienna. Era costui nepote al celebre Gastone, duca di Nemours, morto alla battaglia di Ravenna nel 15 12, dove Odetto stesso fu ferito gravemente. Ristabilito e messo alla testa delle armi francesi, poiché sapea meglio com- battere che comandare, fu cacciato da Milano, Pavia, Lodi, Parma e Piacenza da Prospero Colonna. Cercò rientrare

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con una battaglia nel Milanese, ma nel 1522, perdette in- vece quella della Bicocca: da quel momento fu obbligato a ritirarsi in , una delle sue terre di Guienna. Egli, richia- mato al servizio, nel primo arrivo in Italia ebbe occasione opportuna di cambiar governo in Genova e di occupare Alessandria e Pavia. E perchè non volle tentare di prender Milano, reputandosi cosa allor facilissima, ma si fermò a Parma e Piacenza, dov'ebbe allettamenti e lusinghe dal duca di Ferrara, dal marchese di Mantova, dai Fiorentini, che cacciati i Medici voleano essere conservati in libertà, e fors'anche dai Bolognesi, diede motivo a temere sulle intenzioni sue. Concorrevano a riputarlo sospetto le ri- sposte ambigue, quando si trattò di unirsi ai collegati, sembrando non ben risoluto di quello che dovesse fare. Francesco Maria in questa ritornato al campo tra Todi e Terni, impedì agli Spagnuoli di tentar l'acquisto delle Mar- che, dei quali una grossa banda col pretesto di fuggir la peste, favoriti da molti partigiani, vi si era indirizzata. La costoro vanguardia dalla vigilanza e celerità di lui trovò re- sistenza e danno, tale che si ritirò da quell'impresa. Dopo questa fazione, gl'imperiali abbandonarono l'idea d'impos- sessarsi di Perugia e delle Marche e d'assaltare Firenze come era la opinione comune dei capitani, mentre le armi della lega consumarono molti giorni in ozio tra Viterbo, il lago di Bolsena, Orvieto e il lago di Perugia.

Lasciamoh adunque e riconduciamoci a Roma, dove troveremo il papa occupato a dare esecuzione alla capito- lazione, in mezzo ancora ai Tedeschi, che crudeli e ter- ribili dimandavano di essere finiti di pagare delle loro paghe. Sembra che quel generale dell'ordine di San Francesco, fra Francesco Angioli, confessore dell'imperatore e Valerio suo cameriere avessero lettere e patenti sopra l'aggiusta- mento da portare ai capitani, o v'era scritto che era giusto ed onesto si Hberasse il papa essendo conveniente difen- dere ed onorare la dignità pontificia, che però in qualche

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modo avrebbe detto l' imperatore si trovassero danari per finir di pagare i soldati e quietarli, e liberar Roma, me- nando via quando fosse tempo le fanterie tedesche fuori da essa contro ai nemici ; ma anzitutto con ogni diligenza si procurasse di farsi consegnare gli statichi, perchè lo stesso Clemente, liberato che fosse, non gli si mantenesse ancor nemico.

Era molto comodo ed equo il far la guerra senza mezzi, facendo pagare ad altri le spese di un esercito già ricco per prede; com'era un bel dire di trovar danari quando le cose eran ridotte a quel punto col papa prigione, senza valori o danari in Castello, egli i suoi, tanti da co- prire l'esigenze imposte, e senza credito alcuno presso i soldati, presso i mercanti, ch'oggi diconsi banchieri, restando perciò sempre accesa la minaccia, che se presto non fossero pagati, avrebbero tagliato a pezzi papa e cardinali. Per tal modo si venne nella necessità della nomina e con- segna degli statichi scelti, dicon gli storici, tra' suoi più carissimi ed onoratissimi familiari. Questi furono sette: Giovanni Maria del Monte, arcivescovo Sipontino; Onofrio Bartolini, arcivescovo di Pisa ; Antonio Pucci, vescovo di Pistoia; Giovanni Matteo Giberti, vescovo di Verona; a questi si aggiunsero come danarosi, nobili e parenti stretti del papa, Jacopo Salviati padre del cardinal Giovanni; Si- mone da Ricasoli e Lorenzo Ridolfi fratello del cardinal Niccolò.

Ma tali furono i mali trattamenti fatti ad essi dai Te- deschi, cui si dettero in consegna, che perfino si incate- narono e mandaronsi in Campo di Fiori, ove furono rizzate le forche, ed era pronto il boia per impiccarli se non davano o trovavan subito danaro. Con preghi e lagrime quei mi- serabili supplicando e chiedendo tempo ottennero speranza di vita. Mentr'essi procuravano e negoziavano di aver da- nari pei pagamenti, alcuni loro amici corruppero le guardie con quattrini, perché non fossero di più strapazzati e fé-

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cero loro una cena con vini alloppiati, onde quelle dopo poche ore di orgia satolle e avvinazzate caddero in pro- fondo sonno. Cosi poterono gli statichi essere scatenati e tirati su da un camino sopra il tetto colle funi, e sani e salvi si condussero fuori di Roma a raggiungere il campo della lega nell'Umbria.

Questa fuga affrettò la sempre dubbia libertà del papa, il quale minacciato ognor più dalla ciurmaglia luterana, si vide costretto a porre all'incanto parecchi cappelli cardi- nalizi, come si disse, a chi di parte imperiale volesse. vi mancò chi li pigliasse, onde in breve tempo con questo disonesto e simoniaco modo si raccolse il danaro a satol- lare l'ingordigia soldatesca. Pare che Clemente poco fidasse nel cielo e poco anelasse al martirio; non troppo cle- mente si volle riservare ad ogni costo ad altre vendette!

Fin dal io lugHo il re d'Inghilterra, Enrico Vili, di accordo col re di Francia, avea consigHato, mandando il cardinale Tommaso Vulcer, inglese, detto arcivescovo Ebo- racense, al cardinale Cybo, che i cardinali liberi s' inten- dessero per tenere una dieta, e il 27 dello stesso mese il cardinale Cybo, in nome proprio e del cardinale Passerini, detto da Cortona, avea scritto da Roma al cardinale Salviati, legato presso il re di Francia, onde cercasse che gli stessi cardinali liberi, dapprima radunati a Piacenza, convenissero in Bologna o in Parma a concilio per trattare la libera- zione di Clemente, interessando il re stesso di Francia ad interporre i suoi uffici, onde con prestezza quest'adunanza si effettuasse, in pari tempo che il Lautrec con effetto provvedesse alla difesa e conservazione delle terre della Chiesa. Questo premeva al Cybo e al Passerini perchè i cardinali ultramontani, in ispecie il cardinale d'Inghilterra suddetto e lo stesso re di Francia, insieme al Salviati me- desimo, al Ponzetti e al Farnese, avevano persuaso ulla lor volta il Cybo, il Cortona, il Ridolfi e l'Ancona, che era Pietro degli Accolti, a far dieta in Avignone per prov-

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vedere allo stato della Chiesa. La resistenza di quest'ul- timi, che non voleano acconsentire, si modificò colla scelta di Ancona e non in altro luogo d'Italia. Però, come da Firenze scrivea lo Sforza al Vitelli, si era ai 22 settembre e stavano ancora in discordia senza risoluzione alcuna. Parve nell'animo di alcuno che la riunione in Avignone potesse aver lo scopo di non tornare più a Roma, forse ponendo anche la quistione della deposizione di Clemente, come per ischerno l'avean fatta i soldati luterani in Roma e come si vociferava che alla fin del giuoco si avessero ad aver due papi. Di questo il Cybo preoccupato, man- tenne in obbedienza parecchie cittcà, prestò grandi somme di denaro, in parte poi restituite colla concessione della terra di Vetralla, e distolse i cardinali, raunati a Piacenza, colla sua eloquenza dal vagheggiato disegno. È ben cu- rioso, dopo l'incendio dei Galli con Brenno alla testa, il Senato romano discusse seriamente di trasferire la sede del governo a Vejo; dopo il sacco degl'imperiali con Carlo V voleano i cardinali trasferire la sede pontificia in Avignone, sotto gli auspici di Francesco I ed Arrigo Vili; come pur abbiamo visto dopo i disastri di Francia del 1870 trasportarsi la sede del governo da Parigi a Ver- sailles: eguali cause simili effetti sempre nel mondo.

Si era dunque al finire di settembre e per tutta Italia correa notizia che il papa prigione era tenuto si stretto che non pure favellava, ma non si lasciava neanche ve- dere. Più, si sapeva che gli Spagnuoli fortificavano Ca- stelsantangelo internamente; ma non si sapeva ne come, dove; solamente si vedea portare dentro alla prima cinta di molta materia da murare. Pur tuttavia i prosperi successi del Lautrec e le pressioni sull'imperatore dei re di Francia e d' Inghilterra acceleravano la fine della pri- gionia di Clemente, ed avean fatto rinsavire le indiscipli- nate masse dell'esercito cesareo e persuase all'obbedienza dei capi e dell'imperatore, che le richiamava altrove. E il

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papa per mostrarsi fedele questa volta alla capitolazione rinnovava gli statichi nella persona di cinque cardinali ad elezione dei capitani imperiali, che chiesero : il cardinale Pisani veneziano, figlio di Luigi, il quale era provveditore del campo della lega; il cardinale Trivulzio, sempre affe- zionato alla parte di Francia; il cardinale Caddi, fratello di un ricchissimo e prudentissimo banchiere fiorentino. Questi, tosto consegnati, furono menati a Napoli e guar- dati nel Castelnuovo; e il cardinale Pompeo Colonna entrò mallevadore per gli altri due, i quali furono: il cardinale Franciotto Orsini, romano, e il cardinale Paolo Cesis, parimente romano. Ambidue li menò seco a Subiaco luogo suo di delizia, e quivi furono amorevolmente trattati. Lo stesso cardinale Pompeo s'adoprò poscia cogli agenti del- l'imperatore a fermare e stabilire l'accordo e particolar- mente con Cirolamo Morone per la liberazione del papa e di Roma dai soldati. E potè ciò compiere tanto più facilmente, perchè a lui aderivano tutti gli altri agenti, non che fra Francesco Angioli ; don Ugo di Moncada, uomo d'incerto e spesse volte malvagio consiglio, era an- dato co' soldati a Napoli, sebbene per lui vi fosse il segre- tario Sereno; il principe d'Oranges si era ritirato alle stanze coi suoi in Siena.

Per tal modo Clemente il 6 dicembre, dopo d'essere stato sette mesi rifugiato e tenuto prigione in Castello, con- cluso il partito, ancorché egh avesse fisso di uscirne a capo a tre di, potè subito evadere di mezzanotte deludendo le guardie della porta, con un gran cappellaccio in capo e un tabarro indosso, e tirata sotto e nascosta la barba, mo- strando con quell'abito ignobile d'essere uno dei servitori del maestro di casa del papa, con paniere in braccio, spor- tella e sacchi vuoti in ispalla, come se fosse mandato in- nanzi a preparare gli alloggiamenti per la strada che con- duce a Viterbo, dove dapprima il papa avea disegnato di andare. Cosi travestito entrò nel Vaticano, e ne usci

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non dai prati, ma dal fondo del giardino del palazzo al luogo della Torre rotonda per la porta Pertusa, disserra- tone l'uscio colle chiavi fattesi dare dal giardiniere, montò sopra un ginnetto di Spagna, preparatogli da Luigi Gon- zaga e seco lui, con una scorta di archibugieri, fino a Montefiascone, cavalcando nel buio della notte, passò pel bosco di Baccano, si fermò a Capranica di Sutri per pigliar cibo e riposo, e in fretta poi si recò ad Orvieto, città forte di natura per una strada ricavata sul sasso di una valle che la circonda. Quivi fu accolto lietamente con concorso di personaggi che vi si recarono a visitarlo per rallegrarsi seco della ricuperata libertà. In questo modo Clemente, il cui carattere era sempre di deludere amici e nemici, giunse ad eludere capitani e soldati che dalla tar- danza, che il papa in quella mattina faceva più del con- sueto d'uscir dalla sua stanza, argomentandone la fuga, ne restarono sorpresi ed essi stessi ingannati.

Così ebbe fine l'assedio, il sacco e le calamità di Roma. A suggello di tante scelleratezze e di tante dappocaggini che avean sapore d'astuzie e non eran che raggiri, è me- rito dell'opera riportare la lettera, che datata da Burgos il 22 novembre 1527, scrisse ipocritamente il grande e glorioso Carlo V al papa liberato in Orvieto:

« Beatissimo 'Padre. Per via di Francia m'è stata scritta « et pubhcata la liberatione di V. Santità, et quantunque « io non habbia di ciò lettera, nuova alcuna da' miei « ministri, a' quali era commesso, et imposto questo ne- « gotio tenendo per certo, che così l'havranno fatto, come « da mia parte era loro comandato, mi sono rallegrato « assai, et ho avuto di ciò molto gran piacere, et più che « di qualunque cosa mi potesse avvenire ; che certo quanto « più mi dolse di Sua detentione, la qual fu senza mia « colpa, tanto maggior allegrezza ho sentito, che essa sia « liberata per mio comandamento, et per mano de' miei « ministri: di che rendo per questo assai gratie a Dio.

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« Et può Vostra Santità esser molto secura, che essen- « domi, come spero, buon padre, et buon pastore, tro- « vera in me opera da vero, et umil figliuolo, et più « pensiero d'impiegar le mie forze al ristoramento, al- ce l'esaltatione, et all'accrescimento di Vostra Santità, et « di sua Santa Sedia,, et Apostolica dignità, che del mio « proprio, come ho detto, et dichiarato al suo Nuntio (i), « et come più largamente Vostra Santità potrà sapere « con la persona, che io spaccerò tosto, che sarà persona « grata, et accetta a Vostra Beatitudine. Et poiché non « desidero, se non di satisfare et di compiacere a Vo- ce stra Santità in tutto quello, che io onestamente potrò, « supplico ancor quello, che fra tanto non si lasci ingan- « nare, creda a quelli, che per loro passioni, e con « sinistre informationi, et persuasioni cercassero dare ad « intendere a Vostra Santità il contrario. Et con questo « farò fine, baciando i piedi, et le mani di Vostra Beati- « tudine, pregando Nostro Signor Dio, che le dia felice, « et lunga vita. Di Burgos, A'xxii di Novembre 1527. « Di mano di quel, che é di V. Santità

« Umil Figliuolo, il Re ».

Siffatta lettera non ha bisogno di commenti; era tutta di mano dell'imperatore in lingua spagnuola, e questa traduzione leggesi tra le lettere de' Principi al Hbro I. Si nota in essa che il papa premeagli molto e tardi; in segreto però, dice Francesco Guicciardini, gli era stata gratissima la cattura di lui, e forse non avea intero torto, aggiungo io; ma delle stragi di Roma, degli stupri e del bottino tutto ignorava l'innocente e potentissimo monarca a cui fu palla il mondo; pur tuttavia di tutto questo si occupò la storia. Ed essa ci dice che i danni ricevuti tra denari, ori, argenti e gemme giunsero ad un mihone di

(i) Vedasi più sotto dove si parla di Baldassare Castiglione.

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ducati; per le taglie dei prigioni o ricattati si calcola un altro milione, in cedole di banco un mezzo milione, ed in bestiame perderono i Romani amici e nemici altret- tanto; per altri danni, il cui valore non avea limite, un tre milioni, per lo che la somma totale si fece ascendere tra i sei ed otto milioni di ducati. Il calcolo che si fé' della partizione portò a credere che molti soldati per ognuno insaccarono chi 25, chi 30, chi 40 mila ducati: s'imma- gini quel che si presero i capitani. Non tutti però; restò fama, ad esempio, che l'Oranges non guadagnò cosa al- cuna e non avea un quattrino. Il cardinale di Como (Sca- ramuccia Trivulzio) nella sua lettera con tutto questo os- serva che avvenne a lui ciò non per coscienza di non guadagnare, jna per non aver saputo. É restato poi sempre celebre il detto di far Maramao, volendo dire rubar molto, perchè in questo si segnalò il valoroso capitano di genti napoletane Fabrizio Maramaldo, le cui lodi di buon sol- dato fé' Luca Contile^ noM'Historia de fatti di Cesare Maggi da Napoli, a carte 19, e di feroce animo la storia del sacco di Roma e la morte di Ferruccio sotto Firenze. Come per l'orrore che destò il Borbone colle sue valenti masnade, dopo il sacco, di quel nome si valsero le madri fino ad oggi per far paura ai bambini, qual fosse stato l'Orco o la versiera. Talché nel Trastevere c'è tuttora la cantilena, che comincia :

Ninna la nanna e passa via Barbone

Altro monumento lasciarono in Roma le soldatesche ita- liane che dal Milanese furono condotte al sacco e quali- ficate per Lombardi, ancor adesso dicendosi: guardati le tasche, che colui è un Lombardo, per dir ladro. Tali sono le dolci memorie restate nella città predata dai buoni Ita- liani settentrionali e meridionali parteggianti per lo stra- niero, di cui vi si mantiene fresca la memoria; degli am- plessi spagnuoli-italo-tedeschi violenti e desiderati vi sarà

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rimasto al certo più di un ricordo; ma esso restò muto innanzi alla storia. Il maligno Guicciardini e T ingenuo Brantóme accennano che nessuna dama o donna di Roma fu Lucrezia, che spontaneamente o con ferro si ammaz- zasse o si precipitasse nel Tevere o nelle strade, e ne conchiuse il primo non far maraviglia, considerato quanto si trovi al presente quella città corrotta e piena di abbo- minevoli vizi! In mezzo però all'universale corruzione, che pur troppo non può niegarsi, alcuni fatti avvennero, i quali son degni d'esser notati. Tra piazza Margana e l'ospi- zio e chiesa di S. Stanislao de' Polacchi, che nell'epoca del Sacco ancor dicevasi di S. Salvatore in Pensili o in Palco, sorgeva una gran torre, della quale nel giardino vedevansi a' nostri le fondamenta, dove si ritirarono da sessanta gentiluomini e signore con gran provvisione di polvere per difendervisi. Ma volle sventura che vi si attaccò fuoco e la torre volò in aria con tutti gli abitanti. Se eranvisi ritirati già tutti o parte di quelli che volevano rinchiudersi non è noto. Nelle biblioteche Casanatense ed Angelica si trova l'inedita descrizione del Sacco Roma di Marcello Alberini romano; nella parte delle aggiunte al Diario evvi una scrit- tura che porta il N. io dove è notato a faccia 144 « ciò che è successo alU soldati nelli contorni di Tor Pignat- tara, nel voler danari da un vignarolo; come cinque di loro ne restarono sbudellati dalla moglie di detto vigna- rolo, et uno fu ammazzato da altra persona », ed a faccie 149 e 1^6 vi sono altri racconti, in culle donne mostra- rono il loro coraggio. In Campo Marzio, preso d'assalto il palazzo dei Lomellini, fu uccisa d'archibugiate una dama che per una fune calavasi nel cortile, fuggendo la ferocia degli assalitori. Basti questo a confortarne dalle false ac- cuse e dalle vere ignominie.

Partito il papa, per impedire che Lautrec agli acquisti fatti n'aggiungesse de' nuovi, poiché era tgVi penetrato dalle Romagne e per gH Abruzzi nelle provincie napole-

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tane, capitani e soldati, Italiani e Tedeschi ricchi e carichi del bottino si partirono per Napoli, ridotti però tra per la guerra tra per la peste, dicono, ad un io mila fanti o poco più, cioè 4 mila Spagnuoli, 3 mila Italiani, 5 mila Tedeschi e 1500 cavalli, già pure avviati colà gli Spa- gnuoli, che si erano ridotti aCorneto: ai 17 di febbraio 1528 Roma tornò libera, e Amico d'Arsoli v'entrò uccidendo ne- mici fino negh spedaH. Ma la sua popolazione, che sotto il go- verno liberale, se non feHce, di Leone X dalle 40 mila per- sone che v'erano era salita fino a 90 mila, come narra il Giovio, fattasi l'enumerazione si trovò ridotta a 32 mila pei tre flagelli uniti insieme, guerra, fame e peste,cui si de- vono aggiunger le fughe da una città ridotta a tanto disagio.

Ma non poterono i saccheggiatori vantarsi che tutto il bottino fosse loro; il malacquisto, mal si gode. Non vo' far lunga narrazione adesso della specie di brigan- taggio, organizzato da molti Romani e non Romani per spogliare gli spogliatori ; amo di ricordar col Valesio solo il fatto della famiglia cornetana dei Cerrini, la quale abbon- dante di giovani robusti ed animosi, acquistò in quel tempo copiossissime ricchezze; poiché unita con altri suoi ade- renti si pose ad insidiare ed uccidere sulla via Aurelia tutti quei sedicenti soldati, che carichi di preda se ne partivano furtivamente da Roma per ritornarsene alle case loro : è facile intendere che cotesti ladri erano prodi saccomanni tutt' altro che Spagnuoli e Tedeschi.

È tempo di concludere e por termine alla funesta nar- razione delle circostanze concomitanti la presa di Roma coir aggiungere qualche osservazione sulle morti avvenute 'in men o poco più di un anno di molti dei personaggi, che influirono alle stragi e allo strazio della città ; la guerra e il caso fa di molte cose, ma anche gli ordini di Prov- videnza e la coscienza delle tristi azioni possono aver la sua parte in troncare vite robuste, che si logorano per troppo zelo, per non dir altro, nella posizione occupata.

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Cominciamo dal Borbone, che trascinando all'infame guerra i suoi parenti dal lato di donna Luigi e Fernando Gonzaga, restò ucciso da palla di moschetto sotto le mura di quella città, di cui voleva la perdita. Costui dopo di aver esalato l'ultimo fiato nella cappella alle Fornaci detta per lui Madonna del Refugio o del Borbone, nell'indomani fu trasportato dai suoi nella Cappella Sistina, posto nel feretro colla spada al fianco. La sua armatura, seppure è sua, si mostra nell'armeria vaticana e il suo corpo si trasportò a Gaeta dai Germani, e sepoltovi ebbe quest'epi- taffio: Aneto imperio, Gallo vieto, Superata Italia, Ponti/ice obsesso, Roma capta, Carolus Borhonius in Victoria caesus hic jacet.

Nella cappella della Trinità di Monsegato fin Rupe Scissa) in Gaeta leggonsi questi versi:

Francia me dio la Luze, Espana gloria y ventura Roma me dio la muerte Gajeta la sepultura.

E come che non bastassero queste due, avvene altra in distici latini, che si legge in Francesco Sweertio :

Fictorem, Victumque eadem compleciitur urna, Et tatmn haec Vieti nonnisi Corpus babd.

Hoccine mìraris? mirarì desine; vicit, Qui jacet heic, alios; ipse sibi periit.

In Gaeta stessa nella fortezza si mostrava lo scheletro di Borbone, che si vestiva diversamente due volte l'anno. A questa leggenda si aggiunge quest'altra, riferita al pari delle Lapidi dal Cancellieri. (// Mercato, il Lago, ecc., pag, 243: Storia dei solenni possessi, ecc., pag. 90), Un giorno un soldato, che avea il carico di rivestir questa mummia disse: « Questo Birbon fottuto grida la notte, come un diavolo, se non si veste a suo tempo ». Se il Birbone della Crusca e di quest'aneddoto, il Barbone della plebe romana e di alcuni classici, e il Borbone ultimo ram-

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pollo dei Montpensier sieno tutt'uno non so ; merita la pena d'indagarlo: il fatto si è che costui non fu che un traditore, morto nel consumare un' impresa infame contro i Romani. E non fu solo egli a morire, ben altri lutti vi furono, come dissi, nello stesso anno 1528.

Carlo di Lannoy fu il primo; egli era fiammingo e generale dell'impero ; nacque nel 1470, servì Massimiliano che nel 15 16 lo decorò del Toson d'oro e nel 1521 il fece governatore di Tournai. Carlo V lo pose viceré di Napoli nel 1522. Dopo la morte di Prospero Colonna nel 1523 gli confidò il comando generale dell'esercito e si rese celebre nella giornata di Pavia. Francesco I non volle consegnar la spada che a lui dicendogH in italiano: « Signor di Lannoy, eccovi la spada d'un re, che merita d'esser lodato, perché prima di darla se n'é servito per versare il sangue di molti dei vostri ». Di fatti il re ve- dendo che gl'imperiali volean risparmiarlo, uccise molti che cercavano di farlo prigioniero. All'incontro il Lannoy prendendola e nel dargHene un' altra, rispose : « Prego vostra maestà di gradire che io le dia la mia, ch'ha rispar- miato il sangue di molti dei vostri ». Il pose poscia nel ca- stello di Pizzighettone ; lo convinse a passare a Napoli, ma egli il condusse in Ispagna per abboccarsi coll'imperatore promettendo che se non si fossero accordati, egli il riporte- rebbe in Italia. Concluso il trattato, il Lannoy condusse il re presso Fontarabia alle sponde del Bidassoa, che se- para Francia da Spagna. Ebbe dall'imperatore il principato di Solmona, la contea d'Ast e quella della Roche nelle Ardenne. Egli ritiratosi dai dintorni di Roma, preso da febbre ardente, che vuol dire in Hnguaggio moderno da una perniciosa, in quattro giorni mori a Gaeta negli ul- timi del 1527.

Successe nel vicereame di Napoli Ugo di Moncada da noi abbastanza conosciuto al pari del Lannoy. D'illustre antica famiglia di Catalogna, sovrana già del Bearnese ;

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giovanetto accompagnò Carlo Vili in Italia. Rotta l'al- leanza tra Ferdinando di Spagna e il re di Francia, Ugo si unì alla fortuna di Cesare Borgia; e quando costui passò alla parte francese, il Moncada passò nell'esercito di Gon- salvo di Cordova. Si segnalò contro i pirati in Africa e quindi nel 15 16 ebbe ordine da Ferdinando d'aiutare il papa contro il duca d'Urbino. Fu fatto sulla costa di Ge- nova prigioniero nel 1524 da Andrea Boria e tornò in libertà pel trattato di Madrid. Nel 152^ comandava le truppe spagnuole in Napoli e pel fatto dei Colonnesi co- strinse alla tregua Clemente; nell'anno appresso era viceré di Napoli ; ma volle comandare l'armata spagnuola nel 1528 e al combattimento navale di Capo d'Orso presso il golfo di Salerno, in cui Filippino Doria riportò una completa vittoria il 28 di aprile, egli e il famoso Cesare Fieramosca furono uccisi, dice Paolo Giovio, per vendetta celeste.

Dopo questi quattro di parte avversaria, si deve porre tra le morti precoci dei capitani che si segnalarono in quel- l'impresa, ma di parte amica. Federico Gonzaga da Boz- zolo, che più pei disagi della guerra che per età, dopo di essersi ristabilito dalla caduta di cavallo in Viterbo, e re- catosi in Orvieto a visitare Clemente, in brevi giorni mori a Lodi di morte naturale.

Segui poi la morte di Vespasiano Colonna figlio del celebre Prospero e marito alla Giulia Gonzaga, celebre per bellezza e per ispirito, da cui non ebbe che una figlia, essa pur celebre, Isabella. Egli era di parte imperiale e il ve- demmo a Roma quando vi fu spedito da don Ugo di Mon- cada, perchè in lui avea fede Clemente, onde fosse mezzano di concordia e ne segui l'accordo fatto dal Moncada il 22 agosto 152^; vi tornò poi nemico quando i Colon- nesi irruppero per Borgo nel Vaticano il 19 settembre e il papa si lamentò di lui; dopo la presa di Roma e la ve- nuta in essa de' suoi, si parla di Vespasiano come uno dei

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tre che entrasse in Castello per definitivo accordo e in ultimo pel suo testamento, in cui aveva disposto che l'unica sua figlia Isabella, avuta dalla consorte Giulia, spo- sasse Ippolito de' Medici, nipote di Clemente VII. Ciò dimostra esservi stato un ravvicinamento: egli era morto ai 13 di marzo 1528.

Quel Giovanni d' Orbina, capitano spagnuolo, che avrebbe per credito dovuto succedere nel comando al Bor- bone e che non l'ebbe per causa dell' Oranges, nel muo- versi le genti imperiali contro a Firenze, fu ferito sotto Spello in una coscia e ne mori in pochi a Fuligno nell'agosto 1529.

Altro personaggio degno di nota è quel Girolamo Mo- rene di Cremona, gran cancelliere e primo ministro di Francesco Sforza duca di Milano. Per ingegno, per elo- quenza e per prontezza d'animo a' suoi tempi assai famoso. Costui tenne pratica col marchese di Pescara di distrug- gere gli Spagnuoli che erano in Italia, impadronirsi del regno di Napoli e dichiarare re lo stesso marchese, il quale dapprima non alieno del tutto d'accettare il partito offer- togli, si pentì poscia forse per la difficoltà dell'impresa o per esserne distolto dalla virtuosa sua moglie Vittoria Co- lonna; ond'ei palesò la trama all'imperatore colla testimo- nianza di Antonio di Leva, che nascosto udì il Morone; perlochè fu questi imprigionato e cadde in disgrazia del duca di Milano. Se vi fu in tal maneggio alcun che di generoso, qual'era l'indipendenza d'Italia dallo straniero, fuvvi pure il lato disonesto ed impolitico; dal che disce- sero le più tristi conseguenze, tra le quali l'odio dell'im- peratore contro Clemente VII, ch'era a parte del disegno e l'irresolutezza sua in tutte le azioni che sopravvennero. Vedemmo a qual prezzo il Borbone poi liberasse il Mo- rone e come divenisse egli di lui consigliero, e s'adoprasse poscia per la liberazione di Clemente. Ebbene, costui che sognò per un istante di render Hbera l'Italia, viste le stragi

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di Roma e per la cara schiatta dei Medici andato al campo sotto Firenze, morì improvvisamente nel 1529 stesso.

Il conte Alessandro Gonzaga di Novellara fu quegli che trovavasi al campo col Borbone sotto Roma, insieme al suo congiunto don Ferrando. E siccome questi all'età di 21 anni comandava l'accozzaglia di soldatesche itaHane, saccomanni e banditi ed avea dentro Roma sua madre la marchesana di Mantova, Isabella Gonzaga sorella di Alfonso duca di Ferrara (la quale abitava il palazzo de' Santi Apo- stoli, fatto da Giulio II, e quivi stava rifugiata in que' giorni d'orrore) così egli, don Ferrando, del quale il Goselini suo biografo magnifica l'amor filiale dicendo che per liberare la marchesana s'era fatto condottiero di quella ciurmaglia, si affrettò a spedire il conte Alessandro dentro alla città sac- cheggiata per salvarla. Ma quando questi vide esser colà con essa molta roba e molta gente, ebbe, è vero, vergogna d'impor taglia, ma in qualche modo si propose di voler far guadagno. Cominciò dal dire che egli solo non si credea sufficiente a conservare il palazzo; perlochè vi fece venire un capi- tano spagnuolo parente del duca di Sessa. E convennero nel volere, non dalla marchesana, ma dagli altri 100 mila ducati di beveraggio, che a stenti fu ridotto a 52 mila, dei quali fu fatta partizione nel seguente modo : di 40 mila toccò la metà al conte, l'altra metà allo Spagnuolo, 2 mila a quattro Lanzichenecchi e io mila segretamente passa- rono al nostro buon figliuolo don Ferrando, di cui la so- rella Leonora era moglie di Francesco Maria della Rovere duca d'Urbino. Che la povera marchesana fosse poi sal- vata realmente lei e le sue robe dal figlio con buona scorta fino ad Ostia, compresivi gli uomini e donne tutte che vi si erano ricoverate, sta bene ; ed ottimamente an- che sta che la marchesana facesse dono al suo figlio dei IO mila ducati, come dice il Goselini ; ciò non diminuisce però la voce comune che riferisce il cardinal di Como, cioè che fosse già al possesso dei io mila ducati rapiti:

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in questo caso essa donava una somma ricattata non sua, e il biografo volendolo difendere l'accusa. Il quale poi cerca innalzare il suo eroe coll'astrologia fino alle stelle, dimostrando certi congiungimenti d'astri corrispondenti a quelli, che presiederono alla nascita di Carlo V, di cui Ferrando divenne amicissimo; imperocché nel diciasset- tesimo anno di sua età passato in Ispagna, dimorò con lui tre anni e poscia nel 152^ tornò in Italia colla condotta di cento uomini d'arme. Eran degni l'uno dell'altro; il primo avanzando ogni uomo nella dissimulazione, il se- condo nell'interpretazione dei pensieri del suo amico nelle gesta posteriori, compresa la trama da costui ordita e così ben condotta nell'assassinio dello spregevole Pierluigi Far- nese duca di Parma e Piacenza. Ma di lui basti questo cenno, necessario perchè l'Italia sappia oggimai distinguere i veri suoi figli dagli abbietti, che hanno della volpe e del gatto le arti e gli artigli. Ritorniamo al conte Alessandro di Novellara, cui fan merito i biografi, tra i tanti ricattati in quella circostanza, di aver riscattato a sue spese, dicono, Gianfrancesco Pico della Mirandola e restituito alla repub- blica di Venezia un ambasciatore, dimostrando animo ge- neroso e vendicandosi cosi nobilmente dell'affronto, che da un condottiero dei Veneziani aveva ricevuto, imperocché questi portò la desolazione in Novellara nel raggiungere ch'ei fece le armi della lega. Perloché il Senato veneto punì il condottiero e il nostro Alessandro aggregò alla nobiltà veneta. Oh che nobile gara davvero! Eletto però a generale della cavalleria italiana per recarsi in Ungheria contro il Turco, moriva in Napoli nel 1530.

Dal campo nemico di Roma per poco passiamo di nuovo all'amico. Vittima degU avvenimenti pei rimproveri di Clemente, perché non seppe infinocchiare il furbissimo e giovane imperatore, scongiurare la scesa del Borbone e il sacco di Roma, si può ritenere che fosse il di lui nunzio in Ispagna, il celebre autore del Cortigiano, Baldas-

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sarre Castiglioni, nato nel 1478. Ambasciatore già del duca d'Urbino ad Enrico VII, pel suo merito Leone X voleva farlo cardinale, e Clemente VII invece lo spedì presso Carlo V a trattar gli affari della Santa Sede, della Chiesa e suoi e questi lo nominò al vescovato d'Avila. Non potè impedire, perchè non le conobbe che tardi, le calamità che oppressero Roma nel 1527 ; Clemente prigioniero gli scrisse lettere violenti ed ei rispose giustificandosi con lettera da- tata da Burgos il io decembre 1527; morì a Toledo nel 1529; certo, gli affimni sofferti non lo confortarono per quell'anno che corse tra la cattura di Clemente e il della morte, alla fresca età di cinquant'anni.

Poiché si tratta di morti immature o per angoscie o per disagi o per guerre, non è male, anticipando i fatti dei com.battimenti sotto Napoli, sostenuti dagl'imperiali contro il Lautrec, di por qui la fine di Filiberto di Chalons in Borgogna, principe di Oranges, nipote del Borbone, francese pur egli e come lui ribelle al suo re e traditore di Francia. Egli che per un puntigHo abbandonò nel 1520 il servizio di Francesco I per andare a quello dei nemici di Francia; che ambizioso di tenere comando supremo dopo la morte dello zio nell'assalto di Roma, fu autore princi- pale e responsabile di tutte le nefandità commessevi; che si trovò a fronte dell'esercito francese in Napoli, di cui restò vittorioso; che fu pure duce supremo all'eccidio di Firenze, strumento infame delle vendette di Carlo V e di Clemente VII contro un popolo, che a lui nulla avea fatto di male, se fu autore e testimone delle sciagure romane non lo fu delle fiorentine. Sul finire dell'assedio memo- rabile nel duello che sostenne con Niccolò Masi albanese, colpito sul suo cavallo sauro dorato e fornito di bellissimi ornamenti e di pennacchi bianchi, da due archibugiate de' soldati nemici cadde morto nel 1530 ai 3 d'agosto presso Pistoia nella fresca età di 28 anni, ardito ed esperto capitano, bel guerriero, di persona alto e grazioso. « Cosi

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caddero i principali capitani della scellerata guerra, esclama il Giovio, cioè il Barbone, il Moncada e il principe d'Oranges ».

Non parlo del cardinal Pompeo Colonna, il quale un quattro anni dopo l'eccidio della sua patria ai 28 di giu- gno 1532, mori qual visse da eroe per una indigestione di fichi più che di veleno, com'altri disse, all'età di 53 anni!

Un altro nome ancora è d'uopo registrare in queste necrologie. Alberto Pio da Carpi, il quale per le vicende di queste guerre cotanto infauste all'Italia, essendo stato privato quasi per intero delle terre a lui infeudate, venne a Roma e fu fanatico consigliere, come vedemmo, di Cle- mente VII e con lui prigioniero in Castelsantangelo. Nato nel 1475 ed inviato dal papa di fresco a Parigi ambascia- tore al re di Francia, vi morì nel 153 1 all'età di 5^ anni.

Non rimane che intertenerci alquanto sopra Luigi Gon- zaga conte di Sabbioneta, quel desso ch'espugnò Sanpan- crazio al Gianicolo nel nefasto giorno del 6 maggio 1527 e fu soprannominato il Rodomonte per aver ucciso in duello un moro di statura gigantesca alla Corte dell'impe- ratore, onde gli venne il nome di ammazzamori, matanioros. Valente soldato ebbe pur grido di colto poeta, leggendosi i suoi versi in ottava rima in lode di Ludovico Ariosto e della propria Stella in calce del poema dell'Orlando Fu- rioso, tra le altre, nell'edizione del 1546^ pel Giolito de' Fer- rari in Venezia, Ma qui è necessario distinguere quelle tra le poesie, che sono del Rodomonte o di altri della stessa famiglia ; poiché, come nota il Tiraboschi, nella Storia della letteratura italiana dal 1^00 al 1600, Libro I, tre Luigi Gonzaga furono nel tempo medesimo. Il primo figlio di Ridolfo, il secondo di Giampietro, il terzo è il Rodomonte figlio di Ludovico o Luigi I, tanto che egli era Luigi II conte di Sabbioneta, fratello di Federico da Bozzolo, che già conosciamo, di Pirro da Gazzuolo e di Camilla, cui dedicò una novella il Bandello e fu moglie del marchese

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della Tripalda. Stabilita cosi la distinzione genealogica, passiamo a veder l'anno della morte, in cui di nuovo colla confusione dei nomi e delle opere nacque l'incertezza della data di quella. Del Rodomonte il Muratori prima fissò la morte al 1533 e poi sull'autorità del Sardi lo fé' ancor vivo nel 1537. Il Tiraboschi aggiunge : « Egli dopo aver nel 1527 accolto e scortato il pontefice Clemente VII nella sua fuga da Castelsantangelo, ferito alcuni anni ap- presso sotto Vicovaro fini di vivere in età di 33 anni e il cadavere ne fu trasportato a Fondi «. Ravvicinando col Muratori la data della morte al 1533 e col Tiraboschi l'età di 33 anni, l'anno della nascita sarebbe fissato al 1500. Il diligentissimo P. Ireneo Affo nel tessere le vite dei Gonzaga volle far distinguere ciò che deve apparte- nere a ciascuno dei Luigi, massime le poesie attribuibili a più d'uno di essi, e disse ancora che il nostro Luigi ebbe per moglie l'Isabella o Lisabetta Colonna, duchessa di Traietto , ma sull'anno della morte sorge nuovamente l'incertezza: lo fa presente all'assedio di Firenze e il fa morire nel 1533; e il Tiraboschi onde meglio stabilirne l'epoca, come si narra da un certo Daino, autore di una cronaca di que' tempi veduta dal P. Affo, la fissa ai 3 di- cembre 1532.

È certo poi che Luigi Gonzaga ebbe per moglie Isa- bella Colonna, figlia della bellissima Giulia Gonzaga e di Vespasiano Colonna, morto il 13 marzo 1528,' come ab- biamo notato. Di questa Giulia cosi cantò l'Ariosto al canto XLVI, ottava 8:

lulia Gonzaga che, dovunque il piede Volge, e dovunque i sereni occhi gira, Non pur ognaltra di beltà le cede. Ma, come scesa dal ciel Dea, l'ammira.

Ed è pur certo che a lui venne l'Isabella contrastata alcun tempo prima, per la disposizione testamentaria di Vespa- siano, che la dava ad Ippolito de' Medici nipote di Cle-

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.. Ravioli

mente; ma questi non gli fece ostacolo perchè o sponte o spinte abbracciò la carriera degli onori ecclesiastici e divenne cardinale nel 1529. Poscia insorse più forte com- petitore in don Ferrando o Ferrante Gonzaga, che pur conosciamo, il quale giunto in Bologna con 1' Oranges per assistere alla celebre incoronazione dell'imperatore ai 13 novembre 1529, fece istanza a Carlo V e a Clemente VII di sposare l'allora ricchissima Isabella. L' imperatore assenti e l'esito della domanda dipendea dal papa e dal cardinale Giovanni Salviati. Appena che il seppe Luigi commise al congiunto Gianfrancesco Gonzaga detto il Cagnino di ac- correre a suo vantaggio e questi presentò documenti che comprovarono già contratti gli sponsali tra Luigi ed Isa- bella con sorpresa di Ferrando e de' suoi fautori. Il docu- mento più saliente datato degli 11 aprile 1528 comincia: Io Isabella Colonna dico, confesso e giuro per lo Dio onnipo- tente come ho preso per mio legittimo sposo lo Illustrissimo Signor Luigi Gonzaga, e cosi li ho dato fede di non torre altro marito mentre che sua Signoria stia in vita.... Ciò non tolse le difficoltà; sebbene Luigi si recasse egli ancora in Bologna e il pontefice, memore del viaggio d' Orvieto, gli si mostrasse favorevole, pure non potè recarsi presso di lei consigliato ad andare prima all'impresa di Firenze, ond'egli la confortò con iscritti e con un sonetto ad imi- tare l'esempio di Penelope. Tutto questo ci dice Gaetano Giordani nel suo libro : Della venuta e dimora in Bologna del s. p. Clemente VII per la coronazione di Carlo V impe- ratore, celebrata l'anno MDXXX.

Tale fermezza infatti fu esaltata dall'Ariosto nel suo poema al canto XXXVII, ottave 8, 9, io, 11, 12 ov'egU dice:

L'amor, la fede, il saldo e non mai vinto

Per minacciar di stragi e di ruina,

Animo ch'Isabella gli ha dimostro,

Lo fa assai più, che di stesso, vostro, ecc.

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Patrocinava inoltre la causa presso il papa anche il fra- tello o parente di lui cardinal Pirro o Pietro che con let- tera degli 8 aprile 1528, che leggesi tra quelle dei Principi al libro III, esclama : « Alcuni vorriano mettere le mani in questa giovene per assassinarla.... » Altre difficoltà nacquero per l'eredità, poiché Vespasiano era morto senza maschi. Il papa, secondo l'umor suo solito, che attirava calamità, fece occupare Paliano ed altre terre possedute dalla vedova per consegnarle agli sposi nel giorno del matrimonio. Ascanio Colonna e Prospero di Cave pre- tendevano alla successione e le due donne da ricchissime eran restate senza nulla in fondi in rendite. Onde si scriveva al Rorario: « la signora Julia, la si- gnora Isabella hanno assegnamento alcuno, donde vi- vere.... » e in altra lettera : « Le povere signore stentano, et Nostro Signore non può provederle, secondo sana il bisogno loro... » Nel maggio le cose non erano ancor decise, anzi avevano peggiorato ; imperocché Prospero avea adunato un corpo d'armati, fra' quali Sciarra suo agnato e nel mese suddetto prese Paliano, scacciandovi il presidio pontificio. Clemente VII, che dove metteva le mani dava fuoco credendo di porre acqua, deliberò di aizzarvi Na- poleone Orsini abbate di Farfa, e costui con forze supe- riori ricuperò quella fortezza e ne fece prigionieri i difen- sori, tra cui Prospero e Sciarra, benché quest'ultimo po- tesse fuggire per opera di Luigi Gonzaga. Quindi ne derivò guerra tra Colonnesi ed Orsini, e quelH invasero l'abbadia di Farfa, Tivoli ed Anagni. Il nostro Luigi Gonzaga, che dovea lasciar correre le cose e non imbarazzarsene, cre- dette bene, autorizzato o no, di prendervi parte. Per lo che nei Ritratti et Elogi di Capitani illustri (Roma, 164^) si legge : « Luigi Gonzaga detto Rodamonte.... il con- dusse ad Orvieto et ivi fu da esso eletto suo Generale, e mandato poco appresso contra l'Abbate di Farfa, che gli era disubbidiente, e che con assai gente in Vicovaro si era

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e. T^avioli

fatto forte; ove egli, con duro assedio stringendolo, fu d'una archibugiata ferito nella spalla sinistra, et in termine di quattro giorni morto, d'anni trentatre, il 1528 ».

Per intendere questo inviluppo è d'uopo osservare, e parecchie lettere della raccolta dei Principi al libro III il provano, che il così detto abbate di Farfa, preso che egli ebbe le armi, d'ordine di Clemente, cominciò a taglieg- giare amici e nemici ed incendiar terre così che il papa e la Corte ne impaurirono. Nell'agosto 1528 si spinse per Arsoli e Tagliacozzo e incontratosi con Scipione Colonna, vescovo di Rieti, che con armati procedea negli Abruzzi per cacciarne i Francesi, presso Magliano, terra a setten- trione del lago di Fucino, nel combattimento lo disfece, uccise il Colonnese, vescovo e nipote del cardinal Pompeo con 400 de' suoi e fece circa 800 prigionieri. Da ciò i Colonnesi infuriarono maggiormente contro il papa tanto che nell'ottobre dello stesso anno si era giunti al punto che d'ordine del papa, il quale ai 6 di quel mese era tor- nato a Roma, si scrisse al vescovo di Terracina che si sonasse campana a martello, si desse dentro e si disfaces- sero le bande dell'abbate. E costui coi suoi si accostò a Napoli per recar soccorso ai pericolanti Francesi, coman- dati dal Lautrec. Così in breve si riportò quiete tra le due famighe nemiche (i). Ma Luigi Gonzaga se pur fu ferito

(i) Ecco in che modo sono raccontate le particolarità di questo episodio luttuoso, in cui v'ebbe posto le mani Clemente VII, dopo la prigionia. Ne do alcuni brani tradotti dal cap. XXXIII Cherubini Mirtii Trevirensis Chronicon Suhlacmse. (1626), veggasi V Archivio sto- rico ecc. della città e provincia di Roma, diretto da Fabio Gori, Roma, gennaio 1881, anno VII, voi. IV, fase. 5, pag. 195 :

« Napoleone, figlio di Giordano Orsini abbate di Farfa si pose in testa nel 1528 di ricuperare dai Colonnesi i paesi presso il lago di Fucino. Clemente a danno dei Colonnesi mandò truppe di Ti- burtini e Spoletini e loro aggiunse Amico Orsini signore d'Ascoli (non d'Arsoli come vìen detto). Cosi a Napoleone, che avea chia- mato e trattato con onore, die il papa il vessillo ecclesiastico quadro

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sotto Vicovaro non ne moriva, la vertenza del matri- monio s'era ancora appianata, poiché colla data del 27 agosto 1529 si scriveva da Roma a monsignor il vescovo di Vasona : « Ho scritto già per un'altra a vostra Signoria, quanto mal satisfatta si trova sua Santità del signor Aluigi Gonzaga, ^però havendo presentito, che anco sua Signoria è per far diligentia d'ottener da Sua Maestà d'averla per moglie, m' ha commesso scriva a vostra Signoria, che se li attraversi, et tagli la via d'ogni speranza con la Maestà sua, benché sua Santità tenghi per certo, che la non con- senterla metter quella Signora nel fuoco, come saria, dan- dola ad esso S. Luigi con malissima contentezza di tutta la casa »,

Purtuttavia é certo che potè unirsi all'Isabella e n'ebbe un figlio che si chiamò dal nome del padre di lei Vespa- siano Gonzaga, giovane pur esso coltissimo, valorosis- simo e poeta, che si trovò poi nelle guerre dei Caraffii e fu ferito nell'espugnazione del castello d' Ostia. Ma la vita prima tempestosa, poscia soddisfatta dell'espugnatore di Sanpancrazio non fu lunga. Stando alle date offerteci dal Muratori e dall' Affò non si può protrarre la sua morte

con croce rossa in campo bianco, perchè debellati Scipione nipote di Pompeo e gli altri Colonna prendesse Subiaco.

« Scipione reggeva allora l'abbazìa di Subiaco ed era fatto vesco\'o di Rieti, buttò la stola e vesti l'arme.

« Ai 27 di giugno vennero alle mani, Napoleone fu distrutto e potè salvarsi, preso ed ucciso il vessillifero e il vessillo posto nella chiesa di Santa Scolastica. Ma Napoleone non si die per vinto. Ra- dunò i suoi, tornò a guerra e presso Magliano ai confini dei Marsi, Scipione audace si espose troppo, venne a duello con Amico d'Ar- soli e restò ucciso. Quindi gli Orsini, avuta vittoria, fugati i Subla- censi e i Colonnesi, andarono a Subiaco e l'incendiarono.

« Amico d'Arsoli non godè molto di tal morte di cui si die vanto; che nel 1530 presso Gavinana fatto prigione nella guerra di Firenze, da Marzio Colonna, nipote di Scipione, atrocemente fu messo a pezzi ».

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al di del 1533, e tenendo a calcolo la nota del Tira- boschi, ai 3 dicembre 1532. Con la costui fine si sciolse il nodo del matrimonio dell' Isabella, ma non delle avventure che colpirono la sventurata famiglia ; triste retaggio di quel secolo di ferro e poco d'oro, sebbene per tale decantato dagli artisti e dai poeti. E vero che la vedova Isabella, non so se felice o no, se a lungo o per corto tempo, passò in seconde nozze con Filippo di Lannoy principe di Solmona e figho del famoso Carlo di Lannoy, viceré di Napoh; ed è pur vero che la Giulia madre e vedova di Vespasiano si disposò pur essa dopo il 153^ a Giu- liano III Cesarini, e da una lettera di Annibal Caro si rileva ch'essa viveva a NapoH nel 155 1. Ma è pur vero che altre terribili scosse ebbe a soffrire quest'ultima du- rante lo stato di sua vedovanza, oltre a tante perdite com- presa quella dei beni, che non so se mai più riacquistasse. Nel 1534 il celebre corsaro turco Barbarossa cercò pre- darla a Fondi, ond'ella mezzo nuda dovette fuggire per non essere colta. Lascio al Muratori la narrazione del fatto : « Dimorava in Fondi Giulia Gonzaga moglie di Vespasiano Colonna duca di Traietto e conte di Fondi. Voce correa che in bellezza ella superasse tutte le altre donne d' Italia. Ne giunse fama sino al Barbarossa, il quale perciò si mise in pensiero di fare quella caccia per voglia di presentare al Gran Signore una si vaga preda. Gli andò fallito il colpo. Mentr'egli con due mila Turchi sbarcati era dietro, una notte, a scalare le mura di Fondi, sve- gliata la giovine Duchessa, e conosciuto il pericolo, ebbe tempo di fuggire e di salvarsi il meglio che potè fuori della terra, lasciando scornato il barbaro cacciatore, il quale infierì poscia contro i poveri abitanti ».

A questa terribile avventura, di cui un autor primo deve esservi stato più potente della fama della bellezza di Giulia, altra ne seguì non meno orribile. L' infelice quanto bella duchessa veniva corteggiata fin dal 1530, comesi ri-

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leva da una lettera dell'epistolario di Claudio Tolomei, dal cardinale Ippolito de' Medici; in questo modo sembra trapelarsi una ragione della costui carriera al cardinalato e della rinunzia alle nozze dell' Isabella. Spesso egli an- dava da Itri a Fondi a trovarla; ma nel giorno io ago- sto 1535 preso in viaggio da dissenterìa e da doglie in 13 ore se ne morì. Era veleno propinatogli dallo scalco Gio- vanandrea del Borgo a San Sepolcro per opera, tutti ac- certano, dell' infame figlio bastardo di Lorenzo, Alessandro de' Medici, duca di Firenze, il quale in breve, cioè nella sera dell'Epifania del 1537 fu scannato dal famoso suo pa- rente Lorenzo, o Lorenzino, o Lorenzaccio, com'ei venne chiamato, avendo a compagno Michele Tavolaccino per soprannome detto Scoronconcolo ; il qual Lorenzo a sua volta fu pugnalato da due sicari del successore Cosimo a Venezia nel 1547. A notizie così orribili i cardinali de' Pucci, de' Monti, Salviati, Ridolfi e de' Caddi col 16 gennaio 1537 scrissero al cardinal Cybo lettera dolentis- sima deplorando ad un 'tempo la fine d' Ippolito e di Ales- sandro; ma non mancò chi nella Corte papale stessa col 15 marzo dello stesso anno non esclamasse: « L'opera gloriosa, che ha fatto Lorenzo de' Medici Bruto secondo, et il comune obbligo, che dovemo di ciò haverli, mi sforza a non pensare ad altro che ad adorarlo !.... »

Siamo alla fine. Dopo quest'opere di sangue, che non han riscontro che nella famiglia d' Edipo e dopo le scia- gure di Roma e di Firenze, la parte sana dei Romani e dei Fiorentini dovea sopportare con rassegnazione, fatto gettito degU averi e della propria libertà, per tre secoli r infame genìa dei Medici dannosa all' Italia finché non si spense, più che noi furono le cavalleresche gelosìe e va- nità del francese Francesco di Valois e l'ambizione del- l'ipocrita e crudele guantese Carlo d'Austria; vita, averi e libertà, di cui doveva esser solo privato la causa effi- ciente di tante sventure, il più abominevole degli uomini.

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il più indegno de' papi, più del Borgia che è tutto dire, il bugiardo e vendicativo Clemente VII, quel Giulio, che nato illegittimamente dall'ucciso Giuliano de' Medici, at- tossicò còlle sue gesta tutta Italia e dopo averla vitupe- rata e infradiciata, gloriosamente si compiacque dell'opera sua di sangue, sedendo tranquillo per altri otto anni in Vaticano (i). Secolo delle arti e delle lettere quello dei Me- dici dai vili adulatori fu detto! Oh i poeti e gh artisti! Secolo dovria chiamarsi di glorie e di sagrifici italiani, dalle infamie medicee sfruttato e svergognato. Quest' è la fine degli aneddoti, proseguiamo il racconto e ne ve- dremo delle altre.

Non è di mia pertinenza estendermi ora sulle opera- zioni del Lautrec, autore principale della partenza delle armi cesaree da Roma; solo accennerò quel tanto che basti a chiarire i fatti principali, che dan luce agli avve- nimenti futuri. E comincerò dal dire che il i8 di otto- bre 1527 egli passava il Po, incontro a Castel Sangio- vannì con 1500 Svizzeri, altrettanti Tedeschi e 6 mila tra Francesi e Guasconi, aspettandovi altri fanti tedeschi per completarsi e facendo entrare nella nuova lega il ducadi Fer- rara, e il marchese di Mantova. Ai primi del 1528 fu tentato di nuovo Clemente ad entrare nella confederazione capita-

(i) I miei Nove da Sangalh, Roma 1863, pag. 9 in nota. «Rela- zione di Antonio Giamberti da Sangallo sulla nascita di Giulio » Sulla morte, n^VC Archivio storico sopracitato al fase. 6" a pag. 249 si legge del Micinocchi De Clemcntis VII Pont. Max. ohitu terminando il discorso con questo distico:

Conditur hoc tumulo Clemens qui jura fidemque Perdidit et miseras urbis et orbis opes.

Gli consacra inoltre un capitolo con molti altri distici, il primo dei quali a pag. 252 dice:

Clementem eripuit nobis clementia fati, Humanum tota gaudeat orbe gemisi

Le Guerre dei Sette oAnni 481

nata dal Lautrec, ma resistette con buone ragioni, impe- rocché allora si cercava di stringer pace con Carlo V; ma rotta a un tratto ogni trattativa, si tornò di nuovo alle armi. Il 9 di gennaio il Lautrec partito da Bologna s'in- dirizzò co' suoi pel cammino della Romagna e delle Marche proseguendo pel Tronto nel regno di Napoli. Si arresero ben presto Teramo e Giulianova, Aquila e Civitella, e in poco tempo tutti gli Abruzzi. Allora uscirono di Roma e di Corneto tutte le genti imperiali, che ancora infesta- vano il territorio romano.

Agli 8 di marzo Lautrec era a Nocera Tirinese, e sca- ramucciando ai tre di aprile giungeva a Grottaminarda presso Ariano, arrendendosi in breve Capua, Nola, Acerra, Aversa distante sette miglia dalla capitale. Quindi il 17 era giunto a Saviano e ai 29 si avanzò a mezzo miglio da Napoli, la quale strinse d'assedio, ma non credette fal- cile procedere all'espugnazione del monte della città; perlochè cercò privarla delle vettovaglie, che per terra potessero andarvi, scaramucciando spesso, nel che grandi lodi ne riportavano le bande nere capitanate da Orazio Baglioni: in questa giunsero ottanta uomini d'arme del marchese di Mantova e cento del duca di Ferrara. Gl'imperiali allora concepirono il disegno di andar co' legni loro a rompere Filippino Doria nel golfo di Salerno, per tal modo avrebbero reso libero il mare. Fu però questa fazione infelice per gli Spagnuoli; che rimasero uccisi nel- l'assalto don Ugo di Moncada nella galea capitana, e nel- l'affondarsi della galea gobba peri il Fieramosca, e nella galea quasi affogata ed arsa, che fu catturata, venne preso il marchese del Vasto, Ascanio e Camillo Colonna, il prin- cipe di Salerno, il Santacroce ed altri. Questa vittoria privò la città di vettovagliarsi per mare, essendo questo in potere degli alleati.

In questo modo stretti gì' imperiali da terra e da mare davano speranza agli alleati che per diffalta di viveri non

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tarderebbero essi ad arrendersi, mentre il Lautrec con trinceramenti qua e colà interrompea il foraggiare, ma non al punto che potesse totalmente impedirlo. La negligenza con cui quest'opere eran guardate, portò che un giorno standovi con breve manipolo delle bande nere il prode di- fensor di Roma Orazio Baglioni, ei vi restò ucciso difenden- dosi più che da capo da soldato; e la frequenza con cui i suoi valorosi erano adoperati in rischiose fazioni condusse che da tremila fosser ridotti, tra feriti, ammalati e morti, a due mila. A queste sventure s'aggiungeva che il Lautrec, in- caponito che i nemici si dovessero arrendere, portava a lungo l'assedio senza voler tentare un assalto, e senza far concludenti lavori d'approccio. La peste intanto mieteva le sue vittime dall'una parte e dall'altra; Andrea Doria seguito poi da Filippino s'era ritirato a Genova e quindi messosi al servizio dell'imperatore, e le galere veneziane eransi allontanate anch'esse per vettovagliarsi in Calabria; così restando aperto il mare, entrarono nel golfo di Na- poli molte fregate con provvigioni. A questi mali s'ag- giunse ancora che infermasse gravemente il Valdemonte e poscia il Lautrec; quindi cominciarono i disordini nel campo e il correre delle partite degl' imperiali senza ostacolo per la campagna; cadde prigione Ugo Pepoli ch'era su- bentrato al Baglioni, gli assediatori ridotti ad allontanarsi di qualche miglio, aspettando i soccorsi, divennero quasi essi stessi nel lor campo assediati; valse il Lautrec, al- quanto ristabilito, a restaurare le cose anche per le infer- mità, cui soggiaceano molti de' suoi. GÌ' imperiali resi ognor più audaci ruppero colle frequenti scorrerie della loro cavalleria ogni commercio tra il campo e le galere de' Veneziani, che eran nel golfo tornate, e per colmo di sventura tra il 15 e il 16 agosto 1528 mori Lautrec e poco dopo Valdemonte. Da questo punto peggiorò ogni cosa di modo che presi il Navarro e molti altri capi, ca- pitolato Guido Rangoni, morto di cannonata il marchese

Le Guerre dei Sette oAnnì 433

di Saluzzo (i), abbandonata Aversa agl'imperiali con ac- cordo di ritirarsi, lasciando bandiere, armi e cavalli, i soc- corsi che venian dagli Abruzzi ritiraronsi e non restò ai confederati che qualche terra di Puglia e di Calabria. Cosi ebbe fine l' impresa di Napoli ; e dell' imperatore e della Spagna si rese certa la fortuna, e l'Oranges vitto- rioso si fece strada a future imprese, assicurando il reame sulla famosa piazza del Mercato con terribili supplizi e decapitazioni, aiutato in ciò del ben noto Girolamo Morone. Allo sventurato Lautrec non restò che il compianto, e i solenni funerali, che ogni anno si celebrarono per lungo tempo in Roma nella chiesa di Sant'Angelo vicina al cor- ritore di Castello e in San Luigi de' Francesi nell'ottobre, bandendosi dall'altare ad alta voce: Per l' anima di Monsieur Lautrecco Liberatore di quest'alma città, e decretato dal Se- nato Romano in Campidoglio l'anniversario con pompa reale in San Giovanni in Laterano. Il corpo di lui venne

(i) Michele Antonio, figlio di Ludovico II marchese di Saluzzo, fu ai servìgi dei re di Francia Luigi XII e Francesco I. Nelle guerre d'Italia comandò l'avanguardia alla battaglia di Marignano ed era presente alla battaglia di Pavia. Fu rimandato in Italia, come abbiam visto, a comandare un piccolo esercito francese nella lega fatta da Clemente VII; fu sempre ai fianchi di Francesco Maria I della Ro- vere, finché venne il Lautrec, col quale entrò nelle provincie meri- dionali per attirare l'esercito saccheggiatore lontano da Roma ; ma destino! Egli pure pagò il tributo di sangue in quella guerra male- detta, da cui doveva uscire la onnipotenza di Carlo V e il servaggio d'Itaha. Colpito da una palla di cannone nell'espugnazione di Aversa a 40 anni morì nel 1528 e fu sepolto in Roma nella chiesa d'Ara- coeli, ove leggesi il seguente epitaffio :

Michaeli Antonio Marchioni Salutìarum qui a Francisco I Galliai'.' Rege in Itatiam ciitn exercitti missus iit Romani a Karolo Borbonio Caes. copiar, praefecto captam, et Ctementem VII poni, in Hadriani mote ohsessum liberaret, ad hostes ab urbe avertendos Neapol. profectus, in expugnatione Aversae tormento bellico ictus obiit Anno sai. MDXXIIX aetatis suae XL.

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sepolto in Napoli nella chiesa di Santa Maria Nuova. Il Cancellieri, che riporta queste memorie, aggiunge ancora che Ferrante di Cordova duca di Sessa gli eresse il sepolcro a proprie spese con questa iscrizione :

ODETTO FUXIO LAUTRECCO

CONSALVUS FERDINANDUS LUDOVICI FIL. CORDUBA

MAGNI CONSALVI NEPOS

CUM EJUS OSSA aUAMVIS HOSTIS IN AVITO SACELLO

UT BELLI FORTUNA TULERAT

SINE HONORE JACERE COMPERISSET

HUMANARUM MISERIARUM MEMOR

GALLO DUCI HISPANUS PRINCEPS POSUIT.

Clemente VII, che covando un pensiero sinistro, si era contenuto dal rientrare in lega contro Carlo V, afferrò la fortuna della morte del liberatore della città per dichiararsi imperialista e dopo uno scambio di lettere e d' idee venne il 29 giugno 1529 nel famoso accordo di Barcellona. Prendo dal Guicciardini gli articoli di esso e do qui quella parte che più può interessarne il racconto. « Che tra il Ponte- fice e Cesare fusse pace e confederazione perpetua. Conce- desse il Pontefice il passo per le terre della Chiesa all'eser- cito cesareo, se volesse partire dal regno di Napoli : Cesare per rispetto del matrimonio nuovo e per la quiete d' Italia rimetterà in Firenze il figliuolo di Lorenzo de' Medici nella medesima grandezza, che erano i suoi innanzi fussero cacciati, avuto nondimeno rispetto delle spese farà per la detta restituzione, come tra il Papa e lui sarà dichiarato. Curerà il più presto si potrà^ o con l'arme, o in altro modo più conveniente, che il Pontefice sia reintegrato nella pos- sessione di Cervia e di Ravenna, di Modena di Reggio e di Rubiera senza pregiudizio delle ragioni dell' Imperio e della Sedia apostolica. Concederà il Pontefice, riavute le Terre predette, a Cesare per rimunerazione del beneficio ricevuto la investitura del regno Napoletano, riducendo il

Le Guerre dei Sette oAnni 435

censo dell'ultima investitura a uno cavallo bianco per reco- gnizione del Feudo, e gli concederà la nominazione di ventiquattro chiese cattedrali, delle quali era in controversia, restando al Papa la disposizione delle chiese, che non fus- sero di Padronato e degli altri beneficii. Il Pontefice e Cesare quando passerà in Italia, si abbocchino insieme per trattare la quiete d' Itaha, e la pace universale de' Cristiani, ricevendosi l'uno l'altro con le debite e consuete cerimonie e onore. Cesare, se il Pontefice gli dimanderà il braccio secolare per acquistare Ferrara, come avvocato, protettore e figliuolo primogenito della Sedia apostolica, gli assisterà insino alla fine con tutto quello che sarà all'ora in sua facoltà, e converranno insieme delle spese, modi, e forme da tenersi secondo le qualità dei tempi e del caso. Il Pon- tefice e Cesare di comune consiglio penseranno a qualche mezzo perchè la causa di Francesco Sforza si vegga di giustizia legitimamente, ecc. Promette Cesare, che Ferdi- nando re d'Ungheria suo fratello consentirà che vivente il Pontefice e due anni poi, il Ducato di Milano piglierà i sali di Cervia, secondo la confederazione fiuta tra Cesare e Leone, confermata nell'ultima investitura del regno di Napoli, non approvando perciò la convenzione fattane col re di Francia e senza pregiudizio delle ragioni dello Im- perio e del re d'Ungheria. Non possa alcuno di loro in pregiudizio di questa confederazione quanto alle cose d' I- talia fare leghe nuove, osservare le fatte contrarie a questa : possano nondimeno entrarvi i Viniziani, lasciando quello posseggono nel regno di NapoH, e adempiendo quello che sono obligati a Cesare e a Ferdinando per l'ul- tima confederazione fatta tra loro, e rendendo Ravenna a Cervia, riservate eziandio le ragioni de' danni e interessi patiti per conto di queste cose, ecc.... la quale amicizia e congiunzione perche fusse più stabile, la confermarono con stretto parentado, promettendo Cesare di dare per moglie Margherita sua figliuola naturale, con dote di entrata di

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\avioli

venti mila ducati l'anno ad Alessandro de' Medici figliuolo di Lorenzo già duca di Urbino, al quale il Pontefice dise- gnava di volgere la grandezza secolare di casa sua: per- chè del tempo che era stato in pericolo di morte aveva creato cardinale Hippolito figUuolo di GiuUano, ecc. L' im- peratore fin dal maggio 1529 avea fatto conoscere vo- lesse passare in Italia, e alla fine d'agosto il papa facendo scrivere al vescovo di Vasona e nel desiderare la venuta dell' Imperatore in Italia fin gli accennava Bologna come città opportuna all'abboccamento e alla coronazione ».

Nulla vo' dire degli apprestamenti di viaggio del- l'uno che dell'altro; in che modo Carlo V sbarcasse a Ge- nova il 12 di agosto 1529, e Clemente VII partisse da Roma il 7 di ottobre con sedici cardinali e giungesse a Bologna il 23. come il 5 novembre entrasse in questa città il rammaricatissimo autore del sacco di Roma e vi trovasse l'agitato prigioniero di Castelsantangelo, ambidue pom- posamente vestiti e più pomposamente corteggiati dai prin- cipi italiani ed esteri, quando l'uno si prostrò al bacio dei piedi dell'altro ed entrambi si baciarono sulle guancie. Leg- gasi la Cronaca di Gaetano Giordani edita in Bologna nel 1842. Mio compito è d'accennare ad altri avvenimenti contemporanei.

All'accordo di Barcellona era succeduta la pace di Cam- bray, conclusa tra l'imperatore e il re Francesco il 5 di agosto, nella quale non si parlò affatto dei Fiorentini, commetten- dosi invece da Carlo V al principe d'Oranges d'assaltare a requisizione di Clemente VII lo Stato fiorentino; e questi già coirOranges s'era abboccato in Roma il 31 di lugHo; e il 30 agosto a Genova indarno Firenze mandò amba- sciatori all'imperatore, e indarno oratori a Bologna nel gennaio 1530. Clemente, è vero, li ricevette e fi ascoltò, ma non acconsentì a nessuna domanda. Tentarono essi allora due volte d'essere presentati all' imperatore, ma fu vano: la seconda volta mandò loro adire: soddisf acessino

Le Guerre dei Sette oAnni 487

alla- volontà del Papa ; che. gli aveva dato un esercito, e quando quel non bastasse gliene darebbe un altro. Alla feroce risposta s'aggiunse di li a non molto cosa anche peggiore. Col 7 febbraio essi furono cacciati da Bologna dal papa.

E già il buon Clemente avea messo in comunicazione il prelato Giambattista Sanga, succeduto nell'ufficio al Gi- berti, con tutti i capi dell'esercito assalitore dello Stato e della città di Firenze fin dal io ottobre 1529 scrivendo lettere, che leggonsi nel libro III delle lettere de' Principi, e che si producono fino al giugno 1530, al principe d'Oran- ges, al marchese Del Vasto, a Ferrante Gonzaga, ad Ales- sandro Vitelli e molte a quel prode Fabrizio Maramaldo, che durevoli memorie di ladroneggio avea lasciato coi suoi in Roma nel 1527 sotto il nome di Maramao, di- cendo a costui tra le altre cose: Sua Beatitudine confida tanto nella virtù e valore di V. S. che spera che abbi colla sua banda a far tali effetti, che da quelli nasca il resto della vittoria.... A che fa giungere il desiderio della vendetta! Vuotato il sacco dell' abbiezione il prigioniero di Castel- santangelo, restituitosi a libertà, non s' ispira che alla ferocia più vile!....

Di che erano colpevoli i Fiorentini ? La parte avversa ai Medici, resa forte dalle costoro esorbitanze, era giunta a cacciarli dalla città, la quale era ridotta all'estrema mi- seria per essere stata immersa nella lunga guerra e non guerra fatta dal capriccio di Clemente all' imperatore con gravi spese parteggiante per Francia, delle quali gran parte a carico dei Fiorentini. Ma i Fiorentini in fondo, dicea fin d'allora lo storico Giambattista Leoni, « erano ormai stanchi e mal soddisfiitti di aver così profusamente speso senza frutto alcuno essenziale; perchè obbligati fino a tempo di papa Lione, e intromessi nelle guerre d' Italia si conosce- vano, o fosse per anticipata sagacità di negozio, o per quello, che aveva portato il caso, sommamente indeboliti, e condotti sotto l'arbitraria superiorità della Casa de' Medici, e però con-

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 29

438

C. bainoli

veniva loro correre un medesimo rischio col Pontefice.... ». E questo Pontefice che fa ? Egli in mezzo ai travagli, che s'era andato cercando con danno dei collegati, fa accordi egoistici senza frutto, quando non li dovea fare per rispetto ai medesimi e appena che gli si offre il destro, perchè i nemici di sua Casa e de' suoi arbitrii crescono in potere e li cacciano, come dilapidatori, screditati e ormai impo- tenti, si fa amici i nemici e saccheggiatori di Roma e pa- gati da lui li scaraventa con beneplacito dell' imperatore a sgozzare i cittadini di quel paese, in cui egH è nato inve- recondamente. Mai schiatta di bastardi spudoratamente non fece altrettanto. Seguitiamo con celere rivista i fatti prin- cipali delle vanità soddisfatte e del parricidio insensato.

Prima della fiorentina il papa impose all'Oranges di com- piere r impresa perugina, e costui col 12 settembre seppe trovar modo di far uscire di Perugia Malatesta Baglioni, fratello d'Orazio, il quale andato a Firenze viene eletto al comando dell'esercito della repubblica, invece d'Ercole d'Este. Dopo ciò le masnade imperiali marciano nel fio- rentino; l'Oranges giunge a Montevarchi in Val d'Arno il 24. Per le cattive disposizioni prese da Malatesta per la difesa del Monte, Michelangelo Buonarroti s'allontana da Firenze ed incorre nella condanna del bando il 30 settem- bre : si fa Stefano Colonna capitano delle milizie cittadine. Il nemico trattenutosi in Val d'Arno aspettando le arti- glierie lasciate già nel Sanese, il 5 di ottobre parte da Fi- ghne e si avanza nel piano di Ripoli: Stefano Colonna e Mario Orsini sono deputati alla guardia del Monte San Miniato. Il 24 di ottobre l'Oranges mette il campo sui colli di Arcetri a scilocco della città, il 29 comincia l'ar- tiglieria nemica a battere il campanile di San Miniato, da cui il nemico riceveva gran danno. Ma quella torre o cam- panile per opera del Lupicini soprannominato il Lupo, padre di Antonio, autore di un trattato di architettura militare, vien fasciato da balle di lana, legate in più luoghi nelle

Le Guerre dei Sette oAnni 439

facce di essa, contro la batteria dell' Oranges di dieci can- noni, fatta da Giramonte, luogo comodo, e sebbene quella traesse per tre giorni continui, a tutto il 3 1 ottobre, pure non fece profitto, perchè le palle se ne tornavano indietro ; il 9 novembre il nemico dopo avervi tirato da centocin- quanta colpi, aveva abbandonato l' impresa. Gli storici at- tribuirono ciò fosse stato consiglio di Michelangelo; ma allora egli era fuori di Firenze e non gli fu levata la pena del bando che il 23 novembre, perchè eravi tornato da quindici giorni soltanto.

La notte del 1 2 decembre in Bologna, ove stavan tuttora papa ed imperatore, la soldatesca ch'era a guardia dell'ar- tiglieria imperiale atterrò la grande statua di Clemente, lavorata di stucco, che era stata collocata sulla porta del palazzo; spiccatale la testa e trascinata intorno alla piazza con una fune, fu gittata sul fuoco. Si disse che furon luterani gli autori del fatto, ma eran anche i difensori adesso di Clemente assistenti ai suoi trionfi e alle sue sod- disfazioni, come già furono in gran parte i saccheggiatori di Roma. Quando il pervertiriiento delle idee è al suo colmo, nascono anomalie, che dimostrano la falsa posi- zione di tutti. La notte del 13 Stefano Colonna fece una sortita da Firenze con perdita dei nemici. Da un ricordo, notato in uno dei disegni di architettura militare di Fran- cesco da Sangallo, figlio di GiuHano, si rileva che i di- fensori di Firenze furono Lucchesi, Sanesi, Pistoiesi, Pra- tesi, Colletalti^ Bolognesi, Romagnoli, d'Agobbio e di Città di Castello in numero di cavalieri 2350, pedoni 12,100, in tutto 14,450 (i): la qual cifra concorda col documento pubblicato dal Gaye (Carteggio d' artisti, tom. II, pag. 211) che è una lettera della Balìa di Firenze datata del 27 di- cembre 1529, diretta a Baldassarre Carducci appresso il Cristianissimo, che annunzia: «Noi habbiamo la terra assai

(i) Vedansi i miei Nove da Sangallo, pag. 48, nota n. 2.

440

C. ^l{avioli

fortificata, et il monte in modo riparato con bastioni che non pensiamo in modo alcuno d'havere ad essere sforzati. Et drento ci troviamo circa xiiii mila paghe che sono intorno a X mila fanti in essere, una bella e valorosa gente et molto disposta alla defensione nostra, per essere bene pagata, si che perchè pare a ciascuno che si combatta dell'honore di Italia ! » Ed era vero ! Ma a disonorarla per tre secoli vegliava la vendetta di un Medici e l'ambizione di un Guantese, immersi nel sangue fiorentino e nei tripudi di Bologna, non disgiunte dall'agitazione dell'esito dell'impresa. Ben ciò si fé' palese dalla lettera che il primo scrisse al secondo tutta di sua mano il 3 giugno, conservataci nelle lettere de' Principi al libro I, carte 123. Muratori negli Annali d'Italia ha consegnato queste poche e solenni pa- role : « Per tutto il tempo che durò l'assedio di Firenze gran battagha fecero nel di lui cuore (di Clemente!) l'an- sietà di vincere quella pugna: il timore che la lunghezza o altro sconcerto guastasse l'impresa; oltre alle tante cure per somministrar somme di danaro, ed un batticuore con- tinuo che Firenze presa andasse a sacco ».

Le genti papali composte di ladroni più che di soldati e comandate dal Ramazzotto infestano e saccheggiano tutto il Mugello ed arde guerra nel contado di Pisa. Il primo di gennaio 1530, mentre a Bologna festeggiavasi la pace stabilita tra' principi cristiani con pubbliche dimostrazioni, Firenze è circondata dalle armi imperiali, presa già Lastra a Signa e cadute Pietrasanta, Motrone, Pistoia e Prato. Il 22 febbraio fu incoronato imperatore Carlo V e il 24 dopo che l'imperatore passò il ponte di legno che legava il palazzo colla cattedrale, si sfondò esso per più metri colla ruina e ferimento di coloro del corteggio che vi eran so- pra: il 21 marzo l'Oranges sotto Firenze è ributtato dal- l'assalto del bastione di Sangiorgio oltr'Arno, il 23 marzo Carlo V parte da Bologna e il 31 il papa.

Gli assediati seguitano a far più sortite, le terre del

Le Guerre dei Sette oAnni 441

dominio vengono cadendo in mano degl'imperiali, Fran- cesco Ferruccio ai 27 di aprile con gran valore riacquista Volterra ribellata ; per tradimento il 29 maggio cade Em- poli, castello importante per la comunicazione con Pisa e Livorno: Volterra assalita dal marchese del Vasto si di- fende gloriosamente. Malatesta Baglioni pei suoi raggiri cade in sospetto, fa pratiche coi nemici, la città per fame è ridotta agli estremi, i cittadini son deliberati ad incon- trare ogni disagio. Tutte le speranze si ripongono nel Ferruccio; nominato commissario generale ha l'ordine di portarsi a soccorrere Firenze. Parte egli da Volterra per Pisa con un tremila fanti e cinquecento cavalli, si con- giunge con Giampaolo Orsini, figlio di Renzo; ma per malattia è trattenuto a Pisa, può impedire i nemici che assalgano il Pistoiese. Ristabilito appena, parte da Pisa e pel contado di Lucca marcia verso la montagna di Pi- stoia. Il principe d'Oranges si muove ad incontrarlo con tutto l'esercito, lasciati un quattromila soldati al campo. Il Malatesta non fa nessun movimento, sebbene la gioventù sia fremente di combattere. Francesco Ferruccio tenta in- vano Pescia, varca la montagna, arriva inCalamecca il 2 ago- sto, il giorno appresso assalta e prende San Marcello e si accosta a Gavinana, mentre l'Oranges da Pistoia entrava nella terra d'altra parte. Succede lungo ed ostinato com- battimento, il luogo è più volte preso e perduto, il prin- cipe d'Oranges viene ucciso da un' archibugiata, i Fiorentini restano oppressi dal numero dei nemici, il Ferruccio è fe- rito e condotto senz'armi alla presenza di Fabrizio Mara- maldo, calabrese e noto capitano imperiale. Costui vilmente assassina di sue mani e fa terminare da altri il ferito, inerme e prode Francesco Ferruccio. I voti di chi avea riposta fiducia nella virtù e valore dell'assassino sono ap- pagati; l'Orsini ed altri capitani cadono prigionieri, vien fatto prigioniero Amico d'Arsoli, e dato in mano a Marzio Colonna, che compratolo per ^00 ducati lo mette in pezzi

vendicando la morte del vescovo guerriero suo zio, Sci- pione Colonna: le genti tutte della repubblica sono di- sperse. La città all'annunzio della morte del Ferruccio è costernata; Malatesta ricusa di assaltare il campo, è deposto dal comando agli 8 di agosto; si f;m dimostrazioni a favore dei Medici, .la causa della libertà è perduta; si conclude un accordo con Ferrante Gonzaga, succeduto all'Oranges e con Baccio Valori commissario del papa il 12; Firenze apre le porte dopo di aver sofferto la perdita di 8 mila cittadini e 14 mila soldati d'ogni parte d'Italia; le bande nere ed il più illustre avanzo di esse Francesco Ferruccio, suggellato col sangue il loro valore più non figurano nella storia. Alla misera Firenze non resta che povertà, peste, squallore, persecuzioni e la più grande delle abbiezioni a soffrire, la presenza di un altro laido bastardo, Alessandro De' Medici e col titolo di duca essere da costui signoreg- giata ed oppressa col 5 di luglio 153 1, e il traditore Ma- latesta Baglioni il 24 dicembre all'età 39 anni muore, senza cogliere il frutto di sue nequizie, promessogli e non mantenuto.

Camillo Ravioli.

CATALOGO

dei principali ufficiali e capitani a soldo pontificio dal gennaio ai 4 di maggio 1527, antivigilia dell'assalto di Borbone, che perciò furono attori in gran parte nella guerra di Campagna e nell'eccidio di Roma, desunto dal Registro dei mandati di pagamento nel volume citato in nota alla pag. -^6^ :

Galeotto de Medicis, castellano....

Guido castellano di Castelsantangelo

Giambattista d'Avernia

Ambrogio Suardo, soprintendente alle Munizioni

Marcello Palonio, capitano (in C. S. A.)

Le Guerre dei Sette oAnni 443

Domenico Boninsegna, capitano (in C. S. A.)

Marcantonio, capitano di Tordinona

Antonio da Sangallo

Giuliano Leno inquisitore

Sebastiano, scarpellino

Antonio Santacroce (sulle artiglierìe)

Francesco, fonditore d'artiglierie

Clemente, bombardiere di C. S. A.

Francesco, bombardiere di C. S. A.

Andrea Doria

Stefano Colonna

Virginio Orsini, conte d'Anguillara

Conte Sforza di Sterpeto, capitano

Giampaolo della Tolfa nob. rom. sui Caporioni della città

Federico Gonzaga (da Bozzolo)

Orazio Baglioni

Conte Guido Rangoni.

Capitani.

LucANTONio (Tomassoni da Terni)

Antonio da Castello

Cuio (Fiorentino)

Gaspare Rossi

Batista Imperozio

Orfeo da Castello

Francesco da Carpi

Gabriele da Mola

Costantino Baglioni

Gabriele da Calvi Corso

Febo Perugino

Giannantonio da Canaia

Geronimo Genovese

Bulgarini Senese

Vincenzo Ubaldini d'Urbino

444

{aviolt

Mario de Rossi (Napoletano) Teobaldo da Fabriano Giulio da Ferrara Millo Brutto Perugino Romano Corso tr

Conte Niccolò (da Tolentino) Giambattista Borgesio Giambattista da Bologna Vincenzo da Tivoli.

Senza titolo.

Giuliano Cecio

D'Altems

Bernardo Sacco

Ippolito de Cesis

Bernardo de Alexandris

Guglielmo de Pilis

Raffliele Armellini

Benedetto Beliotto

Pietro da Gubbio

Niccolò Bufalini

Luigi Gaddi

Margotto Pallaio Perugino

Bartolommeo Marinoni

Bartolommeo Pattolo Fiorentino

Bindo d'Altoviti

Bernardo Nicolini.

'Nota. Non risulta che tutti fossero a soldo ; ma sono nominati molti per la consegna e somministrazione delle munizioni. Quelli ch'eran presenti in Roma il 6 maggio, morti o feriti o prigionieri tra i Ca- pitani sono notati in carattere maiuscoletto e nominati nella narra- zione.

'T^. Lanciarli 445

// Codiu barberiniano XXX, 8^

CONTENENTE FRAMMENTI DI VNA DESCRIZIONE DI ROMA DEL SECOLO XVI

(Continuazione e fine Vedi pag. 223).

[507] Campo di fiore. Nel cantone andandosi verso gli Ebrei a mano de ritta aito nella strada. Arme di Sisto iiii in niez^ a quella del popolo e del Riario :

(( Qnae modo putris eras et olenti sordida coeno

Plenaque deformi Mattia terra sitii, Exuis hanc turpem Xysto sub principe formani,

Omnia sunt nitidis conspicienda locis. Digna salutifero debentur premia Xysto :

0, quantum est summo debita Roma duci ». i Via Florea is « Baptista Archionius et . anno salutis

Ludovicus Marganius ' MCCCCLXXXIII »

Questa iscrizione, che il eh. Visconti crede a torto dettata dal Pla- tina, premorto al pontefice Sisto IV, e che è il più antico esempio che si abbia in Roma di lapide posta per indicare la denominazione di una strada, è rimasta nascosta non so quanti secoli dietro un meniano della casa Traversi, sull'angolo della piazza di Campo de' Fiori (cf. la via Florea) tra la via de' Giubbonari e quella de' Balestrar!. Sco- perta nuovamente nel 1863, fu pubblicata dal Visconti nel Bull. Muti., V, pag. 191. I « magistri viarum » furono ristabiliti da Martino V con bolla del 30 marzo 1425. L'istituzione fu riformata con nuovi ordinamenti, e con privilegi formidabili da Sisto IV ai 30 di giugno dell'anno 1480, il quale la pose sotto la presidenza del milionario d' Estouteville. Giovanni Battista de Arcionibus e Ludovico de'Mar- gani, nominati nella iscrizione della via Florea, entrarono in ufficio, come «magistri stratarum et aedificiorum », nel 1482, succedendo a Geronimo de'Mellini e Gregorio de'Palonibus. Lo stipendio annuo di cotesti ufficiali ammontava a 100 fiorini d'oro. (Muntz, 1. e. III, 179). Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 3o

rei ani

[507^] In una pietra 0 pilastro ci/ è nella pia^Tfi di quei di s. Croce presso gli Ebrei auanti la chiesa di casa loro. [Cf. Schrader, 1. e, 216'].

Arme di -f- (( De cruce darà dotnus uirtnte prohata fideque Privatos uno axe lares renovataque tempia lunxit ; namque hominum nulla est prudentia, nulla Gloria, nullus honos, sine relligionis honore ».

Dall'altra banda in essa pietra : « Honori et fi dei angulum D .A. de s. cruce et fratres (ì) »

Nel cantone di casa di mons. Capilupo in campomar'^o presso Medici carJ' é la fontana grottesca con mex^a statua di lupo, la cui bocca da l'acqua in un piccolo vasetto 0 conca, dietro la qual grottetta é essa lupa:

(( Lac pueris lupa dulce dedit non seva gemellis, Sic, vicine, lupus dat tibi niitis aquam. [508] Quae fluit assidue, quae lacte est dulcior ipso, Purior electro, frigidiorque nive. Hinc igitur lymphas, bene tersa sedibus urna,

Et puer et iuvenis portet anusque domum. Fonticulo prohibentur equi, prohibentur aselli, Nec canis hinc fedo, nec caper, ore bibat. i^jS ». Dentro questa casa del Capilupo, all'altra fontana pure, dov'è statua di cornucopia, et al posamento :

(( Sit procul a nitidis vitro certantibus undis

Dextera quae humano sanguine tincta rubet: Sitque lingua procul, quae nigro infecta veneno,

Vibrat in aeternum spicula seva deuni. Impuro non ore licet, manibusve cruentis

Virginei puram sumere fontis aquam. i^jS ». È difficile trovare nella classica antologia un epigramma più gen- tile di quello della Lupa. Sugli autori che parlano della fontanella, cf. Lanciani, Aquedotti, 129. La data, secondo lo Schrader, f. 198', sa- rebbe il 1574.

// Codice barberiniano XXX, 8 g 447

Nella facciata dell' ospedale di santa Maria in portico, sopra di pietra longa e ro^XP- ivi messa : [Cippo terminale CIL, VI, 1266].

<( Pauli IlIIpont. max. iussu, cuius beneficio maiorum monumenta servantur, ut antiquum loctim indicet uhi nuper effossus fuerat, erectus est an. sai. M- D LVI ah urbe condita 00 00 CCC IX ».

Una riproduzione litografica di questo cippo, scoperto nel 1520, si ha nel voi. I, tav. IV, del Bull. Comunale. È un esempio piuttosto unico che raro di rispetto alla importanza locale e topografica delle antiche epigrafi. Oggi si preferisce gittare ogni cosa nella voragine dei musei.

[508^] Dentro s. Clemente in una pietra mattonata:

(( D. M. Manneia Sestia fecit sihi et posteris suis » .

[509] Etili Campidoglio. Nel posamento della sontuosa papale statua che si trova nel modo solito di benedire sedendo: [For- cella, I, 40J.

(( Optimo principi Leoni X med. Ioann. f. pontif. max. oh restitutam instauratamq urbem, aucta sacra bonasque artes, ad- scitos patres, sublatum vectigal, datumq. congiarium S. P. Q. R. pos. »

In la loggia de Conseruatori et al posamento della lupa: (( R. de Capiteferreo \

M. de Bellis hominibus \ conss. p. curauerunt ». F. de Miccinellis J

Nella pia^X^i di s. Gio. della Pigna et presso la minerua in casa di quei gentiluomini Porcari, a una porta :

(( Uh ego sum nostrae sobolis Cato Portius auctor, Nobile quod nomen os dedit, arma, toga».

Questo architrave, con la sua iscrizione (edita da Camillo Mas- simo, Sopra una inedita medaglia di Francesco Massimo, Roma, 1860, pag. io) ed i fregi della porta, sono ora conservati nella villa dei Pamfili-Doria, eredi della casa e dei beni della famiglia Porcari. Veg- gansi ToMMASiNi, Archivio della S. R. S. P., Ili, 63 De Rossi, Studi e docum. di storia e diritto, II, 71 sg.

448

'T^. Lan ciani

Alia porta di Magnanapoli, don è il bel palazzotto o loco de Vitelli, e, ci morì quel cardinal loro, con arme :

(( Vitelliorum gens coeli salubritatem et situs amenitatem secuta, locum hunc instaurauit et exornauit. i)j^ ».

Veggasi Gallo Giovanni : « Historia della casa Vitelli » nel cod. vat. 7125, f. 129 sg. ed un opuscolo anonimo nel cod. 7246 con- tenente notizie geneaologiche sulla istessa famiglia.

[509^] Capo di bove. Nel torrione stesso, che sarà cosi diman- dai bora capodibove per li festoni di trivertino, com'è tutta l'opera, adornati di teste di Bove che circondano : è chiamato dalli scrittori questo edificio d'opera composta, sono queste parole:

[Iscrizione di Metella CIL. VI, 1274].

Alla fabbrica moderna antica delle sole muraglie guaste che ci sono di castello quadro ch'accolgono dentro in un cantone esso Torrione, detto Capodibove, appariscono l'arme di casa Gae- tana massime nelle . 2 . porte picciole : questo castello noto di case, 0 come lo potiamo chiamare n'ha .4. di porte alla mu- raglia eh' è con merli.

Tra la porta e san Paolo, a mex^^a strada in una cappella de convalescenti, a mano stanca fondata nel ij68 é loco' dove si devisero san Pietro; e s. Paolo e dicono, andando ciascuno alla morte. N'apparisce ivi memoria che lo tratta Dionisio nel- l'opera a Timoteo.

[5 io] Santo Apostolo, dentro nella facciata, sopra la porta. Aquila antica benissimo fatta di pietra, con :

(( Tot ruinis servatam lui. Car. Sixti UH pont. nepos hic statuii ».

Questa iscrizione, riferita anche dal Forcella, II, 227, n. 662, deve esser posta a confronto con l'altra posta dal medesimo cardinale nel portico di s. Agata (v. appresso f. 512) per un'altra anticaglia quivi dedicata. I lavori di risarcimento del portico erano stati incominciati dal cugino di Giuliano, dal cardinale di San Sisto morto a 27 anni « tabidus voluptate » (Conm. di Raff. da Volterra, 1. 22), dopo avere sciupato nel biennio del suo cardinalato duegento sessanta mila du- cati d'oro cioè 13 milioni di lire. Giuliano condusse a termine tanto

// Codice barberiniano XXX, 8g 449

il portico quanto il chiostro (cf. Forcella, 1. e, II, 228, 615) im- piegando come architetti Giovannino de Dolci, secondo il Muntz, Baccio Pontelli, secondo il Vasari, Giacomo da Pietrasanta, secondo lo Ianitschek. Al medesimo cardinale spetta la ricostruzione del portico di s. Agnese fuori le mura, conforme dichiara la iscrizione

ap. SCHRADER, 1. e, I20':

« lui. card. S. P. ad vincula Sixti IIII pontif. max. nepos porticum ad aedes s. Agnetis vetustate coUapsam restituit ».

Nell'anno 1876, restaurandosi la chiesa di santo Apostolo con architettura di Luca Carimini, fu ritrovato un pezzo di iscrizione monumentale, a grandi lettere, degne o del secol d'oro o del tempo di Sisto IV (PENE C0LLap5flw RESTI/»//). Il frammento trovasi ora murato nel vestibolo.

Io posseggo un frammento di sezione della chiesa, quale appa- riva ai tempi dei della Rovere, tratto dai codici albertini di Borgo s. Sepolcro. Le colonne che dividevano le navate erano di varia maniera, alcune liscie, altre scanalate, altre tortili. I capitelli mede- simamente offrivano ogni maniera di singolarità. Berto di Giovanni, autore del disegno, dice di uno di essi, distinto con la lettera A : « Capitello ionico dila nauata di Sa*" apostolo fatto sul proprio gusto fatto i opera co scale, che aconcavano la festa, co gra scomodità et piricolo, fatto di tutta grandezza ». Del capitello segnato B dice « Capitello co teste capre bilisimo; la coIona scauola a uite ». Si può consultare con frutto il cod. vat. 5560: « volumen antiquarum rerum basilicae xii aplorum compositum per r. p. dnum G. Vola- terranum... anno... m .ecce . liiii » ed il «Compendio historico di Bonaventura Malvasia, Roma. Lazari, 1665 ».

Press' a s. Onofrio, in ima cappella dismessa fuori canto Ventrata in pietra per tenerci l'acqua benedetta :

« D. M M. Augustius salutaris fecit sibi et ae co- niugi suae Beneualeas religiose qui hoc legis. Bene sit filiis et fìliabus meis qui me bene coluerunt ».

A montecavallo, nel proprio loco, sopra la porta delle nove monache dicono cappoccine, su la strada pia, incontro al giar- dino di ferrar a Cardinale nobilissimo :

(( Ex auctoritate Gregorii. xiii. p. m. Alexandro Farnesio card, protectore, sodalitas sanctissimi Crucifixi monasterium cor- poris Christi reg. s. Clarae, in hortis a foanna Aragonia de

4^0

*. Lanciani

Columna sihi ad hoc datis, s. p. q. romani pioriimq. elemosinis adulta, constnixit anno nidi x xv i-».

Veggasi il cod. vat. 9162 di Francesco Cancellieri « Ragguaglio della fondazione del ven. monastero delle monache Cappuccine a Monte Cavallo ».

In quel portico presso a s. Gio. e Paolo eh' è avanti alla chiesa dismessa, over ospedale de schiavi, dov' alla facciata reap- parisce ancora « Antoniana » a lettere grandi fatte in fuori di mattone :

[Iscrizione di Dolabella e Silano, CIL, VI, 1384]. è scoperto di novo et è scritto assai simplicemente.

Sulle sigle di mattone ANTO«rNIANA cf. Lanciani, Aquedotti, pag. 161.

Santa Anastasia nel piano delle scale in cima per mattonato in pietra :

Iscrizione dedicata a Valentiniano da Flavio Massimo, C. I. L., VI, II 80.

Incontro scola Greca, sul fiume, sopra la porta di quel tempio antico ritondo :

« Sixtus i i ij Pont. M. aedem hanc beati Stephani proto- martiris diu incultam et incognitam restituit anno Ger.

de Ruere sacrarum aedium Urbis instauratorc ».

Questa importante iscrizione è murata nel pavimento della cella. Si ha notizia dei ristauri di Sisto IIII dall'ALBERTiNi, f. 45': « tem- plum Vestae nonnulli dicunt illud fuisse quod nunc dicatum est ad honorem s. Stephani, a Sixto IIII instauratum ». Pompeo Ugonio, Stagioni, 277, parlando dei restauri fatti da Sisto alla chiesa di s. Qui- rico nella regione de' Monti, e delle iscrizioni quivi da lui collocate, aggiunge: « Si può notare la diligenza di quel Papa in restaurare le chiese, che deputò un cardinale suo nipote à questo ». Il titolo che assume il cardinale restauratore mi sembra tolto di peso dalla iscri- zione di Vespasiano CIL, VI, 934.

In quella casa vecchia inan^ al ponte di s. Maria, et in- contro santa Maria E^ittiaca, chiamata comunemente et vulgare casa di Pilato, che non so perché:

Il Codice barberiniano XXX, 8g 461

[511^] <( Vos qui transitis ari teda quesitis

hac tempestate domo quam Nicolaus homo »

Questo é sopra una porticella uerso s. Maria Egittiaca: e perche fa cantone da quest'altra ch'I verso la via principale, che va dalle carrozze al teatro di Marcello, palaT^o de Savelli, é in arco di pietra biscia di tal forma, iscrittion^, che non s'intende se non cosi:

I più riconoscono nel Nicolò della iscrizione, il Nicolò Crescenzio figlio del tribuno. Cf. Beschreibunc, ITI, A, pag. 391 e 672. Il Gre- GOROvius, Geschichte, IV, 786, nega tale attribuzione. A chiunque ap- partenga quella casa, rimarrà essa sempre come unico documento di ammirazione prestata in pieno secolo undecimo a cose antiche. Di questo sentimento, prodigioso in quell'epoca, si vanta il costruttore dell'edifizio nei versi ;

Non fuit ignarus, cuius domus haec Nicolaus

Quod nil momenti sibi mundi gloria sentit.

Verum, quod fecit hanc, non taii vana coegit

Gloria, quam Romae veterem renovare decorem.

[5 1 2] In un posamento antico di fino marmo, con fogliami e lauori, fuori di suo loco, nel portico di santa Agata : « Eucha- ristiae - lulius Cardinalis saxum ex urbica mina relictum, ob elegantiam erexit ».

Tra Campidoglio e la Consolatione , in pietra messa in un cantone di strada nova :

<( Hinc ad Tarpeiam sedem et Capitolia ducit Pervia mine, olim silvestribus horrida dumis . Gregorius . xiii . pont. max. uidm Tarpeiam aperuit . Hier Alterius aedilis secundo Paulus Bubalus aedilis sexto

anno Domini . mdlxxxii

curabant

L'iscrizione sta ancora in opera, in via della Rupe Tarpea. Quando Gregorio XIII aprì questa strada, ebbero luogo scoperte di molta im- portanza per la topografia del Campidoglio. Furono viste e prese in esame da Giovanni Alberti, il quale nel codice di Borgo san Sepolcro, f. 51, ne discorre cosi: « Trovai la presente basa che si cavava i can- pidoHo per la strada che sciende verso mezo di che va alla cosola-

[1:2

'T^. Lanci ani

tione . esse i opera dove fu posta . il difitio era minato . no si posiva cosiderare come fusse . ciera di molti altre cornici e coione sotto terra asai ».

A s. Angelo in Borgo, in una tavola nell'entrare, conficcata in terra, o fabbricata. Questa chiesa é di . 14 . colonne che ten- [5 12^] gono la nave di me^XP, et in terra dinanzi l'aitar grande é un sepolcro solo di sacerdote, con statua di mex^o rilevo e moderna . Nella detta tavola :

(( -j- . In nomine dui . Tempore Leonis iiii papae, impe- rante Carulo magno imperatore , eo tempore quo ter.''^ basilica a saracenis capta fuerat, tunc denique prò totius mundi capite turbatus totus mundus, turbata omnis gallia cum Rege carulo ad tuendam illam venerunt. linde contra inimicos D. bella dui decertando, quidam mortui sunt et in cripta iuxta Neronis pala- tium sepulti. Eodemq. tempore a leone ppa et Rege Carolo, ad honorem Micahelis arcangeli super illos facta est ecclesia ista. peractis (his?) Rex Apulia abiit, eafnij q. beato Petro et Rome subiugavit. per idem tempus exercitu Gallia revertente, tres ilio- rum milites de Frisia Ilderado de cronica et leornot de stauera

et Hiaro, et ceteri beati magni corpus, in loco qui dicitur

fundi, inuenere: quo inuento in illorum provincia portare et custodire decrevere. sed diuina gratia cohoperante, postquam ad sutrinas partes ventum est, amplius deferre non praevaluere: quin bis et ter territi et per somnium moniti. Romane reverten- tes, sanctum corpus secum tulere. linde factum est quod, illorum devotionis causa, partem bracini a se segregari ab illis permisit. Partes autem cetere in cripta prefata remansere, super quam, sicut dictum est, ecclesia iam fuerat facta. Deinde omni anno (?) simul beneficium apostolicum dari ibi decreuere, scilicet . )oo . marcos argenti per illorum et ubique requescentium redemptione : et in perpetuum seu diues seu pauperes in eadem s. Archangeli basilica, et beati magni ecclesia iuxta eam, ab eisdem constructa,

hospidalia qui a suis partibus venirent a....erent. Idcirco

omnibus pateat. si quis uel quicunque hoc decretum rumpere temptauerint, sciant se perpetuo damtiatos et maledictos etprae-

Il Codice barberiniano XXX, 8g 453

dicti Pontificis anathematis uinculis nisi resipuerint

cum piactilo obligatos. In hac autem ulta miseros, pauperes, et dispersos, et iterutn de libro tiitae coeìestis deletos et de regno christi deiectos. Confirmatoribus huius decreti e cantra sit bene- dictio christi, et fruente ntriusq. uitae gaudijs amen &. »

La chiesa di S. Angelo in Borgo fu ridotta, alla forma che aveva nel secolo xvi circa il 1446 da un arcivescovo di Ravenna « Euge- nius (IV) venerabili fratri Bartholomaeo archiepiscopo ravennaten.... ecclesiam sancti Michaelis in Burgo beati Petri de Urbe, quam tu

propriis expensis tuis in suis structuris et aedificiis reparari fecisti »

Bullar. yatic, II, 107.

e dentro le stanze di campidoglio ancora in facciata scritto :

(( Hannibal in Italiani transgressus maxiniis cladibus Ro- manos affecit, non tamen ut romanam virtutem aut constantiam super arit, qu adversis potius quam secundis rebus crescens, ne dum dticem ipsum eiusque patriam eversit, verum immensum paene orbem imperio suo adiecit ».

Nella seconda sala del senatore in facciata : [Forcella, 1, 3 3] « lulio . a . p. m. sedente » arme . arme . arme quella di ìne^XP è di colonna che la tiene in pie un leone, sopra di eh' è aquila nera : a man dritta é di tre spade attraverso et alla manca è doppia; di leopardo cioè a mandritta, et alla si- nistra di .4. liste . 2 . bianche e . 2 . rosse.

(( Io . Bapta. Tarus arte medi . dodo » di questo è l'arme di me^ZP-

(( Gabriel Cossus » di quesf è l'altra a mandestra.

(( Io . angelus de Pfierjleonibus » di cui è l'tdtima.

(( conservatores, senatus officium quinque et viginti diebus egregie exercentes, eorum insigna heic posuere . m.d.viii »

Dappresso pur' in facciata. Arme del senato romano 1^68. Qui ve sono . 3 . altre armi.

(( Pio . V . pont. opt. max. « Leonardus Tasca i. u. doctor, Matheus Verallus, Perdi-

464

'T{. Lanciani

nandiis de Torres urbis conservatores, ahsoìuta senatoris iuris- dictione interim quoad aìius eius loco suhstitiieretur, iuridicundo populo praefuerunt » . [515] Ancora in facciata: [Forcella, I, 36]

« lidio ii . pont. max. mdx »

tre armi al solito:

(( Franciscus Telili Evangelista Buccapadulius, Franciscus Calvius camere urb. conservatores, dum a senatore ratio exquiri- tiir, prò ilio ius reddiderunt ».

Sala Regia. Ch è a s. Pietro nel palax^o di s. santità. Dove s' arriva per . 2 . entrate principali una dalla banda che si monta su per le schale che partono da s. Pietro : la 2a è in fronte di questa, che cala verso borgo. Sopra essa sala sta depinto un Re [515I] vecchio per la barba bianca et alV adornamento che lo copre, 0 gli fa come in foggia di piramide, che ne corri- sponde, a i lavori della porta sono .vi . gigli turchini

« Carolus magnus in patrimonii possessione Romanam ec- clesiam restituit » .

Sopra l'altra porta detta, ch è entrandosi nel venire per la scala di s. Pietro, apparisce il papa in seggia, eh' in compagnia

del clero e de Cardinali pontificanti S. B mostra di gettare

una fagoletta. Neil' adornamento similmente sono . 6 . gigli.

(( Gregorius ix Friderico imperatori ecclesiam oppugnanti sacris interdicit ».

La sala prefata è lunga alquanto, et entrandosi da quel [51^] canto di s.pietro a man dritta faremo il capo, dov'è la cappella chiamata la Paolina, sopra la cui porta è:

(( Paulus ii i pont. max. »

Prima in facciata sta ivi :

(( Reddet unicuique secimdum opera eius ».

e più in alto é l'arme di Paolo .) . di . 6 . gigli. In cima sono .). invitriate a tal facciata, un'accanto l'altra. A man dritta

// Codice barberiniano XXX, 8g 455

della porta è depinto al solito, numero di navi e legni marini, con fortexxs^ e genti :

« Carolus . v . imperator Tunetum a Tiircis occupatum pari virtute ac fo dicitate recipit. Paulo Hi p m zjjj j).

Alla sinistra, si vede il papa et il Re con multitudine sup- plichevolmente.

« Gregorius vii Henricum imperator em male de ecclesia merentem, postea supplicem et poenitentem ahsolvit ».

[516^] In facciata dell'altro alla sala, ci sono tre finestroniin cima, e tre a me:(^a facciata - Arme di Gregorio xii i - An- cora più basso v'era, et è, quella di Pio iiii che dice:

(( Plus iiii Medices mediolanensis p. m. »

e quest'arme è de colori in pietre: sotto eh é ritratto suo natu- rale in pietra colorita, altresì grande quanto un picciol'ovo, col busto solo, però da conoscere facilmente. In me^^o dessa fac- ciata é in pietra nera di lettere d'oro :

« Aula haec Pauli Hi iussu ornari coepta et Piorum postea quarti et quinti studio aucta, anno Gregorii x Hi primo, ad finem reducta est i^j) ».

[517] A man destra sono di molte occisioni, con questa iscrit- tionceUa :

« Coligni et suorum caedes ».

Alla sinistra, il Re di Francia con i suoi fratelli, et il car- dinale di lorena, è in tribunale.

(( Rex . Coligni necem probat ». Quivi d'accanto dalla banda della porta, che, noi scrivemmo si trova quando si monta su, venendosi da s. Pietro è un'altra porta ch'entra nella cappella di Sisto iiii. Tra lei et il cantone sta depinto il successo del tradimento dell' ammiraglio per occu- pare il regno. La onde v'è il ritratto suo di dotta mano, rica- vato con un robone indosso e berettone in testa, che ferito si riporta a braccio.

456

.anciani

(( G. Colignius Arniraìins, accepto vuìnere domi defertur. Gregoritis xiii p. m. 1/72 ».

Sopra la prefata porta di Sisto, sono all'adornamento a modo [517^] di piramide conform' all' altre le palle arme di Pio iiii. Nella pittura eh è pur sopra ci si vede un re, dinanzi a cui ne va un altro ligato con le mani dietro, et a questo spettacolo stanno cavalieri et altri. Non v' è già descrittione alcuna, come sarà per efrroreì). In facciata dentro la cappella et incontro l'entrata è dietro l'altare quel Giudicio di pittura tanto eccellentemente fatta dal famoso e raro Bonarota, e sono dalle bande opere dell'altro valentissimo homo Raffaele di Urbino. A fronte questa porta é un'altra che guida nella sala oscura, la quale oscura mena in quella de duchi. Ivi é depinto a corrispondenza di quanto si vede sopra la porta detta della cappella di Sisto iiii un Re e molti cardinali.

(( Petrus Aragoniae rex ad urbeni profectus Innocentio i i i pont. max. regnum Aragoniae defert, conslituta annui tributi perpetua pensione obedientiam simul et defensionem sedis aposto- licae polUcitus ».

[518] Presso il capo della sala è a man dritta verso il cortile, ch'i, dove sopra suol affacciarsi un diacono cardinale all'hora quando è creato il papa per pubblicarlo, un'altra porta, dove sopra è depintura di duo nudi ligati dietro col papa in seggia, e compagnia grande.

(( Otho primus imperator, devictis Beringario et Rodulpho filio tyrannis, provincias ab illis occupatas ecclesiae restituit ».

Alla porta in fronte a questa, che ne cala in certo appar- tamento d'habitatione verso s. Pietro, e riesce nella spetiaria di

palazzo è sopra il suo adornamento che tiene le palle, arme

narrata. Insieme v'è ritratta quest'altra istoria:

« Gregorius . ii . Germaniae magna parte ad veri Dei cul- [518^] tuni traducta, Arithperti longobardorum Regis donatione per Liuthprandium successorem confirmata, anno sui pont. xvii decessit ».

// Codice barberiniano XXX, Sg 467

Dacanto, che l Ira questa porta e V altra che si trova salen- dosi da s. Pietro, si vede il quatro bellissimo della rotta navale, dove sono mesticati i legni degli infedeli e de nostri cristiani, fumi, oscurità, rossore di mare, per li corpi morti in mirabil nu- mero. In cima del quatro stanno depinti angeli e creature divine con spade in mano e fuoco, et é alla man destra. Alla sinistra sono demonii e simiglianti che fugano, cose che, se bene raccon- tano quanti che ci si trovaro che non si vedessero in aria, nondi- meno perchè sen^a l'aiuto divino mai noi cristiani havremo po- tuto vincere, ci si saranno depinte per mantenere la divotione et accrescerla.

[5 1 9] (( Hostes perpetui christianae religionis Turcae, diuturno victoriarum successu exultantes, sibique temere fidentes, mi- litibus ducihus tor mentis omni denique bellico apparatu ad ter- rorem instructo, ad Echinadas insulas a comuni classe, praelio post homnimwi memoria maxinio perspicua divini spiritus ope profligantur MDLXXI ».

Incontro, pittura ch'accenna Roma, e v'è la chiesa grande di s. Pietro che ne cava nella piaz^fi lei processione del clero, eh' incontra sua santità, la quale a spalla portato in seggia, va seguito da cardinali a cavallo, e dalla corte, che trova molti- tudine che si ingenocchia :

[519^] (( Gregorius xi patria lemonicensis, admirabili doctrina humanitate irmocentia, ut Italiae seditlonibus laboranti mederet, et populos ab ecclesia crebro desciscentes ad obedientiam revo- caret sedem pontificiam, divino munere permotus, Avenione Ro- mani post annos . Ixx . sui pontifìcatus annos . vii . huntanae salutis mccclxxvi ».

Da questa medesima banda, tra la porta che scende verso il cortile di palazzo, che dissi verso Borgo perchè n'arriva, e f altra ch'entra nella sala oscura, è l'altro quatro vaghissimo, con ritratti di Venetia, del duce vestito di broccato d'oro, donne in fenestre, e per tutto moltitudine assai di gente, imperatore che ne tiene la testa scoperta, et inginocchiato ha il viso ne' piedi di

458

9^. Laudani

[520] sua Beatitudine, che rappresenta Pio . 4 . che fece a tempo suo la pittura: é questa santità naturalissima, et altresì quel sig. card, di Ferrara, splendidissimo Farnese grande, e molti altri personaggi.

<( Alexander PP. tertius Friderici primi imperatoris iram et impetum fugiens, ahdidit se Venetias, cognitus etasenatuper honorifice susceptus, othone Imperatoris filio navali praelio a Venetis vieto captoquc, Fridericus pace facta supplex adorat, fidem et obedientiam pollicitus. Ita pontifici sua dignitas Venetae reipuhlicae beneficio restituta . iiyy . »

Derimpetto a questo quatro, è l'altro canto la porta della cappella di papa Sisto, è quella che mena das. Pietro. Dove si [^20^1 scorge garbatamente in ordinanza V armata per mare, che fa due ali di galere e vascelli atti al combattere, con alcune altre alli suoi luoghi - La santa lega - Sotto a mano destra sono . } . donzelle in pie: a mano deritta ne sta una di corona in testa, alla sinistra la seconda di scarpino, ch'usa portar il Duce di Venetia, et in me:(^o la . ^^ . di regno papale pur in testa, ch'ab- braccia l'una e l'altra don:;ella. A man sinistra si vede la morte con la falce et altre genti celesti 0 infernali. Ma è di me^T^o a tali genti un quatretto di carta da navigare con chi misura e contempla.

« Classes oppositae, Turcarum ima christianae societatis al- isei] ter a, inter Pium . v . pont. max. Philippum Hispaniarum regem, Venetam rempublicam inito iam foedere, ingentibus u- triusque concurrunt ».

Alla porta nova di legno della cappella paolina, et a quella che ne riesce alla spetiaria, dentro la prefata sala regia, sta: (( Gregorius . xiii . Bononien. P. M. »

conform' alla usanxa d'ognuno che fa racconcia 0 rifa una cosa. La volta di questa sala è di fogliami e rosoiti di stucco indorati secondo l'occasione, et inmex^io è l'arme di Paolo . Hi . di casa Farnese, che sono .vi . gigli turchini. Sono ancora nella volta le chiavi circondate dall'ombrelle, con :

// Codice barberìniano XXX, 8g 459

[521'] « Paulus . Hi . pont. max. »

Alle bande stanno certe imprese e quella particolarmente del dolfino con l'anima «festina lente ».

Attorno attorno sono al -basso di questa sala continue pietra colorita, rilucenti, che rendono vaghi ogetti a' riguardanti. Que- sta sala regia, sebbene pare non so che di maestà, che se le tolga per non esser chiusa, ne vietato di passarcisi, nondimeno leva quasi la memoria all'altra prossima di Costantino, si nominata, eh' è sopra nelle stanne che ne riguardano Belvedere, in compa- gnia delle altre di Torre Borgia, che suol habitare sua Beati- tudine.

[522] Sono alla sala di Costantino molte pitture, tutta essendone coperta, eccetto il basso dove stanno panni di seta e d'oro conti- nuamente, fatti a Fiorenza da Papi de Medici, sono tre quatri principali in questa sala, che passano gli altri, sono della guerra e giornata sul ponte, e l'altro del battesimo. Ecci scrittura de- pinta che dice qualmente Clemente . vii . fini, cominciata a lion . X . di cui si scorgono le imprese del suave (?) nel suffitto d'oro tutto.

[522] In casa di m. Greg.° epifanio eh è dietro il Teatro già di Flaminio, doti' hoggi è il pal.° di campodifiore. [522'] ((Attimi quies. Hi tantum animi sui quietem in terris consecuntur, qui dum uersantur in mortali corpore, tielut ger- mani et obedietites filii, student ea f acera quae dei dictat iioluit- tas, noti ad quae sollicitat ctipiditas: non deiudicantes quare hoc, ut illud uoluit, sed satis habentes eum ab eo onitiia, quod haec sit uolutttas eitis qui prò constatiti firmiterquae nihil uelle, nisi id, quod per optimum est » .

Il palatilo del duca d' Urbino è su la via lata, nel cui can- tone sta Santamaria di tal cogtiome, cioè in via lata. Nel ri- sarcimento si vede sopra di molte porte, alle stanne :

(( Julius Feltrius de Ruere card. Urbinas ».

[523 J Ma ci è la prima sala grande e quatrilata molto alta, dove sono depinture nere in bianco assai spatiose e ben lavorate,

460

^. Lanciarli

con Varmi di quel cardinale, già secondo V iscrittione che dice : (( Fatius de sanctoris Viterbien. card, sanctae sabine ». La sua arme l un arbore di palma con sbarra nel fusto, e

si vede in molte parte.

Rappresentano l'accennate pitture T historie di Traiano, sot-

t' ognuna delle quali si legge:

(( Imp. cesar. Nenia Traianus, annua tributa Dacis a po- pulo romano dependi indignatus, expeditione in eos, regemq. eorum Decebalum, statini initio imperii suscipit». [523 1] La 2da.

(( Signis collatis cum Dacarum ingenti exercitu confligit, magnaque edita strage per iiiga montium ad regiam hostilem agrum depopulatus pervaditi.

. i i i .

(( Milites post Victor iam per tentoria adiens, cum quibusdam fascie ad colliganda vulnera deessent, paludamento in lacrimas scisso, eorum necessitati snbvenit».

mi

(( Decebalus rex, armis bellicisque instrumentis, conditioni- busque acceptis, humi suppliciter procumbens, Traianumque adorans, pacem ueniamqtie impetrat )>. [524] . u .

(( Post arma tradita conditionesq. acceptas Traianus cum exercitu Romani contendit n.

. ui ,

(( Romani reuersus Traianus, ex Senatus consulto Daciiis appellatur, spectanteque populo romano, quod omnia prospere feliciterque successissent, meritas Diis gratias agit ».

. uii .

(( Audita regis Decebali defectione, iterum Traianus, in eum arma capit ».

. u i i i .

(( Dum Romae urbanas res meliorem in formam restituii

Il Codice barberiniano XXX, 8g 461

Traianas, rebeìlante Decebaìo hostemque per Senatiini indicato, iterum cantra Dacos proficiscittir » . [524'] . niiii .

« Pontem ìapidciiin Danubio iniponit, struens (?) ex qua- drato lapide, piì arimi altitiido earum (?) e et l propter fnnda- menta, ìatitndo ìx, intervaììum e et 70 pediim».

. X .

(( Fusis hostibus urbes espugnat, gentem penitns in potestatem redigit, Daciam provinciam, in circuitu hahentem decies centena miìia passuum, facit ».

. X i .

(( The sauri Decebaìi, qnod (?) iìle siibter uada sargetìae amnis occnltauerat, consciosqiie occiderat, captiui indicinm, qui cedi superfuerant, rechidunt » .

. X i i . [525] (( Caput Decebaìi regis, qui ne in Traiani potestatem uiuìis veniret, rnanus sibi intulerat, primo miìitibus in castris, mox Roniae popuìo romano ostentum est » .

. xiii .

(( Romae circum maximum restituit, bibìiot. extruxit, forum, singularem sub omni coelo structuram, cum equestri statua et coìumna ingenti, erigit ».

. X i i i i .

<( Parthis, ius Armeniae sibi uendicantibus, bellum indicit, in quo eos profectiis brevi uincit, et a Senatu princeps optimus appeUatìir ».

. xu .

(( Parthorum armeniorumque reges ac satrapas, regione omni

[525 1] ad mare rubrum perdominata, supplices ad pedes ,

ceterosque iugum detrectantes, facile debellat » .

. X u i .

(( Mare rubro oceanoque nauigato, Indicaq. expeditioìie ob ingravescentem aetatem omissa, rediens, Parthis regein, diade- mate imposito, constitnit».

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 31

462

9^. Lanci ani

xuii

« Dum Romam conUndit, ìmperii anno nnde 20 moritura diuinisque honoribiis Senatus consulto exhibitis, consecratìonemq. per acta eiiis, ossa supra columnam in foro coììocantiir » .

[526] Farmi assai convenevole dar saggio di questa depintura, ch'era un posamento basso che sosteneva letto assai adornato. In mex^o à cui giaceua la statua sopina, scoperta con lauro in testa, senxa peli alla barba, e, distesa con una mano al ventre et era la sinistra, e l'altra longa per canto il corpo, che pareva tenesse camisa in dosso.... delicato. Attorno stavajto in terra . 6 . foconi, che mostravano ardere, per la farà ci appare : e nel prefato letto per le sponde n'erano . 4"' . (foconi) a uno de quali appicciava la torcia di legno 0 non so che, un certo d'aspetto venerando, coronato pure di lauro in testa, et aueua allaccia- [52^1] tura nella spalla destra che stava tra di molta gente, attendente tanto spettacolo. Alcuni di costoro haiieuano insegne, con S. P. 0. R. et altri tenevano alcune cose a foggia di torce. Torniamo al letto, c'hauea in se stesso cacciato un'ordine di .x. colonne con festoni, che quatrilatava in capo di tutte ugual- mente sopra che sono .8 . nicchi, pieni di statue: sopra altresì era un altexxp- coperta, eh' è posamento à tré fignrette, chà man alta sostentano in piano un cerchio di festone. Attorno a che sono quattro angeli che sono appoggiati in aria, con un aquila d' ali aperte.

[527] Ad alto di questa sala, sono altre pitture attorno colo- rite, al pari delle descritte, ch'in maggior forma stanno à me^^a facciata, et ha ciascuna la sur scrittura.

« Aedilis . e et )o . gladiatorum paria exhibet ».

. it

Statuam cai Marii noctu in capitolio erigit ».

. ut .

(( Iti sen atti orationeni h ab et de supplicio coniuratorum ».

mi .

<( Consul facttis de more sacrificai ».

// Codice barberiniano XXX, 8g 463

« Contra Catonem kges itnprohantur » .

I 527'] .ni .

(( Equo iisus est pedes prope humanos hahenle ».

. iiii .

(( Hel ».

. uiii .

(( Germanos e Gallia fugat, testudine eorum per f racla».

. u i i i i .

(( G. Pomp Brundusii tentai includere».

(( Erarium Romae, inuitis tribunis, diripit » .

. xi .

(( G. Pompeium cum exercitu operibus cingit » .

[528] . xii .

(( Victis.... parcit, scrinium Pompei comburit».

. xiii .

<( Oblato G. Pompei capite ingemit ».

. xiiii .

« Ex egipto ad classem natans euadit ».

. xu ,

<( lubam regem in Africa cum suis elephantis supera».

. xui .

(( Congiarium populo, donatinum militi dai » .

àXuii .

<( De Gallia egipto siria Africa, Hispaniaq. triniphat etc. ».

Non s' è potuto ricauar intieramente perch' essendo più pic- cioli sono dal tempo consumati.

[528^] San Marco. Dentro il palaxxp. Ivi dapresso in una porta della prima sala, che ne riguarda uerso a s.^° apostolo.

« Pius .iiij. Medices Pont. max. has aedes Reipub. Uè-

464

9^. Lanciani

netac argmmntum amoris et studìj sponk, donaitit, lacobo su- per antio equiti oratori . 1^64 . » .

In campo iìiar:io nella casa che fa cantone salendosi a Mon- tecitorio depinta, e con merli sopra, dove nella porta principale è levata l'arnie di prima, e messa quella de Conti, Romani, sono ancora questi versi :

(( Cristoforns Nardinius eques nos tecta leuauit Diix eqidtum, sixtoque principe clarns eques ».

Credo che il Cristoforo Nardini qui nominato sia fratello o ni- pote del cardinale Stefano, il quale nel 1475 costruì il palazzo del Governo-vecchio, e stabilì pure, sotto il pontificato di Sisto IV, un collegio per gli studenti poveri nelle vicinanze di S. Tommaso in Parione. Cf. Reumont, Gisch. d. S. R., Ili, 409; Gregorovius, VII, 768. Il collegio è ricordato nel Ceiisìiiieuio di Leone X edito dall' Ar- mellini.

[529] Casa del Ceuli, comparata in strada Giulia, da gli eredi del cardinal Montepulciano, ha molte statue e nel posamento d'una è nel cortile : [CIL. VI, 10044]

« Victoria Venitianorum semper constet feliciter ».

In una pietra che serve hora per posamento del vaso per l'acqua santa nella chiesa di piazza Navona:

(( Dis manihus . luliae Agele coniugi b. ni. Tyrannus f. »

Nel capo del suffitto d'Araceli, a lettre d'oro e grand' in co- lore torchino :

(( Quod Pii .v.p. m. Philippi .ii. hisp. reg. s. g. veneti . [529^] auspiciis, icto contra turcas foedere, Christiana classis ad Echina d. prò el. dimicaverit, trirenies hostium .clxxx. ceperit .xc . demer scrii, s. p. q. r. vot. sol. in reditu M. A. Columnae . pont. clas. praef. et navalis vìctoriae monumentum deiparae Virgini laquear aureiim dd. mdlxxv, Gregorii . xiii . p. m. a. iv ».

Cf. NiBBY, 7^. y., 5, 344; Casimiro, St. d. AracoeU, 34.

Alla sacristia d' AracoeU pure tra l'altre cose di valore 0 sacre, è. nella colonna d'argento :

// Codice barberiniano XXX, 8g 466

« Chrislo victori M. Antonìiis Ascanii filiiis Columna pontificiae classis praefectus, post insignem contra Tiircas uicto- riam, bencficii testificandi causa d(edicavitì) . i^ji .pridienon. decembris ».

In cima di questa colonna, eh' è l'arme d'essa famiglia Co- [530] lonnesc sta cristo risuscitato con la croce in spalla. Ap- pariscono poi . xii . poppe di galere, a tre per ogni verso, nella colonna, d'ugual distanza e d'argento il tutto che pesa libbre non più però di . xxiiii . d'altezza circa me^^^a canna romana: di grossex_\a a corrispondenza.

Dalla banda in ponte sisto verso ripa

Iscrizione « Qui transitis.... » Schrader, 1. e, f. 200; Forcella, XIII, n. 92.

Dall'altra banda verso s. Pietro Iscrizione « Xystus IIII.... » Schrader, 1. e; Forcella, XIII, n. 93.

Queste iscrizioni, auree nella forma e nel dettato, modellate sui tipi del tempo d'Augusto, monumenti insigni per la istoria edilizia della città, furono stoltamente tolte di posto nel iiSy^, e si conser- vano nei magazzini della Commissione archeologica.

Autore del risarcimento sistino è stato creduto dal Vasari in poi (t. IV, pag. 136; cf. Reumont, Gesch., Ili, A, 405) Baccio Pon- telli, il quale non pose piede in Roma se non alcuni anni dopo la fine dei lavori. Il merito di bella ricostruzione va attribuito a Meo del Caprino, assistito da Manfredo Lombardo, e da Paolo di Carapagnano. Niccolò da Narni ebbe l'appalto dell'impresa; uomo di cattiva fede, tipo e campione di quella razza che anche ai di nostri è in pieno fiore. Egli soleva frodare l'erario specialmente nelle ossature dei muri e nei rinfianchi degli archi, costruendo le une e gli altri « de simplici luto et lapidibus sine calce ». Veggasi il Muntz, 1. e, III, 203, il quale mi sembra confondere a torto il « pons quinti » nel quale fu riconosciuta la frode, col ponte Sisto. Il « pons quinti » trovavasi sulla Flaminia, passato il ponte Milvio.

La ricostruzione del ponte Sisto fu decretata con bolla del gen- naio 1473 : (( Eodem anno, a di 29 di aprile Papa Sisto quarto co i cardinali e molti vescovi, si conferì a palazzo in Trastevere, et a Ponte Rotto.... dove egli aveva destinato racconciar detto ponte, discese nel fiume, e mise ne i fondamenti.... una pietra quadra ove stava scritto Xistus quartus pontifcx ma.\imus fecit freri sub anno

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9^. Laudani

domini 1473 ». (Infessura, ap. ; Muratori, III, 1143). Questa pietra è stata ritrovata l'anno 1878 quando si mise a secco l'arcata del ponte sotto la sponda cistiberina. La apertura solenne al pubblico ebbe luogo in occasione del giubileo del 1475. I fondi furono rac- colti, multando severamente i trasgressori della legge suntuaria del 17 agosto 1473. Gli espropriati a cagione dei lavori, soprattutto i proprietari di molini, ebbero in compenso le entrate camerali della città e del territorio di Nepi. Mììntz, 1. e, pag. 202.

[530*] Fontana di Trevi. Ha in facciata l'arme papale, che san .2 . chiavi incrocicchiate, et è in mexxp a quella del popolo, con solita iscrittione S. P. Q. R. nello scudo, ch'altro noti uè. (( Nicolaus V. PP. M. » « Post illustratam insignibus monumentis Urhem, ductum aquae uirginis uetustate collapsum sua impensa in splendidiorem cultum restituit ornariq. mandauit. Anno Domini lesti Christi M.cccc .liij . Pont, sui . VII.

Cf. ScHRADER, 1. c, pag. 199, il quale sbaglia la data (1554).

[531] Dietro a questo, eh' è proprio nel condotto uecchio sopra la porta dello scoperto, nelV hahitatione h questa memoria in marmo :

(( Che Pio .u . ci Institui l'arte di Lana n.

Intorno l'acquedotto e la mostra dell'acqua vergine cf. l'erudito opuscolo di Giovanni Beltrami, Leonardo Bufalini e la sua pianta topoorafica di Roma. Firenze, 1880, pag. 30 seg. Credo che l'autore del codice sbagli attribuendo a Pio V l' istituzione dell'arte della lana presso il Trivio: il Galletti, infatti, lesse sulla porta d'una bottega presso la fontana l' iscrizione : « Sixtus . v . pont . max . la- narias arti et fulloniae urbis comoditati paupertatisque sublevanda; aedificavit an. m. dxxxvi. pont. ii.»

Nella facciata di Torre de Conti, verso s^'^ Maria mag.^^

[Segue l'iscrizione Hec domus é Pdri ed.]

Altro non c'è, dimodo che dourà màcare. Qusta torre e molto grande, e, ben fabricata per anticotta, con tutto che n'ap- parisca qualche crepatura. [53 i^j Pala^xp d'Inquisizione 0, prigione, ch'I tra camposanto

// Codice barberiniano XXX, 8g " 467

et i Caualleggicri su la strada. Al cantone con arme, di . 6 . sbarre pendenti, che di colore sotto gialle e rosse. Piiis . u . poni. m(ax).

In marmo sopra la porta ch'entra nel cortile d'esso loco, et è di ferro con feritoie dalle bande, stando nella prefata porta l'arme papale detta, e quattro d'altrettanti cardinali, cioè Pa- cecco, Pisa, Gamhara e Chiesa:

<( Piiis .v.p. m. congregationis sanctae inquisitionis domum hanc qua haereticae pravitatis sectatores cautiiis coercerentur a fimdamentis in augumentum catholicae religionis erexit anno, tndlxix ».

\'^'^2\ Nel Torrione di Castello in fronte al ponte, che si passa per gir' a' Palazzo eh é di Irauertino :

. « Alexander Borgia Ualentinus PP. vi. 14^0 »

Torre di nona. In facciata con arme Papale: « Plus qnintus P. M. an. ».

Cortesauella. In facciata con arme di Papa in me:(7^o à que- sta del Cardinal Savello :

« Gregorio xiij P. M. Beneficium »

Sotto è un arme altresì de sauelli, con elmo aperto:

« Bernardinus sabellus Curiae de sabellis Marescallus per- petuus ».

La fabrica è risarcita in tempo di costoro: ci sono in fac- ciata tre ferrate principali alte, et altrettante da basso, con certe altre ancora senza riguardo d' architettura in prospetiiua. [532^] Casa del card, già capodiferro, tra la Trinità e piaxxft- del Duca, e ne riesce dalla strada di qua sino alla Giulia con l'orto, anzi tutta è in isola. In facciata dinanzi sono finestre n. ix. a un paio a tre ordini, uno sopra l'altro e quello dabasso è. di ferrate. Al dritto di ciascuna finestra in alto sono i nicchi, e le statue di stucco. Il primo verso la Trinità è Traiano, a che ne serve questa iscrittione:

(( lunictae uirtutis, imperatoris optimi cognomen promeruit »

468

1{. Lanci ani

G. Pomp. Mag.

[533] '■^ Maximo fortunae ludibrio, iibique tiicior, indigno uitae cxitu, sepoltura caruit »

Fahius Maximus

(( Inueteratae prudentia dux, cunctando restititit reni »

Romulus

(( Eternai urbis fundamenta iecit, miìitarcm disciplinam domi instituit, qua imperìiun fcìiciter crescerei »

Numa, che Ida un focone acceso dìnnanxi, con manto dalla testa in terra

« Martìum populum religioni addixit, ut pace ac bello in- uictus euaderet »

Marcus Marcellus

« Bellafor acerrimiis, opima spolia Ioni Fer etrio p it.

Cesar dictator

(( Universum terraeorbenij hostili cruore replenit: suo demum sanguine curiam inundauit » [.533^^ Aiignstus Ceear

« Jano clauso finem Ciuilibus et externis bellis imposuit ».

Traiano e Numa stanno differenti dagli altri prencipi : que- sti cioè dissi, e quelli tiene in una mano la palla, e nell'altra il bastone. Gli altri tutti hanno aste, et i vestiti da guerra. Dentro questa casa, nel cortile sono in cima ancora molti ador- namenti pure di stucco, e l' impresa di troncone, e cane, che sedendo, lo riguarda, con motto a uiroque tempore ». [534] In piaz'^a Giudea, nella facciata di quella casa uecchiotta, ch'occupa tutta la banda, che sotto hapix^^icaroU, à lettere grandi, passano un pie.

[Segue la nota iscrizione di Lorenzo Mallio].

La piazza giudea fu riordinata da Giulio secondo nel 1508, come apparisce dalla seguente poco nota iscrizione ap. Schrader, 1. e, f. 201 '.

« lulii II p. m. auspiciis, lacobus Albertinus et Hieron. Picus aediles, angustia viae ad forum ludaeorum offensi, coactis regredì

// Codice barberinìaiio XXX, 8g 469

domìbus ampliandis, curaver. idemq. probaverunt. Ann. Christi MCCCC(C)VIII ».

Questa iscrizione, nella quale facilmente si ravvisa la ispirazione dell'antico, ci dimostra quanto bene fossero compresi, circa quattro secoli or sono, i sani principi della edilità, quello specialmente che impone ai ricostruttori di case l'obbligo di allineare la fronte, ce- dendo od occupando terreno, sull'asse della strada. Se la iniziativa di quei due valenti edili del secolo xvi avesse trovato imitatori negli ultimi trecentocinquant'anni, forse non avremmo avuto bisogno di piani regolatori.

Paìaz^XO de Saveìli, eh' è sopra lo stesso edificio del teatro di Marcello, an^i cene sotto granparte. Alla porta :

(( Amphiteatra priiis, inox propugnacula, nirsiis Diruta restituit darà Sabella donins ». [534^] Dentro nel cortile sono molti pezs} d' antichità e doi cas- soni di marmo. Una delle quali ha . v . (cinque) statue di mexxp rilevo dinanzi et altrettante dietro, tutte d'ercole che ne combatte con quei suoi mostri. Da capo n'ha tre altre, e di pie medesi- mamente. Questo sepolcro é il megliore et il più sontuoso che si vedano degli antichi di questa sorte : et ha un coperchio come tetto, adornato di lenxuoli, che appariscono ricamati. Alli can- toni sono . 2 . bambocci con uva in mano. Sopra giacciono . 2 . statue, che passano il me:(^o rilevo di maschio e femmina, eh' a mandritta è abbracciata dall'homo giovanotto di barba riccia.

Hospidale di s. Gio. Later.° allo scoperto, don è un po:^:^o sono molte casse: In uno sono dinanzi, tre gesti d'ercole più che di [535] mex^o rileuo. Da capo .2. e, da pie altrattanti, sen^a coperchio, come certi altri di uaria foggia. A una simplice di marmo bianco, e cosi l'altre pur sono, eccetto che da capo e pie nelle facciate, ha un uisotto con ricci, e ligatura in fronte alta ch'i anzi nella testa. Dinanzi è tenuto un breue da . 2 . angeli, che dice così.

(( T. Manlius prunicus Clandiae famiariae con. dul.^'^ et Manlio Cyriaco fri amat-'"°- »

In un altra cassa scannellata, a onde. [Titolo CIL. VI, 10524].

470

^. Laudani

[135^] £"' iuiun altra cassa contai figure dimeno riìieuo. Prima una donneila cìjc getta liquore da un naso alla seggia d'un altra che riposatasi, ne sonaua stromento lungo. Dinanzi si stendeua non so che, a guisa di letto, rozzamente accomodato. Sopra che stana donna, et homo che Vabbracciaua, et in una mano teneua certo naso. Canto la donna era putto nudo, che aueua un cesto de frutti. Fuori del prefato letto era donna con porchettino in seno, dietro a cui ueneua un altra, che portaua il naso dalla destra, e dalla sinistra la fiaschetta. Sotto detto letto, sonucel- letti, cani, e fantocci, ma certo l'edificio non è magnifico. Nel- l'urlo d'esso letto è overo nel friscio :

[Titoletto greco indecifrabile].

che significa

[156J /// una parte della porta, nel palagio di s^^ Maria in Trastevere.

(( Foelix nimium prima etas » Dall'altra banda

« Omnis etas de suo tempore conquesta est » Trovo che ìiell'entrare della seconda porta di campidoglio, era figura di feroce lione, che teneua dauanti un lioncino gia- cente, con tali versi.

(( Iratus recole, q. nobilis ira leonis In sibi prostratos se negat esse feram » .

Intorno questo monumento si consulti l'egregia dissertazione del prof. Camillo Re « Il Campidoglio e le sue adiacenze nel secolo XVI » nel Bull, coni., X, pag. 104 e seg. Il prof. Re dimostra che il distico deve riferirsi non al celeberrimo leone di marmo « dove gli altri la sentenza odono » ma bensì ad un leone dipinto « in ingresso secundae portae capitolii » e dipinto in atto di riguardare non un lioncino ma un cagnoletto. Nelle case dei Caffarelli in via della Valle leggevasi lo stesso epigramma, accornpagnato forse da una replica del dipinto capitolino. (Mazocchi, Epig. 135).

Ancora trono, Apud sanctum Gregorium (Georgium) uelum aureum.

M. oratius consul ex lege templmn fovis opt. Max. dedicauit.

// Codice barberiniano XXX, 8g 471

An. post Reges exactos, a coìisiiUbus postea ad Dictatores, quia magis impcrium erat, solenine ciani figendi translatum est. [156IJ Pur leggendo caiio da alcuni scritti a mano, a Pontesa- laro. In honorem Justiniani

« Qjiam bene curuati directa est semita pontis

[CIL. VI, 1199].

Questa iscrizione, trascritta fin dall'ottavo secolo dall'einsiedlense, doveva essere molto cara agli epigrafisti del rinascimento, i quali ne hanno tratto sovente il « motivo » dei loro epigrammi edilizii. La iscrizione della via Sistina, rinnovata da papa della Rovere tra il Castel s. Angelo e la piazza di s. Pietro, incominciava appunto così « quam bene Sixtina haec quae propter fluminis undas cet ». Sulla casa dell'arciprete di s. Pietro, leggevasi altro epigramma medesi- mamente ispirato « quam bene stare vides cet » cf. Schrader, 1. e, 200* e 216'. Potrei citare altri esempi.

Ho medesimamente come di sopra che dentro s. Sisto era D. M.

Colatinus Tar. diilcissinie mee coniugi et incomparabili lu- cretie pndicitie decori et mulierum glorie que nixit ann. lii (?) mensibus . u . diebus . x u i .

Di questa epigrafe, che forse appartiene a qualche scoltura e pittura del cinquecento si è occupato anche Io Schrader. Diceva secondo lui :

« Dum foderet castum gladio Lucretia pectum Sanguinis et torrens egrederetur, ait. Testes procedant me non favisse tyranno Ante virum corpus, spiritus ante Deos. Quam bene producti de me post fata loquntur Alter apud manes, alter apud superos.

Collatinus Tarquinius dulciss. meae coniugi (et incomparabili) Lucretiae pudor et mulierum gloriae, vix. ann. XXII dies XVI ». f. 188.

Et ancora in antiquario capitolino ad Bruti statuam « Utinam viueres ».

Non credo che una iscrizione cosi infetta di nihilismo sia mai stata scritta nel posamento del Bruto capitolino. Il celebre busto fu donato al S. P. Q. R. nel 1564 dal cardinale Rodolfo Pio di Carpi,

472

9^. Lanci ani

Morì nel 1568, a 63

'ebbe

insigne collettore di antichità. Mori nel 1508, a 03 anni, nobile mausoleo nella chiesa della Trinità de' Monti, erettogli dal suo amico e protettore Pio V. L'epitafio può leggersi nello Schrader, 1. e, f. 182'. La memoria incisa nel posamento del Bruto è del se- guente tenore :

« Munus Rodolphi Pii card. Carpensis MDLXIIII. S. P. Q. R.

pos. Vicentio Parentio, Ludovico Mattheio, Thoma Cavallerio con- servatoribus ».

[537] ^^^^0 scoperto presso di snnùqiiattro. Anne sopra uìi portone, di Castello rosso.

(( Haec quicumque uides, ueteri prostrata mina Obruta uerbenis ederis dnniisqne (?) iacebant. Non tuìit Hispamis Carrillo Alphonsus honore Cardineo fnlgens hoc opus licet occnpat ingens. Si animus mag. paratq. palatia snmptu Duni sedet extincto Martinus scismate quintus » Ci stanno le ragax^ie orfane. In una pietra fuori di loco. (( Hic Virgiftes orphanae ekniosinis alimtnr, ut ut Deo diceniur, ut nubant ».

Alfonso Carillo è uno di quei cardinali i quali « ad imitationem (Martini V) eorum titulos ruinae paene proximos repararunt, et ad magnum ornatum usque perduxerunt » (Muratori, 55. Ili, 2, pa- gina 867) contemporanei a quello dei ss. Quattro Coronati sono i restauri di s. Lorenzo in Lucina per opera di Giovanni de la Rochetaille (iscriz. del 1427 ap. Martinelli, K. ex etbii. sacr., 138) di s. Stefano Rotondo per opera del re Sigismondo (Bull. Vat. II, 81) etc, etc. Il palazzo dei ss. Quattro aveva servito di residenza a spagnuoli fino dal secolo xiil Enrico di Castiglia, senatore di Roma, vi dimorava, come apparisce dai documenti del Ficker, citati dal prof. Re nel Bull. COVI., X, 97.

Nello scoperto de Cenci ad un posamento messo canto la chiesa : et è cosa de Gentili.

(( M. Cinciiis Theophilus Vestarius, Termioniarius ».

In casa di m. Gir.° Gabrielle, presso la guglia di s. Minuto, nel camino.

« Domus magnifìce edificata, animi magnifcentiam ostendit, [53 7 M amoremq. et honorem sibi conciliai, edifcauit, Hieroni-

// Codice barberiniano XXX, 8g 478

miis Gahrielhis Caroli fiVuis aiignhiniis CGnwioditaii alq. proste- ntati constilens ».

Alla strada de pontefici eh' è tra s. Giacomo de gli incura- bili et il Mausoleo d'Augusto nella stessa facciata d'essa casa de pontefici doue ne sono molti depinti.

« Saturnius Gerona prescriptione quinquagenaria annorum, acs . e. ciues Romanus, ad ornatum urbis et hospitalis sancti laii- rentij lateranensis utilitatem, a fundamentis erexit, locumq. ex egreste, celebrem fecit ».

Loco de Medici, prima di Montepulciano cardinale. In facciata d'una fontana, in capo del giardino, che ne ca- deua in sontuosa pila di marmo biaiìco, piena di figure più che di mex_io rilieuo, ancora donerà sacrificio d'un toro et altre at- tieni diuerse:

« Virginìam acquani duxit tantum Mafuojrtis i?t agrum

(Marcus) Agrippa, et opus dicitur egregium.

At Collis in pincii uerticem Camillns Agrippa

Extulit, ingenium cernitur eximium ».

I538] Questa memoria sarà fatta in tempo del cardinal Mon- tepulciano onero, di Medici, che comparò il loco eh è canto la Trinità de Monti. Morì Montepulciano uiuente Greg. xiii. e, questo cardinal de Medici si leuò il cappello, uiuente sisto . ti . pigliando moglie.

In una porta fra Castello e beluedere, di quelle che fece Pio . . insieme con la muraglia, sotto l'arme di s. santità : (( Qui uult rempublicam saliiam Nos sequatur ». È incisa nel fascione d'imposta della porta Angelica.

Nell'accasamento del giardino dell' arciuescovo di Fiorenxft, oratore di s. Altexxfi eh' è dietro santa Maria nona fin al co- lisseo: sopra la porta del cortile dentro, scritto, e, nell'entrare, che ne conduce all'adornate stanne, e sontuose.

« Utrum saluber an sit aer Hospes desine : Utrumne in Urbe, an ultimo hoc in angulo

'7^. Lanciani

heriis qimscat, commode magis sibi himc suoque campar avit odo, Jocum : quid tu : quid heres sentiat nihiì anxius ».

A questo giardino si riferiscono altri paragrafi del codice f. 540'.

L'arcivescovo di Firenze, collettore di antichi marmi, è Alessan- dro de'Medici creato cardinale da Gregorio XIII, restauratore della chiesa dei ss. Quirico e Giulitta, suo titolo. Cf. Ugonio, Stagioni, 277.

[538^] Dentro la Trinità di Ponte sisto,a' un lauamano.Arme papale di tnezxp dragone :

(( Sedente Gregorio . i) . P. O. M. »

(( Sebastianus Baldantius florentinus, Greg. xiii. Pistor se- cretus societatis huius confrater, Balneum hoc ad peregrinorum et conualescentium usum, suis sumptibus fieri curavit, an. Ju- bilei. /J7; )).

In un altro loco arme.

<( Bartholomeus Usconius ciuis Romanus s.'"^ trinitatis de- votissimus egregium hoc nouum et utilissimum ad decoquendas aquas artificium extruxit. i^yé ».

Intorno questo ospizio veggasi il cod. vat. 5513 contenente un « breve ragguaglio come comminciasse la santa opra di albergare li Pel- legrini et Convalescenti etc, etc. » scritto nei primi anni del secolo xvii.

Nella porta del popolo, alla facciata fuori e, rifatta nobil- mente con arme, a lettere d'oro

(( Pius . i i i i . poni. max. portam in hanc amplitudinem extulit, via flaminiam stravit, anno . i i i . » [159] Porta pia. Dentro in facciata, sono .2 . ferrate. Arme in alto, et a mex^o 2 . angeli di rilieuo in aria, che tengono . 2 . croci in spalla, di legno:

(( Pius . iiii . poni. max. portam piani sublata nomentana' extruxit, viam piani acquata alta semita duxit ».

Nella muraglia poco lontano, al risarcimento, arme papale: [Forcella, XIII, 13].

(( lidio . ii . p. m. »

// Codice bar berilli ano XXX, 8g 478

Passata l'altra porta, andandosi verso il Popolo, sopra la muraglia pur risarcita, arme et: [Forcella, ivi, 17]

(( Julius . Hi . pont. max. »

Assai più oltre, et in risarcimento basso con arme :

(( lulius . Hi . pont. max. »

[539^] P^^^^o il Popolo fuori alla porta della iiigna di m. Ti-

tio, spoletino, mastro di casa del gran Card. Farnese:

(( Scopus vitae Christus y.

Presso la torre di da Ripa sul fiume è un'arme di pietra bianca coronata, che pare di . j . sbarre»

A ripa, in quelle basse loggie, 0 che siano, di poca ualuta, è l'arme di Giulio . } . cosi et in più luoghi.

« lulius . iij . Pont. M. ann. lub. i^^o ».

Dentro al muro in pietra è una statua di mex^o rilieuo, come ercole, col breue, per fama. Sotto.

(( Leonardus Boccaccius rei frumentariaepraefectus inuentor. M.Dxl».

Nel giardino già detto de' Medici, sopra un posamento in [540] piano sta, di marmo bianchissimo orologio da sole di .j . palmi 0 quasi.

« Horologium ad latitudinem graduuni . 42 . fabricatum Florentie prò civitate Romana, an. D. M.D.xui ».

Quest'é attorno, don' ancora l'arme papale di palle, e l'im- presa delle tré penne col diamante.

In casa di m. Antonio palombo, dietro s. m.^ in uia. Molte cos' antiche irà l'altre . 2 . busti di mezxp rilieuo, d'aspetto no- bile con portatura in testa ricciotta, e, la mano destra sopra la spalla manca, che scansa essa portatura.

Statua . I . <( Tacitia Aida. Tacitia Mater ». Statua . 2 . filiafecit ».

In questa casa di Antonio Palombo, notaro, conservavasi anche una statua di personaggio togato sedente, rinvenuta nell'alveo del Te- vere presso Ripetta dal pescatore Paolo Bianchini. Vacca, mem., 92.

r Lanciarli

[540 ij Ancora in un altro loco sul posto:

((■ Domitie Uitali. P. eniilius mansuetus coniugi b. m. Emilia firmina matri pientissime fecerunt et sibi et suis posterisq. eorum. Solarium hiiiiis munimenti siiie superficium pertinet adgentcm».

Nel giardino 0, loco deW Arcivescovo di Fiorenza di casa de Medici - fu poi cardinale - è un bellissimo cupido grande in pie. col suo braccio antico meraidglioso, eh' è il dritto, la cui mano si tiene alla spalla sinistra, doue se ne appoggia dormendo. Ha Vali e l'arco da canto.

Altrove:

« D.M. T. Flauio Nesimiau. ex tribù Camilla filio pijssimo Flauius

<^t Flauia Delphice parentes fec. et sibi et Hbertis liberta-

busq.post. cor. H.M.H.N.S.D.H.S.D.M.A ». [541] /;/ altro loco

(( Julia primogenia fecituiu a sibi et snis, posterisq. cor. Clan- dius Sabinus dulciss. nixt. an. VI. M.n.d.4 ». et altrove

« Due angioletti che tengono pietra in forma ritonda (clipeo di sarcofago) Aurei. Aretutle uxori sanctissimeintegre fìdei frugì, modeste, uere innocen. olympius maritus et sibifecit ».

Questo è in edifìcio, credo per fontana 0 abellimento : sopra sta un busto'con testa, che non sarà sua, d'aspetto uirile, barba folta, ritonda, e riccia come sotto i capelli: e, sotto l'epitafio non sarà manco suo.

« D. M. Symphoro euthychie f. coniugi, b. m. »

[541 1] Da presso - sta ancora un bel termine di statura giusta, antico, e barbuto, e de capelli ricci a niex^a fronte, con un montone al collo, che lo tien.... e garbatamente per li piedi, dal- l'una e l'altra mano.

Ivi nelle stanne alli scoltori, che ui sono, è pietra doue sono dui nobilissimi busti di me:^xP rilievo nudi, eccetto che sono con

// Codice barberiniano XXX, 8g 477

ammantature dalle spalle, si tengono per la man dritta Vuno e V altro, e sono d'hiiomo e di donna, la quale sta alla destra, di aspetto gentiletto e da bene, con simplicità e modestia, li capelli hauendo abondanti ridotti dietro e ristretti, e hanno lo scrimo (?). Tien un'anello alla man sinistra in ponta del deto della fede, [542] et un altro al penultimo al solito loco, l'homo par raso et attempato, sdutto e d'effige piena di maestà, e di fronte spa- ziosa, li capelli ricci e bassi. Ne riuersa l' ammantatura con la sinistra mano, doue porta un anello al deto della fede. Gli occhi d'amcndui sono da morto.

(( Gratidia. M. l. chrite. M. Gratidius Libanus ». Tra s. Paolo e la porta. « Cappella hospitalis sanctiss. tri- nitatis conualescentium et peregrinorum,f andata fuit anno . 1^68 ». fui ad una pietra :

(( In questo luogo si separano san pietra e san Paolo, an- dando al martirio : e disse Paolo a Pietro, la pace sia con teco fundamento della chiesa, e pastore di tutti gli agnelli di Cristo : e Pietro a Paolo : va in pace predicatore de buoni, e guida della de giusti » Dionisius in epistula ad Thimoteum.

[542I] Nel portico a s. Paolo, sopra la porta santa:

« Sanctissimo D. N. Gregorio xiij Pont. M. feliciter se- dente, atque mandante portam hanc sub Julio iij tempore fubilei apertam et clausam D. L. Moronus cardinalis et episcopus ostien- sis et huius congregationis protector et pr solemniter aperuit, an. domini . ijj^ . die . 24 . men. decembris. et sub eodem die, anno elapso D. Alexander Farnesius Cardinalis et episcopus Tuscu- laniis clausit ».

Nel portico di s. Paolo, fuori di loco :

(( Salutio Anthoftio salutia Helpis fecit sibi et suis libertis libertabusque et filiis filiorum, poster isque eorum, ne de nomine exiet ».

Ancora dentro: « D. M.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 32

478

Lancìani

Licinia veneria fecit sibi et C. ty ranno C. Valerio. P. Malìio [543] secundo coniugi, P. Malìio tyranno ffilioj e. Fulcinio Dextro, liberftisj libertabusgue snis, posterisque eonim H. M. H.N.S. »

In terra, e sarà de gentili, che starà fuori di loco :

(f Post mortem si uiuit amor, si gratia prisca

Durai in arcanum mentis ad acta bonum . Quamuis luctificum fratris tu accipe Carmen Ne mala sit tumulis extera lingua tuis.

Te natum parens somni depinxerat arte Moribus, higenio, corpore, mente, fide.

Purus amicitiae cultor, seruator honesii Eloquio miseros ut pietate fouens.

Himè quod toto tempore te fieuimus euo Qiiod fuerit Juueni uis tibi multa senis.

Te genetrix fratres que simnl et compare luctu Perpetuis lacrimis plangit amata domus.

Hic requiescit in pace B. M. Petilius in processus us togatus t H pp qui uixit pi M. am. ^8. depositus est, sub die . 8 . cai. Jan. Prob. imi. ile cons. »

[543 1] E fuori di loco, come sopra:

(( Calphurnius depositus in pace d. z j (?). cai mart. qui uixit an. pi. m. Ix. »

Dentro il conuento, fuori di loco, al muro con busto più che di me^xo rilieuo :

(( Dis Manibus

Felicule uixit an. Ì2 (?). m. ^. Cocceia magna et cocceius chrestus parentes filiae dulcissime fecerunt ».

Intorno la prima iscrizione di questo gruppo cf. « Notizie del modo tenuto sull'apertura e chiusura del giubileo.... del 1575 sotto Gregorio XIII » nel cod. vat. 6533, f. 249 seg.

// Codice barbermiano XXX, 8g 479

S. Martino àt Monti. In terra, fuori di loco, e cosi :

(ì)

<( Fl.Jouina que uiMt ann. j. d.)2. depos. Neofita in pace, xi. cai. decembris )>.

et ancora altrove:

(( C. Camerius crescens cet. » [CIL. VI, 2183].

[544] Nella porta dello scoperto con arme:

« Pater Nicolaus adnectins Cyprius mec Carnielitaruni fa- miliae inter ceteros niendicantìum ordines perantiqiiissimae ma- gister generalis, meos alumnos cis, tiltraque mare et alpes in num. prouinciarum.... et cong. ). distrihiitos reformauit diti et

sustincns reduxit, ut eis omnia sin Nunc nero aedem hanc

excissam restituit. 1^61. xil. septembris ».

In casa di Fabritio La^^aro, sopra de pietra rotta :

« Fortis Caesar N. ser. uer. pedisequiis domus palatin. et ulpia calefecer. sibi, posterisq. suis ».

La casa di Fabrizio Lazaro, medico famoso ai suoi tempi, alla quale è succeduto il palazzo oggi de' Ferraioli, è descritta di sopra.

In san Pietro, in un paramento bellissimo e di ualorc, con V infrascritto motto a suoi lochi e con arme di Casa Farnese :

(( Paiilus iij Pont. max. nobile munus insigni arte ad fti- [544I] bilettm paratiim morbo improuiso interitu, annum non attigit ».

L'iscrizione è manifestameme turbata per colpa del trascrittore.

Alla fontanella nel cantone a man dritta uoltandosi uerso castello, che si uede quando si uiene dalla immagine di ponte, la qual fontana è con un leoncino tra sassi, a guisa di quella del capilupo in campom.ar:(o :

« Ut lupus in martis campo, masuetior agno, Virginias populo fauce ministrat aquas.

480

.an ciani

Sic quoque perspicuam, cui uirgo prcsidet, undam

Mitior hic hoedo fundit ab ore ho. Nec mirum : Drago qui toto pius imperai orbi

Exetìipìo pìacidos reddit utrosque suo.

1579 »■

Questo epigramma spetta al fonte del leone dirimpetto a s. Gio- vanni de' Fiorentini. Nella copia dello Schrader il v. 2 legge..., « rite ministrat aquas ». La data sarebbe il MDLXXIIII.

Sotto Montecauallo in facciata ad una casa con l'effige de- pinta dello infrascritto :

[545] ^^ -^'^ scanderbegus ttircarum accerimus hostis Qui tanto uictor nomine dignus erat. Nam sonat id nómen, turcarum interprete lingua, Magnus Alexander : lector amice vale».

E nel giardino del Cardinale Medici - pietra appoggiata in un cantone spatiosa et incorniciata, di . 2 .pe^:(i, e colme tt a:

<( Seraspadanes » cet. C. I. L. VI. IJ99.

Presso la porta, che fa entrandosi uerso portapinciana, per quella uia diritta in mexj(p del giardino si trouano molti nasi di quella terra ordinaria. Erano lunghetti, et in uno stauano a SAE. Pie ».

[545 ^] Casa che fu del cardinale Montepulciano e poi sono di Medici. Dentro le belle stanne 0 habitatione fatta da questo Car- dinale al giardino su la trinità, é imo a guisa di contadino nudo, che chinato ne mostra d' arrotare un cortellaccio largo su una pietra. Mi diss'uno d'hauer inteso, che fusse quel Villano, che poi scorticò Marsio, che perde nella discordia, c'hebbe, e nella differenza con Apollo. Basta, è statua certamente signalata.

Ancora, è in pie una Venere nuda, in faccia d'una camera.

Si uede parimenti il busto della moglie d'Adriano, et un' altro, dicenano di Faustiìia.

L'Arrotino, o Scita, e la Venere sono i notissimi capolavori della Tribuna degli Uffizi.

Il Codice barberiniano XXX, 8g 481

Allo statuario del cardinale di Ccse, nel palazzo presso r Inquisitione e dentro il suo giardino è un satiro antico barbato di statura d'homo giusto, che n'abbraccia a mano stanca un [54^] giovane sbarbato e nudo, stando il satiro a coda in or- dine e ritta, roversata per natura

[Qui l'autore entra in terreno, nel quale non posso seguirlo per rispetto verso il lettore].

[546 1] Ancora in casa del prefato cardinale. Pietra quatra alla grande, con segni belli dentro et adornamenti:

<( M. Pompeio M. f. ani. Aspro [Orelli, 3509]

[547] Nel medmo palaxxp 0 casa. Pietra pur grande e quatra: (( Qui colitis Cybelen j) [CIL. VI, 10098].

Marmo incavato in edificio quasi come una finestra con . 2 ' colonnelle dalle bande. In mez^o sono . 2 . busti più che di me^xp rilevo. A man dritta è la giovane di capelli ricciotti e grossi nella fronte che mostra poco scrinio. L'altra porta l'acconciatura de capelli similmente in fronte... poi sono accomodati a treccia coni' a foggia di cappello. Ci sono nel marmo adornamenti e segni, archi, carcassi, delfini, pesce, urna, e rota.

[547'] (( D. M.

Lubie secunde, Cornelie Thyches uxori s.

bilis erga maritimi adfectus sanctitatisque, et eximiae erga liberos pietatis q. uixit an. ^4. m. 4. d. 7. ex is mecum an... »

Et forme singulari et mo- ribus piissimis, doctrinaque sa- prà legitimam sexus sui aeta- tem prestantissime que uixit an. xi. m. q. d. 20 et incompara-

Da una banda, nella grossexxfi di questo edificio e pietra : (Seguono 6 esametri talmente corrotti e viziati che non danno senso).

Capriolo di me:(;(P i^Hi^'vo, poi: (Seguono 6 esametri e. s.)

[548] Sopra la porta del giardino dell' arcivescovo di Siena, dalla banda del Colliseo:

482

.anciant

« Se se theatri avertit ab licentia et spedai hortos luppiter, quos incolunt festina non lasciua ruris numina ».

Questa iscrittione riguarda fuori, e Giove sta in cima della porta riguardando dentro, col fulmine in mano.

In un luogo per detto giardino sono ancora queste anticaglie :

« Domus aeterna Flaviae Chrysidis ». In un altro luogo:

« C. Mio. c.f. quir prisco scrihae quaest...» [CIL. VI. 1817] ■In im altro:

(( Spei aug. sacr » [CIL. VI, 760]

et in altro luogo:

« T. Claudius Hesychus » [CIL. VI, 15 116].

II giardino, nel quale eran conservati questi marmi, apparteneva non all'arcivescovo di Siena, come è detto in questo paragrafo per errore, ma all'arciv. di Firenze, Alessandro de' Medici. Vedi sopra pag. 539'. Infatti l'ara marmorea della Spes augusta (trovata sulla fine dell'anno 1566 nella vigna del cav. Giandomenico Sorrentino sulla sponda di Marmorata), fu descritta dal Cittadini e dal Winghe negli « horti dopo il tempio della Pace - del card, di Fiorenze ». L'istesso dicasi del cippo di C. Giulio Prisco, descritto dal mede- simo Winghe in aedibus cardinalis Fiorentine. I giardini di s. Maria Nuova divennero, poco stante, proprietà di Marzio Colonna (CIL. 1. e). Il cippo di C. Giulio trovasi ora nella villa Mattei - von Hoffmann : l'ara della Pace è andata a finire nell'isola di Maiorca, nella rac- colta Despuig.

Della vigna del cav. Sorrentino, donde viene quest'ara, parla Flaminio Vacca nella meni. 94 : e quindi ha torto il Corpus, trasfor- mando il Sorrentino in « Fiorentino ». Il medesimo Vacca, meni. 39, descrive un'erma di Socrate trovata incontro a s. Antonio, verso l'osteria di s. Vito, acquistata poi dal card, di Firenze. Egli abitava non in questo suo giardino, ma nel palazzo Colonna (Id, meni. 44).

[548^] Nel convento e monastero della pace, canto l'anima:

« Oliverio Caraffae card.^' neapolitano, fundatori pientis- simo, protectori benemerenti, canonici regulares pos. an. salii-

tis 1^0) ».

// Codice barberiniano XXX, 8g 488

Il cardinale Oliviero è assai più benemerito dei Romani che non si sapp/a generalmente, essendo eglino a lui debitori del Pasquino. Sullo zoccolo del mutilo simulacro leggevasi questa memoria:

« Oliverii Carafae beneficio hic sum, anno salutis M D I ».

Chi sa che il celebre frammento non provenga dalle fondamenta del convento della Pace, le quali si stavano appunto scavando nel 1501. Il cardinale possedeva una villa ornatissima suU' Esquilino, e delle buone anticaglie nel suo palazzo. Sotto una figura di Flora, posta nel conclave, leggevasi questo gentile epigramma (Schrader,

1. e, 21 s'):

« Firmum corporis robur, castasque mensarum delitias, et beatam animi securitatem amatoribus meis promitto ».

Presso porta settignana, verso la pinciana, sopra la porta d'una vigna con arme che v'é:

<( Io bapta Victorius » poi:

(( Recessus in Salhistianis » . In una pietra cacciata nel muro di questa vigna dalla banda di fuori:

(( M. Aurelius Pacorus » [ClL . VI . 122].

La vigna dei Vittori occupava nel secolo xvi porzione del sito di villa Ludovisi, come può riconoscersi nel foglio A i della pianta del Bufalini, ed. Fiorelli. Intorno le vicende della iscrizione dei due « aeditui Veneris hortorum Sallustianorum»veggansi gli autori citati nel Corpus.

In banchi, nello scoperto de' Bandini, ch'I a mano manca per gir in ponte, è cupido a mano destra a venere, nudi amen- dui: e venere con adornamento difrez;^e (trez^^ì) che tiene sot- t'un piede un corno. S'abbracciano e fanno vista di basciarsi. Statue per moderne assai belle che sedono sopra una testa di [549] pofco selvatico, e v'é:

(( opus Frane. Moschini F. R. T. I. »

Il palazzo dei ricchi banchieri di Siena doveva appartenere, quando fu scritto il codice, a quell'arcivescovo di Siena Francesco Bandini- Piccolomini, il quale dedicò nella chiesa di Santo Apostolo il bel

484

1{. Lanciani

sepolcro di suo nipote, Sallustio figlio di Mario, morto nel 1570, e di sua cognata Eufrasia Agassana, morta nel 1563.

In casa del duca d'Urbino, canto sta Maria in via lata, dentro il giardino al muro in pietra : (( Quod potui posui tibi, fida Catella, septilcrtim Digna magis coeli munere quam tumuli. Candenti e lapide haec tibi convenit urna: fuisti

Candida tota pilo, candida tota fide. Sic coelum, ut quondam canibus pateret band tua terra

Incendet, set ver stella perenne dabit. Titae catellae blandissimae - Antonius Tibaldeus ». In pittura : « Hic Tita tecta canis cultos quae maluit hortos Frane' elysium quam coluisse nemus».

Gli epigrammi ed il titoletto furono trascritti anche dallo

SCHRADER.

Nel territorio di Belvedere 0 ristretto, dalla banda di Torre borgia, dove fabrica Gregorio xiii, alla tavola d'Italia:

(( Liguria . Hetruria . Umbria . Latium . Campania foel. Lucania . Brutios . Magna grecia . Salentini . Apulia».

[549'] ciol Riviera di Genova, Toscana, Ducato di Spoleto, campagna di Roma, Terra di lavoro . Basilicata . Calavria inferiore . Calavria superiore . Terra d'otranto . Terra di Bari.

Puglia piana.

Abruzzo.

Marcaconitana.

Romagna.

Lombardia di qua dalpo.

Lombardia di la dalpo.

Marcatrivisana.

Frioli.

Istria.

Apulia daunia.

Sannites.

Picenum.

Flaminia.

Emilia.

Gallia transpadana.

Veneti.

Forum lulii.

Istria.

// Codice barberiniaiio XXX, 8g 486

Nel giardino del cardinale di Cese, a un castrone mo- derno :

(( Secar a simpUcitas ». A un leone:

« lunoxia fortitudo » .

Al primo cortile di mez^xp delle belle loggie a s. pietro in più luoghi:

(( Greg. xiii . P. M. an. D. Pontif. s. an. v ». In questo corridore, et in l'altro di sopra, sono pinte bi- [550] storie moderne et ecclesiastiche con imprese, et in questo basso è il me^^o drago, in wg;(^o al segno di Mercurio (caduceo) et al cornucopia, col motto che dice :

(( Utrumque praestat ». Nel basso di quel frutto di pigna grande al cortile di s. Pietro é:

(( P. Cincius P. l. Calvius fecit » .

Veggasi : Lacour-Gayet, Mélanges. Écol. frane, V, pag. 320.

Sopra la porta della fabrica nova, nello scoperto in capo di Belvedere, dove sono le melangole e le statue :

(( Pius iiii Medices Mediolanen. pont. M. quo commodiores honestioresq. sibi successoribusque hortos vaticanos redderet, complures aulas cubicula et scalas circum superque Hemicyclum pleraque a fundamentis extruxit, quedam in veterem formam restituit atque exornavit, salutis anno . 1^62 . pont. s. anno . ) . cai. lan. absolvit ».

Gregorio XIII, nelle sue fabbriche vaticane, cui accenna questo paragrafo, impiegò, come tanti suoi predecessori e successori, i ma- teriali di antichi edifizi romani. Alle memorie che si hanno di questi spogliamenti, può aggiungersi la seguente, tratta dal codice sopraci- tato di Giovanni Alberti, fogli 25* 26, i quah fogli contengono bel- lissimi disegni del mausoleo di Adriano con molti particolari inediti. « Questo fregio co festone e teste di buci (buoi) segniati . A . e larchitrave segniato . B . il basamento segniato . C . Si cavano al preste i la mola da driano ditto castel sato angelo sotto il girone

486

T^ Lanciani

dinanzi (cioè l' imbasamento rettangolo) che eie questa faciata fatta a bugnie dibasso rilievo segniate . D . co uno gra pitafio . nel mezo dai canti no se cavato . i pilastri, respetto alle muraglie p(er) quato si conoscere, poco variare . e questi pezi sono stati grandis- simi pezi di marmo spossti coperati p(er) ordine dil nostro signiore papa Gregorio xiii lavorati i Ila capella Gregorianda i santo pietro . el basameto sotto terra i questo di 20 dilulio . 1579. ^' Ed ai fF. 57^,

58 ripete: « Questa cornici fra i marmi di sato pietro, che sono

state minate metre che lavoravano i palazo p(er) papa Gregorio xiii ». Il giallo antico impiegato negli adornamenti della cappella, pro- viene da due grosse colonne scoperte dappresso s. Tommaso in Parione (Vacca, 31),

Nella vigna di s. pietro a vincola, cauandosi del i^So fu trovato alle rovine delle terme prima che si giunga alle . 7 . sale queste iscrittioni in .2. posamenti nobili.

(( lulius Felix Campaniamis »

CIL . VI . 1670. La testimonianza del nostro autore sul numero delle basi concorda con quella dello Smezio il quale parla di due sole. Il LiGORio ne nomina tre; tutti gli altri una sola. La data del 1580, è falsa: forse dovrà leggersi 1550 la quale cade nel set- tennio della dimora dello Smezio in Roma.

[550^] In facciata d'una casa presso al Giacohillo:

<( Ex domo Cesar, et liviae libertorum et servorum ». Nella cava della vigna di s. lorenxp in panisperna presso

il lavacro di agrippina, cavandosi ancora si trovò :

(( I. 0. M - Dianae Ephesiae, Dis, Diabusque - T. Fla-

vius Damianus - V. C. - praef. erar. sat. »

Benché la pfefettura dell'erario civile convenga ad un v(ir) c(larissimus), pure l'iscrizione mi sembra fortemente sospetta di falsità.

E nel giardino di Cese non so se qui ho che ci é :

« D. M - M. Claudius ... aetetus philippidi uxori dulcis-

simae b. ni. »

Alla fontana nel muro, incontro s. Gio : de fiorentini ha-

bitatione del Sangaletto, tesorier secreto di Pio . v . eh' è grot-

Il Codice barberiniano XXX, 8g 487

tesca con faccia di lìone, dove esce l'acqua, sopra sono questi versi :

(( Quod Pius ime oculos ad me iam flexit amicos Qui mihi phaebeae lampadis instar erant, Do modo quas civis Romae, quas advena siimat Seu sit frigus itiers, seu calor acer, aquas. [55 i]5f e quoque cum solis radios compi ectat acutos, Plenior Aegypti temperai nuda sitim. Sed tamen hoc differt; illic nani subsidet annis, Hic eadeni semper copia iugis aquae est».

Mons. Sangaletto, intimo famigliare di Sisto V, e cameriere se- greto, lo assistè amorevolmente nelle ultime ore della vita. Nell'ar- chivio fiorentino fil. 3609 si conservano alcune lettere confidenziali del Sangaletto al gran duca Ferdinando, con la data dell'agosto 1590. Come è facile avvedersene questo epigramma nulla ha che fare con la fontana del Leone edificata da Gregorio XIII nel 1578 dicontro a s. Giovanni de' Fiorentini. Spetta invece a quella del Nilo costruita l'anno innanzi presso monte Giordano. Ambedue le fonti avevano epigrammi elegantissimi (che forman famiglia con quelli dell' Eri- dano e della Lupa) ma i fabbri errarono nel collocarli, dimodoché il Leone s'ebbe quello del Nilo. Il testo corrotto del codice barberi- niano è stato emendato sulle copie dello Schrader e dell' Amayden. Cf. La^ciknj, Acquedotti, pag. 129. L'epigramma delle Grazie il quale non apparisce nel codice, diceva:

« Par tribus est facies, qualem decet esse sororum

Par tribus est aetas, par quoque forma tribus. Grata Thaha tamen, geminae conversa sorori

Implicat alterius brachia blanda soror. Euphrosynam dextra stupeo, Aglaiamque sinistra

Miror et implicitis brachia nexa modis. luppiter est genitor, peperit de semine coeli

Haemonia et Veneris turba ministra fuit. Inde alitur nudus placida sub matre Cupido:

Inde voluptates, inde alimenta Deo ».

Nel loco del cardinal orsino, incontro s. Giacomo degli In- curabili verso Monte. 1^80. Tra V altre statue alle fonti, in uno è questa antica di villano da prima barba, nudo che ride co-

Miiciam

Tonato d'elkra. Tien sotto il braccio destro un ofljtre, facendo vista di premerla perché n esca V acqua, come fa, opera di marmo finissimo, lavorato da mano dotta.

Intorno al « Monte degli Ursini » cioè agli avanzi del mausoleo di Augusto, ed, alle opere d'arte poste quivi per abbellimento del giardino pensile, veggasi il Btiìl. Comm. Com., X, 152 seg.

Dentro s. marcello e dentro al convento, tavola di marmo in facciata :

(( Ex libris Antonii Ursi veneti, referendarii apostolici jlgensis episcopi, ex testamento non ordinatis, lacohns Ursnsfr. conscius [55 1^] mentis eius . yjo . volimiinain hac biblioteca existentia, longe plura opera in omni f acuitale continentia, ad honorem Virginis donavit hiiic monasterio sancii Marcelli prò anima eiusdem dìlectissimi fratris sui, prò cuius salute prior et fratres non ingrati tanti mnneris, promiserunt in perpetuum singulis mensibus defunctorum officium celebrare eum missa solemni, et aliis missis. Qui etiam episcopus in extremis suis legavit dicto monasterio planetam et pluviale et ducatos . e . ami, quibus or- dinavit sibi annuarium fieri per dictos fratres, et mìssam so- lemnem, et alia.

« Extrahentes libros et ministris ex hac libraria (?) nescien- tes et non revelantes, cuiusvis dignitatis existant, etsi prior divi Marcelli vel generalis sit, ipso facto sententiam exconiunicationis incurrant, a qua non nisi a solo papa possit absolvi, ut in bulla S. D. N. Leonis x. super hoc concessa an. i^iy ».

Il sepolcro del vescovo Orso sta nella chiesa presso la cappella del fonte battesimale. Fu costruito da Giacomo Orso l'istitutore della libreria.

Alla dogana di ripa, over Corte, è scritto in facciata : « Gregorio . xiii . P. M. sedente - Rev. pr. D. Hieronj- mus Melchionus, camerae apostolicae decanus et riparum prae- ses, per eius auditor em, servatis servandis, sententiavitripas flu- minis omnibus navigantibus esse comunes. In actis notarli ripae [552] die .2a. lanuarii i^jj curante Alexandro Boncore, sacrae

Il Codice barberiniano XXV, 8g 489

catholicae Maustatis generali consule, ad perpetuam rei memo- riam ».

Qui dapresso apparisce scolpito in tavola dal tempo affumi- cata di pietra con arme papale, di cardinale, e del popolo romano, con certi officiali, il salario del castellano d'ostia, e le ramaglie con simiglianti entrate, prohibendosi espressamente che nel pas- sar a Napoli 0 tornar in quel viaggio non facciano pagare cosa alcuna per donne che se ne vadino per acqua, si come dicono che usano alle volte temerariamente.

« D. M. S. P. Vibi P. f. e. m.v. Mariani » [CIL. VI, 1636]

Questa scrittura Vanno . i^So . cosi potiamo leggere, essendo [552^] consumata dal tempo: et é lontano da Roma tre miglia su la strada che va a Viterbo, in una cassa di marmo bianco, che dinanzi ha questo detto epitafio scolpito e quatrato, tenuto da certi armati di testa, e con certo calciamento essendo nudo il resto. Da capo a pie sono in faccia grifoni alla cassa, e da una è. una testa di bove col collo ancora. Il coperchio alla cassa è. a guisa d'arca, scostato da chi s'havrà forse pensato trovarci altro che cerniere over osse, che ci dovevano essere. Ci sono . 4 . aquile di me:{XP ^H'^'^o: alli cantoni alcuni altri adornamenti. Nelli .2 . cantoni pure dinanzi al coperchio sono . 2 . angeli con troncone in mano dove sono armature. Si dimanda e falsissimamente dal volgo, la sepoltura di Nerone, è l'edificio nobile, stando sopra di posamento da terra alto un homo. Ch'é cassa di sepolcro molto glorioso per simplice, pur (?) non essendo di maggiore fabrica, ne mostra di non essere da campagna. Veggasi il NiBBY, Analisi, III, 83.

In una porta che stava nella salita di s. Silvestro : « Intus quod foris vides ».

In una pietra presso uno scarpellino alla fontana di Trevi. Da una banda era molta scrittura che parevano nomi. Dal- l'altra :

(( Herculi Aug. sacrum. Officinatores et nummulari.... »

[CIL. VI, 298]

490

.anctant

La notìzia intorno questa pietra è importante, perchè il Cit- tadini né Achille Stazio i quali, soli fra tutti gli epigrafisti, copia- rono la dedicazione ad Ercole, parlano « della molta scrittura che parevano nomi: da una banda » del titolo dedicatorio. Questo pie- distallo appartiene alla bella e numerosa famiglia di monumenti scoperti sulla fine del pontificato di Gregorio XIII, dinnanzi alla chiesa di s. Clemente, nel sito della zecca imperiale (CIL. VI, 42-44) ed è tanto più verosimile che il nostro piedistallo contenesse il la- tercolo degli ofiìcinatori e dei nummularii, in quanto che anche gli altri recano lunghe liste di nomi.

[555] Agli organi di s. Apostolo:

« Piorum ehmosinis Pio Hit P. sedente, et Rodtiìpho pio cardinali de Carpo protectore ».

Nella casa presso la fontana di Trevi che rifa il Marchese di Riano, della fameglia di Cesc, in facciata con alcune pitture: « Firginem aquani ad . viii ab Vrbe lapidemvia pekstrina collectafni) M. Agrippa l.f e. sentio q. lucretio coss adduxit )> {i) Sopra nel maschio di Castel s. Angelo: [SchraderJ.c, 218] <f E Lybia advenit Romanas Victor ad arces Cesar, et in niveis aureus ivit equis. Ille triumphavit, sed plus tu Panie triumphas: Victor namque tuis oscula dal pcdibus ». Sotto è l'arme d'un vescovo che doveva essere castellano al [553^] tempo di Paolo che fu ter^o. In un altro loco : (( Munere Guidonis dulci recreamur in umbra Et curas animi voce levatis aves. Hinc audire licei resonantes Tibridis undas Otiaque in tuto carpere amena loco ». Nella sala di mex;^o più alta ornata di stucchi, e nel mexxp della volta, con l'arme papali di casa Farnese e ha .vi. gigli, l attorno un frigio a lettere grandi e d'oro :

« Quae olim intra hanc arcem collapsa, impedita, fedata erant, ea nunc a Paulo .Hi. P. M.° ad solidam frmitatem,

(i) L'originale ha « e. lelio sp. lucretio ».

Il Codice barberinìano XXX, Sg 491

comodum, utilem subtilemcpie venustatem extntcta, disposita, or- nata, conspiciuntur ».

Ci sono alcune imprese nelli suoi luoghi, ed i lor motti, come degli altri, con le figure, cioè : (( Festina lente. Discite iustitiam moniti. Manus fortium dominabitur. Sit modus in rebus ». Canto l'entrata delle belle stanze, ad alto, eh' è nel giro di castello, verso la porta del popolo :

(( Paulus . Hi . pont. max. cum multa adfirmitatem ampliss. huius arcis addidisset, hunc etiam locufmj... animi causa extruen- dufmj ornandumq(ue) mafnjdavit . md x xxxiii . Tiberio Crispo praefccto »,

[554] Del . 1^81 . di novembre fu messa in facciata a mano stanca neW entrarsi a s. Maria maggiore quando si viene da san Giovanni una pietra antica con tale iscrittione :

[Lunghissimo atto di donazione quivi ancora esistente].

I555] N^ll^ processione della nuntiata della miner uà, dove an- dava il Papa, fu messo al Monasterio Pio

(( Gregorius xiii pont. opt. m. ecclesiarum, monasteriorum, collegiorum fundatori conservatori benefactorique, Cardinalis protector gubernator et praeses domus praedictae ».

In altr'anno poi qui stava :

(( Perfice, domine, quod inchoasti ».

Presso l'anima, rincontro la casotta de cuppis, nel casino depinio in facciata :

(( Haec domus expectet lunas solesque gemellos Phenicas natos, nec ruat ante duos ».

\555^^ /w casa del cardinale di Cese, in Borgo, presso l'Inqui- sitione, in pietra con figure di me^zp rilevo, con carretto menato da .2 . leoni, condotto da donna coronata, che tiene Palla 0 il mondo con l suee mani, et ancora un non so che, che pare una

492

^ Lanciarli

frusta: sta rincontro a questo un arbore, forse fiche indiane, dove è appoggiato uno che pur ha la palla in una mano. [Iscrizione taurobolica di L. Cornelio Scipione Orfito, CIL. VI, 505].

Nel giardino de Medici cardinale, ch'alia Trinità de' Monti, sotto 'l portico su alto alla fabrica, è la statua nuda di bronco in pie, appoggiata in un troncone, cioè barbata, riccia, di capo coronato d'ellera, che tiene un bambino pur nudo in braccio, coronato altresì d'ellera, e pareva che gli parli in faccia il bar- bato. Nel detto troncone è: [Schrader, 1. e, 218*]

(( Bella manu pacemque gero, mox protinus anni. Te duce, venturi, fatorum arcana recludam ».

Sotto Campidoglio presso a s. Cosimo e Damiano, al tempio di Faustina nello scoperto :

(( Martino Columne . v . pont. max. oh Imius templi ius pa- tronorum ultro datum, pharmacopolorum collegium b. m. pos. » [SS6] In lapide reperto in cemeterio priscillae ut aiunt in via salaria ad primum lapidem sinistrorum.

(( Hic Paulina iacet, bealorum in regione q... e cui funus curavit Pacata sue nutrici dulci sancte in.... ».

Dicontro a Castelnovo, li dapresso e verso Roma nuova fa- brica defraricapuccini, dentro cui nella chiesa è sopra la porta:

P. Donatus Ccsius. S. R. E. titilli s. Vitalis prb. cardinalis, templum hoc a fundamentis extruxit beataeque Virgini dtiparae lauretanae dedicavit. monasterium, locum, solique ambitum or- dini divi Francisci capuccinorum prò suae animae salute, libero munere dedit. an. 1^82 ».

In Roma alla Zecca Vecchia in banchi, armi con la papale di casa Medici.

(( lui. Medices Leon . x . patruelis ».

Sotto a questo : [SS^^Ì fr Clemente . 7 . poitt. op. max. quod fide iustitia probi- tate clementia universos mortales in veram seculi aurei spem excitavit a. a. a. fi. devoti n. m. q. eius ».

Il Codice barberiniano XXX, 8g 498

Di questo edificio (attribuito erroneamente al Bramante, come tante altre opere di Antonio da Sangallo) occupato ora dagli uffizi del Banco di s. Spirito, scrive il Vasari, voi. X, pag. 9, ed, Lemon- nier : « Fece Antonio in Banchi la facciata della zecca vecchia di Roma, con bellissima grazia in quello angolo girato in tondo, che è tenuto cosa difficile e miracolosa: e in quell'opera mise l'arme del papa (Clemente VII) ». Errano però i commentatori di quella edizione, dicendo conservarsi negli Uffizi il disegno sangalliano ; poi- ché quello cui accennano, segnato col n. 992, e con la leggenda <c la zeca anticha a san Chosimo e Damiano » non rappresenta la facciata di Banchi, ma un pezzo del muraglione del Tcmpliim Sacrae Urbis, demolito o finito di sfasciare da Urbano Vili.

Neir anticaglia presso Varco di Nerva:

(( Pro salute Tiherii Caesaris CIL. VI ».

Lontan da ponte molle un grosso tiro di mano, su la strada verso Frascati è posamento grande con s. Andrea sopra in pie, statua di marmo, coperta e tabernacolo al cui posamento sta:

(( Plus secundus pont. max. - sacrum beati apostoli Andreae caput ex Peloponesso aduectum, bis in pratis excepit et suis ma- nibus portavit in urbem, anno salutis 1462 pridie id. aprilis, quae tunc fuit secunda feria maioris ebdomadae. atque id circo hunc titulum erexit, et universis Christi fidelibus qui eadem feria in poster tim hunc locum visitaverint, et quinquies Christo do- mino adorato intercessionem sancii Andreae prò comuni fìdelimn salute imploraverint, plenariam omnium suorum peccatorum

perpetuo duraturam indulsit remissionem anno salutis

(1462) pontificatus sui 4 ».

Secondo il costume del tempo, i materiali per la costruzione del tabernacolo di s. Andrea furono presi da antichi monumenti (di via Flaminia). Tra i conti di Camera del 1462 il Muntz ha ritrovato questa noticina, con la data del 10 luglio « a Petro (marmoraro, il distruttore del Secretarium Senatus a. s. Martina) et li corp. manuali per opere 58 a cavar trevertini a la gualcia (?) et Ponte Molle per lo tabernacolo di s. Andrea fi. 9, boli. 53 » Muntz, 1. e, I, 267. Il tabernacolo stesso riposava su fondamento antico, probabilmente di un mausoleo, cosi dovendo interpretarsi la voce « turrone » nel se- guente paragrafo del diario di Paolo dello Mastro ap. Buonarroti

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 33

494

'T(. Laudani

1875 pag. 118 « 1463 - Nel d.° anno la Santità di papa Pio ha fatto una cappella de marmo relevata e magnifica nello loco dove stava un turrone, nello quale turrone fu posato lo capo di san. Andrea apostolo, quando venne a Roma, cioè nel 1462 adì XI d'aprile ». La statua fu scolpita da Paolo di Mariano, romano, e costò tren- tatre ducati. Nel cod. vat. 4034, f. 81 seg. si contiene un « tractatus de translatione capitis beatissimi Andreae apli dei ab urbe patraciensi greciae in almam urben. romani.... anno domini m eccelli. Com- positus per cude Pium » e nel cod. 8092 una « hystoria de recep- tione capitis s. Andree ».

[557] -^'^ Ancona al portico del governatore, con .2. teste impe- ratorie :

(( Sint procul insidie, fraudes, discordia, bellum

Huc honor et virtus cum bene carpit iter ».

Tra Torr esanguigna e l'immagine di ponte, nella strada in

faccia al vicolo che volta a sansimione: Arme sopra la porta;

(( Sixtus . V . pont. max. ad levandam pauperum inopiam,

Montis pietatis incerta in hunc diem sede, proprium hoc domi-

cilium aere suo dicavit . 1^8^ . Pont, sui primo ».

Nel cantorie d'un immagine tra li trofei di Mario e santo Eusebio, verso porta di san loren^p, la qual maestà quasi tutta è. guasta dalle strade ci fa Sisto . v . cominciala santa Maria maggiore, e dall'arco di san Vito. S'è lasciata, dico, alla pre- fata Maestà 0 immagine in un cantone, pietra scritta d'intaglio antico, cosi:

« Haec est via, qua itur ad locum, quod vocabatur antiquo tempore Ursi pileati »

[557I] Nella guglia che levo Sisto .v. canto la sacristia di s. Pietro, luogo suo, sepolcro essa guglia di caio giulio cesare, e la pose Sisto nella piax;^a di s. Pietro. Da una banda nel posamento a lettere d'oro:

(( Christus vincit, Christus regnat, Christus ab omni malo plebem suam defendat ».

Dalla altra banda:

Il Codice barberiniano XXX, 8g 496

(( Ave crux domini, fngite partes adversae, vicit leo de tribù Inda ».

Dalla ter^a:

(( Sixtus .V . poni, max cet. »

[558] Fu questa macchina al':{ata e staccata di peso con infi- nit' argani dal suo posamettto, e calata si strascinò. In cima che e era la palla d'oro con le cernieri di Cesare, mise la Bea- titudine sua la croce in cambio, e di sotto sono queste parole: « Sanctissimae cruci Sixtus . v . poni. max. sacravit, ex prima sede avulsum, et Cesari aug. ac Tiberio oblatum . 1^86 ».

In cappella di s.ta Maria maggiore fatta da Sisto .v

Seguono le iscrizioni del mausoleo di Pio V.

[559] Canto ponte Sisto in facciata, dove sono li poveri nu- triti, ch'andavano per Roma:

(( Sixtus .v.p. m. Picenus - Pauperibus pie alendis, ne pane verboque careant, multo suo coemptas aere has aedes extruxit, aptavit, ampUavit, perpetuo censu dotavit. an. dui. i^Sj.pont. sui . 2/" ».

In casa di Rui::^, presso Torre Sajiguigna alla sua fontana : « Herydanus dat aquam. Phaeton ruit aethere ab alto : Temperet iste animum, iemperet ili e sitim. Dicere quod sentiam summa virtute tacebo, Cum male non liceat cum bene non deceat. [559^] Carminibus fontem, non fonti carmina fecit Hippolitus noster : sic sibi quisque placet ».

In foligno depinto nel palaz^xp del podestà :

(( Arma magnifici et spectabilis viri Petri de Chitanis -+- de Cesis, hon. potestatis mag. civitatis fulg prò uno anno, incipiente die .vi . iulii . 14^4 . et ut sequitur finiente .partim tempore D. Nicolai pp. quinti et partim tempore Calìxti pp. jj ;;.

+ Catinelli raccontano alcuni spoletini, che sia villa loro poco lontano dalla città, verso Terni a mano dritta, partendo

496

l^. Lanciani.

da Spoleti. Ma li Cesi raccontano che de Chitanis vuol dire che vengono da aquitania.

Trinità de' Monti, a Roma sotto le volte, attorno lo sco- perto, dov' in me^P ^ ^^ citerna

Seguono XXXIX lunghe iscrizioni, relative ai fatti di san Fran- cesco, dipinti nelle lunette del chiostro.

[5^9 1] Tra Viterbo e Bracciano, alla villa chiamata l'oriolo, su la strada romana:

« Gregorius Santacrucius Onofrii filius, Viani dominus.v . silvam Mantianam eradicavit, colonis conductis anno domini . 1^62 . viam cassiam celebrem reddidit : castro oriolo murum. dediti aedem divi Gregorii collatis fructibus (?) et hanc domum a fundamentis erexit anno domini .ijS^».

G. Cugnoni 497

APPENDICE

AL

Commento della Vita Agostino Chigi

IL MAGNIFICO

(Continuazione e fine V. pag. 172).

Nota (25):

I.

Die louis 2. Augusti ip^. (i)

Inventarium honorum existentiutn in PalaTiio lo: me: Aug."* Chisij Hit. In Cameris quas tenebat lulius Tegliaccius sunt ista uìt. In primis in Camera Inferiori septem libri grossi signati in diuersi coloris litteris M. N. O. I. K. et S. incepta de anno ij/j. fornii, nel i^ic). scripta fino a fogl. ^8^.

Item septem lornali coperti di bianco del 1^04 sino a jpo.

Item tre libri chiamati ricordi dell'anno ip2. ip^. e i^ij. e iji8.

Item un libro chiamato Ventrata et uscita dell'anno i^i^.

Item un libro d'oblig."* dell'anno i^oi. fino al ijoc}.

Item doi libri coperti di rosso della Dogana del Patrimonio uecchia.

Item un libro d'entrata et uscita coperto di bianco uecchio.

Item doi libri chiamati Registri coperti di bianco uno del i)o8 e i^io. e l'altro ipo.

Item un libro d'obligationi dell'anno ip). fino al i)i/.

Item un libro chiamato Registro dell'anno j/ij.

Item un libro stracciafoglio del ipy.

Item un libro di Gio: Giorgio che stana in Napoli dell' Aministratione sua di Napoli.

Item tre libri d'uno Sollicitatore del banco.

Item un altro libretto di d." Gio: Giorgio.

Item un libro rosso delle Lumiere segnato L.

Item uno Estratto delti libri del banco.

Item un libro chiamato Giornale del ip4 (sic).

(i) Scritture di Casa Chigi, voi, B., pag. 127. In margine è notato «Tn Arch° Vrbano ».

I

49^ G. Cugnonì

Jtem un libro chiamato quaterna di Cassa del ip^.

Item un libro segnato A scritto in folio.

Item un bilancio de' libri del banco dal ipy fino al ipo.

Item una Contrattai.^' colla Sig."'* di Venetìa sopra VAlumì.

Item un ma^xp di Conti di grani di Port'Ercole.

Item un libro d'oblig."^ del ij22 (sic).

Item noue ma^i della Cam.'* Ap."* di limosine sopra la Lumiera.

Item sette ma-{%i di scritti di diuerse prestai.^* e pagati.

Item un libro segnato et intitolato quaterna di Cambio.

Item tre fil\e di lettere.

Item Conti di uacca rossi di Casale.

Item il Calcolo del banco con la Cam.** Aulica.

Item quattordici ma\^ di Carte missine.

Item un ligaccio- di lettere missine.

Item bilanci della dogana del Patrimonio.

Item receuute della Recettoria di Fano.

Item una Scrittura d'Alfonso Catterino.

Item una scrittura con Maestro Bernardino di Viterbo sopra la Ca- pella del Popolo.

Item certe scritture di piìi debitori della Marca.

Item un ma^o di piti mandati pagati all'Off." de' Canal.".

Item un altro ma^^P della Cam.'* Ap."* pagati per l'elemosine.

Item pili scritture fatte sopra la Capella del Popolo.

Item un ligato di poluere di Girolamo Gradotio quando teneua la Cassa.

Item quattro ligati de' Mandati de' Cardinali.

Item quattro ligati di quietan:{e di diuerse persone.

Item cinque ma^^^etti di quietan:(e di denari pagati per V Archiuio, et altre persone.

Item un ma:(^o de' Conti di Gualderoni diuersi.

Item un ma:(xo di lettere di denari pagati delle Lumiere.

Item un ma-^^o di lettere di denari delle Nani da Ascanio di Barto- lomeo Finetto e Gio. Batta Venturi.

Item uno Stratto delli libri delle Dogane di Patrimonio.

Item un ma:(7p di Conti saldi colVheredi di Leonardo Bartolini,

Item piti Conti di Besselua di Venetia.

Item un Conto con lacomo de Gatta.

Item un libretto delli conti delli doi per Cento con Paolo Argento.

Item un Conto con Alessio Argento.

Item più partite di diuersi Respondenti.

Item Fedi dell'argento consegnato al Sig.^ Vitelli.

Item un altro ma:(:;o di Conti e partite di diuersi Respondenti.

Item un libro di Gio. Batta de Vocco di Genoua.

Agostino Chigi il Magnijico 499

Item un ma%^o grande di dhicrse quidan:(e e dhiersi tempi e ài più persone.

Item tma Copia d'una promessa data a Gasparo.

Item un ma%^o di Poli\:{e de Carreggiamento di polline mandate di fuori.

Item un ma'^^xp ^* Rotoli di denari pagati.

Item un Coìito con Beloni di Venetia.

Item un ma^o di Mandati de' Cardinali et altre persone.

Item un ma-^etto di più scritture di denari da riscuotere.

Item un ma^etto della Varia fatta alla nane Pomoro de Vrbari.

Item un libretto chiamato de Julio Taliano del Casale.

Item un libretto con certe coperte ligati insieme.

Item un Contratto ài Noleggi di mare per Fianàra.

Item Conti àella Scala àella lume ài Fianàra.

Item un ma^:(o di più persone.

Item un altro della meà."^ cosa.

Item un ma\:^o ài più persone.

Item una Scattala àe' Conti àentro ài piti persone.

Item Conti coli' Ar nielli no.

Item àoi mai:(i ài scritti àe Sicurtà.

Item un ma:(^o ài mandati ài piti persone.

Item una Cessione fatta per Battista Bulgarino.

Item un libro chiamato ricordan:(e ài Dogana.

Item àoi libri tenuti per Geronimo àe Gratotio Cassiere.

Item un ma\:^etto ài Mandati ài piti persone.

Item una Cassetta con piìi. Scritture àentro.

I Item una polita de denari dice prestati a Ales." Ripari. Item nota de' àehitori ài Feliciano in Port' Ercole. Item Scrittura ài àucati àucento àe Carlini ài Girol." Venturi. ConsegnatiaMs.X Item Scrittura ài àucati 2(^4. d'oro larghi àe Pie- Filippo Moscatello \ colomini et Innocenti, che parte sono àati a Conto per riscuotere all'he- / à' Innocenti lettere e pagati, redi in nome di Ms. Item scrìtta de Michel ài Geronimo Sanche^ che Christoforo àe Siena. resta a pagare àucati cinquanta.

Item il Manàato del Card." Vrsino per Metello de

Vari. Item il Manàato àel Caràinal Cibo che commesse si uenàa certo argento. \ Item scrittura àel Priore de Capua di àucati cento. Item una Poliz^i àe Ms. Filippo àe Siena sopra àenari de Vingoli con Milio àe Butracca ài ducati 260.

5oo

Mffnont

Ilem una lista di memorie da Donna.

Iteni un quadro de una figura de donna indorato.

Iteni un armario doue stanno parte delle soprad.^ Scritture.

Item quattro altri quadri de più sorti.

Item due pe\:^ di parati di pelle listati d'oro.

Item una Verdura uecchia.

Item una Lettiera.'

Item un Fortiera foderato di pelle rossa doue Giuliano famiglio di Giulio Tagliaii^o disse essere rohhe di d." Giulio le quali sono Vinfratte ult. Due lucerne grandi di Ottone. Vna carta da nauigare. Dui selle de punti e figure alla Tudesca. Vn leniolo. Vn libricciolo coperto di ueluto. Vn sacco di saia negra. Doi Panieri di panno negro, Vn hursio di raso foderato di pelle negra. Vn paro di me:(^e Cal\e di rosato. Vna ueste di Pauona:(^o da donna. Vna Tai-^a d'Alabastro. Vn scattolino con certi lauori d'osso.

Item fuora della Cassa tre Saccoccie di tcarie Scritture quali furono sigillate.

Item due Coperte di panno bianco da letto.

Item una Cappa uecchia alla Spagnuola di panno negro.

Item un Sacco di Ciatnbelìotto lionato listato di uelluto.

Item una Cassetta fatta alla Napolitana et quale fu sigillata.

Item una Cassetta intercalata con scritture dentro tra le gli sono doi libri, et fuit sigillata.

Item una Veste di panno grosso di Giulio Tagliatio.

In Camera Superiori.

Vn Cassone de Giulio con V infratte robbe. Vn libro uerde doue Giulio ieneua i suoi Conti.

Item una Scattola tonda bianca dentro una Saliera di argento bassa quadra. Vna Catenella d'oro a maglie quadre. Vn annellelto d'oro ligato. Vna Crognoletta con la figura di Mercurio. Vn Zaffiro bianco ligato.

Item un annello ligato. Vna Crognola coti una balaustra.

Item anello d'oro, Vno pendente con la Cateneita con la figura di S. Pietro.

Item una Confettiera piccola d'argento a bottoiicino d'angolo in mei:(p lettere, Jesus.

Item un TaX/(pne con il piede un arma in me^xp de una Rocca, dentro un scritto, che dice Roderico de Molina.

Item un Ta7;^one grande martellato d'argento.

Item una Ta:(i^etta d'argento uecchia con Ire in me:(^o, Jesus.

Item un'altra Ta^n^etta uecchia d'arg.'" martellata in fondo.

Item un guanto pieno di moneta di Venetia che dice sono in pegno.

Agostino Chigi il Magnifico 5oi

Item un Calice colla patena d'argento coti un halascio legato in ar- gento tutti ligati insieme.

Item una Tai:(a d'argento basso fatta a Stira d'animali.

Item due Taz^c uecchie con una Stella in meì^\o indorata con arnie con tre stelle et una luna pegno per Saluatore di Petrarco.

Item una Pace et un Tabernacoletto ornato di perle d'arg.*° pegno per ducati d'oro 2j.

Item quattro anelletti legati insieme una Testa d'un Intp.^' doi rubi- netti, et uno bertiletto con un diamante una Collana alla uecchia fatta d'argento al Sig.^ Molina.

Vn Sacchettino di Iella (sic) bianca dentro Vinfratte robbe.

Vna Catenetta a magliette d'oro quadra con scritta allegata che dice pegno de lo Caualier de Medicìs per due.** 4.

Item un ue':^o de bottoncini d'argento pegno di Rinaldo de la Ma-^a.

Item un'altra Catenetta d'oro a maglie quadre pegno d'un amico di Ms. Sigismundo.

Item un rubino et un diamante ligati in due anelli d'oro pegno d'un amico del Cassi ero.

Item una Corniola inter^iata di lettere Greche pegno d'un amico di Giulio Tagliatio.

Item un Zaffiro Tusco ligato in oro di Marco Ant.° Turchi.

Item un Zaffiro grande in Tavola legato in anello grosso d'oro pegno d'un amico d'Andrea Bellante per due.'* 2^.

Item dui anelletti, uno rubinetto di Sciacquetta pegno di Aurelio per due.'* otto.

Item sei anelletti di piìi sorte pegno di Gio. Ant.° Ghinatio per due.'* 12.

Item un ba:(elletlo ligato in anello d'oro pegno d'un amico d'Andrea Bellante per dice. uno.

Item un Topatio legato in anello fatto all'antica pegno per ducato uno d'un Seruiiore del Card.^ d'Ancona.

Item un Sigillo con arme rotte pegno per due.'* /.

Item una Corniola legata in anello d'oro d'Onofrio per due.'* doi.

Item un Zaffiro in anello di Mrò Saluatore de Cortesaluera per du- cati sei.

Item un Zaffiro et un diamante legati in anello di Gio. Antonio Ghi- natio per due.'* ij.

Item una perla et un rubinetto ligati in anello d'oro d'un amico di Andrea Bellante per due.'' i^.

Item dui anelletti pegno del Pompa per due.'*- tre,

Item un Zaffiro legato in anello di Ms. Bernardo Segni per due.** 6.

Item un Zaffiro legato in anello di Vincenzo Spetiale per due.'* doi.

Item quindici nobili d' Inghilterra d'oro pegno per due.'* 59.

)02

MgnoJti

lietn una Corniola legata in anello di Giulio Borguese pegno per du- cati due.

Itetn una medaglia del Marchese di Mantoua.

Item un agnelletto d'argento indorato con tre perle ed una finta.

Ite'n una rosetta di diamanti con una perla pendente et un ruhitio da capo per ducati jo.

Item una Cinta di Iroccaio lauorato per due.'* j" di Camera.

Item un Cintolo di Velluto fornito d'argento per sei e dui Ter^i d'una Vedoua Cataniana.

Item un diamante legato in anello Zamartaro.

Sopra la Cassetta.

Dui Ta'i^xoni grandi martellati con il piede. Vn boccale d'argento con 4. Cocchiari dentro, et una polita di Gio. Pietro Caffarello.

Item una Scritta di Sebastiano Lauri di due.** I0)0. promessi al Car- dinal de Cesis al Vescouo de Grassis.

Item una Scritta di Giordano per Conto dell' Alumi resta debitore di ducati cinquanta.

Item Scritta di Compagnia de Forchi tra Julio Tagliatio, Sigismondo Cìnsi, et Antoi:^arini.

Item un Moto proprio del Papa sopra il denaro d'Alfonso Cochemo.

Item un libro Giornale di Giulio coperto di Bergamino.

Item più e diuerse Scritture di fulio Tagliatio per Ire missine, quali stanano dentro di d.° Cassone.

Item un'altra Cassa 0 nero For:(iero pinto.

Vn marnello bianco da donna.

Consignatio diuersor. bonor. hereditarior. q. D. Aug."* Chisij facta a D. Sigismondo (i).

Die ij fulij ip). Cum sit, quod defuncto bo: me: D. Angustino Chisio Patritio Senensi, et suis haeredibus, datis, et deputatis ex testamento Tu- toribus, et prò tempore Curatoribus R. p. d. Philippo Sergardi de Senis Camerae Apostolicae Decano, et M."" Dno Sigismundo Chisio eius fratre, inuentarium de bonis suae haereditatis factum fuerit, et ipse M/"^ D. Si- gismundus ex bonis inuentariatis certum quantem habuerit, et de bonis p eum hdbitis.

M/"^ D. Sigismundus Chisius Patrìtius Senensis qui de bonis haere- ditatis q. M." D. Augustini Chisij per eum sub inuentario hahitis, com-

(I) Scritture di Casa Chigi, voi. E., pag. 281; voi. G, pag. 4^7; voi. 3, pa- gina 289.

Agostino Chigi il Magnifico 5o3

putum reddens in diuersis vicibus, plura ex eisdem honis restituerit, et con- signauerit, prout in Inuentario desuper facto, et per D. Io. Philippum Moscatellum Archiuij Rom. Cur. Scriptorem rogato, continettir, et apparet per adnotationem C et >^ consignationem et affrontai.'"' respue, ut dicitur significaret in praesentia d. D. Io. Pbilippi Moscatelli Notarij de d.° in- uentario rogati, et res, et négocia d."* haereditatis curantis, et Nicolai Poliaci Clerici Lugdunen, seti Lug\gien Diocc, sub ipso D. Io: Philippo dictante, scriben., et Michaelis Angeli Magistri puerorum d. D. Sigismundi, et Anionij Pippi dicti de Senis, ipse Af/"* D. Sigistnundus in Guarda- rohba Palati j haerednm d} D. Aug."* Regionis Transtyberynae reconsi- gnauit infra bona quae non erant in Inuentario proposito ult. 6".

Vno Cortinaggio di panno pauonatio con suo cielo, e sue tende.

Vna coperta di tela di seta rossa cremesina imbottita in mandole.

Quattro pe:(^i di corallo rosso in tronsoni. Dai pe:(7ii de Diasperi.

Doe medaliole de bronso.

Doe maniche de ueluto negro foderate de damasco negro.

Vn panoncello di tela di cortina, lauorato a liste.

Doi panalioni de satino bianco listati d'oro con li cape^àli.

S'è ritrouata una Tela bianca de lo Cortinaggio bianco.

Sei gipponi con doi colari di seta, et un paro di maniche con altro colaro di ueluto negro, con Lauois di tre bauari di saia impannata listato di raso, con la sua fbia.

Vno (i) d'aqua negro.

Vna ueste de saia negra da ■fingere.

Vn saio di giameloto negro listato di ueluto negro.

Vn Luto de panno pelucio foderato de damasco negro.

Vna Sotana di raso negro da donna foderata di tela negra con le bande di ueluto negro d'abasso.

Vna ueste di panno negro da cingere.

Vna Torchela traguisata di raso foderato di tela bianca.

Vn mantello di panno negro fino foderato di taffettano negro.

Vn borechino de ueluto negro.

Doi lobeti de seta bianca foderati di tda bianca.

Quaranta sacchetti de a^uro.

Belle diece forcine d'argento sei n' hanno hauuti li putti, come appare per poliT^a di M/ Gio. Filippo Moscatello.

Doi baccili, et un bocale d'argento hanno hauuto li heredi per mano di M/ Gio. Filippo Moscatello.

Un bocaletto al antiqua d'argento. Madonna dice hauer guasto, et parte rimesso in candelieri.

(i) Laguna del ms.

)04

Mgnoni

Cinque candelieri d'argento, Madonna dice furono rolmti da Aloisio Creden^iero, qual stette prigione in Corte Sahella.

De cinque Tassoni martellati d'argento ire ne so rimessi iti giiarda- robha, et doi dati olii heredi.

Di 8. scodelle d'argento, sei n'hanno battuto li heredi per mano di M/ Gio. Filippo Moscatello, et due sono siate remesse in guardarohha.

Sei tondi d'argento hanno hamito li heredi per le mani di M/ Gio. Filippo Moscatello.

Delli tre Cucchiari d'oro doi «' hanno hauiiti li putii, et uno messo in guardarohha.

Delle ij. Uh. d'argento uecchio n' ha assegnato doe Tassette, un hic- chiero, e tre Cucchiarini d'argento, che pesano onde 22 \, et doe Tassette simili con doi Cucchiarini, et doe forcinette furono date àlli putti in casa di M/ Fran.'" Tornasi, et doe simili dice Madonna si persero la sera, che morse Alessandro, come testificò lo Senese di peso di onde 15., et resto delle libre ly. d'argento manca al detto M/ Sigismondo, che ha da re- stituire.

Super quihus etc.

Acta fuerunt Romae uhi supra etc.

foannes de Nicea Notarius.

3- Die Martis io. ip6

(i) Sequitur Inuentarium honorum, quae erant in domo quondam £)"• Augustini ChisiJ, et quae dimissa fuerunt per D"*" Sigismundum de Chisifs tempore sui recessus ah eadem domo, scilicet Transtiberina factum in praesentia D"* Andreae Bellautis interuenientis prò haeredihus, et cum auctoritate, et praesentia Dni foannie Baptistae de Fauentia Auditoris D"' Guheniatoris, ac in praesentia Z)"* Hieronymi de Ghinucijs, et D'" fulij de Burghesijs Senensihus prò parte £)"' Sigismundi de Chisijs praedicti interuenien.

Nella Camera di sopra uerso il Giardino, doue si dice hauer costu- mato, et solito dormire Miser Sigismotido, una lettiera di campo con un matera^i^o, un cape^^ale, un pagliericcio, et una coperta rossa.

Vn Armario piccolo intertiato con piìi cassettini, et suo scrittorio al- quanto dorato, sigillato.

Vna tauola con un tapeto uecchia, e rotta.

Vn cassone di noce intertiato in negro.

Item un quadro in pictura.

Vna Natiuità di nostro Signore.

(i) Scritture di Casa Chigi, voi. E, pag. 297; voi. 3, pag. 407.

Agostino Chigi il Magnifico 5o5

Vn studioletto, et un scabdlo.

Vn armano dorato.

Vn picco ad defensionem della scala.

Nella Camera contigua al Salotto di sopra detta Camera. Vna lettiera di Campo con doi matara\^, et un pagliericcio, et una coperta falsata biancha.

Vn inginocchiatore, una capsa, con suoi tre piedi un quadro da Tauola internato con suoi piedi, un Scabello.

Nell'altra Camera seguente, et uicino all'altra scalata, Vna lettiera da Campo con suo pagliericcio et doi matara'^i, et coperta biancha fal- sata con la sua cariota nuoua.

Neil' Armario grande quattro sportelli da tenere ueste, una capsa d'organi dentroui scritture sigillate.

Nella saletta uicino alla predetta Camera una tavola coti tre piedi, et un tapeto tre sedie, un banco longo, none scabelli, una credenza di le- gname, un piedestallo di ferro, con il suo bassinetto di Rame, un quadro di panno, con figure sopra al camino, un paro di Capofuochi forniti di ottone, una tauola piccola con li tre piedi.

Nell'altro Salotto, o nero Camera al paro uerso la stalla, Vna cre- denza di legno.

Nell'altra Camera di detto piano uerso il Cortile una lettiera con mi maturalo, et un pagliericcio con doe coperte di tela estina, do Capofuochi forniti di ottone.

Nella Sala grande un candeliero da tener lume.

Item una figura di m^armoro sopra un pilastro.

Item doe figure di marmo sopra il Camino.

Itim cinque teste similmente di marmo sopra le porte di essa Sala.

Nella Camera depinta un paro di Capofuochi forniti con una forcina di ferro.

Nella Camera di Miser Julia (di sopra) Borghese un letto da Campo, con doi matura'^, et una coperta biancha.

Nella prima Camera di sopra a canto alla prima del piano uerso la stalla una lettiera con doi matara':^, un pagliericcio, et una coperta biancha di lana.

Nella seconda Camera di sopra una lettiera saluatica, con un pa- gliariccio.

Nella terrei Camera una lettiera saluatica con una piuma, et un pa- gliericcio da letto.

Nell'ultima Camera di sopra appresso al giardino secreto una lettiera con li bastoni dorati.

Nella dispensa una uettina da oglio, un carattello, et una brocca di terra.

5o6

Cugnoni

Nella Camera di me:(X'^ tempo uerso la strada publica doe lettière da Campo, un pagliericcio, tre matara:^:(i, doe coperte, et un cape%;^ale, et la cariala, un cappellinaro indorato piccolo, mia tatiola quadra con la cassetta sotto, et doi Scabelli, una spalliera con mia Aquila con l'arme de Petruccijs.

Nell'altra Camera di nie^^o tempo uerso il giardino, una lettiera sal- uatica con doi matara':^, un pagliericcio, et una cariota, et un capellario, et uno scahello.

Nella Camera da basso al piano della loggia una forma d'organi guasta con li mantici soli.

Nell'ultima Camera da basso al piano della loggia uerso la strada, una lettiera da Campo con una piuma, un matarai^o, un pagliericcio, et una coperta bianca, et un capevate.

Item tre banchi.

Nella Saletta al piano una tanola quadra con suoi piedi, doe sedie, doe scabelli, un mataraz;^o, et una coperta.

In Cucina un paro di Capofuochi grandi, un credendone, una padella grande, una Concolina, et una natiicella de Rame, un piede di Spedono di ferro, una granicola, un Spedono.

Nella Camera del giardiniera un malarax^^o, et una coperta.

Nella stalla un matara^^o, et una coperta.

Nella Sala da basso, una tauola grande con tre piedi, et un banco da sedere.

Item quattro statue sew^a capo di marmo, et ima col capo.

Item sotto alla loggia una tauola intertiata con suoi piedi di marmo.

Item nell'altra loggia appresso al giardino una tauola bianca di marmo.

Actum ubi Supra etc.

foannes de Nicea Notarius.

Nota (46) in fine. L'illustre bibliografo signor conte Giacomo Manzoni pensa assai ragionevolmente, che altre stampe ancora do- vettero uscire dalla tipografia impiantata da Agostino e condotta da Zaccaria Calliergi, tra le quali questa: (In principio: %tùtj.% toù fj.a-Yicpo'j xaTà àXcpàPxTO^ , aTOtòo; òiaXs/OTSU ìy.\o^fi.i al; olSoxiauTa toi ^pwvTat ■xS)^ TraXaiwv . xat ti-^s? aùx^; , ivapa oTiasuóast? . y.aX òiàcpopat. Thonic Magistri per alphabetum, hoc est elementorum ordinem attici eloquii, elegan- tiae . quibus approbatissimi priscorum vsi sunt . atq . nomtlle, circa eandem annotationes et differentie. In fine : TiXot; , twv IxXo-^Sv , Qiit.à. toù fia-^ii^pou Kaì auras Iv pwavi ìrapà Zay^apla >caXXtc'p'^T, tw xpTiTri iruTvtóÒTiffav . y^iXint^ò) (fi^\ Myìvò; aaprìsu , 6' Étei [il MaisTRE pone siri] As'ontoi; òix.àiTO\) tvó.tviìoì pcójAV);). In oltre che il Chigi sovvenisse generosamente Ottaviano Pe- trucci da Fossombrone nell' imprimere, coi tipi mobili metallici da

Agostino Chigi il Magnifico Soy

esso inventati, le opere musicali; affermalo, sulla fede dello Janit- SCHEK (Die Gesellschaft der Renaissance, in Italien und die Kunst. Stuttgart, 1879), il prof. Augusto Vernarecci, a pag. loi e 155 del suo stu- pendo lavoro : Ottaviano de' Petrucci da Fossomhrone inventore dei tipi mobili metallici della Musica nel secolo XV. Fossombrone, Monacelli, 1881.

Nota (65) dopo le parole : « Rela-^ioiie degli Archi Trionfali.... con spesa di D. ji »■ Il Branca de'Talini sul proposito di questi Archi trionfali così scrive nella sua Cronaca:

(r) (( A di xi d'Aple i^i} Papa Leone X°. gine in Santo Janni Luterano con molta pompa, Lo Castellano di S. Angelo pose un helliss.'^° Arco Trion- fale, Agostino Chisio Senese un'altro Arco Trionfale bellissimo, Doi Archi Trionfali acostati insieme fecero la compagnia delli fiorentini tanto hello non fu mai fatto a Papa, un altro Arco Trionfale fece lo banco delli Moli, un altro Arco fece ms. ferrante Potente Chierico Camera fiorentino, e tutti li Cardinali reuistirno la sua famiglia, che mai a Papa è stato fatto tanto honore quanto e stato fatto a Papa Leone X°. e lo Duca di ferrara gli fece molto honore e in quello d'i lo Papa li perdonò, e il simile allo Duca di Vrbino fece gran Pompa e lo Sig.^* di Camerino lo simile, e tutti l'altri 5/* Casa Orsina, e di casa Colonna in prima lo Sig/' Ianni Giordano di Casa Orsina, e lo Sig." Fabritio di Casa Colonna, e molti altri Sig." in compagnia loro, fu speso nella Incoronatione con li sudettì Cardinali, e Baroni che fur in Roma ducati -~ che mai a Papa fu fatta tale Incoronatione ». « Il tutto si legge nel Diario Manoscritto de' fatti de' Romani, e altri auenimenti, e successi di Sebastiano de Branca de Telini che desiderandone Vfa Santità (Alessandro VII) Copia si farà con ogni presterà ».

Nota (67). In fine. Di altre insigni anticipazioni e prestanze dei Chigi ecco i documenti :

(2) (( Alexander Papa VI.

« Motti proprio etc. fatemur hahuisse, et recepisse in prompta et nume- rata pecunia a dilectis filij's Stephano de Narnea Camerae aplicae notarìo, et socijs Dohanarum nostrarum pecudtim almae Vrbis, et Prouinciae nfde Patrimonij Dohanerijs due. septemmilìa auri in auro de Camera prò an- ticipata solutione, et parte preti) ipsarum Dohanarum pntis anni, quos

(i) Scritture di Casa Chigi, voi. A, pag. 266. (2) Scritture di Casa Chigi, voi. G, pag. 375.

5o8

dign

oni

nohis prò nonnullis nostris necessitatibiis solncriuit etc. Dat. Rome apiid s. Petrum die v. notcembris i^oo Potitus ufi anno nono

Ita fatemnr R. »

(i) « Alexander Papa VI. « Mota proprio etc. Citrn dilcctus. filiiis Augtistinns de Gkisio Mercator senen. etc. mutauerit dilectae in Christo filiae nobili Midieri Sancae Princi- pissae Squillaci ditcentos ducatos auri de Camera sibi restituendos infra terminum quatuor tnensium etc. Volumus etc. quod si dieta Principissa dictos ducentos ducatos intra dictum terminum (non) restituerit, quod idem An- gustinus transactis dictis quatuor mensibus, illos sibi retinere possit ex pe- cunijs Sanctae Cruciatae, et Doganae pascuorum Proninciae nostrae patri- monij, uel ex eoriim altero, mandantes etc. Dat. Romae apud s. Petrum die p."^ Julij 1)02 Pontus ufi anno Decimo

Placet, et ita motu proprio mandamus R. »

(2) « Noi heredi di Mariano Ghisij, et Compagni di Corte di Roma promettiamo Uberamente pagar alla Santità di Nostro Signore Papa Leone decimo da hoggi a mesi 16. prossimi futuri ducati 1000 di Camera. Et questa promessa facciamo ad Instan^a dell' Illustrissimo Signore Giouanni lordano et dell'Illustrissima Sig.^'^ Madonna Felice de Ruere sua moglie. Et in fede di questo la presente sarà sottoscritta di mano del nostro Mag- giore M/ Agostino Rede di Mariano Ghìsi, et Compagni in Roma «.

(3) ff Leo pp X.' « Motu proprio etc. fatemur Imbuisse et recepisse mutuo et. a Dilectis Filijs Alexandro lohanne Laurentio Leone et Angustino posthumo filijs et heredibus bo : me : Augustini Chisij Patritij Senen., Decem millia due. auri in auro de Cam.'^ per manus Dilecti Fili] Sigismondi Chisij Vnius et tutoribus et Curatoribus dictor. heredum etc. Que dictis heredibus infra unum annnum proxime futurum restituere promittimus etc. Datum Romae apud 5.""" Petrum Die VI. Mai] M.D.XXI Ponts.' mi anno Nono.

Ita fatem. obligam, et promitt. I. »

Nota (74). In fine. Il favore prestato da Agostino agli artisti, non venne meno nei suoi eredi, ed in ispecie nel suo fratello Sigi- li) Ivi, pag. 389.

(2) Scritture di Casa Chigi, voi. D, pag. 317.

(3) Misceli. Chig., tns. R. V. b., pag. 36.

Agostino Chigi il Magtiijìco 609

smondo, il quale delle case e dei terreni, che, del 1523, comperò nei pressi di S. Rocco a Ripetta (i), accomodò buon numero di artisti con contratti enfiteutici, dei quali ecco la serie:

(2) Die p.'^ Xhris ip^ pagJ^ 18

de Aniannis notJ

In nomine Domini Amen.

Anno etc. millesimo quingeiitesifuo Vigesimo lertio Indictione duodecima die nero prima mensis Decemhris Pontificatus Sancì."" in Xpo Prts etc. Clementis etc. papcc septimi anno eius primo. In mei Kotarij publici te- stiumque infrascriptorum etc. presentia personaliter constitutus speciabilis uir Dnus Beruardinus q. Ioannis Francisci de ViterMo procurator Mag.'^ Viri Dui Sigismundi Chisij etc. locauit, et titulo locationis in emphiteusim perpetnam ad meliorandum, et edificandmn dedit etc. Speciabili Viro MagJ° Laurentio q. Ludouici Scultoris de Florentia etc. quoddam petium soli etc. propietatis prefati Dni Sigismundi centum cannarum ad mensuram se- natus etc. cui solo ah uno latere est quedam platea nouiter fienda in solo prefati Dni Sigismundi a tribus alijs lateribus sunt uie publicae etc. Quod solum situm est in regione campi Martis in loco ubi alias erat viridarium q. Dni Aloisij Gibralionis quod ntiper prefatus Dnus Sigismundus emit etc.

Hanc autem locationem etc. fecit dictus Dnus Bernardinus etc. eidem mag.^" Laurentio prò annua responsione decem ducatorum auri de Ca- mera etc.

Actum Rome in reg."' Campi Martis in domo mei notarij presentibus prouidis uiris Francisco Rambi alias Cappodaccetta reg."" Columne et Dno Antonio Dni lulij de Cerefinis de reg."^ Campi Martis Romanis Ciuibus tessibus etc.

Stephanus de Amannis not.' rogatus etc.

2. (3) 3ie 5. Xbris 1^2^. pag. 8 In nomine Domini Amen. Eisdem anno Indictione die mense et pon- tificatu etc. In mei notarli publici testiumque infrascriptorum etc. presentia personaliter constitutus Ma^.'"' Dnus Sigismundus Chisius etc. locauit, et titulo locationis in emphiteusim perpetnam ad meliorandum et edificandum dedit etc' Magistro Bartholomeo Marinari] Architectori Fiorentino etc. petium soli etc. sexaginta cannarum ad mensuram- senatus etc. situm in

(i) Misceli. Chig., ms. R. V. d., pag. 144, 147, 148, 149, 179.

(2) Cod. A. I. 5, f. I.

(3) Cod. A. I. 5, f. 27.

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 34

IO

Mgn

ont

regione Campi Martis et in loco uhi est viridariiim prefati Dui Sigismuìidi cui ab uno latere sunt res prefati magistri Bartholomei etc. ah alio sunt res Domini Antoni} de Bascheris ah alio est uia puhlica facta seu fienda in solo etc. Dni Sigismundi etc.

Hanc autem locationem etc. fecit prò annua responsione duodecim du- catorum de' carlenis decem prò ducato ad computum monete ueteris etc.

Actum Rome extra portam Septignanam prope montem pincium (sic) uersus flumen Tiheris presentihus nobili uiro Dito lulio petri matthei de Albertonibus Rom. Ciu. de reg."' Campitelli et D. lulio Mei de Senis testi- bus etc. De Amannis noì.^

3- (i) Die 4. Xbris ipj. pag. 51.

In nomine Domini Amen. Anno etc. millesimo quingentesimo Vige- simo tertio Indici.' duodecima Die nero quarta mensis Decemhris Pontìfi- catus etc. Clementis etc. Scptimi anno eius primo. In mei etc. testiumque etc. personaliter constitutus etc. Dntis Bernardinus q. Ioannis Franciscii de Viterhio procuralor etc. Dni Sigismiindi Chisij etc. locaiiit, et titulo lo- cationis in emphiteusim perpetuavi ad meliorandum et edificandum dedit etc. Dno lulio pipi dui et pictori Romano de regione montis etc. quoddam petium soli etc. centum cannarum etc. posìtum in regione Campi Martis in loco uhi erat uiradarium prefati Dni Sigismondi cui solo etc. ah uno latere est platea fienda in dicto solo seu viridario, a duobus alijs lateribus sunf, tiie puhlice ab alio est residuum dicti soli adirne nemini ìocatum etc.

Hanc autem locationem etc. fecit etc. prò annua responsione decem ducatorum aurì de Camera etc.

Actum Rome in regione Campi Martis in studio domus mei NotariJ infralii presentihus etc. Hieronimo Calisto notario Romàno et magfo Guglielmo Ludouici Fiorentino ac Doni.'" de Magrinis tulhn diec' testi- bus etc.

Stephanus de Amannis not.'

(2) Die j. XhTis ip}. pag. 55.

In nomine etc. Anno etc. Millesimo quingentesimo uigesimo tertio. In-

dictione duodecima. Die nero quinta mensis Decemhris Pontificatus etc.

Clementis etc. Septimi anno eius primo. In mei notarij etc. Testiumque etc,

presentia personaliter constitutus etc. magister Bernardinus quondam Ioannis

(i) Cod. a I. 5, f. 33. (2) Cod. a I. 5, f. 38.

Agostino Chigi il Magnifico 5ii

Francisci de ViUrhio etc. locaiiit, et titillo etc. in enphiteusiin perpetuavi etc. dedit etc. magro Baldassari q. Ioannis de perutiis de senis etc. quoddani petium soli etc. ipsius Dni Sigismundi cetitum quinque cannariitn etc. situin in Regione Campi Martis in loco uhi est viridarium prefati Dni Sigismundi cui soli ai uno latere est tiia puhlica ah alio est platea fienda etc. a duohus alijs lateribus est residuum dicti soli etc. ad hoc nemini locati etc.

Hanc autem locationem etc. fecit etc. prò annua responsione decem ducatorum curii dimidio auri de Camera etc.

Actum Rome in regione Campi Martis in tinello domtis etc. magistri Antoni] de Sangallo presentibus petro magfi Nicolai de Caprarola et Phi- lippo Francisci Coppula Fiorentino et Ioanne q. Io. Chisij de Vergamo testibus etc.

5-

(i) Die j Xbfis 1^2^ pag. jj-.

In nomine etc. Eisdem anno indici." (12°^) die etc. In mei Notarij etc. testiumque etc. presentia personaliter constitutus etc. Magf Bernardinus, q. Io : Francisci de Viterbio etc. locauit et tilulo locationis in Emphiteusim perpe- tiiam etc. dedit etc. magistro Antonio de Sangallo etc. quoddam petium soli etc. Dni Sigismundi Chisiivaenum centum quinque cannarum etc. situm in regione Campi Martis in loco ubi est Viridarium dicti Dni Sigismundi cui ab uno latere est solum hodie locatimi magro Baldassari de Senis ab alio residuum terreni dicti Viridarij etc. ab alio est platea fienda et ab alio est via puhlica etc.

Hanc autem locationem etc. fecit etc. prò annua responsione decem ducatorum cum dimidio auri de Camera ad julios decem prò ducato etc.

Actum Rome in regione campi Martis in tinello domus dicti magfi Antoni] de Sangallo presentibus Petro magfi Nicolai da Caprarola et Phi- lippo Francisci Chisij de Bergamo testibus etc.

6.

(2) Die 18. Decembris ip^ fol. jy. In nomine etc. Anno etc. millesimo quingentesimo uigesimo quinto In- dictione XIII. Die nero XVIII niensis Decembris Pontificatus etc. Cle- mentis etc. septimi aìitio eius secundo, in mei Notarij etc. et testium etc. personaliter constitutus etc. Dnus Bernardinus q. Ioannis de Viterbio etc. locauit et titulo locationis in Emphiteusim perpetuavi etc. dedit etc. Fran- cisco q. Francisci de puteo de Carauagio Architectori etc. certuni petium soli etc. Dni Sigismundi quinquaginta unum cannarum cum dimidia in

(1) Cod. al. 5, f. 43.

(2) Cod. a I. 5, f. 161.

5l2

G. Cugnoni

totum eie. situm in regione Campi Martis in loco uhi alias crai Viri- darium prefati Dui Sigismundi cui ah uno latore sunt res seti solum hodie localutn etc. ab alio nero sunt uie puhlice et ante est platea etc. Hanc autitn locationem etc. fecit etc. prò annuo censu, et responsione quinqua- ginta trium Juliorum cum dimidio etc.

Actum Rome in regiom Campi Martis in domo mei Notarij presen- tibus Duo Laurentio de honinconlris notario Romano, et Ioanne Antonio Griffo testibus etc.

Stephanus de Amannis not.^ rogatus etc.

Nota (102). Prima del n. 3:

« Die i^ septembris anni lyof). Alexander Fiorentlli, hahtiil a DD. haeredibus q. D. Mariani Chisi ducatos nouem prò taxa imposita prò sel- ciata viae S. Cebi a Magislris stralarum ». (Misceli. Chig. ms. R. V. d. pag. 400.;

Nota (loO- Dopo il n. 7:

(( Die 14 Julii 1^16

« D. Jacobus Petri Corsicus Patronus unius Galeonis etc. ex una, et D. Crescentius de Coraminis negociorum gestor haeredum q. Mariani de Chisiis inhererunt concordia etc. In primis qtiod d.s Jacobus super d.° eius Galeone in furnacibus de Orbitalo caricare faciet etc. et sic caricatum conducere ad Portuni Ripae Vrbis et ibi discaricare siiis sumptibus etc. » (Misceli. Chig. ms. R. V. d. pag. 143).

Al n, 8. Serie seconda:

(i) « Lictere Aplice (Gregoril XIII) derogationis fideicomissi (Auguslini Chisii)

« Gregorius Episcopus seruus seruorum Dei ad perpetuam rei memo- riam post graues curas, quibiis tantopere sollicitamur hanc quoque libenter cabìssimus qua edificiorum quoram dignitas esf aliqua status et Vrbis nfe ornatum conseruetur eadem opera prouidentos, uti priuati Homines neces- sitati oppressi rebus suis abuti nel aliqnando eas etiam derelinquere non cogantur quod de quondam Augustini Ghisii Laici Senen. insigni Domo in Transtiberina regione Vrbis olim magnifice constructa pictisque ab ex- iJhntibus artificibus imaginihus illustrata nohiscum considerantes ab eius Heredibus oh inopiam ita uicissitudine rerum, et temporum ferente edi- ficium illud sartnm tectum, nec conseruari nec alif, qui hoc prestd ob prohibitam alicnationem tradì posse perspeximus ut linieri facile possit ne

(i) Scritture Casa Chigi, voi. V, pag. 411, voi. F, pag. 289.

Agostino Chigi il Magnifico 5i3

quoà loiigo tempore multis sumptibus Vrbis decori atqtie usui heredum quoque commodo et emolumento constructum juerat nisi celeri ei instau- ratione prospectum sit deformi mina breui tempore collabatur. Cum igitur ut accepiomts alias d\ Augustinus suo testamento Inter alia reliquerit predictam domum suam cum stabulo ac ceteris omnibus casamentis hortis tenis, alijsque iuribus et pertìneutljs suis quondam Ahxandro Joanni et Laurentio Leoni impuberibus et alijs filìjs sicis masculis se uiuo nel mor- tuo nascituris cum eo tamen quod illa uendere aut alienare quoquo modo non possent, et si illi sine filijs masculis legitimis et naturalibus decederent domus et alia predicta ad filios masculos quondam Sigismundi Chisij sui germani deuenirent Itidemque si dictus Sigismundus sine filijs masculis le- gitimis et naturalibus moreretur tunc ad filios masculos legitimos et natu- ralos Francisci Chisij etiavi fratris sui germani perueniretil ea semper conditione adiecta quod domus et alia predicta ab ipsis pignorari uendi aut alienari quoquo modo nequirent Francisco nero sine filijs masculis legitimis et naturalibus decedente atque ita eius nec non predicti Sigismundi linea masculina huiusmodi deficiente domus et alia predicta ad filios ma- sculos legitimos et naturalas Filiarum dicti Testatoris peruenirent qui et ex eis nascituri masculi domum et alia predicte possidentes nomen et insignia Chisiorum assumerent. Ad tollendum nero ambiguitatem uoluerit ut do- mini et possessores domus aliorumque predictorum primogenitus prime filie sue et alij ex linea masculina nascituri semper intelligerentur et si ille sine filijs masculis et naturalibus e tiiuis excederet illa ad secundum et deinceps filios masculos eiusdem prime filie et si ex ea linea masculina le- gitima et naturalis non esset tunc ad filios secundae filiae modo et forma supradictis deuoluerentur quod etiam intelligendum esset si ultra Camillam et Margaritam filias suas superstites alias filias feminas procrearent, si uero ex dictis filìabus linea masculina legitima et naturalis non esset, Domus et alia predicta ad filios masculos legitimos et naturales fratum dicti Si- gismundi et si filiae dicti Sigismundi sine filijs masculis legitimis et natu- ralibus decederent ad filios filiarum dicti Francisci et si ex eius filiabus linea masculina legitima et naturalis non extaret ai proximiores consan- guineos suos sub conditione ac modo forma et ordine predictis peruenirent. Et si contingeret filios suos sine eorum alterum illa uendere seu pigno- rare uel alienare quoquomodo, illi ab omni eorum jure ipso facto cederent, et illorum filij ac etiam illi qui ea uendere seu alienare uel pignorare nollent et recusarent in eis juxta ordinem predictum succederent, si uero filij sui aut- eorum heredes et successores predicti ex linea masculina quo- quomodo inter se conuenirent eo casu ad filios masculos legitimos et natu- rales Francisci, et si pariter contrafacerent ad filios masculos dictarum filiarum ac alios iuxta predictam suam dispositionem peruenirent adeo quod ea quocumqus modo pignorari uendi aut alienari non possent, Dom-

5i4

G. Cugnoni

nusqtie et possessor eornmdem juxta ordinem predictum de domo Chisio- rum semper tiocaretur atque ila imperpeiuiim se subscriberet insigniaque gentilia sua gesiaret. Quod si predictis non obstantibus domiis et alia su- pradicta pignori opponerentur, aut uenderentur seti alienarentur quoquomodo Confraternitas Annunciationis Beate Mariae super Mineruam etiam de Vrbe in illis omnibus eo ipso succederei que tanlas Puellas nuptui Iraderet quante ex omnibus eorum reddilibus iuxta ìpsius confralernitalis consue- tudinem dotari possenl et alias proul in Instrumento dicti testamenti uige- sìma octaua Augusti anni Domini Millesimi quingentesimi decimi noni, seu alio ueriore tempore in presentia felicis recondationis Leonis Pape decimi predecessoris nostri, ut dicitur confeclo, et ab eo conjirmato, ac etiam literis confirmationis ipsius phnius conlinetur. Ac postmodum An- gustino Testatore, et deinde Sigismondo et Francisco fratribus, et successiva' Alexandeo Joanne praedictis, et alio Angustino posthumo sinefilijs defunctis, ac superstite Laurentio Leone qui alium Augustinum unicum filium suuni habens patreni indelicellegitimum et naturalem dilecte in Christofilie Claricic que diUcto filio Lelio Camaiano Aretino frati militis mililie lesti Christi Cistercien ordinis nupsit etiam ab luce migraueril, sicque linea Masailiita dicti Augustini testatoris extincta Domus, stabulum et alia predicta ad dilectum flium Alexandrum, et quondam Augustinum natos dicti Sigismundi et ut asseritur adfilios quondam Marij dicti Sigismundi nati premor lui deuenerint, ac demum cum predictus Lelius illu pretio decemmillium et quingentorum scutorum monete sibi uendi, et occasione dotis Claì-icis vxoris sue nec non apparatus fructuum et impensarum septemmillia senta etiam monete sibi assignari, reliqua nero Iria millia et quingenta senta in commodum filio- rum Sigismondi erogari ex curia Capilolij sententias et decreta obtinuisset Domimi et alia supradicta Venerabili fratri nostro Alexandre Episcopo Portuensi Cardinali Farnesio nuncupato uti persone priuate et huiusmodi bonis etiam tiinc litigiosis ideino prò eodem predo decemmillium et quin- gentorum scutorum uendiderit qui dictis septemmillibus scutis eidem Lelio persolutis reliqua tria millia et quingenta ut collocarentur deposuit, et dum hec agerentur catisaque in eodem Capitolio ageretur Intera supra dicttis Alexander Cbisius domimi stabulum hortos et alia predicta ad se prò dimidia parti pertinere contendens et quod dictus Marius ipsi Lau- rentio predecesserat asserensque inualida esse ea que in dieta Curia ut prefertur et alias gesta fuerant catisam molesiationis super domo stabulo et alijs predictis, nec non qiiam et qiias ipse cantra omnes interesse exi- stimantes occasione premissorum mouere intendebat dilecto filio magistro Gregorio Brauo Cappellano ufo et causarum Palati] Aplici Auditori au- diendam et fine debito terminandam adherentes etiam eius nepotibus sup- pressa in rescripto litis pendentia in Capitolio predicto committi a nòbis obtinuerit causaque huiusmodi si corani eo pendente, cum nihilominus In-

Agostino Chigi il Magnifico 5i5

dici dictii Cune Capitoli] datimi fuisset per aliud rescriptum nostrum in mandatis ut ad executionem et subhastationem stabuli et aliorum predicto- rum procederei, ac rursus eodem Alexandre Chisio inter alia asserente fideiconimissum predictum propter dotes frangi non posse. Nos causam discussionis hereditatis et honorum dicti Laurentij ac etiam restitutionìs in integrum prefato Gregorio Auditori aiidiendarn conimisserimus et fine debito ter minandam. Et postremo in nini alterius specialis rescripti aNobis emanati uenditio supradicta per ipsam Ciiriam Capitolinam decreta, et demum predicto Alexandre Episcopo ut prefertur facta extìterit causa pieni indici} et discussionis buiusmodi remanenti, que et alia predicta coram Magistro Gregorio Auditore adhuc pendere diciur indecisa. Cumque Domus, stabu- lum et alia sopradicta, et si magnifice et sumptuosa constructa, non extante qui in ipso tempore illa tueretur iamdiu exesa uitium fecerint ruinamque minentur prodictusque Alexander Chisius propter inopiam et lititim, quibus implicatus tenetur, suniptus opem illis ferre eademque resarcire aut sarta consertiare non possit. Et licet post obituni predicti Laurentij ex eisdem edificijs et rebus quadringenta senta plusue minusue percepta sint sibi tamen suisque heredibus et alijs ad hoc fidei commissum uocatis magis expediret, illa in perpetuum uendere et alienare illorumque pretiuni ac etiam si succumbente Lelio predicta septemmillia sciita recuperabuntur illa quoque nel in censibus nel in predijs et rebus alijs immobilibus collocare, ex quibus ipsi ab impendentibiis ruinis predictis hoc pacto liberati securìores stabi- Uoresque longe proventiis perciperent. Nos qui scriptas mortuorum uolitn- . tates conuellere noìumus, et tamen aliquando eorum iiidicia in huiusmodi casibus quod ab ipsis ut remar factum esset, si id prospicere potuissent ducimus iniitandas, nobisque maxime conuenit decori Vrbis et amplitudini prospicere, et quemadmodum uiam aperuimus, ut nona quotidie et nobilia edificia construantur, sic quoque contendinus operam datum iri ut antiqua presertim insignia conseruentur. Itaqiie de premissis edocti, ut Alexandri Chisij et aliorum uocatorum predictorum commodis ac simul domus et stabuli predictorum que insignium architectorum studio edificata et pre- claris egregiorum artificum picturis decorata etiam a peregrinis cupide uisuntur artificijque et ornamentoriim exemplaria certatim sumentibus frequentantur instaurationi et fulcimento, Vrbis quoque decori, et Augu- stini Chisij testatoris, qui de ea Vrbis parte tunc pene deserta bene et magnifice meritus fiiit, memorie quantum possumus consulatur, commodis rationibus prouidere uolentes nec non Alexandrum Chisium predictum a quibusuis excomunicationis suspensionis et inter dicti alijsqiie ecclesiastici s sententi} s censuris et penis etc. absoluentes etc. ac testamenti illiusque con- firmationis et literarum emptionis ac quoriimcumque aliorum instrumen- torum et scipturarum tenores, ad domus, stabuli, hortorum terrarum et aliorum bonoriim predictorum situationes, confines, qualitates, uocabula.

DH

Aiiiìioni

detiominationes et ueros anmios ualores presentihns prò expressis habentes motti proprio, non ad Alexandri Episcopi, nec Alexandri Chisij, nec alio- rmn ad fideicommissimi huiusmodi uocatorum predi ctoriivi, nel alterius aiit aliorum prò eis nohis desuper ohlate petitionis instantiam, sed mera deliberatione certaque scientia ac potestale nostra ahsohita predicto Alexandre Chisio ceterisque ovtmihtis ad dictum fideicommissuvi uocatis tam coniunctim, quam, diuisim, ut quisque prò se suisque heredibus et succeSsoribns etiam in testamento et fideicommisso predicto uocatis in infinitum domum, stabu- him, hortos et cetera omnia predicta et quecumque illis cedunt predicto Alexandre Episcopo uti vicino eiusqne heredibus et successoribus iure pro- prio in perpetuum, quod etiam peri possit siue prejudicio prioris emptionis ah eo facte et iurium ipsius inde acquisitorum, ac prò maiori cautela et ut iura iurihus ad Alexandri Episcopi heredmn et successorum suorum pre- dictorum fauorem addantur prò pretio saltem aliorum quatuor millium et quingentorum scutorum etc. uendendi et alienandi plenam et liberam etc. licentiam tribuimus, cum eo tamen quod pretiam ipsum quatuor millium et quingentorum scutorum Rome apud mercatorem fide et facultatibus ido- neum deponatur etc. factoque reali quatuor millium et quingentorum scu- torum deposito huiusmodi, domum. stàbuìum et cetera omnia bona predi- cta a uinculo fideicommissi et substitutione etc. in perpetuum absoluimus et penitus liberamus etc. Datum Roma apud sanctum Petrum Anno Incar- nactionis Domitiice millesimo quingentesimo octuagesimo octauo hai. Majj Pontificatus nostri anno octauo ».

Nota (105). Cadendomi qui in proposito, trascriverò alcuni pri- vilegi concessi dalla Repubblica di Siena al Peruzzi, i cui originali sono nei Cod. Chig. E. VII, 215 ; e gli apografi nelCod. Chig. E. V., 143.

IS27.

Anno Domini MDXXVII Indictione XF de nero X mensis lulii Conuo- cato et congregato Consilio Populi et Popularium Mag."^' Ciuitatis Sena- rum etc. proposuit et dixit prestantissimus Vir Ser Sigismundus Ioannis de Tricecchijs unus ex numero Mag.'^""'^ Dnorum etc. inter catera super pra'cordio porrecto in fauorem MagTi Baldassaris lohannis Siluestris Ar- chitectoris sen. cuius tenor talis est Videlicet: Mag.'^' e Sp.^' 5/^/*

Alcuni Cittadini desiderosi dell' honore, et utile della Città nfa con debita et humile riuerentia a V. M. S. recordano conte esser cosa molto laudabile et utile in la Città ampliare, e condurre tutte le arti, et olii Ministri di quelle sempre con qualche poca proui'sione subuenire, cosa per li antichi usata, et essendo adunque oggi in Siena Mfo Baldassarre Senese,

Agostino Chigi il Magnifico Siy

^ seruitore di V. S. Mag."'" et considerato in lui esser piìi uirtti, et una principale di Architettura, che si può dire unico in Italia designator grande, e pittore tale che possendolo fermare in la Città nostra iudicamo sarà cosa molto utile al puhlico, e commodo al particulare, et causa di fare molti maestri di tali arti di dare honore, e nome della Città Vostra in le altrui Città, per tanto con reuerentia recordano ad quella si uoglino de- gnare per li loro oportuni Consigli fare 'deliberare, che al dee m.° bal- dassarre li sia fatta una prouisione di danari annuali di quel tanto che al Consiglio parrà acciocché esso Baldassarre possa qua fermarsi, et lui, e sua famiglia nutrire, la quale prouisione ottenuta come sperano sarà causa di grandissimo frutto in la Città nostra come V. M. S. ben possono pensare al tutto, alle quali humilmente si raccomandano che lo Altissimo Idio le preserui in pacifico, e libero stato.

Anno Dni MDXXVII Indictione XV. die nero II II: mensis fulii.

Lectum fuit supradictum Recordium inter Mag^°^ Dnòs et Cap. populi et Sp. Vexilliferos magforum, et per eos approbat. et ddiberat. quod po- natur ad Consilium prout Stat.

Ad Consilium nobilis Equitis Dni lohannis Baptae Piccholhomini consu- lentis super dicto recordio porrecto in fauorem mJ Baldassaris lohannis Siluestri architectoris de Senis obtefita prius derogatione statutorum refor- mationum, et legum in contrarium quoquo modo disponentium per lu- pinos ijó. albos, nigris 75. in contrarium non ohstantibus obtentum fuit per lupinos 20^. albos prò sic redditos 7iigris 42. in contrarium non obstantibus, quod magister Baldassar predictus habeat, et habere debeat a mag.'^° Communi Senarum prouisionem, et habeat prò quolibet mense scutos quinque ctim obligationibus quod ipse seruiat, et seruire debeat pub/" in eius arte cum pactis, et Capitalis cnm eo fiendis per m.'°' dnds et Cap. populi, et Sp. Vexilliferos magistros, quod stipendium scutorum quinque prò quolibet mense per eosdem Magfos Dìios Cap. populi, et Vex.^"' declaretur, et deputdiir unde debeat trahi.

Marcellus Grammatus Notiis Consistorij rogat.

IS2-J.

Anno Dni MDXXVII Indictione XV. die nero XXI Aiigusti : Mag.""' et Sp.^' Dni Dni Priores Gubernatores Communis, et Cap. populi in Consistorio nostrae solitae Residentiae una cum Sp. Vexilliferis Magi- stris in numero sufficienti congregati etc. vigore eorum auctoritatis sic a Consilio populi, et Generali sub die X. mensis lulii proxime praeteriti data, et attributa super conducta magistris Baldassaris lohannis Siluestri Architectoris Sen. seruatis seruandis etc. Decreuerunt quod Capitula etc. cum d.° m." Baldassare, quod sit obligatus omnibus factionibus publicis et tam in

Mgnom

Ciuitate, quatti in Cornitatu, et lurisdictionc Senar. in his tamen, in quibiis de eius arte, et Architectura fuerit opus, et quod sit ohligatus eius artein docere omnes querentes et uoUntes discere, et ad predicta omnia, et singula teneatur etc. ahsque aliqua solutione siti fienda scilicet quod solum ha- heat, et habere debeat a p."" Senarum eius prouisionem Scutorum quinque prò quolibet mense, prout per consilium iam fuit deìiheratum. Cnm hoc quod quando d." m.g Baldassari extra Ciuitatem aliquo modo accedere lontigerit ad locum aliquem sit ei prouisum de uno equo ad expensas pu- hlici et per publicum, seu illor. per quos a pS" erit sibi ordinatum fiant sibi, et equo, et vni famulo, si erit necesse expense iuste, et quod ad presens d.° tn° baldassari fiat decretum sui stipendij scutorum qainque prò quolibet mense incipiendo a die deliberationis Consilij, que fuit sub die X. mensis ìulij proxime preteriti, directum nobili equiti Dno lohanni baptae Bon- signori de Piccolhominibus Debitori Mag.'" Comunis senarum super affictu bonorum, que tmd a Mag/" Communi Senarum continent., quod durante dcd affictu quolibet mense incipiendo ut supra a die Decima lulij proxime preteriti dei, et soluat m." Baldassari dcòs scutos quinque absque aliquo eius praeiudicio aut damno de Cudio Communis Senarum quibuscumq. in contrarium non obstantibus Dantes autoritaiem Cap." popiili ad presens residenti recipiendi nomine Communis Senarum obligationes per eum fiendas, prò omnibus, et singulis suprascriptis in presenti deliberat. contentis penitus obseruandis et adimplendis et ptS omni meliori modo etc.

Anno et Indictione predcts Die nero XXXI. Mensis Augusti.

Constitutus corani famosissimo ac. etc. et me Avoc. Magistro Nicolao Muciaiti de Ceretanis Dignissimo Capitaneo populi prefatus magister Bal- dassar, et lecta sibi uulgari sermone de nerbo ad uerbum supta delibera- tione, et omnia, et singula in ea contenta per me marcelluni Gramatum not. infrascriptum per se suos haeredes, et successores sua libera, et spon- tanea uoluniaie ex certa scientìa, et non per errorem aliquem, non ui dolo uel meta, nel aliqua suasione circumuentus promisit ei conuenit prefato m.° Nicolao Capitaneo Dignissimo prédco pnti et recipienti uice, et nomine mag.'* Communis Senarum omnia, et singula in dea precedenti deliberatione contenta obseruare, et adimplere, et contra ea, uel aliquid eorum non facere uel uenire sub poena dupli eie. etc. prò quibus omnibus etc. obligauit sete etc. lurauit etc.

Actum Senis in palatio Mag.'"'"'" Dnorum in Camera mag." Capi- lanei populi Corum, et pntibus Vgone magistri bonelli de bentijs, et lohanne baptista petri pauli de peloris Ciuibus de Seneis Testibus etc.

Ego Marceìlus olim ser alterus Marcelli Grammatius publicus et Impe- riali aucte Notus etc. interfui, et rogatus scribere scripsti, et publicaui etc.

ip8.

In nomine Diti nfi Yesu Xpti, eiusque Sanct.""^' mris Mariae semper

Agostino Chigi il Magnijico 5 19

Virginis Amen Anno db ipsius Dni salutifera incarnatione millesimo quittgenUsimo vigesimo octauo Indictione 2.* sin stilum et consuetudinem Notariorum Vniuersitatis Mag.'^"' Ciuitatis Senarnm, die nero XXIII niensis Nouemhris Clemente VII Pont." Maximo, et Carolo V sunimo Im- peratore regnantibus. Pateat omnibus euidenter qualiter.

Generali Consilio Campanae Magnifici Communis Senarum solemniter, et in sufficienti numero conuocato etc. de mandato etc. Proposui Ego Ale- xander Bonisignius Notarius Reformationum super infrScta deliberatione obtempta in Consilio ppli super quadam petitione Magri Baldassaris perutij architectoris et super eodem petitum reddi Consilitim.

Cuius quidem deliberationis. etc. Tenor talis est Vlt.

Anno domini MDXXVIII Indictione 2.* Die nero XXIII gbfis.

Consilio ppli, et popularium Mag.^'^^ Ciuitatis Senarnm solemniter, et in sufficienti numero conuocato etc. de mandato etc. et facta in eo so- lemni proposita super quadam petitione Magfi Baldassaris Perutij Archi- tectoris, et super ea redditis consilijs, et dato facto, et misso partito ad lupinos albos et nigrosfuit tandem in d." Consilio etc.prouisum et deliberatum, quod attentis operibus d.^ Magfi Baldassaris, et quid utile sit Reipublicae Senarum quod ipse moram trahat in Ciuitate Senarum, quod auctoritate dicti Consilij ppli intelligatur esse et cum effectu sit duplicatum stipendium, et prouisio dicti Baldassaris, ita quod hdbeat et habere debeat a Mag.^° Comune Senarum duplum ultra illius, quod fuit iam sibi concessum et hàbet a preafato Magnifico Comune Senarum, et eodem modo, et forma, quod habet dictuni eius iam concessum stipendium, et prouisio. Et ita in- telligatur ut supra sibi datum, et concessum : Ac etiam ultra predicta quod prò omni Turri, seu Turra^io finito, et que perfecte fuerint hebeat, et habere debeat, et sit ci datum, et concessum ad rutionem ducatorum ui ginti quinque prò qualibet Turri, seu Turra:ì;io finito extrahendorum, et habendorum per eum de denarijs, et pecunijs Zechini, et deputatis prò conficiendis Turra::^i}s predictis : Quod fuit uictum per lupinos 16^. albos prò sic redditos nigris 46. in contrarium redditis non obstantibus obtenta prius solemni statutorum omnium derogatione per lupinos 162 albos nigris 47. non obstantibus etc.

Ego Franciscus olim Dr filium (sic) Ioannis Notarius consistor ; a pre- dictis rogatus infidem me subscripsi.

IS3I. In nomine Dni etc. Anno etc. millesimo quingentesimo trigesimo primo Indictione quinta etc. Die nero uigesima nona Octobris etc. Per hoc presens publicum instrumentum Vniuersts, et singulis notum sit qualiter.

Generali Consilio etc. de mandato etc. forma solemni proposita super infrascripto recordio etc. dato facto et misso partito ad lupinos albos, et nigros fuit tandem iustum obtentum etc. et deliberatum etc. prout in dicto etc.

Mgnoni

recordio eie. in jauorevt Magistri Baldassarìs peniti) architectoris conti- netur etc.

Tenor autem dicti recordij et delìberationis consilij etc. est infrascriptus FU Dinanzi da noi etc.

Hatiendo molti Cittadini desiderosi del bene essere, et amplitudine della Repubblica di V. S. M. considerato li huomini uirtiiosi esser quegli che accrescano sempre honore, et fama alle Republiche, et per questo non sola- mente esser debito mantenere quelli che in esse sono, ma condurre ancora delli altri.

Essendo informati che Maestro Baldassarre Architettore Ecc."" è per- sona di molto rilievo, di modo che in tempo di pace et di guerra questa republica potrebbe deh opere sue ualersi et per non hauere esso modo di sostenere la fatneglia e casa sua è for-^ato cercare fuor della patria altro inuiamento et perche saria dannoso perdare si uirtuosa persona con debita reuerentia recordano alla S. V. M. che per loro opp.^' consegli sieno contente solennemente deliberare, che al prefato m.° Baldassare sia consti- tuito una prouisione annua di quella quantità che ad esse parerà ragio- neuole. Purché esso, eia casa sua honestamente possa sostentare, et di questo se li dia assignamento uiuo di modo che non li sia si faticoso lo essere al debito tempo satisfatto, et tanto giudicano li predetti habbi da resultare in utile, e betiefitio della nfa repu."^, et Cittadini' di essa, et alle S. V. M. si raccomandano quali nostro Sig.^ Dio feliciti et conserui quanto desiderano.

Anno Dui MDXXXI Indictione V Die nero XXVIII octobris.

Lectum fuit suprascriptum recordium, in Consistorio Magnificar, dnor. et Capitanei populi, et per eosdem una cmn Sp."*" Vexilliferis magfis fuit confìrmatmn, approbatum, et deliberatum quod ponatur ad consilium Populi prout stat.

Anno Dni MDXXXI Ind.' V. Die nero XXVIII I Octobris Conuocato, et congregato, Consilio populi etc. et forma ineo proposita super dcò recordio, superi quo dato Consilio, et misso partito fuit obtentum, et solemniter delibe- ratum quod d.° magfo Baldassari concedatur, et detur dupluni solarium, quod habebat ante hac vlt quod uigore pntis consilij, et deliberationis intdli- gatur, et sii cum duobus in duplo salario quod habuit usque modo. Pro quo duplo salario soluendo sit, et intelligatur assignatum super redditibus, membro, et fructibus marsiliani, quod fuit obtent. prius derogatione per 146. albos LXV. nigris non obstantibus consilium nero per lupinos 144 albos 66. nigris non obstantibus.

Ioannes q. Angeli noius concistori rogatus etc.

Nota (132). In fine. La seguente lettera del Card. Santa Croce

Agostino Chigi il Magnifico

a Madonna Sulpizia moglie di Sigismondo Chigi si collega all'argo- mento di questa nota.

(i) ff Alla Mag.'^'^ 5/" Madama Sulpitia Ghisi Tua da sorella

In Siena

« Mag. " Madona. In la Casa Tira uicina qua della babitatione Era ce sono due statue di Martnore che desideriamo hatiere per ponere qua in una nfa loggetla, dico corno prestatice che uorriamo spoliare la ufa casa che estimiamo piìi nfa che la pnte che e dalirui, et ornarla assai più, le quale statue perche sono mache come de braccia, piedi, naso etc, faremo aconciare da uno nro seruitore, che se n'intende assai bene di tal mistiero, perche quando piaccia d'accomodarcele, ne farete cosa grata, delle quali comò cosa ufa imprestataci, ne faremo poli:(a al ufo MS. Michel Angelo, et così starano sempre al ufo piacere. Ne altro se che sempre ne offriamo. Da Roma alli XXII di Maggio M.D.XXXIIII.

Vr. fr.

f Car.^^' S. q<.

Nota (138). In fine. Nel Codice Urbinate 940, della collezione Vaticana, che è una vita di Francesco Maria della Rovere, a pa- gina 175 è notato: «Furono poi che giunsono in Roma (Francesco Maria della Rovere, Elisabetta Gonzaga e la sposa di Francesco Maria) fatti molti cornuti et feste, recitate comedie in casa dil Cardinale San Seuerino et di Agostin Ghisi senese, dove li sposi et l'altre sudetie signore furono di sera honoratamenie pasteggiate ». Debbo questa notizia alla squisita erudizione del mio amico sig. Oreste Tommasini.

Nota (141). In fine. Della presura di costui v'ha in una lettera di Agostino al fratello Sigismondo (2) questa memoria:

« Alisandro è pure stato preso in Turchia, e sarà qui domane, e questo ripararà a gli altri che non nudino facendo simili ladronarie ».

Nota (157). In fine. Di un altro prestito allo stesso Duca d'Ur- bino leggesi questa memoria a pag. 425 della Misceli. Chig. ms. R. V. d.

<f Die 7j fanuarii 1^14 D. Horatius Floridtis de Fara Seruitor III. D. Ducis Vrbini confessus fuit habuisse a M." D. Angustino Chisio Vndecim Ballacia ligata in Cassone (sic) anri, Vniim Ballacium ad modani

(i) Misceli. Chig. ms. R. V. b, f. 109. (2) Misceli. Chig. ms. R. V. C, pag. 2.

>22

Msrnom

fermagli cum vno diamante in puncta, vnuvi :(affiruiìi in tabula cum duohus Darfinis in turno etc. quos D. Agustinus habet in pignus a d." D. Duce. »

Nella stessa Misceli, a pag. 415 è cosi ricordato un prestito alla Camera Apostolica:

« Die 14 ghfis iSio. Cum sit quod haeredes q. Mariani Chisij mu- tuauerint Cam. Ap. recipiente R. p. d. Thes.rio S. D. N. PP. Summam due. jjo. Anni reslituen. eisdem etc. Hinc est quod Dom."^ de luuenibus C. A. Notus etc. promisit d. summam restituere etc. et ita se ohligauit etc. »

Dopo la morte di Agostino proseguirono i suoi eredi a largheg- giare co' sovrani in simiglianti prestanze. Eccone due documenti:

(( Die 2. Marta ij)o. Cum sit quod S. D. N. Clemens PP. 7. et prò sua S.'', et prò Camerae Aplae urgentibus necessitUiibus quibus Regnum Vngariae Christianitatis fìrmissum propugnaculum a crudelissimo Solimano Salim Turcorum spurcissimo premitur subueniatur inter alias pecuniarum summas iam elargitas etiamsc.^Q anni etc. Regi III""', et prò eos suis Ora- toribus, dare promiserit, quorum solutionem nobilis vir D. Hier.^ de Ven- turis senen. etc. facere ohtulit, et ex illis ^ per soluerit et prò reti qui s ^ restantibus certa nomina debitorum haeredum q. Didaci de Aro in Flan- dria residen., haeredibus q. M. D. Aug.'"* Cinsi in maiori sunima obli- gatorum subdelegare promiserit Propterea in mei etc. Philippus de Ser- gardis senis Tutor haeredum M." D. Aug."^ Chisij sponte etc. constiluit etc. suum et dd. haeredum q. Aug."^ Chisij Profem etc. D. Hieron."* de Venturis ad ipsorum DD. haeredum nominibus ceden. et subdelegan. d.° 111."^° et Ser.'"° Vngariae Regi et prò eo suis Oratoribus omnia lura etc. ipsis haeredibus q. Aug.'^* Chisij q. Antonii de Aro etc. competentia ad hoc ut d.' ser.*""' Vngariae Rex de illis libere disponere possit ». (Misceli. Chig. ms. R. V. d., pag. 439).

(i) « Clemens Papa 7/ « Cupientes unum Adamantem in tabula, et unum balascium quos dudum de anno 1^24 ima cum certis aliis praeciosis Dilecto Filio Seba- stiano de Saulis Mere. lanuen. per manus Agentium prò heredibus Au- gustini de Chisiis consignari fecimus prò d.* Sebastiani cautione pecunia- rum super Dohanis herbarum, et Thesauraria Perusiae tunc nobis per eum mutuatarum quanto citius recuperari motu proprio etc. Dilecto Filio nostro Augustino Spinulae tituli Sancii Ciriaci in tennis Pfbro Cardinali nostro, et S. R. E. Camerario tenore pntium committimus q. de pecuniis

(i) Scritture di Casa Chigi, voi. G, pag. 32i.

Agostino Chigi il Magnifico 523

quibusctwique solnat mercatoribus, uel aliis penes qttos dieta duo localia pignorata reperiuntur prò illorum recuperatione et a d." pignore libera- tione, et redemptione usqtie ad ducatos duos mille trecentos aiiri de Ca- mera de Jttliis decem prò qttòlibet ducato, illaque sic redempta ad nos per mare uel terram^ periculo nostro per Jìdam alioqui personam quam citis- sime apportari faciat, et prò satisfactione pecuniarum usque ad d."*" sum- mam prò d." redemptione localium eam portionem Impositionis subsidiì augumenti pretii Salis a Provìnciae Marchiae et Humbriae Coniitatibus, et Vniuersitatibus exactam uel exigendam, quae alias ho. : me : L. Efo Praenestino CardJ^ Sanctorum quatuor nuncupato prò restii.'"' tredecim milium ditcatorum per eum nobis mutuatorum et per eius obitum ad nos douolutorum oblìgata fuere usque ad d.*"" summam, et quatenus ex dieta portionc recuperari non possint totavi dictam. et qnamcumque aliam etiam decimarum, et dimidii prò quolibet Centenario et unius due. prò quoìibet /oculari, et qnamcumque aliam iam faetam, seu faciendam in Dominio Ecclesiastico Impositionem, etc. obligamus et hypothecamus. Dantes etc. Datum Romae in Palatio nostro Apostolico die prima Maii M.DXXXIJ Pontus nostri anno primo

Placet I. » Nota (i88). In fine. Nel ms. Chig. H. II, 40, v'è il seguente documento sui restauri operati sotto il pontificato di Alessandro VII alla chiesa del Popolo :

Conto dell'Em.""' Sig.^ Card. Frantone

per la Fabrica della Chiesa e Porta del Popolo.

Sald.o 27 Ag." 1661

16^^ Dare

Jll.""' Motts.^ lacomo Fran^^oni Tes.''' gnle di N. Sig.^' A d'i 2^ Gingilo Se. loo ifita di suo ordine pagati a Ms. Fran- cuceio Francucci disse a conto del Metallo, che deue pigliare per gettar la Cornice grande dell'Altare della Cappella di S. S.tà 100

E a 26 d." Se. joo fnta pagati a' Mastri Gio : M." e lacomo Pelli, e Filippo Cefalasso, e per essi al Sig.^ Marcello Pelli portò contanti, disse a conto de lauori di muro, e stucco, che fanno nella Chiesa della Mad.*^ del Popolo ^oo

E a d'i 12 luglio Se. jo tilta pagati al Sig.^ Leonardo Seueri portò contanti, disse pagati di suo ordine a Francuccio Fran- cucci fonditore a conto de' lauori che fa nella Chiesa della Madonna del Popolo ro

E a d'i i^ d.° Se. 1^0 mta pag.* a Gabriel Ren^i Filippo suo

)24

Aignoni

fratello, e, Gio: M.'^ Franchi Compagni Scarpellini portò contanti, disse a conto de lauori che fanno nella d." Chiesa, i^o

E a d'i 21 d." Se. loo tnta pag.^ a Mfo Francesco Peroni portò contanti, disse a conto di sei Cornici di Rame, che fa per la Cappella di Sua S.^à al Popolo loo

E a d'i 24 d." Se. }oo iiìta pag} a' Mfi Gio: Maria Pelli, e Compagni, e per essi al Sig.^ Marcello Pelli portò conti disse a conto de lauori di muro, e stucco, che fanno nella sud.'^ Chiesa ^00

E a d'i p d.° Se. 100 trita pag.* a mfo Gabriel Rentij scar- péllino portò conti disse a conto de lauori 100

E a di ^ Agosto Se. p mta pag.^ a Mfo Francuccio Francucci fonditore portò contanti disse a conto della Cornice di me- tallo, che fa per l'Altare della Cappella di S. S.^à al Popolo. jo

E a d'i g Agosto Se. ^00 mia pag.* a Mfo Gabriel Rentij scar- pel.° portò contanti disse a conto de lauori, che fa nella sti- detta Chiesa joo

E a d'i i() d." Se. 400 vita pag.* a Mfi Gio : M." Pelli, e Com- pagni, e per essi al Sig.'' Marcello Pelli portò conti disse a conto di lauori di muro a stucco, che fanno nella sud.'* Chiesa 400

E a d'i 24 d." Se. 2; mta pag.* al Sig.^ Ercole Ferrata scultore, e di suo ord.^ al Sig.^ Ant." Raggi portò conti disse a conto delle due figure di stucco, che fa nella Chiesa del Popolo. . 2^

E a d'i d.° Se. 50 mta pagati al Sig/ Anton Raggi scultore portò conti disse a conto delle due statue di stucco, che fa nella sud."* Chiesa jo

E a d'i d." Se. 12 iuta di suo ord.' pagati al Sig.'' Paolo Nardini scultore portò conti, disse a conto di una figura di stucco che fa nella Chiesa della Mad."* del Popolo 12

E a d'i d." Se. 20 mta pagati al Sig. Gio. Ant." Marij scul- tore portò contanti, disse a conto delle due figure di stucco, che fa nella sud."* Chiesa 20

E a d'i d.° Se. 2j mia pag.* a Francesco Fili:(ani scultore portò contanti, disse a conto delle due figure di stucco che fa nella sud.'^ Chiesa 2^

E a d'i 26 d.° Se. 12 iuta pag.* al Sig.'' La%;^aro Morelli scul- tore portò conti, disse a conto di una statua di stucco, che fa nella sud.'^ Chiesa 12

E a di 2^ d." Se. 20 fìlta pag.* al Sig.'' Gioseppe Peroni scul- tore disse a conto delle due figure di stucco, che fa in d." Chiesa 20

Agostino Chigi il Magnijico 525

E a d'i 28 Agosto Se. 200 trita pagj- a Mfo Gabriel Rentij scarpcUino portò conti disse a conto de latiori, che fa in d." Chiesa 200

E a 4 ybre Se. }oo mta pag.^ a Mro Gio: M." Pelle, e per essi al Sig. Marcello Pelle, portò contanti, disse a conto de lauori )00

E a IO d.° Se. 100 vita pag.^ a Mfo Girolamo Salai portò conti, disse a conto de lanari di ferro fatti, e da farsi per la Chiesa della Mad.'^ del Popolo loo

E a 24 d.° Se. 400 iJita pag.^ a Mri Gio : Maria Pelli, Fi- lippo Cefalassi, e Compagni muratori, e per essi al Sig.^ Marcello Pelle portò conti disse a conto de lauori fatti ih d." Chiesa 400

E a 2y d." Se. 12 iiìta pag.* a Mfo Bari" Biffi Ramar 0 portò contanti disse a conto delle ramate, che fa alle finestre di d^ Chiesa 12

E a ) Ottobre Se. iS iiita pag.* a La^i^aro Morelli scultore portò contanti, disse per saldo della statua di stucco di S. Po- ten:(iana iS

E a d." Se. j8 mta pag.'^ a Paolo Naldini Scultore portò

contanti disse per resto della Statua di S. Presedia iS

E a d." Se. 40 mta pag.^ a Gio: Ant.° Mari scultare portò

conti disse per resto delle due statue di SS. Cecilia, e Orsola. 40

E a d." Se. jo iiita pag.^ ad Antonio Raggi scultore portò

contanti, disse a conto di 4 statue di stucco )0

E a d.° Se. 40 vita pag.* a Gioseppe Peroni scultore portò contanti disse per resto delle due statue di S. Dorotea, e S. Agata 40

E a d." Se. 40 mta pag.'- a Fran.'^° de Rossi scultore portò

conti disse a conto di 4 statue di stucco /o

E a j Ottobre Se. ^00 vita pag.'' a mfo Gabriel Rentij scar-

pellino portò conti disse a conto de lauori ^00

E a () d.° Se. 40 mta pag.' ad Ercole Ferrata scultore portò

conti disse a conto di 4 statue di stucco 40

E a i() d.° Se. io mta pag.' a Mfo Bartol.° Biffi portò conti disse a conto delle ramate, che fa per le finestre della Chiesa del Popolo IO

E a 2^ d." Se. joo ìfita pag.* a Mfo Gio : Maria Pelle e Comp.' Muratori, e per essi al Sig.^ Marcello Pelle, portò conti disse a conto di lauori joó

E a 6 cambre Se. 2^0 mta pag.' a Mfo Gabriel Rentij portò conti disse a conto de lauori di scarpello per la Porta del

Archivin drUc, Società romena di Storia patria. \'o\. VI. 35

526

G. Ciiornoni

Popolo 2^0

E a i^ Se. jo mia pag.^ a Mfo Fran/" Peroni portò conti disse a conto delle Cornici di rame doralo che fa per la Cappella di Sua SJà al Popolo p

E a d'i d.° Se. 600 iiìta pag.^ a Gio : M." Pelle, e comp.' mu- ratori, e per essi al Sig/ Marcello Pelli portò contanti disse a conto de lauori, che fanno nella Chiesa, e Porta del Popolo. 600

E a 24 [d." Se. ^y iuta pagj a Fran/" Feuilani scultore portò conti disse per saldo di 4 statue di stucco fatte nella Chiesa della Mad.'^ del Popolo JJ

E a d.° Se. 100 vita pag.' a nifo Girol." Salai ferravo portò conti disse a conto de lauori fatti, per la Chiesa e Porta del Popolo 100

E a 2/ d.° Se. ip mta pag.* a mfo Gabriel Rentij scar- pellino portò conti disse a conto de lauori fatti, e da farsi per la Chiesa e porla del Popolo ip

E a 2() ()mhre Se. 1^4 mta pag.* a Carlo Mattei portò conti disse per saldo dell' indoratura della Cornice di metallo nel- l'Altare di Sua Santità al Popolo i)4

E a d." Se. 12 iuta pag.* a Mfo Barlol.° Biffi Ramaro portò conti disse a conto delle ramate, che fa nella Chiesa del Popolo 12 --

E a d." Se. 40 mia pag.* ad Anton Raggi scuìtore portò contanti disse per resto di 4 statue di stucco fatte nella sud."* Chiesa 40

E a p.° Xmbre Se. mta pag.* a Mfo Gio : Maria Pelle, Filippo Cef alassi, e Compagni capo mfi muratori, e per essi al Sig.*" Marcello Pelli portò conti disse a conto de lauori, che fanno nella Chiesa, e porta del Popolo )Oo

E a II. d." Se. 200 iuta pag.* a Mfo Gabriel Rentij sear-

pellino portò contanti, disse a conto di lauori 200

E a d." Se. c^4 b. 74 mta pag.* a Mfo Francuceio Franeucci

fonditore portò contanti, disse per resto della Cornice di bronco. 94-74

E a' d." Se. 400 vita pag.* a Gio: Maria Pelle, e Comp.* muratori e per essi al Sig.'' Marcello Pelli portò contanti disse a conto de lauori 400

E a ly d. "Se. jo mta pag.' a Frane.'''' Peroni portò con- tanti disse a conto dell'Indoratura delle Cornici di rame. . jo

E a iS d." Se. 100 trita pag.* a Mfo Girol." Calui ferrar 0 ' disse a conto de lauori che fa per la Chiesa della Mad.'* del Popolo 100

E a d'i 24 d." Se. 12 iuta pag.* a Bartolomeo Biffi Ramaro,

Agostino Chigi il Magnifico 627

portò conti disse a conto ddh ramate, che fa per la Chiesa

dei Popolo 12

i6s6.

E a S Gennaro Se. 400 iiita pagj a Mfi Gio : M.'^ Pelle, e Filippo Ce/alassi, e per essi al Sig/ Marcello Pelli portò contanti disse a conto de laiiori fatti per la Chiesa, e porta del Popolo 400

E a ij d." Se. 1)0 ìTita pagf a Mro Gabriel Reniij scarpel."

portò contanti disse a conto de lanari i)0

E a d.° Se. 80 iJita pag.' a Mro Gio : Gemini stagnaro portò

contajiti, disse a conto de lauori So

E a 21 d." Se. 12 mta pag.^ a mro Bartol." Biffi Ramaro, portò conti disse a conto delle ramate fatte alle Inuetriate della Chiesa del Popolo 12

E a 28 d." Se. mta pag.' a Mfi Gio-: Pelle, e Comp.' muratori, e per essi al 5/ Marcello Pelli portò conti disse a conto de lauori fatti per la Chiesa e Porta del Pop." . . )oo

E a ji d." Se. jo mia pag.^ a mro Gabriel Rentij scarpel." e di suo ord.' al Sig.'' Ahb." Gioseppe Brumani portò conti disse a conto del resarcimento, che fa alla fontana di Pia^a Colonna i<^ ~~

E a ^ Febraro Se. 200 iuta pag.^ a mro Vincen'^o della Valle Vetraro portò contanti disse a conto delle vetriaie fatte per la Chiesa, e Cappella della Madonna del Popolo 200

E a 8 d." Se. ijo vita pag.' a Mro Bartol.° Rentij scarpel- lino portò contanti, disse a Conto de lauori, che fa nella Chiesa, e porta del Popolo i)0

E a II d.° Se. 60 mta pag.' al SigJ' Ercole Ferrata scultore portò contanti disse per saldo di due statue di stucco fatte per la Chiesa del Popolo 60

E a !■/ d." Se. 26 7; ^/s mta pag} a tufo Bartol." Biffi Ramaro portò conti disse per saldo delle ramate fatte nella Chiesa della Mad." del Popolo ^ójy'j-j

E a ic) Febraro Se. Jjo mta pag.^ a mro Gabriel Rentij scarpel." portò contanti disse a conto de lauori fatti nella Chiesa, e Porta del Popolo i)0

E a 22 d.° Se. iiita pag.^ a Gio : Maria Pelle, e Filippo Cefalassi Capi mfi muratori, e per essi al Sig.'' Marcello Pelli portò conti disse a conto de lauori, che fanno nella Chiesa e Porta del Popolo

E a II Mar^o Se. 100 aita pag.' a mro Gabriel Rentij scar-

528

G. Ciignoni

pellino portò contanti disse a conto de lauori loo ~-

E a ij d." Se. 2)0 trita pag.'- a mfo Già : Maria Pelli, e Filippo Cefalassi muratori, e per essi al Sig. Marcello Pelli portò contanti disse a conto de lauori 2)0

E a 24 d.° Se. }0'j.j2 iiita pag.'' al Patron Filippo Fregoni portò conti disse per due pe^i di marmo per seru.° della Cappella Sua SM nella Chiesa del Popolo )0'j.'/2

E a 2j d." Se. 200 vita pag.'' a info Gabriel Rentij scar- pell." e di suo ord.' al Sig/ Gio : Batta Viani portò conti, disse a conto de lauori, che fa per li due Organi nella Chiesa del Popolo 200

E a )o d." Se. 60 mta pag.'- ad Anton Raggi scultore portò contanti disse per saldo di due statue rappresentanti due Vit- torie fatte nella rf." Chiesa 60

E a ji d.° Se. 2)0 mta pag.'- a mfo Gio : M.'^ Pelli e Fi- lippo Cefalassi, e per essi al Sig. Marcello Pelle portò conti, disse a conto de lauori 2)0

E a IO Aprili Se. 100 vita pag.^ a Mfo Girolamo Salai

ferraro portò contanti, disse a conto de lauori 100

E a 12 d.° Se. 200 Unta pag.' a Mfo Gabriel Rentij sear-

pel." portò contanti, disse a conto de lauori 200

E a ij Aple Se. ip mta pag.' a Mfi Gio : Maria Pelli, e Filippo Cefalassi muratori, e per essi al Sig.'' Marcello Pelli portò contanti, disse a conto de lauori ijo

E a 2C) d." Se. 200 mta pag.'- a mfo Gabriel Rentij sear- pellino portò conti disse a conto de lauori fatti per la Chiesa e Porta del Popolo 200

E a d." Se. 500 mta pag.' a mfi Gio: Maria Pelli, e Fi- lippo Cefalassi e per loro al Sig.'' Marcello Pelli portò conti disse a conto de lauori fatti, e da farsi come s."-

E a d." Se. 200 mta pag.^ a fnro Fran."" Perone portò con- tanti, disse a conto delle Cornice di rame dorate fatte per la Cappella di Sua 5.'^ al Popolo 200

E a 24 maggio Se, 20.74 mta pag.' a Mfo Bartol." Biffi Raniaro portò conti disse per resto delle ramate fatte nella fenestra della Facciata del Popolo -20.7^

E a 26 d." Se. )00 iuta pag.' a Mfo Gabriel Rentij sear-

pellino portò contanti disse a conto de lauori )00

E a 2'] d." Se. 600 mia pag.' a Mfo Gio : M."- Pelle, e Fi- lippo Cefalassi muratori, e per essi al Sig. Marcello Pelle portò conti disse a conto de lauori 600

E a IO Giugno Se. 200 vita pagati a Mfo Gabriel Rentij

Agostino Chigi il Magnifico 629

scarpdlino portò cori ti disse a conto de laitori 200

E a d) d." Se. 2)0 vita pagj a Mri Gio : Af.** Pelle, e Filippo Cefulassi muratori e per essi al Sig/ Marcello Pelli portò

conti disse a conto de lauorì 2^0

E a i^ d." Se. 200 vita pag.^ al Sig/ Caualier Rafael Vanni Pittore portò conti disse a conto della pittura, che fa nella

Cuppola, e Chiesa del Popolo 200

E a di ly Giugno Se. 200 vita pag.* a MTo Gio : Af." Franco scarpellino portò contanti disse a conto del pauimento della natie di me'^o della Chiesa del Popolo 200

E a 2] d." Se. 200 vita pag.' a Mfo Gabriel Rentij scar- pellino portò contanti disse a conto de lauori, che fa nella Chiesa del Popolo 200

E a d.° Se. 100 vita pag.' a Mfo Girol." Salai ferraro portò

conti disse a conto de lauori fatti nella sud.'* Chiesa .... 100

E a d." Se. 200 vita pag.' a viro Gio: Maria Pelle, e Fi- lippo Cefalassi Muratori, e per essi al Sig.'' Marcello Pelli portò conti disse a conto de lauori 200

E a y Luglio Se. ij vita pag.' ad Antonio Mariignani In- hianeatore portò conti disse per saldo de lauori fatti nella Chiesa del Popolo /j

E a d." Se. ^00 vita pag.' a Mfi Gio : M." Pelle, e Filippo Cefalassi muratori, e per essi al Sig.'' Marcello Pelli portò conti disse a conto de lauorì fatti nella sud.'^ Chiesa .... ^00

E a d." Se. i)8.^8 vita pag.' a Mro Paolo Fran.''" Perone disse per saldo delle Cornice di rame dorato fatte nella Cap- pella di S. S.*" ijS.^S

E a d." Se. 2^0 vita pag.' a Mfo Gabriel Rentij scarpellino

disse a conto de lauori 2)0

E a d." Se. 200 fnta pag.' a Gio: M.** Fracchi scarpellino

disse a conto del pauimento che fa in J," Chiesa 200

E a S d." Se. i28.6y fnta pag.' a Marcantonio Inuerni In- doratore disse per saldo de lauori fatti in rf." Chiesa .... i2S.6y

E a i^ d." Se. 50 fnta pag.' a La:(p^aro Morelli Scultore disse

aeonto de lauori, che fa per la Porta del Popolo jo

E a 21 Luglio Se. 2^0 iuta pag.' a Mfo Gabriel Rentij scar- pellino, disse aconto de lauori fatti e da farsi per la Chiesa, e Porta del Popolo 2)0

E a d." Se. 200 fnta pag.' a Gio : M." Pelle, e Filip." Ce- falassi e per loro a Marcello Pelle disse a conto de lauori. 200

E a 2y d." Se. iy.08 fnta pag.' a Fran."" Bompiani disse

per saldo della Terra canata in J." Chiesa ly.oS

53o

G. Cugnoni

E a 28 d." Se. ^00 ìTita pagj a Gio : Maria Fracchi scar- p."" disse a conto del paniiìieiito della nane di me:(7^o di d.'^ Chiesa ^00

E a d'i 4 Agosto Se. 200 iuta pagJ a Mfo Gabriel Rentij e

Compagni disse a conto de lanari 200

E a d'i 8 d." Sc.^^.^i 'j- mia pagJ a Gio: Gemino stagnaro disse

per saldo de laiiori fatti nella Cappella di Sua Santità. . . )).()i ' I2

E a d'i ^ d." Se. 60 mia pag.' a Gioseppe Testa Organista disse a conto de Laiiori, che fa in agiustare V Organo uecchio, e nuoiio della Chiesa del Popolo 60

E a d'i II d." Sc.joo vita pag.' a info Gio: M." Pelle, e Fi- lippo Cefalassi, muratori, disse a conto de lauori ^00

E a ig d." Se. ^6.yo mta pag.' a Behmii Ferrari disse per pre^o di Uh. i8g di stagno per seruitio dell' Organi nella Chiesa del Popolo i'^-Zo

E a d'i d." Se. ^00 mta pag.* a Gio : M." Fratti scarpellino

disse a conto de laiiori, che fa per il pauimento di d." Chiesa. ^00

E a d'i 26 d." Se. 2j mta pag.' a La\:(aro Morelli Seultorc

disse a Conto de lauori, che fa alla porta del Popolo. ... 2)

E a d'i d." Se. ^00 mta pag.' a Gio : M." Pelle, e Filippo Ce- falassi muratori disse a conio de lauori ^00

E a d'i 9 jhre Se. 400 mta pag.' a (?.* disse come s." 400

E a d'i g yhre Se. ^00 mta pag.' a Gio : M." Fracchi scarpel- lino disse a conto del Pauimento di d." Chiesa ^00

E a d'i 16 d." Se. ino pag.' a Gahriel Rentij Scarpellino disse

a conto de lauori 100

E a d'i 25 d." Se. 40 iuta pag.' ad Anton Raggi . seiiltore disse a conio de l'ornamenti di stucco che fa per l'ornam.*' del- l'Organi in d." Chiesa 40

E a d'i d." Se. mta pag.' a Gio : M." Pelle, e Filippo Ce- falassi, disse a conto de lauori

E a d'i d." Se. pag.' a Gio: M." Fracchi Capo mfo scar-

pel." disse a conto del pauimento che fa in rf." Chiesa . . .

E a d'i d." Se. iuta pag.' a Gahriel Rentii e Comp.' Sear- pellini disse a conio de lauori per la Chiesa, e porta del Popolo 300

E a d'i 2'ì d." Se. 100 futa pag.' a Gabriel Rentij scarpellino

disse a conto de lauori, che fa in d." Chiesa 100

E a ^ ottobre Se. p pag.' a Gioseppe Resti Organista disse a conto de lauori dell'Organi, che accomoda alla Chiesa del Popolo 30

E a 13 d." Se. 200 pag.' a Gabriel Rentij Capo mfo scarp."

Agostino Chigi il Magnijìco 63 1

disse a conto de ìaiiorì, che fa per la Chiesa, e porta dei

Popolo 200

E a d." Se. pagj a Gio : M." Pelle, e Filippo Cefalassì

muratori disse a conto de laiiori, che fa in d." Chiesa . . .

E a (d.") Se. i)0 pagJ- a Girolamo Salni ferraro disse a

conto de lauori i)0

E a 21 d.° Se. 2jo pag.' a Gio: M." Fracchi scarpellino disse

a conto del panini.* che fa nella sud." Chiesa 2)0

E a d." Se. i8 pag.' a Bonifatio Porti per saldo della con- dotta di due pe:(^i di marmo per fare una statua nella Gap.» di S. S.'à iS

E a ^ (^mhre Se. 20 mia pagJ a Monsit Pietro Varporld disse a conto di un modello fatto di una lampada, che gettata di bronco per la Cappella di Sua Santità 20

E a IO d." Se, pag.' a Gio: Maria Pelle, e Filippo Ce-

falassi Muratori disse a conto de lauori

E a j8 d." Se. 2p pagJ a Gio : M." Fracchi Capo mafo Scarpellino disse a conto del pauimento, che fa nella Chiesa del Popolo 2p

E a 2j d." Se. 40 futa pag.' a Fran:'" Gualdi, et Ani." Qui- ueri falegnami disse a conto de lauori fatti per la Chiesa, e Porta del Popolo 40

E a 2y d." Se. p pag.' a Francuccio Francucci fonditore disse a conto della lampada di metallo a capo la Cappella di Sua Santità p

E a p." Xmhre Se. ip pag.' a Mfo Gabriel Rentij scar- pellino a conto de lauori fatti, e da farsi per la d." Chiesa, e Porta ip

E a 9 d." Se. 400 pag.' a Gio : M." Pelle, e Filippo Cefa- lassì muratori disse a conto de lauori 400

E a 16 d." Se. 200 pag.' a Gabriel Rentij scarpellino disse

a conto de lauori . . . . 200

E a d." Se. 2p pag.' a Gio: M." Fracchi scarpellino disse

a conto del pauimen." per la Chiesa del Popolo 2p

i6)7

A 4 Gennaro Se. jo mta pag.' a Gioseppe Testa Organista, disse a conto del Cassone, et altri latcori che fa per il nuouo Organo nella Chiesa del Popolo yo

E a 4 Gennaro Se. 120 mta pag.' a Doni.'" da Ponte disse

per stagno dato per li sud.' Organi 120

E a I] d." Se. 200 pag.' a Gio: M." Pelle, e Filippo Cefa-

Tgì

lassi muratori, disse a conio de lauori fatti nella Chiesa a

Porta del Popolo 200

E a i^ d.° Se. 80 ìntS pag} a Gio: Af." Fracchi scarpellino

disse a conto del pauimento, che fa nella sud.*^ Chiesa ... So

E a d'i Se. 25 pag.'^ a Francuccio Francucci fonditore disse a conto della Lampada di hron\o per la Cappella di Sua Santità al Popolo 2j

E a 22 d.° Se. 2 so pag.^ a Gabriel Rentij scaì-pellino disse

a conto de lauori fatti nella Chiesa, e Porta del Popolo . 2^0

E a ] Fehraro Se. 25 pag.^ a mfo Ant.° Constantini disse a conto della Cornice, e stella di rame, che fa per la fac- ciata di (f." Chiesa 2j

E a d." Se. 200 pag.^ a Gio: Af." Pelle, e Filippo Cefalassi muratori disse a conto de lauori, che fanno per la Chiesa, e Porta del Popolo 200

E a ly d.° Se. 100 pag.^ a mfo Gio : Af." Fracchi scarpel- lino disse a conto del pauimento, et altri lauori fatti, e da farsi alla d." Chiesa 100

E a d." Se. 2j;o pag.^ a Gabriel Rentij scarpellino disse a

conto de lauori fatti e da farsi alla d." Chiesa e Porta . . 2^0

E a ig d.° Se. 100 pag.^ al Sig.'' Caualier Raffaele Vanni Pittore a conto delle pitture, che fa nella Cuppola, e trian- goli di i/." Chiesa 100

E a 2} d.° Se. 200 pag.^ a Gio. Af." Pelle, e Filippo Cefi- lassi mur.^^ e per essi al Sig.'' Marcello Pelli 200

E a IO Mar\o Se. 40 pag.* al Sig.^ Anton Raggi scultore disse per saldo degl'Angeli di stucco fatti in £?." Chiesa per ornamento delli due organi . . . . ' ; . . . . 40

E a d." Se. 200 pag.^ a Gabriel Rentij scarpellino, disse a conto de due Altari de marmi, e mischio, che fanno alla J." Chiesa 200

E a ly d.° Se. 1^0 pag.* a Gio: Af." Fracchi Capo mfo scarpel.° disse a conto del pauim." et altri lauori, che fa in detta Chiesa i)0

E a d." Se. ^00 pag.^ a Gio: A^." Pelle, e Filippo Cefalassi

disse a conio de lauori fatti per (?." Chiesa e Porta .... ^00

E a 2J d." Se. 24.10 pag.^ a mfo Ani." Costantini ottonaro disse per resto della stella, e Croce di rame fatta da lui, e posta sopra la facciata della Chiesa del Popolo 24.10

E a II Aprile Se. 100 pag.^ a Girol." Salbi ferraro disse a

conto de lauori fatti in detta Chiesa e Porta 100

E a d." Se. 410.0^ pag.* a Gabriel Rentij e Comp.* Capi mfi

Agostino Chigi il Magnifico 533

scarpellini disse per resto de lauori fatti in d."- Chiesa e

Porta 410.O)

E a 14 d.° Se. ^00 pagj a Gio: Maria Pelle, e Filippo Ce-

falassi a conto de lauori ^00

E a 2S d.° Se. 200 pag.* a Gabriel Rentij, e Comp.^ scarpel- lini disse a conto delli due altari di marmo, che fanno in d."- Chiesa 200

E a 8 maggio Se. 100 trita pag.^ a mTo Gio: A/." Fracchi scarpellino disse a conto de gl'ornam.'' del Battesimo et altri lauori, che fa nella sud.'^ Chiesa 100

E a di 16 maggio Se. 100 pag.^ al Sig.'' Cau.^" Raffaele Vanni Pittore disse a conto della pittura, che fa nella Cuppola della Chiesa del Popolo 100

E a ly d." Se. 19.^4 pag.^ a Donato Melone segatore di sassi disse per saldo de sassi segati per li 4 angeli, che nanna per ornamento di 2 altari nella sud.^ Chiesa 19-94

E a ig d.° Se. 200 trita pag.^ a mfì Antonio Chiccheri e Fran.'^° Gualdi falegnami disse a conto de lauori di due armi, et intaglio 200

E a 28 d.° Se. 2^ pag.* a Gio: Ant.° Mari scultore disse a

conto d'ana statua, che fa nella Chiesa" 2)

E a 2c^ d.° Se. 25 trita pag.^ ad Antonio Raggi scultore disse

a conto di una statua di marmo, che fa nella sud."^ Chiesa 2/

E a d.° Se. 266.p trita pag.* a tufo Gio: Gemini stagnaro disse per resto de lauori fatti, e piombo dato per la fabrica della Chiesa, e Porta del Popolo 266.^2

E a d." Se. ijq pag.^ a Gabriel Rentij disse a conio delli

due Altari, che fa nella detta Chiesa , . . . . ijo

E a 50 d." Se. 2j trita pag.' al Sig.^ Ercole Ferrata scul- tore disse a conto di un Angelo di marmo, che fa per ornam." della sud.'^ Chiesa 2;

E a d'i 2 Giugno Se. 2) iuta pag.^ ad Arrigo Giarde scultore

disse a conto di un Angelo come 5.", 2/

E a 6 d.° Se. 72 fata pag.^ a Marcantonio Inuerni Indo- ratore disse per lauori fatti nella Chiesa e porta del Popolo j2

E a j d." Se. 16 pag.* a Nicola Sebastiani muratore disse

per lauori fatti per d.'^ Chiesa 16

E a d." Se. 20.OJ pag.^ a Filippo Buonagll Carettiere per

la condotta di diuersi marmi 20.03

E a 8 Giugno Se. 200 ìfita pag.* a Gio: M." Pelle e Comp.* disse a conto de lauori di muro e stucchi fatti in r?.* Chiesa e Porta 200

534

G. Ciignoni

E a 12 à.° 221 mia pagJ a Goseppe (sic) Testa Organista disse per resto della resiauratiouc fatta dell' Organo nella

sud.'^ Chiesa 221

E a 2j d." Se. ;0 tiita pag.^ a Gio: Ai**. Fracchi Capo info scarpellino disse a conto delli rape:(^i che fa nella sud."'

Chiesa jo

E a d." Se. 50 mta pag.'- al Sig.^ Gio: Maria ydariani Pit- tore disse a conto delli chiari oscuri, che fa nella Cappella

di d.'^ Chiesa 50

E a 26 d.° Se. 1000 vita pag J al Sig.'' Caii.''^ Gio: Loren:^o Bernini disse per recognitione della statua di Daniele posta

nella Cappella di S. S.''^ et altro 1000

E pili a 2S d." Se. 22.22 mta pag.* a Nicolò Sebastiani

muratore, disse per sue mercedi d'hauer messo in opra la

statua di Daniele nella Cappella di Sua Santità al Popolo . 22.22

E a di jo d.° Se. 100 mta pag.'' a mfo Ant.° Piccari falegname

disse a conto de lauori di legnami, et intagli dell'Organi,

che fa per la J." Chiesa 100

E a y Luglio Se. i)0 mta pag.'- a Gabriel Rentij scarpellino

disse a conto delli 2 altari, che fa in d."- Chiesa 1^0

E a II d." Se. 100 mta pag.' al Sig.^ Gioseppe Testa Or- ganista disse a conto dell'organo nouo, che fa in d." Chiesa 100 E a ^ Agosto Se. 200 Ma pag.'- a Gio: M." Pelle, e Filippo

Cefalassì muratori disse a conto de lanori di muro e stucco 200 E a ij d.° Se. 50 iJìta pag.* al Sig.'^ Gio: M.'* Mariani Pit- tore disse a conto delle Pitture, che fa nelle Cappelle d.

sud." Ch.'* jo

E a ij Agosto Se. 4(}2.88 mta pag.' a Gabriel Rentij, e Gio: M.'^ Fracchi scarpellini, disse per resto de lauori fatti per

il pauivì.° di d." Chiesa, et altro 4^2.88

E a 24 d.° Se. jo pag.' ad Ant.° Raggi scultore disse a conto della statua di un Angelo, che fa per uno delli due Altari

nella sud." Chiesa " jo

E a d.° Se. 200 mta pag.* al Sig.'' Cau.'^' Rafaele Vanni Pittore disse a conto delle pitture, che fa nella Cuppola e

quattro angoli di d" Chiesa 200

E a d.° Se. i) mta pag.' a Pietro Verporti disse per resto di un modello, et altro fatto per la Lampada della Cap-

pella di Sua Santità nella d." Chiesa ij

E a 24 d.° Se. 12 mta pag.' a mfo Antonio Martignani Imbiancatore, disse per saldo di un coìito de lauori fatti al conuento della Mad." del Popolo 12

Agostino Chigi il Magnifico 535

E a d." Se. lyS.c^o mta pag.'- al Sig/ Paolo Maccarani, disse, per il pre:(^o di due pe:{:(;i di marino dati per far gl'an- geli che uanno alle Cappelle, che si fanno nella Chiesa del Pop." ijS.ijo

E a ^o d." Se. loo mta pag.'- al 5/ Gioseppe Testa Orga- nista disse a conto del nuovo organo che fa nella siid.'^ Chiesa. lOO

E a 4 ybre Se. 50 fnta pag.^ a Gio: Antonio Mari scultore disse a conto della statua di un Angelo, che fa per orna- mento di un altare nella sud."- Chiesa 50 -

E a ^ d." Se. i)0 fnta pag} a Mfo Gabriel Rentij scarpel." disse a conto de due altari di marmo, e mischio, che fa nella sud.'^ Chiesa ip

E a di 6 d.' Se. i)0 mta pag.'- a Mfo Atu." Chiecheri Inta- gliatore disse a conto de gV ornamenti dell' Organi., et altri lauori di legname, che fa nella sud.'^ Chiesa i)0

E a I) jbre Se. 2)0 trita pag.'- a mfi Gio: Af." Pelli, e 'Comp. muratori disse a conto di lauori di muro, e stucco fatti per la Chiesa e Porta del Popolo 2)0

E a d." Se. ^0 mta pag.'- a Mfo Antonio Chiecheri Intag.''' di legnanti disse a conto dell'Intagli, che fa per li due Or- gani nella sud."- Chiesa jo

E a 27 d." Se. 40 mta pag.' al Sìg/ Ant." Raggi scultore disse a conto della statua di un Angelo, che fa per seruitio della Chiesa del Popolo , 40

E a p.'"" Ottobre Se. ^So.iS iuta pag.' a mfo Gabriel Rentij scarpellino disse per saldo di un conto di lauori fatti per seruitio della facciata della Chiesa del Popolo ^So.iS

E a 4 d." Se. 2y.)0 mta pag.' a mfo Francuceio Francncci

fonditore disse per saldo de lauori fatti per rf.* Chiesa . . . 2j.jo

E a d." Se. jo iuta pag.' a Francesco Perone Argentiero disse per saldo d'hauer indorata la Corona della Lampada fatta nella Cappella di S. S'" al Popolo p

E a 2<) d." Se. 4) iuta pag.' a Francuceio Francueei fon- ditore disse per resto della lampada di metallo fatta nella Cap- pella di Sua Santità al Popolo 4^

E a 30 d." Se. 750 riìta pag.' a Gabriel Rentij scarpellino disse a conto de lauori che fa in due Cappelle nella sud.'* Chiesa i^

E a 12 No-vemhre Se. 100 mta pag.' a Mfo Ant." Chiecheri Intagliatore, disse a conto dell'ornamenti di legno, che fa per la Chiesa della Mad." del Popolo 100

E a d." Se. 2; ifita pag.' al Sig.^ Gio: M." Mariani Pittore disse

n

536 G. Cugnoni

a conto delle Pitture, che fa nella Cappella di tìf." Chiesa . 2;

E a 1} Novembre Se. 42.0^ futa pagJ a Mfo Bartol." Biffi disse per intiero pagamento di sette ramate fatte alle finestre delle Cappelle della sud.'^ Chiesa 42.O)

E a 14 d." Se. 168.2^ mia pag.* a mfo Girol." Salici ferraro

disse per saldo de lauori fatti nella sud.'^ Chiesa, e Porta. . i6S.2c^

E a 2() d." Se. 50 mia pagJ a Gìo: Maria Mariani Pit- tore disse a conto delh pitture, che fa nelle Cappelle di <?." Chiesa 50

E a j Decemhre Se. 1^0 vita pag.' a Gabriel Rentij scarpel." disse a conto degl'Altari, e Porticelle di bigio che fa nella sud.'^ Chiesa i)0

E a di d.° Se. i^ócf.c)^^/^ trita pag.' a mfi Gio: M." Pelli, e Filippo Cefalassi disse per resto de lanari fatti nella Chiesa, e Porta del Popolo 196(^-99^12

E a d.° Se. 2/ irita pag.' a Gio: Ant." Mari scultore disse a conto della statua dell'Angelo di marmo, che fa per gl'al- tari della sud.'^ Chiesa 2/

E a j/ d." Se. 40 trita pag.' ad Antonio Raggi scultore disse

a conio della statua dell'Angelo 40

E a d." Se. 100 irita pag.' al Sig.'' Gioseppe Testa Organi- sta, disse a conto delV Organo nono, che fa nella sud.'^ Chiesa 100

E a ly d." Se. 100 vita pag.* ad Ani." Chiccheri Intaglia- tore de legnami, disse a conto de lauori d'Intaglio, che fa per li due Organi nella sud."^ Chiesa 100

E a d." Se. 1^0 irita pag.' a Vincenzo della Valle Vetraro

disse a conto dell' Inuetriata, che fa per la sud.'^ Chiesa . . 1^0

E a 19 d." Se. ;o irita pag.' al Sig.^ Gio: Af." Mariani Pit- tore, disse a conto delle pitture, che fa nelle 4 Cappelle di rf.« Chiesa ;o

E a 22 d." Se. 200 irita pag.' a Gio. M." Pelle, e Compa- gni disse a conto de ponti fatti per le pitture, che ha fatte il 5/ Cfl«/« Vanni, e di altri rappe^^i per la Chiesa del Popolo 200

E a d'i 24 decembre Se. 2j irita pag.' ad Ercole Ferrata scul- tore, disse a conto della statua dell'Angelo di marmo, che fa per l'altare della sud."' Chiesa 2/

E a d." Se. jo ritta pag.' al d." disse a conto come s." . . . jo

16)8.

E a 4 Gennaro Se. 600 irita pag.' al Sig.^' Cau. Raffaele Vanni Pittore,- disse per resto delh pitture fatte nella Cup- pola, e 4 angoli di J." Chiesa 600

Agostino Chigi il Magnifico SSy

E a d'i 8 d.° Se. 12 fiita pagj a Mro Nicola Sebastiani mitr.''' disse per haner aliato, et abbassato tre pe:(^i di marmo, che seruono per li tre Angeli, che uaniio nell'Altari di d.'^ Chiesa. . 12

E a 14 d." Se. jjo inta pag.' al Sig." Gioseppe Testa Or- ganista disse per resto dell'Organo nono fatta in d.'^ Chiesa 550

E a 21 d." Se. 20 mia pag.^ a Gio: Ani." Mari scultore disse a conto della statua dell' Angelo, che fa per tino degl'Al- tari di rf." Chiesa 20

E a 22 d." Se. ;o mta pag.' al Sig.'' Gio: M." Mariani Pit- tore disse a conto delle pitture, che fa nelle Cappelle di J." Chiesa jo

E a 2) d." Se. 100 futa pag.' a mfo Gabriel Renlij scar- pellino disse a conto delli due Altari, e particelle di marmo mi- schi, che fa nella sud.'^ Chiesa 100

E a di j Febraro Se. i2).()4 mia pag.' a Marcantonio Iniierni

muratore disse per saldo de lanari fatti per detta Chiesa . . . i2).^4

E a d." Se. yo.o'^ mta pag.' a mfo Fran.''° Gualdi Falegname 70.0}

E a ij Mario Se. )0 vita pag.' al Sig.^ Gio: Maria Mariani Pittore, disse a conio delle pitture che fa nelle 4 Cappelle di rf." Chiesa )0

E adì 6 Aprile Se. 266 mta pag.' al d.° Mariani, disse per resto

delle pitture fatte in d.'^ Chiesa 266

E a d." Se. 50 iììta pag.' a Gio: Antonio Mari scultore, disse a

conto della statua, che fa per un altare della sud.'^ Chiesa ... jo

E a 12 d." Se. 57^.^^ mta pag.' a mfo Antonio Chieeheri In- tagliatore, e Falegname disse per resto de lauori fatti per J." Chiesa 57io7

E a ij d." Se. 6) inta pag.' ad Antonio Raggi scultore, disse per resto della statua di un Angelo fatto per uno de gl'altari di rf." Chiesa 6)

E a d." Se. i)0 inta pag.' a Gabriel Rentij scarpellino, disse a

conto delli due Altari, e 4 porte di barbiglio (sic) i)0

E a 2() d." Se. 20 pag.' a Mfo Gio: Maria Giorgetti, disse per

un modello di un lorderò fatto per la Cappella di Sua Santità 20

E a ^0 d." Se. 40 mta pag.* ad Ercole Ferrata scultore, disse a conto della statua dell'Angelo, che fa per uno degli Altari della siid."^ Chiesa 40

Ea ij Maggio Se. p mta pag.' a Doni." Mandelli falegname disse per l'incassatura due statue di SS. Pietro e Paolo da trasportarsi alla Porta del Popolo 'p

E a ^ d." Se. 104.74 trita pag.' a Vuinoceo della Valle Ve- traro, disse per resto de lauori fatti nella Chiesa del Popolo a

538 G. Ciignoni

tutto li j. Giugno 16/7 io4.y4

E a d'i 14 Giugno Se. 2C}i.6^ mia pag. a Marcantonio Imierni, e Baldassarre Castelli Indoratori disse per resto dell' Indoratirra de gì' Ornamenti di due Organi nella sud." Chiesa. 2(}i.6)

E a 12 Luglio Se. S.^o pagJ a Mfo Nieola Sebastiani mura- tore disse per la eondotta di due Angeli in detta Chiesa. . . . S.^o

E a ij d." Se. yo vita pag.' a Gio: Ani." Mari scultore disse per resto di un Angelo di marmo fatto per un altare di d." Chiesa 70

E a 24 Agosto Se. 100 mia pag.' a Mro Gabriel Rentij scar- pellino disse a conto de gl'ornamenti, che fa nella Chiesa del Popolo 100

E a jo d." Se. 40 ìfita pag.' ad Arrigo Giarde scultore disse a conto della statua di un Angelo, che fa per un Altare di d." Chiesa 40

E a II "jhre Se. i()}.6o iuta pag.' a mfo Gio: Artusi Fondi- tore disse per il pre:(;io di due torcieri di VroiiTio per la Cap- pella di S. Santità in d." Chiesa ic)^.6o

E a dìji Ottobre Se. 100 iJita pag.' a Mro Gabriele Rentij sear- pellino, disse a conto delle porte di bardiglio e dclli due Altari, che fa nella sud." Chiesa 100

E a 2g Novembre Se. 40 iuta pagati ad Arrigo Giarde scul- tore disse a conto della statua di marmoro che fa per uno delti due altari di d." Chiesa 40

E a 2j Deceinbre Se. 20.^0 iuta pag.' a Filippo Benagli Car- rettiere, disse per portatura delle statue di SS. Pietro e Paolo 20.)O

E a 25 Decembre Se. 14.S0 pag.' a mro Nicola Sebastiani, disse per lauori fatti per le due statue delli due Angeli fatti da Ercole Ferrata et Arrigo Giarde 14.80

E a 24 d." Se. 80 mta pag.' al Sig.'' Ercole Ferrata scultore disse per resto della statua dell' Angelo di marmo fatta per uno de gl'Altari di d." Chiesa 80

i6)C,

A 2} Gennaro Se. 100 vita pag.' a Mro Gabriel Rentij scar- pellino, disse a conto de gV Ornamenti fatti nelle due Cappelle della Chiesa del Popolo 100

E a 2() d." Se. 10.^0 vita pag.' a mro Nicola Sebastiani mura- tore disse per portatura della statua di un Angelo, et altro . . io.}o

E a /9 Febraro Se. 9; iuta pag.' ad Arrigo Giarde scultore

disse per resto della statua dell' Angelo 9;

E a 18 Aprile Sc.^y.20 iuta pag.' a Marcantonio Inuerni In-

Agostino Chigi il Magnifico 5 3 9

doratore disse per saldo de ìaiiori fatti nella sud." Cliiesa . . . 3/ -20

E a 26 Se. 100 iiita pag.' a Gabriele Reiitij scarpellino, disse

a conto delle Inscrittioni, e palamento, che fa nella sud." Chiesa 100

E a 28 d." Se. 2c}).2o iìita pag.' a Gio: Maria Pelle e Filippo Cefalassi Capo mfi muratori disse per resto de Untori fatti a tutto Febraro passato 2()'^.2o

E a J2 maggio Se. iìi-^4 mia pag.' a Girolamo Salui ferraro disse per saldo di un conto di lanari fatti in detta Chiesa a tutto li 20 Aprile passato i)i-34

E a II Agosto Se. 200 mta pag.' al Sig.^ Belardino Mei Pittore, disse per intero pagamento del quadro a oglio fatto per uno delli due Altari, che si fanno in d." Chiesa 200

E a 21 d." Se. 200 mta pag.' al Sig.'' Gio: M." Morandi Pit- tore disse perpre:(^o del quadro a oglio fatto per uno di d.' due Altari 200

E a e; ybre Se. 2^).2'/ pag.' a mfo Gabriel Rentij Compagni

searpellini disse per resto de lauori fatti nella suddetta Chiesa. 2j).2j

E a i^ d." Se. 1^9.97 mta pag.' a mTo Gio: M." Pelle Capo mfo muratore disse per saldo di un conto di uotatura di sepol- ture, et altri lauori fatti nella sudetta Chiesa ^99-97

E a p ottobre Se. 72.40 pag.' a mfo Antonio Chic cheri fale- gname., disse per saldo de lauori fatti nelli due Altari della Chiesa del Popolo 72.40

1660

A di 5 Gennaro Se. iS Ma di suo ord.' pag.' a Marcantonio Li- uerni Indoratore, disse per saldo de lauori fatti nella Chiesa del Popolo iS

Se. 37931.U '/2

VARIETÀ

Epitaffio preneslino di Francesca della Valle.

I lavori di ristauro, che si vengono compiendo nella Cattedrale di Palestrina, hanno messo in luce l' iscrizione metrica sepolcrale di una fanciulla della famiglia romana della Valle, morta nel 145^. L'eleganza dell'epitaffio, scritto da leggiadra penna di un letterato del Rinascimento, e l'occasione che mi viene offerta di arricchire lo stemma genealogico di tal nobilissima famigHa, sono ragioni le quali consigliano a non dispregiare la scoperta, ed a ren- derne partecipi i nostri lettori.

Nel togliere l'iscrizione della tomba del canonico Dario Ficedula (1^25) dal muro della cappella di S. Carlo Bor- romeo, si è veduto, che la lastra era scritta nella parte opposta. Il chiarissimo signor Vincenzo Cicerchia, ispet- tore degli scavi e monumenti di Palestrina, il quale con amore ed assiduità si occupa di ogni cosa che torni a vantaggio dello studio delle antichità, mi ha trasmesso cor- tesemente una impronta del marmo, con una copia accu- rata, della quale specialmente io mi varrò, poiché le let- tere, essendo assai consunte, in detta impronta appena si possono vedere. L'epitaffio, siccome questa circostanza

Archivio della Società romana di Storia patria. Voi. VI. 36

a conoscere, fu anticamente collocato nel pavimento della chiesa :

Franciscae cari DVLCISSIMA CVRA PARENTIS

OSSA lACENT SACRO Q.VAE TENET VRNA LOCO NOBILIS HANC GENVIT PROLES DE VALLE PVELLAM

ROMVLEA HVC VENIENS SPONSA FVTVRA VIRI INVIDIT SORS ATRA TAMEN IVVENILIBVS ANNIS

OCCIDIT ET VOTO FALLITVR ILLA SVO CUM FVGERET PESTEM FEBRIS HANC DIRA PEREMIT

OMNIS ET INCASSVM CVRA PATERNA FVIT

VIXIT AN. XIII. M. V. DIEBVS. XVIIII. OBIIT. MCCCCLVI. IDIBVS. SEPTEMBRIS

Francesca della Valle, venuta da Roma a Palestrina per isfuggire il contagio della peste, ebbe invece il duro caso di trovarvi la morte, per cagione di febbre maligna, nella tenera età di 13 anni, e fidanzata. Il morbo si aggirava da vario tempo in Europa ; scoppiò violento a Roma nel 1448, facendo (come vedremo) non poche vittime in casa della Valle, e tornò ad infierire dutante il giubileo del 1450 e nel 14^2, mai lasciando del tutto la città. Si, che natu- rale fu la paterna cura di allontanare una figliuola, durando i pericolosi calori della state del 145^, per cercare altrove un'aria mighore e fuggire gli influssi del terribile morbo. Conviene ora accingersi a cercare chi furono i genitori della nobile fanciulla, la cui sorte miseranda è lamentata nel marmo con parole eleganti non meno delle classiche frasi degli antichi marmi pagani.

Il compianto Adinolfi, ragionando delle case possedute dalla famiglia della Valle, compose l'albero genealogico di essa famigfia coi documenti di cui aveva notizia (i). Tale lavoro riesce utifissimo all'uopo della presente ricerca, ma è assai incompleto; e l'autore non ha creduto di arricchirlo con indicazioni cronologiche. Il Ciampi, di chiara memoria.

(i) La via sacra 0 del Papa, Roma 1865, pag. 122 e segg.

Varietà b/[ò

lo ricordò parlando degli antenati di Pietro della Valle, il celebre viaggiatore, ed accennò nello stesso tempo alcune fonti che accrescono le notizie di detta famiglia (i). Ma niuno ha cercato ancora di ricomporre quell'albero con più ricco apparato di documenti. Io non mi accingerò per fermo a tentarne la prova. Non solo mi sono prefisso uni- camente di cercare il posto che deve essere dato a Fran- cesca della Valle, ma il tempo brevissimo di che dispongo mi vieta anche di svolgere l'argomento e di compiere alcune ricerche, siccome sarebbe mio desiderio (2). Ciò nondimeno, il poco che verrò esponendo ai lettori sarà un saggio delle numerose aggiunte che si possono fare al la- voro egregiamente incominciato dall'Adinolfi (3).

L'anno 145^, segnato nell'epitaffio, ci vieta di sahre oltre il tempo in cui vissero i figliuoli di Paolo della Valle morto nel 1440 (4). L'Adinolfi ne numera nove, dai quali escludo Pietro, che abbracciò la carriera ecclesiastica, e le donne, cioè Maria, Penta, Lucrezia e Giovanna. Riman- gono Jacopo, Dionisio, Filippo e Lello o Lelio, ai quali io aggiungo Stazio, o Eustachio (5).

Filippo è assai conosciuto per la celebrità in che venne coll'essere stato nominato medico pontificio e professore

(i) Nuova Antologia, voi. XVII, 1879, pag. 221 e segg.

(2) Il catasto di Saiicta Sanctornm e l'archivio notarile capitolino, sono fra le principali fonti che saranno adoperate. Sono costretto però a citarle secondo gli spogli fatti dal Jacobacci nel suo Reper- torio delle Jainiglie (Cod. Vat. Ott. 2554, pag. 64 e segg.), non avendo avuto agio di ricorrere agli originali.

(3) Aggiungo, per chiarezza, in appendice lo stemma genealogico dei figliuoli e dei nipoti di Paolo della Valle, secondo i documenti citati in questo articolo. Gli altri, che qui non sono indicati, ven- gono richiamati nelle annotazioni a quella appendice.

(4) V. Adimolfi e Ciampi, luoi;hi citali, e Marini, Archiatri, T. I. pag. 127.

()) V. l'albero che ho posto in appendice.

>44

arieta

di medicina nell'Archiginnasio romano (i). Sposò Girolama di Stefano dei Margani ed ebbe numerosa prole. Dei sei figliuoli che sono noti, tre furono donne : una delle quali si chiamò appunto Francesca. Ma essa non mori in tenera età, fidanzata soltanto; con istromento del 1477 (2) il padre ne approvò gli sponsali con Battista del Bufalo de Cancellariis, col quale poi contrasse matrimonio (3). E questi essendo morto, la medesima sottoscrisse nuovi capi- toli con Tommaso de Cappoccinis (4), Nulla dunque ha che vedere colla nostra Francesca, morta nel 145^. Una sorella ebbe lo acerbo destino di lasciare giovanissima il mondo, uccisa dalla peste, e fu Paolina (5). L'altra sorella, Gismonda o Sigismonda, fu fidanzata a Domenico dei Mattei nel 1490 (^), fu sua moglie, e poi moglie di Francesco dei Rustici (7). Del rimanente, ogni ricerca tra i figliuoh di Filippo, è vana. Il Cod. Vat. 8251 (8) attesta che egli tolse moglie nel 1461. Non può adunque essere in verun modo il padre di una fanciulla defunta nel 145^.

Jacopo della Valle procreò figliuoli in minor numero del fratello, se vogliamo credere all'albero composto dal-

(i) V. Marini, Archiatri, I, pag. 239.

(2) Istromento notarile presso il Jacobacci, 1. e, pag. 68.

(3) Istrom. I. e. pag. 67.

(4) Istrom. del 1490, 1. e, pag. 72.

(5) Di una Paolina figlia di Jacopo parlerò or ora. Un'altra Tao- lina fu figlia di Stadio della Valle ed era fidanzata nel 1497 (1. e. pag. 73), probabilmente a un membro della famiglia Toscanella ; v. il Cod. Chis. G. V. 148, f. 575, il quale parla anche di una Paolina di Stazio, moglie di Paolo Veccia.

(6) Istrom. 1. e. pag. 72.

(7) V. Magalotti, Noti:(ie ddh Famiglie, Cod. Chis. G. V. 139, voi. V, pag. 54; Cod. Chis. G. VI. 165, p. II, f. 213.

(8) Questo codice contiene ricche notizie, estratte, come pare, dall'archivio di casa della Valle: facilmente sono cavate da quelle raccolte da Valerio della Valle, di cui fece uso il Magalotti nel voi. V del suo manoscritto.

Varietà S^b

l'Adinolfi, il quale ne conta due soli: Sta:(io o Eustachio e Saveìla (i), fidanzata nel 1467 con G. B. Capranica (2). Ma essi furono assai più numerosi. Dal codice Chigiano G. VI. 1^5, P. II, f. 215 imparo che si devono aggiun- gere Paolina, Girolamo, Cristoforo e Paolo. I due primi mori- rono precisamente della peste nel 1448, anno in cui, come si è detto, il male fece a Roma stragi maggiori del con- sueto. Jacopo, avendo sposato nel 1439, essi giunsero a pochi anni di età. Paolo fu canonico di S. Pietro (3). Di Cristoforo non ho notizie.

Dionisio, fratello di Jacopo, è conosciuto soltanto per la menzione che ne fece Paolo, suo padre, nel suo testa- mento (4). È lecito però congetturare che, al pari di Pietro, vescovo d'Ascoli, morisse prima del 147^, perchè non prese parte alla divisione dei beni fatta in quell'anno tra i suoi fratelli (5). Può darsi anche, che morisse prima del 1459, per consimile ragione; vale a dire perchè non comparisce nell'atto di vendita di una casa spettante ai beni indivisi dei fratelli della Valle (6).

Di Stazio, pochissimo parimente posso dire di sicuro. L' ho aggiunto allo stemma dei figli di Paolo sulla fede dei codici Chigiani spesso citati (7). Morì certamente prima del 1439, non essendo ricordato nel testamento fatto in quell'anno da Paolo; ma non ho altre notizie di lui.

(i) V. Adinolfi, 1. e.

(2) Istrom. presso Jacobacci, 1. e, pag. 64. Il Magalotti invece cita l'a. 1471, voi. V, pag. 56.

(3) V. anche il Cod. Chis. G. V. 148, f. 376; Magalotti, voi. IV, pag. 686: Jacobacci, 1. e, pag. 64 e 71. Forse è lo stesso Paolo di cui il citato Magalotti indica la morte all'a. 1488, voi. VII, pag 551.

(4) Adinolfi, 1. e, pag. 132.

(5) Jacobacci, 1. e, pag. 64; cf. Adinolfi, Roma nell'età meno, II, pag. 8, il quale cita l'a. 1467, credo certamente per errore di stampa.

(6) Magalotti, voi. VII, pag. 5)i,

(7) G. V. 148, f. 376; G. VI. 165, f. 213.

546

Varietà

Fino ad ora non ci è dunque riuscito di trovare men- zione della fanciulla morta a Palestrina. Rimane a cercare tra i figliuoli di Lelio. L'Adinolfi ne annovera sette : nu- mero già ragguardevole che io posso accrescere di molto, e che perciò sembra in vero permettere assai poco di ag- giungere ancora un'altra fanciulla. Ciò nondimeno le cose che verranno esposte mostreranno che i nostri sforzi non saranno per riuscire del tutto vani.

Lello o Lelio si procacciò fama di valente giureconsulto, ed ebbe parte nella riforma degU Statuti di Roma sotto Paolo II (i). Trasse per mogUe Brigida dei Rustici, da cui ebbe, secondo l'Adinolfi (2), Bernardino, Niccolò, Pietro, Amhrosina, Livia, Lanra(^^ e Francesco (4), Aggiungo i nomi seguenti: Faustina filia quondam Lellide Falle (Catasto di S. S. a. 1477); il medesimo Catasto ricorda nel 1480 la morte di una Giulia, figlia di Lello e mogfie di Battista dei Mattei (5). Secondo il Cod. Vat. 8251 (6), Giulia fu fidanzata nel 1454 e sposa nel 1457: Faustina è indicata siccome moglie di Angelo Toscanella nel 1475 (7). Ivi è ricordata al- tresì un'altra fighuola di Lello, per nome Antonina, fidan- zata nel 14^5 a Francesco de Fabiis e sua mogHe nel

(i) Su questa riforma v. La Mantia, Origrae e vicende degli Sta- tuti di Roma, Firenze, 1879, pag. 29; C. Re, Statuti di Roma (estratto dagli Studii e Documenti di Storia e Diritto) p. CV.

(2) La Via Sacra, pag. 124.

(3) Di Livia, Ambrosina e Laura I'Adinolfi i soli nomi. La prima sposò Prospero Santa Croce nel 1463. La seconda, fidanzata nel 1470 a Niccolò Capo di Ferro (Magalotti, voi. V, pag. 56; Cod. Chis. G. VL 165, P. Il, f. 213) lo sposò nel 1473. L'ultima fu moglie di Marco dei Tebaldeschi nel 1474. V. Cod. Vat. 8251, f. 424. L'Adinolfi (Via Sacra, pag. 125) cita per errore un Toscanella come marito di Ambrosina.

(4) Pietro e Francesco seguirono la carriera delle milizie.

(5) V. Jacobacci pag. 67 e 68; cf. Magalotti, voi. IV, pag. 68 ed il Cod. Chis. sopra citato.

(6) Parte III, f. 424; v. anche il cit. Cod Chis.

(7) Cf. il Cod. Chis. già citato.

Varietà 647

14^9 (i). Il codice Chigiano G. VI. 165, di cui ha fatto uso frequente, aggiunge ai suddetti nomi ancora i seguenti : Tommaso, Gabriele e Francesca. Vedremo ora, come non ci sia ragione di dubitare, che questa Francesca sia appunto la fanciulla morta a Palestrina.

Detto codice contiene indicazioni sulla famiglia della Valle, che trovano preciso riscontro nei documenti e nelle notizie cavate dalle altre fonti; sovente sono più copiose; mai ispirano dubbio di gravi confusioni o inesattezze. Al nome di Francesca sono aggiunte le parole: morta a Pele- strina 14J'). La data è manifestamente sbagliata, ma non credo che questo errore possa ragionevolmente distoglierci dal prestar fede alla indicazione nella sua principale testi- monianza ; vale a dire nell'affermazione che Francesca fu figlia di Lello. Abbiamo già veduto, che l'anno 145^ del- l'epitaffio prenestino esclude assolutamente Fihppo della Valle, il quale non ebbe moglie prima del 146^1. Ho mostrato che Stazio morì prima del 1439; perlaqual cosa escludo anche lui. Di Dionisio non abbiamo certa notizia, ma il silenzio che sopra di esso serbano i raccoglitori di notizie di famiglie romane ed il non aver potuto trovare altre tracce della sua persona, sono buone ragioni per credere che mo- risse molto giovane e sènza figliuoh. Resta adunque uni- camente Jacopo. Ma la positiva testimonianza del codice Chigiano non permette che rimanga quest'ultimo dubbio; e parmi ora cosa provata, che Francesca fu figlia di Lello della Valle.

(i) Cf. Magalotti, voi. IV, pag. 686, V. pag. 56. Quest'Anto- nina non va confusa con la pronipote dello stesso nome, con la figlia cioè di Lello di Pietro di Lello. Certamente non sono una sola per- sona, si per la differenza del tempo e si perchè la prima è ricordata siccome sorella di Niccolò (Jacobacci, 1. e, pag. 64, a. 1469), fi- gliuolo del primo Lello e letterato di vaglia, che poi torneremo a menzionare.

Delle sei menzionate figlie di Lello sono menzionati scherzosa- mente i mariti nei Nuptiali di M. A. Altieri, editi dal Narducci, pag. 28.

D4c

^arieta

Numerosi stromenti coi capitoli di futuro matrimonio abbiamo ricavato dai documenti che ci hanno servito di guida precipua. La fanciulla Francesca fu fidanzata in età giova- nissima al pari delle nobili donzelle sue congiunte; il docu- mento che ad essa dovea riferirsi è però appunto quello che ci manca. Una ricerca accurata in fra gli atti dei notari capi- tolini facilmente lo farebbe discuoprire; ma il -brevissimo tempo di che dispongo non mi permette di eseguire sif- fatto lungo lavoro. In altra occasione forse ne sarà con- cesso di tornare sull'argomento e di dare notizie più ampie sulla famiglia della Valle. Il nome di Francesco e Francesca non fu raro in quella casa, che amò rinnovare la memoria degli avi e degli zii col darne i nomi ai nepoti. Francesca ebbe a chiamarsi la figliuola di Filippo, come pure una ne- pote di essa figliuola, sposata a G. Gerolamo Benzoni (i).

L'elegante epitaffio ha quel classico sapore che si gusta con diletto' presso gli Umanisti contemporanei. Nella fami- glia della Valle le belle lettere furono coltivate con amore, e lo studio delle medesime, come per tradizione, in essa vivo si mantenne per lungo tempo. Il bellissimo titolo metrico posto sulla tomba di Pietro, vescovo d'Ascoli, da Gaetano Marini fu stimato opera del fratello Filippo, ispi- rata dalle leggiadre composizioni della classica epigrafia (2) Il medesimo Filippo dettò l'epitaffio di Paolina, sua figlia, morta della peste, copiandolo dai marmi pagani, raccolti nella casa della Valle. Il dolore di aver perduto in siffatto modo una fanciulla di pochi anni gli fé' scegliere queste dure parole di antica a noi notissima iscrizione:

Decipimur votis et tempore fallimur

et mors deridet curas; anxia vita nihil (3).

(i) Adinolfi, 1. e, pag. 126; Bicci, Notizie della famiglia Boc- capaduli, Roma, 1762, pag. 217.

(2) Archiatri, T. I, pag. 125, 237; cf. 239: Casimiro, Memorie di s. M. in Araceli, pag. 205.

(3) L. e, pag. 240.

Varietà 649

Lello fu uomo addestrato nei buoni studi; l'elegantis- simo marmo posto in Ara Coeli al suo figlio Francesco fu scritto da lui (i). Niccolò, altro figlio di Lello, fu in età giovanissima letterato e insigne poeta (2). Bernardino an- ch'esso fu poeta e consigliere di Ferdinando (I?) re di Napoli (5). Alcuni di sua famiglia furono circa questo tempo scrittori delle lettere apostoliche. Nella chiesa di San Sebastiano de via Papa, la cappella di San Giovanni Bat- tista, proprietà di casa della Valle, che vi depose vari fra i suoi membri, aveva una iscrizione, la quale cominciando colle parole Stirps Falleia sunius, terminava col seguente distico, che altamente si risente del rinascimento dei clas- sici studi e del paganeggiare di cotesto rinascimento :

Fiere refas qiioniam Parcarum sepe soluti Vivitnus ìnsoìit:s liberiore polo (4).

Nulla adunque impedisce di credere che i versi gentili, i quali compiangono la sorte della fanciulla Francesca, siano opera d'un suo congiunto; anzi tutto fa supporre che siano stati dettati dal padre istesso, da Lello della Valle.

L'epitaffio di Francesca della Valle si esprime con amare parole di rimpianto : Invidit sors atra tamen invenììibus annis, occidit et voto faììitur illa sua. U invida sors che volle mie- tere un' esistenza di pochi anni, fu forse invece una sorte pietosa, la quale risparmiò alla nobile fanciulla quei dolori e disinganni atroci, che la Nemesi spesso si compiace far patire a coloro cui sembrava dischiudersi un orizzonte fe- hce, mutando il sorriso della vita in uno scherno crudele.

Enrico Stevenson.

(i) L. e, pag. 122; Casimiro, Araceli, pag. 206.

(2) V. Ciampi, 1. e; Nuptiali di M. A. Altieri, pag. 115.

(3) Cod. Chis. G, V. 148, f. 376, e G. VI. 165, f. 213.

(4) Magalotti, voi. V, pag. 55.

Varietà

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Varietà 55 1

ANNOTAZIONI ALL'APPENDICE.

(i) Catasto di S. Sanctormn; Jacobacci, \. e, pag. 68. Gli anni preceduti da una croce sono quelli della morte; gli altri indicano la data del matrimonio.

(2) Adinolfi, Via Sacra, pag. 132 (testamento di Paolo).

(3) Adinolfi, test. cit.

(4) Test. cit. Ho composto l'albero dei figliuoli di Lucrezia, ri- cavandolo dai documenti del cod. Vat. 8251 e dalle indicazioni del Cod. Chis. G. V. 148, f. 375, il quale aggiunge ancora tre altri fi gliuoli, i cui nomi non sono riuscito a decifrare con sicurezza. Ma- sciolo è chiamato spesso col nome de Militibus. Lucrezia, secondo il Magalotti (VII, 551), morì nel 1489; nel voi. IV, pag. 686, egli scrive invece 1490.

(5) Cat. di 5. S. Jacob.\cci, 1. e, pag. 66.

(6) Cod. Vat. 8251, f. cit.; Cod. Chis. G. V. 148, f. 375.

(7) Adinolfi, 1. e, pag. 123.

(8) Cat. di 5. S. Jacobacci, 1. e, pag. 69.

(9) Cod. Vat. 8251, f. cit.; Magalotti, voi. VII, pag. 551 ; Cod. Chis. G. V. 148, f. 375.

(io) Cod. Vat. cit.; Cod. Chis. cit. La data della morte è riferita dal Marini, Archiatri, I, pag. 239.

(11) Il Jacobacci, 1. e, pag. 74, ed il Magalotti, 1. e. citano il testamento di uno Sta-^io della Valle, coU'anno 1497. Il medesimo Jacobacci, 1. e, pag. 63, riferisce gì' istromenti con che un Eustachio della Valle divenne fidanzato di Rita de Ilperinis (a. 1467 e 1469). La cronologia permettendolo, ho creduto di compiere in questo modo l'albero fatto dall'AoiNOLFL Una Giulia di Stazio sarebbe stata fidanzata nel 1497 a Pietro de Vecchiis, 1. e.

(12) Fece testamento nel 1505 ; v. Magalotti, voi. VII, pag. 551.

(13) Per l'anno in cui morì, v. Ciampi, 1. e: Reumont, Gesch. à. Stadi Rom, III, I, 349; Magalotti, voi. V, pag. 54: Cod. Chis. cit., f. 375, 376: Cod. Chis. G. VI. 165, p. II, f, 213.

(14) Cod. Chis. G. VI. 165, p. II, f. 213. Il Magalotti cita un testamento di Gismonda all'anno 1527.

(15) L'anno i486 lo desumo dal cit. Cod. Chis. il quale indica sempre la data degh sponsali, non quella del matrimonio. Viveva ancora nel 1527, v. Bicci, No/, della fam. Boccapaduli, pag. 646.

(16) Cod. Chis. G. V. 148, f. 376.

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