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8 80, 99

STUDI ITALIANI

FILOLOGIA CLASSICA

VOLUME DODICESIMO.

“I

FIRENZE BERNARDO SEEBER LIBRAIO-EDITORE

INDICE DEL VOLUME

BirancHI (Enrico) Scholia in Nicandri Alexipharmaca . p. 821-420

CASTIGLIONI (Luigi) Analecta . . . «+ + + 279-318 Dk STEFANI (Edoardo Luigi) Gli excerpta della Historia Animalium’ di Eliano . . . °- +. + + 145-180

Herodiani περὶ ὀνομάτων fr. (II 618, 9 L). ΝΞ ΞΕ 218 Per l’‘Epitome Aristotelis De Animalibus' di Aristo-

fane di Bizanzio . . . - 0000. 421-445 LATTES (Elia) I fascicoli nono e decimo del nuovo Corpus inscriptionum etruscarum . . . «0000. + 11-120

MARCHESI (Concetto) De codicibus quibusdam ‘adhuc non compertis qui Veronae, in bybliotheca Capitulari, adser-

vantur. . . «0000. + 121-188 OLIVIRRI (Alessandro) -- Oftalmologia di Aetios nel cod. Laurenziano 75, 5 . . . «0000 + 261-277

PascaL (Carlo) Il Carme LXIV di Catullo. «00. + + 219-227 RamorIno (Felice) De duobus Persii codicibus qui inter

ceteros Laurentianae bybliothecae servantur . . . . 229-260 SoLARI (Arturo) Codici latini della biblioteca comunale

di Livorno anteriori al secolo XVII . . ..... 1-9 TrRrzAGHI (Nicola) Ad Hes. Th. 585 53... . . . . . . 139-144 Sul commento di Niceforo Sregora al περὶ ἐνυπνίων di

Sinesio. . . ον 0600 181-217 Tosi (Tito) Eurip. Orest. VV. 1046. 6. ΝΕ 278 VITELLI (Girolamo) 2Ztoget . LL... 10 Σωτήριος Παῦνι. o. LL. 066 228 Gadvotos . . . ΝΕ 820 Ancora il Palefato Harrisiano. ‘a N 446

ZURETTI (Carlo Oreste) Auson. Cent. πυρί. (XVID. εν 819

CODICI LATINI DELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI LIVORNO

ANTERIORI AL SECOLO XVII

BREVEMENTE DESCRITTI

DA

ARTURO SOLARI

1 (112. 8. 24) prov. Spannocchi.

Miscellanea 1-52 ' epistolae Phalaridis e Graeco in latinam linguam olim redactae a stampa con alcune postille ma- noscritte; 53575" pro lege manilia ad populum Romanum oratio ’; 775-114” ‘C. Plinii secundi de viris illustribus 121-128 ' Moretum ’.

Cartaceo, legato in carta pecora, sec. XV, ff. 124 (in bianco 76, 115-119, 124) ed uno membranaceo contenente un frammento di calendario ecclesiastico. Misura mm. 190 Χ 140. È in bianco lo spazio per le iniziali dei singoli capi. In fronte a 53” si legge, scritto di mano posteriore, impressa est hec oratio M. T. C. sub hoc titulo Pro lege Manilia ad Populù Ro. oratio XIII sed rectius pro Cneo Pompeio ut hic in ti. ’, edin fine all’orazione ᾿ M. T. C. pro quinto pompeio oratio explicit ’. Il de vir. illustribus è prece- duto dal titolo C. Plini Secundi de uiris illustribus orna- tissimus libellus incipit e chiude l'opuscolo Finis. Laus Deo et sue matris Marie. C. Plinij secundi ueronensis de uiris illustribus libellus ornatissimus finit anno domini no- stri moccoLx8 die quintum decimum februarij ?. Nel mar- gine superiore del 121” sta scritto ' incipit Moretum e alla fine del 123"

Quis scrisi (sic) soribat semper cum domino uwiuat Viuat in ceilis (sic) semper cum domino felis

Studi ital. di filol. class. XII. i

vedi °° GODICI LATINI | Finis Deo gratias Hoo opus fecit Ludonicus Laurenti. Dominici de Senis Arma uirum que cano troie qui pri- mus hab (sie) oris Nemo enim est tam senex qui se an- num non putet vivere, (V. la collazione del de vir. illustr. in Stud. ital. XI 84-92. 2:(112. 4. 40) prov. Spannocchi. * Epistolae D. Pauli Apostoli ?.

Membranaceo, legato in pelle impressa, sec. XV, ff. 94 compresi uno bianco in fine. Misura mm. 240 x 170. Sul dorso legge 'epistolae D. Pauli Apostoli M. S.* e nel mar- gine superiore del 1", I. N. R. Y, Sono tutte le 14 epistole, in una scrittura regolare e chiara, con varie postille, in margine, della stessa mano, ma d'inchiostro diverso. L'or- dine è il tradizionale: 1 ad Romanos, 2 ad Corinthios, 1 ad Galatas, 1 ad Ephesios, 1 ad Philippenses, 1 ad Colossenses, 2 ad. Thessalonicenses, 3 δὰ Timotheum, 1 ad Titum, 1 ad Philemonem, 1 ad Hebraeos. Ogni epistola è preceduta dal- l'indice, dei capitoli e dall’argomento. Precede la raccolta la prefazione di S. Girolamo incipit prefatio beatissimi atque groliosisimi (sic) Ieronimi de corpore epistolarum Pauli Apostoli lege namque feliciter ?. Seguono poi immediata- mente, alla. prefazione due capitoli; coi titoli explicit pre- fatio, Ieronimi. Item aliud *, " explicit prefatio. incipit ar- gumentum beati Ieronimi solius epistole ad Romanos”. Le iniziali dei capitoli sono in un bel colore rosso o tur- chino, e quelle delle prime parole di ciascuna epistola. sono miniate con molta, vaghezza ed arte.

3.(112. 4. 44) prov. Spannocchi.

* Bernardini de Senis de evangelio aeterno Opus M, S..”.

Cartaceo, con legatura del tempo, sec. XV, ff. 174, compresi 8 in bianco, Misura mm. 390 x,280. Contiene i primi 45-sermones., Manca dal 46° al.65°; come del. resto ci avverte, una postilla, di mano, posteriore, al luogo relativo dell’indice et hic est finis huius voluminis *. Precede i Sermones l’indice completo e il prologo. Le iniziali dei Ser- mones, degli Articoli, e dei capitoli, in cui si suddividono rispettivamente i Sermones e gli Articoli, sono in un bel colore turchino.o rosso, e quasi, sempre alternativamente.

᾿ CODICI LATINI | 5 (112. 4. 39) prov. Spannocchi. * Evangelium D. Iohannis glossatum ᾿.

Membranaceo, legato ordinariamente, sec. XIV, ff. 70, non compresi due cartacei di guardia in principio e in fine. Misura mm. 280 x 200. Nel foglio cartaceo di guardia in principio si legge fratris Raynerii Greci vel Stephani Blancij Bononiensis Evangelium D. Ioannis glossatum * e nell'ultimo foglio membranaceo sempre della medesima. mano posteriore ' iste liber est fratris Rainerij Greci sive Staephani Blancij Bononiensis *. Sono tutti i 21 capitoli. del vangelo di 8, Giovanni con postille interlineari e mar- ginali.

6 (112. 5. 9) prov. Pistolesi.

18.112 offitium beate Marie Virginis ?, 113*-117" missa Sancte Marie’, 118"-157" ‘septem psalmi penitentiales, 158-225" offitium defuntorum (sic), 226"-231" offitium sancte erucis °, 232"-236" ' offitium Sancti Spiritus ’, 237"-2407 orationes Sancti Anselmi ’.

Membranaceo, legato in pelle impressa, sec. XIV, ff. 241 non compresi 2 cartacei di guardia (in bianco 117”, 241"). Misura mm. 110 x 80. Precede un calendario ecclesiastico. Nella prima pagina di ogni parte è miniata un’imaginetta che si riferisce al contenuto di quella, ed il margine della medesima pagina è sempre decorato con fiori e fogliami. Le iniziali pure sono miniate variamente e i titoli sono sempre in bel rosso. Comincia il codicetto incipit offitium beate marie virginis secundum consuetudinem romane Cu- tie’, e termina ‘explicit offitium beate marie virginis cum Missa eiusdem et septem psalmis penitentialibus. Et offitium defunctorum. sancti spiritus. et sancte crucis. cum orationibus sancti Anselmi et trinitas et cum euange- lium (sic) Ioannis feliciter ᾿.

7 (112. 4. 38) prov. Spannocchi.

5119" psalmi Davidici ’, 120"-178" alia ad Dei sancto- rumque onorem dicata venustis exornata caracteribus *.

Membranaceo, legat. ant. in cartapecora, del sec. XIV, ff. 179 (in bianco 1, 71", 179) non compresi uno cartaceo di guardia tanto in principio che in fine. Misura mm. 270 x 200.

oli decreti sono it rosso sbiadito.

i mano posteriore. Comincia in- cipiunt Capitula XXII de Episcopo ’. A nel margine superiore è scritto di mano posteriore iste liber est eclesie Sancti Petri in Oliveto de Brixia * e a 1", sempre nel mar- gine superiore Regule Gregorii maioris Ach. 164’ e sotto * Regule Eclesiastice ach. 176”.

11 (112. 3. 5) prov. Spannocchi. 1°-45” ‘Iannotii Manetti dialogus consolatorius de acerba Antonini filii sui morte in monasterio Cartusiensium ha- bitus®, 45-47" * prefatio in trium illustrium poetarum Florentinorum vita, 47"-62" vita Dantis illustris poete, 62-69" Francisci Petrarce illustris poete vita”, 69"-74" Ioannis Boccacii illustris poete vita *, 75"89" oratio fanebris habita in funere Leonardi Aretini preclar.®! hi- storici *.

Cartaceo, legato in pelle impressa, sec. XV, ff. 89 non compreso 1 membranaceo di guardia in principio. Misura mm. 293 X 216. Il titolo di ciascuna parte è in inchiostro rosso sbiadito, e in margine vi sono delle correzioni e ag- giunte di mano posteriore.

12 (112. 3. 34) prov. Spannocchi.

* Carolus Valgalius in Plutarchum de virtute morum ἦ.

Membranaceo, con due fogli pure membranacei di guar- dia, sec. XV, ff. 37 (in bianco 37‘). Misura mm. 189 x 122. Comincia ‘ad R." prem Fran. Cardinalem Senensem Pij ii pont. Max. nepotem Carolus Valgalius iu Plutarchi de virtute morum ?. Le iniziali della prefazione e della dis- sertazione sono miniate. Il codicetto è ben conservato e di mano umanistica. In calce a 1" v'è miniato lo stemma gen- tilizio Piccolomini sormontato da cappello cardinalizio.

13 (112. 3. 17) prov. Spannocchi.

Antonii Panhormitae quintum epistolarum volumen ad Oli- veriu" Archiepiscopum Neapolitanum ἡ.

Cartaceo, sec. XV, ff. 88 (in bianco 1, 2, 85”, 86", 87,88).

Misura mm. 233 X 165. Α ἢ, 865 si legge Iunii Iuvenalis

ἘΠ CODICI LATINI 103*-106, 176%, 182, 220*-221, 236”, 237, 301", 802, 427”, 438, 452, 453, 4675, 478, 479) con due cartacei di guardia. Misura mm. 363 x 265. È mutilo in più punti. Ciascuna parte è preceduta dall’indice dei capi in rosso; le iniziali dei Capi sono o in inchiostro rosso o in turchino. Sul si legge ‘statuta populi et Communis Florentiae A. 8, 1415”. A 98" vi è un cenno a un'epistola di papa Eugenio. Nel f. 438’, che è in bianco, si notano, di mano diversa, scritte le seguenti frasi omnia nata quidem pereunt et adulta fatiscunt’® ' Arma virumque cano troie qui primis (sic) ab horis (sic)? quamquam malum conparatum est vt hij qui minus abent senper adent (sic) divitioribus i q. ........”. * Enigma:

sunt duo que duo sunt et sunt duo que duo non sunt

que duo si duo sunt nulla duo duo sunt '.

15 (112. 5. 1) prov.?

* Decretales Iuris Canonici ᾿,

Membranaceo, slegato, mutilo, del sec. XIV ex. 0 XV in., ff. 266 (in bianco il 160"). Misura mm. 393 x 244. Iniziali dei singoli libri (se ne contano 5) miniate, quelle dei capi in rosso o turchino alternativamente.

16 (112. 5. 5) prov.?

Astrolabii tractatus ᾽.

Membranaceo, legatura del tempo, sec. XV, ff. 48, non compresi due di guardia cartacei. Misura mm. 242 x 165. Nel 1' si legge scritto di mano recente ‘1687 Gio Ant.® Calzabigi] ad usum die xvr Cancer ed in calce del 48” ‘Collegii Sancti Sebastiani Liburni *. È lasciato in bianco il posto per le iniziali. A 48" vi è la tabula mansionum lune facta ad gr. zodiaci primi mo (9) anno salutis 1466 ad me- ridianum patavij ’. A 11" è scritto si Astrolabium facere volueris primo et ante omnia fac tabulam ᾿.

17 (55. 10. 61) prov.?

9"-87" formae artis notariatus ?, 89"-97" tractatus de arte notariatus ’, 985-140" copia totius statuti castri Iulianelli extracta et copiata per me Lucam Ugolinum de dicto loco sub annis domini 1513 indict. prima pont. 58. in Xg0 patris

DELLA BIBL. COM, DI LIVORNO. 9

et dni nostri dii Leonis diuina prouidentia dig.®! pape de- cimi, eto. incepta die 23 decembr. etc. ’.

Cartaceo, legato in pelle impressa, sec. XVI, ff. 140, | compreso l’ultimo membranaceo (in bianco 2-8, 88, 97", 111°, 140°). Misura mm. 228 x 166.

18 (56. 10. 171) prov.?

interpretationes antiquarum abbreviationum cui segue una raccolta d’iscrizioni e di epitaffii poetici antichi e re- centi.

Cartaceo, legato in cartapecora, sec. XV, ff. 72 (in bianco 1, 15", 67, 68, 69, 70, 71, 72). Misura mm. 210 X 145.

19 (56. 11. 140) prav.?

Meditationes sacrae ’.

Cartaceo, legato di recente, sec. XVI in., ff. 237, com- presi due di guardia, dei quali parecchi in bianco. La me- ditatio sermo de Humanitate Domini Iesu Xristi et ver- bum caro factum est et habitavit in nobis’ pp. 198-202 Ὁ, è di mano diversa ma della stessa età. Misura mm. 196 Xx 145.

ΟΠΟΡΑΙ

Nei contratti di affitto di terreni, che i papiri di Egitto ci hanno dati in gran copia, occorre frequente la formula εἰς σπορὰν πυροῦ (κριϑῆς sim.) εἰς τὸν σπόρον τοῦ ἐνεστῶτος (0vv. εἰσιόντος) ἔτους ete. In un papiro di Berlino dell’a. 185/6 di Cr. (BGU. 89, 5 sqq.) troviamo: Βούλομαι μισϑώσασϑαι εἷς ἔτη τρεία σπορὰς τρεῖς ἀπὸ τοῦ ἐνεστῶτος xs' (ἔτους) τὰς ὑπαρχούσας σοι ete.; e suppergiù lo stesso in un altro papiro, Berlinese anche esso, dell’a. 150/1 di Cr. (BGU. 227,4 sgg.). Traduce il Wessely (CPR. I p. 159): Ich wiinsche auf drei Jahre, drei Saatcampagnen, gerech- met von dem laufendem Jahre XXVI, zu pachten’ etc; può esservi dubbio sulla interpretazione. Ora.in un no- stro papiro fiorentino, del nomos Hermopolites e dell'a. 341 di Cr. (Consolato di Antonio Marcellino e Petronio Pro- biano <sic); mese Payni, se ho visto bene), leggiamo: Βού- λομαι ἑκουσίως μισϑώσασϑαι παρὰ σοῦ ἐπ᾽ ἐνιαυτὸν ἕνα σπορὰς ᾿ς" γῆς σιτικῆς τὰς ὑπαρχούσας σοι ete. ἀρουρῶν (1. ἀρού- ρας) πέντε εἰς κατάϑεσιν χόρτου etc. Il segno dopo σπορὰς non differisce da altri iota dello stesso papiro, del resto molto cacografico; eppure 16 semine in un anno sono evi- dentemente qualcosa di assurdo. Poco importa sapere i ten- tativi che avevo fatti per evitare questo assurdo: la riso- luzione dell’ enigma mi viene da un accenno del Wilcken (Archiv. II 180) all'uso del doppio apice coi numerali, poichè evidentemente va inteso σπορὰς (ἔτους) ς΄ (di Co- stanzo e Costante, 341/2 di Cr.), come apposizione ad ἐπ᾿ ἐνιαυτὸν ἕνα, nel senso dunque di εἰς τὸν σπόρον τοῦ εἰσ- ἐόντος ς΄ ἔτους. La datazione, dirò così, ufficiale è quella per consoli alla fine del documento: nel contesto è adope- rata quella più comoda e meglio rispondente alla natura del contratto agricolo.

σα. V.

I FASCICOLI NONO E DECIMO

DEL NUOVO

CORPVS INSCRIPTIONVM ETRVSCARVM

Dal numero 4267 si giunge coi due novissimi ᾿ seg- menta al 4917, e si compie così la parte di Perugia (3307-4612), alla quale segue un additamentum di titoli omessi, perchè trovati o pubblicati da poi, o dimenticati 1): si compie così insieme il primo volume della nuova silloge, pur troppo il solo che il Pauli avrà potuto darci, essendo egli stato, pochi giorni dopo dettatane la praefatio ’, da imma- tura morte fra l’universale compianto rapito all’ opera glo- riosa con grande coraggio intrapresa e con pari pertinacia, superando molte e varie difficoltà, continuata. Una poscritta ad essa praefatio del fedele suo compagno 0. A. Da- nielsson, il valente professore di filologia classica nell’ Uni- versità di Upsala, giustamente lamenta la iattura irre- parabile; ma per fortuna degli studi etruschi annuncia insieme che fra lui e il dott. G. Herbig della biblioteca di Monaco già dal Pauli prescelto per la raccolta delle epigrafi vascolari e analoghe « constitutum est poste- riorem Corporis partem coniuncta opera edere, et ita quidem ut unum quodque caput ab alterutro componatur eiusque

1) Rimangono tuttavolta ancora alquante dimenticanze, di cui ragiona minutamente nella prefazione delle Giunte correzioni e postille al C. I. E. (I)', ora sotto stampa: dove, in uno colle osserva- zioni qui pubblicate per la prima volta, si presentano rifuse e più che raddoppiate quelle in parte già esposte negli St. ital. di filol. class. IV. 909-358, V. 241-278, VII. 455-503; ivi si troveranno eziandio, in luogo degli indici premessi le altre volte e omessi questa, l'indice gene- rale di tutte le parole studiate e la concordanza dell’intero primo volume del nuovo Corpus colle sillogi del Fabretti e del Gamurrini.

12 E. LATTES

sub nomine et auctoritate emittatur »; entrambi aiutati altresì dal nostro dott. B. Nogara, direttore del Museo etrusco Gregoriano «qui quam studiose quantoque cum fructu se ad titulos etruscos investigandos describendosque dederit, et commentarii ab ipso editi documento sunt et hoc Corporis Pauliani volumen satis declarat ».

La perfezione mai non essendo concessa alle umane cose, naturalmente non mancano mende pur nei due ultimi fa- scicoli: le quali io mi studio qui appresso di venir notando nel modo che tentai per i precedenti, affine di rendere, come so, sempre più fruttuosa la nobilissima fatica del rimpianto Maestro.

I. Correzioni e postille dal num, 4267 al num. 4537.

4270. Non lautni, ma lautni., come videro i due soli veri testimoni, Buonarroti e Conestabile « ex sua descrip- tione », e come spesso avvertesi in fine agli epitaffi di siffatte persone, forse ad indicare la seguenza di altri con- nessi: cf. a 747. 2219. 4319. 4395. 4488.

4279. Forse lat. etr. Caitho Ab(er) = ’78 Caitho Faber (* Haber), per confronto, se mai, con pren. atos fata; quanto a Caitho, cf. 4662 caidi e M. VII 10 caitim con VI 15 ceigim (Wolffin’s Arch. XII 578).

4280. Disegno Vetunia :l, trascrizione vetunial.

4283. Integro [Sepr]snei : Capevanes per confronto con 4285 Sefri. Capnas. a con 2798 @an: Seprsnei : Aln[i]a.

4288. Non so perchè il Pa. proponga di emendare Camars in Capna-Ls: cf. 194 o L(a)r Camas Helial, cioè Cama(r)sj l'avvertenza del Conest. « isc. guasta, lettere trascurate », si riferisce al principio . ...A per [4]@ o [1]0. si

4291. Con lat. etr. Lart(ia) Panatia, cf. etr. 4464 Pa- niage, 4424 Pianiage (Da.), 4134 Paniati.

4297. Anzichè Velc(itial) col Pauli, porrei semplice- mente Velc(ial).

4303. Con Cianti, cf. 4390 Ciantinei; e così forse spie- gasi 341 can per clan, insieme a Sepana per 342 Sepl(a)nal,

κι tar

facilmente, ma assai meno che la stessa cosa vogliasi affer- mare di F. 1819 Vaini e F. 1821 Palni, sicchè tutti tre « unus sint dubitari nequit »: cf. tantosto 4348 Palnis ve- ramente.

4337. L'emendazione del finale cr in Calceina!), 0 simile, mi torna ingiustificata, perchè più altri simili er etruschi ed etrusco-latini si conoscono (v. a 441. 4565), e ben con- viene colla significazione libertina o servile, conghietturata per più d'uno, il -s' che qui precede.

4340 sg. L'identità perfetta de’ due titoli, salvo quanto alla forma de’ caratteri, persino riguardo al punto finale, pare a me, come già al Vermiglioli, tradisca il falsario: non ricordo esempio simile fra le iterazioni genuine.

4342. Disegno Laucanis, trascrizione laucanis: il C si presenta integro affatto, non l'A, πὸ VU.

4343. Col finale nene, oltrechè l’incerto 1870 a: nena... (trascritto nena:), dove il Pa. propose l’emendazione @an- sinal, confronto i finali equidesinenti ame amre arce S'ene eco. (v. a 491) e Fab. 2070 nesna, per analogia con Capna Pelana clen minenica-e Tunu e con lat. o lat. etr. Calenus Pergonius Petinius Ratumena Statinius rimpetto a etr. Capsna clesnes memesnamer Pelas'nas' Tus'nu e Calisnas Percumsna Petsna Ragumsna Statsne.

4344. Disegno .. alsual, trascrizione alsuaì, contro ἑαυ testimoni.

4348. Duro fatica ascredere col Deecke e col Pauli che codesto Vipia: Palnis e F. 1596 Etria. Palias proven- gano da lettura diversa dal medesimo testo: lo ammetto invece facilmente per Palnis e F. 1866 Palins (Conestabile) o Ialins (Vermiglioli).

4352. A difesa di Viplnei, dato per autopsia dal Cone- stabile, e dietr'a lui dal Fabretti, contro Vipinei del Ver- miglioli, preferito dal Pauli, sta per me oltre alla frequenza di questo rimpetto alla rarità di quello, lat. etr. C.I.L. XI 3120 Vibullenus.

4353. A difesa, nell’ignoranza nostra, di Aia, qui ini ziale e 4607 finale, sembrami stia anzitutto la rispondenza di questi due collocamenti, stieno poi i cinque Ria della Mummia,

4417, Scrivendo che « dubium esse non potest » do- versi Az leggere Av(le), dimenticò il Pa. ὅδ4 Az Xumtu e 2676 Az Remzna, oltrechè 2198 As Vipi e i prenomi Arnza è Arns per Arnt Arno. Nella trascrizione, fatta ra- gione del disegno, vuolsi correggere [ Velus'] e Clantial] (Pa. Velus' 6 Clantial).

4421. Parmi evidente v....ypis' essere V[eyris: cf. Velyrei Velyral Velyrasa- Velyera; non intendo però, come mai ....truni v....ypis si debba, o si possa, identificare con F. 1704 Fasti Pitrunia, dal quale reputo pertanto di- verso codesto (Pe}truni Vioyris'.

4423. Non pe..., come due volte nella ἐὐβοξεϊκίνηο contro il disegno del Pa. col Da., del Con. in F. 1909,

ma pe: quindi (cf. a 593. 3577) verisimilmente Lalr@). Petrunî) [e] Ve(2). Pe(trunt).

4424, V. per Pianiate a 4291, e cf. sians? Teriasals Licpiasga all. a sans Terasias' λεπαστή.

4426. Mi par manifesto dall’annotazione dél Vermi- glioli, confermata per Marcnis'a dal Lanzi, che il mede- simo epitaffio aveasi iterato « in altra urnetta » (cf. sup. a 2889. 2859) con quella voce scritta al predetto modo, an- zichè, come di solito, Marenisa: il Conestabile non diede che questo, per la ragione medesima per cui non parla se non di un'urna sola, la sola cioè da lui posseduta. V. del resto sup. nella n. a proposito di C. I. E. p. 412.

4429. Preferisco Puylis' (Pa. con Fa. Puclis'), perchè il Carattoli, πὸ il Gamurrini avendo compreso, direi, che si volesse l'apparente pylis', mi guarentiscono la bontà del disegno, che in medesimo apparisce accurato, perchè Τὺ sovrapposto (cf. a 4378) non potè, mi sembra, inventarsi: forse però ambo le lezioni sono vere e si tratta d’iterazione.

4431. Turini (Gam.), ancor meno Purini. Vipial (Pa.), ma piuttosto Lurini Vinal per confronto con venes luri e lu[r]-venas, insieme con Laersinas accanto a ler-zinia, e con Mulevinal Mulvenas Mulveni accanto a mulveni mul teneke ed all'associazione ripetuta di mula con vinum nella Mummia: cf. però 1057 Au(le)-Zure-Seestinal, dove Pa, Pure noto da 2646, e 4911 Arnza, Jura. [: Cul)tanal; dove Pa. ri-

Le 90° F. LATTES

Τ᾽ acil, somiglino tanto δ᾽ testi con Zautni, da doversi agnu sti- mare designazione di una maniera di liberti o servi: ed ecco aggiungersi a rincalzo Lar9 agnu S'elvas'l, senza gen- tilizio, cognome, πὸ matronimico, secondo* conviensi a persona servile di stato o di origine, riscontro opportuno di Arntiu @upites (" Arrunzione della dea Oufulda ᾽) e di Quker akil Ous' Quves', l'uno e l’altro parimente designati col solo prenome e seguiti, a mio avviso, da nomi di deità in caso genitivo; così pure gli anonimi “'ins'-Zut (cf. T'inusi laut 0 lauti) e autni @ufulbas' (cf. a 371. 2066).

4448. Mi sembra lecito leggere quest’ epitaffio, che il Pa. lasciò, direi per mera dimenticanza, indecifrato, Au(le). Sentinat{e] . Ve(lus')-Aln(ial).

4449, Preferisco Agunial perchè più conforme alla tra- dizione, ma non disconosco che, precedendo Sentinate, il confronto con G. 594 Sentinate Unial e con C.I. E. 3121 Sciati Uni rende forse probabile l’ingegnoso spezzamento in A6-Unial adottato dal Pauli.

4450, Non Pumpunial, ma Pumpunal (Deecke), perchè così richiede la tradizione epigrafica: cf. 4530 Numnal Num- nial, 4609 Erinal Erinial ecc.

4454. Preferisco Viesial (Pa. Vlesial) perchè guarentito, oltrechè dalla tradizione, dall’essersi addimandata 4455 Vesî la madre: cf. Liepiasta con λεπαστή, Rana-tiel-na-s. con Ramai-tela-s, è v. sup. 4424.

4456, Nel disegno manca il punto finale del Dempstero, confermato da’ due di una fra le testimonianze del Passeri; nella trascrizione fast per Masti.

4458. Per Sahinis, che il Pauli Venet. 116 vorrebbe leg- gere Safinis, cf. 1866 Sainalcon cehen zahural allato a cenzaures.

4459. Meglio, perchè più conforme alla tradizione epi- grafica (all. serturnial), sembrami essere «πὶ. Serturnial, che non Ayl. Serturni-Ay: così 1109 Arnt-Petral, 3247 Au: Plnal, 4528 VI, Velitnal, F.' 871 = G. 756 954= Not. 1885. 122 = Not, 1889. 107. Vel-Numnal.

4460. Non Cacni(al) finale, ma Cacni quale sta, abla- tivo matronimico al modo che Tlapuni e etr. lat. T'laboni Marci: v. a 680, 4463. 4480.

δῶ τ γολλν τω

E LATTRS. Σ anzichè al coperchio col pr. La. che potrebbe compiersi in La(r@i), spetta a quello con Ay(le). 4479. Direi non Caia « pro caial », ma tal quale con significato matronimico, al modo che p. e. etr. 23 Selcia per lat, etr. abl. sg. 24 Selcia; of. 4460. ’63. 81.

4480, Il finale s'e occorre anche 215 e da solo 4536: però 4507 se n’ha uno del Vermiglioli (qui sarebbe del Co- nestabile), in cui tutte le posteriori autopsie riconobbero s'ec.

4481, Come 4460 Cucni e gli altri εἰ etr. lat. ivi alle- gati, così qui Acsi finale abl. sg. matronimico.

4482. Il dubbio presente del Pa. per Acri/, sola forma di tale maniera da lui prima accettata (Altit. St. III 41-48), non vedo su che poggi, poichè egli stesso ammette 1119 puil (ef. 4854 puial) e manca, a parer mio, ogni ragione per lo meno contro Ruvfil (aci!) allato a Ruvfes (acil); S'ag- giunge poi, che su di un cippo trovato alla Venatella (Ca- stiglione del Lago) nel febbraio 1900, il Dott. B. Nogara (lettera 22 XII 1902) lesse presso il sig. Giovanni Mazzuoli tular Alfil (cf. 439 tular. ras'nal).

4485, Per errore di stampa nella trascrizione lar9ur[us'] invece di LarQur(us).

4486. Forse nulla manca, malgrado la frattura del ci- melio a destra, perchè Z'ite Murcnas' ben va p. es. con 4492 Tite. Ufles' : in ogni caso eccede il Pauli, a mio giudizio, segnando la lacuna già nel disegno come certa, perchè anche egli più volte riconobbe integri i testi scritti sopra oggetti frammentari.

4505. A difesa di Urial (Verm., Uvial Conest.) può addursi F. S9ter Vrial (cf. a 308).

4525. Con tui, cf. Qui iniziale in 2574 e v. a 1009. 3236. 8481; considerata poi la relativa rarità della formola ono- mastica composta del pronome solo seguito da nome in -sa (ct. a 4413), mi chiedé se a@ sia pur qui (v. 556. 2417) abbreviazione di a@(nu).

4487. Non Artni « ex artnisa abbreviatum », ma sem- plicemente Artni(s'), conforme agli esempi del num. 4470: πὸ, direi, Patineal « sculptoris errore per patineal », perchè similmente abbiamo p. e. Oupites Qufigi allato a

2 R. LATTES

Venzille] . Erpu, ossia, direi (v. a 1114), Erpu(s lautni): leggo qui pertanto Erpi Tlites'] Calisus lautni, come 2694 Rusci Calisus lautni,

4521. Contro la lezione [Cali]sus Titia[!] (lautni o laut- niga) del Deecke Etr. Fo. III 345. 45, ed a favore di Su- stitia, quale sta secondo il Vermiglioli, milita il confronto con 1856 Sus(titia). Ve(lus') Calisus Lar@ Caes' lautni, di cui insieme così rivendicasi la sincerità, negata assoluta- mente dal Deecke, ma parsa, se ben vedo, possibile al Pauli.

4522. Il dubbio quanto a Capras', dileguasi confron- tando 2496 Capras e lat. Caprius, insieme con Caspral Ca-

‘sprial, putere ποτήριον, lat. etr. Histr(i)o, oltrechè con Qana

Qania, Tina Tinia, etr. lat. Comlnai rispetto ad etr. Cumlniai ecc.

4526. Torna possibile « nomen defuncetae ipsius in arca fuisse » e forse « probabile », ma non apparisce punto ne- cessario: infatti, come qui, se mai, per tutto epitaffio Ra- nazusa, così p. e. 373 Kamsa, 1025 Velyrasa, 1609 Arntnisa, 2135 Uiscesa; e cf. a 4359. 4529.

4528. Circa questa formola onomastica, v. sup. a 4459,

4529. V. gli esempi addotti a 4359 per Samerunial da solo, e cf. 4526.

4530. Tenuto conto della copia del Kòrte e de’ ripe- tuti esempi vascolari di Vel-Numnal (v. a 4459), leggerei [Vel}-Numnial,

4533. Con codesto ven, cf. G. 68 vin da solo su tazza di Telamone e così pure le epigrafi con mul-ven-e-ke e simili, sia sopra tombe, sia sopra vasi; per me entrambe quelle voci dicono abbreviatamente lo stesso all'incirca che appunto questa, e così sup, 1003 /. Ani [v]in guna, e altrove tamera zelar (0 s'ar) venas, e similmente da soli an far@n(a) e an faronaye; dicono cioè che i superstiti, a ciò tenuti, fecero al defunto le dovute libazioni.

4534. Come qui nay da solo, così altrove zarta zara sigu cesa len sopra tombe (v. a 1157. 2241. 2285), per in- dicare appunto, direi, la loro qualità ed il loro uso.

4535. Miglior disegno s'ha ora C.I. L. XI 6698. 11 ano + colla cifra etrusca per 50 in luogo della latina, come

B, LATTES

17-18 Vel|gina, B 15-16 Velo|ina, A 10-11 e|plo, 20-21 6|aura, B 1-2 s'|atena, A 18-19 ame|r, B 3-4 ip|a, 2-8. 11-12 zuò|i, 14-15 penon|a, 21-22 ziyuy|e; so adunque la diffe- renza fra le linee piene, semipiene e meno piene, tanto meno può credere accidentale, quanto meno può sup- porsi che l'artefice abbia lasciato vuoti certi spazi sem- plicemente per conservare integre in fin di linea le parole, non resta che dedurne, a parer mio, avere egli voluto con quegli spazi finali indicare la pausa richiesta dall'essere ivi compiuto il periodo e il senso. Ma come si spiega lo spazio iniziale di A 12? e perchè mai B 9 dopo la parola e prima dello spazietto sta l’interpunzione (acilune. ), la quale manca in tutti gli altri simili casi (A 8 tularu ,ΑΥῷ Afunes' , A 19 s'atene , B20 -χ. ca- ; secondo Conestabile e Fabretti, laddove Danielsson ha ca. con punto incerto? laddove parimente manca questo ne' due, alquanto diversi, della mezza linea vuota finale A 8 e iniziale A 12? Ora, quanto a quest'ultima, non so perchè non si debba rì- conoscervi il complemento sovrapposto, frequentissimo nel- l’epigrafia etrusca (v. a 144. 440. 2403. 3326. 3429. 3431, 4774), della sottoposta linea A 13: πὸ alcuno, credo, avrebbe mai esitato a sospettarlo, se l'iscrizione constasse di quelle sole due linee; le quali (cf. già "Oss. pal. e gramm. al Cippo di Per. ᾿ nelle Memorie Ist. Lomb. 1872 p. 292 = 82 estr.) deb- bono quindi leggersi

(A 13) falas'. giem . fus'le. Vel@ina|(A. 12) clen-Gunyuloe

come p, es. 2429 (2) La. Tites' | (1) etera, 3965 (2) Au: Semgni : etera | (1) Helvereal, 3622 (2) Pla|(1) utus. Trattandosi però di epigrafe in più linee, se il complemento si separò dal resto mediante lo spazio vuoto che ad esso precede, deve ciò signi- ficare ch'esso non continua semplicemente la linea sotto- posta, come le linee piene tutte quante l'una rispetto all'altra, ma che compiesi con esso altresì un periodo: e lo riprova lo spazietto vuoto lasciato dopo la linea A 11 precedente al complemento, e la rispondenza di Velgina| clen-gunyulge, parole finali di A 13 +12, a Vèlgina. zia-

38 E. LATTES

di parole, che si sarebbero potute altrimenti disgiungere e; come disgiunte, falsamente interpretare. Invero, nel caso di acilune.turune, basta quel tanto che già conosciamo dell’etrusco lessico per insegnarci che tur e Une, come turw e ne, furono di per parole compiute e farci sospettare lo stesso di tu e rune (cf. 52% $ 8 Runs); e però, se così, come permetteva lo spazio, si fosse spezzato turune, o

‘fosse omessa l’interpunzione, che supponiamo dimostrasse

congiunto con acilune l’intero gruppo seguente turune-s'cune, ne sarebbe nata ambiguità, 0, peggio forse, male augurio o sacrilegio (cf. Une Uni ' Giunone ’), a cagione del par- ticolare indipendente significato delle parti in cui sareb- besi potuto di per stesso sensatamente scomporre turune. Similmente nel caso di A 9 Aules'i. Velginas', il nome pro- prio Velina, cinque altre volte ricorrente nel Cippo (A 13. 15. 16. 19. B 1. 15-16), essendo in quest’unico luogo accom» pagnato da prenome, lice immaginare che sia tornato op- portuno, od anzi necessario forse per uso legale, se, come cerco mostrare più avanti, trattasi di liberti significare eziandio estrinsecamente che questo non ‘istava di per sè, ma spettava a quello, benchè posto in caso genitivo, sicchè i due insieme designavano una sola e medesima persona. Potò però accadere che mancasse in fin di linea lo spazio vuoto indicatore della pausa ad inciso finito e senso com- piuto, quando colla parola finiva la linea, perchè non si fosse voluto portarne artificialmente uno o due elementi nella linea seguente: di che consegue, non avendo mai l’incisore del Cippo, come già si avverti, cercato di pro- posito che la fine dei vocaboli cadesse in fin di linea, do- versi, ogni qual volta siffatta coincidenza si avvera, so- spettare che ivi possa aver compimento anche l’inciso. E il sospetto riceve conferma da ciò che la prima linea del minor lato cominciando con Ve/@ina (B 1), ne risulta che l’ultima del maggiore finisce con parola intera: ora, delle due ipotesi che far si possono circa la relazione dei due lati fra loro una cioè che il minore continui il maggiore anche sotto il rispetto grammaticale, l’altra che ciascuno de' due contenga un testo di per compiuto e indipen-

ΕΣ μι LATTES

Torp II 96, paiaineso, con tezan (cf. altresì qui avanti slele@ caru con munisvle@ calu, munisule@ calu, municlet masu): è più erravano quelli fra'i vecchi interpreti che dei due vocaboli componevano un loro carutezan, gloriosa altisonante forma verbale di pretto colore indoeuropeo. meglio s'appone, io sospetto, il Torp II 88 nell’unire ame, che sta a principio di A 2, col seguente vayr e cominciare con esso ame un inciso indipendente: invero, qual che sia il significato di questa parola, già tre volte s'incontrò essa in fine d’epigrafe (v. a 1874 Clantie ame, -Une ame, -em-fep-ame, of. 491 Larò . Ancarni .amre, @ana Lecne, Am@nial.renine ecc. e in fine di Magl. A am.arco ar.), e non mai per contro in principio d’inciso; pertanto parmi che nell'ignoranza nostra dobbiamo congiungere ame, più che col seguente vayr (cf. però $ 18), col precedente larezul e terminare con ame il primo inciso del Cippo, la cui prima sezione apparente ri- sulterà così tripartita in A 1-2 cu-ame, 2-3 vayr-caru, 4-8 tezan-tularu. Non vedo indizio estrinseco od intrinseco di suddivisione in codesta terza parte A 4-8 della prima se- zione, alcuno nella seconda sezione A 9-11 o nella terza A 13+-12: per contro stimo doversi la quarta sezione A 14-24 dividere per lo meno in tre parti, cioò A 14-19 hinga-s'atene, 20-21 tesne-helu, 21-24 tesne-tus'e. In effetto, dopo A 19 s'atene, voce finale compiuta (of. zia-s'atene con Β 1 Velbina-s'atena e B 11-12 zea.zuci), non seguita da inter- punzione, s'ha uno spazietto vuoto uguale a quello dopo A 11 Afunes', in fine alla seconda sezione: e conferma poi il valore di pausa e fine dell’inciso, già assegnato a codesto spazietto, il seguire a s'atene finale, come principio di A 20, tesne, voce manifestamente inseparabile da A 4.22 tesn-s” genitivo del tezan, che si mostrò sopra eminentemente ini» ziale nel Cippo stesso e altrove. Può opporsi che a tesne segue eca, particola iniziale di numerose epigrafi: ma se tale si reputi eca pur qui, si dovrà congiungere tesne con s'atene; ora osta a ciò la parentela di tesne col predetto iniziale tezan, lo spazietto finale dopo Vel@ina , zia-s'atane, il parallelismo di questa formola finale colle finali A

82 ®. LATTES

Mon. ined. Line. IV fig. 166 col. 336 sg. 341 sg. (cf. Riv. di 810]. XXV 10-25) con Mlayuta : siyuye i Mlayta : and ; zi- nace (cf. Bull. Inst. 1882. 88-89. 91 VelQur-sinace in fine all'iscrizione del vaso di Formello, davanti alla formola a-zarua-zarua-zaruas); termina l’altra con ein parola per- fetta, non seguita da interpunzione, come 52° (Ὁ. I. E.I p. 605) ... ein, 123 -Caial: ein (cf. 142 Oanyvilus' : ca con 1864 aue-ca, sup. Vusva-ka e Fesgiyva-ya ecc.), e la se- conda e penultima linea di S. Manno 4116, 2 -cerurum: sin: seguita da spazio vacuo, come con in F. 23 -apan-in e Ε΄. 2509tor -utus'-in, e come con i(n) 3224 .....naper î, 1? 865 -Ar(no).i (v. a 52° 300. 3224).

$ 3. Quale sia il contenuto di ciascuna sezione, forse un giorno si scoprirà: oggi ancora appena si può tentare d’indovinarlo, perchè troppo scarseggiano in tutte, prese di per sè, i dati certi; e appena può tentarsi omai per l’intera epigrafe nel suo complesso, insieme racimolando di qua e di i termini di confronto abbastanza noti, e saggiando poi il risultato, e accertandolo, e rinpolpandolo con quel tanto che ciascuna sezione offre di sicuro o pro- babile all’ignoranza nostra. Lo sforzo testè coraggiosamente fatto dal Torp di spingersi più oltre, apparisce a un di presso non meno infelice di quanti lo precedettero: anzi per mia parte devo ricusare persino la sua generale affer- mazione II 33 che l’iscrizione del Cippo riferisca « una convenzione fra le due famiglie Velthina e Afuna », e II 106 il lato minore « delle prescrizioni sui sacrifizi comuni alle due famiglie », perchè contraddice, se ben vedo, a quel che di più certo sappiamo intorno all’onomastica etrusca. E valga il vero, gli Etruschi sempre adoperarono il gentilizio schietto, non già per indicare la gente la famiglia cui spettava, ma come formola abbreviata per designarne questo o quell’individuo altrove in modo più preciso no- minato: così p. e. 1240 Cestna sopra un tegolo, iterazione abbreviata di 1241 A(rn)6 Cestna Mutias' sull’ossuario; 2880 Laucania sull'olla e 2379 ana Laucania S'alisa sul tegolo; 2882 Laucinie sull'ossuario e 2384 L9: Laue . inîe: Lo: sul coperchio; 2704 S'alie sull’ossuario e 2703 Au(le)-S'ali-

δ, 9, "904

da E LATTES i ‘da ciò derivavano quanto al contenuto generale del Cippo, perchè dovò sembrargli assicurato dalla significazione riferita ch’ egli crede propria di lautn Vel@inas', da quella di « gens Velthinia » ch'egli assegna a A 6. 20 Velgina- @ura-s'. Ora, date e non concesse codeste interpretazioni, se in /autn Veldinas' il gentilizio indica una sola persona, come mai può presumersi indichi l’intera famiglia in tutti gli altri luoghi dove manca eziandio lautn? e come ciò si presume per Afuna Afuna-s' Afune-s'? e se il concetto di fa- miglia o gente risulta insieme dallo aversi, oltrechè Welgina Velgina-s', anche VelGinagura-s', con qual fondamento si al- larga quel concetto ad Afuna accanto al quale (per nessuno, all'infuori del Torp, come qui avanti) alcun derivato în -Qura non occorre ? Io poi nego recisamente pur sempre che torni lecito interpretare luutn con ‘famiglia ', e non so persuadermi che questo significhi nemmeno -@ura: nego il primo asserto, perchè le ragioni addotte contro l’equi- valenza per lo meno approssimativa di lZautni con latino libertus attestata dalle bilingui, a mio giudizio, non tengono, perchè a torto si afferma aversi nel Cippo e altrove un lautn sostantivo indipendente; contesto poi il secondo as- serto, perchè, mentre il Pauli stesso riconosce che la signi- ficazione da lui attribuita a -9ura non conviene alla grande maggioranza dei casi, sembrami essergli sfuggita la rela- zione probabile dei nomi propri personali derivati in -Qura appunto coi Zautni e affini.

$ 4. Opinò il Pauli Etr. St. IV 26-42 che etr. lautni, reso dalle bilingui 1288. 3692 con lat. Z{ibertus), conforme agl’'indizi di origine servile che facilmente si avvertono nelle persone così designate dagli epitaffi, si dovesse in- tendere largamente e interpretare piuttosto ' familiaris per due motivi principali: uno, che studiati attentamente, com’ egli face due volte (op. cit. I 5-106, IV 1-65) con di- ligenza pari all’acume, dopo il Deecke, i nomi di tali uomini e sommano omai a quasi dugento parvegli risultare di parecchi improbabile od anzi impossibile, che fossero stati un tempo schiavi, sicchè anch'essi addiman- dandosi lautni, ne dedusse aver dovuto questo vocabolo

I

38 ®. LATTES

lavtni zivas, interposta fra esso sugi e ceriyu e parallela di lautn Velgina-s', 0 Precu-s, 0 Pumpu-s; quindi, come Zavtni e ceriyu voglionsi tenere per aggettivi di sugi, così lautn rispettivamente di vayr e funu. Ed ecco la riprova: come F. 2335 supi lavtni, così 3780 supi-- etera (v. a 3429); come F. 2279 funu s'agec lautn Pumpus, così F. 2335 subi lavini sivas ceriyu; come 4116 funu Zautn Precus', così nel Cippo | A2 vayr lautn Velginas'; come qui vayr -- Velbinas', così / nella Mummia VII 8 vayr ceus', parallelo quest’ultimo tanto | più importante, in quanto di contro a F. 2183 s'ugic - - ce- | rinu abbiamo G. 799. 4 vary-ti cerine, dove vary- può so- | spettarsi metatetico di vayr al modo che spulare unfa feerl | di spural ufra flerzl (cf. altresì tul var della Mummia con | 3326 man tul e nes o nest man). Non è pertanto, a mio Î vedere, nemmeno in quelle strutture Zautn sostantivo, ma aggettivo, e non mi torna lecito interpretarlo diversamente | da Zautn di Zautn , eteri, dal semplice Zautni: πὸ parrà I poi, pur nell’ignoranza nostra, mai necessario il farlo a chi | ricordi la potenza e la ricchezza dei liberti ateniesi e ro- | mani, ed anche all'infuori di ciò confronti p. es. F.' 438 Lartiu (v. a 1114) campi eterau p. e. con O. I. L. XI 1551 C. Titallius Ursio sevir, 1750 C . Fraulus C. l Phoebus servir aug., 21438 L. Volusi C.L.1.Philerotis III viri a Chiusi

(oÉ. 8 8). $ 5. Vengo ora a Velginagura-s', ed osservo che l’inter- pretazione gens Velthinia ’, secondo il Pauli stesso, con- viene appena a due sopra dieci casi: a parer suo converrebbe cioè bensi, oltrechè a Ve/Ginadura-s', anche a Velgurigura (p-209 « das Velthurigeschlecht »), ma πὸ ad Aneigura, Pre- cuduras'i, Arndial. gura e Largial . Qura, a Varna Gural, Vipigur Crucrinagur e Petru : gurs'; tutti quali nomi propri | riconosce egli designare non una gente o famiglia, ma una particolare persona (p. 211 « der Anei spross »; 212 «-Gura « individuell » in tutti quanti i casi, salvo que’ due in cui sarebbe « kollektivisch »j; 213 « hie (cubat) Vibigenus Cu- crinagenus Gaviae (natus) » e « des Petrusprossen »), quan- tanque manchi appunto a Vipigur Cucrinagur e Petru : @urs', il prenome, come il Pa. con meraviglia avverte, vero e de-

gione di ciò, osservo che Ἐξ πες come a Roma, ad

Atene ed in ogni antica città e paese, così in Etruria qualsiasi ricca famiglia ebbe per effetto della schiavitù e dell’affrancamento due linee, una di origine libera, l’altra di origine libertina: infatti p. es. accanto a 3965 Au: Semni : etera Helvereal, abbiamo 3966 Au: Semoni: Au Hel- vereal: clan; i discendenti della libertina, detti Zautn. eteri alla prima generazione, cred’io, perchè ᾿ secondi ᾿ rispetto al lautni primo affrancato (cf. umb. Kuselate, etre Kaselate, tertie, Kaselate), e etera alla seconda” (cf. Liv. VI 40.6 ‘duobus ingenuis ortum ’, Svet. Claud. 24 civis Romani abnepotem *, Plin, n. 4. XXXIII 2. 32 " qui ingennus ipse, patre, avo paterno fuisset ᾽), sospetto siano stati tenuti dopo la terza generazione di aggiungere -Qura -Gur(a) al semplice o doppio gentilizio che aveano (Anci, Petru ecc.), od al patronimico che aver poteano talvolta comune co’ di- scendenti della linea libera, e per lo più verisimilmente nobile, sinchè le dovizie cumulate, o gli uffici occupati, per- mettessero loro di sopprimere abusivamente qualsivoglia differenza estrinseca, rimanendo solo l’intrinseca, alla ma- niera che fra le genti plebee di Roma e le omonime pa- trizie. Dicono adunque per me Aneigura Velginagura-s' ecc. Petru : gur-s', Leinies Arnoial gura ecc. " Annio, Voltinio, Petrio, Linio di Arunte * della linea libertina. osta che, secondo la bella scoperta del Pauli, tanti gentilizi in -Qura -Qure -Quri -Quru -Qur provengano da nomi di deità, perchè, come i privati, tutti sanno avere avuto schiavi anche gli dei e i loro sacerdoti, schiavi privilegiati e, sotto più di un rispetto, non inferiori ai liberi: quindi dall'una parte T'ins' lut ecc., (autni Oufuldas', Arntiu @upites (v. a 52"); dall'altra T'in-gur schiavo libero, direi, privilegiato e come di terza generazione del dio Tin(a) ' Giove”, e T'in-Qur-î la famiglia o gente da lui derivata; cf. lat. verna libertus, s(ervus) leider, i liberti anticamente detti Caipor (str. Caipur)} e simili (cf. etr. Nepvr), la liberta di Cartagena che an- cilla vocitatast * (Iscr. paleol. 26) e i pubblici e calatores dei sacerdozi romani. Qui forse spetta specie se, contro le obbiezioni del (Pauli Bezz. Beitr. XXVI 53 sg.) si repu-

40 E LATTES.

In fus'leri che succede immediato a tezan voce iniziale, secondo sopra si mostrò, della seconda sezione suolsì cer- care un caso obliquo di A 13 fus'le, dopochè al Deecke Mill. II 507 parve probabile, e certo al Pauli Etr. St. V 86, che -eri 8 -ri siano esponenti di flessione: di presente, cresciuti gran- demente gli esempli per via della Mummia, lo afferma con piena sicurezza il Torp I 96 sg. e s'adopera a dimostrarlo per più d'uno. Ma, anzitutto, egli co’ suoi predecessori di- menticò lautn . eteri, Aruseri @uceri Hameri-s' Plageri-s', Acri Qepri Oefri Laucri Supri e lat. etr. Casinerius Vola- nerius Haterius, i quali documentano essersi date in etrusco più voci di caso nominativo masch. sg. così uscenti (cf. inoltre 491 Ais Ais-er-a, Es Es-er-a, ame am-r-e, tiu tiv-s tiv-r-s' tiu-ri-m); essendo anzi ciò solo quel che di sicuro sappiamo in proposito, tanto più dobbiamo, parmi, di cia- scuno -eri -ri investigare prima d’altro, se non sia per avventura un nom. sg. anch'esso. In secondo luogo, gli ar- gomenti addotti dal Torp per dimostrare che ceyaneri e le altre parole analoghe di cui si occupa, sono di caso genitivo dativo, non mi sembrano raggiungere guari l'intento. Co- mincia egli infatti ib. 97 sg. dal confrontare zily ceganeri tendas con zily marunuyta tengas e con s'acnicleri cilgl, « dove il gen. cil9l » sarebbe « retto da un vocabolo in -erî e però (questo) ha decisamente carattere sostantivale »; e ne deduce che marunuyva essendo, a parer suo, un aggettivo, e il paral- lelo ceganeri non potendosi tener tale, perchè analogo s'anicleri, deve stimarsi di caso genitivo, ossia un sostan- tivo genetivale posto in luogo dell'aggettivo. Ma, dall’un canto, niente esclude che cilg(a) vada con puial rasnal spural e Tyruial Troianus ?, in cui tutti riconoscono dei nominativi: d'altro canto, mentre il T. medesimo I 24 n. 1 afferma semplicemente che -yva è suffisso derivatore, atte- stano G. 799. 4 rugcva cafa-s (seguito da hermeri slicale-s) e δ lugcva caga-s che per lo meno si diedero eziandio so- stantivi derivati in -cva o yva, giacchè il -s di caQas è ben più sicuramente genitivo del -ἰ di ci/91; tanto sicuramente; quanto p. e. il -s' di s'acnicstre-s’ cil6-s' eco. ch' egli chiama Ρ. 99 « sicuri genitivi », retti, a parer suo, dal sostantivo ruze;

Ω RCA Ξ dem Tina (?) (geweiht ?) ist », sembrami campata in aria, non solamente pel valore di pronome relativo attribuito a ipa, nome sostantivo per me certissimo (v. a 1136. 1873), ma perchè egli lo presenta divelto dal precedente cal, con cui concorre nella stessa linea anche M. X 14, laddove cal signifi- cando anche secondo il Torp. I 31 II 114 sepolero ?, fa la coppia cal ipa opportuno riscontro a ipa ama e scalza sempre più il significato ("il quale è *) da lui attribuito a queste pa- role; perchè il T. prescinde dal fatto che di Ani ci consta con certezza soltanto essere stato nome di deità (T. ani'hier*), che tale significazione, appunto per la compagnia con tineri parola che tutti reputano derivata da Tina torna qui | particolarmente probabile; lasciata da parte la conghiettura, | da me preferita, che Ma . ani vada con lat. Maanium. Per me | hermeri tineri sono nominativi sg. maschili, si riferiscono al I Î |

defunto e insegnano che questi fu in vita, o si repntò în morte, addetto al culto degli dei Herma e Tina, al cui nome stanno all'incirca come lat. etr. Casinerius Volanerius a Casi- num Volanum, e più ancora come lat. libitinarius a Libitina (cf. caperi s'acnicleri sveleri fus'leri rispetto a cape s'acniela svalas fus'le con clens' da clan). Più vale in apparenza la | prova che a favore dell’-eri genitivo ricava il T.I99 da M.IV È 5-6 (non 4-5) gezine ruzle nuelyne.] s'‘pureri . meglumeri-c . I enas', confrontato con VIII 12-14 fler Gezine . ruze . nuzlyne . zati . zatlyene s'acnics'tres' . cil@s' . s'pures'tres' . enas', perchè come qui « sembrano essere i sicuri genitivi s'acnics'tres' ecc, governati da ruze », così s'pureri ecc. (cf. II, 62 sg.): ma siffatto pareggiamento morfologico di s'pureri con s'pures'tres' sembrami illusorio, e non resiste per me al paragone degli altri luoghi nei quali le due forme rispettivamente occor- ΤΌΠΟ, Invero, a s‘acnicleri cil9l s'pureri fuorchè in M. IV 18, ch’ è ripetizione (Qezine ruze luzlyne-c s'‘pureri ecc.) del testò riferito IV 5 a 6 precede immediata la formola cisum pute tul6ans hage-c repine-c (M.IX 4-5. 11-12. 20), o hante-o repine-0 (III 2. 3), 0 Gansur hadrdi repingi-c (II 7. V 5 e 12), che sta certo di per sè, secondo giudica anche il Torp 181 sg. II 21-24, e dimostra quindi cominciare con s'acnicleri e s'pureri un nuovo inciso, di cui esse voci, qualora si man-

sd 8. LATTES.

ne' suoi saggi di traduzione della Mummia finì coll’immagi- nare che adoperassero altresì a mo’ di verbi, e che, mentre Ρ. e. s'acnicleri cilol s'pureri meglumeri-c enas' potessero ren- dersi « fir die Heiligung (?) unserer Heimath unseres Landes und Volkes » (p. 24), potesse (p. 14) /ler Gezeri interpre- tarsi « oblatio ferenda est ([est] ad ferendum) », e (p. 96) fus'leri « betreffs des Besitzes » (cf. IT 96 Ques' caresri « gab aufzufiihren », 67 Receri « ist zum einsetzen »). Per me in» vece, raccostato fus'Zeri ad eteri Aruseri ecc., cioò ai soli -erî di cui possediamo sicura notizia, dai quali d'altronde nessun’ altro -eri risultò finora di necessità diverso, deve quello tenersi per nominativo sg. maschile, e considerarsi come una designazione personale: quindi all'incirca ' quel del fus'le '; e un ulteriore argomento a mio favore trovo io nel gentilizio G. 108 Zuere corrispondente a M. VIII 4 s'uori (cf. X 14 suzeri e $ 16 2uci s'uci), corrispondenza, oso dire, inesplicabile, se -ri -eri fosse esponente morfologico, anzichè suffisso derivatore nominativale,

$ 7. Ben va pertanto fus'leri col premesso iniziale tezan, in cui tutti omai scorgono il nomin. sg. del gen. tesnesf: e venendo ora a tesne ras'necei, da 3235 tezan tei o teia, da 4538 A 4. 22 tesns' teis', da 3422 tezan teta, e verisimilmente da G. 804. 1 [te]ne tei, torna manifesto che tezan deve avere avuto significazione analoga a quella di tei, od in alcun modo strettamente connessa: mi apparisce quindi già per ciò improbabile l'opinione del Torp I 29, II 96, che tezan dica statuto * e II 53 tei sia un pronome dimostrativo (ta +et) e significhi questo *, perchè nessuna ragione si veda per la quale la parola ‘questo * dovesse cinque volte accompagnare, ed anzi seguire, la parola statuto '; meglio assai in tale ri- spetto il Panli Etr. St. III 100 sg. immaginò per tezan tei Vinterpretazione « dedicatio statuta ». Ma al Pauli, quando così scrisse, e altresì quando V 33 ritrattò la questione ri- guardo a tei, mancava il sussidio della Mummia, nella quale allato a XI y 3 es'i tei troviamo X 21 es'i-c ci, es'i-c cal, ossia tei due volte surrogato da’ certi e noti numerali ci zal, e però secondo probabilità numerale anch'esso. Questo riconosce meco anche il Torp II 51, πὸ s'attenta di attenuare la forza

le sue armi poggiano sulla falsa premessa ch'io reputi DO IND i i i i ΕΣ ΘΝ io resi sempre θὲ con "due e tei con "secondo (p. e. Saggi e App. 19. 77. 85. 142-144 tei fas'ei il secondo fas'ei’, s'ars'naus' teis' della cenata seconda ᾽), e tes'ns' teis', non già * dodici”, ma del duodecimo ’, sicchè confrontai tesan teia, nella supposizione che fosse nome proprio, con lat. Unde- cimella (Sagg. 143). Afferma il T. che per me « θὲ Qui Gun Guna Qune Quni Qus'na, Junt (tunt), Fuf dei, Gi (GU), il, tei tiì ti tem tef, forse Qura tura (-e -i) e più ancora, tutti possono rappresentare il numero due a: sì, ma solo nel modo in cui lat. duo bini duplus duorum duobus binis dupli duplo duplex duplicem duonus Duilius -duellis ecc. possono rappresentarlo; nel modo cioè in cui anch'egli rannoda 182. Guns' Quns'na, II 58 Quni, Etr. Monatsdat. 10 n. tunur a Qu; salvochè per lui si diede insieme II 19 uno Qun(a) tun(a) per casa ’, e andrebbero con θὲ II 97 persino tugiu e tugines' (v. a 4196). Meravigliasi poi il Torp che a me non faccia difficoltà l’occorrere insieme Qui θὲ, Qui Vapani dei e simili: ma quale difficoltà possono fare due doppi *, "due volte doppi *, ' due secondi’ o la vicinanza di due * a 'doppio’ o ' secondo?” La sua giusta protesta contro chi attribuisce all’etrusco una fonetica proteiforme e fonda l'ermeneutica sulle assonanze, vale pertanto contro di me, almeno in questo caso, tanto poco, quanto a principio del suo secondo volume in quello di vinum: a proposito del quale, dopo aver dichiarato apertamente e dimostrato che la identità esteriore di questo vocabolo etrusco coll’uguale dei Latini non bastava ad arguirne la identità intrinseca, τα industriai di provar questa sul solo fondamento de'testi fra loro combinati e confrontati in forma, nel parer mio, più rigorosa e ampia che ora il Torp. A lui d’altronde, e non a me, spetta altresì l’allegazione del testo putnam gu calatnam tei a favore di tei numerale: per mia parte io. tenni sempre (p. e. Sagg. App. 136) put-na-m inseparabile da pute puts, e diverso affatto da cala-tnam, che mandai con cn-tnam vacl-tnam sun-tnam; a favore di tei numerale, io allegai Gu calatnam tei lena, attribuii 9u a calatnam per

I FASC. IX E X DEL CORPV8 INSCR. ETRYSC. 47

confronto di 6u colla cifra IIIII o IxriI analogamente pre- messa M. XII 9 a vacltnam e VII 11 (cf. XI 14) cntnam, e paragonai tei lena con X 22 za-c lena; sgraziatamente di tale rispondenza il T. non s’occupa, certo perchè egli, in- vece di mandar meco za-c za-y con zal (cf. za-@rum-) come M. X 8 la coppia marem za-y (cf. Cap. 7 mar za-c con 10 mar. za-in e v.62* $ 7) rispondente a X 2 ciem cealyuz e il con- fronto con maraz-m sialyveiz di Lenno parmi impongano con molta mia sorpresa inclina II 12 ad identificare zac zay con 566, e tace II 60 di maraz-m a proposito di marem mar, e probabilmente nemmeno lo reputa numerale, come δ᾽ più, e a me fra essi, sembra avere dimostrato il Pauli, mediante la geniale equiparazione del lennio aviz (Torp II 136 ‘figlio’) con etr. avis. Oltrechè poi es'-ic tei con es'i-c ci es'i-c zal e tei lena con za-c lena, mi persuadono essere tei voce nu- merale i testi seguenti con tii ti (cf. M. IX 17 tei fas'i per II 11. 14 IV T tei fasci):

1) Not. d. Sc. 1896. 15 [sv]alc[e. r]il tiî (Rendic. Ist. Lomb. 1896 p. 1102 e 1900 p. 1385, forse [αὐ] o [a]v!) per confronto con Εἰ. 2102 ri/. X, F.* 108 ril. XXXIII, F.* 117 svalce avil.LXVI, F. 2273 = 2617 svalce ατ(ὃὶ νι XXII, C. I. E. 145 ril XXZX[av]il, F.° 368 avils XXI lupu, F. 2335* avils: Qunes'i: muvalyls : lupu ecc. Il Torp II ΟῚ n. 1 pensa che qui « quasi sicuramente tii sia apparente per XII »; ma, quantunque siffatta ipotesi si fosse affacciata subito anche a me, non ne feci pur menzione, perchè la copia dell’epitaffio si deve all’Helbig, perchè anche in F. 2100, dove erasi voluto mutare ti in .X/, or da tutti, compreso il Torp I 76, meco si riconosce doversi conservare ti. In- terpreto quindi visse l’anno secondo e morì appena tra- scorso questo.

2) F. 2100 zile-ti purts'va-v-c-ti confrontato con F.' 387 zilynu cezpa purts'vana Qunz, F.° 329 epronev-c eslz, F. 2432 Lr. zilynce avil.si...., F. 2033bis e? marnuy tef, F. 2335° zile Quf.

3) Rend. Ist. Lomb. 1901. 1136 Xi-aiser. Tinia.ti, ossia circa per me ebbero cinque libazioni gli (dei detti) aiser [e] Giove il doppio ’: epigrafe incisa sopra una pietra

45. Ἔν LATTES. sepolcrale di Feltre in memoria, direi, delle justa compiute pel defunto, come per me fargana, mulveneke, zelar venas s'ar venas, vin, ven e simili; la particola Xi mi tornerebbe qui affatto pleonastica, mentre ben si corrispondono Wi a ti numerali, come Ὁ. e. G. 804. 1. [te]ne tei a hub.

4) F. 2177 culena-ti sotto il piede di vaso volcente, come gun F. 2755 da solo sotto il piede di vaso campano- etrusco, per indicare, direi, che la libazione dovevasi fare, od erasi fatta, col doppio’ della misura contenuta.

5) Lemn. arai tiz confrontato con M. VII 23 ara Quni e XI y 3 gui aras' (v. a 8431).

$ 8. Riconosciuto în tei (cf. $ 17) un numerale, ne di- scende lo stesso doversi credere di tezan, suo frequentis- simo compagno: ora, astrazion fatta, ben s'intende, dalla somiglianza estrinseca di tezan tesn-s' tesne con lat. decem (umb. desen-) decanus de(c)ni, non si può, credo per esclusione, asse- gnare ad esso altro valore che di 10 appunto, essendo questo il solo valore che nella numerazione etrusca per comune consenso resti ancora senza nome; d'altro canto dovendo, ciò ammesso, tei designare qualche unità, mi torna evidente po- tersi e doversi esso mandare con tw- tui tunur Gu Quni Quns', specie quando si ricordi θεῖ e marnuy tef allato a zile Qufi. S'aggiungono poi le ragioni speciali che, all'infuori di qual- siasi assonanza, raccomandano di rannodare tes'ns' teis', se voci numerali, in aleun modo a dodici *: la prima, aver che fare con questo numero sicuramente le persone e cose del Cippo, poichè vi occorre A 5 la cifra XII come numero dei naper connessi in alcun modo tes'ns' teis' ras'nes' ($ 10), e wi occorre così rappresentata soltanto essa, quantunque s'incon- trino in quelleanche i numerali A 17 hut e 24 ci, oltrechè A 16 per me gii e per altri 2(a)/, e per me A 19 fem, A 13 Qunyulgee Β 19 θὲ] @unyul@tl; la seconda, che dall’un canto a tes'us' teis” segue due volte immediatamente ras'nes', ossia per unanime consenso circa il 'Ρασένα di Dionisio, e d’altro canto il numero " dodici * fu sacro per eccellenza e frequente presso coloro, che tutti consentono essersi chiamati di casa loro ' Ra- seni *. Non so tuttavia persuadermi che tesn-s' tei-s' signi- fichi precisamente dodici * (Grotefend Corssen Deecke

23. 9. ‘904

sa dì. LATTES ᾿ @une della Mummia e forse tèh απιαὶ di Capua; cf. altresi Corp. Gloss. lat. IT 588. 6 napus ‘collis’ insieme ad etr. tular. Pari- mente A 7-8. Β 3.12 tre volto 2uci. e-nesci, dove nesci ri- corda nas'ya neyse nesl nac nay nakva (cf. Resyual-e con Recue, e v. 4116 per sc con 29 per cs), voci da tutti riferite per lo più alla morte, al defunto ο' 8] suo sepolero e culto, e da ta- luno collegate con latino nex necarè. Anche tre volte s'in- contra nel Cippo ama, cioò A 5-6 ipa ama, B 14-15 penfina ama, e plurale A 18-19 in-tem-amer (per me circa "e due se- poleri ᾽), bel parallelo per Cap. 9. 10 in tel amai (per me circa ‘e nel doppio sepolcro ’), tutti vocaboli eminentemente fu- nerari (v. a 1136 e 1873). meno funerari sono per comune consenso A 8 tularu, circa " del tumulo” o ‘del cippo” (cf. B 14-15 pengna ama con 4541 tularu fler penna), è Α 14 hinga cape municlet, dove Hinda cape tutti ammettono si- gnificare all'incirca mortualis capis’ (Torp. II 102 ‘am Orte der Behilter der Verstorbenen ᾽). Infine per B 4-5 s'pelane-Gi e s'pel-Gi, tutti più o meno pensarono sempre a lat. sepulerum (cf. Torp. II 106). Nessun dubbio pertanto che anche l'iscrizione del Cippo di Perugia tratti di se- poleri e di cose funerarie: in qual senso ne parli, dice poi, nell’ignoranza nostra, per lo meno la parola B 10 turune, da tutti concordemente rannodata a turce donò *. Da essa reputo io non diverso, fuorchè sotto il riguardo fonetico, e forse altresì morfologico, B 17 guruni: per contro il Torp _ II 109 congiunge guruni coi precedenti Velgina Afuna e immagina uno Afuna-9ur per Afuna-Gura, con -Qur(a) co- mune altresì al premesso Ve/Gina e seguito da un verbo uni congiungente ’; sicchè interpreta penna Veldina Afuna Quruni das pengna ist fir die Velgina und die Afuna ge- meinsam ’: ma già sopra dimostrò che Velgina e Afuna non possono interpretarsi ‘i Velthina e gli Afuna *; penona può separarsi dal premesso ama (cf. M. X 14 petna ama nac e X 1-2 pegereni --- ame nacum); πὸ abbiamo di- ritto di credere che Velgina Afuna Qur o Gur-uni siasi potuto dire per Velginagura 6 Afunabura; e manca di fondamento. lessicale e grammaticale per ora uni ' verbindend * o * ge- meinsam ’, diverso da un verbo un- fare ? che altrove il

I

58° ἘΔ, LATTES Ù

ci, inizialo del secondo membro: torna quindi probabile che una simile particola sia altresì ew (cf. e-u con i-v i-va Rev he-va); tanto più probabile, se, riconosciuto che in eu-Lat ed eu-Rasv(a) seguono ad ewnomi di deità, si confronti eu-asv(a), rispondente a ci-vesana, con ca-Oesan (v, a 123); sicchè anzi, data la relazione di eu-Lat con iiu-Lagi, non parendo po- tersi per iiu dimenticare iv (v. a 144), nasce sospetto che Cap. 52-53 sia da leggere .... Lat-iv sa... Come però per iiu-lagi-lin riuscirebbe più spiccio e, di primo aspetto, più naturale rannodare ἰα-θὲ alla particola Za (v. a 50) e farne un loc. sg. alla maniera di ta-ti da ta (v. a 52"), così per la-t di eu-lat (cf. Tarynal-9i Tarynal-6, alumna@e alumnab): e bene andrebbero, all’uso nostro, insieme, le due particole dimostrative iiu-lagi e eu-lat, e potrebbesi facilmente imma- ginare dicessero all'incirca hic istic*; ma gli è per me caso analogo a quello di Gui (v. a 3481), di cui certo apparisce più naturale, a prima giunta, il significato qui”, che non quello di numerale; e sta quindi per /at, come per θεῖ, che compito nostro sia cercare, non già la spiccia parvenza della probabilità attuale, sibbene la realtà spesso assai compli- cata e remota della probabilità istorica, D'altronde, cf. l’inî- ziale eu-Lat con 445 en-ic-Us'i e 4541 Asar Fnu iniziali, e con 304 M/acas' Mani e 4082 @anr finali, come qui, se mai, A 24 eu-l'us'e e B 29-22 Ceya ziyuye, e come, per me, Cap. 61. Is ziyun (v. a 3236).

$ 12. Dopo eu-lat o eu-Lat, leggo tanna o t-Anna, an- zichè col Pauli tan na, contro il quale sta anzitutto che tan sarebbe nuovo. Per mia parte osservo, che data la grande frequenza del n geminato (v. a 100), si potrebbe tanna ricondurre senza più a ta + na, due note particole così congiunte e fuse, al modo che altre analoghe p. e. in an-en ce-hen he-va eit-va et-ve; più fondatamente si po- trebbe parmi, pensare però a t-an-na per confronto di Not. ἃ. Sc. 1887. 494 t-an-s'ina con ib. 1888, 237 an-s'ina, coll’in- certo CO. I. E. 3198 an t akn e con Cap. 19 an ti ar: in ambo le ipotesi, ricordato mi-t- e simili (v. a 7), sarebbe tanna rincalzo avverbiale più o meno pleonastico di eu-lat. Mi sembra tuttavia pur sempre che t-anna richiami prima

60 5. LATTES i,

Mlay Mlayuta, nomi di deità, avendosi ana immediatamente dopo tale nome, e parimente anna-t subito dopo Qunnursi, e, se mai, t-anna subito dopo Lat, mi sorge sospetto che nome di deità sia altresì Ana o Anna. E il sospetto cresce e quasi mi diventa certezza, se, lasciato per ora da parte Cap. 26 pep. ϑίταπα (cf. $7, 8 Tinia ti), ricordo Anî, nome di deità nel bronzo piacentino, insieme alla stessa voce scritta da sola Gam. 937 sul manico di una cenochoe suessolana; come 814 Ania sopra un piatto cornetano dipinto, F.' 25 (tav. III) Anei sopra una fusarola, Milani Mus. Top. 159 n. 123 Ane sopra un anatema fittile di Telamone, Arch, Trent. VII 1888 p. 148 Anna[j] su frammento osseo di Meclo, C.I.L. XI6702.19* Anai su vasetto chiusino : ora, interpretare tutti codesti " Annii come nomi di persona, mi ripugna, mentre poi Ani della oenochoe mi richiama il vino * di 1008 /: Ani [v]in-tuna,e Ane dell’ex-voto per via di Cap. 6-7 nii-ane-vacil-Ledam, con Ane associato al dio probabile Vacil (cf. 4636 vacl Qesn-in, vaclinam in Culs'eva, lat. Vacuna) e al dio certo Lebam mi riconduce a 1136 ni-Ani; e aggiunge che nomi di deità da soli offrono di certo F. 937bis Aita sun bue- chero chiusino (cf. F.2033d * Eita), F.803 e G. 396 Qanursi su tre vasi fittili parimenti chiusini (cf. F. 2607 mi : Qanrs con 807 mi-Marisl e Iscr. pal, 40 num. 97 sum Martilis), Not. 1898. 449 Nurzi (cf. lat. etr. Nortia) su altro bue- chero di Pitigliano (Chiusi), F. 2411 [M]enrva su pocolo di Bomarzo colla figura di Minerva, G. 31 Hercles nel fondo di tazza a figure rosse, gl’indecifrati F. 833ter au@a[s] su frammento fittile chiusino (cf. Not. d. Sc. 1895. 242 sul manico di patera enea eca Xau@as'} aguias è versie con Rendic. Ist. Lomb, 1896. 1105 sg.), e F. 834. Pumnas': (ef. umb. Puemunes o lat. Pomonae) sul fondo di un piatto colo- rito chiusino; a tutti i quali testi fanno riscontro le note epigrafi dei pocoli latino-etruschi co’ nomi delle deità Ai- sclapi, Keri, Menervai, Lavernai Saeturni Volcani Veneres.eco. Concludo pertanto conghietturando essere nomi di deità anche i predetti Ani Ane Anei ecc., e però ancora Ana di Narce e Anna del Cippo. Quanto poi alla relazione sin- tattica di eu-Lat col seguente t-Anna, cf. a 491 sugigi- t

@ PRES

ipa e ib. 9 ipe ipa " nell’ipe (consecrò) un' (altra) ipa’. Fra' tre modi, reputo però più prudente e fondato, per ora, il primo.

$13.A 2: dopo ame, all'incirca "la sepoltura (vayr) liber- tina (Zautn) di (Aules'i) Velbinas' ed altresi (es'#Za) di (Larga?) Afunas'® (8 3. 4), In es't-la continuo io (cf. Rendie. Ist. Lomb. 1892. 520) invero a scorgere una congiunzione inter- posta fra gli equidesinenti analoghi Ve/ginas' e Afunas', mal- grado le obbiezioni del Torp II 84 sg., che sono tre: tornare inammessibile, se tale fosse es'tla, che qui solo 8᾽ incontrasse sopra 7-8000 iscrizioni; non potersi es'tla separare da B 7 es'tac e 4541 estak, i quali, a suo avviso, nulla congiungono; infine, quand'anche es'- si mandi con ἔτι, secondo proposero Deecke e Bugge (e prima di questi Lorenz in Kuhn's e Schleicher's Beitr. IV 487), contro l’interpretazione "e quella? del Bugge starebbe non darsi in etrusco alcun la dimo- strativo. Ma sfuggì al Torp che l’esistenza di una siffatta particola fu da me documentata Rendie. Ist. Lomb. 1892. 520-521 a proposito della conghiettura messa avanti dal Deecke, che Za fosse abbreviazione di Za(utn) e ribadita poi coll’aiuto d’altre prove (cf. sup. a 501) in St. ital. filol. IV 329 sg. (‘I tre primi fascicoli * ecc.); io mancai di rannodare estla ad es'tac, il quale per me, essendo inter- posto fra due Velgina, congiunge i due incisi, di cui cia- scun di quelli è soggetto, come 4591 estak congiunge per me la fine dell'iscrizione colla parte mediana; πὸ vale poi l'argomento dell’unico esempio, perchè potrebbesi ac- campare egualmente eziandio contro le particole anen cen cehen eitva etve_ heva, tutte occorrenti appena una o due volte, perchè militerebbe egualmente anche contro la spiegazione del Torp es'tla ' di me e es'tac o estak ‘io. Opina egli cioè che, δ΄ εἶα seguendo a Velgina-s' e es'tac a Velgina, debbasi il primo tenere per genitivo del secondo, e trova la base d’entrambi nell’is della grande iscrizione capuana, che immagina significhi ‘io’ e torni identico a Ἐπ 443 es: ma di questo, l’alpan, che succede immediato, dimostra non differire da eis dio’ (cf. a 3407 S'elvans"? alpan, Ouplgas' alpan ecc.), mentre poi l’analogia fra is ziyun

8 Fi LATTES

a Fab. 2033ter* οἱ; ri, M.I 4 za-y ri, 14 [za-]y ri. Quarto stà G. 799. 6 yim Culsu di contro a Cap. 56 Culziu dit, come M. III 19-20 gar gi di contro a Cap. 8. 16 ci-tar. Quinto, pa- rallelamente a G, 799.6 puts yim Culsu, ci la Mummia XII 4 yim ena-y Unyva meglumo puts, rincalzato da VII 11 gim ena-c Usil: quindi puts rispondendo a puts, e i nomi di deità Unyva Usil a Culsu (cf. Culs'eva Uni Cereryva e Saggi App. 109-112), rispondono yim ena-c 0 ena-y a yim; e però se questo è numerale, dovrà tenersi numerale, anche ena-c 0 ena-y; ed ecco subito a conferma, oltre chè il già riferito ena-c es'i allato di es'i-c ci e sal e tei e Gi, M. XII 7 capl-gu Ceyam ena-c eisna con Qu--ena-c, come XI y 2 tunt ena-c (cf. I4 za-y ri en Qunt, con gunt rispondente a za-y, al modo di za-c a tei in X 22 za-c lena, confrontato con X y 4 tei lena), e come F. 2279, 6 6unyulem ena-c; e però l'unione di ena-c ena-y con yim rinforza di per alla sua volta la proba- bilità che yim yim0 yim@m siano numerali. Sesto, non so- lamente con avils ' anno’ ben va, fra tutte le compagnie, quella di un numerale, e ben va sopratutto centesimo (secolo) o ‘quinto? (lustro), ma s'aggiunge a ciò l'analogia diretta di avils' yis' quattro volte nella Mummia, con F. 2108. 2335‘ avils cis e con Cap. 21 tim avilu; analogia tanto maggiore, dappoichè insieme abbiamo Cap. 3-4 ci-tar : tir-ia cim.c.leva, ossia ci---cim-c a riscontro di yim ena-c, e Cap. 4 cim e 21 tim a riscontro di ciem yiem tem (cf. anche $ 17 ci-yi-ci. Qu con cis' s'aris’, ci tar, XII XI ecc.). Di tutto ciò il Torp sembra non darsi carico: egli infatti opina II 20 che yi-s' « certamente non ha punto che fare con yim yim@m », e II 70 che « enac (enay) senza dubbio è da considerare forma più piena di nac »; inoltre, come yi-s' (II 20. 38 tutto”, of. 100 ziem " de tota ') da yim (II 105 ' sacrifizio *), così stacca egli I 49 sg. II 15 ena-s' (' nostro ᾽) da ena-c ena-y (‘questo ’), ed anzi II 42 nega che mai nella Mummia abbiasi τὰ per l’enclitica -c. Ora, la Mummia VII 16 i(n)-c mal si- curo in ambo gli elementi e VIII 2 i(n}-c non ben sicuro: nel primo e certissimo nel secondo per otto i(n)-y, insieme con racò una volta per dodici ray9 (ef. Cap. 9 rac per tre ray della Mummia); essa poi: a) VI 2 hil-y (male per me

98. 9. 1904

ros Ἐν LATTES 9 Alegnas, Arns Arné), interposto fra yimom e la cifra LXX (ef. mays mealyls-c e cis sagrmis-c), e se ne rincalzi la con- . ghiettura del simile ufficio per es't-la es't-a(n)-c est-a(n)-K of. cit-va et-ve he-va, ce-he-n he-(n)-ce [hecce] ce-n, an-c an-c-n an-an-e, în-ine in-in-e i(n)-y i(n)-y-narc.

$ 14. Si chiude la prima sezione colla formola slele@ caru, struttura analoga di A 14 municlet masu anch' esso in fin di linea, laddove A 17 masu ne comincia un'altra e più ancora analoga di F.* 332 munisuleò Calu o F:° 330 munisvle Calu: formule entrambe finali dell’epitaffio vero e proprio, poichè dopo la prima segue soltanto surasi con- nesso con Calu, e dopo la seconda l'età del defunto espressa con avils LXX lupu, dove anche lupu (lupuce) ha verisimil- mente relazione con Calu per lo più sottinteso; cf. Saggi e App. 212 sg. Calu surasi con S'uris eis, lupuce s'urnu con Serv. Aen. XI 785 Hirpini Sorani, così detti quasi lupi Ditis pa- tris’, e con Plin. n. h. VII 2.19 © hand procul Roma familiae sunt paucae [Solin. II 26 perpaucae ᾽] quae vocantur hirpî *, le quali prestavan culto a Dite-Apollo sul monte Soracte (ossia forse ‘di S'uris ᾽). Può quindi presumersi, mi sem- + bra, con qualche fondamento, che rispettivamente slele@ e municlet (munisvle9, munisule0, F. 2339 municlet), caru e masu e Calu si corrispondano. Ora, di Calu î più consentono che fu nome di deità infera, perchè sul cerbero di Corfona sta scritto δ΄ : Calus'tla, ossia (v. a 4116) Calu-s'tla, diminutivo di Calu, come p. e. Cezar-tle di lat. Caesar (of. Caezirtli Cezrtle); d'altro canto, ricorda caru il nome della dea Cara a kara cara-ti care cari, ed etr. lat. cari, finali d’ epitaffio, insieme ad altre connesse voci di significato sicuramente mortuario (v. a 4116 e sup. $ 2); quindi la presunzione della rispondenza di caru a Calu si conferma, e diventa non del tutto improbabile un nome di deità infera Caru (cf. 2219. 4116 Cara deità, a-karai parallelo di a-Cal ecc.), alla quale anche potrà aver fatto compagnia Masu (noto gentilizio volterrano, senese, perugino, di etimo connesso con 52* B 10 masve cf. Masui Mas .vanial e forse col masn della Mummia), essendo masu nel Cippo ambo le volte associato col vocabolo naper eminentemente sepolcrale 14-15 mu-

68 E LATTES ©

c(@l-el- rifletta lat. cellula, e però s(e)l-ele- Caru(s) dica al- l’incirca "nel sepolcro sacro al dio Carone’, ossia'Carino’ (cf. lat. cara cognatio e Caristia), como Larezul ame, Une ame, Unaial cesa e forse spl Uni conghietturai dicano a un di presso "nel sepolcro sacro a Laran o Uni”; così pure municle@-Calus nel sepolero sacro a Calu’, e su@i ceriyu o ceriyunge o s'udic cerinu * la sede sacra ai Ceri”, su@i hindiu @ues' sians' * la sede mortuaria sacra a Qua infera ?, su@i manalcu * la sede sacra ai Mani ’, ipa Ma . ani ‘la tomba sacri ai Mani ?; in ogni caso, per piccolo che si stimi il fondamento di siffatte interpretazioni, sta, a mio giudizio, che lo slel- "vicinanza è e lo sleleò gegeniber * del Torp II 93 ne mancano per ora affatto, mentre, collo staccare slele@ da caru, contraddice egli all'evidenza già dal Pauli riconosciuta di una triplice, per non dire quintuplice, analogia. La quale per verità tanto meno potè venire dal Torp avvertita e in giusta misura apprezzata, in quanto non solo egli separò I 51 due dei tre municle@ (munisvle9 munisule0) dall’unito Calu (cf. municlet Masu) Calu-s, ma anche unì ad uno, che non esiste, parole che ad esso in nessun caso spetterebbero. Primieramente afferma egli cioò I 51 cf. 47, che munisulet occorre F.* 330 (non 230) « unito col genitivo di una parola che significa vi- vente o ' vita», e che «in tale unione compare il verbo zilaynuce ' fu zilath ’»: ora il testo, onde tratta, è da lui trascritto ....[mu]ni[su]le9 svalasi . zilaynuce lupuce munisuled calu, coll’ annotazione (4) per [mu}ni[su]led « se- condo il Pauli »; ma questi Vorgr. Insch. Lemn. II 70 ha muleg e il Fabretti ad 1. m....Ze0, ossia al più forse m[uns]le9; pertanto qui s'ha bensi munisuleò Calu, ma non già munisule9 svalasi; che se pur vi fosse, confrontato il supposto munisule@ svalasi zilaynuce con F.' 329 zilay[nuce] spure@i apasi svalas, chiaro apparisce che svalasi spetterebbe, non al supposto munisule@, ma a zilaynuce con cui sta. l'analogo svalas, conforme del resto al significato anche dal Torp attribuito a queste parole, cioè fu in vita zila@?. Secondo: prosegue il Torp I 51 cf. 47 notando che « una volta », cioò F.° 332, occorre munisule@ « col genitivo di una parola che si riferisce alla morte » e insieme col verbo

τί E LATTES ᾿ Calu-s; e non senza fondamento parmi possiamo'osare di ren- dere a un di presso le tre prime linee, ossia la prima sezione del Cippo a un di presso: ecco (0 dei) Lat e Anna nel se- polcreto (sacro) del (dio) Laran è il sepolcro libertino di (Aulo) Voltinio e di (Larte) Afonio nella cella (sacra) del (dio) Caru® (v. sup. $ 4 lautn, 8 11 eu-Lat, $ 12 fAnna e Larezul ame, $ 18 es't-la, $ 10 Velgina-s' e Afuna-s', $ 14 sleele@ Caru); introduzione d’ epitaffio, la quale, se troverebbe posto difficilmente nelle sillogi epigrafiche latina e greca, non isconviene agli umili superstiziosi di una ‘gens itaque ante onmes alias eo magis dedita religionibus quod excel- leret arte colendi eas’ (siv. V 1. 6), πὸ, se mai, ad orien- tali italianati. :

8 15. A 4-8 II» sezione del Cippo e Is del catalogo dei ' doni ᾽; a un di presso: il tezan fus'leri del teis' tesns” Ras'nes' (cioè forse circa il preposto al decimo fus'le della XII» Rasennia ’); (suoi doni * sono) un’ipa, un'ama; XII naper VelginaQuras' Aras' Peras' ἴθ, o dei] Ce e Mul lesculy gli zuci e-nesci (0), l’epl tularu(s); of. 8. 6 fus'leri, 8 Τ. 8 tezan @ tesns' teis' ras'nes', $ 9 ᾿ doni”, Chi fosse propriamente * quel del fus'le ® ($ 6), non so: ma, se muni-svle-9 Ueri-sl-ane vanno con muni-cle-9 e lat. Ocri-culu-m, non mi sembra im- possibile che fus'-le rifletta lat. foc-ulu-s (Bugge) 6 fus'l'er-i un lat. foc-ul-ario-, umile sacerdotello della gente libertina. e minuta, onde, per me, parla il Cippo (8 4. ὅ. 8); tali p. es. i magistri Campani, i seviri liberti degli epitaffi latini e latino-etruschi, nè, per me, salva la probabile ricchezza, guari meglio (v. a 1114) p. e. Lartiu cambi eterau: (forse come un caventius * o circa console degli etera, per con- fronto con Ramgu-Ravnbu e amce-avence) del grande sarco- fago cornetano F.' 438, o il Lar9 Apatru zil eteraias o etrais (circa zila9 d’un sodalizio od aggruppamento d’essi etera 0 forse insieme dei lautn eteri) del magnifico sarcofago di- pinto F.' 436; perocchè, più studio e ristudio i resti let- terati degli Etruschi, e più mi persuado che ben di rado sulla tomba de’ magnati e nobili si scriveva, o appena in forma anonima, quale presentano il vasetto del Duce a Ve- tulonia e gli altri simili arcaici. Non discuto l’interpreta-

.

n E. LATTES

tamente seguenti. Comincio con ara-s', e confesso la mia sorpresa che il Torp non sentisse di dover tener conto per essa voce dei quattro ara e dei tre ar(a) della Mummia, πὸ per questi II 55 sgg. di esso ara-s': certo si danno in ogni lingua parole d’apparenza uguale e di realtà onni- namente diversa, ma certo altresì nell’ignoranza nostra vuolsi solo in caso di suprema evidenza e necessità ricor- rere a simile ipotesi; in e per sè, nessuna interpretazione di ara ar(a) si potrà, parmi, stimare probabile, se non con- venga insieme ad ara-s' e viceversa; inoltre egli dimenticò lara dei buccheri arcaici F. 853 (ara merts’), G. 613 (da solo. ad Orvieto), Mon. Ant. Line. IV 322 fig. 166" (Riv. di filol: XXIV 494-497, da solo dopo l'alfabeto a-k), inseparabili, per la qualità dell'oggetto iscritto e in parte pel luogo del trovamento, dall'ara del filtratoio orvietano Bull. Inst. 1880. 51 (ei. muy.ara.an.ei segasri), ch'egli bensì ricorda; ma crede, almeno in punto a grammatica, differente (" opus factum * per lui) dall’ara (per lui facit *) della Mummia; mentre poi, malgrado l'ignoranza nostra, opina che fra 1’ aras' mucum di questa e il muy ara di quella interceda solo un « zufalliger Anklang »; parimente dimenticò egli Cap. 13 8.ara e 19 anti ar (cf. 21 an tim avilu), e F. 2249 (tav. XLI) aisu-tez-Usi-are, vascolare anch’esso, dove, come omai più volte avvertii, con grave arbitrio emendasi in fine ar[e]e il chiarissimo are; infine non so io, com’ egli forse di proposito, lasciar da parte arai di Lemno, πὸ ares’ di Novilara, ed opino invece non esistere l’ar finale della Maglianese nella prima faccia da lui a torto in ogni caso congiunto con Mlay Oanra Calus-c, triade iniziale della seconda faccia, parallela alla triade formata da Caugas con Aiseras e Ma- risl, iniziali delle tre sezioni della prima perchè leggo arè per analogia paleografica con F. XXXII 806 anè. Ora, ricacciando fra’ ferravecchi le speculazioni intorno a lat. ara e ose. aasaî purastat, che purtroppo un tempo mi sedussero, non vedo a che altro le attuali nostre cognizioni positive ci permettano rannodare ara ara-s', se non a F. 2094 Aran, nome di deità ivi arbitrariamente emendata in [Zjaran: così Oesa(n)-s e Lara(n)-s'-t 0 -s'() gen. di Oesan e Laranj

τ E, LATTES ad essi sta 8. 11 a(n), e piras e pires vanno parimente as- sociati con ilucu, mentre poi a 11 pire(s) stanno innanzi is'um-a-zuslevai, dove is'um apparentato con is'er dio ᾿, esce come Nagum Tecum dei certi, al pari di Alaiva Ebaus'va Menrva equidesinenti con zuslevai (cf. Cap. 15 Calus . zusleva con Magl. B1 Mlay @anra Calus-c); infine 3 pir (cf. F.' 514 un-cia-pir con un per Uni Une e ceia fem. di Ce nella Mummia) sta chiuso fra su-vacil-s'i e s'u-ri-Lebam . Sul, tutti nomi certi o probabili di deità. Ed ora se Ara(n)-s' e Pera-s', 0 forse Pera(n)-s', sono nomi di deità, come inten- dere il premesso concordato Veldinagura-s'? Termine di pa- ragone opportuno offre F. 2603 mi-sugil. Velgurigura: turce. Au. Velguri Fuis'cial, « iscrizione disposta in giro » di un « bassorilievo in bronzo di figura circolare con bel- lissima testa gorgonica nel centro » (Conestabile), conser- vato nel museo di Firenze, ma d'ignota provenienza già pel Gori e pel Lanzi; il Pauli Bezz. Beitr. XXV 209 tra- duce ' questo arredo sepolerale (dedica) la gente Velthuri; (10) donò Aule Velthuri (figlio) della Fnisci ?, plausibilmente nella sostanza; salvo che, a mio giudizio, per le addotte ragioni ($ 5), donatrice devesi tenere la linea libertina dei Velthurii, anzichè costoro senz'altro; e però non calza per me, se non con questa restrizione, il confronto, d'altronde giusto, fatto dal Pauli con C.I.L. I 807 Vediavei . patrei gentileis Iuliei sull'altare di Bovillae. Se però s’'interpreti Velgurigura come nome collettivo, non vedo applicazione a Velginagura-s' Ara-s' Pera-s8' : conghietturo quindi sia Vel@u- rigura aggettivo; traduco alla lettera mi sugil Veldurigura all'incirca " io (sono) ') un anatema funebre Valhuritorio ?, cioè ' dedicato dai Velthurii della linea libertina; e mi at- tento di rendere alla lettera XI! naper Veldinaguras' Aras' Peras' * dodici nicchie del Voltinaturio Aran e Pera(n) *, cioè * sacre all’ Aran Pera(n) adorato da’ Voltinii nel tempio, od all’ara, della linea libertina *.

$ 16. Vengo ad A 7-8 cemulm.lescul.zuci . enesci, che

1) Quanto alle note obbiezioni contro ' io (per me), v. Iser. paleol. 42, Rendic. Ist. Lomb. 1889 p. 661,

᾿ ἀν LATTES ᾿ vw

va associato con fir (per me ' l’etnam-- e î s'uci e il fir È, "tre dei s'ucivn e il fir* conforme a $ 7 mar za-c = mar za-îne a b2* $ 6); sta infatti fir a umb. pir fuoco *, come etr. fur fel (gela gelna), Craufa Ouflgas! Ufes! Ogfri Hufni a par puln Craupania @uplgas' uples Θερτὶ hupni-s' (Hupnî) e nefts a lat. nepos (cf. altresì fulum-yva con pulum); se quindi fir dice ‘fuoco *, forse ben vanno con esso i sacri s'uci adoperati per ispegnerlo. Resta e nesci in tre luoghi, A 1-8 68 8. 12, posto immediatamente dopo zuci. Confrontato F. 2598 ersce con F. 2279. δ erce, G. 802. 4 erce-fas', G. 791 erce-m; O. I. E. 4518 Felscia con F. 2322 Felcial; G. 63 Re- scial nome della dea chiamata F. 480 Recial e altrove Recue (Iscr. pal. 51, cf. a 4116 dove si possono aggiungere Pru- scenas 6 Purcesa, reus'ce e su@ce atiuce, Tluscv Tinsevil e Cilgcva Magcva, Aususce 6 lat, Ausuciates it. Osuccio), chiaro apparisce che enesci potrebbe stare ad enac come clensi clensi 8 clan: ma già dimostrai (8. 13) non darsi alcuno enac, sib- bene ena-c ena-y nominativo sg. del gen. ena-s', come peva-y (of. paiveisem) di peva-s'; d’altra parte, riconosciuto per via di s'uci murin e di man murinas'ie---zuci, che zuci desi- gnò cosa funebre, apparisce ragionevole rannodare e-nescì a nac nay nacum nakva nayva nacnva nacnvaiasi nacna nafc)na ne(c)viku nesna ne(s)ne, che da tutti più o meno concordemente s'interpretano morto, mortuale, sepolcro ᾿; tanto più ra- gionevole, se colle predette voci si mandino con me altresì nas'ya nasra negs'ras nets'vis (cioè nezvis nesvis *necvis) 6 neyse (cf. Pucsinal con Puiscnal e ersce acasce con erce akase). Quanto a e(i), confronto io zuci e-nesci (forse circa ᾿ succi en de- nicales ᾽) con mulveni e9 zuci di Magliano, e con e-la e-H{a) e-me-l(a) ci-mi-Ua) mi-Ua)-ei Ua)-ci-mi (v. a 50); cf. d'altronde Cap. 8 a piras e Legam, 18 a piras e Uni, 21 zi e Legam, 10 ri utus e cun, F. 2335* atrs'r-c e-scuna, Not. ἃ, Sc. 1900. 85 pugum-q pnova-c . 6. cuas' con Magl. Β 1 mimenica-c marca- lurca-c 60 tugiu e con Novil. 10 tena-c anvs et δ΄ μὲ; in tutt'i quali l’enclitica congiuntiva -c(e) sembrami rinforzata dal seguente 60 (et) e(i), come a(n) da eli) nella Capuana, conforme al parallelismo fra 60 e an, attestato dalla rispon- denza di 60 avai a a(n) karai, rispettivamente iniziali di se-

lessicale di scunu . 8 - -- cal con cal - - - seuna torna evidente; 6 trattasi poi non di scunu, ma di scunus, poichè a questo precede immediato Pumpus, e l'ortografia di quel testo am- mette, come più altri, due interpunzioni concorrenti, cioè il doppio punto disgiuntivo e il punto congiuntivo pseudo- etimologico (cf. 1. 2 scunu-s : s'u0id : con 3 ipa: ma, ani : tineri econ F. 1681" mani-ipe, di cui v. a 4390). In terzo luogo, dovendosi assegnare a scuna funzione grammaticale non diversa da scunus, che vuolsi omai tenere per appellativo apposto, o per aggettivo del premesso e concordato Pumpus, vuolsi parimente scuna tenere per un’ apposizione, o per un aggettivo di cal (cf. scuna calti con M. XII 8 hilarguna eterti-c cagra accanto a 3 hilarQune eterti-c cagre), e il nostro s'cuna per un'apposizione, o per un aggettivo, qui di cenu (of. più avanti A 20-21 gaura helu e 1914 Velia Nuis'u ecc. con 3407 @ana Atina ecc.), e Α 283 di θεία, come Β 11 s'cune di acilune e turune, omioteleuti, ma di ragione gram- maticale possibilmente fra loro affatto diversa, come 4116 etve Gaure lautnes'cle. Circa la parentela di s'cuna scuna con Cap. 10 scuv, affermata dal Torp II 98, nulla so dire: certo egli erra, per me, facendo di quello un imperativo, come di Cap. 7 scuvune un perfetto, e trascurando M. X. 8 scvetu, la relazione di scuv col precedente Legam Sul, donde consegue doversi scuvune leggere scuv Une e non aver punto che fare collo s'cune del Cippo, salvo in quanto questo si rannodi a scuv di per stesso riguardo alla base; infatti, come Cap. 7 Sul scuv Une, così M. X 8 Sul scvetu Cagnis e F. 2610% Kagu- nita-S'ul; per me, se scuv e scuna fanno famiglia, tenuto conto della relazione fra scuna e cal δ'μθὶ fanu, si potrà Sul scuv o sevetu mandare con M. VII 13 Usli neyse (cf. Saggi e app. 128). Vengo ora a cenu epl-c felic, dove mancano finora altri testi di confronto, salvo sup. A_7 epl tularu: a me, nella presente nostra ignoranza, par sempre non impossi- bile l’interpretazione ' cena epulaque felix * (of. G. 802, 4 cesnî subito dopo cani-raya9 e v. a 1914 per l’-u femminile); il Torp II 99 («in Verkauf [cenu] und gegen Bezahlung ») raccosta felice a G. 86 felts'i (su di un bucchero, fra mi e le cifre XII XI), pel quale accetta l’emendazione felis'i del Pauli e

I FASC. IX E X DEL CORPVS8 INSCR. ETRYSC. 88

la sua conghiettura ermeneutica pretii’ (cioè questo vaso ha il prezzo indicato dalle cifre ’), sul fondamento della quale conghietturò quegli altresì G. 802. 7 filce « auf Kosten »; ma questo sta in principio dell’ultima linea, dopo uno spazio che pare vacuo, diviso mediante interpunzione dal seguente iî........ usi:, e però torna, come il Torp riconosce, del tutto oscuro, laddove felts'i parmi guarentito tal quale per ben altro che non pretii ° da Felscia Felcial (cf. netsvis' nackva con clensi clan ecc.) Mi compiaccio per contro che il Torp concordi meco, quanto al non potersi cenu epl-c, causa il posto del -c, stimar parallelo di epl tularu, quanto all’essere il -c di felic diverso dal -c di epl-c, en- clitica congiuntiva in questo e suffisso derivatore (cf. lautnic s'uGic ecc.) in quello. Resta Largals' Afunes' che il Torp, non so come, rende con « dem Larth Afuna », laddove per tutti sempre disse di Afune figlio di Lar@ ": bensì potreb- besi forse sospettare implicitamente indicato da quella for- mola onomastica che Lar@ appellossi anche Afune medesimo, ma solo se con certezza tornasse lecito ravvisare, come suolsi, in Afune-s', epperò Afuna-s', un uomo anzichè, com’io credo almeno per ora si debba, una donna, ossia tale persona che si addimandò di regola, se mai, Lar0i e non già Larg; in effetto gli esempi certi di -es' avvicendato con -αϑ' (v. a 48) son tutti di genere femminile, cioè Lar@ies Lardias, Ram@es Ram@as, ©upites (cf. Qupitai) Ouploas' e probabilmente ras'nes' rasnas (cf. $ 15 eteraîs eteraias); di Velbines' Veldinal nulla sappiamo rispetto al sesso, ma Velga (lat. etr. Volta) essendo stato un mostro, pare più probabile che, come Velgite ($ 10), siasi chiamata Velgina- la dea corrispondente (cf. @ansi @ansinei, Neru Nerinei, S'ati S'alinei, Craufa Craupania, Vi- lia Viliania, Pecia Pecianina ecc.); per contro Tines (Not. ἃ. Sc. 1884. 9 e Pauli Arch. Trent. VII 147), piuttostochè con Tinas Tina Tinia, mando io ora con Tnes' Tne One (v. a 524). Pertanto in Afune-s' vuolsi, a mio avviso, dai prudenti vedere un’Aponia: osta che per una volta Afunes', s'abbiano due A 3. B 13 Afunas' e insieme A 17. B. 15 Afuna, perchè dall’un canto v’abbiamo parimente zea zia, turune Quruni, clel sleleg (8 9), d’altro canto 1᾽1 etrusco

E. LATTES

assai di frequente dilegnasi appunto nelle formole fonetiche «na -nal -nas', sicchè Oana e @ania, Larti Sein(i)a, Oana Atina, a(na) Vatin(i)a e simili (v. a 3427).

8 18, A 13+-12 (8 1. 2), IV2 sezione del Cippo e III* del catalogo dei ' doni’: a un di presso ' (Aule) Velgina, (come) clen della (dea) Qunyul0e; (suoi ᾿ doni? sono) yiem falas' e fus'le ?. Mentre nelle due prime parti del catalogo, il donatore precede ai doni:

1. il teran fusleri ecc., (suoi doni’ sono) ipa ama ece. (8 15. 16);

II. Aules'i Veldinas' eto., (suoi " doni’ sono), θὲϊ Gil s'cuna canu ecc. ($ 17);

comincia qui una serie nella quale i doni precedono al do- natore :

INIL A 13+12 falas'. yiem-fus'le . Velina clen . Ounyulde;

IV. A 14-16 hinga-cape-municlet . masu naper . s'sancel-Gii- falsti. Velbina;

V. A 16-18 hut . naper . peners' masu . acnina , clel . Afuna- Velbina-m; +

VI. A 18-19 lerzinia in-tem-amer . ent, Veldina . zia s'atene;

segue poi altra serie come le due prime:

VII. A 20-21 tesne .eca. Veldinaguras' . Gaura-helu ;

VIII. A 21-23 tesne Ras'necei tesns'-teis'-Ras'nes'-yim0-s pel-Guta- s'cuna;

IX, A 23-24 Afuna-mena hen , naper . ci-cnl-ha-reu-tus'e (0 har= eu-tus'e);

X. B 1-7 Velbina-s'atena , suci . e-nesci . ipa . s'pelanedi . fulum- qua . s'peldi . renedi;

XI. B 7-13 es'tac. Velbina acilune . turune . s'cune , sea , zucî , e-nesci , agumics' . Afunas';

infine, a conclusione del catalogo dei " doni’, una nota- zione col nome del donatore posposto al dono, come le quattro seguenti alle due prime:

XII. B 14-16 penna. ama . Velbina . Afung

86 E. LATTES \

mine di Volterra, e raddoppiato dalle ventiquattro del Cippo nel lato maggiore, e forse quintuplicato dalle ses- santa pervenuteci della grande Capuana, e forse schietto dalle dodici colonne della Mummia, giunte più o meno la- cunose fino a noi. E s'aggiunge che i doni mi tornano per lo più due (XII pengna e ama, VI lerzinia e tem amer, IX mena e naper ci, V hut naper e acnina elet, IV hindu cape e naper Qii, X 2uci e-nesci e ipa, XI acilune turune s'eune e zuci e-nescì, III falas' yiem e fus'le), quanti assai di spesso gli esemplari di ciascun oggetto nelle tombe italiche; però il tezan fus'leri ne avrebbe dati cinque (I), i tesne Vel Ginaguras' uno (VII gaura helu), e le tesne Ras'necei forse cento (VIII yim@ s'pel guta s'cuna): dove parmi di nuovo non potersi credere fortuito, che codeste tre eccezioni spet- tino ad un tezan e a due tesne, che cinque * sia la metà del numero cui spetterebbe tezan decimo ?, a siano s'cuna i yim@ s'pel guta (circa cento doni sepolerali ᾽), come s'cune 16 acilune turune (circa ' doni servili *, cf. a 8754 acil-0 ame

-@ $ 17 fanu lavtn Pumpus scunus).

$ 19. Oscuro è falas' yiem: sta forse però a A 18-19 tem amer, come qui naper XII, 0 gii, 0 ci, a hut naper, e come nella Mummia tei lena e ena-c es'i a es'i-e tei 0 es'i-o ci, 0 es'-c καῖ; e però, confrontato yiem, insieme a yim yis', con cium, insieme a cim cis, non mi sembra impossibile che fa- las' yiem (of. A 20 tesne-- Velginaguras') equivalga circa a lat. ' falas quinque ’, ossiano cinque arnesi alti di legno necessari pel fuse ‘foculus’ ($ 15), nominato subito ap- presso. Certo fala-s8' non vuolsi staccare da A 16 fals'ti e da Magl. A 1 falzagi (cf. Ayvistr Ayvier, Fasti Fasi ecc,): ora nella fal(a)s't-7 sono i naper nicchie sepolcrali ’, e far Ua)za-Gi (cf. putiza putere e fanus'e fanu) segue immediato a man murinas'ie, vocaboli eminentemente sepolorali ($ 16 e v. a 3326); in ogni caso, mi lusingo poggi codesta inter= pretazione sopra miglior fondamento, che non quella del Torp II 100, secondo il quale falas' yiem fus'le direbbe « die Hilfte (?) des vollstindigen Besitzes », perchè yiem per lui « ist offenbar in yi-em zu zerlegen >, e in yi da lui (II 20) « wurde die Bedeutung 'all* angenommen »,

88 ®. LATTES

5. Negunsl Une May M. VIII 11-12 e X y6([Nedunsl});

| ora ceye, equidesinente con trutvecie e versie e con Zane 6 Une, nomi di note deità, stando in compagnia, come queste, di altre note deità, non mi sembra potere essere altro anch'esso che nome di deità; tanto più che, mentre versie ricorda etr. lat. verse ' fuoco”, lat. etr. Vertumnus, e più forse ose. dive verehasiti è Aiovfer Feocogsi, non manca qualche argomento per conghietturare in trutvecie il nome della "Luna dei quarti *, socia di @ufigicla la Luna doppia ᾿ o " piena’, e di Aiseras la Dea ο Luna’ schietta (Saggi e App. 131 e cf. Usils Tivs del bronzo Piacentino, Lusynei con prenest. Losna, Cap. 5 Lunas' insieme a 3. 7. 8, 12,19. Sul e 22 Usili e 26 Ul[sili])s'), Il Deecke Etr. Fo. VII 53 inter- preta ceye sacro (dono) ᾽, il Torp 143 "ex voto *: ma son probabili siffatte conghietture di significato generale, ricono- sciuto il parallelismo di ceye per lo meno con trutvecie e versie? La seconda ragione sta in M. XI 13-14 suntnam ceya centnam ®esan (cf. VII 12-13 cninam Oesan ere Zelvo), dove ceya risponde a @esan Aurora *, come suntnam a cntnam (cioè per me Suntnam e Cntnam, come Vacltnam maschile di Vacil, ossia forse lat. Vacuna); e 8 aggiunge analogamente qui B 20-21 ca-ceya di contro a Etr. Sp. V 159 ca ©esan, oltrechè di M.VIIT ceyane = XII 11 ceya allato a 21 Oesane Uslane-c. Terzo, come qui B 21-21 ceya ziyuye, così già si avvertì ripetutamente (v. a 3237. 1 con 3241 e sup. $ 12) Mon. ant. Lincei IV 336 sg. fig. 166 sg. Mayuta ziyuye, dove Mlayuta non si può certo (cf. Riv. di filol XXV 11-17, Rendie. Ist. Lomb. 1900. 558 sg.) separare da M/acuy, nota dea degli -specchi, da May compagna di Negunsl nella Mummia (cf. lat. Malacia dea marittima) e degli dei Qanra Calus-c in testa alla seconda faccia del piombo di Magliano; così pure Cap. 61 Viltur .is siyun (cf. Bull. Inst. 1882, 88-89 Vel6ur zinace con Velbre nella litania della Mummia e Mon. ant. cit. Mlayta Ana zinace), confermato da O. I. E. 8287. 1 ais-sizu, con is= ais dio” rispondente a M/ayuta e però altresì a ceya. Quarto, come sulla patera orvietana (sup. 1) in- sieme MHerma T'ins ceye, così Hermeri e Tineri e ceyaneri vanno insieme, quali derivati col medesimo suffisso: ora, al

90 E. LATTES

filo” e clen. gunyul@e ch'egli contro la paleografia ($ 2) unisce alla seconda sezione « in Eintracht (Einverstin- dniss) mit dem Sohne (oder ' den Sohnen ᾽) », essendo per lui 6unzul0e « offenbar » locativo sg. di voce derivata dal numerale 9u(n)' uno”. Ma 94, cred’io, vale‘ uno*; vedo necessità di tener Qunyul6e per locativo, 0 ceya per accusativo governato da verbi attivi; clen si può, a mio avviso, inter- pretare pro filio’, o emit dem Sohne», o «mit den Sihnena. Infatti, quanto a @u(n), v. le già allegate mie pagine ' contro. il valore unitario attribuito dal Torp al numerale etrusco Gu” (Rendie. Ist. Lomb. 1903, 229-238); quanto a Gunyulge locativo, i tre /lere in craps'ti coi cinque flere Negunsl della Mummia per due /leres' in craps'ti è un Neres Negunsl (Saggi App. 6), insieme a IX 14. 16 nungen zusleve per IV 7 zus- leves' nunben, bastano a dimostrare come, già semplicemente per via di dileguo del -s, possa 9unyu/4e stimarsi genitivo sg. (ef. 370. 518 Aule s'ey e Aules' sec, 1873 Clantie per -ties anche secondo Torp, 457 avi Parpu e avei Seius, sup. $ 14 munisvle9 0 munisule9 Calu e municle@ -- Calus ece.). Quanto poi a ceya ed ai verbi da cui dipenderebbe, lasciato da parte ceyam-arce, anche perchè, astrazion fatta dalla ragione gram- maticale di arce, è falsa lezione, niente permette evidente- mente di fare il ceya del nostro B 21-21 ca ceya εἴχιιχα piut tosto oggetto, che soggetto, di ziyuye; e parimente in Ο. 1. E. 446 alpan menaye . clen . ceya, 0 F. 2613 Fasti: Ruifris : tree è clen τ ceya, niente esclude, che l'anonimo donatore nel primo caso, e la donatrice /asti Rwuifris' nel secondo, s' intendano aver donato (menaye, tree) l'anatema fanacnal ο il fleres' svu- lare, così iscritti, questa ad Artemide (Aritimi) quale clen Ceya, quegli a Velius' Quf6as', quale clen Ceya di tu@ines' (per me circa tuticae ᾽) Ylenayeis'; infine quanto a clen, non so come mai la parola clan, di cui ben si conosce il gen, sg. clen-s' col nom. pl. clenar, e di cui i più ammettono anche un gen. dat. sg. clens'i clensi con un gen. dat. pl. clenarasti, possa immaginarsi, malgrado l’interpunzione costante (clen = Ceya, clen. Ceya, clen . @unyulbe), essere entrata come primo membro di due composti, per significare nell’uno pro filio ? a nell'altro ' cum filio * o cum filiis *, Per mia parte, fer-

9 È LATTES

sono i suoi doni’, secondo che infatti suona per me la formola finale B 17 Guruni ein, subito dopo la XII* sezione del Savalonai Del resto, v. $ 14 λίηθα cape municle-t Masu(s) circa " mortuaria ue (nel sepolcro) del (dio) Masu”, cioè ‘a lui sacro’; $ 9. 17 naper s'rancel Git ciroa * nicchie s'rancel due? (cf. À 24 naper ci enl), dove ‘mi compiaccio che il Torp II 102 sg. consenta meco quanto alla lezione s'rancel (Pauli arance . εἴ per errore di trascrizione, Danielsson s'rane εἷ con punto graffiato, ben diverso da’ veri punti, e qui, πὸ altrove, tenuto mai per tale da Conestabile e Fabretti), quanto a trattarsi di una sola voce (cf. $ 12 leuzl luzl- nuzl- Larezul Fuflunsul Fuflunsl ecc.), e non già di due, cioè s'rane e (a), numerale quest’ultimo che spetterebbe a παρὸν; male però egli s'acqueta a che esso numerale qui solamente manchi, contro l’uso di tutti gli altrî testi con naper, e però male, a mio giudizio, congiunge egli θὲϊ al seguente Yals'ti freundlich bei der Halbierung (?) 2); 8 19 falsti nella fal(a)za ᾽, forse un ricettacolo sepol- crale (cf. Magl. Α 1.man murinas'ie falza-0i) di legno (cf. lat. fala), laddove il municle- forse fu munito di pietre.

A 16-18, 75 sezione del Cippo e IV* del Catalogo (8 18), a un di presso: ' [sono i doni) quattro nicchie (Aut naper) del (dio) penezs' Masu(s) [e] un'acnina clel; [li donarono] (Lardal) Afuna è (Aule) Velbina *. Cf. Afuna Veldina-m con B 14-16 Velgina Afuna asindetico; v. $ 9 hut naper e $ 14 Masu(s), come già alla sezione precedente; cf. penezs' con Ezs'na Nurgzi negsras murss' e simili, acnina elel con acnesem ipa(m) della Mummia e 3560 sugi aynaz, acnina con F. 2172 acnaine da solo su vaso volcente, clel con F. 2033 bis e * malce clel lur (Deecke mazce) e 8 14 slele-0.

A 18-19, VI e V2 sezione (8 18) rispettivamente, a un di presso: [sono * i doni *] una Zerzinia e due urne (in tem amer) [di qualità] enZ; [li donò] (Aule) Veldina (quale) zia della (dea) S'atene ®. Il Pauli trascrive /erz inia, laddove il Torp II 104 meco lerzinia; egli tace però che così si deve, secondo più volte accennai, per confronto con F." 292 mi-Arandia-Laer- sinas e coi numerosi derivati in -sina (-sna -zna) quali Hersina Telsina C'alisini Velyasinal Kansinaia (fem. di Canzna) e lat.

E. LATTES

A 21-23, IX® e VIII* sezione ($ 18), a un di presso: * dieci donne libertine della duodecima Rasennia (tesne Ras'necei tesns' teis' Ras'nes'); [loro doni? sono] yim@ s'pel guta s'cuna’. Il Pauli, seguito dal Torp II 104, legge rasne cei; ma cei è ignoto, benchè si conoscano Ce e Ceia, giova Cap. 13 ceei (Torp ce e. i), giacchè trattasi ivi di Ce εἰ isum, o meglio Is'um (cf. Nadum Tecum), ossia del noto dio Ce congiunto per via della particola eiln) con is'um, voce apparentata con 78 ᾿ dio” (cf. ais’, is ais eis, is'er aiser eiser). Per contro, ben va Ras'necei fom. di Ras'n- (of. Ras'ne-s, cioè -aîs -aias collettivo) con teisnica derivato di tesné, e sopratutto con Velicu @anicu, derivati fomminili di Velia @ania, per designare, come tutti ammettono e i testi provano, schiave libere o liberte di quel nome; cf. altresì a 1914 neviku Kamaia e su@i coriyu con F. 2279. 3 teisnica cal, non che Lasa Sitmica 6 Turmuca-s (direi fem. di Turm-s) e catica con caitim ceidim. Riconosciute nelle Ras'necei le donne libertine ? della Rasennia; resta chiarito perchè nel primo e maggior lato del Cippo i doni di tesne fra quelle si ricordino subito dopo i donì di tesne fra’ Veldinaguras' ᾿ Voltinii libertini ® ($ δ); già. del re- stante il Corssen I 895, seguito dal Deecke Etr. Fo. VII 41, vide in Ras'necei il fomminile di Rasne, a ciò indotto però soltanto da ragioni etimologiche, vale a dire dal confronto con lat. faminica, laddove oggi, cresciuti d'un buon terzo i testi, se ne danno di prette etrusche, accanto alle quali il riscontro latino apparirà anche più opportuno, se insieme si ricordino p. e. @ansi fem. @ansinei e Neru fem. Nerinei rimpetto a lat. gallus gallina e accipiter accipetrina (Skutsch). Leggono poi Pauli e Torp non s'pel, ma s'pelò, causa il precedente yim@: però in tal modo si crea la nuova e però incerta voce ta, per dar vita alla quale non bastano certo utince utus-in utus e Cap. 58 utu-y; laddove guta sta nella Mummia, e già prima conoscevasi @utum; mentre poi s'pel appare assicurato dal loc. sg. B 6 εἰροῖ-θι (cf. s'pel guta "le Quta sepolcrali con s'peldi renedi nel rene sepolcrale ᾽), Quanto al significato, mancano per ora i documenti: a me non pare tuttavolta impossibile che questi, se mai verranno, confer-

1 FASC. IX E X DEL CORPV8 INSCR. ETRVSC. 95

mino alli incirca l’interpretazione centum sepulcralia θεία s'cuna ’, ossiano θμία della qualità sepolcrale insieme e li- bertina, cui sembrami spettare quest'aggettivo (8 17); non mi sembra cioè impossibile che s'pel, come B 4 s'pelane-0t si rannodi, secondo suolsi conghietturare, con lat. sepelire, πὸ che g@uta Qutum significhi doni per confronto di θεία s'cuna con B 10-11 turune s'cune (cf. però insieme cal scuna e scunu-s), che il numerale yim0 yim@m (S 13), comunque venuto agli Etruschi, equivalga a lat. centum, essendo sif- fatto valore, se mal non vedo, il più conveniente per yim(0) ena-c 0 ena-y quale misura di certe libazioni, vale a dire cento e uno per significare cento * colmi.

A 23-24, IX* e VIII* sezione (8 18) rispettivamente, a un dipresso: ‘donatore (Largal) Afuna; [suoi doni sono] una mena e naper ci cnl e un reu della (dea) Tus'a' oppure circa (donatore) Afuru; (suoi doni °) una mena e naper ci cnl ecco (sacri) della (dea) T'us'«’. In fine leg- gono Pauli e Torp hare utus'e, voci nuove entrambe e però incerte: conosciamo invece ha da Not. d. Sc. 1885. 65 ascies: ha sacnis'a, e possiamo vedervi una particola della famiglia di he-n he-ce (hecce) he-va hik; e conosciamo dalla Mummia VIII 7 reu-y εἶπα e il rew nella zia” (cf. plur. VIII 8 reur zineti " i reu nella zina, con eter-ti-c cagra allato a eter-ti-c ca@re ecc. come sopra $ 19 clen ceya con clen ceye e simili). Da esso reu-y forse non differisce Magl. B 1 riva-y: confrontato ora nes'! man rica-y con A 1 nes”) man murinas'ie, pare potersi dedurre che riva, e però forse reu, designò cosa funeratizia analoga δ᾽ s'uci murin ($ 16); cf. però anche lemn. haralio e l’harc della nota ghianda missile. Quanto al finale tus'e, paragonati i finali A 13 - 12 Qunyu/0e e 18-19 S'atene, sospetto trattarsi di una dea 7'us'a, il cui nome sta- rebbe a quello di @us'a Qua (v. a 52°), come a questi sta Tu-s' @uce-s', e come Qui Qu-luter a tui tu-s'urgir. Militano però pur sempre per me a favore della lezione cu-T'us'e, (circa ‘qui di Tusa” o ‘ecco di 7'us'« [sono 1 predetti ultimi doni]) la rispondenza del finale cu-7'us'e all’iniziale cu-Lat e gli altri argomenti addotti qui sopra ($ 11): fatta ra- gione di quella, il residuo har, dovrebbesi mandare per

960 ΒΒ’ LATTES

ora co’ testè ricordati hare e haralio. Quanto a mena, cf. C.I. E 801 è-mena-me-cana ecc., dove mena concorre con cana, come qui con canl; cf. inoltre mene della Mummia e menaye clen Ceya sinonimo, pare, di tree clen Ceya ($ 19).

$ 21. B 1-7, X* sezione e IX* del Catalogo del Cippo ($ 18), a un dipresso: * (donatore Aule) Vel@ina; [sono suoi doni, o dea] S'atena, [gli] 2ucî e-nesci [e un’lipa nella s'pe- lane@i, [o dio] Fulumyva, nel s'peli renedi *. Sta però forse Velbina S'atena a A 19 Velgina--S'atene, come clen Ceya a clen Ceye, eter-ti capra a eter-ti cadre ecc. ($ 19); mi conferma poi nel pensiero ($ 20) che sia S'atena nome di deità pensiero suggerito dal confronto di zia S'atene con clen Ounyulge ed eu Tus', tutti tre finali la parola fulumyva di questa medesima sezione, nome indubbio, io penso, di deità, perchè tali sono in maggioranza le voci in -yva -cva (Saggi e App. 109-111), che male il Torp reputa ag- gettivali (8. 6), perchè fulum- cui risale (cf. pulum) ri- corda Nagum Tecum, dei certi, e /s'um Segum @uium dei probabili; sarebbero quindi i doni dati in questa sezione ad onore di due dei, come nella prima ($ 16) alcuni ad onore di un gruppo di deità, altri di un'altra. V. $ 16 per zucî e-nesci circa " succi denicales *, ossia forse la mur- rata potio”; v. a 1136. 1873 per ipa, circa ἔβη; cf. s'pelane-Gi forse "nel sepolereto ᾿ (anche Torp II 106 « Grab » 0 « Be- gribnis ») con mu(r)tana mulr)tna, derivati della stessa base ch'è in murzua murs'l, e col connesso s'pel-0î rene-0î, dove s'pel- apparisce aggettivo, come qui sopra ($ 20) in s'pel Guta, e ben va, se dice, come ivi proposi, all'incirca * sepolcrale ?, con rene-0i, che segue immediato e concorde, se questo rannodasi al sepolcrale renine (v. a 267. 491. 2689); cf. altresì l’incerto 1349 spl-Uni. Probabilmente per mera svista, o errore di stampa il Pauli trascrisse B 1-2 velGinas' atena.

B.7-13 ΧΤ e X* sezione ($ 18), a un dipresso: ed " an- cora (es'ta-c) [‘ donatore Aule] Vel@ina; [suoi doni sono] aci- lune turune s'cune [e] zuci e-nesci [da lui donati come] devoto. (sea) dell’aGumics' Afunas'*. V. 8 13 (es'ta-c esta-k) e $ 9-17 e 3754 (acilune turune s'cune circa ' doni servili e sepol-

27,9. ‘904

98 Ἐν LATTES

A 9-11 il dono di Aulesi Velginas' fa gii bil s'cuna cenu epl-c felice (circa * bis duplex scuna cena epulaque felix *) per Largals' Afunes'; e mi chiedo quindi, se per ayventura non si rannodi all’Afun ricordato, pare, nella Mummia in- sieme con VelGines' Velginal ($ 10). Che agumics' Afunas' e Largals' Afunes' debbansi reputare una sola persona, sem- brami dimostrato dallo s'cuna adoperato con Velina per questa, parallelamente allo s'cuna adoperato per quello in- sieme con Aules'i Velginas, senza dire dell'analogia che, giusta la proposta interpretazione, intercederebbe fra zucî e-nesci e cenu epl-c: ma se Largals' Afunes' o Afunas' ad- dimandò un defunto, tale verisimilmente vuolsi tenere anche Aules'i Velbinas'; e si ripeterà quindi il caso accennato a 52* (8. 4), e confermato, io sospetto, da altri epitaffi etruschi, delle justa celebrate dai vivi in persona dei morti, che con quelle si volevano onorare; e insomma qui, come 52*, non si avrebbero i nomi degli attori veri, ma quelli dei loro divi ed eroi famigliari (cf. $ 22).

Del restante, premesso il solito modesto ignorabimus, cerco anch'io di constatare i fatti quali mi appaiono, senza preoccupazione delle possibili conseguenze e della loro con-_ cordia, o discordia, coi pregiudizi miei ad altrui: e come non mi ripugna affatto ammettere ne’ nostri documenti, quasi tutti tardi e d’umile e persino straniera origine, buon numero di parole e d'idee italiche, così non mi sorprende incontrarvi parole ed idee di provenienza affatto diversa, forse egizia, o per lo meno orientale; tanto meno mi sor- prende, quanto più anche nel mondo greco e romano, seb- bene di origine sicuramente indoeuropea, correnti esotiche, egizie cioè sopratutto ed orientali, si presentano Venta mente da’ tempi più antichi ai più recenti,

B 14-16, XII* e ΧΙ" sezione ($ 18), a un dipresso; [una] perngna [e un']ama [sono î * doni * ; li donarono] Vel- gina (e) Afuna*; v. a 1186. 1847 e qui sopra $ 8. 9. 10,

$ 22. ΑἹ catalogo dei doni (A 4-24 e B 1-16), segue B 17 la formola di chiusa Quruni ein, ossia per me a un dipresso donaria en *: of. 52°...,.. ein, Caial ein, apan-in, utus-in, tutti finali certi dell'intero testo, e cerurum : ein

è 100 πὶ LATTE Pompeiana, insieme con Tertaill. de anima 39 Fata scribunda (malgrado Wissowa Rel. der Rom. 214); ricordata la di lingue C.I. E. 1416 con lat. Scribonius per l’etr. Ziyu(n), e la conseguente conghiettura del Deecke Etr. Fo. VI 108 VII 48-59 sg. potersì ziyuye interpretare scrisse *; ; infine, to ca Coza al ca Oesan del noto RENI 6 rico. nosciuti (8 19) in Ceya, Mlayuta, Viltur delle deità, secon- dochò per l’ultimo guarentiace 1’ sp) osto i dio * con- forme d'altronde al confronto di is ziyun con αὖ zizun), di Viltur is ziyun con Velgur zinace, Mlayta Ana zinace © [Nu]roz(i) zin(a)ce, di cui tantosto, oltrechè col Velgre della Mummia mi sembra pur sempre fondata e probabile la pro- posta interpretazione approssimativa ‘et ecce (deus) Cega seripsit ’. Ma il Torp contesta ora il suo precipuo fonda? mento, cioò che siyuye valga scripsit ® per questi motivi: tale significato non conviene per suo avviso a G. 799 amen migra ἀϑήρονς perchè acasce dice si appropriò, posse- dette *, o simile, e quelle parole sembrano essere l'intro- duzione di un discorso, dove manifestamente si parla di funzioni sacerdotali sostenute dal defunto; 2.° non può; se- condo il Torp, separarsi ziyuye da ziyne usato nella Mummia per occasione di riti sacrificali, dove « uno scrisse appare alcun che d’impossibile »; 3.° anche nel m/ayuta ziyuye di Narce sembra " scrisse * fuori di posto, specie se col Deecke si reputi zinace apparentato con ziyuye, opinione pel Torp improbabile, perchè, seguendo subito dopo m/ayta ana zinace, devono, a suo giudizio i due yerbi avere espresso concetto di- verso.—Tutto questo però, primieramente, non distrugge uno solo degli argomenti addotti a fayore, i quali costituiscono per lo meno tante difficoltà per lo ziyuye ‘offri? da lui proposto, quante le sue obbiezioni contro zizuze scrisse ᾽ν In secondo luogo, non anen ziy--acasce, ma ancn ziy(u) ne@sras " ecco lo scrittore della tomba * (cf. nasra, nakva con nets'vis ne(c)viku, nacna con nesna ecc.) sta in G. 799. 8, dove quindi ziy(u) verbo concorda egregiamente coi testi di ziyuye; acasce vale, 's'appropriò ᾽, è pure, come più volte protestai, verbo, perchè accanto ad acasce ereal-+ e ak(a)ske Kuls' nuteras', abbiamo akase Arices, da tutti di-

102 E. LATTES

gnavit *, così a Viltur is ziyun ' Veltur deus scriptor (fuit) in fine alla grande Capuana cf. Viltu i con Magl. B2 S'uris eîs e F: 2621 S'uris ei(s) risponde Vel@ur zinace (cf. F.' 1 Veltur da solo) Velthur signavit * in fine all'epi- grafe di Formello; col quale ben va G. 740 [Nu]rozi zin(a)ce,. qualora, confrontato F. 2339 Nur@zi cangce, meco s'inter- preti ' Nortia (dea) signavit (Sagg. e App. 223 sg.).

Se le cose esposte si reputino in sostanza vere, con- terrebbe la grande epigrafe del Cippo un catalogo di doni funebri, quale all'incirca intese il Corssen : salvochè, mentre a quell’insigne pioniere tale pensiero fu suggerito sopra- tutto da illusioni etimologiche (p. e. tez-an dedit hic ?), e l'applicazione riuscì miserabilmente guasta, dal fatale disconoscimento dei numerali etruschi ci. hut ecc., dallo sforzo di trovare negli etruschi epitaffi il ricordo di grandi personaggi, e di cose grandi, e ricchezza di lessico, e varietà di grammatica, infine dalla violazione continua delle norme più certe dell'onomastica etrusca, l’analisi qui ten- tata poggia sul rispetto di questa, muove da minute os- servazioni paleografiche, e, cresciuti omai di un buon terzo i documenti, ricusa pur la possibilità di riscontri etimo- gici non suffragati e determinati previamente dall'indagine ermeneutica, dentro l'ambito dei testi etruschi in e per considerati.

III. Correzioni e postille a 4539 sg. La stele 4541.

4539. Manca nella trascrizione il doppio punto ‘dopo canl. Contro la lezione del Pauli 1. 6-7 etva : capuvane, sta la struttura dell’epitafiio, composto manifestamente di tre parti, tutte comincianti per ca, secondo si mostrò a 4116, il cui etve Gaure trova riscontro qui in etva ca [6]urane (Bugge Beitr. I 136, cf. Pauli Etr. St. III 97) o purane; quanto alla divisione di ca-[6]urane o ca-purane in due li- nee, cf. 4-5 aperu-cen, con 4116 cehen e forse 195. 8 apeiru.

4540. Il disegno parmi dare eka (Pa. eca), che mal- grado la compagnia di Cai Cais' ben conviene ad epigrafe col © puntato e col R semicircolare: cf. d'altronde 4541

108 Con rams cogli arcaici testi di Narce e colla grande epigrafe capuana. Quanto alla figura degli elementi, oltre a parecchie minori singolarità, come il coricato di fnu; il primo A angolato di asar insieme al secondo A circolare, e 4 angolato di anr sovrapposto al N, vuolsi notare la concorrenza del L nor- male di tularu coi tre di spe/9 Lao klae, a mo' di. P etrusco, cioè di quella figura, accorciata da un lato, ch'è propria del- l'alfabeto d'Este e di più greci; figura incontrata nelle etru- sche epigrafi O. I. E. 1197 Largia (F. 698 bis autopsia), 1608 Alfnî (F. 1014 bis” autopsia), Not. ἃ. Sc. 1900, 85 zilaga[ce) (dove concorre col L normale di Velna Avenal-e e lep); ef. altresì C. I. E. 911 Vel Aulni Lartial, letto F.' 246 Cel Aupni Parstial, perchè i tre L mostrano, oltre alla solita asticina inferiore, anche una superiore, da apparire KR triangolare, privo dell’angoletto centrale per mancato in- contro delle due asticine oblique (si direbbe aver Varte- fice scritto dapprima il Z venetico a mo’ P, e averlo poi voluto convertire in L normale coll’aggiunta dell'asti- cina inferiore, senza cancellazione della superiore); inoltre cf. O. I. E. 504 e F. 2185 par,.se sta per Lar, cosa oggi dubbia dopo 1136, Cap. 28 e Torp. II 130 par; infine of. O.I. E. 3542 Lumpuni, emendato Pumpuni (v. ad 1.), lad- dove niente serve F. 1676. 77 Lupuni, emendato da Fa- bretti ad 1. e Deecke Etr. Fo. ΠῚ 47. 48 in Pupuni, perchè Danielsson C.I. E. 4432 trovò starvi Puruni; così spiegasi poi forse anche F. 2ter = Pauli Insch. Nordetr. Alph. 14 Ρ- 8. 71 lala (con Tekialui) pel solito pala, salvochè qui vuolsi tener conto eziandio deì numerosi esempi di ele- menti capovolti per simmetria od asimmetria con altri dello. stesso titolo (Rendie. Ist. Lomb. 1901. 1137, F. 2588 Larisa col R capovolto, come F. XLI 2340ter Larenas e F. 12 = Pa. Nordetr. 37 rupinu; S' in F. 2589bis Mis'natis, circa lat. Misenatis ®; M*in G. 861 Kkutramis', of. kuremies; il primo Θ in Pauli Arch. Trent. 1888. 149 Qu@niga Nuadi, cf. F. 91 Tutrita; A ib. 140 ale, come C. I. E. *3248 sagnia e F. 2481 Prumabe). Pel K di klae concorrente col di envna, cf. 2281 cek, F. 2185 ki amge, come Not. di Sc. 1880. 445 Larecenas ki, ib. 1895. 242 cca kaudas' turke, oltre

106 E. LATTRS

certo-è solo, che questo ricorda assai davvicino il genti- lizio Cneuna di Volterra. Quanto al senso dell’epigrafe, io non so intravedere, se non che anzitutto Asar Fnu, o Asar e Fnu, uno o due iddii, si dicono (aver dato) il tezan tularu(s) fer pengna, e insomma un di presso il sepolero *, fab- bricato dall’anonimo defunto in vita, oppure lui morto, da chi dovevagli la justa; e che poi altri dei, cioò Anr e La diconsi fare ciascuno quel che il verbo awe esprime, nell’atr #'pelò (cioè nel sepolcrale atr *, cf. M. XII 11 agre acil e, se mai, lat. ater atrium); da ultimo, forse si attribuisce al dio Lae (cf. laisela laivisca e lat. dei laevi ossiano a inferi) quel che significano le parole ystv envna o Cnvna.

IV.— Correzioni e postille da 4524 a 4910.

4542. Leggo Arno Cai: col complemento regolarmente sovrapposto.

4048. Con wvilus', che il Pa. trascrisse per errore zilus', e vorrebbe emendare Velus', cf. M. VIT 5 vile e Cap. 30 mae . vil; anche gil il Pa, emenderebbe gi ...... ia in Hil[arun}ia[]] sta, come già più volte si ricordò, nella Mummia, nella grande epigrafe capuana e sul vasetto di Ve- tulonia. Dimostra pertanto eziandio questo cimelio, come gli epitaffi etruschi possano contenere ben’ altro che soli nomi propri di persona, ed anzi poterne mancare affatto, seb- bene brevissimi.

4554. Il confronto con 4509 consiglia l'integrazione @e[In]as' (Pa. propone di emendare He[rin]as'); quanto a. etedi apparente per eteri, cf. F. 2754* tav. 48 Zimugce appar. Limurce, come tutti i periti ammettono.

4555. Cioè lau(tnì) Carc(nal).

4557. Parmi Egesiu difeso da 3560 Epesial (cf. 11 Ana- #'s'es' 6 Craupa Craupania, Tiganati Tipanu, gelna puln); e conviene a liberto o liberta (cf. 1114. 1914 -u fem.), come Creice " Greco ᾽, Lecusta Ligure *, Tretnei * Tarantina (Pauli Etr. St. IV 31); la formola onomastica è quella, assai frequente, della bilingue 1060 Senti. Vilinal.

108 x. LATTES . 4684. Checchè sia -ayts, l’et- premesso richiama l'in- certo 4105 et-an-lautn. : ᾿

4585. La tradizione epigrafica (Easiciu con E residuo di H quadrato, Hasticiu con H circolare) parmi consigli Hasticiu: cf. 2118 Velicu solo, come etr. lat. 3753 T'A[a]nicio, 2392 Velicu Larisial lauinga, 592 @anicu: 49 : Caes'; lautniga, 4790 sg. Qanicu lutnida Vetis' e 2668 Qanicw Raufes' Remznas', omesso lautriga come qui accanto a Luesnas'. Quanto all’a(n) finale subito dopo questo, v. a 4910.

4586. Nel commento, trascrizione nuis' per Nuis.

4591. Pel finale gue, cf. 4736 ge-thue, 4607 Que-s 6 4116 Buve-s' Que-s' θέᾳ con 4082 @anr finale anch'esso; per is'eter, of. 4592 is'c e prenest. Istor con 4402 acasce aks'ke akase ecc.; per tutta l’epigrafe, cf. 2338 Arntiu @upites (lautni) con 3865 Arnziu Slaiges' latni, sebbene mi faccia difficoltà Zau(tni) iniziale contro l'usato.

4592. Forse Larsa-Qui-leuel-hegis-is'c, per confronto con Not. ἃ. Sc. 1882. 254 hufni-[]eust-9ui e F. 2564 Lars'i- Ramas; cf. altresì tezis o tez-is, is is' con helsc 0 hel. se per hel-s hel-s', e M. IV 18 luzl-yne-c accanto a VIII 13 nuel-yne e zatl-yne.

4593. L’epigrafe ἴσα Av. ic-ps'-sre nac di una e cista plumbea cineraria », che il Pa. reputa errata lezione per L Cafate V Macre Nac(erial) « nisi forte et cista et titulus spuria sunt », concorda siffattamente con Etr. Sp. V 60 e con altri testi venuti in luce più tardi, da risultarmi del tutto sincerata. Invero, come qui ἴσα ἂν ic--sre nac, così ivi eca sren tva iy-nac; come qui ie--nac, così M. XII 2 ix +nac e Cap. 6 iy-nac; cf. inoltre Rv con heva hui (piuttosto che coll’hevn di Magliano e coll’hRevtai della Mummia), ἂν ic con hui iui, l-ca (forse gca) con l-ce, ps' con 2847 ps e con ps'l pes'li. Cade così insieme l’interpretazione proposta dal Torp Etr. Beitr. I 22-25 dell’epigrafe specolare predetta, dove eca:sren:tva: ig: nac: significherebbe diese Abbildung zeigt wie ᾽, perchè segue Herele : Unial : clan: gra: sce, ossia; conforme a lui suggerisce la rappresentazione figurata dello specchio, " Heracles, der Sohn der Iuno, siugte sie ᾿ oppure * Mutter’ o ᾿ Mutterbrust siiugte ’: in effetto; mancano nell’epitaffio perugino le parole Hercle: Unial: clan: gra:

110 Xi LATTRS

4594. Non potrebbe etr. fin essere lat. etr. fia (con -w fem.), o fiu(s) per lat. etr. fius e lat. filius? Interpreterei quindi ' Letia Vettii filia Annia (nata), o Let(ei)us® con filius® e natus’.

. 4595. Mando Liepias'ga con λεπαστή: cf. 4454 Viesial, 4424 Pianiade ecc.

4596. Disegno nicu . su e trascrizione nicu . su . in luogo del nicu:su dato dallo Scutillo.

4599. Forse s'ta-ven-fv: cf. 52* ($ 3.5) fuimo gui, Vuisi- nici s'ta con Velcial s'tas' e Cicu stas, 4533 wen.

4600. Sta VelQuas' (Pa. emenderebbe Ve/Qurnas') a lat. etr. Veldumnianus, come 2774 Seiante Hlzual a 2775 Sente Helzumnatial.

4603. Sia, o no, falsa codesta epigrafe, leggerei Tana Egl Nuici i-mi-l-ei piuttostochè Imilei Aemilia *: v. per Tana a 874; per Egl v. a 4538 (8. 17) epl epl-c e 4551 Egesiu Epesial eco.; per in) e l-ei v. a 50. 524 (8. 3. 7) e 300.

4604. L'emendazione di Time in Tinie, fatta dal Ver- miglioli, trova conferma, oltrechè in 63 7'inal (Pa. T'itial) in 3632 Tinis', in Mitth. Rom. 1887. 267 Numesia-T'inies (cf. Planta Gr. II 528 177! e-me-la- T'inae, se non è -l-Atinae); per contro Z'itne del Pauli non conviene sotto il riguardo ‘paleografico, e torna nuovo. Quanto a tiiep (Verm, Tite e Pa. Tites'), vi scorgo Tites.

4605. Cf. l’inesplicato tile o Tile con 991 Tila Tili.

4607. Leggo Oa(na).Ques-hia: cf. @ues' Que Qua, hia, Arntni Qupites, Tins lut, Selvas'l agnu, Quker akil Tus' Quves'.

4608. Secondo il Pa. codesto ftlaeinukaelesicri potrebbe essere Palsti) Cavi Nui Cavles, pel quale Cavle rinvia egli al « titulum sequentem », dove nulla. Ora, sopra una ghianda missile Nt. 1885. 97 si lesse mi-ka-te-Kril, ossia kril (cf. G. 40% krl) preceduto da λα, come appunto qui cril o Kril (appar. icril) preceduto parimente dall’allitterante ka; inol- tre già conosciamo lae-8' lae-ti laici laie, nu e e-la) allitte- rante collo es o esi che segue; nuovo riesce soltanto l’ini- ziale ft, forse F(as)t(i), o col Pa, Fg(sti), salvochè vada con 626 f-e, o con Cap. 25 f.tir (cf. 15 e.l.f.a.ribnai)., Con kril o cril, οἵ. Aril Usil T'insevil Ganyvil cvil yvil avil ril,

A

τ΄, CB. LATTES di Piacenza, sta la compagnia di ἐπ, se è Yn e va con Tnes' e ©ne dello stesso bronzo (v. a 524)

4736. Leggo @e-Thue con alfabeto misto, nomi io penso di due deità tutrici del sepolcro: cf. 52°. 388. 4116. 4591 Qua Que Que-s' Quve-s', Oe-Tlomr fra gli dei del bronzo di Piacenza, e sopratutto le coppie Tus' Quves' e Qus'a Qua.

4739. Quest'’epigrafe ἐσὲ /[T]ite. Nurziu di un tegolo del Museo di Firenze, mi sembra falsificazione, od itera- zione, di 2911 Au: Tite : Nurziu, letta dal Danielsson su te- golo chiusino: un'A colle due aste, come più volte accade, staccate, e colla lineetta traversale fissata sull'asta sinistra, può facilmente leggersi 1 Z, e quindi Au(le) diventare izu; col quale, d’altronde ignoto vocabolo, sembrami cominciar parimente l'iscrizione 4826, che si reputa falsa.

4742. Male il Pa. già nel disegno pose Veles' invece del Feles', veduto dal Nogara e dal Degering;: gli è îl caso inverso p. e. di 2421 Velznal apparente in luogo di Fe/znal, per confusione fra due figure identiche dell'alfabeto etrusco e del latino, e per influsso di questo (v. a 1124),

4744, Con Vezanas' cf. 2084 Veza e 2085 sg. Veisa, M. X 22 veisna e III 15 veisin, lat. etr. 4844 Vesianus e 2089 Veisin- nius, e forse altresì 1419 Vetana e 1678 Vetanal.

4746. Codesto Amuni, ed insiome Amni (che il Pa. cita come forma recenziore da 4839, ma già si legge 584 sg.), e Amnal 2554, Amnei 1677. 4802, Amanas F." 297, potrebbe rincalzare la comune opinione che Amnu sul vaso di Tra- gliatella sia nome d’artefice, tanto più che l’uscita -u(n) ben s'accorda colla condizione libertina di Amnei lautniga: cf. però insieme Amnu arce con Manim arce, Ouf(ulbas') arce, suò O(ufulgas') arce, [te]Ìne tei esuinune hut uelunio muer [e]en lumia ni aunet nay Ceya mi arce, e[iv]u s[e]jral εἶδα a)ree, l’inedita epigrafe letta dal Nogara nel 1895 su tegolo di Chiusi (Doliano) Oa(na)- Titi-sutil-nu-piia-Aulias'-i-arce, in- sieme colle parole finali della faccia anteriore nel piombo di Magliano am(e) arc(e), che a me richiamano pur sempre le coppia ipa ama, ame ipa e pengna ama (v. a 1873).

4755. A difesa di Pazini (Nogara), che il Pa. emen- derebbe Raf/lri, senz’altro motivo se non l’occorrere di

bi

ΚΒ’ LATTES

4774, Il Pa. ordina le cinque linèe di quest’ epitaffio lat. etrusco in modo arbitrario, collocando la prima linea apparente dopo la terza, e la quarta dopo la quinta: tutto ‘per contro procede regolarmente, colle solite norme de’ com- plementi sovrapposti, e della lettura di sotto in su, al modo osservato dal Pa. stesso per le quattro linee del num. 2403 (c£. a 8481): cioò dire C. Vetti | Plinthai | Philematiu | Sa- tellia | uzor, con che si mantengono per giunta una accanto all’altra le due parti allitteranti in P del nome del marito (Plinthai) e della moglie (Philematiu); cf. d'altronde 4785 Cavia Oi) Κα) L. Crani-A(uli) uxor, e le numerose epi- grafi etrusche di cui puia è la voce finale, Un' iscrizione latina di sette linee sovrapposte, sicchè vuolsi leggere prima quella che par settima, offre Ὁ. I. L. V 5215 Olate-Lecco); esempi greci d’intere linee sovrapposte, non sempre rico- nosciute per tali, il Wackernagel Rh. Mus. XLVII (1893) 301.

4780. Cf. 987 L. Papirius Cn.l. Pamphil(us).

4783. Forse Rupe[nn]a.

4787. Ambo gli esemplari del titolo, manifestamente male trascritti, e forse scritti, emenda felicemente il Pauli, dal quale però dissento in questo, che per lui « alter titulus recentiore manu videtur scriptus »: ma, lasciato da parte Venunia o Uenunia, in ambi i titoli male trascritto, o scritto (winuci.. nel primo e pel Pa. sincero, vuni α nel secondo e per lui recenziore), e da lui con molta probabilità in en- trambi restituito, i due differiscono solo in quanto il primo Vipinei per Vipini del secondo, ch’ è discrepanza grafica, o fonetica, fra le più ordinarie delle iterazioni. Ora, come qui, occorre due volte ripetuto lo stesso titolo, salvo pie- cole diversità, sopra un unico tegolo più volte: così 2246 Aule-Zuyu | Au. Zuyu; così 2655 La. Pusta, sotto il contrap- posto Lurg-Pusta; così 2729 Segria:| Fraucnis', e di nuovo « litteris minoribus » Segria: Frauc(nis'), scritto sopra Fraue- nis'; così pure sopra un unico tegolo etr. lat. 1388 L. Perna, Vel|f(ilius) | L. Perna, Vel. f(ilius); similmente sopra la stessa olla 1067 Musti: Petrus': sull'orlo interno. a color nero, e MHusti: Petrus' sull'orlo esterno a color rosso; così

118 ©. LATTES

eziandio Pumpusa pel Pupus del tegolo, e d'altro canto ben va Fini, per Veiani, con Elgurnal Eturis' Ipianus ecc., per Velonrnal ecc. (v. a 542).

4820, Disegno N.., trascrizione ...n..: se preferi- scasi questa, che par più probabile, si leggerà [@u]n[a} Cupslna, che bene andrà con @ana Atina, (ana) Scansna eco. (v. a 1632).

4831. All’iterazione chiastica Lar9 Pupli Pupli Targn- tias', fa riscontro, quasi preciso, 2963 Carpe lau(tni)-lautni Tlesnas' (v. ad 1.)

4825. Leggerei quest'indecifrata e sospetta epigrafe Au(le)--Aneis'a : Ar-Tuker-ni-zivas-yuvei: v. a 4739 per l’ap- parente izu iniziale, e of. Cap. 9 di-cuvei . s.

4835. Non comprendo il Cag della trascrizione: il di- segno chiaramente Cai.

4838, Già data al num. 495 dal Gamurrini, laddove qui per autopsia del Degering.

4842. Somiglia assai codesta Velia Scetania X (Dege- ring) a 498 Velia Scenatia (Gamurrini): cf, 589. 2383. 3075. 8189. 4077. 4408 Zus'niy Marinace haun eco. per Zuynis” Maricane hanu eco.

4844. Il disegno mi fa leggere non La. Nune (Pa.), ma I-Arnune: cf. 4686 Arnuna ecc. Dello ‘stesso genere è la bilingue 988, salvochè in questa il titolo latino spetta ad una Galia di nome non guari diverso dal suo compagno etrusco Caule, laddove qui ambo i titoli spettano ad un uomo e i nomi suonano affatto diversi, il latino spettando ad un Vesinnius (cf. anche 4744 Vezanas', oltre a Veisini eco.); inoltre qui il titolo etrusco è d’alfabeto corrispondente, per contro anch'esso è d’alfabeto latino.

4858. Notevole Vetui La(r)ces' accanto a 4857 Luce Vetual per lo scadimento del r davanti a gutturale, come in Mur)cani e U(r)yumsna allato a Marcani e a ἴα]. Uryomsna e lat. Urgulanius,

4865 sg. La lezione Larce A[fun]al risulta assicurata da 1811 Velye Afunas' Larcesa: reputo per contro arbitraria l’emendazione di 4866, dove i tre nomi allitterano con- forme all'interpunzione (Fasti : Funei: Fulnalisa), e però

120 E. LATTES, I FASO. IX E X DEL CORPVS INSOR. ETRVSC.

soltanto fra le due voci mediane; inoltre il @ col punto, qui senza.

4910. Sorprende che il Pa. nulla dica (cf. per contro a 808) dell’A coricato, che secondo il disegno del Maffei starebbe in fine alla prima linea, separato mediante inter- vallo dall'ultima parola di questa: ora, se riferiscasi come complemento sovrapposto all'ultima della seconda linea, ossia alla voce finale dell’epitaffio, trova 40. Vetie Vipinal a riscontro in 697 Arnza : Petrui: Tetinal : a, 3535 Ar. Cire. Ar. S'alvi.a, 2088 Hasti: Veiza Lr: Te(tinas) : puia) : lau(t- niga): a dove il Pa. suppone A(ules') e 4585 Hasticiu . Luesnas'.a, dove difficilmente si penserà ad esso A(ules’), perchè la posposizione del prenome a Perugia riuscirebbe tanto straordinaria, quanto comune nell’Etruria meridio- nale. Io sospetto trattarsi della particola a(n) finale di F.!' 44 Es .alpan.a, C. I. E. 2341 Cvei.a, F. 2622 eis). Uni.a (cf. F. 2621 S'uris.ei= Magl. S'uris cis 6 F. 67 Angi-un), la stessa formola essendosi potuta adoperare per gli dei e pei defunti eroizzati.

E. LATTES.

134 δ. MARCHESI

1. 2 Decium om. | depoposcere; 8 latino; 11 restauratione; 13 urbi; 14 religioni sumi implicaret; 20 amicorum /etica (sic); p. 37, 1. 4 letiorem; 10 witare posse ut eo fato periret; 22 et om.; 25 si quem; p. 38, 1. 1 somno reddidit; tempus; 8 aduentu admonitum; 11 in spectaculo s. consessoribus; 14 idem | se trucidari; 16 misero om.; 22 etiam om.; p. 39, 1.2 westigio | deflexis om. | secutis; 6 eam om.; 9 id om.; 11 tacitis om.; 20 Antipatris; 23 [suspitione]; 25 indulgentiores; p. 40, 1. 5 incognitis; 8 agilitate corporis; 11 euitandum; 16 moueri iussit; 20 vastarent; 22 non ferri sed dentis seui- tiam metu ponebatur; 25 violentie; p. 41, 1. 4 erpiauitj 6 necessitas; 10 urina; 15 natam; 21 hymera; p. 42, 1. 5 %W- beratum; 6 [hbymera eum] menia; 9 curam; 12 eum om.; p. 43, 1. 26 aceruo i/lud primum occurrit; p. 44, 1. 1 re- gulum paulus postumius; 2 Manilius; 3 occurrerent; 7 P. Va- cinius Valerius; 8 nocte; 13 temptator | coniectus estj 14 litteras illo die persan captum et custodia liberatus; 16 Ca- storem quoque; 18 apud lacum winturne; 19 abluentem; 27 posse om.; 30 iam inerat amplissima; p. 45, 1. 11 fuerunt; 16 Romanam om.; 17 Quintiî Ogulini; 20 ac exoptatae; 21 anguis aptius excepto; 22 postquam om.; 25 super eminentem; 29 uellet; p. 46, 1. 8 praecipue erat; 21 widistis riteque; 24 tarquinos; p. 47, 1. 6 etrusci; 11 incitantissimo; 18 Fabricius Latinius; 14 in ancipiti; 25 [perstratos]; p. 48, 1.3 id om.; 12 penates; 20 uersatur; 22 nostrum sit; 23 ac uana; p. 49; 1. 8 agas | non occideras parum est tu quidem; 11 quid scimus; 14 sed casu; 16 uaticinationis percurrit; 24 extititj 25 capiti; p. δ0, 1. 1 ad te om.; 22 cella obtinebis; 3 mouert; 8 consumptus obtinet predictum; 9 Possunt et illa | loco poni quod; 12 permansit; 13 Q. Claudi; 14 primo Nascica ; 15 item M. Sernillio: 19 a 0m.; 20 aliquamdiu humi; p. δ], 1. 1 nam #s solus; 5 pheretis; 16 potissimum locum quo | et om.; 24 interuenissent; p. 52, 1. 1-2 ademit huic illi pro- pitia donat Esodes Samius; 4 erriperet; 7 admirabilis fuit om.; 11 enim in momento; 12 peperit om.; 17 erupit; 20 immi- nenti exitio; 21 Scopam in crenonam; p. 53, 1. 5 dalphanitemj 9 opinionis; 20 a om.; p. 54, 1, 2 ab eo quid | mandare; 7 in littore tiriorum; 11 mirta; 13 tolerabiliaque seuitia; 15

Cod. 689 membran. saec. XIV, foliorum 58, lin. 30, cm. 22 x 15, pluribus manibus confectus, quarum prima ab initio codicem usque ad f. 27. conscripsit, altera mendosa quidem ac rudis quae usque ad f. 46 Epistulas addidit num- quam duplicibus litteris utitur; tertia autem manus reliqua codicis folia, excepto f. 47 ab alia manu suppleto, exarauit. Codex mutilus est; desinit in epist. XX, v. 12; in fine litteris rubricatis legitur subscriptum: finito libro referamus gratia cristo; in folio sequenti possessoris cuiusdam legitur adnotatio: /ste ouidius est Leonardi. Codex lectionem mul- tifariam mendosam ac lacunosam praebet innumerisque li- brarii infectam erroribus, in qua permulta eaque sane grauia inueniuntur quae auctoris sententiam penitus corrumpunt uerborumque omnino perturbant ordinem. Corruptos quidem locos, in quibus nero nescio utrum de codicis lectione an de librarii ignorantia vel maxima loqui debeam, non dubitaui in codicis collationem integre accipere, cum eos transcrip- toris, ut dixi, inscitia factos nullo pacto librarii arbitrio uel correctoris tribui posse eoque magis notabiles minimeque suspectos esse animaduertissem. Librarius autem multoram uersuum oblitus est, quos ad marginem scripsit, alios uero transtulit, aliosque omnino omisit.

In afferendis uariis lectionibus eas tantummodo quae Ve- ronensi codici cum ceteris codicibus a R. Ehwaldio (Lps. 1901) cognitis uel inspectis communes sunt, litteris cursinis quae dicuntur significaui; inscriptiones quoque, rubro colore, sicuti initiales, exaratas, singularum epistularum affero.

Incipit liber Quidi epistularum. penelope Ulycy. 5 tune; 10 lassaret; 18 uiolandos; 19 tritolamus; 20 tritolomi; 36 alacer missos; 38 at ipse; 40 perditus; 71 quod; 75 meditor; 81 uideo; 86 ille; 87 iacinctos; 103 haec; 105 annis; 106 tenere ualet; 116 redeas. II phylis demophoonti 7 numeres be- neque numeramus; 10 in uita nunc et amante nocent; 11 pu- taui; 16 morsa; 18-19 om.; 20 ipse; 25 et uela et uerba; 26 et. merba; 29 in me unum scelus est; 45 puppes etiam; 47 abiresj

8. 10, "904

180 Ὁ, MARCHESI

que soror; 85 placui; 102 michi | pugnet; 104 Et minus a nobis dirupta troia fuit; 105 equis tuam; 109 abortis; 111 oblata; 121 primo atque. IX genira ereuly 1-2 om.; 9 ille uenis; 18 athlas; 25 fere non; 38 esuros cerno per ossa; 47 parum est; 51 crimenque referunt; 55 Menander.....; 66 pudet; 81 diceris; 83 erimiis pompis preconia summa triumphy; 84 narrabas; 85 elisos; 87 tegeus | in cuprisifero; 88 incubuit | ledit; 90 aque; 91 prodigium triplex | haberi; 92 qui quamuis; 97 Quodque; 103 honerauit dardanis; 104 e rapto; 105 fortia facta; 118 uidit in speculo; 126 for- tunam uultu fassa tegendo suum); 127 lete lato; 131 ex- pulsa; 141 occubuit in lerniferoque ueneno; 144 tunice labe; 147 lacerabitur ethna; 153 acrior alto; 160 thoris insi- diata. X Adriana Tesao 1-2 om.; 10 semisopita; 14 nideo; 18 Quid oculi n........; 21 clamatam litore; 22 Reto- lebant; 29 quoque crudelibus; 31 aut etiam cum me; 82 fuit; 34 et sompnia; 47-48 om.; ΤῸ predita; 71 uictus; 78 per ego pericula; 74 uiuat; 75 wiwis; 85 alit; 86 an hec seuas; 90 grandia manu; 99 fata tulisset; 112 et semel; 119 ergo om.; 127 narabis; 132 auctore; 138 de summa; 144 non tamen cur tu sis michi. XI Canaee macareo: v. 1-2 ab altera manu recentiore în paginae infimo margine suppleti sunt; 17 admota; 19 non minus; 24 quid; 31 facere poteram; 34 post v. 43 translatus; 44 tectus; 46 denique luciferos ; 51 gemitus edere; 52 om.; 53 continuo | elapsa; 54 coibere; 59 dixisti; 61 det nires fratris nostra nupta fatata es; 65 in aula; 86 suum portat; 91 tune denique | planxi; 101 imene faces decepte maritas; 106 admisi; 107 pacis; 109 potui; 110 ille suo; 111 n. e dolo matris; 115 nec mihi; 117 non semper; 125 in funere funde; 127 tu rogo [periere]; 128 per- Ffruar. XII Medea iasoni qui decipit ilum 1-2 om.; 1 ut tibi; 2 cum cuperes; 6 uite; 7 uenalibus apta; 9 numquam; 16 ora; 17 totidem sensisset et hostes; 25 om.; 27 zefiren bimare; 30 premit; 37 quis bene; 89 dixerat; 65 altera petit; 69 et fuerant; 71 nescis | exciderint; 75 iuuat; 82 tempus inesse; 86 nisi nupta; 95 implens; 99 miserabile; 100 in se constrictas inseruere manus; 101 Peruigil ecce draco squamis crepitantibus orrens; 102 toto; 105 illa que tibi;

36 simulamur; 37 hoc etenim; 44 putas; 49 redimit; 51 quid genus; 61 iora; 63 set iam | numeraque tuorum; 71 75 que tu; 66 cum modo instantes lumina 78 Quos quo me spectes oculis lasciue murmure; 87 nostro sub nomine legi; 92 cp pren pena: ΟΝ tura tueri; 126 insidiosa; 184 ponis; 187 amare recuso; 141 set rudis; 143 nune mihi; 151 si om.; 177 uoluptas; 186 ut mea | foret; 192 sperem | esse fugit; 194 iusta toris;. 196 deseruisse; 210 gentes alie; 226 ista modo; 230 non minus; e ἀρυλεε λεῖος τος 259 faciam; 260 aut dabo coniunotas ipsa Leander ad ero (sic) 2 sesta; 6 non patiantur; 8 perque causas; 30 mente ferre; 39 borea in equora; 40 nisi; 50. adest; 51 tetendit; 59 luna mihi tremidum (sie); 61 modo candida; 66 ipsa; 74 habet; 90 quo callet; 101 amplexus; 102 diis magnis; 104 madidas | comas; 110 hie; 123 ce. ᾿ dere posset; 185 quid non esset; 186 nuno peruenit; 137 in. mediis; 139 quo primum; 142 crimine nomen; 144 anersa; | 145 nanis esse requirere; 146 fundam | detur; 147 pax sit. Η nulla mais detar modo copia nandi; 149 utitur auotor; 151 dataque coronam; 156 erit în tenebris; 157 atque ultima; 165 illa dabo atque; 166 ut cedet; 169 de gaia quidem; 170 aut dicas superos hic mihi; 171 Hic est quo raro mi-. | sero; 174 non minus; 175 hic non malim; 177 quo pro- prior nunc est; 178 abest; 180 pene nocet; 188 olenium | quod pecus; 190 mittit; 191 putes id ne; 203 desine | (I | NI ᾿ Il I, |

queri sed mare desinat iram; 205 istue; 211 non; 218 ipsa, XVII Ero Leandro; 11 aut nune te dona; 15 mihi sum- motis; 18 quam credi; 24 posse reor sed te; 31 do ue- stibus; 88 ubi nox facta est; 36 notaque; 38 fallamus; 41 exisse in domo; 42 aut uigilant | aut timet; 44 cingere;

Ψ (o o

1886 0. anomesi 5

« Persius illos qui quando disciplinam evaserant: ea quas « didicerant oblinioni tradebant . modo reprehendit eos qui « honores affectabant quamuis nesci essent. et eodem modo « continuant | illi qui dicunt esse aliam sat. dicunt quod « hac sat. rep. Alcipiadem filium regis Atheniensis qui de- « funeto patre suo regimen reipublicae affectabat. hic siqui- « dem habebat duos doctores socratem et perichum (sic), So. « accusatus fuit de turpi amore discipuli . hausit siquidem «.succum cicyte et purgauit se ab abiectione illa. postea « accusatus fuit de hoc quod fecerat librum de cultura unius «dei quem sic institulauit liber de deo socratis.ipsi con- «tulerant ei imaginem Iovis lapideam et imaginem solis « ligneam et deridat (sic) inra per hos deos. qui respondit « non iurabo per hos deos sed per hanc lapidem et per « hune lignum, et cum ipsi non auderent eum in publico « punire dederunt ei bibere succum cicute et mortuus est. « Sat. V. Hanc satyram scribit Persius ad Cornutum ami- «cum suum, in qua reprehendit poetas qui quasi essent « grandia locuti centum ora sibi postulabant . et hoc facit « gratia Cornuti, uolens ostendere centum uoces non posse « sufficere ad describendam eius uirtutem uel ad deseri- « bendum amorem quem habet cum Cornuto, et ita con- « fundit uituperium poetarum et landem Cornuti et primo « reprehendit poetas dicens. Sat. V/. Hanc satyram mittit « Persius ad Bassum magistrom suum, sicuti precedentem « miserat ad Cornutum. In hac reprehendit romanos qui « nimis auaricie sue conficientes in hyeme nauigabant < quando mare tempestnosum est, ut heredibus suis multa « adquirerent, et ostendit Persius se et Bassum non esse «de talibus. Bassus si quidem recesserat in Sabinam. Per- « sius studebat in Liguria, Modo loquitur ad ipsum Bas- « sum dicens.

Iam adnotationes inter uersus positae, passim ac in- composite, praeter nerba nonnulla a librario omissa, modo uarias lectiones denotant, modo grammaticae casus ant ner- borum significationem explicant. Quae antem in margine notantur ad illustrandas denique uel declarandas poetae sententias omnino spectant. Adnotationes, sicut satirarum

188 C. MARCHESI, DE CODICIBVS QVIBVSDAM ETC.

« qui uento commoti adhuc dicunt: asini. II, 70 donata a « uirgine pupae: puppae imagines quas faciunt puellulae et « etiam filias uocant. ipsas solebant sacrificare Veneri quando « erant maritatae, quod nihil proficiebat. III, 39 siculi ge- « muerunt aera tiranni: Dionisius rex fuit qui adulatorem « qui uitam eius laudabat fecit sedere in cathedra' super « foueam plenam carbonibus uiuis et super illum ensem « tenui filo pendentem et aposuit ei cibos delicatissimos « et dixit: comede. respondit: non possum quod timeo stigia « et inferiora. et ait ad eum rex: ecce uitam quam lau- « dabas. et adulator ille non maius tormentum sustinuit « quam hoc esse. »

Concerto MAROHBESI.

Ap Hres. TH. 590 ss.

Molte parti delle opere che portano il nome di Esiodo sono irte di difficoltà per ciò che riguarda la loro composi- zione, e tra queste parti vanno certo quelle in cui è narrato il mito di Prometeo, Th. 507 ss., opp. 42 ss. '). Per mostrare quante e di qual genere sieno le difficoltà accennate, distin- guerò in modo brevissimo i momenti del racconto mitico nella Teogonia. Precede una specie di stato civile della fa- miglia d’onde nacque Prometeo con la descrizione della . pena a cui egli fu sottoposto (essendo legato ad una co- lonna un'aquila gli rode di giorno il fegato il quale si ri- genera ogni notte per rendere eterno il supplizio), e col racconto della liberazione per mezzo di Eracle la cui fama, volente Zeus, il quale anzi per tale ragione non si op- pose a che Prometeo riacquistasse la libertà (529) doveva accrescersi sulla terra. Nel carme si aggiunge (533 ss.): sebbene adirato (Zeus), cessò dall'ira che nutri prima verso Prometeo perchè questi contrastò alla volontà det poten- tissimo Cronide. Ed infatti (καὶ γάρ 535) Prometeo ingannò Zeus a Mecone (Sicione) offrendogli di scegliere tra due mucchi del bue sacrificale, uno coperto dalle viscere e con- tenente la carne, l’altro coperto dallo splendido grasso e contenente le ossa. Zeus scelse il secondo (vedremo in se-

4) Puntoni, Mem. della R. Accad. delle scienze di Torino, 1888, 448 ss.; egli però preoccupa troppo della divisione strofica che è disgraziatamente cosa troppo elastica per farne base solida di con- getture.

140 N, TERZAGHI

guito quale uso sia da farsi dei vv. 550-552), si arrabbiò del tiro giuocatogli e tolse il fuoco agli uomini; Prometeo riuscì a rubarglielo e Zeus allora fece creare Pandora. Anzitutto qui abbiamo delle difficoltà mitiche, perchè la motivazione secondo cui Prometeo verrebbe liberato da Eracle è troppo debole, non potendosi ammettere il solo desiderio di Zeus di accrescere la fama del figlio di Alc- ‘mena con quest’impresa poco faticosa e pochissimo gloriosa: mentre nel mito stesso vi è un tratto d'importanza vera- mente capitale ed è il segreto riguardante la caduta di Zeus e di Posidone, segreto che forma il pernio della tri- logia eschilea. Ma a questo male non c'è rimedio; pos- siamo supporre solamente che o il poeta non seppe nulla del segreto, 0, sapendolo, nel carme non potè entrar nulla che vi si riferisse, o il testo, e ciò è più probabile, è guasto qui come altrove. D'altra parte, tale questione, gravissima in sè, non può essere risoluta qui perchè inerente allo studio del mito di Prometeo, ma non alla composizione della Teogonia '). Invece una difficoltà molto più grave ri- sulta dal fatto che, secondo la narrazione esposta, gli uomini dovevano già avere il fuoco se Zeus potè toglierlo loro in pena dell'inganno sofferto. Ora questa circostanza contrad- dice al mito di Prometeo che dette il fuoco agli uomini i quali prima non l'avevano, e fu punito per aver privato gli dei del prezioso elemento. Però, osservando bene, si scopre che tale versione, senza dubbio originaria del mito, è accennata anche nella Teogonia vv. 565 ss. dove si parla del furto del fuoco come di un avvenimento a sè, senza alcuna relazione con un inganno qualsiasi macchinato da Prometeo e sventato poi da Zeus. In tal modo i vy. 561- 564 non collimano con i seguenti, ma sono piuttosto in contraddizione con essi. Dai vv. 570 ss. risulta che gli uo- mini dovettero subire la donna come vendetta della divi- nità, mentre Prometeo fu punito con l’incatenazione e con l’aquila. Inoltre, quando il poeta dice: Zeus cessò dall'ira concepita contro Prometeo perchè questi contrastò al pro-

1) Cf, le mie osservazioni in Studi Religiosi 1904 p. 68 ss.

AD HES. TH. b35 88. 148

simili sono staccati dal resto della narrazione e si possono trasportare senza sforzo da un posto all’altro. Nel passo da noi preso in esame la causa resulta dalla grande somi- glianza che i due poemi mostrano fra di loro in singoli versi e nel concetto generale. Versi come Th. 565 identico nelle sue parti ad opp. 48.50, come 666 8. similissimi ad opp. 51 s., mentre Th. 559 ed opp. 64 sono uguali, non po- tevano non richiamarsi e riunirsi nella mente dei lettori o dei copisti. Così, mentre il racconto dell’inganno Sicio- nico era prima nelle Opere, poi, per equiparare il valore dei due miti esposti nei due poemi, fu introdotto errata- mente anche nella Teogonia. Ma in due luoghi diversi era difficile mantenere un passo identico, ed allora esso fu soppresso nelle Opere dove la cosa poteva essere sufficien- temente accennata dal v. 48. Naturalmente nessuno 81 ac- corse che in tal modo venivano sovvertite la leggenda e la logica: infatti, mentre nella Teogonia senza l'inganno era naturale che Prometeo fosse punito pel furto del fuoco e che poi la vendetta divina venisse esercitata sugli uomini a mezzo di Pandora, nelle Opere era altrettanto naturale che Zeus, indispettito per l'inganno, togliesse il fuoco e poi, quando la sua vendetta fu frustrata, aggiungesse la pena della donna per tutti indistintamente. E neppure alcuno si accorse di quel καὶ γάρ ( Th. 536) che non attacca con la parte precedente, e che anzi ne disturba il racconto continuato. Che vi sia stato un tempo nel quale due passi eguali o simili poterono vivere parallelamente nei due poemi è provato all’ evidenza dall’ odierno stato del luogo riguar- dante Pandora, dove abbiamo Th. b71-73 = opp. 70-72 con una sola piccola variante nel primo verso e dove tutto il tono generale è quanto mai si possa pensare simile 1).

essere state le Opere nella forma originale; di più quei versi hanno una stretta relazione ideale, se non materiale, con quelli da cui son preceduti.

1) Cf. anche opp. 60-69 e 71 ss. La somiglianza tra i due passi testè citati della Teogonia e delle Opere pu‘ fare apparire più veri- simile che la lezione originaria sia da ricercarsi nei vv. 60-69 piuttosto che nei vv. 70-76.

a N. TERZAGHI, AD HEs. ΤῊ. 665 sa.

Resta che dica di TA. vv. 550-552 i quali debbono es- sere espunti. Infatti essi sono in contraddizione col rac- conto dato dal poema, dove tutto fa credere che Zeus non si accorgesse dell'inganno di Prometeo, come è provato dalla sua ira dopo aver scelto male, dalla frase diretta a Prometeo che viene accusato di frode (560), e dall'aver tolto il fuoco in pena dell'inganno sofferto. A questi argo- menti interni se ne aggiunge uno esterno importantissimo. Igino (astr. II 15 = Myth. Vat. Bode II 64), risalendo a questo passo, e narrando la medesima cosa con varianti di poco momento, afferma che Zeus non si accorse del dolo, e quindi nel suo originale non leggeva quei versi, i quali secondo tutte le probabilità sono una aggiunta posteriore di chi non volle che Zeus facesse una cattiva figura malgrado ls sua onniscienza. Chi aggiunse quei versi potò essere ingan- nato anche dal v. 547 riferito a Zeus anzichè a Prometeo.

Firenze, Febbraio 1904

Nicora Terzacni

6 11906

GLI ΕΥΟΒΕΡΤΑ DELLA ᾿᾿ΗΙΒΤΌΒΙΑ ANIMALIVM

DI ELIANO

. La presente ricerca è il necessario complemento del- l’altra già da me fatta sui mss. integri della h. a. Gli excerpta formano tuttora una radis indigestaque moles ἢ, non sapendosi come si raggruppino fra di loro, in che rapporto genealogico stiano con la tradizione integra: questioni che non parrà superfluo tentar risolvere, quando si pensi alle, deficienze di questa, per le quali glì editori di Eliano, a cominciare dal Gronov, furono indotti a chia- mare a contributo anche gli «rcerpta. Se fu bene o male, lo dirà il seguito di questo studio.

Non tutti i mss. di estratti a me noti passarono sotto i miei occhi: alcuni mi furono inaccessibili per circostanze di luogo o di tempo; altri giudicai superflno esaminare, dopo che l’ ispezione di mss. affini m’aveva fornito elementi di giudizio sufficienti. Questi e quelli saranno contrasse- gnati da un asterisco la prima volta che occorrerà di farne menzione.

I.

$ 1. Excerpta Constantini. La ᾿ SrZZo)} ins «“τερὶ ζώων ἱστορίας χερσαίων πτηνῶν Te καὶ ϑαλαιτίων, Κωνσιὰαν- tivo τῷ μεγάλῳ βασιλεῖ καὶ αὐτοχράτορε φιλοπονῖ ϑεῖσις οθἀϊία prima da V. Rose nei suoi ' Anecdota Graeca et Graeco- latina (vol. II p. 17 sgg.) e poi più completamente dal Lambros nel Supplementum Aristotelicum (vol. I ps. D) contiene ᾿ Ἀριστοφάνους τῶν ριστοι ἕλους περὶ ζῴων ἐπιιοι,, ὑποτεϑέντων ἑκάστῳ ζῴῳ καὶ τῶν Αἰλιανῷ καὶ Τιιοϑέῳ καὶ

Studi ital. di filol. class. XII. 10

ε

è

146 n. L. DE STEFANI

ἑτέροις τισὶ περὶ αὐτῶν εἰρημένων ᾿ (p. 1, 4 Lambros). Dei due libri quasi che ci rimangono di questa compilazione il I non comprende se non l’epitome di Aristofane; il II, mutilo in più luoghi nel mezzo ed in fine, e conservatoci soltanto in un cod. *Athous del sec. XIII-XIV (cf. Lambros, praef. p. v sgg.) abbraccia, oltre ad Aristofane e ad altri scrittori, anche estratti dalla h. a. di Eliano. Questi estratti provengono evidentemente da due mss.: l'uno, designato dal compilatore della silloge Costantiniana col nome di πλάτος (II 358. 399. 418. 465. 500. 544. 587. 610), conte- neva il testo Elianeo nella sua forma integra; l'altro era un'epitome, in cui, come ha bene osservato il Lambros (praef. p. xm), dovevano trovarsi mescolati estratti da altri trattati περὶ ζῴων, p. es. da quello del grammatico Timoteo di Gaza.

In ciò che della silloge Costantiniana è pervenuto a noi, il πλάτος è rappresentato dai capitoli seguenti: (Syll. Const, II 61-66 {περὶ ἀν ϑρώπου) =) Ael. IV 90. IX 15. XVI 27. 28, XV 29|(II 110-130 {περὶ ἐλέφαντος» =) IL 11. IV 24. 31. VI 21. 52. 56. VII 36. 37. 41. 48. VIII 10. 17. X 10. 17. XI 14. 15. XIII 7. 8. 22. XIV δ. XVI 18|(II 163-166 {περὶ λέοντος) =) III 1. 21. IV3.... XII 7+)|(I1 199-204 *)

1) L'estratto di questo cap. della h. a. comincia con le parole τοιαῦτα ὥραν εἰϑεσϑαι (p. 296, 15 Hercher), le quali però, così staccate da ciò che precede in Eliano, non hanno senso. È evidente che in- nanzi a quelle parole, con le quali, si noti bene, ha principio il £. 354" del cod. Athous, bisogna statuire una lacuna, cagionata dalla perdita di uno o più fogli del ms. Non fa meraviglia, in questa con- dizione di cose, che il Lambros abbia disconosciuto la provenienza del capitolo,

Il $ 205 della Syll. Const, è dal Lambros (praef. p. xvi) attri- buito ad Eliano (h, a, IV 19), A torto. Si tratta indubbiamente di un estratto da Ctesia stesso (cf. Ctes. Ind. c. 5 Miller); perchè a parte che îl $ 205, se proveniente dal πλάτος e ridotto così in compendio da chi compilò la silloge (cf. p. 147 n. 1), dovrebbe, tenuto conto dell'abitudine del compilatore di rispettare l'ordine dell'originale (cf. p. 147), trovarsi innanzi al $ 200 = h.a, VI 53; e se proveniente dall'epitome, dovrebbe cadere innanzi al $ 199, chè l’epitome precede sempre il mAdros a parte questo, c'è che le parole ἤδη μέντοι τινὰ εἶ δον λέοντα con- tengono una dichiarazione di αὐτοψία, di eni non è traccia in Eliano,

GLI FXCERPTA DELLA HIST. AN. DI KLIANO. 147

{περὶ κυνός) =) I 8. VI 53. VII 10. 29. 38. 40|(II 224-228 (περὶ Abxov) =) IV 4. 15. X 26. XII 31. XIII 1|(II 257-259 (περὶ παρδάλεως) =) V 40. VI 2. XIII 10 | (II 314 {περὶ ὑαίνης) =) VI 14|(II 337-339 {πεορὶ doxrov) =) V 49. VI 3. 99 (1 358-362 {περὶ uvos) =) V 14. VI 41. XI 19. XV 26. XVII 17 |(II 375 {περὶ uvyadîs) =) II 37 (1 383-384 (περὶ γαλῆς) =) V 60. XV 11 | (II 399-400 {περὶ ἀλώπεκος =) IV 39. VI 24 | (II 418 {περὶ λαγών =) XIII 12|(II 428-429 (περὶ ἐχίνου) =) ΠῚ 10. ΤΥ 17|(II 465 {περὶ καμήλου =) III 47(11 500-506 {περὲ ἐλάφου =) II 9. V 66. VI 13. XI 25. 40. XII 18|(II 544-555 3) (περὶ προβάτων καὶ αἰγῶν) =) IV 32. V 27. VI 42; {περὶ αἰγῶν) VII 8. 26. XIV 16. XVI 34; (περὶ προβάτων) VII 27. IX 48. XV 7. XVI 32; {περὶ ἀρνῶν» V 26 | (II 561-565 {περὶ δός) =) VITI 19. IX 28. XII 16. 38. 46 | (II 610-625 {περὶ ἵππου =) II 10. III 8. 41. IV 6. 7.8. 11. 50. VI 44. 48. XI 18. 36. XII 34. XIII 9. 27. XIV 18, e a metà di questo capitolo (ἀκατασχέτως δρμᾷ p. 351,9 Hercher) ri- mane interrotta la silloge Costantiniana.

Come si vede, l’excerptor nel fare lo spoglio della h. a. ha conservato fedelmente l’ordine del testo originale, meno

ma che combina pienamente con le abitudini di Ctesia (cfr. Ctes. ap. Ael. h. a. IV 21 p. 89,2 e XVII 29 p. 425, 10). Si aggiunga che nella silloge gli estratti da Ctesia vengono sempre dopo quelli da Eliano: una volta (Syll. II 572) con la frapposizione di brani provenienti da Timoteo, le altre due (II 67. 556) immediatamente dopo, come nel caso nostro.

1) Ho assegnato Syll. Const. II 889 —: Ael. VI 9, non ostante la forma compendiosa in cui appare, al πλάτος anzichè all’ epitome, perchè questa non è mai citata dopo quello, e d’altra parte è sicuro che il compilatore la fa qualche volta anche da epitomatore. Vedasi Syll. Const. II 549 = Ael. XIV 16, il cui testo fino alle parole καὶ ὅστις ἐστὶ βραδὺς τοὺς πόδες (p. 137, 1 Lambros = p. 349, 82 Hercher) concorda con quello integro, e di in poi è rimaneggiato col fine evidente di abbreviare; πὸ c’è ragione di supporre che il compila- tore, lasciato il πλώτος, abbia trascritto il resto dall’ epitome: ad una vera e propria contaminazione di tal genere non credo che abbia pensato neppure il Lambros (praef. p. x1 n. 1). Cfr. anche Syll. II 564 Ael. XII 88.

3) Anche del $ 555 non ha riconosciuto il Lambros la prove- nienza da Eliano (h. a. V 25).

Ρ

148 E 1, DE STEFANI

una volta (Syll. II 66 = Ael. XV 29). Inoltre di regola ne ha rispettata la dicitura, salvo qualche eccezione (cfr. p. 147 n. 1); e di quei capitoli di Eliano che trattano distintamente di più d'un animale, ha trascritto soltanto la parte con- cernente l'oggetto del rispettivo capitolo di Aristofane (cfr. p. es. Syll. II 624 = Ael. XIII 27).

Il resto degli estratti della h. a. proviene dall'epitome, e non corrisponde, quanto all'ordine, ai mss. integri. Tale divergenza, che certamente non è da imputare all’excerptor, di cui notammo già la serupolosità per questo rispetto, ri- sale all’epitome di cui egli si valse. Chi la compilò si pro- pose avidentemente di dare un assetto organico alle notizie ammucchiate alla rinfusa nell'opera di Eliano, e tentò di ri- cavarne tanti capi ordinati srspì ἐλέφαντος, περὶ λέοντος ecc. Il meglio riuscito è quello intorno all’elefante (Syll. II 88-109); eccone in breve lo svolgimento: nascita dell’ele- fante e affetto della madre per il suo nato (Ael. VIII 27. IX 8. VII 15. IX 8); rispetto dell'elefante verso i maggiori d’età (VI 61), verso gl'infermi (VII 15) e verso il padre (VI 61); sua castità e pudore (X 1. VIII 17); docilità (II 11), e metodo adoperato dagli Indiani per addomesticarlo (XII 44); caccia dell'elefante (VI 56), sua fuga (VII 6) e sua diffi- denza verso i cacciatori (IX 56); sua alimentazione (IX 56. VII 6); parentesi intorno alle parti commestibili dell’ ele- fante e ad una proprietà singolare del suo grasso (X 12); ancora sua alimentazione (XVII 7); suoi espedienti per pas- sare fiumi (VII 15) e fossi (VIII 15); sue cognizioni me- diche (II 18. VII 45. VIII 15); vari usi della proboscide, adoperata dall’animale per sradicare alberi (V 55), per ecci- tarsi alla lotta (VI 1), per protestare contro i suoi feritori (V 49), per rendere uflici funebri ai suoi simili (ib.) e per adorare il sole (VII 44); antipatia dell'elefante verso vari animali (I 38. XVI 36); particolarità anatomica del suo cuore (XIII 15? veramente i nostri mss. hanno ἐλάφῳ espunto dall’Hercher); l’elefante è uno dei tre animali che di piccolissimi diventano, crescendo, grandissimi (II 11). La stessa tendenza a raggruppare intorno a certi argomenti le notizie sparpagliate qua e nella h. a. è manifesta nel

150 Ἐ. Li DE STEFANI

25 (f.123") 27 120) 28(f. 176") 89 (ib.) GO(f. 1629) VII7(f.124") S(ib.) 19(£. 176") 38 ((. 142) 25(£. 176") 31 (( 108 ὙΠῚ 4 (ἢ. 124) Blib.) 17(f. 120) IX2 (£.180%) 10(£ 77) 195 (δ, 957 13(£125") 16(£ 759) 23 (f. 92%) 26(£ 120) 30(£.98") 44 1110 47(£.104) 54 (£. 177) X24(f 1807 26(£ 118) 28 (f 162") 32 ([, 181) 84(£ 125") 36(£92") 37(£125) XI14 (£. 1265) 15(£ 177”) 18 (8. 1900 40 ([. 9) XII3(f. 98 16 (£. 1177 17(£ 160) 98 (10) 81 ((. 1967) 87(£177) XIII 1 (f.125") XIV 1 (f. 112") 18.(( 177") 19.((. 1600 23 (£. 106") 27(£.939) XV9(f 177%) 19 ((. 1207 20 (4. 166) ΧΥ͂Ὶ 88 ((. 95) ΧΥ͂Ι 90 ((, 957 57}, 970 8ῦ ((. 98ὺ 41 ((. 915).

Indubbiamente anche la parte ora perduta del gno- mologio fiorentino conteneva estratti da Eliano, ed ha ogni ragione il Wachsmuth (1. c. p. 29. 39) di far risalire a questa fonte il contenuto di cinque capitoli della lettera ζ΄, dei quali non rimane ora che il titolo: ς΄ περὶ ζῴων ἀλόγων σοφίας te καὶ ἑτέρων φυσιχῶν ἰδιοτήτων (cfr.-Ael. h. a. 121. 22. 84 ecc.), ζ΄ περὶ ζῴων ἀλόγων φιλοτέκνων (efr. ib, I 16. 17. 18 ecc.), η' περὶ ζῴων φιλομούσων καὶ ὠδικῶν (ofr. ib, I 20. 43. VI 19 eco,), 4 περὶ ζῴων πολυγόνων χαὶ διαφόρως τοῦ ἔτους τικτόντων (cfr. ib. XII 16 sg. ecc.), τ΄ περὶ ζῴων rive ἐχ τούτων γεννῶνται (= ib. VII 47?)

8 3.— Excerpta Laurentiana, I mss. che li contengono presentano sotto il titolo Μάρκου ᾿Αντωνίνον ἐκ τῶν ed ἑαυ- τόν (0 αὐτόν) un ibrido miscuglio di estratti dai commentari dell'imperatore filosofo e dalla compilazione del sofista Pre- nestino (ine, Anton. Comm. VII 22 init. Ἴδιον ἀνϑρώπου, des, ib. XII 34 extr. ὅμως τούτου κατεφρόνησαν), accompagnati da un minuto e prolisso commento esegetico, qualche volta grammaticale, contenuto in numerose glosse interlineari e marginali. Di questi codici ha trattato, con speciale ri. guardo a M. Antonino, G. Stich nella prefazione (p. vu agg.) alla sua edizione dei Commentari ?, della quale ho tratto partito per quei mss. di cui mi manca cognizione diretta, e per completare e controllare le notizie da me raccolte

GLI EXCERPTA DELLA HIST. AN. DI ELIANO. 151

intorno ai rimanenti; d’altra parte io sono in grado di far qualche aggiunta alla lista ch'egli ne 1). Sono dunque:

*Guelferbytanus-Gudian. gr. 77 (Jacobs Ael. h. a. praef. p. LXxviI) cart.(?) sec. XIII-XIV ff. 389-401.

Laurentianus, 55, 7 (Bandini II 266 sgg.) cart. sec. XIV (XV Bandini) ff. 265-266". 260" sg. 267°270".

Laur. 59, 44 (Bandini II 574 sgg.) cart. sec. XIV ff. 207"- 221". Innanzi al f. 207 è andato perduto l’intero qua- ternione χζ' ed i primi sette fogli del x’; così è che in questo ms. gli excerpta sono mutili in principio: mancano i n.! 1-4 della lista che sarà data a p. 152 sg.

Marcianus XI 1 membr. sec. XIV ff. 617-72". 381-88. 73°-16". Fra il f. 73 e il f. 74 manca un foglio intero (salvo un piccolo brandello) e con esso la fine del n.° 46 (a cominciare da χαὶ τῶν ἐσομένων = Ant. IX 1 p. 118, 16 Stich) e tutto il n.° 47 della lista ora citata.

Marc. XI 15 (Levi in Studi ital. ’° 1902 X 69 sgg.) cart. seo. XIV ff. 77592".

Parislensis gr. 1698 (Omont II 126; Jacobs p. Lxxxv) cart. sec. XIV ff. 79"-86". 94". La silloge è mutila in prin- cipio (inc. διοικοῦντι τῆς δὐοδίας = Ant. V 8 p. 52, 15 Stich): mancano i n.! 1-14 e parte del n.° 15. Un'altra lacuna si riscontra fra i ff.86694, e abbraccia i n.' 49-62. Questo ms., il Laur. 59, 44 e il Marc. XI 15 sono stati scritti evidentemente dal medesimo amanuense.

*Paris. suppl. gr. 1164 (Omont Invent.’ IV 401 sg. e Catal. des mss. gr. eto. recueillis par feu E. Miller p. 20 sgg.; cfr. Miller Mélanges de litt. gr.’ p. 347) cart. sec. XIV (XIII Miller) ff. 14".22 (des. χαὶ κατὰ τοῦτο ἀεὶ αὐτὸς ἔσται = Ant. XI 21 extr. Mancano

dunque i n.' 61-63. O è accaduta una trasposizione di fogli?).

1) Oltre a quelli appresso enumerati, l'editore tedesco avrebbe dovuto ricordare il Paris. gr. 2075 (f. 894" sgg.) copiato nel 1439 e il Paris. Coisl. 841 (f. 332" sgg.) copiato nel 1318 (cfr. Omont II 189. III 185), dei quali ignoro se frammisti a estratti da M. Antonino contengano anche capitoli Elianei: è noto che non tutti i mss. pre- sentano tale mescolanza (cfr. Stich 1. c. p. IX).

152 ©. L. DE STRPANI

Vaticanus gr. 20 cart. sec. XIII-XIV ff. 860-94".

*Vat. gr. 98 cart. sec. XIV ff. 57-75.

*Vat. gr. 100 cart. sec. XIV ff. 165-180.

*Vat. gr. 926 cart. sec. XIV ff. 27-52.

*Vat. gr. 953 cart. sec. XIII-XIV ff. 73-80. 244-245.

Vat. gr. 1404 cart. sec. XIV ff. 2215-2375 1).

Il Gudiano, i due Laurenziani, il Marciano XI 15, il

Parigino 1698 e gli ultimi cinque Vaticani presentano gli estratti da M. Antonino e da Eliano nell'ordine seguente:

Ant. Ael. Ant. Ael 1 VII22 20 IV 49 2 122 21 VI13 3 18 22 31 4 25 23 δ 5 28 24 60 6 7 25 39. 40 % IV49 26 Il 8 vV22 27 VII 53 9 II 29 28 62 10 117 29 68 1 84 80 2 12 3 31 66 13 52 32 το 14 49 88 τι Ιιὕ VB 34 VIII 15 16 IV 25 35 17 17 18 36 4 18 26 37 34 19 50 38 48

1) Il codex Bardonii del Gronov (cfr. Jacobs praef. p. LxvIni), a giudicare dalle citazioni che se ne fanno, appartiene sicuramente a questo gruppo, e forse è da identificare con qualcheduno dei mss. enumerati. Comunque sia, ha stretta parentela col Laur. 55, 7, col quale ha comune la variante ἵππος σήπεται invece di I 28 (p. 17, 22) ὑποσήπετει dato dagli altri mss. del gruppo a me noti (Laur. 59, 44; Maro. XI 1 e XI 15; Paris. 1698) da 7 L e, se è lecito arguirlo ex silentio, dagli altri mss, integri usati dal Jacobs,

€2

GLI EXCARPTA DELLA HIST. AN. DI HLIANO. 158

Ant. Ael. Ant. Ael.

N.° 39 VIII 64 62 X28

40 17.8 29

41 13 54 32

42 ὅτ 59 34

43 56 56 35

44 9 δ) ΧΙ84. 85

45 10 58 XII2

46 IX1 69 XI9

47 11 60 21

48 40 61 ΧΙἧ 4

4. XI19 62 14. 16

50 16 63 34

561 ΙΧ 42 |

Invece nel Marc. XI 1 e nel Vat. gr. 20 l’ordine degli estratti è: 1-8 (9 om.) 10-12 (13 om.) 14. 20-26. 42-44. 51-57. 27-30. 15-19. 31-41. 45-50. 58-63. A questi estratti il Mar- ciano (ff. 5605-61") ne premette altri, che però non formano con quelli un sol corpo, poichè sono anteposti al titolo della silloge; sono: Ael. ἢ. 8.1 52 (= n.° 13) II 29(=n.° 9) V 81. II 34. X 18. 15. 12. XI 13. Se lo stesso occorra nel Vati- cano ho dimenticato di accertare.

Del Parigino suppl. gr. 1164 ignoro affatto la succes- sione dei capitoli.

S 4. Excerpta Macarii. Fanno parte del florilegio di Macario Crisocefala (Μακαρίου ἱερομονάκου τοῦ Xovooxs- φάλου Ῥοδωνιά) contenuto nel codice Marciano 452 (cart. sec. XIV mm. 215 x 137. Cfr. Zanetti p. 242; Villoison Anecd. Gr.’ II 4; Studi ital.’ 1900 VIII 492), e si leg- gono nel f. 164" sg.: tit. Αἰλιανοῦ δήτορος περὶ ζώων, ine. πάντα πᾶσι καλά = proem. p. 8, 23, des. ἀπεχϑάνονται ai μέλιτται xaxocuig πάσῃ καὶ μύρῳ ὁμοίως = I 58 p. 31, 4, con le quali parole non so se gli excerpta terminino o ri- mangano interrotti, perchè dopo il f. 164 sono stati ta- gliati via due fogli. A p. 175 sg. si troverà tutto quello che ha ora il Marciano.

e

154 ®. La DE STEFANI 8 5. Excerpta Vaticana. Ne abbiamo due recensioni:

- una maggiore e, derivata da questa, una minore. Caratteri

comuni sono, che i capitoli della h. a. in esse compresi vi si trovano distribuiti in tre sezioni generali (I volatili, ΤΙ animali terrestri, III animali acquatici), in ciascuna delle quali però si susseguono nell'ordine stesso del testo origi nale; e che fra la prima e la seconda sezione sono inseriti, senza però essere in alcun modo separati da ciò che precede e da ciò che segue, una serie di estratti (21 nella recensione maggiore, 8 nell'altra) che non provengono da Eliano: sono quelli che sotto il titolo di ' Excerptum Vaticanum de rebus mirabilibus * ho pubblicati a p. 98 sgg. del volume XI degli τ Studi * 1),

La recensione più ampia (tit. τοῦ αὐτοῦ ") περὶ ζώων ἰδιότητος ino. ἐν τῇ “ιομηδείᾳ νήσῳ ἐρωδιούς φασιν εἶναι h. a. ΓῚ init. des. δὲ πεδιὰς ἔτι καὶ μᾶλλον πρὸς τῷ

1) Approfitto dell'occasione che mi βὶ porge, per fare a quella mia pubblicazione qualche correzione e qualche aggiunta: p. 96, 6 in- vece di ἅτεα leggasi ἄττα | ρ, 97 c. XVIII: la medesima notizia ri- corre în Galen, de alim, facult, Il 36 (VI 617 Kiihn), de sympt, caus. IMI 9 (VII 227 sg. K.), de comp. med. IT 2 (XII 569 sg. K.), e in Dioscor. de mat. med. I 187 (I 165 sg. Sprengel) | p. 98 c. XXI: alla citazione di Plinio si aggiunga Varr, de r, r. ΠῚ 12,6 | ib. 1. 15 invece di μηδὲν δεκαλίτρους leggasi μὴ ἔλασσον ἑνδεκαλίερους, da cui la lez. dei nostri mss. è nata per il tramite di μηδ᾽ ἐνδεκαλίερους. La corruzione ha avuto origine dalla confusione fra δ΄ ed il compendio tachigra- fico di ἔλασσον (cfr. Gardthausen GP. p. 259, e meglio ancora Wat- tenbach, 'Anl. zur gr. Pal."' p. 108 0 Lehmann, T'achygr. Abk, der gr. Hdschr.' p. 107). L'emendazione e la relativa spiegazione è del prof. H. Diels, che me l’ha comunicata in un suo cortese biglietto.

3) Precedono, nei mss. di questa recensione, degli ercerpta dalla v. h. di Eliano col titolo 42%1avaù ποικίλαι ἱστορίαι (ino. Δεινοὶ κατὰ κοιλίαν τον. h. I 1 init, (seguono gli estratti da I 2-12. 14. 15. 18. 17 eco.) dos. τιμωρὸς d τῆς κόρης diords ἕτερος = v. h. XIII 1 extr.). È vero bensì che fra questi estratti e i successivi della h. a. ne sono inseriti altri (12 în tutto) dal de rebus publicis * dello Pseudoera- olide (ino. ὅταν τελευτήσῃ βασιλεὺς ἐν Aqredaiuovi = Heracl, 10 {Arist. fr, p.373,6R* des. ὕστερον κατὰ ἄλλην ἐμπορίαν ἐλϑόντα εὑρεῖν τοῦτον ἄϑικτον -- Horac]. 72 (p. 385, 14)), ma è da notare, che questi sono ane- pigrafi e funno immediatamente seguito agli estratti della v. h., come se ne formassero parte. Cfr. Stevenson, ' Codd. mss, Palat. gr.' p. 46.

GLI EXCERPTA DELLA HIST. AN° DI ELIANO. 155

ποταμῷ = h. a. XVII 31 extr.) è rappresentata da due codici:

Vaticanus gr. 96 cart. seo. XIII-XIV mm. 245 x 178 (ff. 1327-2297).

Vat. Pal. gr. 93 (Stevenson p. 46) cart. sec. XIII mm. 276 x 200 (ff. 64”-141"; nel f. 119", alla fine di XII 32 p. 308, 23-32, l’amanuense ha notato: κἀγὼ ταύτης

τῆς βίβλου yoag(sds) καὶ ἐν “Pwotxoîs (δὼ * cod.) τό- ποις μεμάϑηκ(α) τοῦτ(ο) γίνεσθαι. Questa nota manca nel ms. precedente).

La recensione più breve (tit. 4ἰλιανοῦ ποικίλη ἱστορία inc. φάλαγγες τὰ ϑηρία δῶρα ᾿Ἐργάνης δαίμονος οὐκ ἴσασι = ν. h. I 2 init. des. ὅϑεν μοι δοκοῦσι μαϑεῖν καὶ οἱ ἄνϑρωποι μάϑημα καὶ τοῦτο οὐχ ἀγαϑόν = h. a. 16 p. 117, 21 Hercher), la quale ha preso il titolo e i primi tre capitoli (Ael. v. h. I 2. 6. 6) dagli excerpta della v. h. che nella recensione maggiore precedono a quelli della h. a. (cfr. p. 154 n. 2), e saltando di piè pari i rimanenti estratti dalla v. h. e quelli dallo Pseudoeraclide, vi ha fatto seguire, senza proprio ti- tolo e immediatamente, buona parte degli estratti che la recensione maggiore ha dalla h. a., ricorre in sette mss.:

*Bruxellensis 1871-77 (Omont p. 19) cart. sec. XV-XVI mm. 268 x 198 (ff. 1 sgg.) copiato da M. Apostolio.

* Mediolanensis Ambros. Α 164 inf. (Iacobs p. Lxxxi) cart. sec. XVI.

*Mutinensis III B 11 (Puntoni in Studi ital. IV 427) cart. sec. XV-XVI mm. 213 Xx 146 (ff. 761-126"; sot- toscr. Atdiavoîo βίβλῳ Μάρκου χεὶρ ὥπασε τέρμα).

*Mutin. III F 18 (Puntoni ]. c. p. 501) cart. sec. XV mm. 294 x 200 (ff. 3-58).

Vaticanus Pal. gr. 134 (Stevenson p. 65) cart. sec. XV-XVI mm. 215 Xx 145 (ff. 7"-68”).

Vat. Pal. gr. 360 (Stevenson p. 210) cart. della fine del sec. XV mm. 214 x 138 (ff. 80"-89". 965-152. I ff. 90595" sono vuoti e corrispondono ad una grande la- cuna della sez. 15 degli excerpta compresa fra Ael. h. a.

156. 4 E. L. DE STEFANI

V 38 p. 126, 8-10 (φλιλόμουσος ἀηδὼν καὶ φιλόδοξος con cui termina il f. 89" e IX 10 p. 221, 18 ἐσϑίοι καὶ λαγὼς ἁρπάζει καὶ χῆνα con cui comincia il f. 965).

*Vratislaviensis Rehdigeranus 22 (Catal. p. 10; Jacobs Ῥ' LXxIV sgg.) cart, sec. XV mm. 205 x 135 (ff. 196'-252" di mano di M. Apostolio) 1).

Il contenuto delle due recensioni, determinato me- diante l’esame dei quattro mss. Vaticani, risulta dal se- .guente elenco, dove i numeri in grassino indicano i capitoli comuni ad entrambe; gli altri, quelli propri della recen- sione maggiore; comune è altresì l'ordine, quando non sia avvertito altrimenti;

I* Sez.: 11. 9-11. 20. 35. 3) 37. 39. 42-44. 45. 47. 48.

1) Il fatto che ben due mss. di questo gruppo sono stati copiati dall'Apostolio, conferma indirettamente l'osservazione che a propo- sito del cod. Rehdigerano faceva il Jacobs (praef. p. Lxxv): ' Eius- modi Aelianei operis epitome usus est Michael Apostolius, qui ex ea magnum historiaraum numerum, plurimasque de animalibus narra- tiones Paroemiarum Centuriis inseruit. In his autem tantus est con- sensus Epitomes Rehdigeranae cum Apostolio, non solum in omis: sionibus contractionibusque, sed in minutis etiam rebus, et, si a paucis discesseris, in singulis lectionibns, ut dubitari vix possit, Apo- stolium usum fuisse codice, ex quo Excerpta Rehdig. Auxerunt *, La «conferma e la corregge: l'A. si è senza dubbio servito di una delle sue stesse copie della recensione minore di ε΄. Nello scarso mate riale di cui mentre scrivo posso disporre, noto: I 16 (p. 12, 15) geudeè DQ (dunque anche P) F, G (dunque anche V) Η L e! e la rec. mag- giore di e" (Vat. 96 e Vat. Pal. 93), φανερὰ Apostol. e la rec, min. di e" (Vat. Pal. 1% e Rehdig.). Con questo combina la circostanza, non casuale, che Apostolio conosce soltanto capitoli comuni alle due recensioni, e nessuno di quelli propri della maggiore.

3) Alla fine di questo capitolo sono interpolati estratti da Dionys. de av. I 8. Lo stesso dicasi dei cap. I 48, II 8. III 5. V 48 di questa sezione, nei quali le interpolazioni derivano rispettivamente da Dionys. de av. I 20. 21. 25. 12. Da altra fonte, a me ignota, proven- gono invece gli estratti seguenti, anch' essi propri della recensione più ampia: 1) ol γρύπες ἐν τοῖς τῶν πλουσίων (sic) ᾿Αριμασπῶν ἕλεσι τρεφό- μένοι χρυσὸν ἐκ τῆς γῆς ἀγείρουσιν ὀρύσσοντες (I* sez. dopo l'ora citato Dionys. I 12); 9) διαιροῦνται δὲ τριχῆ τοὺς ἑαυτῶν φωλεοὺς, καὶ ἐν μὲν τῷ ἐνὶ μέρει διαιτῶνται, ἐν δὲ ἑτέρῳ τὰς τροφὰς ἀποείϑενται, ἐν δὲ τῷ τρίτῳ ϑάπτουσι τοὺς νεχρούς {115 sez. dopo ΑΘ]. ΠῚ 25); 8) βοὸς ἐποϑανόντος

GLI EXCERPTA DELLA HIST. AN. DI NLIANO. 157

49. 58-60 | II 1. 3. 4. 26. 27. 28-30. 32. 34. 35. 38. 39. 40. 42. 43. 46. 47. 48. 49. 61 |IIT 5. 9. 12. 13-16. 20. 23. 24-26. 30. 31. 36. 38. 39. 42-44. 46|IV 1. 16. 29. 41. 37. 51. 601 V 2. 6. 1) 9. 10. 11. 15. 16. (i capp. 10. 11. 165. 16. nella rec. minore sono trasposti alla fine della III* sez.) 17. 21. 82. 28. 29. 30. 33. 34. 36. 38. 42. 48 | VI 7. 19. 33. 46. 58 | VII 7. 9. 11. 16. 17. 18. 45. 41 VIII 20. 22. 24. III 1l. 1) VIII 26 | IX 2. 10. 16. 17. 19. 37 | X 6. 16. 22. 29. 32. 34. 35. 36. 37. 44 | XI 1. 8. 27. 80. 33-35. 38-40 | XII 4. 8-10. 21. 28. 37. 38 | XIII 1. 18| XIV 7| XV 20. 22. 27-29 | XVI 8. 4. 5. (il c. 6 nella rec. min. è trasposto dopo XIV 22 della sez. IIT*, innanzi a quei capp. del lib. V che più su in- dicai come parimenti trasposti) 7. | XVII 13. 14. 15. 16. 19. 20. 37 (segue l’ Excerptum de mirabilibus’ sopra ricordato).

115 Sez.: I 7. 8 (questo cap. è trasposto dopo il c. 24 nella rec. min.) 21. 22. 24-26. 28. 31. 36-38. 51. 53. 54. 57 | II 5. 2. 7. 9. 10. 12. 14. 16. 18-21. 24. 25. 31. 33. 36. 50.

xal ἐκδαρέντος χαὶ τοῦ δέρματος ἐπιτεϑέντος ὄνῳ παιδίον ὡσεὶ τιευτεχαιδέ- κατὸν (sic) ἐτὼν ἐκάϑησε (1. -ϑισεὴ ἐπάνω τοῦ δέρματος, καὶ avtixa πιάντες ἀπέϑανον καὶ ἐχϑδείρας τὸν βοῦν καὶ τὸ παιδίον καὶ ὄνος (1Ό. dopo VIII 1); 4) μονόχερως Soir ἐστι μιχρὸν ὅμοιο» ἐρίφῳ πραότατον, οὐ δύναται δὲ κυναγ ωγὸὺς ἐγγίσαι «αὐτὸ (1. avra) dia τὸ ἐσχυρόν. ἕν δὲ κέρας ἔχει μέσον τῆς κεφαλῆς «ὐτοῦ, καὶ ἀγρεύεται διὰ παρϑένου" ἄλλεται γὰρ εἰς τὸ χόλτιον αὐτῆς ib. dopo XVII 36); 5) ἐν τῇ τῆς ᾿Αχρίϑος λίμνῃ ἐστὶν ἐχϑὺς χα- λούμενος μρειίνιν. τούτου τοὺς ὀδόντας εἴπερ ὑπὸ φλοιὸν δένδρου ἐμπήξαις, ἀποξηρακίνεται" τῶν δὲ duv αὐτοῦ ὄρνεον εἴπερ ἀπογεύσεται παραχρῆμα τελευιᾷ «1115 sez. dopo II 23).

1) Dalle mie note non risulta che il c, 6 si trovi nei due codd. Vaticani rappres.ntanti la rec. minore; ο᾽ è però di certo nel cod. Rehdi- gerano, come appare dall’ apparato critico del Jacobs. Altrettanto di- casi di XVI 3 di questa medesima sezione e di V 46 della sezione 115. Se nei due Vaticani questi tre capitoli manchino davvero, o si tratti d’una semplice mia svista, non ho modo di accertarlo ora. Noto solo, che per V 5 un errore da parte mia non ha nulla d’improbabile, se nei Vaticani le cose stanno come nel Rehdigerano, dove, a detta del Jacobs, l’indicato c. 5 « cohaeret cum initio cap. 2 ».

5) La trasposizione di III 11 dopo VIII 24 è spiegata dalle pa- role (crotéow εἶπον ἣν oi τροχίλοι κατατίϑενται ἐς τοὺς χροχοδείλους εὐεργεσίαν) con le quali, riferendosi appunto a III 11, comincia VIII 25, e che certo suggerirono all’ excerptor di inserire qui il capitolo in- nanzi tralasciato.

158 E. Li DE STEFANI

57 | ΠῚ 1. 8. 4. 5. 6. 7. 8, 10. 17. 19. 21. 27. 32. 33. 34. 37. 41, 46. 47 | TV 3. 4. 6-8. 10. 11. 14. 15. 17, 18, 19-23. 25. 31. 32. 88. 84. 35, 36. 39. 40. 48. 45. 48-50. 52, 53. δά. 55. 57 | VT. 14. 27. 8, 81. 39. 40. 41. 45. 46. 47. 49. BI. 52. 54. 56 | VI 1. 2. 3. 4. 5. 8-11. 12-14. 16. 17. 18, 20, 22. 24. 86. 26. 27. 34. 35. 86, 38. 39-42, 43. 47. 48, 49-53, δά. 57. 50. 60. 61. 65 | VII 1. 3. 5. 8. 10. 12-14. 15. 19-22. 23. 25. 26-29. 37. 40. 42-44. 46-48 | VITI 1. 7-9. 12. 13, 14. 15. 17. 19. 21. 27 | IX 1. 3. 4-6. 11. 13. 16. 18. 20. 21, 23, 26. 27. 28-80. 32. 88. 39. 44. 48, 54-56. 58, 61. 62, 65 | X 1. δ. 9. 12. 13. 15. 18. 23-25. 26. 27. 28. 31. 39-41. 42. 45. 47. 48-50 | XI 2. 8. 6. 7. 10, 13-16, 18, 19. 25, 26, 28, 29. 31. 32. 36 | XII 8. 6. 7. 15. 16. 17. 18, 19. 20. 11. 31. 82. 84-36. 40 | XITI 7. 8. 10. 12. 13. 22 | XIV δ. 6. 10. 17. 18. 27 | XV 7. 11. 13. 16. 17 (nella rec. min. l'ordine è: 17. 16) 18. 19. 25. 26 | XVI 9. 11. 14-18. 20. 22. 23, 24. 26-28. 30. 33. 34. 36. 37. 39-42 | XVII 1. 3-5. 7. 10-12. 17. 25. 27. 28, 29, 40-42 43, 44. 46. 36,

ITI® Sez.: I 8. 4. 12-16, 17. 26. 27. 30. 36. 56 | Il 17. 23. 44. 50. 52. 54. 55. | ΠῚ 18. 29. | IV 28. 56 | V 3. 6. 18; 87. 43 | VI 28, 80. 55 | VII 30. 32. 33. 35. 34 | VIII ὃ. 4. 16 | IX 7. 12. 14. 41. 42. 47. BI. 60. 64 | X 7. 38. 48. 46 | XI 22 | XII 6. 13 | XIII 21. 27 | XIV 2. 4. 9. 15. 19: 20. 21. 22. 23-25 | XV 4. 28 | XVI 1. 19. 88 | XVII 30, 31.

8 6.— Excerpta Vindobonensia. Anche di questi ex- cerpta ν᾽ una recensione maggiore (tit. ἐκ τῶν αἰλιανοῦ περὶ ζώων ἰδιότητος ine. αἰτναῖος οὕτω λεγόμενος ἐπὰν τῇ ἑαυτοῦ συννόμῳ οἱονεὶ γαμετῇ τινι = h. a. I 13 init. des. φολιδωτὰ σαῦρα σαλαμάνδρα = h. a, XI 37 p. 289, 29) rappresentata da due codici:

*Escorialensis T II 5 (Miller p. 116) cart. sec. XVI in fol. (ff. 184" sgg.) è Vindobonensis hist. gr. 78(Nessel V p. 140) cart. sec. XVI 1) mm. 280 x 165 (ff. 975105");

1) A torto il Nessel lo ha giudicato ' antiquus *. Anche riguardo al titolo ch'egli di questi estratti: ' Πλήϑονος ἐκ τῶν AlMarov® ecc»

GLI ΕΧΟΒΕΡΤΑ DELLA HIST. AN. DI BLIANO. 159

4

e una recensione minore, che è un estratto della prece- dente, nel cod.

Vaticanus gr. 573 cart. sec. XV-XVI mm. 220 x 148 (ff. 111"-112": tit. ἐκ τοῦ Αἰλιανοῦ περὶ ζώων ἰδιότητος

inc. αἰτναῖος οὕτω λεγόμενος = h. a. I 18 init. des. σύντονον καὶ γενναῖον αὔλημα = h. a. XI 28 p. 284, 24).

Do qui appresso il contenuto di questi excerpta indi- cando in carattere grassino ciò che è comune alle due re- censioni: I 13. 19. 20. 22. 23. 16. 17. 24. 25. 27. 28. 30. 35. 36. 37. 38. 39. 42. 48. 49. 61. 53. 55. 60. | II 5. 24. 29. 46. 49. 56. 57 | III 5. 6. 8. 9. 10. 17, 25. 31. 34. 37. 41. 44 | V 3. 8. 10. 11. 14. 17. 40. 43 | IV 1. 11. 14. 18. 20. 23. 29. 31. 48. 53. 57 | V 49 | VI 1. 3. 4. 14. 22. 28 | VII 35. 47 | VI 8 | VIII 7-9. 23. 25. 28 | IX 5. 6. 13. 11. 15. 23. 26. 47. 50. 54. δῦ. 60 | X 12. 14. 16. 16. 18. 21. 24. 26. 29. 32. 40.47 | XI 12. 19. 28. 30.37. I capp. comuni hanno lo stesso ordine in entrambe le recensioni.

8 7. Restano pochi altri mss. dei quali non posso dare che l'elenco o poco più:

* Bodleianus Canonicianus 13 (Coxe p. 9 sgg.) cart. sec. XVI in-4°. Nei ff. 49 sgg. contiene « scholia in [Aeliani de natura animalium) capita varia, scilicet, lib. V cap. 31, II 34, X 18, 16, 12, 16, 33, 43 ». Inc. ἴδια ‘dè ὄφεως κτλ. (= h. a. V 81) des. ἐμπάλει τις καὶ sio-

è caduto in un’inesattezza. Il nome Πλήϑονος ᾿ è stato aggiunto da mano assai più recente, ed è certo dovuto ad un lettore che si cre- dette in diritto di attribuire al Pletone anche questi excerpta, come effettivamente gliene appartengono altri del medesimo ms., che por- tano nel titolo il suo nome di 15 mano. Non credo di errare affer- mando, che autore dell'aggiunta dev’ essere stato P. Lambeck, il quale nei suoi ' Commentarii de august. bibl. Caesarea Vindobonensi (lib. I p. 2183 ed. Kollarii) scriveva: « Excerpta éx τών “ἰλιανοῦ περὶ ξώων ἐδιότητος, quem sic, 1. quae) eiusdem Georgi Gemisti Pletho- nis esse persuasissimum habeo ». Per lo meno, l'aggiunta non è ante- riore a lui.

EB. L. DE STEFANI

reds ἀντὶ τοῦ δἰσέρχεται. Nel f. 61° seguono « scholia in anonymum quendam ».

* Bononiensis 3635 (Olivieri e Festa in Studi ital.’ 1895

III 458) cart. sec. XIV mm. 217 Xx 145; ff. 292-299 « excerpta quaedam ex Aeliani de nat. anim. libris ».

* Matritensis 84 (Iriarte I 821-347) cart. sec. XV in-4°, in

massima parte di mano di Costantino Lascaris (fol. 211“: χτῆμα Κωνσταντίνου τοῦ Aacxdpets. ἐν Mecofvi; τῆς Σικελίας ἐχγραφέν). Nel fol. 186 « ἐκ τῶν τοῦ 4- λίου (leg. Αἰλιανοῦ). Ex libris Aeliani. Initium: ὅτε τῶν ὀστρακονώτων καὶ ὀστραχοδόέρμων xa τοῦτο ἴδιον κενώτερά πως χουφότερα ὑπολεγούσης τῆς σελήνης φιλεῖ γίνεσϑαι. Excerpta quaedam sunt ex eiusdem Aeliani de Natura Animalium Libris, nempe 'de Testaceis Crustaceis ex Lib. IX. cap. 6; de Serpentibus ex cod. Lib. cap. 26; de Asinis Scythicis ex Lib. X cap. 40; de Aranearum Geometria ex Lib. VI cap. 57; de Muneribus, quibus Veneti Monedulas afficiunt, ex Lib. XVII. cap. 16. His interserta alia brevia diversi argumenti ex aliis Scriptoribus, nimirum de Ele- phantis in pueros amore, et de Piscibus chartilagi- nosis ex Anonymis; de Mulo sene ex Aristotele ».

*Vaticanus Ottob. 153 (Feron e Battaglini ἢ. 86 sg.) cart.

sec. XVI. Fol. 222: « Varia sunt absque principio et fine: quaedam Aeliani srsgì ζώων καὶ ϑηρίων, uti apparet in fol. 241 ubi legitur ALAIANOY περὶ ζώων ἰδιοτήτων y. Haec scriptio (fol. 259) abrumpitur in verbis σωφρονέσταται ὀρνίϑων ui gatta: <h. a. III 44

p. 77,24) ».

*Vat. Palat. 63 (Stevenson p. 32) cart. sec. XV-XVI in-fol.

Fol. 171: « Fragmentum ex libr. XI capp. 4, 5 Ae- liani Animalium historiae » inc. Σὸν τόδε, Aguero, σὸν τὸ σϑένος (p. 271, 23) des. ὑλακτεῖν τοὺς Pao- βάρους <ib. 28). Col f. 173 comincia altro.

* Vat. Regin. 147 (Stevenson p. 103 sgg.) cart. sec. XIV in-8°.

< Aeliani (fragmentum de insula Taprobane, ex Hist. Animal. XVI, 17). Inc. Ἐν δὲ τῇ καλουμένῃ μεγάλ᾽, ϑαλάττῃ f. 142. Cum scholiolo, quod nudam inscriptio-

27. 11. ‘904

GLI HXCERPTA DELLA HIST. AN. DI ELIANO, 161

nem Αἰλιανοῦ statim excipit. Inc. Τινὲς μὲν λέγουσιν, ὅτι μεγάλην ϑάλατταν. Ad calcem, fragmentum aliud (Hist. anim. XV, 20) minio descriptum. Inc. ©sccalovini τῇ Maxedovizidi ὄρος (810 pro χῶρος) ἐστὶ γειτνιῶν, καὶ καλεῖται Νίγας (1. Νίβας) ».

Come si vede, se si prescinde dal Bononiensis, sul quale bisogna per ora riservare ogni giudizio, il resto non è che un tritume, per così dire, di estratti, da cui, anche per l’età generalmente tarda dei mss., nessuna utilità può venire al testo di Eliano.

II.

8 1. Quale rapporto intercede fra gli excerpta e la tradizione integra? A questa domanda darà risposta il pre- sente capitolo.

Nel vol. X (p. 175 sgg.) degli Studi ’, esaminando i mss. della h. a., ne determinai la genealogia secondo lo stemma seguente:

o i y >) È i n E G [A+ A=A è σ ba M_ N κ da PH

nel quale è 4 = Monac. August. 564 (sec. XIV-X V), B Be- rolin. Phillipps. 1522 (sec. XVI), C = Paris. 1695 (sec. XVI), D = Vat. Palat. 65 (sec. XVI), E = Paris. 1694 (sec. XVI), F = Laur. 86, 8 (sec. XV), G = Barber. II 92 (sec. XVI), H = Vat. Palat. 260 (sec. XIV), L = Laur. 86, 7 (sec. XII), M = Monac. 80 (sec. XVI), N —= Neapol. III 8 (sec. XV),

Studi ital. di filol. class. XII. 11

—_——r—rrrr.rrrr

162 ©. 1. DE STEFANI O= Neapol. ΠῚ 9 (sec. XV), P = Paris. 1756 (sec. XIV), Q= Vat. Pal. 267 (sec. XV), καὶ = Maro, 518 (sec. XV), 8 = Vindob. med. 7 (sec. XV), U= Upsal. 27 (sec. XV-XVI),

= Paris. suppl. 352 (sec. XIII), W= Vindob. med. 51 (sec, XIV).

Nella ricerca che sto per fare non occorrerebbe tener conto delle copie di mss. esistenti; ma siccome di questi non sempre conosco direttamente la lezione e sono costretto ad arguirla appunto dalle copie, così in tali casi, per con- ciliare la chiarezza con l'esattezza, alla sigla dell’ archetipo a me noto solo indirettamente apporrò, in basso a destra come esponente, quella dell’apografo o degli apografi di cui ho notizia: p. es. I 1 (p. 4, 17) μεταβαλόντες Varvso indica che la lez. citata mi è nota come esistente nei mss. AEG, e che perciò la presumo anche in V, del quale però non ho cognizione diretta. Finalmente, a scanso di malintesi, avverto che tutte le volte che non cito un ms., vuol dire ch'io ne ignoro la lezione.

$2.— €° dipende da una copia di a ed è affine a f, avendo comuni con gli apografi di $ errori che non erano ancora in ἂν come prova il confronto con V: II 11 (p. 37, 32) ϑήρας Var πείρας €° L Po || XIII 1 (p. 318, 18) ϑεῶν V ϑεῶν ὅσον A%LP' ϑεῶν ὅσων HP* W | ib. (p. 318, 15) δὴ V δὲ ε΄ A*HLPW (per l’uso di δὴ in siffatte clausole cfr, h. a. IN 12 p. 63, 11; 19 p. 67, 21. Υ 238 p.120, 27. VI 42 p. 158, 1. XI 6 p. 272, 8. XII 4 p. 293, 1. XIII 6 p. 821, 98. XIV 8 p. 345, 13; 9 p. 346,1. Oltre a δή ricorre μὲν δή I 4 p. 6,14 II 25 p. 47,17 ecc.; μὲν δήπου XII 45 p. 316, 19; τοίνυν IX 8 p. 221, 4; ἄρα XVI 19 p. 398, 31; ἄρα VIII 11 p. 208, 11.

* Mai il semplice de) || XV 11 (p. 376, 9) ἐντύχῃ PV τύχῃ

LPo || XVI 27 (p. 404, 14) τε V re ἅμα €° HLPcq ἅμα F | ib. (p. 404, 18) V, om. €° FHL' (suppl. L9) Pa| 28 (p. 405, 6) ἀποχρῶν V ἀπόχρη €° FHL Pa.

Altre varianti permettono di concludere che €° deve provenire da una copia di #, dalla quale è derivato anche Τὰ: IV 39 (p. 98, 1) καϑιᾶσι τε L καϑ. A* FPc V || VIL 10 (p. 178, 8) ὁπόσα €° L ὅσα 4" Po V || VIII 10 (p. 206, 12)

GLI EXCERPTA DELLA HIST. AN. DI ELIANO. 168

οὐκ ἄν ποτϑ ῥᾳδίως ἐνέδρα ποτὲ τοὺς ἐλέφαντας λάϑοιε L οὐκ ἂν ῥᾳδίως ἐνέδρα ποτὲ τοὺς ἐλ. λαϑοι A* FHPcq οὐκ ἄν ποτε bad. τοὺς ἐλ. ἐνέδρα λαϑ. V || XVI 27 (p. 404, 18) ἐλέγχωσε €° L ἐλέγχουσι A* Η PcqV.

notevole per altro che €° concordi con V in una serie di lezioni, quasi sempre buone e da aversi per ge- nuine, ignote agli apografi di 82: II 11 (p. 38, 31) usraya- ρισάμενος F'V χρησάμενος L Pc || VII 37 (p. 192, 13) ῥοὴν €° FVr δόαν 451, Pc | 88 (p. 192, 26) Πολυγνώστου FVx -γνώτου L Pc || VIII 19 (p. 212, 23) Τυραννίδι Ve Τυρ- ρηνίδι 4451, mg. Πυρρινίδε L nel testo Τυρηναίων F || XIV 16 (p. 349, 22) ὑποδεξομένου V -Σαμένου A* FL Po|| XV 11 (p. 375, 22) ἐπιπηδῶσι V ἐπιτιϑῶσι A* L Po || XVI 28 (p. 404, 22) τῷ δεκάτῳ V τῇ δεκάτῃ FHLPO|ib. (p. 405, 2) ἐὰν €° Vu ἂν A*> FHLPo. Di queste concordanze non so darmi spiegazione plausibile, se non ammettendo che l'esemplare di €° sia stato corretto con la scorta di un ms. che doveva essere affine a V, se con questo aveva comuni le due scorrezioni Πολυγνώστου e Tueavvidi. A dir vero, nel fatto di un accordo relativamente così frequente fra €° e V altri potrebbe scorgere piuttosto un indizio dell’indipen- denza di €° da β, e preferire lo stemma seguente

a ——— 4, } . a' | | β | | Ϊ 7 1,

attribuendo il consenso di €° con Z contro V all'opera d’un correttore. Se io mi son deciso per lo stemma

I Ì I Ì ] l

ες L

Ε ®. ἵν DE STEFANI è per la ragione, che v'è poca probabilità che chi trovava nel suo testo lezioni buone come IV 39 καϑιᾶσι dè, VIII 10 οὐκ ἄν store dqd. ἐνέδρα τοὺς ἐλ. dad. (0 τοὺς ἐλ. ἐν. 2.) XVI 27 ἐλέγχουσι, si sentisse tentato di sostituirvene o anche solo di notarvene accanto altre evidentemente scorrette. Diverso è il caso di πολυγνώστου e Τυραννίδι, di cui il primo potè sembrare una variante non trascurabile (cfr. le forme “ιόγνωστος Θεόγνωστος; un Πολύγνωστος che serisse intorno a Cizico è ricordato nello scolio ad Apoll. Rhod. I 996), e il secondo il meno peggio in luogo di quel πυρρινίδε, che, come si trova nel testo di Z, appariva probabilmente già in β΄.

Β 3. Per determinare il posto genealogico di €* le condizioni sono assai sfavorevoli: perchè da un lato îl ca- rattere di epitome che hanno in gran parte questi estratti, ha spesso così profondamente modificata l'originaria dici- tura, da non permettere di trarre un giudizio sicuro da coincidenze o divergenze di lezioni; e dall’ altro, se si ec- cettuino i codd. F L, che ho sempre avuto agio di consul tare, per i rimanenti mi è toccato rimettermene alle sal- tuarie indicazioni dell'apparato del Jacobs. Ciò non ostante mi par certo che €* derivi da una copia di @ appartenente al gruppo che mette capo a #, e probabilmente da un apografo di y: III 6 (p. 61,20) διαβαίνοντες €* €” (cfr. 8 7; qui e appresso nel presente paragrafo €” è citato secondo la lez. del Vratisl.) διανέοντες FHL PpoVa | ib. (p. 61, 24) ἐνδακόντες E* E" ϑακόντες FHLPpoVa||VI5 (p. 141,1) stodsorem €* 45 εἰσδύνονται L Po V εἰς δύναμιν F | 61 (p. 167, 26) πῶς €" Pi ποῦ 4" ποῦ ϑαὶ L Ve (in om. l’intero cap.)|| VII 15 (p. 181, 17) av 45 L, om. €* €" F'| 19 (p. 183,28 sg.) χύων καὶ μῦς E" xives καὶ μυῖαι E" μυῖαι καὶ κύνες FL || VIII 14 (p. 209, 17) εἷς (αὐτῶν om.) E* ' εἰς αὐτὸν red. editt. omnes cum Apost(olio) et libris nostris praeter v Br {cioè VE cod. Vratisl. = €”) ubi εἷς αὐτῶν ᾿ (Jacobs). A me consta che ha εἰς αὐτὸν L εἷς αὐτῶν F|| XVI 27 (p.404, 7 sg.) ξένον τι ἔχει €* ἔχει ξένον τι PH ἔχειν ξένον τε L Po Voll XVII 7 (p. 414, 26) “ακεδαιμονίους €* PL, ' Lacedaemonicas cum libris cioè mss. diversi da V) habet Gillius (dunque P;

166 E. L. DE STRFANI

ἔτισε €! FH PpgVa -sv L|11 (p. 9, 5) sio (slo) €! FH PaVa εἰσιν L(D) | 13 (p. 10, 24 e 27) οὖν. $ 4 | 16 (p. 12, 18) ἐστε €! Εἰ Ῥο Κα ἐστιν 1, (H DI.

Per il rapporto che passa fra €* e €! è notevole che l'esemplare di €! non aveva ancora (o yi erano stati cor- retti?) alcuni degli errori comuni a Ε΄ L (cfr. $ 4). Se poi Εἰ dipenda da ZL, non ho dati per affermarlo πὸ per negarlo.

8 6. €” proviene da un ms. affine a V: prooem. (p.3, 23) δεξιὰ E" αν (tà δέξια E) ἄξια FL|I 24 (p. 16, 23) κακί- στην E" V κακήν FL PcE' E". Dalla υ. ἰ. I 32 (p. 19,3 sg.) μυραίνῃ κάραβος FL Pos Ve μύραινα καράβῳ E" e, secondo il Jacobs, editt. ante Gron.(ovium)’ (dunque, tenuto conto di quanto dice il Jacobs praef. p. LX sg. e LXIv n. 18, μύ- cava καράβῳ anche A°), par si debba concludere che ν᾽ è parentela fra €" e 4“: e se è vero che A” dipende da V (cfr. Studi ital.’ 1902 X 194), lo stesso bisognerà presu- mere anche di E”.

8. 7.— Il posto genealogico di €“ è chiaramente in- dicato dalle varianti ch’esso presenta nel principio del c. 1 del lib. II.

Ὅταν ἤϑη τὰ τῶν Θρᾳκῶν καὶ τοὺς κρυμοὺς ἀπολδίπωσι τοὺς Θρᾳκίους αἱ γέρανοι, ἀϑροίζονται μὲν ἐς τὸν Ἕβρον Sic), λέϑον δ᾽ ἑκάστη καταπιοῦσα, ὡς ἔχειν καὶ δεῖπνον καὶ πρὸς τὰς ἐμβολὰς τῶν ἀνέμων Eoua, πειρῶνται τοῦ μετοικισμοῦ καὶ τῆς ἐπὶ τὸν Νεῖλον ὁρμῆς, ἀλέας τε καὶ τῆς χειμερίου συντρο- φίας πόϑῳ τῷ ἐκεῖϑει. μβδλλουσῶν δὲ αὐτῶν αἴρεσϑαι καὶ τοῦ πρόσω ἔχεσϑαι, παλαίτατος γέρανος περιδλϑὼν τὴν πᾶσαν ἀγέλην καὶ sic τρίς, εἶτα μέντοι πεσὼν ἀφίησι τὴν ψυχήν 1).

1 τὰ ἤϑη om. €" | τῶν om. ε" Εἰ ἢ] κρημοὺς FH χριμοὺς A"! κρυμ. Α"} ἀπολείπουσαι Ε΄ Ε' Η 1. ἀπολιποῦσαι PL? || 2 Θρακώους FHP | αἀϑροίξονται forse L' ἀϑροίξωνται €" L* μὲν om. €" ΚΣ ΠΠ| εἰς €" | Εὖρον ΕἾ P_Etoov FH || 3 δ᾽ om. e" FHL P||4 dopo ἐμβολὰς agg. τὰς éx €“ FHLP || 6 τῷ ἐχεῖϑι om. €" rw ἐχεῖϑεν FH | eras. P | ἔσεσθαι 4" || 8 καὶ εἰς τρίς om. FH.

1) Ho dato il testo secondo la presumibile lezione dell’ archetipo dei nostri mss., quale si può desumerla, oltrechè dai codd. di cui

GLI EXCERPTA DELLA HIST. AN. DI ELIANO. 167

L'esame delle vv. ἰδ. mostra subito che €‘ è: 1) affine a FHP; 2) dipendente da una copia di y, se due volte (1. 1 ἀπολείπουσαι 6 μὲν) ha comuni con F H corruzioni che non essendo in /, a fortiori non erano ancora in y; 3) indipendente da ζ, poichè due volte (1. 1 xonuods e 8 καὶ εἰς τρίς non presenta corruzioni che, come prova il consenso f' H, dovevano già essere in % 1). Questi risultati trovano con- ferma nelle varianti seguenti: 1) I 11 (p. 9, 19) τοῦ πνού- ματος πολλάκις €" F_H Ppq 70044. τοῦ πν. LVa €; 2) VIl1 (p. 138, 12) ἀμβολίας €“ FH ἀμβολᾶς A*° L'PVru ἀμβο- Aes L'; 3) I 16 (p. 12, 16) ἔξω €“ L PpeVe Εἰ, om. FH| 28 (p. 17, 24) οἱ €” L PpeVe ai FH || II 29 (p. 48, 20) ἐμπάσαις €“ L PcnesVera €' suracaw FH||IIT1 (p. 59,9) παρῇ ἀνήρ €“ LP Vurec dv. παρ. FH | ib. (p. 59, 24) πα- ρατραφῆναι €“ L P(E) περιτραφῆναι Vara παρ᾽ ἡμοῦ τρα- φῆναι ΕΗ || IV1 (p. 80, 22) παιδικὰ Ε΄ 451." Γ κα παι- δικὸν F Η ecc.

Un altro luogo modo di precisare con esattezza il posto di €”. Invece di IV 1 (p. 80, 22) ἔχειν μὲν, che è la lez. dell’archetipo attestata da L ΚΕ 55) e indubbiamente ge- nuina, il cod. P ha ἔχειν οὖν e i codd. A* FH εἶναι ἔχειν οὖν, con manifesto errore in entrambi i casi. È chiaro che οὖν, comune ai quattro mss., doveva già trovarsi in y, e δῖναι già in d, ma non in y. Εὖ, che legge ἔχειν μὲν, è fuor di dubbio indipendente da d; anzi dovrebbe considerarsi come tale anche rispetto a y, in contraddizione con quanto 81 è già constatato. Ma siccome non c’è nessuna probabi- lità che la triplice coincidenza (II 1 ἀπολείπουσαι: μὲν om.: VI 1 ἀμβολίας) di €" con FH sia dovuta ad un puro caso, come pur dovremmo ammettere per considerare Εἴ indi- pendente da y, così non rimane se non supporre che in y la particella οὖν non avesse ancora soppiantato μὲν, ma vi

occorre la sigla nel breve apparato, anche da ὕάαωαν Εα. Questa volta, contrariamente all’avvertenza tatta a p. 162, il lettore è autorizzato a concludere ex silentio.

1) Anche la lez. Eugeov F H mostra, di fronte a Εὖρον e” P, un processo di trasformazione della lez. dell’arch. Ἔβρον L VavEG più avanzato.

168 DB. L. DE STRFANI

comparisse in margine o nell’interlinea a mo’di variante o di correzione. L'andamento della cosa apparirà chiaro dal seguente diagramma:

[111 ἀπολείπουσαι : μὲν

οῦν IV 1 ἔχειν μὸν VI 1 aufodas

\ ἀπολείπουσαι | ἀπολιποῦσαι: μὲν γ' ἔχειν μὲν ἔχειν οὖν ἀμβολίας ἀμβολὰς | + ἀπολείπουσαι ἀπολείπουσαι

δ | εἶναι ἔχειν οὖν ἔχειν μὲν

ε v | aufodias ( aufodlas

4. δ

3% Fa

In 445, 0 meccanicamente o per correzione, è stata re- stituita la forma ἀμβολᾶς.

Ancora poche citazioni per chiarire e confermare che E‘ 1) non dipende da ς: XVI 1 (p. 387, 18) ἔτι €" A*LPVxs om. 2 Η W | ib. (p. 387, 19) βληϑεῖσα τῷ λέϑῳ A*LPVz56 «. Δ. 84. FH W; 2) non dipende da δ: IX 1 (p. 218, 2) ὅπο- σήνας €“ LPV ὑποσημήνας A*FHW; 3) dipende da y': VIII 1 (p. 200, 25) κατέμενε €" A* FH(E) κατέμενον L PVo.

I due mss. che rappresentano la recensione maggiore di €" contengono (rispettivam. f. 143” e f. 73”) in uno scolio la stessa citazione del grammatico Palamede che si trova in FH(° Studi ital. 1902 X 40. 196), col secondo dei quali concordano pienamente quanto alla lezione, salvo che scri- vono il nome Παλαμήδης senza abbreviazione di sorta.

$ 8. Di €" il materiale a mia disposizione non mi permette di dire se non che forse è affine ai mss. che di- pendono da β: I 16 (p. 12, 20=9, 23 Jacobs) συνεῖδε E" L €!

GLI EXCERPTA DELLA HIST. AN. DI ELIANO. 169

σύνειδε H συνίειδε Pepe σύνοιδε F Va | 23 (p. 15, 20; cfr. p. vi) ἀλόγως E" πῶς ἀλόγως L Pc τῶν ἀλόγων F Var | 24 (p. 16, 28) καχήν €" FL Pc Εἰ κακίστην V. Posso aggiungere che €" sembra non dipendere da ὦ, (I 37 p. 21, 26 ὥρα πάντων €“ FH PpaV πάντων ἄρα L) e accostarsi a Κ᾽ (I 37 p. 21, 20 ἐπαγάγοις €" F ἐπάγοις HL PpgVa| ΠῚ 44 p. 77, 256 ϑῆλυς €" F ϑηλυχὸς AHLPcDe Vea €); e 8e questo è vero, le discordanze da /' nei due luoghi citati in principio di questo paragrafo dimostrerebbero solo che l’ esemplare da cui deriva €" non era stato corretto alla maniera di 1 (οἷν. Studi ital.’ 1902 X 208 sg...

8 9. Salve sempre le riserve che ci è accaduto di dover fare qua e nel corso della presente ricerca, pos- siamo dunque tracciare lo stemma seguente:

| β | —_ i , i I σ΄ π΄: V y' . P €° ef el ἢ, | + τ | E G 5 d e ev C D Q R | π- Î 1 em [Av+- A4°)=A 8 O U M N IT B 3 W IT n H

$ 10. Il risultato a cui siamo arrivati ci compensa male della noia del cammino: tutti gli excerpta della h. a. dipendono dall’archetipo dei nostri mss. integri, coi quali si raggruppano in modo, che la loro testimonianza, se con- corde con quelli, è superflua, se discorde, è destituita affatto di valore diplomatico. Tuttavia è già un guadagno non tra- scurabile l’aver acquistato la sicurezza della inutilità loro.

110 E. L. DE STEFANI

Il non aver saputo questo ha necessariamente fuorviato gli ultimi editori di Eliano ed in ispecial modo l’ Hercher, che degli excerpta fece più largo uso, a tutto danno del testo che intendevasi di emendare '): il futuro editore potrà rispar- miarsi la fatica di consultarli. Un’eccezione può e deve esser fatta per €°, dove s'è infiltrata, indipendentemente dai mss. che abbiamo, una tradizione che per noi non è rappresentata se non da V e, nel caso che da V siano indi- pendenti, da A” e €; giacchè di F (cfr. Studi ital.’ 1902 X. 208) non è da tener conto per le ragioni esposte altrove (1. c. p. 216 sg.).

Due parole intorno all’archetipo (a). Il termine ad quem per la sua età era dato finora dal Laur. 86, 7 (L) assegnato al secolo XII: adesso possiamo rimandarlo indietro di un paio di secoli, visto che da a dipendono sicuramente i due mss. da cui derivarono gli excerpta €° €*, che sotto il regno di Costantino Porfirogenneto (912-954) furono incorporati con l’‘ Epitome Aristotelis de animalibus di Aristofane; e poichè fra α e €° €* dobbiamo supporre interposti al- meno cinque esemplari della ἢ. a., cioè f#f'yy più l’epitome da cui direttamente Εἰ fu tratto, si può, senza tema d'er- rare, ritenere che « fu scritto non più tardi dei primi anni del X secolo.

$ 11. I saggi che seguono del testo di εἴ E! En E‘ E daranno meglio di ogni descrizione un’idea della natura di questi excerpta. La condanna senz’appello, se non m' inganno pronunciatane, m'è sembrata una ragione di largheggiare, anzichè no, nel trascrivere.

1) Un esempio ne porge subito il c. 1 del lib. I della h. a.: chi ne ha voglia paragoni fra loro il testo dell’ ediz. Lipsiense p. 4, 14 sgg., quello di « in Studi ital.’ 1902 X 219, e quello di εἰ a p. 1.8 sg. di questo scritto. Parimenti, non ostante Opp. hal. III 521, non è pru- dente mutare I 3 (p. 5, 24 8g.) τῆς οὐρᾶς κινῆσαι (FHLPpaV εἴ e‘: = τῆς οὐρῶς ἑλῶν x.) in τῇ οὐρᾷ x.. (€!)

GLI ἘΧΟΕΒΒΡΤΑ DELLA HIST. AN. DI ELIANO. 171

ef

12 Aayvioraros ἰχϑύων ἁπάντων σκάρος ἐστί, καὶ γε πρὸς τὸ ϑῆλυ ἀκορέστατος ἐπιϑυμία αὐτῷ ἁλώσεως αἰτία γί- γνεται. ταῦτα οὖν αὐτῷ συνεγνωκότες οἵ σοφοὶ τῶν ἁλιέων, ὅταν ϑῆλυ συλλάβωσιν, ἔδησαν δρμιᾷ καὶ ἐπισύρουσι διὰ τῆς ϑαλάιϊττης ζῶντα᾽ ἴσασι δὲ εὐνάς τε αὐτῶν καὶ διατριβάς. καὶ κύρτον τις τῶν ἐν τῇ πορϑμίδι παραρτήσας ἐπάγεται εὐρὺν τὸ στόμα, καὶ ἐς τὸν ἑαλωχότα τέτραπται σκάρον Ò κύρτος" βα- ρεῖται δὲ ἡσυχῇ λίϑῳ μεμετρημένῳ. οὐχοῦν οἱ ἄρρενες, ὥσπερ οὖν νύμφην ἐρωτικὴν νεανίαι ϑεασάμενοι, οἰστροῦνταί τε καὶ μεταϑξουσι, καὶ ἐπείγονται φϑάσαι ἄλλος ἄλλον καὶ παραψαῦ- σαι γενόμενοι πλησίον, ὥσπϑρ οὖν δυσέρωτες ἄνϑρωποι φίλημα κρῆσμα ϑηρώμενοι τι ἄλλο κλέμμα ἐρωτικόν. τοίνυν ἄγων τὸν ϑῆλυν ἡσυχῇ καὶ πεφεισμένως, λοχῶν τε καὶ ἐπιβουλεύων εὐϑὺ τοῦ κύρτου σὺν τῇ ἐρωμένῃ, φαίης ἄν, τοὺς ἐραστὰς ἄγξι. οὐκοῦν συνεισρεύσαντες τῷ κύρτῳ ἑαλώκασι, καὶ διδόασι δίκην ὁριἧς ἀφροδισίου ταύτην οἱ σκάροι.

3 ἰἐχϑὺς χέφαλος τῆς γαστρὸς χρατεῖ καὶ διαιτᾶται πάνυ σωφρόνως. ζώῳ μὲν γὰρ οὐκ ἐπιτίϑεται, ὅτῳ δ᾽ ἂν ἐν- τύχῃ κειμένῳ, τοῦτό οἱ δεῖπνον ἐστίν. οὐ πρότϑρον δὲ αὐτοῦ προσάπτεται, πρινὴ τῆς οὐρᾶς κινῆσαι. καὶ ἀτρεμοῦντος μὲν ἔχει τὴν ἄγραν, κινηϑέντος δὲ ἀνεχώρησεν.

11 (p. 9, 10-16) Ἔχουσι δὲ καὶ μανεικῶς αἱ μέλιτται, ὥστε ὑετῶν καὶ χρύους ἐπιδημίαν προμαϑεῖν" καὶ ὅταν τούτων τὸ ἕτερον καὶ ἀμφότερα ἔσεσθαι συμβάλλωσιν, οὐκ ἐπὶ μήκι- στον ἐχτείνουσι τὴν πτῆσιν ἐκ τῆς νομῆς, ἀλλὰ περιποτῶνται τοῖς σμήνεσι, καὶ οἷονεὶ περιϑυροῦσι. ἐκ δὴ τούτων οἱ μελιτ- τουργοὶ οἰωνισάμενοι προλέγουσι τοῖς γεωργοῖς τὴν μέλλουσαν ἐπιδημίαν τοῦ χειμῶνος.

1 innanzi a λαγνίστατος il cod. ha: ἄρα (]. δραν δὲ οἷα καὶ Aldiavos φησι περὶ ἀκολάστων καὶ λαχνείᾳ (1. λαγν.) χαιρόντων ζώων καὶ λοιπῶν: --- περὶ

" . (N . τ - ζώων a' λὺ x 8':!| 17 innanzi ἐχϑὺς il cod. ha: χαὶ In Αἰλιανοῦ ! . , περὶ ζώων τοῦ α' dd x y' || 22 a ἔχουσι il cod. premette: Ἑλιανοῦ τ' γ' τελ' (E rubr.) τοῦ περὶ ζώων πρω 20 χα

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1

172 ® 1», DE STEPANI

13 Ὁσαν ἄρα καὶ σωφρονεῖν ἰχϑύες ἀγαϑοῖ. γοῦν αἰτναῖος οὕτω λεγόμενος, ἐπὰν τῇ ἑαυτοῦ συννόμῳ οἷονεὶ γα- μετῇ τινι συνδυασϑεὶς καὶ κληρώσεται (sic) τὸ λέχος, ἄλλης οὐχ ἅπτεται, καὶ οὐ δεῖται συμβολαίων εἰς πίστιν, οὐ προικός, οὐδὲ μὴν δέδοικε κακώσεως δίκην αἰτναῖος, οὐδὲ αἰδεῖται Σόλωνα. ὧν (sic) νόμοι γενναῖοι καὶ πόλεις σεμναί, ods ἀκόλαστοι ἄν- ϑρωποι αἰδοῦνται μὴ πείϑεσϑαι.

14 Κοσσύφῳ ϑαλαττίῳ ἤϑη ts καὶ διατριβαὶ ai πέτραι καὶ al σηραγγώδίεις) ὑποδρομαί. γαμοῦσι δὲ οὗτοι ἕχαστος πολ- λάς, καὶ τῶν ὁπῶν olovsì ϑαλάμων νύμφαις ἀφίστανται. καὶ τοῦτο μὲν τὸ τοῦ γάμου ϑρυπειχὸν καὶ τὸ εἷς πολλὰς ἔχειν τὴν ὁρμὴν νεμομένην φαίην ἄν εἶναι τρυφώντων εἰς εὐνὴν βαρβάρων καί, ὡς ἂν εἴποις σὺν παιδιᾷ σπουδάσας, βίον My δικόν τε καὶ Περσικόν, ἔστι ἰχϑύων ζηλοτυπώτατος καὶ vir γνάλως μέν, οὐχ ἤχιστα δὲ ὅτι (sic) ai νύμφαι τίκτουσιν αὐτῷ. αἱ μὲν γὰρ ὠδίνων ἤδη πειρώμεναι ἠρεμοῦσί τε καὶ ἔνδον μένου- σιν, δὲ ἄρρην, οἷα δήπου γαμέτης, περιϑυρῶν τὰς ἐπιβουλὰς φυλάττει τὰς ἔξωϑεν φόβῳ τῶν βρεφῶν. ἔοικε γὰρ καὶ τὰ μήπω γενόμενα φιλεῖν καὶ δέει πατρικῷ ἁλισκόμενος ἐντεῦϑεν ὀρρω- δεῖν ἤδη, καὶ διημερεύει μὲν ἐπὶ τῇ φρουρᾷ πάντων ἄγευστος, καὶ φροντὶς αὐτὸν τρέφει" δείλης δὲ ὀψίας ἐγγενομένης ἀφρεῖ- ται τῆς ἀνάγχης τῆσδε, καὶ μαστεύει τροφήν, καὶ οὐκ ἀτυχεῖ αὐτῆς.

15 ᾿Επιβουλεύων κοσσύφῳ δεινὸς ἁλιεὺς ἐνείρει τῷ ἀγκίστρῳ καρίδ(α) μεγάλην εἰς δέλεαρ. ὅδ᾽ ὡς ἔχει ϑυμοῦ ἴεται νομίζων ἐχϑράν᾽" οὐ γάρ οἱ μέλει τῆς γαστρὸς τηνικαῦτα" καὶ συνϑλάσας αὐτὴν ἀπαλλάττεται, προτιμότ(ε)ρίον) τροφῆς καὶ πρεσβύτ(ε)- g(ov) τὸ μὴ καταχοιμίσαι τὴν φυλακὴν πεπιστευκῶς (Sic) εἶναι. τῶν δὲ ἄλλων ὅταν τι μέλλῃ τῶν προσπιπτόντων ἐσϑίειν ὑπο-

1 innanzi a ὅσαν (ὁ rubr.; 1. ἦσαν» il cod. ba: Ἰλιανοῦ CI rubr.) τοῦ αἴ πε(ρὶ) ζώων λόγου κ΄ εβ' || B innanzi a Κοσσύφῳ il cod. Βα: τοῦ x ιγ΄. Manca l'indicazione del libro perchè in εἴ questo cap. segue immediatamente al c. 2, dove l'indicazione è data || 24 la prima parte del 9. 15 fino a 173,2 τρώγει ἤδη, preceduta dall'indicazione ταὐτοῦ x ‘d', si legge nel f. 171" del cod., subito dopo del c. 8; 1] resto è nel 109", ed è introdotto dalle parole: (4Y2Miewod τοῦ περὶ ζώων

αἱ λόγου x εδ'

GLI BXCERPTA DELLA HIST. AN. DI ELIANO. 173

ϑλάσας sita εἴασε κεῖσθαι" καὶ ἰδὼν τεϑνηκός, ὅτε μὴ σπαίρῃ, τρώγει ἤδη. ϑήλεις χόσσυφοι, ἕως μὲν ἄρρενα ὁρῶσι προασπί- ξονται (810), ὡς ἂν εἴποις, μένουσιν ἔνδον καὶ τὸ τῆς οἰκουρίας φυλάττουσι σχῆμα" ὅταν δὲ ἀφανισϑῆναι, ἀλύουσιν αἶδε, πρροά- yer τε αὐτὰς καὶ ἐξάγει ἀϑυμία καὶ ἐνταῦϑα ἑαλώκασι. τί πρὸς ταῦτα oi ποιηταὶ λέγουσι τήν τε Εὐάδνην ἡμῖν τὴν Igpidos καὶ τὴν ἄλχηστιν τὴν Πελίου πάλαι ἐνδόξως ϑρηνοῦσι.

€!

(Mss. adoperati: Laur. 55, 7; m = Laur. 59, 44; n = Marc. XI 1; p= Marc. XI 15; q= Paris. gr. 1698).

Il KaAsîrtai vs Διομήδεια νῆσος καὶ ἐρωδιοὺς ἔχει 7104- λούς. οὗτοι, φασί, τοὺς βαρβάρους οὔτε ἀδικοῦσιν οὔτε αὐτοῖς προσίασιν᾽ ἐὰν δὲ Ἕλλην κατάρῃ ξένος, οἱ δὲ dela τινὶ dwosg 10 προσίασι πτέρυγας ἁπλώσαντες οἱονεὶ χϑῖρας τινὰς εἰς δεξίωσίν τε καὶ περιπλοκάς. καὶ ἁπτομένων τῶν Ἑλλήνων οὐχ ὑποφεύ- γουσιν, ἀλλὰ ἀτρεμοῦσι καὶ ἀνέχονται, xaì καϑημένων st τοὺς κόλπους καταπέτονται ὥσπερ οὖν ἐπὶ ξενίᾳ χληϑέντες. λέγονται οὖν οὗτοι Διομήδους ἑταῖροι εἶναι, οἱ σὺν αὐτῷ τῶν ὅπλων 15 τῶν ἐπὶ τὴν Ἴλιον μετεσχηκέναι. εἶτα τὴν προτέραν φύσιν εἰς

2 } è un errore del rubr. per οὗ || 10 οἵδε ἔπι Ὁ] ϑεῖα 1} 11 ἐς ᾳΊ] 12 re om. nel testo suppl. in mg. 4 ;| 14 οὖν om. 2 || 15 οἱ] χαὶ nq

SCOLII: 10 προσίασιν] ἤγουν προσέρχονται mpq: προσέρχονται n | κατάρῃ! avayecda. λέγομεν τὴν ναῦν, ὅταν ἀπὸ γῆς εἰς πέλαγος ἔρχηται (πέλαγον ἔρχεται Ἀ)}" κατώγεσθαι δὲ χαὶ καταίρειν, ὅταν ἀπὸ πελάγους eis γῆν. λέγεται τὸ (dè per τὸ n) κατάγεσθαι κατὰ μεταφορὰν ἀπὸ τούτου καὶ ἐπὶ τῶν ὁδοιπορούντων, ὅταν εἰς καταγωγιον ἔλθωσι, xal ἐπὶ τῶν φυγάώ- dwr, ὅταν εἰς τὴν ἑαυτῶν ἐπανέρχωνται (-ονται n) πατρίδα Imnpq | οἵ δὲ] ἤγουν οἱ ἐρωδιοὶ mn p || 11 δεξίωσιν) δεξίωσις χυρίως orav ὑποδέχηταί (-χεται 1) τίς τινα τὴν δεξιὰν αὐτοῦ (sic) χεῖρα προτείνων, καὶ ἀπὸ τούτου ἁπλῶς ἐπὶ τῶν χάριν (χάρειν 1) ποιούντων πρός τινας Tm pq || 18 avé- χονται] ἡγου» ὑπομένουσι mp ᾳ: ὑπομένουσι n | καϑημένων) τῶν “Ελλήνων δηλονότι mpg: τῶν Ἑλλήνων n || 18 τῶν ὁπλων) ὅπλα λέγεται τὰ φυλα- κτήρια olor ϑώραξ, κρώνος, κνημῖδες (-ides mn)' ἀμυντήρια δὲ δι ὧν μά- getai τις οἷον σπάϑη, μάχαιρα mnpq || 16 προτέραν] τὸ πρότερον λέ- γεται ἐπὶ δύο, τὸ δὲ πρῶτον ἐπὶ πολλῶν n

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14 n Βι ἵν DE STRFANI τὸ τῶν ὀρνίϑων μετεβάλοντο εἶδος" ὅμως ἔτι καὶ νῦν διαφυ- λάττουσι τὸ εἶναι Ἕλληνές τε καὶ φιλέλληνες.

3. σκάρος πόας μὲν ϑαλαττίας σιτεῖται καὶ βρύα" λα- γνίστατος δὲ ἄρα ἰχϑύων ἁπάντων ἦν, καὶ i] γε πρὸς τὸ ϑῆλυ ἀκόρεστος ἐπιϑυμία αὐτῷ ἁλώσεως αἰτία γίνεται. ταῦτα οὖν αὐτῷ συνεγνωκότες οἱ σοφοὶ τῶν ἁλιέων ἐπιτίϑενταί οἱ τὸν τρόπον τοῦτον. ὅταν ϑῆλυ συλλάβωσιν, ἔδησαν ὁρμιᾷ σπάρτου πεποιημένῃ λεπτῇ τοῦ στόματος ἄχρου καὶ ἐπισύρουσι διὰ τῆς ϑαλάττης τὸν ἰχϑὺν ζῶντα᾽ ἴσασι δὲ εὐνάς τε αὐτῶν καὶ δια- τριβὰς καὶ ὅπου συναγελάζονται. μόλιβδος δὲ αὐτοῖς πεποίηται βαρὺς τὴν ὁλκήν, περιφερὴς τὸ σχῆμα, καὶ ἔχει μῆκος τριῶν δαχεύλων, καὶ διείληπτεαι ἐξ ἄκρων σχοίνῳ καὶ ἐπισύρεται τὸν τοϑηραμένον. καὶ κύρτον τις τῶν ἐν τῇ πορϑμίδι παραρτήσας ἐπάγεται εὐρὺν τὸ στόμα, καὶ ἐς τὸν ἑαλωκότα τέτραπται σχά- ρὸν κύρτος" βαρεῖται δὲ ἡσυχῇ οὗτος λίϑῳ μεμετρημένῳ. οὔ- χοῦν οἱ ἄρρενες, ὥσπερ νύμφην ἐρωτικὴν νεανίαι ϑεασάμενοι, οἰστροῦνταί τε καὶ μεταϑέουσι, καὶ ἐπείγονται φϑάσαι ἄλλος ἄλλον καὶ γενέσϑαι πλησίον καὶ παραψαῦσαι, ὥσπερ οὖν δυ- σέρωτες ἄνθρωποι φίλημα xvicue ϑηρώμενοι È τι ἄλλο κλέμμα ἐρωτικόν. τοίνυν ἄγων τὸν ϑῆλυν ἡσυχῇ καὶ esper σμένως, λοχῶν te καὶ ἐπιβουλεύων εὐθὺ τοῦ κύρτου σὺν τῇ ἐρωμένῃ, φαίης ἄν, τοὺς ἐραστὰς ἄγει. γενομένων δὲ ὁμοῦ τῷ κύρτῳ, τὸν μὲν μόλιβδον μεθῆκεν 6 ϑηρατὴς εἷς τὸ εἴσω" δὲ ἄρα ἐμπίπτων σὺν τῇ δρμῇ κατασπᾷ καὶ τὸν ϑῆλυν. οὐ- κοῦν συνεισρεύσαντες ἑαλώχασι καὶ διδόασι δίκην ὁρμῆς ἀφρο- δισίου ταύτην οἱ σκάροι.

8 ἰχϑὺς κέφαλος τῶν τοῖς ἕλεσι βιούντων ἐστί, καὶ πεπίστευται τῆς γαστρὸς κρατεῖν καὶ διαιτᾶσϑαι πάνυ σωφρό- γως. ζώῳ μὲν γὰρ οὐχ ἐπιτίϑεται, ἀλλὰ πρὸς πάντας τοὺς ἰχϑῦς

1 μετεβάλλοντο n || 8 σιτεῖσϑειι m || 11 τριῶν μῆκος por μ. to. πα || 18 κῦρτον n || 18 ἄλλονδε καὶ n || 20 ἐρρωτικόν n || 21 λογχῶν n || 28 τὸν μὲν fino a 24 ἄρα éu- om, nel testo e suppl. nell’interlinea 2 | εἰς τὰ (ΟἿ 2 || 24 καὶ om. n

ScoLm: 1 ὀρνίϑων) ὄρνιϑες drdoc μὲν (μὲν ἁπλῶς n) πάντα τὰ πε- τόμενα, ἰδίως δὲ οἱ εἰς μαντείαν συντείνοντες, ἀφ᾽ οὗ ἔλεγον καὶ nav τὸ εἰς μαντείαν συντεῖνον ὄρνιν, οἷον πταρμόν παλμὸν τοιοῦτό τε πὶ Ν᾿ q.— Dello stesso conio sono gli scolii ai rimanenti capitoli, e il lettore, m'immagino, non si dorrà se me ne risparmio la trascrizione,

GLI RXCERPTA DELLA HIST. AN. DI ELIANO. 175

Evorrovdos εἶναι πέφυκεν᾽ ὅτῳ δ᾽ ἂν ἐντύχῃ κειμένῳ, τοῦτό οἵ δεῖπνον ἐστίν. οὐ πρότερον δὲ προσάπτϑοται πρὶν τῇ οὐρᾷ κινῆσαι. καὶ ἀτρεμοῦντος μὲν ἔχει τὴν ἄγραν, κινηϑέντος δὲ ἀνεχώρησεν.

4 Τιμωροῦσιν ᾿ἀλλήλοις ὡς ἄνϑρωποι πιστοὶ καὶ συσετρα- τιῶται δίκαιοι οὗ ἰχϑύες, οὕσπερ οὖν ἀνϑίας οἱ τῆς ϑήρας ἐπι- στήμονες τῆς ϑαλαττίας φιλοῦσιν ὀνομάζειν ὄντας τὰ ἤϑη me λαγίους. τούτων γοῦν ἕχαστοι, ὅταν νοήσωσι τοϑηρᾶσϑαι τὸν σύννομον προνέουσιν ὥκιστα, εἶτα ἐς αὐτὸν τὰ νῶτα ἀπερεί- δουσι, καὶ ἐμπίπτοντες καὶ ὠϑούμενοι τῇ δυνάμδι κωλύουσιν ξάκεσϑαι.

Καὶ οἱ σκάροι δὲ sic τὴν οἰκείαν ἀγέλην εἰσὶν ἀγαϑοὶ τι- μωροί. προΐασι γοῦν καὶ τὴν ὁρμιὰν ἀποτραγεῖν σκεύδουσιν, iva σώσωσι τὸν ἡρημένον᾽ καὶ πολλάκις μὲν ἀποκόψαντες ἔσωσαν καὶ ἀφῆκαν ἐλεύϑερον, καὶ οὐκ αἰτοῦσι ξζωάγρια᾽ πολλάκις δὲ οὐκ ἔτυχον, ἀλλὰ ἥμαρτον μέν, τὸ δ᾽ οὖν ἑαυτῶν ποποιήκασιν εὖ μάλα προϑύμως. ἤδη δὲ καὶ εἰς τὸν κύρτον τὸν σκάρον ἐμπεσεῖν φασι καὶ τὸ οὐραῖον μέρος ἐκβαλεῖν, τοὺς δὲ ἀϑηρά- τους καὶ περινέοντας ἐνδακεῖν καὶ εἰς τὸ ἔξω τὸν ἑταῖρον προα- γαγεῖν. εἰ δὲ ἐξίοι κατὰ τὸ στόμα αὐτῶν τις 6 ἔξω τὴν οὐρὰν ὥρεξεν, δὲ περιχανὼν ἠκολούϑησεν. οὗτοι μὲν δὴ ταῦτα δρῶ- σιν os ἄνθρωποι φιλεῖν οὐ μαϑόντες ἀλλὰ πεφυχότες.

em

Prooem. (p. 3, 23-4, 1) Οὐ πάντα πᾶσι καλά, οὐδὲ τὰ δεξιὰ δοκεῖ σπουδάσαι πᾶσι πᾶντα.

I 20 (p. 14, 23-25) Τὸ φιλόμουσον ἔδωκε τοῖς ἄρρεσιν φύσις" τέττιξ δὲ ϑήλεια ἄφωνός ἐστι, καὶ ἔοικε σιωπᾶν δίκην γύμφης αἰδουμένης.

24 ἔχις περιπλακεὶς τῇ ϑηλδίᾳ μίγνυται (sic) δὲ ἀνέ- χόται τοῦ νυμφίου καὶ λυπεῖ οὐδέν. ὅταν δὲ πρὸς τῷ τέλει τῶν ἀφροδισίων ὦσι, πονηρὰν ὑπὲρ τῆς ὁμιλίας τὴν φιλοφροσύνην ἐκτείνει νύμφη τῷ γαμέτῃ" ἐμφύσα sic) γὰρ αὐτοῦ τῷ τρα-

6 ϑύρας l || 18 χαὶ om. n || 14 εἰρημένον pr. ἦρ. corr. || 15 πολ- λάκις δὲ om. nel testo e suppl. in mg. p || 16 οὐχ], οὐχ om. nel testo n che suppl. ov in mg. || 17 εἰς om. n || 19 éxdaxsîv q

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20

80

GLI EXCERPTA DELLA HIST. AN. DI ELIANO. 179

(Mss. adoperati: w = Vindob. hist. gr. 78; v= Vat. gr. b73).

I 13 ‘0 αἰτναῖος οὕτω λεγόμενος, ἐπὰν τῇ ἑαυτοῦ συννόμῳ οἱονεὶ γαμετῇ τινι συνδυασϑεὶς κληρώσηται τὸ λέχος, ἄλλης οὐχ «ἅπτεται.

16 Πατὴρ δ᾽ ἐν ἰχϑύσιν γλαῦχος οἷός ἐστι. τὰ γὰρ γεν- γώμενα ἐκ τῆς συννόμου παραφυλάττεται ἰσχυρῶς, ἵνα ἀνεπι- βούλδυτά τε καὶ ἀσινῆ ῇ. καὶ ἕως μὲν φαιδρὰ καὶ ἔξω δέους δϑιανήχεται, δὲ τὴν φρουρὰν οὐκ ἀπολιμπάνει, ἀλλὰ πῇ μὲν οὐραγεῖ, πῇ δὲ οὔ, ἀλλὰ ταύτην παρανήχεται τὴν πλευρὰν ἐκείνην ἐὰν τι δείση τῶν νηπίων, δὲ χανὼν εἰσεδέξατο τὸ βρέφος, καὶ συνεῖδε τὴν αἰτίαν" slra τοῦ φόβου παραδρα- μόντος τὸν καταφυγόντα ἀνεμεῖ οἷον ἐδέξατο, καὶ ἐκδῖνος πάλεν γήχεται.

17 Κύων δὲ ϑαλαττία ἔχει συνόντα τὰ σκυλάκια ἤδη καὶ οὐκ εἰς ἀναβολάς. ἐὰν δὲ deion τι τούτων εἰς τὴν μητέρα si- σέδυ αὖϑις.

19 βοῦς ϑαλάττιος ἐν πηλῷ τίκτεται, καὶ ἔστιν ἐξ ὠδίνων βραχύτατος, γίνεται δὲ ἐχ βραχίστου μέγιστος.

20 (p. 14, 28 sgg.) Τῷ μὲν ἄρρενι τῶν τεττίγων ἔδωκε τὸ φιλόμουσον φύσις᾽ τέττιξ δὲ ϑήλεια ἄφωνός ἐστι, καὶ ἔοικε σιωπᾶν δίκην νύμφης αἰδουμένης.

22 βαβυλωνίους τε καὶ Χαλδαίους σοφοὺς τὰ οὐράνια qdovorr οἱ συγγραφεῖς. μύρμηκες δὲ οὔτε εἰς οὐρανὸν ἀναβλέ- πουσιν οὐδὲ τὰς τῶν μηνῶν ἡμέρας ἐπὶ δακτύλων ἀριϑμδῖν ἔχουσιν, ὅμως δῶρον ἐκ φύσεως εἰλήχασι παράδοξον" τῇ γὰρ ἡμέρᾳ τοῦ μηνὸς τῇ νέᾳ εἴσω τῆς ἑαυτῶν στέγης οἰκουροῦσι, τὴν ὀπὴν οὐχ ὑπερβαίνοντες ἀλλ᾽ ἀτρεμοῦντες.

23 (p. 15,20 sgg.) Οἱ σαργοὶ ἀλόγως φιλοῦσι τὰς αἶγας" ἐὰν γὰρ πλησίον τῆς ἠϊόνος νεμομένων σκιὰ μιᾶς δευτέρας

ται! 1 συνόμῳ v || 3. οἱονεὶ) ἤτοι v|| 17 γίνεται) y ὦ} 30 αἰδουμένη υ || 21 Ba8vdwviovs fino 22 συγγραφεῖς om. v || 22 δὲ fino a 24 ὅμως om. v || 26 ἀτρεμέουσιν v

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35

El

ΕἸ

180. Ἑ. L. DE STEFANI, GLI ΒΧΟΚΈΡΤΑ ETO.

ἐν τῇ ϑαλάττῃ φανῇ, οἱ ἀσμένως προσνέουσι καὶ avarm- δῶσιν, ὡς ἡδόμενοι, καὶ προσάψασϑαι τῶν αἰγῶν ποθοῦσιν ἐξαλλόμενοι, καίτοι οὐ πάνυ τοι ὄντες ἀλτιχοί.

24 ἔχις περιπλακεὶς τῇ ϑηλείᾳ μίγνυται" δὲ ἀνέχεται τοῦ νυμφίου καὶ λυπεῖ οὐδὲ ἕν. ὅταν δὲ πρὸς τῷ τέλει τῶν ἀφροδισίων doi, πονηρὰν ὑπὲρ τῆς ὁμιλίας τὴν φιλοφροσύνην ἐχείνει νύμφη τῷ γαμέτῃ᾽ ἐμφῦσα γὰρ αὐτοῦ τῷ τραχήλῳ διακόπτει αὐτὸν αὐτῇ τῇ κεφαλῇ" καὶ μὲν τέϑνηκεν, δὲ ἔγχαρπον ἔχει τὴν μίξιν καὶ κυεῖ. τίκτει δὲ οὐκ ὡά, ἀλλὰ βρέφη, καὶ ἔστιν ἐνεργὰ ἤδη τὴν αὐτῶν φύσιν τὴν κακήν. διεσϑέει γοῦν τὴν μητρῴαν vydiv, καὶ πρόεισι κατὰ τὰ αὐτὰ τιμωροῦντα τῷ πατρί.

25 Τὴν ὕαιναν τῆτες μὲν ἄρρενα εἰ ϑεάσαιο, τὴν αὐτὴν ἐς νέωτα ὄψει ϑῆλυν" εἰ δὲ ϑῆλυν νῦν, μετὰ ταῦτα ἄρρενα" χοινωγοῦσί τε ἀφροδίτης ἑκατέρας, καὶ γαμοῦσί τε καὶ γαμοῦν- toi, ἀνὰ ἔτος πτᾶν ἀμείβουσαι τὸ γένος.

28 Ἵππος ἐρριμμένος σφηκῶν γένεσίς ἐστιν. μὲν γὰρ ὑποσήπεται, ἐχ δὲ τοῦ μυελοῦ ἐχπέττονται οἱ ϑῆρες, ὠκίστου ζώου πτηνὰ ἔχγονα.

49 μέροψ τὸ ὄρνεον ἔμπαλιν, φασί, τοῖς ἄλλοις ἅπασι πέτεται" τὰ μὲν γὰρ εἷς τοὔμπροσθεν ἵεται καὶ κατ᾽ ὀφϑαλ- μούς, τόδ᾽ εἰς τοὐπίσω.

II 29 Μυῖαν ἀποπνιγεῖσαν εἰς ὕδωρ ἐὰν ἐξελὼν ἐμπάσαις τέφραν καὶ καταϑήσοις ἐν ἡλίου αὐγῇ, ἀναβιοῦσαν ὄψει τὴν μυῖαν.

IV 57 ᾿Αριστοτέλης λέγει τὸν ὑπὸ ὕδρου πληγέντα παρα- χρῆμα ὀσμὴν βαρυτάτην ἀπεργάζεσϑαι, λήϑην τε καταχεῖσϑαι τῷ πληγέντι καὶ ἀχλὺν κατὰ τῶν ὀμμάτων πολλὴν, καὶ λύτταν ἐπιγίνεσϑαι καὶ τρόμον εὐϑὺς μάλα ἰσχυρὸν, καὶ ἀπόλλυσϑαι διὰ τρίτης αὐτόν.

14 εἰς v | νῦν μι τ. ἄρρενα] αὖϑις τὸ ἀνάπαλιν || 20 ἔμπαλιν fino a 22 τοὐπίσω] ἐναντίως τὴν πτῆσιν ποιεῖται" ἐξόπισϑεν γὰρ πέτεται v

Firenze, 31 marzo 1904.

Ep. Lursr De STEFANI.

SUL COMMENTO DI NICEFORO GREGORA

AL ΠΕΡῚ ENYIINIQN DI SINESIO

Il libro che Sinesio scrisse περὶ ἐνυπνίων ha soprat- tutto per iscopo di mostrare che la divinazione nei sogni è non solo utile ma anche doverosa. Egli era un fervido seguace dell'opinione che i sogni fossero inviati agli uomini dalla divinità e che costituissero un mezzo di comunica- zione tra quelli e questa (ed. Petavius 1633 p. 143 A). Di qui 1 importanza dell’arte divinatrice alla quale si può arrivar solo dopo lunghe e coscenziose esperienze. Persuaso di questo principio, e per persuaderne gli altri, compose il suo lavoro, buttandolo giù in una notte quasi per ispi- razione divina, e credendo di dir cosa mai studiata dai greci, come egli stesso scrisse in una lettera ad Ipazia (154, Hercher p. 735 ss.). Ma noi non possiamo ritenere. giusta la sua opinione, giacchè la teoria da lui esposta corrisponde esattamente a quella platonica. Io non farò il sunto del lavoro, che ognuno potrà vedere in un libro famoso 1); mi basterà fermar l’attenzione sopra un punto capitale, specialmente per bene intendere la maniera di pensare di Niceforo Gregora.

Dopo le varie teorie emesse dai più antichi filosofi, di cui restano pochi frammenti conservati specialmente da

1) Volkmann, Syn. von Cyrene, Ὁ. 187 8.

SUL COMMENTO DI NICEFORO ETC. 183

dosi in parte con Plot. Enn. II 3 ed aggiungendo che, essendo noi messi a contatto colla divinità per mezzo dei sogni, non è strano che questi ci appariscano quasi sacri, e por- tino conseguenze mirabili. Egli ritiene necessario per ogni individuo il contributo della propria esperienza (152); se è possibile crede 81 debba scrivere, come fece egli stesso (153 A), un ricordo sia dei fatti giornalieri, sia delle ἐπι- γυχτίδες, affinchè tutto questo serva di guida alla formazione della τέχνη di ciascuno. In seguito a questo passo Niceforo Gregora avanza nel suo commento (Migne PG. 149 p. 632 A) l’ipotesi che Sinesio abbia scritto un libro in cui narrava tutti i sogni di cui serbava il ricordo. Ma quì probabil- mente il commentatore intese male il suo testo, perchè se Sinesio raccolse i ricordi di tutti gli avvenimenti che lo riguardavano, questo non implica che li riducesse a libro, che anzi il trattato presente, come quello che o dovrebbe dare la sintesi delle esperienze fatte dal filosofo di Cirene, è contrario alla supposizione di Niceforo. Gli appunti do- vettero costituire il materiale per la composizione del libro e per fare assurgere lo scrittore ad una teoria generale e ampia più che fosse possibile. Ma forse per la fretta, forse anche per le condizioni di entusiasmo in cui fu composto, questo libro è riuscito tutt'altro che pari alla fama del suo autore, essendo una lunga e spesso noiosa disquisizione su varì e disparati argomenti tra i quali soltanto nelle ultime pagine apparisce quello che dovrebbe essere il vero scopo dello scritto.

Sinesio adunque fonde Platone con Aristotele, ma mentre tocca solo brevemente e di passaggio della teoria fisiologica, si ferma su quella della divinazione più a lungo cercando di sviluppare Platone e di instillare negli animi il convin- cimento che quella ch’ ei raccomanda è un’ occupazione utile e doverosa per tutti. Niceforo Gregora invece non pare che abbia la fede del suo autore. Nel tempo in cui egli scrisse la filosofia era modellata su quella dello Sta- girita, e coloro ì quali si occuparono dei sogni non fecero altro che riprodurla aggiungendovi delle spiegazioni, senza modificarne il concetto. Così Michele Efesio (cod. Laur.

18. N TURZAGHI

ΝΡ generalmente dagli scrittori di cose 4 a sumninoiare dalla più acuta si chiamano ᾿ avagatteii, μέση, ὑπερπαρυπάτη, παρυπάτη, τ μμψινονορ, Anche le spiegazioni che si tro- Na presso Nicomaco (c. 9 Mus. gr. ed. Jan «toto (probl. XIX 7, ib. p. 81 n. 4) ed in sol p. 16 ss.) sono molto differenti da πον ‘rvano nel nostro autore. Una maggiore < inova con Macrobio in soma. II 13 ss.; ma i + ‘*anudlo (00d. Laur. f. 60" ss.) si mostra invece quello che esaminiamo da escludere che Conobbe Niceforo direttamente l’opera di poco probabile; ma da questa negazione viene sticilo che mai il formulare un’ ipotesi qualsiasi, ‘so si pensi che anche i rapporti numerici se-

. ‘te corde nello schema di Niceforo diversificano non

a quelli tradizionali riportati da Boezio nell’ inst. . 10, dove questo autore tratta delle innovazioni mu-

Pitagora.

Avcennato a queste difticoltà, prima di parlare delle fonti, sarà bene dare un’ occhiata al lavoro e vedere composto. La proteoria, epistola diretta a Teodoro \ietochite e tutta piena di lodi per lui e di ammirazione der Sinesio, ottre probabilmente un terminus ad quem per stabilire In data del libro. Giacchè Teodoro cadde in di- agrazio nel 1328 è verosimile pensare che Niceforo gli de- dicasso una sua opera prima di questa data, mentre era all’apico della sua potenza. Forse il nostro non avrebbe

nsnto n compiere un simile atto quando il cancelliere dell'impero bizantino era piombato nell'oscurità e nella mi- serin. In ogni caso Teodoro Metochite morì nel 1332, Nice- foro niunuo nel 1295, sicchè dovette scrivere il commento n ιν tra i trenta ed i quaranta anni di età. Alla pre- fnzione magno il vero e proprio commento scritto uon pei dotti, como dice l’autore stesso a p. 529 A, ma pel volgo, © sonnintonte in una serie di osservazioni staccate 1) che si

1, Ci Krumbacher, 1 γα. Lit.* 101.

SUL COMMENTO DI NICEFORO ETC. 187

riferiscono a parole, idee, accenni del filosofo di Cirene. Quì debbono esser distinte le glosse dagli scolî, di cui le prime dichiarano sempre soltanto il valore grammaticale o sintattico delle singole forme usate da Sinesio, i secondi spiegano il contenuto dell’opera e danno quelle dichiara- zioni filosofiche o teologiche necessarie alla esatta compren- sione di essa. Nei mss. per lo più le glosse formano le note interlineari, gli scolî quelle marginali. In questi ul- timi Niceforo trova occasione di allargare il suo campo e di mettere in relazione le dottrine di Sinesio con quelle professate da Platone e dai teologi Egiziani o Caldei, ed in queste parti il libro ci è prezioso poichè ci ha conser- vato alcuni oracoli ignoti d’ altra parte. Altrove viene spiegata razionalmente alcuna parte della mitologia, seb- bene sotto questo rispetto le cognizioni dello scrittore sieno piuttosto confuse. Così a p. 533 A e 688 B si spiega il mito di Atena che nasce da Zeus e rappresenta il senno pro- dotto dalla intelligenza superiore originaria. viene la- sciata intatta l’interpretazione dell’epiteto rorroygre, poichè si dice che la dea è composta di tre parti, una riguardante il corpo e presa dai quattro elementi fondamentali del co- smo, le altre due, τό ϑυμικόν 6 τὸ ἐπιϑυμητικόν, prese dal- l'etere e dalla luna attraversate da Atena stessa quando scese in terra, χατιοῦσα. A questo punto segue a p. 589 un accenno alla magia, poichè l’autore attribuisce alla luna influenza sugli amori a cagione della sua natura umida e scorrente; siccome questo influsso non 81 può comprendere se non 81 mette in relazione con quello esercitato dagli altri astri sugli uomini, esso deve rientrare nel campo assai vasto delle arti magiche. Di questa tendenza razionalistica trovano altri accenni, a p. 588 A a proposito di Eracle dove 81 distinguono i μυϑικοί dai μυστικοὶ λόγοι; a p. 637 A riguardo alla favola di Icaro che sarebbe stato uno studioso di astronomia cui non riuscì di raggiungere lo scopo pre- fisso. Α p. 578 B, nel dichiarare l’espressione πρώτη πρό- γοια usata da Sinesio, p. 139 B, si dice che essa è attributo del sommo demiurgo, distinto dagli dei minori, giacchè gli antichi, continua Niceforo seguendo un modo di vedere

Di

188 N, TERZAGHI ᾿ molto simile a quello omerico di 323, immaginavano come animati e curanti degli uomini anche il sole e la luna 6 gli astri minori 1).

Tre volte si incontrano osservazioni di carattere filo- logico: a p. 558 A si nota come nei mss. di Sinesio, p. 135 B, si legga τῆς κατὰ τὴν ἐν φαντασίᾳ ζωήν è ζωῆς, a p. 6818 si ripete lo stesso a proposito della parola φαντάσματι 0 φάντασμά ti, Syn. 152 C. Finalmente a pi 578 A Niceforo rileva, confrontando con Soph. E? 1230 s., che le parole medie come συμφορά (Syn. 139 B) hanno solo un significato cattivo. Però, secondo ogni probabilità, l'attività filologica: del nostro non si limita qui. Nei codici da me esaminati, nei quali il commento è intero, ossia cod. Mon. 87, Paris. Supp. gr. 1033, Vindob. phil. gr. 273 Nessel, si trovano frequentemente delle correzioni al testo precedute dalla sigla yo. Solo un esame di tutti i mss. può dire con cer- tezza se tali note risalgano a Niceforo, però il fatto che esse sono constantemente ripetute *) in quei tre mss. par- rebbe deporre favorevolmente a tale ipotesi: del resto è sicuro che alcune tra esse risalgono al nostro per varie ragioni che esportò qui brevemente. In seguito alla divi- sione, già da me notata, in glosse e scolî è nata nei codd. una certa confusione poichè veniva lasciato quasi all’ar- bitrio del copista di considerare le parti del testo di Ni- ceforo come pertinenti alla prima od alla seconda classe. fa meraviglia che le glosse sieno state riunite talvalta, certo in due casi, allo scolio immediatamente seguente. Così a p. 578B = Syn. 139 B si legge πρώτη πρόνοια, 70: ἄνω e segue il commento riportato da me poco sopra; a p.584 A = Syn. 140B ϑέα δή, ὅρα, yo. ϑεῶ καὶ χρεῖττον τοῦ Ia, ταυτοσήμαντον ὄν: in questi luoghi non vi è dubbio alcuno che quello che leggiamo non sia stato scritto dal- l’autore stesso. Quì da ultimo poi deve trovare il suo

1) A p. 688 Β si riporta senza commenti la nota favola di Iynx: qui merita qualche attenzione la notizia che si dava tal nome anche ad una specie di cetra dal suono dolcissimo.

Ὁ) Alcune di esse sono anche nel cod. Lwur, Ashb. 1689 conte- nente il solo de insomniis di Sinesio.

190 N. TERZAGN

πηγάνου ἐξ ἀγρίοιο δέμας ποίει, ἠδ᾽ ἐπικόσμει ζώοισιν λεπτοῖσε κατοικιδίοις σχαλαβώταις, σμύρνης καὶ στύρακος λιβάνοιο τε μίγματα τρίψας 5 σὺν κχοίνοις ζώοισι, καὶ ὑπαιϑριάσας ὑπὸ μήνην Ρ. ὅ89 αὔξουσαν τέλει, αὐτὸς ἐπευχόμενος τήνδ᾽ εὐχήν" τὰ δὲ ἐξῆς ζητεῖν οὐ χρή. (v. 2 ἡδ᾽ Mfigue], ἠδ᾽ codd. N [Mon. 87], P (Paris. supp. Gr. 1088], B [cod. Mon. 85) V [cod. Vindob. phil. gr, 273 Nessel]; 3 ζώοισι NPV 9 [Laur. LXXXVI 28) L [Laur. X 91]; 4 μίγματα M, μίγμα codd. omnes; 5 κείνοισι GL; ὑπαὶ GL fortasso ex attract. praeced. verbi; 6 τήνδε τὴν GL, τήνδε BNP.V; versus 2 certe corruptus, dignum quod notetur persaepe vocales longas corripi, at contra y. 1 σύ lon- gum esse, v. spondaicum esse.

È questo un esempio di ciò che Sinesio (p. 182 ΟἹ, chiama φωναί, giacchè egli dice: ξλχει ἄλλο di ἄλλου (80. è σοφός) ἔχων ἐνέχυρα παρόντα τῶν πλείστων ἀπόντων καὶ φωνὰς καὶ ὕλας καὶ σχήματα (cf. Nic. p. 538 Β). Evidente. mente l'oracolo citato non ha alcuna relazione con ciò che dice Sinesio, ed è peccato che non sia stato conservato intero, giacchè per esso noi avremmo potuto avere uno specimen di formule magiche non prive di importanza. Qui abbiamo la dea Hecate che si rivolge ad un supplicante e gli ordina di prendere una ruta e formarne una figura nella maniera precisa che gli verrà indicata. Si noti la so- miglianza con passi affini della Bibbia, dove la divinità detta le norme per la fabbricazione dell'arca di Noè (Gen. VI 15 5.) o dell’arca santa (Ezod. XXV 10 ss.) etc., non però del suo simulacro; nel nostro caso poi non si tratta di una vera immagine perchè la parola ξόανον, v. 1, non si presta a tale interpretazione !). Pure qui la dea parla al suo popolo come il Dio degli Ebrei nel 1. c., di più, al contrario che nel fr. edito dal Kroll a p. 20, qui noi tro- viamo fatta una distinzione tra Hecate e la luna, ossia la

4) Di altri precetti dati con esattezza ed a cui si debbono at- tenere i fedeli in certe pratiche religiose, non manca il culto greco; οὗ il fr. di Clidemo, Hereg., presso Athen. IX 409, a proposito degli ἐναγισμοί. Of. pure Harrison, Proll. to the st. of gr. rel. 59.

SUL COMMENTO DI NICEFORO ETO. 191

luna si considera come facente parte non della teogonia, ma della cosmologia. Però le si attribuisce un influsso nelle cose magiche, e quindi non si può escludere che essa sia anche ancella della dea. Hecate è nella teologia caldaica la divinità forse più importante, dato che essa confonda con Rhea (Kroll p. 16. 30, Rhein. Mus. p. 637), epperò si capisce come da lei vengano i responsi, ed ella stessa scenda sulla terra ad ascoltare le preghiere degli uomini. Consi- derata sotto questo aspetto noi troviamo la dea anche in un altro frammento:

II p. B40 A ἤλυϑον εἰσαίουσα τεῆς πολυφράδμονος εὐχῆς ἣν ϑνητῶν φύσις εὗρε ϑεῶν ὑποθϑημοσύνῃσι,

(2 ὑποϑημοσύνησιν BV)

che forse è da unire col precedente, anzi probabilmente veniva immediatamente prima di questo : la dea riceve una preghiera, la ascolta e scende sulla terra per indicare al supplicante il modo col quale il suo desiderio può essere adempito. questi sono i soli luoghi dove di tal fatto si faccia menzione; invece Niceforo dice espressamente che per formule magiche si poteva attrarre Hecate anche contro sua voglia. Leggiamo infatti:

III p. 604À ἠέριον μετὰ φέγγος ἀπείριτον ἀστεροπληϑὲς ἄχραντον πολὺ δῶμα ϑεοῦ λίπον, ἢδ᾽ ἐπιβαίνω γαίης ξζωοτρόφοιο τεῆς ὑποϑημοσύνῃσι, πειϑοῖ τ᾽ ἀρρήτων ἐπέων οἷς δὲ φρένα τέρπειν

5 ἀϑανάτων ἕαδε ϑνητὸς βροτός. .....

(v. 4 τέρπει M, v. 5 «δκαῇ M; lectione codd. omnium GBNPYV servata, scripsi τέρπειν et ἕαδε [codd. ἔαδε); ceterum v. 5 «deg omnino sensu caret, nam indoctus animus deorum appellari non potest; malim «deg, ἢ. e. timore carentem).

Di qui possiamo ricavare forse un’altra notizia, che le apparizioni avvenivano sul mattino (v. 1). Un altro fr. ri- conduce alla situazione generale:

ai Tegza Gn IV p.604 B τίπτε μ᾽ ἀδὶ ϑείοντος ὑπ᾽ αἰϑέρος ὧδε garitov ϑειοδάμοις Ἑκάτην με ϑεήν ἐκάλεσσας ἀνάγκαις; ')

ἂν (v. 1 ϑέοντος Vy 08, M κατίζων GB; 8 ϑεῶν G ϑεὴν V, ἐκάλεσας ΝΒΡΥ͂ ἐκάλεσας G)

A tali richiami adunque non potevano resistere nep- pure gli dei (ϑειοδάμοις v. 2) i quali dovevano ubbidire per forza. Si noti che pure in questo luogo parla Hecate, quindi a torto Niceforo riporta il fr. ad un demone. Se mai, ad un essere demoniaco si può riferire il fr. seg., nel quale pure si fa accenno alla necessità per cui l'essere invocato deve apparire :

V p. 604B κλῦϑί psv οὐκ ἐθέλοντος, ἐπεὶ μ᾽ ἐπέδησας ἀνάγκῃ,

(μευ codd. μου M; ἐπέδησεν ἀνάγκη M, lectionem codd. meliorem pu- tavi, cum [οἷ fr. ΠῚ et IV] necessitas, qua di vel daemones apparent, ab hominibus efficiatur.et daemon vel deus cum hominibus colloquatur).

Ad Hecate si riferisce anche un altro fr. tutt'altro che chiaro: pare che ci sia stato uso della violenza per far ve- nire la dea, v. 5, e che questa distingua, come Ὡοὶ sap- piamo da altre parti *), due classi di divinità, una superiore ed una mediana; per chiamare le divinità maggiori occor- ΤΌΠΟ ἀπείρητοι ἴυγγες (formule magiche, esorcismi non mai provati?), per le altre, se è certo il v. 3, μέσατοι ἀύται emesse lontano dal fuoco sacro. Ma poichè il v. 8 è in- certo, ed i codd. hanno ἀήταις in luogo di ἀύταις, bisognerà rinunziare ad una interpretazione veramente soddisfacente (significa forse: i demoni inferiori vengono con forza in- feriore a quella da cui sono trasportati gli dei maggiori, poichè mentre questi vengono in ispirito e quindi velocis-

1) Questo verso e l’orac, prec. sono in contraddizione con ciò che dice il Lenormant, La Magie ches les Chald. p. 978.

3) Cf. Lenormant o. c. p. 23; del resto è quasi inutile avvertire che questo libro può servire pochissimo al ‘caso nostro.

27.11,‘904

194 N. TERZAGHI i

centrale; infatti o che Hades rappresenti il concetto divino della terra, o che sia rappresentato come simbolo della luna, noi non possiamo togliergli la materia, e precisamente la materia’ di abisso per cui è creata la sua dività. Nel fr.I abbiamo visto che Hecate è dea della luna, e che questa è pure considerata come ministra di quella; qui troviamo riu- nito Hades con la luna; se si pensa che Hades è considerato in questo luogo come dio della materia, e che pure Hecate è la dea della materia generante (Kroll. p. 29), nasce spon- tanea la conclusione che Hades ed Hecate si corrispondono sotto i due aspetti maschile e femminile, e che alle altre dobbiamo aggiungere anche la seguente trinità: Hades Hecate Luna. I demoni sono veri e falsi (cf. Kroll p. 45), ed il loro grado di falsità o di verità cresce o diminuisce a seconda della loro distanza dalla terra. Quelli tra essi che sono soliti di stare in questo mondo sono detti ϑῆρες χϑονός (p. 591 B = Ps. 1140 A); ma di tutti si fanno ampie categorie, cioè: αἰϑέριοι veri, ἀέριοι, πρύσγειοι, ὑδραῖοι, ὑποχ- ϑόνιοι, e questi sono falsi (p. 559 B = Ps. 1140 C, 11480), perchè niente è saldo sulla terra, ma tutto bugiardo; ra- gione per cui gli oracoli ordinano: VIII p. BDT4 A ἄνω rst ve διηνεχῶς τὸν νοῦν πρὸς ϑεόν, καὶ μὴ παραχωρεῖν αὐτὸν xdrò νεύειν εἰς τὸν περίγειον κόσμον. La medesima divisione dei demoni si trova anche dove Niceforo Gregora parla della loro origine che è la seguente. Dopo le ἐπῳδαί per attirare le anime affinchè esse predicano il futuro, dice l’autore a p. 615 B, le visioni che si hanno non sono le anime stesse, ma IX δαιμόνιά τινα & δὴ καὶ ἀγγελικά μὲν τάγ- ματα ἦσαν τὸ πρότερον καὶ φωτεινά, εἶτα δι᾿ ἔπαρσιν καὶ κα- κίαν ἅπαξ τοῦ ϑείου ἐκείνου διφέντα χοροῦ, κατὰ τὸν περίγδιον τοῦτον πλανῶνται χῶρον, τήν τε λαμπρότητα ἅμα καὶ τὴν λοπιότητα ἀποβεβληκότα ἐκείνην, καὶ μεταϑέμενα πρός τε τὸ ἁμαυρὸν καὶ πρὸς πάχος διάφορον καὶ πολύτροπον. Sono in- somma gli angioli caduti, e qui abbiamo un altro di quei casi indicati dal Kroll a p. 44, in cui appariscono gli an- geli. Anche alla domanda perchè nel mondo non ci sia verità risponde Niceforo in un luogo. L’ universo, egli dice, è diviso in due parti, una delle quali sottolunare è ravvolta

196 N, TERZAGHI

Dopo avere esaminato ciò che vi è di più importante nel lavoro, passiamo a vederne le fonti, di cui natural- mente indicherò soltanto quelle che mi sembrano sicure: credo che valga la pena di fare questo esame, sebbene spesso nasca il dubbio che esse sieno state utilizzate di se- conda mano pel tramite di qualche enciclopedia allora in uso, È naturale che la fonte principale sia Sinesio stesso di. cui si riportano o spiegano le opinioni con φησί, tal- volta anche ricordandone il nome: [ὁ σοφὸς] οὗτος Συνέσιος (p. 531 A, 533 B, 567 A etc.). Qualche volta, pure dove non è ricordata l’opera di Sinesio (cf. specialmente le notizie sulla vita di lui, p. 526 B e 615B) basta confrontare il passo corrispondente del περὶ ἐνυπνίων per vedere di dove scaturiscano le notizie che ci vengono date. In seguito tiene il maggior posto Plutarco, che Niceforo non cita mai ma a cni si può risalire sempre con certezza. Da lui (Alex V Sintenis) deriva l’accenno del malcontento di Alessandro per le vittorie paterne, p. 523 A; il ricordo della potenza di Archimede durante l'assedio di Siracusa p. 547 B= Mar- cell, XIV. XVII cf. Fabricius BG IV 173 ed. Harles); la de- scrizione della morte di Annibale (p. 556 A = Tit. XX 5.); la notizia sul tempio di Ammone (p. 698 Β -- de 15. et Os. 354C Bernardakis; però la frase Ἄμμωνά φασι τὸν Aia si può confrontare con Herod. II 42) e sulla divisione in quattro classi della popolazione Ateniese (p. 601 A = So- lon. XVIII; ef. Aristot. Ath. pol. Blass® 9.1, Harpocr. 8. v. ἱππάς: non è escluso che Niceforo potesse conoscere: anche l’ultimo tra questi autori). Anche l'etimologia di εἱμαρμένη da εἷρμός, p. 681 B; può derivare da Plut, de plac. phil. I 28 p. 885 B, ma il giudizio può restare alquanto sospeso pel fatto che la stessa cosa si trova, anche presso Cicerone nell'opera citata da Niceforo (de div. 1 125), e se fossimo sicuri che il nostro lo conobbe veramente si dos vrebbe forse mettere Cicerone nel numero delle fonti,

degli Egizi e dei Caldei. Forse la dea ha qualche relazione con la seconda triade di Proclo (Kroll, p. 37) e con l' Hecate ivi compresa, dal momento che questa ha tante relazioni coi fenomeni lunari e con le loro esplicazioni,

198 N. TERZAGHI

tanto.a senso da lasciar possibile un dubbio, poichè Nic. parla del νοῦς che si trova quasi dappertutto presso An,; il fr. 12 è il più simile).

Arat. p. 626 A = progn. 811 ss.

Aristid. p. 556 B= orat. sacr. I p. 481 Canter; p. 614 B. = de quat. p. 210.

Aristoph. p. 591 B = Nub. 82 Bgk®.

Aristot. p. 542 B ist. an. VIII 28; p. BbDT A = de div. per somn, I s.; p. 620B= eth. Nic. II 1, 1.

Cic. p. 537 A = de div. I 103, però cf. sopra p. 184 8,

Democr. p. 567 A = fr. phys. 3 Mullach,

Euclid. p. 5510 = el. V def. XII; p. 6(53A = οἷ. V def. XIII

Eurip. p. 532 A = Orest. 397 ΝᾺ ".

Herod. p. 5b1 A = VII 140 5.

Hesiod. p. 630 B = op. 289 citato a senso e quindi non corrispondente esattamente al testo di Esiodo,

Hom. p.532B = 470, N 355 e la frase assai comune fi} γε φέρτερος ijev riferita in Syn., p. 1310, a Zeus; p. 548B = 4180 8.; p. 682 Β = 527 ss.; p. 6598B = y 18; p. 699 A = g 58 ss., 100 88.; p. 600B= «8; p. 611 B = ς 562 ss., p. 612 Β = r 535 ss.; p. 614 A = B (sunto fino al catalogo delle navi); p. 617 A= x 6517-20, 526 s.,535-7; p. 697 Α -- 81 5.

Isocr. p. 521 A = ad Daem. 18 p. δ ἢ.

Liban. p. 640A si cita una declamazione che non trovo nella ed. del Reiske: un ricco era nemico di un povero; promise di nutrir la città se questi venisse ucciso, ma poi si rifiutò di nutrire i figli del povero che mori- rono di fame. Il ricco viene processato per omicidio 1).

Orac. Apoll. p. 634 B il primo verso dell’orac. presso Herod, I 47, ed il settimo dell’orac, ib. VII 141; p. 617 Α ϑυσίας ἐναρίζων Νερτερίων κατάϑαπτε, ‘xaù

1) [Giustamente mi osserva R. Foerster che nelle parole prece- denti Niceforo può avere avuto in mente Liban, IV 227 sq. R., e che per questa μελέτη, altrimenti ignota, egli non asserisce che sia di Libanio: è solo possibile che erroneamente egli di Libanio l'abbia creduta. G. V.]

| di glosse e scolî dovevano nascere delle confusioni, e quindi

nulla è più probabile che qualche parte ritenuta inutile da un copista fosse invece riportata da un altro: siccome questi due capitoli presentano le stesse qualità che tutto il resto del lavoro, è da ritenere che sieno stati scritti dal nostro, ma, o per una o per altra ragione trascurati da un qualche copista, non si trovano nel cod. da cui il Pa- tavius trasse la sua edizione, Il primo di essi segue in @ a p. 641. 23, in BNV dopo p. 640. 11, in P dopo p. 540.1, ed è una continuazione delle notizie sugli oracoli caldaici: la mutazione per le cose dette di sopra non ci deve im- pressionare; però è certo che il posto conveniente è quello di BN V. Nel secondo, che dichiara la parola ϑυραυλεῖν usata în Syn. p. 148C e si trova dopo p. 615.13 (in N dopo 615. 21), abbiamo una prova indiretta della paternità di Niceforo, giacchè si cita come di Euripide un verso di Omero, precisamente lo stesso errore che abbiamo già tro- vato a p. 607 A, cf. sopra nell'indice delle citazioni sotto Philem, Nella prima nota si cita Flav. Ios. ant. Zud. VII 2. 5, cf. Test. Vet. Rey. I 4.33, nella seconda Hom. F 221, attribuito ad Euripide, 4 3 ed Aristoph. Plut. 219 8.

IL

La lista più completa dei mss., tutti appartenenti al periodo che va dal XIV al XVI sec., che io ho potuto farmi è la seguente: Laur. X 21, LXXXVI 23; Escur. R III 22, @ I 10, perduto il n. 12 del cat. di N. della Torre; Monac, 29, 85, 87, 461; Paris. 830, 831, 2629, suppl. gr. 1033; Vindob. IV 273 Nessel; Vratislav. 343, Bonon. Bibl. Univ. 3637, Ven. Mare. XI 9, prima nel monastero dei SS. Giovanni e Paolo, di cni la segnatura mi fu favorita dal Dr Caggiola; Taur. 245; Vat. Pal. 51, 59, 154, 374, gli ultimi due tra i quali sono mutili: di più l’Hardt descrivendo il cod. Mon. 29 dice che esso è simile a due codd. Batav. che io non potei rintracciare. Di tutti questi io ho visto e colla- zionato con l’ediz. Migne patr. gr. 149 (Μὴ i seguenti:

902 N. TERZAGHI

di esse è a f. 18" divisa in due parti nei margini della pag.; frequenti le aggiunte e correzioni di un lettore più recente.

V= cod. Vindob. philol. gr. 273 Nessel = Philos. 142 Lambecius, del sec. XV, scritto da due copisti i quali, come dimostra lo stesso uso delle abbreviazioni nelle desinenze, la stessa maniera di scrivere certe parole, trascrissero da un unico esemplare. M. 1 cessò col commento di Niceforo a p. 601.1 alla parola τὴν ϑύραϑεν, e col testo di Sinesio a p. 1301 8 dell'ediz. Migne patr. gr. 66 (f. 287. M. 2 si serve di due qualità d’inchiostro cessando di adoperare la prima più chiara a f. 38". Le glosse sono scritte in rosso fino a f. 16", ma ora sono assai svanite; illeggibile del tutto è invece il titolo. Un lettore più recente aggiunse varie note in margine, specialmente lettere dell'alfabeto con valore numerale quando Niceforo parla di varie cose. M. 2 scrisse anche i ff. 55‘-56" contenenti un’epistola τοῦ ἐπὶ τῶν ἀναμνήσεων τοῦ λογαρᾶ πρὸς τὸν αὐτοχράτόρα ᾿ (inc. ἔδει μέν σε, ἔδει --- des. οἱ δυστυχοῦντες μέλλωσι μερίζεσϑαι), ed il f, 56" contenente un breve framm. di cui non si ca- pisce gran cosa (inc. εἰ τὸν ἀγαπήσαντά σε βασιλέα des, πολὺ τῆς ἀξίας ἀπολειπόμενον). Alla fine del f. 56" un let- tore scrisse quattro X preceduti da una croce, e + ἴσ' χσ΄ γνικᾶ ζῆ καὶ βασιλεύει εἰς πάντας τοὺς αἰῶνας. Sono anche opera dello stesso copista i ff. 73"-85" in cui si ha una * dissertatio de numero senario et septenario * (Nessel), il cui titolo è | τοῦ σχηπίωνος τοῦτο: | (inc. ὀκεαδικὸς ἀριϑμός des. καὶ ὀχτὼ καὶ ἑπτὰ πλήρεις καλοῦνται) Di un terzo scrivano sono opera i ff. δ7"-Τ2 σοπίθηθηςί, come dice la nota apposta da colui che annotò anche Niceforo excerpta quaedam ex Nicetae sine Dauidis philosophi sermonibus ἧς il tit. gr. è: + νική 1 χαὶ ded (δαυὶδὴ δούλου χῦ τοῦ φιλο- σόφου ἀπὸ τοῦ εἰς τὴν νέαν κυριακὴν 261%], Un quarto scrisse a f. 85" qualcosa il cui titolo è | ἐκ τῶν τοῦ pe- ταράγγου ἀπομνημονευμάτων. Il cod. faceva parte di un libro più ampio, giacchè a f. 1" troviamo il numero grry, mentre l’ultimo f. ha il numero sof.

NPV dimostrano errata la frequente lezione di M ὡς = cioè, giacchè danno sempre in modo chiarissimo ἤγουν,

SUL COMMENTO DI NICEFORO ETC. ° 208

come deve essere di regola: e forse ὡς deriva solo dal non avere compreso il segno di abbreviazione posto sopra l’y.

Dalle somiglianze di tutti questi ms. si rileva che essi fanno parte di una sola famiglia, mentre ad un’altra ap- partiene 1] cod. Par., il quale forse è quello che porta il numero 831 (Omont /nv.), da cui fu levata l'edizione del Petavius riprodotta dal Migne. Sicchè, chiamando A l’ar- chetipo, abbiamo il seguente specchietto :

A

_—_

M TE _P_N L

Della mia collazione, rivista in qualche luogo dal Prof. E. Rostagno che ringrazio per la sua gentilezza verso di me, riporterò soltanto come specimen quello che riguarda le parti più interessanti del testo, trascurando le altre, come non riferirò i più evidenti errori dei copisti; sono anche stato molto cauto nel designare i luoghi migliorati dal confronto dei codd. perchè in certe cose è meglio, al contrario del classico detto, deficere quam abundare.

ADNOTATIO CRITICA

I. Protheoria:

a) titulus ex codicibus: τοῦ σοφωτάτου (φιλοσόφου A, κυροῦ add. re. P) γνικηφόρου τοῦ γρηγορᾶ (P BG, L habet νικηφόρου φιλοσόφου τοῦ γρηγορᾶ) προϑεωρία [ὡς ἐν ἔδει ἐπι- στολῆς add. Β] (εἰς τὴν ἐξήγησιν add. G L) ἣν αὐτὸς ποποίηκεν (desunt haec apd. B) εἰς τὸν περὶ ἐνυπνίων λόγον (λ. om. B) τοῦ συνεσίου [ὃν αὐτὸς ἐξηγήσατο αἰτήσαντός τινος τῶν φίλων αὐτόν add. Β] BLG; post nomen habet προοίμιον τῆς ἐξη-

RE

208 N. TERZAGHI

γήσεως P. Re. scripsit * Nicephori Gregorae Scholia in Sy- nesii librum de insomniis* in cod. V. δὴ Commentarius:

M 521. 1 πολλά rs L (1607 G (19) τοῖς π. x. εὕρη- μένοις LG κακῶς] καλῶς LGV (1 P (17 B (6967) in mg. adiecit rc. πρὸς τὸν μέγαν λογοθέτην τὸν μετοχί- τὴν V 5 de om. LG 7 ἐπὶ ἐς ΘΒΡΥ͂Ι, fel ἧς Β

ἔσῃ! ἔστη Β in mg. a’ ro, * Isocrat.” τοῦ V 9 πράττεις καινοτομῶν P__ in mg." Metochitae laus * re. VW 10 ἀεὶ τὸ μαν. GBPLV 12 δίψης τινὸς om. LG

αν αὐτὸ L@ 18 ἴπ πιρ. το V δὅ389. 1 ἐγείρεται ἴπ ras. V ἐγείρηται Β inmg.' Plato*re"V 2 φιλομαϑὴς! πολυμα- ds 4 ἄρα οτὰ. Τ 6 (1 6 ἔρωτα Β ὄντων οι. Β 8 αὐλὰς om. Β τοσοῦτον LG 10 ἔστι pe ὅτε LG 12 δ᾽ οὖν] δ᾽ οὐδένα V (1°) 13 ἀπορρημάτων LG 523.2

γνῶναι Β (5907 4 in mg. ‘Alexander’ τον", ca re. V 6 ἐμποπεύοντα LG 9 ἀγωνιᾶν corr. ex ἀγωνιῶν ut vide- tur Β 10 προειληφῶς B καταλήψη, corr. ex -λεί- δ videtur V 11 πρόφασιν om. Β νῦν ἡμῖν αὖϑις L (150%) GBP(1")V 12 πρόφασιν om. LG, ὑπόϑεσιν habent PBV ἐβουλόμην om. B 16 γε σύ V(2") 18 rigos LG (2) ΡΒΥ͂ 21 ἀπογλώττης V 23 μεγίστη LEPBV πανταχόϑεν τὸ (to G) συγ. GP VL 25 παϑοῦς pro πει- B cf. quae dixî supra de hoc cod. 26 προφέρεις LGBPV in mg. γνω- (στικ)ὸν Υὦ 524.1 τὴν φιλοσόφον LEBPV , 2 αἴσϑη- σιν LG 8 7) vom. Β 4 ὑῥπισχνῆ corr. ex -γεῖ V* τοῦ]

τοῖῬ 6 in mg. ga το. V 8 ἴπ πιρ. τοι δᾶ. ᾿ Synesium

omnem philosophiam tractasse* V 10 φμομίζω om. LG

in mg. add. το" ' Laus Synesii’ V (2 18 τὸν χαλδαικὸν G

(2") Lin mg. add. rc.' Chaldaeor.(um) Aegyptior.(um)

Delphor.(um) Platon.{is) Pythagor.(ae) mysteria calluit* W 18 ὅσα πάλαι 1, Θ Β (5977) P (25) Υ (2"), πλάτων om.

BPV 19 κἀχὶ καὶ LG αἰγυπτίοις LGBPV melius

20 ἀνὴρ V 21 ἐβάκχασε τράποζαν ex -χευ- cf. quod su-

pra dixi B 24 κειμένη G 25 ἄκροις τοῖς L (1615) G

χαὶ μάλα μάλιστα LEBPV in mg. add. τοι Et Magica? VW

208. N. TERZAGHI CI NIKH®OPOY ΦΙΑΟΣΟΦΟΥ ΤΟΥ ΓΡΗΓΟΡΑ͂ ἐξήγησις εἷς τὸν περὶ ἐνυπνίων λόγον συνεσίου τοῦ φιλοσόφου ἐπισκόπου mevrandhews κεφάλαια ἑχατὸν ἑβδομήκοντα Θ (85); ἐξήγησις. τοῦ σοφωτάτου γρηγορᾶ B (599%); | νικηφόρου τοῦ γρηγορᾶ ἑρμηνεία εἷς τὸν (haec omnia add. re. qui τὸν ex τοῦ corr.) τοῦ (add. rc.) συνεσίου λόγον (λόγος pri) περὶ ἐνυπνίων | N (ΘΙ Ὗ; Νικηφόρου τοῦ γρηγορᾶ ἑρμηνεία εἰς τὸν περὶ èvur= νίων λόγον (4); | τοῦ σοφωτάτου καὶ λογιωτάτου κυροῦ νικηφόρου τοῦ γρηγορᾶ ἑρμηνεία εἷς τὸν περὶ ἐνυπινίων λόγον: + V (65). In principio f, 6" habet V paradigmata que sunt apd. M p. 531 8.

III. De Hecate dea atque oraculis chaldaicis quibusdam. M 539. 19 post τούτων add. καὶ τῶν τοιούτων L (155%) & (10°) B (6027) N (217°) Υ (8), τούτων] τῶν τοιούτων (ΒἿ οὐδ᾽ οὐχ LABNPV 91 ὑλῶν καὶ φονῶν LGPV, φ. x. d. pr. corr. B, καὶ φ. x. ὁ. Ν 26 δὴ ἠδ᾽ NPVB 27 ζώοισι GNPVL(155") 28 μίγμα (sic) LEBNPV 99 κείνοισι LG ὑπαὶ LG 80 τήνδε τὴν LG, τήνδε B (602%) NPV 540. 2 ἔσϑ᾽ ὅτε post καλοῦσιν LG 5 ὑποθημοσύνησιν BV 7 τὶ ante τοὺς add. LEBNP(9")V ἀπειρίτοις NVP στους B 8 ἀέκοντας] ἄρχοντας (vel -χω-) Β δίαν xerdyets LGNPV, λίαν xer. Β 9 ἐπεμβεβαῶσι» V dira) dip sas LEBPNV 10 9sloo LEBPNV πανομφέως 8 14 γνώσεως) πόλεως LG 15 περὶ] ἐπὶ GL 17 det μονα post δ᾽ ἐρχόμενον LG (10) N PV (95), post ἀϑρήσεις (ἀϑρήσης) Β 18 μνίζουριν LGNPV, μνήζουσιν Β 90 τῷ ἑτέρῳ N 22 ἣν] καὶ Β διδάξαι ΒΞ τῶ ἐρωτῶντι ἂν- ϑρώπω LGP, προσιὼν τῷ è. è. BV 94 δὲ LAB δοῖι. Β 25 στρόφος] στρόφαλος LG Β Ν ΡΥ melius cf. p. 198 μὲν om. B (6037) 541. 1 παραγγέλοντες (vel -λόν-) V 2 μήποτ᾽ ἀλλάξῃς, hic cod. L mutilus desinit (f. 1557) ἀδαναὶ ΘΕ καὶ τὸ Σεραφὶμ om. B 6 καὶ Trad] τὸ ἃ] ἅτινα N 8 καὶ alt. om. G 9 καὶ GBPVN 12 σοι pr. om. Β παραδεδομένον] παρατετηρεμένον G 15 φράσις καὶ GBNVP 17 φράσιν om. B. 21 αὐτῷϊ ἑαυτοῖς αἱ (117) ἑαυτῆ BN (post corr.) P(9")V 227zsom. Θ΄.

208 N. TERZAGHI

VI. De imaginibus (εἴδωλα).

M 567. 11-13 εἴδωλά πλέον om. V (17°) 11 &0m.P

9) 18 οὖν om.G (20*) B (609) N (223) PV 14 σεξ-

στον VP. τῶν ἄλλων α ἀκολουϑεῖν ΝΎ ῬΒ (-ϑὲν)

17 ἀνθρωπίνοις GBNPV 18 καλοῦσιν ὅτε G 19 οἶμαι!

εἶναι B 21 δύσφϑ!.) διάφϑαρτα Β 33 εἶναι αὐτῶν G

23 οὖν] δὲ Β 27 ἀγαϑῶν] ἀγαθοποιῶν & (217) B N V (8 Ρ προϑυμίαν] πρὸς εὐθυμίαν ΘΒΝ Υ͂ 568.2 οὐ κύκλος

ἐστὶν] ἄλαλός ἐστιν G, οὐ λάλος (λάδος B) ἐστὶν BNPV

6 χρὴ] δὴ (ex der) Β 10 λάβη P_(22") 11 γεννητὴν) γεν-

γνητικὴν G, γενητὴν NPVB (6107 τρεπεὴν] τρεπεικὴν Θ΄.

VII. De oraculis chaldaicis aliis (οἵ, III).

M 574. 21 αὐτὰ τὰ χαλδαικὰ λόγια διηνεκῶς ἄνω τείνειν G (22) διηνεκῶς ἄνω B (611) Ν᾿ (2347 P (257) V (19°)

ante παραινοῦσι add. γοερὸν σπέρμα τὴν ψυχὴν φησὶ ἤγουν ϑεῖον καὶ οὐκ ἀνθρώπινον N, post 575. 18 mel. PV (ἤγουν) τουτέστῇ 25 πάντα τὰ Β 26 τοῦτον om. G, ante xd- σμον BNPV 575.4 ὅν καὶ GB (611') NPV 8gvom.B

τὴν alt. om, PN.

VIII. De Athena eiusque nominibus et natu.

M 588. 21 οὑτωσὶ om. N (226%) καὶ om. V (28 φησὶν B (614) 22 παῖδα G (277 ΒΝ (82) VO εἶναι λέ- γουσι Θ 34 ἁπλοῦν B 25 τριτογένειαν φασὶ &, τριτο- γένειαν εἶναι φασὶ N26 αἰϑέρος post corr. pr. ἀέρος

589.1 ὑγρὰ γὰρ ΘΒΝΡΥ͂ καὶ οπι. ΘΟ καὶ σελήνη post διαῤῥέουσα Β 8 τῶν ἐρώτων εἶτ᾽ N 6 οὕτως GN

7 τούτους om. EN φησὶν ἔξεστι G (27 PV Β (φησιν), ἔξεστι φησὶ Ν.

IX. De daemonibus chaldaicis. M 591. 25 τὴν φασὶν om. B (6151) 592. 1 τὴν pr. e alt. om. G (28) 4 ἔχοντα B (615").

X. De oraculis chaldaicis aliis (cf. III, IV et VW). M 604, 9 μετιόντες] ἐπιόντες Θ΄ (83) 14 Ἑχάτην] ἑκάστην &

10. 12, ‘904

ἄλλως] ἄλλαις GBNPV melius 26 μέτιμεν ΘΒΝΡΥ͂, μόνου] μόνους ante μέτιμεν Β, μόνων N 617.2 τούτος] τούτοις ΟΒΝΡ, ταύτης V ἀπόλλων post παρακελεύεται BN V 8 ϑυσία α 4 κατάϑαπται V (88) 5 χεῦε GBNPY γυμφαῖς Β, νύμφαις ENPV διωνύσοιό GBNPV 7 εἰς ἄδην om. Β 8. ὅσσον GP(52")VN 9 πᾶσιν & ψεχύεσι Υ 10 μελιχρίτω G, μελικράτσω B 11 δ᾽ αὖὐδ᾽ Θ᾽ παχύνειν 18 διν)] ἵν᾿ Β 15409aGPV ἀμενηνὰ GPNVB (ἀμένηνα) 19 σκότου ΒΝ 20 τὸ] τὸ Β 21 πέλει! τέλει Β (629 22 ἐπιχϑ.} ὑποχϑόνων Β μέλαινα αὶ (51 τὸ οτα, Β 24 μαγγανείαις, φαντασίαις sup. corr. V ξίφος... ὁποῖον V 618.1 ἐπικλήσεσι B δράσωσι ante χαχόν G 2 τὸν] τὴν B 6 ἀποκρίνονται BT sic ἔχουσι N 9 καὶ γὰρ καὶ GBNP V (38") 10 rurerop.] πληττομένοις B 11 πόνον] τόπον B 18 οὗ G 20 μορφὰς ante οἱ τοιοῦτον 1. sup. G (885) P (877 21 συγγενέσι καὶ φίλοις Ν 36 πα- φαχεχινδυνευχὼς ΟΒΡΝΥ͂,

XIII. De anima apud Chaldaeos. M 619. 15 προσϑείημεν G (88) 16 καὶ Χαλϑαικὰς om. G ale) οἷς V 18 γεγενῆσϑαι B (0287) 22 φησὶ B 38 καὶ αἱ πᾶσαι οτα. 620,1 λέξεων B, ita prius etiam V postea corr. (89) 2 ἅς) B sup. ποιητοῦ add. sod V è dev Β 3 ἀνέρχεσϑαι] -ye- Sup. in ras., in mg. autem rub. iteratum.G (387), ἀνερχέσϑω BN (232°) Ρ (53")V 10 ἐχ Β.

XIV. De Libani oratione quadam vel deperdita vel adhuc ignota.

M 640. 6 πλούσιος post πολίτας 1. 5. G (45 P (72%)

9 τοὺς πένητας G 10 pedera G.

XV. Addenda, cf. p. 15.

«) C. I additum post M 540, 11 apd. B (602) N (217?) V (8"-97), post 540. 1 P (95), post 541. 23 G (119).

Φησὶ (dè om. GB) καὶ ἰώσηπος (Ἰωσῆπ. G) ἑβραῖος πεερὲ σολομῶντος ὅτι καϑ' ἕκαστον εἶδος δένδρου παραβολὴν εἶπεν, ἀπὸ ὑσσώπου (ὑσώπ. GP Υ) ἕως κέδρου (κένδ. Θ)" καὶ περὶ ζώων (x. π. ζ. om. B) πάντων τῶν τ᾽ (τε B, om. G) ἐπιγείων

APPENDIX

Adnotationis: eriticae in Synesi περὶ ἐνυπνίων. libram specimen.

Cum:prae manibus.codd. ΝΥ, in quibus Synesi opusen- lum continetur, haberem haud inopportunum putavi etiam hos libros manu scriptos cum editione conferre; credo enim et hoc et cetera Cyrenensis episcopi opera quorum adhuc una et sola, vetus illa Petaviana editio ex cod. quodam Parisino desumpta et in patr. gr. Migne 66 ad verbum repetita exstat, novo, et. ampliore critico apparatu viris doctis illu- stranda esse. N P V iam descripsi; restat tamen ut dicam δρᾷ. N ab eodem librario π᾿ ἐν librum, et Nicephori, Gre- gorae commentarium scriptos esse eodem tempore, nam opus Synesi, cui semper, nova pagina incipiente, verbum κϑίμονον. adpositum est, lacunas quasdam praebet, in quibus adnota- tiones scribi possent, Recentior autem lector qui locos quos- dam in cod. Pcorrigere voluit, alios codd. vidit: cf. f. 317 ubi verbum exstat. ἰδιοποιηϑὲν, quod in corr. cod; N ἔ, 2267 de- prehendimus, cui addidit lector: yo. εἰδοποιηϑέν ut in aliis codd. legimns. Cod. quoque Ashb. 1639 saec. XV (= 8, cf. Rostagno-Festa, Ind. codd. Laur. .St. it. II) adhibui cuius

exemplar alius opus Nicephori compleetens liber fuit, nam

ter ibi, scholia reperiuntur ex. commentario a, Byzantino auctore, scripto manantia, h. e. f. 9" = Nic, M 601, 11-14 ad v. τιϑείς, M. 601. 17-25 ad ν. Ἐτεοβουτάδης (1. 18 αὐτῆς] ai τῆς cf GBNPV | 19 ἐτοιμολογεῖται | 20 τοῦ- τῆς om. | 22 τραγικὸς om., ὡς om.) et f. 10" = Nic, M 607. 16-26 5. Vi λοχαγὸς (S 8. v. διμοιρίτης) (semper ἐνοματία, ας eto. | 1. 22 αὐτῆς) τῆς ἐνοματίας cf. G BN PV). Iam ex his locis patet libro Nicephori usum cod. scriptorem esse: adde etiam quod f. 15" legimus μεταδιδάξαντες ἐμέ, cum pronomen ἐμὲ addant in adnotationibus codd. N PV = Nic. M 639. 23, atque quod modo dixi, id clarissimum erit. F. 1” habea πυϑαγόρου ὀκτάχορδον λύραν persimilem ei quae in NPV

214. TERZAGHI P (18°) SV (12°) C3 ἴσχομεν NP (15) SV 6infine” pag. add. est paradigma quod apd. Niceph. p. 651 B inveni- ᾿ mus 5 8 ἴσχομεν NPS (4) 7 0 τοῦτο τὸ γένος αἰσϑή- σέων 11] καὶ νουϑετοῦσι NP (16 SV (187) 12 προ- und] προϑυμουμένοις V DB τῶν ὄντων --- yo. τῶν νοητῶν N (2207), ye. v. P (6) V 6 βαλλομένη 8 7 κορυφαιότατον V ((8 SPN 9 ἐς τοσοῦτον SC ὡς μὴ δὲ 8 10 ἀναγω- γὴν S 11 μή τοι] μή τι 8 12 λογίων] λόγον BS 1389 4 8. μαϑήσεων N, σ add. sup. rub. sicut adnot. P (16"). 3-6 dogs ἀλκῆς om. S 68 ἧς] ἑῆς N (2219) PV (14° ἐ) ᾿ 6 ὡς red τὸν yo. ὡς μὴ τ. NP (ὡς om, 177) Υ (ὦ), μὴ ταυτὸν in mg. 5 9 μὲν ἡμῖν NPSV [0 ζωὴν] ζωῆς --- yo. ζωὴν NPV 13 φασὶ 8 (4) Β 3 τ᾽ ὄϑομαι] τὸ τομαὶ NPSV / (147 8 παρακελεύονται S Θ προύπτου N P(17")V 9 μᾶλ- λον] μαλιστα sic) 58 10 πρόκεινται NPSV (τχεν- 15") ἡλίου τὸ Ν᾽ 12 φαντασίας NP (189) SVC 10 ἅπασα S αὐτῆς N (291 P (18°) 5, αὐτοῖς ut videtur V (15%) 14 εἰσὶν οἷον NP (199) VS 2) πᾶσαι] πᾶσα pr. in mg. add. rc. yo. πᾶσαι P__3 χατὰ τὴν NPSV (16°) 5 φϑάσει NPS É6in fin. f. 4" est paradigma depictum quod v. δρᾶ. Nic. p.562A,S 1292 41478 8. (67 4 ἀλλ᾽ dele vvow om. pr. add. ταῦ. in mg. V ἵἴ τὰ om. 5 19 οὐ- χρινῆ yo. εἰλικρινῆ N 2227) (20*) V (16°) 14 ἀποῤ!] ἀπροσρήτου SOB 6 πρὸς αὑτὸ (αὖ pr. corr. N) yo. καϑ΄ αὑτὸ NP (20°), καϑ᾽ αὑτὸ 8 8 τὰς] τοὺ S DI οὐχέτι N (22 P ΘΙ V (Τ᾽ -£- pr. corr.) 3 τύτεϊ τόγε 8. (Ὁ 5 δεόντως om. pr., τὸ. add. in mg. 6 εἰσφρ.] εἰσφορεῖ-. σϑαι SV ὅλων Β 9 ἀνθρώπων 8 κατ᾽ αὐτὴν S 10 μόνην 8. ped ἑτέρου yo. μεϑ᾽ ἑτέρας N (2285) V (187) P (285 in mg.), ped ἑτέρας 58 1Ὁ ἀφίκοιντο SV (22%) N λέγω, 1293 Α τείνει 8 8 add. sup. N(223") 9 τῆς τε NP 80 SV (18) 11 χείρδνος Β 12 αἴρεται 8 18 ξηρὴ post ψυχὴ 1. 5. 58 Β 1 τῆς γῆς om. Βὶ (67 4 χρόνω καὶ πόνω NP (24)S 11 μόλις] μόγις N (294) μὲν γὰρ ἂν 8 ἀφεῖναι] καταβῆναι N, sic pr. corr. postea V (197) 18 ἐπ΄ ἄνοδος 8 Ο 2 αὐτὸ --- yo. ταὐτὸ N, yo. εἰς ταυτὸ P (24) τὸ om. NP (259) V (190) 5. 9 ἣν] εἴη 5 18 dd γωγον N (224) 5. (6”) V (207), ἀνάγωγὸν acc. alt. videtur

i . ΒΝ

816 sN, STERZAGMI 1305 A 8 ποιήσασϑαι S (10%) 6 τῶν pr. in mg. corr. τὸ S

βόσκουσαι 8 προμαϑὴ SE Β 4 τὰ τεῆς 8 6 μέντοι 1. 1.) μὲν δὴ ταῖν πέδαιν SO 10 τὸ πᾶν 8 193 ταυτὸν V (885) P (468.0 6. πράγμασιν om: S(119) τὸ

dos 8 1] τὴν om. 5 18. χουροτρόφος --- yo. γηρο sup. P-

47), yo. γηροερόφος V (84) εἶναι δοκεῖν 1808 4 1 πον] τοι N (231%) P (48) SV (807) melius, nam τὸν est fortasse erratum typographicum, cf. ed. Petav. p. 1418 ὀδυσσεὺς NPSV 3 ὁμωρύφιος Ν᾿ ΝΥ, ὁμορρόφιος S b.odr ὀνείρων SOT παρὸ pr. corr. in mg. παρ᾽ 8 7 οὐδὲ δ 10 ϑωρῆξαί ce κέλευσε N (2810 Ρ (490 V (26) B 2 προσήκουσεν 8 3 ἐξοπλίσειεν V 7 cvurdedeai S (1 8 συνεμπορεύεσϑαι καὶ συσερατεύεσϑαι S 9 rad NP (50*) V (367) sic pr. corr. in mg. ταῦτα 58 10 εἶπον pr. corr. in mg. οἰπὼν S 11Π [yo. συν.) om. NPSV 12 cvugidozogsiv S ΕΟ 3 dè) δὴ N P (50) SV (86 4 ἐξείργασϑαι SO γὰρ om. Sc 15 τῶν ϑηρίων ante ϑέοντα l.sup.N P(51) SV (37) D4 δοριαλώτων N (232°) Ρ (61), καὶ dog, om. 6 εἰδεῖν pr. videtur corr. S 1809 4 5 ϑαρραλεώτατον S (129) 6 μέλλει ST ἐπιτέχνωσαμένη 9 9 σχολάζουσα SO 12 τοῦ νοῦ V (88) 4 ταῦτα μὲν S 8 καὶ om. V (899) γένοιτο (647) Υ͂ (897 Τὸ δὲ] γε 8 19 καὶ alt. om. 8 18 γὰρ) S ΟἿ τὸ φανε. mv. post ἐμφανέστατον 1. 8.. N (288) 12 ἐναπερείδονται (12 491 ὑπὸ χρόνων 8 5 ἐξαντήματαϑ 1819. A 1 μελλόν- των] τὸ μέλλον 5 2 ἀπ᾽ αὐτοῦ --- yo. ἐπ᾽ αὐτοῦ N (286) in mg.) (66, ἐπ᾿ VI) 4 ἐστὶ] εἰσὶ 5 Τ οὕτω ΝΒΥ͂ παρασχευαχέναι SV 9 δεξαμένην SB 3 σάλον ἐμποιόυ- σης NP (57) SV (42) 8 μηδενὶ post τὸν ὕπνον N εἶναι ἀνόνητονϑ x@vNP (57°) V 9 ὀνείροις pr. corr. in mg. ἀορίστοις S (13) ΟἽ αὐτῶν in corr N 8 ἐνέργειαν pri corr. in mg. ἐνάργειαν S 8. εἰδὼς pr. corr. in mg. ἐδὼν 8 9 προφήτης Β 18 ἅλως Β DI inmg. ταῦ. ἄρατος 8 8 ταὶ] αἱ N (234) 8, τὰ Υ (48 περιτροχάοιεν 8 ce λήνην] ἁλωαὶ BE 4 ἁλωὴ NS θ καὶ prom. Θ΄ 10 τοιαύ- της] τοιᾶσδε NP (9 SV 11 τῶν οτι. NPSV 12 ὥσπερ pr. corr. in mg. ὡς περὶ S 1313 A 4 ταὐτὰ (13) 11 κἀκεῖναι 58 πασάων NP (60°) SV (44 B1 δλβιαί

ἩΈΒΟΡΙΑΝΙ σπερὶ ὀνομάτων fr. 5 (II 618, 9 L)

Le parole τοῦτο οὖν ἐστιν δἰρημένον τῷ tsyvixg non alludono ad Erodiano, ma a Teodosio, dai cui Canones (p. 37, 6 H) appunto sono citate le parole τὸ γὰρ μιᾶς καὶ las ᾿Ιωνικὴν ἔχει τάσιν 9 τὸ μιᾶς γὰρ καὶ tas. Il Lentz avrebbe certo evitato il falso riferimento, se 81 fosse qui ricordato di Choerob. dict. in Theod. can. I 369, 4 sgg. H, che altrove (ad Herodian. I 411, 1) egli aveva ravvicinato al luogo degli Epim. ad Hom. (Cramer An. Ox. I 184, 2) col quale ha co- stituito il fr. δ᾽; in tal caso, inoltre, non avrebbe corretto le parole xaì λέγει κανὼν παρὰ (sic Ep. Hom.) τὸν τόνον espungendone la preposizione, ma mutandola in πϑρί (cfr. Et. Gud. 172, 32).

Ep. Lurai DE STEFANI.

350. Ὁ. PASCAL, 4 )

e voluto dall'autore stesso, un caso tipico di contamina- zione. Nello studiare la composizione e l'origine del poe- metto catulliano non credo si possa prescindere da questo concetto di due carmi fusi in uno, provenienti da ispira- zione e da fonte diversa. Si è riconosciuta nel nostro poe- metto, per la composizione, sì. per parecchi dei parti- colari, l'influenza dell’arte alessandrina. Ma i pareri e le congetture sono state diversissime, quando si è cercato di determinare il genere e il grado di tale influenza. Si trat- terebbe per alcuni di una semplice imitazione, che Catullo avrebbe fatto di un epyllion alessandrino; per altri di una vera e propria traduzione da una poesia di Callimaco o uno dei suoi contemporanei. Gli studiosi troveranno le varie ragioni presentate per sostenere l'una o l’altra opinione nel bel commentario di Emilio Thomas (Les poésies de Ca- tulle, Paris, Hachette, 1890, Ῥ. 568-570) +). l'una πὸ l’altra opinione ha per alcuna valida prova. L'una si fonda sulla osservazione generica dei caratteri del carme; l’altra ha contro di molteplici argomenti, che il lettore può vedere nella trattazione del Thomas.

Sono stati osservati qua e riscontri dei passi di questo poemetto con passi di parecchi scrittori greci del- l'epoca classica ed anche di qualche tragico latino. Ci sia lecito fermarci brevemente su questo punto. Anzitutto si

1) Cfr. Haupt, De Catulli carmine LXIV, Berlin, 1855 (Opuso. II, p. 87-89); Riese, Catull's 64 Gedicht aus Kallimachos wberselst (Rhein. Mus. XXI, 1866, p. 498-509); Weidenbach, De Catullo Callimachi imî- tatore, Lipsiae, 1873; Schulze in Newe Jahrd. fir Philol. 1882, p. 205; Thomas Em., in edizione (Hachette 1890, II), p. 568-570, Della ipotesi del Riese, che cioè il carme sia, come la Chioma di Berenice, tradu- zione da Callimaco, così giudica il Susemihl, Gr. Litt. in der Alexandri- nerztit, I, p. 958 n.: « Jedenfalls ist der Ausgangspunkt der Beweis- ftihrung, der Plural in LXV, 8 f. Ortale mitto hace expressa tibi car mina Battiadae, ..... hinfallig geworden, seitdem sich herausgestellt hat, dass wahrscheinlich auch das 63 Gedicht aus K. ibersetzt ist (8. von Wilamowitz, Die Galliamben des Kallimachos und Catullus, Hermes, XIV, 1879, 8. 194-201) ». Si può aggiungere che, anche a pre- scindere dai carme 68, la prova dedotta dal plurale carmina non ha valore, potendo tale parola essere un plurale poetico 6 indicare quindi un solo carme; cfr. Forbiger a Verg. eo, VIII, 12.

222 Ὁ. PASCAL darla a cercare proprio in Euforione. Ad ogni modo questi rapporti e riscontri non possono ‘altrimenti qualifi- | carsi, che come reminiscenze, naturali in un poeta dotto, qual'è Catullo. Essi lasciano quindi intatta la questione circa la derivazione del carme, anzi dei due carmi che vi sono fusi. O che il poeta abbia riprodotto da un suo esem- plare l'ordine dei concetti, le descrizioni e rappresentazioni poetiche, o che abbia più liberamente imitato, egli può bene aver voluto colorire qualche immagine, usufruire qualche tratto descrittivo, del quale gli studii suoi gli pre- sentavano più vivo il ricordo, e procedere insomma nel- l'opera sua con quel possesso di mezzi tecnici e con quel- ampiezza di movimento, che gli era famigliare. Sicchè, come ho già detto, la questione circa la derivazione dei due carmi fusi nel carme LXIV, rimane intatta, pur dopo che si sono riconosciute le reminiscenze varie di quel carme. La qual cosa ho voluto espressamente rilevare, appunto perchè tali reminiscenze sono apportate come argomento; che impedisca di credere, che Catullo si sia foggiato sopra un unico esemplare anteriore.

Poichè dunque queste reminiscenze e riscontri con autori varii escludono l'ipotesi di una traduzione letterale da un componimento greco, rimangono in campo tre ipo» tesi: 0 il carme è una composizione originale di Catullo, con reminiscenze, qua e là, dei poeti studiati; o è una ri- duzione libera, che Catullo ha fatto, di un solo poemetto greco, nel quale erano quindi trattate, col ripiego che tro- viamo in Catullo, le due leggende, dell'abbandono di Arianna e delle nozze di Peleo; oppure è una riduzione e fusione di due poemetti greci, uno sull'abbandono di Arianna e l’altro sulle nozze di Peleo. Secondo noi le due prime ipotesi debbono abbandonarsi: la terza ipotesi ri- sponde al vero. Ed anzitutto esponiamo le ragioni per cui dobbiamo respingere le due prime.

Il carme conserva parecchi indizii che ci avvertono non potersi trattare di un’opera originale. Lascio stare del saepe del v. 25, nel qual verso il poeta rivolto agli heroes dice: Wos ego saepe meo vos carmine compellabo, cosa che non par bene

continuamente rammentato che gli accorsi alle nozze am- . miravano in una parte. del drappo una scena e in. altra parte? un’ altra scena; la esposizione insomma, delle vari fasi della leggenda sarebbe stata fatta come: descrizione-del drappo, così come vediamo presso Vergilio; a proposito delle rappresentazioni che Enea trova. nel tempio di Car- tagine. Ma in Catullo l'episodio di Arianna procede in maniera affatto indipendente dalla. descrizione del drappo: Arianna piange; geme, impreca, fa dei lunghi discorsi, tutte cose che non han che fare con una. rappresenta- zione. figurata. Quel drappo sembra dunque un. ripiego; un artifizio escogitato dopo, per congiungere due compo» nimenti già belli e formati e indipendenti l'uno dall'altro. È molto più naturale spiegare con questa artifiziosa: sutura. il congiungimento: delle. due leggende, anzichè supporre: che esso fosse già nell'originale, Per quanto si voglia pre- sumere che l’autore di quell'originale non fosse tenero dell'opportunità πὸ della misura, pur gli sarebbero natu+ ralmente; inconsciamente; venute fuori espressioni descrit- tive, se la leggenda di Arianna era da lui immessa nel poemetto sol per descrivere varii quadri di una rappre- sentazione figurata. Questa ragione non vale invece per chi ha dinanzi un originale; di cui ricalca più o meno fe delmente le orme; quindi non vale per Catullo. Quell' epi- sodio dunque non era; nell'originale; una descrizione: era un poemetto mitologico affatto indipendente sui casi di Arianna. Catullo prese quel carme e.lo usufruì quale \epi- sodio di un altro poemetto; ma non potè liberarsi. così dall'originale suo, da giungere a dare ad esso quel carat- tere descrittivo, che era richiesto dall'uso che egli ne fa- ceva. Pare dunque a noi più probabile tra tutte la con gettura che Catullo avesse dinanzi due poemetti, uno sulle nozze di Peleo, l’altro sui fatti di Arianna e li contaminasse nel. carme LXIV.

Su questo secondo poemetto nulla sapremmo dire: dell'altro crediamo di poter dare qualche probabile indizio.

Di un antico epitalamio di Peleo.e Teti abbiamo no- tizia da Tzetze, prol. ad Lycophronem, 261. L’epitalamio

10, 12. '904

IL CARME LXIV DI CATULLO. 225

è da Tzetze attribuito ad Esiodo, e ne sono citati due versi soltanto (fr. XCIV Marckscheffel):

Toìs μάκαρ Αἰακίδη καὶ τετράκις, ὄλβις Πηλδῦ, Ὃς τοῖςδ᾽ ἐν μεγάροις ἱερὸν λέχος εἰσαναβαίνδις.

Di questi due versi par di risentire un’eco in quelli di Catullo (26-28):

Teque adeo eximie taedis felicibus aucte, Thessaliae columen Peleu, cui Iuppiter ipse, Ipse suos divom genitor concessit amores.

Ma v'ha di più. Tra i frammenti di Esiodo d’incerta sede ve n’ ha uno (fr. CCXVIII, Marckscheffel), che parla della primitiva comunanza degli dèi e degli uomini, e che è citato, tra gli altri, da Origene (Contra Celsum IV, 216 Spencer).

Tal frammento è:

Evvai γὰρ τότε δαῖτες ἔσαν, ξυνοὶ δὲ ϑόωχοι ᾿ϑανάτοισι ϑεοῖσι καταϑνητοῖς τ᾽ ἀνϑρώποις.

E nell’epitalamio di Catullo leggiamo (ν. 386-8):

Praesentes namque ante domos invisere castas Heroum et sese mortali ostendere coetu Caelicolae, nondum spreta pietate, solebant.

Ne par dunque attraente ipotesi che quel frammento esiodeo d’incerta sede appartenga all’ epitalamio di Peleo @e Teti attribuito ad Esiodo 2)

Così Catullo avrebbe avuto dinanzi, per la parte che riguarda Peleo e Teti questo antico carme. l'al carme non era naturalmente di Esiodo, cui fu attribuito; è possi-

1) A questo passo di Catullo il Riese (RA. Mus. 1866, p. 507) pose a riscontro, sulle orme del Dousa, un frammento callimacheo φοιτίζειν ἀγαϑοὶ πολλάκις ηΐϑεοι; ma per adattare il frammento al passo catulliano e per far che anche il frammento parlasse di dèi,

. [ . , è lo ricompose così: φουτίζειν ἀγαϑοί ἴτε Feoi....1 πολλώκες ηϑον.

Studi ital. di filol. cluss. XII. 15

bile dir nulla di sicuro circa l’autore. Ad ogni modo: ἴα riduzione catulliana ha certa sobrietà e moderazione di tinte

e certa semplicità di svolgimento, che fa vivo contrasto con l'indole passionata del carme: che riguarda Arianna,

E tal carattere di. sobrietà e semplicità ci mostra appunto esser fallace criterio il voler ritenere come componimento unico pur nella sua prima fonte originaria, il poemetto catulliano, ravvisando anzi l'indole dell’arte alessandrina nella strana commistione 3).

E pure nella trattazione; mitica, la. parte che riguarda Peleo ha caratteri. più semplici e. quasi di imitazione ar- caica. ÙÈ stato già notato presso Catullo in tal carme un ritorno agli elementi antichissimi della leggenda (v: Bau- meister; Denkmdler, III, pi 1802; a proposito del v. 20). Tal carattere arcaico nella trattazione della: leggenda si può pure osservare in qualche riscontro: con: la rappresen- tazione della pompa nuziale di Peleo, che è sul famoso vaso Frangois del sesto secolo, ora a Firenze. In questo, Chirone apre il corteo divino, e così pure in Catullo (v. 280-281). Nel vaso Frangois sono nel’ corteo le tre Moirai, e così in Catullo sono le Pàrche, che anzi cantano i fati al nascituro Achille, Presso Catullo si astengono de- liberatamente dalla festa Apollo e Diana (vv. 301-304); Apollo ed Artemide mancano nel vaso fiorentino; e per mera ipotesi, si è. supposto: che.fossero.le. figure, ora perite, del quarto carro:*); È naturale: del: resto. che. i nomi e la

1) Così appunto giudica il Riese, in RAeinisches Miseum, XXI (1866) p. 501.

3) In Omero, IZ XXIV, 62 sgg., Héra: rammentando le nozze Peleo .er Teti dice.a tutti gli dèi: πάντος δ᾽ ἀντιώασϑε; ϑεοί, γάμου, 8 riyolta,poi ad Apollo: ἐν σὺ τοῖσιν Δαίνεὶ ἔχων φόρμιγγα, κακῶν ἕταρε, αἰὲν ἄπιστε. Presso Eschilo anzi (ap. Plat. Rep. II, 388 B = fr. 850 Nauck®) Apollo stesso canta l'inno nuziale. Perchè in altre redazioni lo troviamo escluso? Si sono escogitate più ragioni: che. egli, dotato di spirita profetico; già.sapesse di dovere essere il futuro. uccisore di Achille che.le querimonie «di Hera presso Omero 6. ἄϊ Teti, presso Eschilo avessero messo sull’avviso.i posteriori. poeti. Ma; tutte, queste, ragioni. spiegherebbero l'assenza di Apollo, non. quella di Artemide. Potrebbe pensarsi invece ad altro. La. pompa:nus

IL CARME LXIV DI CATULLO. 22

disposizione delle figure divine variassero in tal corteo se- condo il genio dell'artista. Abbiamo un accenno ad un altro poemetto su Peleo e Teti, ed è in uno scrittore del III sec. d, C., il retore Menandro, che parlando dei precetti per comporre gl’inni nuziali così dice (cf. Walz, RAétores graeci IX, p. 265): Πηλέως γαμοῦντος πἀάρῆσαν μὲν ὅπάνέες οὗ ϑεοί, προσῆδαν δὲ Μοῦσαι καὶ οὐχ ἠμέλει τῶν πέάρόντων ἕχαστος πρέπουσαν αὐτῷ δωρεὰν χαρίζεσθαι ὃν τῷ γάμφ᾽ ἀλλ᾽ μὲν ἐδίδου δῶρα, 6 δὲ ἔπληττε λύραν, αἱ δὲ ηὔλουν, ai δὲ δον, Ἑρμῆς δὲ ἐκήρυττϑο τὸν ὕμνον τοῦ γάμου. Questa menzione è molto indeterminata. Quali erano le dee che ηὔλουν, e quali quelle che δον Verrebbe da pensare per le prime alle Muse αὐλητρίδες, quali si trovano rappresentate in un bel vaso antico di Monaco (Arch. Zig. 1860, T. 139); e quale nel vaso stesso Francois è rappresentata Calliope, suona-

trice di σύριγξ; e per le seconde alle Moire, alle Parche di Catullo.

C. PASCAL.

ziale si svolgeva di notte, al chiaror delle faci: mancavano dunque le due divinità della luce, il Sole e la Luna. La loro assenza non sarebbe allora una correzione letteraria alla leggenda: sarebbe in- vece un elemento popolare, primitivo e genuino di essa. Nel poe- metto cui accenna il retore Menandro (v. sopra) l’inno è intonato da Hermes, non da Apollo, ma forse ad Apollo si allude ivi col ricordo di quel dio che ἔπληττε λύραν.

CWOTHPIOC ΠΑΥΝΙ

Un pezzo di papiro, che acquistai da un arabo del Fajùm nel Gennaio del 1904, contiene un frammento di istanza ad un magistrato (per es. all’ ἀρχιϑικαστής), per la éufadeia di un fondo, poniamo, ipotecato per debiti:

τοϊύτων χρατήσει xalì κυρέίᾳ Ἰωένων χαὶ ἐν οἷς ἐὰν ἄλλοις lv δ᾽ ἄλλων τῶν x[ Ἰκαὶ ὧν [ἄλλων ἔχίω δικαίων 5 lv μηδενὶ ardw[s χρηματι)σμοῦ τδλδίωσιν di ὡς] καϑήκει. (Ἔτους) ζ αὐτοκράϊτορος καίσαρος Δομιτιανοῦ σεβαστοῦ Γερ)]μανικοῦ μηνὸς Γερμ[ανικείου Παχὼν -us] da τῆς ἐμβαδείας e .[ 10 (al. τῇ.) ‘A]vafayopov νεωτέρου ἐπιδέδωκαί . (Ἔτους) x di avtoxo. καισ. ou. σεβαστοῦ Γερ]μανικοῦ unvò(s) Zwrroiov Παῦνι κϑὶ

Non è possibile determinare l'estensione della lacuna, a sinistra e a destra rispettivamente; certo è, ad ogni modo, il supplemento I. 7 sq. L’intitolazione αὐτοχράτορος Tse- uavixod può essere soltanto di Domiziano, Nerva e Traiano, ma poichè Traiano è Γερμανικὸς Aaxixòs dal terzo anno in poi (cf. per es. BGU. 829, 18. Atene e-Roma n.° 59 p.334) edi Nerva non si contò un anno settimo, necessariamente va supplito Aoutiavod (ovvero .fowrtiavod, così anche in altri papiri fiorentini inediti e PAmbh. II 103, 5 [v. facsim.]. PO. II 237 vini 43. ΒΑΔ. 563 IT 10; “ομετειανοῦ, per es. PLond. 285, 18 [II 201 Ken.]; cf. Viereck, Archiv I 460; Wessely, Wiener Stud. 1903 etc.). La data, dunque, ivi indicata è Aprile- Maggio 88 di Cr.

Interessante è l'equazione Xmr, ρίυυ = Παῦνι (= Maggio- (Giugno) nella 1. 11; finora essa era incerta. Cf. Wilcken, Gr. Ostr. I 810. (τ, V.

DE DVOBVS PERSII CODICIBVS

QVI INTER CETEROS LAVRENTIANAE BIBLIOTHECAE SERVANTVR

In editione Persii saturarum quam nuperrime apud Loescherium Taurinensem in lucem prodidi, laurentiani codicis 37, 19 quo Persii Saturae cum scholiis et glossis continentur mentionem iniciens, pellicitus sum me de huius- modi codice in hac Italicarum Commentationum Sylloge fu- sius locuturum esse.

En promissum absolvo; arreptaque occasione de alio codice disseram qui in pluteo eiusdem bibliothecae 33° est, numero 81 insignitus, quo Persii Saturae manu Iohannis Boccacii exaratae sunt.

Est igitur codex 37, 19 membranaceus, eius formae quam in 4' dicere solemus, et est paginarum longitudo 264 mm®"®, latitudo 167. Folia habet undeviginti, ita con- suta ut duo sint quaterniones, unus ternio. Prioris tamen quaternionis primum folium excisum est; itemque ternionis extrema duo folia desunt. Persii saturae pariterque scholia marginalia et pleraeque glossae interlineares litteris mi- nusculis carolingicis exaratae sunt saeculo, non XII° ut in Bandinii catalogo legitur, sed vel XI° ineunte vel etiam exeunte X°, ut ex forma litterarum, maiorum praesertim, et nexibus quibusdam ad uncialem scriptionem accedentibus manifestissime patet '). Manus posterior tum in saturarum

1) Saepe n littera maiusculam formam exhibet, ut N = non I, 53; Nugaris, I, 56. Nexus autem hos reperies NS = ns, N'= nt (ex. gr. in voce quae est donant V, 82).

textu tum in scholiis atramentum iam pallidum et evane- scens novis ductibus nigravit, interdum fortasse, praesertim in interpunctionis signis, vetere scriptura adulterata. Prae- terea haud difficile est in glossis interlinearibus duas manus posterioris aetatis distinguere, alteram saeculi αὖ videtur XIII! vel XIV', alteram certe XV'; sed nulla harum ma- nuum textum ipsum turbavit, in quo nonnullae tantum lit- terae passim incerta aetate erasae sunt.

Ante saturas in codice nostro, quem littera graeca significabimus, Vita legitur Persi Flacci ex nota illa et vetere Valerii Probi derivata, sed non sine varietate aliqua, unde opportunum videtur hic eam inserere:

Vrra Persn FLAccI.

Aules Flaccus Persius, apud Vulterrum quae est civitas Etru- riae natus est. Et fuit nobilissimi generis, Flaccus vero pater suus moriens pupillum dimisit eum fere annorum VI. Mater autem Fulvia Sisenna mortem post Flacci nupsit Fulcio equiti romano, Iste ergo Flaccus usque ad annum XII aetatis suae Vulterris studuit. Inde ductus Romam apud gramaticum Remmium Palemonem et apud Bas sum philosophum studuit. Et postea apud Cornutum poetam qui tunc temporis satyricus erat. Hic igitur mox ut a scolis divertit, lecto videlicet Lucii decimo libro, satyras cum tanta insectatione no- vorum poetarum componere studuit, ut etiam Neronem tune temporis principem inculparet. Cuius versus in eum sunt isti vel est iste: du- riculaè asini Mida rex habet. Sed a Cornuto emendatus est ita: auri- culas asini quis non habet? ne hoc in se dictum Nero arbitraretur, Persius iste vicio stomachi anno aetatis suae XXX hominem exivit.

In hac vita si nonnulla corrigas (ut Luciliî pro eo quod est Lucii) et excipias rerum permutationem quae est inter Bassum et Cornntum quorum prior perperam philo- sophus dicitur alter poeta, nihil ferme alienum a veritate continetur. Illud dignum est animadyersione quod, cum in vita de Valerii Probi commentario sublata Cornutus dicatur illo tempore tragicus fuisse sectae poeticae qui libros philoso- phiae reliquit, hic contra de Cornuto satyrico sermo est. Quod in mentem revocat illum Planciadis Fulgentii locum in ser- monibus antiquis 20: Tittivilicium (Wessner: textivilicium) dici voluerunt fila putrida quae de telis cadunt; ut Plautus in

232 F. RAMORINVS

Aliter: Persius iste tuscus fuit genere nobilissimus. Didicit au- tem docente Basso philosopho. Deliberavit autem diu apud se utrum scriberet satyram. Primo incoavit, et postea dimisit. Tandem resuscepto spiritu satyram scripsit et hunc librum composuit. Ostendit autem in hoc capitulo quod necessitate coactus satyram scripsit et in initio dicit se non didiscisse (sic) poetriam. Unde de more traio (?) a decla- matione inchoat.

Haec nullius pretii commenta ab aliquo scholiasta ad prooemium saturarum et primos saturae primae versus il- lustranda conscripta, compares licet cum iis quae in edi- tione principe post vitam Persii leguntur, quaeque Jahnius in editione sua priore (1843) exscripsit (p. 240 et sqq.).

Sequuntur in codice ἃ. nonnulla de satura in universum non dissimilia ab illis quae Iahnius l. c. protulit sed ple- niora et emendatiora. Ita enim se habent:

Excipit Vita. Prologus incipit.

Satyrae proprium est ut vera humiliter dicat, non pompatice, et omnia sanna faciat, sed iuxta mensuram quam Sisenna protulit poeta. Cum enim ultra excedunt poetae, quodammodo insaniunt. Item satyra dicitur quae variis rebus continetur. Satyra item dicitur (lex) apud Romanos lata quae fucatis verbis fallit audientes, ut aliud dicat aliud vero significet. Aliter satyra dicitur quasi satura a saturitate, eo quod viciis ac reprehensionibus sit plena [quae fucatis verbis fullat audientes ut aliud dicat aliudque intelligat:.

In hac praefacione dicit se non poetam sed epopoen (/ege: se- mipoetam) esse; et dicit se fame coactum sicut et ceteros ad scri- bendum aspirare conatum. Quod cum de se dicit non dubium quin de omnibus dicat.

Satyra rursus genus est clarni vel lancis. Clarnus autem dicitur discus vel mensa multis ac variis frugum generibus referta. Item clarnus potest apellari discus vel mensa quae plena [vel referta) sacrificiis Veneri consuevit ofterri, Finis.

Sequitur distichon de quo iam in prolegomenis edi- tionis meae sermo babitus est:

Incipit obscurus per totum Persius horchus Ut tenebris dictis sic manet iste suis.

ubi dictis error amanuensis est pro eo quod rectum est: Ditis. Denique referenda sunt quae in choliamborum prae- fationem, praesertim ad illustrandam caballini fontis men-

δὲ ®, RAMORINVS = Cauda retorta mei 1) per totum hercnle porci Versus non modici contorti more chelidri Antri lectorem ducunt per compita flexi.

Cuius epigrammatis quae sit sententia hand facile est explanare. Agitur sine dubio de Persii obscuritate deque eius contorto sermone, qui comparatur cum cauda retorta porcî et cum tortuoso magni chelydri corpore; versus au- tem poetae dicuntur per compita flexi antri s. labyrinthi ducere lectorem, Ait igitur poeta: en ego sum Persius, ita a priscis magistris cognominatus; falluntur qui obscura mea non conantur promere, nam licet cauda mei porci per totum sit hercle retorta, et versus mei contorti sint instar non parvi chelydri, tamen lectorem ducunt per flexnosi antri compita ? (??).

Sed omni mora abiecta, iam ad collationem saturarum Persii quales in codice 7 extant veniamus; quod ita in- stituemus, ut non cum aliqua editione textum codicis no- stri comparemus, sed lectiones praecipuorum codicum, qui sunt A = Montepessulanus bibliothecae medicae 212 saee. IX! ex., B *) = Vaticanus tabularii basilicae S.‘ Petri 36 H saec.' IX!, Οἱ 5) = Montepessulanus bibliot. med: 125 sasc. item IX! exeuntis, iuxta nostras ponamus. Ut notum est, codices A et B recensionem praebent a Sabino quodam cu- ratam ineunte saeculo V, ut ex subscriptione utriusque codicis adparet; suntque tam arta propinquitate coniuncti, ut ex eodem archetypo descripti esse dicantur. Lectiones igitur iuxtaponemus codd. α, C et 7; ea conditione ut si nihil a nobis dicatur, lectionem codicis Δ cum editione tertia Buecheleri consentire ipso silentio significetur.

1) Ita reipsa legitur, non Zaudaret orta ut est apud Bandinium (Codà, lat. IT, 255) et ap. N. Terzaghi, De codd. lat, Senensis Biblioth. (Bullet. Senese di St. Ρ, 1903 faso, III), qui idem epigramma in co- dice senensi K. Y. 7 saee. XV! repperit mendose quidem exseriptum.

3) Oculis meis vidi codicem Romae superiore mensa Octobri, raptimque lectiones contuli.

1) A Buechelero, editione III» (Berlin 1898), idem codex littera P__

notatur, Cfr, etiam editionem ab 8, G. Owen Oxonii apud bypogra- pheon clarendonianum curatam, anno 1908.

DE DVOBV8 .RERSII CODIOCIBYS.

Collatio codicum a, C, 4.

8 memini me ut prodirem

4 Aeliconiadas om. que Sirenen

5 remitto ambiunt

6 _

7 adfero

8 expediit psittaco cere supine

9 picamque (corr. A?) nostra verba

11 artissex

12 refulgeat

14 pegaseum nectar

Persii Flacci satira- rum incipit

1 --

4 Polydamas

5 praetulerunt B praetulerint 4

6 examenque

7 quaesiverit

8 romaest ac

9 tum

C ProLoGvs.

prodierim Eliconiadasque pyrenen remitto lambunt

adfero expedivit psitacho Kere Picasque verba nostra artifex refulserit

perpegaseum melos

SATIRA I.

Thebaidorum Persi Satura

praetulerint -ve quaesiveris Romae est ac

tune

285

9 prodirem Aeliconiadas pirenem relinquo lambunt Aedere effero expedivit psitaco chere picasque nostra verba artifox refulgeat pegaseum melos

Explicit prefacio Pe- sii (sic) Flacci Saty- rarum liber primus incipit.

in rebus (in suprascr.)

Polidamas

pretulerint

-que

quesiveris

Romae est

ac (at vel ah codd. deter.)

tum} (manus prima post tum signum interpun- ctionis posuit; qui re- scripsit nigriore atra- mento hoc signo usus est quo legendum sît: tumet)

296

12 petulanti splene ca- cinno B 14 quo 15 pexus om. que 16 sardonichae 2 17 sed elegens plasmate guttur

18 collueris fraetus

19 hic

20 ingentis

22 tunc

28 perditosoae

24 quod

27 sicire tuum

28 ad

39 pendas

81 satuli quis...

32 circa iacinctina B

83 ranchidulum 8

84 hipsipilas /} vatum prorabile quid

35 —_

36 adsensere 2) illi

34 cipus B

88 ae B

89 et

narret

40 ast 42 hos 43 scombros

44 dicere fas est

. 45 conscribo exsit 46 et 47 inverso ordine 46 hec 8 47 om. mihi

F. RAMORINVS

petulantis plenae ca- chinno

quod

pexusque

sede legens

collueris

fractus

Tunc (hic 20 m.) ingentes

Tunc

perditus che

quo (quod 2a m.) scire tuum

at

pendes (-88 2a m.) satyri quid... circum yacintina

narrent

vanum (n în ras.) plorabile siquis

ille cipus de

e

alt OS

dicere feci

cum scribo recto ordine hoc

mihi

petulanti splene ca- chinno

quod

pexusque

sardonice

sede legens (leges deté.)

plasmateguntur (n lit- tera paene erasa)

colluerit

fractus

hic

ingentes

Tun

perditus; ohe;

quo

scire tuum

at

pendes

saturi

quid...

circa

iaccinctina

rancidulum

ypsiphilas

vatum

plorabile

siquid

supplantat

adsensere

ille

cippus

Θ

e

narrent

fortunaque (st0)

ait

OS

scrombos

nectus

dicere fas est (suprascr. vel feci)

cum scribo

exit

inverso ordine

haec

mihi

DB DVOBVS PERSII CODICIBVS.

50 qui B illas atti 8

bl sique legidia (lege-

dia B)

63 cereis

δά trito... laconna

57 protenso

68 pinmsit A pincsit B

59 imitata est

60 tantae

61 fas est

65 effundat (et f. fragm. Bob.) unguis B

66 derigat B

69 videmus

“3 dentalia

74 quem... dictatorem

76 acci

18 antiopa erumnis

81 istuc

84 tipedum 8

85 rosis

87 laudatis

bellum hoc bellum 88 moneat 90 _

92 cruris(4 2a m. corr.)

95 cludere si dedicit

94 delphi

95 costam

96 e vertice 7)

97 praegrandi

99 torvam mallonis bovis 2)

101 licet (lincen dA 20 m.) corimpis

102 --

siqua elegidia (a e ἐπ ras.)

citreis

trita... lacerna

propenso pinsit

imitari (-ta est 20 m.) tantae

ius est effundat

derigat (dir. 24 m.) docemus (videmus 20 m.) dentialia (a erasit 24 m.) cum... dictaturam accii

istut

rasis

laudatu (r ad. 24 m.) (-tus Bob.)

ceves (civ. 24 m.)

moveat

portes (e in ras. a su- prascr.) crudis

claudere sic

didiciì

bere cynthius delphin

si costam

et cortice

praegrandi

torba mimilloneis

lyncée

237 quid ilias atti qua elegidia

cytreis

trita... lacerna propenso

pinsit

imitata est

tante (suprascr. -tum) fas est

effundat

ungues dirigat

videmus

dentalia

quem... dictatorem accli

anthiopa erumpnis

istuc

tepidum

rasis

laudatur

bellum hoc bellum est ceves

moveat

portes

crudis claudere sic didicit berecinthius delfin

si costam et cortice praegrandi torva mimallonis bombis lincem corimbis euyon

288

104 summe

105 et mudo B altis

107 vero

108 vide

109 camoena

110 -- abba (corr. A 20 m.)

111 marore (in B e litt. script. vetustiore) euge omnes bene

113 pinguedo sanguis exita

114 mei cedis sevit cedo

(meicedis 2)

118 collidus

119 me scribe

121 auricula

122 tam nilla nulla’ B

1283 affiante cradina

124 Eupolidem

127 cratorum laudere 4 eratorum laude re- gestit B

128 sordidus es B possis

129 sese

180 arretia edilis 8

181 qui in abbato

pulvere (om. in) metas

134 parandia calliroen do om.

Ad macrinum de vi- tae honestate

2 quid apponit

pinge duos anguîs extra meite discedi secuit

callidus

me' (men: 26 m:) scrobe

-las

afflate cratino

eupoliden graiorum ludere

sordidus et possit seque

qui abaco

in pulvere metas prandia calliroen do

Satira II.

Ad plotium' macrinam de bona mente

qui apponet

summa

et in udb

attis

verbo

videsis

canina

aequidem

alba (ex abba’ corr.) miror

euge omnes etertine bene pinge duos «ngues extra

meite; disegdo; sscuit

callidus

me

scrobe °

-lag

tam (corr. 2a m. ex ta) nil nulla

afflante fn deleta suppo- posito puncto) cretino

eupolydeà

graiorum ludere

sordidus et

possit

spse

areti aedilis

qui ababati (alterum ba recent. mi. deletam)

in pulvere:

moetas

prandia

calliroen do

satyrarum’seturidus ai macrinum de' vitae honestate

qui

apponit

3 murum

δ at libabit

6 aut murmur om. que humilisque

7 aperte 8 hospes 10 ebullit patrui

11 crepat

12 quam

18 expungas nam et est

14 conditur

15 sanctae B poscat... mergit 16 -- nocte purgat 18 est ut

19 hunc cuinam vis staio

21 quod

22 staio

23 ad sese

25

26 ovium 21 29 mercedeorum 81 mattera 84 exspica 35 quant 4 quarit 7} 86 lini hedis 37 optet 89 nutrici non 40 om. haec rogabit

DE DVOBV8 PERSII CODICIBVS.

merum

ad

libavit

haud

murmurque

humilesque, om. susur- ros

aperito

eb. patru... (-ο 24 m.)

crepet quem expungam nam est conditur

«8.8 CT) .:18 noctem purgas estne ut

ialo quo taio ad sese

ovium, corr. ex obium ergenaque iuvente vidental

mercede deorum matertera

expiat

quatit

Licini

aedis optent

non nutrici

. haec

-rit

289

merum

at

libabit

haud

murmurque humilesque susurros

aperto

ospes

ebullit (super i seript. est a) patrui

crepet

quem

expungas

nam et est

conditur (ducitur Serv. ad Georg. IV 256)

sanctae

-28 .. cis

capud

noctem

purgas

est ut (ne snfersoripto eadem manu)

cuinam? cuinam vie?

staio

quod

staio

at sese

sacro om. în tegtu, su- prascr. cadem m.

ovium

ergennaque iubente

bidental

mercede deorum.

matertera

expiat

quatit

Licini hedes

optet: nutrici' non haec

-bit-

240

41 poscit

42 pingens

48 morantur

45 accessis fibra de

46

47 flammas liquescant

48 at tamen festo

49 aser

50 _

51 --

52 creterras incusaque

53 laevo 54 praetepidum δῦ subit 56 perducit 57 purgatissima 58 praecipui sunt 7? o sit illis 59 δυσὶ 60 facile B 63 om. ex ac B 65 Haec Calabrum 66 bacam concae 67 missae 68 Peccaethaec 70 virgine (om. a) 72 Messala “Ὁ animimo 2} ‘4 honestum “Ὁ a.Imoneam 7}

Satirarum III loqui- tur ad desidiosos 1 sepe 4 seppe B 2 limine (corr. 20 m.) 1)

F. RAMORINV8

-i8 grandes

mirantur accersis fibram

da

flammis et tamen ferto

ager

crateras

incusasque (incussaque Za m.)

laeto

subit

-cis purgantiss. sitque illis aurum

fictile

ex

hac

et Calabrum vacam conchae massae

peccat et haec a Vvirg. Messalae animos honesto admoveant

SATIRA III.

Increpatio desidiae hu- manae nempe

-it

pingues tucetaque annuere morantur accersis fibra

da

foetum flammas liquesquant attamen ferto

ager

expes nequicquam.... numus crateras incussaque

levo praetrepidum subiit

-cis

purgatiss. praecipui sunto sitque illis aurum

fictile

ex

hac

Haec Cal. baccam conchao massae

Peccat et haec a Virg. Messalae animo

honesto ammoveam

Satira tercia Ad desi diosos

nempe

lumine

8. 1. '906

DE DVOBVS PERSII CODICIBVS.

6 -- 7 idanocius

8 nemo A (corr. 24 m.) tigescit 9 ut arcadiae

dicas

11 cartae (ἢ tnterscr.) B arundo

12 querimus

13 nigra sed infusa

vanescat 14 querimus quod

15 hucine 16 acur

palumbo 20 etfluis

21 22 cocyta 23 es (est 23) 24 rupe paturno 8 26 fori B patella 27 ventis

28 29 censoremque tuum

81 districti

82 --

84 rursus

37 moverat

45 morituri verba Cato- nis Discere

ita nec ocius (ec ex- puncto)

turgescit ut arcadiae

oridas (credas dett.)

quaeritur (36 m.) nigra sed infusa

vanescit

quo

hunc ine aut cur

columbo

etfluis

coeta

est

rure paterno patella est ventis

ius coramum ille sime -srem vetuum

discincti

moverit morituro verba Catoni Dicere

Studi ital. di ποῖ, class. XII

Q41 coquid itane? ocius

nemon

turgescit

inar cadie (inter c et a suprascr. est h)

dicas

cartae

arundo

queritur

nigra sed infusa (dett. quod pro sed)

vanescat

querimur

quod

gustas (8 dnferne ape puncto, suprascr. t)

huccine

at cur (inter a et t supra- scr. u,suppostto puncto)

palumbo (suprascr. co- lumbo)

effluis (i în ras. cum ante esset n)

contempnere .

cocta

es

rure paterno

foci

patella

ventris (in marg. vel ventis)

tusco ramum millesime

censoremque tuum

salutis (i subpuncto, a suprascr.)

discincti

natae (snter na εἴ tae ali- quid erasum)

vicio et fibris

rorsus

moverit

morituri v. Cathonis Di» scere

16

46 et insano 48 summo... fervet 49 -

δο

51 caliduor torquaeret

52 pergit Sat, III

58 inlita δά 56 tibiquo... deduxit

57 collem (corr. 36 m.) 59 Hoscitat 60 in quo dirigis 62 bibis 68 Helleborum 66 Discite o σὰ, 67 gignimus 68 mecae qua me cae B (cas scrip- tura vetustiore) 71 largiri 18 invidias B 74 defensus 116 hic versus omissus in contextu additus est altera m. în margine 18 dicta satis est sapio 19 archesilas B Solonis B 80 Obsip... fingentis (fingentes, n expun- cta B) Aagroti B

84 di nihilo... in nihilo 90 posquam A postq. B

P. BAMORINVE

non sano summum... ferret

Raderet et angustae

callidior

torquere

hino nova satira incipit cum titulo: ad eosdem

insomis

tibi quae... deduzit

collem (corr. 2a m.) oscitat in quod

vivis

Discite o m. gignimur metae quam

elargiri invideas defensis

eluentis

dicat

sapio satis est Solones

obstipo ... figentes

meditantes omnia (corr. 20m) de n.... in nibilum

et insano

summum... ferret

dampnosa (p cum sup- posito puncto)

om. et

callidior

torquere

pergit satira ΠῚ.

deprehendere illita insomnis tibi quae... deduxit (di- duzit codd. det.) callem oscitat “in quo dirigis vivus Helleborum Discite o m. gignimur datur aut mente quam

largiri invideas defensis habet versum in contertu

monimenta

clientis

dicat

satis est sapio archesilas

Solones (corr. ex Sal.) obstipo... figentes

Aegroti somnia

de n.... in nihilo postquam

DE DVOBYVS PERAIH CODICIBVS.

91 vidit

92 -- lagoaena

98 locupo sibi 4 tibi B rogabis

94 palles, om. tu istud

95 hio est

96 palles

97 sepeliit urestas

98 lobatur B

99 pulphereas exilante mefites

100 in terra subiit trientem

101 excidit

105 portas cales A4 calcis B ᾿

106 Externi

107 dextram

112 holus B cribo 4 cribro B decussa

114. plebia

115 alget

116 face suposita B ira

117 discique

118 non sani est hominis

orestes

De his qui ambigunt honores 2 sorbiti tolli... dura 3 dic hoc Periclis (8 in ras., B) o tacendaque cales

videt

silente lagoena

laturo

sibi

rogavit

tu pallens istuc

id est

pallens sepellitur istas sulpureas exalante

inter vina subit excutit portam

hesterni

dextra

decusa haut plebeia alges

f. supposita iram dicisque facesque

Satira IV.

sine titulo quia continuat texius praeced. satirae

sorbitio tollit... dira

dio hoc

Perioli

tacendave

calles

vidit

siciente

laguena

loturo

tibi (suprascr. vel sibi)

rogabis

tu palles

istud

hic est

palles

sepeli; turestas

lavatur

sulphureas

lentae exalante mefites

inter vina subit

trientem (corr. ex trid.)

excutit

portam

calces

Aesterni (cfr. Aelicon. Prolog. 4)

dextram

olus

cribro

discussa

aud

plebeia

alget

f. subposita

ira

dicisque

facisque

non sani est h. (super est script.: vel esse)

horestes

De his qui ambiunt ho- nores

sorbicio tollit... dira

dio hoc (deterr. dic 0)

Pericli

tacendave

calles

UA

9 puta ilud 10 gemina 11 iter 4 18 est 14 puelle 16 desinas merecas 19 aud (adiecto h recent. m. B) in huno

21 pannucea 22 distincto B ocyma 28 ΙΝ 24 praecedenti 25 quaesierit victidi praediacinus B 26 arat erat 29 veteris 80 mordens 81 fariratam... ollam (poster. r in B vetu- stiore scriptura) 83 A si... frigas

84 tangit 85 hi mores

87 tune cum

89 palestra... plantari 40 clixasque forfice 41 filix mansues sit B 42 praeplemus B 44 lato alta eus 4 lato altareus B 45 pretegit B 46 potest... dicta 49 -

7. RAMORINVS

puta (supr. puto) illut (bis) geminae

inter

est

pelle

desinis

meracas

inhunc (priore n in ras.) pannucia

ocyma tunc nemo (2a m.)

«ris (8 superad.)

vettidis

errat

veterem mordes farrata... olla

At si... figas

tangat hi m. (0 addidit reo. m.)

tune cum

fluxasque forcipe felix (filix 36 m.)

lato balteus

potes... dicat

vivice

puto illud gemina inter

CI

pelle

desinis

meracas

hand (h euperadieoto cad. mi)

inhune (expunoto n prio re)

pannucea

disoincto

ocyma

ut nemo

stis

cris

vectidi

praedia? cuius?

arat (corr. ex erat)

oberrat

veteris

mordens

farratam... ollam

At si... fricas(superscr. vel figas)

tangat

in mores

archanaque

tune cum (tu cum de- terr.)

palestritae... plantaria

Elixasque

forpice

felix (i super 9 soripto)

mansuescit

praebemus

lato balteus

protegit potes... dicat vibice

DE DVOBVS PERSII CODICIBVS.

50 bibulas 51 respuat... est tollatsua umera cerdo

52 ut noris

Sine titulo 1 ---

2 obtare... 4 parchi 6 carminur 7 Helicone (supraser. 2a m.) B 8 Procnes tyheste B 9 insulso... glyconi 10 camino 11 claso raucus 12 -- 13 scloppo

carmina B

15 terens (lit. r in B ve»

tustiore scriptura) radere

16

17 dicis

18 om. plebeia (add. in marg. A, in calce B)

19 pullatis

21 secrete (-ti 20 m.)

22 quantaque 24 pulsa dinoscere 26 hic... ausim VOoces 28 puta totum 29 quod... arcana

vibulas respue... est

om. ut

Satira V.

Ad magistrum equitum Cornutum

parthi carminis Helicone

progenes inviso... cycloni camini

clauso

raucos

quitecum

scloppo

teres (teris 2a m.) rodere

dicis mycenas plebique

pullatis

secreto

quandoque (corr. 24 m.) pulsandinoscere

his... auxim

fauces pura torum

quo... arcanam

bibulas respue... es

t. s. munera c, ut noris.

Satyrarum V liber

Vvoces (cum tindicîis ra- surae)

optare in carmine

parthi

carminis

elicona

prognes

thiestae

insulso... gliconi

camino

clauso

raucos

quid tecum

stoplo (sn al. codd. stlop- po)

teris

radere

ingenuo (corr ex -nio) dicas

micenis

plebeiaque

pullatis (superscr. vel bul.)

secreti

quantaque

pulsa dinoscere

his (super is ead. m. scri- ptum est uc)... susim

voces

pura .

totum

quod... archana

246

30 cui

81 succinctus 33 sparsis B 85 deducit 86 seposui

susci pis 87 tum 40 Araficemque (ra in B vetustiore scriptura eraratum) 41 memini 45 hoc fodere 46 -- 41 equalis suspendit 48 Perca (per catenas corr. in -x B) 50 Jovem... imam 51 nescio quod astrum 64 talis 55 cumini B 57 -- ὅ8 putris et cheragra B 59 fecerit... faci 60 palustrem 61 vitam... relictam 62 carthis 63 _ 64 cleteanthea 65 miserisque 66 cras fiat 67 diest 68 hesternum 69 hos 70 quam propese temone (corr. ex -n0) 71 vertententem B (ubi litterae vert vetu- stioris scriîp. sunt) sese cantum

F. RAMOBINVS

cum subcinctis (ex -tus)

deducit seposui

suspicis tunc artificomque

memini me hoc

aequali suspendit parca tenax

Jove... n. quod certum italis

una

putriset fregerit... fagi palustre

vita... relicta

enim est

cliantea

miserique

c. fiet

diem

externum (cfr. III, 106) hoc (corr. 24 m.)

quamvis prope te tenemo

se cantum

cum

succinctis

sparsisse

diducit

seposui (superscr. vel sub.)

suscipis

tum

artificemque

cumini (corr. ex cim.) decoquid

putris. et

chiragra

Fregerit... fagi palustrem

vitam... relictam cartis (infer et a est h) enim (suprasor. scil. es} cleanthes

miserisque

c. fiet

diem

hestethum

hos

quamvis prope se temono

vertentem

sese cantum

DE DVORVa PRRAII CODICIBVS.

75 veri

76 damasus non 77 tenui farragine 78 temporis

82 hec nobis

84 ut libuit sum

85 --

87 haec reliqua illudet ut volo

90 Excepto mansuri

92 veteresseabias rebello B

98 erit tenuia

95 --

97 quod, om. id vitiavit

102 perocinatus A perocintus B 108 exclamet 104 rebi callo A4 tallo 2 105 veri specimen 106 nequa (in B corr. ex neque) oro 108 notasse 109 Es 111 transcedere 112 glutto 115 nostro 116 fronte politas 117 servas

in pectore 118 relego

viri dama est n.

tenuit ferragine

turbinis

hoc n.

ut voluit sim

hoc reliqum

illut detuo tolle

Expecto veteres aulas erat

tenua

id q. vitiavit

perornatus

exclamat rebus talo veris speciem nequa

auro

notasti

Et transcendere gluttu nostrae

f. politus Servans

in p. relego

247

veri

dama est. non

tenui farragine

temporis (suprascr.: tur-

bini8) hoc n. donant (corr. per ras. ea domant)

ut libuit

sum

inquid

haec reliqua

illud et ut volo

Excepto

masuri

veteres avias

revello

erat

tenuia

caloni si aptaveris

quod suprascr. id)

viciavit (suprascr. vel -bit)

peronatus

exclamet rebus talo

veri specimen nequa

auro

oraeta

notasse

Es

transcendere

glutto

nostrae

f. polita

servas (inter a et s n ὧν terscriptum cum sup= posito puncto)

sub p.

relego (alsi codd. repeto)

248

118 finemque 119 exserte B 121 in stultis (B corr. ex insultis) et semuntiat 128 Tristantum ad numeros satyrum bathyllo A4bathillo B 124 sentis

127 nugutcor servivium 128 nequicquam 129 in iecore

180 quid 181 strigilis scutita 184 rogas en saperdas B 185 rubrica 186 et sitiente camello 187 audiet eheu B 188 varo (in B corr. ex Baro) 141 Octius qui in trabe vastra 142 144 calido 145 quod non

146 Tu tracilias (ἐπ B ra scri- ptum est vetustiore forma litterarum) 147 in transtro Veientanumque

148 vapidi pice cessilis 150 (nutrieras add. in B 20 m.) pergant

F. RAMORINYS

funemque

insultis

ut semuncia numero satyri beatilli sumis

nugator servitium nec quicquam in pectore

quin

stringilis

scytice

rogas... saperdam lubrica

et 8. c.

audiat

heu

baro

ocius

obstat

quin trabea vasta

callido

quam non (suprascr, vel quod)

Tu transilias

intrastro (corr. 24 m.) Vellentanumque

vapida picem sessilis

n. peragant

funemque exere in stultis

ut semuntia

Tris tantum

ad numeros

satyri

batilli

sentis (suprascr. vel su- mis)

nugator? servicium

nec quicquam

in iecore (suprascr.: vel in pectore)

quid

strigiles

scutica

rogas? en saperdas

lubrica

et siciente camelo

audiet

heheu

Varo

Ocius

obstet

quin in trabe vasta

rapitis (suprascr. -a8)

calido

quod non (sup. vel quam n.)

cicutae (suprascr. y)

Tune (e liltera erasa)

transilias

in transtro

Vegetanumque (super- addito n inter go et ta)

vapida

pice

sessilis

n, peragant

150 avidos sudore

153 locor 154 hamo B

157 Nec tuum instantique

159 abripit

160 traitur 161 --

163 Atrodens 165

166 --

167 dis pellentibus

168 censem 169 170 rodere casses 17I -- aut mora B

172 accessor 174

nunc nunc

quod

175 quem iactat

176 palpoque ducit

177 citer

178 ponsint

179 at tum

183 nat

184 recutitaque

DE DVOBVS PERSII CODICIBVS.

a. suadare (altera a e- rasa)

deunges

loquor

Nec tu cum .

instantibusque (corr. 2a m.)

arrumpit

dis dep.

censen

ploravit dabere relicta obiurgavere

radere cassas

voce et

haut mora

arcessat

ne nunc

quod quam 1.

tollit

cicer

possint

at cum

natat

tymni

recutit atque

avidos sudore

deunces

loquor

amo (super a scriptum est Ε)

Nec cum tu instantique

abripit (suprascr. ab- rumpit)

trahitur

cito ut credas (super ut script. est hoc)

Adrodens

Chrisidis undas (n pun- cto supp. deletur)

tanto (super prius t scriptum est c)

diis pellentibus (super pell. scripta est sylì. de cad. m.

censen

plorabit dave relicta

obiurgabere

rodere casses

vocet

aut mora (24 m. corrertt t in ἃ, et super a sori- psit ΕΚ cfr. 154)

accersor

exieris (super is sorîp.: vel as)

nenunc (ali codd.: nec nunc)

quem

quem iactet

palpo quem

ducit

cicer

possint

at cum

natat

thynni

recutitaque

250

185 periculo 186 tum grades B luscra 188 caput...alli(tilli B) 190 fulfenius 191 cureo ligetur

Ode quinta 8

1 _

2 nec lyra om. chordae (add. B

Za m.)

8 vocum

4 matrem B

6 Aegregius 4 Agregius B iussisse

senex ligus yora 7 hibetnatque 9 Luni portum cognoscite 11 pavonem 12 vulgi 16 horti 16 obit unto 18 varro 19 genio est qui 20 holus eptam B 28 scombros lautis

F. RAMORINYVS

pericula

Hinc grandes

lusca

caput alit

pulfenius

curto

centus eligetur (corr. in centuse licetur)

SatirA VI.

Ad cestum Bassum ly- curium poetam

iamne lyra... tricae

chordae

rerum

Aegrecius lusisse

senes ligus ora hibernaque Lunai praetium (corr. 2a m.) cognoscere pavonem horti

obit

uncto

varo ingenio

es qui olus calicce

rombos lautus

pericula

Tum grandes lusca

capud... allii vulfennius

curto

centus se licetur

Cesium Bassum lyri- cum Persius alloqui- tur

focco

iamne lyra et tetrico

corde

vocum marem

Aegregios

iussisse (euprascr. lu- 81886)

senes

ligus ora

hibernatque

latus (corr. ex litus)

Lunai

portum

cognoscite

pavone

vulgi

orti

obid

uncto

varo

productis (exp. t) genio

est qui

holus

calice

empta

scombros

lautus

24 turdorum 26 emule

metuis

27 ASt vocat brucia

29 lovio

80 dei iamque mergit 4

31 lacerae

84 neglegat B om. rem

85 Hossa inhonora cinnama

86 ceras opicent

casiae 87 et Bestius 89 piper 40

crassa unguine 41 Hic meride ulterior 492 _ 43 obenum 44 cladem 46 victis 47 ingentes om. que rhenus 48 patria

49 Egregia

50 conlues 61 largiar δά patrui δῦ accede 66 virbi mannius δ΄ que ex 68

DE DVOBYVB PERSII CODICIBVS.

turdarum emole

metuas

at vocat (?) brutia

ionio deliamque lacarae negleget rem

ossa inodora cinnama

ceraso peccent

castae et (2a m. corr. in sed) B

piper

crassa

unguine

Haec cinere u.

o bone num

caudem (24 m. laudem)

captis

ingentesque

rhenos

om. patia (add. 20 m. în marg.)

Aegregiae

induco

aude

conives

largior

audeo

patruis

accedo

verbi

mannius

quaere ex

aut prompte

251

turdorum

Aemule (super u script. est 0)

metuis

Ast vocat

bruttia

ionio

dei, iamque

mergis

lacere

Negleget

rem

Ossa inodora

balsama (suprascr. vel cinnama)

ceraso pecent (supra- 807. 0)

casiao

et Bestius

pipere

foenissecae

orasso

inguine

Hec cinere u.

erit

o bone num

cladem

victis

ingentesque

rhenos

paria

Egregiae iestas inluco audet conives largior audeo patrui accedo virbii mannius quere ex haud prompte

252

58 om. tamen

59 -- tecum 60 Mannius ut v. 56 exit 61 est decursu... poscis 62 hunc... illi 68 --- vin relictus 64 Des B 66 cadius

pone 68 reliquum

angue 69 coquetur 71 tuis hic

78 immeiat 74 tremat omento paventur 76 nec sit 717 pavisse catasta 79 depunge 80 iuventus

persii flacci satyrarum explicit (B addit.: fe- liciter) Vita eiusdem. Subiunguntur choliam- δὲ prologi.

F. RAMORINVS

tamen

etiam si terrae et... ritum > exstat (sup. vel exit) es decursum... poscas huc... ille vis relictis Deest legerat Tadius

pone

reliqum

nunc nunc surge coquatur (24 m. -etur) tu sista immelat tremat

o. popa venter ne sit plausisse catastas depunge iuventus

Explicuit (u del.) per- sius thebaidorum sa- tura feliciter utere semper felix.

tamen (ead. m. super- script.) etiam terre est... ritu > exit es decursu... poscis? huo... ille rennuis vin relictis Deest Legarat (corr. er lege- rat) stadius repone reliquum nunc, om. altero nunc ungue coquetur tuus Iste

inmeiat praemat

o. popa venter nec sit pavisse

-ta

depinge Inventus

Finit Persii liber Flaoci. Explicit intortus per totum persius horcus.

DE DVOBVS PERSII CODICIBVS. 253

QvID EX VARIIS LEOTIONIBVS CODIOVM @, C, ERVI POSSIT.

Propositis ita sub oculis lectorum locis omnibus quibus praecipui Persii codices inter se differunt, haud difficile erit nonnulla animadvertere, unde quae inter eos intercedat ratio definiri possit.

Ante omnia illud in promptu est, IX° saeculo p. C. n. tria saltem Persii editionum genera circumferri solita, quorum primum recensionem Sabinianam ex vetere codice quinti saeculi derivatam praebebat; alterum recensionem exhibebat non minus quinquaginta locis a Sabiniana di- versam, quam, cum in codice C, iam Petri Pithoei, servata sit, Pithoeanam iuvabit appellare, non minoris quidem an- tiquitatis, ut equidem arbitror, quam Sabinianam; tertium denique genus, ut fieri solet, textum ex duabus commixtum circumferebat, qualis in variis codicibus IX! vel X! saeculi a doctis viris hic illic illustratis legitur 1).

De diversitate recensionis Sabinianae et Pithoeanae lo- quens, non equidem rationem habendam esse arbitror vi- tiorum quorum larga copia scatent codices A et B; nam, ut monebat Iahnius, iniquum foret tot tamque pudendos errores Sabino imputare; sed, praeter huiusmodi errores, differunt hae duae editiones variis quibusdam lectionibus, quas iam remotiore antiquitate, et ante ipsum Sabinum, extitisse verisimile est. Ceterum fragmentum Bobiense te- stimonium est, plura quoque menda iam exeunte saeculo IV° in Persii textum irrepsisse.

Quod ad recensionem Sabinianam pertinet eius testes qui nunc supersunt, i. e. codices A et B, suspicor ex ar-

1) Talis inter ceteros est codex Bernensis 257 saec. X, iam a Bon- garsio et Casaubono magni habitus. Talis etiam cod. Oxoniensis Bodleian. Auct. F. I. 15, item X' saec.!, quem post Hauthalium con- tulit et in usum vocavit Owenius; talis denique codex Cantabrigiensis collegii Trinitatis 0, IV, 10, X'! saec.i, ab eodem Owenio laudatus (v. prolegom. editionis Oxoniensis 1903). Nec multum differt ab hac ratione codex noster laurentianus,

amg P. RAMORINVS |

‘chetypo visigothicae seripturae fluxisse. Huius rei quaedam deprehendisse mihi videor in codice B, ubi sex locis qui sunt I, 111 (marore), III, 68 (metae), V, 15 (terens), V, 40 (araficemque), V, 71 (vertententem), V, 146 (tracilias) nonnullae litterae non carolingica scriptura ut ceterae sed scriptura vetustiore, nempe visigothica 4), exaratae appa» rent. Exemplum sit V, 40, ubi errata lectio araficemque pro recta artificemque * extremis syllabis quae sunt ficemgue communem codicis scripturam, i. e. carolingicas litteras ostendit, at in priore vocabuli parte, post maiusculam un- cialem A unde versus incipit, syllabam ra, ea litterarum forma exhibet cuius plura exempla invenias apud Ewald et Lòwe, Exempla script. visigothicae (Heidelberg 1888) in tabulis VII», VIII*, IX4:). Dixeris librarium cum per- peram interpretatus esset scripturam archetypi, ti accipiens pro a, eius ductus litterarum imitari voluisse nulla sen- tentiae habita cura. Idem in vocibus terens, vertententem, tracilias primas litteras antiquiore scribendi ratione exa- ravit; in voce marore (pro eo quod rectum est: moror) e litteram, in voce metae vel. mecae syllabam cae visigothica, ut videtur, forma scripsit. Quae cum ita se habeant, haud absurdum erit coniectari, codicem unde A et B descripti sunt, scriptura visigothica VIII° ferme p. C. n. saeculo, exaratum esse,

Venio ad laurentianum nostrum 4%. Quem ex collatis supra locis, si quis ad calculos rem omnem vocet, apparebit: a) centies octies et septuagies cum codicibus « consen» tire; inter cetera plus quinquagies easdem lectiones praebere quae Sabinianae recensionis propriae videntur; cfr. Prol. 3, 4; 9, 12, 14; Sat. I, 6, 9, 15, 32, 84, 44, 46-47 inverso or- dine, 59, 74, 128; II, δ, 10, 86, 42; ZII, 45, 78; IV, 10, 19, 21, 29, 30, 31, 38, 40%, 50, 52; V, 9, 11, 15, 22, 26, 98, 68, 70, 78, 84, 105, 108, 124, 136, 138, 150, 167, 172, 176, 186; VI, 6, 9, 24, 46, 69, 77 etc. 3) Plus quam ducentis

1) Ne obliviscatur lector, recensionem Sabinisnam Barcinone in Tarraconensi ortam, illis praesertim regionibus propagatam esse.

2) Confer sis in tab. VII, versu paenultimo vocem ' continetur '; in VIII versu 25 vocem q. e. ' cartim.*

266 P.-RAMORINVE

audet; 56 virbii; 59 est; 680m. nunc; 74 praemat. Huiusmodi errorum nonnullos codex 7 communes habet cum codicibus Persii deterioribus; idemque dici potest etiam de lectionibus quibusdam ut I, 87 dellum hoc, bellum est? 111 cuge omnes etenim, quas iam ad remotam antiquitatem pertinere apertum est. Neque est omittendum, nonnallas codicis Δ lectiones ex glossis interlinearibus pro vera lectione acceptis originem duxisse, ut est illud relinguo in Prolog. 5 pro eo quod esset remitto, et melos in fine prologi pro recta leétione nectar, et balsama in VI* Sat. 36, pro eo quod Persius scripsit: cinnama.

Quae cum ita sint, cum codex laurentianus 7 recensio- nem praecipue Sabinianam praebeat, perpaucis tantum locis cum pithoeana commixtam, cum longe emendatior sit quam A et B, haud absonum est coniectari, hunc codicem ex ar- chetypo multo meliore fluxiase quam «, fortasse etiam non- nihil antiquiore, vel unciali vel semiunciali scriptura exarato. Si huiusmodi archetypum littera maiore 4 significari con- cedas, poteris stemma codicum, quod vocant, lineis adum- brare. Moneo lectores, me aetatem codicum sub oculos ponere eorum litteras collocando in quibusdam spatiis ad eam rem delineatis, ita ut in promptu sit etiam, utrum ineunte an medio an exeunte saeculo unusquisque coder exaratus sit.

Stemma praecipuorum Persii codicum:

Recensio Sabiniana Rec. codicis Pithoeani I

α δῶν È

ἘΧῚ Gao0, È

9.1. 606.

F. RAMORINVS

tristica, tetrasticha, hexasticha XII sapientum, qualia ex codice vossiano Q 86 et Parisino 8069 quem supra laudavi | edidit Riese in altero Anthologiae latinae volumine; adde versus nonnullos leoninos aliosque mediae aetatis fetus, ut librum Microcosmi et Megacosmi Bernardi de Silvestris; in extremis membranis denique tres leguntur comoediae sine nomine auctoris, quibus titulus est ex personis Geta et Birria, Alda, Lidie (sic) '), Tam multa huc congesserat Boccacius in usum lectionum suarum vel amicorum!

Ut ad Persii satiras veniamus, argumenta habeo cur dicam eas Iohannem ex codice descripsisse, certissima,. Ante omnia praecedunt eaedem Persii vitae quas supra ret- tulimus; maior quidem in textu, minores in margine adpo- sitae et ene quidem in circulis eleganter inscriptae. Varias lectiones apponam vitae maioris: post Flacci mortem (7 mor- tem p. F.) phylosophum (4 phil.) satiricus (4 satyr.) cuius versus in eum sunt isti (A cuius versus in eum sunt isti vel est iste) Post vitam Persii sequuntur de satura in universum eadem quae in Δ; omitto varias lectiones nullius momenti. Claudit hanc partem distichon:

Incipit obseurus per totum Persius oreus Ut tenebris ditis sic manet iste suis;

ubi vera lectio ditis pro eo quod 7 praebet dictis argumento est, quo iudicio, qua emendandi facultate latinas res legeret Boccacius.

Sequuntur saturae iisdem glossis interlinearibus iisdem- que scholiis auctae quae sunt in λ. Notandum tamen est, scholia marginalia non ultra satiram quintam exscripta esse; post superesse una plagula solas glossas marginales, denique verba poetae nuda usque ad finem procedere,

1) Ex his comoediis elegiaco versu scriptis, Alda atetorem' ha- buit Guilelmum Blesensem, cfr. editionem teubnerianam anno sup."* saec,! XOII a O, Lohmeyero curatam, quem quidem codex laurentianus latuit; Lydia eadem est quae tribuitur Mattleo Vindocinensi (vulgo: Matteo di Vendòme); Geta et Birria in mentem revocat Amphitryonem Vitalis Blesensis. Ex Lydia notum est Boccacium fabulam suam De- cameronis VII, 9 hausisse.

260 F. RAMORINVS, DE BVOBVS PERSII CODICIBVS.

Ut ut est de hac ve, ex dictis artitror luce olarius ap-. parere textum Persii qui legitur in codice laurentiano 33, 31 ab altero codice 7 derivatum esse, ita ut in superiore codicum stemmate, 7’, si ita velimus significari 88, 81, sub 7 sori- bendum sit, nonnullis, ut par est, saeculorum spatiis inter- positis, quippe cum hic codex procul dubio ante medium saeculum XIV a Iohanne Boccacio exaratus sit.

F. Ramormnvs.

202, A, OLIVIERI sed cf. p. 4 Il. 30-81 4 dgpeor αὶ δεῖ RIE

amo om. 7 μυιοκέφαλα ex corr. ex -ον 1." τα.) ut é

davit μυδρίασις ut corr. H_10 λεγομένην ut corr. H Di γόμενον 12 τοῦ ἀκριβῶς 18 γλαύκωσις λεγομένη

ἑτέρου παραπλησίου Ρ. 8.1.1 ἀλλοῦ 00m. 8. μύειν 10 διὰ, ante ῥόδων om. 11 διὰ ῥόδων] diag(o)6dp 88 λεπτὸν] λευκὸν 27 ὑστεραίας 29 παραμιγνύειν κολλυρίῳ om. Ῥ. 10. 1.4 post ἐπιχρατεῖ: κολλύρια, 5 om. xoZAveip=A 6 χρη- στέον] προσαγέσϑω post δὶς: τῇ ἡμέρᾳ εἴη om. sed ante ὀδύνη: 18 post πλήϑει: γιγνομένης 14 ἐν ὀφϑαλ- μοῖς om. in mg. Σεβήρου σοφιστοῦ 18 ποικίλης ut corr. H 20 τοῖς ante ἀφορισμοῖς om. 21 ἀκρατοποσία 332 συ- ρία φαρμακείη 328 ταῦτα πάντα 34 φλεβοτόμον 36 ἀπὸ et τοίνυν om. Ρ. 12 titulus Περὶ λουτρῶν om. 2 ante Τὺ λουτρὸν: ἁρμόδιον τοίνυν 2-3 κατὰ τὸν ὀφϑαλμὸν θ ὕπε- ρερυϑρός ut corr. HT πρεσβυτιχῇ ut corr. Η 10 ante οἰδηματώδης om. 12 εἰς τοσοῦτον γὰρ ῥαστώνης φέρει τὸν κάμνοντα ὡς χτλ. 18 χρονίζειν ut corr. Η 10 ἐχτεϑλεμ- μένων ut corr. [16 post τοῦτο om. 17 αὐτοὺς add. H, non invenimus în L 17-18 τελέως ἀπηλλαγμένους αὖ corr. Η 19 ϑεραπείαν 20 ἐγχυματίζειν 23 εἴρηται 25 πα- ρθαφυλαττομένους 26 ἱδροῦντας ut corr. Η 38 ἐπισύρει p. 14. 1.1 διπλασιάζει 3 συμβαίνει 4 ἀχϑῆναι μᾶλλον τὸ τηνικαῦτα παραλαμβάνειν δεῖ πάσματα ut corr H=9 [10 post γυναικῶν: δεῖ παραλαμβάνειν τὰ om. 12 μύρων εἶναι (ῃ Β) 18 ἠπίως ut corr Η 14 τὴν δηΐθ σεύψιν om. 21 post ἀπομάξαντα: ἀκριβῶς 22 πλάσματα 23 titulus omis- sus 24 μεταβάλλει καὶ λεπτύνεε πεπαχυσμένα 25 post ὑγρῶν: ἄτινα τὴν ἔμφραξιν τῇ κεφαλῇ ποιοῦσι" ψυχρὰ ταῦτα πάντως κίνησιν] κένωσιν 326 χιρρὸν ut corr. Η 98 αὖ- τοῦ] τούτου ». 16 1. 1 post μάλιστα: ante δυσχρα- σίαν: τὴν ἵἿ ἀκρατέστερος =A ἤτω) ἔστω -- 11 11 προ- σαγομένη ut corr. H_ 12 πειράσϑω 18 σφηνώσεως ut corr. Η 16 ἑαυτῶν] ἐπ᾿ αὐτῶν 17 μή rog] μήτε 20 ἀδήκεῳ, ut corr. Η, 21 post γλυχεῖ: οἷά ἐστι τὰ ὑδαρέστατα (?) καὶ τὰ τέφρα καὶ σποδιακά πρὸς τὸ 22 οἱ ante ὀφϑαλμοὶ om. 23 πυ- ριάσεως 25 στατικὰ] τὰ τηκτὰ 28 οὖν om. p.181.1tit. om. 3 κωλύοι προειρημένων θ post ϑερμὸν : καὶ τὸ λευ--

i

(i -00) ἐξηγήσει᾽ corr, HR 18 ὑπομειοῦται 21 τῷ τῇ corr. Hp. 3211 σφυγμώϑης Galla cr sie μ ut corr. daxvousvov om. sed post χώνωπος: δήγματος. σπλεονάζει] πλεονάζει 5 ϑεραπευτέονν σπόγγον 6. μόλε; zar ἰδίαν 8 δπίο ἔξωϑεν: καὶ 11 ante ἡλικία: τὰ ante ἑξῆς οἵα. 192 ἀντιπράττοι 18 xordiavutcorr. H 19 ὀφϑαᾶ- μοῦ] βλεφάρου (=A) 20 post dè: ὅτε γίγνεται πιεζό- μένον τῷ δακτύλῳ ταχέως κτλ. 24 ante ϑεραπευτέον: de camela» δὲ τε post ὅσα: δὲ 27 σπόγγων δὲ ante σομφὰ οἵα. ὁμόχρονα Ρ. 841. 2-3 σταφὶς ἀγρία post

| ἐνίοτε: 6 ἔπειτα] εἶτα 7 post ἄνωθεν: τὸ βλέφα- Ι ρον 8 ὑπάρχῃ 10 εἴη] 11 ἐπιχρίειν] περιχρίειν 12 ge I σέρεως 18 τοῦ ante ᾿Ερασιστράτου om. 19 ἀνϑρακώσεων,

et ὀφϑαλμιῶν ut corr. H 20 ante μάλιστα om. post ἐὰν: μὲν et μετὰ {τῶν ἔξωϑεν) om. 24 roi παραλαμ- βάνειν ut corr. Η 96 ὀφϑαλμοὺς ἀνατρίβειν ἄχροις τοῖς τέτρασι ϑαχτυλίοις πλείονι χρόνῳ, εἶτα ἐπιχρίειν τῷ ὑποκειμένῳ, χολλυρίῳ λιβάνου κελ. pi 86]. 1 ππαράχριε! περίχριε 9). ἐπε- δεσμεῖν) ἐπιδέσμιον χαρτερώσι (sic) (1. καρτερῶσι), 4 post παραιτεῖσθαι: δὲ ἥλιον] ἡλιώσεις 10 ὀγρῶν ut corr. ἘΞ 19. ἐσεὶν om. καϑόλου κοινῶς 18 πρὸ ut corr 18.9] πα- χύνοντας, λεπεύνοντας, τέμνοντας, ἐργαζομένους, ποριζομένουῦς ut desiderat Η 19 ante διεφϑορότων: δὲ 992. τρίψει τε πλείονι χρηστέον Ὧ8 χρηστέον 94 χρῆσϑαι om. ἐγχυμα- τίζεν 90 ante ἡλχωμένον: ὅπωσοῦν 26 χυχυάρια 2T χρόας τήλεως et alibi ut corr. Hp. 381.7 χυλοῦ mp λεὼς σκευασία 9 post χαϑαρῷ: ἡμέραν καὶ νύχτα 10 δὲ] χρὴ 11 τῆς δ᾽ ἑξῆς ἀποχέας αὖ corr H 12 ἐπιβαλὼν μαλ- Fox] μαλαχῷ 15 ἔχοι] σχῇ 18 ὡς καὶ καϑὰ 20 δὲ post χαϑαρῶν om. γενομένων 21 ἕλχη 21-22 χρῇσϑαι nt corr. Η 23 ante ἰσοπέδων: καὶ 23-24 βαϑυτέρων αὖ corr. 926 ὑπαρχόντων] ὄντων 325 ἐπὶ] περ 326 ἐπε- μελείας ut corr. H 97 ἰδίαν ν. 40].1 εἰς τὸν ὀφϑαλμὸν ἔμ- πιπεόντων 2 “ημοσϑένους om. 4 ἐμπέσοι τ-- Βα -- 12 7 αὐτὸ ποιεῖν ut fac, corr Η δακτύλῳ] δαχευλιδίῳ 8. προσέχηταε ut corr H 10 ἀνάρπαζε 18 προσελκοῖ 15 post ἔλαιον: ἐξ ἀνάγκης κοινόν 18 ἀνυγραντέον αὐτὰ συνεχέστα-

era i

266. A, OLIVIERI +

ὅλου 15 βιαίας 16 ἐντὸς] ὃν τούτῳ ὑμένων καὶ ἀγγείων 10007 σπέφυχεν ut corr, 17 -- 30 προπίπτει ut corr Η 18 sd] ἔσω 21 καταπτώσεσιν ut corr. 29.298 φλεβοτομοῦντας καϑαίροντας 3928 πραχτέα 324 post τροφὴν: δὲ 25 dg καὶ δοδίνῳ καὶ οἴνῳ ἀνακεχομμένοις 26 καταπλαστέον Ρ. 50 1.1 post χωδύων: καὶ xodxp καὶ ἄρτῳ φύλλα 8 pid λιὸν ἐπ᾽ ὀλίγον βραχέντι καὶ λειωϑέντι 2-3 τὸ κατάπλα- σμα 45 προσβλητέον ut corr Η κατασχασμοῦ 7 ἐν- διδουσῶν τῶν φλεγμονῶν =15 8 ἐγχριστέόνν 10 ὑπὸ td] ἔσω τὸ 12 ante μηδὲ: καὶ 13 ἐχπυοῦν ut corr. Η 14 ἀλλὰ om. χαταπλαστέον] xeranidopari 17 post ἀχλύος: καὶ ἐγ- καύματος om. 21 ἐπὶ om. 22 χυανώδης πολὺν ut corr. H 23 γεγένηται 34 νεφέλιον] νεφέλη τῆς ante ἀχλύος om. 25 τῇ δὲ χρόᾳ λευκότερον om. 26 ἐξ ante ἐπιπο- λῆς ν. δ2 1.1 ἐπικαῇ καὶ φανῇ τὴν χρόαν τεφρὸν κελ. 2 τὸ ante πλεῖστον om. γενόμενον ante πυρετοῦ: τοῦ Bb ava- καϑάρσει γιγνομένων θ κατ᾽ ὀλίγον] κατὰ λόγον _T ἐπε- πολαιοτέρας 8. οὕτως quod H adiecit, deest 10 ante #y- χυματίζοντας: καὶ 13 Νίλου ut corr. Hi) post πολλω- γίου om. 18 post χρηστέον: καϑαρῶν δὲ γενομένων τῶν éd- κῶν τῷ Κλέωνος χρηστέον 17 ἐπειληφὸς 18 post βαϑύτερον: τὸ 19 ῥυπαρὸν] λιπαρώτερον 320 ἐνίοτε ut corr. Η 39 ye- γνέσϑαι ὑποτραφεὶς ut corr. 98 ἀποτίσει (fort. ἀπο- στήσει) p. δ4 1. 1 καὶ ut coniecit 8-4 κοιλώματα utt corr. Η 8. ἡσυχῃ ut corr Η 9 ἀνασερέφοντα 9-10 ἰσό- meda γενόμενα i) καὶ ποικιλώτερα ὄντα κελ. 12 xaracusva- σϑέντι 18 post μέλι: τὸ 16 post οὐλὴν: αὐτὸ 17 προρ- θηϑείσης κοινῆς ut corr. Η 19 πνοποιήσεως ὄνυχίων ut corr. 92 τῶν ante χιτώνων om. 23 ὅμοιον p. 561.1 ἀποτελέσῃ ut corr. Η 3 diavyods γενομένου 6 προγενο- μένης πλήρωσιν] πύρωσιν ἵἿ τινῶν] τῶν 8 πυοποιουμὅ- vov παρέπεται δὲ πᾶσι τοῖς πτυοποιοῖς 9 σφοδρὰ om. 18 τῶν μεγάλων κανϑῶν 14 στραγγαρίας τῆς] τῶν 18 χρήσα- σϑαι 11 ὡοῦ υὖ οουτ. H 21 παρηγοροῦσι] πᾶσι δηϑοῦσι χιακῷ] χαλχῷ 22 post ὁμοίοις: τοῖς 328 καὶ post διαφοροῦντα om. 27 tit. om. 28 ὀφϑαλμικῶς 29 σείσεως p.681.2 τὸ ante πύον om. 3 ὅταν ut corr. H_ post πύον: εἴη 6 χαὶ post ἐν βάϑει 7 ὑπὸ τὸ: ἐπὶ τὸ 8 πλαγίῳ τῷ παρα-

com 28 χαὶ ϑακνόντων om. 80 ὀξείων. ἐς Βι1 ἐντεριώνην ut corr Hp. 101. 3. τόποις 8-4 ἐπιταϑείσης ut corr. Η ἐπιτιϑέναι τῷ « H, sqr. φύλλα ἐλαίας λειώσας ἐπιτίϑει —T καὶ post ga μακα om. 10 καταστεῖλαι ut corr. 11 τροχίσκῳ om, ante Μούσα: τοῦ, om. postea τροχίσχον 18 ἐπουλῶσαι Ἰδεῷ, ante φαρμάχῳ om κέχρημαι 16-17 τριώβολον ut corr. H 18 ὁμοίου 22 πρὸς ante φλεγμονὰς om. κατώχῃ 24 axw- φίας ut corr. H ante ἐξηρασμένης: καὶ 30 vagdoorazuos (δ᾽ ἐλαίας φύλλων 98 ἐχπίοζε ut adiecit Η 27-28 dide= {ρδοδον 99 xa ὑποβολήν ut corr. Hp. Τ2 1. 1 παραπυ- | ριάσαντας post ἀρχὰς: τῶν ἀνϑράχων περιστάσεις 7 post ] ψύλλιον δὲ: ὕδατι θερμῷ πρὸς ὀλίγον βραχὲν εἶτα λειωϑὸν, καὶ 9 post προσαγόμενον: ὕπνον παρ᾽ αὐτὸ 10 {ὕπνον | om. κουφότατα ut corr. H 14 post ποσῶς: εἰς 10 περὶ παρὰ φλεγμαίνοντα 18-19 ἐν ὀφθαλμοῖς" “ημοσϑένους. om. 21 χιρσώδη Ρ. 741. 1 xgordpov δριμυτέροις Ere | χριομένοις 13 ἀπὸ! ἐκ τῆς 14 τῇ... κεφαλῇ 16 ἄνητ γόμῳ 18 ,εἰσελϑόνεας ᾿19 σκιπανὸν 24 ἔχοιεν 88 pra | συμμέτρως ut corr. 90 dognroîs 28 λαμβανέτωσαν 29 dg- τὸν ut corr. Hp. 76 1. 1 ὅδασιν ut corr. Η 8. λάγανον. (in mg. λάγανόν ἐστι « σεμίδαλις τα.) 4 ῥείους ὅδ form] διδόσϑω 9 αὐτῷ ut corr. 18 post πραύνει dè: ἐγχυ- ® ματιζόμενα 14 τὸ τοῦ φακοῦ ἀφέψημα καὶ χυλὸς πολυγόνου. ἀρνογλώσσου 7) ἀνδράχνης 17 διὰ τῶν xvdoviov 18 χρη- σέέον δέ] γὰρ 20 προσμίσγειν δὲ τῷ διὰ τῶν κυδωνίωψ, καταπλάσματι ἐπὶ τούτων χελ. p. 78 1. 3 τὴν ante κοιλέων, om. 8. τῶν πτηνῶν ut corr 7 δεῖ ἐν] διέντα 8. πεύγ- para) μέτα (sie) 9 τὸ ante ψιμμύϑιον om. 12 podi (1. -Au») βϑαίνης δοίδυκι ut corr. Η 18 σχωρία ut corr. H__17 oso ut corr. H πάλης ut corr. H [18 κατὰ om. xsxvora» μένα 23 ante μέλαν: μέρος 26 γιγνόμενα p.80 1.2 φαίνεται dè) yào 3 ante μηδόλως: 4 ϑέσιν] dida om θ λέγεται) κέκληται 10 ἰοῦ (σ᾽ 11 ἀμμωνιαχοῦ (ἃ post κόμεως (d': λείου om. ἀναλάμβανε post σεύφοντι quod Hi inseruit 12-18 ἐγκανϑίδας ut corr. H 10 κοχλιάριον: xo λύριον 17 ἐπίχριε 21 post μὲν: oòv ἀποφλόγμαντοι

ui

ἊΝ CA. OLIVIERI di ‘est post μικτῆς, ut inseruit H 24-25 ὃ] 25 p vdysi: τὸ 21-27 ἰσχυρότατα φάρμακα 28 ἁρμόττειν

σία pi 96 1]. 1 pro περὶ: ἐπὶ 2 τὰς est ante συχώσεις,

(ut corr. H), ut inseruit H 3 ἁρμόττειν 4 post οὐλὰς: προσφάτους È initio cap. Οὐλὰς τὰς προσφάτους eto. sc. quae in H Il. 10-16 invenimus sed 1. 11 pro (σὺν) μέλετε ὀλίγῳ: μετὰ μέλιτος ὀλίγου, 1. 15 εἰς τὸν ὀφϑαλμὸν tvorate, 1. 16 τοῦτο ποίει συνεχῶς 6 πέπερι om. (τῷ) ante, et ζαὐτὸ τὸ σπέρμα) post λαβὼν 7 ἄλλο om. 8 πηγάνου σπέρμα- τὸς 3#' ante ξηρῷ: χρῷ 9 post ἀμμωνιαχοῦ: 37) itemque post ϑυμιάματος 17 ἄλλο 00m. Σιδηρίτιδος ut corr. H_18 éu- φύσα ut corr H 90 ἁλκυόνιον ut corr. H 28 τὸ ante ἀμμωνιακόν 34 ἀνεμώνης ut corr. H 27 ἄλλο om. κα- λουμένου] λεγομένου 30 καὶ quod H inseruit ante αἰλού- ρου, om. Ρ. 981.1 post λευκώματα: ἐπιτετυγμένον 8) ge τεγμένον om. καὶ ante χρῶ om. πλείονα 3 χρὴ] δεῖ 5 καὶ ὄξους om. 6 ante λαπάϑου: ἄλλο 9 εἷς quod H inser. om. 9 pro καὶ αἰλούρου χολὴν: σιλούρου χολῇ © 104220 om. 11 καύσας καὶ om. 12 post χρειωδέστατον: Por ϑημα 184λλο" λίϑον 16 ϑαρρῶν ante λίϑου μαγνήτου ate. 1,31 19 Swe πάλιν 20 λοπάδι ἐφ᾽ ut corr Η 992 post στίμμεως: κοπτητοῦ ἁλῶν ϑηβαιχῶν ante λεάνας: καὶ ἐπέ- βαλλε 23 νυχτερίδος καλουμένης om. 25 καὶ post χαλβάνην om. et pro μέλε: μέλιτι κχολλύριον om. 32 λεάναντες Ρ. 100 1. 1 τοῦ ante χυλοῦ om. 8. κολλύριον est ante ᾿Ἄρχιγέ- vous 3 ὥστε (pro ὅτι) χρίσεως αἴρειν 4 dè] καὶ post πᾶσαν: ἀμβλυωπίαν καὶ πρὸς πᾶσαν κεκαυμένων κό- χλίων 7 post σιδήρου {(ιβ: στυπτηρίας σχιστῆς (:ὡ ἰοῦ om. 9 pro post λιβάνου: @ 10-11 κυείνων χόμεως om. 18 τὰ κολλύρια χρῶ ξηρῷ 15 ἁρμάτιον ut corr. H 21 ἐπιγεγραμμένον 22 {νάρδου om. p. 102 1. τὸ ut corr. Η ἀγνοεῖν] ἀγνοεῖσϑαι θ ἀπὸ ἐκ 7 χάλκανϑον ut corr. Η ὕδατι λύσας 14 ἐπιχριόμενον) ἐπὶ χρόνον ἐπὶ ἐνιαυτόν, figt hinzu Oribas. V, 1714» H) 15 γλαυχοφϑάλ- μους 16 post ὁμοίως om. 17 ἐπίχριε] ὑπέγχριε (fort. ἐπέγχρι) 19420 om. δὲ post χολλύριον τὸ ante ἄν- dos om. 90 post στίμμεως om. sed post κηκίδων: ἀνὰ 21 παρόντος τοῦ ἄνϑους 322 κόκχων ut corr. Η ἔμ-

τ A. ΟΕΥΥΥΒΕΥ ἰοῦ: 14 τὰ anto λοντρὰ om. 16 post

> ἐγχυματίζοντεις, dre

χομένους ut H desiderat p. 140 1 1-2 edyvpordrog δὲ CINA πὸ corr. HS ante ἀϑλητικοῖς om. 9 post ἢ: & τῆς! ἀπὸ 12 προέλαβε τοὺς ὀφϑαλμοὺς 14 τῶν post dd MA om. 22 cvugeoer) συμιβαῖνεν 24 ἐπεχριόμενα ΡΟ 149

4 χρώματι et Ì. 7 μὲν ut corr H 8 dai) ante περιστε- nata 9 βρέξαντας ut corr. Η 14 προκαϑαίρηται nb corr. Η 18 ὁμοία 24 χρόας ut corr H_ p.1441.23m πάσσων ut corr. Η 5 κεκιρσωμένα ante τραχέα: πελεὰ χαὶ 10 post πτερύγιον: δὲ 11 ὀπερααρχώσαννας 12-18 «μὴν λεπτὸς καὶ νευρώδης ἐπιδράμῃ τὸν ὀφϑαλμὸν»] ὁπερσχήῇ τις παρὰ φυσιν ὑποστῇ 19 ante λευχανϑίζοντα: τὰ 26 ἐσχιρ- ρωμένα! κεχιρσωμόένα κροτάφοις . 146 1 2 (ἐπεχεεενός. μενα} ϑιήκοντω ϑ (μὲν) ἐλευϑεροῦῖ! ἐλενϑεροῖ μὲν 4 xarà] περὶ 19 post χρῶ ll. 27-28 ‘1220 ἔγχρεε sqr. p. 1481. 35... lito ἔστω lea sqr. ib. 1. 1-2 Ἄλλο &yyore (1. 1 ya χάνϑον ut corr. H), sqr. ib, 11. 5-12 (1. 5 ὑπωπίοις ud comm. H 6% (ὃ Τ μέλιτος Fo d 8 (Ἄλλο) om. 11 post ‘Alo: χολὴν αἰγὸς μετὰ χυλοῦ ἀρτεμισίας καὶ μέλιτα, χρῶ), sqr. ib. Il. 18-15 "4420 καϑαρῷ, sqr. p. 146 1. 26-27 Ἄλλο. (quod H supplev.) ἡμέρας (1. 26 290» ξῶντα), sqr. Ἄλλο, χαλκοῦ (1 λεπίδος σανδαράχης (3 ἰοῦ (7 χρόκου {7 ande γῆς (ἃ μέλιτος γὸ ὅ. Ἄλλο πρὸς πιτερόγεα᾽ χαλκοῦ κεζκαυμένον! ἀρσενικοῦ λεπίδος ϑείου ἀπύρου μολύβδου κε(καυμένου) χάρβ xe (χαυμένου) ἀνὰ (Ἔ πράσου χυλὸν λέαινε ἐν ἡλίῳ ἕως ξηρὸν γένηται καὶ χρῶ, sqr. p. 146 ἢ, 19-23 (1. 22 λεπέδος ἐρυϑρᾶς {(Ὲ 38 post χρῶ: ξηροῦ πεπέρεως κόχκοι TE χρῶ ὡς μονογενεῖ᾽ χαὶ πεπειραμένῳγ Il. 38 (Ἄλλο ἄφαιροδν) --- 36 (x022velip) om. Ρ. 148}. 17 οὕτως 21-22 βελόνην λαμβάνομεν nb corr. Η 34 ἀποδήσαντες ut corr. ΗΕ 96 λινοῦ 27 die κινοῦμεν ut corr Hp. 150 I. 3 ἀνατείνοντες τῷ λινᾷΔἅἁαῬἨ &T πρόσφυσις γίγνεται 8. ante βάσις: ) καταλειφϑῇ ut com. H 18 ὑποστρέζοντεςϊ αὐτὸ στρέφοντες σκότος] ἐχεὸς 16 Fe τιϑέντας ut corr. Η 90 ἁπλὰ εἰσὶ δὲ καὶ (?) ταῦτα πρὸς διαϑέσεις om. 21 νάρδινα τὰ ante Θεοδότια om. p. 165

ΒΡ.

preti

ne A. OLIVIERI

ene 210 ἑανιό © θχεχαυμένον ut corr. H προσπλέο χων 8. ἐκεροπίων᾽ ᾿ντέλον 9 μεῖζους 14 infineior Ἰδ τὸ σχῆμα ἐχοέσας 1Ἱ βλεφαρίδας ut corr. Η 17:18 Zen βδοειδὲς sundior συνεχχόπτοντεας πὲ corr. Η 38 τραπήσε- ras Ῥ. 1121. 2 ἐχερέφψῃ 3258 εἴρηται 6 ἀνατείνοντας λίνον ἔχουσαν διαπειρᾶν ὑπὲρ 8 χανϑοῦ om. ἀρχομένους 11 μέ- φεσινὶ πείρασιν 15 χαὶ om. ἐπιϑέντες 18 χαὶ οι. fn παταβρέχοντες IT τὸ πεύγμα ἐῶμεν 18 yluagg om. ar] ἐξ τῷϊ τὸ 23 προσταλτικοῖς 27 ἐχεραπῆται 385 dr πκανϑίδα et alibi ut corr. Η 80.831 ce post εἰδένα p. 1714 L 1-3 ὁμοίως γιγνομένη om. θ χαλοῦνταιϊ λέγονται praec. δὲ davcontia 18 ἐμβάλλειν 21 τήλεως et 22 χαλῶ- cav p.1761.2 post σχληρότερον: ra 8 post ἐχσερέψεινε: αὐτῶν 11 post Ξηροφϑαλμία: δὲ 18 σχληροφϑαλμίας ξη- φοφϑαλμίας 320. ᾿Επιμελητέον ut corr. H post εἰρημένων: τριῶν 22 πολυχρονίου καὶ ἑλκώσεων om. 23 αἰτίαι 94 χαὶ ante διὰ om. Ῥ. 178].1 ὁπαλείφοντας ut corr. Η 3 (zed deest 8 ἅμα] ye ἄρα «post γὰρ: τῶν 12 post row τοὺς: οὖν 18 τῷ om. 16 xaì post χολλυρίῳ om. 18 (tod) non deest 19 χαδμίας (som. γενόμενα 20 ὅπερ Om. sro μασϑὲν τὲ corr. H_ 23 εἰς alt. om. 24 post λεαένεται: Ἄλλο πρὸς τοὺς διαβεβρωμένους ete. p. 180 1. 1-5 χρῶ (L 4 πεφῶγ- μένου) sqr. Ἄλλο Φιλοξένου ete. p. 178 1. 24 5αᾳ. (28 pro (3: (ἢ λείοις ut corr Η 28-29 πρὸς ψωροφϑαλμίας ἄλλο 80 πεφωγμένον) p. 180 1. 4 ξηρὸν post ἊἍλλο ἁλὸς

To οἵα. 6 (μαλαβάϑρου» deest 10 χαλκχίτεως ζ ἦν πεπέρεως κόχκοι ie 14 περιβεβρωμένους 17 ἐμβάλλο- μὲν 18 τρήματα χρίσαντες ut corr. Η 28 ἀρμενίου δὲ post χόψαντες om. 24 καὶ ante ξηραίνοντες 26 πρὸς! εἰς 91 ὠπτήσαμεν ut corr. 28 καὶ λειώσαντες καὶ Er ράναντες 29 χροκύδος πορφύρας ἀληϑινῆς (ἢ om. p. 182 1. 1 post λίϑου αἱματίτου K ει: χροκύδος πορφύρας ἀληϑινῆς, (ἢ 2 λεπτοποιήσας 8. οἴνῳ καὶ λεάνας 7-8 ante λωσιν: ἢ, μίλφωσιν om. 11 ῥεῦμα] δέρμα 18 ξηροφϑαλ- μίας 14 ἔστω 15 post αὐτοὺς: ἐστε p. 184 1. Ἄλλο om. 9 ἐλλυχνίου ut corr. Η πληρώσας 10 ἐπάνω 18 Σω- σάνδρου πρὸς μιλφώσεις αὖ corr. Η 16 ὅπτα ut corr H 18 πε φωγμένονυ 19 post συλλεάνας: ἀνελόμενος τοὺς om. 90 πρὸς om. περιβεβρωμένα ante λύκιον: ΡῬ. 186]. 1 dg-

ΘΘΗ͂Ν

Ἐνκιρ. Orest. vv. 1045-6.

Dice Elettra abbracciando il fratello:

φίλτατ᾽, ποθεινὸν ἥδιστόν τ᾽ ἔχων τῆς σῆς ἀδελφῆς ὄνομα καὶ ψυχὴν μίαν.

Le numerose congetture proposte per emendare que- st'ultimo verso dimosttano quanto sia guasta la lez. tradi- zionale. E veramente non si capisce cosa significhi il τῆς σῆς ἀδελφῆς ὄνομα. To credo che il punto di partenza per una probabile emendazione sia il v. 1082, nel quale Oreste, rivolgendosi a Pilade, esclama:

ἀλλ᾽ ποϑεινὸν ὄνομ᾽ ὁμιλίας ἐμῆς.

Il Vat. e il Laur. 32, 2 in laogo di ὄνομ᾽ hanno la les. ὄμμ᾽ la quale, confermata dal pap, edito dal Nicole, è accolta giustamente dal Wecklein. Anche per il w. 1046 già il Tyrwhitt propose ὄμμα, lasciando però intatto il τεῆς σῆς ἀδελφῆς che non dà, pure con quel cambiamento, un senso del tutto soddisfacente..Il Weil invece, ripudiando una soa vecthia congettura e ritenendo una glossa il εῆς σῆς, scrive ἀδέλφ᾽ ἀδελφῆς, ὄνομτι, e il Wecklein propone: ἀδελφέ, χρωτὸς πνεῦμα. Io titengo col Tyrwhitt che debba leggersi ὄμμα, ma oredo una glossa il τῆς σῆς ἀδελφῆς. Pro- porrei dunque:

φίλται᾽, ποϑεινὸν ἥδιστόν τ᾿ ἔχων τῆς συγγενείας ὄμμα καὶ ψυχὴν μίαν.

Il poeta vuol dire che Elettra ed Oreste, come hanno le stesse sventure, lo stesso amore, lo stesso odio e le stesse

speranze, così hanno lo stesso sangue e la stessa anima. Sono due rami, in tutto pèr tutto, dello stesso tronco.

Tiro Tosr.

380 L. CASTIGLIONI

dovute a semplici sviste dell'’amanuense, numerose special- mente per i Remedia di Ovidio: le collazioni poi sono state fatte, per l’Achilleide, sul testo del Klotz, per i Remedia su quello del Riese, ma rivagliata, questa, sopra l'edizione dell’ Ehwald e sullo scarso apparato dell’ Edwards (in Corpus Poetarum Latinorum II 1894). Indipendentemente dal co- dice napoletano si svolgono le collazioni del Liber Nucis e, aggiunto a questo, del poemetto ovidiano: Medicamina Fa- ciei Femineae'!), per i quali, come si vedrà, ho escusso nuo- vamente e senza dipendere dai miei predecessori, il codice Fiorentino, Laurenziano (S. Marco 223), e alcuni recenti, ag- giungendo parecchie varianti (per l’el. Nux) tolte dal cod. Dresdense (8. XII) collazionato da M. Manitius (PRilol, NF. XIV (1901) p. 318 sg.) e di un ms. di Linz (8, XII) del quale si occupò I. Huemer (in Wiener Studien IX (1887) p. 93)?).

* ΓΙ

I manoscritti Ambrosiani contenenti l’Achilleide sono quattro, due del secolo XIV e due del XV. Io esaminai î seguenti:

1) M. 60. Sup. (8. XIV e,), che riporto con la sigla M. Con- tiene la Tebaide e l’Achilleide, con la divisione in più libri, com'è di molti ms. più recenti.

2) N. 127 Sup. (s. XV)= N. Contiene la sola Achilleide, in due libri, con le iniziali di ciascuno miniate. Il primo libro termina col v. 905, senza che vi siano tracce di fogli perduti.

1) Questo, come d'altronde si sa, è îl titolo del poemetto, secondo il codice Fiorentino: se poi esso sia il vero, questa è un'altra que- stione, A me, che disgraziatamente non ho potuto vedere un articolo dello Owen, pare che questa iscrizione sia una trovata posteriore, quando già il carme era monco, e, per conseguenza, un altro titolo non si adattava,

3) Alla gentilezza del dott. A. Balsamo debbo la notizia di al- cune varianti di un ms. Piacentino dell’ Elegia Nux, che dimostrano a sufficienza come quel codice sia uno dei peggiori.

282 1, CASTIGLIONI ignotas M || 143 ille (forse corretto da illa) Υ ς dae (— ue, in rus.) || 147 paria Τ' {{ 149 om. et | et obita audita obire au. Καὶ Ο' Ῥ' ΤῊ 150 antris corretto; det annis? || 152 Thessaligve Vs | queruntur (in ras m* | 155 tumidique VT (tumideque 0, Kollmanr) |} 157 invenem veherst || 163 Nec tum; soprascr. da m* οἱ è lav. l.dum, Po Vs || 165 licia est || 177 Sed 1] 181 alllistrì || 185 attonitam vario oblecta- mine w Vs] mulcet(—ns QC" Ν᾽ ΤῊ 0 || 189 Quod ΡΟ)

timide 0 || 190 quod P QC (quo Οἱ K; egualmente al ν, 189; O'@) || 192 minoi Q C || 196 blandisque V 7'| se (agg. m?), om. MT' || 199 addere 2? || 200 Destinat Q 0 | diversa Vs || 205 ac || 207 in N; soprascritta v. 1. ab (m°) Ῥω ἍΓ'ς || 214 Hine hino K' C V5||215 Hino Καὶ V5||222 del- phines V< | biiuges KQGN 7 | thetis P 0 V || 223 Athlanteo PCM || 231 effulserat Οὐ N T'(offulgerat Καὶ Θ΄ Ὁ) || 233 rogat to V ΤΊ ulbidaque || 989 οὐ tennis V<| sperchios CNy || 247 in- centis m M* || 249 versat Vs || 251 paventem est || 252 dedîs- set VT ||253 ethereis, is 299. sopra m' |] 257 a matre] matre w M || 263 iullipiter M || 265 numenque malignum Wis ||

266 centaurea (— auria 2) || 269 propter te || 271 retorques t, (m

Rice. 712; in marg. m': reducis Vs ||277 effrene Ρὼ Τ] 279 fluviis C || 281 gemit QK M 7 | 392 animique CN 7]

decori (m°) PoNT ti choro (νιν) A 295 decoris || 296 choris [209 dee, om. est @ V 5 || 800 placetur 3 5 || 808 Deriguit (il primo e poi cor- retto in i) || 307 massagotes < || 311 Disuceat (dissiceat ΟἿ disoutiat V O || 818 rectorque © Vs || 315 pastu 2 Q; ἐπ margine πεῖ: pastus PKC' V s || 316 ardescuntque Q C ||

319 Hosne 21) N Τ' || 320 gelidoli M 7 || 323 letuque £ Τ᾽ Τὶ, corretto probabilmente da lettique XQC || 325 cogitque,

% s(m'?) CVe codd. || 380 Ac | chohibens P.ZM || 382 artifici PKQ || 888 sequntur 2 || 336 invicta V.7'|| 338 iterumque monet iteramque fatigat M 0 || 843 cessat Τῇ ς || 344 pharethris

timet(m*) PCE V5|| 8417 vestesque latentes 0.M* N 7 |] 348 studet Καὶ ΟΥγς ἢ] parabat (m*)

352 petebat Ῥω Vs || 356 seruque PQE (sextique, com

284 1, CASTIGLIONI

649 solatur V ΤΊ] 651 Peleis (Peneis g #6) Rice.71261228|] 659 perdas P 4 V T || 661 è omesso l’intero verso, in mg. M || 675 fluetus (t fluctus Q*, in mg) M' N T|| 676 et innumere mutabant 0. a. 4) || 680 e, om. C | puppe V 7'|| 682 ar- citenens V 7'|| 684 pelagi Q°K C ΕἸ] 685 thetim Ο Κὶ 11}

r 656 gementem w V Τ᾽ || 688 tum || 692 totos |] 693 sociosque w ΜΈ || 695 iussi (iussis 7 Μὴ N |] 700 puppe suos rama- nere iubet || 706 famemque || 711 ferunt C (a me pare cor- retto da un: serunt, Q) V Τ' || 713 dudum || 717 frigibus | armamus Καὶ C E V T'|| 723 ardet To N M*|| 727 ostenta N|| 728 pridem Rice. 1223 | vestras (Q*) M Ν ||740 menia N T'|[

t, muto (m?) P_M 114 facie QC || 747 multo N T || 756 ostro V ||

757 Cum (in mg. la v. l. Tum Τ' Ω᾽ C N) M* || 760 subpositis PwV|| 762 prelibat V 7 || 763 iacentis V |] 767 Quod QCMT || 768 pectora w V 7 || 772 tum M| Questo verso è omesso da P w, aggiunto da Q* Κ᾽ Οὐ V || 779 celsas Ν᾽ ῬΊ] 780 soboles Q C' V ΤΊ quem M]|78120messo,PwVs||785nam]| 791 Arma tradunt || 796 superbus Q C V 7 || 800 Virginea VT | hic N | dapnatur || 806 quidem wM*N 7' || 807 modo || 810 Sors, Vaticano 3281, N T'||811 His Q' CE V T, la H pare aggiunta dalla stessa mano seconda, che pose sopra * filiabus *, come glossa ||812 Bachea T'w V || 815 cupide Q N T||818som- noque V 7 || 825 Naiades ethneas M' 7' || 827 ystmenia (Ismenia w) V 7'||828 euhia (euchia V 7°) || 843 locabat @* || 845 hortanturque N 7 | arcet (et, m*) || 847 ignorat XN|| 848 quas @ V ΤΊ! 854 hastam (δ, m') V Rice. 1998 || 860 in ras. ruit ΜΗ N || 861 averso || 862 It iurata C' Τ' (forse il primo I è corretto) Μ᾿ N || 863 pudet servisse Q C M || 864 propius venit || 868 semiviri || 871 tibi nutant || 872 ida #||873 ἘΠ

que (m°) us iuvat Q || 879 brevior clipel || 882 perfudit Q Rice, 1223 (m') || 884 peleia Q C V || 889 Demittit (corretto în: Dim, lezione di C' Q N) PK C' M | limina PQCN || 891 me diis N || 892 timorem || 893 primum Q' || 899 allegant ||

1) Altri codici recenti hanno: et innumeras mutabant O. auras (cf. cod. Rice.) innumere.... aure cod. N. (Ambros.) etc.

288 L CASTIGLIONI

Rice. 1223 712) |} 186 înclusum et quotiens (am. «

scingereb w |} 197 μας mf 208 iene RE seno un po’ svaniti | gradu per plana || 141 ἔτη: curvato V || 142 intrare volantes V || 145 Sperchius N vulsasque wV || 149 nec Τ᾽} 150 vie Καὶ CV || 152 abiî PO 155 nudare V || 159 auxiliaria |] 160 staret πὶ 66 comi || Explicit +).

4) Aggiungerò alcune osservazioni speciali per completare la mia collazione del ms. Napoletano, che mi furono favorite dal chiarissimo prof. E. Martini, direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, al quale rendo i più vivi ringraziamenti.

I 42: Si legge così: 'P[maiuscola rubzicata] dolor o seri materno. in corde dolores '. In margine m?: ‘timores’, Anche nel ms, Rio- cardiano “timores' è corretto in ‘dolores’

ΤΌ. 285: ‘Palladi [in margine due ‘p' minuscoli, uno di mano del copista e l’altro mano posteriore) litorae celebrabat seyros ho- nor&'.—Io avevo letto: ‘honor3’; ma il prof. Martini mi awvertei ‘sulla n sono due puntini di mano di colui che ha aggiunta la glosse, l'ultima vocale della parola, sulla quale si vede il segno -, non mi pare sicura. Non è certamente un e, un w, è un'a, che però presenta qualche piccolissima differenza rispetto alle altre!,

Stando eosì le cose non abbiamo dunque altro ahe una trasom» ratezza del copista, spiegata facilmente da altri esempi di diversi codici, dai quali risulta frequente lo scambio delle vocali ae m. Nel Rice. 1223 abbiamo però: HONOREM, lezione esibita dai ms. di Pri- seiano e da un cod. Trevirense.

In quanto alla divisione in libri dell’Achilleide, dalla mia col- lazione non ricavo che un accenno determinato, m.3, al v. 897, per l'inizio del terzo libro: se questa fosse poi la divisione preesistente. nel padre del nostro codice, non saprei affermarlo. Dîvisi in due libri sono invece i Remedia Amoris di Ovidio, al verso 897, dove è la» sciato lo spazio per la rubrica: questa separazione trova in tutti i libri recenti, che ho esaminato.

Il codice Riccardiano conserva nell'Achilleide îl verso I 661 8 aggiunge alla fine del II libro (come i ms. 1228, 712)

Aura silet, puppîs currens ad littora venit,

Of. Klotz ad h. I.— Due altri codici Riccardiani, poî, hanno, glì argomenti dei cinque libri, oltre a uno generale e complessivo, che precede. Solamente, l’uno (1223) prefigge ciascun argomento al libro corrispondente e porta anche un epitaphium hectoris', anonimo, che è invece epigramma di Eustenio (cf, Baehrens, P. L, M. IV 148): l’altro (7192) ha a parte, dopo il poemetto e prima delle Silvae.

«ὦ

ἀν CASTIGLIONI

poletano, che combinano con P, si può ben dire che pro- vengono da qualche manoscritto di età che può oscillare dal sec. XIII al XIV, diversamente corretto, come risul- terà da quanto ora segue. Un esempio luculento di questo genere di correzioni subite dalla classe media, diversamente secondo ciascuna famiglia di manoscritti, ce lo può dare il codice Ambrosiano M, che con P ha delle concordanze veramente notevoli. Ecco i luoghi nei quali mentre N e Τ᾽ e il cod, di Napoli concordano con o con un altro ms. di questa categoria, il codice Amb. ha relazioni con P.

I 121 surgens PE

I

222 biiugos PE 231 effulgurat PCE 247 patentes PE 381 vultu PE 495 gloria PE

505 multus P

521 apicom PE 595 renovare PE 602 sibi risit P

618 invisit Pg

684 pelago P Q'(N) 779 celsa P 806 quoque PE 891 nudis P (-us £) 908 prostravit E (-tavit P) 35 violavit P

46 zephyroque P 93-Ξ Ρ

96 reptantibus P 98 hausisse P

100 lupe P

106 arma P

116 terga P

121 dammas P

122 linchas P

136 distingueret P 137 bene P

mater NT M* biiugos QKCNT effulserat Οὗ NT iacentis CNM*T voto o NM*T copia NT mutus CKN apices o NY revocare N subrisit αὐ M*NT invasit cM*NT pelagi QOA CE celsas N quidem M*NT mediis © N proiecit w

velavit N zephyrisque N ie restantibus habuisse N libens © N

hasta wM* N colla N

linces N dammas N discingeret w N modo M* N

14.8. ‘905

1, CASTIGLIONI é. tenuantque humentia N |} tenuantur grandia M 7 || tenuantur mitia, Neap.') 651 Paene iovis || peneis © u peneleis M || peliacis N || peleis Neap. « Rice. 1223 e 712 -

901 Dasne an gens P || Dasne age an QK|| Nolll age nos Οἱ

Dasne, negas N || Visne age an M || Dasne age an Neap.

Benchè oscurata dai diversi secoli, io ritengo che l’ori- gine più antica del codice napoletano si debba ricercare in un manoscritto molto vicino al Parigino 10317 = @. Ecco le ragioni : dalle varianti che noi abbiamo dato risulta chiara abbastanza una certa consonanza, sebbene affievolita per successive manipolazioni, fra le lezioni di questi due libri. Abbiamo visto poco avanti i due luoghi I 434 e 901, nei quali il nostro ms. non è inquinato da interpolazioni più recenti, ma conserva in un luogo la lezione di Q, nell'altra ancora quella di questo e del Gudiano 54. Richiamo anche l'attenzione al vs. I 54 dove la prima mano aveva scritto: hilaris, lezione di Q e del Brussellense 5337/8, manoscritto che certamente, per seconde vie, influenzò la famiglia alla quale appartiene il Napolitano. Si possono confrontare an- cora i vs. 110, 147 (paria), 177, 192, 200, 311 (Disuceat, mentre gli altri miei ms. hanno Discutiat), 316, 348, 422, 509, 744, 796, 815, 863, 873, 889, 893, 911, 928 IL δ, 25, 68 ete.

Certamente non si può trarre in campo il confronto con i correttori di Q, abbiamo citato il gruppo di versi 529-661 ommesso da w, aggiunto ivi sulla scorta di altri libri.

Quanto però nel ms. napoletano, come negli altri, si

1) Il o, Riccardiano ha: 'tenuanturque humentia', È una reci- proca correzione fra le varianti di K e C? Questa lezione, scorret- tamente, si trova anche nel o, 1228: ‘tenuanturque tum.' La mano seconda dello stesso e il c. 712 leggono come M ΤΊ 'tenuantur grandia’.

Si consulti, del resto, anche l'apparato critico del Kohlmann (Achilleis, Lipsiae 1879), nel quale sono registrate lezioni di codici appartenenti alla classe degli interpolati, media tra P e w.

292. L. CASTIGLIONI

Un'utilità, relativa. dei, ms, recenti, è quella:di,presen-, tare lezioni, che. poi noi troviamo, senza cognizione.certo: di esse, presentate, come congetture dagli studiosi, Neitre. man. miei io, ho, potuto rintracciare le, segnenti:

a) nel Nap. 54 Vane cfi s, Non bisogna annet=, tere molta importanza a questa variante, tanto è frequente, anche in questo codice, lo scambio di e col dittongo ae.

Certamente più notevole è la variante marginale del verso 102: osvnpaT, che io ritengo essere preesistita già in qualche altro codice più antico, Queste due lezioni, corrispondono a due congetture del, Vollmer e, dell’Hayet. Non tornerà però, io credo, inopportuno il dimostrare che la congettura del critico. francese, malgrado questa specie. di conferma; non può aspirare 8' ἄδτοῖ 1] verso quale è par- tito dalle mani. del poeta. questo scopo è più che suffi- ciente l'esempio di Vergilio (Georg. I. 115) del poeta tanto studiato da Stazio: "amnis. abundans | exit”.

Forse congettura, ma certo non spregevole, sebbene non assolutamente necessaria; è al*vs, 692: rortos. Appunto non spregevole, trattandosi di un poeta come Stazio, perchè forse è un ricordo dei 'tortos funes* di Virgilio e di Ovidio (Met. XV 696) torta retinacula *.

8) Il codice M, a differenza di tutti quelli che esa- minammo, legge al vs. 156: Areivos, che fa proposto, come congettura, dal: Baehrens.

y) Anche 7 ci porge, unico; al vs. 760 serositis, che finora era nota come congettura utilissima dello Schrader.

Questo ho potuto trovar io; non dubito però che una ricerca accurata anche negli altri libri possa dare simili risultati. Concluderò con pochissime mie osservazioni ri- guardanti due luoghi dell’Achilleide: al vs. I 643 all'infuori di P, che legge vipir, la maggioranza degli altri ms., più o meno correttamente, leggono risrr. Crederei di non andar molto lontano dal vero supponendo che la forma più antica potesse essere e fosse: visit (= ' stette a guardare intento ᾽ν in opposizione al pudico arrossire della luna) 1) IL 17, il

1) La congettura ‘rubuit' non va assolutamente. Per ciò che

concerne il mio * visit ', non ignoro. le. osservazioni del Leo (Hermes, vol. 87) intorno a questa forma verbale.

294 Lu CASTIGLIONI

24 animos c || 30 Ex 7 || 47 achilleo s | quod | hosti 6' |} 51 si quod || 54tuum (suum 7) C |] 61 Tareus 7 | philomenag|| 66 danaum manibus vieta forent C |] 70 cum sociis, codd. || ΤΙ tune C || 73 dominis] uitiis || 75 o vates 7' || 81 subito || 84 quae] quod s || 88 aucta < || 99 amans [| 97 magna vites (sic) parvis de fontibus orta [| 111 Qua g || 112 Debuerat celeri 3 Monacensi ς | manu, 3 mon g || 115 nascentes || 116 admo- neo C'||119Dums]||121abobliquo ΤΊ} 124 hodie || 125 tunes]| 128 om. est || 131 Temporibus medicina valet s |] 135 no- stra ς | arte s || 137 quae C || 141 rivo 7 C || 145 Langor s|| 147 vires s || 148 desidiosus s || 153 iuvenilia 7 || 161 Que- ritur 7 || 167 om. illic T' (Za parola manca anche in €, che, per rifare il verso, serisse: fecit, ne nil) |] 180 Et referunt edis || 185 quom suppositos, vuly. s || 188 hyems ς. È omesso il distico 189-190 || 198 ortis < || 190 colligit < |] 198 pennis || È aggiunto qui il distico omesso || 205 somnos || 206 dulei ς Il 207 prodest tamen 7' (ΟἽ || 211 desistis amore || 213 ta- men c || 217 velis || 218 pede(s] || 220 alea ᾿ς [] 321 quod || 222, 223 è ripetuto: nec orebro respice romam || 224 om. est || 225 aliquod || 227 irritus || 280 lavabis R 3 ον. c (cf Ep. II. 90) || 388 iustissima (sic) | vestre 7' || 235 pressos G*TC || 240 pretendens, vulg. ς (non ΟἹ || 244 sicque igne, così è mutilo il verso || 245 quod] sed G* | properabis 7 Ο] 247 Quicquid fueras eris || 253 predira | uidebitur ||256 eris || 261 fasiace vulg. s || 263 profuerant (profuerint Τ' ΟἹ @ || 283 hic pax s || 297 mihi] modo G || 302 titulo Καὶ 3 Mon. s|[ 807 marcescant s || 309 posses R Mon. ἴς |] 310 tamen (cf v. 218) s || 320 verum s || 321 nec] et R Mon. 1. ZI. 5 || 888 nti] que || 334 pedem s || 337 ambulet s || 339 illa < || 348 excidit (espunto c) || 351 Tune G| quom linet (liniet @) s || 364 impun- get (sic) impugnet A s || 372 queque s || 376 Versibus g|| 378 ce- letur || 386 vitio |] 391 properas nimium || 392 capient Re || 401 pectore vu/g. || 407 veneris (coniunge) figuras 7 (figu- ram) G || 408 quasque || 409 tibi s |] 415 et Rs | malles ς || 417 est] om. || 420 Et || 426 omnia] crimina || 434 Affla- runt < |] 435 contemptus || 487 quondam (quod clam ς) || 440 experienda Τ' G* || 446 lesaque G*? | sub ducto @ || 451 fueras s || 468 in pronide G (prognide, codd.) | 455 ne

Ν

‘296 L, CASTIGLIONI minuzie inutili della storia critica dei Remedia, è riser- vato un ampio campo di ricerca in mezzo ai numerosi ma- moscritti, anche relativamente antichi, di questo poemetto. Ora cercherò di trovare solamente peripochi di questi luoghi corrotti la possibile fonte del loro danno.

ΑἹ verso 96 i manoscritti, ch'io conosco (oltre a quelli citati nella collazione, un altro Ambr. del s. XIV.e'‘alcuni fiorentini) danno tutti:

flumina magna vides parvis de fontibus orta: plurima collectis multiplicantur aquis.

In questo distico vi è un'intollerabile ripetizione eun controsenso con 18 sentenza del passo precedente; ma agli interpolatori medievali.suonava come errata, certo non come la più comune, la sentenza esposta (come in R); Fluminapauca v. magnis ἃ. f. οὐ Può darsi che l'archetipo di questi codici recenti avesse in luogo di pauca, un,parva, quasi senza senso, e quindi sul correttore influisse 1] ricordo dei versi dell'A. a. II. 343 sg.; Nascitur exiguus etc., oppure una sen- tenza di questo tenore, come ve ne sono ancora in pro- verbio.

247. quidquid et afueris, così i codici buoni e in gran parte anche gli altri: il Nap., con solo pochi recenti, legge: fueras.eris sdoppiando la forma genuina della parola.

Al verso 386 il Nap., in luogo di vitta, legge witio, non so se per falsa lettura, o per interpolazione; come mi sembra più probabile; non conviene ad ogni modo dimenticare, che

la lezione varia anche altrove e che GT leggono: nupta, «i, nupta che è quasi certamente derivata da una glossa: vita

Anche in 513 la corruzione ‘te quoque γαῖ] (- et 1?) amor ?, invece di ' falle tamen *; sarà probabilmente deri- vata da una primitiva infelice divisione di parole e da un successivo rabberciamento per causa 46] senso.

A glosse infine riferisco ancora nel v. 778 wiro invece di toro e, specialmente, per N, il curioso camene ? invece di 'carinae’ al v. 811.

Non conviene del resto andar più oltre nel rintracciare la fonte di interpolazioni: noterò semplicemente alcune lle-

298 L. CASTIGLIONI

100 illineatque, non illineretque come asseriscono gli editori; con questa lezione, per quanto inesatta, si stringono mag- giormente i vincoli di parentela immediata con alcuni dei codici migliori.

* #*

Per l’elegia Nux ho raccolto un più ampio materiale, parte del quale esporrò qui, cominciando da una nuova col- lazione del codice Fiorentino (Laur. S. Marco 223 s. XI-XII) che, dopo il Wilamowitz, si può dire sia l’£ouasoy di tutti gli studiosi, sia per questa composizione come peri Medi- camina Faciei. Il manoscritto in questione, contiene, dopo le Metamorfosi, in un foglio diviso in quattro colonne questi due opuscoli (Nux 2 ‘4, Medicamina 1 colonna e mezzo), in scrittura minuta e in molti luoghi completamente o quasi svanita: in esso un'altra mano ristorò i primi 12 versi del Liber de Nuce, con inchiostro più oscuro, aggiungendo in margine un verso, di cui diremo a suo luogo, nella colla- zione, che diamo qui, condotta sull'edizione del Baehrens (P. L. M.I 90 55...

P. Quidii Nasonis liber nucis incipit, in maiuscole.

1 cure: sospetto però che questa parola si debba al restau- ratore dei primi versi || docetur || 7 tum || 10 agricole || 18 honor: il Baehrens a torto vi lesse: honos || 22 bacca || 38 uiciat || 25 tucior: così sempre -ci- per ti || 26 clitemestra: a torto B. clytae- | querela || 30 în mg. m* aggiunse: ἃ; $ uario | cigt | ma colo|re, avanzi di un verso che si trova negli altri codici interpolati || 33 numquam || 36 conspiciantur || 37 mutilantis rami || 39 illustra || 45 solam quia || 50 hictu || 57 mea est|| 58 inveniet: pare da escludersi che si possa leggere: inveniat || 59 comtempto || 60 poena || 61 quoniam et: Baer. non fa parola di questo. || 69 inmitia: così a me pare, sebbene sia difficile lettura: B. ha: inmania || 70 deliniat || 74 petat || 75 A tribus || 77 inuet optet || 81 figuram || 84 uirga || 86 quod: B. a torto: quo || 88 aruo || 95 tenet os | intro (?)|| 96 illi || 100 habet || 106 fraudis || 109 polidore || 117 minan- tibus || 117 umbram (Ὁ) |] 119 subfugium || 123 querela || 124 causabor || 125 repugnat humù || 130 Nam || 132 nouo ||

«800 L. CASTIGLIONI

tibus @ al. | uitantibus || 119 suffragium /.Vk e || 124 Cau- «sabor codd. || 128 Ut non metuam N DA ||:133 heo Nd)

185 Scilicet FC || 139 primae (prime N) @ || 145 pater {invece di pacem) a | sumit |'misit N || 148 tatam Νὰ ἀΐ. | nucem N | esse mihi @, αἱ. || 149 nidum N || 150 uidebis &|| 154 Et crimen codd. | nux est α, edit. antichi || 154 Orimen ut est uxor NL (164) d aggiunge al primo anche questo verso) al. || 159 ego quam N || 161 uenti N || 165 tibi causa N | deiecta || 167 cum sumit (quom s. N) ς a || 168 ipse Nd | Aut @ || 170 vinclaque curva ΝᾺ | wincula curva @ |] 171 sagittis codd. || 173 pascens Ν᾿ (po- δ) || 177 trasposti in s || 180 dedecus esse codd.

Il manoscritto Laurenziano merita una speciale men- zione per il fatto che omette i versi da 27 a 34, tanto quelli che da molti si ritengono genwini, quanto gli altri introdotti posteriormente ‘nei codici. Con molta probabilità siamo dinnanzi ad un’omissione intenzionale, perchè, come possiamo riconoscere da altri caratteri, all'infuori dei pa- leografici, questo codice trae origine dall’umanesimo fio- rente: infatti contiene, interposti tra i versi 170 e 171 i seguenti distici, di interpolazione recente e poco adatti alla situazione, si direbbe, quasi come a compenso di quelli ‘omessi :

Sic ego continuo fortunae vulneror ictu vix habet in nobis iam nova plaga locum

nec magis assiduo vomer tenuatur ab usa (inv. di usu) nec magis est curvis Appia trita rotis,

pectora quam mea sunt serie caecata malorum : et nihil inveni quod mihi ferret opem.

Versi tolti di peso dall'epistola E. P. II VII 41 sg. di Ovidio, che non si intende bene in qual modo e perchè fossero trasportati qui. D'altra parte va notato che questo codice è posteriore all'edizione principe di Ovidio. (1471) dalla quale tolse anzi l’elegia Consolatio ad Liviam ?, così che ha un pregio solo di critica umanistica, che dobbiamo riconoscere anche nella congettura al v. 70 '.dilartninat ἢ. Il Magliabechiano invece risale ad un periodo, relativa-

802 I. CASTIGLIONI serie di interpolazioni, posteriori in parte all'età del codice marciano (Fiorentino), tali che a ragione il Wilamowitz ed: Il Baehrens non le trascrissero neppure. Tuttavia anche per ciò che è di origine più antica il giudizio non fu concorde. To credo che senz’altro dal complesso del carme vadano espulsi assolutamente i versi 27-32 (per il distico seguente non mi pronuncerei in via così assoluta). Ecco le ragioni, basate sull'economia della composizione: i versi 1-6 formano un'introduzione generale ; 7-16 contengono la lode del buon tempo antico, quando Bacco e Minerva erano meravigliati dalla fertilità degli alberi a lor sacri; 17-26 il biasimo dell’ora presente, che forma un esatto quadro di opposizione a quello dei versi precedenti; cioè, alla gara di fertilità si oppone il favore accordato alle piante di lusso, all’abbondanza me- ravigliosa dei frutti, la scarsità cattiva che ne è seguita. Anche all’accenno sulla maternità, corrisponde uno spunto ironico, Il distico 25-26 forma poi il passaggio ad un altro ordine di idee. Anche distruggendo col Wilamowitz i versi 29-30 resterebbe sempre il ritorno al concetto della vite e dell'olivo, inopportuno non solo, ma nocivo alla sentenza generale, Il pensiero che il parto le è nocivo, conduce di- rettamente la noce a considerare che son dritti e sani quegli alberi che non hanno nulla, per che siano percossi. Una considerazione spregiudicata persuaderà della ragionevo- lezza di questa espulsione, anche senza badare alla dispo- sizione dei tre distici in questione : si sciat hoc si sciat hoc; hoc in notitiam veniat; audiat hoc audiat hoc ?, che di per parla chiaramente di una connessione più che forzata e scipita, specie per i versi 29-32, come il ritorno in scena della vite e dell'olivo, tradisce lo sforzo di riat- taccarsi ai versi 21 sgg.

Col v. 57 e seguenti, la difesa della noce di diffonde su d’un altro punto: il nessuno impegno che richiede la sua utile coltivazione. I codici leggono:

Sed, puto, magna mei est operoso cura colono: (mea est, i ms, migliori) inveniat, dederit quid mihi praeter humum

Io propongo che nel primo verso si abbia a leggere: Sed, puto, magna tui est operoso cura colono!

804 L, CASTIGLIONI

terpreto la lezione dei codici, così: " misit virum ad bellum Boeoticum '. L'autore del liber Nucis.si compiace più d'una volta di queste contorsioni e durezze. Si intende che oper il verso o per altro, lo scrittore ha posto: ' virum Ao» nium... in arma." per‘ virum Aonia in arma". Deliresto. rimane sempre, valida, l'opinione, secondo.la quale il poeta avrebbe pensato al mito di Amfiarao, come a-mito beotico.

Questi due esempi di Polidoro e Amfiarao sono disposti nel medesimo ordine che in Properzio; El. III xm. 55.888 al quale potè probabilmente ispirarsi questo poeta. anonimo e, come tenteremo dimostrare più avanti, di poco posteriore al fiorire dei grandi artisti dell'età. augustea, ai quali si avvicina anche per tutte queste tendenze morali, delle quali pure diremo.

179 sg. Βὲ merui videorque nocens; excidite ferro, etliceat miserae dedoluisse semel.

Il ‘dedoluisse’ è congettura dello Heinse, poichè i codici concordemente hanno: ' dedecus esse’ che non può andare, Essa però abbisogna di una lieve aggiunta, perchè acquisti una nuova efficacia. Leggiamo:

δὶ merui videorque nocens: excidite ferro!... At liceat miserae dedoluisse semel 1),

Infatti non ci deve essere connessione tra la. conclu- sione disperata di questa parte di difesa e la domanda di una condanna: la noce intende dire: datemi una condanna feroce, quale che essa siasi; ma mi si conceda una buona volta di uscire da questi patimenti *. Essa sa di essere în- nocente e quindi domanda il fuoco e. il ferro non come meritata condanna, ma dice di esser pronta a concedere ai viandanti, ai giudici quest’ultimo tormento contro essa, pure di liberarsi. Restituiamo noi pure alla noce il verso così, come fosse il grido di un'onesta coscienza, oppressa dalle sventure,

Nel complesso, d'altra parte; il Liber Nucis, se seme: tolgono le ignoranti interpolazioni, criticamente non ci è

1) Si potrebbe invece di ‘at’ pensare anche a. un‘ sed! Deb resto uno scambio di queste due forme con ‘et ' è del pari non în- frequente;

14. 8, "905

306 L. CASTIGLIONI

somiglianza dell’elegia con il carme priapeo LXI (Buech.), specialmente dei versi dell’eleg. 103 e sg., con l’ep. b.sg.: Neo sum grandine verberata dura, nec gemmas modo germine exeuntes seri frigoris ustulavit aura ete.

e il fatto che in ambedue le composizioni abbiamo un albero introdotto per prosopopea. Questo passo inoltre ri- chiama alla mente un altro di Orazio (Ὁ, III. I. 29 sg.), anche nella forma esterna; onde non sarebbe infondato con- cludere che il genere poetico, cui appartiene l’elegia Nux, non è affatto alieno all’età augustea, senza dubbio alla parte più antica della medesima!)

Un'altra ragione per riportare più indietro, nel tempo dell'impero di Augusto, la composizione di questa operetta, io la ritrovo in due accenni del poeta, ambedue incidentali, uno dei quali però costituisce come il motivo dominante nella prima parte dell’elegia (1-26), mentre l’altro è piuttosto uno spunto storico (143 sg.). La noce, parlando della crescente infruttuosità degli alberi, esce a dire delle matrone, che si sconciano, per parer belle: (23-24).

Nunc uterum vitiat quae vult formosa videri, raraque in hoc aevo est, quae velit esse parens.

Per questo accenno basterebbe rimandare ai carmi ama- toriî di Ovidio in generale: in ispecie Am. IT. XIIT. ΤΡ. XIV. Di questo ultimo carme ricorderò i versi 7-8, strettamente legati a quelli dell’elegia Nux 23-24 e inoltre, ivi 9-10 = El. 15-16. Inoltre Ovidio, fra i libri che non avevano pro-

1) Della questione della classicità del Liber Nuois si occupò anche il Riese (Jahrbicher f. Klass. Philol. v. Fleckoisen, 1870 I. 282) facendo notare la relazione di alcuni versi di esso con un epigramma giovanile di Vergilio sul ladrone Ballista (Anthi Lat. 261 ed. Riese1) e del ν. 143 con il seguente verso (Cod. Rehdigeranus). Vergilius de Caesare : ‘Iuppiter in caelis, Caesar regit omnia terris ', Il primo argomento mi sembra non indifferente, rignardo al secondo mi per: metto di dubitare, col Baehrens, num iustum pondus (ei) insit. Del resto lo scopo della dimostrazione del Riese è ben ‘più limitato di quanto credesse il B.

808 L. CASTIGLIONI

vane. I caratteri salienti del primo, sia come ricercatore di frasi e motivi poetici, ce lo raffigurano quasi contempo- raneo, forse più giovane, di Ovidio, ma non certo posteriore ad altri, per esempio a Grazio, come lo dimostrano le oscil- lazioni del suo carattere artistico, che va orientandosi verso la moda ovidiana, (Si confronti, anche in Cyneg. 309 sg., la digressione sul Lusso: digressione, che per me significa, paragonata agli accenni rintracciati più su anche altrove, in comune, una tendenza; per Grazio, poi, un brano di poesia un po’ sconnesso),

Solo alla fine di queste osservazioni ho avuto dal chia- rissimo prof. A. Zingerle l'opuscolo: ' Zur Elegia de Nuce ? (Sonderabdruck aus der Festschrift ἐὰν Th, Gomperz p. 3651- 368 Wien 1902), nel quale è contenuta una felice messe di finissime osservazioni metriche e linguistiche, Alcuno dei miei raffronti speciali (Her. 1, 16) è stato fatto da lui qui; ma il sistema di raffronto è per ambedue diverso, basandosi egli più che altro su relazioni formali. Concludendo, io ri- tengo sempre (cf. però anche Zingerle, p. 357) che l’Elegia Nux cronologicamente possa stare insieme al poemetto di Grazio e il poeta di esso, sotto un certo riguardo, fine co- noscitore della maniera ovidiana’, in ciò che da Ovidio si scosta, non accenni, dal lato linguistico specialmente, alla generazione seguente, ma a quel gruppo di poeti, che, pro- babilmente, formò il transito, con le prime variazioni me- triche, con la coniazione degli astratti e simili, agli sorit- tori dell'età Tiberiana e delle seguenti.

* **

Ovidio nei Remedia Amoris ci un quadro idillico della vita campestre, in tutte le sue diverse attrattive (169-204), nel quale lo Skutsch (Aus Vergils Friihzeit, Exc, I p. 125) credò di trovare qualche reminiscenza del Culex (R. 178 = Ο. δ0 86.). Malgrado l'apparenza non mi pare che questa opinione si basi sopra prove sufficienti e per conseguenza, vada approvata. Già il Rohde (Gr. Roman‘, p. 505 n.) avverti che per mezzo degli elegiaci latini potevamo farci un con-

810 1,, CASTIGLIONI

‘potes rivos ducere lenis aquae *; uno dei precetti più co- muni della georgica, che fa parte però di tutto il patri- monio alessandrino, come ci prova uno degli epigoni del romanzo grecò, Achille Tazio (L p. 38, 6 Hr.), che ci de- scrive, nel quadro del Ratto di Europa, un contadino di- pinto proprio nell'atto di aprire un varco all'acqua: 'Oys- γητός τις ἐγέγραπτο δίκελλαν κατέχων καὶ περὶ μίαν auagav κεχυφὼς καὶ ἀνοίγων τὴν ὁδὸν τῷ δεύματι ").

ΤΙ frutto di tutte le fatiche dei campi e della caccia è il riposo e l'oblio (v. 205 sg.):

nocte fatigatnm somnus, non cura puellae excipit et pingui membra quiete levat.

Dopo le emozioni della giornata e dopo le fatiche pa- storali Dafni e Cloe (Long. I p. 255, 11 Hr.): ἐκείνης μόνης τῆς νυχτὸς ἐχοιμήϑησαν βαϑὸν ὕπνον καὶ τῆς ἐρωτιχῆς λύπης φάρμακον τὸν κάματον ἔσχον. Questi raffronti, che possono bene acerescersi, dimostrano chiaramente che non è Ovidio il primo che innesti alla poesia erotica e didattica il ri- chiamo alla solitudine dei campi e a queste fatiche, come antidoto dell'amore. Vediamo ch'egli ritrovava già, come questi tardi scritttori greci, nella poesia alessandrina un corredo d'imagini e di precetti stereotipi, comuni a più poeti e a più generi letterari. (Con questo passo dei Reme- dia si può confrontare anche l’ Epist. XIX (XVIII) vs.8 sg.).

εἴς

Questi accenni di poesia idillica ci σοπάμοοηο ora a Tibullo, che ne è, sotto l'aspetto della sua fusione con mo- tivi erotici, il massimo rappresentante, e col quale termi- neremo queste poche osservazioni. Il Vahlen ed il Leo hanno, in questi ultimi anni, aperta una nuova via nello studio delle elegie tibulliane, ponendo nn argine alla critica, troppo vio- lenta, di mutazioni e trasposizioni. Tuttavia, mentre volen- tieri riconosco che l'antico metodo è giunto ad esagerazioni

1) Cf. Philostrati Epist, 59 e Wilhelm, Rhein. Mus. (1904) fase. 3, che pone poi molto bene a confronto con essa Tibul. II, III,

81 L. CASTIGLIONI

19-22: Questa lunga enumerazione di riti e di abbondanti sacrifici, richiama brevemente al poeta il ricordo dell’antica ricchezza.

23-24: Ma tosto il poeta ritorna all'argomento ed accenna alle opere proprie, ai suoi mezzi limitati ‘(Ora che non ho più grandi ricchezze)’ vi sarà sacrificata un'agnella... πὸ mi vergognerò (poichè anche il sacrificio agli dei è misero) di dedicarmi alla cura del bestiame (29 sgg.) ").

Si vede chiaramente il modo col quale, tolti di qui i versi 25-28, questo passaggio resti senza difetto, anzi si trovi congiunto con un legame più stretto a ciò che segue. Si passa infatti, dal pensiero relativo al sacrificio di pecore, a'parlare della cura degli armenti, con un transito molto evidente ed anche elegante. Riassumendo ora il contenuto di questa prima parte dell’elegia, abbiamo: @) 1-(25-28)-20 intorno al- l’agricoltura ed agli dei della campagna. —I versi 21-24 formano un primo passaggio. #) 29-36 ove si tratta della cura degli armenti e delle divinità pastorali. Questa metà di elegia si spinge fino al verso 88, e la dividerei così: 1-6 : 25-28) 7-18 : 19-38.

Dopo questo, il poeta ritorna al pensiero suo primo e di qui a poco a poco giunge a parlare del suo amore per Delia, nel quale si fondono tutti i suoi pensieri, I punti culminanti di tutta l’elegia sono contenuti in periodi rit- mici, che si corrispondono, chiusi da un ‘distico (77-78) di contenuto simile ai tre dell'esordio. Abbiamo così una fine rispondenza, ottenuta, mi pare, senza grandi stenti:

1-6: 7.88: 39-44 : 45-76 : 77-78 L__L_| | id

Basterà accennare appena alla rispondenza che esiste fra il gruppo centrale e il principio e la fine del compo-

1) Uno spostamento così limitato di versi ha inoltre ἢ] vantaggio di poter essere spiegato con una semplice accidentalità nella confe- zione dell’archetipo tibulliano, considerata anche la sua età recente, senza ricorrere a ipotesi complicate di rovesciamenti di carte.

814 La CASTIGLIONI

e delle guerre. A questo proposito si può confrontare Orazio (Carm. I. 9 sgg.) che, in modo simile a Tibullo, pone di fronte alla vita agitata del cercatore di ricchezze, la sua umile, ma tranquilla. (L’identico motivo si ritrova anche in Properzio III VII)!).

Ib. 87 ‘Tu manes ne laede meos' Lo Haupt scriveva: ‘Tum...'; avverto che questa scrittura si trova già in un codice minore, Ambrosiano (G. 10. Sup.).

Ib. 17 ‘libatum agricolae ponitur ante deo*. I codici hanno: ‘agricolae denm*. La correzione accettata dai più è quella, già data, del Mureto, perchè si ritiene che causa di errore sia stata una correzione del dativo in accusativo per la vicinanza di ‘ante’. Questo però non mi pare esatto e preferisco leggere col Pucci ‘agricolam deum’. I co- pisti non potevano tollerare una voce come ‘agricola’ in funzione appositiva e la corressero con l'intento di spie- gare: ‘innanzi al dio dell’agricoltore’. Un caso analogo è quello che s'incontra nell’elegia Nux, vs. 10.

II. 14 ‘cum posti florida serta darem'. Gli editori più recenti danno ‘florea’ in luogo di ‘florida’ come fosse con; gettura del Broukhuis; invece cotesta è lezione ch'egli tolse da codici, come sappiamo da edizioni antiche; questa medesima lezione è data anche da un altro codice Ambro- siano (E. 41 Sup.).

1b. 81 sq.'Num Veneris magnae violavi numina verbo...?. L'aggettivo unito a "Veneris’, non ha nessun difetto, tut- tavia soddisfa meno la parola ‘verbo’ posta senza alcuno accessorio: il codice A, offre: magni'. Ricordando altri luoghi di Tibullo (El. ΤΙ. VI. 11; ΤΡ, IV. 21 sg.) avevo pen- sato a ‘magno’ da riferirsi a ‘verbo’, poichè la divinità di Venere poteva ben essere offesa da parole superbe, dirette contro la potenza sua o di Amore. Ora vedo che già in an- tiche edizioni era stata fatta questa proposta, che, dimenti- cata dai moderni, non mi pare affatto inutile,

IV 44 ‘venturam admittat nimbifer arcus aquam*. I codici migliori hanno: amiciat A annutiat V. Una delle con-

1) Giustamente, in ugual modo il Klotz difese la lezione di Stazio, Achili. I, 753.

810 L. CASTIGLIONI

II. I. 58. L'ardita congettura del Maass (e Knaack- Robert) mi pare a sufficienza provata dal confronto con Vergilio, Ge. II, 380 sgg.; il verso genuino, cadendo, ha portato con l’interpolazione ora esistente così, che per la restituzione formale di esso non v'è probabilmente adito a speranze.

IV 53 sq.

Quin etiam sedes iubeat si vendere avitas

| ito sub imperium sub titulumque, Lares.

Quidquid Habet Circe, quidquid Medea' veneni....

Si modo me placido videat Nemesis mea voltu mille alias herbas misceat illa, bibam,

Se non vi fosse luogo a dubbi legittimi, colei che do- vrebbe mescere la triste bevanda, il filtro amoroso al poeta, sarebbe Nemesi stessa. Ciò non può essere: nella poesia erotica, questa triste parte di incantesimi d’ogni fatta per- chè l'amore possa penetrare nel cuore della donna o avara o ritrosa, non appartiene ad essa, ma alla maga, che in questo mondo di vita e di poesia occupa le prime parti. Citerò un esempio in Tibullo stesso: I. II. 51 sg.

Le erbe in questione servono a suscitare (così crede- vano i seguaci dei riti magici) l’amore nella donna o in qualunque altra persona. A che dunque far preparare il filtro dalla ritrosa Nemesi? Una testimonianza ineccepibile, anche per molte concordanze col luogo nostro, è conservata da Ovidio (Medicamina Fac. 35 sq.).

Sic potius vos urget amor quam fortibus herbis,') quas maga terribili subsecat arte manus; nec vos graminibus nec mixto credite suco

nec temptate nocens virns amantis equae. (= Tib. 1, o, 57-58).

Anche da questi semplici accenni apparirà chiaro come il passo citato dell’elegia tibulliana non risponda al con-

1) Ragionevolmente 1’ Ehwald ha conservata la lezione del Fio- rentino, in luogo delle congetture proposte, che mutano, il senso preciso del. luogo, che significa ‘così piuttosto vi incalzerà l’amore degli uomini eto.',

818 L, CASTIGLIONI, ANALECTA,

Joro parentela. Comincerò da quelle che il Malagoli chiama individuali del codice, da lui con grande cura ed esattezza, collazionato (in Studi Ital. V 231 sgg.); I. ΠῚ. 93: rubentem, si trova anche in un cod. ambros. (E. 41. Sup.).

ΤΡ, V. 16 Veneri, è anche in un altro cod. ambrosiano (D. 49 Sup.).

Una lezione che confermerebbe o, meglio, precede una inutile congettura accettata dal Baehrens è in G. 25 Sup.: ‘sed cui sua cara puella est”.

Non conviene proseguire più oltre in questa enumera- zione che non può restringere in un breve ambito: da parecchi codici che io ho collazionati, resta però inconeusso che due famiglie principali di codici recenti, vanno di- stinte: αὐ l'una che si avvicina maggiormente ad AV; B) l’altra corretta nel senso di G. La corruttela è comin- ciata presto così che anche qualche codice di età notevole (come, il Piacentino, 5 nel cat. del Balsamo) va registrato in questo numero.

LurGIr CASTIGLIONI,

ΘΑΛΥΣΙΟΣ

La parola è rara, πὸ i Lessici conoscono altro che il luogo di Ateneo (III p. 114 A). La trovo ora in un pez- zetto di papiro (seo. IV"? verso bianco) che proviene dagli scavi di Aschmunén (Hermopolis Magna).

Jef 10 ]oogo..{ Jos. lot. .Jr. vite lomsl . Jens ], «λουμενὴ «ἢ Ἰϑαλύσιον κομίζω ]. «ταρσιΐ 5 Ἰέρῶμεν οὖν è. ἤβης Jioodon{ Ἰεάχιστα Πέερον ἐλϑεῖν 1 ].s. 0000.|

Ἰδιδασκάλου τὴ ἀκούων Ἰπολὺν χίρ]όνον βιῶναι Ἰφνὴ δεῖ. ...}..«««ἀτος

Nella 1. 7 intendo 7) come τὲ apostrofato: sarà bene ad ogni modo assicurare che è proprio un 7, e però im- possibile γὰρ. Nella 1. 13 la lettera innanzi all’@ è fram- mentaria e può essere anche un sr.

Mi par da escludere che solo casualmente in cinque linee di seguito compaiano puri dimetri giambici catalet- tici. Abbiamo dunque una composizione o addirittura in hemiambi anacreontici (scritti a due a due per linea?), o in epodi per es.: trim. + dim, catal., come Greg. Nazianz. ap. Migne PG. 37, 1436 sq.), o in tetrametri catalettici. Il Πέτρος poi della 1. 6 può essere persino il discepolo del divino maestro: purchè si supponga che la poco evangelica esortazione ἐρῶμεν οὖν ἐ. (si può leggere ἐς, non ἐφ᾽ come si aspetterebbe) ἥβης non sia dell'uno o dell'altro, bensì del peccatore da essi convertito. E questi sarà colui che dice ϑαλύσιον (sce. ἄρτον) κομίζω.

Goa

14.8. '905

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPHARMACA

RECENSVIT

HENRICVS BIANCHI

Quam editionem Scholiorum in Nicandri Alexiphar- maca, ab Eugenio Abel inchoatam, a. 1891 in lucem protulit Rudolphus Vari 1) recte nullius pretii iudicavit G. Wentzel, quippe quae infirmo codicum fundamento innisa recensionem praeberet longe a genuina integritate alienam. Ratus enim Varius librum Goettingensem saec. XIII omnium, qui nunc exstant, codicum scholiorum in Alexipharmaca praestan- tissimum esse, in eoque quae priori manu exarata essent (6) vetera scholia, quae vero ineunte saec. XIV librarius qui- dam adiecisset (G*) recentiora esse consideranda, codd. Ric- cardianum atque Perizonianum, in quibus utrumque scho- liorum corpus continetur ab eadem manu exaratum, omni auctoritate destituit, ut qui textum exhiberent recentissi- mum eundemque Byzantinorum opera contaminatum atque mendosum. Ea igitur scholia, quae erant in G', ut vetera, typis maioribus in editione sua expressit, reliqua vero, ut recentia, minoribus. Contra Wentzel, in edendis codicis Goettingensis scholiis *), additamenta posterioris manus diligenter inspiciens, longe aliter rem sese habere facile

1) Scholia vetera in Nicandri Alexipharmaca e codice Goettin- gensi edita. Adiecta sunt scholia recentia. Recensionem ab Eugenio Abel inchoatam ad finem perduzit Rudolphus Vari. Budapestini, 1891.

*) Die Géttinger Scholien zu Nikanders Alexipharmaca von Georg Weatzel. Guttingen, 1892.

Studi ital. di filol. class. XI. 21

822 x H, BIANCHI

vidit, atque scholia epitomata snec. XIII descripta, a librario quodam saec. XIV codicum integrorum auxilio expleta esse statuit. Sunt enim additamenta haec maximi interdum pretii eademque ad Nicandri textum intellegendum neces- saria; in iis contra, quae in G' leguntur, haud raro epito- matoris vestigia rem vel obiter examinanti atque scholia codieum R et P conferenti satis apparent (cf. sch. v. 13, quod laudat W.).

Corpus igitur, ut brevi resumamus, integrum magisque genuinae recensioni consentaneum quam corpus quod nune in recentibus codd. legi potest, ante oculos habuit librarius ille qui in codice G' aut huius archetypo describendo epi- tomatoris partes vel potius curtatoris suscipiens multa bre- viata dedit, multa vero interdum plane omisit; alter vero saec. XIV recensionem fere eandem ac codd. R et P, saepe tamen in singulorum verborum lectione potiorem adhibuit. Cum igitur scholia a G* exarata recentia esse statuit Vàri, veri tantum partem vidisse apparet. Scho- liorum enim posterioris aetatis quae videntur, magna sane pars exstat in Οὗ, quamquam ne iis quidem caret G', multa tamen inepto glossatori nullo modo tribui possunt ad ean- demque aetatem, in qua G' scholia exstiterunt, referenda esse probabiliter conicias. Ceterum scholiorum quorundam codicis Οὐ ne Vàrius quidem auctoritatem infirmare ausus ex Apollonii Rhodii fluxisse scholiis coniecit vel potius pro certo dedit. Haud recte, Wentzelio monente: cum enim quae ad Nicandrum afferuntur integriora saepe sint, neque verisimile sit Nicandri Scholiastam ex Apollonii scholiis iis, quae nunc extant, expletioribus sua hausisse (est enim codex Scholiorum Apoll. Laurentianus optimus, saeculo for- tasse X post C. n. scriptus), probabiliter statuas commu- nem fontem subesse.

Quae cum ita sint, huic editioni codices R et P fun- damentum subieci. Si quis vero mirabitur cur non potius codice G' ab altera manu expleto usi simus, animadvertat sec. XIV librarium, quamquam labori suo diligenter in- penderit, suepe tamen in iis quae correxit et addidit ver- borum ambitus et rationes mutare coactum esse ut cum

8.4 MH. BIANCHI, SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH

Κατὰ ‘Aporoysirovos αἱ (p. 784, 7); secuntur scholium ad Aristoph. Equit. 634 et scholiorum fragmenta ad Nicandri Ther. Ipse contuli.

Codicem Dresdensem Da, 24, quem ex editione AId. a. 1499 fluxisse statuit Abel, neglexi.

Cum autem satis constaret operae pretium esse haec în Nicandrum scholia diligenter examinare quaeque vetera viderentur a recentibus additamentis separare, auctore Hie- ronymo Vitelli (quem gratissimo animo prosequor) hune laborem dubitanter suscepi. Sed omni codicum auctoritate destitutus scholia tantum aut singillatim ant inter se con- ferre coactus sum, ut ex iis, quae prorsus contraria aut inepte repetita oceurrerent, aliquid possem probabiliora co- niciendo inferre. Neque vero mihi facile fuit, duo vel plura scholia, quae eadem fere docerent, inspicienti, vetustiora re- cipere quaeque posteriori auctori tribuenda essent reiicere. Sunt enim saepissime quae ad eundem locum vario modo docentur aeque involuta atque inepta ita, ut omnia recen- tissime exarata esse libenter credas: interdum tamen, ni fal- lor, posteriorum scholiorum fontem mihi contigit invenire.

HenrIcys BIANCHI.

Notavi:

α' = Codicis Goettingensis manus prior. » » altera. Codex Riccardianus. » Perizonianus, » Laurentianus. Editio Aldina secunda, a, 1528, 1. G. Schneideri editio Alexipharmacorum (Halae, 1792). Lorr, = Codex nunc deperditus a Lorry, medico Parisino, in usum Schneideri collatus; huius varias lectiones ex Schn. editione passim commemoravi. = Wentzel. Eutecnii Paraphrasis (ed. Paris. Didot). Bus. = Bussemaker Nicandrea ' (Lipsiae, 1856).

Τὸ ποίημα οἱ μὲν ἐπιγράφουσι περὶ ϑανασίμων φαρ- μάχων, οὗ δὲ ἀντιφάρμακα, ἄλλοι δὲ ἀλεξιφάρμακα καὶ γὰρ αὐτός φησιν Νίκανδρος (4)"

δεῖά κέ τοι ποσίεσσιν ἀλέξια φαρμακχοέσσαις.

1. εἰ καὶ RP) μὴ σύγκληρα, «Πρωταγόρη G)' Νίκαν- δρός ἐστιν 6 λέγων Κολοφώνιος Πρωταγόρᾳ Κυζξικηνῷ. δὲ νοῦς" εἰ καὶ μὴ σύνεγγυς ἔχομεν τοὺς χλήρους (τῶν πόλεων G* RP) ἐπὶ τῆς Ασίας, ἀλλὰ τὸ σοὶ προσφωνεῖν οὐχ ἀνοίκειον ἡγοῦμαι. δήμους δὲ λέγεε τὰ ἀϑροίσματα τῶν τε προγόνων καὶ τῶν κτιστῶν.

2. τύρσεις δὲ δεῖ ἀκούειν τὰς πόλεις, ἀλλ᾽ οὐ τὰς ἐπάλ- ξεις, ὅπερ κυρίως σημαίνουσιν" ἀπεμφαίνων γὰρ λόγος ἔσται, εἰ χάριν τῶν ἐπάλξεων οἱ δῆμοι τὰ τείχη (ἔχτισαν RP), ἀλλὰ μὴ χάριν τῶν πόλεων. σύγκληρα δὲ σύνοικα τῷ αὐτῷ κλήρῳ. οὐκ ὀρθῶς δὲ κεῖται τὸ τέων᾽ σημαίνδε γὰρ τὸ τένων" Ὅμηρος <Q 887)"

τέων δ᾽ ἔξ ἐσσι τοχήων; βούλεται δὲ λέγειν ὧν. βλάστας δὲ τὰ βλαστήματα, τὰ γένη"

Inscriptio: ἐξήγησις εἰς τὰ τοῦ νικάνδρου ἀλεξιφάρμακα (rubro) P, inscriptione carent G'R | 1 pro τὸ ποίημα, quod om. R, habet P ὑπόϑεσις | 2 ἄλλοι ἀλεξ. om. G! | 2-3 pro καὶ γὰρ Nixavdoos, quae om. R, habet P ὡς καὶ αὐτός φησι | 5-6 Nixavdoos Κυξζικηνῷ om. G! | 6 om. α΄ | 9-10 τῶν re χτιστῶν om. G! | 11 xal τύρσεις det RP | 12 xvpiws ὅπερ ΒΡ ἔσται) ἐστίν RP | 14-15 σύγκληρα —- κλήρῳ om. α΄ σύνοικα)] σύγχληρα Β ᾿| τῶν αὐτοχλήρων codd., τῷ αὐτῷ χλήρῳ ex glossa marg. G' rec. W. | 15 τὸ δὲ τέων ovx ὁ. κεῖται RP | 17 ἔξεσσι codd.

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826 H. BIANCHI

γὰρ ἄνϑρωπος δίχην φυτοῦ αὔξει. εύρσεσι ταῖς πόλεσιν, ἀπὸ μέρους τῶν τειχῶν.

8. δολιχὸς ἀντὶ τοῦ μακρός, πολύς" ἀπέχουσι γὰρ ἀλλήλων Κύζικος καὶ Κολοφών.

4. ἀλέξια (φαρμακοέσσαις RP): τὰ ἀλεξητήρια τῶν φαρμάχων εἴποιμι, ἀντὶ τοῦ καὶ βλαπτούσας καὶ ὠφελούσας βοτάνας εἴποιμι.

5. dre φῶτας" ἔδει εἰπεῖν αἵτινες, αἵ πόσιες" δὲ ἐπὶ τὸ ὁμώνυμον οὐδετέρως μετῆλϑεν Ὁμηρικῶς " πρὸς τὰ φάρμακα γὰρ τὰ φϑοροποιά, ἔφη, τὰ ἀλεξητήρια τῶν φαρμάκων εἴποιμι.

6. πολυστροίβοιο (δὲ ϑαλάσσης RP)' τῆς πολυταρά- χου, παρὰ τὸ στροβεῖν τὰς ναῦς, ἐστι ταράσσειν, κατὰ πα- ρένϑεσιν τοῦ 1. τῆς πολυστρόφου, τῆς πολλὰς σεροφὰς ἐχούσης.

T. ἄρκτον ὑπ᾽ ὀμφαλόεσσαν᾽ ἀρχτικωτέρα γὰρ Κύ- ξικος τῆς Κολοφῶνος. ὀμφαλὸν δὲ καλεῖ τὸν βόρειον πόλον, ὡς μεσαίτατον, αὐτὴν τὴν ἄρχτον διὰ τὸν παρακείμενόν αὐτῇ τῶν ἄστρων χορόν. ὀμφαλόεσσαν εἴρηκε διὰ τὸ περὶ τὸ μέσον τοῦ βορείου κεῖσϑαι" τινὲς δὲ ἐπειδὴ (δοκεῖ G') κατὰ τὴν ἄρκτον τόπος εὐβοτώτατος, ὀμφαλόεσσαν εἰρῆσϑαί φασι τὴν τροφώδη, ὀμφαλὸς γὰρ ἀπὸ τῆς ὄμπνης εἴρηται, ἐστι τροφή, ἀφ᾽ ob καὶ ϑηλάζουσα μήτηρ Ὄμπνια, (αἰτία οὖσα τοῦ ἀναπνεῖν R), ἄλλοι δὲ τὴν Κρητικήν᾽ Ὀμφαλὸς γὰρ τόπος ἐν Κρήτῃ, ὡς καὶ Καλλίμαχος (ἴγπιη. I 44)"

πέσε δαῖμον dr ὀμφαλός, ἔνϑεν ἐκεῖνο Ὀμφάλιον μετέπειτα πέδον καλέουσι Κύδωνες.

8. “οβρίνης ϑαλάμαι" τόποι ἱεροὶ ὑπόγειοι ἀνακείμενος τῇ Ῥέᾳ, ὅπου ἐκτεμνόμενοι τὰ αἰδοῖα κατεείϑεντο οἱ τῷ Arte καὶ τῇ ‘Peg λατρεύοντες. εἰσὶ δὲ τὰ Αόβρινα don Φρυγίας

1 γὰρ --- αὔξει om. G'. post Ποὺ sch. glossa mg. G' Τζέτζης φησὶ ληρεῖν τὸν σχολιογράφον περὶ τοῦ τέων...» ‘v, quae etiam lege- bantur in Lorr. | 8-4 haec exstant in G! post sch. ad v. 6 | 4 xo%o- φῶν R | 6 ἀντὶ τοῦ ex ἄν corr. Θ᾽ in Θ' | 8-10 om.G! | 9 οὐδέτερον αὐ 11sqg. πολυσερόβοιο ΘΡ τῆς πολυταράχου -- ταράσσειν RP | 14-17 dox- τὸν χορὸν om. G' | 15 τῆς] τοῦ Ρ ὀμφαλὸν δὲ τὸν β. κ' πόλον G*, πόρον ῬΊ 11 ὑπομῳ. εἴρηχε διὰ τὸ μέσον art. G', ὀμφαλόεσσα εἴρη- ται κτέ. RP | 91 τροφῆς ἀφ᾽ οὗ καὶ δημήτηρ RP | 24 πέσεν Θ᾽ dl ὀμφαλοῦ R, ἀπομφάλιος ΒΡ ἔνϑεν) ὅϑεν R | 25 καλέουσι (corr. ex καλοῦσι) πέϑον R | 26-30 om. G! | 26 ϑάλαμοι P | 27 αἰδοῖα) μήδεα P ἄττῃ R | 28 ὅρη τὰ λοχρινά R, τὰ λοβρινὰ È. P.

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328 Hi BIANCHI

τὸ ἀκόνιτον diliov τί ἐστι βοτάνης ὅμοιον ἀγρώστιδι, οὗ πόσις πιχρὰ οὖσα τὸ μὲν στόμα ἅπαν στύφει, τὴν δὲ καρδίαν δάχνει, τὸ δὲ πνεῦμα ὑπὸ καταψύξεως τοῦ τενεύμονος ἐπικόπτει, λυγμοὺς συνεχεῖς ἀποτελοῦσα. διὸ καὶ τὸν στόμαχον, ἀεικίνητον ὄντα, ἐμποδίζουσα κλείει, τὴν δὲ κοιλίαν πνευμά- τῶν ἐμπίπλησι καὶ τὸν χῶλον, τοῖς δὲ κροτάφοις τταλμὸν πα- θέχουσα καὶ τῇ κεφαλῇ βάρος καὶ τοῖς μέλεσιν ἱδρῶτα ἔκφρο- ves ποιεῖ καὶ ἀσϑενεῖς. τὸ ἀκόνιτον εἶδος βοτάνης ἐσείν, ὅπερ καλοῦσιν ἀπὸ

συμβεβηκότος πορδαλιαγχές, διὰ τὸ ἀπόλλυσϑαι ὑπ᾽ αὐτοῦ τὴν πόρδαλιν, sl μὴ ἔχει ἀντιφάρμακον τὴν ἀνϑρωπείαν χόπρον, καὶ οὐ πρότερον ἐσθίουσιν αὐτοῦ ai πορδάλεις, εἰ μὴ ἔχοιεν πλησίον τὴν κόπρον, ἵνα εὐϑέως προσενέγχοιντο τὴν βοήϑειαν. οἱ οὖν νομεῖς τὸν ἀπόπατον ἐξάπτουσι ἐχ δένδρων, εἶτα ἐπει- dev φάγωσιν αἱ πορδάλεις τὸ ἀχόνιτον καὶ ὁρμήσωσιν ἐπὶ τὴν χόπρον, ἀνασπῶσιν οἱ ποιμένες, καὶ περιαλλώμεναι, τουτέστιν ἐπιπηδῶσαι, ἀποϑνήσκουσιν. ἱστορεῖ ᾿ἐριστοτέλης ἐν τῷ ιϑ' Περὶ ζῴων TX 6).

14. εὐβουλῆος δὲ τοῦ Ἅιδου, κατ᾽ εὐφημισμόν.

15. (ἄστυρά τε RP): τὰ ἄστυρα πολίσματά εἶσι, καὶ χω- giov οὕτω λεγόμενον" πληϑυντικόν ἐστιν ἀντὶ τοῦ ἑνικοῦ. δὲ Πριόλαος υἱὸς Avzov, βασιλέως Μαριανδυνῶν, ὃς ἀπέϑανεν ἐν Ἡρακλείᾳ τῇ Ποντικῇ, Ἡρακλέους πολεμοῦντος τοῖς πλησίον, οὗ εἰς ὄνομα πατὴρ τὴν πόλιν ἐκάλεσεν ἐγγὺς οὖσαν Ἥρα- κλείας.

10. οὐρανόεσσαν ὑπήνην" τὸ ἐπάνω τοῦ χείλους τρί- χωμα, τὴν ὑπερῴαν, ἤτοι τὸν οὐρανίσκον καταχρηστικῶς.

19. ἐπικαρδιόωντα᾽ καρδιώττοντα, τὴν καρδίαν ἀλ- γοῦντα, ἤτοι τὴν χοιλίαν, τὸν στόμαχον.

1-8 om. G! habent Θ᾽ (post sch. ad v. 20) RP |1proro ἐν, Ἐτ ἔστι κεῖ, omisso ἐστι βοτάνη P|6 καὶ τὸν κῶλον om. R| 7 ide τὰς RP | 10-12 διὰ τὸ πορϑάλεις om. G! suppl, Θ᾽ | 11 εἰ μὴ ἔχει di] ἐπειδὴ dvrup. ἔχει RP | 12 αὐτοῦ lacunam expl. W. in G*, αὐτῷ P, αὐτῆς Rat) οἱ R|13 τὴν κ- πλησίον RP | 14 ἐκ δένδρων in εἰς dév- dqov corr. G* in G!, ἐν δένδρῳ RP, ἐκ δένδρου coniicio | 15 τὴν corr, Θ᾽ in G' ex τὸν | 16 περιβαλλόμεναι R, περιαλώμεναι P|19 om. G' | 20 τὰ add. G* | 20-21 χωρία οὕτω λεγόμενα RP πληϑυντικόν ἑνικοῦ L | 22 πρ. βασιλεὺς μι, υἱὸς Δ. G! μ. βασιλέως P | 26-27 ij rd ἤτοι om. G! | 26 χειλους] reiyovs τὸν] τὴν P| 28-29 L: lemma addidi.

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880 H. BIANCHI

τοῦ ἀγριοποιόν, ἐπεὶ οἶνος ἀγριοποιός ἐστι, καϑάπερ λέγεται" ἀγρία καὶ ὀρεινή. ὑποϑλίψαντες δὲ ἤγουν ἐχπιέσαντες τὴν ἀγριοποιὸν ὁπώρην οἱ Σειληνοί. Σειληνοὶ δὲ οῦς Σατύρους λέ- γομεν" ἐχάλουν δὲ οἱ ἀρχαῖοι Σειληνοὺς ἀπὸ τοῦ σιλλαίνειν, δ᾽ ἐστι λοιδορεῖν. γράφεται διὰ τοῦ ἰῶτα.

31. κεραοῖο" ὅτι οἱ ἀρχαῖοι κέρασιν ἐχρῶντο ἐν τῇ πόσει ἀντὶ ποτηρίων, ὅϑεν καὶ τὸ κερᾶσαι εἴρηται, i} διὰ τὸ ταυρω- τικὸν τῶν πινόντων, τουτέστι τὴν ἀπὸ τοῦ οἴνου ἰσχύν, ὡς κέρατα ἐχόντων" “ιόνυσος καὶ ταυρόχερως λέγεται.

32. ϑωρηχϑέντες" ἂντὶ τοῦ μεϑυσϑέντες. καὶ Ἱπποχρά- τῆς τὴν οἰνοποσίαν ϑώρηξιν εἴρηκε «Υ̓ 130, Littré).

84. Νυσαίην ἀνὰ κλιτύν" ἤγουν ἀνὰ κλιτὺν τοῦ Nu- σαίου ὄρους.

35. ὡς οἵ γε σκοτόωσιν᾽" οὕτως, φησὶ, καὶ οἱ βεβρωκότες τὸ ἀκόνιτον διατίϑενται ἔχφρονες.

36. (εὴν μέν τε Θ᾽)" ταύτην μέντοι τὴν βοτάνην, τὸ ἀχό- γιτον, καὶ μυοχτόνον καλοῦσι διὰ τὸ τοὺς περιλείχοντας αὐτὴν μύας φονεύειν.

37. ὕρακας" τοὺς μύας κατ᾽ Αἰολεῖς" ὕρακας δὲ νῦν τοὺς μύας ἐκάλεσε, διότι τεαρεοίκασι χοίροις τῷ ῥάμφει" λέγεται γὰρ ds χοῖρος καὶ ὕραξ. λιχμήρεας δὲ τοὺς περιλείχοντας, καὶ ἀνιγροὺς τοὺς ἀνιαρούς.

38. πορδαλιαγχὲς {λέγεται RP) τὸ ἀκόνιτον ἐπειδὴ τούτου ai πορδάλεις γευσάμεναι ἀποπνίγονται, ὥσπερ οἱ ἀγ- χόμενοι, ἃς 7) τοῦ ἀνθρώπου κόπρος ϑεραπεύει.

1 τοῦ τὴν G* ἐπειδὴ RP |2 ἐκϑλίψαντες ΡΟ pro τὴν dyg. ὀπώς φὴν RP: τὴν σταφυλὴν | 8 οἱ σιληνοὶ G*! (ex corr.) R, σηληνοὶ ex σιληνοὶ Ῥ, corr. Abel pro σειλενοὶ δὲ RP: οὗτοι οὗς] οὖς ἡμεῖς RP, punetum deest in RP post λέγομεν et postea: ol ἀρχ, σιληνοὺς (σιλλανοὺς P) ἐχάλουν] 4 σιλαίνειν R, σύλλαίνειν P | 8 τοῦ omm. RP | 8-9 ὡς x. ἐχόντων RP | 9 pro d λέγεται RP: ταυρόκερως γὰρ 4. | 10 Hoc sch, ante sch. adv.8lestinG' μεϑύοντες RP | 12-13 pro ἤγουν ὄρους Ῥ: τὴν τοῦ νεσαίου (sic) ὄρους | 15-17 pro διατίϑενται καλοῦσι R μυύκτονον | 17 μυόχτονον RP | 17-18 διὰ τὸ φονεύειν om. Θ᾽; post φονεύειν R οὕτω καλοῦσιν | 19-21 ὕρακας -- καὶ ὕραξ dedi ex ΒΡ κατ᾽ αἰτωλοὺς RP, zar αἰολεῖς G' in sch. epitom., αἰολικῶς L | 19-20 νῦν τοὺς μύας] αὐτοὺς νῦν P.| 20-21 verba λέγεται ὕραξ, quae in RP post αἰωλεῖς leguntur, transtuli | 21 λειχμήρεας ἀνιγροὺς dè, omisso καὶ, G! | 23-25 om. Θ΄. Ante hoe sch, legitur in Οὗ ἄλλως | 24 παρδαλεῖς G*R.

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88. Ul. BIANCHI

ϑέμενον τὸ ἀκχόνιτον, φϑορᾶς αἴτιον γίνεται τοῦ τοιούτου ζῴου, χἂν οἷον ἂν ἧ, κάμμορον δὲ κακῷ μόρῳ ἀναιροῦν. ἐν δ᾽ Axo- ναίοις" ἐν τοῖς τόποις, οἷς γίνονται αἱ ἀχόναι" τὰς δὲ ἀκόνας οἱ μὲν ἐν Ἡρακλείᾳ φασί, oi δὲ ἐν Ἑρμιόνῃ, οἱ δὲ ἐν Τανά- rog γίνεσϑαι.

42, ϑηλείην δὲ ἀντὶ τοῦ τὸ ϑηλῆεν. ὁρόγκοις" τοῖς με- τεώροις τύποις, ἀπὸ τοῦ τοὺς ὀρεινοὺς τόπους ὄγχους ἔχειν" τοῖς τόποις τοῖς ἐξοχὰς ἔχουσι.

48, τῷ καί που τιτάνοιο" πάρεστιν ἐπὶ τὰ βοηϑήματα. τοῦ ποτίσματος τοῦ ἀχονίτου, καί φησι δράκα κονίας ἀσβέ- στου μισγομένην οἴνῳ βοηϑήσειν τῷ πεπωχότι. ετίτανος γὰρ i) ἄσβεστος.

dd. ὅτε νέχταρ κιρρόν" ὅτε οἶνον πυρρὸν ἐν τρυβλίῳ. μετρηδόν, ἀντὶ τοῦ μετρήσας, ἀφύσσῃς.

46. ϑάμνου ἀντὶ τοῦ ϑαμνώδους, τοῦ ϑαμνώδη φύλλα ἔχοντος. χαύλεα δὲ κλῶνας.

41. χλοεροῦ πρασίοιο" τρία γένη τοῦ πρασίου εἰσί, δηλοῖ δὲ τὸ ποῖον βούλεται (λέγειν G* R)' φησὶν οὖν τὸ μελίφυλλον. ἔστι δὲ τοῦτο πικρόν οὗ τὰ φύλλα σὺν οἴνῳ ἕψησον πληρώσας τὴν χεῖρα" i) ἁβροτόνου" καὶ ποτήριον πληρώσας δὸς πιεῖν.

48. ἀειϑαλέος" ὅτι ἀεὶ χλωρά ἐστιν χαμελαία καλου- μένη βοτάνη. τοῦ δὲ πηγανίου εἴδη εἰσὶ δύο, ἄδηλον δὲ ποῖον λέγει" ὅμως δὲ καὶ αὐτὸ ληφϑὲν εἰς ἥμισυ βάϑος χειρὸς πελή- θωμα καὶ μετὰ οἴνου ἑψηϑὲν μέλιτος καὶ τεσσάρων ποτηρίων ἤτοι κοτυλῶν ποϑὲν ὠφελεῖ.

49. ἐνὶ βάμμασι σίμβλων" πᾶν δὲ ὑγρὸν βάμμα xe

1 φϑορᾶς a. γίνεται om. G! τοῦ -- G*|8 rds) ταύτας RP | δ γίνεσθαι post φασὶ RP | 8 ϑηλείην ϑηλῆεν α' ϑηλῆεν scripsit Abel, ϑηλεῖεν ex ϑηλῆεν fecit G* | 9 ante hoc sch. inserunt RP: ἐντεῦϑεν λέγονται τὰ βοηϑήματα καὶ avridora τοῦ ἀχονίτου | 10 τοῦ ποτίσματος in eras, in G' κονίαν R | 11 βοηϑεῖν RP | 11-12 pro τίτανος γὰρ ἡὶ ἄσβεστος, quae sunt in RP, haec habet G': rerdvoto» ἐσβέσεου, ὅσον χωρεῖ χεὶρ γέμουσα. ef. v. AT | 18 πυρὸν RP | 14 μειρητὸν RP ἀφήσεις P | 15-16 τοῦ ἔχοντος om. G! καύλεα x. habet G* | 16 sch. ad v. 46 sequitur in Θ᾽ sch. ad v. 4T | 17 τρία εἰσὶ γένη xré, RP | 19-20 οὗ τὰ g., πιεῖν om, G' | 20 πιεῖν] ποιεῖν P| 21 ὅτε RP χλωρή R χαμαιλέα P | 22-23 G: τοῦ -dè (corr. ex τὸ a ΟἿ πηγανίου εἴδους (πηγάνιον tantum antea fuit) ποίου (ex ποῖον) λέγει ἄδηλον. δύο γάρ εἰσιν | 23-25 ὅμως κτέ. om. G! | 26 lemma addidi,

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 338

λεῖται. σημείωσαι ὅτε μόνον βάμμα τὸ dios, εἰ μετά τινος, δηλοῖ μέμικται.

50. αἰϑαλόεντα μύδρον᾽ πεπυρακτωμένον μύδρον, ἤγουν σίδηρον κεκαυμένον, ἐναποσβεννύων, φησί, εἰς ὕδωρ rire.

61]. τὴν σκωρίαν τοῦ σιδήρου τρύγα φησί, ἣν ἐν τῇ κα- μένῳ τοῦ πυρὸς φλὸξ ἐχώρισεν ἀπὸ τοῦ σιδήρου" τὸ μὲν γὰρ τοῦ χωνευομέγου xadagov ἔστι, τὸ δὲ ἀκάθαρτον, διὸ καὶ διχῇ εἶπεν. χαὶ ταύτην δὲ ofécas ἐν μέλιτι, πότισον τὸ ἀπόβαμμα αὐτῆς τὸν κάμνοντα, καὶ χρυσοῦ δὲ ἀργύρου τὸ βάμμα τοῦ ἐληλασμένου καὶ ζέοντος. λιγνὺς δέ ἔστι κυρίως τὸ χαπρῶδες τοῦ πυρός, νῦν δὲ αὐτὴ φλόξ.

55. ϑρίων᾽ ἰδίως (μὲν RP) ϑρία τὰ φύλλα τῆς συκῆς, ὥσπερ οἴναρα τὰ τῆς ἀμπέλου" νῦν δὲ (tà G') τῆς χαμαιπί- τυος ἔφη, καὶ ὀνόγυρος καὶ σιδηρῖτις λέγεται καὶ ἰωνιὰ ἀγρία.

πολλὰ τῶν ὀνομάτων ἔν τισιν ἰδίως ἀποκληρωϑέντα οὐκ δἴασαν οἱ τοῦ λόγου προστάται μένειν ἐπὶ κυριότητος, ἀλλὰ κα- τεχρήσαντο καὶ ἐπ᾿ ἄλλων" ὥσπερ καὶ τὰ Ioia κυρίως μὲν τὰ φύλλα τῆς συκῆς λέγεται, ὥσπερ οἴναρα τῆς ἀμπέλου, ἀλλ᾽ ἐν- ταῦϑα τῆς χαμαιπίτυος τὰ φύλλα Ioia ὠνόμασεν.

ὀνίτιδα λέγει τὸ ὀρίγανον" δύο δὲ γένη ὀριγάνου, (ᾧ α"» ἡμεῖς χρώμεθα, καὶ ἥμερον λέγδται, καὶ οἱ ὄνοι σιτοῦνται, καὶ παρδίληφεν, καὶ ὀνῖτις λέγδται᾽ ἧς λαμβάνειν κελεύει τὰ φύλλα εἰς ἥμισυ πληροῦντα τὸ βάϑος τῆς χειρός, τοῦ

Hoc sch. (ad v. 49) legitur in R Pante τὴν σχωρίαν (1. 5) | 8-4 αὐδρον ἤγουν 6.) σίδηρον ἦτοι RP ἐναποσβεννὺς RP | 4 post πῖνε RP τρύγα (τρίγα P) τὴν σχωρίαν (cxwpiav P) λέγει, quae punctis in- ducta sunt in R; postea sch. ad v. 49| 5-9 usque ad τὸν χώμνοντα om. αἴ] 5-6 τοῦ π. φλὸξ ἐν τῇ x. κτέ. ΟἿ 9-10 xal χρυσοῦ ζξέον- τος RP, qui insuper add.: τήν τε χαμίνων (lemma om. R), ἢ»- tiva ἔντοσϑεν τῶν χαμίνων τοῦ γχωνευτηρίου διχῇ ἤλασεν 1) τοῦ πυρὸς λιγνύς, καὶ χρυσοῦ δέ φησιν ἀπόβαμμα ἀργύρου πινόμενον ὠφελεῖ. pro his G!: ἄλλοτε δὲ χρυσοῖο" καὶ (in eras. a Οἦ ἀπόβαμμα δὲ (in eras. a G?) χρυσοῦ ἀργύρου πινόμενον φησὶ (add. 6ἦ ὠφελεῖ | 11 αὐτῇ] ἀντὶ τοῦ G! | 12 ϑρύων et ϑρύα P, ϑρύα μὲν (δὲ P) ἐδίως δὲ (μὲν P) RP 18 οὐ- ναρὰ te τῆς G!, οἰνήρατα τῆς RP, corr. IGSchn. | 14 7] καὶ κτέ. om. G!

ἐωνιὰ] ovia R, ἐονίκ P | 15-19 edidi ex L | 16 ἐπὲ χυρεωνυμίας malit Vitelli | 17 ϑρύα L | 18 οἰναρὰ L | 20 ὀρείγανον R constanter ἔστι δύο γένη ὀρειγάνων G! | 21 δ καὶ ἥμερον λέγεταν om. G! Ἃδὰ᾽ καὶ οἱ ὄνου

ἐσθίουσιν ἘΡΊ 22 inde a χαὶ ὀνίτις 25 om. α΄ |.23 συμπληροῦντα Ῥ..

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884 MH. BIANCHI

πολυχνήμου τῆς χαμαιπίτυος, καὶ μετὰ τεσσάρων κοτυλῶν οἴνου ποτίζειν,

DI. ῥάδιξ ῥάβδος" πολύκνημον δέ ἐστιν οὕτως τι βο- τάνιον παρὰ τοῖς διζοτομικοῖς καλούμενον. δύο δὲ αὐτοῦ δια- φορὰς εἶναί φασιν οἱ τὰ διζοτομικὰ γράψαντες.

59. μυελόεντα᾽ τὴν ἐκ τῆς ἑψήσεως σύντηξιν τῶν ὄρνι- ϑείων σαρχῶν, τὸν ὡς μυελὸν γενόμενον ἐκ τῆς ἑψήσεως. κελεύει δὲ τὴν κατοιχίδα ὄρνιν ἕψεσθαι, ἕως ἄν τακῇ αὐτῆς τὰ κρέα καὶ γένηται ὡς χυλός, καὶ τότε προσφέρεσϑαι τὸν ζω- μόν, μυελόεντα, ἵνα λυϑῇ καὶ γένηται ὡς μυελός.

60. σερουϑοῖο" ἤτοι τοῦ νεοττοῦ τῆς ὄρνιϑος.

62. βοὸς νέα γέντα᾽ καὶ μοσχαρίου κρέατα ἑψήσας πε- ρισφριγῶντος καὶ περιπλήϑοντος τῷ λίπει πλήρωσον τὸ ποτὸν τοῦ ζωμοῦ" xe ὑπερβολὴν γὰρ τοιοῦτος ζωμὸς ὠφελεῖ. τὸ θ4. βαλσάμοιο᾽ (βαλσάμου RP), φησί, τὸν ὁπὸν δεῖ mi

vew μετὰ γάλακτος γυναικείου ped ὕδατος.

65. ϑηλυτέρης γὰρ πώλοιο᾽ νέας γυναικός φησι, καὶ οὐ πώλου ἵππου. ὅτι δὲ χρήσιμον τὸ γυναικεῖον γάλα καὶ Ἐρα- σίσερατος μαρτυρεῖ ἐν τῷ Περὶ ϑανασίμων.

30 66. χεύῃ παναεργέα δόρπον" προσεμέσῃ πιὼν τούτων ἑκάτερον, προσφερόμενον οὐχ ἁπλῶς, ἀλλὰ μετὰ τὸ ἐμέσαι. παναεργέα δὲ ἀργόν, ἀνέψητον, (ἀδιέργαστον RP), ἀδιά- πέπτον.

67. δερκευνέος δὲ τοῦ ὁρῶντος ἐν τῷ κοιμᾶσϑαι" τοῦ δερχευνέος φησὶ σχίνακος, ἐστι τοῦ σχιρτητικοῦ λαγωοῦ, τοῦ ἐν τῷ κοιμᾶσϑαι βλέποντος, καϑάπερ καὶ λέων καὶ ὄφις.

69. ἄλλοτε καὶ μορέης" καὶ συκαμίνου προστάσσει λαμ-

τι

3,

2 ποτίζει R | 3-4 τὶς βοτάνη RP καλούμενον] καλ. καὶ λεγόμε- νον Θ"} 5 post γρώψαντες quaedam add. G! ex Eulecnio 235a 2-5, prae- misso ἄλλως | 6 σύνταξιν R | 7 post éyrjoews verba ἐκ τῆς σήψεως (ψήσεως P), quae exhibent RP, cum IGSchn, omisi, ut inepta | 9 καὶ y. ὡς χυλός om. G! | 10 μνελόεντα xré. habet G' | 11 exstat in G* | 12 lemma in RP καί re βοός κρέατος R, κέρατος P | 12-13 περισφρι- γῶντος καὶ om, G! | 13 τὸν ποτὸν G! in ras, ex corr. ἢ, τὸ ποτήριον R | 14 209 ὑπερβολὴν aré. RP |15 ναὶ μὲν βαλσώμοιο est lemma in G! | 17 φησί νέας γυναικός G! | 21 post προσφερ. Θ' (ex corr. G*) R addunt χρήσιμον, quod omisi, itemque ineptam glossam ad προσφερόμενον. scholl. vulg. χρησίμως | 24-26 RP; habet Θ᾽ sch. epitom. | 25 σχιστι- χοῦ G!, σκιστατικοῦ R.

886 H. BIANCHI

82. ἀβλεμὲς ἀντὶ τοῦ ἀδρανές, ὡς ἀπὸ τοῦ βλεμεαίνω.

84. ἄλην ἑτερειδέα' πλάνην ἀλλοιοειδῆ βλέπει, ἐνεργη-, μάτων μὴ ὑποκειμένων φησὶ ὁρατικὴν φαντασίαν γίνεσϑαι" δοχεῖ δὲ τοῖς ὀφθαλμοῖς ὁρᾶν φανταζόμενος, μὴ ὑποκειμένων.

5 ἐνεργείᾳ τινῶν πραγμάτων.

85. ἄλλοτε δ᾽ ὑπναλέος" ἄλλοτε δὲ ὥσπερ χοιμώμενος. ἀποψύχεται τὸ σῶμα καὶ ψυχροῦται, ὅλος καταβαρούμενος ὕπνῳ.

86. andro δ᾽ ὑποδάμναται 0)" τῷ καμάτῳ δὲ εἴκων

10 ὑποδάμναται.

81. πρημαδίης" {πρημαδία G') καὶ ὀρχὰς καὶ μυρτίνη εἴδη ἐλαιῶν εἶσιν" οὐδὲν δὲ διαφέρει ἐκ τούτων λαμβάνειν τὸ ἔλαιον, ἐξ ὁποίας ποτέ" οἱ γοῦν περὶ τούτων πεπραγματευ- μένοι ψιλῶς, ἤτοι φανερῶς, παραγγέλλουσιν.

15 (elao ἐλαίης G') εἴαρ ὑπὸ τῶν νεωτέρων τὸ αἷμα" καὶ Καλλίμαχος (fgm. 201) ἐλαίας τὸ αἶμα, τὸ δαῦον εἶπε"

πολλάκι δ᾽ ἐκ λύχνου πῖον ἔλειξαν ἔαρ. καὶ μυρτίνη ἥδε ἐλαία ἐστὶ βραχὺν ἔχουσα καρπόν.

91. ἀποαίνυσο γρῆυν" τὸν πεπηγότα ἀφρὸν τοῦ γάλακ-

20 τὸς ἀπογράισον, ijrot τὸ πεπηγὸς τοῦ γάλακτος ἀπογράισον. γραῦς δὲ ἐπὶ τοῦ γάλακτος γινόμενος πάγος, ἐπεὶ δυτιδοῦται. ὥσπερ ταῖς γραυσὶ συμβαίνει τὸ σῶμα ῥυτιδοῦσϑαι. τὸ ἐπιπο- λάξων τῷ γάλακτι, οἱ Σικελοὶ σῦφαρ καλοῦσιν, ἀφελοῦ, καὶ οὕτω τὸ γάλα δὸς πιεῖν.

35 93. χυλῷ ἐνὶ κλώϑοντι' τῷ ὡς νῆμα κλωϑομένῳ χυλῷ τῆς μαλάχης μετὰ οἴνου κόρεσον τὸν κακηπελέοντα, ἤγουν xa- κῶς ἔχοντα καὶ πάσχοντα.

95. ἠὲ σὺ κληματόεσσαν᾽ κελεύει κονίαν ἀπὸ κλημάτων'

2 ἀλλοειδῆ R | 4 indo a δοκεῖ 6 om. G* | 7 καταϑαρυνόμενος RP | 11 τῷ καὶ πρημ. est lemma in G* | 18-14 πραγματευμένοι P | 16 ἐλαίου τοῦ αἵματος G!, v. Animado. 10 τὸ om. G! | 17 ἔλειξεν G! εἶαρ codd., ἔαρ editio Coloniensis Alex. a. 1530 post εἶαρ add. G* quae- dam ex Zuteon, 235b 4-11 18 omm. G'G* | 20 ἀπόγραισον ἤτοι) G! | 22 ταῖς] τοῖς RP τὸ σῶμα συμβαίνει RP | 23 σῦφαρ Keil, σίφαρα P, σύφαρα, σύ...... G* | 24 τὸ γάλα omm. RP | 25-27 om. G! | 96 è χλώϑοντι τῷ ὡς νῆμα] τὸ δήμα Ρ κχλωϑωμένω R | 27 καὶ σχοντα omm. RP, ad v. 84 quaedam refert G* ex Zutecn, 235b 18-14 | 28 usque ad σπλέγχνοις (p. 887, 4) om. Θ',

7, 10.908

τὸ

35

Τυρώ τ᾽ ᾿Ιλχμήνη τὸ ἐυστέφανός τε Mux. “Αάγγεια δὲ κρήνη τοῦ Ἄργους. καὶ Aids παιδί᾽ τῷ Περσεῖ" ζητῶν δὲ τὴν λαβὴν τοῦ ξίφους περιέτυχε τῇ πηγῇ.

106. ἀκοσταῖς" πεφρυγμέναις χριϑαῖς" βούλεται δὲ τὴν dx χριϑῆς πτισάνην λέγειν.

ἀκοόσταῖς οὖν ταῖς χριϑαῖς παρὰ τὸ ἄκος ποιεῖν τοῖξ᾽ νοδοῦσι πινομένας, ὅϑεν καὶ τὸ ἀκοστήσας, οἷον κριϑιάσας, ἴαμα τῆς στάσεως εὑρών.

107. Γερραίης δὲ τῆς ᾿Αραβικῆς. Γέρρα γὰρ πόλις τῆς ᾿Αραβίας, λιβάνοιο δὲ χύσιν, ἐπεὶ περίκειται τοῖς κλάδοις τὸ daxovov τῆς λιβάνου.

108. (καί τε σὺ G') χκαρύης" οἱ μὲν τῆς xa@ ἡμᾶς λεγομένης καρύας, οἵ δὲ ἄλλου τινὸς δένδρου ξυλολεπῆ pi govtos καρπόν. κάρυον δὲ ὁμωνύμως λέγεται καὶ τὸ δένδρον καὶ χαρπός" ὥσπερ (καὶ G') ἐλαία τό τὸ χόεινον καὶ τὸ ἐσϑιόμενον.

109. i] πτελέης" ἀπὸ κοινοῦ τὸ ϑάχρυον᾽" ὠσχοφόροι δὲ λέγονται ᾿Αϑήνῃσι παῖδες ἀμφιϑαλεῖς ἁμιλλώμενοι κατὰ φυλάς, οἵ λαμβάνοντες κλήματα ἀμπέλου ἐκ τοῦ ἱεροῦ τοῦ 4ιονύσου ἔτρεχον͵ εἰς τὸ τῆς Σκχιράδος ᾿Αϑηνᾶς ἱερόν. νῦν δὲ Νίκαν- ὅρος ὥσχας κέχληκε τὰ τῆς πτελέας κλήματα. ἄλλως" boy κυρίως κλάδος τῆς ἀμπέλου, νῦν δὲ καταχρηστιχῶς καὶ ἐπὶ τῆς πτελέας εἶπε τοὺς κλάδους ὥσχας.

110. χόμμι δὲ τὸ κομμίδιον" οὕτω γάρ ἐστὶν σύστασις αὐτοῦ ὡς κόμμεως.

111. ὄφρα τὰ μέν τ᾿ ἐρύγῃσι" νοῦς οὕτως" ὅπως, φησί, τὰ μὲν ἐμέσῃ, τὰ δὲ πέψῃ ἐκλυϑεὶς ἐν ἑψητοῖς ὕδασι, τουτέστι λουτροῖς. ὅτε γὰρ ὑγρανεῖ τὸ σῶμα ἱδρώς, τουτέστε μετὰ τὸ

1 7 ἐυστέφανός codd. | 2-4 verba χάγγεια πηγῇ habent Θ᾽ (post τὴν ϑήκην p. 387, 25) RP | 4-5 om. G'|4 καὶ τὴν RP | 7 πινόμεναν BR, πινομέναις ῬῚ 8 ἴαμα G! συστασέως edd. exstant in Θ᾽ ad hov schi quaedam ex Eutecn, 235b 35-46 | 10 inde a λιβάνοιο --- ΤΠ habent Θ᾽ RP et G' in sch. interl, | 11 τῆς] τοῦ Θ᾽ | 12-13 τῆς καρύας τῆς χαϑ᾽ ἡ. dey. Ὁ" | 18 ξυλοπετῇ P_| 14 inde a χάρνον 16 οτα. G! | 17 ἀπὸ κοινοῦ τὸ δι om. Θ' | 20 σκιρρέδος RP | 21 κέκληκε] λέγει RIP | 21 πτελέας Θ' πόλεως R (sed corr. in mg. m. rec.) ἄλλως Θ᾽ ὄσχαι x. ol κλάδοι RP inde a νῦν 28 om, R| 25 χόμεως Θ', χόμμεος P | 26 ἐρρίγησιν P, ἐρίγησι RE οὗτος Θ΄.

MH. ΒΙΑΝΟΗῚ

128. τῷ δὲ σὺ πολλάκι" τούτῳ δέ φησι τῷ μένῳ σὺ τὸν γλήχωνα ταῖς ποταμίαις νύμφαις τεύξαις τουτέστι γλήχωνα, μετὰ ὕδατος.

129. ἐμπλήδην᾽ ἀντὶ τοῦ πεπληρωμένον πόροις, ὡσανεὶ δίδου.

180. νηστείρης 4ηοῦς" ἰστέον ὅτι τῆς Κόρης, ἤγουν τῆς Περσεφόνης, ἁρπαγείσης ὑπὸ τοῦ Πλούτωνος, μήτηρ αὐτῆς 4ηὼ νῆστις περιήρχετο ζητοῦσα αὐτήν, (χαὶ δὴ περιερχομένη καὶ ζητοῦσα αὐτὴν G') ὑπεδέχϑη ἐν τοῖς οἴκοις τοῦ Ἵππο- ϑόωντος, ὑπὸ τῆς γυναικὸς αὐτοῦ Μετανείρας" ἥτις Μετάνειρα, παρέϑηκεν αὐτῇ τράπεζαν καὶ ἐχέρασεν αὐτῇ οἶνον ἐπὶ τῇ ϑλίψει. δὲ ϑεὸς οὐκ ἐδέξατο, λέγουσα μὴ ϑεμιτὸν εἶνας πιεῖν αὐτὴν οἶνον ἐπὶ τῇ ϑλίψει τῆς ϑυγατρός. ἀλφίτων δὲ κυκεῶνα ἐκέλευσεν (αὐτῇ G') παρασκευάσαι, ὃν δεξαμένῃ ἔπιεν. ᾿Ιάμβη δέ τις δούλη τῆς Μετανείρας ἀϑυμοῦσαν τὴν ϑεὸν ὁρῶσα γελοιώδεις λόγους καὶ σκώμματά τινα ἔλεγε πρὸς τὸ γελάσαι τὴν ϑεόν. ἧσαν δὲ τὰ ῥηθέντα, (ἅπερ αὐτὴ πρῶτον εἶπεν G'), ὑπ᾽ αὐτῆς ἰαμβικῷ μέτρῳ δυϑμισϑέντα, ἐξ ἧς καὶ τὴν προσηγορίαν ἔλαβον ἴαμβοι λέγεσϑαι. ᾿Ιάμβη δὲ ϑυγάτηρ (ἣν ΟἿ. Ἠχοῦς xaì τοῦ Πανός, Θρᾷσσα τὸ γένος. μορόεν ποτόν" τὸ ἐν κακοπαϑείᾳ δοϑέν. ὅτι δὲ διὰ γλήχωνος ἔπιεν 4Φημήτηρ, κυχεῶνα καὶ διὰ τὴν χλεύην (τῆς G') ᾿Ιάμβης ἐγέλασεν Fed, ἐν τοῖς εἰς Ὅμηρον ἀναφερομένοις ὕμνοις <h. in Cer. 192) λέγεται.

μορόεν ποτόν. πολυέψητον, μορίδιον ἀντὶ τοῦ al σιμον, ἄν τις ἐπὶ τοῦ συμφέροντος ἐχδέξαιτο, 7) τὸ ἁρμόζον τῷ πάϑει, ὡς Ὅμηρος (1 59)*

ἐπεὶ κατὰ μοῖραν ἔειπας.

133. ἀϑύροισιν" ὑπὸ τοῖς παιγνιώδεσι λόγοις τῆς Θρᾳ- κικῆς ᾿Ιάμβης, καὶ τὰ ἑξῆς.

1 post lemma inserunt RP περὶ (τῶν add. R) φαρμάκων τῶν καν-- ϑαρίδων, quas e mg. irrepsisso patet | 2 restas P, πύξας R | 4 πεπλὴ πληρώσας RP | 7 ὡρπασϑείσης voluit Abel | 8 περιέρχετο νῆστις RP | 9 ἐν RP | 14 αὐτῇ Adel | 15 ῥαϑουμοῦσαν P wulgo | 16-17 ax. ἔλεγεν, ἅτινα πρὸς τὸ γι RP | 17 αὕτη G', corr. IGSchn. | 21 μήτηρ BR 26-28 verba μορόεν ἔειπεν (pro ἔειπας) exbhibent RP post λίνοιο (p. 841,3). pro his non nulla habet G* epitomata, praemisso vocabulo ἄλλως, quae omisi | 25 μοιρίδιον con. Buss., μοιρίδιον ἤτοι αἴσιον κτὲ. Li ad hune locum quaedam add. G* ex Eut. 2368 30-32 | 26 ἐχϑέξοιτο P | 29-80 RP,

'πέλου χλωρὰ σὺν τοῖς φύλλοις, καὶ ἐν γλεύκει μέλιτι ἑψή-, σαντα δοῦναι πιεῖν᾽ τοῦτο γὰρ παραδεκτέον.

145. ψαφαρῆς ἐκ δίζεα γαίης" τῆς πετρώδους καὶ dosi γῆς γῆς" ἐν τοιαύτῃ γὰρ γῇ βοτάνη γίνεται.

8 146, αἰὲν κενερήεντα' διὰ παντὸς τραχύτητα ἔχοντα. ὕψι" τουτέστι τοῖς κλωσὶν ὑψηλήν" τὴν τοιαύτην γοῦν βοτάνην, ἤγουν τὸ σχορπίουρον, δὸς τῷ πεφαρμαγμένῳ ἑψηϑεῖσαν μετὰ μέλιτος πιεῖν.

147. μολόϑουρος βοτάνη ἐστίν, ἀειϑαλὴς δέ" διὸ καὶ

10 Εὐφορίων φησί (fem. 64)

πτῶχες ἀειχλωροῖσιν ἰαύεσκον μολοϑούροις.

ἔνισχνα δὲ καύλεα' ἀντὶ τοῦ ἰσχνὰ καὶ καλαμώδῃ καὶ λεπτὰ καυλεῖα ποιεῖ᾽ τὰ γὰρ εἰς ὕψος ἀνατρέχοντα φυτὰ λεπτὰ καυλεῖα ποιοῦσιν.

15 149. Παρϑενίης" Παρϑενία οὐκ ὅλη Σάμος, ἀλλά τις ἐν αὐτῇ εὑρεϑεῖσα γῆ, Φυλλίς" τὸ καλούμενον Γεωφάνιον ἐν Zauodogxn καὶ Μελίφυλλον ἐκαλεῖτο, Νίκανδρος δὲ Φυλλίδα. καλεῖ.

{Παρϑενίης ἣν Φυλλίς G')- Σαμίας κελεύει δ΄ δραχ- so μὰς λαμβάνειν. Παρϑενία γὰρ Σάμος ἐκαλεῖτο, καὶ Φυλλὶς μία τῶν νυμφῶν.

150. Ἰμβρασίδος" τῆς Σαμιακῆς, Ἴμβρασος γὰρ ποταμὸς ἐν Σάμῳ, ἣν κριὸς λέγεται εὑρηκέναι" ταύτης δὲ τὸ χρησιμώ- τερον ᾿ἀστὴρ καλεῖται, ἐξ ἧς βούλεται ἡμᾶς Νίκανδρος λαμ-

25 βάνειν.

151. (ἀμνὸς Χησιάδος Θ᾽)" ἀμνός ἐστιν μηδέπω κέ- ρατα ἔχων. πῶς οὖν οὗτος κεράστην αὐτὸν εἶπεν οὐκ ὀρϑῶς; Χησιεῖς δὲ πρῶτον κατῴχησαν ἐν Σάμῳ, εἶτα ᾿Αστυπαλαιεῖς.

153. διπληϑέα" διπλῆν κελεύει πόσιν τῶν τεσσάρων ὅραχ-

1 φίλοις μέλιτι γλεύχει ἑψήσαντι ῬῚ 8:4 G'RP | 8 δὲ ῥίζεα P, διζία G* | 6 ὕψι ὑψηλήν ΟΡ ὑψηλός RP 68 τὴν τοιαύτη» xté. G* | 9-11 ΒΡ [9 κἡὶ R, ΡῚ 11 ἀεὶ χλωροῖσιν codd. ἴαυες κοι R | 18 ἔνιχνα καυλέα codd. | 18 καυλεῖα G R utroque loco, χαυλία P | 15 ὅλη a. RP, αὐτὴ ὅλη Σ. G! | 16 ἣν Φυλλίς est lemma in G' | 17 μελιφύλλιον codd., corr. IGSchn. | 32 Ἴμβρος codd, Gorz.l T@Sokn, | 28:24 χρήσιμον R | 25 38 huno fere locum quasdani desoripsit G* ex Zut. 236b 1-10 | 27 πῶς οὖν αὐτὸς x. εἶπεν αὐτόν RP | 28 χησιεῖς om. R, χ.. εἷς Ρ ᾧκησαν RP |29-343,2 G*RP, sch. epitom. habet Θ' quod explevit G* διπλήρεα P, διπληρέα R.

τὸ

μύκεφ᾽ ἀφόβῳ' ἀπὸ δὲ τοῦ τάρβους καὶ τοῦ μύειν λέξις. i 163. Πράμνιος οἶνος" ἀπὸ ἀμπέλου Hoapvias, ἣν καὶ ψιϑίαν καλοῦσί τινες. αὐτοχρηὲς δὲ ἀντὶ τοῦ αὐτοχέραστον, ἀμιγές, ἄχρατον.

164. ἁλὸς ἔμπλεα κύμβην᾽ ἀντὶ τοῦ πεπληρωμένον τοῦ ϑαλασσίου ὕδατος τὸ τρυβλίον.

165. τὸ d' ὀρταλίχων ἁπαλὴν γράφεται καὶ ἀλαλήν, ἤτοι ὅτε ἐστέρηται τοῦ λαλεῖν ὅτι χωρὶς στεναγμοῦ τίκτει. ὀρταλίχων νὸν τὰς ὄρνιϑας λέγει" οὐ γὰρ τὰ νήπια ὠοτοχεῖ, ἀλλὰ τὰ τέλεια. κελεύει τὸ ὡὸν κενῶσαι καὶ ἀφρὸν ϑαλάσσης συμμιγνύντα πληρῶσαι" ὅστις ἀφρὸς τροφὴ τοῦ χέπφου ὧν καὶ ϑανάτου αὐτῷ παραίτιος γίνεται" οἱ γὰρ ἁλιεῖς χερσὶ τὸ ϑα- λάσσιον ὕδωρ ἀνακλύζοντες ἀφρὸν προσενεγκεῖν καταναγκάζουσι καὶ τοῦτον δολίως τῷ κέπφῳ προτείνουσιν, δὲ τὸν ἀφρὸν λαβεῖν ἐφιέμενος εἷς τὰς χεῖρας αὐτῶν ἔρχεται καὶ οὕτως dp ρθεύεται. δὲ κέπφος ϑαλάσσιόν ἐστιν ὄρνεον παραπλήσιον λάρῳ, ὅπερ ὡς εἴρηται ὑπὸ τῶν ἁλιέων ἁλίσκεται.

167. τῷ γὰρ δὴ ζωήν τε΄ τούτῳ γὰρ καὶ τὴν ζωὴν σῴζει, ἤγουν τῷ ἀφρῷ διὰ τοῦ ἐσϑίειν καὶ τὸν ϑάνατον καταλαμ- βάνειν dl αὐτοῦ.

171. ἀγλεύκην᾽" ἀγλυχῆ καὶ πιχρὰν καὶ ἐστερημένην γλεύ- ans, ἐστι γλυκύτητος.

172. ἀτμεύειν ἐστι δουλεύειν, ὑποκεῖσϑαι. ὡς μῦϑον

1 συντίϑεται Θ'; in his verbis (p. 848, 92.844, 2) edendis ordinem servavi codicum R et P. ceterum post παράφρονες (p. 343, 22) habet Θ᾽ verba ἀταρμύκτῳ λέξις et deinde: olergos ἐπίμηκες (verba xév- τρον È. ἐπίμηχες add. G*), sed post λέξες insernit Θ᾽ τὸ δὲ ἑξῆς" παραπᾶ. τὰς φρένας τῷ οἴστρῳ τῷ ἀταρμ. καὶ ἀφόβῳ | 3-T0m. Θ'] 4 αὐτοχόρεστον P, edd. | β κύμβιν πεπληρωμένην RP | 7 ὕδατος] κύματος ὕδατος P (sic), post hoe sch. quaedam add. Θ᾽, quae desinunt verbis ... σι μετ᾽ αἰσχρολογίας- Animadv, | 8 844. Sch. exstat in G' epitom, ad hunc v. | 8-11 usque ad τὰ τέλεια RP | 9 ἤτοι dre) ἤτοι ὅτε R | 10 οὐ] καὶ R | 11 post τὰ τέλεια RP μήτηρ glossam, ut patet, ad τὰ τέλεια. haec habet R in mg. ad hune locum m. rec.: ἴσως" καὶ γὰρ τὰ νήπια οὐκ ὠοτοκεῖ ἀλλὰ τὰ τι, εἰ μὴ (sì μὴ pro je, quod.est in textu) κελεύει τὸ ὠὲν κενῶς σαι | 11 τὰ τέλεια --- 18G*RP | 13 συμμιγνύντα πληρῶσαι] συμμίξαι Θ᾽] 18 χερσὶ om. R | 14 ἀναγκάζουσι G*|18 post ἀλίσκεται quaedam de- ‘scripserat G*, quae evanuerunt | 19-21 G! | 20 ϑάλλατον Θ' | 22-23 RP | 24 μῦϑος RPG! (sed corr. G*)

ψιϑία δὲ εἶδος ἀμπέλου, ἥτις καὶ Πραμνία λέγεται" καὶ ἑλίε,

poso τοῦ κλάδου τῆς ἀμπέλου.

182, κείροντες ϑλίβωσι' κόπτοντες πατοῦσι καὶ πειέ-

5. ζουσιν.

ὅτε δοιζηδά" «τῷ καιρῷ, ὅτε ῥοιζηδὸν G') αἱ μέλισσα:

ἐπὶ ταῖς ῥαξὶ τῶν βοτρύων πεσοῦσαι νέμονται τὸ γλεῦκος (χαὶ τὸ γάνος RP).

188, πεμφρηδὼν δὲ ζῷόν ἐστι τῶν σφηκωδῶν, μεῖζον

40 μὲν μύρμηκος, μελίσσης δὲ ἔλασσον, ἐπτέρωται δὲ καὶ total λὴν ἔχει λευκῷ καὶ μέλανι τὴν ἐπιφάνειαν" τοῦτο δὲ κατὰ τὴν ὀρεινὴν νεμόμενον δρέπεται ἀπὸ τῶν ἐν τοῖς ἄγκεσι ϑάμνων παντοῖα ἄνϑη, καὶ φερόμενον εἷς τὰς κοίλας καϑίπταται δρῦς. καὶ αἱ βέμβικες δὲ τῶν σφηκωϑδῶν εἰσιν εἶδος μελισσῶν, ἃς ἔνιοι

is βόμβυκας καλοῦσι. ταῦτα δὲ πάντα εἴδη μελισσῶν εἶσιν, δὴ ἐπινέμεται πεεπείρους ὄντας τοὺς βότρυας.

185. κηκὰς ἀλώπηξ ἤτοι καχωτική, κακοποιός, κακοῦργος χλευαστική. Καλλίμαχος (fgm. 208)" κηκάδι σὺν γλώσσῃ.

20 186. καί rs σὺ κωνείου" τοῦτο οἱ μὲν κοριανόν, οἱ ἀννησοειδὲς καλοῦσι. σημεῖον δὲ τούτου τὸ καρεβαρεῖν. poi γὸν ἀνεὶ τοῦ πεφοινιγμένον" ὀλέϑριον, φόνιον, κατὰ πλδο- γασμὸν τοῦ t.

189. ἴχνεσι δὲ σφαλεροί re' σφαλλόμενοι δὲ τοῖς σκέλεσε 35 ταῖς χερσὶ βαδίζουσιν, ἐστι πίπτοντες ἐπερείδονται αὐταῖς.

1 τοῦ ἡδυτάτου G* | 3 sqq. Scholia ad v. 181 et 182 coniuneta. sunt in G*RP, lemma omm. G*P, ϑλίβωσι habet R post χόπτον- τες, omisso κείροντες | 4 πατῶσι codd., em. Buss. πιέζωσιν codd, em. Col. | 9-16 G*RP. habet Θ' sch. epitom. quod explevit Οὗ | 9 ζῴων RP, evanuit in Θ᾽, ζῷον ed. | 14-15 καὶ el καλοῦσι RP post δρῦς (18) scholii cuiusdam relliquiae exstant in G*: κι. τον εν κεν e ὅν...» ἴο λεγόμενον. quas δὰ ἐδανοῖο (v. 181) dubitanter refert W. | 14 βέμβικες R, βεμβίδες P, βεμβῖδες con. Keil, | 15 βόμβι- xas P_Vdri, βέμβικας R, βόμβυχας soripsi | 19 xexadias R |.20-28 dedi ex RP; scholia epitom. exhibet G! | 20 post τοῦτο habent RP inserit Οὐ οἱ μὲν κροχεανόν | 21 ἀνησοειδὲς G' | 22 φόνιον corr. G* in G! ex φόνον. ad hoc sch. quaedam add. Οὗ post τοῦτο (20) in mg.; «POD serie n... Zov.... fortasse: πεφοινιγμένον τοῖς morl- Toros | BA σκέλεσι] 2680001 Be I 86 ὑπερείδονται R.

ATRIA καὶ édavoîo τοῦ γλυχυτάτου ἌΣ

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 347

191. στεινὴν ἐμφράσσεται᾽ ἤτοι ἐσωτέρω καὶ xa- τωτέρω τοῦ στόματος.

192. περὶ δὲ φλέβας" αἱ ἀρτηρίαι, φησί, μογάλως σφύ- ζουσιν, 7) πρὶν ἐρρωμέναι συστέλλονται.

193. ἀτύξει δὲ νῦν ἀτενίζει, βλέπει, ἕλκει, 6 ἐστε σπᾷ τὸν ἀέρα χαὶ ὀλίγον ἀναπνεῖ, εἰ καὶ ἐπὶ τῆς ταραχῆς αὐτὸ téFesxev Ὅμηρος δἰπών (Z 468)"

πατρὸς φίλον ὄψιν ἀτυχϑείς. γράφεται καὶ ἀλύξει, οἷον᾽ ἠέρα παῦρον ἀλύξει.

194. κατηβολέων᾽ λοιποϑυμῶν, τὴν ὑστάτην εἱμαρμένην ἔχων᾽ δὲ οἷα ἐν καταβολῇ ὧν καὶ κάτω διὰ λειποϑυμίαν βλέ- πων, ὀλίγον ἀέρα διὰ τῆς ἀναπνοῆς ἕλκει τὸν ϑάνατον δρῶν, χαὶ χαταπίπτει.

197. ἠὲ σύγε χλυστῆρος. τεῦχος κατασχεύαζε ἐμβαλών, ἀντὶ τοῦ παραπέμψας" ἐν δὲ τῷ μὴ λέγειν κλυστῆρα ποῖον, δηλονότι χοινὸν λέγει.

198. “άφνης Τομπίδος᾽ Θεσσαλικῆς, διότι πρῶτον ἐκεῖ εὑρέϑη.

200, χατέστεφε δὲ χαίτην Δ δλφίδα εἶπε διὰ τὸ τὴν κόρην διωκομένην ὑπὸ ἀπόλλωνος εἰς τοῦτο τὸ φυτὸν μεταβλη- θῆναι, ἐξ οὔ ἔχει καὶ τὸ ὄνομα" Aagpvn δὲ κόρη ἐλέγετο᾽ καὶ Ἀπόλλων ἰδὼν αὐτὴν μεταβληϑεῖσαν εἰς τὸ φυτόν, ἐξ αὐτοῦ τοῦ φυτοῦ ἐστέψατο. λέγει δέ" ἀπὸ δάφνης, κατὰ κοινοῦ, πόσεν δίδου, τουτέστε δαφνέλαιον δίδου πιεῖν.

201. πέπερι κνίδης" χνίδην λέγει τὴν ἀκαλήφην᾽ εἴ-

1 στεινὴν (στενὴ P) ἐμ. οἶμον RP | 2 σώματος G!' (sed corr. ΟὟ P | 3-4 G*RP [4 RP, αἵ G*, αὐ correxisse adfirmat Schneiderum Vari, sed : αὖ habet Schn.; equidem malim καὶ | 5-9 G* R P, habet G! sch. epitom. | 8 φίλου R ἀτιχϑείς R|9 ἀέρα R | 11 δὲ 15 G*RP quorum loco α΄ τὸ γὰρ ἑχάστῳ ἐπιβάλλων (διὸ χαὶ xatw 8. Vitri) xa- τηβολέων κάτω βαδίζων, quae induxit αὖ | 12-13 ὁρῶν χαταπίπτει R, ὁρῶν καταπίπτων P, ὁρῶν χαταπιπτόντα vulgo, ὁρῶν καὶ x. pruebet αὖ ut vi- detur = quaedam ad v. 195 praebet αὖ ex Éutecn. 237a 21-26 | 14 τεῦ- χος om. παρασχεύαζε RP | 15 παραπέμψαις con. Keil. | 19-24 or- dinem codicum RP secutus sum; πρώτῃ φοίβοιο" ὡς τῆς κόρης διωχομένης ὑπὸ τοῦ ἀπόλλωνος χαὶ μεταβληϑείσης εἰς τοῦτο τὸ φυτὸν ἐξ ἧς ἔχει τὸ ὄνομα. δάφνη δὲ κόρη ἐλέγετο" καὶ Sri ἀπόλλων κτέ. G! | 25-348, 4 RP. exstat in G'! ad h. v. scholium epitomatum ac pessime involutum.

15

15

MASCHI ara de ἀμφότερα διὰ τὸ κάλφεσϑαι καὶ χνήϑεσϑαι" ἔστι καὶ “αλάσσιν τον dxaiigi, ἀγόμενον. φισὶ γοῦν ὅτι χαὶ idr; σπέρμα σὲν πεπέρει λεάνα: διὰ τὸ σφόδρα ϑέριαν- ran dda χρῆσϑαι. sr. inverzii ὁπῷ Ο᾽ xodra; di τὸ véxrap G τοῦ ua; τῷ magj ποτῷ, λέγει di τῷ Kvorraiwj . igureov' τὸ ἀπὸ τῆς ἴριδος βοτάνης γινόμε 1]

ἔλαιον" magahe- ue de τῆς πόσεως tir ποσότητα. κελεύει καὶ σιλφίου

lun δὲ μύρον

αὔτη i, βοτάνη εὔπτους ἐστι

ἂν τρυφϑέντα μετὰ λευχοῦ ἐλαίων παρέχειν πιεῖν. τὸ δὲ

σίλφιον καὶ ᾧζιζεῖον Κυρηναἴχὸν καλοῦσί τι"

οὗ γίνεται ὁπό.

r8r περὶ τοῦ ῥιξείου groi. 206. μελιξώρου" ἀντὶ τοῦ πελιχράτοι. καὶ γάλαχτος δὲ τὸ ἀφρῶδες, τοιτέστι τὸ ἐπιπόλαιον χαὶ πεπηγὸς ὡς ἀφρό. γέμε ἐπὶ πυρὸς Idhtas, “ὅ ἐστι ϑεριάνας RP. τὸ τεῦχος ἠφέμα.

207. καί κεν λοιγήεντι" σύνταξις οὕτως" χαὶ τὸ ἐπὶ audio καὶ ἀποϑδιώξαι. σχεθόν' ἀντὶ τοῦ παραχρῆμα" λείπει δὲ τὸ οὕτως. ἵν᾿ 7 οὕτως ἀμένοις χαὶ ϑιώξαις. τοξικὸν di χαλεῖται τὸ τοιοῦτον φάρμα- xiv RP, διὰ τὸ ὁμοίως τοῖς τοξεύμασιν ἀναιρεῖν παραχρῆμα Bowser ποϑέν. ἐπεὶ οἱ Πάρϑοι καὶ Σχύϑαι τοξεύοντες τούτῳ παραχρίουσι τὰς τῶν βελῶν ἀκίδας" οὐ γάρ. ὥς τινες, τὸ χώνειον νομιστέον. λέγεται ὑπό τινῶν καὶ Σχυϑιχόν᾽ ἄλλοι δὲ λέγουσιν ὅτι ἐχ τοῦ αἵματος τῆς ὕδρας ἀνεφύη, τὴν δὲ ὕδραν τόξοις ἀνεῖλεν ‘Hoaxiîs, καὶ διὰ τοῦτο τοξικὸν καλεῖται.

τῷ λοιγήεντι τοξιχῷ ἄχϑος

παρα-

1 di καὶ dug. RP. καὶ omisi cum G!' | 2 ςῴονὶ ὄρνεον RP. ζῷον

rompi ex Gi: post tor add. G! τὸ καλοέμενον καλαμάριον | 6 ποτῷ] ὁπῷ con. I0Schn. | T-12 dedi ex G* linde 6 αὕτη i βοτάνη) RP; sch. ito. exstat in Θ᾽ 159 παρέλειπε ΡΟ δόσεως G* | 10 τρεφϑέντα R, τρίχαντα P, τρίψαντα vulgo | 11 ῥίξειον R, ῥιζίον P | 12 ῥιξίου P| 14 ἐπιπολίξον conicit IGSchn.: malim τὸ ἐπιπολῆς πεπηγός cam LL dipgios Ri 15 verba ἐστι 9., quae exhibent R P post ἠρέμα, inserui anto τὸ τεῖχος, post ἠρέμα habet Θ' τουτέστιν ἵνα χλιάσῃς αὐτό | 18 ἐπα- μύνοις RP, ἀμένοις Οἱ, ἀπαμύνοις Viri ἀποδιώξοις (-ξεις P) et postea dute codd., corr. [GSchn. | 23 ποϑὲν βρωϑὲν P'22-24 ἐπεὶ νομι- σείων; οἱ δὲ διὰ τὸ χρίεσϑαι δὲ αὐτὸ τὰς ἀκίδας G!, om. G* | 24 post νομιστέον inserunt RP διότι τὸ ὁμοίως τόξον ἀφέσει ἀναιρεῖ βρωϑὲν ποϑέν, quae omisi. οἵ, Animadv. σκχνυϑικόν δ",

SCHOLIA IN NICANDRI ALKXIPH. 349

208. εὖτ᾽ ἀχέεσσε (βαρύνηται RP) ἡνίκ᾽ ἂν πιών τις βαρύνηται ὑπὸ τῶν ὀδυνῶν.

209. παχύνεται" οἰδαίνεται, φυσᾶται.

210. οἰδαλέα᾽ διρδηκότα καὶ ἐξογκούμϑνα.

211. ξηρὰ δ᾽ ἀναπτύει' ἐπειδὴ ξηραίνει τὸ δηλητήριον᾽ τὰ δὲ οὖλα τῶν ὀδόντων ἐκ βάϑρων ῥήγνυνται.

213. ἔμπληκτον᾽ μανιῶδες. μεμόρηκεν᾽ ἐκάχωσϑδ, παρὰ τὴν μοῖραν.

214. μηκάξει᾽ ἀντὶ τοῦ μηκᾶται ὡς πρόβατον, οἷονεὶ οὕτως βοᾷ καὶ κράζει. (φλύζων G')° φλυαρῶν ὑπὸ τῆς μα- νέας. καὶ οἱ ᾿Ιταλιῶται τοὺς φλυαρογραφοῦντας φλυζογράφους ἐχάλουν.

215. δηϑάκι δ᾽ ἀχϑόμονος᾽ συνεχῶς δέ, φησί, (ἀχϑό- μενος G') βοᾷ ἐμπολάδην, οἱονδὶ ἐμπελαστικῶς καὶ ὁρμητικῶς, ὁποῖά τις φώς, ἤγουν ἀνήρ, τὴν ἀμφιβρότην κώδειαν (ἀπαμη;- dels, ἤτοι G') ἀποτμηϑεὶς τοῖς ξίφεσε᾽ τοῦτο γὰρ τὸ ἀμηϑείς.

216. κώδϑεαν δὲ νῦν (τὴν G') κεφαλήν. ἀμφιβρότην δὲ τὴν ὅλον τὸν ἄνδρα συνέχουσαν κοφραλήν᾽ γὰρ κεφαλὴ σιυ- veysi πᾶν τὸ σῶμα. καὶ Ὅμηρος δὲ κώδειάν φησι τὴν κεφαλήν 499)"

δὲ φὴ κώδειαν ἀνασχών. ἄλλως" καὶ γάρ φησιν ἐνίοτε πλησιάζοντος αὐτῷ ἀνϑρώπου τινός, μισδανϑρωπίαν νοσῶν καὶ βαρούμενος προΐδται φωνὴν ὡς ἁποκεφαλιζόμενος. τοῦτο δὲ εἶπε πλανηϑεὶς ἐχ τοῦ ποιητοῦ καὶ κακῶς νοήσας τὸ 40 7)"

φϑεγγόμενος δ᾽ ἄρα τοῦ γε κάρη κονίῃσιν ἐμίχϑη.

217. χερνοφόρος᾽ τοὺς κρατῆρας φέρουσα ἱέρεια" κέρ- γους γάρ φασι τοὺς μυστικοὺς χρατῆρας, ἐφ᾽ ὧν λύχνους τι- ϑέασι. ζάκορος δὲ νεωχόρος xaì βωμίστρια ἱέρεια τῆς κρατηροφόρου Ῥέας.

2 βαρύνεται ΒΡ ἀνιῶν G' | 8-8 dedi ex G*RP. of. Animadv. | 4 ἐξωγκωμένα RP | 6 ῥήγνυται P| μανικόν, ἤτοι μανιῶδες ἃ) παρὰ G', περὶ RP | 11 dr. φλυζογρ. ἐχάλουν τοὺς φλυαρ. α' | 15 ἀχϑόμενος ὁποῖα RP 16 τοῖς ξίφεσι ξίφει ΜΡ ααμηϑείς R, ἀπαμηϑείς G'P | 17 ad ἀμφυιβρότην haec adn. mg. m. rec. R: ἴσως τὴν στρογγύλην | 19 τὸ πᾶν σῶμα Οἱ | 21 δ᾽ ἔξφηΒΡ φη G'| 22-24 usque ad ἀποχεφαλι- ζόμενος dedi ex G* RP, habet G! sch. epitom. | 23 μιξανϑρωπίαν αὖ] 26 χάρη ἐμίχϑη) κακὰ RP | 29 ζάκορος vewxogos A*R P | 80 χρατη- ροφόρου codd., ἱέρεια χρατηροφόρος τῆς ‘Péas con. Keil. probabiliter.

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ai

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ΓΝ x καλοῦν

SIBARI δὲ νει 00 ἐῇ idv τοῦ μῆνδὲ, Add τῆ σελήνης" τότε γὰρ κατὰ τὴν σελήνην ἐμέτρουν τὸν ἐνιαυτόν" τῇ γὰρ ἐνάτῃ τοῦ μηνὸς τὰ μυστήρια αὐτῆς ἐπιξελοῦσι.

220. ᾿Ιδαίης" τῆς δρεινῆς" "107 γὰρ καταχρηστιχῶς πᾶν ὅρος καλεῖται. (οἵ δὲ G') τρέουσι' ἤγουν οἱ Κορύβαντες οἱ παρατυχόντες φοβοῦνται ὅτε τῆς ᾿Ιδαίης τὸν διγηλὸν ὅλαγ- μὸν εἰσαΐωσιν.

221. βρυχανάαται" γράφεται καὶ βραυχανάαται" Pow χᾶται, κλαυϑμυρίζει, ὡς παιδίον φωνεῖ, δαλρύει, ὡς Μέναν- ὅρος (ἴδτα. 1004 K).

222. ὥρυδὸν δὲ ἀντὶ τοῦ μετὰ ὡρυγῆς, ὡς λύκος @ovd- μενος. καὶ ταυρώδεα λεύσσων ἀντὶ τοῦ καϑάπερ ταῦρος.

224. τὸν μὲν καὶ δεσμοῖσιν" διὰ μὲν τὸ ἀστατεῖν αὖ- τὸν δήσας, φησί, προσένεγκε αὐτῷ βοηϑήματα καὶ μὴ καταδὲ- χομένῳ μηδὲ ϑέλοντι κατ᾽ δλίγον οἶνον διδοὺς κόρεσον καὶ pe ϑυσϑῆναι ποίησον" ἀνενοχλήτως δὲ βιαζόμενος τῇ σῇ χειρί, ἄνοιγε τὸ μεμυχὸς αὐϊοῦ στόμα, ἕως οὗ ἐμέσῃ" καὶ μετὰ τὸν τοῦ γλυχέος ἔμετον πότισον αὐτὸν ζωμὸν πολὺν χήνειον πίροσ- φέρων αὐτῷ, καὶ τῶν ἐαρινῶν ἀγρίων ἡμέρων μήλων τὰς σάρκας, ῥίψας τὸ δέρμα αὐτῶν" ἐὰν δὲ μὴ παρῶσι ταῦτα, τῶν λεγομένων στρουϑομήλων ὁλοσχερῶς ἐμφόῤησον αὐτόν.

225. νέχταρι ϑωρήξαιο᾽ τουτέστι τὸν ϑώρακα πλήρω- σον, ἤγουν χόρτασον αὐτὸν οἴνῳ γλυκεῖ, καὶ μὴ χρήζοντα ἠρέμα βιαζόμενος, καὶ μὴ κακώσῃς αὐτόν.

226. βρυκόν' μεμυκός" συνερείδει γὰρ τοὺς ὀδόντας" τὸ βρυκὸν αὐτοῦ στόμα, φησίν, ἤγουν τὸ συνδεϑὲν καὶ σφιγχϑέν, ὄχλισον, οἱονεὶ ἄνοιξον ὥς ἂν τὴν λώβην ἐμέσῃ, δαμαζόμενος καὶ νικώμενος διὰ τοῦ ποτίζειν αὐτόν τῇ χειρί σου.

1-2 usque ad σελήνης G! | 2-3 verba τότε ἐνιαυτόν pracbont post ἐπιτελοῦσι RP, his insuper additis: εἰκάδι τῇ ἐνάτῃ τῆς σελήνης. cf. Anîmado, | 5 τρύουσι P | 8 βραυκ. yo. καὶ βρυχ. RP, γρ. καὶ fo. om. G* | 11-12 om. 6'ὀ ὠρυγῆς IGSchn., ὀργῆς Θ᾽, φυγῆς RP ἧς λύκος om. R | 18-21 om. G*| 18 ἀστατῇ 1 14 δόσας P | 15 μηδὲ] χαὶ μὴ RP | 16 ἀνενοχλήτως] ἡσύχως G* | 20 αὐτῶν τὸ δέρμα R | 22 νέκ- rag om. Θ᾽ | 28 χρήζονει R | 25-28 sch. epitom, est in G', quod expl, G* | 25 τὸ μεμυχὸς (in eras. a G*) στόμα G! | 25-26 τὸν fo. Ῥ, τὸν χρυκὸν BR αὐτοῦ ἥγουν om. Οἵ | 27 ὡς ἄν et ἐμέσῃ om, G', prae- misso lémmate ὀφρ᾽ ἄν ὑπεξερύγῃσι | 28 τῇ χειρί con pracbet G' post νικώμενος.

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 861

229. πυρὸς uamoonuévov® ἀντὶ τοῦ δεδασμένον καὶ ἑψηϑέντα τῷ πυρί.

230. μηλείης᾽ τῆς μηλέας τὰ χάρφη, ἤγουν τὰ δέρματα (ἢ ἄνϑη Ο'Σ ῥδηχώδεος γράφεται καὶ τρηχώδεος, ἀμφότερα κατὰ τοῦ αὐτοῦ σημαινομένου, τῆς τραχϑίας.

231. (ἀπὸ σίνεα Ο'Σ τὰς σινωτικὰς ἀχάνϑας ἀποβαλών, μᾶλλον τὰ δέρματα τῶν μήλων λεπίσας.

232. χλήροισιν ἐπήβολα᾽ ἤγουν μέτοχα τοῖς ἡμέροις χωρίοις, τουτέστι τὰ τοῖς ἡμῶν χλήροις, ἤγουν κήποις, ἐπιβάλ- λοντα, οἱονεὶ τὰ ἥμέρα.

233. ἐνεψιήματα δὲ τὰ παίγνια" παίζουσι γὰρ ai κόραι καὶ τέρπονται τοῖς μήλοις.

284. xaì τὰ στρουϑεῖα δὲ γένη μήλων, οἱ δέ φασιν εἶδος βοτάνης. βλοσυροῖο (Κυδῶνος RP), τοῦ στυπτικοῦ Κυδωνίου, μάλιστα ἐν Κρήτῃ φύεται.

235. ἐκόμισαν δὲ ἄναυροει᾽ τουτέστιν ἔϑρεψαν ai ὄχϑαι τῶν ποταμῶν τὰ Κυδώνια.

236. ἅλις δὲ ἀντὶ τοῦ ἱκανῶς. καὶ ἀολλέα, ἤγουν ὁμοῦ x0Was.

237. ὀσμήρεα γληχώ" ὀσμὴν ἔχουσαν, δὐώδῃ.

239. δοδέοες δὲ τοῖς δόδοις, δοδίνου ἐλαίου. καὶ ϑυόδν μαλλοῖσιν ἀφύσσων ἀντὶ τοῦ ϑυόεν sv τοῖς ῥόδοις ἔλαιον, ἦτοι τὸ dodivov, στάζε ustà ἐρίου εἷς τὸ στόμα αὐτοῦ.

241. ἰρινέου δὲ τοῦ ἀπὸ ἴριδος γενομένου μύρου.

242. καὶ ἀκροσφαλὲς τὸ ἄκρως σφαλερόν.

244, Γερραῖοι" ἔϑνος Aoaflas, ἀπὸ Γέρρας μιᾶς αὐτῶν πόλεως, νομάδες dé, νομάδα βίον ἔχοντες. τούτῳ φησὶ τῶ το-

1 μεμορηγμένον Ρ δεδαμασμένον G' | 8 lemma in R μηλείας, in P μειλίας | 4 ῥηχ. om. P, qui postea ye. δὲ καὶ dyy. τὸ τρηχ. | 5 περὶ χκατὼ RP τῆς] ἤγουν αἴ | 6 ἀποσίνεα α' corr. Vari post lemma te δέρματα «von G! ἐχβάλλων G! | 7 post λεπίσας RP ἔσϑιε, nihil habet α΄, sed G* add. πώρεξον | 8 7 ἔτι χλήρ. ἐπ. est lemma in RP ἡμετέροις RP|9 re) καὶ G!' | 10 ἡμέτερα RP|11 ἐν ἑψέματι lemma est in P| 18 γένη) stdnG! φασιν οτα. G!' εἶδος for.) εἴδη βοτανῶν α΄, qui post βοτανῶν add. τὸ δὲ χυδωνιόν φησι μῆλον | 15 ἐν τῇ xo. G! | 21-23 pro hoc sch. habet G! sch. epitom. | 22 παῦρα λίπος add. in lem- mate RP post ἀφύσσων | 23 δόδιον R | 24-25 om. G! | 26-27 ἀπὸ πό- dews om. Ε΄.

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852. H. BIANCHI - ξικῷ φαρμάκῳ οἱ ἐν Γέρρῳ τῆς Ἀραβίας καὶ οἱ περὶ τὸν Eb φράτην πρὸς τὰς αἰχμὰς αὑτῶν χραίνουσιν, ἐστι βάπτουσιν. οἱ Γερραῖοι τῷ τοιούτῳ φαρμάκῳ βουλόμενοι χρῆσϑαι καὶ τοὺς αὐτὸ προσενεγκαμένους τοῖς εἰρημένοις βοῃϑήμασιν ἰᾶσϑαι, οὕτω δοκιμάζουσι τὰ ἀλεξιφάρμακα' μέρος τοῦ ἑαυτῶν ποδὸς χαράξαντες αἷμα ἀφιᾶσι καὶ εὐθὺς προσάπτουσι τὸ φάρμαχον" ὅταν δὲ τὸ φάρμακον διὰ τοῦ αἵματος ἀναδράμῃ τάχιον, τοῖς βοηϑήμασι τούτοις καϑαίρουσιν αὐτὸ πρὶν ἐμπεσεῖν τὸν ἰὸν εἰς τὴν χαρδίαν.

248. ἔρφος δὲ τὸ δέρμα, ὅπερ οἱ Imves στέρφος λέγουσι" διὸ χαὶ στερφῶσαι λέγομεν ἐν τῇ συνηϑείᾳ.

249. ἣν δὲ τὸ Μηδείης" τὸ ἐφήμερον σκευαστικόν ἐστε φάρμακον, (ὃ καλεῖται Κολχικόν G'), καὶ οἱ βάρβαροι νάφϑαν καλοῦσιν, οἱ χριόμενοι ἱμάτιον ἀληλειμμένον ὑπ᾽ αὐτοῦ φοροῦντες ἄλλο τι, ἐὰν ἔναντι ἡλίου στῶσιν, ὡς ὑπὸ πυρὸς κατεσϑίονται ϑαπανώμενοι᾽ ἔστι γὰρ καυστιχόν. δοκεῖ δὲ Μή- dea τὴν κατασχευὴν αὐτοῦ εὑρηκέναι, διὸ καὶ Κολχικὸν λέγε- ται. οἱ ἴριν αὐτὸ προσαγορεύουσιν, ἄλλοι Φαρικόν, ἕτεροι ἐφήμερον διὰ τὸ ἕωϑεν ἀναδίδοσϑαι κατὰ τὸν Ὕπανιν πο- ταμὸν τὴν Κολχίδα, τῇ δὲ μεσημβρίᾳ τελειοῦσϑαι, πρὸς ἑσπέραν δὲ αὐαίνεσϑαι, διὰ τὸ ἡμέραν ὅλην μὴ δύνασϑαι ἐξαρκεῖν τοὺς πιόντας αὐτὸ" τοῦτο οὖν τὸ ἐφήμερον ἐν μὲν τῇ γεύσει εὐϑὺς τὰ ἔσω τῶν χείλεων κινεῖ πρὸς κνησμὸν ὡς ἀπὸ γάλακτος συκῆς σκίλλης χνίδης, ἐν δὲ τῇ καταπόσει ἐσϑίον τὸν στόμαχον καὶ δηγμοὺς ἱκανοὺς παρέχον βάρος εἰς αὐτὸν ἐνίησιν᾽ ἔπειτα σφοδρῶς αὐτὸν καταξέσας ἑλκχοῖ το- σοῦτον ὥστε ποτὲ μὲν ἐμεῖν ὅμοιον πλύματι κρεῶν ϑολερῶν,

1 φαρμάχῳ οἱ om. G!, ἤγουν φαρμάχῳ οἵ suppl. G* 3 πρὸς om. G* αὐτῶν οοδᾶ, 8:9 pro οἱ Γερραῖοι καρδίαν, quae dedi ex RP, scholium exhibet G' epitomatum, praemisso vocabulo ἄλλως et lemmate τῷ μέν,

βουλόμενοι om. R | 4 αὐτὸ προσ. IGSchn., ἀποπροσενεγκαμένους RP | δ τὰ ἀλεξιφάρμακα) αὐτὸ G' in scholio epitom., quod recepit /GSchn.: fortasse scribendum est τὸ ἀλεξιφάρμακον | 7 τὸ φάρμακον IGSChn., ἀπὸ τοῦ φαρμάκου codd., num αὐτὸ τὸ φάρμαχον ] 9 ἐν τῇ καρδίᾳ codd., corr. IG.Schn. | 10 et 11 τέρφος et τερφῶσαι G! | 12 Sch, ad v. 249 dedi ex G*RP; quaedam epitomata praebet Οὐ ἤτοι, quod ante xd ἐφήμερον prasbent codd., omisi | 13 καὶ οἵ om. Θ᾽} 14 dedi ex con. Bentl., codd. | 19 ὅπανιν]) τώναιν RP | 20-21 τελειοῦται et αὐαίνεται; | 25 παρέχων R | 26 ἔπειτα --- 868-11 RP.

81. 10. ‘904

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 353

ποτὲ δὲ καὶ κόπρον προϊέναι. βοηϑεῖ τοῖς ποπωκχόσι τὸ φάρ- μακον γάλα ποϑέν, ἐναποβεβρεγμένων εἰς αὐτὸ δρυὸς φύλλων, γάλακτος βοείου προσαγωγή, τοῦ μὲν πινομένου εἰς κόρον ϑεριιοῦ, τοῦ δὲ ἐν τῷ στόματι τηρουμένου. βοηϑεῖ δὲ καὶ βλαστὸς τοῦ πολυγόνου, καὶ ῥίζα κατακοπεῖσα καὶ ἐν γά- λακτι ἐψηϑεῖσα ἐν &rroPosyinati μήλων κυδωνίων, στυπτι- κῶν μύρτων, ἑλίκων ἀμπέλου, βάτου κλάδων, καὶ τοῦ ἑρτεύλ- λου τὰ φύλλα ἑἐψηϑέντα ἐν ἀποβρέγματε τῶν ἐντοσϑίων τοῦ γνάρϑηκος, σαρδιανῶν βαλάνων καὶ ποϑέντα᾽ βοηϑεῖ καὶ ἐντεριώνη τοῦ νάρϑηχος τετριμμένη ποϑεῖσα" βοηϑεῖ δὲ καὶ ὀρίγανος λειανϑεῖσα.

252. νιφόεντι λευχῷ, οἷα τῷ ὁπῷ τῆς συκῆς.

253. σπειρώδει᾽' τῇ πολλὰ σπεῖρα, ἤγουν ἐνδύματα, ἐχούσι;, 7 σπερματώδει, πολλαῖς περιβολαῖς περικαλυπτο- μένη. αὕτη γὰρ βοτάνη ἐν τῇ κεφαλῇ τὸ σπέρμα ἔχει.

254. νέην φοινίξατο (σάρχα RP) ἤγουν τὴν ἁπαλὴν σάρκα ἐπυράκτωσεν.

255. ἐπισχομένοιο δέ, καταποϑέντος.

206. ἀνερεπτόμενον»" ἤγουν ἀνερευγόμενον τῇ περιτρέψει. συρμῷ δέ, τῇ ξέσει καὶ τῇ δλεϑρίᾳ καύσει τὸν στόμαχον ὃλ- κωϑέντα.

257. κακὸν d ἀποήρυγε δειρῆς᾽ ἀπήμεσε δὲ ὥσπερ ϑολερὸν πλύμα ἀπὸ κρεῶν μάγειρος Exyéet, τοιοῦτόν φησι δυπαρὸν καὶ ὄζον. ,

209. σὺν δέτε καὶ νηδύς" συναποβάλλει δὲ καὶ νηϑὺς μεμιασμένα ἀποπατήματα, ἤτοι ἀφρώδη.

260. ἀλλὰ σὺ πολλάκι" πολλάκις μὲν καὶ τῆς pnyod, φησί, τὴν χαίτην βάλλοις ὁμοῦ τοῖς ἀκύλοις, τουτέστε τῷ καρπῷ. οὐ- dada δὲ τὴν ὑγιαστικήν Cw 402)"

οὖλέ ts καὶ μέγα χαῖρε.

2 ἐναποβεβρεγμένον P post φίλλων codicum glossam ποιοῦσι (πιοῦσι R) χαὶ res περὶ τὴν κεφαλὴν Fed pers omisi | 3 προσαγωγή Bentl., προσαγω,γὴ P, προσαγωγῆς R | 4 τηρημένου R | 7 τοῦ) τῆς codd., corr. Ald, | 9 καὶ τιοϑέντα βοηθεῖ" codd., correxit Bent. | 12 0:16] λευκῷ P | 13-14 verba τῇ ἐχούσῃ habent RP post ἔχει (15) | 14 περιβολαῖς om. G! add. G* καλυπτομένῃ RP verba αὕτη ἔχει (15) RP | 18 om. G! κατα- ποϑέντα D [19 ἀνερεπτομένως ἐρευγόμενος G! | 22 ἀπέρυγε et ἀπή- μυσε P|25 lemma habet tantum G! | 27 πολλώκις μὲν et τῆς om. R, φησί habet G! ante χαὶ τῆς | 27 βάλοις RP ἀκύλλαις) ἀχύλοις corr. G*

τῶν καρπῶν R, τοῖς καρποῖς P| 80 μένα] μάλα RP.

Studi ital. di filol. class. XII. 23

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νοις | πρῖνον εἶπεν" ἄλλη γὰρ δρῦς καὶ ἄλλη φηγός καὶ ἄλλη dos, τὰ tela δρύες καλοῦνται.

263. αὐτὰρ τοῦ κορέοιτο" οὗτος φαρμαχϑεὶς τούτου χορεσϑείη καὶ ἔν τῷ στόματι χατάσχοι.

364. τὸ δὲ πολύγονον βοτάνη ἐστὶν ἐν τῷ πίνεσϑαι Eee τίχή" τὰ διζεῖα τοῦ πολυγόνου γάλακτι ἑψηϑέντα καὶ κατά- τριβέντα βοηϑεῖ.

265. τὸ δὲ ἀμπελόεις, ἀμπελόεσσας" τρόπος μετάληψις, ἄλλοι δὲ αἰτιατικὴν πληϑυντικῶν φασιν εἶναι, ὁμόφωνον vip

εὐθείᾳ" αἱ ἀμπελόεις γάρ ἐστιν ὡς τὰς πανηγύρεις αἱ πανηγύρεις.

367. ἴσως καὶ βατόεντα᾽ ὁμοίως καὶ τοὺς κλάδυυς τῆς βάτου" εἴρηται δὲ βάτος τὸ ἄβατος εἶναι.

268. νέὰ δὲ τέρφη᾽" ἀνεὶ τοῦ χλωρὰ λέπη καστάνου τοῦ ἐδ τρέφειν δυναμένου.

269. δασυφλοίοιο εἶπε, διότι χνοώδης ἐντός ἐστι φλοῦς, τὸ δασὺ πρὸς τὸ στρυφγνὸν τοῦ λέπους ἔζη. γράφεται δὲ καὶ λαχυφλοίοιο, ἤτοι ἐλάχιστον φλοιὸν ἔχοντος.

270. νείαιραν δὲ σάρκα τὴν ἐσωτάτω λέγει, ἀμφοτέρους γὰρ τοὺς φλοιοὺς ἀφελέσϑαι κελεύει. νείαιραν οὖν τὸν ἐνδόξες: Qov περὶ τὴν odore ὕμένα, τὸν σεύφοντα λέγει. σκύλος τὸ δέρμα ἤτοι τὸ ἔνδυμα, ὅϑεν xaì τὸ σχυλέύω" νῦν δὲ τὸ pad- ρὸν καὶ ξηρὸν λέγει ἔνδυμα. γυμνώσειας δὲ σὺ τοῦ χαλῶς tt ϑραμμένου καρύου, τοῦ καλῶς τρέφοντος, τοῦ καστάνου, τὰ via τέρφη τοῦ δασυφλοίου. τὸ δὲ κάλυμμα" ὅπερ κατὰ τὴν γείαιράν ἐστε σάρκα περὶ τὸ σκύλος ἤγουν περὶ τὸ δέρμα καὶ

2 διαφέρειν φηγόν G*RP φασι pro φησι, quod est in codd., scripsi ox con. IGScin. mi») τὸν Θ' (sed τὴν corr. G*) RP | 8' ἄλλο --- ἄλλο ἄλλο RP |B: πρῖνος] δρῦς δρύες) δρῦς P |? που- λύγονὸν R|B ῥιζία RP | 10:12 dedi'ex G' (usque ad μέεάληψις) οὐ Θ᾽; vulgo erat: τὸ ἀμπελόεις αἰτιατιχή ἔστι πληϑυντιλή, ὁμοφωνεῖ τῇ ed del χτέ (sed P în fino: al παν. rds παν.) | 18 τῆς] τὸῦ RP | 14 ἄβα- τον G! εἴρ. die τοῦ ἄ, εἶναι p. P | 15-16 καστανοῦ post δοναμένου ΘΛ | 17:19 G*RP | 17 χλοώδης R | 19 χαλυφλοίοιον ΒΡ ἔχοντα ἘΡῚ 20:22 risque did λέγει om. Θ᾽ | 20 νείεραν ἢ, γείαιρα ΡΟ ἀμφότερα ῬῚ 21 ἐφελεῖσϑαι R, ἀφελεῖν P | 21-22 ἐνδοτέρω P | 22-23 τὸ di ἥτδι om. G' | 28-24 verba ὅϑεν ἔνδυμα om. R propter homocotelenton | 24 σὺ P| 25 καστηνοῦ G! | 96 τρέφη BR ὅπερ κάλυμμα G'|27 δέρμα

SOHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 855

ἔνϑυμα, τὸ μέλαν, τουτέστι τὸ μετὰ τὴν ἄκανϑαν᾽ ἐκεῖνο, φησί, ἑψήσας δίδου πιεῖν, οἱονεὶ τὸ σεῦφον.

211. Καστανὶς πόλιες Θεσσαλίας, ὅϑεν τὰ καστάνια, ἀπὸ τῆς Κασταγνίδος γῆς, Kaotavis πόλις Ποντική, ὅπου πλεονάζει τὸ χάστανον. Καστανέα ὄρος Θεσσαλίας, ἐξ οὗ τὰ κάστανα. τῶν δὲ καστάνων τὸ μὲν Σαρδιανόν, τὸ δὲ λόπιμον, τὸ δὲ μα- λακόν, τὸ δὲ γυμνόλοπον.

273. ὅς τὸ Προμηϑείοιο᾽ ὅστις νάρϑηξ ἀνεδέξατο τὴν κλοεήν, τουτέστι τὸ πῦρ, τῆς φώρης, τουτέστι τῆς κλοπῆς, τῆς ἑστιώσης, ἤτοι τοῦ κλέπτου Προμηϑέως. κλοτὴν γὰρ λέγει αὐτὸ τὸ πῦρ.

214. φιλόζωον δέ, λέγει τὸ ἕρπυλλον, διότε ἀεὶ ἀνϑεῖ καὶ οὐδέποτε φυλλορροεῖ.

275. οὐφίμου dé, τοῦ φιμοῦντος τῇ στύψει, ἤτοι τοῦ στυπεικοῦ.

279. ἐξιόεν᾽ τὸ τοῦ ἰξίου δηλητήριον. ἰξίας καὶ βούπρη- στις σιλφίων γένη μελαινῶν᾽ πινόμενα δὲ xateysi τὴν τροφὴν ὡς ἰξός.

280. οὐλοφόνον δέ, τὰ οὖλα βλάπτον, ὅλον φονευτι- κόν. ὠκιμοειδές δέ, ὅπερ μάλιστα ὡς ὥκιμον ὄξει. ὥκιμιον δέ ἐστιν εἶδος βοτάνης παραπλήσιον ἡδυόσμῳ, ἀλλ΄ οὐ δασύ ἐστιν.

282. ἐμπλάξεται δὲ ἧτορ᾽ ἀντὶ τοῦ παραφέρεται τῇ δια- γοίᾳ, ἦτοε ταράσσεται καὶ ἔμπληκτος γίνδται.

288. λυσσηϑείς, ἀντὶ τοῦ μανείς, κατατρώγει τὴν γλῶσ- σαν αὐτοῦ.

ἰξίας γένος ἐστὶ τῆς σίλφης, ἔστι δὲ τῇ χροιᾷ μέλαν, τῇ δὲ ὀσμῇ ἐν τῇ πόσει ὅμοιον ὠκέμου σπέρματι, ἤτοι βασιλικοῦ πνοὴν ἔχον᾽ ποϑὲν δὲ τὸ φάρμαχον τοῦτο τὴν μὲν γλῶσσαν

καὶ omm. RP|2 στίφον P, στύφον R, corr. Keil | 4 πόλις πόντου G! | 5 verba x«oraréa χάώστανα exhibet tantum αὖ, in quo ϑεσσαλίας in- certissima lectio est | 6 rw] τὴν P | 6 λώπιμον RP | 7 γυμωλιχόν codd., corr. C. Hoffmann | 8-10 usque ad προμηϑέως dedi ex G* (v. Animadwv.), quae secuntur ex RP | 11 αὐτὸ codex Lorrianus, apud IGSchn., «αὐτοῦ R P | 12-15 G* R Ρ 18 φυλλοροεὶ RG? | 14 ἀφίμου R (sed corr. evg.) P | 16 ἐξίοῦυ G! (sic), ἐξοῦ RP izia G' (ἐξιὲς corr. G*) RP; ἐξίας scripsi | 19-20 usque ad φον»ευτιχόν G*RP otin P|21 ἀλλ ov δὲ RP | 22 παραφέρεται G! et L, περιφ. R Pet! alio loco (v. Animadv.). | 26-856,9 G* R P | 27 ὁμοία G*RP, corr. IG,Schn. βασιλικὴν RP |28 τὸ μὲν RP.

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866 H. BIANOHI

οἰδεῖ, φλέγον αὐτὴν καὶ παραφροσύνην ἐμποιοῦν ἐσϑίοιν αὐτὴν᾽ παρασκευάζει. δίκην ἰξοῦ τὴν τροφὴν κατέχει ἔμφραξιν ἐρ- γαζόμενον ὄυρου τε καὶ κόπρων, καταπνῖγον δὲ τὸ πνεῦμα περὶ τὰς στενὰς τῶν ἐντέρων ὁδοὺς εἱλεῖσϑαι ποιεῖ καὶ δι ἔδρας ψόφους παρασκευάζει, διὰ στόματος ἐρεύγεσϑαι δίδωσι. τοῦτο τὸ ποτὸν πολλάκις ἐμεῖν παρασκευάζει τὴν τροφὴν παραπλή- giov τοῖς ἄνευ ὀστράκων φοῖς τῶν ὀρνίϑων, οἷον τοῖς ἀτελέσι καὶ ἐν τῷ ὑμένι οὖσι, τουτέστι νεωστὶ τεϑρομβωμένοις ἐν τοῖς ἐγκάτοις αὐτῶν καὶ ὑμένας μόνους ἔχουσιν.

284. ἀμφὶ δὲ δοιούς" ἐπιφράσσουσα πόρους, τουτέστι τῆς τροφῆς καὶ τῆς πόσεως τοῦ ἀποπάτου καὶ τῶν οὔρων, καὶ βέλτιον.

285. εἰκῇ ἀδιαχώριστον, φησί, γίνεται εἰκῇ καὶ ἄνευ λόγου ἐντὸς ἐνειλούμενον τὸ πνεῦμα ψόφον ἀποτελεῖ, ἐν ὀλίγῳ φυσήματι ἑλίσσεται τουτέστιν ἐν μικρῷ πνεύματε ταράσσεται" μικρὸν γὰρ τὸ πνεῦμα ἀπολύει.

287. ὄγμῳ δέ, τῷ εὐϑὺς ἀναφερομένῳ πνεύματι, ἄρτι καὶ τῷ φερομένῳ. λέγει δὲ καὶ τοῦ φυσέλου, οὗ τὴν ὑπερβολὴν εἴχασε βροντῇ, φαντασίαις τε βροντῶν ἤχων θαλασσίων, ὁποῖος ῥόχϑος ἐπηχεῖ ταῖς σπιλάσι.

288. (πολλάκι δὲ βροντῇσιν G')' πολλάκις δέ, φησί, ταῖς βρονταῖς τοῦ Ὀλύμπου ὁμοιούμενος, ποτὲ δὲ τοῖς ἤχοις τῆς θαλάσσης πραπλήσιος ὦν. ἀνοβρήεντος δὲ πολυόμβου, ds φησιν Ὅμηρος 48 et 44)"

οὐδέ ποτ᾽ ὄμβρῳ δεύεται.

291. στρευγομένῳ᾽ ἐλαυνομένῳ συνεχομένῳ᾽ οἱ δὲ γλωσσογράφοι, κατὰ στράγγα ἀπολλυμένῳ.

1 ἐμποιῆσαν ΒΡ ἐσϑίει P|2 παρασκενάξε P δὲ om. Θ᾽}

8 κόπρου RP | 4 εἴλεῖσϑαη ἠχῆσϑωι R | δ ἢ] ἐρεύγεται R |

tre πυϑμένε R | 10-12 dedi ex Θ᾽] 11 ἀποτάτου cod., corr. Vdri |

χαὶ βέλτιον add. G* | 14 ἐνειλουμένου R | 16 γὰρ] δὲ Β, ἀπολλύει P |

17 ῥόχϑῳ ost lémma in ΒΡ drag. εὐϑὺς RP | 17-18 ἄρτι φυ-

σέλου omm. RP | 19 verba φαντασίας (φαντασίαις corr. IGSchn)

ϑαλασσίων habet G': horum loco RP: ἤχω ϑαλασσίω | 19 alterum

om. P | 20 ὑπηχεῖ G! | 21 φησι om. G* inser. Θ᾽ post Ὀλύμτιου (22) |

22 τῆς, βροντῆς R | 23 τῆς om. R, ἀνοβρ. πολ. habent G*RP | 2426 vorba ὡς δεύεται RP | 27 τῷ καὶ στρ. est lemma in G!.

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 857

292. λύματα ἀντὶ τοῦ καϑάρματα᾽ πινόμενα, φησί, τῶν φαρμάκων ἐμεῖν παρασχευάζουσι διεφϑαρυῖαν τὴν τρυφὴν παραπλησίαν τοῖς ἄνϑυ λεπύρου τικτομένοις καὶ διεφϑαρμένοις φοῖς. πολλὰ γὰρ διά τινα πληγὴν περίστασιν ἐκβάλλει ὄρνις χωρὶς τοῦ κελύφου τῶν ῳῶν.

298. φαρμακχόδις᾽ ἀντὶ τοῦ φαρμακόεσσαι, (ἀλεξιφάρμα- κοε RP)' αἱ φαρμακώδεις πόσεις, φησί, τὰς ἀκαϑαρσίας ἔχεαν ὁμοίας τοῖς φοῖς, οἷα νομὰς ὄρνις ἐκβάλλει νεωστὶ τεϑρομβω- μένα καὶ φυσοειδῆ χωρὶς τοῦ κελύφου.

294. αἰχμητῇσι νδοσσοῖς" τοῖς ἀλοχτρυόσι δηλαδή᾽ οὗτοι γὰρ πρὸς ἀλλήλους πολεμισταὶ γίνονται.

290. ἄλλοτε μὲν πληγῇσι᾽ πάσχει γὰρ καὶ ἀπὸ πληγῆς καὶ ἐκ πάϑους ἐναποκειμένου αὐτῇ ᾿ τὸ ῥίπτειν φησὶν ἀτελῇ τὰ καὶ οἷα φύσας τινὰς καὶ ἀνόστρακα πολλάκις καὶ ἀπὸ νόσου τινὸς γίνεται αὐτῇ.

297. δύσπεπτον δὲ γόνον᾽ ἀντὶ τοῦ ἀμετάβλητον τὸν γόνον, ἔτι ἐν τῷ ὑμένι ὄντα, ἐκβάλλει.

298. τῷ μὲν τ᾽ εὐβραχέος" τούτῳ μὲν τῷ πεπωκχότι τὸ ἄλγος ἀρήξει τὸ μετὰ γλεύχους ἐνστῦφον πόμα τοῦ ἀψινϑίου. simIs γὰρ τὰ πικρὰ καὶ δριμέα στύφοντα χαλεῖν᾽ τοὺς γοῦν ὄμφακας ἐπιστύφοντας ἔφη (fgm. 91)"

ὄμφακες, ἡνίκα χεῖλος ἐπιστύφουσε ποϑεῖσαι. κϑλεύει οὖν ἐν γλεύχει βρέχειν ἁψέίνϑιον καὶ οὕτω διδόναι πί- ver. προστάττει δὲ καὶ δητίνην teosfivbirav πευκίνην {Aa- βεῖν α" πίτυος δάκρυα μετὰ γλεύχους, καὶ τὰ ἑξῆς.

299. νδοτρίπτῳ᾽ ἤγουν νεωστὶ τριβέντι, οἷον ϑλιβέντι, πια- τηϑέντι, ro μϑτὰ τοῦ γλεύχους (τὸν G') τοῦ ἁψενϑίου ζωμόν.

1.5 G*RP|12Qvuara δὲ ἀχαϑαρσίας τὰ πιν. xté. RP | 2 φαρμι) βοηϑημάτων RP διεφϑορεῖαν R P|6 φαρμακοέσσαις RP | φησὶν post ἔχεαν add. G*, φασὶ αὶ ἔχεον RP | 8 ὁμοίας R, ὅμοια α΄, ὅμοιαν P | 9 φυσιοειδὴ RP | 10-11 G*RP | 11 πολεμικαὶ R | 13 πλήϑους codd., πά- ovs scripsi ex con. Bent/. | 14 φύσσας RP | 15 αὐτῇ om. α, ... τὸ αὐτῇ add. G* (h. e. τοῦτο avrij, quod legi in cod. Lorr. tradit /G.Schn.) | 16-17 om. G! | 16 y.] diyoror R | 18-19 usque ad ἀψινϑίου G* RP | 18 r εὐβρεχέος R, om. αὖ τῷ μὲν χαὶ τούτῳ (τοῦτο P) τὸ ἄλγος RP, τῷ μὲν τοῦτο π. con. IGSchn. | 19 ἔνστυφον codd., corr. Keil. πόμα post ἀψινϑίου habet G* | 21 ἐπιστυφίδας P | 22 ὄμφακες RP |23 οὐν)} αἱ | 24 προστ. δὲ καὶ 7 RP τερεβινϑίην R | 26 μετὰ --- ἑξῆς om. G! | 26-27 praebet α΄ post ὑπάρχει (358, δ).

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858 H. BIANCHI

301. γοερῆ; “ἀπὸ δάκρτα RP): ὅτι πολὺ στάζει da- αρύον, ὅτε ἐν αὐτῇ ἀπεδερματίσϑι͵ Μαρσύας" μυϑεύεται γὰρ ὡς, ἐπειδὴ Μαρσύας: δεϑεὶς ἐκ πίτυος ἐξεδάρι͵ ὑπὸ τοῦ Aròà- Movos. πίτυς συμπαϑὴς ἐπ᾽ αὐτῷ γινομένη Verrodis ὑπάρ-

5 ζει. τμῆξαι δὲ ἀντὶ τοῦ κόψαι ξΞέσαι 7 μῖξαι" τῆς mirvos, φησί, iu τοῦ Μαρσύου τὸν φλόα Φοῖβος ἀπεδύσατο ἐκ τῶν μελῶν, τουτέστιν ὅπου αὐτὸν ἔξεσεν" εἰς πίτυν γὰρ αὐτὸν ἔξεσεν καὶ ἐξέδειρε χρεμάσας" adr, δὲ i, πίτυς τὸν μόρον τοῦ Magosov τὸν πολύπυστον ἐπαιάζουσα κατ᾽ ἄγκι,, καὶ τὰ ἐξ

10 305. dai di; πολίοιο᾽ κόρεσον αὐτὸν τοῦ ἄνϑους τοῦ

μυοχεύνου πωλίου, ἰδίως puoxtoror εἴρηκεν, οὔτε γὰρ οὕτω κέκλη κέ τις, οὔτε μύας ἀναιρεῖ. κελεύει οὖν λαβεῖν πολίου ἄνϑος καὶ πηγάνου βλάστας “καὶ νάρδον G', καὶ κάστορος ὄρχιν. λε- μναῖον δὲ ἔφη, ἐπειδὶ, ἐν τοῖ; ποταμοῖς καὶ ἐν ταῖς Miura 15 δικιτᾶται, καῦ ἀπὲρ καὶ ἱπποπόταμος. δοκεῖ δὲ ὄρχις τούτου ὅμοιος εἶναι τῷ τοῦ κάστορος. οὗτος δὲ κάστωρ, ὥς; φασι, διω- χόμενος κόψας τοὺς ὄρχεις ῥίπτει, εἰδὼς dui di αὐτοὺς διώκεται. 308. “ἢ ὁδελόν ()" ὁβελὸν σιλφίου τῷ χαραχτηρικῷ χνηστῆρι κατάτρινον, οἷον ξέσον, xbWor (τῇ μαχαίρᾳ G'), σιλ-

προσφάτως ἡμελγμένον.

BIO. ἐραγουρίγανον δέ ἐστιν ὄρειον, ὅπερ ἐσθίοντες οἱ τρά- po γίνονται κατωφερεῖς, διὸ οὕτως εἴρη αι. αὐτὴ ἡ, ῥίζα λέγεται δὲ ταύτης ὁπὸς καλεῖται Αυρη ναϊχὸς ὁπός. è γά- τοῦ γάλακιος τοῦ νεωστὶ τιηγνυμένου ἐν τῇ γεωμέλ- χτῳ πέλλι͵ κυρεσῦ εἰη, τουτέσει τυροῦ νεωστὶ πήξαντος.

2 ij ὅτι codd., quod ineptissimum est: num duire? | 9:8 γὰρ ὡς om. G! ἐκ πίτυος, ἐν πίτεν G' | 4 γιν. ἐπὶ αἰτῶ Θ᾽ ϑρηνώδης) ore- ναγμώδης G!, γράφεται ϑρηνώδης add. Οὐἠ ὑπερχειν ΟΥ̓ 7 ὅποι αὐτὸς codd., ὅ. αὐτὸν edd. | 8 di” γὰρ R | 10 τοῦ ἄνϑους ΠέΝοῖμι,, τὸ ἄνϑος RPG! ised supra τὸ scripsit Ο τοῦ) | 11-12 verba its deergiò in priucipio ante ἦσκι pravtet G'|11 die ΡΟ ἐδίως δὲ μυύκτονος R οὕτω γὰρ οὔτε RP 12 μεῖας P__ anto κελεύει all Οἱ induxit 6*: ἠλλως | 15-16 of

1 drei τοῖς κάστορος R| 10-17 σημείωσον. ὅτι κάστωρ

" ὃς κεῖ, 6} 1.15 τῷ x. κνηστῆρι,

χαρακιῷ Οὐ. quibus add. G* in mg.: xerergistor olor 3. x. χνηστῆρι χα--

ριατῷ. τῆς diro codd., sed τοῦ corr.m. rec. αὐ, ὀβολοὺς]

ὀβελὰ RP | 21 ἠμελγωμένον Ο', ὠμελγ μένον R| 90 οὗτος Τὰ ᾿ 23-24 αὐτὴ Gris RP |23 αὕτη Ρ [91 χυρην. καλεῖται R| 55:96 μευμέλκεῳ P.

ὄρχεις εἰ

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 889

812. ταύρου αἷμα᾽ τὸ ταύρειον αἷμά φησι Πραξαγόρας πινόμενον πήγνυσθαι (ἐν τῷ στήϑει RP) καὶ ϑρομβοῦσϑαι, ἔπϑιτα, συνεχομένων τῶν πνοῶν, ϑνήσκειν ποιεῖ, οὐ λανϑάνει δὲ πινόμενον, ὥσπερ καὶ τὰ ἄλλα dito πολλάκις ἀγτοοῦν- ται ἔστε γὰρ εὐτονώτερον τοῦ τῶν ἄλλων ζῴων αἵματος, ὡς ᾿ρισκοτέλης <h. ἃ. ITI, 19, 2 p. ἃ. II, 4, 85 διὸ καὶ ἀφρόνως, εἶπε, τινὲς ἁποκαρτεροῦντες πίνουσιν «αὐτὸ καὶ τελευτῶσι.

314. εἶαρ᾽ τὸ αἷμα παρὰ τὸ ἐν ἔκρι πλημμυρδῖν" καὶ πλεονάζειν.

315. ϑρομβοῦται δὲ, ἀντὶ τοῦ πήγνυται τὸ (ταύρειον G'RP) αἶμα ποϑὲν καὶ ἐμφράσσει τοὺς πόρους τῆς ἀναπνοῆς, καὶ οὕτως ἀπόλλιται πένων.

316. φράσσονταε δὲ πόροι (Σ᾽ οἱ πόροι τῶν πνοῶν φράσσονται, τὸ δὲ πνεῦμα ϑλίβεται ἐντός, οἷονεὶ σφίγγεται, τοῦ αὐχένος ἐμπλασϑέντος, τοι ἐμφραχϑέντος καὶ ἀποκλει- σϑέντος.

8185. μεμορυχμένος τουτέστε μεμουλυσμένος τῷ ἀφρῷ, περιφοκστικῶς δὲ ἀφρίζων.

319. ἀποκραϑδίσδιας" ἀπὸ τῆς χράδης κόψιειας, οἷον ἀπο- συκίσειες, tovisoti λάβοις. ἐρινοὺς δὲ τοῦς κλάδους τῆς συκῆς, δριγνεὸς γὰρ συκῇ παρὰ τὸ ἐρίζειν πατιὶ φυτῷ. ἄλλως" ἀφέ- λοιο τοὺς τῆς ἀγρίας συκῆς ὀλύνϑους" οὗτοι γὰρ μηδέπω ὄντες πέπειροι ἔχουσιν" ὀπόν.

921), τὸ δ΄ ἀϑρόον᾽ ἀϑρόον καὶ πολὺ ὄξος μίξας ὕδατι συγκεέρεσον καὶ δὸς πιεῖν. τὸ δὲ dios φησί», ἤτοι εἰς ἀπεβρά- χησαν οἱ ὄλυνϑοι τῆ: ἀγρίας συκῆς, ἁπλῶς δι᾿ ἑτέρου Bor, ϑή- ματος" εἰ δὲ τὸ πρότερον si, τὸ ἐμπίσκιο ἀντὶ τοῦ βρέξον.

322. ἐκφλοίοιο᾽" ἐχσύρειας, ἐκϑλίψειας, κλύσον, φησί, τὴν γαστέρα. καὶ τοῦ τῆς συκῆς φλοιοῦ... À..... οἱ.

1 lemma in α΄: ,,» dé, τις ἀφροαύνῃ | συνέχων» τὸ πνεῦμα RP ποιεῖ om. G! | 4-5 ὥσπερ ἀγνοοῦντι G*R P|5 γὰρ] δὲ G! —«roro- τερω R P | 6 iude a διὸ 7G*RP; v. Anîmadv. | 11 inde a χαὶ éu- φράσσει. 12 habet tantum G!' | 13 χαὶ φράσσονται οἵ πόροι τῶν πν., omisso lemmate, RP | 11 ϑλιβόμενον P| 17 μεμορυχμένος μεμορυ) μέ- vor R, μεμορυγ μένος P__usuodvouéror R, μεμορυγμένος itorum P | 20 ἐρωοὺς P | 21 ἀγρία συκῇ edd. | 21-22 παρὰ τὸ ἐρίξειν εἰς ὕψος cei τῷ πλησίον φυτῷ edd. ἀφέλοιτο RP | 24-27 G°RP | 24 ὕδασι μίξας αὐ 26 δι) ὡς αὶ P | 29 nihil post φλοιοῦ exhibent RP; v. Animadv.

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ΓΙ

360 H. BIANCHI χαταχϑέυς dé, xardyovto; τὰ περιττώματα τῆς γαστρόξ, i, πολυαχϑέος, τῆς πολὺ ἄχϑος ἐχούσης, δι λογότι περιττωμάτων. “πιετίην ὀϑόνης RP, πυετίαν, φησί. λαβὼν ‘6 ἐστι δορκάδος RP*, ἐρίφου i νεβροῦ λαγωοῦ: κόψον καὶ ἥϑησον ἐν ῥάχει λεπτῷ, καὶ τρεῖς ὀβολοὺς 1oil'as καὶ σμήξας ἐν οἴνῳ δίδου πιεῖν. πολύωπέι" ἐν πολεωπᾷ κόλπῳ τῆς ὀϑόνης. 328. ἔνι δεύκει βάκχου" καὶ γὰρ τὸ ἐνὶ δεύχει, δύ, ἡδέως. ἰδίως δευχέα λέγει τὸν δύν, μᾶλλον τὸν παλαιὸν ὡς πιχρίξοντα.

329. σιλφιόεσσων" ἴσην μοῖράν φησι λαμβάνειν σιλφίου καὶ ὀποῦ καὶ σπέρμα κράμβης μετὰ ὄξους. σιλφίου φισὶ καὶ ὁποῦ Κυρι ναικοῦ καὶ σπέρμα χράμβης τῶν τριῶν ὁμοῦ λίτραν μεμοιραμένην.

332. χατασμώξαιο" κατάτριθον τά ἁπαλὰ τοῦ βάτου" τούτῳ δὲ τὴν πῆξιν τοῦ ταυρείου αἵματος ῥᾳδίως σκεϑάσειας. ἤτοι ἑστῶσαν ἐν τῇ γαστρί “σου ΟἾ διασρύψειας.

κἄλλως Ο" " καὶ

335. μὴ μὲν ἐπαλγύνουσα᾽ μὴ λάϑῃ σε i παρέχουσα πόσις τῆς βουπρήστιδος" πεύσι, δὲ καὶ γνώσι, δα- μαξόμενον τὸν πίοντα ἄνδρα.

βούπρηστις δὲ ζῷόν ἐστι παραπλήσιον φαλαγγίῳ, δ

ἀλγηδόνα

diari, σι τοὺς βόιες κακῶς" τοῖς οὖν πίνουσι, φησί, τὴν βούπρη- στιν ὀδύν παρακολουϑεῖ. (ἄλλως Θ'," βούπρι στις ζῷόν ἐστι χερσαῖον, ὠνόμασϑαι δὲ ἀπὸ τοῦ ἐμπιπράναι τοὺς βόας ἐπειδὰν δι χϑῶσιν μόνον avrò περιχάνωσι" φησὶν ᾿ἀριστοτέλης ἐν τῷ

1-2 RP [8 arrie» G'L |5 τρίψας om. Θ΄ | 6 σμίξας Θ', corr. W., pizov, omisso καὶ, RP, unde καὶ μίξας dederat [GSchn. πιεῖν om. Οὐ

πολυωπεῖ G! | 8-9 usque ad ἡδέως RP 8 ἔνι δεύχει; ἐνδευχέϊ Οὗ quoil corr. α", ἐνδεύκει R, ἐνὶ δεύχεει P_ βάκχου om. G* 9 inde a (dis 10 ΟΕΡ ἀἀδειχκέκ RP, δευχέῖ Θ᾽ ex quo dedit deraée IGSchn. | 11 org. δὲ λίτρν;» (λίτραν P, λιτρῶν R, corr. AN.) ἀντὶ τοῦ io. u., omisso qyat, RP | 18 καὶ σπέρμα κρώμβης om. R | 14 μεμοιρα- quiriv P. ad v. 581 quaodam ex Eufecn. 235h 35-38 add. in G for- tusse man. tertia | 16 rotror RP ᾧᾳδιώς om. G! | 20 verba inde a ἤτοι praebent G*RP tordo» om. R quacdam hic quoque ad v. 888 ? ex Eufecn, 280 38-41 19 844. ordinem secutus sum scholio- ba primum exbibb. RP βούπρηστις κανϑαρίδι .23-361, 8), postea μὴ μὲν ἄνδρα (14-20) ct βούπρηστις παρακολουϑεῖ 3) | 18 ἐπιλγύνουσα in lemma Οὐ | 19 τῆς om. R | 22 τοὺς οὖν πίνοντας P | 25 αὐτὸ μόνον 6".

SCHOLIA ΙΝ NICANDRI ALEKXIPH. 361

περὶ ζῴων VIII 24, 2) ὅτε ἐὰν καὶ ἵππος περιχάνῃ τὸν λε- γόμενον σταφυλῖνον, ἔστι δὲ ζῴον ὅμοιον σφονδύλῃ, διαφϑ εἰ- ρεται, ἄλλοι δέ φασι ξῷον εἶναι ὅμοιον κανϑαρίδι.

337. 7 δ᾽ ἤτοι" βούπρηστις ἐγχρωτάζουσα εἰς τὰ χαλινὰ λίτρῳ ὅμοιαν ἔχει τὴν γεῦσιν.

δ᾽ ἤτοι (λίτρῳ μέν G')' ritop παραπλησίαν τὴν χροιὰν γίνεσθαί φησι κατὰ τοὺς χαλινοὺς τῶν πινόντων, δἰ μὴ ἄρα νιτρώδεις φησὶ αὐτοὺς ἔχειν ποοφορὰς κατὰ τὴν ἀντίλη- ψεν, περὶ δὲ τὴν χοιλίαν πόνοι καὶ οὔρων παραχράτησις, καὶ κύστις ῥοχϑεῖ, ἐστι ψοφεῖ, τοῖς δὲ ὑδρωπικοῖς παραπλη- σίως ὀκγοῦνται, τοῦ δέρματος αὐτῶν παράτασιν λαμβάνοντος, ὡς καὶ τῶν βοῶν ὅταν φάγωσι τὰ χκαυλεῖα, τουτέστι τὰς βοτά- vas, ἐν αἷς τὰ ϑηρία.

339. περὶ στομάτεσσεν᾽ ὑπερβατόν᾽ ἐν τοῖς στόμασι τῆς γαστρὸς τὰ ἄλγη περιπολεύοντα ὄρωρε.

341. διαπίμπραται᾽ παραφυσᾶται, ὡς ὑπὸ ὕδρωπος" τρία δὲ γένη ὑδρώπων, ὧν εἷς τυμπανόεις λέγεται.

342. ἀφυσγετός" κυρίως μὲν ἐκ τῶν ποταμῶν γινόμενος συρφετὸς ἀφυσγετὸς καλεῖται, ἦτοε ἀϑροιζομένη χορτώδης ὕλιν,." νῦν δὲ εἴρηκε διὰ τὸ πᾶσαν ἀκαϑαρσίαν τοῦ σώματος εἷς τὴν γαστέρα συνερρυηκέναι.

345. ὁππότε ϑῆρα᾽ τουτέστιν» ὅτε δατέονται καὶ μερί- Corta: τὸν τῶν ϑηρῶν τόπον, οἱονεὶ τὸ ὄρος νομαζόμενοι καὶ Boocxouevot.

ἄλλως" γράφεται πίμπραται ἐσχατιῇῆσιν, ὅταν καυλεῖα φάγωσιν" ὅταν, φησί, ἐν ταῖς ἐσχατιαῖς περὶ τὰ πρόποδα τῶν ὁρῶν τὰ καυλεῖα (αὐτῆς, τουτέστε G') τῆς βου- πρήστιδο:, φάγωσι.

1 χαὶ om. Βὶ [ 2 σταφύλινον RP |47P δήτοι RP εἰς] és P | 5 λίτρῳ ex γ»ίτρῳ corr. R | 6-7 τὴν χροιὰν» παραπλησίαν RP πιοὸν- των G' [9 περιχρότησις RP | 11 ὀχνοῦται RP αὐτοῦ RP | 12 καὶ om. Ρ φαγωσί φησι R | 14 περιστομάτεσσιν RP | 15 περιπολεύον- ται RT | 16 διαπίμπραται --- ἔϑρωπος G! | 18 ἀφ. δὲ (καὶ R) καλεῖται χυρίως μὲν ἐκ τῶν n. γινόμενος συρφετός RP | 19-20 ἢτοι ἕλη om. G! | 21 συνερρυχέναι Αἱ | 22 sqq. damore xré.] ἐσχατιῇσιν" ὅταν yo. ὅππότε (ὁπότε P) ϑῆρα νομαζόμενον (corr. ex -αὖὐ R, δαμαζόμενοι P) δατέοντει " τουτέστιν ὅτε δατέονται χαὶ (τουτ. ὅτε dur. καὶ om. R) μερί- ζονται xré. ΤῸ Ρ 35 ἄλλως" yo. πίμπραται) τὸ δὲ RP | 26-27 περὶ --- ὁρῶν G* RP | 21 πρόποδα] τρίποδα R.

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ἀντὶ τοῦ εἰπεῖν ἐνεαῦϑα τὸν ἐξηγητήν᾽ δατέονται καὶ μερίζονται τὸν ϑῆρα, ἤτοι μᾶλλον κατατρώγουσι, τὰ γὰρ μασώ- μενα καὶ κατατρωγόμενα μερίζονται, ἔφη κακῶς" οἱ δαμάλεις καὶ οἱ μόσχοι νυμαξόμενοι καὶ βοσκόμενοι τὸν τόπον τῶν ϑηρῶν. 811. εῷ καὶ δύκρα δέης" διχῶς καὶ γραφὴ καὶ καὶ ἐξήγη- σις μία μὲν οὕτως" καὶ τῷ εὐχραδέης rormeri ἐν νέχταρε μίξαις, σύκων αὐανϑεῖσαν ἅλις πόσιν ὀμφαλόεσσαν, ἵνα συνταχϑῇ οὕτως" dià τοῦτο καὶ τῆς καλῆς χράδης τὴν τρι- πετῆ τῶν σύχων πόσιν τὴν ἱκανῶς ξηρανϑεῖσαν καὶ ὀμφα- λόεσσιων ἐν νέχταρι μίξαις᾽ τριπετῆ᾽ οἱονεὶ τριπέτηλον, τὴν ἐχ σύκων σχιζομένων εἰς τρία merita τὰ γὰρ σῦχα ξηραινό- μενα εἰς τρία σχίζεται, ὅτι τὰ φύλλα τῆς συκῆς εἰς tela ἔσχισται" ὀμφαλόεσσαν δέ, τὴν τῷ ὀμφελῷ προσιξάνουσαν τὴν ἐκ σύχων τῶν ὀμφαλοὺ; ἐχόντων" τὰ γὰρ σῦχι τρύπας ἔχουσι κάτωθεν δίκην ὀμφαλοῦ, dl ὧν τρυπῶν ὁπὸς αὐτῶν ῥεῖ" γράφεται καὶ τριετεῖ ἐν νέκταρι, ἵν᾽ ἢ" τῆς καλῆς κράδης τὴν ἐκ τῶν σύκων αὐανϑεῖσαν ἅλις πόσιν τὴν ὁμφαλύεσσαν ἐν τριειεῖ νέχεαρι μίξαις. ἄλλως" αὐανϑεῖσαν, τὴν ἀπὸ ξηρῶν σύκων" τριπετῆ δὲ τρίσχιστον, ὅει τὰ φύλλα τῆς συκῆς εἰς τρία ἔσχισται. γρά- φόται τοῖς δὲ καὶ εὔχραδέος᾽ κελεύει δὲ ξηρὰ σῦκα μετὰ οἴνου ἑψήσαντα διδόναι πιεῖν" i) ὁμφαλύεσσαν τὴν τροφόεσ- σαν, παρὰ τὸν ὁμψαλόν" βρῶσις γὰρ ὀμφαλός, ἐπεὶ δὲ αὐτοῦ τὰ ἔμβρυα πάντα τὴν τροφὴν ϑέχειαι καὶ ἀναπνεῖ τοῦ στό- ueros μεμυχότος διὰ τὸ πλῆϑος τῶν ὑγρῶν, ἵνα μὴ ἀπόληται. 1. μελιξώροιο᾽ ἀμφίβολον, τεότερον τὸ τῶν σύκων πόμα μελίζωρον εἴρηκεν ἕτερον ἐκ τῆς μελιζώφου βοιάνης.

14 Οὐ] 3.3 μασόμενα cod. corr. ISchn. | 5 καὶ post διχῶς omm. RP |6 τῷ om. θΘ'ὀ τριπετεῖ Po ἐνὶ RIT μίξας RO σίχων du- φαλύεσσιω) καὶ τὰ ἑξῆς RP | 10 post μίξαις adi. ng. Θ᾽: ἄλλως πε- ριπετῇ P_| 11 σχιζομένην RP | 15.18 ἔσχισται G*RP | 13} ἔσχισται σχίζονται RP | 14-15 τὰ γὰρ σύκα (sic) κάνω ὀ-εὶς ἔχουσι RP | 15 δι᾽ οὗπερ RP rpradvomm. RP | 16 οἱ 18 τριεεῇ R | 90 τρίσεεχον R | 21 τοῖς δὲ γράφεται καὶ eixo. G! roîsì τῆς P| 21-22 μετὰ οἴνου] ἐν οἴνω RP inde & διδόναι 25 GR ΡΟ τροφόεσσαν! rooquidn RP | 23 παραὶ περὶ RP γὰρ sug. RP|25 μεμυκότος om. R (sed mg. m. reo.: ἴσως ἐμφραιτομένυν) Ἀἀπόλυται RO nd v. 849 quacdam leguntur în Θ᾽ ex Euteen. 2396 10-12 | 26 ποτήρων διε “τὰ PR (sed in R corr. esd. m. πότερον 16) | 27 ἐκ μελιξώρου 8. G', quae induxit ΘΟ",

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 868

τὸ δὲ γλάγος δὲν ἑνὶ χεύαις, ἀγγείῳ δηλονότε" μῖξον δέ, φησί, τὸ γάλα τοῖς ξηροῖς φοίνιξιν.

304. ἄλλοτε δ᾽ αὐαλέης" κατὰ κοινοῦ τὸ καταμίσγεο καρπόν᾽ ἀχρὰς δὲ καὶ βάκχη (καὶ μυρτὶς G') εἴδη ἀπίων" ἔστι δὲ χαὶ εἶδος ἐλαίας μυρτίνη καλουμένη.

356. ὅγε καὶ ϑηλῇ᾽ ϑηλάζειν φησὶ τὸν πάσχοντα ποτὲ μὲν γυναῖκα ποτὲ δὲ βοῦν᾽ ὡς οἷα βρέφος ἀρειγενές, οὕτως ἐμπελάσοι τῷ ϑηλασμῷ ἤγουν τῷ μαστῷ.

357. μοσχηδόν δὲ μόσχου δίκην, di οὗ σημαίνει τὸ ἁπαλὸν (xaì τρυφερόν Ῥ)" μόσχευμα γὰρ πᾶν τὸ ἁπαλόν, ὡς Ὅμηρος CA 10)

μόσχοισι λύγοισιν.

358. oîn τ᾽ ἐξ ὑμένων᾽ (ὁποῖα G') νεαλής, ἐστιν νϑδαρά. μόσχος τὰ οὔϑατα ἀναχρούουσα ἐχ τῶν ὑμένων τα- ράσσει τὴν μενεοικέα χύσιν τῆς ϑηλῆς.

360. ἄλλοτε πιαλέης" ἔλαιόν φησι ϑερμὸν λαβὼν βιά- ζου ἐμεῖν ἐντιϑδὶς τὰς χεῖρας πτερὸν πάπυρον τὸν πρὸς ἔμετον ἐπιτήδειον, τῶν κακῶν, φησί, τοῦ φάρυγγος ἐλ- κυστήρα.

ἀνακεφαλαίωσις τῆς ϑεραπείας τῆς βουπρήστιδος᾽ ἀπὸ συχῆς ξηρῶν σύκων τετριμμόνων μετὰ οἴνου πόσις, μιδλιξζώρου ἱκανὴ πόσις, 7) γάλακτος καὶ φοινίκων καρποῦ μεμιγμένη 71001, ψυκιῆς ἀχράδος ἄλλων ἀπίων μετὰ οἴνου, ina ϑηλάσῃ μαστὸν γυναικὸς ὡς παιδίον θερμοῦ ἐλαίου εἰς κόρον πόσις, δεῖ δὲ ἐφ᾽ ἑκάστι πόσει τοὺς δακτύλους χαλᾶν 7 πάπυρον πτερὸν ἐμβάλλειν εἷς τὸ στόμα καὶ ἀναγχάζειν ἐμιεῖν ὅπως τάχιστα τῆς νόσου ἀπαλλαγῇ.

1-2 αἾΕΡ: Βδοο α΄: ψαφαρόν" αὐχμηρόν, ξηροὺς δὲ φοίνικας κελεύει εἰς τὸ γάλα μιγνύναι εἰν ἑνὶ) εἰς ἕν RP ἀγγεῖον Β [8 ἀπὸ χοι- vov Ρ|ὅ ἔστι --- καλουμένη RP [6 δ)] ὅτε R__ 87275 codd. (sed corr. G! R) | © post βοῦν add. lemma G!: rs δὲ βρέφος | 8 ἐμπελάσῃ R ἐμπελάσσῃ P τῷ ἤγουν RP τῷ ϑηλασμῷ scripsi ex con. Bentl., τῷ δεσμῷ P, τῇ ϑηλὴ R| 10 τὸ ἃ. πᾶν G!' | 12 σιλίγοισι P| 13 οἵη τ᾽ ἐξ ὑμένων ταράσσει (ταράσση P, βράσσει con. Buss.) reads xré RP | 16 ἄλλοτε π. πόσιος est lemma in ΒΡ ϑερμόν omm. α΄ αὖ 17 # τὸ πτερὸν Ρ πάπυρον --- 19 dedi ex RP, quorumloco G!: ἀπὸ τῶν naentouv πρὸς τὸν (πρὸς τὸν add. G*) ἔμετον | 18 ὃν τῶν χαχὼν φησι ci. Bentl. | 20-27 G* RP | 21 τετριμένων P οἴνου πόσιος RR puedi- ζώου R | 22 μεμιγμένη δόσις Οὐ | 25 ἑχάστῳ ποτῷ Οὗ | 26 πτερὰ RP.

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Ξ

- MH. BIANCHI

364. ἣν δ' ἐπιϑρομβωϑῆ" ἐὰν ϑρομβωϑῇ, τυρωϑῇ τὸ νεαλὸς γάλα, ἤγουν τὸ νεωστὶ ποϑὲν, πνιγμὸς κχολουϑεῖ εἰς ἕν ἀϑροιζομένου τοῦ πόματος, ἤγουν τοῦ

366. τρισσάς πόσιας" ἀντὶ τοῦ τρεῖς μοίρας, ὄξεος, δοιὰς δὲ γλυκέος, τουτέστι τὰς δύο μοίρας γλυκέος καὶ τὴν μέσην τούτων, τουτέστι τὴν μίαν, ὄξεος. ᾿

368. ἔτι χαὶ “ιβύηϑε" ἀλλὰ καὶ τοῦ ἐκ τῆς «ἰβύης σιλφίου τὰς ῥίζας τῷ ποτῷ ἐγκνήϑεο, (τουτέστιν ἔνεριβε Θ᾽ RP).

369. ἄλλοτ᾽ ὁποῖο᾽ ὁποῦ τοῦ Κυρηναῖχοῦ λέγει. ἰστέον. ὅτι οὗτος ὁπὸς συνεστηκὼς καὶ πεπηγώς ἐστιν, ὥσπερ τὸ κομμίδιον λίβανος μασείχῃ 7) εἴ τι τοιοῦτον. διὰ τοῦτο οὖν εἶπε τήξας, ὡσανεὶ ἀναλύσας.

ἐν βάμματι τήξας" ἀντὶ τοῦ ἐν ὄξει διαλύσας" d γὰρ Κυρηναῖκός ὀπὸς διαλύει τὴν φαρμακείαν" καὶ γὰρ ἐὰν πεπηγότι γάλακτι ἐπιχέῃ αὐτόν τις, διαλυϑήσεται" ἔστι δὲ καὶ τὸ νίτρον διαλυτικὸν τοῦ γάλαχτος.

810. κονέλην, ἤτοι κονίαν ϑύμου καρπόν τῆς εὐκνήμου βότρυν, ὅπερ κόριον καλοῦσι, μετ᾽ οἴνου.

371. ἄλλοτ᾽ ἀμύνει" ἄλλοτε δή, φησίν, ἀμύνει καὶ βό- | tous εὐκνήμου, ὡσανεὶ τῆς καλὰς κνήμας ἐχούσης ἀμπέλου" κνήμας δὲ τὰ μεταξὺ τῶν κονδύλων τῶν κάμψεων λέγει" | τοῦ βότρυος βρεχϑέντος ἐν οἴνῳ. εὔχνημος εἶδος. βοτάνης.

373. ἐν καί που ταμίσοιο᾽ τοῦτο ἄξιον ϑαύματος, πῶς πιτύα διαλύει τὸ συνεστηκὸς ἐν τῇ κοιλίᾳ γάλα" ἀλλ᾽ οὖν ἄλλο ἐπισυνίστησι, καὶ τὸ μελισσόφυλλον δέ, φησί, δίδου σὺν ὄξει. μελίσσης φυτὸν ἔφη τὸ μέλι. στυφόεν δὲ ποτὸν τὴν ἡδύοσμον ἔφη κατ᾽ εὐφημισμόν.

1-2 ἐστι ποϑέν G*RP, pro quibus Θ' habet tantum τὸ γέλα | 8 τοῦ πνεύματος τοῦ y. G!|4 μέσσα R_uèvom. R|5 steve R τουτέστι --- γλυκέος G*RP Τὶ ἠέει Θ᾽ |8 ἐνικνήϑεο RP | 10 τοιοῦτος 3. R ἔσει καὶ RP | 11 κομίδιον Θ', κωμίδιον ῬΟ εἴ omm. RR | 12 διαλύσας voluit Adel | 18 ἐνὶ β. οὖν τήξας ΒΡ ἀνεὶ -- διαλύσας G'RP | 14 ἐάν] ὧν G' | 16 διαχέμ Θ᾽ 116 τοῦ y. διαλυτικόν ῬῚ 19 es) τοῦ G! | 18 per οἴνου om. ῬῚ 15 RP, omisso φησίν | 90 ὡσανεὶ] ale ἀεὶ R| 22 εὔκνημος τέ. G! | 28 ϑαύματος] ἐπιτάσεως G', 70. ϑαύματος, add, mg. Θ᾽ Gros RP |24 m διαλύει) διαχεῖ 2. Θ᾽ | 25 sq. δίδου (om. R) σὺν ὄξει μεῖ. ποτῷ (ποτὸν Ρ)" ἔφη τὸ μέλι RP (in mg. τᾶν rec. R: ἀπὸ κοινοῦ τῶ ποιῷ): correxi ex G* | 26-27 7 μελίσσης med G* RP | 26-27 τὸν rjdvicuor RP, τὸ ἡδίοσμον Θ᾽, corr. IG.Schn.

SCHOLIA IN NICANDRI ALKXIPH. 865

375. Miv9n Ἅιδου παλλακὴ οὕτω καλουμένη, ἣν dis- σπάραξεν Περσδφόνη, ἐφ᾽ n τὴν ὁμώνυμον ποάν ἀνέδωκεν “Adns.

910. τὸ doovxvior, καὶ μελισσόφυλλον καλεῖται, ἀγρία βοτάνη ἐστίν᾽ αὕτη χοπτομένη ὀπὸν ἀποστάζει ὅμοιον γάλακτι τὴν ϑέαν καὶ τὴν γεῦσιν καὶ τὴν ὀσμήν, ὅϑεν καὶ δυσδιάκρι- τόν ἐστι τῷ πίνοντε πότερον γάλα ἐστὶν οὔ. Anuogòv δὲ ἐτυμολογῶν φησιν οὕτω κεκλῆσϑαι διὰ τὸ δόρατι αὐτὸ ἴσον δῖναι κατὰ τὴν ἀναίρεσιν, Avoinayos δὲ 6 Ἱπποκράτειος διὰ τὸ ξύλον εἶναι κνίφης παρασχδυαστιχὸν τοῖς προσενεγχαμέγοις.

30. ὠπὴ δέ, πρόσοψις, ϑέα, τὸ εἶδος. καὶ βρῶσις περὶ τοῖς στόιμισιν ἀπεικάζξεται γάλαχτι.

308. λυγμοὶ δέ, ai τοῦ πνεύματος ἀναγωγαί.

382. («τηνεσμῷ G'RP)' τῇ διατάσει᾽ διαφέρει τηνεσμὸς καὶ δυσεντέριον, σύνεγγυς μέντοι ἀλλήλων" καὶ γὰρ ἔστι πάϑος, καλεῖται χορδαψός, τηνεσμὸς δέ ἐστιν ὃν νῦν λέγομεν βια- σμόν.

(ἄλλως G')° τοῖς τηνεσμώδεσε παρακολουϑεῖ δυσεντε- gia, εἶτα χορδαψός, ὃν δέ φασι συναμματιζομένου τοῦ ἐντέ- ρου, ὁτὲ προηγεῖται τηνεσμός ὁτὲ δυσεντερία tIveoug, περὶ τὸ δυσεντέριον τάσις.

951. καί te καὶ ὄρνιϑος" καὶ τῆς ὄρνιϑος τηχομένη σάρξ τῶν εὐτραφῶν στηϑῶν ἤμυνε βρωϑεῖσα. τὸ στῆϑος, φησί, τῆς λιπαρᾶς ὄρνιϑος βρωϑὲν ὠφελεῖ. ϑωρήκων οὖν τῶν στη ϑίων σαρκῶν.

989. καὶ χυλὸς ἅλες" ἤτοι τοῦ στήθους τῆς ὄρνιϑος χυλὸς, ἕτερον βοήϑημα λέγει χυλὸν πτισάνης" ἄμεινον δὲ τὸ

‘13 ΒΡ nedaxr) deon.] διέφϑειρεν Ῥ] 4-6 usque ad ὀσμήν G*RP. v. Animadv. | 4 δορίχνιον P | 5 βοτάνη ἐστὶν ἀγρία G* 8 αὐτὸν P | 10 χνζξης (sic) R, χνήφην Bentl., χνίδης IGSchn. | 12 περὶ] παρὰ RP γαάλαχτι an. G!* quaedam ad v. 881 refert αὐ ex Eutecn, 239b 5-6 | 14 τηνεσμῷ)] τῇ διατάσει α' | 15 ἀλλήλοις G' | 16 χαλεῖ- ται ἐστι ΜΡ ὃν δ βιασμός BR | 18 παραχολουϑοῖσι B | 19 sq. ὃν φησι συν. ἐντέρου, ὁτὲ κτὲ G!; ἕτεροι φασι συν. ἐντ., οὗ προηγεῖται τηνεσμὸς R P, qui reliqua omm. | 20 ὅτε G'RP utroque loco, corr. IGSchn. | 20-21 ὁτὲ dro. τάσις G! | 22 sch. ad v. 887 exstat in α΄ post sch. ad v. 339, sed ordinem corr. G? | 23 εὐτρόφων RP 24 τῆς Ur. φησιν dov. RP ϑωρήκων σαρχῶν RP | 27 χυλὸν λέγει RP ἥτοι post λέγει add. G* πτισσάώνης P.

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SOHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 367 σώματος πᾶσι pédeci τρόμον Émiveyne καὶ παραφροσύνην ἐν τοῖς τῆς ψυχῆς νοήμασιν ἐνέϑηκθϑν.

999. ysv9up° τῇ γεύσει. ἰσαιομένη ν᾽ ὁμοίαν.

400. ἦἧνυσε δὲ cpadeoovs* ἐποίησε τρομεροὺς καὶ πα- ράφρονας καὶ ἐν μιᾷ ἡμόρᾳ πολλάκις πρὸς ϑάνατον ἤγαγε.

401. ἀκεῖνε" ἀντὶ τοῦ ἡμέρᾳ᾽ ἐν δὲ μονήρει ἀκτῖνι, τουτέ- στεν ἐν μιᾷ ἡμέρᾳ, ἀναιρεῖ τὸν ἄνδρα τὸν βαρύν, ἤτοι τὸν γεν" ναῖον. ἰδίως δὲ μονήρει εἶπεν.

402. σταδέην δέ᾽ σταϑμῷ, ἀντὶ τοῦ σταϑμηϑεῖσαν᾽ οὐκ elrre δὲ πόσον.

408. ϑυλακόεσσαν᾽ τὴν ἐμφερῆ ϑυλάχῳ, σχηματίσας δὲ εἶπον ἀπὸ τῆς ῥίζης, τοιαύτη γὰρ τῆς νάρδου ῥίζα, ϑυλα- κώδης τῷ side’ διὸ καὶ παρά τινων ϑυλακέτης τῆς νάρδου ὄνο- μάζεται.

404. πρηόνες ἀλδαίνουσεν᾽ αἱ ἐξοχαὶ αὐξάνουσι. Κέ- στρος, ποταμὸς Παμφυλίας Κιλικίας.

405. ἄλλοτε δὲ σμυρνεῖον" τὸ σμυρνδῖον πεαραττλήσιόν ἔστι τ᾽άρϑηκι, τὸ δὲ σπέρμα πράσου ἔχει, ὁσμιὴν δὲ σμύρνης.

406. τὸ ἔρεδα᾽ ὥφειλεν ἶριν, ὥσπερ ἔριν" εἴη δὲ καὶ ὀξυτόνως ἰρίς, ὥσπερ βολίς. ὥσπερ Κύπριδα.

λειριόεν τε (κάρη RP)' τὴν κεφαλὴν τοῦ λειρίου᾽ λεί- ριον δέ φασι τὸ κρῖνον. τοῦτο δὲ λέγει ἐρίσαι τῇ Agoodiri περὶ εὐχροίας, τὴν δὲ ὀργισϑεῖσαν ὅμοιον αἰδοίῳ ποιῆσαι ὅγου.

1 πώματος μΜέλεσσι R | hoc sch. exhib. Ἐν post rw εἴδει (13), P post Κιλιχίας (16) locurougviyy P_| 5 πρὸς] εἰς G! post γα)" verba add. G! ἐδίως μονρει εἶπεν (8) | 6-3 usque ad γενναῖον dedi ex α΄. v. Animadv. | 7 ἤτοι recepi ex RP, ὠντὶ τοῦ G! | 8 ἐδίως εἶπεν RP | 10 πόσιν G' R, ποσὶ P, corr. Buss. δᾶ v. 102 quaedam add G? ex Eutecn. 239b 30-84 | 11-12 σχηματίσας ρἵξης αὖ (post ru εἴδει) RP! 12 τοικύτη γὰρ ἢ] «tin ΒΜ τῆς] τοῦ verba διὸ καὶ χτέ. exhibet tantum (αὖ | 13 ϑυλακίτης] malim ϑυλαχῖτις (cf. Dioscor. I 8), ϑυλάχιον edd. post hoc sch. rursus add. sch. ad v. 399 et postea sch. ad v. 100 hoc modo: ἐποίησε σφαλεροὶς τρομ. καὶ παρ. μονήρει μιᾷ : sequitur sch. ad v. 104. haec omnia leguntur in P post Κύπριδι (20) | 15-16 G*R P χέτρος P | 17 σμύρνειο» codd., corr. 716 ϑολη. lemma in α΄: σμύρνειον et postea τοῦτο n«pard:otov xrè. τὸ σμύρνειον habet P post νώρϑηκι | 19 εἴη ἐρὶς ὁξ. βολίς ws x. G! | 21-22 τὴν κεφαλὴν --- xoîvov] τὴ» κεφ. τοῦ κοίνου RP | 22 τούτῳ con. IGSchn. λέγεται G! | 22 τὴν ἀφρο- δίτη» G!' | 23 εὐχροίκς] χροιῶς RP ὄνου om. Θ΄.

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810 Ἢ: BIANCHI

προ χρῶ βούκερας, ὅτε ἐμπιλεύσῃ ΠΡΟΣ, nei]

428, ὠμόβρωτον᾽ τουτέστιν ὠμὰ τὰ φύλλα διαμασήσα- σϑαι καὶ τὸν χυλὸν αὐτῶν καταπίνειν.

429. κίχορα δὲ καὶ καρδαμίδας, εἴϑη λαχάνων" καὶ γηϑυλλίδας, εἶδος κρομύων, ἤτοι τὰς κεφαλὰς τὰς ῥίζας" τὰ ὑπ᾽ ἐνίων λεγόμενα ἀγριόφυτα.

432. εὔαγλις" καλὰς ἀγλίϑας ἔχουσα, ἀγλίϑες οἱ κόχκοι, ἐξ ὧν αἱ κεφαλαὶ τῶν σχορόδων σύγκεινται, ἅπερ σκολίδεα συνήϑειά φησι. τὰ κίχορα vi ᾿Ἀττικοὶ κιχόριά φασι, ἡμεῖς δὲ γιγγικίδια. 4

488. μήκωνος κεβληγόνου" τῆς ἐν τῇ κεφαλῇ ἐχούσης τὸν γόνον, ἐστι τὸ σπέρμα᾽ συγγενές γὰρ τὸ βὶ τῷ φ. καὶ “ἀαλλίμαχος <fgm. 140)"

ἀμφί te κέβλην

slopévos ἀγλίϑων οὗλον ἔχει στέφανον. τινὲς δὲ τῆς κατὰ τὴν κεφαλὴν χομώσης μήκωνος. βοτάνη yo ἐστὶν μήκων, ἐν τῇ κεφαλῇ τὸν γόνον ἔχουσα. καὶ Εὐφορίων περὶ τῆς ᾿ϑηνᾶς igm. 169)"

χεβληγόνου ᾿ἡτρυτώνης. μήκων δὲ εἴρηται παρὰ τὸ μὴ κονεῖν, τουτέστι μὴ ἐνεργεῖν" κονεῖν γὰρ λέγεται τὸ ἐνεργεῖν, κωλυτικὸν δὲ τοῦτο τῶν κατὰ φύσιν ἐνεργειῶν.

484. χαϑυπνέας" ὑπνοῦντας " ἄγει γὰρ τὸ μηκώγειον εἷς, ὄπνον᾽ τὴν μήκωνα δὲ ἐτυμολογοῦσί τινες τὴν μὴ κονεῖν μηδὲ ἐνεργεῖν ποιοῦσαν, (ὡς εἴρηται ARP),

1 ἐμπλεύσει Θ᾽] BA δυμασσήσασϑει R | καταπιεῖν Θ᾽} δ χκαρδα- μίδα P | 8 γηθυλλίδες RP κρομμύων ΒΡ ἤτοι-- Ο'ἘΡῚ 7 ἀγριόφυλλα G! 18 Θ": ἀγλίϑες δέ εἶσιν al σκελίδες ἐξ ὧν (ἐξ ὧν add. G*) al κεφ. τ. σα. viva, προπήλεδες (τροπήλιϑες corr. IG:Schn, ex Aristoph, Acharn. 813) αἴ τῶν σκορόδων δέσμαι. κώδεια" n κεφαλή. ἀγλίϑες δὲ οἱ κὄκκοι, ἐξ ὧν «I x. τῶν cx. συνίστανται. Scholl. vulgg. haec im- super add.: γαϑυλλὶς τὸ νέον χρόμμυον | 12 μήχωνος om. Θ' τῇ om. 18 τὸν γ. ἐχούσης RP | 15 κεβλὴν RP 18 εἰργμένος RP καὶ γλίϑων δ. 17 μήκωνος om. R | 18 μήκων] ἡμῶν R | 18 καὶ Βέφι 20 Θ᾽ È dns Θ', corr, IG-Schm, | 21-28 G*R.Pun)alterum om. P | 22 dè] γὰρ PI 25 ἐτωμ. τὴν μήκ. ἤτοι τὴν μὴ x. RP; ἤτοι ante τὴν μὴ add. Θ᾽ ἐπ. Θ' ἀκονέῖν RP μηδὲ ἐνεργεῖν) malim ἤτοι μὴ ἐν. (of. Sch, ad v. 488, 21, sq.) πιοῦσαν RP.

872 ©. BIANCHI

κάμνει δ᾽ ἠερόφοιτος ἀριστοπόνος te μέλισσα ἠὲ πέτρης κοίλης κατὰ χηραμὸν δονάκεσσιν, δρυὸς ὠγυγίης κατὰ κοιλάδος ἐνδόϑι σίμβλων, σμήνεσι μυριότρητα κατ᾽ ἄγγεα χηροδομοῦσα. 5 φησὶ δὲ ὅτι ἐν τῷ Ὑμηττῷ πρῶτον ἐγένοντο μέλισσαι. συνος μηρέες" συνερχόμεναι βοτρυδόν.

450. πολυωπέας" πολλὰς ὁπὰς ἐχούσας" τοιαῦτα γὰρ τὰ aloe. ὄμπας᾽ οἱ μέλιτι δεδευμένοι πυροί. καὶ Καλλίμαχος. (figm. 368)"

19 ἐν ϑεοῖσιν ἐπὶ φλογὶ καιέμεν ὄμπας. τούτους γὰρ Δήμητρι ἔϑυον" Νίκανδρος δὲ εἴρηκεν ἰδίως τὰ κηρία ὄμπας.

451. βοσκόμεναι ϑύμα᾽" ἀντὶ τοῦ διερχόμεναι τὰ ϑύμα τοῖς ποσίν. ἀνϑεμόεσσαν ἐρείκην" γράφεται καὶ ἠἡνεμόεσ-

15 dav' ἐρείκη δέ ἐστι δένδρον, οὗ τὰ φύλλα οἱ μυούμενοι ὑπο- στρωννύουσι διὰ τὸ ψυχτικὰ εἶναι καὶ ἁγνά. ἔστι γὰρ τὸ ἁγνεύειν καὶ χωρὶς γονῆς μένειν.

452. δήποτε δ᾽ δοδέοιο" σύνταξις οὕτως" i) xaù ἰρινέου μαλλὸν βαϑὺν κορέσχων ἕλχοις, ἀντὶ τοῦ ἕλκε, τὸν ἰόν.

30 453. ὀχλίζων᾽" διὰ τὸ κλείειν τὸ στόμα τῇ μύσει συνδε-

1 ἀρισεόπονος G! | 3 χηραμὸν cod. Ambr. H 22 sup, qui Pseudo- phoc, continet, χιράδος RP, χορώδος L, χοιράδος voluit Abel | 8 σίμ- βλα L | 4 pro h. ν᾿, quod exhibet tantum Θ', habent RP: καὶ τῷ ἑξῆς μυριότητα G!, corr. IGSchn. ex Phoc. codd. ἄγγεα Rulin- kenius, ἄνϑεα Θ᾽ δᾶ ν. 448 quaedam add. G* ox Zuteon, 2402 87-42 | 5 ὅτι om. G' | 5-6 συνομηρέες βοερυδόν G*RPcuvouagées P | 7 ἐχούσας Ald,, ἔχοντας Θ', ἔχοντα RP | T-11 τὰ κήρια Φήμητρι om. R| 8 ὄμπαι Θ', ὄμπναι P, ὄμπνας BR πυρῷ (ox κηρῶ) P | 10 ϑεοῖσι φλογί P | 11 τούτους ἔϑυον Θ᾽ ἰδίως εἴρηκε RP | 12 ὄμπνας P | 18-14 usque ad noci G'RP | 13 ra] τὸ RP | 17 καὶ] fortasse scribendum est | 18 sqq. Pro scholiis ad v. 452 et 453, quae monente IGSchn, dedi ox Θ' (verba tantum ἀντὶ τοῦ πιέζοις in sch. ad v. 453 habet G%, glossam, ut patet, e margine irreptam), haec habent RP: τοῦ ord- ματος φησὶ μεμυχότος βιάζοιν daviyew αὐτό, διοχλίζων (-ειν R) τὸν xu- νόδοντα καὶ ἐρινέου μᾶλλον (sic) βαϑὺν κορέσκων. ἕλκοιο P (ἔλκοις Ἐ)" ἀντὰ τοῦ ἕλκε τὸν μετὰ τοῦ ἐρίου τὸ ῥόδιον ἔλαιον ἐπιβάλλων. εὔτριχι (γὰρ inserit P) λίνῳ" τῷ ἁπαλῷ καὶ εὐτρίχῳ ἐρίῳ. ἄλλως " εἰ καὶ (καὶ εἰ Β) μύουσιν οἵ πάσχοντες τοὺς συμμεμυκότας χαλινοὺς αὐτῶν ἀνοίγειν ἐνθλές: βοις τῷ ἐρίῳ βοηϑείας χάριν. ἐνϑλίβοις δὲ ἀντὶ τοῦ πιέζοις. | 19 μᾶλλον cod., corr. ΤΟ Βοῖοι.

466. πολυστείον ἀντὶ τοῦ τῆς πολυινήφου" στείαι γὰρ ai ψῆφοι τῆς ϑαλάσσης.

467. τοῦ δ᾽ ἤτοι" τούτου ij μὲν ὀδμὴ παραπλησία ταῖς τῶν ἰχϑύων λεπίσι, καὶ τῷ ἀποπλύματι αὐτῶν, $ δὲ γεῦσις ἐχϑύων σεσηπότων.

463. νεπόδων δέ, ἰχϑύων" καὶ σαπρυνϑέντων ἀντὶ τοῦ σαπρωϑέντων.

469. ὁπόταν λοπὶς αὐξίδα᾽ ὅταν { λοπὶς τὴν ὅλην αὐξίδα μολύνῃ, ἐξ οὗ δηλοῖ τὸ φϑείρῃ. αὐξὶς εἶδος ἐχϑύος ὅμοιον ϑύννῳ. αὐξίδα χραίνῃ" τουτέστι τὸ σῶμα φϑείρῃ καὶ ἀφανίζῃ" αὐξὶς δὲ τὸ σῶμα, μετὰ γὰρ τὸ ἀγρευϑῆναι οἷονδή- τινὰ ἰχϑὺν εἰ μείνῃ ἐπ᾽ αὐτῷ τὸ λέπος αὐτοῦ, ἀφανίζει αὐτὸν καὶ ὄζειν ποιεῖ.

470. ὃς δή tor δυπόεις" è λαγωός, φησί, νεωσεὶ ye νηϑεὶς ὅμοιός ἐστε ταῖς ϑριξίν, ἤγουν κατὰ τὰς τρίχας τῆς τεῦυ- ϑίδος. ἅτε τεύϑου. τουτέστε τοῦ ἄρρενος.

ὑπ᾽ ὀστλίγγεσσεν᾽ ἐπεὶ γληνώδης ὑπάρχει" ὄσελιγγας. δὲ λέγει τοὺς βοστρύχους ἐστε τὰς κόμας τῶν τευϑίδων καὶ σηπίων, ἐν αἷς ἄρτι γεννώμενοι οἱ ϑαλάσσιοι λαγωοὶ διατρέ- βουσιν.

1-10 dedi ex G'; cadem fore, sed minus integra, praebent RP: λαγοῖο κακοφϑορέος (χακοφϑορέοντος P), τοῦ # %., ὃς ἔστιν εἶδος ἰχϑύος, καὶ "Inn. μνημ. ἔσει δὲ καὶ (om, R) μέλας τὴν ἐπίφ., δ. δὲ βρ., οὗ μὴν ὀσμὴ ταῖς τῶν ἰχϑύων λεπίσι καὶ τῷ ἀποπλ. αὐτῶν ἔοικεν, καὶ δὲ γεῦσις ἰχ. σεσηπ. γεύσει ὁμοία ἐστί. καχοφϑορέος δὲ κακῶς φϑείροντος, καὶ πολυστείου ἅλμης, ἤγουν τῆς πολυψήφου ϑαλάσσης" στεῖαι γὰρ al ψ. τῆς 9. | 8 ἱππώναξ codd. | 4 κακοφϑορέος --- φϑείροντος add. Θ᾽ σεσηπότων (10) | 11-12 RP | 18 ὁπότ᾽ dv λωπὶς ῬῚ 14-16 ἐξ οὗ χραίνῃ ΘΛ} 15-19 rovrdori ἀφανίξρ Θ' (om. φϑείρη καὶ) G*P_(dpa- vio.) | 16 δὴ) γὰρ ΒΡ καὶ γὰρ μετὰ τὸ è. RP| 16-17 οἵονδήτενα G*, οἱονδήποτε P, οἷον dij more R | 17 μείνοι Θ', μένου IGScAn, τὸ ἅ. αὐτοῦ om, P | 18 ὄζει omisso ποιεῖ Θ' | 19 λαγωγοῦς (sic) Ρ φησί omm. RP | 22 ὑποσελίγγεσσι Θ᾽, ὑπ᾽ ὀσελίγεσσιν ἐπειδὴ RP ὄσελιγας P|23 λέγουσι Θ' βόστρυχας R | 23-24 καὶ σηπίων om. Θ΄.

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376 H. BIANOHI

ἐν Φωκίδι δοκεῖ εὑρεϑῆναι. κελεύει ἑλλέβορον σκαμωνίαν διδόναι πίνειν τῷ κάμνοντι, ἵνα τῆς κοιλίας φερομένης συγκριϑῇ καὶ τὸ τοῦ φαρμάχου καχὸν συναπορραγῇ. φοινήεσσαν dé, εἴρηχε τὴν τοῦ μέλανος ἐλλεβόρου πόσιν.

484. κάμωνος κατ᾽ ἔνδειαν τοῦ a. λέγει δὲ τὸν τῆς σκα- povias χυλόν.

485. ἐκ φύρματα χεύῃ᾽ ἀντὶ τοῦ τὰ κόπρια καὶ σχύβαλα ἐχβάλλῃ.

486. βρωμήεντος" τοῦ ὄνου, παρὰ τὸ βρωμᾶσϑαι.

488. κεδρινέης" χεδρινέαν νῦν λέγει, εἰ καὶ τείσσαν αὐτὴν εἶπε" πᾶν γὰρ τὸ ἀποστάζον πίσσαν καλεῖ. πελανοῦ fa ρος ἀντὶ τοῦ ὀβολοῦ ὁλχήν᾽ οὐ γὰρ μόνον τὸ πέμμα, (ἤτοι τὸ ἕψημα RP), πελανὸς λέγεται, ἀλλὰ καὶ τοῦ ὀβολοῦ δλκή. ἄλλως" πελανοῦ" τῆς πεπηγυίας κεδρίνης τείσσης. λέγει δὲ τὴν κεδρίαν.

490. οἐνω πῆς εἶδος ῥοιᾶς καὶ οἰνάδος. καὶ προμένειον ῥοιᾶς φασιν εἶδος, ὠνόμασε δὲ αὐτὴν ἀπό τινος Προμένου Κρητός. σὺν δὲ καὶ Αἰγινῆτιν᾽ καὶ τὴν Αἰγινῆτιν δέ, καὶ ὅσαι τὰ σκληρὰ κάρφη, ἤγουν τὰ ἁπαλὰ κοκκία κατ᾽ ἀντίφρα- σιν, τῇ ἰσχνῇ καλύπτρᾳ καλύπτουσιν'" ὅτι κάρφη τὰ λέπη, τοὺς φλοιούς,

492. διαφράσσουσι καλύπτρῃ" τῇ ἰσχνῇ περιβολῇ τῶν κόχχων᾽ ὅσαι, φησί, τὰ σκληρὰ καὶ φοίνια ἤγουν ἐρυϑρὰ κάρφη, τουτέστι τοὺς ἐρυϑροὺς κόκχους, τῇ ἀραχνώδει καὶ ὑμενώδει καλύπτρᾳ διαφράσσουσι, τουτέστι τῷ ἔσωϑεν τοῦ δέρματος ὑμένι.

493. ἄλλοτε δ᾽ οἰνοβρῶτα᾽ τὴν ἐν οἴνῳ, φησί, τρωγο-

1 ἐν φωκαίᾳ superser. in Θ' a G* ἐλέβορον σχαμμω- νίαν R | 2 πίνειν com. Β΄ ὅπως τῆς κοιλίας κατενεχϑείσης καὶ τὸ τοῦ φ. κτέ. G' | 8 συναπορρύῃ Θ' | 4 εἴρηκε δὲ καὶ φοιν. τὴν τοῦ u. κεῖ. | δ -- καλεῖ (11) G*RP | δ δὲ) γὰρ ΒΗ τὸν om. G* | 7 ἐκχήματα καὶ χεύῃ P|8 ἐκβάλλει RP | 11 πελάνου RP et postea πέλανος | 14 ἄλλως om. G! πελανοῦ omm. RP | 16 οἰνωπῆς οἰνάδος καὶ G*RP | 16-17 προμ. εἶδος δοιᾶς RP | 18 σὺν -- 21 RP. Exstat in Θ᾽ sch. epi- tom. atque pessime involutum; dedi quae exhibent RP, addito lem- mate. αἰγινῶτιν R | 19 ὅσα ΒΡ τὰ ἁπαλὰ κοκχία ox G' recepiz τοὺς ἁπλοὺς κόκκους R (sed ex ἁπλοὺς corr. ἁπλῶς m, alt.) 1 20 post καλύπτουσιν add. G*: ἤτοι περιβολῇ ἰσχνῇ καλύπτουσιν | 22 ante lemma RP: ἄλλως | 23 ὅσα Ρ ἐρυϑρᾶ P | 24 τουτέστι τῇ ἐρυϑροὺς κ᾿ ἐχούσῃ G' |25 διαφράσουσι R|26 ἄλλοτε δ᾽ om. G'.

818 H, BIANCHI

ϑυντικόν" ταύτας τὰς βδέλλας, φησίν, ὅπου ἂν ῥοῦς ὥσῃ, καὶ τὰ ἑξῆς.

506. ἀμελγόμεναι dé, ἀντὶ τοῦ πιέζουσαι ἤτοι τείνουσαι.

BOT. πύλῃσιν ἐφήμεναι" τουτέστι τοῦ πνεύμονος ταῖς πύλαις, τῇ ἀρκῇ τοῦ λαιμοῦ, ἤτοι τῷ φάρυγγι, τοῦ ἥπατος τοῦ στομάχου.

509. πέριξ δ᾽ ἐπενήνοθε γαστρός" ἀντὶ τοῦ ὁτὲ τῷ στόματι τῆς κοιλίας ἐπίκειται, λαμβάνουσα τὴν προσφάτως ἐπενεχϑεῖσαν τροφήν. τὸ ἐπενήνοθϑεν ἀνεὶ τοῦ ἐπίκειται" πάλιν δὲ ἀνέδραμεν ἀπὸ τοῦ πληϑυνεικοῦ ἐπὶ τὸ ἑνιχόν.

510. νέην δ᾽ ἐπενείματο δαῖτα" ἤτοι ἣν ἄρτε ἔφαγε, διεμερίσϑη καὶ ἐπεβοσχήϑη.

BIL. τεῷ σύ" ἤτοι τῷ καταπίνοντι τὴν βδέλλαν νειμείας, ἐστι δοίης, συνημμένην τῷ ὄζει ψυχρὰν πόσιν.

512. χιονόεσσαν᾽ τουτέστιν ὑπὸ χιόνος παγεῖσαν.

513. καὶ τὸ νέον βορέῃσι παγέντος" ἀντὶ τοῦ νεωστὺ βορείαις πνοιαῖς παγέντος τοῦ χρυστάλλου.

814. ἠὲ σὺ γυρώσαιο' ἀντὶ τοῦ σκάψειας, ὀρύξειας, κα- ϑαλμέα δὲ βώλακα' τὸν ὑφαλμυρὸν βῶλον τῆς γῆς λόγοι δὲ τὸ ἅλας, τὸν ὀρυχτὸν ἄλα᾽ ἐν &luvooîs γὰρ τόποις οὗ γίνεται βδέλλα διόπερ ποιεῖ τὸ ἀλμυρὸν ὕϑωρ πρὸς ἀντιπά- ϑειαν αὐτῆς. ἅλμην δὲ κελεύει πιεῖν Καππαδοκικοῦ ἁλός.

δ1δ. ναιομένην δέ, ἤτοι πατουμένην, ὁδευομένην, ἣρο- τριωμένην. τὸ ϑαλερὴν δὲ γράφεται καὶ ϑολερὴν, διότε Mpa λιμός ἐστιν.

516. αὐτὴν ἄλα βάπεε'" αὐτήν φησι τὴν ϑάλασσαν, τουτέστι τὸ θαλάσσιον ὕδωρ, διδόναι πιεῖν, ποτὲ uèv ἡλίῳ

8:6 G*RP 8 ἀνεὶ τοῦ πιεζόμεναι ἤτοι πιέζουσαι RP | 7 πέριξ ἐπένηνοϑεν ost lemma in G! | 8 ἐπίχεται om, Θ'ὀ λαμβάνουσα GR ex corr, λαμβάνουσαν P, λαμβανούσης Viri | 9 ἐπενεχϑεῖσαν) ἐσϑιομέ- νην GRP τὸ δὲ -- ἐπίκειται G*RP | 11-18 usque ad ὀρύζειας G* RP | 12 διεμερίσατο G* ad v. 511 quaedam add, Θ᾽ ex Eutren, 241a 10-12 | 18 τῷ ov) νείμειας Θ' în schi epitom. | "14 συνηρμοσμένην R (ex corr.) P | 15 ὡς ὑπο 7. G* | 16 βορείησι P_| 17 χρυστάλον R | 18 χάμψειας | 19-20 τὸν ὑφ. om. G! | 20 τόποις post γένεται G* | 22 post ἀλός add. G! ind. Θ᾽: βῶλον τῆς γῆς λέγει τὸ ὥλας- τὸν ὀρυκτὸν ἅλα" αὐτήν φησι τὴν ϑάλασσαν ποτὲ μὲν ϑερμαίνων ἐν ἠλίῳ, ποτὲ δὲ καὶ πυρί. | 23-25 Θ᾽ ΒΡ | 24 τὰ ϑολερὴν yo. καὶ ϑαλερήν G* et Θ' in glossa interì. | 96.879, 2 G*R P | 26 φησι om. R | 97 ἤλίου Ἀν

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880 5, BIANCHI

λάκι μὲν στέρνοισιν ἀνοιδέον, xadò βρωθέντες oi pi κητες ἀνοιδοῦσιν ἐν τῇ γαστρί.

523. εὖτ᾽ ἐπὶ φωλεύοντα" ἀντὶ τοῦ ὅτε τραφῇ ἐπὶ τὸν φωλεύοντα βαϑὺν ὁλκὸν τῆς ἐχίδνης, ἤτοι περιφραστιχῶς περὲ τὸν βαϑὺν φωλεὸν τῆς ἐχίδνης.

524. ἰὸν ἀποπνεῖον" ἤγουν τὸν ἰὸν αὐτῆς ἀποπνέον τῶν στομίων τῆς ἐχίδνης. γράφεται δὲ καὶ ἀνικμάζον, τουτέστιν ἀνιμώμενον καὶ ἀναπῖνον τὸν ἰόν. ἀποφώλιον ἄσϑμα, ἐστι χαλεπὸν do gua, τουτέστι τὴν χαλεπὴν πνοὴν τῆς ἐχίδνης. τῶν στομίων.

526. {κεῖνο κακὸν ζύμωμα Θ᾽)" τοὺς μύκητας ἀδια- φόρως ζύμωμα καλεῖ.

526. παμπήδην" ἀνεὶ τοῦ πανταχοῦ, οἱ πλεῖστοι, κατ ϑολικῶς ὅλους μύκητας καλοῦσιν, οἱονεὶ ἀμανίτας. ἄλλῳ γὰρ ἐπ᾽ οὔνομα᾽ ἐπ᾽ ἄλλῳ γὰρ εἴδει ἄλλο κέχριται ὄνομα. πολυώ- vvpov γάρ ἐστι τὸ ζύμωμα καὶ γὰρ καλεῖται ζύμωμα, μύχκης, ἀμανίτης καὶ βῶλος.

527. ἀλλὰ σύγ᾽ δαφάνοιο" δίδου, φησί, τὸν καυλόν, ἤτοι τὴν χεφαλὴν τῆς κράμβης, τουτέστι τὸν ἀσφάραγον, ἐπειδὴ ῥάφανον τὴν χράμβην φησίν. εὔχρηστον γὰρ πρὸς ἀντιπάϑειαν.

528. δυτῆς" πηγάνου χλωρὸν ϑάλλοντα καὶ χλοάζοντα ῥάβδον, ἐστι κλάδον κόψας. γράφεται καὶ ῥάδικα, οἷον κλῶνα.

529. χαλκοῖο, ἤτοι παλαιᾶς χαλκάνϑου" προστάσσει γὰρ χαλκοῦ ἄνϑος πιεῖν.

530. κληματόεσσαν᾽ κληματίδος, φησί, ϑρύψον σποδὸν ἐν τῷ ὄξει, τουτέστιν ἔμβαλε σποδὸν κλήματος ἐν ὄξει.

2 ἀναδιδοῦσιν P| 8.4 ἐντὶ φωλεύοντα om. P|3 ἐπὶ) περὶ R | 4-5 ἤτοι κεῖ, om. R | 6-7 δὲν ἀνιαμάζον G*RP | 6 ἀποπνεῖαν Aldi evanuit in Θ᾽, ἀποπνείων ΒΡ ἀποπνέων RP | 7y0. καὶ ἀνίχμωνον (ἀνιαμαῖον con. Viri) Θ', quae ind. G? | 8 ἀναπίνων RP | 11 κακὸν corr, Abel ex ποτὸν καὶ | 12 ζύμωμα om. G! καλεῖ R, καλοῦσι codà, rell. | 14 ὅλους om. R, inserit P post μύκητας αὐτοῦς καλοῦσιν R 15 ἐπ᾽ ἄλλῳ ὄνομα G! | 16 καὶ γὰρ] γὰρ RP 18 ἀλλὰ omm, RP | 19 ἀσφάραγγον R. ἐπειδὴ --- φησίν G*RP | 20 ῥάφανον seripsi ex con. IGSchn., δαφάνας codd. post φησίν haec mutila leguntur in Gt; αὐτὴν ..,.. fdpa..... τὸ mei. | 22 δᾶβδον Θ' κλάδους RP | 23 χαλαχώνϑου προστάττει G! | 25 ϑρίψον P | 98 τουτές στιν xté. om. R.

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282 H. BIANOHI

Undotas φησι᾿ κἂν τῷ clueri αὐτῆς χεῖρα ἐσϑῆτα χρίσῃς, ἀβλαβὴς ἔσται ἐκ πυρός. δυσάλυκτον δέ, ἀντὶ τοῦ δύσ-. φεύχτον,

540. γλώσσης βάϑος"' περιφραστικῶς ἀντὶ τοῦ γλῶσσα. ἐπρήσϑη τῶν πινόντων γάρ, φησίν, γλῶσσα παχύνεται.

543. (rerodrodes Θ')᾽ οὗτοι δὲ σφαλλόμενοι τετραπο- διστὶ σύρονεται καϑάπερ {βρέφη Θ᾽)" αἱ γὰρ διάνοιαι αὐτῶν, ἀμαυροῦνται καὶ ἀφανίζονται.

544. σάρκα d' ἐπιτροχόωσιν" ἀντὶ τοῦ ἐπιερέχεε τῇ σαρκὶ πελιδνότης, ἐξ ἧς ὑγρασία" καὶ ἐπιπορευομένης τῆς κα- κίας, ἤτοι σκεδαννυμένης σκεθαζούσης καὶ τὰ ἑξῆς, βοήϑειαεν δὲ διδοὺς δητίνην πευκίνην, ἀναμίσγων ταύτην τῷ μέλιτι.

545. σμώδιγγες" αὗται κατὰ σύντηξιν τῆς σαρχὸς ord ξουσιν" ἐὰν στίζουσι γράφηται, καϑάπερ οἱ στιζόμενοι" γρά-, φεται γὰρ στίζουσι, ἵν᾽ σημαῖνον τὸ ποικίλως πελιδνοῦσϑαι, καϑάπερ τοὺς στιζομένους. καὶ ϑαιομένη δέ, ἀντὶ τοῦ μεριζο- μένης πανταχοῦ τῷ σώματι.

BAT. τονϑρήνης" τενϑρήνην εἶπε τὴν τεντρηδόνα. ζῴον δέ ἐστι μελιτοποιόν, ὑπ᾽ ἐνίων λέγεται βόμβυξ᾽ ἔστι δὲ ἐμφερὲς μελίσσῃ. ἄλλως" τενϑήνη εἶδος μελίσσης, τόπος, ὅπου al μέλισσαι διατρίβουσιν, ὡς εἶναι τὸ μελίσσειον" δύναται δὲ κατὰ συγχοπτὴν τενϑρηδόνος ἀντὶ τοῦ Θεσσαλικοῦ. Ὅμηρος <B ἴδ6)"

Πρόϑοος Τενϑρηδόνος υἱός. ἐπεὶ καὶ τενϑρηδών, 6 ἐστιν εἶδος μελίσσης, ποιεῖ ἔργα " πα- ρακελεύεται οὖν ἐκ τούτων τὸ μέλι λαμβάνειν.

9 χρίσεις Θ᾽ 1 3.8 δυσάλυκτον κεέ, RP; haco mutila ΘΒ: δυσα ....... | 4 γλῶσσα φησὶ Θ" | 5 baco πᾶ ἐπρήσϑη add: G* (ox recens. Wi): ἀνεὶ τζοῦ οἰδάνεται», ἤγουν {παχύς sera (ἢ ἐπρή)σϑη (ἀντὶ τοῦ ἐπλήγσϑ(η) γλῶσα ῬῚ Ἷ αἱ αἴ γὰρ (sie) P, γὰρ αἱ R | 9 δ᾽ ἐπιτρέχουσιν Ο' | 10 ἐργασία ΒΡ ἐπιπορϑμεῦο- μένης RP | 11 σκεδαννυζούσης Θ' καὶ τὰ ἑξῆς habent RP βοή- ϑειαν Ald:, βοήϑει Θ"Ῥ, Por (sic) R | 18 σύνταξιν τῆς om, P | 15 σεῖς ζουσι Keil., στίζουσαι codd. | 16-17 καὶ μεριζομένης G*RP καὶ ϑαιομένης] κεδαιομένης ΘΓ, ut videtur | 17 πανταχοῦ τῷ o. RP | 18:20. verba τενϑρήνης μελίσσῃ exstant în Θ᾽ post πιεῖν (p. 383 l 8) || 19 βόμβιξ G' ex corr. G* 30 τόπος omm. R P'| 21 ὡς εἶναι τὸ μ. om. Bj ὡς εἶναι τὸ μελίσσιον P, μέλι past μελίσσιον add. Θ᾽ in Θ' | 22 ran ϑρηδίνης ῬῚ 24 ἐστιν εἶδος μ. G*RP, om. R|25 οὖν] δὲ Ρ᾽ ἐκ ταύτης voluit Vdri τὸ μέλι omm, RP.

τ

ui

Di

88, πὶ BIANCHI

BOT. ἁλίοιο δὲ ϑαλασσίου ἤγουν ἐνύδρου.

559. 7 ταχινῇσι" γράφεται ἤτ᾽ ἄκρῃσι διαπλώει. πτε- ρύγεσσι" πτεροῖς, ἀντὶ τοῦ τοῖς ποσί" τούτοις χὰρ ἐπινήχεται.

560. ἄλλοτε δ᾽ οὐρείης" χερσαίης χελώνης ὀρεινῆς" αὐδήεσσαν δὲ διὰ τὴν λύραν, ἣν ἐποίησε τῷ ᾿ἀπόλλωνι ἀντὲ τῶν βοῶν" μισϑωτὸς γὰρ ὧν ᾿δμήτου ᾿Απόλλων ἔβοσκεν αὐτοῦ τὰς βόας, ἃς ἔκλεψεν Ἑρμῆς καὶ φωραϑεὶς ἔδωκεν αὐτῷ ave λυτρον τὴν κιϑάραν τὴν ἐκ τῆς χελώνης αὐτῷ κατεσκευασμένην, τὴν λεγομένην χέλυν, ὅϑεν καὶ λύρα ἐκλήϑη, οἱονεὶ λύερα τις οὖσα ὑπὲρ τῶν βοῶν.

κυτισηνόμου᾽" χελώνης εἴδη δύο, ὄρειον καὶ ϑαλάσσιον,

ὧν αἱ δρειναὶ ὑπ᾽ ἀνέμων πιληροῦνται, ὥσττερ αἱ ὄρτυγες. τῆς

παρὰ κυτίνῳ διατριβούσης" κύτινοι δὲ αἱ ἐξανϑήσεις τῶν δοιῶν,

ὅθ1. χέλειον αἰόλον" ἀντὶ τοῦ ὄστρακον ποικίλον. καὶ

ἀγκῶνας δύο, ἤτοι κανόνας, ὅϑεν δέδενται αἱ νευραί. καὶ

πέζαις, τοῖς ὥμοις" τοῖς ὥμοις, φησί, τοῦ ὀστράκου αὐτῆς δύο παρέϑηκε πήγματα, φησιν ἀγκῶνας.

563. γερύνων δέ, βατράχων. καὶ λαιδροὺς τοὺς ἀναιδεῖς, διὰ τὸ βοᾶν ἀεὶ τῇ φωνῇ τραχυτέρᾳ. δαμάσαιο τοκῆας ἑψῆ- σειας. τῶν γερύνων, φησί, τουτέστι τῶν μιχρῶν βατράχων, τοὺς ἀναιδεῖς πατέρας. πάσσων ῥίζας ἠρύγγου, ἐστιν εἶδος βοτά- νης, προσπάσσων σχαμμώνιον καὶ χορτάσας, ὑγιάσεις τὸν κάμ- vorra. ἄλλως" χύτρῳ σκαμμώνιον᾽" τούτοις εἰ κορέσκοις τὸν ἄνθρωπον καὶ ϑανάτου πλησίον ἐλϑόντα σώσεις.

1 diiov R|2 ἄκροισι διαπιλόει Ρ πτερύγεσι P|2-8 verba ee φύγεσσι χτὲ. habent G! οὐ Θ᾽ ΒΡ πτεροῖς] G'RP | 4 δυρεέης- ορεινῆς χερσ. gel. Θ' εὐρείης Ρ χερσέης P | 8 ἔβοσκε τοὺς A. ῬῚ T rds) τοὺς GP ἃς Viri, οὖς codd, | 7-8 ἀντίλυτρον] ἀντὶ λύρας RP | 9 καὶ] vj Β 1 11 χυτησινόμου P| 12 ὀρεινοὶ Θ᾽ | 14-17 G*RP | 14 χέ- 2vov P | 16 αὐτοῖς ΡῚ 18 yeo. faro. Θ᾽ ΒΡ ἐπᾶθ asch. ad v. 568 usque ad sch. ad v. 575 huno ordinem sequitur G!: λαιδρούς | ἢν γε μὲν ἐκ φρύνοιο | ἄλλως 1 ϑερειομένου ] λαχειδέος | τῶν ἤτοι ϑερόεις | δαμάσαιο | γερύνων | tre καὶ κωφοῖο | ἠτε ϑάψος | καί τε σπλήν | 19 ἀεὶ] πάντοτε | 19-21 δαμάσαιο πατέρας om. Θ' add, Θ᾽ | 19 τοκῆας omm. Θ' et Θ᾽ἠ Ἀἑψήσειας omm. RP | 20 γερύνων τῶν μιαρῶν Pergdrwr τοὺς ἀναιδεῖς πατέρας δίζας ἠρύγγου πιροσπάσσων κτέ, G! | 21 rerégasomm. ΒΡ πράσσων Ρ δὶ- Gas φύγγου ἘΒ, ὅ. ἠρίγγου P | 22 ἀκαμμώνιον IGSchm,, σκαμμωνέα- χοῦ R, ἀμμωνιαχόν Θ', ἀμωνιακόν P_| 23-24 ἄλλως κτέ. RP | 98 σκα- μώνειον ῬῚ 34 ϑανάτῳ P.

24. 8. 906

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25

μίσγουσι ποτῷ βρωτῷ καὶ οὕτως ἀναιροῦσιν. νήχει δέ, avrà τοῦ περιπατεῖ.

591. ἠὲ φιλοζώοιο" δύο δὲ εἴδη κυπείρου, ἀρσενικόν τα καὶ ϑηλυχόν, ἔσει δὲ εἶδος βοτάνης" φιλόζωον δὲ αὐτό φησι διὰ τὸ ῥίζαν ἔχειν στερεωτέραν.

592. αὐτόν τ᾽ ἠνεχέεσσι᾽ περιπάτοις ἀναγκάζει αὐτὸν χρῆσϑαι μακροῖς, μήτε ποτὸν μήτε βρωτὸν προσφέροντα, Eye θαίνοντα δὲ τὸ σῶμα, ἵνα κατισχνωϑῇ.

593. χατατρύσαιο δὲ γυῖα᾽ ἀνεὶ τοῦ κατίσχνωσον αὖ-' τοῦ τὰ μέλη.

594. ἐχϑομένη ce' καὶ τῆς λιϑαργύρου τὸ πόμα ϑα- γάσιμόν ἐστι, μάλιστα ni περὶ ᾿ἀπολλόδωρόν φασι αὐτὸ di- δοσϑαι μετὰ φακοῦ, πισσίου, 7) πλακοῦντος ᾿ διὰ τοῦτο γὰρ λανϑάνει ὁμοχροῦν. φησὶ δὲ τοῖς ἐνεγχαμένοις παρέπεσϑαι βάρος κατὰ τῆς κοιλίας, κατὰ δὲ μέσην αὐτὴν πνεύματα βορβορίζοντα ἀνειλεῖσϑαι, τὰ μέλῃ πίμπρασϑαι. τὴν δὲ χροιὰν ἐοικέναι μολίβδῳ.

596. πνεύματ᾽ ἀνειλίσσοντα, ἤγουν ἐμπνευματοῖ πα- ραπλησίως στρόφῳ εἰλίγγῳ.

597. εἰλίγγοιο δυσαλϑέος" τῆς κοιλιοσεροφίας. τὸ ἀπροφάτοισιν ἀνεὶ τοῦ ἀγνώστοις.

599. οὐ μὲν τῶν γ᾽ οὔρων᾽ γράφεται καὶ οὐ μὲν τῶν od- ρων, ἀντὶ τοῦ κακωϑέντι ὑπὸ τοῦ λιϑαργύρου, καὶ οὕτω καὶ i) τῶν οὔρων ῥύσις κατέχεται, τὰ δὲ μόρια πιμπράνεται.

600. εἰδήνατο χροιήν, ἀντὶ τοῦ ὡμοιώϑη.

ΘΟΙ. ὁτὲ μὲν σμύρνης" δύο ὀβολοὺς σμύρνης, ἄλλοτε

1 βρωτῷ (βροτῷ P) ποεῷ ΒΡ νήχει κεέ. Οὗ ΒΡ. 3:5 ΟΕ, lemma addidi | 4 ἔστε δὲ εἶδος βοτ. add. G* φιλίζωον P| 5 τὴν δὲ-- Gav RP πστερεωτάτην RP | 6 ἠνεχέσι G! ἀναγκάζειν R | © pa χροῖς om. Θ' add. G* prjre fo. μήτε a. ΒΡ προφέροντα G',mg0- φέρειν ξήραινε R|8 supra σῶμα add, Θ᾽ in G!: λείπει | 9-10 G* RP | 11 ἀχϑομένη P | 12 φασὶ μάλιστα οἱ περὶ A. αὐτὸ P | 12-18 de- δόσϑαι RP qerzoò ex φακοῦ fecit G* 16 πνεῦμα βορβορίζον RE | 16 πιμπρᾶσϑαι RP | 18 πνεύματ᾽ ἄνει. (sic) G' | 19 εἰλίγγῳ IGSchn. λύγγῳ codd. | 20 ἐιλίγγοιο κοιλοστροφίας G*RP κοιλοσεροφίας IGSchn., κοιλιοσερόφου G*P, κοιλοστρόφον RE τὸ τέ, G* | 22 od μὲν καὶ RP | 24 οὔρων] λιϑαργύρων P πίμπρανται RP. | 25 RP χροιὰν R | 26 ἄλλοτε ὀρεινὴν «τὲ. Θ΄.

390 τῶν ἀνϑρώπων οὐδὲν εἴρηκεν, αὐτὸ μόνον, du tà, 6g

ἑρπετά, τῶν αἰεὶ τετράφαται λοφιαί.

612. Οἰταίην" τὴν οἴτου αἰτίαν γινομένην, τὴν dv οἴῃ φυομένην, ὄρει τῆς Αἰτωλίας.

613. χαλικροτέρη᾽ ἀντὶ τοῦ ἀχρατοτέρα πόσις οἴνου πολλὴ παραχρῆμα ἰάσαιτο.

616. καὶ τὰ μὲν οὖν Νίχανδρος" ijror καὶ ταῦτα pèw Νίκανδρος τῇ ἰδίᾳ κατέϑετο βίβλῳ, τὰ ἐπίπονα καὶ φαρμα- κώδη ἑκάστῳ ἀνδρὶ τὰ ἐκ τοῦ μύχητος, λείπει δὲ τὸ γινόμεναι τὰ μύκητος, ἐστι τὰ δηλητήρια. ἄλλως" παρ᾽ ἀνέρι" παρὰ πρὸς τὸ κατέϑετο, ἵνα παραχατέϑετο ἀνδρὶ ἑκάστῳ, ἐν τῇ ἰδίᾳ βίβλῳ. μοχϑέηντα" ἀντὶ τοῦ ἐπίπονα. οὕτως " τῷ ἐπὶ φαρμάκῳ μύκητος καχοπαϑοῦντι ἀνθρώπῳ" ταῦτα Por ϑήματα ἐν τῇ ἰδίᾳ βίβλῳ κατέϑετο.

618. πρὸς δ᾽ ἔτι τοῖς" πρὸς δὲ τούτοις, φησί, βοηθεῖ καὶ ἥστινος τοὺς κλῶνας ἐμίσησεν 4ίχευννα, λέγει τεδρὲ τῆς μυρτίνης. φησὶ γάρ᾽ αὐτὴν Aixrurra μισεῖ, καὶ μόνῃ αὔτη μυρείνη τῆς ᾿Ιμβρασίας Ἥρας οὐκ ὑπεδέξατο τὸ στέφος, τουτέστιν οὐχ ἐγένετο στέφος τῆς ᾿Ιμβρασίας Ἥρας, διότι κάλ- λοὺς ἕνεκεν εἰς ἔριν διηγέρϑησαν αἱ ἀϑάνατοι ϑεαί. τὴν Κύ- πριν ἐκόσμησεν αὕτη μυρτίνη, (ὅτε περὶ κάλλους ἤρισαν G') ἐν τοῖς τῆς "Idys κατὰ Τροίαν ὄρεσιν. οὕτως" τὴν Ἴδην ἐκό- σμησαν αἱ ϑεαὶ τοῖς ἄνϑεσι τῶν βοτάνων, καὶ ταῖς λόχμαις,

1-2 λόφουρα ntroque loco Βοπέϊ., κολούφυρα Θ', κολόφυρα RP | ἀποϑνήσκειν RP | δ ἀεὶ ΒΡ τετράφαται IGSchn. τεϑρύφαται Abel, τετρίφαται GP, τετρύφαται Βα λοφίην P, λόφνην R | δ τὴν εἶτε ut riav yu. R οἴτει G' | 7 χαλιχρότερουν ἀκρατεστάτη Ῥ, ἄκρος τάτῃ R | 8 ἐάσατο R | 10 τὰ om. R | 11 τὸ] τὰ Βὶ | 12 μύκητα Θ᾽ ἄλλως om, G' | 12-14 verba παρ᾽ ἀνέρι βίβλῳ Θ᾽ ΒΡ et G! post ἤρισαν (28) | 14-16 μοχϑέηντα xré. G*RP 14 οὕτως om. G* | 15 é= φαρμάχῳ μύκειι ΒΡ ταῦτα γὰρ RP | 15-16 μαϑήματα P | 17 τοῖς] σοὶ ΒΡ τούτοισι P| 18 «λῶνας] χλώδους R | 15-19 λέγει μισεῖ G*RP | 19 μυρείνης Véri, μυρσίνης RG*, μυρρίνης ῬῚ 30 μυρ- σίνη R, μνρρίνη P | 21 οὐκ -- Ἥρας G*RP | 92 ἐϑάνατοι Θ', sed ἀϑάναται antea fuit post ϑεαί G': ὅτε, RP: ὅτε | 98 ὅτε ἤρισαν ind. Οὐ} 24 κατὰ τὴν Τρ. R; quaedam post ὄρεσι add. Θ᾽ Β ΡῚ v. Animadv. | 94-891, 2 οὕτως κτέ. G*RP | 25 τότε αἴ ϑεαί GR

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 391

Erba διὰ κάλλους εἰς ἅμιλλαν κριϑησόμεναι παρεγένοντο. dix tuvva δὲ ᾿Αρτέμις λέγεται. καὶ τὸ τέης᾽ ἧστινος ἐμίσησεν.

622. τῆς σύγε ἀπ᾿ εὐύδροιο νάπης" ταύτης οὖν τῆς μυρ- τίνης φησὶ τὸ εὐανϑὲς ὄφελος, γὰρ καρπὸς αὐτῆς ὠφέλιμός ἔστι τοῖς πάσχουσιν, ἐστι τὸν καρπὸν τὸν πορφυροῦν, τὸν συναύξοντα ταῖς χειμεριναῖς νυξίν, οἱονεὶ τῷ ἔαρι, τὸν συν- αὔξοντα ταῖς χειμεριναῖς πνοαῖς ἡμέραις μᾶλλον γὰρ τῷ χειμῶνι ἀνϑεῖ, ἤτοι δίδωσι τὸν καρπόν. τοῦτόν, φησί, τὸν καρ- πόν, ἀπὸ τῆς εὐύδρου νάπης λαβών καὶ ϑαλφϑέντα ταῖς τοῦ ἡλίου ἀκτῖσι λειάνας, τουτέστι ξηρανϑέντα λειώσας, καὶ, τὸν χυλὸν di ὀθόνης κυρτίδος ἐχπιέσας δίδου κοτύλην τῷ μέτρῳ πεπληρωμένην ἕν κυάϑῳ, καὶ πλεῖον κοτύλης.

624. ἠελίου βολῃῇς᾽ ταῖς ἀκεῖσι.

625. σχοινίδε κύρτῃ᾽ τῇ ἐκ σχοίνου πεποιημένῃ κύρτῃ.

621. ὀνήϊον δέ, ὠφέλιμον.

628. ἄρκιον" βοηϑηκικὸν καὶ ὠφελιμώτατον.

629. ὑμνοπόλοιο᾽ τοῦ ἐν τοῖς ὕμνοις καὶ ὠϑαῖς καὶ ποιή-.

μασιν ἀναστερεφομέγνου, τουτέστι ποιητοῦ. 690. ἐν τῷ μεμνῆσϑαι τοίνυν ἡμῶν, τὸν νόμον φυλάσ- σοις τοῦ ξενίου dios. μνῆστεν γὰρ ἀντὶ τοῦ μνεῖαν.

10

16

20

2 τίης ῬΊ τῇ σύγε est lemma in G' οὖν om, P_| 3-4 φησὶ rijs

μυρσ. RP | 3-4 μυρσίνης codd. | 4-5 γὰρ 0 ἐστι G*RP | 5 πορφυρόν G! | 6 χειμεριναῖς τουτέστι ταῖς vutiv G' (τουτέστι ταῖς ind. G!) ἀέρι P | 8 ἤτοι δίδοσι τὸν x. G* | 9 ἐνύδρου G!', xédoov P | 10 axrîcr λειάσας G! | 12 ἐν om. R χοτύλης πλεῖον ΒΡ εὐαλδὲς τὸ εὐαξές add. in fine G*, ευαλδὲς δὲ τὸ ευανϑὲς ὄφελος RP | 18 G*RP ὔἤελίοιο RP βολῆς ΙΘ΄ ϑοῖη., βολῆσιν G* RP 14 τῇ] τὸ ἢπ πεποιημένον R χύρτῃ omm. RP 15 G* RP | 16 G*RP | 19-20 G!RP | 19 τοίνυν om. αὖ | 20 γὰρ om. G* pursiav) μνήμην R. Subscriptio deest in R; τέλος τῶν ϑηριαχὼν (sic) νιχάνδρου G' (rubro); τέλος τῶν ἀλεξιφαρμάχων τοῦ χολοφωνίου νιχανόρου P (rubro).

392 il, BIANCHI

ANIMADVERSIONES

Sch. ad v. 2. Verba σύγκληρα δὲ σύνοικα τῶν @dro- κλήρων, quae exhibent Θ᾽ RP, e margine irrepsisse patetj exstat enim in G! glossa interl. ad σύγκληρα" συνάμα τῷ αὐτῷ κλήρῳ. Eadem de verbis εύρσεσι τειχῶν in fine huina scholii adfirmare ausim.

Sch. ad v. 6. Cf. Sch. ad Ther. 810: πολύσεροιβον" τουτέστι πολλὰς ἴλιγγας ἔχοντα καὶ ἀπειροπλη ϑῆ καὶ ἁπλήρωτα καὶ πολλὰ ῥεύματα" καὶ γὰρ στρόβος ἐκεῖνα λέγεται, τῶν ὑδάτων στρυφή. Verba τῆς πολυταράχου -- ταράσσειν poste- rius addita esse conicias.

Sch. ad v. 7. Duo scholia (1, 14-17 ἀρχτικωτέρα χορόν, 1. 17-25 ὀμφαλόεσσαν Κύδωνες) ad h. v. exstare satis patet: utrum vetustate autecedat diiudicare non audeam. Of. Hesych. 8. v. ὀμφαλόεσσα, quem laudant I. G. Schneider in Animadversionibus p. 79 et Otto Schneider Nicandrea p. 152. Ceterum L haec tantum exhibet ad ὑπ᾽ ὀμφαλόεσσαν" διὰ τὸ περὶ τὸν ὀμφαλὸν τοῦ οὐρανοῦ σερέφεσϑαι, Equidem σερέφεσϑαι malim pro κεῖσϑαι, quod est in Θ' RP (Hesych. περιέχειν).

Sch. ad v. 8. Cf. Sch. ad Apoll. Argon. I, 985. Quae exhibet G' (327, 10) optima atque genuina iudicat IGSchn. Verba ὥσπερ --- Ἑρμέω glossam esse grammatic. satis patet.

Sch. ad v. 9. L: Agsodons τῆς ᾿Ερεχϑέως καὶ ᾿ἀπόλλωνος Ἴων, ἀφ᾽ od Ἴωνες οἱ ᾿Αϑηναῖοι, ὧν ἄποικος κατὰ τὴν ᾿Ασίαν Ἰωνία δωδεκάπι

, ὧν πρώτη Κολοφών. τοὺς Ἴωνας λέγει τοὺς διανειμαμένους τὴν Aotev χαὶ πόλεις οἰκοδομήσαντας.

Sch. ad v. 11. γράφεται καὶ ἑζόμενος Κλαρίοιο ϑεοῦ ὁμενος, quod con, W. atque fuit fortasse in Οὐ (#{duev ....), recepi ex L. Vide quae de Claro disputat; W., et of. Sch. Theriaca 958: .

παρᾶ πίονι νηῷ]

, λάρος, ἥτις οὕτως

894. H, BIANOHI

Sch. ad v. 28. Post h. sch. est glossa interlin. in Οὐ ad χαλιχραίῃ νύχιος" χαλώσῃ κάρα ἑωϑινός, et in L ad enne dem l.: χαλᾶ γὰρ τὸ κάρα ὡς εὐανάδοτιος.

Sch. ad v. 30. ἀγριά καὶ ὀρεινή glossema fortasse fuit. Glossa interl. in L ἀγριόεσσαν᾽ ἀγρίαν, ὀρεινήν. Cete- rum, quod antea legitur scholium ἀγριόεσσαν λέγετιις satis quidem ineptum, inter vetera ponendum esse hand probabile est; fortasse a librario quodam additum est, qui etiam in iis quae secuntur pro τὴν σταφυλὴν, quod est in RP, posuit in G' τὴν ἀγριοποιὸν ὁπώρην (330, 2-3). Verba γράφεται διὰ τοῦ ἰῶτα (ib., 5) glossa est, inepte addita, ut vocis Σειληνός a σιλλαίνω derivatio amplius pateret.

Sch. ad ν. 87, 6": ὅτι παρεῴκεισαν χοίροις τὰ ῥάμφη, ὕρακας νῦν τοὺς μύας ἐκάλεσε κατ᾽ Αϊωλεῖς" λέγεται δὲ ἧς χοῖρος καὶ Sos. L: ἀπὸ τοῦ bs ὑὸς ὕας καὶ ὕραξ pds Alm λικῶς᾽ ἔοικε γὰρ d μῦς καϑάπερ καὶ παράγεται.

Sch. ad v. 38. Trium auctorum scholia exstant, opinor, in αὶ ad hune v. a) πορδαλιαγχές ϑεραπεύει (380, 23-25); 8) οἱ τε αὐτοῦς (331, 1-5); y) πορδαλιαγχές --- oi νομεῖς, (331, 6-18). Scholia @) et βὶ pessime inter se confusa atque involuta leguntur in RP; quorum alterum, sicut legitur in Θ᾽, vetus atque genuinum esse arbitror, quippe quod ea, quibus ad Nicandrum intelligendum opus sit, paucis explicet (cur enim hoc sch, postea additum esset, si sch. y), quod eadem docet, iam exstaret?); alterum vero, quod nihil aliud fere est nisi paraphrasis verborum Nicandri,: recentius, & Byzantino quodam exaratum, Scholium autem y), quo facile careas, ex eodem fonte fluxisse opinor quo sch. ad w. 18. Verba ἤγουν οὐχ ἅπτεται αὐτοῦ quae post ἐφίκεται (331, 14) leguntur in RP velut ineptam glossam omisi.

Sch. ad v. 41. Duo scholia hic quoque leguntur: @) ὅτε ἐὰν τὸ ζῷον, eb β) παντὸς ζῴου i, quod prioris sch. amplificatio videtur esse. De Heraclea et de pago Uxdres of. Theophr. Hist. 9. 16, 4; Steph. Bya. ἀκόναι πολίχνιον redap σίον Ἡρακλείας. Apud Hermionem fuisse baratrum ex quo Hercules τὸν τοῦ Ἅιδου κύνα ἐξήγαγε (cf. sch. ad v. 13) satia constat, ubi, ut narrant Scholia, ex Cerberi vomitu aconitum. primum germinavit.

896 H. BIANCHI

est sch. recens in RP, eadem quae antea docens: τὸ ἑξῆς ἐν τοῖς σταγόσι τοῦ βαλσάμου (βασάλμου R) ποτὸν χέας yd- λαχτὸς ϑηλυτέρας πώλου, ἤτοι τῆς ἀνθρώπου.

Sch. ad v. 66. Pars glossae videtur pertinere ad vers. 138 ubi est ἄπεπτα δόρπα * (IGSchn.) Sch. in L: πάνεῃ ἀνέργαστον, ἄπεπτον. δόρπον (lemma addidi)» δεῖπνον, ἤτοι ἅπερ κατὰ τὸν δεῖπνον ἔφαγε.

Sch. ad v. 67. Edidi quae exhibent R P. Scholia epi- tomata exstant in Οὐ &) gloss. interl. cuor. λαγ. τοῦ ὁρῶντος ἐν τῷ κοιμᾶσϑαι, ἄλλοι ἐλάφου. 8) sch.: δερκευνέος" ἐπεὶ κατὰ τὴν εὐνὴν δέρκεται ἐστι ἐν τῷ κοιμ. βλέπει, ἤγουν ἔμ- βλεπτα κοιμᾶται. Post χοιμᾶται add. G* σκίνακος ἐστι σκίρε. λαγωοῦ. Ceterum mira quaedam L: τοῦ σκιρτητιχοῦ λαγωοῦ τοῦ ἐν τῷ κοιμᾶσϑαι βλέποντος, τοῦ λάγνου ἀπὸ τοῦ κινεῖν,

Sch. ad v. 69. L: μορέης φοινικοέσσης" συχαμίνου, φοινικοῦν καρπὸν φερούσης, πρὸς ἀντιδιαστολὴν τῆς φερούσης λευχόν.

Sch. δὰ v. 74. Pro hoc sch., quod exhibent G*R P, exstat in G' scholium, ut videtur, epitom., quod induxit Οἷ: τῷ γάλακτι τῷ νεωδεὶ ἀμελχϑέντι καὶ ἀφρίζοντι ἀκμὴν καὶ ἔτι κατὰ τὴν χροιὰν ὡμοιώϑη.

Sch. ad v. 78. Exstant ad hune v. duorum auetoram scholia, nt monet IGSchn. Prior scholii auctor videtur ἐμπλάζεται legisse, Eutecnius tamen legisse apparet ἔμτ πλάσσεται᾽. Ita et L: ἐγκαϑίζει πλασσόμενος ὡς λεπτομερής.

Sch. ad v. 81. Sch. epitom. exhibet G', quod in- duxit Οὐ: ἄλλως" χελύσσεται, τουτέστι διὰ τὴν χέλυν τὴν ἀναφορὰν ποιεῖται βήσσων. Verba τῆς κιϑάρας xré. posterins addita esse censeo. Hippocratis quae laudantur unde petita sint incertum: Esse videntur sumptus ex tertio de Morbîs c. 10 p. 253: οὔτε τὸ σίαλον κατασπᾷ οὔτε ἄλλο οὐδέν, καὶ τῷ δφρϑαλμῷ πονέειόν τὲ καὶ ἐξέχετον ὡς ἀπαγχομένοισι, καὶ βλέπει αὐτοῖσι ἀτενὲς καὶ ἐπισιρέφειν οὐχ οἷος τε ἐστὶν αὐτοὺς καὶ λύζει καὶ ἀναΐσσει ϑαμινὰ καὶ τὸ πρώσοπον καὶ φάρυγξ πίμπραται, ἀτὰρ καὶ τράχηλος ete. ubi ἀναχελύσσεται dar μινὰ legi debere suspicor (IGSchn.) ® Ad χελύσσεται gloss. interl. Θ᾽ ταράσσεται, (βήχει add. G*). Haec insuper addit ΤΩ

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 397

ad ἐπιλύζων, ut videtur: τοῦ λύζω τὸ ὄνομα λύγξ καὶ Avyuos, τὸ ἐπίρρημα λύγδην ἀντὶ κατὰ λυγμοῦ.

Sch. ad v. 82. ἀσϑενές explicat 1, τὸ ἀβλεμές.

Sch. ad ν. 84. Verba δοχεῖ πραγμάτων recentiora considero, quippe quae nihil aliud sint nisi prioris scholii paraphrasis.

Sch. ad v. 87. Verba ἤτοι φανερῶς (ἀντὶ τοῦ y. RP) velut ineptum glossema induxit IGSchn., recte, ut arbi- tror. Verba ἐλαίας τὸ aiua τὸ dadov εἶπε vitiosa esse satis patet: ἐλαίας τὸ ἄλειμμα, τὸ daîov slao εἶπε con. RBentley; malim ἐλαίας τὸ αἷμα, τὸ daîov siao sins.

« Sch. ad v. 88. Glossa interl. in G' ad σχεδίην] παρα- χρῆμα, in L: ἐκ τοῦ σύνεγγυς: ad διοιδέα G': πεφυσημένον ἦτοι πεπληρώμενον (ἤτοι π. add. Ο᾽ἢ.

Sch. ad v. 90. Haec L: ὀλισϑήνασα᾽ ολισϑηρὰ καὶ δυσ- διέξοδος γενομένη. οὔϑατα κυρίως λέγεται ὅταν ἐσϑίηται βρί- ϑοντα γάλακτι.

Sch. ad ν. 91. Glossa interl. G! ad φιαρήν᾽ λευκήν. L: ἀφρώδη κούφην γραῦν. Verba τὸ ἐπιπολάζων πιεῖν recentius addita esse censeo. Cf. Etym. M. 241: γρῆυν τὸ ἐπιπολάξων τῷ γάλακτι.

Sch. δὰ v. 98. L: ὡς νῆμα κλωϑομένῳ (κχλωϑωμένῳ cod.) διὰ τὸ ἰξῶδες εἶναι.

Sch. ad v. 95. Verba ἤγουν τέφρα ἤτοι σταχτή, quae desunt in G', glossemata ad κονία consideranda sunt.

Sch. ad v. 96. L ῥύμμα᾽ τὸ χύμα.

Sch. ad v. 97. Glossa in L ad ἀναδέξεται" διαστήσϑι δεξάμενος.

Sch. ad v. 103. Verba χυρίως --- ϑήκην glossema vi- dentur ad μύκης. ἄλλως in RP inepte additum est. Cf. Etym. M. 594, I, 10. Glossa interl. G' ad ἐνηέξησεν᾽ ηὔξη- σεν, ἐφύτευσεν.

Sch. ad v. 106. Scholium ἀκοσταῖς λέγειν, quod om. G', vetus iudico, alterum vero recens. Cf. illud Homericum (Z, 506): ἵππος ἀκοστήσας ἐπὶ φάτνῃ.

Sch. ad v. 107. L ad λιβάνοιο χύσιν" τὴν ἐν τοῖς ϑάμνοις ϑαυμαστὴν χύσιν᾽ ἐκ γὰρ τῶν ϑάμνων τὸ δάκρυον ἀπορρεῖ τοῦ λιβάνου.

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 399

luisse videntur adnotare scholia, sed vitium haesit * IGSchn. Glossa interl. G' ad σνάλοιο καρήατος᾽ χοίρου τοῦ ἐγκεφάλου, ad χορσεῖα᾽ νέαν χεφαλήν.

Sch. ad ν. 136. Glossa interl. G' ad μορόεν᾽ τὸ ἐπώ- durov καλόν.

Sch. ad v. 138. Sch. αὐ usque δὰ ἄλλως (quod habet tantum G'); sch. β) ἐμματεῖν xré.: ea vero recentiora vi- dentur.

Sch. ad v. 141. Glossa in L ad ἀλυσϑαίνοντι᾽ ἁλύοντι.

Sch. ad v. 142. G' ad xowas (κόψαις corr. ἢ)" τρίψας, sed L: λείωσον.

Sch. ad v. 145. Glossa interl. α' ad ψαφαρῆς" ἀπὸ λευκῆς καὶ ψαμμώδους.

Sch. ad ν. 149. Verba Παρϑενίης --- νυμφῶν posterius addita esse censeo, ex Eutecn. 236b 1-10, quem locum re- fert G*; alia quaedam satis involuta et mendosa praebent RP, ex Eutecnii e. l. quidem petita, quae in recensendis scholiis omisi: τὸν Σάμιον Αστέρα λέγει, ὃν δοκεῖ χριὸς ἐν Σάμῳ εὑρηκέναι. Φυλλὶς γὰρ Σάμιος, φυλλίδα (φυλλάδα P) τὴν βοτάνι ἰδίως (ἰδία R) καλεῖ, ἣν τινες μελιτόφυλλόν φα- σιν, ἧς τὸ χρήσιμον ἀστὴρ λέγεται᾿ (ἢ R) φυλλὰς οὖν uedigudios (μδλάμφυλλός P) ἐστιν.

Sch. ad v. 153. Post δραγμῶν habet G! ...... καὶ οἶνος ........ γεται. Fortasse fuit: σέραιον δὲ καὶ οἶνος γλυκὺς λέγεται. Cf. Eutecn. ad hunc locum: τοῦ γλυκέος οἴνου τὸ διπλάσιον xté.

Sch. ad v. 155. Quae post ἄλλως leguntur recentiora puto.

Sch. ad v. 158. Glossa interl. G' ad πάσηται" γεύσε- ται. λείπει τὸ τίς.

Sch. ad ν. 161. Verba δὲ oestro ex eodem sumpta auctore, unde sua duxit Aelianus H. A. 4, 51 et 6,37° IGSchn.

Sch. ad v. 164. Quaedam add. G* post τρυβλίον quae desinunt verbis ....@or μετ᾽ αἰσχρολογίας. Collato Eutecn. (quem prae manibus habuisse librarium in restituendis scholiis satis patet): ἔτε μέντοι ἅλμη πρὸς τούτοις ποϑεῖσα

-

δριμεῖακ ἐπίκουρος γίγνεται τῇ συνενεχϑείσῃ τῷ ἀνϑρώπῳ τῇ

Sch. ad v. 249. Omnia dedi ex G*RP. διὰ τὸ αὐαίνεσϑαι (19-21) maluit Schneiderus ea pro ὌΝ quae exhibet G' (ὅτε ἐν αὐτῇ τῇ ἡμέρα ποϑῇ ἀναιρεῖ" pl νεται δὲ παρὰ τὸν Ὕπανιν τὸν ποταμόν τοῦτο γεννᾶται ὄὅρ- ϑρου, μαραίνεται δὲ περὶ μεσημβρίαν), ineptissima quidera, ut ea quae exhibent G*RP, atque insuper epitomata. De hoc sch. vide quae adnotavit Schneiderus: ' Haec verba variis primi auctoris vel excerptoris erroribus plena sunt; primum naphtam, olei genus, male permutavit eum ephe- mero veneno ..., deinde scholiorum auctor venenum ephe- meron similitudine nominis falsus permutavit cum insecto. ephemero *. Ceterum, etsi hoc loco vetera a recentibus scholiis secernere difficillimum est, huius scholii priorem partem usque ad βοηϑήματα antiquiorem velim considerare, verbis quibusdam demptis, h. e. καὶ οἱ βάρβαροι νάφϑαν καλοῦσιν (Lorrianus codex, nunc deperditus, habebat: xe λεῖται Κολχικόν, βάρβαροι xré.) itemque: οἱ ἴριν τοὺς πιόντας αὐτό (cf. quae ex Dioscor. et Aetio laudat ad h. 1. IGSchn.). τὰ βοηϑήματα, quae infra in scholiis ad singulos versus leguntur, auctor ille, recentior quidem, qui τὰς πεα- ραφράσεις saepe addit, in unum, ut alias, coegit. Verba de origano: βοηϑεῖ καὶ ὀρίγανος λειανϑεῖσα, cur ad h. 1, adfe- rantur non video.

Sch. ad v. 267. L: βάτος ὅτι ἄβατος ὡς ἀκανϑώδης.

Sch. ad v. 269. Glossa in G' L ad λαχυφλοίοιο" μικρο- φύλλου.

Sch. δὰ v. 270. Sch. @) νείαιραν κελεύει; Sch. #) ψγείαιραν οὖν λέγει, quod ex glossa interl. codicis G' ad order (τὸν εὐϑότερον περὶ τὴν σάρκα ὑμένα τὸν στύφοντα ἀέξει) fluxisse opinor. L: ὀπάζει" φυλάττει.

Sch. ad v. 271. Verba χαστανέα κάστανα fortasse duxit librarius recentior ex Eutecnio.

Sch. ad v. 273. G'RP: τουτέστι τὴν κλοπὴν (τὴν xd omm. RP) τῆς κλοπῆς τῆς ἑστιώσεως (τῆς £. om. G') τὸν vde- ϑηχα ἤτοι (om. G') τὸν κλέψαντα τὴν κλοπὴν τοῦ κλέπεον (αλέπου P) Προμ. --- E verbis χλοπὴν γὰρ λέγει αὐτὸ τὸ πῦρ. fortasse varia lectio in textu orta est (273): πυρὸς ἀνεδέ-

Faro φώρην.

404 I. BIANCHI

Sch. ad v. 819. Sch. α) ἀποχραϑίσειας φυτῷ, fortasse. recentius; sch. β) ἄλλως κεέ.

Sch. ad v. 320. Glossa G'L ad ἐμπίσαιο᾽" βρέξον, sré- τισον. ᾿ Igitur si ad sequentia referas ἐμπίσαιο, tune com glossa G' interpretari debes πότισον ᾿ IGSchn.

Sch. ad v. 322. ' Olim hoc loco soriptum etiam fuit. in libris quibusdam, ἐκ φλοίοιο καταχϑέος, i. e. ἐκ φλοιοῦ κατάγοντος ᾿ IGSchn. Recte, ut ex L licet inferre, ubi est sch.: ἐκ τοῦ φλοιοῦ τῆς συκῆς τοῦ xardyovtos περιτεώματα. Legit igitur ineptissime scholiastes quidam Nicandri ver- sus 321 sq. sine commate, χαὶ ἐνσεῦφον ποτὸν ὄξους (cum plerisque codd.) καὶ ἐκ φλοίοιο xré., et verba ἐκ φλοίοιο, ad ποτὸν rettulit, ut esset: praebe etiam illi (h. e. τῷ ταύρου αἷμα ποϑέντι) potionem adstringentem aceti vel etiam potionem de cortice fici, ete. Lacunam igitur sic explere tentavi xeà τῆς σ. φλ. {ποτὸν νοσῶν» Kdf)a. Verba καταχϑέος τῆς γαστρὸς explicant variam lectionem ἐκ φλοίοιο καταχϑέος xré.; ea vero quae secuntur χαταχϑέος, ut par est, ad γασερὸς referunt. Haec vero exhibet G', quas postea induxit G*: καταχϑέος" τῆς πιληϑούσης κατὰ τοῦ κατάγοντος καταχϑέα di ματα γαστρός. ᾿ Verba χκαταχϑέα ῥύματα γαστρός nescio al- terius poetae an varietas lectionis vulgaris sint habenda ᾿ς IGSchn. xerey9 habet in textu ed. Coloniensis.

Sch. ad v. 327. Glossa G'L ad στήδην᾽ σταϑμηδόν.

Sch. ad v. 328. Videtur olim lectum fuisse etiam &x ἀδευκέϊ, quod scholiastes interpretatur παλαιὸν πιχρίζοντα ®. IGSchn.

Sch. ad v. 329. Sch. e) σιλφιόεσσαν ὄξους. sch. 8) χαὶ σιλφίου xré. Hoc sch, fortasse addidit auctor recentior ut rod ὁποῦ speciem explicaret.

Sch. ad v. 335. Scholium quod post ἄλλως legitur posterius additum esse censeo; ea enim quae de buprestide antea docentur satis sunt ad Nicandri textum declarandum.

Sch. ad v. 337. Verba νίγρῳ τὰ ϑηρία (6-18) nihil aliud sunt nisi paraphrasis versuum Nicandri 337-343.

Sch. ad v. 345. Quae exhibent RP (v. adn. crit.) li- brario cuidam debentur qui legebat in codice suo πίμπραται ἐσχατιῇσιν ὅταν καυλεῖα φάγωσιν, atque hanc lectionem ge-

406 Ἐν BIANCHI

Sch. ad v. 889. χαὶ χυλὸς, xré., scholium, nor, a librario quodam additum, qui vocem χυλὸς videtur ad sequentia conchylia. Da

Sch. ad v. 394. Glossa interl, G' ad al%jevros* mup- ρώδη γὰρ ἔχει τὴν σάρκα. Τζέιζης φησι τεφροειδοῦς.

Sch. ad v. 395. Glossa interl. G! ad κῆρυξ τὸ smed mov” εἶδος ὀστρέου κῆρυξ.

Sch. δὰ v. 396. Quae nunc exstant post τὰ ὄσερεια, glossemata videntur recentius e margine irrepta.

Sch. ad v. 398. Quae post ἄλλως leguntur usque ad. Σπάρτην te recentiorem manum addidisse conicio.

Sch. ad v. 899. Glossas sunt.

Sch. ad v. 401. RP: μονήρει γὰρ &xeîvi ἀνεὶ τοῦ ἐν μιᾷ ἡμέρα ἀναιρεῖ τὸν ἄνδρα τὸν βαρύν, γενναῖον" ἰδίως δὲ μονήρει εἶπε, quae dedi ex G' integriora videntur.

Sch. ad v. 406 sqq. λειριόεν τὸ xré. dedi quae exbibet 6". Haec Li: ἔρις φησὶ ἤριζε τῇ Apoodiry περὶ λευκότητος, δὲ μηνίουσα ὄνου αἰδοίῳ ἐμφερῆ ταύτην πεποίηκεν. Glossas, ut patet, inde exhibent G RP, quas hic tantum edere pu- tavi: 406. aZvuoo* λάβε. λειριόεν κάρη" τὸ τοῦ xgivov (χρόνου P) ἄνϑημα. ἀφρὼ Agoeodiry, ἀφρογενής, drroxo= ριπετικῶς. 401. ϑιρύοις" φύλλοις. 409, βρομήεντος᾽ τοῦ ὄνου" ἐναλδέσασα᾽ ἐναυξήσασα. κορύνην" τὸ αἰδοῖον τοῦ ὄνου. 410. σκύλλαιο" σύρησον. ἐπεσίνατο (ἐπισίνατο P) ἔβλαψεν. περὶ κόρσεα πλάσσοις" ἐπίπλασσε τὴν κεφαλήν.

Sch. ad v. 410. Plurium anetorum vestigia in sch. ad h. v. adhue notantur. @) σχύλαιο κάμπης. β) ἄλλως αὐτό. 7) ἄλλως --- κατάπλαττε. Curnam in scholio αὐ), satis quidem mendoso, nardi fiat mentio (ut apud Eutecn. in paraphrasi) neque vidit IGSchn., qui tamen coniecit recentiorem manum verba postrema addidisse ex alia lectione codicis ducta, neque ipse video. De diversitate scholiorum #) et y) haec affert IGSchn.: ' Ex hoc diversitate conficitur duplicem olim ordinem versuum fuisse; et eum quidem, quem Eu- tecnius cum altero scholiorum auctore expressit, hune; 410, 411, 412, 413, 414, Alter scholiorum auctor hune ver- suum ordinem habuit in libro suo: 410, 413, 411, 412, 414”,

“ἐἱ

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 409

iuxta serpentis cubile nata arguunt, et sudorem serpentis memorant, ex vetustiori scholio excerpta et manca mihi videntur ’. IGSchn.

Sch. ad v. 527. L: sdyonotos κράμβη πρὸς ἀντιπά- ϑειαν καὶ μάλιστα βλαστὸς μετὰ σπέρματος ἔτι ὦν: et po- stea ad σπειρώδεα᾽ τὸν μετ᾽ ἄνϑους καυλὸν τὸν ἐμφερῆ ἀσπα- ράγῳ, δάφανον τὴν χκράμβην φασὶ (φησὶ lego), ὅτι καὶ χρονίζον τὸ ῥάφανον κράμβη γίνεται.

Sch. ad ν. 529. L ad ἄνϑος᾽ ἐάριον ἰόν.

Sch. ad v. 533. Eadem, quae in hoc sch., leguntur in G'! in glossa interl. L ad ἐμπρίοντα᾽ τραχὺν κατὰ τοὺς κλάδους 7 εἶδος φυτοῦ δριμὺ καὶ πληκτικόν. ,

Sch. ad v. 535. Verba ταύτην οὖν xté. ex glossa in- terl. derivasse puto, quae adhuc exstat in G".

Sch. ad v. 537. Sch. a) calauardoa ζῶόν τὸ δέρμα" β) διότι σβεννύει, y) σαλαμάνδρα εἶδος, xté. quorum f) et y) posteriora forte sunt consideranda. Cf. Aetium c. 52: σαλαμάνδρα ζῶόν ἔστι ὅμοιον ἀσκαλαβώτῃ xté.

Sch. ad v. 545. a) αὗται στιξόμενοι, B) γράφϑδϑται γὰρ xté. στίξζουσι, quod est in codd., quidam librarius in στίζουσαι mutavit superioris otitovos significatione falsus.

Sch. ad v. 548 dedi ex G', quamquam admodum men- dosum esse satis video, in quo trium sane scholiorum ve- stigia notentur; tertium tantum praebent RP nec non secundi extremam partem inde a ὁμονύμως, quae sunt ve- tera fortasse consideranda. Ceterum haec habet L: τεν- ϑρηδὼν ζῶον ἐμφερὲς μελίττῃ, τερηδὼν δὲ σχώλι ξ ἐμφυόμενος ξύλοις κατὰ σῆψιν ὑγρότντο: πέψιν. τενϑρήνη κυρίως us- docu ἀγρία, καὶ βόμβυξ λέγεται. ἐνταῦϑα δὲ τὴν ἀληϑῆ μέλισσαν λέγει, ἣν ἔνιοι ϑρήνιόν φασι, καὶ πληϑυντικῶς τὰ ϑρήνια, τὰ δὲ σίμβλα αὐτῶν ἐνϑρήνια.

Sch. ad ν. 550. G': κνίδης σπέρμα καὶ ὁρόβου ἄλευρον κελεύει κόψοντα (κόψαντα IGSchn.) διδόναι πιεῖν" μετά τινος δὲ οὐκ εἴρηκεν. ᾿ Verba εὖ λίπει χραίνοιο (v. Ὀ68) in suo co- dice desiderasse videtur auctor codicis α' ᾿ IGSchn.

Sch. ad v. 555. ' Ubi de galbano traditur, rectius multo codex G' πανάκων quam editus πλατάνων. Scilicet galbanium succus est ex radice ferulae alicuius in Amano

410 H, BIANCHI

Syriae monte crescentis destillans. Ex simili ferula, « Graeci srdraxes ἡράκλειον vocant, succus destillat 0)

dictus. Propter similitudinem utriusque plantae Scholii auctor galbanum etiam succum πανάχων dixit. Vide Dioso. III. δῦ et 97° IGSchn.

Sch. ad v. 557. Est etiam glossa interl. G!.

Sch, ad v. 559. Duas interpretationes affert Schol., quarum neutra cum vulgata lectione convenit. Prior arguit olim lectum fuisse χυϊσηνέμου unde conceptum ex vento effinxit Schol. Altera lectio aeque inepto fuit κυτινηνόμον, vel χυτινονόμου. Quid enim flores vel fruetus punicae ad testudinem terrestrem?* IGSchn.

Sch. ad v. 568. Sch. alterum videtur posterius addi- tum esse ab auctore τῶν παραφράσεων.

Sch. ad v. 567. ' Scholia graeca mire fluctuant in huius loci interpretatione. Primum enim ranas aestivas et hibernas inepte fingunt ex his vocabulis; deinde verbum ϑερειομένουυ ita explicant, ut moneant ex Apollodoro aestate et ex ranis (rubetis) in locis calidioribus degentibus confici venenum efficacius * IGSchn. Et alio loco: " Ex mala in- terpretatione vocabuli ϑερόεις et ϑερειομένου scholia ineptam ranarum distinetionem in aestivales et hibernas effinxerunt. Aeque inepta est φρύνου interpretatio, veluti φώνοιο, φω- γητικοῦ dieti. Scilicet perturbatum verborum ordinem in vulgatis libris non animadverterunt antiqui interpretes; inde difficultatem, quae ex neglecta rubetarum et ranarum differentia et turbata a librariis notitiae Nicandri serie orta est, explicare non potuerunt *. Ceterum prima tantum verba περὶ φρύνου λόγον vetera forte habenda sunt.

Sch. ad v. 568. Verba μεταβέβηχκεν --- ϑανάσιμος, quam vis inepta, vetustiora tamen considero iis, quae in sch. ad v. 567 fere eadem leguntur. Quod sequitur scholium e qua- dam glossa in corpus irrepsisse censet quoque Vari.

Sch. ad v. 580, Sch. &) φησὶν οὕτως δεῖν, sch. #) ἀγόνους xré.

Sch. ad v. 583. Scholium recens videtur.

Sch. ad v. 590. δύο αὐτῶν γένη -- ϑανάσιμα, Of. quae alter auctor monet ad v. 568, L: κέρασον τῷ οἴνῳ τὰ

cai

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 411

διξία ταῦτα, δὴ Vrrorospsta: λίμνη οἰκδῖα τοῖς βατράχοις" τότι τὰ μικρὰ βατράχια ἐνδιατρίβει.

Sch. ad. v. 691. Cyperi maris et feminae differentiam duxisse videtur Schol. ex poetae cyperide et cypero ’. IGSchn.; et infra: ' Cur φιλότωος appelletur, rectius expli- cabis ex Theophr. H. P. 4. 11: ἀφίησι καὶ εἰς βάϑος τὸν αὐτὸν τρόπον ῥίζας, διὸ καὶ πάντων μάλιστα δυσώλεϑρον, καὶ ἔργον ἐξελεῖν ᾽. Glossa in L ad φιλοζώοιο᾽ μακροβίου.

Sch. ad v. 593. Est etiam glossa interl. G!.

Sch. ad v. 616. Sch. a) ἤτοι xaì ταῦτα: sch. f) παρ᾽ ἀνέρι, παρὰ xté.

Sch. ad v. 618. Post ὄρεσιν (20) add. G' RP alterum sch. priori persimile ex eoque, ut patet, derivatum: xaì μυρσίνη φησὶ βοηϑεῖ (φησὶ β. om. G' add. G?), ἧς τοὺς κλῶνας ἐμίσησεν Alxtuvva, καὶ μόνη οὐκ ἐγένετο στέφος τῆς Ἰμ- βρασίας Ἥρας (καὶ μόνη οὐχ ἐδέξατο τὸ τῆς Ἵμβρ. Ἥρας στε- pos RP), ὅτε τὴν Ἀφροδίτην ἐκόσμησεν, ὅτε περὶ κάλλους ai ἀϑάνατοι ἤρισαν ϑεαί (ὅτε περὶ x. ἤρισαν G', quibus add. G* ϑεαί). Quae secuntur verba # οὕτως κτέ. recentiora quidem videntur.

Sch. ad vv. 624, 625, 627, 628. Glossae, ut patet.

INDEX NOMINVM ET VERBORVM

Verba quae in lemmatibus tantum occurrerent stellula notavi; quae vero, in notis ut variae codicum lectiones vel doctorum virorum coniecturae

exstarent, unois quadratis inclusi.

ἄβατος 854. 14.

ἀβρότονος 332, 20,

ἀγκών 884. 15, 17.

ἀγλίς 810. 8.

ἀγριόφυτον 810. 1.

ἄγρωσεις 827. 25; 898. 1.

“μιδης 891. 28,26; 828, 19; 865. 1, 8.

"Adurtos 984. 6.

᾿Αϑηνᾶ 9388. 50; 370. 19.

᾿Αϑῆναι 338. 18.

᾿Αϑηναῖοι 827. 12.

Alyuwijris 816, 18.

Αἴγυπτος 881. 15.

«Αἰολεῖς 880. 19.

[4ἰολικῶς) 880, 19 n.

«ἰσχύλος (Prom. 327) 348. 20.

«Αἰτωλία 3389. 24; 890. 7.

[4ἰτωλοί] 330. 19 n.; 889, 24 n.

ἀκαλήφη (βοτάνη) BAT. 25. (Paddacror ζῷον) 348, 2.

᾿Αχόναιος τ

dim

ἀκόνιτον 880. 16, 17,28; 88

“Axiviros (λόφος) 827, 21.

ἀκοστέω 888. 1.

ἀκοστή 888. 4, 6.

ἄκρον καρδίας 899, 9, --- * è. νειαίρης 829. 2,3.

ἅλας 378,20,

ἀλεκερυών 357. 10,

ἀλεξητήριον 326, 5,10.

15; 829, 22; ; 382. 1,10.

ἀλεξιφάρμακα 825.2; 852. 5; 391.20 n. |

ἀλώπηξ 8416. 11,

Ἄλτης 827. 9,

ἀμανίτης 880. 14, 17.

duvés 842, 26,

ἀμπελόεις 854, 10, 19.

ἄμπελος 868. 1.

ἀμφίβροτος (χώδεια ἀμφιβρότη) 849. ἴδ, 17.

ἀμφιϑαλής 338, 18,

ἀμφικάρηνον 888, 26; 969, 8.

ἀνάδοσις BAL. 14.

ἀναχελύσσομαι (apud Hippocr.; ef. Ero- tiun. 51, 6 Klein) 395. 25.

᾿Ανδρέας 382. 1; 389. 98,

ἀννησοειδές (τὸ κώνειον) 846. 21,

ἀντιφάρμακα 325.2; 881. 9, 18,14, 16,

ἅπεπεος BAL. 17,

ἄπιον 363. 4, 98.

ἀπίσσωτος (σταμνίον) 887, 26.

ἀπόβαμμα 888, 8.

ἀπογραΐω 888, 20,

᾿ἀπολλόδωρος (fem. 207 FHG I 464) 866, 9; 886. δ. (ol περὲ °4.) 888. 12

᾿“πόλλων 827, 11, 17; BAT. 20, 22; 858.8; 884. 6, 6,

ἀποπάτημα 841. 28.

“Aocgia 888, 10; 851. 26; 352, 1.

VApapixdc 888, 9.

“Aoyos 888, 9.

᾿Ιριστοτέλης (Περὶ ζῴων TX 6) 898, IT. (h. a. ΠῚ, 19, 9 p. ἃ. Π, 4,8) 859,6. -- (περὶ ξῴων VIII, 24, 2) 860, 25, (ἃ. a. I 6,1) 366.15,

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH.

‘Apxadia 866. 22.

Ἄρτεμις 391. 8

ἀρτηρία 841. 8.

‘Avia 825. 8.

ἀσχαλαβώτης 881. 22.

ἀστήρ 342. 24.

᾿Ιστυπαλαιεῖς 842. 28.

ἄστυρα 828. 20.

ἀσφάραγος 380. 19.

* ἀτμένιος 84δ. 21.

4 ἀιμεύω 844. 24; 845. 3.

ἀτμήν 816. 8; 869. 28.

ἀτονέω 881. 11.

᾿Δτρυτώνη 810. 20.

Ἄττης 826. 27; 821. 3,9.

‘Arti 811. 20.

δατύζω BAT. 8.

αὐξίς (εἶδος ἐχϑύος) 814. 14. (τὸ σῶμα) ib. 16.

αὐτοχέραστος 844. 4.

ἀφόδευμα 841. 22; 881. 10.

4 ἀφόρδιον 841. 22.

᾿Αφροδίτης 367. 22.

ἀφρός 819. 7, 18.

ἀφυσγετὸς 361. 18, 19.

᾿Αχέρων 327. 28.

χρώς 868. 4, 28.

ἀψίνϑιον 851. 19, 28, 27.

βάχχη 868. 4.

Βαχχιάδης 327. 18.

βάλανος 353. 9; 854. 1.

βάλσαμος 384. 16.

βάμμα 332. 26; 383, 1,9.

βασιλιχόν 355. 27.

βάτος 353. 7; 354. 14; 360. 15.

βάτραχος 884. 18, 20; 885. 2, 4, 9, 15, 17, 18, 19; 386. 4; 887. 21, 28.

βδέλλα 877. 11, 16; 878. 1, 13, 21.

βέμβιξ 346. 14.

[βεμβίς] 316. 14 n.

βιασμός 866. 16.

βόμβυξ 346. 15.

Bovxéoaos 369. 18.

Bovxeoas 369. 22; 370. 1.

βούπρηστις 355. 16; 800. 19, 21, 22, 23; 861. 4, 27; 363. 20.

[Boayxidns} 327. 18 n.

βρύον 377. 14.

418

βώλος 379. 11; 380. 17.

* βωμίστρια 849. 29.

Γάργαρον 881. 21.

γαστήρ 339. 13, 18; 341. 19, 21.

Γέρρα 338. 9; 861. 26; 352. 1.

* F'eopatoy 8581. 26; 352. 3.

Γεωφάνιον 8412. 16.

γηϑυλλίς BIO. 6.

γήρειον 339. 25, 26.

γιγγικίδια 810. 11.

γλήχων 840. 2, 8, 21.

γλωσσογράφος 356. 28.

Γοργών 337. 21.

γραῦς 896. 21.

* γρῶνος 335. 10.

γυμνόλοπον (χάστανον) 355. €.

δώμαλις 362. 8.

δασύφλοιος 354. 17, 26.

δαφνέλαιον 841. 24.

dar 511. 17,21; δ41. 20.

* Ζελφίς BAT. 19.

Δημήτηρ 840. 21; 372. 11.

Δημοφῶν 868. 7.

Anw 840. 6, 8.

[4ἰδυμοςὶ v. divdupos.

Δίχτυννα 390. 18, 19; 391. 1.

divduuos (Aidvpos codd.) 827. 1.

Διόνυσος 330. 9; 388. 19.

διυλίξω 931. 1.

doraz 387. 12.

dopxas 360. 4.

δόρπον BAI. 17, 18.

δορύχνιον 865. 4.

δοχεῖα μέρη xté. 329. 19.

δοχεῖον (τῶν ἐντέρων) 329. 18, 16. (βρωμάτων h. e. γαρτήρ) 339. 15.

δραξ 852. 10.

δρεπάνη 345. 28.

ders 353. 2; 354. 2. 8. 4.

ϑυσεντερία 365. 18, 20.

δυσεντέριον 366. 16,21.

ἔαρ (apud Callim. fgm. 201) 886. 17.

édoa 841. 21.

εἶαρ 836. 15; 359. 8.

εἴλιγγος 888. 19.

ἐλάτη 889. 22.

ἐλατηΐς 889. 23.

ἐλαχειϑής 385. 23.

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH.

14; (fgm. 268) 372. 8; (fgm. 228) 390. 3.

χαλύπτρα 376. 20.

καλχαίνω 366. 7.

xadyn 366. 6.

καλχιον 366. 6.

*xiupuogos 332. 2.

καμπη 368. 4.

χανϑαρίς 339. 3; 861. 3.

χάνϑαρος 339. 4.

xavuv 884. 15.

Kannadorixos 378. 22.

xaqUanis 810. 5.

κάρδαμον 381. 3.

καρύα 338. 12, 13.

χάρυον 337. 10, 11; 838. 14; 854. 28.

κάστανα 355. 25.

χαστανια 855. 3.

Kaotavis (πόλις Θεσσαλίας) 355. 3. Kaotavis (γη) 355. 4. Kaotavis (πόλις Ποντική) 355. 4.

Κάστανον 354. 15, 25; 355. 6, 6.

χάστωρ 358. 13, 16.

χκεβλῃ 369, 25.

χεβληγόνος 369. 24; 370. 12.

κεδρία 376. 15.

xedois 339. 5, 10.

χέδρος 339. 6, 7.

χέπφος 844. 12, 15, 17.

χερώννυμαι 330. 1.

χέρας 330. 6, 9. ᾿

Κέρβερος 327. 22, 28,

χέρβερος 386. 15.

xéovos 349. 21.

* xeovoqpooos 849. 27.

Kéotgos 8367. 15.

χεφαλήη 349, 18, 19.

tanxas 346. 17.

xdaoa 394. 8.

Κιλικία 367. 16.

χίχορα 870. 5, 10.

χιχόρια 370. 10.

Κλάριος eos 827. 15.

KAagos 327. 14, 16.

χλῆμα 336. 28; 380. 26.

χληματίς 880. 25.

κλυστήρ 841. 14, 15.

κλωὼν 332. 16.

416

κνήμη 364. 20, 21.

κνίδη 347. 25; 348. 3; 352. 24; 388. 10, 16.

κοίλη 329. 2.

κοιλία 929. 26; 341. 13; 861. 9; 388. 15.

κοιλοστροφία 388. 20.

xoxziov 810. 19.

xoxxos 816. 23, 21.

Κολοφὼν 326. 4; 327. 12.

Κολοφώνιος (Nixardoos) 325. 6. [Ko- λοφωνιος] 391. 20 n.

Κολχιχὸς (-0v φαάρμαχον) 352. 13, 17.

Κολχίς 352. 20.

χόμμι 888. 24, 25.

xouuidiov 888. 24: 264, 11.

κονία 836. 28: 337. 2.

Κόρη 340. 6.

xogiavov 816. 20.

xoguov 843. 14.

Κορύβαντες 350. 5.

χράδϑῃ 359. 19; 362. 8; 889. 3.

xoctuBn 360. 12, 13; 880. 19, 20.

χρατηροφορος 319. 30.

* Koeovon 327. 11.

Κρής 366. 20; 376. 18.

Κρήτη 326. 24; 8351. 15.

Koyrixos 826. 22.

xgivov 861. 22.

xgoxodetdos 881. 17.

κρόμυον 370. 6.

χρύσταλλος 878. 1%.

ἘΚυδών 351. 14.

Κυδώνιον (un4ov) 351. 14, 17; 868. 6.

Κυζικηνός (Πρωταγόρας) 325. 6.

Κύζιχος 326. 4; 327. 1.

κύπειρος 387. 17; 388. 3.

Κύπρις 367. 20; 390. 23.

κυιπρος 389. 16, 17.

Kuonvaixos (-ὃν norov) 348. 6. [-ὃν διζεῖον) 348. 11. (0705) 358. 24; 360. 13; 364. 9, 14.

xvorn 391. 14.

κυρτίς 811. 3,7; 391. 11.

κύστις 339, 18, 19; 861. 10.

χύτινος 884. 13; 889. 18, 20.

κύτος 329. 15.

xwdera 849. 15. 17, 19, 21.

κῶλον 329. 10, 11.

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH. 417

νάφϑα 952. 13. ὁπός (Kvonvatxos) 864. 9, 14. νεβρός 360. 4. ὁπώρη 329. 82; 330. 8. νείαιρα 884. 20, 21, 27. | ὀρεοσέλινον 889. 4. νευρὰ 884. 15. ὀρίγανον 883. 20. ὁρ. ἥμερον dictum νηδυς 353, 25. ib. 21. og. ὀνῖτις dictum ib. 22. νήμα 336. 26. ogiyavos 858. li. Nicandri Alexipharmaca 825. 2; 8391. | ὀρμίνϑιον 889. 1. 20 n. ogofos 333. 11, 16. Nicandri Theriaca (v. 741), 371. 21; | *00oyxos 332. 6. 891. 21 n. ὄρτυξ 884. 12.

Nixavdoos (Alex., 4) 325. 8, 5; 837. 18; | ὀρχάς 836. 11. 387. 19; 838. 20; 342. 17, 24; 872. 11; | 0ogis 358. 13, 15, 17. 390. 9, 10; 891. 21 n. (fgm. 91) | ὀστέον 337.9.

357. 21. ὄστλιγξ 814. 22. νίτρον 861. 6. ὄστρειον 366. 15, 16. Νυσαῖος 880. 12. οὖλα 385. 18, 14. ξηροπυρία 881. 7. *ovdas 853. 28. ὄγκος 382. 7. οὖλον 849. 6. ὀϑονη 891. 11. οὔρειον 859. 1. οἴναρον 333. 18, 18. οὖρον 888. 22, 24. olvas 376. 16. ὄφις 334. 26; 379. 26. οἰἐνέλαιον 373. 18. παλλαχή 865. 1. οἶστρος 343. 28; 877. 12. παλμὸς (χροτάφων) 329. 28. Οἴτῃ 890. 6. Παμφυλία 367. 16.

Ὅμηρος (2 387) 325. 16. 120) 337. | Πών 840. 20. 27. (h. in Cer. 192) 340. 28. | πανήγυρις 854. 12. (I 59) ib. 27. (Y 4265) 341.8. | πάππος 389. 27. (Z 202) 341. 21. (#9 474) 343. 18. | παραφυάς 843. 11. (Z 468) 841. 7. (E 499) 849. 19. | [πάρδαλις] (= πόρδαλις) 880. 24 n.; 831. (0 402) 858. 29. (Z 48 sq.) 856. 3 n. 21. [4 105) 868. 11. (5 413) | Παρϑενία 842. 15, 19, 20. 366. 10. (JI 747) 366. 15. (B 588) | Πάρϑοι 348. 22. 366. 24. (9 298) 873. 6. (B 756) | παρίσϑμια 835. 21.

382. 22. πελιδνοτης 382. 10. Ὀμφαλός 826. 22. ᾿Ξ πελλίς 885. 7. ὀμφαλός 362. 18, 15, 28. ὁμῳ. τῶν Ἐπεμφρηδών 810. 9.

σύκων 362. 14. πέπειρος 846. 1, 16. ὀλχός 885. 18. πέπερι 841. 25; 848, 8. ὅλμος 88. 1. περίττωμα 860. 1,2. Ὄλυμπος 856. 22. ᾿περσέα 337. 9, 15. ὄμπνη 826. 20. Περσεὺς 937. 14, 15; 988. 2. Ὄμπνια 826. 21. Περσεφόνη 810. 7; 866. 2. Ὀμφάλιος 826. 25. πείχη 388. 8. ὀμφαλόεις 826. 14, 17, 19. πεύχινος BOU. 24; 982. 12. ὀμφαξ 857. 21. πηγάνιον 832. 22; 848. 1, 6. ovitis 833. 20, 22. πήγανον 868. 18; 368. 2, 4, 5, 6,8, 9, 12; ὀνόγυρος 888. 14. ᾿ς 880, 21; 889. 18. ὄξος 888. 1. Πήγασος 334. 21.

Studi ital. di filol. class. XII. Zi

418

πίσσα 876, 10, 11, 14.

πίσσα χυτὴ 889, 5.

πισαὶον 888. 18.

πιτύα 864, 94.

πίτυς 857, 95; 868, 8, 4, δ, 7,8; 388, 9, 4; 859,9.

πλακούς 888. 18.

πλούτων 827. 11; 840, τ.

πνευμάτωσις 829. 97.

πόλιος 868, 11,12.

πολύγονον 853, 5; 854. 7,8.

πολύκνημον 5884. 1,8.

πολύσεροιβος 826. 11.

Ποντικὴ 8971. 26.

Ποντικὸς 355, 4. Ποντική Ἡραχλεία 828, 98,

πορδαλιαγχές (τὸ ἀκόνιτον) 828, 10; 881.

. 8,

πόρδαλις 898. 11,12, 15; 880, 24; 881. 8, Ἷ, 11, 19,

πορφύρα 866. 6.

Ποσειϑών 827. 17; 889, 10.

* Mocpvios 844. 8. --- ἄμπελος Πραμνία ib. ib.; 846, 2.

Πραξαγόρας 859. 1; 866, 20; 387, 18.

πρασίζω 885. 22.

πράσιον 882, 17.

πράσον 867. 18.

πρημαδία 386, 11.

πρῖνος 864. 8,

Πριόλαος 828. 22.

προμένειον 376, 16,

Πρόμενος 376. 17.

® IIgopn®elos 355. 8.

Προμηϑεύς 855, 10,

πρόξ 860. 4.

Πρωταγόρας (ὁ Κυζικηνός) 825. 5, 6.

πυετία 360, 3.

πύλη 829. 18; 841. 19; 818. 5.

πῦρ 846. 2, 4, 6, 15, 18, 19,

πύρεϑρον 881. 1.

πυρῖτις 881. 1

πῶλος 884, 17, 18.

Ῥάχιος (Ῥάχιος codd.) 897. 14; ib. 18 n.

δάκος 818. 18,

δάξ 846, 7,

δάφανος 880, 18, 20.

Ῥέα 326, 27; 849. 80,

dl. BIANCHI

δητίνη 857. 24; 889. 12,

Fri Ci rt διζοτομικεί (h. e, libri de dicis) ib. 5

δινός 881, 19.

ῥόδινον (ἔλαιον) 351, 21, 28,

doré 876. 16, 17; 389. 20.

* diupa 887. δ.

δυπαρός 841. 17.

δύπος 887. δ.

* ῥυσσαλέος 845. 99.

*0vr 880. 91.

δυτιδόαν 336. 21, 22.

σαλαμάνδρα 881. 16,22.

Σαμιαχός 842, 22.

Σάμιος 842, 19,

Σαμοϑράκη 842. 17.

Σάμος 842. 15, 20, 98,

Zagdiavév (χάστανον) 855. 6,

σαρδιανὸς 853. 9.

Σάτυρος 880, 8.

σαῦραι 881, 11.

Σειληνὸς 880. 8, 4.

σελήνη 850. 9.

σέλινον 389, 9,

σηπία 814. 24,

Σίγειον 881. 90,

[Σίγη] 881. 20 n.

σίδη 389. 18,

σιδηῤῖτις 888, 14.

Σικελοὶ 336, 23.

σιλλαίνω 880, 4.

σίλφιον 348, 11; 855, 17; 868, 18, 94; 860. 11,13; 364. 9.

σίνηπι 881. 7.

Zivis 389. 10.

σινωτιχός 851. 6,

*otrmyévos 969. 20, 24.

[σἰφαραὶ 336. 23 n.

σχίναξ 334, 25,

σκαμμώνιον 884, 22.

σχαμωνία 376. 1, δ.

σχελίδιον 810. 9.

σχίλλη 862. 54.

Σκιράς 388, 20.

σκιρτητικός 884. 25,

σκόροδον 810. 9.

arogniovgor 842, T.

SCHOLIA IN NICANDRI ALEXIPH.

Σχύϑαι 848. 22.

Σχυϑιχκὸς 848. 24.

σχυλεύω 354. 23.

σχύλος 354. 22, 27.

σμήγμα 331. ὅ.

σμῖλος 989. 22, 23.

σαύρνα 367. 18; 388. 26.

σμυρνεῖον 868. 17.

σπείρημα 367. 22, 26, 26.

σπέρμα 386. 19.

σπλήν 386. 10.

σπόρος 887. 2.

otaxt 337. 3.

σταφυλή 829. 82; 377. 1, 78.

σταφυλῖνος 361. 2.

στέρφος 352. 10.

στερφόω 852. 11.

στῆϑος 885. 23, 26.

στόμα γαστρὸς (= στόμαχος) 329. 5, 8. τὰ ἐσωτέρω καὶ κατωτέρω τοῦ στ. 841. 2.

στόμαχος 939. 14.

στρόβιλος 883. 2, 6.

ctooufos 866. 7.

στρουϑόμηλον 850. 21.

στρόφος 888. 19.

συχάμενος 884. 27; 885. 8.

συχὴ 333. 12, 18; 352. 24; 359. 20, 22, 26, 29; 362. 12, 20.

σῦχον 362. 7, 9. 11, 14, 17, 19, 21, 26.

Ἐσυρμός 853. 20.

cvoperos 861. 19.

aus ἄγριος 827. 7.

σύστασις 339. 28.

σῦφαρ (ex con. Keil.) 336. 23.

[ovpaoa] 886. 23 n.

σφηχωδὴης 846. 9, 14.

σφονδύλη 861. 2.

σχοῖνος 391. 15.

Τανάγρα 332. 4.

ταύρειον αἷμα 859. 1, 10; 860. 16.

Tavooxeows (0 Διόνυσος) 330. 9.

ταυρωτικὸς 830. 8.

* Teunis 841. 17.

terdondwv 882. 18, 24.

τενϑρήνη 382. 18, 20.

τερεβίνϑινος 851. 24.

ζευϑίς 814. 20, 28.

419

*revyos 329. 12, 15.

τέφρα 837. 2, 0.

Τζέτζης 885. 22.

τηνεσμοὸς 868. 14, 16, 20. τίτανος (= ἀσβεστοςὴ 882. 11. τοξικός 348. 20, 26. τραγορίγανον 868. 20, 22. τρικυμία 8415. 13.

τριπτήρ 811. 6.

Τροία 890. 24.

τρυγητός 846. 28.

τρύξ 888. δ; 881. 8. τυμπανόεις (ὑδρωψ)ὴ 861. 11. Ἐτύρσις (= πόλις) 825. 11; 826. 1. ὑγρασία 882. 10.

ὑγρόπισσον 889. ὅ.

vdoa 818. 25.

ὑδρία 8177. 25.

ὑδρωπιχός 887. 7; 861. 10. ὕδρωψ 861. 16, 17.

ὕλη 345. 2, 15, 17. 19. ὑλιστήριον et ὑλίστριον 377. ὅ. ὑμήν 864. 22; 868. 18, 14. Ὑμήττις 371. 20.

Ὑμηττός 811. 20; 372. ὅ. τοσχύαμος 868. 14, 17; 869. ὅ, 16. Ὕπανις 352. 19.

ὑπέρεικος 889. 1.

ὑποχόνδρια 889. 20, 21.

ὑραξ 330. 19, 21.

vs 880. 21.

ὕσσωπος 889. 2.

Paxos 888, 18.

φαλαγγιον 360. 21.

Φαλάχρα 8981. 20, 21. Φαλαχραῖος 331. 21, 28. φαντάζομαι 886. 4.

Φαρικόν (φάρμαχον) 852. 18; 866. 19. Φαριχός 8θ6, 20.

Φαρις 866. 24.

Φαροι 866. 22.

Φεραί 866, 28.

φηγός 888. 27; 864. 2, 8. φλοιός 864. 21.

φλός 833. 6, 11. φλυαρογράφω 849. 11. φλυζογράφω 849. 11.

φλύζω 849. 10.

420 Φοῖβος 868. 8. φοίνιξ 868, 22. Φρύγες 827. 8, Φρυγία 828. 28. φρένη 886. 10. φρῦνος 886. 1, 6, 11, 16, 17,28; 887. 15. doc 827 8.

Φυλλίς (= Μελίφυλλον) 842, 16, 11. Φυλλίς [μία τῶν νυμφῶν] 842. 20. φύσις 881. 25.

Φωχήεις 816. 26,

Φωχικός 876, 91.

Φωκυλίδης (171) 871. 81.

φωλεός 819. 86; 880. δ.

H, BIANCHI, SCHOLIA IN NICANDRI ALKXIPIL.

χειμερινός 891.6, 1. - (ϑάτραχος) 885. 4,6. χέλυς 886. 28, 26; 884. 9. τ χελύσσομαι 885. 94. χελώνη 884. 4, 8, 11. Χησιάς 842. 26.

Χησιεῖς 842, 28. χιληγόνος 869. 21.

χοῖρος 880. 20, 21.

χολή 886, 25.

χόνδρος 889. 20. χορδαψός 865, 19. Χρυσάωρ 881. 21. χύλισμα 848. 14.

χυλός 884. 9.

χαλβάνη 888. 22. ψιϑία 844. dj 846. 2. χαλινά 889. 8. ψιμύϑιον 886. 4, 12, 18; 881. 4, χάλκανϑον 880. 23. ὥκιμον 855. 20. 27. χαλκός 880. 94. ἀόν 866. 7; 867. 4, δ, 8, 14. χαμαίπιτυς 888, 18, 19; 884. 1; 883, 1, | ὥσχη 388. 21. 28.

8. ὠσχοφόρος 888, 11. χαμελαία 882. 21. ὠτίον 868. 14.

CORRIGENDA pag. 827 1. 27 ἀκόνιτος “Andviros

» 828 » 16 περιαλλώμεναι περιαλλόμεναι » 846 » 20 κοριανόν κορίανον

» 866» 6 πορφυρᾶς πορφύρας

» 874 » 24 σηπίων σηπιῶν

» 375 » 18 πορφυρά πορφυρᾶ

» 882 » 20 τενϑήνη τενϑρήνη

PER 1 EPITOME ARISTOTELIS DE ΑΝΙΝΑΙΒΥ͂Β᾽

DI ARISTOFANE DI BIZANZIO

1. Aristofane ed Eliano.

M. Wellmann, in quell’ingegnoso contributo allo studio delle fonti di Eliano che è il suo articolo su Alessandro di Mindo (Hermes 1891 XXVI 481 sgg.), è stato il primo a far notare la dipendenza della ἢ. a. di Eliano dall’epit. de an. di Aristofane di Bizanzio, mettendo in rilievo la con- cordanza dei due scrittori così nell'ordine della descrizione come nella dicitura, concordanza resa ancor più significativa dal confronto con la loro fonte ultima, Aristotele. Il Well- mann ha riconosciuto questo rapporto di dipendenza per sette capitoli della ἢ. a.; glien’è sfuggito un ottavo (IV 65), la cui derivazione dall’epitome (II 458 sg.) non è meno evi- dente, non ostante che l’ordine delle notizie vi sia in- vertito 1):

Aristoph. Ael.

Ἐκτιέμνονται oi ἄρρενες Καμήλους ἔτη βιοῦν καὶ πεν- (sc. κάμηλοι) καὶ ϑλῶνται (κα- τήχοντα ἀκήκοα, τὰς δὲ ἐχ Βά- Ι1Θ.1Ὡνται[) αἱ ϑήλειαι τὰς λε- κτρων πέπυσμαι προϊέναι καὶ γομένας καπρίας, τουτέστε τὰ ἐς δὶς τοσαῦτα. καὶ ol ys do- ἐντὸς τῶν πτερυγωμάτων τῆς ρετες καὶ πολεμικοί, ἐκτέμνου- φύσεως ") ἐπανεστώσας σάρχας. σιν αὐτοὺ: οἱ Βάκτριοι, τὴν

1) Un altro esempio di inversione si ha, del resto, nel capitolo con- tenente la descrizione dell'elefante (Ael. IV 81 = Aristoph. II 68 sgg.): Eliano ricorda l’inettitudine di questo animale al nuoto subito in principio; Aristofane, soltanto alla fine.

3) πτερυγωμάτων τῆς φύσεως ho scritto con Suid. 8. v. Καπρίαι invece dell'assurdo περιττωμάτων τῆς κύστεως del cod. di Aristofane. Cfr. p. 414.

422

[διὰ] τοῦτο δὲ γίνεται ὅταν εἰς πόλεμόν τις βούληται αὐταῖς χρήσασϑαι' οὐδὲ γὰρ ἔτι συλ- λαμβάνουσι "). ζῶσι δὲ αἱ κά- μηλοι ἔτη πεντήχοντα, αἱ δὲ

x. L. DE STEPANI

ὕβριν καὶ τὸ ἀκολασταίνειν ἀφαιροῦντες, τὴν δὲ ῥώμην αὐτοῖς φυλάττοντες. κάονται ([CAOvre) δὲ αἱ ϑήλειαι τὰ ἐξάπτοντα ἐς οἶστρον μέρη αὖ-

Βακτριαναὶ ἑκατόν *). τάς.

In tal modo abbiamo le seguenti coppie di luoghi pa-

ralleli: Aristoph. I 2- 22 = Ael. XI 87 » I 38 ssa LV 9 » I 110-114 = » IV 20 » II 68-82 = » IV81 » II 134-148 = » IV 84 » II 167-180 = » IV 40 » II 245-250 = » IV 49

» II 458-459 » IV 55

Una circostanza che richiama subito l'attenzione è que- sta, che, a cominciare dalla seconda coppia, l'ordine dei capitoli nei due scrittori è esattamente lo stesso. Questo accordo, che se fosse dovuto ad una combinazione fortuita, sarebbe veramente singolare, ha invece una spiegazione semplicissima nel metodo con cui Eliano ha lavorato: egli ha ricavato dai suoi autori le notizie che facevano per lui, trascrivendole via via che nella lettura gli capitavano di- nanzi, di regola senza mutarne l'ordine. La dimostrazione di questo fatto finora disconoscinto, tanto che le ricerche intorno alle fonti di Eliano sono, fino a questo momento,

1) Arist. h. a. IX.50 p. 682421: ἐχτέμνεται καὶ χαπρία rd ϑηλειῶν ὑῶν, ὥστε μηκέτι δεῖσϑαι ὀχείας ἀλλὰ πιαίνεσϑαι ταχέως. ἐκτέμε- νεται δὲ νηστεύσασα δύο ἡμέρας, ὅταν κρεμάσωσι τῶν ὀπισϑίων σκελῶν. τέμνουσι δὲ τὸ ἦτρον, τοῖς ἄρρεσιν οἱ ὄρχεις μάλιστα φίονται" ἐνταῦϑα

γὰρ ἐπὶ ταῖς μήτραις ἐπιπέφυχεν καπρία, ἧς μικρὸν ἀποτέμνοντες συρ- ράπτουσιν. ἐκτέμνονται δὲ καὶ αἱ χιίμηλοι αἱ ϑήλειαι, ὅταν εἰς πόλεμον χρῆσϑαι αὐταῖς βούλωνται, ἵνα μὴ ἐν γαστρὶ λάβωσιν.

3) Arist. h. a. VI 26 p. δ18" 12: ζῇ δὲ (sc. ἡὶ κάμηλος) χρόνον πολύν, πλείω πεντέκοντα ἔτη e ὙΠῚ 9 p. 596% 9: ζῶσι δ᾽ el πολλαὶ τῶν καμήλων περὶ ἔτη τριάκοντα (πεντήκοντα Gronov), ἔνιαι de πολλῷ πλείω" καὶ γὰρ εἰς ἔτη ἑκατὸν ζῶσιν.

424 ©. L. DE STEFANI

scrizioni che gli forniva questo autore, costituivano materia sorda all'arte leziosa del sofista, il quale peri raffreddato ben presto quel primo ardore che gli aveva stilizzare tre capitoli consecutivi (epit. II 68 sgg., 134 167 sgg.), si accontentò di cavarne partito di tanto in a semplice fine di varietà, È più che giustificato dunque il ricercare, se altri capitoli dell'epit. non siano per ay- ventura entrati nella raccolta Elianea.

Effettivamente nella prima metà del lib. V della h. a. occorrono alcuni capitoli che, per il loro carattere desorit- tivo ricordante il fare di Aristofane, si staccano dagli altri fra cui si trovano. Sono i capp. 4. 18. 20. 31. 32, dei quali i capp. 4. 20. 31 contengono particolari anatomici come ne abbiamo nell’epit., il 18 rivela nella chiusa la comunanza di origine col 4 (indicazioni sulla dimora di animali appaiono anche in Aristoph. epit, de an. II 149 e 2502), il 32 che in ultima analisi risale ad Arist. ἢ. a. VI 9 p. 564* 25 ricorre in parte, con notevoli somiglianze formali, in Aristopli. epit. de an. I 33:

Arist. Aristoph. Ael.

ταὺς ζῇ μὲν ταὼν τίκτει μὲν γνν τρία ἔτη geni περὶ πέντε καὶ εἴχοσιν ἅπαξ τοῦ ἔτους, τίχεει μένος κυήσεως ἄρχεται ἔτη, γεννᾷ τριέτης δὲ ϑώδεκα, ταῦτα καὶ ὠδῖνα ἀπολύει καὶ μάλιστα, ἐν οἷς καὶ τὴν δὲ οὐχ εἰς ἅπαξ ἀλλὰ τῆς τῶν πτερῶν τιολυς ποικιλίαν τῶν πτερῶν παρ᾽ ἡμέραν" αἱ δὲπρω- χροίας τε παὶ ὥρας τὸς ἀπολαμβάνει" ἐκλέπει. τοιόκοι τίκτουσιν ὀχιώ. τε ἄρχεται. ἐπῳεέζει δὲ δ᾽ ἐν τριάκονϑ᾽ ἡμέραις τίκτουσι δὲ καὶ ὑπηνέ- (ἡμέρας πρὸς τριάκον-: μικρῷ πλείοσιν. ἅπαξ μια, καϑάπερ καὶ αἱ τα" τίκτει δὲ Βαρρῖ. δὲ τοῦ ἔτους μόνον τἰ- ἀλεκτορίδες. ὑποτίϑεται —Gronov cf, Athen. ΤΣ aret, τίχτει δ᾽ ψὰ dui δὲ καὶ ἀλεκτορίϑι, οὐ 397%) οὐ κατε τὸ ἑξῆς, δεκα μιαρῷ ἐλάττω" πλείω (dè) dio, τῶν ἀλλὰ παραλιπὼν δύο

τίκτει δὲ διαλείπων dio τοῦ rasi. ἡμέρας. ἤδη δ᾽ ἂν τέ- τρεῖς ἡμέρας καὶ οὐκ zo καὶ ὑπηνέμια ἐφεξῆς" αἱ δὲ πρω- ταώς, ὡς καὶ ὄρνιϑες, τοτόκοι μάλιστα περὶ ἕτεροι.

dara gd. τίκτουσι δ᾽ οἱ ναι καὶ ὑπηνέμια,

La fonte diretta di Eliano non può essere Aristotele: in primo luogo, perchè in questo manca, a proposito delle uova vane del pavone, il paragone con altri gallinacei, che

428 E. Li DE STEFANI le parole del testo πὸ alla fine della 4", dove è concepiti in questi termini: ῥηϑήσεται καὶ περὶ τῆς ἐκτέξεως ab τῶν (86. γυναιχός, κυνός, λύκου ecc. di cui è parola nei $$ pre-

#

cedenti) καὶ ἐκεροφῆς καὶ τῆς ποσότητος τῶν γεννωμένων καὶ τὸ ὅλον τοῦ βίου αὐτῶν ἐπ᾽ ἀκριβείας κατὰ προγραφὴν ἐν τῷ δευτέρῳ ἐπιγραφομένῳ δὲ περὶ τῶν ζῳοτοχούντων, νῦν δὲ ὑπομνήσεως χάριν ἐπιτετρόχασϑω. Se anche, dunque, non ci fosse rimasto nulla dei libri successivi al primo, potremmo considerare come cosa indubitabile, che le no- tizie circa alla prolificazione date in questo libro, erano ripetute ai loro luoghi nella trattazione dei singoli ani- mali; ma siamo tanto fortunati da poterne aver la certezza assoluta mettendo a paragone il contenuto dei $$ 46-53 del lib. I con le descrizioni dei mammiferi del lib. IL. Quivîi Aristofane non solo non ha trascurato di ritornare su cose già esposte nel libro precedente, ma lo ha fatto adoperando quasi le medesime parole:

I 47: μὲν οὖν γυνὴ ἕνα χρόνον ἑστῶτα οὐχ ἔχει τῆς κυή- σεως καϑάπερ τὰ ἄλλα ζῷα, ἀλλὰ καὶ ἑπτὰ μῆνας κυήσασα tixter *) χαὶ ἐννέα, εἰσὶ δὲ αἵ χαὶ (tod) δεκάτου καὶ τοῦ ἐν- δεκάτου ἤδη προσέλαβον.

In ciò che segue I 47,

II 84: χρόνοι ἱσεάμενοι ταῖς κυούσαις καϑάπερ τοῖς ad λοις ζῴοις odx εἶσιν, ἀλλ᾽ αἱ μὲν ἑπτὰ μῆνας κυήσασαι ἕτεκον, ai δὲ ἐννέα, ai δὲ δέκα καὶ τοῦ ἑνδεκάτου τινὲς προσέ- λαβον.

nonostante qualche diversità

di sostanza, continua l'accordo formale con i corrispondenti paragrafi del lib. II, salvo che tale accordo per la brevità stessa delle notizie è meno appariscente; ma lo è ancora abbastanza nei due luoghi seguenti:

(sue varietà, tintura che se ne estrae, età) ed altri molluschi, la quale è qui fuori di luogo, perchè non ha che vedere col tema περὶ xvy- σεως, si può sospettare con fondamento che sugli ὀστρακόδερμα --- come sugli insetti Aristofane non intendesse più ritornare nel suo libro.

1) Dopo questa parola il Lambros, tenendo conto di Arist. h. a. VII 4 p. 584% 33 6 de gen. an. IV 4 p. 772 6, ha supplito καὶ dere. A torto, come mostra il luogo del lib. IT messo a confronto e il 80 del lib, 1.

482

E L. DE STEFANI

καὶ (n° 5) πόσα δύναται ζὴν ἔτη... ($ 3) ἐν ταῖς ἔχον, μέναις ταύτῃ δυσὶ συντάξεσι περὶ τῶν ψοτοχόντων ὅμοιοειϑῶς τούτοις τὸν λόγον ποιήσομαι. La somiglianza si fa più piena, se consideriamo lo svolgimento dello schema nella singole descrizioni dell’epitome, nelle quali ritroviamo il n.2 Luella forma più complessa (nome e classificazione) vista negli twixd, e rivediamo, sebbene in misura minore, i medesimi perturbamenti nella successione delle parti e le medesime omissioni 1) che già vedemmo in quelli:

Arist, epit. de an. II 7-39

OY vs dv de dg

ἄνϑρωπος: 65-82 ἐλέφας: 183-150 λέων: 167-181 κύων: 207-216 λύχος: 245-251 πάρδαλις: 219 πάνϑηρ *): 388-289 ϑώς:

295-299 αἴλουρος :

308.313 dee:

826-336 ἄρκτος:

345-347 μῦς:

373 μυγαλῆ:

876-380 γαλῆ:

387 daris:

390-391 ἀλώπηξ:

409-410 δασύπους:

419 ἀσπάλαξ: 424-427 ἐχῖνος χερσαῖος : 436-440 νυχτερίς :

446-459 κάμηλος:

476-492 ἔλαφος:

573-534 ἕπττος:

1.3.8. 4

1.3. 8. 4. 5

.1..3,3.4

3.8 1.3.3. 4 1.2.4.3.5 1.2.4.3 1.2.3.4. 5 1,2,8

Ὁ) Il confronto, fra Aristoph. θρίξ. de an, Il 245-251 e Ael. h. a.

IV 49 ci la certezza, che almeno non in tutti i casì tali omissioni sono dovute al compilatore bizantino.

3) Il $ 279, attribuito dubitativamente a Timoteo dal Lambros,

fu riconosciuto proprietà di Aristofane dal Blass (Liter, Centralblatt

1885. p, 1850),

5. 6.‘906.

484 E, 1 DE STRFANI

comune condotta con quel metodo e con quell'intento,

mentre l’uso d'una fonte siffatta per l'epit. d’Aristofane

dovemmo escludere recisamente. Per modo che, a chî ostini a negare l'identità, non rimane altro che conside: rare gli {xd come una relativamente tarda falsificazione, di cui la fonte principale sia l’epitome. Tale opinione, per quanto ci pensi, non trovo che possa invocare per altri argomenti che questi; primo, la diversità del titolo dato alle due opere (‘Agiorogarovs τῶν ᾿Αριστοτέλους περὶ ξῴων ἐπιτομή [Ρ. 1,4 L; cfr. Hierocles in Hippiatr. praef. p. 4 Bas. 1537 = Arist. fr, 293 R*, Jo. Lyd. de mag. ΠῚ 63 p. 164, 15 W = Arist, fr, 312 R°) a ‘Agiororsdovs ζωικά 0 περὶ ξωιχῶν [Ath. e Apoll, hist. mir.]); secondo, il fatto che delle due citazioni che Apollonio fa degli ξωικά, l'una (bist. mir, 28: ‘Agrororéàns ἐν τοῖς ζωικοῖς “6 ῥύπος, φησίν, ἐν τοῖς ὠταρίοις γιγνόμενος πικρὸς dv, ἐν ταῖς paxoaîs νόσοις γλυκὺς γίνεται n) non ha riscontro affatto nell’epitome, l'altra non lo ha che imperfettamente:

Aristoph. I 112: μόνου τοῦ Apoll. c, 27: Ἀριστοτέλης ἐν ἀνθρώπου μέλλοντος pera τοῖς ζωικοῖς |. οἱ φϑεῖρες, λάσσειν οἱ ἐν κεφαλῇ φϑεῖ- φησίν, ἐν τῇ κεφαλῇ ἐν ταῖς φες γίνονται. μακραῖς οὐ φϑίνουσιν νόσοις,

μελλόντων δὲ τελευτᾶν τῶν πασχόντων ἐπὶ τὰ προσχεφά- dara εὑρίσκονται, προλελοιπεά- τες τὴν χεφαλήν ,.

Ciò che fa la debolezza del primo argomento è che la discrepanza di titolo ha una spiegazione plausibile anche se si considerano gli {mrxd e l’epitome come opere non di- verse l’una dall'altra: l’attribuire senz'altro ad Aristotele ciò che per esplicita testimonianza del compilatore era at» tinto ad Aristotele 1), e il variare leggermente l’altra parte del titolo in modo da distinguere senza equivoco l'epitome dall'opera integra, conciliava la brevità con una relativa

4) Così farà nel sac, IX Meletios (de struct. hom. in Cramer Aneod, Ox. III 82,21 agg. = Aristoph, epit. de an. I 6-9).

496 di E. L. DE STEFANI

καὶ mods τὰ πεντήκοντα. 6 μακρότατος βίος τῶν πλείστων, ἐστὶν ὡς ἐπὶ τὸ πολὺ τριακοντέτης), apparirà molto proba- bile che Aristofane per il cavallo, come per altri animali (cfr. II 82. 180. 459), indicasse oltre alla durata media della vita anche la durata massima.

E allora ognun vede, come anche le due citazioni Apollonio sia possibile considerarle quali indizi di lacune nel testo dell’epitome: le due notizie potevano avervi Inogo o nel lib. I 112, dove ora non resterebbe che un inesatto e monco compendio di una di esse, o meglio giacchè il compilatore della silloge Costantiniana è per solito piut- tosto un excerptor che un epitomatore (cfr. * Studi ital.” 1904 XII 147 sg.) nel lib. II, e precisamente nel capitolo reg? ἀνϑρώπου ($$ 7-39), dove può esserci stato qualche para- grafo, poi soppresso, intorno alle malattie dell’uomo, come in seguito ne occorrono intorno alle malattie del leone (II 147), del cane (II 177-179), del cammello (II 455) e del cavallo (II 582).

Così a sostegno di questa pretesa diversità degli ξωικ dall’epitome non resta neppure un argomento che abbia forza probativa. Ne manca, è vero, contro di essa uno ve: ramente decisivo; rimane però sempre il fatto, che quanto più ci facciamo a considerare da presso i resti delle due opere, tanto più crescono i punti di contatto, e con essî le probabilità che si tratti di un'opera sola. Che tanto Ari- stofane (I 38-39) quanto lo pseudo-Aristotele s' incontrino nel considerare i pesci come ἔνυδρα, 6 così vi comprendano anche i μαλάκια, è un'osservazione già fatta dal Rose (Anecd. gr. II 7); al quale si debbono altresì i seguenti ravvicina- menti (l. c. p. 9 sg.):

Aristoph. I 40: λάβραξ Athen. VII 3244 τὴν δὶς τοῦ ἔτους (sc. τίκτει), τρί. τρίγλην φησὶν ᾿Αριστοτέλης τρὶς γλη δὲ τρίς, ὅϑεν καὶ τοὔνομα τίχτειν τοῦ ἔτους ἐν πέμπτῳ κέχτηται. μορίων... μήποτ᾽ οὖν ἐντεῦϑέν.

ἐστι καὶ τὸ τῆς ὀνομασίας ‘)-

1) La fonte indicata con ἐν πέμπτῳ μορίων è Arist, h a, Υ͂ 9 p. 548% 5; ma qui altrove è questione dell'etimologia, lu

pigli, non ostante il fin qui detto, all'ipotesi di gran lunga meno probabile che si tratti di due opere distinte; perchè, anche in tal caso, non si potrà far a meno, dopo tutto ciò che abbiamo detto, di riguardare l’epitome come la fonte principalissima e quasi esclusiva degli {mxd, e di considerare come proveniente da quella tutto ciò che in questi porta evi- denti i caratteri del metodo di Aristofane. Ed è appunto il caso dei tre luoghi su citati di Ateneo. Di ciò e della di- pendenza di Eliano dall’epitome giudichi da il lettore:

E. L. DE STEFANI

Athen. VII 315*: ἔστι (se. è ὀρφώς) καὶ σαρκοφάγος xaì καρχαρύδους, ἔτι δὲ καὶ μονήρης. ἴδιον δ᾽ ἐν αὐτῷ ἐστι τὸ τοὺς ϑορικοὺς πόρους μὴ εὑρίσχεσϑαι καὶ τὸ δύνασϑαι πολὺν χρόνον ζῆν μετὰ τὴν ἀνατομήν. ἔστι δὲ καὶ τῶν φω- λευόντων ἐν ταῖς χειμεριωτά- ταις ἡμέραις, yalos τε πρόσ- γειος μᾶλλον ὧν πελάγιος. ζῇ δ᾽ οὐ πλέον dio ἐτῶν.

Athen. VII 816": ὄνος, φη- σὶν ᾿Αριστοτέλης ἐν τῷ περὶ ζωι- adv, ἔχει στόμα ἀνερρωγὸς ὁμοίως τοῖς γαλεοῖς" καὶ οὐ συν- ἀγελαστικός. καὶ μόνος οὗτος ἐχϑύων τὴν καρδίαν ἐν τῇ κοι- λίᾳ ἔχει καὶ ἐν τῷ ἐγκεφάλῳ λίϑους ἐμφερεῖς μύλαις. φω- λεύει te μόνος ἐν ταῖς ὑπὸ κύνα ϑερμοτάταις ἡμέραις, τῶν ἄλλων ταῖς χειμεριωτάταις φω- λευόντων.

Ael, V 18: ὀρφὼς ϑαλάτ- τιον ξῇόν ἐστι, καὶ sl ἕλοις καὶ ἀνατέμοις, οὐκ ἄν ἴδοις τεϑνε- ὦτα παραχρῆμα αὐτόν, ἀλλὰ ἐπιλαμβάνει τῆς κινήσεως καὶ οὐκ ἐπ᾿ ὀλίγον. διὰ χειμῶνος δὲ ἐν τοῖς φωλεοῖς οἰκουρῶν χαίρει" διατριβαὶ δὲ ἄρα di πρὸς τῇ γῇ μᾶλλον φίλαι αὐτῷ.

Ael. V 30: ὄνος ϑαλάτ- ts ἐν τῇ γαστρὶ τὴν καρδίαν. ἔλαχεν ἔχειν, ὡς οἵ δεινοὶ τὰ τοιαῦτα ὁμολογοῦσιν ἡμῖν καὶ διδάσκουσιν 3).

1) Nel Hib. VI (c. 80) Eliano per intero, tal quale è citata in

Ateneo, la descrizione dell’asello: se ciò sia accaduto per un ritorno capriccioso di E. alla stessa fonte o per il tramite di nno scrittore diverso, è cosa che sarà decisa dall'esame del lib. VI. Cfr. p. 441 sg.

440 E. li DE STEFANI

ἐν τοῖς ὀδοῦσι φέρει. Ofr. Aristoph. I 111. II 21 citati a p. 427 (posizione del cuore nell'uomo), Athen. VII 315° ci- tato a p. 438 (posiz. del cuore nell’asello); Aristoph. II 73 χολὴν οὐκ ἔχει (se. ἐλέφας) πρὸς τὸ ἥπατι ἀλλὰ πρὸς τῷ ἐντέρῳ, ib. 328 ἧπαρ ἑπτάλοβον καὶ χολὴν ἐπ᾽ αὐτοῦ (sc. ἄρκτος ἔχει), ib, 410 χολὴ (sc. λαγώ) μεγάλη μέσῳ δ' ἥπατι, = ib. Ὁ74 χολὴν μὲν ἔχει (8ο. ἵππος) ἀλλὰ παρὰ τὸ ἔντερον κε(χυμένη εὑρίσκεται αὔτγη, Αἴδθοι, VII 277° χολήν τε ἔχειν (8ο. ἀμέας ᾿Αριστοτέλης ἱστορεῖ) ἰσομήκη τῷ ἐνετέρω! Ari- stoph. I 116 τὰ φοτοκοῦντα τῶν διπόδων τετραπόδων ἐντὸς ἔχει πρὸς τὴν ὀσφὺν τοὺς ὄρχεις, καϑάπερ τῶν διπόδων ἀλεχ- τρυών, τῶν δὲ τετραπόδων σαῦρος, II 27 ὄρχεις (se. ἂν- ϑρώπου) ἐν ὀσχέῳ κεῖνται, ib. 72 τοὺς ὄρχεις ἔχει (sc. ἐλέ- pas) οὐχ ἔξω ἀλλ᾽ ἐντὸς παρὰ τοῖς νεφροῖς, ib. 328 τοὺς ὄρχεις (sc. ἔχει ἄρκτος) ἔσω πρὸς τῇ ὀσφύι καϑάπερ vi ἀλεκ- τρυόνες, ib. 345 ὄρχεις (sc. μυὸς κεῖνται) ἔξωϑεν καϑά- meo κάπρου, ib. 378 ὄρχεις (sc. γαλῆς κεῖνται) ἔξω καϑάπερ χάπρου, ib. 426 τοὺς δὲ ὄρχεις ἄρρην (sc. ἐχῖνος χερ- σαῖος) ἔχει ἔσω πρὸς τῇ ὀσφύι καϑάπερ οἱ ἀλεκτρυόνες Athen. VII 312° τίχεειν τὲ (sc. μυραένας ᾿ἡριστοτέλης φησίν) πᾶσαν ὥραν μικρὰ gd, ef. Aristoph. I 28. 39. Non è senza ragione, che ho, per dir così, documentato minnzio- samente il capitolo di Eliano, la cui attribuzione ad Aristo- fane poteva parer messa in pericolo dalla patente contraddi- zione in cui si trova l'affermazione in esso contenuta: τερὸς τῇ οὐρᾷ τοὺς ὄρχεις ἔχει con l’altra che si legge nell’epi- tome I 121: τὰ πόδας μὴ ἔχοντα τῶν ζῴων οὔτε ὄρχεις ἔχει οὔτε αὐχένα ... ὡς τὸ τῶν ὄφεων καὶ ἰχϑύων πᾶν γένος. Dopo quanto abbiamo veduto, non esito a dire che si tratta o d’un errore di Eliano, a cui anche altrove è accaduto di frain- tendere la sna fonte (cfr. p. es. h. ἃ. XVII 43 con Agatharch. de mar. Eryrthr. V 70 Miiller), o d’un’'altra incoerenza di Aristofane (cfr. epit. de an. I 48 χύων κύει μὲν τέσσαρας μῆνας con TI 170 χύει (80. χύων» μῆνας dio, 149) ἵππος κύει μὲν μῆνας ἕνδεκα τῷ δωδεκάτῳ τίκτει con ΤΙ 578 κύει (sc. ἵππος) δέκα μῆνας τῷ δὲ ἑνδεκάτῳ τίκτει, I 50 λέαινα κύει... ὅσονπερ οἱ κύνες χρόνον, λέγω δὲ τετραμηνιαῖον con II 141 χύει δὲ (80, λέαινα) δύο μῆναξ),

442 %. i. DB STEFANI

accorto di ripetersi. Il ὁ. 51, perchè di carattere stret- tamente descrittivo e perchè collocato fra il c. 49 (= Ari- stoph. II 245 sgg.: περὶ παρδάλεως) 6 il c. δῦ (= Ari. stoph. II 466 sgg.: περὶ καμήλου), è assai probabilmente potrei dire, certàmérte ricavato dal capitolo ora per- duto περὶ βούς dell’ epitome di Aristofane, nella quale, come fu già detto, cadeva fra i $$ 443 e 444: col bove è messà in relazione la notizia intorno alla diversità dell'assillo è del tafano anche nel citato cap. 37 del lib. VI, e pari» menti negli scolii ad Hom, y 299, a Théoor. idyll. VI 238 8 ad Apoll. Rhod. I 1265. Il Wellmarn (Hermes 1891 XXVI 344 sgg.) ha indicato come fonte di Ael. h. a. IV bl e VI 37 il trattato περὶ ζῴων di Sosttato; ma dopo quello che ab- biamo detto, bisognerà se mai limitare la paternità di So: strato al VI 37, e considerare lui alla suà volta come di- pendente da Aristofane.

2. Aristofane e Suida.

L'epitome di Aristofane di Bizanzio ha fornito la ma- teria a molti articoli del lessico di Suida, che però rion la cita mai. Eccone l'elenco:

Aristoph. I 2= Suid. 5. v. Σελάχια

» B= a » Μαλάκια

» = » Madax6otgaxot » ἔπι è » Ὀσεραχόδερμοι » = » » Καρχαρόδοντα » = 3 » ᾿Ἀμφόδοντα

» Sa. » » Συνόδοντα

= » » Χαυλιόδων

» 10= è » (’Evropa)

» 1= » » ‘Apepifiov

» 2= “Ἱεπιδωτοί

» 3= » Φολιϑωτόν

» 4= » » Μώνυχα

» 5= » è» 4lymle

» 6= » » Πολυσχιδής

» 1: » » Σεεγανόποδα

ddl ΚΟ Li DE STRFANI

non Eliano; qualche volta, come nell'art. Τέτανος, tutto alla lettera; quasi sempre abbastanza per potergli dare au- torità di ms. E non inutilmente: oltre a confermare due piccole e sicure emendazioni del Rose (Aristoph. I 11 εῆς χέρσου per γῆς x. ib. 13 χαὶ {τὸ} τῶν ὄφεων), corregge due corruzioni più gravi, delle quali l'una fu indicata più su a p. 421», e l'altra è Aristoph. II 582 ἐμπύησις ἐν ὑπογαστρίῳ, dove dopo ἐμπύησις è da supplire con Suida ἀπόστασις (= ἀπόστημα), caduto per omeoteleuto e richiesto dal parallelismo delle definizioni precedenti: ἔστι δ᾽ χρι- ϑίασις ὠμότης μετὰ στρόφου, τέτανος σπασμός, ἐλεώδης νόσος κοιλιακή τις διάϑεσις ").

qui s’arrestano i servigi che il lessicografo bizan- tino rende all’epitomatore alessandrino. Accertata la di- pendenza di Suida da Aristofane, mi son domandato se per avventura non si potesse per questa via ricuperare qual- cosa delle parti perdute dell’epitome. Un rapido spoglio di Suida, che per quanto attento non pretende di essere compiuto, ha dato per risultato, che da quella provengono senza ombra di dubbio almeno due articoli *). Sono:

“τἀρροια᾽ πάϑος περὶ τὰς ds γινόμενον, τρία εἰσι πάϑη" βράγχη, κραῦρα, διάρροια. μὲν οὖν βράγχη, μέρους τινὸς τοῦ σώματος. δὲ κραῦρα πυρετὸς σὺν κεφαλῆς πόνῳ" σημειοῦται δὲ τοῦτο τῷ καταβεβλῆσϑαι τὰ ὦτα καὶ κατηφῆ εἶναι τὰ Gu- ματα. μὲν οὖν διάρροιά ἐστιν ἀϑεράπευτος. τὴν δὲ κραῦραν οἵ νομεῖς ἐγχυματίζουσι. τῆς βράγχης περιτέμνουσι τὰ σεσὴ- mora τῶν σαρκιδίων. Cfr. s. ν. Κραῦρα᾽ νόσος περὶ τὰς ds γινομένη. τρία δέ ἐστι πάϑη" βράγχη, κραῦρα, διάρροια.

Πιμελὴ καὶ στέαρ διαφέρει τῷ τὴν (μὲν) πιμελὴν ψυ- χομένην ἄπηκχτον διαμένειν, τὸ δὲ στέαρ καὶ διαπήσσεσϑαι,

1) L'editore dell’epitome, alla cui diligenza non è sfuggito il luogo di Suida, non se ne valse per correggere il testo, soltanto perchè, se non m'ingauno, a lui non apparve il vero rapporto in cui stanno Aristofane e Suida,

1) Non tengo conto di articoli che, quantunque attinti in ultima analisi all'epitome, potrebbero aver Ateneo per fonte prossima. Tale è il caso degli art. ‘Apie (= Atheu. VII 984 --- Arist. fr. 809 Μήκων (= Athen, VII 8164 = Arist. fr. 834 R").

ANCORA IL PALEFATO HARRISIANO

Negli Atti del Congresso internaz. di scienze storiche II 155 844. pubblicai una comunicazione del Botti sopra frammenti palefatei in carte Harrisiane. Mi annunzia ora gentilmente il Breccia che il quaderno Harrisiano è ri- trovato. Dalla vedova del Botti lo ebbe Seymour de Ricci, e questi lo ha ceduto al Museo Alessandrino.

Credo non inutile dar qui alcune delle notizie che in proposito il Breccia mi manda. L’annotazione dell’ Harris: ' 1859. Arrived at Luqsor 4. Jan.* è nella p. 116 del qua» derno; gli estratti palefatei sono nelle pagine precedenti. Ragionevolmente deduce il Breccia che non in Luxor ebbe l'Harris le pagine del Palefato. E ciò, egli aggiunge, non è inutile a sapersi: nel 1859, una mistificazione è più fa. cile a supporre altrove che in Luxor. Nella col. II 4 ro (non τι). Col. 82 -χοσμεπο (cioè -χοσμεῖτο). T ἀργειοντολιουχον (cioè Ἀργεῖοι πολιοῦχον). 22 αλλ ἐσοφισα-. 1 26 καταλογαδην. 411 ἰστοριων. 9 τουτωᾳ. 13 Μετανειρας. 18 piuttosto wumus- eto.

Sicuramente ci darà di più Seymour de Ricci: intanto ringraziamo il Breccia.

Firenze, Maggio ‘905.

δ. 6, ‘906

«ΈΡ τ UP MIGCHRIAN

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