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DIZIONARIO

DI ERUDIZIONE

STORICO-ECCLESIASTICA

DA S. PIETRO SINO AI NOSTRI GIORNI

SPECIALMENTE INTORNO

AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADKI, AI SOMMI PONTEFICI, CAIIDINAH E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA PATRIARCALI, ARCIVESCOVILI E VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII , ALLE FESTE PIÙ SOLENNI AI RITI, ALLE CEREMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE E PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.

COMPILAZIONE

DEL CAVALIERE GAETANO MOROrsI ROMANO

. PRIMO AIUTANTE DI CAMERA DI SUA SANTITÀ

GREGORIO XVI.

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VOL. XXIX.

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IN VENEZIA

DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA MDCCCXLIV.

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DI ERUD\Z\M.

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DA S. PIETRO SINO Al DS TRI GIORM

S P E C I A L M E N T i INTORNO

AI l'HINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADB Al ^uMMi fOlil

E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, - VaBII GIADI MttA

DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA PAT «1 ARCALI , ARTI

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PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITJt, r.\iL'ESTRI CO OsriTALIKkI, HO*

CHE ALLA CORTE E CURIA BOMAlfA ED ALLAAMICLIA POUTIflCIA, IC. IC. CC.

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DALLA TIPOGRAFA F>1| LIANA MDCCCXI V.

DIZIONARIO

DI ERUDIZIONE

STORlCO-ECCLESlASTlCA

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rENOVEFFA o GENEVEFFA

(s.). Nacque da un Severo e da una Geronzia, verso l'anno 4^2, nel vil- laggio di Nanterre, due leghe da Parigi distante. Passando per colà s. Germano d'Auxerre e s. Lupo di Troyes, che andavano a combattere V eresia di Pelagio nella gran Bre- tagna, tra la folla divota che do- mandava la loro benedizione, s. Germano per superna ispirazione distinse Genoveffa, fanciulla di set- t'anni. Fattasela appressare coi suoi genitori, predisse loro la futu- ra grandezza della figliuola, ed aven- do inteso da lei medesima che ar- dentemente bramava di dedicarsi al Signore in perpetua virginità, la benedisse e la consagrò a Dio da quell'istante. Allora Genoveffa riguardossi come affatto separata dagli uomini, di nuli' altro occu- pandosi che degli esercizi della cri- stiana pietà e della più fervida di- vozione. Giunta all'età di quindici anni, fu presentata al vescovo del paese per ricevere il sacro velo

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della religione. Perduti i genitori, ritirossi a Parigi presso una signo- ra ch'era sua santola, seco recan- do lo spirito della più austera pe- nitenza. Ella non mangiava che la domenica e il giovedì, e non ci- ba vasi che di un po' di pane e di alcune fave, assolutamente vietato- si r uso del vino. Seguitò questo tenore di vita fino ai cinquant' an- ni, in cui alcuni vescovi la costrin- sero ad usare d'un po' di latte e di pesce. A tanta mortificazione accop- piava perfetta purezza , profonda umiltà, viva fede, carità ardentis- sima, quasi continua orazione: e n'era ricompensata con quelle in- terne sovrumane consolazioni che il mondo non può dare, i mon- dani comprendere. Nullameno era d' uopo che la sua virtù fosse pro- vata colla tribolazione. I suoi ne- mici, approfittando della sincerità con cui ella parlava dei favori straordinari che lo Spirito Santo comunicavale, la spacciarono per ipocrita e fantastica, caricandola di

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odiose e disonorevoli imputazioni. Ma s. Germano che passò per Pa- rigi, andando la seconda volta nel- la gran Bretagna, conosciutane l'in- nocenza, prese la difesa di lei, e fé' tacer la calunnia. Nel ^5o mi- nacciando Attila d' invadere la Francia con formidabile esercito, sparse in Parigi la costernazione e lo spavento. Genoveffa, ripiena di fiducia iu Dio, promise a' parigini che allontanerebbero tanta calami- tà se ricorressero ai digiuni e alle orazioni. Alcune femmine si chiu- sero con lei nel battisterio pub- blico, e vi passarono parecchi gior- ni in orazioni e penitenze. Altri trattando la santa da falsa profe- tessa, spinsero il loro furore a se- gno che sarebbe corsa pericolo del- la vita, se non giungeva l'arcidia- cono d'Auxerre portandole delle eulogie in nome di s. Germano, che signiflcavale con ciò la sua stima. Questa circostanza ispirò ne' persecutori di lei sentimenti piìi umani e religiosi , che si cangia- rono in venerazione allorché mu- tando gli unni direzione alla loro marcia, si avverò la predizione del- la santa. Ella ebbe inoltre il do- no dei miracoli, e ne operò di stre- pitosi a Parigi, a JMeaux, a Laon, a Troyes, ad Orleans, a Tours, per cui dilatossi la fama di sua santità. Nell'assedio di Parigi fatto da Childerico, Genoveffa si pose al- la testa di coloro ch'erano spediti a cercar viveri, escoitatili fino ad Arcis-sur-Aube ed a Troyes, li ri- condusse illesi passando fra l'oste nemica. Dopo la presa della città, Childerico, benché gentile , rese o- maggio alla virtù di lei , ed a sua istanza usò molta clemenza, nel che fu imitato da suo figlio Clo- doveo. Genoveffa fece erigere una

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chiesa in onore di s. Dionigi di Parigi, pel quale avea speciale de- vozione. Contribuì colle sue orazio- ni alla conversione del re Clodoveo. e Io impegnò ad innalzare la basi- lica de'ss. apostoli Pietro e Paolo, poi compita da s. Clotilde. Final- mente morì di ottantanov'anni, ri- piena di meriti, a' 3 gennaio del 5 12, e fu sepolta nel l'ecinto del- la nuova chiesa degli apostoli non ancor terminata, la quale in segui- to prese il nome di lei e lo porta tuttora. Dell'abbazia, canonichesse, e canonici di s. Genoveffa, se ne tratta nel seguente articolo . Il suo culto è celebre a Parigi, che la onora del titolo di patrona, e deve alla sua intercessione se- gnalati favori. Neil' anno 1129 un morbo crudele detto l' ardente faceva strage de' parigini; e dopo una solenne processione in cui fu portata alla cattedrale la magnifi- ca cassa di s. Genoveffa, cessò sul fatto quel tremendo flagello. Papa Innocenzo II, recatosi in Francia l'anno seguente, verificato il mira- colo, ordinò che se ne celebrasse ogni anno la memoria il 26 settembre; la festività poi solenne di s. Genoveffa celebrasi a' 3 di gennaio.

GENOVEFFA (s.). Abbazia, ca- nonichesse e canonici regolari. P. il voi. VII, pag. 235 e 271 del Di- zionario. La celebre abbazia di s. Genoveffa era situata a Parigi [Fe- di], in capo alla strada detta di s. Genoveffa, che non formava an- cora parte delia città quando fu fondato il monistero. In questo luo- go eravi un cimitero ove fu sepol- to Prudenzio vescovo di Parigi ; e s. Geno'.'effa (Fedi), morta ne' pri- mi del IV secolo, fu ivi pur tumu- lata. Scrivono alcuni che sulla di

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GEN GEN 7 lei tomba fu eretto un oratorio di monistero, vi destinò Eude priore legno, che il re Clodoveo I ridus- di s. Vittore come capo della x'i- se a forma di chiesa sotto l' invo- forma, con dodici suoi confratelli cazione de' santi Pietro e Paolo, accordatigli dall' abbate Gilduino. per adempiere il voto che avea Nel 1177 eletto in abbate Stefano fatto prima delia sua partenza da di Tournay intraprese la restaura - Parigi perla guerra contro i goti: zione del monistero, e coprì la la cosa però non andò in tal mo- chiesa di piombo, come ristabilì in do, giacché è noto che s. Genovef- vigore la disciplina, facendovi e- fa mori nel 5i2, cinque settimane gualmente fiorire la pietà e l'amo- dopo la morte del re, e fu sepol- re delle lettere , ma separando la ta presso questo principe nel re- scuola de' religiosi da quella degli cinto delia nuova chiesa da lui inco- scolari. Verso quest' epoca ebbe minciata per luogo di sua sepoltura, principio la carica di cancelliere di fuori della città, sopra una collina s. Genoveffa , il quale era un uffl- poco distante dal suo palazzo. Quin- ziale nominato dall'abbate, che ne di Dio operò gran numero di facesse le veci con accordare la li- prodigi per l'intercessione di s. Gè- cenza d'insegnare; prima il can- noveffa a chi ricorreva alla sua celliere nominava i dottori e i pro- tomba, che la chiesa prese il di lei fessori di tutte le facoltà, poi solo nome. La pia regina Clotilde vedo- potè accordare il grarlo di maestro va di Clodoveo I la terminò ed di belle lettere e filosofia. Nel 1227 abbellì di ricchi ornamenti, come circa il Papa Gregorio IX accordò quella che avea indotto il re a all'abbate l'uso della mitra e del- fabbricarla; indi la scelse per luo- l'anello, e Clemente IV la facoltà go di sua sepoltura, come avea fat- di poter conferire la tonsura e i to il marito nel mezzo del coro , quattro ordini minori a' suoi reli- e la regina fu deposta presso i giosi , ed alcuni diritti che poi ri- gradini dell'altare maggiore, poscia nunzio nel 1669: conservò però la trasportata dietro il coro, pel culto prerogativa di assistere alla proces- che i francesi le tributarono. Ter- sione della cassa di s. Genoveffa minato il tempio fu distrutto l'o- con mitra e pastorale, incedendo a ratorio di legno eretto sul sepolcro destra dell'arcivescovo di Parigi, e di di s. Genoveffa , ed il corpo della dare come lui la benedizione nelle santa fu trasferito dietro l'altare contrade. Siccome s. Genoveffa è ìa maggiore, e collocato in preziosa protettrice di Parigi, così la cassa cassa, sostenuta da quattro colon- contenente le sue reliquie, d'ar^en- ne di bellissimo marmo. L'abbazia to dorato, e ricca di pietre prezio- di s. Genoveffa sino all' 857 fu se donate dai re e dalle regine di amministrata dai monaci, ma es- Francia, portavasi in processione sendo stata bruciata dai norman- nelle grandi calamità pubbliche ni, furonvi sostituiti de' canonici tutto il clero e tutte le corti su- secolari, a' quali succedettero quei periori della città assistevano a que- regolari dell' ordine di s. Agostino sta processione ; i religiosi della nel I 148. Fu allora che il celebre santa procedevano a piedi nudi abbate Suger, incaricato dal Pon- alla destra del capitolo della me- tefice Eugenio III di rifoimaie il tropolitana.

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L'abbate e i canonici regolari tli s. Genoveda liiiunziarono a diversi diritli cbe avevano sulla pari'occhia di s. Stefano del Monte, e su diverse allre chiese di Parigi sino dal 1202, dappoiché la chiesa di s. Stefano era contigua a quella antica di s. Genoveffa, il cui abbate nominava a reggerla un suo religioso. Inol- tre questo abbate era il conserva- tore dei privilegi apostolici , e de- putato dalla santa Sede per cono- scere e giudicare tutte le cause tra persone ecclesiastiche : la sua camera apostolica aveva anticamen- te molto credito ed un grandissi- mo potere; le appellazioni porta- vansi immediatamente alla santa Sede, ma gli abusi che ne deriva- rono ne fecero col tempo limitare la giurisdizione. Caduta l' abbazia nel rilassamento, Luigi XIII dopo la morte dell' abbate Beniamino Brichanteau , eh' era pur vescovo di Laon, la diede con autorizzazio- ne di Gregorio XV al cardinal Francesco de la Rochefoucault , il quale l'accettò colla condizione di potervi ristabilire il buon ordine e la primitiva regola. In fatti do- po aver stabiliti a s. Genoveffa do- dici canonici regolari della nuova riforma di s. Vincenzo di Senlis , a' 27 aprile 1624 scelse uno di essi per suo coadiutore nella per- sona del p. Carlo Faure ; indi vi associò altre abbazie, in modo che l'abbazia di s. Genoveffa divenne il capo d' una congregazione del suo nome, di cui volle che il superiore generale ogni triennio fosse pure abbate di s. Genoveffa, con l'ap- provazione del Papa Urbano Vili, e del re Luigi XIU.

Nel regno di Francia la congrega- zione di s. Genoveffa giunse ad avere sessautasette abbazie, treni' otto prio-

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rati conventuali, due prepositure e tre ospedali : nei Paesi-Bassi tre ab- bazie, tre priorati, oltre un gran- dissimo numero di parrocchie . Quanto al monistero di s. Geno- veffa, r interno era molto ben fab- bricato, e da per tutto appariva la maggior proprietà. L' abbazia pos- sedè una biblioteca che passava per una delle migliori di Europa, sia per 1' edilizio, che per la qua- lità e quantità di libri, oltre un gabinetto d'antichità descritto dal p. Molinet; poi si aggiunse la col- lezione delle medaglie d'oro che nel 1752 gli lasciò il duca d'Or- leans, che ivi erasi ritiralo. Dopo qualche anno si fabbricò una nuo- va chiesa a s. GenovefEi maestosa, con disegno del celebre Sufflot, ed il re Luigi XV vi collocò la prima pietra nel settembre del i 764; ma questo superbo monumento soggiacque alle vicende della re- pubblica francese , che lo destinò per Pantheon alla sepoltura degli uomini illustri della patria, sebbe- ne vi furono tumulati anche colo- ro che si lordarono le mani del sangue de' propri concittadini, pro- fanatori della religione e della ca- sa del Signore. In questa triste e fatale occasione si cambiarono mol- ti bassi- rilievi, e si fecero diverse mutazioni, secondo l'uso cui dovea servire. Restituita la chiesa di s. Geno vetta nei primi anni del cor- rente secolo alla sua precedente destinazione religiosa, nel i83o per le note vicende politiche nuova- mente fu ridotta ad uso di Pan- theon. La congregazione di s. Ge- novelfa lu onorala da molti perso- naggi con la loro pietà e dottrina. V. Gallici Clirist. noi'a tom. VII, p. 700; Le Fevre, Calend. storico di Parigi p. 5oo, e gennaio 3, no-

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vembre 26 ; Piganiol, Descrizione di Parigi tom. V, p. loS; e Sainl- "Victor, Tableau historique et pitto- rescjue de Paris. In questa città e- ravi pure altra antica chiesa dedi- cata a s. Genoveffa, detta la Pic- cola s. Genoveffa ; sorgeva presso la cattedrale , ed alla casa ove la santa morì, e fu demolita nel 1747 per fabbricarvi i' ospedale dei fan- ciulli esposti.

GENTILE (b.). Sorti i natali a Matelica, città della Marca di Ancona, dall'illustre famiglia Fi- naguerria, e giovane ancora entiò nella l'eligione di s. Francesco. Con- sagrato sacerdote ritirossi sopra il monte Al verno, luogo celebre pel soggiorno del suo santo patriarca, e si rese modello di perfezione cri- stiana , e fervido contemplativo. I religiosi del convento, ammiratori delle sue virtù e de' suoi meriti, lo scelsero due volte per loro su- periore. Predicatore zelante ed elo- quente, ricondusse sul sentiero del- la virtù uomini traviati. Passò a predicare la fede nel Levante, scor- se le frontiere delT Egitto, s'inol- trò nella Persia. 11 Signore avva- lorò la sua dottrina col dono dei miracoli, e colla scienza dell'avve- nire; e i persiani stupefatti a que- sti prodigi, ricevettero il battesimo in numero di diecimila. 11 nuovo apostolo non tralasciò d'adoperarsi con tutto il fervore per rassodare la fede de' novelli cristiani. Si uni al veneto ambasciatore Marco Cor- nare, poi doge di Venezia, ch'era- si recato in Persia, per visitare seco- lui la tomba di santa Caterina sul monte Sina nell' Arabia. Continuò poscia in quel paese le sue fati- che ; ma i saraceni adirati pei trionfi eh' egli riportava sulla set- ta di Maometto, gli fecero sofìii-

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re il martirio a Toringia nel i34o. Le sue reliquie furono acquistate a prezzo d' oro da un Nicola Quiri- ni nobile veneziano, e trasportate a Venezia, dove riposano in un'ur- na marmorea nella chiesa di san- ta Maria Gloriosa, già de' frati mi- nori : sotto l'urna avvi dipinta l'im- magine di questo servo di Dio, di- nanzi alla quale arde una lampa- da. Il di lui culto fu approvato da Papa Pio VI, il quale permise all'or- dine di s. Francesco ed al clero di Matelica di celebrarne la festa a' 5 di settembre, giorno in cui il b. Gentile ricevette la corona del mar- tirio.

GENTILE. Questa parola deri- va dall' ebraico Goiini o Gojini o Gotim , dappoiché con tal vocabolo gli ebrei appellavano le nazioni e tutti i popoli della terra, ed ognu- no che non era israelita. In origi- ne questo vocabolo non significava nulla di spregevole , ma in pro- gresso i medesimi ebrei vi uniro- no un' idea svantaggiosa a motivo dell' idolatria e dei vizi, da cui e- rano infette tutte le nazioni. Quan- do gli ebrei furono convertiti alla fede dell' evangelo, continuarono a chiamare gentili, gentes, le nazioni ed i popoli che non erano ebrei, cristiani. San Paolo è denomi- nato V apostolo delle genti, ['apo- stolo dei gentili o delle nazioni , perchè principalmente si occupò al- la conversione ed alla istruzione dei gentili , che dislingue talvolta anche col vocabolo di greci, come abbiamo neW epist. ad Rovi. I, i^, I 6 ; neir epist. ad Corinth. 1 , 22 , 24; e neW epistola ad Galat. 3, 28. Anche s. Luca negli atti degli apostoli 6, I , fa uso del vocabolo graecus , nel medesimo significato. Molti ebrei superbi dei privilegi

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della loro nazione, e delle promes- se che Dio avea loro fatto, e del- la legge che avea loro data, si sde- gnarono al vedere che i gentili era- no ammessi alla fede, senza essere assoggettati alle cerimonie del giu- daismo. Fu necessario un decreto degli apostoli riuniti da s. Pietro in concilio a Gerusalemme, per de- cidere che bastava credere in Ge- sù Cristo per essere salvi, e che non si dovessero inquietare i gen- tili convertiti alla fede, ma si scri- vesse ad essi , che solo si astenes- sero dalle caini immolate agl'idoli, dalla fornicazione, e dal mangiare animali soffocati, il sangue, co- me si ha dagli Alli apost. e. i5, V. 5 e seg. Malgrado però di que- sta decisione molti ebrei perseve- rarono nel loro erroneo sentimen- to, e furono chiamati giudei ebio- niti, dall'eretico Ebione [T-^edì) lo- ro capo. Contro gli ebioniti s. Pao- lo scrisse principalmente la sua let- tera ai galati. I profeti che avevano annunziato la conversione e la fu- tura salute de' gentili , in nessun modo aveano sisrnificalo che sareb- bero sottomessi al giudaismo : anzi avevano predetto che alla venuta del Messia vi sarebbe una nuova alleanza, come si espres'je Geremia e. 3i; una nuova fede al dire d'I- saia e. 42, V. 4 ; *iQ nuovo sacer- dozio 5 e nuovi sacrifizi come di- chiarò Malachia e. &5, v. 21, e. i, V. io; e che assolutamente cesse- rebbero quei del tempio di Geru- salemme, lo si legge in Daniele cap. 9, V. 27. Dunque per par- te de' giudei, osserva il Bergier, era un'ostinazione assai mal fon- data il pietendere che la legge di Mosè fosse stata data per tutti i popoli e per sempre; che non vi potesse essere salute pei gentili sen-

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za l'osservanza delle cerimonie le gali.

]l Rinaldi negli Annali ecclesia- stici tratta molti punti risguardan- ti i gentili, dicendo che nei primi tempi i discepoli degli apostoli di- spersi, non predicarono ai gentili, ma ai soli ebrei ; che s. Pietro a- prì ai gentili la via per venire al- la Chiesa, per cui fu ripreso dal- l'eretico Cerinto , il quale voleva obbligare i gentili di recente con- vertiti, alla circoncisione ed alle al- tre mosaiche osservanze, cui ave- vano dispensato di seguire gli apo- stoli nel terzo concilio di Gerusa- lemme; dice quando i discepoli incominciarono a predicare ai gen- tili , e dei costumi fieri di questi avanti la predicazione salutifera del vangelo, ed altri punti relativi alle loro usanze, riti ch'ebbero in co- mune coi cristiani e con gli ebrei, delle loro superstizioni, e degl' im- peratori che permisero o vietarono loro il sacrificare , come di quelli che li protessero o repressero col- r inabilitarli alla milizia ed alle magistrature , onde distruggere le reliquie dell'idolatria ; quindi della conversione dei loro templi in chie- se; che i cristiani chiamarono pa- gani gì' idolatri , ed i romani ap- pellarono i barbari col nome o co- me sinonimo di gentili, alleati o no dell'impero, nonché con quello di stranieri, in opposizione ai pro- vinciali, cioè gli abitanti delle pro- vincie dell'impero, secondo che s' insegna nel diritto romano e nel rescritto degl' imperatori , tit. de nupt. Geni., e. Theod.

IlMamachi nei Costumi de primiti- vi cristiani principalmente discorre come i gentili conobbero l' innocenza de'cristiani, e che mossi da questa e dalla divina grazia abbracciarono la

loro religione; de' nomi obbrobrio- si co' quali i gentili chiamavano i Cristiani (P^edi), come a quell'artico- lo notammo ; delle calunnie dei gen- tili inventate dall' odio che porta- vano al nome cristiano ; che ne ap- provavano la loro conversazione , ma siccome superstiziosa ne ripro- vavano la religione; che punivano i cristiani per il solo nome, sebbe- ne alcuni di loro persuasi dell' in- nocenza de' cristiani abbracciarono la religione de' medesimi ; dice del- le testimonianze degli stessi gentili, colle quali provasi la verità della religione cristiana; del loro errore della pluralità degli Dei, e per qual motivo loro dispiacesse che i cri- stiani non si accostassero ai templi degli Dei; narra le persecuzioni di essi contro i cristiani, e viceversa r amore che questi avevano pei gen- tili, e con quanta diligenza ne pro- curarono le conversione. Il p. Rui- nart negli ydui sinceri dei primi martiri della Chiesa cattolica, par- la come i gentili deridevano i ca- duti, delle sevizie brutali che face- vano contro i cadaveri dei martiri, e che dopo la morte di Giuliano r Apostata in più luoghi si leva- rono a rumore, ed uccisero molti cristiani in odio della fede. Pom- peo Sarnelli nelle Lettere ecclesia- stiche, rileva vari usi dei gentili, e delle non poche costumanze puri- ficate e santificate nel cristianesimo. Il p. Stefano Menochio nelle Stila- re o trattenimenti eruditi, tratta mol- ti argomenti analoghi a' gentili, fra' quali ne accenneremo tre: che nei primi tempi del cristianesimo i gen- tili non distinguevano i cristiani dai giudei; delle diligenze e sforzi che fe- ce Giuliano l'Apostata per rimettere e riformare il gentilesimo, e come contro le invenzioni di lui si an-

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dassero schernendo i cristiani; e delle industrie usate già dai genti- li per sopprimere nella Giudea le inemorie e la venerazione de' luo- ghi santi. Il Buonarroti nelle O^- servazioni sui medaglioni e vetri antichi, nel parlare degli avanzi del- la gentilità e memorie della sua superstizione, dice ch'esse dimostra- no la potenza della nostra religio- ne, e sono suoi trofei ; ed in mol- ti luoghi spiega come gli scultori, i mosaicisti ed altri artisti signifi- carono nelle loro opere i gentili , con simboli e figure. Finalmente Giovanni Marangoni , Delle cose gentilesche e profane trasportate ad uso ed ornamento delle chiese, copiosamente discute 1' argomento , dichiarando che i gentili tolsero dai sacri libri molte storie, riti e dottrine, indi deformate con favole, e che dai medesimi ricercarono le somiglianze delle figure de' loro si- mulacri; che bramarono che i loro templi fossero convertiti in altri usi, piuttosto che vederli diroccati , e che senza saperlo prepararono i ma^ leriali più sontuosi, per la magni- ficenza delle nostre chiese.

GENTILE Partilo da Monte- fiore, Cardinale. Gentile Partino nacque in Montefiore nella Marca, diocesi di Fermo, in età giovanile in detta sua patria professò nell'or- dine de' minori, fu mandato a stu- diare nelle celebri scuole della cit- tà di Parigi, e divenne uomo gra- vissimo, come lo chiama il Buon- fìnio , siccome dotato di straordi- naria virtù, scienza e saviezza. Es- sendo dottore in teologia, perciò detto il dottore parigino, e lettore del sagro palazzo apostolico , dopo aver egli nelle scuole di esso dato saggio di sua dottrina, il Pontefi- ce Bonifacio Vili ne premiò il me-

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rito a' 4 (iicembie 1^98, creando- lo cardinale dell' ordine de' preti , conferendogli per titolo la chiesa di s. Martino ai Monti. Inoltre Bo- nifacio Vili lo inviò legato in Si- cilia, lo incaricò di aiutare i cava- lieri gerosolimitani per la ricupera di Palestina, e gì' impose di com- primere gli eretici fraticelli. Dopo la morte di (|uel Pontefice inter- venne ai conclavi in cui furono elet- ti Benedetto XI, e Clemente V , il quale nel i3o5 gli aflidò la cura e l'amministrazione della chiesa di s. Prassede, e dichiarandolo legato apostolico con ampie facoltà lo spe- dì in Ungheria, munito di un pon- tificio breve diretto ai popoli di quel regno , non che a quelli di Polonia, Dalmazia e Croazia, nel quale venivano esortati a prestar- gli ubìjidienza. Il cardinale condus- se in Buda Carlo Bimberto o Ro- berto ossia Carlo Martello figlio di Carlo II re di Sicilia, ricono- sciuto e confermato dalla santa Se- de qual re d' Ungheria, e siccome gli ungheresi avevano ricusato di prestargli ubbidienza, erano stati ful- minali colla sentenza dell'interdetto. In Pesto o Pestino il cardinale con- vocò una generale assemblea degli stali , ed in essa coronò solenne- mente Carlo in re d' Ungheria, col nome di Carlo I Roberto. Nella medesima assemblea il cardinale sta- bilì, che se Stanislao o Ladislao vai- voda non avesse restituito la corona delta santa dagli ungheresi, manda- ta già dal Papa Silvestro II al re s. Stefano I , nella quale essi pre- tendevano essere fondato il diritto reale, si tenesse in avvenire in con- to di profana, ed un'altra bene- delta se ne dovesse mandare dal Pontefice pel nuovo re; in tal mo- do dopo dieci anni di discordie e

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sedizioni, Carlo I cominciò a pien- dere le redini del governo. Ad on- ta di tanta solennità con la quale erasi coronato il principe, avendo due palatini del legno reclamato , e preteso d'intimare una nuova dieta, dalla quale esigevano fosse escluso il cardinal legato, questi fidminò l'anatema contro tulli quel- li che avessero ricusato di prestar omaggio al re Carlo I , e special- mente contro Matteo Palatino capo de' ribelli, e reo di gravi ed enor- mi delitti. In questa legazione il cardinale confermò, come nana il Panvinio, l'ordine de' monaci di s. Paolo primo eremita, che mili- tavano sotto la regola di s. Agosti- stino. Nella cronaca del Wadingo, attribuita al b. Odorico da Forlì , e riportata dal Baluzio nelle ag- giunte al tom. I delle Vile de Pa- pi d'Avignone 'p. ì^i/ì, viene de- scritta la legazione del cardinale, con tutte le più minute circostan- ze avvenute ne' ti-e anni che durò, e delle costituzioni da lui date al regno ungarico, col titolo: Ada conventiis Possoniensis . Portatosi il cardinale in Avignone, ove Cle- mente V avea stabilito la residen- za pontificia , poscia intervenne al concilio generale di Vienna, in cui con invincibili argomenti teologici, e di diritto canonico, difese valo- rosamente dalle calunnie il cattoli- cismo, la legiltimità, l'innocenra e la memoria di Bonifacio Vili, che il re di Francia Filippo IV di lui fiero nemico, pretendeva che fosse esecrata come un eretico, mentre il re stesso trova vasi presente all'eloquente e zelante difesa. Mossi dal suo esem- pio, difesero Bonifacio Vili anche i celebri cardinali Giovanni Minio da Morrovalle, Guglielmo Longhi e Riccardo Pelroni. Inoltre il cardi-

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Mal Gentile per mezro di sue let- tere fece noto al mondo, aver ter- minato Bonifacio YIII con gran pietà i suoi giorni. Invialo dal Pa- pa in Italia, ebbe ordine di tras- portare in Avignone il denaro esat- to dalla città di Roma, e dalle pro- vincia di Campagna e del Patri- monio di s. Pietro, nel timore che se ne impadronisse Enrico VII che dovea portarsi in Roma a prendere la corona imperiale. Partito il car- dinale d'Avignone per 1' Italia per prendere detto denaro, che valuta- Tasi un milione di fiorini d' oro , indi non credendo egli sicuro que- sto trasporto a motivo delle fazio- ni de' guelfi e ghibellini , e delle guerre tra' genovesi e pisani, che allora desolavano l' Italia , per cui tutte le strade erano infestate di assassini ed armati, lo lasciò come in sicuro deposito nella sagrestia di s. Frediano in Lucca, dove si dice che in breve fosse rapito e involato da Castruccio signore di quella cit- tà, ovvero da Uguccione signore di Pisa, quantunque altri opinano di- versamente. Dopo avere come le- gato apostolico condannata l'empia setta dei fraticelli, vide il fine dei suoi giorni nel i3i2 in Avignone, secondo il Giacconi o, Vitae Pont, et Card., ed il p. Giovanni da Sa- lamanca, nella Biblioteca france- scana tom. II, p. 14. 11 citalo Ba- luzio a p. 582 scrive che il càrdi- naie non potè proseguire il suo viaggio per esseie stato sorpreso in Lucca da grave malattia , che gli tolse la vita in quella città , come rilevasi dalle lettere di Gio- vanni XXII , immediato successore di Clemente V ; e però soggiunge, sona in errore coloro che pensano essere morto in Avignone, mentre le memorale lettere ch'erano nella

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Colberlina, nel codice 829, dimo- strano il contrario, e questa fu la cagione per cui il tesoro rimase in Lucca. II medesimo Baluzio rac- conta che Odoardo I re d'Inghil- terra assegnò al cardinale l'annua pensione di cinquecento lire sterli- ne. Il Novaes Storia de' Pontefici tom. IV, p. 4I5 dice che il tesoro poi lo ritirò da Lucca Raimondo marchese d'Ancona nipote del Pa- pa, il quale venendo sorpreso dai modenesi, fu da questi ucciso ru- bandogli il tesoro, per cui Clemen- te V li scomunicò. 11 Cardella nel- le Memorie storiche de' cardinali tom. II, p. 58 , narra che Gentile morì dopo quattordici anni di car- dinalato , e che trasferito il cada- vere in Asisi fu sepolto nella ba- silica di s. Fi'ancesco, nella cappel- la de' ss. Lodovico e Martino da lui fondata, di cui tratta il p. Bru- schelli a p. i o5 d'issisi città se- rafica. Giuseppe Cohicci nel tom. XXV delle Antid.ità picene , ri- portando la visita triennale del Ci- valli, e parlando a pag. 28 di IVIon- tefìore , dice che quel convento de' francescani eretto nel 1246, fu illustrato da religioso dal Gentile, il quale nella bella contigua chie- sa di s. Francesco e nella cappella di pietra a manca dell'altare mag- giore, ove sono sepolti i di lui ge- nilori, a questi con amor figlia- le eresse un monunienlo, consi- stente in due statue di pietra gia- centi, con questa memoiia : Anno Domini i3 io. Dominus Gentilis de Monte Floriun Cardinalis ord. min. tempore Bonifacii Pili , ti- tuli .V. Martini in Montibus.

GENTILI o GENTILE Y, Genti- liaciim. Luogo di Francia, dipar- timento di Senna, lungi una lega da Parigi, sulla riviera di Bievre,

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Si chiama qualche volta grande Gentilly per distinguerlo dal pic- colo , situato pure sulla Bievie. Questo villaggio fu la residenza dei re di Francia della prima e secon- da stirpe. Pipino vi fece costruire un palazzo di cui piìi non riman- gono che le vestigia , nel quale si tenne una corte plenaria nei 762. Dipoi nell'anno 767, o secondo al- tri nell'anno 796, nel giorno di ÌNatale, vi fu radunato un concilio nazionale sul mistero della ss. Tri- nità, la particola Filioque del sim- bolo, ed il culto delle sacre imma- gini. V intervenne il re Pipino accompagnato dai grandi del regno e dalla maggior parte dei vescovi delle Gallie e delia Germania; due legali della santa Sede inviati dal Pontefice Paolo I , sei patrizi am- basciatori dell' imperatore Costan- tino Copronimo , con molti vesco- vi di Grecia. Questi ultimi agita- rono coi legati la questione sulla processione dello Spinto Santo, se proceda dal Figliuolo come dal Pa- dre; e rimproverarono ai Ialini di aver aggiunto al simbolo di Co- stantinopoli la parola Filioque. Am- mettendosi la presenza nel conci- lio del re Pipino e dei legati di Paolo I, conviene dire che fu ce- lebrato nell'anno 767. Regia tom. XVU ; Labbé tom. VI; Arduino toni. HI, Diz. de concila ; Lenglet, Tavolette cronolog.j e Manzi, Sup- pleni. de'concilii t. J, col. 6^3 e 624 GENTILI Paolo, Cardinale. Paolo Gentili da Lucca fu da Ur- bano IT del 1088 creato cardinale dell'ordine de' preti, conferendogli per titolo la chiesa di s. Sisto. Sottoscrisse al concilio di Guastal- la convocato da Pasquale II, e ven- ne incaricato di diverse legazioni in Oriente.

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GENTILI RIDOLFUCCt Luca, Cardinale. Luca Gentili Kidolfuc- ci di Camerino, da arcidiacono e priore di quella cattedrale, Urbano V nel 1869 lo promosse al vesco- vato di Nocera, quindi da Grego- rio XI fu fatto vicario di Roma, ed il Papa Urbano VI a' 18 set- tembre 1378 lo creò cardinale prete, assegnandogli per titolo la chiesa di s. Sisto. Lo dichiarò le- gato dell' Umbria, dove riconciliò tra loro i cittadini di Todi, fra i quali vertevano gravi e funeste di- scordie. Mori in Perugia nel 1889, e trasferito il cadavere nella cat- tedrale di Camerino, ivi fu sepol- to con breve elogio in versi, po- stovi da Venanzio Ridolfucci nel 1619. Su questo cardinale va let- ta l'erudita nota posta nel tom. II, p. 643 del Guarna^^cci, alla vita del cardinal Antonio Saverio Gen- tili. 11 Novaes celebra il cardinal Luca, illustre per dottrina e san- tità di vita.

GENTILI AxTo>Mo Saverio^ Car- dinale . Antonio Saverio Gentili nacque in Roma a'9 febbraio 1681, da illustri e nobili genitori di Ca- merino. Si dedicò con tal fervore allo studio della giurisprudenza, che neir aprile del 1699 meritò nell'archiginnasio romano le inse- gne di dottore. Per divenire piìi profondo in questa scienza , istituì in propria casa alcune conferenze di dotti giovani, nelle quali si di- sputava intorno alle facoltà legali, e sopra i riti ecclesiastici. Il Can- cellieri a pag. 107 del suo Mer- cato, con l'autorità del Valesio, di- ce che a' 1 3 gennaio 1 703 entrò in prelatura monsignor Gentili, il di cui padre fu cameriere del car- dinal Maidalchini (nipote di d. O- limpia cognata di Innocenzo X),

rlie iltoinarKio alla sua patria Camerino, per buona sorte entrò al servizio del vescovo di quella città tQonsignor Altieri^ il quale essendo fatto cardinale e poi Ponte- fice col nonoe di Clemente X l'ar- ricchì, avendogli anche conceduto il sito, dov'era una piazza, incon- tro a s. Nicola in Arcione, dove fabbricò un bel palazzo. Su questo ho letto altrove che per gratitudi- ne pose Tarme di Clemente X. Ma- rio Guarnacci nelle Vilae Pont, et Cardinnlium t. II, p. 64 1, dice che Antonio nacque da Teresa Durso, e da Nicola Gentili qui fuit secre- (US cubicularius e numero parte- ciyantiuni Clenientis X, parole che possono benissimo convenire agli aiutanti di camera del Pontefice, anzi monsignor Cecconi vescovo di Montai lo nella sua Storia di Pa- lestina, a p. 184 riporta un'anti- ca lapide di Saturninus cubicula- rius, ed a p. 4' 3 soggiunge, cu- biculario è lo stesso che aiutante di camera. In quanto agl'individui che si comprendono nella catego- ria de' cubiculari pontificii , è a vedersi l'articolo Cubicuxaeio. Do- po aver passato lodevolmente alcun tempo nelle minori cariche della curia, fu eletto nel 1 7 1 3 da Cle- mente XI luogotenente dell'uditore della camera , nella quale carica acquistatasi grande riputazione, fu da Benedetto XI li nel 1727 consa- grato arcivescovo di Petra in par- tìbus, e nell'anno seguente dal me- desimo promosso a segretario del- la congregazione del concilio, indi, passati cinque mesi, a segretaiio di quella de'vescovi e regolari, con la provista d'un canonicato nella ba- silica liberiana. Nel medesimo an- no 1728 consagrò la chiesa di s. Nicola in Arcione (della quale par-

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lammo al volume XVI, p. i3o e 1 3 1 del Dizionario ) insieme con tre altari, come rilevasi da una lapide ivi collocata. Nel maggio 1731 Clemente Xll lo fece data- rio, indi a' 24 settembre lo creò cardinale prete, col titolo di s. Ste- fano al monte Celio, ove ebbe la consolazione religiosa di trovare i corpi de' ss. martiri Primo e Feli- ciano, i quali con solenne proces- sione e r intervento del sacro col- legio, e della prelatura romana ri- pose sotto un magnifico altare da lui eretto e consacrato. Clemente Xll inoltre lo confermò nella da- taria col titolo di prodatario, e nel 1738 lo dichiarò prefetto della mentovata congregazione del con- cilio. Intervenne all'elezione di Be- nedetto XIV che nel 1741 Io de- putò visitatore apostolico dell'arci- spedale di s. Spirito, di cui come dell'amministrazione fu benemeren- tissimo, oltre l'edificazione che die- de nelle frequenti visite diurne e notturne che faceva agi' infermi, ministrando loro con indefesso zelo i ss. Sagramenti ne'nove anni che restò visitatore. Dimesso il titolo passò al vescovato suburbicaiio di Palestrina nel 174?? "^ visitò la diocesi, ed esercitò molti atti di be- neficenza coi poveri, e con la cat- tedrale. Appartenne alle congrega- zioni del s. offizio, di propaganda fide, dell'immunità, dei riti e della consulta; e fu protettore de'monaci Olivetani, de'religiosi trinitari, e di qvielli di Betlemme nell' Indie oc- cidentali. Mecenate de'letlerali, la sua casa fu sempre pei- loro aper- ta; dotto e profondamente erudi- to, chiaro divenne nella repubblica letteraria. Il Cancellieri nella loda- ta sua opera, a pag. 228 e seg., nel riportare erudite notizie delia

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celebre accademia degli Infecondi, che fu la ujadie dell'illusile e co- spicua Arcadia, dice che il ctir- dinale n' era il protettole, il qua- le essendo solito sino dai giovanili suoi anni, in tutti i giorni delle so- lennità della Beata Vergine dare nella propria abitazione un di voto ed erudito trattenimento in di lei onore, descrive le decorose e fre- quenti accademie da lui date nel proprio palazzo, con numeroso con- corso di cardinali , prelati, nobili, letterati, e personaggi distinti. Fi- nalmente un colpo apopletico tron- cò la vita di questo esimio cardi- nale a' i3 marzo 1753, in età di scltanladue anni , e fu sepolto in Roma nella chiesa di s. Venanzio de'camerinesi, di cui tenni propo- sito all' articolo Camerino {Fedi). Ivi la sua nipote marchesa Costan- za Glori Sparapani gli eresse una marmorea iscrizione, con distinto elogio.

GENTILUOMO. Uomo nobile, !'?/■ nobilis,palricius. Dicesi ancora gentiluomo a qualunque nobile o di civile condizione addetto ad of- ficio particolare presso la persona di un principe, di un cardinale, di un ambasciatore, d' un vescovo, di un prelato, d'un signore ec. Tra le opinioni sulla derivazione del vocabolo gentiluomo, havvi quella forse la meglio fondata, e prove- niente dal latino gentis honiines, che si pretende avere significato un tempo le persone dedicate al ser- vigio dello stato, com'erano una volta tutti i franchi, donde venne almeno in Francia la prima nobil- tà di estrazione o sia di origine. Il Pasquier crede, che i nomi di gentili, e di scudieri passati nella lingua francese, sieno a quella na- zione rimasti come eredità della

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romana milizia, perchè, die' egli, i principali benefizi, e le migliori j)Oizioni de' terreni che si davano per ricompensa ai veterani o ad altri soldati, distribuiti erano sin- golarmente ai gentili ed agli scu- dieri, come ai più valorosi dell'eser- cito, del che sarebbe assai dilhcile il trovare le prove ne'migliori scrittori latini. Dice lo stesso Pasquier che i galli avendo veduto, durante l'impe" ro romano, i gentili e gli scudieri ottenere tra gli altri soldati le più belle porzioni di terreno sulle lo- ro frontiere, cominciarono a chia- mare col nome di gentiluomini e di scudieri coloro che dai primi le franchi videro provveduti di si- mili benefizi. Può osservarsi che assai antico era in Italia l'addiet- tivo di gentile, e che significava di buona gente, come epitelo convenien- te a chi eia di buona gente, e di nobile schiatta. Gentili, secondo il Boccaccio, nominavansi coloro che la virtù seguitavano, e coloro che pel contrario seguivano i loro vizi, erano non gentili riputati. Quindi antichissimi furono in Italia i vo- caboli di getitiluomOj e di gentil- donna, e forse dall'Italia passarono quei nomi nella lingua francese. All'articolo Famiglie de' cardinali e de" prelati si tratta dei loro gen- tiluomini. Dei gentiluomini de'prin- cipi, ambasciatori, ed altri signori, se ne discorre agli articoli relativi agli uffici che disimpegnano.

GENUFLESSIONE, Genujlexio, geniinrn submissio. La genuflessione o inginocchiazione è l' atto di pie- gare le ginocchia ; è questa una maniera di umiliarsi riverente, o di abbassarsi in presenza di alcuno per onorarlo. In ogni tempo que- sto segno di vuniltà fu in uso, massime durante la preghiera o

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orazione, dnppoichè il Gavanto dice che doppio è il fine della genufles- sione, cioè di adorare e di prega- re. Nella consacrazione e dedica- zione del tempio di Gerusalemme, il re Salomone fece la sua preghie- ra inginocchio, e con le mani al- zale al cielo : in una cerimonia eguale il re Ezechia ed i leviti si misero in ginocchio per lodare ed adorare Iddio. Un ufficiale di Acab- bo s' inginocchiò avanti il profeta Elia. Gesìi Cristo fece la sua pre- ghiera in ginocchio sul monte degli Ulivi. S. Paolo nell'epistola agli e- fesini disse loro ch'egli piegava le ginocchia dinanzi al Padre del JVo- slro Signore Gesù Cristo. Il Ma- cri nella Nolizia de vocaboli eccle- siastici, verbo Genujlexio, dichiara che la genuflessione fu introdotta nella Chiesa per istituto apostolico^ che s. Stefano protomartire orò ge- nuflesso pe'suoi persecutori, e che questo atto significa adorazione, pe- nitenza, ed umiltà, perchè colla ge- nuflessione Vuoisi denotare la cadu- ta del nostro padre Adamo. Laon- de non deve recar meraviglia, che questa maniera di pregare sia sta- ta in uso fino dai primi tempi della Chiesa cristiana. Dunque, co- me osserva il Bergier, fuor di pro- posito gli etiopi od abissini si guar- dano di starsene ginocchioni in tem- po della liturgia, e pretendono di conservare in esso l'uso antico. I russi considerano come un'indecen- za pregare Dio in ginocchio; e gli ebrei fanno tutte le loro preghiere in piedi. Sul cominciare dell'otta- TO secolo fuvvi una setta di ereti- ci detti Agonicliti, i quali sostene- vano essere mia superstizione quel- la di piegare le ginocchia pregan- do, nel qual tempo invoce danza- vano, ma ebbero pochi proseliti.

VOL. XXIX.

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Questo era un manifesto inganno, essendo anzi provato il contrario dalla sacra Scrittura, come dagli addotti esempi e da altri.

Soggiunge il Bergier, che la ge- nuflessione non è essenziale alla pre- ghiera, ma non si deve bia- simarla, ne porsi in ima positura differente per contraddire l'usanza della Chiesa; che in generale i se- gni esterni sono indifferenti in stessi, essendo l'opinione comune e r uso quelli che ne determinano il significato. E siccome noi talvolta facciamo uso per onorare gli uomi- ni, dei medesimi segni di cui ci serviamo per onorare Dio, non ne consegue da ciò che noi tributia- mo loro il medesimo culto che of- friamo a Dio, essendo assai diver- so l'atto che intendiamo di fare. In fatti il meniorato ofhziale di Acabbo che si mise in ginocchio davanti il profeta Elia, non aveva certamente intenzione di tributar- gli un culto divino. Noi pieghiamo le ginocchia davanti le immagini de'santi; le pieghiamo pure innan- zi al sommo Pontefice, ai cardina- li ed ai vescovi talvolta, e pur an- co in qualche circostanza ai princi- pi, e con chiunque per supplicare o implorare perdono. Un religioso o altro individuo riceve in ginocchio le ammonizioni e le correzioni del suo superiore; generalmente i figli do- mandano in ginocchio la benedizione dei loro genitori, per cui è eviden- te che questi segni di rispetto cam- biano di molto il significato, secon- do le circostanze e le persone. Non bisogna imitare, dice il Bergier, l'ostinazione de'quaqueri, i quali si farebbero uno scrupolo di levare il loro cappello dal capo* per salu- tare anche il più distinto personag- gio: però volendo entrare nelle

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chiese de' cattolici, e visitare qual- che principe, anche ecclesiastico, si tanno da altri levare il cappello. Quindi osserva che i protestanti non sono naeno ridicoli quando ci accusano d' idolatria, perchè ci po- niamo in ginocchio avanti ad una imraagine.Sopra la genuflessione può vedersi Agostino Natlian Hubnero, In cxercilntìoìic historico-ecclesia- slica de genii/Iexione, Halae 17 1 1. Filippo Buonarroti nelle sue Osser- vazioni ìstorichc sopra alcuni me- daglioni antichi, parla dei ginocchi toccali dai supplichevoli, e da quel- li che adoravano gli dei, dicendo a p. 262 che gli antichi solevano toccare le ginocchia quando essen- do stati vinti chiedevano mercè ai loro vincitori, come si cava da O- mero e da Plinio, quantunque l'ab- bracciaie i piedi fosse parimenti un gesto de'suppIichevoli,e di onore de- gli inferiori verso i loro maggiori, siccome l'uno e l'altro erano segni di adoiazione come osserva Arno- bio, onde di Paride disse Ovidio: Nunc mihi nil superest , nisi le formosa precari, Ampleclique tuos pattare pedes. E di Creusa disse Virgilio : Ecce auteni complcxa pedes in limine conjux haerebat. Properzio scrisse, Cuni vix tangen- dos praebuil illa pedes, cerimonia conservatasi pure ni tempo di Dan- te, onde parlando dello spirito di Stazio, che voleva onorar Virgilio, disse : Già si chinava ad abbracciar li piedi, il quale atto di umiliazione conviene grandemente ad un vinto. Parlando il Rinaldi delle genufles- sioni solite a farsi nelle pubbliche preghiere, racconta all'anno SgS, num. 100, che s. Porfirio vescovo di Gaza , per la siccità comandò che tutti i fedeli si radunassero in chiesa a celebrarvi le vigilie, i qua-

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li in tutta la notte fecero trenta volte orazione, ed altrettante s'in- ginocchiarono, oltre ai cori ed al- le lezioni, e che portatisi in altra chiesa tre volte orarono, ed altret- tante si posero genuflessi. 11 p. Mamachi, De' costumi de primiti%'i cristiani tom. T, p. 3!^8, coli' auto- rità di Tertulliano, Della corona del soldato, attesta (he gli antichi cristiani il giorno di domenica, e dal di solenne della Pasqua sino alla Pentecoste, non s'inginocchia- vano mai in chiesa, ma ritti e mo- desti porgevano le loro preghiere a Dio, pel seguente motivo tolto dalle questioni agli ortodossi attri- buite a s. Giustino. » Dobbiamo sempre ricordarci e delle nostre cadute ne'peccati, e della misericor- dia del Signore, per cui abbiamo avuto la grazia di risorgere da'me- desimi. Per la quale cosa flettiamo nei sei giorni della settimana le ginocchia, dando così segno di essere noi miseramente caduti; e la domenica, e tutto il tempo pa- squale non le pieghiamo, per de- notare il nostro risorgimento. On- de dai tempi apostolici ha avuto principio questa consuetudine, co- me dice s. Ireneo martire, e ve- scovo di Lione nel suo libro cir- ca la Pasqua, in cui fa menzione della Pentecoste, nella qual solen- nità non s'inginocchiamo ". Pre- tesero alcuni scrittori che il pre- gare in piedi in tal tempo per me- moria della risurrezione di Gesù Cristo, fosse stato comandato dal concilio Niceno: ma nel resto del- l'anno è certo che il popolo ed il clero si mettevano ginocchioni in tempo di una parte del divino oftizio. Stando i fedeli così in piedi o tenevano giunte le mani, o sten- devano le braccia, de'cpiali usi fa

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menzione il medesimo Tertulliano nel suo Apologetico dicendo: » Co- lassi! reggendo i cristiani, mentre stanno con le mani distese, perchè innocenti, e col capo scoperto, perchè non si vergognano, prega- no il loro Creatore ". Ma più ampiamente parla egli di que- sto argomento nel suo celebre li- bro intitolato dell' Or/7Z7one. » Noi non eleviamo solamente le ma- ni, ma le stendiamo ancora , e orando confessiamo Ci'isto ". Non approva però Tertulliano, che al- cuni fedeli, incominciata eh' è l'o- razione, si mettessero a sedere ; poiché stimava un'irriverenza al Si- gnore, se uno non istava inginocchio- ni, o ritto in chiesa, e con modestia, e colle mani moderatamente elevate, e col capo non troppo alzato. Ag- giunge, che con voce soave, e non troppo forte cantavano. Somiglian- ti cose scrivono s. Cipriano, nel suo libro òeW Orazione ^ p. i5r, e Minucio Felice nel suo celebre dialogo intitolato Ottavio a p. 288. Il Baronio osserva, che i santi avevano portato tanto innanzi l'uso della genuflessione, che taluni a- vevano logorato il pavimento nel luogo in cui dimoravano. S. Giro- lamo ed Eusebio narrano di s. Giacomo il Minore, vescovo di Gerusalemme, che i di lui ginoc- chi eransi induriti come quelli di un cammello, altrettanto avvenne ad altri santi e servi di Dio. Si leg- ge nelle Decretali lib. 11, tit. q, cap. 1 De feriis^ che il Papa Ales- sandro III rinnovò l'antico rito della Chiesa di orare in piedi nei* le domeniche, e nel tempo pa- squale; ma oggidì però i fedeli avrebbero quasi a scandalo, se in pubblico anche nelle accennate fe- stività non si genuflettesse.

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Le genuflessioni che il sacerdo- te fa nella messa privata, oltre le ordinarie, sono: i." quando legge l'evangelio di s. Giovanni, alle pa- role : Ft Verbitm caro, ec. -a." Nell'evangelio dell'Epifania, di- cendo; et proci de n te X adoraverunt eiim. 3.° In quello della feria IV dopo la quarta domenica di qua- resima, alle parole : et procidem; adoravii euni. 4-" Nella domenica delle Palme, e nelle messe de Crii- ce, nell'epistola alle parole: In nomine Jesii omne genti flectaturj e nella Passione alle parole: Expira- vìt, o eniisit spiritum. 5.° Quando dirà Flectamus genita, del quale parlammo nei volumi VIII,p. 3o6, e XIV, p. 243 del Dizionario : solo qui noteremo che nella messa del sabbato santo (come notammo al voi. IX, p. 5), e delle quattro tem- pora non si dice Flectamus genita dopo l'ultima orazione in cui si parla de' ti'e fanciulli, per denota- re la forte costanza di essi nel ri- fiutare r adorazione della statua di Nabuccodonosorre; e lo stesso si fa nel venerdì santo, quando si prega prò perfidi.'! judaeis, che in quel giorno beffeggiando Gesù si inginocchiavano dinanzi ad esso. Anticamente non rispondeva il suddiacono Levate, ma lo faceva il diacono stesso dopo qualche spa- zio di tempo impiegato nella ge- nuflessione, ed in un'orazione se- greta, laonde il diacono pronun- ciava l'una, e l'altra parola, co- me distesamente riporta il citato Macri. 6." Genuflette il sacerdo- te quando nella quaresima dice nel tratto il versetto Adjuva nos Deus, e in tutte le messe del-^ lo Spirito Santo, dicendo il ver- setto: Feni Sancte Spiritus. 7.° Quando è esposto il santissimo

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Sagramento, in cui il sacerdo- te genuflette tutte le volte che passa dinanzi al mezzo dell'altare. 8." Genuflette inoltre il sacerdote ogni volta che ciò viene prescritto dai riti. I circostanti poi genuflet- tono sempre nelle messe private, eziandio nel tempo pasquale, tranne quando si legge l'evangelio: nel voi. XXII, p. 227 del Dizionario citammo un'opera che tratta sul- l' alzarsi in piedi alla lettura del- l' iTt'^ ngelio ( P^edì) .

Kella messa solenne il celebran- te genuflette in tutte le dette circostanze della messa privata , fuorché al Flectainus genua, per- chè rappresenta la persona di Cri- sto; al versetto Acìjiiva nos Deus, ed a quello, Veni Sancte Spiritus. Nel giorno della festa della ss. An- nunziata, e nelle tre messe del ss. Natale, quando nel Credo si canta dal coro: Et incarnaliis estj negli altri giorni se siede, china il capo scoperto, e genuflette se si trova in piedi. I ministri sacri sem- pre genuflettono col celebrante , meno il suddiacono che tiene il li- bro del vangelo, e gli accoliti soste- nitori de'candellieri: quando il dia- cono cauta le parole cui si deve ge- nuflettere, il celebrante lo fa verso il libro, gli altri verso l' altare. In coro si genuflette da quelli che non sono prelati (come gli abbati, i protonotari, e quelli che possono usare il rocchetto, ed i canonici quando sono apparati) alla Confes- sione, ed al salmo ludica me Deus. Nelle messe poi delle ferie dell'av- vento, della quaresima, delle quat- tro tempora, delle vigilie in cui si digiuna, e nelle messe de' de- funti tutti genuflettono anche alle orayioni, e paiimenti detto dal ce- lebrante il Sanctus, lino al Pax

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Domini (perchè al dire d' Innocen- zo 111, lib. 6, cap. 4> i' bacio di pace essendo simbolo della risurre- zione deve riceversi in piedi), e alle orazioni dopo la comunione, e sopra il popolo, eccettuate le vigilie di Pa- squa, della Pentecoste, del ss. Na- tale, e le tempora della Pentecoste. E similmente si genuflette da tut- ti quando si alza il ss. Sagra- mento. Il Gavanto risponde quando nei detti casi si debba genuflelte- re con un solo ginocchio, e quando con due. Sulle genuflessioni nella reposizione del ss. Sagramento, se si debbano fare con uno o con due ginocchia, vedi il dotto Dizionario sacro liturgico del eh. Diclich, e sembra che il solo celebrante, e i sacri ministri sulla predella possa- no farle con un solo ginocchio, anziché con due ut faci li us et coni- modìus surgat ; gli altri in pia- na terra le debbono fare con due. Altre erudizioni sulle genuflessio- ni le noteremo coli' autorità del Macri. Nelle ore canoniche si fan- no le genuflessioni con ambedue le ginocchia, pronunciandosi le pa- role: Adoranius^etprocidanius etc. Te ergo quaesunius, famulis tuis subveid etc, A^'e niaris stella etc, Veni Creator Spiritus etc, O crux ave spes unica etc. Tantum ergo Sacramentuni eie , essendo però esposto il ss. Sacramento. Nel ce- rimoninle de' frati minori si pre- scrive la genuflessione nell'inno del ss. Natale alle parole: Nos quoque qui sanc.lo tuo redempli sanguine sunius. Inoltre si deve genuflettere nella vigilia dello stesso ss. Natale pronunciandosi le parole del mar- tirologio: In Béthlehem Judae etc. Dice pure il JMacri che i greci non usano genuflessioni in chiesa , ma profondi inchini, tranne il giorno

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della Pentecoste che genuflettono nell'officio mentre si recita il van- gelo ; e che i certosini rare volte fanno genuflessioni, anche dinanzi al 6S. Sagramento, ma profondi in- chini, tanto nella celebrazione del- la messa, quanto nelle altre fun- zioni. Pompeo Sarnelli nelle Let- tere ecclesiastiche lom. IV, lett. XIII, num. 4^5, dice che all'antifona Adgramus te Christc etc. non si genuflette, come non lo si fa al ca- pitolo In nomine Jcsii onine genn- 'fleciatur, ed al versetto del respou- sorio, Verhuni caro factum est: la ragione è pel tenore del decreto della congregazione de' riti, de' 23 marzo 1602. Cani praeintonantur anliphonae, oinnes ab utroque cho- ri latere surgere dehent, non ob- stanle contraria consuetudine. Ag- giunge, che l'altra ragione per cui alla parola Adoranius non si ge- nuflette, ma sibbene a quella di Procidanins^j è perchè nell' inno angelico alle parole Adoramus te si ta la semplice inchinazioiie del capo, e così nel simbolo alle pa- role, cjui cum Palre, et Filio si- mul adoratur ; ma dicendosi nel vangelo ' dell'Epifania procidenles adoraverunt euni, allora come no- tammo si genuflette. E nell'evan- gelio del cieco nato illuminalo da Cristo, dicendosi procidens adora- ci euvi, si genuflette, così alle pa- role del salmo, et procidamus an- te Deuni, come espressamente no- ta il Bauldry par. 2, cap. 3, num. 2, duni dicuntur haec verba, et procidamus ante Deuni, per deno- tare che queste parole richieggono la genuflessione, non la parola A- doremus, dappoiché essendo quelle parole, Venite adoremus invitatorio, chi invita deve stare in piedi, ne se- gnes videamur duni alios invitanius.

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Il Sarnelli stesso nel tom. VII, lelt. LXII : Se nella venerazione dovuta a santi sia lecita la genu- flessione j dopo aver distinto il cul- to di latria che si deve a Dio so- lo, quello di dulia che si tributa ai santi, e quello d' iperdulia con che si onora la Beata Vergine , e dichiarato il culto esterno, ed il culto interno, de' quali argomenti parlammo agli articoli Adorazione e Culto, conchiude che se l'alto della genuflessione s' intende per protestate l' influita eminenza di Dio sopra tutte le creature, e la totale nostra dipendenza da quel- lo, sarà atto di latriaj ma se con la genuflessione intendiamo rende- re il culto religioso a qualche san- to, per le di lui virtù o gloria, sarà atto di dulia. Così le litanie che chiamiamo de' santi, si dicono in ginocchio, ed invocandosi essi e gli angeli il culto è di dulia; in- vocandosi la ss. Trinità , il culto è di latriaj ed invocandosi Maria Vergine, il culto è d' iperdulia. A- dunque riflette, che il venerare i santi con la genuflessione, le loro immagini e reliquie, non solo è lecito, ma tah'olta è comandalo, giacché il culto che si fa ai santi

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è principalmente rivolto a Dio , celebrandosi con tale atto la divi- na bontà e potenza, che fece lo- ro riportare vittoria del mondo: in fatti al voi. Vllf, pag. 1 58 del Dizionario riportammo la decisione del punto controverso colla quale si prescrisse che tulli, compreso il Pa- pa, passando dinanzi all'altare mag- giore delle basdiche laterauense, va- ticana ed ostiense, debbano gena- fleltere, venerandosi nel prinio i capi de' ss. Pietro e Paolo, nei se- condi i loro corpi divisi. E perchè Maria Madre di Dio ha maggior

22 GEN GEN culto de' santi, dicendosi ^ve ma- dice di aver veduto fare I" istessa ris stella, si deve geiiulletteie, ed cerimonia ai cardinali, mentre sie- altrettanto si deve fare in tutte le dono i.ul trono delle loro chiese antifone della Beata Vergine , che titolari, in tempo di alcune solen- si dicono in fine del divino offizio, nità che ivi celebrano, ed assisto- tranne nelle domeniche dai piimi no; ed eguale genuflessione dice vesperi del sabbato, perchè si fa aver veduto fare ai cardinali riu- commemorazione della Risurrezione, niti, in sede vacante. Delle genu- e perciò anche in lutto il tempo flessioni che in tale tempo si fanno pasquale. Nel voi. XVIII, p. 238, atre ed a quattro cardinali riuniti, 289 e 240 del Dizionario, nel par- ne parlai ai volumi XV, p. 3i 1, lare del culto al ss. legno della e XVI, pag. 290 del Dizionario. Croce, massime di quello che gli Delle genuflessioni poi che nelle si rende con trina adorazione d'am- congregazioni della sede vacante si bo le ginocchia nel venerdì sauto, fanno al sagro collegio , da quelli trattai di alcune erudizieni sulle che ivi si ammettono ad udienza , diverse genuflessioni che ad esso si compresi gli ambasciatori, e i pii- debbono fare; e siccome il regnan- mari ministri della santa Sede, e te Pontefice Gi-egorio XVI ha ri- delle relative spiegazioni, ne parlai stabilito nello stesso gioino l'uso al detto volume XVI, pag. 298, antico dell'esposizione della vera ed in piìi luoghi all'articolo Cow- Croce, ciò che si fa nella cappella clave. Nel volume V, pag. 61 del pontificia Sistina nel momento iucui Dizionario si discorre come il po- il Papa con la processione di tutti polo deve genuflettere incontrando quelli che hanno luogo in cappel- il vescovo per riceverne la bene- la ( i quali prima di partire da dizione, spiegando a pag. 68 sul questa fauno alla ci'oce, che si è suono delle campane nel passaggio adorata e collocata suH' altare, la de' vescovi per le città e campa- genuflessione con un solo ginocchio, gne. Delle genuflessioni che si fan- senza farla al Papa in passare in- no al sommo Pontefice in cappel- nanzi di lui ), sono a levare il se- la pontificia, all'udienza, iiel rice- polcro in quella chiamata Paolina, vere l'apostolica benedizione, e nel laonde ritornando nell'altra non baciargli i piedi, vanno letti gii fanno veruna genuflessione alla ve- articoli Cappelle Pontificie, Udien- ra Croce che trovano esposta sul- za de' Papi, Benedizione del Som- lallare, rimossa quella adorata, mo Pontefice, e Bacio de' piedi. perchè verso il termine della px'o- Si possono anche consultare, Poli- cessione si porta il ss. Sacramento doro Virgilio, De rerum invenlori- del sepolcro dal Papa, o in sua bus lib. IV, e. XV; M. Ant. Maz- vece dal cardinale celebrante. zaroni, De tribus coronis Pont. Ront. Dal Caerein. episcop. lib. I, cap. necnon de osculo ss. e/us pedani, li, si ha, che il vescovo nella sua Romae 1609, et 1788; Michele diocesi, mentre siede nel trono, gli Angelo Carmeli, Sopra l'uso di si fa la genuflessione con un gi- baciare i piedi al Papa, nelle sue nocchio da tutto il clero, passan- Dissert. filologiche, Roma 1768; dogli davanti, ma ne sono esenti i Martino Kempio , De osculis pe- cauònici della cattedrale. Il Macn dani Roin. Pont., e Matteo Zimer-

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jiiaiino, in Montibus pitlalis pag. 373.

Quando ii Papa benedice in cap- pella pontificia, lutti debbono ge- imllettere, menu i cardinali, però se i vescovi ed abbati sono vestiti co' sagi'i paramenti, allora restano in piedi: nella medesima cappella i vescovi che sono avanti al Papa devono stare col capo scoperto , così i cardinali primo prete, e i due primi diaconi quando sono al trono. 11 patriarca, arcivescovo, o vescovo assistente al soglio nel sor- reggere al Pontefice il libro , sta genuflesso o in piedi, secondo il maggior comodo che fa al Papa nei leggere. Perchè il cardinale primo prete incensa genuflesso il Papa sedente in trono, lo si dice al volume Vili, pag. 24^ ^ ^49- Quando sull'altare è esposto il ss. Sacramento, o vi è senz'essere es- posto, non si genuflette al Ponte- fice, anche se si passa dinanzi a lui. Non essendovi le sagre specie sagramentali, entrando od uscendo dalla cappella o chiesa ov' è il Pontefice, con un ginocchio si ge- nuflette alla croce dell'altare, e con una girata si fa altrettanto col Pa- pa. Nelle cappelle pontificie clie hanno luogo fuori del palazzo a- poì.tolico, se il trono papale è di- rimpetto all'altare, nell'accesso o re- cesso non si fa genuflessione gira- ta, ma prima si fa all'altare, e poi distinta al Pontefice. Nella pro- cessione del Corpus Domini quelli che v'intervengono per rispetto al ss. Sagramento che precedono ed accompagnano , non debbono in- chinare il cardinale primo diacono, ed i prelati governatore, e mag- gioidomo che sono presso la porta di bronzo all' ingresso della galle- ria che dal colonnato conduce alla

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scala regia da dove discende la processione, e defila innanzi a del- ti personaggi, al modo che dicem- mo al volume IX, pag. 53 del Di- zionario, altrettanto si deve prati- care con monsignor vice -gerente che attende il passaggio del clero fuori del colonnato a destra, come dissi a pag. 56 del citato luogo. Dappoiché è noto che coloro che fanno parte d'una processione ove si porti la ss. Eucaristia, se pas- sano avanti ad un altare ove la medesima sia chiusa nel ciborio , o innanzi ad un altare ove si ce- lebra la messa e sieno state già consagrate le specie sagramentali , ed anche nel punto della eleva- zione d'ambedue, non si deve ge- nuflettere. Delle genuflessioni nel- le sagre funzioni che celebra , od assiste il Papa, se ne tratta ai rispettivi articoli, così di ogni al- tro genere di genuflessioni , come nei somministrare l'acqua alle ma- ni, e porgere il pannolino per a- sciugarle. P'. Lavanda delle ma- ni. Messa, e per le altre genufles- sioni quegli articoli appartenenti al- le rubriche generali.

GEN UFLESSORIO o INGINOC- CHIATORO, Sgabellum ad genua subniittenda formatum , sgabellum genuale, sgabellum flectendis, vel ponendis genibus nalum, come lo dichiara V Onomasticum romanum di Felice Felici gesuita, dicendolo sgabello per uso d'inginocchiarsi. L'inginocchia toro o inginocchiatoio, nel Dizionario della lingua italia- na si definisce, arnese di legno per uso d'inginocchiarvisi. L'inginoc- chiatoro ordinariamente è di legno di noce, naturale, o dipinto, ov- vero coperto di drappo , con due cuscini, uno posto ove si piegano le ginocchia, l'allro ove si riposano

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i gomiti. Pei cardinali, prelati, ed altri personaggi si pone l' inginoc- chiatoro sopra un tappeto, o altro drappo; ma alla presenza dei Pa- pa non è loro permesso, e soltan- to i cardinali nel venerare col Pon- tefice le reliquie maggiori nella ba- silica vaticana, le sagre teste nella basilica lateranense , e nell' inter- vento in alcune chiese per tridui , novene , benedizioni , e nella cap- pella Paolina quando si ripone o rimove il sepolcro, o nell'esposizio- ne delle quarant'ore, siccome luo- ghi ove non sono gli stalli cardina- lizi, ricevono nei banchi coperti con panni loro assegnati dai pro- pri decani il cuscino per slare ge- nuflessi: questo cuscino è di pan- no rosso o paonazzo secondo i tem- pi, guarnito di trina di seta dello stesso colore, della quale sono pure i quattro fiocchi degli angoli. Nei mentovati luoghi i soli prelati mag- giordomo , e maestro di camera hanno l'uso d'un piccolo e nudo sgabello per cadauno, hi cappella pontificia, e nelle basiliche o chie- se, ove il Pontefice si reca a ce- lebrare od assistere alle sagre fun- zioni, per inginocchiatoro adopera un ainese in forma di Faldistorio (Vecll)^ per cui viene comunemen- te, sebbene impropriamente, chia- mato faldistorio. Questo inginoc- chiatoro o genufiessorio è di le- gno tornilo ed intagliato, con orna- ti eleganti, ed il tutto dorato: ha quattro piedi ed altrettanti corri- spondenti assi incrociati, formato a forbice, onde potersi ripiegare per il suo trasporto, terminati gli assi con teste di angeli, o con palle. Nella parte supcriore evvi fissato un solido strato di velluto rosso con trinette d'oro, sul quale si pone un gran cuscino pel riposo delle brac-

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eia. Avanti all' inginocchiatoro si colloca un basso e piccolo sgabel- lo foderato di seta, con cuscino so- pra, sul quale il Papa sta genu- flesso. Tanto il cuscino grande quan- to il piccolo sono foderali di da- masco o ganzo d'argento e d'oro , con fondo bianco, rosso, o paonaz- zo secondo i tempi, e sono decorati di trine e fiocchi d'oro, o di fioc- chi di seta ed oro : il cuscino gran- de però è ordinariamente ricamato in oro. Nel mattutino del giovedì santo, e per tutto il giorno del venerdì santo i cuscini sono fode- rati di semplice seta paonazza. Do- vendo il Papa nella mattina di det- to giorno recarsi a piedi nudi a fare le triplici genuflessioni per l'a- dorazione della croce senza cuscino, Pio Vili, essendo a ciò impotente, usò il detto piccolo sgabello col cuscino paonazzo. Quando e dove si usa dal Papa tale inginocchia- toro, lo si dice all' articolo Cap- pelle Pontificie. Lo collocano al sito cioè innanzi 1' altare, ove il Papa vi si pone genuflesso, due chierici della cappella pontificia, a' quali spetta pure rimoverlo, e portarlo presso la credenza posta a cornu epistolae. Stando il Pon- tefice genuflesso sull' inginocchiato- ro, stanno accanto a lui inginoc- chioni il prefetto delle cerimonie pontificie a sinistra, ed il secondo cerimoniere a destra : spetta al pri- mo ivi levare e riporre al Pa- pa il berrettino, e somministrar- gli alle occorrenze il fazzoletto.

Nel voi. IX, p. 47 e 48 del Di- zionario, parlammo di que' Ponte- fici che nella solenne processione del Corpus Domini, portarono il ss. Sagraraento genuflessi sull'ingi- nocchiatoio, stabilito sulla macchi- na chiamata talamo. Nel prendere

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il Pontefice possesso della basilica lateranense, giunto nel portico si pone in ginocchio sopra cuscino di velluto rosso, guarnito d'oro, so- vrapposto a ricco e nobile strato O tappeto, ambedue ivi preparati dalla floreria del sagro palazzo. Al- lora il Papa essendosi levato il cappello, si scuopre pure del ber- rettino bianco, prima usando piii comunemente il camauro rosso, e bacia divotamente la croce d'ar- gento che gli presenta il cardinale arciprete della basilica, mentre i cantori di essa cantano il mottet- to : Ecce sacerdos magnus. Nella relazione del possesso preso da In- nocenzo X nel 1644 si legge; " et ingressus porticum (il Papa), amo- to pileo , et bireto , genuflexus super pulvino, desuper tapele ac- comoda a floreriis , crucem sibi oblatam a card. Columna praedi- ctae bas. archipresbytero , quam accepit a quadam pelvi argentea ei praesentalam a suo vicario, re- verenter osculatus est. Assurgens cardinalis IMedices biretum (ante crucis osculum una cum pileo a- motum a capite Sanctitalis Suae a cardinalis Ant. Barberino) capiti suo restituit, et Sanctitatis, suble- vantibus firabrias faidae anteriores camerariis assistentibus, posteriores vero caudatario, suis pedibus ac- cessit ad thronum prò Sanclitatis Suae praeparatum sub eadem por- licu ". I due cardinali assistenti ei-ano i primi diaconi : del genu- flessorio Se ne paria pure all' arti- colo Falda (Fedi). Allorché il Papa si reca nelle basiliche o chie- se di Roma a visitarle, la Flore- ria apostolica (Fedi), pei suoi mi- nistri, ricuopre il genuflessorio di legno degli altari ove si venera il ss. Sacramento esposto o chiuso

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nel cijjorio , con grande lap[)eto di velluto in seta cremisi, ornato di frangia e trina d'oro, con due cuscini foderati di egual drappo, ed anch' essi ornali di trine e fioc- chi d'oro, facendo il simile cogli altri genullessorii degli altari che deve o vuole visitare il Pontefice. Quando questi passa semplicemen- te innanzi all'altare ove è riposta la ss. Eucaristia , od avanti alle confessioni degli altari papali delle basiliche laleranense, vaticana, ed ostiense, il cuscino su di cui genu- flette glielo presenta il foriere mag- giore, al quale lo somministra un ministro di detta floreria : in man- canza del furiere, supplisce il flo- ride. Nel volume ^ 111, pag. 273 e 3 16, si dice come il Papa oran- do avanti le reliquie maggiori deU la basilica vaticana, e per la loro ostensione, stando sul genuflessorio gli viene somministiato dal vicario della basilica la tabella delle ora- zioni, sostenendo un canonico la bugia con candela accesa. I genu^ flessori i poi che si pongono pei vesptri pontificali, e per le messe pontificali avanti l' altare del ss. Sacramento solennemente esposto, allorquando il Papa ii celebra o vi assiste si ricoprono con tappe- to bianco o rosso cremisi, secondo i tempi, essendo del medesimo co- lore i due cuscini. Del prezioso genuflessorio fatto a forma di fal- distorio, e donato a Pio VII, ne facemmo memoria al voi. XXIII, pag. 16 del Dizionario. La pia e regnante regina di Francia Maria Amalia, in seguo di particolare ve- nerazione verso il Papa che regna, gli donò un genuflessorio nobilissi- mo, di prezioso legno lavorato con bellissimi ornati di disegno gotico, reso più gaio con decurazioui di

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metallo dorato, e ciò eh e più ri- levante con ricchi drappi ricamati dalle sue regie mani con isquisito gusto, e collocati ove si piegano le ginocchia, ed ove si riposano le braccia, nel luogo cioè ove si pon- gono i cuscini di cui ne fanno le veci. V. Genuflessione.

GENZANO o GENZIANO, Gen- tianutn. Città della diocesi subur- bicaria di Albano , sede di go- verno del distretto e Comarca di Roma, abitata da circa cinquemila individui . Luogo ameno e deli- zioso con puro clima, posto in pia- no sopra elevato colle, fornito di decenti fabbricati : non ha mura caitellane, porte, ed un borgo costituisce il suo ingresso. Però Gemano vecchio ebbe mura ca- stellane, e torri di opera saracine- sca da quelle parti da cui poteva essere attaccata, cioè da aquilone, ponente, e mezzodì ; mentre dalla parte orientale era invincibilmente difesa dall'altissima rupe a picco del cratere del lago JVemorese. Molti avanzi di tali mura, ed alcune tor- ri sono tuttora in piedi. La porta principale di Geuzano, prima che si edificasse il palazzo baronale, a capo agli stradoni era nel luogo del portone del palazzo Cesarini, come lo addimostra il p. Eschi- nardi nella sua Carla topografica del territorio di Frascati e sue vi- cinanze, data alla luce nell'an- no i685, da ciò ebbe origine il diritto antichissimo di passare per l'odierno portone, per gli abi- tanti di Gemano vecchio. Innol- trandosi fino alla pubblica piazza si presentano quattro strade lar- ghe e diritte, senza quella che uno ha percorso per giungervi e che sta alle spalle. Queste sono le prin- cipah delia città, almeno di quel-

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la pai'te che chiamasi Gemano nuovo, a differenza dell'altra che dicesi Genzano vecchio, che ad uso degli antichi castelli è mal fabbri- cato con strade tortuose ed angu- ste. La prima di dette quattro strade, incominciando a contare da sinistra a destra, guida al convento de'cappuccini, ed è perciò chiama- ta via de' Cappuccini, restandone terminata la visuale colla facciata di loro chiesa; la seconda viene detta via Sforza ; la terza viene denominata via Livia , che guida al COSI detto duomo vecchio , la cui facciata chiude all'occhio la via; V ultima è la via delta Corriera perchè porta a Napoli. La posta in addietro passava per Marino, e la Paiola, ma nel 1780 essendo fatta la nuova magnifica strada di Albano e di Genzano, fu a questi due luoghi trasferita. Da ultimo per ordine del regnante Pontefice Gregorio XVI, con provvidenza uti- lissima ai viandanti non irieno che agli abitanti di Genzano e dintor- ni, è stata costruita una nuova e bella strada che dal piazzale di Galloro conduce al piano dell'ol- mata di Genzano, mediante gran- dioso ponte sostenuto da sei solidi archi : ne fu direttore dell'esecu- zione il cav. Cartolini ingegnere in capo, cui si deve pur lode per averla ideata.

La città di Genzano è altresì uno de'piìi comodi e piacevoli luo- ghi vicini a Roma per villeggiare, a cagione delle sue comode e deli- ziose passeggiate ; massime di quel- le delle tre lunghe vie laterali, decorate con due lunghe fila di grandiosi e sempre verdeggianti alberi disposti simmetricamente, e tagliati con uniformità, ed uniti in modo, the recano sorpresa in guar-

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darli per la i^tupeudu prospettiva, onde SODO rinomati cotanto. Gli stra- doni olmati partono da un punto centrico, e divergendo, quello a do slra è la strada corriera che gui- da alla città, quello di mezzo il più lungo e piano conduce al pa- lazzo Cesarinì, e l'altro a manca porta al convento de'cappuccini ; l'al- tro stradone che dalla città porta pure ai cappuccini inters-jcando lo stradone di mezzo, è quello di cui abbiamo parlato di sopra. Questi magnifici stradoni, divisi iu quatf tro viali, che formano la delizia e meraviglia de'forestieri, Furono in- cominciati dal duca Giuliano del- la nobilissima famiglia Cesarini si- gnora di Genzano, circa l'anno 1643, alla quale epoca ebbe prin- cipio la quadruplice piantagione de- gli olmi da cui sono formati: il più lungo di questi stradoni non oltrepassa tre quarti di miglio, e la famiglia Sforza Cesarini ne cu- ra a sue spese la manutenzione, for- mando essi uno de'più belli orna- menti di Genzano. A capo degli stradoni eravi allora la porta del castello sumorientovata: e l'antico pa- lazzo baronale, secondo la tradizio- ne de' vecchi del luogo, è il palaz- zo detto di Moda, fabbricato sulle mura castellane, confinante con la chiesa di s. Maria della Cima, e con un antico torrione guardante a mezzodì la marina. Non corri- spondendo poi il vecchio palazzo ba- ronale alla magnificenza degli stra- doni, il duca Giuliano ne fabbri- cò uno nuovo con maestosa e su- perba facciata ricca di marmi, on- de formasse un vago ed imponen- te prospetto al viale di mezzo: ad esso pure si deve l' intiera fabbri- ca della villa baronale.

Non ha guari l'odierno rispetlabi-

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le e Culto duca d. Lorenzo Sforza-!- Cesarinijsiccome amante del soggior- no di Genzano, in considerazione della degna duchessa sua sposa d. Carolina Shirley, della cui nobiltà parlammo all'articolo Conli (Fe- di), ad uno dei lodati viali di olmi, che principia avanti il di lui pa- lazzo, ha dato il nome di Carolina, ciò che fu sanzionato dal pubbli- co consiglio della città , per dar prova allencomiato duca di partico- lare affezione. Inoltre questo duca ha mobiliato il palazzo con decoro e gu- sto, e lo ha abbellito con un contiguo giardino piantato alla foggia inglese sulla vicina pendenza del lago di Nemi, per essere inglese la duches- sa : il giardino lo ha piantato so- pra alcuni terreni da lui acquistali appositamente a lato dello stra- done di mezzo , e sulle coste del lago. Altro pregio di Genzano è la gran quantità di acque sorgenti di cui abbonda, di eccellente quali- tà. Le antiche voglionsi derivate da Nemi, ma divenute scarse in pro- cesso di tempo, il duca Giuliano Cesa- rini giuniore, ottenne dai Savelli una porzione dell'acqua che scaturisce nel teriitorio della Riccia al sito detto Quarto Galloro nel i65o. Di poi i cappuccini ottennero dai Co- lonna il ritorno dell'acqua che sor- ge nella Faiola nel 1721, conce- dendo il duca Gaetano Sfoi/a le vecchie forme per imboccarla : que- sta è l'acqua stessa che gitlava dal- l' antica fontana in strada Livia , poi trasportata nella vicina piazza delle carceri. 1 medesimi cappuc- cini colla protezione di Alessandro VII rivendicarono dai Frangq)ane signori di Nemi, l' acqua che per gli antichi ac(|uedotti da quel feu- do veniva a Genzano. Si eressero quindi due fonti di marmo iu stra-

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da Livia, ed un'ullia pi li glande vicino alla chiesa di s. Selmstiaao .di prospetto a detta via , ed in quest'ullima fu posta 1' arme della comunità, e quelle de' Papi sotto tle' quali si fece la coiulultiira. Le altre due hanno corrispondenti iscri- zioni e stemmi. In quanto alle chiese e conventi, il duca Filippo, idlimo dei Cesarinij nel 1677 edi- licò la vaga e comoda chiesuola di s. Sebastiano, unita al conser- vatorio delle maestre pie, le quali curano l'educazione delle fanciulle. Le maestre pie in principio non ebbeio sede (issa, ma nel i 784 il cardinal vescovo Carafìa le stabilì ove sono. L'antica chiesa parroc- chiale, o duomo vecchio, dedicata alla Beata Vergine sotto il titolo di s. /Ilaria delta Cima, forse per- chè prima l'immagine sidla cima d'un albero in quel sito si veneras- se , ovvero per essere questo la ci- ma del monte Genzano, fu rifab- bricata dopo il i636, ed abbellita dal duca Giuliano, avente per qua- dro l'altare maggiore la Beata Ver- gine col Bambino, sopia un grup- po di nubi e di angioletti, con ai piedi il principe degli apostoli in atto di contemplarne la gloria, pit- tura del cav. Cozza. La pia e be- nefica duchessa Livia vi collocò nel i6f)6 i corpi delle sante mar- tiri \ inceuza e Tigri, rinvenuti nel i68() nel cimiterio di s. Elena inter duos lauros, che i genzanesi elessero a loro protettrici, oltre l'a- vere per patrono s. Tommaso di Villanova sino dal i658 circa.

La vasta e principale chiesa de- dicata alla ss. Trinità, decorata del titolo di collegiata, con capitolo di canonici e dignità d'arciprete, fu edificata nei primi anni del corren- te secolo, eoa diseguo dell'archilel-

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to Giulio Camporesi; è della for- ma di quella di s. Andrea della Valle di Roma, se si eccettui la cu- pola alla quale altra se n'è sosti- tuita in forma di catino. La fac- ciala esterna è ornata di due ordi- ni di colonne ai lati dell' ingres- so^ quattro grandi che servono di basamento, e quattro sopra più piccole che sostengono la cimasa. Sopra la porta vi è lo stemma del- la comune, rappresentato da una colonna con una mezza luna sopra; vuoisi che la colonna derivi dagli antichi Colonnesi signori dj Gen- zano, e la mezza luna dalla falsa tradizione, che ivi fosse venerata Diana chiamata anche Cinzia don- de il castello fu detto Cynthia- iiuni; qui inoltre noteremo, che il medesimo stemma che adorna la mentovata fonte, ha nella colonna scolpite all' intorno varie viti cari- che di grappoli d' uva, per indica- re il principale prodotto di Genza- no. L'interno della chiesa ha tre navi, essendo la maggiore quella di mezzo per vastità , oltre la nave traversa che a questo interno la forma di croce. Sono rimarche- voli le cappelle della Beata Vergi- ne, e del ss. Crocefisso; abbiamo le Conslituliones capilulares eccltsiae Cynthiane, llomae i833. Da que- sto tempio nelle ore pomeridiane del giorno dell' ottava della festa del Corpus Domini parte la solen- ne processione che il concorso ri- chiama di tutti i paesi convicini e di molli romani e forestieri, per la singolarità della tanto nota in- forata, celebrata da diversi poeti. Questa infiorata consiste nel cuo- prire le vie per ove passa la pro- cessione, ed in breve tempo, di verzure e di ogni specie di vaghis- simi fiori, con graziosi e variati

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disegni , che producono un clTelto meraviglioso. La sua origine si de- ve alla famiglia Lcofreddi genza- nese, la quale nei primi anni del pontificato di Pio VI cominciò or- nare la strada con piccoli strati di fiori simmetricamente disposti avanti l'abitazione dei fratelli d. Arcangelo e Nicola Leofreddi po- sta alla metà della \ia Sforza , addosso alla quale essi avevano e- retto anche un altare decentemen- te ornato, ove si fermava la pro- cessione del ss. Sagramento. Suc- cessivamente questo ornamento di fiori nelle strade lungo il passag- gio della divota pompa, crebbe gradatamente per l'emulazione re- ligiosa delle altre fimiglie genza- nesi proprietarie delle case avanti le quali percorre la processione, ed a tal segno , che ormai è di- venuta per così dire una festa eu- ropea stante la sua celebrità, che attrae numerosi ammiratori del gusto ed industria dei genzanesi neir adornare i piani delle strade con lavori di fiori d'ogni colore, vagamente disposti a disegno, tut- ti variati con figure, rabeschi ed ornati j e ciò che riesce pi ili sor- prendente, ciò fanno con somma celerità e facilità , ricoprendo la via con questi naturali tappeti ed arazzi estemporanei. Gli agostinia- ni della congregazione di Genova ebbero dal comune in dono l'an- tico ospedale dell'Annunziata, nel cui sito i religiosi eressero il pro- prio convento nel 1612, assumen- do l'obbligo delle pubbliche scuo- le: la contigna chiesa, che ha sem- pre ritenuta la stessa invocazione della ss. Annunziata, fu di nuovo edificata l'anno 1786. I cappucci- ni che prima stanziavano in Nemi, ebbero in Genzano il primo con-

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vento sino dal iGSy per benefi- cenza del comune ; ma essendo es- so in sito svantaggioso, il duca Giu- liano Cesarini, edificò a proprie spese la chiesa e convento ove tut- tora sono, ed a' 1 7 maggio 1 643 il cardinal Alessandro Cesarini con- sacrò la chiesa in onore di s. Fran- cesco di Assisi.

I miglioiaraenti e l' ingrandi- mento di Genzano si deve ai du- chi Cesarini e Sforza. Le lunghe e sanguinose guerre intestine tra i baroni romani, e i principi d'I- talia impedirono che quei signori ch'ebbero il dominio di Genzano potessero applicarsi a migliorare questo loro feudo, pregevole an- cora pel suo fertile territorio, pel suo clima salubre, e per la van- taggiosa esposizione. Altro ostacolo all'ingrandimento di Genzano nei suoi primi secoli fu il quasi conti- nuo cambiar padrone, essendoché interrottamente dominato dai mo- naci, dagli Orsini, dai Savelli, dal- la camera apostolica , dai Colon- nesi, dai Borgia, dagli Esloutevil- le e dai Massimi, laonde alla sola industria degli abitanti sotto tali signori, Genzano ripete l'accresci- mento. Venuto appena nel i564 in potere di Giuliano Cesarini si- gnore romano fornito di rarissimi talenti, e di una magnificenza più che ordinaria, il castello respirò dalle passate turbolenze, e potè ri- sarcirsi dai danni sofferti per le nemiche incursioni de' vicini, e dei vantaggi perduti per l' indolenza di quelli che lo avevano domina- to. Fu primo pensiero di Giuliano di riformare, e ridurre in miglio- re e più regolato sistema il pub- blico statuto , che fece pubblicare nell'agosto i565. Gio. Giorgio suo figlio che lo succedette , fece vari

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ncqnisti in terreni con idea d'i ri- durli a delizia; ed il duca Giulia- no figlio di questi ingrand'» il pa- lazzo baronale. II duca Gio. Gior- gio H si distinse piìi de' suoi ante- nati in migliorare ed abbellire il fendo coi niemoiati stradoni, con riedificare il palazzo , b chiesa e convento de' cappuccini, ed ornare la chiesa parrocchiale. Il di lui fratello Filippo eresse la chiesina di s. Sebastiano : sotto questi ulti- mi due duchi cominciò Genzano a notabilmente estendersi fuori del suo antico murato, ed ebbe prin- cipio quello, ch'ora dicesi Genzano ììHOi'o. Il merito di ridurre questo a quella simmetria e bellezza in cui oggi si vede, tanto per la ben in- tesa costruzione delle fabbriche, che per l'ampiezza delle sue strade, si deve alla duchessa d. Livia Cesa- rini erede di tutta la nobilissima famiglia, ed al duca Federico Sfor- za di lei marito. Sul declinare del secolo XVII e nel 1674 la duches- sa ordinò l'apertura di nuova ma- gnifica strada, che dalia chiesa par- rocchiale direttamente conducesse all'altra di s. Sebastiano, conceden- do i siti lungo la medesima a chiun- que bramava erigervi nuove abi- tazioni. Questa contrada che prese e ritiene il nome di Livia, si ornò di fabbriche regolari , e talmente divenne pnpolos;i , che verso il 1707 fu d'uopo aprire la contigua strada Sforza dal cognome del du- ca Francesco. Le due grandiose strade furono aperte con disegno di Giovanni Jacobini in allora po- destà di Genzano e geometra, figlio di Cristoforo cavalleggero pontifi- cio, autore della famiglia Jacobini in Genzano. Sotto i duchi susse- guenti Genzano si andò sempre più dilatando ver.so il piano, onde

GEN formossi la nobile contrada detta della Po.sta.

Delle testimonianze poi di alcu- ni più celebri autori sopra Genza- no, e de' quali poi parleremo, il Batti ne tratta al cap. XI della sua Storia di Genzano, mentre nel cap. X discorre de' genzanesi illu- .stri, e principalmente di Venanzio Sirny generale de' vallombrosani , vescovo di Salamina in partihus; di Tommaso Scipioni dotto avvo- cato ed autore di una Prassi cri- minale , che il Bassani con com- menti pubblicò nel 177^; e di Gio. Battista Jacobini fatto vescovo di Veioli da Clemente XIII. A' no- stri giorni Pio VII fece vescovo di Bagnorea monsignor Gio. Battista Jacobini. Il medesimo Ratti disse che la famiglia Jacobini è origina- ria della diocesi di Parma, che si stabifi a Genzano verso il i632,e che si diiamò in otto e piìi fami- glie; a pag. 4^ poi palla delle principali famiglie di Genzano, al- cune delle quali ora estinte. Dei principali prodotti di Genzano, egli ne parla al cap. IX, massime del vino che forma per la sua eccel- lenza la maggiore ricchezza del pae- se, per cui un breve saggio del metodo col quale i genzanesi col- tivano le viti, e del modo che ten- gono nella lavorazione del vino. Siccome Genzano è capoluogo di governo , co.sì oltre l' appodiato di Ardea, comprende nella sua giu- risdizione le comuni di Nenii e di Civita-Lavinia, luoghi celebri nella storia degli antichi romani, il per- chè premetteremo un cenno alle compendiate notizie che poi ripor- teremo di Genzano.

Ardea o Ardia, Ardua, nella diocesi di Albano. Oltre quanto dici-inmo sui pregi civili ed eccle-

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siaslici di Ardea al suo articolo, <|ual marchesato della famiglia Sfor- 7a , aggiugneremo queste nozioni. Di questa metropoli dei rufnli si fa risalire l'origine i4oo anni avanti la nostra era, da una colonia argiva , mentre la sua etimologia secondo le diverse opinioni , in un ai suoi fasti si legge nel tom. I , p. 2i5 e seg. deW'yinalisi de' din- torni di Roma del Nibby. La fer- tilità del territorio e la situazione marittima ne fecero un popolo in- dustrioso, ricco e potente a segno di spedir colonie perfino nella Spa- gna, dove è fama che uniti ai za- cinti fondarono la famosa Sagun- to, oggi Murviedro, espugnata da Annibale cartaginese, e pretesto piut- tosto della seconda guerra punica. Alla venula nel Lazio del troiano Enea, questi coi latini sostenne ac- canita guerra contro Turno re dei rutuli che vi peri ucciso da Enea. I primi re di Pioma non dierono inquietezze agli ardeati, ma l'ulti- mo di essiTarqiiinio il Superbo alla città pose r assedio ; mentre questo facevasi dai romani ebbe luoijo il nefando delitto di Sesto figlio del re, che abusando della onestà di Lucrezia, produsse la di lei memo- rabile morte, e la rivoluzione che cangiò di tirannico in repubblicano il governo di Roma, che per sem- pre discacciò dal suo territorio Tar- quinio e tutta la sua famiglia : così fu tolto r assedio di Ardea , e segnato un trattato di tregua vantaggioso a Roma. E sebbene presero parte nella guerra latina in favore dei Tarquini , gli ar- deati dopo queir epoca non appa- riscono in guerra coi romani, anzi in tale amicizia vennero con essi, sino a chiamarli arbitri ne' contra- sti con gli aricini. Cadde poi Ar-

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dea, sebbene centro di civiltà, nel- le discordie intestine , che il con- sole Geganio sopì nell'anno 3 i 3 di Roma, indi vi ih esiliato il prode M. Furio Camillo, che liberò non solo gli ardeati dai galli, ma que- sti distrusse liberando Roma dal loro giogo. Ardea fu una delle co- lonie, che nella seconda guerra pu- nica si dichiarò impotente di dare que' soccorsi eh' esigevano i roma- ni , i quali più tardi l'esigettero. Siccome piazza forte vi mandaro- no Minio Cerrinio Campano in luogo di carcere ; ma seguendo il partito di Siila contro Mario sog- giacque a fiere depredazioni e de- vastazioni che cagionarono poi l'in- salubrità del clima, ed influirono alla sua decadenza; onde Adriano rinforzò questa colonia, e venne ad un nuovo cangiamento, finché nel secondo secolo dell'era volsrare di- venne deserta. L'abbandono del vi- cino Lavinio ora Palrica, potè do- po il secolo V della medesima era ricondurre una qualche popolazio- ne in Ardea.

Sul declinare del secolo XI era Ardea un castello con rocca e tor- re , appartenendo la metà al mo- nistero di san Paolo, quindi nel I i3o era passata in sua intera pro- prietà con nome di città. Nella me- tà del secolo XIII Ardea fu occu- pata da Nicolò monaco di s. Pao- lo, ma Clemente IV la ricuperò al monistero. Dipoi l'antipapa Cle- mente VII la donò a Giordano Or- sini, mentre il Pontefice Urbano VI contemporaneamente la vendeva per tredicimila fiorini d'oro a Ja- covello Orsini , dal figlio del qua- le col rimborso di diecimila fioii- ni d'oro fu restituita Ardea al mo- nistero di s. Paolo. Nel i4o5 In- nocenzo VII la riunì alla camera

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apostolico, quindi venne in potere tli RainioiKlo Orsini, a cui la tolse Martino V che la die al suo pa- rente Giovanni Andrea Colonna, per cui divenne feudo de' Colon- nesi , però temporaneamente con- fiscato da Alessandro Yl in favore di Roderico Borgia d'Aragona du- ca di Bisello. Nella guerra contro Paolo IV del duca d' Alba fu oc- cupata dalle sue genti, e nel i564 passò in proprietà dei Cesariui. Nel secolo XllI vi fu eretta la chie- sa dedicata a s. Pietro, nel decli- nare del precedente fu fabbricata quella di santa Marina vergine, la cui porta è un monumento inte- ressante per la stoiia dell'arte : di queste chiese il Piazza nella sua Gerarchia cardinalizia, come del- le notizie diArdea, ne tratta a p. 3 19 e seg., parlando della diocesi d'Albano, così discorre delle chie- se di s. Maria detta di Pescarella patronato della famiglia Massimi , di quella di s. Lorenzo e di quel- la di s. Antonio abbate fabbricata da Giuseppe Buccimazza negli ul- timi anni del secolo XVII. L'at- tuale terra di Ardea occupa sol- tanto il sito della cittadella antica; la porta per la quale si entra è opera de' Colonnesi del declinare del secolo XV, come pure il con- tiguo palazzo baronale. Il lodato Ratti parla d'Ardea alle p. 473 4^ e 106; il Theuli a p. 46 del suo Teatro islorico; il Ricchi a p. 2 34, lib. I, cap. XLVI, Ardea o Ardia , clnamata ancor Troia colonia la- lina XF I, ove dice pure delle sue notizie ecclesiastiche. Lo stesso Ric- chi nel Teatro degli nomini illu- stri de' volsci chiama Ardea fon- datrice della reggia dell' istesso no- me , ed a p. So, oltre i pregi di Ardea, discorre de' soggetti illustri

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(Iella medesima, fra' quali oltre il Papa Leone V , da noi detto al- l' articolo Ardea, dice probabilmen- te comprendersi anche Marco Fu- rio Camillo.

Nenii, Nemiu, comune della dio- cesi di Albano. Il suo nome deri- va dal famoso Nenins o bosco sa- cro di Diana, foltissimo, in mezzo al quale era il suo tempio nel cratere del lago, coronato da uu ciglio continuato de' monti. Dalla Tauride vuoisi derivasse il culto di Diana Nemorense, ed il simu- lacro finsero i poeti essere quello stesso custodito già da Ifigenia so- rella di Oreste, ed avanti al qua- le questi uccise Toante re della Tauride. Sacerdote di questo tem- pio, in vigore d' un costume bar- barico scitico , era quello che di propria mano aveva ucciso il pre- decessore, cioè vm fuggiasco eh' e- sponeva la propria vita per dive- nirlo, e che sempre trepidava che gli fosse resa la pariglia, per cui procedeva sempre armato di spa- da sguainata, dovendo vigilare al- le insidie che gli si tendevano. So- leva essere anche uno schiavo il ministro di questa dea, e l'elezio- ne facevasi mediante un singolare combattimento di due schiavi, ve- nendo dichiarato sacerdote quello che uccideva il competitore. 11 bosco ebbe pure il nome di Ege- ria come la fonte, da una ninfa locale (Ovidio cantò la favolosa tradizione che la ninfa Egeria fu sposata da Numa, e dopo la mor- te di quel re ritiratasi inconsolabi- le nel bosco aricino fu da Diana cangiata in una fonte), fonte che si vede ancora abbondante, peren- ne e limpida sgorgare sotto il vil- laggio odierno, il quale anuicchia- lo sopra il ripiano d'una rupe al-

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lissima tagliala a picco, è suoce- dillo al tempio, il c(iiale ebbe denni- livo-lermine nel 3qr, allorqiiiiiido furono pi'oibili i rili de'pagaiii. Ces- sato il cullo di Diana, il bosco sacro cosliliù la massa Ncnius, la quale nel secolo IX apparteneva alla ba- silica di s. Gio. Battista di Alba- no, e per tradizione dicesi asse- gnata sino da Costantino , quan- do ancora esisteva il culto della dea. Questa terra rimase massa , cioè una proprietà costituita di molti fondi uniti, fino al secolo IX, e per la sua posizione fortissima e se- gregata, nel seguente fu occupata dai conti Tusculani, di cui parlam- mo air articolo Frascati [redi), i quali vi formarono un Casirum n terra fortificata, che nel 1090 il conte Agapito assegnò in dote al- la figlia data in matrimonio ad Oddone Frangipane, e così i Fran- gipani divennero signori di Nemi. Circa il II 53 il Papa Anastasio IV concesse Nemi ai monaci ci- stcrciensi di s. Anastasio ad aquas Sah'ias, ciò che confermò nel i i83 Lucio III. Il Cecconi nella Storia di Palestrina a p. 272, dice che Bonifacio Vili fece assediare il ca- stello di Kemi difeso da Stefano Colonna ; veime preso per fame, e fu concesso ad Orso Orsini. Più tardi nel iSyS l'antipapa Clemen- te VII in premio de' servigi rice- vuti da Giordano Orsini signore di Marino, gli concedette questo castello insieme con altri, forman- do un'enfiteusi fino a terza gene- razione. Da un istromento del i38g riportato dall' Armanni nel Raccon- to della famìglia Capizucchi, si rileva che ad essa i terrazzani di Nemi portarono fedeltà e vassal- laggio.

La fortezza ed il castello di

VCL, XXIX.

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Nemi fu invaso da Tebaldo de- gli Annibaldi signore della Moia- ra, ma poscia il suo figlio Giovan- ni lo resti tu\ all'abbate di s. Ana- stasio nel 141^3 onde l'abbate lo die in affitto a Giordano Colonna per cincjuanta o settanta fiorini d'oro, alla qual famiglia i monaci con beneplacito apostolico lo ven- derono nel 14^8 con Genzano, e col casale di Montagnano per (|uin- diciraila fiorini del valore di ba- iocchi 47 l'uno. Nel i479 ^emi con Genzano furono acquistati pei- dodicimila ducati dal cardinale di Estouteville, che nel 1480 donò ambedue i luoghi ad Agostino e Girolamo figli di Girolaina Tosti; e dopo tornarono ai Colonnesi. Però nel 14B2 Nemi, Ardea, ed altri luoghi furono confiscati da Sisto IV, e donali ai velletrani, come si legge nel Borgia, Storia, di Velletri p. 38o: questi inoltre parla de' suoi confini con Velletri regolati dal cardinal di Roano, delle posteriori dilFerenze sui me- desimi sedate nel i5o5, enei i546 dal governatore di Mariltnna e Campagna. Nella famosa divisioiìe de' feudi fatta d' Alessandro VI nel i5oi tra i figli di Lucrezia Bor- gia, ed inserita dal Ratti a pag. i55 della Storia di Genzano, con altri documenti riguardanti Nemi, fu assegnalo dal Papa a Roderico. Dopo la morie di Alessandro VI il castello tornò ai Colonna, ma Ascanio nel i55o Io vendè a Giu- liano Cesarini. Il quale nel i55g lo rivendette ai Colonnesi, che nel i56o io venderono a Silverio de Silveriis Piccolomini ; quindi nel 1 566 venne in potere di France- sco Cenci, che ne! 1572 lo vendè a Muzio Frangipani, il cui figlio Mario morendo in R.oma l' aono 3

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1654, cliiamò alla successione i Frangipani di Cioazia, e poi quel- li del Friuli. Dal marcliese Anti- gono Fiangipaui fu alienato Nomi nel 1781, pel prezzo di scudi no- vantaquattromila settecento dodici, in favore di d. Luigi Braschi di Cesena, il cui zio Pio VI nel 1786 eresse il feudo in ducato pel ni- pote d. Luigi, il quale restaurò il palazzo baronale, e lo abbellì con eccellenti pitture rappresentanti la antica storia del bosco Aricino; e togliendo molte selve inutili, fece piantare molte migliaia di piante d'olivo. Il di lui figlio duca d. Pio nel i835' vendette Nemi, con patto redimendi, al principe Giulio Cesare Piospigliosi, e poscia in fat- ti Io riacquistò, onde attualmente n'è tornato al duca d. Pio Bi'a- schi il possesso.

La situazione di questa ter- ra è pittoresca, come magnifica n è la veduta che ivi si gode del cratere e del lago sottoposto, che somiglia ad uno specchio va- stissimo. 11 palazzo baronale accre- sciuto da Mario Frangipane ultimo del ramo di Roma, ha l'aspetto di un antico castello feudale, ed in un alla torre rotonda è opera dei Colonna. Nel tempo che A- £canio Colonna era signore di Ne- mi, accolse in questo territorio i cappuccini, i quali furono destinati ad abitare un sito svantaggioso poco distante dalla casa dei pe- scatori, a lato della strada che da Nemi passa a Genzano, laonde nel 1687 passarono in Genzano al mo- do che dicemmo di sopia. Allora il nominato duca IMario Frangipa- ni, a cui Nemi deve lutto quello che ha di moderno degno di con- .siderazione, per consolare i suoi vassalli di tale perdita, fabbricò

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dai fondamenti in un sito comodo un nuovo convento pei frali mi- nori osservanti con chiesa annessa dedicata a Dio in onore della Beata Vergine Maria detta di Ver- sacarro , G nel 164^ vi furono in- trodotti i minori osservanti. L'im- magine della Madonna che ivi si venera sedente col divin Figlio, ed ai lati i ss. Pietro e Paolo, il po- polo di Nemi l'avea collocala nel- la chiesa de' cappuccini, i quali a- vendola portata in Genzano al- lorché partirono, ad istanza del comune di Nemi, Urbano Vili processionalmente la fece restitui- re, e riposta nella chiesa parroc- chiale, fu poi tiasferita in quella degli osservanti. Dopo alcuni an- ni essendo slata riposta nell'altare maggiore una divolissima imma- gine di legno del ss. Crocefisso, lavorata da fr. Vincenzo da Bas- siano nei soli giorni di venerdì, ne' quali macerando il proprio cor- po con pane ed acqua, e con aspre discipline , fervorosamente prega- va Gesù Cristo che il suo lavo- ro riuscisse a benefizio de' fedeli, laonde è costante tradizione che trovasse il volto perfettamente com- pilo da mano invisibile. F'u espo- sto alla pubblica venerazione nel 1669, e subito per le grazie ricevu- te da chi ne implorò il patrocinio, divenne in gran divozione. 1 late- rali a fresco sono di fr. Felice da N&poli che li dipinse nel 1675; nel primo espresse Gesù avanti Caifas» so, nell'altro quando porta la croce. Sulla volta colori la ss. Trinità, con la \'eigine coronata dal Figliuolo con vaga corona di fiori. Due altri suoi dipinti sono in questa chiesa ai due altari de' ss. Francesco, Pasquale e Chiara, e di s. Anto- nio di Padova. Lo stesso duca

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ISIario rifabbricò la chiesa parroc- chiale di s. Maria de pitCeo, dedi- candola a Dio in onore della Con- cezione della ss. Vergine, la di cui immagine fece porre nell'altare maggiore, lavorato a marmi anti- chi con due vaghe colonne. Si crede che la denominazione de pu- tto sia derivata da una apparizio- ne che fece la Madre di Dio ad alcune donzelle, eh' eransi portate ad attingere l'acqua ad un pozzo situato dentro della chiesa vecchia. Il p. Casimiro da Roma, nelle Memorie istoriche delle chiese e de' cotwenti de' frati minori della provincia romana, non solo al cap, XV tratta della chiesa e conven- to di s. Maria di Versacarro e delle sue reliquie, ma ancora e eoa la nota erudizione delle notizie di Nemi, delle antichità ivi trovate, e del suo lago, non che della no- bilissima famiglia Frangipane. Im- portanti notizie di JVemi ci e- gualmente il Piazza nella Gerar- chia cardinalizia da lui pubblica- ta nel lyoS, SI profane che sacre, e del suo lago ed amenità del luo- go, coriie ancora delle chiese di s. Maria del Pozzo, di s. Maria del P\.appello fondata dalla famiglia Gismondi, di s. Nicolò sulle spon- de del lago, e dell'oratorio o ro- mitorio di s. Michele. Inoltre in Nemi vi è un ospedale per gì' in- fermi e pellegrini ben dotato, ed amministrato dal sodalizio del ss. Sagramento.

Il lago di Nemi , piìi comune- inente detto daglj antichi Nenio- rense, è come quello di Albano il prodotto di un vulcano estinto, di che fan prova le materie che lo circondano : il perimetro è di circa cinque miglia; ed il livello è supe- riore a quello di Albano ossia

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Castel Gandolfo [Vedi], sebbene nella siccità del i683 il lago di Ne- mi si abbassò notabilmente meno di quello di Albano. Al lago vi si può discendere per varie strade, e fu anche chiamalo Specchio di Diana, perchè il tempio come l'o- dierno paese si specchiava nel lago. Secondo le osservazioni di Schou, nella sua lettera al Brocchi inse- rita nel quaderno di giugno 1818 della Biblioteca italiana, il lago di Nemi è sopra il livello del mare mille e trentasei piedi parigini; la profondità del lago alcuni la fan- no ascendere a circa settecento cin- quanta palmi. Avvi un emissario che sbocca nella valle dell' Ariccia con copioso volume d'acqua, che fa agire un molino da grano. Al- cuni dicono che le acque del lago Albano col giro di quattro miglia si uniscono al lago di Nemi, altri che le acque di questo invece si immettono nel lago Albano. Cele- bre è la pretesa nave, come la chiama il Nibby, da altri detta di Tiberio, da altri di Traiano, esi- stente sotto acqua, della quale par- lano il Biondo nella Roma risi. p. iio; Leon Battista Alberti nel Tratt. dell' archit. 1. V, e. 12; e più particolarmente Francesco Marchi bolognese, celebre architetto ed in- gegnere militare del secolo XVI, il quale vi calò nel i535, e ne fa un'esatta descrizione nel lib. II, cap. 82 della sua opera intorno l'archi- tettura militare illusti'ata dal mar- chese Lui£ri IMariiii. Gio. Girolamo nella Lezione accademica ec. intor- no l'origine de' due laghi Albano e Nemorense, nel Giornale de'lel- terati, riporta la descrizione della barca antica che trovasi affondata nel lago di Nemi, tratta dall'ope- ra di IMarchi. 11 Marchi si servi

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neir impresa di Guglielmo di Lo- rena valente meccanico, che inven- tò un istromento per andar sotto acqua. Prima 1' avea tentata di- verse volte il cardinal Prospero Colonna a mezzo dei nominato Alberti, come racconta il Ratti a pag. 79 e seg. Narra il JVibby, neìì'/lnatisi da' dintorni di Roma, tom. II, p. 396, che nuove ricer- che su tal proposito si fecero ai giorni nostri ( da Annesio Fusconi nel 1827 con una macchina fatta da lui costruire, ossia campana di immersione, e col permesso del si- gnore del lago, allora il duca d. Pio Braschi, ripetendo l'esperienze del Marchi), alle quali essendo sta- to egli presente ed avendo attenta- mente esaminato quanto venne e- stratto, ed udito da coloro che vi erano calati ciò che aveano vedu- to^ gli sembrò potersi opinare, che la pretesa nave altro non sia che la inteìaratura de'fondamenti di un fabbricato; che i travi di questa inteìaratura sono di larice e di a- bete ; che i chiodi che li univano insieme sono di metallo, e di va- rie dimensioni; che il pavimento, o almeno lo strato inferiore di es- so era formato di grandissimi te- goloni posti sopra una specie di graticole di ferro sopra le quali avvi il marchio Caisar in lettere di forma assai antica; e queste gra- ticole, come pure i tegoloni, alcu- ni travi , ed i chiodi possono ve- dersi nella biblioteca vaticana. Quin- di soggiunge, che il marchio Caisar sembra spiegar l'uso di questa fab- brica, imperciocché racconta Sve- tonio nella vita di Cesare e. XLVIj che quel dittatore » Villam in » Nemorensi a fundamentis inchoa- » tam, magnoque sumptu absolu- " tam, quia non tota ad animum

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» ei responderat, totam diruisse " quamquam leuuem adhuc, et » obaeratum ". Cominciò pertan- to Giulio Cesare una villa magni- fica e sontuosa nel Nemorense , e la distrusse dopo averla quasi fini- ta, perchè non corrispondeva intie- ramente alle sue idee, e questa villa era stata fatta con grande spe- sa, magnoque siiniptii. Riflette dun- que il JNibby che il marchio Cai- sar è appunto quello di Cesare, perchè è solo, isolato, non accom- pagnato dal prenome Ti. cioè Ti- berius, o dal cognome Trajanus; e peiciò crede che la pretesa bar- ca altro non sia che il fondamen- to di questa villa medesima fatto dentro il lago, onde dar luogo al fabbricato superiore, e questo es- sendo stato distrutto da Cesare stesso, il fondamento sott'acqua ri- mase, come pure sott'acqua si tro- vano avanzi sconvolti della fabbri- ca demolita, 11 punto scelto per questa villa era opportuno, essendo collocata dirimpetto al tempio del- la dea in riva al lago.

Il canonico Emanuele Lucidi nelle Dlcmorie istoriche dell' anli- chissinio municipio dell' Ariccia, e delle sue colonie Geiiznno e IVemi, Roma 1796 per i Lazzarini, a p. 74 e seg. parla del lago Aricino, ora di Nemi, dedicato a Diana; del suo circondario, e differenza di li- vello da quello di Castel Gandolfb; del suo emissario: delle due gran- di navi pensili fatte gettare nel mezzo del lago dall'imperatore Ti- berio, sulle quali per delizia e con spese immense edificò un palazzo con giardino pensile, forse per go- dervi con maggior diletto la nau- machia o combattimenti navali ; delle sue produzioni vulcaniche, pro- ducendo anguille, tinche, bajbi , e

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sopraltulto lattarini di delicato sa- pore, ed il Ratti aggiunge roviglio- ni, scardafe^ anticoli ed altri; dice inoltre che questo lago era d'ogni intorno anticamente coperto di fab- bricati, specialmente verso il mez- zogiorno, e che wt Commentari di Pio II ci vengono descritte le de- lizie di questo luogo. Quindi a p. 3i2 e seg. il Lucidi ci la sto- ria dell' origine di Nemi, e dei di- versi suoi signori , dicendo che fu chiamato Nemorc, Neme, Nevio e JVcmus Arìcìnuin, Il Fea nell'opu- scolo intitolato Varietà di notizie economi co -fisiche antiquarie sopra Castel Gandolfo, Albano, Ariccia, Nemi, loro laghi ed emissari, Ro- ma 1820 pel Bourliè, a pag. 5 e seg. parla di Nemi e suo Iago, ed a pag. 26 e seg. ci la relazio- ne architettonica dell'emissario del lago di Nemi. Delle antichità rin- venute in Nemi, e delle sue noti- zie ne trattano pure il p. Kircher nel suo Latium ; il Volpi nel Ve- tiis Latium tom. VII; il R^icchi , nella Reggia de' volsci lib. I^ cap. XXXIII, Nemi; e Pio II, che vi si portò a visitarlo, ne'suoi Commen- tari lib. II, p. 565, ed altri scritto- ri. Nel 1742 Ristampata in Vel- letri la Descrizione del boschetto del marchese Frangipane nel suo feudo di Nemi , di Gio. Battista Parisotti. Nel lySy furono rinve- nute delle antichità , anche nella valle detta Noceto, ove esisteva una chiesuola sacra a s. Andrea a- postolo. 11 Cancellieri nella sua Let- tera al dottor Korejf, parla eru- ditamente di Nemi come della no- bile famiglia Frangipani, della qua- le riporta molte notizie in diverse sue opere. Su di essa può vedersi Benedetto Pucci, Genealogia dei Frangipani romani, discesa dall' an-

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tichìssima e nobilissima famiglia Anicia de' Leoni, Venezia 1622 pel Barezzi. Il Nerini, De tempio et coenobio ss. Bonifacii et Alexii ec. molte notizie riporta de'Fran- gipani. Francesco Zazzera scrisse delle Famiglie ec. e Frangipani nel suo trattato della Nobiltà d'Italia. Oltre Pio II INemi fu onorato dalla presenza di diversi Pontefici. Alessandro VII vi si recò nel mese di maggio i656, e fu ricevuto dal cardinal Antonio Barberini, che il duca Mario Frangipane avea isti- tuito erede confidenziale: visitò la chiesa parrocchiale, e fu trattato a lauto pranzo nel palazzo baronale, con altri cardinali e principi che lo seguivano. Clemente XI vi si portò tre volte, cioè a' 26 giugno I 7 I I , a' 2 I giugno I 7 I 2 , e ai iH ottobre 17 15: la prima volta visitò la chiesa parrocchiale, ed in tutte e Ile quella del ss. Crocefis- so de' minori osservanti. Dalla vil- leggiatura di Castel Gandolfo, co- me aveano fatto i precedenti. Be- nedetto XIV recossi a Nemi a' 20 ottobre 1741 coll'accompagnamea- to di pili di cento persone, e vi giunse ad ore ventidue. Visitò la chiesa del ss. Crocefisso, e nel con- vento fu servito di sontuoso rinfre- sco dal marchese Pompeo Frangi- pani, nel modo che il di lui fra- tello Mario senatore di Roma, avea praticato verso Clemente XI ; indi il Papa si portò a piedi alla chie- sa parrocchiale, e poscia fece ritor- no a Castel Gandolfo, ove giunse a mezz'ora di notte, servito dalle torcie per la strada , nella quale trovò squadronati i soldati corsi, passando per la macchia della Pa- iola. Nel 1763 Clemente XIII, gio- vedì 6 ottobre , dopo avere udito la messa in Castel Gandolfo , coi

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cardinali Cavalchini , e Piezzonico suo nipote, e cogli altri nipoti e corteggio si portò in Nemi. JNelia chiesa de' francescani adorò il ss. Sagramenlo , poi venerò l' imma- gine del ss. Crocefisso, quindi pas- sò nel convento, ammise al bacio del piede tutti i religiosi , a' quali fece distribuire abbondante limosi- na, in un all'arciprete ed altre per- sone. Finalmente si condusse ad osservare il palazzo ed il boschet- to Frangipane. Pio VI dopo che il nipote d. Luigi acquistò il fèudo, in occasione che si portava nellaprile e maggio a Terracina pel prosciu- gamento delle Paludi Pontine, più Tolte nel ritornare a Pvoma onorò di sua presenza Nemi; e leggo nei Diari di Roma, che Pio Vi vi fu giovedì 8 giugno del 1788, in cui il duca Braschi imbandì alla corte una nobile refezione; e che vi ri- tornò lunedi i4 maggio 1787, ri- cevuto dai nipoti cardinali Romual- do, e duca d. Luigi, che imban- dirono alla famiglia pontificia allra refezione. Anche il successore Pio VII onorò ìVemi di sua presenza, e visitò la chiesa de' minori osser- vanti, portandovisi dalla villeggia- tura di Castel Gandolfo. Da que- sta il regnante Pontefice Gregorio XVI si recò a Nerai agli 1 1 otto- bre i832, ricevuto tra lo sparo dei mortari, il suono delle campane e il gaudio degli abitanti. Visitò k chiesa principale, ove ricevè la be- nedizione del ss. Sagramento, ed in sagrestia ammise al bacio del pie- de l'arciprete, la municipalità ed altre persone. Passò poi alla chie- sa de' francescani à venerare quel ss. Crocefisso miracoloso; quindi sotto il trono ammise al bacio del piede la religiosa comunità, nel re- fettorio prese una piccola refezione,

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e recandosi ad osservare il delizioso lago, partì da Nemi.

Civita-LaK'iiiia, Laninnum, comu- ne della diocesi di Albano. Questa terra corona l'ultimo scaglione, o controfForte della lacina sud-est che discende dal ciglio, o cratere del lago JNemorense , ed occupa una parte dell'antica città latina di La- nuviura 5 la quale per analogia si pronunzia in varie lapidi antiche de' tempi imperiali, perchè così in- dicata, col nome di Laiiivium, co- me ne' fasti tiionfali capitolini si legge Lm'ineis in luogo di Lamivi- neis allanno ^\5 ^'i Pioma. Quindi ne' tempi della decadenza fu detta Civitas Lanivina, e nel medio evo Cii'itas Lavina, Civitas Lahinia, e per corruzione Civita Nevina , Ci- vita Innlvina, come ne' tempi mo- derni Civita Laviiria, nome col qua- le oggi si conosce , e cagione del- l'equivoco preso da molti , ed an- che contemporanei scrittori, che la confusero colla città di Lavinia fondala da Enea in un luogo ben diverso da questa, situato verso il mare, corrispondente con la moder- na borgata di Pratica. Ne prova la posizione di Lanuvio ove è al pre- sente Civita Lavinia, il Ndjby nel tom. II, pag. i68 e seg. Analisi de dintorni di Roma; e le rovine de' molteplici avanzi di antichità, ed i monumenti esistenti non la- sciano luogo ad alcun dubbio. La- nuvium fu fondata da Diomede trasportato su questi lidi dai flutti, dopo la distruzione di Troia; ed il culto di Giunone Sospita o Salva- trice, che ivi osservavasi, ed il cui tempio era nell'acropoli lanuvina, e vari usi furono pei romani una dimostrazione positiva di questo fat- to narrato da Appiano e da altri, mentre è noto che tutta l'autichir

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riconobbe aver Diomede gira- to attorno alla penisola italica. La deitèi di Giunone nel tempio rappresentavasi ricoperta il capo e le spalle d'una pelle caprina, con lo scudo nella sinislra, la lancia con asta nella destra , i calzari con i calcei a doppia sola aperta. A pie- di avea un serpe, immagine di quel- lo che riputavasi essere nascosto nella caverna situata a canto del tempioj ed al quale con strano ri- to alcune donzelle vergini doveva- tio recare ogni anno in cibo una focaccia. Questo tempio fu pur det- to di Giunone Argolide , presso il quale eravi un folto bosco sacro, con grande caverna, tana del dra- gone , che di buon grado riceveva le focaccie se le donzelle erano ver- gini. Questa fu una delle tante dia- boliche imposture de' pagani. Am- messo che Lanuvio sia fondato da Diomede, secondo le tavole di Petit Radei questo fatto può stabilirsi circa l'anno i23o avanti l'era vol- gare, o secondo le tavole comuni circa l'anno 1282. Per la prima volta dopo la fondazione della ter- ra i lanuvini compariscono nella storia circa 700 anni dopo. In que- sto lungo intervallo osserva il Nib- by che forse per la posizione sua nell'ultimo limite del territorio la- tino e volsco, Lanuvio restasse in- dipendente, e come Ardea fosse un distretto particolare, il quale seppe conservare la sua importanza col mantenere da questa parte la bi- lancia fra' due popoli limitrofi. I latini specialmente , considerando che poteva servire loro di punta entro l'agro volsco, da paralizzare r importanza di Corioli e di Veli- tra, accarezzarono talmente i la- nuvini , che questi finalmente en- trarono nella lega loro, allorché la

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potenza romana andava estenden- do le sue conquiste. E come fede- rati latini presero le armi per ri- mettere i Tarquini sul trono, ed insieme cogli altri furono rotti nel- la battaglia al lago Piegillo. Con- chiusa dopo queir avvenimento la pace coi romani , mantennero la loro indipendenza , conservando a quelli la convenuta concordia. Però alle insinuazioni dei volsci nemici permanenti di Roma , i lanuvini presero con essi le armi contro i romani l'anno 3'j5. L'esito fu pei volsci infelice, e probabilmente in- dusse i lanuvini ad un accomoda- mento, finché nel 4 '7, come parte della lega Ialina imironsi ai confe- derati, per scuotere la supremazia de' romani , e furono gli ultimi a deporre le armi , per la rotta sof- ferta sul fiume Astura.

Nella pace i romani trattarono con riguardi i lanuvini, gli accor- darono la cittadinanza romana, re- sero nazionali le loro feste ed i ri- ti sacri, a condizione che il tem- pio ed il luco di Giunone Sospita o Lanuvina fosse comune ai due popoli. Cosi Lanuvio colle proprie leggi municipali pacificamente si resse, e solo dipendente fu da Ro- ma nel partecipare ai pesi pubbli- ci, come partecipe era degli onori della metropoli. L'anno 543 nella mossa di Annibale contro Roma fu invitata a preparare vettovaglie, ed a presidiare la città. Dipoi Mario sapendo che Lanuvio era uno dei luoghi che servivano di granaio a Roma, se ne impadronì per sor- presa, quindi soggiacque a gravi disastri, e caduta in debolezza gran- de fu da Cesare colonizzala, es- sendo allora cinta di mura. Poco prima Cicerone l'avca qualificata, nel fine dell'orazione a favore di

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Murena lanuvino, come municipio onestissimo, e come municipio si rei^geva prima della colonizzazione colle pi-oprie sue leggi, e creava il suo magistrato supremo annuale col nome di dittatore, olHcio di che era rivestito Milone, altro la- nuvino difeso pur da Cicerone. Nel tempio lanuvino si conservavano tesori, ma furono tolti da Otta- viano, nella guerra contro Mar- cantonio ; quindi nella divisione che Ottaviano fece delle terre, as- segnò una parte dell'agro lanuvino ai veterani, ed un'altra alle vergi- ni vestali ; divisione che fu poscia abrogata da Adriano, il quale re- stituì ai coloni le terj-e : Svetonio dice che Augusto frequentava per suo diporto Lanuvio. Ad onta del- la vicende la città per la sua ele- vata situazione, e pel tempio di Giunone sempre si sostenne; creb- be però in isplendore dopo che An- tonino Pio vi avea avuto i natali l'anno 86 dell'era volgare, e po- scia pervenne all' imperio per l'a- dozione di Adriano. Quell' otlimo augusto, il suo figlio adottivo Mar- co Aurelio, e l'indegno successore CommodOj nato anch'egli presso que- sta città, ne amarono particolar- mente il soggiorno, e vi ebbero una magnifica villa, la quale nel secolo passato die alla luce vari monumenti insigni, come il busto di Elio Cesare , quello di Ennio Vero, quello di Commodo giova- netto, la statua conosciuta sotto il nome di Zenone , il gruppo di A more e Psiche , ce. che si am- mirano nel museo Capitolino. Coni- modo vi ebbe il nome di Ercole Piomano, e forse vi costrusse l'an- fiteatro ed il teatro. La caduta del paganesimo portò un colpo licro a Lanuvio, poiché chiuso il

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tempio di Giunone, ch'era uno de' santuari principali del Lazio, dispeisi i sacerdoti, cessale le feste, terminò ancora il concorso, e per conseguenza la sorgente principale delle sue ricchezze. Quindi fu suc- cessivamente rovinata dalle scorrerie de' barbari, da quelle de' greci e de' goti nel VI secolo, da quelle de' saraceni ne' secoli IX e X, e da quelle de' tiranni che sorsero da tutte le parti ne' secoli seguen- ti, che facendosi vicendevolmente la guerra, devastavano le possessio- ni usurpate. Lanuvio sembra es- sere stata abbandonata nel V se- colo, e restò deserta sino al XIII, non esistendo monumenti in con- trario.

Dalle antiche fabbriche superstiti di opera saracinesca, si deduce che questa terra tornasse a risorgere nel secolo XIII, e che gli abitanti si annidassero sugli avanzi delle antiche fabbriche, che coronavano il colle meridionale della città an- tica. Il Piatti nella Storia di Geii- zaiio, pag. 4? G 4*^5 narra che que- sta terra nel secolo XIII era del monistero e monaci dell'abbazia di 8. Lorenzo fuori delle mura di Ro- ma, e siccome Onorio 111 Savelli del 12 i6 molto fece per quel mo- nistero, restaurò ed abbellì la con- tigua patriarcale basilica , quindi crede il Nibby che a lui si debba il ripopolamento di Lanuvio, come pure il nome attuale, opinione che egli avvalora pel riflesso delle pre- tensioni eh' ebbero su questa ter- ra i Savelli nel secolo XIV, i qua- li sotto la condotta di Cristoforo la occuparono nel iSyS, come si legge nelle Uleniorie storiche suc- citate del p. Casimiro a p. igS. Prima di questo tempo e da un atto riportato dui JN'crini, De lem-

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pio et coenohio pag. 5^6, dell'anno i358, si trova la terra chiamata col nome odierno , ricordandosi Cencio Palgiciae de civitatc La- biniaej e nel i 36o in un altro do- cumento riferito pure dal Nerini , si l'icorda il lenimentuni cmtatis Lahiniae. Nel declinare di questo secolo , Eonifacio IX conservando sempre il diritto del monistero di s. Lorenzo fuori delle mura, lo concesse a Cecco Durabile del rio- ne di Trastevere in vicariato ad beneplaciluni. Giovanni XXII [ con bolla del if\io a favore di Gio- vanni e Nicolò Colonna, l' investi del Castrum civitalis Laviniae , ricordando sempre il dominio di- retto del monistero, come si legge nella bolla riportata dal Piatti a pag. 124, dalla quale pur si ap- prende che il dominio della terra apparteneva in commenda ai car- dinali Giordano Orsini, e Oddone Colonna che fu poi Martino V. I Colonna la ritennero tranquilla- mente sino al 1436, quando fu presa per Eugenio IV dal patriar- ca Vitelleschi generale di s. Chie- sa. Nella guerra sotto il pontificato di Sisto IV, Civita Laviuia fu as- sediata nel 1482, e presa da Al- fonso duca di Calabria il primo di agosto, che tre giorni dopo pre- se anche la rocca; ma dopo la partenza del duca fu occupata dalle genti del Papa, quindi nel i485 da Innocenzo Vili data agli Or- sini. I Colonnesi si piesentarono poco dopo sotto la terra , la pre- sero con grave strage de' loro av- versari, e ritennero sino a' 19 feb- braio i486, allorché con altra fie- ra strage, dopo molta fatica, venne espugnata dalle milizie pontificie, alle quali si rese a discrezione. Da quell'epoca in poi comuni furono

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le vicende di Civita Lavinia , a quelle di Genzano ed Ardea. Ri- masta la terra ai Colonna, fu <jue- sta venduta da Marc' Antonio a Giuliano Cesarini nel i564, i quali ancora la ritengono, e vi hanno il palazzo baronale. Il Ratti, Della famiglia Sforma pnite II, pag. 262 e 263, nel riportare questo acqui- sto, dice che Gio. Giorgio figlio di Giuliano istituì pel primo una per- petua primogenitura nella famiglia, a favore dell'unico suo figlio Giu- liano II, avuto da d. Cleria Faj-- nese dama commendabilissima di quell'età; quindi raccomandò il fi- glio a Sisto V, e questi quasi pre- sago che i Cesarini sarebbero stati un giorno gli eredi della casa sua Peretti, prese special cura di Giu- liano, eresse in ducato il suo feu- do di Civita Nova, ed in marche- sato Civita Lavinia nel i586, ti- toli e signorie che tuttora gode la famiglia Sforza. Si deve però no- tare che il Cancellieri a pag. 166 delle sue Campane riporta l' indi- cazione di alcuni stromenti notari- li, dai quali si rileva che nel 1 480 Oddo Colonna vendè Civita Lavi- nia a Gabriello Cesarini ; che nel 1481 Oddo nel prendere denaro ad impreslito dal cardinal d'Estou- teville detto di Roano , nell' istru- mento viene nominata Civita La- vinia, onde sembra che il Cesari- ni l'avesse ceduta; che nel i483 il cardinale donò a Giiolamo ed Agostino fratelli, avuti con altri da Girolama Tosti, i castelli di Fra- scati , Civita Lavinia, Genzano e Nemi, costituendo per tutori i car- dinali di Porto e di Novara con l'incarico di prenderne possesso.

La terra attuale è cinta di mu- ra rifatte dai Colonnesi nel secolo XV, ed in piìi luoghi si mostra

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ancora il loro stemma : due sono le porte che indicano i luoghi cui conducono, cioè una si chiama Pio- mana, l'altra Nettuno. La sua pian- ta è quasi un quadrato difeso ne- gli angoli da quattro torri circo- lari, delle quali quella che difende l'angolo orientale è più grande ed ha una torricella sovrapposta, che fu la rocca occupala dal duca di Calabria. Dopo il casino Dionigi, e la casa con portichetto di tempi bassi, discendendo prima di entra- re nella terra, e di fronte alla sua porta , evvi a destra un lungo e bizzarro fontanile, lodata opera del cav. Bernini ; il fontanile è fatto a guisa di rustica grotta con grossi travertini, e vaga tazza semicirco- lare. La costruzione di questo fon- tanile servì al celebre Bernini per jstudio, e per addestrarsi all'artifi- zio del taglio della composizione e dell'effetto delle scogliere ch'egli doveva eseguire in Pioma, come tnagislraimente eseguì nella gran- diosa fontana della piazza Agonale o Navona.

La chiesa principale è collegia- ta con arciprete e sei canonici , sotto il titolo di s. Maria Maggio- re, con sette altari , il primo dei quali è dedicato all' Assunzione di IMaria Vergine, titolare della chie- sa e patrona della terra , con parrocchia ; ivi fiirono canonica- piente erette le confraternite del ss. Sagramento, del Rosario, e del Crocefisso. Nel 1675 la chiesa fu rinnovata dai fondamenti da Fi- lippo Cesarini, ultimo stipite di questa illustre casa , la quale si continuò in Livia maritatasi a Fe- derico Sforza : nella cappella del Crocefisso si conserva un dipinto molto pregevole, attribuito a Giu- lio Romano, e rappresentante la

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Beata Vergine , e s. Giovanni e- vangelista a pie della croce. La torre delle campane fu eretta con disegno del Borromini. Vi è un ospedale per gì' infermi , ed un monte frumentario che vuoisi isti- tuito prima del i4oo; vi sono an- cora le maestre pie ad istruzione delle donzelle, e le scuole pei gio- vanetti. Uscendo dalla porta occi- dentale si ravvisa a sinistra un piccolo tratto delle mura antiche costrutte di massi parallelepipedi di pietra vulcanica, come quelle di Ardea, e costeggiando per poco le mura si giunge alla torre angola- re di costruzione del secolo XV , alla quale è attaccato un anello moderno di ferro, che dai terraz- zani si mostra ai creduli come quello al quale Enea sbarcando attaccò la nave, come se Lanuvio e Lavinio fossero una stessa cosa , il mare giungesse a quell'epoca su questa altura, e l'anello si potesse essere conservato sino a noi, sup- ponendo antichi esso e la torre, che d'altronde sono moderni. Fer- tile è il territorio di Civita Lavi- nia, e squisito n'è il vino. Da que- sto luogo si godono belli e deli- ziosi punti di vista, che offre la ridente situazione, onde si scuo- prono non solamente le vigne ed oliveti del suo territorio, e di quel- li di Genzano, Velletri, Cori, Nor- ma , Ninfa , Sermoneta , e Ci- sterna, ma la prospettiva dei mon- ti Albano, Artemisio e Corano, ai quali in maggior lontanan- za con piacevole variazione succe- dono gli altri delle provincia di Marittima e Campagna; come le vastissime pianure dell'agro Pon- tino, e le immense foreste e cam- pagne di Anxuic, Monte Circello, Ailura, Anzio, Laurento, Ardea,

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Oslia Tiberina, con tutto il tratto al eli dell' ira bocca tura del Te- vere sino ai monti della Tolfa. Si scorgono pure a colpo d'occhio il Lazio non solanierìte, e i lidi La- vini, coU'anlica sede di Turno re de'rufuli, ma la massima parte del littorale pontificio sul mare Tirre- no o Mediterraneo, e le isole del regno delle due Sicilie, il che for- ma all'occhio dello spettatore il più gradevole e sorprendente spet- tacolo. Degli oggetti rinvenuti nei suoi scavi , massime in quelli dei nostri tempi , delle sue iscrizioni , degli avanzi antichi della magnifi- cenza e grandezza di Lanuvio, co- me del tempio e culto di Giuno- ne, ne tratta il Nibby citato. Eru- dite notizie antiche ed ecclesiasti- che si leggono pure nel Piazza , Gerarchia cardinalizia, p. 809 e seg. 11 Ricchi nella Reggia dc\>olsci parla di Lanuvio colonia LXXXIII a pag. 176 e seg., de' suoi fosti, e iscrizioni che riporta, uomini illu- stri ec, e dice che fu la prima città romana falibricata nel La- zio, secondo M. Varrone ; il me- desimo Ricchi nel suo Teatro de- fili uomini illustri pag. 1^5, parla di quelli di Lanuvio o Civita La- vinia, e riporta altre interessanti nozioni. Il Theuii nel Teatro isto- rico, a pag. 87, dice che Lanuvio fu annoverato tra le città volsche, e che fu patria degli imperatori Antonino Pio, e Commodo. Da ul- timo il dottissimo can. Giannanto- nio Meschini, ci diede l'erudito o- puscolo intitolato : 3Ionurnento an- tico collegiale scoperto a Civita Lavinia U anno 1816 illustrato , Venezia coi tipi di Giuseppe An- tonelli premiato con medaglia d'o- ro, 1839. Con quest'opuscolo il chiaro autore volle supplire all'il-

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lustrazione che ne aveva fatta Nic- cola Ratti, pubblicata in Roma nel 1825 dal de Romanis, dicendoci che in modo più ragionato la ri- produsse il eh. Clemente Cardinali, nei Diplomi imperiali de' privilegi accordati a^ militari, Velletri i836. Inoltre avverte che anche il eh. ab. Girolamo Amati nel Giornale Ar- cadico f 89, p. 224> 1 ha in parte illustrata. Questo monumento con- siste in una interessante latina iscri- zione, divisa in due colonne di ses- santa e più linee scolpite in mar- mo con bei caratteri romani, dis- sotterrata in fondo di proprietà della famiglia Frezza di Civita La- vinia. Il contenuto tratta dell'isti- tuzione di un collegio chiamato Culloruni Dianae et Jntìnoi^ e- retto nel tempio dedicato a questo favorito divinizzato, sotto il conso- lato di Mummio Sisenna, corrispon- dente ail'anno XXVII dell'impero d'Adriano, e i33 dell'era cristia- na. Tal prezioso monumento con- tiene inoltre molte cose non meno curiose che utili ad illustrare la storia dell'antico Lanuvio, ed an- che di Roma, ed a somministrare l'idea piìi precisa sull'indole e sullo spirito di tali stabilimenti ed isti- tuzioni presso la gentilità. Vi si leggono difatti gli statuti del pre- detto collegio , specialmente per la parte relativa all' ordine delle cene e dei funerali ; donde scor- gesi con quanto interesse si occu- passero di'l funere e della tumu- lazione de' consoci estinti, quniorq non si fossero procurata volonta- riamente la morte ; giacché in que- sto caso si prescrive, che ejus ra- tio funeri s non habebitur, tanto era in orrore agli stessi gentili il sui- cidio: come pure si proibisce se- veramente il menomo atto di se-

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dizione, e la menoma mancanza di rispetto in riguardo a colui che l'oilicio sosteneva di quinquennale, che forse era la prima carica o di- gnità, almeno dopo quella del dit- tatore municipale, o del patrono del collegio medesimo.

Tre volte il regnante Pontefice Gregorio XVI onorò Civita Lavi- nia, mentre stava alla pontificia villeggiatura di Castel GandoH'o. La prima fu a' 17 ottobre 1^33 che vi giunse inaspettato; pure la popolazione lo ricevette con ogni dimostrazione di festa. Smontò al- la chiesa di santa Maria Maggio- re ricevuto dal capitolo, ed ivi ri- cevè la benedizione col ss. Sagra- menlo, da monsignor Soglia arci- vescovo di Efeso ed elemosiniere. Uscito di chiesa il Papa osservò gli avanzi delie mura in pietre quadrate, un residuo di maestosa fabbrica antica di recente disco- perta, che sembra avere servito ad uso di teatro, e i nobili sarco- fagi destinati ora ad accoglieie le acque nelle pub!)liche fontane, ed altri avanzi dell' illustre municipio. Quindi avendo contemplate le a- roene e magiche prospettive che ivi si godono, supplicato da mon- signor Luigi Frezza arcivescovo di Calcedonia nativo del luogo ( V. Frezza Luigi, Cardinal), il Papa si degnò ascendere il casino di sua famiglia, ove ammise benignamente al bacio del piede il clero, i prin- cipali cittadini, e gl'individui del- la famiglia Fiezza ; e dalla loggia deli" appartamento superiore com- parti la benedizione all' affollato pnpulu, che proruppe in acclama- zioni di di vota esultanza. Quivi il Pontefice gustò di leggere la me- morata iscrizione rinvenuta in un fondo dei l'rezza , a diligenza dei

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quali erano stati i-iuniti i molti pezzi rotti, ed i nipoti del lodato prelato gli offrirono un esemplare in istampa della medesima. Aggiun- se poi il Papa la degnazione di gradire un lauto trattamento, dis- posto a cura dello stesso prelato, di che ne fu partecipe il corteggio pontificio. La seconda volta in cui onorò di persona Civita Lavinia fu a' 20 ottobre i834- Dopo di ave- re orato alquanto nella chiesa prin- cipale, osservò le amene e delizio- se vedute che in questa altura si presentano, e per meglio goderle ascese una loggia sopra il casamen- to di Giovanni Cassio romano, che coi più umili sensi ringraziò l'au- gusto sovrano del compartitogli onore ( di questo ha fatto ricono- scente e distinta menzione il di lui figlio Latino, nella dedicatoria al medesimo Papa dell' Oralio de ChrisU Domino resurgcnlis glorìa, pubblicata colle stampe , e da lui pronunziata nella cappella Sistina nella terza festa di Pasqua dei i844> come nobile convittore del collegio Nazareno, dicendo, che tanto beneficio, et marmare inscid- pliun immorlalitati mandare ). In- di si trasferì col cardinal Odescal- chi, che l'avea seguito da Castel Gandolfo, e con monsignor Frezza alla casa di questi, il quale fece osservare al primo branco di scale al Pontefice, una marmorea me- moria eretta per eternare la de- gnazione con cui nel decorso anno avea onorato di sua venerata pre- senza quel luogo. Quivi il Papa ammise al bacio del piede la ma- dre ed i parenti del prelato, che fece servire di rinfresco la nobile corte, e tutto il resto della fami- glia pontificia. Finalmcjite la terza volta che Gregorio XVI recossi a

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Civita Lavinia fu a' 19 ottobre i836, col maggior tripudio degli abitanti per la esaltazione al car- dinalato del concittadino monsi- gnor Frezza, che ricevette il Papa: questo dopo aver visitato la chiesa collegiata, sali nell'abitazione del cardinale, ove ammise al bacio del piede la sua famiglia, ed altre di- stinte persone, benedl il popolo dal balcone, e si compiacque gradire la refezione preparata dal medesi- mo porporato.

Genzano ripete la certa sua ori- gine nel secolo XIII, e già esiste- va nel 1255, come rilevasi da due bolle di Alessandro IV , la prima pubblicata dall' Ughelli, Italia sa- cra toni. I, p. 53 e seg. Congrua nos, 1 idus januarii, la seconda ri- portata dal Piatti, Storia di Gen- zano con note e documenti, Roma 1797 pel Saloraoni, p, 102 e seg. Regiilareni vi t ani, XII kal. marlii. In tali bolle Genzano è notato tra le possidenze de' monaci di s. Ana- stasio alle acque Salvie, ossia alle tre fontane, dei quali parlammo al \ol. XIII, pag. 59 e seg. del Di- zionario, i diritti de' quali su di e.sse ivi di nuovo si confermano. Kclla prima è chiamato funduni Genzani, nella seconda col nome di Castello; però in una anterio- re bolla di Lucio III, Congrua nos oportel de' 2 aprile 11 83, si parla di Monte Genzano e sua torre, dai Gandolfì eretta sulla cima dello stesso monte. Cosine montis, qui dici- tur Genzano, ridotto a coltura per r introduzione dei lavori di cana- pe, e scavi di pietre, coriispoudeo- te alla costa settentrionale de'mon- ti che circondano il lago di Nemi. Nel discutere il Ratti nel capitolo II le notizie del territorio di Gen- zano, e dei di lui possessori iu^

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nanzi la fondazione di Genza- no, conchiude che il fondo di Gen- zano, prima che ne fossero investi- ti i monaci di s. Anastasio, avesse appartenuto alla famiglia de' Gan- doifi ; che questa nelle civili di- scordie tra i Papi e i romani sot- to gli antecedenti pontificali ne fosse privata dai Papi stessi per a- desione al partito ad essi loro con- trario; e finalmente tli'essendcsene rimessi in possesso al tempo di Alessandro III immediato prede- cessore di Lucio HI, avessero allora preteso di rivendicare i loro antichi diritti. Passando il Ratti nel cap. Ili a parlare dell'etimologia di Genzano, riporta tutte le denomi- nazioni con le quali fu chiamato , ed esclude il vocabolo Cynthianum , non derivando da Diana o Cinzia che avea famoso tempio e bosco sul lago del vicino Nemi ; n)a ri- flettendo che in tempo della re- pubblica romana i fondi ebbeio la loro origine, e presero il nome dai loro padroni o famiglie, ed avendo fiorito in Roma sotto gl'imperato- ri vari soggetti di cogncwise Gen- zianì, lutti distinti e consolari, dei quali sino al terzo secolo ci riman- gono molte memorie, gli sembra probabile che il territorio genzanese fosse un fondo di qualcuno degli in- dicati personaggi, e che dai mede- simi assumesse il nome di Genzano, dai quali forse passò ai Gandolfi, che lo ritennero sino dopo la metà del secolo XII : porta quindi opinione che la vera appellazione del luogo è Genzano o Genziano, in latino Genlianum. Dai monaci dunque di s. Anastasio possessori di altri fon- di convicini , la terra di Genzano ebbe il suo principio , e siccome essi aveano fatto diroccare la tor- re de' Gandolfi per cancellare la

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memoria del loro dominio, in se- guilo si T'idero obbligati erigere un castello sul monte Genzano per difendere le loro terre nel lato set- tentrionale dalle ostili incursioni, tanto più che la parte meridiona- le delle loro vaste possessioni era sunìcienlemente guardata dal ca- stello e rocca di Nemi. Laonde Genzano in principio non fu che un castello, o piccola fortezza, per cui venne chiamato Castrimi. Del- la famiglia Gandolfì ne dammo un cenno all' articolo Castel Gandolfo. Per lo spazio di più d' un seco- lo pare che Genzano non cambias- se padrone, mantenendosi tranquil- lamente sotto il vassailaeisfio feu- dale de* suoi stessi fondatori , be- nemeriti delle lettere, della civiliz- zazione e della coltura delle terre. Dopo aver dimorato sette Ponte- fici in Francia ed in Avignone dal i3o5 al iSjG, l'ultimo di essi Gregorio XI restituì a Roma nel I 377 la residenza pontificia, indi mo- rì neir anno seguente. Sebbene fu canonicamente eletto Urbano VI in successore, molti cardinali nel me- desimo anno si ribellarono, e sotto la protezione di Onorato Caetani conte di Fondi , in questa città si imirono in conclave, e nel palazzo del conte, detto perciò palazzo pa- pale, procedettero all' illegittima elezione di Clemente VII antipapa. Trovandosi tra i baroni romani suoi fautori principalmente Giordano Or- sini, lanlipapa per rimunerarlo, con pseudo-bolla data in Fondi a* 1 dicembre 1378, Exitnie dtvotionis sinceri las, gli concesse a terza ge- iierazione con illegittima investitura molli castelli , tra i quali fastra Ne- mi, et Genciani Àlbanen dioecesis curii casali, (jnod Monlangiaiio vai- ^ariler nunciipalui\ ad moiiasteriuni

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x. Jnastasìi extra niuros urhis per- tineiitia. Giordano con la forza se ne mise in possesso, che per altro fu di assai corta durata, forse ter- minò nel 1379. Dappoiché, ritirato- si l'antipapa in Avignone, e rico- nosciuto Urbano VI per vero Pa- pa dall' Italia, tranne Giovanna I re- gina di Napoli, le altrui giurisdizio- ni invase dai seguaci del falso Pon- tefice , si ripristinarono nei loro primitivi e reali padroni. Tutta- volta verso il i3g3 Nicola Colon- na de' signori di Palestrina , pio- littando del lagrimevole scisma , colla prepotenza delle armi invase Genzano. Però nel i3c)9 avendo discoperto Bonifacio IX la congiu- ra da lui tramata, egli per sottrarsi al castigo fuggì, lasciando Genzano a Buccio Savelli suo compagno nel- r usurpazione. Ambidue governa- rono tirannicamente Genzano, ed il secondo allorché restò solo por- tò all'eccesso le sue avauie ed op- pressioni. Stanchi i genzanesi di soUrire siffatta dominazione, spedi- rono un' ambasceria a Pietro Pas- sarello nobile napolitano, capitano di Marino per la Chiesa romana , ed al Papa molto accetto, chieden- dogli la sua mediazione con Boni- facio IX, per essere ricevuti sotto r immediata dipendenza e prote- zione della Sede apostolica, con ri- conoscere a un tempo stesso l'uti- le dominio dei loro antichi padro- ni i monaci di s. Anastasio , per cui la spedizione fu fatta di pieno concerto con 1' abbate.

Convenendo il Pontefice dopo maliifo esame alle istanze de' gen- zanesi , si convennero gli articoli della nuova capitolazione, confer- mati e pubblicati dai Massari di Genzano nella chiesa parrocchiale alla presenza di lutto il popolo.

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del castellano Marino Passareljo fratello di Pietro e procuratore della santa Sede, dell'abbate delle tre fontane e di altri testimoni. Tutti questi atti e concessioni Bo- nifacio IX solennemente approvò a' i5 novembre 1899, col breve Iliimilibus et liontslis sui'pUcuni votis, nel quale lelteralmeiite si ri- portano gli articoli convenuti. Cosi Ganzano venne restituito all'utile dominio de' cisterciensi , o piutto- sto leso per la piiiaa volta imme- diatamente soggetto alla Sede apo- stolica , che vi deputò suoi gover- natori i due Passarelli nominali , forse parenti del Papa^ staccando la terra di Genzaiio dalla castelia- iiia di Lariano, dalla quale avea dipenduto sino allora, ed unendola a quella di Marino, col breve J^t- si ad wiwersa terra, emanato nel medesimo giorno dell'altro, e di- retto ai due Passarelli. In quanto al castello di Lariano, esso sorge- va nelle vicinanze di Vellelri , e formava casteilania dalla quale e- rano dipendenti vari circonvicini paesi, e tra questi Genzano e la Riccia. Era feudo dei potenti Sa- \elli, e questo appunto dovette es- sere il motivo, per cui i gcnzane- si nel sottrarsi dal dominio di Euc- cio domandarono ancora di essere slaccali dalla giurisdizione di La- riano. Questo castello essendosi di poi ribellato al Papa Alessandro VI, fu per di lui ordine distrutto dai velleirani. Varie di lui notizie si leggono nelle citate Memorie i- storiche del p. Casimiro a p. 198; nel p. Esci] inardi. Descrizione di Roma p. 2 83; e nel Borgia, Storia di Velletrì p. 355. Lariano terra de' Coloiniesi era stata già presa e distrutta dai velleirani nel pon- tificato di Eugenio IV; e Pio II,

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come si legge nel Compendio del- ia storia veliterna del sacerdote Banco, Roma 1841 , fece demolire la fortezza che avea fatto riedifi- care il cardinal Colonna, ed a quei tempi inespugnabile. Qui noteremo che il mentovato can. Emanuele Lu- cidi nelle Memorie storiche dell'an- tichissimo municipio dcll'Ariccia, e delle sue colonie Genzano e ISend, nel capo XXXI li della parte pri- ma liatta di Genzano , il quale vuole originato dal suolo e dal mu- nicipio Aricino, e pel concorso dei popoli al tempio di Diana Aricina, la quale fu chiamata anche Luna, giustificando così la denominazio- ne di Cynthiae Fammi e Cjnlhia- num , e lo slemma del coni ime. Queste opinioni, e la brevità delle notizie indussero il Ratti a scrive'- re la storia di Genzano dedicando- la a d. Domenico Jacobini , ed a Tommaso Truzzi, la cui famiglia provenne da Bergamo nel 1705, come appartenenti alle primarie famiglie genzanesi, dicendo il dotto Gaetano Marini , uno de' revisori deputati a tale istoria , che l'illu- stre terra di Genzano era rimasta sino allora senza una particolare istoria , per cui lo stesso Lucidi avea sperato che il Ratti l' avesse eseguita. Il medesimo Ratti , nei già citato cap. XI riporta le prin- cipali testimonianze di alcuni piìi celebri autori sopra Genzano , i quali però caddero in gravi equi- voci rapporto alla storia munici- pale, come Biondo da Forlì o sia Biondo Flavio, nella Roma ristali- rata et Italia illustrata , tradotta da Lucio Fauno; Pio li nel lib. Il de' Commentari; Raffaele Volaler- rano, in Commentariorum Urba- ncr. lib. VI; Atanasio Kircher, La- tiuin j in cui fa menzione di un

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albero portentoso per la sua mole, il quale Jsussisterebbe ancora se le donne gen/anesi non avessero nel- la concavità dell'albero, che loro serviva di comoda stanza, fatto bollire a fuoco vivissimo la caldaia del bucato, per cui si diseccarono a poco a poco le radici e l' albe- ro stesso , che bisognò tagliarlo a' tempi del Ratti , il quale adér- ma non essere esagerazione dan- dogli molti secoli di vita ; e Giu- seppe Rocco Volpi, Fetiis Lalium, Ioni. \IL Di Genzano ne avea e- ziandio parlato con erudizione An- tonio Ricchi nel lib. I, cap. XXXX, della Reggia, de' volsci, chiaman- dolo Geiisano o Cinliano, e ripor- tando le congetture di alcuni che ivi giacesse l'antica città di Bovil- fa, e che vi fosse una villa di Ce- sare Augusto, sotto il quale fu piantato l'enorme memorato albe- ro nel di cui vacuo potevasi rifu- giare venticinque uomini. E per non dire di altri , il Piazza nella Gerarchia cardinalizia p. 3 1 7 e seg. interessanti notizie avea scrit- te su Nemi e Genzano o Cencia- no, e de' loro pregi; nel secondo parlando delle chiese di s. Maria di Cima e della compagnia del ss. Sagramento, aggregata all'arci- confiaternita di s. Lorenzo in Da- maso di Roma ; dell' oratorio del- la Concezione, e della chiesa dei ss. Sebastiano e Filippo Neri, prov- vista splendidamente dal duca Fi- lippo Cesarini. II Cancellieri parla di Genzano nella sua Lettera al dottor Korejy sopra V aria di Ro- ma ec. , ed a pag. 222 tratta di alcuni scrittori su Genzano.

I cistcrciensi delle tre fontane furono ben contenti della disposi- zione di Bonifacio IX, e dell' ope- rato dai genzanesi, non essendo essi

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in grado di difendere Genzano dal- le invasioni doi potenti e prepoten- ti [baroni de limitrofi luoghi, aven- do anteriormente edificato a tale oggetto sul monte Genzano una gran torre a guisa di fortezza, di cui parlammo di sopra, 1 avrebbe- ro resa a forma di cittadella se non gli fosse mancalo il danaro. Nel i4o2 accadde in questa terra un orribile incendio , che la inceneri nella massima parte; onde i mo- naci per salvare il restante, essen- do impotenti alle indispensabili e costose riparazioni, con beneplacito apostolico di Boiiifacio IX, secondo il suo breve Jiistis ci honestis siip- plicuni votis , dato a' 28 gennaio 1404, divisarono di vendere il ca- stello di Statua di loro proprietà egualmente rovinato, detto l'antico Jlsium o Tarres, presso Palo nel- la diocesi di Porto. Ma il Papa volendo beneficare con nuovi favo- ri i monaci , ordinò alla camera apostolica che acquistasse la pro- prietà del castello di Statua o Sta- tue, ed in vece s' incaricasse della spesa in compire la fabbrica della torre di Genzano, per la quale Bo- nifacio IX assegnò seicento fiorini d'oro ; per il di più furono cedute ai monaci le rendite delle due col- legiate di s. Maria e di s. Pietro de Arilia, e dell'altra di s. Maria di Petrola, che perciò rimasero sop- presse, ed i proventi della guardia- nia di Lariano, come si legge nel breve , Etsi diffìcnltatibus , ema- nato da Bonifacio IX il primo feb- braio i4o4- Da quel tempo Gen- zano fu ridotto a perfetta forma di castello, preso nel suo proprio significato di fortezza : la fertilità del suo territorio , quello altresì de' paesi adiacenti allettò alla di lui coltivazione molti abitanti del*

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le vicine ed anche lontane contra- de, a stabilirvi le loro famiglie, at- tratte anche dall'amenità del soggior- no. Ne! i4to Giovanni XXllI ricon- ciliò con la Chiesa i ribelli Giovan- ni e Nicola Colonna soprannomi- nato , benché questi lo era anche stato nel i4oi da Bonifacio IX, e con altri feudi l' investi pure del- la terra di Genzano a triennio , col tenue censo di un sol fiorino d' oro da pagarsi al detto moni- stero di s. Anastasio il giorno di Natale, o nella di lui ottava, me- diante il breve Pia Maler Ecclesìa, de' i8 luglio, con la clausola che spirato il triennio avrebbe dovuto ritornare Genzano ai monaci. Ma Antonello Savello, profittando dello scisma tuttora vigente, 1' occupò e ritenne sino al i^ij, epoca in cui terminato lo scisma con l'elezione di Martino V Colonna, questi ad istanza dell'abbate delle tre fontane fecegli restituire Genzano e Nemi ancora da Giovanni Annibali che 1' occu- pava. Temendo però i monaci per le potenti fazioni , e gran pote- re de' baroni romani, di perdere i feudi di Genzano e di Nemi, nel 1423 li dierono in alFitto per un triennio a Giordano Colonna fra- tello del Papa, con dichiararlo in- sieme governatore di ambedue, con documento che si legge nel Ratti a p. 127. L'obbligo assunto dal Colonna fu di garantire e difen- dere i castelli, e di corrispondere all'abbazia « totum vinuin, e to- >} tum granum exigenda , perci- « pienda, et habenda ex dicto Ca- » stro Jensani, tenumeuto et vi- « neis ejusdem ad curiam dicti Ca- « stri pertincntia, et florenos quin- « quaginta in alia nianu ex fru- » elibus dicti Castri Nemi ".

Terminato il triennio domandaro-

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no i monaci a Martino V di vendere i castelli di Genzano e Nemi, col ca- sale annesso di Montagnano, ai Co- lonnesi Antonio, Prospero e Odoar- do figli di Giordano, ciò che dopo maturo esame il Papa accordò il primo novembre col breve Ex in- junclo nohis , riportato con tutti gli altri documenti dal diligente e dotto Ratti. 11 prezzo fu di quin- dicimila fiorini da bai. 4? l'uno, coU'obbligo ai monaci del rinvesti- mento. Un mezzo secolo e più ri- mase Genzano sotto il dominio dei Colonna, e Martino V lo arriccia di privilegi , come dell' esenzione dalle gabelle del sale e del focati- co, come avea fatto con altri feu- di di sua casa. Narra il Lucidi a p. 3 II, che mentre Genzano era do- minato dai Colonnesi, ebbe la sor- te di vedere presso le sue porte il Pontefice Pio li elevato alla catte- dra apostolica nel i458, come si ha dal lib. II de' suoi Commentari. Aggiunge, che salendo il Papa dal lago di Nemi incontrò la molti- tudine del popolo, e molti vecchi che per 1' allegrezza si abbracciava- no con gli occhi pieni di lagrime, dicendosi scambievolmente: chi mai creduto avrebbe di vedere prima della nostra morte il Pontefice Ro- mano ? Iddio ci ha fatto questa grazia. Osserva poi che non entrò il Papa nel castello di Genzano , ma passò vicino alle porte di quel- lo, pei'chè oltre la strettezza del suo circondario , erano le strade molto incomode e scoscese , come si vede anche a' nostri in quel luogo che chiamasi Genzano vec- chio. Il passaggio e trattenimento, come lo chiama il Ratti, del Pon- tefice Pio II in Genzano, fu un av- venimento memorabile per questa terra , ed a tal effetto riporta il

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brano de' Commentari , in cui lo stesso Papa ne fa la descrizione. Il protonotario Giovanni Colonna figlio del suddetto Antonio, nel i479 ^^^^^^ Genzano al cardinal Guglielmo d' E^touteville per du- cati tredicimila e trecento da bai. 77 l'uno, con patto di retrovendi- ta ; quindi il cardinale a' io ago- sto i4Si> come di sopia abbiamo accennato, donò i due castelli di Genzano e Nemi aGii-olamo e Ago- stino Tottavilla suoi figli naturali, e nel i483 costituì il cardinal Bor- gia vescovo di Porto poi Alessan- dro Yl, ed il cardinal A rei m boi di vescovo di JXovara, in suoi procu- ratori a prendere possesso di Gen- zano e Nemi, come pure di Civi- ta-Lavinia e Frascati donati simil- mente ai detti figli, che aveva fat- ti adottare da Pioberlo suo fratello. Ma essendo morto nel i483 stesso o nel i485 il cardinale d'Estoute- ville, i Colonnesi colla forza e con le armi si rimisero in possesso di Genzano e degli allii castelli dei Tuttavilla, o per il patto di retro- vendita, o per le inimicizie insor- te tra le due famiglie , essendo i Tuttavilla amici degli Orsini fieri emuli dei Colonnesi, avendo Giro- lamo sposato Ippolita Orsini : on- de ebbero luogo guerre accanite , sostenute d'ambo le parli con l'a- iuto de' propri amici. A terminar tali fazioni, e i danni gravi che ne derivavano ai sudditi pontificii, mas- .sime de' luoghi conUvistati , s' in- terpose Innocenzo Vili , il quale nel concistoro de'i4 luglio i485 (giacché egli fu eletto a' 26 agosto 14B4), stabilì che i castelli e luo- ghi in questione fossero depositati in sue inani, e tra questi le sole terre dei Tuttavilla furono indivi- duate, e singolarmente Genzano.

GEN In tale anno adunque inalberò Genzano di bel nuovo lo stendardo della Chiesa, e per la seconda volta respirò, benché per poco tempo, sot- to il placido di lei dominio. Qui poi noteremo che se si dovesse sta- re all' autorità del Beughemio, Iii' cwiab. typogr. p. 1 4 ; del De la Caille, Hisloire de l'impriin. p. 5o, e deirOilandi, Orìgini p. 192, bi- sognerebbe accordare a Genzano anche il pregio di avere avuta una tipografìa nel secolo XV , che fu quello della nascita di quest' arte utilissima , scrivendosi dai medesi- mi che ivi fu stampato il seguen- te libro : Joannìs Annii ord. Praed. De futuri s christianorum triuni- phis in thut;cos j et saracenos ad Sixtum Papa IV, et reges , pria- cipes, ac senatus christìanos. Ge- nuae tjpis Baptislae Cavali ordi- nìs Carmeli S. T. M. in domo s, M. cruciferorwn 1480 in 4- ^'- ì^nat. foli, duorum ab A. ad F. characl. golii. Il primo de' citati scrittori in luogo di Gennae legge Cenliae, il secondo per fare a suo modo la cosa piìi chiara, Genzano, ed il terzo riportando ambedue le lezioni del Beughemio e del De la Caille così soggiunge: " Quando Gentiae sia Gensano , egli è una terra sullo stato di Roma , dalla quale traile altre cose si cava un vino del quale in Roma se ne fa molta slima". Il Ratti dice che chi opinò in favore di Genzano , cadde in manifesto errore. Intanto la pace tra la fazione Colonnese e r Orsina ebbe pieno effello nel i486 in settembre o poco dopo ; però Genzano rimase sotto l'immediato dominio della Chiesa circa un an- no, dopo il quale sembra non es- sere ritornalo ai Tuttavilla , ma beuM ai Colonna, ciò che sembra

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confermarsi dalla bolla tli Alessan- dro VI, con cui approvando la do- nazione di Lucrezia IJorgia ai due .suoi figli Roderico e Giovanni di tutte le terre a lei investite dal Pontefice padre, e prima tolte ai principali baroni romani , il solo Frascati vi si nomina come feudo dei Tuttavilla, e non Genzano, pa- rimente compreso in quella dona- zione, forse accaduta nel 1498, an- no in cui Lucrezia sposò in secon- de nozze Alfonso d'Aragona duca di l'iselli da cui ebbe i delti figli. Morto Alfonso nel i5oo, Lucrezia avanti di maritarsi col duca di Fer- rara fece ad essi la riferita dona- zione, confermata e consolidata da Alessandro VI con la bolla Code- slis altitudinis poteiiliac, del primo ottobre i5oi. Nella divisione Gen- zano toccò a Roderico, che succes- se alla madre nel di lui dominio e baronaggio; ma morto il Papa nell'agosto i5o3, venendo i Bor- gia spogliati dei domini! da lui dati, ed avendo i baroni romani ripreso ognuno il suo, i Colonnesi naturalmente rientrarono in pos- sesso di Genzano, che pacificamen- te conservarono sino al 1 563. In cpiest'anno a' 26 settembre Marco Antonio Colonna di poi trionfato- le de' turchi a Lepanto , vendette Genzano a Fabrizio de' INIassimi per il prezzo di scudi quindicimila duecento, con atto che il Ratti ri- porta a p. 107, dicendo il Lucidi, eccettuata la tenuta di Montagna- no con le sue mole. A fine di to- gliere ogni eccezione sulla validità di una tal vendila. Pio IV con suo moto-proprio derogò a tutti i fi- decommissi della famiglia Colonna, specificando che Marc'Antonio era slato necessitato a vendere il suo icudo di Genzano per i debiti che

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aveva dovuto contrarre a causa del- le doti alle proprie sorelle. Aggiun- ge il Lucidi che vi fu prestato il con- senso da Filippo II re di Spagna, per sictn-ezza dell' obbligo di evizione sepia i beni di Marc'Antonio, esi- stenti nel regno di Napoli, il quale specialmente obbligò i castelli di Marino , Nettuno, Civita Lavinia e Ceccano.

Effimero fu il dominio del Mas- simi sopra Genzano, mentre nell'an- no seguente a' 2 ottobre lo riven- dette per lo stesso prezzo di scu- di quindicimila duecento a Giu- liano Cesarini marchese di Civita- nova nella provincia di Macerala [Vedi), al quale articolo ne parle- remo, essendo tuttora dei duchi Sforza Cesarini con titolo di du- cato. L'atto di vendita il Ratti Io riporta a p. 162, in cui si legge compresa nell' acquisto di Giuliano la tenuta delle due Torri a po- nente e in poca distanza da Gen- zano, e prendeva tal nome da due torri vecchie eh' erano sopra il colle compreso nella medesima: oggi solo una ne resta in piedi, e tutta la possessione appartiene ai carmelitani. Eziandio nella vendita si compresero alcune case comprate dal Massimi, non che quei migliora- menti da lui fatti nel feudo. Da quel tempo Genzano restò nel dominio Cesarini, e quindi lo è ancora negli Sforza loro eredi e successori, che in piìi incontri fecero sperimenta- re ai genzanesi le loro beneficenze, molte delle quali di sopra regi- strammo. L' altro duca Giuliano Cesarini facendo lunga e frequen- te dimora in Genzano, ivi la sua consorte d. Margherita Savelli par- tori Alessandro, Maria Felice, An- na Maria, la celebre Cleria, e Giulia, non restringendosi la slan-

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zione dei nobili coniugi in Gcnza- no al solo (cnipo di villeggiatura. Sotto questo duca Giuliano il feu- do fu onorato d'una graziosa vi- sita del Pontefice Alessandro VII, di che fece egli menzione nel volume dedicato a quel Papa di poesie la- tine ed italiane dello zio dottissi- mo d. Virginio, pubblicato nel i658 con tipografico lusso, con in- cisione stampata in rame che ri- corda la visita di Alessandro VII in Genzano. D. Livia figlia di Giuliano e Margherita, ed il ge- nero d. Federico amarono pure la dimora di Genzano, ed ivi ebbe i natali il primogenito duca Gae- tano seniore.

AfTezionatissimi i duchi Cesari- ni e Sforza al loro Genzano, vol- lero segnarne i fasti anche coi matrimoni dei propri figli il du- ca Gaetano mentovato, e d. O- lirapia. Questa nella parrocchiale di Genzano il primo luglio del 1699 sposò d. Scipione principe di Venafro, il fratello a' i.\ giugno lyoS si unì in matrimonio a d. Vittoria Conti. Inoltre Genzano più volte fu onorato dalla presenza de' sommi Pontefici che vi si por- tarono da Castel Gandolfo, e da al- tri nell'andata e ritorno da alcun luogo, come fece Benedetto XI li, quando negli anni 1727 e 1729 si portò alla sua antica chiesa ar- civescovile di Benevento; così di altri Papi che recaronsi a Nemi. Clemente XIII agli 1 i ottobre 1764 si portò a Genzano, avendo seco in carrozza il cardinal Caval- chini, e il cardinal Rezzonico suo nipote. Il Papa visitò la chiesa principale ov' era esposta una sta- tua della Beata Vergine del Ro- sario i poscia andò a visitare il cardinal Giovanni Costanzo Carac-

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ciolo nel suo casino, il quale ap- prestò un magnifico rinfresco. Nel Diario di Roma del 1773, nume- ro 8344 si legge, che avendo Cle- mente XIV permesso al duca Gae- tano giuniore Sforza Cesarini di poter fare eseguire nel suo feudo di Genzano la sentenza di morte di un reo colpevole di piìi delit- ti capitali, il duca fece trattare convenientemente i confrali del- l'arciconfralernita di s. Giovanni Decollato, che da Roma si porta- rono ad assistere il reo che fu im- piccato. Il Pontefice Pio VI (]ììI 1780 recandosi ogni anno sino al 1796 inclusive, tranne gli anni 1782 e 1793, a Terracina nell'a- prile e nel maggio per il prosciu- gamento delle paludi Pontine, o- norò nel passaggio di sua presen- za Genzano. Pio VII a' 18 otto- bre 1 8 1 4 si portò a Genzano, e dalla loggia del palazzo del duca d. Francesco Sforza Cesarini, com- partì al popolo l'apostolica bene- dizione; vi ritornò a' 2 i ottobre i8i5_, e nella chiesa del duomo nuovo ricevette la benedizione col ss. Sagramento. Il successore Leo- ne XII, ineiitamente a'^S settem- bre 1828 dichiarò Genzano città, e gli concesse le relative prero- gative.

Il Papa che più di ogni altro ha in parlicolar modo onorato Genzano con le frequenti sue visi- te, e soggiorno di parecchie ore, è il regnante Gregorio XVI, ol- tre di aver dato alla città a mu- nifico protettore il cardinal Anto- nio Tosti romano, che segnalò il possesso solenne che decorosamen- te vi prese in persona, con divei'- se beneficenze tutte proprie del suo animo generoso. Nel numero 82 del Diario di Roma del i83i

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si legge che a' i o ottobre recando- si dalla villeggiatura di Castel Gan- dolfo il Papa Gregorio XVI a Velletri, fu acclamato dai genzane- si con ogni venerazione, cui face- va eco la banda dei filarmoni- ci della medesima città. Discese alla chiesa collegiata in mezzo al- la guardia civica, essendo ricevuto dal clero e magistratura governa- tiva e comunale, vestiti delle loro insegne. Ivi ricevette la benedi//io- ne col ss. Sagramento decorosa- mente esposto, da monsignor So- glia arcivescovo d'Efeso ed elemo- siniere; dopo di che proseguì il suo viaggio benedicendo paterna- mente i giubilanti cittadini. Nella seguente mattina reduce il Papa da Velletri, ad istanza de'genzanesi di- scese alla detta chiesa , ove dal nominato prelato fu compartila la benedizione colla ss. Eucaristia pre- cedentemente esposta; quindi in sagrestia il Pontefice ammise al bacio del piede i canonici, il go- vernatorCj il gonfaloniere con la civica magistratura, i maestri pub- blici, gli individui della banda fi- larmonica, e molti delle principa- li famiglie. Indi tra l'esultanza re- ligiosa degli abitanti, Gregorio XVI si condusse a piedi al con- vento de' religiosi cappuccini, do- ve asceso nuovamente in carrozza fece ritorno a Castel Gandolfo. Nel numero 83 del Diario di Ro- ma del i832, si narra che agli 1 1 oltobie il Papa Gregorio XVI visitò la chiesa principale di Genza- no, ricevuto colle consuete onorifi- che dimostrazioni, suono delle cam- pane e della banda, sparo de'mor- tari, e vive acclamazioni. Dopo di aver dato monsignor Soglia la be- nedizione col ss. Sagramento, il Papa ammise in sagrestia al ba-

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ciò dei piede il capitolo, le ma- gistrature, i filarmonici ed altri, e fatto un tratto di strada verso Nenii, a quel castello si condusse : ripassando poi per Genzano per restituirsi a Castel Gandolfo, gli abitanti rinnovarono i loro lieti auguri ed omaggi. Nel supplimen- lo poi di detto numero del Diario di Roma, legge che ai i5 otto- bre il Papa col solito accompa- gnamento si è recato a Genzano, e smontando alla chiesa dei cap- puccini, trovò la truppa ivi schie- rata colla banda musicale di Vel- letri: in chiesa ricevette la benedi- zione col ss. Sagramento da mon- signor Soglia, e passando nel con- tiguo convento visitò la libreria, passeggiò nel vasto orto, donde osservò il bel lago di Nemi; quin- di con singolare clemenza non so- lo volle il Pontefice pranzare nel refettorio, ma ammise alla sua ta- vola oltre il cardinal Mattei, mon- signor Bontadosi suo viditore pos- sidente di Genzano, l'arciprete del- la collegiata, e la nobile sua cor- te, anche la religiosa famiglia. Nel- l'ore pomeridiane Gregorio XVI si degnò portarsi a piedi a visita- re le maestre pie, le ammise be- nignamente al bacio del piede, e poscia tra i sinceri evviva de' ri- conoscenti genzanesi, nuovamente benedetti da lui, fece ritorno a Castel Gandolfo.

Nel supplìinento del numero 84 del Diario di Roma de' 1 9 ottobre i833, è riportato, come Gregorio XVI da Castel Gandolfo a' 1 7 di detto mese si recò a Genzano, in- contrato dalla divota popolazione con ogni maniera ossequiosa. Nel- la chiesa collegiata ricevette da monsignor Soglia la consueta be- nedizione eoa l'augustissimo Sagra-

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juento, e nel solito Irono dell'an- nessa sagrestia permise che gli ba- ciassero il piede il capitolo, i ma- gistrali, e i distinti cittadini. ludi il Papa andò a Civita Lavinia, e ritornando a Ganzano, passò nella chiesa de' cappuccini, ove roonsi- giior Soglia tornò a dare la bene- dizione, e nella libreria ammise al bacio del piede il p. guardiano e la comunità religiosa. Avendo fat- to preparare la sua mensa nel re- fettorio, vi desinò col nobile se- guito, coi sacerdoti cappuccini, coi prelati Bontadosi, e Frezza di Ci- vita Lavinia, e con l'arciprete di Genzano. Dopo il pranzo Gx'egorio XVI passeggiò neir orto, ove fa bella veduta il sottoposto lago, e le adiacenti campagne e colline, quindi benedicendo i genzanesi, e tra i loro plausi ritornò a Castel Gandolfo. Nel numero 4^ delle ]S'olizie del giorno del i834 è ri- portato, che ai 20 ottobre il Pa- pa Gregorio XVI recossi a Gen- zano, nella cui collegiata monsignor Tevoli arcivescovo di Atene ed e- lemosiniere compartì l'eucaristica benedizione: in sagrestia ammise al bacio del piede il capitolo, le magi- strature ed altri, indi si portò a Ci- vita Lavinia, Restituitosi il Papa a Genzano, nella clùesa de' cappuc- cini ricevè la benedizione col ss. Sagramento, da monsignor Soglia segretario della congregazione dei vescovi e regolari, e nel convento la famiglia religiosa gli baciò il piede, e poi venne da lui ammes- sa alla sua pontificia mensa, coi cardinali Falzacappa vescovo di Albano, ed O descalchi, ed i pre- lati Frezza e Bontadosi, il conte Scbrcgondi e l'arciprete di Gen- zano. Nelle ore pomeridiane il Pon- lelice festeggialo dai genzanesi ri-

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parli per Castel Gandolfo. Nel nu- mero 86 del Diario di Roma del i836, si racconta che Gregorio XVI a' 1 9 ottobre andò a Genza- no, dove nella chiesa collegiata ricevè da monsignor Soglia patriar- ca di Costantinopoli la benedizio- ne col ss. Sagramento, ed in sa- grestia gli baciarono il piede il ca- pitolo, i magistrati, i filarmonici, ed altre persone. Si portò poscia a Civita Lavinia, e nel ritorno do- po avere ricevuta la benedizione col Santissimo nella chiesa de'cap- puccini, nel refettorio del conven- to, colla consueta benignità, il Pa- pa invitò alla propria mensa i religiosi, i cardinali Falzacappa e Odescalchi, monsignor Frezza e la nobile corte ; poscia nelle ore po- meridiane fece ritorno a Castel Gandolfo tra gli iterati felici voli dei cittadini.

Finalmente nel numero 19 del- le Notizie del giorno del 1 843, si legge che ritornando Gregorio XVI a Roma, dal viaggio fatto nelle Pro- vincie di Marittima e Campagna, proveniente da Velletri giunse ai 9 maggio in Genzano. Fu ricevu- to dal cardinal Pietro Ostini ve- scovo di Albano alia testa del suo clero, da d. Lorenzo Sforza Cesa- rini duca di Genzano, e da monsi- gnor Lucciardi , presidente della Comarca , oltre il governatore, e la civica magistratura in abito. Nel- la collegiata il Papa ricevè la be- nedizione col Venerabile , e nella sagrestia ammise al bacio del pie- de i nominati personaggi ed altri, con r assistenza del cardinale, li Papa dirigendosi poi a piedi verso il convento de'cappuccini, gli riuscì di gradevole sorpresa il ritrovare una delle lunghe strade che divi- dono la città moderna di Genzano,

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cioè la via Sforza, costiuita iu de- clivio tutta ricoperta nel mez- zo di un vaghissimo tappeto di fiori freschi di dilfeietili specie, colori ed odori. Con questo spet- tacolo il popolo geiizanese voile dare al suo amato padre e sovra- no un saggio dell' infiorala che o- gni anno eseguisce per solenniz- zare la processione dell'ottava del Corpus Domini. Questi fiori di- sposti con disegno e simmetria in vari compartimenti, formavano bel- lissimi ornati tramezzati da diver- si stemmi gentilizi , e da dieci i- scrizioni celebranti le virtù del Papa, l'onore che compartiva a Genzano in tal giorno , ed altro relativo: tanto gli stemmi, come le iscrizioni erano formate di fiori naturali. In capo poi della strada Sforza , leggevasi in un cartello una iscrizione in cui si esaltava il sommo ed utile benefizio della nuova portentosa strada dal Papa ordinata nel clivio di Gallerò, che conduce a Genzano, con immenso vantaggio pubblico : autore di tut- te le iscrizioni, scritte con aurea latinità fu d. Gaetano LotFreddi sa- cerdote genzanese. Gli stemmi gen- tilizi erano, quello del Pontefice, cui succedevano cjuelli del cardinal O- stini vescovo diocesano, del cardi- nal Tosti protettore di Genzano, del cardinal Lambruschini segre- tario di stato, del cardinal Mattei segretario per gli affari di stato interni, di d. Lorenzo Sforza Ce- sarini duca di Genzano e gonfa- loniere perpetuo del popolo ro- mano, e degli stemmi di vari altri personaggi che sono a capo delle diverse pubbliche amministrazioni, con le quali ha relazione la città di Genzano. 11 Papa ammirando il sorprendente lavoro e il niira-

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bile effetto che produceva l'immen" sa copia de' ben disposti fiori, in- dugiava a passarvi, temendo che si stupendo lavoro di tante per- sone, non venisse in un momento guastato dal transito del suo se- guito e dal popolo accorso anche dai convicini paesi e da Roma. Invitato il Pontefice a passarvi so- pra, poiché solo in suo onore e- rasi la strada in tal modo abbel- lita, vi ascese e la percorse tutta sino alla cima, seguito dal corteg- gio, fra le acclamazioni de'genzane- si e della moltitudine, che l'ap- plaudiva anche dalle finestre delle case laterali parate a festa con drappi di variati colori. Giunto Gregorio XYI alla cima della stra- da proseguì a camminare per la via Carolina, e giunto sulla gran- de piazza circolare ove s'incrocia- no i quattro superbi viali della rinomata olmata, ne amraiiò l'im- ponente prospettiva, che vi si pre- senta da ogni lato , fermandosi a complimentare la duchessa di Gen- zano, d. Carolina Sfi^jrza Shirlej, che ivi trovandosi col suo figliuo- lo d. Francesco duca di Segni, si prostrò a baciargli i piedi. Arri- vato finalmente il Pontefice alla chiesa de' cappuccini per ricevervi la benedizicuie col Santissimo, ed entrato nel contiguo convento am- mise al bacio del piede la religio- sa famiglia, che volle fosse parte- cipe nel refettorio di sua mensa. A questa si compiacque ammetter- vi anche il duca d. Lorenzo Sfor- za, il p. Luigi da Bagnala predi- ca4ore apostolico , e procuratore generale de' cappuccini , l'arciprete della collegiata, il governatore ed il gonfaloniere di Genzano. Men- tre seguiva il pranzo uno scelto con- certo di trombe della valentissima

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banda romana dei dragoni ponli- flcii, in una stanza contigua esegui con lieta musica di cori alcune strofTette in onore del supremo Ge- rarca. Dopo il pranzo il Pontefice nel coro de* cappuccini nuovamen- te ammise al bacio del piede il duca, e la duchessa di Genzano, le maestre pie della città ed altre persone, indi ascese in carrozza, e giunto al piazzale di Galloro ne discese per osservare la nuova strada che per sua munificenza andavasi ultimando da quel punto sino al- l'olmata di Genzano; e lodandone il cav. Giuseppe Bartolini autore e direttore della medesima, questi ebbe l'onore di farne rimarcare i vantaggi, le superate difficoltà, e rispose a tutte le interrogazioni che si piacque fargli il venerato princi- pe. Dopo averne egli percorso un tratto a piedi, retrocedette per mon- tare in carrozza, la quale fu la pri- ma a passare per la nuova strada, seguitando il viaggio per Pioma. Ai 5 ottobre del medesimo anno 1843 Gregorio XVI da Castel Gandolfo ritornò in Genzano, vi- sitò la collegiata, e la chiesa dei cappuccini , nel cui refettorio am- mise benignamente alla sua tavola i religiosi, il cardinal Pacca deca- no del sacro collegio, il cardinal Ostini vescovo, ed oltre la sua no- bile corte, il p. abbate Zuppani, il governatore, il gonfaloniere e l'ar- ciprete di Genzano.

Da ultimo a' 2 ottobre i844 il prefato Pontefice da Castel Gan- dolfo si condusse a Genzano per la suddetta strada, che in un al ponte trovò perfettamente compi- ta, ed a memoria del benefizio è stata collocata sul ponte stesso a- naloga marmorea iscrizione, sovra- stata dal pontificio stemma di tra-

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vertino. Giunto in città fu ricevu- to nella chiesa collegiata dal car- dinal Ostini vescovo, dal capitolo, da monsignor Lucciardi presidente della Comarca, dal governatore, e dal gonfaloniere ed anziani, lutti in abito, tra il suono delle cam- pane, gli evviva della popolazione, lo sparo de' mortari, ed il suono della banda de' cacciatori. 11 Papa ricevè da monsignor Castellani sa- grista la benedizione col ss. Sagra- mento precedentemente esposto , quindi volle onorare di sua pre- senza il nuovo palazzo comunale in via Livia. È pertanto a sapersi ch'era proprietario di un ben va- sto febbricato in Genzano Giovan- ni Amerani, ed avendo la comune bisogno d'un locale in cui potesse riunire tutti gli uffici pubblici, nel terminare del 1 843 acquistò a ta- le effetto il fabbricato. Quindi la comune con l'opera e direzione dell'egregio architetto romano Lui- gi Agostini lo restaurò, l'ampliò e lo ridusse agli usi pei quali avea proceduto alTacquisto, laonde sic- come perfettamente compito, il Pontefice onorò di ascendere al piano superiore, compartire dall'or- nata loggia l'apostolica benedizione a tutti gli abitanti, e nella gran sala in decoroso trono di ammet- tere al bacio del piede il clero, il governatore, la magistratura civi- ca, ed i più distinti cittadini, tut- ti lieti di vedere distinto il muni- cipale edifizio dalla presenza di Gregorio XVI. Passò poscia il Pa- pa nella chiesa de' cappuccini, e dopo avervi orato si recò nel con- tiguo convento , ove in refettorio ammise alla sua mensa i cardinali Ostini e IMattei, ed oltre la pro- pria famiglia nobile e quella reli- giosa coi pp. Luigi da Baguaiq gè-

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ncrale, ed Andrea d' Arezzo pro- curatore generale, anche il prc- lulo Lucciardi, il governatore Ni- cola Mariani, il gonfaloniere Paolo Marini, l'arciprele d. Filippo de Dominicis, e J' altro distinto gen- zanese Gaetano Jacopini. La men- sa fu rallegrata dalla sullodata Landa musicale, dopo la quale il Pontefice ammise nel coro al ba- cio del piede le maestre pie, ed al- tre persone, e col suo seguito par- tì tra il plauso de' genzanesi per Galloro e per Castel Gandolfo.

Oltre quanto si è detto supe- riormente dell'antichissima e no- bilissima famiglia romana Cesarini, qui accenneremo alcuna delle tan- te cose che la riguardano. Essa ha dato al sacro collegio quattro car- dinali, cioè Giuliano del 1426 giu- «iore ; Giuliano del 149^ senio- re; Alessandro del iSi'j giuniore; Alessandro del 1627 seniore: le notizie biografiche de' quali sono riportale ai loro articoli e luoghi relativi. Il cardinal Giuliano se- niore terminò il palazzo Cesarini incominciato da monsignor Giorgio, ed ampliò le abitazioni di sua fa- miglia, facendo acquisto di un al- tro palazzo dirimpetto al primo, nel quale era inclusa la. torre Ar- gentina, ove edificò vaghi e sontuo- si portici: presso al detto palazzo è la chiesa di s. Nicola alle Cal- care, detta de' Cesarini per esserne stati questi i patroni, ed ora ap- partiene ai somaschi. Gabriele Ce- sarini pel primo ottenne la cospi- cua carica di gonfaloniere del po- polo romano, probabilmente da Sisto IV, o almeno da Innocenzo Vili, sebbene altri dicono averla con- seguita da Alessandro VI parente di questa famiglia, per la quale mostrò speciale propensione, e ricolmò di fa-

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vori e beneficenze. Gabriele nel i499 col consenso di detto Papa rassegnò il gonlalonierato al suo figlio Gio. Giorgio, e questi fece poi altrettanto per autorità di Giu- lio lì col proprio figliuolo Giulia- no. Clemente VII col moto-pro- prio de' 23 marzo i53o perpetuò nella famiglia Cesarini , e rese in essa ereditaria la medesima carica di gonfaloniere del popolo roma- no ; anzi è da notarsi che il du- ca Filippo, dopo la morte di Giu- liano suo fratello, succedendo ai di- ritti di primogenitura, chiese di es- sere messo iu possesso anche della carica di gonfaloniere del popolo romano, e degli emolumenti an- nessi alla medesima: incontrò qual- che ostacolo sotto Alessandro VII attesa la sua passata qualità di chierico, ma pienamente favorevole trovò il di lui successore Clemen- te IX, che perciò a' 23 maggio 1668 emanò relativo moto-proprio. Dopo la sua morte nel i685 ÌA sua carica fu conferita ad altri, ma nei primi del secolo seguente ven- ne reintegrata la famiglia Sforza Cesarini, che tuttora ne porta il titolo e le insegne nella propria arma gentilizia. /^. Gonfalonie- re DEL SENATO E POPOLO ROMANO.

All'articolo Carnevale (Fedi), ab- biamo detto delle splendide feste date in Roma nel i5/^5 da Giu- liano, co' famosi giuochi di Agone e di Testacico ; egli da Giulio HI fu investito di Civita Nova, e di Monte Cosaro con titolo di mar- chese. Sisto V oltre altre singolari concessioni a questa famiglia , isti- tuì in favore del duca Giuliano il monte Cesarino vacabile. In d. Li- via Cesarini si riunì l'eredità di cpicsta famiglia , insieme a <juel- Ic dei Savclli, Perelti , Cabrerà, e

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Bovaclilla; (jiiesla duchessa marita- tasi col tinca d. Federico Sforza, in questa nohilissiaia famiglia pas- sarono le ricchezze e le prerof^ati- de'Cesarini. Dei cardinali Sforza se ne parla alle loro biografie : della famiglia Sforza all'articolo Milano di cui fu sovrana. Dei singolari privilegi concessi da Paolo IH alla famiglia Sforza ne facemmo cenno al voi. XI, p. 12 del Dizionario. Come poi si riunirono nella fami- glia Sforza -Cesari ni le eredità, ra- gioni e privilegi delle cospicue, an- tiche e potenti famiglie Conti, Sa- velli, e Perelli, lo diciamo a quegli artìcoli. Del palazzo Sforza-Cesari- ni; attualmente abitato in Roma dai signori di questa famiglia, ne parlammo al voi. VII^ p. 191 e 192 del Dizionario. In quanto al teatro di Torre Argentina, che prende tal nome da una vicina torretta di proprietà di questa fa- miglia, è a vedersi l'articolo Tea- tri DI Roma. Il dotto Nicola Ratti nella sua opera intitolata Della fa- ìuiglia Sforza, con autentici docu- menti ci ha dato le notizie delle famiglie Sforza , Conti, Cesarini, Savelli, Peretti o Monlalto, Cabre- la, eBovadilla; della loro oi-igine, antichità, lustro, pregi; dei conside- rabili acquisti da esse fatti, feudi e signorie; dei privilegi ed insigni pre- rogative; e degli uomini e donne illustri che fiorirono in esse, e tra gli uomini quelli che in gran nu- mero si distinsero in armi, in scien- ze ed in dignità ecclesiastiche. II Ratti pubblicò nel 1 794, in Ro- ma coi tipi del Salomoni, la sua storia, cioè il primo volume, men- tre il secondo lo pubblicò nel •79'>, ed ambedue in foglio grande. La dedicò al duca Francesco Sforza Cesarini, padre dell'odierno duca,

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con questi cognomi e titoli: Savel- li, Peretti, Montalto, Cabrerà, Bo- vadilla , Conti, principe del sacro romano impero, grande di Spagna di prima classe, conte di Santa Fiora XVIII, del senato e popolo romano perpetuo gonfaloniere ec. ec. Il duca Francesco morì di an- ni 44 ^' ' ^ febbraio 18 16; gli fu- rono fatte l'esequie nella patriarca- le basilica di s. Maria Maggiore nella cappella Sistina sua gentilizia, ed ivi tumulato: della detta cap- pella ne parlammo all'articolo Chie- sa DI s. Maria Maggiore. Gli furo- no celebrati altri funerali anche nella chiesa di s. Maria in Valli- cella, qual benefattore di essa, co- me gli altri di sua famiglia, loc- chè si può leggere all'articolo Fi- lippini, in cui si descrive la chie- sa pur chiamata Nuova.

Dello stemma Cesarini, e delle sue parti, come della colonna per memo- ria di Martino V benefittore di essi; dell'orso un tempo sostituito dal montone, per la vittoria riportata sugli Orsini non ben provata, sopra un monte verde in campo giallo forse com' erede dell'antica e no- bilissima famiglia Montanara da cui vuoisi derivata; e dell'aquila im- periale concessa insieme ad altri privilegi dall'imperatore Carlo V, il medesimo Ratti ne tratta al tom. II, p. 264 e seg. e 295. Al pre- sente lo stemma gentilizio del du- ca Sforza consiste nel notissimo scudo originario Sforza, ove in cam- po azzurro si vede il leone d'oro rampante , colla destra branca in atto di minacciare, colla sinistra so- stenente un ramo di cotogno coi suoi frutti (sull'origine e particola- lità di (juest'arma si può vedere il eh. conte Litta nell' applaudita opera sulle Faniig^lic illustri Italia'

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ne, sul principio di essa). A sinistra (li qiicsla insegna entro il mede- simo scudo è la già descritta ar- ma dc'Cesarini, e d'intorno vi so- no inquartati in bella mostra bla- sonica gli stellimi Savelli, l'aquila scaccata Conti, l'ainie Peietti-Mon- lalto, e quella Cabrerà - Eovadilln. Tutto lo scudo è sormontato dal- l'aquila bicipite, segno di princi- pe del sacro romano impero. Sa- rebbe poi troppo lungo il dare ra- gione d'ogni endilema di ciascu- n'arme; dirò solo dei due serpenti o biscioni che come sujiporti stan- no ad ambo i lati dello scudo. Questi viscontei colubii sono inse- gna nobilissima quant'altra mai di Italia, perchè acquistata da perso- nale valore eccitato da sentimento religioso nella prima crociala. Ne fa menzione Torquato Tasso nel piimo canto, stanza 55 , della sua Gcriisalcininc y nel passare a rasse- gna i più valenti fia le nobili schic- re degli avventurieri.

" O '/ forte OUon che conquisto

lo scudo « In cui dall'angue esce il fan-

ciullo ignudo.

La storia è che Ottone Visconti a singoiar tenzone uccidesse un lìerissimo gigantesco saraceno chia- mato Voluce, che per distintivo di superbia aveva questo biscione per cimiero, e sullo scudo. Ottone tolse a sua iiupresa la riportata spoglia del vinto nemico, e la famiglia Viscontea si gloriò di adottarla per sua arma , e da -essa 1' ereditò la Sforzesca, la ([uale come sola ere- de del ramo dominante dei Viscon- ti, ha sola il diritto, o lo ha mag- giore d'ogn' altro di fregiarne la sua gente, e ritenerla per propria.

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Chi volesse rimontare più allo tro- verebbe che Voluce in quel ser- pente, da cui esce il fanciullo ignu- do (e serva di disinganno a chi cred-e che il serpente ingoi il bam- bino ) disegnava discendenle dal sangue di Alessandro il Grande, che crcdevasi uscito da Giove ve- duto da sua madre Olinq/ia in forma di serpente ec. : questo è il primitivo significato di nobilissi- mo stemma , che ora trovasi in- quartalo nell'arme dell' in qierato- re d'Austria, come re di Lombar- dia, perchè Milano e il suo stato dominato dai Visconti non avea altra arme che quella de' suoi si- gnori, onde Dante ebbe a chia- marla » la vipera eh' e' Milanesi accampa". Tornando all'arma Sfor- za, termineremo col dire, che so- pra il fondo del manto ducale cam- peggiano le bandiere col S. P. Q. R. in segno del gonfalonierato perpe- tuo, e due chiavi pendenti, siccome parte dello stemma de' Savelli già custodi e marescialli del conclave. GElNZlANO (s.), martire. F. Fu-

SCIANO (s.).

GEOFFROY Giovanni, Cardi- naie. V. Goffredi Giovanni, Car- di ti ale.

GEOGRAFIA. Descrizione di tut- te le parti della terra, geographia, terraruni descriptio. La geografia è una parola formata da due voca- boli che significano terra, e descri- zione. La geografia è la precisa scienza della posizione de' paesi : essa insegna il luogo di tutte le regioni terrestri, le une rispetto al- le altre, e riguardo al cielo, con la descrizione di ciò che contengo- no di rimarchevole. La geografia antica è la descrizione della terra secondo le cognizioni degli antichi, Iq opere de' quali ci furono tra-

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manclale, ma con molli errori ed onimissioni. La geografia astrono- mica è la descrizione della terra considerata relativamente al cielo. La geografia commerciale ha per oggetto di far conoscere le arti , le l'abbrithe, e le naturali produ- zioni di ciascun paese, sidl' impor- tazione ed esportazione delle quali i popoli, le nazioni, e i commer- cianti fondar possono le loro spe- culazioni : mostra anche i mari, i fiumi, i canali, e le strade piìi si- cure , comode ed economiche , i luoghi di conserva e deposizione, i porli migliori, ec. ec. La geogra- fìa ecclesiastica antica e moderna, ha per base la ecclesiastica gerar- chia : le opere e le carte geogra- lìche danno le denominazioni, di- \isioni e suddivisioni, secondo che j paesi sono distribuiti, anticamen- te in diocesi , esarcati , vicariati , Provincie ec. , al presente in pa- triarcati , arcivescovati , vescovati , abbazie nitllius diocccsis, ed anche in patriarcati, arcivescovati, e ve- scovati titolari in partihus infidc- liwn, ec. ec. La geografia fisica ù la descrizione della terra quanto alla natura, alla sua esteriore ed interiore struttura, ed alle sue na- turali divisioni. La geografia isto- rica comprende i limiti dei di- versi stati, le variazioni che pro- varono, le loro perdite, i loro in- grandimenti, e gl'isterici progressi, che risguaidaiio l'emigrazioni dei popoli, la formazione e caduta de- gl'imperi, regni, repubbliche, i can- giamenti di dinastie, ec. ec. La geo- grafia matematica^ parte della geo- grafia, ha per oggetto i calcoli co- me le latitudini e le longitudini, l'elevazione dei luoghi, e il calcolo delie maree, ec. ec. La geografia media abbraccia l' intervallo scorso

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dalla decadenza del romano impe- lo sino al risorgimento delle let- tere Geografia moderna chiamasi una più esatta descrizione della terra, dalla rinnovazione delle let- tere sino al presente, perciò la più varia, la piti interessante, la più istruttiva, e la più ricca d'ogni al- tra geografia. Geografia politica è la descrizione della terra conside- rala in confronto ai vari stati nei quali è divisa, e alla loro forma di governo. Geografia statistica è la parte della geografia, che trat- ta dell'estensione dei paesi, della loro popolazione, prodotti naturali, rendite, ec. ec. Lo Spanhemio aiu- tò la geografia colla numismatica, e per mezzo delle monete chiari molli passi osciu'i ed incerti pres- so gli scrittori.

La carta geografica poi è una figura piana che rappresenta la superficie della terra , o di una sua parie, che mostra la configu- razione dei paesi, dei mari, del- le montagne ; la situazione del- le città , dei fiumi, delle strade, ec. ; i limiti e le divisioni de- gli stati, e le denominazioni gene- rali e particolari di ciascuno di es- si. È incerto il primo inventore delle carte geografiche : Eustazio però riferisce, che Sesostri re d'E- gilto, facesse disegnare in una car- ta i paesi da lui trascorsi : questa sarebbe la carta più antica che si conoscesse. La carta generale rap- piesenta o il globo terracqueo, o una delle sue parti principali; la carta idrografica rappresenta le va- rie forme del mare, le coste, e i bassi fondi, ed altri oggetti impor- tanti pei navigatori, marcandovisi pure la profondità e le correnti, e sotto un tal riguardo è interes- santissima per la fisica geografia;

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la carta itineraria segna le sfrade e i principali luoghi per uso dei viaggiatori ; la carta muta oflie il piano inciso senza lettere, e serve con vantaggio per gli studiosi che acquistarono le prime nozioni geo- grafiche ; carta piatta è quella ove r effetto della prospettiva o roton- dità della terra è nullo, i meri- diani ed i paralleli vi sono rappre- sentati con linee dirette e paralle- le; finalmente la carta topografi- ca offre la figura di un luogo par- ticolare, e serve in ispecial modo ai militari onde dirigere le loro operazioni , e perciò comprende tutti i fiumi, le strade, ec, rico- noscendosi facilmente altresì gli og- getti appartenenti alla trigonome- tria, ch'è la nota arte di misurare i triangoli rispetto a' loro angoli e lati.

Sebbene fino da' tempi antichis- simi s'incominciasse ad avere una qualche idea di geografia , man- cando gli antichi dei mezzi neces- sari per formarsi un'esatta idea del globo da noi abitato, non po- terono essi poi tar questa scienza a quel grado di perfezione a cui giun- se per lo studio de' geografi mo- derni. Tuttavia le opere degli an- tichi aprirono la via a coltivare gli sludi geografici, e lasciarono noti- zie sull'origine e progressi della geografia, essendo i più antichi, Se- sostri che espose alla vista del po- polo delineate in carte le sue con- quiste, e Mosè nella divisione delle dodici tribìi d' Israello eseguita da Giosuè, su di che va letto quanto ne dice il Bergier, nel Dizionario enciclopedico, all'articolo Geografia sacra, ed il Robert, Geografia sa- cra e storica, stampata in Parigi nel '747- Cooperarono ai progres- si della geografia eziandio i feni-

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eli con la loro navigazione, le spe- dizioni marittime di Salomone, e di Necao re dell'Egitto intorno l'A- frica, i greci asiatici massime per le osservazioni astronomiche d' A- ristotile che fissò la figura sferica della terra, e misurando la circon- ferenza del globo, ne determinò la grandezza: anche il sublime Ome- ro viene riguardato benemerito del- la geografia per le molte città, pei diversi mari, e per le svariate re- gioni da lui nominate ne' suoi di- vini poemi. Con Alessandro il Gran- de viaggiavano sempre ingegneri, che formavano la carta de' paesi ch'egli attraversava , o soggiogava. Eratostene si meritò in questa uti- lissima scienza il glorioso nome di cosmografo, e di misuratore dell'u- niverso, che corretta la carta geo- grafica d'Anassimandro ne diede altra alla luce piìi esatta; le suc- cessive dispute sulle opere di tali geografi, contribuirono a perfezio- nare i principii della scienza , che con fervore e cura studiavasi nella Grecia. L'amore di essa passò an- che presso i romani, come passa- rono le altre scienze e le arti al- lorché cominciarono le loro estese conquiste fuori del f Italia, e soprat- tutto nell'Africa. Polibio fu spedi- to da Scipione Emiliano a ricono- scere le coste di varie regioni, e i luoghi per ove era passato Anni- bale. Varrone, De. re rustica, fa menzione della carta geografica che rappresentava l'Italia, e di quella che portavasi dai romani ne'trion- fi de' vinti paesi. L'eccellente astro- nomo Possidonio amico di Pom- peo, misurò la circonferenza della terra; e sotto il consolato di Giu- lio Cesare, che ne' suoi Comniea- tari ci die la descrizione delle Gal- lie, e delle isole Britanniche, si die-

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de mnno nlla grand'opeva della de- trattato di geografia ; Co«nio cgi- scrizioiie |)iìi esatta dell' imperio ro- ziaiio nel )36 compose la cosnio- mano: Zeiiodossio descrisse l'oricn- gra'ia cristiana; ed Erode pubhli- te, Teodoro il settentrione, e Po- d> la Notizia fieli' impero di Co- liclelo il mezzogiorno. Sotto Augii- slnnlino ^ e nel IX secolo o piìi sto, e per la sua protezione alle tardi venne scritta l'opera dell'ano- scieiize, si vide condotta a compi- nimo geografo ravennate. Passale mento la descrizione generale del le scienze dall'Europa nell'Asia, mondo, esposta nel mezzo di Pio- gli araldi le accolsero e coltivaro- ma sotto un gran portico a tale no in un alla geografìa, nella quale oggetto costrutto: lavoro in cui i ci diedero diverse opere: la Persia romani affaticàronsi quasi per due ebbe pure i suoi geografi. Nel se- secoli interi; indi Dionisio Periege- colo XIII, mediante i vinggi di ter- te descrisse la terra giusta i prin- ra e di mare, il gusto della geo- cipii d'Eratostene, e dell'immortale grafia si risvegliò in Europa , me- Slrabone. Fiorirono successi vamen- ritando menzione il veneto Marco te tra i romani geografi Isidoro di Polo, clie reduce da' suoi viaggi Carace autore delia Slazione dei nell'Asia ci porse la cognizione geo- Parlij Pomponio IMela die pub- grafica della Tartaria, della Cbina blicò il compendio di geografia in- e la vera figura dell' Afi-ica per titolato De sita orbisj Plinio il vec- mezzo d' un planisferio che recò chio che impiegò quattro libri del- dalla Cina. Da questo planisferio la sua opera delie cose naturali si prese l' idea di quello che fece intorno alla geografia; Martino di nel i4^7 pei' Alfonso IV redi Por- Tiro uno de' restauratori dell' an- togallo fr. Mauro converso camal- tica geografia; Ariano di Nicome- dolese, che meritò per questo di dia, che lasciò due peripli sul Pon- essere annoverato fra i geografi di te Eussino, e sul mar Rosso ; Dio- quel secolo: l'utilità recata alla rigi di Bisanzio descrittore del Bos- geografia da Marco Polo e da fr. foro Tracio; e Pausania che in Mauro, venne dottamente dimo- dieci libri descrisse la Gi-ecia. slrala dal p. d. Placido Zuria ca- Mentre la geografia acquistava maldolese poi cardinale. Nel decli- cultori sotto l'impero di Adriano nare del secolo XV la geografia fu e di Marco Aurelio, comparve To- ampliala dalla scoperta del nuovo lomeo ristauratore e padre della mondo fatta dall' immortale Cristo- geografia. Dopo questo celebre ma- foro Colombo, scoperta che fu se- tematico Alipio d'Antiochia descris- guita da tante altre con immensi se l'antico mondo; ed il cosmogra- vantaggi della scienza geografica. Il fo Elico fece l' itinerario d'Antoni- eh. Andres, Origine d'ogni lederà- no o Notizia dell' impero ; indi tura, t. Ili, par. II, p. 190, osserva neir impero di Teodosio si formò che da tale scoperta tutte le scien- la carta itineraria chiamata Peutin- ze grandemente ne profittarono, geriana, così detta dal suo posses- ma sopra tutte e singolai-mente la sore Corrado Pcutinger , la quale geografìa, ed ecco come si esprime: ti'ovasi al presente nella biblioteca •» Più mari e piìi terre si assog- imperiale di Vienna. Ne' secoli bar- getti) in pochi anni al suo do- barici Mosè Circnense scrisse un minio, che non aveva potuto con-

GEO GEO 63 quistare in tanti secoli. Ogni anno te le parti d'Europa, avendo l'ac- venne poscia segnato con nuove cacleniia delle scienze, mercè il la- scoperte. Ogni giorno si acquista- voro de' molti suoi membri, influi- rono nuove notizie delle slesse ter- to considerabilmente ai rapidissimi re, prima scopette. Il globo ter- progressi di essa, alla «piale, il ri- racqueo videsi accresciuto con l'A- peleremo, concorsero i lunghi viag- merica da un nuovo emisfero: e fatti da tanti oltramontani, e le ampie provincie fin allora vuo- principalmente da Cook che, per te e deserte nelle mappe geografi- modo di dire, si fece padrone di che, cominciarono nel seguente se- «Ine emisferi, e che alcuni chiama- colo a comparire piene e popolate, rono il Colombo dell' Oceanica, ed a conoscersi la vera forma e L'utilità e necessità della scienza reale esistenza ". All'incremento geografica ben dimostrano i molti- delia geografia contribuì eziandio plici Dizionari che si andarono di dopo tante scoperte, una vasta se- tempo in tempo pubblicando, ed rie d'illustri viaggiatori. Nel seco- il cui novero si legge nel bello lo XVI cominciò a prendere mag- e dotto discorso preliminare dell'e- gior vigore la geografia, per le rudito ed applauditissimo Nuovo accennate scoperte, per le cogni- Dizionario geografico universale , zioni de' dotti uomini che le colti- opeia originale italiana di mia so- varono , come ancora per l'arte cietà di scienziati, coi celebri tipi d' incidere , onde col moltiplicarsi del benemerito ed illustre tipogra- ie carte , andavansi esse perfezio- fo Giuseppe Antonelli editore, pub- nando ; l'Alemagna , l'Inghilterra, blicato in Venezia nell'anno 1826. l'Italia, la Spagna, la Svezia, la In quanto alla geografia sacra Piussia, e sopra ogni altra nazione ed agli autori che si possono con- ia Francia, progressivamente coni- sultaie, riporteremo ciò che il ce- parir videro grandi e stimate ope- lebre Francesco Antonio Zaccaria re di geografia. L' Olanda e la scrisse nel tom. I, p. 9 delle Dis- Fiandra acquistarono pur anco del- seriazioni varie italiane a storia la rinomanza pei letterari travagli ecclesiastica appartenenti , Roma de' loro geografi. Nell'Italia fio- 1780. Eusebio ci lasciò in greco rirono Gio. Antonio Magini di Pa- un libro de' nomi de' luoghi e del- dova per la geografia antica e mo- le città mentovati nella sacra Scrit- derna; il p. P».iccioli gesuita ferra- tura, traslato in latino da s. Giro- rese, non che gli altri gesuiti pp. lamo, e poi emendato, riordinato Le-Maire e Boschovich, oltre Do- ed illustrato con annotazioni dal p. menico Cassini, ed il p. Coronelli Iacopo Confrerio l'anno i65q nel cosmografo della repubblica di Ve- suo Onomastico/i nrbium, et loco- nezia. Nei primi del secolo decor- rum sacrae Scripturae, che fu ri- so in Russia s'incominciò a colti- prodotto in Amsterdam nel 1707 vare la geografia con qualche sue- da Giovanni Clerc. A questo si ag- cesso. 11 cominciamento del passa- giimgano l'insigne opeia della Geo- io secolo dev'essere riguardato sic- grafia sacra di Samuele Ijocliart, come l'epoca precisa di una gene- la Geografìa sacra di Nicola San- rale rinnovazione della geografia son in alcune cose corretta da di Francia, e per così dire in tut- Agostino Lubino nelle sue tavole

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Sacrac grographine, e la Palcslìna di Adriaiio Rclaiulo; non che i primi quattro libri delle Anlicliìtà giudaiche di Benedetto Arias Mon- tano, i commenti di Poste), di An- dricomico, di Yallalpando ec. Per conto poi della geografia ecclesia- stica di tutte le diocesi dell' uni- verso, antica e moderna, si posso- no consultare i seguenti. Michele le Quien religioso domenicano, O- riens christianus in quatuor patriar- chatus di gestii^, quo exhihenlur ec- clesiae patriarchne, cacterisque prae- sulci totius orientis, Parisiis ex ty- pographia regia 1740. Biagio Ter- zi di Lauria, Siria sacra, descrizio- ne storico-geografica-cronologìca-lo- pograjica delle due chiese patriar- cali Antiochia e Gerusalemme, pri- mazie, metropoli e suffraganee , col- legi, abbazie e monisteri. JS'otizia de' concili, ordini equestri, e di tut- te le nazioni cristiane orientali , con due trattati delle patriarcali di Alessandria e Costantinopoli , de' primati di Cartagine e d' Etio- pia ec, Roma iGc)5 nella stampe- ria del Bernabò. Stefano Antonio Morcelli gesuita bresciano, Africa Christiana in tres partes tributa, Brixiae ex oilìcina Bettoniana i8i6. Ferdinando Ughelli fiorentino ab- bate cistcrciense, Italia sacra sive de epìscopis Ilaliae, et insularuui adjacenlìuni, rebusque ab iis prae- clare gestis, deducta serie ad no- stram usque aetalem. Opus singu- lare proi'inciis XX distiuctum in quo ecclesiarum origines , urbium condiliones , principuni donaliones , recondita monumenta in luceni pro- feruntur. Editio secunda, aucta et emendata cura et studio Nicolai Coltli, Vcnetiis 1717 apud Seba- slianum Coleli . Agostino Lubin degli eremiti di s. Agostino, Abha-

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tiaruni Ilaliae hrevis notitia qua- rum excisaruni , quani extantium, tilulus , ordo , dioecesis fundalio , mutaliones, situs, etc. exactius ex- primuntur, Romae 1693 typis Ro- marck. Antonio Felice Mattei mi- nore conventuale, Sardinia sacra seu de episcopis sardis hisloria, Ro- mae 1758 ex typografia Zempel. P>.occo Pirri abbate, Siciliae sacrae disquisitionibus et notitiis illustra' ta, eie, hiì^dun'ì Batavorum i63o. Francesco Paolo Sperandio arcipre- te, Sabina sacra e profana, anti- ca e moderna, Roma 1790 nella stamperia Zempel. Sammartani , Gallia Christiana qua series o- viniuni archiepiscopo rum , episco- porum et abbatuni Franciae, vici- narumquc dilionum, ah origine ec- clesiarum, ad nostra tempora, Lu- tetiae Parisiorum i656 apud du Mesnil. Abb. de Conimanville, Hi- stoire de toiis les archéveschez et évescliez de V univers, Paris 1700 chez Delaulne. Auberto Mirco ca- nonico, Notitia episcopatuum orbis chrisliani, in qua christianae reli- gionis ampliludo elucet, Autuerpiae 161 3 ex officina Plantiniana. Il cardinal Garampi, come dicemmo al suo articolo, aveva preparato i materiali per un'opera che intito- lava Orbis christianus.

GER.ACE (Hieracen). Città con residenza vescovile della Calabria ulteriore prima nel regno delle due Sicilie, capoluogo di distretto e di cantone , posta su d' una emi- nenza tra i due fiumi Novito e Me- rico presso il mar Ionio, all' orien- te del capo Sparlivento. Dopo il terremoto del 1783, che in gran parte distrusse la città, non vi so- no edifizi degni di speciale men- zione, tranne la cattedrale, alcune chiese , il senanario , 1' ospedale e

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tliversi conventi. Ha vicino delle acque minerali che sono in pregio, e vi si fa un commercio di buon vino detto greco. I locresi opunzi fuggiti di Grecia fondarono coli'as- sistenza dei siracusani la colonia di Locri presso al promontorio Zefl- rio, Zcphyriian, oggi capo di Stilo. Divenne una delle fiorenti repub- bliche italiane, la quale per la sua potenza si acquistò somma gloria. Divenula la città di Locri {Fedi), municipio romano, gli abitanti si trasferirono sulle falde del monte Esope, ed ivi costruirono la nuova Locii che divenne anche sede ve- scovile, dalle rovine della quale nel principio del secolo IX sorse Ge- race; e si vedono ancora nei din- torni le rovine di un acquedotto, e di qualche altro antico monu- mento. Neil' anno 986 Gerace fu saccheggiata dai saraceni , ed in processo di tempo soggiacque a di- versi infortunii. Il distretto di Ge- race è diviso negli otto cantoni di Ardore, Bianco- Vecchio, Castel- Ve- tere, Gerace, Gioiosa, Grotteria, Staiti e Stilo.

Il primo vescovo conosciuto di Gerace è Basilio, fiorito verso l'an- no 33o al dire dell' Ughelli, Italia sacra tom. IX, p. 894; ma non sembra conciliabile tale epoca con la sua intervenzione al concilio di Calcedonia nel pontificato di s. Leo- ne I. Dopo di Basilio avvi una la- cuna fino a Leonzio, eletto e con- fermato dal Papa Innocenzo II nel I 1 38. Commanville dice che nel VI secolo si trasferì la sede vesco- vile di Locri in Gerace, che chia- ma santa Ciriaca : sembra dunque che l'origine di Gerace non debba attribuirsi al IX secolo , ma assai prima. Fu chiamato ancora Gem- ei, Gieracì, Locres e Sancta Hie-

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rada. Vi si celebrava anticamente r udizio divino secondo il rito gre- co, laonde prima di parlare dei successori di Leonzio a questa se- de vescovile, di ciò faremo cenno, con l'autorità di Pietro Pompdio E.odotà, Dell' origine e progresso del rito greco in Italia, tom. I, p. 4i6 e seg. I vescovi della città di Gerace contimiarono dopo il seco- lo XI a fare la divina oblazione nel rito greco. Inutile fu l'opera de' normanni, e indarno si adope- rarono i romani Pontefici per vin- cere la loro ostinazione, e per ren- derli docili al rito della Chiesa ro- mana. Fra i greci prelati, i quali fecero luminosa comparsa, merita di essere annoverato Barlaamo mo- naco basiliano nato in Seminara, e abbate del monistero di s. Sal- vatore di Costantinopoli, assai dot- to, il quale n'ebbe il governo nel i34?. : l'imperatore Andronico lo spedì suo legato al Papa Benedet- to XII, innanzi al quale recitò al- cune orazioni, sopra l' unione del- le chiese greca e Ialina ; ma poscia mosso da ambizione per acquistar credito presso gli scismatici,, abiurò la cattolica religione, e fece aperta professione della scismatica, scriven- do contro i dogmi della latina. Tuttavolta ravvedutosi dell'errore fu riconciliato con la santa Sei\c, e pel zelo ardente che prese in di- fenderla , si meritò l'affezione di Clemente VI, il quale dimentican- do il passato lo fece vescovo di Gerace; quindi Basilio istituì mol- li letterati nelle greche discipline ^ e fu maestro del Boccaccio, del Pe- trarca e di altri illustri personag- gi di quel secolo. Dice ancoia il Rodotà , che un gran numero di vescovi della chiesa greca di Ge- race furono eletti dall'ordine ba-

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siliano: r uUimo greco, il quale la governò, fu Atanasio Calceofilo di Coslanlinopoli, ornato di tulle quel- le prerogative che si possono de- siderare in un moderatore della disciplina regolare: presiedette nel- la dignità di abbate al monislero basiliano di s. Maria del Patire; nel concilio di Firenze declamò con- tro le follie e scismatiche frodi dei greci, e risplendette per chiari esem- pi di molte egregie virtìi, onde la Chiesa romana lo innalzò alla di- gnità di vescovo di Gerace. Temen- do forse per una vana e leggieris- sima apprensione, che il rito greco, che ivi era in onore, ridondasse a danno della cattolica religione, o per altri motivi, rivolse tutte le cure per ristabilirvi il latino. Egli dun- que tra i vescovi di Gerace fu il primo a cambiarlo nel 1467, ed i suoi successori per una serie mai interrotta , 1' hanno costantemente ritenuto. Dice in ultimo il Rodotà, che la chiesa sotto il titolo di s. Maria de Latinis di Gerace , cre- de essere stata la comune madre de' pochi latini che vi facevano il loro soggiorno, nel tempo in cui la maggior parte della città era composta di greci.

Il successore di Leonzio vesco- vo di Gerace, fu Euslasio tesorie- re della cattedrale, eletto dai ca- nonici e confermato nel 11 78 da Alessandro III. Nel i 194 divenne Tescovo il greco Nicola ; Bartonul- fo greco monaco basiliano, fu in- truso dai greci verso il i25o; a sua vece Innocenzo IV nel i2?3 vi prepose M. Leone; Alessandro IV nel 1 260 fece vescovo Paolo Leone; Giovanni eletto dal clero, fu confermato nel i3io da Cle- mente V, ed ottenne dal re Ro- berto vari privilegi; Clemente VI

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non approvando l'elezione del ca- pitolo , trasferì a Gerace Nicola vescovo di Dova ; fr. Simeone di Costantinopoli fatto vescovo da Clemente VI nel 1 348, celebrò il sinodo; Nicola Mele di Gerace, te- soriere della cattedrale, nel i366 fu vescovo, ma seguì le parti del- l'antipapa Clemente VII; Angelo de Tufo del i4oo, fu uno degli ottimi vescovi, ed ebbe a successo- re Paolo che nel 14^9 divenne arcivescovo di Reggio; Gregorio primicierio della cattedrale nel i444 fu elevalo alla dignità vescovile; Troilo Carafa nel i497 fu fallo ve- scovo di Gerace, e governò sette an- ni. Dopo di lui nel i5o5 Giulio II diede in commenda questa chiesa al cardinal Oliviero Caraffa, che però la rimmziò nel medesimo anno , ed il Papa lo fece succedere dallo spagnuolo Jacopo Conchille, al qua- le nominò successore nel i Sog il cardinal Bandiuello Sauli, che sot- to Leone X si dimise nel i5i7. Quel Papa allora aHidò la chiesa in commenda al cardinal France- sco Armellini perugino, e per sua morie fece commendatore della me- desima nel 1 5 19 il cardinal Ales- sandro Cesarini, che la rassegnò nell'istesso anno. Ma siccome Gi- rolamo Planca nobile romano da- togli a successore, morì nel i '^34, così Clemenle VII commendò la chiesa di nuovo al cardinal Cesa- rini, clic la lasciò nel i536, onde fu fatto vescovo Tiberio Muli nobile romano. Egregio vescovo fu Otta- viano PaS(|ua nominato da Grego- rio XIII nel \^~^\, che ebbe a suc- cessore nel 1^91 fr. Vincenzo Bo- nanli rouiano, maestro del sagro palazzo apostolico, ed autore d' un fiallalo della viitù degli Jgims Da bcncdcUi Dopo la sua morte,

GER Clomcnle Vili nel 1601 dipliiarò vescovo Orazio Malici nol>ile ro- mano, cui per volere di Gregorio XV successe nel 1622 Alessandro Boschi bolognese, che Urbano Vili lece vicegerente di Roma, e vica- rio apostolico di Parma. Gio. Ma- ria Belletti di Vercelli fu colloca- to in questa sede nel 1625 da Urbano Vili , e scrisse un uti- le libro intitolato: Disquisìliones clericoles. L'Ughelli termina la se- rie de' vescovi di Gerace con Lo- renzo Tramnilo, ed il Coleti con Domeniro Diez nobile di Aversa, fatto XL vescovo nel 1689. I di lui successori si leggono nella col- lezione delle annuali Notizie di Roma; ed al presente è vescovo di Gerace monsignor Luigi Perro- ne di Cosenza, già canonico peni- tenziere della cattedrale di sua pa- tria, preconizzato dal regnante Gregorio XVI nel consigtoro de' 19 dicembre i834.

La cattedrale di Gerace è de- dicata a Dio, in onore dell'Assun- zione in cielo della Beata Vergi- ne Maria, essendo la diocesi sulTra- ganea dell'arcivescovo di Reggio nel medesimo regno delle due Si- cilie. Avendo ii memorato terre- moto rovinato la cattedrale assai bella e di gotica architettura, venne decorosamente riedificata dall'ulti- mo vescovo defunto, monsignor Giu- seppe Maria Pellicano di Gioiosa, diocesi di Gerace, che Pio VII avea fatto vescovo nel 18 18. Il capitolo si compone di otto digni- tà, essendo la prima quella del decano, e le altre sono l'arcidia- cono, il primicerio, l'arciprete, il protonota lio, il tesoriere, il canto- re ed il maestro di cerimonie. I canonici sono sedici, comprese le prebende di penitenziere e di teo-

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logo; inoltre fanno parte del ca- pitolo i mansionari, ed altri preti e chierici addetti al servigio ec- clesiastico. Nella cattedrale la cura delle anime è affidata all'arcipre- te, quarta dignità; ivi è il fonte battesimale , e molte sacre reliquie. Contiguo alla cattedrale è l'episco- pio, nella maggior parte rifabbri- cato. Oltre la cattedrale in città si enumerano dodici chiese par- rocchiali tutte munite del balti- slerio. Vi sono pure due conven- ti di religiosi, ed un monistero di moìiache, non che diverse con- fraternite, e seminario cogli alun- ni . Ad ogni nuovo vescovo la mensa è tassata ne' libri della ca- mera apostolica in fiorini sessanta- due, verus aulem illonun valor est 3ooo circiter dacalorutn aeris nen- polilanis piihlicis non dcductis one- ribiis, siccome si legge nella propo- sitio concistoriale.

GERALDO (s), conte di Au- rillac in Alvergna, nato l'anno 855, ereditò da' suoi genitori vivi sentimenti di virtìi e di pietà. A- vendolo la sua mal ferma salute obbligato di abbandonare i guer- reschi esercizi, ai quali la nobile gioventù usava allora dedicarsi » prese piacere per lo studio, per l'o- razione, e per la meditazione del- la legge divina, e gli si insinuò nel cuore il desiderio di rinunzia- re al mondo per sempre. Morti i suoi genitori dispensò a' poveri la maggior parte delle sue ricchezze, non riserbandosi che quanto gli era necessario per vivere. Condus- se vma vita esemplare fra le pra- tiche di divozione e la penitenza, esortando i suoi vassalli alla virtù, ed agevolando loro i mezzi di di- venire buoni cristiani. Per ispirilo di penitenza fece un pcllegrinag-

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gio a Roma. Ritornato ad Auril- lac fondò una gran chiesa in ono- re di s. PietiOj nel luogo di quel- la di s. Clemente fatta edificare da suo padre con un monastero dell'ordine di s. Benedetto. Ar- ricchì considerabilmente questo mo- iiisterOj e si prese cura che vi fos- se osservata la piìi esalta discipli- na, per cui divenne florido e repu- tato. Egli si sarebbe ritirato in questo monistero, ma il suo con* fessore lo consigliò di continuare a viver nel mondo per spargervi i suoi benefizi. Egli perseverò adun- que nel suo fervore avanzandosi ogni più nella perfezione. Sette anni prima della sua morte perdette la vista, e morì a Cezeinac nel Quer- ci a'i3 di ottobre del 909. Fu seppellito nel monistero di Auril- lac, e diversi miracoli attestarono la sua santità. Quell'abbazia fu se- colarizzata, e cangiata in un capi- tolo di canonici da Pio IV nel i562. Dipoi vi fu noralDato un abbate commendatario con molti privilegi. S. Geraldo è patrono dell'alta Al- vergna, ed è onorato a' i 3 d'ottobre, giorno della sua morte. Nella chiesa collegiata di Aurillac conservansi alcune sue reliquie sottratte al fu- rore degli ugonotti.

GERALDO (s.). Inglese di na- scita, passò in Irlanda, e vi prese abito religioso nel monistero di Megeo o Mayo, fondato da Coiman di Lindisfarne,i n favore di quelli d Inghilterra . Divenne successiva- mente abbate e vescovo. Fondò egh due monisteri, uno di uomi- ni e l'altro di femmine, del qua- le diede il governo a sua sorella, per nome Segrezia. Questo santo vescovo cessò di vivere nel 782, e fu sepolto a Mayo, ove ancora si vede una chiesa che porta il suo

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nome, e la sua memoria è ono- rata a' 1 3 di marzo.

GERA-PETKA, o HIERA-PE- TRA, o HIEROPYDNA. Sede ve- scovile nella costa meridionale del- l'isola di Creta, presso il monte Ida, chiamata pure Castello di Ce- ra - Petra , essendo frequentato il luogo a motivo del suo comodo porto. Questo vescovato fu eretto nel quinto secolo, sotto la metro- poli di Candia, nella diocesi del- l'Illiria orientale. Eufronio suo ve- scovo sottoscrisse la lettera della sua provincia all' imperatore Leo- ne, e al dire di Commanville, nel secolo XII fu unita la sede a quel- la di Sittia. Dopo che i latini oc- cuparono l'isola, fu sede de' vesco- vi di tal rito, e Tommaso ne fu fatto vescovo dal Pontefice Giovan- ni XXII, dandogli poi a successo- re Gerardo dell'ordine de' minori. Urbano V nominò vescovo dome- nico; e Giuliano forse domenicano governò pure questa chiesa. Altro vescovo fu Francesco, che lo diven- ne nel 1 390 circa. Lo furono an- che Giovanni Quirini di Venezia, de' frati minori; ed Ippolito Arri- vabene di Mantova per volere di Paolo III, che lo dichiarò nel i534 in novembre: questi intervenne al concilio di Trento e ne sottoscris- se gli atti nel 1 563. Oriens christ. tom. II, p. 266.

GERAPOLI, GIERAPOLI,Zr/e. rapolis. Città vescovile della Fri- gia Salutare prima, dell' esarcato d'Asia, sotto la metropoli di Sin- nada, la cui erezione risale al IX secolo, secondo Commanville. Nel primo tomo dell' Oritns christ., sotto il titolo di Gerapoli della Frigia Salutare, si trovano nota- ti diversi vescovi, alcuni de' quali sono attribuiti anche a Gerapoli

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della Frigia Paoaziana. 11 primo di essi è il greco Heros, il r[uale da gentile ch'era, si mostrò alFezio- nato air apostolo s. Filippo che lo salvò dal furore del popolo quan- do voleva lapidarlo, nascondendo- lo nella propria casa ; quindi fu dal santo convertito alla fede, e Dio per le sue preghiere risuscitò un certo Alessandro: allora s. Fi- lippo l'ordinò vescovo di Gera po- li. Ne fu pur vescovo Papia con- temporaneo di s, Policarpo e di- scepolo di s. Giovanni sacerdote, il quale era stato discepolo di Ge- sù Cristo: non avendo ben com- preso i discorsi degli uomini apo- stolici, insegnò 1' errore da cui eb- bero origine i millenari. Dei suoi successori ne tratta il p. Le Quien nel citato Ori'ens chriit. tomo I, p. 832; mentre nel tom. Ili, p. II23 sono notati otto vescovi la- tini che occuparono la sede di Ge- rapoli della Frigia Salutare, il pri- mo de'quali fu Giovanni, dopo la cui morte vacò la sede sino al i 449> in cui il Papa Nicolò V nominò vescovo Gerlac Gildhevisen dome- nicano, il quale nel i4'>o consa- crò la chiesa delle monache di Leida.

GER.APOLI. Sede arcivescovile della seconda Frigia Pacaziana , nell'esarcato d'Asia, sul IMeandio nella Natòlia, detta anche /Iphiont Carasar. Da principio non fu che un semplice vescovato suffraganeo di Laodicea; ma in seguito Gera- poli diventò metropoli della secon- da Frigia Pacaziana, cioè nel quin- to secolo, secondo Commanville, do- po la divisione della Frigia Paca- ziana io due Provincie, prima e seconda. Otto furono i vescovati sottoposti a questa metropoli. Me- tellopoli, Autuda o Alludi, Mosy-

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na,Dionisiopoli, Anastasiopoli, Gha- na, Feba e Zana. Dei suoi vesco- vi è a vedersi quanto dicemmo al- l' articolo precedente, e l' Orienf! clirist. anche nel tom. I, in ind. p. 1 3. Gerapoli ebbe pure alcuni vescovi latini, e tali furono Anto- nio di Alessandria de' frali minori, nominato da Clemente VI nel i346, indi trasferito a Durazzo nel i348; e Stefano di Larolo del medesi- mo ordine, che gli successe come si legge nel detto tomo a p. 978. In questa città fu tenuto un con- cilio, coìiciliuni HìerapoliLanuni, ver- so 1' anno 160, o 170, o 178; da sani' Apollinare vescovo del luogo con venlisei altri prelati, contro Montano, i montanisti, e Teodoro il Conciatore. Montano fu reciso dalla comunione della Chiesa, per- chè contraffaceva il profeta, e di- ceva di essere lo Spirito Santo, in certi eccessi di furore, che gli to- glievano il libero uso della ragio- ne : costui con due donne. Prisca e Massimilla, formarono la setta dei catafrigi. Diz. de concilii, e Balu- zio, ex Euseh. Fahricius.

GERAPOLI. Sede arcivescovile della provincia Eufralena nella Si- ria, nel patriarcato d'Antiochia, che nel IV secolo fu eretta in ve- scovato, e nel V in metropoli. In lingua siriaca si chiamò Mabog, Maboug, Membisc, ed anche Mem- bigz, che i greci alterarono col no- me di Bambyce, o Bombice. Dipoi venne chiamala Gerapoli , cioè città sacra, dal re Seleuco, perchè la fabbricò a motivo della gran dea di Siria, o di Atergatis, che ivi si venerava sotto le forme di colomba o di una donna, ciò che le dava la preminenza su tulle le altre di questa parte della Si- ria chiamata Eufratense. Ammiano

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Mai'ccUiiio crede sia siala anche appellata IVìhus. Qiiesla cillà fu ca- pitale della Comagcne sotto i ro- mani, e siccome la Comagcne è terminata dall'Eufrate, così questa provincia si disse Eiifratena. Gli erano snffraganei sedici vescovati, Ciro, Germanicia, e Samosafa che nel XII secolo divennero aicive- scovati, e Doliclie, Zeugma, Euro- po o Tamsaco, Ncocesarea, Ori- ma, Sura, Perle, IMarianopoli, Sce- narchia, Santon, Nicopoli, Barha- lis, e Sergiopoli che nel VI secolo divenne arcivescovato. Si conosco- no dieci vescovi greci di questa città, di cui il primo fu Filolimo, che trovossi al concilio di Nicea ; Teodolo suo successore, venne or- dinato sotto l'imperatore Valente, da Eusebio di Samosata, e nel 38 1 intervenne al concilio genera- le di Costantinopoli. Indi fu ve- scovo Alessandro, zelante difenso- re dell'eresiarca Nestorio, per cui fu dall'imperatore cacciato dalla sua sede, sostituendogli Panolvio. L' idlimo de' vescovi greci fu Ste- fano II, autore degli alti del mar- tirio di san Galanduch persiano , regnando Cosroe I. Gerapoli fu presa dai latini nel declinar del secolo XI o ne' primi del seguen- te, e vi elessero a vescovo del lo- ro rito Francesco nel ii36. Gio- vanni vescovo armeno si mandò al Papa Gregorio XIII dal catto- lico Azaria. Narra il Baluzio che nell'anno 44^ f" 'n questa città tenuto un concilio, risguardante il vescovo di Pcrre o Perri, nella slessa Siria. Oriens christ. toni. T, p. 1433, lom. II, p. 926, e lom. Ili, p. iic)4. 11 Terzi nella Siria sacra a p. io3 crede che Gerapoli d'Antiochia sia Aleppo. GERAPOLI. Sede vescovile dcl-

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la provincia d'isauria, nel patriar- cato Antiocheno, sotto la metro- poli di Seleucia, eretta nel quinto secolo. Paolo n' era vescovo quan- do sottoscrisse la lettera della sua provincia all'imperatore Leone, ri- guardante la morte di Protero, ed il concilio di Calcedonia. Oriens christ. lom. II, p. 1026.

GERAPOLI. Sede vescovile del- la seconda Arabia, nel p;itria reato di Gerusalemme, sotto la metro- poli di Bostra,

GER ARA o GF.RAR . Sede vescovile della Palestina prima , diocesi di Gerusahmme, sotto la metropoli di Cesarea , che Com- nianville chiama Salton Geraiticus, e la dice eretta nel V secolo: Mar- ciano vescovo di Gerara fu al con- cilio di Calcedonia. Gerara al tem- po di Abramo e d'Isacco avev;i il suo re particolare chiamato Abime- lecco, cui dissero per salvar la vita allorché vi soggiornavano, che le lo- ro mogli erano sorelle. Appartene- va ai filistei, e toccò alla tribù di Simeone. Cadde Gerara in pote- re del re di Etiopia, di cui A za re di Giuda , avendo scondito la grande armata , devastò tutto il suo territorio.

GER.AE.CA, Hìcrarchn , Jnti- stcs. Nome di dignità: capo, supe- riore nella Gerarchia (Pedi); dice- vasi quindi gerarca, il gran gerarca, il sommo gerarca , il beatissimo gerarca, il supremo gerarca, il som- mo Pontefice romano. Questi fu chiamato dai santi padri e dai coneilii, cogli epiteli i più sublimi: s. Agostino nel setm. de ver. DO' tinnì r3, cp. 161, lo chiamò, il p. e principe della pace; s. Ambrogio, Coni, in ep. ad Tliitnot. , cap. 3, e^iiidicc celeste del foro terreno; s. Cirilloj Schism. don-, rifugio uni-

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versale de fedeli, e dìainank: della fede; s, Bernardo neWepist. iSj, patriarca ecumenico; il sesto sino- do, primate della Chiesa; il sinodo di Efoso, presidente, occhio, base, e colonna della cattolica religione; e s. Gio. Grisostoino, neWiiomil. 58 in Matth., supremo gerarca dei gerarchi. Dei gloriosi titoli coi qua- li è chiamato il Papa, se ne par- la ai rispettivi articoli.

GERARCHIA ECCLESIASTI- CA. Nome che si alTordine, ed ai diversi gradi dello stato eccle- siastico: havvi la gerarchia ne' Co- ri de^li angeli [Vedi), come hav- vi la gerarchia militare, cioè l'or- dine delle dignità, e gradi di un esercito : la gerarchia militare è eguale pressoché in tulli gli eser- citi deije nazioni civili, variano per altro i nomi dei gradi e delle di- gnità secondo i luoghi. Il vocabo- lo Gerarchia deriva dal greco, liieros, cioè sacro, e da arche, prin- cipato, significando comando di co- se sacre o sacro principato: fu que- sto vocabolo applicato alla Chiesa cristiana, ma in differenti maniere, che spiegano i trattatisti di tale argomento, alcuni de' quali citere- mo. 11 nome di gerarchia è anti- chissiinoj dappoiché trovasi nelle o- pere attribuite a s. Dionigi l'Areo- pagita che fiori nel quinto secolo, ma che sono di un autore del quin- to secolo, il quale compose il ce- lebre libro della Gerarchia cele- ste ed ecclesiastica, perchè come dice il Macri nella Notizia de\o- caboli ecclesiastici, in esso si trat- ta del sacro principato degli an- geli, e della Chiesa; laonde per la medesima l'agione chiama il ve- scovo Gerarca [Vedi), cioè princi- pe sacro. La gerarchia è un potere ben ordinato per gradi di persone

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sacre , le quali hanno una giusta superiorità sui loro subordinati, o soggetti. E un potere, perchè non vi è principato senza potere e sen- za autorità sopra un uomo o so- p»a una cosa. La gerarchia eccle- siastica dunque consiste propria- mente e principalmente nell'ordine delle persone, le quali consacrate al ministero ecclesiastico, ne adem- piono le funzioni, ciascuno al po- sto che l'è confidato, e secondo il grado che gli venne conferito. An- che nella società civile e nelle cor' ti vi sono dilferenli ordini di cit- tadini che s' innalzano gli uni so- pra gli altri, per prerogative, inse- gne, distinzioni, titoli, ec. , propor- zionatamente ; e l'amministrazione particolare e generale delle cose è distribuita a diverse persone o clas- si, incominciando dal sovrano che comanda, fino al più infimo sud- dito che obbedisce. Nella società ecclesiastica l'amministrazione delle cose relative allo stato medesimo è divisa in egital modo, quelli che comandano cioè, ed insegnano so- no nella gerarchia, e quelli che obbediscono sono sotto la gerarchia, qualunque sia la dignità che occu- pano nella società civile, tutti essendo semplici fedeli. Quelli poi che so- no nella gerarchia, e che la com- pongono, sono al contrario tutti ineguali, secondo l'anzianità, l'isti- tuzione, l'importanza, ed il potere attaccali al grado che occupano. Così i sommi Pontefici, i cardina- li, i patriarchi, i primati , gli ar- civescovi , i vescovi, gli abbati mi- trati, i sacerdoti, i diaconi, suddia- coni ec, sembrano formare quella scala graduatoria , da cui risulta propriamente la gerarchia eccle- siastica. E di fede che la gerarchia è composta dei vcscovi_, dei sacer»

7i GER GER tioti, e dei ministri, essendone su- sa del re della gloria, disse nel sal- piemo Gerarca il Papa, secondo mo 48. » Astitit regina a dextris la definizione del concilio di Tren- » tui in vestitu deauralo circiimda- to: venne lasciato indeciso se pei » la varietale "; nel qual detto ministri debbansi intendere i chic- slimò il dottissimo Cajetano con rici inferiori , e molti teologi so- molli sacri interpreti doversi in- slengono che i suddiaconi ed i tendere la Chiesa militante in ter- chierici inferiori non possono ap- ra, mentre a tale significazione fa- partenere alla gerarchia , non es- vorisce il testo letterale della pa- sendo essi d'istituzione divina. Al- rola astitit, quasi in atto di com- l'articolo Cappelle ponlificie (Fedi) battere, dove che alla Chiesa trion- si e trattato delle graduazioni del- fante in cielo conviene piti la pa- la gerarchia ecclesiastica innanzi al rola assidere. Ma di qualunque si sommo Gerarca il romano Ponte- voglia intendere, convengono ambe- fice, e della preminenza, abiti ed due nella maestà e splendore dei- insegne di tutti quelli che Iaconi- le parli che le compongono; e se pongono. Ai relativi articoli si può la gerarchia celeste è vaga in splcii- leggere quanto si appartiene indi- doribus sanctorwn, cioè degli an- vidualmente ai personaggi forman- geli , aposteli , profeti , e martiri, ti la gerarchia ecclesiastica, ed in tutte stelle luminose, benché una altri al complesso della medesima, differisca dall'altra come quelle del che lungo sarebbe il citaili. Si di- cielo a noi visibile, cosi la gerar- ce poi gerarchico, tuttociò che ap- chia della Chiesa militante, benché parliene, ed è attenente alla gè- una per l'unità della fede, è di- rarchia. stinta nella varietà dei gradi e Due sono le gerarchie delle crea- ministri, nella varietà de'sacramen- ture ragionevoli fondale dal Re- ti, e delle vesti a ciascun grado dentore del mondo, una visibile deputate, e tutti come membri bei- in terra, l'altra invisibile in cielo, lissimi compongono un corpo, il di e di ambedue egli n' è il capo, fa- cui capo è Cristo, onde consideran- cendo che in terra eserciti le sue dosi tale unità da s. Bernardo, nel veci qual suo vicario il supremo lib. 3 De consideratìoiie, cap. 4> Gerarca. Differisce una dall' altra, scrisse. " Atque corpus (juod tibi come notò s. Agostino, tract. 1 24 « ipse Paulus suo vero apostolico in Joan. poiché » una est in la- » figurans eloquio , et capiti con- " bore, altera in requie, una in -•' venienlissime aptans, totum ex •» via, altera in patria, una in 0- » eo compaclum perhibet, et con- " pere actionis, altera in mercede » nexum per omnem juncturam " contcmplationis, una flagellatur « subministrationis secundum o- " malis, ne exlcUatur in bonis, « perationem in mensiuam unius " altera tanta plenitudine gratiae » cujusque membri argumentuni " caret omni malo, ut sine ulla » corporis faciens in aedilìcationem " tentatione superbiae adhaereat » sui in charitate " ; e poi soggiun- " suramo bono ". Non perciò per- se nel medesimo libro: » INec vi- de la sua bellezza la gerarchia a » lem reputes formam hanc quia noi visibile, poiché avendola il san- « in terra est" perchè »» esemplar te re Daviddc preveduta come spo- « habct de coelo ; ncque euiiii

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» fllius facere poterai quicquani « iiisi quae viderit Patrem facieii- « tein , praesertim cum ei sub « Moysi nomine dictum sit, vide, » omnia facies secundum exem- " piar, quod libi in monte mon- " stratum est. Viderat haec qui " dicebat. Vidi civitatem saiictam » Hyerusalem descendentem de coe- " lo a Deo paratam. Ego enim " proptersimilitudinem dictum reor >' quod sicut illic seraphin, et che- »» rubili, et caeteri quique usque ad » angelos, et archangelos ordinan- »» tur ab uno capite Deo, ita hic M quoque sub uno summo Ponti- fìce primates, vel patriarcbae, ar- » chiepiscopi, episcopi, presbyteri, » vel abbates, et reliqui in hunc modum non est paiui penden- » dum, quod et Deum babet au- » ctorem, et de coelo ducit ori- » ginem ".

La gerarchia ecclesiastica in ter- ra rimirata solamente nella sua e- sterna apparenza è oggetto su- blime, che con grande studio ap- pena si potrebbe spiegarne la sem- plice descrizione di essa in molte membra soggette ad un capo, a cui ninno può paragonarsi ; e pieno di misteri, che consideran- dosi a parte qualunque cosa che la costituisce, conviene che si con- cluda essere tutta opera dell' arte- fice supremo, alla quale lo splen- dore e maestà di tutte le monar- chie hanno ceduto il luogo, e se per qualche tempo risplendettero, presto svanirono, dove che la ge- rarchia ecclesiastica è un edifìzio fondato supra petrani, come disse Gesù Cristo a! principe degli apo- stoli e primo Pontefice s. Pietro, e pietra stabile. Tutto saggiamen- te spiegò il dotto Tommaso Sla- plctonio , nella conclusione della

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sua opera scritta sopra la dignità e grandezza della romana Chiesa, dicendo. » Et haec quidcm vere » adniiranda de Pvomanae Eccle- » siae principatu compendio dixe- » rimus, quale quantumque illius » regnum si prae reliquis mundi " regiiis, et imperiis sufficienter, » cuique ob obulos posuerim, au- » rea illa sint, argentea aenea fer- » rea, terrena tamen sunt, et ca- » duca omnia, ideoque suae po- » tentiae inoduni habentia , suis » conclusa limitibus suis tempo- » ribus definita; haec vero nostru » ortus sui principium in Deum » ipsum auctorem refert, ab eo » suscitatum super petram aedifi- » catum, potestas divina, coelestis » claves regnum coelorum sorti- » ta, potestas aeterna , quae non « auferetur, et cnjus regnum non » corrumpetur , ventorum turbi- » nesac tempestatum omnium pro- 55 cellas immota exceptans. Laii- M guescunt itaque alia illa omnia, » sensimque deficiunt, regnum ve- » ro hoc regnum omnium saecu- » lorum est, et dominatus ejiis in » omni generatione et generatio- >5 nem. Nec mirum cura haec po- » testas ab ipso Chrìsto, qui ascen- » dens in coelum aperte profite- » tur; sibi datam a Patre omuem » in coelo, et in terra ".

S. Clemente discepolo del princi- pe degli apostoli, e contemporaneo di s. Ignazio, nella sua prima lettera ai corintiani, parla sovente de' preti, ma prepone loro quelli che gover- navano la Chiesa; quindi nel prin- cipio di detta epistola, che alcune chiese annoverarono tra i libri ca- nonici avanti il concilio di Tren- to, insegna che i cristiani debbono vivere soggetti a'ioro superiori, e onorare i sacerdoti, come si convie-

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ne, ove si vede la differenza che egli fa tra i sacerdoti ed i vesco- vi. Altrove il medesimo fa espres- sa menzione di tre ordini della gerarchia ecclesiastica, dicendo. »» 11 supremo sacerdote (Tertulliano chia- ma il vescovo sommo sacerdote) ha le proprie incumbenze, i sacer- doti hanno il posto loro assegna- to, e i leviti (in molti concilii cosi chiamansi i diaconi) ancora hanno il loro ministero; i laici devono adempiere ai loro doveri. Ciascuno di voi, fratelli, ringrazi Dio dello slato in cui fu posto, procurando di conservare la propria coscienza senza rimorso, e non si scosti dal- la regola che seguir deve ". Non poteva questo santo piìi chiaramen- te distinguere i tre ranghi dell'ec- clesiastica gerarchia fra di loro, e dal comune de' fedeli. Che se egli si serve di espressioni usate dai giudei ellenisti, lo fa perchè la Chie- sa cristiana imitò in tal punto la sinagoga , nella quale Dio aveva stabilito tre gradi di gerarchia fra loro subordinati f sotto de'quali e- lano i laici , cioè il comune degli ebrei, che non avea parte nel mi- nistero. Nella gerarchia degli ebrei teneva il primo luogo il sommo sa- cerdote della famiglia di Aron della tribù di Levi; nel secondo si nume- ravano i sacerdoti inferiori della medesima famiglia cui apparteneva- no cinque funzioni; nel terzo erano quei ministri del tabernacolo chia- mati leviti, custodi de' vasi sacri e suppellettili pel divin culto , in- caiicati pure di portare il taber- nacolo, non che di cantare le di- vine lodi. Oltre 1' ordine de' le- viti, vi era una classe di mini- stri del genere de'gabaonili , l' of- fìzio de' quali era il somministra- re le legna e l'acqua per uso

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del tempio : si chiamavano Nati- nei, e corrispondono quasi ai nostri oblati o donati. Si numeravano anche altre persone applicate al servizio divino, cioè i nazareni; ed i scribi e farisei, i quali non cia- no ministri del tempio, ma spie- gavano la sacra Scrittura, ed inter- pretavano la legge data da Dio a Mosè. Pel solo sommo sacerdote, e per gli altri sacerdoti inferiori Dio prescrisse le vesti sacre; i leviti l'eb- bero più tardi da Salomone.

Fino dai primi secoli della Chie- sa si trovano gli ecclesiastici ma- gistrati distribuiti per le provincie, ad imitazione e somiglianza di quel- li che pei romani vi esercitavano la temporale giurisdizione. Impe- rocché, siccome risiedeva in Roma il capo dell'impero, cioè l'impera- tore, COSI Dio volle che vi fondas- se la sua sede il capo della Chie- sa, il sommo Pontefice ; e perchè dopo Roma ninna città era stima- ta nel mondo quanto Alessandria in Egitto, e dopo questa, Antio- chia nella Soria, il vescovo alessan- drino ed il vescovo antiocheno fu- rono detti patriarchi, perchè esige- vano i primi onori dopo il vesco- vo di Roma, vescovo della Chiesa universale, ed avevano autorità grandissima sopra gli altri vescovi delle citta di quelle provincie ; co- me appunto r avevano sui prefetti delle medesime ipioconsoli di quel- le due metropoli. Tale istituzione si attribuisce dal Papa s. Anacleto agli apostoli , come si può vedere al cap. Proi'iiicia.1 óìsùn. gg. Così, giusta la divisione del romano im- pero fatta da Elio Adriano e da Flavio Costantino imperatori , e come Cesare faceva i prefetti del pretorio, a cui soggiacevano i vi- cari, ed ai vicari subordiuavansi i

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proconsoli , i presidi , i correllorl ed i prefelti, che a minori città coman- davano; così nella stessa guisa il ro- mano Pontefice ed i patriarchi crea- vano i primati a'qiiali per ordine di geiarchia subordinavansi i metro- politani, essendo tale in quei tem- pi il titolo che davasi a que' pre- lati, che ora diconsi arcivescovi. Vi furono pure gli esarchi che presie- devano a molte proviucie, i quali erano superiori ai metropolitani o arcivescovi^ inferiori ai patriarchi , essendo corrispondente la loro di- gnità a quella dei primati. A schia- rimento di questo articolo, sono a vedersi tutti quelli dei nominati ed altri gradi gerarchici. 11 patriarca di Costantinopoli ebbe origine più tar- di , sebbene a cagione della città imperiale volle prendere la prima- zia ai patriarchi alessandrino ed antiocheno, ciò che per più se- coli gli contrastarono i Papi ; il patriarcato di Gerusalemme tu i- stituito nel quinto secolo, e ne' se- coli posteriori gli altri patriarchi orientali, ed i latini di Venezia, del- le Indie occidentali e di Lisbona. In conclusione, quando la religio- ne cristiana fu ricevuta nell'impe- ro , e eh' ebbe la libertà del suo culto, spiegò una gerarchia di giu- risdizione simile a quella del go- verno civile. I governatori delle città erano subordinati a quelli del- le Provincie ; questi ultimi dipen- devano da altri officiali superiori che comandavano a molte provin- cie. Tutta simile di questa gerar- chia civile, i vescovi delle capitali delle Provincie diventarono metro- politani , quelli delle prime città diventarono patriarchi , al modo detto, e così stabilissi l'ordine di superiorità dal metropolitano al ve- scovo, e dal patriarca al mctropo-

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litano. L'influenza del patriarca e del metropolitano non diventò im- portante, o per meglio dire non si estese ed ingrandì l' esercizio della giurisdizione e potere, se non quan- do cessò il frequente uso de' conci- lii provinciali o nazionali.

Ma ì romani Pontefici sino dal- la loro divina istituzione furono sempre, e sono tuttora gli augusti e venerandi capi della gerarchia ecclesiastica , sia d' ordine che di giurisdizione. Nello stato attuale della gerarchia di giurisdizione , i suoi gradi sono dal vescovo al me- tropolitano, dal metropolitano al primate, quando il metropolitano ne riconosce vmo , e dal primate al Papa, dappoiché gli antichi pa- triarchi di giurisdizione, cioè di Co- stantinopoli, di Alessandria, di An- tiochia e di Gerusalemme che ave- vano il patriarchio in Roma pres- so le patriarcali basiliche di sau Pietro , di s. Paolo , di s. Maria Maggiore e di s, Lorenzo fuori le mura di Roma, da molti secoli più non esistono. Vi sono tali patriar- chi soltanto titolari e di onore, in partihus , questi ed i sunnominati patriarchi orientali e latini sono nominati dal sommo Pontefice, che gerarca dei gerarchi crea tutti i vescovi del mondo cattolico. Nella cappella pontificia i patriarchi di giurisdizione e di onore prendono luogo a capo degli stalli degli arci- vescovi e vescovi assistenti al soglio pontificio, e sostengono al Papa il libi'o e la candela col capo sco' perto: lo tiene coperto il solo pa» triarca orientale di Antiochia dei siri, perchè secondo il suo rito, è anzi segno di rispetto , come lo è tra altri orientali. Va notato che i patriarchi di giurisdizione prece- dono naturalmente quelli di titolo.

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li magnifico spettacolo della gerar- chia ecclesiastica riunita, col supre- mo suo gerarca, il sommo Ponte- fice, non si può vedere che ncl- r.draa Roma, cenilo della mede- sima gerarchia e del cristianesimo, e ben lo espresse il dotto Papa Pio II, con quelle gravi paiole che riportammo nel volume Vili, p. 125 del Dizionario. Ivi nelle saijie funzioni si ammira in tutta la magni- ficenza la gerarchia , con pompa splendida, decorosa ed ecclesiastica, per maggior esaltazione della glo- ria di Gesù Cristo e della sua Chie- sa. Il p. Filippo Bonanni gesuita nel 1720 pubblicò in Roma la dot- ta opera intitolata: La gerarchia ecclcsiasrica considerala nelle vesti sacre e civili ^ usate da quelli i qua- li la compongono, apresse, e spie- gate con le immagini di ciascun grado della medesima . Parlando nel proemio della geraichia eccle- siastica, conchiude così." Siccome la maestà e la bellezza della gerar- chia celeste a noi si addita nella preziosità delle gemme, nei colo- ri delle pietre, nella preziosità del- le vesti varie, nell'oro e nell'ar- gento , come dottamente significò s. Dionigi I' Areopagita nel libro della celeste gerarchia, così dispose Iddio, che la gerarchia militante apparisse ornata con veste di vari colori, e in tessute con oro, arricchite di getnme, con le quali assistessero alle sacre funzioni i ministri degli altari del cristianesimo, acciocché da tali pompose ed esterne appa- renze si arguisse dall'umano inten- dimento la sublime dignità di cia- scuno , e si deducessero li diversi piofoiìdi misteri nascosti nella di lui infinita sapienza nell'uso delle medesime". Oltre quanto si dice ai loro articoli su tutti gì' indumenti

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ed ornamenti delle dignità eccle- siastiche, si possono leggere. Digni- tà', Colori ecclesiastici, Gemma, e Vesti svcre.

Stimo a proposito riportare qui un brano del mio proemio, che posi in fronte all'edizione a parte, che feci delle mie Cappelle pontifìcie, cardinalizie e prelatizie, tratte da- gli articoli di questo mio Diziona- rio: edizione che dedicai al cardi- nal Bartolomeo Pacca, decano ed ornamento del sacro collegio: « Era ben giusto che le sacre funzioni celebrate dal supremo Gerarca, dai cardinali della santa Romana Chie- sa, e dalla prelatura della Sede a- postolica fossero accompagnate da ecclesiastica gravità, magnificenza e corrispondenti cerimonie; acciocché ove ha sede il venerabile capo del- la Chiesa risplendesse vieppiù l'e- sterna espressione del culto religio- so che si deve alla Divinità, e ve- nisse meglio ravvivala la fede ne- gli assistenti. Il complesso adunque de' riti e delle cerimonie piene dei piti belli e misteriosi significali , rende in certo modo visibile la san- ta religione di Cristo , riempie l'animo di pietà e religiosa com- mozione, e lo eleva soavemente al cielo: mentre il corteggio imponen- te del sovrano Pontefice, si fa di- stinguere per un misto di sacerdo- tale, di regio, di principesco e di sacro, che ispira maestà e insieme veneraziorre ; tutto essendo augusto e grande per l'intervento del sacro collegio, della prelatura e della cu- ria romana , corte e flimiglia pon- tifìcia, ricoperti delle insegne della loro dignità e grado; e però in ri- guardo alla meravigliosa graduazio- ne ed ordine, sembra una vera immagine della celeste Gerarchia". Una parte dell'opera con figure

GER del Iodato p. Bonanni , con varie notizie tratte dal cav. Lunadoro , uella Relazione della corte di Ro- ma, fu pubblicata nel 1828 in Ma- cerata dall'abbate Vittore Falaschi, senza critica e con questo titolo: La gerarchia ecclesiastica, e la famiglia pontificia. Nei primi del secolo decorso e nell'anno 1708 Carlo Bartolomeo Piazza pubblicò in Roma la dotta opera intitolata: La gerarchia cardinalizia, in cui dichiarando l'antica dignità , disci- plina e maestà della Chiesa roma- na e militante, trattò della mistica gerarchia, dell'eccellenza e sublimi- tà del cardinalato, ne' tie gradi dei cardinali vescovi suburbicari ch'egli paragona all'ordine de' serafini ; dei cardinali preti rappresentanti l'or- dine de' cherubini; e del terzo gra- do de' cardinali diaconi , che nel loro ministero assomiglia ai troni spiriti angelici, de' quali lutti è ca- po, sommo sacerdote e supremo ge- rarca il romano Pontefice; conchiu- dendo, che dalla celeste e trion- fante gerarchia ha preso il modello la Chiesa militante. Divide egli i nove gradi della gerarchia celeste negli angeli , arcangeli, virtù, tro- ni, principati, podestà, dominazioni, cherubini e serafini ; quelli della gerarchia ecclesiastica, nei cardina- li, patriarchi, metropolitani o arci- vescovi, abbati mitrati, arcipreti, arcidiaconi, archimandriti, preposti, priori, vicari , ed altre subordinate dignità.

Sulla gerarchia ecclesiastica tra gli altri scrissero: Francesco Hal- lier. De Hierarchia ecclesiastica, Lutetiae Parisiorum i656. Gatto- lae, De ecclesiasticae Hierarchiae originìbus dissertatio, Mutinae 1 708. Nicolao, Quaestio TF, De Hierar- chia Ecclesiae miliianlis, Weapoli

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1 690. Luigi Cellot , De Hierar- chia et hierarchìs , Rouen 174* > opera che i suoi biografi dicono contenere proposizioni non gitiste. 11 Lunadoro dell'edizione del 1646, nel suo libro della Relazione del- la corte di Roma, a pag. 241 e seg. tratta dell' ordine delle precedenze degli ecclesiastici, in questo modo. Monsignor governatore di R.oma, njonsignor uditore della camera , monsignor tesoriere generale, mon- signor maggiordomo, poi i mon- signori patriarchi, cioè prima quel- lo di Costantinopoli, poi quello di Alessandria, indi quello d'Antio- chia, quindi quello di Gerusalem- me. Dopo di questi antichi registra i patriarchi meno antichi , come d' Aquileia, Venezia, e delle Indie; oppresso gli arcivescovi e i vescovi che tra loro precedono per anzia- nità di promozione, ciò che non si pratica coi quattro antichi pa- triarchi, dovendosi rispettare 1' or- dine gerarchico cui furono scritti. Dopo vengono i protonotari par- tecipanti, gli uditori di rota, i chie- rici di camera, i leferenciari, i pro- tonotari, i quali, se fatti dal Papa, precedono quelli fatti dai cardi- nali legati : questi protonotari fuo- ri di Roma allora incedevano in abito paonazzo col rocchetto, ma in Roma con abito nero e senza rocchetto. Tutti i prelati che por- tano rocchetto, soggiunge il mede- simo Lunadoro (giacché prima non era così comune quale al presente l'uso del rocchetto), precedono gli ambasciatori di Malta, di Bologna e di Ferrara ; come anche prece- dono detti ambasciatori gli udito- ri di rota, i chierici di camera : il maestro di camera del Papa precede a tutti i prelati, che non portano rocchetto; i generali degli

78 GER GER

ordini religiosi jMeccdono i refe- iiivocandi sanctos^ an sit, et quale;

rendari ; l'ambasciatore dell'impe- 8. de rcfjuisitis , ci non requisitis

ratore precede il senatore di Ro- ad lucrandas indulgentias j 9. ap-

mn; il senatore precede a tutti gli pendix apologetica nd praecedens

altri ambasciatori, cioè di Spagna, opusculum; io. de unione bencfi-

Francia, e gli altri. Ordine della ciorum. Il celebre cardinal Gerdil

precedenza dei re cavato dal ceri- ci diede: Opuscida ad Hierarchiam

nioniale di Papa Giulio li fatto ecclesiae constUutioneni speclantia.

l'anno i5o4. L'imperatore, il re Parmae 1789.

de' romani, il re di Francia, il re GER. A RD 1 o GER AUDI Pietro, di Spagna, il re d'Aragona, il re Cardinale. Pietro Gcrardi o Ge- di Portogallo, il re d' Inghilterra, raudi o Girard nacque nel caslel- il re di Sicilia, il re d'Ungheria, lo di s. Sinforiano nella diocesi di il re di Cipro, il re di Boemia, Lione, licenziato in jus canonico, il re di Polonia, il re di Dacia. arcidiacono di Bourges , canonico Tra i migliori trattatisti di questo di Autun e pieposlo di Marsiglia, grave argomento, vi è il gesuita nel 1877 Gregorio XI lo fece cliie- Andrea Girolamo Andreucci, Hie- rico di camera, indi lo spedi nelle rarchia ecclesiastica in varias suas Fiandre a Guglielmo visconte di parles distributa et canonico-theo- Turrena, e poi lo promosse a ve- logice exposiia, Romae 1766, typis scovo di Lodeve, ciò che altri pro- ci sumptibus Generosi Salomoni , traggono dopo il i382 per opera in due tomi. Nel primo tratta, dell'antipapa Clemente VII. Que- I. de episcopo titidari; 2. de prò- sii inoltre lo nominò vescovo di tonotariis partecipanlibus ; 3. de Puy nel 1884, e poi lo trasferì cpiscopis cardinalibus suburbicariis; alla mitra d'Avignone nel i3o6, e 4. de cardinali regulari professo nel iSgo lo creò cardinale, colti- ex ordine militari s. Joannis Jero' tolo di s. Pietro in Vincoli ovvero solymitani ; 5. de vicario apostoli- di s. Clemente, e penitenziere mag- ro; 6. de vicariis basilicarum ur- giore. L'altro antipapa Benedetto bis; 7. de triplici vicario, genera* XIII lo dichiarò vescovo tusculano, li, capitulari , et foraneo; 8. de divenendo nel i4o3 arcidiacono di episcopi officio, et potestatc: 9. de Rouen. Abbandonato quel falso observandis ab episcopo in aulhen- Pontefice, nel 14^9 si recò al con- ticandis reliquiis ; io. de tuenda cilio di Pisa, ove per la pace dei- pace, et concordia inter episcopum la Chiesa fu ammesso tra i cardi- ci capilulum. Nel tomo secondo nali, e concorse all'elezione di A- tratla : 1. de patriarchis in gene- lessandro V , il quale lo riconobbe re, et in specie de patriarchalu per vero cardinale e per peniten- anliocheno ; 2. de cardinalibus in ziere maggiore, carica che esercitò genere; 3, de rito ambrosiano; pure sotto Giovanni XXIII, dopo

4. de patrimonio ad sacros ordi- essere intervenuto ai di lui comizi, nes hypolhecae generalis subjecto ; Piovveduto di trentadue priorati

5. de matrimonio conscicntiae ; 6. per sostenere con decoro la sua di- de privilegio aliquorum canonico- gnità, morì in Avignone dopo il rum, quo possunt abesse a choro, ì^i'J, ed ebbe tempoianea sepol- et lucrari liuclus.; 7. de praccepto tura nella cattedrale, o nella chie-

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sa fli s. Maria de' Doni, don de fu trasferito nella chiesa di s. Sinfo- riano a tenore di sua disposizione, nel sepolcro che vivendo crasi co- struito.

GERARDO (s.), abbate di Bro- gne. Nacque nella contea di Na- mur, ed era prossimo parente di Agauone duca della bassa Austra- sia, il quale gli diede un onorevole grado nelle truppe di Berengario conte di Namur. Si dimostrò sem- pre affabile, cortese, generoso coi poveri, amante dell'orazione. Fece edificare una chiesa a Brogne nel 918, e vi mise de' canonici per uf- fiziarla. Il conte di Nainur avendo esperimentata la sua capacità in vari impieghi , Io mandò alla cor- te di Francia per trattarvi un af- fare importante. A Parigi visitan- do l'abbazia di s. Dionigi, restò tanto edificato del fervore di quei monaci, che ottenutane licenza dal suo sovrano, e regolati i propri af- fari, pregò d'esservi ammesso. IN'cI suo noviziato praticò la mortifica- zione per morire interamente a stesso, e dopo la professione perfe- zionò ognor piìx le sue virtù. Con pazienza ed assiduità ricominciò gli sludi, e cinqu'anni appresso fu con- sagrato prete ; ma dovelfero i suoi superiori far uso della loro auto- rità per persuadervelo, stimandose- ne indegno. Nel 93 1, dieci anni dopo il suo ritiro, fu mandato dal suo abbate a fondare un' abbazia nella di Ini terra di Brogne. Com- piuta questa fabbrica si rinchiuse in una piccola cella, edificata pres- so la chiesa , per vivervi ritirato nella preghiera. Venne tratto di colà per mettere la riforma nel la casa dei canonici regolari di s Gisleno. Quindi gli fu data l' ispe zione generale sopra tutte le abba

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zie di Fiandra, e vi rimise la di- sciplina. Altri monistcri di Loren.i, di Sciampagna e di Picardia ab- bracciarono la sua riforma, di ma- niera che egli è onoiato come il ristauiatore dell'ordine di s. Bene- detto. Mori a Brogne a' 3 d'otto- bre del 9^9, al qual giorno è no- minato nel martirologio romano e in parecchi altri. Conservasi anco- ra il suo corpo nella chiesa di Bro- gne che porta il suo nome.

GERARDO (s.), vescovo di Toul. Nato a Colonia da nobili genitori che l'educarono nella virtù, entrò fra' chierici che nffjziavano quella cattedrale, e che seguivano la re- gola dei canonici regolari. Ebbe ivi l'impiego di celleraio, che disim- pegnò con molta saggezza; e fu as- sai stimato alla corte dell' impe- ratore. Nel 963 venne eletto ve- scovo di Toul, dignità che accettò per obbedire a' suoi superiori, e che esercitò santamente. Fece rie- dificare la cattedrale di Toul, e la arricchì magnificamente; il moni- stero di s. Apro, quello fondato da s. Gauslino suo predecessore, e quello di s. Martino fabbricato so- pia la Mosa, piovarono gli effetti della sua liberalità. Fondò in Toul uno spedale e la chiesa di s. Gan- gulfo ; trasse nella sua diocesi dei monaci greci e scozzesi di molto sapere e virtù , i quali aprirono delle scuole che produssero degli uomini grandi ; prolesse gli sludi, e fece fiorire la religione e la pie- tà. Nel 98 f andò a R.oma in pel- legrinaggio, e al suo ritorno trovò la sua diocesi travagliata dalla fa- me e dalla peste. Egli consumò i propri fondi per soccorrere gl'in- felici, e provvide paternamente ai bisogni spirituali che corporali del suo gregge. Io mezzo a tante

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occupazioni non trascurò gli eser- cizi della vita contemplativa, e ma- cerò il suo corpo con segrete au- sterità. Mori a' 23 aprile del 994j e s. Leone IX lo canonizzò in un concilio tenuto a E.oma nel io5o. Questo santo Pontefice, ch'era sta- to vescovo di Toul, essendosi ivi recato nello stesso anno, fece dis- sotterrare il corpo di s. Gerardo, e deporlo in un'urna il d'i 3o d'ottobre. La sua festività è fissa- ta a' 28 d' aprile,

GERARDO Sagredo (s.). Usci- to dalla nobile famiglia venezia- na di questo nome , circa il prin- cipio dell'undecimo secolo, abbrac- ciò lo stato monastico. Parti col- la licenza de' suoi superiori per andare in Gerusalemme a visita- re il santo sepolcro ; ma passan- do per l'Ungheria, il re santo Ste- fano , conosciutane la santità , lo trattenne acciò secolui si adope- rasse a spegnere l'idolatria fra gli ungheresi. Gerardo non volendo abitare in corte , si fabbricò un piccolo romitaggio a Beel, ove pas- sò sett'anni nel digiuno e nell'o- razione, con un compagno noma- to iNIauro; quindi contro sua vo- glia fu eletto vescovo di Clionad. Gran parte de' suoi diocesani gia- cevano nelle tenebre della supersti- zione, e quelli che pure aveano il nome di cristiani erano rozzi e fero- ci. Col suo instancabile zelo, colla pazienza e dolcezza trasse gli uni dall'errore, indirizzò gli altri alla perfezione. Scorse la sua diocesi predicando la divina parola, met- tendo ovunque in vigore la più stretta disciplina, fabbricando chie- se, facendo saggi regolamenti. Do- po aver passato il giorno nelle fa- tiche dell' apostolato , spendea la maggior parte della notte in ora-

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zione, in opere penose e dimesse, o nel servire i poveri, curando perfino i leprosi nella propria ca- mera; mentre rigido cou stesso portava indosso un duro cilicio, cui soprappoueva un ruvido vestito. Dopo la morte del re s. Stefano , soggiacque Gerardo a dure perse- cuzioni, nelle vicende che agitaro- no quel regno. Finalmente avendo saputo che Andrea figlio di Ladi- slao e germano cugino di s. Stefa- no, aveva accettata la corona a condizione che listabilirebbe l'ido- latria, si diresse con altri tre ve- scovi ad Alba Pieale per indur- re il nuovo re a rinunziare alla sagrilega promessa; ma mentre sta- vano per passare il Danubio tra Buda e Colocza una masnada di sicari diretta dal duca Vata, fiero partigiano dell'idolatria, li assalì a colpi di pietre. Gerardo fu tratto dal suo carro, trascinato per terra, lapi- dato ed ucciso da un colpo di lan- cia che gli trapassò il corpo; al- tri due vescovi, Bezterdo e Fuldo, furono compagni del suo martirio; il quarto, ch'era il vescovo di Be- neta, fu liberato dal nuovo re che sopraggiunse, il quale poi si di- chiarò contro il paganesimo e re- gnò con molta gloria. Il corpo di s. Gerardo fu sepolto in una chie- sa ivi appresso, e poscia traspor- tato a Chonad. In seguito essen- do stato dichiarato martire dal Papa, le sue reliquie furono rin- chiuse in un'urna, sotto il regno di Ladislao; indi i veneziani le ot- tennero dal re d' Ungheria dopo molte istanze, e solennemente tras- portatele nella loro città, le depo- sero nella chiesa di s. Maria As- sunta e s. Donato nell' isola di M Ulano. Nella chiesa di s. Fran- cesco alla Vigna evvi una cappel-

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la dedicala a san Gerardo Sa- gredo , ove si venera la reli- quia del di lui femore : in que- ta chiesa la nobile famiglia Sa- gredo concorre ogni anno a ce- lebrare la festa del suo santo congiunto, eh' è assegnata a' 24 settembre, giorno in cui utU'anno 1046 o 1048 avvenne la gloriosa sua morte. Egli è onoralo nel mar- tirologio romano del titolo di a- postolo dell' Ungheria, e fu il pri- mo che illustrò col martirio Ve- nezia sua patria.

GERARDO (s.), primo abbate di Selvamaggiore. Nato a Gorbia in Picardia nell' undecimo secolo, ed educato in quel monistero dai religiosi di s. Benedetto , n' ebbe , giovane ancora, la carica di procu- latore. Guanto da una lunga malat- tia, circa il 1060 fece il pellegrinag- gio di Terra Santa, e fu nominato abbate del monistero di s. Vincenzo di Laon, da dove ritirossi in quello di s. IMedardo di Soissons, sotto la disciplina dell'abbate s. Arnoldo. Avendo questo santo rinunziato la carica, gli successe Gerardo , che però fu presto scacciato dalla vio- lenza di un falso monaco chiama- to Ponzio. Egli allora andò a sta- bilirsi a sei leghe circa da Bor- deaux j in un luogo detto Selva- maggiore; ivi ricevette diversi di- scepoli sotto la regola di s. Bene- detto, e visse santamente negli e- sercizi di carità e di penitenza. Morì a' 5 d' aprile i ogS, e fu ca- nonizzato da Papa Celestino 111 nel 1 197. La sua festa è assegnata il giorno 5 d'aprile.

GER. ARDO, Cardinale. Gerardo fu creato cardinale prete del titolo di s. Prisca da Pasquale Udel 1099; il Ciacconio lo pose fra gli elet- tori del successore Gelasio II.

VOL. XXIX.

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GERARDO, Cardinale. Gerar- do fu creato prete cardinale del titolo di s. Pudenziana nel marzo I i54 da Adriano IV, il quale poi nel 1 155 lo mandò legato col car- dinal Jacopo de' ss. Gio, e Paolo, all' imperatore Federico I.

GERARDO, Cardinale. Gerar- do diacono cardinale di s. Lucia in Septisolio, creato da Calisto II nel 1 1 19Ì sottoscrisse con altri ven- tisette cardinali una bolla di detto Papa, diretta al vescovo di Geno- va , il qual Pontefice lo trasferì neir ordine de' cardinali preti col titolo delle ss. Aquila e Prisca; in- di intervenne all'elezione di Ono- rio II nel I 124.

GERARDO, Cardinale. Gerar- do nel concilio di Pisa fu da In- nocenzo II nel II 34 creato car- dinale diacono, con la diaconia di s. Maria in Domnica. Sottoscrisse varie bolle d' Innocenzo II, di Ce- lestino II, e di Lucio II; dopo es- sere intervenuto ai comizi dei due ultimi, morì nel i i^5.

GER.ARDO Maffeo, Cardinale. MaSco Gerardo nacque in Vene- zia, ove professò la regola mona- stica de' camaldolesi, nel moniste- ro di s. Michele di Murano , nel quale divenne dotto, pio, e mo- dello perfetto di tutte le virtù. E- letto prima abbate del monistero, e poi generale della sua congrega- zione, venne nel 1^66 dal veneto Paolo II promosso alla dignità di patriarca di Venezia. Innocenzo Vili a' 9 marzo 1489 in Roma, ben- ché JNIafFeo assente, lo creò segre- tamente cardinale prete, col titolo de' santi iSereo ed Achilleo, senza pubblicarlo. Morto a' 26 luglio 1492 il Papa, in virtù d'una di lui bolla letta e notificata a tutti dal sacro collegio, fu riconosciuto 6

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per cardinale; ed invitato al con- clave in cui rimase^ eletto Alessan- dro VI, vi fu ricevuto coi soliti ono- ri. Dopo il conclave, mentre il car- dinale ritornava iu Venezia , mori piamente in Terni nello stesso an- no i49^j nell'età di otlantadue anni, sebbene il Muratori nell' e- lenco de' patriarchi di Venezia lo dice morto in Foligno; e traspor- tato a Venezia il suo cadavere eb- be sepoltura nella chiesa patriar- cale di s. Pietro con breve iscri- zione. Diversi gravi scrittori smen- tirono quanto contro di lui disse il mordace Garimberti nelle File de' Papi e cardinali.

GERASA. Sede vescovile nella seconda provincia di Arabia, nel patriarcato di Gerusalemme, sotto la metropoli di Bostra, fu eretta nel quinto secolo. Questa città del- la Celisiria fu una delle quattor- dici principali di quella regione , ed era il confine del paese de' ca- nanei, essendo posta su di un colle alle sponde orientali del mare di Galilea. Secondo il Terzi , Siria sacra p. 107, fu edificata da Ger- geseo quintogenito di Canaan, laon- de gli abitanti furono detti gerge- sei, eh' espulsi da Giosuè fu data alla tribù di Manasse , e crebbe tanto, che Teodoro tiranno della provincia vi ripose i suoi tesori , come a luogo sicuro. Ma superata da Alessandro re di Giuda, fu ag- giunta al suo regno. Gesù Cristo la santificò di sua presenza, e vi liberò due ossessi. Avanti l'estremo eccidio di Gerusalemme, gli ebrei rovinarono Gcrasa perchè non ser- visse di ritirata ai romani ; e re- staurata dai geraseni, questi genero- samente ricettarono gli ebrei scam- pali da Gerusalemme, quindi fu devastata da L. Annio. Quando

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Goffredo passò in Palestina, Bolde- quin re di Damasco ridusse la parte superiore della città a mu- nitissima rocca, con doppio ordine di mura, ma il valore di Baldovi- no la spianò dai fondamenti. Fu patria di Aristone celebre oratore, di Gerico sofista, di Nicomaco mu- sico, e di Simone famoso capo dei ladroni, condotto da Tito in Roma nel suo trionfo. In quanto ai ve- scovi di Cerasa, Gerasen^ è un ti- tolo vescovile in parlibiis che con- ferisce la santa Sede, dipendente dall'arcivescovato pure in partihus di Bostra. Lo fu monsignor Giu- seppe Antonio Lodzinski, cui Leo- ne XII nel concistoro de' i5 di- cembre 1828 die in successore il vivente monsignor Lorenzo Gut- koAvski della diocesi di Plosko, at- tuai sLifFraganeo di quel vescovo.

GERASIMO (s.). Ablnacciò lo stato monastico nella Licia, di cui era oriundo, poi ritirossi in Pale- stina verso la metà del quinto se- colo, allorché vi si cominciavano a spargere gli errori di Eutiche , e sventuratamente vi cadde anch' e- gli ; ma si rimise in seguito sulla retta via pei consigli di s. Euti- mio, ed espiò il suo errore colla più rigorosa penitenza. Fece fab- bricare ad un quarto di lega dal Giordano un vasto eremo con set- tanta celle per altrettanti solitari , e nel mezzo dell'eremo un moni- stero per i cenobili. I solitari era- no obbligati al più rigoroso silen- zio, non mangiavano che pane e datteri, bevevano che acqua , eccettuati il sabato e la domenica, in cui recavansi alla chiesa per partecipare a' divini n)isteri, e po- tevano mangiare in comune qual- che cibo cotto, e bere un po' di vino, Tutta la loro suppellettile

GER consisteva in una brocca d' acqua, una stuoia per coricarsi, e una me- schina coperta. Gerasimo spingeva anche piti oltre la sua astinenza, e s. Eutimie avea tanta venerazio- ne per lui, che gli dirigeva quelli tra i suoi discepoli che volea met- tere in una eccellente scuola di virtù. Morì a' 5 di marzo del 47^j ed è menzionato in questo giorno nel martirologio romano.

GERDIL Giacinto Sigismondo, Cardinale . Giacinto Sigismondo Gerdil nacque in Sarauen diocesi di Ginevra , nella Savoia, a' 23 giugno 1718. La sua famiglia com- mendabile per onestà, virtìi mo- rali e religiose, era di mediocre condizione, essendo il di lui padre notaio. La sua educazione fu ac- curataj e fece i primi suoi studi a Conneville, indi li compi ne'col- legi de' barnabiti di Thonon e di Annecy. La sua molta applicazio- ne, la grande perspicacia , la sua felice memoria, e principalmente r eminente sua pietà e purità di costumi, determinarono ben volen- tieri i barnabiti ad accettarlo nel- la loro congregazione. Dopo le pro- ve del noviziato andò a studiate in Bologna la teologia, e le lin- gue antiche e moderne, laonde si perfezionò nella greca, nella latina, nella francese, e nell'italiana per la quale gli die lezione il celebre p. Corlicelli membro dell' accade- mia della Crusca; riuscì quindi a parlare e a scrivere in tali lingue con purezza, facilità ed eleganza. Indefesso nel lavoro, con una suf- ficiente salute, ed animato dal più vivo ardore di sapere, divenne pro- fondo nelle discipline filosofiche, matematiche, fìsiche, teologiche, e stoiiche; e sopra materie così dif- ferenti scrisse diverse opere, che

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gli meritarono i suffragi del pub- blico, r approvazione de' dotti, ed un nome immortale. Quantunque per amore alla solitudine ed allo studio vivesse ritirato, nondimeno fu conosciuto e stimalo dai più valenti scienziati dell'istituto di Bo- logna, ed i suoi talenti furono co- là grandemente apprezzati dal car- dinal Lambertini arcivescovo, poi Benedetto XIV. Questi l' incoraggi nella letteraria spinosa carriera, e si valse di sua penna per tra- durre dal francese in latino alcu- ni scritti sopra i miracoli, i quali dovevano far parte della sua bel- la opera, Della bealìficazione e ca- nonizzazione dt santi. Nel lySy i superiori della congregazione onde produrlo, avendo egli allora diecinove anni, lo mandarono a Macerata per insegnare la filosofìa, non nella uni- versità come alcuno scrisse, perchè i barnabiti solo nel 1801 incomin- ciarono a farne parte, ma bensì ai giovani allievi della medesima congregazione nel collegio di san Paolo. Dopo di ciò fu destinato subito dopo a Casale, dove unì al- l' uffizio di professore, quello di prefetto del collegio, impieghi che disimpegnò come avrebbe fatto un uomo di consumala sperienza. In quel soggiorno alcune lesi che de- dicò al duca di Savoia, e due o- pere di metafisica che pubblicò contro Locke, attirata avendo su di lui l'attenzione della real cor- te di Torino, gli frullarono nel 1749 la cattedra di filosofia nel - r università della città, e cinque anni dopo quella della teologia morale. Intanto la sua reputazio- ne saggia, e gli scritti solidi falli in favore della religione gli procac- ciarono gli encomi di Benedetto XIY, e lo fecero chiamare dall' ar-

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civescovo di Torino a far parte del consiglio di coscienza, mentre la sua congregazione lo elesse pro- vinciale de' collegi di Savoia e del Piemonte, incarico che disimpegnò con tanta prudenza e moderazio- ne, che si pensò dai suoi confra- telli di eleggerlo generale. Men- tre egli rifiutava tal dignità, il re di Sardegna Carlo Emanuele III, ad insinuazione di Benedetto XIV, lo scelse ad istruire il suo nipote principe del Piemonte e poi piissi- mo re col nome di Carlo Ema- nuele IV. Gerdil andò alla cor- te, ed ivi visse come prima ritirato e modesto, e tutto dato alle cure del suo augusto e degno discepolo, impiegando il resto del tempo nel- la composizione di opere utili alla religione o ai progressi delle scien- ze. La corte di Torino compensò le attenzioni del p. Gerdil con i-icca abbazia; ma egli usò delle rendite di tal benefizio titolare, come quello che ben conosceva la destinazione de' beni ecclesiastici, profittando dello stretto necessario, e impiegando il resto in opere buone, e in sollievo de' parenti, pei quali non sollecitò impieghi, pensioni. Clemente XIV ammira- tore degli alti suoi meriti, nel con- cistoro de' 26 aprile 1773 lo creò cardinale riserbandolo in petto, solo indicandolo nell'allocuzione al sacro collegio, con le parole : notus orbi, vix nolus urbi. La morte del Papa ne impedì la pubblicazione, insie- me a nove altiù riserbati in pe- ctore. Il successore Pio \I tratto dalla fama del p. Gerdil, ad in- sinuazione del cardinal delle Lan- ze lo chiamò in Iioma, lo fece consultore del s. oflizio , e ve- scovo di Dibona in partibiis ; mài a' 23 giugno 1777 lo creò cardi -

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naie dell'ordine de' preti , e nel concistoro de' i5 dicembre lo pub- blicò, conferendogli poi per titolo la chiesa di s. Cecilia. Inoltre suc- cessivamente lo annoverò alle con- gregazioni cardinalizie del s. offi- cio, del concilio, dell'esame de' ve- scovi, della disciplina regolare, del- la correzione de' libri della chiesa orientale, e di propaganda fide, della quale lo fece prefetto gene- rale nel 1795. Gli concesse anche le protettone del collegio ecclesia- stico a Ponte Sisto, della chiesa del ss. Sudario de' savoiardi, del monistero di s. Cecilia, dell'acca- demia teologica, del collegio dei maroniti, dell'università de' librari in s. Barbara, e di s. Omobono de' sartori. Visse ritirato nella ca- sa de' suoi barnabiti presso s. Car- lo a' Catiuari, impiegato negli af- fari più ardui della santa Sede, di cui ne divenne l'oracolo in lem- pi tanto procellosi. Conservò nello splendore della dignità la povertà religiosa, in un modo edificante , e trovossi negli ultimi di sua vita in qualche bisogno ; anzi quando nel 1798 dopo l'invasione fatta di Roma da' repubblicani francesi, fu obbligato partirne, si trovò co- stretto vendere i libri per vivere. Rispettato dalle potenze gueneggian- ti, ed arrivato a Siena presso lo sventurato Pio VI, non avrebbe il cardinale potuto recarsi in Pie- monte, in cui si proponeva cerca- re un asilo, se non fosse accorsa la generosità del cardinal Loren- zana, e di monsignor Dcspuig poi cardinale. Rifiratosi nel seminario della sua abbazia di la Clusa, più volte fu in procinto di essere pri- vo di tutto : tale penosa situazione non alterò mai la sua rassegnazio- ne, né scosse il suo coraggio, ri-

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mettendosi alla provvidenza, che sovente il soccorse con mezzi ina- spettati. Talvolta si trovò in gra- do di sollevare i compagni del suo esilio, e quantunque vivesse di soccorsi, faceva distribuire regolar- mente pane e denaro a' poveri del- la sua abbazia : vide in tal guisa scorrere il tempo della persecuzio- ne, diviso tra Io studio e le preci. Dopo la morte di Pio VI si recò a Venezia pel conclave che ivi era stato convocato. Fino dai primi scrutini i cardinali gli fecero omag- gio de' loro voti pel pontificato. Nella Storia di Pio VII, che fu eletto, del dotto cav. Artaud, si legge che due volte si portarono dal sacro collegio gli sguardi sul cardinal Gerdil; che il suo grande ingegno, la sua età provetta, le molle sue produzioni facevano cre- dere che si riuscirebbe ad innal- zarlo al trono; e che alcuni car- dinali, avversi alla Francia, fecero osservare ch'egli come savoiardo poteva considerarsi francese, quin- di il cardinal Hertzan che nell'in- terno del conclave rappresentava l'imperatore di Germania, dichia- rò l'esclusione formale pel cardi- nal Gerdil, significando al sacro collegio, che il suo sovrano non avrebbe potuto grad-re quell'ele- zione. L'eminente dottrina del car- dinale lo fecero aggregare alle so- cietà accademiche piti dotte e più celebri di Europa. Piitornato in Roma il cardinale nel 1800, la sua salute si sosteneva non ostan- te la sua età avanzata e le sue faticose occupazioni, non essendosi mai servito di occhiali; finché cad- de infermo, e dopo breve malattia mori a' I •?, agosto 1802, in età d'anni 84 passati, con dispiacere universale, massime del Papa, dei

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cardinali, e dei letterati. Secondo la sua testamentaria disposizione fu esposto e sepolto nella detta chiesa di s. Carlo di sua congre- gazione : Pio VII intervenne nelle solenni esequie con venticinque cardinali, celebrando la messa il cardinal Firrao. Dotto di primo ordine e quasi in tutti i generi , in cui siasi esercitato 1' ingegno umano , prelato degno de' primi secoli della Chiesa , negli ulti- mi tempi fu uno di quelli che fe- cero più onore alla religione , e le furono più utili. La maggior parte delle opere a difesa della re- ligione in genere, e della rivelazio- ne in ispecie, sono state da esso composte in idioma francese, più acconcio allora a rispondere ai li- bri dei moderni increduli, e a com- battere i loro paradossi, e distrug- gere gli empi sofismi. E sopra le altre famosa quella con cui dimo- strò l'immaterialità dell'anima con- tro le sottili asserzioni del notissi- mo filosofo inglese Giovanni Locke. Nelle opere di questo acutissimo e profondo ingegno rifulge parti- colarmente la forza del razioci- nio unita alla saviezza ed alla moderazione : l' egregio autore in- calza vivamente gli avversari suoi; ma niuna cosa offensiva gli sfug- ge contro di essi. Cerca egli la verità, di cui si costituisce di- fensore; l'errore solo perseguita, e non l'uomo. Ordinariamente dagli scritti degli avversari prendeva le armi, onde combatterli. Il cardi- nal Gerdil possedeva altresì in un grado raro la calligrafia, vantag- gio poco comune alla maggior parte degli autori. Una medaglia coniata venne in suo onore. Ab- biamo un beli' elogio letterario del cardinal Gerdil, scritto dal

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suo amico e degno confialello il p. Fontana Francesco Luigi [Fedi] poi cardinale, e recitato nell'adunan- za generale degli arcadi di Ronaa, cui apparteneva il defunto, che si legge nelle di Ini opere : il mede- 'Mino p. Fontana, altro sublime personaggio della congregazione dei barnabiti, fu l'autore dell'epitaf- fio sepolcrale, che può essere cita- to come modello in tale genere ; esso è riportato déii biografi del cardinal GerdiI, e dal eh. Renaz- nella Storia dell' università ro- mana, che nel tom. II, p. SiS ne fa i'elogio;, ed a p. 4^9 ci l'epitaffio. L'Orazione funebre com- posta dal p. Fontana, tradotta dal- l'italiano in francese, ed arricchita di note tanto preziose quanto estese, la pubblicò in Roma nel 1802 l'ab- bate d'Hesmivy di Auribeau. In un Elogio letterario poi il p. Fon- tana vi passò a rassegna le ope- re principali del cardinal GerdiI, ed il p. Grandi, altro di lui chia- ro confratello ci diede un' Orazio- ne funebre in italiano. Le opere del cardinal GerdiI sono numero- sissime, e pai'ecchie furono stam- pate a misura che venivano com- poste: in seguito furono raccolte a Bologna in sei volumi, e pubbli- cate per cura del p. Toselli dal 1784 al 1791. Il p. Fontana coa- diuvato dal p. Scati ne intraprese .una nuova edizione divisa in venti volumi, di cui i primi sei volumi ven- nero in luce in Roma coi tipi del Poggioli nel 1 806. Ecco il catalogo delle opere di questo gi-an cardi- nale. I. Introduzione allo studio della religione, con la confutazio- ne de' filosofi antichi e moderni circa l'Ente supiemo, ec, 2. Dis- sertazione sopra l'origine del sen- so morale, sopra resistenza di Dio,

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ce. 3. Sposizionc dei caratteri del- la vera religione, ec. 4- Progetto per la formazione di un semina- rio, ec. 5. L' immaterialità del- l'anima dimostrata contro Locke, ec. 6. Saggio d'una dimostrazione matematica contro la esistenza eter- na della materia e del molo, ec. 7. Saggio sopra i caratteri distin- tivi dell'uomo, e degli animali bruti, ec. 8. Memorie sopra l'in- finito assoluto, considerato nella grandezza e sopra l'ordine in ge- nere del vero e del bello. 9. In- compatibilità de'principii di Carte- sio e di Spinoza, io. Schiarimen- ti sopra la nozione e la divisibili- tà dell' estensione geometrica , in risposta della lettera di Dupuis. 1 1. Riflessioni intorno ad una memo- ria di Beguelin, concernente il prin- cipio della ragione sufficiente e la possibilità o il sistema del caso. 12. Dissertazione sopra l'incompa- tibilità dell'attrazione, ec. i3. Os- servazioni sopra le epoche della natura per servire di continuazio- ne all'esame dei sistemi sull'anti- chità del mondo, inserito nel sag- gio teologico. i4- Trattato sui duelli. i5. Discorsi filosofici intor- no all'uomo, ec. 16. Della natura e degli effetti del lusso, ec. 17. Discorso sopra la divinità della religione cristiana. 18. Riflessioni intorno alla teoria ed alla prati- ca delia educazione, contro i prin- cipii di G. G. Rousseau. 19. Con- siderazioni sopra l'imperatore Giu- liano. 20. Osservazioni sopra il VI libro della storia filosofica e politi- ca del commercio delle due Indie, dell'abbate R.aynal. 21. Orazione sulla necessità della viriti politica nel governo di uno stalo qualun- que. 22. Orazione sulle cause del- le dispute accademiche di teologia,

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in cui è combattuto lo spìrito del- le leggi. 23. Dissertazione sull' u- nione della l'eligione e della virtù politica. 24. Saggio di elementi di morale prudenza . 25, Vari opuscoli spettanti la costituzione gerarchica della Chiesa. 26. Con- futazione di due libelli di Eybel contro il breve di Pio VI, Super soliditale. 27. Osservazioni sopra il commentario di Febronio, relati- vamente alla sua ritrattazione. 28. Osservazioni sul sinodo di Pistoia. 20. Esame dei motivi dell'oppo- sizione del vescovo di Noli alla pubblicazione della bolla che con- danna alcune proposizioni del si- nodo di Pistoia. 3o. Molte lettere pastorali. 3i. Compendio di un corso d'istruzione intorno all'ori- gine, ai doveri ed all' esercizio del potere sovrano. 32. Note sopra il poema della religione, del caidi- nal de Bernis.

Altre opere riportate ne' diversi volumi dell'edizione romana sono le seguenti. Nel volume I. Esame d'un articolo del giornale enciclo- pedico, concernente le riflessioni sopra la teoria e la pratica dell'e- ducazione contro i principi! di G, G. Rousseau. Francese. Considera- zioni sopra gli studi della gioven- tù. Discorso accademico. Italiano. Piano degli studi e conto renduto degli studi di S. A. R. il princi- pe di Piemonte, con un'addizione ec. L'addizione contiene questi o- puscoli: Logicae institiUionesj Isto- ria delle sette de' filosofi ; Pensieri de' doveri sui differenti stali della vita. Nel voi. H. Principii metafi- sici della murale cristiana. Francese. Nel voi. Ili. Osservazioni sul modo di spiegare gli atti intellettuali della mente umana per mezzo del- la sensibilità fisica. Italiano. Con-

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siderazioni sopra i lavori accade- mici. Italiano. Regole e statuti proposti per lo stabilimento di una accademia di scienze. Francese . Nel voi. IV. Difesa del sentimento del p. Malebranche sulla natura ed origine delle idee contro l'esa- me di Locke. Francese. Nel voi.

V. Esame e confutazione dei princi- pii della filosofìa Wolfiana sopra la nozione dell' esteso e della for- za. Italiano. Della nozione geome- trica, ec. Italiano. Schiarimento sopra di ciò che la teoria degl'in- commensurabili sembra offrire di più misterioso . Francese. Dissertazio- ne sopra i tubi capillari. France- se. Memoria sulla causa fisica della coesione degli emisferi di Magdebonrg. Francese. Nel voi.

VI. Philosophìcae instUul{ones,qui- bus etilica seu philosophia prn- clica continclur. Nel voi. VII. Com- pendio delle istituzioni civili, in latino. Nel voi. Vili. Tavola istori- ca dell'impero romano da Cesai e fino alla presa di Costantinopoli fatta per Maometto II. Francese. Istoria del tempo di Luigi XV re di Fjancia fino alla pace di Parigi e di flubersbourg. Fran- cese. Regole di condotta per una sposa principessa. Francese. Nel voi. XI. Dissertazioni tre dell'auto- re aggiunte al saggio d'istruzione teologica, cioè, i sui modo ec. Italiano. Animad versioni sul pia- no proposto da alcuni dottori Sor- bonicl per la riunione alla Chie- sa latina de' greci disuniti. Italiano. De sacri reglminis, oc praeserliin Ponlìjìcii primaUis juie proprio , ac singulaiì in onini ecctesiasti- cac potestà tis communicandae vallo- ne, adversus Slevoglium. In Georgii Sigiiniundi Lahics praelvctiones ca- nonica s el ìcgilirna, eie. aniniad\'vr-

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tiones. Nel voi. XIII. Analisi che fa l'autore delle Riflessioni do- po Launojo tra li padri che alla persona di s. Pietro applicarono le parole dettegli da Cristo: et aupcr liane petram, e quelli che le hanno applicate alla fede, o confessione di s. Pietro. Italiano. Nota bene, l' anzidetta opera po- trebbe forse essere compresa sotto il titolo : Confutazione di due li- belli, ec. espresso nel catalogo. Apologia compendiaria del breve Saper solidilate. Nel voi. XIV. A- nimadversiones in uotas, quas CI. Feller, etc. Nel voi. XV. De Ponli- tificii primatus aucioritate in Pelri Caih. etc. Trattato del matrimo- nio. Italiano. Calholici dogmatis de immuni eccl. auctorilate in san- ciendis disciplinae legib. documen' ta e Trid. Aecum. syn. petita. Ri- sposta ad un quesito intorno ad una proposizione controversa del p. Gullifet inserita nell'opera in- titolata ; La via della santità mo- strata da Gesìi. Italiano. Osserva- zioni e note suU' opera suddetta. Appendice all'esame de' motivi ec. Italiano. Responsio ad episc. Ebrc- dunenseni in qua errores aliquot in Iderarcliiani , et jurisdictionem ecclesiasticani refutantur. Nei voi. XVI, XVII, XVI li. Theologiae mo- ralis , libri tres. Nel voi. XIX. Ap- pendiccs ad tractatus moralis chri- stianae. Nel voi. XX. Che la Chiesa la quale forma de'santi, è la sola Chie- sa di G. C, discorso. Francese. Vita del b. Alessandro Sauli barnabita. Francese. Sull'usura, dissertazione contro PuiFendorf Francese. Altre opere rimasero mss. dopo la sua morte, ed altre andarono perdute negli ultimi tempi di sua vita.

GEREBERTO, Cardinale. Gere- berto denominato Musico, monaco

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del monistcro Floraciense, e poi ab- bate di Bobio, arcivescovo di Rcims e cardinale, divenne Papa col nome di Sih'eslro li [Fedi).

GEREMARO (s. ). Nacque ad Angoulcme sotto il dominio de' vi- sigoti ; fece i suoi studi a Tolosa, e le sue virtù e la sua dottrina lo portarono sulla sedia vescovile di quella città verso l'anno 5ii. II re Clodoveo gli diede molte pruo- ve della sua stima e venerazione, e fece considerabili regali alla sua chiesa. Geremaro occupossi con in- faticabile zelo a sradicare i vizi, r idolatria e l' eresia ariana dalla sua diocesi, aggiungendo la peniten- za alle fatiche pastorali, e mori nel 56o, forse il d'i i6 maggio, in cui è nominato nei martirologi.

GEREMEI o HIERAMEA Ugo, Cardinale. Ugo Hieramea o Gere- mei nacque in Bologna da nobile famiglia; dal suo concittadino O- norio II , nelle tempora del di- cembre II9.5, fu creato cardina- le diacono, assegnandogli per diaco- nia la chiesa di s. Teodoro; indi sottoscrisse a'a i luglio i 126 a fa- vore di R.ogerio arcivescovo di Pi- sa. L'Alidosi dice che passò all'or- dine de' preti, col titolo di s. Lo- renzo in Lucina. INIorì il cardina- le nel pontificato dello stesso Ono- rio II, ch'ebbe termine a' i4 f<^h- braio i i3o.

GEREMIA (s.) , uno di quelli che sofTei-sero il martirio con s. Elia (redi).

GEPiIONE (s.) Ordine equestre. Fu fondato nella Palestina dall'im- peratore Federico I verso il i 190, altri l'attribuiscono all' imperatore Federico II, ed all'anno 1229. Neil' ordine militare de' cavalieri di san Gerione , i soli gentiluo- mini alemanni vi erano ammessi,

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e vuoisi che fosse sotto la regola di s. Agostino, o di s. Basilio. Portavano una croce piana e ne- ra sopra un abito bianco; ma in- torno a ciò non sono concordi gli autori. Alcuni danno a questi ca- valieri per insegna della dignità del loro ordine una croce patriar- cale d'argento, posta sopra tre mon- tagne in campo vermiglio. Altri pretendono che questi cavalieri por- tassero sopra un abito bianco rica- mata una croce nera sopra tre mon- tagne di Sinopia, ed altri gli as- segnano una croce di forma diversa. Il Bonanni ci la figura del ca- valiere di s. Gerione, e parla del- l'ordine , a pag. XXXXVII del Catalogo degli ordini equestri e militari. Il p. Heliot dice che pro- babilmente i cavalieri di s. Gerio- ne sieno slati i porta croce istitui- ti da s. Stefano I re di Ungheria, per portare innanzi quella croce che gli avea mandato in dono il Pontefice Silvestro II, con facoltà di farsi da essa precedere; i quali porta croce in processo di tempo si formarono in ordine militare che più non sussiste, se pure ha esistito, dappoiché la croce fu man- data a s. Stefano I verso 1' anno looo, e gli ordini equestri non hanno cominciato che col secolo XII.

GERICO o JERICO. Sede vesco- vile della prima Palestina, nel pa- triarcato di Gerusalemme, solto la metropoli di Cesarea, eretta nel se- sto secolo. Fu questa la prima cit- tà che attaccarono gì' israeliti quan- do ebbero passato il Giordano, da cui era distante circa olto miglia , fondata in campo vasto e coronala di colli ; ma GiosefFo la colloca al piede d' un monte. Giosuè capitano e duce dell'esercito israelitico, selle

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volte fece passare l'arca del Signo- re intorno alle solide mura di Ge- rico, precedala dai sacerdoti che suonavano le trombe, e le mura crol- larono prodigiosamente dai fonda- menti. Allora penetrati nella città, gì' israeliti fecero strage degli abi- tanti , e rovinarono ogni edifizio tranne la casa di Rahab in pre- mio dell' ospitalità data agli esplo- ratori ivi mandati da Mosè; indi Giosuè minacciò dell' ira divina chiunque ardisse l'ifabbricare Geri- co. Fu data alla tribù di Beniami- no, venne costituita città sacerdo- tale ed asilo degl' israelili, e diven- ne poi toparchia. Dopo diversi se- coli , nel regno di Achab , avendo r idolatra Hiele beltelite della tribù d' Efraim ivi piantato i fondamenti per una nuova città, Dio lo punì colla morte del primogenito ; ma volendo proseguir la fabbrica sino a piantarvi le porte, vide morire r ultimo de' suoi figli. In seguito giunse a tanto splendore, che il re di Babilonia vi edificò un palazzo superbissimo , ove cuslodivasi la clamide, della Stola babilonica, e Palliuni SinJiar. Decaduta dalla sua grandezza, si riebbe nel legno di Giuda Maccabeo, ed Erode vi e- resse terme e teatri. Rovinala da Tito, venne ristorata da Adriano, che per renderla più ragguardevo- le vi costituì un magistrato , che ministrava la giustizia a tutta la provincia ; ma distrutta nel XII se- colo dai saraceni, mai più risor- se, essendo ora un villaggio della Turchia asiatica in Siria, chiamato Rah , Raha 0 Ridia. Quivi fu il fonte che Eliseo rendette dolce ; quivi Gesù Cristo restituì la vista a due ciechi, e quivi Zaccheo per meglio vederlo ascese sull'albero del sicomoro, e poscia fu onorato

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dalla divina presenza in sua casa, che s. Elena convelli in chiesa. Nella latina dominazione vi fio- rirono tre monisteri di religiosi, ed il tempio della calledrale era dedicato a s. Gio. Battista. Tra i suoi vescovi si conoscono Gennaro che intervenne al concilio di Nicea, Macro che fu al secondo concilio generale di Costantinopoli del 38 i, Eleuterio che si portò al concilio di Diospoli nel 41^5 Giovanni che sottoscrisse la lettera sinodale a Giovanni di Costantinopoli contro r eretico Severo usurpatore nel 5i8 della sede d'Antiochia, Grego- rio che approvò nel 538 la con- danna di Antimo, e Basilio tra- sferito alla chiesa di Tiberiade al fine dell'ottavo secolo. Quivi tro- vossi al tempo dell'imperatore Ca- racalla, nel 217, in una botte, il quinto esemplare greco del vecchio lestamenlo che Origene inserì nei suoi Essapli. La pianura di Geri- co è fertile in cedri, ed in balsa- mi preziosi ; abbonda di rose che chiamansi di Gerico, e prima an- che di palme, per cui fu detta Ci- vitas palniarum. Terzi, Siria sa- cra pag. 262 e seg., ed Oriens christ. tom. in, p. 654. Gerico, Je ricca , al presente è un titolo vescovile in partibus che si confe- risce dal sommo Pontefice, sotto il patriarcato pure in -partibus di Ge- rusalemme. Pio VI nel concistoro del primo giugno 179? fece ve- scovo di Gerico e suftraganeo di Munster monsignor Gaspare Rlas- similiano de' baroni de Droste Vi- schering, il quale venendo fatto vescovo di JMunster nel concistoro de' 19 dicembre iSaS da Leone Xll, questi nel concistoro de'3 lu- glio 1826 dichiarò vescovo di Ge- rico in partibus monsignor Bnna-

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ventura Arias della diocesi di Me- rida, della quale lo fece sufFraga- neo. Dipoi lo stesso prelato dal re- gnante Pontefice Gregorio XVI, fu nominato vicario apostolico del medesiuìo vescovato.

GERMA o TERMA. Sede ve- scovile dell'Ellesponto, nell'esarcato d'Asia, sotto la metropoli di Cizi- co, la cui erezione risale al quin- to secolo, secondo Coramanville, di- venendo nel nono arcivescovato o- norario. Germa fu interamente ro- vinata dal terremoto sotto l'impe- ro di Valente. Furono suoi vesco- vi, Antonio ucciso dagli eretici nel 4^9, Timoteo che lo successe fu al concilio di Efeso, Epitinchiano nel 536 fu al concilio di Costanti- nopoli, Teodoro intervenne al set- timo concilio generale, e Stefano assistette al concilio in cui fu ri- stabilito Fozio.

GERMANIA, ALEMAGNA o ALLEM AGNA, Deulschland. Gran- de e popolosa regione dell'Europa centrale, che occupa una superficie di 11,755, 5f6 miglia quadrate d'Alemagna, cioè circa trentadue- mila seicento cinquanlatre leghe quadrate di Francia , fra i gradi 2 3, 87 longitudine est, e fra 4^ e 5^ di latitudine nord. I suoi presenti confini sono : al nord il mare del Nord, la Danimarca , ed il Baltico ; all'est la parte occiden- tale della Prussia, il territorio di Cracovia, la Galiizia , l'Ungheria e la Croazia militare; al sud l'Italia, il mare Adriatico e la Svizzera; all' ovest la Francia ed i Paesi Bassi. La sua lunghezza è di due- centoquaranta leghe, e la sua lar- ghezza di duecentoventicinque. Di- videsi in molti stati sovrani e in- dipendenti, ma confiederali insieme, avendo avuto per lo passalo il ti-

GER lolo (l'impero. L'aspetto della Ger- mania è sovente variato per la couiplicazione delle sue montuose catene. È montuosa al sud quanto al nord, offrendo la sua superficie vaste pianure, macchie e lande, e nel suo centro fertili valloni ed immense foreste. La catena delle Siidetiche , con le sue diverse ra- mificazioni , divide questo vasto paese in due parti, l' una setten- trionale o inferiore al nord, l' al- tra meridionale o superiore. Le montagne del mezzo dell'Alemagna fanno paite della catena delle Al- pi, partendo dall'estremità orienta- le del paese dei giigioni, ove ter- minano le Alpi Pietiche. Quel gran- de ciglione clie divide il Tirolo in due parti, prende il nome di Alpi Tirolesi, diramandosi in due tral- ci: il più meridionale di essi for- ma la catena delle Alpi Noriche, Gamiche e Giulie, le quali dila- tate poi all'est ed al sud est si uniscono alle montagne della Croa- zia e Dalmazia. I loro rami co- prono la Carniola , 1' Istria e la Carintia andando a congiungersi con le montagne dell'Ungheria. La seconda ramificazione delle Alpi forma al nord il ramo delle Alpi di Salisburgo, che si prolunga in Baviera, ove quasi scomparendo si abbassa; al nord-est il ramo delle Alpi della Stiria , che estenden- dosi in tutta l'Austria , interseca in molti luoghi il corso del Da- nubio, specialmente rotto il no- me di Wienerwald eh' è una por- zione del Rahlembecf. Al nord del Danubio la ramificazione la più orientale, cioè la Jworina che pren- de in seguito il nome di Kreutz- gebirge, giunge al Kloknts; questa catena (he scoi re paiallclaiiìenlc all'equatore , conuuiica all' est con

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i Carpazi, e all'ovest con le Sude- tiche. Queste che separano la Sle- sia dalla Boemia prendono al nord il nome di n)onlagne de'Giganti, e unitamente a quelle della Lusazia, e rErzgebirge,cougiungono ilBoeh- mischwald che è la prolungazio- ne settentrionale delle montagne della Moravia. Quelle partono dal punto in cui le Sudetiche toccano la parte orientale della Boemia, di maniera che questo paese è per intiero accerchialo da sommità che si succedono 1' una all' altra senza interruzione.

AH ovest della Boemia comincia il Fichtelgebirge, che estendesi al nord sino a Thuringerwald, catena vicina all' 1 arlz che si abbassa al nord sino al livello delle pianine, dira- mando al nord est il Wesergebir- ge e il Deulschburgerwald. L'Harlz comincia al sud con il Wester- wald, che copre l'Assia e Nassau, si- no alla dritta riva del E.eno. Dal- l'altra parte di questo fiume s'in- nalza r Hundsruck che al sud si riattacca ai vosgi, montagne della Francia, ed al nord va a confon- dersi con le Ardenne. Le ramifica- zioni selleiitrionali del Westerwald e dell'Hnndsruck racchiudono degli estinti vulcani , trovandosene pur anco nel Fichtelgebirge. Nel punto in cui le Alpi entrano nel Tirolo, il ramo ch'è all'ovest dell'Inn occu- pa sotto il nome di Arlberg tutto il paese sino al lago di Costanza, e coir x\lgan le sue ramificazioni si prolungano al nord della Bavie- ra, terminando in rialti , che ri- scontransi presso il Danubio con quelli di Rauh-Alp, prolungazione orientale dello SchA\a^^/^\ nld o Foiesta Neia. Questa catena si e- stende al sud siiirt alle sponde del Beno, prcndiMido allora la fcrma

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di un gomito. Lo SchTrartzwalcl ra ■vicino a Donavescliingen , iti- si prolunga al nord sino allo Spes- comincia ad essere navigabile pres- sart ai nord- est pel ramo di Vo- so Ulma, passa per Donavert, iVeu- gels-Gcbirge, con il Wester^ivald. burg, Ingolstadt, E^atisbona, Passa- Le pili alte cime della Germania via, Lintz, ed a Vienna, e \i rice- stanno nel ciglione delle Alpi del ve i fiumi Iller, Lech, Isar, Imi Tirolo, di Salisburgo e di Stiria, colla Saltza, Traun, Ems ed altri; molte innalzandosi al di di mille indi passa per l'Ungheria, dove si tese al disopra del livello del ma- unisce con gli altri fiumi naviga- re. Pselle altre catene le piìi alle bili, e di nella Turchia in sommità non giungono a più di Bessarabia, dove si divide in vari seicento cincpianta tese, e per con- rami, e si scarica con varie bocche seguenza non trovansi vere ghiac- nel mar JXero. 2.° 11 R.eno che ciaie se non nelle montagne del nasce nella Svizzera, entra nel la- Tirolo , e del Salisburghese. La go di Costanza, e di sortendo maggior parte delle montagne di forma prima i confini fra la Ger- questa regione è coperta di bo- mania e la Francia, e scorre po- schi, abbondando di quercie quelle scia soltanto in Geimania, riceven- del nord, e di piìi quelle del sud. do le acque dei fiumi Meno, Rin- In molte di esse , e specialmente zig, JVecker, Tauber, Saale, Mosella, nella Carniola, si trovano parecchie Mosa, ec. Si divide sotto Kleve in caverne e grotte formate dalla na- due rami, dei quali quello a sini- tura. Nel regno di WiLitemberg stra prende il nome di Waal, e si vedesi la caverna detta Nebelloch getta nella Mosa, l'altro si divide ed Erdloch, e in poca distanza da di bel nuovo in vari rami, che Blankenburg vi è quella famosa ca- prendono differenti nomi e si get- verna di Daimiann ove si osservano tano in altre acque. Il ramo che molte figure rare e belle di sta- ritiene il nome di Reno, si perde lattiti. Entrammo in qualche det- sotto Leyden, presso Cattwyk nel- taglio sulle catene delle montagne la sabbia. 3." Il Weser che si di Germania, pel riflesso che non forma presso di Minden dalla cou- essendovi regione in Europa che sia giunzione del fiume Wera e Ful- composta di tanti e differenti sta- da, passa a Meiningen ed a Bre- Ij indipendenti, quanto quella di ma, e mette foce nel mare del Germania , ci send)rò opportuno nord, i^." L'Elba che scaturisce nel pei relativi articoli, onde meglio Reisengebirge in Boemia, e lo tra- conosceriie i confini; ed è perciò versa dall'est al nordovest, pas- che altrettanto faremo coi fiumi, sa a Dresda, a Wittemberg, Mag- altri naturali confini. deburgo ed Amburgo, e riceve nel Pochi paesi hanno un gran suo corso i fiumi I Elster, la l\Iul- numero di fiumi quanto la Ger- da, la Saala, con venti altri fiumi, mania, contandosene cinquecento, e non lunge da Amburgo mette fo- e tra questi sessanta che sono na- ce nel mare del nord. 5. L'Oder vigabili. I principali e navigabili che nasce nella Moravia settentrio- del tutto sono: i.° Il Danubio al- naie, ed è navigabile presso Rati- tre volle detto Danubius o Ister, bor pei piccoli legni, e presso litro, che scaturisce nella selva Ne- Breslavia pei grandi ; dopo di a-

GER ver passato per Francfort, e tra- versata la Pomerania, si scarica nel mar Baltico per molte bocche. Gli altri principali fiumi dopo di questij sono il Meno che vicino a Magonza si scarica nel Reno; la Trave che si' getta nel Baltico; 1' Eyder e l'Ems che pure si sca- ricano nello stesso mare; la \isto- ]a che ha la sua origine nella Sle- sia austriaca , traversa la Polonia e la Prussia, e sbocca nel mar Baltico ; r Adige finalmente che passa pel Tirolo , e scorre in Ita- lia. 11 numero de' canali in Ger- mania non è proporzionato all'e- stensione del suolo , o ai bisogni del suo commercio. 11 canale il più antico è quello dei tempi di Carlo Magno, ma non è ancor fi- nito. Per lo passato la navigazione dei gian fiumi eia molto incep- pata a cagione delle tasse eh' esi- gevano i diversi principi dei terri- torii sui quali scorievano. Ma ai nostri giorni il congresso di Vien- na tolse in gran parte siila tti o- stacoli , e stabili che nel caso in cui dei fiumi navigabili attraver- sassero gli stati dei principi diver- si, nominate sarebbeio delle spe- ciali commissioni, onde regolare de- finitivamente tuttociò che avesse rapporto alla navigazione o al com- mercio.

Molti sono i laghi della Ger- mania, il maggiore de'quali è quel- lo di Costanza dotto anche Bo- densee , che da una parte tocca i confini del gran ducato di Ba- den, del WCirtemberg, della Ba- viera, e del Vorarlberg, e dall'al- tra quello della Svizzera a cui ap- partiene una gran parte. Degni sono di essere nominati i laghi di Cheim, Wurm, Amer , Fcder nel regno di Baviera; quelli di AVaren,

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PlaAve e Schwerin nel gron du- cato di INIecklenburg, di Trauu e di Ilalstad in Austria; quelli del nord di Stettiii, Muritz, e R.atze- biug; di Diepholz nell'Annover; di Cirnitz nella Carniola; quello dol- ce e salso di Seeburg ; il grande e piccolo di Pomeriana, detti Fri- sche-Haf, ed altri ancora. Le sor- genti di acque termali e minerali sono nella Germania numerosissi- me, trovandosene in quasi tutti gli stati ; come pure numerosi li ba- gni ed assai rinomati. Più cogniti sono tra gli altri in Boemia i ba- gni di Carlsbadj Toeplitz, ed Egra con acque acidule ; nell'alta Austria quei d' Ischi, presentemente molto accreditati ed assai frequentati; nella Slesia i bagni caldi di Warnibrunn, detti anche di Hirshberg; nel Wùr- temberg quelli diWildbad; rinoma- ti essendo parimenti quelli di Ems, Bade, Salterà^ di Aquisgrana, e le acque acidule di Pyrmont, altre a tante altre. Il clima nella Germa- nia è assai vario : nel sud le mon- tagne e le ghiacciaie rendono l'a- ria fredda, ma nelle valli e pianu- re si gode una dolcissima tempe- ratura. Nel nord al contrario l'a- ria è fredda assai, traime i luoghi paludosi che si avvicinano al mare del nord. I terremoti si fanno sen- tire di rado, non essendo mai sta- ti dannosi. La Germania è uno de' paesi di Europa forse il piìi ricco di minerali: vi sono moltis- sime qualità di marmi e di pietre preziose; e l'oro oltre in alcune miniere, trovasi nel E.eno, nell'Ey- der, ed in qualche altro fiume. Si trovano altresì perle di color di argento e di latte, terre da por- cellane, ec.

Dalla sola industria commercia- le si può giudicare della potea-

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za (Iella Germania , in cui col mezzo tli -ricca nobiltà si dilJ<JiKU; raI)bon<kinza. Le gueire che la de- soliuonoj tolsero molli coltivatori alla terra, come il genio degli a- bitaiili per le arti meccaniche li alloiìlanò dai travagli campestri; tutta volta la coltivazione è florida, produce vini eccellenti , le caccie sono ricche di selvaggi ti me . ed avvi tultociò che occorre ai como- di della vita. I mari che bagnano la Germania, i suoi fiumi e laghi somministrano ogni sorla di pesce. I tedeschi debbono al paziente lo- ro ingegno, ed al carattere laborio- so i luminosi progressi fatti nelle arti industriali, di cui molte ebbe- ro in questo suolo l'origine e l'in- cremento : hanno essi il vantaggio di godere della mano d' opera a modico prezzo; laonde numerose sono le fìilibiiche di stolFe, porcel- lane, maioliche, cristalli , specchi, chincaglierie, utensili d'ogni specie, e persino de' fanciulleschi trastulli. Fornisce eziandio la Germania stru- menti di matematica , di fisica, e specialmente di musica. Anche il commercio de'iibri è animatissimo, e la fiera di Lipsia forse si può dire la più famosa e ricca in tal genere. Le città pii^i commercianti sono Vienna, Amburgo, Lubecca, Crema, Francfort sul Meno, Cre- slavia, Lipsia, Augusta, Norimber- ga, Slralsunda, Stettino, ec.

Sebbene la Germania sia stata pressoché in ogni tempo il teatro di guerre, pine fu sempre nume- rosissima d'abitanti. E questo un privilegio del quale è debitrice al- la salubrità del suo clima, che vi mantiene il vigore del corpo, ed al suo fertile territorio che sommi- stra sussistenze facili a procacciarsi. In quanto alla presente sua popo-

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lozione come confederazione ger- manica, neir /llinannch de Gotha patir Uanncc i844> si legge ascen- dere a trenlanove milioni cinque- cento ottantamila abitanti. Antica- mente non si trovavano in questa regione città, fortezze: erano soliti gli abitanti fabbricarvi abi- tazioni isolate in luoghi comodi, che per lo piìi erano capanne co- perte di paglia, e intonacate di loto; le loro piazze trincerate sono più antiche delle città. I romani furono i piimi ad innalzarvi castel- li ; parte dei germani ne imitò l'e- sempio, e parte difesero le piazze loro per mezzo di fiumi , fosse e siepi. Siccome i contorni del Pteno furono per alcuni secoli il campo dei conflitti fra i romani, e gli a- bitanti della Germania, ne segui che quivi furono fondate le loro prime città di difesa, come quelle di Magonza, di Treveri , Colonia o Bonna. Tra le più antiche piaz- ze fortificate contar si devono E- resburg e Sigeburg , due fortezze dei sassoni. In tempi degl'impera- tori franchi l'abbricaronsi alla ma- niera gotica monasteri, chiese, ed altri edifizi, e le montagne e col- line si munirono di castelli. Le guerre cogli unni diedero occasio- ne al re Enrico I di piantarvi città e fortezze, e da quel tempo l'architettura civile e militare si è perfezionata nella Germania , ove contansi molte città belle, grandi, ragguardevoli, e ben fortificate. Se- condo gli storici romani, i germa- ni erano grandi, ben formati e ro- busti. Gli occhi azzurri, e le bion- de capigliature li distinguevano da tutti i popoli meridionali : una porzione di questi originali carat- teristiche ancora esiste. L'ingenui- tà ed il coraggio tuttora in essi

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conservansi ; in generale il tedesco è grave, riflessivo, laborioso, perse- verante e franco. Generalmente il linguaggio della poesia, e l'amore per le arti belle è coltivato. Sem- brando il tedesco nato per la guer- ra, i suoi esercizi, i giuochi, e per- fino la musica indicano le sue in- clinazioni guerriere. La nobiltà ger- manica è gelosa delle sue prero- gative, senza essere orgogliosa. Al presente tutti i cittadini sono li- beri, al paro dei contadini, eccet- tuatone però il Mecklenburghese, e il paese dell' Holstein. La servitù vera ancora esiste nella Lusazia.

Due razze principali esistono in Germania, i germani e gli slavi : i primi abitano tutta la parte me- ridionale ed occidentale, gli slavi abitano la estremità orientale del- la Germania sino all'Elba. Eglino si dividono in molli rami, dei qua- li ciascuno parla un particolare dia- letto. La lingua alemanna è una delle lingue madri , essendo sue principali proprietà l' abbondanza di vocaboli, l'energia e l'espressio- ne: la grammatica pubblicata da Gottsched ne ha ripurgali gli ele- menti. Dicesi che la lingua tede- sca derivi dall'antico dialetto teu- tonico, che succedette al celtico, suddiviso poi in altri dialetti. Le due principali lingue però che ora pailansi in Germania sono la te- desca e la slava schiavona. La pri- ma si divide anch'essa in altri due dialetti, cioè la bassa e l'alta ale- manna : questa è la lingua della Chiesa, delle scienze, dei tribunali, e delle più elevate classi della so- cietà, parlandosi nella bassa Sasso- nia, Turingia, Assia, nelle provin- ci e del Reno, in Isvevia, Tirolo, Baviera, Austria, Boemia, e Slesia. La bassa alemanna si usa iu vece

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sulle sponde del mare del noid, nel- la Frisia, nella W eslfalia, alta Sas- sonia, nel Mecklenburghese, Bian- deburghese, e nella Pomeriana. La lingua slava conta tra i suoi nu- merosi dialetti il polacco, il vende, il croato, il servi ano, ed altri mol- ti. L'italiano si parla sulle frontie- re dell' Italia. 11 friuicfse adottato come lingua diplomatica, è altresì quella delle corti, e degli alti cir- coli: vuoisi introdotta in Germania dopo che le colonie francesi vi e- migrarono per le intestine e re- ligiose discordie della patria loro nelle pretese riforme. 11 latino è in onore specialmente mila corte imperiale, e nelle classi agiate; si impiega pure in qualche opera di erudizione o di scienza. I tedeschi in generale hanno gran propensio- ne e talento per imparare le lin- gue tanto vive che morte. La let- teratura germanica formossi quasi da se stessa, perchè non trovò na- scendo grande appoggio in |3arec- chi governi di questo paese, gli autori celebri del quale tutto de- vono a loro medesimi, avendo con zelo, "pazienza e genio tutto pre- paralo da loro e disposto; e quin- di appianando ogni ostacolo, giun- sero al maggior perfezionamento. Sprovveduti ne' passali secoli di quelle società letterarie, alle quali si spetta di porre limite all'entu- siasmo, trascorsero senza guida legole, e quindi lunghi e penosi furono i loro travagli, non cono- scendo per leggi, che gli slanci del- la loro immaginazione.

Anche la lingua non fu dappri- ma coltivata che dai monaci, indi dai cavalieri, ed in fine dai sem- plici cittadini. La pretesa riforma religiosa per le grandi ricerche che fece onde sostenere e difendere i

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suoi errori, e calunuiare l'illibato splendore della Chiesa romana, eb- be per conseguenza qualche pro- gresso nelle cognizioni, alterato dal- le successive micidiali guerre poli- tiche e religiose , per cui 1' epoca vera dell' incremento della lettera- tura germanica , \iene assegnata dagli storici alla metà del secolo decorso. Allora fu la lingua depu- rata, e le arti e le scienze colti- vate con vero successo, e fu so- prattutto nella metafisica ove si di- stinse lo spirito speculativo dei te- deschi. Coltivarono egualmente con molto successo la medicina, l'astro- nomia, le matematiche, e in gene- rale le scienze tutte nelle quali diede la Germania queirimmenso numero di uomini celebri, clie lun- go assai sarebbe qui riportare. So- lo nomineremo almeno i principa- li. Fiorirono nella giurisprudenza, Piilter, Funk, Otto, Leysero, Gund- ling, Wisenbach , Conring, Lau- terbac, Struvio, IMlttei'meier, Boeh- mer, Heineccio, Pulfendorf, llau- boldt, Biner, e Savigny; nella me- dicina, chirurgia, chimica ed anato- mia, Sthal , Hoifmann, Fianck, Ileistero , Rlargraf, Wan-Svieten, Sprengel, IVleckel , Soemering, So- dar, Plenck, Otto, llichter, Stork, Stoll, Hu(èland; nella botanica, Pii- vino, Dillenio, Wildenoi , Wahl, Rohmer , Vittmann , Ti'evirano , Schwarz, Jaquin ; nella materoali- ca e metafisica, Leibnizio , Vie- ])ekind, Walf, Spurzheim, Euleio, Mendelson, Kant, Fichte ^ Schoel- ling, e Hegel; nella fisica, Baugar- ten, Mejer; nella storia, MuUer, liitter, Schmidt, Heeren, Herder, \oigt, Luden, ec. ; nell' antiquaria, Scopfiin, Rcjero, Riedesel, Eckel, KolI ; neir astronomia, Copernico , Iveplero,01bcrs, Herschel,Bode, Holt-

GER mann, Brandis, Zich ; nella biblio- grafia, Fabrizio, Murr, Harles, Pan- zer; nella geografia, Cluverio, Gat- terer, Busching , Gaspari; nella fi- lologia, Ernesti , Schellhorn, Ade- lung, Heyne, Herrmann, Schneider, Beck; nella storia naturale, Alessan- dro Humboldt insi£rne in osrni scien- za, Fischer, Blumembach, Buch , Pallas; nella letteratura, Humboldt il fratello, Meiners, Schlegel, Collin, E.ode, Nicolai, Winkelmann^ Klop- stock, Bechmann, Burger, Voos, "NVieland , Herder , Goethe , Zim- mermann,Gellert, Hagerdorn, Rleist, Meusel, Hormajer , Sultzer, Ger- stenberg, Meisner , ed altri tanti, dovendosi ricordare pur anco fra gli uomini famosi di Germania, Martino Lutero, Melantone, Federi- co li il Grande, filosofo e guerriero. Ma disgraziatamente a molti di detti grandi uomini ad onta della loro scienza profonda, gli mancò quel- la di conoscere l'errore in cui e- rano in punto religioso , e- le ve- lità cattoliche ; o conosciute, per rispetti umani sacrificarono ad es- si la propria eterna salute, per cui riempirono le loro opere dei lo- ro erronei pensamenti sulla prete- sa riforma , e non parlarono con quella imparzialità, per cui tanto applauso oggidì ebbero Giovanni Yoigt nella Storia di Papa Gre- gorio VII, e de' suoi contemporanei; e Federico Hurter nella Storia di Papa Innocenzo III, e de'suoi contemporanei; non che nell'opera intorno alle istituzioni e ai costu- mi della Chiesa nel medio evo, e particolarmente nel secolo XllI del medesimo Hurter.

JVclla musica ci die la Germa- nia, Telemann, Haeudel , Graun, Bai;h, Hasse, Gluck, Haydn, Mo- zart, Beethoven ; nella pittura e

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disegno , Alberto Durcr , Calker, Craiiach, Ilolbein, Sandrait, Mcngs, e la Rauffmann ; nella poesia, Zac- caria, Hagerdorn, Ramler, Kleist, Brentano, Pyrker; nel teatro, Schil- ler, Lessing , Kotzebue , Iffland, Werner; fra gì' intagliatori, Be- haim; fra gli incisori in pietre, Pi- chler; fra gli scultori, Daenecker ; fra i fabbricatori d' istrumeiiti mu- sicali 5 Schanz e Biodmann ; fra i fabbricatori di quelli di fisica , Reicliembacb; senza tacere fra i benefattori dell'umanità, oltre a tanti altri, i nomi celebri di Son- nenfels e di Rumford; rinomati so- no pure Archenwald e Gatterer, i creatori della statistica, nella qua- le scienza i tedeschi si sono di- stinti per la somma loro esattezza. Fra le tante invenzioni di cui sia- mo debitori a questa illustre re- gione, annoverar devesi quella di Gio. Guttemberg oriundo di Ma- gonza, che impresse in tavolette di legno caratteri invece di figure, sullo studio delle quali Panfilo Ca- staldi italiano di Feltre, giurecon- sulto e poeta, sostituì i caratteri mobili della stampa agl'immobili calcografici di Guttemberg, inven- zione portata a Magonza da Fau- sto Comesburgo, che in quella cit- tà col Guttemberg diede alla luce il Salterio, primo libro stampato con caratteri mobili in legno nel 14517. Altre principali invenzioni germaniche sono, quella degli oro- logi, e nel secolo XIII l'applica- zione della polvere da cannone ad uso della guerra. Alla propagazio- ne de' lumi, ed all'incremento del- le scienze ed arti contribuirono non poco in Germania, oltre alle celebri sue università, le moltipli- ci scuole, le nobili accademie, le letterarie società, i collegi, i gia-

VOL. XXIX.

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nasi, i musei, le pubbliche biblio- teche, e tutti quegli altri scientifi- ci e letterari istituti di cui essa abbonda. Le principali sue univer- sità ch'erano in numero di tren- tasette, ridotte sono al presente a venti, e fra queste dodici sono pro- testanti, cinque cattoliche, e tre miste, Le prime stabilite sono a Eidelberga di Baden, Lipsia di Sas- sonia, Rostock di Mecklemburgo, Greifswalde di Prussia , Marburg d' Assia, Jena di Sassonia, Giesen di Assia, Kiel di Danimarca, Halle di Prussia, Gottinga d'Anno ver, Erlangen di Baviera, e Berlino di Prussia. Le università cattoliche sono a Praga nella Boemiaj Vien- na in Austria, Wurtzburgo o Er- bipoli di Baviera , Landshut di Baviera, e Fi'isburgo di Baden. Le miste stanno a Tubinga di Wiir- temberg , Breslavia e Bonna del- la Prussia. Altra celebre università fu da ultimo istituita in Monaco capitale della Baviera, ed è catto- lica.

Nella Germania in troppo nu- mero furon ben anche celebri nel- l'arte militare, e gloriosi sono i no- mi di tanti illustri capitani e guer- rieri. Innumerabili poi sono nella Chiesa cattolica germanica i santi, beati, e martiri d'ambo i sessi; gli arcivescovi, vescovi, ed abbati illustri, molti de' quali esercitarono eziandio il sovrano potere, oltre i tre elettori ecclesiastici di Magon- za, Treveri, e Colonia; così innu- merabili sono i monaci, canoni- ci regolari, religiosi, sacerdoti, teo- logi, canonisti, moralisti che ono- rarono grandemente questa rispet- tabile nazione, ove pur fiorirono numerosi monisteri di monache e di cauonichesse, come potrà veder- si tutto ai rispettivi articoli. Cri- 7

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stiano Brower ci diede: Sulera il- luslriuin et sancloruvi vivorum qui Germaniam geslis rebus ornantur, Moguntiae 1616. Alcuni scriltori, come il eh. Costantino Hocfler, nell'opera intitolata I Papi tede- schi, istoria della loro vita ec., in- cominciata a pubblicare in Ratis- bona nel iSSg, considerando la Germania secondo l'antica divisio- ne geografica, dicono che otto so- no i sommi Pontefici tedeschi, cioè Gregorio V, Clemente II, Damaso II, s. Leone IX, Vittore II, Ste- fano IX, Nicolò II, ed Adriano VI. Il Novaes nella Storia dei sommi Pontefici da s. Pietro fino a Pio VII, ecco quanto scrive su tali otto Papi. Primieramente in Stefano Vili detto IX, eletto l' an- no 939, lo chiama romano, citan- do Pandolfo da Pisa presso il Mu- ratori, Script, rer. Italie, tom. Ili, p. 327, ma educato nella Germa- nia, citando il Ciacconio, in Fila ec.; e che Martino Polono lo dice di nazione tedesco in Chron. p. 337, e così comunemente i critici moderni. Quindi dice che nel 996 fu creato Papa il cardinal Brunone sassone, elevato a tal dignità dal- immediato predecessore Giovanni XV detto XVI del 985, che pre- se il nome di Gregorio V. Dipoi nel 1046 fu fatto Pontefice Rug- gero o Svedero di Mayendorf sas- sone, che da cinquant'anni era cardinale (dignità che altri nega- no), siccome creato da Gregorio V, con assumere il nome di Clemen- te II, da altri chiamato il b. Rudi- ger di Bamberga di cui era vescovo. In sua morte gli successe nel 1048 Poppo o Poppone bavaro, vescovo di Bressanone, che prese il nome di Damaso II. A questi fu dato nel 1049 a successore Brunone di

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Dapsburgo vescovo di Toul, che si chiamò Leone IX, venerandolo la Chiesa per santo. Dopo una lun- ga sede vacante gli successe nel io55 Gebeardo d' Inspruck vesco- vo d'Eichstett, col nome di Vit- tore 11. Alla di lui morte nel io57 fu elevato al pontificato Giuniano Federico di Lorena, fatto già car- dinale da s. Leone IX, cui fu im- posto il nome di Stefano, e perciò viene appellato Stefano IX detto X. Nel io58 fu eletto Papa Ge- rardo di Borgogna vescovo di Fi- renze, che chiamossi Nicolò II. Fi- nalmente Adriano Fiorenzo di U- trecht in Olanda, fatto cardinale nel i5i7 da Leone X, alla mor- te di questi nel i5ii fu eletto Pa- pa, e non volendosi cambiare il nome si chiamò Adriano VI. Fin qui il Novaes, nella vita dei sud- detti otto Papi. Il Sandini, Vitae Ponlificuni Romanorum, nel tom. II, p, 776, Pontifìcum natio, pone tra i galli Leone IX, Stefano IX, e Nicolò li, e tra i germani Gre- gorio V, Clemente II sassone, Da- maso II, Vittore li, e Adriano VI baiavo. Dalle testimonianze dei dotti Novaes e Sandini, non solo si può rilevare quanti furono i Pontefici di nazione germanica, ma il come gli scrittori li dichiara- rono per tali a seconda dell'antica di- visione geografica della Germania, che poi descriveremo. In quanto poi ai cardinali tedeschi, secondo i computi del Cardella, Memorie storiche de' cardinali, e le ricerche da me fatte su qualcuno non da lui computato, oltre i sunnomina- ti sono i seguenti. Arrivando il Cardella nella storia de' cardinali a tutto il pontificato di Benedetto XIV, i posteriori furono egualmcu- te da me aggiunti, e seguendo il

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sistema del Cardella non vi ho compreso i sei cardinali bavaresi, gli aiUeltanli liamminglii, oltre il vi- vente Engelberto Sterckx creato cardinale nel i838; così neppure vi sono compresi i quattro cardi- nali sassoni, parlandosi di tutti a- gli articoli Baviera, Fiandra, e Sassonia, Quanto ai cardinali di altre parti anticamente comprese nella regione germanica, se n* par- la ai rispettivi articoli, come Boe- mia , ed una parte della Sviz- zera che anticamente appartene- vano alla Germania , oltre altri luoghi. Ai seguenti cardinali tede- schi divisi per secoli, pongo cro- nologicamente l'anno di loro crea- zione innanzi al nome di ognuno, e tutti hanno la loro biografìa in questo Dizionario.

Secolo IX.

844- Fortunato Amalario.

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Secolo XIV.

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i35o. Matteo Corozman o Contz- man.

iSyi. Roberto de' conti di (Gine- vra, antipapa Clemente VII.

l38r. Adolfo Nassau.

i38i. Arnaldo Ilorne.

i38i. Federico Saverdun.

i38i. Venceslao Segna o Lignitz.

i38i. Conone o Simone di Fal- kensteia.

Secolo XV.

i4o4- Govanni Egidi.

i4ii- Giorgio Roseo.

i43g. Pietro Schomberg oSchowm-

bergh. i44'^- Nicolò di Cusa. i46o. Weistriach Borcardo o Bro-

cardc. 1462. Giovanni Aych. 1477. Giorgio Kesler.

Secolo X.

Secolo XVI.

946.

Adi maro.

i5o3.

Melchior Copia 0 Meckau

i5i I.

Matteo Langio.

Secolo XI.

i5i8.

Alberto di Brandeburgo.

l520.

Erardo Marck.

10T2.

Vernerò 0 Vernerio.

i53o.

Bernardo desio 0 Closs.

io48.

Altowino 0 Adowino.

.544.

Ottone Truchses.

1037.

Brunone 0 Bennone.

i56i.

Marco Sittico Altemps.

1073,

Deodato.

1576.

Andrea d' Austria.

1088,

, Teodorico.

1577.

Alberto d'Austria.

i599-

Francesco Dietrichsteiu.

Secolo XII.

Secolo XVII.

1 1 35. Teodewino o Teodino. 1 144- Nicolò.

Secolo XIII.

i2o5. Ruggiero.

1212. Sigifrido Eppenslain.

i2i6. Conone d' Urrach.

1619. Ferdinando d'Austria. 162 1. Itelio Federico Zolleren. 1626. Ernesto Adalberto d' Har-

rac. i652. Federico d'Assia. 1G67, Guidobaldo de Thunn.

100 GER

1 67 1 . Bernardino Gustavo Adolfo

di Baden. 1686. Sigismondo Kollonitz. 1686. Massimiliano GandolfoKeim-

burg. 1686. Guglielmo Furslemberg. 1 700. Gianfìlippo Lambergh.

Secoxo XVII I.

1706. Cristiano Augusto de' du- chi di Sassonia-Zeilz.

17 12. Volfango Annibale Schrat- tenbach.

1713. Damiano Ugo de Schonbron Buchain.

1727. Filippo Giuseppe Lodovico Sinzendorf.

1727. Leopoldo Kollonitz.

1737. Giuseppe Domenico Lam- bergh.

1747. Armando Trojer.

1756. Giuseppe Trautsohn.

1756. Francesco Con'ado Casimi- ro de Rodi.

1761. Francesco Cristoforo de Huten.

1761. Cristoforo ]Migazzi,

1772. Leopoldo Ernesto Firmiau.

1778. Gio. Enrico Franckenberg.

1778. Giuseppe de Bathyan.

1779. Francesco Herzan de Har- ras.

1789. Giuseppe Fi'ancesco di Pao- la Aversperg.

Secolo XIX.

i8o3. Antonio Teodoro CoUoredo. i8i6. Maria Taddeo Trautmans-

dorf. 1816. Francesco Saverio Salm. 1819. Ridolfo Giuseppe Ranieri

d' Austria. 1824. Carlo Gaetano Gaysruck. 1841- Federico Giuseppe Schwar-

zeiibcrg.

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Le antiche nazioni tedesche che professavano il gentilesimo, aveva- no però dei principii di religione molto più consentanei alla ragione che i greci ed i romani. Qualche lu- me del cristianesimo fu poitato verso la fine del secolo VII da Chiliano vescovo irlandese, da Suidberto ed Evvaldo inglesi, e da Roberto di Wormazia, che fissò la sua sede a Salisburgo. La predicazione del vangelo in Germania continuossi nel secolo Vili da Corbiano di Chartres, e con successo maggiore da Vinfredo inglese^ ordinato in Roma, come meglio diremo, ve- scovo de' tedeschi di del R.eno verso l'anno 723, a cui fu dato il nome di Bonifacio. Egli si af- faticò moltissimo per promovere insieme con la cristiana religione, anche l'ubbidienza alla Chiesa ro- mana, ed alla sua liturgia. Carlo Magno verso l' anno 800, dopo aver fatto la guerra ai sassoni pel corso di trentanni, e averli sog- giogati, ebbe la consolazione di ve- derli abbracciare il cristianesimo, massime quando il re loro Wit- tekindo si fece battezzare. Car- lo Magno fondò molti vescovati e monisteri, e generosamente li dotò. Anche Lodovico I il Pio, figlio di Carlo Magno, arricchì le chiese cattedrali ed i monisteri con splendide donazioni d' interi paesi, in che fu imitato da altri principi. La rilassatezza della di- sciplina ecclesiastica che nei tempi di mezzo si era introdotta anche in Germania^ precedette al princi- pio del secolo XVI la famosa pre- tesa riforma dell'ambizioso Martino Lutero, che disgraziatamente fu adottata da una parte della nazio- ne, mentre un'altra seguì quella egualmente erronea di Calvino, e

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ben presto la Germania fu divisa in Ire culti, cioè nella religione cattolica, nell'evangelica luterana, e nell'evangelica riformata o cal- vinista, divisione introdotta prima dal preliminare trattato di Passa- via, poi dalla pace t'ormale di re- ligione fatta solennemente in Au- gusta, e quindi sancita con alcune modificazioni nella pace di West- falia l'anno 164B. In processo di tempo molte sette s' introdusse- ro, e fra queste diverse che non aderivano a veruna delle tre no- minate religioni, ma alle quali, ciò non ostante, accordavansi in alcuni luoghi il libero esercizio del culto loro. Diconsi le prime quel- le degli hernuti, dei gutelieni, e dei mennoniti: al presente però le sette sono pochissime. Una in- tiera libertà di coscienza, o a me- glio esprimersi, la politica tolleran- za di religione, nel i8i5 pubbli- cossi nel congresso di Vienna, co- me una delle prime leggi fonda- mentali della presente confedera- zione germanica. I cattolici sono pili numerosi negli stati austriaci, in Baviera, nei ducati di liaden e <li Luxeniburgo, nelle provincie del Reno, nel Wiirtemberg, nelle due Assie, e nell'Annover. Negli al- tri stati i luterani e i calvinisti hanno una assoluta maggioranza. All'articolo Europa {^P'edi), notam- mo le forme dei diversi governi di Germania, e i culti che in ogni stato si professano, e quello E- vangelico lo indicammo pure a quell'articolo. Dividendo quindi gli abitanti della Germania secon- do i loro culti e professioni reli- giose, giusta i più recenti calcoli, sono i cattolici quindici milioni aovecenlomila; i luterani dodici milioni cinquecenlomila; i calvi-

GER ioi

nisti due milioni; gli ussiti, her- nuti ec. venticinquemila; i greci quattordicimila; i mennoniti due- mila cinquecento; gli ebrei cinque- centomila, sommando il totale di tale statistica a trenta milioni, no- vecento quarantunmila e cinque- cento abitanti, piìi o meno secon- do i diversi calcoli.

Il novero degli arcivescovati e vescovati di Germania è riportato all'articolo Diocesi. I principali sta- ti, le città arcivescovili e vescovili antiche ed odierne, e tutti i luo- ghi in cui fu tenuto anche un so- lo concilio , di questa regione di Germania, hanno articoli nel Di- zionario, ed in essi naturalmente molto si parla delle cose e della storia germanica, civile e religiosa, e di tuttociò che vi ha relazione, il che forma eziandio argomento di altri articoli; laonde in questo accen- neremo compendiosamente i prin- cipali tratti della storia germanica. In quanto alle missioni cattoliche negli stati della confederazione ger- manica, primieramente diremo che Ferdinando Furstemberg vescovo di Paderbona e di Munster , che fioriva nel 1682^ volle che per- corressero ogni parte della sua va- sta diocesi due padri della compa- gnia di Gesìi. Ritraendo da ciò grandi vantaggi spirituali, legò la rispettabile somma di cinquecento mila imperiali pel mantenimento di trentasei religiosi della stessa compagnia per la propagazione del- la fede nelle parti settentrionali di Europa, e nelle parti orientali del- l'Asia. Questa è l'origine della fon- dazione Ferdinandea, da cui alme- no in parte trovano da inantenersi i missionari del settentrione della Germania; nel 1802 fu risoluto che tutti i fruiti di quel cospicuo

102 GER

capitale fossero impiegali unica- mente per le missioni settentriona- li. Esiste in Roma il celebre Col- legio Germanico [Vedi), istituito in principio da s. Ignazio e da Giulio 111 , confermato ed arric- chito da Gregorio XII 1, a vantag- gio dei paesi settentrionali germa- nici, al quale collegio poco dopo unì r Ungarico dal medesimo Pa- pa fondato. Si trovano in Germa- nia tre vicariati apostolici, dipen- denti come le missioni dalla car- dinalizia congregazione di propa- ganda fide, nel di cui Collegio Ur- bano (Fedi), talvolta viene am- messo per alunno qualche tedesco. i vicariati sono in Osnabiuck, in Dresda, e nei ducati Anhaltini.

Il vicariato apostolico di Osna- Lruck che prima esisteva in Pa- derbona, è ora stabilito in Osna- bruck. Al presente monsignor Car- lo Antonio Lupke, fatto dal re- gnante Gregorio XVI vescovo di Antedona in parlibus, a' 26 feb- braio 1841, è amministratore apo- stolico della diocesi di Osnabruck, non che prò- vicario apostolico del vicariato apostolico delle missioni settentrionali. La popolazione cat- tolica del regno di Anno ver di cir- ca duecento diecisette mila, nella maggior parte ritrovasi nella pro- vincia d' Osnabruck. Le missioni appartenenti di presente al vica- riato sono Amburgo, Altona, Gluk- stadt, Lubecca, Bjema, SchAverin, Ludwigslust, e le altie della Da- nimarca. Nel distretto della citlìi di Amburgo la popolazione catto- lica è di tremila individui ; vi è una chiesa ed una scuola cattoli- ca. Sonovi de* cattolici ne' sobbor- ghi di s. Paolo e di s. Giorgio, nelle città di Dergedorf e Yienan- den^ e nel baliaggio di Ritzebutel,

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dove avvengono frequenti conver- sioni. Nel distretto di Lubecca ev- vi una cappella con più di due- cento cinquanta comunicanti, ed al- tri in più luoghi del granducato di Mecklemburgo-Strelitz , e nei ducati di Holstein e Lauenburgo. I missionari del distretto visitano i cattolici di Lutin, città del gran- ducato di Oldemburgo, ove esiste un oratorio. In Brema vi è una chiesa ed una scuola cattolica. A. questa missione sono annessi vari paesi del vicino regno d' Annover, <h1 inoltre Hamstede , Vegesack , Bremerhafen, Brinkum, Lillenlhal, Bremerike, e Rlosterleven: il nu- mero di comunicanti supera i due- mila. In Schwerin capitale del gran ducato di Mecklemburgo - Schwe- rin, vi è una chiesa , una scuola cattolica e duecento cinquanta co- municanti ; i missionari visitano i cattolici alla distanza di molte mi- glia dalla città, come anche la cit- tà di Butzow che ha venti comu- nicanti, e Rostoch che ne ha qua- ranta. In Ludwigslust vi è una missione che si estende alla città di Grabow, Newstadt, Parchim, Domitz, ec. : vi è una bella chiesa fondata a spese del fu granduca Federico Francesco, e vi sono set- tantacinque comunicanti. Antica- mente dipendevano dal vicario a- postolico delle missioni del nord della Germania le missioni ancora situate nel regno di Prussia ; ma nel 1 821, per una convenzione tra la santa Sede ed il re di Prussia, esse furono unite alla diocesi di Breslavia, per cui ne faremo breve menzione. I luoghi delle missioni di Biandeburgo erano Berlino , Postdam, Spandau, Francfort sul- r Oder, Magdeburgo ed Halla, eoa sci chiese, con ventiquattro mila

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settecento cattolici. I luoghi del- le missioni della Pomeriaua, sono Stransulda, Starrgarda,Stetlino, Cos- lin ; vi sono cinque chiese o cap- pelle, un ospedale, con due mila trecento sessanta cattolici.

Il vicariato apostolico di Dresda nella Sassonia, comprende tutto il regno di Sassonia, meno l'alta Lu- sazia eh' è soggetta al decano di Budissina. Si estende anche al gran- ducato di Saxen- Weimar, e ad Al- temburgo , con trentamila cento quattro cattolici. In Dresda i catto- lici sono cinquemila, e vi hanno due chiese, in Lipsia vi sono sei- cento cattolici, in Hubertsburg tren- ta, in Annaburg cento, alcuni in Freyberg, e nel ducato di Altem- burg. Ultimamente ne fu eletto vicario apostolico monsignor Fran- cesco Lorenzo Mauvermann, cano- nico di Budissina che risiede in Dresda. La famiglia reale di Sas- sonia professa la religione cattoli- ca, a cui ritoinò fino dal 1697. 11 vicariato apostolico di Anhalt, comprende i ducati di Anhalt-Coe- then, Anhalt-Dessau, e di Anhalt- Bernburg. Monsignor nunzio apo- stolico di Baviera è incaricato del- la amministrazione spirituale del vicariato. I luoghi della missione sono, Coethen ove è una parroc- chia eretta da Leone XI f, ed as- sistita da' gesuiti, due chiese, una scuola, ed un ospedale servito dai religiosi di s. Giovanni di Dio; Dessau che ha venticinque cattoli- ci ; e Zerbst e Bernburg che ne hanno cinquanta. 11 duca Federico Ferdinando di Anhalt- Coethen, col- la sua consorte Giulia contessa di Braudeburgo sorella del re di Prus- sia, nel 1825 abbracciarono la re- ligione cattolica dopo aver a' 24 ottobre abiurato il protestantismo

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avanti l'arcivescovo di Parigi; al quale duca morto senza successore nel i83o, subentrò il fratello pro- testante, che si mostra favorevole ai cattolici. Leone XII al duca Fe- derico inviò l'ordine di Cristo eoa croce gioiellala; ed il regnante Gre- gorio XVI nel soggiorno che ha fatto in Roma la serenissima e piis- sima duchessa gli ha dato contras- segni del suo paterno affetto e sti- ma ; e mentre la duchessa era a villeggiare in Frascati nella villa Montalto, ora del collegio Urbano, l'onorò il Papa di visita in recarsi all'eremo de' camaldolesi, a' i4 ot- tobre i83i. La Lusazia inferiore, ed una gran parte della superiore appartiene alla Prussia : la Lusa- zia fece parte del vescovato di Misnia, ma questo essendo dive- nuto luterano, la chiesa di Budis- sina capitale della Lusazia, ove fi- no dal 121 3 era stata eretta una collegiata di dieci canonici , il de- cano de' quali era superiore eccle- siaslico di tutta la Lusazia, restò sempre attaccata alla religione cat- tolica. La santa Sede gli conferì l'autorità e giurisdizione spirituale, la quale ancora conserva , ed il decano eletto dal capitolo, è per lo più insignito del carattere ve- scovile. Risiede in Budissina con tre canonici, gli altri servono le parrocchie : in Neocelia vi sono due chiese , e duemila cattolici. Nel granducato di Baden i catto- lici ascendono ad ottocentocinquan- taduemila ottocento ventiquattro. Vi è l'arcivescovato di Friburgo che ha tre chiese cattoliche, tre conventi, due ospedali, un ospizio per gli esposti , ed un monte di pietà. Warmbac è residenza di un parroco. Nel regno di Wiirtemberg i cattolici ascendono a cinquecento

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dodicimila trecento trentatre. In Stuttgard vi è una chiesa cattoli- ca j come anche in Rottemburgo , Gravenek, e Lomberg : in R^ottem- burgo risiede vm vescovo titolare, dappoiché anche il reame di Wilr- temberg ha il suo vescovato nel- la città di Rottemburgo, eretto da Pio VII colla bolla Provida so- lersque de' i6 agosto 1821, e da Leone XII colla bolla Ad Domi- nici gregis degli 11 aprile 1827, mediante le quali vennero in pari tempo circoscritte ed erette le cin- que sedi vescovili, che formano la così detta provincia ecclesiastica i^^'- perioris Rheni: queste sedie sono quelle di Rottemburgo nel detto regno di Wiirtemberg, di Magon- za nel gi-anducato di Assia-Darm- stadt, di Limburgo nel ducato di Nassau, di Fulda nell'Assia eletto- rale, e l'arcivescovato di Friburgo nel granducato di Baden. Le det- te bolle ti'ovansi stampate da C. E. Weiss, nel Corpus j'iiris eccle- siastici cntliolicorum hodierni quod per Germaniam ohtinet , Gissae i833, pag. 186 e 21 5. Queste sono le più recenti notizie sulle missioni cattoliche negli stati della confederazione germanica.

In Roma diversi principi sovra- ni di detta confederazione, per gli affari ecclesiastici , tengono presso il sommo Pontefice i loro rappre- sentanti, cioè r imperatore d' Au- stria vi tiene un ambasciatore , il re di Baviera un inviato straordi- nario e ministro plenipotenziario ; il re d' Annover un ministro resi- dente ; il re di Prussia un mini- stro residente; ed il re di Wiir- temberg un incaricato d'affari. Al presente vaca l'incaricato d'affari del granduca di Baden. Oltre a xiò in Roma la Prussia ha un

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console generale residente, la Sas- sonia un agente regio residente, e il re di Wiirtemberg un console per tutto lo stato pontificio resi- dente. La santa Sede poi tiene in Germania due prelati nunzi apo- stolici con carattei'e arcivescovile , cioè in "Vienna ed in IMonaco; di che si parla ai loro articoli, men- tre a quello di Colonia si è detto dell'antica nunziatura di Colonia. E noto che i nunzi apostolici han- no la coudizione e il carattere di ambasciatore, e godono la prece- denza sugli altri ambasciatori, sen- za eccezione alcuna. Nel concresso di Vienna fu confermata la precedenza de' nunzi, e fu stabilito che nei luo- ghi ove interviene il corpo diplo^ matico, inclusivamente alle funzio- ni che celebra od assiste il Papa, ciascun membro del medesimo pren- da il posto a seconda della data della presentazione delle sue cre- denziali, senza distinzione alcuna tra ministri cattolici, e ministri pro- testanti. Di quanto riguarda gli am- basciatori imperiali antichi, e l'am- basciatore d' Austria presso la san- ta Sede, se ne tratta ai rispettivi articoli o luoghi del Dizionario, Ambasciatori, Ingressi in Roma, Udienza, Conclave, ec. ec , ed a quest'ultimo articolo è riportata la descrizione del cerimoniale e pom- pa, con cui si portò al conclave per morie di Leone XII l'odierno ambasciatore dell'impero d'Austria, il saggio e religioso conte Rodolfo di Lutzow, che lo è puie del gran- duca di Toscana, e della duchessa di Parma. Inoltre in Roma avvi il prelato uditore di iota per l'im- pero austriaco. L'uditorato di rota tedesco è antichissimo, come si di- rà al relativo articolo, trattandone il Bernini a pag. 5o, // tribunale

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della s. rota romana, ove pur di- ce dell'uditore di rota milanese, al presente non più esistente. La Germania ha inoltre in Roma il Chierico nazionale del sacro col- legio { Vedi).

La nazione germanica ed au- striaca ha in Roma 1' imperiale e regia chiesa di s. Maria del- l'Anima, con contiguo ospizio. Teo- doro Amydeno, De pietate roma- na, a pag. IO, ecco come descrive l'origine della chiesa e dello spe- dale. » Hinc omnium nationum ad eam concursus, quae propferea hospitia iutroduxere nationalia, quo- rum primum honoris caussa sii teulonicorum sive teutonum, Vir- ginum sub titulo de Anima dica- tum. Originem habuisse ferunt an- tiquam satis de anno videlicet 1 35o, sedente Clemente VI et imperante Caiolo IV ex caussa jubilaei, a quibusdam hujus nationis homini- bus ; qui cum prole carerent pro- prias aedes hospitalitati peregrino- rum qui e provinciis imperio sub- jectis Romam venirent destina- l'unt, templumque licet, non valde amplum Virgini statuerunt; con- ditione apposita, ut iiiibi prò sa- lute animarum suarum apiid Deum elTunderenlur, a suscipiendis hospi- tibus praeces; et inde Beatae Ma- riae de Anima invenit nomen. Le- guntur in codice nationali in eo- dem ospitio asservato. Collata plu- rium teutonum stipe, quorum no- nnina Henricus Marwede de anno i463 in pracfatum codicem retu- lit , sensim hospitium escrevit ". In fatti negli autori che scrissero la storia degli anni santi, si legge che in quello fatto celebrare da Clemente VI, i tedeschi e gli un- gheri si portarono a Roma per r indulgenza del giubileo in greg-

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e a torme grandissime, e che per mancanza di alloggi stavano la notte a campo aperto stretti in- sieme per il l'reddo, aiutandosi con grandi fuochi.

Carlo Bartolomeo Piazza nel- V Eusevologìo romano tratt. II, cap. XI, Dello spedale dei teutonici al- l' Anima, dice che per teutonici s' intendono tutti i popoli soggetti al sacro romano impero, i quali riconoscendo la dignità ed onore del medesimo impero trasferito dal- l' oriente nella Germania dalla san- ta Sede apostolica, a questa fu- rono sempre devotissimi, dacché ricevettero il lume delia fede, e perciò molti abitanti di quelle pro- vincie costumarono di poitarsi in Roma alla visita de' luoghi santi con gran fervore e divozione. Ag- giunge che sino dal i^oo per be- nefìcio de' medesimi popoli germa- ni o teutonici, nello stesso tempo che fu eretto il nobile tempio det- to dell' Anima, nel rione di Pon- te, fu aperto un ospedale da Gio- vanni di Pietro fiammingo, e da Caterina sua moglie per le due razioni fiamminga e tedesca, do- nando a tale eifetto tre loro case, e molto denaro. Crescendo poi la divozione di tali popoli pel pio luogo, nell'ampliazione della chie- sa fu anche l'ospedale od ospizio accresciuto di fabbrica e di ren- dite, massime per la generosità di Teodoro Hiem paderbonese, cano- nico della cattedrale di Maestricht, il quale però volle che lo spedale servisse ancora pei popoli della bassa Germania, cioè del Braban- te, dell'Olanda, della Zelanda, e della Gueldria ; pia disposizione che si dice fatta verso l'anno i5oo. Il medesimo Piazza nel tratt. Vili, cap, V delia Confraternita nazio-

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vale (liiV Anima de teutonici, dice che nell'anno santo del giubileo i5go, celebi'ato con fervore da A- lessandro VI, risvegliossi nella na- zione germanica o teutonica il re- ligioso desiderio di erigere nella chiesa di s. Maria dell' Anima , e sotto questa invocazione, ma senza sacchi, una confraternita, la quale nel i5i4 provvide la chiesa di sa- gre suppellettili, ed altro pel di- vin culto. Stabilì dodici cappellani nazionali, il maestro di cappella, 1' organista , il sagrestano , ed un sufficiente numero di chierici, as- sumendo il governo del contiguo ospedale, in cui si ricevevano i na- zionali bisognosi, che per divozione recavansi alla capitale del cristia- nesimo. A questi il sodalizio dava ivi l'alloggio ed il mantenimento per otto o dieci giorni , e più se- condo le circostanze ; e talvolta a quelli ch'erano bramosi di stabilirsi in Roma , procurava impieghi a tenore della loro abilità e condi- zione. Se poi erano infermi si oc- cupava la confraternita della loro guarigione , con esemplare carità cristiana. La confraternita assunse per insegna l'aquila imperiale con due teste, avente in petto l'effigie di IMaria Vergine col divin Fi- glio in braccio, e due figure nude genuflesse lateralmente, con le ma- pi giunte e gli occhi rivolti alla Madre di Dio, come rappresentanti le anime de' fedeli rivolte a sup- plicarla, acciò le difenda, protegga ed aiuti nel punto di morte. E qui noteremo che il Panciroli ne' Te- sori nascosti di Roma, parlando a pag. 463 della chiesa ed ospizio di s. M;uia dell'Anima della nazione tedesca, dice così chiamarsi per una immagine di marmo della jNIadon- na che ivi si venerava, con alcune

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anime in forma simbolica di fan- ciullelti nudi al disotto, ed oranti. Ridolfìno Venuti nella sua Roma moder.ia a pag. 4^0 descrivendo la chiesa di s. Maria dell' Anima , e l'ospedale de' teutonici, narra che fu edificata dal suddetto Giovanni, ed ampliata da altri nazionali con pie liinosine, e dedicata alla Beata Vergine sotto il titolo dell'Anima, per essersi trovato in questo sito un' antica immagine della ss. Ver- gine sedente tra due figure genu- flesse, rappresentanti con la loro maniera e positura due anime dei fedeli ; il perchè ne fu scolpita co- pia in marmo, e posta sopra la porta della chiesa, ed altra in pit- tura collocata per quadro nell'al- tare maggiore.

E.accoiita ancora il Piazza che anticamente nella medesima chiesa furono erette due confraternite sot- to il titolo di s. Anna e di s. Giacomo apostolo, nelle cappelle di s. Caterina vergine e martire, e di s. Barbara. Dice pure che la principale festa del sodalizio è quel- la della Natività di Maria che ce- lebra solennemente, e che nella do- menica in fra l'ottava del Corpus Domini, con altrettanta pompa ec- clesiastica fa la processione col ss. Sagramento. Di questa processione se ne riportano le particolarità nei Diari di Roma del secolo passato, ove si legge che il luogo per ove passava era coperto di tende, con intervento di cardinali in cappa invitati dall' ambasciatore dell' im- peratore, il quale con toi'cia pre- cedeva il ss. Sagramento, ch'era seguito dai cardinali pure con tor- cie. 11 Piazza nell'edizione del 1679 delle Opere pie di Roma, che am- pliate nel 1698 pubblicò col titolo di Eusevologio, a pag. 1 20 pai la

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dello Spedale de' teutonici all' À- nima, ed a pag. 574 della Con- fraternita dell' Anitna de' teutonici. Il citato Amydenio aggiunge che il cardinal Willelmo o Guglielmo Enchenvoer d'Utrecht " priori tem- pio solo acquato, alterius capacio- ris, et angustioris formae, ut nnnc videmus, construendi auctor t'uit cui inscriptio :

TEMPLUM BEATAE MARIAE DE ANIMA HOSPITAUS TEUTONICORUM. MDXIIII.

Domum deinde quam habitahat, nec non alias adjacentes e qnibus quotannis , non spernendus redit census ; hospitio et ecclesiae testa- mento addixit; ac in ea ut ex se- pulchri inscriptione humari voluit", che riporta a pag. 2 1 , leggendosi nella seguente quella che pose ad Adriano VI nella delta chiesa al monumento marmoreo da lui e- rettogli per gratitudine. Quindi continua l' Amydenio a dire, quan- to il cardinale fu magnifico con la chiesa ed ospizio a vantaggio degli abitanti della Germania infe- riore e superiore, e del luogo e casa separata ove si alloggiavano ed alimentavano le donne di tal nazione, figlie o mogli de'tedeschi ivi ricettati ; che molti imitarono il cardinale nell'accrescere le rendite della chiesa e dell'ospedale, al go- verno di cui fu posta una compa- gnia di dodici o quattordici nazio- nali, per regolarne l'amministrazio- ne, e l'esercizio dell' ospitalità pei poveri tedeschi; e che gl'inservien- ti al divin culto stabi lironsi ad nu- tum congregationis , onde potersi ri movere per qualche ragionevo- le causa.

Il Cardella nella biografìa del cardinale Enchenvoer, dice che ol-

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tre l'aver fiuto costruire un no- bile e splendido mausoleo nella chiesa di s. Maria dell'Anima di Roma , ricco di superbe scoltu- re ed opere di rilievo, gettata a terra l'antica chiesa, ne fabbricò una nuova assai magnifica come si vede di presente, ed a cui dont» la casa nella quale egli medesimo abitava, con alcune altre convicine. Nella Descrizione del viaggio di A- driano VI dalla Spagna fino a Roma, di Biagio Ortiz suo fami- gliare , si descrivono le gesta di questo cardinale chiamato anche Incfort , ed Enckenvoirtio come dicemmo alla sua biografia, già agente in Roma del cardinal A- driano prima che divenisse Papa, ed al quale portò da parte di Leo- ne X il cappello carduializio nella Spagna. Fu pure procuratore in Roma dell' imperatore Carlo V , concorrendo questi colle di lui i- stanze, fatte a mezzo del conte di Cabra oratore cesareo ad Adriano VI, a crearlo cardinale tre giorni prima di morire. L'annotatore del- rOrtiz riporta 1' iscrizione posta ai sepolcri di Adriano VI, e del car- dinale nella chiesa dell' Anima, in cui dopo alcun tempo fu traspor- tato dalla basilica vaticana il pon- tificio cadavere nel i53o. Diversi scrittori notarono avere Adriano VI riedificato ed abbellito la chie- sa dell'Anima , fra' quali Fioravan- te Martinello, nella sua Roma ex elhnica sacra, pubblicata nel i653, nel c[ual tempo 1' ospedale era al dir suo in decadenza , notandolo a p. 337, nella categoria De teni- plis sanctorum ohsok-iisj a p. 182 riporta un epitaffio eretto nella chiesa a Clemente II natione ger- mano de gente saxonum, da Gio, Godefredo vescovo di Bambciga,

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e legato dell'imperatore Mattia al Pontefice Paolo V, portante l'epo- ca del i6i3. Ivi pur si leggono due altri epitaffi in versi, collocati nella medesima chiesa, uno di Gio. JJiirckardus d' Argentina maestro delle cerimonie pontificie, morto nel 1 5o5, eretto nel iSry; l'al- tro di Michele IMnler d'Offemburg, dotto canonico di Bressanone, morto nel i479> ^7 novembre. Nelle No- tizie istoriche dell' oratorio della ss. Comunione, del p. IMemmi gesuita, a p. 2 1 e seg. si legge della mis- sione fatta nel i6i3 nella chiesa dell'Anima dai gesuiti, essendo su- periore della chiesa nazionale mon- signor Manderò , e della solenne comunione generale fatta con mol- ta edificazione dal nominato mon- signor di Baniborga, ambasciatore straordinario per rendere ubbidien- za al Pontefice in nome dell'im- peratore Mattia poc' anzi assunto al trono. Nei Diari di Roma so- no riportate le funzioni fatte in questa chiesa con pompa straordi- naria, e quando fu visitata dai Pon- tefici, ed il modo come si celebra la festa onomastica degl'imperato- ri regnanti. Dai medesimi Diari del 17 18, abbiamo analogamente diverse notizie. Nel numero 52 e nell'aggiunta riportasi la relazione del battesimo della figlia del conte di Gallas ambasciatore in Roma dell'imperatore Carlo VI, tenuta al sagro fonte dal Papa Clemente XI, e dall'imperatrice. Il cardinal Albani nipote del Pontefice rappre- sentò lo zio recandosi alla chiesa di s. Maria dell'Anima col corteg- gio di ottantotto prelati. La leva- trice colia neonata furono portate in nobile sedia. Monsignor Stampa nunzio di Firenze, supplendo alle cerimonie prescritte dalla Chiesa .

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clie non furono eseguite quando la bambina ebbe l' acqua partico- larmente, fece la funzione secondo il costume de'graudi. L'imperatrice venne rappresentata dalla duches- sa di Bracciano che vi si recò eoa cinque carrozze, la prima coi ca- valli guarniti di fiocchi d'oro, quel- li delle due seconde con fiocchi neri. Il cardinale pose al collo del- la bambina una ricca croce con la reliquia del vivifico legno; ed il cerimoniere diede in nome del Pa- pa due medaglie d'oro ed una di argento alla levatrice ed alla ba- lia, le quali ebbero ciascuna una borsa di monete dalla duchessa. L'ambasciatore fece dispensare ai poveri trecento scudi. Nel numero iy8 del citato Diario avvi la de- scrizione della conclusione dedica- ta al medesimo ambasciatore Ce- sareo in questa chiesa; e della mes- sa solenne ivi cantata da un arci- vescovo {>er la Natività della Bea- ta Vergine, assistendovi l'amba- sciatore nel presbiterio contornato da quaranta prelati ; altrettanti pielati fecero il simile nel giorno onomastico dell'imperatore, quan- do r ambasciatore assistè nel pre- sbiterio alla messa j come leggesi nel numero ig.

Nel numero 18 del Diario di Roma dell'anno i832 si raccon- ta come nella mattina del primo marzo, nell'imperiale e regia chie- sa nazionale austriaca di s. INIaria dell' Anima, si celebrò con gran pompa di apparato mi solenne rendimento di grazie all'Altissimo, in commemorazione del quarante- simo anniversario del glorioso re- gno di Sua Maestà l' imperatore e re apostolico Francesco I; che il conte Rodolfo di Lutzow amba- sciatore straordinario della Maestà

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Sua presso la santa Sede, recossi a tale effetto accompagnato da tutta la legazione austriaca alla prefata chiesa, dove pure intervennero di- versi cardinali e prelati , non che tutta la romana nobiltà, che per titoli e per decorazioni è addetta alla corte d' Austria. Monsignor Matte! patriarca d'Antiochia pon- tificò r incruento sagrifizio, termi- nato il quale il regnante Pontefi- ce Gregorio XVI giunse in chiesa ricevuto dall'ambasciatore, e da monsignor Ruspoli uditore di ro- ta. Il Papa pieno di paterno affet- to verso un si benemerito e pio monarca, assistette al solenne Te Deiun che indi fu cantato. Nel supplimento poi del numero 32 del Diario di Roma del i844 si narra come avendo questa chiesa per le passate vicende diminuita la splendidezza de' suoi ornati, Fat- tuale ambasciatore d'Austria conte Rodolfo di Lutzow, e la congrega- zione degli imperiali e reali sta- bilimenti nazionali austriaci in Ro- ma deliberarono ripararvi. Miglio- rate le cose dell' ospizio, e restau- rate le case, vennero ripuliti gli ornati, i marmi, e le colonne del- l'esterno ed interno del tempio, cui furono aggiunte nuove dipinture. Furono altresì coloriti a guisa di alabastro i pilastri della nave mag- giore, e quelli delle due minori, coir adornare le volte di colore azzurro cosparso di stelle, come si vede usato in varie chiese edifica- te ne' buoni tempi dell'arte. Anche gli avelli e le tombe ebbero re- stauri. Fu inoltre costruita una cantoria nuova, sulla porta prin- cipale d'ingresso, con superbo or- gano appositamente fabbricato dai celebri fratelli Serassi di Bergamo, e di tutto se ne fa memoria nella

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marmorea iscrizione collocata sul- le pareti dell' ingresso maggiore della chiesa, riportata in detto supplimento, ove sono notati ol- tre i nomi augusti del Pontefice Gregorio XVI, ed imperatore Fer- dinando I regnanti, quello dell'amba- sciatore, e dei deputati della congre- gazione presieduta da monsig. Pie- tro de' Silvestri uditore di rota na- zionale e reggente della chiesa; e sic- come tutti i l'istauri ed abbellimenti furono diretti dal cav. Giuseppe Fa- bris deputato provvisore e fabbricie- re, venne poscia nominato dal lo- dato icnperatore cavaliere dell'or- dine della corona di ferro. Final- mente la chiesa fu riaperta agli I I aprile col triduo che doveva celebraisi per la festa della ss. Annunziata, e nel terzo giorno fu onorata dal sommo Pontefice, che volle assistere al triduo, dopo il quale die la benedizione col ss. Sagramento il cardinal Patrizi vi- cario di R,oma. Il Papa fu ringrazia- to dall' ambasciatore e congrega- zione, esternando la sua piena sod- disfazione per tutto l'operato col sacro edifizio a maggior decoro del divin culto. In quanto al con- tiguo ospizio o spedale, in esso tut- tora si ricevono i pellegrini tede- schi, i quali se a caso cadono infermi vengono curati in apposi- te stanze, che se fossero cronici si manderebbero negli ospedali pubblici. Passiamo ora a descrive- re brevemente l'edifizio della chiesa, e le sue cose principali.

La facciata esterna si vuole e- retta coi disegni di Giuliano da Sangallo nel pontificato di Adria- no VI, o meglio in quello di Cle- mente VII : essa è assai semplice, con tre porte ornate di pregevo- li marmi, e colonne di pietre mi-

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hdiie; la sua forma quadra ha tre ordini, tutti e tre corinti, e tut- ti e tre di pilastri. L'architettura interna da taluni si crede inco- luiuciata dal Bramante, e prose- guita poi da un tedesco, di cui s'ignora il nome. Ella ha tre na- vi egualmente alte, ripartite da pi- loncini che tirano su fino alla vol- ta : questi pilouciiii sono ornati di mezze colonne ben alte, con qual- che abbozzo di capitelli ; le cap- pelle laterali sono in curvo, di poco sfondo, ed alte al pari dei piloncini. Questa specie di archi- tettura non gotica, ha unità e grandiosità, ma il santuario è di stile moderno. La prima cappel- la a destra di chi entra è sa- cra a s. Bennone vescovo, bel di- pinto del veneto Carlo Saraceni, il quale vi espresse il miracolo del pesce. Nella seconda cappella il quadro dell' altare rappresenta la sacra Famiglia con s. Anna, ope- ra di Giacinto Gimignani: qui giace sepolto il cardinal Gio. Gual- tiero Slusio fiammingo, con busto scolpito da Ercole Ferrara; le pit- ture nel di sopra sono alFresclu del bolognese Francesco Grimaldi. La terza cappella del ss. Crocefis- so ha delle pitture a fresco con istorie della Beata Veisiine del Sermoneta. Nella quarta cappella vi è la Pietà in marmo bene scol- pita dal fiorentino Nanni di Bac- cio Bigio, il quale avea divisato d' imitar quella di Michelangelo, Il cappellone dell'altare maggiore fu rinnovato coi disegni di l'aolo Posi: la volta è tutta ornata di stucchi messi a oro, con due pit- ture a fresco di Lodovico Stern, eseguite ai lati delle finestre so- pra l'altare. Il quadro di esso, a- durno di marmi fìni^ ranprescula

GER la sacra Famiglia, di Giulio Roma- no, che avendo sofferto per le ia- uoudazioni del Tevere, fu ritocca- to dal Saraceni, e poi con mag- gior diligenza ristorato. Ai lati di questo cappellone sono due depo- siti nobilissimi. Il primo è del Pa- pa Adriano VI d' Utrecht, edifica- to con disegno di Baldassare Pe- ruzzi; è tutto di marmo, e fu scolpito dal sanese Michelangelo, e dal fiorentino Nicolò Tribolo. Consiste in quattro colonnette co- rintie; neir intercolunnio maggiore, eh' è nel mezzo, evvi un arco sot- to cui giace la statua del Ponte- fice, disteso sopra un' urna fra va- ri ornamenti di scultura, ed un bassorilievo rappresentante il di lui solenne ingresso in Roma con formale cavalcata. Negli interco- lunni minori sono nicchiette pro- fonde, con statuette avanti allu- denti alle virtù che distinsero quel Papa: il monumento finisce pira- midalmente con statuetta sulla ci- ma. L'altro deposito rirapetto è quello innalzato a Carlo Federico duca di Julich, Cleves e Bergh, che morì inR.oma nel iSyS, ove erasi portato per l' acquisto delle indulgenze dell'anno santo: in esso si vedono molte sculture del fiam- mingo Egidio da Riviera, e di Nicolò d'Arras; il bassorilievo che rimaneva di sopra rappresentante Gregorio XIII che al duca lo stocco e il berrettone benedetti, fu trasferito nell'andito che mette alla sagrestia. Vicino alla porta di questa è il monumento sepolcrale di Luca Olstenio , celebre lettera- to olandese, erettogli dal cardinal Barberini. Dall' opposto lato, ove al presente è una memoria sepolcrale, Gian-Francesco Penni detto il Fatto- re vi avea egregiamente dipinto a

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fVesco un s. Cristoforo, ed un ro- mito entro una grotta con lanter- na. Indi la prima cappella ha per quadro un Cristo morto colle tre Marie, con altre pitture e stima- bili ornati, il tutto eseguito da Francesco Salviati. Nella seconda cappella le storie di s. Barbara, ed il ritratto del cardinal Enchen- voer sono lavori del fiammingo Michele Cockier, il quale con af- freschi adornò la seguente cappel- la sacra alla Beata Vergine : la Annunziata però fu dipinta da Gi- rolamo Nanni , la Natività e la Circoncisione dal veronese Marco Antonio Bassetti. Nella quarta ed ultima cappella, il martirio di s. Lamberto vescovo di Maestricht è opera del Saraceni encomialo; gli affreschi nella volta sono di Gio- vanni Miei di Anversa; i due piccoli depositi che veggonsi ne' pilastri, il primo è di Vander d'Anversa, il se- condodi Adriano Uryburch di Aleko- nar, belle sculture di Francesco Du- quesnoy detto il Fiammingo. 11 mo- numento innalzato al cardinal An- drea d'Austria, posto a lato della porta maggiore, è opera di Egidio tla Riviera; all'opposto lato vi è quello del cardinale Enchenvoer, descritto alla sua biografia, bene- merito riedificatore della chiesa, leggendosi nell' iscrizione sepolcra- le, ili Ime aede cujus construea- dam et ornand. adjutor fuit, etc. Ultimamente dalla pietà filiale del consigliere commendatore Ferdi- nando d'Ohms, è stata posta in questa chiesa una memoria sepol- crale al di lui genitore defun- to Antonio d'Ohms cavaliere del cesareo ordine di Leopoldo, ec, consistente in busto di marmo , ritratto del medesimo, collocato entro un'edicola, ornata di pila-

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stri e frontespizio, ed analoga in- scrizione con lo stemma gentilizio della famiglia. Nella sagrestia ar- chitettata da Paolo Marucelli vi so- no due quadri con le storie di Maria a sinistra dell'altare, dipinte dal Morandi;gli altri due incontro, uno è di Giovanni Bonatti, l'altro è di Egidio Alet di Liegi; l'Assunta nella volta fu dipinta a fresco dal Romanelli. Sopra la porta di det- ta sagiestia si legge un'iscrizione ove si dice che onorarono di loro presenza questa chiesa l' imperatore Giuseppe 11, ed il suo fratello Leo- poldo granduca di Toscana poi im- peratore Leopoldo II. Dalla parte opposta poi havvi un'altra iscri- zione che celebra la visita fatta a questa chiesa dall'imperatore Fran- cesco I edall'imperati'ice Carolina di Baviera nel 1^19. Il campanile di questa chiesa è in forma piramidale, coperto di mattoni diversamente co- loriti, e collocati a guisa di squam- ma di pesce. La chiesa è tuttora uffiziata da un collegio di cap- pellani , ed in alcuni tempi del- l'anno vi si predica in lingua te- desca.

I fiamminghi ebbero già in R.O- ma chiesa, ospizio ed ospedale, co- me abbiamo detto al voi. XXIV, p. 2 38 del Dizionario. Al presen- te vi è rimasta la chiesa, possedu- ta dai belgi, dedicata a s. Giuliano, mantenendo il luogo pio due letti all'ospedale de'benefratelli pei na- zionali infermi, ed inoltre soccor- re con limosine i pellegrini nazio- nali.

Altro pio stabilimento germani- co in R^oma è quello dell'arcicon- fraternita di s. Maria della pietà in Campo santo , esistente presso la basilica vaticana, ove era anche un ospizio per le donne teutoniche

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pellegrine ed inferme. Oltre quan- che la sua compagnia veste di sac- to dicemmo di questo sodalizio e co nero, usando per insegna l'im- suc anticlie memorie e cimiterio magine della ìMadouna col figlio annesso, all' articolo Elemosiniere, morto in braccio. Parla dello ze- niassime al volume XXI, p. i63 lo con cui ivi si eseguiva il diviu e seg. del Dizionario, qui aggiun- culto, della solenne processione del geremo: che la sua chiesa ha bel- Corpus Domini, che faceva dopo le pitture, dappoiché nell' altare quella del Papa, del seppellire col maggiore la deposizione della ero- debito funerale gran parte de'po- ce è di Polidoro da Caravaggio, se veri della regione di Jjorgo o Cil- pure none opera più antica. Dai la- Leonina, ove la chiesa trovasi, ti i quadri grandi con l'istorie della di altre opere di carità esercitate B. Vergine furono dipinti da Già- dai confrati alemanni, fiamminghi, corno dflase d'Anversa, il sepolcro e svizzeri della pontificia guardia del quale con un bellissimo putti- principalmente ; ed anch' egli fa nodi marmo fu scolpilo dal sud- memoria dell'elemosina del pane detto Duquesnoy, assai valente in che in quattro mesi dell'anno di- iscolpire i fanciulli, e si vede dal- stribuivasi alla terza parte de' po- la parte sinistra. Nella cappella a veri di R.oma, e del pranzo che manca dell'altare è un quadro del parimenti in questo luogo i Pon- pistùiese Giacinto Gemignani, che tefici facevano dare ogni giorno a ■vi effigiò il martirio di s. Erasmo tredici pellegrini, ed ogni venerdì vescovo e martire, il di cui piede pane e vino a qualunque povero, si venera in questa chiesa; in quel- Ma quello eh' è più importante, la incontro vedesi 1' Epifania, ope- l'Alveri riporta tutte le iscrizioni an- ra del ferrarese Scarsellino. Il s. che di pii legati esistenti nella chie- Carlo Borromeo, e la fuga in E- sa e nel cimitero, non che le se- gitto neir altro altare , sono del polcrali, fra le quali ve ne sono fiammingo Enrico, ed il s. Giovan- anche in versi, e fa parola del- iii Kepomuceno sul suo altare è le loro arme; molte di queste i- pittura di Ignazio Stern. La Con- scrizioni appartengono ad individui cezione dell'oratorio annesso al militi, uffiziali e capitani della guar- cimiterio venne colorita da Luigi dia svizzera pontificia, a molti fa- Garzi. Entro il medesimo cimite- migliari de' Pontefici , agli svizzeri, rio si vedono in giro le cappelli- belgi, fiamminghi, germani, teuto- ne in cui sono dipinte le storie nici, e di qualche altra nazione, della passione di Gesù Cristo, e come polacchi, spagnuoli, italiani servono per la divozione della /-Va ec, prelati, ecclesiastici, secolari di Crucis ( Vedi). Gasparo Alveri, ambo i sessi, e personaggi quali- Roma in ogni sialo, part. 2, p. ficati, essendovi i precordi del car- 223 e seg., eruditamente tratta del- dinal Andrea d'Austria. Inoltre lo le antichità della chiesa di s. Ma- Alveri descrive le pitture della ria della Concezione e della Pie- chiesa, e confuta Camillo Fanucci in Campo santo, già scuola o che scrisse avere la regina di Cipro collegio de'longobardi , detta anche Carlotta istituita la limosina di di s. Giustino, finché nel i46o pre- Campo santo, mentre essa solo de- se il nome che porta ancora. Dice rivo dalla costante e pia liberalità

GER dei Papi verso i poveri, come an- cor noi avvertimmo al luogo citato, INella stessa Ciuà Leonina {Fedi), ti furono diverse scuole o ospizi con chiese, come de' franchi, dei sassoni, de' frisoni , de' longobardi ec. , i quali abitavano la contrada e vi avevano eiette cliiese nazio- nali, ciò che dicemmo parlando della Chiesa di s. Pietro in Fati- cano, ed altróve, li Pontefice S. Leone III, ad istanza di Carlo Ma- gno, in detta regione fabbricò una chiesa, nel sito ove alcuni soldati avendo combattuto contro i sara- ceni valorosamente in difesa di delta basilica, e restando uccisi furono sepolti nelle grotte dell'an- tico palazzo di Nerone, onde suf- fragarne le loro anime, e la dedi- cò a Dio in onore di s. Michele arcangelo difensore della Chiesa u- nivcrsale. Contiguo olla chiesa i soldati frisoni vi edificarono un o- spizio, scuola o collegio, dotandolo di molte annue marche di argento perchè si pregasse pei soldati nel- la chiesa sepolti , e perchè vi si alloggiassero i pellegrini , che dal- la Frisia per divoziorie porta vansi in Pi.oma, per cui la chiesa fu det- ta anche s. Michele arcangelo dei frisoni, cui poi fu aggiunto il no- me di s. Magno per le sue reliquie ivi collocate , e portate in Roma dai soldati di Carlo Magno. Su queste reliquie va consultalo il li- bro intitolato Ada passionis, atquc translationis s. 31agni epiacnpi Tia- ìiensi, et marlyris. Della Chiesa dei ss. Michela e piagno [Vedi], dem- mo un cenno a quell'articolo; così al volume II, p. 3o5 del Diziona- rio parlammo dell'arciconfralernita elei ss. Sagramento ivi eretta.

Il Piazza ci le notizie del- l' antico ospedale che iu Roma ave-

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vano i fornari tedeschi a s. An- drea della Valle, e dell'unita con- fraternita di s. Elisabetta : dell' o- spedale ne tratta nell' Eusevologio a pag. 117 del tratt. II; del so- dalizio a pag, 44 <^6l tratt. IX; e di ambedue a pag. i4i e 616 delle Opere pie. Egli dunque rac- conta, che r università de' fornari tedeschi fino dal 1487 sotto In- nocenzo VIII fabbricò nel rione di s. Eustachio una chiesa dedicata a Dio in onore di s. Elisabetta, vi- cino a quella di s. Andrea della Valle, nella piazza detta di Siena dall'antico palazzo de' Piccolomini; e quivi eressero uno spedale per benefizio degl' infermi fornari di loro nazione , con dodici letti , e celebrando ai 1 luglio solennemen- te la festa della santa. Lo stesso Innocenzo Vili approvò con indul- genze e privilegi la confraternita che i fornari istituirono senza sac- chi nella chiesa per meglio uffi- ziarla : in seguito però il sodalizio assunse sacco bianco senza raozzet- ta, con lo stemma di s. Elisabet- ta. Il Bernardini che nel 17^4 pubblicò la Descrizione del nuoi^o ripartimento de' rioni di Roma j pone la chiesa in quello di Parlo - ne; ed il Venuti, Roma moderna, dell'edizione del 1767, in questo modo la descrive. Ov'era prima vm monistero di monachi i forna- ri tedeschi ftdjbricarono la chiesa, mentre già in quella di s. Agosti- no in un altare dedicato a questo santo, nella cappella ad essi asse- gnata mantenevano un cappellano, che a tempo del Piazza continua- vano a tenervi. La chiesa di s. E- lisabetta minacciando rovina, in un alla facciata fu rinnovata ed ab- licllita dalla medesima università uel iG4^j con vago disegno di Gi-

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roUitno Rainaldi, e cou lie altari. Nell'altare ^laggiore eiavi per qua- dro la Visitazione che fece Maria Vergine a s. Elisabetta , diligente dipinto di Cric. Enrico Schenfeld tedesco ; le pitture a fresco nei la- ti, e per di fuori l'eseguì France- sco Cozza. 1 cpiadri de' due altari laterali li dipinse Ignazio Stern; Alessandro Saluzzi colorì le cose che si vedevano dal cornicione in su; Giuseppe Passeri gli evangeli- sti negli angoli, e le istorielle di sotto, come ancora quattro santi greci; e Stefano Polidori fu il pit- tore del Padre Eterno, e delle al- tre pitture verso la porta. Ma i belli quadri della chiesa, e l'ospe- dale perirono nelle vicende repuh- Llicane del fine del passato secolo, abitando nel contiguo ospizio il rettore della chiesa, che ne ha cura per la confraternita.

Anche i boemi ebbero in Roma un pio stabilimento e ospedale, in- contro s. Lucia della chiavica , sta- bilito fino dal secolo X, come nar- rano il Fanucci a p. 82 nel suo Trattalo di tulle le opere pie del- l'alma città di Roma; e l'Amyde- nio, De pietate romana p. 34 e seg. Ecco il Piazza quanto ne scris- se nell' Eusevologio a p. 83. Nel- l'anno 93 1 5 nel pontificato di Ste- fano VÌI detto Vili, Rorsivoglio X duca di Boemia, chiamato pure Spironco (altri lo chiamano Corsi- vorgio, o Borsivoy I ) con la mo- glie Lumilla, donna santissima e prudentissima, per le persuasioni di s. Enrico I imperatore di Ger- mania si convertì alla religione cat- tolica con tutti i suoi sudditi, e fu battezzalo da s. Metodio arcivesco- vo di Moravia. Quindi essendo sta- to creato re, portossi in Roma con molli de'suoi vassalli pei' visilaruc

GER i santi luoghi, e quivi fece edifica- re nel rione Ponte un ospedale di- rimpetto alla chiesa di s. Lucia della chiavica, per quei poveri che dal suo regno venissero in Roma, indi lo dotò ed arricchì di molte entrate, dedicandolo a Dio in ono- re di s. Metodio. Fu poi il medesi- mo spedale restaurato da Carlo IV imperatore e re di Boemia, il qua- le nel pontificato di Innocenzo VI si portò in Roma nel i355, come dicemmo all'articolo Boemia, par- lando di questo spedale brevemen- te. In processo di tempo, 1' ospe- dale venendo abbandonato, e per- ciò non essendo più in uso pei boemi, a cagione delle politiche e religiose vicende, servì pei poveri pellegrini polacchi, finché fu edifi- cato il loro spedale nazionale, ed allora Innocenzo X l'unì allo spe- dale de'pellegrini, con la condizio- ne che le rendite si dovessero re- stituire ai boemi, quando avessero voluto ripristinare l' ospedale. Nei primi anni del secolo XI, s. Ste- fano re d'Ungheria venuto a Ro- ma a visitare i santi luoghi, eresse l'ospedale pei suoi sudditi, ora non più esistente, di cui daremo un cen- no, oltre quanto si disse al voi. XIV, p. 161, all'articolo Ungheria {Fedi).

Questi sono gli stabilimenti ger- manici in Roma che esistevano, od esistono tuttora; degli altii sta- bilimenti di nazioni, che sono com- prese neir odierna o nell' antica divisione della Germania se ne tratta ai rispettivi articoli. Inol- tre in Roma vi sono i provvigio- nati dell'imperiale corte d'Austiia, la quale intenta a senqire più promuovere nei propri sudditi lo bludio delle arti belle, tiene in detta capitale molti giovani ailisti

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approvvigionali, acciocché attendono tanto alla pittura, quanto alla scol- tura , che all'architettura. Eglino vengono sceUi negli stati ereditari austriaci , e nel regno lombardo- veneto , e sono governali da un soprainlendcnte ; i loro studi tro- vatisi nel Palazzo di Venezia {Ve- di)^ residenza dell' ambasciata au- striaca, ove per lo più espongono le loro opere, acciocché il pubbhco le vegga.

A maggior intelligenza però dei cenni storici che riporteremo sul- la Germania , premetteremo prima le notizie suU' antica sua divisio- ne geografica, e poscia diremo del suo governamento politico ed ec- clesiastico sino all' epoca della ri- voluzione francese. I posteriori av- venimenti di suddivisioni geogra- fiche e politiche, e l'istituzione del- la confederazione germanica, come da quali stati si compone, lo trat- teremo in fine di quest'articolo.

Germania è nome comune alla Germania propriamente detta, e ad una porzione della Germania bel- gica. La prima fu anche chiamata Grande Germania e Germania transrenana, e la seconda Germa- nia cisrenana. Della Germania pri- ma o superiore poi, e della Germa- nia seconda o inferiore, due pro- vincie delle Gallie, se ne trattò al- l' articolo Galua. La Germania propriamente detta, o gran Germa- nia, era un vasto paese dell'Euro- pa, e posto nel centro , che però non ebbe sempre gli stessi limiti, avendogli gli antichi geografi dato successivamente più o meno di estensione. Formava la Germania la maggior parte dell'antica Cel- tica, ed aveva almeno due volte più di estensione che 1' Alemagna, o Germania moderna. 1 romani

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dopo aver conquistato la Grecia e l'Italia, paesi doviziosi , non pen- sarono al certo d' impadronirsi di quelli dei germani, ove l'avidità loro non trovava in confronto di che soddisfarsi, e quindi non ten- tarono di avanzarsi in una contra- da allora generalmente miserabile, di un accesso difficilissimo, irrigata da fiumi e riviere, e tutta coper- ta di boschi e paludi. Essi non penetrarono dunque nel suo inter- no, come fatto avevano nell'Asia , e temendo i suoi popoli formida- bili, si contentarono d'impadronir- si di un'estremità della Germania, in qualche rapporto con la Gallia. Una o due vittorie sui confini del paese procurarono il nome di Ger- manico al generale che le avea ri- portate. Conosciutasi quindi dai ro- mani più tardi della Gallia, e non molto perfettaraente ancora, ne de- rivò che i loro primi autori par- larono della Germania in maniera molto inesatta. Si deve a Cesare la prima descrizione di essa , par- lando molto de' suoi abitanti nei di lui commentari. Quantunque non nomini in realtà che gli sve- vi, ch'erano i più bellicosi e pos- senti, convien credere che la de- scrizione dei loro costumi conve- nisse a tutti i germani, non che ai celti, ed ai più antichi abitanti del- l'Europa ; mentre i costumi sem- plici, guerrieri e feroci ch'egli di- pinge, furono generali, con la dif- ferenza che i germani li conserva- rono più a lungo che i gaulesi e gì' italiani. Lo stesso autore osser- va che gli svevi amavano di esse- re circondati da vaste solitudini , cosa che si osservò pur anoo pres- so i polacchi ed i russi, i cui pae- si sono limitati da regioni incolte dal lato della Tartaria, Dopo la

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descrizione di .Gasare , abbiamo quella di Stiabone, che visse sotto Augusto e Tiberio, i quali unita- mente a Druso e Germanico ave- \ano portato le armi loro verso la Germania, non combattendo però che i soli popoli i quali trovavan- si lungo il Reno, dalla sua imboc- catura sino alla sorgente , e non oltrepassando la parte occidentale dell'Europa sino all' Elba, che ta- gliava la Germania per mezzo. I- gnorandosi perciò al di di que- sto limite la estensione ed i con- fini di questa vasta contrada, non parla che confusamente delle na- zioni diverse che l'abitavano. Il quadro tracciato da Pomponio Me- la ci prova che non se ne aveva- no maggiori nozioni sotto Clau- dio, né sotto Nerone. Egli estende all'est la Germania sino alla Sar- mazia, e al nord sino all'Oceano; dipinge i suoi abitanti come selvag- gi e feroci, poco parlando delle lo- ro abitazioni. Ciò però non deve sorprendere, trattandosi allora di un paese appena conquistato , e Gonvenendo quindi attenersi ai rac- conti degli abitanti stessi.

Plinio posteriormente scrisse le guerre dei romani in Germania , ma siccome gli era più facile co- noscere gli avvenimenti accaduti sotto i suoi occhi , che la giusta estensione di tutto il paese, e le sue interne divisioni, così quantun- que tratti la geografìa della Ger- mania con maggior metodo ed in- telligenza, fece meglio conoscere i popoli che i paesi. Forse gli stessi germani non avevano cognizioni locali che di quelle porzioni di paese che abitavano. La loro fe- rocia, e la barbarie delle loro lin- gue erano di un grande ostacolo ad ogni specie di comunicazione

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fia essi ed i romani. Plinio divise gli abitanti di Germania in cinque grandi nazioni, cioè i vindeli, glÌQ- gcvoni, gl'istevoni, gli ermioni me- diterranei, ed i peucini; ma non specifica in quale parte della Germa- nia abitasse ciascuno de'popoli che assegna alle divisioni predette. Taci- to contemporaneo di Plinio, ma più giovane, fu impiegato nella Belgica sotto Vespasiano. Profittò del van- taggio del suo posto per procurarsi delle nozioni suU' interno della Ger- mania, e sui costumi dei germani. Siccome non si conoscevano anco- ra in quel paese le divisioni poli- tiche, l'autore segna piuttosto quel- le della natura o geografiche, come le montagne ed i fiumi; quanto a! fisico ne forma un quadro svan- taggioso. Tolomeo fiorito dappoi , scrisse della Germania minutamen- te, con dettagliate divisioni e sud- divisioni : parlando del paese in generale, dice che i germani non possedevano alcuna città, non con- servavano alcun' arte di comodo, non solTiivano che le loro abitazioni fossero vicine le une alle altre; che nell' inverno vivevano sotto terra , scavandosi delle caverne. Secondo la più facile e più ricevuta opinio- ne, la Germania era anticamente limitata al levante dalla Vistola, che la separava dalla Sarmazia europea : al sud dal Danubio, che la divideva dalla Vindelicia e dal Norico ; il Reno la bagnava a po- nente, e la distingueva dalla Gal- lia; il mare detto di Germania, col Baltico , la limitava verso il nord. Oltre i tre gran fiumi che le ser- vivano di confini , vi si conta an- cora il Viadro o Oder, e l' Albis o Elba. Questo paese era abitato da un gi-an numero di popoli, tutti compresi iu qutsli tre nomi ; iste-

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volli, ermioni e vindeli. Gl'istevoni stavano al mezzodì occidentale, si estendevano fra il Reno e l' Elba , dal mare di Germania sino alle sorgenti del Danubio, e si divide- \ano in altri dodici piccoli popoli, fra i quali si distinguevano i frisi o frisoni, i marsi, i sicambri. Gli ermioni erano al mezzodì orientale del Danubio, sino ai vindeli, i quali occupavano tutta la costa del ma- re Baltico, e la Chersoneso Cim- brica : anche gli ermioni compren- devano sotto di essi dodici piccoli popoli, i più conosciuti de' quali erano i cherusci , i catti , gli ale- manni od alamani, i marcomanni, i quadi. I vindeli contenevano ven- tuna popolazioni, delle quali le piìi distinte erano quelle degli angli od angili, eruli o lemoni, goti o gothì, longobardi, burgundioni o burgundi, senoni, sassoni, cimbri e teutoni.

Non deve finalmente ommettersi anche un' altra divisione generale della Germania, i.' Germania fra il Reno e l'Elba, inter Renum et Albini; 2.' Germania fra l'Elba e la Vistola, inter Albini et Vista- lamj 3." Germania australe fra il Reno e il Danubio, Germania Au- stralisj 4-* Germania al di del- la Vistola, Germania Transvistu- lana; 5.'' Germania al di del mare e delle isole , Germania Transniarina et Insulae. La divi- sione antecedente sembra più usi- tata presso gli antichi. La Germa- nia aveva delle dipendenze verso il nord e verso il sud. Gli anti- chi posero verso il nord gì' inge- \oni, divisi in tre parti principali, come dipendenze della Germania, cioè la Scaudia , la Feniusia, e le isole del Seuo-Godauo. Le Provin- cie verso il sud dipcudcnli dalla

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gran Germania erano la Elvezia, la Rezia, la Vindelicia, ed il No- rico. Dal fin qui detto conviea conchiudere, che alcun geografo noa ci diede una descrizione esatta del- la Germania, per la ragione che i romani non penetrarono mai nel suo interno. Non riuscendo loro però di soggiogarla, presero il par- tito di formarsi una nuova Gei-- mania al di qua del Reno, a spe- se della Belgica. Svetonio nella vi- ta di Tiberio osserva che questo principe durante la guerra contro i germani, ne condusse nella Gal- lia da circa quarantamila di quelli che gli si arresero, assegnando la dimora loi'o lungo il Reno. L' au- tore stesso asserisce che Augusto facesse questa operazione, collocan- do svevi e sicambri nelle terre vi- cine al Reno. Perciò i romani die- dero il nome di Germania ad un cantone della Gallia, vicino alla gran Germania, il solo veramente da essi conquistato; mentre Varo avanzatosi un po' troppo nel paese, oggi chiamato Westfalia, vi perì con la sua armata. Gli ubii al di del Reno vennero così in odio agli altri popoli della Germania , per essersi dati ai romanij che do- vettero trasmigrare al di qua del fiume. Ciò non ostante non può dirsi che le armate romane non soggiogassero anche qualche popolo il cui paese era in parte al di del Reno, come i nemeti che sta- vano nei dintorni di Spira, i van- gioni in vicinanza di Worms , ed i tribocci nei contorni di Magon- za. Siccome però questi popoli era- no al ponente del Reno, e quindi relativamente alla capitale de' ro- mani nella Gallia, così furono posti sotto quel governo, congiungeudo- li alla Belgica, dal che derivò

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che una parie della Belgica unita ad una estremità della gran Ger- mania, assunse pui' essa il nome di Germania^ e fu divisa in Ger- mania superiore ed inferiore; lo che rende viej)più dimostrato che la Germania non ebbe sempre gli stessi confini, comprese nel suo seno gli stessi popoli. I romani pertanto nella loro Germania non vi compresero la parte al sud del Danubio, che corrisponde all'antica f^indelicia, Noricum, Pannonìa e Baetia : essi la divisero in tre par- ti, cioè quella fra il Reno ed il Weser, abitata dai frisoni, cauchi, sicambri , franchi, ed alemanni; quella fra il Weser e l'Elba, abi- tata dai catti, semnoni, ermunde- ri, boiani, quadi e marcomanni ; e quella fra l'Elba e la Vistola, abi- tata dai teutoni, angli, sassoni, borgognoni e longobardi. Da tut- tociò si conosce chiaramente, che la moderna Alemagna o Germania è più ristretta dell'antica.

In quanto al governa mento po- litico ed ecclesiastico della Germa- nia, e per rendere l'amministrazio- ne più facile in tutto l'impeio, la Germania "venne composta di due sorte di stati, gli uni che di- pendevano dall'impero, gli altri che n'erano indipendenti. Quelli che di- pendevano furono compresi in no- \e comunità o provincie, cui fu dato il nome di circoli, cioè : l'Au- stria, la Baviera, e la Svevia a mezzodì; la Franconia, l'Alto Re- no, ed il Basso Reno nel mezzo; la Westfalia, l'Alta Sassonia, e la Bassa Sassonia a settentrione. Gli stati che non dipendevano dall'im- pero, e non appartenenti quindi ad alcun ciicolo, erano la Boemia, la Svizzera, ed i Paesi Bassi, prote- stanti e cattolici, benché tutti com-

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presi sotto il nome di Germania. Tale fu lo stato politico sino al secolo corrente , e deve avvertirsi che vi erano diverse limitazioni di paesi, o posti in un circolo, e da altro dipendenti, o aventi se- parata amministrazione , o godenti di speciali privilegi. Dopo che la dignità imperiale si stabilì nell'au- gusta casa d'Austria, la storia ale- manna o germanica si confuse con l'austriaca, laonde il più conside- rabile fra i principi componenti i nove circoli era l' imperatore di tal famiglia. Finché non veniva coronato dal Pontefice chiamavasi re de' romani, ma in seguito sen- za tale solennità portarono il no- me d' imperatori gli eletti a tal sublime grado. La residenza ordi- naria dell' imperatore fu ognora in Vienna, capitale del circolo d'Au- stria. I vescovi che non erano prin- cipi dell' impero venivano quasi tutti nominati dall'imperatore. Pos- sedeva egli altresì la Boemia e l'Ungheria, ed oltre l'autorità par- ticolare sugli stati a lui apparte- nenti, ne aveva una generale sui nove circoli ; per mezzo quindi del- le diete , eh' egli presiedeva e di cui aveva il diritto di fare osser- vare le risoluzioni giusta le costi- tuzioni dell' impero, eiane egli il capo tanto in guerra che in pace. Dopo l'imperatore venivano i prin- cipi Elettori del sacro romano im- pero {^Vedi), tre de' quali erano ec- clesiastici. A questi aggiungansi molti arcivescovi, vescovi, abbati, abbadesse, principi, duchi, langra- vi, conti, marchesi ed altri, ch'e- rano sovrani in casa loro , e che ciascuno di essi aveva diritto di mandar deputali alle diete. Oltre i suddetti stati secolari ed eccle- biaslici compresi nei nove circoli,

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cianvi aiiclie sessantatre città im- periali che fijimavano altrettan- te repubbliche, ohre quelle città che in vari tempi si sottiassero dall' impero, ed erano in numero di ottantasettc: esse formarono in- di propri territorii indipendenti , o passarono sotto il dominio di altri principi. V. PIi. Kinpschild, Traclalus polìtico - liistorico-juridi- ciis de cìvitaluni iniperìaliiun jiirì- bus et privilegiisj Argentoiati 1740. Godevano queste di tutte le loro imoiunità e dei loro privilegi, e non dipendevano per nulla dai principi nel territorio de' quali e- rano esse situale. Tutti questi di- versi stati, il cui numeio ammon- tava a trecento circa, erano riu- niti per gl'interessi generali sotto un capo elettivo, che portava il titolo d' imperatore di Germania come si è detto.

I nove circoli furono divisi Cmo al secolo XVI , per lo spirituale, in Provincie ecclesiastiche, sotto le metropoli di Magonza , Treveri, Colonia, Salisburgo, Drema e Mag- deburgo, le quali avevano sotto di esse circa trenta vescovati suffra- ganei. Questi prelati oltre l' auto- rità spirituale su tutti i principali delle loro diocesi, avevano altresì un'autorità temporale sopra un determinato dominio di cui ei'ano principi, ed aliuni di questi do- minii furono della estensione di quelli di qualunque altro principe secolare. Ma i principi eretici non si contentarono di emanciparsi per lo spirituale, tanto dai loro pre- lati che dal sommo Pontefice; essi trovarono ancora il mezzo d'impa- dronirsi del temporale delle diocesi che loro erano le più vicine : ne soppressero il titolo ecclesiastico , ed avendo mandato de' sorveclian-

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li per adempire le funzioni epi- scopali , ne riunirono il dominio e le rendite ai propri stati ; ciò che fu sancito nella pace di Alun- ster o Osnabruck nel 164H, ad on- ta dell'alta disapprovazione e ripro- vazione d' Innocenzo X. Così non vi furono più prelati nelle provin- cie di Brema e di RIagdeburgo; Colonia e IMagonza non conserva- rono che una parte dei loro suP- fi aganei ; Salisburgo e Treveri ten- nero lutti i loro. Le prelature che restarono in Germania, e ch'erano principali dell' impero, furono elet- tive per i capitoli, e quando na- scevano dei dispareri, la nomina era devoluta al Papa. Vi s\ nomi- navano spesse volte de' principi, i quali non cercavano di averne che gli onori e le rendite, senza mai essere investiti del carattere epi- scopale, almeno per l'ordinario ; e sul fine del passato secolo, e sul principio del presente ve ne furo- no alcuni che n'ebbero fino a sei, arcivescovati che vescovati ; al- tri li possederono lungo tempo, senza neppure essere sacerdoti. Dis- impegnavano le loro funzioni epi- scopali per mezzo de' vescovi in partibus, che essi dichiaravano suf- fraganei con beneplacito pontificio, ovvero per mezzo di vicari gene- lali. Quanto agli stati che non ap- partenevano all'impero, vi fu par- ticolarmente la Boemia, la quale ebbe i suoi duchi , poscia i suoi re fino all' imperatore Ferdinando I, il quale ne sposò l'erede nel iSiG, e ne trasmise così il domi- nio agli imperatori di casa d" Au- stria suoi successori. Già abbiamo detto al suo articolo che fu Ja Boemia convellila alla vera fede nel secolo X. Gli ussiti ne perver- tirono una parte coi loro errori ,

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in seguito i luterani vi proclama- rono gli erronei principii religiosi della loro" setta, come anche gli anabattisti : la sua capitale e me- tropoli Praga molto ne dovette sofl'rire, unitamente ai suoi vescovi, in conseguenza delle dissensioni e delle guerre di religione : la no- mina delle sue prelature restò al- l' imperatore.

Anche la Svizzera fu già per la maggior parte sotto il dominio del- la casa d' Austria ; ma nei pri- mi anni del secolo XIV , e verso il 1 3o8 incominciò essa a gover- narsi colle proprie leggi ; formò una repubblica federativa compo- sta di tredici cantoni , senza con- tare gli alleati, e molti di essi so- no eccellenti cattolici. Gli altri ab- bracciarono la sedicente riforma di Zuingho e di Calvino : i vescovi conservarono il loro dominio tem- porale, malgrado la diversità di religione, e vi erano elettivi. Sul declinar del secolo XVI li le guer- re desolarono la Svizzera, finché nel i8o3 essendosi terminate le dispute tra la Francia e l'Austria, la Svizzera si organizzò in im nuo- vo governo confederato, composto di diecinove cantoni, col nome di repubblica o confederazione elve- tica. Kel i8i5 unissi in una no- vella confederazione composta di ventidue cantoni, il di cui alto federale fu sanzionato a' 7 agosto, indi approvato dal congresso di Vienna. La santa Sede tiene nella Svizzera uri nunzio apostolico re- sidente a Lucerna, e la confedera- zione elvetica un console generale in Pioma.

I Paesi Bassi, chiamati anche Bassa Germania , ebbero i loro principi fino al principio del XVI secolo; fjuindi passarono sotto il

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dominio del re di Spagna : quan- to alla religione furono essi divi- si in protestanti ed in cattolici. I Paes- Bassi protestanti furono quel- li che si chiamarono comunemen- te Olanda o Provincie-Unite, cli£ fu già potente repubblica. Ribel- lossi r Olanda verso la metà del secolo XVI contro il re di Spa- gna, abbracciò la pretesa riforma di Calvino, e soppresse la metropo- li di Utrecht ed i vescovati eret- ti dalla santa Sede, massime da Paolo IV, avendo quindi origine lo scisma della chiesa di Utrecht che tuttora esiste. Nondimeno vi restarono non pochi cattolici, cui venne accordato il permesso di esercitare la loro religione in pri- vato, ed i quali talvolta ebbero anche un vescovo titolare col gra- do di vicario apostolico, e di su- periore delle missioni di Olanda, per ordinare i loro sacerdoti e per gli affari ecclesiastici. I Paesi Bassi cattolici restarono alla Spagna do- po la rivoluzione dell'Olanda, e vi erano molti vescovi sotto la metropoli di Malines di nomina regia. In seguito vi fu un gover- natore a nome dell' imperatore dopo che ne divenne il sovrano, il clero fu quasi sempre dotto, il popolo divoto ed attaccatissimo al- la religione. Dipoi i Paesi Bassi austriaci si ribellarono all'impera- tore Giuseppe II, favoriti dall' O- laiida, indi furono conquistati dal- la Francia, e nel i8i4 la contra- da dei Paesi Bassi e del Belgio con l'Olanda costituirono un re- gno col nome di Paesi Bassi, fin- ché per la rivoluzione del i83o il Belgio si separò dall' Olanda e costituissi in regno, nella cui capitale Brusselles, come anticamente la san- ta Sede, tiene uu nunzio apostoli-

GER co, ed il re del Belgio un inviato straordinario e ministro plenipo- tenziario in Roma. Il re di Olan- da ritenne il titolo di re de' Pae- si Rassi, tiene in Roma un invia- to sti'aordinario e ministro pleni- potenziario, mentre il Pontefice tiene all' Aja capitale del regno un incaricato d'affari.

In quanto ai nomi di Germa- nia ed Alemagna, germani ed a- lemanni, oltre quanto si è detto ag- giungeremo, che Germania nell'an- tica lingua germana o tedesca, ger- iiian, significa uomo di guerra o guerriero, e da questo i latini for- marono i loro vocaboli di genna- nia, gerniannsj e germani, che passarono poi nelle altre lingue derivate dalia latina. Vuoisi anco- ra che i germani da loro stessi si sieno cos\ chiamati, e che gar o ger significhi robusto, e man uomo. Il nome di Alemagna dato in ap- presso alla Germania, deriva da un popolo particolare, del quale la pi'ima menzione che si legge negli antichi storici, non risale se non che al principio del terzo seco- lo, cioè al regno di Caracalla; lo si attribuì primitivamente ad una riunione di uomini svevi e di al- tre tribù, attirati sulle sponde del Meno per l' avidità del bottino ; altri dicono originali gli alemanni dai gallesi, che protetti dalle guar- nigioni romane andarono ad accan- tonarsi sulle terre che separavano l'impero dalla Germania. Si chia- marono gli alemanni dcutschf, e il loro paese Deuts ci dauci , in signifi- cato di tulli uomini, che indica in pari tempo e la varia loro origi- ne e il loro maschio valore; da principio non erano che un grosso corpo di armati, e presto diventa- rono uo popolo iijniiidubilc j gli

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alemanni furono pur chiamati al- Icniani, alaniani, alanibani, ed a- lahani, cenni e calli. Il loro go- verno era monarchico, ebbero mol- ti re, e professarono la stessa re- ligione che i germani. I franchi, altro popolo stabilito lungo il Re- no ed all'est di questo fiume, essendosi impadroniti nel secolo quinto de' Paesi Bassi e delle Gal- lie , si resero altresì signori nei due seguenti secoli di una gran porzione dell' Alemagna. Fra le na- zioni diverse che nei l'emoti tem- pi ad abitar vennero questo pae- se, contansi gli slavi o vandali in principalità, che nel detto secolo egualmente si stabilirono nella par- te settentrionale ed orientale del- l'Alemagna, de'quali ne fanno te- stimonianza le località che termi- nano in ilz, wilzen, Ithen o /e- wtn. 11 nome di tedeschi deriva da deutsche o leiilsche, clie significa thculoni o tentoni, popoli abitatori delle isole nel vicinato de' cimbri, e che famoso rendettero il nome loro avanti l'era cristiana, essendo il nume loro Teulono. Armati sempre e pronti a combattere ognora, ed a morire per la conservazione della indipendenza e dei possessi loro, essi furono sovente attaccati, qual- che volta vinti, ma giammai sog- gettati del tutto, potendosi vanta- re d'essere stato il solo popolo che non abbia obbedito a sovrani stranieri. I romani non li conob- bero, se non quando Giulio Cesa- re passò il Reno. Essi fecero sui germani qualche conquista, ma il loro dominio fu vacillante sempre, mai annoverar poterono 1' A- lemagna nel numero delle tolte loro Provincie.

A voler accennare le cose più auliche lisguardanli le guaie, il

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culto, il governo, e 1 costumi del germani, nome generico degli abi- tanli della Germania, essi furono sconfitti in due memorabili e san- guinose battaglie da Mario ; e paS' sati poscia nella Gallia, Cesare li trovò sulla sinistra del Reno, usan- do i germani collegarsi insieme nelle loro spedizioni, per cui dai romani furono chiamati fralelli, Jmtres galloruin, coi quali frater- nizzarono. La prima lega cono- sciuta dai romani fu quella dei cimbri e dei teutoni, distrutta da Mario, e la seconda volta da Ce- sare. Ariovisto avea riunito i ger- mani nelle due rive del Pieno. In fine la terza Ie"a fu disfatta da

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Druso. I primi germani ebbero una religione, un culto, e dei dog- mi, con idee vaghe ed indetermi- nate nei tempi piìi antichi ; dap- poi ebbero un determinato culto e delle immagini. Intere foreste, imponenti per la loro oscurità, era- no consecrate all'Essere supremo; il luogo più folto n' era il san- tuario, e serviva di riunione ge- nerale per la nazione, ed inviola- bile asilo pel delinquente che vi si rifuggiva. Allorché in progresso i germani incominciarono a fab- bricare in onore dei loro dei, non innalzarono da principio che ca- panne, ed i loro idoli erano pie- tre o alberi informi. Dis^raziata- niente i loro sacerdoti, che prese- io sopra di essi un grande ascen- dente, e le cui peisone erano in- \iolabili, non avevano ispirato lo- ro l'orrore pegli umani sagrifizi, V (juindi seguendo un costume si barbaro, ordinariamente sacrifica- vano anche i prigionieri di guer- ra. Ciascun giorno della settimana aveva il suo Dio, di cui portava il nome. Oltre queste divinità ri-

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velile dalla generalità della nazio' ne, ve n'erano altre venerate nelle diverse parti del vasto paese. L' i- gnoranza e lo spirito superstizioso era mantenuto in Germania da alcune donne che pretendevano an- nunziar l'avvenire: si citano tra le altre Velleda che servi di or- namento al trionfo di Vespasiano, Grana che vivea sotto Diocleziano, e lethra che fu deificata dai boia- ni, che lei vivente gli eressero un tempio sulle rive del Necker, e le consacrarono le montagne d' Hei- delberg. Il sacerdozio era diviso in grande e piccolo ; e vuoisi che quando i druidi furono cacciati dal- le Gallie da Cesare, si ritirassero in Germania, ove furono divisi in druidi e bardi. Per consultare il destino impiegavano diversi mezzi superstiziosi e ciarlatanerie.

I germani formavano sino d'al- lora un corpo composto di diver- se parti, ma il totale non era re- golare. Il paese dividevasi in città^ specie di piccoli stati, ciascuno dei quali comprendeva molti villaggi, ed aveva un capoluogo. Di que- ste città, le une eleggevano un ca- po, le altre erano governate dal- la nobiltà, altre in fine dalla ge- nerale assemblea della nazione. E- rano più o meno considerabili, se- condo il numero de' villaggi che le componevano, non avendo cia- scun villaggio meno di cento fa- miglie , ognuna delle quali era soggetta al più seniore o vecchio. I vecchi riunendosi formavano una piccola assemblea, presieduta dal più avanzato in età, che si chia- mava centenario; questa unione de' centenari formava l'assemblea generale, e costituiva principal- mente la città, di cui le famiglie tutte erano in tal modo governa-

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le colle medesime leggi ed usan- ze. Tutte queste città erano sog- gette ad un governo: presso i mar- comanni ed i quadi eravi un re; presso gli usipeti, i teuctiri , ed i frisoni , eravi un consiglio composto della nobiltà , e presso gli ubii il popolo era ammesso nel senato . Questa suprema autorità però, e soprattutto quella dei re, era bilanciata dal potere genera- le della nazione. Nelle piccole as- semblee fi giudicavano gli affari dei particolari, ed i principi avevano il diritto di presiederle. Nelle as- semblee generali si pronunciava sui delitti, e sopra quanto interes- sava lo stalo. I capi o duci co- mandavano durante la guerra: il generale eletto nell'assemblea del- la nazione era posto sopra uno scudo, e portato all' intorno on- de farlo riconoscere anche dal- le città collegate. Siccome il va- lore sopra tutto decideva di ta- le scelta , si disse che fra lo- ro la nascila faceva i re, e la vir- tù i capitani; questi ultimi, despo- ti durante la guerra, fatta la pa- ce rientravano nella classe dei semplici cittadini. Questi cittadini o piuttosto la massa totale della nazio- ne, si divideva in nobili, liberi, li- berti e schiavi. La classe prima, ciicoscritfa nelle famiglie dei capi, era assai rispettata. I liberi, i qua- li non formavano che una classe unitamente ai liberti, componevano la milizia, poiché ogni cittadino era guerriero. Allorché un giovane aveva il diritto di portare le armi, i suoi parenti lo presentavano al- l'assemblea generale^ ed il duce gli dava una lancia ed uno scu- do. Da tal momento il suo voto era attivo nell'assemblea, ed era contato come un capo di famiglia

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nella città. Quanto agli schiavi, che si chiamavano lazzi o lazzes, e- rano di due sorte: gli uni aveva- no venduta volontariamente la lo- ro libertà, gli altri erano stali presi per fare la guerra ; ma sic- come i germani non avevano bi- sogno di servi, perchè gli uomini avevano cura delle armi, e le don- ne dell'interno della casa, così gli schiavi erano dispersi sulle terre, le coltivavano , ne raccoglievano il prodotto, e non lo potevano ab- bandonare senza la permissione dei loro padroni. Tale fu il principio del governo feudale.

Riguardo alle leggi era probabi- ]e, che in mezzo ad un popolo che non sapeva scrivere, essere doves- sero molto semplici i costumi, e le abitudini ne tenevano il luogo. Spesso la loro ferocia si permette- va delle particolari vendette, e i delitti che interessavano la nazione o le famiglie erano giudicati nel- le pubbliche assemblee. In genera- le s'impiccavano i traditori, e si annegavano i vili; gii altri delitti si sconiavano con multe pagabili in cavalli, bovi, ec, ed il prodotto era diviso tra il seniore e la fa- miglia dell'offeso. La prima virtù, era tra i germani il coraggio, ma non essendo esso regolato che da false nozioni di giustizia, risguar- davano bene acquistato tuttociò che potevano procurarsi con la violen- za o la forza. E noto che avevano per armi la lancia, la spada, il ci- miero e la corazza, e lanciavano frecce e giavellotti ; le loro truppe si dividevano in fanleiia e cavalle- ria. Dietro l'esercito stavano sopra carri le donne ed i fanciulli, che non cessavano di eccitare al com- l)altimentO con grida reiterate, e le donne curavano le fiorite con

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parlicolar premura. Dal romani ap- presero i germani a combattere or- dinatamente , ed a seguire una militare disciplina. I germani per lungo tempo non conobbero la pro- prietà delle terre; ogni anno il principe loro distribuiva quelle che servir dovevano alla sussistenza di ciascuna famiglia. I loro ave- ri consistevano principalmente iu cavalli e bestiame, come bovi, vac- che, porci, pecore, capre, galline, oche, anitre, ec. come ai presen- te. 11 cavallo era soprattutto vene- ralo dai ti^deschi come una bestia sacra, per l'amore che portavano alla guerra ed alla caccia. IN'iua paese abbonda tanto di selvaggiu- iiii e d' ogni genere come la Ger- mania, per le sue grandi selve e montagne. Gli antichi tedeschi pe- rò non avendo moneta^ facevano il commercio col cambio. Lo spo- so dava per dote alla moglie un paio di bovi, un cavallo bardato, e delle armi; se la moglie era in- fedele, il gastigo lo decretava il ma- rito; per lo piìi i germani non spo- savano vedove; i loro fanciulli an- davano nudi sino a dodici anni, gli altri nelle loro abitazioni stava- no quasi nudi. La loro vita priva- ta era attivissima anche in tempo di pace; semplici negli alimenti, quelli dell'interno del paese non conoscevano il vino, che molto ne bevevano gli abitanti delle rive del Pieno. Sebbene gelosi della propria libertà, per la passione del giuoco talvolta la perdevano. In genera- le i germani furono lodati per o- fepitalita; e le cerimonie funebri presentavano lo spettacolo singola- re delle lagrime tributate dalle donne alla perdita del morto, e dei cauti di vittoria coi quali lo ono- ravano gli uoiniui; perche avrebbe-

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ro creduto avvilirsi mostrando al- cun segno di dolore. S'invitava la gioventù ad imitare le virtìi guer- riere dell'estinto, si abbruciavano con esso il suo cavallo e le sue armi, e s'innalzava al di sopra del luogo in cui riposavano le sue ce- neri un monticello di terra che si copriva di zolle erbose. Queste a- bitudiui e costumi si conservarono per lungo tempo nell'interno del paese; ma gli abitanti della Ger- mania inferiore al di qua del Re- no furono i primi ad abbandonar- li, condotti forse a tal cangiamento dalla imitazione e dal bisogno.

Cenni storici civili ed ecclesiastici sul regno ed impero di Germa- nia^ e delle relazioni d' ambe- due con la santa Sede.

Sulle prime epoche della storia di Germania solo si sa, che nei remoti secoli , dopo la nascita di Gesù Cristo, tro varasi la regio- ne divisa in molti piccoli stali, sotto il governo di un capo o prin- cipe, il cui potere era assai limi- tato, non avendo un capo comu- ne. Essendosi troppo moltiplicati per poter vivere in una terra che non coltivavano, molte orde di es- si si sparsero sul territorio romano, ma ivi poscia furono disfatte. Gli sforzi di Augusto furono vani per conservarsi la conquista, ed ebbe a piangere le sbaragliate legioni di Varo. Le incursioni seguirono fin- ché s' impossessarono della metà dell'impero . iS'ell' anno 2 34 S'' alemanni si resero padroni dei forti sulle sponde del Reno, e com- misero o"ni sorta di eccessi nel- le Gallie. Severo marciava con- tro di essi quando fu assassinato dai proj)ri soldati. Wassimino, suo

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successore, entrò in Germanio, po- nendo lutto a ferro e fuoco. Il progresso della storia dei germani nei primi secoli del cristianesimo non offre che una serie qunsi con- tinua di vittorie e di sconfitte, di incursioni fatte da essi sulle terre dell' impei'o, e di attacchi sofferti dai romani. Ciò che sorprender deve sopra tutto si è la loro estre- ma popolazione, malgrado le soste- nute moltissime e sanguinose l)at- taglie. INoa tu se non al tempo in cui Giuliano comandava nelle Gal- lie, che gli alemanni furono total- mente scacciati ; però dopo la sua morte essi fecero qualche altra in- cursione nella Gallia e nella Re- zia , finché nel 388 si sottomisero a Massenzio. Lungo il Danubio ed il Renoi nelle due Rezie e nella Norica nel terzo o quarto secolo incominciossi a spargere la fede di Gesù Cristo, colla salutifera pre- dicazione del vangelo , onde furo- no stabilite metropoli ecclesiastiche; ma le devastazioni di Attila e di altri barbari quasi tutto vi distrus- sero nei successivi secoli quinto e sesto. Nell'anno 4^9 con Ermanri- co ebbe principio il regno degli sve- vi, il quale ebbe undici successori sino al 55S. Sotto l'impero di O- noi io , una colonia di alemanni ebbe la permissione di stabilirsi in una parte della Svizzera: in pro- gresso altri fra loro si resero pa- droni del paese oggi chiamato Al- sazia ; questi secondati da quelli stabiliti nell'Elvezia, e da molti abitanti della Germania, si spar- sero in seguito nella Germania se- conda, portandovi stragi e morte. Avendo nel 4?^ Odoacre re degli eruli fatto terminale in Momillo Romolo Augustolo l'impero d'occi- dente, le incursioni degeriuani pro-

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seguirono talmente, che giunsero ad impo''Sessarsi di ciica una metà di tale impero.

Dopo la rovina dell'impero occi- dentale la Germania fu divisa in sei principali nazioni, cioè svcvi o alemanni , franchi , frisi , sassoni, turingi e bavari. Intanto i franchi ed i borgognoni passando nelle Gal- lio v' innalzarono il trono dei Me- rovingi nel ^5i; e gli slavi ed i vandali più boreali presero stan- za nel lato orientale dell'Alemagna. Quindi i franchi sotto la condotta di Clodoveo I re di Francia, sog- giogarono la Gallia, e di\ennero successivamente padroni di altre nazioni tedesche. Dappoiché Clo- doveo I dimorante nella Gallia, e Sigeberto I re di Austrasia, riu- nite avendo le loro truppe, scon- fissero gli alemanni a Tolbiac col- la famosa battaglia, in tal mo- do solo impedì che gli alemanni- svevi invadessero ulteriormente la Gallia ; ma i germani di Alsazia e della Svizzera riconobbero Clo- doveo I per loro sovrano. Altri si rifugiarono nella Piezia e nel No- rico , ove Teodorico re d'Italia permise loro di stabilirsi. Da quel tempo i germani non ebbero più re di loro nazione, ed il loro no- me estendendosi nella Gerniania , divenne pei franchi un nome ge- nerico dato a tutti gli abitanti della Germania, che chiamavano Inaiseli' land. Fu questo il principio del- l'ingrandimento de'franchi, che di- venuto sempre maggiore preparò la via al novello imperio d' occi- dente da un alemanno fondato, che sul franco soglio si assise. Egli è il figliuolo di Pipino, il glorioso Carlo Magno , che colle vittorie riportate sopra i sassoni , teraiinò il conquisto delia Germania dive-

126 GER GER nuta provincia del franco imperio, li della fede, Onde li costrinse a vi- Prima di venire all'istituzione di vere confuruie alle massime dei questo, rammenteremo di aver det- viingclo. Alfaticò col sauto vesco- to, come verso la fine del secolo vo Willibrordo per lo spazio di VII qualche lume del crisliancsi- tre anni, e guadagnò un gran nu- mo fu portato in diveise parli del- mero d'anime a Gesù Cristo. Nel- la Germania dal vescovo irlandese l'uscire dalla Frisia percorse l'As- Chiliano, da Suidbeito ed Oìvaldo sia, ed una parte della Sassonia, inglesi, e da s. Roberto vescovo per tutto battezzando i pagani, ed di Worms o di Wormazia , che alzando chiese cristiane sulle rovine stabilì la sua sede in Salisburgo; dei templi degl'idoli. Intanto s. che la predicazione del vangelo Bonifacio informò il Papa dell'esi- con maggior successo continuossi to di sua missione con una lette- in Germania nel secolo Vili da ra, e lo consultò sopra parecchie Corbiano di Chartres, e principal- difficoltà che trovava nell'esercizio mente da s. Bonifacio poi arcive- del suo ministero. San Gregorio scovo di Magonza, chiamato Vapo- II rispose a tutto, si congratulò stolo della Germania. Il santo ar- vivamente pei felici successi, e lo dendo di zelo per la gloria di chiamò in Roma. Il servo di Dio Dio, e per la salute delie anime prontamente ubbidì, couducendovi- di fare il missionario, onde toglie- si nel 728: allora il Pontefice lo re dalle tenebre dell'idolatria tan- consacrò vescovo, e gli cand^iò Tan- ti popoli, ottenne dal suo abbate tico nome di Wmfrido in quello nel 716 il permesso di promul- di Bonifacio, se pure ciò non aves- gare il vangelo agi' infedeli della se già fatto. 11 santo fece giuramen- Frisia, e poscia portatosi in Roma to di mantenere la purità della fe- dal Papa s. Gregorio II per do- de e l'unità delia Chiesa, e ne lasciò mandargli l'apostolica benedizione, una copia sulla tomba di s. Pietro e corrispondenti flicoltà, fu accolto scritta di sua mano. Il Papa gli paternamente. Il Papa pieno di diede una raccolta di canoni scelti, stima per lui gli fece grandissimo i quali gli servissero di regola ; onore, gli accordò ampio potere quindi egli ritornò in Germania di predicar l'evangelo a tutti i pò- ove fece tutto quello che narrammo poli idolatri di Alemagna, gli do- alla sua biografia. Solo qui dire- nò molte reliquie, e gli consegnò mo ch'essendo salito sulla cattedra diverse commendatizie pei principi apostolica nel 78 1 s. Gregorio cristiani a cui s'incontrerebbe lun- III, Bonifacio lo consultò sopra al- go il viaggio. tri dubbi, ed il Papa consegnò San Bonifacio partito per la ai suoi deputati un pallio da usar- Germania, nella Baviera e nella si nella celebrazione dei divini mi- Turingia esercitò primieramente il steri, e nella consacrazione de'vesco- suo zelo e le sue apostoliche fati- vi, giacché lo dichiarò arcivescovo che, battezzandovi gran numero di e primate di tutta I' Alemagna, persone: e in quei pochi cristiani con ampio potere di fondar ve- che vi trovò, a cagione del lo- scovati in qualunque luogo gli ro commercio cogl' idolatri, erano paresse necessario. Nel 788 s. Bo- spenli pressoché tutti i sentimcn- nificio per la terza volta si recò

GER in Roma per venerare le tombe de'ss. Apostoli, e per conferire col Papa intoi'no alle chiese che avea erette. S. Gregorio III gli die con- trassegni di particolar estimazione, e lo nominò legato della saula Se- de in Germania , ove rilornato Bonifacio fondò i vescovati di Fri- singa e Ratisbona, confermati dal Pontefice nel 789 , perchè in Ba- viera non era vi che il solo ve- scovato di Passavia. Indi otabiii tre novelli vescovati, l'uno ad Erfort per la Turingia, l'altro a Wurtz- Jjurgo per la Franconia, il terzo a Baraburgo trasferito poi a Pa- derbona per l' Assia; ne aggiunse un quarto ad Eichstett pel palatinato di Baviera, consacrando Giovanni in vescovo di Salisburgo, sede già eretta da s. Roberto di Worms.

Divenuto nel 741 Pontefice s. Zaccaria, facendo gran conto di s. Bonifacio , approvò quanto aveva fatto nella chiesa di Germania, il quale ivi celebrò due concili, e presiedette a quello di Soissons, o- ve coronò il re Pipino il Bi'eve : questo re nominò s. Bonifacio alla sede di IMagonza , ed il Papa nel 75 1 eresse tal chiesa nuovamente in metropoli. Stabilitasi nelle Gal- lie la religione ciistiana, il gover- no ecclesiastico formossi in genera- le sopra il governo civile : il ve- scovo della metropoli civile diven- ne metropolitano della provincia ecclesiastica, e aveva per suffraga- iiei i vescovi delle città che com- ponevano la provincia nell'ordine politico. Così le chiese della pri- mitiva Germania furono sino dai primi secoli soggette alla metropoli di Magonza , come si legge nel Giandidier, Islor. della chiesa di Strasburgo tom. I, p. 170 e seg. Essendo stata distrutta JMagonza

GER. I2iy

nel 407 dalle scorrerie de' vandali, i vescovati che n'erano dipendenti furono tolti a questa metropoli , per essere sottomessi a quella di Tre veri. Nel 7^1 la metropoli di INIagonza fu ristabilita, e s. Zac- caria gli sottomise le sedi vescovi- li di Colonia , Tongres , Utrecht, Augusta, Coirà , e Costanza, cioè quelle che con autorità apostolica erano state erette da s. Bonifacio, e quelle che innanzi erano già suf- fraganee alla metropoli di Treveri, come Strasburgo, Spira, e Vorms; poco appresso Colonia fu elevata al grado arcivescovile. Quindi s. Bonifacio per istillare nel cuore dei germani quello spirito di dol- cezza e di pietà prescritto dal van- gelo, chiamò dall'Inghilterra sua patria, uomini e donne ragguar- devoli per le loro virtù. JXel nu- mero degli uomini furono i santi Wigberto, Burcardo di Wurtzbur- go, Lullo, e Willibaldo d'Eichstett. Si annoverano fra le donne le san- te Leobgila, Tecla, Valburga, Ber- tigita, e Contiuda, alle quali il san- to affidò il governo dei monisleri eh' egli avea fatto edificare nella Turingia, nella Baviera, e in altri luoghi. Fra le celebri abbazie fon- date in Germania da s. Bonifacio nomineremo a cagione d' onore quella di Fulda : inoltre egli este- se l'attivo suo zelo a molte lonta- ne contrade fuori dell' Alemagna, e dall' Inghilterra fece venire di- versi utili libri. Usò della permis- sione datagli da s. Zaccaria di e- leggersi un successore, consagrando perciò ai'civescovo di IMagonza s. Lullo, che il Papa Stefano II det- to III confermò; il quale doveva andare a predicare il vangelo a quei popoli d' Alemagna che non avcano ancora abbracciato la fede.

128 GER GER Filialmente essendo ncccso del desi- franchi, come porzione óella me- derio di versare il sangue per la fede , desima, ed è perciò cli^ le notizie portandosi a predicar il vangelo ai di Carlo Magno e de* successori popoli barbari che abitavano le suoi sono riportate all'articolo Fran- piìi rimote coste della Frisia, dopo cia, in un a quanto riguarda le averne convertito un gran nume- cose principali sulla dominazione ro fu dagli idolatri tagliato a pez- da loro esercitata nella Germania. a'5 giugno 755. Le notizie sul- Frattanto il Pontefice s. Leone III la erezione delle altre chiese ger- nel giorno di Natale dell'anno 800, maniche, sono riportate ai rispetti- in R.oma nella basilica di s. Pie- vi articoli, insieme alla propaga- tro solennemente unse e coronò zione del cristianesimo. imperatore de' romani Carlo Ma- I successori di Clodoveo I re dei gno, ripristinando così con autori- franchi, avendo successivamente sog- pontificia il sacro romano im- giogato tutta la Gallia, fecero a pero d'occidente. Fedi Impero, ed poco a poco altrettanto con le na- iMrERATORE. A maggiore intelligen- zioni tedesche, di modo che al za qui riporteremo la serie degli tempo di Carlo Magno, che diven- imperatori e re di Germania sino ne re l'anno 768, tutta la Germa- ad Ottone l ; e la successiva in nia era unita sotto un solo scettro progresso della narrazione degli av- dipendente dalla monarchia dei venimenti.

Carlo Magno imperatore . 800 . . 8i4

Lodovico I il Pio imperatore 8i4 840

Lotario I imperatore < 817 . . 855

Lodovico li imperatore 855 . . 875

Carlo I il Calvo imperatore . , » 875 . . 877

Lodovico \[ Tedesco primo re di Germania. 817 . . 876

Lodovico III il Sassone 876 . . 882

Carlomanno re di Baviera 876 . . 880

Carlo III il Grosso re di Svevia dall' 876,

di tutta la Germania 882 dep. 887 ra. 888

Arnolfo ........,; 887 . . 899

Zventiboldo re di Lorena 895 . . 900

Luigi IV il Fanciullo 899 . .911

Corrado I .4».» 912- .918

Enrico I V Uccellatore 919 9^6

Ottone I ; . . . 936

re d' Italia 961

imperatore il 2 febbraio ....... 962 . . 975

Le nazioni tedesche ebbero dap- Diete (Fedi), usate dai germani

prima i loro duchi ereditari, e le sino dai tempi remoti. Durante il

loro proprie leggi, ma Carlo Magno suo regno comprendevansi sotto il

gli abolì poscia, governando le prò- nome di Aleraagna tutti i paesi

vincie per mezzo di conti e coni- situati fra il Meno, il Reno, il

uiissari, rimanendo iu vigore le Kticker, ed il Danubio. Dopo trea-

GER taire anni di guerre, nell'Soo acqui- stò la memorata e rinnovata di- gnilìi d'imperatore romano per e per la sua prole, ma non accor- dò il carattere reale al suo figlio Lodbvico I, senza il consenso di tutti gli stati. Questo suo succes- sore divise r impero tra i suoi figli , divisione che cagionò molti disordini, i quali non si tolsero che neir843 col mezzo di un accordo slabililo a Verdun, in conseguenza della battaglia perduta nell'anno precedente da Lotario I a Fontenay, che stabilì i destini della Germania. Il di lui fratello Lodovico I il Te- desco o il Germanico, terzogenito di Lodovico I il Pio, che sino dal- l'Siy era redi Baviera, e che col fratello Carlo il Calvo avea vinta tal battaglia, ottenne la Germania lino al Reno, comprese le città di Spira, Worms e Magonza , e co- sì videsi essa eretta in regno di- stinto ed indipendente, divenendo il principe formidabile ai suoi vi- cini. È questa l'epoca in cui i fran- chi e gli alemanni si riguardano come distinte nazioni, ed ebbe ori- gine il loro pubblico diritto. Inol- tre Lodovico I il Tedesco nell' 870 unì a questo reame la metà del regno lotaringico, fu uno de'prin- cipi pii-i grandi della famiglia di Carlo IMagno , e morì a Franc- fort a' 28 agosto dell'anno 876. Gli successe il figlio Lodovico II detto il in, e venne attaccato dal- lo zio Carlo il Calvo, ch'egli vinse vicino ad Andernach gli 8 ottobre 876: questo Lodovico II unì alla Germania nell' 879 l'altra porzio- ne della Lotaringia. Lodovico II co'suoi due fratelli fece una nuo- va divisione del regno di Germa- nia, talmente che Carlo o Carlo- manno diventò re di Baviera, Lo-

voi. XXIX,

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dovico re de' franchi orientali, e Carlo 111 il Grosso re di S ve via, ed essendo sopravvissuto ai suoi fratelli, lo divenne di tutta la Ger- mania. Luigi li morì in Francfort a'20 gennaio dell' 882, nel tempo che stava formando truppe per far fronte ai normanni. Carlo 111 so- pravvisse ai suoi fratelli, e non so- lo s'impadronì dei regni loro, ma riunì sotto il suo dominio l'impe- ro, con l'Italia e la Francia, ed in tal modo fu padrone di tutta la monarchia primiera de' franchi ; ma a cagione della sua debolezza di corpo e di spirito, non essen- do a dovere amministrato il go- verno, gli stati tedeschi alla die- ta di Tribur lo deposero neir887, ed elessero Arnolfo, figlio natura- le di Carlomanno re di Baviera, e nipote in conseguenza di Lodo- vico I il Germanico. Arnolfo do- vette sostenere molte guerre, e ri- mase quasi sempre vincitore: disfe- ce i normanni nell' 892, indi nel seguente anno passò in Italia, vin- se il re Guido che Stefano VI a- vea coronato imperatore, che gli disputava la sovranità del paese , s' impadronì di diverse città, e si fece coronare re d' Italia a Pavia. Poco tempo dopo assistito dagli ungheri attaccò Zwentiboldo re di Moravia, al quale egli avea con- ferito il ducato di Boemia, e che abusava di tal favore per tentare di farsi indipendente, Arnolfo sfor- zò Zwentiboldo a sottomettersi ed a dichiararsi suo tributario.

Nell'893 Ildegarda cugina d'Ar- nolfo cui avea aiutato a salire sul contrastato trono, tentò di rovesciar- nelo: tale cospirazione fu scoperta, ed Ildegarda venne esiliata. Arnolfo ritornò in Italia, penetrò fino a Ro- ma iieir 89 5, siccome chiamatovi dal 9

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Pontefice Formoso, per reprimere la fazione che gli era contraiia di Lamberto figlio del suddetto Guido: Arnolfo coi consenso del Papa prese la città che i soldati saccheggiarono, indi Formoso lo coronò ed unse im- peratore ; ma la sua elezione all'im- pero e consacrazione furono annul- late nel concilio di Pioma dell' 898 da Giovanni IX, che invece riconob- be Lamberto. Indi Arnolfo passò ad assediare la rocca di Ferino ( Fedi), ove si era chiusa Ageltrude moglie di Guido, e vuoisi che gli propinasse una sonnifera bevanda, che gli pro- dusse secondo alcuni la morte in Ra- tisbona a' 29 novembre 899. Arnol- fo ebbe due legittimi figli, Gismuta o Gismonda che fu madre di Cor- rado I, e Lodovico IV il quale suc- cesse a suo padre. Ebbe altre- sì Ire figli naturali, di cui il mag- giore, nominato Zwentiboldo, fu re di Lorena. Luigi o Lodovico IV il Fanciullo, nato ueir893, successe al genitore, ed essendo perito in una sollevazione , il fratello naturale Zwentiboldo riunì la Lorena ai suoi stati. Nel 908 assunse il titolo di imperatore, ma è incerto se avesse la consacrazioQe ecclesiastica, ceri- monia in quei tempi giudicata in- dispensabile. La Germania fu de- vastata dagli unni, e Luigi IV trop- po debole per impedir le loro inva- sioni, li pagò perchè retrocedessero. Poco dopo Ottone duca di Sassonia e di Turingia, e Corrado duca di Franconia cioè del paese chiamato Francia R.enana, discendenti per li- nea femminile da Carlo Magno, si contesero il trono germanico. Luigi IV sbigottito fuggì a Ratisbona, ove morì a' 2 i gennaio 9 1 2, e fu l'ulti- mo principe della stirpe di Carlo Magno in Germania. A quest'epo- ca approfit-tando dello sconvolgi-

GER mento in cui trova vasi allora l'im- pero, molti signori divenuti possenti finirono di rendersi indipendenti e sovrani, tale essendo in realtà 1 o- rigine primiliva della maggior par- te dei principi che regnano al pre- sente in Alemagna. Essa compren- deva allora piti di trecento stati, fra regni, principati, arcivescovati, vescovati, abbazie, signorie, e città libere : verso questo tempo nacque- ro i ducati di Svevia, di Franco- nia, e di Baviera. Dopo la morte di Luigi IV gli stati tedeschi vole- vano eleggere re di Germania Ot- tone duca di Sassonia, ma ricusan- do questi una tal dignità, la confe- rirono invece nel 911 0912 eoa unanime consenso a Corrado nipo- te di Ainoifo come figlio di Gis- monda, tranne i lorenesi, che si die- rono a Carlo III il Semplice re di Francia, al quale per ragione ere- ditaria si doveva lo scettro germa- nico. Per tale rivoluzione, che can- giò la corona in elettiva, ebbero origine le perturbazioni che desola- rono il regno. Obliando Corrado I la riconoscenza che doveva ad Ot- tone, volle indebolire la potenza di Enrico suo figlio, conosciuto più tardi come capo dell'impero, sotto il nome di Enrico I X Uccellatore, perchè fu trovalo alla caccia quan- do gli fu recata la corona: questo principe era nato da Luitgarda fi- glia dell'imperatore Arnolfo, e per- ciò nipote dello stesso Corrado I, il quale non volle accordargli l' in- vestitura del ducato di Sassonia, e gli negò quella del ducato di Tu- ringia, cui doveva similmente ere- ditare da Ottone suo padre. Eiiiico si vendicò di Coriado 1, lo combat- tè, e si alleò col re di Francia Carlo 111, il quale però perde l' Al- sazia che occupò Corrado I. Intau-

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to gli ungheri penetrarono fino al Reno, bruciarono Basilea, e feriro- no mortalmente Corrado I, che ve- dendo avvicinarsi il suo fine, si rim- proverò le sue ingiustizie verso En- rico, Io designò per successore, rac- comandandolo agli stati, commise a suo fratello Eberardo di portargli le reali insegne, e mori senza figli a' 23 dicembre del 918. Il regno di Enrico I contribuì a riunire gli animi, ed a sostenere la gloria na- zionale; ricusò agli ungheri ed un- ni depredatori il tributo, e sosten- ne colle armi vittoriose i propri diritti ; per lui la maggior parte delle città vennero cinte di mura e fortificate ; egli istituì pel primo le regolari milizie, ed a lui si at- tribuisce r invenzione dei tornei. Fece inoltre delle leggi savissime, ridusse a dovere Arnolfo il Cattivo duca di Baviera, vinse i boemi, gli schiavoni ed i danesi, non si ar- rogò mai il titolo d' imperatore, benché ne avesse la piena autori- tà. Morì a' 2 luglio del gSG, e la- sciò tre figli: Ottone I che gli suc- cesse, Enrico duca di Baviera, e Brunone arcivescovo di Colonia, Ottone J, che si meritò il sopran- nome di Grande, fece rivivere lo splendore e la potenza del trono, aumentando le saggie leggi pro- mulgate dal padre, venendo anche sotto di lui edificate e fortificate molte città. Vinse gli ungheri, i boemi, e quei ribelli che avevano congiurato contro di lui; si portò in Italia e sconfisse il re Beren- gario che teneva Adelaide vedova di Lotario re d'Italia e figlia di B-odolfo II re di Borgogna asse- diata nella fortezza di Canosa. Ot- tone I prese Pavia, liberò la vir- tuosa ed avvenente Adelaide, e la sposò nel 95 1 : questo principe era

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amico di Papa Stefano IX edu- cato in Germania , mentre l' al- tro Pontefice Agapito a lui ri- corse contro Berengario, perchè maltrattava gli ecclesiastici, e loro toglieva per forza il denaro. Nel ritorno in Germania Ottone I vin- se r armata del suo primogenito Ludolfo, che con molti principi avea cospirato contro di lui, e ripor- tò una segnalata vittoria sugli un- gheri nel 955, restando ucciso il duca di Worras con due principi tartari. Indi fece coronare nel 961 in Aquisgrana Ottone II suo fi- glio, chiamato il Sanguinario, e la Pallida morte de" saraceni, nato da Adelaide.

Il Pontefice Giovanni XII trava- gliato da Berengario, e dal figlio di lui Adalberto, chiamò in Roma Ottone I, acciocché con un esercito lo liberasse, obbligandosi prima con giuramento di fare restituire alla Chiesa romana i beni che gli erano stati tolti dai tiranni. Quin- di Ottone I cacciò dall'Italia i due principij e restituì alla santa Sede ciò che gli aveano donato Pipino e Carlo Magno, laonde il Papa per riconoscenza lo coronò imperatore in s. Pietro a' 1 3 febbraio del 962, essendo egli il primo tedesco che fu ornato della corona impe- riale dal Papa, e Giovanni XII il primo tra i romani Pontefici che passò l'imperio ai tedeschi. Mal- grado questa concessione il Papa tornò a riconoscere Adalberto, ri- cevendolo in R^oma; onde adira- tosi l'imperatore Ottone I nel g63 si recò di nuovo in Roma con e- sercito, ed obbligò i romani a giu- rargli di non eleggere piìi Ponte- fice alcuno, senza l'approvazione dell' imperatore, il quale, essendo fuggito Giovanni XII, fece aduna-

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re un conciliabolo, ed iniqunmenfe degradato il Pontefice, l'imperatore fece eleggere in antipapa Leone Vili; ma cacciato questi dai romani ri- pristinarono (riovanni XII che nel concilio del r)f>4 condannò l'augu- sto, ed il falso pontefice. Giovan- ni XII morì nel maggio di detto anno, e senza il consenso imperia- le fu eletto Benedetto V. Adirato Ottone I contro i romani pel vio- lato giuramento, ritornò in Roma, e vintala con la fame, portò seco in Germania Benedetto V che ri- legò in Amburgo. Dopo la morte di Leone VIII nel 965 fu creato canonicamente Giovanni XIII, e dell' intrusione degli imperatori di Germania nell' Elezione de/ Ponte- fici [Fedi), se ne parla a quell'av- ticolo. A cagione di un tumulto il nuovo Papa si ritirò a Capua, per cui Ottone I parti per Roma onde restituirlo alla sua sede; i romani impauriti lo richiamarono, ma dodici non poterono evitare la morte per ordine dell'imperatore. Questi dopo aver vinto Adalberto, restituì a Giovanni XIII le terre della Chiesa nsui-pate dai Beren- gari, e per gratitudine il Papa gli coronò imperatoi'e il di lui figlio Ottone li, nel giorno del santo Na- tal del 9G7. Ottone I riunì alla Germania la Lorena, e il regno d'Italia che n'era stato separato dopo la morte di Carlo Magno , rendendosi anche padrone di tut- ta la Boemia; moiù in Magdebur- go a' 7 maggio del 973, encomia- to siccome uno de' piìi grandi im- peratori che abbia avuto la Ger- mania, amante della giustizia, cle- mente e magnanimo, qualità che dimenlid) nella condotta tenuta col Pontefice. Gli successe Ottone II, che prima della morte del padre

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nvea sconfitto i greci ed i sarace- ni, e fece sfare a dovere Enrico di Baviera suo cugino, che si era fatto proclamare imperatore in Ra- tisbona. Qualche tempo dopo a- vendo data la bassa Loi ena a Car- lo fratello unico di Lotario, con patto che gliene facesse omaggio, Lotario di ciò sdegnato gli dichia- rò guerra, e solo pacilicossi nel 980. Indi Ottone II mai'ciò in I- talia contro de' greci, i quali essen- do soccorsi dai saraceni, lo scon- fìssero interamente nel 982. Egli prese di poi Benevento, e lo pose a ferro e a fuoco, e morì in Ro- ma di cordoglio, o da un colpo di freccia avvelenata, a' 7 dicembre del 983, in concetto di principe cru- dele. Fu sepolto nell'atrio della vecchia basilica vaticana, e quan- do fu trasportato nelle sagre grot- te, la grand'urna di porfido che ne racchiudeva le ceneri, fu desti- nata per fonte battesimale della stessa basilica. Ottone III detto il Rosso, od il miracolo del mondo successe a suo padre Ottone II, di circa anni dodici: la sua minorità cagionò delle turbolenze nell' im- perio, ma felicemente si sedarono, e pervenuto all'età atta a gover- nare fece vedere eh' era degnissimo del comando. Il Papa Giovanni XV, già arcicancelliere del di lui padre, travagliato da Crescenzio Numentano che signoreggiava Ro- ma, partì per la Toscana, e ricor- se all'imperatore; ma i romani che ne temevano la potenza subito lo richiamarono. Nel 996 gli suc- cesse nel pontificato Gregorio V, il primo tedesco che sab sulla ve- neranda cattedra di s. Pietro, pa- rente di Ottone III, che nell'ulti- mo di maggio coronò imperatore con la sua moglie Maria, e dichia-

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protettore della Chiosa : i criti- ci iiogano die l'imperatore abbia preso moglie. Si vuole da alcuni, che il Papa iu un concilio che celebrò in presenza dell' augusto, abbia i- sLituito il collegio degli Elellori del sacro romano imperio, di che se ne tratta a quell' articolo. Tornato Ottone IH in Gernjaiiia, Crescen- zio si arrogò in Roma la sovrana autorità, cacciò nel 997 Gregorio V, e gli surrogò l'antipapa Gio- vanni XVII. L'usurpatore si pre- parava in Castel ». Angelo ad una vigorosa difesa, quando intese che l'imperatore marciava verso Roma, per cui fu costretto ad arrendersi con l'antipapa: questi fu dalla ple- be frustato, mutilato ed acceccato^ onde mori, e Crescenzio fu decapi- tato. Poco dopo il suo ristabilimen- to Gregorio V terminò di vivere, e con r influenza di Ottone III fu e- lelto il suo aulico precettore Sil- vestro II. Essendo ritornato l' im- peratore iu Germania, i romani nel looi si sollevarono non vo- lendo dipendere dai tedeschi. Fu lusingalo Ottone HI che la sola sua presenza avrebbe imposto; ma giunto in Roma fu assediato nel palazzo, e corse grave pericolo, dal quale lo liberarono Ugo marchese di Toscana, ed Enrico duca di Raviera, che tenendo a bada il po- polo con trattative agevolarono la di lui fuga e quella del Papa. Vi ritornò con l'esercito, punì i ri- belli, e morì a Paterno a' 1 7 gen- naio 1002 di veleno datogli dalla vedova di Crescenzio, in vendetta di aver abusato di lei con promes- sa di sposarla.

Enrico H divenne re di Ger- mania, da altri detto I come im- peratore: fu chiamato lo Zoppo, 1' JposColo ddl' Ungheria ed il

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Santo. Era della casa di Sassonia, duca di Baviera, e nipote di Enri- co fratello di Ottone I. Fondò il vescovato di Bamberga, quietò i tumulti di Germania, scacciò i greci e i saraceni dalla Calabria, e restituì in Roma il Pontefice Benedetto Vili, che portandosi in Germania ne avea implorato l'aiu- to contro l'antipapa Gregorio. Be- nedetto Vili ricevè in Roma con grande onorificenza Enrico II col- la sua sposa s. Cunegonda, e li co» ronò ambedue in s. Pietro con la corona imperiale ai i4 febbraio ioi4- questa funzione il Papa donò all'imperatore lo scettro, e il globo imperiale con una croce dal- la parte superiore, ricco di gioie, Enrico li confermò alla Chiesa ro- mana i suoi dominii e diritti, rese libera l'elezione de' Papi, purché a seconda dei decreti di Eugenio H e Leone IV la consacrazione pro- cedesse alla presenza degli amba- sciatori imperiali, per evitare i tu- multi ; indi persuase Benedetto VHl che iu Roma si cantasse il simbo- lo Costautiuopolilauo, il quale solo si x'ecitava. Nel io 19 il Papa tor- nò in Gei-mania, per domandare soccorso all' imperatore contro i gre- ci che occupavano i dominii ec- clesiastici: fu ricevuto da Enrico II in Bamberga, che fece tributa- ria alla santa Sede, e partito per l'Italia col Pontefice, dopo aver vinto i greci, ambedue si ritrova- rono nel inonistero di Monte Cas- sino , dall' imperatore beneficato splendidamente. Enrico II morì santamente a' 1 5 luglio del 1024, senza lasciar prole, essendo vissuto celibe con s. Cunegonda, veneran- doli ambedue la Chiesa per .santi. In lui si estiuse la stirpe mascoli- na de'primi re ed imperatori di

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Sassonia. ìVel medesimo anno fu eletto in aperta campagna sul Re- no, Corrad» II detto il Salico, a motivo della sua alta nascita, co- me figlio di Ermanno duca di Wornis e di P'ranconia, il quale riconosciuto anche dagli stati ita- liani, ottenne V imperiai dignità, dopo aver sostenuto una lunga guerra contro i principi della casa di Sassonia, e dopo aver pacifica- to r Ungheria e la Polonia. Cor- rado II portandosi in Italia nel 1026, il Papa Giovanni XX l'in- contrò a fllilano od a Como, ove Io coronò re di Germania o d'Ita- lia; e passali in Roma nel 1027, a' 26 marzo, giorno di Pasqua, lo coronò imperatore d'occidente, in presenza di Canuto re d' Inghilter- ra, e di Rodolfo o Raoul re di Borgogna. Questo Raoul re della Borgogna Transjurana lo istituì suo erede, come marito di Gisela sua sorella secondogenita : Eude conte di Sciampagna, e figlio di Berta sorella primogenita, gli mos- se guerra, e vi restò ucciso. Cor- rado II fu coronato re di Boreo-

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gna, e raccolse pure la successione di suo cugino Corrado, duca della Francia Renana. Le perturbazioni d' Italia obbligarono l'imperatore a passarvi nel loSy: a Verona venne incontrato dal Pontefice Be- nedetto IX, il quale fu trattato con ogni onorificenza. Deposto poi il Papa dai romani per la sua con- dotta, Corrado II si recò in Roma nel io38, e lo restituì alla sua se- de. Corrado II fece mettere al bando dell'impero Ernesto II du- ca di Svevia suo genero, il quale si era posto alla direzione della lega teutonica formata contro di lui ; questo fu il primo esempio di tal genere di proscrizione, di cui

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gì' imperatori sposso dipoi abusaro- no. Le leggi e le ordinanze che Corrado li fece nell'impero, mas- sime nella dieta di Roncaglia, l'han- no fatto considerare da alcuni scrit- tori come autore del diritto feu- dale scritto. Dolce, afiabile, il suo regno fu benefico e felice, tranne alcune guerre, in que' sciagurati tempi inevitabili. INIorì in Utrecht a' 4 giugno io3g, e fu sepolto a Spira.

Coi'rado II col figlio, altri di- cono fratello, Enrico HI, rium al- l'impero il regno di Polonia, e stabilì di nuovo i confini dell' im- pero tedesco sul fiume Eidera, do- po un accordo fatto colla Danimar- ca. Enrico III duca di Franconia, detto il Nero, in età di dodici an- ni successe al padre o fratello, ed i boemi credendo profittare di sua gioventìi, negarono pagargli il soli- to tributo, ma egli li sottomise. Anche l'Ungheria divenne tributa- ria all'impero sotto Enrico III, dal quale distaccossi nelle turbo- lenze successive, dappoiché l'impe- ratore nel 1043 avea riposto il re Pietro sul trono. Nelle tristi vi- cende di Benedetto IX, nel io44 simoniacamente s'intrusero nel pon- tificato Silvestro III , e Gregorio VI. A riparare lo scisma nel 1046 fu tenuto in Sutri un concilio al- la presenza di Emico III, ed ivi Gregorio VI rinunziò la dignità, che poi l'imperatore ad evitar tur- bolenze condusse in Germania. Quin- di in Roma si procedette a per- suasione di Enrico III, con unani- me consenso, all' elezione di Clemen- te li sassone suo cancelliere, già canonico di Halberstadt, e vescovo di Bamberga : fu coronato a' i5 dicembre, nel qual giorno di Na- talo il Papa coronò in s. Pietro

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Enrico UT colla stm mog-Iie Agne- se d' Aquitania. IntU Cleiiiciite II e 1' imperatore partirono per la Puglia, ove l'imperatore die alcu- ne investiture ai principi norman- ni, e per non essere stato ricevuto dai beneventani, domandò che fos- sero scomunicati. Continuando il Pontefice il viaggio per la Germa- nia, vi canonizzò s. Viborada , e morì dopo nove mesi e sette gior- ni di pontificato. Il clero e popo- lo romano spedì legati in Sassonia ad Enrico 111 pel successore, e que- sti gli raccomandò il bavaro Pop- pone vescovo di Bressanone, che il clero e popolo elessero col no- me di Daaiaso II, ma non gover- nò che ventitré giorni. Allora l'im- peratore destinò a succedeilo il proprio parente Brunone di Lore- na vescovo di Toul , che di mala voglia acconsentì col patto che ne venisse dal clero e popolo roma- no confermato, l' elezione del- l'imperatore fosse stimata più che u- na semplice raccomandazione. Giun- to Brunone in Roma nel 1049 ^^ eletto con generale consenso , e prese il nome di Leone IX, vene- randolo la Chiesa per santo. Poco dopo il Papa si portò in Germa- nia, ed in IMagonza celebrò un concilio alla presenza di Cesare, ed ivi dichiarò l' arcivescovo di ]Ma- gonza legato della romana Chiesa nelle parti di Germania; indi col- r imperatore si trasferì a Colonia. Leone IX tornò in Germania nel io5i, abboccandosi in Augusta con Enrico III; per la terza volta vi ritornò nel loSa per pacificar quel principe col re d'Ungheria Andrea I, che scomunicò per rifiutare l'au- torità apostolica; poscia in Wor- mazia rivide Enrico III , il quale cedette al Pontefice quella giurisdi-

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zl,one che gì' imperatori esercitava- no in Benevento, ed in vece Leo- ne IX liberò la città di Bamber- ga dall' esser feudataria della Sede apostolica. IMorì il Papa nel io54, e r imperatore designò a succes- sore Gebeardo d'Inspruck vescovo di Eichstett, suo parente, ed inti- mo consigliere; portatosi in Roma Gebeardo fu eletto dai romani ai quali spettava, e prese il nome di Vittore lì. Questi passò in Firen- ze, ove portatosi Enrico III, alla sua presenza celebrò un concilio. Ritornato in Roma il Pontefice vietò a Ferdinando II re di Leo- ne e di Castiglia di usare il titolo d' imperatore.

Enrico III dopo aver messo a dovere alcuni piccoli principi d'I- talia, cacciò i conti di Olanda e di Frisia, e morì a Boenfeld nella Sassonia a' 5 ottobre io56, succe- dendogli in età di cinque anni il figlio Enrico IV detto il f^ecchio ed il Grande, per risoluzione della dieta, sotto la tutela della madre Agnese, la quale governò sino al »o63. Vittore H essendosi portato in Ger- mania si trovò presente alla mor- te di Enrico III, e potè pacificare il figlio con alcuni signori contro di lui insorti : celebrò in Rati sbo- na con Enrico IV il santo Natale, e nel 1007 si restituì in Roma, ove morì a' 28 luglio. Con unanime consenso fu creato Papa col nome di Stefano IX detto X, Giuniano di Lorena; questi inviò all'impera- trice Agnese suo legato il cardinal Ildebrando poi Gregorio VII , ed ottenne prima dai vescovi, clero, e popolo romano la promessa di non procedere dopo la sua morte all'elezione del successore, prima del di lui ritorno. IMorì circa dopo otto mesi Stefano X , ed il suo

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nome in molli martirologi gode il titolo di santo. Per la potenza di alcune fazioni s' intruse l'antipapa 13 jnedelto X, ma i romani avendo chiesto ad Enrico IV, Gerardo di Borgogna vescovo di Firenze per Pontefice, l'augusto di buon grado vi convenne. Tornato in Italia Il- debrando concorse all' elezione di Gerardo, che nel gennaio to58 fu intronizzato col nome di Nicolò li. Morì a' 22 luglio 1061 ; ed il pri- mo ottobre con unanime concor- dia i sacri elettori sollevarono al pontificato Alessandro li : in que- sto Papa terminò l'abuso di aspet- tare l'approvazione degl'imperato- ri tedeschi nell' elezione de' Ponte- fici, e restò la santa Sede in as- soluta indipendenza. Giunta la no- tizia dell'esaltazione di Alessandro li ad Enrico IV e ad Agnese, a- cremente si adirarono perchè ese- guita senza la loro intervenzione , e come fatta in loro disprezzo, nel qual sentimento li confermarono i ministri adulatori di loro corte, laonde in opposizione fecero eleg- gere in antipapa Cadolao Pallavi- cini col nome di Onorio II, con tripudio di tutti i simoniaci e con- cubinari di Lombardia. Quindi l'an- tipapa nell'anno seguente colle trup- pe che gli dierono Enrico IV ed Agnese , si portò in Roma per mettersi in posses'so della pretesa sua dignitèi, ma venne costretto a fuggire : si ritirò nel suo vescova- to di Parma , e venne deposto e degradato nel 1067 da Alessandro 11, nel concilio tenuto in Manto- va, ove intervenne Annone arcive- scovo di Colonia, principale ammi- uislralore dell' imperatore nelle co- se di Germania. INel loyS diven- ne Pontefice s. Gregorio VII, che subito die avviso ad Eurico IV di

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sua elezione, non per aspettarne la conferma, ma perchè gli procurata- se rinunziare la dignità: in vece l'augusto inviò a lui Gregorio ve- scovo di Vercelli cancelliere d'Ita- lia, perchè assistesse alla di lui con- sacrazione. Questi fu l'ultimo Pa- pa che significò all'imperatore l'as- sunzione al pontificato prima della consacrazione o benedizione, e l'ul- timo ch'ebbe assistenti in tali fun- zioni i legati di Cesare.

Intanto Enrico IV sottomise la Sassonia, e si rese terribile a tutta l'Europa, quindi tra lui e il zelante Pontefice principiò la famosa con- troversia, che tenne diviso il sacer- dozio dall'imperio lungamente, a ca- gione delle Jnvestilure ecclesiasti- che [f^cdi). Ne derivarono funesti avvenimenti, e la primaria origine delle tremende fazioni de' Guelfi [Vedi), e de' Ghibellini [Vedi) che desolaiono per diversi secoli l'Ita- lia e la Germania ; da[)poicliè i pri- mi seguirono le parti de' Pontefici, i secóndi quelle degl' imperatori. Portate le cose agli estremi da am- bedue le parti, cessando Enri- co IV dalla pretensione d'investire de' benefizi ecclesiastici i vescovi e gli abbati, col bacolo e con l'a- nello, non risparmiò il buon Pon- tefice ammonizioni e minacce, e dichiarò incorsi nella scomunica quelli che conferivano tali investi- ture, e (jiielli che le ricevevano. I laufori dell'imperatore audacemen- te attentarono alla vita di s. Gre- gorio VII, mentre celebrava in s. Maria Maggiore; ma questi dopo avere esaurito le parti di padre , in un concilio del 107(3 scomuni- cò Enrico IV; e siccome gli elet- tori dell'impero a'i3 marzo 1077 elessero in re di Germania Rodol- fo tinca di Svcvia , Gregorio VII

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approvò tale atto, e gl'invio una corona reale, coli' epigrafe : petra

DEDIT PETRO, PETRUS DIADEMA RO-

DULPHO. La Contessa Matilde [Ve- di) prese le difese della Chiesa col- le armi, ed insieme ai gran signo- ri di Germania persuase Enrico IV a farsi assolvere al modo che dicemmo nel citato articolo : vesti- to di sacco con finti atti di peni- tenza, nel castello di Canossa pro- strato a' piedi del Pontefice venne sciolto dalle censure e benedetto, dopo aver promesso quanto gli era stato richiesto. Passati quindici gior- ni, Eni ico IV tornò alle sue ini- quità, violò le promesse, e si pre- parò alla vendetta, ed all'abuso di suo forze. 11 Papa tornò a scomu- nicarlo, ed allora Enrico IV adu- nato un conciliabolo in Bressano- ne nel 1080, vi fece eleggere l'an- tipapa Clemente III , il quale fu pure fulminalo di scomunica da Gregorio VII : da questo scisma ebbe origine l'eresia degli enrichia- iii, condannati nel concilio Quin- ti li nebiu'gense, i quali alfermavano che l' imperatore avea sonima au- torità sopra l'elezione de' vescovi e de^ Papi , e perciò non doveva riconoscersi per legittimo, se non r eletto dall' imperatore , o dal re della Germania, e che niiin conto si dovea fare della scomunica del Pontefice contro i re. Dalle tur- bolenze nate in tempo degli Enri- chi IV e V derivò il costume nei principi di mandarsi a Roma gli ambasciatori di ubbidienza. Dopo vari militari successi , R.odoIfo di Svevia perde la vita in una san- guinosa battaglia a Wolksheim pres- so Gera, li i5 ottobre 1080, e quando fu detto all' imperatore che gli si preparava un sepolcro ma- gnifico, rispose: Vorrei che tutti i

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miei nemici fossero così magnifica- mente sepolti.

Elmano o Ermanno di Luxem- burgo conte di Salmes fu eletto imperatore dai nemici di Enrico IV, e dai sassoni : dopo aver que- sti riportato molti vantaggi, il con- te mori ignorato nelle sue terre. Il Papa temendo le insidie di En- rico IV si ritirò a Salerno nel 1081, mentre 1' imperatore si por- tò ad assediare Pioma , e vi ritor- nò nel 1082 inutilmente, finche assediatala per la terza volta quan- do il Pontefice eravi ritornato, ai 22 marzo 1084 fece intronizzare il pseudo Clemente III. In questo tempo in aiuto di Gregorio VII giunse in Roma Roberto Guiscar- do co' suoi normanni, pose in fu- ga Enrico IV, saccheggiò ed in- cendiò parte della città onde me- glio liberare il Pontefice, che fatto ritorno a Salerno vi morì a' 23 maggio io85. Gli successe Vittore IH che subito scomunicò l'antipa- pa e condannò le investiture ec- clesiastiche date illegittiuiamcnte da- gl'imperatori, e teruìinò di vivere nel 1087, forse dal veleno propi- natogli da Enrico IV. Allora fu innalzato al pontificato Urbano II, già legato di s. Gregorio VII in Germania ed in Lombardia all'im- peratore, che gli avea fatto atroci insulti. Intanto Enrico IV fu tra- vagliato dal figlio Corrado, ch'egli avea lasciato in Italia per far guer- ra alla contessa Matilde difenditri- ce della santa .Sede, quando si fe- ce consecrare re d'Italia, guada- gnandosi l'assistenza di Urbano II. L'imperatore avea imprigionato la moglie Anna di Russia, e fece di tutto perchè Corrado , e diversi stranieri la violassero, al che es- sendosi ricusata, il marito la di-

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cliiarb adultera: Adelaide fuggì se- gretamente, e chiese giustizia con- tro di lui nel concilio di Piacen- za tenuto nel logS dal Papa, il quale in diversi concilii fulminò delle censure Enrico IV, l'anti- papa, le investiture, e gli eretici seguaci di Cesare. Questi nel 1097 adunò la dieta d'Aquisgrana, ed ac- cusando il tradimento di Corrado, domandò che l'altro figlio Enrico V detto il Giovane fosse eletto re de' romani. A quest' epoca le cose ecclesiastiche di Germania erano in istato deplorabile, e solo i quat- tro vescovi di \YLÌrtzburgo, di Pas- savia, di ^\^orms , e di Costanza conservavano la cattolica comunio- ne. Per opporre all'ostinazione del- l'imperatore e dell'antipapa una forza che li potesse contenere, Ur- bano II esortò la contessa Matil- de a sposarsi con Voi fon e V du- ca di Baviera , ciò eh' ella eseguì nel io8g. Enrico IV sembrò dis- posto a riconciliarsi col Papa , e partile per la crociata , ma pro- crastinando senza nulla effettuare, ì legati pontificii procurarono gua- dagnare il figlio Enrico V che as- solsero dalla scomunica. Nel 1099 divenne Pontefice Pasquale li, e nel iioi mori Corrado; nell'anno seguente Pasquale li condannò l'im- peratore in un concilio, e si ritirò in Francia.

Enrico V unitosi col marchese d'Austria, e col duca di Boemia si ribellò al padre: questi tentò le vie della dolcezza, e convocò la dieta di Magonza. Suo figlio vi si portò a chiedergli perdono, e trattolo con inganno fuoii della città, lo fece arrestare, e chiudere nel castello di Bingeuheim. La dieta si dichiarò in favore pel perfido figlio, si strap- parono al padre le insegne impe-

GER riall, delle quali si rivesl"i Enrico V solennemente in Rlagonza, pro- testando colla più fina ipocrisia, che avrebbe restituito l'impero al genitore se fosse ritornato all'ub- bidienza del Papa, riconciliandosi con la Chiesa romana. Riuscì ad Enrico IV fuggire a Liegi, donde supplicò il figlio a lasciarlo ivi mo- rire in pace; ma Enrico V fu in- sensibile, e mentre insidiava il pa- dre, questi oppresso dagli alTanni mori in Liegi a' 7 agosto i 106, provocando la vendetta del cielo sul capo del figlio che gli succes- se. Il suo cadavere per ordine di Enrico V fu dissepollo, e portato a Spira, dove giacque due anni in una cantina come scomunicato. Co- si fini Enrico IV, principe valoroso, eh' erasi trovato vittorioso a ses- santasei combattimenti, e che abban- donato ai piaceri accordò ti'oppa confidenza ad indegni ministri che abusarono di loro autorità. Secon- dando Pasquale II le preghiere dei vescovi di Germania adunati nel sinodo di Magonza, si parti dalla Francia, ed a' -22 ottobre 1106 nel concilio di Guastalla pubblicò decreti contro le investiture e la simonia, che adontando i tedeschi meditarono vendicarsene. Venuto il Papa in cognizione di ciò , in vece di proseguire il viaggio di Germania, fece ritorno in Fran- cia. Nel 1108 si portò a Benevento e vi condannò le investiture, indi passò in Roma, Intanto Enrico V in un sinodo composto de' suoi par- tigiani annullò le decisioni dei con- cilii di Guastalla e di Chalons contro le investiture, e continuò a conterire i benefizi ecclesiastici. Fe- ce inutile guerra agli ungheresi ed ai polacchi, nel i i 1 i sposò Ma- tilde d'Inghilterra, e ad esempio

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de' suoi predecessori passò in Ita- lia per essere coronato dalle mani del Papa, facendosi precedere da ambasciatori sostenuti da un eser- cito. Pasquale II si ricusò di co- ronarlo se prima non desisteva dal pretendere il conferimento del pos- sesso de'dominii e benefizi ecclesia- stici per investitura, e non avesse effettuato la promessa conferma ai diritti della romana Chiesa. Adira- tosi l'imperatore mentre era stato onorevolmente accolto da Pasquale II, con riprovevole prepotenza fece nella basilica di s. Pietro con do- lo arrestare il Papa, con molti car- dinali, vescovi e signori, e li con- dusse tutti prigioni nella Sabina sul monte Soratte, nel castello di Tribico, senza che verun vescovo tedesco disapprovasse scorrendo fat- to, fuorché Corrado arcivescovo di Salisburgo. I romani si sollevaro- no , uccisero molti tedeschi , ma questi superiori in forze regolari facilmente superarono gì' insorti. Do- po cinquantacinque giorni di mi- sera schiavitìi, mosso Pasquale II a compassione de' patimenti altrui, fu costretto concedere ad Enrico V, che senza obbligare ad alcun atto di simonia , potesse dare ai vescovi ed abbali del suo regno la investitura; indi l'imperatore con- dusse dopo il 9 aprile il Papa in Roma, e da lui fu coronato in s. Pietro a'i3 di detto mese. Dopo tal cerimonia Enrico V si gettò ai piedi di Pasquale II, e gli chiese il permesso di dare sepoltura al genitore, facendo ritorno in Ale- magna.

Lotario duca di Sassonia ricu- sando pagare il tributo al fìsco im- periale, prese le armi, e mentre l'imperatore aiutato dal duca di Svevia si moveva contro di lui,

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Pasquale II pentito della violenta concessione, pei reclami e proteste de' vescovi, solennemente condannò il privilegio dato all'imperatore, e tutta la Germania si sollevò a lui danno, massime il vescovo di Wiirtzburgo, e l'arcivescovo di Magonza: in Gerusalemme fu ce- lebiato un concilio, ove Enrico V venne scomunicato, e dichiarata nulla l'estorta concessione delle in- vestiture. Dopo avere Enrico V im- piegato due anni a pacificare i suoi stati, rivalicò le Alpi nel i i i6 per mettersi in possesso delle ter- re, che la contessa Matilde sua pa- rente aveva formalmente donato alla santa Sede. Entrò in R.oma da vincitore, costrinse a fuggire nella Puglia il Papa, ma questi vi ri- tornò dopo la partenza dell'impe- ratore, che dopo Clemente III gli avea suscitati contro tre altri anti- papi. Morì Pasquale II nel i i 1 8, e gli successe Gelasio II che subi- to fu oltraggiato dai fautori impe- riali, laonde per salvarsi anche da Cesare ritornato in Roma parti per la Francia. Enrico V fece antipa- pa Gregorio Vili, ed entrambi vennero scomunicati da Gelasio li, che mori in Cluny a' 29 gennaio II 19. Calisto li suo successore su- bito nel concilio di Reims colpi di scomunica l'imperatore, e il falso Papa, indi entrò iu Roma ai 3 giugno 1120, e fece imprigionare l'antipapa. Mentre tutto sembrava progredire ad una generale pertur- bazione, Dio toccò il cuore alle par- ti contendenti, l'imperatore temet- te di morire miseramente come suo padre, rinunziò alle investitu- re, e la controversia fu aggiustata da Calisto II con Enrico V, al mo- do che dicemmo al voi. XVI, p. 36 del Dizionario; indi ratificala

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nel concilio generale Lateranense I, ove il Pontelice canonizzò s. Cor- ratio vescovo ili Costanza. Nuove turbolenze accadtlcro in Germania, ma Enrico V per tenere occupati i vassalli fuori di essa, ruppe guer- ra con la Francia, col pretesto di aver accordato asilo ai Papi du- rante le sue vertenze con essi; por- tatosi ad Utrecht morì a' 2 2 mag- gio I 125, restando con lui estinta la stirpe femminina de' franchi im- peratori, e la casa di Franconia, perchè senza figliuoli. Dal regno di questo principe incominciò a consolidarsi ne' signori de' grandi feudi il diritto di sovranità: figlio snaturato, principe ipocrita, inquie- to vicino, cattivo padrone, tale fu Enrico V. A' 2f) agosto nella dieta di IMagonza fu eletto imperatore Lotario II duca di Sassonia, figlio di Gebardo conte d'Arnsberg, ove r abbate Suggero vi fece esclu- dere Federico duca di Svevia, figlio di Agnese sorella di Enrico V, che insieme a Corrado duca di Franco- nia della casa di lluhenstausen, e nipote di Enrico IV, furono com- petitori di Lotario li, che fu de- bitore del suo innalzamento alla sua divozione verso la santa Sede. Ambedue gli emoli protestarono contro questa elezione, e Corrado 111 si fece acclamare imperatore a Spira, ed incoronare a IMllano dal- l' arcivescovo Anselmo. 11 Papa O- norio II, già legato in Germania, confermò l'elezione di Lotario II, e scomunicò Federico e Corrado III, che colle armi gli disputavano l'impero, insieme all' arcivescovo Anselmo, per aver osato coronare il secondo: la guerra durò dieci anni.

Nel 1 1 3o fu sublimalo al ponti- ficato lunuceuio II, slato auch'egli

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legato in Germania, quando insor- se il potente antipapa Anacleto li, che il costrinse a recarsi in Fian- cia. Nel ii3i Innocenzo li si por- tò in Germania, coronò in Liegi Lotario 11, scomunicando i suoi competitori e l'antipapa: il Pon- tefice negò con fermezza all'impe- ratore il ristabilimento delle investi- ture, e gli promise coronarlo anche in Roma, se giurava difendere la Chiesa. Dipoi Innocenzo 11 nel 1 1 82 vicino a Piacenza s'incontrò con Lo- tario II, che portavasi a Roma per la coronazione alla lesta d'un esercito, ed in compagnia di s. Norberto. A Viterbo si rividero, e giunti ambe- due in Roma, essendo la basilica vaticana occupata dall'antipapa, in quella lateranense, ed a' 4 g'LJgno 1 1 33 Innocenzo II solennemente coronò Lotario li, e sua moglie Richeze o Richenza, che figlia ed erede di Enrico il Grosso aveva portato in dote la Sassonia. Il Pa- pa concesse all'imperatore l' usu- frullo del patrimonio della contes- sa Matilde, compresa la Garfagna- na [fateli) con annuo censo per feudo. Lotario II grato per tante dimostrazioni di bontà, giurò difen- dere la romana Chiesa e i suoi dominii, e ad esenipio di altri im- peratori si prostrò al Papa, gli ba- ciò i piedi, e condusse secondo il ce- rimoniale per la briglia la sua mu- la per lo spazio di alcuni passi, la segno di venerazione al supremo gerarca della Chiesa universale . Frattanto i livali di Lotario lì, abbandonati dai loro alleali, chie- sero ed ottennero la pace a buone coudizioni; allora l'imperatore con- vocò in Magdeburgo una dieta, che vi fu celebrata nel 11 35 con gran numero di ambasciatori che vi spe- dirono 1 principi slruuicii, e che

GER OEll i4r divenne HnomRta pei decreti fatti nemerito della Chiesa, e ne morì pel buon regolamento del governo di cordoglio. Dalla livalità e se- interno della Germania, sino a «jiiel- greta gelosia che da lungo tempo l'epoca in preda alla piìi grande esisteva tra le loto famiglie di Ilo- confusione. Nel 1187 Lotario II si lienstausen e di Baviera, alcuni sto- condusse in Italia con l'esercito per lici pretesero avere avuto origine difendere Innocenzo li contro Rug- le fazioni de'gliibellini e de' guelfi, gero re di Sicilia, fautore dell' an- Alle persuasioni di s. . Bernardo , tipapa Anacleto II, che mediante la Corrado III partì per la crociata, (lotta de' pisani costrinse ritornare ma contrariato dai gelosi greci, Io in Puglia, e gli tolse varie città, esercito oppresso dalle fitiche fu Celebrò col Papa la festa della taglialo a pezzi dai turchi, ed egli Pentecoste in Benevento; ma in re^tò ferito da due frecce; tutta- Avellino ambedue contrastarono per volta proseguì il cammino per la trenta giorni sul diritto di creare Siria, ed all'assedio di Damasco i'e- il duca di Puglia, che finalmente ce prodigi di valore. Tornato in fu aggiudicato ad Innocenzo II. Ri- Europa morì dappoi a' r5 febbra- tornando l'imperatore in Germania io 11 52 in Bamberga, e fu sepol- morì a Bretten presso a Trento, ai to nella cattedrale. Corrado III 4 dicembre 1 137, senza prole. Gli non avendo ricevuto la consacra- stali adunati in Ratisbona imposto rione imperiale, si faceva scrupolo aveano a Lotaiio II varie obbliga- di assumere ne' suoi diplomi il ti- zioni : dapprima avevano deciso che tolo d'imperatore, nominandosi sem- i beni de proscritti apparterrebbero plicemente re da' rninanì, solo nel- agli stati, e non all'imperatore; a le lettere agli imperatori di Co- questi avevano prescritto continui slantinopoli si chiamava imperato- viaggi nelle varie provincie, interdetto re, per trattare in parità con essi; la facoltà di fabbricar nuove for- ma del doversi chiamare re riero- tezze, e finalmente eransi riserbati mani l'imperatore sino alla sua co- li diritto di fissare le imposizioni, ronazione, lo si dice all'articolo non che quello di deliberare sulla Imperatore. Essendo morto Emico pace e sulla guerra: tali furono le suo figlio, gli successe Federico I prime costituzioni dell'impero ger- suo nipote, soprannominato Barba- manico. rossa a cagione de' suoi belli ca- Nella dieta di Coblentz nell'anno pelli color d'oro, figlio di Federi- I I 38 fu eletto imperatore Coirà- co duca di Svevia^ che le sue gran- de III, già competitore del defunto, di qualità l'avevano reso chiaro. in presenza e per l'influenza di Fu eletto diciassette giorni dopo Teodomiro legato della Sede apo- la morte del predecessore, e coro- stolica, che lo coronò in Aquisgrana. ronato in Acpiisgrana a'(j marzo Invano cercò opporvisi ed essere e- ìì5i: sedò le turbolenze d' Ale- letto Enrico il Superbo duca di magna, accordò al duca di Sasso- Baviera, siccome genero di Lotario nia l'investitura della Baviera, ob- li; fu condannato al bando del- bligò Canuto a cedere al suo riva- r impero da Corrado III, e spoglia- le Svenone la Danimarca, il quale to de' propri stati senza che Inno- per riconoscenza si dichiarò vas-^al- cenzo li vi si opponesse, come bc- lo dell'impelo. Passalo in Italia

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con l'esercito, soltomise le città che eiansi rese indipendenti, e si fece coronare re di Lombardia. Deputò in seguito ambasciatori ad Adria- no IVj per pregarlo che l'incoro- nasse imperatore in Roma. Il Papa sentendo che veniva con numeroso esercito, si chiuse nella fortezza di Ci- vita Castellana, gli mandò incontio tre cardinali, coi capitoli che dovea approvare: essi trovarono Federico 1 a s. Quirico, e quivi giurò di- fendere e conservare i diritti dei romani Pontefici, e della santa Se- de, dovendosi uniformare al ceri- moniale sugli atti di ossequio suc- cennati, soliti prestarsi ai Papi. A Sutri r incontrò Adriano IV, ed ivi ebbe luogo il bacio del piede e r ufficio di staffiere, e siccome fallò nel sostenere la staffa, si nar- ra ch'egli dicesse non aver mai imparato il mestiere di palafreniere. Sebbene il Pontefice avesse fat- to occupare dalle truppe cesaree i dintorni della basilica vaticana e la Città Leonina, a cagione delle fazioni che in Roma pretendevano sostenere l'autorità dell'antico se- nato romano, allorché seguì in s. Pietro la coronazione a'i8 giugno li 55, il popolo commise eccessi che i tedeschi repressero colle armi. Tornato in Alemagna Federico I distrusse i castelli di molti signo- ri, citò in una dieta il conte pa- latino, e ripudiò Adelaide di Woh- bourg sotto pretesto di parentela, sposando poi Beatrice figlia unica di Rinaldo III conte di Borgogna, con che acquistò i diritti sull'anti- co regno d'Arles, nella qual città si fece poi coronare. Nel medesi- mo anno ii 55 Adriano IV ornò Guglielmo col titolo di re delle due Sicilie, ciocché iriilò l'impe- ratore, donde ebbe principio la

GER lunga dissensione tra i Papi e l'im- pero. Altro motivo di disgusto per Federico I, si fu avere il Pontefi- ce chi.jmato in una lettera l'impe- jo hentjlcinni , in significato come di feudo dipendente dalla Sede a- postolica ; e si narra pure che il legato invitato a dare spiegazioni, dicesse dover riconoscere l' impero dal Papa, il quale approvava l'e- lezione degl' imperatori, li consa- crava e decorava della corona ed insegne reali , per cui solo dopo tal funzione essi prendevano il ti- tolo d' imperatori, essendo prima soltanto re de' romani, per avere la santa Sede ripristinato l'impero d'occidente, e dato poscia ai re di Germania. Nel ii 58 Federico I fece ritorno in Italia, per esigere il giuramento di fedeltà dalle dif- ferenti città, le quali obbligate a ciò dalla forza delle circostanze, poscia si ribellavano. Mentre asse- diava JMilano, con rapidi trionfi pa- cificò la Boemia, e fece tributaria la Polonia; indi dichiarò i beni dei milanesi confiscati , e le loro per- sone schiave, punendo col saccheg- gio Crema alleata di Milano. Al- cuni adulatori teologi e giurecon- sulti, dichiararono a lui apparte- nersi l'impero del mondo. Mentre l'imperatore maturava il progetto di ridurre l'Italia sotto 1' assoluta sua dipendenza, mori Adriano IV nel 11^9, e fu eletto Alessandro III, ch'essendo stato il legato del predecessore a Federico I , questi lo avea a nemico. Ne' comizi in- sorse l'antipapa Vittore IV, già le- gato a Corrado III e a Federico I, che siccome suo partigiano sos- tenne con le armi e riconobbe. Alessandro III costretto a ritirarsi da Roma in Anagni, scomunicò l'iuiperatore, e sciolse i di lui sud-

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cìi.ti dal giuramento di fedelth. AU loit» i milanesi profittando dell'oc- casione, assalito l'esercito imperiale a Lodi, riportarono luminosa vit- toria ; ma Federico I assediando Milano la prese per fame, ne ra- se le mura e gli edifìzi, tranne le chiese, e seminò il sale sulle sue rovine. Genova spaventata inviò deputati a fare la sommissione, Bo- logna per avere resistito venne smantellata, laonde tutta l'Italia a lui si sottomise, ed Alessandro III prese asilo in Francia.

Nuove turbolenze seguirono in Italia: Roma, Venezia, ed altre città allearonsi contro l'imperatore, che per morte dell'antipapa fece eleg- gere a successore Pasquale III ; e nella dieta di Wiirtzburgo, prepo- tentemente chiese ai principi e ve- scovi di giurare, non riconoscere mai Alessandro III, ciò che aumentò il numero de'suoi nemici, ed alla lega delle città italiane altre se ne aggiunsero. Intanto Alessandro III per le suppliche de'romani fece ri- torno in Roma , ove subito nel 1166 si portò ad assediarlo l'im- peratore , ed il costrinse a partir- ne neir anno seguente per Bene- vento, nella qual città ricevette gli ambasciatori di Emanuele Comne- no imperatore di Coslantinopoli , che si oflriva riunir l,^ Chiesa gre- ca alla latina, e di liberarlo dalle molestie di Federico I, se gli con- cedeva r imperio d' occidente. Il Papa si mostrò grato alla premu- ra che E(nanuele dimostravagli, ma in quanto a dargli l' imperio occidentale, gli rispose che Dio a- vealo posto nella cattedra aposto- lica per procurar la pace, non per fomentar la discordia. La peste de- cimò in Roma l'esercito di Fede- rico I, che ritirandosi in Germania,

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a stento ripassò le Alpi depaupe- rato dalle lunghe guerre, ed abbat- tuto da tante disgrazie. Allora a- vanzò pacifiche proposizioni al Pon- tefice , che le rigettò per la loro natura; indi nel i 172 congregò una dieta a Worms per chiedere soccorsi, quindi spedi in Italia col- l'esercito Cristiano arcivescovo di Magonza, che danneggiò molti luo- ghi della santa Sede ; mentre egU medesimo pertossi ad assediar Ales- sandria che le città collegate aveva- no eretta in onore del Papa, e che per derisione i seguaci dell'impera- tore chiamarono della Paglia, e Federico I ne fu respinto con per- dita : i sassoni lo abbandonarono, i milanesi gli distrussero la ca- valleria a' 29 maggio 1176, e il doge di Venezia Ziani disfece ia mare i suoi vascelli, e fece prigio- ne il di lui figlio Ottone, termi- nando in tal modo l'imperiai po- tenza in Italia. L'imperatore si ri- fugiò in Pavia, e si vide costretto a spedire ambasciatori ad Alessan- dro HI in Anagni, per supplicarlo della pace, fissandone il Papa stesso le condizioni. Sebbene il Pontefice poco potesse fidarsi delle sue in- tenzioni, per averlo egli sempre per- seguitato , sostenendo tre antipapi, giacché a Pasquale III eia succes- so Calisto III ungaro, luttavolta come padre comune, per conchiu- dere la concordia si trasferì a Ve- nezia nel II 77. Quivi finalmente portatosi pure Federico I, venne stabilita la sospirata pace tra il sacerdozio e l' impero, colla me- diazione de' veneziani perciò ricol- mali di privilegi dal Pontefice, che a' 24 luglio avanti le porte della basilica di s. Marco ricevette pian- gente al bacio del piede l'impera- tore. Alessandro III intenerito lo

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alzò, baciò e bencdl, e nel se- guente lo comunicò solennemente, e gli usò diverse distinzioni in se- gno di sincera pacificazione; altret- tanto essendo quella di Federico 1, il quale dal canto suo fece al Pontefice i consueti ossequi di te- nergli la staffa nel salire a cavallo, addestrar questo per alcuni passi, con altri segni di venerazione, laon- de è favola quanto diversaaieute si è a proposito narrato.

Il duca di Sassonia Enrico il Lione prese le armi , e per due anni tenne agitata l'Alemagna; fu messo al bando dell'impero, co- me perturbatore della pace pubblica, ed i suoi stati fin-ono divisi tra il marcbese di Biandeburgo, ed Ot- tone di Wittelbac. Intanto Fede- rico I abolì alcune barbare con- suetudinij incoraggi il commercio, con l'affrancamento delle città mer- cantili, e cercò di far fiorire le scienze e le lettere, mediante i privilegi che accordò a quelli clie ne frequentavano le scuole. Nel II 83 si adunò in Costanza un congresso a'25 giugno, dove inter- venne l'imperatore , e i commissa- ri deputati delle città lombarde, per sottoscrivere un trattato che gTitaliani considerarono poi come il fondamento del loro diritto pubbli- co. Nel I 184 in Verona si abboccò con l'imperatore il Pontefice Lucio IH, che da cardinale era stalo a lui inviato per legato dal prede- cessore Alessandro III, per l'estir- pazione delle eresie che laceravano la Chiesa. Nell'anno seguente ed e- ziandio in Verona, 1' altro Papa Urbano III si lamentò con Fede- rico I perchè riteneva il patrimo- nio della contessa Matilde, di ra- gione della Chiesa romana, appli- cava al pubblico i beni dc'vesco-

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vi dcfimti, ed usurpavasi le rendi- le di alcuni tnonisteri, scacciando- ne le monache col pretesto di ri- formarle. Se ne moderò l'augusto colla speranza che Urbano 111 gli coronasse imperatore il figlio En- rico VI il StK'evo, che sino dal i 169 in età di qnattr'anni era stato elet- to re de'roniani; ma il Papa ricu- sò di iàrlo ad esempio di Alessan- dro III, se egli non rinunziava pri- ma la corona al figlio, non essen- do più tempo di vedere due im- peratori sul soglio. Nel 1189 Fe- derico I partì con suo figlio Fede- rico duca di Svevia per la crocia- ta, alla testa di centomila combat- tenti, e ripoitati alcuni vantaggi, dopo aver valicato il monte Tau- 10 morì a' 10 giugno i 1 90, per essersi imprudentemente bagnato nel Cidno, altri dicono annegato ,nella riviera di Salef Suo figlio Federico fece trasportare le sue ossa a Tiro, ove Guido re di Ge- rusalemme le fece deporre nella cat- tedrale in un sepolcro di marmo, sebbene dovevasi tumulare in Ge- rusalemme. Federico I fu uno dei piìi grandi principi che sederono sul trono germanico , il cui impe- 10 voleva ritornare allantico splen- dore; ambizioso^ prode, fermo nelle avversità, rese ereditarie le grandi cariche della corona, che i prede- cessori conferivano a loro benepla- cito. Dal suo matrimonio con Bea- trice ebbe Enrico VI che gli suc- cesse, Federico duca di Svevia che morì all'assedio di Tolemaide, Cor- rado duca di Svevia, Filippo du- ca di Toscana poi imperatore , e due figlie.

Enrico VI nel 1191 si recò in R.oma, ove il Papa Celestino III a' i 5 aprile lo coronò insieme all'impe- ratrice CostuDza. Nei medesimo an-

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no l' imperatore confermò l'ordino equestre Teutonico (Piceli), istitui- to dalla nazione alemanna che a- Tca servito nelle guerre di Terra Santa, ed il Papa l'approvò con sua bolla. Cedette Enrico VI alla santa Sede le sue ragioni su Fra- scati (Pedi) ; ed essendo morto il nipote di Costanza Guglielmo li re di Sicilia, in questo regno con- dusse il suo esercito per far va- lere i suoi diritti, essendosene im- padronito Tancredi figlio naturale del defunto. Occupò molte piazze, ma gli fallì l' impresa e tornò in Germania, ove tenne prigione Ric- cardo re d'Inghilterra reduce dal- la crociata, togliendolo da quella di Leopoldo VI duca d' Austria. Invano s'interposero per la libera- zione vari principi, onde il Papa Celestino III nel iigS gli lanciò la scomunica ; solo lasciò Riccardo mediante un considerabile riscatto, con la qual somma fece altra spe- dizione nel regno di Napoli e di Sicilia, venendo coronato in Paler- mo a' i5 ottobre ii94} o\e gli ambasciatori d' Isacco li Angelo^ temendo che gli alemanni, per a- ver negato il passaggio a Federi- co I, invadessero Costantinopoli, si assoggettarono a pagargli tributi. Nella dieta di Worms Enrico VI prese la croce, predicò la sacra guerra, e partì con quarantamila uomini, co' quali fermossi in Sici- lia per compierne il conquisto, e sparse da per tutto il terrore colle sue crudeltà, e con supplizi da lui stesso inventati. I siciliani si ribel- larono. Costanza fu accusata di a- ver avvelenato V imperatore, che morì in Messina a* 28 settembre 1197. Fu d'indole grave, sol pia- cendogli la caccia; volgeva in men- te di rendere la corona imperiale

voi. XXIX.

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ereditaria, di regnare suU'Italiaj è come dicono alcuni d'indebolire la autorità dei Papi. Come fu morto, TAlemagna fu in preda a turbo- lenze, e gli successe il figlio Fede- rico II, nato a Jesi nel ii94j che il padre avea fatto dichiarare re de'romani, ed associalo all'impero, imponendogli nel testamento che restituisse la somma del riscatto al re d' Inghilterra, che reintegrasse la santa Sede de'suoi diritti, e che se morisse senza successione, ad es- sa ritornasse il regno di Sicilia, siccome suprema signora di esso : il Pontefice non acconsentì che fos- se sepolto il cadavere d'Enrico VI senza il permesso del re d'Inghil- terra. Una parte degli elettori pro- clamò imperatore Federico II iù. Arnheim ; altra, ad istanza di Ce- lestino IH, in Colonia elesse il du- ca di Zeringhen Bertoldo, e per sua rinunzia. Ottone di Brunswick figlio di Enrico di Baviera det- to il Lione. Filippo duca di Svevia e di Toscana si fece dichiarare tu- tore del fanciullo nipote Federica II, e col pagamento di undici mila marche d' argento, da alcuni elettori si fece dichiarare impera- tore in Erfurt, e coronare in Ma- gonza nel 1 1 98, prendendo il no- me di Filippo II, perchè riguar- dandosi successore degl' imperatori romani, contava per primo Filip- po l'assassino di Gordiano il gio- vane.

Alcuni signori tedeschi malcon- tenti di veder il trono divenire e- reditario nella casa di Svevia, se- guirono le parti di Ottone IV, onde r Italia e la Germania si divisero tra i due competitori, o- bliando il fanciullo Federico IL Intanto il nuovo Pontefice Inno- cenzo III ricuperò al dominio del- io

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la Chiesa molte città che avea oc- cupato Enrico VI, e costriuse i senatori ed il prefetto di Roma a prestargli il giuramento di ub- bidienza e fedeltà, giacché dopo il ripristinamento dell'antico senato il prefetto prometteva fedeltà all'im- peraloi'e, da cui riceveva il manto di sua dignità; e nel 1201 confer- mò l'elezione di Ottone IV. Indi Innocenzo III spedi per legato in Sicilia il cardinal Conti ad inve- stir di quel reame V imperatrice Costanza, e il suo figlio Federico II, con annuo censo, e personale giuramento di omaggio ligio. Fi- lippo II, sostenuto dalla Francia^ riportò alcuni vantaggi sul suo rivale, e l'obbligò ad allontanarsi, venendo assolto dai legati pontifì- cii dalla scomunica fulminatagli da Celestino III. Venne riconosciu- to dal duca di Brabante, e nel i2o5 si fece coronar di nuovo in Aquisgrana. Intanto Ottone IV si guadagnò l'aiuto d'Innocenzo 111, e del re d' Inghilterra suo parente, ma perde nel 1206 una battaglia, per cui il Papa inclinava allearsi con Filippo li, quando questi fu assassinato in Bamberga a' 2 3 giu- gno 1 208, da Ottone di Wittelsbach palatino di Baviera, che avea ri- fiutato per genero. Ottone fu con- dannato al bando dell'impero, ed alla pena di morte. Il defunto a- \eva quattro figlie, una delle quali Beatrice sposò Ottone IV, che in tal modo riuscì unire i parliti che laceravano 1' Alemagna. Confermò subito alle città italiane i diritti che godevano, si portò in Roma ove Innocenzo IH nella basilica ■vaticana a' 27 settembre , o a' 4 ottobre 1 209 lo coronò, dopo aver solennemente giurato di conservare la santa Sede in tutte le sue pos-

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sessioni. In onta a tale atto Otto- ne IV s'impadronì di Viterbo, di Orvieto, e di Perugia, volendo fa- re altrettanto della Puglia, unico retaggio di Federico li. perfido ed ingrato procedere fu punito dal Papa con la scomunica, e collo scio- gliere dal giuramento d'ubbidienza i di lui vassalli e sudditi; il perchè i principi dell'impero, ed i signo- ri ancor divoti alla casa di Svevia si ribellarono, e nel 1 2 1 2 procla- marono imperatore Federico II. Questi passò in Roma ricevutovi dal Papa onorevolmente, confermane do alla Chiesa romana le contee di Fondi, ed altre baronie che gli avea lasciate B.iccardo dell'Aquila: con le truppe che gli avea som- ministrato Innocenzo III , inse- guì r avversario che avea ripas- sato le Alpi , s' impadronì del- l'Alsazia, e si fece coronare in A- quisgrana. Ma Ottone IV soste- nuto dalllnghilterra, convocò una dieta a Norimberga, trasse nel suo partito il duca di Lorena, sposò Maria figlia del duca di Brabante, aiutalo dal quale resistè a tutta r Alemagna che parteggiava per l' avversario. Dipoi Ottone IV si unì a Giovanni Senza-lerra per fare la guerra alla Francia; ma il suo re Filippo Augusto riportò a Bouvines nel 12 r3 memorabile vittoria sui centoventimila combat- tenti impellali, che perderono tut- ti i tesori e il carro imperiale, che il re mandò a Federico II. Ottone IV corse due volte perico- lo di vita, per vergogna si ritirò nel ducato di Brunswick , e morì dopo quattro anni obliato nel ca- stello di Hartzburgo, a' i 5 maggio 12 18, dopo essersi fatto assolvere dalla scomunica; non lasciò figli dai due suoi matrimoni, e Fé-

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clerico II gli successe senza osta- colo.

Sino dalla battaglia di Bouvi- nes Federico II avea consolidato il suo potere, era stato riconosciu- to dalla Germania, si era alleato coi danesi, e fatto nuovamente co- ronare nel 12 15 in Aquisgrana. Indi dopo la morte di Ottone IV, Federico II convocò una dieta a Francfort, in cui fece eleggere re de'romani Enrico suo f:glio, com- partendo delle concessioni ai ve- scovi che facevano dilìkoltà; ed in- vitato dal Papa alia crociata, si contentò mandarvi delle truppe. Nel I220 si portò Federico II in Roma da Onorio III, il quale per quattro anni era stato suo aio, ed a' 2 2 novembre 1' unse e coronò imperatore, avendo fatto i consue- ti giuramenti di mantenere i di- ritti della Sede apostolica , di par- tire per Terra Santa, e di restituire il patrimonio della contessa Ma- tilde, che elfettuò nel i22t, in ma- no del nunzio apostolico, insieme ad altre terre di ragione della Chiesa. Partito per Napoli, ivi sta- bilì la capitale del suo regno, ab- bellì la città con edifizi, vi fondò l'università, dappoiché sembra che avesse disegno di trasportar la sede dell' impero in Italia, dopo averla sottomessa, e perciò divisava abbas- sare la potenza del Papa, e quella delle città italiane gelose di loro Idjertà, ma non vi riuscì. Onorio III vide di mal occhio soggiornare l'imperatore in Napoli, e non man- tenere le promesse di portarsi alla crociata: per indurvelo lo fece spo- sare a Jolante figlia di Giovanni di Brienne re di Gerusalemme , erede di questo regno, acciò se ne mettesse in possesso, e nel 1226 la coronò con le insegne imperiali. Il

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Papa in Anagni, a Verona, a Fe- rentino , e per mezzo di nunzi provocò l'imperatore ad effettuare la sacra guerra , il quale invece impiegava le forze radunale per quella impresa, contro le città d'I- talia che non erano del suo par- tito, senza badare alla scomunica che incorreva per l'inadempimento de' giuramenti. Convocò Federi- co II una dieta in Cremona, ma le principali città d' Italia distolte dal Papa ricusarono mandarvi i deputati, e furono poste al bando dell'impero; quindi per l'interven- zione del Pontefice l' imperatore dimenticò il suo risentimento. Di- venuto Papa nel 1227 Gregorio IX, volendo sbarazzar l'Italia d'un ospite pericoloso, intimò a Fe- derico II di adempiere la promes- sa, e partire per la crociata, ciò che non eseguendo, in Anagni e ia Roma formalmente lo scomunicò : l'imperatore ribellò alcuni romani ed i Frangipani contro Gregorio IX, che fu costretto ritirarsi in Perugia. Finalmente Federico II partì da Brindisi per la crociata, si coronò da in Gerusalemme, e tradì gli affari de' cattolici al modo narrato nel voi. XVIII, p. 294 e 295 del Dizionario. Intan- to Gregorio IX si collegò coi mi- lanesi per torgli il regno di Na- poli, ed affidò un esercito al suo- cero il re Giovanni, che l' impe- ratore ritornato in Italia disfece a Capua, e poscia nel i23o si pa- cificò col Pontefice, secondo le con- dizioni di questi, che lo assolvette dalla scomunica ; in tal modo le fazioni de* guelfi e ghibellini che si erano riprodotte con furore, per cui alcuni le fecero originate sotto Federicoll, restarono in inazione, seb- bene sempre pi'onte a combattere.

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L'Alemagna essendosi sollevala conli'o l' imperatore , il suo figlio comandava i ribelli, quando Fede- rico II dopo l'assenza di quindici anni vi fece ritorno. Vinse gì' in- sorti, e nella dieta di Magonza fe- ce condannare Enrico a perpetua prigione. Commise ad alcuni de'suoi grandi vassalli di far la guerra ai duca d' Austria che persisteva nel- la ribellione, e dopo essersi porta- to a Vienna , e di averla dichia- rata città libera, ripassò in Italia nel 1237 a combattere i guelfi, avendo prima fatto riconoscere Cor- rado IV suo figlio in l'e de' roma- ni. Prese Mantova, disfece i guelfi, e dichiarò Enzio suo figlio natu- role re di Sardegna; e per ie ra- gioni che su queir isola avea la santa Sede, Gregorio IX scomuni- cò nel 1238 nella domenica delle Palme, e nel giovedì santo l'impe- ratore, il quale fece dal senatore Cenci ordirgli contro una congiura, cacciò i monaci dalla Sicilia , e proibì la comunicazione col Papa. Questi inviò ai principi d' Europa lettere in cui descrisse tutte 1' em- pietà di Federico II , e fece pro- mulgar contro di lui la crociala , oflrendo il trono d' Alemagna a Hoberto d'Artois fratello di s. Lui- gi IX re di Francia , che ricusò accettarlo. Allora il Pontefice per farlo deporre, intimò nel 1240 un concilio generale in Roma , onde Federico II, Enzio suo figlio, ed ì pisani imprigionarono molti car- dinali, vescovi ed ecclesiastici, che su galere genovesi si portavano al concilio, e parte ne affogarono in mare. Afflitto Gregorio IX per tan- ta crudeltà, morì di pena a' 2 i ago- sto 1241, e gli successe Celestino IV già legato all' imperatore , che TÌsse soli diecisclfe giorni : dopo

GER circa diecinove mesi di sede vacan- te, per gl'impedimcnli frapposti da Federico lì, venne eletto Innocen- zo IV Fiesco di Genova, già stret- to amico dell' imperatore. Questi però udendone l' elezione , disse : Fiesco era mio amico, ina il Papa sarà mio nemico. Così fu, perchè Innocenzo IV dovette badare iigli interessi di s. Chiesa, dall' impera- tore ognor più insultata. Innocenzo IV incominciò dall'ammonirlo, per cui Federico li spedì a Roma una ambasceria per la pace, che fu giu- rata a'3i marzo i244> con pro- messa di reintegrare la santa Sede pei danni fatti, di riparare le of- fese esercitale su tanti ecclesiastici, di restituire le città dello slato ec- clesiastico, di fare l'omaggio pei regni di Napoli e di Sicilia, e di ricevere quella correzione che dal Papa venisse imposta. Non andò guari che la gioia d'Innocenzo IV si dileguò, dacché Federico II ri- cusò di elfettuare il giuralo come a lui pregiudizievole; tentò il Papa abboccarsi con lui essendo ne' din- torni di Roma dopo essere stato battuto dai milanesi; ma scuopren- do gì' inganni ed insidie che gli tendeva, passò in Francia per porsi in sicuro. Ivi convocò il concilio generale di Lione I, che celebrò nel 1245, alla presenza di vari so- vrani.

Il vescovo di Carinola accusò r imperatore d'ateismo, d'essere in lega coi saraceni, e di credere che Gesù Cristo e Maometto fossero siali due impostori, laonde convinto di sacrilegio e d'eresia, non riuscendo agli ambasciatori jnngaie dall'impu- tazioni Federico il, nel concilio In- nocenzo IV dichiaiollo scomunica- to e decaduto dall' impero, mentre l' imperatore essendo allora a To-

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lino, esclamò nel porsi la Corona in capo, che per torgliela si spar- gerebbe mollo sangue. QuinJi il Papa scrisse agli elettori di eleg- gere in successore Enrico detto Kaspone langravio di Turingia , nipote di Ottone di AVittelsbach , signore d'Assia e del palalinato del lleiio, valoroso ed ambizioso. In Hocheim presso Wiirtzburg alcuni elettori ed i vescovi lo dichiararo- no re de' romani a' 17 maggio 1246; ma siccome la maggior par- te de' principi ricusò intervenirvi , fu chiamato il re de' preti. Enri- co marciò contro Corrado IV fi- glio di Federico II, lo battè pres- so Francfort, l'inseguì in Isvevia, ma all'assedio d'Ulma ferito da una fieccia, di essa e dalle fatiche soste- nute mori nei primi del l'^^j- 11 Papa a* 29 settembre fece eleggere iu successore Guglielmo conte d'O- landa, che presa Aquisgrana si fece coronare in Colonia dall'arcivesco- vo, mentre l'Alemagna si divise ha i due contendenti; indi battè Corrado IV ad Oppenheim. L'Ita- lia soggiacque ai furori delle fa- zioni, che Federico II procurava con rovesci e triste vittorie supe- rare. Per sospetto di veleno fece inorile Pier delle Vigne suo can- celliere ed amico, e licenziati i suoi antichi uffiziali e guardie, si cir- condò di maomettani, finché mori a Firenzuola o Fiorentino a' 4 di- cembre i25o; venendo assolto dal- l'arcivescovo di Palermo, fu poi se- polto in Monreale. Gli successe suo figlio Corrado IV, cui ordinò re- stituir alla Chiesa il tolto; e nel regno di Napoli IManfredi uno dei suoi figli naturali. Federico II fu principe di gran mente , coraggio- so , prudente , fiero e generoso ; coltivò con successo la poesia, pro-

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tesse le scienze e le arti, fece un nuovo ordine di legislazione per r impero, scrisse un trattato sulla caccia, ec. ; colla sua morte cessò tutta l'autorità dogi' imperatori te- deschi in Italia. 11 Papa e Gugliel- mo nella dieta di Francfort fece- ro dichiarare Corrado IV decadu- to dai suoi diritti ; egli si portò in Napoli con sospetto di avere av- velenato il fratello, mostrandosi ap- parentemente soddisfatto di Manfre- di. Intanto Innocenzo IV parfi dal- la Francia per restituirsi in Roma, venendo incontrato per viaggio dal- l'imperatore Guglielmo. Invano Cor- rado IV spedì ambasciatori al Pon- tefice, che in vece lo citò a com- parire in Roma per essersi impos- sessato della Puglia e della Sicilia feudi della Chiesaj poscia lo sco- municò due volte; e morì a* 27 maggio 1254 presso Lavello nella Basilicata, e secondo alcuni di ve- leno propinatogli da Manfredi. Da Elisabetta di Baviera ebbe Corra- dino che lasciò d' anni tre , e che lo successe nei feudi tedeschi del- l' illustre casa di Hoheristaullen, di cui era l'ultimo rampollo.

Innocenzo IV si portò con un esercito alla ricupera del regno di Napoli, ivi morì, ed ivi fu eletto Alessandro IV a successore. Gu- glielmo quantunque dotato di ta- lenti dovè tornai-e in Olanda, e la guerra coi frisoni gli fu funesta: essendosi cacciato il suo cavallo in una palude, alcuni contadini ascosi tra le canne l'uccisero nel i256, e fu poi sepolto in Middelburgo. Allora Alessandro IV ai 28 luglio intimò agli elettori dell'impero, sot- to pena di scomunica, di non eleg- gere Corradino l'ultimo degli svevi; laonde gli elettori si divisero tra Riccardo conte di Cornovaglia e

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di Poitou, secondogenito di Gio- vanni Senza-terra, e fratello d'En- rico III re d'Inghilterra, ch'eresi distinto nelle crociate e mostratosi divoto alla santa Sede; ed Alfonso X il Savio e V Astronomo re di Leone e di Casliglia, il quale non profittò dell'elezione in imperatore, mai si portò in Germania. R.ic- cardo vi si recò, e con Sanzia di Provenza sua moglie, si fece coro- nare in Aquisgrana a' 17 maggio 1207: ricompensò splendidamente gli elettori, che gli aveano dato il voto, onde con altre liberalità ac- crebbe il numero de' suoi parti- giani. Nel 1260 tornò in Germa- nia con nuovi tesori, convocò una dieta in cui fece saggi regolamen- ti, combinò le vertenze tra i prin- cipi e le città, compensando con denaro le parti lese dalle sue de- cisioni ; vi ritornò nel 1262 per dare l'investitura dell'Austria e della Stiria ad Ottocaro, confermò i privilegi di parecchie cittàj e do- nò al tesoro d'Aquisgrana coro- na, scettro e globo -d'oro, e due abiti imperiali. Nel 1268 ritornò in Germania, soppresse i pedaggi onerosi che inceppavano la navi- gazione del E.eno , e tenne in \\ orms la dieta cogli elettori di Magonza e Treveri, parecchi altri principi e vescovi dell'impero, e morì a' 2 aprile 1272, lasciando memoria di saggio, valoroso, pru- dente e liberale. La Germania sot- to Riccardo ed Alfonso X sog- giacque ad anarchia equivalente ad un interregno, siccome lo conside- rano gli storici, e perciò quasi pri- va d' imperatore. In questa epoca la costituzione d'Aleraagna cangiò interamente di aspetto, ed i prin- cipi, la gran nobiltà, 1' alto clero, e le città libere, i-esero piìi solide

GEK le loro pretensioni. Intanto Coria- dino era slato posto dal tuture margravio d'IIochberg sotto la pro- tezione della santa Sede, mentre veniva allevato in Baviera, gover- nandosi in suo nome il regno di Napoli, mentre di fatto n'era re Manfredi, che si fece coronare alla voce di sua morte. Ma il Papa Clemente IV avendo investito del regno delle due Sicilie Carlo I d'Àngiò, nella pianura di Grandel- la nel 1266 Manfredi vi perde la vita , con la peggio de' ghibellini. Questi allora malcontenti degli an- gioini, rivolsero gli sguardi a Corra- dino, che alla testa di poderoso eser- cito portossi in Italia, e fu disfat- to da Carlo I vicino al lago di Celano a' 28 agosto 1268, e fatto prigione venne decapitato pubbli- camente in Napoli a' 26 ottobre 1269, nell'età d'anni dieciotto. Cle- mente IV aveagli lasciato il titolo di re di Gerusalemme, e vietato prender quello di Sicilia , per cui pubblicò contraria sentenza. Cos'i terminò il nobilissimo lignaggio de- gli svevi, e con lui migliaia d' il- lustri vittime sagrificate in seguito da Carlo I, temendo della scossa sua monarchia, e della sua stessa esistenza.

E.odoHo I conte di Habsburg, castello posto tra Basilea e Zuri- go, chiamato il Clemente, fu eletto imperatore nell'ottobre 1278, il primo della gloriosa casa d'Austria, ed è pei ciò che d' ora innanzi per quanto riguarda agl'imperatori di tale stirpe daremo soltanto qual- che cenno, già avendone d'ognuno compendiosamente trattato alT ar- ticolo Austria, ed agli altri relati- vi. Il Papa Gregorio X non solo ne approvò l'elezione, ma indusse AKbnso X re di Leone e di Ca-

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stiglia a rinunziare il nome e l'in- segne d'imperatore. A'i8 ottobre J275 in Losanna si abboccarono il Papa e Rodolfo I, il quale giu- rò difendere l'esarcato di Ravenna, e le altre terre della Chiesa. Men- tre il re dei romani, cosi chiaman- dosi l'imperatore prima di essere coronato dal Pontefice, nel 1276 recavasi in Italia, Innocenzo V glie- lo vietò, senza essersi prima paci- ficato con Carlo J re di Sicilia, ac- ciocché i guelfi e i ghibellini non riaccendessero le guerre civili: egual sollecitudine ebbero Adriano V, e Giovanni XXI. 11 successore del secondo, Nicolò III, nel 1278 rice- vette da Rodolfo I amplissimo di- ploma d'approvazione de' possedi- menti della Chiesa, confermatone in pari tempo il tenore dal collegio degli elettoli. Anche Onorio IV e JNicolò IV si adoprarono per com- j)orie le dilFerenze tra Rodolfo I, e Carlo I e Carlo 11 re di Sicilia e di IN'apoli. Dopo la morte di Ro- dolfo I, in concorrenza del suo fi- glio Alberto 1, fu eletto nel 1291 ÌMi|)eratore Adolfo di Nassau, il quale avendo domandato a Filip- po IV il Dillo re di Francia la restituzione del regno d'Arles, ne ebbe in risposta in un foglio bian- co, queste due parole: troppo te- desco, che denotavano il dis[)regio che faceva di sua persona e richie- sta ; e volendo Adolfo far guerra alla Francia, il Papa Ronifacio VIII lo dissuase. In seguito i prin- cipi della Germania si ribellarono ad Adolfo, lo deposero nel 1297, ed elessero in vece re de' romani Alberto I d'Austria, che diede bat- taglia al competitore, e l'uccise a'2 luglio 1298. Bonifacio Vili perciò non volle approvarne l'elezione, anzi lo citò a comparire in giudi-

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zio a giustificarsi della morte di Adolfo ; dipoi pacificatosi con lui, lo confermò nella dignità, e nel i3o2 gli diede il regno di Fran- cia per l'interdetto fulminato al re ed al reame, ma egli si ricusò di accettare. Sotto di lui nel 1807 gli svizzeri si resero liberi, ed egli morì a'fo maggio iSoS, ucciso dai propri nipoti. Dopo un interregno di sette mesi fu eletto imperatore En- rico VII figlio maggiore del duca di Luxemburgo, a' 29 novembre i3o8, ad onta che vi aspirava Carlo di Valois. Punì gli uccisori del predecessore, fece eleggere re di Boemia Giovanni suo primoge- nito, che dichiarò pure vicario di Alemagna, ed alla testa d' un eser- cito nel i3ii passò in Italia, e si fece coronare in Milano re di Lom- bardia, quindi occupò varie città, favorito dai ghibellini, e contraria- to da Roberto re di Napoli. Sino dal i3o5 il Papa Clemente V avea stabilito la residenza pontifi- cia in Francia, indi fissandola in Avignone, ove dimorarono sei suc- cessori. Volendo Enrico VII pren- dere in Roma la corona imperiale, Clemente V deputò i cardinali le- gati a farne le sue veci , e per gl'impedimenti frapposti dal re di Napoli, la coronazione ebbe luogo nella basilica lateranense. Qui no- teremo che agli articoli Coronazio- ne DEGl' IVIPERATORI, e CORONAZIONE

DEt RE si dice delle coronazioni de- gl' imperatori in che modo segui- rono, cosi quelle della corona di ferro.

Enrico VII pose al bando del- l'impero il re Roberto, e dopo aver tentato prendere Firenze, con le galere de' genovesi e de' pisani si accingeva alla conquista del re- gno di Napoli, quando la morte

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lo sorprese a Bonconvento presso indurre Lodovico V all'ubliidienza, Siena a' 2 5 agosto i3i3, non sen- cloche non riuscendo, confermo le za sospetto di veleno. Dopo un in- censure come usurpatore dell' iiii- terregno di quattordici mesi, la pero; avendo poi timore che nel- maggiorità degli elettori innalzavo- la vacanza dell'impero, la cui am- no all'impero Lodovico V il Ba- ministrazione per questa causa gli varo, figlio di Matilde figliuola apparteneva, fosse assalita l'Italia da di Rodolfo I, capo del ramo di qualche nemico, nel iSSg costituì Baviera, e parte Federico III il alcuni vicari feudatari della Chiesa. Bello duca d'Austria, figlio di Al- Indi Clemente VI nel giovedì san- berto I, sostenendo ognuno colle to i346 confermò in Avignone la armi le loro pretensioni. Vedendo sentenza di scomunica data da'suoi il Papa Giovanni XXII che Lodo- predecessori al Bavaro, lo dichiarò ■vico Y si trattava come imperato- in concistoro contumace alle intima- re, senza aspettare la consueta con- zioni fattegli, e comandò agli elet- ferma pontificia, lo pregò a per- tori dell'impero che in vece eleg- mettere che la causa di sua eie- gesserò imperatore Carlo IV mar- zione fosse trattata dalla santa Se- chese di IMoravia figlio di Giovan- de, citando i due pretendenti a ni re di Boemia. Cinque elettori produrre le loro ragioni. Lungi Lo- agli 1 1 luglio procederono alla sua dovico V dal volersi soggettare al elezione, che Cletnente VI con- giudizio del Pontefice, e prenden- fermò, morendo Lodovico V agli do anzi la difesa degli eretici, fu 11 ottobre del i347 per una ca- scomunicato, ond'ebbero luogo quel- duta da cavallo, mentre inseguiva le gravi vertenze tra ambedue, che un orso alla caccia, e con lui ces- notammo all'articolo Baviera, ed sarono finalmente le angustie che ai diversi relativi articoli. Portato- avea cagionate alla Chiesa, alla si Lodovico V nel i328 in R.oma, Germania, ed all'Italia. Allora elesse in antipapa Nicolò V, e si Carlo IV fu riconosciuto da tutti kce da esso coronare in s. Pietro, per unanime consenso, e per la di- 11 Papa ad esempio di Clemente vozione che ebbe alla santa Sede V, che nella vacanza dell'impero fu detto V imperatore de' preti. avea nominato vicario d'Italia il Nel i355 Clemente VI dal car- ré Roberto, dichiarò vari signori dinal legato fece coronare in Ro- vicari imperiali in diversi luoghi ma Carlo IV, e la sua moglie Aii- della medesima regione. Lodovico na; indi l'imperatore si portò in V disfece Federico d' Austria, e lo Arles a prender la corona del re- ritenne prigione sino al i325, in gno Arelatense di ragione dell'im- eni lo fece rinunziare all'impero, pero, e fu l'ultimo a fare questa ed aumentò le sue iniquità contro solennità. Sino a Carlo IV gì' im- il Pontefice, che dall' altro canto peratori erano eletti dai tre ordi- raddoppiò i fulmini della Chiesa : ni riuniti, e talvolta dalle assem- di poi Lodovico V fece un decre- blee di tutti i principi dell'impe- to, che all'elezione dell'imperatore ro. I primi grandi ulliziali e digni- non eravi bisogno l'approvazione tari della corona essendo pervenuti del Papa. Il nuovo Pontefice Be- a rendere le loro cariche ereditn- nedelto XII nel ij34 procurò di rie, a poco a poco si ulliraroup il

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diiilto dell'elezione. Carlo IV piib- IjIìcò nel 1 356 la Bolla iV oro {^Vccli), con la quale sugli antichi Elettori {^Fedi), si stabilirono for- malmente i loro diritti, e si regolò del pari il cerimoniale dell'imperiai corte. Questa celebre legge fondamen- tale sull'elezione degli imperatori fu fatta in Norimberga: allora il cor- po politico germanico consisteva in una grande confederazione, compo- sta di tutti gli stati sovrani ec- clesiastici, che secolari d' Alemagna, della quale l' imperatore era capo. Questo monarca elettivo però non possedeva che i propri slati ereditari, ne alcuna rendita era annessa alla sua dignità, alcuna città per tal titolo gli apparteneva. Godeva però di somme prerogative, convocava da se solo le assemblee generali, ne sanzionava le decisioni, disponeva de' fondi devoluti all'impero, e da- va degli altri l'investitura, conce- dendo privilegi , titoli , e gradi onorifici. Al successore designato all'impero davasi il titolo di re dei romani ; il diritto poi di eleggere 1 imperatore venne riservato ai so- li elettori. L'assemblea generale o dieta, ministra del potere legislati- vo, era composta dei tre collegi, quello cioè degli elettori del sacro romano impero, quello de' principi di cui formava parte l'altro dei conti, e quello delle città libere o imperiali che ascendevano a ses- santatre, oltre quelle che in vari tempi si sottrassero dall'impero, come dicemmo in principio del- l'articolo. Tutti i principi sovra- ni avevano un' autorità assoluta nei loro dominii, ma in taluni casi potevasi dai loro giudizi ap- pellare alla camera imperiale di Spira, che risiedeva in Vetzlur, nel circolo dell'alto Reno, ed al

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consiglio aulico che radunavasi ove r imperatore risiedeva. La città di Franctbrt sul jMeno , era il luogo dell'elezione degli impera- tori, e nell'altra di Ratisbona si congregavano le diete. In tale si- stema, variato alquanto come di- remo da Massimiliano I , proce- dette r impero germanico sino al secolo presente. Nel iSSp essendo stato l'imperatore Carlo IV indot- to da malevoli consiglieri ad oc- cupar le rendite di alcuni benefizi, e violare la libertà ecclesiastica, per le rimostranze di Papa Inno- cenzo VI ne corresse l'errore, ed emanò una costituzione in difesa dei diritti ed immunità ecclesiasti- che, la quale fu poi confermata dai Pontefici Bonifacio IX e Mar- tino V. Insorta grave discordia tra l'arcivescovo di Salisburgo, e Ro- dolfo duca di Baviera, nella quale stavano per prendere parte tutti i principi di Germania, lo zelo di Papa Urbano V la sopì. Questi nel i365 fu visitato in Avignone da Carlo IV, che vestito delle in- segne imperiali assistè al pontifica- le celebrato dal Papa.

Crescendo la tracotanza di Ber- nabò Visconti, e vedendo Urbano V che a frenarlo non erano state sufficienti le ammonizioni e le pe- ne ecclesiastiche, nel i368 ricorse all'imperatore come difensore del- la Chiesa, invitandolo a recarsi in Italia, ed esortando i fedeli con premio d'indulgenze a seguirne gli stendardi. Indi l' imperatore con diploma solennemente confermò il dominio temporale della Chiesa romana; e siccome Urbano V era- si portato in Roma nell'intendi- mento di ristabilirvi la pontificia residenza, l'imperatore vi si recò a visilaiio, 0 nel d'Ognissanti d

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Papa coronò l'altia di lui mo- glie Elisabetta, nella quale funzione l'imperatore secondo il cerimoniale fece alcune funzioni da Diacono (^Fedi). In altri incontri l'impera- tore tenne al Papa la staffa nel montare a cavallo, che gli addestrò insieme ad Amadeo VI conte di Savoia. Tornato Urbano V in A- vignone fece pubblicare la crociata in Germania contro i nemici del nome cristiano, e morendo nel iSyo gli successe Gregorio XI, il quale nel 1877 gloriosamente re- stituì a Roma la residenza ponti- ficia, dandone partecipazione all'im- peratore e ad altri sovrani. Nel se- guente anno venne canonicamente eletto Urbano VI, il quale volendo correggere i difetti de' cardinali , la maggior parte scismaticamente lo deposero, eleggendo l'antipapa Roberto di Ginevra che assunse il nome di Clemente VII. Questi per compiacere i cardinali francesi ri- belli, che amavano le delizie di Provenza, passò in Avignone e vi stabilì una cattedra di pestilenza in cui fu erroneamente riconosciu- to da varie nazioni, restando nel- l'ubbidienza di Urbano VI e succes- sori la maggior parte di esse, com- j)resa la Germania, la Boemia, la Ungheria, la Prussia, la Frisia, ec. Siccome pretesto dello scisma fu ne' cardinali insorti la non legitti- ma elezione di Urbano VI, fra le tante testimonianze contrarie, evvi una lettera del sacro collegio all'im- pera ture Carlo IV, munita col sigillo imperiale, e con quelli di quindi- ci baroni dell' impero, poscia pub- blicata da Rniglon, in cui si a lui parte della seguita canonica elezione. Carlo IV essendo vivente, dagli elettoli dell'impero fece eleg- gere pei- suo successore il pioprio

GER figlio Wenceslao, e ne riportò an- cora la pontifìcia approvazione. Di Carlo IV si disse, che rovinò la sua casa per acquistare T impero, e che poi rovinò l'impero per rista- bilire la sua casa; morì a'29 novem- bre 1378 in Praga, capitale della Boemia, e gli successe Wenceslao, di cui parlammo all'articolo Boemia, ove dicemmo pure dell'imperatore Sigismondo di cui andiamo a par- lare, e di quanto fece per l'estin- zione del grande scisma avignonese. Nel i3c)0 Bonifacio IX celebrò r universale giubileo , e concesse ad alcune città di Germania di poterlo acquistare, con la visita di alcune chiese, e con somministra- re il denaro che gli abitanti avreb- bero speso nel viaggio, per la re- staurazione delle chiese di R.onia, rovinate nella lunga assenza de' Pa- pi. Le cattive qualità di Wence- slao re de'romani provocarono la di lui deposizione, che il collegio degli elettori decretò nel 1 4oo, ed invece elessero per successore Roberto il Piccolo, duca di Bavie- ra, del quale trattammo a quell'ar- ticolo; e Bonifacio IX nel i4o3 ne approvò l'elezione: era Rober- to anco principe palatino, e fu detto ancora il Corto ed il Alife. Mentre in Roma regnava Grego- rio XII, ed in Francia e Spagna sosteneva lo scisma l'antipapa Be- nedetto XIII, i cardinali d'entram- bi volendogli dar termine si riuni- rono in concilio a Pisa nel i4"9 con gli ambasciatori de' principi. Inutilmente Gregorio XII spedì a Roberto re de'romani il caidinal Antonio vescovo di Porto suo ni- pote, quale legato apostolico, per impegnarlo ad impedir la celebra- zione di quel concilio, dappoiché nello slesso tempo il concilio inviò

GER GER i55 in Germania il cardinal Landolfo brava incvitajjile la guerra civile S.Nicola in Carcere, per incita- in Gernìania, quando Josse fu col - re i popoli a ritirarsi da Gregorio pito dalla morte agli 8 gennaio XII. Mentre questi si recò a C/Vi- 1 4 ' i j t''^ mesi dopo la sua elezio- clale (^Vecli) a celebrare un conci- ne, restando senza competitoii alla lio, in Pisa fu deposto insieme al- testa dell'impero Sigismondo. ()ue' l'antipapa, e venne eletto invece Ales- sto principe bramoso della pace Sandro V. Allora Gregorio Xll per della Chiesa, e di porre un terini- terminare lo scisma che si vedeva ne alle eresie e guerre degli ussi- alimentato ad un tempo da tre ti, indusse Giovaimi XXIII a cou- Papi, deputò il re Roberto, Sigis- vocare nel i4i4 '' celebre conci- mondo re d' Ungheria, e Ladislao lio di Costanza [Fedi), ove inter- re di Napoli, perchè coi principi \enne insieme agli ambasciatori dei della parte contiaria stabilissero il principi, al conte di Cilley padre luogo per celebrare un concilio gè- della sua sposa Barbara, a Rodol- neraie ; ma gli unghen, i boemi, fo elettore di Sassonia, a Federico i connazionali veneti, e persino il langravio di Norindjerga poi elet- langravio Ermanno sino allora a tore di Brandeburgo , a Lodovico lui attaccatissimo, lo abbandonaro- conte palatino del Reno e duca di no. Morto Alessandro V, gli sue- Baviera, a Fedeiico IV duca d'Au- cesse Giovanni XXllI, il quale sen- stria, ed all'elettore di Magonza. tendo che il re Roberto era morto in Nel concilio Gregorio XII rinun- Oppenheim a'i8 maggio i4 io, spedì zio, Giovanni XXllI venne deposto subito nunzi agli elettori dell' im- ed imprigionato, e Benedetto XIII pero acciò gli sostituissero Sigis- antipapa scomunicato. I cardinali mondo di Luxemburgo re d'Un- delle tre ubbidienze, con tienta pre- gheria, figlio di Carlo IV, fratello lati delle sei nazioni accorse al con- dì Wenceslao re di Boemia, e già cilio, compresa la tedesca, canoni- imperatore, siccome benemerito per camente elessero supremo Gerarca avere pacificato l'Ungheria: fu di Martino V agli ii novembre 1 4' 7> fatti eletto, e riuscì uno de'mag- al quale l'imperatore Sigismondo giori princìpi che occupassero il nella cavalcata che fece per Co- trono imperiale, liberale, generoso, stanza gli prestò i consueti ossequi, amico de' letterati, e di bella per- che poi lipetè in Mantova, sona. Josse marchese di Moravia Dopo la morte di Wenceslao, comprò da Wenceslao il ducato di accaduta nel i4'8j •' fratello Si- Luxemburgo, indi lo vendè al duca gisaiondo a cagione delle guerre d'Orleans fratello di Carlo VI re di non potè succederlo in quel trono Francia. Dopo la morte del re Ro- che nel i436. Sino dal i^3i era berto, Josse volle disputare il trono successo a Martino V il Papa imperiale a Wenceslao eh' era rile- Eugenio IV, il quale secondo il gato a Praga, ed al suo fratello concertato nel concilio di Costanza Sigismondo, onde la Germania eb- convocò altro concilio in Basilea he allora tre imperatori, come la (Fedi), che fatalmente divenne con- cristianità tre Papi: una parte de- ciliabolo; nel i433 coronò in Ro- gli elettori elesse Josse all'impero, ma imperatore Sigismondo col so- e l'altra vi elevò Sigismondo. Sem- lito cerimoniale, avendo questi sul

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ponto s. Angolo creato diversi Cct- validi (rrtli). Dopo aver Sigismoa- do sosteiuilo parecchie guerre co- gli ussiti mori agli 8 dicembre i438, e gli successe nei regni di Boemia ed Ungheria Alberto V duca di Austria, che sino dal 14^1 ne a- vea sposato la figlia Elisajjctta , dopo aver lottato con la suocera Barbara di Cilley; indi gli elettori dell'impero lo esaltarono a questo, prendendo il nome di Alberto li, ed in tal modo la corona impe- riale restò nella sua casa d'Austria, laonde ancor qui avvertiamo che a quell'articolo si parla de' succes- sori, e qui riporteremo pochi cenni. il suo avvenimento all'impero, per la saggezza e fermezza che lo di- stinguevano, riempì di giubilo e di speranze la Germania tutta, e le prime misure ch'egli prese corri- sposero alla generale espettazione nelle diete di Noiimberga e di JMagonzn, pcgli utili provvedimenti da lui promossi. La condotta ch'e- gli tenne nelle vertenze insorte tra Eugenio IV, e i padri del con- cilio di Basilea fu moderata e pru- dente, però fece adottare dalla die- ta di Magonza le risoluzioni dei basilceii circa l'abolizione delle an- nate, delle riserve, e delle aspetta- tive, e 1' universale ristabilimento delle canoniche elezioni. Finalmen- te nella gucria che sosteneva in Ungheria contro Amurat II, mori in un villaggio a'27 ottobre 1429; e dopo cinque mesi nacque dalla consorte l'Elisabetta Ladislao detto perciò il PosUiiito, nel quale termi- nò poi la linea austriaca Alber- tina, passandone i diritti nella li- nea stiriana di Federico HI. Alla morte di Ladislao 1' Ungheria e la Boemia già unite all'Austria ne vcuucio discioltc , e buio ad essa

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riunironsi nel iSiò in Ferdinando I, e meglio nel i6i5 sotto T im- peratore Ferdinando II. Alberto II per le sue belle doti fu compianto, tuttavolta viene tacciato di estre- mo rigore, e di tollerantismo in materie religiose, non perdonando- la però agli eretici : amò tenera- mente la sua sposa. L'impero di- venne da quest' epoca ereditario, senza cessar per altro di essere e- lettivo, essendosi abolito il segre- to giudizio, stabilito da Carlo Ma- gno, ma non fu poi interamente distrutto se non dopo sessanta an- ni. Federico HI detto il Pacifico, fi- glio di Ernesto duca d'Austria, fu eletto imperatore, dopo la morie del suo cugino germano Alber- to II.

Nuove turbolenze furono mosse nel i44*^ contro Eugenio IV nel- la Germania , per la deposizione ch'egli avea fatto degli arcivescovi di Colonia e di Treveri partigiani del concilio di Basilea , e perciò suoi nemici; ma portatosi in Roma quale ambasciatore di Federico HI Enea Silvio Piccolomini, poi Pon- tefice Pio II, indusse Eugenio IV a restituire nel grado i due arci- vescovi elettori, mentre i due le- gali Carvajal , e Parentucelli il quale fu poi Psicolò V, pacifica- rono la Germania, estinsero lo sci- sma, e ridussero i tedeschi all'anti- ca ubbidienza della santa Sede , non avendo però mai riconosciuto l'antipapa Felice V, eletto sino dal 1439 clal conciliabolo bas)le.ese. In fatti quando nel i447 s^^' sulla, cattedra di s. Pietro Nicolò V, a- vendo Federico III con tutti i principi di Germania rinunziato ad ogni comunicazione esortativa con r antipapa, l' imperatore ai i ago- sto tou editto couiuudò a tulli i

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sudditi dell'impero di riconoscere per solo e vero legittimo Papa Nico- lò V successore di Eugenio IV. Questa determinazione abbattè i fautori di Felice V, il quale aman- do l'unità cattolica non pensò che ad una sincera rinunzia, effettuata dopo il congresso di Lione, ove in- tervennero gli ambasciatori de'prin- cipi, e quelli degli elettori di Ger- mania, avendo luogo la formale rinunzia di Felice V a' 9 aprile i449' Aveva inoltre Nicolò V, ap- pena eletto, invialo in Germania alle città ed a' principi tedeschi il legato cardinal Giovanni Carva- jal, perchè si ritirassero dal par- teggiare pei padri basileesi, su di che essendone impegnatissimo Fe- derico III, costrinse questi la città di Basilea a cacciar gli scismatici onde estinguere ogni reliquia di scisma. Il medesimo cardinal Car- vajal III da Nicolò V destinalo a comporre le vertenze tra gli un- gheresi e l'imperatore, ed a siste- mare gli affari ecclesiastici di Boe- mia, quindi conchiuse e sottoscris- se il celebre Coiicordaio gernia- nico (f^edi), riguardante i l.>enefì- zi ecclesiastici in Germania, che Nicolò V solennemente conlèrmò con bolla de' 19 marzo i44*^- leg- gasi il Guerra, Epit. Const. Roin. Poiìtif. toni, II, p. 81 ; Branden, ColU'ctanea super Concordatis In- ter sanctam Sedcni apostolicanif et incUtaiii nalionem Germanicnm, Co- loniac 17 16; e Nicolarts, Com- pendiosa praxis henejiciaria ex Coneordalis inclytae nadonis Ger- manirae, regnoruin Polonìue , et Galliae , ciiiìi s. Sede apostolica, Romae lySr. Nel 14^2 Nicolò V ricevè con sommo onore in Ro- ma Federico HI, ch'era accompa- gnalo dal suddetto Ladislao re di

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Ungheria e di Boemia suo nipote, da Alberto d'Austria suo fratello, dal duca di Slesia, e da nobile comitiva sino al numero di seimi- la persone, avendo prima fatto in Siena il giuiamenlo di fedeltà al Pontefice, e di conferma a tutti i diritti della romana Chiesa. Nico- lò V a' 1 6 marzo coronò Fedei-ico III qual re di Lombardia, benedi il suo sposalizio con Eleonora di Portogallo, e ai I 8 dello stesso me- se lo coronò insieme con la spo- sa colle insegne imperiali, donan- dogli la Rosa d'oro benedetla {Ve- di), indi il Papa concesse all'im- peratore le Preci primarie [Fedi), ossia r indulto di conferire le di- gnità ecclesiastiche, vacanti la pri- ma volta dopo l'elezione degl'im- peratori. Federico HI rese al Pon- tefice tutti i consueti segni di ve- nerazione prescritti dal cerimoniale. Tornato Federico III in Ger- mania trovò che molti l'odiavano perchè ancora teneva presso di se Ladislao, e però gli mossero guer- ra parte degli austriaci, i boemi e gli ungheri. Nicolò V a sopire queste dissensioni, deputò il cardi- nal di Cusa allora legato in Ger- mania , ed iu qualità di nunzio Enea Silvio Piccolomini con pode- stà di legato a lalere, onde venne conchiusa la pace. In segtiito l'im- peratore fece pubblicare il codice de'feudi; nulla ommise per dissipa- re le fazioni ne'suoi stati, ma non potè riuscirvi. Nel 1453 ebbe ter- mine l'impero di Oriente fondato nel 33o, cioè i I23 anni prima, per aver Maometto II imperatore de'tiu-- chi presa Coslantinopoli (P edi) ai 29 maggio; così dei due grandi im- peri restò solo l'occidentale germa- nico, chiamato sacro romano impe- ro. Nel r458 fu esaltalo al triregno

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Pio IT già consigliere, segretario ed amljasciatore di Federico IH, che aveagli ^predetto il pontillcato, quando essendo con lui sul monte Cimino, e guardando il Lazio gli disse: su questi luoghi regnerai Enea, e noi che ora vi comandia- mo, un tempo saremo da voi co- mandati". Nel pontificato di Paolo II l'imperatore per adempimento di un pio voto ritornò in Roma, e fece approvare dal Papa l'ordine equestre di s. Giorgio da lui isti- tuito contro gl'infedeli. Per fare la guerra a questi Sisto IV spedì in Germania ed Ungheria il cardinal Bardo legato; indi Innocenzo Vili nel i48'i canonizzò solennemente s. Leopoldo IV detto il Pio, mar- chese d'Austria, ad istanza dell'im- peratore ede'principi tedeschi, men- tre la Germania era lacerata dal- le guerre, onde Mattia re di Un- gheria prese Vienna, senza che Federico III punto se ne alteras- se. Nel i486 a'i5 febbraio Mas- similiano I figlio dell' imperatore fu eletto re de' romani, e pel suo sposalizio con IMaria figlia ed e- rede di Carlo il Temerario ultimo duca di Borgogna , divenne signo- re di tal ducato, della Franca Con- tea e del Belgio, per cui nel 1488 il di lui padre passò nelle Fian- dre in aiuto alle guerre che soste- neva. Dilatandosi le conquiste de- gli ottomani nella Germania e tiell Italia, Innocenzo VIII promul- gò la sacra guerra, ne fece capo r imperatore, e per mezzo del ve- scovo d' Orle suo legato in Ger- mania, fece caldamente raccoman- dare la spedizione ai principi te- deschi; ma essi attenti alle private guerre non favorirono l'impresa, e Massimiliano I la sosteneva col re di Francia. Federico III mori ai

GER 7 settembre ^^cfò, e gli successe il figlio: con questi Alessandro VI si collegò contro Carlo Vili re di Francia, in un ad altri sovrani, e spedì il cardinal Bernardino Car- vajal a coronarlo con la corona di ferro. Per frenare l'ingrandimento della potenza ottomana , Alessan- dro VI nel i5oi armò un esercito, ma non gli riuscì indurvi Massi- miliano I a prenderne parte, onde il Pontefice rivolse le sue cure a sopprimere la magia che in Ger- mania ed in Boemia faceva pro- gressi.

Ad Alessandro VI nell'anno i5o3 successe Pio HI nipote di Pio II, già legato di Paolo II alla die- ta di Ratisbona, ove in favore del- la religione avea perorato alla pre- senza di Federico III, e de'princi- pi dell'impero. Dopo ventisei gior- ni di pontificato, fu creato Giulio II, che adoperò ogni premura per pacificare Massimiliano I con Lo- dovico XII re di Francia, invian- do al primo per legato il nomi- nato cardinale Carvajal , ciò che ottenne nell'anno i5o8, non com- prendendosi nel trattato i veneti ch'eransi impadroniti di Trieste e della contea di Gorizia. Anzi non avendo Giulio II potuto ottenere dalla repubblica di Venezia la re- stituzione delle terre spettanti alla Chiesa, si alleò con Massimiliano I nella lega di Cambray. Dall'a- venimento all'impero di Rodolfo I di Habsburg, sino al regno di Mas- similiano I, l'Alemagna provò pa- recchie calamità, onde questo prin- cipe impiegò diversi mezzi per por- vi rimedio, ed il consiglio aulico, e la nuova dieta da esso fondati, cui qualche scrittore fa risalire a da- ta più antica, a ridonar pervenne- ro al suo regno qualche vigore.

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Onde rendere più facile l'ammini- slrazione, divise nel i5i2 l'impero in nove grandi circoli, di cui già facemmo parola ; cioè dell' alla e bassa Sassonia, di Weslfalia, Sve- via, Baviera , ed Austria , allo e Basso Reno, e Franconia. Per que- sta istituzione i principi , preiati e deputali, riuniti ad epoche de- terminate, formarono un'assemblea generale o dieta. Oltre ai nomina- ti circoli, altri paesi ancora for- mavano parte dell'impero germa- nico, senza essere in veruno di es- si compreso, e tali erano il re- gno di Baviera, i margraviati di Moravia, dell'alta e bassa Lusazia, la parte austriaca delia Slesia, al- cune contee e signorie immedia- te poste nei nove circoli, e ciò non pertanto separate da essi sotto l'a- spetto politico, come le signorie di Jever , Kniphausen , Rlieda, Hom- berg, ec. ; i luoghi di Friedberg nella Wetteravia, Burg, Gelnshau- sen ec. ; piìi i tre territori! dei ca- valieri immediati della Svevia , della Fiancoiiia, e del Reno. Ag- gi ungansi finalmente a questi i così detti enclm'es o paesi annessi, che posti erano in un circolo di- verso da quello cui politicamente appartenevano , come 1' Erfbrd e l'Eichfeld, i quali paesi, benché si- tuati nel circolo dell'alta Sassonia, pure dipendevano da quello del basso Reno. Giulio II nel i5i3 si collegò con Massimiliano I con- tro la Francia, e poco dopo mo- ri dopo avere riempito l' Europa del possente suo nome; gli succes- se Leone X, nella quale elezione aspirò al pciitifìcato Massimiliano I allora vedovo , come si è detto al voi, XV, p. 285 del Dizionario. Leone X si mostrò propenso per Massimiliano I ; ma per unirsi a

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Francesco I re di Francia si riti- rò dall' alleanza che avea con lui conchiusa: questo imperatore morì a Lens a'i'j gennaio t5i9, ama- tore delle scienze e dei dotti, on- de compose qualche cosa in poe- sia , e la sua vita. Da Maria di Borgogna ebbe Filippo che sposò Giovanna erede delia monarchia di Spagna, dai quali nacquero Car- lo V imperatore, e Feidinando I: i quali matrimoni formarono la grandezza e potenza della casa di Austria, le cui due linee principa- li allora furono la Carolina o spa- gnuola, che terminò nel re Carlo li, e la Ferdinandina o tedesca austriaca che gloriosamente regna, trasfusa in quella di Lorena.

Carlo V succede agli stati di Borgogna, ed alla corona di Spa- gna nel i5i6, fu eletto a'28 giu- gno imperatore dopo la morte del- l'avo ÌMassimiliano I, divenne uno de' più grandi principi, ed ebbe a competitore Francesco I redii^/v7/z- cia (^Fedi), al quale articolo ripor- tammo i reciproci avvenimenti. Nel termine del regno di Mnssimiliano I, e nel piincipio di quello del nipote ebbe origine la fimesta eresia di Martino Lutero, per cui Leone X ne condannò subito i perniciosissi- mi errori; quindi nel 1 Sa t il Pa- pa permise a Carlo V di poter ritenere in unione all' impero il reame di Napoli, con accrescimen- to di censo alla santa Sede. Dipoi Leone X si collegò col medesimo imperatore contro Francesco I, on- de colle loro trujtpe il Papa ricu- però alla Chiesa Parma e Piacen- za, e Carlo V il Milanese che si diede a Francesco Sforza: inoltre l'imperatore prese Arles, Tournay, e distaccò dal suo emulo il mal- contento Carlo contestabile di Bour-

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l)on clic fere generalissimo de'suoi eserciti. Per morte di Leone X ai f) gennaio ìS'ì'ì. fu eletto Adriano VI Fiorenzi d'Utrecht, assente dal conclave per essere in Vittoria qual governatore della Spagna di Carlo V già suo discepolo ; i sacri elet- tori senza conoscerlo lo esaltarono, rome quello che potente nella cor- te cesarea, più di ogni altro poteva ahbaltcre la pretesa riforma reli- giosa di Lutero. Nel i5i3 Adria- no VI separò dalla lega coi fran- cesi la repubblica di Venezia, che in vece collegò contro di essi con Carlo V, col suo fratello Ferdi- nando arciduca d' Austria , e col duca di Milano; lega che il Papa pubblicamente notificò in s. Maria IMaggiore a' 5 agosto, in difesa del- l'Italia e dello stato ecclesiastico; in ahre cose, come diremo all'ar- ticolo Spagna (^Vecli), Adriano VI favorì Carlo V, e mori nel i5i'ò. 11 successore Clemente VII spedì legato in Germania il cardinal Cam- peggi, il quale nella dieta di Pia- tisbona, alla presenza di vari prin- cipi dell' impero, promulgò una ri- forma del clero compresa in tren- tacinque capi, su di che vanno let- ti il Bzovio ad an. i5i^, ed il Pallavicini, Storia del concilio eli Trento, par. I, lib. Il, cap. II. Ve- dendo Clemente VII divenire piìi formidabile la possanza di Carlo V, nel iSnG fece una lega coi re di Francia e d'Inghilterra, coi ve- neziani, fiorentini e svizzeri, non che col duca di Milano, lo che of- fese grandemente l'imperatore che tosto pubblicò la guerra al Pon- tefice, che fu costretto per salvar la vita rifugiarsi in Castel s. An- gelo [Pedi): indi nel iSi'j si por- tò all'assedio di Roma il contesta- bile di lìouibou con quarantamila

GER uomini, quasi tutti fanatici lutera- ni, che a' G maggio presero l' in- difesa capitale del cristianesimo. Vi perì i' contestabile, onde subentrò al comando di quelle feroci turbe Filiberto principe d'Oranges lute- rano : per due mesi seguì il piti orrendo saccheggio, nulla fu rispar- miato, né chiese, monisteri di monache, mentre Clemente VII coi cardinali fu assediato in Castel s. Angelo, ove restò tra le privazioni sino al dicembre ed al suo riscat- to. Quando l'imperatore seppe le inaudite calamità di Roma [P'cdi), colla solita sua ipocrisia sospese le dimostrazioni di gioia preparate per la nascita del suo unico figlio Filippo II ; fece vestire la corte a lutto, ed ordinò preghiere e pro- cessioni per la liberazione del Pa- pa ch'egli teneva prigione. Intanto per arrestare i progressi dell'eresia celebrossi nel iSag in Spii-a una dieta, alla quale il Papa spedì il suo nunzio, ed ove Ferdinando I colla maggior parte de' principi e delle città imperiali, stabib nella dieta che si osservasse il decreto di Carlo V pubblicato a Worms, che obbligava a conformarsi alla religione della Chiesa romana; ma diversi principi infetti degli errori di Lutero, con quattordici città protestarono contro il decreto della dieta , appellandosi all' imperatore ed al futuro concilio, per la quale protesta acquistarono i luterani il nome di Protestanti (Vedi).

Pacificatosi Clemente VII con Carlo V, si convenne di abboccarsi nel i529 in Bologna, ove nell'an- no seguente il Papa solennemente, e con quella pompa descritta al- l'articolo Coronazione degli Impep-a- Tor.i, dopo averlo coronato con la corona di ferro, a 2\ febbraio lo

GER coronò con le insegne im[>eiinli, e fu l'ultimo Papa che clic (jueste ad un imperatore germanico. Car- lo V tenne la staffa al Pontefice, e gli addestrò il cavallo ; e Cle- mente VII gli concesse la riten- zione del regno di JNapoli, il quale per tutto il tempo di sua vita do- vesse restare unito all'impero. La repubblica di Firenze ebbe fine, e fu costituita in ducato, in favore di Alessandro de' Medici nipote del Papa. Carlo V a' 3 i ottobre 1 53 i confermò Alessandro nella dignità, e gli die in isposa la propria fi- glia naturale INIaria. In detto anno Ferdinando I re d' Ungheria, fra- tello dell' imperatore, a richiesta di questi fu eletto re de' romani , e Clemente \ II a cui piacque molto questa scelta, la confeiinò, com'e- gli dice nella sua bolla, per la sa- lute della repubblica cristiana, poi- ché avendo gli eretici scompigliato ia Germania nel tempo che Carlo V pei suoi viaggi e guerre n' era assente, era d'uopo che la presen- za d' un re potente ponesse freno alla loro audacia. L'imperatore fe- ce levare a Solimano II l'assedio di Vienna , e ristabilì Mulci Hassan sul trono di Tunisi. JNel i533 si trovò nuovamente in Bologna con Clemente Ali, quando dalla Ger- mania tornava nella Spagna ; e nel seguente anno morì il Papa af- flitto per l'ingrandimento dell' ere- sia luterana, e per l'orrendo scisma fatto da Enrico Vili in Inghilter- ra. Divenuto Pontefice Paolo III, per distruggere il numero stermi- nato di eretici e di errori , nel i535 inviò ai principi cristiani i suoi nunzi, per avvisarli di aver risoluto celebrare un concilio ge- nerale, ed acconsentendovi poscia i principi di Germania s' incomin-

VOL, XXIX.

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ciò nel ì5^9. in Trento ( Fedi). Nel i536 Carlo V si portò a tro- vare Paolo III in Pioma, ove fece solenne ingresso, di che tratteremo all'articolo Ingressi in RoMA;avendo detto al voi. XII, p. 1 37 del Dizio- nario il pericolo di vita che cor- se in visitare la cupola del Pan- theon. Considerando Paolo III quan- to pregiudizievoli riuscissero alla religione cattolica le guerre che si facevano Carlo V e Francesco I, nel i538 si portò a Nizza ad un congresso con ambedue , ma non potè ottenere che la tregua di dieci anni. Tornato il Papa in Roma apprese da Ferdinando I, che a procurare la concordia tra i cattolici e i protestanti faceva d'uo- po spedire in Germania un per- sonaggio d'un merito distinto ; Pao- lo HI scelse il cardinal Aleandri, ma senza successo, perchè deluso dai raggiri degli eretici. Intanto Carlo V dopo aver tenuto prigio- ne in Ispagna Francesco I, e da- togli in moglie la sorella, si portò a Parigi ricevuto con la piìi son- tuosa magnificenza ; tuttavolta nuo- ve guerre tra i due emuli ebbero luogo dappoi. Nel i54i Carlo V prima di partire coli' esercito per Algeri, pregò Paolo III portarsi a Lucca , e nei sei congressi ch'ebbe con lui altro non potè il Papa otte- nere, che si correggessero quelle co- se decretate nella dieta di Ratisbo- na, non con.formi agli antichi ca- noni de' santi padri. Nel i5^3 Pao- lo III ad onta dell'età si recò a Brusseto onde rimuovere l' impe- ratore dalla guerra, ma inutilmen- te. I protestanti adottarono la Cofi- fessione Augustana [Fedi), e fe- cero una lega offensiva e difen- siva in Smalkalde, con cui costrin- sero poi Carlo V ad accordar loro 1 1

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la libertà di coscienza. Questo piin- c:ipe vinse contro di essi nel i547 la battaglia di Mulberg, ove furo- no falli prigionieri Giovanni Fe- derico elettore di Sassonia, ed il langravio d'Assia. Le sette degli anabattisti e dei calvinisti eljbero come altri eretici origine nel le- gno di Carlo V, e tutte insangui- iiaiono con ostinate guerre 1' Ale- magna. Ucciso nel iS^y Pier Lui- gi Francesco duca di Parma e Pia- cenza , feudi della Chiesa , nacque disgusto tra il Papa e l'imperato- re che pretendeva le dette città essere di giurisdizione del Milane- se, e perciò al suo dominio rica- dute : ne fu conseguenza la sospen- sione del concilio, ed animò Carlo V a pubblicare nel i548 una pro- fessione di fede in augusta (Fedì), con la quale credendo pacificar le turbolenze religiose in Germania , fece peggio: questa formola nociva alle cattuliche discipline , fu chia- mata Interim, perchè doveva os- servarsi nella Germania , finché il concilio avesse regolato e deciso le (juestioni insorte sulla fede.

Nel pontificato di Giulio III i principi luterani con INIaurizio e- leltore di Sassonia , e Gioachino elettore di Brandeburgo , avendo fatto lega con Enrico II re di Francia contro Carlo V nel i55i, questi fu in pericolo d'essere sorpre- so ad Inspruck, onde calò precipi- tosamente in Carintia. Quindi nel i552 i medesimi principi obbliga- rono r imperatore nella dieta di Passavia, ad acconsentire alla pace per mezzo d'un solenne trattato, col quale convenne al rilascio dei prigionieri, ed alla libertà di co- scienza od evangelica ai luterani , trattato che viene chiamato la pa- ce religiosa, e formò parte del di-

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ritto pubblico dell' impero. Indi Carlo V con poderosa armala si portò ad assediar Metz , ma fu costi'elio a ritirarsi ; nell' anno se- guente prese e distrusse Terrova- ne, altro piìi fece degno di ri- marco. Indi in Brusselles dimise la corona di Spagna in favore di Filippo II suo figlio, nel i555, al qtiale avendogli già ceduto il re- gno di Napoli, di questo n'ebbe l'in- vestitura da Giulio III, che piìi volte erasi fitto mediatore tra l'imperato- re ed Enrico II. Annoiato Carlo V dell'esercizio di sua gran potenza, dopo aver riportato quaranta vitto- rie , fatto eroiche imprese, intra- preso cinquanta lunghi viaggi, cioè nove in Germania, sei nella Spa- gna , sette in Italia, dieci nelle Fiandre, quattro in Francia, due in Inghilterra, due nell' Africa, ot- to nel Mediterraneo, e due nell'O- ceano, rinunziò l'amministrazione dell'impero a Ferdinando I suo fratello, Ritirossi nel convento di S. Giusto nella provincia di Estre- madura àe Girolaniini di Spagna^ esercitandosi in quelle opere ivi indicate, ove disteso sulla bara si fece celebrare solenni esequie , ed ivi mori a' 2 1 settembre i558. Di tali esequie, e dei magnifici fune- rali fattigli celebrare da Filippo II, se ne tratta all' articolo Fune' rali [Vedi). Carlo V era spiritoso, intraprendente e gran politico: avea del coraggio , ed un' estrema avi- dità di gloria; forse avrebbesi sot- tomessa tutta l'Europa, se noa avesse avuto per ostacolo un Fran- cesco I. E da notarsi, che il Pon- tefice Paolo IV ricusò di appro- vare l'elezione di Ferdinando I, come offensiva dell'autorità apo- stolica , dacché la rinunzia di Carlo V, l'elezione di Feidi-

GER n.-indo I si potevano ultimare sen- za il consenso del sommo Ponte- fice; né si dovea considerare va- cante l'imperio, se non che per la morte di Cesare. Però il successo- re Pio IV, appena eletto nel i55c), confermò nella dignità imperiale Ferdinnndo I , e ricevette i suoi ambasciatori , perchè essendo mor- to il fratello era cessato l'impedi- mento. Ferdinando I erasi sposato alla figlia di Ladislao VI re d'Un- gheria e di Boemia, sorella di Lui- gi li ì\ Giovane, ucciso nel iS^G, per cui credendosi aver diritto alla successione si fece coronare re di Ungheria e di Boemia, ed in tal modo l'està rono i due regni nella casa d'Austria.

Mentre si celebravano le sessio- ni del concilio di Trento, la Fran- cia si gravò perchè Pio IV in una bolla non avea nominato il re quale primogenito della Chiesa, titolo che alcuni dicono avere per il primo ricevuto Costantino il Grande e trasmesso a' successori. Certo è che nel cerimoniale usato dai Pontefici nel rito di coronare gl'imperatori, evvi quello di adottare il Papa so- lennemente per Figlinolo ( J^^cdi ) l'imperatore. Terminato finalmente il concilio di Trento, i tedeschi in- sisterono di potersi comunicare sot- to ambedue le specie, ciò che con alcune condizioni concesse Pio IV ad istanza dell'imperatore, di Alber- to di Baviera, e di Carlo arciduca d'Austria ; ma ciò rivocarono per giuste ragioni s. Pio V, e Gregorio Xlll. P^. CoMVSWSE. Ferdinando I confermò anch'egli con giuramen- to la capitolazione , ed eresse il consiglio imperiale aulico ; fece una tregua di oU'anni coi turchi , ri- conciliò molti principi , diede fi- ne alle contese fra i re di Dani-

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marca e di Svezia, e morì a Vien- na li i5 luglio i564. Fu principe dolce, affabile, amf\nte delle scien- ze, e protettore de' letterali. Gli successe il primogenito Massimilia- no II, che avea fatto eleggere re dei romani a^ 3o novembre i562, e sposo di Maria d'Austria figlia di Carlo V. Ad onta delle proteste di Massimiliano li, il Papa s. Pio V dichiarò granduca , e solenne- mente coronò Cosimo I duca di Toscana; e siccome l'imperatore inclinava a permettere la confes- sione augustana neh' Austria , per mezzo del cardinal legato Commen- done il Pontefice lo minacciò de- porlo dall' imperio se ciò avesse fatto, onde Massimiliano II negli sta- ti ereditari permise l'esercizio della sola religione romana, ed il car- dinale si limitò a riformare il cle- ro di Germania. Gregorio XIII per la dilatazione e mantenimento del- la fede diversi collegi fondò in Ger- mania, cioè in Vienna, in Gratz, a Praga, in Olmiitz, a Brunslier- ga, a Dilinga nella Svevia, a Pont- a-Musson nella Lorena, ed in Mi- lano per la nazione elvetica. Kel 1-575 Gregorio XIII si applicò ad impedire il libero esercizio della confessione auguslana in Boemia, ed a persuadere Massimiliano II a coronarsi in Roma, dappoiché quan- do Paolo IV fece le narrate pro- teste contro l'elezione di Ferdinan- do I e rinunzia del fratello, i prin- cipi tedeschi in una dieta aveano dichiarato non necessaria la pon- tificia coronazione del nuovo im- peratore. Massimiliano linei 1573 fece coronare re d'Ungheria il pri- moaenito Rodolfo II, non che prò- clamarlo re di Boemia, ed a 27 ot- tobre 1575 lo fece eleggere in re dei romani ; si fece prendere Zighet dai

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turchi, pel quale eirore non fu eletlo re di Polonia non ostante l'im- pegno (li Gregorio XHI, e mori in Uatisbona a' 12 ottobre ì'ì'j6. Gli successe Rodolfo li senza do- mandare la consueta conferma al Papa, per cui Gregorio XIII gli rammentò l'obbligo che di ciò gli correva , di spedire in Roma un ambasciatore per ottenere la con- ferma della conseguita imperiale dignità.

Fra le scritture dell'archivio del- la santa Sede, ve n' era una au- tenticata dal collegio degli elettori dell' impero , nella quale ricono- scendo essi l'autorità di eleggere r miperatoie dalla Sede apostolica, dichiaravano essere debito loro, e dell'eletto imperatore di riconosce- re la stessa Sede apostolica, prestar- gli la debita ubbidienza, soggezio- ne ed onorificenza. Tanto aveano jn-aticato Ottone IV con Innocen- zo III, Federico II con Onorio III, Rodolfo I con Gregorio X, e per non dire di altri Federico HI nel cui nome Enea Silvio Piccolomini fece l'orazione obbedienziale a Ca- listo III, Carlo V a Clemente VII. Rodolfo II pertanto a persuasione di alcuni seguendo le orme del ge- nitore, non avendo mandato in Ro- ma r ambasciatore per compiere l'atto, alle rimostranze di Grego- rio XIII spedì Giovanni Zenner, il quale nell'orazione, che in conci- storo pubblico doveva pronunciare, avea cambiato la parola obbedien- za in ossequio. Venuto ciò in co- gnizione a Gregorio XIII, dopo avere ricevuto l' ambasciatore in privata udienza, spedì un corriere con lettera di proprio pugno a Ro- dolfo II, nella quale si lagnò di allontanarsi dal praticato dai suoi maggiori. Per questa lettera ebbe-

GER ro luogo varie trattative col nun- zio di Vienna, e quindi l' impera- tore si contentò di essere piibbli- camenle chiamato nell'orazione ob- hedientissimo figliuolo di Sua San- tità, ed insieme rimettere ni Papa il decreto di sua eie/ione, egual- mente richiesto da Gregorio XllI, il quale dopo aver confermata la di lui assunzione all' impero in pubblico concistoro, gli mandò la bolla di conferma sottoscritta dai cardinali. Soffrendo grandi danni la religione cattolica dai protestanti nelle provincie di Sliria e di Ca- rintia, a cagione dell'eccessiva in- dulgenza dell'arciduca Carlo, d'al- tronde pio e devoto della santa Sede, questo principe esortato a porre un riparo a gravi cose dall'arciduca Ferdinando, e dal suo- cero Alberto duca di Baviera , si rivolse nel i58o a Gregorio XIII, implorando perdono alle sue pre- giudizievoli condiscendenze, e supplì-* candolo inviargli un nunzio di re- sidenza, col mezzo del quale po- tesse avere i consigli necessari ( in Vienna, dopo il concilio di Tren- to, per accomodare ogni controver- sia era già stala istituita la nun- ziatura apostolica). Ed è perciò che Gregorio XIII gii mandò per nunzio Germanico Malaspina con opportune istruzioni, che nella die- ta di Gralz fecero prevalere la buo- na causa del caltolicismo, e l'arci- duca pubblicò analoghi decreti , onde si meritò le lodi e gli aiuti del Pontefice contro i sudditi con- tumaci , che pure avea sommini- strato per alfari religiosi centomila scudi a Massimiliano II , altrettanti all'arciduca Carlo, cinquantamila a d. Giovanni d'Austria figlio naturale di Carlo V, per la spedizione delle Fiandre, e duecentomila ad Erne-

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sto di Baviera per l' impresa del- i'elettorato di Colonia (f^edi), con- tro r apostata elettore Gcbardo Truchses.

Sisto V nel 1 586 invitò l'arci- duca Carlo ed altri principi cat- tolici a bandire gli eretici da' loro stati, ed a non permettervi eserci- zio d'altra religione fuori della cat- tolica, e fu contentato. S'interpose Sisto V col re di Polonia Sigis- mondo III, che da un anno tene- va prigione in Lublino 1' arciduca d'Austria Massitniliano per le ra- gioni che avea al Irono polacco onde s'intitolava re: nel i588 spedì per legato il cardinal Aldo- brandini poi Clemente Vili, il qua- le ottenne la libertà dell'arciduca, la rinunzia alle sue pretensioni, e compose le turbolenze de' polacchi e degli austriaci. Dedito Rodolfo li alle scienze astronomiche, d'in- dole dolce, trascurò gli affari, come si disse al citato articolo Austria, ove sono le notizie degli imperatori di questa casa : fece la guerra ai turchi in Ungheria con diverso successo, e fu costretto cedere la Boemia a Mattia suo fratello re d'Ungheria, e nelle diltèrenze fra i due fratelli , Paolo V esercitò la sua paterna mediazione per mezzo del legato cardinal Millini, che as- sistè alla coronazione di Mattia in Praga. Rodolfo li mori a' 20 gen- naio 16 12, e non essendo riuscito a far eleggere il proprio figlio in re de' romani, lo divenne Mattia. Paolo V oltre ai poderosi soccorsi somministiati al defunto per soste- nerlo contro gli otlouìani , gli ce- lebrò i funerali nel Vaticano , e tosto deputò il nunzio alla dieta che dovea tenersi in Francfort con istruzione di favorire il re Mattia, che a' 18 giuguo fu proclamato

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imperatore, ed a* 24 colle solite formalità coronato. Da Praga ove Rodolfo II aveva fissata la sede imperiale, Mattia la trasferì a Vien- na , alla cui capitolazione fu da lui aggiunto per la prima volta , che per l'avvenire gli elettori del- l'impero avessero il diritto di sce- gliere un re de' romani , anche malgrado la ripugnanza dell'impe- ratore. Kel 16 18 Paolo V pacifi- cò la repubblica di Venezia in guerra con Ferdinando arciduca d' Austria , a cagione delle inso- lenze che gli ussocchi facevano ai sudditi veneti di Segna. Mattia sostenne la guerra co' turchi , si pacificò con essi mediante una tre- gua di veni' anni, e morì a Vien- na li IO marzo 16 19. Gli succes- se il cugino germano Ferdinando li, figlio di Carlo arciduca di Gratz, re di Boemia nel 1617, e d'Un- gheria nel 1618, il quale forzò i protestanti a restituire tutti i beni ecclesiastici, ch'eglino aveano ac- quistato all' ombra del famoso trat- tato di Passavia. Ferdinando II mandò il conte di Puquoi contro Federico V conte palatino ed eletto- re, che dai ribelli era stato procla- mato re de' boemi, il quale dopo a- Ter minacciato Vienna e la fami- glia imperiale, fu vinto nella bat- taglia di Praga li 8 novembre 1620, ed il suo elettorato venne dato a Massimiliano duca di Ba- viera. I Pontefici Paolo V, e Gre- gorio XV somministrarono all'im- peratore copiosi soccorsi, con mili- zie e somme di denaro. Ferdinan- do li disfece pure nel iGiS Cri- stiano IV re di Danimarca, ma i protestanti si unirono contro di lui, e furono soccorsi da Luigi XIII re di Francia, e da Gustavo Adolfo re di Svezia, in un all'è-

iC6 GER GEB. lettore di Sassonia, con immenso di Norllinga nella Svevia, che nel danno della religione caltolica , e iG34 riportò il re d'Ungheria Fer- col depredamento de'sagii templi e dlnaudo III figlio dell'imperatore, luonisteri. Urbano VUI assegnò cinquanta Ferdinando TI inviò ad Urbano mila scudi a di lui rantaggio, e Vili il cardinal Patzman, che nar- mezzo milione di scudi sui beni pateticamente la catastrofe cui ecclesiastici al re di Spagna, allea- soggiaceva la Germania : il Papa to di Ferdinando II; spedì legato sebbene malcontento dell'imperato- il cardinal Ginnetti per la pace, ma i-e per la guerra di Mantova, nel non vi riuscì: tuttavoita essa ebbe i63i con la bolla Suprema gli eiretto nel i635 in Praga, e nel accordò per soccorso sei decime seguente anno l'imperatore fece di- sopra i beni ecclesiastici d'Italia, chiarare re de' romani Ferdinando Già nel 1628 avea concesso all'im- HI suo figlio; morendo dopo ave- peralore per diecianni i frutti dei re assicurato l' ingraiidimeiito di benefizi del palatinato, ripresi dal- sua casa, li 8 febbraio iGSy ia le mani degli eretici, e due terze \ienna. Urbano Vili con magni- parti dei fruiti stessi per altri due fico elogio ne die l' annunzio in anni. Indi con la bolla /4lias del concistoro, ed ordinò i consueti fu- primo marzo i63i accordò lame- cerali. 11 nuovo imperatore ripor- ta dei frutti medesimi, per soste- alcuni vantaggi sugli svedesi col nere la lega caltolica contro gli mezzo di Galasso suo generale; ma cretini, e colla successiva DliUtati- la sua armata fu poi disfatta da iis gli applicò la metà de' frutti Bernardo di Sassonia duca di Wei- tle' beni ecclesiastici tolti agli ereli- mar, sostenuto dai francesi nel ci iu tutta la Germania. Pel feli- 1 638, e da Giovanni Bannier ge- ce successo delle armi cattoliche nerale degli svedesi nel 1639, an- Urbano Vili pubblicò un giubileo zi questo ultimo ebbe coraggio di di tre mesi, prorogato ad altri tre assediare E.atisbona, ove Fti'dinan- raesi, indi dichiarato universale, do III teneva la dieta. Riportaro- prescrivendo in Roma tre solenni no i francesi diversi vantaggi sot- processioni , alla chiesa nazionale to la condotta del maresciallo di tedesca di s. Maria dell'Anima, ed Guebriant , del duca d'Enghieu, alle basiliche lateranense, valica- del principe di Condè, e del viscon- na, e liberiana. Gustavo riportò le di Turrena : l'imperatore fu una celebre vittoria a Lipsia con- tuttavoita vincitore nella battaglia tro Tilli generalissimo dell'impera- di Norllinga, e in quella di Marieu- tore, sottomise due terzi dell'Ale- dal nella Franconia. magna, e dopo esserne divenuto Si fece la pace a Munster ai il terrore perde la vita, benché 24 ottobre 1648, delta pure di ■vincitore, alla battaglia di Lutzen Osnabruct e di Weslfalia, che In- a' IO novembre i632. Però i suoi nocenzo X trovandola ingiuriosa generaU aiutati dalla Francia che allo stesso impero, cui dava nuo- ■voleva deprimere ed abbassare la va forma, e perniciosa alla re- potenza di casa d' Austria, prose- [lubblica cristiana, con una bolla guirono le conquiste, il corso del- la riprovò e condannò : per questa le quali fu interrotto dalla vittoria pace che dava line alla guerra di

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trenta anni, e ridonava all'Kuro- pa la calma, Urbano Vili vi avca spedito per nunzio il prelato Chi- gi, poi Alessandro VII, il quale fu benemerito per la concordia di molte dilFerenze che non danneg- giavano la religione, e per la so- lenne protesta che interpose con- tro i danni e i pregiudizi arrecali tanto alle ragioni temporali della Chiesa, che ai suoi spirituali dirit- ti. Mediante tale trattato, la liber- tà di coscienza fu stabilita in tut- ta l'Aleinagna, ed i beni ecclesia- stici, situati nei suoi stali, conces- si furono ai principi protestanti ereditari, per risarcirli delle spese della guerra, soffrendone anco gli ordini teutonico e gerosolimitano. Vennero assicurati agli elettori, ai principi, ed agli stati dell'impero i loro diritti territoriali, e la loro libertà, a cui erano stali dati gra- vi colpi. La Svezia acquistò la Po- meriana, e la Francia il possesso dell'Alsazia e di tre vescovati ; fu- rono abolite le due metropoli di Magdeburgo e di Brema , oltre ad altri vescovati ed abbazie se- colarizzate: sedici fuiono i princi- pati, cioè i detti due arcivescovati e quattordici vescovati, che si alie- narono a favore e per indennizzo de' principi ereditari; finalmente il governo interiore dell' Alemagna fu stabilito su basi più solide. Ju sostanza nella pace di Westfalia furono ceduti alla Svezia l' arcive- scovato di Brema ed il vesco- vato Verdense; all'elettore di Bran- deburgo i vescovati Halbersta- diense, Mindano, e Camiense, e l'arcivescovato Magdeburgense da conseguirsi però dopo la morte del duca di Sassonia a cui in allora apparteneva; al duca di Mecklen- burgo i vescovati Sveiiuense e Pv.a«

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zenbnrgense ; ai duchi di Brun- swich e Luneburgo, l'alternativa al vescovato Osnabrugense; alla casa di Assia-Cassel l'abbazia Hirsch- feldense. f^. Bines, Apparalus o- mni^enae eruclitionis de pace fi est- phaliae par. 8, pag. Sqì e seg. Ferdinando III fece eleggere re dei romani suo figlio Ferdinando IV, che mori nel i654; non pensò di far passare la corona imperiale nel suo secondogenito Leopoldo I, e terminò di vivere in Vienna nel 1607 a' 2 aprile, compianto più del di lui genitore. Dopo un in- terregno di alcuni mesi, a' 18 lu- glio i658 fu eletto Leopoldo I, figlio di Maria Anna d'Austria, sorella di Filippo IV re di Spagna, e perciò cugino di Carlo li ultimo re di questa dinastia, già re d'Ua- gheria e di Boemia, ed ebbe a sostenere delle guerre contro Lui- gi XIV, e contro la Porta ottoma- na, Leopoldo I non volle mai ar- rischiarsi fra le armi, mai si ritrovò a verun assedio, ad al- cuna battaglia, mai comparve alla testa di alcune truppe. Non- dimeno sostenne la guerra pei* mezzo di generali in tutto il tem- po del suo lungo regno, ed ebbe la sorte di vedei-e una gran parte dell'Europa unita per sostenerlo sul trono, ed acquistargli delle pro- vincie. Alessandro VII, che per di- mostrare il suo atfetto rerso la na- zione germanica, avea annoverato tra i suoi quattro camerieri segre- ti Ferdinando di Fustenberg, mol- lo si adoperò per mezzo di mon- signor Sanfelice arcivescovo di Co- senza e nunzio al E.eno, affinchè fosse esaltato all'impero, ed in fat- ti Leopoldo I subito scrisse al Pa- pa con gratitudine per la valida di lui cooperazione ; quindi il Pa-

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pa lo soccorse dall'impeto de' tur- chi, che l'attaccavano nella Transil- ■vania e nell' Ungheria. IMontccuc- coli , uno de' suoi genei-ali , gua- dagnò col soccorso de' francesi la famosa battaglia di s. Gottardo contro i turchi, li 26 luglio i664- Nell'anno precedente incominciò la dieta ad aprirsi a Ralishona, ed il giudizio camerale nel 1689 da Spira trasferissi, a Wetzlar. Tre anni dopo l'imperatore fece ta- ghare la testa a quattro signori ungheresi a lui ribelli . Clemente IX nel 1668 approvò l'ordine del- le dame della Ciociera, istituito dall' imperatrice Eleonora, vedova di Ferdinando III.

Nel 167 1 Leopoldo I domandò soccorso agli stati generali contro la Francia, il che produsse un'ostmata guerra sul Reno, nella quale le trup- pe imperiali furono quasi sempre battute sino al tempo della morte del gran Turrena nel iGjS. Dopo essere stata conchiusa nel 1679 la pace fra la Spagna, la Francia, e l'impero, gli uugheri avendo chia- mato in loro aiuto i tmchi nel i683, il gran visir entrò in Ungheria alla testa di duecentoquarantamila uomi- ni per risarcirsi delle passate sconfìt- te. Innocenzo XI a'3i marzo si col- legò con Leopoldo I e con Giovanni III Sobiesli re di Polonia per oppor- si ai formidabili turchi : (juiudi or- dinò pubbliche preci in Roma per implorare il divino aiuto, e pubbli- cò un giubileo per tutta la Chiesa. Innocenzo XI impose nella Germa- nia ed in Polonia tasse sulla deci- ina parte de' beni ecclesiastici, e tre decime sul clero d'Italia ed isole adiacenti, il tutto per aiuto del- 1 imperatore. A questi mandò cen- tomila scudi, ed altrettanti al re di Polonia; il sagro collegio de'cardi-

GER nali contribuì trentamila scudi, e d. Livio Odescalclii iii[)ole del Pon- tefice ne somministrò diecimila. L'e- sercito cattolico composto di ottau- ta(ji!attromila uomini, sotto il co- mando di Giovanni IH, e di Car- lo duca di Lorena, di Ernesto con- te di Stahremberg, governatore di Vienna, di Giovanni 111 elettore di Sassonia, di INIassimiliano Emanue- le duca di Baviera, e di altri va- lorosi, a' 12 settembre attaccò i tur- chi che sino dai i4 luglio assediava- no strettamente Vienna, e ne fece macello. Grato il Papa alla prote- zione implorata di Maria istituì la festa del suo santissimo nome, e ri- cevette alcune insegne ottomane. Oltre a ciò Innocenzo XI rimise altri centomila scudi all' imperato- re, ed egual somma al re di Po- lonia, esortandoli a proseguire gloriosa guerra al nome cristiano; fece entrare nella lega la repubbli- ca di Venezia, e nel i685 sommi- nistrò altro danaro. Alla liberazione di Vienna seguirono altre vittorie, e gl'imperiali ripigliarono tutte le città deile quali eransi impadroniti i turchi. Nel 1684 Leopoldo I ce- dette alla Francia Argentina, il forte di Kell, e varie altre piazze; indi nel 1686 fece un trattato co' prin- cipi, e cogli slati di Transilvania, che gli servi di mezzo per impa- dronirsi di quel paese. Conchiuse li 9 luglio dell'anno medesimo la famosa lega di Augusta, il vero oggetto della quale era di opprime- re la Francia e dislaccare da essa r Inghilterra, la quale sino allora pareva troppo congiunta con la me- desima, e di far entrate Giacomo II in questa lega, onde riuscire me- glio neir umiliare la gran potenza francese; la quale lega senza dub- bio l'avrebbe molto pivi prima uic«

GER nata a rovina. Giuseppe I figlio dell' imperatore, nato da Maddale- na Teresa principessa palatina sua terza moglie, fu tatto coronare dai padre re d' Ungheria a' 9 dicembre 1687, ed eleggere re de' romani ai 24 gennaio 1690.

Innocenzo XII fu nel 1691 as- sunto al pontificato, già nunzio di Clemente IX in Vienna, ove fece ar- restare l'eresiarca Corri che in Ger- mania recava gravi danni all' unità della fede. Nella funzione del pos- sesso il conte di Martinitz amba- sciatore imperiale, pretese di non andare col contestabile Colonna, co- me dicemmo all'articolo Ambascia- tori; ed al voi. II, p. 3o2 del Dizio' Ilario riportammo le altre preten- sioni di queir altiero ambasciatore nella processione del Corpus Domini, e del tumulto di cui fu cagione, on- de Innocenzo XII vi piese severa provvidenza. Per vendicarsene 1' am- basciatore attaccò un editto al suo palazzo, con il quale supponendo r imperatore possedere in Italia mol- li liiutli usurpali da altri, invitava i possessori a giustificarne il dominio e prenderne linfeudazione. 11 Papa fece dichiarare dal cardinal camer- lengo con altro editto essere di niun valore l'imperiale, e lesivo dei bùvrani diritti della santa Sede, minacciando gravi pene a chi l'ubbi- disse. Indi con lettera, e per il nun- zio si querelò con Leopoldo I del turbolento procedere dell' ambascia- tore, onde l'imperatore fece scrive- re lettere di scusa. Dipoi per al- tre violenze usate in lionia dall'am- basciatore, convinto Leopoldo I dal- le rimostranze del Papa, richiamò l'ambasciatore, che dovette paitire da Pioma senza aver potuto conse- guire la udienza dal Pontefice, e fu rimpiazzato dal conte di Mans-

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feld. Innocenzo XII somministrò copiosi sussidii all' imperatore che guerreggiava coi turchi, su de' qua- li il principe Eugenio di Savoia del- la casa di Soissons, supremo coman- dante imperiale, agli i i settembre 1697 riportò una strepitosa \itloria sulle rive del fiume Tibisco pi'esso Zenta. Erasi acceso di bel nuovo il fuoco della guerra in Europa, e dopo vari avvenimenti, e molto san- gue sparso da una parte e dall' al- tra, si stabili la pace a Pviswick li 3o ottobre 1697 tra Leopoldo I, ed i re di- Francia e di Spagna, ed altre potenze, per la quale premu- rosamente erasi adoperato Innocen- zo XII. In vigore di questo trattato Argentina rimase a Luigi XIV, ed il Reno servi di confine tra la Ger- mania e la Francia. A'26 gennaio 1699 poi segui la pace di Carlo- wilz nell'Ungheria tra l'imperato- ri, la Porta ottomana, ed altri prin- cipi, per la quale Innocenzo XII rese solenni grazie a Dio, e per tre sere per tutto lo stalo fece fare di- mostrazioni di gioia. Ma siccome l'imperatore avea dichiarato per nono elettore Ernesto duca di Biun- sìvick ed Aniiover, il Papa con apo- stolica libertà riprovò tale elezione perchè il principe era acattolico. Il primo novembre 1700 morì Carlo II re di Spagna e delle due Sici- lie senza prole, e con lui ebbe fi- ne la linea austriaca di Carlo V o Carolina. Con testamento chiamò a succederlo il duca d'Angiò figlio del delfino di Francia, e nipote di Luigi XIV, onde fu acclamato re di Spa- gna col nome di Filippo V in Ma- drid ed a Versailles. Questi subilo si rivolse al nuovo Pontefice Cle- mente XI perchè gli dassc rinve- stitura delle due Sicilie, mentre fe- ce egual domanda l'iinperatore per le

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pretensioni die avea alla successio- ne di Carlo H, a cagione di più stretta parentela. Clemente XI co- me padre comune la ricusò ad aoj- bedue, volle prendere parte al- le loro ragioni: ciò non impedì che nella guerra della successione di Spagna , ancor egli ne risentisse le funeste conseguenze.

Avendo l'imperatore nel 1701 ri- conosciuto per re di Prussia Federico J, elettore di Brandeburgo, e contè- litegli le insegne reali senza il con- senso della santa Sede, dappoiché la Prussia apparteneva anticamente all' ordine teutonico, Clemente XI disapprovò con brevi apostolici la concessione , anche per essere il principe acattolico , e dall' arcive- scovo elettore di Magonza fece re- gistrare nella cancelleria imperiale la sua protesta. Nel 1702 recando- si Filippo V a Napoli inviò ad os- sequiare Clemente XI il marchese di Louville, e per reciprocanza il Papa mandò al re il cardinal Bar- berini legato a lacere. Ciò dis- piacque air ambasciatore imperiale Lamberg, che subito parli da B^o- ma, e se ne olfese pure Leopol- do I, il quale non volle ricevere monsignor Spada nunzio straor- dinario, che Clemente XI avea de- stinato per esortarlo alla pace, co- me avea fatto coi re di Fiancia G di Spagna a mezzo di altri nunzi. Leopoldo 1 sostenne le sue ra- gioni sulla monarchia spagnuola, collegandosi con l'Inghilterra, con l'Olandaj e con la Savoia; indi in- sieme al figlio Giuseppe I, a' 12 settembre 1702, le cedette al suo quintogenito Carlo arciduca d'Au- stria, e perciò lo fece proclamare nel 1703 a Vienna qual re di Spagna col nome di Carlo III. A questo principe sino dulia fanciullezza gli

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fu ispiralo zelo per la religion* cattolica, e stima particolare per gli ecclesiastici^ non che apprese una sufllciente cognizione delle lin- gue, delle scienze, e degli esercizi militari.

Pel sistema di neutralità, Cle- mente XI ricusò di dare il titolo di re, e gli onori inerenti all'ar- ciduca Carlo, anzi nell'anno 1 7o3 proibì che il suo ritratto fosse e- sposto rivestito colle insegne reali, nella chiesa nazionale di s. Maria dell'Anima in R.oma, e siccome avea oidinato a monsignor Davia nun- 7Ìo ordinario alla corte di Vienna (li non intervenire alla solennità di sua proclamazione in re di Spa- gna, l'imperatore credendo che il Papa con tali prudenziali atti si mostrasse favorevole a Filippo V, licenziò da Vienna il nunzio, ed ordinò alle sue truppe di en- trare nella provincia di Ferrara [Predi'). E qui va avvertito, che costante Clemente XI all' adottata neutralità, quando nella consueta cappella cardinalizia per la festa di s. Carlo Borromeo, che si cele- bra in Roma nella sua chiesa del- la nazione milanese, si volevano esporre i ritratti dell'arciduca Car- lo, e di Filippo V, perchè il du- cato di Milano conquistato dai te- deschi faceva parte della monar- chia spagnuola, prese il ripiego di tenervi egli stesso cappella papale, dacché allora non si espongono i ritraiti de' principi, quindi l'estò tale onore alla chiesa, come me- glio dicemmo al voi. IX, p. 92 del Dizionario, senza che il Pon- tefice in quella emergenza si com- promettesse con veruna delle par- ti contendenti. Leopoldo I mori in Vienna a' 5 maggio 1705, con fama di principe retto, di savio

GER discernimento, e di un caralfeie sempre eguale: sotto di lui la bat- taglia di Luzara fu vinta dai fran- cesi , cosi quelle di Fiidlinga e di Spira; ma nella battaglia di Hochstet non solo gl'imperiali ri- portarono vittoria, ma ricuperaro- no tutta la Baviera. Giuseppe I suo figlio gli succes>;e, adottando i principii e le massime del genito- re, impegnando il duca di Savoia, gli olandesi e gì' inglesi f\ continua- re ne'suoi interessi contro la Fran- cia sostenitrice di Filippo V, e volle fare riconoscere il suo fratel- lo Carlo per re di Spagna.

Clemente XI si condolse col nuovo imperatore per la morte del padre, mentre Giuseppe I av- visò coloro che in Germania avea- no diritto di conferire benefizi, che non dassero i vacanti se non a chi egli avesse raccomandato, senza avere domandato le preci primarie al Papa, che gliene conferiva lo indulto. Ed è perciò che Clemen- te XI si trovò in necessità di ri- provare la disposizione imperiale, come contraria al concordato ger- manico: veramente l'imperatore avea avanzato la supplica delle preci primarie, ma per negligenza dell'ambasciatore marchese di Prie non era mai stata presentata. Nel- l'agosto l'imperatore licenziò il nunzio apostolico da Vienna, onde Clemente XI si diresse con un breve al re di Polonia Stanislao, allora mediatore tra il sacerdozio e l'impero, lagnandosi dell'ingiu- ria, e dello scandalo che faceva tripudiare gli eretici; altrettanto direttamente fece con l'imperatore medesimo, con l'iaiperatrice, e eoa diversi principi di Germania , ma senza frutto perchè Giuseppe I riteneva che il Pontefice llivoris-

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se Filippo V. Continuando i dis- sapori tra la corte cesarea, e la santa Sede, nel 1706 tornarono i tedeschi ad assalire le provincie di Bologna e di Ferrara, e solo nel- l'anno seguente ne ottenne il Pa- pa il ri tiramento a mezzo del prin- cipe Eugenio. Passarono le truppe alla conquista del regno di Napo- li, e poscia ritornando nei domi- nii ecclesiastici sorpresero, e s'im- possessarono di Coniacchio (^f-^edi). Pfcl detto anno lyofi l'imperatore intimò agli elettori di Colonia e di Ba riera il bando imperiale, e dipoi sottomise i ribelli d' Unghe- ria. Tra i diversi successi della guerra noteremo che nel 1 707 alla battaglia d' Almanza, l'eserci- to di Filippo V riportò vittoria sopra quello dell' <.uci duca Carlo che avea preso Lerida. Quasi tut- ti i soviani cattolici di Europa furono compresi d'indignazione per l'oppressione dell'innocente Ponte- fice, e Luigi XIV gli spedì il ma- resciallo di Tessi per invitarlo a collegarsi coi principi italiani ; que- sto progetto mosse l'imperatore al- la pace, sebbene il Papa avea ri- sposto, che siccome padre comune de' fedeli, non gli conveniva fai* guerra offensiva contro un impera- tore cattolico, solo doveva difen- dere i propri stati. Il granduca di Toscana, ed il conte palatino si intromisero per la pace, per la quale Clemente XI ricorse all' a- iuto divino, con solenni proces- sioni, in cui si portò alla basi- lica vaticana la prodigiosa imma- gine del ss. Salvatore dal Latera- no; quindi il marchese di Prie sot- toscrisse in E.oma la concordia ai i5 gennaio 1709, convenendo Cle- mente XI di riconoscere Carlo 111 quale re titolare di Spagna, con la

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prote&ta di non intendere pregiu- dicare chi avesse ragioni al trono di Spagna, e con altre prudenti con- dizioni. Ad onta di queste Filippo Y si dichiarò olìeso dal procedere di Clemente XI, il quale con ragio- nevoli argomenti, con analoghi esem- pi, e coir attuale della Francia che ad un tempo riconosceva per re di Inghilterra Guglielmo III acatto- lico che vi regnava, e Giacomo III cattolico ramingo, dimostrò la leale sua condotta.

JVel medesimo anno 1709 i fran- cesi riportarono alcuni vantaggi sui tedeschi nell'Alta Alsazia ; il principe Eugenio con lord IMarl- boroug presero Tournay, e dopo la battaglia vinta a caro prezzo dai tedeschi a Malplaquet, s'impadro- nirono di Mons. Sebbene Filippo V avesse fatto in Madrid riconoscere dagli stati generali il principe d'A- sturias suo figlio per erede presunti- vo della corona, ed Alicante unico ri- fugio di Carlo III fosse stata presa dalle sue truppe, nel 1710 l'eser- cito spagnuolo venne disfatto presso Almenat, ed anche presso Sara- gozza, Filippo V fu costretto ab- bandonare la capitale Madrid, ed in questa entrò malgrado la ripu- gnanza degli abitanti Carlo III di Austria. Però verso il fine di det- to anno Filippo V disfece le trup- pe degli alleati presso Villaviciosa, essendo il loro esercito comandato dal prode principe di Stahremberg, e con questo avvenimento si con- solidò nel trono di Spagna, anche pe' seguenti vantaggi riportati dalle sue milizie. Carlo III abbandonò Madrid, si ritirò in Catalogna ove ben presto tutto perde, tranne Bar- cellona e Tarragona. Intanto Giu- seppe I morì a' 1 7 aprile 17 11 non lasciando che due principesse, Maria

GER Gioseffii, e Maria Amalia, avute da Guglielmina Amalia di Brun- swick, figlia del duca d'Annover. (jli successe il fratello Carlo VI, perciò obbligato lasciare la Spagna, nominandovi reggente la consorte Elisabetta Cristina di Brunswick- NYoKenbuttel, ed il comando del- l'armata al nominato Stahremberg. Arrivò alla dieta quando per le cure del principe Eugenio era star to eletto imperatore, e fu corona- to a Francfort a' 22 dicembre, e l'anno successivo a Presburgo re d' Ungheria^ conservando sempre il vano titolo di re di Spagna. Cle- mente XI dopo aver deplorato in concistoro la perdita di Giuseppe I, gli celebrò i funerali, cui pre- stò assistenza, indi si adoperò per- chè fosse eletto il fratello, nella speranza che desistendo dalle pre- tensioni sulla Spagna si ripristinas- se la pace d'Europa. A tale effet- to uflìziò gli elettori, e die relative istruzioni a monsignor Annibale Al- bani suo nipote, che inviò nunzio straordinario alla dieta di Franc- furt. Dopo l'elezione, Clemente XI mandò a Carlo VI per legato a lalcìv il cardinal Imperiali; e nel dicembre dichiarò con la costitu- zione Reccplis, che per tutti gli atti d'ossequio, e per le funzioni so- lile praticarsi dalla Sede apostoli- ca dopo l'elezione del re de' roma- ni, essa non si approva dal Papa se l'eletto non ottiene la conferma con bulla concistoriale. Allora Car- lo VI fece supplicare Clemente XI dall'ambasciatore di Prie di sua approvazione, e l'ebbe con la bolla Romani Ponli/icis sottoscritta da ventitre cardinali a'^G febbra- io 17145 ''"J' "^^ istanza dello slesso imperatore a' 10 marzo Cle- mente XI gli accordò le preci pri-

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marie, con quelle condizioni con- tenute nella bolla Cam post fa- ctam.

Malgrado i preliminari frnffati di pace d' Utrecht, di Radslnd, e di Baden, la guerra continuò nella Spagna. Nel 17 12 Clemente XI riprovò e dichiarò nulli i capitoli della pace conchiusa nel 1707 da Giuseppe 1 coi plenipotenziari di Carlo XII re di Svezia in AUran- stad, pei gravi danni che riceveva l'ecclesiastica giurisdizione, ed esor- tò Carlo VI a procurarne l'ina- dempimento. Con apostolica fran- chezza il Papa invitò l' imperatore a resistere ai tentativi dei calvini- sti, i quali nella dieta di Ratisbo- na, e nei trattati della pace d'U- trecht procuravano che nella Sle- sia fosse loro concesso, quanto nel- la detta pace d' Altranstad era sta- lo accordato ai luterani. Nel 1714 Clemente XI raccomandò calda- mente all'imperatore ed al re di Francia nella pacificazione della Spagna che si trattava a Baden, fosse cautelata la religione cattoli- ca nella Svizzera, la difesa de' suoi diritti, e la restituzione de' beni tol- ti al mouistero di s. Gallo. Ren- dendosi insolenti i turchi per le ultime vittorie riportate, ed aven- do preso di mira gli stali austriaci, e la repubblica di Venezia, Cle- mente XI implorato il divino pa- trocinio si rivolse a tutti i prin- cipi cristiani per formare una po- derosa lega, ed a tal fine mandò legato a Intere a Vienna il cardi- nale Orsini. Cario VI reslava titu- bante, per timore che il re Filip- po V ne protltasse a di lui danno, onde il Papa ottenne da questo principe solenne promessa che non avrebbe molestato i dominii impe- riali durante la guerra cogli ollo-

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mani. Sicuro di tale prolesta Cle- mente XI ne spedì all'imperatore 1.1 notizia, il quale unito ai veneti ' dichiarò guerra ai turchi a' 5 giu- gno i7iG;ed il Pontefice per aiu- tarlo gli concesse le decime eccle- siastiche per tre anni negli stati au- striaci, nel ducato di Milano, e nel regno di Napoli. Mentre in Ro- ma Clemente XI innalzava preghie- re a Dio e faceva processioni di- vote per la prosperità delle armi imperiali, queste sotto il comando del celebre e valoroso principe Eu- genio, riportarono a' 5 agosto pres- so Petcrvaradino segnalata vittoria; e tale fu il terrore de' turchi, che precipitosamente levarono l'assedio da Corfìi; indi Clemente XI inviò ad Eugenio, come principe beneme- rito della religione cattolica, lo Stocco e berrelloiie benedetti ( Ve- di). Questo capitano prese poscia Temiswar, Belgrado, ed altre piaz- se, per cui i turchi si videro co- stretti domandare la pace. Frattan- to Filippo V mancando alle pro- messe, e facendo uso del soccorso, che dal Pontefice eragli stato dato contro il turco, ad istigazione del primo ministro cardinal Alberoni, s'impadronì dell'isola di Sardegna parte della monarchia spagnuola, già conquistata dagl'imperiali. A tale notizia Clemente XI ne restò af- flittissimo perchè vede vasi esposto coir imperatore, che aveva assicu- rato dell' inazione di Filippo V, ed a questi per la mancala parola scrisse con grave risentimento. Dal- l'altro canto Carlo VI dubitando della sincera condolta del Papa, a sujjeestione de' suoi ministri che lo

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rappresentarono qual traditore, si mostrò sdegnato, proibì al nunzio di Vienna di accostarsi a corte, e di trattare atfari co' suoi mini-

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stri ; fece licenziar da Napoli il nunzio Vicentini, e sequestrò le rendite de'benelìzi che i cardinali e i prelati possedevano ih quel regno, il perchè giuste querimonie gli scrisse 1' innocente e bersaglia- to Clemente XI. Finalmente l'im- peratore, e Filippo V, persuasi del- la probità del Papa, restituirono ai nunzi la loro slima e fiducia, e ritornarono ad un contegno pa- cifico.

In Passarowitz nel 17 18 ebbe luogo la pace co' turchi, conservan- do l'imperatore tutte le sue con- quiste. In quanto all' Italia, per la invasione memorata della Sarde- gna, venne in Londra a' 2 agosto 17 18 conchiusa la quadruplice al- leanza tra l'Inghilterra, la Fran- cia, l'imperatore, e gli stati gene- rali. Carlo VI si obbligò ricono- scere Filippo V in re di Spagna, rinunziando per sempre a detto regno; e gli alleati si obbligarono mantenere l'imperatore in qualità d arciduca d'Austria in possesso de' suoi stati, ed a fargli concede- le la Sicilia in luogo della Sarde- gna. Non avendo voluto la corte di Spagna aderire a questo tratta- to, la guerra continuò; gli spagnuo- li ebbero vari colpi sinistri, e la Spagna entrò nella quadruplice al- leanza nel 1720, e così terminò la guerra. E.iconosciuto il regno di Sicilia possesso di Carlo VI, a' g giugno 1722 Innocenzo XIII glie ne diede la solenne investitura . L' imperatore s'impiegò dipoi a tutto suo potere per introdurre, e per rendere stabile da per tutto la prammatica sanzione rispetto alla successione ne' suoi stati, eredi- tari, che volle restassero sempre in- divisi, cioè che in mancanza di ma- schi della sua linea, le sue figlie

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gli sarebbero succedute in tutta l'eredità, in preferenza di quelle dell' impor;ilore Giuseppe I suo fratello. Dopo di averla fatta accet- farc nella maggior parte degli stati dell' Aleriiagna, ed approvare dagli elettori di Sassonia e di Baviera mariti delle figlie di Giuseppe I, conchiuse un trattato a Vienna li 3o aprile 1725 colla Spagna, ia cui andjedue le parti rinunziarono a tutti i regni e paesi eh' elleno possedevano allora, e fu guarentita la successione ereditaria di d. Car- lo Borbone agli stati di Toscana e di Parma, e la prammatica san- zione d'Austria: questa allenza fu chiamata l'alleanza di Vienna. Be- nedetto XIII die fine alla famosa controversia, se alla camera apo- stolica, ovvero al duca di Modena appartenesse il dominio della cit- tà e contea di Comacchio nel du- cato di Ferrara, occupata dall'im- peratore che proteggeva gli Esten- si, enei 172? ne seguì la restitu- zione alla santa Sede, vera ed an- tica sua signora; quindi il Papa accordò a Carlo VI le decime ec- clesiastiche in tutti i dominii au- striaci, condonandogli tutte le ren- dile maturate; e siccome Sinzen-» dorf primo ministro avea coopera- to a questo accomodamento, creò cardinale Filippo di lui figlio. Es- sendo morto nel 1782 Augusto II elettore di Sassonia re di Polonia, r imperatore si vide ingolfato in nuova guerra. La Francia voleva ristabilire sul trono polacco Stani- slao, e Carlo VI per lo contrario fece eleggete il figlio del defunto, che prese il nome di Augusto III. I fiancesi presero RehI, Treverij Tarbach, Filisburgo, e guadagna- rono in Italia la battaglia di Par- ma e di Guastalla. D. Carlo Bor-

GER GER 175 bone soccorso dalle armate spa- mente ribellato, ppiciò scomunicato gnuole, comandate dal duca di da Clemente XII, come incorso Montemar, attaccò il regno di Na- nelle censure della bolla in Coena poli, e se ne fece dichiarare re in Domini, per aver preso le armi Palermo dopo la battaglia di Bi- contro l'imperatore in soccorso dei tonto, e s'impadronì pure della Si- turchi con obbrobriosa alleanza, cilia. Clemente XII si trovò nella Inoltre Clemente XII in diversi penosa alternativa, che il le Cailo modi cercò giovare Carlo VI. Pub- e l'imperatore gliene domandaro- blicò un giubileo per tutta l'Italia no l'investitura, che credè conce- per implorare il divino patrocinio, dere al secondo. e concesse all'imperatore centoven- Altro non rimaneva nel lyS? timila fiorini di beni ecclesiastici in Italia agl'imperiali che Manto- dei suoi sfati, centomila scudi del Ta; ma essendosi portati i russi tesoro pontifìcio, dodicimila scudi del ed i sassoni a rinforzare Tarmata suo privato peculio, e tientamila scu- jmperiale sul Reno, cessarono le di oblazione de' cardinali e jìrelati di ostilità, e fu fatta la pace. Augu- E.oma. La guerra fu infelice allim- sto III rimase re di Polonia, il re pero, per cui Carlo VI nel lySq Stanislao ebbe i ducati di Lorena nel trattato di pace rilasciò ai tur- e di Bar, con patto che dopo la chi Belgrado, Zabach, la Servia, e sua morte ritornerebbero alla Fran- quanto la casa d'Austria possede- cia; fujono restituite all'imperato- Ta nella Vallachia. A' 20 ottobre re Parma e Piacenza, ed il duca- i'J^o Carlo VI morì a Vienna, to di Milano; la Fiancia garantì dopo aver dato al duca Francesco la prammatica sanzione; il duca Stefano in isposa la sua figlia Ma- di Lorena Francesco Stefano de- ria Teresa, avendolo fatto elegge- stinato a sposare Maria Teresa fi- re re de' romani, laonde questo glia primogenita ed erede di Car- principe divenne lo stipite della lo VI, in compenso della cessione nuova casa d'Austria, chiamata a Stanislao dei due ducali, ebbe Austria-Lorena, gloriosamente re- in cambio il granducato di Tosca- gnante. Benedetto XIV die parte na all'estinzione del granduca Gio. al sacro collegio in concistoro dei- Gastone, e dalla Francia cinque mi- la morte di Carlo VI, e poscia lioni e mezzo di lire all'anno, finché gli celebrò i funerali. Negli stati e- ne fosse entrato in possesso; final- reditari essendo premorto al padre mente d. Carlo di Borbone tenne il l'arciduca Leopoldo, successe Ma- regno di Napoli e la Sicilia, rice- ria Teresa, che si trovò esposta Tendone l'investitura da Clemente a molte guerre e pretensioni al- XII. Nel 1787 Carlo VI si trovò la vasta eredità; e la prammatica costretto guerreggiare coi turchi, sanzione riconosciuta per ventisette onde si rivolse alla benignità del anni, ad im tratto fu considerata Papa come mediatore della sacra come non fatta; ma Maria Teresa alleanza formata da Innocenzo XI, subito si mise in possesso dell'Au- col re di Polonia ed i veneziani stria, dell'Ungheria e della Boemia, contro la sublime Porta, che in- I pretendenti che sorsero a di- \adeva l'Ungheria, ove il principe sputale a Maria Teresa il retag- trausilvauo Ragotski erasi nuova- gio de' suoi avi, furono l'elettore

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di Baviera, quello di Sassonia, Fi- lippo V, il re di Sardegna, e Fe- derico IF rb di Prussia; Luigi XV re di Francia non si valse de'suoi titoli, ma volendo abbassare la ca- sa d'Austria sua antica rivale coa- diuvò all'esaltazione del principe Ila varo. L'eleltoi'e di Baviera Car- lo Alberto figlio di Massimiliano, e sposo di Maria Amalia figlia di Giuseppe I, avendo ricevuto trup- pe dalla Francia s' impadronì di Passavia, prese il titolo d' arcidu- ca d'Austria, andò al possesso di Lintz, s'impadrotù ancora della Boemia, e se ne fece proclamare re, dappoiché crasi protestato contro la convenuta prammatica sanzione, e fatto perciò alleanza col cognato e- letlore di Sassonia. Indi a' i4 gen- raio 174"?' fii unanimemente eletto re de' romani, e fece il suo solen- re ingresso in Francfort, dove l'e- lettore di Colonia suo fratello lo incoronò imperatore, prendendo il nome di Carlo VII! Benedetto XIV ne approvò l'elezione, ed egli no- minò protettore dell'impero presso la santa Sede il cardinale Borghe- se, mentre a di lui mezzo, e per quello del barone Scarlatti suo mi- nistro in Pioma domandò le preci primarie, la spedizione d'un niuì- zio apostolico, e la giurisdizione della chiesa nazionale di s. JMaria dell'Anima. Appena Benedetto XiV intese tutte queste istanze, convocò una congregazione de' cardinali, nel- la quale fu risoluto di digerire il risultato alle due prime domande, e di non far novità alla terza, per- chè i deputati di detta chiesa vi aveano innalzato l'arme della re- gina Maria Teresa, credendo chea questa dovesse appartenere com' e- rcde uuiveisale della casa d'Au- stria, e non mai alla nazione te-

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desca come pretendeva il nuovo imperatore. In quanto al nunzio, trovandosi ancoi'a a Vienna mon- signor Doria nunzio straordinario, Benedetto XIV volle che vi fòsse conservato; ed in quanto alle pre- ci primarie, siccome queste non si accordavano dai Pontefici ai no- velli imperatoli, se non dopo aver essi per mezzo d'un ambasciato- re reso obbedienza alla santa Se- de, cosi appena il cardinal Borghe- se ricevette le credenziali di amba- sciatore straordinario, e rese solen- ne obbedienza a nome di Carlo VII, fece la supplica per le preci primarie, e Benedetto XIV benigna- mente con bolla le accordò. La re- gina Maria Teresa protestò contro l'elezione di Carlo VII, aiutata prin- cipalmente dagli ungheresi, riprese Passavia, Lintz, l'alta Austria: le di lei truppe comandate dal con- te di Kevenhuller entrarono poscia in Baviera, s'impadronirono di Brau- nau, di Landshut, di Monaco , e posero quasi tutto l'elettorato in contribuzione. Carlo VII costretto ad evacuare la Boemia, e spoglia- to de'suoi stati ereditari^ fu ridot- to ad errare per la Germania ; ri- parò alla fine in Francfort ove con- vocò una dieta per rimediare i suoi affari, e tentò pacificarsi con l'Austria. Una diversione effettuata in Boemia dal re di Prussia, gli porse r occasione di ricuperare la lìaviera, onde Carlo VII rientrò in INIonaco nel novembre 17445 "la rifinito dai dispiaceri e dalle infer- mità, mori ai 20 gennaio ^7^^, mentre gli austriaci rientravano in Baviera, nel cui elettorato gli suc- cesse il figlio Massimiliano.

Benedetto XIV venendo in co- gnizione che ne' trattati per la pa- ce si volevano secolarizzare alcuni

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■vescovati tli Germania, ò dai più ricchi si dovessero diminuirne le rendite; per impedire tali nocevo- ìi innovazioni scrisse ai principi tedeschi perchè non lo permettes- sero, ed esortò i vescovi , median- te la costituzione Ui priinuni, ad opporsi virilmente a pregiudizie- voli secolarizzazioni. Rilletteva il Pontefice, che se alcuni principi te- deschi anche cattolici spacciavano che i vescovi non dovevano essere nello stesso tempo principi sovra- ni, dovevano sapere che nella Ger- mania conveniva grandemente che i vescovi fossero ricchi e potenti per resistere agli eretici, e mante- nere quelli che dall'eresia si con- vertivanoi e perciò il Papa invitò i vescovi a chiudere la bocca a coloro che in tal modo parlavano, facendo buon uso delle rendite con generose limosine. Ai 1 3 settem- bre 1 745 Francesco I marito del- la regina Maria Teresa avendo sta- bilito il suo quartiere generale ad JEidelberga fu acclamato imperato- re, fece il suo ingresso in Frane- fort, dove venne coronato a' 4 ot- tobre. Intanto la guerra continuò, e soltanto nel 1 74^5 la pace d' A- quisgrana assicurò a Maria Teresa la possessione della maggior parte de' suoi stati ereditari. I talenti di questa pi-incipessa la mettevano in istato di governare da stessa ; associò nondimeno il suo sposo al- le cure dell'amministrazione, e re- gnò sempre tra loro il piìi gran- de accordo per far fiorire la mo- narchia austriaca, e per mantene- re la influenza della loro casa nel- l'impero germanico. I risultamen- ti della gran lotta che disputò i diritti a Maria Teresa si furono: che la Prussia conquistò una gran parte della Slesia, e la contea di

VOL. XXIX,

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Glatz; una porzione del Milanese fu ceduta al duca di Savoia dive- nuto re di Sardegna nella guerra di successione alla monarchia di Spagna; ed i ducati di Parma e Piacenza furono ceduti ad un in- fante di Spagna. Nel lySS insor- se ima differenza tra l'impero, e Benedetto XIV, il quale volendo elevare al cardinalato monsignor Stoppani già nunzio di Vienna ed alla dieta di Francfort, ed allora presidente di Urbino, il cardinal Millini ministro in Roma dell'im- peratrice Maria Teresa, in nome di questa lo voleva escluso dal sacro collegio , perchè nella detta dieta per l'elezione dell'imperatore avea promosse le parti della casa di Baviera, e perciò non favori quel- le di Francesco I e dell'Austria. Considerando Benedetto XLV che non conveniva dare ascollo a tali istanze, per non dare esempi ad al- tre corti di pretensione onde esclu- dere qualche individuo dal colle- gio cardinalizio, come l'impero, la Francia e la Spagna pretendevano darla al pontificato nel conclave; e considerando pure che monsignor Stoppani avea servito la santa Se- de con riputazione , ed aveva a- gito secondo le istruzioni della me- desima, lo creò cardinale.

Maria Teresa si occupò di can- cellare le tracce della guerra, con animare l'agricoltura, far fiorire il commercio, le arti, le scienze, mas- sime la militare, mediante accade- mie e collegi da lei istituiti. Mi- nacciata di poi da Federico II re di Prussia, Maria Teresa si procu- rò r appoggio della Francia a mez- zo del principe di Raunitz che go- deva la sua intima confidenza, e fe- ce entrare ne' suoi progetti le cor- ti di Russia, di Svezia e di Sas-

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Sonia. Alcuni prosperi successi ono- rarono le armi imperiali , come la vittoria di Rollin riportata dal ge- neral Daun, e la pace di Huberst- burg de' i6 febbraio 17G3 termi- nò la guerra dei sette anni. Poco dopo Giuseppe II figlio primogenito degli imperiali coniugi, nel 1764 fu acclamato re de' romani ; men- tre nel precedente anno Francesco I avea assicurato il gran ducato di Toscana al secondo figlio Pietro Leopoldo. Nel 1765 Francesco I morì ad Inspruck con riputazione di principe saggio, illuminato e be- nefico. Altri suoi figli nati da Maria Teresa furono Ferdinando chiama- to dal suo matrimonio con Maria Beatrice d'Este alla successione del ducato di Modena; Massimiliano gran maestro dell' ordine teutonico, arcivescovo di Colonia e vescovo di Munster; Maria Cristina marita- ta al principe Alberto di Sassonia, governatrice de' Paesi Bassi, e prov- ■visla co'suoi discendenti dell'appan- naggio del principato di Teschen; Ma- ria Amalia maritata al duca di Par- ma; Maria Carolina maritata al re di Napoli; Maria Antonietta maritata a Luigi XVI re di Francia, e che fu partecipe delle sciagure del consor- te, come narrammo a quell' artico- lo. Maria Teresa pianse teneramen- te Francesco I, prese lutto auste- ro che più non depose, fondando un capitolo di canonichesse ad In- spruck, delle quali si parlò al voi. VII^p. 23 I del Dizionario, con l'ob- bligo di pregare per l'anima del consorte. A' 18 agosto 1765 Giusep- pe li divenne imperatore, continuan- do ad essere imperatrice regina Maria Teresa sino alla morte. A questa Clemente XIII, come regina d' Ungheria, confermò il titolo di maestà apostolica, e con poco frutto

GER a lei si rivolse per salvare la mi- nacciata benemerita compagnia di Gesù. Celebrandosi il Conclave (^f'^^- fli) per di lui morte, Giuseppe li e il fratello Pietro Leopoldo l'ono- rarono di loro presenza: per questo conclave ebbero luogo due amba- sciatori straordinari, uno di Giusep- pe II, l'altro di Maria Teresa, di- stinti con doni dall' eletto Clemen- te XIV. Quando stava per iscop- piare la guerra tra questa principes- sa, e Caterina li imperatrice di Rus- sia che brillava su quel trono, se- guì nel 1772 il primo partaggio della Polonia tra quella potenza, la Prussia, e Maria Teresa cui toc- cò la Galizia, la Lodomiria, la cit- tà di Zyps^ e poscia la Bukowina, ed il quartiere dell' Inn. La succes- sione di Baviera vacata per mor- te di Massimiliano, ultimo elettore del ramo cadetto di Wittelsbach, fu causa di nuova guerra.

Toccava la successione di diritto all' elettore palatino, come capo del ramo primogenito, ma Giuseppe II persuase la madre ad invadere la Baviera , mentre per rappresaglia la Prussia occupò la Boemia: ben presto terminò la guerra nel 1779 colla pace di Teschen, in cui l'Au- stria rinunziò alle sue pretensioni. Maria Teresa moiì a' 29 novembre 1780, col titolo glorioso di madre della patria. Gli successe Giusep- pe II, il quale subito occupossi di consolidare il possesso de'suoi im- mensi dominii, stabilendovi un si- stema di amministrazione regolare ed uniforme. Continuò a vivere fiugalmente, e senza fasto sovrano, col quale privato sistema avea fat- to diversi lunghi viaggi, per acqui- stare cognizioni, sino nelle più ri- mote regioni , nell'intendimento di farne uso in vantaggio de'popoli

GER affidati a lui dalla provvidenza. Protesse le arti, le scienze, il com- mercio, ed amò le milizie con le quali visse domesticamente, ed eb- be per loro la più tenera solle- citudine. Troppo però fu traspor- tato nello spirito di riforma, e dis- graziatamente volle semplicizzare ne' suoi stati la cattolica religione, ed organizzare il sistema del cle- ro e dei claustrali con pregiudi- zievoli novità. Vietò primamente ai religiosi di ubbidire ai loro sii- peiiori , soppresse molti conven- ti e monisteri, proibì ad altri ri- cevere novizi, e di altri s'impa- dronì delle rendite. Ordinò al cle- ro di dargli un catasto de'suoi be- ni; e non permise più cbe si ri- corresse al Papa per le dispense matrimoniali. Prescrisse ì\ placet imperiale per tutte le bolle, brevi e rescritti provenienti da Roma, e dalla santa Sede. Vietò ai ve- scovi di conferire gli ordini, e con un seguito perenne di regolamenti che cambiavano tutti gli antichi usi praticati dalla Chiesa, e rove- sciavano la sua disciplina, si fece riformatore eziandio de' più piccoli oggetti. Soppresse le confraternite e pie congregazioni , abolì le di- vote processioni di religione, pre- scrisse l'ordine dei divini uffizi, regolò le sacre cerimonie , il nu- mero delle messe, la maniera del- le benedizioni , e fino la quantità di cerei , che dovevano ardere nei medesimi uffizi divini, per le qua- li minuzie il filosofo Federico II re di Prussia j lo chiamava mio fratello il sagrestano. Questi e molti altri decreti eccitarono lo zelo di parecchi vescovi , ma le loro rimostranze non furono attese. Fra gli altri il cardinal Bathyan primate d' Ungheria, dimostrò al-

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l'imperatore quanto i suoi decreti eccedessero il potere dell'autorità civile, massime quello de' 4 mag- gio 1781, in cui a favore dei gian- senisti s' ordinava un assoluto si- lenzio sulla bolla Vnigenitus di Clemente XI, contro la quale pe- rò seguitavano a scrivere i teologi della corte, ed in favore dell' ap- pello. Quell'intrepido cardinale fe- ce osservare che la bolla di Cle- mente XI era un giudizio della Chiesa universale, com'erasi dimo- strato dal concilio romano nel 1725 ; dall'enciclica di Benedetto XIV nel 1756, e dagli atti del clero di Francia nel 1765. Nulla potè fermare il corso delle inno- vazioni religiose di Giuseppe II, tanto opposte all' antica disciplina ecclesiastica , le diverse lettere amorevoli del Pontefice Pio VI, poterono persuadere V imperatore a cangiare consiglio, ed ascoltar quello del padre comune de' fe- deli.

Per dovere del suo apostolico ministero, stimò Pio VI che la sua presenza e le sue parole potessero avere maggior efficacia presso l'au- gusto, onde risolvette di portarsi a Vienna. Partecipò il suo divisa- mento ai cardinali Albani e Ger- dil, e siccome uno di essi gli ri- spose che avrebbe dovuto molto combattere, soggiunse il zelante Pa- pa, combatteremo, ma colle armi della dolcezza e della cristiana ca- rità. Quindi Pio VI avvisò l'im- peratore con lettera de' 9 febbraio i78'2 della prossima partenza per la di lui capitale, senza indicargli i molivi del viaggio. Li previde Giuseppe II dicendogli nella rispo- sta che il partito da lui preso nel- le riforme religiose era irrevocabi- le, né mai avrebbe ceduto. A' 37

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febbraio Pio VI partì alla volta di Vienna {J^cd'), o giunto a Ferra- ra ricevette dall'imperatore 1' av- viso che l'avrebbe alloggiato nel palazzo imperiale, mentre il Papa divisava abitare in quello della nun- ziatura. A' i4 marzo Pio VI arri- vò a Gorizia dove il conte di Co- bentzel vicecancelliere di corte lo complimentò in nome dell' impera- tore. A Lubiana ebbe gli omaggi dell'arciduchessa Marianna d' Au- stria, proveniente colle sue dame da Clangenfurt. A' 2 2 marzo due leghe da Neustadt Giuseppe II col fratello INIassimiliano si presentaro- no alla carrozza di Pio VI, che fu dall' imperatore aiutato a discen- derne dopo aperto da lui lo spor- tello. Dopo gli scambievoli atti di cordialità, Pio VI ascese nella car- rozza di Giuseppe II, ed insieme entrarono in Vienna , ove venne trattalo splendidamente in tutto il tempo che vi restò, essendo allora nunzio apostolico il celebre mon- signor Garampi. Quindi ebbero luogo tra il Papa e l'imperatore soltanto lunghi e continui congres- si, mentre tutta l'Europa teneva verso di loro rivolta la sua atten- 7Ìone, Intanto le riforme ecclesia- stiche non vennero sospese modificate, anzi l'imperatore mi- nacciò quelli che non aveano pub- blicato i suoi ordini sulla tolle- ranza dei diversi culti religiosi , tra' quali il vescovo di Gorizia, il conte d'Elding, e l'intendente del- la provincia di Carniola. Dall'altro canto Pio VI, sempre costante nel- la difesa dei diritti della santa Se- de, in Vienna stessa scrisse un bre- ve con cui pieno di apostolica fer- mezza ripi'ese un vescovo di Mo- ravia perchè avea lasciato uscire da due monasteri le monache, che

GER si videro erranti cercando ricove- ro, e perchè assolvette i religiosi massime i certosini dall'osservanza di loro regola. Del risultato sull'o- perato di Pio VI a Vienna, poco se ne seppe: certo è che il giura- mento prescritto ai vescovi fu sop- presso; permise ancora l'imperato- re, che si potesse ricorrere alla santa Sede nelle dispense matrimo- niali in primo e secondo grado; il Papa accordò ai vescovi la facoltà per le dispense matrimoniali iu terzo e quarto grado, ed ancora in parentela più prossima, previo l'assenso pontificio; alcune modifi- cazioni riguardo ai monasteri di ambo i sessi, e sulla tolleranza del- le diverse religioni ; soppressi al- cuni monasteri e conventi religiosi, furono l'ispettati però i loro ordi- ni e congregazioni ; 1' imperatore spiegando il suo decreto sulla bol- la Unigeìiì'tus vietò disputarne pub- blicamente, e permise ai professori darne nelle scuole una conoscenza istorica; il medesimo dichiarò che il placet imperiale non si estende- rebbe sulle bolle in materia dom- matica; protestò che il piano adot- tato per la censura de' libri, non impediva ai vescovi di fare le loro rappresentanze sopra quelli che avessero riputati nocivi. Questi fu- rono i principali punti ove Giu- seppe II rallentò la sua rigidezza, tenendolo saldo il principe Kaunitz gran cancelliere, contro le zelanti sollecitudini del capo della Chiesa : Pio VI in una parola si chiamò contento del suo viaggio. Prima di partire da Vienna ricevette dal- l'imperatore una superba carrozza da viaggio, ima ricca croce di bril- lanti, ed un pastorale con molte gioie di finissimo lavoro , i quali doni furono sliraati trecento ciu-

GER quantamila fiorini. Inoltre l'impe- ratore fece nobili doni ai famiglia- ri del Pontefice, il quale fece al- trettanto con la corte imperiale. A' 23 aprile Pio VI partì da Vien- na, seguito da monsignor Garam- pi, ed in carrozza coli' imperatore, lasciandosi entrambi con recipro- che dimostrazioni di rispetto ed affetto nella strada di Baviera al santuario di s. Maria Brunn. Indi Pio VI passò a pernottare nell'ab- bazia de' benedettini di Melck po- co dopo soppressa, e per Lintz, Hag, Monaco, Augusta, Inspruck e Bressanone usci dai dominii au- striaci.

Tornato Pio VI in Roma l'im- peratore die luogo Q nuovi prov- vedimenti; egli con un editto si arrogò la nomina dei vescovi di Lombardia che spettava al Papa da tempo immemorabile; e Pio VI fu condiscendente in cederla. Di propria autorità Giuseppe II formò un regolamento sui vesco- vati, aboh i seminari diocesani so- stituendovi dei generali in cinque o sei città solamente; pubblicò un decreto per togliere alla Chiesa le sagre immagini ; soppresse gì' im- pedimenti derimenti de' matrimoni, ne formò in vece de'nuovi, e per- mise il divorzio in molti casi. In- tanto Eybel, uno de' più ardenti fautori delle riforme imperiali, nel 1782 pubblicò in Vienna un li- bro intitolato: Quid est Papa? il quale munito del sigillo impe- riale si sparse con profusione tra- dotto in piìi lingue. Per lo spirito velenoso che conteneva, si pretende- va che il Papa non avesse altro diritto che di avvertire ed esor- tare, così i vescovi che faceva e- guali nell'autorità. Dipoi Pio VI con decreto de' 28 novembre 1786

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condannò il libro, come conteoen- te proposizioni ingiuriose, false, te- merarie, scismatiche, erronee ed e- retiche, già condannate dalla Chie- sa. L'imperatore persuaso che il pontificio decreto comparirebbe nei suoi dominii de' Paesi Bassi, ne or- dinò la soppressione; e perchè il nunzio di Brusselles monsignor Zon- dadari, e l'arcivescovo di Malines cardinale Franckenberg erano ac- cusati di aver contribuito a farlo conoscere nelle Fiandre, ordinò al primo di partir subito da' suoi sta- ti, ed al secondo di portarsi a Vienna per render conto di sua condotta. Mentre Pio VI nel 1783 attendeva in R.oma Gustavo III re di Svezia, giunse all' improvviso l'imperatore Giuseppe II, che viag- giava al solito incognito, il quale dopo aver preso breve riposo dal suo ministro cardinal Herzan , si presentò con grata sorpresa al Pon- tefice; e poscia col re di Svezia si trovò presente alle funzioni del santo Natale. Dopo il trattenimen- to in Roma di sette giorni, l'im- peratore si recò a Napoli, e ritor- nato che fu in R.oraa, a' i4 feb- braio 1784 sottoscrisse il concor- dato col quale il Papa cedette iu perpetuo all' imperatore e succes- sori il diritto alle nomine dei ve- scovati ed altri benefizi ecclesiasti- ci in Lombardia, come duca di Mi- lano e di Mantova.

Nel 1785 Pio VI cedendo alle istanze del duca Teodoro palatino elettore di Baviera, stabilì nella capitale Monaco la nunziatura apo- stolica, la quale fu subito contesta- ta dagli elettori di Magonza e di Colonia, e da altri prelati protetti dall' imperatore, il quale dimostran- dosi disgustato, fece sapere al nun- zio di Vienna monsignor Caprara,

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che risparmiasse la consueta spesa pel formale suo ingresso, come per l'avvenire veaiva dispensato assiste- re alle funzioni sacre della corte, per le quali era stato destinato farne le veci il parroco dell'aulica chiesa degli agostiniani scalzi. Nel- lo stesso tempo si accrebbe il ma- le umore negli elettori ecclesiastici per la circolare del nunzio di Co- lonia sugi' indulti quinquennali, di che parlammo, come della contra- stata nunziatura^ ai relativi artico- li, e venne celebrato il congresso o conciliabolo à'Etns [Fedi), pae- se non della casa d'Altemps, come scrivemmo sull'autorità altrui, dap- poiché gli Altemps furono signori dell'altro Ems nel Vorarlberg, pres- so il lago di Costanza. P^edi l'opu- scolo intitolato: VérUahle état dii dijférent éicve entre le nonce apo- sbolique, eL les trois électeurs ecclé- siasliques, DusseldorfF 1787.

Questa riprovevole adunanza fu riguardata da' buoni vescovi e clero di Germania, opposta a tut- te le leggi canoniche. Pel nuo- vo sistema poi di ecclesiastica di- sciplina, introdotto anche nel Bel- gio da Giuseppe II, nacquero del- le insurrezioni , per cui l' impera- tore s'irritò col nunzio di Brussel- les, e coi vescovi. Tali turbolenze si aumentarono nel 1789, veden- dosi i popoli de' Paesi Bassi au- striaci privati delle loro antiche prerogative, spogliate e soppresse le più illustri e ricche comunità clau- strali ed abbazie, annichilita la be- nemerita società degli scrittori bol- landisti d' Anversa, donde si erano fatti trasportare a Vienna tutti i vasti e preziosi materiali, che ser- vivano alla continuazione della lo- ro immortale opera delle vite dei santi, ed inoltre esposta alla pub-

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blìca vendita la rinomata biblio- teca di Brusselles. col suo impor- tante museo. L' imperatore venne dichiarato dai brabanzoni decaduto dai suoi sovrani diritti, e privato degli stali delle Fiandre per la sol- levazione di quelle provincie. Al- lora Giuseppe li si rivolse ad im- plorare la mediazione di Pio VI, mentre sino allora era rimasto sordo ai replicati suoi paterni in- viti di desistere dalle riforme re- ligiose. L' interposizione del Papa e le promesse dell'imperatore nou produssero ne' fiamminghi il de- siderato fine, poiché essi già ave- vano gustato il frutto della liber- tà, che tanto allora ad esempio della Francia fatalmente si dira- mava in molte nazioni. Intanto Giuseppe II per una tosse mal cu- rata, e pegli strapazzi e disagi sof- ferti al campo di Bonnato, mori di consunzione di viscere a' 20 feb- braio 1790. Pio VI gli celebrò le solite esequie nella cappella pon- tificia, nelle quali monsignor An- nibale della Genga, poi Leone XII, pronunziò una dotta orazione che fu pubblicata colle stampe in R.o- ma, In funere Josephi II, ec. : l'il- lusti'e e sagace prelato, animato da queir amore costante della ve- rità, che dev' essere 1' unico scopo d'uno storico, nulla detraendo alle lodi dovute al suo eroe, non ne dissimulò i difetti, aggiungendo con ciò maggior fede ai meritati elogi che gli comparti.

Gli successe Leopoldo II Pietro Giuseppe suo fratello, e fu deno- minato il Pacifico. Nel 1765 eia divenuto granduca di Toscana, spo- sò Maria Luisa di Borbone in- fante di Spagna , ed a' g ottobre 1790 ottenne la corona imperiale. Tosto che fu arrivato nella sua

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capitale Vienna, listabiri con mo- dificazioni la forma di governo che sussisteva al tempo di Maria Te- resa ; gli ostacoli che vigevano sul commercio furono levati, ma l' e- ditto di tolleranza fu conservato ed anche esteso, ed i regolamenti ch'erano slati fatti in favore degli ebrei furono perfezionati. Colla mor- te di Giuseppe li niuna lusinga concepì Pio VI di veder cambiate nella Germania le cagioni che tan- te amarezze avevano prodotte nel suo animo, fino a spingerlo ad in- traprendere un viaggio disastroso alla corte di Vienna , per mettere riparo alle riforme che quell'im- peratore andava operando di pro- pria autorità nelle materie eccle- siastiche. Leopoldo II troppo avea manifestato nel tempo del suo go- verno della Toscana , di essere u- niforme ai sentimenti dell'augusto suo fratello, col quale si univa in- teramente nelle vertenze col Pon- tefice. Ma troppo più lo manifestò quando per la sua assunzione al trono imperiale, benché avesse sa- puto il pentimento di suo fratello avanti la famiglia imperiale pale- salo nel punto di sua morte, egli tuttavia nel giurare in Francfort la costituzione che dal collegio de- gli elettori gli fu presentala pri- ma di sua coronazione, non volle unilormarsi al concordato germa- nico di Nicolò V e Federico 111, che anzi deliberò sul punto delle nunziature si dovesse osservare il decreto di Giuseppe II de' 4 ago- sto I 788; e dichiarò che per l'av- venire il diritto di conferire i be- nefizi ecclesiastici nella Gerjnania, spettar dovesse ai soli arcivescovi, vescovi, capitoli, ec. esclusa la san- ta Sede, alla quale vietò ogni ri- corso ed appellazione nelle cause

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ecclesiastiche. Monsignor Caprara che in qualità di nunzio straordi- nario si trovava in Francfort pre- sente al dello giuramento, fece u- na formale protesta, non solo per ciò che si era aggiunto in riguar- do ai diritti della Sede apostolica in generale, ma ancora in ispecia- lità contro tutto quello che ap- parteneva alle materie benefiziarle, e le appellazioni nelle cause eccle- siastiche. Ma la protesta del nunzio, le doglianze di Pio VI avanzate con una lettera di pro- prio pugno all'imperatore, produs- sero verun cambiamento sulle cose predette, moderata fu mai in al- cuna parte la costituzione dell'im- peratore nella forma da lui giurata. Leopoldo II a mezzo del prin- cipe Coburgo l'iporlò alcuni van- taggi sui turchi, acconsenti di re- stituire ai Paesi Bassi l'antica loro costituzione , sotto la guarentigia clelle potenze alleate ; poscia sot- toscrisse il trattato di Sistove a' 4 agosto 1791, e a' 3 novembre ven- ne coronalo in Presburgo re d'Un- gheria, cerimonia .che pei succes- sori prescrisse con legge doversi ef- fettuare sei mesi dopo la loro as- sunzione al trono. Indi dovette oc- cuparsi della terribile rivoluzione di Francia, ove la sua sorella Ma- ria Antonietta moglie di Luigi XVI, era esposta ad ogni sorte di oltraggi. La sua qualità d'impera- tore gì' imponeva l' obbligo di so- stenere i diritti di que'principi del- l' impero, eh' erano lesi dai de- creti dell' assemblea nazionale di Francia, alla quale già avea falle le sue rimostranze Giuseppe II. Il collegio elettorale pregò allora Giu- seppe II di fare nuovi passi, onde r assemblea invitò Luigi XVI a negoziare coi principi proprieta)ii

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una rinunzia ai loro diritti me- diante un compenso; ma essi di- chiararono ^ che uou accetterebbero in risarcimento che beni territoriah. Non combinandosi le cose, i prin- cipi dell'impero invitarono l'impe- ratore a provvedervi, e reclamaro- no l'intervento delle potenze mal- levadrici del trattato di Westfalia; ebbero luogo diversi trattati sul- l'Alsazia, che pei successivi avve- nimenti non ebbero esecuzione. Leo- poldo II si abboccò in Mantova col conte di Artois fratello di Lui- gi XVI per la delibeiazioue di questo, per il che si fecero vari progetti. Lo stato deplorabile in cui la famiglia reale di Francia si vide ridotta dopo il malaugu- rato viaggio di Varennes, indusse l'imperatore a pubblicare una di- chiarazione, con la quale invitò le altre potenze a protestare che si sarebbero unite per vendicare qua- lunque ingiuria le potesse venir fatta, e per punire una ribellione di cui r esempio metteva in com- promesso la sicurezza di tutti i go- verni; e poscia sottoscrisse una va- ga dichiarazione per la restaura- zione dell'autorità del re in Fran- cia, che servì di pretesto alle invet- tive de' nemici di Luigi XVI. In- tanto benché l'imperatore pel pri- mo avesse accolto ne'suoi porti la bandiera tricolore, 1' assemblea le- gislativa tonava minacce contro l'impero, che finì con intimargli la guerra. Indi Leopoldo II si col- legò con la Prussia, e moiì a' 2 marzo 1792, lasciando quattordici figli, quattro femmine, e dieci ma- schi, i quali sono Francesco il, Ferdinando III granduca di To- scana, Leopoldo, Giuseppe palatino, Carlo, Giovanni, Antonio, Pianieri viceré del regno lombardo veue-

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lo, Luigi, e Rodolfo cardinale. Gli successe Francesco II, educato sot- to lo zio Giuseppe II, ed i regni di questi e del genitore fertili di avvenimenti gli servirono di am- maestramento, onde poscia saggia- mente se ne giovò. Inclinato alla pace ed alle antiche istituzioni del- la monarchia, dovette regnare in guerra per molti anni , ed attor- niato da innovazioni, da torbidi, e da rivoluzioni. Pianse teneramen- te la morte di Giuseppe II che amava, quantunque approvar non potesse il suo sistema di governo, e dopo quella del padre dichiarò che ne avrebbe seguita la politica; fu coronato re d'Ungheria il 6 giu- gno, e re di Boemia il 5 agosto, essendo stato eletto re de' romani il 7 del precedente luglio, ed ai i4 coronato.

Incominciata la guerra colla Francia, lutto il peso de'suoi eser- citi piombò sull'Austria, allora Fran- cesco II ciò consigli del vecchio principe di Kaunitz, l'oracolo del gabinetto di Vienna, si determinò di fare i maggiori sforzi per so- stenere la terribile e lunga lotta, nominando generalissimo il princi- pe di Sassonia- Coburgo. Si fecero alcune conquiste, quando decapita- to l'infelice Luigi XVI , la regina IMaria Antonietta, e madama Elisa- betta sorella di detto re, tutta la Francia spinta dalla disperazione era divenuta invincibile , mentre Thugut successe a Kaunitz nel con- siglio dell'imperatore. In compagnia di esso Francesco li si portò nei Paesi Bassi, e fu coronato in Brus- selles duca del Brabante; ma ben presto dovè abbandonarli. Nel i 795 la Prussia si ritirò dall' alleanza, e concluse a Basilea la pace con la repubblica francese: la Spagua,

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alcuni siali d'Italia e d'Aleraagna ne seguirono l'esempio, onde l'Au- stria si trovò sola sul campo di battaglia ; tuttavia i suoi eserciti sotto gli ordini di Clerfayl e del- l'arciduca Callo, conseguirono rag- guardevoli vantaggi, ed il secondo fu proclamato il salvatore della Gerniania, In detto anno 1795 fu aggiunta alla monarchia au- striaca la Galizia occidentale, in forza della seconda divisione della Polonia. Nel 1796 comparve il generale Bonaparte che pose in fuga l'esercito austriaco, lo separò dagli alleati piemontesi^ e lo scac- ciò dalla Lombardia; prese la for- tezza di Mantova, e s'innoltrò sot- to le mura di Vienna. Per il trat- talo di Campo Formio de' 17 ot- tobre 1797, l'Austria rilasciò il Belgio, e la Lombardia, cioè tutti i suoi antichi possessi dell' Italia, ricevendone in compenso l'Istria, la Dalmazia, le Bocche di Cattaro, le isole veneziane , e Venezia con quasi tutto lo stato veneto; cede ancora alla Francia la fortezza di Magonza, baluardo della Germania. Coi sussidii dell'Inghilterra , e gio- vandosi de'movi menti della Piussia, l'Austria ricuperò tutti i suoi sta- ti d'Italia; ma la Russia accorgen- dosi che il ristabilimento della mo- narchia francese non era lo scopo della corte di Vienna, si ritirò dal- l'alleanza, e di nuovo l'Austria Irovossi sola contro la possanza re- pubblicana. I repubblicani france- si avendo occupato tutto lo stato pontificio, detronizzarono nel 1798 Pio VI, che mori loro prigioniero in Valenza nell'agosto del seguen- te anno. L'imperatore oHn ai car- dinali la città di Venezia per Te- lezione del successore, onde riuni- tosi ivi in conclave il sacro coUe-

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gio, nel monislero de' cassi nesi di s. Giorgio Maggiore a' i4 marzo 1800 esaltò al pontificato l'immor- tale Pio VII. La vittoria di Ma- rengo riportata da Bonaparte su IMelas , costrinse gli austriaci ad abbandonar l'Italia; e la marcia di Moreau sopra Vienna produsse ai 3 febbraio 1801 il trattato di Lu- neville, che garanti un qualche an- no di riposo al pacifico Francesco lì, tranne la terza guerra che du- rò tre mesi, fatta da Napoleone, insieme con Alessandro I impera- tore di Russia contro l'Austria, in cui fu presa Vienna a'i5 novem- bre, ed ebbe fine con la pace di Presburgo. Per questo trattato di Luneville l'Austria abbandonò pa- recchie contrade della sinistra riva del Reno; le frontiere della nuo- va repubblica Cisalpina furono am- pliale ; l' antica costituzione del- l'impero germanico rovesciata, ed i duchi di Modena e di Toscana, arciduchi d' Austria, costretti a ri- nunziare ai loro stati. Quasi tutti gli stati ecclesiastici alla destra del Reno vennero secolarizzati, e furono soppresse tutte le città im- periali ad eccezione di sei, cioè Amburgo, Lubecca, Brema, Franc- fort sul Meno, Augusta, e Norim- berga. Quei paesi accordaronsi co- me indennizzazione ai principi se- colari che avevano perduto delle Provincie alla sinistra riva del P».e« no. Gli elettori di Treveri e Co- lonia vennero pure soppressi, e ne furono creati quattro nuovi, quel- li cioè di Salisburgo, VViirtemberg, Baden , e Assia- Cassel. Ma dello slato infelice della chiesa di Ger- mania per tali indeiinizzazioni, ed altro che riguarda la pace di Lu- neville e gli aflàri ecclesiastici, lo a udiamo a narrare.

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L' iiiliero ediflzio della Chiesa germanica, ed il clero già s\ pos- sente e ricca spogliato de'suoi pos- sedimenti e dell'autorità sovrana, cangiò alfalto di condizione, con grave detrimento della cristiana re- ligione. L'articolo VII del suddet- to trattato avendo stabilito che i principi ereditari, i quali o in tut- to o in parte avessero perduto i loro stati per la cessione fatta alla repubblica francese de' paesi posti sulla sponda sinistra del Reno, sa- rebbero indennizzati con altri ter- ritorii presi nel seno dell'impero, per cui tale indennizzazione in con- formità delle decisioni del pre- cedente congresso di R.astadt, non in altro modo potè effettuarsi che colle memorate secolarizzazio- ni. L'esecuzione di questo articolo avea fatto nascere le più forti ri- mostranze dal canto dei principi ecclesiastici, a spese de' quali i prin- cipi ereditari si dovevano compen- sare delle perdite sofferte. Già era- si udito il voto di Spira nella die- ta di Francfort, che fondava per principio essere i diritti de' princi- pi ecclesiastici tanto sacri quanto lo sono quelli de' principi secolari, e che perciò i sagrifizi per indenniz- zarli dovevano cadere indistinta- mente su tulli gli stati dell'impe- ro ; che la distinzione che far si vorrebbe a pregiudizio de' principi e degli slati ecclesiastici, interessa- va essenzialmente la cattolica re- ligione, senza cui le comunità cri- stiane non potrebbero lungamente godere d' un tranquillo riposo. 11 voto del vescovo eli Costanza ap- poggia vasi agli slessi priiicipii, ed ag- giungeva essere i principi ecclesia- stici meri usufruttuari, che hanno contratta l'obbligazione inviolabile di trasmettere ai loro successori i

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beni della Chiesa, e che perciò non potrebbero giammai acconsentire che questi beni passassero in altre mani. Concordava negli stessi sen- timenti il vescovo di Liegi, il qua- le trovavasi nella più angustiosa situazione , perchè tutto avendo perduto sulla riva sinistra del Re- no, e nulla possedendo sulla dirit- ta, non poteva neppure provvede- re alla sussistenza propria, ed a quel- la de' suoi consiglieri , ministri e domestici ; rifiutava perciò di ac- consentire alla cessione fatta alla Francia, non volendo di propria bocca pronunziare la sentenza che distruggere doveva un vescovato che da mille e cento anni sussi- steva per la gloria di Dio, della Chiesa, e della religione cattolica. Dalla parte poi de'principi eredi- tari le opposizioni d'interessi, e le gelosie delle reciproche pretensio- ni impedivano che mai si venisse all'alto di flu'e una equa partizio- ne de'territorii, rimanendo così tut- to alla lunga sospeso, e sempre più avviluppato tra mille contrarie negoziazioni.

Per la morte dell'arciduca Mas- similiano d'Austria elettore ed ar- civescovo di Colonia , vescovo di Munster e gran maestro dell'ordi- ne teutonico, il capitolo di Colo- nia passò all' elezione d' un nuo- vo arcivescovo nella persona del- l'aiciduca Antonio d'Austria. Que- sto esempio l' imitò il capitolo di Munster, che scelse il medesimo personaggio per suo principe e ve- scovo, venendo destinato al ma- gistero dell' ordine teutonico l'ar- ciduca Carlo. L'operato de'due ca- pitoli fu approvato con rescritto imperiale de' i4 ottobre 1801 da Francesco II, dichiarando egli che per atlaccameuto alla costituzione

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germanica, e per sua propria persua- sione insisteie dovea perchè con- servali venissero i tre elettorati ec- clesiastici, senza che per questo l'e- lezioue dell' arciduca influisse pun- to sulla condotta dell' imperatore, il quale non avea dato il suo con- senso alle istanze del capitolo di Munster, che 1' arciduca si portasse al suo vescovato per prenderne il possesso. Ma diversamente la Prussia con grande asprezza avea reclama- to dinanzi alla dieta contro la de- liberazione presa dal capitolo di Munster, perchè aspirando al pos- sesso di quel principato, porzione ricca de'compensi promessi, trovara illegale l'elezione; quando veramente il trattato di Rastadt, quello di Luneville sospendevano ue'capi- toli questo diritto. Altra sorte di contrasto nacque poi tra la corte d'Austria, e l'elettore bavaro-pala- tino, il quale mostravasi impazien- te d' impadronirsi di Passavia, al- lorché alle istanze di quel princi- pe vescovo venne quella città oc- cupata dalle truppe imperiali au- striache : furono questi gli ultimi aneliti d'una sovranità , della qua- le era già decretata definitivamen- te l'abolizione. Le gare insorte tra i principi ereditari dell'impero ger- manico per dividersi le spoglie dei principi ecclesiastici, senza giunge - le mai a verun accordo fra loro, parca che a lungo andare compro- mettere potessero la pace d' Euro- pa, e diedero perciò motivo alla di- chiarazione di Napoleone primo console della repubblica francese, fat- ta in comune colf imperatore del- le Piussie, siccome poteuze entram- be disinteressate, colla quale offe- ri vasi alla dieta imperiale un pia- no generale d'indeniiizzazioni, compi- lato dietro i calcoli della piìi scru-

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polosa imparzialità, colla duplice mira non solo di conìpensarc le perdite, ma di conservare eziandio tra le primarie case di Germania r equilibrio che sussisteva prima della guerra. Pertanto la prima seduta della deputazione straordi- naria dell'impero, incaricata di pro- nunziare giudizio suH'ailare dell'in- dennità, si fece ai 23 agosto 1802. Il piano proposto dalle due po- tenze niediatiici vi ricevette modi- ficazioni diverse dietro un' infinità di osservazioni, domande e richia- mi; ma finalmente fu mandata ad effetto dietro il Conclusurn preso dalla deputazione dell'impero nella seduta de'2 i ottobre.

Nell'impero germanico contavan- si quattro arcivescovi principi, cioè i tre elettori di Magonza, di Tre- veri, e di Colonia, e l'arcivescovo di Salisburgo ; ventidue erano i ve- scovi principi, dieci le prepositure, od abbazie principesche, ed inoltre eranvi anche sei abbadesse princi- pesse. Già il primo esempio di se- colarizzazione erasi veduto in forza del summeutovato trattalo di West- falia nel 1648. Allora sedici prin- cipati ecclesiastici, cioè due arci- vescovati e quattordici vescovati erano stati alienali per indenniz- zare i principi ereditari. Col me- morabile Conclusuni de'2 i ottobre 1802 scomparvero tutti gli altri, ad eccezione d'uno solo novi j'urts, come lo chiamavano , che ancor sortì momentanea l'esistenza, e fu- rono alienate tutte le prepositure ed abbazie: i territorii andarono ripartiti tra dieciotto case princi- pesche, che aveano diritto ad in- dennizzazione. Tra queste ([uella che venne piti largamente compensa- la fu la casa di Brandeburgo ; il meno di tutte fu l'Austria, dap-

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poiché pei- rOrtenau e la Brisgo- \'ìa ceduta al tinca di Modena, ebbe i vescovati di Bressanone e di Trento. Jl granduca di Tosca- na ottenne l' arcivescovato di Sa- lisburgo, parte del vescovato di Passavia, e quello d'Eichstett. La casa di Baviera ricevette i vesco- vati di Wiirlzburgo, di Banober- ga, di Frisiuga, parte di quello di Passavia , e d' Eiclistett, oltre la prepositura di Rempten, e dodici abbazie. La casa di Brandeburgo , i vescovati d'Ilildesheim, di Pader- bona, di JMunster oltre varie ab- bazie. Il re d' Inghilterra elettore d'Annover, il vescovato d'Osnabruk. Al duca di WiUteniberg toccò la prepositura d'Ehvangeu e sette ab- bazie. Al margravio di Baden il vescovato di Costanza olire qual- che prevostura ed abbazia ; altre abbazie, brani di vescovati, moni- steri , ec. si diedero al langravio d' Assia - Cassel, i quali tre ultimi acquistaiono inoltre, come dicem- mo, la dignità di elettori. Dopo i nominati, in proporzione a tutti gli altri principi minori dell' im- pero furono dati gli altri avan- zi de' beni ecclesiastici, ed alla re- pubblica svizzera il vescovato di Coirà. In mezzo a queste ecclesia- stiche rovine un solo principe ve- scovo fu conservato, perciò per l'ar- ticolo 25 del piano proposto dalle potenze mediatrici., la sede arci- vescovile di Magonza si trasportò alla chiesa di Ratisbona; la digni- tà di principe elettore ed arcican- celliere dell'impero, non che quella di arcivescovo metropolitano e pri- mate di tutta la Germania dovea- no restare unite in perpetuo. Sta- bilito venne che la sua giurisdi- zione metropolitana, si dovesse e- slcudcre sulle antiche provincie ec-

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clcsiaslìche di Magonza, Colonia, e Treveri , in quanto si trovavano sulla riva diritta del Reno, ec. , eccettuando gli stati del re di Prus- sia, e la parte del Salisburghese unito alla Baviera. Quanto al tem- porale si assegnò per dotazione il principato di Aschaffenbui-go, quel- lo di Ratisbona, la contea di Wetz- lar , oltre vari capitoli, abbazie, e monasteri. L'elettore cancelliere doveva continuare ad essere eletto conformemente agli statuti delia sua antica metropoli. Le città di Ra- tisbona e di Wetzlar dovevano go- dere d' una neutralità assoluta in caso di guerra anche dell' impero, attesoché l'una continuava ad esse- re la residenza della dieta generale, r altra la residenza della camera imperiale. L'antico elettore di Ma- gonza Carlo Giuseppe d' Erthal mori nel medesimo anno iSo'z ai i5 luglio, e gli successe il suo coa- diutore Carlo Federico barone di Dalberg, quello cioè che nel 1797 avea chiamato alle armi le popo- lazioni della Germania meridiona- le per opporsi all'invasione de'fran- cesi. Ciò nondimeno Napoleone ne appoggiò la promozione, giudican- dolo personaggio d'un carattere a lui favorevole, s' ingannò nelle sue speranze.

Essendo conforme ai doveri di giustizia e di umanità il pensare alla sussistenza di tanti principi e corporazioni ecclesiastiche che in tutto o in parte spogliati rimane- vano de' loro beni; questo appun- to fu l'oggetto del Conclusnm pre- so dalla deputazione dell'impero nella seduta de' 26 ottobre, conside- rato dagli statistici siccome un ca- po-lavoro pe' modi d'equità coi (juali cercò di appagare le parti danneggiate j e di «pieslo il merito

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fu attribuito al barone d'Albini, ministro dell'elettore di Magonza. Inoltre a tenore di quel Conclusimi le diocesi arcivescovili e vescovili restare dovevano nello stato attua- le, sino a che venisse fatta una nuova distribuzione di sedi vescovi- li, da cui dipenderebbe pure lo stabilimento de'nuovi capitoli delle cattedrali. L'esercizio della religio- ne in ciascun paese dovea essere garantito da ogni soppressione, e da qualunque siasi impedimento; ciascuna religione dovea soprattutto essere lasciata libera, in conformi- la al trattato di Westfalia, nel pa- cifico possesso delle sue proprietà ecclesiastiche, e de' fondi applicati al mantenimento delle scuole; la- sciavasi per altro in libertà il nuo- vo sovrano di tollerare altri culti, e loro accordare il pieno godimen- to de' diritti civili. La premura poi con la quale le due potenze me- diatrici, cioè la Francia col mezzo del suo ministro alla dieta di R.a- lisbona il cittadino Laforet, la Russia col mezzo del barone di Butler, incal- zarono l'affare delle indennizzazioni, fece che non si temporeggiò que- sta volta a porre in esecuzione il piano stabilito; ed appunto nella seduta della dieta, che segui il giorno IO dicembre dell'anno stes- so 1802, non più vi comparve al- cun ministro degli stati ecclesiasti- ci. Rimase in tal modo distrutta per sempre l'opera di Ottone I il Grande, e cessò quel potere sovra- no negli ecclesiastici, ch'egli aveva stabilito, riputandolo non che alla religione, utile ai popoli della Ger- mania.

L'irreparabile sventura che col- pì la chiesa germanica, porzione cotanto vasta ed illustre del greg- ge caltolico, afflisse vivamente l'a-

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nimo del Pontefice Pio VII, il qua- 1q per ovviare a mali maggiori scrisse all'elettore principe arcican- celliere una fervorosa lettera, in cui gli dichiarò l'indescrivibile sua af- flizione per quanto era stato fatto a favore de' principi secolari, a danno de' diritti de' principi ecclesiastici e de' vescovi. Espose il timore grave per le conseguenze che derivereb- bero pregiudizievoli nel temporale alla Chiesa, come nello spirituale pel cangiamento di cose; quindi invocò la sua autorevole influenza a favore dell'angustiata chiesa a- Icmanna, e provvedere agli inte- ressi della chiesa medesima, ed al- la conservazione di sua libertà, protestando di non potere appro- vare quanto si farebbe contro di essa. Intanto sinché si potessero riordinare le diocesi di Germania, l'elettore già arcivescovo di Ma- gonza, la cui sede doveasi trasferi- re a Ratisbona, venne dal Papa incaricato dell'amministrazione spi- rituale del vescovato di R.atisbona, il quale estendeva la sua giurisdi- zione anche sopra una parte degli stati che componevano l'elettorato di Baviera, ciò che 1' aicivescovo notificò a' 17 ottobre i8o3. so- lamente la diocesi di Ratisbona prese egli a governare, ma sicco- me era il solo arcivescovo ricono- sciuto, così esercitò la sua giurisdi- zione su tutta l'Alemagna cattolica, ed olire a ciò disimpegnò le veci dei vescovi di Costanza, di Worms, di Spira, di Strasburgo, di Ba- silea, e di altre porzioni di dioce- si esistenti sulla riva dritta del Re- no, Quanto i cangiamenti politici avvenuti nell'impero germanico per cagione delle indennizzazioni, e de- gli altri regolamenti successivi de- cretali dalla deputazione dell' im-

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pero slesso, rendevano necessario che l'cdifi/io della (Uiiesa cattolica in quelle contrade vi fosse riordina- to e di nuovo costrutto; altrettan- to le innovazioni che si andavano vociferando, tenevano agitato l'a- nimo di Pio VII, temendo che ne ricevesse qualche profonda ferita la religione, e detrimento l'autori- tà della santa Sede. Andavasi di- vulgando che i vescovi ormai non più colleghi ed eguali de' principi laici, ma divenuti essendo loro pen- sionar!, dovevano anche cessare da quella indipendenza di cui fino al- lora aveano goduto, e che perciò la nomina di essi appartenere do- Tea in seguito ai principi, nei cui territori! i vescovati rimanevano compresi; che la conferma sarebbe domandata al Pontefice, ma esen- te da qualunque tassa di cancelle- ria apostolica; che ninna bolla o rescritto del Papa in appresso avreb- be potuto essere pubblicato ed e- seguito, senza il preventivo consen- so de' principi.

Volevasi altresì una nuova cir- coscrizione di diocesi, con stabilire a ciascuno de' grandi stati un ve- scovo, alla cui giurisdizione sa- rebbero soggetti anche i cattolici de' piccoli slati confinanti. Si que- stionava ancora sulla futura elezio- ne del principe cancelliere dell'im- pero; negavano che questa pote- stà si dovesse accordare al capito- lo de' canonici, come per lo innan- zi, ed in vece esigevano che ap- partenesse alla dieta della quale l' arcivescovo era arcicancelliere . Nuovi contrasti nacquero per l'e- sistenza dell'ordine equestre che non voleva perdere la sua sovra- nità stata riconosciuta dai principi vescovi, e per ragione de' così det- ti voti virili, dappoiché dopo l'u-

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.scita de' principi ecclesiastici, secon» do la lista presentata alla dieta, si contavano persino ottantasette voti nel collegio de' principi pro- testanti, quando in quello de' cat- tolici non se ne annoreravano che soli ventiquattro. Volendo Pio VII. cercare al di fuori chi tutelar po- tesse gl'interessi de' cattolici tede- schi, ed il bene della chiesa ger- manica, si rivolse a Napoleone pri- mo console della Francia, uno dei due mediatori nell' affare dell' in- dennizzazione, e ne richiese il pa- trocinio con sua lettera. Questa in copia fu dal primo console a' 3o gennaio i8o4, col mezzo del citta- dino Bacher incaricato d'affari, co- municata alla dieta dell'impero, colla dichiarazione ch'egli non avea potuto esimersi dal soddisfare ai voti del Papa, quanto ad assume- re tale mediazione, eh' esauriva pre- murosamente, ma restò inefìicace, e si compirono le soppressioni sta- bilite; ed il re di Prussia, come elettore di Brandeburgo , fece con tanto accorgimento sopprimere e confiscare a benefìzio dell' erario i conventi ricchissimi della città di Westfalia, del ducato di Cleves, e del vescovato di Munster, che non si seppe l'ordine mandato dalla corte, se non all'istante medesi- mo nel quale si eseguì. Conservò solamente una precaria esistenza r ordine teutonico, la cui sede era a Merghenteim, e del quale era stato creato gran maestro l'arci- duca Antonio nel giorno 3o giu- gno i8o4, a cui suo fratello l'ar- ciduca Carlo avea rinunziato la dignità. Parimenti sussisteva vacil- lante il gran priorato dell'ordine gerosolimitano, la cui residenza continuava ad essere Heitersheim in Brisgovia. 11 primo ordine avea

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ricevuto per iodennizzazione capi- toli, abbazie e monisteri del Vo- rarlberg e della Svevia austriaca; il secondo ricevette la contea di Bondorf, e generalmente tutti i capitoli, abbazie e monisteri della Brisgovia. L'articolo 26 del piano generale d'indennizzazione diceva, che questi ordini sottratti venivano dalla secolarizzazione in considera- zione de' servigi militari de' loro benemeriti membri.

L'atto dell' indennizzazione, chia- mato reces<!0 della deputazione im- periale, ebbe effetto nel 1 8o5 : pa- recchi stati da immediati ossia so- vrani, divennero mediali o media- tizzati, ossia dipendenti ; si stabili- rono dieci elettorati, soppressi co- me si disse i tre ecclesiastici, cin- que de' quali cattolici, e cinque pro- testanti; i cattolici furono, l'arci- vescovo di Ratisbona elettore ed arcicancelliere dell'impero, il duca di Sassonia, il re di Boemia, il re di Baviera, il principe di Salisburgo oSalzburgo; i protestanti furono il marchese di Brandeburgo, il duca di Brunswick-Luneburgo, il re di Wùrtemberg, il margravio di Ba- den, ed il langravio d'Assia-Cassel. Per tali modificazioni la dieta im- periale si trovò a quel tempo ridot- ta a soli centoquarantasette voti, ripartiti ne' tre seguenti collegi : i.° il collegio elettorale, com- posto di dieci elettori, ognuno dei quali aveva un voto; 2.° il col- legio de' prìncipi, avente centoven- tisette voti, inegualmente divisi fra la Prussia, la Baviera, l'Austria, e le case di Brunswick, di Sassonia, di Assia, di Nassau, di Mecklenburgo, di Wùrtemberg, ed altri minori ; ed il collegio de' conti con quat- tro voti, dei conti di Weteravia, di Svevia, di Franconia, e di West-

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falla ; 3," il collegio delle città ini- perialij che in numero di sei, ognu- na aveva un solo voto. Intanto gravissimi danni continuava a sof- frire la religione cattolica ne' diver- si slati componenti il corpo del va- cillante impero germanico. I memo- rati cambiamenti di teiritorii e di costituzione ordinati nel recesso della dieta di Ratisbona n' erano la vera causa. Le collisioni poi delle diverse autorità, e de' poteri de' nuovi pi incipi non potevano se non che ritardare la conclusione di un nuovo concordato; ed il principe arcivescovo di Ratisbona lagnavasi, che malgrado tutte le sue premure per rioidinare la chie- sa di Germania, non eragli nep- pure riuscito di dare un regola- mento al proprio suo capitolo me- tropolitano , e di questo disordine s'incolpava ancora la santa Sede, siccome troppo tenace nel voler conservare gli antichi privilegi. Que- sta già ve accusa avea pur dato a Pio VII con lettera Napoleone, il quale dopo avere eretto la Francia in impero, divenuto imperatore, erasi folto coronare in Parigi dal Pontefice.

Vigili erano le cure di Pio VII per la chiesa di Germa- nia, ed a tale effetto nel i8o5 in- viò in nunzio straordinario alla dieta di Ratisbona monsignor An- nibale della Genga arcivescovo di Tiro, poi Leone XII, con breve apo- stolico diretto all'arcicancelliere arci- vescovo di Ratisbona, ed agli altri principi dell'impero coi piìi magni- fici ed alti elogi del suo rappresen- tante: dappoiché fu incaricato il nun- zio di percorrere la Germania ov'era conosciuto per le nunziature di Colonia e di Baviera da lui eserci- tate con prudenza e zelo, onde rac-

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cogliere le querele di quelle chiese, cui alcuni principi protestanti mo- lestavano incessantemente con sem- pre nuove pretensioni a danno del- le loro prerogative. Appena monsi- gnor della Genga giunse in Ger- mania, con sorpresa universale si seppe che l'arcicancelliere dell'im- pero primate della Germania a- ■\ea nominato per suo coadiutore il cardinale Giuseppe Fesch, zio dell'imperatore de' francesi ed arci- \escovo di Lione, i cui antenati sviz- zeri di Basilea, dicevasi nella nota presentata alla dieta, ne' secoli XV e XYI eransi segnalati con servi- gi pubblici per l'impero germani- co. Ma in Germania questa nomi- na, secondo le mire opposte delle diverse corti , fece nascere mille opposti giudizi. Ciò non ostante monsignor della Genga comunicò in Piatisbona all'arcivescovo arci- cancelliere il breve pontificio, affine di cominciare prontamente l'opera di ricostruire l' edilizio della chiesa germanica; ma le zelanti di lui premure urtarono in una prima diffi- coltà, perchè il contenuto del bre- ve dispiacque ai deputati de' prin- cipi protestanti alla dieta, per quel- lo che essi chiamavano stile della cancelleria romana. In quanto alla lunga dimora fatta da monsignor della Genga in Germania, e degli affari ecclesiastici che vi trattò, è a vedersi l'articolo Genoa Famiglia. Dopo il trattato di Luneville, Francesco II avea gustato un po- co di pace, quando essendosi di nuovo alleato con la Prussia e con l'Inghilterra, fece eseguire sotto gli ordini del general Mack un'irruzio- ne nella Baviera , e provocò così il risentimento dell'imperatore Na- poleone, i cui elTelti furono non meno pronti che funesti. Dopo le disfai-

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le di Ulina e di Austeilitz, Fran- cesco II separatosi dalla Russia sot- toscrisse il trattato di Presburgo ai 22 dicembre i8o5, pel quale per- dette Venezia, il Tirolo, Trento, Bressanone, la Burgovia, l' Orte- nau, i possessi austriaci nella Sve- via, acquistando invece Salisburgo e Berchtoldzgaden; e ad esempio di Wurtemberg e della Sassonia, la Baviera fu eretta in regno. Ri- dotta l'Austria senza forza e sen- za alleati, videsi costretta a deplo- rare in silenzio le proprie disgra- zie. Vedere quelle della Prussia, e 1* ingrandimento formidabile degli imperi francese e russo. Altra con- seguenza di questi avvenimenti fu il discioglimento dell'impero ger- manicOj l'annientamento della sua antica costituzione, e l'istituzione della confederazione del Reno sot- to il protettorato del re de' france- si, formata dagli stati dell'ovest e del sud-ovest dell' Alemagna, che si collegarono insieme. Già sino dai 12 luglio i8o6 i re di Baviera e di Wurtemberg, l'arcicancelliere / primate, il duca di Baden ed fdtri principi minori eransi separati dal corpo dell'impero germanico, assu- mendo il titolo di Stali confederali del Reno, e stipulando con Napoleo- ne un trattato in cui esso venne proclamato Protettore della confe- derazione del Reno; in tal qualità alla morte del principe piimate e del suo coadiutore, acquistava il diritto di nominare il successore. Coir articolo IV si stabilì, che l'e- lettore arcicancelliere, avrebbe prc so i titoli di priticipe primate della Germania, e di altezza eminentis- simaj e per l'articolo IX la dieta degli stati confederati si dovea te- nere in Francfort, ed avere per suo prcsideule il principe primate

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stesso; ed allorquando uno de'col- legi solamente dovea deliberare so- pra qualche oggetto, il principe pri- mate avx'ebbe presieduto al collegio dei re, e il duca di Nassau al colle- gio de' principi. Quando giunse al- la corte di Vienna la notizia del trattato concluso, incontanente l'im- peratore Francesco 11^ con una circolare segnata li 6 agosto 1806 diede la sua abdicazione alla coro- na germanica, dichiarando estinto r uffizio e la dignità d'imperatore del sacro romano impero, e di capo supremo del medesimo; scio- gliendo sé stesso da ogni vincolo, che lo teneva legato all' impero di Germania, siccome disciolse con- temporaneamente con proclama lut- ti i principi e stati da' loro dove- ri, e sciolse pure gli alemanni da ogni giuramento su tale proposito ■verso di lui, legittimo e supremo loro capo.

Cessò per siffatto modo e rinun- zia, dopo 1006 anni, quell'impero che per autorità apostolica del Pon- tefice s. Leone III, nell' 800 con Carlo Magno avea cominciato, de- nominandosi anche impero d'occi- dente, ed impero de' romani. Ne- gli ultimi tempi il titolo d'impe- ratore de' romani erasi ridotto pres- soché ad un puro titolo di digni- tà e di onore; l'imperatore era ben- sì avvocato della Chiesa romana in senso di esserne protettore e Di- fensore i^Vedi), senza che ciò dimi- nuisse minimamente l'assoluta indi- pendenza reale ed apparente della santa Sede apostolica. Disparve per la ragione slessa la dieta di Ratis- bona, la quale erasi in quella cit- tà cominciata a tenere stabilmente dall'anno 1666 in poi, e che ne- gli ultimi anni era tacciata dai po- litici di non occuparsi che di po-

VOL. XXIX.

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chi affari. L' imperatore Francesco II, rinunciando a tale corona gli restò quella d'imperatore d'Austria, per avere unito in un sol corpo politico tutti gli stati austriaci te- deschi con titolo d'impero, che avea eretto con patente già pub- blicata in Vienna sino dai 7 di- cembre i8o4, in mezzo all'esulta- zione generale de' sudditi, e con una delle più magnifiche feste in rendimento di grazie a Dio nella chiesa metropolitana di s. Stefano. Questo gran monarca che merita di segnare un' epoca nella storia del mondo, cominciò gloriosamen- te sotto il nome di Francesco I una nuova serie d' imperatori. Ri- marcano gli storici, che questo prin- cipe, per una specie di presenti- mento dell' avvenii'e , e dopo che la Francia si converti in impero, assunse il titolo d'imperatore ere- ditario d'Austria, ed assicurò con fatta precauzione una tal digni- tà ed un tal titolo alla sua per- sona ed alla sua casa, quando in virtù degli avvenimenti gli fu di mestieri rinunciare alla corona d'imperatore d'Alemagna e di re de' romani.

E perciò che riguarda alla Con- federazione del Reno , a mag- gior intelligenza di quanto do- vremo accennare sugli avvenimen- ti riguardanti la Germania, e la nuova attuale Confederazione Ger- manica, diremo che in forza di un tal cambiamento molti principi indipendenti divennero sudditi dei confederati loro limiti-ofi. Questo corpo politico si accrebbe in segui- to per l'infelice esito della guerra di Prussia , dopo la quale tutta la Germania, ad eccezione degli slati prussiani ed austriaci , fe- ce parte della confederazione Re- i3

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nana , a cui si aggiunse la por- zione (li Polonia ceduta dalla Prus- sia col trattato di Tilsit nell'anno 1807, che pose termine alla quarta alleanza contro la Francia, e quindi quella ceduta dall'Austria col trat- tato di Vienna nel 1809. Nel 18 io però cominciò la confederazione ad essere smembrata da Napoleo- ne, dappoiché i principati di Salm- Salm, di Salm-Ryrburg, il duca- lo d'Aremberg, le città anseatiche di Amburgo, Brema e Lu becca , insieme alla parte settentrionale dell'elettorato d'Annover, furono da lui riuniti all'impero francese, cui fu pure incorporato nel 181 i anche il ducato d' Oldemburgo, sebbene entrasse pur esso nella con- federazione. I trentaquattro stati componenti la confederazione del Reno, quando la medesima nel 1 8 1 3 si sciolse e lasciò di esiste- re, dividevausi in due collegi. Il col- legio detto dei re formavasi dal principe primate divenuto grandu- ca di Francfort presidente , dai re di Baviera, di Sassonia granduca di Varsavia, di Wiirtemberg, di Westfalia, e dai granduchi di Ba- den, di Berg e Cleves, di Assia- Darmstadt, e di W^iirtzburgo. Il collegio de principi componevasi dal duca di Nassau -Usingen pre- sidente, e dai principi di Nassau- Weilburg, di Hohenzollern-IIeohin- gen e Sigmaringen, di Leyen, d' I- semburg-Birstein, di Lichtenstein, di Lippe-Detmold e Schauenburg, di Reuss-Ebersdorf, Greitz, Lobenstein e Schleitz, di Schwarzburg-R.udo!- stadt e Sondershausen, dai duchi di Sassonia -Weimar, Gotha, Meiniu- gen , Hildburghausen e Coburgo- Saalfeld, di Mecklenburg-Schwerin e Strelitz, di Anhalt-Bcrnburg, Des- sau e Coelhen.

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L'accrescimento della Russia e qirello della Francia, spaventando l'Austria, vedendo Francesco I nel princinio del 1809 JQipegnato Na- poleone nella sua guerra di Spa- gna, pensò essere opportuno il mo- mento di scuotere colle armi il giogo, con incominciare dal pub- blicar l'apologia della propria con- dotta, i torti ricevuti da Napoleo- ne, col quadro esatto della politi- ca europea di quell'epoca; della forzata sebbene preveduta rinun- zia alla corona imperiale d' Ale- magna ; del riconoscimento im- perioso dei re stabiliti col trattato di Tilsit, cioè d' Olanda, di Spa- gna, di Westfalia e di Napoli, con- feriti tutti alla famiglia Bonaparle; delle gravi ferite fatte al commer- cio, ec. ec. Ma Napoleone respinse l'esercito austriaco a R^atisbona e sul Danubio, per la seconda volta prese Vienna a'i3 maggio, e vin- se la celebre battaglia di Wagrata a' 6 luglio, che portò alla pace dei 14 ottobre 1809 di Schoenbrunu presso Vienna, in forza della qua- le l'Austria cedette al re di Bavie- ra il paese di Salisburgo, e parte dell'alta Austria; alla Francia la contea di Gorizia, Monfalcone coi Friuli austriaco, la Carniola, Trie- ste, il circolo di Villacco in Carin- tia, porzione d(;lla Croazia, Fiume ed il littorale, l'Istria austriaca con le isole che ne dipendono, la Dal- mazia con Catturo, e qualche di- stretto dipendente dalla Boemia ; al re di Sassonia tutta la Galizia occidentale ed il circolo di Zamo- re; ed in fine alla Russia l'Au- stria cedette un territorio di quat- trocento mila abitanti nella Gali- zia orientale. Oltre a ciò l'Austria dovette acconsentire ad una contri- buzione di ottanta milioni, confer-

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mare 1' aljbandono di Venezia e del Tirolo, e pel detto trattato di Vienna Francesco I fece il più do- loroso de' sagri fici, come padre e come sovrano, rilasciando l'arcidu- chessa Maria Luigia primogenita, per l'interesse il più sacro dell' u- manità, in matrimonio all'impera- tore de' francesi e re d'Italia Na- poleone, per allontanare mali in- calcolabili a cagione delle critiche congiunture d'allora, come pegno d'un miglior ordine di cose. Indi Francesco I si alleò al suo genero Kapoleone, e vi restò unito sino dopo la memoranda campagna di Russia nel 1812. Tali convenzioni e rassegnazione del monarca au- striaco non rimasero senza frutto, dappoiché gli stati che gli rimasero godettero un po' di riposo, tranne le contribuzioni di guerra, e la di- mora di truppe francesi in Germa- nia, non restando al fortunato con- quistatore che soggiogare l'impero russo, mentre che persino lo stato della Chiesa era stato interamente da lui occupato, coli' imprigiona- mento dell'inerme Pontefice Pio VII, divenuto spettacolo al mondo di sacerdotale eroismo.

Intanto diversi paesi della con- finante Germania trovaronsi espo- sti a maggiori pericoli, dappoiché sparsi per una ampia regione ormai contavansi otto vescovi sola- mente , r arcivescovo primate fra tanti militari sconvolgimenti e- ra riuscito di condurre i principi della confederazione del Pieno ad un concordato, eh' essere potesse approvato dalla santa Sede. Quin- di dove ancora sussistevano , sop- primevansi monisteri e conventi , come si fece in Baviera nel 1809, aggiungendovi di più una lata li- bertà di coscienza, perchè poteva

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ciascuno sino all'età di vent'anni determinarsi a quella religione che più gli piacesse. Pei matrimoni di sposi appartenenti a comunioni di- verse, si decretava doversi stare ai patti dei capitoli matrimoniali ; i maschi si dovevano educare nella religione del padre, le femmine in quella della madre, e gli esposti nella religione di quelli che assu- mevansi la cura della loro educa- zione. In alcune provincie della Germania non mancò il fatale fo- colare delle società segrete, essen- dovisi insinuato l' illuminismo di Weishaupt : predominando alcune di esse nelle università, fomentaro- no nei petti giovanili un ardente fanatismo, com'era quello della co- sì detta Tugendhund, ossia federa- zione della i'irth. Tali società era- no pressoché tutte egualmente tan- to più nemiche della religione cat- tolica, in quanto che impugnavano l'esistenza d' ogni rivelazione. Ben- sì a que' tempi lo scopo palese, verso cui infiammavansi le fantasie de'giovani, specialmente negli stati germanici della Prussia, era quel- lo di liberare la patria dal giogo de'francesi ; e quindi il loro odio dirigevano contro la persona di Napoleone. Ognuno può bene im- maginarsi quanto egli dal suo can- to abborrisse tal sorte di dottrina eh' «gli denominava Ideologia , e tanto più perché nel 1809 il gio- vane Federico Staps figlio di un ministro luterano , nel mentre egli attendeva a passare in rassegna le truppe a Schoenbrunn , erasi av- ventato contro di lui con un pu- gnale, che sapeva bea d'altro che d'ideologia.

Mentre nell'anno 18 12 Pio VII era rilegato a Savona, Napoleo- uc pose ad cffello l'idea d' invade-

196 GER GER re la Russia , ed immergersi con austriaco si tenne sulla riserva tutti i suoi eserciti nei deserti del- e rientrò ne' suoi stati nel 181 3, la medesima. Partì da Parigi a'g dopo, la disastrosa disfatta e ri- marzo, fissò alcuni giorni la sua tirata de'fiancesi dalla Russia, men- corte a Dresda, dove l' imperatore tre la Confederazione Renana si d'Austria, il re di Prussia, e tut- disciolse. Allora l'imperatore Fran- ti i sovrani d' Alemagna vennero cesco I si trovò nella più felice po- ad inchinarsi avanti la sua poten- sizione, perchè avendo preso una za e fortuna. Ivi Francesco I gli attitudine di neutralità armata, poi fece le più vive istanze a favore mediatrice, e bramando le poten- del supi'emo capo della Chiesa, ze ave<lo nella loro alleanza, stet- per cui Napoleone simulò scakra- te per divenire 1' arbitro dell' Eii- niente di aderirvi. Per eseguir ciò, ropa, e tenere nelle sue mani la e come a contemplazione dell'au- sorte delle nazioni. Finalmente l'Au- gusto intercessore, diede avviso di stria si alleò con la Russia, la Prus- migliorare la sorte del venerabile sia, ec. contro Napoleone, col qua- prigionierOj e fecelo trasferire da le ricominciarono le ostilità, ed eb- iSavona a Fontainebleau. Ciò gene- bero luogo le battaglie di Dresda ralmente apparve di buon augurio e di Lipsia, quindi gli alleati dopo per la Chiesa, e segnatamente a aver fatto a Napoleone inutilmen- coloro che ignoravano la vera ca- te proposizioni di pace, pubblica- gione di questa improvvisa trasla- rono una specie di manifesto, det- zione. Opinossi da molti temer to dichiarazione, diretto principal- Napoleone, che im qualche sbarco mente contro la persona di Napo- od un colpo di mano involato gli leone Bonaparte, dimostrante ch'e- avessero Pio VII ; altri finalmente glino già non intendevano di far credè che stando dappresso ai mi- la guerra alla Francia, ma ad un nistri, agenti, ed a Napoleone stes- potente, che per la sventura del- so, ceduto avrebbe alle istanze da l'Europa e della stessa Francia a- cui era reiteratamente sollecitato, vea troppo diuturnamente domina- Per verità il Papa titubante, lon- to. L' invasione della Francia ten- tano, isolato, dato avrebbe qualche ne dietro alla dichiarazione , e le timore, qualora non si avesse pò- truppe austriache, formanti la si- tuto per certa scienza sapere, che nistra degli alleati, occuparono la i tempi incominciavano a stringe- Franca Contea e la Borgogna, se- re, e la fortuna ad abbandonare guendone i movimenti Francesco Napoleone. I accompagnato dal più abile dei Francesco I chiamato a Dresda al- suoi ministri il conte ora principe la mentovata assemblea di re, fu di Metternich , uno degli oracoli necessitato aderire al trattato di al- della diplomazia europea, e prese leanza che l'obbligò di aggiungere parte alle trattative degli altri so- trentamila uomini al grande e- vrani alleati. Nell'ingresso che le sercito di Napoleone, sotto il co- loro armi vittoriose fecero in Pà- mando del principe di Schwarzea- rigia'3i marzo deli8i4j France- berg, e probabilmente con la se- sco I restò a Dijon, forse per non gi-eta istruzione di non compromet- essere testimonio di avvenimenti, i tersi minimamente. In fatti il cor- quali stavano per abbattere il tre-

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no di sua figlia; però quando fu ogni cosa consumata, entrò in Pa- rigi a' 1 5 aprile, e vi si diportò da saggio principe. Si trasferì parec- chie volte a Ranibouillet per ve- dervi la figlia Ilaria Luigia, e sep- pe farle accetttue con rassegnazione il suo nuovo destino. Con la pace di Parigi fu all'arciduchessa Maria Luigia ed al Ogiio suo Francesco- Giuseppe- Carlo-Napoleone poi du- ca di lleichstadt, dato il ducato di Parma e Piacenza in sovranità e- rtditaria: ma qui noteremo che il congresso di Vienna confermò si- mili accomodamenti, però togliendo all'aiciduchessa ed al figlio la pro- prietà del ducato, e lasciando l'ar- ciduchessa sola usufruttuaria con libera e piena sovranità ; e nel 1817 una nuova convenzione ne stabili la reversabilità in favore dell'Austria e della Sardegna, pe- rò dopo la estinzione della linea Borbonica di Lodovico I ora so- vrano di Lucca, al quale dopo l'ar- ciduchessa deve ricadere il ducato. Intanto Pio VII a' 24 maggio rientrò trionfalmente in Roma sua sede con universale tripudio ; e Napoleone dopo essere stato depo- sto a'2 aprile, abdicò, e fu man- dato all'isola dell'Elba che gli fu concessa in sovranità. Non essen- dosi potuto combinare in Parigi gl'interessi di tante potenze, si sta- bilì che ogni cosa verrebbe deci- sa con un congresso, il quale si aprì a Vienna il i5 novembre. Tutte le potenze europee o v'in- tervennero in persona, per cui for- marono un senato di re, o v'in- viaiono i loro rappresentanti per decidere de'politici destini, non che dell'Europa, del mondo intiero, e particolarmente vi si disputarono le piìi gravi questioni, come quel-

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la della Polonia che la Russia vo- leva interamente per sé, e quella del- la Sassonia pretesa egualmente dalla Prussia. Per avverare fatti due progetti, Talleyrand tentò di com- binare segretamente un'alleanza tra l'Austria, la Plancia, e l'Inghilter- ra. Tante pretensioni , tanti inte- ressi affatto opposti rendevano viep- piìi malagevole l'andamento degli affari, e non erano giunti alla più infima soluzione, allorché Napoleo- ne fuggito dall'isola dell'Elba, ven- ne di bel nuovo a cangiar l'aspet- to del mondo. Allora il congresso con una dichiarazione protestò, che Napoleone erasi da stesso esclu- so da ogni relazione civile e so- ciale, e quale perturbatore della pubblica tranquillità era esposto al- la pubblica vendetta. Tutti gli e- scrciti stavano ancora in armi, ed i sovrani erano uniti dalle stesse alleanze, e dai medesimi trattati, che non mancarono eseguire. Inva- no Napoleone fece parecchi tenta- tivi per separare il suocero dalla grande alleanza, o perchè almeno Maria Luigia , ed il figlio gli fos- sero restituiti.

L' Austria ancora pose in campa- gna le sue truppe, e Gioachino Mu- rat re di Napoli, e cognato di Napo- leone, sospettando sinistramente dei congresso di Vienna, e d'accordo col cognato tenta d'impadronirsi degli stati che in Italia avea l'Austria, domandando a Pio VII il passag- gio delle sue truppe nello stato ecclesiastico; onde il Papa pruden- temente si ritirò a Genova, men- tre il celebre cardinale Ercole Con- salvi , era per suo ordine al con- gresso di Vienna, ove trattavasi la sistemazione delle cose d' Europa, colla qualifica di legato apostolico. Le spade austriache in breve tem-

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posero fine alla baldanza ed al regno di Murai, incalzato da Oc- chiobello sino a Tolentino, ed ivi sconfitto in una disperata battaglia a'2 e 3 maggio i8i5. La caduta di Napoleone ebbe luogo a Vaterloo ai i8 giugno, e gli alleati il 7 luglio occuparono di nuovo Pari- gi, ove fece ritorno Francesco I; e Napoleone fu rilegato all'isola di s. Elena sulle coste dell' Africa. Tanto per le risoluzioni del con- gresso di Vienna, che pel prece- dente trattato concluso a Parigi il 2 3 novembre i8i4 , l'Austria conseguì delle immense contribu- zioni, fu rimessa nel possesso del- la maggior parte degli stati ceduti coi trattati del i8o5 e del 1809; di più gli venne aggiunta tutta la Lombardia, la Valtellina, Ra- gusi, ed il territorio alla sinistra del Po presso la sua imboccatura, eh' è quanto dire, divenne signora di circa tre quarti d' Italia, com- presa la Toscana restituita a Fer- dinando III, e Parma con Piacen- za attribuita all'arciduchessa Maria Luigia. Ottenne ancora l'Austria un qualche ingrandimento in Ger- mania ed in Polonia, e portò la sua popolazione ed il suo terri-to- rio al di di quanto possedeva sotto Carlo V; tale si è la gigan- tesca grandezza in cui trovasi tut- tora il florido impero austriaco. Inoltre nel congresso di Vienna venne definitivamente decisa la sor- te di tutti i paesi che compone- Tano il dominio temporale dei tre elettori ecclesiastici, di tanti ve- scovati ed abbazie, restando sparti- ti secondo un disegno già prima abbozzato di politico equilibrio, tia gli stati dei re di Prussia, di Baviera, di Wiirtemberg, del nuo- vo regno d'Annover istituito in

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quell'epoca, e di alcuni principi minori. Rimase decisamente aboli- ta ogni sovranità del principe pri- mate, il quale ricevette in iscam- bio una rendita vitalizia di cento- mila fiorini, e la città stessa di Francfort sul Meno fu dichiarata libera, in cui risiedere dovea la dieta della nuova Confederazione Germanica, e tutti gli ambasciato- ri delle potenze estere presso il corpo che rappresenta la stessa confederazione. Lo scopo della nuo- va Confederazione Germanica fu ed è il mantenimento della sicu- rezza interna ed esterna della Germania , della indipendenza ed. inviolabilità degli stati confederati. In forza dell'atto federale tutti i membri sono eguali in diritto; tut- ti si obbligano egualmente a man- tenere nella sua integrità l'atto che costituisce la loro unione, quantun- que i trentotto stati di cui si com- pone siano fra loro differentissi- mi per forza , titolo, e religione. Gli affari della confederazione ven- gono confidati ad un'assemblea permanente, chiamata dieta federa- tiva ordinaria, nella quale tutti i trentotto membri votano per mez- zo dei loro plenipotenziari, sia in- dividualmente, sia collettivamente senza pregiudizio del loro rango. Allorché si delibera sopra una leg- ge fondamentale dell'alleanza, e so- pra materie di generale interesse, la dieta in tal caso si costituisce in assemblea generale, ed allora i suoi membri hanno piti o meno voti, secondo la maggiore o minore e- stensione de' loro stati. Quattro es- sendo le categorie degli stati , i primi godono di quattro voti, i secondi di tre, i terzi di due, ed i quarti d'uno. Quando al contra- rio devesi discutere sopra aftàri or-

G ER

dinari, la dieta 6i coslitui'ìce in as- semblea particolare non avendo al- lora, non eccettuali neppure i gran- di stati, che una sol voce, e que- sta, riguardo ad alcuni piccoli sta- ti, quando sieno riuniti tra di essi. L'Austria secondo il convenuto nel giugno i8i5 nel congresso di Vienna, presiede per mezzo d' un rappresentante la dieta federativa : assistendo esso ai dibattimenti, sta- bilisce anche le sessioni, e stende le risoluzioni; allorché vi sia e- guaglianza di voci in una delibera- zione, quella del presidente decide della maggioranza. Ciascuno stato della confederazione ha il dirit- to di fare delie proposizioni, e co- lui il quale presiede è in dovere di metterle in deliberazione entro uno spazio di tempo determinato. Gli stati della confederazione si obbligano di difendere contro qua- lunque attacco, sia tutta la Germa- nia, che ciascuno stato particolare dell'unione, e si guarentiscono vi- cendevolmente tutti i possedimenti compiesi nell'unione medesima, dap- poiché ritiene la confederazione per suo oggetto principale il manteni- mento della pace interna ed e- sterna dell' Alemagna. Quantunque permanente, può essa aggiornarsi, ma non per più di quattro mesi. Se la confederazione dichiara la guerra, verun membro non può avere relazione alcuna con l'inimi- co, non può restare neutro, ne concludere separata pace, cume del pari non può contrarre un'alleanza pregiudizievole ad un altro, far- gli separatamente la guerra. Le differenze insorte sono regolale nel- la dieta da un comitato di mem- bri scelti dalle parti contendenti, le cui decisioni sono inappellabili. Cia- scuno sialo si governa con le sue

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leggi particolari, ma tutti però aver devono delle assemblee rappresen- tative. Quelli la di cui popolazio- ne è al di sotto di trecentomila abitanti, si uniscono ad altri pei* la formazione di un tribunale di appello, cosi Anhalt e Schwarzburg dipendono dal tribinialedi appello di Zerbst; i principi di Waldeck, Lip- pe, e Brunswick dipendono da quel- lo di Wolfenbuttel ; i due Me- cklenburgdal tribunale diGustrow^;, i quattro ducati di Sassonia, e di Heuss da quello di Jena; i due Hohenzollern da quello di Nassau; Lichtenstein dal tribunale austria- co d'Inspruck, e le quattro città li- bere da quello di Lubecca. I mem- bri dell' antica nobiltà immediata conservarono tulli i loro diritti. Eglino si stabiliscono ove voglio- no, dispongono dei loro beni li- beramente, ed hanno l'esercizio della giustizia civile e criminale, la polizia nei luoghi dei loro possessi, e la sopraintendenza del clero e dell' istruzione; ciò non pertanto essi si sottomettono alle leggi de- gli stati nei quali risiedono. I tre- centotremila quattrocento novanta- tre uomini componenti l'armata della confederazione sono sommini- strati da ciascuno stato in ragione di un uomo per ogni cento. Que- st'armata è divisa in dieci corpi, di modo che le principali potenze formano delle divisioni particola- ri , e le potenze inferiori in abi- tanti si uniscono onde formare dei separati contingenti . Il generale in capo dell'armata deve esse- re eletto dalla confederazione, cia- scuna volta che la riunione del- l'armata é dalla dieta stabilita. E- gli presta ad essa giuramento, ed è esclusivamente soggetto alla sua autorità. La confederazione ha sei

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fortezze che si chiamano federali, perchè il presidio loro essere deve formato in ^parte dalle truppe del sovrano cui appartiene la fortezza, ed in parte da quelle confederate. Queste fortezze sono Lus.emburgo, appartenente al re dei Paesi Bassi come granduca di Luxeniburgo; Magonza dipendente dal granduca d'Assia; Landau, Germeisheim , e Homburg che spettano al re di Ba- viera ; ed Ulma che appartiene al re di Wilrtembeig. Qui appresso riporteremo la nota dei trentotto

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stati componenti la confederazione germanica, notando in pari tempo il loro rispettivo rango, la divisio- ne cui appartengono, ed il nume- ro de' voti di ciascuno stato, allora quando la dieta si forma in assem- blea generale per trattare delle leg- gi fondamentali da approvarsi, ov- vero dei cambiamenti da farsi nelle leggi medesime, o per discutere di un interesse comune, o per pren- dere delle misure per rapporto al- l'atto federale medesimo, ec. come abbiamo detto di sopra.

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STATI

Austria per l'arciducato d'Austria, il ducato di Salisburgo, la contea del Tirolo, le signorie del Vorarlberg, il ducato di Stiria, il ducato di Garin tia e di Carniola , la Boemia, i margraviato di Moravia, e la Slesia

Prussia per le provincia di Slesia, Bran deburgo, Pomerania, Sassonia, West falia, Cleves-Berg e del Basso Reno

Baviera, regno

Sassonia, regno

Annover, regno

Wiutemberg, regno ....

Baden, granducato ....

Assia-Cassel, elettorato .

Assia-Darmstadt, granducato

Holstein e Lauenburg, ducati .

Luxeraburgo, granducato

Brunswick, ducato ....

Mecklenburg-Schwerin, granducato

Nassau, ducato

Sassonia-Weimar, granducato .

Sassouia-Coburg- Gotha, ducato

Sassonia-Meiningen, ducato

Sassonia-AIteuburg, ducato

Mecklemburg-Strelitz, granducato Oldeuburg e Kniph, granducato Anhalt-Dessau, ducato . Anhalt-Bernburg, ducato Anhalt-Coethen, ducato . Schwarzburg-Sondershausen , princif Schwarzburg-Rudolstadt, principato Hohenzollern-Hechiugen, principato Lichtenstein, principato .... Hohenzollern-Sigmaringen principato Waldech, principato .... Reuss (ramo primogenito) principato Reuss (ramo cadetto) principato Lippe-Schauenburg, principato . Lippe-Detmold, principato . Assia-Homburg, langraviato

Lubecca ^

Francfort sul Meno . { Città

Brema . Amburgo

libere

DIVISIONE

CUI

APPARTENGONO

i-m

IV-VI

VII

IX

X

vili vili

IX

vili

X IX

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X

IX

Divisioni

di

riserva

X X

NUIW. DEI VOTI

Divisioni

di riserva

X

Divis. di ris

X

X

li III IV

V

VI

VII

vili

IX

X

XI

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XIV XIII

XII

XIV

XV

XVI

(IX) XVII

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Gli stati lutti poi che compon- gono in oggi l'impero austriaco, già appartenenti^ all'impero germanico, sono : tutto il circolo d'Austria colie sue dipendenze nell' Istria e nel- r Italia; parte del circolo di Ba- viera, cioè quasi tutto l'arcivesco- vato di Salisburgo, e tutta la par- ie della Baviera situata alla destra deU'Inn, dopo il suo confluente col- la Saltza ; la Boemia, la ìMoravia, parte dell'alta Slesia ed il ducato di Auschwitz, il quale benché for- mante parte della Galizia viene considerato come compreso nell'an- tico impero germanico. In Italia l'impero d'Austi-ia possiede il ter- ritorio dell' antica repubblica di Venezia, quello dell' antica Lom- bardia austriaca, col ducato di Man- tova; la Valtellina, i passi di Bor- mio e Chiavenna , altre volte sog- getti al cantone svizzero dei gri- gioni ec. ec. Aggiungansi a questi stati il regno d' Ungheria con gli annessi regni di Schiavonia e di Croazia, il gran principato di Tran- silvania, ed i confini militari, i pae- si veneti della Dalmazia e dell'Al- bania, e l'ex-repubblica di Ragusi. Quindi in Polonia il regno di Ga- lizia, ed una piccola parte di quel- lo della Lodomiria; e nella Tur- chia europea la parte nord - o- vest della IMoldavia , detta Bu- kowina e riunita alla Galizia. Co- sì colla distruzione della politica associazione della confederazione renana, avendo l'Alemagna riac- quistate le Provincie della sinistra riva del Reno, un'altra tosto ne nacque sotto il titolo di confede- razione germanica , della quale appunto il celebre congresso di Vienna determinò definitivamente le basi. Erasi inoltre presentata al congresso un' istanza , benché

GER senza il bramato efTetto, in nome del commendatore fr. Andrea-y- Centelles, luogotenente del magi- stero dell'ordine gerosolimitano in Catania, a fine di ottenere qual- che isola nel mare Jonio in com- penso di quella di Malta, metten- do innanzi la considerazione di set- tecento anni di servigi resi da quel- l'ordine a tutta la cristianità, e di lina gloria suggellata col sangue delle piìi nobili famiglie d Europa. Il cardinal Consalvi presentò anche egli al congresso, con zelo ed energia le ragioni della santa Sede sopra le antiche sue provincie italiane e di Provenza; e vide in quanto alle prime coronata la sua avveduta negoziazione , e quell'alta e ben giusta riputazione in cui era pres- so tutte le potenze, con l'articolo io3, col quale furono restituite al- la santa Sede le marche con Came- rino e sue dipendenze, il ducato di Benevento, il principato diPontecor- vo, e le legazioni di Ravenna, Bo- logna e Ferrara, ad eccezione del- la parte del Ferrarese situata sulla riva sinistra del Po. AH' impera- tore d'Austria ed ai suoi succes- sori il congresso concesse il diritto di tenere guarnigione nelle fortez- ze di Ferrara e di Comacchio. In- oltre il congresso statuì, che tut- ti gli acquisti fatti da persone pri- vate in virtìi di un titolo rico- nosciuto legittimo dalle leggi pre- sentemente vigenti, saranno man- tenuti; e le disposizioni per la ga- ranzia del debito dello stato, e del- la paga delle pensioni, saranno sta- bilite da una commissione specia- le fra le corti di Roma e di Vien- na, laonde poscia ebbe luogo quel- la convenzione , che diede origine al console generale pontificio pel regno lombardo veneto , con tu-

GER ratiere rappresentante diplonna- tico, di che si discorre al voi. XV If, p. 43' e seg. del Dizionario. Ma doppio era lo scopo al quale si do- •vea occupare il cardinal Consalvi nel congresso di Vienna, la ricu- perazione cioè dello stato tempo- rale della santa Seòe, e la restau- razione della chiesa germanica. Il principe primate, arcivescovo di Ratisbona non erasi veramente re- cato in persona a Vienna per trat- tare di un affare di tanto rilievo; ■vi erano andati bens\ l' abbate di Wolsbood decano dei capitoli di W-^orms e di Spira, e monsignor d'Hellerich canonico della cattedra- le di Spira , insieme con altri ec- clesiastici di altri capitoli, presen- tando uno scritto, che dimostrava la trista situazione della chiesa a- lemanna privata de'suoi beni e dei suoi pastori.

I principali capi a cui si ridu- cevano le loro domande, erano questi: i.° il ristabilimento delle sedi episcopali, e il diritto deli' e- lezione conservato ne' capitoli. 2." La restituzione de'beni ecclesiastici per tutto dove tale restituzione far si poteva senza inconvenienti, od una indennizzazione proporzionata per tutto ciò eh' esser non poteva re- stituito. Sembra che in sulle prime la commissione, che nel congresso separatamente tenea l'incarico de- gli affari della Germania, inclinas- se ad un concordato generale : quando venne deciso li 2 genna- io 18 15 che solamente le basi generali per la riordinazione del- la chiesa germanica si porrebbero nel congresso, e che i diversi prin- cipi poi in particolare conclude- rebbero col sommo Pontefice i con- cordati. Posta la quale risoluzione che in lutto dipendeva dalla vo-

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lontà dei principi delia confedera- zione, non si vede con qual fon- dametito Heeren, Manuel hixtor. da syst. polii, des élats d'Europe, osi incolpare Pio VII di avere al congresso di Vienna posposti gli affari della religione, e trascurato il ristabilimento della chiesa «jer- manica. I concordati conclusi da Pio VII con la Baviera, con l'An- nover, ec; le bolle Dei ac Domi- ni nostri Jesu Chris ti; De salute a- niniarum; Provida solersque Ro- manorum Pontijicuni ; Ecclesias quae anliqnitates ; ed altre con le quali Pio VII fece diverse circo- scrizioni di diocesi, alcune soppres- se, altre eresse, unendovi nelle dio- cesi le antiche chiese di abbazie e monisteri , sono la più valida ri- sposta a smentire una calunnia nata dagli antichi pregiudizi dei quali sono imbevuti gli acattolici contro la santa Sede. Inoltre a confutare tali assertive va ricor- dato che il cardinal legalo Consal- vi riguardo alle cose ecclesiastiche della Germania, ad esse si rivolse sino dal principio del congresso con tutto il suo impegno e pre- mura; e tostochè venne stabilita una commissione incaricata di oc- cuparsi particolarmente degli afla- ri della Germania, composta dei ministri dei principi di quella na- zione , indirizzò alla medesima u- na nota^ nella quale racchiuse tut- ti i reclami, enumerò particolar- mente i danni arrecati tanto ai di- ritti spirituali della Chiesa, quanto ai suoi temporali interessi , ed i- stantissimaraente domandò, che dal- la saviezza de' principi venisse po- sto un opportuno rimedio a tali danni, dimodoché a seconda dei voti formati da tanto tempo da tutti i buoni, e delle paterne cu-

ao4 GER GER re del Potilefice, potesse tl'accoido salvezza delle anime, come anche coi principi medesimi provvedere ai diritti della santa lìede aposlo- a tanta netessilìi delle chiese. A- hca, rispettali per il corso di tan- vendo però veduto il cardinale, clie ti secoli dagl' im|)uratori, e dagli il congresso di Vienna si andava altri principi dell'impero. Durante a disciogliere j senza che si fosse il lungo corso delle sue calamità, stabilita alcuna cosa relativamente il santo Padre prosteso innanzi a agli affari spettanti alla Chiesa Dio, ed implorando con ferventi cattolica, in quello stesso giorno preghiere lo spirito della pace e del- nel quale diede corso alla prote- la concordia per tutti i monarchi sta sugli altari temporali della san- e popoli cristiani, ha tatto sempre ta Sede, che poi riporteremo, al- i voti piìi ardenti, afUnchè il suo tra ne trasmise in una sua nota pontitìcato che dai primi moraea- ai ministii dei principi, riguardan- ti è stato per la sua persona una le i diritti tanto spirituali quanto feconda sorgente delle pili amare temporali delle chiese di Germa- vicende, fosse al ritorno dell'ordi- nia, del seguente tenore. ne, e all'occasione della pace ge- J3 11 cardinal sottoscritto segre- nerale la fortunata epoca del Irioa- tario di stato di Sua Santità Papa fo della religione, e della reinte- Pio VII, e suo plenipotenziario al grazioue della Chiesa in tuttociò congresso di Vienna, confurmemen- di cui era stata spogliala. A. tal te agli ordini ricevuti da Sua San- fine il sottoscritto in esecuzione de- lità non ha mancato nella nota in gli ordini del santo Padre non la- data dei 17 novembre 181 4 hi- sciò di unire ai suoi reclami le dirizzata a S. A. il principe di più vive preghiere per ottenere un Melternich presidente della cora- conveniente riparo a' mali che con missione destinata per gli aliali la nota qui sopra enunciata erano della Germania, di esporre i recla- stati posti sotto gli occhi della mi del santo Padre intorno alle commissione germanica, a cui do- perdite e danni sofferti dalle chic- veva essere comunicata ". se germaniche, sia nei loro diritti » Per ciò che riguarda i di- e prerogative, sia nei loro possedi- ritti e le prerogative delle chiese menti. Sua Santità avea fatto co- della Germania, diritti e preroga- noscere per mezzo di atti pub- live una parte delle quali intrin- blici il vivo dolore che provò al- secamente appartiene alla costitu- lorchè vide sanzionare da vari trat- zione generale della Chiesa, e l'ai- tati, e segnatamente da quello di tra è fondata sopra il legittimo Ratisbona dell'anno i8o3, ed e- e canonico possesso delle chiese ger- seguire tanti e gravi cangiamen- maniche, Sua Santità in seguito dei ti a danno delle chiese, dei ve- piincipi che governano la Germa- scovati, dei capitoli, de' monisteri nia ha motivo di sperare che questi e di altre istituzioni ecclesiastiche stessi principi magnanimi vorrau- della Germania, e a danno anche no apprestare lutto il loro concor- dello stesso romano impero; cangia- so ed appoggio ad una sistema- mento da cui sono risultati gli ef- zione degli affari ecclesiastici di fetti più funesti agi' interesbi spiri- quella illustre nazione conforme al- tuali e temporali della Chiesa, alla le leggi della Chiesa. Ma perciò

GER

che rignnrda i possedimenti delle chiese di Germania, diverse dispo- sizioni, che il congresso di Vienna ha creduto dover lasciare sussiste- re o stabilire, non possono essere che un oggetto di dolore pel san- to Padre. 1 principi ecclesiastici, che sono stati distrutti dalla violenza rivoluzionaria, in favore dei quali parlavano (almeno egualmente) i principii ei diritti medesimi ammes- si in favore di tanti principi secolari ristabiliti nei loro dominii, non sono stali reintegrali, e sono stati asse- gnati a vari principi cattolici e non cattolici. I beni ecclesiastici, patrimonio sacro di tante chiese antiche e illustri, beni necessa- ri al culto divino, e al sostenta- mento del sacerdozio, che formano anche la dote di stabilimenti in- dispensabili , o infinitamente utili al clero secolare e regolare del- l'uno e dell'altro sesso, sono stali in parte lasciali ai nuovi posses- sori senza alcun concorso della le- gittima autorità, o restano distrat- ti dalle loro rispettive destinazioni. Il sacro impero romano centro del- l'unità politica, opera veneranda dell'antichità, consagrata dall' au- gusto carattere della religione, la cui distruzione è stato uno dei rovesciamenti più funesti della ri- voluzione, non è ancora risorto dalle sue rovine. I doveri inerenti alla qualità di capo visibile della Chiesa, ed i solenni giuramenti pro- nunziati dal santo Padre all' epoca del suo innalzamento al supremo apostolato, gli tracciano la condot- ta che deve tenere in questa dif- ficile circostanza. Egli ha altresì innanzi agli occhi l'esempio di tan- ti illustri suoi predecessori, che an- che in casi di minore importanza ebbero la più gran premura di

GER 2o5

provvedere ai diritti della religio- ne e della .santa Sede. Così per non citare una serie di fatti più antichi, Innocenzo X dopo il con- gresso e la pace di Westfalia nel 1649, Clemente XI dopo il trat- tato di Rastadt nel 1707, e di Baden nel 1714,6 Benedetto XIV nel 1 744; come anche i loro rap- presentanti nei congressi suddetti, protestaronsi contro tutte le inno- vazioni pregiudizievoli alla Chiesa ed ai diritti della santa Sede, con- tenute in quei trattati. Il santo Padre responsabile a Dio, alla Chie- sa, ed ai fedeli, non potrebbe sen- za mancare ai suoi doveri essen- ziali, osservare il silenzio intorno a risoluzioni di questa sorta. In conseguenza il cardinale sottoscrit- to conformemente agli ordini di Sua Santità, e ad esempio dei legati della santa Sede inviati a diversi congressi, e segnatamente del vesco- vo di Nardo Fabio Chigi al congres- so di Westfalia, ha l'onore di rimet- tere a Sua Eccellenza il signor. . . . la protesta qui unita contro la ri- soluzione, ed ogni altro atto pre- giudizievole agli interessi della re- ligione cattolica, e contrario ai di- ritti della santa Chiesa e della san- ta Sede, che sono stati o mante- nuti in vigore, o emanati dal con- gresso di Vienna " .

» Il sottoscritto prega , che la sua protesta sia inserita nel pro- tocollo del congresso".

» Egli ha l'onore di rinnovare a Sua Eccellenza, 1' assicurazione della sua alta considerazione ".

« Vienna li i4 g'Li§no 181 5.

»3 Ercole cardinal Consalvi.

Protesta fatta a nome di Sua Santità Papa Pio VII, e della san-

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la Sede apostolica contro tutte le disposizioni che furono stabilite e mantenute; nel congresso di Vien- na in pregiudizio dei diritti e de- gli interessi delle chiese gerniani- che, ed anche della santa Sede.

« Io Ercole della santa romana Chiesa cardinal Consalvi diacono di s. Agata alla Suburra, segreta- rio di stato di Sua Santità Papa Pio VII, e suo ministro plenipo- teriziario al congresso di Vienna per la ricupera dei dominii della santa Sede apostolica, che mi ha ancora ordinato di attendere e d'in- vigilare con ogni diligenza, affin- chè all'occasione del ristabilimento della pace generale , e della siste- mazione degli affari dell'Europa, le chiese germaniche, e la Sede apo- stolica non ricevessero alcun danno nei loro diritti, immunità, privilegi, beni, e principalmente in ciò che ap- partiene al culto divino, ed alla sal- vezza delle anime; anzi di porre ogni premura, acciocché venissero riparati quei danni, che tanto nel- le cose spirituali quanto nelle tem- porali avca nella Germania soffer- to la Chiesa nelle vicende de' pas- sati tempi. Per soddisfare ad un tale incarico , tosto che venne a mia notizia, che per autorità dei supremi principi dimoranti in que- sta imperiale e reale città, erasi stabilita una particolare commissio- ne incaricata di prender cognizio- ne, stabilire, e deliberare sugli af- fari della Germania, posi sotto gli occhi di Sua Altezza il principe di Metternich presidente di questa com- missione i reclami di Sua Santità, in una nota da presentarsi alla commissione suddetta, datata il gior- no 17 novembre dell'anno scorso iSi4. In questa io mi duolsi di tutte quelle innovazioni, che con

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disapprovazione di nostro Signore (come attestano i pubblici docu- menti) furono fatte in Germania negli anni scorsi, e molte delle quali furono anche sanzionate con vari trattati, e principalmente con quello di Ratisbona dell'anno i8o3, in pregiudizio delle chiese e dei vescovati, dei capitoli, dei moni- steri, e di altri luoghi ed istituzio- ni pie, e finanche dello stesso ro- mano impero, donde risultarono danni tanto funesti agli interessi spirituali della Chiesa, e alla sal- vezza delle anime, e donde deri- vò alcun grave pregiudizio ai di- ritti della Sede apostolica, diritti che pel lasso di tanti secoli erano stati riconosciuti dagl' imperatori stessi, e dagli altri principi dell'im- pero. Dopo avere esposto tali co- se io pregai a nome di Sua San- tità i gloriosi principi, affinchè eoa la loro giustizia e saviezza pones- sero rimedio a tanti disastri. Fi- nalmente non mancai di pregare i ministri dei principi medesimi, af- finchè nella ripristinazione delle co- se di Germania, alla quale erano per applicarsi, volessero avere spe- ciale riguardo alla religione catto- lica, alla salvezza delle anime, ai diritti delle chiese germaniche, e della Sede apostolica ".

« In quanto poi a ciò che ri- guarda gli affari ecclesiastici, la fa- vorevole disposizione de' principi che governano la Germania spesso manifestata, mi luogo a spera- re che quanto prima potranno es- sere sistemati a norma delle leggi della Chiesa. In quanto però a ciò che appartiene ai beni temporali delle chiese della Germania, molte cose sono state o stabilite nel con- gresso, o mantenute in vigore, che arrecano gian dolore all' animo di

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Sua Santità. I principati tempo- rali de' quali era stata spogliata la Chiesa nella Germania, non si sono ad essa per anco restituiti ; anzi sono stati concessi a principi secolari cattolici e non cattolici : parte dei beni e delle rendite del clero tanto secolare, che regolare dell'uno e dell'altro sesso, quali sono patrimonio della Chiesa , è stata rilasciata ai loro nuovi pos- sessori, senza che venisse ciò san- zionato da alcuna autorità legitti- ma ; parte si fa rimanere distratta e deviata da quegli usi pei quali erano stati stabiliti. In ultimo luo- go, lo stesso romano impe.o, con ragione riguardalo come centro del- l' unità politica, e consacrato dalla santità della religione, non è anco- ra ristabilito ".

« Poiché adunque la Santità di Nostro Signore animata dalla sol- lecitudinCj che deve avere del greg- ge del Signore e di tutte le chie- se, e legato dai giuramenti prestati air occasione del suo innalzamento al supremo pontificato , non solo non può passare sotto silenzio tali pregiudizi recati agi' interessi tem- porali delle chiese germaniche, o lasciati sussistere, dai quali inoltre più gravi danni risultano alla re- ligione cattolica, e molti e grandi aiuti ad essa vengono tolti, non solo, dico, non li può passare sotto silenzio, affinchè non sembri col tollerarli, ch'egli li approvi; ma sull' esempio anche de' suoi prede- cessori , che contro pregiudizi di minore importanza fatti alla Chie- sa non om misero di far sentire la loro apostolica voce, è costretto a difendere ed a conservare intatti per quanto esso può, i diritti e le ragioni della Chiesa. Io che adem- pio le sue parti in questo congres-

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so, appoggiato agli esempi di altri legati della santa Sede , e special- mente di Fabio Chigi vescovo di Nardo, nunzio apostolico presso dei celeberrimo congresso tenuto in Westfalia, a nome della santa Se- de apostolica, e del santissimo Pa- dre nostro Signore Pio VII per divina provvidenza Papa, per mezzo di queste lettere apertamente, ed in ogni miglior modo, via , causa e forma a cui per mio officio sono tenuto, protesto, mi oppongo, e contraddico a tutte quelle disposi- zioni, le quali sono state stabilite o mantenute in vigore in questo congresso di Vienna , e che arre- cano pregiudizio ai diritti ed in- teressi della chiesa di Germania , e della santa Sede, ed a tutti quei danni che da tali disposizioni de- rivano al culto divino, e alla sal- vezza delle anime, danni, quali io per quanto a me si appartiene ho fatto ogni sforzo per impedire; e per assicurare anche presso gli as- senti ed i posteri più estesa la notizia di tali atti, ho sottoscritto di mia mano questa protesta, l'ho firmata col mio sigillo, e dimando che venga formalmente inserita nel protocollo degli atti di questo con- gresso. Dato a Vienna dal palazzo della nunziatura apostolica il gior- no i4 giugno dell'anno 181 5".

» Ercole cardinal Consalvi.

Quindi il Pontefice Pio VII adu- nò a' 4 settembre 18 15 il sacro collegio de' cardinali in concistoro, e con analoga allocuzione pubbli- cò la restituzione fatta alla santa Sede delle summeutovate provin- cie, con sensi di riconoscenza verso quei sovrani che vi avevano coo- perato, indi passò a descrivere tutti

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gli atti perciò fatti nel congresso di Vienna ckl cardinal Consalvi legato, e primieramente quello in cui si provvide al decoro della santa Sede, nel confermarsi le pre- rogative de' suoi rappresentanti. Im- perocché essendosi incominciato a trattare di rimovere per sempre le questioni bene spesso insorte sulla precedenza dei ministri delle di- verse corti, il cardinale prese par- ticolar cura, acciò anche in tal congiuntura rimanesse salva la di- gnità della Sede apostolica, alla qua- le si era avuto il più gran riguar- do; laonde! principi, compresi quelli che non sono uniti in comunione con la cattedra di s. Pietro, de- cretarono, che ninna innovazione si facesse intorno ai legati ed ai nunzi apostolici, che fino allora avevano occupato il primo posto fra tutti i rappresentanti degli al- tri sovrani, ludi il Papa lesse la protesta fatta dal cardinal Consal- vi, agli otto principali ministri del- le alte potenze che sottoscrissero il trattato di Parigi de' 3o maggio i8i4, compito con quello di Vien- na de' 9 giugno i8i5. In questa protesta dichiaratasi dal cardinale la gratitudine del Papa per la reintegrazione de'suoi dominii tem- porali, non avendo esso avuto il ripromesso compenso per le pro- Tincle à' Avignone e Venaissìno [f^edi) in Provenza, protestò sui relativi diritti, come protestò sulla porzione della legazione ferrarese situata sulla riva sinistra del Po, per gli opportuni indennizzi. In quanto alle guarnigioni austriache stabilite nelle piazze di Ferrara e di Comacchio, questa misura es- sendo totalmente contraria alla li- bertà , ed indipendente sovranità della santa Sede, ed al suo siste-

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ma di neutralità, potendo espoila a delle ostilità, portando pregiudizio ai suoi diritti , ed intralciandone l' esercizio , il cardinale eziandio protestò formalmente anche su que- st'articolo, portando l'atto la data de' i4 giugno i8i5. Continuando Pio VII la sua allocuzione, gran- demente lodò l'impegno mostrato nel congresso dall'imperatore Fran- cesco I , dai re di Francia e di Spagna , dal principe del Brasile reggente di Portogallo, ed anche da altri principi che non appartengo- no alla Chiesa l'omana, ed a fa- vore della santa Sede, massime dell' imperatore di Russia Alessan- dro I, che con autorità e potere sostenne gì' interessi della medesi- ma. Lodò ancora i re di Prussia e di Svezia che pure concorsero nelle cose spettanti alla romana Chiesa, in unione al principe reg- gente d' Inghilterra, altro sostegno del cardinal legato nel congresso di Vienna ; e si dimostrò grato ai primari ministri ch'ebbero parte nell'esito felice degli affari. Confer- mò Pio VII le proteste suU' Avi- gnonese e Venaissino, come sulla parte della provincia ferrarese po- sta sulla riva sinistra del Po, ac- ciò si restituiscano alla santa Sede, o ad essa diasi equivalente com- penso, siccome terre appartenenti a s. Pietro ; ne mancò protestare contro le guarnigioni di Comacchio e Ferrara. In seguito parlò delle cose ecclesiastiche della Germania, e lesse le due analoghe proteste che riportammo di sopra. Ne ap- provò il Papa tutto il contenuto , sperando nell' impegno de' principi di essere posto in grado di siste- mare al più presto le cose eccle- siastiche della Germania. Per ul- timo Pio VII rese luminosi e giù-

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stì elogi alla legazione del cardinal Consalvi, dichiarandolo grandemen- te benemerito della Sede aposto- lica.

A' 26 settembre i8i5 ebbe luo- go la santa alleanza pel manteni- mento della pace d'Europa, tra r Austria, la Russia, e la Prussia. Avendo l'imperatore Francesco I con le Provincie conquistate in Ita- lia costituito il regno lombardo-ve- neto, ed il regno illirico, nel 1816 domandò a Pio VII il privilegio di nomina per tutte le chiese degli stati già posseduti dalle repubbli- che di Venezia e di R.agusi, e che facevano parte de' suoi dominii ; laonde concesse il Papa con bolla quanto erasi domandato dall'impe- ratore, non che ai di lui successo- ri cattolici, il privilegio cioè di no- minare a tutte le suddette chiese; mentre sulla circoscrizione delle dio- cesi di alcuna, può leggersi la bol- la : De salute Dominici gregis cu- rae nostrae del 1818. Indi si ten- ne il congresso d' Aquisgrana per il quale si ritirò dalla Francia la armata d'occupazione inglese-prus- siana-austro- tedesca; in questo con- gresso si ebbe un po' per un ver- so, un po' per l'altro diffidenza con- tro le università, e contro lo spi- rito del popolo tedesco. Tale dif- fidenza derivò da particolari abusi della libertà della stampa, e dalla immaginazione esaltata della gio- Tentìx fanatica di volersi ingerire di politica in modo tale che in- dusse poi i governi a prender re- lative misure. Dopo il congresso d' Aquisgrana l'imperatore France- sco I coir augusta sua consorte nel 1819 si recarono in Roma splen- didamente accolti, trattati e festeg- giali da Pio VII, i cui particolari si leggono nei Diari di Roma di quel-

VOL. XXIX.

GER. 209

l'epoca. Francesco I non si recò ai congressi di Troppau, di Verona, e di Lubiana, adunati per reprimere dei torbidi e delle ribellioni, e per ristabilire nella Spagna, a Napoli e nel Piemonte l'autorità reale; ma interessato più di qualunque altro al mantenimento dell'ordine nella penisola, pigliò l'incarico di far marciare delle truppe contro gl'in- sorgenti di Napoli e del Piemonte, sotto il comando de' prodi genera- li Frimont e Bubna, e fu l'ultima guerra ch'egli sostenne. Si consacro poscia interamente alla felicità dei suoi sudditi, ed alle sue inclinazioni pacifiche; e con la sua bontà, bene- ficenza, fermezza di carattere, ret- titudine di criterio, riscosse l' uni- Tersale venerazione. Nato in Italia ne conservò gradevole reminiscen- za. Conservò sempre divozione ver- so la cattedra di s. Pietro, ed a quelli che in essa sedettero, come Pio VII, Leone XII, Pio Vili, e Gregorio XVI regnante, nei pri- mordi del cui pontificato coi suoi eserciti represse l'insurrezione av- venuta in sede vacante in alcune Provincie pontificie, come dicemmo al voi. XXIV, p. 169 e seg.; ed al voi. XXV, p. 290 e seg. del Dizionario.

L'imperatore Francesco I, com- pianto da tutti, morì a Vienna li 2 marzo dell'anno i835, e gli successe il primogenito regnante imperatore Ferdinando I. Il Pon- tefice che regna, dopo aver an- nunziato al sacro collegio nel con- cistoro dei 6 aprile grave perdi- ta, stabilì la mattina degli 1 1 del- lo stesso mese il funerale nella cap- pella Sistina, onde suffragarne l'a- nima; vi pontificò il cardinal Ode- scalchi, e monsignor Alessandro principe Ruspoli, uditore generale

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2 IO GER

della camera apostolica, encomiò l'augusto defunto eoa eloquente orazione, terminata la quale il Pontefice dal trono compiè il sacro rito dell'assoluzione. Del ristabili- mento de' gesuiti nell'impero au- striaco operato da Francesco I, di altre sue gesta, delle mogli ch'eb- be, degli ordini cavallereschi dell'im- pero austriaco, dell'imperatrice ve- dova, dell'imperatore ed imperatri- ce regnanti, se ne parla al voi. Ili, p. 142 e seg. del Dizionario. In questo si tratta eziandio dei regnan- ti imperiali coniugi, cioè nel voi. XXI li, p. i3o, delle fascie benedet- te mandate all' imperatore da Pio VI essendo bambino; nel voi. IV, p. 2 1 3 della nascita seguita in Pio- raa dell'imperatrice Maria Anna, e del battesimo che ricevette da Pio VII; e qui noteremo, come altro- ve, che appena eletto Papa Gre- gorio XVI , il primo atto di sua pontificia autorità si fu la dispen- sa matrimoniale concessa pegli im- periali coniugi, donando poscia al- l'imperatrice nel i832 la Rosa d'o- ro benedttta. Della descrizione poi della coronazione di Ferdinando I colla corona di ferro, e del succes- sivo solenne convito, ne parlammo al voi, XVII, p. 99 e seg, e 280 e seg.

11 medesimo regnante Pontefice Gregorio XVI nel i835, come di- cemmo all' articolo Ermesiani (Ve- di), condannò e riprovò con de- creto le opere di Giorgio Ermes, nato nel principato di Munster, dap- poiché la sua dottrina agitava e teneva in dissensione diverse pro- vincie della Prussia, e specialmen- te la VVestfalia. In quanto agli af- fari e vertenze sull'arcivescovo di Colonia Clemente Augusto libero barone di Droste e Vischering ,

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ora coadiuvato dall'arcivescovo di Iconio in partihiis monsignor Gio- vanni Geissel, tra la santa Sede e la Prussia, quindi accomodate, so- no a vedersi gli articoli Colonia e Prussia. Sebbene poi tuttora si debba deplorare la perdita dei principati, delle abbazie, raonisteri, ec, e delle cospicue rendite, fatta dal clero nei memorati avvenimen- ti, abbiamo però un motivo di consolazione religiosa, nel rilevare dal confronto degli anteriori tem- pi coi nostri il risvegliamento del- lo spirito ecclesiastico, ed il riac- ceso zelo nel clero germanico, e ne' suoi illustri pastori. Può dun- que sperarsi in un miglior avviinire un clero meno dovizioso, ma piìi istruito e piìi edificante nella con- dotta, essendo noto come prima si procedeva nella nomina de' canoni- ci e delle dignità de' capitoli delle cattedrali^ menti'e ora e poscia si potrà aver piìi considerazione al merito, che a qualunque altro ri- guardo. Laonde minore ostacolo ancora si troverà al ritorno del cat- tolicismo di alcuni membri delle va- rie sette che esistono in Germania, e pili facilmente molti potranno ritor- nare al seno della Chiesa cattolica. L'autore della vita d'Innocenzo III, dell'opera sulla storia del me- dio evo, e di quella ultimamente pubblicata sulle recenti questioni religiose nella Svizzera, sciitta in un senso veramente cattolico, cioè il dottor Federico cav. Hurler di Sciadusa, è divenuto pubblicamente cattolico, per l'abiura che a' 16 giugno 1844 emise in Roma nel- le mani del cardinal Pietro Osti- ni, già nunzio apostolico di Vien- na. Tale celebre scrittore era già cattolico per intima convinzione, dappoiché la divina grazia da gran

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Jcrapo operò nel suo onore per r invocato patrocinio di Maria Vergine, per cui si addusse a Ro- ma centro del cattolicismo, nell'in- tendimento di farne nelle prescrit- te forme solenne professione. Quin- di nel giorno sacro a s. Luigi Gonzaga ricevette il sacramento della confermazione nella stessa cappella del collegio romano, ove molti anni innanzi lo stesso car- dinale aveva ricevuto l' abiura del rinomato e distinto pittore Over- bcck; poscia fu ammesso alla men- sa eucaristica nella chiesa di s. I- gnazio. La conversione di Hurter debbe riputarsi una delle più lu- minose della Germania, e porsi nel rango di quelle già avvenute nelle famigerate persone di Stoll- berg, di Haller, di Werner, di Schlosser, di Overbeck, di Tarke, e di Philipps. E per ripetere le gravi parole d'un moderno ed il- luminato scrittore, diremo che nella Germania vi sono ora vari principati e governi che si deno- minano ancora protestanti ; ma in certo modo e rigorosamente par- lando l'antico protestantismo più non esiste; e ciò che previdero gli apologisti della religione catto- lica nel secolo XVI, si è ormai pienamente verificato. Ogni pro- testante si è fatto interprete delle divine scritture, a poco a poco so- no spariti tutti que'dommi cattolici ch'erano ancora rimasti alla pre- tesa riforma, e si cadde in mi pu- ro deismo. Le società scerete poi, e le rivoluzioni politiche diedero l'ultimo crollo alle idee religiose, onde rimane il solo nome di pro- testanti, anche per le variazioni infinite delle loro sette e credenze. Quantunque esista nella Germa- nia una ffi'an diversità fra i mol-

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tiplici idiomi parlati da tanti dif- ferenti popoli riuniti sotto l'auto- rità di un solo sovrano, si può nullameno formar di essi tre gran divisioni: i." la gotica antica ger- manica, lingua dei primi abitanti del paese; 2.° la schiavona parla- ta principalmente dai galiziani, da una gran parte dell'Ungheria, e dai popoli dell' Illiria e della Dal- mazia, aggiungendovi anche l'an- tico linguaggio usi tato nella Boe- mia e Moravia; 3.° in fine la un- gherese propria, che devesi riguar- dare come un ramo della filande- se. L' italiano è il linguaggio do- minante negli stati d'Italia sotto- messi all' Austria, ed il tirolese è un mescuglio d'italiano e di te- desco.

Concila di Germania o Alemagna.

Il primo fu riunito nell'anno 742, ignorandosene il preciso luo- go, da Carlomanno duca de' fran- cesi a' 2 1 aprile. Questo principe, nell'atto della convocazione, disse: che per consiglio de' servi di Dio, e de' signori della sua corte, avea rannate i vescovi del suo regno coi loro preti, per imparare da essi come si potesse ottenere di far osservare la legge di Dio, e ristabilire la disciplina ecclesiasti- ca ch'era molto decaduta. Que- sto concilio si compose di sei ve- scovi, cioè di Colonia, Amburgo, Wùrtzburgo, Utrecht, Strasburgo, ed Eichstett. Vi si fecero sei ca- noni risguardanti 1' ordinazione dei vescovi, la condotta dei sacerdoti, dei diaconi, dei chierici, ec. S. Bo- nifacio, r apostolo delia Germania, vi presiedette in nome del sommo Pontefice s. Zaccaria, e scrisse a Curberlo arcivescovo di Cautor-

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bery, ciò clie nel concilio si fece ; e querelandosi degli ostacoli che in- contravano ■ i buoni pastori, si e- spresse nelle seguenti rimarchevoli parole. » Combattiamo per il Si- » gnore, imperciocché siamo noi » in tempi difficili e assai raole- f> sti : si muoia, se fa d'uopo, per M le sante leggi de' nostri padri, w affine di possedere con essi la M eredità della eterna vita. Non M siamo cani muti, sentinelle ad- M dormentate, ovvero mercenari « che fuggono in vista del lu- » ; siamo pastori zelanti e vi- V gilanti, e predichiamo la verità M ai grandi e ai piccoli ". 11 san- to vescovo aveva per mira in que- sto concilio, di creare i mezzi di rimettere in osservanza la legge di Dio e la disciplina ecclesiastica, decadute sotto i principi preceden- ti, e impedire che il popolo fedele non fosse ingannato dai falsi pre- ti, come per il passato. Dizionario de'conciliij e Lengiet, Tavolette cronolog., il quale crede che il con- cilio si celebrasse in Colonia.

Il secondo concilio fu tenuto nel 744 o 74^9 egualmente sotto Carlomanno; vi presiedette il san- to vescovo Bonifacio quale legato della santa Sede, e fu nominato arcivescovo di Magonza invece di GewilianOj deposto come omicida. Aldeberto e Clemente, ambedue eretici, vi furono condannati, come ancora furono esaminati i chierici da loro sedotti. Diz. de' conci Hi j Regia tom. X\ li; Labbé tom. Vlj Arduino tom. HI.

Il terzo venne convocato l'anno 747 per ordine di Carlomanno, ed avanti il suo ritiro. Presieduto da s. Bonifacio, in esso furono ricevu- ti i quattro concilii generali.

Il quarto fu adunato nel 739:

GER in esso Otmaro abbate di s. Gallo venne calunniosamente accusato di impudicizia, ed in conseguenza del- la fal?a accusa fu condannato in prigione, dove morì di fame; tut- tociò a motivo del suo zelo con- tro Varino e Ruitaido, usurpato- ri dei beni della Chiesa. Labbé tom. VI; Regia tom. XVII; Ardui- no tom. III.

Il quinto fu tenuto nell'anno 1225 ai 9 dicembre dal cardinal Corrado vescovo di Porto, legato della Sede apostolica : in questo concilio si trattò particolarmente della continenza degli ecclesiastici, e contro la simonia. Labbé tom. XI; Arduino tom. VII.

GERM.\N1A. Sede vescovile di Numidia nell' Africa occidentale , che trovasi rammentata nella No- tizia al N. 97. N'è pure fatta men- zione nella conferenza di Cartagi- ne, alla quale assistette Innocenzo, uno de' suoi vescovi, i quali erano sutFraganei della metropoli di Cir- ta Giulia. Nella provincia Bizace- na, egualmente neir Africa, e sotto la metropoli di Adramito, vi fu una sede episcopale dello stesso no- me di Germania.

GERMANICIA. Città vescovile della provincia Eufratena nella dio- cesi e patriarcato d' Antiochia, sot- to la metropoli di Gerapoli Mem- bisc, eretta nel quarto secolo, e dichiarata arcivescovato nel duode- cimo, onde al dire del Terzi, Sì- ria sacra p. 142, divenne metro- poli di Comagena. Tolomeo la po- ne vicino al monte Aman sui con- fini della Siria e delia Cappado- cia. Seldeno la chiamò Cesarea Germanicia, nome dedotto già da Vespasiano, che vi piantò una co- lonia. Essa fu patria di Eudosio ariano, patriarca prima d'Aulio-

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chia e poi di Costantinopoli, e di Nestorio empio eresiarca, il quale diede motivo ai molti vescovi pro- vinciali di radunarvi quindi un si- nodo , per impugnare e condan- narvi i suoi errori. Gerraanicia eb- be i seguenti vescovi. Salomone che intervenne ai concilii di iXicea, Andra, e Neocesarea; Eudossio di Arabissa discepolo del martire Lu- ciano, fatto vescovo dagli aiiani ; Stefano che unitosi a Giovanni di Apamea per difendere la fede, eb- be la ventura di purgare la dio- cesi dall'eresia ariana; Giovanni che si astenne di portarsi al con- cilio d'Efeso per riguardo dell'e- resiarca Nestorio, fu però a quello di Calcedonia, sottoscrisse i suoi decreti, e pronunziò l'anatema contro Nestorio; firmò pure il de- creto sinodale di Gennadio di Co- stantinopoli risguardaiite i simonia- ci del 4^9- Altro vescovo di Ger- raanicia fu Tommaso, cacciato dal- la sua sede dall' imperatore Giu- stino I, per essere attaccato all'e- resia di Severo. Germanicia fu pu- re la sede di un vescovo giacobi- ta, che aveva cura anco della chiesa di Mabuga: tra i vescovi giacobiti noteremo Tommaso d'E- raclea, che fiori nel 6 1 6, e sedeva tanto in Germanicia, che a Mabu- ga; Giovanni I che assistette all'e- lezione di Dionigi nell'8i8; Gio- vanni II nel 910 ordinò il patriar- ca Giovanni IV; Dionigi nominato dal patriarca Atanasio Vili, chia- mato prima Giosuè Barchettre, di- venne vescovo nel ii3g, e poscia fu trasferito ad Amida ove morì nel 1171. Nelle notizie de' latini, si legge che Germanicia fu loro arcivescovato onorario. Al presen- te Germanicia è un titolo vescovi- le in parùbus, che conferisce la

GER 2i3

santa Sede, ed il regnante Grego- rio XVI, a'i3 febbraio 1887, di- chiarò vescovo di Germanicia, e vicario apostolico del distretto set- tentrionale di Scozia monsignor Giacomo Francesco Kyle.

GERMANICIANA . Patrimonio della santa Sede, uno dei ventitre che possedeva a tempo di s, Gre- gorio I Magno, creato nel 5go: in ordine era il XXII, ed avea distin- to amministratore o rettore, chia- mato eziandio difensore, che sole- va essere uno de' primari chierici della Chiesa romana, f-'edi Patri- moni DELLA SANTA Sede. Io Afri- ca vi fu una città col nome di Germaniciana, posta sulla strada da Theveste a Tusdrura, fra Aquae Rfgiae ed Elices.

GERMANICOPOLI. Città ve- scovile dell' Isauria, nella diocesi e patriarcato d'Antiochia, sotto la metropoli di Seleucia, la cui ere- zione risale al IV secolo. Di que- sta Sede se ne trova menzione in tutte le notizie, e la fa pure Co- stantino Porfirogenito. De' suoi ve- scovi si conoscono i seguenti : Ti- ranno che fu al concilio di Calce- donia; Teodoco che intervenne al settimo generale; e Basilio che si trovò presente al concilio di Fozio sotto il Papa Giovanni VIII. Ger- manicopoli, Gennanìcopolitan, città della Cilicia nell'Asia minore, al presente è un titolo vescovile in parlibus, che conferiscono i roma- ni Pontefici, ed è pure sotto l'ar- civescovato in parlibus di Seleucia. Gli ultimi vescovi titolari sono monsignor Gio. Michele Sailer, e monsignor Emmanuele Giuseppe Pardio della diocesi di Jucatau neir America settentrionale, fatto dal regnante Gregorio XVI nel concistoro de' 27 aprile 1840, con

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facoltà (li esercitare i pontificali in detta diocesi.

GERMANO (s.), vescovo d'Au- xerre. Nacque in Auxerre da no- bilissimi genitori che lo fecero e- ducare con molta cura nelle scien- ze umane. Andò a Roma a per- fezionarsi nello studio della giuris- prudenza, e passò per uno de'pri- mi oratori del suo tempo. Impal- mò una illustre gentildonna di no- me Eustachia, e l'imperatore Ono- rio innalzollo a dignità onorevolis- sime; avuta in fine quella di du- ca o generale delle truppe della sua provincia, fece ritorno ad Au- xerre. Germano amava perduta- mente la caccia, e quando gli ve- niva fatto di uccidere qualche fie- l'a, ne facea appendere la testa ad un albero eh' era in mezzo della città. Il santo vescovo Amatore a- vendolo piìj volte ammonito inu- tilmente per questa azione che sem- brava richiamare gli antichi usi dell'idolatria, fece tagliare l'albero, mentre il duca era assente, ciò che lo fece molto adirare. Calmossi pe- rò in seguito, e ricevette gli ordi- ni sacri dalle mani del santo ve- scovo, che dopo poco tempo mo- rì. I voti del clero e del popolo si riunirono tutti in favore di Ger- mano, e a'y di luglio del 4i8 e- gli fu consacrato vescovo di Au- xerre. Volte allora le spalle a tut- te le vanità del mondo, non con- siderò più sua moglie che come una sorella, dispensò tutti i suoi averi a'poveri ed alle chiese, ab- bracciò la più rigida penitenza , e s'infiammò di santo zelo pel cul- to del Signore e per la felicità del suo popolo. Fondò un moni- stero sotto l'invocazione de'ss. Co- sma e Damiano, dirimpetto ad Au- xcrre; scoprì la tomba di diversi

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martiri che avevano sofferto con s. Prisco, e fabbricò in loro onore una chiesa ed un monistero. Fe- ce due viaggi in bighilterra per combattere i pelagiani: il primo con s. Lupo vescovo di Troyes, nel 4^9» ed il secondo nel 44^ con Severo arcivescovo di Treveri. L' anno seguente andò a trovare l'imperatore Valenliniano 111, che era a Ravenna, per pacificarlo coi popoli dell'Aimorica, i quali essen- doglisi ribellati, stavano per soflri- re la pena che aveano meritata. Fu accolto con grande allegrezza dal popolo e da s. Pier Grisologo, come anche dall'imperatore e da sua moglie Placidia, ed ottenne la grazia. Mentre soggiornò a Ra- venna fu sempre accompagnato da sei vescovi , che lo videro operare diversi miracoli, fra cui il risor- gimento di un morto. Molti altri miracoli egli aveva altrove opera- to. Ammalatosi in quella città, ivi morì ai 3i di luglio del 44^> ^ tutti gli abitanti ne rimasero com- mossi. Il prefetto della camera del- l'imperatore che andavagli debito- re della guarigione di un suo fa- migliare, fece imbalsamare il suo corpo; l'imperatrice lo fé' rivestire di abiti preziosi, e rinchiudere in un'arca di legno di cipresso; l'im- peratore poi ordinò che a sue spe- se, e con magnifica pompa fosse accompagnato sino al passo delle Al- pi, ove il clero di Auxerre era ve- nuto a prendere la spoglia mor- tale del suo pastore. Quivi fu per sei giorni esposto alla pubblica ve- nerazione, e poi fu sepolto al pri- mo d' ottobre neh' oratorio di s. Maurizio ch'egli aveva fondato, e che divenne in seguilo una celebre badia di benedettini col nome di s. Germano. Il suo corpo fu ab-

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bruciato dìigli ugonotti nel secolo XVI, ma ne fu tono però salvate alcune reliquie. La sua festa prin- cipale si celebra a'3i di luglio.

GERMANO (s.), martire. Figlio di un signore scozzese per nome Audino, il quale fu convertito con sua moglie da s. Germano d' Au- xerre eh' erasi recato nella gran Bretagna per combattervi Teresia dei pclagiani. 11 santo vescovo in- vaghito della dolce fisonomia di questo fanciullo volle essergli pa- drino, e gì' impose il suo nome. Cresciuto nelle cristiane virtù, si consacrò all'apostolico ministero, e abbandonata la patria andò a pre- dicare nelle Gallie. Le sponde del- la Mosella furono il primo teatro del suo zelo, ove la sua predica- zione, avvalorata dai miracoli, o- però gran numero di conversioni. Consagrato vescovo regionario fece un viaggio a Roma per visitarvi le tombe degli apostoli, ed otte- nere colla loro intercessione la gra- zia di poter imitare il loro zelo. Di passò nella Spagna, indi nel- la sua patria , facendo ovunque nuove conquiste al vangelo. Tor- nato nelle Gallie, recossi in Nor- mandia, e dopo avervi aimunzia- to Gesù Cristo nel territorio di Coutaiices e di Bayeux, entrò nel- la Picardia, dove sulle sponde del- la Brele, fra Aumale e Senarpont, sofferse il martirio, verso il finire del quinto secolo. Sopra il luogo della sua sepoltura fu eretta una chiesa, ove si conservarono le sue reliquie sino al nono secolo, in cui per timoi'e dei barbari furono tra- sportate a Ribcmont, nella diocesi di Laon. Yerso la metà del seco- lo XVII, la chiesa parrocchiale di Amiens a lui dedicata n'ebbe una considerabile porzione. Egli è pro-

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lettore di molte parrocchie in Pi- cardia e in Normandia, e la sua festa si celebra a'2 di maggio, gior- no in cui riportò la palma del martirio.

GERMANO (s.), vescovo di Pa^ rigi. Nacque nel territorio d'Autun verso il 49^3 appartenne al clero di quella città, fu abbate del mo- nFstero di s. Sinforiano, che go- vernò cojj regolarità e saviezza, e verso il 555 fu innalzato alla sede vescovile di Parigi. Questa nuova dignità non porlo alcun cambia- mento nella sua maniera di vive- re : fu sempre semplice, frugale, modesto, penitente. Verso le no- ve ore della sera recavasi in chie- sa, e vi rimaneva in orazione fin dopo mattutino. Una folla d'infe- lici cui tenea luogo di padre at- torniava la di lui casa, e sempre avea molti poveri alla sua mensa. Fu pei suoi discorsi che il re Chil- deberto riformò la propria vita, sbandi tutti i disordini dalla sua corte, e impiegò considerevoli som- me in pie fondazioni e in sollievo de'miseri, facendolo dispensatore e- gli stesso delle sue largizioni. Mor- to questo re a' 2 3 dicembre del 558, il santo vescovo consacrò nel medesimo giorno la magnifica chie- sa che quegli avea fatto fabbrica- re ed avea adottata per luogo di sua sepoltura; poi riempi l'an- nesso nuovo monistero di religiosi, a'quali diede per primo abbate s. Drottoveo o Drotteo suo discepolo. Nel 556 scomunicò il re Cariber- to per motivo d'incesto; ed avendo questi lasciato, morendo, i suoi stati da dividersi fra i suoi tre fra- telli, fu motivo di ostilità e di- scordie, per cui s. Germano ebbe d' uopo d' impiegare tutta la sua prudenza e il suo zelo per procu-

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rare la pace e ben governare il suo gregge in mezzo a s\ differen- ti interessi, ^ Egli fece di lumi- nosa mostra nel concilio tenuto a Parigi nel 55'j, e fu il principale autore dei canoni che vi furono formati. Compose un'eccellente o- pera intitolata Spies;azione della liturgia. Pieno di meriti e di gloria morì ottuagenario a' 28 di mag- gio dell' anno 576. Le sue reli- quie riposano in un' arca prezio- sa nella chiesa di san Vincenzo detta presentemente s. Germano dei Prati , meno un braccio che veneravasi nella chiesa di s. Ger- mano il Vecchio; e molti miracoli dimostrarono l' efficacia della sua intercessione. Il giorno 28 maggio è sacro alla sua ricordanza.

GERMANO (s.), vescovo di Ca- puaj mandato dal Papa s. Ormisda in uffizio di legato all' imperatore Giustino I, l'anno 5 19, collo sco- po di por fine allo scisma che du- rava in oriente da quarant' anni. La condotta del santo vescovo fu coronata del più felice successo : furono condannati gli eretici, e lo scisma estinto; ma si trovò espo- sto più volte al furore degli ere- tici, insieme con quelli che lo ave- vano accompagnato. Ritornato alla sua diocesi, la governò santamente sino alla sua morte che si colloca circa l'anno 54o , nel giorno 3o d'ottobre, in cui è onorato.

GERMANO (s.), martire. Figlio d'un senatore di Treveri, fu edu- cato sotto gli occhi del vescovo di quella città Modoaldo, e in età di diecisette anni donò a' poveri tut- te le sue ricchezze per ritirarsi in un deserto della Lorena sotto la condotta di s. Arnolfo di Metz. Gustando sempre più le spirituali dolcezze, persuase suo fratello Nu-

GER merlano ad abbracciare la stessa vita, e passò con lui nel novello monistero di s. Romarico, poscia in quello di Lusseuil, allora go- vernato da s. Walberto, il quale conosciutone il merito, lo fece ca- po de'religiosi che mandò nel monistero di Granfel fondato dal duca Gondon. Germano governò quel monistero con tanta saggezza e pietà, che venne incaricato anche della direzione di altri due, cioè di s. Uisits e di s. Paolo Zuvert ovvero dell'Isola. Mosso da caritate- vole zelo ebbe il coraggio di fare delle rimostranze al duca Rouifa- cio, successo a Gondon, per le ves- sazioni che faceva solhire a'mona- ci ed ai poveri di que'luoghi. Que- sta libertà costogli la vita, poiché mentre ritornava al suo convento fu ucciso a colpi di lancia da'sol- dati del duca, in un col beato Randoalbo suo compagno. Ciò av- venne verso l'anno 666, a' 2 1 di febbraio, e in questo giorno sono ambedue ricordati come martiri.

GER.MANO (s.), patriarca di Costantinopoli. Figlio del patrizio Giustiniano, nato circa l'anno 638, entrò nel clero di Costantinopoli, e meritò d'essere innalzato alla se- de vescovile di Cizico, poscia alla patriarcale di Costantinopoli nel 71.5. Difese coraggiosamente il cul- to delle immagini, e ricusò di ob- bedire al decreto promulgato nel 725 dall'imperatore Leone l'Isau- rico, che ne ordinava l'estirpazio- ne, per cui ebbe a soffrire gli ef- fetti dello sdegno imperiale, e nel 780 fu sforzato ad abbandonar la sua chiesa. R.itirossi a gemere a Platanio nella casa de'suoi padri, e mori a' 12 di maggio del 783. La Chiesa lo onora come il primo difensore delle sacre immagini, ed è

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considerato come illustre scnttore. Abbiamo tre lettere di lui clie pren- dono di mira gli errori degli ico- noclasti; e diversi altri scritti gli vengono attribuiti. Fozio stima mol- to il suo stile, e loda soprattutto l'apologia di s. Gregorio di Nissa contro gli origenisti.

GERMANO, Cardinale. Germa- no cardinale dell'ordine de' preti, e del titolo de' ss, Gio. e Paolo, intervenne al sinodo celebrato in Rouia dal Pontefice Giovanni Vili neir 872.

GERMERO (s.). Nacque a War- de sulla Epte, ai confini della dio- cesi di R^ouea e di Beauvais , e i suoi genitori, nobili e ri celi i , Io fecero educare nelle scienze e nella pietà. Il raro suo merito lo fece invitare alla corte del re Dagober- to I , nella quale seppe mante- nere la sua innocenza. Sposò una donna virtuosa e degna di lui, per nome Domania, e n'ebbe un figlio e due figlie. Regolandosi sempre co' consigli di s. Audoeno vescovo di Rouen, fondò presso Warde il nionistero dell' Isola, che durò fino ai guasti de' normanni, e col con- senso di sua moglie e di Clodoveo li, abbandonò la corte e ritirossi nel monislero di Pentale. Non pas- sò molto tempo che s. Audoeno gliene affidò la direzione , e Ger- luero divenne modello di virtù ai suoi fratelli. Alcuni falsi religiosi, cui non piaceva la sua regolarità, giunsero ad insidiargli la vita; per- ciò nel 649 andò a rinchiudersi in una grotta che chiamavasi di s. Sansone , e non ne sortì che nel 654 per assistere ai funerali di suo figlio Amalberto. Lo fece seppel- lire nel suo monistero dell' Isola, e ne dotò riccamente la chiesa ; indi fondò nella sua terra di Elay

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un altro monistero, che divenuto assai celebre chiamossi dal suo no- me s. Gennero di Flay, e lo go^ vernò con molta riputazione fino air anno 65h, in cui mori a' 24 di settembre. La sua santità fu confermata da molli miracoli, e le sue reliquie sono custodite nella cattedrale di Reauvais, ove è ono- rato come uno dei protettori della città, celebrandosene la festa il gior-^ no della sua morte.

GERMI o SEGERMI. Sede ve- scovile nella provincia Rizacena nel- 1' Africa occidentale , sotto la me- tropoli d'Adramilo : Municipiuvi Segerinìs. Si conoscono quattro ve- scovi , cioè; Nicomede del 255; Felice I del 3 11, il quale sotto- scrisse nel secondo concilio latera- nense nel pontificato di s. INIarlino I, alla lettera sinodale de' vescovi di sua provincia; Restituto del 4*^4» esilialo da Lnnerico re dei vanda- li; e Felice II che sottoscrisse alla lettera del concilio Rizaceno, man- data a Costantino Augusto figlio di Eraclio nell'anno G41.

GERMIA. Sede vescovile della seconda provincia di Galazia, nella diocesi di Ponto, sotto la metro- poli di Pessinonte, che nel secolo nono divenne arcivescovato. Teo- fane dice eh' ere», chiamata anche Myriangelos. Eravi una bella chie- sa fabbricata in onore di s. Mi- chele, e degli altri santi Angeli, ed ebbe i seguenti vescovi : Menna che fu al quinto concilio generale; Emiliano di cui si parla nella vita di s. Teodoro Siccola ; Pietro in- tervenuto al concilio generale set- timo; e Niceta che fu a quello di Fozio sotto Giovanni, e che sedet- te tra i metropolilaui.

GERMI GNY, Gcnniidacwn.huo- jro della diocesi e territorio d Or-

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leans, vicino a Fleuiy sulla Loìi-aj vi si tennero due concilii: il primo nell'anno 842, sopra i bisogni del- la Chiesa e dello stato , Lenglet, Tavolflle cronologiche; il secondo ncir 843, presso il jMabillon, Sue- cui. IF Bentdict. part. 2, tt de re Diplomai.

GERAIOCOLONIA. Sede vesco- vile della seconda provincia di Ga- lazia, sotto la metropoli di Pessi- nonte, il cui vescovo Eustazio as- sistette al concilio di Costantino- poli pel ristabilimento di Fozio, dopo la morte di s. Ignazio.

GEROCESAREA o JEROCE- SAREA, Ilierocaesarca. Sede ve- scovile di Lidia, nella diocesi ed esarcato d'Asia, sottoposta alla me- tropoli di Sardia : Commanville di- ce, che fu eretta nel quinto secolo, e che si chiamò pure Hicrocastel- luni. Ivi onora vasi Diana di Per- sia, e Pausania e Tolomeo ne fau- no menzione. I suoi vescovi cono- sciuti sono: Cossinio che assistette al concilio di Costantinopoli sotto Flaviano, e tre anni dopo a quel- lo di Calcedouia: sottoscrisse pure la lettera della sua provincia al- 1 imperatore Leone; Zaccaria che fu al settimo concilio generale ; e Teodoro che trovossi al sinodo di Fozio . Oricns Clirist. tom. I, p. 889. Al presente Gerocesarea, Hie- rocaesarien, e un titolo vescovile in pardhiis, sotto l'arcivescovato pure in parùbus di Sardia, che conferi- sce il sommo Pontefice, ed il re- gnante Gregorio XVI a' 3 giugno i833 Io die a monsignor Giovan- ni Polding della congregazione an- glo-benedettina , vicario apostolico della Nuova Olanda nell'Oceania, prima cioè che il medesimo Papa dividesse tal vicarialo apostolico iu tre vescovati.

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GEROFILACE , Hierophylax. Sacrista o custode delle cose sacre , voce derivante dal greco. 11 Macri nella Notizia de' vocaboli ecclesia- stici, dice che il Hierophylax in alcune cattedrali si enumerava tra le dignità del capitolo col nome di tesoriere o cimiliarca. I greci chia- marono geroforo, Hicrophorus ^(\v\t\- r olìiziale ecclesiastico incaricato di portare le cose sacre.

GEROMNEMONI, Hieromnemo' nes. Soprastanti alle cose sagre, of- fìziali della chiesa costantinopolitana. Con tal nome iu quella chiesa di- ceansi quelli che corrispondono ai nostri maestri delle cerimonie sa- cre: aiutavano il patriarca mentre si vestiva degli abiti sacri, lo as- sistevano nel sacrifizio suggerendo- gli e trovandogli le preci che do- vea recitaj'e. Appartenevano essi all'ordine dei diaconi, talvolta pe- rò erano sacerdoti , ed in allora non assistevano il patriarca nel ve- stirsi. Veniva ai geromnemoni af- fidala la custodia dei libri liturgi- ci ; tenevano il denaro del patriar- ca, ed in assenza di lui dedicava- no la chiesa nuova col segno del- la croce, ed istituivano i lettori. Era la settima dignità della me- tropolitana. Macri, Notizia de' vo- caboli eccl.

GEROSOLIMITANO, sacro mi- LiTARE ORDINE. Questo antico, cele- bre, benemerito e sovrano ordine equestre ed ospitalario , fu chia- mato pure, per le ragioni che di- remo, di s. Giovanni, di Rodi, di Malta, così i suoi illustri cavalieri. Esso ebbe origine verso l'anno 1048 da alcuni mercanti della cit- tà di Amalfi del regno di Napoli, che trafficavano iu Soria, ed or- dinariamente visitavano i santi luo- ghi di Gerusalemme, i quali de-

GER siderarono di avere nella medesi- nia città una chiesa, in cui si cele- Ijiassero i divini uflìzi secondo il ri- to della Chiesa romana; impercioc- ché le chiese degli altri cristiani erano quivi ulTiziate dai greci, e dalle dillerenti sette che trovansi ancora oggidì in Levante. Con de- strezza quindi e con donativi, altri dicono col pagamento d'annuo tri- buto, ottennero dal califfo d'Egit- to Piomensoro Moustesaph, il per- messo di fabbricare una chiesa in Gerusalemme, nel quartiere de'cri- stiani, presso il santo sepolcro ed il tempio dedicato alia Risurrezio- ne di Gesù Cristo, che dedicarono a Dio in onore della Beala Vergi- ne Maria, e del precursore s. Gio- vanni Battista, e dove fondarono altresì un monistero di monaci be- nedettini, i quali avessero cura di ricevere i pellegrini. La chiesa fu intitolata s. Maria della Latina, per distinguerla dalle altre chiese che non seguivano il rito latino. Aumentatosi in seguito il nume- ro de' pellegrini, e giungendo essi il più delle volte a Gerusalemme oppressi da miserie e da malattie, pei disastri sofferti nella lunga e penosa peregrinazione, e per i cat- tivi trattamenti e violenze degl'in- fedeli, venne fabbricato vicino alla chiesa di s. Maria della Latina un ospedale egualmente in onore di Gesù Cristo, della Beata Vergine, e di s. Gio. Battista, per alloggiar- vi gli uomini tanto sani che infer- mi, sotto la direzione e vigilanza di un maestro o rettore, che dove- va essere nominato dall'abbate di s. Maria, ed ivi fuwi fondata una cappella sacra a s. Giovanni Batti- sta, non che un altro ospizio o monistero per le donne, intitolalo a s. Maria Maddalena, sotto il go-

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verno di saggia malrona. Dipoi la cappella di s. Giovanni si convertì in magnifico tempio, l'ospizio si costruì più grandioso, e si suddi- vise in molti quartieri.

11 b. Gerardo soprannominato Tum o Tunc, nativo di Marliguesin Provenza, fu il primo cui venne aOidata la direzione dell'ospedale con titolo di rettore. Alcuni an- ni dopo essendosi Goffredo di Bu- glione con la prima Crociata [f^e- di ) impadronito di Gerusalem- me nel luglio 1099, ed acclamato re, liberò dalla prigione Gerardo, ed Agnese matrona romana e pri- ma abbadessa del monistero, che amministravano lo spedale de' due sessi, e ch'erano slati imprigiona- ti dai saraceni; quindi restò co- sì edificalo della esemplare ca- rità che esercitavasi nello speda- le di santa Maria della Latina , ove eransi ricevuti e curati gli in- fermi e feriti crociati, che gli do- nò alcuni dominii da lui possedu- ti in Francia e nel Brabante, e gli accordò grandi privilegi. Aven- do poi altre persone in Asia ed Europa imitata la liberalità di quel pio principe, ed essendosi perciò accresciute le rendite dell'ospedale, il zelante Gerardo che ne avea la amministrazione giudicò d'accordo coi suoi frati ospitalari, che con- veniva separarsi dall' abljazia e dai monaci del monistero di s. Maria della Latina, e formare invece una congregazione religiosa separata , sotto la protezione ed in onore di s. Giovanni Battista, e ciò anco perchè il numero degli spedalieri erasi accresciuto con molti illustri guerrieri crociati, che dalle file del- l'esercito passarono al servigio reli- gioso e caritatevole. Fu questo il motivo per cui i membri della con

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grogazione cliiamaronsi poscia spe- dalieri o frali dell' ospedale di s. Giovanni ^Battista di Gerusalemme. Ottenne a questo effetto Gerardo dal Pontefice Pasquale li la con- ferma delle donazioni fatte all' o- spedale, con bolla del iii3, con la quale il Papa concesse diversi privilegi all'ordine, lo liberò da de- cime e da qualunque aggravio, di- chiarandolo esente; pose sotto l'im- jViCdiata e speciale protezione della santa Sede lo spedale medesimo con gli ospitalari, ed ordinò che dopo la morte di Gerardo i retto- ri fossero eletti dai fiati spedai ieri. La medesima bolla decretò che i diversi ospedali fondati sotto la di- pendenza di Gerardo, come a Saint- Gilles in Provenza, ad Asti, Pisa, Bari, Otranto, Taranto, Messina, ec. fossero tutti a lui soggetti. Tra i primi benefattori dell'ordine sono pure a nominarsi Gunzeliu conte di Schwerin, ed Enrico suo fratello dell'illustre casa di Mecklemburg , che trovandosi in Terra Santa do- narono all'ospedale diversi beni iu Alemagna,

Gerardo persuase i suoi frati a prendere un abito religioso, on- de dalle mani del patriarca di Ge- rusalemme ricevettero un man- tello nero, con una croce ad otto punte, facendo i voti a pie del sauto sepolcro. Con tanto aumen- to di mezzi sempre piìi si fondaro- no nell'occidente ospedali filiali, ove i pellegrini si accogliessero per via, ed ecco l'origine delle commende dell'ordine, essendo state le prime (luelle de' luoghi nonùnati, quella di Siviglia ed altre. Intanto l'ordi- ne fattosi adulto nella medesima infanzia, si stipò intorno ai troni dei re latini di Gerusalemme, co- me uuu siepe di ferro, e prese a

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guarentirlo da ogni ostile attentato, con una fedeltà non minore all'e- roico zelo ond' ei'a concordemente animato. Però non deve tacersi che il Paoli nell'istoria dell'ordine è di sentimento, che questa società ecclesiastico-militare avesse solò ori- gine nel 1099 alla presa che fece- ro i crociati di Gerusalemme. Dice inoltre che a sua imitazione se ne istituirono molti , e special- mente i due più antichi de' tem- plari e de' teutonici, e che fu sem- pre indipendente da ogni altra so- cietà, costante nel militare fino dai primi giorni di sua fondazione sot- to il patrocinio del precursore s. Gio. Battista, ed invariabile nel professare la regola di s. Agostino. Inoltre soggiunge il Paoli, che re- ca stupore come gì' istorici abbiano potuto confondere il termine di o- spitalario, con quello di spedaliere, e d'una religione nata colle armi alla mano, impugnate per difesa de' poveri, de' pellegrini e della fe- de, ne abbiano fatto una società destinata ne'suoi principii al servi- zio vuiicamente degli infermi; ope- ra non può negarsi di somma ca- rità, ma non paragonabile a quel- la molto piìi generosa, che animò Io spirito de' primi fondatori di que- sto nobilissimo ordine, e che san- tificò le prime imprese di que' ser- vi di Dio che lo formarono, perchè impegnati non solo a soccoriere i poveri, a sollevare gl'infermi, a consolare gli afflitti colle opere del- la misericordia, ma a spargere ben anche il sangue, e a dare per li medesimi la vita, nel che sta si- tuato l'ultimo e più perfetto gra- do d'una cristiana ed eroica ca- rità.

Nel ir 20 o 1121 mori Gerar- do col bel titolo di padre de' pò-

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veri, ed il suo corpo fu trasferito successivamente a Piodi, a Cipro, a Malta, ed in fine in Provenza nel- l'anno II 34; e venne deposto il suo cadavere nella cappella del bor- go di Manosca, ch'era una com- menda dell'ordine. narra clie una volta le pietre nel suo seno si can- giarono in pane; non però tutti gli scrittori lo chiamano beato. Gli successe Raimondo du Puy, della casa du Puy-Montbrun nel Delfina- to, e fu il primo che prendesse il titolo di maestro o gran maestro, la cui serie riporteremo in progres- so dell'articolo. Ecco come Rai- mondo s'intitolò nelle sue lettere^ diplomi ed atti: Serviix pauperuni Chnsti, et custos hospilalis Jerusa- lemj o Raimundus, Dei grada, Christì pauperuin servus humilis, et sancii hospilalis cuslos, etc. Non avevano fino allora avuta gli spe- dalieri alcuna regola scritta, sebbe- ne il b. Gerardo nel dare stabilità al pio luogo avea prescritto alcuni regolamenti; ma Raimondo ne die- de loro una colla quale obbligolli a fare i tre solenni voti di pover- tà, castità ed ubbidienza, ed ordi- nando che tutti i frali portassero la croce di tela bianca a otto pun- te dalla parte del cuore, e cucita sopra il loro abito e mantello ne- ro; questo manto vuoisi che ricor- di il vestimento usato da s. Gio. Battista nel deserto di pelle di ca- mello; le otto punte della croce ottangolare, le otto beatitudini. La croce fu da Raimondo collocala verso il cuore, perchè i cavalieri devono amare il salutifero segno con tutto il cuore. Fu la detta regola appro- vata dal Pontefice Calisto II nel ir 20, e confermala quindi da O- norio II, Innocenzo li, Eugenio 111, Lucio 111, Clemente 111, Inno-

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cenzo IH, Bonifacio VIII, ce. L'a- vere poi Raimondo du Puy inseri- to in questa regola alcune cose trat- te dalla regola di s. Agostino, fu ca- gione, che siasi sempre l'ordine di s. Giovanni di Gerusalemme annovera- to tra gli ordini che seguono la re- gola di s. Agostino. E.aimondo pre- scrisse nella regola ai frati di uscire per la città e borghi in compagnia, non soli; che tanto i sacerdoti che i laici dovessero elemosinare pei po- veri ; se alcuno di essi cadesse in colpa, stabifi proporzionate pene, comprensivamente alla espulsione dall'ordine; li costrinse all'astinen- za delle carni nei mercoledì e ve- nerdì, ed in tutta la seltuagcsima, oltre molte penitenze, e pratiche di divozione.

Vedendo Raimondo, che l'en- trate dello spedale di Gerusa- lemme abbondantemente soprav- vanzavano al mantenimento de'po- veri pellegrini ed infermi, credette di non potere in miglior modo u- sare di quegli avanzi, che impie- gandoli nella guerra che facevasi nella Palestina contro gl'infedeli. L'assistenza ch'eglino prestavano ai pellegrini, si era estesa sino a pren- dere pensiero de' loro viaggi, assicu- rando la libertà delle strade, e al- lontanando le scorrerie de' saraceni, assistendo e tutelando anco i navigan- ti. A questo oggetto fu d'uopo im- brandire le armi, e divenir guerrieri; questo sistema piacque a molti nobili, e cangiò gli ospitalari ospedalieri in cavalieri, e la congregazione in ordi- ne militare: s'impegnarono con un quarto voto di difendere dagli in- sulti de'saraceni i cristiani che anda- vano a Terra Santa, laonde il pro- ponimento degli spedalieri fu sem- pre fino d'allora di fare una guer- ra costanle coi nemici della fede e

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«lei nomo cristiano, per cui in Pa- lestina contribuirono alle con<|uiste e tlifesa dei re di Gerusalemme, e dei crocesignati. In tal modo a difesa di Terra Santa fu formata una specie di crociata perpetua, che servì d' antemurale, e di so- sleijno al piccolo e bersagliato re- gno di Gerusalemme, come si è detto. Quindi Raimondo si otì'rì coi suoi spedalieri al re di Gerusalem- me Baldovino I per combattere contro i saraceni, dividendo gli spe- dalieri medesimi , che prima non erano che ecclesiastici e laici, in tre classi : la prima dei nobili, desti- nati al maneggio delle armi in di- fesa della fede, ed in soccorso dei pellegrini; la seconda dei sacerdoti o cappellani, ai quali correva uni- camente r obbligo di amministrare i sagramenti, e disimpegnare il di- vino uflìzio nella chiesa conven- tuale; e la terza dei frati serventi che non erano nobili, ed i quali pure furono destinati a portar le armi. Componendosi 1' ordine di diverse nazioni , fu diviso se- condo le lingue che parlavano , per cui i provenzali si dissero ap- partenere alla lingua di Provenza, e gì' italiani alla lingua d' Italia, così delle altre nazioni, sino al nu- mero di sette, che furono oltre le dette, quelle di Alvernia, di Fran- cia, d'Aragona cui poi si unirono le lingue di Casliglia e di Porto- gallo, di Alemagna, e d'Inghilterra la quale terminò poi nello scisma di quel regno. R.ai mondo co' suoi religiosi concorse alle vittorie ri- portate dai latini su Antiochia , Giaffa, Tiro, Damasco, Eersabea , Ascalona, ec. , alle quali vittorie cooperarono più volte i veneziani fulminando in mare le lunate in- segne, che la spada di Raimondo

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disperdeva per terra. Nella mede- sima circostanza secondo alcuni si introdusse la maniera di ricevere i cavalieri con particolari cerimonie, e ciò venne approvato nel ii3o dal Papa Innocenzo II, il quale con- fermando r ordine e grado di ca- valleria nella religione gerosoli- mitana, ordinò che i cavalieri aves- sero per insegna militare una cro- ce bianca in campo rosso, la quale anch'oggi forma l'arma dell'or- dine.

Veramente gli ospedalieri ge- rosolimitani ritennero tal nome, e non fu dato loro propriamente quello di cavalieri se non dopo ch'ebbero conquistato l'isola di Ro- di. Anastasio IV nel ii54 conces- se all'ordine di possedere pacifica- mente tutto quello che ad esso fosse dato, o si darebbe pel man- tenimento dei pellegrini agli ospe- dalieri. Nel 1 1 59 Augero di Bal- ben divenne terzo gran maestro, il quale fece riconoscere in Pale- stina l'autorità di Alessandro III contro l'antipapa Vittore IV. Nel- l'anno Il 63 gli successe Arnaldo de Comps, ed a questi nel i 168 Gerberto o Gilberto d'Assalit o di Assaly, ed alcuni dicono che fosse pel primo chiamato Magnus Ma- gi ster. Gerberto si associò al re di Gerusalemme contro il soldano di Egitto, e del suo bellicoso animo fanno ampia testimonianza la scon- fitta d'un esercito nemico, e l'es- pugnazione di Pelusio. De Gast nel 1169 fu capo dell'ordine, e nel 1170 Joubert fu eletto per morte di questi al governo dei ge- rosolimitani. In assenza del re di Gerusalemme governò saggiamente il regno, fiaccò più di una volta l'orgoglio mussulmano, e sgombrò il paese di stranieri invasori coi

GER prodi dell'ordine. Eglino per la rovina delle cose de'cristiani in oriente furono costretti ad usci- re da Gerusalemme, dopo che i saraceni l'ebbero ripresa nel 1187 con Saladino califfo di Siria e di Egitto; però l'ordine dal luogo di sua origine ritenne, ed ancora con- serva il titolo di gerosolimitano, anzi ha prevalso a tutti gli altri posteriori.

Si ritirarono gli spedalieri nel- la fortezza di ftlargat o Mer- cad tra la Fenicia e la Giudea, presso la cittèi di Valania , che l'ordine dopo il 1177 aveva ac- quistata da certo Renaud sotto Jou- bert, e per la natura del sito e per le fortificazioni che vi fecero gli spedalieri divenne la piazza ris- pettabile ed inespugnabile in modo, che Saladino non osò attaccarla; ma nel II 84 Mansour sultano d'Egitto se ne impadronì a viva forza, es- sendo capo dell'ordine Ruggero di Moulins normanno, eletto dopo il 1177, che fu il primo a qualifi- carsi nei diplomi col titolo di gran maestro. Ruggero uniti i suoi ai templari affrontò in campo il fi- glio di Saladino, attorniato da set- temila cavalieri, e fattone orrendo macello, cadde esangue su monti di turcomani e saraceni cadaveri, ed ebbe a Tolemaide quegli onori funebri che si convenivano a chi con tanto onore aveva spesa la vita. In processo di tempo ven- nero istituiti i baliaggi, i priorati i quali come le commende furono da principio comuni ai cavalieri tutti, ma dipoi vennero accordate le dignità in particolare ai membri di ciascuna sezione: nel 1187 Gar- nier di Siria divenne gran maestro. Quindi nel mese d'agosto ii8q il gran maestro Garnier si stabilì

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presso la città di s. Giovani d'Acri (^edi), l'antica Tolemaide, di cui parlammo ancora al citato articolo Crociate, rinomato porto di mare della Palestina. Nel 1191 i crocia- ti ripresero Acri, ed essendosi l'or- dine gerosolimitano coperto di glo- ria nei diversi combattimenti, ebbe un quartiere della città con chie- sa ed ospedale, e vi trasferì il suo convento, per cui dal nome di det- ta città gli spedalieri furono anche detti Cavalitri di s. Giovanni d'A- cri.

Dopo la morte di Garnier, nel- l'anno iiqs fu fatto gran maestro Ermengardo d'Aps, il quale ebbe in successori neh' istesso anno Go- defroi de Duisson, che ricorse ad Innocenzo HI per le gravi dide- renze che continuavano coi cava- lieri templari; nel 1202 Alfonso di Portogallo, che pel suo rigore fu costretto dimettersi dalla digni- tà nel i2o4; e Geoffroy le Rath che a sua vece fu esaltato, venne pregato dal Papa ad aiutare A- mahico re di Cipro e Gerusalem- me per la ricupera di questo re- gno, e morì nel 1 207 , dopo che Innocenzo III terminò le dissen- sioni coi templari : questo Papa concesse all'ordine diversi privilegi. Indi furono gran maestri, Guerin de Montagu francese, che in u- nione al gran maestro de' tem- plari ricusò riconoscere Federico II che si portò in Palestina a prender possesso di Gerusalemme, come scomunicato da Gregorio IX; quanto Guerin fu formidabile in guerra contro Damiata ed Antio- chia, altrettanto esemplare per le opere di carità esercitate negli o- spedali di Acri, si guadagnò l'am- mirazione di Andrea II re d'Un- gheria, che perciò divenne uiuni-

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fico Ijenefaftore e fedele alleato deirorJine. Sotto Guerin il Papa Onorio m accoi'dò al gran priore della chiesa conventuale tutte le insegne e distintivi vescovili, come narra il citato Paoli nel cap. XIV, § I, dcW Origine ed islitiito del sa- cro in ili la re ordine di s. Giovanni ^Ballista Gerosolimitano. Furono successivamente gran maestri nel 1 2 3o Bertrando de Texis, nel i23i Guerin, nel 1237 Bertrando de Comps , nel 11^1 il valoroso Pie- tro de Villebride, sotto del quale fiori il b. Gherardo Mecatti di Villania- gna seivente dell'ordine; e nel 1249 il prode Guglielmo di Chateauneuf: sotto di lui e nel pontificalo di Alessandro IV fu distinto il ve- stiario de'cavalieri armali, da quel- lo de' serventi. Questo Pontefice concesse agli ospitalieri, che non fossero tenuti pagar decime 0 pri- mizie dei beni ne' luoghi convicini al loro castello di Crac, situato nel contado di Tripoli , ove tenevano sempre un presidio; ma dipoi fu loro tolto dal soldano IMelecdaer nel 1270. Stando i cavalieri spaia- si in vari luoghi, battagliarono so- vente contro i mori di Spagna, con- tro gli albigesi ed allri eretici, ma fu loro vietato intromettersi nelle guerre tra' principii cristiani.

I cavalieri sotto il magistero severo di Chateauneuf ottennero dal Papa Innocenzo IV di poter parlare in refettorio, quando avessero a mensa de' signori stranieri. iS'el 1259 fu eletto meritamente ventesimo gran maestro Ugo de Revel, sotto il qua- le i gerosolimitani si distinsero con nuove prove di valore, ed il Papa Clemente IV con breve de' i S no- vembre 1 267 lo chiamò pel pri- mo col nome di gran maestro. In- di furono gran maestri nel 1278

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Nicola Lorgue, e nel 1289 Gio- vanni de Villiers francese di Beau- vais. Nel 1290 la città d'Acri, se- de principale dell'ordine, fu asse- diata da Ascraf o Seraf sultano di Egitto, ed i gerosolimitani insie- me coi templari, e coi teutonici fecero prodigi di valore, e dopo una rigorosissima resistenza capi- tolarono nel 1291. In tal modo r illustre ordine dopo aver bagnato del proprio sangue la Siria per con- servarne il dominio, e dopo aver signoreggiato in Acri, in IMargat, in Bersabea, ed in Dan, dovette ab- bandonare la Palestina ch'era sta- ta per lui campo di gloriose im- presCj i cui avvenimenti si leggo- no negli storici dell'istesso ordine, a- vendo i Papi raccomandato loro più volte i re di Cipro, di Arme- nia, di Gerusalemme nella quale l'ordine con quello dei templari vi esercitò assoluto governo , ed altri principi. Rimasta Acri in po- tere de'turchi, gli spedalieri di s. Giovanni con il loro gran maestro Giovanni de \illiers, ritiraronsi nell'isola di Cipro (Fedi), dove il re Enrico II di Lusignano, come re titolare di Gerusalemme, accor- dò loro la città di Limisso o Li- masol nella costa meridionale, di amenissimo aspetto, con buona ra- da: i teutonici si ritirarono in Prus- sia ed in Livonia, ed i templa- ri si rifugiarono anch'essi in Li- misso . 11 territorio di Limisso non la cede ai migliori dell'isola, per la fertilità e varietà de' suoi prodotti. Sopra una piccola collina all'est della città, nel luogo chia- mato il vecchio Limasol, si vedo- no rovine credute quelle dell'anti- ca Amatunta, famosa pel suo cul- to di Venere. Ivi il gran maestro convocò il capitolo generale per

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provvedere all'urgenza, e si stabi- lì un formidabile armamento ma- rittimo per essere nel Mediterraneo alle prese coi turcbi, dopo l'espul- sione totale de' cristiani dalla Pa- lestina. Incominciò per altro a ri- lassarsi fra i cavalieri la primi- tiva disciplina, e s' introdusse tra loro la mollezza ed il lusso, pro- pri del clima di Cipro. II re s'in- gelosì di loro, per cui ricorsero a Eonifacio Vili, anco contro i re d'Inghilterra e di Portogallo, che a- veano sequestrato i loro beni.

Nel I 2q7 in Limisso fu elevato al magistero Odone de Pins di Catalo- gna, che nel i3oo ebbe a succes- sore Guglielmo de Villaret : questi ristabilì la disciplina, ridestò negli ospitalari l'ardore che aveano ere- ditato dai predecessori, visitò tutti gli stabilimenti dell'ordine in Fran- cia, ove l'istituto aveva diverse ca- se di canonichesse, sottomesse al- l'autorità del gran priore. Essen- dosi perduti i primitivi statuti di Raimondo du Puy, Guglielmo si portò in Roma, e ne rinvenne un esemplare nel Vaticano, che rice- vette in dono dal Papa. Morì nel i3o6j e gli successe Folco di Vil- laret suo fratello. I gerosolimitani dimorarono in Limisso circa dieci- nove anni, cioè fino al i3io, nel qual anno Folco de Villaret mal- contento del modo cui trattava l'ordine il re di Cipro^ e volendo 1' ordine determinarsi a cercare un asilo indipendente, stabilì conqui- stare l'isola di Bodi [Vedi), la cui città vuoisi fondata 407 anni avanti la nascila di Gesù Cristo, eh' era allora occupata dai greci rivoltosi ed avventurieri, e dai corsari mus- sulmani signoreggiati dal principe Guella greco, che d'accordo coll'im- peratore Andronico fece negare al-

VOL. XXIX,

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l'ordine l'investitura dell'isola, per- chè ritenuta la chiave dell' Asia. Ma il Bosio dice che Andronico la cedette all'ordine, ed altrettan- to fece Clemente V, con facoltà di nominai'e l'arcivescovo ogni vol- ta che vacasse. A tale effetto il gran maestro si portò a Poitiers ove si trovava il Pontefice Cle- mente V, che avea stabilita sino dal 1 3o5 la pontificia residenza in Francia, insieme al re Filippo IV il Bello , dai quali ottenne consi- derabili soccorsi per armare i suoi; il Papa dichiarò crociata tal guer- ra, i genovesi e i siciliani lo for- nirono di vascelli, e molti signori coi loro vassalli si unirono all'im- presa. L'entusiasmo fu grande, che le stesse dame offrirono le lo- ro gioie per contribuire a no- bile spedizione.

Il gran maestro Folco con una flot- ta di venticinque galere si presen- tò avanti Rodi, e dopo aver ten- tato diversi assalti, in quello più vigoroso de'i5 agosto i3io, gior- no sacro all' Assunzione di Maria Vergine, i saraceni, i turchi, ed i greci furono obbligati alla resa, e lo stendardo gerosolimitano fu pian- tato in tutti i forti dell' isola. Fu- rono salvate le vite de' cristiani, e gl'infedeli vennero passati a fil di spada; in meno di quattro anni l'intera isola di Rodi, e le sette i- solette circostanti divennero pieno dominio dell'ordine gerosolimitano. Rodi diventò capoluogo dell'ordi- ne, e residenza del gran maestro nel convento a ciò destinato: da quest'epoca gli ospitalari o speda- lieri gerosolimitani assunsero il no- me di Cavalieri di Rodi, continua- rono a mantenersi sempre fedeli alla legge che seguivano di vince- re o di morire per la causa di i5

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Cristo , e presero ad esercitare una potente e benefica protezione sul- la navigazione dell'Arcipelago. In- tanto nel concilio generale di Vienna del Delfinato, Clemente V nell'an- no i3i2 soppresse il celebre ordi- ne equestre de' Templari [Vedi), già emuli dell'ordine gerosolimitano, e parte delle loro immense ricchezze furono concesse ai cavalieri di E.o- di ed ordine gerosolimitano con bolla de' 2 maggio, tranne i beni di Castiglia, Aragona e Portogallo, i quali furono rilasciati ai rispetti- vi sovrani, per impiegarli nelle guerre eh' essi facevano ai nemici del nome cristiano; ed i beni mo- bili furono concessi nella maggior parte al re di Francia Filippo IV, nemico acerrimo de' templari, e provocatore di loro estinzione. Ac- cresciuti per tal maniera i mezzi, l'ordine insigne degli spedalieri sor- se pili che mai formidabile, e potè alzare il braccio robusto a difesa dell'intiera cristianità, contro le invasioni, le piraterie e le barba- rie degl'infedeli. Non andò guari che Olhman o Ottomano sultano dei turchi, ingelosito del conquisto di Ixodi, e della crescente potenza dell'ordine gerosolimitano, nel i3i5 si presentò avanti l'isola con una flotta considerabile; ma la bravura ed il valore de' cavalieri, dopo aver sostenuto diversi assalti costrinsero il sultano alla ritirata.

Narrano ilBosio ed alcuni storici, che per avere Amadeo V conte di Savoia, detto il Grande, nel i3i5e non prima, condotto in persona dei soccorsi ai cavalieri contro tale ag- gressione, pel felice successo del ri- sultato egli prese per divisa, che tras- mise ai principi suoi discendenti, queste quattro lettere: Fert, che punteggiate cosi F. E. R. T. si-

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gnlficano : Foriitudo ej'us Rhodum tcnidt, secondo l'interpretazione che se ne diede come iniziali di tale elogio Su questo motto si osserva che Luigi di Savoia barone di Vaud sino dal i3oi lo avea impresso nelle sue monete ; e nella tom- ba di Tommaso di Savoia padre di Amadeo V, vedeasi scolpilo un cane, cinto il collo da una colla- na, ove era inciso il medesimo mot- to latino Fert. Così pure la croce bianca in campo rosso, gloriosa im- presa della religione, surrogata al- l'aquila nelle armi di Savoia, era già nello scudo dei principi del Piemonte, e lo stesso "Tommaso ne usava il sigillo. Picspinto da Rodi Othman, il gran maestro si occu- pò di atten-are le vecchie muraglie di Rodi, e munirla di solide forti- ficazioni. Ne apri il porto a tutte le nazioni, e ben presto si vide sorgere una popolazione commer- ciante e guerriera di greci e latini, che specialmente dalla perduta Ter- ra Santa vi affluirono all'ombra dello stendardo gerosolimitano di s. Giovanni. Anche il sobborgo del- la marina fu dipoi cinto di mura, costruito il nuovo molo per sicu- rezza delle flotte, e dilatato il gri- do della rodiana potenza, sino ad essere i cavalieri ricercati dell'al- leanza dal re di Armenia contro il soldano d'Egitto. Dopo tale e- poca il gran maestro per la sua mollezza, lusso e dispotismo, fu dai cavalieri deposto, nominando in sua vece Maurizio de Pagnac. Il gran maestro ricorse al Papa Giovanni XXII, il quale dichiarò Gerardo de Pins vicario generale e luogotenen- te del gran maestro Villaret, per- sonaggio valoroso e benemerito dell'ordine. Indi nel iSig Villaret diede la sua dimissione nelle mani

GER del Pontefice, che gli assegnò per suo appannaggio il priorato di Ca- pila ; ma passando in Francia mo- rì nel 1327, e fu sepolto nella chie- sa di s. Giovanni di Montpellier. Nel detto anno i3iq ebbe luogo in Avignone l'assemblea dell'ordi- ne, ove facevano residenza i Papi, e fu elevato alla dignità di gran maestro d'unanime consenso Helioa de Villeneuve, raccomandato da Giovanni XXII, e fu il ventesimo- sesto gran maestro, a cui il capito- lo generale concesse di conferire ot- to gran croci; fu chiamato il retto- re felice. Dopo la sua morte gli successe Diodato de Gozon di Rouer- gue . 11 Pontefice Clemente VI nel 1 346 scrisse al nuovo gran maestro de Gozon, approvandone l'elezione, quindi per le sue infer- mità supplicò il Papa a permetter- gli di rinunziare. Il medesimo Cle- mente VI per frenare l'orgoglio de' turchi, indusse il re di Cipro, i veneziani, i genovesi, ed i cava- lieri di Rodi, a mantenere nel por- to di Smirne un numero di galere sempre armate, per accorrere a qua- lunque bisogno della repubblica cristiana; ed il successore Innocen- zo VI nel i356 ordinò a detti ca- valieri di osservare il decretato da Clemente VI. Nel i354 fu eletto gran maestro Pietro de Corneillan, che osservante degli statuti dell'ordi- ne fu chiamato correttore de costu- mi: morì nell'anno seguente, e fu eletto E-uggero de Pins, già luogo- tenente del magistero. Pieno di ze- lo e di carila fu chiamato l' eie- mosiniero. Nel i365 Raimondo de Beranger gli successe, il quale man- dò con parere del consiglio due oratori e ambasciatori ad Urbano V in Avignone, per notificargli la morte del predecessore, e la sua

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elezione, e per rendergli e giurar- gli fedeltà ed ubbidienza, in no- me proprio, che della religione. In pari tempo il gran maestro ordinò che gli ambasciatori acquistassero alcune gioie e le presentassero al Papa, secondo il costume di quei tempi.

I cavalieri di Rodi dopo aver tolto al soldano di Egitto Alessan- dretta, essendo gran maestro Rai- mondo de Berenger nel i365i ir- ruppero sino ad Alessandria, donde per tre giorni caricarono i piìi ricchi tesori, trasportandoli a Rodi ad onta dei potenti infedeli: saccheg- giarono, bruciarono la città, e poi l'abbandonarono. Il soldano giurò ■vendetta, e minacciò l'ordine, in unione de' saraceni di Soria e di Babilonia suoi alleati; per cui il Papa Urbano V scrisse premurose lettere nell'anno i366 a tutti i so- vrani dell'Europa, acciò porgessero validi soccorsi alle isole di Cipro e di Rodi minacciate dai turchi. In- fatti il soldano di Egitto con ar- mata navale investì Rodi, sbarcò nell'isola le sue truppe, e strinse l'assedio; ma la strage immensa de' suoi l'obbligò a prendere dopo quaranta giorni la fuga, e volgen- do a miglior consiglio la mente, intavolò trattative di pace che pili tardi ebbero efletto. Nel medesimo tempo avendo i saraceni scacciati gli armeni dalla loro patria, la re- ligione con carità li ricevette, gli assegnò per abitazione l' isola di Langò, gli die mezzi per vivere, e chiesa per esercitarvi il loro rito. Frattanto Urbano V avendo determi- nato di restituire a Roma la residen- za pontificia, nel i SGy partì d'Avi- gnone, ed approdando in Ge«oi'^ (^e- ^/), prese alloggio nel convento de'ca- valieri gerosolimitani, nella cui chie-

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sa celebrò solennemente la messa nel dell' Ascensione. Le guerre che tuttora proseguivano tra vari principi indussero Urbano V a tor- nare nel 1870 in Avignone, ove poco dopo morì. Intanto a Rober- to de Julliac di Linguadoca suc- cesse nel magistero Giovanni Fer- dinando de Hei-edia gran priore d' Aragona, già protetto da Inno- cenzo VI, per cui il gran maestro mandò ad Avignone tre ambascia- tori, dichiarando Giovanni suo luo- gotenente di qua del mare. Grego- rio XI che successe nel 1374, die in governo alla religione gero- solimitana la città di Smirne con mero e misto impero, e con l'aiu- to di tremila fiorini d'oro da pa- garglisi ogni anno dalla camera apostolica, sopra le decime del re- gno di Cipro; ma Tamerlano glie- la tolse nell'anno 1899. Dipoi Gre- gorio XI considerando non essere Avignone la residenza propria dei sommi Pontefici, volle definitiva- mente ristabilire la dimora de' Pa- pi in Pv.oma; partito da Avignone nel 1876, a' 12 ottobre s'imbarcò a Marsiglia accompagnato da tren- ta galere. Egli montò sulla capita- na de' cavalieri di Rodi, al timone della quale era il gran maestro Gio. Ferdinando de Heredia, che colla sua bravura salvò il Papa da un imminente naufragio sulle coste di Provenza : per Genova e Livor- no approdarono a Piombino a ca- gione della tempesta, e dopo una continua burrasca per tutta la na- ■vigazione giunse Gregorio XI a Corneto, donde nel gennaio 1377 si rimise in mare sulla capitana d' Heredia, che per Ostia e pel Te- vere condusse il Pontefice a s. Pao- lo, da dove entrò trionfante in Ro- ma, accolto coi maggiori onori.

GEU Nell'anno seguente morì, e gli successe Urbano VI, contro del qua- le insorse l'antipapa Clemente VII, che portandosi cogli scismatici car- dinali suoi fautori in Avignone, fu causa del lungo e lacrimevole sci- sma che divise i fedeli nell'ubbidien- za. Ritornando il gran maestro a Rodi fu preso dai turchi, e con- dotto prigione a Corinto ove restò sino al i38i, in cui si restituì a R.odi, ma dichiarossi per l'antipa- pa Clemente VII. Allora Urbano Vi scomunicò e depose Heredia, e nominò gran maestro Riccardo Ca- raccioli, che fu riconosciuto dalle lingue d' Italia e d'Inghilterra, non però dalle altre, dal convento di Rodi; indi morì in Roma nel ] 395, e fu sepolto fuori la chiesa del priorato di R.oma, mentre in Avignone nell' anno appresso ter- minò pure di vivere Heredia, il quale ebbe a successore Filiberto de Naillac o jXalac gran priore di Aquitania. In Roma però Innocen- zo VII nominò luogotenente del magistero fr. Nicolò Orsini priore di Venezia, dopo la morie di Bar> tolomeo Carafa nel i^o5, che lo era. Nel 1897 la religione acqui- stò da Teodoro Porfìrogenita il despotato di Morea, il capitanato di Corinto, e la città di Spaita. Prima di questo tempo e nel i 384 essendo morto il cardinal di Man- des, ch'era uno de'quattro prolet- tori della religione presso la santa Sede, l'ordine elesse in suo luogo il cardinal Nicolò Brancacci di s. Maria in Trastevere, con trecento fiorini l'anno di riconoscenza come era solito, ed il gran maestro de Heredia, seguace dell' antipapa Cle- mente VII, gliene fece spedire la bolla, data in Avignone a' io giu- gno i385; ma dipoi nel iSgSes-

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sendosi il cardinale male diportalo nelle cose delia religione, fr. Here- dia gli rivocò la bolla del suo pro- tettorato.

Lo scisma della chiesa veni- va proseguito dal falso Ponte- fice Benedetto XIII, mentre nella ubbidienza di Roma era venerato Gregorio XII. Però alcuni cardina- li di questi, con quelli dell'antipa- pa nel 1409 portaronsi a Pisa, ed ivi convocarono un concilio, per deporli ambedue, siccome fecero, ed eleggere un terzo. Al concilio, ol- tre molti prelati, vi si portarono gli ambasciatori de'principij e vi si condusse il gran maestro Nail- lac, accompagnato da sei commen- datori, venendo dal concilio ricevu- ti onorevolmente. I cardinali delle due ubbidienze per procedere alla elezione di un nuovo Pontefice, ai 1 5 giugno si rinchiusero in concla- ve nel palazzo vescovile, affidando- ne la custodia al gran maestro, ed a' 20 di detto mese fu eletto Ales- sandro V, il quale riconobbe Fili- berto de Naillac solo e legittimo gran maestro de' cavalieri di san Giovanni di Gerusalemme, man- dò un nunzio in Rodi al luo- gotente, ed al convento per parte- cipargli la sua esaltazione al pon- tificato, dopo di che confermò i privilegi della religione, e concedet- te molte indulgenze a quelli che l'avessero soccorsa. Lusingavansi i fedeli di vedere in tal guisa ter- minalo lo scisma, ma dovettero ram- maricarsi di nuovo, mentre in luo- go d'un solo che si voleva, tre Ponte- fici ad un tempo rimasero, trattando- si ciascuno come tale. Anzi morendo dopo dieci mesi Alessandro V, gli fu dato a successore Giovanni XXIII. Ad estinguere il perniciosissimo sci- sma fu convocato il concilio di Co-

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stanza, che riuscì il principale avve- nimento del secolo XV, coli' inter- vento di quasi mille padri, diversi sovrani, e gli ambasciatori di tutti i principi europei. In esso rinun- ziò Gregorio XII, venne deposto Giovanni XXIII, degradato e sco- municato Benedetto XIII; quindi venendosi all'elezione di un nuovo Papa, furono fatti guardiani del conclave Lodovico de la Palìi ve- scovo di Morienna, Federico mar- chese di Brandeburgo, Guglielmo conte d'Enneberg, Brunoro della Scala signor di Verona, con altri si- gnori sino al numero di ventiquattro, tra'quali il gran maestro Naillac fi- gurò pel primo, e non partì mai da questa custodia, cioè dagli 8 novembre i^ij sino agli 11 di detto mese in cui restò eletto Mar- tino V eh' estinse lo scisma.

Siccome per questa elezione, ai car- dinali furono aggiunti trenta prelati presi dalle cinque nazioni che forma- vano l'augusta assemblea, fr.Gualtieri di Grassi» priore della chiesa di s. Giovanni Gei'osolimitano, entrò per elettore del nuovo Papa in concla- ve. L'imperatore Sigismondo che coi custodi del conclave avea giu- rato difendere l' integrità, appena eletto Martino V, col volto bagna- to di lagrime pel primo gli baciò i piedi; il secondo fu il gran mae- stro Naillac. Indi il gran maestro si occupò degli affari del suo ordi- ne in tutte le provincie d' Europa, e verso il 14^9 pi'esiedette all'as- semblea de' cavalieri tenuta in An- cona pei regolamenti disciplinari. L'ordine ottenne d'introdurre a Gerusalemme sei cavalieri esenti da qualunque tributo, per ricevere nella loro casa i propri confratel- li e i pellegrini che si portasse- ro alla visita del santo sepolcro:

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i medesimi ebbero incarico di occu- parsi della redenzione degli schia- vi, e di tpigiiorare la condizione de' prigionieri. In pari tempo si stabilirono dai gerosolimitani dei consoli in Gerusalemme, in Ales- sandria d'Egitto, ed in Roma, on- de proteggere i pellegrini. Nel 1^21 Antonio Fluvian fu esaltato al ma- gistero dell' ordine con uniformi suffragi: fece eccellenti i-egolamenti per la disciplina dell'ordine, e per l'amministrazione delle finanze; mo- vi nel 1437 ed ebbe a successore

Giovanni de Lastic d'Auver^ne. In

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questo tempo al procuratore gene- rale della religione in R.oma, the avea quattrocento ducati annui di provvisione, il capitolo oltre a tal somma gli assegnò un ducato al giorno, eoa amplissima autorità e giurisdizione. E qui noteremo che l'assegno del 1459 fu di trecento cinquanta ducati papali d'oro, con condizione che dovesse abitare ca- sa decente, e tenere almeno quat- tro cavalli.

Essendo gran maestro Giovanni de Lastic, il sultano di Egitto si propose di cacciar da Rodi i ca- valieri, presentandosi avanti l'iso- la con una flotta a' 2 5 settembre del i44oi ma con bella difesa fu respinto. Allora il gran maestro si rivolse a domandar soccorso ai prin- cipi europei, ed a mezzo del com- mendatore d' Aubusson, ottenne da Carlo VII re di Francia trecento- mila franchi. Nel i446 dodici mi- la turchi con numerosa flotta, for- marono nell'agosto l'assedio della capitale dell' isola , e dopo aver sofferto molte perdite, si rilira- l'ono; il consiglio dell' ordine per o- norare la saggezza ed il valore del gran maestro, gli accordò una più am- pia latitudine nclf esercizio del pò-

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Icre, e l'invesfi d'una specie di dit- tatura. Eugenio IV, successore di Martino V, a difesa dell'isola di Rodi contro le violenze de' turchi, gli mandò alcune galere armate, indi approvò l'elezione di fr. Gio- vanni ftlorelli priore della chiesa in arcivescovo di Rodi, conforme al privilegio che godeva nominato dal capitolo generale. Dipoi fu sta- tuito che del metropolitano greco di Rodi appartenesse la nomina al gran maestro, da confermarsi dal- l'arcivescovo di Rodi Ialino, qual delegalo della Sede apostolica. Il giu- ramento che il metropolitano greco di R-odi faceva ai latino^ si legge nel Bosio, Istoria t. I, par. Il, p. 277. Indi Nicolò Va' 29 di luglio 1447 nominò Andrea arcivescovo di Nicosia, legato apostolico nell'i- sola di Rodi, per restaurare la di- sciplina ecclesiastica. Dipoi a' 4 ot- tobre 14^0 scrisse al gran maestro Lastic, che nel tornare dall'oriente r armata vincitrice d' Alfonso V re di Aragona, andata a combatte- re i saraceni, se approdasse all'i- sola di Rodi la ricevesse ospital- mente. Due giorni dopo Nicolò V concesse al medesimo Alfonso V l'isola di Castel-Rosso appartenente all'ordine gerosolimitano, ma spes- so rovinata dai turchi e saraceni, imponendo al re la condizione di fabbricarvi una fortezza, per pro- pugnacolo contro i nemici del no- me cristiano. Mal volentieri soffrì r ordine siffatta donazione, a cui il Pontefice a' 6 ottobre approvò le costituzioni, e poscia proibì ai co- mandanti di Alfonso V di fabbri- care nell'isola, prendendo i cavalie- ri la cura di ristaurarla e fortifi- carla.

Con dolore del Pontefice Nicolò V ai 29 maggio i/^53 Maometto li

GER imperatore de'turchi prese Coslanll- iiopoli, e s'impadronì dell'impero d'oriente, per lo che il gran mae- stro in nome della cristianità in- viò il commendatore d' Aubusson a reclamare ai sovrani d'Europa a- iuti contro la formidabile potenza ottomana, giacché allora i cavalieri divennero più che mai il baloardo della cristianità. Nel i4^4 Giacomo de Milly fu eletto in gran maestro per morte del gran maestro Lastic, il quale, come osserva il Bosio, fu propriamente il primo gran maestro che comunemente fu da tutti chia- mato grande. Papa Calisto III spedì in oriente un'armata di sedici gale- re, sotto il comando del prode cardi- nale Scarampi, che fece alcune con- quiste, e difese l'isola di Rodi. Al- tra ne mandò sotto il comando di Pietro arcivescovo di Tarragona, capitano generale delle galere pon- tificie, ch'entralo nel porto di Ro- di colla sua flotta si fece impresta- re una somma dal gran maestro onde pagai-e i soldi. Pio H premu- roso anch' egli di abbattere l'orgo- glio del nemico de' fedeli, istituì l'ordine militare di s. Maria di Betlemme, acciò come i cavalieri di Rodi facesse scorrerie sui turchi, e difendesse l'isole del mare Egeo; indi nel i^5g nel congresso di Mantova deliberò la guerra contro gli ottomani, per la quale l'ordine gerosolimitano promise concorrervi. Ma nell'atto che il Papa partiva alla testa d'una crociata navale, mo- rì in Ancona.

Sotto il gran maestro Giacomo de Milly la peste fece strage nel- 1 isola di Rodi, ove accolse in a- silo l'infelice regina di Cipro Car- lotta di Lusignano, detronizzata dal suo fratello naturale Giacomo II; ma i veneti che dato aveano

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in isposa a questo principe Cateri- na Cornaro, per acquistar pretesti a dilatare i dominii della repub- blica, n'ebbero rancore. Indi essen- do avvenuto poco dopo per parte de'cavaheri la rappresaglia di due galere veneziane cariche di merci pei saraceni, mentre il sultano di Egitto riteneva prigione contro il diritto delle genti 1' ambasciatore dell' ordine, e taluni rodiani ; la flotta veneta operò un'ostile di- scesa nell'isola di Rodi, e la stra- ge ed il saccheggio ne' luoghi a- perti ne furono la conseguenza. E- seguì poscia uno stretto blocco, e minacciò la città , ma in pieno consiglio j sebbene molti fossero d'avviso di sfidare in quell'incon- tro la veneta potenza, prevalse l'o- pinione di acquistare la pace col- la restituzione de' pochi saraceni prigionieri. Prima di questi avve- nimenti il gran maestro Pietro Raimondo Zacosta, eletto nell'ago- sto 1461, pel primo ottenne il ti- tolo di eccellentissimo, indi essendo eletto il nuovo Papa col nome di Paolo li, da Rodi furono mandati cinque ambasciatori gran croci iu Roma per rendere la solita obbe- dienza al novello Pontefice , nelUi persona dell'ammiraglio fr. Sergio Seripando luogotenente del gran maestro in Italia^ fr. Gio. Battista Orsini gran priore di Roma, fr. Antonio di Faslobaldi priore di Pi- sa, fr. Pietro Cases priore di Mes- sina, e fr. Cencio Orsino bali di Venosa, e con essi fu deputato fr. Melchiorre Bandini procuratore ge- nerale nella corte di Roma, per- chè dovesse fare la solita orazione. Giunti gli ambasciatori in detta città, fecero l'entrata solenne, fu- rono con ogni onore ricevuti, e vi morì fr. Sergio uel 1 4^5, che con

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grande onorificenza fu sepolto fuo- ri della chiesa del priorato sul monte Aventino, accanto al gran maestro fr. Riccardo Caracciolo, in un sepolcro di marmo, rappresen- tante il defunto una statua giacente col manto.

In progresso di tempo mentre le dissensioni interne dell' ordine presero un carattere grave, per cui Paolo II nell'anno 14^7 convo- cò in Roma, nel palazzo valica- no, un capitolo generale composto di più di cento dignitari, e pre- sieduto dallo stesso Pontefice, onde discutervi le accuse fatte contro il gran maestro, il quale però fece trionfare la sua innocenza. Allora il Papa lo ricolmò di onori, ed essendo morto in Roma, con gran pompa lo fece tumulare nella ba- silica vaticana, dinanzi la cappella di s. Gregorio Papa. Il Bosio, che tutto descrive colla nota accuratez- za, riporta le particolarità dell' a- pertura del capitolo generale, ove il Papa sedette in trono in mezzo a cinque cardinali; cinque prelati deputati sederono sopra il terzo gradino del trono a sinistra, e a destra il gran maestro, e i capito- lanti su di alcuni sgabelli bassi in- torno. La rinunzia poi delle di- gnità. Paolo II la ricevette vestito pontificalmente alla presenza di tut- to il sacro collegio, nella cappella maggiore del palazzo vaticano. Di- poi e sotto gli occhi di Paolo II, a'4 marzo 14^7 f^-^ eletto in Ro- ma in gran maestro Gio. Battista Orsini romano, gran priore di Ro- ma, che subito recandosi a Rodi si preparò a difendersi dai turchi con nuove fortificazioni, e con tre torri che fece costruire. Morì nel 1476, e fu tumulato nella chiesa dell'ospedale, e gli successe Pietro

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d'Aubusson. Nel i479 ^'^^'C luogo l'unione alla religione gerosolimi- tana, di quella del santo Sepolcro, e dell'altra di s. Lazzaro di Betlena e Nazaret, chiamata pure gerosoli- mitana. A Paolo II successe Sisto IV, e come il predecessore rivol- gendo le sue cure a reprimere la crescente potenza ottomana, nomi- nò cinque legati a diversi principi d'Europa per eccitarli alla guerra contro il comune nemico, e dichia- rò il cardinal Caraffa comandante della flotta, che prese e saccheggiò Smirne. Sotto Sisto IV il duca di Milano olteime da lui che la com- menda di Milano fosse priorato, e capo della religione in Lombardia. Nel 1480 il terribile Maometto II, che si qualificava espugnatore di due imperi, di dodici regni, e di due- cento città, adontato che i cava- lieri di Piodi ricusassero pagargli un tributo, e profittando della di- scordia de'principi cristiani che Si- sto IV inutilmente procurò paci- ficare, si propose di sottometterli, ed annientare la religione gerosoli- mitana. L' irruzione fu tremenda, giacché i turchi da lui mandati nell'isola, posto piede a terra, pre- sero posizione nella collina di s. Stefano, ed inlimarono alla città d'arrendersi. Quindi ebbero luogo sanguinosi fatti d'armi, ed il tra- dimento del generale Paleologo, e del comandante del genio; qualche galera napolitana esegui alcuna van- taggiosa diversione , ma di poco momento. Tuttavolta bastò per tre mesi il valore del gran maestro Pietro d'Aubusson, e de' cavalieri a difendere Rodi da s"i feroce nemi- co, di gran lunga superiore alle loro forze, il perchè la liberazione fu attribuita a celeste prodigio, onde il gran maestro che avea ri-

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portato cinque ferite, per gratitu- dine all' invocato patrocinio della Beata Vergine gli eresse una ma- gnifica cappella o chiesa sotto il titolo di Madonna della Vittoria. A'26 luglio fu data una fiera bat- taglia che durò due ore, onde i turchi furono costretti a cedere, e ad abbandonarsi a precipito- sa fuga , con grave loro perdita. Il pascià turco partì con vergogna, laonde Maometto li meditava a- spra vendetta, e ne dava frequen- ti contrassegni con inviar cox'sari a danneggiar le coste, e ad infe- stare i mari; decise finalmente di andare in persona con duecento galere, e trecentomila armati al- l'assalto, ma la morte di Mao- metto II per fortuna de'rodiani il .prevenne, ed il solo pensiero di tale intrapresa fu creduto l'elogio migliore che si potesse iscrivere sulla sua tomba: Meiis eraL expu- gnare Rodhiim, bellare siiperbani Italiani.

I suoi due figliuoli Baiazet- te II , e Zizimo si disputaro- no il trono ottomano, sostenuti ambedue da un partito: prevalse il primo, ed il secondo si rifugiò a Rodi, onde l'avveduto gran mae- stro, dopo breve asilo conceduto per umanità e per politica procurò che seguissero degli accordi, previo il consenso della santa Sede, e dei principi cristiani, tra Baiazette If, e la religione gerosolimitana, cui per sempre più impegnarla a cu- stodirgli il temuto fratello, gli do- nò la mano di s. Giovanni Batti- sta, che i turchi riconoscevano per profeta, uomo giusto e santo. I- noltre Baiazette II si obbligò pa- gare quarantacinquemila ducati d'o- ro alla religione; ed il gran raae- sto dispose a maggior cautela nel

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1482, che accompagnato dai ca- valieri e da Blanchetòrt, fosse tra- sferito Zizimo in Francia, anco per contentare quel principe, in una commenda posta nel confine del Poitou, sotto la guardia del com- mendatore de Bourgneuf, finché il re Carlo Vili ad istanza del gran maestro lo mandò al Papa Inno- cenzo Vili, che lo avea desidera- to, perchè lo custodisse. Baiazette Il per tal custodia assegnò al Pon- tefice quarantamila ducati d' oro all'anno, e gli mandò in dono la preziosa reliquia della sacra lan- cia che trafisse il costato di Gesù Cristo. Innocenzo VIII grato alla religione gerosolimitana per tali vantaggi, con bolla concistoriale gli concesse il privilegio che egli i suoi successori giammai conferirebbero i beni dell'ordine in qualsivoglia modo vacanti, ed a- bilitò il priore della chiesa dell'or- dine ad assolvere i religiosi da qualunque caso riservato. Questo contegno del gran maestro pro- curò ali' ordine una temporanea pace coi turchi e cogli egiziani ch'erano i due possenti nemici, 1 quali contra questo baloardo della cristianità alternavano le percosse. Nel solenne possesso che Inno- cenzo VI1.I prese della basilica late- ranense, nella solenne cavalcata in- tervenne l'oratore e procuratore dell'ordine in R.oma, come riporta il Cancellieri a pag. 4? della SlO' ria de possessi. » Turchopellerius E^hodianus, magni magistri ordi- nis s. Joh. Hierosolymitani orator in armis , ut alii quatuor prae- dicti ( fra i quali il procuratore teutonico) supravestera habens de taffetà rubeo cum cruce alba per medium, ante, et retro, portans vexillum ordinis praedicti , videli-

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cet loliim rubcum cura magna Cince alba per medium , equum bardatutn ,equitans ; supravestem ex simili ta(Feta ciim cince haben- tem, apud se habens quatuor fa- miliares pedestres mantelliuis debuc- caccino riibeo cum cruce alba ante, et retro indutos". Quegli amba- sciatori che si portarono in Pioma all'ubbidienza d'Innocenzo Vili gli presentarono un ricco baiaselo, mol- ti aromi, ed un vaso pieno di bal- samo puro. Dipoi il Papa mandò a Rodi uno stendardo con l'imma- gine del ss. Crocefisso arricchito di indulgenze. Volendo Innocenzo Vili premiare lo zelo, il valore e la pietà del gran maestro d'Aubusson chiamato il Salvatore di Rodi, per ricompensare i servigi da lui resi alla santa Sede, e tra gli altri per avergli rimesso Zizimo , impegna- to il sultano di Egitto a collegar- si coi principi cristiani, ed anche per le premure del re Luigi XII, lo creò cardinale dell' ordine dei diaconi, e tre anni dopo lo pubblicò nel concistoro de' I 4 marzo i489> assegnandogli per diaconia la chie- sa di s. Adriano. Inoltre lo dichiarò legato a Intere di tutta 1' Asia , e per singoiar distinzione gli mandò per un ambasciatore a Pvodi il cap- pello cardinalizio , che fu da lui ricevuto con solenne pompa nel tempio di s. Giovanni Battista del Collacchio della città di B.odi, nel- la festa dei ss. apostoli Pietro e Paolo, figurando questo gran mae- stro egregiamente da prelato come da eroe pel novero delle sue pre- clare virtù, e luminose azioni. Il medesimo Innocenzo Vili confermò la riunione all'ordine gerosolimita- no dei due ordini del santo Sepol- cro, e di s. Lazzaro di Gerusalem- me. Qui però noteremo che di-

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poi, nel i5i73, seguì l'unione delle due milizie di s. Maurizio e di s. Lazzaro, per accordo stabilito tra Emanuele Filiberto duca di Sa- voia, e Giannotto Castiglione gran maestro della religione di s. Laz- zaro, col consenso ed approvazione del Papa, intitolandosi il duca gran maestro dell' una e dell' altra re- ligione, e quindi volendo egli ri- cuperare tutti i beni della religio- ne di s. Lazzaro, l'ordine gerosoli- mitano fu disturbato possedendo- ne buona parte, per l'unione fatta da Innocenzo Vili; ma 1' unione tra le religioni di s. Maurizio e di s. Lazzaro fu rivocata da s. Pio V. In quanto al titolo di grati maestro del santo Sepolcro, con- fermato al gran maestro di Malta dai Papi, nel consiglio del i6i6 fu stabilito che il gran maestro dovesse usarlo.

Eletto Alessandro VI, fra gli ambasciatori che la religione spe- di per rendergli ubbidienza , vi fu l'arcivescovo di Rodi. Dipoi il soldano d' Egitto mandò un am- basciatore al Papa ad insinuazio- ne del gran maestro per far lega contro i turchi, per cui Inno- cenzo Vili spedì al soldano per nunzio o ambasciatore Filippo de Canouii, ma si regolò con poca av- vedutezza. Ad Innocenzo Vili nel 1492 successe Alessandro VI Bor- gia, che sino dal i4B3 era protet- tore della religione. ÌXel i5oi A- lessandro VI pubblicò una lega contro i turchi , ed in concistoro

creò suo legato e comandante del-

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l'esercito cristiano il cardinale gran maestro di Rodi; ma le divisioni dei sovrani non effettuarono l'im- presa. Nel i5o3, mentre reggeva 1' isola di Rodi il cardinal gran maestro d'Aubusson, a' 9 gennaio

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fu piochanalo il decreto che or- dinò a lutti gli obici ivi stanziati di partirne, ed imbarcarsi dentro quaranta giorni per Nizza, senza potersi fermare in lUri luoghi del Levante, e permettendo soltanto di vendere in quel perentorio ter- mine i loro beni sotto pena di confisca . Lo stesso decreto of- fi-i piena libertà a tutti quelli che abbracciassero la religione cri- stiana , e fondandosi sullo stato di servitù degli ebrei, che ritene- va privi della patria potestà, co- mandò amministrarsi agi' infanti il battesimo, malgrado la ripugnan- za de'genitori; ma i teologi fecero ri- chiamare quest'ultima disposizione, e la sola espulsione ebbe luogo per tutti gl'israeliti. Questo gran maestro fece fare un reliquiario, o tabernacolo d' oro con perle e gioie, per ri porvi la mano di s. Giovanni Battista, che, secondo l'i- storia riportala dal Bosio, s. Luca evangelista tolse dal braccio de- stro nella città di Sebaste, e la por- tò in Antiochia, da dove il diacono Giob la prese per donarla all'im- peratore Costantino II, il quale la collocò nella chiesa di s. Giovan- ni di Pietra in Costantinopoli, e dipoi da Baiazette li, come dicem- mo, fu regalata al medesimo gran maestro d'Aubusson.

Afflitto il cardinal gran maestro d'Aubusson, che la stabilita cro- ciata, con grave danno dell'Euro- pa non si efifettuava, mori a' 1 3 lu- glio i5o3 coi gloriosi nomi di scudo della Chiesa, e di liberalore della crisdanilà, di anni ottanta. Ebbe sepoltura nella chiesa di s. Gio. Battista di Rodi, dove per ordine del capitolo tenutosi dopo la sua morte, gli fu innalzato un sontuoso juausoleo, in cui furono

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elegantemente scolpite le più illu- stri azioni di sua vita. 11 Ciacco- nio descrive minutamente la pom- pa del solenne funerale che gli fu celebrato. 11 maestro di casa del cardinal gran maestro, fr. Deside- rio di Santa Jalla, ruppe il suo bastone sopra la di lui sepoltura, ed il cavallerizzo fr. Diego Suarez spezzò su di essa gli speroni. Gli suc- cesse nel magistero Emerico d'Am- boise, il quale ebbe in dono dal re di Francia un pezzo della vei'a cro- ce, e la spada di s. Luigi IX. E- merico continuò la difesa dell'isola di Rodi ; morì nel i o i 2, ed ebbe a successori Guy de Blanchefort ; nel i5i3 Fabrizio del Carretto li- gure, che fece alleanza col re di Persia contro Selim 1 imperatore de' turchi, e terminò di vivere a' io gennaio i5ii, essendo il quaran- tesimo secondo gran maestro. Que- sto gran maestro essendo nel i5i2 procuratore generale della religio- ne in Roma, fu deputato dal con- vento di Roma luogotenente e ca- pitano delle guardie del concilio generale lateranense V, adunato da Giulio li, il quale avea richiesto all'ordine che a' cavalieri di Rodi ne affidasse la custodia. Il gran priore di Francia fr. Filippo de Villiers-l'Isle-Adam a' 22 gennaio i52i fu eletto gran maestro del- l'ordine, mentre Solimano 11 im- peratore de' turchi faceva prepa- rativi per impadronirsi dell' isola di Rodi, per liberare con religiosa guerra da ogni ostacolo la via ma- rittima della Mecca, ov' è il corpo di Maometto il sedicente profeta. Nel recarsi il nuovo gran maestro a Rodi si occupò delle fortifica- zioni, delle provvigioni, e della di- fesa dell' isola.

Nel i52 3 Solimano II fece parli-

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re per Rodi duecentomila o trecento- mila combaltenli, altri dicono qua- rantamila, oltre sessantamila servia- ni e vallacliij con quattrocento basti- n.enti di diflerenti grandezze; questi ertraiono nel porto, quelli si spar- sero per r isola : può darsi che il numero maggiore sia quello dei turchi impiegati nel lungo assedio, ed il minore quello che operò il primo sbarco. La guarnigione dei cavalieri componevasi di circa cin- quemila soldati delle varie lingue dell' ordine. Le prime operazioni de' turchi furono lente, e la difesa degli assediati valorosa ; ma so- praggiunto in Rodi Solimano II, ispirò coraggio alle sue truppe. Niun soccorso apparve per parte de' principi cristiani, sebbene all'im- presa eccitati ; ed il Papa Adriano VI mandò ai cavalieri tre navi ben provvedute, ma ritardate dai venti contrari. Però il suo storico e famigliare Ortiz afferma che non spedì verun soccoi'so, e di ciò lo scusa con diverse ragioni , essendo esausto il tesoro pontificio per le precedenti guerre di Leone X. In quattro assalti generali l' oste ne- mica fu respinta col più sangui- noso macello; ed uno strale scoc- cato privò di un occhio il co- mandante del genio, il valorosis- simo e prode fr. Gabriele Tadino di Rlartinengo , eh' era accorso da Candia. Quando i turchi erano qua- si disposti a levare l'assedio, per la brava e vigorosa resistenza dei cavalieri, il cancelliere dell'ordine Andrea d'Amarai portoghese, irri- tato nell'ambizione per essergli sta- to preferito nel gran magistero fr. Filippo, avendo detto ch'egli sareb- be stato l'ultimo cui Rodi preste- rebbe ubbidienza , per mezzo di un servo che lanciava le lettere

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con una balestra nel campo otto- mano, avvisò i turchi del bisogno estremo in cui si trovava la piaz- za. Questo bastò perchè Solimano Il si ostinasse a dcbcllaila : la brec- cia era aperta per ogni lato, l'inon- da/ione de' furenti turchi era pros- sima, allorché dopo sei mesi d'as- sedio si concluse un momentaneo armistizio. Volevasi tentare di per- suadere Solimano li a rispettare i trattati di Baiazette H, ma quello montò in gran furore, giacché no- vantamila turchi erano periti quan- do si ordinò l'estiemo assalto. In questo frangente il gran maestro fece spiegare la bandiera di pace, e fu consentita onorevole capito- lazione con vantaggiose condizioni a' 20 dicembre.

Vennero guarentite le chiese cat- toliche, vietato il rapimento dei fanciulli per farli giannizzeri, con- ceduta la libertà al cattolico culto, esentati i cattolici rodiani da tri- buto per cinque anni, dato il per- messo di emigrare alle famiglie con le loro proprietà nel termine d'tni triennio, accordati dodici giorni al gran maestro, ed ai cavalieri e re- ligiosi dell'ordine per prepararsi alla partenza, ed apprestate delle navi turche, ove le rodiane non bastassero, per trasferire gli assenti sino a Candia, in un cogli efletti, e coU'artiglieria del navile di Ro- di. Il sultano entrò in Rodi trion- fante nel giorno del santo Natale. Intanto furono consegnate a Soli- mano II le isole minori, fu allarga- to il campo turco, si diedero ven- ticinque cavalieri in ostaggio , ed altrettanti cittadini , mentre un ca- pitano turco, con quattrocento gian- nizzeri dovea prendere il possesso della città. In questo tempo giun- se un corpo di quindicimila gian«

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uizzeri asiatici indisciplinati, il qua- le incidente dimostrò con quanto senno erasi accelerata la conclu- sione del trattato. L'animo grande di Solimano II si manifestò nel ri- cevimento del gran maestro, a cui diresse parole di contòrto e di lo- de, e nel dargli comiato si rivolse a' suoi capitani, e disse che il con- tento della conseguita vittoria era- gli amareggiato per la umiliazione di cavalieri s\ valorosi. Il traditore Amarai voleva pur presentarsi al sultano, ma questi gli fece dire scherzosamente, che volendosi egli vestire con pelle mussulmana, do- •vea della pelle cristiana prima di- spogliarsi ; bene comprendendo egli il senso delle parole, glielo fe- ce'intendere coir ordine dato, che fosse subito scorticato vivo. Altri narrano che l'Amarai, già era sta- to punito col servitore dal gran maestro, decapitato e squartato. Ma i giannizzeri nel quinto giorno do- po la capitolazione, rotto ogni fie- no penetrarono disordinatamente in Rodi, ove commisero violenze, sac- cheggi , ed altre iniquità , e non tardarono a convertire in moschee i migliori templi.

IVel primo giorno dell' anno i52 3 partì il gran maestro con cinquemila de' suoi , che felice- mente con cinquanta bastimenti approdarono all' isola di Candia , portando seco le reliquie che pos- sedeva r ordine , cioè una parte della vera croce, la sacra spina, la mano destia e parte del capo di s. Gio. Battista, il corpo di s. Eufemia, ed altre sagre ed insigni reliquie. In tal modo l'ordine per- de la nobile isola e città di Rodi, chiamata lo scudo ed il bastione della repubblica cristiana. Poco do- po partirono tutti i latini col loro

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arcivescovo di Rodi, de' quali So- limano Il dimostrava diftidare, ac- cordando ai soli greci orientali il suo patrocinio ; ed il corsaro Cur- togli venne creato governatore di Rodi. L' infelice Amurat figliuolo di Zizirao, eh' educato nella cristia- na religione viveva occulto in Ro- di con la famiglia, fu fatalmente riconosciuto, e confessando la fede perì strangolato co' suoi figli, ri- serbandosi le sue femmine per V ha- rem del sultano. Nello spazio di duecento tredici anni, dieciiiove gran maestri esercitarono in Rodi il so- viano dominio. La storia di que- sta guerra, e delle cose che la se- guirono fu scritta in latino da Gia- como Fontana, che allora era giu- dice delle appellazioni in Rodi, e si legge nello Scardio, Oper. Histor. delle guerre di Rodi tom. II ; in fran- cese dal cavaliere fr. Giacomo di Borbon, soldato valoroso nella stes- sa guerra, e da Paolo Boissat. Si ha pure , De bello Rhodio ( an. i522) Clementi VII dedicati, Ro- mae i5i^ dello stesso Giacomo Fontana. Del medesimo abbiamo, Della guerra di Rodi, descrizione dell' isola di 3Ialta concessa ai cai'alieri di Rodi, dettata da. Gio. Quintino, con un commentario del- Visola, e dell' ordine de" cm^alieri, scritto da Adamo Teodorio, tra- duzione del Sansovino , Venezia 1545. Il Bosio ne tratta al tom. III, lib. 18, 19, 20 della Storia della religione di Malta. Gugliel- mo Caoursin nel i536 pubblicò in Ulma, Descriptio obsidionis urbis Rhodiae a Mahometo II, an. 1 53o. Coronelli e Parisotti, Y Isola di Rodi geograjica, storica, antica e moderna, colle altre adiacenti, già possedute dai cai'alieri di s. Gio- vanni di Gerusalemme, tom. I,

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dell' Arcipelago, Venezia i f)88 e

,69'?.

Il gran qpaestro co' cavalieri pas- sò il resto dell' inverno a Candia, allora dei veneziani , quindi fece vela col suo navilio per l' Italia , quando i venti contrari l' obbliga- rono a riparare in Messina, dove trovò cavalieri di differenti lingue ch'erano diretti a Rodi con prov- vigioni da guerra, cui il gran mae- stro fece prendere i loro ranghi nell'ordine. La peste obbligò i ca- valieri a stabilirsi presso il golfo di Baia e le rovine di Cuma in un campo, per salvarsi dal conta- gio. Intanto il gran maestro de Viì- liers impaziente di conoscere le in- tenzioni della santa Sede riguardo all'ordine, appena la stagione il per- mise, ricominciò la navigazione, e prese porto a Civitavecchia con tutti i suoi bastimenti. Facevano principale e numerosa parte del .seguito gl'isolani rodiani che pre- ferirono al giogo turchesco seguir la sorte de' cavalieri , i quali in questo tempo pellegrinavano vestiti a lutto, veleggiando con galere co- perte di nere gramaglie. Adriano YI lo fece incontrare dalle sue ga- lere, e rendergli tutti gli onori in Civitavecchia, facendo sapere al gran maestro che dovesse riguardarla come propria. Quindi il gran mae- stro fece sapere al Pontefice Adria- no VI il suo arrivo, e gli diman- dò udienza ; ma il Papa che a' 5 agosto voleva pubblicare la lega conchiusa con Carlo V imperatore contro la Francia, nella basilica di s. Maria Maggiore, piacendogli che vi fosse presente il gran mae- stro, ordinò che si provvedesse di tutte le cose necessarie, volle che il suo maestro di casa Diego ve- scovo di Cuenca lo visitasse, ma

GER gli fece rispondere che si tratte- nesse a Civitavecchia sino al ter- mine dei calori estivi. Questi pas- sati, il gran maestro ottenne il per- messo di recarsi in Roma, laonde pel Tevere sbarcò a s. Paolo li 3 r agosto : ivi pernottò, e nel giorno seguente fece la sua entrata nella città, essendo incontralo dalle fa- miglie de' cardinali. Con decorosa cavalcata si portò al Vaticano, ove Adriano VI gli aveva fatto prepa- rare l'alloggio. Indi fu ricevuto dal Papa con tutti i riguardi do- vuti al suo valore, alle sue disgra- zie, ed alla benemerenza dell'ordi- ne colla cristianità. Il Papa lo ri- cevette in una sala alla presenza di molti cardinali, l'incontrò per al- cuni passi, e lo salutò gran cam- pione di Cristo, e fortissimo difen- sore della fede cattolica, facendolo sedere tra i cardinali. Poco dopo a' i4 settembre i52 3 la morte troncò la vita ad Adriano VI, sen- za ch'egli potesse realizzare le pro- messe di protezione fatte all' ordi- ne. JNel primo ottobre trentatie cardinali entrarono in conclave, la custodia del quale fu affidata al gran maestro Villiers-l' Isle-Adam ed a' suoi cavalieri, concedendogli il sacro collegio suprema autorità sopra tutti gli altri corpi del sacro palazzo. A tale elfetto il gran mae- stro, oltre i soldati della guardia ordinaria del Papa, cioè i caval- leggieri e gli svizzeri, coi denari della camera apostolica assoldò duemila fanti, a cagione delle guerre d'Ita- lia, e de' tumulti della sede va- cante. Il gran maestro finché durò il conclave fece continuamente cu- stodire la porta dai cavalieri ar- mati, con le loro sopravveste mili- tari di seta vermiglia, con le croci bianche sopra ; e con gran tripu-

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dio della religione gerosolimitana quindi a' i8 novembre fu eletto Papa il cardinal Giulio de' Medici fiorentino, che prese il nome di Clemente VII , il primo tra i ro- mani Pontefici, che all' ordine ge- rosolimitano appartenesse.

Giulio de' Medici d'anni dieciotto erasi arruolato tra i cavalieri di Ro- di, tra'quali fece professione e diven- ne priore di Capua. Giulio II nel i5io lo avea fatto arcivescovo d'Ambrun, e Leone X suo cugino nel prendere il solenne possesso fu corteggiato da Giulio, che monta- to sopra un bel cavallo, e vestito di bianche armi, con sopravveste rossa, portò lo stendardo o vessillo della sacra religione gerosolimitana , nel luogo secondo il costume più ono- rato, facendo qual sostituto le veci del procuratore gerosolimitano. Nel medesimo giorno Leone X fece il cugino Giulio arcivescovo della co- mune patria, ed a' i4 dicembre 1 5i 3 lo creò cardinale, e poscia ven- ne fatto protettole dell'ordine ge- rosolimitano. Il gran maestro come custode del conclave essendo stato il pi imo ad aprirlo, fu pure il primo a baciare al nuovo Papa il piede. Tenendo ricevuto con amorevoli ab- bracciamenti, ed insieme ai cardi- nali ringraziato per la diligenza e prudenza con cui erasi diportato nella custodia del conclave. Il gran mae- stro accompagnò Clemente VII alla basilica vaticana nella sua corona- zione, e poi fece altrettanto nella cavalcata che fece il Papa al La- terano pel possesso , nel quale fu dato il più onorato luogo allo sten- dardo gerosolimitano , portato dal priore di Capua fr. Giuliano lii- dolfì, come ambasciatore e procu- ratore generale dell'ordine in Ro- ma. A consiglio del Papa, la re-

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ligìone dichiarò suo prolettore presso la santa Sede il cardinal Alessandro Cesarini. Dipoi a' 18 dicembre e in pubblico concistoro Clemente VII, alla presenza del sacro collegio e di tulli gli ambasciatori, ammise ali ubbidienza il gran maestro con tutti i priori, bah , commendatori e cavalieri , facendo 1' orazione fr. Tommaso Guicardo rodioto. Nelle feste del seguente Natale, il Papa fece assegnare al gran maestro pei* posto in cappella, per evitare di- versi puntigli, di seder solo nel pri- mo gradino dal lato destro del so- glio pontificio, che allora era il luo- go più onorato e degno. Veramente secondo l' antico uso il gran mae- stro dovea sedere dopo il primo cardinale diacono, come principe, primo barone e conservatore della regia corona del regno gerosolimi- tano, despota di Morea, principe d'Acaia per l'acquisto che ne avea fatto la religione , di Corinto , di Sparta, e signore di Rodi che fu ne' tempi antichi potente e famo- sa repubblica. Devesi però osser- vare che mentre i principi assisten- ti al soglio dovevano restare sem- pre in piedi, al gran maestro fu concesso sedere quando i cardinali sedevano ; mentre l' incenso e la pace gli fu data dopo gli aici vesco- vi assistenti al soglio, e prima del governatore di R.oma vicecamer- lengo. Recandosi poi il Papa in cappella, o per la città, fu stabilito che il gran maestro dovesse pre- cederlo. Clemente VII si mostrò impegnatissimo pel suo ordine, che riguardò quale una seconda sua ca- sa, e gli assegnò per residenza la città di Viterbo [Fedi), con la sua rocca in imprestito, con mero e misto impero, ove furono i gran dignitari accolli amorevolmenle e

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con distinzione dal vescoTO cardi- nal Egidio Canisio : furono ricettali in di versi i luoghi col sacro con- vento, e presero in affitto la chie- sa de' ss. Faustino e Giovila, dove restarono piii di quattr'anni in prov- visoria stanza, ivi continuando il gran maestro come a Rodi a servire tredici poveri a mensa, in onore di Gesù Cristo e degli apostoli. Altra parte dell' errante milizia, e de' ro- diani che in numero di circa quat- tromila combattenti li avevano se- guiti , senza contare i vecchi , le donne e i fanciulli, coi loro navi- gli restarono in ritiro nel porto di Villa - Franca, asilo benignamente concessogli dal pio Carlo III duca di Savoia, acciocché fossero in si- tuazione più opportuna per nego- ziare coir imperatore Carlo V, coi re di Francia e d' Inghilterra, e con altri principi potenti, onde li for- nissero di mezzi atti a sorprendere Rodi, nella qual città avevano fe- deli intelligenze per ricuperare il perduto dominio.

Ma per le guerre e disastri so- pravvenuti a cagione delle discordie de' principi della cristianità, del- la prigionia di Clemente VII, e fu- nesto saccheggio di Roma, vani tornarono i desideri de' cavalieri, e ne perdettero ogni speranza, per la persuasione che sebbene riacquista- ta, non potrebbe l'isola di Rodi conservarsi contro le forze ottoma- ne. E da notarsi, che quando Cle- mente VII si trovò nel 1527 as- sediato in Castel s. Angelo, rispet- tando la saggia neutralità che i cavalieri di Rodi avevano sempre usata nelle differenze tra principi cristiani, ciò che costantemente con- tinuarono ad osservare anche dipoi, si fece un riguardo di profittare del- la loro vicinanza in Viterbo, onde

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essere alutalo in tanto grave caso, e solo ricevette alcune polveri e munizioni per la difesa di Castel s. Angelo. Da questo luogo Cle- mente VII scrisse un breve al gran maestro, acciò consegnasse la roc- ca di Viterbo al cardinal di s. Vi- to legato del Patrimonio, ciò che subito fu eseguito. Fino da quan- do i gerosolimitani erano in Pale- stina, si guardarono di prender parie per alcun principe cristiano a danno di altro, perchè le loro leggi e professione glielo vietavano, non dovendo impiegar le armi e le pi'oprie forze se non che con- tro gl'infedeli in prolezione ed au- mento della santa fede, e per di- fesa loro propria. Il contestabile poi di Borbone, comandante dell'ar- mala contro R^oma, non solo scris- se a Viterbo al gran maestro, che non avrebbe a suo riguardo mole- stato la città, ma effettuò puntual- mente la promessa. Coltivando l'or- dine l'idea dell'impresa di Rodi, col sacro convento nell'islesso an- no iSay si portò a Coraeto, che per la peste dovette abbandonare, passando con annuenza del suddetto Carlo III in Villafranca, ov' erano le sue milizie ed i seguaci rodioti; indi si trasferirono a Nizza, ove re- starono sino al i52g, passando per im tempo anche ad Augusta di Si- cilia. Fr. Antonio Bosio cameriere segreto favorito di Clemente VII, da lui fatto "ran croce dell' ordine col baliaggio di s. Stefano, si espo- se a molti pericoli in recarsi a Ro- di per annodare le segrete intelli- genze, e prendere ragguagli dai ri- masti amici sullo stato delle cose. Venuto l'ordine in chiaro, dopo circa sei anni di trattative, essere inutile qualunque tentativo, ed an- che il tenere più a lungo sotto le

GER armi i soldati, o i fedeli rammin- ghi seguaci, di necessità prese altre risoluzioni, e cercò altra più sicura e certa stanza. Fu perciò risoluto nel generale capitolo o consiglio dei cavalieri, che sarebbe a proposito e di sicurezza loro ridursi all' isola di Malia [Fedì), già chiesta da essi in dono all' imperatore Carlo V, quando pure viveva il di lui maestro Adriano VI; poscia anco- ra ridomandata per le fervide i- stanze di Clemente VII, a cui era tanto a cuore il ben essere e sta- bile collocamento della religione gerosolimitana, che servigi impor- tanti avea resi in tanti secoli al cristianesimo; e cos'i trovare buon mezzo di metterla in istato di con- tinuare a farsi forte contro i ne- mici della fede. L'ultimo negoziato che da Carlo V nel i53o fu con- cluso in Bologna, dopo esservi sta- to solennemente coronato da Cle- mente VII, fu appunto il dono che egli fece d'uno stato indipendente e decoroso alla sacra militare reli- gione, qual era l' isola di Malta, parte integrante del regno di Si- cilia.

Per conciliare in bene tale ne- gozio ed indurre l'imperatore a donare ai cavalieri l'isola di Mal- ta, furono inviati a Bologna due di essi de'più rispettabili ed influenti alla causa loro, cioè il nominato Bosio, e Luigi Tintavilla. Ambedue si presentarono a Clemente Vii con lettere credenziali, e con ampia fa- coltà di trattare in nome della mi- litare religione quanto fosse utile e decoroso in tale emergenza. 11 per- chè i due cavalieri in unione ad altri compagni residenti in Bolo- gna, o provenienti dalle vicinanze, supplicarono il Papa a volersi de- gnare colla valevole sua mediazione

VOL. XXIX.

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di passare officio favorevole a prò della religione rodiana all'impera- tore Carlo V per l'adempimento di loro brame; e che nel concedere il possesso dell'isola si piacesse quel monarca farne atto di dono in perpetuo e libero, con mero e mi- sto impero,, senza riservarsi egli giurisdizione alcuna , come a di- re appellazioni o altro inerente al suo ceduto dominio. Il Pontefi- ce volentieri s'intei'pose col massi- mo impegno: mediante i suoi mi- nistri fece introdurre i due cavalie- ri nella corte cesarea per le relati- ve pratiche, specialmente con il car- dinal Galtinara gran cancelliere dell'imperatore, che avea il nipote Signorino cavaliere gerosolimitano; perchè si trovasse modo certo di venir a capo con qualche trattato e conclusione, onde fare risolvere l'imperatore ad accordare il do- mandato, anche pel riflesso che in tal modo si metterebbe al coperto il regno di Sicilia dai turchi. Otte- nuta che fu tale risoluzione dal bea disposto animo di Carlo V, per un diploma imperiale con pubblico atto dato in Castello Franco die XXIII mensis martii i53o, fu dichiarato che l'augusto Carlo V donava li- beramente alla religione dell' ordine militare di s. Giovanni l'isola di Malta e Gozo, con Tripoli di Bar- baria, e prescriveva che per siffat- to dono i cavalieri gerosolimitani dovessero obbligarsi, in annuo tri- buto, mandare un uccello falcone o sparviero al viceré di Sicilia , ed aver obbligo di prender nuova in- vestitura, con giuramento di non tollerare mai che si facesse alcun danno ai regni e stati del re di Sicilia ; e perciò cacciare qualunque vassallo siciliano si fosse renduto colpevole di delitto capitale, ed an- i6

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the mandare al medesimo viceré i riconosciuti rei di lesa maestà o in- colpati di el'esia. Il falcone non nella festa di s. Giovanni, o d'Ognissanti si ofìfiiva, come scrissero alcuni, ma sibbene quando tornava più como- do all'ordine, e quasi sempre nella buona stagione, in cui erano solite le galere a navigare. Inoltre venne dichiarato che il vescovo di Malta rimaner dovesse in giuspatronato all'imperatore, ed ai futuri sovra- ni di Sicilia , nominando però il sacro militare ordine tre religiosi suoi in ogni caso di vacanza, dei quali almeno uno fosse scelto dai vassalli di sua maestà; che il più idoneo eleggerebbe, e darebbegli la gran croce, con titolo, voto, pre- minenza, e luogo tra i ballivi. Per ultimo che l'ammiraglio di essi ca- valieri, o chi di loro avesse a sos- tenere il grado dell'ammiragliato, abbia ad essere persona non sospet- ta alla maestà sua, ed ai reguanti in avvenire di Sicilia. I cavalieri fecero molti tentativi per rifiutare Tripoli, città conquistala da Carlo V, che ai cavalieri la rinunziava, perchè siccome sagace prevedeva non poter egli possederla, per esse- re quella città diffìcile a conservar- si contro gli sforzi de'mori e barba- reschi.

Stabilite essendo queste condizio- ni con iscrittura, restava a fissarsi dall'imperatore il giorno di sotto- scriverla, e i due prenominati ca- valieri, che quali mandatari della religione gerosolimitana s'erano a- doperati e furono presenti all'atto della donazione, non mancarono to- sto di avvertire il gian maestro de Villiers, affinchè da lui fusse con- vocato il generale capitolo o consi- glio per accettare ordiualamenle quell'atto, ed approvare le ingiunte

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coudizioni; avvisando di quanto fa- vore era stato al buon esito delle cose loro il sommo Pontefice, che era dispostissimo a confermare con sua bolla l'imperiale sanzionata in- vestitura. Il gran maestro pure fece alcune difficoltà di accettare Tripoli, essendogli slato olferto Rodi duAch- met genero di Solimano II, colla coudizione che non dovesse essere soggetto all'Egitto: il gran maestro avea fatto anche delle pratiche per occupare Modone nella Moiea, od ottenere dalla repubblica di Venezia qualche isola del mare Ionio ; tutta- volta la convenzione con Carlo V fu segnata a'iS aprile dal gran maestro e dai primari dell' ordine, dopo es- sersi superata la quistione sul gius di battere moneta all' ordine, e consul- tati i principi cristiani, nelle terre de' quali l'ordine aveva delle pos- sessioni. L'ordine in tutti i luoghi ov'era stato, avea sempre battuto moneta, e siccome il priore d' Ale- magna per ragione dello stato che in essa godeva, era principe dell'im- pero con la prerogativa di battere moneta con particolare sua zecca, tanto maggiormente doveva conser- varsi al gran maestro ed al supre- mo convento della religione simile autorità, già confermata dal Papa Clemente VII.

In tal modo Malta venne in- nalzata a nuovi e più alti de- stini , accogliendo i difensori del- la cristianità, i quali però prote- starono che se Rodi si fosse ricu- perato, ivi si dovrebbe ristabilire la residenza principale dell'ordine. Partendo Carlo V da Bologna si fermò a Castel-Franco nel Bologne- se, ove nel memoralo giorno sotto- scrisse e sigillò il diploma imperia- le della cessione di Malta, Gozo, e Tripoli all'ordine gerosolimitano, a

GER compimento della donazione fatta in Bologna. Vedi la BiiUa Clemen- tis Pont. Max. FU (cjuae con linei) Confirmado inftudalionis insiilarum Tripolis, Mdilae, et terrae Gaudi- sii a Carolo romanoruin impera- tore, liospitali s. Joannis Hieroso- lyniitani concessurum. Datum Ro- rnae apud s. Pelrum anno i53o, kal. maii , presso il Bull. Roin. lom, IV, par. I, pag. 90 e seg. 11 gian maestro inviò alcutii commis- sari a Malta per prenderne con le sue adiacenze, con Gozo e Corni- no il possesso, ripararne le forti- ficazioni, non che i bastimenti che \i dovevano trasportare l'ordine. Veggasi r Or alio corani Clemente VII prò Hierosolymilana religione, R.omae 1 534, di Tommaso Guicher- do. Candidati alla nuova sede ve- scovile di Malta si presentarono monsignor Tommaso Bosio, e mon- signor Girolamo Ghinucci sanese, mentre Carlo V piopose il reveren- do Baldassare Waltkirk consigliere e cancelliere imperiale. Aveva il gran maestro presentalo all'impe- ratore tre soggetti, tra' quali il Bo- sio cavaliere gerosolimitano, perchè a seconda de' patti scegliesse chi credeva per vescovo di Malta; ma avendo Carlo V lasciato tiascorrere alla nomina il tempo assegnato al- le canoniche leggi , Clemente VII nominò Ghinucci , il quale dopo diuturna lite, ad insinuazione di Paolo 111 che lo creò cardinale, jier mezzo di rispettosa lettera ri- mise l'affare all'arbitrio dell'impe- ratore, che con beneplacito aposto- lico assegnò al cardinale una pen- sione di novemila lire sulla men- sa episcopale di Malta, e in questa maniera nell' anno i536 il Bo- sio ottenne le bolle pel vescovato, prese pacifico possesso, e divenne

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il primo vescovo di Malta dopo Io stabilimento in essa dell'ordine ge- rosolimitano.

Fr. Filippo de Villiers-l'Isle-Adam dopo l'accettazione di Malta, per essa s'imbarcò co' suoi cavalieri, e suo consiglio, e partendo da Sara- gozza ove risiedeva col sacro con- vento, vi giunse a' 26 ottobre dello stesso anno, prese formalmente pos- sesso dell' isola, e da quel tempo i cavalieri di Rodi chiaraaronsi cai>a- lieri di Malta, e l'ordine religione di Malta, così il gran maestro fu detto di Malta. Nel i533fr. Filip- po adunò il capitolo generale per la revisione degli antichi statuti, che furono corretti ed ampliati secondo i bisogni de' tempi. Nell'istesso an- no fu edificata in Malta l'inferme- ria, dandosi ad essa principio con solenne pompa ecclesiastica, dappoi- ché la sacra milizia, siccome or- dine ospitalario, si gloriò sempre di particolarmente professare as- sistenza e cura agl'infermi, riguar- dandoli come signori e padroni dei cavalieri; onorandosi eziandio il gran maestro di non portare altro titolo, che d'umile maestro dello spedale di Gerusalemme, e custode de' poveri di Gesù Cristo. Verso questo tempo cessò la lingua d'In- ghilterra, per lo scisma del re En- rico Vili, che prima come i suoi predecessori chiamava il gran mae- stro Eniinentissime princeps, con- sanguine, et aniice noster carissime. 11 celebre Barbarossa capo de' cor- sari africani sembrava minacciare Malta con ottaatadue galere, ma il gran maestro si pose in grado di aCfrontarlo, li gran maestro Vil- liers carico d'anni e di gloria mo- ri in IMalta a' 22 agosto, e meritò che gli si scolpisse sulla tomba que- bto elogio : Ilio j'acet victrix For-

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tunae Virlus: il di lai luogotenen- te comandò, sinché non fu eletto il luogotenente del magistero, sino all' elezione del nuovo gran mae- stro. Gli successe Pietro du Pont nel magistero, sotto il quale si vi- de verificato quanto i cavalieri ave- Tano preveduto, cioè di non poter- si sostenere in Tripoli senza valide fortificazioni, e numerosa guarnigio- ne. Avendo Barbarossa occupato Tunisi, si rivolse alla conquista di Tripoli, e ad onta che il gran mae- stro vi mandasse molti soccorsi, e Carlo V avesse radunato una flot- ta a Cagliari, Barbarossa s'impa- dronì della città nel i535, sebbene altri attribuiscono tal conquisto al- l'altro famoso ammiraglio Dragut, cui la cedette Gasparo Valier ma- resciallo dell'ordine per capitolazio- ne nel i55i. A Du Pont successe Didier de Saint- Jaille, ch'ebbe a luogotenente Giacomo de Pelloquin, e morì nel i536. Nel magistero di fr. Giovanni d'Omeda, di lui successore, i cavalieri nel i54i pre- sero parte nella spedizione della flotta di Carlo V contro Algeri, ma a danno dell'ordine ai nemici si congiunsero le tempeste, e la spedizione ebbe infelice esito.

L'anno seguente avendo Paolo III fatto lega coli' imperatoi'e contro ì turchi, e fatto istanza alla religio- ne di mandar le sue galere per u- nirsi alle pontificie, il gran mae- stro si scusò perchè con le turche- sche andavano unite le francesi, os- servando così la consueta neutralità che per tutti i titoli conveniva ad un ordine religioso che solo guer- reggiava coi nemici del nome cri- stiano, ed anco perchè composto di tante nazioni. Quando Paolo III si portò a JNizza per abboccarsi con l'imperatore, navigò sulle galere

GER gerosolimitane, Ranuccio Farnese nipote di Paolo III, priore di Ve- nezia, fu fatto ambasciatore della religione in Roma; si mostrò buo- nissimo religioso, onde lo zio gli conferì pure il priorato di Pisa, e Io creò cardinale. Nel i546 l'im- peratore Carlo V nella dieta di Ratisbona accordò la dignità di principe del sacro romano impero al gran priore dell'ordine di Mal- ta in Alemagna. Nel i553 fu ele- vato in Malta al gran magistero Claudio de la Sangle ambasciatore dell'ordine presso la santa Sede mentre trovavasi in Roma, onde notificò subito la sua esaltazione al Papa Giulio III, a mezzo di fr. Pietro del Monte castellano di Ca- stel s. Angelo, e cugino del Ponte- fice. Nella sera ed in quella seguen- te in detto castello, in segno d'al- legrezza furono fatti molti fuochi artificiali, con girandola, e sparo di tutte le artiglierie. Il nuovo gran maestro abitando nell'antica casa della religione posta nel rione di s. Eustachio, fra la dogana vecchia e la IMinerva dietro la E,otonda, non cambiò abitazione, servendosi però di due o tre altre case contigue, rompendo il muro di comunicazio- ne, ed ove ricevette le visite dei cardinali, di tutti gli ambasciatori, de'prelati, della romana nobiltà, ec. Agli 1 1 ottobre in cavalcata si con- dusse da Giulio III, il quale lo ri- cevette in concistoro segreto, facen- do l'orazione il commendatore fr. Antonio Geuffrè. Rispose all' orazio- ne obbedienziale monsignor Paolo Sadoleto vescovo di Carpentrasso. 11 Papa fece rimanere seco a pran- zo il gran maestro, insieme a mol- ti cardinali, e gli concesse molte grazie e privilegi. Portatosi a Mal- ta il gran maestro, dovette soffrire

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le conseguenze di alcune dissensio- ni, niH per la sua saggezza flo- l'ido e pacifico divenne il suo go- verno.

In questo tempo guerreggiando l'imperatore ed il re di Francia, concessero il privilegio di neutra- lità alla religione. Sotto il gran mae- stro la Sangle l' ordine prosegui la guerra contro i turchi, e con- tro il corsaro Dragut, che con Si- nan pascià aveva tentato nel i55i d'impadronirsi di Malta, occupando l'isola di Gozo. Dopo essere pas- sato per tutte le dignità dell'or- dine, con unanime consenso fu creato nel iJSy gran maestro Gio- vanni de la Yallette-Parisot, per- sonaggio chiaro per virtù, pru- denza e coraggio, che ottenne da Cosimo I duca di Toscana nel i563 la conferma de'privilegi che godeva l'ordine ne'suoi stati. Sot- to di lui , e nel 1 562 essendo insorta in Roma questione di pre- cedenza tra r ambasciatore della città di Bologna, ed il gerosolimi- tano. Pio IV testimonio delia pre- tensione ordinò che l'ambasciatore dell' ordine precedesse quello di Bologna, ciò che intese con piace- re la Vallette. L' ambasciatore poi delia religione al concilio di Tren- to, essendo frate cappellano e sacer- dote, prese luogo fra gli amba- sciatori de' principi ecclesiastici. 11 concilio non altei'ò gli statuti, le consuetudini, i privilegi. Solo restrinse quelli circa la cura dell'anime e l'amministrazione dei sagramenti ; ed il cardinal di Lo- rena pronunziò un'orazione in lo- de della religione, che la dichiarò tra le militari la più utile, neces- saria e benemerita. Alla morte di Carlo V, la religione gli fece ce- lebrare in Malta solenni funerali.

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Avendo la Vallette in meno di cinque anni preso ai turchi cin- quanta vascelli, irritò talmente So- limano II, che profittando delle rivoluzioni e guerre cagionate in Europa dall' eresia luterana, inviò all' assedio di Malta il pascià di Buda Mustafa, il più sperimentato de'suoi pascià, con Dragut , Lou- chiali, e Piali ammiraglio o capi- tano pascià. Nel i565 parti la flotta turca per impadronirsi del- l'isola, composta di cento cinquan- ta vascelli, e di trentamila uomi- ni, numero che altri accrescono come quello de' vascelli; e sbarcan- do avanti il forte di s. Elmo a'20 maggio, strinsero l'isola di assedio per quattro mesi, ne'quali i cava- lieri fecero prodigi di valore. Stan- do sommamente a cuore del Pon- tefice Pio IV la conservazione di Malta nelle mani dell'ordine ge- rosolimitano , indusse Filippo li re di Spagna e di Sicilia a spedire da questa in aiuto de'cavalieri un corpo di seimila soldati comanda- ti dal viceré Garzia di Toledo; laonde con questo rinforzo il ge- nerale Mustafà fu costretto abban- donare l'impresa, dopo avervi per- duto il corsaro Dragut, trentamila combattenti, ottomila marinari, e gettate indarno settant'otto mila palle di grosso calibro. L' ordine decretò che in ogni anno in tutte le chiese della religione si dovesse celebrare solennemente la festa del- la Natività di Maria Vergine, con commemorazione della liberazione di Malta dall'assedio, e che in que- sta città si dassero sei doti ad al- trettante povere vergini.

Atllnché poi Filippo li potesse mantenere settanta galere armate contro il comune nemico. Pio IV gli concesse settantamila ducati d'o-

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ro sopra i benefizi ecclesiastici tli Spagna; e per soccorrere l'impera- tore Ferdinapdo I contro gli stessi turchi, impose il Papa sopra i di lui sudditi un tributo di quattro- centomila scudi d'oro; quindi inviò a IMalta per la sua restaurazione Francesco Laparelli da Cortona , celebre ingegnere. Lo stesso Pio IV concesse all'ordine un giubileo amplissimo con indulgenza plena- ria, a tutti quelli che avessero con- tribuito alla fabbrica della nuova città che si proponeva di edifica- re il gran naaestro, che prese po- scia il suo nome. Il giubileo fu pubblicato in molte delle princi- pali città d'Italia, e se ne ricava- rono copiose somme di denaro; dipoi fu prorogato e confermato dal di lui successore, in modo che furono sospese le indulgenze solite del venerdì santo, e sabbato santo. Dopo la liberazione di Malta Pio IV rese a Dio pubbliclie e solenni azioni di grazia , indi fece sapere al gran maestro che in rimunera- zione de'grandi suoi meriti lo vo- leva creare cardinale : la Vallette si mostrò commosso da tanta de- gnazione, ma supplicò di essere di- spensato siccome invecchiato nelle armi, pregando invece vivamente Pio IV a voler conferire tal di- gnità al suo fratello vescovo di Vabres, che allora trovavasi in Ro- ma; ma quando ivi giunse tal ri- sposta il Papa era già morto.

Nella pili deploi'abile miseria ri- mase l'isola di Malta per il sofferto assedio; a questa rovinasi aggiunge- va ne' cavalieri il certo timore che Solimano H piombasse vendicativo su di loro in persona e con nuo- va flotta che stava apparecchian- do, per lo che pensavano di ab- bandonare l'isola, unico propugna-

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colo dell'Italia contro gì' infedeli, e trasferirsi in Sicilia. Al nuovo Pontefice s. Pio V tali notizie riu- scirono di somma afflizione, e per levare al gran maestro il pensiero della ritirata, gli spedi subito tre- mila bravi soldati a sue spese, più quindicimila scudi d'oro con pro- messa di pagargliene altri trenta- cinquemila in rate nel periodo di sette mesi, autorizzando gli ar- tisti a lavorare anche nelle feste. A maggiormente animare il gran maestro, nel breve che gl'indirizzo a'22 marzo dell'anno i566 pro- testò il Papa che non avrebbe risparmiato il proprio sangue per l'onore di Dio, e per la conserva- zione de' cavalieri in Malta. Nello stesso tempo propose amplissime indulgenze ai fedeli che aiutassero l'ordine gerosolimitano, sia col pre- gare Dio di sua protezione, sia con oblazioni di denaro, laonde ricavò somme considerabili a di lui van- taggio dalla Francia e dall'Italia, alle quali il generoso e zelante Pontefice ne aggiunse altra di quarantaquatlromila scudi d' oro , raccolti dalle molte imposte su al- cuni ministri delia camera aposto- lica , per averne con frode am- ministrate le rendite; indi ve ne aggiunse altri quindicimila ricavati dal prezzo di tante gioie vendute. Permise ai cavalieri di prendere sopra i fondi delle loro commende di Francia e di Spagna l' impre- stito di centocinquantamila scudi d'oro; impose tre decime sul clero di Napoli, dalle quali si ebbero trentadue mila scudi, e colla spe- dizione di diversi nunzi implorò il soccorso degli altri principi, col quale in un alle summentovate somme, fu dato principio a' 38 marzo i566 alla fabbrica della

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nuova città, che dal cognome del gran maestro che in tal giorno pose la prima pietra , e vi gittò medaglie d'oro e d'argento coU'e- pigrafe MtlìLa renascens , si disse poi Valletta , e riuscì la fortezza meglio fortificata dell'Europa.

Intanto mentre Solimano li asse- diava Sighet ai confini della Croazia, mori a'4 settembre i 566. Il gran maestro pel primo ne spedì la no- tizia a s. Pio V, e questi la fece sapere subito all' imperatore. Nel- l'anno seguente essendosi l'isola di Corsica ribellata ai genovesi, i cor- si si volevano sottoporre al domi- nio dell' ordine gerosolimitano , il quale per consiglio del Papa si ri- cusò di accettare. 11 gran maestro nel iSGj per l'ambaciatore Cam- biano donò a s. Pio V diverse cose, massime un orologio in forma di sontuoso tempio, che sonava le ore italiane , mostrava le ore pla- netarie, il corso della luna, le fe- ste immobili dell'anno, con molte statue, che al suonar delle ore fa- cevano bellissimi movimenti ; laon- de riuscì al Papa gratissimo. Per le benemerenze di questo ordine con la cristianità, i cavalieii aveva- no ottenuto singolarissimi privilegi dai sommi Pontefici, fra' quali Leo- ne X, Clemente VII, Paolo III e Paolo IV , il perchè s. Pio V, volendo beneficare anco con essi il cospicuo ordine, coli' autorità della costituzione Etii cuncta, ema- nata a'ig novembre i568, gli con- fermò tulle le grazie e preroga- tive che godeva, e principalmente l'esenzione dalle decime, che fece comune ai loro famigliari, vassal- li e coloni, così d'ogni altro gra- vame o pagamento, dichiarando il Papa nello slesso tempo, che i vescovi non avevano alcun diritto

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di recare su di ciò molestia veru- na ai cavalieri sul pretesto del contenuto dei decreti del concilio di Trento, sess. XXIII, cap. XVIII, a' quali bisognando, volle s. Pio V che s' intendesse derogato. V. Vin- cenzo Castellani, Historia de hello i\Jelitensi, Pisauri i566; e Pietro Gentile Vendome, Isiorìa di Mal- ta, e successo della guerra tra i cavalieri e Solimano sultano, con la descrizione deW isola ce, Ro- ma i565, e Bologna 1^66. Gio. Antonio Viperano nel iSGy stam- pò in Perugia, De hello Melilensi historia.

Il gran maestro la Vallette non corrispose con la dovuta riconoscen- za ai tanti magnanimi benefizi fat- ti da s. Pio V all'ordine equestre. Aveva il Papa fatto camerlengo il nipote cardinal Michele Bonelli pro- tettore dell'ordine di Malta presso la Sede apostolica, quindi a di lui insinuazione rinunziò la carica di camerlengo al cardinal Cornaro, per settantamila scudi, che dal Pontefi- ce furono impiegati nella guerra con- tro i turchi ; ed in ricompensa al degno nipote, s. Pio V gli conferì l'abbazia di s. Michele di Chiusi, ed in commenda il priorato della reli- gione di Malta in Roma, vacato per morte del cardinal Salviati, che l'avea conseguilo da Clemente VII. Per tal collazione, che sembra se- guita nel i568, il gran maestro a- vanzò al Papa le sue querele, come scrive il p. Tournon nel lom. IV degli Uomini illustri dell'ordine dei predicatori a p. 702, al quale era appartenuto il Pontefice ed il ni- pote, dicendo che la santa Sede si attribuiva una nomina che non gli spettava, giacché anche Leone X avea ciò praticato. Il cardinal Bo- nelli con la stessa facilità con cui

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rinunziato aveva l'imporlante cari- ca di camerlengo di santa romana Chiesa, era< dispostissimo a cedere il priorato; e forse s. Pio V vi sareb- be condisceso, se Cambiano amba- sciatore di Rialta in Roma, poco con- tento di aver parlato più alto di quello che conveniva, non avesse avuto anche l'imprudenza di spar- gere per Roma le lettere poeo mi- surate, che riceveva dal gran mae- stro. Allora s. Pio V giustamente sdegnato cacciò dalla città l'amba- sciatore, che non osando ritornare a Malta, si ritirò nelle sue terre di Piemonte ; ed il gran maestro fu pre- so da tal malinconia che colpito da un accidente mentre recavasi ad udire la messa nella cappella magistrale, morì a' 21 agosto, col soprannome di padre de soldati : gli successe nel magistero Pietro del Monte de Gui- dalotti priore di Capua, il cui zio fu Giulio III.

Questo gran maestro nell' an- no 1571 voleva rinunziare alla di- gnità, ma il Papa gli scrisse una let- tera di proprio pugno consolando- lo, ed esortandolo virilmente a per- severare nel grado in cui Dio l'avea posto. Quindi il medesimo Papa, ad onta de' memorati affronti, non la- sciò di aiutare e soccorrere quest' or- dine contro gli sforzi del eomune ne- mico; e nel i Sy i stesso, per diverti- re le forze turchesche che ne me- ditavano la distruzione, dichiarò il cardinal Bonelli legato a lalere, per conchiudere l'alleanza della santa Sede, con la Spagna e con la re- pubblica di Venezia, ch'ebbe per conseguenza la strepitosa battaglia navale di Lepanto con danno im- menso de' turchi : la fiotta spagnuo- la fu comandata da d. Giovanni d'Austria figlio naturale di Carlo y, e perciò fratello naturale di Fi-

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lippo II, e cavaliere gerosolimitano, il cui ordine ingrossò le sue galere con quel numero che gli sommi- nistrò, e molti cavalieri si distinse- ro per il loro valore e bravura. Nel 1572 fu eletto gran maestro Giovanni l'Evéque de la Cassiere, cui nel consiglio di stato fu con- ceduto il principato dell'isola di Mal- ta e di Gozo, nella forma usata col suo predecessore, con tutte le giu- risdizioni ed emolumenti: sotto di questo gran maestro molti principi si attribuirono il diritto di nominare i gran priori ne' loro stati. Egual- mente sotto il di lui magistero fu stabilito in Malta il tribunale del- l'inquisizione, per cui la santa Sede inviò costantemente a Malta sino al declinar del secolo passato, di- stinti prelati per inquisitori e visi- tatori apostolici, per cui reputiamo opportuno qui riportarne la serie, coiranno di loro destinazione, e nu- mero d'ordine de' sessantadue inqui- sitori e visitatori apostolici di Malta.

iS'j^. I. Pietro Dozzina bresciano, primo inquisitore per dispo- sizione di Gregorio XIII.

1575. II. Piersanti fiumani, poi assessore del s. offizio.

1577. III. Rinaldo Corso di Cor- reggio, indi vescovo di Strou- goli.

1579. IV. Domenico Petrucci di Terni, poi vescovo di Strongoli, indi di Bisignano.

i58o. V. Federico Cefalatto, sotto di cui andò a Malta monsi- gnor Visconti delegato aposto- lico per la carcerazione del gran maestro.

i583. VI. Pier Francesco Costa di Albegna, fatto successivamen- te vescovo di Savona da Sisto V, nunzio di Savoia da Pao-

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Io V, e vescovo di sua patria da Urbano Vili.

i583. VII. Ascanio Liberiani da Castel-Baichi nella diocesi di Fano, poi assessore del s. ofli- zio, e da Innocenzo IX fatto vescovo di Cagli.

1587. Vili. Gio. Battista Petrala- ta di Camerino, vescovo di s. Angelo de' Lombardi, in- viato da Sisto V, e morto nello stesso giorno che arrivò a Malta.

1587. IX. Paolo Bellarditi sicilia- no di Lentini, poi cameriere segreto di Gregorio XI V, e vescovo di Linares.

i.^go. X. Angelo Gennai fiorentino.

iSgo. XI. Paolo Bellarditi, di nuo- vo, morto poscia in Malta.

1592. XII. Gian Lodovico dell'Ar- mi bolognese.

1595. XIII. Innocenzo del Bufalo, poi cardinale nel i6o4-

1598, XIV. Antonio Ortensi mi- lanese, poi segretario de* ve- scovi e regolari.

1600. XV. Fabrizio Veralli di Co- ri nobile romano, indi cardi- nale nel 1608.

i6o5. XVI. Ettore Diolallevi di Rimini, poi nunzio in Polo- nia, vescovo prima di s. Agata de' goti, poi di Fano.

1607. XVII. Leonardo della Cor- bara romano,

1608. XVIII. Evangelista Carbo- nesi bolognese.

161 4- XIX. Fabio Delagonessa na- poletanOj poi consultore del s. offizio, fatto arcivescovo di Gonza da Gregorio XV, man- dato in Spagna da Urbano Vili per datario del cardinal Bar- berini legato, indi nunzio in Fiandra, morto patriai-ca di Antiochia.

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1619. XX. Antonio Tornlello di Novara, poi vicegerente di Ro- ma, segretario de' vescovi e regolari, da Urbano Vili pro- mosso al vescovato di Novara. 1621. XXI. Paolo Tòretto di Par- ma, da Urbano Vili dichia- rato arcivescovo di Rossano, indi collettore degli spogli in Portogallo.

1623. XXII. Carlo Bovio bologne- se vescovo di Bagnorea, don- de Urbano VIII lo trasferì a Sarsina.

1624. XXIII. Onorato Visconti milanese, poi governatore del- la marca d'Ancona, e nunzio in Polonia.

1627. XXIV. Nicolò Herrera ro- mano , poscia nunzio di Na- poli.

i63o. XXV. Lodovico Serristori fiorentino, poi consultore del s. offizio, commissario dell' e- sercito ecclesiastico, e vescovo di Cortona.

i63i. XXVI. Martino Alfieri mi- lanese, poi vescovo d'Isola, nunzio di Colonia, ed arcive- scovo di Cosenza.

1634. XXVII. Fabio Chigi sanese, poi Papa Alessandro VII.

1639. XXVIII. Gio. Battista Gori Pannilini sanese, poi amba- sciatore del granduca Ferdi- nando II al re di Spagna Fi- lippo IV, e finalmente vesco- vo di Grosseto.

1646. XXIX. Antonio Pignatlelli napoletano, poi Pontefice In- nocenzo XII.

1649- XXX. Carlo Cavalletti no- bile romano, morto in Malta nel 1632 d'anni trentasette.

i653. XXXI. Federico Borromei milanese, poi cardinale nel 1670.

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i65d. XXXII. Guido degli Oddi

perugino, poi governatore di

Norcia,, ove morì nel 1666. i658. XXXIII. Girolamo Casana-

ta, poi cardinale nel 167 3. i663. XXXIV. Galeazzo Mariscol-

ti romano, poscia cardinale nel

1675.

1667, XXXV. Angelo Ranuzzi bo- lognese, poi cardinale nel 1686.

1668. XXXVI. Carlo Bichi sanese, dipoi cardinale nel i6r)o.

1670. XXXVII. Giovanni Tempi fiorentino.

1672. XXXVIII. Ranuccio Palla- vicini di Parma, poi cardinale nel 1706.

1677. XXXIX. Ercole Visconti mi- lanese, poi nunzio di Firenze, indi di Colonia, maggiordomo di Alessandro Vili e di Inno- cenzo XII, sotto il quale ri- nunziò e si ritirò a Milano.

1678. XL. Giacomo Cantelmi napo- letano, poi cardinale nel 1690.

i683. XLI. Innico Caracciolo na- poletano, poscia cardinale nel 17 i5.

1686. XLII. Tommaso Vidoni cre- monese, poi nunzio in Firen- ze, chierico di camera, indi rinunziò per ripatriare.

i6go. XLI II. Francesco A crpia vi- va napoletano, quindi cardina- le nel 1706.

1694. XLIV. Tommaso Ruffo na- poletano, quindi cardinale nel 1706.

1698. XLV. Filiberto Fcrreri prin- cipe di Masserano, poi gover- natore di Peiugia.

1703. XLVI. Giorgio Spinola genovese, indi cardinale nel

1706. XLVII. Giacomo Caraccio- lo napoletano, nunzio agli sviz- zeri nel 1710, morto uditore

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generale della camera aposto- lica. 1711. XLVIII. Ranieri Delci sa- nese, poi cardinale nel 1738. 1718. XLIX. Lazzaro Pallavicini genovese, poi governatore di ■Spoleto e di Ancona , nunzio di Firenze, poi maestro di ca- mera di Clemente XII. 1720. L. Antonio Rulpj napoleta- no, indi cardinale nel 1743. 1728. LI. Fabrizio Serbelloni mi- lanese, poi cardinale nel 1753. 1731. LII. Gio. Francesco Stop- pani milanese, indi cardinale nel 1753. 1735. LUI. Carlo Francesco Bu- rini milanese, poscia cardinale nel 1753. 1739. LIV. Lodovico Gualtieri di Orvieto, poi cardinale nel 1 759. 1743. LV. Paolo Passionei di Fos- sombrone, indi vice legato in Avignone, chierico di camera, e presidente delle strade, nel- la qual carica morì. 1754. LVI. Gregorio Salviati fio- rentino, poi cardinale nel 1777. 1760. LVII. Angelo Burini mila- nese, indi cardinale nel 1776. 1766. LVIII. Ottavio Manciforte di Ancona, poi cardinale nel i 777. 1771. LIX. Antonio Laute roma- no, da governatore di Bene- vento fatto inquisitore, poi di Macerata, chierico di came- ra , e presidente della zecca , cardinale nel 18 17. 1777. LX. Antonio Felice Zonda- dari sanese, da govei'uatore di Rieti, e poi di Benevento, fat- to inquisitore; dipoi nel 1785 fu nunzio di Brusselles , nel 1 790 segretario di propagan- da fide, arcivescovo di Siena, e cardinale nel 180 1. 1785. LXL Filippo Gallerati-Scotti

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milanese, da ponente di con- sulta fatto inquisitore , nel 1792 nunzio di Firenze, indi di Venezia, e nel 1801 car- dinale. 1792, LXII. Giulio Carpegna ro- mano, da ponente del buon- governo, fatto da Pio VI in- quisitore e visitatore aposto- lico di Malta, da dove parti nel 1798, poco prima che fos- se presa dai francesi.

Nel iSyS nella processione del Corpus Domini che fece in Pioma Gregorio XIII fu chiamato l'am- basciatore della religione, insieme con gli altri ambasciatori delle co- rone, a sostenere una delle quattro aste del baldacchino, sotto del quale il Papa portò il ss. Sagramcnto , essendosi riconosciuto ne' diari dei cerimoniali pontificii, che in tutte le solennità e funzioni del Ponte- fice, gli ambasciatori della religio- ne gerosolimitana erano interve- nuti co' trattamenti pari agli altri ambasciatori regi, come di molte occasioni Giacon)o Bosio ne fa te- stimonianza nella sua istoria. Nel i577 in Malta avvenne l'assassinio del cavalier Correa portoghese, ese- guito da sei cavalieri suoi conna- zionali, che travestiti s'introdussero in sua casa. Riconosciuti dipoi, e consegnati al braccio secolare, furo- no condannati ad essere chiusi en- tro d'un sacco, e gittati al mare. Nel capitolo del 1578 fu stabilito che i promossi alla dignità di gran croce, oltre il solito giuramento, do- vessero fare pubblica professione di fede, secondo il decretato dal con- cilio di Trento, ed il breve aposto- lico emanato dal Pontefice Grego- rio XIll. Anche la vita del gran maestro Giovanni l'Evcque de la

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Cassiere fu in grave pericolo per una congiura ordita nel i58o, e scoppiata nell'anno seguente contro di lui in aperta rivolta; la princi- pale causa restò misteriosa, e solo si narra, che non essendosi regolato nell'amministrazione della giustizia, e nelle riforme con le quali volle reprimere il vivere licenzioso di molti cavalieri, con quella destrez- za e sagaci tà, che la qualità degli a(f;ui, e la nobiltà de' sudditi richie- deva, venne in odio ad una gran parte dei cavalieri, i quali dopo molte e segrete conferenze si ri- solvettero di supplicare il Papa Gre- gorio XIII, perchè attesa l'ottua- genaria età del gran maestro, vo- lesse creare un luogotenente nel magistero dell'ordine. Sembrò al Pontefice imprudente la domanda, e ne die costante ripulsa, con dire che al de la Cassiere non manca- vano forza e robustezza per fun- gere il supremo magistero dell'or- dine. Non passò molto tempo che i cavalieri malcontenti, con prete- sto di altri affari convocarono il consiglio di stato, dove trovaronsi molti di loro fazione, che prevalen- do coi loro voti, dichiararono luo- gotenente del magistero il guascone Maturino Lesini detto Pv.omegas priore di Tolosa ed Irlanda, capo de' congiurati, generale delle galere e uomo di guerra e di spirito. Quindi temendo l'impeto del graa maestro lo arrestarono, e dal pa- lazzo da lui edificato lo condusse- ro nel castello denominato s. An- gelo, destinato per carcere dei rei, ponendolo sotto stretta custodia; dopo essere stato segno agl'insulti del popolo, e specialmente delle prostitute che aveva voluto bandi- re dall'isola. Il generale delle ga- lere maltesi Chabrillan sbarcò per

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sostenere il gran maestro, ma il buon vecchio lungi dall' eccitar la guerra civile, volle piuttosto atten- dere il giudizio del Papa, qiial su- periore primario dell'ordine. Intan- to gì' insorti spedirono a Roma per giustificare la loro condotta tre am- Lasciatorij Lodovico Saccanvilla fran- cese, Cosimo de Luna spagnuolo, e Bernardo Capece italiano ; ed il gran maestro inviò al Papa per ambasciatori Francesco de Gusman spagnuolo, e Seljascia francese che vigorosamente lo difesero contro le accuse di Romegas e de' suoi partigiani.

Gregorio XIII prontamente spe- dì colle sue galere a Malta mon- signor Gaspare Visconti uditore di rota milanese, con la qualifica di nunzio e vicario apostolico , a prendere conescenza deiraffare. Giunse agli 8 settembre, convocò r assemblea generale , presentò i brevi pontificii, che intimarono al gran maestro ed al luogotenente di recarsi ai sacri limini degli a- postoli. Quindi pose subito in li- bertà la Cassiere, lo restituì al suo palazzo, fece preparare quattro galere, tre pel gran maestro, ed una per il luogotenente, indi in- cominciò a formare di tutto ac- curato processo. Il gran maestro partì col seguito di duecento ca- valieri di tutte le lingue e di- gnità, e con una comitiva di circa ottocento persone. IN'el viaggio ri- cevette onori regi, massime in JVa- poli ed in Roma, ove fu incon- trato da ottocento persone a caval- lo a guisa di trionfo. Egli co'ca- valieri e col seguito alloggiò dal cardinal Luigi d' Este protettore della Francia, nel palazzo a Mon- te Giord.mo, ove lo trattò splen- didamente: il suo arrivo in Roma

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fu dopo la metà di ottol)re, così quello di Romegas. A'28 di detto mese, Gregorio XIII alla presenza di dodici cardinali, ricevette ono- revolmente ad udienza pubblica e con benevolenza il gran maestro, che baciali i di lui piedi fece un discorso al Papa. liingraziò Dio di averlo condotto innanzi al suo vi- cario, per umiliare la sua l'iveren- za ed ubbidienza, e giustificarsi dalle false accuse. Chiamò Dio in testimonio del modo con cui avea governato l'ordine in un decennio, e protestò di aver sempre e ia tutte le dignità professata sommis- sione alla Chiesa ed ai Papi, e ri- petendo le parole di Simeone : Niinc dìiìultis, ec, dichiarò la sua indicibile contentezza. Gregorio Xlil lo confortò con assicurarlo di non credere alle incolpazioni de' nemi- ci, lo fece levare in piedi e sede- re sopra quattro cardmali, secondo i continuatori del Platina. 11 Poz- zo a p. 201, tom. I della sua i- storia, narra che il gran maestro si portò all' udienza di Gregorio XIII al Vaticano, con la comitiva di sessanta carrozze, dopo essere stato visitato dal sacro collegio, dai principi romani, e dagli am- basciatori residenti in Roma ; es- sendo incontralo sulla piazza di s. Pietro da molti personaggi di qua- lità , e dalla guardia svizzera. E che il Papa lo fece sedere fra i cardinali, dandogli il luogo con- sueto, fra r ultimo prete e il pri- mo diacono.

Frattanto monsignor Viscon- ti proseguiva il processo , quan- do Romegas sopraffallo da me- stizia non vedendosi in Roma cu- rato, né alloggiato da veruno, do- ve che in altri incontri era sta- to onorato da ogni ceto di perso-

GER naggi ; quindi obbligato dal Papa ad umiliarsi a la Cassiere, visitar- lo, e riconoscerlo per suo legittimo superiore, mentre pendeva la con- troversia, mori di dolore a' 4 no- vembre, e con pompa funebre fu seppellito nella chiesa della ss. Tri- nità de'Monti al Pincio, con epi- taffio, ed i turchi da lui tante volte vinti, fecero pubbliche alle- grezze. Poco dopo assalito il gran maestro da grave puntura pel trop- po sangue cavatogli, terminò di vivere a' 21 dicembre senza poter godere del suo ristabilimento. 11 dotto Moreti pronunziò l'orazione funebre nelle solenni esequie, le quali furono descritte dal Mucan- zio. Il di lui corpo fu portato a Malta, ed il cuore con onorevole iscrizione fu deposto nella chiesa di s. Luigi de' francesi di Roma. 11 prudente Gregorio XIII a prov- vedere alla fama del defunto la Cassiere, ed a preservare la religio- ne di Malta da somiglianti disor- dini, nel i583 a'3 settembre pub- blicò una bolla con la quale rein- tegrò l'onore e l'innocenza del de- funto gran maestro, e tolse ai ca- valieri il privilegio, in viitù del quale pretendevano di potere in certi casi procedere contro la per- sona del loro supremo superiore, come avevano fatto con la Cassie- re, e molto prima con Villaret, dichiarando il Papa nella bolla che il solo romano Pontefice poteva nell'avvenire giudicare delle azio- ni de' gran maestri di Malta,

Gregorio XIII avendo posto fine alle contese dell' ordine col perdo- nare i rei de'passati tumulti, e per evitare qualunque evenienza nell'e- lezione del nuovo gran maestro^ ad insinuazione di Enrico HI re di Francia nominò tre cavalieri per

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candidati, sui quali l'ordine doves- se scegliere il gran maestro. Ai 12 gennaio i58i il capitolo pre- scelse da questa terna fr. Ugo de Loubens de Yerdalle gran priore di Tolosa, generale di artiglieria, e già ambasciatore di Malta in Ro- ma, che di comun consenso fu sol- levalo alla dignità di gran mae- stro. Questo gran maestro intro- dusse una novità nello stemma gentilizio, che al solito inquartò con quello della religione. Dappoi- ché i suoi predecessori non aven- do mai usato portarvi corona al- cuna di principe, ma solamente intorno allo scudo quei pater no- ster di corallo, che denotano il colore ed ordine di religiosa ca- valleria, come spiega il Pozzo a p, 2rQ, egli vi fece allora aggiun- gere una corona all' uso ducale. Riferisce il Bosio, parte 5, p. 2f)5, che Verdalle fu a ciò indotto per impulso de' consiglieri , allegando l'espresso comando del Pontefice, il quale per onorare il defunto la Cassiere come vero principe e gran maestro, ordinò al cardinal d'Està che ne' panni funebri, nel letto funebre, e nel deposito, facesse dipingere, ricamare e scolpire so- pra le di lui armi la corona di principe. Dipoi Sisto V per rego- lare meglio le cose dell'ordine, lo chiamò in Roma, ed egli vi si recò accompagnato da olto gran croci e da trecento cavalieri , venendo ricevuto colle debite onorificenze e distinzioni nel solenne ingresso che fece nella città : il Papa lo rice- vette iu pubblico concistoro con trent'otto cardinali, ove gli bnciò il piede e la mano, e fu da Sisto V ammesso all'amplesso, collocando il cerimoniere il gran maestro nel solito sito fra 1' ultimo cardinale

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prete, ed il primo cartliuale tlia- coiio. Venne alloggiato nel palaz- zo valicaiio, nell'appartamento a- bilato dall'iniperaloie Carlo V, e da Cosimo 1 quando s. Pio V lo coronò granduca. Indi Sisto V, perchè fosse più rispettato e per imporre silenzio ai cavalieri mal- contenti, nel concistoro de' 18 di- cembre iSSy lo creò cardinale del- l'ordine de' diaconi, assegnandogli per diaconia la chiesa di s. Maria ra Portico , non che lo fece pre- fetto delle pontifìcie gaieie.

Ciò non produsse l'eiretto che si sperava, aumentandosi ogni giorno le vertenze tra lui ed i ca\alieri, anche pei" aver ridotto a miglior forma gli statuti dell'ordine. Forti- ficò l'isola di Malta col castello Bosqnet, v'introdusse i cappuccini, ridusse in miglior forma gli statu- ti dell'ordine arricchendoli delle ef- fìgie e delle notizie dei gran mae- stri ; .sotto di lui e nel 1 584 '^ repubblica di Venezia^ per alcune vertenze, pose il sequestro sopra tutte le commende dell'orciine e- sislenti ne' suoi stati , togliendo il soldo ai cavalieri ch'erano agli sti- pendi della repubblica, dillerenze che aggiustò il re di Spagna. In- oltre il cardinale gran maeslio fece scrivere in italiano la storia dell' ordine da Jacopo Bosio zio del celebre antiquario Antonio a- gente in Roma dell'ordine, autore insigne della Roma solterranea. Dopo aver pagato il cardinal gran maestro Verdalle duecentomila scu- di di debito, fu accusato a Cle- mente Vili come dilapidatore del pubblico erario , onde per pur- garsi di tal nera calunnia, fu ob- bligato mandare a Roma il pro- prio nipote, e pieno di gloria con- tro i nemici del nome cristiano

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morì nel 1 5f)5 a' 1 2 maggio, alla Valletta, e fu sepolto in magniii- co avello nella chiesa di s. Gio- vanni Battista. Sotto di lui il ve- scovo Gargallo stabilì i gesuiti nell'isola di Malta. Indi venne e- saltato al magistero Martino Gar- ges d' Aragona , che difese 1' Un- gheria dai turchi; mori nel iGoi, e gli successe Alof de Yignacoiut di Picardia , sotto il quale Cle- mente Vili confermò all' ordine i suoi privilegi, esortò la religione a mandar soccorsi all' imperatore, e cercò di rifurmare il metodo dell'elezione del gran maestro. An- che Enrico IV re di Francia con- fermò alla religione i privilegi che godeva nel suo regno, e nel 1612 fece altrettanto Francesco duca di Mantova, ad esempio del genitore. Paolo V nel 1606 emanò un bre- ve per r osservanza dello statuto V dell'elezione, cioè che nelle pro- mozioni a gran croce il merito prevalesse all'anzianità.

Kel magistero di Wignacourt l'or- dine ii|)ortò brillanti vantaggi sui turchi; nel i6i6ordinò il gran mae- stro nuove fortificazioni a Malta ed a Gozo, e fece costruire ad uso ro- mano un magnifico acquedotto per condurre l' acqua alla nuova ci ossia alla Valletta: difese i pri- vilegi dell'ordine, che vari principi volevano deteriorare, ottenne dal- l'imperatore Ferdinando II il tito- lo di Altezza serenissima^ la con- ferma de' privilegi dell' ordine , e mori nel 1622. Gli successe Lui- gi Meudes de Vasconcellos porto- ghese, antico ambasciatore dell'or- dine in Francia; ma essendo mor- to neir anno seguente, ne occupò la dignità Antonio di Paola di To- losa, gran priore de Saint - Gilles, sotto il quale Gregorio XV, con

GER breve de'22 febbiaio \6iiy gli con- fermò i privilegi che godeva la religione gerosolimitana, della qua- le l'ordine fece prolettore il car- dinal Lodovico Ludovisi nipote del Papa, essendo solito nominare in protettore il cardinale più stretto parente, o favorito del Pontefice regnante. Mentre era gran maestro Antonio di Paola, l'ordine si volle opporre alla profusione con cui Urbano Vili Barberini concede- va le commende del medesimo ai propri parenti : Urbano Vili nel 1623 confermò all'ordine tutti i suoi privilegi. Avendo questo Pon- tefice in grande estimazione la di- gnità cardinalizia, a' io giugno i63o pubblicò un decreto col quale gli accrebbe le preeminen- ze, ed in perpetuo gli assegnò il tìtolo di Eminenza, e di Eniinai- tissinio (Fedi), che pure concesse ai tre elettori ecclesiastici, ed al gran maestro dell'ordine gerosolimitano, onde il primo ad esserne insignito fu il detto Antonio di Paola, che però neir accettarlo per compia-

GER 255

cere al Papa rinunziò il titolo di Altezza. Il re di Francia nello scri- vere chiamava i cavalieri dell'ordi- ne, Trcs-chers aniis, ed il gran mae- stro TrcS'cher et trcs-ainié cousin. Sotto di lui l'ordine ebbe in do- no dal lodato Giacomo Bosio un palazzo in E.oina per abitazione del suo ambasciatore nella via Con- dotti, nel rione IV Cau)po Marzo, marcato del numero 68. 11 Poz- zo nella storia dell'ordine tom. I, p. 779, dice che il palazzo eoa altri beni lo lasciò alla religione Antonio Bosio nipote di Giaco- mo, quando mori nel 1629. Al presente vi risiede il luogotenente del magistero , con la cancelleria dell'ordine, e si chiama sacro con- vento : nel suo interno vi sono due cappelle private. Neil' angolo sud-ovest si legge scolpita in mar- mo la seguente onorevole memo- ria, sovrastata dall'arme, pur di marmo, della religione gerosolimita- na in bassorilievo colle sue inse- gue ed emblemi.

OEDO . MILITVM . HOSPlTALIS . S . JOANNIS . HIEROSOLYMITANI

JACOBVM . BOSIVM

SVAE . HISTORIAE . SCRIPTOREM

IPSIVS . REX . AGENTEM . IN . \REE

HAERES . EX . ASSE

HISCE . IN . AEDIBVS

VBI . HOSPITAVERVNT . VIVENTES

VIVERE . 3VSSIT . IMMORTALEM

CAROLO . ALDOBRANDINI . COMMENDATARIO

PRAEDICTI . ORDINIS . APVD . VRBANVM . Vili . ORATOR

ANNO . MDCXXXI

Antonio di Paola agli i i maggio gione gerosolimitana stimando su-

i63i convocò il capitolo generale, perfluo tenere un agente in Roma

nel quule furono rinnovati gli statuti dove risiedeva il suo ambasciatore,

dell'ordine, nel modo che tuttora ne abolì l'offizio, quando però cessas-

sono in vigore, e mori a' 16 giù- se di esercitarlo Lorenzo Rosa che

gao i636, nel quale anno la reli- era successo nell'agenzia ad Anto-

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nio Cosio; ed in suo luogo la reli- gione deputò un segretario d'am- basciata, il \ quale fosse cappellano conventuale, o altro religioso pro- fesso conventuale, soggetto all' am- basciatore, da durare tre anni. Avea Urbano YIII sino dal i634 man- dato inquisitore a Malta il prelato Fabio Chigi, il quale col suo accor- gimento e prudenza seppe compor- le le discordie insorte fia i cava- lieri per r elezione del gran mae- stro, e gli riuscì ottenere dalla re- ligione di Malta, che annullato il modo dell'antico scrutinio si accet- tasse quello prescritto da Urbano \1I[, in vigore del quale ai i3 giugno iG36 fu eletto il gran mae- stro Giovanni Lascaris Castellar, di- scendente dagli antichi imperatori di Costantinopoli; nell'anno seguen- te il nuovo imperatore Ferdinando HI confermò i privilegi della religione di Malta nella più ampia forma. Male informata la repubblica di V e- nezia nel i64i sull'operato delle galere della religione di Malta, se- questrò il priorato e le commende di essa, esistenti ne' suoi dominii; ma conosciuta meglio la cosa, dipoi reintegrò T ordine, togliendo il se- questro, rs'el 1642 Urbano Vili do- mandò ed ottenne l'aiuto di alcu- ne galere della religione, delle quali per altro non si servi. Mentre il Chigi era in Malta, Urbano \I1I lo fece vescovo di Nardo, per cui fu consagrato dal vescovo dell'isola nel- la chiesa de' gesuiti, con l'assisten- za di due persone costituite in di- gnità ecclesiastica per difetto di al- tri vescovi, funzione che ivi mai erasi veduta.

Correndo l'anno 1648, Inno- cenzo X conferì i privilegi del- la religione gerosolimitana . Nel i65G ammalatosi gravemente il

GEPt gran maestro Lascaris, un cavalie- re de'piìi riputati ed antichi fece molte pratiche per essergli succes- sore, fino a promettere simoniaca- mente, e patteggiare per comprar voti. Riavutosi dal male il gran maestro, ne fece in Malta gran ru- more coi cavalieri , ed in Roma con Papa Alessandro VII, già in- quisitore e visitatore apostolico di Malta. Questi che con la bolla di Urbano Vili nella sua inquisizione avea fatto condannare riprove- voli contrattazioni, rispose con un breve al gran maestro, prometten- dogli di frenare l'ardire de'cavalie- ri ; quindi tenuto consiglio coi car- dinali e prelati sugli alTari di Malta, mandò altro breve a mon- signor Giulio degli Oddi inquisi- tore, in cui gli ordinò di esclude- re come indegni ed inabili all' e- lezione, chiunque, vivente il gran maestio , movesse trattato di suc- cedergli , o dopo la morte sotto qualunque pretesto facesse brighe per acquistar voci. Il gran mae- stro Lascaris sostenne diverse guer- re coi turchi, e nel ponlilicato di Innocenzo X si vuiì alle galere pontificie in aiuto de' veneziani, che sostenevano contro gli ottomani la guerra di Caudia ; soccorso che rinnovò nel pontificato d'Alessan- dro VII, mediante sette galere mal- tesi bene fornite. Inoltre il gran maestro Lascaris nel i652 comprò dai francesi l' isola di s. Cristoforo nelle Antille, insieme alle altre mi- nori di s. Bartolomeo, s. Martino e s. Croce, coli' annuenza del re Luigi XIV; ma dopo tredici anni, riuscendo di discapito tale acquisto, nel i665 il commendatore de Poincy la rivendette ad una com- pagnia mercantile francese, che vi formò un ricco stabilimento. Nel

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iGT-i r ambasciatore del granduca di Toscana, pretese invano la pre- cedenza su quello di Malta in Ma- drid, il quale da tempo immemo- rabile la godeva su tutti gli amba- sciatori che sono di cappella. Po- scia nel i546 fu stabilito che il capitano generale delle galere a- vesse dai religiosi il titolo di ec- cellenza, e fu introdotto nel con- siglio il bussolo del sì, del no, e del neutro. Lascaris dopo aver fon- dalo una biblioteca pubblica a IMal- ta, morì a'i4 agosto 16^7. 11 suc- cessore Martino de Redin , oppor- tunamente fece costruire di distan- za in disianza delle torri su tutta la costa per la difesa dell'isola. jVel 1 658 Alessandro VII emanò una costituzione sopra la rinun- zia e concessione de' titoli de'prio- rati e baliaggi, onde evitare gli abusi introdotti nella rinunzia di tali titoli con riserve.

INel 1660 divenne cin(|uantesimo ottavo gran maestro Anna de Cler- mont-Chatte-Gessans de Clermont- Tonnerre francese, bali di Lione, che pel valore e condotta meritò l'afTezio- ne e la stima de' cavalieri. Nel magistero di Raffaele Co toner, che gli successe nel medesimo anno 1660, la repubblica di Venezia, grata all' ordine pei soccorsi rice- vuti nel blocco di Candia, con spe- ciale decreto permise che ne' suoi dominii potessero i cavalieii della religione portare l'armi da fuoco per tutto , transitando le città e terre murate, ciò che avea nega- to a tutte le nazioni. Nicola Co- toner successo al fratello nel 1 663 pegli unanimi suffragi de'cavalieri elettori, continuò a soccorrere i ve- neziani, e fece costruire formida- bili fortificazioni a Malia, onde il doge Nicolò Sagredo nel 1675 ap-

VOI.. XXIX.

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provò i privilegi che la religione godeva negli stati della repubblica. Cotoner con dolore vide Malta afflitta dalla fame e dalla peste; morì nel 1680, e gli successe Gregorio Caraffe napoletano, prio- re della Rocella. Nel magistero del Cotoner fu tolto l'abuso a quei ca- valieri che procuravano di essere conclavisti dei cardinali , o loro scalchi, o dapiferi per conseguire la facoltà di testare, e di essere esenti dagli spogli, venendogli però conservati gli altri privilegi. Nel i685 sotto il magistero di Gre- gorio Caraffa le galere di Malta disfecero la flotta d'Algeri, prati- carono delle scorrerie sulle coste di Barbarla, ed unite a quelle dei veneti e del Papa, presero d' as- salto Corone, quindi Navarino, Mo- done, ec. rendendo 1' impero sul- l'Adriatico ai veneti. Innocenzo XI felicitò il gran maestro, per bril- lanti vittorie. Indi nel 1688 il gran maestro ed il consiglio ordi- narono che gli avvocati che trat^ lavano le cause in consiglio non potessero parlare ognuno più di mezz'ora nelle loro dispute, e solo un quarto nelle repliche. In detto anno la congregazione de' riti, ad istanza del gran maestro, concesse che i fratelli e le monache del- l'ordine, i cappellani ed i ministri destinati al servigio delle sue chie- se, i quali sono tenuti recitare le ore canoniche, in ciascuna quarta feria non impedita dalla festa di nove lezioni, eccetto il tempo del- l'avvento, della quaresima, e delle quattro tempora, possano recitare r offìzio di s, Giovanni Battista, sotto il rito semplice.

Adriano de Wignacourt eletto gran maestro nel 1690, e nipote di Alofj fece fabbricare un magui- 17

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fico arsenale per la costruzione delle galere a Malta, la quale fu danneggiata negli edifizi per 1' or- ribile terremoto de' 1 2 gennaio iGpS: il gran maestro donò tulto quello che aveva per riparare ai gravi danni, mentre il conte di Thum ammiraglio dell'ordine, nel l6q6 s'impadronì di Scio. Adria- no terminò la differenza che da quarant'anni era con la repubblica di (Venova, sull'ammissione de' ge- novesi neir ordine gerosolimitano. Glorioso fu il magistero di Rai- mondo Perellos, eletto nell'anno 1697 , pei molti ed importanti vantaggi riportati sui turchi, onde la sua corte si vide risplendere di cinquecento valorosi cavalieri d'o- gni nazione, e il commendatore de Langon meritò il titolo di ter- rore dcgV infedeli. Clemente XI nel 1704 concesse ai fr. cappellani della religione di Malta di poter portare il rocchetto, e la mezzetta paonazza filettala di rosso , nelle funzioni ecclesiastiche. Inoltre i me- desimi conventuali usavano dalla festa d'Ognissanti sino al snbbato santo inclusive, cioè al punto del Gloria, la cappa formata di lanet- ta o ciambellotto rosso, con ar- niellino, la quale si teneva sciolta in coro al modo che usano i car- dinali nelle cappelle pontificie. E qui noteremo che il gran priore della maggior chiesa conventuale di Malta, cioè superiore generale in spirilualibiis di tulto 1' ordine gerosolimitano , adoperava ovun- que l'abito prelatizio ed anche in lioma. Dei flabelli che usava il detto gran priore conventuale di Malta nelle solenni funzioni, lo di- cemmo al voi XXV, p. 90 del Dizionario. JNello stesso anno 1704 in Bologna Aldighiero Fontana

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pubblicò con le stampe V Origine della sacra ed eniinentissirna. re- ligione gerosolimilana, con la serie de" suoi gran maestri e di Rodi e di Malta , e delle imprese pili segnalale de' cavalieri.

Alla religione gerosolimitana ave- vano Pio IV, e Sisto V concesso la facoltà di usare gli altari portatili nel- le navigazioni annuali o carovane contro gl'infedeli, allorché prendeva- no terra, per cui Clemente XI nel 170G accorilo alla medesima di poter far celebrare la messa anche sui bastimenti in mare, ad esem- pio del conceduto dn Innocenzo Vili. Nel 1708 si trattò in Roma la causa del bali Bertoni, il perchè Clemente XI di proprio pugno scrisse al gran maestro Perellos di avere avuto tutti i riguardi al- la dignità magistiale, e però lo e- sortò ad applicarsi con diligenza nel ristabilire nel sacro ordine la disciplina de' costumi, estirpandone i vizi, ed esercitando i cavalieri negli esercizi cavallereschi e mili- tari, massime di matematica e di nautica, ed altro che potesse con- venire al loro istituto, e secondo le leggi della giustizia, come supremo superiore, punisse i cattivi e pre- miasse i buoni. Temendosi nel tem- po istesso, che l'apparecchio mili- tare de'tiu'clii fosse diretto contro Malta, Clemente XI spedi al gran maestro quattro galere ben corre- date con quattrocento soldati, sot- to il comando del cavaliere Fran- cesco Ferretti gran priore d* In- ghilterra, oltre altre galere che gli prociuò dalla repubblica di Geno- va, dai re di Spagna e di Porto- gallo, e dal granduca di Tosca- na. Avvisò poi il gran maestro, che se i turchi attaccavano qualche altro principe cattolico, tali forze

GER unite a quelle dell'ordine si doves- sero unire contro il comune nemi- co. Per questi ed altri marittimi aiuti , e per altre cinque galere che prese a nolo e consegnò ai ca- Talieri di Malta, Clemente XI con- trasse un debito di trecentomila scudi, che doveva soddisfare la congregazione della fabbrica di s. Pietro. Oltre a ciò, il Papa in- dusse l'imperatore alla guerra con- tro il turco, sul quale riportò poi la celebre vittoria presso PeterAra- radino nel 17 i6, onde gli ottoma- ni tolsero l'assedio da Corfù, avendo l'ordine in ciò potentemente secon- dato la repubblica di Venezia. In questo tempo, e nel 1709, Gio. Battista Brancadori Perini pubbli- cò a Roma la Cronologia de'gran inaesirì dell'ordine di Malia con le loro vite, e con i riiratù slam- pali.

Al Perellos nel gennaio 1720 successe Marc' Antonio Zondadari sanese, antico an)basciatore dell' or- dine presso la santa Sede; i cava- lieri continuarono a purgare il ma- re dai turchi, dagli algerini, tuni- sini, e tripolini, e da altri corsari. A' 2 3 di maggio 1721, avendo i cavalieri gerosolimitani vinto tre vascelli di Tunisi, il gran maestro mandò il gran stendardo navale di essi ad Innocenzo XIII eletto in quel mese; e questi qual trofeo di religione lo mandò alla basilica di s. Giovanni in Laterano, con quel- le particolarità che si leggono nel Cancellieri, Storia de' possessi p. 355. Mori il gran maestro a' 16 luglio 1722, e fu eletto Antonio Emanuele de Vilheiia portoghese, il quale vedendo che due squadre turche si raggiravano nelle vicinan- ze di Malta, ricorse all'aiuto d'In- nocenzo XIII. Il Papa primieramcn-

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te invocò il divino aiuto con un giu- bileo straordinario, quindi si rivolse ai principi cristiani acciò si colle- gassero coi cavalieri, e nel conci- storo de' 16 settembre esortò con efficacia i cardinali ad aiutarli an- ch'essi con denaro, essendo egli il primo a darne l'esempio col ri- mettergli ventimila scudi, la metà de'quali contribuì col suo peculio. I cardinali Scotti, Corradini, Tolo- mei, Belluga, e i due Spinola som- ministrarono cinquecento scudi per cadauno, e doppia somma i cardi- nali Pamphilj , Imperiali, e Sacri- panti. Il gesuita cardinal Salerno, siccome poco provvisto, offri la cro- ce di brillanti donatagli dal re di Polonia, dalla quale si ricavarono mille doppie d' oro di Spagna. Con questa generosa pietà romana giun- sero nelle mani del gran maestro più di centomila scudij che per al- tro non fu d'uopo impiegarli contro il turco, per non aver mosso guerra a veruno. Nell'aggiunta al nume- ro 730 del Diario di Roma del 1722, si legge la relazione della udienza data da Innocenzo XIII in concistoro semipubblico all'am- basciatore straordinario della reli- gione di Malta fr. Giovanni Batti- sta Spinola; il discorso che recitò, e la risposta che a nome del Pa- pa pronunziò monsignor Scaglioni segretario de' brevi ai principi. M. de Saint- Allais, V ordre de Blalte, dice a pag. 89 , che Benedetto XIII volle onorare i cavalieri nella persona del gran maestro Vilhena, collo spedirgli in dono lo Stocco e herrellone benedetti (f^cdi), insegne colle quali i romani Pontefici ri- munerarono i principi e personag- gi benemeriti del cristianesimo.

Nel magistero di fr. Zondadari, nel 1724 ^" stampato in Roma il Bui-

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lariiini Ordinìs Hoapìtalarù .<;. Joan- nis de Jerusalem. Nei numeri 21 i6 e 2 125 dei Diari di Roma del lySi è riportata la descrizione del- l' ingresso in Roma fatto con solen- ne cavalcata dal barone di Schade ambasciatore dell'ordine gerosoli- mitano a Clemente XII, l'udienza pubblica ch'ebbe in concistoro, e le allocu2Ìoni che furono recitate. Morto tal gran maestro nel 17 36, fu dato a successore fr. Raimondo Despuig di I\Iontenegre, già tre volte luogotenente del magistero; indi nel i74' fu eletto gran mae- stro Emanuele Pinto de Fonseca porlogliese. JN'el 1742 il gran mae- stro spedì in Roma per ambascia- tore a Benedetto XIV, il bah fr. Guerin de Tencin, che fece il suo solenne ingresso con quella pompa che descrivemmo al voi. X, p. 3io e seg. del Dizionario. A di lui i- slanza Benedetto XIV a' 16 dicem- bre 1743, con la costituzione Quo- mani, concesse parecchie indulgen- ze, e molti privilegi nella forma della Bolla della Crociata (Fedi), tanto ai religiosi cavalieri di que- sto ordine, quanto ai sudditi abi- tanti nelle isole di Malta e Gozo, i quali somministrassero qualche somma di denaro o altro soccorso all'ordine nella guerra perpetua ch'egli faceva agl'infedeli: la bolla della Crociata nel i SgS Clemente Vili l'avea concessa all'ordine per le fortificazioni dell'isola. Xel me- desimo anno i 743 Benedetto XIV con la costituzione Inter illuslria, data a' 12 maggio, presso il suo Bollario tom. IV, p. 74? confer- mò nella massima ampiezza tutti i privilegi accordati a questo ordine ospitalaiio dai Pontefici suoi pre- decessori, ma volle in qualche mo- do assoggettare alla sanzione apo-

G E n stolica anche i contralti di affitto a limga diuata. Lo stesso Ponte- fice nell'anno l'^/fj dichiarò che i cardii.ali cavalieri professi dell'or- dine gerosolimitano potessero porta- le sulla mozzetta hi croce dell' or- dine al modo che narrammo nel voi. XV III, p. 26 j del Dizionario. A' eggasi r Andreucci , De Hierarchia ecclesiastica tom. I, lib. IV De cardinali regulari professo ex or- dine militari s. Joannis Jerosolynii- tani. Nel 1747 Benedetto XIV per mezzo di monsignor Luigi Valenti suo cameriere segreto, trasmise a Blalta al gran maestro Pinto, il do- nativo delio stocco e berrettone da lui benedetti. Nell'anno seguente si scoprì in Malta una terribile congiura tramata da ìMustafà pa- scià di E.odi, e prigioniere di guer- ra de'cavaliei'i, il quale d'accordo col sultano gran somme di denaro spese pel pravo fine: il gran mae- stro doveva essere assassinato, e l'i- sola interamente aveano divisato occuparla i turchi. Il pascià fu ri- legato in una provincia dell'Asia, e gli altri infami suoi fautori pa- garono con l'estremo supplizio il tradimento. Il Bercaslel, Storia del cristianesimo voi. XXXI, a pag. 2i5 e seg. riporta le descrizioni di questa congiura, e della solenne festa istituita in memoria di tale avvenimento , consistente in una perpetua processione a' 6 giugno al- la chiesa di s. Gio. Battista, con r intervento di tutto il clero, e di tutti gli ordini della città, in rin- graziamento a Dio dello scampato pericolo.

La riputazione del gran maestro Pinto indusse i corsi ribelli de'ge- novesi, ad offrire all' ordine la so- vranità dell' isola di Corsica, ciò che non fu accettato per opposizio-

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ne della Francia; e Federico II re di Prussia, dopo aver conquistato la Slesia, conservò benché acatto- lico le commende che vi possedeva l'ordine. Ottenne detto gran mae- stro da diversi sovrani d'Europa, che gli ambasciatori dell' ordine godessero le medesime prerogative ed onori che godevano gli amba- sciatori delle altre potenze. Bene- detio XIV fino dal l'J^'J accordò gli onori di ambasciatore regio all'andjasciatore di Malta presso la santa Sede, come si legge nel nu- mero 465o del Diario di Roma di quell'anno. Il titolo di altezza E- minentissinia in riconosciuto com- petere al gran maestro da tutti i sovrani, dappoiché prima alcuni gli davano il solo titolo di Eminenza. 11 medesimo Finto fu il primo gran maestro che decorò I' arme del gran maestro d' una corona come gli al- tri sovrani. Politico, abile, eccellen- te nell'amministrazione della giu- stizia, abbellì Malta di edilizi, ed aumentò grandemente la pubblica biblioteca, per la quale dipoi or- dinò Luigi XVI che vi sarebbe mandata una copia di tutte le o- pere impresse nella tipogialia reale. Dipoi nel 1781 Francesco Paolo de Sminter pubblicò il Catalogo della biblioteca del S. M. ordine di s. Giovanni Gerosolimitano. Sot- to il magistero di Pinto accadde una vertenza con la corte di Napoli, ri- guardante la giurisdizione del ve- scovo, che andiamo ad accennare. Sussistendo la convenuta nomina del vescovo di Malta per parte del re di Napoli in conseguenza della terna che presentava il gran mae- stro, il vescovo era sulfraganeo del- la metropolitana di Palermo, quan- do nel 17.53 il redi Napoli Carlo di Borbone ordmò al vescovo di

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Siracusa che si portasse nell'isola a farvi la visita pastorale. Gli abi- tanti s' irritarono per tale misura, e costrinsero il vescovo a tornare indietro, onde il gran maestro die subilo avviso di siffatto attentato a Benedetto XIV, e alle potenze a- miche; indi spedì a Napoli il bali Duegos per rappresentare le ragio- ni che l'ordine di Malta sottopo- neva alla corte siciliana, confidan- do nell'uso contrario osservato da pili di cento anni. Benedetto XIV dopo un congresso tenuto con car- dinali e prelati scrisse al re Carlo in modo persuasivo, invitandolo paternamente a desistere da tale impegno. Il re fece anzi avvisare i maltesi che se ricusassero ancora di ricevere il visitatore, avrebbe fatto sequestrare le rendite che i cavalieri godevano ne' suoi stati. Il gran mae- stro all'opposto dichiarò, che avreb- be fatto altrettanto sulle rendite che altrove godevano i commendatori napoletani e siciliani, e richiamò ji ball Duegos. Allora il re proibì ai propri sudditi ogni commercio coi maltesi, e mise il sequestro alle commende gerosolimitane de' suoi stati, come altresì fece il gran mae- stro con quelle che i cavalieri na- poletani e siciliani godevano in al- tri paesi. Indi il gran maestro pre- gò le corti di Portogallo, di Vien- na, di Parigi e di INIadrid affinchè impegnassero il re di Napoli a me- glio ponderare il fondo della ra- gione, sulla quale il vescovo di Mal- ta stabiliva la sua indipendenza dall'arcivescovo di Palermo. Impe- gnossi particolarmente il Pontefice su questo aliare per modo, che nel- l'anno seguente ottenne che am- bedue le parti dissidenti si com- promettessero nella sua imparziale decisione. Fu dunque conchiuso.

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che Benedetto XIV iu qualità di sommo Pontefice pregasse con let- tera il re di, Napoli a lasciar le cose nello stato in cui erano per riguar- do alla visita pastorale; che fosse ristabilito il reciproco commercio, e si togliesse dalle parti il seque- stro alle commende. Il re Carlo a' 27 dicembre 1754 l'ispose alla lettera pontificia, con piena adesio- ne di tulio.

Dopo la morte del gran maestro Finto a' 28 gennaio 1778 fu elet- to successore fr. Francesco Ximenes de Texada di Navarra, a cui Cle- mente XIV nell'anno seguente, per mezzo di monsignor Girolamo Bo- nanni de' principi della Cattolica, mandò lo stocco e berrettone be- nedetti: l'eminentissimo gran mae- stro regalò l'ablegato del suo ri- tratto contornato di brillanti del valore di scudi tre mila, una su- perba croce dell'ordine, un'annua pensione di scudi trecento , oltre altri distinti regali. Mentre le squa- dre dell'ordine con le truppe spa- gnuole formavano l'assedio di Al- geri, ebbe luogo in Alalia una ri- bellione, che descrive il citato Ber- castel nel voi. XXXIV, p. 164 e seg. Alcuni ecclesiastici di concerto con due disgraziati, uno de' quali era caporale nel castello di s. El- mo, e l'altro un uomo licenziato dal servizio militare, tentarono un colpo quanto temerario altrettanto indegno del loro carattere. A' 9 settembre 1775 a mezza notte tro- varono il modo d'impadronirsi del castello, occuparono i posti più im- portanti onde rendersi padroni del- la città propriamente denominata la Valletta, e v' inalberarono una bandiera di nuova foggia. Venuto ciò in cognizione del gran maestro, fece chiudere le porte della città

GEPv e del palazzo magistrale, mise la armi più gente che potè, fornen- dogli l'ambasciatore di Francia centoventi francesi, e tutti furono messi sotto il comando del princi- pe di Piohan-Polduc, generale del- l' ordine. I ribelli uccisero il cava- liere INIarcellino Corio, minacciaro- no spianar la Valletta, e dar fuo- co alla polveriera. S'interpose il vi- cario generale del vescovo, ma con poco successo, quando il maggiore del castello essendo uscito di pri- gione, con due cavalieri ed un pu- gno di gente ivi detenuta, con som- mo valore ed inaudito ardire po- terono superare i pochi ribelli, e rendersi padroni del castello, con che restituirono la libertà e la quie- te alla Valletta. I principali auto- ri della rivolta pagarono la meri- tata pena col capestro, e tra que- sti il sacerdote Gaetano Mannari- no già zelante missionario e pre- dicatore, sedotto ad impresa te- nieraria ed iniqua.

Intanto la discordia tra il ve- scovo di Malta fr. Carmine Gio- vanni Pellerano già cappellano del- l'ordine, ed il gran maestro, si aumentò in modo, che il prela- to fu costretto abbandonar la sua chiesa e portarsi in E.oma, Pio VI per porre riparo allo scandalo di alcuni cattivi ecclesiastici, ed ot- tenere una salutare e rigorosa ri- forma di essi, ordinò con suo bre- ve che ninno nell'isola di Malta potesse promoversi alla tonsura se non a titolo di benefizio o cappeU lania perpetua, agli ordini mi- nori prima d'anni dieciotto di età, e che l'ordinando fosse già stato almeno per tre anni in seminario, e se ne avesse certificato di sua buo- na condotta. Afflitto il gran mae- stro da questi avvenimenti, mort

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agli II novembre dell'anno 1773, e pei sulìVagi unanimi degli elet- tori fu esallato al magistero fr. Francesco Maria Emanuele de Ro- Jian-Poldiic, generale delle gale- re dell' online, il quale convocò un capitolo generale nell'anno seguen- te, ciò che non erasi più fatto do- po il i63r, per provvedere ai bi- sogni dell'ordine, che in Polonia vide istituirsi un nuovo gran prio- rato. Nel 1777 Pio VI compi la totale unione dell'ordine de' cano- nici regolari di s. Antonio detto deìjìwco, che dal predecessore Cle- mente XIV era stato soppresso, con l'ordine gerosolimitano, per secon- dare le istanze di diverse potenze cattoliche, ed allora il gran mae- stro di Malta prese eziandio il ti- tolo di gran n)aestro di s. Anto- nio. Dell' ordine di sant' Anto- nio, e della chiesa ed ospedale che aveva in Roma, se ne parla in va- ri luoghi di questo Dizionario, mas- sime ai voi. VI, p. 3o7 ; e VII, p. 117 e 261. Anticamente nello spedale di Antonio si curavano gli infermi attaccati da un male detto il fuoco di s. Antonio, ma siccome tal malattia non sempre afflisse la umanità, in progresso di tempo vi si ricevettero le persone offese dal fuoco, per cui Pio VI dopo la nar- rata disposizione, ordinò che gli scoltati si ricevessero nell'arcispe- dale del ss. Salvatore ad Sanata Santoruni, come fa fede un'iscrizio- ne marmorea in esso esistente.

Nel 1778 Pio VI si fece media- tore Ira il gran maestro ed il ve- scovo di Malta, onde per le sue persuasive ed autorità, riunì l'esu- le pastore al suo gregge ed al suo sovrano; quindi nel 1781 il me- desimo Papa per le istanze del- l'eletlore palatino di Baviera Car-

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10 Teodoro, gli accordò la facoltà di fondare nella Baviera una nuo- va lingua dell'ordine gerosolimita- no, ed incaricò monsignor Bellisomi nunzio di Colonia di trasferirsi in quell'elettorato, per concertare lo smembramento di vari beni dei regolari per la sotnma di settecen- to mila fiorini, e fondare due gran priorati, e trenta commende. Il gran maestro de Rohan si occupò d'un nuovo codice più conforme agli usi degli abitanti di Malta, con utili riforme, operazione che avea incominciata il gran maestro Vilhcna. IMentre la pace che go- deva l'ordine sembrava preparargli giorni gloriosi, la rivoluzione fran- cese gli portò il colpo più funesto.

11 gran maestro de Rohan si di- portò saggiamente, ricusò coUegarsi con altre potenze, e si dimostrò neutrale; mn il decreto della con- venzione di Parigi de' 19 settembre 1792, con sopprimere tutti gli or- dini religiosi in Francia trafisse l'a- nimo del gran maestro, per cui a lui fu attribuito un manifesto con- tro la Francia, in data io ottobre dell'anno 1793, mentre in vece usò di tutta l'ospitalità coi ■vascelli francesi, somministrando loro il de- naro e le vettovaglie, di cui ave- vano bisogno. Intanto nel 1795 il gran maestro spedì l'ambasciatore bali Lilla, all'imperatrice di R.us- sia Calterina li, per ottenere dalla sua giustizia la conservazione dei beni dell'ordine in quella parte di Polonia, ch'era divenuta suo do- minio. L'imperatrice accolse beni- gnamente il bali, e nel succedergli nel 1796 Paolo I suo figlio, si di- chiarò protettore dell'ordine, ordinò che i suoi beni sarebbero aumen- tati in Polonia, e che sarebbe eret- to un priorato in Russia. L' impe-

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ratore desiderò di essere annovera- to nell'ordine, ne ricevette la gran croce per lui e pei suoi figli, che pure ebbero il conte Besborodsko gran cancelliere dell'impero, ed il principe Kourakin vice-cancellieie. L'atto di protezione dell' ordine gerosolimitano 1' imperatore lo se- gnò a'i5 gennaio 1797. Il gran maestro de Rohan offn Malta in asilo ai cavalieri perseguitali dal governo della repubblica francese, senza badare a spesa: dopo aver fatto costruire alcuni pubblici edi- fizi, ed un magnifico osservatorio, dichiarò suoi esecutori testamentari i cavalieri de Greische-de-Jallau- court suo cameriere maggiore, e Miari ; designò per suo luogotenen- te il bah Vacon de Belmont, e mo- ri a' i3 luglio 1797. A' 17 detto fu eletto Ferdinando de Hompesch tedesco, già ambasciatore dell'ordi- ne a Viennaj e gran bah di Bran- deburgo. Il trattato di Leoben con- chiuso a' 18 del precedente apri- le, avea spogliato l'ordine di tutti j possedimenti che avea nei domi- nii di Francia, ed in quelli da lei conquistati. Minacciati i sovrani nei loro stati, ninno potè proteggere l'ordine, tranne l'imperatore Fran- cesco II, che dimostrò efficace pre- mura.

I funesti effetti della rivoluzione francese , e la sua iiifluenza ben presto penetrarono neh' isola di Malta, per cui diversi abitanti di essa, dimentichi di quanto doveva- no ai cavalieri, divennero impazien- ti di sottrarsi al loro dominio , e si posero in corrispondenza col di- rclloi-io parigino. La maggior parte degl" istorici che hanno scritto deplorabile avvenimento si sono mostrati parziali alla Francia , e gemici all'ordine, procurandone l'av-

GER vilimento. In fatti essi pubblicaro- no, che l'indolenza e l'incapacità del gran maestro eccitò ne' cava- lieri viva inquietudine, che voleva- no difendere l'ordine e sostenere l'integrità del loro territorio; men- tre altri ascritti alle società segre- te, d'intelligenza coll'avvocalo Re- gnault de s. Jean d'Angely, e per le mene dei commendatori Bosre- don segretario del tesoro, e Dolo- mieu ne minavano 1' esistenza, co- me si legge nella Relazione della occupazione, di Malta di Michaud de Villette. Personaggi testimoni oculari dell'accaduto, e ch'erano interessati nel lustro dell'ordine, in vece raccontano quanto diciamo- Dopo che la repubblica francese spogliò l'ordine di tutti i suoi be- ni, così in Francia, come nei paesi conquistati, passò ad impadronirsi dell'isola di Malta, e per fare ciò con sicurezza adoprò seduzioni e tradimenti. Inviò in Malta a tale eOfetto e sotto vari pretesti buon numero di satelliti, e costoro uni- rono in società segiete i cittadini delle classi medie, e due o tre ca- valieri della loro nazione : fra que- sti satelliti vi fu il francese Pierre vestito in abito greco, e certo Pos- selgue parente d'un banchiere sta- bilito in Malta; ed il nominato Dolomieu venne di Francia con la flotta. In tutto il tempo della ri- voluzione r ordine si mostrò neu- trale, e perciò non era preparato a sostenere alcuna invasione, e non la poteva supporre, pei servigi resi ai suddetti vascelli provenienti da Egitto. Ad onta di ciò la loro im- presa forse sarebbe andata a vuoto, senza il tradimento di gran parte della nazione. Intanto il direttorio fiancese gonfio per le riportate vit- torie , uiinacciando uno sbarco iu

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Inghilterra, adìdò al generale Na- poleone Bonaparte un esercito di trentamila veterani, imbarcati so- pra una flotta di cinquecento ba- stimenti da tiasportOj quattordici vascelli da guerra, varie fregate, e molti legni minori , e perciò una delle più poderose flotte che aves- sero solcato il Mediterraneo, essen- done ammiraglio Broeys. La flotta salpò da Tolone il 19 maggio 1798, e quantunque si denominas- se l'ala sinistra dell'armata d'In- ghilterra, nel giorno 20 o 21 giu- gno gettossi in vece sopra Malta che trovò senza militare apparato. Pretese il comandante Croeys l'in- gresso nel porto, ma gli fu negato per le leggi della neutralità. Nella notte dei 28 giugno l'armala fran- cese vi eseguì Io sbarco in sette diversi punti, ed occupò con de- bolissima resistenza le piìi impor- tanti posizioni, contando come di- cemmo, dei partigiani fra i detti cavalieri, e fra i maltesi, che ser- virono all'audace nemico di guida, mentre che per difendere tutto il liltorale non sarebbero bastati tren- tamila uomini. Il bali Tommasi in- dusse gli animi di molti a difen- dersi entro la Valletta, ma dopo ventiquattro me fu sospeso il fuoco, ed il commendatore Candida, al pre- sente luogotenente , incaricato del- la custodia degli schiavi e forzati, avendo saputo che in un magazzino della marina di proprietà del fran- cese Agnau vi erano nascosti più centinaia di satelliti venuti qualche giorno prima della squadra sud- detta , sopra bastimenti con ban- diera ragusea, ne diede subito av- viso alla piazza, e molti del popolo unitisi alla forza colà inviata, inva- sero il magazzino, ed allora parte dei nascosti riuscirono di fuggi-

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re, molti furono presi, e molli uc- cisi.

La congiura era ordita in maniera che alla prima esplosione di bom- ba, che avesse Bonapaite ordinato, i cavalieri dovevano essere truci- d.'.ti, e ciò facilmente poteva ese- guirsi, mentre dispersi in vari punti dell'isola che dovevano difendere, non potevano garantirsi. In tale stato di confusione comparve al palazzo una deputazione di distinti maltesi, e numerosa perchè formata di più di cento ; gliene fu negato l'accesso, e solo venne accordato a dodici di essa di presentarsi al gran maestro Hompesch e consiglio. Con sommo ardire i deputati piegarono il gran maestro di capitolare, mi- nacciandolo, che s' egli non lo fa- ceva, l'avrebbero fatto da per loro. In tali circostanze essendo l'ordine senza tutti i mezzi di difesa, fu co- stretto domandare la capitolazione; dappoiché il gran maestro e consiglio che appena comparsa la flotta si erano uniti in seduta permanente, e davano gli ordini per fare un'e- nergica dilesa, essi non erano ese- guili, e i maltesi entrati in dilìi- denza, non ubbidivano più ai loro comandanti, e vari cavalieri francesi furono trucidali come supposti tradi- tori. Venne pertanto sospeso il fuo- co che facevano le fortezze, s'in- viarono dei deputati a bordo del- l' Oriente ove sr trovava Napoleo- ne, il quale sicuro del suo potere, dettò come gli piacque gli articoli della capitolazione, senza calcolare le rimostranze dei deputati. Altri scrissero che il gran maestro d'Hom- pesch convocò l'assemblea, che seb- bene incompleta, pattuì la dedi- zione dell'isola sotto la garanzia e mediazione della Spagna rappre- sentala dal cav. Amat, suo incari-

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calo daCfiiri a Malta, ed avendo il general Marmont impiegato tutti i niezzi di coiv'uzione. Cosi terminò dopo duecento sessanl' otto anni il j^ldiioso dominio che l' inclito or- dine gerosolimitano avea esercitalo sull'isola di ]\Jalta, ed ai congiv- lali riuscì carpire dal consiglio, senza che neppure fosse cominciato l'assedio nelle forme, la più igno- miniosa capitolazione ne' seguenti otto articoli, sottoscritti a' 12 giu- gno.

I. I cavalieri dell'ordine di s. Giovanni gerosolimitano rimette- ranno all'armata francese la cit- tà ed i forti di Malia, rinuncian- do in favore della repubblica fran- cese i diritti di proprietà e di so- vranità.

II. La repubblica francese im- piegherà la sua influenza al con- gresso di Rastadt, per procurare al gran maestro, sua vita naturale du- rante, un principato equivalente a quello che perde. Si obbliga in- tanto di pagargli un'annua pen- sione di trecentomila franchi, oltre all'importare di due annate di pen- sione, a titolo d' indennità de' mo- bili. Durante il suo soggiorno in Malta continuerà egli ad avere gli onori militari, di cui godeva.

III. I francesi cavalieri attual- mente residenti in Malta, che ver- ranno riconosciuti tali dal genera- le in capo, potranno rientrare nel- la loro patria, e il loro soggiorno in Malta verrà considerato come vm soggiorno fatto in Francia. Ciò deve essere dichiarato comune an- che ai cavalieri delle quattro re- pubbliche alleate della Francia.

IV. La repubblica francese fis- serà una pensione vitalizia di set- tecento franchi ai cavalieri di Mal- ta francesi, che attualmente risie-

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dono in Malta, e di mille franchi a' cavalieri , che hanno od oltre- passano i sessanta anni. Ciò pure dev'essere accordalo dalle rispetti- ve quattro repubbliche alleale , ai cavalieri della loro nazione.

\. Lare-pubblica francese si ado- pererà presso le altre potenze d'Eu- ropa, affinchè conservino a' cava- lieri della loro nazione l'esercizio de' loro diritti sui beni dell'ordine di Malta ch'esistono ne' loro stati.

\ I. Riterranno i cavalieri le lo- ro pioprietà private.

VII. I cittadini delle isole di Rialta e Gozo continueranno ad a- vere, come per lo passalo, il libe- ro esercizio della religione cattoli- ca, apostolica, romana, e serberan- no intatte le loro proprietà e pri- vilegi, e non soggiaceranno ad al- cuna contribu/Jone straordinaria.

Vili. Tulli gli atti civili fatti sotto il governo dell'ordine, saran- no riconosciuti, ed avranno piena esecuzione.

Bonaparte e i deputati sottoscris- sero la convenzione, che per altro il gran maestro non segnò, anzi si rilìutò di recarsi co' suoi cavalieri a rendergli omaggio, ad onta del convenuto. I francesi con le ripor- tate condizioni, che nulla accorda- vano, e tutto toglievano, senza ti- rare un solo colpo di cannone, divennero padroni d'una fortezza inespugnabile, che forse avrebbero durato piìi fatica se vuota d'abi- tanti avessero dovuto aprirne le porte. ]Vè questa si dovette conside- rare soltanto una perdita irreparabi- le all'ordine, ma bensì a tutta la cristianità. I francesi trovarono nel- l'isola millecinquecento cannoni, mille de' quali in bronzo, trentacin- quemila fucili, duecento barili di polvere^ provvisioni d'ogni specie,

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nloltl vascelli e galere, e copiosi elletti d'oro e d'argento appaite- neiiti al tesoro di s. Giovanni, al- l'ospedale, ed all'ordine, pel valore di tre milioni di pezzi dmi, e di tutto s' impossessarono al suono delle parole libertà ed eguaglian- za. Napoleone a' i3 giugno fece il suo ingresso in Malta, ove si trat- tenne cinque o sei giorni. Le trup- pe dell'ordine aumentarono le fran- cesi per l'invasione dell'Egitto, dappoiché Napoleone comandò una leva generale, che s' imbarcassero sulla flotta francese tutti i mari- nari dell'isola, le guardie del graa maestro, tutti i soldati di truppa regolare, e persino i piìi giovani cavalieri, con che aumentò di tre mila uomini le sue forze. S' im- padronirono i francesi dell'archivio, e tranne diversi processi che bru- ciarono, esso tuttora si conserva in Malta. Il generale Reynier occupò Gozo; il generale Vaubois restò nell isole con quattromila uomini di guarnigione, ed il governo prov- visorio fu retto dal nominalo Re- gnault commissario, essendone pre- sidente r ex-commendatore Bosre- don, e membri coloro che eransi mostrali piìi zelanti delle nuove massime democratiche. Tulli i ca- valieri non aderenti a queste no- vità, furono dispersi ed esiliati, non esclusi quelli di nazione fran- cese che vennero trasportati in An- tibo. Venne espulso dalla chiesa di S. Giovanni il priore coi canonici conventuali, la chiesa fu dichiaia- ta cattedrale dell'isola, e il vesco- vo della città vecchia co' suoi ca- nonici, tutti in mitra, dovette can- tare con solennità il Te Deiim, sotto quel baldacchino stesso dove era solito starvi il gran maestro. Napoleone parti con la flotta per

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la spedizione di Egitto, e con la fregata Sensibile mandò in Fran- cia i principali frutti della con- quista, che però fu catturata da- gl'inglesi. Qui noteremo, che dopo la disfatta della flotta francese in Ahoukir, provocati i maltesi dal- l'Inghilterra, si sollevarono contro la guarnigione francese, che ridot- ta a duemila uomini si rinchiuse nella Valletta. Alcune navi o fre- gate portoghesi cominciarono il blocco, che fu poi proseguito da Nelson, reduce dalla battaglia vinta in Egitto, che vi sbarcò truppe di terra: tanto scrissero alcuni, ma l'assedio per terra fu sostenuto dai maltesi e dai napoletani. Vaubois per due anni intrepidamente sos- tenne l'assedio, e fu obbligato a'ò^ o 7 settembre 1800 segnare ono- revole capitolazione, accordandosi ai maltesi intera amnistia; e le ar- mi inglesi per signoreggiare il Me- diterraneo occuparono si importan- te posizione. Per la pace d' Amiens del 25 marzo 1802, gl'inglesi ebbero colla mediazione di Bona- parte le isole di Ceylan e della Trinità, ma dovevano secondo l'ar- ticolo X in compenso restituire l'i- sola di Malta indipendente, con Gozo e Cornino all'ordine gero- solimitano, una giunta del quale avea fatto all' universo le sue pro- teste sino dal momento dell'occu- pazione. L' Inghilterra si prese i compensi^ ma Malta sempre riten- ne, e dopo la caduta dell' impero francese in forza del trattato di Parigi del i8i4j »e assicurò il possesso e perpetuò il suo dominio. Sull'isola di Malta, e sue adia- cenze, oltre quanto diremo al già citato suo articolo, si possono con- sultare i seguenti suoi storici. Gio- vanni Eduo Quintino, Insulae Me-

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litae (ìescriptio, Lugdiini i536: fu tradotta dal Sansovino con questo titolo, Descrizione di Malta e del suo governo, Venezia 1545. Paolo del Rosso, Volgarizzaiìiento degli slatuli della religione di Malta con lina nuova descrizione dell' isola, Firenze loyo. Girolamo Borg, Bre- ve descrizione dell'isola di Malta con tutti li successi che per lo spazio di tre mesi avvennero, mentre s. Pao- lo dimorò in essa, ed altre partico- larità, R.oma 1600. Gio. Francesco A bela, Della descrizione di 31 alta, sue antichità ed altre notizie, Malta 1647- Fr. Geronimo Manelli, Pi- te dei gran maestri della sacra re- ligione di s: Giovanni Gerosnlimi- tano di Malta, Napoli iSyG; e Memorie de' gran maestri del mi- litare ordine gerosolindtano , Par- ma 1780. Burcardo ÌN'iderstet, 3Ialta vctus et nova, adornata, au- spiciis et jussu Cristophori Gaspa- rise Blu/nenthal,llc\nìe^ladù iGgo. Onorato Gres , Malta antica illu- strata co' monumenti e coll'istoria, Roma 1 8 1 6.

Il "overno de' cavalieri di Mal-

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ta in quest'isola, era in parte mo- narchico , ed in parte aristocrati- co. Era monarchico rispetto al gran maestro, in ciò che risguardava gli abitatori dell' isola di Malta, e delle sue dipendenze; , sopra delle quali esercitava un'autorilìi sovrana: tutti i cavalieri dell' ordine dove- vano a lui ubbidire in ogni cosa che non fosse contraria alla rego- la ed agli statuti della religione ; il gran maestro faceva coniar mo- neta, concedeva giazie d'ogni spe- cie, conferendo priorie, baliaggi , commende, benefizi ec. Aveva poi dell'aristocrazia, mentre ue'piìi im- portanti affari risguardanti i ca- valieri e la religione, il gran mae-

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stro ed il consiglio esercitavano in- sieme un' assoluta autorità , ed il gran maestro vi aveva due soli voli come capo. Il consiglio era di due sorta , 1' ordinario , ed il completo; al consiglio ordioario as- sistevano il gran maestro come capo, il suo luogotenente , ed i gran croci , eh' erano il vesco- vo di Malta, il priore della chie- sa conventuale, che può essere di qualunque lingua, tutti i priori e bah conventuali, i gran croci ed i ball capitolari e titolari, il gran tesoriere, e il gran siniscalco del gran maestro^ che però non dava voto. Il consiglio completo era com- posto dei gran croci, e dei più an- ziani cavalieri di ciascuna lingua, cioè due per cadauna. Chiamavansi lingue le dilFerenti nazioni , delle quali l'ordine era ed è composto: queste lingue, come dicemmo di sopra, furono in origine otto, cioè Provenza, Alvernia, Francia, Italia, Aragona, Alemagna , Castiglia, od Inghilterra la quale dopo lo sci- sma essendo esclusa, le lingue re- starono a sette, e tornarono poi ad otto neir istituzione della lin- gua di Baviera. Ciascuna lingua a- veva il suo capo a Malta, chia- mato pillerò, o balio, o bailo con- ventuale, e da ciascuna di esse di- pendevano molte gran priorie , e diversi baliaggi capitolari , eccet- tuato il priorato della chiesa del- l'ordine, e la commenda di Cipro, ambedue baliaggi capitolai-i , che erano comuni, e perciò soggetti a tutte le lingue.

Il pillare della lingua provenzale, aveva il grado di gran commenda- tore, presidente del tesoro, avente in Cina tutte l'entrate della religione e delle vettovaglie , e sotto a lui era- no i priori di s. Gilles e di Tolosa, e

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il ban di Malvasca: dopo il gran maestro veniva il gran commen- datore, essendo la lingua proven- zale la prima deirordine in osse- quio del fondatore del medesimo Gerardo di Provenza. La lingua dell' Àh'ernìa aveva il grati inare- sciaìlo, che presiedeva alla giusti- zia; il priore di Alvernia era il ba- n di Lione. 11 gran maresciallo eleggeva l'alfiere coll'approvazione del gran maestro e del consiglio. La lingua di Francia aveva il grande spedaliere, titolo in prima del gran maestro; era sopra l'in- fermeria, ed eleggeva l'infermiere che doveva essere della lingua di Francia; erano sotto di esso i prio- ri di Francia, di Aquitania , di Sciampagna, il bali di Morea, e il gran tesoriere. La lingua d'Italia aveva il grande aniniiraglio , che presiedeva all'arsenale ed alle ga- lere; ed i priori di Pioma, di Lom- bardia, di Venezia , di Pisa, di Balletta, di Messina, di Capua; i bali di s. Eufemia, di s. Stefa- no, di Venosa , di Napoli, di To- rino di s. Sebastiano , di Roma. Il grande ammiraglio eleggeva il generale delle galere coll'approva- zione similmente del gran maestro e del consiglio. La lingua d'Ara- gona aveva il gran consen'a/ore detto anticamente drappiere, ch'e- ia per la conservatoria, il castel- lano di Emposta , i priori di Na- varra e di Catalogna , il bali di Negroponte, ch'era pur comune con la lingua di Castiglia, il bali di Majorica, e quello di Caspe. La lingua d' Aleniagna aveva il gran ball, che avea la cura di governa- tore del Castel s. Pietro, poi delle fortezze, sotto di lui erano i prio- ri d'Alemagna, di Boemia, d'Un- gheria, di D, . . , e il ball di

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Brandebiu'go. La lingua di Ca- stiglia e Portogallo aveva il gran cancelliere , ed inoltre i prio- li di Castiglia, di Portogallo, i ba- li di Lorca , del s. Sepolcro , di Toro, di Lessa, di Acri e di No- veville, non che il bali d'Armenia comune a tutte le lingue, e il gran commendatore di Cipro. La lingua d'Inghillerra , che aveva il priore d'Inghilterra, il priore d' Ibernia ed il bali d'Aquila. Questa lingua aveva per capo il tuicopoliere , o sia generale della cavalleria e fan- teria, dignità che dopo la soppres- sione della lingua fu riunita da Gregorio XllI al magistero; quin- di tale uflìzio si esercitò da ogni lingua con altro titolo, ad elezio- ne del gran maestro, coli' appro- vazione del consiglio.

L' abitazione o palazzo di cia- scuna lingua chiama vasi albergo, perchè vi andavano a mangiale i cavalieri dipendenti da quella lin- gua , ed in esso ordinariamente radunavansi. Dai regolamenti spet- tanti la maniera con cui dovevano i cavalieri comportarsi in quegli alberghi, apparisce che vivevano essi in un'esattissima osservanza re- golare. In ogni gran priorato di dette lingue eravi un certo nu- mero di commende come negli o dierni, alcune destinate ai cavalie- ri di giustizia, altre ai cappellani ed ai serventi d' armi. Talune di siffatte commende si dissero mae- strali, come quelle ch'erano annes- se alla dignità di gran maestro, che ne disponeva a suo piacere; tali altre furono dette di giustizia, perchè si conferivano ai cavalieri per merito di anzianità di servi- gio; ed alcune finalmente ebbero nome di commende di grazia, per- chè il gran maestro ed i grau

270 GER GER priori solevano darle a chi meglio dare a quel fratello die sarà di slimavano, dicendosi di grazia ma- suo piacere, di qualunque ordine gislrale quelle concesse dal gran ch'egli sia, ciò essendo arbitrario maestro: cose tutte che sono an- quando la commenda è di grazia. Cora in vigoie. Conviene iiolare JNcUa Valletta risiedeva il gover- che le commende di grazia o di no dell'ordine: qui si trovavano la gmstizia si chiamano così secondo chiesa e il priorato magnifico e il m.odo col quiiie si ottengono, ricco di s. Giovanni; l'ospedale, del pure si dicono di giustizia quelle quale altro appena in tutta l'Eu- commende che si posseggono per ropa avevavi più ampio, ed in esso diritto d'antichità, o per migliora- si licevevano i pellegrini ammalati mento. L' antichità si conta dal di tutte le nazioni, ch'erano assisti- tempo dell' accettazione nell'ordine; ti secondo il primitivo istituto ospi- ma bisogna inoltre che chi aspira talarìo dell'ordine, dai giovani ca- ad una commenda abbia fatto valieri , e nel giorno di venerdì cinque anni di residenza ove ri- dallo stesso gran maestro, e dai siede l'ordine, o quattro carovane cavalieri gran croci. Stava a par- o sia viaggi in mare, ovvero i ciii- te nn' infermeria pegli ammalati que anni di servizio che il cava- maomettani , trattati pure con e- liere fa alla religione possono con- guale spirito di carità cristiana . sistere in due anni di corso sopra Ì)alla fortezza e città della Vallet- le galere o vascelli della religione, la è distante circa sei miglia Mal- e tre anni dimorando nel conven- ta o città vecchia, dove sorge Tin- to ove risiede l' ordine, laonde il signe cattedrale dell' apostolo s. detto servigio di cinque anni ap- Paolo, sopra la quale i cavalieri pellasi appunto carovane; fuori di non avevano alcun diritto, ma di- questi cinque anni i cavalieri possono pendeva e dipende dal solo vesco- stare dove loro piace, fuorché nel vo co' suoi canonici mitrati. Le caso che siano chiamati dal gran rendite dell'ordine erano assai ric- tnaestro, ciocché soleva essere quan- che, provenienti dalle varie com- do temevasi che Rodi o Pvlalta mende, priorati, baliaggi sparsi nei fossero assaltate, o per altro affa- diversi paesi della cristianità. Di re. 11 miglioramento è allorquan- queste commende se ne contavano do dopo aver fatto de' vantaggi sino a duecento settantuua ne'di- ad una commenda diesi possiede, partimenti francesi. Malta quando se ne prenda una di maggior reu- fu ceduta all'ordine gerosolimitano dita. non contava se non cinquemila Il gran maestro oltie la com- abitanti, laddove ne conteneva cen- menda che appellasi magistrale , tornila quando fu loro tolta. I ha diritto di dare una commenda residenti dell'ordine gerosolimitano di cinque in cinque anni in eia- presso le coiti avevano il grado .scun gran priorato. Ogni gran di ambasciatori di Malta, e quello priore ha lo stesso diritto; si che faceva la sua residenza in Ro- ba riguardo se la commenda va- ma aggiungeva a questa qualità cante sia di quelle che apparten- quella di procuratore generale nel- gono ai serventi d'arme, ed il gran la corte romana, maestro, od il gran priore !a può Tre giorni dopo la suddetta

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capitolazione il gran maeslro Hom- pescli, ed i cavalieri ricevetteio l'or- dine di abbandonare l'isola di Mal- ta, e scortati da una fregata fran- cese furono condotti a Trieste. Ivi sbarcando 1' infelice gran maestro divenne oggetto di derisione, dap- poiché quando l'ignominiosa cessio- ne dell'isola si apprese in Germa- nia, in Ungheria , ed in Polonia, fremettero que' cavalieii d'indigna- zione, e si ritirarono dalla sua ub- bidienza; portatisi quindi molti di essi a Pietroburgo vi proclamaro- no il 27 ottobre 1798 in seltan- tesimoprimo gran maestro Pao- lo I imperatore delle Piussie, già protettore dell' ordine. E da sa- persi che la corte di Vienna con- siderando che r isola di Malta in mano della Russia divenuta sa- rebbe un baluardo inespugnabile contro i francesi, indusse il gran maestro Hompesch ad abdicare la dignità, e si dice che il Papa ap- provasse tal progetto, benché Pao- lo I fosse del rito greco scisma- tico, a cagione delle circostanze dei tempi. Hompesch dopo la linun- zia si ritirò a Montpellier, ove poi mori a' 1 2 maggio i8o5. I ca- valieri dell' ordine nel medesimo anno 1798 riconobbero Paolo I per loro gran maestro, ed il bali Lilla gli presentò in Pietroburgo le insegne sovrane dell'ordine ge- rosolimitano. Indi l'imperatore ai i3 novembre significò a tutte le corti straniere la sua assunzione al gian magistero dell'ordine ge- rosolimitano , dicendo di volerlo proleggere ne' suoi privilegi e di- ritti. Dopo l'atto solenne di accet- tazione Paolo I prese possesso del- la dignità , col cerimoniale che praticavasi prima in Rodi, e poscia a Malia, ed in quel giorno con-

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ferì la gran croce di commendato- re al conte CobentzeI, ambascialo- re dell'imperatore di Germania, e creò venti cavalieri tutti pensiona- ti sulle commende esistenti nelle Provincie polacco-russe.

Inoltre Paolo I nel suo atto di ac- cettazione temporaneamente trasferì la residenza dell'ordine a Pietrobur- go, assicurando della conservazione dell' esercizio della religione cattoli- ca romana, con le più solenni assi- curazioni di operare per quanto fos- .se in suo potere, anìncbè l'ordine ricuperasse Malta, e tutti que'beni e diritti, de'quali era stato iogiu- stamente spogliato. E venendo in cognizione che gl'inglesi nel settem- bre 1800 si erano impadroniti del- l' isola di Malta, Paolo I fece le più vive istanze perchè gli fosse restituita, avendo nominato al co- mando di essa il principe di Wol- hoTvisk crealo primo cavaliere del- l'ordine, e destinalo i reggimenti che dovevano presidiarla. Divenu- to Napoleone primo console della repubblica, mostrando di seconda- re r imperatore acciò dichiarasse la guerra agi' inglesi, gli inviò ia dono la spada del gran maestro la Vallette; ma la morte di Paolo I, avvenuta a'25 marzo 1801, tolse all'ordine un valido e potente so- stegno. Più tardi il di lui figlio e successore Alessandro 1, non aven- do credulo succederlo nel gran magistero, per mezzo di un am- basciatore rimise all'oidine gero- solimitano le insegne niagistrali u- sate dal genitore , e consistenti ia un berretto di velluto nero, con corona impellale d'oro dal defun- to aggiunta, sovrastata da una cro- ce di smalto bianco; uno stocco eoa manico coperto di velluto l'osso eoa arabeschi d' oro , con grossa

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lama d'acciaio in forma di fron- da d' olivo; il gran sigillo che u- .sava ne' 4'P'f>mi > rappresentante l'imperiale aquila russa, avente in petto la croce dell'ordine gerosoli- mitano; ed una grandiosa bandie- ra rossa, con la croce bianca del- l'ordine in mezzo, con in cima dell'asta la croce di metallo dora- to a smalto bianco, e decorata di due grossi cordoni e fiocchi' di se- ta rossa e oro. Queste insegne l'ordine gerosolimitano tuttora cu- stodisce a memoria del magistero di Paolo I.

Nella pace d'Amiens de' 25 mar- zo 1802, essendosi statuito, come dicemmo, la restituzione dell' isola di Malta all'ordine gerosolimitano, il quale dovrebbe regolarsi coi pre- cedenti statuti, si dichiarò pure che per quella volta il regnante Ponte- fice Pio VII avrebbe eletto il gran maestro, scegliendolo dai soggetti che gli avrebbei'o presentati i gran priori, e ciò per un particolare ac- cordo tra gl'imperatori di Germa- nia e di Russia, cui accedettero la Francia e l' Inghilterra. Laonde Pio VII, con breve de' 16 settem- bre 1802, nominò gran maestro il bali fr. Bartolomeo Ruspoli prin- cipe romano , generale delle ga- lere dell'ordine , dichiarando nel breve, che a cagione degli avveni- menti essendo impossibile che i membri di esso potessero in tutto osservare gli statuti e le regole, l'in- vitava a rivolgersi a lui, che qual capo supremo di tutto l'ordine, e per la pienezza di sua autorità apo- stolica, avrebbe dato le opportune dispense. Ma il baPi Ruspoli rinun- ziò al magistero, inviando l' atto relativo al Pontefice, sottoscritto per mano di notare. Allora fu fatto luogotenente del magistero il bali

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Caraccioli, quindi Pio VII con breve dei 9 febbraio i8o3 dichiarò gian maestro fr. Gio. Battista Tonimasi di Cortona, raccomandato dall'im- peratore di Russia, e dal re di jNa- poli, valoroso personaggio che avea esercitato diverse dignità nell'ordi- ne. Fu incaricato il commendatore fra Nicola Enzi di Vellelri, diverso da quel cavaliere Bussi, che poi per diversi anni rappresentò l'ordi- ne in R.onia, con la diplomatica qualifica di brigadiere bali, incari- calo d'affari , a recare al nuovo gran maestro il menzionato breve del seguente tenore.

•» Al diletto figlio Gio. Battista Tommasi gran maestro dello spe- dale di s. Giovanni di Gerusalem- me, Pio PP. VII, salute ed aposto- lica benedizione.

» Avendoci risposto il diletto figlio Bartolomeo K.uspoli (il quale nello scorso anno, per tutte quelle ragioni, che già dovete aver cono- sciuto nel nostro breve a lui scrit- to, e pubblicato li 16 settembre, era stato destinato da noi in gran maestro dell'ordine gerosolimitano) eh' egli nelle sue circostanze non si stima idoneo a sostenere un si gra- ve incarico, e fatta la rinunzia del- la dignità del magistero, ed inviati a noi gli atti di tal sua rinunzia sottoscritti per mano del notaro, avendoci istantemente supplicato di non volerlo foi'zare a sottoporsi ad un tal peso; noi considerando di quale importanza sia il dar più sollecitamente che sia possibile il suo capo ad un ordine che ci è ca- rissimo, e per richiamare il quale al suo primiero splendore ci occu- piamo colla maggiore sollecitudine, lasciato a parte ogni indugio, an- nuendo alle di lui suppliche, abbia- mo subilo rivolto i nostri occhi a

GER ■voi, o diletto figlio, giacche ci è noto che voi pure siete un sogget- to per •virtù, e per le cariche sos- tenute uell'orcline gerosolimitano as- sai distinto, e degno perciò di es- sere stato annoverato tra quei sog- getti, a' quali pressoché tutti i prio- rati dell'ordine nel richiederci un nuovo gran maestro diedero una onorevole testimonianza della loro virtìi. Acciocché adunque più a lungo non si protragga questa ele- zione, e sia provveduto quanto pri- ma all'ordine, e per dare a voi un luminoso attestato delia nostra benevolenza, della slima che abbia- mo dei vostri distinti meriti, ripu- tandovi degnissimo di questa amplis- sima dignità, coll'assolvervi ed avervi per assoluto, secondo il consueto, ed in virtù della presente, da qualsivo- glia vincolo di scomunica, di sos- pensione e d'interdetto, e d'ogni altra ecclesiastica sentenza, censura, e pena inflitta dal diritto o dal giudice per qualsivoglia occasione o causa, se, e in qualunque modo che ciò possa essere, ne siate av- vinto, soltanto acciò abbia effetto la presente nostra disposizione, vi eleggiamo e nominiamo in gran maestro dell'ordine gerosolimitano con tutti gli obblighi e gli onori, conformemente agli statuti dell'or- dine, e alle costituzioni apostoliche, e con tutti gli onori, grazie e pri- vilegi de' quali hanno goduto gli altri vostri predecessori, come se foste stato eletto nel capitolo di Malta alla forma delle ordinazioni prescritte nelle lettere apostoliche del nostro predecessore Urbano Vili, in data de' 21 ottobre i634, in- giungendo perciò a ciascheduno dei cavalieri di tutto l' ordine, ai cap- pellani, e gli altri ministri ed in- servienti, di prestarvi la dovuta

TOL. XXIX.

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obbedienza, e di onorarvi e rispet- tarvi come gran maestro e princi- pe. Per quello poi che concerne le cose che da voi dovranno farsi dopo aver assunto il ministero, vi tras- mettiamo un esemplare del breve, che da noi fu scritto al medesimo figlio Bartolomeo, e quelle stesse cose, che a lui furono da noi pre- scritte, sappiate che vengono egual- mente prescritte a voi. Le quali non dubitando da noi, che saranno religiosamente in ogni parte da voi eseguite per effetto del vostro os- sequio verso di noi, preghiamo Id- dio ottimo, massimo, che vi ricol- mi d' ogni prosperità nel dar prin- cipio al vostro magistero, e vi dia- mo affettuosamente l'apostoHca be- nedizione ".

IMentre si agitava la controversia sulla restituzione di Malta, il mi- nistro inglese residente in quell'i- sola fece intendere al nuovo gran maestro, che gli conveniva meglio recarsi intanto a Messina, all' oppo- sto il ministro francese lo invitò trasferirsi in Malta ; ma il gran maestro essendosi portato coi ca- valieri dell'ordine in Messina (Ve- di), a' 27 giugno li convocò nella chiesa priorale di Novaluce dell'or- dine, e fece leggere dall'avvocato Brest il breve apostolico di sua e- lezione al supremo magistero. Quin- di il gran maestro si alzò dal suo trono, ed inginocchiatosi prestò al bafi Trotti, come anziano, il con- sueto giuramento ; dopo di che si assise sul trono, ammise all'abbrac- cio i due bah Trotti e Caraccioli, ed al bacio della mano i cavalieri, e i maltesi eh' ivi trovaronsi pre- senti. Ciò eseguito, il gran mae- stro fece pubblicare la nota dei rappresentanti dell'ordine, e delle cariche conferite, indi ricevette il 18

■^7!

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giuramento consueto dal consiglio dell'ordine. Assiso poscia sul trono vi recitò un'allocuzione, in cui tra le altre cose disse. » Lungi dal ri- chiamare alla memoria, o dilettis- simi fratelli, i dolorosi eventi, e le funeste cagioni che gettarono l'or- dine in un mare di guai, da cui Io trasse la robusta mano del virtuo- so monarca, a cui dobbiamo una immortale riconoscenza; solo ragio- nar dobbiamo de' mezzi salutari, che guidar ci possono all'alta glo- ria di condurre all'antico splendore un ordine che per lo spazio di qua- si sette secoli meritossi il benefico sguardo delle potenze, e la stima delle nazioni. Voi, dilettissimi fra- telli anziani, che meco uniti com- ponete il sacro consiglio dell'ordi- ne, rammentate in ogni vostra de- liberazione i doveri a' quali vi a- stringe il giuramento or ora pre- stato in mano mia, ed alla presen- za di quel Dio, che lutto vede, pensa , premia e punisce. Voi siete quelli, ai quali è toccata la bella sorte di rannodare i sacri legami della nostra istituzione, legami che dalla religione e dall'onore soltan- to acquistar possono una durevole solidità. Questi legami sono l'inte- ro obblio del personale interesse, ed il fermo pensiero dell'interesse pubblico, distruttore il primo , e sostegno il secondo d' ogni società; sono l'ubbidienza agli statuti, l'in- violabilità delle Itggi, l'armonia fra di noi, la rettitudine, il coraggio, la costanza ". Ed allora rendeansi necessarie più che mai le virtù in- culcate dal gran maestro, perchè sempre più venivano allontanati dalla speranza di ricuperare Malia, essendo divenuta l'isola funesto pomo di discoidia giltato tra la Francia e l'Inghilteiia, quale era

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stata un tempo la Sicilia, tra Ro- ma e Cartagine.

Volendo quindi il gran maestro trasportare la sede dell'ordine in Corfù, per alcune difficoltà gli con- venne trasferirla in Catania (Fedi), e coi cavalieri , la cancelleria e l'archivio nuovo dell'ordine, dap- poiché l'antico, come dicemmo, re- stò a Malta, vi si recò a' 23 gen- naio 1804. Già nella pace di Lu- neville segnata li 9 febbraio 1801 tra la Francia, l'imperatore Fran- cesco li, ed i principi dell' impero, erasi stabilito, che i principi ere- ditari tedeschi venissero reintegrali nei dominii perdati, con quelli che possedevano i vescovi e gli ordini regolari, per cui il gran priorato gerosolimitano che risiedeva in Hei- tersheim nella Brisgovia, ebbe in tenue compenso la contea di Bon- dorf Quindi ebbe fatalmente luo- go la soppressione di varie lingue dell'ordine. Il re di Spagna, due mesi prima che si fosse sottoscritto il trattato d'Amiens, avea promul- galo un decreto col quale ùicor- porò alla sua reale corona le lin- gue dette di Aragona e di Casti- glia, dichiarandosi egli stesso gran maestro di quest' ordine ne' suoi dominii, e lasciando ciò che ri- guardava il governo spirituale e religioso alla Chiesa ed all' autori del Papa. L'elettore di Baviera, che soltanto ad istanza dell'impe- ratore Paolo I erasi indotto a restituire nel 1797 la lingua ba- varese, avea ottenuto finalmente il consenso dell'imperatore Ales- sandro I di lui figlio, per la sop- pressione di questa lingua ne' suoi stati, e ciò per compensarsi d'una parte del vescovato di Eichstett, che avea ceduto quando fu posto in esecuzione il piano dell'indennizza-

GER zione ai principi ereditari tedeschi. La lingua d'Italia parimenti non sussisteva che in parte, dappoiché dipendevano dal dominio francese il Piemonte, e i ducati di Parma e Piacenza. Perciò di tutte le ot- to lingue che componevano l'or- dine, non rimaneva se non che parte della lingua d'Italia, e le lingue di Germania,, e di Russia. Quest'ultima era composta di due priorati, già compresi nell'antica Polonia, i quali stabilito avevano il loro consiglio a Pietroburgo; e questi appena udirono l'elezione del nuovo gran maestro, inviaro- no una deputazione, della quale era capo il commendatore Reczin- ky, per rendere omaggio al Tom- masij e per trattare degli affari dell'ordine dentro le provincie del- l' impero russo. Intanto la soppres- sione delle lingue di Spagna, che diede l'esempio imitato da altre nazioni, fu un colpo fatale all'ordine intie- ro, perchè fece nascere dei forti sospetti nel ministero inglese, che rifiutò di restituire Malta, allegan- do per uno de' motivi, che davasi a divedere che si voleva togliere al gran maestro « ogni minima om- bra di sovranità e d'indipenden- za , quando con lo spoglio delle commende se gli toglievano i mez- zi di sussistere decorosamente , e mantenersi nell'immediata sovra- nità dell' isola , restituita al suo ordine sotto la garanzia e l' ap- provazione di tutte le potenze le più cospicue di Europa ".

Il nuovo gran maestro nel i8o3 incaricò il commendatore fr. Nico- la Buzi di Velletri, di recarsi a Malta, ed in forza del trattato di Amiens, e della qualifica di suo luogotenente , di riceverla in con- segna dalla guarnigione inglese. E-

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gli vi approdò l'ultimo di febbra- io con un corpo di soldati fornito dal re di Napoli, che doveano ser- vire di temporaneo presidio ; ma in vece dal ministro inglese a'a marzo ricevette un formale rifiuto, sotto diversi pretesti, fra i quali quello della soppressione di varie lingue, e la mancanza delle gua- rentigie che dar dovevano le di- verse potenze segnatane del trat- tato d' Amiens. Il commendatore fe- ce ricorso al ministro plenipo- tenziario della repubblica france- se presso l'ordine, e l'isola di Mal- ta, il quale insistette a tenore del- l'articolo X di detto trattato, di- mostrando la frivolezza dei prete- sti; per cui il commendatore do- vette partire all' istante, per non compromettere la sua persona. La negativa per parte dell'Inghilterra era principalmente per timore che Napoleone insaziabile di conquiste, non togliesse ben presto l'impor- tantissimo punto di Malta alle de- boli forze dell' ordine. Finalmente irritata l' Inghilterra dalle esigenze di Napoleone, che voleva l' imme- diato abbandono dell'isola di Mal- ta, senza ch'egli volesse cedere nul- la di quanto avea usurpato , fu spinta a' 18 maggio i8o5 a di- chiarare alla Francia quella me- morabile guerra , che porse per nove anni continui al genio del suo formidabile avversario occasio- ne di trionfi sul continente, ma trassero al fine il di lui eccidio. Il gran maestro Tommasi afflitto, e vedendo senza risultati le prote- ste emesse dal commendatore Bu- zi sulla ritenzione dell'isola di Mal- ta, mori in Catania a' i3 giugno i8o5, essendo stato l'ultimo gran maestro dell' ordine gerosolimitano, e per ordine cronologico il LXXII.

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Nella cattedrale della sua patria Cortona, gli fu eretto dalla sua fa- miglia un rriarmoreo cenotafio, che rappresenta il gran maestro in pie- di in atto di comando. I di lui successori fino ad ora non furono che luogotenenti del magistero del medesimo ordine. Fu eletto luo- gotenente nella chiesa conventuale a'i5 giugno il bah fr. Innico Ma- ria Guevara Suardo napoletano , ammiragho delie galere dell'ordi- ne; indi tre deputati dell' ordine da Catania portaronsi in Roma da Pio VII, che ne confermò l'e- lezione, e riuscì personaggio pru- dente e saggio . Inutilmente fece tentativi per la ricupera di Malta: nel 1808 il principe reale di Fran- cia Luigi Carlo d' Orleans, conte de Beaujolais, e fratello del regnan- te re de' francesi , si recò per sa- lute in Malta, e vi morì a' 3 giu- gno, venendo sepolto nella cappel- la di s. Paolo, nella tomba dei gran maestri e dei bali della lin- gua di Francia. Il re fratello gli eresse un decoroso monumento , presso quelli dei gran maestri A- lof de Wignacourt , ed Emanuele de Rohan. Dipoi a' 2 3 gennaio 181 1 il re di Prussia Federico Guglielmo III dichiarò estinto e disciolto il baliaggio di Brande- burgo dell'ordine gerosolimitano, ed invece istituì l'oidi ne di Prus- sia di s. Giovanni, di cui il re si intitolò protettore , nominandone il gran maestro e i cavalieri.

11 luogotenente Guevara morì in Catania a'2 5 aprile 18143 e fu sepol- to nella chiesa conventuale. Si con- ■vocò il sacro consiglio a'26 aprile e sotto la presidenza del veneran- do fr. Girolomo Lapparelli gran priore d' Inghilterra residente in Catania, venne eletto luogotenente

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del magistero il commendatore fr. Andx'ea di Giovanni-y-Centelles di Messina, e Pio VII con breve dei 25 gipgno 181 4 ne confermò l'e- lezione. Nel trattato di Parigi dei 3o del seguente maggio, contro il decretato di quello d'Amiens, die in proprietà e sovranità l'isola di Malta e sue adiacenze all' Inghil- terra, disponendo le potenze d'un territorio che non gli apparteneva contro il pubblico diritto. Con u- na spogliazione vennero trattati gli antichi e benemeriti protettori del- la navigazione del Mediterraneo contro i turchi e barbereschi. Per conservare le relazioni dell'ordine colle potenze d' Europa, e reclamar le sue proprietà e prerogative, il luogotenente Centelles nominò i seguenti inviati diplomatici. Il bali Bonaccorsi a E.oma; il maresciallo Colloredo gran priore di Boemia, ambasciatore a Vienna; il bali Mi^- ri ministro plenipotenziario a Vien- na ; il bali de Ferret a Parigi ; il duca di Serra Capriola a Pie- troburgo ; il commendatore Paes a Madrid; il commendatore Cedro- nio a Napoli ; il bali de Carvalho in Portogallo ; ed il commendato- re di Thuisy incaricato d'affari a Londra. Inoltre il luogotenente da Catania delegò al congresso di Vienna diversi commendatori e cavalieri francesi , per ottenere ai reclami dell'ordine, favore ed e- quità, ma senza risultato, come de- scrivemmo al fine dell' articolo Germania [Vedi) , parlando del celebre congresso di Vienna. I me- desimi sforzi e reclami il luogo- tenente Centelles fece rinnovare nel 18 18 al congresso di Aix la Cha- peile, ove furono abolite l'infame tratta de'negri, e la ladroneccia pi- rateria. Dispiacente il luogotenente

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di tanti infortuni , morì a' i o giu- gno 1821 , ed il sacro consiglio u- nito in Catani£\ nel mese di giugno elesse per nuovo luogotenente fr. Antonio Busca milanese bali d'Ar- menia, che immediatamente fu con- fermato dal Pontefice Pio VII. Nel settembre 1822 ebbe luogo in Verona un congresso di sovra- ni: a questo il luogotenente Bu- sca fece rinnovare i reclami del- l'ordine, ma non ottenne neppure equivalenti compensi al perduto. Intanto per l' incamerazione delle commende di Sicilia, e per malin- tesi corsi tra il governo del re delle due Sicilie, e l'ordine geroso- limitano, e perchè fosse più a por- tata l'ordine di essere in piìi fa- cile comunicazione colle potenze d'Europa, il luogotenente col con- siglio risolvettero di trasferire la residenza magistrale dell'ordine da Catania nello stato pontificio . A quest'effetto il luogotenente otten- ne da Leone XII un breve apo- stolico, dato a' 12 maggio 1826, con l'autorità del quale, per con- servare il lustro dell'ordine gero- solimitano, il Papa permise che la sua residenza fosse trasferita a Ferrara (ì^edi), concedendo a ta- le oggetto la chiesa e il moniste- ro de'celestini, belli edifizi.

In tal modo si riapri la casa conventuale de'cavalieri gerosolimi- tani in Ferrara, ed ivi nell'agosto di detto anno si trasferirono il luogotenente, i cavalieri, la can- celleria e r archivio dell'ordine. I dignitari dell'ordine nel 1829 sot- to la luogotenenza del venerando fr. Antonio Busca, erano i seguenti: I." luogotenente del gran com- mendatore , e del maresciallo del grande spedaliere, il commendato- re fr. Amabile Velia vice - cancel-

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liere dell'ordine, segretario del ma- gistero rappresentante le tre lin- gue di Francia; 1." luogotenente dell'ammiraglio, il commendatore fr. Fulvio Alfonso Rangoni, procu- ratore del venerando tesoro; 3." luogotenente del gran conservato- re, il commendatore fr. Alessandro Ghislieri, conservatore conventuale; 4.° luogotenente del gran bali, il commendatore fr. Cesare Borgia, procuratore del tesoro, che dimo- rando in Catania , fondò l'accade- mia Gioenia, ne fu presidente pel primo triennio, e poi presidente perpetuo ad honoremj 5.° luogote- nente del turcopoliere, il cavaliere fr. Scipione Sessi; 6." luogotenen- te del gran cancelliere, il commen- datore ora bali fr. Alessandro Bor- gia. Il luogotenente Busca ottenne dal Papa Pio VII, con breve dei 5 agosto 1822 la riduzione dei membri del consiglio della came- ra da otto, che prima erano, ai seinominati; e quindi dal regnante Gregorio XVI la pontificia au- torizzazione di chiudere il conven- to di Ferraraj venendo dal Papa in lui riunite tutte le autorità del- la camera del consiglio dei tribu- nali dell'ordine , coll'obbligo però negli affari importanti di sentire il parere di un probo e capace religioso dell'ordine, come si rileva dal breve del 20 dicembre i83r. Indi nel pontificato dello stesso Gregorio XVI il convento ossia la sede della luogotenenza del magi- stero fu trasferita provvisoriamente in Roma nel suddetto palazzo del- l' ordine in -via Condotti, mentre il luogotenente Busca mori in Mi- lano li 19 maggio 1834 ; fu l'o- dierno luogotenente bali Candida, che in tale anno trasportò da Fer- rara in Pvoma il convento. Allo-

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va il Pontefice Gregorio XVI con breve de' 2 3 di detto mese elevò alla dignità (li bali e di luogote- nente del magistero, con l'autori- tà, prerogative e facoltà concesse dalla santa Sede al defunto, il ve- nerando fr. Carlo Candida di Lu- cerà, ricevuto nell'ordine a' 17 set- tembre 1787, già priore di Capua, capitano della galera capitana a Malta, e ricevitore del priorato di Roma, di Barletta, e di Capua, che al presente con indefesso zelo degnamente governa l'ordine, sot- to i faustissimi auspici del lodato Pontefice, gran benefattore e pro- teggitore dell'ordine, i cui lumino- si esempi servirono di emulazione e nobile eccitamento ad altri so- vrani, in fare rifiorire l'ordine nei loro dominii. Inviato straordina- rio e ministro plenipotenziario del- l'ordine presso l'imperiai corte di Vienna è il conte Francesco de Klievenhuller ciambellano dell'im- peratore, e generale maggiore del- le sue armi.

Premuroso il luogotenente Can- dida di proseguire le recezioni, ed ammettere alia professione religio- sa per l'incremento dell'ordine nuo- vi individui, nei primi del i835 implorò dal Papa , che in man- canza di ospedale , di una chiesa conventuale, e delle navi per fare le carovane prescritte dagli statuti gerosolimitani , per quindi al ter- mine del noviziato professare i ri- cevuti di giustizia del priorato di Roma , venissero ammessi i nuovi cavalieri a servire gli am- malati in un ospedale dell'alma città pegli anni del noviziato, e che potessero servire per il cor- so di quattr'anni nelle guardie no- bili pontificie, in vece delle quat- tro carovane. A tali invocate com-

GER mutazioni Gregorio XVI con bre- ve de' i4 gennaio dell'anno i835, ammise nella sua anticamera se- greta un cavaliere novizio, al mo- do che descrivemmo al voi. VII, p. 4' 6 4^ del Dizionario. Quin- di sulle istanze promosse dal me- desimo bali luogotenente 5 il Pon- tefice con analogo breve de' 29 maggio i835 donò all'ordine ge- rosolimitano la chiesa di s. Fran- cesco d'Assisi, e l'annesso edifizio, comunemente detto l'Ospizio dei cento preti, con tutte le rendile ap- partenenti a quello stabilimento . Memore il luogotenente e i cava- lieri gerosolimitani vissere l'ospitali- tà uno de'primari loro doveri, con tanta celebrità esercitata nei tem- pi trasandati, come in Gerusalem- me, in Rodi, ed in Malta, ivi a- prirono un ospìzio per gli eccle- siastici infermi , onde coordinare l'antica e la nuova destinazione di quel locale, di cui qui appres- so daremo un cenno. Fu stabilito che l'ospizio sarebbe sotto l'imme- diata cura dell' ordine, così la di- rezione ed assistenza a norma del- lo statuto. Con questo ulteriore beneficio del Pontefice, fu da lui pur commutato ai cavalieri novizi l'obbligo delle carovane con altre occupazioni analoghe, che hanno luogo prima della professione re- ligiosa , e gli abilita ad aspirare alle cooiinende e ad altri benefi- zi, giusta il grado dell'anzianità.

Ridolfino Venuti nella sua Ro- ma moderna p. 542, tratta della Chiesa di s. Francesco d' Assisi a ponte Sisto, e dell'ospedale dei poveri sacerdoti, e narra, che aven- do Gregorio XIII comandato che la compagnia della ss. Trinità u- iiisse tutti gl'invalidi e vagabon- di, anche per forza , m qualche

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luogo dove si mantenessero con li- mosine, per levare, come dice il Panciroli a p. 3i4 de' Tesori na- scosti, l'occasione ai poveri di an- dare gridando per le strade e per le chiese turbando quei che face- vano orazione, abuso che avevano già procurato rimuoveje s. Pio V, e s. Carlo Borromeo, per l'irrive- renza che cagionava ai sacri tem- pli, servendo di fomite al vizio ed all'indolenza. Trovandosi dispo- nibile il convento presso la chiesa titolare di s. Sisto Papa nella via Appia, vi furono condotti in esso, e processionalmente sino ad otto- cènto cinquanta poveri. Essendo però il locale poco frequentato, ed incomodo per la sua distanza ai fratelli della compagnia , questa trasportò poscia i poveri in alcu- ne case vicino alla propria chiesa. In progresso di tempo trovandosi la compagnia molto aggravata dal ricevimento de' pellegrini e conva- lescenti, supplicò Sisto V acciò si degnasse sgravarla di questo nuovo peso. Allora Sisto V nel rione Re- gola, in fine della strada Giulia e presso il ponte Aurelio o Giani- colense, chiamato Sisto per essere stato riedificato da Sisto IV nel- l'anno 1587, con la spesa di trentun mila cinquecento settantadue scu- di, nel sito ove acquistò certe ca- se, con disegno del cav. Domenico Fontana fabbricò un ospizio con contigua chiesa sotto l'invocazione di s. Francesco d' Assisi, come u- mile e povero, e per averne egli professato l' istituto. Vi fece orato- rii, refettori!, dormitorii, orti, ca- mere, officine, e tutti i comodi op- portuni di spezieria fornitissima , non che un bell'orologio dalla parte del Tevere. Per rendite assegnò all'ospizio r antica gabella delle

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barche, navi, e navicelli che na- vigano pel Tevere tirati dai bufali, e della legna da fuoco, che a tale effetto impose, formandogli una rendita di annui novemila scudi, la quale si accrebbe per diverse pie lascile; e al dire del Venuti ampliarono e restaurarono il lo- cale la famiglia Laute, e il cardi- nal Renato Imperiali. Gli concesse vari privilegi, lo esentò da ogni giurisdizione di giudici, governa- tori, senatori, ec, da ogni gabel- la e decima: quindi autorizzò gli amministratori dello spedale di po- ter punire quei poveri che accat- tavano per Roma. Il prelato teso- riere, ed il commissario generale della camera ebbero una certa in- gerenza neir amministrazione dello stabilimento, a causa della quali- tà delle sue rendite. Sisto V ezian- dio collocò in luogo separato le donne bisognose, e volle che ivi i pellegrini si alimentassero per tre giorni; e dispose che l'amministra- zione del pio luogo si esercitasse annualmente da quattro persone ecclesiastiche o laiche, due nomina- te dal magistrato del popolo ro- mano, e due dalla confraternita della ss. Trinità de' pellegrini. Veg- gansi le costituzioni Quanivis in- firma, degli I I maggio iSSy, Bull. Rom. tom. IV, par. IV, p. 3o4; e Poslulat ratio, de' 6 settembre 1087, Bull. Rovi. tom. V, par. I, p. 2 r , con la quale Sisto V nel divisamento di liberare Roma da- gl'importuni questuanti, accrebbe d'annui ottocento scudi le rendile dello spedale, ov' erasi raccolta gran numero di poveraglia, ricavati da diversi piccoli benefizi soppressi. Inoltre il magnanimo Pontefice as- segnò allo stabilimento cinquecen- to scudi per quindici anni, che

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dovea somministrare l' ebreo vene- ziano Gabriele Magin ; scudi quat- tromila rica<vato di un nuovo da- zio imposto sulle carte da giuoco; scudi mille per l'altra gabella im- posta sugli stracci ; scudi duecento cinquanta sopra alcuni affitti del- la piazza Giudea, e la rendita di una mola del vicino ponte, oltre il sale che senza pagamento do- veva somministrare la camera a- postolica.

Morto però Sisto V l'opera pia deteriorò grandemente , e la cit- tà fu di nuovo inondata di pe- tulanti poveri ; indi nel Pontifi- cato di Paolo V fu eretta la ma- gnifica fonte che resta da un lato del prospetto esterno dell' edifizio, Ja quale descrivemmo nel voi. XXV, p. 17.3 del Dizionario. Ve- di Ponte Sisto. Divenuto Papa In- nocenzo XII, volendo effettuare l'u- tile divisamento di Sisto V, stabi- lì un Ospizio apostolico de'po^'crl invalidi, divisi in tre luoghi. Nel- r ospizio Sistino a ponte Sisto po- se i vecchi e le vecchie , dopo averlo nel 1692 riunito sAV Ospi- zio apostolico, ed il Piazza di- ce che nell'anno 1698 ve n'erano quattrocento; nell' ospizio di san Michele vi raccolse duecento ses- santa fanciulli; e nel palazzo late- ranense collocò le zitelle. Da que- sto stabilimento ebbe origine il grandioso Ospizio apostolico di s. Dlichele a Ripa (Fedi), nel quale Innocenzo XII concentrò gran par- te delle rendite dello spedale de- gl'invalidi o mendici fondato da Sisto V. Il p. Bouanni nella par- te III del Catalogo degli ordini religiosi, discorre del povero inva- lido di Sisto, e ce ne la figu- ra come vestiva. Il Piazza nel suo Eusevologio rowjawo, trat. 1, e. XIX,

GER parla dello spedale di s. Sisto dei poveri invalidi. Al precedente cap. XIV tratta dello spedale de' sa- cerdoti infermi a s. Lucia della chiavica, di cui fa d'uopo darne un cenno, perchè desso si unì al- l'ospizio Sistino de' poveri invalidi: prima però noteremo che Clemen- te XI successore d'Innocenzo XII, considerando che i poveri dell' O- spizio apostolico, divisi nei tre me- morati locali , per migliore vi- gilanza e governo era bene riu- nirli, incominciò la gran fabbrica di s. Michele a Ripa, e pei primi vi trasportò nel 1714 i vecchi e le vecchie dell' ospizio Sistino, per cui in questo luogo surse il men- tovato spedale de' sacerdoti, o col- legio ecclesiastico.

Gio. Antonio Vestri speziale, re- candosi all'arcispedale di s. Spiri- to ad esercitarsi in opere di ca- rità, discoprì fra gì' infermi un sa- cerdote suo amico che di lui ver- gognavasi , laonde divisò fondare un particolar luogo pei sacerdoti infermi, e l'effettuò presso la pro- pria abitazione a s. Lucia della chiavica, con l'acquisto di alcune casuccie. Morì nel 1 65o, quando già avea riunito dieci letti, ove cu- rava ed alimentava i sacerdoti ma- lati, lasciandone la direzione, e 1' am- ministrazione delle rendite di cui avea dotato il piccolo spedale, alla Congregazione de' cento preti e ven- ti chierici, quella stessa che diede il nome di Convitto de' cento preti all'edifizio a ponte Sisto quando ivi si stabilì. Tale nome fece cre- dere ad alcuni che nell' ospizio e spedale Sistino fosse eretto uno spe- dale per cento preti, ciocché non è mai stato, essendo ben diversa l' o- pera di detta congregazione isti- tuita l'anno i63i nella chiesa dei

GER

ss. Michele e Magno in Borgo, ad esempio di altre che fiorirono in Roma, come si legge in alcune i- scrizioni delle chiese de' ss. Cosma e Damiano, e de' ss. Gio. e Paolo. Essa è una congiegazione pura- mente spirituale, che ha per fine suiTragare le anime de' con frati alla medesima ascritti , dappoiché alla morte di alcuno di essi sacerdoti o chierici, recita l' uffizio de^ de- funti , celebra una messa solenne di requie, ed i preti sono tenuti dire una messa per l' anima del liapassato, ed i chierici di fare la santa comunione; e perchè non manchi il numero completo delle cento messe, e delle "venti comu- nioni, il nuovo aggregato deve su- bito applicare una messa se sa- cerdote, ed una comunione se chie- rico in suffiagio dell' individuo nel cui luogo è stato ammesso. Nel 1674 Clemente X approvò l'isti- tuzione del Vestri, concedendogli i privilegi degli altri luoghi pii di Roma; indi nel 1681 Innocenzo

XI gli accordò grazie spirituali ed indulgenze. Nel 1699 Innocenzo

XII con la bolla Ecclesìae Catlio- lìcae, trasferì 1 ospedale de' sacer- doti da s. Lucia, ad un palazzo in borgo dei Colonnesi. In seguito l'ospedale si unì al collegio eccle- siastico de' cento preti e venti chie- rici, ch'erasi stabilito nella chiea di s. Francesco d'Assisi, e fu diret- to da un cardinale, e da quattro deputati, fra'quali aveva sempre iuogo il canonico decano del ca- pitolo di s. Pietro, che lo gover- narono a mezzo dei padri delle scuole pie; ma quell'unione a poco a poco modificò ambedue le isti-

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tuzioni, e ne surse finalmente un ricovero per que' poveri preti che logori dalle fatiche del ministero, avessero bisogno d'assistenza e ripo- so, dicendoci il Viale nel suo lii- nerario di Roma, pag. 4^6 , che ivi vivevano preti in comunità, ed il Venuti che l'edifizio ad un tem- po fu abitato da preti, che in con- vitto riuniti pagavano la dozzina, e dai sacerdoti infermi. A' nostri giorni vi dimoravano dieci sacer- doti, che avevano stanza nell'edifi- zio Sistino, e baiocchi quindici al giorno , onde quando esso fu ce- duto all'ordine gerosolimitano, que- sto assunse di somministrare tale sussidio a dieci sacerdoti a nomi- na del cardinal vicario. Dappoiché a' 29 agosto i835 venne stipulata una convenzione fra il cardinal vi- cario di Roma, e il luogotenente del magistero, cioè di ricoverare l'ordine gerosolimitano otto sacer- doti, e di somministrar loro ba- iocchi quindici per ciascuno in o- gni giorno, e di pagare altrettan- to a due sacerdoti dimoranti nell'o- spizio di Tata Giovanni. Dopo que- sta convenzione fu dal Papa regnan- te concesso il locale, al modo che narrammo più sopra. In pari tem- po la congregazione decente pre- ti e venti chierici ritornò nella chiesa de' santi Michele e Magno in Borgo, partendo da quella di s. Francesco d'Assisi. Grato l'ordine gerosolimitano al donativo di detta chiesa e contiguo edilizio, a pe- renne memoria ivi eresse il busto in marmo del Papa regnante, sot- to del quale collocò la seguente marmorea iscrizione ;

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GER GER

GREGORIO . XVI . PONT . MAX.

ANTECESSORVM . MVNIFICENTIAM . AEMVLATO

QVOD

XENODOCHIO . SIELITENSI

MANV . HOSTILI . TANDIV . DISJECTO

ECCLESIA . AEDITIBVSQ . DONATIS

HAS . AEDES . SVFFECERIT

EQVITES . HIEROSOLYMITANI

ET

BAJVLIWS . CAROLVS . CANDIDA . ORDIXIS . MODERATOR

GRATI . ANIMI . ERGO . REIQVE . MEMORIAE

ANNO . MDCCCXXXV

La chiesa ha tre altari, il mag- giore è dedicato al titolare s. Fran- cesco d' Assisi, il quale ivi si vede egregiamente espresso dal cav. Ga- spare Celio romano , ed è rimar- chevole l'immagine di Sisto V in alto di orare; nel secondo oltre il quadro dell'altare si venera una divota immagine di Maria Vergi- ne sotto il titolo Rifugio dei pecca- tori, donata nell'anno i832 a que- sta chiesa da monsignor Alessandro Spada, allora decano della rota, poi cardinale : tal nome glielo pose il cardinal Zurla vicario di Roma, il quale commise la benedizione della sacra immagine a monsignor Giu- seppe Vespignani arcivescovo di Tiana, ora vescovo d'Orvieto, ed il popolo appena fu essa esposta nel i833 alla pubblica venerazione, di- mostrò verso r immagine partico- lare divozione, sia nel pio eserci- zio del mese Mariano, che in altri. 11 quadro poi dell'altare rappre- senta il beato Gerardo da Villa- magna frate servente d'armi, il cui culto immemorabile è stato rico- nosciuto dal Papa che regna. Nel terzo altare vi è un quadro rap- presentante s. Gio. Battista patro- no principale dell'ordine gerosoli- mitano, li soffitto è di legno guar- nito a cassettoni cou entro rosoni

rilevati, con dorature : nel centro di esso eravi una statua di legno rappresentante s. Francesco, alla quale è stato sostituito lo stemma dell'ordine gerosolimitano in pittu- ra. 11 ball Candida prepose alla cura della chiesa un sacerdote, col titolo di rettore del ven. ospizio ec- clesiastico, e fece restaurare oltre l'annesso edifizio tempio, con de- corosi abbellimenti, per cui ne fu fatto solenne apertura nel giorno del santo Natale del 1 835, cou mes- sa cantata ed accompagnata da scel- ta musica. Ad essa ast,istettero il venerando luogotenente cou l'abito di formalità, i cavalicii professi e di giustizia, e molti altri di recen- te ricevuti. Nel primo giorno poi del nuovo anno i836, dopo avere in detta chiesa adempiti agh ob- blighi di religione, il luogotenente unitamente ai suddetti cavalieri, si trasferì con nobile treno all' udien- za del regnante Pontefice per tri- butargli in nome di tutto l' ordine i più doverosi omaggi, ed esternar- gli nella ricorrenza del nuovo an- no il vivo desiderio per la lunga e felice di lui conservazione. 11 no- bile drappello vestito coll'uniforme, fu accolto da Gregorio XVI con sensi di speciale benevolenza, confer- mandogli la continuazione della sua

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protezione e tutela ad incremento e lustro dell'inclito ordine. Nel pri- mo giorno d' ogn' anno il luogote- nente coi cavalieri rinnova tali omag- gi, che prima pure praticava. Quin- di il medesimo Papa a' 1 1 del seguen- te febbraio si degnò fare una gra- ziosa visita a questa chiesa ed ospi- zio, ricevuto alla porta della chie- sa dal luogotenente, e da tutti i cavalieri tanto professi quanto no- vizi in uniforme. Il Pontefice dopo avere oiato nella chiesa, e veduti i miglioramenti eseguiti, si recò ad osservare il vasto contiguo locale da lui donato, ed in ispecie l'ospedale ivi stabilito, esprimendo al luogo- tenente ed ai cavalieri la sua piena soddisfazione. A ricordanza di tal visita il luogotenente eresse nel luo- go la seguente marmorea iscrizione:

l'immortale . GREGORIO . XVI . P . M.

ONORÒ . DI . SVA . PRESENZA

NEI, . GIORNO . Xn . FEBR ARO. MDCCCXXXVI

QVESTO . LOCALE . CHE . GENEROSAMENTE

HA . DONATO . AL . S . M . O . G.

In questa chiesa il luogotenente coi cavalieri si portano nel del- la Pasqua di Risuri'ezione ad adem- piere il precetto pasquale, e nel di della festa della natività del pre- cursore s. Giovanni Battista a rice- vervi egualmente la santa comunio- ne dal cardinale gran priore di Ro- ma, ed ordinariamente dal cardi- nal piotettore dell'ordine nella mes- sa che suole celebrare, la cui festa dall'ordine si solennizza con divota pompa. 11 venerando luogotenente vi si porta coi commendatori con- ventuali, e cavalieri professi e no- vizi in nobile treno , intervenendovi anche i commendatori e cavalieri di divozione, ed i cappellani con- ventuali : fra l'illustre drappello, e con le insegne dell'ordine ha vohi-

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fo prendere luogo talvolta anche d. Michele I di Portogallo, come talora hanno assistito alla (unzione il cardinal gran priore di Roma, e la principessa Maria Luigia Carlot- ta duchessa vedova di Sassonia, an- ch'essa insignita della gran croce del- l'ordine. Le altre comunioni che i mentovati personaggi per legge del- l'ordine fanno annualmente in det- ta chiesa, hanno luogo nei giorni di Pentecoste, dell'Immacolata Conce- zione di Maria Vergine, e del san- to Natale. Le altre pratiche religio- se prescritte dallo statuto sotto il titolo della chiesa, attese le varie vicende dell'ordine, e lo scarso nu- mero de' religiosi, sono al presen- te tralasciate, tranne la messa con- ventuale, cui in tutte le domeniche nell'istessa chiesa assiste il corpo dell'ordine residente in Roma. In questa chiesa nell'ottava del Cor- pus Domini, vi si celebra con de- coro la processione del ss. Sagra- mento. Nella domenica in Albis dei io aprile i836 nella medesima eb- be luogo la solenne professione del commendatore Gio. Antonio Cap- pellari della Colomba di Belluno, nipote del regnante Sommo Pon- tefice, già ricevuto cavaliere di giu- stizia nel priorato di Roma. A tale edetto il ball Candida luogotenen- te del magistero si trasferì con nobile treno in compagnia del no- vello candidato, e di tutti i ca- valieri professi e novizi alla chie- sa di s. Francesco. Ivi assisterono al santo sagrifizio, che venne cele- brato da monsignor de Cupis u- ditore di rota , e cavaliere geroso- limitano. Letta l'epistola principiò il sacro rito della professione, che fu riassunto e terminalo dopo la messa, giusta le cerimonie prescrit- te dagli statuti dell'ordine. Questa

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lelisiosa funzione riuscì corumo- vente, ed altreraodo decorosa. Vi iutervenuerp la primaria nobiltà, e molti ragguardevoli personaggi, i quali ascesero dopo nelle sale su- periori dell' ospizio per congratu- larsi col cavaliere di recente pro- fesso, e furono tutti trattati di lauto rinfresco , ed un concerto musicale eseguiva ad intervalli i più scelti pezzi di musica. L'esul- tanza di un giorno cosi segnalato pei cavalieri di s. Giovanni si re- se vieppiii memorabile per i' alto onore loro compartito da Grego- rio XVI, il quale volle che l'in- tiero corpo de' cavalieri, ed altri scelti personaggi , non che la sua nobile corte, sedessero secolui a mensa, imbandita nel nobile casino di Pio IV del giardino vaticano ; ammettendo alla sua destra il car- dinale Emanuele de Gregorio pro- tettore dell'ordine, ed alla sini- stra il ball Candida. Finalmente a voler far menzione di altre solen- ni funzioni celebrate nella chiesa di s. Francesco, diremo che ai 18 giugno 1837 il cardinal Odescal- chi vicario di Pvonia , vi battezzò l'israelita Isacco liiuto d'Algeri, imponendogli il nome di Carlo Leganori, essendone padrino il lo- dato luogotenente del magistero : vi assisterono il corpo de'cavalieri gerosolimitani , e la più distinta nobiltà. A' 2 3 aprile poi del 1841 nella stessa chiesa veunero con fu- nebre divota pompa celebrate l'e- sequie del marchese d. Giovanni d'Andrea, bali e gran priore di Barletta, e del bah fr. Francesco Porzio gran priore delle due Sici- lie, ambedue defunti in Napoli. Assistettero alla cerimonia il luo- gotenente , e i cavalieri professi , novizi, e di divozione, tulli rico-

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rioscenti verso i due trapassati, per l'impegno dimostrato nel ri- sorgimento dell' ordine nelle due Sicilie, del quale poi parleremo.

Ed eccoci all' epoca fausta per l'ordine gerosolimitano, della fon- dazione e riaprimento solenne del gran priorato pel regno Lombar- do-Veneto nella casa professa di s. Gio. Battista di Venezia, nella par- rocchia di s. Francesco della Vi- gna. Aveva il glorioso imperatore Francesco I lasciato la cura al suo degno figlio successore, il re- gnante imperatore Ferdinando I, di proteggere e sostenere possibil- mente il sacro ordine cavalleresco di s. Giovanni di Gerusalemme, il quale come abbiamo veduto tanto bene meritò di una gran parte di Europa pel corso della sua lunga durata, e tanto softer- se per le vicende de'tempi. Laon- de con sovrana risoluzione de' i5 gennaio i83g, e con imperiale pa- tente de' 5 gennaio 1841, Ferdi- nando I decretò la fondazione di un priorato nel regno Lombardo- Veneto per r adempimento delle sopraindicate intenzioni del suo au- gusto genitore, e per utile della nobiltà del suo regno, non che di quella di Parma , Lucca e Mode- na, di cui si dirà, che a questo nuovo gran priorato associaronsi ; quindi l'imperatore volendo dare un nuovo decoro all'illustre città di Venezia, anziché in qualunque altra parte del regno, vi fissò la sede piimaria. A contemplazione poi di specchiata prudenza, di e- sperienza molteplice negli affari, e di egregie doti dell'animo, il ve- nerando luogotenente del magiste- ro, a'2C) maggio 1839 nominò ba- li<j e priore pel regno Lombardo- A'eucto il suliodalo fr. Gio. An-

GER tonio Cappellari della Colomba , prescelto eziandio a cospicua di- gnità dall' imperatore e re Ferdi- nando I, con sovrana risoluzione. Non rimanendo che affrettare al- l' illustre città di Venezia il lieto istante di vedersi arricchita, per la munificente grazia dell'impera- tore, dì un nuovo fregio, nell'esse- re elevata al grado di perpetua residenza del gran priorato dell'or- dine pel regno Lombardo- Veneto, non che pei ducati di Parma, Mo- dena e Lucca , e di vedere cos\ riapeita quella commenda, le cui fabbriche erano pervenute all'or- dine fino dal i3i2, e dopo il ca- dere della celebratissima e pos- sente repubblica erano rimaste so- litarie e diserte; e questo fortuna- to istante spuntò coli' aurora del 5.4 giugno 1843, giorno sacro al- la solennità di s. Gio. Battista proteggitore dell'ordine gerosolimi- tano. La chiesa e le fabbriche del- la commenda in detto giorno si riaprirono al pubblico, e si mo- strarono in quella proprietà e de- coro cui erano stale predisposte, la mercè di assidue ed intelligen- ti cure del nuovo gran priore, e di grandioso dispendio dell' ordine che vi spese circa diecisette mila scudi. La chiesa specialmente qua- si fatta di nuovo , presentavasi col carattere di quella dignitosa semplicità, che distinguendola dal- la idea di chiesa parrocchiale od oratorio privato , la indicava per chiesa al tutto propria del cospi- cuo ordine , cui si riapriva. La croce della commenda ne ornò le pareli, messe a candido lucente stucco; due altari nobili fuiono e- retti, quello a destra coirimmagi- ne del beato Gherardo primo fon- datore dell'ordine, 1' altro a sini-

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stra con quella della Beata Ver- gine Immacolata, ed intorno furo- no stabiliti sedili di noce. In fon- do alla chiesa fu collocato il mi- rabile altare, opera impareggiabile del Sansovino, già appartenente al- la demolita chiesa di s. Geminia- no, ch'era rimpetto alla basilica di s. Marco. Fmalmente sulla por- ta della chiesa fu posto un nuo- vo organo, opera egregia dell'A- gostini padovano.

Radunatisi i cavalieri anticipa- tamente nelle stanze del priorato, procedettero coli' ordine del loro rango ad incontrare il gran prio- re al momento del di lui arrivo, e collo stesso ordine preceduti dal facente funzione di cancelliere e di cerimoniere vestito di nero, en- trarono a suo tempo in chiesa mu- nita di granatieri. Al suono della banda dell'imperiale regia marina, ed alle ore dieci antimeridiane, entrò in chiesa per la porta mag- giore il drappello di dieciotto ca- valieri in pieno uniforme, cui te- neva dietro il venerando gran prio- re, che aveva a lato il nuovo cap- pellano conventuale dell'ordine, l'abbate mitrato monsignor Pietro dottor Pianton prelato domestico e protonotario apostolico, che ve- stito in abito prelatizio a lui porse l'acqua santa. Due dame dell'or- dine avevano già preso posto in chiesa a mano destra entrando, presso i gradini del presbiterio, in cui alla parte del vangelo sedette- ro il gran priore, ed i commen- datori e cavalieri professi e di giustizia; ed a quella dell'epistola i commendatori titolari e cavalie- ri di onore. In linea della cappel- la, e dal lato priorale condecora- vano la solennità sua altezza im- periale il serenissimo arciduca Fé-

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clerico, e gli imperiali regi consi- glieri intimi di stato ; e dal lato opposto l'ipperial regio vice presi- dente di governo conte Sebregon- di, in assenza del conte governato- re, gl'imperiali regi consiglieri au- lici residenti in Venezia, le due primarie dignità del canonicale ca- pitolo patriarcale, gl'imperiali re- gi presidenti dei tribunali, gì' im- periali regi colonnelli della guarni- gione e della marina, e finalmen- te il console pontificio, tutti in a- bito di rispettivo loro uniforme. Il rimanente della chiesa era sta- to riserbato all'accesso del fiore della nobiltà, e delle più distinte persone. Avvicinandosi alla chiesa il cardinal Jacopo Menico patriar- ca di Venezia, due cavalieri per ordine del gran priore l'incontra- rono, ed entrato per la porta mag- giore, monsignor Pianton gli offrì l'acqua benedetta. Dopo breve o- razione , il cardinale intuonò il Feni Creator Spiritus, che fu pro- seguito dai cantori in musica, e col quale ebbe principio la funzio- ne. Quindi il cardinale prese po- sto al lato dell'altare presso il gran priore, il quale erasi vestito di toga nera di seta, ornata di croce bianca sulla spalla sinistra, distintivo del religioso suo mini- stero. Poscia vennero lette dal fa- cente funzione di cancelliere: i ." la sovrana patente con cui fu de- cretata l'istituzione del gran priora- to Lombardo- Veneto ; 2.° la bol- la con cui dal venerando luogote- nente fu nominato gran priore il venerando bali fr. Gio. Antonio Cap- pellari della Colomba; 3.° l'approva- zione imperiale di tal nomina. Pro- clamala così solennemente in faccia alle maggiori dignità ed al ceto no- bile tale istituzione del gran prio-

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rato e del gran priore, il cardinnle pas.sò in sagrestia per assumervi i paramenti per la messa : ed i com- mendatori e cavalieri in ordine di rango, si presentarono al gran priore uno ad uno a prestargli o- maggio, ed a ricevere l'abbraccia- mento di regola dal nuovo loro su- periore.

La messa del cardinale fu in fn- ma privata, servita da due cano- nici, ed accompagnala dal suono dell'organo, e dal canto di qual- che mollelto. Terminato il divino sagrificio, fu collocato il faldisto- rio in mezzo al piano del gradino dell'altare, dove il cardinale si as- sise, con mitra preziosa in capo, essendogli innanzi genuflessi due chierici, sostenenti uno la candela accesa, l'altro il libro con fodera di velluto rosso, su cui lesse la sua gratulatoria orazione, con di- gnità ed espressione analoga all'e- levato argomento, che sommamen- te intenerì e commosse gli uditori. Data egli un'idea dell'ordine ge- rosolimitano, della sua origine e del suo scopo di difendere cioè la cristianità dal furore saraceno, e di assistere gì' infermi, essendo ca- rità e valore il compendio de' suoi statuti; non che avendo dato un sunto importante della storia fecon- da di splendidi fasti, ne celebrò le glorie ricordandone alcune delle piìi sublimi azioni, ed encomiando ad un tempo gli eroi, ed i gran mae- stri da cui vennero operate, dicen- do che tali ferventi religiosi, ed intrepidi eroi, armati di ferro e di fede, alternarono con gli esercizi di pietà le gueiresche azioni. Ram- mentò che i campi della Palesti- na e della Siria , Rodi e Malta furono spesso gloriosi teatri di lo- ro vittorie; che i mari si squarcia-

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10110 in tutti i versi sotto i loio va- scelli; che i loro stendardi svento- larono temuti sulle isole dell'Arci- pelago, ed in altri luoghi; che i pirati barbaresclii si dileguarono dinanzi alle ioio galere; e che le coste dell' Africa tremarono più volte sotto il piede trionfante di questi formidabili propugnatori del nome cristiano. Parlò delle varie sedi dell'ordine, delle diverse sue vicende, e limarcando che nell'ul- timo funesto sovvertimento, che fu l'eccidio di tante ottime istitu- zioni, avea l'ordine gerosolimitano conservalo sempre un notlo ^i e- sistenza, e che ora sotto i poten- tissimi auspici di Gregorio XVI, e di Ferdinando I, andava mirabil- mente acquistando vita, estensione e decoro. Quindi il cardinale disse che dopo nove lustri veniva ridonato a Venezia uno de' suoi maggiori ornamenti, e che nella nobilissima e celebre città 1' ordine gerosoli- mitano riprendeva il posto, che gli conveniva fra quelle istituzioni, che si resero più benemerite della religione, dell'umanità, e della ci- vile coltura. Si congratulò per si- no colle mura per tanti anni mu- te e deserte della chiesa e del- l' ospizio, che gli sembrarono esul- tanti insuperbirsi nell' accogliere in seno gli antichi padroni, i quali con abbellirle già aveangli fatto sperimentare gli effetti del ricupe- rato dominio. Si congratulò anco- ra solennemente con il zelante luo- gotenente Candida per le sue lun- ghe e infaticabili cure coronate da felici e moltiplici successi, con il nuovo gran priore Cappellani degnamente elevato a s"i alto gra- do, col novello cappellano dell'or- dine Pianton di cui pure ne fece r elogio, e si congratulò coi com-

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mendatori, cavalieri, e dame del- l'ordine per l'incremento di que- sto. Finalmente encomiò ed animò lo zelo de'cavalieri, e confortò le speranze e i lunghi voti della cri- stianità, di vedere quest'ordine ristabilito negli antichi suoi uffici adempiere al nobilissimo fine del- la di lui fondazione, e terminò con implorargli fervorosamente lo appoggio valido del santo suo pro- tettore. Finita la dotta, erudita, elegante, ed eloquentissima orazio- ne, tra r entusiasmo, il plauso, e la commozione del nobilissimo con- sesso, il cardinale iutuonò il Te Deuin, che fu cantato con l'ac- compagnamento dell'organo, e con ciò ebbe termine tanta solennità. Allora il gran priore, i cavalieri, e le dame dell'ordine, entrarono per la sacrestia nella scala interna, ed ascesero nelle sale superiori. Da queste si avviarono ad incontrare il cardinal patriarca, che con l'ar- ciduca, i consiglieri intimi, e per- sonaggi invitati, passando per la galleria, cortile, e scala maggiore, si recarono nella gran sala e stan- ze priorali, decorate dei ritratti di Gregorio XVI, di Ferdinando I, dell'arciduca principe viceré Pia- nieri, e del benemerito quanto il- lustre luogotenente del magistero bab fr. Carlo Candida. Lieto il gran priore della felice riuscita della funzione, e di sua installa- zione nel gran priorato, offri agli invitati un nobile e splendido rin- fresco, ravvivato dal frequente suo- no della banda militare. Noteremo per ultimo, che recandosi in Ro- ma nel 1844 il nobile Taddeo Scarella di Venezia , cavaliere e segretario capitolare del gran prio- rato Lombardo- Veneto, e dal re- gnante Gregorio XVI decorato delle

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croci di commendatore degli ordi- ni di s. Gregorio, e dello sperone d'oio volgjirmeiite ora chiama- lo di san Silvestro, il medesimo Papa gli consegnò un bellissimo calice con patena tutto d'oro col pontificio stemma , per offrirlo alla detta chiesa gran priorale di Venezia , come si legge nella i- scrizione che fece incidere sot- to la base. Non ha guari si è pubblicato la suddetta orazione con questo titolo: Per la fondazione del gran priorato di Malta in Fé- uezia, discorso letto da sua Emi- nenza il cardinale patriarca nel eh XXIV giugno MDCCCXLIII. In Venezia presso la tipografìa E- miliana MDCCCXLIV.

Gii esempi luminosi di Gregorio XVI, e di Ferdinando I dell'alta pro- tezione a vantaggio del sacro mili- tare ordine gerosolimitano, non po- tevano non eccitare una generosa emulazione, il perchè Ferdinando li re delle due Sicilie, e l'arcidu- chessa d'Austria Maria Luigia du- chessa di Parma, Piacenza e Gua- stalla lo ammisero nuovamente nei i84o nei loro stati. Quindi nel medesimo anno, e con decreto dei 12 giugno il duca di Lucca Car- lo Lodovico, per dimostrare la sua stima e la sua benevolenza verso un ordine che per l'attaccamento alla causa de' troni sostener dovet- te il peso delle passate vicende, ordinò il suo ripristinamento nel suo stato. Dopo avere l' encomia- ta arciduchessa ripristinato 1' ordi- ne dotandolo di tre commende, eccitossi nelle cospicue famiglie del suo ducato il desiderio di appar- tenervi, e ne' cavalieri già ricevuti colà dimoranti lo zelo di professar- ne il religioso istituto, fra' quali noajiucremo il marchese Ricorda-

GER no Malaspina di Parma, che tra- sferitosi in Roma , emise nella chiesa di san Francesco la sua solenne professione a' 3 i gennaio i84i, facendo i voti nelle mani del luogotenente del magistero. Questi nel recarsi in detta chiesa nel medesimo anno a solennizzare la festa di s. Gio. Battista, dopo avere ricevuto coi cavalieri profes' si e novizi, di divozione e cappel- lani conventuali il pane eucaristi- co dal cardinale gran priore di Roma, pubblicò il seguente decre- to, che nella vigilia del santo avea ricevuto.

" Francesco IV, per la grazia di Dio, duca di Modena, Reggio, Mirandola, Massa e Carrara ec. ec. arciduca d'Austria, principe reale d'Ungheria e di Boemia."

» Disposti a secondare le do- mande a noi avanzate dal bali Candida attuale luogotenente del gran magistero dell'ordine di s. Giovanni di Gerusalemme, ordinia- mo quanto segue. "

« Art. I. L'ordine di s. Gio- vanni di Gerusalemme è ammesso nei nostri stati. "

» II. I nostri sudditi potranno, previa la nostra approvazione nei singoli casi, essere ricevuti cavalie- ri, e fondare commende tanto di giustizia, quanto di giuspatronato, nei modi da concertarsi coi supe- riori dell'ordine. "

w III. Assegniamo all'ordine due commende di giustizia del reddito di duecento zecchini ciascuna, par- te in terre, e parte in cartelle sul- lo stato, da fondarsi l'una nella provincia di Modena, e l'altra nel- la provincia di Reggio, e da con- ferirsi per la prima volta a nomi- na nostra, e in seguito dall'ordi- ne a' nostri sudditi, aventi le qua-

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iitìi da riconoscersi dall'ordine per essere cavalieri professi di giusti- zia, riservando per noi e nostri successori l'approvazione della scel- ta dei nuovi commendatori, non che la reversione delle suddette ter- re e cartelle, se mai per impre- vedibili casi venisse a cessare l'or- dine."

« IV. Anche le commende fon- date dai privati nei nostri stati, quando per estinzione di famiglia passino all'ordine, dovranno essere conferite ai nostri sudditi e colla nostia approvazione. "

» Tutte le suddette commende saranno riunite al priorato Lom- bardo-Veneto; ma i nostri sudditi non potranno aspirare ad altre commende, fuori di quelle superior- mente accennate. "

" Dato in Modena dal nostro ducale palazzo questo giorno i5 giugno 1841."

« Francesco. » Gaetano Gamorra >> Segretario di gabinetto. Nel medesimo anno il regnante Gregorio XVI affidò all'ordine gerosolimitano la direzione dello spedale pei militari pontifìcii d'o- gni arma, che si apri nel locale dell' ordine a ponte Sisto, dappoi- ché l'accrescimento de' malati nei pubblici arcispedali di Roma, e lo aumenta della guarnigione milita- re in qu&sta città fece conoscere al superiore governo la convenien- za di avervi un ricovero speciale pei soldati infermi. Dopo avere il Pontefice richiamato a vita l'or- dine gerosolimitano, nel momento appunto eh' era moribondo, lo col- mò di beneficenze , fra le quali il memorato donativo del vastissi- mo locale con chiesa e rendita, posto a ponte Sisto, ad oggetto che

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ivi potessero i cavalieri esercitare le loro religiose funzioni ; ed istan- cabile il benefico Papa nel voler sempre piìi migliorare la sorte dell'ordine, e volendo che si eser- citasse nel primitivo suo istituto ospitalario, si degnò invitarlo a ciò con affidargli esclusivamente in Roma l'ospedale militare per le sue milizie d' ogni arma, ove si ri- cevessero e curassero gì' infermi delle medesime milizie di Pioma e della Comarca. Le parti convenne- ro mediante il contenuto di quan- to fu stipulato con particolare con- venzione nel 1840 a' 19 otto- bre, tra il commendatore ora ba- Ti fr. Alessandro Borgia^ per l'or- dine gerosolimitano, e monsignor Giacomo Amadori Piccolomini pre- sidente delle armi , pel governo pontificio. Appena il vigilantissi- mo balio Candida apprese il so- vrano desiderio, e ravvisando il duplice scopo che racchiudeva, si accinse a fare ridurre i locali a ponte Sisto, già da lui ricevuti in dono, senza risparmio di fatiche, di spese, riunendo le poche forze e mezzi di cui poteva dispor- re la religione gerosolimitana nel- r attuale suo stato di ristrettezza ; sicché colla spesa di circa trenta- mila scudi lo approntò in brevis- simo tempo per 1' uso indicato, e lo forni d'ogni necessario corredo per ricevervi in quattordici sa- le, e curarvi fino a cinquecento militari inferrai, per ciascuno dei quali il governo pontificio si ob- bligò pagare all'ordine paoli due per ogni giornata di presenza d'in- feimo, cioè per ogni trattamento, mentre prima si pagava diversa- mente per cadaun militare mala- to, secondo gli ospedali civili in cui erano ricevuti. Quindi il vene- '9

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rabile luogolenente Candida pel j-egolare ordiuamento dell'ospeda- le, come su'premo ed indipendente superiore di esso, foimò un rego- lamento organico disciplinare in settantasette articoli, che dopo a- verlo approvato e sottoscritto ai 20 maggio i84ij fece pubblicare in un opuscolo con questo titolo: Regolamento per lo spedale del S. III. ordine gerosoliniiiano sotto la suprema direzione di S. E. il sig. luogolenente balio Candida, Piotna dalla tipografia Gismondi i84'- Vedendosi il venerando luogole- nente al punto di essere in grado di aprire lo stabilimento, siccome condotto al suo termine, supplicò il Pontefice Gregorio XVI di vo- lersi degnare di visltailo e bene- dirlo anticipatamente. Annuendo a ciò il Papa, a' 16 agosto 1841 si portò colla sua nobile corte allo spedale militare gerosolimitano a ponte Sisto, ricevuto dal balio luo- gotenente, e da tutti i cavalieri professi, che novizi e di divozio- ne. Ascese alle diverse sale e cor- sie superiori, nelle quali ripartita- mente trovò collocati cinquecento letti, corredati di tutte le suppel- lettili ed arnesi necessari per al- trettanti individui. Visitò le varie officine, ed ogni parte del vasto locale a seconda della sua desli- uazioue; e da per tutto ammirò il buon ordine e la regolare dis- posizione. 11 Pontefice esternò al luogolenente la sua soddisfazione e gradimento, e degnossi in pari tem- po di couiparlire la sua benedizio- ne alle varie sale destinate per gli infermi , sanzionando 1' apertura dell' ospedale pel primo del seguente settembre, siccome ebbe effetto. ]Ma dipoi il bali luogote- nente avendo dovuto conoscere co-

GER me gravoso a sostenersi dal suo ordine questo peso, pel numero de'malati, la cifra media de' quali (■ ascesa al numero 2^0, per le gravi e molteplici cure che richie- deva il delicato impegno da esso assunto, si determinò di umiliare al santo Padre ripetute istanze perchè si degnasse di accettale la rinunzia dell'ospedale militai'e, e di dichiarare risoluto il contralto sti- pulato a questo oggetto. Sua San- tità si degnò di benignamente an- nuire alle istanze del venerando luogolenente, e negli ultimi tre giorni del mese di ottobre iH44 fu evacualo l'ospedale gerosolimi- tano, ed i militari infermi, meno alcuni pochi gravemente malati, i quali rimasero nel medesimo ospe- dale, furono tutti trasportati nel- l'arcispedale di s. Spirilo in Sassia, e collocati nel magnifico braccio detto di s. Carlo, fabbricato sotto il pontificato di Pio VI.

A voler far menzione delle co- se principali riguardanti 1' ordina- mento dell' ospedale, a seconda dei regolamenti mentovati, diremo che ciò che spettava all'interna disci- plina , essa in molte parti era diversa da quella che praticasi ne- gli spedali civili di Roma. In que- sto spedale erano curati e ritenuti fino al termine della loro conva- lescenza i soldati pontificii di qua- lunque arma , stanziati in Roma o nella provincia romana della Co- marca, i quali si ritrovassero af- fetti da qualsiasi malattia. I ma- lati di cura medica erano divisi da quei di cura chirurgica ; i con- tagiosi e gli affetti da scabia o da tisi avevano sale pailicolari. Una camera munita d'inferiiate, custo- diva i soldati infermi sotto pro- cesso. Sebbene nell'ospedale si ri-

GER cevessero i soldati dal sargente in giù, vi erano luoghi destinati agli ufiiziali, ed altri impiegati mi- litari, clie avessero voluto esservi cu- rati. Vi erano delle sale pei con- valescenti, i quali prima manda- vansi alla ss. Trinità de' pellegrini: vi furono fatti i bagni tanto ad acqua die di vapore, la spezieria, e tutlociò che abbisogna a simili i- slituti. L'ospedale aveva un com- mendatore dell' ordine superiore locale, un vice - superiore per la disciplina, un cavaliere prodorao per l'amministrazione, diversi ca- valieri per l'assistenza, un sacerdo- te priore, un vice-priore, ambedue scelti fra i cappellani conventuali deir ordine, per le cose spirituali, cui erano aggiunti a loro due cap- pellani. II servizio sanitario poi e- ra disimpegnato da tre professori consulenti uffìziali sanitari superio- ri, da due medici, e da due chi- rurghi primari, da due astanti me- dici e due chirurghi, da quattro flebotomi ec. I primari e gli a- stanti, non che i flebotomi veniva- no accresciuti nell' ospedale secon- do l'aumento de' malati. Inoltie e- ranvi il maestro di casa, due com- putisti, il guardaroba , dodici in- fermieri che aumentavansi secondo il bisogno , il portinaio , il cuoco co' suoi aiutanti, ed altri inservien- ti. Tutti questi individui che com- ponevano la famiglia dell' ospedale erano nominati dal luogotenente generale dell' ordine. Ogni mattina vi era la messa nelle sale, essen- dovi due altari nei due diversi piani, oltre di che vi era la mes- sa eziandio ogni mattina nella chie- sa annessa, pei convalescenti; cia- .scun infermo doveva confessarsi nei primi due giorni del suo ingres- so, ed a questo fine oltre i coa-

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fessori del luogo si ammettevano quei religiosi o sacerdoti secolari che sogliono visitare i malati ne- gli altri spedali civili, e prestar lo- ro spirituale assistenza . 1 cadaveri erano trasportati dopo ventiquat- tro ore dalla morte, coli' accompa- gno di un sacerdote, al cimitene di s. Spirito. Gli astanti in eserci- zio ed i flebotomi vestivano con un soprabito di panno turchino, colla croce bianca dal lato sinistro del petto: però i primi al soprabito avevano aggiunte le code, ossia ma- niche finte. Gli infermieri se erano militari ritenevano il loro imifor- me, e per distintivo avvolgevano in un braccio un pezzo di panno rosso con sopra una croce bianca. La famiglia di qualunque specie aveva i suoi convenienti salari, tutta alloggiava nel pio luogo, e- sclusi i medici primari ed i con- sulenti, non che il maestro di ca- sa e i computisti; ma non il vit- to, perchè tutto ciò che usciva dalla cucina doveva essere pegli infermi, per evitare a loro pregiu- dizio qualunque abuso. Le opera- zioni di alta chirurgia erano ese- guile dopo un consulto, da uno de' chirurghi consulenti, o de'pri- mari. Nello spedale erano di guar- dia alternativamente un medico astante, un astante chirurgo, un fle- bolomo,e non meno di tre infermieri. I medici ed i chiiurghi primari visi- tavano gl'infermi due volte al gior- no, e i consulenti quattro volte la settimana. Una volta il mese tene- vano col luogotenente del magiste- ro, col commendatore superiore, e col direttore generale della sanità militare , un congresso su tutto- ciò che riguardava l'ospedale, e i miglioramenti da introdursi. Si te- nevano inoltre tre congressi per

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settiinaDa col cotnmendatore supe- riore, cavalj,er piodomo, priore, e consuleDti ; ed uua volta la setti- mana, coi medici e chirurghi pri- mari, e gli astanti. I corpi milita- ri ohe in questo ospedale avevano ricetto, erano i carabinieri, e i bersaglieri a piedi che a caval- lo, gli artiglieri, i veterani, i gra- natieri, i fucilieri, gli ausiliari di riserva, i cacciatori a piedi ed a cavallo, i dragoni ed i finanzieri. Tutti gli ufficiali militari poteva- no ispezionare 1' ospedale: ve ne era uno addetto particolarmente a questo incarico, oltre l'ispezione che facevano il direttore generale delia sanità militare, e gli altri in- dividui alla medesima appartenen- ti. Ogni anno si pubblicava con le stampe la statistica de' militari infermi curati nell'ospedale, colle rispettive distinzioni; l'ultima che è dal primo settembre 1 842 a tut- to dicembre i843, porta questo confronto. Militari restati in cura ai 3i agosto 1842 numero 486. Malati entrati dal primo settem- bre 1842 a tutto dicembre i843 ìiumero /^^iSi: totale de'malati 4668. Guariti numero 4262; mor- ti i53; restati nell'ospedale tra convalescenti e malati i53. Nel •1844 coi tipi della tipografia ca- merale, il dottore Fortunato Ru- de), che fu medico assistente nel medesimo ospedale, ha pubblicato in Roma un opuscolo, dedicato al balio fr. Carlo Candida, che porta questo titolo: Esposizione delle ma- lattie mediche curate nell'anno j 843 nello spedale nnlilare del S. M. O. Gerosolimitano.

Ne! .'843 in Pioma dalla tipo- grafia delle Belle Arti, si pubblicò V opuscolo che porta per titolo : Riiplo delll cavalieri^ cappellani

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com'entunli, e serventi d'anni ri' cevutl nella veneranda lìngua d'I- talia del sovrano ordine gerosoli- mitano, e delli cavalieri, delle da- me di divozione , cappellani d' ob- bedienza, e donati, nei limiti di ciascun venerando gran priorato. L'ordine gerosolimitano al presen- te ha due sole lingue, l'alemanna con un priorato, e 1' italiana con tre priorati. Il priorato di Boemia fa parte della lingua d'Alemngna. Dopo la soppressione del priorato d'AIemagna in tempo del governo francese , le commende sparse nei vali domiuii tedeschi furono de- maniate, e rimaste solo quelle del- l'imperiai casa d' Austria, esistenti nel circolo di Boemia. Questo si compone d'un gran priorato, e di varie commende che si conferisco- no ai cavalieri professi, la cui amministrazione è soggetta al luo- gotenente del magistero residente in Roma, come gli altri priorati. Coli' autorità di detto Ruolo dare- mo qui un cenno statistico degl'in- dividui componenti ciascuno dei tre priorati della lingua italiana, che sono quello di Roma, il Lombar- do-Veneto, e delle due Sicilie, pre- mettendo un cenno storico del gran priorato di Boemia, oltre quanto di sopra si è detto.

L' imperatore Carlo V nell'an- no 1546 conferì al gran prio- re della lingua alemanna la di- gnità di principe dell'impero, con- cedendogli un seggio nella dieta germanica nel banco de' principi ecclesiastici, e luogo negli stati del circolo dell' alto Reno. In seguito a norma delle disposizioni favore- voli contenute nel rescritto della dieta dell'impero del i8o3, pro- vocato principalmente da Paolo I imperatore di R.ussia, allora prò-

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tettore e gran maestro dell'ordine, i beni del gran priorato non fu- rono secolarizzali , e in cambio di quelli ch'erano situali sulla riva suiistra del Reno, undici miglia quadrate, 19,800 abitanti, 1 43, 000 fiorini di rendita, gli furono as- segnate r abbazia de' benedettini di san Biagio , e le abbazie di Trudpert, Schuttern, s. Pietro, e Tennenbac, dieci miglia e mezzo quadrate, 3O5800 abitanti, 1545OOO fiorini di rendita, a patto che pa- gasse i debiti che i principi ve- scovi di Basilea e di Liegi aveva- no contratto nelle politiche vicen- de, quando eransi allontanali dalla Francia e dalla Russia. La resi- denza del gran priore, a quell'e- poca fr. Ignazio Baldassare barone di Rinck di Baldenstein, era Hei- tersheim in Brisgovia. La pace conchiusa in Presburgo a' 7.5 de- cembre i8o5 diede la contea di Bondoif, già proprietà dell'abbazia di s. Biagio al regno di Wiirtem- berg, novellamente creato da Na- poleone. L' atto della confedera- zione del Reno, con l'articolo XIX, diede il principato di Heitersheim al granducato di Baden ; il trat- talo de' 25 settembre 180G diede al granducato di Wiirzburg tutti i beni dell'ordine, il quale fu sop- presso con editto degli 8 setlem- bre 1808 in Baviera, il cui re aveva nel 180-2 istituito un prio- rato pei beni dell' ordine in quel paese, e aveva assicurato esso ordi- ne della sua particolare prote- zione in una convenzione fatta col gran priore li 28 gennaio dell'anno 1806. Un decreto del re di West- falia de' 16 febbraio 1810 lo sop- presse anche in quel regno di no- vella fondazione; i beni di esso fu- rono assegnati come rendita della

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corona di Westfalia. Nel Wiirtem- berg colle rendite delle commende dell'ordine gerosolimitano nel 18 io si formò la dotazione dell' ordine del mei-ito militare. Il re di Prus- sia a'23 gennaio 181 1 con edit- to dichiarò soppresso l'ordine ge- rosolimitano nel territorio di Bran- deburgo e di Sonnenburgo j in- di istituì r ordine di s. Giovanni di Prussia [Pedi). Al presente l'Au- stria possiede la corte dei cavalie- ri di s. Giovanni nella città libe- ra di Francoforte: essa n'è assolu- ta sovrana , a seconda di quanto rimase stabilito di comune con- sentimento delle potenze europee, e conforme risulta dall'articolo 5t dell' atto del congresso di Vienna. 11 conte Edmondo di Coudenhove cavaliere professo di s. Giovanni ne gode l'usufrutto. L'ordine geroso- limitano non ha conservato altro in Germania se non che il gran priorato in Boemia, con più delle commende in Austria, in Moi'avia e nella Slesia prussiana.

Gran priorato di Roma, i cava- lieri di giustizia sono venticinque, fra'quali due gran priori, compre- so il cardinale ; due bah; cinque commendatori , quattro de' quali professi. II priorato di Roma ha il baliaggio di s. Sebastiano isti- tuito da Urbano Vili per la sua famiglia Barberini , con ventotto commende, compresi otto commen- datori di giuspatronato, e sono: di s. Croce e s. Benedetto di Mugna- no camera magistrale; di città di Castello , ossia s. Giovanni di Ri- gnaldello; di s. Giustino di Peru- gia ; di Bettona e Ferrentino ; di s. Croce e san Cassiano di Peru- gia; di s. Filippo d'Osimo; di s. Cristoforo del Chiusi ; di s. Luca di Perugia; di s. Giacomo di Nov-

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eia, e di s. Apollinare di Todi ; di Sassoferrato e s. Marco di Fa- no ; di Carbonara, con i membri di s. Luca 'di Viterbo, e s. Ba- silio di Rieti; di s. Magno di Grado- li; d'Acquasparta; di s. Maria di Colleraodia, ossia della ss. Annun- ziata; di Fiorucci; di Santinelli ; di Toma Portocarrero; di s. Gio. d'Orvieto; di Grillo Mondragone; di Borgia; di Torlonia; di s. Maria di Brufa, ossia Bracceschi ; Cico- gnara; Podaliri; Romagnoli; Caccia; e Taaffe. I cappellani conventuali sono sette, cinque de'quali professi. Le commende destinate pei cap- pellani e pei serventi d'armi, sono tre, cioè: di s. Maria delle Grazie di Castel-Araldo; di s. Pietro di Marta di Castel- Araldo; e di s. Giovanni Pre di Genova. I gran croci di disozione sono due: il prin- cipe d. Francesco Barberini, titola- re del baliaggio di s. Sebastiano, fatto con bolla de' 5 agosto 1822, ed il cardinal Giacomo Filippo Fransoni, dichiarato con bolla dei 22 mar/o 1843, come protettore del medesimo sacro militare ordi- ne gerosolimitano. I cavalieri di di- vozione sono quarantaquattro, tra i quali i cardinali Ferretti, Vanni- celli, e Mattei, i principi Orsini senatore di Roma, R.uspoli maestro del sacro ospizio, Boria, ed Al- tieri, ec. ec. Le dame decorate della croce di divozione sono nove. I cavalieri ricevuti nell'ordine, che sono passati ad altro stato , uno. Finalmente i cavalieri di giustizia e cappellani conventuali, morti do- po l'impressione del ruolo del 1823, sono diecisette. In considerazione che il priorato di Roma ha sede nella capitale del cristianesimo, re- sidenza del sommo Pontefice, e che il gran priore è sempre un

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cardinale, ci permetteremo sul me- desimo priorato alcuna notizia.

Nel rione XII R.ipa, sul monte Aventino, e nell'estrema sua parte al sud ovest, vi è la chiesa di s. Maria del Priorato^ Aventinay o Aventtnese, ed Avenlinense , cosi detta per appartenere al gran prio- rato di R.oraa dell'ordine gerosoli* mitano, e per essere situata nel detto celebre monte. Essa è fon- data sopra alquante rovine anti- che, che da alcuni scrittori, come dal Panciroli ne Tesori nascosti, a p. 4"7> erroneamente sono credute quelle del tempio della buona Dea sorella di Fauno, ei-etto dalla ve- stale Claudia, alla quale come di- ce Fioravante Martinelli , Roma ricercata, p. 72, sagrificavano solo le donne, essendo agii uomini proi- bito Tingresso nel tempio. Alcuni chiamano questa chiesa col nome di S.Basilio al monte Aventino, perchè in origine dedicata a quel patriarca de'monaci d'oriente, ed altri, e me- glio, di s. Maria Aventinense e s. Ba- silio. Dell' antichissima sua origine se ne ignorano positive notizie ; qualcuna di poca importanza se ne legge nel Nerini, De tempio et coenobio ss. Bonifacii et Alexii. 11 p. Mabillon, Ann. Ben. tom. IV, lib. 58, n." 61, scrive: » Quod at- tinet ad monasterium Beatae Ma- ria© in Aventino, ubi Hildebran- diis (che fu poi s. Gregorio V II, Vedi) sub Avunculi abbatis disci- plina monasticon professus vide- tur, obscura est ejus origo , quod modo redactum est in prioratus militum hierosolymitanorum ". E indubitato che la chiesa fu abbazia con monistero di monaci basiliani, anzi fu una delle venti antiche abbazie privilegiate di Roma, i cui abbati assistevano il sommo Ponte-

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fice, quando celebrava nella basili- pistole. Però Fiora van te Martinel- ca iateranense, quando visitava le li nella Roma ex ethnica sacra, stazioni, ed in alcune solenni prò- che pubblicò nel i653, a pagi- cessioni. Per tale si legge la chiesa na 186 narra che a destra dei- di s. Maria in Aventino nel cala- 1' ingresso del tempio vi era un'ur- logo delle abbazie di Pionia di Pie- na, con questa iscrizione. + Hic tro Mallio, presso il detto p. Ma- recondilnni est caput s. Savìni billon , nel DIus. Italie, tom. II, Spolelini episc. et mnrt. et costa p. 160; in Giovanni Diacono, che s. Caesarei mart. et sanguis s. dice inoltre riposarvi il corpo di Sfhastiani mart. -{- et reliquiae ss. s. Savino vescovo ; nel catalogo Quadraginta. Il quadro dell'altare del cardinal Baronio, ed in altri maggiore rappresentava anticamente autori. Già nel i32o apparteneva la Beala Vergine IMaria, Gesù bara- all'ordine gerosolimitano, con con- bino, e s. Gio. Battista, dipinto di tiguo convento, e dignità di prio- Andrea Sacchi: al presente in detto rato di Roma, della lingua ita- unico altare vi è la figura di stucco liana, con pingui rendite. Il più di s. Basilio sostenuta dagli angeli in antico restauro ed abbellimento atto di portarlo in cielo; avvi pure fatto alla chiesa che si conosca in un ovato, e di stucco, l'iramagi- è del Papa s. Pio V, il quale fé- ne della Beata Vergine, con Gesù ce pure riedificare l'abitazione an- bambino, e s. Giovanni Battista, ressa ov'erano buoni quadri. In se- 11 ciborio è di marmo, con la cu- guito ne curarono 1' edifizio con stodia, ove si ripone il ss. Sagra- restauri ed ornati diversi gran mento, di metallo dorato. La chie- priori , e particolarmente i cardi- sa è ad una sola nave, ripiena di nali Benedetto Pamphily, Bartolo- stucchi con bassorilievi ed ovati, meo R.uspoli , e Girolamo Colon- con le figure dei dodici apostoli , na, il quale vi operò magnifici mi- con la volta pure ricca di ornati, glioramenti. Nel 1765 il cardinal con l'immagine di s. Gio. Battista Gio. Battista Rezzonico la ridusse protettore della religione gerosoli- poi nello stato in cui oggi si ve- mitana. In questa chiesa si osser- de, valendosi dell' opera dell'archi- va la sepoltura del nominato ar- tetto cav. Gio. Battista Piranesi, chitetlo Piranesi, artista assai rino- che la sopraccaricò d'ornamenti di mato per le sue molte e preziose ogni sorta, e di stucchi, nell'in- incisioni in prospettiva delle anti- terno, che neir esterno. Ridolfino chità romane, i di cui rami origi- Venuti nella Roma moderna a p. nali sono al presente nella calco- 884, dice che ne'restauri del car- grafia camerale. La di lui statua dinal Rezzonico, fu trovata sotto di marmo bianco vestita alla fog- li piano della chiesa un'urna con già degli antichi, è lodata scultura antica iscrizione, conlenente le re- di Giuseppe Angelini romano, che liquie di s. Abbondio e di s. Sa- rappresentollo con la pianta della vino, del qual santo s. Gregorio medesima chiesa in mano. Alla I mandò alcune reliquie, cioè del- dritta di chi entra nella chiesa in- le fascie che avevano toccato il di contrasi il monumento sepolcrale lui corpo , al vescovo di Fermo del vescovo Spinelli, il cui cadave- Passivo, come leggesi nelle sue e- re è racchiuso entro un sarcofago

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antico, in cui vcdesi scolpila la dea ^fine^va con le nove muse, e l'effigie di quello al ^quale il sarcofago ap- partenne, con un volume in ma- no, perchè forse poeta. Nelle fian- cate vi sono sedenti Pitagora in atto di osservare il globo celeste , come nelle medaglie di Samo, ed Omero co' suoi poemi espressi sim- bolicamente. Entro le altre nicchie stanno collocati i depositi di alcuni gran maestri e gran priori di Ro- ma, di cui facemmo superiormen- te menzione, e dei cavalieri gero- solimitani, alcuni con figure, di Fa- brizio Garafa principe di Rocella, di Giovanni Diedo patrizio veneto, di certo Serpando, di Aldobrandino Aldobrandini romano gran priore, e del cardinal Gioachino Ferdi- nando Portocarrero gran priore di Roma e vescovo di Sabina, con deposito di marmo, con due putti che sostengono il suo ritratto in quadro tondo, ed eseguito in mo- saico. Dice il Panciroli che antica- mente in questa chiesa per la fe- sta dell'Assunzione, festa titolare di essa, vi concorreva molto popolo.

Il sito per la sua eminenza è delizioso, domina il Tevere dalla parte delle Marmorate, luogo ove si scaricano i marmi, si gode la vista tanto di Roma antica che della moderna, appartenendo al priorato l'annesso ameno giardino.

Serie dei gran priori di Roma dell'ordine gerosolimitano , con- ferendosi anticamente dall' ordine ai soli cavalieri professi, prima che i Papi concedestero il prio- rato in commenda al cardinali, le biografie de' quali sono ripor- tate ai loro articoli.

i32o. Fr. Pietro da Imola beato.

GER segretario dell'imperatore Lo- dovico di Baviera.

I 346. Fr. Giovanni di Rivara pie- montese, gran priore ad un tempo di Roma, di Pisa, e di Venezia.

j365. Fr. Bartolomeo del Benino fiorentino.

1373. Fr. Gherardo Rudini.

1379. Fr. Roberto Diana seniore di Messina.

i384. Fr. Pietro Pignate : nella iscrizione del suo sepolcro è- sistente nella chiesa priorale, egli è chiamato fr. Bartolomeo Carafa priore di Roma e di Ungheria, maestro di casa di Innocenzo VII, luogotenente del magistero, e senatore di Roma sotto Bonifacio IX, mor- to nel 1 4o5.

i4i6. Fr. Stefano Gaetano.

i434- Fr. Faentino Quirini vene- ziano, gran priore di Roma e di Venezia.

i434- Fr. Lorenzo Orlandi gran priore di Roma, dignità che godè pochi giorni come il pre- cedente.

1439. Fr. Roberto di Diana giunio- re di Messina, ch'essendo in- fermo, fu fatto governatore del priorato fr. Battista Orsino.

1446- F^'- Giovanni Battista Orsi- ni romano, dei conti di Gra- vina, gran priore di Roma, poi divenne gran maestro.

1457. Fr. Cencio Orsini romano, gran priore di Roma e di Capua, e commendatore della gran commenda di Cipro, e di quella di Verona. Stabili una lega tra il re di Napoli, la signoria di Venezia, e la religione gerosolimitana , nel portarsi in pellegrinaggio a s. Giacomo di Galizia, e poscia

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fu fatto ambfisciatore e luo- gotente del gran maestro in Italia. j5o4. Fr. Sisto Gara della Rovere di Lucca, gran priore di Ro- ma, fatto cardinale nel i5o8 dallo zio Giulio II. iSoy. Fr. Carlo Gesualdo napole- tano. j^iy. Fr. Pietro Salviati fiorenti- no, parente di Leone X che fu il primo Papa che conferì il priorato di Roma per bre- ve apostolico. |525. Fr. Bernardo Salviati fio- rentino, nipote di Clemente VII, gran priore di Roma, ambasciatore e procuratore ge- nerale dell'ordine gerosolimi- tano presso la Sede apostolica, generale delle galere pontificie e di quelle di sua religione per l'impresa di Modone, e poi ambasciatore della medesima per rendere ubbidienza al nuo- vo Pontefice Paolo 111. Nel i56i Pio IV lo creò cardinale. l568. Cardinale Michele Bonelli del Bosco di Alessandria, del- l'ordine de' predicatori, fatto gran priore dallo 7Ìo s. Pio V. 1598. Fr. Silvestro Aldobrandini fiorentino, pronipote di Cle- mente VIII, il quale lo dichia- rò gran priore, e poi nel i6o3 lo creò cardinale. 16 12. Fr. Aldobrandino Aldobran- dini romano, oriondo fiorenti- no, cavaliere professo, proni- pote di Clemente Vili, gran priore di Roma, generale del- le galere di sua religione, ed ambasciatore di essa presso la santa Sede. 1623. Cardinale Antonio Barberini fiorentino, fatto gran priore dallo zio Urbano Vili.

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l6?8. Fr. Sigismondo Chigi sane» se, dallo zio Alessandro VII dichiarato gran priore, indi creato cardinale nel 1667 da Clemente IX.

1678. Abbate Benedetto Pamphilj ; romano, pronipote d'Innocen- zo X, fatto gran priore da In- nocenzo XI, che poi nel i68c Io creò cardinale.

1780. Cardinale Camillo Cibo dei principi di Massa e Carrara, pronipote d'Innocenzo X, fat- to gran priore da Benedet- to XIII, che nell'anno prece- dente l'avea esaltato al cardi- nalato.

1734. Cardinale Bartolomeo Ru- spoli romano, per linunzia do! precedente, Clemente XII gli conferì il gran priorato di Roma.

1743. Cardinale Girolamo Colonna romano, dichiarato gran prio- re da Benedetto XIV, che nell'istesso anno l'avea anno- verato nel sacro collegio.

1763. Monsignor Gio. Battista Rez- zonico veneziano , nipote di Clemente XIII, e suo maggior- domo: lo zio lo promosse al gran priorato, e nel 1770 Clemente XIV lo creò cardi- nale.

1784- Monsignor Romualdo Bra- schi Onesti di Cesena, mag- giordomo delio zio Pio VI, che lo nominò gran priore, e nel 1786 lo creò cardinale.

181 7. Cardinale Fabrizio Ruffo na- poletano, fatto gran priore da Pio VII agli II tnaggio 1817. 5828. Giorgio Doria Pamphilj ro- mano, fatto gran priore da Leone XII ai 4 agosto 1828. Essendo esso morto a' 16 no- vembre 1887 j il venerabile

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haTi fi'. Carlo Candida luo- gotenente del magistero, coi cavalieri dell'ordine, a me7.20 del cardinal segretario di sta- to avanzarono supplica al Pa- pa Gregorio XVI, perchè si degnasse conferire il vacalo gran priorato, al di lui de- gno nipote fr. Gio. Antonio Cappellari della Colomba bel- lunese, cavaliere professo della religione. Ma il Pontefice fece rispondere parole di gradimen- to per tale desiderio, e di non volere ftre innovazione alla consuetudine di nominare al gran priorato un cardinale.

i838. Cardinale Carlo Odescalchi romano, fatto gran prioie dal regnante Gregorio XVI. jXel numero 5o del Diario di Fo- nia si legge quanto segue : M Dalla sovrana clemenza del regnante Pontefice Gregorio XVI onorato 1' eminentissimo signor cardinale Carlo Ode- scalchi vescovo di Sabina, vi- cario della prelodata Santità Sua, ed arciprete della Libe- riana basilica, del gran prio- rato della religione ed ordi- ne gerosolimitano, nella do- menica de' IO giugno i838, giorno sacro alla ss. Trinità, determinatasi l'eminenza sua di prendere il pubblico posses- so dell'anzidetto gran priora- to, dopo aver fatto conoscere a sua eccellenza il signor ba- li fr. Carlo Candida, luogo- tenente del magistero del di - visato inclito ordine, tal sua determinazione, col suo nobi- le treno nella mentovata do- menica si recò alla chiesa di detto gran priorato, dedicata al glorioso s. Basilio, eretta

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sul monte Aventino, avendo seco i due monsignori Gio. Battista jVardi-Valentini uno de'protonotari apostolici par- tecipanti, e Francesco Pentini uno de' chierici di camera. Ivi giunto r eminentissimo car- dinale gran priore fu ricevuto alla porta del tempio dal pre- lodato signor bah Candida nel- la rappresentanza di luogote- nente del magistero, dai com- mendatori, dai cavalieri, e dai fra cappellani del sacro ordine. Assuntasi da sua eminenza la cappa, sua eccellenya il sig. baPi le si fece allora innanzi, ed a proprio nome e degli indivi- dui tutti dell'inclito ordine e- sternò i sentimenti di gratitudi- ne verso il sommo Pontefice per la degnazione avuta di dare in gran priore dell' ordine in Ro- ma, un SI commendato e ri- spettabile personaggio , e di giubilo per l' accettazione fat- ta da sua eminenza della so- vrana grazia, assumendo il no- bile incarico di gran priore in bene e sempre maggior lustro dell'ordine medesimo. Colloca- tasi sua eccellenza il signor luogotenente Candida nella sua sedia, ed i commendatori, i cavalieri, ed i fra cappellani nelle rispettive loro panche, r eminentissimo signor cardi- nale orò innanzi l'altare ado- rando la ss. Croce : ascese quindi al trono, e seduto con- segnò le bolle apostoliche al suo monsignore cerimoniere, il quale le passò al cancellie- re del gran priorato che ne lesse il transunto. Tale lettu- ra ultimata, sua eccellenza il signor bah Candida pertossi

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al trono, e fu unitaraente ai commendatori ed ai [xofessi ammesso all'amplesso dell' e- minenlissimo gran priore. I cavalieri dell'ordine, e quindi i fra cappellani verniero am- messi al bacio dell'anello. Da uno dei fra cappellani venne poscia intuonato l'inno Am- brogiano proseguito col canto dagli alunni del seminario ro- mano. Deposta quindi sua e- minenza la cappa , ed assunta la niozzelta, sopra Ja quale vedevasi la gran croce dell'or- dine, venerato il glorioso s. Ba- silio, recossi al suo apparta- mento, ove si trattenne per qualche tempo con esso si- gnor bali, coi commendatori e coi cavalieri, dando loro u- na testimonianza del suo gra- dimento per l'assistenza da essi prestata al suo possesso". Nel medesimo anno, e nel con- cistoro de' 3o novembre, il Pontefice accettò la rinunzia del cardinalato e di tutte le dignità dal cardinal Carlo O- descalchi, il quale con univer- sale e tenera ammirazione en- ti'ò religioso nella compagnia di Gesù, ove santamente morì. 1839. Cardinale Luigi Lambru- schini genovese, vescovo sub- urbicario di Sabina, segreta- rio di stato, e bibliotecario di s. Chiesa, fatto gran priore dal regnante Gregorio XVI. IVel numero 4? ^1^' Diario di Roma di tale anno si leg- ge quanto segue. " Sua e- minenza reverendissima il si- gnor cardinal Lambruschini, non ha guari eletto in gran priore di Roma del sacro mili- tare ordine gerosolimitano dal-

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la Santità di nostro Signore Pa- pa Gregorio XVI, nel giorno 9 giugno 1889, alle ore ven- tidue, si trasferì con nobile treno alla propria chiesa di s. Basilio sul monte Aventino. Al limitare del sacro tempio fu ricevuto da sua eccellenza il venerando bali fra Carlo Candida luogotenente del ma- gistero, dai dignitari, e dal- l'intero corpo del sacro ordi- ne, composto di molti cava- lieri professi , novizi e con- ventuali. Il venerando luogo- tenente nell'accogliere il nuo- vo titolare diresse al medesi- mo una elegante e com- movente allocuzione , mani- festando il giubilo e gradi- mento sommo della sua re- ligione e confratelli nell' an- noverare fra loro un perso- naggio tanto distinto per rari talenti ed esimie virtù, e che per l'indefesso e singolare at- taccamento verso l'ordine stes- so lo rendono impareggiabile. Quindi la lodata eminenza sua proferì un eloquente ed erudito discorso allusivo alla circostanza, che riscosse meri- tamente gli applausi e l'ammi- razione di quel ragguardevole e colto consesso. Lette in se- guito le lettere apostoliche, e redatto dal cancelliere priora- le l'atto di possesso, si diede termine alla cerimonia con l'inno Ambrogiano; quale ter- minato, l'eminenlissiino gran priore ammise all'abbraccio il venerando luogotenente, i di- gnitari, ed i cavalieri dell'or- dine ivi concorsi. Distinsrue-

o ■vansi tra questi sua eccellenza

il signor ball fr. Gio. Aulo-

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nio Cappellai'! nipote di Sua ^Santità , e gran priore del prioratct Lombardo - Veneto , recentemente istituito per mu- nificenza dell' angusto Ferdi- nando I imperatore d'Austria, e. sua eccellenza il signor principe d. Francesco Barbe- rini venerando bali di s. Se- bastiano, baliaggio di patro- nato della famiglia. Assistettero anche molti prelati, ed altri . distinti personaggi, che resero ■vieppiù decorosa la sacra fun- zione, dopo la quale sua e- minenza ascese nel palazzo priora le attiguo alla chiesa, e trattò tutti con lautissimo rinfresco. 11 luogotenente ed i cavalieri gei'osolimitani riguar- dano cotesta elezione come un beneficio singolare della prov- videnza, ed un tratto ulterio- re delle magnanime cure ed alta protezione del Santo Pa- dre verso l'ordine, e si ripro- mettono, mercè i lumi e su- blime impegno dell' erainen- tissimo gran priore, di vede- re sempre più risorgere l'in- clito loro ordine, e giungere alla desiata universale e com- pleta ristaurazione ". Il car- dinale Lambruschini, come se- gretario de' brevi pontificii, è gran cancelliere degli ordini equestri pontificii. Gran priorato Lombardo- Ve- neto , i cavalieri di giustizia sono \enticinque, le dignità sono ven- tiquattro, cioè il gran priore ve- nerando fr. Gio. Antonio Cappel- lari della (Colomba, e ventitré com- mende, sedici delle quali di gius- padronato . La prima commenda è sulle rendite del tesoro dell'or- dine, come la seconda e la terza.

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Parma ha tie commende. Le altie commende sono del Serraglio Fi- nale di Modena ; di Villa Rio di Reggio; di Lochis : di Melzi ; di Greppi; di Nava; d'Adda; di Zur- la-Rovei-eto; di Taverna ; di Gio- vannelli; di Cappellari della Co- lomba maggiore, di Cappellari del- la Colomba minore, ambedue fon- date dal regnante Papa pei no- bili nipoti, e loro discendenze fr. Gio. Antonio, e Bartolommeo; di Cicogna; di Raimondi; di Vigodar- zere; di Corbelli Ferrari; e di Ta- verna. Uno è il cappellano con- ventuale, e due le commende de- stinate pei cappellani conventuali, cioè di Poldi Pepoli, e della .ss. Trinità di Reggio, la quale è padro- nato. Tre sono i gran croci di divo- zione, vale a dire sua altezza reale il regnante duca di Lucca Carlo Lo- dovico di Borbone ; sua altezza im- periale il principe Ferdinando Car- lo Borbone , duca ereditario di Lucca; e sua altezza reale France- sco principe ereditario di Modena. Le dame decorate della gran cro- ce di divozione , secondo la data della loro bolla, sono sua altezza reale Maria Luigia Carlotta Bor- bone di Lucca; e sua maestà l'ar- eiduchessa duchessa di Parma, Pia- cenza e Guastalla Maria Luigia regnante. I cavalieri di divozione sono cinquantadue, e le altre da- me decorate della gran croce di divozione sono sei, compresa sua altezza serenissima la principessa Giulia Gonzaga nata Cavriani.

Gran priorato delle due Sicilie, i cavalieri di giustizia sono trenta- quattro, fra' quali l'odierno luogo- tenente del magistero dell' ordine gerosolimitano, ed il gran priore venerando fr. Gio. Giacomo Sal- vatore Borgia di Siracusa. Le di'

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gnilà sono tredici comprese nel detto priorato, e in dodici commen- de, la prima delle quali appartie- ne al nominato luogotenente , tre essendo di giuspatrunato. Il nome delle commende sono di s. Gio- vanni di Tavorriiina; di s. Stefa- no di Schialtina, e s. Antonio d'Al- bigiana di Palermo; de' ss. Gio. Battista e Giacomo della Saracena di Caltagirone e Bonanno ; di Viz- zini ; di Calli; di s. Silvestro della Cagnara ; prima commenda smem- brata dalia commenda di Beneven- to; seconda commenda smembrata dalla commenda di Benevento; di Mayo ; di Forcella ; e di Zanibra. Se^te sono i cappellani conventua- li, e serventi d'armi , essendo la commenda destinata per loio quel- la detta le Granché di Benevento, smembrala dalla commenda di Be- nevento. J gran croci di divozione sono sette, fra' quali l'arcivescovo di Patrasso. Una è la dama deco- rata della gran croce di divozione. I cavalieri di divozione sono cento dieciuove. Le altre dame decorate della croce di divozione sono cin- que; i cap[iellani d'ubbidienza uno; ed i donati quattro, essendone sta- to fino ai nostri giorni il primo, percliè ammesso agli i i settem- bre 1809 , Saverio Camilleri di Malta, segretario di cancelleria dei luogotenente generale del magiste- ro, da ultimo defunto con dispia- cere di tutti pel suo zelo, cogni- zioni e qualità.

Notizie generali del governo del- l'ordine gerosolimilano, conside- rato come esistesse iti tutta la sua integrità, col suo gran maestro; e delle divisioni-, (Qualità e diversità dei cavalieri, loro prerogative e privilegi. Novizia lo j professione.

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e vesti de' cavalierij cenni sulle monache gerosolimitane.

L' ordine gerosolimitano è nei medesimo tempo ospitalario, reli' gioso, militare, aristocratico e mo- narchico. Ospitalario perchè fon- dato per ricevere nell' ospedale di Gerusalemme i pellegrini che ivi si recavano per sciogliere i loro voti , chiamati i poveri di Gesù Cristo, non che gì' infermi d' ogni nazione, senza distinzione di cul- to , per essere assistiti dagli in- dividui dell'ordine. Religioso per- chè i suoi membri fanno i vo- ti di castità, d'obbedienza e di povertà. Militare perchè tutti quelli che ne fanno parte debbono far guerra agli infedeli per proteggere i cristiani. Monarchico perchè alla testa ha uii capo inamovibile, in- vestilo del potere sovrano sui sog- getti del luogo appartenente in so- vranità all'ordine. Aristocratico per- chè negli affari più importanti il gran maestro ed il consiglio eser- citano insieme un'assoluta autorità; del consiglio supremo o ordinario, di quello completo, come delle di- gnità dell'ordine e delle otto lin- gue, ne parlammo di sopra. Avvi pure il consiglio secreto o crimi- nale, in cui si trattano gli afìari straordinari, e ch'esigono una pron- ta deliberazione, il quale si pre- siede dal gran maestro, e dal suo luogotenente, come avvi il consi- glio chiamato della veneranda ca- mera del tesoro, del quale è pre- sidente il gran commendatore, pri- ma dignità della religione. In tutti i tempi l'ordine si compose dei no- bili di tutta la cristianità, ma sem- pre geloso di conservare la sua in- dividuale indipendenza, coi prov- vedimenti delle costituzioni e sia.-

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tuli , non lasciò al suo capo che l'autorità necessaria pel governamen- to, consicìeiandolo eguale agli al- tri, et primus ì/ì[erpares,}pevcu\ al- cuni storici qualificarono il gover- no dell' ordine per repubblicano : però i cavalieri Io rispettavano e gli erano ubbidienti secondo le costituzioni, e giammai si copriva- no il capo alla presenza del gran maestro. Lo stendardo della reli- gione ebbe sempre la preeminenza sugli altri religiosi o pontifìcii; ed il gran maestro Raimondo dicliia- che se alcuno de' cavalieri lo avessero abbandonalo nelle batta- glie, fossero privati dell' abito ge- rosolimitano. I Papi però, ricono- sciuti capi supremi dell'ordine, vi esercitarono pienissima autorità, di cui molli esempi liportammo su- periormente, non che confermando la convocazione de' capitoli gene- rali, annullandoli per giuste ragio- ni, approvando gli statuti, crean- do moltissimi gran croci adhonores, ad onta della ripugnanza del con- siglio conventuale dell' ordine , e tenendo presso il gran maestro ed il consiglio un prelato inquisitore e vicario apostolico per gli alfari ecclesiastici.

11 gran maestro ha il dirit- to di convocare il capitolo ge- nerale , di nominare un luogote- nente ed i gran croci che ne' con- sigli gli procurano la maggiorità nelle discussioni. Tranne le urgen- ze, i capitoli generali regolarmente si convocano ogni cinque anni, ed anche ogni tre anni. 1 capitoli ge- nerali si sono tenuti in Gerusaleuì- me, a Rodi, in Malta, ed altrove. S' incominciano con la celebrazione d' una messa solenne allo Spirito Santo, col gran maestro sedente in trono, vestito delle inseirne di

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.sua dignità, come i capitolari; que- sti erano cinquantaquattro prima della soppressione della lingua d'in- ghilteiTa, componendosi del vesco- vo di Malta ( quando l'ordine era in quell'isola) o del gran priore conventuale di s. Giovanni, del gran commendatore, del gran marescial- lo, del gran spedaliere, del gran- d' ammiraglio , del gran conser- vatore , del gran bah, del gran cancelliere, e dei gran priori di Saint-Gilles, d'Auvergne, di Fran- cia, d'Aquitania, di Champagne, di Tolosa , di Roma , di Lombardia , di Venezia, di Pisa, di Barletta, di Messina, e di Capua; del castel- lano d'Emposta, o gran priore di Aragona, e dei gran priori di Pi'a- to in Portogallo, d' Inghilterra, di JVa varrà, d'Alemagna, d'Irlanda, di Boemia, d Ungheria; del bah di s. Eufemia, del gran priore di Cata- logna, e dei bali di Negroponte, di Morea, di Venosa, di s. Stefa- no, di Maiorica, di s. Gio. di Ge- rusalemme, di Lione, di Manosca, di Brandeburgo, di Caspe, di Lo- ra, d'Aigle, di Largo e di Leza , del santo Sepolcro, e di Cremona ; del gran tesoriere, e dei bah di Nenevillas , d' Acri , della Rocella , d'Armenia, di Carlostadt, e di s. Sebastiano di Roma. La facoltà poi di oliare nella lingua d'Italia ad altre dignità, fu tolta nel i594>

In quanto ai priori coH'autorità del Compendio del codice gerosolitnila- 110, pubblicato colle stampe in Mal- ta nel 1783, daremo qui un cen- no di quanto li riguarda, preroga- tive, doveri, ed altro.

La elezione dei priori spetta al consiglio ordinario, salva la nomina- zione della lingua. I priori sono esenti dall'obbedienza al maresciallo, an- che ueir esercizio delle armi. Parten-

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dosi dai priorati devono deputare un possono però dispensarli dall'obbli- luogotenente, ma essendo presenti, go di risiedere nella loro cura , e non intervenendo nei capitoli, eccettuato il priore di Casliglia , presiede il baglivo che vi si tro- che può ritenere uno al suo ser- vasse, o il fratello piìi anziano. Sta vigio, e due per le segreterie delle in libertà portarsi al capitolo, ma ricette di quel regno. Hanno la in ogni caso sempre quello si tiene collazione, o presentazione dei be- a spese da' medesimi. Col capitolo nefizi ecclesiastici , dipendenti dai o assemblea hanno giurisdizione ci- loro priorati, come anche dalle di- vile e criminale, e regolare correzio- gnità e commende del loro piio- ne sopra tutti i tialelli, che abita- rato in tempo del loro mortorio, no, o si trovano nei limiti dei lo- e vacante, se i provvisti dal cou- ro priorati, compresivi pure i baPi ; vento non avessero preso possesso, ma non possono dar sentenza di o provvisto d'un suftlciente procu- privazione d'abito, commende, mem- ratore per provvedere simili bene- bri, benefizi, anzianità, o di car- fizi. Devono fare matricola dei cap- cere perpetua, ma trovando che pellani d'obbedienza ricevuti fuori alcuno sia incorso in dette pene, di convento per servizio delle chie- devono formare il processo, e ri- se e cappelle dell'ordine nei limiti metterlo al gran maestro e consi- del loro priorato. Possono unire glio. In dubbio, se il caso sia prò- due commende di tenue entrata, vato, ed in conseguenza se il fra- e due membri lontani dal capo, tello sia incorso nelle suddette pe- Rivedono i conti dei ricevitori coi ne, la dichiarazione spetta al con- capitoli provinciali , ed esaminano sigilo. Col capitolo danno in Ale- e verificano accuratamente le giu- magna licenza ai commendatori di stifìcazioni delle spese ed esiti por- potere con legittima ragione con- tati in tali conti , con rimetterne trarre debiti, che non possano pe- però il saldo alla camera dei conti. ridondare in danno della reli- Finito il capitolo devono avvisare gione. Possono conferire commen- il convento dei conti presentati al de di loro grazia, e ritenerne una capitolo dai ricevitori, e mandare per loro quinta camera. Possono alle rispettive lingue e priorati no- nei loro priorati , non essendovi ta de' commendatori, che senza le- presente il priore della chiesa, eser- gittimo motivo non iulerveiuiero citare giurisdizione sui cappellani nel capitolo, aflinchè le lingue la d'obbedienza, come sopra i cava- passino al tesoro, per darne debito lieri e serventi, secondo la forma a tali contumaci. I priori non pos- degli statuti, cioè di non poter pri- sono godere delle loro prei'ogative, vare dell'abito ec. I piioii che bau- se non fanno constare delle dili- no giurisdizione ecclesiastica pos- genze usate per aver il possesso dei sono deputare visitatori , e vicari priorati. Devono far due registri ecclesiastici. Ricevono le sorelle del- del valore delle commende, ed al- l'ordine, visitano i loro moniste- tri beni dei loro priorati, rimetteu- li; provvedono col capitolo ai be- done uno al gran maestro e con- neficiati deputati al governo delle vento, e l'altro ritenendo appr.sso chiese, che non hanno euti-ate ba- di sé. A questi registri si supplisce stanti pel loro mantenimento. Non col libro delle visite. Devono fare

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un archivio del priorato a spese loro e dei comniendatori, nel quale conservino ,le scritture del priorato e delle commende, con ritenere essi le chiavi, ed in loro assenza i luo- gotenenti. Avuta notizia che alcu- no dell'ordine sai'à stato licenzialo dal servizio militare di qualche so- vrano per mancanze da lui com- messe, devono fui-mare col capito- lo o assemblea provinciale il pro- cesso informativo, e rimetterlo col reo in convento per essere punito. Devono invigilare che i minori non portino la croce d'oro, prima che siano state accettate le loro prove. Devono indagare se nei li- miti del loro priorato gì' insigniti della croce di divozione s' impie- gano in servizio domestico di al- tri che dell'imperatore, re, sovra- ni, o principi del loro sangue, e ritrovando qualche contravventore lo ammoniscano, e non correggen- dosi diano parte al gran maestro. Devono invigilare che i fratelli non assumino tutela o curazìa di chic- chessia senza licenza del gran mae- stro spedita dalla cancelleria. Se alcun secolare volesse dare alle stampe qualche storia deli' ordine, commento sopra le sue leggi o pri- vilegi, o altra qualunque opei*a re- lativa all'ordine, che non sia stata approvata dal consiglio , devono cooperare perchè non se ne permet- ta r impressione. Devono esegui- re a loro spese gli ordini del con- vento ad essi diretti per il ser- vigio pubblico dell'ordine, e si di- rigono ai ricevitori , i quali devono jjrenderne cura di esibirglieli , e procui'arne 1' esecuzione. Sono te- nuti a migliorare i priorati, e rin- novare i cabrei o catasti , sotto pena di pagare doppie responsioni. Devono visitare le commende pò-

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5te nei limiti dei loro priorati, ed il priore di Alemagna nel visitarle deve far processo de'debiti dei com* mendatori di gran somma con dar- ne l'avviso al convento. Devono far visitare le loro quattro camere prio- lali ; presentare alla chiesa una gioia un anno e mezzo dopo esse- re entrati in rendita ; provvedere che le chiese delle commende nei limiti dei loro priorati siano de- centemente ornate e restaurate, e ripaiare i castelli e case fjrti per la custodia dei vassalli delinquen- ti ; trovarsi nei capitoli provinciali, ma non volendo intervenirvi de- vono sempre fornire le spese , e farvi leggere la regola e gli statuti contro i debitori del tesoro. De- vono invitare alla celebrazione dei capitoli e assemblee provinciali i fratelli capaci, non commendatori, colà residenti , e nel priorato di \ euezia sotto pena della nullità del capitolo, e di quanto si sarà in quello trattato, si devono inti- mare i religiosi residenti ne' luo- ghi circonvicini. Devono assistere ai ricevitori contro i debitori del tesoro, ed impedendo mai ai rice- vitori il possesso, o r esazione dei diritti del tesoro, si privano dei priorati. Devono procedere contro i mali amministratori de' beni del- la religione ; scacciare gli occupa- tori delle commende; astringere i ricevitori a restituire quello che hanno tolto dello stato delle com- mende, ed uso delle case. Sotto pena d'essere puniti come disub- bidienti non possono prendere palesemente, sotto nome di al- tri in affitto le dignità e commen- de per il tempo del mortorio e vacante. Ti e priori, secondo l'ordi- ne col quale furono chiamati, sono tenuti di fare residenza in convea-

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to. Due priorati nello stesso tempo nessuno può tenere, ver un bene in altro priorato; anzi i nuovi elet- ti priori sono tenuti lasciar tutte le commende che prima teneva- no, eccettuate le camere magistrali, le commende ricuperate dai seco- lari, e le conseguite per la priva- zione d'alcuno debitore del tesoro, di cui avessero pagato il debito. Possono anche ritenere le pensioni sulle camere magistrali, si eccet- tuano bensì quei priori , che se- condo i diversi concordati delle loro rispettive lingue, possono ri- tenere le commende ed altri beni coi priorati. Dei priorati sono in- capaci i concubinari, ed avendoli devono esserne privati.

I cavalieri gerosolimitani vengo- no accettati nell'ordine facendo tut- te le prove richieste dagli statuti, o con qualche dispensa. Si ottiene questa dispensa dal Papa mediante breve, o dal capitolo general-e del- l'ordine, ed iu seguito viene ciò ratificato dal sacro consiglio. Le dispense ordinariamente si conce- dono per qualche quarto che man- ca di nobiltà, principalmente dal lato materno, dappoiché gli aspi- ranti debbono provare quattro ge- nerazioni di nobiltà , per maniera però, che quello che si è fatto nobile, suo figlio, eh' è sempli- cemente nobile, il suo nipote eh' é gentiluomo , ma soltanto il pronipote, eh' é riputato primo gen- tiluomo di nome e d' arme , può contare per prima generazione o primo grado dei quattro. Lo stesso è pure dal lato di madre, pel qua- le però si accordano, come dicem- mo, le opportune dispense, ma non mai per quello di padre, tranne un qualche caso particolare. I ca- valieri vengono ricevuti uell' ordi-

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ne, in età o in minorità. L' età richiesta dagli statuti è d' anni se- dici compiti, per entrai'e in novi- ziato di diecisette, e far professio- ne di dieciotto. Chi brama essere ammesso all'ordine, deve presen- tarsi personalmente al capitolo o assemblea provinciale del gran prio- rato, nella cui estensione egli è nato. Il presentato deve recare la sua fede del battesimo iu forma autentica, e legalizzata dal vescovo, o dal suo vicario; di più il pro- cesso delle sue prove , contenente gli estratti dei titoli che giustifica- no la legittimazione e la nobiltà del presentato, e di quattro fami- glie per parte paterna e materna, vale a dire di padre e madre, avoli e bisavoli. Devono queste prove oltrepassare i duecent'anni, quindi qualche volta conviene rimontare fino ai terzavoli e quartavoli. Ol- tre le suddette cose bisogna pre- sentare il blasone, e le arme della famiglia , co' suoi smalti e colori sopra la pergamena. Allorché il presentato è stato ammesso, gli vie- ne consegnata la commissione per fare le sue prove dal cancelliere del gran priorato. Se il padre o la madre, o alcuno degli antenati é nato in altro gran priorato , il capitolo una commissione ro- gatoria, per farvi le prove neces- sarie. Le prove della nobiltà si fan- no col mezzo di titoli e contrat- ti, con testimoni , con epitafiì, ed altri monumenti. I commissari o maestri de' novizi richiedono pure se i parenti del presentato abbia- no mai derogato alla loro nobiltà col commercio, traffico, o banco. Nondimeno avvi un privilegio pei gentiluomini delle città di Genova, Firenze, Siena e Lucca , ai quali non nuoce punto l'esercizio della

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3o(Ì GER GER mercatura all' ingrosso. Tutte le servigio prestato alla religione, e si prove che i commissari hanno prò- dicono comraendecli giazia. Comune- eurate, le portano al capitolo o al- mente pagasi il passaggio al ricevito- l'assemblea. Sevengono riconosciu- re dell' ordine nel gran priorato. Le te per buone e valide si spedisco- prove vengono qualche volta rigetta- no alla sede dell'ordine sotto il si- te dall'ordine: in tal caso per i'ad- gillo del gran priorato. dietro restituivasi il denaro di già Quando il presentato è giunto pagato, ma dipoi con nuovi decreti alla sede dell' ordine, le sue prove fu stabilito che resterebbe a bene- vengono esaminate nell'assemblea ficio del tesoro dell'ordine. Il no- delle lingue di quel gran priorato, vello cavaliere paga altresì il di- a cui egli si presentò; e se olten- ritto della lingua. Questo dirit- gono l'approvazione, egli viene ac- to è in propoizione del grado o Gettato cavaliere, e la sua anzianità sia rango che il presentalo ha ot- incomincia in quel giorno, purché tenuto. Quelli che si presentano in abbia pagato il suo passaggio, il minorità, vale a dire al disotto di quale importa duecento cinquanta sedici anni, sono aciinessi in vigo- scudi d'oro, e subito dopo il novi- re d'una bolla del gran maestro, ziato abbia fatto professione; altri- ch'egli accorda secondo la facoltà menti s' incomincia a contare la sua avutane dal Papa, o dal capitolo anzianità soltanto dal giorno della generale. Ordinariamente vengono .sua professione, se attendere voglia- ammessi all'età di sei anni, e qual- si agU statuti e regolamenti dell' oi- che volta per grazia speciale ai elu- dine; ma la pratica è, che la dila- que, ai quattro, e anche in età di zione e ritardo della professione un anno: l'uso di ricevere i cava- punto non nuoce all'anzianità. Non- beri di minorità ebbe oiiginc dal dimeno non si può ottenere veruna capitolo generale del i63i. La lo- coramenda senza aver fatto prò- ro anzianità corre dal giorno se- fessione, essendo proibito a tenore guato nella bolla di minorità, pur- degli ultimi statuti di affidare l'am- che il passaggio venga pagato un ministrazione dei beni dell'ordine anno dopo. Dapprima si ottiene il ad individui non professi. E qui no- breve dal Papa, poi si sollecita la teremo che la prima commenda spedizione della bolla aiagistra- die conseguisce il cavaliere protèsso le; e il tutto costa circa quin- si chiama di Cabiniento ; passati dici doppie d'oro. Il passaggio è cinque anni, concorrendo ad altra, di mille scudi d'oro per il teso- si dice d'\piirno miglioramento ; tra- ro, e di cinquanta scudi parimenti scorso altrettanto tempo, concorren- d'oro per la lingua, cioè quasi quat- do ad altra commenda, si appella tremila lire. Queste non si resti- di secondo miglioramento^ e quindi tuiscono in nessun caso, sia che le vi sono quelle di terzo e di qiiar- prove vengano rigettale, sia che il to miglioramento ec. Notammo già presentato prenda altra risoluzione, che le commende che si consegui- sia ch'egli muoia prima di essere scono per anzianità diconsi di giù- accettato. Il privilegio del presenla- slizia, e sono componibili o compa- to in minorità, e ch'egli può do- tibili con un'altia di quelle che mandare un' assemblea straordinaria SI danno per ricompensare qualche per ottenervi una commis.'jiune, ai-

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fine (li fare le sue prove, onde pre- sentarle senza aspettare il capitolo o l'assemblea provinciale. Può egli portarsi alla sede dell' ordine in età di quindici anni per incominciarvi il suo noviziato, e professare dipoi agli anni sedici ; ma non è obbli- gato d'esservi se non agli anni venticinque, per professare al più tardi d'anni ventisei, nel che s'e- gli mancasse, perderebbe la sua an- zianità, la quale incorai ncierebbe dal giorno della sua professione. Dacché le sue prove sono ammes- se, egli può portare la croce d'oro, la quale non può portarsi dagli altri se uon dopo fatti i voti.

I cavalieri ricevuti dai dodici ai quindici anni si dicono paggi : il gran maestro di tali paggi ne tie- ne sedici, i quali lo servono ap- punto da' dodici ai quindici an- pi , e a misura eh' escono dal servigio, altri li rimpiazzano. Do- po aver ottenuto dal gran mae- stro le lettere di paggi, devono pre- sentarsi al capitolo, o all'assemblea provinciale per ottenere commissio- ne di fare le prove loro all' età di undici anni. Fatte le prove si portano alla sede dell' ordine per entrare al servigio dopo il loro anno duodecimo, sino al quindice- simo compito. All' anno quindicesi- mo incominciano il loro noviziato per fare la professione all'anno se- dicesimo. 11 loro passaggio costa duecento cinquanta scudi d'oro, e se le prove vengono rigettate dal- l'ordine, questo denaro uon si re- stituisce, siccome abbiamo detto co- sì praticarsi cogli altri cavalieri. Cor- re la loro anzianità dal giorno in cui entrano al servigio. Se gl'im- pieghi di paggi fossero già occupa- ti, in guisa che non potessero en- trarvi, perderebbero il loro privile-

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gio, e la loro anzianità incomincie- rebbe soltanto agli anni sedici com- piti. I cavalieri di pura grazia e di divozione sono que' nobili che furono ammessi nell' ordine per qualche considerabile servizio pre- stato all'ordine, e per altri motivi. Cavalieri di grazia talvolta furono fatti individui non nobili, che si meritarono tale onore per qualche segnalata e valorosa impresa. I ca- valieri suddetti prendono luogo im- mediatamente dopo i sacerdoti con- ventuali, che formano il secondo gra- do dell'ordine. Quelli che vengono ammessi per cappellani e chierici con- ventuali, o serventi d'armi, sono qual- che volta gentiluomini; ma se non sono nobili di quattro gradi per par- te di padre e di madre, non possono essere ammessi nel rango dei cava- lieri. Si possono vedere due cugini, oppure uno zio e un nipote, l'uno cavaliere, e l'altro servente d' ai-mi; e ciò perchè l' uno de' due fratelli avrà incontrato un matrimonio dis- uguale. Un gentiluomo anche di quattro gradi, il quale avrà tutte le qualità richieste per essere cava- liere, se vuole essere ecclesiastico, e ricevere gli ordini non può essere che nel rango dei cappellani con- ventuali, perchè tutti i cavalieri devono portare l'armi contro gl'in- fedeli. Gli ecclesiastici, i quali for- mano il secondo rango dell' ordine gerosolimitano, sono ricevuti ordi- nariamente Diacos o chierici con- ventuali per servire nella chiesa dell'ordine, dagli anni dieci sino ai quindici; a quest'oggetto otten- gono una lettera dal gran maestro. La loro presentazione si fa agli anni nove, e il presentato deve re- care la sua fede battesimale lega- lizzata, la sua lettera di Diacos, ed il buo memoriale contenente gli e-

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stralli, e le date dei titoli che giu- stificano la sua legittimazione, la qualità di siio padre, e de' suoi a- vi paterni e materni. Non vi è bi- sogno del blasone, eccetto il caso in cui il presentato essendo gentil- uomo volesse mostrare la sua ar- me. Le sue prove devono dimo- strarlo nato da parenti rispettabili, e che esercitato non abbiano arte o professione meccanica o vile. So- no ammessi a questo rango i figliuo- li dei dottori in legge, degli avvo- cati, dei medici, dei procuratori, dei notari, dei banchieri, dei mer- canti all'ingrosso abitanti nelle città, dei coltivatori delle proprie terre che vivono civilmente, ed altre per- sone che vivono al di sopra del comun popolo. La loro anzianità corre dal giorno della loro accetta- zione nella sede dell'ordine: costa il loro passaggio cento scudi d'oro. Ouelli che oltrepassano gli anni quindici, e bramano essere ricevuti cappellani conventuali, devono otte- nere un breve dal Papa, passato o confermato dalla sede dell' ordine, e dipoi devono presentarsi per fare le loro prove. 11 loro passaggio è di duecento scudi d'oro, oltre il diritto della lingua.

I serventi d'armi fanno le lo- ro prove come i cappellani. L'età per presentarsi è di sedici anni com- piti, e il passaggio costa duecento scudi d'oro, oltre il diritto della lingua. La quarta specie di cava- lieri sono i preti o frati d'ubbi- dienza, i quali vengono accettati sen- za prove e senza portarsi alla sede del- l'ordine. Vengono cos'i chiamati per- chè ubbidiscono al gran priore o al commendatore che li riceve per ser- vire nei priorati, o nelle parrocchie o chiese di giurisdizione dell'ordine, obbligandosi all'osservanza de' voti.

GER Portano la croce bianca sopra il mantello, e godono dei privilegi della religione. In questo numero vi sono dei gentiluomini, dappoiché l'ordinanza 53 dello statuto XXIII, Del ricevimento, prescrive che i cap- pellani d'Italia provino non già che le loro famiglie fossero nobili, ma bensì che il loro padre e li due avi paterno e materno vissero no- bilmente, cioè senza aver mai eser- citata verun' arte o mestiere , ma professioni liberali escluse le mec- caniche, o viventi colle loro rendi- te, e di buona ed antica cittadinan- za, per tale riputata dal paese. Vi sono dei Donati detti semi-croci o mezze-croci, i quali sono ammoglia- ti, e portano una croce non intera ma di soU tre rami, e di tela bian- ca dalla parte sinistra dell'abito: con speciale permesso portano an- co una croce d'oro a tre rami, detta m^r/e/Zef/^, e smaltata di bian- co ; quella d'oro de'cavalieri smaltata di bianco ne ha quattro, ed eguale è quella dei cappellani. I serventi di armi usano la croce dei donati. I donati vengono impiegati nel con- vento e nell'ospedale: per la festa di s. Gio. Batfista offrono qualche tributo. Fu il capitolo generale del i583 che prescrisse la croce di te- la bianca ai frati serventi d'arme, non più grande di mezzo palmo di Sicilia, ed ai frati di staggio non piìi grande della quarta parte, e che ninno di loro potesse portare quel- la d'oro. I serventi d'ufììcio erano impiegati al servigio dell' ospedale ed a simili funzioni. Tutti i cavalie- ri e fratelli di qualunque rango, qua- lità o dignità sieno, sono tenuti im- mediatamente dopo fatti i loro voti, di portare sul mantello o sopra l'a- bito dalla parte sinistra una croce ettagona, o sia a otto punte, di tela

GER GER 3o9 bianca cerata, e questa è la ve- dine; quella sul petto è più gran- la insegna ed abito dell' ordine de delle croci usate dai cavalieri, e della loro professione, non es- In capo porla un berrettone nero, sendo la croce d'oro che un or- della forma che riporta il Bonan- iiamento esteriore: va però notato ni, che ci la figura del gran che la croce della professione si è maestro vestito nel descritto modo da moltissimi anni usata di argen- a pag. LX del Catalogo degli or- lo, o di altro metallo. Allorché i dini equestri e militari . Il gran cavalieri, tanto novizi, che professi, maestro in abito di cerimonia ve- vanno a combattere contro gl'infe- ste la doccia con larghe maniche, deli, portano sopra il loro ahi- ed una sottoveste lunga e chiusa, to una sopravveste rossa in for- con spada al fianco sinistro. Usa ma di pazienza o dalmatica , or- inoltre il manto a becca, quello stes- nata s'i davanti, che di dietro di so che si ai cavalieri nell'atto una gran croce bianca, piena, sen- della professione. E nero, avendo za punte, essendo, come si è det- attaccato al collo il cordone dell'or- to, questa l'arme della religione, dine formato di seta bianca e ne- Fr. Raimondo du Puy prescris- ra, in cui per decreto del gran mae- se che l'abito si dovesse portare stro Cotoner sono rappresentati non solo nell'esercizio dell'ospitali- quindici segni, o misteri della pas- ta, ma in quello ancora della mi- sione di Gesìi Cristo, frammisti ad lizia per la difesa della santa fede, alcuni Castellini, i quali servono a acciò il segno della croce li ammo- denotare la carità che i cavalieri nisse all' esercizio delle virtìi, e si gerosolimitani devono sempre eser- accendessero a seguire il salutevole citare coi poveri. Tale manto ha esempio dei santi martiri e dei due maniche lunghe forse un brac- Maccabei. ciò, e larghe alla loro sommità L'abito ordinario del gran mae- circa mezzo piede, terminate a pun- slro è una specie di corta toga, ta, e ciò perchè anticamente le get- o sottana, nell'estate di tabi o di lavano dietro le spalle, stringendo- tatletà ondato, e di lana nell'inver- sele poi ai reni. 11 p. Heliot osser- no, aperta nel davanti, stretta ai va, che da una medaglia d'oro del fianchi perch'è legala con una cin- gran maestro de Gozon, e dal si- tura, donde pende una grossa bor- gillo del gran maestro Naillac, am- sa per indicare la carità verso i bedue fioriti nel XIV secolo, si ve- poveri, secondo l'istituzione di que- de che a que' tempi al manto a st' ordine. Sopra di questo abito becca eravi attaccato un lungo cap- egli porta una lunga veste di vel- puccio.

luto con maniche larghe, e dietro Della veste croccia o doccia , a questa pende un mantello con come si tumulavano i cadaveri dei lungo cappuccio, quando egli va al- gran maestri secondo il Macri, al- la chiesa ne'giorni solenni. Sul da- l'articolo Croccia (Fedi), veste u- vanti della sottana sopra il petto, sala dai cardinali in conclave, fa- 6 sopra la veste verso la manica cemmo menzione del gran maestro sinistra vi è una croce di tela bian- fr. Riccardo Caracciolo, morto nel ca a otto punte, come sono tutte iSgS, e rappresentato con essa nel le croci che portano quelli dell'or- suo sepolcro nella chiesa dd prio-

3io GER GER rato cìi Roma, che al diie dello mero di questi cavalieii ecclesiiisti- stesso maltese Macri, allora chiama- ci si suole eleggere con pluralità vasi di s. Giovanni. Qui avvertiremo di voti uno chiamato il priore dei- che nel 1572 il gran maestro la la chiesa di s. Giovanni, il quale Cassiere, sembrandogli poco deco- come narra il Cancellieri ne' suoi roso che i consiglieri intervenissero Possessi a p. air, ha il privilegio ne' consigli senza i loro manti sena- di portare il berrettino del colore torii, con antico vocabolo chiamati della pianeta, rosso, verde, e bian- cloccie, e posti in disuso ancorché co , secondo i tempi. I cavalieri nell'ultimo capitolo generale fosse cappellani e serventi portano la ordinato che ciascuno li assumesse, croce di tela sul mantello, l'offizio fece rinnovarne il decreto. Questa de' quali già descrivemmo, dovendo doccia è pur l'abito dei gran ero- assistere nello spirituale gl'infermi ci allorché assistono in chiesa alle dell'ospedale, accompagnare i cava- sacre funzioni; è nera, aperta di- lieri ne' viaggi di mare per aminini- nanzi, con due grandi maniche, a- strare loro i sacramenti, ec. A.lessan- vente sulla parte sinistra che guar- dro VII nel i658 concesse all'ordine da il petto, e su quella corrispon- la facoltà di ammettere tra i frati dente alla spalla sinistra la croce cappellani conventuali, senza obbli- deir ordine col nuovo gran cordo- go di pagare il passaggio, persone ne di cui parleremo, ed al loro dotte e laureate in teologia o nel- fianco pende la spada. Ma la cloc- le leggi canoniche e civili, dappoi- cia che i gran croci usano in con- che dal ceto dei cappellani si tleve siglio pure nera, è chiusa nel da- scegliere al modo detto il priore vanti, e fregiata soltanto sul petto della chiesa conventuale, e sceglier- con la gran croce, non portando si dal gran maestro tre individui spada, cordone. La cintura che per proporli al Pontefice, acciò ile sostiene la spada significa la virtù elegga uno per la dignità vescovi- delia castità inculcata ai cavalieri, le. Tali cappellani letterati furono allorché sono annoverati nell'ordi- giudicati necessari, onde nei consi- ne, come dice il p. Bonanni a pag. gli con le loro cognizioni dare gli LXI, ove riporta la figura di un opportuni pareri, cavaliere gran croce in abito di L' elezione del gran maestro si funzione solenne. Nella seguente è fatta in diverse maniere, e sic- immagine ci quella del cavalle- come anticamente la facevano quat- re gerosolimitano ecclesiastico, ve- tordici religiosi, senza badarsi a slito di sottana nera, rocchetto, e quali lingue appartenessero , fu mozzetta violacea filettata di rosso, stabilito ed ordinato nell' anno con croce bianca sul lato sinistro iSyS, che dovessero procedere al- della mozzetta. Prima che Clemen- l'elezione del gran maestro due te XI concedesse il rocchetto, eia per ogni lingua, oltre l' infermiere, mozzetta paonazza, i cavalieri sa- Il Bosio nel t. il, p. r55,'riporta la cerdoti usavano la cotta sopra to- descrizione dell'elezione del gran ga nera, con mozzetta pure nera maestio Laslic, fatta ad Eugenio IV fregiata con la croce dell'ordine, dagli ambasciatori dell'ordine. Secon- secondo il decretato dal capitolo do poi il summentovato stabilimento dell'ordine nell'anno 1612. Dal nu- di Urbano Vili l'elezione si fis-

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so nel modo che segue. Morto il gran maeslro si rompono nel con- siglio i sigilli, eil eleggesi un luo- gotenente. Questi intima 1' adu- nanza di ogni lingua per eleggere i procuratori, e ognuna prima n' e- leggeva uno solo, ora ne elegge Ire, sicché gli eletti sono a seconda del numero delle lingue. Questi eleggo- no tre altri di lingue differenti pa- la lingua d'Inghiileria, e per quel- le lingue non ripiistinate si fa al- trettanto. Da questi si fa l'elezione di un cavaliere, che dicesi presidente ed anche cavaliere dell'elezione, e di altri tre di lingue differenti e di differenti classi, cioè di un ca- valiere, di un cappellano, e d'un servente. Al presidente rinunzia il luogotenente l'uffizio, come pure i pioLuralori. I tre eletti, cioè il ca- valiere, il cappellano e il servente, dopo i soliti giuramenti eleggono un quarto, indi questi quattro un quinto, e cos'j sino ad otto di dif- ferenti lingue, eccettuati i due per la lingua d' Inghilterra, ch'eleggere si possono di ogni lingua. Di que- sti sedici, tre debbono esseie cap- pellani, tre serventi, e gli altri ca- valieri, e da questi viene eletto a pluralità di voti il gran maestro, che solo può essere della classe dei cavalieri. Se questi fosse lontano, si elegge dagli elettori medesimi un luogotenente che governa sino al suo arrivo: tutta l'elezione dee far- si in ventiquattro ore.

In quanto agli onori funebri che si fanno ai gran maestri defunti, oltre ciò che analogamente dicem- mo in progresso dell'articolo, ripor- teremo qui le cerimonie ch'ebbero luogo in morte del gran maeslro fr. Emmanuele de Rohan. Dopo la sua morte il di lui cadavere fu imbalsamato, e quindi esposto

GER 3it

in una gran sala, sopra un letto alla reale, con coltre di velluto ne- ro guarnita di trine d'oro. Si e- ressero vari altari , dove si cele- brarono un gran numero di mes- se, e molti frati recitarono l'offi- cio de'defunti, come si pratica pei gran personaggi. Intorno al detto letto mortuario si collocarono se- dici cavalieri , due per lingua, e questi cambiandosi ogni tre ore assistevano al feretro, facendo ia modo che quattro fossero sempre presenti. Erano vestiti in gran lutto , e portavano un manto ne- ro molto largo con cappuccio co- me i frati, ed una coda estrema- mente lunga. Passati tre giorni si portò il cadavere con gran pom- pa nella chiesa di s. Giovanni, o- ve si seppellivano i gran maestri in luogo distinto da quello de' ca- valieri. Tutto il clero secolare e regolare precedette il cadavere , che sopra un letto alla reale ven- ne portato da un gran numero di cavalieri , agevolandone il tras- porto molli facchini, che inceden- do sotto la bara, e questa essen- do coperta di panno nero, niuno li vedeva. Giunta in chiesa la pom- pa funebre, si collocò il cadavere sul catafalco, ed ebbe luogo la cele- brazione di una messa solenne con gran musica. Dopo il Requiescat in pace, si alzò il maresciallo, di- gnità della lingua di Alvernia, e spezzato il bastone del comando, lo gettò a piedi del feretro, dicen- do: il gran maeslro mio signore e morto. Indi il cadavere venne tu- mulato, eia chiesa prontamente sba- razzata, onde dare principio alla elezione del nuovo gran maeslro.

In quanto alla professione reli- giosa de' nuovi cavalieri gerosoli- mitani, questa si fa dopo il no-

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vizialo ossia le carovane, che du- rano quattro anni, e per diminuir- ne il lasso .di tempo occorre un breve pontificio, col quale si suole prescrivere un anno di noviziato. La professione quindi ha luogo colle seguenti solenni cerimonie, tut- te con mistici e belli significati. Il cavaliere novello si reca alla chiesa conventuale dell'ordine, ve- stito prima di abito lungo nero, ed al presente con 1' uniforme ge- rosolimitana, ed inginocchiatosi a pie dell'altare, tiene in mano un toi'chio acceso, che denota la cari- tà di cui dev' essere fornito. Indi il cavaliere fa istanza di essere ri- cevuto nell'ordine, a chi è depu- tato per tal funzione, cioè al cava- liere ricevitore. Un cappellano con- ventuale benedice la di lui spada, ed il ricevitore nel cingergliela al fianco lo ammonisce di non ser- virsene che in difesa della fede cat- tolica, e contro i nemici di essa, a costo di perdervi la vita, signi- ficando r armacollo la castità che deve osservare. Quindi dal cappel- lano s' incomincia la messa, e pri- ma dell'evangelio il detto ricevi- tore fa al cavaliere alcune inter- rogazioni, e gli diversi altri avvertimenti, invitandolo a dovere aspirare sempre alla vera gloria. Allora il ricevitore fa sfoderare la spada al novizio, gliela fa brandire, tre volte percuote colla slessa spa- da la di lui spalla sinistra, per fargli intendere doversi sottomette- re a' patimenti per amore di Ge- sù Cristo. II novizio nel ferire l'a- ria tre volte, intende di provocare in nome della ss. Trinità i nemi- ci della fede, imitando lo zelo dei Maccabei, che nella legge antica e- sponevano le loro vite per la di- fesa del popolo di Dio, ed ancor-

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che fossero in poco numero, com- battendo per santo fine, vinse- ro poderosi eserciti. 11 ricevitore ordina al novizio di riporre la spa- da nel fodero, quindi due cavalieri gli pongono due speroni d'oro, in significato di stimolarlo ad azioni lodevoli, ed a conculcare l'oro co- me il fango a tenore delle analo- ghe parole che gli dice il ricevito- re. 11 novizio riprende il torchio acceso, e continua ad ascoltare la messa. Questa terminata il novizio richiede d' essere ammesso nell'or- dine, il ricevitore gli fa alcune do- mande a cui esso risponde colle solite formole, e pronunzia la so- lenne professione de' voli con que- sta formola : Io N. faccio volo, e prometto a Dio onnipotente, alla Beala Man a sempre vergine ma' dre di Dio, ed a s. Giovanni Bat- tista, d' osservare perpetuamente con l'aiuto di Dio, vera obbedien- za a qualunque superiore, che mi sarà dato da Dio, e dalla nostra religione , e di più vivere senza, proprio, ed osservare la castità. La formola antica il Bosio la riporta nella sua Istoria a p. i3 del t. I. Dopo di che il novizio tocca gli e- vangeli sul messale posto sulle ginoc- chia del ricevitore. Ciò fatto, il rice- vitore presenta al novizio il sudde- scrillo manto a becca, gliene fa baciare la croce', la cui bianchez- za significa il candore che deve os- servare, e le otto punte le otto beatitudini da conseguirsi dopo a- ver combattuto ; finalmente il ca- valiere accettante gli adatta indos- so l'abito, pronunzia un breve di- scorso alludente agli emessi voti, ed all'abito di cui lo ha rivestito, imponendogli il suddetto cordone sulla spalla sinistra, e spiegandogli uno ad uno gl'isliomenti della pas-

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sioiie di Gesù Ciislo espressi nel medesimo, essendo il cordone figu- ra del giogo cui il candidalo si sot- topone. Per ultimo il sacerdote re- cita sul professo alcune preci, il ricevitore chiama a il professo, gli presenta un piatto contenente un pane, un bicchiero d'acqua ed un poco di sale, invitandolo a ci- barsene , ed avvertendolo essere quello il compenso di sue fatiche; per ultimo il professo passa ad abbracciare tutti i cavalieri , che hanno assistito alla funzione. Quan- do l'ordine risiedeva a Malta, gli speroni li mettevano i paggi; com- pinta la funzione della professione il cavaliere si portava all'albergo della propria nazione, ove faceva l'ubbidienza con pane, acqua, sale ec. Le simboliche spiegazioni qui narrate sono di Antonio Posse- vino, riportate dal citato padre Bo- nanni a pag. LXIIl , in cui pro- duce l'immagine del cavaliere ge- rosolimitano con abito militare nel- le carovane o campagne in mare contro i corsari ed i turchi, essen- do il grido di guerra: s. Gioi-aii- Ili, s. Giovanili.

L'uniforme dell'ordine gerosolimi- tano in generale è di panno color scarlatto, con bottoni dorati in cui è impressa la croce dell' ordine. I cavalieri di giustizia di qualunque rango portano presentemente sopra la medesima petti , paramani e colletto dj panno bianco. Quelli di divozione in luogo dell'indicato bianco sostituiscono il velluto nero. All'uno ed all' altro viene ora n- dotlato il pantalone, o calzoni lun- ghi bianchi. In quanto alle deco- lazioni di ogni grado, sono le se- guenti. I bali gran croci fascia di seta nera ondata a tracolla caden- te sul fianco sinistro con croce ot-

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tngona di tela bianca cucita alla estremità della medesima ; croce pettorale d'oro appesa al collo; due spalline a granoni d'oro; fiocco si- mile alla spada, e cappello il qua- le è bordato con nastro ondato di seta nera , e penna bianca , a- vente la coccarda dell'ordine bian- ca e rossa. I commendatori meno la fascia a tracolla, e la penna bian- ca del cappello, sostituita da altra nera, il resto tutto simile come so- pra. I carovanisti ed i novizi altret- tanto come i commendatori, me- no la penna nera al cappello, do- vendo portare la croce piccola al lato sinistro del petto, in luogo della pettorale. I donati hanno per loro un'uniforme rossa, con petti, paramani e collo di vellu- to verde ; una spallina e mezza con frangie d' oro, piccola croce mancante il quarto superiore, e simile di tela cucita al lato sini- stro del petto. I commendatori di giuspalronato indossano 1' unifor- me con tutti i distintivi come i commendatoli di giustizia , sosti- tuendo ai petti, paramani, e collo bianco, il velluto nero. I cavalieri di divozione l' uniforme come i commendatori del loro rango, me- no la croce pettorale, la penna al cappello, ed una spallina e mez- za soltanto d'oro. I gran priori, i bali, ed i commendatori portano la croce d'oro smaltata, sovrastata da emblemi militari, appesa ad u- na fettuccia di seta nera al collo; gli altri la portano semplicemente ed in forma più piccola sulla par- te sinistra del petto. Qui noteiemo che prima i bali ed i gran croci , invece del suddetto cordone o fa- scia di seta nera ondata a tracol- la, portavano in mezzo al petto una gran croce di tela bi.uica, e

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cucila; ma a' giorni noslri, siccome i bali e grati croci tedeschi del priorato di Boemia sogliono por- tare l'uniforme chiuso, la gran cro- ce di tela bianca del corpetto o sottoveste, resta iido occiilta, si ri- ■volsero all'odierno luogotenente de! magistero per un temperamento. Dopo maturo esame, il venerando luogotenente stabiPi, che in luogo di tal croce sulla sottoveste, i bali e gran priori userebbero il descrit- to cordone o fascia attraverso dalla spalla dritta al fianco si- nistro.

I cavalieri professi dell' ordine gerosolimitano essendo veri religio- si pei tre voti che fanno, non pos- sono né ammogliarsi validamente, possedere niente di proprio, succedere, sia in proprietà, sia in usufruito, lasciare per testamen- to ima parte qualunque del loro peculio, il quale appartiene di di- ritto all'ordine dopo la loro mor- te; cosi dicasi dei mobili, e di tut- lociò che lasciano morendo. Posso- no essi dispone solamente d' un quinto, in caso di ultima volontà, ma sempre con 1' autorizzazione del gran uiaesitro, secondo l'indulto di Gregorio XII. Possono altresì godere dell'usufrutto delle loro com- mende, e disporne a loro piacere, nel che differiscono dagli altri re- ligiosi. Nel 1624 r ordine ricorse ad Urbano Vili, per le licenze dan- nose al tesoro gerosolimitano, che per via di composizioni facilmente la santa Sede concedeva a diversi religiosi , autorizzandoli a testare somme rilevantissime, dacché il di- ritto dello spoglio era per l'ordine la rendita più essenziale. I cava- lieri dell ordine gerosolimitano so- no esenti dalla giurisdizione ordi- naria de' vescovi , in forza delle

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bolle de'Pontefici, e principalmente di Adriano IV, Clemente VII, Pao- lo III, e s. Pio V. E loro proibi- to di confessarsi da altri fuorché dal priore, o da un cappellano del me- desimo ordine ; a meno che non abbiano una permissione espressa del medesimo priore, o in di lui assenza del superiore legittimo. Non sono per conseguenza obbli- gati fare la loro confessione an- nuale, e la loro comunione pa- squale alla parrocchia nella quale essi ordinariamente risiedono, non essendo il curato di quella par- rocchia il proprio parroco. In ca- so che un cavaliere commetta un delitto, tutti i membri dell'ordine devono essere giudicati dai giudici reali per il caso privilegiato, e dal- l'uffiziale per il delitto comune, I benefizi dell' ordine non possono essere posseduti se non da coloro che appartengono all'ordine, a nor- ma di quanto venne ordinato dal- la bolla Circiimspccla, emanala da Pio IV il primo luglio 1 56o. I gran maestri non possono dare a- spettative sopra commende; tal- volta i Papi le hanno concesse, ma l'ordine n' è stato dispiacente. Benché i cavalieri gerosolimitani siano esenti dalla giurisdizione degli ordinari , i vescovi diocesani però hanno du'itto di far la visita delle chiese e dei benefizi dipendenti dall'ordine, purché facciano la visi- ta in persona e senza Gsigere al- cun diritto.

Regolaineido ed istruzioni per la fondazione di un balia ggi o , o d'una commenda di ginspa fra- nato.

Il nobile che desideia fonda- re alcuna commenda, deve scri- vere al maiiistero dell'oidine tale

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brama per la particolare divozio- ne che ha sempre nutrito, verso il sacro ordine gerosoliinilano, ec.

ec.

I. olFriranno in dote tanti fon- di liberi di canone ed iscrizio- ni ipotecarie non minori di scudi diecimila.

1. La commenda porterà il nome del fondatore, o quello che gli piacerà, e sarà di giuspatro- nato attivo e passivo del fon- datore, e della linea mascolina del medesimo, da primogenito iti primogenito sino alla sua estinzio- ne, escluse sempre le femmine, ed i loro discendenti maschi; all'estin- zione della linea mascolina del fondatore , la commenda anderà alla religione, e si smutirà a fa- vore dei cavalieri di giustizia di quel priorato a cui sarà asse- gnata la commenda.

3. Il fondatore sarà di diritto ca- valiere di divozione del sacro ordine, per godere di tutti gli o- nori, distinzioni, prerogative, che dagli statuti dell'ordine sono ac- cordati ai cavalieri investiti di commenda di giuspatronato, col libero godimento di tutti i frut- ti dei beni assegnati alla com- menda vita sua naturale duran- te, anche nel caso di passaggio in prime ed ulteriori nozze, col solo obbligo dell' annua corre- sponsione di cui abbasso.

4- Il fondatore soggiacerà a tutte le spese che possono occorrere per la fondazione di detta com- menda , comprese quelle della cancelleria per la spedizione de- gli atti.

5. il discendente maschio del fon- datore sarà di diritto cavaliere di divozione dell'ordine, e non

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sarà tenuto di somministnue alcuna prova della nobiltà pa- terna, ma soltanto di giustifica- re la nobiltà della madre, se- condo gli statuti gerosolimitani.

6. Il fondatore pagherà annual- mente la somma di scudi ro- mani sedici per cento sulla ren- dita della commenda, per re- sponsioni ed imposizioni di cui sono gravate le commende del- l' ordine, ed egual somma pa- gheranno i suoi discendenti, pu- re annualmente per lo stesso titolo.

7. La commenda dopo la morte del titolare di giuspatronato sa- rà amministrata dal successore, dopo che questi avrà ottenuto dalla cancelleria dell' ordine la bolla della medesima.

8. 11 nuovo titolare pagherà a ti- tolo di mortorio e vacante due annualità della rendita dei beni formanti la dotazione della com- menda : la prima dopo la fine del primo anno , la seconda dopo la scadenza dell'anno suc- cessivo, e questa corresponsione deve essere libera a favore del- l'ordine.

9. Lo stesso nuovo titoinre sarà obbligato al pagamento col det- to mortorio e vacante di tutte le somme, che il suo predeces- sore fosse rimasto debitore ver- so il venerando comune tesoro dell' ordine per responsioni e qualunque altro titolo , salvo a lui il regresso verso il detto pre- decessore e suoi eredi per la ripetizione della somma stessa.

10. Mancando il nuovo titolare a questi pagamenti, la religione, e per essa il priorato o suo rap- presentante farà ipso jure se- questrare I.; commenda a ter-

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mini (lei gerosolimilani statuti, e ne riterrà l' amministrazione fincliè coi prodotti di questa sa- rà stata saldata la somma di cui risultava creditore per l'og- getto indicato, 1 I. Se fra sei mesi dopo la va- canza della commenda il suc- cessore non proverà la nobiltà «egli articoli di sopra contem- plali, e perciò non avrà otte- nuta la bolla, la commenda si prenderà in amministrazione del- l'ordine, il quale ne avrà il godimento finché il nuovo chia- mato abbia adempito al suo ob- bligo, e non potendolo adem- pire, finché altro dei chiamati al giuspalronato si trovi nel caso di poterlo adempire.

12. Ogni commendatore sarà ob- bligato al cabreo, ai migliora- menti , ed all'adempimento dei precetti della visita priorale, giu- sta la forma degli statuti del- l'ordine, ed a quanto in essi si prescrive per la sicurezza dei beni costituenti la dotazione. Qui noteremo, che per cabreo s'in- tende il catasto d'ogni commen- da, il quale si rinnova ogni ven- ticinque anni da quel titolare che gode la commenda in quel- r anno, e ciò per mantenersi sempre nella giusta proprietà , ed evitare usurpazioni, o smem- bramenti arbitrari.

1 3. I titolari saranno nel rango de' cavalieri di divozione, esenti dal diritto del passaggio, a me- no che non vogliano farsi rice- vere di giustizia del sacro or- dine , nel qual caso dovranno produrre le prove di nobiltà per i quattro quarti, secondo la torma degli statuti, pagando il passaggio al tesoro dell' ordine

GER maggior età, o di minor età, secondo vorranno farsi ricevere, ed i diritti della lingua a cui ap- parterranno. Comunque poi i commendatori siano nel grado di cavalieri di divozione, o di giustizia, se si faranno ricevere come tali avranno però sempre il titolo, gli onori e distinzioni di commendatori del S. M. O. gerosolimitano. i4- Il fondatore e dopo di lui i suoi discendenti conserveranno il patronato della detta commen- da , e quindi in caso di avoca- zione dei beni dell'ordine allo stato, dovranno quelli costituenti la dotazione della commenda ri- manere, e dovranno ove occorra ritornare nella libera disponibili- tà del fondatore stesso , e dei suoi discendenti, e ciò in qua- lunque tempo e circostanza si verifichi il caso, ritenendosi come condizione indispensabile della dotazione l'obbligo di reversione dei beni assegnati, nel caso di cessazione della commenda, in favore del fondatore e de' suoi discendenti. i5. In contemplazione dell'esenzio- ne del pagamento del passaggio per tutti i discendenti titolari, il fondatore offre per una sol vol- ta al tesoro dell' ordine scudi romani quattrocent'ottanta. Va notato, che presentemente qua- lunque istituzione di commenda oba- liaggio viene regolata dalle leggi spe- ciali dei governi che li permettono.

Istruzioni per ottenere la croce di divozione del S. M. O. Gero- solimitano.

L' individuo che aspira a tale onore può essere nubile o ammo- gliato, deve provare la nobiltà della

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linea paterna ed ava paterna per lo spazio non interrotto di anni duecento, e nello stesso modo per la materna; deve produrre la fede di battesimo, e la fede della sua buona condotta morale e politica. Inoltre deve sborsare il pagamen- to del passaggio al tesoro in scu- di romani quattrocento cinquanta. Più deve soddisfare al pagamen- to dei diritti di cancelleria , e pel permesso dell'uniforme, in scudi romani trentasette, e baj. 3o.

Monache dell'ordine gerosoli- mitano.

Le monache ospitalarie dell'or- dine di s. Giovanni di Gerusalem- me sono antiche quanto i cava- lieri, dappoiché la loro origine ri- sale con quella dell'ordine. Dicem- mo in principio, che nel medesimo tempo in cui fu fabbricato in Ge- rusalemme lo spedale vicino alla chiesa di s. Maria Latina, che fu destinato per gli uomini, fabbri- cossene un altro per le donne ac- canto la medesima chiesa, dedicalo a s. Maria Maddalena; in esso si osservavano l'istesse regole che pra- ticavansi in quello degli uominij adottandosi la regola de' canonici regolari di s. Agostino, ed Agnese ne fu la prima abbadessa. Il pa- triarca di Gerusalemme nella chie- sa del santo Sepolcro ricevette i voti delle religiose: le monache assunsero l'abito come gli uomini, cioè di drappo nero, con la croce di tela bianca, insegna dell'ordine, che posero sulla parte del cuore; l'abito fu una tonaca ed uno sca- polare. Nelle funzioni del coro ag- giunsero un manto parimenti ne- ro, fregiato nella parte sinistra con la croce bianca ottangolare . Il

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manto benché lungo essendo ripie- gato non toccava la terra. Al me- desimo aggiunsero un cordone tri- plicato con fiocchi di seta nera e bianca; ed a tal cordone altro ne univano coi misteri e simboli del- la passione di Gesù Cristo, scol- piti in legno, e coperti di seta ne- ra e bianca, ed ambedue le re- ligiose sostenevanli col braccio si- nistro, come rappresenta la figura che ci il sum mentovato p. Bo- nanni a pag. CXXVI, Monache dell' ordine equestre di Malia. S. Toscana veronese, morta nel 1 1 00, o più tardi come osserva il Bosio, fu ospitalaria o monaca gerosoli- mitana. Dopo che Saladino prese Gerusalemme nel 1187, le mona- che si rifugiarono in vari luoghi. In Inghilterra il re Enrico II le riunì nel monistero di Baukland, ove dimorarono sino allo scisma di Enrico Vili. Nell'anno seguente la regina Sancia moglie di Alfonso li re di Aragona detto il Casto, e madre di Pietro II, fondò a Sixe- na un monistero in onore di s. Maria o Nostra Signora di Sixena, nella diocesi di Lerida, tra questa città e Saragozza, per le povere da- migelle, le quali vi dovevano esse- re ricevute senza dote, dovendo però provare la loro nobiltà come i cavalieri. Ivi fece erigere una magnifica fabbrica, che fu termi- nata nel 1190, e le religiose del- l'ordine gerosolimitano vi ricevet- tero la regola degli ospitalari del- l'ordine, che approvò Celestino III, e poi confermarono s. Pio V , e Gregorio XIII. Dotò la regina il monistero di feudi e terre, e lo ricolmò di altre beneficenze. Dive- nuta vedova la regina si ritirò con la figlia nel monistero , e ne ve- stirono l'abito, ciò che pur fece

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Bianca sua nipote, figlia di Giaco- mo li. La superiora di questo monistero assisteva ai capitoli pro- vinciali dell ordine in Aragona, ed avea voto nelle deliberazioni del castellano d'Emposta, ch'era la pri- maria dignità dell'ordine in tal regno. La priora conferiva i be- nefizi posti nelle sue terre, e dava l'abito ai preti d'ubbidienza; al- trettanto faceva la priora delle mo- nache di Catalogna : le monache di questi due monisleri recavansi in coro, tenendo in mano uno scet- tro d'argento. Queste monache es- sendo soggette al gran maestro , sotto la Cassiere, questi concesse la sua luogotenenza alia priora del regio monistero d. Caterina Torel- las, con facoltà di dar licenza alle monache di uscir dal monistero [)er curarsi in caso d'infermità, o per altra grave urgenza, in conformità della bolla di Gregorio XIII, data a'i4 dicembre iSyS, ed in pari tempo diede commissione al castel- lano d'Emposta fr. Lorenzo de Ta- lavera, di visitare come suo dele- gato il monistero.

Ad esempio di questo monistero di Sixena si fecero molte altre fon- dazioni in diversi paesi. Verso il 1 200 fu eretto quello di s. Giovanni del Tempio di Carraia nella città di Pisa, ove fu monaca s. Ubalda o Ubaldesca, che morì nel 1206. Sot- to il regno di Giacomo II re d'Ara- gona enei 1212 fu fondato in Ca- talogna il monistero di s. Giovan- ni gerosolimitano di Nostra Signo- ra d'Alguaira, dalle matrone Sau- rina de Jorba, ed Elfa de Segar- dia; e le religiose che vi si ammet- tevano dovevano fare le prove di nobiltà. In Genova fu fondalo al- tro monistero nel i23o, forse quel- lo di s. Caterina vergine e mar-

GER tire, eretto dall'arci ve5covo di Ge- nova Ottone , di patria alessan- drino.

Le monache di Beanlieu furono fondate nel Quercy, in un ospeda- le istituito nel 1220 dai signori di Themines, pei pellegrini che reca- vansi in Terra Santa, dal gran mae- stro de Villaret, per le povere in- ferme e pellegrine, onde le religiose si formarono in tie gradi : di suore di giustizia, che facevano le prove di nobiltà coDie i cavalieri gerosolimita- ni; di suore di officio, e di suo- re converse: tra di esse fiorì s. Flora che morì santamente nel 1299. Il priore di Beaulieu era gran priore perpetuo di tutte le fi- glie dell'ordine in Fiancia. Il me- desimo gran maestro Villaret nel 1292 diede forma e regola ad al- tro monistero del Quercy nella dio- cesi di Cahors, come quello di Beau- lieu, chiamato della Selva di Fieux. In progresso di tempo le monache vivendo senza clausura, si erano al- quanto rilassate, quando suor Ga- leotta di Vaillac, che prima era coadiutora del monistero di .Beau- lieu, essendo priora di quello di Fieux si pose in pensiero di riuni- re i due moni steri, con fine d' in- trodurvi conveniente riforma. Col consenso del gran maestro e del convento, e mediante una bolla pontifìcia, nel 1621 eseguì l'unio- ne non senza superare difficoltà, e vi stabilì ottime regole. Il gran maestro Wignacourt fece visitare ambedue i monisteri per espressi visitatori e correttori; e siccome dopo la morte della benemerita Vaillac erano nate differenze sul governo de' due monisteri, nel 1624 il re di Francia le sottopose all'an- tica potestà e giurisdizione dell' or- dine. Allora fu trasferito il moni-

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stero (li Beaulieu in altro edificato a Tolosa.

Il monistero di s. Marco della città di Marlel, pure nella diocesi di Caliors, è quasi coetaneo del pre- cedente, esistendo già nel 1 269, ov' erano le sorelle dello spedale di s. Marco di Maitel. JN'el i4o7 "'e- la priora la dama Delfina di Bosq, e nel 1 586 Bartolomea di Cha- brignac che abbracciando gli erro- ri di Calvino si maritò, e vendè il monistero ai consoli della città. Nel i652 a cagione della peste che infierì a Tolosa, le monache di s. Giovanni con la priora dama Mi- randol si trasferirono nel Quercy, e la di lei nipote suor Francesca, con la protezione del re, ricuperò il monistero di Martel, non senza gra- vi difficoltà, come narra il Pozzo nel toni. I, p. 677 e seg. ; quindi lo ristabilì, ne ricuperò le rendite, e nel 1686 il gran maestro ed il consiglio approvarono le regole a nórma di quelle di s. Giovanni di Tolosa. La comunità l'eligiosa di Martel fu divisa in più classi, cioè di suore canonichesse di giustizia, di suore d' ufficio, di suore conver- se, e di donale, non che di fratel- li donati, che venivano ricevuti al- l'età di quaranta anni sotto l'ub- bidienza della gran priora. Le suo- re di giustizia facevano le stesse prove di nobiltà che i cavalieri, ed erano decorate con la croce di tela bianca sul cuore, d' una croce d' 010 sullo stomaco, e di un anel- lo d' oro con piccola croce geroso- limitana con smalto nero e bianco. Nelle solenni funzioni assumevano il manto a becco, col cordone del- l'ordine fregiato dei simboli della passione di Gesù Cristo. Tutte le monache facevano i voti di pover- tà, castità ed obbedienza, e di os-

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servare gli statuti dell'ordine. La gran priora veniva eletta dalle suo- re di giustizia, e confermavasi con bolla dal gran maestro. Portava in petto la gran croce, che riceveva nel giorno di sua installazione da un cavaliere deputato dal gran maestro. Inoltre la gran priora nel- le solennità usava la doccia, veste che descrivemmo di sopra.

Le monache di s. Giovannino di Firenze nel iSqi le fondò il gian maestro fr. Francesco Caracciolo, dando loro l' ospedale di s. Nicola coi suoi beni e diritti. Ne fu pri- ma abbadessa e commendalrice Pe- retta Andrea Viviani. Dopo aver vissuto l'abbadessa e le monache per più di duecento anni coi buoni e- sempi lasciati dalle loro antecesso- re, nel 1589, per ordine del com- mendatore fr. Antonio Martelli luo- gotenente del priore di Pisa, for- n^arono le regole e costituzioni per proprio governo, e pel regime del monistero , le quali a' 20 maggio dell'anno stesso furono approvate dal gran maestro cardinale fr. Ver- dalla, e dal consiglio dell'ordine.

Il monistero di Caspe nella Spa- gna lo fondò il gran maestro Gio. Ferdinando de Heredia ; quello di Siviglia Isabella di Leon nel 149^^) detto delle Cordigliere, sotto la re- gola e con l'abito di s. Giovanni di Gerusalemme, con autorizzazio- ne del cardinale gran maestro d'Aubusson, e fu nominata priora del medesimo monistero. Altro ne fu stabilito in Portogallo nella cit- tà di Evora da Isabella Fernan- des nel i5o9. L'infante d. Luigi, perpetuo amministratore del gran priorato di Portogallo, n'eresse u- no a FIor-de-Roses nella città di Ex-tremos. In città di Penna il priore di Capua fr. Giuliano Ri-

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dolfi, nel 1 526, fondò un monistei'o di gerosolimitane.

Le monache del monistero di Tolosa furono istituite nel 16 12 dal gran maestro di Paola, che le approvò nel 162 5, quindi fuiono lilbrmate da suor Gourdon de Ge- novillac, superiora del monistero di Beaulieu. Il gran maestro fondato- re se ne dichiarò superiore, men- tre gli altri monisteri dell' ordi- ne avevano per superiore il giaa priore. Nel i644 '' g'^" mae- stro Lascaris approvò i regolamen- ti delie monache, i quali prescrive- vano dover durare la superiora tre anni, dividendo le suore in suore di giustizia che dovevano far le prove di nobiltà come i cavalieri, e pagavano per diritto di passag- gia tremila franchi ; in suore ser- venti d'officio, le quali erano te- nule fare le medesime prove dei fr. serventi d'armi, e pagavano pel passaggio millecinquecento fran- chi; e le suore converse pei servi- gi interni del monistero. Il loro ve- stiario era come quello delle altre monache gerosolimitane. Il capitolo e la superiora erano autorizzate di dare la piccola croce ai fratelli do- nati, dopo l'età di trenta anni. Del resto altii monisteri dell'ordine e- sistcrono in Verona, in Venezia, ed in altii luoghi. Sebbene, secondo l'istituzione fatta in Gerusalemme, le monache dovessero portare abi- ti di lana neri, in alcuni moniste- ri l'abito fu di lana rossa, il man- tello nero ornato della consueta cro- ce di tela bianca ad otto punte. Narra il Pozzo tom. I, p. 708, che il consiglio dell'ordine nel 1622 con decreto approvò il divisamento di madama Carlotta de Cluis abba- dessa di Nostra Donna la reale de Lis, badia dell' ordine cistcrciense,

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di fondare in Fontainebleau un mo- nistero di monache gentildonne, con l'abito ed istituto gerosolimitano, sot- to l'obbedienza del priore di Fran- cia, Sdiva però la superiorità dei gran maestri, ma questa fondazione non sortì il suo elFetto.

In Malta vi erano le monaclie di s. Pietro, e di s. Scolastica, che nel 1574 il vescovo Roias per si- curezza fece trasferire dalla città Notabile alla Vittoriosa, per gli armamenti che faceva il turco con- tro l'isola. L'origine delle mona- che di s. Orsola, delle Vergini e Ripentite di s. Maria Maddalena risale al i58i, ed al gran maestro la Cassiere. Dipoi nel 159^ le mo- nache di s. Orsola per migliorare stanza vennero trasferite alla Val- letta, fabbricandosi il monistero so- pra il porto maggiore: in seguito nel 1634 il gran maestro di Pao- la riedillcò la chiesa in forma mi- gliore, e poscia il gran maestro Co- toner rifabbricò sontuosamente tut- to il monistero. Ma il monistero delle Vergini e Ripentite essendo stalo disgiunto da quello di s. Or- sola, e trasferito nella parte verso s. Ermo, ebbe rendite separate pel suo sostentamento, fra le quali al- cune gabelle, ed il quinto dei beni delle meretrici, ch'erano tenute contribuire per la validità de' loro testamenti. Nel 1606 poi nella Valletta fu istituito il monistero della Piesentazione della Madonna e di s. Caterina, per le vergini fi- glie di donne scandalose, perchè a suo tempo potessero onestamente maritarsi, o monacarsi.

Per conoscere le gloriose ed in- numerabili guerresche imprese del nobilissimo, potente e benemerito ordine gerosolimitano, principalmen- te quelle in cui si segnalò nel-

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la silfi dimora in Palestina, sicco- me valido sostegno dei re di Ge- rusalemme, di lutti i principi cri- stiani di oriente, e delle crociate, come pel dettaglio di sua impor- tantissima istoria, si possono consul- tare i seguenti autori, oltre quelli die trattarono degli ordini milita- ri ed equestri come il Giustiniani, il p. Heliot, ec. ec. : Privilegia or- flinis s. Joannis Hierosolymilani,etc., Romae i568 et i586, in folio. Henricus Pantaleonis, Hijtoria mi- litaris ordinis Joliamnilanini Rko- dioriim ac Melitensiuni et ec/uituni et rerum memorabiliuin ad an. i58i fortiter geslarum hislorìa nova con- scripta, Basileae i58i. Giacomo Bosio, La corona del cavaliere gè- rosolimilano , Roma i588. Istoria della religione di Blatta, Roma \5o,\, i6ii, i632, i633; Napoli i684; Venezia 169?. Privilegi con- cessi dai Papi alla sacra religio- ne di s. Giovanni Gerosolimitano, con indice del Bosio, Roma 1589. P. Roissat, Hisloire des chevaliers de l'ordre de VHópital de s. Jean de Jérusaleni, ou de Malte , Lyon 16 12. Brissat, Histoire des cheva- liers de l'ordre de VHópital de s. Jean de Jcr usa leni de Mal- te, Lyon 16 12. Domenico Maria Curione, Il glorioso trionfo della religione militare de' cavalieri di v. Gio. Gerosolimitano, detti pri- ma ospedalieri, poi di Rodi, ed ul- timamente di Malta, MWatio 1617. Don Juan Agostin de Funes Fray, Cronica de la sa grada r eligio n de san Juan Battista de Jernsalem, en Valencia i6?.6. Bosio, Le im- magini de'beati e santi della sa- cra religione di s. Giovanni Ge- rosolimitano ed altri, con le loro vite, Roma i633. Matihieu Gous- saucourt. Le martyrologe des che-

VOL. XXIX.

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valiers de Malte, Paris i643. Na- berat, Histoire des chevaliers de Malte par Baudoin, avec les clo- ges des grands-maitres, etc. et som- mai j-es des privile s octroyés à l'ordre de s. Jean, Paris i643. J. Baudoin, Histoire des chevaliers de l'ordre de s. Jean de Jtrusa- lem, avec les statuts et les ordon- nances de l'ordre, Paris iG^g. D. Ferdinando Escanno, Propugnacu- lum Hierosolymitanum , sive reli- gionis miliiaris s. Joannis Hiero- solymitani compendium , Hispali 1663. Carlo Macri , Il valore mi- litare maltese difeso contro le ca- lunnie del Brusoni, Roma 1667. Conte commendatore Bartolomeo Pozzo, Historia della sacra religio- ne militare di s. Gio. Gerosolimi- tano delta di Malta, che prose- guisce quella di Giacomo Bosio, Verona 1703, Venezia 1715. Ruo- lo generale de' cavalieri gerosoli- mitani dell'anno 1689, e continua- to da fr. Roberto Solaro di Go- rone all'anno 171 3, Torino 1714- avvertimenti necessari a chi legge V istoria de' cavalieri di Malta del commendatore dal Pozzo, Colonia 1705. S. P. Caiavita, Compendio alfabetico della s. religione geroso- limitana. Borgo Nuovo 1 7 1 8. Trat- tato della povertà de' cavalieri di Malta, Borgo Nuovo 17 18. Seba- stiano Pauli , Codice diplomatico del S. AI. ordine gerosolimitano oggi di Malta, ec. raccolto da va- ri documenti di quell'archivio, Luc- ca tom. I, 1733, tom. Il, 1737. René Vertot, Histoire des cheva- liers hospitaliers de s. Jean de Jé- rusalem, Paris 1726. Histoire des chevaliers de Rhodes et au/ourdui de Malte, Parigi 1778. Antonio Paolo Pauli, Dell'origine ed istitu- to del sacro militare ordine gero-

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soliniitann, Roma 1 784. 'ielro de- gli Onofri, Succinto raps^el^o del- l'orìgine, progresso, <■ -'ito del sacro militare ora li- mùanOy con un ristretto (elle vite de' gran maestri per istnione dei gio\'ani cavalieri che vo'anno a- sc ri ver si a rispclf ' -e, Napoli 1791. Carlo \ ^ ;;o dell' istoria dell'ordine d s. Gio- vanni di Gerusalemme, ttto tar- dine di Malta. Como i\^. Ana- stnsio di Figueiredo. ^ sto- ria da militar ordem < Aia, e ilos senhores grao prres del- la, em Portugal, Lisboa 100. Con- te Vincenzo Cicognai-a, havalieri dell' ordine di s. Giovan di Ge- rusalemme detti di Mail, Ferra- ra 1827. M. de Saint-Alls, L*or- {Ire de Malte, ses grana maitrcs et ses chevaliers , Paris 839: in fine sono liporlali ^li steBni gen- tdizi (li tutti i ginn maeri e luo- gotenenti del magistero, nclusivo a quello del venerando )>id"i fr.

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Carlo Candida. Rfarchese di Vil- larosa cavaliere gerosolimitano, iVo- tizie di alcuni cavalieri del sacro ordine gerosolimitano illustri per le lettere e per belle arti , Napoli 1841. Nelle note della prefazione è riportata una biblioteca degli scrit- tori dell'ordine. In quanto agli sta- tuti di esso abbiamo : Statuta sa- crac religionis Rìwdianae et Meli- tae, Ulmae i5r)6, Romae Blando I ^56. Statuta ìiospitalis Jerusa- lem etc., Romae i588. Statuta ho- spitalis Jerusalem, sive ordinis c- quitum s. Joannis Hierosolymitano- rum, i538. Statuti della sacra re- ligione di s. Giovanni Gerosolimi- tano, con le ordinanze del capitolo generale celebrato nel 1 63 1 ; di nuovo ristampati con le loro ta- vole e postille in Borgo Nuovo 1674 e 1718. La più completa edizione di tali statuti, è l' ultima pubblicata nel magistero del gran maestro de Rohan.

FINE DL VOLUME VIGESIMONOXO. O

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solimitano, Roma 1784. Pietro de- gli Onofii, Succinto ragguaglio del- Vorigine, progresso, e stabilimento del sacro militare ordine gerosoU- vìitano, con un ristretto delle vite de' gran maestri per istruzione dei giovani cavalieri che vorranno a' scriversi a rispettabile ordine, Napoli 1791. Caiìo YeiTì, Epìlogo dell' istoria dell'ordine di s. Gio- vanni di Gerusalemme, detto l'or- dine di Malta. Como i8i4- Ana- stasio di Figueiredo, Nova histo- ria da militar ordem de Malta, e dos senhores grao priores del- la, em Portugal, Lisboa 1800. Con- te Vincenzo Cicognara, / cavalieri dell' ordine di s. Giovanni di Ge- rusalemme detti di Malta, Ferra- ra 1827. M. de Saint-Allais, L'or- dre de Malte, ses grands maitres et ses chevaliers , Paris 1839: in fine sono riportali gli stemmi gen- tilizi di tutti i gran maestri e luo- gotenenti del magistero, inclusivo a quello del venerando bali fr.

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Carlo Candida, ^^archese di Vil- larosa cavaliere gerosolimitano. No- tizie dì alcuni cavalieri del sacro ordine gerosolimitano illustri per le lettere e per belle arti, Napoli i84i. Nelle note della prefazione è riportata una biblioteca degli scrit- tori dell'ordine. In quanto agli sta- tuti di esso abbiamo : Statuta sa- crac religionis Rhodianae et Meli- tae, Ulmae iSqS, Romae Blando i556. Statuta hospitalis Jerusa- lem etc, Romae i588. Statuta ho- spitalis Jerusalem, sive ordinis e- quitum s. Joannis Hierosolymitano- runi, i538. Statuti della sacra re- ligione di s. Giovanni Gerosolimi- tano, con le ordinanze del capitolo generale celebrato nel 1 63 1 ; di nuovo ristampali con le loro ta- vole e postille in Borgo Nuovo 1674 e 17 18. La più completa edizione di tali statuti, è l' ultima pubblicata nel magistero del gran maestro de Rohan.

FINE DEL VOLUME VIGESLMONONO. O

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Moroni , Gaetano.

1802-1883. Dizionario di erudizione

storie o-ecclesiastica AFK-9455 (awsk)

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