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Full text of "Archivio della R. Deputazione romana di storia patria"

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K6 


[  STANFO-C  U'^'^'" 

f -"g  1977 


^• 


ARCHIVIO 

della 

Società  Romana 

di  Storia  Patria 


fn  l^ma  :  presso  la  Società. 

1879 


Contenuto  dei  due  fascicob 


BELTRANI  G.  B.  —  Felice  Contetorì  ed  i  tuoi  »bJÌ 
negli  Archivi  del  VatUaao  (continuazione). 

OIESEBREGHT.  W.  v.  —  Sopra  H  Poema  receiile~ 
mente  ìcoperla  intorno  airlmperalwe  Federico  I. 

TOMMASINI  O.  —  DiCHmenti  relativi  a  Stefani)  Por- 

TOMASSETTTl  G.  — Della  Campagna  Romana  nel 
Medio  Evo 

BALZANI  U.  —  Un' ambasciala  inglese  a  Roma— En- 
rico VII  ad  Innocenzo  Vllt 

CUGNONI  G.  —  Note  al  C.ommentarìa  di  Alessan- 
dro VII  ìulla  vita  di  Agostino  Chigi  (contìnua^.) 

Bibliografia *     ,        .        . 

•Periodici 

Nolijie 


I 


FELICE  CONTELORI 


suor   STUDI    NEGLI   ARCHIVI    Dt:i.    VATICANO 


Giacinto  Gigli  nelle  sue  memorie  nis,  che  Alessandro  Adc- 
mollo  ha  rimesse  in  onore  ed  in  voga  (i),  cosi  narra  ì  sin- 
golari casi  avvenuti  nell'anno  i63tì  tra  la  repubblica  di  Ve- 
nezia ed  il  papa  Urbano  Vili,  ne' quali  il  Contelori  fu  ma- 
gna pars,  ritraendo  più  ampia  fama  ma  procacciandosi  dei 
gran  brutti  fastidi  che  gli  resero  dolorosissimi  gli  ultimi 
«nni  di  vita  : 

I  «  Occorsero  disgusti  tra  papa  Urbano  8."  et  la  republica 
di  Venetia,  et  la  cagione  fu  questa,  perchè  nella  sala  Re- 
gia in  Vaticano  è  una  pittura  dove  si  rappresenta  l'impe- 
ratore Federigo  Barbarossa,  il  quale  adora  e  riconosce  per 
vicario  di  Cristo  Papa  Alessandro  111  nella  città  di  Vene- 
zia: sotto  questa  pittura  vi  fu  una  scrittura  amplissima,  la 
quale,  accrescendo  la  verità  del  fatto,  diceva,  che  quel  Papa 
haveva  ricevuto  da  Venctiani  servitìj  grandissimi,  et  che 
quasi  per  loro  era  stato  rimesso  nella  sedia  et  maestà  pon- 
tificia; il  che  essendo  molto  lontano  dal  vero,  haveva  sopra 
di  ciò  scritto  Felice  Contiloro,  et  mandalo  in  luce  un  trat- 
tato della  Concordia  tra  il  d."  papa  Alessandro  3.'  et  Fe- 
derico imperatore.   Questa  opinione  del  Contiloro  havendo 

fi)  Memoria  di  Ch*ciNTo  GroLi  di  alcune  cose  piornalmeate  acca- 
ì  tempo,  cominciando  dall'anno  della  sua  età  XIIII  che 
a  r  turno  del  Signore  MDCVIll  e  del  PoiiUflcaio  di  Paola  V  r an- 
ta III.  Devo  alla  cortesia  del  l'Ade  mollo  colesto  brano  Inedjto  del  Gigli. 
Arthirla  della  Società  TOtnana  di  Storia  patria.  Voi,  HI.  i 


G.  m.  "Beltrani 


approvata  papa  Urbano,  fece  cancellare  quella  soscrittlone 
amplissima,  et  in  suo  loco  ne  fece  mettere  un'altra  più  mo- 
desta, ma  vera.  Per  questa  cosa  sdegnati  li  Venetiani  richia- 
marono da  Roma  T  Imbasciatore  ordinario,  che  vi  suole 
risedere,  e  mancò  poco  che  non  cacciassero  di  Venetia  il 
Nunzio  apostolico,  et  pubblicamente  fecero  per  mano  del 
boja  abbrugiare  il  libro  del  Contiloro,  contro  il  quale  an- 
cora proposero  una  taglia  o  premio  a  chi  i'havesse  am- 
mazzato D. 

Quali  furono  le  giuste  proporzioni  dell' avvenimento  co- 
mico-serio che  il  Gigli  e  tutti  i  Diaristi  e  gli  storici  sincroni 
ci  tramandarono?  Quanta  parte  di  responsabilità  ne  tocca 
davvero  al  Contelori?  Fu  egli  proprio  la  tanti  mali  causa? 
Chi  ha  finito,  per  i  successivi  studi  sulle  fonti  storiche,  con 
l'aver  ragione,  e  su  chi  pesa  l'accusa  di  aver  falsato  od  al- 
meno travisato  il  vero  dei  fatti?  Incominciamo  ab  imis. 

Conseguenza  immediata  di  quella  celebre  battaglia  di 
Legnano,  in  cui  le  milizie  cittadine  alleate  sconfìssero  il  su- 
perbo Barbarossa,  fu  l' ancor  famoso  congresso  di  Venezia, 
ove  «  per  la  prima  volta  ambasciadori  di  libere  città,  uo- 
mini indipendenti  trattarono  alla  pari  con  l'Imperatore  e 
col  Papa  »,  e  sanzionarono  i  loro  diritti  politici  nel  trattato 
di  pace  che  fu  conchiuso  (i). 

Le  circostanze  che  precessero  codesto  memorabile  con- 
vei;no  vennero  narrate  da  gli  storici  in  due  diverse  maniere. 
I  Veneti  sostennero  che  papa  Alessandro  salvatosi,  con  la 
fuga,  dalle  mani  di  Federigo,  sotto  mentite  vesti,  si  rifugiò 
in  Venezia  nel  monastero  della  Carità,  dove  riconosciuto, 
il  doge  Sebastiano  Ziani  e  l'intera  popolazione  lo  acclama- 
rono, e  gli  resero  onori  di  re,  e  si  posero  in  armi  per  com- 
battere il  nemico  straniero.  Invece  gli  altri  scrissero,  che  il 

(i)  Ferdinando  Gregorovius,  Storia  della  città  di  Roma  nel  medio 
evo  dal  secolo  V  al  XV;  voi.  IV,  pag.  638.  (Venezia  1873,  8.~).  — 
G.  Heinricus  Pertz  ,  Monumenta  Germaniae  historica  inde  ab  anno  Chri- 
sti  quinf^entesimo  usquc  ad  annum  millesimum  et  quingentesimitm;  leg. 
tom.  II ,  147. 


Felice  Contelori 


Papa,  nella  pienezza  della  sua  ponlilìcìa  poiesià,  seguendo 
U  consiglio  del  re  dì  Sicilia,  sceke  Venezia  come  cìcià  li- 
bera, sicura  per  la  sede  del  congresso,  e  vi  si  trasportò  in 
onorifica  Hoita  preparatagli  dal  medesimo  re  Guglielma,  e 
seguito  dai  Cardinali  e  dai  magnati  del  Regno,  Natural- 
mente i  Veneziani  dalla  loro  narrazione  ne  inferivano  litoli  di 
benemerenza  della  Repubblica  sulla  Curia  Romana,  e  a  questa 
sapeva  male  il  possibile  dovere  di  gratitudine  verso  l'altra. 
Per  molte  vie  II  veneto  racconto  si  dilatò  e  prese  maggior 
piede  nelle  altre  partì  d' Italia,  nelk  Germania  e  nella  Fran- 
cia; ma  Marco  Antonio  Sabellico  (i)  inserendo  come  vera  la 
tradizione  nella  sua  istoria,  le  die  pi£i  certa  autorità  C  mag- 
ijior  consistenza.  Per  ordine  di  Pio  quarto  Giuseppe  Porta 
di  Castelnuovo  nella  Garlagnana  dipìnse,  nella  cosi  delta 
Sala  regia  del  Vaticano,  sulla  parete  che  guarda  la  Cappella 
Sistina,  presso  la  Sala  Ducale  un  gran  quadro  rappresentarne 
rincontro  di  Alessandro  III  a  Venezia  col  Barbarossa  (2), 
cai  di  sotto  fu  posta  una  iscrizione  che  ricordava  l'av- 
mtmento  secondo  la  versione  dei  Veneti  (3).  Indi  Pier  Giu- 
iniano  (4),  il  Sansovino  [5),   il  Doglionì  (6)  seguirono  il 


,  (ij  M.  A.  Caccius  Saulmcus,  Rerum  Venetiarum  ab  Urbe  condita; 

i^decadis  lib.  Ecplimus.  (Vcnctiis,  Andiaeas  de  Torcsanis  de  Asu- 

i  1487,  fot. }. 

(i)  Cioicio  Vasari,  Le  vite  de'più  eccellenti pìttoH ,  tenitori  e  ar- 
chitetti, pubblicate  per  cura  dì  uiia  Società  di  amatori  delie  Arti  belle; 
%o\.  XII,  psg.  121.  (Firenze  i»36,  S."J. 

(3)  L' Iscrizione ,  che  io  toJgo  da  Vittorio  Siri  ,  Delle  memorie  recon- 
dite; voi.  Vili,  pag.  43o  (Lione  167O,  S."),  età  Inseguenle:  Alexan~ 
der  papa  terlius  Frederici  imperatoris  iram  et  impetum  fugiens  abdidit 
M*  VtHetìh,  et  a  Senalu  perkonorifice  ausceptum  Othone  imperatoris 
fiVia  navali  praelìo  a  Veiielii  vieto  captoque  Fredericus  pace  factasup- 
plex  adorai  fidem  et  obedientiam  poUicitus.  Ita  Pontifà  sua  dignìlas 

Veiulae  lieipublieae  beaejicio  restaurata  ett. 

(4)  PiEDiu  Giustiniano,  ^//ùloriV  Veiietiane;  lib.  Il,  pag.  "il.  (Ve- 
nezia 1576,  8."J. 

(5)  FaAncicico  Sansovino,  Venetia  città  nobilissima  et  singolare; 
Hb.  XIII,  pag'  iJ«-  (Venclia   i58i,  8."). 

1}  Giovanni  Niccolò  Doglionì,' WwforiJ   vcnetiaiia  scrina  brcvc- 
;.  ioi.  (Vcnwia  i5n8,  4."). 


G.  "B.  "Beltrani 


racconto  del  Sabellìco;  ma  più  gravi  ancora  furono  due  li- 
bri di  Girolamo  Bardi,  monaco  camaldolese,  e,  poi,  piovano 
di  san  Samuele  in  Venezia  (i).  Egli  era  stato  incaricato  dalla 
Republica  di  curare  una  con  Giacomo  Contarini  e  Giacomo 
Marcello  Pordine  istorico  nella  rinnovazione  delle  pitture, 
che  otto  anni  prima  erano  rimaste  consunte  dal  fuoco  nella 
Sala  del  Maggior  Consiglio  ;  e  vuoi  per  adempiere  a  questo 
mandato  ufficiale,  vuoi  per  combattere  il  Sigonio,  che  nel 
Regno  ItaliaSy  pubblicato  a  Venezia  nel  1574,  aveva  seguita 
in  ordine  all'avvenimento  di  Alessandro  111  l'opinione  op- 
posta a  quella  del  Sabeliico,  il  Bardi  la  rincalzò  con  nuovi 
argomenti  in  amendue  i  suoi  volumi.  Ma  un  documento 
decisivo  era  tratto  fuori  dalle  tenebre  degli  archivi  nel  1602 
da  Giovanni  Busée  con  l'edizione  principe  del  Uber  pon- 
ItficaliSy  di  cui  antecedentemente  non  si  vedevano  stampati 
che  pochi  brani  nella  Collezione  de*  Concili  di  Pietro  Crabbe 
e  nelle  Vite  dei  santi  padri  di  Luigi  Lippomanno.  Appen- 
dice al  Liber  pontijìcalis  sono  i  così  detti  Atti  di  Alessandro 
ter^Of  e  sull'autorità  di  questi  e  della  cronaca  di  Romualdo 
Guarna  arcivescovo  Salernitano  il  Baronio  pel  primo  nel  1607 
impugnò  direttamente  la  narrazione  veneziana,  e  dove  egli 
sosteneva  non  volere  oscurare  la  gloria  della  Veneta  Repu- 
blica, anzi  aumentarla,  dimostrando  aver  avuto  Alessandro  III 
un  ricevimento  potius  volontario  quam  necessario  ed  esser 
la  Republica  benemerita  per  l'ossequio  e  la  magnificenza 
con  la  quale  ospitarono  nella  città  il  Pontefice  (2)  ;  i  Vene- 
ziani ebbero  per  sarcastica  la  calma  dell'  illustre  autore  de- 
gli Annali^  e  nella  contrastata  verità  dei  fatti  da  essi  so- 


(i)  Girolamo  Bardi,  Vittoria  navale  ottenuta  dalla  Repubblica  Ve- 
n€\iana  contro  Othone  figliuolo  di  Federico  I  imperatore  per  la  resti- 
turione  di  Alessandro  III,  pont,  mass,  venuto  a  Venetia.  (In  Venezia, 
appresso  Francesco  Ziletti,  1584,  ^.^).'^Dichiaratione  di  tutte  le  isto- 
rie dei  quadri  posti  nuovamente  nella  Sala  dello  Scrutinio  e  del  Gran 
Consiglio,  (Venezia  iSSy,  8.~). 

(2)  Cassar  Baronius,  Annales  ecclesiastici  ;  tom.  undecimus,  an.  1 177, 
col.  698-736.  (Coloniae  Agrippinae  1624,  fol.). 


steauti  videro  leso  l'onore  dclU  Republica  e  compromessi 
ì  diriiti.  Vi  fu  allora  una  levata  di  scudi ,  uno  sfoderar 
di  antichi  codici  e  documenii  che  ciascuno  sosteneva  od 
impugnava  a  proprio  uso  e  consumo,  Claudio  Cornelio 
Frangipane  scrisse  un'allegazione  contro  il  Baronio  (i), 
e  si  riiiatnpava  nel  itìig  il  libro  del  Bardi,  mentre  già  a 
Roma  correva  per  le  mani  dì  molti,  sotto  il  nome  di  Lo- 
renzo Motìni  romano,  una  difesa  dell'Autore  degli  Aunali  (2); 
e,  piti  incisivo,  Fortunato  Olmo,  nel  1619,  in  un'opera  ine- 
dita sull'istoria  di  san  Giorgio  maggiore,  s'intrattenne  sul- 
l'argomento, e  poi  lo  rese  aggetto  di  un  libro  speciale,  vera 
diatriba  contro  il  Baronio  e  la  sua  scuola  (?).  Ciò  a  Roma 
produsse  una  disgustosa  impressione  e  il  Papa  ne  fu  irrita- 
tissimo;  d'altronde  si  avevano  nel  Lìber  pontificalìs  buone 
armi  per  combattere,  e  occorreva  solo  l'uomo  valido  e  ca- 
pace meglio  di  ogni  altro  a  maneggiarle.  Questi  fu  ricono- 
sciuto nel  nostro  Contclort. 

Come  sì  è  veduta  psr  l'opera  sul  prefetto  dì  Roma,  sa- 
rebbe erroneo  il   credere  che  il  Coniclori   scrisse  intorno 
alla  narrazione  del  congresso  dì  Venezia  soltanto  il  volume 
stampato  a  Parigi  nel  id32  (4);  e  se  il  lacohelli  ed  il  Pe- 
i  resto  nulla  ci  dicono  sul  proposito,  l'Allacci  invece  dà  no- 
[  tizie  di  due  manoscritti  (5),  che  il  Contelori  avrebbe  com- 


(0  Claudio  Cokneuo  FRANciP:(Ntr,  Per  la  kistoria  di  papa  Ateaaii- 
ro  t«T^,  puttica  ìiella  Sala  Regia  di  Roma  e  det  maggior  Consiglia 
f  «  Venetia,  «llcgaiiant  in  iur«  cu.  (Vcneiia  i6i5,  4.'). 

(t)  AiiCBLD  ZoN,  Mtmorie  ìntonin  alla  venula  dipapa  Alessandro  III 
L  in  Vtmejia  nell'anno  1177,  e  ai  diversi  suoi  documenti;  e»iat  in  Ema- 
I  in;ci.E  Amtonio  Clc^)G^•A,  Delle  iscrizioni  veneziane  raccolte  e  illustrate; 
I  voi.  IV,  pag.  574  e  geeg.  (Ven«ia  rR34,  fol.). 

(3)  FoBTitMATO  Olmo,  Historia  della  venuta  a  Venetia  occultamente 
'   di  papa  Alessandro  III  e  della  vittoria  ottenuta  da  Sebastiano  Ziani 
doge.  (Ven«ia  1619,  4."). 

'(4)  F.  CoMTELoBi,   Coacardiae  Inter  Alex.  pp.  Ili  et  Friderieum  l 
ùnper.  VenetHt  confirmatae  nan-atio  ad  veritatis  praescriptum  stabi- 
tita  de.  (Paris»»  i6ìa,  fol.).  V.  Bibliografia,  n."  »i. 
(j)  Leo  Allahus,  Apes  urianae;  pag.  cii. 


G.  "B.  "Beltrani 


posti  antecedentemente  al  libro  pubblicato;  uno  col  titolo: 
De  rebus  gestis  Alexandri  III  ab  an.  iijS  usque  ad  ann.  1 1  jS, 
e  l'altro  :  Notas  et  anitnadversiones  ad  Fortunati  Uimi  libel- 
lum  de  Alexandri  III  occulto  adventu  Venetias  1177.  Ora 
nella  Barberina  vi  ha  tre  codici,  di  cui  il  primo  porta  meglio 
determinato  codesto  titolo:  Notas  et  animadversiones  etc.  (i) 
indicato  dall' Allacci,  il  secondo  ha  nel  frontespizio:  Romual- 
dus  ab  iniuriis  vindicaius^  seu  responsio  ad  nonum  caput  libeliij 
cuius  est  titulus  :  Historia  della  venuta  aVenetiaetc.  compro- 
bata  da  don  F.  Olmo,  cassinese  (2)  ;  e  il  terzo  Concordiae  et^. 
al  postutto  identico  a  quello  stampato  a  Parigi  (3).  Man- 
cherebbe dunque  solo  il  primo  che  ci  indica  l'Allacci,  posto 
che  non  fosse,  sott' altro  titolo,  uno  dei  due  inediti  della 
Barberina. 

Il  nodo  della  questione  consisteva  nello  sceverare  i  cro- 
nisti veritieri  dai  bugiardi,  non  altrimenti  che  oggi  si  è 
combattuto,  e  si  combatte,  per  Matteo  Spinelli  da  Giove- 
nazzo,  per  Dino  Compagni,  per  le  carte  di  Arborea  e  si- 
miglianti,  allora  da  un  canto  don  Fortunato  Olmo  soste- 
neva a  spada  tratta  la  veracità  della  cronaca  di  Obone,  un 
prete  Ravennate,  infirmando  le  scritture  di  Bosone  came- 
rario e  di  Romualdo  Guarna,  dall'altro  il  Contelori  difen- 
deva questi  due  ultimi,  e  ripudiava  come  falso  ed  apocrifo 
il  primo. 

Col  suo  consueto  metodo  analitico  l'illustre  Cesano  di- 
vise la  materia  del  primo  lavoro,  eh' è  l'attuale  cod.  XXXIII, 
194  della  Barberina,  in  ventitre  capitoli,  e  dopo  aver  fatta 
la  vera  narrazione  delle  cose  intercedute  tra  Alessandro  III 
e  Federigo  I  negli  anni  117Ó  e  1177,  strenuamente  difese, 
nel  capo  secondo,  gli  atti  di  Alessandro,  nel  terzo  la  cro- 
nica di  Romualdo  e  nel  quarto  la  perfetta  coincidenza  delle 
notizie  tramandate  dagli  uni  e  dall'altra.  Sarebbe  proprio 


(i)  Barberina,  ms.  cod.  XXXUI,  194.  V.  Bibliografia,  n."  22. 

(2)  Ibid.,  mss.  XXXlIy  299.  V.  Bibliografia,  n.^  23. 

(3)  Ibid,,  mss.  XXXIII,  83.  V.  Bibliografia,  n.^  24. 


Felice  Contelori 


nipcrfluo  se  mi  fermassi  sull'importanza  di  queste  due  cro- 
iBche  e  sui  merito  del  Contelori  nell'averle  in  gran  parie 
idite  e  dottamente  comentate;  dopo  i  lavori  del  Duche- 
sne  (i|  e  di  Arndt  (2),  gli  eruditi  hanno  moltissimo  di  ciò 
che  possono  desiderare  intorno  a  quelle  due  pregevoli  fonti 
storiche,  e  se  l'Arndt  stimò  che  delle  edizioni  del  Cronicon 
di  Romualdo  quella  del  Contelori  sia  da  annoverare  tra  le 
più  lodevoli,  né  lui,  Arndt,  né  il  Duchesne  hanno  mo- 
strato di  conoscere  i  commenti  inediti  del  nostro  Autore 
sulle  fonti  istesse.  Oltre  del  codice  or  ora  descritto,  il  XXXll, 
369  della  stessa  Barberina,  che  già  ho  annunziato,  altro  non 
contiene  che  una  sirioi-ente  difesa  analitica  della  cronaca 
di  Romualdo,  in  cui  l'A,  combatte  paragrafo  per  paragrafo 
■  le  stoltezze  e  le  (atuiiù  n  dell'Olmo,  con  una  diligenza  ed 
nna  minuteria  da  degradarne  i  migliori  critici  odierni.  E 
l^eodici  barberiniani  XXXII,  113  e  254  sono  due  copie  del 
kr  ritualis  (3)  esCratte  dal  libro  di  Cencio  Camerario,  che 

(l)  L.  DuciiMNE,  Elude  sur  le  lÀber  pontificala  ;  exial  nella  Bibliù- 
ìquedesécolttfran^ahesd'Athèneset  de  Rome;  an.  prém.  fau.  préra. 

.877.8."). 

'  (i)  W.  Abndt,  Romoaldi I! areh.  Salernitani Annales : exKBXtnPrxiz, 
liumenta  Germamae  historica;  lom.  XV'IIII,  pag.  JgS.  (Hsnnov^ 
»«6fi.  fol.). 

(3)  Uber  ritualia  Eecletiae  Romanae  Ceiicij  de  SabelUs  S.  R.  E. 
erari]  dein  Poitlificis  sub  nomine  Honorii  tertii  ex  vetusto  codice 
trìptuf  al  in  epistola  dedicatoria  post  liane paginam.  (Barberina,  n.' 
Ib).  V.  Bibliografia ,  n.'  a5,  i6.  Forse  verso  quest'epoca  it  Contelori  do- 
e  preparare  una  copin  dei  diari  di  Bcacio  da  Cesena,  che  ora  Tion 
%  irora.  Il  eh.  Barone  Podestà  bene  rammentò  che  a  Ludovici»  Jacob 
k  BibUotheca  pontificia  (Lugduni  MDCXUII  a  pag.  ii3  ricorda  una 
a  dei  diari  conservati  nella  Barberina;  Hadriani  IV papae  conclave 
«■#  erealio  :  Diari j  Blasij  de  Caesena  et  aliar  uni  sub  eodem ,  et  Leone  X 
ae  Clemente  VII  a  Felice  Contelorio  colìecta.  n  Ora  però  nei  franteci jio 
d«l  codice  Barberiano  (XXXV,  4^}  it  nome  del  Contelori  non  vii  più, 
pTobabilrnente  perchè  il  fronlespiziu  islesso,  andato  a  male,  esisto  ri- 
messo a  nuovo;  eccolo  quale  ora  si  le^e:  Diarium  Blasii  de  Caesena 
itiagiilri  Caeremoniarum  de  anno  1 5 18  sub  Leone  X,  Adriano  VI,  Cle- 
mente Vili  et  Paula  II!  usqiie  ad  annum  1S40.  V.  B.  Podestà,  Car- 
lo V  a  Rama  nell'anno  iS35;  estraiio  daìi'Archivio  delia  Società  ro- 
mana di  Storia  patria,  voi.  I,  pag.  5.  (Roma  1877,  8.")- 


8  G.  "B.  "Beltrani 


Niccola  Roselli,  cardinale  d'Aragona  (i35i-i362)  ritoccò 
insieme  agli  atti  del  camerario  Bosone,  che  poi  il  Mura- 
tori inserì  nel  terzo  dei  rerum  italicarum  scriptores^  e  che 
il  Watterich  e  il  Duchesne  adoperarono  largamente.  Il  li- 
bro del  Contelori^  venuto  dopo  codeste  fatiche  del  Roselli,  e 
pubblicato  a  Parigi  nel  i632,  non  ne  fu  che  il  compendio,  e 
i  capitoli  dell'uno,  se  hanno  intestazione  quasi  identica  a 
quella  dei  volumi  ancora  ms.,  ne  diversificano  per  la  di- 
sposizione data  alle  materie.  Studiando  in  tali  croniche,  e 
pubblicandole  e  commentandole  e  criticandole,  il  Contelori 
si  pose  alla  pari  dei  migliori  eruditi  del  suo  secolo,  come 
il  Baronio,  il  Caracciolo,  l'Allacci,  l'Olstenio,  e  legò  il  suo 
nome  ai  più  insigni  monumenti  della  nostra  storia  medio- 
evale; laonde,  quantunque  grandissimo  numero  delle  opere 
di  lui  fosse  rimasto  inedito  e  sconosciuto,  pure  quelle  già 
pubblicate  gli  hanno  conferito  il  diritto  di  vedersi  citato  dai 
più  autorevoli  eruditi  della  nostra  epoca,  come  ad  esempio 
dall' Arndt  (i)  e  dal  Capasso  (2). 

Ma  ciò  egli  non  ottenne  senza  dissapori  e  disturbi.  L'am- 
basciatore veneto  a  Roma,  Alvise  Contarini,  propose. alla 
Repubblica,  che,  vista  la  discordia  veniva  ad  eccitare  il  libro 
concordiae  del  Contelori,  fosse  arso  e  bruciato  nella  pubblica 
piazza  di  san  Marco;  i  Veneziani,  si  vuole,  mettessero  ta- 
glie per  aver  tra  le  mani  la  persona  istessa  dell'autore  (3). 
Ma  questi  par  che  si  sentisse  bene  al  sicuro  da  qualsisia 
violenza,  perchè  peggio  aizzava  le  ire  degli  avversari  scrì- 
vendo, nella  sua  qualità  di  Commissario  generale  della  Ca- 


(1)  W.  Arndt,  Op.  e  loc,  cit, 

(2)  Bartolommeo  Capasso  ,  Le  fonti  della  storia  delle  province  na- 
poletane dal  568  al  x5oo;  extat  neìV  Archivio  storico  per  le  province  na- 
poletane pubblicato  a  cura  della  Società  di  Storia  patria ,  an.  I,  fosc.  2, 
pag.  x86.  (Napoli  1876,  8.'»). 

(3)  Alvise  Contarini,  Relas^ione  al  Senato  veneto  ;  tm^i  ntWe  Rela- 
zioni della  Corte  di  Roma  lette  al  Senato  dagli  Ambasciatori  veneti  nel 
secolo  decimosettimo  raccolte  da  N.  Barozzi  e  G.  Berchet;  voi.  I,  p.  Sgg- 
400.  (Venezia  1877,  8/»). 


Felice  Contelori 


mera,  un  parere  legale  di  fatti  nella  vertenza  per  i  confini 
del  Po  nel  Ferrarese  (i),  e  sostenendo  che  mal  si  arrogava 
la  Repubblica  protezione  e  giurisdizione  assoluta  sul  mare 
adriaticOy  quando  in  virtti  dei  capitoli  stipulati  tra  Giulio  li 
e  il  doge  Loredano  nel  i5  febbrajo  i5io  i  Veneti  si  erano 
a  mala  pena  obbligati  di  esserne  i  custodi  contro  {pirati 
e  gli  infedeli.  Così  il  Contelori,  con  un'altra  scrittura,  an- 
cora inedita,  sebbene  per  debito  di  ufficio,  aggiungeva  esca 
al  fuoco,  e  si  mescolava  nella  scottante  controversia  sul  do- 
minio  del  mare  adriatico. 

La  disputa  scientifica  correva  di  pari  passo  con  i  dis- 
sapori politici  che  nutriyansi  fra  Urbano  e  i  Veneti,  e  le 
violenze  commesse  dalle  loro  navi  nel  porto  di  Ancona  con- 
tribuirono a  far  ingrossare  le  nubi  sul  già  fosco  orizzonte. 
Il  Papa,  vinto  dal  dispetto  che  nutriva,  ordinò  fosse  can- 
cellata l'iscrizione  famosa  e  riformata  anche  in  qualche 
parte  la  soprastante  pittura;  ma  per  attutire  i  clamori,  che 
sarebbero  senza  fallo  scoppiati,  e  per  dare  una  maggior  sem- 
bianza di  giustizia  al  suo  provvedimento,  dispose  fossero 
nello  stesso  tempo  tolte  tutte  le  altre  iscrizioni  che  leggevansi 
sulle  mura  della  stessa  sala.  In  tal  maniera  sembrò  che  la 
cosa  traesse  origine  dalle  istanze  di  quel  nucleo  di  eruditi 
che,  duce  il  Contelori,  si  era  assunto  il  compito  di  ridurre 
alla  verità  alcuni  errori  correnti  nelle  istorie  antiche.  E  di- 
fatti allora  vennero  modificate  l' iscrizione  per  la  contessa 
Matilde,  che  vedevasi  scritta  nella  Galleria  del  Vaticano  e 
sulle  basi  dei  due  cavalli  al  Quirinale,  quella  nella  Biblio- 
teca Vaticana,  attestante  il  battesimo  di  un  re  de' Tartari, 
l'altra  di  Paolo  quinto  in  san  Pietro,  e  l'altra  sotto  il  de- 


(  I  )  Brevior  informatio  facti  Felicis  Contelorij.  Informatio  iuris  An  - 
tomi  Cerri,  Pctri  Francisci  de  Rubeis ,  Io,  Cantilli  Afascambr uni ,^  {Bar- 
bcrina,  ms.  XXIII,  71).  V.  Bibliografia,  n.»  27.  —  Di  altre  questioni 
concernenti  il  Ducato  di  Ferrara  si  occupò  il  Contelori  in  due  altre  sue 
allegazioni  che  ancora  mss.  si  conservano  alla  Barberini,  XXXU,  182. 
V.  Bibliografia,  u}  28,  2q. 

1* 


IO  G.  "B.  "BeUrani 


posilo  dMnnoccnzo  ottavo,  ove  fu  cancellato  il  titolò  d'mi- 
peratore^  e  sostituito  quello  di  tiranno  a  Baia^eite  (i). 

Ciò,  dunque,  fu  suBìciente  a  covrire  per  qualche  tempo 
r  animo  deliberato  del  Papa  di  modificare  T  iscrizione  ve- 
neziana;  ma  pervenuti  alla  fine  degli  anni  i635,  mentre 
Noaillcs  e  il  cardinale  di  Lione  si  affaticavano  a  nomedd 
re  Cristianissimo  nello  studiare  ripieghi  che  avessero  con- 
dotto ad  un  amichevole  componimento  la  Repubblica  e  il 
Papa,  arbitro  il  re  (2),  Urbano,  vinto  da  subitaneo  impeto 
d'ira,  paragonabile  appena  a  quello  che  gli  sali  pel  capo 
allorché  ordinò  a  Galileo  di  presentarsi  al  sant'Ufficio  (3), 
ed  essendosi  rimesse  tutte  le  altre  iscrizioni  nella  sala  re- 
gia,  volle  che  sotto  il  quadro  di  Alessandro  e  del  Barba- 
rossa  se  ne  ponesse  una  nuova,  attestante  il  vero  e  non  il 
favoloso  degli  avvenimenti  (4). 

Saputasi  la  cosa  in  Venezia,  governo  e  popolo  se  ne  com- 
mossero come  Barberini  non  avrebbe  neppur  sospettato,  e  fii 
tenuta  in  conto  d'insulto  appioppato  alla  dignità,  ai  diritti, 
ai  meriti  della  Repubblica;  e  videsi  partecipare  Paccaduto 
con  alte  doglianze  a  tutti  i  Principi  esteri,  negare  le  udienze 


(i)  NicoLETTi,  Op,  cit.;  voi.  VI,  cap.  11. 
(■2)  Vittorio  Siri,  Op,  cit.;  pag.  429. 

(3)  Domenico  Berti,  Il  Processo  originale  di  Galileo  Galilei;  p.  LXXXI. 
(Roma  1H76,  8,^).  Si  è  concordi  oggimai  ad  ammettere  la  precipita- 
zione di  Urbano  Vili  nel  far  chiamare  il  Galileo  dal  Sant'Ufficio,  cfir. 
Karlevon  Gerler,  Die  Aden  des  Galilei'schcn  I^ocesses,  Nach  der  Va- 
ticanischcn  Handschrift.  herausgegeben.  (Stoccarda  1877,  S.*»).  —  Henri 
de  l'Épinois,  Les  Pièces  du  Procès  de  Galilée  préccdés  d'un  avant- 
prnpos.  (Paris  1877,  S.*®  gr.).  —Arturo  Wolynski,  Francesco  de  Noail- 
lei  e  Galileo  Galilei;  extat  nella  Rivista  Europea,  N.  S.,  anno.  Vili, 
voi.  HI,  fase.  IV,  agosto  1877.  (Firenze  1877,  8.*").  —  Scartazzini,  // 
processo  di  Galileo  Galilei  e  la  moderna  critica  tedesca;  extat  ibid., 
N.  S., Rinnovili,  voi.  IV,  fase.  V,  i.« dicembre  1877.  (Firenze  1877,  8.**). 

(4)  Tolgo  dal  Siri,  Cp.  e  toc.  cit,,  questa  seconda  iscrizione:  /"><•- 
dericus  primus  Imperator  Alcxandrum  tertium  ponti ficem  quem  diu  in- 
sectatus  fucrat  post  constitutas  cum  eo  pacis  conditiones  et  damnatum 
schisma  Venetiis  supplex  vcncratur. 


Felice  Cont elori  1 1 


in  Collegio  al  Nuncio  pontificio,  ordinare  al  Segretario  del- 
l'Ambasciata a  Roma  si  partisse  dalla  residenza,  astenen- 
dosi dal  toglier  commiato  così  dal  Papa,  come  dalla  Cor- 
te (i).  Ma  niente  ritrae  più  fedelmente  la  commozione  degli 
animi  quanto  le  parole  pronunziate  da  Alvise  Contarini, 
Fambasciatore  richiamato,  nella  sua  relazione  al  Senato  (2). 
e  La  mutatione  dell'elogio  non  è  fatta  a  caso,  né  si  deve 
falsamente  attribuire  ad  uno  dei  soliti  furori  del  Papa.  Egli 
è  premeditato  di  lunga  mano,  svegliatisi  i  primi  spiriti  dagli 
scritti  del  Baronio,  maggiore  si  è  poi  fatta  l' indignationc 
del  Papa  per  il  libro  scritto  dal  monico  Olmo  contro  esso 
Baronio,  e  forse  maggiormente  infiammatosi  anco  dalla  qua- 
lità del  medesimo  libro:  intorno  il  quale  non  voglio  dir 
altro,  se  non  che  bisogna  tenersi  lontani  dal  sottoporre  alla 
censura  de'  maligni  quelle  cose,  che  dall'universale  vengono 
attribuite  e  delle  quali  si  gode  il  possesso:  come  nessuno 
ama  di  sottoponere  a  liti  le  cose  proprie,  ancorché  da  va- 
lidissime ragioni  sostenute.  Il  libro  dunque  dell'Olmo  ha 
tirato  la  replica,  del  Contilori,  soggetto  di  tanto  credito  ap- 
presso il  Papa,  quanto  che  di  continuo  l'adula,  e  li  fa  cre- 
der, che  per  la  revisione  da  lui  fatta  di  tutte  le  scritture, 
la  Sede  apostolica  sia  patrona  di  tutta  Italia  per  non  dire 
di  tutto  il  mondo.  Il  che  si  confà  con  l'animo  tanto  er- 
tissimo di  S.  Santità,  che  tutto  crede  a  quest'huomo,  che 
sopra  di  semplici  asserzioni  del  suo  libro  si  è  indotto  prima 
alla  cancellatione  poi  alla  mutazione  dell'elogio.  Questi 
passi  tutti  sono  stati  con  intervallo  di  ben  anni  intieri  dal- 
l'uno  all'altro  fatti,  e  di  tempo  in  tempo  alla  Republica 
rappresentati;  ma  senza  riflesso  di  risolutione,  anzi  con 
iscanso  formale,  per  la  sospensione  che  seguì  dell'ordine 
già  decretato  di  trasportar  l'intiero  del  quadro,  con  l'iscri- 
tione  antica  in  una  delle  sale  di  san  Marco  in  Roma.  Mi 


(i)  Emanuele  Antonio  Cicogna,   Op.  cit.;  tom.   Il,   pag.   246-247. 
(Venezia  1827,  fol.). 

(j)  Alvise  Cuntarini,  Op,  e  toc.  cit. 


12  G.  "B.  "Bel tram 


par  di  più  haver  udito  dire  che  il  Papa  non  sapesse  con 
altra  ragione  sostenere  la  prima  cassazione  dell' eloggio,  che 
colP addossare  la  colpa  al  muratore.  Di  maniera  che  seti 
primi  ufficii  fossero  susseguitati  gli  effetti  di  far  abbruciare 
il  libro  del  medesimo  Contilori,  quando  da  prima  domandai 
con  altre  simili  risentite  risolutioni,  assai  mi  persuado  che 
questo  incontro  non  sarebbe  seguito.  » 

Né  mancarono  di  cogliere  la  palla  al  balzo  gli  Spagnuoli 
e  gl'Inglesi,  avversari  del  governo  di  Urbano;  sicché  prof- 
ferirono subito  ì  loro  buoni  uffici  alla  Repubblica  e  sosten- 
nero validamente  le  ragioni  di  lei  nella  Corte  di  Francia. 

Il  Papa  al  contrario  adoperava  la  massima  calma,  per- 
ché si  accorgeva  che  il  suo  impeto  lo  avea  tratto  ad  un 
mal  passo.  E  per  aver  buon  gioco  in  mano,  lasciava  dire 
a' suoi  Nunzi  che  i  Veneziani  prendevano  tale  pretesto  con 
lo  scopo  di  non  definire  la  vertenza  de' confini  nel  Ferra- 
rese. Così  dissimulava  l'accorto  Barberini,  studiandosi  di 
pigliar  tempo,  di  lasciar  sbollire  gli  animi,  di  persuadere 
il  Richelieu,  che  i  Ministri  della  Repubblica  avevano  tirato 
in  loro  difesa.  Né  essi  si  fermarono  a  ciò;  fecero  prepara- 
menti di  soldatesche  a  Rovigo,  destinando.Padova  per  piazza 
d'armi,  soffiarono  nell'animo  del  re  Cristianissimo  affine 
di  renderlo  alieno  dalla  pace,  ordinarono  il  sequestro  delle 
rendile  di  casa  Barberini  nel  dominio  veneto,  e  l'assedio  di 
Ferrara,  e  di  affidarsi  la  direzione  del  nuovo  Collegio  dei  No- 
bili, che  il  Papa  voleva  si  desse  ai  padri  Somaschi,  al  dottore 
Gaspare  Scioppio,  chiamato  appositamente  dall'Elvezia  (i). 


([)  Il  famoso  Scioppio,  partendosi  da  Venezia  per  tornare  a  Padova, 
lasciò,  nelle  mani  del  nolo  fra  Fidf^en^^io  servita,  quattro  opere,  di  cui 
una  intitolata  la  difesa  del  Machiavello.  A  un  dato  tempo  lo  Scioppo 
fece  divulgare,  secondo  il  Nicoletti  {Op,  cit.f  voi.  VI,  cap.  ii),  che 
egli  avrebbe  stampato  quel  libro  perchè  desideratissimo  dal  Papa ,  e  do~ 
v'cfrli  liaveva  posto  of;ni  suo  ma}^ff!ore  studio.  Nel  sentir  nominare  il  Mac> 
chiavello,  Urbano  salì  in  grandissimo  sdegno,  i  Barberini  furono  sos- 
sopra,  e  il  cardinal  Francesco  scriveva,  d'ordine  del  Papa,  al  Nuncio 
di  Venezia  (i«S  ottobre  [Glìó):  u  Noi  non  sappiamo  con  qual  fondamento 


Felice  Contelori  i3 


Tutte  queste  risoluzioni  si  andavano  deliberando  a  Venezia 
nella  Consulta,  ma  poiché  le  ire  divampavano  troppo,  i 
Savii  temporeggiavano  onde  portare,  in  momenti  piti  calmi, 
il  negozio  a  discussione  in  Pregadi.  E  ottennero  lo  scopo, 
ma  l'impeto  e  la  violenza  de' giovani  nella  tornata  fu  tale 
che  Battista  Nani  e  Girolamo  Trevisani  a  male  pena  poterono 
ottenere  non  si  prendesse  su'  due  piedi  risoluzione  di  sorta. 
I  negoziati  tra  la  Repubblica  e  il  Pontificato,  interme- 
diari gli  Ambasciatori  di  Francia,  durarono  non  meno  di 
quattro  anni;  né  potendosi  differire  un  accomodamento  per 
altre  questioni  territoriali,  cui  erano  interessate  le  nazioni 
estere,  allora  padrone  in  casa  nostra,  fu  risoluto  nel  Senato 
veneto  di  inviare  a  Roma  «  un  ambasciatore  straordinario, 
ma  con  prescrivergli  che  lasciati  da  parte  tutti  gl'interessi 
particolari  della  Repubblica,  quali  si  voleva  rimanessero 
sospesi,  attendesse  unicamente  alla  pace  della  cristianità, 
et  a  quello  poteva  essere  in  ordine  alla  carosa  de'  Turchi.  »  (i) 


sì  supponga,  che  si  desideri  da  noi  T  impressione  della  difesa  del  Ma- 
chiavello, mentre  si  abborriscono  tali  materie,  e  si  sono  improbate  le 
dottrine  di  lui,  che  sono  proibite.  Procuri  V.  S.  di  confutar  tale  opi- 
nione, e  di  operare  che  lo  Scioppio  lo  sappia,  e  ne  sia  avvertito;  sì  che 
non  si  parli  di  noi  in  veruna  maniera,  e  lo  procuri  come  da  sé,  met- 
tendo ciò  in  considerazione  con  ogni  diligenza,  che  non  si  schiverebbe  la 
proibicione,  che  però  vi  pensi  prima  di  stamparla,  acciocché  poi  non  hab- 
bia  occasione  di  lamentarsi.  »  —  Rispose  il  Nuncio  (25  ottobre),  a  ch'egli 
non  haveva  veduta  la  diffesa  del  Macchiavello,  ma  s'immaginava  che  il 
Scioppio  havesse  havuta  intenzione  di  glossare  le  cattive  proposizioni  di 
quello,  con  ridurle  a  buoni  sentimenti  e  farlo  diventar  contro  sua  vo- 
glia un  politico  cristiano.  Ch'esso  Nuncio  intanto  non  mancherebbe  di 
usare  ogni  possibile  diligenza,  che  non  venisse  nominata  S.  Santità;  né 
il  suo  compiacimento  di  tal  opera;  anzi  farebbe  arrivare  allo  Scioppio  il 
grandissimo  disgusto  di  S.  Beatitudine,  e  l'aborrimento  a  simili  materie, 
insistendo  nello  stile  et  opinione  degli  altri  Pontefici,  che  havevano  pro- 
curato che  la  memoria  dell'opere  del  Macchiavello  restasse  sepolta,  et 
in  perpetua  oblivione  w.  E  difatti  questi  lavori  dello  Scioppio  su'  Mac- 
chiavclli  sono  annoverati  nell'esatto  catalogo  delle  opere  di  lui,  che  pub- 
blicò il  Bandivi,  Op.  cit.;  pag.  XXXV-XXXIX. 

(i)  Nir.oLETTi,  Op.  cit.;  tom.  VII,  cap.  V.  Il  Gigli  (Op.  cit.  ms.)  a 
questo  punto  e  molto  laconico:  Li  V'cnetiani,  egli  dice,  tornomo poi 


14  G.  "B.  "Beltrani 


Ma  così  il  Nani,  ch'era  l'ambasciatore,  come  il  cardinale 
Cornaro,  che  lo  precesse  nel  viaggio  a  Roma,  avevano  istru- 
zioni segrete  di  trattare  la  faccenda  dell'iscrizione.  Il  Papa 
non  voleva  saperne  a  nessun  costo,  e  come  nel  lóSy  si  era 
doluto  col  nuncio  Celio  Bichi  perchè  col  maresciallo  d'Elstrée 
avea  concertato  un  pasticcio  diplomatico  onde  salvar  capra 
e  cavoli  e  rimettere  l'iscrizione,  così  ora  alla  straordina- 
ria ambasceria,  solo  per  la  paura  de' Turchi  minacciami 
invasione,  consentì  si  desse  di  bianco  alla  nuova  iscrizione, 
senza  scriversene  altra  in  suo  luogo,  e  così  rimase  fino  al 
pontificato  di  Innocenzo  decimo. 

Il  battibecco  letterario  però  non  si  esaurì  mai  dal  i635 
in  poi;  dice  il  Cicogna  di  aver  visto  un  opuscolo  delFOlmo 
contenente  alcuni  scritti  relativi  alla  storia  della  venuta  di 
Alessandro  III  che  finiscono  (i):  «  È  uscito  nel  i635  in 
Roma  un  compendio  del  Baronio....  soggiungendo  che  appo 
la  morte  del  Baronio  si  è  ritrovato  Fortunato  Olmo  che  ab- 
bla  procurato  vender  le  favole  per  certa  verità,  ma  che  Felice 
Concciora  gli  ha  chiusa  la  bocca.  » 

Ma  non  sì  tosto  questi  ebbe  pubblicato  il  libro  suo,  che 
la  Repubblica  nel  fervore  delia  lotta  contro  ad  Urbano, 
die  pubblica  commissione  all'Olmo  di  rispondere,  con- 
cedendogli perciò  libertà  di  frugare  negli  Archivi.  L'an- 
no 1639  egli  aveva  approntato  sette  volumi  in  folio  grande, 
che  ora  si  conservano  inediti  alla  Marciana  {cod.  CCXV" 
CCXXl  ci.  YII  it)  e  contenenti  una  minuta  confutazione 
dei  libro  avversario  e  delie  due  testimonianze  romane,  con 
un'appendice  di  ottantacinque  documenti  in  sostegno  del 
racconto  veneto  (2).   Scrisse  inoltre  l'Olmo,   nuovo  Sisifo 

in  grafia  con  il  Papa  neW  anno  iGSg,  e  mandavo  o  a  Roma  V Imba- 
sciatore,  il  quale  vi  giunse  alli  io  di  marino  1639. 

(i)  Emmanuele  Antonio  Cicogna,  Op,  cit.;  voi.  IV,  pag.  339. 

(2)  Il  titolo  delTop.  nis.  dell' Olmo,  conservata  alla  Marciana  di  Ve- 
nezia, è  questo:  Historia  del  Sisma  contro  Alessandro  papa  tcr^o,  co^ 
minciato  nel  MCLIX  et  est  'nto  nel  MCILXXV,  cavata  dagli  antichi  per 
opera  di  don  Fortunato  Olmo  alwrJc  con  una  somnij:»  ia  inlroduttione  et 


Felice  Contelori  i5 


dannato  da  Giove,  due  epiloghi  della  sua  stessa  opera,  che 
il  Cicogna  descrive,  e  di  cui  una  copia  inviò  nel  1640  al- 
Tambasciatore  Contarini  a  Roma,  mostrandosi  dolente  che 
con  il  trionfo  degli  avversari  non  si  pubblicava  la  risposta 
da  lui  già  approntata  quattro  o  cinque  anni  innanzi  contro 
il  Contelori  (i). 

Si  sa  altresì,  che  un  tale  Paolo  Ciera,  lettore  nella  Sa- 
pienza di  Roma,  compose  un'opera  contro  il  Contelori  sui 
fatti  di  Alessandro  III,  assumendo  di  aver  cavate  le  notizie 
più  recondite  e  segrete  dagli  Archivi  vaticani;  vuoisi,  se* 
condo  il  Nicoletti  (2),  che  il  libro  fosse  dato  a  Carlo  Qui- 
rini,  che  mandoUo  alla  Repubblica  per  farlo  stampare  sotto 
il  finto  nome  di  Guglielmo  Oltramontano,  e  procacciando 
esso  Quirini,  per  sé,  il  ritorno  alla  grazia  della  Serenis- 
sima, che  avea  perduta,  e  pel  frate  Ciera  il  beneficio  di  un 
bando  che  solea  importare  da  due  a  tre  mila  ducati;  e  per 
fermo  il  Cicogna  possedeva  una  manoscritta  informazione 
di  Gaspare  Lonigo,  pubblico  consultore,  sull'opuscolo  del 
Ciera  contro  del  Contelori  (3).  La  cui  opera,  quando  altri- 
menti i  Veneziani  non  potevano  vendicarsi,  immaginavano 
di  bruciarla  con  poesie;  nella  Marciana  vi  è  un  Raggua^ 
gito  di  Parnaso  di  Giovanni  Castellano^  nel  quale  si  finge  il 
processo  e  la  condanna  del  libro  del  Contelori  (4).  Ma  ve- 

breve  comprobatione  della  venuta  occulta  a-  Vcnetia  del  medesimo  Ponte- 
fice nel  MCLXXVIIet  della  vittoria  del  doge  Sebastiano  Ziani  in  mare  et 
prigionia  d*  Othone  figlio  di  Fedrico  Barbarossa  imperatore  contro  i  scritti 
del  Biondo,  Sigonio  et  Baronio  et  altri  posteriori,  massime  in  risposta 
a  Felice  Contilora  d^  suoi  cavilli  contro  a  quanto  esso  Olmo  ha  detto 
e  comprobato  nella  prima  stampa.  Il  che  in  questo  primo  tomo  si  con- 
ferma di  novo  in  ristretto  sofficientemente ,  che  poi  negli  altri  tomi  si  fa 
copiosamente,  con  piena  dimostrai  ione  della  caduta  de*  fondamenti  degli 
avversari,  della  trascuragine  del  Contilora  in  haver  prodotti  essi  fon- 
damenti et  della  infedeltà  del  Baronio  in  havergli  a  suo  prò  adoperati 
etc.  Vene:(ia  MDCXLIV, 

(i)  Angelo  Zon,  Op.  e  loc.  cit, 

(2)  Nicoletti,  Op.  e  loc.  cit.,  11  aprile  1637. 

(3)  Angelo  Zon,  Op.  e  loc.  cit. 

(4)  Id.,  id. 


i6  G.  "B.  "Bcltrani 


dremo  piti  in  là  quanto  caro  costò  a  lui  rodio  implacabile 
dei  Veneziani,  e  come  perfino  i  suoi  eredi  ebbero  a  sop- 
portarne le  conseguenze. 

Gli  storici  posteriori,  favorevoli  alla  Repubblica,  mai  non 
cessarono  dal  difendere  il  loro  racconto:  Apostolo  Zeno, 
Marco  Foscarini,  il  Laugier,  il  Daru,  Carlo  Antonio  Ma- 
rini sostennero  sempre  la  medesima  tesi.  Non  appena  però 
la  critica  storia  moderna,  libera  da  preoccupazioni  politi- 
che, e  sceverando  la  verità  dei  fatti  dall'affetto  di  patria, 
ha  potuto  liberamente  indagare  in  quel  laberinto  di  coz- 
zanti opinioni,  è  apparsa,  spoglia  di  ogni  superfluo  velo, 
la  verità  nuda  e  cruda  degli  avvenimenti  come  il  Contelori 
li  affermava,  e  ninno  poteva  essere  piti  autorevole  giudice 
in  un  caso  cosiffatto  quanto  un  veneto  scrittore.  Angelo 
Zon,  nella  dottissima  memoria  bibliografica  da  noi  già  ci- 
tata intorno  alla  controversia  tenuta  su  dall'Olmo  e  dal 
Contelori,  conchiude  così: 

«  Ormai  in  tanta  luce  di  monumenti  storici  non  è  piti 
permesso  di  esitare  a  quale  dei  due  racconti  si  debba  la 
preferenza,  ed  a  favore  del  secondo  è  già  deciso  il  voto  di 
tutt'  i  buoni  critici ,  i  quali  riguardano  per  autori  gravis- 
simi di  quell'età  così  Romualdo  Salernitano,  che  lo  scrittore 
degli  Atti  di  papa  Alessandro  terzo,  dalle  unanimi  relazioni 
de' quali  principalmente  deriva  il  racconto  medesimo  »  (i). 

W.  Arndt,  poi,  nella  prefazione  agli  Annali  di  Romualdo, 
pubblicati  nei  Monumenta  Germaniae  hi^torica,  ricordando 
l'edizione  che  ne  die  il  Contelori,  soggiunge  (2),  che  col 
suo  libro  seppe  cosi  bene  combattere  «  le  stoltezze  e  le  fa- 
tuità »  dall'Olmo  addotte,  da  far  equivalere  ogni  ulteriore 
disputa  sull'argomento  a  spreco  di  olio  e  di  fatiche.  E  poi 
andiamo  a  dire  che  il  tempo  non  è  galantuomo,  e  che  spesso 
bisogna  morire  per  aver,  poi,  ragione  dopo  qualche  se- 
colo: conforto  inutile  ed  illusorio! 


(x)  Angelo  Zon,  Op.  e  loc.  cit, 
(2)  W.  Arndt,  Op.  e  loc.  cit. 


Felice  Contelori  17 


VI 


Rapide  pervenivano  a  Roma  le  novelle  della  pubblica 
esultanza  con  la  quale  i  Veneziani  avevano  accolto  l'an- 
nunzio deir  elezione  del  Pamfili  a  Pontefice.  I  fogliettanti 
avvisarono,  che  per  tre  sere  continue  nel  Canal  regio  la 
letizia  erasi  appalesata  con  fochi  e  luminarie  y  e  come  il  Se- 
nato aveva  eletto  per  suoi  ambasciatori  di  ubidienza  al  nuovo 
Sovrano  Giovanni  Nani,  Pietro  Contarini,  Luigi  Mocenigo 
e  Bertuccio  Valieri  (i).  Certo  anche  al  Barberini  nel  1624 
la  Republica  avea  reso  pari  onori,  onde  Geronimo  Cornelio, 
Francesco  Erizzo,  Geronimo  Superanzio  e  Raniero  Zeno, 
recatori  dei  ducali  ossequi,  piegarono  il  ginocchio  innanzi 
al  soglio  di  papa  Urbano.  Ma  poco  memori  dei  postumi 
disinganni,  e  disposti  sempre  gli  animi  piti  alla  letizia  per 
la  fine  dei  mali  presenti,  che  non  al  timore  di  future  av- 
versità, ai  Veneziani  sembrò  toccare  il  cielo  col  dito,  ve- 
dendo uscire  sconfitti  dal  Conclave  i  Barberini ,  dopo  ven- 
tiquattro anni  di  dissapori  e  di  lotte. 

Né  Innocenzo  X  deluse  dalle  prime  le  aspettazioni  e  le 
moine  della  Serenissima.  La  quale  aveva  insistito  a  che  in- 
nanzi di  far  muovere  per  Roma  l'Ambascerìa,  venisse  ri- 
messa nella  Sala  regia  la  famosa  iscrizione,  e  riparato  il 
leso  onore  della  Republica;  il  Papa  dovett' essere  presto 
persuaso  che  veramente  non  metteva  conto  inimicarsi  uno 
dei  piti  potenti  Stati  d'Italia  per  così  poco,  e  nei  primi  giorni 
del  novembre  1644  accontentò  gli  annosi  desideri  Veneti. 


(  I  )  {Biblioteca  Corsini  Roma  —  Avvisi  dell' anno  1 644-36  5. 1 3  )  fol.  292 
t.o:  «  di  Venezia  li  24  di  settembre  1644.  Per  allegrezza  della  creatione  del 
novo  Pontefice  Romano,  chiamato  Innocentio  X,  il  signor  Labia  ha  fatto 
per  tre  sere  fochi  et  luminari  nel  Canal  Regio,  et  questa  Republica  ha 
eletti  per  suoi  Ambasciatori  di  ubidienza  a  S.  B.^^»  li  eccellentissimi  signori 
Giovanni  Nani,  procuratore,  Pietro  Contarini,  Luigi  Mocenigo,  et  Ber- 
tuccio Valieri  v. 

Archivio  della  Società  romana  di  Storia  patria.  Voi.  IH.  2 


i8  G.  ®.  "Beltrani 


Conforme  alle  istruzioni  che  avea,  il  cardinale  Cornaro 
si  recò  immantinenti  in  forma  ufficiale  dal  Papa  a  ringra- 
ziarlo in  nome  della  Republica  dell'atto  di  riparata  giu- 
stizia (vi  era  anche  allora  il  sistema  modernissimo  di  ri- 
para^ione),  e  spedi  senza  indugi  a  Venezia  un  corriero, 
nunzio  della  fausta  novella  (i).  E  proprio  come  tale  i  Ve- 
neziani l'accolsero.  Nella  controversia  si  era  mescolato  tutto 
il  loro  amor  proprio;  e  di  quanto  avevano  creduto  offeso  il 
patrio  decoro  con  Tatto  rigido  di  papa  Urbano,  di  tanto 
ora  lo  sentivano  innalzato  e  rispettato  mercè  il  facile  or- 
dine di  Innocenzo.  Il  Senato  subito  elesse  per  ambasciatore 
straordinario  a  Roma  l'eccellentissimo  Angelo  Contarini  (2), 
e  nel  26  di  novembre  scrivevano  i  soliti  fogliettanti ,  che 
«  la  domenica  vi  giunse  un  corriero  straordinario  da  quella 
«  Republica  al  signor  cardinal  Cornaro,  il  quale  subito  andò 
«  all'udienza  di  sua  Beatitudine  per  darli  parte  come  la 
«  detta  Republica  haveva  dichiarato  il  signor  Angelo  Con- 
«  tarini  per  suo  Ambasciatore  straordinario  a  render  gratie 
«  alla  Santità  sua  d'essersi  compiaciuto  di  far  rimettere 
«  nella  Sala  Regia  l'Inscrittione,  che  fece  mutare,  et  poi 
e  del  tutto  rimovere  il  defonto  pontefice  Urbano  ottavo.  >  (3) 

Ma  in  codesti  frequenti  convegni  del  cardinale  Cornaro 
col  Pamfili  vivissime  si  fecero  le  istanze  della  Republica 
perchè  l'atto  di  riparazione  fosse  stato,  prima  dell'arrivo 
dell'Ambascerìa,  completo  e  solenne.  Vedemmo  già  quanto 


(i)  Ibid,  fol.  35o  t.o:  a  di  Roma  li  x 9  di  novembre  1644.  Il  signor 
cardinal  Cornaro  domenica  mattina  fu  a  render  gratie  a  N.  S. ,  in  nome 
della  sua  Republica  di  Venetia,  di  bavere  la  Santità  sua  fatte  rimettere 
nella  Sala  Regia  Tinscrittione,  che  ne  fu  levata  per  ordine  della  f.  m.  di 
Urbano  ottavo,  et  immediatamente  detto  Eminentissimo  spedì  subito  un 
Corriero  a  Venetia  per  darne  parte  a  quel  Serenissimo  duce,  et  eccellen- 
tissimo Senato  ». 

(2)  Ibid,  fol.  355  t.^:  a  di  Venetia  li  ig  novembre  1644.  Mercordì  da 
questo  Eccelleptissimo  Senato  fu  eletto  per  Ambasciatore  straordinario  a 
Roma  r  Eccellentissimo  signor  Angelo  Contarini  i>. 

(3)  Ibid.,  fol.  358,  di  Roma,  26  di  novembre  1644. 


Felice  Contelori  19 


odio  si  era  via  via  accumulato  sul  capo  del  Contelori,  che 
don  Fortunato  Olmo  avea  lasciato  credere  il  vero  e  proprio 
istigatore  della  violenta  condotta  di  Urbano  nel  negozio  della 
iscrizione,  e  come  si  condannasse  degno  del  rogo  il  libro 
di  lui  e  si  ponesse  sotto  taglia  la  sua  persona.  Oggi  invo- 
cavano che  l'audace  prelato  riportasse  la  pena  condegna 
del  suo  operato,  a  maggior  gloria  e  soddisfazione  della  Se- 
renissima; e  si  forzava  la  mano  al  Papa,  e  si  additava  la 
fede  barberina  del  Prefetto  degli  Archivi,  la  conseguente 
necessità  di  punirlo  in  maniera  esemplare,  ed  apertamente 
facevasi  sentire  come  di  un  cosifatto  castigo  la  Republica 
facesse  questione  di  amor  proprio,  ancor  più  vivace  di  quella 
per  la  iscrizione  (i).  I  tempi  piti  non  correvano  prosperi 
al  fedeli  di  casa  Barberini  ;  e  il  Contelori  fu  designato  vit- 
tima della  loro  politica.  Avvenne  nel  Vaticano  una  specie 
di  congiura  di  palazzo. 

«  Un  bel  giorno,  fu  il  terzo  di  dicembre  1644  da  Fer- 
«  rara  venne  avviso  del  passaggio  per  quella  città,  da  Ve- 
«  netia  verso  Roma,  dell'eccellentissimo  signor  Angelo 
«  Contarini,  destinato  ambasciatore  straordinario  di  quella 
«  Republica  a  Roma,  dove  intanto  sono  state  fatte  le  prov- 
«  visioni  necessarie  nel  palazzo  di  san  Marco  per  la  sua 
«  venuta  (2).  »  Non  vi  era  piti  tempo  da  perdere;  il  fosso  bi- 


(i)  Sin  dai  primi  giorni  dell'assunzione  del  Parafili  al  Soglio  pontificio, 
il  Contelori  cominciò  a  perdere  qualcuno  degli  importanti  uffici  che  eser- 
citava al  Vaticano,  il  famoso  Cassiano  dal  Pozzo  nel  24  settembre  1 644 
scriveva  da  Roma  al  cardinal  Chigi ,  che  fu  poi  papa  Alessandro  settimo  : 
«  Il  signor  Gaspare  de  Simeonibus,  che  nel  pontificato  di  papa  Urbano  Vili 
fu  per  la  Chiesa  di  Campagna,  è  stato  dichiarato  per  Segretario  de*  Brevi 
in  luogo  di  monsignor  Contiloro  ».  (Chigiana,  ms.  A.  Ili,  54.  Lettere  di 
cinque  persone  scritte  a  N.  S,  Aless.  7  prima  della  sua  Assuntione) 
pag.  56 1.  Molte  sono  le  lettere  inedite  di  Cassiano  dal  Pozzo,  non  ripor- 
tate né  citate  dal  Lumbroso,  che  si  contengono  in  questa  preziosa  raccolta. 
Sento  il  dovere  di  rendere  publiche  grazie  alla  cortesìa  del  eh.  profes- 
sore Cugnoni,  direttore  della  Chigiana,  il  quale  mi  lasciò  studiare  a  mio 
agio  nei  manoscritti  di  queir  insigne  deposito,  pel  presente  lavoro. 

(2)  Ibid,  fol.  370.  E  a  fol.  36q  t.o  leggasi:  a  di  Roma  li  tre  dicem- 
bre 1644.  Monsignor  Centofiorini  cameriero  segreto  di  N.  S.  è  stato  di- 


20  G.  S.  ^eltrani 


sognava  saltarlo:  e  immantinenti,  in  quell' istesso  giorno  3 
dicembre,  si  presentarono  in  casa  il  Contelori  due  prelati, 
e  gli  notificarono  non  pure  ch'egli  era  dispensato  dall'alto 
ufficio  di  Prefetto  degli  Archivii  vaticani,  ma  che  dovevano 
in  quell'istante  medesimo  sequestrargli  tutte  le  scritture, 
pubbliche  o  private,  si  trovavano  presso  di  lui.  Ecco  come, 
anche  in  data  del  3,  il  celebre  Cassiano  dal  Pozzo  da 
Roma  scriveva  dello  strepitoso  avvenimento  al  cardinale 
Fabio  Chigi  : 

a  Monsignor  Contilori  è  stato  levato  dell' offitio  d'Ar- 
ce chivista,  forsi  bavera  qualch' altra  carica,  gli  sono  state 
«  d'ordine  di  N.  S.,  eseguito  da  monsignor  Pier  francesco 
tt  de'  Rossi  avocato  consistoriale  e  fiscale,  e  da  monsignor 
«  Girlandoni  maestro  di  casa  di  S.  S.**,  levate  tutte  le  copie 
a  di  scritture  ch'esso  haveva  estratto  dell'Archivio  e  dalla 
«  Vaticana,  essendoseli  lasciate  le  fatiche  sue  proprie  legali. 
«  quand'esso  vidde  questo  successo,  dicesi  che  partiti  li 
«  monsignori  con  piti  casse  di  dette  scritture,  andò  a  s. 
«  Pietro  dove  haveva  una  stanzetta  vicino  all'archivio  della 
«  Chiesa,  dove  teneva  altre  scritture  e  postele  in  carrozza, 
a  s'incamminava  per  metterle  in  altro  luogo,  rincontrato 
a  da'  sopradetti,  dicesi  che  fermata  la  carrozza  li  fussero 
«  chieste  le  scritture  che  portava,  e  levateli;  s'è  detto  che 
«  li  fosse  data  la  casa  per  carcere,  però  non  s'è  poi  saputo 
«  il  certo,  (i)  » 


chiarato  custode  delP  Archìvio  vaticano  in  luogo  di  monsignor  Contiloro 
il  qual  è  stato  confirmato  per  segretario  della  Congregatione  de' confini, 
di  moto  proprio  di  sua  Beatitudine  ». 

(i)  Biblioteca  Chigi,  ms.  A.  lU.  5^.  Lettere  di  cinque  persone  scritte 
a  N.  S.  Aless.  7  prima  della  sua  Assuntione,  pag.  566-567. 11  surriferito 
brano  di  lettera  di  Cassiano  dal  Pozzo  fu  in  parte  anche  pubblicato,  su 
altre  fonti,  da  Giacomo  Lumbroso,  Noti:(ie  sulla  vita  di  Cassiano  dal  Po:{:{o 
protettore  delle  belle  arti,  fautore  della  sciem^adelV  antichità  nel  sec.  XVII 
con  alcuni  suoi  ricordi  e  una  centuria  di  lettere;  extat  nella  Miscellanea 
di  storia  italiana  edita  per  cura  della  r.  deputazione  di  storia  patria; 
tom.  XV,  pag.  187.  (Torino  MDCCCLXXVI.  8.""). 


Felice  Contelori 


■ 

■ 


Rumoroso  scalpore  si  menò  nei  cìrcoli  della  società  ro- 
mana per  le  severe  misure  prese  contro  il  Contelori,  abi- 
tuati come  si  era  da  lunghi  anni  a  sentir  pronunziare  con 
rispetto  ed  ossequio  il  nome  di  lui.  E  molte  gelosie  e  assai 
ba&se  invidie,  che  mai  non  dilettano  a  chi,  come  il  Con- 
telori, per  lunghi  atini  esercita  un  alto  potere,  venivano 
ad  essere  appagate  e  soddislatte  con  la  depressione  t.ui  sog- 
giaceva il  dotto  uomo.  Più  rimarchevole  €  poi  questo,  che 
i  contemporanei,  i  quali  meglio  erano  in  grado  di  assu- 
mere sicure  informazioni,  non  seppero  indovinare  le  vere 
cagioni  di  unta  severità.  Teodoro  Ameyden,  ad  esempio, 
sui  proposito  scrive  cosi: 

■  3  dicembre  1644  —  Sabbaio  passato  all'improviso  fu- 

■  rono  sigillale,  e  sequestrate  tulle  le  scritture  di  monsignor 
>  Contilori,  non  sì  seppe  a  che  elJ*etio.  Io  stimai  die  non 

■  potesse  essere  per  altro   fine  che  per  vedere  se  le  copie 

■  poste  in  iscampa  dal  Contiloro  discordano  dagl'originali, 

■  mi  mosse  il  creder  questo  che  il  medesimo  Coniilori  nella 

•  sede  vacante  cantava  d'Orlando,  e  diceva  che  il  tutto 
«  fatto  e  scritto  da  lui  è  stato  per  ordine  del  cardinal  Bar- 

■  berino,  di  modo  che  pare  che  egli  medesimo  abbia  dato 
«  occasione  a  questo  fatto  »  (i). 

E  Giacinto  Gigli,  dal  canto  suo,  adduce  altre  cagioni 
del  (atto,   notando:  (2)   n  Per  ordine  del  medesimo  Papa 

•  Innocentio  fu  restituita  la  scrittione  che  era  stata  cancel- 

■  tata  et  mutata  per  ordine  di  papa  Urbano  la  quale  par- 

•  lava  del  benefitio  fatto  dalli   Venetiani  a  Papa  Alessan- 

•  dro   III,   et   per   ciò   sì   erano   sdegnati   grandemente   li 

■  Venetiani  con  Papa  Urbano,  si  come  io  ho  notaio  nel- 
a  l'anno  ió36,  et  Monsignore  Contiloro  il  quale  fu  causa 
"  di  quella  novità  fu  sequestrato  in  casa  et  gli  furono  ri- 

•  cercale  tutte  le  sue  scritture;  ma  finalmente  poi  fu  liberato 
<  da  ogni  calunnia ,  et  tutte  queste  cose  pare  che  sieno  contro 


(0  T.  Ami 


22  G.  S.  feltrarli 


a  i  Barberini  poi  che  il  Papa  si  gratifica  et  concilia  tutti 
«  i  nemici  di  quelli,  come  sono  il  Re  di  Francia,  li  Ve- 
c  netiani,  il  Gran  duca,  ma  sopra  tutto  non  pare  che  al- 
«  cuna  cosa  possa  nocere  maggiormente  alli  Barberini, 
e  quanto  il  parentado  con  i  Lodovisi  parenti  stretti  delli 
«  Borghesi  et  Aldobrandini  et  duca  di  Parma  li  quali  par 
e  che  non  habbiano  maggior  pensiero  che  di  vedere  abbas- 
«  sati  i  Barberini.  » 

Il  Peresio  (i),  al  contrario,  ponendosi  in  contraddizione 
con  i  cronisti  sincroni ,  sostiene  che  il  sequestro  delle  carte 
ed,  in  generale,  la  disgrazia  del  Contelori  appresso  il  Papa 
avvennero  per  mera  invidia  di  altri  Prelati,  poiché  aveva 
Innocenzo  X.*",  nei  primi  tempi  del  suo  Pontificato,  preso  il 
dirizzone  anche  lui  di  ricorrere  al  Contelori,  e  spesso  me- 
diante un  vecchio  e  fido  familiare,  Virgilio  Rosario  da  Spo- 
leto, per  schiarimenti  e  consigli  nei  gravi  negozi  che  richie- 
devano conoscenza  intima  delle  passate  vicende  del  Governo 
pontificio  e  del  vario  esercizio  dei  suoi  diritti.  Ma  il  Peresio, 
che  scriveva  in  epoca  assai  prossima  al  Contelori  e  quando 
per  un  riguardo  ai  viventi  la  verità  non  si  poteva  ancora 
dire  tutta  quanta,  ha  tutte  le  sembianze  di  usare  a  questo 
punto  assai  reticenze.  Il  vero  è  che  a  generare  il  doloroso 
avvenimento  ci  concorse  un  po' di  tutto.  L'odio  e  la  dif- 
fidenza con  cui  si  guardavano  le  creature  del  Barberini,  le 
gelosie  e  le  invidie  potentissime  sempre,  terribili  allora, 
nella  Corte  Romana,  la  collera  implacabile  dei  Veneti  e  le 
conseguenti  convenienze  diplomatiche  cospirarono  insieme 
a  far  compiere  l'atto  di  inusitato  rigore  contro  al  Contelori; 
e  fu  atto  ingeneroso  quanto  ingiusto  per  parte  della  Corte 
Romana,  a' cui  servigi  il  dotto  Cesano  aveva  speso  tutto  sé 
stesso,  rinfrescando  con  nuovi  studi  le  tradizioni  de' diritti 
temporali,  ch'essa  si  presumeva  di  avere  e  che  difatti  eser- 
citava. Cosi  nel  bel  mezzo  del  secolo  decimosettimo  ad  un 
Prefetto  degli  Archivi  vaticani  capitava  quel  medesimo  caso 

(i)  Peresio,  Op,  cit,;  pag.  14-15. 


Felice  Contelori  23 


che  toccò  non  è  guari  ad  un  altro  dell'  età  nostra.  Il  Con- 
telori ed  il  Theiner  messisi  ugualmente,  e  con  pari  retti- 
tudine, alla  onesta  ricerca  del  vero  nel  passato  dei  fatti 
umani,  rimasero  entrambi  vittime  della  loro  laboriosità  e 
dottrina;  e  se  al  Theiner  non  pure  la  grande  autorità  del 
suo  nome  bastò  a  frenare  l'impeto  degli  avversari,  sicché 
ninno  osò  strappargli  violentemente  l' alto  ufficio  di  cui  era 
investito,  ma  gli  fu  possibile  sottrarre  le  preziose  sue  fatiche 
dall' invida  mano  dei  nemici  di  lui,  e,  protetto  dal  conte 
Arnim,  ambasciadore  di  Prussia  a  Roma,  giunse  a  porre 
sotto  la  salvaguardia  di  un'  estera  Potenza  le  carte  più  ge- 
lose e  più  cercate  ;  invece  il  Contelori  fu  soprafatto  dal  par- 
tigianismo  delle  combriccole  avversarie  ai  Barberini,  capi- 
tanate dal  cardinal  Pamfili;  e  venne  designato  olocausto  per 
la  lega  che  voleasi  stabilire  tra  la  Republica  di  Venezia  ed 
il  Papa,  e  più  non  vide  nella  sua  vita,  siccome  proverò  in 
seguito,  quell'immensa  congerie  di  manoscritti,  che  a  furia 
di  fatiche  e  di  danari  avea  raccolti. 

La  tempesta  si  accumulava  sul  capo  del  Contelori,  a  mi- 
sura che  l'Ambasceria  veneta  appressavasi  a  Roma.  Nel  19 
dicembre  riferisce  l'Ameyden  essersi  saputo  «  che  il  signor 
«  cardinal  Cornaro  pregò  il  Papa  che  levasse  al  Contiloro 
e  il  titolo  di  Prelato  »  (i).  Ecco  difatti  come  incalzavano 
le  notizie  dell'arrivo  dell'ambasciatore  Contarini,  secondo 
gli  Avvisi  ms.  ora  conservati  alla  Casanatense.  (2) 

«  24  Xbre  1644  —  Venne  qui  martedì  un  corriero  stra- 
«  ordinario  di  Venetia  spedito  dal  signor  Angelo  Contarini, 
«  ambasciatore  straordinario  di  quella  Republica  per  accel- 
<  lerare  le  necessarie  provisioni  del  suo  arrivo  che  s'aspetta 
«  della  prossima ,  e  di  già  è  gionta  parte  della  sua  famiglia. 

e  3i  Xbre  1644  —  Lunedi  sera  incontrato  da  buon  nu- 
«  mero  di  carrozze  mandate  da  Cardinali  et  Principi  con 


(i)  T.  Ameyden,  Op,  cit.;  ann.  1644,  pag.  204. 

(2)  Avvisi  di  Roma  e  di  altri  paesi  delVanno   1644.   (Casanaten- 

X,UI,44). 


24  G,  S.  ^eltrani 


a  loro  Gentilhuomini ,  arrivò  qua  de  Venetia  1'  Eccellentis- 
a  Simo  signor  Angelo  Contarini  mandato  da  quella  Repub- 
«  blica  per  ambasciatore  straordinario  a  N.  S.  et  introdotto 
a  dal  signor  cardinal  Cornaro,  andò  a  bacciare  li  piedi  a 
«  sua  Beatitudine  et  a  visitare  1'  Emo  Pamfilio,  retiraiidosi 
«  poi  a  stantiare  nel  suo  appartamento  nel  palazzo  di  S. 
«  Marco. 

«  Nella  medesima  sera  sua  Santità  mandò  un  nobilis- 
a  simo  regalo  a  detto  Ambasciatore  di  pelami*,  vini,  sa- 
«  lami,  vitelli  et  altri  infrescamenti. 

«  3i  Xbre  1644.  —  Il  signor  Angelo  Contarini  amba- 
«  sciatore  straordinario  di  Venetia  si  dice  babbi  ordine  di 
<c  render  gratie  a  N.  S.  nella  sua  prima  audienza  che  abbia 
«  fatto  rimettere  l' inscrittìone  toccante  la  Republica  di 
«  Venetia  nella  Sala  Regia.  » 

E  PAmeyden:  (i) 


(i)  ÀMEYbEN,  Op,  cit,;  ann.  1644,  pag.  220.  —  Publico  in  questa  nota 
gli  altri  brani  dello  stesso  autore  che  riferiscono  le  ulteriori  notizie  sulla 
permanenza  deir  Ambasceria  veneta  a  Roma  sino  al  giorno  in  cui  si  partì 
per  Venezia.  —  Ann.  1645.  pag.  24:  «  (marzo  1645).  Si  discorse  sopra 
rimpertinenze  delle  parole  trovate  in  Sala  Regia  sotto  quella  mutata,  e 
dopo  cancellati  l'incrittione  veneta  da  papa  Urbano,  le  parole  dicevano: 
famulam  quam  Urbanus  Urbani  delevit  Innocentìus  innocenter  reposuit. 
Pensa  alcuno  che  il  delinquente  V  habia  fatto  per  insospettire  li  Barbe- 
rini, ma  sia  come  si  voglia  fu  una  sfacciataggine  grande,  non  sendo  la 
riprova  del  Contiloro  convincente  il  contrario».  Pag.  38:  a  Si  disse  che 
il  signor  Anzolo  Contarini  ambasciatore  ordinario  veneto  veniva  provisto 
d'una  chiesa  di  quello  Stato  affine  di  condursi  al  Cardinalato,  e  ciò  lo 
considerai  hier  mattina  molto  maleffetto,  potrebbe  essere  che  la  morte 
prevenisse  i  suoi  disegni  ».  Pag.  40:  a  Pretendevano  i  Ambasciatori  ve- 
neti ricevere  la  visita  de  Cardinali  in  zimarra,  allegando  che  è  T abito 
loro  domestico  fuori  delT audienza  del  Papa,  gPè  risposto  che  i  Cardinali 
gì*  hanno  ricevuti  non  coIT abito  domestico,  ma  publico,  e  solenne,  e  che 
il  medesimo  deveno  fare  essi;  allegano  i  Venetiani  il  possesso  nella  vi- 
sita di  Ambasciata  ordinario  che  non  s'applica  perchè  neanche  il  car- 
dinale in  quell'occasione  va  in  habito  solenne  ».  Pag.  41  :  «  Gli  Amba- 
sciatori veneti  furono  stamane  a  liccntiarsi  dal  Papa,  e  dal  cardinale 
Panfilio  volendosi  spedire  quanto  prima  stante  la  grave  spesa  che  ten- 


Felice  Contelori 


•  Ultimo  dell'anno  1644.  —  Martedì  entrò  l'Ambascia- 

*  ur<  veneto,  incontrato  da  molte  carrozze  a  sei.  Palazzo 
>  ba  fatto   ver;io   di    lui   grandissima   dimostrattìone,   tra 

<  l'ilcro  l'ha  duplicato  la  coUatione  solita  da   mandarsi  a 
t  gl'Ambasciadori  la  seri  quando  arrivano.  Egli  ha  ordine 

•  della  sua  Republica  di  non  visitare,   né  ricevere  visite 

<  da  Cardinali  Barberini,  né  di  fermarsi  incontrandoli.  • 


Nessun  moggi 
Che  rìcordirsi  del  lempa  feti 
Nella  miseria 


dolor 


It  ben  tristi  giorni  dovè  passare  il  Contelori,  nel  vedere  di- 
luita a  brani  t'opera  sua,  e  la  superba  Republìca  vittoriosa, 
e  atmica  quella  Corte  papale  in  cui  per  venti  anni  egli 
iveva  esercitato  una  decisiva   influenza  (1).  Ma,  uomo  di 


nodi  400  bocche,  et  olire  di  eia   lengono  in  casa  corte   bandita  v. 

•V  4'  1.°:  •  Il  medesimo  giorno  l'Ambascìaiore  caiiolico  fu  a  render 

I*  *Uiu  all' Ambascìalori  veneti   con  grande   corteggio,   con   maraviglia 

''e' Veneiìioi  :  all'arrivo  dell'Ambasciatore  prevennero  (sic)  ire  Cardinali 

' ']iuli  rimasero  in  camera,  e  lultl  quattro  Ambaaciaiori  veneti   furono 

'a  nKonirire  ti  Cauolico,  nel  che  ai  nolr^  un  errore,  che  due  dovevano 

"«•nere  colli  Cardinali,  et  1"  altri  due  ricevere  l'Ambasciatore,  e  questo 

•"«e  tlctU  visita  degli  stiri  fu  emendato  o.  Pag.  41  t.":  u  Mercordi  mal- 

'™  il  P«p«  creò  cavalieri  luni   i   ire  Arabnsciatori  veneti,   donandogli 

"""  «Ilins  di  35o  scudi  per  ciascheduno,  ei  eglino  il  venerdì  ritornarono 

*"*  ciK  havendo  spedila  t' imbasciata  in  lermine  di  rove  giorni  d. 

'notlre  negli  Avvisi  della  biblioteca  Corsini  per  l'anno  1 643  le^onsi 

I         *  •*BUentÌ  altre  tiotiiie:  pag.  41 1  :  ■  di  Roma  li  7  di  gennaro  1645.  Di 

^^^^^*ti»  in  pinicolari,  con  leuerc  delli  3l  del  passalo,  si  chavuto  avviso, 

^^^B*  <]uella  Republica  haveva  ordinato  un   presente  di   drappi   d  oro   di 

^^^P*aa  otto  mila  scudi,  da  mandarsi  a  donare  all'eccellentissima  signora 

^^^P^cjpessa  di  Piombino,  nipote  di  sua  Beatitudine  n,  F0I.  419  I.":  a  di 

***■  li  14  di  gennaro  1645.  Mercordi  mattina  il  cavaliero  Angelo  Con- 

^"r»!,  ambasciatore  straordinario  della  Republica  di  Venetia  al  Pontefice 

"  *l|'udien<a  di  sua  Beatitudine  con  un  corteggio  di  80  carroiie  piene 

*!'  ^'teliti  et  Nobiltà,  Scendo  il  complimento  dì  render  gratìe  alla  San- 

"*   Sua  dell'elogio  &Ho  rimettere  nella  Sala  regia  del  Vaticano,  con- 

"""tJe  desiderava  delta  Republica  », 

ti]  Quanto  fòsse  difficile  ed  insostenibile  la  condizione  dei  Barberini 


lAft.. 


I  i  seguenti  brani  i 


ti  dell' Amf 


26  G.  "B.  "Beltrani 


mondo,  egli  bevve  il  calice  amaro,  e  dissimulò;  dissimulò 
perchè  impari  sarebbe  stata  una  guerra  ch'egli  avesse  vo- 
luto in  diverso  modo  muovere  ai  suoi  nemici.  Conscio  del 
suo  valore,  aspettò  con  calma  che  le  ire  sbollissero,  e  che 
sull'altrui  invidia  prevalesse  l'autorità  del  nome  suo.  E  di- 
fatti ad  Innocenzo  X.%  che  pur  non  avea  potuto  esimersi  dal 
lasciar  infuriare  sul  vecchio  storico  la  imperversante  tem- 
pesta, quantunque  avesse  cercato  lenire  i  tristi  efifetti  coi 
conservarlo  nel  grado  di  Segretario  della  Congregazione  dei 
Confini,  ad  Innocenzo  X.**  tornava  sempre  pesante  la  re- 
sponsabilità di  aver  cotanto  male  trattato  un  uomo  d'in- 
dubbi meriti,  e  che  i  contemporanei  piti  indifferenti  sti- 
mavano di  acuto  ingegno  e  nelle  dottrine  profondo,  di 
maniera  che  pur  tenendolo  sempre  lontano  dagli  Archivi 
e  rifiutandogli  mercè  espedienti  dilatorii  la  restituzione  delle 
carte,  lo  andava  il  Pontefice  poco  a  poco  richiamando  a 
se  ed  a  volta  a  volta  gli  affidava  affari  di  amministrazione 


an.  1645,  pag.  53  t.^:  «  Sono  sequestrati  li  pochi  beni,  che  ha  in  Roma 
il  Bartolozzi,  volendo  il  Papa  che  pendino  conto  tutti  coloro  che  hanno 
maneggiato  denaro  nella  passata  guerra,  il  che  ascenderà  a  somma  in- 
finita, e  fin  hora  il  Papa  s'è  lasciato  intendere  di  non  voler  far  buoni 
li  chirografi  ottenuti  sopra  di  ciò  di  papa  Urbano  assolutoci  de  rendi- 
mento di  conti  ».  Pag.  67  t.»:  «  Ottobre  1645.  Novità  grande  ha  cagionato 
nella  Corte  la  partenza  del  cardinal  Antonio  (Barberini)  in  guisa  di  fuga. 
Domenica  mattina  primo  primo  {sic)  egli  fece  porre  in  ordine  le  carrozze 
di  campagna  dando  voce  di  voler  passare  a  Monte  Rotondo,  et  in  quella 
havendo  fatto  portare  prima  le  sue  armi  solite  di  viaggio  da  un  servitore 
più  fidato,  andò  a  Fiumecino,  cioè  a  porto,  ove  trovò  Giovan  Battista 
Raggi  fratello  di  monsignor  thesoriere  con  quattro  feluche  ben  armate» 
e  variamente  si  discorse  del  termine  del  suo  viaggio,  et  haver  rimesso 
cinquanta  mila  scudi  in  Genova,  senza  fallo  lo  primo  sbarco  sarà  in  Ge- 
nova, dicesi  che  appresso  anderà  da  Madama  in  Savoja.  chi  riprende  que- 
sta partita  e  chi  l'approva.  Io  per  me  stimo  che  il  cardinal  Antonio  non 
habbia  fatto  bene,  poiché  a  punto   i5  giorni  avanti  hebbe  lunghissima 
udienza  dal  Papa,  e  gratiosa.  Parlò  in  raccomandatione  del  Bravesi  come 
da  innocente  del  delitto  che  se  groppone,  e  che  pò  non  deve  essere  stra- 
pazzato nella  persona  e  per  lontanissimi  e  pochi  fundati  inditi).  Il  Papa 
rispose  che  non  era  dovere,  e  che  in  ciò  ne  haverebbe  dati  ordini  con- 


Felice  Contelori 


27 


nelle  Congregazioni,  dove,  per  altro,  l'opera  collettiva  dei 
singoli  componenti  assicurava  che  le  opinioni  di  lui  fossero 
ten  Jte  convenientemente  lontane  dalla  prevalenza.  E  il  Con- 
telori, men  semplice  dei  presenti  dominatori,  lasciava  fare; 
accoglieva  ì  lavori  e  gli  onori  inerenti,  e  le  paghe  ancora, 
tacendo  di  tuit'altro.  Cosi  le  relazioni  tra  lui  e  la  Corte, 
trasformandosi,  divenivano  ogni  giorno  meno  sospette,  piii 
sincere  ed  inlime.  E  la  necessita  dei  consigli  in  negozi  di 
grande  momento  poteva  negli  avversari  di  lui  più  che  la 
loro  burbanza  e  l'invìdia,  sicché  tornavano  a  consultarlo 
ogni  volta  che  il  bisogno  di  aver  saggi  pareri  e  la  difBcoIlà 
di  trovarne  tali  creavano  imbarazzi  e  disturbi. 

Infatti  nelle  lunghe  trattative  che  precessero  quella  fa- 
mosa pace  di  Westfalia,  d'onde  si  iniziò  il  secondo  periodo 
dell'istoria  moderna,  gl'interessi  religiosi  e  politici  del  Pon- 
tificalo latino  ne  uscirono  molto  malconci,  ma  peggiori 
danni  avrebbero  avuti  se  la  dottrina  del  Conteiori  non  avesse 


veiU«nti  e  inline  licenlìollo  con  maìtt  con  molta  (sic.)  humanilà  et  cor- 
inia  >.  Pag.  6g  :  ■  Domenica  mattina  venne  un  straordinario  dì  Genova 
portante  l'arrivo  del  cardinal  Anionio  in  quella  città,  sopra  la  cut  par- 
Miua  Botio  due  diversi  pareri.  GÌ'  uni  dicono  che  non  e  panilo  di  Roma 
senta  bavere  agiuscalo  le  partite  in  Francia,  e  che  ciò  sia  seguito  per 
open  del  cardinal  Bichi  per  guadagnare  l'uno,  e  l'altro  nel  medesino 
tempo,  gl'altri  dicono  che  Antonio  non  ha  altcimenli  agiusTato  niente  in 
Francia,  ma  che  ha  sollecitato  la  parienin  per  timore  della  propria  per- 
toM,  altesD  che  il  Papa  sia  per  condonargli  lutto  il  commesso  contro 
di  lui,  ma  lo  sprego  delli  milioni  e  molto  meno  lì  delitti  d'homicidio 
«OD  potergli  secondonare  [sic).  Questa  seconda  ipolesi  tengo  per  cura 
(NC,  ticwti?),  mauime  hauendo  chiesto  salvacondotto,  e  sicurezza  alla 
Republiea  di  Genova,  se  il  Papa  vorrà  risentirsi  contro  dì  lui  non  li  man- 
cheranno modi  se  non  per  altro  se  non  per  esser  partito  da  Roma  senza 
licenu  del  Papa  contro  l'espressa  dimostratione  de  canoni,  mi  ricordo 
che  il  cardinale  Alessandro  Montalto  ne  fu  tanto  osservante  che  dovendo 
andare  a  caccia  con  dubbio  di  non  poter  ritornare  la  sera,  ne  dimandava 
licenia  al  Papa  per  una  none,  e  dubiosa  ».  Pag.  70  t.":  o  io  ottobre  1Ó4  j 
Hoggl  alle  tardi  furono  condotti  carcerati  molli  copisti,  et  assediale  da 
sbirri  le  case  de  tutti  gl'altri  in  maniera  che  non  possa  uscir  fuora  una 


28  G.  "B.  "Beltrani 


a  tempo  sostituita  l'ignoranza  di  coloro  che  comandavano 
nelle  sfere  diplomatiche  del  Vaticano.  Malgrado  la  diversa 
volontà  di  Fabio  Chigi,  nunzio  a  Mlinster,  la  Svezia, 
l'Olanda  e  la  Svizzera  si  impinguarono  di  danari  e  di  beni 
ecclesiastici  e  furono  dichiarate  terre  libere,  mentre  si  di- 
scusse calorosamente  sulla  necessità  di  istituire  l'ottavo  elet- 
torato dell'Impero  nella  persona  di  Carlo  Ludovico,  conte 
Palatino  ed  eretico  per  giunta.  Era  così  minacciata  dalla 
base  la  famosa  istituzione  dei  sette  elettori  in  Germania  che 
la  Corte  romana  sosteneva  fondata  da  papa  Gregorio  nel- 
l'anno I002.  Provare  ad  un  Congresso  diplomatico  di  Eu- 
ropa i  diritti  storici  del  Pontificato  latino  su  quella  istitu- 
zione non  era  cosa  da  pigliare  a  gabbo,  e  i  Ministri  ed  i 
fac-totum  del  governo  di  Innocenzo  decimo,  donna  Olimpia 
compresa,  si  erano  invischiati  negl'impicci  che  l'ignoranza 
cagiona  agli  uomini  di  Stato.  Allora  gli  occhi  si  rivolsero 
sul  Contelori,  e  fu  mediante  il  cardinale  Panciroli,  suo  se- 
gretario, che  il  Papa  commise  all'illustre  ma  avversato  Ce- 
sano la  cura  di  studiare  il  difficile  argomento.  Ed  egli  non 
sei  fece  ripetere  due  volte,  e  scrisse  un'allegazione  sul  pro- 
posito, il  cui  originale  conservasi  tuttora  nella  biblioteca 
Barberini  (r).  Anche  nella  Vittorio  Emmanuele  grazie  alla 
cortesia  del  eh.  signor  Ignazio  Giorgi  io  ho  letto  un  discorso 
manoscritto  del*  Contelori  sull'origine  dell'istituzione  dei 
sette  elettori  (2).  Sono  venti  pagine  in  foglio,  in  cui  l'A. 
espone  dapprima  le  opinioni  dell'Aventino,  del  Panvinio, 
del  Baronio,  di  Giacomo  Spergelio,  di  Teodoro  Niemo,  di 
Roberto  Bellarmino,  di  Simone  Scardio;  di  Cristofaro  Ge- 
noldo,  di  Giovan  Paolo  Vindochio;  quindi  manifesta  su 
quali  autorità  storiche  fondavano  le  loro  opinioni  il  Bel- 

(i)  Biblioteca  Barberini,  ms.  XXXIII,  i38  v.  Bibliografia,  n.o  II 
Contelori  avea  dovuto  occuparsi  anche  precedentemente  a  quest'epoca 
del  medesimo  argomento,  poiché  nella  stessa  Barberini  conservasi  un 
altro  suo  manoscritto  intitolato:  De  electione  regis  Romanorum  inlmpe- 
ratorem  promovendi  litterae  summorum  Pontificum.  v.  Bibliografia,  n.® 

(2)  Biblioteca  V.  Emmanuele^  misceli  s.  PantaleOy  n,  provv.  60. 


Felice  Conte  lori  29 


larmino,  Io  Scardio,  il  Genoldo  e  il  Vindochio,  e  dopo 
averle  esaminate  una  per  una^  conchiude:  «  che  li  sette 
«  elettori  elegevano  solo  il  re  dei  Romani  non  solo  del- 
«  l'anno  1274,  come  vuole  il  Panvinio,  et  dell'anno  1245, 
«  come  scrive  il  Baronio,  ma  degli  anni  11 25  e  ii5i,  come 
«  resta  provato  per  autori  classici,  e  si  presume  che  il  me- 
se desimo  habbino  fatto  in  tempo  più  antico,  giacché  non 
«  vi  è  prova  in  contrario,  quale  concluda  che  tutti  li  Pren- 
^  cipi  presenti  all'eletione  del  Re  avessero  il  voto  decisivo, 
«  in  modo  che  il  voto  di  tutti  si  dovesse  attendere,  e  non 
«  bastassero  li  voti  delli  sette  officiali  Primari,  quali  hoggidl 
«  chiamansi  elettori.  È  però  vero  che  dagl'Autori  piti  an- 
c  tichi  non  si  può  raccorre  una  chiara  distintione  delli 
«  sette  elettori  dagl'altri  Principi,  per  che  li  scrittori  non 
«  li  distinguono,  ma  confusamente  ne  parlano,  e  general- 
«  mente  nominano  li  Prencipi.  Si  raccoglie  però  qualche 
«  particolare  preminenza  degl'Arcivescovi  di  Magonza  e 
«  Colonia,  de' quali  si  fa  particolare  mentione,  e  delli  duchi 
«  di  Baviera  e  di  Sassonia.  E  nella  prima  elettione  seguita 
«  l'anno  1004,  doppo  la  morte  d'Ottone  terzo,  si  nominano 
«  particolarmente  come  Prencipi  eligenti  Willigisco  arcive- 
c  scovo  di  Magonza,  Eriberto  arcivescovo  di  Colonia,  Ber- 
te nardo  duca  di  Sassonia,  li  marchesi  della  Sassonia,  nelli 
«  quali  è  compreso  il  Brandeburgense,  e  l'istesso  re  Henrico 
a  air  bora  duca  di  Baviera,  talché  si  può  concludere  con 
«  giuridica  presuntione,  che  li  sette  elettori  cominciassero 
«  ad  eleggere  doppo  Gregorio  quinto  et  Ottone  terzo  con  il 
«  congregarsi  in  un  luogo  sicuro,  e  certo  per  trattare  l'elet- 
«  tione  del  re  futuro  Imperatore,  benché  in  quel  tempo 
«  non  si  usassero  forse  le  medeme  cerimonie,  né  si  osser- 
«  vasse  la  forma,  e  modo,  quale  si  legge  nella  Bolla  aurea 
«  del  i355,  pubblicata  da  Carlo  quarto.  »  Un  ultimo  bre- 
vissimo paragrafo  l'A.  lo  riserbò  a  trattare  se  gli  elettori 
fossero  stati  istituiti  dal  Pontefice  o  dall'Imperatore,  dal 
potere  ecclesiastico  ovvero  dal  laico,  e  la  conchiusione  sua 
in  questo,  s'intende,  non  può  essere  dubbia. 


3o  G.  "B.  "Beltvani 


Trionfarono  le  opinioni  del  Contelori  nel  trattato  che 
stabili  la  pace  di  Westfalia  ;  ma  allora  è  noto  che  la  Corte 
di  Ronia  vinse  la  causa  e  perde  la  lite,  come  si  dice;  onde 
si  dovè  emanare  la  famosa  Bolla  di  protesta  del  20  novem* 
bre  1648,  la  cui  redazione  era  stata  tra  i  diplomatici  og- 
getto di  assai  gravi  discrepanze  (i). 

La  fortuna  intanto  di  nuovo  arrideva  al  prelato  di  Cesi. 
Il  papa,  dopo  il  lavoro  fatto  per  la  storia  dell'elettorato  im- 
periale, di  cui  si  è  detto,  era  persuaso  che  non  convenisse 
al  suo  Governo  tener  troppo  da  parte  il  Contelori,  e  presto 
lo  elesse  Presidente  della  Giunta  che  avea  il  compito  di  tra- 
durre la  Bibbia  latina  in  arabo.  Allora  si  promossero  gli 
studi  delle  lingue  orientali,  anche  a  detrimento  delie  clas- 
siche, per  l'idea,  dice  bene  il  Ciampi  (2),  di  spargere  nel 
mondo  la  religione  cattolica  sotto  la  supremazia  di  Roma. 
Neiristessa' epoca  pervenne  il  Contelori  ad  essere  votante  nei 
supremo  magistrato  giudiziario  di  allora,  che  oggi  diciamo 
corte  di  cassazione  e  che  a  que' tempi  portava  il  nome  di  Se- 
gnature di  grafia  e  giustizia.  Queste  giudicavano  sulle  do- 
mande di  annullamento  delle  sentenze  emesse  dai  tribunali 
inferiori,  sulle  questioni  di  competenze,  sulle  ricuse  dei  giu- 
dici per  legittime  suspicioni  ;  epperò  erano  tribunali  di  gran- 
dissima autorità,  che  li  componevano  un  cardinale  presidente, 
sette  prelati,  votanti  oltre  a'refendarì  e  ad  altri  minori  uffi- 
ciali. Da  quest'ufficio  il  Contelori  ritrasse  assai  lodi  e  molta 
popolarità  nei  rioni  di  Trastevere,  dove  allora  abitava  :  il  Pe- 
resio  riporta  a  questo  punto  alcuni  annedoti,  e  non  gli  si 
potrebbe  non  prestar  fede  (3). 

Un  ultimo  attestato  di  deferenza  ebbe  il  Contelori  da 
papa  Innocenzo  quando  gli  domandò  di  trasferire  al  suo 
nipote  Giovanni  Maria  la  Badia  di  Santa  Maria  in  Pan- 


(i)  Chigiana,  mss.  A.  I.  i.  Lettere  di  Fabio  Chigi. 

(2)  Ignazio  Ciampi,  Innocenzo  X  Pamflli  e  la  sua  Corte;  pag.  2  38. 
(Roma  1878,  80). 

(3)  Peresio,  Op.  cit.;  pagine  18-10. 


Felice  Contelori  3i 


tano,  di  cui  era  egli  investito.  Non  solo  allora  ottenne  im- 
mantinenti  ciò  che  ad  altri  il  Papa  di  fresco  avea  jiegato, 
ma  senti  pronunziarsegli  assai  lusinghiere  parole  di  ricono- 
scimento dei  suoi  alti  meriti  scientifici  e  politici. 

L'anno  milleseicentocinquantadue  sembrava  dovesse  cor- 
rere non  senza  fortuna  pel  Contelori  ;  incominciò  con  lieti 
auspici.  Ai  ventisette  di  aprile  venne  a  morte  il  vecchissimo 
Lame,  che  Paolo  quinto  sin  dal  1606  avea  chiamato  nel 
Collegio  dei  Cardinali,  del  quale  per  conseguenza  era  di- 
venuto il  decano.  Gli  era  stata  concessa ,  mercè  speciali  di- 
sposizioni pontificie,  la  facoltà  di  trasferire  pensioni;  ma, 
a  quanto  pare,  non  se  ne  valse,  poiché  nessun  testamento 
suo  fu  rinvenuto.  Ricadde  per  ciò  a  favore  del  Contelori  una 
pensione  di  dugento  scudi  annui,  che  quegli  gli  pagava  sulle 
rendite  del  canonicato  di  cui  era  investito  nella  Basilica  Va- 
ticana (i). 

Dugento  scudi  in  piti  di  rendita  all'anno  a  quei  tempi 
non  erano  piccolissima  cosa,  ed  in  verità  farebbero  com- 
modo anche  oggi  ad  ogni  modesto  borghese.  Ma  pure  in 
ciò  la  sorte  fu  matrigna  al  nostro  Contelori.  Soli  cinque 
mesi  dopo,  sendosi  egli  ridotto  a  Cesi ,  sua  patria ,  per  go- 
dere degli  autunnali  passatempi  e  ricercare  dall'aere  nativa 
le  forze  affralite,  piti  dai  disinganni  che  dall'età  non  avan- 


ci) Biblioteca  Corsini.  36  B.  22.  Avvisi  dtW oltìho  i652.  FoI.  gg:  a  di 
Roma  li  27  aprile  1 652.  L*  eminentìssimo  Lanti  romano  assonto  da  Paolo  V 

al  cardinalato  del  1606  è  morto  in  pochi  giorni  di  febbre  venerdì 

E  per  non  haver  fatto  testamento,  stante  le  grosse  somme  de  denari  che 
in  tempo  dell'altra  malathia  diede  da  distribuire  a  Poveri  al  padre  Oliva 
gesuita,  et  altri  religiosi,  e  per  non  essersi  voluto  servire  della  focoltà 
Pontificia,  che  teneva,  di  poter  trasferire  pensioni,  ne  cessano  una  di  1000 
scudi  d*oro  a  fovore  di  questo  collegio  germanico  di  s.  Apollinare,  un'al- 
tra simile  a  favore  del  vescovo  di  Catanzaro  in  Regno,  una  di  1000  dì 
moneta  a  favore  di  monsignor  Scappi,  vescovo  di  Piacenza,  una  di  goo 
sopra  il  vescovado  di  Todi,  una  di  800  sopra  un  canonicato  di  Cagli 
in  Sardegna,  e  due  altri  di  200  scudi  Tuna  che  gli  pagavano  mons.  Con- 
tiloro  e  mons.  Honufrio  cameriere  secreto  di  N.  S.  de  li  frutti  de  loro 
canonicati  in  san  Pietro  ». 


32  G.  ®.  "Beltrani 


zitissima,  la  morte  Io  incolse  nella  notte  del  sabato,  28  di 
settembre,  dopo  sette  giorni  di  male  apoplettico,  sicccme  si 
toglie  dalla  notizia  contenuta  nei  registri  mortuari  di  Cesi , 
la  quale  io  ebbi  dalla  cortesia  de'  mentovati  signori  Regis 
e  Sconocchia  (i).  A  Roma  giunse  prestissimo  la  nuova,  e 
secondo  l' invalso  costume,  i  foglicttanti  la  registrarono  su- 
bito nei  loro  Avvisi;  infatti  in  quelli  della  Corsiniana  leg- 
gesi  (2):  «  Di  Roma,  li  5  ottobre  i652  —  Lunedi  sera  si 
a  ebbe  avviso  che  a  Cesi  sua  patria  fosse  morto  monsignor 
«  Contilori ,  votante  dell'  una  e  l' altra  Segnatura,  e  cano- 
«  nico  di  san  Pietro,  per  la  cui  morte,  oltre  il  Canonicato, 
«  vacano  un  Priorato  e  molti  benefici.  i>  Parole  identiche 
leggonsi  negli  avvisi  della  Casanatense  (3).  Con  sollecitudine 
pari  a  quella  dei  fogliettanti,  il  Governo  di  Roma  si  af- 
frettò a  sequestrare  tutte  le  altre  scritture  che  ancora  rima- 
nevano nella  casa  del  Contelori,  e  per  le  quali  leggeremo 
or  ora  le  lunghe  doglianze  degli  eredi  (4). 

Il  cadavere  di  lui  fu  deposto  a  pie  di  un  altare  genti- 
lizio della  sua  famiglia  nella  chiesa  di  sant'Angelo  a  Cesi, 
e  sulla  lapide,  che  chiude  la  tomba ^  leggesi,  sormontata 
dallo  stemma  familiare  con  insegne  prelatizie,  questa  breve 
iscrizione,  la  quale  pel  suo  laconismo  non  si  direbbe  del 


(i)  Ecco  nella  sua  integrità,  tale  e  quale  mi  venne  trasmessa,  codesta 
notizia:  a  die  dominica  29  septembris  i652.  Ill.mus  et  Rev.mus  d.  Felix 
Contelorius  U.  I.  d.  et  Canonicus  s.  Petri  de  Urbe  aetatis  annorum  63 
qui  nocte  praecedenti  obierat,  sepultus  est  in  ecclesia  s.  Angeli  in  loco 
apposito  apud  altare  s.  Mariae  Carmelitanae,  animo  extremae  unctionis 
tantum  munitus,  cum  fuerit  laetali  morbo  correptus,  et  loquelam  amìsit. 
Die  vero  occubitus  celebraverat  in  ecclesia  s.  Agnetis,  quae  fuit  sabati  21 
eiusdem  mensis  ». 

(2)  Biblioteca  Corsini,  Ibid.  fol.  BSg. 

(3)  Casanatense,  Avvisi  per  Tanno  i652.  X.  3.  48. 

(4)  Ed  anche  presto  venivano  sostituite  altre  persone  agli  uffici  rimasti 
vacanti  per  la  morte  del  Contelori.  Negli  Avvisi  cit.  della  Biblioteca  Cor- 
sini, a  fol.  363,  leggesi:  «  Di  Roma  li  2  Novembre  i632.  Per  nuovi  votanti 
della  Segnatura  di  giustizia  invece  del  defonto  monsignor  Contiloro  è 
stato  fatto  monsignor  Fani  ». 


Felice  Cùntelorì 


secolo  decimosettitno  o  almeno   dovrebbe  credersi   dettata 
dallo  slesso  Contelorì  (5); 


Fklicis 

CoNTELOnil, 

Caso  non  comune,  ì  congiunti  ed  i  concittadini  furono 
grati  all'illustre  e  benefico  uomo,  e  mai  non  cessarono  per 
vie  diverse  di  onorarne  la  memoria;  dico  che  cotesto  £  pro- 
prio un  caso  non  comune,  poiché  a  noi  altri  studiosi  delle 
antiche  vicende  d'Italia,  occorre  ogni  giorno  veder  ricoperti 
d»i  più  denso  velo  dell'oblio  nomi  dì  uomini  benemeriti  che 
con  le  loro  vinti,  con  il  loro  ingegno,  con  il  proprio  valore 
consumarono  la  vita  onorando  la  patria.  Oggi  che  ì  più  grandi 
uciifizì  fatti  pel  publico  bene  rimangono  disconosciuti , 
luiodo  non  sono  derìsi,  oggi  che  si  fa  guerra  alle  istitu- 
zioni pib  sacre,  alle  opere  più  umanitarie,  ai  princìpii  più 
onesti,  i  confortevole  imbatterci  in  veramente  imitabili  esempi 
di  gratitudine,  sia  che  sì  ritrovassero  tra  coloro  che  ci  pre- 
ctticro  in  questa  vita  del  mondo,  sia  che  ne  venissero  of- 
ferti dai  nostri  contemporanei. 

(SI  Un'  altri  iscrizione  concernente  i  Contelorì  vi  è  nella  istena  chiesa 
di  Hiit' Angelo  s  Cesi  e  proprio  di  fronte  all'aliare  a' cui  piedi  si  legge 
la  prima.  Tale  seconda  iacriiione  appartiene  a  Giovanni  Maria  Contelorì, 
aipoie  di  Felice,  e  la  riporto  qui,  conte  mi  è  stata  trasmessa  dal  aì- 
Snor  Filippo  Regis  : 

lOAHNBS  MA«tA    C0HTG1.0RIIIS 

AaiAi  Sanctae  Mamae  in  Paittaho  i.  v.  d. 

Loco  VBTERIS  MoHUHINTl  SUB  ALTASE 

DB  COHTmLoais  Eusthitis  Hoc  Sebi  Et  Caetebis 

EcusDEH  Fawuae  Ante  Abah 

ViaciNia  Caiueuitai:  tKPuujiuia  ei^egit 

MDCXCV. 
WjtrtUrio  dtlla  Socirlà  romana  di  Storia  paMe.  Voi.  III.  J 


34  G.  "B.  feltrarli 


L'atto  più  nobile  dei  nipoti  del  Contelorì  in  omaggio 
a  questo  loro  illustre  congiunto,  fìi  la  incessante  opera  che 
collocarono  nell'intento  di  riavere  nella  loro  famiglia  le 
carte  che  il  Governo  pontificio  per  ben  due  volte  avea  se- 
questrate al  dotto  prelato,  rinchiudendole  negli  inaccessi- 
bili archivi  segreti  del  Vaticano.  Da  due  memoriali,  odo 
dei  quali  manca  della  fine,  e  che  io  ho  rinvenuto  nei  re- 
gistri  di  casa  Conteloriy  di  cui  già  parlai,  si  desume  tutta 
quanta  la  lunga  storia  delle  infinite  richieste  che  i  Coo- 
telori  facevano  ad  Innocenzo  decimo,  e  al  suo  successore 
Chigi,  per  la  restituzione  dei  sequestrati  documenti.  Ma  inu- 
tili veramente  ed  inefficaci  riescirono  quelle  giuste  istanze, 
e  ancora  oggi  gli  archivi  segreti  del  Vaticano  contengono 
l'immensa  congerie  delle  carte  tolte  al  Contelorì.  Ecco  per- 
tanto riportati  alla  lettera  i  due  memoriali  ;  il  primo  è  questo: 

(a  tergo)  «  Alla  S.*^  di  N.  S.  Alessandro  settimo. 

(dato  a  N.  S.  li  IO  X.bre  i6S8). 

«  Gio.  Maria  Contelori  e  fratelli  humilissimi' sudditi,  e 
servitori  della  Santità  Vostra  altre  volte  l'esposero  come 
l'anno  1644,  e  i652  fìirno  levate  molte  casse  di  scritture 
spettanti  al  quondam  Felice  loro  zio,  nelle  quali  il  d.  Felice, 
oltre  le  proprie  fatighe,  spese  più  migliaja  di  scudi,  et  es- 
sendosi compiaciuta  la  Santità  V.  di  dare  l'incumbenza  a 
mons.  Piccolomini  acciò  le  restituisse  all'Oratori  bi  ritar- 
data l'esecutione  della  gratia  dal  Contaggio,  e  partenza  di 
detto  monsignore  per  la  Nuntiatura  di  Francia;  ricorrono 
però  alli  piedi  di  Vostra  Beatitudine,  e  la  supplicano  per 
la  restitutione  di  dette  scritture,  in  riguardo  del  buon  ser- 
vitio  prestato  dal  detto  Felice  alla  S.  Sede,  tanto  più  che 
in  essa  non  vi  è  cosa  di  pregiuditio  di  questa  Santa  Sede, 
e  permettendosi,  che  non  solo  l'archivisti  ritenghino  copie 
delle  loro  fatighe,  ma  anco,  che  si  copino  volumi  intieri 
de  Registri  Apostolici  da  chi  li  ricerca  per  servitio  dell'hi- 
storia:  che  il  tutto  lo  riceveranno  dalla  liberalità  della  S. 


Felice  Contelori 


35 


Vostra  in  scrvitio  della  quale  ad  immitationc  di  d.  loro  zio 
desiderano  servirsene.  Che  il  tutto  etc.  (sic)  quam  Deus  etc. 
{sic)  >.   E  il  secondo: 

«  Per  informalione  di  quello  che  sino  ad  ora  s'è  operato 
per  ottenere  la  restitutione  delle  scritture  levate  alla  bo.  m. 
di  mons.  Contelori  mio  zìo  ho  stimato  bene  per  dare  meno 
incomodo  a  V.  S.  IIllTa  stendere  il  l'atto,  acciò  informata 
che  sarà,  e  vista  la  qualità  delle  scritture  possa  t'armi  gratia 
di  porgere  a  N.  S.  le  mie  suppliche,  assicurandomi  che  Sua 
Beatitudine  haveva  riguardo  alli  5...  o  sei  mila  scudi  spesi 
in  quelle,  e  alla  fedeltà  con  la  quale  il  d.  mio  zio  servi 
h  S.  Sede  con  pericolo  anco  della  propria  vita. 

«  L'anno  1Ó44  in  esecutione  d'un  vigletto  del  signor 
cardinale  Panfìlio  fumo  dal  Girlandoni  levate  al  detto  mon- 
signor Contelori  molte  casse  di  scritture  compre  per  il  piti 
da  diversi,  oltre  infinite  fatighe  proprie  fatte  nell'Avocatione, 
in  Consulta,  in  Camera,  e  in  altre  Congregationì  e  tuentre 
era  stato  archivista  per  opra  {come  si  disse)  di  quelli  che 
li  siìmorno  offesi  da  detto  monsignore  per  bavere  difese  le 
ragioni  della  S.  Sede  in  tempo  della  s.  m.  d'Urbano  Vili. 

(  Accortosi  dopo  Innocenzo  X  dì  s.  m.  dell' artifìci)  di 
quelli  che  Io  fecero  impegnare  in  tale  resoiuiione  procurò 
consolare  il  ck  Monsignore  con  dirli,  che  nel  principio  dei 
Pontificati  si  facevano  delli  errori  per  non  Impiegarlo  in 
varie  Congregationì. 

«  Dopo  alcun  tempo  il  d.  monsignore  supplico  il  d.  Pon- 
tefice di  volerli  fare  restituire  le  sue  scritture,  e  benché  ne 
fussero  dati  l'ordini,  come  disse  11  signor  cardinal  Capponi 
al  d.  Monsignore  e  trovo  in  un  sbozzo  di  memorie,  non 
fumo  però  mai  eseguiti. 

(  Passato  a  miglior  vita  Tanno  i652  il  detto  monsignore 
fuTDO  levate  l'altre  sue  scritture,  come  dissero,  per  vederle, 
e  poi  renderle,  senza  potere  ottenere  che  se  ne  facesse  in- 
ventario, e  fra  quelle  vi  erano  le  scritture  lasciateli  la  prima 


G.  3.  'Beltrani 


*  L'anno  i633  feci  istaiua  al  d.*  Pootefice  per  li  »■ 
I  stitutioae,  e  fu  da  quello  ordioato  a  N.  S.  allora  Cu- 
<  dioale  ed  al  signor  Cardinale  Boromei  che  vedessero  Ie 

>  dette  scritture,  come  fecero  d'alcune  che  parve  a  Moni, 
1  Centofiorini  mostrargli,  come  si  compiacque  dirmi  N.S, 
)  in  quel  tempo,  quale  nell'uliimi  giorni  del  Ponti&ciu 
t  d'Innocentio  assime  (sic)  con  il  signor  Cardinal  BoromEÌ 
I  diede  reiterali  ordini  per  la  restitutione  anco  di  prgpcKi 
"  pugno,  in  vigore  delli  quali  feci  istanza,  mi  fussero  rtst 
••  le  scritture,  ma  invano,  benché  mons.  Ceototiorifli  ibi 
1  esibisse  di  rendermene  alcune  poche,  che  io  non  vobi 
a  pigliare.  Seguita  fra  tanto  la  morte  del  Pontefice  risobì 
u  pigliare  da  mons.  Centofiorini  quello  mi  voleva  rendere, 

0  e  andato  a  trovarlo,   mi  fu  da  questo  data  una  casscllt 

>  serrata  nella  quale  vi  trovai  solo  dui  volumi  di  facoltà 

■  di  testare,  alcune  Positioni  deUa  signatura,  alcuni  fra^' 
<i  menti  della  Genealogia  de  Conti,  e  molti  fogli  rotti  staoV 
"  pati  di  d."  Genealogia,   resomi  per  mostrare  d'eseguir^ 

1  l'ordini  di  N.  S. 

«  Ricorsi  però  al  S,  Collegio,  quale  essendo  Capi  d'Or""^ 
I  dìni  l'Emi  Sacchetti,  Azolino  e  Rapaccioli,  fece  rescritto^ 
«  che  mi  fussero  rese  tutte  le  scritture,  quali  havendo  por--^  ^ 
'■  tato  a  mons.  Centofiorini  ricusò  d'eseguirlo,  e  il  s.  Col-  '^' 
1  legio  non  potè  abbadare  all'esecuzione  delli  suoi  ordini     ' 

*  per  la  mossa  dell'armi  del  duca  di  Modena,  et  altre 
n  occupationi,  che  l'obbligarono  a  fare  continue  CoDgre- 
-  gatìoni  come  V.*  S.'  illma.  sa. 

■  Assunto  al  Pontificato  N.  S.  supplicai  S.  B.  acciò  si 

•  compiacesse  farmi  restituire  le  d."  scritture,  quale  dopo 
:  voluto  sentire  mons.  Centofìorini  ordinò  a  mons. 

a  Piccotomìni,  che  le  vedesse,  e  restituisse  quale  sentito  le 

■  mie  giuste  domande  mi  diede  ferma  intentione  di ..  .  .  > 
(la   seguente  pagina  manca  del  lutto  nelP  originale). 

1  buoni  propositi  dei  Contelori  rompevano,  dunque,  coa- 
tro codesto  scoglio  insormontabile  dell'assoluta  impossibi- 
lità di  riavere  dalla  Corte  romana  le  carte  tolte  al  loro  con- 


Felice  Contelori 


37 


;  oè  ad  essi  era  dato  rimediare  in  parte  a  si  grave 
EOncio  cercando  di  ottenere  dai  Barberini  la  licenza  di  stu- 
ure  nel  loro  Archivio  privato  quelle  opere  manoscritte  del 
stelori,  che  io  ora  ho  potuto  a  mio  agio  percorrere,  stan- 
Ki^é  gelosamente  erano  allora  chiuse  ad  ogni  persona  quelle 
e  raccolte  di  documenti  pubblici  e  privati  che  le  grandi 
bìglie  romane  nell'esercizio  del  pih  alto  potere  principe- 
accumulavano,  e  che  seco  traevano  anche  quando  spet- 
tassero all'amministrazione  della  pubblica  cosa.  Ciò  nono- 
stante a  Giovanni   Maria  Contelori   riesci  porre  a  stampa 
nel     1859  un  lavoro  del  suo  zio  contenente  la  serie  dei  Car- 
dinali dì  santa  Romana  Chiesa,  dall'anno  1430  sino  al  1549. 
E    una  appendice  o  continuazione,  che  vogliasi  dire,  del  li- 
I     brci    pubblicato  dal  Contelori  nel  1G41  ;  essa  fu  dall'editore 
I    de<l(cata  al  cardinale  Marcello  Santacroce,  e  in  attestato  di 
[     S^ato  animo  per  quanto  questi  fece  in  prò  dell'autore,  e  ^zt- 
(tté  trattasi  nel  libro  de  re  cardinalitia  alla  cui  dignità  non 
poco  accrescevano,  dice  l'editore,  gli  splendidi  meriti  del 
Santacroce, 

Piti  tardi  ancora,  nell'anno  1675,  dalla  tipografia  di  Nic- 
colò Angelo  Tinassi  fu  stampalo  a  Roma  un  libro  con  que- 
*'o  titolo  :  Memorie  storiche  della  Terra  di  Cesi  raccolte  da 
"^Onj.  Felice  Contelori.  Nella  prefazione,  che  porla  la  data 
**d  i.°  di  ottobre  1673,  ì  Priori  della  terra  di  Cesi  dicono  : 
"  che  essendo  loro  venute  alle  mani  nel  ricercare  le  scritture 
*  di  questo  publico,  alcune  memorie  della  nostra  Terra  rac- 
"  colte  dalla  b.  m.  dì  mons.  Felice  Contelori  da  publiche  et 
'  autentiche  scritture,  slimarono  ben  fatto  dì  darle  alle  stampe, 
'  acciò  eoo  il  tempo,  che  tutto  divora,  non  periscano,  come 
'  è  seguito  alle  importantissime  fatiche  di  detto  monsi- 
'  gnore  •.  Il  libro,  sotto  le  sembianze  dì  una  monografia 
storica  della  città  trattava  nel  fondo  questioni  giurisdizionali 
t  di  domini  fra  il  Comune  e  la  casa  Cesi,  i  difensori  della 
\uale  ultima  impugnavano  che  la  città  fosse  mai  stata  Capo 
ielle  Terre  Arnolfe,  come  sostenevano  i  Priori  della  prima. 
^Oa tardò  quindi  a  comparire  per  le  stampe  una  v  Risposta 


L 


38  G.  ®.  feltrarli 


e  al  libro  intitolato:  Memorie  storiche  della  Terra  di  Cesi 
«  raccolte  da  mons.  Felice  Contelorij  in  quello  che  risguarda 
e  l'interesse  di  casa  Cesi  all' ili. mo  et  ecc.mo  Signore  il  si- 
c  gnor  duca  Federigo  Angelo  Pier  Donato  Cesi  (  in  Napoli 
e  per  Giacinto  Passaro,  1676).  »  Ma  il  Comune  non  se  ne 
stette,  e  presto  mandò  fuori  un'  «  Antirisposta  apologetica 
«  per  le  memorie  historicbe  della  Terra  di  Cesi  raccolte  da 
«  mons.  F.  Contelori.  (Napoli,  per  Michel  Monaco  1680- 
«  800)  ».  Non  è  qui  il  caso  di  impegolarsi  nella  ardente 
controversia,  ma  questo  appar  certo  àdìV Antirisposta  Apo- 
logetica (pag.  21),  che  i  difensori  di  casa  Cesi  si  sostene- 
vano sull'autorità  di  un  Pietro  Ricordati  ( Storta  monastica)^ 
il  quale  si  contentò,  che  è  quanto  dire,  di  riportare  notizie 
del  noto  falsario  Alfonso  Ceccarelii,  di  cui  Leone  Allacci 
scrisse  nelle  sue  Animadversioni. 

Guardando  inoltre  ai  molto  intimi  particolari  sulla  vita 
del  Contelori,  contenuti  nella  biografia  di  lui  scritta  dal 
Peresio  ed  edita  negli  anni  1684,  agevolmente  si  riconosce, 
che  a  quella  pubblicazione  non  furono  estranei  i  nipoti  del 
medesimo  Contelori,  i  quali  vollero  in  siffatto  modo  ancora 
una  volta  onorarne  la  memoria,  incitando  l'esempio  del  loro 
genitore  Giovanni,  che,  ad  eternare  nell'alma  città  il  nome 
caro  del  suo  fratello,  avea  fatto  scoprire  nella  chiesa  di  santa 
Maria  Maddalena,  posta  nel  rione  di  Campo  Marzio,  quella 
iscrizione  che  poi  due  pronipoti  Contelori  nei  1721  curarono 
venisse  restaurata  e  che  indi  fu  compresa  nelle  opere  dei 
eh.  Galletti  e  Forcella  (i). 


(i)  Vincenzo  Forcella,  Iscri:[ioni  delle  Chiese  e  d'altri  edifici  di 
Roma  dal  secolo  XI  ^no  ai  nostri  giorni,  raccolte  e  publicate;  voi.  XI, 
pag.  425,  n.o  1007.  (Roma  1877,  fol.)  Galletti, /itscr.  rom.;  tom.  II ^ 
ci.  Vili,  n.o  2i3,  p.  CI3^. 


Feiiee  Contelori 


D  .  O  .  M 

FOELICI  CONTELORIO  VTRIVSaUE 
SIGNATVRAE  SVFFRAGANTI 

irfTEGRlTATIS  INGENU  ET  DOCTRINAE  MERITIS 

AD  INSIGNIA  ROMANAE  CVRIAE  MVNERA  ERECTO 

VATICANAE  D.  PETRI  BASILICAE  CANONICO 

SACRAE  CONSVLTATIONIS  SEGRETARIO 

VTRISQ.  CONGREOATIONIBUS  ADSGITO 

VRBANO  .  Vili  .  P  .  M 

A  SECRETIS  BREVIVM  AD  PRICIPES 

IVRIVM  .  PRO  .  ECCLESIA  PROPVGNATORI 

PRIMARIIS  DIGNITATIBVS  PROXIMO  ET  IDONEO 

OBirr  ANNO  AETATIS  SUAE  LXIII  SALVTIS  MDCL. 

lOANNES  CONTELORIUS 


oltre  un  seco 


FRATRI  OPTIMO  ET  DE  SE  OPTIME  MERITO 

HONVMENTVM  AMORIS  ET  DOLORIS 

POSVIT 

IOANNES  ET  NICOLAUS 

PRONEPOTES  AUCTO 

ORNATV  RESTAVRARVUNT 

A  .  MDCCXXl. 


i  Contelori  di  Cesi  più  non  esiste  da 
:olo;  ma  la  memoria  dell'insigne  scrittore  Felice 
coU  rimane  tuttavia  come  di  uomo  che  ha  onorato  ed  ono- 
rerà sempre  per  le  sue  opere  il  luogo  natio.  Q.uivi  all'azione 
deleteria  del  tempo  sopravanzano  non  pure  parecchie  sup- 
pellettili da  lui  donate  alla  maggiore  chiesa  cesana,  ma 
dal  suo  nome  s'intitola  altresì  quella  vìa  ove  rimangono 
ancora  due  palazzi  di  lui,  dei  quali    uno  egli  medesimo 


largì  al  proprio  Comune, 


ALBERO  GÈ 


Bartolomeo 

marito  di 

RfiDSOQlL  e 


Ercolb 

marito  di 
Antomu- 


GlOVANlli  MlBU 

manto  di 
Laura  Ubiciiii(3) 


FEUCE  (7) 


GlOTAHIII.^ 

marito  <U 
Caterìmi  PAmff 


I 

Abb.«  Giov.  Maria  (i6) 


Cristoforo  (12) 

Margherìlil 


Anna  Teresa  (i  7)    Chiara  (20)    Fsca  Vittoria  (20}    Giov.  Contelori    Giulia  (te) 

Fbrbntinblu 

marito,  in 

prime  nozze  di 

Elisabetta  Narsini 

ed  in  seconde  nooe  J 


Geronimo  (25) 


Giov.  Maru 

marito  di 

Anna  CerbelU  (a6) 


Felice,  iunior  e  (27J 


Qmi 


ASA  CONTELORI 


isdea 2»  moglie,  (a) 


I 

(5)  EutABBTTA 

marìuta  t«  .  .  .  (6) 


Marta  (io) 


I 

STA  Agostino  Onofrio  (i  3}  Eu8abetta(i4} 

Ci  5} 


RlfTOfA  (l8) 


FsGO  Angelo  (23)    Niccola       Filippo  (23)  Costante  Antonina  (22) 

marito  di 

Margherita  Bonavisi 

muore 

^enza  figli  (21) 


42  G.  9.  ritratti 


•mmmmimi^mmmm^m 


NOTE 

All'Albero  Genealogico  di  Casa  Contelori. 


(i)  Per  Bàrtolommeo  Conilo  ri  vi  sono  contritti  di  compra-vendita 
stipulati  a  suo  fìivore  a  dì  1 1  gennajo  i5i»  (fom.  I^fol  i  )f  a*  io  dicenui^ 
bre  1541  (Id.ffoL  3),  a' 28  gennaio  1544  (Id,,  fot,  6);  in  altri  per 
conto  di  lui  il  suo  figlio  Ercole,  e  cioè  dire  a*s8  settembre  i543  {Id,, 
foL  li),  a* 24  ottobre  1643  {Id,foL  23),  a* 4  dicembre  1548  (Id., 
foL  23),  a* 7  maggio  1549  (Id,,/òl  26).  a'  2  maggio  i553  {Id^foLSìt 
a*  2 3  gennajo  i564  (Id,,  fol,  49).  In  questi  ultimi  il  Bartolomeo  è 
chiamato  provvido  viro,  e  si  dice  assente  da  Cesi.  Il  primo  e  più  antico 
istrumento  poi  essendo  stipulato  con  i  Sindaci  dell*  Università  di  Cesi 
merita  di  essere  qui  riferito  nella  sua  parte  più  essenziale: 

(  Tom.  I,  fol,  1)  In  nomine  drii  nri  Ihesu  xristi.  Anno  domini ^  ab 
eiusdem  saluti/era  Nativitate  millesimo  quingentesimo  vigesimo  seeunàOm 
indici,  decima,  tempore  pont,^  s,^  in  xristo  patris  domini  tiri  did  Adriani 
divina  Providentia  pp.  sexti  die  vero  undecima  mensis  lanuarii,  aie$mm 
in  Terra  Cesarum  inpalatio  Communitatis  diete  terre  positù  et  ctmfiMto 
iuxta  viam  publicam,  et  formellum^  et  alia  lata,  siquàveriora  habet. 
presentibus  vir  Berardino,  sive  Lucantonio  et  Persaneti  (sic)  nicolaj 
f abrini  de  Cesis  testibus,  Brunoctus  Corradi  et  lokannes  Tagliantis  oit- 
geli  tagliantis  homines  electi  communitatis  cum  consensu  et  voluntate 
Vincenti)  marioli  omnes  de  Terra  Cesarum  sindici  diete  Communitas. 
sponte  et  ex  eorum  certa  scientia  et  libera  voluntate  piro  se  ipsis  et  vice 
et  nomine  prefate  Communitatis  prò  pretio  et  nomine  pretij  sexaginta 
carolenorum,  quos  quidem  sexaginta  carolenos  nos  fUerimus  confessi  et 
contenti  habuisse  et  recepisse  in  pecunia  numerata  in  tanto  argento^  a 
Bartholomeo  contelori  de  Cesis,  presenti,  stipulanti  et  recipienti  prò  se 
et  suis  heredihus  et  successoribus  etc.  prò  quibus  carolenibus  dederuut 
tradiderunt  vendiderunt  eidem  Bartholomeo  etc.  sex  modiolas  terre  diete 
comminitatis ,  ad  rationem  decem  carolenorum  prò  quolibet  modiolo  sito 
in  territorio  diete  terre,  in  voce  vallis  longa,  iuxta  bona  diete  Commu^ 
mitatis  et  bona  heredum  lohanni  angeli  etc. 

Ego  bartholomeus,  alias  bartholinus  quondam  Marci  defustinis  de 
e*  montis  castelli  tudertina  dioc.  publicus  apost,  imperiali  auct.  notor^ 
rius  et  index  ordinarius,  prò  dictis  omnibus  et  singulis,  etc 


Felice  Contelori 


43 


I 
I 
I 


Btrtolameo  Contelori  fece  un  primo  luitmenio,  per  rogito  di  Ono- 
frio Spidi,  nolajo  di  Cesi  nel  28  ottobre  tb^i;  iGtitul  un  &decominei£o, 
e  ehitmò  erede  il  suo  Bglio  Eraole.  [Tom.  l,  foì.  1871).^  Nel  i5  di- 
cembre i565,  lo  stesio  Bartolomeo,  eorpore  laaguens  et  in  seneetute 
coastitutus ,  rinnovò  le  sue  dispotiiioni,  con  le  quali  disse  di  voler  es- 
tere seppellito  in  eccl.  parrocchiali  s.  Angeli  di  Cesi  el  in  eiui  solita 
teputlura;  ordinò  alcuni  legali  in  soddisfazione  di  un  Tedecommesso  a 
lui  btto  dalla  quondam  Remedia  eius  dum  vixil  uxore;  istituì  un  legalo 
a  bvore  di  Finisdea  eius  uxore;  nominò  suo  erede  universale  Ercole, 
eias  JSlium  legilìmum  et  naturalem  ex  eo  et  dieta  quondam  Remedia 
tini  dum  vixit  uxore.  (Tom.  !,  fot.  53.54 ). 

(a)  Questa  Finisdea era  già  vedova  quando  sposò  il  Contelori , 

ed  Avt\  due  6gli  del  primo  letto,  Berardìnangetus  q.  Peirucci  de  Castro 
eoUU  Petrutii,  comìlatus  Tuderti,  e  Mariangelus,  i  quali  nel  ici  apri- 
le 1570  ebbero  <cudi  25,  a  ragione  di  giuli  10  ogni  scudo,  da  Ercole 
Coatelori,  come  pagamento  del  legato  fallo  da  Bartolomeo,  suo  padre, 
alla  Finisdea,  madre  dei  due  summenzionali, 

{t)  In  un  contralto  di  divisione  di  beni  tra  Gio:  Maria  e  Giuseppe 
Contelori,  figli  di  Ercole,  è  nominala  V Antonina ,  moglie  del  padre  loro, 
e  dò  a'2j  maggio  i588  {Tom.  I,  fol.  ti3).  —  Nel  iJ  giugno  t583 
Ercole  Coatelorius  de  Cesi  q.  Bariholomei  divide  i  beni  ira' suoi  figli; 
■tserisce  averne  ire  maschi,  Giovan  Maria,  Giuseppe  Conteloro,  oltre 
la  lignora /emina ,  già  maritala  et  per  lui  dotata,  alli  quali  maschi 
auegna  e  divide  i  suoi  beni,  essendo  Gio.  Maria  e  Giuseppe  presenti, 
e  Canletoro  assente,  ma  rappresentato  da  un  Giovan  Giuseppe  de  Maitio. 

Lungo  e  minuzioso  i  questo  contratto,  dal  quale  trasparisce  la  molta 
agiatezza  in  cui  si  trovava  l'Ercole.  Egli  teneva  moltissimo  a  che  il  pa- 
trimonio famigliare  non  andasse  barattato,  e  costituì  in  fìdecomessi  le 
porzioni  assegnale  ai  figli ,  prescrivendo  che  nel  caso  di  estinzione  della 
linea  maschile,  e  di  conseguente  successione  di  donne,  queste  sìeno  obli- 
gale  portare  l'arme  et  insegne  dì  casa  di  Conteloro  nel  luogho  (*ÌcJ 
pii  degno  de  la  loro  arme.  Et  anchora  nellì  libri  et  scripture,  e  se  deb- 
bia amKitare  et  inscrìvere  per  ultimo  il  nome  di  Conlihro.  (  Tom.  I, 
fol.   138-146). 

Concernenti  Ereale,  non  vi  sono  meno  di  cinquanlatre  contratti,  dei 
quali  il  più  antico  è  del  0  nov.  i54i  {tom.  I ,  fol.  19),  ed  il  piìi  re- 
cente dell'ultimo  di  agosto  i582. 

[3)  Di  Gio:  Maria  Conlelori  v'ha  due  testamenti,  uno  del  3o  mag- 
gio 1606  {Tom.  I, fol.  1606),  l'altro  del  24  dicembre  1617  (/i.,/"'- ^4^ 

e  270}-,  morì  a'  16  mar2o  t6i8. 

(4)  Vi  sono  1  Tom.  I  cit.)  parecchie  copie  di  contralti  cosi  auleoti- 
catet   Ego  losephus  Coniìlorius  de  Cesis,   Spolel.  dioc.  publicus  ap." 

I  Arck.  Rom.  Cur.  descrìplar  et  ad  presens  Archivista 


44  C-  ®*  ^eltrani 


Terrae  Caesarum.  Nel  17  aett.^  i58o  Tom.  I,  fol.  128},  GonsiUo  dì 
Francesco  Galkarani  da  Cesi  promise  ad  Ercole  Contelori  di  dare  in 
itposa  al  figlio  di  quest*  ultimo,  Giuseppe  Contelori,  la  propria  figlia 
Mattia  Gallarani;  da  questo  matrimonio  non  dovettero  nascere  figli,  o 
Almeno  non  ne  sopravvissero  a* genitori,  perchè  nel  testamento  che  la 
Mattia  faceva  il  25  agosto  1625  (Tom.  I,fol,  3i3}  venne  istituito  le- 
gatario neir usufrutto  il  marito  Giuseppe,  e,  tra  molti  altri  legati,  ve  ne 
fu  uno  pel  nipote  Giovanni  Contelori,  fratello  di  Felice,  essendo  stato 
erede  universale  Properzio  figUo  del  q.»  Angelo  de  Cesis,  cugino  della 
testatrice. 

(5)  Nel  21  agosto  del  i582  il  Governatore  di  Cesi  liberò  in  parte 
Conteloro  Contelori  dalla  pena  nella  quale  era  incorso,  onoris  causa, 
per  avere  m  Cesi  accepta  storta  ferrea,  et  accessitus  ad  apothecam 

f\  mj*  Vincentii  barhitonsoris ,  animo  deliberato  vulnerandi,  ferita  Antonia 

quondam  ser  Tliodini.  Nel  23  di  maggio  i588  Conteloro  Contelori  do^ 
veva  già  esser  morto  perchè  si  parla  della  eredità  di  lui  nell*  istrumento 
di  divisione  di  beni,  compilato  in  quel  giorno,  fra  Giovanni  Maria  e 

I  Giuseppe  Contelori,  suoi  fratelli  [Tom.  I,  fol.  i53). 

(6)  Così  la  dice  il  suo  padre  Ercole  Contelori  nel  testamento,  già 
ricordato,  del  i3  giugno  i583  {Tom,  l,fol.  138-146). 

(7)  È  colui  del  quale  si  occupa  la  presente  monografia. 

(8)  È  il  figlio  secondogenito  di  Giovanni  Maria,  nei  testamenti  del 
quale  è  ricordato.  Rimane  1* inventario  dei  beni  del  padre,  inventario 
fatto  compilare  da  lui,  Giovanni  Contelori,  e  dal  suo  fratello  Felice. 
È  necessario  riportare  qui  le  parole  con  le  quali  incomincia  il  detto 
inventario  : 

In  nomine  dei  et  e.  Vanno  della  N.  del  S.  mille  seicento  e  decidotto 
alli  cinque  del  mese  di  aprile,  ind.  XV,  del  pontificato  di  S.  5.  p^^a 
Paolo  V  anno  decimoterj^o.  Per  conformarci  alla  volontà  della  buona 
memoria  Gio:  Maria  (sic)  Contelori  nostro  padre,  quale  passò  a  me- 
glior  vita  li  16  ^  marino  1618,  e  per  pigliare  Vheredità  con  il  bene- 
fitio  delV  inventario  con  tutte  le  solite  clausole,  et  ad  ogni  altro  meglior 
fine  et  effetto  noi  Felice  e  Giovanni  Contelori  tanto  in  nostro  nome, 
quanto  di  Cristofaro  nostro  fratello  assente,  et  ammalato,  dichiarando 
voler  essere  heredi  universali  come  nel  testamento  habbiamo  fatto  il  pre- 
sente inventario,  0  descrittione  de  mobili  che  sono  in  Roma  nella  casa 
della  SSma  Trinità  di  ponte  Sisto,  dove  al  presente  habitiamo,  posta 
nel  rione  di  Ponte  nella  strada  publica  de  Coronari,  che  confina  dalla 
parte  de  dietro  con  il  pala{j(o  di  monte  giordano,  éPun  lato  con  la  casa 
de  SS.  Simone  e  Giuda,  dalF altro  con  la  casa  dell' hospidale  deW  in- 
curabili seu  (  sic  ).  E  perchè  il  nostro  signor  Padre  nel  suo  te- 
stamento fatto  sotto  li  24  del  mese  di  dicembre  dell'anno  16 l'j,  ha  de- 
scritto tutti  fi  sttifili  e  tt^tti  li  mobili,  m^  non  ha  sj^ecificato  il  numero 


Felice  Contetori 


45 


{per  esentiti)  detti  libri  e  detti  letti,  e  vi  ha  lasciata  qualche  bagat- 
tella, noi  nel  presente  inventario  habiamo  specificalo  il  numero  (per 
eiettq>io)  detti  libri,  eie.,  riservandoci  però  la  facoltà  di  levare  0  di  ag- 
giungere  ,  e  ciò  perette  la  maggior  parte  de  mobili  e  tutti  li  sta- 
bilì sono  in  Cesi,  nostra  patria.  —  Dopo  un  lungo  elenco  di  libri,  la  più 
più  pane  legali,  lesesi:  libro  de  memorie,  scritte  a  mano  dal  s.'  Pa- 
dre e  C.  —  Cittadinanza  di  Roma  (Tom.  l./ol.  188;.  — Vi  èun  elenco 
uaccalo  dei  beni  di  Caterina  Pamjili,  che  fu  moglie  di  i\.'"  Giovanni 
Contetori. 

(g)  Nel  citalo  lestamento  di  Giovan  Maria  Conielori,  tesiamenio  che, 
coinè  si  è  detio,  ha  ta  data  24  dicembre  1617  (  Tom.  ì ,  fot.  34^-170) 
coti  li  parla  di  Criilofaro  Contelori:  Item  vuole  (il  testatore),  che  in 
evento  che  <*-•  Cristofaro,  quale  ai  presente  se  ritrova  soldato,  et  per 
Gentilhuomo  di  poppa  in  le  Galere  di  sua  S.'*  fussc  eletto  Capitano  di 
Galere  o  d'altri  soldati,  che  detti  Felice  e  Giovanni  debbano  dar  li  fra 
sei  dì,  dal  giorno  (He  sarà  effettivamente ,  scudi  i3  per  ciascuno  senja 
replica  in  ricompensa  di  che  esso  testatore  disse  haver  speso  nel  dotto- 
rarsi loro,  per  esser  Charme  anoratissima ,  e  conveniente  eoa  lettere  (sic) 
ma  està  testatore  non  intende,  che  fusse  eletto  Capitan  delle  militie  di 
Ceti  0  d'altro  luoghino  simile. 

(io)  Nel  sopradetto  testamento  Gio 
due  sue  figliuole  Chiara  e  Maria  eran 
l'Agnese  in  Cesi. 

(  1 1)  Geronimo  Contelori  sposò  Margherita  Fercniinelli  di  Teani,  figlia 
di  Tommaso  e  di  Anna  Vittoria  Caja,  e  i  capitoli  nuziali  furono  fìrmali 
nel  3  giugno  1644  (Tom.  Ili,  pag.  i  e  segg.).  Nel  z  dicembre  1675 
à  H  rinrentarìo  dei  beni  di  Geronimo  (Tom.  eit.,  pag.  iS?),  essendo 
il  tuo  fratello  Agostino  Onofrio,  capitano,  tutore  de' figli  di  lei. 

(la)  Con  testamento  del  30  novembre  :675  istituisce  eredi  i  fratelli 
Giovanni  Maria  ed  Agostino,  stabilendo  che  chiunque  dei  due  fosse 
topravvissuto  all'altro  dovea  istituire  erede,  nella  porzione  rimastagli  da 
lui  tetutore,  un  figlio  del  comune  fratello  Girolamo.  Fa  tre  legati,  uno 
al  fratello  Giovanni  Battista,  un  secondo  alla  sorella  Elisabetta,  ed  un 
uno  alle  cinque  figlie  femine  di  Geromino  la  quest'epoca  dw.que  già 
«'  era  moria  una,  avendone  trovate  nominate  sei  nell'anno  precedente} 
(  Tom.  HI,  fot.  ibt).  Geromino,  nel  i5  Febbrajo  1G76,  di  anni  48 
orca,  mori  in  Cesi  (  Voi  111,  pag.  i5gl- 

<i3)  Agostino  Onofrio  Contelori,  fu  Capitano,  e  tutore  dei  figli  del 
fraiello  Geronimo,  come  si  è  visto  nella  nota  11.  Dettò  il  suo  testamento 
nel  10  maggio  1693,  istituendo  eredi  il  fratello  abate  Giovanni  Maria 
e  la  sorella  Elisabetta,  e  facendo  due  legali,  uno  al  fratello  Giovanni 
Battista,  e  l'altro  ad  Anna  Teresa  e  GiuUa,  sue  nipoti,  ^ie  di  Gr- 
ronimo  {Tom.  Ili ,  fol.  169-170). 


46 


G.  ®.  ^eltrani 


(14}  In  una  quietanza  fra  zìi  e  nipoti  Contelori,  degli  11  dicem- 
bre 1702,  si  parla  della  b*  m*  di  Elisabetta  ^  e  di  spese  fatte  per  i  suoi 
funerali  (  Voi,  III,  pag.  3o2 }. 

(i5)  Nel  2  maggio  1702  si  parla  di  Giovanni  Battista  Contelori, 
come  di  uomo  già  morto  (  Voi.  Ili,  pag.  298  ).  I  tre  figli  hanno  un  le- 
gato dair abbate  Giovanni  Maria  Contelori,  loro  zio  (  VoU  III, pag.  3  io). 

(16)  Fa  premure  alla  Corte  pontificia  per  riavere  le  carte  sequestrate 
al  tuo  zio  Felice;  stampa  alcune  opere  di  luì.  Istituisce,  con  suo  testa- 
mento del  IO  dicembre  1701,  suo  erede  Giovanni  Contelori,  figlio  di 
Geronimo^  e  fa  legati  ai  tre  figli  del  fratello  Giovanni  Battista,  dando 
loro  anche  Tuso  de*  libri  e  de*  mobili  nella  casa  di  Roma,  quando  stu- 
diassero per  una  professione.  Muore  nel  1703,  prima  del  23  di  febbrajo 
{Voi  III,  pag.  3 60  e  s^gg')' 

(17)  Nel  7  sett.*)  1694  contrae  gli  sponsali  con  Domenico  Censio  di 
Bettona,  diocesi  di  Assisi  (Voi.  Ili,  pag.  271-273) 

(18)  Nel  i3  aprile  i6go  Cristina  Contelori,  novizia  nel  monastero 
di  t.  Agnese  in  Cesi^  rinunzia  1  suoi  beni  a  favore  di  Giovanni  Conte- 
lori,  suo  fratello  (Voi.  Ili ,  pag.  236). 

(i  g)  Girolamo  Contelori-Ferentinelli  ha  per  prima  moglie  Elisabetta 
Narsini,  e  ne  nascono  Geronimo  e  Giovanni  Maria  {Vol.IV,fol.2y). 
Sposa  in  seconde  nozze,  e  nel  febbrajo  171 1,  Rosa  Oliva  Nicoletti  da. 
Terni,  e  ha  una  figlia,  Margherita.  Muore  a*  26  gennaio  1734.  I  figli 
fiinno  formare  T  inventario  dei  beni  da  lui  rimasti  nel  22  di  marzo  1734 
(  Voi.  IVf  pag.  56-6 1  ).  —  Nei  contratti  ha  l'appellativo  di  Nobile  di  Terni. 

(20)  V.  rinventario  dei  beni  di  Geronimo  Contelori,  marito  della 
Ferentinelli  (  Voi.  Ili,  pag.  137)),  e  il  testamento  di  Cristo/aro  Con- 
telorif  nota  12  (Voi.  III,fol.  ibi). 

(21)  Niccola  Contelori  sposò  Margherita  di  Mariano  Bonavisi  da 
Spoleto  {Voi.  IV,  pag.  20}.  Fé*  testamento  nel  19  luglio  1723,  isti- 
tuendo legati  in  prò  della  sorella  di  lui  Costante  Antonina  Contelori, 
monaca  nel  monastero  dell*  Annunciata  di  Terni  (Id.,  fol.  26):  nomina 
suo  erede  Giovanni  Contelori  figlio  di  Girolamo  Contelori  suo  fratello 
cugino,  con  Tobligo  ali* erede  Giovanni  di  sostituire  nei  beni  il  figlio 
primogenito,  Girolamo,  procreato  con  la  prima  moglie  Elisabetta  Nar- 
sini (Id.,  fol.  27).  Nel  26  febb.»  1724  Niccola  Contelori  morì  {Id., 
foL  21-22). 

(22)  Nel  i5  novembre  1707,  in  occasione  della  propria  monacazione. 
Costante  Antonina  Contelori  rinunzia  i  suoi  beni  a  favore  de*  propri  fra- 
telli {Voi.  IV,  fol.  io).  —  Ha  un  primo  legato  dal  fratello  Niccola  nel 
febbrajo  1728  {Id.,  fol.  26),  ed  un  secondo  nel  codicillo  del  i3  feb- 
brajo 1724  {Id.,/o..  29). 

(23)  Vedi  il  testamento  dell'abate  Giovanni  Marta  Contelori  (Voi.  Il/, 
pag.  319),  vedi  nou  i5  e  16. 


Felice  Contelori  47 


(14)  Margherita  Contelori  Ferentinelli  tpoM  nel  mtggio  lySi  Vin- 
cenzo Zitelli,  nobile  di  Gubbio  (Voi.  IV,  JbL  54). 

(2  5)  Geronimo  Contelori  FerentinelU  ha  un  fidecommetso  dal  tuo 
zio  cugino  Niccola  Contelori  nel  26  febbrajo  1724  (Voi.  IV,  fol.  27), 
▼edi  nota  21. 

(26)  Giovanni  Maria  Contelori  nel  settembre  1740  conchiude  il  tuo 
matrimonio  con  Anna  Cerbelli,  figlia  di  Arcangelo,  nobile  e  patrizio 
della  città  di  Nepi  (Voi.  IV,  fol.  a  12).-^ Nel  i3  di  marzo  lySi  egli 
era  già  morto,  lasciando  un  figlio,*  Fe/rce,  e  la  moglie  incinta,  che  die 
poi  alla  luce  Giovanni  Marta  (  Voi,  IV,  fol.  229  e  258}. 

(27)  V.  precedente  nota  26. 

Giovanni  Battista  Beltrani. 


Sopra  il  Poema  reccnkmciite  scopaio 

ALL'IMPERATORE  FEDERICO  \. 
Lettera  al  Prof.  Ernesto  Monaci  in  Roma. 


Onorcvol."*  Signore, 

PICCHÈ  intesi  che  Ella  aveva  scoperto  in  un  ma- 
p  noscritto  vaticano  un  poema  non  per  anco  cono- 
ciuto  sopra  l'Imperatore  Federico  I,  fu  mio  vivo 
'  desiderio  dì  conoscere  questo  poema,  e  tale  desi- 
derio ancora  si  accrebbe  come  prima  mi  fu  noto  il  fram- 
mento da  Lei  pubblicato  nellMrc/uVio  della  Società  Ro- 
mana di  Storia  Patria,  Voi.  I,  il  quale  si  riferisce  alla 
incoronazione  di  Federico  e  alla  fine  di  Arnaldo  da  Brescia: 
poiché  io  non  poteva  condurre  a  fine  i  miei  studi  sulle 
prime  guerre  di  Barbarossa  in  Italia,  fìncbè  non  mi  fosse 
possibile  giovarmi  dì  questa  nuova  fonte  scoperta  in  un 
modo  cosi  inaspettato. 

Colla  massima  gioia  e  riconoscenza  ho  perciò  ricevuto 
alcune  settimane  fa  la  di  Lei  copia  de!  Poema,  e  con  quale 
interesse  l' abbia  poi  studiato ,  glielo  potranno  mostrare  que- 
ste righe.  Mi  è  lecito  sperare  che  tanto  più  esse  riceveranno 
I  da  t^i  un'  amichevole  accoglienza,  in  quanto  Ella  stessa  mi 

^rfilivia  dilla  Sodila  romana  di  Storia  patria.  Voi,  111.  * 


5o  W.  V.  Giesebrecht 

invitava  ad  esprimerle  il  mio  sentimento  sul!'  importanza 
storica  del  poema. 

Noi  possediamo  un  numero  non  piccolo  di  poemi  latini 
del  duodecimo  secolo,  ove  poeti  italiani  cercano  di  esporre  la 
storia  del  loro  tempo;  ma  fra  questi  poemi  prendono  un 
posto  molto  eminente  per  l'estensione,  per  il  soggetto  e  per 
la  trattazione  di  esso  le  «  Gesta  per  imperatorem  jFedericum 
Barbam  rubeam  in  partibus  Lumbardie  et  Ytalie  »,  come  nel 
manoscritto  vaticano  suona  il  titolo  che  evidentemente  non 
proviene  dall'Autore  medesimo,  (i) 

Secondo  il  mio  parere  a  questa  scoperta  noi  dobbiamo 
un  preziosissimo  arricchimento  per  la  nostra  storica  lette- 
ratura, ed  è  da  desiderare  istantemente  che  il  poema  sia 
pubblicato  per  intero  al  piti  presto  possibile.  Poi  che  il  va- 
lore del  poema  mi  fu  chiaro^  piti  e  più  insistente  mi  si  af- 
facciò la  questione  sulla  persona  del  Poeta.  Per  la  risposta 
non  mi  si  offriva  altro  materiale  di  quello  contenuto  nel 
poema  stesso  :  e  disgraziatamente  sono  molto  scarsi  i  punti 
nei  quali  si  trovino  personali  accenni  all'autore.  Tuttavia 
sin  da  principio  emerge  chiaro  che  egli  non  fu  privo  di  re- 
lazioni coli' Imperatore  del  quale  magnificava  la  gloria: 

Magna  quidem  moveo,  set  que  sint  principe  digna. 
Ipse  dabit  vires  presens  aderitque  labori,  (v.  4-5) 

Inoltre  nell'assedio  di  Milano  nell'anno  ii58  rammenta  di 
aver  veduto  egli  stesso  il  campo  imperiale  a  qua  pratum 
fuit  archipresulis  olim  »  : 

Namque  ibi  mira  ducis  vidi  tentoria  summi. 

Vix  ultra  lapidis  iactum  distancia  vallo,  (v.  2265-2266) 

Subito  dopo  riferisce  che  Rainaldo  di  Dassel,  ancora 
cancelliere,  aveva  avuto  il  suo  campo  presso  i  Pavesi  a 
porta  Romana: 


(i)  Questo  titolo  non  si  legge  in  principio  del  poema,  ma  è  nel> 
VExplicit. 


Sul  ^oetna  intomo  all'  Imp.  Federico  I     5 1 


Ecce  auiera  cives  armis  animisque  resumpiis 

Castra  erumpi:nie&  Romane  proxima  pone 

Insidunt  subito,  qua  forte  Papia  sedebat 

Cum  palre  Rainaldo,  Frederìci  Interprete  regia,  (v.  iSog-i 


I 


Il  ricordo  di  questo  particolare  di  lieve  importanza  per 
sé,  e  l'onorevole  menzione  che  spesso  la  di  Rainaldo  (dopo 
Flmperatore  forse  nessun  nome  tedesco  è  ripetuto  più  spesso 
dal  poeta),  ci  inducono  nella  congettura  che  egli  sia  stato 
in  stretti  rapporti  con  quel  ragguardevole  uomo  di  Stato, 
del  quale  è  ben  noto  che  volentieri  si  circondava  di  dotti 
e  dì  poeti.  La  notevole  circostanza  che  nell'  insulto  degli 
Ambasciatori  imperiah  a  Milano  nel  Gennaio  iiSg,  che 
lasciò  così  profonda  ferita  nell'animo  di  Rainaldo,  quest'  ul- 
timo, sebbene  il  più  gravemente  colpito,  non  sia  special- 
menle  menzionato,  accenna  piuttosto  che  il  poeta  nei  suo 
lavoro  ebbe  riguardo  a  Rainaldo,  che  non  conduca  a  op- 
posta conclusione. 

la  nessun  luogo  dica  Ìl  poeta  espUcitatnente  di  essere 
italiano,  ma  tuttavìa  nessun  lettore  lo  porri  ìn  dubbio.  Chi- 
unque lo  segua  con  attenzione,  non  potrà  farsi  altra  idea 
se  non  che  egli  debba  avere  appartenuto  ad  una  di  quelle 
città  della  Liguria,  com'egli  chiama  la  Lombardia,  che  fu- 
rono alleate  di  Federico.  In  me  è  sorta  pariìcolarmente  la  con- 
vinzione che  solo  Bergamo  possa  essere  la  patria  del  Poeta. 
Imperoché,  come  sì  potrebbe  alirimenti  spiegare  che  Berga- 
mo, contrariamente  a  tutte  le  altre  narrazioni,  primeggi  nel 
racconto?  Molto  ditfusamente  sono  riferiti  i  primi  fatti 
che  diedero  occasione  alle  contese  di  Bergamo  con  Brescia 
(v.  g57-to38),  poi  l'infelice  battaglia  dei  Bergamaschi  presso 
Palusco  e  la  perdita  di  Volpino  (iiiy-iBig),  e  infìne  la 
riconquista  di  Volpino  [v.  32o8-333o);  benché  tutto  ciò  sia 
abbastanza  lontano  dal  soggetto  principale  del  Poema,  che  £ 
la  guerra  di  Federico  contro  Milano.  Molto  sorprendente 
mi  parve  già,  quando  dapprima  lessi  il  frammento  da  Lei 
pubblicato,  che  nella  battaglia  di  Federico  coi  Romani  dopo 
Ja  sua  incoronazione,  accanto  ad  Enrico  il  Leone  sìa  no- 


52  W.  V.  Giesebrecht 


minato  uà  Marfredo  conte  lombardo  che  nessun  altro  do- 
cumento ricorda  aver  preso  parte  in  questo  conflitto: 

• 

Hoc  tàmen  in  bello  nequeo  transìre  silenter 

Te,  Ligunim  Marfrede  decus,  quem  patris  avique 

Nobilitas  decorat,  vigor  efiert,  forma  venuMat. 

Huic  Albertus  avus,  Gorzo  pater,  altus  uterque 

E^rlegiusque  comes,  fbrmostis  et  acer  uterque. 

A  qui  bus  hic  heres  non  degeneravit  eorum. 

}<Iain  melior  bello  ve!  corpore  pulchrior  alter 

Non  fuit  in  tota  Ligurum  regione  suorum.  (717-724) 

Ma  col  riconoscere  che  il  Poeta  era  di  Bergamo  perde 
questo  passo  apparenza  di  stranezza.  <  Gozzo  comes  et  filius 
eius  Marfredus  >  appariscono  come  testimoni  in  un  diploma 
di  Federico  dell'a.  11 55  (i),  come  Ella  mi  ha  già  osservato; 
eàsi  erano  conti  di  Martinengo,  nel  cui  lignaggio  è  citato 
ahciìe  il  padre  di  Gozzo,  Alberto  (2),  e  discendevamo  dagli 
antichi  conti  di  Bergamo. 

Per  tutti  i  contomi  di  Bergamo  il  Poeta  è  abbastanza 
pratico  delle  località.  Il  muro,  il  piccolo  ruscello  che  di- 
vide i  territori!  di  Bergamo  e  di  Brescia  sono  da  lui  ram- 
mentati (3)  : 

Gens  Brixiana  plagam,  qua  fines  Mura  coercet, 
Pergameam  aggreditur.  (  1 1 29-1 1 3o  ) 

Egli  loda  la  ricchezza  di  pesce  ancora  rinomata  del  lago 
d'Iseo  (v.  3i56].  Le  porte  di  Crema  sono  da  lui  indicate  coi 
loro  nómi.  Descrive  minutamente  la  postura  del  Castello  di 
Trezzo,  è  così  di  sèguito. 

Dopo  la  sua  patria,  Brescia  interessa  specialmente  il 
pfioetià,  è  però  si  spiega  anche  l'episodio  del  celebre  scisma- 
tico, che  ebbe  in  Brescia  i  natali.  Una  particolare  mesco- 


(ì)  Vignati,  Storia  diplomàtica  della  lega  lombarda ^  p.  38. 
(2)  Ronchetti,  Memorie  istoriche  di  Bergamo^  III,  p.  61,  62,  70, 142. 
(3|  Documento  nel  Gkadonioi,  Brixia  Sacra,  p.  212  e  il  protocollo 
presso  Òùokict,- Storie  'Bresciane,  VI,  p.  75. 


Sul  'Poema  intorno  all'  Imp.  Federico  I     53 


uà  di  odio  e  di  simpatia  per  Brescia  si  estende  per  tutto 
\  poema,  come  sì  rivela  specialmenle  nei  seguenti  versi: 

Quod  li  prtsagam  mentem  natura  dedissct, 

Ut  mortale  gcnus  prescire  fuiura  valerci, 

Pergamw  nunquam  geniti  violasse!  amorenj 

Brilla,  nec  propler  Vulpinum  lama  tuisset 

Dampna,  vel  iralj  forsan  gravion  tulisset 

Verbfira  rccioris,  quem  posiea  Mediolano 

Consociata  gravem  fecii  tolerare  laborem.  {v.  loJi-ioSj)    . 

Se  il  nostro  poeta  è  Bergamisco,  e  proprio  in  corpo  ed 
mimi,  sarà  forse  anche  possìbile  di  determinare  approssi- 
maiivameate  ÌI  tempo  nel  quale  ha  composto  la  sua  opera. 
Dopo  avere  con  zelo  appoggiato  Federigo  nella  guerra  con 
Milano  ;  Bergamo,  come  i  noto,  già  nel  1 166  si  staccava  dal- 
l'Imperatore  e  nel  1167  passava  decisamente  dalia  parte  delle 
città  a  lui  nemiche;  prese  parte  considerevole  alla  ricostru- 
zione di  Milano  e  andò  poscia  di  pari  passo  con  Brescia, 
E  chiaro  che  dopo  l'anno  1166  un  Bergamasco  non  poteva 
scrivere  un  poema  che  fosse  tutto  consacrato  alla  gloria  del- 
l'Imperatore. Ma  dall'altra  parte  l'esordio  del  Poema  mostra 
già  che  fu  cominciato  in  un  tempo  nel  quale  Milano  era 
vinta  e  giaceva  in  rovina: 

»Urbi  erat  et  populis  et  pluribus  inctiia  bellis 
Urbs  speciosa,  potens,  celeberriraa,  dives  et  iogens 
Meiropolis  [Lìgurum]  cui  nomen  Medtolanum.  (v.  6-8) 

L'opera  sarà  perciò  stata  composta  tra  l'anno  ii6a  e 
il  1166.  Ne  conseguita  insieme  un'altra  considerazione  non 
priva  d'interesse.  Principale  soggetto  del  poema  è  la  guerra 
tra  Federigo  e  Milano,  delle  cose  tedesche  non  È  quasi  af- 
fatto parola,  e  poco  degli  stessi  contemporanei  avvenimenti 
italiani;  come  neppure  vi  occorre  menzione  dello  scisma 
romano,  che  allora  sorgeva.  Ora  il  soggetto  che  il  Poeta  si  è 
scelto  non  comporta  nessuna  ahra  convenevole  chiusa  se  non 
distruzione  dì  Milano  nel  Marzo  1 162,  e  tuttavia  il  Poema 

le  ci  sta  davanti,  finisce  con  la  battaglia  di  Carcano  nel- 


54  ^.  P'  Giesebrecht 

l'Agosto  1160:  immediatamente  dopo  una  giornata  infelice 
per  l'imperatore  esso  si  tronca  all'improvviso.  E  impossi- 
bile che  il  Poeta  abbia  ideato  cosi  la  chiusa  della  sua  opera, 
e  piuttosto  è  da  supporsi  che  l'amanuense,  al  quale  dobbiamo 
l'unica  antica  copia  del  poema,  si  sia  stancato  del  lavoro 
e  abbia  disperato  della  continuazione.  Ma  è  anche  poco  ve- 
rosimile che  in  tal  caso  egli  non  avesse  almeno  riempito  lo 
spazio  rimasto  vuoto  del  foglio,  oppure  scritto  fino  al  pros- 
simo capitolo,  se  veramente  egli  avesse  avuto  innanzi  il  poema 
completo. 

Poiché  l'opera  nel  suo  complesso  (3341  vv.)  è  divisa  in 
grandi  parti  che  corrispondono  incirca  all'estensione  dei  libri 
nell'Eneide,  e  che  nella  copia  sono  indicate  per  maggiori  in- 
tervalli e  per  le  iniziali  più  marcate;  sebbene  quivi  non 
siano  espressamente  designate  come  libri,  si  potrebbe  ap- 
pena chiamarle  altrimenti.  11  Libro  I  comprende  i  versi  1-609. 
L.  II  V.  6io-i3i9.  L.  Ili  V.  1320-2037.  L.  IV  v.  2038-4770. 
Il  L.  V  comincia  col  v.  2771  e  col  v.  3441  non  è  condotto 
ancora  alla  fine,  ma  tuttavia,  mantenendo  il  poata  le  sue 
proporzioni,  non  poteva  essere  prolungato  molto  di  più. 
E  difficile  argomentare  perchè  il  copista  abbia  intralasciata 
la  chiusa  di  questo  libro,  se  pure  una  chiusa  v'  era.  É  molto 
verisimile  che  egli  non  la  trovasse,  e  sembra  che  il  poeta  stesso 
abbia  improvvisamente  troncato  il  suo  lavoro  al  v.  3341.  Se 
ciò  avvenne  quando  Bergamo  abbandonò  le  parti  dell'Im- 
peratore, sarebbe  stato  ancora  occupato  nel  suo  lavoro  nel- 
l'anno 1166.  Infatti,  tale  quale  è^  aveva  perduta  la  sua  im- 
portanza, e  il  poeta  non  poteva  assolutamente  più  compierlo, 
se  non  voleva  romperla  con  tutte  le  sue  patrie  relazioni. 

Non  mancano  altri  indizi  che  il  Poeta  non  abbia  dato 
l'ultima  mano  alla  sua  opera.  Si  trovano  più  volte  ripeti- 
zioni: cosi  i  versi 

Sic  fortuna  vices  variat,  sic  infima  summis 

Summaque  commutat,  sua  com  rota  volvitur,  imis  (441-442  J 

si  ripetono  un'altra  volta  (3229-3230).  Ma  se  l'opera  del 


poeta  rimase  incompiuta  sotto  ogni  rispetto,  perchè  egli 
□et  ti66  abbandonò  la  parte  imperiale  coi  suoi  concittadini; 
allora  &'  intende  facilmente  perchè  il  poeta  non  le  abbia  dato 
alcuna  diffusione.  Nemmeno  sembra  che  sia  giunta  alla 
corte  di  Federico,  al  quale  era  pure  stata  particolarmente 
destinata:  né  presilo  Gottifredo  da  Viterbo  né  presso  l'au- 
tore del  Ligurinus  per  quanto  mi  sembra  è  dato  di  sco- 
prire una  conoscenza  del  nosiro  Poema. 

Della  prima  metà  del  dodicesimo  secolo  ci  rimane  una 
interessante  opera  di  un  dotto  Bergamasco,  la  quale  mostra 
qualche  parentela  con  quella  di  cui  è  qui  parola.  È  il  Car- 
men de  laudibus  Bergami  (i),  lavoro  del  Magìster  Moyses  che 
verso  l'anno  njlo  per  la  sua  straordinaria  conoscenza  delle 
lingue  si  guadagnò  in  Costantinopoli  una  influente  posi- 
zione e  seppe  rendersela  lucrosa,  Moyses  era  ancora  a  Co- 
stantinopoli nel  ii34  e  servi  d'interprete  agli  ambasciatori 
dell'Imperatore  Lotario,  Se  egli  più  tardi  sia,  come  desi- 
derava, ritornato  a  Bergamo,  non  sappiamo:  3ni.be  l'anno 
della  sua  morte  è  incerto.  Pare  altresì  naturale  di  attribuire 
il  nostro  poema  a  questo  Magisler,  principalmente  perchè 
le  reminiscenze  classiche  e  la  spontaneità  della  versifica- 
zione ci  rammentano  quel  Carme,  e  non  sarebbe  certo  im- 
probabile che  Moyses  fosse  slato  ancora  vìvo  nel  i  i66  e  come 
prima  all'Imperatore  di  Costantinopoli  cosi  poi  avesse  of- 
ferto per  buona  paga  il  suo  sf<pere  a  Federico.  Ma  solo  de- 
bolmente si  sosterrebbe  tale  congettura,  e  qualcosa  sta  anche 
coatro:  così  nell'elogio  di  Bergamo  gh  esametri  rimano  due 
a  due,  mentre  nel  nostro  Poema  tale  rima  si  trova  solo  qua 


(i)  Stampato  presjo  il  Muiiatobi,  SS.,  V,  p.  5a9-536.  Uno  aerino  dello 
•tesso  (dell'anno  ii3o)  ricco  di  imporiftnii  noiizie  sulla  persona  del' 
rauiore  è  stato  pubblicalo  dal  Ranchetti  nel  Codex  dipiomaticus  civitatis 
et  ettlesiae  Btrgomatis  1,  p,  gSo,  gSi.  Diffusamente  egli  iraita  di  Moyses 
nel  luogo  C't,  p.  933-9611  mi  sembra  solo  infondato  assegnare  al  Carmen 
data  Ulteriore  al  mi.  Il  Vescovo  di  Bergamo  Ambrogio  di  Mozzo,  rì- 
coriltio  in  esso,  mori  solo  nel  1 1 34  ed  è  soltanto  ceno  cbe  il  Carmen 
itOQ  può  CMcre  siito  scrìtto  più  tardi. 


56  W.  y.  Giesebrecht 


e  là  e  anche  qui  appena  si  scorge  fatta  con  intenzione. 
Basta  intanto  il  sapere  che  Bergamo  in  quel  tempo  pro- 
dusse poeti  latini  che  si  formarono  sui  classici  modelli  e 
non  infelicemente  si  cimentarono  nel  metro  eroico.  L'au- 
tore del  nostro  Poema  fu  probabilmente  un  Magister  di 
Bergamo  dello  stesso  genere  come  Magister  Moyses;  forse 
uno  scolaro  di  lui.  Dalla  vivace  descrizione  della  vita  degli 
studi  in  Bologna  ci  fa  congetturare  che  abbia  cercato  anche 
colà  la  sua  coltura.  Di  sicuro  ebbe  avanti  agli  occhi  un'al- 
tra meta  che  Magister  Arnaldus;  altrimenti  non  si  sarebbe 
diviso  da  lui  con  quella  notevole  apostrofe: 

Docte  quid  Arnalde  profecit  litteratura 

Tanta  tibi?  Quid  tot  ieiunia,  totque  labores? 

Vita  quid  arta  nimis,  que  semper  segnia   sprevit 

Oria  nec  ullis  voluit  carnalibus  uti? 

Heul  quid  in  ecclesiam  mordacem  vertere  dentem 

Suasit,  ut  ad  tristem  laqueum,  miseranda,  venires?  (v.  840-845  ) 

Il  nostro  prudente  poeta  si  guarda  bene  d'accennare  alla 
pungente  questione  del  suo  tempo,  la  divisione  fra  l' Impero 
e  il  Papato.  Come  si  chiamava?  Io  noi  so;  ma  forse  altri 
più  fortunato  scoprirà  anche  il  suo  nome. 

Un'autore,  che  fu  così  vicino  al  tempo  degli  importanti 
avvenimenti  da  lui  narrati,  che  inoltre  fu  nativo  del  luogo 
dove  si  svolsero,  sarà  sempre  di  grande  valore  per  lo  storico. 
Naturalmente  questi  deve  considerare  con  altri  occhi  un 
poema,  che  un'opera  la  quale  in  prosa  espone  semplice- 
mente i  fatti.  11  poeta  vuole  occupare  la  fantasia  ed  anche 
se  scelga  un  soggetto  storico,  non  si  perita  di  mescolarvi 
elementi  fantastici:  egli  carica  i  colori,  dove  gli  sembrano 
in  realtà  troppo  pallidi;  colla  ricchezza  della  sua  imagi- 
nazione supplisce  allo  scarso  materiale.  Non  giudicheremo 
il  nostro  poeta  diversamente  dagli  altri  della  sua  specie: 
egli  stesso  non  lo  desidererebbe.  Se  ad  esempio  di  Virgilio 
[Aen,  lib.  VII)  e  in  parte  con  coincidenza  di  parole,  di- 
pinge^con  larga  descrizione  come  Aletto  (v.  2628  ss.)  salga 


Sul  'Poema  intorno  all'  Imp.  Federico  I      5  7 


dall' ÌDrerno  e  scompigli  ie  menti  umane,  non  pretende 
più  fede  di  Virgilio.  1  numerosi  discorsi,  che  ej;!i  inse- 
risce,  in  parie  meglio  immaginati  di  quelli  d'Ottone  di  Fri- 
sìnga,  non  pretende  che  noi  li  riteniamo  per  qualcosa  altro 
cbe  elaborazioni  sue  proprie.  Anch' egli  avrà  ben  capito, 
che  le  sue  descrizioni  di  baitaglie  si  assomigliano  tanto  fra 
dì  loro  e  con  quelle  dell'Eneide,  cbe  nessuno  vi  può  cer- 
care vex'Wk  storica  nei  particolari.  Nemmeno  tiene  atl'esat- 
tezt»  delle  sue  citre  e  dà  sempre  somme  rotonde.  Quando 
Federico  viene  per  la  prima  volta  in  Italia,  lo  fa  accompa- 
gnare da  4000  cavalieri: 


Mille  quBter  (i)  proceres  e 


I.  (V.  78) 


Ma  sappiamo  da  Federico  stesso  che  egli  passò  le  Alpi  con 
soli  iSoo  cavalieri. 

Il  nostro  poeta  si  è  servito  come  gli  altri  della  poetica 
licenza,  ma  insieme  ha  conservato  la  fedeltà  storica  più  della 
maggior  parte  dei  poeti.  1  limiti  che  nella  sua  opera  divi- 
dono la  poesia  e  la  verità,  sono  facilissimi  a  riconoscersi. 
Siamo  bene  informati  per  altre  fonti  intorno  gli  avveni- 
menti che  egli  narra;  onde  non  é  difficile  verificare  il  suo 
racconto,  ed  un  tale  esame  riesce  molto  favorevole  a  lui.  La 
concatenazione  dei  fatti  è  esattamente  mantenuta,  la  cro- 
nologia rigorosamente  seguita.  Molte  volte  sono  espressi  ì 
nomi  degli  attori,  e  possiamo  d'altronde  dimostrare,  che 
i  nomi  non  sono  inventati ,  ma  realmente  appartennero  alle 
persone  che  in  particolar  modo  presero  parte  all'  impresa  (3). 
Cosi  ritorna  piii  volte  su  Vintelmo,  il  grande  architetto  di 
Milana,  e  dà  su  questa  personalità  negli  ultimi  tempi  pur 
trO{^  trascurata  alcune  nuove  e  interessanti  Dotizie. 


(I)  Cosi  »i  dovrà  scrivere  invece  di  quatuor 
(i)  [  vescovi  lombardi,  che  il  Poe»  fs  pirli 
«ad  dì  fallo  a  Wtrzbuig  alla  corte  di  Fcderic 
Diploma  del  Giugno  iibj  pel  quale  Bergamo 
marte.'».  Cod.  dipi,  Berg.  Il,  p.  r  145.  L  fdso  al 
motuabbìR  oitenuto  allora  iti  dirìtio:  cjù 


\:  1402  e  ss.,  sono 

nje   mostra   il   suo 

>  il  difillo  di  batter 

he  anche  Crc- 

Bnnoii55. 


58  W.  V.  Giesebrecht 

In  generale  la  nostra  conoscenza  intorno  la  spedizion 
di  Federico  in  Lombardia  durante  il  periodo  ii  54-1160 
dai  poema  piuttosto  confermata  che  considerevolmente 
Specialmente  in  tutti  i  dati  di  fatto  si  trova  una  concor-- 
danza  notevole  con  la  narrazione  dataci  da  Ottone  di  Fri- 
singa  e  dal  suo  continuatore  Ragevino  nelle   Gesta  Fri" 
aerici.  Perciò  mi  ha  lungamente  occupato  la  questione,  se 
il  nostro  poeta  non  abbia  già  avuto  innanzi  agli  occhi  quelle 
Gesta,  come  per  il  tempo  non  sarebbe  stato  impossibile, 
essendo  già  prima  del  1162  stata  compiuta  l'opera  di  Ot- 
tone di  Frisinga  e  di  Ragevino.  Ma  io  ho  creduto  di  dover 
conchiudere  che  no.  Avendo  voluto  stare  pel  sì,  si  sarebbe 
stati  costretti  ad  ammettere  anche  che  si  fosse  giovato  di 
Ottone  Morena,  delle  Memorie  di  Milano  attribuite  a  Sir 
Raul  e  di  parecchi  documenti:  poiché   anche  con  questi 
mostra  in  fatto  molte  volte  esatta  concordanza.  Ma  è  ap« 
pena  da  supporsi  che  il  Poeta  abbia  lavorato  sopra  un  cosi 
svariato  materiale,  e  mi  sembra  molto  piti  verisimile  che  la 
parentela  della  narrazione  del  nostro  poeta  con  quella  di 
Ottone  e  di  Ragevino  dipenda  dall'essere  stato  posto  a  fon- 
damento di  entrambe  lo  stesso  materiale  tratto  dalla  Can- 
celleria imperiale.  Noi  sappiamo  che  Ottone  e  Ragevino  am- 
bivano alla  protezione  dell'Imperatore  e  che  questa  fu  loro 
prontamente  concessa.  Anche  il  nostro  poeta  esprime  la  stessa 
speranza  che  non  gli  sia  per  mancare,  e  difficilmente  sarà 
stato  deluso. 

Noi  possediamo  la  relazione  che  sul  suo  viaggio  a  Roma 
Federico  fece  fare  per  Ottone.  Se  non  m'inganno,  la  medesima 
relazione  ha  servito  al  nostro  poeta:  e  talora  mi  sembra  che 
egli  l'abbia  seguita  ancora  piti  completamente  di  Ottone. 
In  essa  si  legge  :  «  Mediolanenses ....  ut  nostra  concessione 
super  Cumas  et  Laudam  dominium  habere  mererentur,  mul- 
tam  pecuniam  nobis  promiserunt,  sed  cum  nec  prece  nec 
precio  flectere  nos  possent  ecc.  ».  Più  che  con  la  fortuita  os- 
servazione di  Ottone,  L.  II  e.  i3^,  che  il  re  era  sdegnato  con- 


Sul  'Poema  intorno  all'  Itnp.  Federico  I     5g 


tro  i  Milanesi  perchè  avevano  voluto  corromperlo,  questa  con- 
corda coi  seguenti  versi  del  nostro  poema: 


*'    dtrtco  dice  in  quella  relazione:  a  Omnibus  castris  et  muni- 

tionibos,  q'jae  circa  urbem  sunt,  in  poiestatem  nostram  de- 
dilis,  usque  Albam  venimus  et  per  aliquot  dies  ibi  cum  papa 
morati  sumus  s.  Ottone  di  Frisinga  nota  soltanto:  «Inde 
castra  movens  inier  urbem  et  Tusculanum  resedit  »  (L.  II 
e.  a3),  mentre  j1  nostro  poeta  dice; 


Munera  featinant  !argi»sini«  mittere  regi 

mpiant  stabilem  rcgis  pervencre  meniem, 
jret  variai  mlserorum  audìre  querelas 
Nec  cogac  cives  desistere  Medialani, 
Quin  superatorum  dominenlur  more  vetusto. 
Al  plus  et  prudcns  rei  munera  spernit  el  inquìt: 
s  Munera  tiulU  mjhi  prebebil  Mediolanum, 
a  Graiia  nec  populo  dabiiur,  mthi  credile,  nostra, 
«  Picem  vicini»  facial  nisi  gentibus  aique 
•  Ni  limcat  legcs  decretaque  regia  servcl. 
■  Hec  autem  faciens,  nosirum  reiinebii  emorem  ».  (v. 


Al  plus  eversis  Predcricu: 
AIbsnum  gredilur;  castri 
Dira  lucs  subito  turbas  e 


ubi  forte  locatis, 
erta  fatigai.  (v.  891-893) 


Secondo  il  mio  giudizio,  salvo  questa  relazione,  Ìl  Poeta 
non  sì  è  servilo  di  alcuna  fonte  scritta:  nella  sostanza  mi 
sembra  che  egli  abbia  riferito  ciò  che  egli  stesso  vide  o  aveva 
ricavato  da  testimoni  oculari.  Ma  da  qualunque  fonte  abbia 
attinto,  egli  fu  molto  bene  informato  e  ambì  a  fedeltà  slorica. 

Ho  già  lodalo  la  cronologica  esaltezza  del  poeta,  ma  credo 
tuttavia  di  accennare  a  due  punti  che  potrebbero  porla  in 
questione.  L'uno  appartiene  alla  parie  piCi  interessante  del 
Poema,  e  riguarda  il  soggiorno  dell'Imperatore  a  Bologna 
nell'anno  11 55;  l'altro  alla  pre^a  dei  castelli  d'Iseo  e  di 
Volpino. 

Nel  Poema  è  raccontato,  ciò  che  è  conosciuto  anche  da 


6o  W.  p.  Giesebrecht 


altra  parte,  che  il  re  dopo  la  distruzione  di  Tortona  sulla  via 
di  Roma  abbia  toccato  Bologna;  il  che  fu  nel  Maggjo  )iS5 
Ora  il  Poeta  dipinge  minutamente  come  Federico  fu  ric^ 
vuto  con  festa  in  special  modo  dai  dottori  e  dagli  studea 
dell'Università.  Il  re  li  interroga  sulla  loro  vita  nella  ci 
sulle  loro  relazioni  coi  cittadini  e  ne  riceve  spddisfoceoi 
risposta.  Il  solo  lamento  che  muovono  è  che  gli  studen 
stranieri  siano  spesso  forzati  a  pagare  debiti  che  non 
ma  i  loro  concittadini  hanno  fatto,  oppure  dare  pegno 
ciò  :  e  il  Re  è  pregato  a  proteggere  con  una  legge  gli  s 
denti  contro  tale  ingiustizia.  Quindi  aggiunge: 

Tunc  rexy  princìpibus  consultis  ordine  cunctis, 
Legem  promulgata  que  sit  tutela  legentum, 
Scilicet  ut  nemo  studium  exercere  volentes 
Impediat  stantes  nec  euntes  nec  redeuntes, 
Nec  prò  vicino,  qui  nullo  iure  tenetur 
Solvere  cogatur,  quod  non  debere  (i)  probatur. 
Inde  rogai  cives  ut  honorent  urbe  scolares, 
Hospita  iura  dolis  servent  illesa  remotis.  (v.  494-501) 

Il  contenuto  della  legge  come  qui  è  riferita,  corrisponde 
esattamente  alla  famosa  Authentica  Habita,  l'antichissimo 
privilegio  imperiale  per  gli  studenti;  ma  nel  Corpus  iuris 
civilis  dove  il  privilegio  fu  inserito  per  ordine  dell'Impe- 
ratore, è  indicato:  «  Dat.  apud  Roncalias  anno  Domini  ii58 
mense  Novembri  »  ed  è  generale  l'idea,  che  esso  stia  in 
relazione  con  l'attività  mostrata  dai  dottori  bolognesi  nella 
dieta  di  Roncaglia  del  11 58.  Io  non  vedo  sufficiente  fonda- 
mento per  porre  in  dubbio  la  data  dell' Authentica  nel  Cor- 
pus iuris  (2),  tuttavia  non  bisogna  per  questo  mettere  in  dub- 
bio l'esattezza  cronologica  del  poeta.  La  legge  poteva  essere 


(i)  Così  dovrà  leggersi  invece  di  dedisse  che  non  può  stare.  Dal  nostro 
Poema  è  chiaro  che  nel  testo  deirAuthentica  è  da  correggersi:  a  ob  alterius 
Provincie  dehitum  »,  e  non  ammettere  «  delictum  ». 

(2)  Nel  Manoscritto  di  Vienna,  di  cui  si  giovò  Pertz  per  questa  legge 
{Mon.  Germ,  Legg.  II  p.  114),  manca  la  data. 


di 


'ul  T^oema  intorno  all'  Imp.  Federico  I      6 1  ' 


là  stata  emanata  nel  ii35   e  tuttavia  esser  stata  ricont'er- 
stata  nel  ii58;  solo  allora  forse  fu  aggiunto  l'ordJne  del- 

n  mperatore  che  la  legge  fosse  accolla   u  Inter  imperiales 
consiiluciones  sub  titulo:  ne  tìlius  prò  patre  ecc.  > 

Ancora  meno  si  può  nel  secondo  caso  riconoscere  un  de- 
vi :3.inenio  del  Poeta  dall'ordine  cronologico.  Dopo  la  distru- 
ickne  di  Crema,  narra  egli,  l'Iinperatorc  subito  irruppe  a 
te-s^istare  di  bel  nuovo  il  territorio  milanese  (v.   3i52,ii); 
Cita  spedizione  anche  d'altronde  conosciuta,  cade  nei  mesi 
Maggio, e  Giugno  del   1160.   Poscia,  continua  il  poeta, 


I  1  mperatore,  guantato  anche  il  territorio  di  Brescia,  si  volse 
contro  il  nemico  Castello  d'Iseo,  (i)  lo  prese  al  pricno  as- 
sa.lTa  e  lo  rase  al  suolo;  contemporaneamente  i  Bergamaschi 
'^^■alirono  Volpino  e  lo  strapparono  ai  Bresciani,  ai  quali 
''^^«vano  dovuto  cederlo  dopo  l'infelice  battaglia  di  Palusco 
a  ^J  mese  di  Marzo  11 55. 

Seguitando  il  Poeta  descrive  la  battaglia  di  Carcano,  che 
CC3  ne  k  noto  ebbe  luogo  il  9  Agosto  1160.  La  conquista  di 
l^^so  e  Volpino  la  pone  con  ciò  nell'estate  del  1160.  Questi 
faxni  oon  sono  toccati  nell'altre  fonti  contemporanee;  bensì 
troviamo  piti  tardi  menzione  di  essi,  ma  insieme  una  note- 
vole incertezza  nei  dati  cronologici.  Nei  più  antichi  annali 
A.M.    Brescia  (a),  che  appartengono  però  nel  primo  abbozzo  solo 
*U-4  fine  del  duodecimo  secolo,  in  un  esemplare  si  legge  all'an- 
ace 1161  :  «  Yse  destructus  a  Frederico  in  die  s.'  Nazarii  {28 
L^YSglio)  *;  nel  secondo  al  1161  :  <■  Suburbium  Ise  captum  a 
Fr«derieo  »;  nel  terzo  al  1162: 1  Hoc  anno  a  Frederico  subur- 
bium  Ise  captum  est  et  Vulpinum  lune  traditum  fuit  Pcrga- 
naensibus  n.  Simile  oscitanza  mostra  un  prolocollo  del  2  Ot- 
tobre 1192  (3)  della  causa  fra  Brescia  e  Bergamo  sopra  Vol- 


li) Q.uat  norae  usò  il  Poeia?  Lisnsfv.  144S)  e  chiaramenie  errato; 
Bn  (v.  SigS)  e  le  forme  mulilalc  Lj-s . , .  (v.  3ìo5)  Hy 
"'-(t.  3197).  Forse  dal  poein  v  staio  scrìuo  Hysc,  Forma  che  si  riscoo- 
**»  lathe  altrove. 

di  Annales  Brixieat.  Mon.  Germ.  SScript.  XVIU,  p.  8i3. 

(3|  OooKici,  Storie  Breseiane,  voi.  VI,  p.  75. 


62       W.  V.  Giesebrecht  —  Sul  ^oema  ecc. 

pino.  Un  testimonio  qui  asserisce:  «  quod  XXXI  anni  sunt, 
quod  ipse  locus  Yse  fuit  destructus  per  ipsum  domnum  impe- 
ratorem  et  tunc  Pergamenses  ceperunt  castrum  Vulpini  et  te- 
nuerunt  ipsum  etc.  »  Invece  un  altro  confessa:  «  XXX  anni 
fuerunt  in  s.  Nazario  proximo  preterito,  quod  ipsum  ca- 
strum Pergamenses  occupauerunt  et  quod  Yseum  fuit  de- 
structum  et  combustumper  domnum  imperatorem  ».  Queste 
dichiarazioni  riconducono  o  al  1161  o  al  1162.  Più  accordo 
vi  è  nelle  testimonianze  in  quanto  Brescia  sia  stata  in  pos- 
sesso di  Volpino  solo  per  tre  anni  e  piti:  ma  questo,  es- 
sendo il  castello  venuto  in  mano  di  Brescia  per  capitola- 
zione del  21  Marzo  11 56,  accenna  piuttosto  al  11 59  che 
al  1161  o  al  1162.  Tutto  mostra  che  la  cronologia  del  no- 
stro poeta  (1160]  è  la  giusta,  e  dobbiamo  solo  a  lui  la  si- 
cura determinazione  di  questa  data  storica* 

Ma  basta  di  tali  particolarità,  che  solo  debbono  servire 
a  stabilire  lo  storico  valore  della  sua  bella  scoperta.  Pub- 
blichi presto,  com*è  da  sperarsi,  l'interessante  Poema  e  al- 
lora ulteriori  ricerche  confermeranno,  come  io  confido,  il 
mio  giudizio.  Quanto  piti  Ella  solleciterà  la  pubblicazione, 
tanto  più  obbligherà  a  riconoscenza  tutti  gli  amici  degli 
studi  medioevali  e  fra  questi  particolamente  il  suo 

Monaco.  28  Gennaio  1879. 

Devotissimo 
W.  V.  Giesebrecht. 


T)ocumcnti  relativi  a  Stefano  Porcari. 


'  QUESTA  pubblicazione  nostra  è  data  occasione  dalla 
\  edìzioDC  che  sì  fece  recentemente  a  Grelfswald 
I  d'un  documento  relativo  alla  congiura  di  Ste- 
■  fano  Porcari  (i),  citato  fin  qui  dagli  slorici  di 
Roma,  da'biograli  di  papa  Niccolò  quinto,  dal  Manzi,  che 
alcune  orazioni  di  Stefano  pubblicò  fra  ì  testi  di  lingua 
Iratii  da' codici  della  biblioteca  vaticana;  ma  disgraziata- 
mente rimasto  incognito  ai  cultori  della  storia  nella  sua 
piena  ed  integra  forma,  E  diciamo  disgraziatamente,  non  per 
appassionalo  compiacimento  del  soggetto,  ma  piuttosto  per 
'  •'Hportanza  storica  e  giuridica  del  documento  medesimo  e 
P**"  le  cause  che  valsero  a  ritardare  la  pubblicazione  di  esso, 
miatii  Domenico  Giorgi  [2),  che  è  d'altronde  assai  diligente 


(  t)  Prr«i  CE  Goois  viceniìni  Dyalogon  de  conjuratione porearia ,  aus 
*'»er  K^nigsbergcr  Handschrifi  herauagegeben  von  Dr.  M.  Peblbach. 
'''^fiw.ld.  verlag  von  Ludw.  Bsmberg.   1879. 

Cȓ  D.  Giorgi,  Vita SlcaiaipapaeV,  p.  129:  nlegitnusperbrefferahQius 
'"*'>ÌUr«iionÌs  hiWofioUra,  Oialogj  instar  exaraiam  a  Peiro  Godio  patria 
*^*>iIno,  ^ui  vara  Romae  aderat,  ex  qua  nonnulla  decerpaimut  et  lu- 


64  O.  Tomtnasini 


storico,  giudicò  gli  stesse  bene  citarlo  nella  sua  Vita  £  Nic^ 
colò  quinto,  ed  anche  trarne  qualche  frutto  per  la  notizia, 
de'  fatti  ;  ma  se  il  dialogo  di  Pietro  Godi  fosse  stato  reso 
pubblico,  non  per  certo  da  questa  fonte  contemporanea  del 
racconto  sarebbe  stato  giustificato  l'asserto  dell'erudito  sa- 
cerdote rispetto  al  Porcari:  a  ut  potè  quem  ad  perturbane 
dam  rempublicam  mali  mores  stimularent  ì>  (i).  Il  Godi  non 
gli  dà  che  due  accuse  :  P  una  di  povertà ,  «  òb  eius  pauper- 
totem  Stephano  bubalarius  non  credidisset  »;  l'altra  di  su- 
perbia e  d'ambizione,  «  non  contentus  civium  conditione  ad 
dominium  Rome  ambiebat  »  ;  gittava  via  il  cognome  de'  Por- 
cari, per  chiamarsi  della  gente  Porcia,  di  quella  cioè  dei 
Catoni  antichi  (2).  Pertanto  il  merito  che  il  Papencordt  (3) 
riconosce  al  Giorgi  d'essersi  per  primo  avvaluto  dei  codici 
vaticani  36i8  e  3619,  in  cui  della  cospirazione  del  Porcari 
si  danno  le  notizie  più  piene,  viene  assottigliato  assai 
dall'uso  men  che  sincero  che  quegli  fece  delle  fonti  sue. 
Ma  forse  non  fu  il  tristo  vezzo  d'architettare  la  storia  e  la 
malnata  fidanza  di  accrescere  coli' esagerazione  l'eflfìcacia 
de]  sentimento  morale,  che  indussero  il  Giorgi  a  non  ser- 
bar proporzione  nell'interpretazione  della  sua  fonte  storica 
e  a  prediligere  che  rimanesse  nascosta.  A'  tempi  di  lui  gli 
scrittori  di  storie  non  erano  consueti  d'appellarsi  all'uni- 
versale e  di  sottoporre  a  questo  la  trama  e  l'ordito  del  loro 
racconto,  perchè  era  cosa  che  anche  all'universale  premeva 
poco;  e  il  Giorgi  ebbe  forse  piuttosto  ad  essere  adescato  da 
quella  vaghezza  delle  forme  classiche,  potente  allora  su  i  let- 
tori quanto  oggi  è  quella  della  novità;  da  quella  vaghezza, 
per  cui  si  badava  meglio  a  lambiccare  una  frase  sallustiana, 
che  a  dire  schietta  e  senza  fronzoli  la  verità.  Forse  il  Giorgi, 


(i)  Id.  ibid.,  p.  128. 

(2)  V.  l'Appendice  relativa  alla  genealogia  de*  Porcari. 

(3)  Papencordt,  Geschichte  der  Stadi  Rom  im  Mittelalter,  p.  486 
in  Ilota,  n  Papencordt  cita  per  equivoco  il  cod.  vat.  36 16  in  luogo 
del  36x8. 


ytiociimenti  relatipi  a  Stefano  Porcari 


65 


a  somiglianza  del  Voigt  (i),  intravide  in  Roma  una  banda 
catilinaria,  intenta  a  gittar  sossopra  l'opera  de' pontefici  ; 
una  masnada  di  violenti,  immezzo  alla  quale,  entrato  a  ca- 

(i)   Cf.  Gerrc  Voigt,   die    Wiederbelebung  des   classischen  AUer- 
tkumt;  Berlin  i8Sg,  p,  480.  _  La  frase  saJlusliana  che  strascinò  il  Giorgi 
«  il  Voigt  (l'uno  nell'alTermazLone,  l'altro  nel  giudizio)  forse  fu  la  ae- 
Suenie  :  ■  Eral  eodem  tempore  Cn.  Piso,  adoiescens  nobìlis,  sumniae  au- 
cJaciae,  egens,  facliosus;  quem  ad   perturbandam   rerapublicatn 
Bnopia.  «Ique   mali   morei  stitnulabani  •>  —  C.  Sillustji,  Bel- 
Jum  Catilìnarìum.  Nella  lettera  di  Leon  Battista  Albkbti  (  MuBAToni,  Rer. 
MI.  ser^l.  I.  XXV  )  non  è  traccia  di  questi  mali  mores  del  Porcari  ;  e  nem> 
sninco  nella  lettera  volgare  riporiau  nella  nostra  Appendice.  Nella  lettera 
«Jella  biblioteca  di  Nìmes,  edita  dal  Gebuain  (  cf.  CHursToPHE,  Hìslotre  de 
Ma  Papaulé pendant  le XV  siede, 1'bt\%  i863,  t.  II,  appendice  n."  6)  e  detto: 
a  ttditiosissimushoroo,  ingentia  audaeiae  atijue  dicacìtatis  non  incomposi- 
«e,  peuiTnarum  molilor  rerum  ".—  Enea  Silvio,  Hisloria,  de  Europa,  ca- 
yut.  LVIll:  Il  Stephanuscnim  Romanus  Famìlia  Porcaria  icnui  censu  equcs, 
s«s  novas  saepc  in  urbe  molilus,  ac  proplerca  Bononine  relegatus,  clam 
ande  CKcedens  magnis  itineribus  Romam  rediil ,  etc.  —  atque  ut  eral  homo 
Sacundus  facile  in  suam  scntcntiam  congregalos  traili  atque  eo  faciliusquod 
àtiopcs.  acre  alieno  gravaios  et  ob  pairaia  scclera  ìudicium  formidanies 
■d  se  Tocaverai  ».  ~  Ma  la  fonte  slorica  d'Enea  Silvio  fu  una  lettera  di 
SrcFAno  Ciccia  novarese ,  che  si  conserva  nel  Codice  Chigiano  I.  vi,  211, 
pag.  60;  della  quale  la  cortese  amicizia  del  eh.  prof.  Gius.  Cugnoni  ci 
concme  usare  con  ogni  larghezza.   Questa  lettera  verrà  pubblicata  dal 
f»of.  Cugnoni  medesimo  nel  suo  SpicUegium  Chlsiaiium.  Secondo  il  Cac- 
da,  Siefono  Porcari  si  sarebbe  probabilmente  infiammalo  a' propositi 
cbe  Io  detericinarono  alla  congiura,  leggendo  Sallustio.  Ecco  le  sue  pa- 
^^^^alc:  ■  Stephanus  Porcarius  eques  Romanus  cum  inler  legendum  roma- 
^^^mpnm  hystorias  reperiiset  excelleniì  ìngenìa  viros  qui  ad  rem.  p.  eorum 
^^^HltfAufdni  et  conservandomi  quosdam  vero  qui  ai  eam  evertendam  et 
^^^^BMC  quotq.  rebus  spoUandas  ae  Urbis  daminium  ambigendum  sese  ac- 
eamodatient,   tandem  ad  illoruin    imitalionem  qui  ambitiasì  et  cupidi 
hatìti  sunl  animum  appUcuil  ;  et  existimans  facile  quod  praemeditatus 
/iterai  ossequi,  si  cùpiosam  libi  multitudinem  adjungere  passet ,  operam 
dedit  ut  dieendi  perii us  Jf ere t ,  non  ignarus  vim  eloquentiae.  Et  cum  in 
ilta  pturimum  fioreret,  semper  sibi  maxime  curae  /uit  ut  quosque  perdi- 
lo*, lascivo),  abiectos,  pauperes,  novarum  rerum  cupidos  ac proscriplas 
libi  amicitia  et  famìliaritate  coniunctos  haberet  «.  É  pertanto  la  tradi- 
tone romana  e  curiale  che  ricongiunge  il  pensiero  di  Siefono  con  Cati- 
tina  e  Sallustio;  mentre,  come  vedremo,  la  fiorentina  lo  rannodi  al  Pe- 
trarca e  alle  sue  canzoni. 

Archivio  della  Società  TOmani)  dì  Slaria  patrie.  Voi.  III.  j 


66  O.  Tommasim 


gione  di  debiti,  il  Porcari  tramotiTai  V indole  sua  da  queUli^ 
di  un  Bmto  in  quella  di  nn  Cadlina. 

Ma  il  dialogo  del  Godi  di  soprappiii  constaTa  di  duè^ 
parti;  Tona  tutta  narratiTa,  l'altra  potemica,  confortata  da  - 
citazioni  marginali  d'aatorità  del  digesto  e  delle  sacre  scrit- 
ture;  la  quale,  per  quanto  fosse  intesa  a  tutto  Cavor  della 
curia,  poteva  tuttavia  a' curiali  garbar  poco,  come  le  difese 
di  quelle  cause  che  senza  mestieri  d'avvocati  si  guadagnaro- 
no. A  queste  diverse  cagioni,  che  risguardano  la  sostanza  del 
documento,  s'aggiunsero,  ahimè,  anche  quelle  che  nascevano 
dalla  forma  particolare  di  esso.  11  Manzi,  che  nel  pubblicare 
alcune  delle  orazioni  del  Porcari  lo  tobe  a  studio,  fii  scan- 
dalizzato del  e  barbaro  e  goffo  latino,  il  quale  dimostra  la 
stupida  ignoranza  del  suo  autore,  vivente  in  un  secolo  e 
ad  una  corte,  nella  quale  tanti  e  si  grandi  eranvi  valen- 
tuomini in  quella  lingua  »  (i);  e  benché  s'accorgesse  che 
e  tra  le  sue  goffaggini  se  ne  può  trarre  pure  alcun  bene  », 
tuttavia  preferisce  compiacere  piuttosto  al  buon  gusto  che 
alla  cognizione  del  vero;  e  il  Giordani  che  menò  sì  validi 
fendenti  contro  al  Manzi  per  quei  suoi  testi  di  lingua  ma- 
lamente dati  a  luce,  sembrò  pur  egli  aver  caro  che  quel  goffo 
dialogo  nella  Vaticana  giacesse.  (2)  Se  non  che,  cessate  ora 
le  meschine  cause  d'ogni  natura  per  cui  lo  scritto  del  Godi 
giacque,  come  si  volle,  lungamente;  e  pubblicato  in  Ger- 
mania da  un  cultore  degli  studi  storici,  il  Sig.  Perlbach; 
quando  ci  facemmo  con  gran  desiderio  a  pigliarne  notizia, 
lusingati  che  l'edizione  avesse  ad  essere  ben  condotta  dal- 
l'aspetto estrinseco  di  essa,  e  dalla  cura  che  l'editore  pa- 
reva aver  messo  a  comporre  l'introduzione  illustrativa  del 
testo;  avemmo  a  restare  grandemente  maravigliati  nell' os- 
servare come  il  Perlbach ,  senza  darsi  pensiero  del  codice  va- 
ticano, (dtlla  cui  scoperta  prima  rese  merito  alGregorovius, 
poi  credè  farne  bello  il  Manzi)  (3)  si  tenne  contento  a  pub- 

(1)  Manzi,  Testi  di  lingua  inediti,  Roma,  De  Romanis,  1818,  p.  XVIL 

(2)  Pietro  Giordani,  Opere,  ed.  Le  Monnier,  L  l,  p.  436. 

(3)  PnLBACHy  op.  cìL  p.  II9  ib.  p.  3i. 


Documetttì  relativi  a  Stefano  Porcari       67 

llicarlo  secondo  la  lezione  d'un  manoscritto  della  biblio- 
teca Wallenrodiana  di  Koenigsberga,  e  a  dare  in  appendice 
quelle  varianti  del  codice  vaticano  che  gli  parve  dai  fram- 
menti pubblicati  dal  Manzi  poter  ricavare.  E  tanto  questo 
difetto  di  metodo  ci  parve  meno  scusabile,  quanto  più  ci 
accorgemmo  della  poca  bontà  del  testo  nel  manoscritto  wal- 
lenrodiano,  col  quale  l'editore  medesimo  si  trovò  tanto  poco 
ad  agio ,  da  esser  tratto  ora  ad  alterare  l' interpunzione , 
ora  a  supplire  di  suo  capo  parole  che  nel  testo  non  sono, 
e  che  non  servono;  ora  a  trascriverne  di  quelle  che  se  vi 
sono,  quando  abbiano  il  pregio  della  fedeltà,  mancano  di 
quello  della  ragionevolezza,  (i) 

(i)  Ne  diamo  esempi: 


Ed.  Peribach.  p.  i8. 

«  Quomodo  autem  homo  magis 
peccare  potest  quam  offendere  vi- 
carium  Cristi  qui  est  papa?  Dixi- 
sti:  qui  magnanimus  non  contentus 
civium  condicione  ad  dominium  Ro- 
me ambiebat.  Vide  quomodo  Deus 
hanc  magnanima atem  [punierit] 
quum  Stephanus  nunquam  magna- 
nimus fuerit,  sed  homo  loquax,  in 
quali  raro  magnanimitas  cadit,  nec 
hec  magnanimitas  dici  debeat,  ut 
ostendam.  Convertii  in  femineum 
timorem;  ad  mulierculam  Stephd- 
nus  se  reduxit.  Utilitas  grandis! 
Debebat  Stephanus  si  magnanimus 
more  tuo  fuisset,  per  amicos  cur~ 
rere  et  cum  amicis  circumiens  re- 
giones  urbis  clamando:  vivat  popu- 
ìus  et  libertas  et  offerendo  predam 
omnium  bonorumpape,  cardinalium, 
curialium  et  mercatorum  capere 
Ci^fitolium,  quod  tunc  de  facili  per 
populum  capi  potuisset,  quiajfarati 
tunc  non  erant  in  urbepedites  quin- 


Cod.  Vat.  3619  e  4167. 

a  Quomodo  autem  homo  magis  pec- 
care potest  quam  cum  offenderei  vi- 
carium  Cristi  qui  est  papa?  Dixisti: 
qui  magnanimus  non  contentus  ci- 
vium condii 'one  ad  dominium  Rome 
ambiebat.  Vide  quomodo  Deus  hanc 
magnanimitatem,  quamvis  Stepha- 
nus nunquam  magnanimus  fuerit, 
sed  homo  loquax,  in  quali  raro  ma- 
gnan'miias  cadit,  nec  hec  magna- 
nimitas dici  debeat,  ut  ostendam  !, 
convertii  in  femineum  timorem.  Ad 
mulierculam  Stephanus  se  reduxit. 
Vilitas  grandis  !  debebat  Stephanus 
si  magnanimus  more  Ìuofuissei,per 
amicos  currere  et  cum  amicis  cir- 
cuens  regiones  urbis  clamando:  vi- 
vai populus  et  libertas  et  offerendo 
predam  omnium  bonorumpape,  car- 
dinalìum  curialium  et  mercatorum, 
populum  movere  et  levare,  capere 
Capitolium,  quod  tunc  de  facili  per 
populum  capi  potuisset,  quia  parati 
tunc  non  erant  in  urbepedites  quin- 


68  O.  Tommasini 


Inoltre  ci  sorprese  vedere  o  che  nel  codice  di  Koenigsberga 
non  fossero  le  postille  marginali,  in  cui  lo  scrittore  allega 
le  citazioni  dell'  autorità  a  cui  appoggia  V  argomentazioni 
sue;  o  che  l'editore  abbia  pensato  di  poter  ometterle  senza 
danno,  o  di  supplire  a  queste  coli' analisi  propria,  la  quale 
non  può  naturalmente  riuscire  intera.  D'altronde,  quelle 
allegazioni  di  testi  si  trovano  identiche  non  solo  nel  cod. 
vat.  3619,  (che  è  quello  ben  cognito,  membranaceo  in  8/% 
di  sedici  carte  non  numerate,  di  buona  lettera,  offerto  forse 
dal  Godi  medesimo  a  Niccolò  quinto),  ma  anche  nel  ms. 


quaginta.  Deinde  ad  palaciwnpape  quaginta.  Deinde  adpalatium  p^qpe 

currere  et  cum  securibus  portas  eius  currere  et  cum  securibusportas  eius 

frangere.  Nox  est  longa,  multa  fieri  frangere.  Nox  est  longa  ;  multa  fieri 

poterant  una  nocte.  Dicens  hec  tre-  poterant  una  r,octe.  Dicens  hec  tre- 

mesco,  prof ecto  credo  plebem  assen-  mesco,  profecto  credo  plebem  faci- 

sisse  cupiditate  prede  de  nocte  ma-  liter  assensisse  cupiditate  prede  ;  de 

xime,  que  semper  audaciam  delin-  nocte  maxime,  quesemperaudatiam 

quentibusfacit.  In  capsa  se  posuit,  delinquentibus  facit.  In  capsa  sepo- 

utilitas  maior  !  Fotuisset  exire  do-  suit,  vilitas  maior  !  potuisset  exire 

mum  per  tecta  in  tecta  vicina.  Nox  domum  per  tecta  in  tecta  vicina, 

erat  et  querentes  ex  vigilia  iam  Nox  erat  et  querentes  ex  vigilia 

fassi  (sic).  Evasisset  quippe  liber,  iàm  lassi.  Evasisset  quippe  liber,  po- 

postea,  in  urbe  sunt  tot  edificia  di-  stea,  in  urbe  sunt  tot  edificia  dir- 

ruta,  tot  vinee,  tot  turres  in  muris,  ruta,  tot  vinee,  tot  turres  in  muris, 

secure  latitasset  in  urbe  per  dies  secure  lalitasset  in  urbe  per  dies 

plures.  Sed  confususfuit  judicio  dei.  plures.  Sed  confususfuit  indicio  de  ', 

Crede,  terribilis  deus  in  consiliis  crede.  Terribilis  deus  in  consiliis 

super  filiis  hominum.  Et  ille  Cle-  super filiis  hominum  (*).  Et  illede- 

mens  non  cogitans  quam  grave  sit  mens  !  non  cogitans  quam  grave  sit 

crimen   lese  majestatis,  edam  se  crimen  lege  (**)  maiestatis  etiam  se, 

per  inde  ac  si  ex  ore  (sic)  alieno  perinde  ac  si  ex  ere  alieno  (***)  ad 

ad  judicium  evocandus  esset,  ere-  iudicium  evocandus  esset,  credens 

dens  se  excusare  per  febrem  posuit  se  excusare  per  febrem,  posuit  in 

se  in  ledo.  »  lecto.  » 

(')  pt.  65. 

(")  /.  quisquit  cod.  ad  Ug.  Italiani  maiest. 

('•')  /.  ij.  S  «  ti  quii  iudicio,  ff.  *i  quiz  cautio.  » 


(167,  (i)  per  quel  che  noi  sappiamo  noa  da  alici 
Snora  indicato. 

Né  quelle  ciiazioacelle  marginali  erano  già  di  poco  va- 
lore, perchè  mollo  importa  nel  processo  de*  tempi  osser- 
vare su  quali  autorità  gli  uomini  vanno  fondando  i  propri 
diritti  ;  come  quelle  autorità  si  contorcano  proprio  in  ra- 
gione diretta  dell'ossequio  in  cui  sì  ànao;  quali  gli  studi 
particolari  e  le  personali  inclinazioni  dello  scrittore  che  per 
quelle  ci  si  rivelano.  Così  avrebbe  potuto  il  Perlbach  da 
quelle  congetturare  la  verità  circa  la  condizione  del  Godi. 
Questi  infaltt  piti  che  al  Genesi,  all'Esodo  e  a' Vangeli  ri- 
corre sovente  alle  Pandette,  al  Codice  e  a' Canoni,  e  appa- 
risce per  fermo  più  giurisperito  che  chierico,  e  tuno  cu- 
riale (2).  E  Tu  egli  veramente  giudice  dell'appellazione  del 

(1)  Ms.  cari.  tee.  XV.  alt.  o">,  148,  larg."  0",  174,  p.  loi-iio.  A 
principio  quattro  pagine  non  numerale.  Nella  prima  numerata  si  à: 
leiUum  Martini^,  ante  sexlam  synodum  de  q'  concilio  bb  agatho 
teribent  ad  ipsam  sextam  synodum  sic  iiiquìt,  hanc  ìgitur  calholict 
et  apliee  confesiionii  regttlam  et  sanctum  conciiium  quod  in  hac  romana 
urte  fui  aplice  Tnemorie  Martino  pp,  convenit  predicasse  synodice  et 
contlanler  deffendisse  aio  cognoscìmus.  •{■  Incipit  secretarìiis  primiit,  in 
nomine  domini  etc.  o  Termina  a  p^g.  118  i.  n  Te  incolumem  cuslodiat 
iUectitsimc  frater,  a  Finii,  n —Seguono  pagine  bianche  sino  alla  p.  izi 
ore  trovasi  della  medesima  scrittura  {B)eatissimo  ac  clementissimo  p.  et 
domini,  d.  Nicolao  quinto  divina provìJentia  universali!  ecclesie  summo 
pontifici  Ihi  xpi  salvatoris  Ori  et  dei  malris  unico  supremoque  vicario, 
Petri  Beatissimi  apostolorum  prineipis  tegìtimo  successori,  humillimus 
urvas  Rodericus  de  Arenalo  Juris  Civilis  professor.  Questioni  di  diritto 
pontiiicio  —  expl.  p.  1 74  :  >•  Sufficit  sedes  aplica  et  sanctitas  vostra  cum 
ma  curia  line  aliqua  eonciUi  et  multiludinis  congregalione.  «  Seguono 
pagine  bianche  sino  alla  177,  <<  Ad  bealìssimum  et  clemenlissimum  ac 
daminum  Paulum  sidmpoiitf.  maximù  Libellus  incipit  in  quo  testimoniis 
juris  divini  naturatis  et  humanis  dampnatur  appellatio.  Termina  a  pa- 
gina 195  t.  Seguono  pagine  bianche  sino  alla  202  ove  di  mano  diversa 
ilascriiiura:  *  Ad  laudem  dei  et  Nicolai  pape  quinti  (S)uperbiam,  ambi' 
tionen  eie.  "bit  dialogo  del  Godi,  che  va  per  intero  sino  alla  pag.  zio. 
■  Per  peirum  de  Godis  de  vicentia  editum  Rome  Ipe  Factionis  prediele. 
A.  ut*  ecceliii'  de  mense  Januar.  ponti  :  Nicolai  pape  quinti  anno  septimo. 
(7)  PeKLBACii  op.  cit.  p.  i3.  u  Naheres  ueber  die  Person  Pelerà  isl 
:ln,  andcre  Werkc  schcinen  von   ihm  nichl  vorhanden 


—■    (0 


70  O.  Tommasmi 


popolo  di  Roma;  e  ne' registri  di  camera  dell'anno   1450 

e  1431  s'incontrano  stanziamenti  a  suo  favore  in  remunera- 
zione del  detto  ufficio;  i  quali  essendo  iscritti  ■  allo  spet- 
tabile huomo  messer  piero  de' Ghodi  »  tanto  ci  escludono 
la  supposizione  ch'esso  appartenne  al  clero,  quanto  ci  danao 
certezza  ch'egli  era  della  fazione  ecclesiastica  (i). 

E  sarebbe  riuscito  di  non  lieve  importanza  il  mettere 
a  riscontro  colle  idee  e  co'  principi  che  fermentavano  in 
grembo  al  rinascimento  italiano  le  idee  di  questo  vicen- 
tino dottore  di  leggi  e  la  maniera  d'argomenti  clic  scelse 
a  sostentarle.  Ma  questo  campo  il  Perlbach  non  toccò;  velie 
piuttosto  ragguagliare  la  parte  narrativa  del  dialogo  del 
Godi  colle  altre  fonti  storiche  contemporanee;  e  le  scrutò 
con  diligenza  ed  acume.  Dalle  lettere  d'Ambrogio  Traver- 
sari  trasse  il  miglior  corredo  di  notizie  circa  la  vita  del 
Porcari,  innanzi  al  pontificato  di  Niccolò  quinto;  conlbnò 
cogli  accurati  studi  del  Reumont  le  atfermazioni  dell'Al- 
berti (2).  Avrebbe  potuto  col  sussidio  delia  medesima  auto- 
rità darci  esatto  il  nome  del  senator  urbis,  che  malamente 
chiama  Iacopo  Lavagnino  da  Verona;  (3)  il  Christophe  nella 

zu  sein;  dass  er  dem  geistlUhcn  StBnde  angehOrte,  beweist  woht  teine 
Votliebe  far  biblische  Citate.  <•  - 

Ci)  Archivio  di  Sialo  ìn  Romi.  Registri  di  cimeta,  anno  x^ia-Si 
p.  L:  a  a  messer  piero  de  Ghodi  da  vieìen^a  giudice  de  lappeltagione 
del  popolo  di  roma  a  dìp'  di  marja  1450,  due:  qua  lordici  de  boi.  per  d. 
mandato  de  chonservadori  di  roma  de  dì  xxvij  de  febrayo  prossimo 
passato  et  sono  per  suo  salare  di  detto  Utìfioper  i"  mese  finito  a  di  vij 
di  febrayo  dello  chome  appare  p.  lo  mandalo.  •<  Ibid.  p.  LUI,  LVIII, 
LVIllli.,eÌnquGstoii1timaslanzÌ«meoloè  chiamatoli  spettabile  huomo.* 

(i)  LsosisBAPTurAE  At.tiEJtTi.de eonjuralione Porcaria,  in  Mubatoiu, 
Rer.  il.  Script.  XXV,  3og.  Reohont.  Geschichte  dcr  Sladt  Rom.  t.  HI 
p.   i"  p.  u3. 

(3)PERLBACH,1,c.p.  i5  ìnnols,  — //iisli  Cd;iitoIii]idiG]ACoiioGKU.i(Mi. 
Chlgiano  H.  Iti  57,  pag.  8),  danno  per  senatore  <i  Jacobus  de  Lavagnolit 
veronensis.  ■«  Slmilmenie  nel  cod,  Chig.  H.  Ili  58  (pag.  701  sia:  «dnut^ 
Jacobum  de  Lauagnolis  milit.  verone»,  alm.  urb.  senat.  Illuslrem.  n  —  E 
nell'AacHivio  di  Stato  io  Roma,   (Registri  della   Tesoier 

o  Spinelli,  ad  an.  1452,  p,  CXXX:  u^  messer  Iacopo  Lai 


•umenti  relativi  a  Stefano  Porcari        7 1 


sua  dotta  Istoria  del  pontificato  durante  il  XV  secolo  gli 
avrebbe  offerlo  un  apparato  vastissimo  di  testimonianze, 
ben  vagliate,  e  nell'appendice  una  fonte  slorica  di  più  in 
una  lettera  narrativa  della  congiura  del  Porcari,  tratta  da 
un  manoscritto  della  biblioteca  di  Nìmes,  Noi  ci  varremo  di 
questa,  oltre  che  di  quella  dell'Alberti,  e  d'altra  epistola  man- 
data da  Enea  Silvio  Piccolomìni  n  ad  magnificum  dominum 

gnuoli  da  uerona  al  presente  sentore  (sic)  di  roma  a  di  xiiij  di  mar- 
{o  1452  (sule  fiorentino)  due.  cinquecento  di  camera  per  mandalo  de  ckon- 
tervadori  di  roma  de  dì  primo  dì  gcnnayo  prossimo  passato  et  sono  per 
tuo  salaro  et  de'  suoi  Ujiciali  et  famigtya  per  la  sua  prima  terzerìa  del 
nco  Ufi^io,  in  che  entrano  mesi  due  finiti  a  dì  ultima  di  febbraya  chome 
appare  per  lo  detto  mandato.  »  E  nell'  Intrata  e  uscita  della  camera  di 
Homa.Jacoàide  Mofis,  anno  1453,  pag.  49:  A  mess.  Iacopo  ravignola 
da  Verona,  sanatare  di  Roma  a  dì  xxiiij  dagosto  due.  cinquecento  di 
can^  paghamo  per  mandalo  de  chonservadorì  e  quali  sono  per  suo  sa- 
lario di  duo  mesi,  cioè  magio  e  giugno.  Et  mandato  colla  quitanja  ab- 
^itmtt  IH  fil\a.  ■  E  a  pag.  5 1  ;  Alle  sequie  di  messer  Iacopo  rauignola 
Wna/ore  di  roma  a  dì  xxvj  di  settembre  due.  centocinquantanoue  e  bo: 
^i'iiij  di  Cam"  paghamo  per  mandato  di  monsignore  chamarlìngo  in  più 
F^tite  et  a  piti  persone;  il  mandato  et  la  quilan^a  abiamo  infilila.  »  — 
^finalmente,  1434,  p.  IV:  b,  t  Dalle  Rede  di  mess.  Jacopo  Lavignola 
tatuar  ere  per  adrlelro  di  roma  a  dì  iij  dottobre  due.  venticinque  H  camera 
f«e  tixnti  si  ratengkono  duno  mandalo  di  due.  cxxv  per  suo  salario  et 
""f*  per  riparazione  del  palalo  dì  chanpidoglio.  n  Fu  sepollo  in  Veroni 
''^'v  thìoa  dì  S.  Anastasia.  Sotto  la  sua  effigie  in  marmo  bia.nco  nella 
oppelll  di  S.  Vincenzo  di  detta  chiesa  è  la  scrina  ;  « 

ttOMoug    UeBSDVXQE    SEPULCKKUM     QUI     SOB     MCOL*0 

uxA-rot  aoutM  obht.  n  Cf.  Vitale,  storia  diplomatica  de" senatori  di 
«w»«^p,  424-438. —  BuncoLiNj,  Notizie  storiche  delle  chiese  di  Verona, 
"'''  Vii,  p,  t  ji,  —  Coste,  Storia  di  Verona  lib.  i5.  —  Zaqat*,  Cronica 
^'«rono,  p.  2»  p.  83.  —  Maffei,  Verona  illustrata;  degli  scrittori  ve- 
'™«'*»,  lib.  3",  col.  io3.  Verona  1732.  Nella  breve  narrazione  delia con- 
Kiot'a  di  Stefano  Porcari  che  si  legge  nel  Codice  Barbcriniano  XXXIll, 
"7*  pig.  il&.i37,  è  delio:  s  pont<fex senatorem  Jacobum  Lauagnolum 
'"'^ttnsem  clvem,  et  Vieecamerarium  cum  armato  milite  domum  ejus 
**'»»»»  mi((i(  ut  captum  in  carcerem producerent.  •<  Il  Ckistophb,  Histoire 
«  l<*  papauli  pendant  le  XV  siecle,  t.  I.  p.  474  lo  chiama  lacomo  Ca- 
""r»«oli  —  Lavagnolo  il  pAPENcoant  Ceschichte  Roms.  p.  485.  Già- 
W«o  de' Lairag«olÌ,iVRzvitoHj,  Gesch.  d.  St.  R.  lomollljp.  i"pag,  1 14, 


72  0.  Tommasini 


Jacobum  ex  Comttibus,  Maximum  Cancellarium  Sabaudiae^^ 
virum  integerrimum  »  per  far  riscontro  ad  un  altra  letters^^ 
d'anonimo  contemporaneo,  che  si  conserva  nella  Bibliotec^^ 
Nazionale  Fiorentina  (i);  la  quale  à  due  qualità  particolar   / 
che  la  distinguono  dagli  altri  documenti  dello  stesso  ge- 
nere. Che  è  scritta  in  italiano;   e  mentre  le  altre  epistole 
citate  appartengono  tutte  alla  fazione  ecclesiastica,   que- 
sta, secondo  ch'era  più  naturale  a  un  cittadino  della  re- 
pubblica di  Firenze  che  non  aveva  vincoli  colla  curia,  pre- 
dilige la  causa  del  comune  e  della  libertà.  E  tanto  più  ci 
parve  meritevole  d'essere  fatta  di  pubblica  ragione,  in  quanto 
che,  senza  forse,  questa  lettera  fu  tra  le  fonti  che  il  Ma- 
chiavelli usò  pel  racconto  di  questo  avvenimento  nella  com- 
posizione delle  sue  Istorie. 

Difatti,  in  questa  solamente  è  narrato  come  nella  casa 
di  messer  Agnolo  di  Maso  <  essendo  a  cenavi  una  grande  bri- 
gata, et  bene  et  suntuosamente  aparechiate  le  tavole  in  una 
magnificha  sala,  messere  Stefano  uscì  d'una  camera  cor  uno 
broccato  d'oro  indosso  che  pareva  uno  Imperadore,  essendo 
bello  di  corpo  et  di  bellissima  presentia,  et  eloquentissimo 
et  amato.  »  E  il  Machiavelli  :  «  Fu  ordinato  tutto  secondo 
l'avviso  suo,  e  messere  Stefano  era  già  arrivato  nella  casa 
dove  si  cenava:  tanto  che,  fornita  la  cena^  vestito  di  drappo 
d'oro  con  collane  ed  altri  ornamenti  che  gli  davano  maestà 


(i)  Non  ci  parve  fosse  a  dubitare  della  autorità  di  questa  lettera, 
quantunque  la  copia  che  se  ne  à,  e  che  si  conserva  fra  i  documenti  re- 
lativi al  Macchiavelli  (busta  VI,  n.^  6),  sia  sprovvista  della  sottoscri- 
zione; perchè  gli  argomenti  desunti  dalla  qualità  della  scrittura,  dell'or- 
tografia, de*  dati  cronologici  secondo  lo  stile  fiorentino,  e  la  sincerità  del 
racconto  stesso  bastano  a  dar  malleveria  della  bontà  del  documento.  Pro- 
babilmente  è  opera  di  un  qualche  commesso  delle  banche  fiorentine  che 
facevano  il  servizio  della  tesoreria  de*  pontefici.  E  se  non  è  de*  Medici, 
donde  più  probabilmente  sarebbe  venuta  nelle  mani  del  Machiavelli, 
quando  scriveva  le  istorie;  è  probabile  che  uscisse  dalla  banca  di  Tom- 
maso Spinelli,  il  cui  registro,  che  cessa  col  maggio  1463,  è  datato  secondo 
lo  stile  fiorentino,  cominciando  Tanno  dall* incarnazione  e  non  dal  gen- 
naio, a  differenza  de*  registri  di  Iacopo  Mozzi  e  de*  Medici. 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       73 

e  riputazione,  comparse  infra  i  convivanti,  e  quelli  abbrac- 
ciati, con  una  lunga  orazione  gli  confortò  a  fermare  l'animo 

« 

e  disporsi  a  si  gloriosa  impresa.  9(1) 

E  bene  a  proposito  aveva  osservato  il  Perlbach,  nel  fer- 
mare la  mente  su  i  particolari  della  «  splendida  cena  9  e 
dell'abito  «  di  drappo  d'oro  con  collane  ed  altri  ornamenti  > 
che  occorrono  solo  nella  narrazione  del  Machiavelli,  come 
questi  doveva  aver  attinto  informazione  ad  altre  fonti  che 
xion  fosser  le  già  cognite,  le  quali  già  offerivano  appicco  alle 
Ciantasiose  forme  della  leggenda  (2).  Il  Machiavelli  infatti  non 
S.Ì  stette  contento  a'  germi  di  poetico  racconto  che  si  tro- 
^vavano  in  quella  lettera;  andò  più  oltre  colla  divinazione  sua, 
^  scrisse,  primo  ed  unico  de' suoi  tempi,  copiato  poi  da  tutti 
xie'  tempi  posteriori,  (3)  che  il  Porcari  era  stato  confermato 


(i)  Machiavelli,  Istorie,  VII.  2g. 

(2)  Perlbach:  1.  e.  p.  8,  a  Ob  wìrklich,  wie  achtzig  (1* autore  avrebbe 
scritto  meno  inesattamente  sieb^^ig)  Yahre  spàter  Macchiavelli  berichtet^ 
cine  Canzone  Petrarca 's  ihn  zu  seinen  Pl&nen  ermuthìgte,  muss  dahin 
gestellt  bleiben,  da  was  der  Florentìner  sonst  ùber  die  porcarische  Ver- 
schwOrung  berichtet^  doch  schon  sagenhafte  Zùge  an  sich  trftgt.  »  E  vedi 
alla  pag.  stessa  la  nota  4.  —  Nella  lettera  di  Stefano  Caccia  novarese  so- 
praccitata, Stefano  dimorando  a  Bologna  e  dissimulando  le  intenzioni  sue, 
a  duos  ad  se  venire  jubet ,  his  proponit  se  optare  ad  urbem  redire,  uxo^ 
rem  aliquam  ingenuam  ducere  et  quietarti  deinceps  vitam  agere,  »  Solo  in 
questa  lettera  troviamo  proposito  del  maritaggio  di  Stefano.  E  nel  me- 
desimo documento  è  menzione  anche  delle  a  cathenas  deauratas  quibus 
eos  (il  papa  e  Piero  di  Noceto)'  ante  castrum  collo  ac  manibus  vince- 
re (sic)  decrevit.  »  —  Cf.  la  lettera  in  App. 

(3)  Cf.  Christophe,  Histoire  de  lapapauté pendant  le  XV  siede.  Pa- 
ris i863.  voi.  I.  pag.  469.  —  SiSMONDi  Histoire  des  rep.  it.  du  moyen 
age.  u  VII.  ed.  Bruxelles,  1826.  p.  173-174.  —  Papencordt,  Geschichte 
der  Stadt  Rom.  im  Mittelalter.  Paderborn.  1857,  pag.  484.  Voigt,  Die 
Wiederbelebung  des  clasisschen  Alterthums,  pag.  480.  —  Gregorovius, 
Geschichte  der  Stadt  Rom.  im  Mittelalter,  Stuttgart  1870,  voi.  VII.  p.  1 29. 
O.  Raggi,  La  Congiura  di  St.  Porcari  contro  Nicolòpapa  V,  Modena  1 867. 
Reumont,  Geschichte  der  Stadt  Rom.,  pag.  i23:  o  die  Erinnerungen 
an  das  Alterthum  liessen  ihn  ebensowenig  wie  Cola  di  Rienzo  ruhen|» 
e  allude  alla  canzone  del  Petrarca* 

5* 


74  O.  Tommasini 


nella  speranza  di  felice  fine  all'impresa  sua  dalla  canzone 
del  Petrarca,  «  Spirto  gentil  che  quelle  membra  reggi.  » 
dove  dice: 

Sopra  il  monte  Tarpeo,  canzon,  vedrai 
Un  cavalier  ch'Italia  tutta  onora 
Pensoso  più  d'altrui  che  di  sé  stesso. 

É  indubitato  che  una  testimonianza  positiva  per  affermar 
questo  il  Machiavelli  non  l'ebbe,  e  non  potè  averla;  questo 
egli  figurò  da  sé  stesso;  ma  è  indubitato  pure  che  per  quel- 
l' istinto  maraviglioso  per  cui  egli  divinava  e  adombrava  ì\ 
significato  morale  d'ogni  fatto  storico,  in  questo  tratto  che 
non  esiteremmo  a  chiamare  altamente  drammatico  delle 
istorie  sue,  valse  a  compendiare  una  serie  di  considerazioni, 
cui  sarebbero  occorse  non  poche  parole  ad  enucleare,  senza 
che  forse  si  raggiungesse  mai  l'effetto  potente  ch'egli  ottiene 
con  quel  semplice  particolare  del  suo  racconto.  Poi  che  il  muo- 
vere gì'  intendimenti  del  Porcari  co'  versi  che  il  Petrarca  in- 
'  dirizzava  a  Cola  di  Rienzi  è  un  riconoscere  in  quello  l' ul- 
timo bagliore  della  tradizione  comunale  romana  morente, 
derivata  dal  fantastico  disegno  del  grande  tribuno;  è  un  ri- 
congiungere le  illusioni  classiche  di  Cola  colle  libere  aspi- 
razioni degli  umanisti;  un  ravvisare  l'innesto  del  sentimento 
romano  e  di  quello  fiorentino  che  si  compie  e  si  rivela  nel- 
l'animo del  Porcari,  e  trasparisce  nelle  orazioni  di  lui,  sotto, 
alla  verbosità  delle  quali  è  a  ricercare  qualcosa  meglio  che 
testi  di  lingua;  o  panegirici  (i).  È  finalmente  un  biasimare 


(i)  L*  aspetto  del  civile  e  libero  vivere  di  Firenze  aveva  sovente  in- 
fiammato i  cittadini  di  Roma  a  bramare  ordinamenti  saldi  di  vita  comu- 
nale. Nel  Lamento  di  Paulo  de  Petrone,  (ed  A.  Corvisieri,  Arch,  delia 
S.  Rom.  di  St.  p.  t.  II.^'  p.  5o3)  lo  scrittore  apostrofando  Roma,  esclama  : 

«  Guarda  fiorcnza  come  in  atto  sale 
Se  ^cessero  così  tuoi  citadiai 
Capiteresti  bene  apo  1  tuo  male.  » 

E  il  Porcari,  guardando  Firenze,  ove  dimorò  capitano  del  popolo 
dal  9  Settembre  al  9  Marzo  1427  (st.  fior.)»  e  àaì  g  Marzo  al  9  Settem* 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       7  5 

^P^o  il  falso  giudizio  di  quest'ultimo,  che  stimò  possibile 
Ritentare  un'opera  la  quale,  intrapresa  da  Cola  quando  l'avara 
babilonia  men  dava  impaccio,  pure  era  fallita  ;  e  non  sentiva 
^^a  come  le  mene  del  «  novo  soldano  »  che  aveva  «  riposto 
sua  sede  in  Baldacco  »  (i),  e  l'incivile  prepotenza  de'  nobili 
''ooiani  avessero  reso  inconcepibile  per  sempre  ogni  speranza 
^'  vivere  a  comune  in  Roma. 

Ma  questo  precisamente  fa  l'importanza  del  Porcari;  dap- 

^iché  la  storia  non  tien  ragione  dei  cospiratori  per  rispetto 

^*te  loro  particolari  persone;  le  quali  di  rado  sono  specchio 

^^    bontà  o  malizia  delle  cause  che  valgono  loro  d' im- 

.     *  4>^o,  per  essere  stato  riconfermato  nel  suo  uffizio  con  grande  virtù  e 
^  ja.  *^^*  esercitato  (V.  Documento  II),  in  una  delle  sue  orazioni  scriveva 
^-     ^^igendo  io  spesso  la  mente  intorno  a  gli  ornamenti  di  questa  glo- 
pZs^    ^  P^-  ^  quegli  imme  medesimo  diligentemente  considerando  mi 
^  .       ^^eramente  comprendere  che  qui  rilucie  la  norma  et  observantia 
y^^     dottrina  éR  tucto  il  civile  epoliticho  vivere,  del  cui  splendore,  quante 
fi      ^  ^tpparischo  nei  vostri  reverendi  conspecti,  tante  volte  viepiù  s*  in- 
^,  ^>»ifl  e  racciende  lo  ingiegnio  di  parlare  e  quello  secondo  le  mieptc- 
.^^^e/orjfe  magnifichare  ».  —  Così  dall'aspetto  della  solennità  negli  or- 
^^  della  repubblica  fiorentina  T  animo  del  Porcari  ebbe  ad  essere  forte 
Costantemente  commosso.  E  questa  commozione  ci  è  trasmessa  dalla 
Magniloquenza  delle  Ora:(ioni  dì  lui,  le  quali,  quando  siano  prese  ob- 
biettivamente, pur  troppo  non  rappresentano  rispetto  alle  Istorie  di  Fi- 
renze, se  non  panegirici,  com*ebbe  a  scrivere  il  Manni  {Metodo  di  stu- 
diare  le  storie  di  Firenze ,  Firenze  1773,  pag.  io).  Ma  risguardate  sub- 
bi ettivamente,  anno  importanza  non  mediocre,  o  Lagrande^i^a  delle  am- 
plissime  belle^:(e  di  questa  R.  pu.  ftorentissima  mi  confonde  e  abaglia 
f  intelletto  nella  abundantia  della  vostra  prestantissima  gloria  ».  Cod. 
ottob.  33 16,  pag.  t.)  —  Questo  era  lo  stato  d'animo  del  Porcari  in  Fi- 
renze, il  quale,  in  quell'onorato  spettacolo  di  pubblica  vita,  teneva  le- 
vato il  pensiero  a  un  ideale  purissimo.  E  quando  si  rimembra  il  tristo 
fine  eh*  egli  ebbe,  fanno  dolore  queste  calde  e  oneste  parole  di  lui  :  o . . .  non 
auendo  infra  tucti  i  miei  desidera  piit  chara  chosa  ne  piìt  riccho  The^ 
soro  che  in  questa  nostra  vita  brieve  mortale,  potere  gli  anni  miei  fug- 
git  ivi  con  rettitudine,  con  giusti!{ia  intera  e  costante,  per  insino  allo 
extremo  della  humanità  nostra  produrre  ».  —  (Ibid.) 

(i)  Petrarca,  Rime  con  P  interpretapone  del  Leopardi.  Ed.  LemoTh' 
Dìer,  p.  433, 


76  O.   Tommasini 


pulso  ;  ma  per  essere  essi  lo  spiraglio  violento  delle  idee  de- 
boli, che  dà  occasione  alle  forti  di  diventar  prepotenti.  In- 
fatti per  insino  a  Niccolò  quinto,  quantunque  il  pontificato 
si  fosse  straordinariamente  afforzato  in  Roma,  non  era  ancor 
riuscito  a  mettere  in  altrui  la  fiducia  che  quello  stato  po- 
tesse non  esser  mutabile. 

—  a  E  se  potessimo  avere  certeza  de  lo  stato  della  chiesa  » , 
dicono  a  papa  Niccolò  gli  oratori  sanesi  nel  145 1,  a  a  nissun 
altro  pensiero  ci  bisognerebbe  voltare  per  nostra  salute  e 
quiete  »...  «  E  per  la  varietà  e  mutazione  de  lo  Stato  de 
la  chiesa,  vediamo  quello  non  essere  sufficiente  a  noi  ad 
ogni  tempo,  com'  è  al  presente  che  v'  è  la  sua  santità,  (i)  — 
E  Niccolò  quinto,  inteso  con  arte  fina  e  audacia  somma  a 
gittar  basi  granitiche  alla  potestà  ecclesiastica,  sentiva  che 
un'ultima  reliquia  di  generoso  amor  comunale  era  l'ostacolo 
riposto  e  grave  contro  alla  fondazione  sua  ;  né  quell'amor  co- 
munale si  poteva  toccare  che  per  opprimerlo.  Quell'amor  co- 
munale ei  doveva  vederselo  personificato  nel  Porcari;  e  Gian- 
nozze  Manetti  ci  racconta  come  l'apparizione  di  questo 
occupava  talora  i  sonni  di  lui.  (2]  Infatti  Bonifacio  nono, 
Innocenzo  settimo  erano  pur  riusciti  a  disarmare  il  popolo  di 
fronte  alla  chiesa,  a  imporgli  il  senatore,  i  governatori  della 
camera,  l'auditore,  il  marescalco  della  romana  curia;  a  spo- 
gliarlo de' suoi    banderesi,   della  giurisdizione  nelle  cause 

(i)  Cf.  LuaANO  Baschi,  Alcune  lega!(ioni  senesi  del  secolo  XV,  pub- 
blicate secondo  i  Codici  del  R.  Archivio  di  Stato  in  Siena.  Siena  1864. 
E  Stefano  Porcari  in  una  sua  lettera  a  Ambrogio  camaldolese  data 
a  Romae  KaL  Martiis^  probabilmente  del  1428:  a  Tempora  enìmvero 
stabilia  sunt  nihil  et  quae  in  tempore  sunt,  ut  philosophi  tradidere.  » 
V.  Epp.  Ambrosi!  Traversarii^  ed.  Mehus,  t.  II;  col.  1007. 

(2)  Jannoctii  Manetti.  Vita  Nicolai  pp.  quinti  in  Muratori  Rer.  it. 
Script,  t.  Ili  p.  2^  col.  918.  tt  Sexto  deinceps  pontificatus  sui  anno  ei 
Romae  in  cubiculo  suo  dormienti  Stephanus  Porcarius  civis  romanus, 
qui  cum  quibusdam  aliis  nefariis  hominibus  ac  potius  sicariis,  tam  cru- 
deliter  ac  tam  impie  in  caput  suum  ad  necem  conjuraverat ,  baculum 
quemdam  dextera  manu  tenens  apparuit ,  atqueeo  baculo  brachium  suum 
ita  percutere  videbatur  ut  nullatenus  laederet,  » 


f  Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari        77 


■aVilì  e  critniaali,  non  solo  sopra  ai  cortegiani  dimoranti 
'  nell'urbe  (i),   nella  città  leonina  o  nel  trastevere;  ma  an- 
che sopra  ì  rooiani  che  nella  città  leonina  abitassero;  a  ot- 
tenere immunità  d'ogni  onere  e  gabella;  uso  libero  dell'ar- 
mi agli  ecclesiastici  ;  divieto  al  comune  ed  al  popolo  dì  con- 
I  durre  agli  stipendi  propri  i  baroni  e  i  polenti  della  città  e 
»  dei  contado;  divieto  di  far  nuovi  statuti,  leggi,  plebisciti, 
riforme  senza  speciale  licenza  del  pontefice  (2];  tutto  que- 
sto per  correspettivo  al  lucro  de'  giubilei  che  il  popolo  dal 
papa  aveva  supplicato,  e  il  papa  concesso. 

E  fin  d'allora  se  alla  liberti  agonizzante  di  Roma,  era 
HtQdso  un  conforto,  un  risveglio,  un  eccitamento,  questo 
era  venuto  di  Firenze,  donde  Coluccio  Salutati  civilmente 
l'aveva  rampognata,  facendola  accorta  di  quanto  male  le  so- 
vrastasse. (3)  E  cosi  parimenti  l'aspetto  della  libertà  fioren- 


(ij  Cf.ToLOHEOD*  Lucca  In  Mon*TORi  Script.  1.  Ili  p.  i»  col.  83s. — 
Aecioii  ViTsiiwKXBia,  Hìstorìa  XX saeculorum  per  totidein  psalmot  coni- 
^ìpta  ms.  della  biblioteca  Angelica  di  Roma,  notato  C-8-ig.  u  Quam- 
o^rgHi  ad  lobeUum  cetebrandum  Romani  se  accingere,  oralores  miltere, 
F^niijtccm  revocare.  Ponlìfcx  qui  lune  Asisiì  erat  et  id  ardentissìme 
P'^fcupicrat ,  detiderium  tamen  diisimuiwe,  voluntatem  tegert,  quod  ìlli 
P***tuUbant  tergìverieri;  ralus  advenisse  tempiis  quo  omnes  tx  Urbe  te- 
•***^  et  lyrai'norum  radlces  evellerealur  ;  solque,  qui  in  urbe  posuit  (a- 
^^'fta^ulttm  tuum  imperaret  ì»  urbe  solus.  »  —  Si  contrapponga  questo 
*0'  *ofa*  in  urbe  ai  due  soli  di  DA:<rK  In/.  Canto  XVI  v.  107. 

(a)  V.  la  Bulla  Cancordiae  ìnìtac  Inter  pp.  lanacentium  VII  et  po- 
P**lt*nt  Romatiu'n propter  redilum  dicti  Innoceiilii  ad  Urbem,  in  Vitale 
'*P-   cil.  pag,  596  e  »<es- 

C3)  CoLOCCio  Salutati,  cancelliere  della  rep.  fiorenlina,  lettera  aì  Ban- 
'''^cii,  dei  di  XXV  die.  1376:  «  Videmus  enimjralres  optimi  el  V03  iidem, 
*»  *iistimulart  «eii  vullit,  manifeste  pcrcipitis ,  summumponlificem,  quem 
"•*  ^ffe:tuasii  animis  expectastis,  non  incolatam  Urbis  diligere,  ut  in 
*fc  propria  sedeat  et  veslrum  devolum  pnpulum  consolelur;  sed  ut  ve- 
*•»!  fot  lervitute  redigal  libertalem.  Qu'd  enim  aliud  exoptal,  quid 
wri(  tublationem  vestrae  dignitatis  et  offici i postulando,  'lisi  libertatis 
■e  eolumen  extirpare?  n  —  e  gli  esorta;  «  eonsulere  libertali  ;  prò 
'*•",  quum  plaeuerìt ,  etiamsi  no»  duxeritis  requirendox,  parali  sumus 
***">eirt  tiostram  poteitlam  lamjuam  prò  liberiate  et  salute  propria  de- 
*^^<ore,memorei quod postquam sub  jugum,  quamvis  ab  inttio  suavevi- 


O.  Tommasini 


tìna  accese  poscia  il  Porcari,  quando  v'andò  capitano  d.fl 
popolo  e  vi  destò  ammirazione  per  la  dirittura  cora^H 
giosa  dell'animo;  si  che  solennemente  dopo  sei  mesi  fu  rL  ^ 
letto  al  medesimo  officio;  quando  il  gentile  pensiero  de^J 
umanisti  lo  dominò,  eccitandolo  a  risollevare  ■  quella  circ^ 
chiarissima,  il  cui  tremendo  nome  in  paura  solca  essere  d^ 
tutte  le  genti  d  ed  era  venuta  a  tale  declinazione  «  che  cia--^" 
scun  vilissimo  oste  hi  spesso  quella  combattuta  e  vinta»  (t).—  ] 
Ma  ora  importava  al  pontefice  di  munire  la  chiesa  contro  il 
comune,  d'atforzare  la  curia  e  il  palazzo  del  senatore  con< 


derelur,  vesler  populus  venirel  •  durum  eril  emergere  eie.  e  —  E  nel  1377 
(Florentie  die XXI  seplembrisXV  indici.):  Videtis  disposUionem aumml 
fontificis,  qui  lotis  eoHalibui,  omnìque  modo  procurai  desolai ionem 
Italiae,  ìpsamque  magli  vult  belloriint  turbine  eonqvassarì^  quam  pacit 
tì  concordia:  dcsideratissimo  munere  reformare;  et  paetm  ore  praedi-, 
cans,  solum  bellìcas vastationes animo  meditalur.  n  —  E  più  oltre:  ■  Re- 
vocate velerum  animorum  virtutem.  »  —  Cf,  Vitale,  Storia  diplomatìoi 
de'  Senatori  di  Roma,  p.  3i7-33i. 

(i|  Stefano  Porcari,  Orazione  prima.  Di  questa  si  à  nel  Cod.  V»- 
ticano  1043  pine  !■  pa^.  CCXXVI  una  versione  latina,  la  scrittura,  della 
quale  ci  parve  di  mano  di  Leonardo  d'  Areico.  Ne  citiamo  il  seguente  ìio- 
ponanle  passaggio  :  ~  a  Et  quol  damna  et  incommòda  civìles  discordiat 
hacteaus  civitalibus  pepererìnt  non  modo  recentes  Ylalie  claJes  demtm- 
stra  t  verum  etiam  ex  antiquìs  omnium  extraaearum  nationum  pericutit 
considtrari  pQtest.  Nullum  namque  ìmperium/mt  tam  Jloridum, ncque  uit' 
quam  atiquorum  prhicìpatuum  ac  pt^ulorum  vìres  ila  fueruM  validt 
ac  firme  que  ex  disiordiìs  ac  inlrinsecis  factionibus  eivilibus  non  fu»' 
rinl  submerse.  Omnes  antique  hyslorie piene  sunt  veterìbusexemplii.  At 
unum  modo  reeensebo  quod  nanquam  absque  ìacrimii  solel  in  memoriaut 
redire:  ampUssimum  illud  ìmperium  nostre  urbis  romane  quo  nuHquam 
gentes  ulte  Jlorìdius  neque  preslantius  viderunt.  Hei  mihi,  solum  tA  ci- 
vilei  discordias  ab  ipsis  radicibus  fuit  pene  in  extremas  miserias  affiiotio- 
nesque  deduclum.  Hi  qui  orbem  universum  domueranl ,  qui  maria  oc 
terrai  armis  et  preliis  victoriosissime  superaverant ,  v\ 
arma  intra  se  ipsos  verterunt,  cum  ab  alUs  debellari 
prqpriis  viribus  vieti  ac  prostrati  fuerunt  ;  et  novissit 
inciinavere  ut  urbem  illam  clarissimam  cuìus 


I  dein  mistr» 

quiviaent,  m 

me  in  eum  stalum 

■emendum  omnibta 


genlibus  terrori  e 

Ulani  yicU  atque  expugnavit.  •> 


quìlibet  viiissimus  kostìs  sepeuumero 


ITO  il  popolo  disarmato;  di  dominare  la  mollitudine  colla 
mignilicenza  degli  editici,  colla  solennità  delle  pompe;  di 
diuiinulare  fra  gli  splendori  le  sospettose  cautele  della  si- 
jDoria;  e  quest'opera  incominciata  da  papa  Niccolò  rag- 
giuDge  il  suo  compimento  all'occasione  del  tentativo  di 
Sttiiao. 

Di  quale  portata  questo  si  fosse  più  non  esistendo  pro- 
cMio  ni  di  lui  né  dei  complici,  torna  impossibile  determi- 
nare.(i)  Forse,  se  processo  vi  fu,  questo  ebbe  ad  esser  som- 
tDirio,  e  fu  sapiente  provvedimento  che  la  pena  seguisse 
il  btto  immediata.  Probabilmente  esagerata  è  la  quantità 
de' complici  del  Porcari,  che  ci  si  vorrebbe  far  supporre  dalla 
Osnfbrmatio  curiae  romanae,  la  quale  perorando  per  essi, 
dopo  avere  abominato  la  colpa  loro,  non  dubita  di  escla- 
mare al  pontefice  : 

At  tuR  roajetiss  si  tnortem  inlligere  cunciìs 

Qjiippe  velit  turbata  rels,  fonasse  r 

Infiniius  erii  n 

Haud  6iiem  invcnies;  ìierum,  libi  consulo,  (antis 

Psrce  rei». 


(t)  Leo»  Battisi*  Alberti  alfcrnia  che,  sterminando  e  depredando 
i  curitli,  Stefano  voleva  solo  mettere  in  ceppi  li  pontefice  e  giovarsene 
pWotlniere  la  consegna  del  Castello. —  PurmA,  Vita  Nicolai  V:  che 
egli  Tolera  prendere  il  papa  e  i  cardinali.  —  Veepascano,  Vita  di  Nic- 
eoló  V;<dpii,  ■  cospirorno  contro  il  pontefice  d'ammawarlo,  e  d'occu- 
ptt  Rotea  per  loro.  •  —  Zamtfi.[kt  ap.  MAarÈNE  et  Duband,  Thes. 
*«^ot.  V,  p.  480:  a  proposiicrant,.,  pecorino  more  iugulare  tam  pa- 
1*11  quam  cardinales  et  eptscopus ,  cunciosque  cortisanos  aut  spollare 
•MI  occidere.  »  —  Pietro  ùk  Godi  V.  il  brano  sopra  citato  nel  dialogo; 
'  ^  tùijuralione  porcaria.  1  —  La  lettera  della  bib?iotcca  di  Nimes, 
*JÌ«.  CKaisTopHi,  op.  cii,  1. 1,  p.  497;  a  etlcbraniem popam  cum  omni- 
™  Cardinalibus  erat  trucidalurut.  k  —  E  l'Epistola  di  Stepano  Caccia, 
**■  Chip'ano  ciu  :  a  eiectìs  inde  papa  et  cardinalibui  celerisq.  ecclesia- 
"'*''*,  et  ubi  ali  ter  fieri  non  posstl ,  eis  omnibus /erro  exti'aclrs.  »  Final- 
'te  nella  Ciyi'a  di  lettera  Ira  le  carte  de'  Machiavelli  (  Bibl.  Nai.  fio- 
'*niiDa,  vedi  app.)  1  . .  .  quando  il  papa  andava  a  dire  la  messa  el  nazi 
^■«sl  in  chiesa  pigliarlo  et  legallo  cor  una   catena   haueua   dorata   et 

^^^*  largii   le  mani  con   un  certo  ordigno  doro voleva  detto 

^titta  iinuBre  il  papa  e  quelli  cardinali  li  fossi  piaciuto.  >  — Cf.  Buno, 
^-^/onnatio  curiae  romanae  v.  1-4. 


8o  O.  Tommasini 


Il  sovraccarico  di  rettoricumi  vuoti  che  gonfia  tutto  que- 
sto poema,  che  noi,  non  per  certo  adescati  da  vaghezza  della 
sua  forma,  pubblichiamg  più  oltre,  ci  rende  impossibile  il  pre- 
star fede  a  questa  maniera  di  affermazioni.  Ma  l'autore  quan- 
tunque non  fatto  da  natura  per  tentar  le  muse,  non  manca 
però  né  di  conoscenza  de' tempi,  nò  di  scaltrezza,  né  forse 
di  cinico  ardimento  : 

Quid  loquar,  o  insìpiens,  o  gens  ignara  rudisque 
luris  et  humani  et  divine  legis?  ob  istud 
Qjaod  te  jactasti  cupidam  renovare  potentem 
Libertatem  illam  romani  nominis  olim? 
O  gentem  fatuam  subvertere  velie  quod  annis 
Mille  sit  ecclesie  donatum  a  rege  quiritum 
Imperii  domno,  populo  affirmante  quirino, 
Roma  tuo.  Quod  non  proprie  donatio,  verum 
lusta  dei  sancte  potius  censenda  videtur 
Redditio  ecclesie.  Sic  quisque  teologus  ingens 
Edocet,  ac  varia  probat  hoc  ratione  tenendum. 

Cosi  apostrofa  egli  il  popolo  romano,  abominando  il  ten- 
tativo de'  ribelli,  esortandolo  a  starsi  contento  alle  grascie, 
ai  proventi  richiesti  e  largiti,  rompendogli  ogni  vagheggia- 
mento della  libertà  cercata.  Dov'è  piti  la  libertà  in  Italia? 
qual'è  il  paese  che  la  gode  e  la  conserva?  dove  non  si  geme 
sotto  l'ingiustizie,  le  gabelle  e  i  pesi  molteplici?  e  a  petto 
dell'  altre  contrade  d' Italia  non  è  questa  di  Roma  quella 
che  men  si  travaglia,  che  à  più  giustizia,  che  paga  meno, 
che  è  più  felice?  E  dopo  oltre  che  ducentocinquanta  versi  di 
questa  declamazione,  e' si  volta  al  pontefice  e  prima  gli  per- 
suade r  utile  clemenza  verso  ai  minori  complici  del  Porcari, 
poscia  lo  fa  accorto  dell'  occasione  perch'  ei  l' afferri  : 

Scd  ingens 
Altera  nunc  orta  est  occasio,  fortiter  urgens, 

è  il  momento  venuto  di  forti  provvedimenti;  e  non  basta 
la  magnificenza  degli  edifici  a  dare  argomento  della  potenza; 
non  basta  l'aver  acconciato  castello,  costruito  fortezze;  bi- 


Doatmenti  relativi  a  Stefano  Porcari       8  r 

sogna  fornirle  d'armati  e  di  vettovaglie  per  guisa  che  agl'in- 
ferni sia  tolta  la  libìdine  delle  ribellioni,  agli  esterni  la  fa- 
cilità dì  soccorrerle.  E  quando  il  ponlelice  scende  in  san 
Pietro,  trecento  armati  intorno  gli  tacciano  siepe  alla  per- 
sona e  il  palazzo  sia  guardato  milite  qitam  multo.  Il  popolo 
non  abbia  che  un  solo  accesso  alia  chiesa;  siano  disposti 
gli  assoldati  lungo  la  scalca;  chiuse  tutte  le  altre  porte  e 
bene  afforzate.  Restano  dopo  le  vie  da  mettere  nelle  turbe 
il  tintore,  quelle  d'accattarsi  l'amor  facile  delle  medesime: 
daxe    ai  poverelli,  sovrattulto  ai  nobili  scaduti: 

Supra  omnes  prorsus  cgenis 
Nobilibus,  vi»m  qui  mendicare  rubescuni. 

^^segnare  doti  alle  fanciulle,  onori  ai  fedeli,  facile  vitto  alla 

Ijwiltiiudine,  pascolo  alle  arti: 
■  ■  Tatia,  crede  raichl,  pater  optlme,  munera  pUcaot 

r  Vi  cunaos  homin 


Tutto  questo  è  un  programma  di  governo  ;  e  non  è  a  dire 
*ne  il  poeta,  se  questo  nome  ei  si  merita,  non  sia  stato  lun- 
gamente ascoltato.  Ma  quale  appunto  È  egli  il  nome  e  la 
l^ilita  di  questo  poeta,  che  il  codice  vaticano  36i8  in- 
^''ca  ptr  losepli  B  docCorem?  —  llWahlen,  (i)  mosso  da  un 
•''■ano  delV  Antidotus  IV  di  Lorenzo  Valla  in  cui  si  parla 
d  Un  a  Joseph  Brippius  papalis  regesti praeses  a  congetturò 
'■°n  molto  acume  che  compositore  del  poemetto  soprindi- 
caio  fosse  Giuseppe  Bripio  milanese  (2)  che  l'Argelati  esalta 
*"-'-onie  quella  che  entrato  nella  milizia  ecclesiastica  «  kgum 
^'^'^ntiam  ac  llieohgiam  tam  sedalo  didicit  ut  in  utraque  fa- 

j_  C«>  Wahlbh,  Siljuitgsberichten  der  pkUosophisch  kitlorichet^  Classe 
„  ■^.  Vlencr  A.k.dtr  Wissentckaften  1869  p.  27  e  segg.  Laureatn 
*•*'•»«  apuieola  Irla.  —  P.  %'i.  I!  Meiius  nella  prefazione  iW Epistole 
^><&>OGio  Traversasi,  Florentiac,  typagraphio  Caesareo  MDCCLIX, 
*  **a  gii  deiignato  il  Bripio,  secondo  l'indicazione  del  Valla,  come  au- 
'**"^   tlcl  poeraeiio  in  questiona. 

^2>  \ta&j.T\,BiblÌQtheca script.  Medìolanaisìum  1. 1  p.  2  col.  iZo-iìi, 
*'**/wi>  deUa  Sctitlà  romana  di  Storia  patria.  Vo!.  la  6 


82  O.  Tomtnasini 


cultate  lauream  merito  promeruerit.  %  La  congettura  ri- 
sponderebbe fin  qui  all'  iniziale  del  cognome  e  al  titolo  di 
dottore,  ma  poco  più  oltre  parve  sorgere  al  Wahleo  una 
grave  difficoltà.  Il  diligente  Argelati  ci  dà  l'epitaffio  del  Bri- 
pio,  sepolto  a  Roma  nella  chiesa  di  Santo  Alessio,  sull'Aven- 
tino. Sette  distici  di  quest'  epitaffio  raccontano  le  virtti  del- 
l'estinto  : 

PONTIPXCUM  STUDI»  STUDIIftQUB  EXERCITB  8ANCTI8 
INSIGNES  TITULOS  NACTUS  ES  UNDE  TIBI 
Q.UI  SENIOR  TENERIS  SEMPER  SERVARIS  AB  ANNIS 
NUN<^UAM  LAESA  TUAE  DONA  PUDICTTIAE 


poi  segue: 

OBUT  ROICAE  XI.   KAL.   8BPTBMBR.  ANNO  DOMINI  MCCCL. 

YIXIT  ANNIS  LXXZ. 

Cosi  l'Argelati.  Se  pertanto  il  Bripio  fosse  morto  nel  1450, 
non  potrebbe  essere  testimonio  d'un  fatto  occorso  ne' primi 
giorni  del  1453.  Pareva  dunque  di  concludere  al  Wahlen: 
0  l'autore  del  nostro  poemetto  non  è  il  Bripio,  o  egli  à  vissuto 
parecchio  tempo  più  che  il  suo  epitaffio  non  dica.  E  il 
Wahlen  fu  per  la  seconda  ipotesi  a  dirittura,  ed  a  questa 
trasse  conforto  da  argomenti  d'analogia:  falsi  i  dati  del- 
l'epigrafe sepolcrale  del  Valla;  falsi  quelli  della  scritta  del 
Facio;  falsi  quelli  della  lapide  del  Niccoli;  (i)  perchè  si 
avrebbe  a  prestar  fede  proprio  a  quelli  del  Bripio  con- 
temporaneo loro,  quando  altri  fatti  concorrano  a  provare 
ch'egli  debbe  aver  vissuto  oltre  al  termine  segnato  dalla 
lapide  sepolcrale?  —  Ma  il  Tiraboschi  e  il  Zeno  avevano 
provato  falsa  l' uno  la  data  della  nascita,  (2)  l' altro  quella 


(i)  Cf.  Laurenth  Mehus  praefatio  in  Epp.  Ambr.  Traversar ii  pa- 
gine Lxxiv  et  segg.  —  Mehus.  Vita  Bartholomaei  Faciif  pag.  xxvi  segg. 
innanzi  al  trattato  del  Facio  «  de  viris  illustribus  »  Florentiae  MDCCXLV. 

(2)  Tiraboschi,  Storia  della  lett.  it.  t.  VI  p.  2»  p.  340. 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       83 

della  morte (i)  del  Valla;  senza  impugnar  dell'epitaffio  altro 
che  la  fedeltà  della  trascrizione  del  Fabricio,  donde  essi  ne 
trasser  notizia;  e  fondandosi  sull'asserto  del  Rasponi  che 
dà  per  incerta  l'esistenza  di  quello.  Ma  l'epitaffio  del  Fa- 
ciò,  riportato  da  Cesare  d' Eugenio  (2),  chi  lo  copiò  non  lo 
vide,  e  lo  pose  fra  quelli  che  «  si  vedevano  anticamente  d 
nella  chiesa  di  Santa  Maria  Maggiore  in  Napoli;  però  la 
trascrizione  è  di  dubbia  autorità.  Quello  del  Niccoli  con- 
teneva tali  e  tante  fiabe  che  dell'autorità  sua  non  si  po- 
teva in  alcuna  maniera  tener  ragione.  L'argomento  d'ana- 
logia pertanto  poteva  aver  poco  forza  e  gran  pericolo,  come 
à  non  rade  volte  sì  nella  scienza  che  nella  pratica  della 
vita;  ma  per  buona  ventura,  nel  caso  nostro  non  si  à 
punto  bisogno  di  esso.  Dappoiché  è  ben  certo  che  ci  ri- 
mangono composizioni  metriche  del  Bripio  posteriori  al- 
l'anno 1450,  in  cui  la  scritta  riportata  dall' Argelati  lo  vor- 
rebbe morto.  Che  senza  dubbio,  se  è  gran  conformità  di  stile 
e  di  rude  minerva  fra  la  laudes  sancti  allexii  per yoseph  bry- 
pium  ei  devotum  doctorem  et  condite  rome  anno  MCCCCL,  (3) 

(i)  Apostolo  Zeno,  Dissert.  Vossiane,  t.  I,  172  e  segg.  —  Rasponi , 
De  basilica  et  patriarchio  Lateranensi,  lib.  I,  p.  Sy.  a  hunc  vero  tumulum 
eum  esse  centeo,  qni  adhuc  ibi  superest,  ubi  jam  dizi  extare  monumen- 
tum  Angeloui  Fuschi.  » 

(2)  Cesare  d*Engenio  Caracciolo,  Napoli  sacra.  Napoli  1624  p.  65. 

(3)  Il  Wahlen  cita  quest'inno,  ed  nXirì  de sancta  Agnete;  de sancta 
Maria  Magdalena;  laudes  sanctae  Barbar ae;  de  sancta  Caecilia,  da  un 
ms.  della  Biblioteca  imp.  di  Vienna  n.  CCCLXXX  (3219  del  moderno 
catalogo).  Dell* inno  a  santo  Alessio  reca  alcuni  versi  che  alleghiamo 
perchè  il  lettore  giudichi  della  somiglianza  della  maniera  fra  il  poetare 
della  Conformano  e  quest'altro  carme  del  nostro  dottore: 

En  ego  sancte  pater  tibi  devotissimus  olirti 
Bripius  ille  Yoseph;  indignus  doctor  itemque 
Presbiter  indignus,  genuit  quem  magna  potensque 
Urbs  mediolani  etc. 

Anche  il  Tiraboschi  (Storia  della  lett.  it..  t.  VI,  p.  27,  222)  cita  un 
manoscritto  della  libreria  di  S.  Salvatore  in  Bologna  che  contiene  le  Laudes 
5.  Alexii  edite  per  los,  Brippium  eius  devotum  doctorem,  edite  Rome 


84  O.  Tommasini 

e  quello  della  conformatio  curiae  romanae  e  della  sua  musa; 
non  ve  n'à  minore  fra  queste  e  il  carme  esametro  ^adsoncUs- 
simum  dominum  nostrum  papam   Calistum   tertium  sacro- 
sanctae  romanae  oc  universalis  dei  Ecclesiae pontificem  maxi- 
mum,  che  il  Mehus  cita  e  di  cui  basta  il  primo  verso  percb^ 
non  si  abbia  scrupolo  d'attribuirlo  al  nostro  dottore: 

a  Alme  Caliste  pater,  celeberrime  Summeque  patrum.  » 

Ora  papa  Calisto  terzo  salì  alla  sedia  pontificale  a'  di  8 
d'aprile  del  i455;  a  quel  tempo  dunque,  e  anche  dopo  quel 
tempo,  il  Bripio  doveva  ancor  vivere.  Or  dunque  la  lapide 
sepolcrale  recata  dall' Argelati  che  nel  1450  lo  fa  morto? 
la  lapide  dell' Argelati  recava  un  ostacolo  che  v'erano  due 
modi  per  sormontare:  o  verificare  se  il  marmo  realmente 
dicesse  così,  o  cercare  se  v'erano  cagioni  per  non  aver  fede 
a  quel  marmo.  Il  signor  Wahlen  non  ammise  quest'alter- 
nativa e  pose  tutta  la  sua  grandissima  dottrina  a'  servigi 
della  seconda  ipotesi.  Noi  invece  avemmo  agio  d'accertare 
il  fatto,  esaminando  la  scritta  al  suo  posto  in  S.  Alessio, 
la  quale  invero  chiude  così: 

obiit  Romae  XI  Kal.  Sept.  anno  dn 
MCCCGLVII  30  Vixit  anos  79. 

E  a  questa  guisa  avevala  recata  anche  il  Nerini(i)  correg- 

feliciter,  in  fine  del  quale  Icggevasì  :  scr^psit  Johannes  de  Mediolano 
an.  1441  Rome.  Il  Mehus  nella  prefazione  z\V Epistole  Ambrosii  Carnai- 
dulensis  p.  L-LII  reca  un  carme  del  Bripio  a  Niccolò  Niccoli  da  un  ms. 
ambrosiano,  e  da  un  codice  della  biblioteca  del  marchese  Gabriele  Ric- 
cardi (cod.  I  V.  1 54  in  4)  cita  il  carme  a  papa  Borgia,  nel  quale  a  se  a 
Calisto  III  beneficiis  auctum  fatetur  Bripius.  »  —  Il  Wahlen  finalmente 
aggiunge  alle  altre  opere  del  Bripio  citate  dall' Argelati  e  dal  Sassi;  Oro 
dar  issimi  doctoris  et  vefterabilis  |  religiosi  dTii  Josep  hripii  mediolan  prò  \ 
illustrissimo  principe philippo  maria  |  duce  mediolanèsi pnuciata  corà  se- 
renissimo imitatore  Sigtsmundo.  (Da  un  codice  3244  della  bibl.  di 
Vienna). 

(i)  D.  Felicis  Nerinii,  abbati s  Hieronymiani.  De  tempio  et  coenobio 
SS.  Boni/adi  et  Alexii,  historica  monumenta.  Romae  MDCCLII,  pa- 
gine 329-33o, 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       85 

gendo  l'inesattezza  deirArgelati;  quindi  tutte  le  di£5coltà 
spariscono.  Del  Bripio  non  ci  rimangono  molte  cose  da 
aggiungere  alle  già  cognite.  Nell'Archivio  Vaticano  sembra 
che  non  restino  tracce  della  sua  qualità  di  praeses  de'  re- 
gistri papali,  secondo  che  l'intitola  il  Valla.  Un  unico  do- 
cumento che  lo  risguarda  è  di  men  che  secondaria  impor- 
tanza (i);  né  questo  ci  è  cagion  di  rimpianto.  Resta  che 
per  noi  si  faccia  ancora  un  po' di  chiosa  sull'indole  del 
pensiero  di  lui  e  di  quella  del  Godi,  per  dar  campo  a  con- 
siderazioni migliori. 

Questi  due  scrittori  vissero  contemporanei  al  Valla,  al 
Filelfo,  a  Leonardo  Bruni,  al  Poggio,  al  Niccoli,  al  Tra- 
versari,  a  quanto  di  piti  splendido  e  ricreante  ravvivò  l'Italia 
nel  secolo  decimoquinto.  Pure  questi  due  uomini  per  la  na- 
tura del  loro  intelletto  non  appartengono  punto  al  rinasci- 
mento; non  guadagnano  punto  del  contatto  cogli  spiriti 
magni;  figliuoli  non  migliori  de' padri,  si  rimangono  ag- 
grappati all'evo  medio,  ne  recano  il  sapore,  ne  parlano  il 
gergo,  ne  producono  i  raziocini,  ne  ripetono  le  afferma- 


ci) Trovasi  nel  Formulari um  Expeditionum  t.  i3,  pag.  19  t.  e  20  : 
Dilecto  Nicolao  tt.  Sanctae  Crucis  in  lerusalem  presbytero  Card,  salut. 
Quidam  Bertramus  de  Currentibus  monacus  conghis  Monachorum  Cer- 
variae  ord.  S.  Benedicti  Januen,  Dioeces,  petit  absolutionem  a  censuris 
eo  quod  cum  quodam  Leonardo  Caballo  monacho  Societatis  Montis 
Oliveti  ordinis  et  dioecesis praedictorum  de  crimine  heresis  convicto  con- 
versaverat,  etpontifex  mandavit  ita:  Nos per  quasdam  mandavimus dil. 
filio  Joseph  de  Brippio  canonico  Mediolanen.  Magistro  in  Theologia, 
quatenus  eumdem  Bertramum,  si  hoc  humiliter  peteret,  a  sententiis, 
censuris  et  penis  huiusmodi,  si  quas  praemissorum  occasione  quomodo- 
libet  incurrisse  nosceretur,  auctoritate  nostra  ea  vice  dumtaxat  absol- 
veret  in  forma  ecclesiae  consueta,  iunctis  inde  sibi  prò  modo  culpaepe- 
nitentia  salutari,  et  aliis  quae  dejureforent  iniungenda,  secumque  super 
irregularitate  si  quam  dictis  sententiis,  censuris  et  penis  forsitan  H- 
gatus,  missas  et  alia  divina  officia  non  tamen  in  contemptum  clavium 
celebrando  tncurrisset  dieta  auctoritate  dispensaret,  omnemque  aboleret 
inhabilitatis  et  infamiae  maculam  sive  notamper  ipsum  Bertramum  dieta 
occasione  contractam  etc^ 


zioni,  facendo  appena  piccola  prova  d'adattarle  alle  con- 
dizioni mutate.  Naturalmenie,  il  medio  evo  aveva  falla  con- 
troversia luttuosa  fra  sacerdozio  e  impero;  questione  di 
limitazione  e  d'usurpazione  reciproca  fra  temporalità  e  spi- 
ritualità; fra  diritto  umano  e  divino;  s'era  argomentato  per 
allegorie,  interpretando  i  duo  gladii  qui  in  passione  Domini 
leguntur(i);  sottilizzando  sul  tributo  pagato  a  Cesare,  gio- 
cherellando col  lume  del  sole  e  della  luna  (2);  armeggiando 
colla  scrittura.  Né  s'erano  mutali  mai  mezzi  d'olTesa  e  modo 
di  battaglia,  quantunque  questo  avesse  condotto  spesse  volte 
i  combattenti  all'equivoco  e  quelli  avesscr  tatto  prova  d'es- 
sere arme  a  due  tagli  ■  nani  scrittura  docente,  in  muHis 
offéndinius  omnes  >  (3). 

Tuttavia,  malgrado  le  esagerazioni  dell'una  parte  e 
l'altra,  nessun  imperialista  aveva  mai  preteso  togliere  dP 
mezzo  il  pontificalo;  nessun  decretalista  per  quanto  mai 
volesse  derogare  all'imperio,  aveva  sognato  attentare  alla. 
maestà  dell'imperatore.  Erano  bensì  stati  alcuni  i  quali, 
«  dum  ex  patre  diabolo sunt,  Ecclesiae se  Jilios  esse  dicuntt 
ma  con  costoro  reputò  Dante  che  neppur  fosse  a  ititavt 
lar  questione;  (4)  tanto  gli  parvero  pochi  e  poco  temibil 
Se  non  che,  venuto  il  tempo  in  cui  il  romano  impera 
affievolisce,  spezzatosi  il  vìncolo  della  feudalità,  raccogliei 
dosi  le  genti  sotto  a  supremazìe  naturalmente  forti  0  nu 
deboli,  e  ringagliarditosi  col  ritorno  a  Roma  il  pontificato] 
questo  ben  sente  come  gli  conviene  afferrare  l'idea  romana 
grapparla  ad  ogni  altro  elemento  giuridico;  sente  come 


(l)  CI,  Ottonis  FmsiNCENSis,  Chrvnicon,prologus  Ub.iy,  p.  17(>-I7fl 

(t)  [liNi*  Ai.ci.i[iEiii.  IX  Monarchia,   lìb.  Ut  g  IV  »  quemadmodìcH 
Ihm.  •*■*«  W  Ifminart  minus,  non  habtl  lucem  nisi  proul  recipil  a  sotoj 
U^  HK"*""  temporale  aucloritaiem  habet,  itisi  prout  recipil  a  ^i^ 

iX\  Cf.  ['Httodoxa  defensio  impenafù pubblicala  da  1.  Giorgi oell'J 
j^t^é   $.  r.  rf.  SS.  patria  voi.  Il  p.  467. 

^CSl  ftMt»!  ^  AJonatckia,  lib.  Ili,  p.  364. 


Documenti  relatim  a  Stefano  Porcari        87  . 


giunta  t'ora,  per  accaparrarsi  U  signoria  civile  della  città, 
*^i  rompere  le  fondamenta  all'impero.  (1)  Pertanto  colla  bal- 
t^ariEa  di  chi  sa  d'avere  i  tempi  a  seconda  e  gli  uomini 
pressoché  uoiversalmentc  consenzienti,  invoca  il  voto  popo- 
'^''e  come  principio  costitutivo  di  pubblico  diritto  e  si  fa 
^*'^  arma  della  romanità.  Ma  gli  apprestatori  di  quest'armi 
"^^l  potevano  essere  meschini  legulei,  interpreti  de' diritti 
*  Seconda  delle  pretensioni  degli  uomini.  Tuttavia  l'opera 
***"o  doveva  cospirare  con  quella  de' sapienti;  dappoiché  se 
^  aneaii  alle  per  alte  ragioni  si  volgono  a  partiti  ed  opere 
*^Sae,  a  quelle  stesse  piegano  le  menti  basse  solo  per  bassi 
-      zsiscri  argomenti. 

Cosi  il  Bripio  con  esametri  da  medio  evo  (2)  palpando  le 


4t)  Pmii  DB  GoDiE,  De  eoitjuratione porcaria  Cod.  Vat.  36ig:  »  In 

»*ii«  9110^  dicunt  leges,  videlieel,  quod  imperalor  fuerit  et  sii  domìnuf 

3  eiìt  verum  et  U^ibus  romanii  crcdendum  non  est  in  bac parte, 

V^'^^Oin  hai:  imperalor  de  se  ipso  testimonium  perhibet,  sed  nullus  ydo- 

^^Mr^  teitis  in  re  sua  esse  intelligitur.  (**J  Dico  auiem  ìmperìum  Romanum 

ttm.mM  viotentum,  quod  successit  ('")populo  Romano,  qui  verum  regem  et 

^■•■iiiKm  per  yiolentiam  regno  spoHavii,  eum  auctaris  vieium  (-•")  tran- 

t^^  ddnceeisorenet  noceat  ei.  Etetiam  Ìmperìum  Romanum  universum 

''""adi  depredatum  est.  Sed  regìjum  violentum  non  estpermìssum  et  omnis 

f^t^nlia  et  risina  prohibita  et  secundum  scripluram  :  (***"')  non  concHpi- 

K^^  remproxìmì  tuì.  Et  sic  iniperalores  fiierunt  regnorum  occtipatores, 

«*»■  veri  domini  oc  agnomen  tate,  qvodsunt  domini  mundi,  usurpavere.  At 

**■»  i  rtgei fuerunl  et  sunt ,  qui  ob  eorum  virtutes  apapulis  spante  et  legit- 

l'^iereges  eorum  eligebantur  et  etìguntur;  quique  civitates,  castra  et  loca 

fova  sibi  edificabant  et  edIJScant,  per  quorum  bonum  regimen  et  virtutes 

iii^  liberh  homiiìibttS  undique  conjluentìbus  ìmpleantur,  ac  qui  lusto bello 

fg»a et  dominia  sibi adepti  sunt  ei  adipiscuntur  eorumque  legitimìsuc- 


(»)  V.  Con/ormatìo  Curiae romanae loquentis.  V.gS-ioo.  IbJd. 
U  Godi  nella  seconda  pane  del  suo  dialogo  dopo 

lia  regna  et  regnum  mundi  in  se 


197. 

che  •  (pie  Christus 


igo- 


(•)  EzpUcotioJF.  ad  I.  redìam  de  Jaclu. 

(-1 1.  cmnibM,  C.  de  UM 

1—)  i.  ij.  ff.  dt  origi.  tuHi. 

{"")  /.  pompeuim  %  tg.de  acq.  poi». 

Ì—")Bja>die.a      "        ■■ 


88  O.  Tom  mas  ini 


cupidigie,  e  il  Godi  contraffacendo  la  storia,  il  diritto,  i 
vangeli  a  furia  d'interpretazioni,  e  quelle  stesse  cupidigie 


sumpsit  »  che  a  Christus  instituit  vicarium  suumpetrum  prindpem  ap(h 
stolorum  in  spiritualibus.,,,  et  in  temporalibus  i>  segue  a  questo  modo, 
(cod.  vat.  3619):  —-  o F.  Hec  dieta  subtilia  sunt,  tamen  dicitur  Christian, 
Petro  in  temporalibus  exercitium  prohibuisse,  cum  sibi  dixerit:  mitt^ 
gladium  tuum  in  vaginam,  ac  etiam  dixerit:  regnum  meum  non  est d^ 
hoc  mundo, 

B.  Fabif  armis  fortissimis  uteris,  attamen  non  nocent  mihi.  Christu^ 
enim  per  verba  illa  non  prohibuit  perpetuo  sed  prò  tunc  tantum.  Si  eninf 
voluisset  perpetuo  prohibere^  dixisset  expresse  per  verba  perpetuitatem 
importantia,  teneas  videlicet  vel  habeas  gladium  tuum  in  vaginam,  Pre- 
terea  hoc  exprimìt  Christus  inferius  ibi,  nunc  autem  regnum  meumncm. 
est  hic.  Hoc  verbum  nunc  quid  importat  nisi  tempus  presens  et  quando 
Christus  tacite  consentiat,  Petrum  eius  vices  gerentem  et  successqreseius 
gladio  tempore  alio  uti posse?  Ex  predictis  habes  quod petrus  fuerit 
dhus  mundi  in  spiritualibus  et  temporalibus  ac  similiter  domini  sunt  sui 
legitimi  successores.  Sed  quamvis  piena  et  generalis  poteste  attributa 
sit  pape,  tamen  cum  ex  quibus  conditionis  humane  papa  non  valeatpote- 
statem  suam  ubilibet  per  se personaliter  exercere  et  tot  negotiis  insistere, 
deus  alios  principes  ad  temporalium  exercitium  tanquam  summorum  pont- 
tificum  vicarios  permisit.  Summique  pontifices  suam  hanc  conditionem 
cognoscentes  aliis  temporalium  exercitium,  imperatoribus  videlicet  exer-^ 
citium  temporalium  generale,  singulare  vero  regibus  et  dominis  diversis, 
tamquam  vicariis  suis  ex  inspirai  ione  divina  etiam  permiserunt ,  (*)  nulla- 
tenus  se  superìoritate  privantes ,  sed  in  multis  occurrentibus  casibus  su- 
peri oritatem  ipsam  demonstrantes,  Ipsi  etiam  temporalia  omiserunt,  ut 
spiritualibus  attentius  vacarent,  non  temporalia  prò  derelicto  habentes, 
Confiteamur  itaque  papam  tanquam  successorem  petri  et  non  alium  do- 
minum  esse  mundi  in  spiritualibus  et  temporalibus  dirrectum  et  generalem 
et  regem  regum  terre.  Ipsumque  regnum  suum  in  temporalibus  per  reges 
et  principes  ac  per  alios  etiam  offitiales,  potestates,  gubematores  regere 
posse  et  regere  certe.  Nam  (**)  qui  per  alium  facit  per  se  ipsumfacere  vide- 
tur.  Ac  Johannes  {***)papa  xxij  se  dominum  totius  mundi  prò  certo  tenens 
a  jurisdictione  Imperii  Ytaliam  magnanime  exemit  et  catholici  impe- 
ratores  sui  reges  romanorum  idem  tenentes  fidelitatem  ecclesie  romane 
et  summis pontificibus  huc  usque  iurarunt  (♦*^)  et  ab  ipsis  coronam  auream 

(•)  C.  solite  de  majo.,  et  obe. 

(•♦)  de  reg.  juris  lib.  vj. 

(•*•)  In  extravaganti  sua  quae  incipit:  non  praetereat. 

{****)  ut  e.  verum  de  electione. 


Documenti  relatipi  a  Stefano  Porcari 


accarezzando,  collimano  al  medesimo  punto  colle  intelligenze 
pili  eleite;  le  quali  ponendo  innanzi  ai  pontefici  un  ideate 
sitissimo  da  raggiungere,  nell'ora  in  cui  gli  uomini  pare- 

t*  ^prfibationes  receperunl,  nec  tton  rex  Hierusalem  et  Sicilie;  qui  Nea- 
fotì  rtsidert  solet  et   residet,  ac  Sardinie,  Aragortum,   Anglie,   Un- 
garit  regei  id  idem  senlientes  jideHtatem  hucusque  iurarunt  et  cenium 
«*  trihutum  singuliì  anni)  ecclesie  romane  persotverunt.  »  —  Questa 
ipccie  d'argomentazione  poco  o  punto  diflerisce  da  quelle  ch'ermo  in 
►oga  a*  tempi  del  Bavaro;  né  le  affermazioni  del  Godi  distano  gran  tratto 
ti"  quelli  d' A  tv*  a  o  PELAGIO  nel  trattato  de  pianeta  Ecclesiae,  composto 
tifili  aRDi  iì3o-i333,  e  ripubblicato  appunto  con  gran  cura  <■  anno  dni 
"illeaimoquadrittgentesimo sepluagesimo quarto,  die  vero XXVI oetùbriSj 
P*  hotiorabilem  virum  ìohaanem  ^einer  de  Rùllingenprocreatum  urbe, 
■'"1  cnmmorantem  cum  summa  diligentia  correcta  aique  arte  impres- 
mria  effigiala.  •>  —  Questa  edizione  non  bastò  :  nel   1 5  [  6  se  ne  fece  una 
nuova  a  Lione  coli' intento  di  dare  la  maggior  diffusione  al  libro,  cele- 
trindo,  non  altrimenti  che  un  novello  Pisistrato  per  averci  tramandata 
Omero,  il  dottor  Giovanni  Lupo,  che  aveva  eccitato  il  Clein  a  farne  la 
rjiump*,  ed  esaltando  l'autore  spagnuolo  u  non  theoìogie  modo  sed  et 
jarit  ulriusque  peritia  nomiaatissimus.  n  —  Quanto  piìi  allo  del  Godi  e 
del  Bripìo,  canonÌMi  curiali,  sapessero  innalzarsi  t  curiali  umanisti   coi 
loro  disegni  ed  eccitamenti,  ce  lo  attesti,  fra  gli  altri,  questo  schema  ine- 
dito di  LcoNABDO  d'Arezzo,  che  trovasi  scritto  ai  piedi  d'  una  copia  di 
lettera  auiograr*  del  medesimo  a  Coluccìo  Salutati,  pubblicala  già  dal 
1-'a»icio  (Epp.  Leon.  Aret.  L.  I,  p.  14,  leu.  VI  )  e  dal  Mekus  {Epiilolae 
Leonardi  Aretini,  L.  1,  lett.  VI,  pag.   1 1 }.  Questo  schema  trovammo  nel 
Cod.  Val,  3908  a  pag.  64,  scritto  immcdiatamenie  sotto  alla  lettera  u  Que- 
tisti  a  me  an  kectoris  nomine  ■  né  ci  pare  per  la  sua  importanze  sia  da 
prcKnnellerne  la  pubblicazione:  Die  XII  Julii  1441  die  post  feitum  bea- 
titfimi  pii,  audita  mina  sci  S.  et  commemoraliane  beati pU. 

Condolendum  de  statu  Italie  et  mala  di^ositione  mundi  ob  quod 
tequìtur  deminutio  fidei. 

Quod  omi.es  debent  hinc  ^rare  in  deo  quod  si  ad  illuni  coiivertemur 
tlatum  omnem  ecclesiasticum  et  temporaneum  reformet — 
Qu(k/  quisque prò  facullate  sua  videlur  posse  hoc  cogitare. 
Qua  ex  statu  omnia  alia  r"  procedit. 
Quod  ad  illum  reformandum  diversi  diversa  senserunt. 
Quod  plura  sunt  necessaria,  et  locus  el  auctoritas  et  orda. 
Qfiod  locus  romanus  ob  caput  religioiiis  et  reìiquias  Sctorum  et/amam 
est  Habilior  omnibus  locis. 

Quod  sotus  papa  posset  cum  religione  sua  omnia  htc  reformare  quod 
ad  eutn  gtetat. 


90  O.  Tammasini 


Tmoo  eoa  onhrersali  vaneggiamenti  di  riforme  invocarlo, 
forse  si  studiavano  infondere  virtù  all'ambizione,  compene- 
trare  arditamente  l'efficacia  della  tradizione  con  quella  dei 
nuovi  propositi,  vestire  l'occasione  coli' abbigliamento  della 
consuetudine,  opera  non  necessaria: 

an^  7&^  liTt  tS9  sc^un  x^ccrriiy  irolv. 

I     O.  TOMMASIKl. 


Qm^  refànmaito  siaims  mmtmi  esaet  refànmatio  tatìus  orbis,  sicut 
JkaSrmaioJmt  destructio.  QMod  sicmt  datrmctìo  status  romani  fuit  abìatio 
lilcrf  tfff.  Ha  rtformatio  esset  restìtmt:^  Ukertatis  cptimis  legibus  et  or- 
é^€  sd  illas  obserwandum  fulcta. 

<jMki  per  hoc  non  aufà-etur  potestss  mc  digmtas  Ro.  pontificis  sed 
ju^tretmr. 

Qmod  papa  licei  et  temporalitim  omuùum  et  ^piritnalimn  a  deo  con- 
ctssam  habeat  potestatem,  hanc  tamen  nom  debet  velie,  ant  posse  vivere 
nisi  sectmdum  leges  et  canones,  cum  deus  qm  sit  omnium  super ior  non 
vul:  posse  nisi  bonum,  quum  aliter  non  esset  deus;  sednonpotest  sic  stricte 
cjpi  im  p^a  cum  sit  h(omo),  sed  sujicit  quod  precq^e  inter  ommes  re- 
^ttntes  mundum  ipu  velit  leges  observare. 

Quod  super  omnia  papa  debet  ad  hoc  intendere  quod  optime  l^es 
iìbserventur. 

Quod  non  debet  disponere  contra  leges  nisi  magna  instante  causa, 

Oe  statu  romae,  quod  papa  posset  illum  reformare  et  quomodo  gens 
italica  mclius  regitur  per  aristocratiam  quam  per  electionem  ex  solis 
Yittuosis  etìamsi  essent  plebe^j  quam  alio  quovis  modo. 

Quod  Roma  debeat  esse  comunis  patria  omnium  Xpiànorum:  etiam 
KirKirorum  statui  et  fieri  cives  si  Illam  habitaverint  ac  romanam  gra- 
uMtWf»m  didicerint,  et  possint  prò  eorum  virtute  ad  omnem  gradum 

Quod  Hunc  hec  prima  reformatio  debet  habere  spetialem  modum  vel 
iHAM  multum  differentem  a  mo:  in  futurum  perpetuo  observandum. 

IH  C  5.  eligendis  ex  toto  orbe. 

4V  proventibus  illorum.  »  — 

l.'anno  susseguente  Eugenio  IV  recart  a  Roma  la  sede  del  concilio 
^\\^  vi^nirasta?a  a  quello  di  Basilea. 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       9 1 

krchivio  di  Stato  in  Firenze  —  Consigli  maggio- 
ri —  Provvisioni  ecc.  (Voi.  119,  CI.  II  Dist.  2, 
N.*  120).  (i) 


In  Dti  nomine  amen.  Anno  Incarnathnis  Domini  Nostri 
Jesu  Christi  Millesimo  Quadringenlesimo  Vigesimo  Sep- 
timo,  Indictione  Sexta,  die  Vigesimo  quinto  mensis  novem- 
bris.  In  Consilio  PopuH  Civilatis  Ftorentie,  mandata  Magnifi- 
corum  Dominorum,  Dominorum  Priorum  Artium  et  Vexilliferi 
Justitie  Populi  et  Comunis  Florentie,  precona  convocatione , 
campaneque  sonitu  in  Palalio  Populi  Florent:  more  solito  con- 
gregati. Quorum  Dominorum  Priorum  et  Vexilliferi  nomina 
isla  sunt,  videlicet:  Cristqfanus  Simonis,  magister  Benedictus 
Justi  Balis  oUandolus,  Jacobus  Bartholi  Giachi,  Franciscus 
SUveslri  Nardi,  Loysius  Ramondini  de  Vecchieltis,  Ray- 
nerius  Johannis  del  Forese,  Marcus  Antonii  Palmerii,  Deus 
Dei  del  Becchuto,  priores  artium,  et  Sander  Johannis  de  Bi- 
liottis  Vexillifer  Justitie.  Ego  Martinus  Luce  Martini  de 
Ftorentia,  notarius,  Scriba  Reformationum  consiliorum  Po- 
puli et  Comunis  Florentie,  in  presentia,  de  voluntate  et  man- 
dato officìi  Diclorum  Dominorum  et  Vexilliferi,  indiato  Con- 
silio presentium  in  numero  oportuno,  legi  et  recitavi  Inter 
diclos  consiliarios  in  sufficienti  numero  congregatos,  infra- 
scripias provisiones  et  quamlibet  earum,  vulgariler,  distincte 
et  ad  inielligentiam  deliberatas  et  factas  prout  infra  oppa- 
rebit:  et  (^servatis  solemnitalibus  oportunis,  et  observari  de- 
bitis  et  requisitis  secundum  ordinamenta  dicti  Comunis,  et 
modo,  et  forma,  et  ordine  infrascriptis ,  videlicet 

Primo:  provisionem  infrascriptam  etc. 

Quinto:  {2]  provisionem  infrascriptam  super  infrascriptis 
omnibus  et  singulis  deliberatam  etfaclam  per  dictos  Dominos 


•.'IBS'  U£  X- 


Sy" 


■  ■     T*  ■ 


=ir.   Tjija:.' 


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^  -  -  .  •'  ■■.--.  :  i  • ..  .  •  ;  i  -  .  :-  t  :-:-...-  ;  :  i:^i  •  jltz  -  :  "•  ::*« 
-'i -.f  i  :  ..'t  -  ..•  i""  i.  :.  r.  ;;■.:.  ";;i  :»  i.::  :  :  ;.  r*"i"Z-i":;:  ~:.::-  il 
-,  -  •  -■:  :  :   ;      ■.';'.    :;".".'  i   .  t:    :  .     :  t  ■  l:  :  :.  i  •  ;  ~  l   — r-s^  N  jj  ;  1  :  V 

1 --••■;       -,   -    i_  .  i  '  .   -vT"  i-   1  -    "=s"  ".-  ■?.  i' ■  :  -il  -V'^ji  r:  r  £>- 

-;-■  - '.  ••■:  «•",■■:'.•:  T-":   I     .-il:':,    i  i"-   :.  '  ■      ;  rr  —  -j.:  r".s^,xr-i.r.u 

%.-.  V*;:  :•:«•..  '.  ;  \.i  "'  "-  i  :::."=  :-;  .  n:r.i  vi^Tirs  -er 
r:.-:i'  .0  :'■-  ^^  *--  v  :c  .i  : .:.i  :=  -ì:.'.ìt:;  r-:?:  -:-.  ;.  si="m  arr  irj 
jcr  r.M  ?•*-:■:  ;T.z\r.i'.iì  .'.  .,-."..  s.  r.:'::  j^ì  ì'..i  rar:.c:'.are  pcrs::!! 
-il  Iji.  O-j.-^-r.-r./  a;:  :r.:v-.".r--  r.o- ;r. -:.:=  rri«-:irs  «  ;h:  v^^rri  tessere 
unii  monogrtru  del  Porcari  ii  prt:scn:c  io-cuxenio,  ii  quale  insieme  alle 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       gS 


1  honorum  virorum  dicti  Comunìs  delìberattone  solemni, 
rdemum  Inter  ipsos  omnes  in  sufficienti  numero  congre- 
galos  in  Palatio  Populi  Jlorentini,  premisso  et  facto  solemni 
et  secreto  scruplinio,  et  obtento  partito  ad  fabas  nigras  et 
athus  secundum  formam  ordinarne ntorum  dicti  Comunis, 
eorum  proprio  molu  prò  utilitate  Comunis  eiusdem  ut  moris 

Orazioni  dì  lui  ce  lo  dipinge  nelts  sue  relazioni  più  solenni  colla  repub- 
blica Eoreniina.  Mi  gode  t'aniino  d'atlesinre  luTia  la  mia  riconoscenza 
al  gemile  amico  sig.  A.  Ghebabm,  alla  cui  coriesia  e  donrina  debbo  la 
conotcenza  di  quanto  nell'Archivio  fioreniino  risguarda  il  Porcari- 

Pe'mss.  delle  Orazioni  del  Porcari  che  sono  in  Firenze,  t.  «peclal- 
men\e'\\BKHD\;n{Catahg.  codd.mis.  biblioth.  Medicae  Laurent.)  o  176 
cod.  XVIcisgg.  el  tu,  cod.  XVII  J  1  et  scgg.  et  3  [4,  XXXVIII,  XXXIX 
CI  XL  et  no  1  «  III,  et  w  XV  et  i55  Vili  eta66XIet  3:i  VI,  VII. 
Vili,  IX  et  X  et  36g  111  et  ^i-i,  V.  —  Nelle  biblioteche  d.  Roma  ve  ne 
k  pure  non  piccolo  numero  e  per  la  maggior  parte  d' origine  fiorentina , 
ad  ecceiioDe  forse  del  cod.  vaiic.  4711  membranaceo  del  secolo  XV,  nel 
■jualc  ai  legge  a  pag.  20  l'uOrofione  bellissima  che  disse  messere  Ste- 
phano  porcharo  al  papa  Martino,  quando  tornò  di  Firen^a,  essendo  stato 
capitano,  reperendogli  grafie  infinite  et  immortale  ••  eie.  Il  codice  consta 
di  40  pagine,  è  scritto  elegantemente  da  un  raesser  Bartolomeo  mìnia- 
lore,  il  quale  avviEa  in  lul  principio  del  libro  che  si  è  sforzalo  u  de  red- 
durt  in  un  certo  volumetto  alcune  Epistolete  et  exordii  n  che  possano 
ralere  d' esempio  a  chi  ne  è  mestieri.  Dedica  il  suo  lavoro  ad  alcuno  della 
famiglia  Bolognini,  della  quale  encomia  un  measer  Bartolomeo,  che 
(pag.  ig):  aumii  li  boni,  ha  un  eloquentia  mirabile  in  latino  et  in  vul- 
gart;  se  li  costumi  egregi  fusseno  persi,  se  rechalerebbono  in  quello 

kuomo non  teme  spesa  né  pericolo,  come  facea  el  patte,  a  la  salute 

della  patria;  porta  lo  exilio  suo  iajusto  eum  sufferentia  et  magnani- 
miti.  •  —  I  Bolognini  erano  da  Bologna,  ma  lì  vediamo  imparentati  cogli 
Alberti  di  Firenze  (cf,  Passebini,   Gli  Alberti  di  Firenze,  genealogia, 

Boaria  e  documenti,  Firenze  1S70,  parte  11  pag.  g6.  —Noi  indicheremo 

^■dvccsi  ma.  romani  colte  seguenti  sigle  : 

=  M 


ÌMnL  vatic. 

4fìiz 

mem 

br.  aee.  X 

V,  di  B 

ariolo 

meo 

niniaiore 

lUTaUc. 

48*4, 

cart. 

sec.  XV 

numera 

0  tin 

0  ali 

pag.   CVIII, 

dopo  e 

ui  seguitano 

17  pag. 

non  nuit 

eraie 

ali. 

0",  279  \ug. 

0-,  193 

ma.  ottob. 

3Ì.6 

P^B 

sec.  XV, 
148 

alt.  0" 

187 

I»rg 

0".  i33,  nu- 

a»,  regio. 

1973 

Sec 

XV,  care 

alt  o>. 

*94. 

Urg. 

0»,  at4 

I 


94  O.  Tommasini 


est,  et  omni  via,  jure  et  modo  quibus  magis  et  melius 
tuerunt,  providerunt,  ordinaverunt  et  deliberaverunt  die  tertS^ 
decimo  mensis  Novembris  Anno  Domini  Millesimo  quandri\ 
gentesimo  vigesimo  septimo,  inditione  sexta,  Quod  reformatii 
seupars  et  capitulum  reformationis  et  provisionis  nuper  edii 
et  in  qportunis  consiliis  firmata  anno  Domini  Millesimo  Qua- 

ms.  barberin.  XLV,  35  (ant.  2143)  sec.  XV,  alt.  0%  233,  larg. 

ms.  barberin.  XLV,  145,  (ant.  2454,  mod.  CC,  legato  nel  1825) 

cart.  sec.  XV,  alt.  o»,  3o6,  larg.  o«,  219  =BB 

cod.  casanat.  C.  V.  14,  membr.  sec.  XV,  alt.  o",  235  larg. 
o™,  1 56. —  Neir interno  della  legatura:  a  Questo  libro  è  di 
bartolomeo  d^  Antonio  del  Vantaggio,  —  emptus  post  an- 
num  1760.  »  =C 

Da  questi  ci  pervengono  17  orazioni  del  Porcari,  nove  delle  quali 
pubblicò  il  Manzi .  le  altre  rimangono  inedite.  Si  ponga  mente  a'  titoli 
delle  medesime,  dai  quali  ancora  apparisce  come  la  memoria  di  Stefano 
si  mantenesse  viva  e  cara  ne*  fiorentini  : 

I.  Oratione  facta  per  messer  Stefano  Porcari  da  Roma  capitano  del 
populo  di  Firenze  in  su  la  ringhiera  de  priori  la  mattina  che  nuovi  si- 
gnori presono  V  uficio,  —  V  pag.  LXXV.  —  O  pag.  78-82  t.  «  Oratione 
di  messere  Stefano  porchari  la  prima  volta.  »  In  fine,  a  lato  e  d'altra 
scrittura:  El  parlamento  di  Curado  Bigordi  a  boce  viva  in  ringiera. — 
B  pag.  129  t.-i34;  ibidem.  Senza  nome  d*  autore,  pag.  3-7. —  BB  pag. 
18  t.-2i.  —  C  p.  3-6  t.  Oratione  di  messer  Stefano  porchari  Ciptadino 
Romano  «  Capitano  del  popolo  di  firen^e  facta  in  sulla  ringhiera  La 
mattina  che  enuovi  Signori  pigliano  lufitio,  »  —  a  Quante  volte  io  ri- 
guardo »  ...  —  ...  «  e  riposo  di  questa  Re  :  pu  :  ne  seguirà  »  (ed.  Manzi, 
n.  I  ).  —  2.  Oratione  facta  per  lo  detto  meser  Stefano  porcari  la  si- 
conda  volta  gli  tocchò  a  lentrata  di  nuovi  signori  in  decto  luogho.  — 
V  pag.  LXXV  t.-LXXVIIi.  —  O  pag.  82  t.-85  t.  Diceria  facta  p  messere 
Stefano  Porchari  da  roma  capitano  di  Jlrenj^e  a  nuovi  signori  in  sulla 
ringhiera  la  seconda  volta.  —  B  pag.  134-140  t.  —  C  pag.  6  t.-ia  t. 
«  Io  mi  richordo  ». ..  —  ...  «  air  altissimo  idio  che  sia  »  (Manzi  2»}.  — 
3.  Oratide  facta  per  lo  decto  messere  Stephano  la  iiij  volta  nell'en- 
trata de'  nuovi  signori  i^ --  V  pag.  LXXVIIII-LXXXI,  ibid.  pag.  LXXXVX- 
LXXXVIIl,  ove  s*  intitola:  Oratione  di  detto  mesere  Stefano  in  che  modo 
sabbi  a  gouemare  la  republicha,  »  ^  O  pag.  85  t.-92.  Oratione  facta  9 


t  Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari' 

ériagentesimo  sexto,  et  de  mense  Junii  dkti  anni,  videlicet, 
m  Consilio  Comunis  die  nona  mensis  eiusdem,  disponens  inler 
alia  in  effectu,  quod  aliquis  existens  in  officio  Capitaneatus 
Peculi  Civitatis  Fhrentie  refirmari,  ve!  noviler  eligi,  aut 
tempus  sui  affidi  prorogari,  in  tolum  ve!  in  partem  non 
posset,  nisi  per  petitionem  vel  provisionem  que  deliberala 

mea,  Sle/ano  porclieri  C.  di  firenje  a  nuovi  Signiori  in  sulla  ringhiera 
la  lerja  volta,  (et  a  Bigordo  a  ridire  qui  a  pie).  —  B  (nnl.  114') 
ptg.  140 1-145 1.~BBp.  16-ìS  l.  Notabile  diceria  eK.  —  C  pag.  ij  1.-17 

■  Oralione  di  Mess.  Stefano  porcharì  Ciptadìno  Ro.  laterja  uolta  alla 
aurata  de' Nuovi  SignarL'  Molle  considerai  ioni   m'occorrono  all'anì- 

mo  ■  ....  — B  qui  benedicius  est  in  seeula  seeulorum.  ■  (Mabzi  3").— 

4.  Oratione  Hj  per  lo  decto  mesere  Stefano  allentrata  de  nuovi  Singnori 
ettendo  rifermo  nel  suo  officio  K.-  -  V  pag.  LXXXI-LXXXIIII  l.  -  O 
pag.  92-93  I-  Oratione  facta  per  messere  Stefano  parchari  capitano  difi- 
rem*  a  l'entrata  de' nuovi  Signiori  essendo  rafermo  «elsuo  ufyio  laiiij 
volta.— B  (ani.  1:431  pag.  145  l.-i55.  — C  pag.  i-j-iS  l.^  Oratione  del  so- 
pradecto  Mesa.  Stefano  porcharì  cittadino  romano,  la  quale  ci 
che  cosa  e  rep.  et  ckila  ordinò  et  a  che  fine  fu  ordinata.  0 
cuna  Tolla  t  stato  amarrilo  ■  ...  —  ...  ■  fìssa  n 
(Mahii  4»),  —  5.  Oratione  di  meser  Stefano  dinani^i  a  signori.—  V  pag. 
LXXXVIlIt^LXXXV.  —  O  pag.  ggl.-ioot.  Oratione  di  mets.  istefano 
pordtaro  capitano  di  Firenze  quando  rendè  la  bacchetta  ned'  altra  ma- 
no «  in  nome  di  Curado  bigordì,  •>  —  R  pag.  58.  —  «  Oratione  facta  per 
decto  mesi.  Stefano  quando  rendè  la  bacheta.  »—  B  (ant.  ai43)  pag- 

■  14-116.  Risposta  facta  perdecto  Af.S.  in  Sta  Maria  del  fiore  quando 
gli  fu  dato  il  giuramento  netta  sua  venuta,  —  C  pag.  i9-3a.  Oratione 
tUl  topradeeto  Mess.  S.  P.  quando  usci  Capitano  difiren^e  che  era  stato 
uno  anno.  —  a  Questo  dì  illuslri  tignorì  miei  finisce  U  mia  ammlnislra- 
lione  »...  — ...  o  gii  con  animo  grato  vi  rassegno  le  insegne  del  mìo 
magitlraio  da  »oi  ricevuto  >>  R.  a  da  vui  ricevute.  »  (Manzi  V).  —  6.  Ora- 
tione di  mestr  Stefano  porcari  fatta  dinanzi  alla  S*  quando  ebbe  gli 
onori.  R.-..  -   V  pag.  LXXXV-LXXXVI.  —  B  (ant,  1143)  pag-    '16- 

118.  —  C  pag.  3g  t,-4i  :  —  «  Se  mai  per  alcun  tempo  n  ..,  —  ,,,■  fo 
fine  di  parlarti  ma  mai  menire  mi  durerà  la  vìla  il  farò  d'amare.  Sono 
tuno  vro,  »  (Manzi  VIJ.  —  7.  Oratione  di  decto  messer  Stefano.  —  V 
pag.  LXXXVIlMJCXXVIllt.-0  pag.  ioot.-ioi.  Oratione  facta  p  met- 
tere isttfano  porcari  a  signiori  e  a  Collegi  essendo  rifermo  capitano 
dove  lascia  la  risposta  del  terjo  protesto  e  rende  gratie  della  riferma 
f  Mete  cosi  :  —  R  pag-  69.  Oratione  del  decto  mss.  Si.  a  sig.'*  et  Collega 


à 


96  O.  Tommasini 

» 

fiierit  inter  Dominos  Priores  artium  et  Vexillifirum  Justàk^ 
Gonfalonerios  Societatum  Populi^  et  duodechn  bonos  viros 
Comunis  predictij  obtento  pentito  per  omnes  triginta  septem 
fabas  ntgraSf  redditas  per  principales  ex  ipsis  officiiSj  et 
personaliter  et  non  per  commissionem  vocum  vel  Jabanm: 
et  quicquid  contrqfieret  esset  irritum  et  inane  et  nuUim  ff- 

essendo  rifermo  cap»  doue  lassia  la  risposta  del  protesto  et  rende  grar 
tia  di  essa  riferma.  —  B  pag.  121-123.  —  BB  pag.  2.  t.  •  Diceria  det 
decto  etc,  —  (termina:  «  conveniente  meritare  1»), -^ C  pag.  371.-39*- 
«  Quando  io  considero  »  ....  —  ....  «  convenientemente  meritare.  »  ^^ 
(Manzi  VII).  —  8.  Risposta  di  decto  messer  Stefano  al  Cancelliere  de^ 
comune  di  Firenj^e  nel  giuramento  suo,  »  —  V  pag.  LXXXVIIU  —  C 
pag.  28  t.-29,  «   Or at ione  del  sopradecto  Mess,  5.  Por,  ^n  giuro  Ur 
Jitio  suo,  »  —  0  udito,  magnifici  et  excelsi  signori  »  ...  —  ...  «  di  questo 
florentissimo'populo.  »  —  g.  Oratione  exposta  per  lo  decto  meser  Ste- 
phano  dinanzi  al  santo  padre  nella  tornata  a  Roma,  —  Dopo  la  quale: 
a  finite  le  pistole  del  M'^  et  Genero  (sic)  caualieri  mesere  Stephano 
porcari  da  Roma,  :  ~:  «-:«•:-  V  pag.  LXXXVIliI.LXXXVlIiIt.-M 
pag.  20:   Oratione  bellissima  che  disse  messere  Stephano  porcharo  al 
papa  martino  quando  tornò  dafirem^a  essendo  stato  capitano,  re/feren- 
dogli gratie  infinite  et  im mortale,  »  —  B  ( ant.  2 143  )  pag.  1 28  t.-i  29  L  -- 
C  pag.  41  t.-42  t.  Oratione  di  Mess,  S,  Porchari  quando  fu  tornato  a 
roma  dinam^i  al  Sancto  padre.  —  a  Se  mai  nel  corso  »...  —  ...  «  1*  umile 
vra  creatura  racomando.  »  (Manzi  IX).  •—  10  Risposta  facta  per  mes- 
sere Steffano  porchari  agli  eles^ionarii  da  Roma  a  qua ,  quando  la  le- 
:(ione  gli  dierono  del  capitanato  di  firen^^e,  »  —  O  p.  73-73  t.  —  B 
(ant.  2143)  pag.  i23  1.-124.  C  pag.  25t.-26.  — «  io  cogniosco  incliti 
elezionarii    della  magnificha  e  famosa  ciptà  di  Firenze  »...  — . .  .a  ac- 
cepto,  apruovo  e  prometto  pienamente  adempire  et  obseruare.  »  —  11.  Ri^ 
sposta  facta  per  messer  steffano  porchari  capitano  di  Firen^^e  a  Signori 
quando  gli  dierono  il  capitaneato,  »  —  O  p.  74.  —  B  (antico  2143)  pa- 
gine 1 20-1 21.  —  C  pag.  26-27.  —  Laetatus  sum  in  his  quae  dieta  sunt 
michi.  io  debbo  meritamente  usare  le  parole  predecte  del  psalmista» ... — 
...  «  a  triunfo  et  gloria  delle  vostre  excellentie  et  dello-  invittissimo  po- 
pulo  fiorentino.  » —  12.  Risposta  facta  per  mess.  Stefano  porcari  a  uno 
protesto  facto  per  la  Signoria  ai  rectori.  »  —  O  pag.  93  t-gS  t.  —  B  (an- 
tico 2143)  pag.  1 18  t.- 120.  —  C  pag.  27-28.  a  Oratione  del  decto  Mess. 
Stefano,  P,  Confermando  la  risposta  del  podestà  che  innani^i  a  luj  hor- 
veva  decto.  »  —  «  in  mandatis  tuis  exercebor  et  considerabo  vias  tuas, 
in  justifìcationibus  tuis  meditabor,  non  obliviscar  sermones  tuos.  Glo- 
riosi et  excelsi  S.  miei;  secondo  il  mio  piccolo  giudicio  »...  — ...a  e 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       97 

Jicacie  vel  effectus  prout  predicta  et  alia  plura  per  lenoret^ 

provisionis  eiusdem  incipienti^,  attendentes  magnifici  Dor 
minietc.  clarius  demons/rantur  :  et  alia  reformatio  etprovisio 

JirmJla  in  oportunis  consitiis  Papali  et  Camunis  Florentie  de 
Anno  Millesimo  Quadringenlesimo  octavo,  et  de  mense  Octo- 
bris  eiusdem  anni,  videlicet  in  Consilio  Comunis  predicci  die 
vigesima  secttndo  ipsius  mensis,  continens  Inter  alia  in  effectu, 
qaod  nullus  Reclor  vel  officialis  Civitatis  Florentie  Foreasis , 

posset  secum  retinere  in  aliquo  mlnisterio,  officio  vel  exer~ 
dito  sui  officii  aliquem  habentem  devetum  prò  eo  quod  ste- 


pfcie  del  nostro  felicissimo  populo.  o  —  i3.  Risposta  facta  p  messere 
Stefano  porcari  a  un  altro  protesto  fatto  da  S.  —  O  pag.  gS  t.-gÒ  t.  — 
B  (ani.  1143  )  p.  I  li  1,-1 18  l.  —  C  pag.  ìb^ì-j  l.  —  o  Beatus  homo  quem 
tu  erudierit  et  de  legie  tua  docueriseam,  ps.XClt.  Rivolgiendo  alla  vo- 

nSnitt  secula  ceculorum.  n  —  14.  Risposta  facta  p.  messere  Stefano  por- 
ehari  a  un  altro  protesto,  n  —  O  p«g.  75.  —  R  pag,  57,  —  B  p.  114.— 
C  pag.  33  1.-35.  —Magnifici  e   polenii   signiori   miei  e  venerandi  choÌ- 

legi. ■  Rivolgendo  io  spesso  la  mente  intorno,  ...  — . . .  «  cuslodiam 

t^em  luaro  setnpcr  in  seculum  secali.  »  — ^  i5.  a  Risposta  del  sopradecto 
meu.  Stefano  porchaù  capitano  di  Firenze  a  un  altro  protesto  facto 
ai  rettori.  D  —  O  pag.  96  1.-97  *•  —  B  pag.  i  13  i.  —  BB  pag,  14-15  t. 
Dicerìa  mollo  notabile  facta  per  m.  S.  P.  da  Roma  chapilano  di  Firen- 
ze. —  C.  pag,  3i  t,-Ì3  1.  u  Oratione  del  sopradecto  Alesi.  S.  porcharj 
tOHftrmandaae  La  risposta  dei  podestà  sopra  alla  proposta  facta  a  rectori 
dal  CoHceUiere  della  Signoria  dì  F.  ■  —  j  Cusiodiam  legem  tuara  sem- 
Mculum  seculi.  Quanto  più  considero  n . . .  — ...  dalle  parole  pro- 
Custodiara  eie.—  16.  Riposta  di  messere  istefano porchari auit 
Uro  protesto  facto  per  la  S.  »  —  O  pig.  97  l.-gg  i.  B  ac.  1  io,  —  C 
pag.  3o-32.  —  ■  Più  volte  ho  in  me  considerato.. .  — .. .  u  si  degni  cier- 
taraente  conscruare  e  anpiificare  qui  esl  benediciui  in  secula  seculorum 
pmen,  >  —  17.  a  Diceria  notabile  fatta  f  messere  Stefano  porchari  da 
roma  chapitano  di  Jìrenje  sopra  il  protesto  fatto  ai  rettori  et  a  gli  al- 
tri Vfitiali  della  città  di  fìren^e  da  nostri  signori.  »  —  BB  p.  i5-i6.  ~ 
a  Magnifici  et  patenti  signori,  venerandi  choilegi  et  voi  altri  pruden- 
tiisimi  U  fidali.  D  ign  issi  raatn  ente  per  pane  delle  vostre  mag  nifi  centi  e  sì 
lauda  questa  gloriosa  virtù,  giustizia  »...  —  .,.  u  quanto  al  mio  piccholo 
r|PBmw  (At-à  possibile.  »  — 


archivio  della  Socitlà  ramana  di  Storia  patria.  VoL  UL 


O.  Tommasini 


tisset,  vel  fitissel  cum  aliqtto  Rectore  vel  officiale  forense 
ipsius  Civitatis  in  aliquo  officio  vel  exercitìo  sui  officìi  sub 
pena/Iorenorum  trecentorum  tam  retinenli  qnam  slatti,  vice 
qrtalibet,  rectorì  dd  suo  salario  relinenda  per  provisorcs,  aut 
Camerarios  Camere  dicti  Com:iuis:  et  quod  prò  habentc  de- 
vetum  salarium  solvi  non  possct,  nec  ipse  scribi  inler  aliam 
famìliam  Rectoris,  nec  relineri  in  Palatio  habitationis,  itisi 
sub  certa  forma  et  prò  certis  causis:  Et  non  possel  dari  li- 
cenila  nisi per  provisionem  obtìnendam  Inter  Domìnos  et  Col- 
legiaper  triginta  se.vfabjs  nìgras,  approbandam  demum  per 
oportuna  Consilia  dicti  Poptili  et  Coininis,  et  cum  certa  so- 
latione.  precedente  provisione  sub  penis,  observantiis ,  con- 
ditionibus,  modis  et  formis  ìnseritis  in  dieta  provisione  inci- 
piente, considerantes  magnifici  Domini  etc.  Et  statutum  pò- 
situm  in  primo  libro  voluminis  statutorum  Domini  Polestatis 
Civitatis  Florentic,  disponens  Inter  alia  qiod  nullusqiijuerit 
Potestas,  Capitaneus  PopuU  vel  execulor  ordinamentorum  Ju- 
stitie  Civitatis  Florentie,  a  decem  annìs  proxime preteritis  atra, 
ante  electionsm  de  eìs,  vzl  altero  eorum  fiendam ,  posset  eligi 
in  aliqto  ex  dìctis  affidis,  Potestarie,  vel  Capitaneatus ,  oKt 
executorie  Civitatis  Florentie:  et  quod  nultus  aliits  a  Potè-- 
state,  Capitaneo  et  Exccutore  forens  qui  fiierit  infra  quinque 
annos  in  aliqio  alio,  vel  in  dicto  officio  Civitatis,  iuris- 
ditionem  aliquan  exercere ,  vel  venire ,  vel  stare  cum 
aliquo  officiale  forense  Civitatis  predicte  :  et  quod  nullus  Fo- 
rensis  qui  fuerit  per  se  vel  cum  aliquo  in  dictis  officiis,  vet 
aliquo  eorum,  ullo  modo,  direcle  vel  indircele,  vel  sub  aliquo 
colore  vel  mutalione  nominis  ipsius  officii,  possit  refirmari 
vel  aliquod  officium  exercere  in  loco,  vel  Poiestaria  aut  Ca- 
pitaneria in  quo  vel  qua  fuerit  semel  infra  dictum  tempus; 
el  omnia  supradicta  locum  haberent  in  berrovariis  singulti 
singulis  referendo;  t'taque  ipsi  Berrovarii  intelligerenlur  ha- 
bere  devetum  in  dictis  locis  per  duos  annos,  nec  sub  mu~ 
tatione  nominis  possent  aliquo  modo  scribi:  Et  non  possent 
Domini  Priores  et  Vexillifer  Justitie  per  se  vel  cum  eorum 
Collegiis  levare  vel  tollere  devetum  alicui  habenti,  nec  Consilia 


•iimenti  relativi  a  Stefano  Porcari        gg 


Kvocare  et  quod  in  ipsis  consilus  convocatis  nulltis  aiideret 
tere  propositam  de  levando  devetum ,  aut  consulere  ve/  arin- 
re,  dicere  vel  proponere  alìq'iid  super  dieta  materia:  et 
f  cantra  facerel  esset  ipso  iure  privatus  omnì  officio  quod 
*eret,  et  tatia  Consilia  et  gesta  in  cis  cssenl  ipsojure  nulla; 
tt  q-ii  fuerit  propositus  in  officio  Dominorum  Priorum  lem- 
fOT-e  qiiojìerel  talis  proposito  y  finito  suo  officio,  possel  et  de- 
ier-ét  poni  in  libro  speculi,  et  inde  non  possel  removeri,  nisi 
<)b tenta Joret  per  opportuna  Consilia:  et  quod  nolarius  speculi 
ttitim  posiquam  absolutus  esset  a  suo  sindicatu  dictus  prò- 
fosilus,  facere  teneretur  descriptionem  de  tali  proposito  in 
Sicto  libro  speculi  sub  pena  Jlorenorum  cenlum  auH:  et  pre- 
fetti Domini  Priores  artium,  et  Vexillifer  Jusittie,  et  eorum 
eol/egia  qui  contrafacerent ,  essent  et  habcrentur  ipso  jure 
tanqiam  exbanniti  Comunis  Florentie  prò  mallcficio,  et  im- 
pune possint  offendi;  et  insuper  intelligcrentur  exbanniti  et 
condcmpati  in  libris  mille  fiorenorum  par  vorum.  applicandis 
Comuni  Florentie  Notarius  vero  qui  aliquid  scripserit  vel 
iictaverit  cantra  predscta,  esset  ipso  jure  privatus  suo  of- 
ciò  et  condempnatus  prò  malleficio  in  libris  mille  dandis 
Communi  Florentie,  et  impune  possel  offendi:  Potestas,  Capi- 
taneus  vel  Executor  qui  passi  fuerint  se  eligi,  vel  acceptave- 
'''"i  cantra  predicta,  vel  aliquod  predictorum,  ipso  jure  essent 
tondempnati  in  _florenis  duobus  millibus  ;  et  si  officialem 
''iliquem  habentem  devetum  tenuerint,  aut  in  sua  famìlia 
'^ipsirint,  inlelligerentur  ipso  jure  condempnati  in  libris 
""ile  ^orenorum  parvorum.  Domicelh  vero,  Conestabiles  et 
^''^ovarii ,  seu  alii  familiares,  si  contra  predicta  fecerint 
""^tltgerentur  esse  ipso  ture  condempnati  in  libris  centum 
"'"'enorum  parvorum  applicandis  Communi  Florentie  :  etom- 
"*■*  suprascripte  pene  retineri  deberent  de  salario  Rectorum 
^fficialium  forensium  contra  predicta  facientium  :  et  civis 
"^ti-afaciens  puniretur  ipsojure,  et  condempnatus  inlellige- 
''^tur  in  libris  mille  Fior,  parvorum,  non  obstante  quod  esset 
^solutus  a  sindicatu  vel  temporis  cursu;  et  quilibet  possit 
Scusare  etc.  Et  quilibet  officialis  Cìvìtatis  Florentie,  et  Re- 
^^i^Wores,  et  odo  custodie,  de  predictis  possent  cognoscere. 


O.  Tommasini 


et  su^cerent  tres  testes  deponentes  de publica  fama;  et  ^a 
multa  in  preiudicium  muttorum  statutum  non  observaatìum, 
proitt  in  eo  ptenius  continelur.  Et  omnia  et  stngula  alia  or- 
dinamenta  quocum^ue  tempore  facta .  firmata,  edita,  pel  com- 
posita, de,  vel  super,  aat  circa,  vel  prò  his  de  qiiibus  rt/hi 
nominalirn  mentto  fiet  edam  sub  quìbuscumque  verbis  temn 
vel  effeclu ,  cum  omnibus  et  singuUs  soleinnitatibus,  protdbi- 
tionìbus,  preiudiciis,  roboralionibus ,  penis ,  effectìbus  seu  di' 
spositionibus  quibuscumque  ;  ex  nunc  intelligantur  esse  et  aùt 
omnino  et  in  tolum  subspensa  atque  subspense  et  vires  mh 
babere  et  prò  subspensis  haberi  debeant,  ad  hoc  duntaxat  Bt 
ea  qiie  infra  post  hec  verba,  et  sub  infrascripto  effectu,  »• 
delicet,  descripta  erunt ,  fieri  possint  ac  provideri,  ordinari, 
deliberari,  disponi,  stalui  et  firmari,  si  et  in  quantam  ofr- 
tineatur  prius  presens  provisio  et  per  ipsam  tollantur  et  re- 
moveantur  obstacula,  et  repiignantie,  pene  et  preiudicia  que- 
ciimque,  solum  per  provisionem  deliberandam  per  Dominas 
et  Coltegia  secundum  numerum  ordinarium,  etiam  sine  alia 
previa  solutione  aut  interveniente  vel  sequente,  etiam  sine 
numero  trigintasex,  vel  trigintaseptem  fabarum  nigrarum: 
etquodaliqua  ex  dictis prohibilionibus ,  penis ,  preiudiciis  vel 
gravamìnibus  locum  non  habeat,  nec  aliqualiter  committatur 
aut  commuti possit  quoquo  modo,ymo  etiam  prò  his  et  in  hìs 
de  quibus  infra  scribetur,  habeatur  et  censeatur.  et  haberi 
et  censcri  possit ,  et  debeat  et  sit,  ac  si  diete  provisiones,  re- 
formationes  et  ordinamenta ,  de  quibus  supra  fit  mentio,  et 
comprehenditur  non  essent  facta,  edita  vel  firmata,  et  nul- 
latenusprovisa,  ordinata  vel  deliberata,  sed  habeantiir penitus 
prò  infectis  in  omnibus  et  per  omnia,  et  quoad  omnes  et 
omnia:  que  omnia  firmatis  primo  his  de  quibus  infra  scri- 
betur, et  ipsis  firmis  stantibus,  redcant  in  suo  pristino  rt>- 
bore  et  vigore:  cum  declaratione,  modificatione  et  intentione, 
quod  in  casu  quo  presens  provisio  obtìneatur,  fieri  passini, 
atque  firmari,  deliberari  et  stabiliri,  provideri  et  ordinari 
per  provisionem  sequcndam  que  finalem  effectum  et  concia- 
sioncm  dispositionis  continebil,  hec  duntaxaletsub  infrascripto 
effectu,  videlicet: 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari 


Im  primis  quod  tempus  sex  mensium  prò  quìbus  magni- 
Jcus  miles  prejatus  Dominus  Stefanus ,  presens  Capitaneus 
et  Defensor  Civitatis  et  Populi  Fiorentini  hactenusfuit  electus 
ad  ipsum  officium  Capitaneatus  in  quo  ad  presens  presidet, 
ex  nunc  inleUigatur  esse  et  sit  prorcgatui»  solempniter  et 
legitime  prò  tempore  et  per  tempus  aliorum  sex  mensium 
f^oxime/uturorum,  immediate  post  ipsos  primos  sex  menses 
presentiaiiter  durantes  iniiiandorum  ;  et  eliam  quod  omni 
develo  et  proliibitione  cessante  et  remola,  dictus  magnijicus 
miles  Dominus  Stefanus  Capitaneus  predìctus,  ex  nunc  in- 
leUigatur esse  et  sit  ad  dìctum  officium  et  in  dicio  officio  Ca- 
pitaneatus reekctus  et  refinnatus  prò  tempore  sex  mensium 
predictorum,  incipiendorum  preseniibus  sex  mensibus  finitis . 
et  quod  dieta  lemporis  prorogatio,  et  rejirmatio,  et  nova  ree- 
ieclio  intelligatur  esse  et  sit  cum  eodem  numero  judicum , 
miiitum,  sociorum,  notariorum,  domicellorum,  /amulorum 
seu  berrovariorum,  comitive  et  equorum;  et  cum  ilio  salario, 
officio,  balia,  aucloritaie,  iurìsditione,  imperio,  potestate,  syn- 
dicatu  oneribus  et  lionorìbus  et  cum  alUs  quibuscumque  mo- 
dis.  condilionibus,  qualitatU'us,  observantiis ,  iuramento,  pro- 
missionibus,  et  aliis  cum  quibus  ad  ipsum  officium  ab  initio 
per  electores  extitit  deputatus,  stantibus  tamen  firmis  supra- 
scriptis  et  itffrascriplis  capitulis  et  effectibus. 

Item,  quod  dictus  magnijicus  miles  Dominus  Stefanus 
Capitaneus  predictus  possit  lam  in  secundis  sex  mensibus, 
quam  etiam  in  residuo  primorum  sex  mensium  ad  presens 
durantium,  retinere  et  secum  habere  iudices,  milites,  socios, 
notarios,  domicellos,  seu  berrovarios  quoscumque,  etiam  de- 
vetum  vel  prolùbitionem  habentes  prò  eo  quod  fuissent  et 
seu  essenl  cum  dicto  presente  Domino  Capitaneo  in  dictis 
primis  sex  mensibus,  vel  aliqua parte  temporis  dictorum  sex 
mensium ,  seu  partem  eorum ,  seu  aliquos  in  eis  quos  voluerit  : 
et  quod  ipsi  judices,  milites,  sodi,  notarli,  domicelU,  berro- 
varii  et  famuli  qui  relenti  fuerint,  stare  et  remanere  pos- 
sint  cum  dicto  presente  Domino  Capitaneo  licite  et  impune, 
ìam  absque  aliqua  solulione  propterea  Communi  Florentie 

iemia,  aut  alia  Uceniia  et  seu  deliberatione,  vel  actu:  et 


O.  Tommasini 


prò  his  qui  sic  steterint  solvi  possit  et  debeai  salarium  per 
camerarios  camere  Communis  Florentìe,  quìbuscumque  in 
contrarium  dìsponenlibus  non  obslanlibus. 

Item  quad  dieta  refirma  prò  diclis  secundis  sex  menstbus 
non  iatelUgatur,  nec  sit  nova  electio,  sed,  una  cum  primis 
sex  mensibas,  intellìgatur  esse  et  sit  continuatum  afficìum 
in  omnibus  et  per  omnia,  et  ac  si  ab  initio  electionis  de  co 
facte  prò  primis  sex  mensibus,  facta  fuìsset  prò  uno  anno, 
nec  propterea  req'tiratur  novum  juramentum  per  eum  et 
suos  officiales  et  famUiam  prestandum. 

Item,  quod  pre/atus  miles  Dominus  Stefanus  Capitaneus 
predictus  teneatur  et  debeat  in  urbe  de  qua  est  oriundua  fa- 
cere  ref armari  di  rapresaliis  non  impetrandis  super,  velpro 
lite  materia,  et  super  hoc  articulo  teneatur  facere  et  fieri 
facere  observare  prò  secundis  sex  mensibus  prout  debuit  prò 
electione,  et  secundum  nolam  pactorum  sue  electionis  ad  ipsum 
officium  prò  primis  sex  mensibus  ad  presens  durantibus. 

Item ,  qiod  ultimi  octo  dies  sexti  et  ultimi  mensis  primorum 
sex  mensium  prò  quibus  idem  Dominus  Stefanus  Capitaneus 
l'iectusfuit,  non  intelligantur  esse  nec  sint  aliquaUter feriati 
ipsi  Domino  Capitaneo  aut  sue  curie,  prout  solent  et  esse 
debent  ultimi  octo  dies  officii  Capitaneatus  predicti  secundum 
ordinamenta  Communis  predicti,  nec  tunc  acta  auferantur, 
sed  quod  in  his  ultimis  octo  diebus  possit  per  dictum  Domi- 
num  Capitaneum  et  eius  officiales ,  familiam  et  curiam,  super 
et  de  omnibus  et  in  omnibus  et  singulis  cognosci,  procedi, 
decidi,  definiri,  sententiari,  condemnari,  puniri,  excqui  et 
fieri  prout  et  sicut  quocunque  alio  tempore  dictorum  sex  men- 
sium. Et  quod  ultimi  octo  dies  secundorum  sex  mensium  sint 
fenati  et  fiabeantur  et  censeantur  et  sibi  et  suis  qfficialibus 
et  curie  prò  feriatìs,  prout  et  sicut  habentur  et  censentur, 
seu  haberi  et  censeri  deberent  ordinarie  ultimi  octo  dies  cf- 
ficii  dicti  Domini  Capitaneis.  Et  quod  in  dictis  ultimis  octo 
diebus  secundi  temporis,  auferantur  acta,  et  scripture  assi' 
gnenfir  notario  actorum  camere  utrcq'ie  tempore  prout  in 
similibus  consuei'it. 

Item,  quod  p ref atus  Dominus  Stejanus  Capitaneus  pre- 


Kìki 


Documenti  relatiri  a  Stefano  Porcari      io3 


ì-tìictus  teneatur  et  debeat  novos  officlaìes,  écmkellos,  berrò- 
varios,  comitivam  et  equos,  si  quos  de  novo  prò  secundis  sex 
mensibus  acceperit,  facere  scribi  penes  oJfic>a!es  conducte 
stipendiariorum  ditti  Comum's  ante  initium  dictorum  secun- 
dorum  sex  memium,  seu  saltem  infra  sex  dies  post  initium 
dictorum  secundorum  sex  mensium. 

ftem,  qiiod  persona  ipsius  Domini  Stefani  Capitane!  pre- 
dicti,  suique  offciales  etfamilia,  qiios  et  quam  liabuerit  tam 
in  primis  sex  mensibus  quam  secundis,  sindicentur  finitis 

tdictis  secundis  sex  mensibus,  et  non  prius,  et  huiusmodi  sin- 
'iicatus  duret  decem  odo  diebus,  et  non  ultra,  initìatis  a  die 
Ksponsionis  que  facto  fueril  inquiaitioni  que  prò  dicto  sin- 
4icatu  formata  ent,per  o/fcium  suorum  stndicorvm,  et  tunc 
Hominum  executorem. 
Item.  quod  tertìa  pars  salarii  dìcti  Domini  Capilanei  que 
tibi  debebitur  prò  quinto  et  sexto  mensibus  primorum  sex 
mensium,  et  solvi  sibi  debet  secundum  electionem  hactenus 
de  eofactam  postquam  fuisset  a  sindicatu  expeditus.  non  de- 

Iieat  sibi  retìneri  prò  dieta  causa,  sed  pasit  et  debeai  sibi 
pivi  per  camerarios  camere  dicti  Ccmunis  in  dictis  duobus 
mensibus  ulttmìs,  seu  poitea,  quandocumque.  Et  quod  tertia 
pars  sui  salarii  que  sibi  debebitur  prò  ultìmis  duobus  men- 
sibus secundi  tempons  supradicti,  retineatur  sibi  et  non  sol- 
vatur  donec  fuerit  a  sindicatu  suo  preditto  expeditus,  prout 
sibi  retineri  debebat  alia  tertia  pars  uitimorum  duorum  men- 
sium primi  temporis  antedicti,  de  qua  supra  dictum  est. 

Item  quod  Camerarii  Camere  dicti  Communis  possint, 
teneantur  et  debeant  solvere  dicto  Domino  Stejano  capitaneo 
predicto  salarium  sibi  dcbitum  prò  dictis  secundis  sex  men- 
sibus prò  dicto  officio,  in  illis  terminis,  modis  et  temporibus 
in  ejfectu,  cum  quibus  et  in  quibus  solvi  debet  salarium  pri- 
morum sex  mensium,  et  sic  observetur.  qualibet  oppositione 
et  contradilione  cessante  penitus  et  remota. 

Non  obsiantibus  in  predictis  vel  aliquo  predictorum  ali' 
quibus  Icgibus,  statutis,  ordinamentis,  provisionibus  aut  re- 
fi/rmalionibus  consiUorum  Populi  et  Communis  Florentie, 
obstacutis  seu  repugnantiis  quibuscunque,  etiam  quantum^ 


L 


I04 


O.  TomMàìfni 


eurrque  dero^atoriis,  penalìbus  vel  predsfs,  vel  ttiam  «  de 
eis  vel  ipsorum  aUquo  debuisset  vel  deberet  Jkri  spfcidtit 
mentio  et  expressa,  quibus  omnibus  intelligatur  esse  et  sit 
nominatim  et  expresse ,  spetialiter  ac  generaliter  derogatum  : 
et  quod  prò  predictis  supra  in  presenti  provisfone  contentìs 
etc.  ut  supra  in  prima  provisione  htiius  consiUi  cotitinetur, 
usque  ad  finem  provisionis  eiusdem. 

Qua  provisione  leda  et  recitata  ut  supra  dictum  est,  dic- 
tas  Dominai  propositus,  ut  supra  per  omnia  dictum  est,  prù- 
posuit  inter  dictos  Consiliarios  supradictam  provisionem  et 
contenta  in  ea,  super  qua  petiit  sibi per  omnia  prò  dicto  Com- 
muni et  sub  dieta  forma,  bonum  et  utile  consilium  impartiri: 
pnstque  illieo,  dicto  et  prodamato  in  dicto  Consilio  per  pre- 
conus  Communis  eiusdem  ut  moris  est,  quod  quiUbet  volens 
vadat  ad  consulendum  super  previsione  et  propositi!  supra- 
dicta,  et  nemine  eunte,  et  ipso  proposito  de  voluntate,  Con- 
silio et  consensu  officii  diclorum  Dominorum  et  VexilUferi 
proponente  et  partitum  faciente  inter  consiliarios  dicti  Con- 
siUi, numero  CCXV  presentium  in  dicto  Consilio,  quod  cui 
placet  et  videtur  supradictam  provisionem,  et  omnia  et  lin- 
gula in  ea  contenta  procedere,  et  admittenda  esse,  et  admitti, 
fieri,  observari  et  executioni  mandari  posse  et  debere  et  firma 
et  stabilita  esse  in  omnibus  et  per  omnia  secundum  formam 
diete  provisionis  et  contenlorum  in  ea,  det/abam  nigram  prò 
sic:  et  quod  cui  contrarium  vel  aliud  videretur,  det/abam 
atbam.pro  non.  Et  ipsis  fabis  datis,  recollectis,  segregatis, 
numeratis,  et  processa  per  omnia  secundum  fiìrmam  ordi- 
namentorum  dicti  Communis,  et  ipsorum  Consiliariorum  vo- 
luntatibus  exquisitis,  adfabas  nigras  et  albas,  ut  morìs  est, 
repertam  fuit  CXLIIIJ  ex  ipsis  Consiliariis  dedisse  fabas 
nigras  prò  sic:  et  eie  secundum  formam  diete  provisionis  ob- 
tentum,  firmatum,  et  rcformatum  fuit,  non  obstantBfus  re- 
liquis  LXXJ  ex  ipsts  Consiliariis  reperlis  dedisse  fabas  albas 
in  coHtrarium  prò  non. 


p,-,,„ 


ajvfnvaia  »el  Consiglio  del  ComUTte, 
'<  detto  stesso  mese   dì  novembre  coti 
I,  nunoslantì  43  contrari. 
Provriiioiii,  Reg.°  cit.,  a  C.  461  t. 


Documenti  rvlutm  a  Stefano  Porcari      i  o5 


nze,  Biblioteca  Nazionale,  Documenti  Machia- 
velli. [Busta  VI  N.  6.] 

Copia  (i)  dima  lettera  nela  quale  è  descritta  la 
congiura  di  mess.  Stefano  Porchari,  di  Roma  ad- 
di 1 6  di  genaio, 

■  1452  (2). 

Qui  apiè  legerete  cosa  maravigliosa  e  {stupenda  duna 
certo  trattato  ordinato  per  mess,  Stefano  Porchari  Romano 
confinato  a  Bologna  in  questo  modo  cioè.-  (3)  detto  mess. 
Stefano  venne  qui  addì  2  di  questo  nascosamente  con  uno 
suo  ragajjo  vestito  come  uno  viandante,  et  ismontò  in  casa 
£  uno  suo  cognato  il  quale  si  chiamava  messer  Agntolo  di 
^Jiacco  (4)  die  s'' intendeva  col  detto  mess.  Stefano,  et  simile 


0)  Ms.  Copi. 

it)  St.  eom.   .453. 

(J)  Ms.  eoe. 

(4)  La  letteri  del  Caccia  :  a  Demuiii  i-cra  ab  his  duobus  «il  amptiiis 
-txpoKÌt  niti  m  Angelum  Massi  cognatum,  Ni ealaitm  Galli  busiUeae  sancti 
-petri  eanaaicum  tt  B^tìstam  Sarram  tepoles,  lacobum  telti  eiitm  (sic)ac 
pttrvm  dt  Moi\lt  rotundophysìcum  et  domus pontificii  domeslicum  huiui 
voti  eonKios faciant.  ■  (ms.  Ctiìgiano  1,  VI,  su,  p.  60).  E  Pirnio  Godi, 
dialogo  cit.  :  ■  et  ■lit  fiiTebanl  et  inter  hos  [acobus  Lelliciechi,  Angelus  de 
Maso,  qui  Ali  US  Martini  pape  quinti  dicebatur,  Stephani  Porcarii  sororii, 
NicDlaiuGatlus  ci  noni  e  u&  basi  li  ce  Mncti  Peiri,  ipsius  ex  alia  torore  nepoa,  in 
quorum  domibus  reperte  sunl  arma  plura  ».  La  leilert  della  Biblioteca  di 
Nìnica  (CHRitTirHE  App.  op.  cit.  ]  non  reca  i  nomi  de' complici.  Di  Nic- 
cold  Gallo  non  li  à  memoria  alcuna  nell'archivio  della  basilica  valicana- 
Di  Battista  Sciarra,  che  il  Godi  chiama  n  crvi'i  Romanus  armiger,  b<m- 
nitui  "  la  lettera  Èorenlina  accenna  com'ei  desse  le  Stinche.  L  a  credere 
qui  non  si  tratti  già  delle  famose  carceri  di  Firenze  che  ebbero  questa 
jppellaiione ,  bensi  del  caslelloche  fu  de'Cavalcanii  fra  la  vai  di  Pesa 
■  la  ral  di  Gricvc,  che,  disfatto  da'  Fiorentini  nel  1 Ì04,  ebbe  ad  esser  rie- 


io6  O.  Tommasini 


uno  suo  figliuolo  il  quale  si  chiamava  Chimenti  et  con  lui  era 
Batista  iscarra  che  dette  le  Stinche  y  che  è  nipote  di  messer 
Stefano  et  quatro  altri  ciptadini  Romani ^  fra  quali  era  il 
canonicho  di  S.  Pietro,  Et  sendo  in  questa  casa  di  mess.  Agnolo^ 
huomo  richissimo  et  con  grande  famiglia  et  di  buono  paren- 
tado^ ordinato  molte  ragioni  d*  arme  et  partigiane  et  balestre, 
lance,  iscopieiti  in  grande  quantità,  s^ ingegniavono  di  ragù- 
nare  gente  in  questo  modoy  che  Batista  Scarra  et  altri  gio- 
vani (i  )  di  qui  dicevono  ali  compagni  et  ali  amici  loro:  venite 
con  essonoi  che  vogliano  (2)  fare  una  certa  dimostrazione  di 
vendetta  particulare  ;  et  loro  andavono  quivi,  cioè  in  detta 
casa  di  mess,  Agniolo,  et  non  usciva  veruno,  et  quivi  dor- 
mivano et  mangiavono  (3)  con  grande  magnificentia  et  largite 
spese:  Batista  Scarra  sottombra  di  fare  fanti  ordinava  bri- 
gate forestiere  in  altro  luogo,  et  in  capo  di  tre  sere  che  fu- 
rono stati  in  detta  casa,  essendo  a  cenavi  una  grande  brighata, 
et  bene  et  suntuosamente  aparecchiate  le  tavole  in  una  ma- 
gnificha  sala,  messere  Stefano  uscì  d^una  camera  cor  uno 
broccato  doro  indosso  che  pareva  uno  Imperadore.  Essendo 
bello  di  corpo  et  di  bellissima  presentia  et  elcquentissimo  et 
amato,  non  pareva  a  nessuno  modo  nessuno  si  potessi  da  sua 


dificato  poi,  come  attesta  il  Repetti,  (  Dij^ionar  io  geografico^  fisico  g  sto- 
rico della  Toscana,  Firenze  1843)  recando  l'autorità  del  Buoninse- 
GNi,  (Historie  di  Firen:{e),  il  quale  parlando  delle  incursioni  degli  Ara- 
gonesi nel  dominio  fiorentino  nell'anno  1452,  scrive:  a  In  questo  tempo 
che  i  nemici  stettono  all'assedio  della  Castellina,  feciono  più  cavalcate^ 
e  scorrerie  in  su  i  nostri  terreni,  e  fra  le  altre  una  infino  presso  a  Santa 
Maria  Impruneta,  e  presono  molti  prigioni,  bestiame,  e  feciono  molti 
danni;  e  presono  Pietrafitta  e  Grignano,  poi  presono  la  fortezza  delle 
Stinche,  e  fra  pochi  giorni  1' arsono  ».  È  probabile  che  Sciarfa,  con- 
dottiero de' Fiorentini,  ne  fosse  stato  lasciato  a  guardia  e  ch'egli  I* abbia 
ceduta  agli  Aragonesi.  Ad  ogni  modo  l'accenno  della  cessione  delle  Stinche 
che  si  à  nella  nostra  lettera,  risguarda  un  fatto  che  doveva  essere  molto 
recente  e  pe'  fiorentini  notorio. 

(i)  Ms.  govani. 

(2)  Sta  per  vogliamo, 

{3)  Ms.  mangavono. 


i 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari      107 

parola  difendere,  così  dicendo:  Jrate  mìe,  voi  siate  bentro- 
vati:  io  ho  deliberato  in  tuttofarvi  richi  et  signori  et  uscire 
di  servitù  el  farvi  e  piìt  contenti  huomini  che  mai  fussi:  et 
mise  mano  a  una  borsa  di  mille  ducati  doro,  et  a  tutti  ne 
detti  et  alcuno  ne  serbò  (i)  per  sé:  Molto  erano  conlenti,  et 
molti  come  avenenali,  non  sapendo  il  perchè,  si  meravigìiavono 
vegendo  mess.  Stefano  in  Roma  in  quel  modo,  che  sapevono 
lui  essere  confinato  a  Bologna.  Pure  bisognò  (2)  che  ogniuno 
sacordassi  che  non  sapevono  né  che  né  come  :  et  quivi  stando 
la  nocte.  uno  giudice  {3)  del  quale  si  Ji dava  mess.  Stefano, 
avendolo  menato  con  seco  da  Bologna  I4),  et havevali promesso 
il  senato  dì  Roma,  deliberò  rilevare  questo  trattato  con  dire: 
messer  Stefano  è  in  Roma;  et  disseto  a  uno  senatore  ch'era 
uscito  di  pochi  giorni  dujicio  (5),  ch'era  suo  amìcho,  che  al- 
tro non  poteva  dire,  perchè  messer  Stefano  non  haveva 
comunicalo  quello  si  volessi  fare  se  non  con  pochi  e  quali 
trono  sua  slreti  parenti,  et  lutti  crono  nel  trattato  princi- 
pale. Quello  senatore  uscito  ritenne  detto  giudice,  ed  andonne 
ed  Papa,  et  disse  essere  qui  mess.  Stefano:  della  qual  cosa 
maravigliandosi  non  li  credette,  et  benché  li  dicessi  averlo 
inleso  da  persona  che  era  venula  con  lui,  non  li  credeva. 
Ancora  uno  romano  buono  ciptadino  rivelò  al  Camarlin- 
go (6)  essere  quivi  messer  Stefano  et  che  se  non  si  prove- 


I       (0  Ms.  serio. 
I  (1)  Ms,  bisogno- 

(ì)  Ms.  gudkt 

(4)  La  leticra  del  Caccia:  u  vfctus  igitur  est porcarius  equo  Ulo.par- 
tim  elio,  uno  tantum  servo  coalentus,  noctibus  quatuor  et  diebus  lotidem, 
tU^iie romam  incognilus lovis ante epyphamam  sera  epplkuitel  in  domum 
frepriam  se  recefii  ».  I[  Godl  {dial.  cil.)  lo  chiams  Franciscus  Gabodeua 
rominus  paup«r  serviior  nobiiium  et  Stephani  smicus  •>. 

(5J  Quesiti  senatore  avrebbe  ad  essere  Niccolò  de 'Porci  nari,  d'Aquila. 

Il  Godi  riferisce  altrimenti  la  «coperta  della  congiura  :  a  aliqui  ad  faciionem 

appellati  reueiaruni  rcuercndisslmis  doroinis  Dommico  de  Crapanica  litulì 

aancte  crucis  presbitero  cardinali,   ciui   eliam   romano,  et  Nicolao  de 

L  Atnigdama  episcopo  piacentino  ac  pape  vicecamerario  ». 

(tìj  Messer  Nello  di  Barlolomeo.  E  la  leiiera  del  Caccia:  Captuseit 
Kljf ifitr  Porcarius  tam  gravi)  pairandi  sceleris  ìnvcnlor  hùra  teptima  noclif 


io8 


O.  Tommasmi 


deva,  lui  era  huomo  che  san^a  cagione  {i)  non  v' era  venuto  ;  ^ 
che  sendo  ciptadino  romano  et  havendo  grande  seguito,  era 
da  temerne.  Sentendo  questo  il  Camarlinghi,  se  nanéò  4i 
subito  al  Papa,  et  narragli  tutto,  al  quale  el  Papa  credette 
et  mandò  per  lui  caporali  et  romani  et  sui  mariscalchi  et 
più  altri;  coiuettendo  loro  che  /acessino  in  modo  che  mess. 
Stefano /ussi  preso,  et  simile  lui  comandò  al  suo  conestabote 
di  Palalo  et  così  a  lutti  che  havessino  a  fare  ogni  cosa  per- 
cliè  si  potessi  riparare  ad  ogni  scandalo  che  evenire  potessi. 
Partitosi  adunque  forse  3oo  tra  a  pie  et  a  cavallo  nandoronO 
ala  casa  di  Mes.  Agnolo  in  sulle  undici  ore,  et  covéatettom 
la  casa.  Quelli  che  erono  drento,  non  aspettando  quello,  ti 
difendevano  pure  valentemente,  che  dovevano  uscire  fuora 
la  note  medesima;  sì  che  non  bisognava  stare piii,  allrimeati 
il  dì  seguente  li  riusciva:  infine,  sendo  combattuta  detta  casa 
circa  a  3  ore,  furono  parte  di  loro  messi  in  fugha  el  partt 
furono  presi.  Mess.  Stefano  si  gittò  da  una  finestra  in  uno 
orto,  intanto  (2)  die  non  fu  per  alora  trovato.  Balista  iscarra 
et  dua  altri  uscirono  di  casa  a  dispetto  d'ogniuno,  fra  aoo 
persone,  et  lui  nama^ò  dua  et  guastonne  parechi  et  ondosi 
con  Dio;  et  mentre  die  era  in  casa  combattuto,  sempre  gri- 
dava: populo  el  libertà,  né  fu  mai  veduta  huomo  di  tanto 
animo.  Finalmente  lui  con  dua  sua  compagni  scampati  de^  prin- 
cipali, et  per  e'  segni  sì  sono  dilungati  assai.  Mess.  Agnolo 
il  figliuolo  et  3  altri  furono  presi  et  questa  mattina  sono 
stati  inpiccati.   Mess.    Stefano  la   note  medesima  se  nandò 


aiiltquam  iqiparitiùnìs  dies  illucescerel ,  indeque  ad  patatium  duetus  Ut 
cantera  nobilis  Nelli  aliquandiu  cusiodiius  eat.  UH plerisque  ex  ÌIIU  qui 
eum  custodìebant  interrogantìbus  sponte  multa  Cùn/nsus est. .. poti paul- 
lulum  ttmporis  Netlus  tt  alii  quidam  pontijicem  adeunt  et  captum  por~ 
cariumjam  in  palatio  esse  significaci,  quod  papa  audiens  humanamqite 
ae  fortune  considerans  victs,  ejus  doluit.  Jnterrogatus  verapi^a  quid  de 
ea  fieri  juberet,  nil  aliud  respoxdisse  Jertvr,  nUi  quod  de  eo  agerent 
quid  tis  videretur  i. 

(1)  Ma.  cagane. 

Ifì  M..  iM„o. 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari      109 

in  casa  una  sua  sorella,  et  havendo  seco  uno  suo  fidato,  (i) 
lo  mandò  al  Cardinale  deli  Orsini  pregando  la  signoria  sua 
li  dovesiri  dare  quella  nocte  ricetto  in  casa  colla  compagnia 
sua.  Il  Cardinale,  sentendo  esser  Mess.  Stefano  in  Roma, 
maravigliandosi  ritenne  il  messo  et  mandollo  al  Papa,  che 
bisognò  insegnassi  {2)  mess.  Stefano,  et  così  fece.  Et  circa  d'i 
dodici,  sendo  mess.  Stefano  rimasto  solo  andorno  a  casa  quella 
sua  sorella,  entrati  drento  tanto  cercarono  che  lo  trovorono 
in  una  cassa,  et  preso  et  legato  lo  menarono  al  palalo  che 
era  circa  di  io  ore,  et  sempre  nandò  gridando:  populo,  la^ 
scerai  tu  morire  il  liberatore  della  tua  patria.  Et  finalmente 
nandò  sen^a  apicco,  et  giunto  (3)  al  Papa,  et  lo  mandò  in  Ca- 
stello  Santo  Agnolo,  et  quivi  messo  in  luogho  sicuro  con  ferri 
a  piedi,  il  Papa  mandò  subito  per  fanterie,  et  tutto  il  dì  et 
r  altra  note  cercarono,  ma  non  trovarono  se  non  uno,  che  fu 
poi  impiccato.  Ora  venendo  ala  esamina  di  Mess.  Stefano, 
cortesìa  lui  volere  uscire  la  note  a  cavallo  vestito  di  drappo 
doro,  et  la  mattina  di  Befana  col  cavallo,  covertalo  di  drappo 
che  tutto  haveva,  con  una  bandiera  nuova  del  Populo  Romano 
quale  aveva  fatta  fare,  et  portalla  in  Campidoglio,  et  quello 
pigliare;  dipoi  {4)  andarsene  per  Roma  gridando:  viva  il  po- 
pulo et  libertà,  et  non  dubitava  punto  che,  se  usciva  fuora, 
ogni  cosa  li  veniva  fatto.  Dal  altro  canto  in  casa  quel  co- 
tonaco  era  ordinalo  Batista  Scarra  sopradetto  con  molti  altri; 
et  dovevano  uscire  fiora  quando  il  Papa  andava  a  dire  la 
messa  et  nan^i (5)  entrasi  in  chiesa  pigliarlo  et  legallo  con 
una  catena  haveva  dorata,  et  ancora  legargli  le  mani  con 
uno  certo  ordigno  doro  et  pigliare  quattro  o  cinque  car- 
dinali, et  il  resto  amajare,  et  pigliare  Mess.  Piero  da  No- 


li) Secondo  il  ncconto  del  Godi,  sarebbe  questi  il  Gabbadeo  o 
doimo. 

(3)  Ms.  imegnaii. 
0)  Mt.  gunlo. 
{4)  Ms.  dipi, 
ii)  Ms.  Hdfi. 


no  O.  Tommasini 


ceto,  e  questo  pigliare  faceva  per  bavere  il  Castello,  et  hauto 
il  Castello  voleva  detto  Batista  amicare  il  Papa  e  quelli  car- 
dinali li  fussi  piaciuto  et  mettere  assacco  tutti  i  cortigiani 
et  al  filo  delle  spade,  per  questo  credendo  se  navessi  a  spe- 
gnere il  seme.  Et  volevono  detto  Me  ss.  Stefano  fare  grande 
quanto  piit  potevono  :  et  per  questo  fare,  tanto  havessimo  vinto, 
haverebono  fatto  comportare  ogni  grande  male  che  così  di- 
ceva volersi  fare  a  vincere:  el  simile  confesorono  quelli  altri 
principali,  che  certamente  li  veniva  fatto.  Ogni  cosa  era  bene 
ordinata,  né  a  nesuno  pareva  mancassi  P animo,  secondo  che 
Mess.  Stefano  confessò  ogni  cosa  con  grande  animo  insino 
ala  morte  :  et  quando  fu  inpiccato  volle  salire  ale  forche 
inan^i  al  boia,  et  Puttime  (i)  parole  che  disse  furono  queste: 
O  populOy  oggi  muore  il  liberatore  della  tua  patria.  Fu  im- 
piccato a  una  torre  di  Castello  Santo  Agnolo  addì  g  di  que- 
sto a  ore  12:  Mess.  Agnolo  el  figliuolo  furono  inpichati  a 
ore  16,  dipoi  a  ore  io  ne  fu  inpiccati  tre  altri.  Batista  Scorra^ 
quel  calonaco  si  sono  fugiti,  et  chi  piglia  Batista  vivo  ha 
Ducati  Mille,  et  chi  lo  da  morto  cinquecento:  et  il  simile  li 
altri  dua. 


(i)  Ms.  utime. 


I 


Documenti  relatipi  a  Stefano  Porcari      1 1 1 

Ad  s.  d.  nrm  pontificem  maximum  NicoIaumVCon- 
forraalio  Curie  Romane  luquentis  edita  per  E.  S. 
Oratorem  Joseph  B(ripium)  doctorcm  et  c(aetera) 
cum  humili  semper  recommendatione,  (i) 


Cum  tua  sanale  pater  tam  horrenda  pericula  vitae 
Cardineis  patribiis  reliqiisque  mìnantia  predam 
£t  stragem  mortemqite  reor,  mens  ohstitpet  horret, 
Angitur,  atqiis  simili  gelidits  tremar  occupai  ossa: 
O  erudite  nefas,  damnand-.im ,  infame,  profanum 
O  facinus  nusquam  auditum,  quùd  perfida,  nequam 
Jmpia,  dira,  ferox  sceterataque  turba  quiritum 
Conjurata  fuit  te  prendere  nuper  in  alma 


(I)  Cod.  vat.  ÌSiS.  membranaceo  in-S"  dì  bella  scrittura  del  «ecnln  XV, 
à  S  corte  non  numerate.  Sulla  prima  faccia  è  miniata  l'iniziale;  e  al  basso 
del  foglio  due  angeli  sorreggono  lo  slemma  delle  somme  chiavi,  sor- 
moncaio  dal  triregno.  Sollo  lo  stemma  u  micai  sol.  "  —  Non  è  questo 
■I  solo  poema  cui  dette  occasione  l'attentato  di  Sterno  Porcari.  Orazio 
romano,  ir«dullore  d'Omero,  scrisse  anch'egli  una  u  Forcarla  ».  ci.  Apo- 
srot^  Zmm,  Disserl.  ross.  pag.  in.  Il  Vasaio,  {de  hist.  latin,  lib.  Ili, 
[Mg.  584)  ne  dà  notizia:  x  ms.  ejus  codice  usus  sum  ex  biblioteca  do- 
aisumi  et  kmldMimi  viri  Arn.  Buchellii  t.  C.  Ultrajectini.  »  — e  ne  cita 
i  t^ucntì  versi: 

laudili  pilriae  quf  slmili,  et  arma  parenti, 


e  de' Mas.  appartenenti  a  tnons.  Caetani,  fatto  dal  Cancellieki, 
uno  intorno  alla  congiura  del  Porcari;  ma  non  crediamo  che 
>  sia  più  reperibile  ndt' archivio  de' Caetani,  ne  possiamo  conget- 
lurare  che  questo  contenesse  il  poema  d'Orazio  ramano,  del  quale  non 
ci  riuscì  icivare  alcun'altra  notizia. 


112  0.  Tommasini 


[.  -U  X   ■«   -       L    — y 


Ecclesia  petri;  vel  euntem  altaris  ad  aram^ 

Vel  divina  d^o  celebrc^nUm;  dfibincque  col^ndog  i^ 

Car(Uneos,  aliosque  fatreSj  clarosque  potenti^ 

Officiiy  cunctosque  meos  spoliare  sequaces 

Et  vita  et  rebus j  totumque  avertere  sanctum 

Ecclesie  imp^rium  (3).  Quibus  omnibus  ecce  nefandis 

Qjiid  peius  fidei?  quidnam  sceleratius  unquam?  i^^ 

QjÀid  magis  horrenduniy  ac  dictu  factuque  stupendum 

Esse  potesiP  cunctis  heu  detestabile  secli^? 

At  boniias  pietasque  dei  qui  cuncta  gubernat 
Quique  suam  Rome  statuii  fundare  sacratam 
Ecclesiam,  et  stabilem  per  secula  cuncta  manere  ^o 

Non  tulit  hoc  facinus  tantum  execrabile  mundo 
Esse  tibi  occultum  ac  sacris  conjratribus  una 
CardineiSy  ne  parva  cohors  temeraria  tollat 
Id  quod  ab  eterno  fijfum  stabiliverat  evo, 
O  sacra  Roma,  potens  quondam  dominata  per  orbem        s5 
Imperio,  nunc  serva  dei,  nunc  subdita  sancte 
Ecclesie,  o  reverens  semperque  fidelis  ad  omnes 
Pontifices  olim,  cur  nunc  scelerata  rebellis? 
Perfida  progenies  tunc  stat?  non  eloquor  omnem; 
Maxima  pars  populi  fida  est;  appello  malignos,  »• 

Qui  modo  pontifici,  qui  patribus  omnibus  almis. 
Qui  mihi  cum  preda  cladem  meditarier  ausint, 

Unde  velim  horribiles  te  cernere,  Roma,  tuorum 
Excessus  et  quam  summo  gratissima  debes 
Esse  deo,  qui  tanta  dedit  tibi  dona  bonorum.  '^ 

Que  memorare  libet,  quo  tu  resipiscere  possis^ 
lugiter  in  melius,  recolens  quam  obnoxia,  quamve 
Sis  dilecta  deo  qui  te  super  ethera  vexit. 
Roma,  tibi  in  primis  bonitas  superoptima,  summa 
Admiranda  dei  dedit  ut  respublica  felix 


Q)  DonENico  Giorgi,  Vita  Nicolai  K,  ^omae,  1872,  i^x  typograpi 
PcleviopriMni  peg.  1 29-1 3p,  dà  notìzia  dH  nostro  codice  e  puMic«  qm 
8ti  tredici  versi  e  mezzo  del  nostro  ^ oevM. 


•umenti  relativi  a  Stefano  Porcari      1 1 3              ^^^^M 

'.farei;  dedit  alla  pallade  doctos                                               ^^^^H 

s,  clarissima  moffiaque  legum                                                 ^^^H 

tato  popidi  V .-nerantur  in  orbe.                                             ^^^^^È 

e  dedit  rigidumq\ie  gravemque  senatum.                              ^^^^^| 

'nsilia  ad  regimen  qioque  lolius  arbis.           a                    ^^^^^H 

?lsosq'je  dedil  prcstanleque  divos                                            ^^^^^| 

es  animo  fbrtesque  sub  armis                                                  ^^^^^M 

fnanimos  ad  bella  gerenda,  deditque                                      ^^^^^È 

s  dori,  simul                                                                           ^^^^H 

s,  quos  Tullius                                                                        ^^^^H 

mi  Irascendit  et  anteil  omnes.                                               ^^^^H 

ìpse  libi  superadmirabile  mundi                                            ^^^^H 

igo  sub  tempore,  cuius  honoris                                               ^^^^M 

'  libi  solum  tilulusque  remansil.                                              ^^^^^| 

'e  dedit  superexcellentius  alme                        ss                     ^^^^^H 

zlesie,  Jidei  libi  misìt  alumnos                                               ^^^^^H 

pa-tlum,  primaria  lumina  sancte                                         ^^^^^H 

sicut  domna  et  regina  capulqiie                                             ^^^^^H 

!Ìc  nunc  statuisse  videtur  ut  alta                                          ^^^^H 

iestas  papae  thronusq-ie  nitescat                      so                     ^^^^^H 

ice  libi,  que        regula  morum.                                             ^^^^H 

lesie        ineluclabilis  una                                                        ^^^^H 

idit  innumeros  libi  nempe  beatos                                           ^^^^H 

ctosque  viros.  sanctasque  puellas                                           ^^^^H 

uorum  sanclissima  corpora  sacre                                          ^^^^H 

e  rcquient  veniasque  salutis                                                    ^^^^^| 

ne,  paradisi  dona,  per  ipsum                                                 ^^^^^^k 

'eum,  positas  a  presule  multo.                                                ^^^^^| 

uot  qianta  deus  libi,  roma,  profuse                                     ^^^^^| 

juantis  te  extollat  honorìbus  atque                  to                     ^^^^^H 

'.ulerit,  quibus  omnibus  allior  omnes                                         ^^^^^H 

I  longe  trascenderis  urbes.                                                     ^^^^^H 

merito  te  gralam  teque  verentem                                        ^^^^^H 

cclesieque  sue  papeqie  fidelem                                               ^^^^^H 

decet,  per  summa  hec  munera  vktam?                                ^^^^H 

■meritis  te  ingratam  teque  superbam                                    ^^^^H 

[«  Soeielà  romana  di  Storia  patria.  Voi.  lU-                                                     ^^^^H 

114  0.  Tommasini 

Teque  dea  ecclesieque  sue  papeque  rebellem 
Dixerit  omnis  homo?  totumque  volabit  in  orbem 
Concita  fama  loquax,  quod  perfida  tarma  quiritum 
Ausa  sii  hocce  nefas  tibi  velie  patrare  ne/andum  ? 

Errorem  cognosce  tuum^  cog nasce  scelusque 
Quod  fabricare  deum  contrae  qui  cuncta  gubemat 
Heu  volurtt  scelerata  cohors  tua  perfida  quedam 
Dignaque  perpetuis  ardere  sub  ignibus  orci. 
Proh  scelus  infandum,  proh  nequam  audacia  contra 
Lre  deum  legemqie  suam;  nam  lege  superna 
Vt  deus  instituit  quondam  sis  sola  triumphans 
Roma  cc^ut  mundi;  sic  jussit  ut  emicet  in  te 
Ecclesie  fideique  caput,  lux  orbis  honosque 
Sedis  apostolice  cristique  vicarius  omni 
In  ditione  potens  summusque  monarcha  vocandus. 

Errorem  cognosce  tuum,  cognosce  furorem 
Quo  maledicta  manus  temeraria,  ceca  tuorum 
Ansa  sit  ecclesiam  subvertere  velie  beatam. 
Gens  ingrata  deo,  gens  pessima  gensque  rebellis 
Ecclesie,  que  tanta  tibi  velut  optima  mater 
Corporis  ac  anime  celestia  dona  bonorum 
Atque  Humana  dedit,  quibus  auri  copia  grandis 
Argentique  Jerax,  eterna  vita  salusque 
Provenit  ut  nulli  data  gratia  tam  ardua  genti. 

Errorem  cognosce  tuum,  cognosce  tuorum 
Nequiciam  horribilem,  scelus  o  super  omnibus  atrum 
Horrendum  dictu  contra  hunc  presumere  sanctum 
Pontificem  papam  Nicolaum  nomine  quintum, 
Qui  tibi  justitiam  tribuit,  tibi  semper  honores 
Et  laudem  famamque  dedit,  tibi  quodque  petitum 
Exhibet,  ac  summa  te  liberiate  gubemat. 
Qui  te  magnificat,  te  extollit,  teque  refiyrmat  ; 
Menibus  ecclesias  reparat;  sacram  insuper  edem 
Amplificat  petri,  miranda  palatia /undat. 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       1 1 5 

Arces  fortificai  muris  ttirrimqte  stupendam  [i] 
Sx-truil,  alto  animo  priidenlcqie  :  ne  extera  forsan 
Ar-marum  violenta  phalanx,  ne  parva  tuortim 
Pernia  progenies  ne  quìsque  tyrannus  ab  alma 
Qz^cmquem  armis  valeat  papam  dcpeliere  Roma.  m 

-fiumi  igilur  videas,  quam  sis  obnoxta  pape 
Qjt^x  mvat  ecdesias,  qui  castra  palatia  miris 
Edi^cat  muris,  adeoque  farier  ausim 
Po^xtìfices  cunctos  lapsis  jam  mille  sub  annis 
jVÌo#>7  tot  tempia  dei,  non  tanta  palatia  et  arces  no 

Ef^ijiaxsse  libi  simul  et  reparassit  polite  ; 
Q.tti3nta  qiiidem  hic  solus  paucis  extruxit  in  annis 
■Ad    cultum  laudemque  dei  famamque  perennem 
Tt^relamque  tibi,  siti  nane  patribiisqie  faturis 
Sedis  apostolice  {2).  Sed  adhuc  majora  profecto  us 


C  ')  Dal  verso  1 1 1  al  isli  pubblicò  il  5lg.  Eitcenco  Móhtz  nella  «  Bi- 
H''*rfièque  des  ècoles  francaìses  d'Athènes  et  de  Rome,  fascicolo  IV.  Les 
**>"'«  à  la  court  des  papes  pendant  le  XV  ei  te  XVI  siede,  Ptris,  1878, 
P»S-    73.  Il  Rahke,  Die  ròmiscken  Pdpsle,  1.  111.  app.  pag.  3,  fatto  cenno 


dell- 


imparunji  del   mg.,  pubblica   ì  seguenti  v 


117,  363-364- 

(a)  Ben  a  ragione  afferma  il  Mauri  (Les  Aris  à  la  Cour  dei  Papes 
P^^unt  le  XV  et  le  XVI  siccìe,  Paris.  Thorin  1878,  pag.  73-74.):  a  Ni- 
**'•«  V  est  de  tou»  Ics  papea  de  la  Renaissance  cclui  qui  «  remué  le 
più»  grtnd  nombre  d'idéea  archi  leciura  les  i>  —  a  ...  il  subordonnc  lous 
''^  «rti,coinme  de  raison,  à  l' archi tecture.  "  ~  Ma  di  questa  preferenza 

'  *Ui  per  r architettura  sopra  le  altre  arti  belle  s  ad  arrecare  ben  altra 
^Rtonc  che  estetica.  E  ce  la  lascia  intravedere  Giannozio  Maneiii,  quando, 
°^1«  sua  vita  di  Niccolò  quinto,  introduce   nel  libro  terzo  un'orazione 

^  i  a  modo  di  testamento,  che  il  moribondo  pontefice  lascia  ai  cardi- 
""'•  a  lui  congregatisi  attorno.  Che  quell'orazione  non  sia  artificio  di 
■^ore  lo  comprova  la  testiraoniania  di  Vespasiano  0*  BtaTicci,  (Vita 
*  Nicola  V  papa,  cip.  XXXV.)  il  quale  attesta  come  Niccolò  >  vedendo 
*Ppr«Hire  l'ora  della  sua  morte,  sendo  niente  di  meno  d'uno  fortissimo 
™"*>0,  ficee  chiamare  a  sé  tutto  il  collegio  de'  cardinali,  ed  eranvi  ancora 
^^'ti  prelati;  e  cominciò  ■  parlare  in  questa  forma,  secondo  fu  notaio  da 

■tf  trovò  prcMnie,  ed  b  icrìuo  da  meiser  Giannoizo  Manetti,  uomo  di 
WiiHina  auiorilà.  ■  —  Or  ecco  le  parole  del   Manelti,  alle  quali  fa- 


m6 


O.  Tommasim 


Magnanimus  foeùt,  muUos  ri  vhet  ai  owku. 
Erratum  cagnosce  luum,  ccgnosce  furettem 
Progeniem,  inJIgn'um  per  tempora  cuncta  voeari, 
Roma,  tuam;  ut  temere  presumpsirii  ense  necandos 
Cardineos  aliosque  palrei,  qui  culmina  rerum 
Ecclesie  sceptrique  sui  noctesqie  ditsque 
Consilio  stabilique  fide  granJique  sophia 
Sustentant  vigiles,  magnos  tolerando  labores , 
Qui  libi  divide,  libi  honos,  libi  gloria,  lumen 
Fama  decus  nituere,  nitent,  sempcrque  niiebunt. 
Nonne  igitur  de  hac  prole  tua.  de  hac  prole  maligna 
Esse  quidem  debes  nimio  suffusa  rubare , 
Que  palribus  canata  fuit  mala  cuncta  re/erre 
Qui  bona  cuncla  libi  tribuunt  tribuereque  semper? 

Erratum  cognosce  luum,  cognosce  pudorem 
Trislis  avaritie  panterque  infame  tuorum 
Dedecus  atqis  nefas  dictu  trepidabile  cunclis, 
Quod  medilaia  fuit  nequam  fiec  scelerata  Juventus 


cemmo  alluiione:  «  Audire,  Bit,  sudile,  inquam,   venerabiics  Fratrei, 
rlIJonGi,  cau«iiique  congidcrale,  qulbus  addui^li  ad  aedififandum  con- 
ttrucndumqijc  inniopere  conversi  fuisse  rideamur.  Duas  principale^  acdi- 
fkalÌQnum  ntw'rarum  causas  eiiitissc,  Vencraiionei  veirras  scire  atque 
ln[(llit|crc  volumus.  Romanae  namque  ecilesiae  auctoritaiem  mBiimain 
■tquc  tUTTimarn  etse,  ii  soli  inielligunt.  qui  orij;inem  ci  incrementa  sua      I 
ti  lltwnrum  cogniTione  perceperutit.  Ceterorum  vero  cunctoruni  popu-      I 
lorum  lurbie  liiierirum  ignarae,  penitusque  expenes,  quRmvis  a  docili 
■t  eruditi»  viri»,  quali»  et  quanta  Illa  suni  crebro  audire,  cisque  nmqaam 
V«ri»  <t  ceni»  t»seniiri  vidcaniur,  nisi   (amen  egrcgiig  quibusdsm  vius 
movMtilur,  profeelo  omnr»  ìlla  eorum   asBcnsio  debilibus  et  imbecillis 
fumUm«nlit   Innixa,   diuturniiate  lemporum   Ila   paulatim  elabilur,    ut 
«)«TUinqiia  ad  nihilum  re^idat.  At  vero  qunm  Ìlla  vulgarìs  opìniodoao-     . 
fum  hominuni  relmionibu»  fundata,  mignis  aedificiis,  perpeiuis  quodam-     , 
■M,l4  monumflnll»,  ac  icstimoniis  poene  sempiternis,  quasi  a  Deo  ftbrica- 
ti^tn  ilM*  Ui^uc  adeo  corruboralur  el  confirmaiur,  ut  in  rivos  posterosque 
jpm  j,mi  tdmirabilium  eonslructinnum  eonapeciorcs  coniinue  iradueatur;      ' 
*t  »«  *"*"*  ""»'"'"  «onser/aiur  el  augetur,  aique  sic  «onservsta  et 
^  j^^  ^|^i*lùli  quidam  deEOllone  condiiur  et  capiiur.  >  — (Muratori, 

j^  «.ir^t-  T.  tu.  p.»  foi-  949-950  j. 


^  Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       1 1 7 

Prelatos  aliosque  patres  reliquosve  minores 

Dirìpere,  ac  vacuo  me  totam  exponere  sacco.  ut 

O  gentem  ingratam,  gentem  fulvi  eris  avaram 

Guntemque  indomitam  dignamque  ut  dira  tyranni 

Ferrea  virga  regat,  frenet,  domitetque  protervam. 

En  ego  te  venerar,  te  predico,  teque  ruinis 

Oppletam  edifco,  semperque  in  honoribus  altis  iso 

AlloUo  et  placidis  opibus  te  rep'.eo  cunctis. 

Semper  enìm  bona  trado  libi,  bona  (radere  semper 

Cogito,  sic  olim  feci  faciamque  perenne, 

Dum  mihi  vita  comes,  dum  spiritus  hos  reget  artus. 

Al  tu  ingrata  meis  miper  mala  cuncta  volebas  155 

Reddere  dira  bonis  ;  quo  nìl  odiosius  unquam 

Nil  homini  peius,  nil  jam  sccleratius  extal. 

L'nde  ego  non  possum  non  exclamare  parumper 

Cantra  liane  progeniem,  quae  tam  atra  patrare  volebat, 

Roma,  tuam  et  dignis  non  excandescere  verbis:  i«o 

O  gens  slulta,  ferox,  0  gens  crudelìs,  iniqua. 

Gens  inimica  dea,  scelerata,  nefanda  furensque , 

Degener  antiquae  romano  ex  sanguine  genti, 

Armatas  si  forte  manus  vioknter  in  ahnum 

Pontificem  ìnque  rubros  tecisses  dira  galeros  iss 

Nonne  putas  acicm  armatam  Jortemque  iuventan 

Scutiferùm  et  papam  et  sacros  potuisse  lueri 

Cardineos?  imo  superasse  vìrilìter  una 

CoHectos?  tot  sunt  fortissima  pectora  belli. 

Nonne  simul  populi  pars  magna  fdelis,  at  imo,  ito 

Maior,  in  arma  ruens  mox  accurrisset  eisdem 

Patribus  auxilio,  haud  tantam  passura  ruinam 

Ecclesie  xpi?  nec  ut  hoc  tam  dedecus  ingens 

ferrei  perpetuo  tibi,  Roma,  fidelis  in  evo? 

Nonne  etiam  Jralresque  simal  sodique  polentes  ijs 

Innumeri,  affines  et  amici  cardinis  omnis 
Intus  et  extra  urbem ,  fortes  succurrere  papam 
Cardinibusque  suts  Romam  properanter  adissent? 


ns 


O.   Tommasini 


Nonne  ego  ciim  muUis  que  me  devota  sequuntur 
Mitibus  en  invenum  te  cantra  animosior  issem 
Ilico  Jacta  ade  nostrum  defendere  papam 
Cardineos  aliosq'ie  patres  nostrasque  lueri 
Personas,  bona  cuncta  simulF  mihi  crede  profecto, 
Vicissem  te  forti  animo,  le  foitibus  armis 
Prostrassem  ad  terram,  incidissem  in  frusta  minutìm 
Ensibus,  ac   Tiberì  ìactassem.  tanta  fuisset 
Ira  mihi  valido  iustoque  incensa  furore. 

Quid  loquar,  o  insipiens,  o  gens  ignara  rudisque 
luris  et  Iviinini  et  divine  l:gis?  ob  istud 
Quod  te  iactasti  cupìdam  renovare  potentem 
Libertatem  iliam  Romani  nominis  olimi' 
O  genlem  fatuam,  subvertere  velie  quod  annis 
Mille  sit  ecclesie  donatum  a  rege  quiritum 
Imperli  domno,  populo  affirmante  quirino, 
Roma,  tuo,  quod  non  proprie  donalio,  verum 
lusta  dei  sanate  pottus  censenda  videtur 
Redditio  ecclesie.   Sic  quisque  iheologus  ingens 
Edocet,  ac  varia  probai  hoc  ratione  tenendum. 

Ergo  quid  antiquam  libertatem  anxia  queris? 
An  tua  libertas  qua  nunc  perfungeris,  extat 
Parva  tibi?  si  tu  perquiris  in  omnibus  Ulani 
Urbibus  Italie,  nullam  mihi  crede  projecto 
Invenies  urbem,  que  sic  malore  per  omnem 
Liberiate   modum ,  quam  nunc  tua  roma  fruatur. 
Omnis  enim  urbs  domnis,  et  bello  et  pace  coacta 
Prestila  magna  suis,  durasque  gravata  gabellas 
Solvit,  et  interdum  propriam  desperat  habere 
Xustiliam,  alqiie  ferox  violentia  civibus  ipsis 
Sepe  fi,  ut  populus  vario  vexalus  ab  illis 
Fasce  sub  hoc  onerum  pauper  de  divile  fiat. 
Al  tua  Roma  sacro  nec  prestila,  nec  similem  vlm 
Nec  grave  vectigal,  nec  pendere  cogilur  ulta 
Solvere  pontifici,  ni  humiles  minimasquc  gabellas. 


^Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari      1 19 


I  hìc  dommus  tributi  iustissimus  altnam 

I  cuìcumque  suam  viotentaque  nulli 
kic  populum  prisco  de  paupere  diiem 
U  placida  Romam  cum  pace  gubernat. 
I  tamen  dokas  semperque  dolebis  amare 
(ibi,  hac  tanta  de  proditione  tuorum. 
K  digna  poles  prorumpere  verba  doloris: 
',f  ve  misere;  quam  nostri  nominis  olim 
Cartago,  Numantia  vìribtis  apta 
e  mililie  doctrinis,  alta  Corinthus 

non  potuti,  mine  vincor  ab  omnibus  exiris 
t  ac  proprio  sum  diffamata  quirino. 
fo  qui  quondam  multis  ornata  Iropheìs 
potens  totum  victrix  dominata  per  orbem 
e  et  fama,  faustisque  re/erta  Iriumphìs 
Utris,  cives,  sedilionibus  anger. 

que  dudum  consulta  per  omnia  sancte 

recta  meo  sapiente  gravique  senatu, 
vero  excelsis  venerata  regentibus  altum 
m  augustis,  tandemque  reducta  sub  almo 

imperio,  summe  letabar,  et  istis 
$  ipsa  fui  per  secula  cuncla  fidelis. 
W  pars  populi  generalio  pessima  nata  est 
'  a  nostra  generosa  gente  quirilum, 
malefida  miiii,  malejidiique  summis 
t  esse  meis.  Nuper,  quod  abhorreo  fari, 
t  velie  sacrum  temeraria  surgere  cantra 
IBI  palresque  alias  mandareque  fini 
lus,  hoc  facinus  tam  dìrum,  infame,  nefandum, 
htm  super  omne  ne/as,  super  omne  malignum, 
Cium  unquam  tanta  sceleragine  plenum, 
à  quanta  fremei ,  lotoqie  vagabitur  orbe 
nimium  turpisque  infamia  de  me 
,  vasto  paucorum  crimine,  Roma, 
romana,  cives,  viriate  corusci 
tìesque  animo,  prisco  de  sanguine  nati 


I20  O.  Tommaiini 


Cur  modo  non  ira  Juriisque  invaditis  isios  f so 

Pene  omnis  mortisque  reos  mortisque  severe 

Mille  modis?  cur  non  foto  discurritis  orbe 

Quererey  et  inventos  discerpiie  dentibus  illos? 

Ut  veros  pateat  Romanos  denique  tanti 

Innocuos  vos  es^e  mali  niteatque  per  orbem  m 

Jfyitegra  vestra  fides  ac  gloria  vera  quiritum. 

Ad  te  nunc  redeo,  pater  o  sanctissìme  patrum. 
En  tua  magna  videi  sapientia,  quanta  per  istos 
Sunt  errata  reos,  dignissima  morte;  sed  imo 
Non  unctfii  mortem,  sed  mille  merentia  mortes  «o 

Supplica  variando  modos,  Tuus  ipse  senator 
Ardens  iustitia,  magno  de  rege  reorum 
Deque  aliis  in  tan^x  omnem  superante  furorem 
Proditione  reis  (non  omnibus  extimo  longa 
Cauda  sit,  et  /or san  prolongior  atque  putetur).  ms 

Sat  pene  exegit,  cunctis  trepidabilis  acrem 
Incutiendo  metum.  At  reliquis,  licet  ordine  juris 
Promereant  mortem,  libi  suadeo,  par  ce  libenter; 
Parce  precor,  quo  rite  deum  tibi  parcere  vincas 
At  tua  majestas  si  mortem  infligere  cunctis  «io 

Quippe  ve  Ut  turbata  reis,  fonasse  reorum 
Infinìtus  erit  numerus,  sic  mortis  in  illos 
Haud  finem  in  venie  s;  ite  rum  tibi  consumo,  tantis 
Parce  reis,  v eluti  noster  cruciantibus  ipsum 
In  cruce  salvator  summa  bonitate  pepercit. 
Sanctus  enim  in  terris  verusque  vicarius  extas 
lllius,  ergo  decet  secteris  et  illius  acta, 
Sed  magis  ac  citius  tua  nunc  clementia  debet 
Parcere,  christus  enim  iamiam  cruci fixus  iniquis 
Hostibus  indulsit,  Nihil  hi  fecere  maligni, 
Sed  solum  voluere  tibi,  voi  uè  re  colendis 
Patribus  atque  mihi  mala  cuncta  patrare,  sed  altus 
Hec  deus  avertit,  cui  gratia  semper  agenda  est, 

Cum  tibi  preterea  sapientia  luceat  omnis 
Fulgeat  et  rerum  prude ntia,  sisque  modestus,  f 


Documenti  relativi  a  Stiano  Porcari      1 9 1 

Sis  iustus ,  fortisque  animo,  sis  largus  ad  omnes. 
Magnanimus.  constans,  libi  cuncta  heroaque  virtus 
Nulla  tamen  claris  de  tot  virtutibus  in  te 
Major  eril  quam  diva  Ubi  clemenlia  summo 
Pontifici,  per  quam  valeas  donare  salulem, 
Conservare  banos,  inimicis  parcere,  cives 
Conciliare  tibi  per  premia,  munus,  honores. 
Crede  mihi,  potius  clementia  regia  vincet 
Romanos  quondam  dominos  tota  orbe  potentes 
Magnanimosq-ie  vìros  prisco  de  sanguine  nalos, 
Quam  rigor  ecclesie,  cui  convenit  omnibus  ultro 
Esse  piam  et  nulli  pia  claudere  brachia  genti. 
Talis  enim  bonitas,  pietas,  clemenlia  tanti  est 
Ut  tnelius  poisis  clemens  accedere  summo 
Proximus  ipse  deo,  vitamque  merere  beatam. 

At  postquam  reliquis  sic  te  indulgere  suasi 
Consuluique  reis,  tandem  nunc  consulo  prò  te 
Prcque  salute  tua.  Qaamvis  prudentia  tanta  est 
Tanta  sophia  libi  ut  tenui  non  denìque  nostro 
Consilio  indigeas;  tamen  optima  serva  Jidelis 
Eloquar,  ut  noscas  meniemque  fidemque  loquentis. 

Conspicis,  alme  pater,  quot  quanta  pericula  vite 
Nunc  evasisti  divino  munere,  de  quo  est 
Grolla  summa  deo  referenda,  dehincque  saluti 
Prospice  queso  tue;  tua  vita  salusque  projecto  est 
Vita  salusque  milii;  mea  nunc  attende  salulis 
Consilia,  ex  alto  fidei  venientia  fonte, 

Consulo,  sancte  pater,  magnum  hoc  mirabile  visu 
Tante  molis  opus  castri  turrisque  stupende 
Ac  miri  circum  tua  sacra  palatia  muri 
Perficias  ceptum,  prudente  per  omnia  voto, 
Extera  ne  valeal  gens  effera,  neve  tyrannus 
Pellere  pontificem  romana  ex  sede:  sed  ingens 
Altera  nunc  orla  est  occasio  forliter  urgens 
Ut  magìs  atque  magis  fortes  te  nocte  dieque 
bistificel  moliri  arces,  causante  quiritum 


122  O.  Totnmasini 


Perfidia  y  utque  salus  tua  semper  ab  hoste  propinquo 
Sacraque  maiestas  secura  quietaque  vivat. 

ConsuiOf  dive  pater,  multo  custode  fideii, 
Armato  fortique  viro,  fortique  iuventa  sss 

Te  fortes  munire  arces,  munireque  rebus 
Tom  paci  quam  belio  aptis,  que  namque  tuentum 
Auxilio  vite  maneant,  quibus  omnibus  absque 
Nulla  arx  tam  grandis  poterit  subsistere  /ortis. 

Consulo,  summe  pater,  quotiens  descendis  in  almam     sso 
Ecclesiam  petri  ducas  cauto  ordine  tecum 
Tercentum  armatos,  qui  sint  defensio  iuta 
Circumquaque  tibi.  Per  id  autem  tempus  oportet 
Milite  quam  multo  munire  palatia  fido. 
Unus  in  ecclesiam  populo  sit  apertus  eunti  sss 

Tantum  aditus,  sacram  qui  stat  scalaris  ad  edem, 
Militeque  armato  firmetur  ianua;  sintque 
Porte  omnes  alie/orti  munimine  clause 
Armaque,  si  quis  habet,  cogatur  ponere  :  vel  mox 
Ecclesie  introitus  rigida  cum  voce  negetur.  uo 

Nullus  enim  princeps ,  populus  quoque  nullus  in  orbe  est 
Qui  te  non  laudet  cautum  summeque  sagacem 
Edificare  arces;  simul  arma  tenere  tuendo 
Opportuna  tibi  mihique  opportuna,  quiritum 
Perfidia,  quam  nunc  demonstravere  patentem,  S45 

Consulo  item,  vicechriste  pater,  sit  pre  arcibus  una 
Arx  statuenda  tibi,  nullo  expugnabilis  unquam 
Tempore,  civis  amor;  qui fortior  omnibus  extat 
Arcibus,  ut  nulle  valeant  sine  amore  virorum 
Arces  stare  diu;  probat  experientia  quorum  sso 

Firma  fides  et  amor  stat  inexpugnabile  castrum. 
Hanc  igitur  fortem  super  omnibus  arcibus  arcem 
Si  fundare  velis,  largus  succurre  dietim 
Pauperibus  christi,  supra  omnes  prorsus  egenis 
Nobilibus,  vitam  qui  mendicare  rubescunt.  355 

NubJlibus  succurre  piis,  succurre  puellis 
Omnibus,  ut  patres  illas  cum  dote  maritent 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari      1 23 

Conveniente  sibt.  Succurre  piisstmus  ultra 
Premia  dans  dignis  et  honores;  magnaque  magia 
Principibus  Rome,  claris  quoque  civibus  eia  seo 

Munera  sepe  dabis.  Populo  succurre  quod  omnis 
Copia  sit  rerum  vite  opportuna  sub  equo 
Ac  tenui  predo:  succurre  volentibus  artes 
£xercere  bonas  quibus  inclita  Roma  nitescat 
Amplius;  atque  suam  valeant  defendere  vitam.  ses 

Taliay  crede  michi,  pater  optime,  munera  placant 

Vi  cunctos  homines;  inimicus  vincitur  omnis 

Ut  ut  amicus  amans;  ut  amicus  amicior  extet. 

Sic  tum  quisque  tuo  nimium  convictus  amore 
fro  patre  te  dominoque  suo  pastoreque  summo  370 

^ille  quidem  vitas  ad  cuncta  pericula  ponet, 

£ic  tuus  ipse  status  tranquillus  ab  hoste  manebit. 

£ic  tibiy  sicque  michi  tutissima  vita  quiescet. 
^c  tandem  in  christo  per  tot  benefacta  triumphans  375 

ecclesie  et  populo  felix  regnabis  olympo. 


124  ^'  Tommasini 


APPENDICE 


Notizie  della  Famiglia  Porcari 


Il  ms.  vat.  8252  p.  Ili  pag.  617-632  b.  (Lcgpides  se- 
pulchrales  etfamiliae  romanae)  contiene  non  poche  epigrafi 
risguardanti  persone  della  famiglia  Porcari,  che  anno  volto 
il  loro  cognome  in  Porzii.  Cosi  nella  base  del  Cristo  di 
Michelangelo  nella  chiesa  della  Minerva  :  «  Metellvs  varvs 

ET  PAVLUS  CASTELLANUS  ROMANI  |  MARTIE  PORTIE  TESTAMENTO 
HOC  ALTARE  EREXERUNT  |  CUM  TERTIA  PARTE  IMPENSARUM  ET 
DOTIS  QUAM  METELLVS  |  DE  SUO  SUPPLENS  DEO.  OPT.  MAX.  DICAVIT. 

Questa  scritta  è  riferita,  ma  con  qualche  diversità,  anche 
dal  Masetti  (Memorie  storiche  di  s.  Maria  sopra  Minerva, 
pag.  39)  e  data  per  perdut'a.  —  Nella  cappella  dell' Arcicon- 
Iraternita  della  ss.  Annunziata:  a  Cornelio  |  porcio  |  patri- 

TIO  ROMANO  I  QUI  PRIMUS  |  PRO  DOTANDIS  |  PAUPERIBUS  PUELLIS  | 
SODALITATEM  I  SANCTISSIMAE  ANNUNTIATAE  |  EX  ASSE  HEREDEM  | 
INSTITUIT  I   EADEM   SODALITAS  |  PIO    AC    NOBILI    VIRO  |  KOC    GRATI 

ANIMI  I  MONUMENTUM  PosuiT.  |  Un  elegia  di  Paolo  Porcio 
poeta  romano  ad  «  Anellum  Archamonum  »  riferisce  TAma- 
Duzzi  (Anecdota  letteraria  I.  41 3^.  E  il  Marliani,  (To- 
pografia  di  Roma,)  e  il  Rosino  {Antiq,  rom,  lib.  3.  e.  32) 
darebbero  il  seguente  frammento  d'epitaffio,  secondo  ilcod. 
vat.  8252,  che  neli'opp.  cit.  non  riuscimmo  a  trovare: 

f    PATRIA    ROMA   FUIT,    GENS   PORTIA,     NOMEN   lULUS. 

MARS   PUERUM    INSTITUIT,    MORS   lUVENEM   RAPUIT, 
ANTONINA    ASTALIA    MATER    FILIO   |   .  .  .  LUSTRIS    VITA    SUPER- 

STiT.  .  .  I  MEMOR  ET  MCERENS  posuiT.  —  Altre  epigrafi  attinenti 
ai  Porcari  :  Antonio  forgio  patritio  |  ro.  viro  frugi  omnibus 

URBANIS  I  MAG1STRAT1BUS  EGREGIE  I-UNCTO  |  ViX.  ANNOS  LXXV. 
M.  IIIJ  D.  XI.  I  CONCORDIA  ET  MARTIA  PATRI  |  NEPOTES  AVO  SANCTJSS, 


f  Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari       \  2  5 


BSR.  I  F,   A.    D.    M,    D.    Ut  —  FRANCISCO    POHCIO   PATR.    SANG 

GRATIAQ I  ERGA  SED.  APOSTOLIC.  ...  |  ...  HO.  CLAHISSIMIS   Tl- 

TULIS  I  VIARCII  URBIS  CURATORI  [  ANN.  XXXVl.  MRNS.  I.  D  li  |  «A  . .  . 
OlORI  MAR...  I  LlBEkl  OPTIMO  |  PATRI  POSUERE  |  .  —  DEO  IMMOR- 
TALI j  U£MOnUE  AMOBIS  ET  CASTITATIS  |  FAUSTINAB  HAFPEAE 
CONIUGIS  I  DULCISSIKAE  ET  CARISSIMAE  QVAE  {  TRIBL'S  SUPERSTITIS 
(sic)  FILIIS  RELICTIS  |  EODEH  QUO  NUPSIT  EXTINCTA  EST  DIE  | 
lUUIUS    PORCIUS    NON    51NE    LACRVMIS    P03UIT  |   VIXIT    ANN,    XXXllI 

MKNS.  X  BIS.B.  Vii  ]  MDXXxvi.  ~  Ncl  ms.  del  Magalotti  (Bibl. 
Chig.  voi,  IV  (G.  V  143)  pag.  38i  )  si  trovano  anche  ripor- 
tate le  sopraliegate  iscrizioni,  nell'ultima  delle  quali  si 
Ic^ge  correttamente  notato  a  siiperstitibus.  «  —  Nel  ms.  vat, 
cìnto  si  legge  t;ioUre  anche  questa  scritta  :  o  da  un  ms,  degno 
di  fedi,  la  quale  per  dser  molto  curiosa  non  ci  è  parso 
di    tralasciarla  «  :   d.  s.  [  antonius  et   ludovisìa  pobtu  ro- 

WANl  PARENTE*  PiEMTISS.  QUIRUS  EHAM  AMOR  ET  DELITIAE  NON 
PARUH  ME  BEBMARDINUM  VJX  QUI  SUH  X  ANN.  NATU,  RUINA 
CUBRENTIS  ErìUl  QUO  FATI  ATQUE  SOBTIS  FUTURAE  INSCIUS  GAU- 
DENS  VEHEBAR  VJSU  HEU  QUAM  MlSt;RABILE  INTERBUPTUM  HAC 
SUB    MEA    DE    MARMORE    IHAIÌINE    MESTISSIMI    POSUERE.    Ù    FACTUM 

PIE.  —  Nella  chiesa  della  Minerva  ì  Porcii  avevano  fa  cap- 
pella dedicata  a  san  Girolamo.  In  questa  leggevasi:  sacra- 

kUM  IITTERAHUM  INTERPRETI  MAXIMO  BEATO  HIERONVMO  HIEHO- 
NVKUS  PORCIUS,  EPIS,  MADRIAE  ROTAE  PHIMARIUS  AUD,  AC  S.  PE- 
TBI    CANONICUS    09   SINGULAREM   DEVOTIONEM    SACELLUM    MERITO 

DicAviT.  »  —Questo  Girolamo,  nella  serie  dei  vescovi  d'Adria 
detto  Hieronymus  de  Porzia  (Cf.  Gams,  Series  episcopo- 
rum  eXc.  pag,  7Ó9)  tenne  quella  sede  dal  iSgS  al  1612,  anno 
in  cui  venne  a  morte.  —  Innanzi  alla  predetta  cappella:  pro- 
spero PORCio  lULtAE  ZACCRiAE  AC  suisQ.  POSTERIE.  E  nella  cap- 
pella di  5,  Pietro  martire,  nella  chiesa  medesima:  deo.  opt. 

MAX.  I  VINCESTIO  PORTIO  |  QUI  VIXIT  ANNOS  |  XVUI.  MENS,  DUOS, 
DIES  VJIII  I  THOMAS  5AX0  AHADELLO  |  UXORI  FRATBI  |  BENE- 
MERENTI I  posuiT,  »  ^  Finalmente  nella  chiesa  di  San  Lo- 
renzo in  Damaso  vedesi  annestato  lo  stemma  dei  Porcari 
1  quello  dei  Pam&lì,  sul  pavimento  nella  navata  sìnitira, 


126  0.  Tommasini 


avanti  la  cappella  di  san  Domenico.  Ecco  la  scritta  :  angelo 

PAMPHILIO.    EQ.  I  RO.   OMNIBUS    VIRI    BONI  |  OFFICIIS   DOMI    FORIS- 
QUE    I    ABSOLUTIS.    |    VIX.    ANN.     XXXU     M.     X     D.    VI.   »    E    SOttO 

all'arme:   a  forgia  sabbe  porcarh  f.  |  coniugi  optumo  et 
FiLii  \  TRES  iMPUBEREs  PATRI  |  B.  M.  p.  |  —  Nella  casa  Pamfill 
finì  così  il  nome  e  la  ricchezza  de'  Porcari.  Ci  fu  permesso 
dal  sig.  principe   Doria  far  ricerca   nell'Archivio  Doria- 
Pamfìli,  allo  scopo  di  tentare  se  fosse  possibile  ricomporre 
intero  l'albero  genealogico  della  famiglia  Porcari.  Fra  le 
Carte  relative  alle  case  e  casette  poste  a  san  Gto,  della 
Pigna  e  vicolo  delle  Ceste ^  che  ci  furono  mostrate,  nulla 
trovammo  che  ci  facesse  intraveder  possibile  la  riuscita  del- 
l'impresa. Però  ci  conviene  per  ora  tenerci  quieti  alle  no- 
tizie di  questa  famiglia  piti  ampiamente  raccolte  dal  Ma- 
galotti ne'mss.  chìgiani.  «  Notizie  di  varie  famiglie  italiane 
et  oltramontane  f  canate  da  historie^  scritture  pubbliche  e 
private  mss.j  da  lapidi j  epitaffi  e  da  altre  memorie  del  cav, 
F.  Cesare  Magalotti  (G.  1. 139-146).  Per  verità  scarsa  ed  ine- 
satta notizia  dà  il  Magalotti  di  Stefano  Porcari,  facendo  men- 
zione di  lui  una  sola  volta  nell'anno  1449  e  quivi  annotando 
senza  scrupoli  cronologici  «  congiura  contro  papa  NiccJ*  5.'  » 
Un'altra  volta  occorre  un  cavaliere  Stefano  nel  i486;  ma 
non  sappiamo  chi  sia.  Ve  n'ebbe  poi  uno,  fratello  di  quel 
Curzio  Porcari  condannato  a  morte  sotto  Sisto  V,  che  fu 
figliuolo  di  Cesare  Porcari.  (V.  ms,  casanatense  XXIV.  V  in 
cui  tutta  la  famiglia  di  lui  vien  detta  parziale  della  corona 
di  Spagna  e  protetta  dall'  imperatore  Ferdinando.  —  Se  il 
ramo  derivante  dal  nostro  Stefano  seguitasse  a  chiamarsi 
dei  Porzii  o  Porcii  non  sapremmo  affermare.  Bensì  un  ramo 
della  famiglia  costantemente  si  nominò  dei  Porcari.  Ne'  re- 
gistri della  camera  pontifìcia  si  cita  un  Cencio  0  Cienzo 
Porcaro,  che  paga  la  tassa  dell'erbatico  d'Ostia,  e  dovette 
essere  bene  affetto  de' pontefici.  (Vedi  Registri  di  camera ^ 
anno  1453  pag.  12  a,  ibid.  pag.  i3  a.,  anno  1454  pag.  26, 
ibid.  pag.  V  b,  Archivio  di  Stato  in  Roma).  —  Del  resto  la 
piti  antica  memoria  della  famiglia  Porcari  è  questa  lapide 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari      1 27 

in  San  Giovanni  della  Pigna  :  «  Hic  requiescit  \  corpus  filioli 
lacobi  Erami  de  Porcariis  qui  obiit  anno  dhi  MCLXIIL 
mense  mali  die  12  cuius  aia  requiescat  in  pace^  seppure  dee 
cosi  leggersi  l'anno  segnato  erroneamente  MCMLXIIL 
E  in  San  Gio.  della  Pigna  è  pure  la  seguente  memoria: 
anno  dhi  M"  O  LXXXIP  mense  maii  die  XII  obiit  lulianus 
de  Porcariis  cuius  aia  requiescat  in  pace.  Sotto  è  l'arme 
della  famiglia  col  nome  di  messer  Andrea  d' Eramo,  e  questa 
scritta:  «  lapis  quem  cernis  ante  ostium  templi  iacebat  et 

NE  AB  INTROEUNTIBUS  SIGNUM  CRUCIS  PEDIBUS  CONCULCARETUR 
PORCIAEQUE  FAMILIAE  VETUSTATIS  MEMORIA.  .  .  OBLIVIONI  TRADE- 
RETUR  NICOLAUS  BiARTINELLUS  HUIUS  ECCLESIAE  RECTOR  IN  HUNC 
ET  HONESTIOREM  ET  COMMODIOREM  LOCUM  POSUIT,  ANNO  SAL   I  502. 

E  in  Santa  Maria  Rotonda  presso  la  cappella  dell'Annun- 
ziata: «  Costanza  delti  porcari  (mog)lie  de  Cola  Tomaro:j[s[0. 
Dell'albero  gentilizio  ecco  la  parte  che  meno  ci  parve  mal 
sicura,  ma  nella  quale  non  si  comprende  il  ramo  di  Stefano, 
che  forse  venne  di  proposito  trasandato  anche  da  genealo- 
gisti : 


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Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari      129 


Dal  resto,  ecco  cronologicamente  ordinata  la  serie  de' per- 
sonaggi della  famiglia  Porcari  che  occorrono  confusamente 
notali  nel  ms.  chigiano  del  Magalotti:  {a.  ii63)  lacomo 
d'Eramo.  (1182)  Giuliano  Porcari  —  (1269)  Giovanni,  giu- 
dice palatino.  —  (i372[)  Cola  Porcari,  fatto  con  altri  procu- 
ratore da  Niccolò  Orsini  addi  38  ottobre  (Arch.  Capitol.). 
(i38o)  Lodovico  Porcari,  lasciato  in  guardia  della  rocca 
d'Orvieto  da  KainaJdo  Orsini,  capitano  della  regina  Gio- 
vanna.—  (1384)  Gio,  di  Nardo  Porcari,  noiaro  della  curia 
di  Campidoglio  (pergamene  ne  IP  Arch.  di  S.  Maria  in  Via 
Lata)  —  {i}&4)  Peiruccio  Porcari  {Arch.  dì  s.  Maria  in 
via  Lata  n.  277).  —  (iSgi)  Niccolò  di  Pietro  Porcari  con- 
servatore.—  (i40o-i4i4f  1419).  —  Antonio,  nobile  romanoi, 
Comune  di  Tivoli  nel  quinterno  dei  diffidali.  —  (1416)  Nar- 
dola,  f.  d'Antonio  di  Cola  Porcari  moglie  di  Battista  dì 
Lor,  di  Martino  Seni.  —  (1420)  Cosmata  Porcari,  moglie 
di  Niccolò  Tomarozzi  de!  none  di  s,  Eust.°  sepolta  in  s. 
Maria  Ritonda.  —  (1421)  Antonia  di  Pietro  Rossi  del  rione 
Pigna,  moglie  di  Cencio  d'Antonio  Porcari,  sepolta  alla 
Minerva  nel  14^7-  —  ('426)  Nardo,  Antonio  e  Palazzo  di 
Gio.  di  Nardo  del  rione  di  Pigna.  —  (i43o)  Cencio  guar- 
diano nella  Compagnia  del  S."""  Salvatore,  conserTatore  del 
popolo,  mag.  e  giugno.  —  {i43i}  Girolama  BastardelU, 
moglie  a  Giuliano  Porcari,  sepolti  in  san  Niccolò  in  car- 
cere. —  (1434)  Paolo,  conservatore.  —  (i438)  Benedetta, 
moglie  di  Nardo  Porcari  sepolta  alla  Minerva,  —  (14^8) 
Nell'vlrcA.  laler.  è  memoria  del  testamento  di  Peiruccio 
di  Gio.  di  Nardo  Porcari  del  rione  di  Pigna,  fatto  à  di  10 
di  luglio.  —  (1446)  Giuliano  d'Ant.°,  sepolti  nella  Minerva. 
(1447)  Petruccio,  sepolto  nella  Minerva;  Cecilia,  moglie  di 
lui  io  S.  Gio:  delia  Pigna.  —  (1448)  Crescenzia  di  Paolo 
Porcari  dona  una  casa  all'Ospedale  'del  S."""  Salvatore. 
(Arch.  deir Ospedale ). —  (1449)  Stefano.  —  (i45o)  Testa- 
mento di  Caterina,  moglie  d'Ant."  Porcari  del  rione  Pigna, 
a  di  22  gennaio,  per  Giuliano  de  Lisciis,  ntW'Arch.  del- 
rOspJ'  laler.  — {1454)  Lionarda,  moglie  di  Battista  Seni  — 
Archivia  Jtlla  Socì<U  romaita  di  Storia  patria.  Voi.  IH.  y 


i3o  O.  Tommasini 


(1455)  Andreozza,  f.  d'Ant.*  moglie  di  Pietro  Maglìozzi, 
sepolta  nella  Minerva.  —  (i456)  Filippo,  del  rione  di  Pigna, 
ricevuto  nella  Comp.*  del  S.  Salvatore.  Ne  diviene  guar- 
diano nel  1465.  —  (14S7)  Caterina,  m.  di  Paluzzo  Porcari, 
sepolta  in  s.  Gio.  della   Pigna.  —  (1460)  (Arch.  capti). 
Atto  di  compera  della  metà  d'una  casa  sulla  piazza  della 
Minerva  fatta  pel  nobile  Cencio  Porcari,  dal  ven.  Pietro 
suo  fratello  germano  à  dì  8  novembre,  per  Mariano  Scali- 
bastri.  —  (1461)  Cristoforo  di  lac*  Porcari  —  (1462)  Fran- 
cesco di  Giuliano.  —  (1463)  Maria,  figlia  di  Cencio,  del 
rione  di  Pigna,  moglie  a  Coronato  de  Planca,  avv.^  con- 
cistoriale, a'i3  di  maggio,  per  Mariano  di  Gio.  Scalibastri 
(Arch.  capii.).  —  (1463)  Antonia  m.  di  Màrtelluzzo  Porcari, 
sepolta  nella  Minerva.  —  (1464)  Francesco  del  q.  Giuliano 
Porcari  fa  rinunzia  al  nobil  Pietro  Porcari  suo  zio,  addì  iS 
maggio,  per  d.*  —  (1464)  Evangelista,  del  q.  Cencio  del  rione 
di  Pigna  per  sé  e  per  suo  fratello  Antonio  vende  a   Paolo 
Alberini  la  4.*  parte  del  casale  di  Falcognano,  nel  Lazio, 
{Arch.  capitol.  per  atti  di  Pietro  de  Merilis).  Pietro,  can.** 
di  san  Pietro,  fa  compromesso  in  Evangelista  di  Lello  Mad- 
daleni  del  Rione  di  Pigna  per  differenze  che  avea  con  Nardo 
di  Bazio  de  lo  Roscio,  a' dì  14  novembre  1464  —  Messer 
Agabito,  figlio  di  Filippo,  il  quale  è  ricevuto  nella  Com- 
pagnia del  S."*  Salvatore  nel  1485.  —  Valerio  di  Battista  — 
Stefano,  cavaliere,  del  rione  di  Pigna.  —  (1465)  Testamento 
di  Pietro  Porcari,  canonico  di  san  Pietro,  addì  11  luglio. 
{Arch.  capitol.  per  Mariano  Scalibastri).  Fa  suoi  eredi  Giu- 
stino Giovanni  e  Ant.%  del  q.  Cencio,   e  Francesco  del 
q.  Giuliano,  suoi  nipoti.  Lascia  esser  sepolto  in  santa  Maria 
del  Popolo.  (1466)  Antonia,  moglie  di  Francesco  Porcari, 
figliuola  ed  erede  con  benefizio  d'inventario  di  Gentile 
Astalli,  fa  compromesso  in  Battista  Brendi,  Paolo  di  To- 
scanella  e  Angelotto  Pagelotti  per  la  differenza  che  avea 
con  Rita  e  Giulia,  figliuole  del  q.  Stefano  Astalli,  e  Ludo- 
vica loro  madre,   addì  20  novembre.  —  addì  24  marzo, 
Paolina  Porcari,  vedova  di  m.'*Bartol.'  de  Gracchi,  medico. 


Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari 


(1467)  Antonio  Porcari,  procuratore  di  Lucrezia  sua  so- 
rella, vedova  di  Paolo  BastardeUì,  e  d'Antonio  di  lei  fi- 
gliuolo.—  {14G8)  Rita,  moglie  di  Filippo  Porcari,  sepolta 
nella  Minerva.  —  Niccolò  di  Paolo  Porcari  —  (1469)  Ber- 
nardina f.  d'Antonio  Porcari,  sepolta  nella  Minerva  — 
(1470)  Convenzione  per  fabbrica  di  case  Ira  Domenico, 
Evangelista.  Antonio  Porcari,  a  di  14  aprile  (Arch.  capital. 
per  Pietro  de'  Merigli).  —  Lodovica,  moglie  d'Antonio  Por- 
cari, paga  per  l'anniversario  di  lacoma,  moglie  di  Pietro 
Cenci,  sepolta  in  san  Gregorio.  La  medesima  sepolta  nella 
Minerva  1470.  —  {1471)  Paolina  Porcari,  sepolta  nella  Mi- 
nerva —  Suo  testamento  per  Pietro  de'  Merigli,  a'  dì  5  di 
Febbraio.  —  Ludovica  Capizucchi,  moglie  di  Giuliano  Por- 
cari. —  (1472)  Francesco  Porcari,  testimonio  del  testamento 
di  Battista  Frangipani. — (1474)  Il  medesimo  Francesco 
tenimonio  in  un  contratto,  insieme  al  cav."  Girolamo 
Muti.  —  Sponsali  tra  il  nob.  Domenico  de' Porcari,  mag." 
conservatore  delle  Camera  dì  Roma,  padre  di  Gentilesca, 
e  Stefano  figlio  di  Lorenzo  Paparoni,  del  rione  di  s.  Eusta- 
chio, con  dote  di  900  ducati,  per  Camillo  Beneimbene, 
(Arch.  Capital.)  —  (M?^)  Testamento  d'Antonia,  moglie 
del  q.  lacomo  Porcari  del  rione  di  Trevi,  A  di  3o  di  maggio 
per  Bernardo  Capagalli.  (Arch.  Capital.)  —  (1477}  Anastasia 
Porcari,  vedova  del  q.  Cristoforo  di  Cencio  Capizucchi, 
sepolta  a  S.  Maria  in  Campitello. — Vendila  fatta  per  An- 
tonio di  Cencio  Porcari  all'Ospedale  del  5."°  Salvatore 
della  4.*  parte  del  casale  di. . .  (lacuna  nel  ms.)  fuori  di 
porta  Appia,  à  di  16  gennaio,  per  Gregorio  Altini  Casti- 
glione, (in  arch.  del  dello  aspedale)  —  (1479)  Lucrezia  di 
Cencio  Porcari,  sepolta  nella  Minerva.  —  (1481)  Girolamo 
Porcari  compera  porzione  di  vigna  fuori  della  porta  di  s. 
Paolo,  della  chiesa  di  s.  Maria  Rotonda,  a* di  26  d'aprile, 
per  Mariano  Scalibastri  (Arch.  Capital.)  —  Francesco  Por- 
cari, mallevadore  di  Pietro  di  Stefano  Porcari,  per  una 
pace.  —  (1483)  Girolama  Castellani  moglie  di  Luca  Antonio 
di  Cencio  Porcari,  —  (1484)  Testamento  di  Paolina  m.  di 


i32  O.  Tommasini 


Giuliano  Porcari  tld  rfone  di  Pigna  a  di  14  febb.  per  Pietro 
MerigH  e  Mattia  Taglienti.  Altro  testamento  di  lèi,  a' di  i3 
aprile  1480  per  Pietro  Merigli.  (Arch.  GipiYo/.^  —  (  r484)  A 
dì  14  Settembre  Testamento  di  Cola  di  Paolo  Porcari  del 
rione  di  Pigna,  per  Massimo  OlearioJ,  (Arch.  Qq^rtol)  — 
(1485)  ^Divisione  del  Casale  dei  Pazzi  fuori  di  porta  No* 
meÌEitàna  tra  Cola  di  Paolo  Porcari  del  rione  di  Pigna  e 
Cornelio  di  battista  Porcari  del  rione  di  Parione,  a'  dì  24 
sfettembre,  per  Massimo  Oleario.  (Arch,  <2apttoL)  —  (1488) 
Divisione  di  beni  fra  Paolina  m.  di  Fr.  Porcai  i  e  Stefano 
del  q.  Pietro  Margani,  Girolama  m.  di  Filippo  ddla  Valle, 
sua  sorella  germana,  eredi -della  q.  Checchetélla  m.  di  Grillo 
Margani.  (Arch.  Capito!.)  —  (1490)  Giulio  del  q.  Fr.  Por- 
cari, à  per  moglie  Girolama  di  Battista  Matte!  del  rione 
di T-rastevere. — (1491)  Paolina  f.  d'Ippolito  Porcari,  moglie 
di  Lorenzo  Astalli.  —  (1494)  Cecca  Porcari,. sepólta  alla 
Idineirva.  —  (1495)  Vincenzio  di  Fr.  Porcari,  ricevuto  nella 
Compagnia  del  S."*  Salvatore.  —  (1495)  Testamento  d'Ar- 
cangelo di  Pietro  Arcangeli  d'Urbino,  marito  di  Marzia, 
f.  di  Antonio  Porcari,  à  dì  3o  ottobre,  per  Latino  Marsi. 
(Arch.  CapitùL)  —  (1496)  Porzia  di  Saoo,  moglie  di  An- 
gelo Pamfili,  sepolta  in  San  Lorenzo  in  Damaso.  —  (T497) 
Girolamo  vesc.  d'Adria,  audilore  di  Rota,  canonico  di  S. 
Pietro,  (v.  Diario  €P Alessandro  VI.),  sepolto  alla  Minerva 
nel  i5o3.  —  (i5oo)  Laara  Porcari,  moglie  del  q.  Tommaso 
Sassi  Amateschi,  sepolta  alla  Minerva.  —  (i5o2)  Cassandra 
Porcari,  vedova  di  Pietro  Cenci.  —  (i5o3)  Lucida,  moglie 
di  Gir.  Castellani,  aw.®  concistoriale. — Antonio,  sepolto 
alla  Minerva.  Cornelio,  figlio  di  lui,  fu  quello  che  lasciò 
erede  la  compagnia  della  S."**  Annunziata.  —  (i5o4)  Ago- 
stina f.  di  Gabriele  Sinibaldi,  moglie  di   Sabba   Porcari 
sepolta  nella  Minerva.  —  (i5o5)  Marta  Porcari  moglie  di 
Giuliano  Capranica.  —  (i5o9)  Cecca   Porcari,   moglie   di 
Ceccòlo  Crescenzi,  sepolta  nella  Minerva.  —  f  iSoy)  Ippolita, 
moglie  di  Girolamo  Benzòni,  sepolta  nel  i5o8  in  Sant'Ago- 
stino. —  (i5i3)  Quinzia  Porcari,  ved.  di  Stefano  de' Vari, 


li    & 

Documenti  relativi  a  Stefano  Porcari      1 33 


sepolta  alla  Minerva,  Suo  Testamento  nellMrch.  Capital. — 
(i5i4)  Gregoria  Mattiozzi,  ved.  d'Antonio  Porcari  fa  lo- 
cazione in  perpetuo  di  parte  di  un  orto,  da  misurarsi,  nel 
rione  di  Regola.  —  (iSaS)  Deputazione  di  curatore  «  per 
lì  nobili  Girolamo,  Domenico  e  Sabba,  fratelli  germani 
et  tìgli  et  eredi  del  q.  nob.  Prospero  Porcari,  in  persona 
di  Fr,  Vallati,  per  la  vendita  di  certi  stabili  ad  effetto 
di  pagare  la  taglia  a' soldati  dell' Imp,"  in  tempo  del  sacco 
di  Roma,  i6  febb."  per  Pietro  Paolo  Manfredini  ■  (in 
Arch.  Capii.)  —  (i532)  Giulio  Porcari  (i),  marito  di  Fau- 
stina Mattei.  —  (i533)  Girolamo  Porcari  à  in  moglie  Laura 
Fabi.  per  atti  di  Curzio  Saccocci,  [Arch.  Capito!.)  —  (  i549) 
Camilla  Porcari,  moglie  d'Emilio  Altieri.  —  Girolamo  P. 
quieta  Gir.  Muti  Pappazzurri  per  due.  loo,  a'  ig  gennaio, 
(ani  di  Curzio  Saccocci)  —  (i558}  Stefano,  Orfeo,  e  Gio, 
fratelli,  figli  di  Metello  Porcari.  —  (iSSg)  Ortensia,  sorella 
di  Orfeo  e  di  Gio,  b.*  figli  di  Metello  de'  Porcari,  moglie 
di  Gentile  Piermatiei  Albertoni,  —  (iSyó)  Subasta"  tra, . . 
Porcari  e  Pierlrancesco  Paravicini.  —  (i58o)  Paolo  Porcari 
dottore,  sepolto  nella  Minerva,  a' dì  io  d'aprile.  —  Nel 
cod,  vat,  285i,  p.  3."  pag.  584:  «  in  altero  libro  manuscripto 
per  dnum  Gullielmum  Cardellum  romanum  tpe  Martini  V 
papae  et  Sigismundi  Caes.  Germ.  imp.  per  ordinem  alpha- 
^^lefi  sic  notata  erant  Jamiliae  nobiìium  Rom.  et  sic  ad  litte- 
^^■Tdin  rescripsimus  >  s'incontrano  a  pag.  386  t.  registrati  i 
^Hporcariì.  L'Ahavden  nel  suo  noto  ms.  casanatense  delle 
^^pàmiglie  romane  li  menziona  appena  fra  quelli  con  cui  i 
^^Vaintìlì  s'imparentarono. 

(0  Ci  pare  di  correggere  a  questa  guisa  la  nota  del  Magalotti,  il 
((aale  confonde,  contradicendo  a  se  medesirno  i  sessi,  e  pone  Giulia  in 
luogo  dì  Giulio,  e  Girolamo  in  luogo  di  Girolama,  e  non  tiene  ragione 
di  quel  Giulio  nato  del  presenle  maritaggio,  che  nelle  carte  deirarehivio 
Doria  k  detto  Porcio  a  Postumo. 


G.  Tomassetti 


i35 


DELLA  CAMPAGNA  ROMANA 


NEL   MEDIO   EVO 


(Coaliuuaiioac  tedi  pog.  4o8). 


Tra  i  poderi  confinanti  col  territorio  di  Calvisiano,  e  Torse 
compreso  in  quello,  al  tempo  della  sua  massima  estensione, 
vi  fu  il  fondo,  che  porta  il  nome  di  Tor  Tignosa.  Non 
é  privo  di  valore  storico,  essendoché  il  nome  ce  ne  mani* 
festa  la  pertinenza  alla  famiglia  dei  Tineosi  o  Tintosi,  la 
quale  fu  ragguardevole,  nella  regione  del  Trastevere,  nel- 
l'uodecimo  secolo.  Allorché  il  monaco  Ildebrando,  consi* 
gliei'e  dei  Pontefici  riformatori,  propugnava  la  indipendenza 
delU  Sede  romana  dalla  fazione  tuscolana,  esollevava  contro 
questa  il  popolo  di  Roma,  innalzò  alla  dignità  di  prefetto 
urbano  Giovanni  Tinioso  nobile  transtiberino  (i).  11  figliuolo 
dì  costui,  per  nome  Cinzio,  o  Quinzio,  o  Cencio  (varianti 
dei  cronisti)  fu  per  opera  d'Ildebrando  elevato  pure  alla 
Prefettura,  sotto  il  pontificato  di  Alessandro  II,  come  an- 
tagonista di  Cencio  Crescenzio  avverso  al  Papa  ed  alla 
parte  riformatrice.  Nel  secolo  XIV  Ìl  fondo  suddetto  non 
era  piti  dei  Tiniosi;  e  nei  documenti  che  lo  riguardavano 
era  indicata:  casale  quod  olim  fait  de  Tineosts  (s).  Questa 
notizia,  con  la  enumerazione  dei  respettivi  confini,  tutti 
piti  0  meno  riconoscibili  nei  nomi  moderni  dei  finitimi  di 
Tor  Tignosa,  {Solforata,  Solfaratella  etc.)  conferma  l'an- 
tichità del  fondo  e  della  sua  denomir 


(i)  Ordinaverunt  JohanneiH  Tiniosum  transtibtrinum  praefectum  — 
Annaleg  romini  in  Wattswch.  Pont.  rom.  vitae  «e.  I  p-  a  1 7  —  cf-  anche 
g  Gmcohdvtu»  lib.  VII  e.  11[.  %  3. 

(3)  NiBBv,  Analisi  IH  p.  248  (dal  Callitti]- 


i36  G.  Tomassetti 


La  tenuta  di  Tor  Maggiore  confinante  con  tor  Tignosa, 
e  vasta  fino  a  raggiungere  il  decimottavo  miglio  da  Roma, 
ebbe  cotesto  nome  nel  primo  medio  evo,  e  lo  mantenne 
anche  nel  secolo  XIV,  quando  venne  a  far  parte  del  patri- 
monio dei  Savelli.  In  un  documento  dell'archivio  di  S. 
Maria  in  via  lata,  spettante  |al  detto  secolo,  si  nota  questo 
fondo  con  due  nomi,  cioè:  turris  maior^  casale  Sabellert' 
slum  (i)  e  non  già  turris  maior  Sabellensium^  come  il  Nibbt 
ha  trascritto,  e  quindi  è  caduto  nell'equivoco  di  credere  i 
Savelli  edificatori  della  tor  maggiore  (2).  Questa  si  trova 
tuttora  quasi  nel  mezzo  del  fondo,  non  lungi  dal  rivo  di 
S/  Procula:  non  sembra  molto  antica;  ma  non  per  questo 
può  attribuirsene  ai  Savelli  la  fondazione,  forse  soltanto 
il  ristauro  nella  parte  esterna,  in  tempo  di  guerra  colle 
potenti  famiglie  rivali.  Non  credo  difficile  ad  ammettersi 
essere  stata  una  delle  torri  di  difesa  contro  gli  Arabi,  mu- 
tata col  tempo  in  centro  di  un  latifondo,  come  tant«  altre. 
A  questo  possesso  potrebbero  riferirsi  i  prata  Sabellensium 
nominati  in  una  carta  della  stessa  età  e  provenienza  (3). 
Taccio  dell'ampia  tenuta  di  S.*  Palomba^  di  Sughereto^ 
che  a  quella  succede,  e  di  Cerqueto  quasi  confinante  col 
territorio  di  Albano,  perchè  non  ne  ho  presente  alcuna 
fondata  notizia  (4).  Dopo  questi  terreni,  troviamo  sulla  si- 
nistra della  via  Ardeatina  il  campo  denominato  le  Vittorie, 
probabilmente  da  qualche  antica  statua  o  bassorilievo  rap- 
presentante due  o  più  figure  di  Vittorie.  Forse  vi  dobbiamo 


(i)  Cod.  Vat.  8o5o  f.  no. 
{%)  Analisi.  Ili,  p.  233. 

(3)  Cod.  Vat.  7930  f.  XI 5. 

(4)  Ricordo  soltanto  per  la  uguaglianza  del  nome  la  mansa  Palumha, 
(Bollano  Vatic.  p.  3o)  senza  potervi  aggiungere  una  congettura  topo- 
grafica. Dair  antico  manso  agrario  potè  facilmente  farsi  una  mansa.  Non 
sarebbe  per  vero  dire  molto  strano  che  da  questa  mansa  fosse  sorta  una 
santa  Palomba.  Gli  esperti  di  memorie  del  medio  evo  rammenteranno 
esempi  anche  più  incredibili,  ma  veri.  Ma  la  m.  Palumba  suddetta  sembra 
piuttosto  propria  della  via  Claudia. 


^ella  Campagna  Kptnana  iSy 


riconoscere  la  massa  Victoriolas  d^  diploipa  marmoTeo.  Vsi- 
ticano  ;  e  si  noti  come  corrisponda  il  pome  plurale  sì  nel- 
Tappellazione  medievale  come  nella  moderna.  Io  già  liip 
notato  questa  massa  ^oi  du^  fondi  Octavianus  e  Rumelltanus,, 
^he  la  composero,  tra  i  meno  certi  dell^  via  Appia,  al  cui 
pafrimonium  certamente  appartenne,  tanto  se  posta  suU' Appia 
quanto  se  sull'Ardeatina.  Ad  ogni  modo  gioverà  per  dili- 
genza l'averla  notata  sotto  ambe  1^  strade  (i). 

Ma  il  campo  delle  Vittorie  forma  una  part^  della  tenuta 
di  5/  Procula,  o  per  dir  meglio,  di  una  delle  due  tenute 
di  questo  nome  confinanti  quivi  tra  loro.  Ed  infatti  al  Nibby 
sembrò  giusta  la  corrispondenza  di  una  s.  Procula  con  la 
massa  Victoriolas.  Può  tuttavia  sorgere  qualche  dubbio  in 
proposito,  perchè  nel  diploma  Vaticano  sono  indicati  due 
oliveti  come  appartenenti  alla  ripetuta  massa;  mentre  il 
suolo  di  s.*  Procula  non  sembra  opportuno  per  siffatto  ge- 
nere di  coltivazione.  Né  presso  gli  antichi  scrittori  (e  spe- 
cialmente in  Plinio  il  giovine]  avvi  menzione  di  olivi  fra 
i  prodotti  di  questo  territorio  e  del  circostante  (2).  Nella 
diligentissima  rassegna  del  Nicolai  ambedue  le  tenute  omo- 
nime si  presentano  affatto  prive  di  cotesto  ramo  di  coltura  (3). 
Ciò  che  non  può  esser  posto  in  dubbio  si  è,  che  nel  se- 
colo XI  il  tenimento  di  s.*  Procula  portava  il  nome  ab- 
bfistanza  aptico  di  gualdus  LapigiOy  e  spettò  ^l  monastero 
di  s.  Paolo,  come  rileviamo  dalla  più  volte  accennata  bolla 
di  Gregorio  VII  dell'anno  1074,  in  cui  è  specificato  col- 
r aggiunta  della  chiesa  di  san  Proculo  (col  tempo  trasfor- 
mato dal  volgo  in  una  santa,  e  dalla  gente  del  sito  corrotto 

(i)  Gioverebbe  a  decìdere  la  cosa  il  sapere  se  la  vallis  Ramello  extra 
pùrtam  sancii  Pauìi  che  trovasi  notata  nel  cod.  Vat.  8019  abbia  che  fare 
col  Rumellianus,  dal  qual  nome  potrebb' essere  derivata.  La  indicazione 
topografica  corrisponderebbe,  potendovisi  accedere  dalla  porta  s.  Paolo; 
j|ia  non  è  argonaento  sufficiente.  Ho  cercato  finora  invano  il  docum^to 
rje^pettiyo. 

(2)  Plinii  Ep.  IL  17. 

(3)  Op«  clL  L  p.  162^  3o3. 


i38  G.  Tomassetti 


in  santa  broccola)  superstite  tuttora  in  parte,  cioè  nella 
tribuna,  con  pitture  a  fresco  del  secolo  ottavo.  Alla  natura 
di  questa  deserta  spiaggia  ricca  di  poetiche  rimembranze, 
abbondante  di  folte  boscaglie,  che  ci  fanno  risowenire  delle 
sublimi  leggende  latine  (i),  ben  si  adatta  lì  yocà\)oìo  guaUus 
germanico  di  origine,  e  significante  foresta  fin  dal  primo 
medio  evo  (2).  E  dico,  dal  primo,  per  mettersi  in  guardia 
sulla  coincidenza  assoluta  di  s.*  Procula  con  Victoriolas, 
col  non  perdere  di  vista  una  intitolazione  autentica,  il  cui 
vocabolo  risale  alla  stessa  età  del  diploma  Vaticano.  Il  Nibbt 
sfugge  la  difficoltà  che  nasce  dalla  doppia  appellazione  me- 
dievale gualdus  e  Victortolas,  anzi  propende  verso  l'ipotesi 
che  formassero  un  giorno  un  sol  corpo  (3).  Ma  non  poten- 
dosi provare  siffatta  congettura,  mi  sembra  meno  gratuita 
questa  conclusione:  che  la  s.*  Procula  appartenuta  un  tempo 
ai  sigg.^  Carpegna,  la  quale  è  meno  piana  dell'altra,  e 
porta  tuttora  il  nome  di  Vittorie,  possa  corrispondere  alla 
massa  Vaticana  contenente  gli  oliveti;  e  l'altra  già  dei 
Giraud,  selvosa  tuttora,  anche  dopo  tagli  e  diradamenti 
operativi  dal  secolo  XIV  in  poi  (4),  fu  il  gualdus  Lapigio 
della  bolla  Gregoriana. 

Non  possiamo  inoltrarci  verso  Ardea  senza  prima  rivol- 
gerci alquanto  a  sinistra,  ove  la  vasta  tenuta  Pescarella 
forma  il  confine  tra  il  territorio  Ardeatxno  e  quello  della 


(i)  Di  Amata  moglie  del  re  Latino  che  si  agita  in  sylvas,  (Acndd. 
VII.  385)  di  Aletto  che  quivi  tacitis  latet  aspera  sylvis,  (ivi  5o5)  e  dà 
fiato  al  corno,  al  cui  squillo:  contremuit  nemus  et  syhae  intonuere prO' 
fundae  (ivi  5i5)  e  di  altri  luoghi  allusivi  ai  boschi  di  questo  territorio. 

(2)  DucANGE  s.  V.  ed  altri. 

(3)  Analisi  li  p.  664. 

(4)  Che  il  gualdus  perdesse  col  tempo  la  sua  qualità  distintiva  per 
tagli  eseguitivi  si  conosce  dall'ordine  delle  appellazioni  che  ricevette.  Nella 
bolla  di  Innocenzo  III  si  nota  in  secondo  luogo  il  bosco  ecclesiam  s.  iVo- 
culi  cum  gualdo  (i2o3).  In  una  carta  di  s.  Maria  in  via  Lata  del  i33o 
non  è  più  nominato,  e  il  fondo  è  detto  tenimentum  casalis  s.  Proculi. 
(Cod.  Vat.  8o5o  f.  109). 


'Della  Campagna  lipmana 


i39 


via  Anziate,  di  cui  toccai  sotto  l'Appia.  Né  il  nome,  nè 
le  vicende  dì  questo  fondo  sono  illustrate.  Un  documento, 
trascritto  dal  Galletti,  offriva  i  nomi  Pescarella  e  Peseta- 
dora,  ma  non  mi  è  riuscito  di  rintracciarlo  (i).  In  questa 
medesima  linea,  da  sinistra,  entriamo  in  Pian  de'  Frassì, 
da  questo  in  Casa  tarara,  menirc  sulla  destra  si  succedono 
Muratclla,  Magione  e  Banditella  (2),  colle  quali  abbiamo 
raggiunto  Ìl  suolo  di  Ardea,  méta  di  questa  parte  d'iti- 
nerario. 

Ardea,  l'antica  e  temuta  sede  dei  Rutulì,  era  fin  dal 
primo  secolo  dell'era  volgare  ridotta  nella  condizione  di 
oppidum.  Tuttavia  fu  sola  nel  medio  evo  in  questa  parte 
di  spiaggia,  non  parlo  pertanto  di  Gregoriopoli,  nel  mante- 
nere un  mediocre  grado  d'importanza.  Questa  derivò  dal- 
l'abbandono e  spopolamento  delle  vicine  borgate  molto 
esposte  alle  incursioni  degli  Arabi,  e  dall'essere  situata  in 
una  distanza  media  dal  mare,  perciò  meno  soggetta  alle 
insidie  di  quei  corsari,  e  posta  in  luogo  eminente  e  van- 
taggioso per  arrestarne  le  correrie,  quando  essi  si  avanza- 
vano entro  terra.  Questo  particolar  merito  di  Ardea  riceve 
illustrazione  dalle  sue  memorie,  che  appariscono  non  prima 
dell' undecime  secolo.  Ma  se  allora,  nella  bolla  Gregoriana, 
Ardea  è  nominata  castellum  cum  rocca  et  turre  maiore  (3) 
nulla  ci  vieta  di  riputarla  tale  ancor  prima  di  quel  tempo. 
Nè  questo  fatto  nuoce  alla  regola  generale  intorno  alla  data 
pib  recente,  che  assegnai,  nel  capo  II,  alla  origine  dei  castelli 
suburbani  ;  ma  n'è  anzi  una  splendida  e  necessaria  eccezione 
dal  punto  di  vista  politico  e  militare.  Una  seconda  men- 
zione di  Ardea  come  castrum  nel  principio  del  secolo  XII 
sfuggi  all'autore  deW Analisi  dei  dint.  di  Roma;  ed  è  nella 


(1)  Cod.  V«.  7g3i  f.  78  (m 

(i)  Il  nome  di  casa  Lavava  eviden  lem  ente  è  amico:  quello  di  W«- 
ratella,  comune  ad  aMri  fondi,  significa  un  recinto  moderno  analogo  alla 
elusa  piìi  amica  ed  alla  curili  anclie  più  antica. 

13}  Qr^orio  VU  ne  concesse  la  mai  al  monasiero  di  s.  Paolo. 


140  G.  Tomassetti 

lotta  delle  investiture,  a  proposito  del  rifugiarvisì  che  fece 
Gelasio  II  assalito  dalia  fazione  imperiale  (i).  In  tempo 
assai  vicino,  cioà  nella  bolla  dell'antipapa  Anacleto  U 
del  ii3o,  che  donò  Ardea  per  intiero  ai  monaci,  la  troviamo 
specificata  non  piti  come  castello  ma  come  civitas.  Donde 
si  rapido  incremento  e  trasformazione  di  Ardea?  Se  io  det- 
tassi una  monografia  di  questo  luogo,  dovrei  ricercare  se 
dalla  vita  di  Anacleto  II  si  tragga  qualche  indizio  di  causa 
favorevole  spejcialmente  a  questa  città;  ma  in  un  lavoro  ge^ 
nerale  qual'è  il  presente  mi  arresto  alle  cause  piti  focili  a 
scuoprirsi,  che  mi  sembrano  :  i.""  la  cessazione,  in  quel  tempo 
del  continuo  pericolo  da  parte  dei  Musulmani,  contro  i 
quali  le  città  italiane  avevan  preso  l'offensiva;  quando  il 
Mediterraneo  era  percorso  da  navi  italiane  dirette  alle  Cro- 
ciate: (2)  2^,  il  compiuto  spopolamento  delle  domuscultae 
vicine  (Calvisiano,  s.  Edistio)  i  cui  abitanti  dovettero  con- 
centrarsi in  Ardea  sotto  la  protezione  dei  doviziosi  monaci 
di  s.  Paolo  (3).  Finalmente  Ardea  decadde,  forse  a  causa 


(i)  Ecco  le  parole  di  Pandolpo:  immo  cepit  dommus  Hugo  cardinalts 
et  presbyter  Papam  nostrum  in  collo  et  ad  castrum  sanctiPauli  Ardeam 
sic  de  nocte  portavit.  Watterich  op.  cit.  11  p.  98. 

(2)  SiSMONDi.  Hist.  des  reputi,  ital,  e.  V. 

(3)  Sarebbe  superfluo  in  questo  luogo  lo  studio  delle  relazioni  fra 
r antipapa  e  i  monaci  benedettini;  ma  non  posso  dispensarmi  dal  notare 
che  Anacleto  si  appoggiò  sempre  alla  potenza  dei  Normanni,  creò  re  il 
fieimoso  Ruggeri;  e  che  le  lettere  di  lui  si  conservano  nel  Parchi  vie  di  Mon- 
tecassino  (sec.  XIV  n.  i5g).  Ora  vi  potè  essere  associazione  d*  interessi 
tra  i  Normanni  e  i  monaci  benedettini  in  genere?  E  per  ciò  che  spetta 
al  monaci  di  s.  Pa  olo  non  potè  consolidarsi  la  relazione  tra  essi  e  i  Pier- 
leoni,  da  cui  discendeva  Anacleto,  nella  elevazione  di  lui  alla  sede  pa- 
pale? Niuno  ignora  le  memorie  sepolcrali  dei  Pierleoni  presso  s.  Alessio 
suir  Aventino,  ov*  erano  i  monaci  benedettini  (i  Pierleoni  si  dissero  anche 
conti  deir Aventino)  e  presso  s.  Paolo.  Inoltre  si  può  assolutamente  af- 
fermare che  Tabate  di  Montecassino  (Rainaldo  )  era  strettamente  collegato 
con  Ruggeri;  che  1*  abate  di  s.  Paolo  di  Roma  (Anastasio)  era  stato 
creato  cardinale  dair  antipapa,  e  tentò  in  costui  favore  anche  Timperator 
Lotario,  con  una  lettera,  di  cui  il  Baronio  vide  neirarch.  dì  Montecassino 


'Della  Càifip'agna  'Éipmana  141 

della  malaria,  e  nel  secolo  XIV  riprese  l'antica  qualità  di 
castello  (i),  e  come  lale  ritornò  ancora  una  volta  in  potere 
del  monastero.  Di  poi  nel  secolo  XV  venne  alla  Camera 
apostolica;  quindi  fu  conquistata  da  Raimondo  Orsini,  e 
tolta  infine  a  costui  da  Martino  V,  che  la  diede  ai  suoi 
Colonnesi,  dai  quali  per  compera  passò  ai  Cesarini,  pos- 
sessori di  questo  villaggio  ancora  ogfjidi  (2),  Avanzi  del 
medio  evo,  degni  di  riguardo  in  Ardea,  sono:  la  chiesa, 
che  suole  attribuirsi  al  secolo  XI,  costruita  dai  monaci  dì 
s.  Paolo,  e  la  chiesina  di  s.*  Marina  giudicata  del  se- 
colo XII  (3). 

Ad  affrettare  il  termine  della  serie  dei  fondi  Ardeatini, 
diamo  uno  sguardo  ai  principali,  che  circondano  il  moderno 
villaggio.  La  tenuta  dì  Focignano,  ad  oriente  di  Ardea, 
ci  fa  ricordare  il  Fusinianum  del  medio  evo,  citato  in  quello 
stesso  documento  di  s.  Alessio,  che  ho  nominato  sopra  in 
proposito  dei  prata  PistUgeria.  La  identità  del  medesimo 
col  Focignaao  t  provaia  non  solo  dalla  uguaglianza  del 
aom«,  iBa  eziandio  dalla  situazione  dei  fondi  allegati  nella 


udì  copia.  Abbondano  le  prove  delta  triplice  illeanja,  colia  quale  age- 
volmente dispiegano  le  donazioni  di  Ardea  e  dì  aliri  beni  fatte  dill'an- 
lipapa  slesso.  {c{.  Tosti  Storia  di  Montecassino  voi.  Il  tib.  4."  p.  6i 
tigg.  Barunio  ad  annos,  Petrus  Diac.  de  vìrìs  ili,  Casainen.  IV.  07,  etc.) 
(1  )  Quando  Giordano  Orsini  la  oiienne  da  Clememe  VII,  il  primo  an~ 
(ipapa  dello  scisma  d' occitìenie;  cf.  Ratti  op.  cit.  p.  104. 
(lì  Nnar,  Ann/iV  I  p.  i3z. 

(3)  Giunge  a  proposito  una  rettifica  della  illustrazione  data  dal  NfBBV, 
■d  un  monumento,  cioi;  della  iscrizione  che  si  lef^ge  sull'architrave 
deUa  porta  di  s.»  Marina.  CEUl  ■  EXCELSE  •  R  ■  CANCELL  ■  VRBIS  ■ 
OBTVLIT  ■  HAC  -  PORTA  ■  VIRGO  ■  MARINA  •  T  -  cioè  Cendus  excel- 
Mts  romae  canctilarius  urbis  abtulit  hanc  portam  virgo  marina  libi.  E^ti 
l'anribuì  ■  Cencio  Savelli,  che  fu  poi  pometice  (Onorio  III)  ma  spena 
ÌKMircoe  »  Cencio  Benedetti  di  donna  Bona,  nobile  del  Trastevere,  un 
IVtttUD  della  cui  lapide  sepolcrale  si  conserva  in  Roma  nella  chiesa  di 
>-  Bartolomeo  all'Isola.  L'autore  di  questa  rettifìca  fu  il  cav.  Corvisieri 
'■^^leir acqua  Tocia  p.  1S4  in  nota).  Della  relazione  di  s.^  Marina  con 
I'  ^MtetDO  l4ariao  dirò  nella  via  Latina. 


142  G.  Tomassetti 


carta  stessa  come  adiacenti  al  Fusinianum^  vale  a  dire: 
Verposa,  Crapilianus^  eh' è  il  Campilano  della  via  Anziate, 
ed  altri  quinci  non  guari  discosti  (i).  Al  certo  il  nome 
Fusiniano,  dato  quivi  anche  ad  una  strada  finitima,  sì  può 
fare  risalire  ad  un  podere  dei  Ftisinii  od  anche  dei  Fusii  (2). 
Che  anzi  non  è  fuor  di  luogo  il  rammentare  la  massa  Fu- 
sana  (Castel  Fusano)  e  la  tenuta  di  Trafusina^  che  pure 
occupano  questa  zona  della  maremma,  a  non  grande  di- 
stanza da  Focignano,  come  torneremo  a  vedere  nell'analisi 
del  territorio  Ostiense.  L'altro  fondo  che  porta  il  nome  di 
Fossa  commune  ad  altri  luoghi  palustri,  e  derivato  dai 
grande  stagno,  che  ne  ingombra  tuttora  l'ultimo  lembo 
verso  la  spiaggia,  spetta  pure  alla  serie  dei  fondi  ragguar- 
devoli nel  medio  evo;  ma  confinando  col  territorio  della 
domusculta  Laurentum^  cadrà  nuovamente  in  nota,  sulla 
fine  della  via  Ostiense-Laurentina.  Lo  stesso  dicasi  del  lacus 
Turni  dal  libro  pontificale  determinato  Inter  Ardeam  et 
Laurentum. 

Chiudo  l'analisi  topografica  di  questa  via  coi  nomi  dei 
fondi,  la  cui  spettanza  all'Ardéatina  è  più  o  meno  certa, 
ma  non  la  situazione  e  la  distanza  approssimativa  da  Roma. 

possessio  Graecorum  in  territorio  Ardeatino:  è  indicato 
quale  possesso  della  chiesa  Ostiense  nell'elenco  costan- 
tiniano (3)  dal  lib.  pont.  in  Sjrlv.  §  28. 


(i)  Il  monumentum  campìianum  additato  in  una  bolla  di  Lucio  HI 
favore  dei  monaci  adaquas  salvias  (Ratti  op.  cit.  p.  g3.  Jaffè  p.  842  JP^ 
certamente  significava  una  parte  del  Campillano  in  discorso,  denominata  "^ 
forse  da  qualche  antico  sepolcro  della  gente  Campilia  nota  per  le  isci 
zioni  (De  Vit  Onomast.  s.  v.)  e  signora  del  fondo.  La  notizia  di  quest^ 
monumento  nella  detta  bolla  mi  fu  cortesemente  richiamata  alla  me 
moria  dal  eh.  cav.  Luciano  Banchi  direttore  del  R.  Archivio  di  Stato  i^ 
Siena,  ove  se  ne  conserva  un'antica  trascrizione. 

(2)  Che  per  Fusii  potessero  intendersi  anche  i  Furii  me  ne  appella  - 
agli  archeologi  {Quintiliano,  lib.  I  e.  4). 

(3)  Più  d*  un  fondo  troviamo  nella  campagna  con  raggiunta  graeconnm^ 
La  ragione  del  vocabolo  poteva  essere  qualche  greca  iscrizione  superstit*^ 
sul  sitOi  ovvero  qualche  chiesa  0  monastero  di  Greci. 


Della  Campagna  intana  143 


f.  Gratinianus  notato  insieme  col  Rosarium  miliario  VII 
nel  Deusdedit  (ed.  Martinucci  p.  323).  Ma  il  fondo 
Rosarium  o  Rosarum  fu  già  determinato  sul  principio 
della  via;  non  al  settimo  miglio.  Inoltre  nel  libro  pon- 
tificale non  è  accoppiato  col  Gratiniano  [in  Marco  %  3); 
quindi  questo  non  si  può  con  certezza  tenere  per  Àr- 
deatino  (i). 

f.  Horrea  e  non  Morrea^  come  si  legge  in  qualche  edizione 
tratta  dal  libro  pontificale,  in  cui  si  trova  registrato 
(elenco  Costantiniano  e  vita  di  Marco  §  4)  (2). 

fossatum  Mauro  —  dal  Nerini  op.  cit.  p.  424. 

Collis  Mec:[anus  —  ivi. 

fossatum  de  Notule  —  ivi. 

via  de  Publì\ano  —  ivi  :  dal  contesto  della  carta  sembra  che 
conducesse  verso  la  via  Anziate.  Del  resto  anche  i  su- 
periori nomi  (fossati)  inducono  a  collocare  i  respettivi 
fondi  piti  o  meno  verso  la  maremma. 

massa  Sentiliana:  dall'elenco  Costantiniano. 


Via  cAurelia 

La  descrizione  dei  fondi,  che  sulla  scorta  delle  notizie 
dèi  medio  evo  possono  attribuirsi  alla  via  Àurelia,  incomincia 
con  gravi  difficoltà;  perchè  intorno  ad  una  parte  della  via 
e  sopratutto  intorno  al  sito  della  porta  Aurelia  non  si  è 
fatta  finora  sufficiente  luce.  Dirò  brevemente  dell'una  e 
dell'altra.  L'autore  della  via  Aurelia  non  ci  è  noto  per 


(i)  Il  nome  fa  correre  colla  mente  al  gentilizio  Gratinius  o  piuttosto 
ad  un  Gratidius  più  noto,  potendosi  facilmente  essersi  corrotto  Grati- 
dianum  in  Gratinianum. 

{2)  La  denominazione  non  è  difiGicile  a  spiegarsi  per  chi  ricorda  le  co- 
struzioni estesissime  sulla  spiaggia  latina  destinate  un  tempo  alla  depo- 
sizione delle  derrate.  Da  considerevoli  ruderi  dei  granai  marittimi  potè 
nominarsi  un  fondo. 


144  ^-  ^ofnasseiti 


verun  luògo  storico  (i);  né  il  nome  della  via  determina 
altro  che  un  gentilizio  assai  ovvio  nei  fasti  consolari.  L'aper- 
tura della  via  Àurelia  dovette  succedere  alla  conquista  del- 
l'Etruria  marittima,  in  cui  sì^l  forum  Aurelii  (oggidì  torre 
Aureìia  presso  Marta)  méta  primitiva  della  via,  la  quale 
col  tempo  fii  prolungata  fino  nella  Liguria.  La  menzione 
in  antiche  lapidi  di  una  via  Aurelia  vetus  distinta  da  una 
nova  fece  sospettare  ad  alcuni  scrittori  che  si  volesse  con 
tal  distinzione  significare  questi  due  tronchi  successivamente 
costruiti.  Ma  sembra  piti  probabile,  avuto  riguardo  all'età 
delle  iscrizioni  troppo  più  recente  di  quella  del  prolunga- 
mento suddetto,  che  la  distinzione  tra  vecchia  e  nuova 
venisse  dall'apertura  di  un  nuovo  tronco  suburbano.  L'antica 
porta  Aurelia  stava  sul  Gianicolo,  e  precisamente  in  una 
gola  formata  dalle  due  colline  costituenti  l' antichissima 
arce  gianicolense.  Quinci  si  partiva  la  via  Aurdia,  che 
attraversava  il  Gianicolo  stesso  nella  parte  al  presente  oc- 
cupata dalla  villa  Pamphily^  di  che  fanno  fede  numerosi 
sepolcri  in  detta  villa  scoperti,  e  quindi  proseguiva  nella 
direzione  della  moderna  strada  di  Civitavecchia.  Un'altra 
porta  Aurelia  stava,  secondo  una  controversa  opinione,  in- 
nanzi al  ponte  Elio  (s.  Angelo);  e  da  questa  prendeva  il 
nome  un  altro  ramo  di  via,  che  rasentava  il  mausoleo  di 
Adriano,  e  attraversando  il  campo  Vaticano  sulla  sinistra, 
cavalcava  il  colle  gianicolense,  e  dopo  quattro  miglia  al- 
l'incirca  congiungevasi  all'altra  via  di  sopra  indicata.  Sif- 
fatta unione  ha  luogo  nel  lenimento  di  Val  Canuta,  che  si 
trova  sulla  strada  di  Civitavecchia.  Spetta  pertanto  al  tronco 
vaticano-suburbano,  eh' è  posteriore  certamente  all'altro  ap- 
partenente alle  antiche  fortificazioni  del  Gianicolo,  la  de- 
nominazione di  Aurelia  nova.  Infatti  in  una  iscrizione  ti- 


(i)  NiBBY  r attribuisce  al  censore  C.  Aurelio  Gotta  del  5i2  di  Roma. 
La  costruzione  delle  vie  era  opera  non  censoria  ma  consolare:  tuttavia  v*  è 
r esempio  di  Appio  censore  che  fu  T autore  deirAppia  (Mommsen  C.  1. 
L.  I  p.  i34). 


'Della  Campagna  ^mana  145 

burlina,  ìl  curatore  delle  die  vie  Aurelie  è  detto  parimenti 
curatore  delle  vie  Cornelia  e  Trionfale,  le  quali  erano 
prossime  al  tronco  valicano,  ed  agevolmente  quindi  po- 
tevano essere  comprese  nell'anunìoistrazione  di  questo  (i). 
Della  Cornelia  e  delia  Trionfale  dovrò  ancora  tener  conto 
in  questa  analisi  delle  Aarelie,  perchè  per  la  loro  vicinanza 
le  respettive  indicazioni  sono  spesso  confuse.  Tanta  esten- 
sione e  varietà  di  territorio  accresce  la  difficoltà  del  mio 
tema,  e  però  può  valermi  alquanto  d'indulgenza  da  parte 
dei  lettori. 

Non  è  chiaramente  determinata  la  situazione  dell'antica 
porta  Aurelia  presso  il  Vaticano;  cioè  se  stesse  innanzi  al 
ponte  Elio,  sjlla  riva  sinistra  dei  Tevere,  ovvero  sulla  riva 
d^ira,  sotto  la  mole  Adriana,  Per  trascorrere  con  rapidità  su 
tale  quisiione,  la  quale  a  rigore  non  appartiene  al  mio  propo- 
sito generale,  dìrò  che  la  massima  parte  dei  topografi  meno 
recenti  difendono  la  esistenza  della  porta  sulla  riva  sinistra, 
alcuni  suppongono  una  porta  quivi  ed  un'altra  sulla  riva  op- 
posta {3}.  Recentissimo  il  Goett  osserva,  che  il  gran  portico, 


(1)  Heniek-Orelu  a."  65oi. 

(x)  NiBBT  si  contradÌMe  quanto  alla  porta  GìanicolenK,  pokhÈ  nel- 
T  Analisi  seguì  la  opinione  più  communc  (  HI  p.  566  a  67  ),  nella  Roma 
antica  lotlenne  che  alla  pana  gisnicolenie  venne  ìl  nome  di  aurelia  cor- 
rotto da  aurea,  porla  d'oro,  siccome  aureus  fu  delio  il  monie  (quindi 
Montano)  pel  colore  dell'  arena  ond'  i  formato,  e  che  solianio  alla  porta 
de!  ponte  Elio  spellò  il  nome  di  Aurelia  (I  p.  i53-54J.  Questa  opinione 
non  rqigc  contro  il  falto  che  Aurelia  li  nomava  la  via  che  usciva 
dalla  porla  gianicolense;  e  la  porla  dovea  così  nominarsi:  che  se  nel  medio 
«vo  fu  della  aurea,  questa  Invece  fu  corruiione  di  aurelia  (Ber.Ktit  To- 
pogT.  p.  Ila  De  Rossi  Su//,  1879  p.  17.)  Quanto  alla  porta  sul  Tevere^ 
NiBSY  la  collocò  sulla  riva  sinistra,  e  suppose  una  contro  porla  (U  porta 
Collina;  al  di  là  del  pome  (R.  .4.  t  p.  i3d).  Il  Beckeb  propende  in  fa- 
Tore  della  riva  sinistra  (Op,  <it.  p,  106)  H  Bunsen  raddoppia  la  porta 
(Bcwftreifrun^  àer  Stadi  R.  Il  a.  p.  i5)  ed  e  in  ciò  «eguiio  dal  Gre- 
(M)»ovius  e  da  altri.  Il  prof.  Jobdan  ammeite  la  sola  porta  sulla  riva  si- 
nistra. Il  doti.  Goett,  che  ha  di  recente  rimaneggiato  la  quisiione,  opina 
che  la  porta  fosse  luUa  riva  destra,  e  lo  arguisce  da  ragioni  strategiche. 
,«rf*ifio  drlla  Sodila  romana  di  Storie  patria.  Voi.  III.  io 


146  G.  Tomas setti 


il  quale  conduceva  alla  basilica  di  S.  Pietro,  dovette  avere 
il  suo  princìpio  dalla  porta  Aurelia,  come  quello  che  menava 
a  S.  Paolo  muoveva  dalla  porta  Ostiense.  Ed  infatti  la  p. 
Àurelia  ebbe  nel  principio  del  medio  evo  il  nome  di  porta 
sancii  Petri,  come  T  altra  ebbe  quello  di  p.  sj  Pauli{i) 
Ebbe  inoltre  i  nomi  Cornelia^  Collina  e  Collatia  (2)  il  primo 
dalla  via  Cornelia,  che  diramavasi  dall' Àurelia  nova  dietro 
il  colle  Vaticano,  il  terzo  per  corruzione  del  secondo,  e  que- 
sto non  già  dalle  collinette  dei  prati  neroniani  (prati  di  Ca- 
stello) né  soltanto  dalla  collina  di  S.  Spirito  (3) ,  ma  piut- 
tosto in  genere  dal  colle  vaticano  al  quale  per  detta  porta 
sì  accedeva  (4).  Fu  eziandio  appellata  porta  molis  Ha- 
ariani  [5);  quindi  fu  detta  aenea  dal  metallo  con  cui  fupj^ 
tardi  rinforzata,  e  poi  dello  bronco,  e  corrottamente  dello 
briinoso[6).  Del  resto  da  una  bolla  di  Clemente  V,  in  cui 
la  porta  è  fissata  iuxta  castellum  (  Crescentii) ,  dal  passo  del 
liber  pontificalis,  che  la  descrive  ubi  mirum  in  modum  ca- 
stellum praeminet  {j) ,  dal  libro  delle  Mirabilia^  ov'èaddi- 


I  due  testi  principali,  sui  quali  si  aggira  la  disputa,  indicanti  la  p.  Àu- 
relia sono:  quel  di  Procopio  nella  guerra  gotica  (e.  19)  e  quello  del- 
l'anonimo  Einsidlense.  Il  Goett  dimostra  che  ambedue  i  testi  sono  insuf- 
ficienti a  provare  che  la  porta  fu  al  di  qua  del  ponte  {Goett  Guglielmus- 
de  porta  Aurelia  commentatio.  Monachii  1877). 

(i)  Urlichs  op.  cit.  p.  55.  De  Rossi  Bu/Zeff.  1869  p.  11.  Romasot- 
terranea  voi.  Ili  p.  517.  Io  però  sommessamente  dico  che  siccome  il 
nome  di  s.  Pietro  fu  commune  anche  al  ponte  (  Urlichs  p.  60)  nulla  ci 
vieta  di  supporre  la  porta  al  di  qua  del  medesimo. 

(2)  Bei:ker  op.  cit.  p.  195  nota  99. 

(3)  Adinolfi.  La  portica  di  s,  Pietro  pag.  5 8-60. 

(4)  Senza  allegare  molti  esempi  di  tale  appellazione  data  nel  medio 
evo  a  luoghi  montuosi ,  ricordo  il  territorium  collinense  in  quel  di  Nepi 
(cf.  Marini  Papiri  p.  369  a). 

(5)  In  diario  i4«f.Pe/ri  presso  Muratori  R.  I.  S.  XXIV.  1014.QUCS» 
denominazione  milita  in  favore  dell'opinione  sulla  porta  presso  il  ^^' 
stello,  sulla  riva  destra. 

(6)  Adinolfi  1.  e. 

(7)  In  Leone  IV  {  73. 


"Della  Campagna  Hpmana 


H7 


tata  porta  collina  ad  casteihim  Hadriani.  si  rende  assai 
grave  la  sentenza,  che  nel  medio  evo  la  porta  Aurelia  esi- 
stesse al  di  là  del  ponte.  Sarebbe  dei;isa  in  lai  senso  la  con- 
troversia dal  noto  luogo  dell'  Einsidlense  che  scrisse  porta 
sci  Pelli  in  Hadrianio  sunt  turres  etc.  Ma  il  prof.  Jordan 
abbatteva  quest'argomento  rettificando  la  lezione  dell'ano- 
nimo in  porta  sci  Petri. 

In  Hadrianio  sunt  turres  Vlppg  (propugnaciila)CLXini 
etc.  fi).  Il  GoETT  combatte  questa  rettilicazione  atfermando, 
che  in  primo  luogo  ne  segue  una  ripetizione  inutile  del 
porla  sci  Petri,  in  secondo  luogo  un  eccessivo  numero  di 
propugnacoli  nel  castello.  Contro  la  prima  obbiezione,  eh' è 
la  più  seria,  si  è  non  ha  guari  difeso  il  Jordan  scrivendo  «  was 
■  Goett  nicht  gelcsen  zu  haben  scheint  ;  d.  h.  der  Schreiber 
^  der  Haodschrift  :^elbst  theilie  so  ab,  wie  ich  vorschlug.  Dass, 
^taren  man  nach  Hadrianio  intcrpungirt,  sunt  turres  etc. 
^ttro  denn?  sinnlos  ist  und  dass  eben  deshalb  ^orta  sci 
W  Petri  ah  begreiflicbe  Wiederholung  des  Ausgangs  punkts 
1  zu  betrachten  ìst,  habe  ich  gesagt  und  habe  dem  Nichts 
«  binzufUgen  (a).»  In  conclusione,  a  prescindere  da  altri  testi 
di  secondario  valore,  posto  il  fatto,  che  nel  sesto  secolo  i 
Goti  presero  d'assalto  la  porta  Aurelia  (3),  e  non  la  supe- 
rarono, sebbene  protetti  dal  portico  Vaticano,  come  non  su- 
perarono le  fortiiicazioni  del  castello,  possìatno  tenere  che 
la  porta  stesse  appunto  sulla  riva  sinistra,  e  che  l'avere  i 
Goti  alle  spille  il  castello  impedisse  loro  un'azione  com- 
piuta contro  la  porta  stessa.  Che  il  portico  dovesse  aver  prin- 
cipio da  una  porta  urbana  sembra  certo,  dacché  sappiamo 
esservisi  ietti  sulla  fronte  parecchi  distici  noti  agli  eruditi, 
colla  iscrizione  civitas  kaec  a  conditoris  sui  nomine  leoniana 
vocatur  (4) ;  ed  in  ciò  corrispondeva  perfettamente  con  altra 
>orIa  urbana  del  medio  evo,  e  della  stessa  città  Leonina, 


I  (i)  Op.  cii,  li.  p.  16G-67. 
[  (aj  Op.  cit.  Voi.  [  p.  38g. 


(3)  Paocopro,  op.  cit.  g3.  t6. 

(4)  MuftAToR:,  Dissert.  XXVI. 


148  G.  Tomassetti 


cioè  con  quella  dì  S.  Pellegrino,  su  cui  si  leggeva  quasi 
altrettanto.  Ma  dalla  guerra  gotica  all'  edificazione  di  Leo- 
poli,  0  borgo  vaticano,  corse  tanto  tempo  da  non  permet- 
terci di  confondere  i  due  fatti,  e  lasciarci  la  libera  suppo- 
sizione che  un'altra  porta  presso  il  castello  (ed  ecco  V ad 
castellum  e  il  iuxta  ed  altre  precise  indicazioni  spiegate) 
fosse  da  Leone  IV  costruita.  Infine  ogni  traccia  sì  dell'  an- 
tica come  della  medieval  porta  fu  cancellata  sotto  Ales- 
sandro VI,  che  atterrando  le  mura  Onoriane,  congiunse  il 
Vaticano  colla  città. 

Il  territorio  suburbano  spettante  alle  vie  Aurelie  è  più  0 
meno  limitato  dalle  colline  gianicolensi  di  Monteverde,  che 
fanno  parte  della  via  Portuense,  e  dal  monte  Mario,  eh' è 
compreso  nella  zona  della  via  Claudia.  Anticamente  portò 
lo  stesso  nome  della  via,  come  leggiamo  nella  vita  dell'im- 
peratore Antonino  Pio  eh'  ebbe  un  possedimento  sulla  me- 
desima (i).  Nessuna  via  consolare  ci  offre  nel  suo  corso  tante 


(i)  Antoninus  Plus  natus  est.  etc.  in  villa  lanuvina:  educatus  Lorii 
in  Aurelia,  ubi  etc.  (Julii  Capitolini  Ani.  Pius  e.  i)  Cade  in  acconcio 
in  questo  luogo  la  notizia  di  un  pregevole  monumento  da  riferirsi  alla 
regione  Aurelia.  L*ho  recentemente  esaminato  presso  un  antiquario,  che 
rha  venduto  al  sig.  Alessandro  Castellani.  È  un  piccolo  vetro  figurato  in 
oro  sopra  fondo  azzurro.  Rappresenta  un  gladiatore  in  piedi,  nudo  meno 
i  fianchi  ricinti  da  una  vesticciuola  tagliata  a  punte,  lavorata  in  argen- 
to: tiene  il  gladio  nella  destra  e  la  fuscina  (tridente)  nella  sinistra, 
ciò  che  lo  distingue  per  un  retiarius:  porta  calzari  alti  di  argento:  gli 
sta  vicina  dalla  parte  sinistra  un*  aretta  su  cui  vedesi  ritta  una  grande  te- 
stuggine, forse  uno  scudo  di  tal  forma.  La  iscrizione  che  ricorre  in  giro, 
in  alto,  dice  STRATONICAE  (sic)  BENE  VICISTI  VADE  IN  AVRELIA. 
Sotto  la  figura  è  graffita  una  nota  acclamazione  cioè  :  pie  ^esis.  Se  non 
si  ammette  la  spiegazione  più  spontanea  nel  senso  di  :  toma  nella  re- 
gione Aurelia,  poiché  fosti  vittorioso,  converrebbe  ricorrere  ad  una  in- 
terpretazione affatto  contraria,  cioè:  va  in  teatro  nelP Aurelia.  Ma  oltre 
che  ad  un  gladiatore  emerito  non  possono  augurarsi  nuovi  esercìzi  come 
premio,  e  quindi  soltanto  dovrebbe  intendersi  che  andasse  in  teatro  per 
farsi  applaudire,  non  abbiamo  alcuna  certezza  dell'esistenza  di  un  anfi- 
teatro nella  via  Aurelia,  ma  soltanto  di  circhi.  A  meno  che  non  si  vo- 
lesse pensare  al  theatrum  peculiare  trans  Tiberini  di  Plinio  (XXXVII  2.  7), 


'Velia  Campagna  'Epmana 


149 


Tolte  il  proprio  nome  in  luoghi  diversi,  quante  l'Aurelia. 
Oltre  il  nome  della  regione  in  genere,  e  quello  di  forum 
Aurelsì,  mi  rammento  di  un  casale  Aurelianum,  di  una 
terra  Aureliana  e  di  un  Aurelianum  fondi  tutti  distinti.  I 
beni  della  Sede  Romana  collocati  sulla  via  Aurelia  facevano 
parte  Agì  patrimonium  Tusctae,  come  quelli  della  via  Cassia, 
per  la  ragione  topografica  (i).  Nel  primo  tratto  estramu- 
raneo  dell' Aurelia  nuova  si  cercherebbero  invano  fondi  e 
poderi  rustici,  quali  nelle  altre  vie  abbiamo  presso  la  porta 
potuto  rintracciare.  Fin  dal  quarto  secolo,  cioè  cinque  se- 
coli prima  della  costruzione  di  Leopoli,  il  Vaticano  era  già 
una  città,  CUI  non  mancava  che  una  cinta  dt  mura.  Vi  pri- 
meggiavano edifizì  sacri,  come  si  conveniva  nel  primo  san- 
tuario d'Occidente  ed  in  quei  tempi;  e  tra  gli  edifizì  sacri 
vi  primeggiavano  i  monasteri  in  forza  dell'antica  tradizional 
consuetudine  del  salmeggiare  presso  le  tombe  dei  martiri. 
V'erano  pertanto  i  monasteri  di  S.  Stefano  maggiore  [2),  di 
s.  Martino,  dei  ss.  Giovanni  e  Paolo,  di  Gerusalemme,  di 
s,  Andrea,  di  s.  Sosio,  di  s.  Apollinare,  Inoltre  parecchie 
piccole  chiese  ed  oratori  sorgevano  più  o  meno  dappresso 
alla  basìlica,  come  quelle  di  s.  Petronilla,  di  s.  Salvatore, 
di  s.  Lorenzo,  di  s.  Pellegrino,  di  s.  Benedetto,  s.  Giustino 
ed  altre.  Vi  stanziavano  finalmente  5cAo'<ieossiano  quartieri, 
Llimorc,  spedali  di  Franchi,  Angli,   Sassoni  ed  altri  stra- 


mìnore  non  destinato  8  giuochi  glidìaiorl,  e  la  cui  slessa  mei 
1  fonJati  sopra  un  passo  controverso  (Beckik  op.  cit.  p.  G71 


fa). 


(1)  Loti  può  indurre  sgeToIcienie  dalla  certa  notizia  dìplomaiica  che 
abbiamo  dell'essere  quei  della  vicina  via  Cassia  dipendenti  dal  patri- 
mottium  Tusciae  (Theiheh  God.  Dipi.  I  29).  La  Tuscia  vicina  a  Roma 
era  denominala  eziandio  Roman'a  (Gbecorovius  lib.  Vili  cap.  3  J  i). 
Credo  che  uno  dei  punii  esiremi  del  suburbio  nel  medio  evo  fosse  ap- 
punio  Sutri  nella  Tuscia  romana.  Infaiii  Leone  IX.  in  una  bolla,  accen- 
Dsndo  a  tutti  gli  abitami  di  Roma  e  del  suo  circuìlo,  determina  questo 

olle  parole  ab  Atta  usque  Sulriiim  (Bull.  Val.  I  p.  aij. 

T   (a)  Da  Rossi.  Bull.  1873  p.  io8. 


i5o  G.  Tomassetti 


nieri  ;  la  qual  cosa  dava  al  borgo  vaticano  una  qualità  ti- 
pica di  universalità  e  di  cosmopolitismo  religioso,  che  sor- 
passa quello  tuttora  alquanto  superstite  in  Terrasanta.  (i)  Le 
mura  di  Leone  IV,  nel  secolo  nono,  ricinsero  quest'aggregato 
di  monasteri,  chiese  ed  ospizi.  Ci  occorre  pertanto  cercare 
e  notare  i  fondi  del  medio  evo,  propri  di  tutti  cotesti  pos- 
sessori arricchiti  da  Papi  e  da  divoti,  entro  e  fuori  l'odierno 
recinto  del  Borgo.  Inoltre  i  numerosi  cimiteri,  che  si  ve- 
neravano nel  medio  evo  sulle  vie  Aurelia  e  Cornelia,  in- 
cominciando dal  Vaticano,  presso  il  quale  si  continuò  a 
tumulare  anche  dopo  l'epoca  Costantiniana  (2),  dovettero 
sottostare  a  fondi  respettivi,  se  non  in  origine  propri,  dive- 
nuti tali  per  donazioni  successive.  Ed  illustri  furono  infatti 
ambe  le  vie  Aurelie  per  il  cimiterio  di  s.  Pancrazio,  per  quello 
di  Calepodio  contenente  gli  altri  di  s.  Felice,  di  s.  Giulio 
e  dei  ss.  Processo  e  Martiniano,  come  ancora  la  via  Cornelia 
per  quello  delle  ss.  Rufina  e  Seconda,  Mario,  Marta  e  Audi- 
face  (3).  Che  anzi  giova  qui  di  notare  come  alla  porta  Aurelia 
gianicolense  si  dava  già  nel  sesto  secolo,  teste  Procopio,  il 
nome  di  Pancraziana,  che  al  presente  conserva,  da  quello 
del  martire  Pancrazio  sepolto  suU' Aurelia  antica.  Posta 
adunque  tale  molteplicità  di  possessi,  invito  i  lettori  a  tol- 


(i)  Tutte  queste  fabbriche  vennero  sorgendo  nel  tratto  di  tempo  che 
ho  accennato,  dal  quarto  air  ottavo  secolo.  L* analisi  di  ciascuna  e  del 
suo  sito  non  è  materia  che  mi  riguarda  (Cf.  Adinolfi  op.  cit.  ).  Recen- 
temente il  eh.  comm.  De  Rossi  adunò  recondite  notizie  intorno  alla  chiesa 
di  s.  Petronilla,  che  fu  il  mausoleo  imperiale  trasformato  in  tempio,  nel- 
r  ottavo  secolo,  presso  la  basilica  Vaticana.  Egli  ha  fatto  rilevare  la  in- 
dole politico-religiosa  del  culto  dei  re  Franchi  a  s.  Petronilla.  (De  Rossi 
Bull.  1878  p.  i35  e  segg.)  Infatti  un  certo  patronato  dei  re  di  Francia 
suir  oratorio  di  s.»  Petronilla  è  durato  fino  al  secolo  XV.  Luigi  XI  v'  istituì 
due  cappellanie:  (Torrigio  Grotte  Vat.  11  145  sg.)  Carlo  Vili  vi  fu  so- 
lennemente accolto  da  Alessandro  VI.  Anche  al  presente  1*  ambasciatore 
di  Francia,  quando  ha  presentato  le  sue  lettere  credenziali  al  Papa,  si 
conduce  a  visitare  T altare  di  s.  Petronilla  (cf.  De  Rossi  Bull,  1879). 

(2)  De  Rossi.  Bull.  1872,  p.  ig. 

(3)  De  Rossi.  Roma  Soiterr.  I  p.  i85. 


*Della  Campagna  l^jmana 


I 
I 


lerare  il  difetto  inevitabile  di  questa  enumerazione,  cioè  lo 
sbalzare  continuo  che  debbo  indispeniabilmente  dalla  via 
nuova  airantìca,  da  questa  alla  Cornelia,  alla  Trionfale  e 
pcrfìao  alla  Claudia. 

Per  liberarci,  prima  di  entrare  nelle  suddette  vie,  della 
prima  parte  della  Trionfale,  osserviamo  questa  al  dì  lii  del 
Tevere.  Passato  il  fiume  sul  ponte  omonimo,  dei  cui  piloni 
discernonsi  poche  vestigia  presso  tor  di  Nona,  (i)  la  Trion- 
fale attraversava  il  campo,  che  noi  diclamo  prati  di  Castello. 
Questi  portarono  nel  medio  evo  il  nome  di  prata  Neronis, 
che  si  legava  colla  memoria  dei  giardini  della  gente  Do- 
mizìa,  da  cui  Nerone  discendeva,  cola  situati  (2).  Un  docu- 
mento dell'  anno  984  indica  una  via  quae  ducit  ad  prata 
I^eronis  et  ad  porta  (sic)  beati  Petri  apostoli  (3).  Altri  testi 
dell'età,  compreso  quello  del  liber  pontijìcalis (^]  che  rife- 
risconsi  al  pratum  0  campus  Neronis  sono  stati  raccolti  dal 
JoBDiN  (5).  Ora  io  credo  che  la  via,  nel  documento  prodotto 
dal  Coppi,  fosse  appunto  la  trionfale,  perchè  attraversava  i 
prati  e  per  questi  raggiungeva  la  porta  di  s.  Pellegrino, 
ch'ebbe  comune  coli'  Aurelìa  il  nome  di  s,  Pietro  (6).  Io  del 


(i)  Li  via  trìoniale  giungeva  alla  sìnìaira  riva  del  Tevere  seguendo 
la  direiione  descriua  approssimativa  meni  e  dalla  moderna  vìa  di  Panico, 
Monte  Giordano  eie. 

(a)  NiBBT  R.  A.  I  p.  64. 

[3]  Goffi  negli  siti  della  poni,  accad.  d'aicheol.  XV  p.  199. 

{4)  In  Sergio  II. 

(5)  Op.  d:.  Il  p.  43o. 

(6]  Queita  ideniità  di  nome  coli' Aurelìa  produce  pìfi  d'un  equivoca 
nelle  analisi  lopogrsfiche  di  questa  contrada.  Un'altra  prova  sfuggila  a 
lutti  gli  scriitori,  cbe  la  porla  di  s.  Pellegrino  portò  il  nome  suddetlo 
H  può  trarre  dal  documento  dell'i.  io36  edìio  dal  G*u.ettj  (del  Prim. 
p.  166.)  in  cui  il  fondo  Lubre  è  delto  forìs  porlam  b.  Petri  apostoli. 
Eppure  il  fondo  stava  senza  dubbio  sulla  via  Flaminìn,  come  »  suo 
luogo  si  vedrà.  Ma  siccome  vi  sì  poteva  accedere  dalla  porta  suddetta, 
corrisponderne  alla  moderna  Angelica,  però  era  in  lai  modo  indicato. 
Sulla  ideniità  della  p.  9.  Pellegrino  coli" Angelica  v.  anche  Ai.VEai  Roma 


n  ogni  s. 


:.  II  p.  I 


.  Una 


9  conferma  dì  tale  coincidenza  t 


i52  G.  Tomas setti 


resto  non  saprei  determinare  a  chi  spettassero  i  prati  nel  me- 
dio evo  ;  ho  però  sospetto  che  v'esercitasse  dominio  la  basilica 
vaticana.  Imperocché  nella  cronica  di  Benedetto  del  Soratte 
li  veggo  citati  col  nome  di  prata  sancii  Petri(i).  Non  ne 
sono  peraltro  convinto  perchè  temo  di  una  certa  tendenza 
manifesta,  nel  medio  evo,  di  attribuir  molte  cose  a  s.  Pietro. 
E  per  ciò  che  spetta  ai  prati  in  discorso  v'era  una  spon- 
tanea associazione  d' idee  del  trionfo  del  cristianesimo,  rap- 
presentato dal  santuario  Vaticano  sul  campo  del  primo  per- 
secutore della  Chiesa,  colla  via  trionfale  che  vi  passava  molto 
da  vicino.  E  non  vorrei  affermare  che  tale  associazione  d'idee 
suggerisse  la  indicazione  del  biografo  pontificio  intorno  a 

s.  Pietro  :  sepuUus  est iuxta  palatium  Neronianum 

in  Vaticano,  iuxta  territorium  triumphale(7).  Chiunque  si 
fosse  il  maggior  possidente  nei  prati ^  è  certo  che  non  furono 
abitati,  perchè  mantennero  sempre  la  campestre  denomina- 
zione (3).  Quest'  abbandono  fu  la  causa  delia  conservazione 
di  grandi  rovine,  delle  quali  non  abbiamo  piti  da  ricercare 
le  tracce  nelle  parole  dei  Biondo,  e  del  Fulvio,  dopo  la  pu- 
biicazione  delia  icnografia  prospettica  di  Roma  del  codice 
Vatic.^  i960  fatta  testé  dal  comm.  De  Rossi  ed  illustrata  (4). 


vede  nel    panorama  di  Roma  esistente  nel  museo  di  Mantova  e  pubbli- 
cato dal  De  Rossi,  nella  recente  opera,  suWc piante  di  Roma,  che  ora 
dovrò  richiamare  nel  testo,  ove  la  porta  s.  Pellegrino  è  segnata  sci  PetrL 
(0  Al  capo  XXXllI  in  Pertz  Script,  t.  HI. 

(2)  Lib.  poni,  in  Peiro  §  i.  Consimili  indicazioni  si  leggono  in  s.  Gi- 
rolamo (Petrus  apost.  sepultus  Romae  in  Vaticano  iuxta  viam  Trium- 
phalem)  e  in   s.  Damaso.  —  Cf.  Donati,  Roma  vetus  ac  recens  lib.  I 
e.  XXi.  Qualche  scrittore  vi  si  è  illuso  al  punto  da  supporre  la  via  trion- 
fale sulla  piazza  di  s.  Pietro. 

(3)  Non  V*  è  difetto  di  notizie  quanto  a  vigne  in  Prati  T\t\  medioevo. 
Cito,  per  una  singolare  circostanza  del  secolo  XIV,  la  vigna  di  Cacano, 
la  quale  fu  confiscata  ed  annessa  al  Castello  dal  papa  Bonifazio  IX  nel- 
Tanno  i3g8,  perchè  apparteneva  ad  uno  dei  complici  nella  sommossa 
tentata  in  queir  anno  (Theiner  Cod.  dipi.  IH  n.  44). 

(4)  Piante  icnograjìchc  e  prospettiche  di  Roma,  anteriori  al  sec.  XVI 
raccolte  e  dichiarate  dal  De  Rossi  pel  bo.^^  anniversario  della  fondazione 
deirimp.  Instituto  Àrch.  Germanico  (1879)  tav.  I  e  pag.  85. 


1)eUa  Campagna  lipmana 


i53 


n  disegno  della  citata  pianta  rappresema  pertanto,  presso  il 
ca&iello,  un  gran  Circo  popolato  di  fiere  e  di  animali  da 
caccia.  La  qual  cosa  induce  a  tenere  che  quando  la  pianta 
fu  delineata,  cioè  nel  secolo  XIII,  il  Circo  serviva  tuttora 
a  giuochi  di  quel  genere.  E  che  fosse  col  tempo  lasciato  in 
abbandono  può  dedursi  dalle  altre  piante  di  età  posteriore, 
parimenti  raccolte  e  dichiarate  dal  De  Rossi,  nelle  quali  si 
veggono  le  rovine  dì  cotesto  edilìzio  indicate  col  nome  di 
circus  e  theatrum  (i).  La  via  trionfale  dopo  attraversato  que- 
sto terreno  saliva  il  monte  Mario.  Il  nome  dì  questo  colle, 
giudicando  sui  passi  degli  scrittori  del  medio  evo,  derivò 
dal  supplizio  inflittovi  al  famoso  Crescenzio  per  ordine 
dell'  imp.  Ottone  Ili  quando  fu  iniitolato  mons  malus  [2). 
li  primo  tratto  della  via  Aurclia  nuova,  che  dissi  sopra 
quasi  tutto  occupato  di  (ondi  dei  sacri  edifizi,  conteneva  il 
praedium  Magellì.  Si  trova  notato  nel  falso  diploma  di 
Carlomagno  in  favore  della  basilica  Vaticana  colla  indica- 
zione non  longe  a  monte  qui  voc.  Baticano  (3).  In  docu- 
menti di  età  molto  più  recente  del  secolo  XII,  quando  fu 
composto  il  diploma,  ricomparisce  il  nome  di  tal  fondo  (4); 
tanto  gli  è  vero  che  le  citazioni  topograliche  dei  documenti 
falsi  non  debbonsi  disprezzare!  Questo  luogo  sembra  no- 
minato dal  macellum,  e  vi  si  trovano  inlatti,  sebbene  in 
eia  pili  recente,  beccai  ad  albergarvi;  sembra  vicino  alla 


fi)  Tornarono  alla  luce  nell'anno  1742  alcuni  di  quei  ruderi,  e  vi 
fu  disputato  sopra.  Oltre  le  noie  archeologiche  stampale  sull'argomento 
v'è  una  disseriazione  de!  Gioriìi  ira  i  suoi  rfiss.  nella  biblioteca  Caw- 
nstense  (fascio  XV  n.  60). 

(ij  cf.  Gregobovhib  in  più  luoghi.  Egli  pensa  che  il  nome  di  mons 
gaudii,  col  quale  spesso  ci  apparisce  nel  medio  evo,  gli  fosse  apposto 
non  tanio  dai  Tedeschi  vincitori,  quanto  dai  pellegrini  che  indi  tcuopri- 
vano  la  ciità.  Del  resto  la  elimotogia  di  Mario  da  maìus  è  mollo  inve- 
rosimile. Di  una  villa  in  monte  Gaudii  v'è  noiiiìa  trascritta  nel  Cod. 
Val,  79»9  f.  130. 

(3j  Makito  Par!,  p.  io5.  Uhliciis  p.  aofj, 
F  (4)  Adwolfi.  La  portico  p.  iix. 


i54  G.  Tomassetti 


porta  viridaria  della  città  Leonina  (i).  Nello  stesso  diploma 
il  predium^  nel  quale  sorge  la  chiesa  di  s.  Salvatore,  figura 
soverchiamente  esteso,  poiché  i  suoi  confini  giungono  al- 
l' Àurelia  vetus,  colle  parole  :  forma  Traiana  usque  in  porta 
Aurelia^  eh' è  l'acquedotto  dell'antica  Traiana,  (moderna 
acqua  Paola)  che  sgorga  sul  Gianicolo.  D'altronde  la  chiesa 
di  s.  Salvatore  stava  presso  la  porta  Torrione,  ed  è  chiamata 
super  terrionem  in  una  bolla  di  Leone  IX  (2).  Dopo  que- 
st'ampio fondo  debbo  registrare  il  Palatiolum,  quale  nel 
medio  evo  si  denominava  un  avanzo  di  antico  edifìzio  forse 
appartenuto  al  circo  Vaticano,  e  quindi  in  quel  tempo  vo- 
lentieri battezzato  dal  popolo  col  nome  del  famoso  perse- 
cutore. Pertanto  fu  detto  palatium  Neronis  (3)  e  poi  con 
diminutivi  di  varia  desinenza  trasportato  in  volgare  (4). 
Dovette  il  nome* estendersi  eziandio  all'area  circostante  alle 
rovine,  perciò  io  l'ho  qui  notato.  Infatti  ne  trasse  il  nome 
un  monastero  di  s.  Lorenzo  sopranominato  Pallatinus  e  per 
corruzione  Pallacinis  (5),  e  la  chiesa  di  s.  Lorenzo  ricordata  in 
piti  bolle  pontificie  coli' aggiunta  a  sanato  Petro  (6).  Troppo 


(i)  La  porta  Viridaria  è  la  stessa  di  s.  Pellegrino  (cf.  Piale  Diss. 
voi.  II  n.  21).  Infatti  quella  vigna  lasciata  alla  vicina  chiesa  dì  s.^  Ca- 
terina da  un  beccaio  del  XV  secolo,  ricordata  dal  Torrigio  e  poi  dal- 
TAdinolfi  (1.  e.)  si  estendeva  su  monte  Mario^  a  cui  si  accedeva  per 
detta  porta. 

(2)  Deira.  io53.  Bull.  Vat.  I.  22.  La  porta  Torrione  (moderna  Ca- 
val leggieri)  fu  aperta  da  Nicolò  V,  e  così  chiamata  da  uno  dei  torrioni 
Leoniani.  La  detta  chiesa  fu  incastrata  nel  moderno  palazzo  del  s.  Uffizio. 
Così  r  altra  di  s.  Zenone  è  ridotta  ad  uso  di  granaio  (Piale  op.  cit.}. 
La  chiesa  di  s.  Salvatore  fu  detta  anche  de  ossibus,  perchè  Leone  IX, 
nella  detta  bolla,  la  rese  cimiterio  di  tutti  gli  oltramontani.  Ancora  v* è 

da  quella  parte  il  Campo-Santo  dei  Tedeschi. 

(3)  Becker  op.  cit.  p.  671.  Jordan  lì  p.  341.  Urlichs  p.  i3i. 

(4)  Adinolfi  ivi  p.  210.  Di  questo  palatioluniy  fortificato  dai  tedeschi 
di  Enrico  IV  per  dominare  il  Vaticano,  parla  Bernoldo  di  Costanza 
(cf.    Gregorovius  lib.  VII  e.  6  §  2). 

(5)  Lib,  poni,  in  Gregorio  IV. 

(6)  Bull.  Vat.  I  p.  i5^  26,  2Q.  In  queste  bolle  troviamo  ancora  uua 
chiesa  di  s.*  Maria  de  palatiolo  poi  di  Pala:[{ola,  in  questo  luogo  esistita. 


1>ella  Campagna  Tipinaiia 


timidi  mostraronsi  gli  annolalori  del  bollarlo  Vaticano  nel 
supporre  sui  monticello  di  s.  Michele,  nell'orto  Barberini 
e  nell'area  adiacente  il  pala:[\olo  Vaticano.  Dal  cumulo 
delle  memorie  dipiooiatiche  lo  si  rileva  con  certezza,  di 
guisa  che  può  stabilirsi  che  la  moderna  chiesa  di  s.  Lorenzo 
in  borgo  (detta  pure  in  pixcibus),  il  cui  ingresso  è  sulla 
piazza  Raslicucci,_  rappresenta  l'antica  de  Pallacinis,  della 
quale  conserva  tuttora  le  colonne,  unico  avanzo  salvata  nel 
suo  moderno  ristauro. 

Vigne,  cripte,  ca^e  campestri  erano  entro  il  recinto  Leo- 
niano,  e  sembrano,  dal  leito  del  diploma  di  Leone  IV  del- 
l'anno 854,  adiacenti  ad  una  chiesa  dì  s.  Zenone,  colla 
quale  furono  dai  medesimo  Papa  donate  al  monastero  di 
s.  Martino  (i).  Questo  monastero  sorgeva  dietro  l'abside 
dell'antica  basilica  di  s,  Pietro  (2}.  Tolgo  dal  documento 
stesso  la  notizia  di  una  terra  dei  ss.  Giovanni  e  Paolo,  e 
di  un  orto  di  s.  Maria  in  Oratorio,  in  capo  al  portico 
(qui  est  in  capo  de  portico).  Dai  con6ni,  che  vi  sono  mi- 
nutamente descritti,  possiamo  arguire  che  questo  gruppo 
di  fondi  anonimi  stesse  nella  contrada  oggi  denominata  di 
s.  Spirito  (3). 

Il  territorio  posto  tra  i  due  primi  tronchi  delle  Aurelie, 
ed  anche  sulla  sinistra  dell' Aurelia  vetere,  conteneva  il  se- 
guente gruppo  di  fondi: 


I 


/.  Casa  Lardarla 

f.  Cieandri  cum  ecclesia  s."  Agathae 

f,  Attalianus 

f,  Cannutuli 

f.  Aquae /rigidulae  (omnes  invicem  cohaerentesj 

f.  Bravi 

f.  Pallini  cum  siiis  omnibus  vocabulis. 


(1}  Bull.  Vai.  I  p.  i5.  Mauin:  p.  i5.  Uwk  p 
(1)  Bull.  Vat.  ivi,  in  noia.  Bosio  Roma  Ji 
(3J  Sulla  natura  campestre  di  gran  parte  della  citta  Leonina  cfl  Am- 
L  Jk>LF)  op.  e.  p.  4^  in  noia. 


i56  G.  Tomassetti 


La  notizia  del  primo  è  data  dal  libro  pontificale  (i),  dalla 
citata  bolla  di  Leone  IV  coli' aggiunta  degli  altri  due;  dal 
falso  diploma  di  Carlomagno  del  primo  soltanto,  colla  chiesa 
di  s.  Agata;  da  una  bolla  di  Leone  IX  dei   primi  tre,  in 
cui  la  chiesa  è  indicata  in  colle  pino;  da  un'altra  di  Adria- 
no IV  di  tutti  i  sopra  notati,  meno  V  Attalianus ;  e  da  altre 
bolle  posteriori  (2)  la  memoria  di  tutti  e  sette.  La  notizia  della 
chiesa  di  s.  Agata  fornitaci  dai  diplomi  non  deve  separarsi 
da  quella  offertaci  dalle  Mirabilia  :  cimiterium  sanctae  Aga- 
thae  ad  girolum  (3);  e  questa  medesima  deve  congiungersi 
colle  indicazioni  della  via  Aurelia  consimili,  quali  sono: 
via  Aurelia  iuxta  girolum  della  Graphia  (4),  l'altra  identica 
nella  raccolta  de  mirabilibus  (5),  e  l'altra  recataci  da  Pietro 
Mallio  :  via  Aurelia  est  illa  quae  vadit  iuxta  Girolum  (6).  Da 
questo  insieme  di  notizie  deduciamo  che  la  chiesa  di  s.  Agata 
coi  fondi  suddetti  trovavasi  sul  principio  della  via  Aurelia, 
quasi  cioè  alle  porte  di  Roma  (in  introitu  urbis)  secondo  la 
citata  espressione  dMnnocenzo   III.   Il  girolus  taciuto   da 
scrittori   moderni  come  vocabolo  ignoto,   da  taluno  con- 
fessato sinceramente   come  tale  (7),  significa  il  circo  an- 
tico, come  ho  gìèi  osservato  nella  via  Appia(8),  quindi  in 
questo  luogo  potrebbe  additare  il  circo  Vaticano.  Imperocché 
oltre  la   esistenza  di   ragguardevol  parte  dell' edifizio ,  cui 
dissi  soprannominato  palatium  Neronis,   ed  aggiungo  qui 
Gaianum  appellativo  piQ  chiaramente  proprio  di  Caio  Cesare 


(i)  in  Symmaco. 

(2)  Bull.  Vat.  I  p.  16.  26.  58.  70.  85.  ii4.  Marini  p.  io5.  Veggasì 
quivi  la  bolla  d' Innocenzo  III  in  favore  di  Guido  fondatore  dello  spe- 
dale di  s.  Spirito  «  domum  »  gli  conctdt  *  quae  est  in  loco  qui  dicitur  s. 
Agathae,  in  introitu  urbis  Romae, 

(3)  Urlichs  p.  g5. 

(4)  Idem  p.  116. 

(5)  Idem  p.  i3i. 

(6)  Idem  p.  177. 

(7)  Bosio  op.  cit.  II 4. 

(8)  Jordan  II  p.  407. 


'ZteWa  Campagna  'Rpmana 


.57 


aurore  del  circo,  (i)  v'  era  ìn  piedi  1'  obelisco  vaticano,  che 
in  documenti  di  cotesta  età  troviamo  chiamato  Agulia{2). 
Cile  se  poi  vogliamo  supporre  non  esser  piti  allora  ricono- 
iciuio  come  circo  siffatto  monumento,  paichè  infatti  alcuni 
descrittori  lo  riputarono  sepolcro  di  Nerone,  tuttavia  i\  giru- 
lus  della  vìa  Aurelia  fu  sempre  un  circo;  e  dovette  in  tal 
caso  essere  quello  testé  accennato,  presso  la  mole  Adriana  (3). 
La  precìsa  ubicazione  del  fondo  Lardarlo,  colla  chiesa 
ed  accessori,  tra  ìl  secondo  ed  il  terzo  miglio  a  destra  della 
via  Aurelia  vetere,  fu  scoperta  dai  Bosio  (1.  cìt.),  determi- 
nata dal  Sevebano  presso  l'odierno  Casaletto  di s .  Pio  V,  (4) 
riconosciuta  finalmente  dal  Boldetti  per  alcune  scoperte  fat- 
tevi al  suo  tempo,  cioè  sui  primi  anni  del  secolo  passato  (5). 
La  chiesa  di  s.  Agata  era  già  diruta  nel  XII  secolo,  per  te- 
stimonianza della  ricordata  bolla  di  Adriano  IV.  Tuttavia 
venne  fatto  al  Bosio  di  rintracciarne  le  vestigia;  e  si  dolse 
di  non  avervi  potuto  eseguire  scavazioni  per  divieto  dei  pro- 
prietari. Finalmente  la  notizia  della  bolla  di  Leone  IX,  cioè 
la  citazione  della  slessa  chiesa  dì  s.  Agata  in  colle  pino  po- 
sila ci  fornisce  lume  per  cercarne  il  luogo  preciso.  Può  pen- 
sarsi alla  tenuta  modernamente  detta  Pigneto,  confinante  col- 
Taltra  di  Primavalle,  non  lungi  da  A/,  Mitrio,  non  solo 


(1)  In  una  botla  di  Leone  l.X  (Bull.  Vat.  1.  39)  abbiamo  Datmachia 
(corrotta  da  naumachia)  sive  Gaìanufi,  con  poisesshnei  annesse,  ed  un 
fkadu»  cum  terrìone  {'te)  et  lacu. 

(3;  Da  queilo  fa  derivare  il  De  Rossi  il  nome  di  uioiis  gereculus, 
dito  ad  una  collina  fuori  la  porta  viridaria,  ch'egli  ha  letto  in  un  do- 
cumenio  dell'archivio  segreto  citalo  dal  Marini  nel  Cod,  Vat.  9147^  cf. 
Pianti  ieno^raflcke  etc.  pag.  63  in  nota. 

(4)  Sevskano  Le  7  chiese  p.  go. 

(i)  Oììervaj,  sopra  i  Cimiteri  11  p.  53q.  Tra  i  fondi  moderni,  eitali 

da  luì  come  sorrastanti  al  cimitero  di   s.  Agaia,  v'è  la  vij^na  del  prelato 

Fartetti  pairiiio  veneto.  Questo  nome  dura  tullora  sul  sito  nel  casale 

Falsetti.  Cf.  U  pianta  dello  Stato  Maggiore.  Quivi  il  cassleiio  di  ».  Pio  V 

—  i  segnato  col  nome  di  vigna  Corsini.  Nella  pianta  di  Moltke  si  trova  col 

e  di  s.  Pio  V. 


i58  G.  Tomas setti 


pel  nome  corrispondente,  ma  per  la  memoria  eziandio  di 
s.  Agata,  da  cui  s'intitola  tuttora  il  casale.  Ed  in  forza  di 
tali  indizi  questo  gran  possesso  occupava,  a  mio  avviso,  un 
semicerchio  dietro  il  colle  Vaticano,  dalla  falda  di  m.  Mario 
[Pigneto)  fino  al  moderno  Casaletto,  nel  quale  si  è  istituita 
oggi  la  scuola  podere. 

Quanto  ai  nomi  dei  fondi  medesimi,  il  significato  del 
primo  (lardarla)  fu  veduto  ma  non  affermato  ricisamente 
dal  Nibby(i).  Un  altro  lardario  fu  presso  la  porta  Metroni^ 
ed  appartenne  alla  basilica  Lateranense.  Il  cav.  Corvisieri  ne 
giudicò  il  nome  come  un  equivalente  alla  moderna  voce  di-^ 
spensa,  cioè  raccolta  e  distribuzione  dei  prodotti  di  fondi^ 
campestri  (2).  Questa  spiegazione  si  confronta  egregiamente 
con  quella  del  cellarium,  voce  antica  quanto  l'altra,  coU^ 
quale  in  qualche  bolla  si  trova  associato  il  lardarium.  Orae^ 
ognun  vede  che  siccome  fu  conveniente  alla  basilica  Late-^ 
ranense  un  dispensario,  pel  grande  numero  di  poveri,  che 
presso  quella  erano  nutriti,  (3)  molto  più  necessario  dovette 
essere  presso  il  Vaticano,  ove  convenivano  pellegrini  d'ogni 
nazione.  Per  ciò  che  spetta  agli  altri  nomi,  è  degna  di  nota 
la  congettura  del  Nibby,  che  li  suppone  derivati  da  Oleandro 
liberto  di  Commodo,  e  da  un  Attalo  amico  di  Oleandro  stesso. 
Ohe  anzi  per  ciò  appunto  mi  sembra  probabile  in  quanto 
noi  troviamo  tai  nomi  e  tali  fondi  sulla  via  Aurelia,  presso 
la  quale  l'imp.  Oommodo  dovè  possedere  piti  d'un  fondo  gen- 
tilizio; e  sarei  per  dire  ch'egli  forse  donò  al  suo  liberto  una 
porzione  di  territorio,  eh' è  quello  in  discorso.  Osserva  an- 
cora il  NiBBY  che  il  nome  di  aq^SL  frigidula  si  è  conservato 
nell'odierno  di  acqua  fredda  portato  tuttora  dalla  tenuta 
estrema  di  questo  luogo,  e  dal  rivo  che  l' attraversa.  Il  nome 


(i)  Analisi  I  p.  407. 

(2)  Op.  cit.  p.  194  in  nota.  La  spiegazione  dei  glossari  (s.  v.)  è  li- 
mitata air  idea  di  un  vectigalf  che  suppone  però  sempre  un  deposito  dì 
prodotti  rustici. 

(3)  Lib,  ponti/,  in  Hadriano  I  {  54. 


lyella  Campagna  Ternana 


i59 


Cannutuli,  che  trae  origine  da  qualche  grosso  canneto,  non 
è  Stato,  per  quanto  io  mi  sappia,  rintracciato  da  veruno.  A 
me  sembra  ciie  ravvisare  si  possa  in  quello  del  campo  in- 
termedio tra  Acqua  fredda  e  le  ultime  vigne  suburbane,  chia- 
mato Vii-Canuta,  silo  basso  specialmente  verso  il  rivo  omo- 
nimo, che  confluisce  in  quello  di  Acqua  fredda  {i). 

Affine  di  procedere  nell'  itinerario  dell'  Aurelia,  senza  per- 
dere di  vista  la  Cornelia  e  la  Trionfale,  credo  necesBario  l'an- 
noiare i  fondi  che  possono  giustamente  supporsi  sulla  de- 
stra dell'Aureiia  nuova,  sulla  via  Cornelia,  e  tra  questa  e 
la  Claudia,  vale  a  dire  sulla  Trionfale i  cioè  descrivere  il 
raggio  dalla  via  Claudia  all' Aurelia  vetere.  Fortunatamente 
ci  è  meno  difficile,  di  quanto  può  sembrare  a  prima  vista, 
il  determinare  gli  estremi  suddetti,  poiché  in  due  bolle,  di 
quelle  già  citate,  troviamo  indicato  un  gruj'po  di  fondi  verso 
il  4*  miglio  della  Claudia,  e  dopo  questo  un  fondo  sulla  Cor- 
nelia; in  una  parola  vi  troviamo  dimostrato  l'ordine  topo- 
grafico dei  nomi  e  delle  notizie  respettive  [2}.  Mi  dispenso 
dall'arrecarc  il  prolisso  contesto  delle  bolle,  e  sottopongo 
immediatamente  ai  lettori  il  risultato  dell'analisi  che  ne 
ho  [atta: 


/.  s.  Cassianus 

f.  Menare  o  Menar i 

f.  Scuppla,  ov\'ero  Huppla,  ovvero  Stupha  anelila  Del 

f.  Palombarolum 

f.  Talianum  maius  e  Tallanum  mlntis  \ 

terra   lltuli  S.   Angeli  I  omnos  invicem 

/.    Fasciola  (        cObtetcatcs 

f.  Casanlllo  } 


(1)  È  il  campo  nel  quale,  precisamenle  presso  la  torrefa  Troili,  il 
ingiungano  te  due  Aurelie.   La  ragione  del   nome  canuta   dalla  bian- 
l'arena,  recala  dal  Nicolai  (op.  cit.  1  p.  63]   non  meri»  di- 

(ij  Bolla  di  Leone  IV  e  dì  Leone  IX  Bull.  Vat.  p.  i5.  29. 


i6o  G.  Tomassetti 


/,  Casapindula    \ 

j.  Rotula  f    omnes  invicem 

/.    Cocumelli  (       coherentes 

f,  Procellarìs      ] 
Ulariolum 
Notula 
Palmis 
Vivarium 

# 

Del  suddetto  gruppo  darò  qualche  spiegazione  sulla  via 
Claudia,  ove  ne  risparmierò  l'elenco,  qui  necessario  come 
punto  di  partenza.  Ma  di  alcuni  dei  medesimi  dobbiamo  far 
parola  in  questo  tratto,  si  perchè  non  possiamo  riposare  sulle 
nozioni  archeologiche  degli  scrittori  delie  bolle  papali,  che 
confusero  la  via  Claudia  col  tratto  della  Trionfale  al  dì  là 
di  m.  Mario,  sia  perchè  ragioni  evidenti  ci  obligano  a  tra- 
sportarli su  questa  parte  del  territorio  suburbano.  Dal  mar- 
gine sinistro  della  via  Claudia  passiamo  al  margine  destro 
della  via  Trionfale  col  casale  Subereta,  dalle  ripetute  bolle 
annoverato  come  confine  ai  fondi  della  Claudia,  e  come  pro- 
prietà di  S.  Lorenzo  in  Palatini.  Il  Nibby  ne  fa  tutt'uno, 
e  non  a  torto,  col  fundus  Surorum  in  territorio  Vegentano 
dell'Anastasio  (i),  ossia  dell'elenco  Costantiniano,  dicendone 
sbagliata  quivi  la  scrittura  per  Suherum,  Infatti  la  volgar  tra- 
duzione del  none  Subereta  ci  è  rimasta  nell'appellazione 
odierna  di  cotesto  fondo  detto  V  Insiigherata,  posto  a  5  mi- 
glia incirca  da  Roma  al  di  là  di  monte  Mario,  a  destra  della 
Trionfale,  la  quale  coincide  poi  colla  Claudia-Cassia  presso 
la  tenuta  della  Giustiniana,  Ora  la  ragione  dell'  antica  de- 
nominazione stette  neir  abbondanza  di  alberi  di  quel  fondo. 
Al  presente  si  può  dire  quasi  tutto  ridotto  a  campo,  ma  ciò 
dovette  avvenire  per  qualche  grave  incendio  della  selva  Su- 
bereta. Imperocché  ho  ritrovato  il  nome  del  monte  princi- 
pale AAV  Insugherata^  che  mi  sembra  ricordo  del  fatto,  ed 

(i)  Anal  II  p.  x36. 


1)ella  Campagna  'Tipmana 


è  :  monte  Arsiccio.  È  vero  che  al  presente  questo  monte  forma 
un  tenime.ito  a  parte;  ma  cìà  no.i  vieta  supporre  che  un 
giorno  (osse  unito  al  Suvereto,  sia  perchè  gli  è  lutto  adia- 
cente, sia  perché  divide  col  medesimo  la  qjalità  dì  terra  mac- 
chioni, sulla  quale  un  esperto  scrittore  chiamò  già  l'atten- 
zione dei  livoratori  (i).  lo  penso  che  le  moderne  tenute 
giacenti  sul  sinistro  lato  della  via  Trionfile,  vale  a  dire  la 
Lachina.  li  Cistelluccia.  Ma^^alupo  con  Ma\\alupetto,  Pai- 
tiurtfla,  s.  Nicola,  Piano  del  Marmo  e  s.  Agata  facessero 
parte  del  pitriinonio,  che  cliiamerò  Vaticano,  cìoé  di  s.  Ste- 
fano, s.  Mirti. 10  e  s.  Lorenzo,  Ornai  mi  sembra  dimostrato, 
con  quinto  linora  ho  esposta  sulla  campagna  nel  medio  evo, 
che  i  corpi  dei  l'ondi  faroiio  assai  più  grandi  che  ai  nostri 
giorni;  e  che  un  proprietario  di  prim'ordinc,  quaL'era  un 
monastero,  tendeva  ad  incorporare  scnpre;  ciò  che  ìn  ogni 
icmpo  un  possidente  desidera  colla  miglior  volontà.  Adunque 
poiché  ci  è  noto  che  la  Insugherala  fu  del  Vaticano  (da 
cui  passò  allo  spedale  di  s.  Spirito  per  concessione  d' In- 
□ocenzi  III},  e  poiché  tutte  le  altre  appartennero,  fin  quasi 
all'anno  scorso,  al  Capitolo  di  s,  Pietro  (a),  mi  sembra  di 
poter  concludere  che  noi  qui  abbiamo  sott'occhìo  una  enorme 
massa  propria  della  basilica  Vaticana.  Due  soli  nomi  dei 
cititi  fondi  possono  attribuirsi  al  medio  evo,  cioè  quel  di 
s.  Agata,  che  può  indicarci  una  comunanza  di  amministra- 
zione ed  un'aggregjzione,  come  sopra  ho  detto,  colla  e 
Lardarla;  e  quello  di  Palmarola,  che  il  Njbby  identificò 
col  Palmis  della  bolla  di  Leone  IV,  e  non  senza  giusta  in- 
^^uzione  [3).  Il  trasporto  del  Palmis  nel  terreno  di  Palma- 

^^    (t)  NicoLxi  op.  ci(.  voi.  I  p.+4  e  46  in  nota.  Non  parlò  qui  di  Aequa 
Travtrta,  perchi  apparlitne  alia  via  Claudia,   come   dimoslr 

(3)  Piìi  volte  ho  rìcoriliiio  la  <ontinua/ione  dei  possessi  religiosi,  i 
alcuni  del  qu4li  il  medesimo  tiiolare  dal  secolo  IV  è  duralo  fino  a 
giorni. 

(])  Analiii  11  p.  5t3. 

ArihMo  della  Sacietà  romana  di  Storia  patria.  Voi.  111. 


^H         AnhMo  della  Saciet 


i62  G.  Tomas setti 


rota  ci  obliga  peraltro  a  mettervi  appresso  i  fondi  Ula- 
riolum^  Notula  e  Vivarium  aggruppati  con  quello  nel  con- 
testo della  bolla  e  collocati  sulla  pretesa  via  Claudia.  Non 
oso  farlo  senza  qualche  altra  ragione  migliore  della  sola 
combinazione  della  radicale  nei  due  nomi,  anche  avuto  ri- 
guardo alla  frequenza  del  nome  Palmis  nei  fondi  del  medio 
evo,  sulla  quale  or  ora  dovrò  fermarmi  di  nuovo  (i).  Fra 
poco  pure  proporrò  un  argomento  favorevole  al  Vivarium 
suddetto  per  collocarlo  in  coteste  vicinanze.  Quanto  al  nome 
del  Piano  o  Casale  del  Marmo  non  è  a  porsene  in  dubbio 
la  provenienza  dagli  antichi  pregevoli  avanzi  quivi  e  nei  cir- 
costanti luoghi  scoperti  in  ogni  tempo  (2).  Finalmente  un'al- 
tra osservazione  mi  convince  della  riunione  da  me  ricono- 
sciuta di  fondi  tutti  spettanti  al  Vaticano  presso  la  via  Trion- 
fale, ed  è  la  disamina  di  un  altro  grande  podere,  della 
tenuta  cioè  dei  Mimmoli,  che  può  dirsi  spettante  sì  alla  Trion- 
fale come  alla  Cornelia,  perchè  intermedia  ad  ambedue.  An- 
che questo  fu  del  Vaticano,  come  si  rileva  dalla  bolla  d'In- 
nocenzo III  del  1214  (3).  Dista  6  miglia  all'incirca  dalla  città, 
occupa  un  territorio  scosceso,  del  quale  le  prime  declività 
che  s'incontrano  venendo  da  Roma,  danno  il  nome  alla  fini- 
tima tenuta  di  Prima  Valle,  Alle  quali  osservazioni  sog- 
giunge il  Nicolai,  che  gli  avvallamenti  che  seguono  danno 
il  nome  alia  Valle  di  Mimmoli,  di  cui  non  gli  è  riuscito 
rintracciare  la  etimologia  (4).  Al  Nibby  fu  invece  facilissima 


(i)  Pel  casale  Palmaroli  cf.  Cod.  Vat.  7946  f.  285. 

(2)  Tornerò  a  parlarne  sulla  via  Claudia-Cassia.  Intanto  giova  notare 
che  in  linea  retta  da  piano  del  marino^  e  precisamente  nel  fondo  di  Acqua 
traversa,  tra  la  Trionfale  e  la  Cassia,  ho  io  medesimo  fatto  astrarre  in 
quesfanno  gran  numero  di  pezzi  di  smalto,  ond' erano  lastricate  le  stanze 
delTantica  villa  imperiale.  Alcune  particelle  di  siffatti  lastricati  non  potei 
far  distaccare  dalla  terra  perchè  troppo  sottili.  Intorno  air  uso  di  tali 
smalti  veggasi  quanto  il  eh.  cav.  Helbig  ne  disse  air  adunanza  del  7 
Febraio  delT  Imp.  Instituto  Germanico  {Bull.  1879  p.  39). 

(3)  Bull.  Vat.  I  p.  85. 

(4)  Op.  cit.  I  p.  63. 


la  scoperta  di  questa  etimologia,  poiché  la  trasse  dal  fondo  Ci- 
mintili  di  s.  Alessio  registrato  nella  bolla  Onofiana  del  1117, 
e  appartenuto  a  quel  monistero  fin  dall'anno  1043(1).  Egli 
peraltro,  mentre  cosi  scriveva,  non  rammentava  ciò  che  chia- 
ramente avea  scritto  sul  Cimìnulus  medesimo  nel  primo 
volume,  collocandolo,  e  giustamente,  presso  la  via  Ardea- 
tina.  (2)  Inoltre  citando  egli  il  passo  del  Nerini,  non  sì  av- 
vide che  le  date  dei  documenti  pugnano  tra  loro,  perchè  se 
dal  1043  al  1217  Mimali  era  dì  s.  Alessio,  come  poteva  es- 
sere di  s.  Pietro  nel  1214?  Finalmente  non  lesse  neppure 
intieramente  il  passo  citato,  perchè  da  questo  sarebbe  stato 
messo  in  guardia  contro  la  suddetta  confusione,  dicendosi 
dal  giudizioso  ìi ERim :  sed quominus  Mimoli  et  Ciminuliidem 

esse  pulem,  Bulla  ostai  Innocentii pp.  III. in  qua  lego 

praedium  illud  Mintoli  ad  capitulum  et  canonicos  vaticanae 
basilicae  tunc  pervenisse.  Esclusa  dunque  la  confusione  del 
Mimolus  col  Ciminulus,  si  dovrà  tener  conto  della  variante 
delta  bolla  Innoceiiziana  in  Memolus,  e  trascurando  la  de- 
sinenza del  diminutivo,  ritrovarvi  un  nome  gentilizio  come 
Memmius  od  altro,  ovvero  qualche  nome  campestre  come, 
nemus  o  simile;  ricerca  puramente  filologica,  che  non  è  qui 
necessario  di  esaurire  (3). 

Con  questo  fondo  noi  siamo  entrati  nel  territorio  della 

ITÌa  Cornelia,  il  cui  nome  è  altrettanto  noto  e  famoso  quanto 
ignota  è  la  sua  storia  (4)  La  Cornelia  è  additata,  nei  do- 
I      (1)  Nast,  Aaal.  Il  p.  333.  — Nerini  op.  cìt.  p.  176,  118; 
(a)  Anal.  I  p.  117. 

(3}  I  Memmii  apparienerano  alla  tribù  Galerii.  (cf.  Mommsen  Corpus 
Jntcr.Lat.l  40+,  435)  Se  la  tribù  prendeva  il  nome  dal  fiumicello  Ga- 
lera poco  disiarne  dai  luoghi,  di  cui  si  parla,  non  sarebbe  fuor  di  pro- 
posito pensare  ai  Memmii  per  l'etimologia  in  quistione.  Del  resto  io  non 
intendo  di  delerminarta  su  questi  soli  dati,  ti  fondo  Galena  cadrà  ha  poco 
sotto  la  noia  di  questa  via. 

(4)  Nella  vigna  Tancìoni  sulla  destra  della  via  Portuenie  e  quau  al 
raggio  di  distanza  da  Roma,  tn  cui  ini  trovo  con  quest'analisi,  ha  tra- 
KTìtto  parecchie  lapidi  sepolcrali  di  liberti  col  nome  genliliiio  dei  Cor- 


i64  G.  Tomassetti 


cumenti  pontifici  allegati,  come  quella  che  ducit  in  basi* 
licam  sanctae  Rufinae  et  Secundae.  La  direzione  estram u- 
ranea  della  via  fu  riconosciuta  dagli  annotatori  del  Bollario 
Valicano  al  2J^  miglio  deirAureiia  nuova,  presso  V  osteria 
4el  pidocchio  (i).  Il  Mazzolari  la  descrive  non  lungi  dalla 
porta  Cavalleggeri  moderna  e  Rasentando,  egli  dice,  le 
%  mura  si  giunge  alla  madonna  del  Riposo,  dove  tenendosi 
e  a  destra,  e  terminate  le  vigne,  e  poi  a  sinistra  (sic)  si 
%  viene  nella  Cornelia  (2)  ».  Questa  indicazione  deve  ret- 
tificarsi in  tal  modo.  Usciti  dalla  porta  Cavalleggeri  rasen- 
tiamo le  mura  fino  al  sito  dell'osteria  Aurelia,  ove  lasciamo 
le  mura  sulla  destra  e  proseguiamo  la  via  di  sinistra,  eh' è 
P Aurelia  nuova,  fino  al  bivio  della  Madonna  del  Riposo. 
Quivi  prendiamo  la  via  di  destra,  e  la  seguiamo  per  un 
tratto  brevissimo,  fino  cioè  ad  un  secondo  bivio,  del  quale 
teniamo  parimente  la  strada  sulla  destra,  fino  ad  un  terzo 
bivio,  eh' è  quello  detto  del  Pidocchio ^  ove  ci  teniamo  a 
sinistra,  secondando  l'ultima  vigna  suburbana  (Troili)  fin* 
che  pervenuti  al  punto  in  cui  questa  via  cavalca  il  già  ri- 
cordato fosso  di  Acqua  fredda^  abbandoniamo  la  strada  ed 
entrando  nel  campo  di  Monte  spaccato  vediamo  l'anda- 
mento e  le  tracce  dell'antica  via  Cornelia.  Le  quali  consi- 
stono non  solo  in  poligoni  di  selce  spettanti  al  suo  lastricato, 
ma  eziandio  in  qualche  rudere  di  antico  sepolcro,  ed  in 
uno  specialmente  abbastanza  considerevole  colla  vòlta  ter- 
rena superstite,  eh' è  visibile  sulla  cima  del  colle  anche  da 
Val  Canuta.  La  Cornelia  quindi  si  perde  per  la  campagna, 
né  ci  offre  altro  punto  degno  di  nota,  per  essere  con  cer- 
tezza ritrovata,  fuori  della  chiesa  di  s.  Rufina  e  Seconda, 
costruita  non  lungi  dalla  selva,  in  cui  queste  sorelle  furono 


nelii.  Sarebbero  da  questa  via  rotolate,  per  così  dire,  sulla  Portuense? 
La  trasmigrazione  delle  lapidi  è  troppo  misteriosa  e  strana,  perchè  si 
possa  questo  fatto  accettare  come  un  indizio  di  qualche  valore. 

(i)  Bull.  Vat.  I  p.  26  in  nota, 

(a)  Partenio  ovvero  Mazzolari  Diario  Sacro  t.  V,  delle  vie  p.  1 59, 


^ella  Campagna  Q{ofnana 


i65 


martirizzate.  A  parte  dunque  le  note  testimonianze  storiche 
e  topografiche  di  questo  luogo,  di  cui  darò  fra  poco  qualche 
cenno,  vengo  a  notare  i  fondi  antichi  della  via  Cornelia 
per  compiere  su  questo  punto  il  raggio  che  deve  terminare, 
come  ho  annunciato,  sull'Aurelia  vetere.  Nel  primo  tratto 
adunque  della  Cornelia  ì  documenti  ci  offrono: 


casale  Casagurdi 

Balnearìa 

Collis  s.  Stephani 

Casamala 
vallis  Caunara 
f.  Ordeolus 
Porcaritia 

Caput  Cabalum  o  Caballum 

Galena 

Rofanione 

Servilianum 

Arcionem 

Furnum  Sarracenum 

tenimentum 

casalis  diaconiae  s.  Angeli 

casale  s,  Andreae  aucillar.  Dni 

f.  Vivaroli 

terra  episcopii  s.  Rufinae 

f.  Prìscelli 


dalle  citate  bolle  Leoniane 


dalla  bolla  di  Celestiao  m 
deira.  1192  in  hwort  del 
Rettore  delle  due  chiese  di 
a.  Maria  domiuae  Rosae  t 
di  a.  Lorenzo  ^ii  cattetto 
aureo  (1). 


(i)  Bull.  Vat  I  p.  74  Jafpè  p.  892.  Le  due  chiese  condomine  dei 
fondi  qui  enumerati  erano^  lo  dico  ai  meno  periti  della  topografia  ur- 
bana del  medio  evo,  nella  regione  di  Campitelli;  e  Tuna  corrisponde 
alla  odierna  di  s.  Caterina  dei  funari,  l'altra  nel  secolo  XIV  era  chia- 
mata s.  Lorenzo  de  calcarario,  come  altre  chiese  poste  nel  Circo  FU* 
TTiinio,  per  le  vicine  calcare  fornite  dai  preziosi  marmi  dell*  antica  Romal 
Così  tutta  la  contrada  vicina  era  detta  de*  calcarari ,  e  coincide  colle 
odierne  vie  Cesarini,  botteghe  oscure  etc.  Quesu  seconda  chiesa  non 
esiste  più. 


i66  G.  Tomassetti 


Il  nome  del  primo  può  riputarsi  proprio  del  possessore  (casa- 
Curdi);  il  secondo  mi  semt)ra  dato  da  rovine  di  antichi  ba- 
gni ;  il  terzo  certamente  fu  il  medesimo  del  monastero  e  chiesa 
di  s.  Stefano,  che  possedette  il  fondo.  Il  nome  di  Casamala 
è  abbastanza  ovvio  e  di  nessuna  importanza.  Quello  della 
vallis  Caunara  mi  aveva  fatto  sospettare  in  favore  del  mo- 
derno Val  Canuta,  tanto  piti  che  poco  distante  si  è  questa 
dalla  via  Cornelia;  ma  per  motivo  etimologico  ho  prefe- 
rito la  derivazione  dal  Cannutulum,  per  la  quale  sta  pure 
la  ragione  topografica.  Il  sito  preciso  di  questi  fondi  sulla 
Cornelia  non  è  determinabile  se  non  in  genere,  in  quanto 
sono  indicati  dopo  il  Subereto^  e  possono  quindi,  avuto 
riguardo  ad  un  certo  ordine  della  bolla  Leoniana,  supporsi 
al  raggio  del  medesimo  da  Roma.  U  Ordeolus  è  stato  da 
me  in  questo  luogo  annotato  per  associazione  topografica 
nella  bolla  di  Celestino  III;  ma  né  dal  suo  nome  puramente 
rustico,  né  dalla  sua  indicazione  può  dedursi  alcun  che 
di  positivo.  Più  agevole  apparisce  il  collocamento  dei  fondi 
della  bolla  di  Celestino  III.  Abbiamo  un  caposaldo  in  Por- 
careccia^ nome  antico  rimasto  al  fondo,  che  sta  circa  8 
miglia  distante  da  Roma,  sulla  strada  di  Buccea,  Cornelia 
antica.  Col  quale  siamo  giunti  al  punto  estremo  di  questa 
prima  zona  di  territorio.  La  immensità  del  Porcaritia^  che 
a'  nostri  giorni  si  divide  in  tre  tenute  distinte,  non  ci  per- 
mette di  supporre  che  i  fondi  annoverati  subito  appresso 
fossero  altrettanti  poderi,  ma  al  contrario  invita  a  credere 
che  rappresentino  le  suddivisioni  del  primo.  Il  caput  caballi 
traeva  forse  origine  da  qualche  figura  equestre  marmorea 
colà  giacente  mutila  e  destinata  probabilmente  per  uso  di 
termine.  Del  Galeria  è  pronta  la  spiegazione,  poiché  il 
vasto  tenimento  in  discorso  confinava  col  rivo  Galera.  In- 
fatti la  Porcareccina  dei  Borghese,  una  delle  tre  tenute 
moderne,  ha  tuttora  per  confine  il  fosso  di  Galera  (i).  I 


(i)  Nicolai.  I  p.  62, 


^Della  Campagna  Ternana 


■67 


I 


nomi  Rofanione  e  Serviliano  mi  sembrano  evidenti  mei 
di  Rufìnii  e  Scrvilii,  antichi  posses:iori  di  fondi  poi  annessi 
a  i^uesto  ampio  possedimento.  Vi  può  essere  alcuna  relazione 
col  nome  delia  martire  Rutina?  Negli  aiti  apparisce  figlia 
di  Aslcrio  ed  Aurclia;  quindi  non  v'é  ombra  di  relazione 
col  nome  gentjlizio,  quale  neppure  sarebbe  a  rigore  il  Ru- 
Jinus  antico  cognome  da  Rufus;  ma  in  lempt  abbastanza 
tardi  e  di  coniusione,  per  la  potionomia  divenuta  di  moda, 
t  più  dìfScile  cbe  apparisca  siffatta  relazione.  Il  nome  Ar- 
cionem  Don  presenta  veruna  difficoltà  trattandosi  del  suolo, 
sul  lembo  del  quale  corre  l'acqua  Traiana-Paola.  Del  Fur- 
num  sarracenum  non  ho  trovato  alcuna  notizia  nelle  opere 
lopograhcbe.  Io  tuttavia  non  esito  a  richiamare  l'attenzione 
dei  lettori  sulla  denominazione  moderna  di  Monte  del  Forno 
propria  della  piccola  tenuta  confinante  con  quella  di  s.  Nicola, 
dì  sopra  nominala,  e  prossima  quindi  a  Porcareccia.  Ed  inol- 
tre, senza  neppure  dover  supporre  che  questo  fondo  spettasse 
un  giorno  al  Porcaritia,  ci  si  offre  dentro  Porcareccia  slesso, 
in  quello  cioè  dei  Borghese,  un  quarto  che  porta  il  nome 
Forno  (i).  Dopo  ciò  che  bo  notato  a  pie  di  pagina  i  lettori 
mi  domanderanno  che  cosa  io  pensi  del  soprannome  Sar- 
racenum dato  a  cotesto  Forno.  Risponderò  che  vi  si  traila 
di  un  nome  proprio,  la  cui  scoperta  10  debbo  ad  una  no- 
tizia estratta  dell'archivio  di  s.  Cosimato  (de' ss.  Cosma  e 
Damiano].  In  due  pergamene  dì  questa  raccolta  ho  trovato 
indicato  il  casale  s.  Andrea,  nell'una  coli' aggiunta  nel 
tetràorio  di  Selva  Candida,  nell'altra  colla  distanza  di  5 


o  per/omo  di  grana 
□ligine  di  questo  $0- 


[1}  la  non  voglia  spiegare  11  Sarracenum  sggiu 
taratena.  Occorrerebbe  invesii, 
pnnnonie  dato  ai  mais  o  formenlone.  Il  n 
orienlale  in  genere,  k  certamenle  anlcnore  all'eia  della  bolla  Celesti- 
niiDB.  Ma  ££  quesia  specie  di  grano  fosse  nota  solianio  dopo  le  prime 
Crociale,  e  in  lai  caso  converrebbe  pure  all'età  della  bolla,  ovvero  in 
tempo  più  amico,  non  fa  d'  uopo  qui  dimosirare  (cf.  Bdnafoue.  Hisloire 
miliirtlle  du  mais),  lo  poi  non  veggo  una  ragione  sufficiente  perchè  lU) 
^  fcrno  debba  intiiolaisi  da  un  genere  di  frumento. 


i68  G.  Tomassetti 


miglia  fuori  la  porta  s.  Pancrazio.  Ognun  vede  intanto 
che  questo  casale  è  unum  et  idem,  perchè  alla  via  Cornelia 
potevasi  accedere  anche  dalla  porta  di  s.  Pancrazio.  Ora  i 
confini  descritti  nella  prima  delle  pergamene  sono:  prata 
Paonia,  sylva  Petroniana  e  la  terra  di  Wide  illustris  qui 
vocatur  Saraceno  (i).  Ecco  pertanto  nuovi  nomi  di  fondi 
spettanti ' alla  via  Aurelia,  il  terzo  dei  quali  non  è  ignoto 
ai  topografi  suburbani,  che  ricordano  Castel  di  Guido 
l'ampio  latifondo,  di  cui  fra  poco  riparlerò,  ma  ignoto  n'era 
però  il  soprannome  Saracenus.  E  perchè  sulla  precisione 
topografica  di  questa  scoperta  non  possa  sorgere  verun  dub- 
bio, i  lettori  esaminando  i  confini  moderni  di  PorcarecciOj 
veggano  che  il  quarto  di  Cecanibbio,  adesso  unito  a  Castel 
di  Guido,  fece  già  parte  di  Porcareccia  medesimo  (2). 
Adunque  la  terra  di  Wido  Saracenus  col  forno  omonimo  erano 
giustamente  nel  medio  evo  confinanti  col  Porcaritia.  Con 
questo  nome  finisce  il  gruppo  dei  fondi,  che  io  reputo  aver 
composto  il  fondo  sulla  Cornelia  detto  Porcaritia.  Segue  nel- 
l'elenco un  fondo  anonimo,  tenimentum  de  quo^  dicela  bolla 
al  rettore  delle  due  chiese  urbane  transegistis  cum  ecclesia 
s.  Gelsi f  i  confilli  del  quale  sono  i  quattro  fondi,  che  ho  an- 
noveralo nell'elenco,  più  il  fundus  Memoli,  di  cui  sopra  ho 
detto.  Tra  quei  confini  abbiamo  pertanto  un  casale  della 
diaconia  di  s.  Angelo  in  pescherìa,  una  terra  episcopii  s.  Ru- 
finaCy  un  fundus  Vivarolus.  E  questi  mi  bastano  per  poter 
affermare  di  aver  giustamente  ritrovato  il  sito  del  lenimento 
accennato  nella  bolla.  Imperocché  nel  primo  riconosco  la  Ma- 
glianella  tenuta  Aurelio-Corneliana,  posta  sul  raggio  di  que- 
ste ricerche,  ed  appartenente  appunto  al  Capitolo  di  s.  An- 
gelo; nel  secondo  riconosco  la  collina,  con  casalotto  che  porta 
tuttora  il  nome  di  masseria  Rufino^  presso  la  Porcareccina; 
nel  terzo.  (Vivarolo)  e  nel  Memoli  finalmente  i  due  tóndi , 


(i)  Perg.  n.  26,  s.  Cosimato,  nel  R.  Archivio  di  Stato  in  Roma. 
(2)  Nicolai,  I  p.  68. 


*DeUa  Campagna  7(pmatia 


i6g 


dei  quali  bo  già  fatto  n 


&  sono  la  via  Trionfale,  che 
servono  a  conferirare  qui  la  esattezza  dell'ordine  topogra- 
fico della  nostra  analisi,  poiché  ci  forniscono  il  punto  di  at- 
tacco col  terreno  già  descritto.  Soggiungo  soltanto  un'os- 
servazione che  riguarda  il  nome  del  Vivarium  quivi  alterato 
in  Vivariolum.  Non  crea  veruna  seria  difficoltà  questa  de- 
siaenza  ìn  diminutivo,  che  lutl'al  più  può  farci  supporre 
cbe  il  Vivarium  ebhe  un  fondo  iìniiimo  col  nome  in  dimi- 
ntiiivo,  caso  frequentissimo  nelle  denominazioni  rurali.  Fi- 
nalmente, in  vinti  dì  queste  ultime  avvertenze,  possiamo  ag- 
giungere alla  storia  delia  Maglianella,  (i)  che  nel  XII  secolo 
Iera  detta  casale  s.  Angeli,  cosa  passata  hnora  inosservata.  Ed 
k  in  conferma  dì  questa  nuovità  che  prego  i  lettori  a  riguardar 
Ife  nota  dei  l'ondi  Claudiani-Trionfali,  ove  apparisce  una  terra 
Wtulis.  Angeli,  che  io  spiego  per  la  parte  settentrionale,  cioè 
nr&o  la  Trionfale,  della  MagUane Ila  stessa.  (3)  Non  voglio  la- 
iciare  senza  illustrazione  il  casale  s.  Andreae  ancillarum  Do- 
wuiti,  cbe  apparisce  insieme  cogli  altri  confini  di  Porcaritia 
nella  bolla  Celestinìana.  Tra  I3  via  Claudia  e  la  Trionfale, 
vicino  al  punto  in  cui  la  seconda  raggiunge  la  prima,  al  di 

■Jà  del  ricordato  monte  Arsiccio  v'è  un  campo  intitolato  an- 
Kora  5.  Andrea.  Dopo  ciò  che  poc'anzi  ho  detto  per  il/«r- 
Htitm  Sarracenum  i  lettori  non  dureranno  punto  fatica  nel  ri- 
conoscere colà  il  casale  della  bolla,  che  corrisponde  con  quello 
delle  pergamene  di  s.  Cosimato.  Le  ancelle  dunque  menzio- 
nate nella  bolla,  delle  quali  fu  proprio  il  casale,  erano  le 
monache  dei  ss.  Cosma  e  Damiano  in  mica  aurea  ne!  Tra- 
stevere (3). 


f(t]  NnsT,  Anal  [1  i8€. 
(»)  Un  documento  snai  [HÌi  recente  in  cui  si  nomina  il  easalhs.Ait- 
gili  fu  iraicritto  nel  Cod.  Vat.  7g3i  f.  3(>. 

(J)  Per  non  tornare  un'altra  volta  aopra   il  Porcareccia,  di  cui  m 
tratta,  dirò  che  quesio  nome,  significando  i'uio  principale  dì  una  parte 
lei  suo  terrilorio,  potè  essere  comune  e  parecchi  fondi.  Non 
Edo  peliamo  che  appartenga  a  questo  ìull'Aurelii)  la  terra  de  porcO' 


170  G.  Tomassetti 


Il  fondo  Pritanella  non  trova  un  giusto  collocamento  nel 
gruppo  della  Claudia,  né  della  Trionfale  perchè  nella  bolla 
di  Leone  IV  è  ciiato  come  della  Cornelia,  ed  in  quella  di 
Leone  IX,  ov'è  nominato  con  un  ponte  Sofflari,  è  posto  a 
contatto  della  terra  tituli  s.  Angeli.  Non  so  a  qual  fondo  mo- 
derno possa  corrispondere;  ma  dopo  il  fin  qui  detto,  posso 
collocarlo  vicino  alla  Maglianella  sulla  Cornelia. 

Infine  compiesi  la  rassegna  dei  fondi  su  questo  raggio 
proseguendo  verso  l' Aurelia  riunita,  tra  questa  cioè  e  la  Por- 
tuense  coi  seguenti: 

f  Bravi 

f  Pallini  cum  suis  omnibus  vocabulis 

ambedue  dal  diploma  di  Adriano  IV.  Con  questi  nomi  viene 
determinata  T  antichità  degli  odierni  Brava  e  Bravetta  dati 
a  due  fondi  che  si  trovano  l' uno  distante  circa  quattro  mi- 
glia, l'altro  tre  da  Roma,  sulla  via  Aurelia  fuori  di  porta 
s.  Pancrazio.  La  origine  del  nome  Bravo  mi  sembra  molto 
oscura,  né  guadagna  veruna  luce  dal  nome  che  gli  aggiun- 
gono, cioè  Maschietto.  Fu  probabilmente  un  nome  proprio, 
come  l'altro  Pallini,  eh' è  sparito  del  tutto.  (1)  11  nome  di 
Maschietto  risale  soltanto  al  secolo  XIV,  e  ci  serve  per  com- 
piere il  raggio  topografico  propostoci.  Imperocché  troviamo 
ad  8  miglia  incirca  fuori  la  porta  s.  Pancrazio  la  tenuta  Fon- 
tignano,  il  cui  vero  nome  si  era  Frontinianum,  memoria  forse 
del  celebre  curatore  delle  acque  a  tempo  di  Traiano,  Sesto 


rida  donata  insieme  con  due  vigne  nel  luogo  detto  il  carcere,  da  un 
prete  alla  chiesa  di  s.  Lucìa  in  posterula,  a  tempo  di  Silvestro  II  (dal- 
r anonimo  spagnuolo  Chigiano  la  trasse  il  cav.  Corvisieri  Archivio  della 
Società  Romana  di  Storia  Patria  yoL  l  p.  108).  Tuit*al  più  potrebb' es- 
sere una  porzioncella  deir  immenso  corpo  staccata  per  qualche  motivo 
di  benemerenza  in  favore  di  lui.  Nel  qual  caso  anhe  il  career  dovrebbe 
annoverarsi  tra  i  luoghi  di  questa  parte  dell* Aurelia. 

(i)  A  questo  possesso  si  riferisce  il  documento  trascritto  nel  Cod,  Val» 
793 1  f.  68.  70. 


l 


T^lla  Campagna  1(pmana 


iiulio  Frontino,  tra  Ì  confini  della  quale  in  una  carta  del 
secolo  XV  (1427)  trascritta  dal  GALLETTr  (Cod.  Vat.  SoaS) 
sono  notati  i  limiti  in  tal  modo:  il  maschio  dei  figli  di  Già- 
Cornelio  Cenci,  il  casale  dì  Antonio  de'Quairacii,  il  casale 
di  Nardello  de  Bondiis,  il  casale  di  s.  Angelo  in  Pescarla, 
la  tenuta  del  Maligni  ed  il  casale  di  s.  Cecilia.  Ora  di  que< 
sti  congni  ci  è  già  noto  il  casale  di  s.  Angelo,  come  punto 
di  attacco  pel  nostro  itinerario;  ci  è  noto  il  fondo  dei  Ma- 
inili, non  solo  per  notizie  di  antica  data  (i),  ma  per  la  ana- 
loga moderna  denominazione  di  Castel  Malnome  dato  al  te- 
QÌmenio  dei  Santacroce  posto  tra  Maccarese  e  Fontìgnano; 
ci  è  noto  ancora  il  casale  di  s.  Cecilia,  col  nome  tuttora  ri- 
masto alla  tenuta  quivi  situata,  confinante  cioè  con  Malnome 
e  col  ripetuto  Fontignano;  ci  È  noto  il  maschia  suddetto 
pre»o  la  Brava  e  finalmente  il  Frontinianum  col  nome  al- 
quanto alterato.  In  presenza  di  tanti  termini  noti  e  di  tale 
abbondanza  di  capisaldi  locali  corro  pericolo  di  stancare  i 
lettori  con  dimostrazioni  superflue,  e  quindi  mi  appago  a 
riassumerne  in  due  parole  l'analisi  affermando,  che  le  te- 
nute moderne  di  Fontignano,  Malnome,  s.  Cecilia  e  Ma- 
schietto s'illustrano  a  vicenda,  ed  appartennero  nel  media 
evo,  la  prima  a  s.  Maria  in  Trastevere,  fin  dal  secolo  X!  (a), 
la  seconda  ad  un  anonimo  col  soprannome  Malignus  (a  meno 
cbe  non  venisse  dalla  malaria  del  sito),  la  terza  al  tnonistero 
omonimo,  la  quarta  ai  Cenci. 

Continuando  la  rivista  delle  terre  poste  sul  primo  tronco 
dell*  Aurelia,  verso  il  Tevere,  ci  si  offrono  Massimilla, 
Massa  Gallesina,  ambedue  confinanti  con  Fontignano,  e 
non  distanti  dal  territorio  della  via  Portuense.  Il  nome 
della  prima  deriva  dii  Massimi  suoi  possessori,  e  non  porge 
quindi  alcuna  notizia  topografica;  quel  della  seconda  i  cer- 
umente  antico,  di  una  delle  poche  massae  suburbane  tut- 


(t)  Maligni  (fundus)  estra  porcini  a.  Pancraiii.  —Cod.  Var.  »ol.  K 
della  raccotia  del  Gillelti  f.  8i,  100.  Caialit  Maligni  ivi  f.  gS, 
(1)  Ntbby  Analiti  II  69. 


173  G.  Tomassetti 


torà  superstiti.  Vi  si  riconosce  dal  Nibbt  iìfimius  grad" 
nianum  col  f.  Rosarius  cum  domibus  et  vineis  sita  ab  urbe 
fnil,  plus  minus  VII  coerente  sibi  ab  uno  laterefundo  Cjoh 
neolo  ab  alio  Casale  MilliariolOy  a  tertio  casale  Pausimi  iuris 
Rom,  Ecclesiae  ex  corpore  patrimónii  Tuscias.  L'essere 
questi  fondi,  giusta  le  citate  indicazioni  del  Deusdedit, 
proprii  del  patrimonium  Tusciae  rende  probabile  la  ipotesi 
che,  piuttosto  che  sulP  Appia  ovvero  Ardeatina  stessero  sulla 
Claudia-Cassia  0  sull'Aurelia.  Inoltre  Cencio  Camerario^ 
come  osserva  il  detto  scrittore  (i),  li  ricorda  sul  miglio  quinto 
dell' Aurelia.  La  qual  cosa  aggiungendo  peso  alla  conget- 
tura, io  credo  che  in  quel  punto  possano  approssimativa-* 
mente  collocarsi,  senza  il  pregiudizio  del  Rosarius  ardea- 
tino,  che  dimostrai  potersi  riguardare  come  separato.  Che 
se  volesse  a.quest' eccezione  opporsi  la  notizia  del  Deusdedit^ 
che  lo  comprende  coi  fondi  Aureliani  citati,  risponderò  che 
ninno  può  escludere  la  esistenza  di  un  altro  Rosarium  sul- 
PAurelia,  ed  in  un  sito  cosi  proprio  per  la  destinazione 
delle  rosationes  sepolcrali,  qual' era  il  primo  tratto  di  una 
delle  principali  vie  suburbane.  A  questo  primo  tronco,  ed 
a  minore  distanza  dalle  mura  urbane,  si  appartengono  altri 
fondi  nominati  nei  documenti  coli' aggiunta /wori  di  porta 
s,  Pancrazio,  adunque  dall' Aurelia  vetere  fino  al  tronco 
ùnico  dopo   Valcanuta.  E  sono: 

casale  Marcelli  \ 

pantani  di  s.  Pancrazio  ! 

casale  di  Stefano  e  Teofilatto      1 

1  j-   xr  \  dalla  cronica  di  Suor  Or«o/a 

casal  di  Marozzo  )     %  ♦    r  « 

«  »  (     citata,  f.  21  e  segg. 

casale  di  S,  Lorenzo  in  Damaso 
f.  Palmi  e  fontana  foristello  nel 
sito  chiamato  pantina. 

Il  primo  ci  è  notificato  anche  dalle  pergamene  dell'Archivio 
(I)  Analisi  II  p.  323. 


'Della  Campagna  Istriana 


173 


dì  S.  Cosìmaio  (1)  col  nome  casale  0  fundus.  Prese  nome 
da  un  M.ircellus,  come  si  rileva  dilU  sua  intitolazione 
/undus  de  Marcello  nella  cronica  di  suor  Orsola.  1  tre  fondi 
appresso  notati  vi  sono  enumerati  come  confini,  un  quarto 
è  la  viapablka,  certamente  l'Aurelia  vetere.  Imperoijcliè  la 
cronica  stessa  dicendo  che  \ì  fundus  de  Marcello,  dista  3 
miglia  di  Roma  e  coolìna  coi  pantani  di  s.  Pancrazio,  ci 
porge  facoltà  di  collocare  questo  gruppo  di  fondi  attorno  alla 
basilica  csiramuranea  dedicata  al  martire  s.  Pancrazio,  Ul- 
titno  registravo  il  Palmi,  perchè  indicato  nella  suddetta  fonte, 
a  sette  miglia  da  Roma,  e  coincide  quindi  col  raggio  estremo 
di  tal  parte  dì  ricerche  sutP  Aurelia.  11  nome,  come  già  ho 
accennato  di  sopra,  è  ovvio  nel  suburbano;  però  non  perdo 
tempo  a  indagare  se  questo  Palmi  sia  identico  all'altro  sopra 
citato  insieme  col  Vivarìum  o  Vivariolum.  Sarà  intanto  utile 
aver  nominato  l'uno  e  l'altro.  Non  saprei  spiegare  la  fre- 
quenza di  tal  nome  senza  ricorrere  col  pensiero  alle  palme, 
che  I  cristiani  eran  soliti  incidere  nelle  iscrizioni  sepolcrali, 
e  che,  nelle  vicende  sofferte  dai  cimiteri  suburbani,  apparse 
qua  e  là  a  fior  di  terra,  avranno  probabilmente  fornito  alla 
fantasia  dei  contadini  e  dei  possidenti,  nel  medio  evo,  un 
titolo  di  buon  augurio.  Il  nome  à\  forislello  dato  alla  fon- 
tana, e  quello  di  pantìna  al  sito,  sembrano  scritti  con  poca 
esattezza;  e  volendo  ammettere  non  erralo  il  primo,  resta 
il  secondo  probabilmente  sbagliato  per  pantano.  Ciò  che 
determina  peraltro  la  situazione  del  fondo  aureliano  Palmi 
presso  gli  altri  ampti  possedimenti,  che  al  raggio  di  7  ad  8 
miglia  ho  gii  descritti,  è  il  contine  suo  prin.;ipale  annun- 
ciato dalli  cronica  nel  casate  frontinìanum  ibidem.  Chi  non 
vede  essere  questo  il  Fontignano  già  ricordalo,  il  cui  antico 
nome  trovasi  qui  restituito  ? 


174  ^*  Tomassetti 


Ecco  pertanto  compiuto  T  itinerario  di  questa  prima 
parte  delle  vie  Trionfale,  Cornelia,  Aurelia  nova,  Aurelia 
vetere  ed  Aurelia  riunita,  da  Roma  ad  8  miglia,  per  quanto 
la  oscurità  somma  sì  nella  parte  storica,  come  nella  topo- 
grafica, me  lo  ha  permesso. 

(continua) 


Un  ambasciata  inglese  a   Tioma 


i 


ENRICO  VII  «D  INNOCENZO  Vili 

(Anno  1487} 


TA  sopra   imminente  ogni   giorno  alle  cristiane 

■  cervici  la  immane  ferocia  dei  Turchi Gre- 

<  sce  ogni  di  più  pervicace  la  baldanza  contro  la 
a  sacrosanta  Chiesa  Romana....  St^uassato  dagli 
interni  dissidi  è  il  patrimonio  di  San  Pietro,  e,  se  non 
si  soccorra  pronti,  ì  Princìpi  piti  eminenti  del  nome  cri- 
stiano si  armano  per  odi  ardentissimi  un  contro  l'altro 
ad  cecidio.  L'Agro  Romano  è  in  torbidi,  e  Roma  stessa 
e  per  la  temerità  e  la  cupidigia  dì  taluni  è  ciascun  di  in- 
«  sozzila  da  stragi  e  da  rapine  ».  Con  queste  gravi  parole 
d'ammonimento  ai  cardinali  che  stavano  per  eleggere  Ales- 
le^sandro  sesto,   dipingeva  Leonello  vescovo  di   Concordia 
i  tempi  d'Innocenzo  ottavo  sceso  allora   nel  sepolcro  (i). 


(i)  Imminei  quolidie  christianis  cervìcibus  immanisaiina  Turcsrum 

fcrocìtas Cresci!  in  dies  magis  pervicax  in  lacrasancHm   ttom*' 

nim  Ecclesiam  .  .  .  conlumada.  Quassatum  esi  ìntesiinis  disiidii»  beati 
pctri  aposlolorum  prìncipis  palrimanium,  eminenlìores  cbristiani  nominìa 
Principe^,  ardentissimis  adiìs  in  mutitum,  niaì  celeritcr  occurraiur,  arrasn~ 
tur eicidtum.  Turbatus  est  Afier  Roraanu*.  Urbs  ipsa  quotidie  caedibus 
eirapinis  quoriindam  temerilate  cupiditateque  foedatur.  Sono  parole  del- 
J^oruione  funebre  per  Innocenzo.  Ciacconius,  Vitae  Ponlificum,  Tom.  Ili, 


176  V.  *Bal^am 

La  procella  addensata  da  lungo  scrosciava  oramai  in  tem- 
pesta, onde  si  fa  più  degna  di  nota  la  politica  papale  di 
quei  tempi  e  le  sue  arti  pieghevoli  e  le  acutezze  e  gli  er- 
rori. Senonché  colla  importanza  cresce  la  difficoltà  dello 
studio,  e  a  raggiungere  qualche  sicurtà  di  giudizio  è  piti 
che  mai  necessario  un  esame  largo  e  minuto.  A  chi  si  ad- 
dentra in  siffatto  esame,  sovrattutto-è  notevole  e  fa  mera- 
viglia il  contrasto  di  una  politica  che  qua  apparisce  misera 
o  cupida,  e,  piti  lontano,  nobile  talora  e  prudente,  sicché 
taluna  volta  pare  che  la  politica  romana  d'allora  tanto  mi- 
gliori quanto  piti  si  stacca  da  Roma.  Verso  l'età  d'Inno- 
cenzo i  fatti  della  storia  si  complicano  e  s'intrecciano  per 
quel  maraviglioso  movimento  d'espansione  che  appunto  al- 
lora avvicinava  tra  loro  gl'inconsci  popoli,  e  ne  rendeva 
molteplici  e  pili  intrecciate  e  varie  le  relazioni.  Per  la  in-  ^ 
dole  propria  del  vastissimo  ufficio,  i  papi  stendevan  le  brac- 
cia lontano  da  ogni  parte,  e  la  loro  politica  penetrava  con 
valore  assai  vario  nei  vari  stati.  Governando  Innocenzo,  la 
politica  papale,  grave  d'errori  in  Italia,  si  mostrò  talora 
diversa  quando,  volta  a  cose  lontane,  cessavano  o  almeno 
scemavano  le  grette  ragioni  della  famiglia  e  del  breve  prin- 
cipato. Se  la  speranza  di  una  crociata  era  morta  con  Pio 
secondo  (i),  ne  rimaneva  l'alto  concetto  come  un  ideale 
spesso  obliato  ma  reduce  sempre  nei  pensieri  0  almeno  nelle 
parole  dei  papi.  U  minaccioso  distendersi  della  potenza  ot- 
tomana era  occasione  alla  Chiesa  per  tentar  d'accentrare 
in  sé  la  politica  degli  stati  europei,  e  ottenere  ossequio  alla 
autorità  sua  scossa  in  molte  maniere.  Era  utile  a  Roma, 
e  piaceva  quando  altre  ragioni  di  natura  inferiore  non  fa- 
cevano ostacolo,  sedar  le  querele  lontane  e  trar  forza  ed 
onore  dall'ufficio  paterno.  Innocenzo  ottavo  vacillante  co- 
m'era per  consigli  diversi  tra  la  fiacchezza  e  l'audacia, 


(i)  Dcr  Kreuzzug  war  mit  dem  Tode  seines  Urhebers  zu  Ende.  — 
RsuMONT,  Geschichte  der  Stadt  Rom,  III.  Bd.  I  abth.  1 1. 


Vff  ambasciata  inglese  a  Tipma         177 

•emìnando  colla  incerta  mino  intorno  a  sé  la  discordia 
dava  presagio  dei  fuiuri  Jjnni  d' Italia  (i),  meiiire  più  lujiga 
operò  qmlclie  volta  un'opera  di  concordia  efficace  e  sag- 
gia. P<ire  assai  naturale  che  questo  fatto  colpisse  poco  il 
pensiero  di  coloro  che  scrissero  d'Innocenzo  con  animo  av- 
verso, ma  È  maraviglia  il  vederlo  cosi  poco  curato  da  chi 
ne  scrisse  adulando.  Cosi  gli  storici  di  quel  periodo  trala- 
sciando uno  l'orse  dei  migliori  episodi  nella  vita  d'Inno- 
cenzo, bin  toccato  di  volo  o  taciuto  le  prime  relazioni  tra 
lui  ed  Enrico  settimo  d'Inghilterra,  le  quali  sono  pur  degna 
di  molta  nota,  e,  attentando  l'avvedutezza  della  Curia  Ro- 
mana, le  recano  lod;  di  temperata  giustizia.  11  Scrdonati 
fra  gli  altri  nella  srja  storia  d'Innocenzo  ne  tace  alf.itto. 
Solo  ne  parla  alq  lanio  il  Rainaldo  (i),  ma  perché,  difet- 
tando all'annalista  i  docuinenli,  il  suo  racconto  é  tutto 
tnoiKO  e  quisi  vano,  mi  è  parso  utile  ripigliarne  il  filo  e 
tentar  di  sjpplire  al  difetto  giovandomi  di  notizie  inedite 
a  pubblicate  di  recente.  I  documenti  inediti  che  darò  qui 
appresso  e  gli  altri  ragguagli  spigoUti  qua  e  là  nel  libri, 
contengono  tatta  la  storia  di  queste  relazioni  duranti  i  due 
primi  anni  del  regno  d' Enrico.  Le  quali,  come  si  vedrà,  rag- 
gruppansi  tutte  nei  motivi  e  negli  efi'etti  di  una  ambasciata 
solenne  cti'egli  inviò  a  Roma.  Di  tale  ambasciata  io  non 
lessi  menzione  alcuna  presso  gli  storici  nostri  e  ne  hanno 


(i)  Intorno  a  fio  sono  parlicolarmente  da  legare  le  acute  parole, 
mirabili  per  imuizione  storica,  premesse  dal  Senatore  Marco  Tabarrini 
alle  lettere  di  Jacopo  da  Volterra  ch'egli  pubblicò  neW  Archivio  Storico 
(Serie  terra  tom.  Vili  e  X).  Cf.  anche  Reumont  Ioc.  cit.  e  nel  Lorenzo 
de'  Medici  lib.  V.  eap.  VI.  Gregorovius,  Geschichte  der  Stadi  Rom, 
Stuttgart,  1873.  Voi.  VII.  png.  370.  Robestsou,  History  of  the  Chri- 
»f(«n  CkUrch,  Vili,  +.  11  Broscli  d.  recente  ha  consacrato  un  capitolo 
del  sjo  pregevole  iludio  su  Giulio  secondo,  alla  sioria  del  pontificato 
d'Innocenza  lumeggi andota  assai  bene,  ma  parmi ,  e  eia  dico  con  molla 
peritanza,  ch'egli  sì  lasci  talora  anilar  nel  fantastico  per  un  certo  senso 
d'inlipatia  al  aubbietio.  Bkosch,  Julius  11,  Gotha,  1878,  cap.  It. 

(:}  Rt¥!(*Li>,  ad  atin,  1485-1487. 

e  dflla  Società  romnia  di  Storia  patria.  Voi.  111.  12 


178  V.  *Bal{am 

finora  parlato  poco  gTinglesi,  malgrado  la  memoria  che  ne 
lasciarono,  come  per  serrird  di  guida,  Borcardo  a  Roma(i) 
e  in  Inghilterra  Francesco  Bacone  (2). 

Morto  Riccardo  terzo  il  tiranno  a  Bosforth  Fidd  (22 
agosto  1485),  la  corona  regile  ch'egli  cingeva  il  di  della 
battaglia,  strappata  dalla  sua  fronte  posò  sul  capo  del  vin- 
citore Enrico.    Questo  fatto  cessava  le  dolorose  guerre  ci- 
vili che  avevano  dilaniata  Inghilterra,  e  inaugurava  colla 
nuova  monarchia  una  vita  nuova  presso  quel  popolo.  Do- 
tato d'animo  sagacissimo  e  saldo,  Enrico  senti  che  per  se- 
der sicuro  sul  trono  al  quale  era  salito,  gli  faceva  mestieri 
affermarsene  legittimo  possessore,  e,  assodato  il  suo  diritto, 
esser  più  sciolto  a  scemar  le  forze  dei  nemici  conversi  in 
ribelli,  e  piegarli,  secondo  i  casi,  talora  severo  e  spesso  eoa 
prudente  clemenza.  Con  questa  mira  pensò  di  unirsi  in  ma- 
trimonio con  sua  cugina  Elisabetta  figlia  di  Edoardo  quarto 
ed  erede  dei  diritti  paterni,  e  così  per  quel  nodo,  strette  in 
una  le  case  di  Lancastro  e  di  York,  dar  termine  certo  al 
lungo  e  sanguinoso  contrasto  delle  due  rose  (3).  Facendo 


(i)  BuRCHARD.  Dior.  Ediz.  Gennarelli  pag.  89  e  segg. 

(2)  History  of  King  Henry  VII,  nel  sesto  volume  delle  opere  di  Ba- 
cone. Ediz.  Spedding,  Londra,  i838. 

(3)  A  proposito  di  questa  unione,  fi  nostro  Giovanni  dei  Gigli  scrisse 
in  un  epitalamio  i  seguenti  versi  che  il  Pauli  trasse  da  un  Manoscritto 
Harleiano  e  pubblicò  nella  sua  eccellente  storia  d*  Inghilterra  : 

Discidii  nunc  finis  adcst,  si  munere  tanto 
Dignos  esse  vclis  votisque  intendere  justis, 
Eboracensis  super  est  clarìssima  virgo 
Virtutis  ncc  stirpis  agcns  pulcherrìma  toto 
Corpore,  cui  facies  grato  suffusa  nitore 
Splendct  matura  multum  formosa  juventa. 

Rbinhou)  Pauli,  Geschichte  von  England,  V.  Bd.  p.  529  Gotha,  i858. 
Anche  dello  stesso  epitalamio  mi  sembrano  notevoli  i  seguenti  versi 
inediti  : 

Non  mirum  est  igitur  cognatas  iungere  dextras 
Si  cupiat  quocumquc  iacent  subsidere  regna, 
Dum  tamen  ipsc  velis,  scd  Te  non  gloria  tantum 


Vn' ambasciata  inglese  a  Tipma         179 


impedimento  al  matrimonio  i  vincoli  del  sangue,  era  me- 
stieri ricorrere  al  Papa  per  le  dispense.  Non  era  tempo  da 
indugi,  ed  un  ostacolo  simile  a  quello  che  poco  appresso  fu 
opposto  alle  nozze  di  Alano  d'Albret  con  Anna  di  Breta- 
gna, sarebbe  riuscito  funesto  ad  Enrico.  Innocenzo,  contro 
l'indole  sua,  non  si  mostrò  dubitoso  un  momento,  ma  si 
die  a  favorire  con  ogni  larghezza  Enrico,  e  finché  fu  pon- 
tefice lo  resse  con  ferma  costanza  nel  suo  favore  (i).  La 
concessione  delle  dispense  fu  pronta.  Enrico  aveva  cinta  la 
corona  il  23  agosto  1485,  e  già  il  10  decembre  dello  stesso 
SDno  il  Parlatnenio  lo  pregava  solennemente  di  unirsi  ad 
Elisabetta,  indizio  sicuro  che  a  quell'ora  ogni  ostacolo  era 
bene  rimosso.  La  cerimonia  nuziale  ebbe  luogo  indi  a  poco 
(18  gennaio  i486),  e  per  essa  Innocenzo  spedi  Legato  in 
]oghilterra  il  riminese  Giacomo  Passarelli  vescovo  d' Imo- 


Itti  [uTat,  quiDlum  tranqnitli 
Et  piirìini  iiabili  companere  federe  randem, 
El  bella  et  cunei»  bellorum  auerlere  ouias, 
Arrnique  ciaili  rorantii  tunguine  multo 
Tollera  perpetuo  finemque  imponere  cladi. 


Harl.  335. 


(1}  Sembra  issai  probabile  che  i  nemici  d' Enrico  ibbiano  cercato  di 
rottar  coniro  lui  il  picghc/ole  animo  d'Innocenzo,  poiché  lì  vedisroo 
agitarsi  più  tardi  ma  invano  presso  Alessandro  sesto.  A.I  quale  appel- 
lando Margherita  di  Borgogna  in  prò  dell'impostore  Perkins  Warbeck, 
lamenti  che  Innocenzo  avesse  riconosciuto  ingiustamente  Enrico  come 
red*  Inghilterra, e  accordatagli  dispensa  dagli  impedì  menti  pel  matrimonio 
con  Elisabetta.  Vedasi  intorno  a  ciò  l'appendice  alla  Vita  Regit  Henrici 
$tptimi  Bernardi  AnJreae  Tholotati  (pag.  ^93)  ediz.  Gairdncr  nella 
raccolti  dei  Chronìcles  and  memoriais.  11  Green  in  un  libro  che  ha  molla 
voga  ora  in  Inghilterra ,  nota  acconciamente  che  a  ...  so  insecure  seemed 
Henry'*  lille,  thiE  no  power  aknowledged  him  as  King  save  Franceand 
ibe  pope,  ■  e  aggiunge  che  stimavasi  la  Francia  essere  indotta  al  rtco- 
noKÌdienio  dal  segreto  abbandono  delle  pretese  inglesi  sulli  Normandia 
e  Guienna.  I.  R.  Catgut,  History  0/  the  English  Pcople.  Voi.  II.  p.  68. 
Londra  1 S7S.  Vedasi  anche  Halluu,  Conslitulioital  History  0/  England, 


i8p  V.  "Ballarli 


la  (Oi  ^n  piena  facoltà  di  sciogliere  ogni  impedimento.  Il 
Legalo  uom  dotto  e  a.utorevole  piacque  al  Re  che  Io  ac- 
colse con  molto  onore,  e  al  termine  del  suo  incarico  Io  ri- 
mandò in  Italia  ricco  di  titoli  e  di  privilegi.  Ma  Enrico 
pur  mostrandosi  soddisfatto,  desiderava  che,  sotto  colore  di 
confermare  quella  dispensa,  una  bolla  solenne  d'Innocenzo 
sancisse  in  nome  della  autorità  pontiGicia  le  sue  ragioni  al 
trono  (2).  Per  fermo,  come  nota  un  insigne  storico,  l'aspetto 
del  nuovo  regno  non  era  tale  da  poterne  auspicar  buon 
presagio  (3),  ma  l'interesse  del  Papa  stava  veramente  con 
Enrico.  Divisi  dal  mare  e  lontani,  i  re  d'Inghilterra  non  de- 


(i)  a  lacobus  Passarellus,  Ariminensis  ci7is,  Imoleo^s  episcopus. . . 
a  Innocentio  deinde  VUI.  cum  lacobi  virtutes  innotuissent . .  .  illum.  .. . 
a  ad  Britanniae  Regem  de  rebus  gravissìmis  legavit,  ubi  cum  apud  illam 
«  Regem  plurimam  gratiam  collegisset,  ab  eodem  promeruit  Britannicis 
a  regiis  stemmatibus  insigniri,  in  cuius  rei  memoriam  hoc  distichon 
a  voluit  super  sepulchrum  extare: 

e  Est  rosa,  sunt  pardi,  sunt  lilla  munera  Regis 
e  Britanniae:  meruit  haec  mca  magna  fides.  » 

Ughelli,  Ital.  Sacr,  II.  436.  e  Serìes  Episcoporum  Forocornelien- 
slum  II,  162.  Un  diploma  di  Enrico  VII  indica  il  Passarelli  colle  parole 
noster  consiliarius  e  descrive  cosi  gli  uffici  corrispondenti  a  quel  titolo: 
(f  Nosque  super  omnibus  quae  in  nostro  nostrique  Regni  rebus  agen- 
a  dis,  et  precipue  in  Italiae  partibus  evenire  contingunt,  saepenumero 
a  cogitamus,  inducit  ut  istic  commissarios,  procuratores,  ac  etiam  con- 
a  siliarios  qui  in  rebus  ipsis  nostris  nostrique  Regni  consulere  valeant, 
o  eligamus.  »  Ibid.  II.  642.  Da  una  delle  bolle  d'Innocenzo  ad  Enrico 
apparisce  che  il  Passarelli  andò  anche  come  legato  al  Re  di  Scozia. 
Rymer,  Foedera^  XII,  3i3. 

(2)  HuME,  History  of  England,  cap.  XXIV.  Lingajid,  History  of 
England.  Voi.  IV,  cap.  V.  Pauli,  Geschichte  von  England,  Voi.  V.  p.  528. 
Rapin.  History  of  England ,  (traduz.  Tindal)  Voi.  I.  lib.  XIV.  Polydorus 
ViRGiLius.  Historia  Anglica,  Lugduni  Batavorum,  1649,  ^^^'  XXVI.  I. 
Gairdner,  Letters  and  papers  illustrative  of  the  reigns  of  Richard  III 
and  Henry  VII,  Londra,  1801 -63,  nella  raccolta  dei  Chronicles  and 
Memorials,  Nelle  prefazioni  a  queste  lettere  si  contengono  alcune  osser- 
vazioni molto  ingegnose  intorno  alle  relazioni  tra  Roma  e  Inghilterra. 

(3)  Hallam,  loc.  cit. 


Vn' amlfasdaia  inglese  a  Tipma 


ì 


Btavan  sospelti,  e  nelle  materie  ecclesiastiche  pur  custodendo 
gelosi  le  libertà  regie  contro  ogni  pretesa,  avevano  cura  di 
mostrarsi  abbastanza  ossequenti  al  papa  e  devoti  nelle  cose 
tninori.  Giovava  a  Roma  che  l'Inghilterra  ponendo  termine 
alle  interne  contese  potesse  in  qualche  modo  bilanciar  l'in- 
fiueoza  ora  invocata  or  temuta  della  Francia,  essere  media- 
trice in  Germinia  e  opportuna  alleata  nelle  cose  d'Oriente. 
L'usurpitore  Riccardo  non  era  sembrato  uomo  da  ciò,  anzi 
senza  mostrarsi  avverso  alla  Chiesa  aveva  pur  dato  qual- 
che motivo  di  lamento  (i).  Lui  morto  e  perduta  ormai  la 
sua  causa,  conveniva  al  Papa  di  adoprarsi  a  schiantar  via 
fagni  speranza  dal  petto  dei  suoi  seguaci,  e  porgendo  la 
mano  terma  ad  Enrico  nello  spinoso  cominciar  del  cam- 
mino, assicurarsene  l'amicizia.  Cosi  lece.  La  conferma  alla 
dispensa  io  solennemente  accordata,  e  nei  motivi  delle  bolle 
il  compiacente  pontefice  dichiarando  provvido  pegno  di  pace 
la  unione  colla  erede  degli  Eboracensi,  seguiva  il  segreto 
desiderio  d'Enrico  e  proclamava  alto  i  diritti  del  nuovo 
principe  e  dei   suoi  successori  al  treno  d'inghihcrra 

*  Tandem  tu,  Henrice  Rex,  dice  in  una  bolla  il  Pontefice, 

*  post  huiusmodi  clades  longumque  ob  praefatas  dissen- 
■  liones  exilium,  dei  adiutorìo  atqtie  clemetitia,  ad  regnum 

*  prae/atum,  iure  hereditario  ad  te  legitimum  in  ilio  Prae- 
«   decessorum  tuorum  successorem  pertinens,  restitutus,  et 

*  in  Regcm  coronalus.  ac  a  Consilio  sire  conventu  generali 
dicti  regni  parliamentum   nunctipato,    nemine  contradi- 

K  cente,  prò  eonim  vero,  legilimo  et  indubitato  rege  receplus, 
%  habitus,  tentus  et  reputatusfuislì,  prout  ab  universis  prae- 
f  latis,  proceribus,  ma^natibus  et  populis  dicti  regni,  ha- 


[i)  G*iBi>!(ER,  Hìstory  of  the  tife  and  reign  of  Fkhai^  tlì,  Lon- 
àn,  187S.  WiLKiNB,  Concilia  Magnai  Brilanniae  IH,  617,  dove  si  dice 
erronea  me  me  diretta  ad  Enrico  una  lettera  che  Innocenzo  scrisse  a  Rìe- 
comandandogli  il  privilegio  del  foro  pei  chierici  del  Regno. 


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e  detto  più  ol* 


Vn' ambasciata  inglese  a  l^ma 


i83 


t.  Hereford  a  cui  l'antica  e  provata  fede  meritava  quel- 
jODorc.  Abate  dì  Westminsier  nel  l'ortunosa  principio  del 
;do  di  Edoardo  quario,  egli  aveva  accolta  la  regina  Elt- 
Mtta  Woodvìlle  ntugiatasi  per  asilo  nella  Badia,  ed  era 
drino  allo  sventurato  t'anciullo  che  tu  poi  Edoardo 
binto.  Quando  volsero  più  propizi  i  tempi,  nel  1474, 
leardo  lo  rimeritò  col  vescovato  di  Hereford,  ed  ora  En- 
)  seitimo  scegliendolo  all'onorato  ufficio  esaltava  molto 
lamcnte  la  fedeltà  mostrata  alla  causa  della  fami- 
jUt  dì  Edoardo  divenuta  ormai  la  sua  causa  (i).  Forse  un 
ilivo  aifjtto  contrario  indusse  Enrico  alla  scelta  del  se- 
tondo  oratore,  Giovanni  Sherwood  vescovo  di  Durham. 
Costui  uscito  dalla  università  di  Oxford  con  molta  riputa- 
zione di  dottrina,  fu  avuto  in  gran  conto  da  Edoardo,  e 
come  insigne  giureconsulto  inviato  a  Roma  avvocato  presso 
la  Curia  pei  negozi  civili  ed  ecclesiastici  del  regno.  Ebbe 
£ami  di  buon  poeta,  e  mentre  era  in  Italia  raccolse  libri  e 
e  manoscritti  pregevoli  che  portò  in  Inghilterra,  A  Roma 
nel  1484  Giovanni  fu  consacrato  vescovo  di  Durham.  In- 
grato a  Edoardo  ei  s'era  dato  al  partito  prevalente  ed  as- 
sistè in  persona  alla  coronazione  di  Riccardo  III,  il  quale 
pili  tardi  Io  spedi  a  Roma  di  nuovo,  lo  raccomandò  varie 
volte  per  alcuni  privilegi  alla  Curia  Romana  e  giunse  fìno 


Ire,  era  a  Roma  procuratore  del  re  d'Inghilterra  insieme  coi  vescotri 
di  Durhim  e  di  Limericli.  Degli  altri  nominati  da  Burcardo  pirmi  che 
basii  il  nome.  Più  olire  £  detto  per  quali  ragioni  si  ritiene  errala  l'ap- 
pellativo di  Vacava  Lìsmarense  dato  al  terzo  oratore. 

(t)  Tummaso  Millyng  morì  nel  [491  e  fu  sepolto  nella  Badia  di 
Westminsier.  Cf.  Neale,  The history  and  ar.liqiiilies  0/  Ihe  Abbey  church 
tfftl.  PeUr,  Watminster ,  11,  i85.  Domcunb,  Hislory  and  anliquilies 
o/the  Cauitly  a/ Herefnrd.  l,  481.  Le  Neve,  Fasti  Ecclesiae  AngUcanae, 
Ed.  Hardy.  O»ford  1854.  1,  466.  Stuhbs,  Rcgislrum  sacrum  Aiiglicanum, 
pagg.  70  e  171.  Sta]»i.ev,  Meniorialso/WestmìnsterAbbex,  Londra,  iSfiS, 
pagg.  ii2,  355,  367.  Il  codice  585  ed  il  Registro  Monon,  tra  i  mss.  della 
biblioteca  arcivescovile  di  Lambeth,  contengono  anche  alcuni  cenni  in* 

cno  a  Tommaso  Millyng  e  alla  Sede  di  Hereford,  ed  altri  i  msE.  Har- 

àiDÌ  4o56  e  6()79  nel  Museo  Britannico, 


i84  V.  ^Baliam 

n  domandare  per  lui  il  cappello  cardinalixìo.  Caduto 
cardo,  tosto  lo  Sherwood  col  mutar  delk  sorti  tornò  a  imi- 
tar parte,  e  il  nuovo  re  gli  mostrò  fiTore.  Nei  primi  ncsi 
del  regoo  d'Enrico  (28  febbraio  i486),  lo  Sherwood,  Gio- 
yanni  Dunmowe  ed  Ugo  Spaldyng,  uno  anch' egli  dei  died 
oratori,  furono  nominati  procuratori  del  Re  aUa  corte  di 
Roma,  e  incaricati  principalmente  di  vigilare  le  promosoiii 
alle  cattedrali  vacanti  in  Inghilterra,  e  di  ottenere  fiivore 
in  ogni  altro  caso  alle  raccomandazioni  della  corona  (i)l 
Innocenzo  poco  appresso  in  una  lettera  lodando  Enrico 
della  sua  clemenza,  lodò  specialmente  il  favore  mostratoti 
Dunelmense  (a).  Il  quale  sembra  che  rimanesse  poi  quasi 
sempre  finché  visse  in  Roma.  Forse  il  sagace  Enrico  mal 
certo  della  sua  costanza,  stimò  utile  giovarsi  dell'abilità  soa 
e  della  fama  che  godeva  a  Roma,  e  tenerselo  insieme  di- 
iCo»to  dal  Regno  mentre  i  ribelli  con  aperti  attacchi  e  trame 
occulte  davano  ancora  segno  minaccioso  di  vita  (3).  Gio- 


ii) tkKU mento  citato  dal  Campbell  Materials  for  a  hUtory  of  tk 
H(ti^H  0/  HtHry  V'IL  I.  32  3,  nella  raccolta  dei  Chronfcles  and  Memo- 
H«i/.Y.  Il  itocuniento  si  conserva  a  Londra  nel  Record  Office,  e  ha  U 
•fj^natura:  S.  H.  178.  K  diretto:  «  Veneratili  in  xfo  patri  I.  DuntU 
•Nt"  *f  ^'^'^*^ty^^  Johanni  Dunmowe  legum  doctori  et  Magistro  Hugoni 
S^'^ÌM»i^  »  I  v]uali  sono  nominali  procuratori,  ed  è  pubblicato  qui  ap- 
|MTMo.  ^Ooc.  111).  Dal  nis.  Harleiano  433  nel  Museo  Britannico,  apparisca 
vtu'  il  iHininowc  Ì\x  collo  Sherwood  oratore  anche  di  Riccardo  Ili  a  Roma. 

i*)  M  .  ,  .  Subiun^is  etiam  te  venerabilem  fratrem  lohannem  Dunel- 
«  inonKcin  cpiKopum,  qui  aliquantulo  tempore  praefìati  adversarìi  tui 
s\  tùioli!!.  ut  cjiHC  solct  iis  qui  de  se  confidunt,  precator  oratorque  fuit, 
Il  gratta  ac  t'avoribus  proscqui.  Tuam  magnopere  celsiHidinem  collauda- 
li inuH.  cut  Cluni  il  le.  ut  vcrbis  tuis  utamur,  doctrinae  vir  vitaeque,  quan- 
M  luin  acccpimusi,  intc^crrimae,  et  cuius  fama,  hic  scimus  et  in  Anglia 
«  iiovinnuN,  celeberrima  est.  »  Dat.  Romae  ap.  S.  Petrum  die  XIX  mar- 
(ii   14S  »    «  KA\N\i.n.  ad  an.   i486.  LUI.  pag.  109. 

1  M  tiiiM  lettera  dello  ^hc^wood  a  sir  John  Paston  data  dal  suo  ca- 
atollo  di  Av  Innd  nel  gennaio  1400,  trovasi  fra  le  Paston  Letters  della 
i-Ji/  lMiMi«NrH  il. Olivini  1872-73  voi.  Ili,  pag.  363 j.  In  nota  a  questa 
leiiera  il  (i«iirvlner  vhiaina  lo  Sherwood  a  a  man  of  high  characier  and 
«  leaniin^  and  one  of  the  carliest  greek  scholars  in  England.  »  L* ultimo 


Vn' amèasctata  inglese  a  Tipma         i85 

Ianni  Sherwood  morì  a  Roma  II  12  gennaio  1493,  fu  sc- 
iolto nella  chiesa  degl'Inglesi,  e  gli  posero  sulla  lomba 
.  seguente  iscrizione:  Bic  iacel  R.  Pater  Johannes  Sir- 
ìood  episcopus  Duneìmensis  serenìssimi  regis  Angliae  ora- 
ir,  qui  obiit  12  lanuar.  1493.  Cuius  anima  in  pace  re- 
'  escat  (1). 

Stimo  errata  la  lezione  dd  diario  di  Burcardo,  dove  dice 
5  il  terzo  degli  oratori  fu  vescovo  di  Lismore.  Farmi  in- 
pce  eh'  egli  fosse  quello  stesso  Giovanni  Dunniowe  che  già 
ì  nominato  procuratore  del  Re  insiem  collo  Sherwood  e 
I  Spaldyng  dii  quali  non  avrebbe  potuto  senza  ingiuria 
tere  scompagnalo  in  questa  solennità.  Dottore  in  leggi  e 
canonico  di  Ejieter,  Giovanni  fu  nominato  vescovo  di  Li- 
merick  dal  Papa  il  i3  novembre  14S6,  e  mori  in  Romaancor 
egli  il  terzo  anno  dopo  la  sua  consacrazione  senza  aver  mai 
visilati  la  sua  sede  (2).  Non  giova  parlare  degli  altri  fuor- 


documento  inglese  che  mi  i:  espilalo  intorno  allo  Sherwood,  t  una  let- 
ler«  d"  Enrico  settimo  a  lui,  relativa  all'arresto  di  un  ribelle  rifugialo  in 
San  Cutbecto.  La  lettera  è  in  data  Jel  5  febbraio  1401,  ma  non  ìndica 
I>  rcsitlcn^a   dello    Sherwood   Gairuner  Letters.  1.  98.  Certo  pare  che 
Io  Sherwood  non  nvesse  altri  uffici  in  Inghilterra  duranteil  regno  d'Enrico, 
oode  Gugiielmo  Hulchinson  fu  indotto  a  supporre  ch'egli  venuto  in  so- 
Ipctio  ad  Enrico  e  quasi  in  conlodi  ribelle,  vagasse  esule  pel  conlinente 
e  »i  accostasse  alla  duchessa  di  Borgojina  nei  tempo  dei  torbidi  mossi 
da    Perkins   Wsrbeck.   Gli   uffici  affidatigli  a   Roma  e  le  lettere  citate 
d*  Innocenzo  e  d' Enrico,  mostrano  che  lo  storico  della  contea  di  Durham 
non  si  era   apposto   al   vero.   W.  Hutchinsoh,  Hislory  and  antiquilies 
of  the   Cnutity  PalatÌKt  of  Durham.  Newcasile,   1785.1.385.  Htit-TO». 
The  bauli  ofBos«ro,th  Fktd.  Ed.  NicIjols.Undra,  (8t  3.  Imrod,  p.LXXVI. 
Op.  ciL  tu,  191.  Hislorìae  Duneìmensis  Scriplores  Tres  (Coi^ 
inAM,  Gkavstane  and  ChaubueJ  nel  nono  volume  della  raccolta  pub- 
ila    dalla  Suriecs  Society,   Laslell^s,    Liber  munerum  publ'corum 
Voi.  V,  par.  V,  pogg.  .^g  e  63,  Rmm,  Foedera,  Xll,  aSo,  154. 
(I)  (Questa   iscrizione  è  riferita   anche  dal   Forcella  che  aggiunge  in 
olm:  *  Questa  memoria,  come  scrive  il  Galletti,  era  incisa  ai  piedi  della 
figura  del  defunto  in  abiti  episcopali,  n  Fobcei-la,  Iscrizioni,  VII,  1 67. 
(ij  Nel    14S7   reggeva   le   sedi   riunite   dì   Waterfurd  e  Lismore  in 
Undt,  Tommaso  Pursell  nominalo  vescovo  l'anno  innanzi  e  che  durante 


ihet 


t86  X7.  ^BaL^am 

die  del  priore  di  Canterfaurr  il  qaale  sembra  inerameote 
esKre  snro  raaima  deil' ambasciata  poiché  recxcò  dinnana 
al  Papa  L'oraaiaae  die  si  leggs  qpi  appresso  (^i).  Goglidmo 


3  14B6  &CB  oiinpilsff'  oeC  suo  nome  an  pregevole  Rrgnfo 
arm  perduta.  Prima  di  lai  sveva  pandmam  in  queQa  dfncrsì  im  Gioì  «ani 
S,  Oli  s^'ignon  il  cassn  e  dei  quale  trovo  solamente  db^cf^  fa  lennce 
di  Bexdrip  aefla  dìocss  «fi   Badi  e  Wella^  e  che,  secondo  eaa  aftnnft- 
fi'one  ^ìe£  Wood^  apparisce  menzionato  in  un  legiaixu  coaie  teaawo 
di  Lismore  air  anno  c^^  La  data  delia  accssoiane  di  Toaxnxaso  PorseQ 
rwentfn  sicura»  ul'c  avviso  die  Borcardo  aon  ak&xa  mceso  periare  dd 
vescovo  di  Lismore  ma  di   Giovanni  Dunmowe  vescovo  di  Lioienck. 
CXtre  che  il  nome  di  Giovanni  nei  primo  caso  contrarUinoe  «Qa  crono- 
logia tcpiscopale  di  quelle  sedi  e  coincide  nel  secoodo,  nf  imini  trKda 
rimane  di  quesa  dimora  a  Roma  del  vescovo  Lismorense,  sebbene  Bar- 
cardo  dica  di  lui  e  dgJTn  Sherwood  che  già  entrambi  vi  dimorarano  da 
OZI  pezzo.  Invece  viveva  a  Roma  il  vescovo  <&  Limerick  otatuce  ordinano 
de!  Re  d*Lxc:uItBrra  e  cofTifga  del  Chineimenae.  Fgfi  era  verantcnte  coaie 
qpest  ultima  .st£bpus  òt  Crèe  secondo  la  órase  del  nostro  diarista.  Anzi 
al  cust^etru  d'Enrico  settimo  era  più  annco  perchè  un  documento  ante- 
riore a  quello  dsit  ooi  pubbiidxiamo^  tu  pà.  pubblicato  dal  Campbell 
(Op.  dt.  VoL  £,  pa^  e  77  ^  e  apparisce  da  esso  che  il  30  novembre  1485, 
tre  mesi  appena  dopo  la  corunazLoae  d' Enrtcoy.  E  Dunmove»  prima  d'ogni 
altro  e  soto.  era  stato  caotermato  procuratore  a  Roma.  Non  può  prcsu- 
mersi  du3:^:ie  ca'esdi  fosse  escluso  ..f.iiTa  ambisciita  mentre  i  due  suoi 
coiltizrLi  Giovar:  :ii  Sa^nr-rcd.  evi  L>c  SpL^yr^  :ui  cicevaBo  parte,  e  mette 
cjcto  i':3Cire  eòe  ■  j  SpilviTn^  c.:c.  essendo  v^£sc;;vo  aveva  grado  inferiore 
al  DumnoTTi.  Azche  il  5^*10  r  Giirdiiiir  Lziirrcgaio  per  me  dal  mio  amico 
e  suo  cuile^  il   sicicr  Aliniiio   ÉLqcscjc  cel  Record  0£ce,  scriveva; 
«  £  san  riid  noiir^  ircu:  i   Jean  "risicp  or  Lismore  at  Rome  about 
«  tna:  iii*.  •»  e  di^virn:  ri.1  tir^  inclimre  esìì  a  credere  vera  la  mia 
ipotesi,  e  pirercìi  La  50  U  p:s4:bile  anche  perchè  se  Burcardo  avesse  vo- 
lerò parlire  dei  vescovo  d:  Liim.re.  Io  ivrecce  pìutrosio  nominato  dalla 
sede  di  Wiiertjrd  e  Veri  ;i  mxììcìcce  s-,io  titclo.  Di  questa  osservazione 
io  rirjETLCo  co rJ.LiI nenie  i  siiinca  G-A-rcner  e  Kingston,  e  mi  confòrto 
a  credimi:  nel  vero.  M:  sii  Iec;:o  i£^.,:ngere  a  q^iesta  lunga  nota,  eh* io 
non  credo   p^ersi  chiimar  Burcirdo   in  colpa  dell'errore   Anche   non 
avremo  iir^  s:c;iri   edLdone  e  un   :es;o  del  Diario  mondo  di  ben  più 
grav3  errori.  Ci.  Vajie  U  o-cf  oj^jerir^^  Imii  d,  Dublin,  17Ó4, 1.  53d. 
Corro. V,  Fasti  Ezcldsiae  Hii^sr^coi  L  112,  3Si.  Nicolsok,  Historical 
Library.  Londra  172.;,  p.  it:.  C>>ih?5FTì,,  Op.  cii.  passim. 

\i.  Per  ciò  che  riguarda  il  Sellyrg  mi  sono  giovato  principalmente 
di  q;;aato  ne  scrisse  in  una  ec>"cìtrnif  pubblicadooe  il  signor  Sheppard^ 


"Vn'  ambasciata  inglese  a  lipma         187 

ilyng,  nato  per  quanto  pare  Del  villaggio  di  Selling  ia 
Kent,  fu  monaco  benedettino  del  monastero  di  Chrìsl  Cburch 
i  Canterbury.  Studiò  in  Oxl'ord,  e  ne!  1464  avuta  licenza 
superiori  d'  andar  viaggiando  tre  anni  per  motivi  di 
tudio,  venne  in  Italia  col  suo  conlratello  Guglielmo  Hadlegh, 
i  addottorò  in  teologia  a  Bologna  (i)  e  visiti  Padova  e  Vc- 
ia.  Nell'anno  1469,  il  convento  mandò  lui  e  l'amico  suo 
^eginaldo  Goldsto.ie  a  Roma  per  ottenere  da  Paolo  secondo 
licenza  di  celebrare  il  giubileo  di  San  Tommaso  Becket. 
Giunti  a  Roma  i  due  monaci  trovarono  generosa  ospitalità 
presso  Pietro  dei  Millini  romano,  procuratore  allora  molto 
in  grido  presso  gl'inglesi  per  gli  atTari  ecclesiastici  innanzi 
■Ila  Curia.  Il  Millini,  rimeritato  poi  dal  convento  con  una 
lettera  di  fratellanza  e  molte  riconoscenti  parole,  certo  do- 
vette aiutare  i  due  monaci  coli' opera  sua  (2).  La  domanda 


e  di  ilfuni  frammenli  inediti  che  egli  mi  indicò  tra  i  mss.  della  caile- 
dnle  di  Cinicrburj.  (Chrìsl  Church  Letltrs.  À  volume  0/  mtdiae- 
itat  letters  relating  to  the  affairs  0/  the  Priory  of  Chtisl  Church  Can- 
terbury^ tdited  by  J.  B.  Skeppskd,  trn  le  pubbl lozioni  dell»  u  Camden 
S<}ciety  >}.  Mi  t  caro  poter  rendere  graiie  pubblicamente  a  quei  dotto 
conotcilore  delle  cose  Cuntuariensi  per  le  molte  cortesie  dì  cui  tni  fu 
largo.  E  mi  è  caro  citar  qui  con  alTeituosa  reverenza  il  nome  del  cano' 
nUo  Robertson  autore  deilii  insigne  History  0/  the  Christian  Church, 
il  quale  mi  schiuse  con  amorevole  liberalità  la  biblioteca  della  cattedrale 
affidata  alle  sue  cure,  e  mi  aiutò  di  consigli  utilissimi  per  questo  e,  spero, 
per  futuri  lavori. 

(il  u  Agcbat  tunc  regìmen  supradicte  ecclesie  prioratus  Magister 
•I  Willelmus  Sellyng',  vìr  iti  nobilitale  vite  et  oplime  fame  vndiquc  re- 
a  spcrsus,  edam  vniversilalÌB  Bononien&is  ex  reputacione  onini  in  theo- 
a   logia  doctor  valde  preclarus,  eo  magis  famosus  quod  non   mmus  in 

■  greca  vi  latina  lingua  eilìterat  apprimc  eruditus  el  »alis  gnarus.  Ma- 
>   ncbai  lune  in  ofiicio  supprioris  Magister  Willelmus  Uadlegh  eiusdem 

■  rnivcrsitalis  in  theologia  doctor,  vir  in  sacra  conversacione  el  vite  relì- 
«  giosilate  valde  precipuus.  «  Dal  Registro  ms.  della  biblioteca  caniua- 
rtense  di  Chrisl-Church  R.  374. 

Il)  Di  Pietro  Millini  casi  faceva  menzione  in  una  lettera  d'affari  l'in- 
glese Riccardo  Billingham:  «  Advocatus  super,  ut  promisi,  subarravi, 
Joachirum  scilicel  et  Andrcam  de  Sancta  Cruce,  et  prò  procuratore  cepi 


r«? 


dsi  ji,  ^f-^ina  Wi  I.  tj^inBnii^ir*  ^^  Pirn  che  eoo* 
Ll  f  mthuf^m  yrnr^  reSgiebileo  colh 
Tir-Lsnnn  ii  Tsir"x>  3t:?inh:E3i  ^jcr»  gorai  «mi  ip- 
-r-.-sflL  jt  Ssl-^iir  5   wniijg  x  iTiiinr  ti  iivyc  dd  zaoosstero, 
«  .III  ^  ^-^  '  T>n-  il  *n-ft"mi  1  pTrra-ot:  à*  crprc  incora 
z  Tir^  n.  uiAiit  rEt3srx£  vsxarx^àa^  Ncflje  cose  del 
azrss.  Tsrz  ZiiTL  nniiEE.   t  rer  li  sbcIci  e5;xrìenza 
L-fin    J  siTime  zrrmaf  s  !ii  irai  d'ac-tn  kttento  e 
c:ixkiii  ri.  icniti  sncs:  Hnàfr^  f^csrSch:  dir^nsitìci  mas- 
:.iwLi.   t  -X  -tb:!  affi  rsdc:  ^rmz^3i  soieanL  Sullo 
mi  is.  i-fcii    naci:  n  iioi  ^  iring  ao  mori  intepenol- 
"jin  i.  rjn>yju»    e  Jiadoo  cbfmirìo  dd  mo- 
fTirrn  li  pniCzri  3C7i  pietose  e  revereati 


ULiivgi   delT  lazbiscerìi  di  coi 
B^roLTo;  e:  Jcicr-x»  — TrTi^Br^re  T ingresso  in  Roma  (2). 


Ì3r=^r=  Pì1'>:l  à-  ie"jrra.  S:3~tEr:r  eóam  wm  deesL  Scd  quid 
pryàssz  tsla  Lawrr  rr-:jf.  tììe  he  :;rfr=s  =>acisser=  perfecte  inscntaotur? 
E  io  gf»r  K.  'jzi  $cr. T*:ror  .-  iT^rTism  «I  Priore  dì  DorlMin  dice  di 
sé:  »...  :ì=:  —  i  ti-r.  . . .  sr:  nSsnzc^  Z'zIk  Dei  entra,  non  som  tliis 
e  rr:c-:*i::r. r.s  r-ir.— r_;  t  rt  ^ -;r.  &  bsbeo  apui  Sanaissimum 
r  D:~  -.«—  N;-rr-i-zi  r*:"::  ::*:-»  q:.:c  «::•  sini  teapore  opportuno 
e  adrisatjs.  T  "-.  Tz£  C-.-^i-^'.-^^cr^e .  :^ re^::.r:e< ,  account  roHs  and 
hnr  pr^::eii'Z'  zfz\s  P—z^-  zf  Czli  ".fKsm,  tra  le  pubblicazioni  della 

'i  D:-T:nj5  VS  .liil  —  js  Ssi'rrr  i:c::r.  rrior.  Obiit  die  XXIX.  Mensis 
Decembris.  .\-.r.o  d:>-r-:r:  :.:3.  Sacre  Theo'.ceie  doctor.  Hic  in  divinis 
agendis  na jltjm  jeuo! js  e:  '-.tz^i  ercca.  atque  latina  valde  eruditus,  nec 
non  regis  embissiaiDr  extiri:  ai  sun:mum  poniincem  ubi  orationem  fecit. 
Ac  cc.am  chrisiianissim?  ac  Victor: csissimo  Regi  francorum  niissus.  O 
quam  laudabiliier  se  habiiii  !  Opera  r-.er'io  laudanda  manifesto  declarant. » 
Dairobiiuario  di  Christ  Church.  Ms.  D.  12.  Alcune  parole  che  si  leg- 
gono in  quest:?  citazione  sono  siate  pubblicate  pr  ma  dal  signor  Sheppard. 
Op.  cii.  pag.  XLII.  \'edasi  anche  intorno  al  Seliyng  il  Wharto.v  il  quale 
neW Alalia  Sacra,  I,  143,  traendo  le  notizie  da  un  obituario  dove  sì 
parla  diffusamente  del  priore  di  Chris!  Church,  dice  ch'egli  andò  a  Roma 
cum  caeteris  oratoribus.  Rymer  ne  fa  menzione  a  proposilo  dei  negoziaci 
relativi  a  Carlo  Vili,  all'imperatore  Massimiliano  e  ad  Anna  dì  Bretagna, 
nei  quali  il  Sellyng  ebbe  parte.  Foedera  Voi.  XII. 

(2)  BuacHARDUs,  Diar,  ed.  cit.  p.  89  e  segg. 


TM' ambasciata  inglese  a  lipma         r8g 

Urano  incontro,  così  egli  racconta,  a  ricevere  gli  ora- 
entravano,  i  famigiiari  dei  cardinali  e  del  Papa,  e 
t  oratori  di  Spag.ia  e  di  Genova.  Poiclié  si  furono  incon- 
sti, procedettero  in  comitiva  primi  il  vescovo  di  Hereford 
Kquel  di  Durhitn,  cavalcando  alla  loro  destra  quattro  pre- 
Iti  di  Palazzo,  e  gli  oratori  di  S,)agiia  e  di  Genova  alla 
iOistra.  Venivano  ap^iresso  gli  altri  inglesi  secondo  l'ordine 
I,  ciaKU:io  tra  due  prelati  di  palazzo  soltanto,  poiché  altri 
^lori  d'altre  nazioni  non  erano  presenti.  Bjrc.trdo  adac- 
ladaco  secondo  il  suo  solilo,  regolò  U  processione  ed  è  cu- 
bso  a  leggere  ciò  che  egli  scrive  nel  diario  intorno  ai  cap- 
lUi  e  ai  cappucci  degli  ambasciatori  (i).  La  comitiva  ca- 
>  per  Ca.npo  di  Fiori  e  via  della  Grotta,  e  girando  6n 
;  l'ospizio  degh  Inglesi  presso  la  piazza  Farnese,  ivi  si 
[DÒ  ad  una  certa  casa  ove  doveva  essere  oiipitato  il  primo 
ntore.  Colà  giunti  i  prelati  e  gli  altri  personaggi  s'acco-^ 
iatarono  dai  dieci,  e  di  questi  quei  che  non  erano  ospi-> 
:  ia  quella  casa  sì  recarono  ciascuno  coi  suoi  servi  al- 
loggio suo. 

Pochi  giorni  appresso,  il  lunedi  14  maggio,  nel  mattino 
"fltl'ora  consueta,  si  tenne  pubblico  concistoro  ed  ti  Papa, 
ricevette  solennemente  gli  ambasciatori  del  Re  d'Inghilterra. 
Bjrcardo  ordinò  la  cerimonia  e  fece  accompagnar  gli  ora-, 
lori  alli  Camera  Apostolica  da  nove  prelati  di  Palazzo,  cin- 
<\at  dei  quali  erano  assistenti.  A  hanco  del  Millyng  andava 
l'arcivesco  Fiorentino,  e  dopo  di  lui  l'Arelaiense  che  con^ 
tese  a  quel  di  Cosenza  l'onore  di  accompagnare  lo  Sbcr-« 
wood.   Burcardo  aveva   prima   permesso  che  il  Cusentìno 


L_    (i)  ■  EpitcopuE  Here(brdrens[s  qui  religiosus  est  Ordinis  S.  Benedkli 

^K'tquìUvit  in  thadicIIo  de  camelotio  nigro  sine  capaccio,  et  capuccino, 

r%qut*  nullum  capuccium   habcbat,  quem  ipsum  cura  de   novo  venirci 

«  portare  non   permisi.   Habuìl  aulem   capullum   nigrum   in  capile    ut 

«  morii  esr.   Episcopi  Danelmsnsia  et  Lhmorensh  i]uia  iam  aniiqui   in 

«  Urbe  fuerunt.  equiiaruni  in  suis  mantelli^  longis,  et  cappucciis  irans^ 

nis  et  cappella  raorc  solilo.  Prior  Cantauriensia  in  mantello  nìgro 

^  CUm  cipuccio  parvo  et  capello  nigro.  n  Bubuurd,  loc.  cil. 


igo  V.  ^aliarli 

come  parente  del  Papa  accompagnasse  il  secondo  oratore, 
ma  si  oppose  il  vescovo  Aleriense  sostenendo  la  precedenza 
degli  assistenti  e  Burcardo  gli  die  ragione  (i).  Entrando  al 
concistoro  e  negli  altri  luoghi  dove  due  persone  non  pote- 
vano andare  insieme,  precedeva  l'arcivescovo  di  Firenze, 
seguiva  il  Millyng,  e  così  dopo  man  mano  nello  stesso  or- 
dine un  prela^to  e  un  oratore.  Giunti  al  cospetto  del  Papa 
e  prestato  il  consueto  omaggio,  Guglielmo  Priore  Cantua- 
dense  quinto  tra  gli  oratori  recitò  la  orazione,  dopo  la  quale 
furono  presentate  e  lette  al  Pontefice  le  lettere  e  il  man- 
dato regio. 

Francesco  Bacone  nella  mirabile  vita  che  scrisse  d' En- 
rico settimo,  stringe  cosi  in  breve  il  contenuto  della  ora- 
zione profferita  dal  Sellyng  :  e  A  quel  tempo  anche  mandò 
e  il  re  a  papa  Innocenzo  un  ambasciatore  che  gli  annun- 
e  ziasse  questo  suo  matrimonio,  e  ch'egli  ora  come  un  altro 
«  Enea  aveva  superato  il  mare  dei  suoi  primi  travagli  ed 
«  era  arrivato  sicuramente  al  porto.  E  ringraziando  Sua 
«  Santità  per  avere  onorata  la  cerimonia  nuziale  colla  pre- 
e  senza  di  un  ambasciatore,  offrivagli  insieme  la  persona 
e  sua  e  le  forze  del  Regno  in  ogni  occasione  per  fargli 
e  servigio.  L'ambasciatore  dicendo  al  Papa  la  sua  orazione 
e  in  presenza  dei  cardinali,  tanto  magnificò  il  Re  e  la  Re- 
«  gina,  da  saziar  gli  uditori.  Ma  poi  tanto  anche  innalzò 
«  e  deificò  il  Papa,  che  quinto  egli  aveva  detto  in  lode 
«  del  suo  signore  e  della  sua  signora  parve  temperato  e 
«  passabile.  Però  egli  fu  molto  onoratamente  accolto  e  te- 
ff nuto  in  gran  conto  dal  Papa,  il  quale  sentendosi  inerte 
e  e  di  niun  profitto  al  mondo  cristiano,  fu  contento  a  ma- 
c  raviglia  in  udire  che  tale  un'eco  suonava  di  lui  nelle 

(i)  a  Permiseram  autem  quod  archiepiscopus  Cusentinensis  affinis 
«  SS.  D.  N.  secundum  Oratorem  associaret,  sed  contradixit  episcopus 
«  Àleriensis  dicens  id  esse  officium  Assìstentium,  propterea  assistentes 
«  praecedere  debere,  et  alios  qui  ob  defectum  assistentium  venìssent, 
a  sequi,  prout  ec.  et  verum  dicebat.  Sic  post  Assistentes  supradictos  ha- 
«  buit  prìmum  locum  archiepiscopus  Cusentinensis.  »  Durch.  loc .  cit. 


'Vn* amèasàata  inglese  a  T^ma         igi 


«  pani  lontane  »  (i).  Pubblicando  Ìl  testo  della  orazione 
come  ce  lo  hi  lasciato  l'abbozzo  autografo  del  Sellyng,  mi 
t  parso  di  doverne  riassumere  il  contenuto  con  queste  pa- 
role del  Verulamio,  malgrado  qualche  inesattezza  nella  nar- 
razione e  una  certa  acerbità  di  giudizio.  Oltre  che  Palco 
intelletto  e  la  fama  immortale  di  lui  accrescono  peso  al 
suo  dire,  egli  è,  fino  al  Gairdner,  il  solo  storico  che  abbia 
toccato  di  questa  ambasciata  con  molta  e  sicura  conoscenza 
dei  documenti,  onde  le  sue  parole  hanno  autorità  quasi 
come  dì  lonte  originale.  Erra  Bacone  parlando  di  un  solo 
ambasciatore  in  luogo  dei  dieci  che  iLirono  mandati  da 
Enrico,  ed  è  nituralissimo  errore  perché  di  ciò  fa  menzione 
unicamente  Burcardo.  Ma  ciò  che  non  sapeva  Burcardo  e  più 
preme  alla  storia  vide  bene  Bacone,  e  seppe  dirci  lo  scopo 
vero  e  gli  edetti  dell'ambasceria.  Enrico  non  aveva  man- 
dato a  Roma  ì  suoi  oratori  per  una  cerimonia  soltanto.  I 
tempi  eran  torbidi  in  Inghilterra  e  la  pace  ancor  mal  si- 
cura. Le  commosse  ire  di  tanti  anni  non  ben  sedate  eran 
cagione  di  violenze  private  e  pubbliche,  ed  i  ribelli  sparsi 
pel  regno  numerosi  e  audaci,  movevano  frequenti  tentativi 
contro  l'autoritl  dì  Enrico.  Era  necessario  aver  mano  ferma, 
e,  quando  allettarli  era  vano,  toglier  loro  ogni  via  di  scampo 
o  speranza  d'asilo.  Ma  Ì  luoghi  sacri  eran  come  fortezze 
ai  ne.nici  del  nuovo  regno,  i  quali  rifugiali  in  santuario 
avevano  schermo  sicuro  e  non  temevano  le  forze  regie,  anzi 
affermavasi  che  dalle  case  sante  ove  erano  ricoverati,  taluni 
uscissero  di  notte  a  nuovi  delitti.  Ciò  cuoceva  ad  Enrico, 
ma  la  temperata  e  savia  natura  sua  non  era  tale  da  rove- 
sciare per  forza  l'ostacolo.  La  fermezza  insegna  prudenza, 
e  non  sarebbe  stato  buon  tentativo  pel  Re,  lo  entrar  vio- 
lento nelle  chiese  a  strascinar  via  dagli  altari  i  ribelli  ini- 

micandosi  a   Roma  il  Papa  e  in  Inghilterra  ìl  suo  clero. 

oche  in  questo  caso  l'autorità  d'Innocenzo  poteva  essergli 
nrtuna  e  gli  venne  saviamente  in  aiuto,  Narra  Bacone 


(ij  BucosE,  Henry  VII,  edÌ2.  cìt.  pag.  67. 


192  "O.  ^Baliani 

appresso  alle  parole  che  abbiamo  rìEerito,  come  l'ambascia-, 
tore  ottenesse  dii  pontefice  e  una  molto  giusta  e  onorevole 
e  bolla  che  modificavi  i  privilegi  di  santuario  i  quali  pun- 
c  gevano  forte  il  re  >  (i).  Non  mi  è  noto  né  saprei  affer- 
mare se  Bicone  vedesse  altri  documenti  oltre  quelli  di  cai 
qui  si  fa  menzione,  ma  sembra  a  me  ch'essi  bastino  soli  a 
farne  certi  sulle  sue  parole,  e  che  veramente  gli  oratori  d' En- 
rico ebbero  incarico  d'impetrar  di  Innocenzo  un  limite  al 
diritto  d'asilo.  Innocenz3  diede  la  concessione  tre  mesi  ap- 
pena dopo  l'ingresso  degli  Oratori  inglesi  a  Roma,  e  l'ori- 
ginale della  bolla  è  conservato  nello  stesso  manoscritto 
miscellaneo  che  contiene  l'abbozzo  della  orazione  del  Sel- 
lyng.  Questa  vicinanza  singolare  degli  originali  di  questi 
due  documenti,  mi  par  che  mostri  essere  indubbiamente 
relazione  tra  loro,  e  gli  Oratori  d'Enrico  aver  trattato  per 
ottenere  dal  Papa  la  bolla.  Né  ciò  basta.  Un  altro  docu-; 
mento  offre  intorno  a  questo  argomento  la  testimonianza 
indiretta  dello  stesso  Pontefice.  Innocenzo  nelle  Bolle  pre- 
cede;iti  delle  quali  abbiamo  parlato,  lanciando  scomunics^ 
a  chiunque  (2)  osasse  macchinar  contro  la  sovranità  di 
Enrico,  ne  aveva  riservata  alla  sede  apostolica  l'assolu- 
zione. Il  Re  alieno  da  soverchi  rigori,  era  desideroso  di 
avere  in  mano  il  diritto  d'assolvere  i  suoi  nemici  per  at- 
tirarli a  sé  blandamente  quando  era  possibile.  Perciò  chiese 
ed  ottenne  la  bolla  Clementia  lapsis  per  la  quale  al  fa- 
moso Merton  arcivescovo  Cantuariense  e  gran  Cancelliere 
del  Regno,  era  commessa  la  cura  di  assolvere  quei  ribelli 
che  pentiti  giurassero  di  volere  serbar  fede  ad  Enrico.  Q.ue- 

(i)  tt  He  obtained  also  of  the  Pope  a  very  just  and  honourable  Bull 
a  qualifying  the  privileges  of  sanctuary  wherewith  the  King  had  been 
a  extremely  galled.  »  Bacone,  Ioc.  cit.  La  bolla  è  pubblicata  in  Wilkins 
Concilia  Magnae  Britanniae  et  Hìber  dae,  HI,  621.  È  data  da  Roma 
il  6  agosto  1487,  comincia  colle  parole:  u  Romcmum  decet  Pontificem 
e  modera  notevolmente  il  diritto  d'asilo. 

(2)  tt  Etiamsi  ducali  aut  maiori  dignitate  praefulgeret.  Bolla  Cle- 
mentia lapsis,  ap.  Ryker,  Foedera,  XI1|  324. 


•asciata  inglese  a  Roma 


igj 


I  bolla  fa  data  il  6  agosto  14S7  a  un  tempo  coli' altra,  cosi 
me  per  l'argomento,  della  quale  parla  Bacone,  e  fu  tra- 
tritta  accanto  a  questa  nel  prezioso  Registro  del  Cardinal 
IDrton  che  si  conserva  manoscritto  nella  biblioteca  arci- 
icovile  di  Lambeth.  Ora  in  essa  bolla  si  contengono  due 
i  molto  notevoli  perciié  in  una  di  esse  dice  il  Pcniefìce: 
t^l'cuf  pre/atus  Rex  nobis  nuper  exponifecìt,  •>  e  nell'altra  : 
mpro  parie  eiusdem  Rsgis  nobis  fuit  httmililer  supplicatus,  ■ 
lljDestc  frasi  a  me  sembrano  vincere  ogni  dubbiezza  intorno 
ttllo  scrjpo  dell'ambasceria.  Del  sicuro  nessuno  poteva  aver 
pure  allora  esposte  le  ragioni  e  i  desideri  del  Re,  fuorché 
gli  Oratori  inviati  da  lui,  e  di  ciò  la  certezza  s'aumenti 
pensando  che  gli  ordinari  procuratori,  lo  Sherwood,  lo 
Spaldyng  e,  con'io  credo,  il  Dunmowe  erano  anch'essi  tra 
i  dieci  Oratori  d'Enrico, 

La  durata  della  costoro  dimora  in  Roma  non  può  af- 
fermarsi con  sicurezza.  Un  privilegio  concesso  dal  Papa  al 
Priore  di  Canterbury  pel  suo  monasiero  (i),  induce  a  cre- 
dere ch'eisi  verso  la  metà  del  giugno  non  fossero  ancora 
partiti,  e,  per  le  cose  discorse  par  più  che  probabile  aver 
essi  aspettato  dì  tornare  in  patria  recando  la  bolla  che  mo- 
derava i  diritti  di  santuario.  Per  fermo,  erano  in  Roma 
quando  Ercole  d'Este  vi  giunse  (22  maggio  1437),  e  Del- 
l'andarlo  a  incontrare  fuori  Porta  del  Popolo  di;putarono 
la  precedenza  agli  oratori  spagnuoli,  talché  ne  nacque  un 
episodio  assai  singolare  narrato  cosi  dal  Burcardo  :  «  li  mar- 


[tK*»"*' 


(1)  È  un  rMcrìiio  papale  relativo  alla  difeia  del  Monaitero  di  Chritt 
da:  ■  Supplicans  humiliter  S.  V.  devoti  illius  oralorea 

■  Willielmu»  Selyng  modernus  prior,  ad  S.  V.  per  deuolissimura  eiusdem 

■  et  sancic  Romane  ecclesie  Slium  Kenricum  sepiimum  Anglie   Rcgcm 

■  Ulustrem,  prò  prestanda  5.   V.  et   aedi  apostoUce  debita   obedientia 

■  oraior  dcslinaius.  el  capìiulum  ecclesie  cantuariensis.  n  L-a  domanda 
k  di  mano  dtl  Sellyng.  e  in  calce  ad  essa  si  leggono  le  parole  aulografe 
di  papa  Innocenzo:  Fial  I. .  .  Dalum  Rome  apud  sanctum  petrum.  Pridie 
Idut  Junii,  Anna  Tercio.  Questa  documento  inedito  non  mollo  ìmpor- 

:onservB  nella  Biblioteca  della  cattedrale  di  Canterbury. 
Àrchirio  della  SocUlà  romana  di  Storia  pilHa.  Val.  tll.  1.1 


194  '^-  V^t^am 

tedi  22  maggio  Terso  le  Tentan  ore,  il  predetto  illustrìs- 
simo Duca  eatrò  per  Poate  Molle  e  la  Porta  di  Sana 
Miria  del  Popolo.  Gli  andarono  incontro  per  mezzo  mi- 
glio di  là  dal  ponte,  il  Senatore  coi  conservatori  e  tutti 

gli  altri  ufficiali  e  cinadini  romani Tra  1  ponte  e 

la  porta  predetta,  il  Djca  fu  ricevuto  secondo  l'usanza, 
dalle  famiglie  dei  Cardinali  e  dagli  oratori  dei  Re  d'In- 
ghilterra, Spagna,  Napoli,  Ungneria,  Scozia  e  Boemia, 
e  degli  altri  Principati,  che  allora  trovavansi  in  Roma, 
e  d'essi  alcuni  in  latino  altri  in  volgare  fecero  l'omaggio 
loro.  A  ciascuno  rispose  italianamente  il  Duca  con  q  jcste 
parole:  Gran  mercé  a  Monsignor  mio  Reverendissimo, 
E  perché  era  grande  contesa  tra  i  vescovi  Herefordiense, 
Dunelmense  e  Lismorense  da  un  lato,  e  il  Protonotario 
di  Medina  dall'altro  intorno  alla  precedenza,  la  Santità 
di  Nostro  Signore  mandò  che  oggi  pel  ricevimento  del 
Duca  venissero  i  vescovi  e  non  il  Protonotario,  ne' ve- 
spri poi  venisse  il  Protonotario  e  non  i  vescovi  ;  il  dì 
dell'Ascensione  i  vescovi  e  non  il  Protonotario,  e  così  di 
segjìto  veaendo  l'uno  rimanesse  l'altro  fuori  della  Cap- 
pella. Di  che  i  predetti  vescovi  cogli  altri  colleghi  loro 
accolsero  com'era  costume  il  Duca.  Appresso  ai  quali  il 
conte  di  Tondilia  e  il  Protonotario  di  Medina  predetto 
sopravvennero  con  oltre  cento  fanti  armati  a  ricevere  il 
Duca  nel  nome  regio,  alla  qual  vista  i  vescovi  per  evitare 
uno  scandalo  tornarono  indietro  »  (i). 
Con  questo  episodio  han  termine  le  notizie  che  ho  po- 
tuto trovare  intorno  a  questa  ambasceria  inviata  a  Roma  da- 
Enrico  VII  (2).  Le  quali  se  in  queste  pagine  si  sono  scostata 


(i)  BuRCHARD.  Diar.  pag.  90.  Il  Muratori  dice  che  il  duca  fu  incon- 
trato a . . .  dagli  ambasciadori  della  Lega,  dei  re  di  Scozia,  di  Polonia, 
a  di  Boemia,  d'Ungheria,  d* Inghilterra,  di  Spagna  e  di  Francia  (con 
a  quest'ordine  annoverati  nelle  lettere  scritte  da  lui  alla  Duchessa).  » 
Antichità  Estensi  II,  253.  Se  l'ordine  seguito  nella  lettera  del  Duca  non 
è  casuale,  potrebbe  indicare  che  veramente  la  precedenza  era  degli  Inglesi. 

(2)  Nei   Writs  under  the  priory  seal  {Michaelmas  Terni  i486)  tra 
le  varie  spese  è  notato:  a  To  William  prior  of  Christ  Church,  Con- 


"Vr^  ambasciata  inglese  a  *Rpma         igS 

1  storia  locale  dì  Roma  alquanta  più  che  non  comporte- 
ibbe  la  natura  de!  nostro  Archivio,  io  spero  che  ciò  mi  sarà 
fardonaio  da  chi  pensi  la  storia  nostra  così  essere  intrec- 
iata  con  quella  degli  altri  paesi,  che  di  necessità  bisogna 
\  tacerne  molti  episodi  o  allargarsi  nella  narrazione  oltre 
k  cinta  delle  nostre  mura.  Delle  relazioni  frequenti  che  En- 
I  ebbe  con   Roma  negli  anni  posteriori  del  suo  regno 
I  accade  parlare  in  questo  luogo,   perché  damandereb- 
\  più  lungo  e  vasto  discorso  e  a&sal  divergo  da  que- 
b  (i).  Certo  io  stimerei  gran  ventura  se  questo  scritto  pre- 
pte  invitasse  alcuno  a  studiare  quali  iiitluenze  avesse  in 
ghilierra  la  civihà  italiana  durante  il  regno  d'Enrico  set- 
,  e  quali  inaspettati  germi  se  ne  fecondassero.   E  più 
nbbe  desiderabile  uno  studio  lungo  e  completo  delle  rela- 
mi  tra  Inghilterra  e  Roma  per  tutto  il  medio  evo  lino  alla 
nforma.  La  Provvidenza  assegnando  facoltà  e  attitudini 
rie  ai  popoli,  allarga  diversamente  la  cerchia  dei  loro 
stini  e  della  loro  storia.  Per  ciò  è  necessità  a  noi  più  che 
a  tutti  andar  cercando  fuori  molti  fili  dei  quali  s'intesse 
lo  stame  della  nostra  vita  passala,  a  quel  modo  che,  ce  io 
concedano  i  dotti  stranieri  i  quali  hanno  scritto  di  Roma, 
t  necessità  ricordar  sempre  come  la  storia  del  pensiero  me- 
dievale tutta  s'incentri  nella  città  eterna. 
^^_  Ugo  Balzanu 


•  terbury,  far  hit  expenses  to  Rome  iili  li.  ■  e  più  salto  si  legge  un 
mandalo  agli  ufficiali  dello  Scacchiere  che  levino  sui  collettori  ài  certa 
decima  una  laglia  di  cento  marchi  per  darla  t  Tommaso  vescovo  di 
Hereford  ■  by  uray  ofrevard  ton/ards  bis  cliarge,  cast  and  expenses  in 
m  going  on  Olir  ambassiat  lo  our  koly  fadre  the  pope  for  ccrtaine  ma- 

•  tieri  eoncerning  the  wele  of  us  and  of  our  roy."  ».  Campbeu.,  op. 

I.  n.  85. 

[  {li  Solo  mi  prendo  licenza  di  pubblicare  senza  commenti  un  docu- 
(nto  relativo  ad  un  parente  d'Innocenzo  Vili,  parendomi  che  posa* 
■  certi  importanza  per  la  Moria  particolare  della  famiglia  Cjrbo. 


196  V.  "Baliani 


DOCUMENTI 


I 


Abbozzo  della  Orazione  recitata  da  Guglielmo 
Sellyng  ad  Innocenzo  Vili.  An.   1487. 

Il  documento  che  qui  si  pubblica ,  contiene  V  abbozzo 
della  orazione  recitata  al  pontefice  Innocenzo  Vili  da  Gu- 
glielmo Sellyng  priore  di  Christ  Church  a  Canterbury.  Di 
tale  orazione  si  è  parlato  nelle  pagine  che  precedono,  e 
parmi  che  giovi  confrontare  questo  documento  colle  parole 
che  ho  riferite  di  Francesco  Bacone  risalendo  così  alla  loro 
fonte.  Lo  Spedding  il  quale  pubblicò  l'ultima  e  la  migliore 
edizione  delle  opere  complete  del  Verulamio,  annotando  la 
Vita  d'Enrico  settimo  atferma  con  verità  ma  senza  sover- 
chio dimostrare,  che  Bacone  nel  comporre  quel  libro  attinse 
a  fonti  più  recondite  delle  comuni.  E  ciò  è  vero,  ma  se  lo 
Spedding  invece  di  contentarsi  a  citare  questa  orazione,  avesse 
stimato  opportuno  il  decifrarla,  forse  avrebbe  trovato  in  essa 
una  prova  desiderabile  e  chiara  di  quanto  asserisce.  Anche 
mi  sembra  che  questo  documento,  pur  così  monco  e  mal- 
grado la  prona  servilità  che  lo  informa,  aiuti  molto  a  ve- 
dere come  l'opera  d'Innocenzo  a  prò  d'Enrico  fosse  stata 
pronta  ed  efficace,  la  quale  cosa  pare  essersi  mostrata  poco 
alla  mente  di  Bacone.  Ma  tutto  ciò  ho  già  tentato  di  far 
chiaro  come  sapevo,  e  non  serve  tenerne  discorso  piti  oltre. 

Il  codice  Cottoniano  Cleopatra  E.  III.  da  cui  traggo  que- 
sto documento,  è  il  terzo  volume  di  una  raccolta  di  docu- 
menti in  gran  parte  originali  che  si  riferiscono  alla  storia 


Vn'  ambasciata  inglese  a  T(pma         197 


della  Chiesa  Inglese  fino  al  regno  di  Giacomo  II.  Tutti 
questi  documenti  sono  minutamente  indicati  e  descritti  nel 
catalogo  dei  manoscritti  Cottoniani  (i).  U abbozzo  autografo 
dell'orazione  del  Seliyng  comincia  al  foglio  i23  del  volume, 
ed  è  indicato  nel  catalogo  colle  parole  che  l'autore  stesso 
premise  al  suo  scritto:  «  Capita  orationis  legati  R.  Henrici 
ad  Papam  post  matrimonium  cum  Elisabetha  filia  Ed' 
wardi  IV.  i486  >  (2).  La  natura  del  documento  esclude 
da  sé  ogni  dubbio  sulla  autografia  di  esso,  la  quale  del 
resto  è  affermata  dal  signor  Sheppard  pratico  per  lungo  uso 
della  scrittura  del  Seliyng  (3),  ed  è  patente  a  chi  ha  potuto 
paragonar  l'orazione  cogli  altri  autografi  che  si  conservano 
nella  Biblioteca  della  Cattedrale  di  Canterbury.  Inoltre 
tutto  ciò  è  confermato  dalla  certezza  che  il  Seliyng  è  l'au- 
tore di  questo  scritto,  e  da  queste  parole  che  si  leggono  in 

esso  :  « et  quandam  orationem  quam  ego  W.  Sely  com- 

posui  Oxonie  sub  Stephano ....  »  (4).  Precedono  nel  codice 
alla  orazione  altri  due  abbozzi  di  mano  del  Seliyng,  dei  quali 
il  primo  contiene  una  :  «  Oratiuncula  ordinata  ut  diceretur 
in  convocatione  cleri  ^  die  ig  aprilis  148 3,  prò  Edipardo  F, 
non  tamen  est  dieta  hoc  tempore  »,  e  il  secondo:  «  Prò' 
positiones  in  convocatione  cleri  circa  tempora  Ricardi  III 
vel  Henrici  VII,  documenti  entrambi,  da  quanto  io  so  giu- 
dicare, di  pochissima  importanza  storica  e  per  noi  di  nes* 
suna.  Immediatamente  dopo  l'orazione  al  Papa,  segue  nel 
codice  la  bolla  originale  d'Innocenzo,  Romahum  decet  Fon- 
tificemy  destinata  come  s'è  detto  a  moderare  il  diritto  d'asilo 
nelle  chiese  d'Inghilterra. 

Il  documento  è  tutto  inedito  salvo  tre  0  quattro  linee 

(i)  ^  catalogue  of  the  Manuscripts  in  the  Cottonian  Litrary  de* 
posited  in  the  British  Museum.  Londra,  1802. 

(2)  Questa  data  par  che  si  riferisca  al  matrimonio.  L'orazione  es- 
sendo stata  recitata  nel  maggio  1487,  non  è  probabile  che  fosse  abboz- 
zata tanto  tempo  innanzi. 

(3)  Sheppard,  Chr,  Church  Letters,  p.  XLIL 

(4)  Vedasi  a  pag.  202  nota  (i). 


198  V.  "Balcani 


date  in  luce  dal  signor  Gairdner  (i).  Nel  pubblicare  questo 
documento  io  mi  son  tenuto  fedele  al  testo,  cercando  con  di- 
ligenza di  decifrare  la  cattiva  scrittura  del  Sellyng  resa  peg- 
giore dalle  continue  cancellature.  Le  frequenti  interpunzioni 
che  si  vedranno  qui  sotto,  sono  poste  a  segnare  le  lacune 
talora  di  linee,  talora  d'intere  pagine  lasciate  bianche,  le 
quali  staccano  un  dall'altro  i  passi  di  questo  abbozzo  di 
componimento  oratorio.  Trattandosi  poi  di  un  documento 
non  molto  antico  e  d'importanza  secondaria,  io  mi  son 
presa  licenza  di  omettere  qua  e  là  alcune  parole,  scritte  e 
poi  non  cancellate  dal  Sellyng,  le  quali  non  avendo  valore 
o  significato  nessuno,  parevami  che  sarebbero  per  riuscire 
d'ingombro  nel  testo.  Spero  che  non  sia  troppo  grave  li- 
cenza, e  intanto  confido  che  da  parecchie  frasi  lasciate  ve- 
drà il  lettore  quanto  io  sia  stato  parco  in  queste  omissioni. 


Capita  orationìs  Legati  Regis  Henrici  VII  ad  Pa- 
pam  post  matrimonium  cum  Elizabetha  filia 
Edwardi  IV.  i486. 

Cum  animaduertOy  beatissime  maxime  pontif ex y  me  apud 
inclitos  pedes  sanctitatis  tue  constitutum,  que  sanctitas  tuas 
inter  mortales  dei  omnipotentis  vicem  gerit,  coram  hoc  sa- 
cratissimo  senatu  ad  q\iem  illustrissima  tocius  mundi  sidera 
atque  omni  doctrina  et  sanctitate  lectissimi  conuenerunt,  non 
iniuria  equidem  in  tanta  rei  magnitudine  subsistens,  unde 
inicium  orationis  sumam  ?  Quibus  verbis  te  vnicum  christia- 
norum  principem^  te  regem  regum,  atque  in  terris  te  quasi 
alter  deum  adorem,  non  facile  constituere  possum. 

Hec  enim  tanti  muniminis  presentiay  hic  tam  celsus  au- 
dientium  cetuSy  eruditissimum  quoddam  elegansque  dicendi 
genus  expauit,  cum  me  et  ingenio  et  eloquentia  longe  zm^ 

(i)  Gairdner,  Letters,  I.  421. 


"Vn^  ambasciata  inglese  a  T(gma         199 


parem  esse  cognosco.  Quote  tacendum  existimarem  ne  tanta 
prouincia  aggrederer:  in  qua  ipsius  etiam  ciceronis,  demosthe- 
nis  uel  hortensij  robur  exsuaderet,  nisi  admirabilis  tue  sancti- 
tatis  clementia  collapsas  ingenti  vires  et  succumbentes  hu- 
meros  subleuarent,  que  cum  omnibus  ad  se  integra  mente 
conuersis  incredibili  benignitate  patere  non  desinata  michi 
quoque  (ut  confido)  consuete  mansuetudinis  aditum  non  pre- 
cludet. 

Te  namque,  beatissime  pater y  non  sine  ratione  beatissimum 
appellamus,  quum  admiranda  probitate  omniumque  virtutum 

merita,  incorrupta  vite  integritas ad  hanc  eminen- 

tissimam  sedem  iure  optimo  extulerunt  Quis  enim  dignius 
in  ea  potuit  collocar i  quam  ille  quem  a  primis  annis  celestem 
in  terris  vitam  semper  e  gisse  constai?  Qui  prò  Christiana 
religione  per  innumeros  casuSy  per  varia  itinera,  per  di" 
uersas  mundi  prouinciaSj  omnem  etatem  in  maximis  labo* 
ribus,  in  omni  rerum  difficultate  contriuit.  In  cuius  pectore 
omnes  liberales  artes,  omnes  scientie,  et  prestantissima  in 
primis  sacrarum  litterarum  doctrina,  patrios,  ut  ita  dixerim, 
penates  sibi  a  tenera  eius  etate  consecrarunt 

Qua  in  rCy  et  si  timor  in  presens  mee  mentis  et  animi 
lumen  contexerint  tenebrisi  cum  tamen  animaduerto,  beate 
maxime  pontifex,  sanctitatts  tue  patemitatem  suauius  longe 
genitore  carnali y  paterno  fauore  suscipere  singula  que  a  suis 
Jiliis  aliquando  in  luce  prodierunt,  fretus  hacpietate  (i)  tua, 
et  humilitate  ac  benignitate  omnium  horum  Reverendissimo- 
rum  dominorum,  omniumque  astantium,  perorando  et  nostre 
nunc  legationis  causam  breviter  sic  expediam. 

Christianissimus  et  inuictissimus  rex  noster^  rex  inquam 
Anglie  et /rancie,  princeps  Wallie(2)  et  dominus  hibernie,  ab 
inf ancia  usque  in  hanc  suam  virilem  etatem,  quassatus flucti- 
bus,  multumque  laboribus  agitatus,  veluti  alter  eneas,  exposi- 

(i)  Nel  testo,  sopra  la  parola  pietate,  si  legge  l'aggiunta  interlineare: 
vsitatissima ,  consuetissima. 

(2)  Le  parole  princeps  Wallie  sono  cancellate  nel  testo. 


200  V.  'Ballami 


\  . 
l 


* 


I 


tusout  fififiiHifrif  pcricuits   d'wiuf  mwt  £Immi  cjcìomwi  i 
vid^iicd  ii^ihidfchn  fere  tìao&orum^  fjìttMr  <^'frffi}  annii 
Cium  et  ultra  opòuomem  homumtm^  m  tam  hremi  ^adc 
jfl  et  faustissimo  rei  beUice  euentu^  {tpvirmtissimMm  et  pota 

mum  britannie  regemij  vbi  dbi  et  suis  hereJibus  cptùguit  i 
suum  regnuwiy  piausu  et  singuhrum  roto,  sumumoqu 
triumpho  eiectus^  vnctus  et  coronatus^  regium  sceptrun 
perauity  regni gubemacula sucepit  (i\  Atque  utommium 
rum  ciuilium  suspicio  in  posterum  cessaret^  factìonesf 
nium  ma'orum  Jrangerentwr^  et  utpopulus  varius  et  iun 
I  q  diete  uiueret^  utque  duplex  successionis  ad  regnum  tituh 

que  inter  se  conflictans  et  decertsns  genus  in  unum  tanù 

duceretur  genus^  rogatus  ab  uniuersis  patribus  regn 

strissimam^  pudicissimamque  et  probissimam  dominam 

bet  Edoardi  4.  regis  nuperrime  Anglie  progenitaan^  in 

I  gem  ducere  non  est  dedignatus^  quamquam  fune  cum 

I  aliquo  rege  uel  principe^  maximam  cum  coniuge  doten 

\  amicitiam  sibi  et  suo  regno  comparare  potuissety  ut  ceri 

t  saius  patrie  y  bellorum  ciuilium  extinctory  virtutis  spi 

I  et  morum  exemplum  cunctìs  princ^ibus  viàeatur,  Huiu 

t  forma  pudicitLjqie  tanta  esty  vt  ncque  lucretia  ncque 

ipsa  vel  speciosior  ve/  casta  magis  fuerat  vnquam. 
deinde  est  et  virtus  oc  morum  elegantiay  ut.  certe  nutu  q 
diuinOy  ab  ipsa  sua  natiuitate  ad  hec  usq  le  tempora,  sibi  e 
et  regni  reseruata  esse  viJeatur. 

Possumus  eqtidem  omnes  attestare  '2),  Regem  at»^ 
ginam  huiusmodi  nobis  esse,  ut  nullus  or  bis  prmcipa 
in  laide  nobis  (3   aut  nos saltem  superare  ualeat^  et  hec 

Ìnumine  tuoque  opituLmte  suffragio^  sanctissime  pater^j 
non  JubitoinuSy  vna  cum  Consilio  et  auxUio  huius  sane 
cetus  *  qui  optatu  m  legatum ,  veluli  alter um  raphaelem  an 


j  v*^  '^  uur^!:>c^:  £*f  ea  tempestjtte  jduener^t  qua  ttniversam 

*  ^'isX»**!  s*As  •\iv*  it  Sf^vUutt^m  re*  e  r^actjm,  quam  feUcissime  li 


'On' ambasciata  inglese  a  Tìpma         201 


t  et  dei  nuncium,  ad  eorum  nupcias  cekbrandas  gratis- 

•  misil.  Insuper  et  eo  tempore  quo aliquorum 

tttdutentissiinis  machinationibus  in  tanto  dei/ormi  principe 

>  maximoque  periculo  laborasse  videbatur,  a  vobis  ac- 

fimus  gratìssimas  bulas  dispensaciotium  et  omnium.  .  .  . 

ì  quibus  etsi  non  quas  debemus,  quas  possumus  tamen  ha- 

t  gratias 

(O- 

j  hanc  sacratissimam  sedem  catìioticam ,  caput  nostre  et 
Wtinam  Christiane  relìgionis,  leque  patrein  in  cathedra  pctri 
Ktem,  cum  sacro  Itoc  cetu  dominorum  cardinalium  vene- 
,  colere  et  obedire  tenemur,  qua  qui  libi  resistit  ordina- 
li dei  resistil,  et  voce  prophetica  de  tua  sanctitate  omnes. . , . 
ritate:  «  adorabunt  eum  omnes  reges  terre,  omnesque  gcn- 
t  seruient  ei.  n 

Non  libentius  Theodosiiis,  non  Constantinus,  aul  alii  aliqui 
\cipes  hoc  nostro  strenuissimo  rege  colla  subicierunt ,  qui  et 

tuie  de  tam  sublimi  solio,  de  tam  tuoque  excellenti  mu- 
ire,  promptissime  recognoscit  se  non  debere  efferri,  non  tu- 
Uscere,  non  superbire,  sed  quod  sibi  datum  est  solo  diuino 
mumre  et  tua  abundanti  gratta,  et  ad  introitum  et  ad  con- 
seruatiomm 

ÉEt  quanto  malori  est  honore  sublimatus ,  tanto  se  fatetur 
milius  gerere,  subicere  collum  religioni,  interesse  diuinls 
O^ciis.  Nain  cui  diuinus  cultus  est  cordi,  reliqua  facile  fa- 
mulantur.  linde  et  scriptura  dicil:  «  primiim  queriie  regnum 
dei  et  post  hec  omnia  adikientur  uobis.  » 

Romani  quantumvls  gentiles  erant,  omnia  tamen  post  re- 

tigionem  duxerunt 

In  quibus  etiam  sacre  maiestatis  decus  conspici  uoluerunt, 
nec  dubitauerunl  sacris  imperia  seruire 

(0  A  margine:  Et  ne  ingrati  et  tanti  a  nobis  impensi  tenefilii  im~ 
tmores  atiquanda  videamur. 


202  V.  ballarli 


Ita  se  humanarum  rerum  futura  regimen  existimantiay  si 
diuine  potertele  bene  oc  constanter  fuissent  famulata{i).    . 

Quid  itaque  christianos  dei  noticiam  habentes  facere  de- 
bebuntf  continue  serenissimus  rex  noster  meditata  et  sepius 
secum  familiaribus  ait:  «  Cauebo  ne  mihi  religionem  putem 
esse  subiectaniy  quamvis  magni principis  nomine  gaudeam.  » 

«  Non  dominus  sed  filius  ecclesie^  sacerdotisque  imperio 
in  hiis  que  dei  sunt  subiectus  sum.  »  (Theodosius  Caesar  etc 
ut  folio  precedenti). 

Tu  inquam,  dignissime,  militantis  ecclesie  es  caput,  que  non 
sine  ratione  ad  triumphantis  exemplar  dicitur  ordinata,  Nam 
ut  in  illa  unus  deus  creator  omnium  sceptrum  tenet,  ita  et 
in  hoc  tibi  vni  tantum  dei  vicario y  tocius  orbis  imperium  de- 
legatum  esse  constai .  Vt  enim  sancta  fatetur  ecclesia ,  con- 
stituit  dominus  pontificem  super  gentes  et  regna  ^  vt  evelletj 
dissipet  etplantet. 

Quamquam  igitur  non  ignorem  complures  hoc  in  dubium 
reuocare  :  disserentes  solum  spiritualium  curam  summo pon- 
tifici datam  esse,  terrestre  autem  imperium  Romano  datum 
imperio  affirmantes.  Quid  aliud  credendum  est  christum  si^ 
gnificare  voluisse,  dum  ad  se  petrum  solum  supra,  .  .  . 
vocauit,  dum  ei  supremam  ligandi  atque  soluendi  facultatem, 
concessiti  dum  sibi  carissime  gregis  curam  demandauit,  vnum, 
certe  principe m  in  terris  constituere  voluit,  qui  summi  dei 
vice  acpotestate  inter  homines  funger etur,  atque  una  vera  sa- 
pientia,  vera  fideSy  ad  reliquum  genus  humanum  perveni- 
ret(2).  Consistit  autem  in  hoc  vno  Christiane  fidei  sacramene 
tum,  cui  scilicet  dominus  dixit:  «  Ego  autem  rogauipro  te  vt 
non  defkiat  fides  tua,  et  tu  aliquando  conversus  confirma  fra-- 
tres  tuos.  »   Tuam  igitur  sanctitatem  tamquam  domini  nostri 


(i)  Nota  prò  historiis  si  hic  placet  addendis,  tabulam  Valeri!  maximi 

de  dìctis  et  factis et  quandam  orationem  quam  ego  W. 

Sel(Iyng)  composui  oxonie  sub  stephano 

(2)  A  margine:  Vide  orationem  compositam  ante exilium,  et  aliam  ora- 
tionem in  reditu,  et  orationem  pape  pii  cantra  turcum. 


tìn'  ambasciata  inglese  a  %oma         2o3 

■■euiR  tenentem  in  terris,  ac  magistrum  et  ducerti  vnìversalis 
^Ktclesie  recognoscimus  omnes. 

^^f    Te  certuni  et  indubitattim  beati  petri  successorem, 
Te  pastorem  dominici  gregis, 

Te  denique  clavigerum  regni  celestis  profitetur,  et  suo  no- 
stroque  omnium  nomine  profitemur. 

Quo  jìl,  beatissime  pater,  ut  mihi  quidem  letissimam  om- 
nium hodiernam  diem  iUuxisse  sentio,  in  qua  diuinìtus  datum 
^ejf,  et  tantum  et  tam  prcstans  numen  inlueri,  colere,  et  saltem 
^^^Uegra  mente  ac  vera  fide  venerari  (i) 

■  ;:;;;::::::::;:::::: 

^^1    Cum  enim    Sanclitatem   Tuam  inter  hos  felicisstmos  et 
^KgUstibus  persimiles  astancium  ordines,  principes  populorum 

^^fibi  conversos,  quasi  cum  dco  ab (2)  in  hac  sublimi  sede 

apostolica  coUocatam  suspìcio,  nihil  aliud profeclo  quam  su- 
pernam  ìltam  in  terris  maieslatem  videor  admirari    .    .    . 

RVos  sedi  iusti  iudices,  vos  vera  mundi  lumina. 
Progenitores  etiam  illustrissimi  filli  tui  serenissimi  regis 
anglie  et /rancie,  hibernie  et  Watlie  qui  prejuerunt,  buius 
diuinissime  sedis  precipui  semper  amaCores  et  cultores  fue- 
runt 

»Testis  est 
£orundem  progenitorum  suorum  vestigiis  herendo,  aut 
prò  suis  viribus  praeundo.  Te  eterne  vilae  clavigerum  summa 
(quoad  vixerìt)  reverentia  prosequetur 

tCumque  omnes  homines  deo  referre  gralias  deheant,  se- 
lissimus  itle  rex  nosler  se  maxime  regraciari  et  seruìre 
tre  profitetur,  cuius  munere  factum  est  vt  nunc  tam  po- 
li) A  mirgine:  quamquam  etate ..  .et  per  tam  acerrima,  et  per  tot 
I  et  cacun 
il)  intubile  Del  II 


204  "V.  ^aliani 


tentìssimus  et  opulentissimus  rex  sii.  Fatetur  enim  htscru^ 
tabili  dei  iudicio  se  in  tam  sublimi  solio  collocatum^  seque  tua 
singulari  et  admiranda  prudentia  in  eodem  confirmatum  exi- 
stimai  (i),  dum  primo  tue  apostolice  sedis  legatum  veluti  an- 

gelum  dei  et  pacis  nuncium 

deinc  ipsis  a  te  missis  apostolicis  despensacionibus ,    .     .    . 

Atque  eo  tempore  quo  aliquorumfraudulentissimis  machi" 
nationibus  regnum  anglie  cum  ipso  deiformi  principe  nostro 
incauto  maximoque  periculo  laborasse  videbatur    .... 

De  commendatione  regine  anglie 

quomodo  duo  rosarum  gratia,  rubre  namque  et  albe,     .    . 


i.*"  Theodosius  Cesar  quamvis  potentissimus  esset  et  ro» 
manum  gubernaret  imperium.  Ambrosio  tamen  mediolanen" 
sis  ecclesie  presulatum  tenenti^  colla  subiecity  imperatam  sibi 
ab  ipso  ambrosio  penitentiam  humiliter  peregit. 

2.*"  Costantinus  etiam  maximam  sacerdotio  reverentiam 
prebuity  nec  iudicium  super  episcopos  in  concilio  nicenoferre 
voluity  affirmans  deus  ab  hominibus  non  esse  iudicandus ,     . 

Eorundem  christianissimorum  principum  vestigiis  herendoy 
sacerdotum  summa  reuerentia  se  prose  qui,  noster  strenuis- 
simus  invictissimus  rex  aliquando  non  postponet 

Ad  quod  et  natura  et  ipse  deus  omnipotens  gressus  eius 
ab  ineunte  etate  direxit 

Ad  quod  omnes  conatus,  omnia  desideria,  omnes  cogita- 
tiones  animi  eius  semper  prospexerunt,  et  annuente  omni- 
potenti  deo  semper  prospiciet 

Ergo  tandem  seipsum  dominia  et  regna  que  sibi  nunc 
iure  debentur,  tue  clementie,  tue  fideiy  tueque  protectioni 

(i)  Sopra  la  parola  existimat  si  legge:  asseverai. 


Ihf  ambasciata  inglese  a  'Bptna         2o5 

commendai,  prò  cuius  tue  sanctìtatis  felicissimo  statu,  nihil 
unquam  arduum,  nullum  periculi,  nullum  laboris  aut  dif- 
JKultatis  genus  rectisabit. 

Itaque  pater  beatissime  hec  mea  dieta  que  ex  vero  et  stm- 
plici  animo  prolapsa  sunt,  prò  tua  singulari  humilitate  atque 
ciementia  equo  animo  patiare,  et  me,  si  mereor,  al/quando  do- 
minationi  tue  vna  cum  hìs  singuUs  tue  beatitudtnis  deditis- 
sìmis,  post  serenissimum  et  christianissìmum  regem  nostrum 
commendatum  fiabe.  Dixi, 


Nondum  visam,  nondum  benemerilam  nobilem  progeniem 
tuam,  Deo  credito  latente  in  hutnano  corpore,  dilexi,  diligo, 
diligamque  semper  dum  spiritus  lios  regit  artus. 

Hinc  igitur  nedum  alUcior  et  impellor,  sed  ad  te  luosque 
omnes  diligendos  infiammar  et  accendor,  propterea  haud  pre- 
cibus  opus  esse  intelligas.  Tuus,  o  mi  pater  quod  optas  explo- 
rare  labor,  mihi  iussa  capessere  fas  est.  Neque  enim  graves 
tabores  amantum  sunt.  Soror  semper  amoris  dulcedo.  Accipe 
igitur  non  tantiìlam  rem  sed  animi  in  te  nostri  magnitudi- 
nem.  Habes  fortassc  et  copia  rerum,  et  scientia,  et  digmtate, 
oc  potentia,  amicos  plurimos  longe  me  prestanciores,  sed  fide 
et  affectu  neminem 

IO  mihi  tam  longe  maneat  pars  ultima  vilae 
Spiritus  et  quantum  sai  erit  dicere  facta 
Nec. . .  existimo  tue  beatitudini  et  huic  sacratissimo  ce- 
«i(i)  gralias 

Ita  se  sentit  et  regnum  suum  obnoxium  tue  beatitudini, 
et  obligjtissimum  se  liuic  sacratissimo  senalui  potissimum  prò 
bullis  dispensationum,  indulgenliarum  et,  ubi  opus  erit,  terri- 
L  bilissimarum  excomunicationum  omnes  et  omnium  sing  .    . 

(i)  Sopra  la  parola  «fui  e  aggiunto:  senalui,  concioni. 


2o6  V.  ^aliarti 


Et  ne  vestram  diucius  expectacionem quippe  est 

fixa  nostri  invictissimi  principis  mens  atque  sententia^  vt 
omne  suum  studium,  diiigentiam,  qfficium,  operam,  ad  am- 
plitudinem  vestram  non  modo  conservandam ,  verum  etìam 
ad  augendam  perpetuo  transferaty  qua  quidem  in  causa  vni- 
versas  urbes  suas,  populosy  exercitum,  liberos  omneSy  fra- 
treSy  ceteraque  sui  imperii  ornamenta ,  ac  suum  postremo 
corpus  et  animum ,  quibus  nichil  habet  prestancius  et  cariuSy 
libens  offert,  atque  pienissime  pollicetur  dux. 


Vn' ambasciata  inglese  a  l^ma         207 


II 


Giovanni  Shervood  vescovo  di  Durham,  Giovanni 
Dunmowe  ed  Ugo  Spaldyng  sono  nominati  Pro- 
curatori d'Enrico  settimo  alla   Corte  di   Roma. 
'  An.  i486.  (Public  Record  Office  S.  B.  n."  178). 


XXVIII  die  februari,  Anno  regni  Henrici  septi- 

1     mi  primo,  tsta liberata  sunt  Domino  Can- 
cellano Anglie  apud  Westmonasterium. 


Venerabili  in  chrisio  patri  I.  Dune Imensi  Episcopo,  loharmi 
Dunmowe  Legum  Doctori,  et  Magistro  Hugoni  Spalding 
salute  m. 

Sciatis  quod  nos  de  discreclonibus ,  fidelitatibus  et  indu- 
itriis  vestris  plenam  in  domino  fidiiciam  habentes,  ad  prose- 
quendiim  in  romana  curia,  prò  nobis  et  nomine  nostro,  pro- 
moclones  quorumcumque  clericorum  nostrorum  ad  ecclesias 
calhedra'.es  prò  tempore  vacaturas,  pernos  recommendatorum 
ad  easdem ,  necnon  ad  gerenda ,  exercenda  et  expedienda  alia 
negocia  nostra  quecumque  apud  sedem  apostoltcam,  nos  et 
regnum  nostrum  Anglie  quomodoUbet  tangentia,  cum  palesiate 
producendi  quascumque  probationes  requisitas  in  hoc  casu,  et 
de  avisamento  magni  consilii  nostri,  uos  et  quemlibet  uestrum 
coniunctim  et  diuisim,  nostros  veros,  legitimos  et  indubitatos 
actores,/actores,  negotiorum  gestores  et  nuncios  speciales  con- 
stituimtis,  preficimus  et presentes  cum  emolumentis  et  sa- 
lario eidem  offitio  consueto,  iniungentes  et  firmiler  mandantes 
quibuscumgiie  Ugeis  nostris  apud  sedem  eandem  prò  tempore 
existentibus,  cuiuscumque  status,  gradus  seu  condicionis  exi- 
stani,  quatenus  vobis  in  execuiione  premissorum  cum  suissanis 
tiiliis,  auxiliis  et/auoribus  obediant  et  intendant  prout  decet. 
)  cuius  etc. 


2^>8  V.  "Balli 


IO 


Lettera  di  fraternità  conceduta  dal  Monastero  Can- 
tuariense  di  Christ  Church  a  Pietro  dei  Millini 
cittadino  romano.  Aa  1469.  [Biblioteca  di  Christ 
Church  a  Canterbury.  Reg.  R] 


Littcra  fratemitatis  Petro  de  Melinis  avi  ramano  am* 
cessa  ut  patet. 

Vniversis  Christi  fidelibus  ad  quos  presentes  Utterae  per- 
vancrint,  lohannes  permissione  divina  Prior  Ecclesiae  Christi 
(lantuariensis ,  eteiusdem  locicapitulumy  cum  orationum  suf- 
fragio salutari  omni,  incrementa  virtutum.  Qiiamvis  ex  ca- 
ritatis  debito  omnibus  teneamur,  iliis  tamen  precipue  cbligor 
mur  quorum  erga  nos  dilectionem  et  benevolenciam  claris- 
simis  eorum  in  nos  beneficiis  experti  sumus.  Igitur  atten" 
di*fit(*s  sinccram  dilectionem  et  eximia  caritatis  beneficia,  que 
i'ivii»/'ii/»/7/.v  vir  dominiis  Petrus  de  Melinis  ciuis  Romanus 
Vtu\t)\ìtri  nnstro   Willclmo  Sellynge  sacre  theologie  profes- 
SiUi\  t'um  /v*()mi'  pcrcgrinarciury  exibuit,  cupientesque  illipro 
(ìnt,ì  iMr//,i/f  rcfcrrc  gratiam^  et  prò  nostra  possibilitate  spi- 
rìtuMiti'r  saiisf\wcrc,  in  christi  misericordia  eiusdemque  bea* 
ti\sn9h*  9futri\  ì'irginis  Mariae,  Sancii  Thomae  martyris gUy- 
rìosi,  sVh'rorumquc  nostre  Cantuariensis  Ecclesie  patrono- 
rum  MI  r/Y/.v  hufuìlitcr  confidcnteSj  dictum  dominum  Petrum 
%hi  pk*mn%  perpetue  nostre  fratemitatis  consortium  admitti- 
mus,  prout  om*t:um  *k'  singularium  pictatis  operum^  que  vel 
•I   »#«^;a'.  vel  «I  quibuscumquc  successoribus  nostris  futuriSy 
i\vktuM ie*ìsis  t\\\es:etuerÌ¥U.  in pcrpetuum  eum participem 
ewe  »N»;.,Mi,,v  et  e\^'teeJr*t:ds  per  pres.^ntes.  In  cuius  rei  te- 
A/v'»i.»»*;j,Mi  A.ji^i;;»!  ••!  'ìyK^f^u^n  comune  est  appensum.  Data  in 
•A^»M,»  HAv^M  %M^;\,';,.ar;\  tertid  dk  mcnsis  octobrisy  anno  do- 
»HJMi  MiiMV.v4*«h^  y>i«i«fr:\4Er<i«Vj^Vfto  sexagesimo  nono. 


Diritto  di  cittadinanza  conceduto  dal  Re  d'Inghilterra 
a  Giovanni  Battista  di  Gerardo  da  Genova  nipote 
del  papa  Innocenzo  VIU.  An.  1490(1).  [Public. 
Record  Office.  P.  S.  n.»  8J. 


Omnibus  ad  quos  etc.  salutem.  Sciatis  quod  de  gratia  nostra 
spieiati  coicessimus  prò  nobis  et  heredìbus  nostris,  quantum 
in  nobis  est,  lohinni  Baptiste  fili  Gerardi  vn^rsus  maris  la- 
nuensis,  satclissimì  in  christo  patris  et  domini  nostri  domini 
Innocenlij  diuina  prouid:ntÌa  pape  octaut  nepoti,  quod  ipse 
de  celerò  ad  totam  vitam  suam  sit  indigena  et  Ugeus  meus, 
et  quod  ipse  in  omnibus  tractetur,reputetur,  habeatur,  leneatur 
et  gubernelur  tanqiam  fidelis  Ugeus  noster  infra  regnum 
nostrum  Anglie  onundus,  et  non  aliter  nec  alio  modo,  ha 
quod  idem  Johannes  Biptista  omnimodi  actiones  reales,  per- 
sonales  et  mixtas,  in  omnibus  curie  locis  et  iurisdictionibus 
nostris,  Itinere  et  exercere,  eisque  ga-idere,  ac  cas  in  eisdem 
pittare  et  plilari,  respondere  i-t  responden,  dejendere  et  de- 
Jendi  possit  in  omnibus  et  per  omnia,  sicut  fideles  ligei  no- 
stri m  diclo  Regno  nostro  Anglie  oriundi.  Et  vlterius  quod 
dictus  lokannes  Bjptìsta,  quecumque  beneficia,  etiam  si  in  ca- 
Ihedralibus  ecclesUs  dignitates  maìores  post  pontificaies,  aut 
in  coUegiatis  ecclesUs  prìncipales,  aut  canonicatus  et  prebende, 
seu  parodiiales  ecclesie,  aut  earum  perpetue  vicarie  fuerint, 
si  ad  ea  eligatur  vel  presentatus  fuerit ,  acceptare,  recipere 
et  in  eisdem  canonice  institui,  ac  possessionem  corporalem 
trundem  prosequi  et  ossequi,  ac  ea  quecumque,  quolcumque 


i  (i)  L'aono  ti  ricava  dal  rotolo  che  contiene  il  documento. 
mArthivio  iella  Società  romuna  di  Storia  patria.  Voi,  II[, 


2  IO  V.  ^Ballarti 


et  quaiiacumque  fuerint,  quoad  vixerit  retinere  possìt  et  va- 
leaty  et  ea  quociens  sibi  placuerit  dimittere,  et  in  loco  dimissi 
pel  dimissorum  aliquid  vel  alia  simile  vel  dissimile^  similia 
vel  dissimiliaj  acceptare  et  recipere  possit,  in  omnibus  et  per 
omnia  sicut  fideles  ligei  nostri  in  dicto  regno  nostro  oriundi , 
et  vt  prefertur  quoad  uixerit  retinere.  Et  insuper  quod  di- 
ctus  Johannes  Baptista  terraSj  tenimenta,  reddituSy  reuersiones 
et  possessiones  quecumquey  infra  dictum  regnum  nostrum 
Anglie  et  alia  dominia  nostra^  perquirere,  capere,  recipere^ 
habere  et  possidere^  ac  eis  vti  et  gaudere,  et  ea  dare^  vendere 
et  alienare  ac  legare  cuicumque  persone  siue  quibuscumque 
personis  sibi  placuerit,  licite  et  impune  debeat,  possit  et  va- 
leat  ai  libitum  suum,  adeo  libere,  quiete,  integre  et  pacifice^ 
sicut  debeat,  possit  et  valeat  aliq  lis  ligeorum  nostrorum  infra 
dictum  regnum  nostrum  Anglie  oriundus.    Et  quod  dictus 
lohannes  Baptista,  de  celerò  in  futurum ,  colore  seu  vigore 
alicuius  statuti,  òrdinationis  seu  concessionis  facte  autfaciendi, 
non  arte  tur,  teneatur  seu  compelle  tur  ad  soluendum,  dandum, 
faciendum  vel  supportandum  nobis  vel  alicui  heredum  nostro- 
rum,  seu  cuicumque  alio,  predictis  beneficiis,  aut  occasione  eo- 
rundem,  aliqua  alia  custumas,  subsidia,  taxas,  tailagia  seu  alia 
omnia  quecumque  prò  beneficiis,  terris  seu  tenimentis  seu  per- 
sonissuis  propriis,  soluunt,  dant,faciunt  vel  supportant,  aut  sol- 
nere,  dare,facere  vel  supportare  communiter  consueuerint,  et 
teneantur.  Sed  quod  prefatus  lohannes  Baptista,  quoad  dieta 
beneficia,  terras,  tenimenta  et  personam  suam  habere  et  pos- 
sidere  valeat,  habeat,  et  possideat,  omnes  et  omnimodi  alias 
libertates,  franchesias  et  priuilegia  quecumqie,  ac  eis  vti  et 
gaudere  possit  infra  dictum  regnum  nostrum  et  iurisdictiones 
nostras,  adeo  piene,  integre,  libere,  quiete  et  pacifice,  sicut 
celeri  fideles  ligei  nostri  infra  regnum  nostrum  anglie  oriundi 
habere,  possidere,  vti  et  gaudere  debeant,  absque  perturba- 
tione,  molestatinne,  inquietatione,  impetitiohe,  impedimento, 
vexatione,  calumpnia  seu  grauamine  quocumque  nostri  vel 
heredum  nostrorum,  lusticiariorum,  Escatorum,   Vicecomi- 
tum,  aut  aliorum  Officiariorum  seu  Ministrorum  nostrorum, 


Vn^  ambasciata  inglese  a  T(pma         2 1 1 

vel  heredum  nostrorum  quorumcumque ,  alìquibus  statutis, 
ordinationibus^  actibuSy  prouisionibus  seu  proclamationibus  in 
contrarium  ante  hec  tempora  factiSy  edìtis,  ordinatisi  prouisis 
seu  proclamatisi  aut  eo  quod  dictus  Johannes  Baptist  a  in  dieta 
regno  nostro  Angliefuit  vel  nonfuit  oriunduSj  aut  alia  aliqua 
re,  causa  vel  materia  quacumque,  non  obstantibus,  Prouiso 
semper  quod  idem  Johannes  Baptista  homagium  ligeum  no* 
bis  faciaty  ac  lotto  et  scotto,  prout  ali}  ligei  nostri  faciunt, 
contribuat  vt  est  iustum.  Et  volumus,  et  per  presentes  con- 
cedimuSy  quod  prefatus  Johannes  Baptista  habeat  has  litteras 
nostras  patentes  absque  fine  seu  feodo  nobis  prò  eisdem  red- 
dendis  seu  solucndis.  Jn  cuius  etc,  etc.  Datum  apud  West- 
monasterium,  xvij  die  octobris. 


s 


G.  Cugnoni  2i3 


NOTE 

al  Commentario  di  oAlessandro  VII 
sulla  uita  di  oAgostino  Chigti 


(Goatiauaziooe,  vedi  pag-  ^Oi  ^1«  "O^y 


(io3)  Ad  illustrare  la  storia  di  questo  insigne  monumento  dell* arte 
classica^  tornerà  non  inutile  la  pubblicazione  dei  documenti  seguenti. 

I. 

Anno  i5io.  Die  ultima  Mmj. 
Magister  Jo:  Antonius  Inuercellini  de  Vercellis  faber  ferrarius  ex 
una,  et  D,  Augustinus  Chisius  ex  altera  deuenerunt  ad  infias  conuen" 
tiones  Vt  quod  d,*  Magister  Ioannes  laborabit  onrnes  et  singulas ferrai 
tas,  cardines,  catenas  etc.  prò  palatio  seu  aedibus  quas  d.  Augustinus 
aedificari  facit  prope  moenia  Vrbis  extra  PortamSeptignanam  etc.  et  D, 
Augustinus  promisit  soluere  ad  rationem  baiocchorum  duorumpro  qua- 
libet  libra  ferri  etc.  (Ms.  Chig.  R.  v.  d.  p.  409). 

8.  Giugno  1810. 

Vendita  di  una  Vigna  fuori  di  porta  Settimiana  fatta  da  M/*  Coc- 
cino  ad  Agostino  Chigi. 

In  nomine  Dvd  etc.  Anno  Dhi  millesimo  quingentesimo  decimo  Indici.» 
Tertia  decima  Die  uero  octaua  mensis  lunij. 

Eximius  I.  U.  Doctor  D.  Marianus  de  Cucinis  CiuisRomanusetc.  uen^ 
didit  etc.  Nobili  D.  Aug.*»  Chisio  Senensi  Secretarlo  Apio  etc.  unam  etc. 
uineam  siue  utile  dominium  quod  in  ea  habet positam  in  Transtyberim 
extra  Portam  Settignani  cum  domo,puteo,  et  uasca  quae  Vinca  rohe 
directi  domini]  singulis  annis  prò  censu  respondet  Ecclesiae  S.  lacobi 
de  Settignano  de  Regione  Transtyberim  etc.  barilia  odo  Musti  etc.  cui 
ab  uno  latere  est  hortus  siue  bona  Ecclesiae  S.  lacobi  de  Settignano 
ab  alio  sunt  bona  praefati  D.  Augustini  de  Chisijs  empioris,  retro  flu^ 


314  G.  Cugnoni 


MM,  snte  ea  mU  pìAUca  efc  propretìo  etc  émc 
muri  im  Miro  et  Camera  etc.  Hoc  amditkme  eie.  fod  Hm/mcU 
iOMtttr  ìstM  nemlìtio  si  comsensus  prmestahitur  de  smperpier  IL*  Di  Frm- 
dBcmm  Otri.*  CiKciiriiiarHi  CommemdaUarimm  d.^  Ecclesiae  S,  Imeetiée 
SettignMmo etc,  Pro  ^uihus  omnibus  etc,  Vmcemtius  BmUms PistmieL SÒL» 
(Scrinure  di  Ciu  Chifp,  toI.  B.  p.  7.  Nel  margiiie  è aottto  «bAfdL* 
VrbiBCH  Ub.  cxteaft.  i5i.  Viac  Baldut  NoL*  »). 

S. 


Ammo  iSio.  Die  11. 
Cum  sii  ^Hoi  Jd.^»  ZX  A9^[mstinm  Ckisùa  fmdtd  med^kmri  freft 

m^enÌM  Vrhis  extrm  Portmm  S^tìf^mamam  quondam  Domaan,  simeatéa 
in  quihus  uéuÈuni  multi  U^i^^  concij,  Hinc  est  quodjrttus  IX  Amgustìaas 
et  Ré^kaeì  Bartchlini  ScarpeUinus  deuenerunt  ad  ìnfi-ascr^tas  ammoh 
tiomes  Vi  D»  Rtg^kMd promisit  Umorare  dd.  U^des  etc  (Ms.  Ckis.R. 

T.  d,  fu  41 1  ). 

4« 


Die  iS  eiusdem  (lunii  ]5io). 
Jdj  Batthassar  Sjtrtkaìi^mafi  de  Carrara  Luqficida,  et  D.  Angébaét 
Guidomis  Jder.  atcr  »nen,  iv :  mcfrociarum  {^estor  M.'*  D.  Aug.**  Oùsij 
deuemerumt  ad  if^a  pacta  vt  quoM  d.»  Baltkassar  teneatur  fodere,  d 
canore  de  JtÉinis  Carroriat  mormoro  de  quihus  marmoHbus  dJ  D. 
Augustinns  p^s$*t  omev'O^i  /jly^  corrus  5o.  ue2  60,  ponderis  Corranot 
suf  i»».^  ^AÌi^^f  p^:^  ^ì,  hèiS  Si^uiTc  promìsìt  ad  rohem  %^  proqualibet 
etc,  vivi,  p,  412  V 


M,  Yir  D.  Aìic*  uk;,«,«  cjc  è^tis  r:  M,"  lulus  de  Sei^oU  ex  ai- 
lerosMf  CAxfc.:,'  siT^  »VKjt:''x»^r.'  rji^^^sijinc  Mof:s:er:j ,  siue  AqtiedMCtts 
pr*^  tar-.-rtij  -^a^s  ex  ^«.vùw  ri.:ec  i.ÌQ&3r  siue  Viridjrij  d,  D.  Atig.^ 
ssloe  ejct^o  Pctrzjou  Sif:;,fxonsm  d^ucncruK:  od  infris  comuextiones  etc. 


oAgostìno  Chigi  il  ^Magnifico  21 5 


Anno  i5i4.  Die  23.  Maij. 
Magj  lo.  Anioni  US  Christophori  de  Pallauicinis  Mediolanen.  Archi- 
tector  confessus  fuit  habuisse  a  DD.  haeredibus  q.  Mariani  de  Chisijs 
due,  40,  quos  sibi  dederunt  prò  parte  solonis  laborum,  et  aliarum  rerum 
cuiusdam  Stabuli  9  eund.  in  Horto  D,  Augustini  de  Chisis  conficien» 
cum  certis  pactis  inter  eos  conuentos  etc.  (Misceli.  Chig.  ms.  R.  v.  e.) 

8. 

29.  Ottobre  i5i6. 
Instrumentum  emptionis  domus  sitae  ex  apposito  Palatij  Rmi  D. 
Card,  de  Famesio  f  Mag.^  Dhis  haeredibus  q.  Mariani  de  Chisijs. 
(Scritture  di  Casa  Chigi,  voi.  II.  p.  277). 


Anno  i5i8.  Die  9.  Februarìj. 
D.  Augustinus  Chisius  ex  una,  et  Fatius  Scarpellinus  partibus  ex 
altera  conueniunt  super  operibus  ab  eodem  scarpellino  prò  d,'  D.  Au- 
gustino  faciendis.  (  Misceli.  Chig.  ms.  R.  v.  e.  ) 

IO. 

Die  1 5.  februarij  1 5 1 8. 
Cum  hoc  fuerit  quod  alias  Ioannes  Antonius  Folleti  Murator  medio- 
ìanensis  conuenerit  cum  magnifico  domino  Augustinus  de  Chisijs  Ciuese- 
nensi  de  edificando  quoddam  stabulum  seu  eiusdem  menia  et  fundamenta 
fabricando  et  f adendo  prope  palatium  eiusdem  Magnifici  domini  Augu- 
stini in  Regione  Trar.stibjrim  cum  suis  confinibus  prò  certo  pret io  et 
pactis  et  capitulìs  inter  eos  conuentis  et  in  quadam  scripta  super  hoc 
confecta  contentis  ad  quam  scriptam  infrascripte  partes  relaiionem  ha- 
bere  voluerunt.  Cunque  sit  qund  factà  per  peritos  et  probos  viros  per 
ipsos  Magnificum  dominum  Augustinum  et  lohannem  Antonium  electos  et 
deputatos  extimatior.e  et  declarai  ione  laboreriorumfactorum  per  ipsum 
lohannem  Antonium  in  dicto  stabulo  et  pecuniarum  per  eundem  lohan- 
nem Antonium  a  dicto  Magnifico  domino  Augustine  per  eius  negotio- 
rum  gestores  hab-tarum  reperiatur  debitor  eiusdem  Magnifici  domini 
Augustini  in  ducati s  quadrigentis  quadraginta  uel  circa  uti  asseruit 
ipse  ex  calculis  factis  et  uisis  et  reuisis  per  magistrum  Bemardum  de 
Viterbio  et  lohannem  Franciscum  de  Sanato  gallo  de  consensu predicti 


Htt  tx  tmfài  pn.  i^-ui  €ì^TZ  I^aisroiàiMSTmaiw:  im  Curato pairem  tt > 
m-ttutr,  a*jnt  iMm  F'wtz:^:xm.  jì^^iE.i-r.um:  CarànudemSa:  CÙCaiistii 


IJ. 


iC.  Apri'nt  :5lo. 
i-'ri^mi^if,  Ma^ìsiri  Chrisiaphori  Grand:  livratoris  aedfficamdì  éù^ 
JIK4  prò  haertd.  Aug.»*  Ckisij.  { SrnTiure  di  Casa  Chigi,  toL  D.  p.  161). 


12. 


/>/>  XXV/II*  /ehruarij  ibio.  indit'one  S.  pcmtijicatus Samctissimi 
dd^mtni  Ijnouii  P<V^  detimi  anno  eius  septimo. 


(Jut*stfi  dì  zH  di  febraro  i52o. 
Mastro  Menali  di  Bett  no  del  Carauagio  muratore  in  Roma  et  mastro 
Ificomo  dì   lU'tt  tio  da  Carauagio  muratori  in  Roma.  Sectmdo  loro  in 
Molido  promettano  al  maf^nifico  messer  August ino  ghisi presente  di  min 


cAgostino  Chigi  il  óMagnifico 


*  et  fare  murare  tutte  ìtmuraehe  in  nel  palagio  di  detto  Auguatina 

0  in  Tresteuere  cioè  la  casa  gìanta  che  uà  per  infino  a  la  chiesa 
come  ucra  «  co  le  sue  logie  per  prejio  et  a  rosone  de  carlini 
i  la  canna  romana  misurando  voloper pieno  metleiiiio  l'  conci 
^'tìoe  dandoli  mssser  Augustino  li  conci,  e  le  uolte  miiuranno  a  lusan^a 
ài  rama  CÌae  dui  caìie  dì  cane  tre  ed  tutte,  le  mura  de  mattoni  ara- 
tati, et  pilastri  di  mattoni  a  tutte  loro  ^eieper  carlini  diceotto  la  canna 
romana  et  de  tutte,  le  calce,  che  anasse  in  detto  lauoro  a  rosone  di 
quatro  cane  e  m<(a  a  ducato  dì  carlini  dece  per  ducalo  et  tutte  le 
Sittstre  e  porte  che  mettesse  in  le  nostri  mura.  cioè,  che  non  lauìsse 
murate  loro  si  abiano  a  pagare  per  dui  omini  de  larte. 

Et  più  promettano  fare  murare  et  fare  murare  tene  a  uso  di  bon 
maestro  et  finire  bene  et  guano  mane hassino  far  le  alloro  spese  cioè  et 
tutti  ti  pagamenti  siano  di  moneta  uegia  Et  quanno  le  mura  facessino 
Mutazione  siano  tenuti  a  rifarli  a  le  loro  spese. 

Et  piii  promettano  mettere  el  Corniecione  di  sopra  granne  per  quello 
»ara  stimato  da  detti  omini  e  tutti  lì  matonati  a  loro  spese  per  carlini 
none  la  canna  Et  prometar.o  finire  et  fare  jinnire  tra  un  anno  prossimo 
da  vinire  tenja  alcuna  esejìone  altramente  ditto  magnifico  messer  Au- 
gustino possa  farllo  finire  et  fare  finire  a  le  sue  ^ese  danno  et  inte- 
msii  Jiyra  a  li  quali  promettano  stare,  al  suo  senprice  iuramenlo  sen^a 
altra  iuJieio  o  insspejione  desse.  El  detti  mastri  confessano  auti  a  bon 
conto  per  parte  di  pagamento  ducali  qualrocento  di  carlini  dece  per  du- 
cato di  moneta  uecha  li  quali  si  chiamano  contenti  et  renuajiano  onne 
ete^ione  non  laucre  auti  ne  receputi  Et  resto  che  montasse  detto  lauoro; 
a  mione  ài  sopra  detto  promette  pagare  a  detl  i  mastri  di  mano  in  dumo 
feconda  che  tauoranno. 

(^ae  omnia  eie.  ActumRomeindictoPalaciositoin  regione  Transti- 
btrim  sub  anno  et  die  predictis  presentibus  eie. 

N.  Noiroti  Curie  Causarum  Camere  apostoHce  r 
■ccU.  Chig,,  ma.  R.  v.  e.) 


le.  (Mi- 


Die  I 


Cum  il 


lì. 


's  Maij  i5io. 
;  Alagnificum  Dnum  Augui 


n  Chislum  No- 


Httm  Senen.,  in  Romana  Curia  residenlem  ex  una,  et  R.*^  Dhum 
Bartholomaeum  Ferrallnum  Canonicum  Basilicae Principi!  Apoitolorum 
de  Vrbe  Adm'mistratorem  Cappellae  Natiuitatis  B.  Mariae,  que  lulia 
nun.upaiur  in  eadem  Basilica  sltae  de  et  super  liberaliane,  exemptione 
exoneraiione  el  affrancatione  duarum  uinearum  prope  ripam  Tyberis 
é  proprietale  S,  lacobi  in  (Settignanoj  extra  pori ant  Septimianam 
tem  Capellae  perpetuo  unitae  infra  sua  lalera  et  confines  sitarum,  et 


2i8  G.  Cugnoni 


cui,  seu  quibus  u  inearum  ab  uno  sunt  bona  R.^  Dvd  CardòtaUs  de  Far" 
nesio,  ab  alio  uia  publica,  et  ab  alio  flumen  Tyberis,  et  ab  alio  kor^ 
tus,  siue  Viridarium  dicti  Sancii  lacobì  sub  annuo  Canone,  seu  annua 
responsione  sexdecim  barilium  uini,  uideìicet  octopro  quatilet  uìnea  m- 
gulis  annis  eiusdem  Cappelìae  Administratori ,  uelpro  tempore  existenti 
debit.,  rebusque  aliis  in  actis  Causae,  et  Causarum  huìusmodi  latiusdt- 
ductis  et  illarum  occasione  pari ibus  ex  altera  ipso  Dito  August'no  m- 
uente  coram  R.»*  Dho  D.  Raphaele  Epò  Osten,  S,  Georgi]  Cardinale, 
et  S.  R.  E.  Camerario;  ac  RR,  PP,  DD.  Camerae  Aplae  Praesidente, 
et  Clericis  litigatum  fuerit ,  et  Camerarius  ac  Praesidentes  et  Clerici 
praedicti  probe  attendentes,  recteque  considerantes,  quod  idem  Dnus  Am- 
gustinus  super eminens,  pulchrum,  sumptuosumque  Palai ium,  amoenissi- 
mumque  pomerium ,  seu  Viridarium  multaque  aliapretiosa  et  sumptuosa 
aedi  fida  in  dictis  uineis  cum  maximo  almae  Vrbis  ornamento  incluserat, 
construxerat ,  et  erexerat,  similiterque  aduertentes  ad  constitutiones 
fel.  record.  Sixisti  IV  ab  Alexandro'VI,  et  lulio  li  Romanis  Pontifici" 
bus  editas,  et  a  SSmo  D.  N.  emanatas,  et  innouatas  uineas  praedictas 
a  canone  seu  censu  praedicto,  ut  uiridicum  honestumque  duxerunt  per 
eorum  sententiam  exemerunt  etc.  et  dictum  Dnum  Aug.^  ad  dandum 
singulis  annis  dictae  Capellae  etc,  quatuor  ultra  sexdecim  barilia  uini 
praedictae  super  alijs  dictae  Vrbis  uineis  prò  augmento,  nedum  decimae 
partis,  quin  imo  ultra  decimam  responsionis ,  siue  Canonis,  uel  uini  prae- 
dicti communem  ualorem  ad  rationem  Carlenorum  sex  prò  quoliàet  barili 
facientium  summam  in  totum  ducatorum  duodecim  de  Csirlents  consti- 
tuendorum  prò  dicto  annuo  censu  super  aliqua  domo  apud  eamdem 
Ecclesiam  S.  lacobi  constructam,  seu  construendam  sumptibus,  et  ex- 
pensis  ipsius  Dai  Augustini,  et  eumdem  /?.*'•"»  DTium  Bartholomaeum  etc, 
eiusdem  Capellae  AJm'n'stratorem  ad  obseruationem  etiam  praemisso- 
rum  condemnarunt.  Cumque  idem  R.^**  Dhus  Bartholomaeus  praedictis 
minime  acqui esceret,  qztin  imo  contradiceret  etc.  praesidentes  et  Clerici 
prae/ati  responsionem  siue  canonem  huiusmodi  ad  decem  Ducatos  aurilar- 
gos,  prò  dicto  ce.ìsu  super  una  domo  ex  duabus propr^js  domibus  dicti  Dni 
Aug.*^  in  Campo  Martio  sitis  etc' constituerunt  et  assignauerunt.  Qui- 
bus dictus  R.'^"'  Dhus  Bartholomaeus  reclamans  et  stare  nohns ,  ut  as- 
serebatt  in  uim  praetensae  appellationis  etc.  Causam  hwusmodi  coram 
R.  P.  DTio  Camillo  de  Bassonibus  S,  Palati]  Apli  Causarum  Auditore 
introduxit,  illaqne  indecisa  pendente  R.  D.  Bartholomaeus  et  Dhus  Au- 
gustinus  prae/ati,  et  ipsorum  quilibet  scientes  litium  anfractus  dispen- 
diosos  ex  i  si  ere,  et  etiam  euentus  Utigiosos  fore  ambiguos.  Idcirco  prae- 
sertim  ipse  R.  Dnus  Bartholomaeus  iniroitus  dittae  Capellae  in  litibus 
exponere,  et  consun-.ere  non  intendens,  etc.  ad  infrascriptam  traì.sactio- 
nem  etc.  uideìicet  ^  quod  in  primis  idem  R.  DOs  Bartholomaeus  etc. 
appellationi  etc,  praedictae  renunciare  etc.  et  ipse  Dhs.  Aug,***  ducatos 


(agostino  Chigi  il  óMagniJìco  219 

fUaJrìngentos  de  Carlenii  eie.  eidem  R.  Dno  Bartkolomaeo  soluere,  et 

dietut  R.  Diis  Barlhohtnaeus  uineas  praedictas  ab  eodem  Canone  ete. 

liberare  ete.   et  cum  per  superuenienl'am   morlis  ìpsius  Dai  Ai'if."'ad 
praemùsorum  execui ioiiem  eie.  minime  deuenlum  fuerit.  Hìnc  est  eie. 

(  Segue  la  stipulazione  dell'  Islromenlo  fra  il  detio  Bartolomeo  e  gli  eredi 
di  Agettino  Chigi). 

Datum  Rnmae  in  Camera  Palati]  ipsim  Dnae  Frana scae  et  haere- 
dum  prae/atorum  etc. 

lùhanaet  Carauasquini  de  Nicta  Dai  Nicolai  Noirot  Notarij  suistì- 
mtiu  rogalus.  (Scritture  di  Casa  Chigi,  voi.  D.  p.  467). 


r  Die  ultima  lunìj  tSta. 

Cum  so  sia  cosa  che  maestri  lacobo  de  Belino  de  Carauagio  et  mae- 
stro Menaldù  di  Bettino  de  Carauagio  muratori  in  Roma  habbinopro- 
messo  et  falsino  oblìgalì  a  la  bona  memoria  del  magnìfico  mes.  Augu- 
siinO  Ghisij  patricio  Sarwe  de  edificare  et  finire  cierli  mura  et  ed'fieij 
nel  lardino  o  sia  palalo  del  dello  magnifica  messer  Augustinoper  cerio 
precin  tra  loro  conuenulo  corno  più  chiaramente  appare  conlralxo  rogato 
per  li  atti  de  messer  Nicolo  Ni;iroti  al  quale  eie,  quali  muri  et  edi- 
Jlcij,  da  poi  seguita  la  morte  del  detto  magnifico  messer  Angustino, 
aiano  ramasti  sensa  continuarli,  Et  nel  prefalo  giardino  0  uero  la  casa 
de  la  stalla  desso  palajjo ,  li  heredi  del  detto  magnifico  messer  Augu- 
glino  intendono  de  fare  fare  et  edificare  certi  muri  et  altri  edifici,  E 
cossi  che  ti  pre/ati  maestri  ecc.  tutti  dai  insieme  et  ogni  uno  per  lo 
tulio  per  se  et  sol  heredi  et  successori,  de  loro  spontanea  voluntapro- 
tnetleno  a  la  nobile  madonna  Francesca  moglie  che  fu  del  dello  magni' 
fico  mesta-  Auguslino  come  tulriceei  tegitt:ma  administratrìce  de  li  he- 
redi del  prefalo  magi.ifico  messer  Auguslino  presente  et  stipulante,  fare 
et  edificare  et  finire  tulli  II  muri  edifici}  el  muraglie,  necessarie  et  con- 
iteniente  ne  la  casa  de  la  stalla  d'epso  lardino,  per  predo  de  Carlini 
quattordici  la  canna  del  muro,  et  li  muri  di  mattoni,  mattone  sopra 
mattone  a  ragione  de  Carlini  dicce  odo  per  canna,  el  lutti  lì  malo- 
nati  in  piano,  maloni  arolati,  ad  ragione  di  Carlini  none  la  canna,  et 
lutti  li  Intonacati  ad  ragione  di  quatro  canne  et  mesa  per  diece  Car- 
lini, ad  ogni  loro  expese  et  danni,  da  ferramenti  el  conchij  in  fora  et 
tutte  le  altre  cose  che  in  detta  opera  facessino  fora  di  sopradetta  mi- 
sura_  saibiiiO  ad  ext  mare  per  doa  homini  periti  nell'arte,  el  a  loro 
relatione  et  iudicio  stare,  quali  edificij  el  muri  comò  di  sopra,  boni 
et  succienti,  lì  prefali  maestri  ecc.  promettono  fare  et  edificare  corno 
di  sopra  ad  ogni  loro  expense  danni  et  interesse  infra  termini  de  sei 

~       ti  prùximi  ad  uenire  incominciando  a  di  primo  di  luglio  proximo  per  il 


220  G.  Cugnoni 


predo  et  ad  ragkme  supradetta,  sotto  la  pena  ecc.  Et  per  parte  di^ 
gamento  de  la  opera  sopra  detta  ìi  prefati  maestri  ecc.  confessano  kmiere 
hauuto  et  receputo  da  la  prefata  madonna  Francesca  ecc.  daeati  cento 
cinquanta  de  carlini  diece  per  ducato  Inclusi  et  con^nttati  ducati  qua- 
ranta de  carlini  et  bolendini  sinquanticinque  de  li  quali  el prefato  mae- 
stro lacobo  e  debitore  depsi  heredi  per  tanto  feno  hauuto  et  receputo 
da  loro.  De  li  quali  se  chiamano  contenti  ecc.,  et  il  resto  che  più  moif- 
tara  la  dieta  opera  epsa  madonna  promette  pagare  di  wumo  in  mano 
facta  lopera  ecc.  Et  perchè  il  contracto  sopradetto  fatto  com  la  bona 
memoria  del  prefato  magnifico  messer  Augustino,  et  li  prefati  mae- 
stri ecc.  non  hebbe  effecto  alcuno,  volliano  la  detta  madonna  ecc.  et  li 
detti  ecc.  sia  casso  nullo  et  reuocato  ecc.  Facto  in  Roma  nel  pala:(o  di 
detto  lardino  posto  in  Transteuere,  et  ne  la  Camera  de  la  prefata  tna- 
donna  Francesca  ecc. 

Johannes  Carauasquini  de  Nieia  Substitutus  Nicolai  Noiroti  roga- 
tus  etc.  (Scritture  di  Casa  Chigi,  voi.  D.  p.  536,  e  Misceli.  Chig.,  ms. 
R.  V.  e.) 

i5. 

14.  ybre  rSao, 
Obligatio  Antonii  de  Caravaggio  de  f adendo  laboreria  in  domo  hae^ 
redum  q.  Mariani  de  Chisijs  (Scritture  di, Casa  Chigi,  voi.  D.  p.  558). 

16. 

266  4i        i52i. 

Questi  sono  tuctj  li  lauorj  che  io  ho  factj  p  messer  aug.—  ghisio 
cioè  nel  suo  palalo  de  tresteuer  e  alla  casa  de  roma  o  uà  del  bancho 
e  douellj  uoleua. 

prima  de  dare  p  fare  la  forma  del  freso  che  gira  dentomo  al  palac^o  et 
aiutare  formare  et  fare,  casse,  et  disfare,  duro  mesi  ^andocci  giornate  160 
de  maestri  eh  molano  due.  32  doro  cioè due.  32. 

Et  de  darep  lafactura  duno  tirante  che  in  feci,  molano  due.  5  doro. 

Et  de  dare  p  la  faetura  de  5  modelli  t  comicionj  del  tecto  mòta 
due.  6. 

Et  più  p  tre  porte  facte  alla  casa  del  bancho  molano  due.  2  Hi.  5o. 

Per  la  faetura  del  cancello  della  fabriea  li  in  su  la  strata  mòta 
due  I.  bli.  5o. 

Per  la  eotiatura  delle  stalle  de  roma  dua  uolte  mòta  due.  2. 

Per  5  giornate  duno  maestro  mandai  fora  ad  fare  stalle  allerba 
due.  I. 

Per  la  faetura  de  lì  Seannelle  et  sei  banche  molano  due.  4* 

Per  la  segatura  de  5  trauj  grossi  costa  iulij  20  cioè  due.  'i. 


oAgostìno  Chigi  il  cMagnifico  221 


Per  far  segar  dudeej  tràuecti  cotto  iulij  io.  due  i. 

Per  la  factura  della  peschiera  del  mio  legname  mòta  due,  i.  h.  So. 

Per  fare  forme  de  mactunj  de  molte  sorte  mòtano  due.  2* 

Per  la  factura  duna  cassa  duno  i^ibecto  chaueva  in  casa  due.  i.  b.  So. 

Per  fare  le  banche  nel  tinello  de  roma  al  baco  mòta  due.  i. 

Per  lo  apparato  el  di  de  san  Jacopo  quando  ui  uenne  papa  iulio 
mòta  due.  6. 

Per  fare  regoli  alli  scarpellinj  et  a  moratorj  niòtano  due.  2. 

Per  far  Caso  da  fare  colla,  et  colla  ceruiona,  et  gesso  pfar  stucco 
due.  3. 

Per  la  factura  de  5  ledere  (lettiere)  de  trauicelli  de  pino  due.  3. 

Per  la  porta  della  cantina  de  mio  legname  mòta  due.  3.  b.  So. 

Per  lo  fusto  della  porta  del  caposcale  del  mio  mòta  due.  4.  b.  So. 

Per  la  tauola  étaltar  che  andaua  alla  pace  ad  tucta  mia  spesa^  era 
tucta  intagliata  cioè  le  cornice  dentorno  mòta  due.  3o' 

Per  due  tauole  damangnar  de  noce  atucte  mie  spese  due.  2S. 

Et  de  dare  p  lo  apparato  de  casa  qh  fece  lo  còuito  alla  duchessa 
durbino  la  sera  di  cameuale  mòta  due.  iS. 

Et  più  p  legname  lauorato  cioè  p  palchi  et  molti  fusti  due.  12. 

Et  p  16  giornate  p  fare  li  cauallectj  delli  tecti  due.  3  bU.  20. 

Et  deue  dar  p  duj  tondi  de  noce  f adi  ad  mia  spesa  ^  quali  hebbe  ra" 
phello  dorbino  (*)  mòtano  Iulij  22  cioè  due.  2  b.  20. 

Et  tucti  sonno  ducatj  doro,  e  soma  due.  172.  b.  40. 

Et  de  dare  p  U  bossoloni  a  carTj  16  la  caha  de  manifactura,  nò  so 
quote  cane  siano  apulo  se  possano  misorar,  mòtano  due,  6S  doro  ouer 
circa  0  più  o  meno  serra  due.  6S. 

Et  de  dare  p  lì  palchi  apartimeti  io  nò  so  qTe  cane  se  siano  se  pò 
disegre  et  uedere  ame  pare  mòta  due.  120. 

Et  de  dare  p  tucti  li  altri  palchi  arosoni  mi  par  eh  mòtano  seéto 
sarano  stimatj,  ame  par  eh  debiano  mòtardue,  288  doro  cioè  due.  288. 

Et  de  dare  p  20  tra  porte  et  finestre  chornicate  et  requatrate  di 
noce  ad  tucte  mie  spese  mòtano  due.  S40  doro. 

Et  più  p  40  finestre  picchole  le  mecto  p  40  gròde  mòta  due.  60  doro. 

Et  più  ho  dauer  due.  3o  doro  mi  sanno  ad  far  bonj  p  lo  salario  de 
tre  mesi  et  me^o  de  maestro  FrancJ  qh  aiudo  ad  far^  legname  dar 
beto  pio  lauoro  mòta  due*  3o  doro 


dnc,  jxo3. 

(*)  Forse  questi  due  tondi  di  noce  servirono  a  fimiure  i  due  Taisoi  modelliti, 
sai  disegni  di  Raffoello,  da  Maestro  Cfsarino  da  Perugia.  V.  la  NoU  (84),  V.  Fea, 
Notizie  intorno  Raffaele  Sanzio,  p.  81.  V.  Fontani,  Opere  architettoniche  di 

R.  5.,  ecc.  p.  II. 


222  G.  Cugnoni 


So  cioè  tuete  ad  mìa  ragione  due.  1275  doro  h,  40.  (Da  Misceli, 
ms.  di  proprietà  del  libraio  SpitOver,  p.  1 32  ). 

«7- 

Die  22  Maij  i522. 

Quietantia  ad  fauorem  haeredum  Aug.**  Chisij  de  omnibus  operibus 
factis  ad  instantiam  dJ  D.*  Augustini. 

Eufrosìus  Dominici  Florentinus  habitans  Romae  in  Dogana  Regionis 
Sancii  Eustachij ,  facto,  ut  asseruit,  calcalo  de  omnibus  operibus  per 
eum  tam  tempore  uitae  bonae  memoriae  Augustini  Chisij,  quam  post 
eius  obitum  usque  in  hunc  praesentem  d'cm,  et  cum  haeredibus  dicti 
quondam  Dhi  Augustini,  ac  etiam  Mariani  de  Chisijs ,  et  Dho  Sigis- 
mundo  de  Chisijs,  ac  ad  eorum  Instantiam,  siue  de  eorum  commissione 
tam  in  regione  Transtiberina,  quam  Romae  in  quauis  parte  factis ,  et 
ex  calculo  hwusmodi  generali  confitens  se  restare  Creditorem  eorundem 
in  ducatis  quinquaginta  auri  de  Camera  etc.  confessus  fuit  habuisse  a 
dictis  Dhis  haeredibus  etc,  per  bancum  dictorum  haeredum  quondam  Ma- 
riani  de  Chisijs,  et  sociorum  ducatos  quinquaginta  auri  de  Camera  etc. 

Ioannes  de  Nicea  Notarius,  (Scritture  di  Casa  Chigi,  voi.  E.  p.  5i  j. 

18. 

3i  Ottobre  i526. 
Obligo  di  Andrea  di  Caravaggio  di  fare  la  soffitta  di  Gismondo 
Chigi.  (Scritture  di  Casa  Chigi,  voi.  Ili,  p.  504). 

9  Novembre  1529. 

Obligo  di  Gio.  Angelo  Romano  di  far  un  fregio  di  colori  a  favore 
di  Sigismondo  Chigi. 

Io  m.o  Io:  angnelo  romano  depintore  p  la  pnte  me  obligo  fare  uno 
fregio  de  Colori  i  sotto  ala  soffitta  al  studiolo  di  ms  mario  figliolo  di 
ms.  gismòdo  Chisi  p  el  quale  semo  remasti  de  accordo  col  detto  ms  gi- 
smodo  p  ducati  octo  de  oro  de  camera  t  parte  deli  quali  mi  da  al  pnte 
ducati  quattro  simili  Et  p  fede  della  uerita  ho  sottoscritto  la  pnte  de 
mia  ppia  mano  questo  di  viiij  de  nouembre  i526. 

Io  goanangilo  fo  fede  a  quanto  di  sopra  e  scrito  e  pò  sito  questo  de 
mia  pia  mano. 

Io  gana  nagilo  so  para  dito  oricputo  ducati  quatro  simili  p  resto 
entego  pagamo  de  la  sopra  scrita  opera  li  qali  denari  o  autu  p  le  manie 
de  3/.«  Suplicia  e  pte  questa  pnte  declaro  come  tamto  de  questa  quanto 


oAgostino  Chigi  ti  ^Magnifico  228 


de  gnni  altra  opera  hce  Li  aue  sifato  p  il  tempo  pasato  pfinio  a  questo 
di  meffo  contrito  t  satisfato  et  p  fede  o  fato  la  pnte  di  mia  pp*  mano 
questo  di  2  3.  noucmbre  i526.  (L* originale  di  questo  contratto  conser- 
vasi nel r Archivio  di  Casa  Chigi,  ed  una  copia  se  ne  legge  nel  voi.  IV. 
delle  Scritture  di  Casa  Chigi,  p.  7).  (*) 

20. 

Di  che  guisa  ed  in  qual  tempo  questo  palazzo  e  questi  orti  passas- 
sero dalle  mani  dei  Chigi,  in  quelle  dei  Farnesi,  ci  viene  raccontato  da 
Fabio  (**)  nel  modo  seguente: 

Laurentìo  (figlio  di  Agostino)  demortuo  ut  aes  alienum  solueretur, 
oc  dos  constitueretur  Cianci  nepti ,  quamquam  bona  aliunde  sufficerent, 
non  reclamante  ardue  ulto  ex  haeredibuSy  cui  scilicet  ob  multiplicem 
portionem  paruula  portio  obtigisset;  Aedes,  Stabulum,  Hortique  contra 
AuguUini  Fideicommissum  ex  Gregorii  XIII  Pontiflcis  decreto  dat,  Ro^ 
mae  8  Chalend.  Ma'j  i58o  (***)  sub  hasta  uenierunt,  emente  Alexandro 
Cardinali  Farnesio;  qui  e  uilissimo  emptionis  pretio  (****),  S'ìluens  aes 
alien um  haereditatis,  particulam  reliquam  trium  milia  aureorum  reser^ 
uauit  sibi,  in  qua  ueluti  integrum  Augustini  Fideicommissum  represen- 
taretury  ideoque  ex  ea  non  nisi  bona  stabiVa  comparari  uoluit,  aut  sai- 
tem  honorum  stabilium  fiructus ,  legitimi  foeneris  nomine,  quod  uulgo 
dicitur  a  censi. 

Con  quanta  ritrosìa  i  Chigi  si  lasciassero  andare  a  questa  vendita, 
e  con  quanta  cupidigia  vi  si  studiasse  per  contrario  il  Card.  Alessandro 
Farnese,  apparisce  chiaro  dalle  due  lettere  seguenti.  (*****) 

I. 

(Di  fuori)  Alla  Mags*  Mad,»  Olin^ia  Bulgarini  de  Chigi  mia  AmatsJ^ 

Siena. 

Mag.*^  mia  Amats,^  Ho  uisto  per  la  wra  de?  xij  il  desid,»  che 
hauete  eh* io  mi  astenga  dalla  compra  del  pala^^o  di  Roma,  intorno  al 

(*)  Nel  voi.  V  delle  Scritture  di  Casa  Chigi  a  p.  379  leggeri  ana  Receputa  lohan- 
nis  Pictoris  in  data  2r  lutti.,., 

('*)  Commentarii^  p.  62. 

('••)  Questo  decreto  fu  interposto  dal  Papa,  circa  dicci  mesi  dopo  seguito  e  sti- 
pulato il  contratto  di  vendita,  per  troncare  la  questione  di  nullità  di  contratto,  che 
ì  Chigi  avcano  posto  innanzi  al  tribunale  Capitolino  (Scritturt  di  Casa  Chigi ^ 
"^ol.  F.  p.  2 89  ).  Ma  i  Chigi  non  si  acquietarono,  né  ratificarono  questa  vendita  se  non 
"^crso  Panno  1590.  (Fea,  Notizie  intomo  Raffaele  Sanzio,  p.  5). 

(****)  Diecimila  e  cinquecento  scudi.  LMstromento  di  vendita  del  6  Luglio  1579 
leggesi  a  p.  391  del  voi.  B  delle  Scritture  di  Casa  Chigi, 

(*'*")  Ms.  Chig.  R.  V.  b.  p.  173  e  175. 


224  ^-  Cugnoni 


quale  non  posso  dirui  altro  se  non  che  douete  rfcordarui,  eh' è  più  d'vrn 
turno,  eh*  io  ho  fatto  ogni  diligentia  possibile  per  intenderne  F  aniwto  di 
tutti  i  Chigi,  et  per  darli  intomo  a  ciò  tutte  quelle  satisfationi ,  che 
fossero  state  honeste,  si  come  uè  nepuo  far  fede  ms  AlessJ*  istesso. 
Alla  fine  auuedendomi,  che  altri  trattaua  d'intrarui,  et  essendo  consi- 
gliato da  tutti  a  non  lasciarmelo  uscir  di  mano,  rispetto  alla  uicinan^a 
del  mio  giardino;  mi  sono  risoluto  a  pigliarlo,  et  sono  molti  giorni  che 
si  contrattò,  et  che  io  ne  presi  il  possesso.  Per  tanto  essendo  già  fatto 
il  tutto  è  ragionevole  che  mi  habbiate  per  iscusato,  et  che  ui  sath- 
tfacciate ,  da  che  haueua  da  uendersi,  che  piit  tosto  V  habbia  io,  che 
altri,  il  qual  sapete  che  sono  stato  sempre  amoreuoliss*  di  casa  t^a, 
rì  come  sono  per  essere  ancho  per  V  auenire.  Et  il  Sj  Dio  ui  conserui. 
Di  CaprM  alli  XV  di  Luglio  MDLXXIX, 

Tutto  vro  II  Cor.  Farnese. 

2. 

(Di  fuori)  Alti  Mag.^  miei  Amats,^*  li  Heredi  di  Ms  Mario  et  Augusto 
Chigi.  Siena. 

Mag.^  miei  Amats.^    Ho  uisto  per  la  ùra  de*  xij  il  desiderio  che 
hauete  ch'io  mi  astenga  dalla  compra  del  palai^^o  di  Roma,  intomo  tfl 
quale  non  posso  dirui  altro  t  se  non  che  douete  ricordami,  che  è  più 
€Pun  auno  ch'io  ho  fatto  ogni  diligenza  possibile  per  intenderne  P  animo 
di  tutti  i  Chigi,  et  per  darli  intorno  a  ciò  tutte  quelle  satisfattioni ,  che 
fossero  state  honeste.  Alla  fine  auuedendomi  che  altri  trattaua  d*  in^ 
trarui  ;  et  essendo  consigliato  da  tutti  a  non  lasciarmelo  uscir  di  mano, 
rispetto  alla  uicinan:[a  del  mio  giardino;  mi  sono  risoluto  a  pigliarlo, 
et  sono  molti  giorni,  che  si  contrattò,  et  eh*  io  ne  presi  il  possesso.  Per- 
tanto essenao  già  fatto  il  tutto,  è  ragioneuole  che  mi  habbiate  per  iscu- 
sato, et  che  ui  satisfacciate ,  da  che  haueua  da  uendersi,  che  piit  tosto 
V habbia  io,  che  altri,  il  qual  sapete  che  sono  stato  sempre  amoreuliss.* 
di  casa  ura;  sì  come  sono  per  essere  ancho  per  V  auenire.  Et  il  S,**  Dio 
ui  conserui.  Di  Ccqfr.^  alli  XIX  di  Luglio  MDLXXIX. 

Vro  II  Car.  Farnese. 

A  questa  vendita  della  Farnesina  si  riferiscono  i  seguenti  titoli  di 
scritture. 

I. 

14.  Decembre  iSjy. 
Emptio  Palata  per  uiam  subhastationis.  (Scritture  di  Casa  Chigi, 

voi.  F.  p.  223). 


oAgostino  Chigi  il  oMagnifico  225 


2. 

6.  Luglio  1579. 
Declaratio  vendendi  Palatium  cum  vìridariis  hortis  et  aliis  suis per~ 
inentiis  stante  licentia.  (Ivi,  p.  263). 

3. 

6.  Luglio  iSyg. 
^onsensus  venditioni  Palatii  et  empt ioni  annui  census,  (Ivi,  p.  255). 


6.  Luglio  iSyg. 
Compromesso  di  vendita  del  Pala^^^o  ecc.  fra  il  Camaiani  ed  il  Car^ 
tinaie  Farnese.  (Ivi,  voi.  B.  p.  BSg). 

5. 

6.  Luglio  iSyg. 
Venditio  Palatii  cum  viridariis  hortis  etc.  prò  Illmo  CardJ^  A.  Fot' 
nesio.  (Ivi,  voi.  F.  p.  264). 

6. 

6.  Luglio  iSog. 
Ratifica  di  vendita  fatta  da  Clarice  Chisia  de*  Camaiani.  (Ivi,  voi.  B. 
p.  4o5). 

7- 

6.  Luglio  1579. 
Vendita  del  Palalo  alla  longara  fatta  dal  Camiani.  (Ivi,  p.  39i(. 

8. 

24.  Aprile  i58o. 
Litterae  Apostolicae  (Gregorii  XIII)  derogationis  fideicomissi.  (Ivi, 
voi.  F.  p.  289). 


i3.  Maggio  i58o. 
Emptio  Palatii  Viridarii  et  Stabuli  et  alior.  (Ivi,  p.  275). 
Archivio  della  Società  romana  di  Storia  patria.  Voi.  III.  15 


226  G.  CugnorU 


IO. 


•     i3.  Maggio  i58o. 
VemiUa  dell'altra  parte  di  detto  Pala^^o,  come  settqposi0  rnlJUte- 
contesso,  fatta  da  Alesso  del  q,  Sigismondo  Chigi  al  Qard^  Farwesf. 
(ivi,  voi.  B.  p.  411). 


II. 


tp.  Maggia  i^So. 
Donatio  facta  per  D,  Alexandrum  Chisium  D.  Card,^  Famesio  (*). 
(Ivi,  voi.  F.  p.  285). 

12. 

28.  Maggio  i58o. 
Concordia  Inter  eq,  Lelium  Camaianum  et  D,  Alex,»  Chisium.  (Ivi, 
p.  3o3). 

i3. 

Concordia  inter  D.  Claricem  Chisiam  tt  eq^  t^linm  CafMi^Hm  ^ 
D*  Guidum  lannellum.  (Ivi,  p.  3i7). 

14. 

28.  Maggio  |58o. 
Concordia  fra  Alessandro  Chigi,  il  Card.  Farnese  e  il  Cav,  Lelio 
Camaiani,  (Ivi,  voi.  fì.  p.  43i). 

i5. 

i58r. 

Istrumento  d'accettazione  delle  Lettere  aple  di  Paolo  ///.  sopra  la 
dergoa\ione  del  Fidecommisso  di  Agostino  sopra  il  Palalo  e  Giardino 
alici  longardi,  e  di  ratificazione  della  vendita  della  parte  spjttatite  ad 
Aìess.*  Chigi  (Ivi,  voi.  C.  p.  358). 


(')  Con  questa  scritta  Alessandro  Chigi,  a  render  vana  qualunque  futura  pos- 
sìbile eccezione,  dona  al  Card.  Farnese  il  di  più,  che  potesse  mai  Takre  il  Palazzo 
e  gli  Orti  TCAdaUgli 


oAgo stino  Chigi  il  ^Magnifico  227 


16. 

II.  Aprile  i58i. 
Consensus  et  ratiflcatio  D,  Curtii  Ckisii  filli  D,  AléJcattdri  Chisii 
Venditionis  Palata  positi  in  Regione  Transtiberina  faetae  CkirdJ*  Fdtr^ 
nesio,  (Wi,  toI.  F.  p.  Si 3). 

i6.  Novembre  i58i, 
Motu  proprio  di  Gregorio  XIII  per  la  facoltà  di  alienare  il  Paìaj(f 
jfo  ecc.  (Misceli.  Chig.  Ms.  R.  v.  d.  pp.  472,  478)^ 

18. 

8.  Gennaio  i583. 
Ratifica  di  d,*  vendita  (dell'altra  parte  del  Pàlai^jfó,  tome  30ft(H 
posta  al  fidecomisso)  con  mandato  di  procura  speeìaìOi  (SariMufé  cK 
Casa  Chigi,  voi.  fì.  p.  470}. 

19. 

20.  Settembre  1 58  J. 
Emptio  domus  seu  Palata  positi  in  regione  Tranitjrbèt.  fdeia  p^ 
Card.  Famesium  prò  pretio  seutwuwi  io5oo  é  I>.  Mexanàto  Chùié* 
(Ivi,  voi.  F,  p.  387). 

20. 

8  Febbraio  1684. 
Emptio  Palata  et  viridarior,posit,  in  regione  Trastyb./acfap.  Card. 
Alex.  Farnesium  a  D.  lulio  Petruccié  Preeuratote  hatredibus.  q.  Morii 
Chisii.  (Ivi,  p.  409). 

Possono  consultarsi  su  tale  pFòf^osho  Carlo  Fea,  e  AÌfirecfo  Reiftnòi&t;- 
H  primo  nel  Prodomo  di  nuove  osservazioni  e  scoperte  fatte  r.elìe  An- 
tità  di  Roma  ecc.  Roma,  Bourlié,  181 6;  il  secondo  nell* articolo  Die 
Farnesina  und  Agostino  Chigi,  inserito  nel  JahrbOcher  fùr  Kui»fm4^- 
senschaft  Hcrausgcgeben  von  D.^*  A.  von  Zahan.  Leipzig,  seemann',  1868, 
annata  prima,  p.  21 3-220. 

(104)  1  signori  Riari  di  quel  tempo  edttcavonoi  ove  ora  ò  il  polnacy 


228  G.  Cugnoni 


G>rsioL  V.  Fea,  Noti:^e  intorno  a  Raff.,  p.  4.  V.  Bcohafbds,  /  Oògi 
Augusti  j  p.  181. 

(io5)  Circa  il  Penizzi  architetto  della  Farnesina,  V.  BitnjzxAy  Mewu 
degli  architetti  ant.  e  mocLy  tom.  I,  p.  211.  Il  Caiìcklxjku,  nei  Sm^ 
pigmenti  e  Corre:^oni  alla  Storia  dei  solenni  Possessi  ecc.  a  p.  5ot 
scrìve  :  «  La  casa  di  Baidassare  Penizzi,  in  un  vicolo  de*  Giupponarì  (Baal- 
lari)  per  andare  alla  Cancellerìa,  è  il  modello  della  Farnesina  ».  Se  dò  sia  0 
no  vero,  non  discuto;  ma  è  ben  vero  che  la  indicata  casa  è  ano  de* più 
carì  edififizi  di  Roma:  ed  è  cosa  oltremodo  strana,  che  mentre  il  no- 
stro Comune  si  atfanna  tanto  perchè  i  cittadini  diano  di  bianco  alle  fiic- 
date  delle  loro  case;  non  abbia  trovato  via  perchè  un  tanto  eccellentB 
monumento  venga,  dallo  squallore  e  dalla  lurìdezza  in. che  è  ridotto, 
restituito  nel  suo  essere  prìmiero. 

(106)  V.  Vasabi,  VUL  46,  nota  fi).  V.  QuATacKESK,  i65.  V.  Mi- 
lizia, Jiem.  degli  Archit.,  h  22.  Circa  labilità  di  Raffiiello  come  ar- 
chitetto. V.  Paolo  Giovio,  Elog.  di  Raff.  V.  CAi^AGifim,  Epistolar.f 
lib.  VII,  p.  IO.  V.  Passa  VANT,  IL  38o  sqq.  V.  Pont  ani,  Opert  archi' 
tettoniche  di  R^aella  San^^io  incise  e  dichiarate,  Roma  1 845.  Il  Poo- 
tani  a  p.  1 1  dubita  che  il  palazzo  della  Farnesina  sia  stato  disegnato  da 
Ra&ello,  anziché  dal  Penizzi. 

(107)  Pag.  192.  V.  Vasabi,  VIIL  222.  223.  238. 
(io8j  V.  VASAai,  VUI,  p.  234. 

(109)  Laguna  del  ms. 

(tic)  A  questo  vuoto  del  Ms.  suppliscono  le  seguenti  parole  del  Va- 
sari (XL  147):  «  e  vidno  al  camino  (il  Sodoma)  fece  un  Vulcano,  il 
quale  fabbrica  saette,  che  allora  (u  tenuta  assai  buona  e  lodata  opera  ». 
V.  BoTTAHi,  Raccolta  di  leti,  sulla  pittura  ecc.,  voi.  V,  p.  2  32,  nota  (i). 

(i  1 1)   V.  la  Nota  (91). 

(i  li)  V.  Vasari,  VII.  44.  242.  V.  Quatremere,  190,  nota.  228,  nota. 

(ii3j  V.  Vasari  ivi.  V.  Quatremere,  190. 

(114)  V.  Vasari,  VUL  58. 

(i  i5)  p.  192. 

(iió)  V.  Vasari,  Vili.  45.  242.  nota  (i).  V.  Quatremere,  187. 

(117)  V.  Vasari,  X.   122.  testo  e  nota  (4).  V.  Quatremere,  182. 

(118)  Lettere  volgari  di  JJons.  Paolo  Giovio  ecc.  raccolte  per  ms. 
Lod.  Domenichi,   Venetia  i5òo,  p.  14- 

(119)  Incorno  a  questa  testa  disegnata  col  carbone,  giusta  una  vol- 
gare opinione,  dai  Buonarroti,  V.  Prunetti,  Descrizione  delle  pitture 
esistenti  nei  Pala^^ì  Farnese  e  Farnesina,  p.  80  e  8 1 .  V .  Passa vakt,  1.  i  92. 

(120)  V.  la  Nota  (121). 

(12  ij  È  la  nota  lettera  di  Rateilo  al  Castiglione,  pubblicata  pure 
dal  Bottari  nel  I.  tomo  delle  Lettere  pittoriche,  dagli  Annotatori  del 
Vasari,  dal  Quatremere  e  dal  Passavant.  Francesco  Gasparoni  [L^At" 


oAgostino  Chigi  il  oMagnifico  229 


chitetto  girovago t  to.  I,  p.  24}  propose  dei  dubbi  suir autenticità  di 
questa  lettera,  il  Marchese  Haus  {Alcune  rifess' crii  di  un  oltramontano 
sulla  creduta  Galatea  di  Rafael  d'Urbino,  Palermo  18 18)  scrisse  su 
tal  proposito:  u  Convien  riflettere  che  l'accennata  lettera  altro  non  di- 
mostri, che  P intenzione  di  Raffaello  (di  dipingere  una  Galatea),  né  ci 
palesi  a  qual  tempo,  in  qual  luogo,  e  con  qua!  modo  egli  abbia  pensato 
di  eseguirla  ».  Il  Prof.  Basilio  Magni  (Della  Poesia  di  Raffaello  nella 
Pittura,  Urbino,  1877,  p.  14,  nota  (6))  osservò:  o  La  lettera  di  Raf- 
faello, che  accenna  alla  Galatea,  benchc  manchi  di  data  scritta,  può  averla 
di  sicuro  dopo  il  primo  dì  agosto  del  i5i5,  nel  qual  dì  fu  eletto  con 
Breve  di  Leone  a  capo  architetto  di  S.  Pietro,  poiché  annunzia  tal  no- 
vella al  Castglione  n.  Ora,  prosiegue  il  Magni,  cotal  pittura  (la  Galatea) 
fu  compiuta  tra  il  1 5 1 1  e  il  1 5 1 2  ,  dacché  in  quel  tempo  la  villa  di  Ago- 
stino Chigi  fu  celebrata  in  eleganti  versi  latini  da  due  poeti  romani  suoi 
amici,  Egidio  Gallo,  e  Blosio  Palladio,  i  quali  per  altro  non  fanno  men- 
zione della  Galatea  ».  Lasciando  per  ora  da  parte  l'argomento  tolto  dal 
Poema  del  Gallo,  e  dalla  Selva  del  Palladio;  io  non  trovo  ragione  da 
potere  affermare  che  u  cotal  pittura  (la  Galatea)  fu  compiuta  tra  il  i3ii 
e  il  i5i2  n;  anzi,  s'io  non  m'inganno,  parmi  potersi  dimostrare,  che 
Raffaello  per  lo  meno  nel  i5i4  non  avea  ancora  cessato  di  dipingere 
Bella  Farnesina  (*).  Ed  in  fatti  nel  capitolo  Praecipua  quaedam  de  Ra- 
phaele  Sanctio  del  nostro  Commentario,  Fabio  scjive:  «  Huius  Rapha- 

lis operam   ut  adhiberet  postrenAs  eius  vitae  tentporilus  (RafTaello 

morì  nell'aprile  del  1820) callidis inuentis  uti  necesse  habuit. 

Sumpserat  ille  sibi  perfìciendas  Vaticanas  porticus  superiores,  verum.... 

uix  operi  marum  admouebat Qua  de  re  conquestus  Leo  Pontifex  pe- 

tiit  ab  Augustino,  cui  Raphaelem  uiderat  omnmo  antea  obsequentem, 
si  quo  modo  possct  ad  piciuram  ex  animo  prosequendam  revocare;  af- 
firmauit  ille,  atque  suis  primo  in  aedilus,  ut  eaperficerentur,quae  in* 
cepta  relieta  eraiit  postulauit,  uotique  compos  a  Pontifice  perhumaniter 
factus  est  n.  Ecco  dunque,  che  sotto  Leone  X,  creato  Pontefice  agli  11 
di  marzo  i5i3,  Raffaello  noD  avea  peranco  finito  di  dipingere  alla  Far- 
nesina. E  poiché  non  può  verisimilmente  pensarsi,  che  Leone,  in  mezzo 
alle  gioie  della  sua  esaltazione,  e  fra  le  nuove,  molteplici  ed  importanti 
cure  così  religiose,  come  civili,  onde  in  un  subito  trovossi  gravato;  ri- 
volgesse tosto  il  pensiero  alla  prosecuzione  delle  pitture  delle  loggie  Va- 
ticane: è  assai  ragionevole  il  supporre,  che  egli,  non  prima  del  i3i4, 
%i  facesse  a  richiedere  Agostino  «  si  quomodo  posset  ad  picturam  ex 
animo  prosequendam  (Raphaelem)  revocare  ».  E  quindi  al  medesimo 


(•)  V.  la  recente  pubblicazione  del  Puuzxr:  Beitràge  {U  Raffaeli  Studium 
dCT  Antike,  Lipsia  1877. 


23o  G.  Cugnoni 

anno  sarebbe  da  riferire  la  preghiera  di  Agostino  al  Postele:  «  Sutf 
primo  in  aedìbus,  vt  ea  perflcerentur,  quae  incepia  relieta  eratìt.  ».  Se 
dunque  Raffaello  non  prima  del  i5i4  riprese  ad  operare  nella  Farne- 
sina, e  se,  come  Fabio  soggiunge,  il  suo  lavoro  procedeva  assai  lenti- 
mente  (acumque negligentem  suis  etiam  in  rebus  cernerei  Ai^o- 

stinus  »),  puossi  assai  verisilmente  conchiudere,  che  nelPagosto  del  i3t5 
(quando  cioè,  secondo  il  Magni,  fu  scritta  quella  lettera)  o  pocodopo^ 
egli  venisse  dipingendo  la  Galatea.  Tanto  più  che  questa  pittura  forse  do- 
vette essere  T ultima  opera  del  Sanzio  in  quel  palazzo,  mentre  chela 
sala  in  cui  ella  si  ammira  non  fu  terminata  di  dipingere,  come  mostra 
la  lunetta  bianca,  ove  è  disegnata  col  carbone  la  famosa  testa.  Dopo  ciò 
Targomento  tratto  dal  Poema  dì  Gallo  Egidio,  e  dalla  Selva  di  Blosio 
Palladio,  cade  del  tutto  per  ragion  cronologica;  da  che  il  primo  fu  stam- 
pato nel  i5ii,   la  seconda  nel   i5i2.  Senza  che  né  Tuno  né  T altra  si 
allargano  a  descrivere  le  pitture  della  Farnesina.  L'Egidio  dei  i^bi  versi 
dei  suo  Poema  non  ne  impiega  a  tal  uopo  che  3  (lib.  V,  v.  110-112)1 
e  senza  punto  entrare  nei  soggetti  de*  freschi,  ed  accennando  soltanto  di 
due  loggie  (aambas  porticus»)  dipinte;  il  Palladio  fra  i  465  versi  della 
sua  Selva,   26  soltanto  (47-72  )  ne  volge  a  toccare  delle  pitture,  e  di 
questi  solo  4  (63-66)  ad  indicarne  \  soggetti.  Cosicché  ove  dal  silenzie 
dei  due  poeti  si  dovesse  argomentare  che  RaffaeMo  mai  quivi  non  dn 
pinse  la  Galatea,  similmente  dovrebbe  conchiudersi  che  neppure  vi  di- 
pingesse le  Grazie,  e  che  il  Bazzi^  il  Pippi,  il  Penni  e  gli  altri  somfoi 
Pittori,  fé  cui  opere  si  ammirano  in  quella  reggia  delle  arti,  non  vi  ope- 
rassero punto  quello,  che  vi  hanno  operato.  Finalmente  a  dimostrare  che 
la  bellissima  fanciulla  in  questione  sia  proprio  Galatea,  parmi  non  duh* 
bio  argomento  il  Polifemo,  che  presso  le  dipinse  Sebastiano  dal  piombo, 
sozza  figura  non  certo  ivi  rappresentata  a  dilettare  gli  occhi  de*  riguardanti 
colle  sue  membra  mastine  e  bitorzolute,  ma  sì  a  compiere  la  scena  della 
favola  della  bella   marina.  V.  Fea,  Prodromo  di  nuove  osserva:(ìoni ecc., 
p.  107.  V.  Biblioteca  Italiana,  to.  VII,  p.  344.  V.  Pungileoni,  Elogié 
storico  di  Raffaello,  p.  no.  V.  Quatremere.   V.  Passa vant.  V.  Parti- 
colo  Raphaels  Galatea,  inserito  a  p.  65  del  J/ihrbùcher  /ùr  Kunstwis-^ 
senschaft.   Herausgegeben  von  Dj  A.  von  Zan,  Leipzig,  1868,  annata 
prima.  L* autore  di  quesf  articolo  é  di  parere,  che  nella  camera,  ove  al 
presente  si  ammira  la  Galatea  in  questione,  Raffaello  avesse  già  ante- 
cedentemente  dipinto  una  vera  Galatea^  la  quale  poscia,  come  che  sia^ 
scomparsa,   lasciò  il   suo   nome  alla  successiva  dipintura  della  Venere 
trionfante.  Ma  questa  peraltro,  osservo  io,  dovrebbe  essere  tratta  da  colom- 
be, non  già  da  delfìni.  E  sebbene  intorno  a  ciò  mi  fa  avvertire  il  mio  dotto 
amico  sig.  Cav.  Cerroti,  Bibliotecario  Corsiniano,che  «  Raffaele  disegnando 
tutta  la  tavola  di  Psiche,  intagliata  poi  in  rame  dai  maestro  del  Dado 
c  da  Agostino  Veneziano,  ha  in  uno  de*  quadri  effigiata  per  Kappìioco 


oAgostino  Chigi  il  Magnifico  23 1 

Venere,  che  corre  il  mare  ceduta  su  due  delfini,  accompagnata  da  Tri» 
toni  e  da  Neraidi  »;  tuttavia  è  da  por  mente  alla  diversa  scena  di 
una  Venere,  che  cavalca  sulle  onde,  e  di  una  Venere,  che  le  percorre 
in  cocchio:  alla  prima  non  si  sarebbero  potute  dare  per  cavalcature  le 
colombe,  sì  per  la  loro  picciolezza,  e  sì  perchè  non  notatrici;  ma  ben 
le  si  poteano  aggiungere  al  carro  della  seconda,  perchè  sorvolando  lo 
menassero. 

(i22)  V.  ViBAftì,  IX.  273.  Di  recente  la  incise  mirabilmente  il  cav. 
Luigi  Ceroni. 

(123)  V.  Vasari,  X.  xai. 

(124)  Laguna  del  ms. 

(i2  5)  V.  Vasari,  Vili.  22  3.  V.  Taddeo  Zuccaro,  L'idea  d& Pitto- 
ri ecc.y  lib.  II,  cap.  IV  e  VI,  nella  Raccolta  di  lett,  sulla  Pittura  ecc. 
voi.  VI,  pp.  121,  i3i.  V.  MiLizia,  Mem,  degli  Architetti  ecc.,  to,  I. 

p.    212. 

(126)  Laguna  del  ms. 

(127)  V.  la  Nota  (41). 

(128)  Intorno  a  questo  Convito,  è  da  vedersi  VOratio  totam  fere  Rom^ 
Hist.  complectens  habita  Romae  in  aedibus  Capìtolinis  XI,  KaL  Mai, 
i52i.  ab  anonimo  auctore  die  qua  dedicata  fuit  Leonis  X.  Statua ,  Ro- 
mae  i753,  737?.  Mainardi,  p,  140.  W.  V Album,  Giornale  lett er io  tee. ^ 
voi.  IV,  pp.  263,  272,  dove  fu  ristampata  da  P.  E.  Visconti  la  Descri- 
scrizione  di  questo  convito  contenuta  nel  citato  libro.  Il  Tizio  (*)  dà 
su  questa  festa  il  seguente  cenno,  a  Sed  nec  praetereundum  est  magni" 
ficum  ac  splendidissimum  epulum  Cene  quod  a  populo  Romano  luliano 
medici  fratri  Leonis  ponti ficis  in  theatro  exhibitum  est  ac  magna  pompa 
exornatum  recitatione  comediar,  cantib.  sonis  ac  uarys  oblectationib, 
redimitum  ferculis  ac  dapibus  ptf'osis  atq.  regalib.  affatim  refertum: 
die  uidelicet  septembris  sextadecima  :  uniuersa  Ramanor.  assistente  no- 
bilitate  et  pioribus,  Quod  quidam  epulum  lulius  Simon  Skulus  Carmine 
suo  heroico  trecentesimo  quinquagesimo  sexio  et  laudauit  predicauit  et 
mire  celebrauit  quorum  sane  huiusmodi  metrù  fuit 

a  Mens  mea  fert  sacram  cantu,  mea  promere  Cenam  ». 


Ad  camdem  quoque  luìianì  medices  laudem  et  Leonis  gloriam ,  nec  non 
populi  Romani  muuifìcentiam  excellentem  non  sub  Epuli  titulo  exhibiti 
sed  Theatri  Capitolini  Aurelius  Serenus  monopolitanus  licet  postea  p 
aliquos  menses  promulgauerit  Carmine  edidit  heroico  et  quod  in  tres  li- 
bros  disti fixit.  Erant.  n.  carmina  mille  ac  triginta  tria:  quibus  huius- 

(*)  Ms.  Chig.  G.  II.  37,  p.  373,  275,  ad  an.  1513. 


2  32  G.  Cugnoni 


modi  Titulum  preopsuit  Theatrum  Capitolinum  Magnifico  luliano  con- 
structum  per  Aurelium  Serenum  monopolitanum.  Celebrai  enim  carmi^ 
nìhus  eisdem  et  iulfanum  et  Romanos  atq.  Leonis  insuper pdtificis  laudes 
narrat  atq.  peonia  recenset  et  epistola  in  primis  ad  ipsum  Leonem  di- 
rect a  uniuersum  illi  opusculum  dedicata  Initium  uero  carmìnùfuit  huius^ 
modi  uidelicet 

«  Ordior  egregios  tilulos  magnumq,  Theatrum  ». 

(i2g)  Orlando  Furioso  f  Canto  XLVI,  ott.  i3. 

(i3o)  Carminum ,  I.  56. 

(i3i)  V.  la  Nota  (52). 

(i32)  Ed.  di  Parigi  1609,  Lib.  i,  p.  258.  A  p.  iS3  seqq.  de]  yol.  A. 
delle  Scritture  di  Casa  Chigi ,  si  legge  una  Nota  delli  /strumenti  del 
Mag!»  SigS  Lorenzo  rfig^io  di  Agostino)  GhisiJ,  ove  fra  gli  altri  è  ac- 
cennato, a  p.  184,  un  Altro  simile  (istrumento  di  procura)  in  persona 
deirilbno  e  K.-»  Card}^  Pisano  ad  Riscuotere  Certe  Statue  existente 
nel  regno  di  Napoli^ 

(i33)  Voi.  II,  232.  V.  RoscoE,  Vita  di  Leone  X,  voi.  XI,  p.  241. 
Del  genio  di  Raffaello  per  gli  antichi  monumenti.  V.  Ww ckelmanm ,  0$- 
serva:(ioni  sulV Architettura  degli  antichi,  Roma  1784,  to.  IH,  p.  5o. 
V.  QuATREMERE,  pp.  i8,  1 98 ,  20I ,  260,  3x3,  324.  V.  PoNTANi,  Opere 
architettoniche  di  R.  S.  p.  21. 

(134)  Ecco  le  parole  del  Tizio  (*).  «  Die  posterà  (3o  apr.)  que  ueneris 
fuit  Augustinus  chisius  Senensis  mercator  magnus:  Leoni  pontifici  semel 
ueneris  die  comedenti  sumptuosam  atq.  magnificam  pparauit  cenam  suis 
in  edibus  transtyberims  quas  siti  edificauerat  hora  diei  uigesima:  af- 
fuerunt  Cardinales  quattuordecim  et  oratores  princìpum  q  tunnc  Rome 
agebant:  defuit  tamen  Johannes  picolhomineus  cardinalis,  aureorum  duo 
milia  et  eo  amplius  expeniit  augustinus:  ut  auT  duas  haberet  anguillas 
et  sturionem  unum  ducentos  quinquaginta  cffudit  aureos,  instructus 
abacus  multo  argento,  apparatus  et  ornatus  magnificus  atq.  ditissimus: 
Sed  cum  cena  absoluta  fuisset  argenti  elaborati  undecim  frustra  defice^ 
rent  nec  reperirentur,  ut  magnanimus  esse  uideretur  mandauit  ministris 
ut  illa  non  quererent  sed  tacerent  ».  Girolamo  Gigli  (**)  confonde  que- 
sto convito  con  l'altro,  che  Fabio  descrive  appresso. 

(i35)  V.  Buonafede,  /  Chigi  Augusti,  p.  178.  Intorno  a  questo  por- 
tico V.  le  Note  (137)  e  (2o5). 

(i36)  V.  Buonafede,  ivi. 


(')  Ms.  Chig.  G.  n.  38,  p.  i43,  ad  an.  15 18. 
(")  Diario  Sanese,  Lucca  1723,  parte  I.  p.  135. 

(continua) 


VARIETÀ 


Colla  maggiore  soddisfazione  pubblichiamo  la  se- 
guente communicazione  dell'  illustre  signor  barone 
Alfredo  di  Reumont,  la  cui  dotta  partecipazione 
a  quanto  risguarda  gli  studi  storici  in  Italia  è  per 
gì'  Italiani  tutti  non  meno  desiderata  che  pronta. 


Il  ritratto  della  Fornarina 


Nel  Commentario  sulla  vita  di  Q/lgostino  Chigi  il  Ma- 
gnifico, scritto  da  Fabio  di  lui  bisnipote,  che  fu  poi  Papa 
Alessandro  VII.,  e  dal  eh.  Prof.  G.  Cugnoni  stampato  nel 
voi.  II.  di  quest'Archivio  della  Società  Romana  di  storia 
patria,  a  pag.  62  leggiamo  a  proposito  della  Fornarina: 
«  Illius  sane  meretriculae  non  admodum  speciosam  tabulam 
ab  ipso  effictam  vidimus  Romae  in  aedibus  ducis  Boncom- 
pagniy  figura  iustae  magnitudinis  y  revincto  sinistro  brachio 
tenui  ligula^  in  eaqiie  aureis  literis  descripto  nomine  Raphael 
Urbinas.  »  Parole  alle  quali  il  prof.  Cagnoni,  citando  vari 
autori  italiani  ed  esteri  i  quali  hanno  scritto  intorno  alla 
Fornarina,  aggiunge  in  nota,  a  pag.  487:  «  Il  ritratto  al 
quale  accenna  Fabio,  ora  non  è  piti  in  casa  Boncompagni, 
e  forse  è  quello  che  si  ammira  nella  Galleria  Barberini.  » 

La  questione  trovandosi  in  tal  modo  lasciata  in  forse, 
credo  far  cosa  non  del  tutto  inutile,  rintracciando  le  vicende 
di  questo  ritratto,  di  cui  non  mancano  notizie. 


234  Varietà 


Nel  ly^  rambasdatare  cesareo  a  Roma,  che  era  il 
Vicecancelliere  Qsradoaz,  rendendo  conto  a  Rodolfo  II  im* 
peratorev  avido  ricercatore  cPoggetti  d'arte  e  d'antidìiti 
pel  soo  museo  di  Praga,  delle  opere  da  vendersi  ivi,  tra 
le  pittare  esistenti  presso  la  contessa  di  Santa  Fiora  no- 
minò e  ona  donna  nuda  ritratta  dal  tìto,  mezza  figuri 
di  Ra&eleL  >  (Vedi  J.  Chxei.,  Oestrekk,  Bìatter  Jmr  U^ 
teratur  &c  1847,  tu  33;   L.  Urijchs,  Beùrage  par  Gè- 
sddchie  àer  KimsAestrtbtmgen  &c.  IL  Rudo^s  U.^  ndk 
Zeitsckrift  far  biUends  Kwut  di  C  t.  Lutzow,  yoL  V. 
Vedi  A.  Spacvcat,  Rafael  und  Michtiangtio^  Lipsia  1878, 
pag.  509).  La  Contessa  di  Santa  Fiora  di  qoal  tenqw  era, 
come  si  sa,  Caterina  de*  Nobili  di  Montepulciano,  proni- 
pote di  P.  Ginlio  III,  sorella  del  Cardinale  Roberto  de' No- 
bili, e  moglie  di  Sforza  Sforza,  conte  di  Santa  Fiora,  morto 
nel  iSjS.  Essa  visse  sin  al  i6o5,  e  se  ne  vede  il  monnmento 
nella  chiesa,  da  lei  fabbricata,  di  S.  Bernardo  alle  Terme 
di  Diocleziano.  La  casa  Sforza  di  Santa  Fiora  possedeva 
molti  oggetti  <Farte,  maggiormente  raccolti,  siccome  pare, 
dai  cardinali  di  quel  tempo,  e  di  cui  fanno  menzione  il 
Vasari,  l'Aldrovandi  ed  altri.  Costanza,  unica  figlia  di  Ca- 
terina, nel  1576  sposò  Giacomo  Boncompagni  figlio  di  P. 
Gregorio  XIII.,  nel  iSyy  marchese  di  Vignola  e  nel  i58o 
duca  di  Bora.  (Ratti,  Della  Famiglia  Sforma,  voi.  I.  pag.  253 
segg.  VoL  II  pag.  i83  segg.)  Così  ebbe  luogo  il  passaggio 
del  ritratto  raffaellesco  in  Casa  Boncompagni,  dove  Fabio 
Chigi  da  giovine  l'osservò  presso  D.  Ugo  duca  di  Sera. 
Nel  1642  però  il  quadro  era  di  già  nel  palazzo  Barberiai. 
In  qual  modo   ivi  passasse,  non   si   sa,  non   sussistendo, 
come  si  vede,  l'opinione  dell' Urlichs,  il  quale  lo  credeva 
acquistato  pel  card.  Antonio  Barberini  dal  card.  Francesco 
Sforza,  erede  della  Contessa  di  S.  Fiora  sua  madre.  L'^^' 
sere  però  l'istesso  ritratto,  vien  comprovato  ancora  dal  a<^^ 
ritrovarsi  nei  palazzi  né  nelle  ville  dei  principi  di  Piombi  ^° 
traccia  di  quello  descritto  dal  Chigi,  il  quale  correggec^^^ 
il  commentario  saitto  in  gioventù ,  pare  non  abbia  sapii  ^^> 


se  pure  non  si  dimenticasse,  del  passaggio  del  medesimo 
in  casa  Barberini.  Nella  t  Nola  delli  musei  ec.  di  Rema  ■ 
nel  1664,  il  ritratto  vìen  detto  quello  e  della  innamorala  di 
Raffaele  d'Urbino.  « 

Riguardo  all'osservazione  del  prof.  Cugnoni  sul  ritro- 
varsi a  Montpellier  un  asserto  vero  ritratto  della  Fornarina, 
mi  limito  accennare  alle  scoperte  innumerevoli  di  opere 
sconosciute  dal  Sanzio  che  poi  spariscono  come  sono  nate. 
Nell'ultimo  catalogo  del  museo  di  Montpellier,  formato, 
come  è.  noto,  mafjgiormente  a  Firenze  dal  pittore  Fabre, 
amico  della  contessa  d'Albany,  non  trovo  menzione  del 
predetto  ritratto. 

Aggiungo  qui,  quantunque  cosa  estranea  al  presente  ar- 
gomento, che  l'armatura  del  conte  Sforza  Sforza,  guerriero 
rinomato  per  vari  fatti  d'arme  nelle  guerre  contro  gli 
Ugonotti  ec,  ritrovasi  nella  celeberrima  collezione  detta 
d'Ambras,  formata  nel  castello  di  tal  nome  presso  Innsbruck 
all'arciduca  Ferdinando  d'Austria,  e  ora  a  Vienna. 


Alfredo  Reumont, 


a36  Varietà 


Comonìcatoci    per    gemflfTTa    dei    ^.    GiOTAinti 
AspROffi^  pubblichiamo  il  seguente: 

CXttiPROMESSO  PER  Ul  PACIFICAZIONE  FRA  I  CASHTELLI 

ly  ASPRA  E  DI  ROCCANTICA 


ht  mtions  Juhiììu  (Zpustil  «-ijiiio  dbwuiu  mnlsstno  trccith 
ttsnno  sexjg^Qona  sitano  atdtctwns  w  pontificìitus  scoKtiS' 
som  0C  XTpo  pdtris  €t  dofitòtt  donum  Yrbiini  doiàui  provi' 
deitìz  cltsmentijL  pape   V  armo   VI  mense  novemtris  dk  pe- 
jmitima.   Ln  presentia  mei  notori  et  testium  stibscrìptorun 
ad  hec  speciiltter  mjcjtoram  et  rog^jtonint  discreti  vàri  ser 
CÌHtiiu  Laurentii  de  Castro  Rodteantique  Comùatiiset&' 
cesis  sabine  scindfcus  et  prtìcuratur  communitatis  et  homiman 
Vmuersitatìs  dicti  Castri  Rodìeantique  de  cuòss  sdndkatu 
et  proewTiStkme  piene  patet  insti- amento  mamt  Benedicti  /o- 
hanms  de  ipsa  Rochantiqua  pub  liei  notori  a  me  piene  wso 
et  lecto  ex  parte  una.  Et  Ser  Srman  lohartnts  de  Castro 
Aspre  prefate  Comunitatis  et  dzecesis  scindicus  etproairatcf 
Ccmumtatìs  um'uersztatis  et  honùnum,  dicti  Castri  Asprae  iC' 
cujus  sctnJicatu  et  prvcurarzone  a  me  uiso  et  kcto  piene  patct 
mami  ser  Antoniz  magistr: petri  de  dzcio  Castrx)  Aspre  export^ 
altera,  habentes  ipsi  scindici  et  prvcuratcres  et  quilibet  eorun^ 
per  se  potestatem  et  speciale  mandatum  ad  eundum  compa'^ 
rendum  et  se  representandum  nomine  dictarum  Comunitatum 
Vniuersitatum  et  hominum  ipsarum  et  quilibet  eorum  vene- 
rabili Viro  domino  Mannovetulo  preposìto  Ananiensi  et  in 
eum  compromittendum  tamquam  in  eorum  arbitrum  et  ar^ 
bitratorem  comunem  amicum  et  amicabilem  compositorem  et 
cujuslibet  eorum  omnem  litem  et  litis  scretium  questionum 
que  ve  rt  un  tur  et  que  verti  pcssunt  inter  Commune  Vniversitaiis 
et  hominum  dicti  castri  Roche antiquae  ex  parte  una  et  com- 
mune m  Vniversitaiis  et  hominum  dicti  castri  Aspre  ex  parte 
altera  tam  occasione  guerre  et  brige  inite  inter  eos  quam 


Varietà  SSy 

€tiam  occasume  honucidiorum  depredatìonum  guastus  et  in^ 
cendiorum  per  dictas  Comunitates  et  homines  ipsarum  hmc 
inde  Jactas  et  generaliter  quacumque  alia  ratione  vel  causa 
seu  titillo  ante^dicte  brige  guerre  scretium  litis  controversie 
seu  questionis  ut  piene  patet  in  dieta  eorum  et  cuiuslibet  eo- 
rum  scindicatu,  Stantes  et  comparentes  ambo  simul  et  qui-» 
lS>et  eorum  prò  se  auctoritate  predicta  coram  dieta  damino 
Mannouetulo  prò  bona  et  pacifico  statu  dictarum  Comunitar 
tum  Vniversitatum  et  hominum  ipsarum  et  cuiuslibet  eorum 
omnem  litem  lites  causam  et  causas  ipiestionem  controuersias 
guerras  brigas  habitas  et  que  et  quas  habent  et  etiamfactas 
inter  ipsas  Camunitates  Vniversitates  et  homines  ipsarum  et 
cuiuslibet  eorum  ut  vna  ipsarum  comuniias  et  universitatis 
hominum  aliam  et  cantra  alia  alteram  hostiando  eorum  ter- 
ritorium  hostiliter  inuadendo  eorum  bona  deguastando  depo- 
pulandoj  dilapidandOy  ardendo,  incendiando,  cremando,  bla- 
dum  comburendo  et  domus  ac  attiguas  terras  loca  et  castra 
debellando,  expugnando  in  campo  simul  preliando  percu- 
tiendo  homines  occidendo  eorum  membra  mutilando  et  eorum 
et  cuiuslibet  eorum  homines  capiendo  et  captos  carceratos 
detinenda  eosque  redimi  /adendo  iniurias  et  impraperia  hinc 
inde  multismode  dicendo  et  generaliter  occasione  premissO' 
rum  et  cuiuslibet  eorum  omnia  mala  scandala  scretium,  rissas 
dissensus  discordias  odia  inimicitias  iniurias  dampna  hincinde 
facta  dieta  data  et  illata  atque  passa  quacumque  modo  in 
quacunque  forma  hic  expressa  et  que  exprimi  possent  cum 
dependentibus  demergentibus  et  cannessis  ab  eisdem  ei  quo- 
libet  eorum  asque  ulta  restritione  renuntiantes  primo  dicti 
scindici  et  quilibet  eorum  nomine  dictarum  camunitatum  uni' 
versitatum  et  hominum  ipsarum  et  g^ilibet  eorum  spante  omni" 
bus  litibus  causis  et  questionibus  propterea  motis  et  mouendis 
et  petitione  prò  emmenda  hinc  inde  data  in  Curia  Romana 
patrimonii  et  comitatus  Sabini  et  generaliter  in  quacunque 
curia  ecclesiastica  vel  seculari  et  coram  quacunque  judice 
que  utuntur  et  uti  possent  inter  ^sas  camunitates  et  homines 
^sarum  et  cuiuslibet  earum  occassione  premissa  a  tempore 


240  Varietà 

que  fuit  prima  decembris  prefatus  domimi^  Mannus  sedens 
prò  tribunali  in  domo  sua  presentibus  partibus  ut  supra 
Xris  nomine  inuocato  prius  solum  Deum  habens  pre  ocuKt 
ad  laudem  et  honorem  statumque  sonde  Matris  Ecclesie  et 
domini  domini  Vrbani  predicli  Pape  V  suarumque  terrarum 
statum  pacificum  et  tranquillum  nec  non  ipsorum  castrorum 
terrarum  et  prosperitatem  ipsorum  pacem  et  concordiam 
super  dicto  compromisso  tulii  sententiam  in  hunc  modum. 

Nos  Mangnus  Vetulus  prepositus  Anagninus  Arbiter  Ar- 
jbitrator  Communis  amicus  et  amicabilis  compositor  positus 
oc  assumptus  a  communi  hominibus  et  singularibus  persomi 
Castri  Aspre  ex  parte  una  et  Communi  hominibus  et  singu- 
laribus personis  Castri  Roccheantique  ex  parte  altera  sabine 
diocesis  ut  constai  per  scindicatum  factum  per  ipsas  partes 
et  qualibet  ipsorum  per  publicum  instrumentum  scriptum  et 
publicotum  manu  notarii  ut  supra  in  compromisso  contentum 
notariorum  publicorum  ad  hoc  ipsi  scindici  speciaiiier  facti 
constituti  et  ordinati  habentes  uigorem  ipsorum  instrumentth 
rum  et  compromissi  in  nos  focti  a  dictis  partibus  et  qualibet 
ipsorum  plenariam  autenticitatem  inter  dictas  partes  senten- 
tiondum  declarandum  arbitrandum  laudandum  diffiniendum 
et  pronunciandum  alte  et  basse  summarie  et  de  plano  sine 
strepitu  et  figura  iudicii  quacunque  die  et  hora  et  loco  in 
scriptum  et  sine  scripto  sedendo  et  stando  de  omnibus  liti- 
bus  controuersiis  dampnis  incisionibus  vinearum  et  arborum 
incendiis  domorum  paleareorum  captionibus  homicidiis  mem- 
brorum  mutilationibus  et  inhabilitationibusy  captionibus  be^ 
stiarum  reuenditionibus  hominum  nec  non  omnium  aliarum 
generationum  iniuriarum  et  dampnorum  inter  ipsas  partes 
et  quamlibet  ipsorum  facte  illatarum  factorum  possarum  pu- 
blice  et  occulte  de  quibus  esset  uel  non  esset  positio  scretii 
facto  querelo  seu  reclamatio  oliqualis  scriptum  nel  sine  seri* 
pto  in  quibuscunque  curiis  in  dominis  ludicibus  auditoribus 
seu  personis  quibuscunque  in  quacunque  forma  uerborum 
seu  cosuum  quibus  reclomotionibus  et  querelis  seu  petitio- 
nibus  per  ipsas  partes  seu  per  quamlibet  ipsorum  factis  dictis 


Varietà  241 

uel  petitis  injudicio  siue  extra  ipsi  scindici  et  quiUbet  ip" 
sorum  sponte  et  expresse  ac  ex  certa  scientia  Renunciaue^ 
runt  et  tuncproutex  mine  et  nuncprout  ex  iunc  renunciant  et 
cedunt  ipsi  liti  et  cause  et  quilibet  ipsorum  scindicorum  prò 
parte  sua.  Nos  uero  auditis  et  discussis  dictis  iniuriis  factis 
et  illatis  per  ipsas  partes  et  quamlibet  ipsorum  Vna  conlra 
aUam  alia  cantra  alteram  dolum  dolo  compensando  quic^  cO' 
stat  nobis  de  predictis  omnibus  Vna  pars  eontra  aliam  et 
alia  cantra  alteram  in  predictis  offendisse  et  deliquisse.  Ideo 
ipsas  partes  et  quamlibet  ipsarum  absolutam  et  absolutas  de 
omnibus  et  singulis  supradictis  reddimus  eontra  quolibet  pre- 
dictorum  Mandantes  ipsis  scindicis  et  cuiUbet  ipsorum  quod 
intra  decem  dies  ab  hodie  computandos  per  decem  de  melio- 
ribus  hominibus  prò  quolibet  ipsorum  Castrorum  Aspre  et 
Rocchantique  cum  eorum  scindicis  ad  hoc  speciale  mandatum 
habentibus  inuicem  faciant  pacem  tranquiilitatem  concordiam 
et  remissionem  puram  et  veram  remittendo  dictas  iniurias 
dampna  et  depredationes  incisiones  captiones  [hominium  et 
bestiarum  et  reuenditiones  ipsarum  ac  hómicidiorum  et  per- 
cussionum  mutilationes  membrorum.  Et  quod  intra  dictos 
decem  dies  sint  et  esse  debeant  in  loco  comuni  infra  dieta 
Castra  et  dioceses  ubi  quelibet  pars  sit  tuta  ad  celebrandam 
et  perficiendam  pacem  et  concordiam  predictam  pacis  osculo 
inter  eosdem  ueniente  cum  eorum  scindicis  et  decem  homi- 
nibus ab  una  parte  et  decem  ab  alia  caritative  frajterne  in- 
terueniente  et  intra  decem  alias  dies^  dictis  decem  diebus 
superius  nominatis  elapsis  sine  strepitu  et  figura  judicii  ac 
cavillatione  seu  dilatione  aliqua  dicti  asprenses  restituant 
et  satisfaciant  sive  eorum  scindici  dent  et  assignmt  ipsis 
scindicis  seu  hominibus  Roccheantique  predicte  prò  satisfac- 
tione  et  restitutione  expense  facte  per  hpmines  de  Rpcchan^ 
tiqua  tam  in  Curia  quondam  dominii  Sabini  quam  fiectoris 
Patrimonii  ac  Romane  Curie  uel  alibi  ubicunque  hX  fiori- 
nos  auri  solvendos  et  dandos  per  scindicos  et  homines  dicti 
Qastri  4^pre  scindicis  et  hominib,us  diete  Roccheantique  in 
hunc  mòcbim  videlicet  xxxflorinos  usque  Ad  xsc  dies  ab  hodie 

Archivio  della  Società  romana  di  Storia  patria.  Voi.  UL  i6 


i4* 


Varietà 


mimenmdoi  et  atiot  xxx  floròtos  ad  xx  aHas  dìes  àietà  xx 
iiebus  tlapsis.  Ab  omnibus  aliis  hinc  hindi  per  utramqti 
partem  petitis  Reddimus  ipsas  parles  et  ulramque  ipseram 
i^solutam  et  absolutas.  Et  dictis  partibus  de  supradictiì  per- 
petuum  lilentjum  imponente^.  Quam  pacem  et  eoncordìtM 
supradictas  mandamus  ipiis  partibus  et  cuilibet  ^sarum  peri 
peluo  seruaturam  «ec  non  ponentes  nostrum  seatenHam  et 
arbitnum  sive  taudum  et  omnia  et  singula  in  presenti  ùt- 
strumento  contenta  particulanter  et  distincta  ad  penam  ór 
^so  compromisso  in  nos  facto  contenta  perpetuo 
^sis  partibus  seruatura  stipulata  prout  in  ipso  eompnmisst 
continentur  que  pena  totiens  conmittatur  peti  et  exigì  posse 
summarie  et  de  plano  quotiens  contrafactum  fuerit  in 
dielis  uel  aliquo  predictorum  per  aliquam  rpsarum  partium 
qua  soluta  uel  non  nihilominus  predicta  omnia  et  singula  Id»- 
data  dignità  terminata  arbitrata  declorata  mandata  et  fir- 
maiaperpetuam  habeant  roborisfrmitaiem.  Reseruantes  nobU 
potestatem  predicta  omnia  et  singula  Inter  dictas  declarandt 
interpretanda  et  corrigenda  semel  et pluries prout  nobts  uistim 
fuerit  uel  etiam  oportunum. 

Lecta  data  lata  et  pronuntiata  dieta  senienlia  laudum 
hitrium  ordinatio  declaratio  et  celerà  que  in  presenti 
(M  superius  continentur  per  dictum  domìnum  Magnum  n 
sue  kabitationis  et  in  vrbe  predicta  ut  supra  in  compnmusjà 
sita  in  pede  platee  basilice  principis  apostolorum  de  vrbt 
iam  dieta  iuxta  uias  et  alias  suos  fines  presentibus  audien- 
tìbus  dictis  scindicis  ad  ea  citatis  et  non  contradìcentibus  sed 
potius  predictum  laudum  diffinitum  terminatum  arbitrium  p»- 
ccm  et  sententiam  et  omnia  et  singula  in  ea  contenta  accepta- 
uerunt  laudauerunt  et  confirmauerunt  et  raium  gratum  et 
firmum  habuerunt  et  ea  per  omnia  approbauerunt  et  ibidem, 
fBOnte  promiserunl  prò  se  et  nomine  quo  supra  pre/ate  sen- 
tentie  etnunquam  contentis  in  ea  opponere  exceptionem  atiquant 
^iris  et  /acti  non  contrajacere  uel  verire  aliqua  ratìone  uel 
ggasa  ad  penam  m  compromisso  ut  supra  contentam  presen- 
t^us  hiis  testibus  ad  predicta  uocatts  et  rogatis. 


Varietà  243 

PiBTMo  GiLBERTi  diccests  cesorogustone  et  cursor  diati  d(h 
mini  Puf  e 

Leonardo  Santu  paUctfrenator  dicti  domini  Pdf  e  tolosane 

diecesis 
Magistro  NicoLAO  CAPPELLA  de  Suhioco 

COLUCIA  Iacobelli        J    .     ^  L.       ^. 

Bartolomeo  Santucu  j  *  ^^^  '^'"^  ^''''' 
Iamnottus  Ioannis  Symionis     J    -    -. 
C.KC.0  Michael  dictus  testa  j  *  ^«^««ft«««  '^^«^ 

IOANNE   FrANCISGI  Ì     .       ^ 

XM  T^  \  de  Aspra  predieta 

Matheo  Tadey     )  ^      ^ 

Et  predicti  scindici  me  infrascriptum  notarium  de  pre^ 
dictis  rogauerunt  quod  ipsam  sententiam  et  omnia  in  ea  con^ 
tenta  in  publicamformam  rediger em  sub  Anno  domini  supra- 
dicti  M .  CCC .  LXVIJ  indictione  VI  mense  deeembris  die 
prima  pontificatus  dicti  domini  Vrbani  pape  V  anno  sexto. 

Et  ego  Ioannes  Cole  de  Tarano  Comitatus  et  diecesis  sa- 
bine publicus  imperiali  auctoritate  noiarius  ad  predicta  per 
dictum  dominum  et  dictos  scindicos  uocatus  assumptus  et  electus 
predictis  omnibus  et  singulis  interjui  et  rogaius  omnia  et  sin- 
gala  supradicta  particulariter  et  distincte  recollegi  et  propria 
manu  subscripsi  et  in  hanc publicamformam  precibus  dictorum 
scindicorum  et  de  mandato  dicti  domini  Magni  redegi  in  quo- 
rum  testimonium  premissorum  meum  apposui  sigmim  con- 
suetum. 


Bibliografia 


lusbfci  TiÉicm  Otmpwmti,   1878, 


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Ttéìuis!^  *jn£  sai  TAO»!,  fasi  reciKT-  crirrnml:  oarfi  arcàÌTÌfti  del  Vi- 
Ticmiir:  zìi  BirniivciL  cbf  soni  d:  xruid»  ixiar«B»  e  di  ÌBAp{itaubik 
r.rr79««BQE&.  I'ilo^iìziìiiif  òa.  if>tzflp.  h&ìimii:  s  jianeri  zA  tpecùbiMito 
ite  wt  ónrnsk^DZ.  T^^iLi'T.  L  rorrarimn  i  gi:&I  oamputD  i  X.  16  a  2L 

I  A.«7irjrc  ^*rt.-jy»tfi  ani  nrn;.  ?a«fc.  2ixu».nr:uiLi  alaeno  quanto  i 
«un:  JS.^r:» .  discrf^iaiiiin-T.:*  rf»L  snri:  siat:  l'CtiVIiaiif  c:>a  binale  cor- 
TV".^  ZT-k.  liL   tk  :^ii:.ìi    f  nii.*   :iìT.ii   ±e  >d«-  fcj:hi.?il  it]  mi.  I.  53  <W^ 

B>iÌMl:"Ct   Vfe  j.:w.  ;;i.nL     :    -^    v-UU.    SIL^f    T'Kll.  Ir    ik.  Raìhìjjì    b   TÌStt 

ù*^ii£  ?Ui  r-iii. .  li:  !.:■■.  i:>-  óf»c'.  ì:::jiÌ  Z  ^:'.**^\ìì<'^z.  ii*.  rari  BiT":^-b.  Lb 
pxwf  L  ri-?»^..  .<r  -:.r  a.:.  5  -  •  •  rL  i;  .l  *r^~E.  fr-OfiiT^ni»':;:* 'oa^riao 
àtsr  liRf  t   L  :''  *  r'TT^.  iih   tit*  tll  :'*-*?«!''T^  r:»T?**~7*;  5:»a?  p:-?-*  £  f r- 

an.vii::.  ru-s  L  iii^^ii-.f  rr;.  *;.  f  rfr^r  nL  T»*ss.Tn  ■  fsrri^.D  ti  Rahsiij 
e  s.  f   pi:>.   i.  T -.'.  :    ,.  j5-::>:    ri.   .:■  •••j^^??sr.:  _  ii.»rL::t*i:±X:-2  rcTti  haano 

C.s.'=--;'rTir^f  .-r:.  J.  r;>  •:»  m  s  f  i:..-»rt^r  »  t..  f ,  i-  fif-  .  Noiì  m^  s^^ 
.•Mi-  rii-  L  rJr.'L.->?irf'j*f  s:»t':  t.l  urn-'f  sriwiif.:  L  3:»Lk«u.*r:'  i*  iaCiui'*' 
Ihf'L  :r  A-'f^riiE:  e  Ar:.LV  f.  r.n.t'ftu*!:   m  :»uek  fri  Caspie  <  .Vrrl  T^* 

■CI  lesi:-  2.->!»*  r.irrer..'^   ik  à:  ^f  ir*,  e  ."  ^riu^'*  T**^.'»r.''rr^j'i  «  iaT#ce 
Tr*er.y^cnri    :^  IT'  l..  UT  ;  «  A^j7;*L'>iarTjàjf  >  iLver*  d*liA  buona  a< 
friL]^  Mopjùmrnf ù  ji.  3**  jl  CTi;  ju  ài»  i*.  3e>.  S*  ai»  à  xoksae^ 


bibliografia  246 


iotrodurre  queste  correxzioni  nel  testOi  bisognerebbe  necessariamente 
metterle  nelle  note. 

Se  errori  che  cadono  su  nomi  propri  possono  essere  conservati  nella 
pubblicazione  d'un  testo  antico,  correggendoli  pure  in  nota,  non  è  lo 
stesso  di  semplici  errori  d* ortografia,  che  evidentemente  non  discendono 
dair  originale.  L'  analisi  che  noi  abbiamo  solt* occhio  formicolano  di 
tali  errori  che  non  sono  contenuti  dai  registri  della  cancelleria  ponti- 
ficia; può  essere  che  il  Painaldi  li  abbia  scritti  nei  brevissimi  appunti; 
ma  si  può  immaginare  eh*  egli  li  avrebbe  pubblicati?  Ecco  alcuni  passi 
che  giustificano  questa  osservazione.  Citiamo  a  caso: 

Pag.  24,  n.°  295:  *  Ne  crucesignati  extra  proprias  dioceses  trahi 
possufìt  ad  iudicium  >. 

Pag.  26,  n.°  315:  cointerationes  per  «  coniurationes  ». 

Pag.  27,  n.°  324:  «  G.  episcopo  sabinen^.^  ». 

Pag-  28,  u."  344:  exitens  per  «existens». 

Pag.  29,  n.°  355:  «  couvocoverat  ». 

Pag.  32,  n.^  388:  «  ul  falicem  se  prebeat». 

Pag.  32,  n."  389:  «  ut  facietn  se  prebeat  ». 

Questi  esempi  non  toccano,  come  si  vede,  se  non  nove  delle  116  pa- 
gine che  compongono  i  Regesta  Vaticana,  Talora  una  correzione  sa- 
rebbe stata  necessaria  per  non  modificare  il  senso  dei  testo,  od  anche 
renderlo  troppo  oscuro  (vedi  gli  art.  17,  84,319).  S'altera  il  senso  del 
testo  scrivendo  «  qnod  Petro  Alfonso  nato ^t^odam  Saladini...  provideat  » 
quando  sarebbe  necessario  scrivere  «  nato  quondam  »  con  pericolo  di 
fare  del  «  quodam  »  un  dativo  (p.  34  n.^  418). 

L'indice,  {)er  quanto  utile,  non  è  sempre  d'una  sufficiente  chiarezza; 
TI  si  trovano  articoli  come  questi:  «  Magalonensis  v.  Mons.  Albanus». 
«  Mons.  Albanus,  Magalonensis,  episcopus,  archidiaconus,  474,  475. 
diocesis,  622,  817  ».  La  diocesi  di  Maguelonne  si  sarebbe  forse  confusa 
con  quella  di  Montauban? 

Elia  Bbboeb 

T«  Nemee,  papst  Alexander  VI.  Elagenfurt  1879.  Eine  fie* 
cbtfertigung  Alexander  VI  mit  Benfitzung  der  ftltem  nnd 
neuesten  Forschungen. 

L'  autore  è  professore  di  teologia  in  Klagenfurt.  Egli  non  si  pro- 
pone di  ritessere  una  biografia,  ma  vuole  offrirci  una  giustificazbne 
di  papa  Alessandro  VI,  giovandosi  delle  antiche  e  delle  odierne  inda- 
gini. Di  guisa  che  il  suo  lavoro  solo  per  cagion  de'  mezzi  di  cui  accenna 
volersi  giovare  potrebbe  appartenere  alle  scienze  storiche;  ma  Tuso 
ch*ei  ne  fa  è  tale,  da  liberarci  dal  compito  di  pigliarlo  ad  esame.  La 
burbanza  e  la  leggerezza  con  cui  tratta  le  fonti  storiche  ci  persuade 


246  bibliografia 


essere  il  ano  pensiero  entrato  solo  per  occasione  in  un  campo,  m  coi 
si  ricovera  non  di  rado  lo  spirito  di  fazione.  Del  resto  lo  scritto  apo- 
logetico del  domenicano  Ollivier  è  il  fondamento  di  questo  nooTo  libro. 
Laonde  T  Autore  dimostra  di  non  essersi  accorto  né  delle  ragioni  dd- 
r  accoglienza  che  trovò  lo  scritto  di  quest*  ultimo,  che  ETea  pare  tanti 
lati  pregevoli;  né  degl* innumerevoli  errori  tipografici  che  deturpano 
r  edizione  del  suo. 

L.  Dneliesiie.  La  date  et  les  recensions  da  liber  pontìfir 
càlis,  (neUa  Revue  dea  questions  historiques,  &sc.  52 
pag.  493-530). 

Fin  da  quando  splendidamente  s*  inaugurò  nel  1877  la  BQUiothique 
des  Ècoles  frangaUes  d*  Athènes  et  de  Rome,  colla  pubblicazione  dello 
studio  del  Duchesne  intorno  al  Liber  pontificcUis,  la  società  romana  di 
storia  patria  avrebbe  desiderato  rendere  air  autore  di  questa  impor- 
tantissima dissertazione  il  dovuto  onore,  segnalando  ai  lettori  deli* Ar- 
chivio i  lunghi  e  forti  studi,  la  critica  giudiziosa  di  lui,  le  conclusioni 
a  cui  veniva,  la  nuova  classificazione  di  mss.  che  proponeva.  Se  non  che 
r  apprezzamento  d*  indagini  cosceoziose  e  il  resultato  di  cure  pazienti  e 
severe  non  poteva  esser  dato  alla  leggera,  e  il  seguitare  T egregio  Au- 
tore per  la  via  eh*  egli  medesimo  aveva  tracciato  era  occasione  a  itudio 
non  lieve. 

A  questa  prima  difficoltà  s*  aggiunse  altro  ostacolo.  VÉtude  «nr 
le  Liber  ponti flcalis  «  aveva  provocato  una  dotta  e  gentile  controversia. 
La  Società  dei  Monumenta  Germaniae  la  quale  aveva  assunto  già  im- 
pegno di  comprendere  nella  serie  delie  sue  pubblicazioni  anche  il  L&er 
ponti ficalis  »f  non  potè  non  prestar  grande  attenzione  ali*  opera  del 
Duchesne.  La  nuova  classificazione  dei  mss.  prodotta  da  questo  e  i  li- 
miti cronologici  che  questi  assegnava  alla  compilazione  del  testo,  coz- 
zavano con  quanto  aveva  affermato  il  Lipsius  (  Chronologie  der  i2ó- 
mischen  Bischófe  zur  Mitte  des  vierten  Jahrhunderts,  Kiel  1869), 
e  fu  il  Waitz  che  si  levò  a  riconoscere  e  ad  affermare  come  bastava 
un  solo  argomento,  fra  quelli  recati  dali*  autore  francese,  per  provare 
che  il  Lipsius  non  si  apponeva  al  vero.  (Cf.  Neues  Archiv,  voi.  IV, 
fase.  2®  1879.  Ueber  die  verschiedenen  Texte  des  Liber  ponti/tealis 
207-237).  Ma  non  per  tanto  die  piena  ragione  al  Duchesne;  poiché  non 
s*  accomodava  a  credere  che  la  prima  redazione  del  liber  pontifiealis 
forse  anteriore  al  530,  anno  della  morte  di  Felice  IV,  come  il  Duchesne 
aveva  affermato;  nò  accettava  la  classificazione  dei  mss.  ordinata  da 
lui,  secondo  la  quale  il  ms.  lucchese  e  il  compendio  feliciano  rappre- 
sentavano il  testo  più  antico;  bensì  stava  per  T autorità  del  ma.  napo- 
letano scoperto  dal  Pertz,  in  cui  il  Duchesne  invece  aveva  opinato  non 


'Bibliografia 


occorrere  cbe  u 


ichiei 


e  priRiiliTO. 


rafiBiioDomEDio, 


preparnU  a  dare  ambeil 


t  la  I 


e  laholli 


edizione  del  Lilicr  panlì/tcatii. 


I 


fermando  le  bali  della  fu- 
tura  ediiiooe  k*'"™*"'':^  Fremeva  agli  studiosi  Ji  conoscere  qualche 
il  ligncr  Duchesne  airebbe  mnnleiiutu  delle  sue  alTernuzioui,  e  DOu 
mane*  una  lellera  del  comm.  De  Rossi  a  sollecitarlo.  L'egregio  Aulora 
•oggiUDse  collo  ecriito  che  diede  occasione  a  qneele  Duslre  parole,  uel 
quale  modiilcaiido  ìu  parie  alcune  delle  sue  afte rnisz ioni,  crede  luiiaiia 
che  la  elassificazioue  dti  mauoscriui  dala  net  suo  precedente  lavoro 
debba  rimanere  Dell' insieme  intntla.  Lamenta  che  il  W'bÌIz  non  abbia 
voluto  tener  ragione  della  questione  cronologica,  per  andar  diritto  a 
quella  della  dassiflcaiione  delie  recensioni.  Dall' esislenia  di  un  liber 
ponti/Scolii  laurentlanui ,  cioè  favorevole  all'antipapa  Laurent  io  con- 
tro Simmaco,  cooclude  che  naiuraimente  dovesse  a  quel  tempo  |S06) 
MJstere  un /iArrjxi>iti*/!caJit  cattolico;  e  cbe  se  mal  ne  fu  scritto  altro 
in  oceasiotie  di  scisma,  dovette  essere  non  per  Io  gcisma  di  Dioscoro 
cODlro  Bouifacio  secondo,  ma  per  quello  di  Laureiiiio  contro  a  Sim- 
maco. —  Quanto  alle  recensioni  de]  testo,  il  Ducbesne  modifica  l'Hiaunta 
della  sua  prima  disserta  ilo  ne,  ritenendo  che  con  sìa  i!  ms.  lucchese  (A) 
ni  qnttlo  oapoletano  (BJ,  oé  l'originale  comune  a  queste  due  recen- 
Bloni,  (originate  ipotetico  ch'egli  chiama  ora  A  G,  e  che  non  è  il  cod. 
vai.  3704,  cbe  prima  designava  a  questa  guisa)  dacuidebbe  ripetersi 
il  Usto  primitivo  del  liber  jM'ilificalii;  aibbene  egli  reputa  che  questo 
venga  in  iiarle  rappresentato  dai  due  compendi  F  (tettua  felicianua) 
e  C  (conouiauus]  dei  quali  chiama  l'originale  comune  PC.  Eccu  del 
reato  com'egli  medesimo  riaisume  le  conclusioni  de' suoi  ulteriori  studi: 
■  Il  /iierjiond'/fcu/ii  éstaio  redatto  poco  tenjpo  dopo  la  morte  di  papa 
Simmaco  (514)  —  2.  Vi  furono  mauoscritti  di  questa  redazione  primitiva 
(FC)  che  [crinìnaianu  colle  notiue  intorno  a  papa  Felice  IV.  [I530J  — 
3.  Questi  mss.  non  esistono  più;  ma  au  questi  furono  fatti  i  compendi 
che  finiscono  a  Felice  IV  e  a  Conone.  (687}.  — 4.  II  testo  aituale(AB) 
rappresenla ,  sino  a  Felice  ]V  (inclusive  J  un  ratta  non  a  mento  del  teato 
primitivo,  eseguilo  verso  l'anno  539,-5,  Delle  due  famiglie  di  mss. 
del  lesto  atlcale  quello  che  b  per  tipo  il  ms.  di  Lucca,  è  la  più  vicina 
«ir  originale  comune.  » 

Colla  maggiore  soddisfazione  aggiungiamo  che  l'autore  attende  a 
preparare  una  edizione  annotata  del  Liber  ponfificalii,  la  quale  sarà 
il  miglior  frutto  e  il  più  maturo  delle  sue  dotte  ricerche. 

0.  T. 


Ì48  bibliografia 


Ph.  Woker,  Das  kirchliche  Pinanzwesen  der  FSpste.  N5rd- 

lingen,  1878. 

Questo  scritto  reca  nua  epigrafe  ciceroniaDa,  nella  quale  veramente 
si  riassume  il  concetto  del  libro:  «  Jucunda  res  plebi  romanae;  Yictus 
enim  suppeditabatur  large,  sine  labore  ».  L'Autore  osserTa  come  a  ogni 
guadagno  spirituale  delia  chiesa  si  facesse  da  lei  contemporaneamente  cor- 
rispondere un  lucro  materiale  e  pecuniario,  che  uè  fosse  espressione  e 
misura.  Questo  fatto  s'estendeva  egualmente  tuUe  nazioni  e  sugli  indi- 
Tidui  ;  e  individui  e  nazioni  valse  ad  irritare  potentemente  contro  la  chiesa 
di  Roma.  Pertafito  all'Autore  non  è  mestieri  d' appassionare  i  suoi  let- 
toni coir  invettive:  l'argomento  basta.  E  il  contributo  di  luì  può  riguar- 
darsi come  un  principio  di  studio  grave  sulle  finanze  papali, il  sistema 
delle  quali,  nel  secolo  decimosesto,  destava  le  maraviglie  del  Ranke. 
E  il  Ranke,  e  il  Moroni,  e  il  Meier  sono  le  autorità  principali  di  cui 
l'autore  si  giova.  Molta  luce  sull'argomento  può  aversi  da  documenti 
mss.,  ai  quali  jl  Woker  non  attinse.  Egli  ragiona  delle  annate ,  delle 
propine  per  la  confermazione  e  pel  pallio  episcopale,  degli  uffici  eccle- 
siastici ,  delle  tasse  di  cancelleria  e  di  penitenzieria,  de'  libri  delle  tasse, 
dell'obolo  dì  san  Pietro,  delle  tasse  a'  tempi  della  riforma,  e  reca  in 
appendice  la  riproduzione  del  libro  delle  «  Taxe  cancellane  aplicae 
et  penitentiarie  itidem  aìTlice.'Barisiis  1D£0  »  e  una  bella  trattazione  circa 
la  bolla  crtuada.  O.  T. 


Godex  Diplomaticns  GaTensis.  Tomus  quintus.  Neapoli, 
Hoepli,  MDCCCLXXIX.  4.^ 

Di  questa  opera  insigne  dei  Benedettini  Morcaldi,  Schiano,  e  De 
Stefano,  basta  amiunziai*e  un  nuovo  volume  per  fame  l'elogio,  e  non 
essendo  qui  il  luogo  di  parlarne  a  lungo,  ci  è  forza  limitarci  ad  an- 
nunziarlo. I  documenti  pubblicati  in  questo  volume  sono  oltre  cento- 
sessanta, vanno  dal  1018  al  1034  e  contengono  per  la  massima  parte 
donazioni  e  contratti  privati  importantissimi  per  la  storia  e  più  special- 
mente per  la  storia  del  diritto.  Notiamo,  tra  i  molti,  il  documento 
DCCCXLI,  (a.  1031.)  che  ci  sembra  dar  luce  sulle  condizioni  degli  ebrei 
di  quei  tempi  e  sulle  loro  relazioni  coi  cristiani.  L'oj^era  difiìcilissima 
di  stabilire  la  croi.ologia  delle  carte,  è  slata  compiuta  in  questo  vo- 
lume, come  in  tutti  gli  altri,  con  maestria  insuperabile  dagli  eruditi 
che  proseguono  con  tanto  zelo  la  publ)licazione  di  questo  codice  diplo- 
matico. Al  quale  s'aggiunge  l'appendice  in  cui  D.  Bernardo  Caetani 
d'Aragona  pubUica  il  Beda  De  Temj^oribus  e  gli  Annali  Cavensi  conte- 
nuti nelle  annotazioni  al  Beda  del  prezioso  codice  della  Cava,  dandone, 
dopo  il  Muratori  e  il  Pertz,  con  aggiunte  inedite,  unaedizioLe  che,  se 


Cianografia 


n  potrà  forae  chiamirBÌ  definitiva  è  cfHo  la  «salta  riproctuii 

codice  importati  IJBsimo.  Aiiulie  nei  factitnili  potremioa  lra> 

L  gioDe  di  lode,  perchè  baniio  dei  buono ,  ma  ci  duole  vedere  clie  ii 

ftif^rti  d'Italia  aiOstte  rifroduziooi  rimaogooo,  per  roBncanxa  di 

Klki  inferiori  ai  recenti  progreaii  dell'arte. 

U.  B. 


Bonghi  B.   Bibliografia  storica  di  Roma  antica.  Roma, 
Tipografia  Elzeviriana,  1879,  pagg.  177.  4."  parv. 


i  di  Homi 


1  tollera  che  le  nienti  [ 
}   epaiio  Bolo  del  tempo,  : 


«  eslo  ha  steso  così  grande  ala 

del  libro  di  cui  ai   Irgge  qui  il  lìmola,  noi 

eenDO  iiJ  queBlo  [wriodico  inteso  allo  stadi 

fioma.  Scritta  per  far  parte  di 

(Da  rotoaua  presentala  dai  OoTemo  Itali 


tre  nel  ripeterlo 

.  ■  la  queste  parole 

la  ragione  dì  farne 

storia  medievale  di 

Roma  e  la  Campa- 

atla  Esposizione  di  Parigi, 

^nesta  Bibllografla  tradisce  molto  la  fretta  con  cui  fli   composta.  Uà 

^neiio  di  fello  riconosciuto  e  confessato  dall'amore,  è  compeosato  assai 

^ne  dalla  ricca  copia  d'erudiiione  e  più  dal  concetto  che  ha  ispiralo 

il  libro  e  la  rlparliiione  di  esso.  Il   libro  è  diviso  in  cinque  capitoli: 

1,*  Origine  di  R<»na,  2.  Storia  di  Roma,  3."  CuUo  e  Religione  di' 

■^otna,  i.  Collumi  ed  Istituiioni  di  Roma,  5°  Intiere  e  Scieme 

4n  Rema.  Sotto  ciaacaao  di   questi  capitoli  cono  aggruppale  le  fooli 

«loriche  che  si  riferiscono  ad  essi  e  gli  scrittori  che  ne  hanno  scritto 

]lost?riormente  fino  ai  nostri  tempi.   DÌ  questi  l'Autore  incomincia  la 

itibliograRa  dalia  prima  pubblicazione  della  Scitma  Nuora  del  Vico 

^a.  17%).  Questa  data  secondo  l'A.  non  ha  ld  sé  nulla  di  necessario, 

ift  fli   pare   la  più  ragiouevole   a  scegHersi,   quando  tinn   si   voglia 

rcìare  dafla  origine,  e  noi  crediamo  con  lui  che  verameate  dal- 

;ine  dovrebbe   incominciare    il  lavoro   se   da  questo   saggio  po- 

alUrgarsi   a  divenire  nna   completa  bibliogralia.   Ma  l'impresa 

(opera  le  forze  dei  privati  onde  l'aulore  vorrebbe  cbe  il  governo 

cedesse  a  guidarla,  e  facendo  sua  l'opera  procurasse  di   compierla. 

A  coaure  da'  primi  tempi ,  nei  quali  di  Roma  si  è  scritto,  sino  a'  ao- 

Btri,  io  credo  che  i  nomi  degli  anlori  e  ì  titoli  dei  loro  scritti  devono 

c«rtatnen te  eccedere  i  trentamila.  Immenso  lavoro:  e  pur  degno  che 

K  nell'Italia  risorta  si  faccia,  e  che  il  gove 

k  noa  si  poireblie,  nelle  GOndicioni  e 

k  loia,  farlo  sensa  l'appoggio  e  il  : 

ihe  qui   si  compiesse  la  rivista,  e 

■  più  gloriosa  parie  della  storia  i 

Irasuno,  quanto  di  questo  lavoro  spelta  ad  italiani, 


iti;  perché 
brario  della  [>eni- 


il    »10J 

^  a  «lisa 
SL  IjicemwD  i  !fu£uiL  J  3l  -acuiMs  :mxco  bbJ»  ìhuì  a£t»<Wb! 


L-ksififfi-^riiictiarrnii. 

«a  ^u'ijima  J«*»czw  li  me  muiR  . 

3ua  r  jwr*  ••  ci  uSkii.  lirw  w.ìilj   xa 

4i]icii«  ji  lUiestLi  ^•fitnoft.  raiDi^  co.  lei  irrxDHL  lins 

JBÌiv?uinL,tt;i    latÌMitf   im  ìwi'jki    le 

floui  .t'Ciar;  !±^  r-jaiiìsum  jruf.-tà   iesla.  rjitio»  4  àBÌ&  tàviltà  <f 

a.  {nei  %xum.  S.  imwu  «bisl  nxonàu  m  iianeau  jiiMiTiiTi    ms  ^ 

bui   us*»cnu   ijiaiT-n'    "r-iT^ir*   mp-iR^n  i  «?  ìobsbu  ixia  4ev«n£à  di 

vn  *    lu  i*i;:ai-nr.    "a.-   lì    r.'tifs^use    vsl  -^sjwt  ««nri  cà^ci  Boa 

fj-suMn  «x./-»-:oi::i  iiec'/'*  à   rie.   rae  :H  ••r.urTc  i»*d*.3iii.'r»£'ftj;  eh' 

Il  Mijri^cii  i««r  n»*-sci  à-"a  ù  ia^^irr.  zhf.  kxoc  oi^^  Tìm 
«tjrcm  laciij»  ma  :xnn-.-Hrisi:ir:i  iai^^dca.  «  ixun.tf.  ■*  3eci*«R&ria  u*alt 
^~iaj.Là  pmj^cj  Ajv   w:  a  iC7*T.:r<¥.  r«co«  -ii  au«  c-iaj*ianì  d^  eoo 
ip?r»r»  ujr:  .—-are   :-a  ?«•  L  "^mci   ii  ni  rLToaa.  cJL**i  aoo  dicperi 

rjEi*  iàe  Lltii:  i  ^r.-LViH':  :  pr*::pì  :-»aizr  ;  zljl  rarÌTi*«*  ^  eoa» 
frjr*  i^"«rL»  T*r  ìm  j:»«i:Ld.:ur»f  tu;^  i  vti^i  rr^rrl  eoa  q>fUi 

«  fiv^Je,  e  ;:11  sÌTry.izli  &l~i=ixa:rj  «L  ft±ftccxft>  à«qa«nti  e  faci 


SE 

ir 

et 

ÒJ 


■u 


i 


'Bibliografia 


timi,  11  sigDor  de  Trérerret  procella,  a  dir  vero,  verao  i  due  grandi 
■nlorì  che  prese  nd  esaminare,  con  una  dimeilichezift  non  plinto  facile 
per  uno  atraDÌero.  Anilina  con  liuou  gludiiio,  inlerpreta  ron  acume; 
traduce  con  opportune  riduzioni  le  forme  del  pensiero  italiano  in  quelle 
che  gli  sembrano  meglio  acceltaliili  si  letlorì  francesi.  Anzi  di  queali 
medeiimi  eiso  vuol  limitare  il  numero  t  la  qualità.  ■  Oes  einq  coinS- 
(liei  de  i'Arioste,  acriv'egli,  une  aeule  peut  élre  avee  iniérét  et  sana 
le  moindre  inconvéniant  aaaljsèe  dans  cet  oucrage  »  (  cap.  Ili  pag.  4S) 
AttroFB  rimbrotta  aspramente  l'Arioalod'arere  nelle  sne  satire  spar- 
la l«  del  clero  (pag.SK);  talvolta  d'aver  mal  giudicalo  dell' ìuiporionia 
del  pensiero  religioso.  Tal  altra  oesen'a:  •  lei  le  lecleor  m'accuserà 
de  preWr  &  TArioate  des  inlention»  qu'il  n'a  jamais  eua»  »  (  pag.  114  ). 
Questo  scrupolo  prende  all'autore  medesimo!  né  forse  è  ìntempealivo. 
Cerio  ì  che  l'Autore  par  cbe  adatti  troppo  il  auo  studio  a  un  ambiente 
che  lo  deienninn.  TatlNvia  molla  lode  et  si  merita  per  aver  con  tanta 
cura  ricercato  delle  (iati  dell'  Qrlandn  Furioso,  e  molte  volte  rinduvi- 
nato  quel  cbe  in  Italia  era  gii  certamente  cognito,  per  gli  kIoiIì  del 
Rafua,  (lei  Paaizii,  del  Boba,  del  Mazuy,  e  d'altri  dì  cui  non  fa  pa- 
rola. Aaeai  migliore,  e  per  molte  cagioni  commendevoliasima  è  la  parte 
del  libro  in  cui  si  discon-e  del  Ouiccianlini.  L'Autore  à  studialo  il  nottlro 
pande  storico  io  tutte  ie  sue  operej  esamina  con  diligenza  i  dieci  ro- 
lumt  degli  Bcrittl  di  lui,  editi  dal  Csneatrinì;  ne  racconta  la  vita,  ne 
pregia  sdequatnmente  l' ingegnoi  ne  dipinge  l'indole.  KafTronta  co' grandi 
ori  della  Francia  quelli  del  notiiro  rinaacimento  italiano:  raggua- 
glia qneato  tempo  coll'udiertie  condiiionì  (Vancesi;  e  in  quest'ultimo 
tratto  del  lavoro  ci  sembra  il  suo  cerino  assumere  più  partìcotsr menta 
le  forine  di  letture  accademiche.  O.  T. 

B.  de  Bossi,  Piante  icnografiche  e  prospetticlio  di  Ro- 
ma, anteriori  al  secolo  XVI  raccolte  e  dichiarate.  Moma, 
Suiviucci:  1879,  con  atlante. 

Lo  scritto  del  comm.  de  Rossi,  publicalo  dalla  Direzione  dell'Isti- 
archeulogico  germanico  in  Roma  nelle  Palilie  SI  aprile  1879,  cin- 
quantesimo anniversario  della  rondaziune  dell' Istìluto  stesso,  ha  occu- 
pato An  dal  suo  primo  apparire  il  posto  d'onore  fra  le  opere  publicale 
floo  ad  ora  snlla  topografla  amica.  La  sua  importanza  pu6  essere  pa- 
reggiata all' Import  ani  a  del  sesto  rohime  del  Corpui  Inicriplionum 
Lalinarwn,  della  Forma  U.  R.  di  Eurito  Jordan,  del  secondo  volume 
della  Topographie  der  Stadi  Rom  del  medeaimo  autore:  a  tutte  le  al- 
tre op«re  del  Bunsen,  del  Becker,  de!  Preller.  del  Canina,  dell' Urlicha 
è  oerlameule  superiore.  Lo  studio  del  ivomm.  de  Rosai  sì  riferisce  esclo- 
lente  alle  Tonti  graHdie  dalla  romana  topografia,  cioè  ad  un  argo- 


-itfti 


!a» 


-Sl^rnA  Tiiilù^    mist)  .é-  arnie-  t»*umw.ivii  mmm^  ììIél  iìttsìoo»^  oooìoibici 

."^WAni  «turala  fifc  -Bnro:  nx  30«  -*  v.«iriirf>  igrmr»  niazruo  so  vr^y^ 
■iiJii'.  ->ainr»itnui  «iuurtù  r^sjr  zstt  ^esco  geeoic-  li  !lo"7Ta  cmizizaairBfi^-^smiu 
.^  i»«nT^  i#tr  i»o  wr-iiai  »  irmiio.  tbì  «ero  *  jk   rrrift.  -«Bf»  a» 

vprttt»^  W7<p«riir  notps  ptatm  Hr-xxue  rrmiiis  lovo  *  nosoino  .piJitn. 
ji«  ^*«nrTfnF  Tun^  «p  vri^stae^  tati'  ìcsma  ma  ^«n  ^  u'iiii:a  "i^r-w/r>  :h^ 
'Amanti»  inf<*rtaff»  «  .rrrui^ri  arojr  n  JurrTinra-  U  iit-iij^uno  aam.  rjmif 
:i0i  TI*  r^  ^«wiimiim  rtncm  ìicnB»  uCisn^:^  IìIp  t«p*»i  ìk  'e!nnKi*tjetI& 
Mjvtrc»  }fatiit&  &  -nernorra.  uile  ^nr  smanuie^  n  i&nwKnaL  «nuj  a  ma.» 
.Ì«iH!»m<K  iìtjpniaér  'firma,  vur.  !T«*i  ^2  nmiiu  i{5se  ut  Zwer^atrìa  e 
^«fif"-»?*!.*?  ;»t  II»  ^rxsxbf  irti'  njn  amDftflii .  rnm^  ti  mipinui  jiii  -^jaiKL 

tlm^nn  r»  ^nr*».  4*wniiu  «  jurimiacamnu  i  -jwmr^  .  .cTnifi.  tuiiti- 
ii«mi  Irti»  SHpiuutRs.,  maoBu  «  iieznnu  ji  lapa^tu  l  xmnlL  jiìwjc.  d 


bibliografia 


253 


Ingegnerìa  ciTÌIe  •  uHilare,  t«  pìanle degli imiedegli altri  debbonoes- 
•ere  alale  fkilf  io  plA  copie.  Qtisnlo  >llii  pinnis  icnografica  dell' inlera 
cittit  non  sembra  sìa  b(bib  redatta  prima  iteli' era  DDgustea. 

I  coBniDgTBfl  TWileriorl  al  aocolu  quiirio  E,  V.  parlano  concordemente 
di  noa  munrarione  generale  dell'orbe  romano  ralla  per  ot^loe  di  Ohilia 
Ceaare,  e  dorvia  3?  anni.  1  pariìcolari  tramandatici  inlomo  questa  ope- 
rttiione  sono  fohI  preciii  die  non  è  poisil'ilé  crederli  tatti  un  aiumfi«io 
di  fSTole.  Uà  qnalunqne  senlenin  sf  voglia  lenere  intorno  ai  iarori  di 
Oialio  Cesare,  niun  dubbio  rimane  iniorno  la  d^ti-ry^Jlio  ofSi»  ordinala 
da  Augusto,  direna  da  Agrippa,  alla  quale  fìi  luetlamente  congiuuta 
quella  della  oitl&  i-egina  del  moodo.  La  grande  carta  oosmograUca, 
ì'orblt  pidut  fu  esposta  nel  poKico  di  Polla,  ed  i  opinione  dello  Jordan 
'  ette  anche  la  pianta  della  cìLlA  fosse  nel  medeeimo  luogo  dipinlae  pu- 
blìcata.  In  ogni  esso  un  esemplare  ne  Tu  deposto  negli  erchivii,  il  quale 
tttli  di  baie,  alle  lerminaiioni  snccesslTe,  alle  rÌTendicazìoni  di  suolo 
pVMieo,  ed  a  tutta  l'atienda  censoria. 

Oli  ìlÌDen.rii  dell'  orbe  romano  ed  i  libri  geogradoi  a  noj  pervenuti 
■ono  deriTBiiooi  p\i>  o  meno  mediale  dell'orÈiJi  jiicli-j  dì  A  grippa,  della 
ekoroffrephia  Augunli,  che  ebbero  forma  di  afere.  Esemplari  ne  furono 
ttrali  ad  Qso  delle  publiebe  amministra  noni  «  delle  scnole,  anti  alcuni 
furono  dipinti  iu  gmnde  proponiaue  negli  alni  delle  scnole  più  calibri, 
come  quella  di  Aiitun.  Dulie  pianta  augusiee  della  ciliii  di  Roma  nb- 
■^Kmho  docomenlo  nelle  più  vetuste  nod'd'os  rrgianitm,  votitiat  loeo- 
\Tum  V.  H,  le  quali  non  conlrni^no  se  non  la  Irascrizioua  delle  leg geode 
'Hgnat*  «ulle  piante  ailomo  e  presso  i  singoli  monumenti  e  le  singole 
.contrade.  Insieme  alla  lopogratìa  generale  della  cillìi  sembra  che  per 
a  di  Agrippa  ne  fossero  levate  altre  speciali  per  le  cloache,  per  la 
tipa  publica  del  Teiere,  e  sopra  tutto  per  gli  aquedolli,  recate  poscia 
miglior  perfeiione  da  Sesto  Oiulio  Frontino. 
Dei  lavori  geodetici  eseguiti  l'anno  47,  cenaùri  Claudio  Angusto  e 
X.  Vi'ellio,  non  sappiamo  altro  fuorcbè  di  nlcuDe  rivecdicaiìoni  di  suolo 
[mblico  Atte  sulla  base  di  piante  censnali. 

L'incendio  neroniano  segna  il  lennioe  del  lungo  periodo  della  Roma 

iBorta  dopa  quello  dei  Oalli,  ed  il  priucipio  del  uuovo  periodo  delta  Roma 

■iperralei  segna  l'era  della  iTBsforin azione  topografica  della  città  la 

lavale  risorse  non  utyiit  gallica  incendia,  nulla  dittinetiotif  rieepat- 

n  irtela,  trd  dìmensit  FÌanim  ordinibug,  ettatit  vìa/rum  tpatii:... 

^patefactit  areit  etc.  Queste  parole  di  Tacilo  dimoatrano  cbe  la  rico- 

lo  regolaiore,  idealo  ferse 


le  della  citlà  fn  fatta  a 
flai  famosi  Celere  e  Seiero ,  arcbiietli  neroi 
i^eimero  ìmnilii  dovettero  farsene, e  sparges 
pcrcU  i  privati  riedificBiori  sapessero  a  ci 
Hella  renaura  di  Vesi^aslano,  fia  ^W  n 


e  anteriori  dl- 
a  profusione  delle  nuore. 


^ 


254  bibliografia 


mente  misurati  D  giro  delle  mura  serviane  che  chiudevano  il  Settimoozio, 
e  quello  delle  regioni  estramuranee,  dei  sobborghi,  le  diitanxe  delle 
singole  porte  dal  milliario  aureo  etc.  É  probabilissimo  se  non  certo  che 
Vespasiano,  dedicando  nel  75  il  tempio  della  Pace  ed  il  foro,  abbia  quivi 
esposta  al  publico  la  pianta  marmorea,  non  quella  di  Agrippa  ed  An- 
gusto. Ma  la  fortna  vicorum  prescritta  da  Nerone,  pianta  restituita  poi 
nel  medesimo  luogo  da  Severo  e  Caraealla.  Dopo  di  avere  iUustrtti  i 
limiti  di  finanza,  cioè  del  dazio-consumo  stabiliti  da  Ifareo  Aurelio  e 
da  Commodo  attorno  la  città  non  murata  ma  abitata,  limiti  determinati 
con  cippi,  il  eh.  autore  consacra  il  capo  seguente  alla  fiunosa  pianta 
marmorea  capitolina,  rifatta  da  Severo,  ed  a£Bssa  ad  una  parete  del 
Secretarium  pniefeeii  Urbis  Ramae,  che  guardava  il  foro  della  Pace, 
Parla  in  seguito  della  cinta  murata  intrapresa  da  Aureliano  prima 
del  272,  e  benché  ritenga  probabile  che  di  quella  cinta  sia  stata  tolta 
la  pianta  massime  per  il  capo  strategico,  dichiara  tuttavia  non  aversi 
alcuno  indizio  di  una  nuova  redazione  della  topografia  generale  della 
città.  Infatti  le  topografie  ufficiali  ed  amministrative  posteriori  ad  Au- 
reliano, e  pervenute  a  noi  nelle  recensioni  del  tempo  di  Costantino  ser- 
bano profondo  silenzio  intomo  quella  cinta  e  le  sue  porte.  Queste  recen- 
sioni genuine  son  due,  la  Notitia  ed  il  curiosum  urbis  Ramtie:  Ai- 
rono  inserite  in  quelli  che  il  eh.  autore  chiama  «  almanacchi  della  città  ». 
dei  quali  possiamo  ricomporre  la  edizione  del  354,  illustrata  con  diaegni 
a  penna  di  Furio  Dionisio  Filocalo,  il  calligrafo  Damascano.  Contengono 
le  indicazioni  deg^i  edifizi  più  importanti,  posti  sui  confini  delle  quat- 
tordici regioni,  desunte  dalle  leggende  di  una  pianta,  forse  la  seve- 
riana,  con  qualche  lieve  «aggiornamento»  come  pure  la  periferia  di 
ciascuna  regione  e  le  somme  dei  palazzi,  isole,  vici  etc.  trascritte  dai 
documenti  del  catasto  e  della  prefetura.  Anche  queste  somme  sono 
«  aggiornate  »  cosi  per  esempio  il  numero  dei  vici,  riconosciuto  nel 
censo  di  Vespasiano  a  265,  è  accresciuto  fino  a  324,  circa  un  quinto 
di  più. 

I  capitoli  XI-XIII  che  trattano  della  topografia,  da  Onorio  imperatore 
al  Papa  Adriano  I,  della  pianta  di  Roma  posseduta  da  Carlo  Magno, 
delle  cosmografie  arabo-sicule,  dello  stato  di  Roma  tra  il  decimo  ed  il 
duodecimo  secolo,  dovrebbero  essere  trascritti  verbo  a  verbo  in  questi 
fogli,  conciossiachè  trattano  argomento  più  strettamente  congiunto  ai 
nostri  studii  ed  ali* indole  delle  pubblicazioni  della  Società  di  Storia  pa- 
tria. Darne  una  analisi  è  impossibile  vista  la  concisione  con  la  quala 
il  eh.  autore  tratteggia  le  grandi  vicende  topografiche  di  queir  oscuro 
periodo.  Un  commento  che  aggruppasse  tutti  i  particolari  omessi  dal- 
r Autore  (perchè  cosi  comportava  la  natura  del  suo  lavoro)  lungo  la 
traccia  da  lui  segnata,  riuscirebbe  opera  di  utilità  non  comune,  a  per- 
metterebbe forse  allo  studioso  di  topografia  il  segnare  graficamente  If 


^ibìiografia 


255 


I 


tr««)onniizion[  ìnbit*  cialla  cillà  di  n^eolo  in  accolo  a  pflMire  dalla  piani» 
narrnoiva  capitolina  Ano  a  quella  di  Leonardo  Bafalini.  Il  eh.  De  Rmeiì 
ha  inGominciato  ■  colmare  la  lacnnn,  illustrando  negli  ultimi  capitoli 
parecchie  ioedite  pianta  pranpettiche  dei  secoli  XIU-XV,  delle  quali 
dà  il  fac-iimile  Dell'aclante  che  accompagna  il  auo  lavoro.  Queste  pianta 
«ODO  sette.  Ls  prima,  tratta  dal  codice  vaticBuo  1960,  tembra  eppttara 
Ai  tempi  di  Innocenzo  111,  ed  A  imperfetta  copia  iti  un  migliore  proto- 
tipo. La  seconda,  miniatura  colorita  ritraente  Roma  a  volo  di  uccello, 
ata  nel  codice  parigino  del  Ditinraonda  di  Faiio  deg:1i  liberti ,  scritto 
da  Andrea  Morenì  di  Lodi  nel  1447:  ma  è  certamente  copia,  ridotta 
io  minori  proporzioni,  di  un  originate  coutemporaneo  a  Fazio. 

La  terza  e  ta  quarta  aon  tratte  da  codici  della  coamogralìa  di  To- 
lomeo, il  TSlicano-urbinaie  ^7,  ti  il  parigino  480!.  Le  due  piante,  ar- 
TagnacbA  gemelle,  non  sono  eEBtlainenle  sincrone:  l'urbinate  k  del  1472, 
la  parigina  posteriore  di  qualche  anno,  e  pendono  ambedue  da  un  pro- 
totipo eoo  temporaneo  al  rifiorire  delle  lettera  greche  e  latina  aoKo 
Niccoli  V. 

La  quinta  inserita  nel  codice  laursnziano-rediano, delineata  da  Alea- 
aandro  Stroiù  net  1474 ,  é  detta  dal  eh.  Autore  <  uno  dei  più  importanti 
documenti  della  mia  storia,  e  dei  più  preciosi  anelli  della  catena  di 
topografie  del  secolo  XV latita  e  ta  copia  degli  ediScii  quivi  rap- 
presentati, tanto  notabile  il  progresso  nella  esattezza  topografica. ...  ■ 

La  sesta  sta  nel  libro  di  Hartmann  Schedel  intitolato  dt  tempa- 
ribi't  mundi  etc,  stampato  in  Nuremherg  l'anno  1493. 

L'ultima,  la  piil  mirabile  ed  artisticamente  bella  fra  tntte,  ì  copia 
di  un  dipioto  a  tempera  su  tela,  alla  m.  1.18  lunga  2.  33,  conservalo 
nel  museo  civico  di  Mantova.  Spetta  all' anno  1534  incirca,  e  pende 
con  la  scenografla  dello  Schedel  da  un  prototipo  comune,  attribuito  dal 
cb.  Autore  a  Leon  Battista  Alberti. 

Giunto  al  lermine  della  mìa  analisi  non  posso  che  ripetere  il  voto 
espresso  dal  eh.  Autore:  ed  è  che  d'oggi  iuianii  gli  studiosi  di  topo- 
grafia con  risparmino  cure  per  giungere  alla  scoperta  di  nuovi  docu- 
menti grafici,  tali  che  possano  colmare  le  lacune  fra  quelli  già  codo- 
■duti.  ■  L'atlante  che  oggi  vede  la  luce  ecciterai  bibliotecari,]  collet- 
Uirì  di  antichi  disegni,  i  direttori  di  musei  e  di  gallerie  alla  ricerca  di 
■iffalie  icoografle  ed  a  darcene  esatte  notiiie.  lo  sono  persuaso  che  a 
quelle  da  me  raccolte  ahre  se  ne  potranno  aggiungere  oggi  latenti  e 
neglette  >.  Chi  sa,  che  non  riusciremo  un  giorno  a  ricuperare  gli  atudij 
di  RaSaello  da  Urbino  sulla  romana  topografia,  le  schede  originati, 
i  •  libretti  di  campagna  ■  di  Leonardo  Bufalinit 

B.L. 


PERIODICI 


AreliiTf  o  gtorico  Italiano.  C.  Minieri  Siedo,  n  B^do  di  Càzk  I 
d*Aiigiò  dal  2  gennaio  al  31  dicembre  1283.  —  Jl  Gior getti,  NnoTe  oe- 
Beryazioni  sulla  professione  di  legge  nel  medio  èva  —  P.  Tonini,  set" 
vita.  La  Roma  sotterranea  cristiana  decorata  e  illustrata  dal  De  BossL 
Bassegna  bibliografica  —  Varietà  —  Notizie  varie  —  Disp.  II.  C.  Minieri 
Biccio.  Il  regno  di  Carlo  I  d'Angiò  —  A.  Bazzoni.  Casteggio  dell' ab. 
emiliani  col  marchese  Tanucci  —  L.  Banchi.  La  guerra  de*  Senesi  col 
conte  di  Pitigliano  (1454-1465)  — A  Beumont.  Un  ambasciata  vene- 
ziana in  Ungheria  (1500-1503)  —  Tonini,  La  Roma  sotterranea  cristiana 
del  De  BossL  —  Bassegna  bibliografica,  —  Varietà.  —  Notizie. 

ArcUvio  gtorico  lombardo.  Anno  VI  fase  L  B.  Bionddli.  Bel- 
linzona  e  le  sue  monete  edite  ed  inedite.  —  Cario  E.  Visconti.  Ooniche 
del  marchese  di  Mantova.  —  G.  Biecardi.  Tre  documenti  inediti  intomo 
a  Francesco  I  Sforza  —  G.  De  Castro.  La  storia  nella  poesia  popolare 
milanese.  Giulio  Porro.  Documenti  sulla  Corte  ducale  sforzesca.  AmU- 
care  Bamazeini.  I  musici  fiamminghi  alla  corte  di  Ferrara.  —  Memorie 
inedite  sulla  Certosa  di  Pavia.  —  La  pesca  nel  lago  di  Garda.  —  Va- 
rietà —  Bibliografia  lombarda.  —  Bollettino  bllbliografico. 

Archivio  gtorico  per  le  Provincie  napoletane.  Anno.  IV.  fase  L 
Assemblea  generale  della  Società  —  Domenico  Arena  —  Istoria  delli 
disturbi  et  revolutioni  accaduti  nella  città  di  Cosenza  e  provincie  ecc. 
(continuazione  e  fine).  —  G.  del  Giudice.  La  famiglia  di  Manfredi. 

F.  Torraca.  Sacre  rappresentazioni  del  Napoletano.  C.  3/interi  Biccio. 
Cenno  storico  delle  Accademie  fiorite  nella  città  di  Napoli.  C.  de  Petra, 
La  moneta  di  Asia  nei  Bruzii  —  Bassegna  bibliografica — Necrologia 
Fase.  IL  S.  Volpicellaf  Helazion  diretta  al  signor  Duca  di  Medina  de 
las  Torres.  G.  liacìo^pi^  La  tabula  eie  consuetudmi  d'Amalfi  —  Car- 
teggio diplomatico  tra  il  marchese  Tanucci  e  il  principe  Albertina  — 
C.  Minieri  Biccio.  Cenno  storico  delle  Accademie  fiorite  nella  cittÀ 
di  Napoli  —  Fiaesegna  bibliografica  —  Notizie  storiche  —  La  casa  di 

G.  B,  Vico, 


T^er iodici  257 


Archiyio  storico  artistico  ttrclieolo^co  0  letterario  della  città 
a  proTincia  di  Roma.  A.  Bossi  Fonderia  di  cannoni  a  Spoleto  al 
principio  del  secolo  XYL  —  A,  BertolatH  Gli  ebrei  in  Boma  nei  se- 
coli XVI,  XVn,  e  XVTTL  —  A.  Berldotti.  Esportazioni  di  oggetti  di 
belle  arti  da  Boma  in  Spagna  e  nel  Portogallo  nei  secoli  XVI,  XVII 
e  XVlil  —  A,  BertoloUi,  il  Matricidio  santa  croce  nel  secolo  XVL 

'    Biillettiiio  della  eotiiiiiiséf  0116  ar^héOlotrica  eimiitiiale  di  ttoAia. 

Aimo  Vn  K".  1.''  ÉrsUia  Oaetani  LovateMi,  Di  un  vaso  cìnetaHo  con 
xuppresentanze  relative  ai  ministeri  di  Sleusl.  —  ^.  LeiìùtinafU,  Tre 
monumenti  caldei  ed  Assiri  di  collezióni  romane.  —  Enrico  Dresseh  t)i 
un  grande  deposito  di  anfore  rinvenuto  nel  nuovo  quartiere  del  Ca- 
staro  Pretorio. 

Ballettino  d'Archeologia  cristiana.  Anno  IV,  N^  2. 1  santi  quat- 
tro coronati  e  la  lor  chiesa  sul  Celio.  —  Scavi  nelle  catacombe  romane, 
nel  cemetero  di  Domitilla. 

Reyne  des  qnestion  Historiqnes*  —  51  Livraison.  1  Juillet  1879. 
La  mission  de  m.  de  Lionno  à  Rome  en  1655  par  m.  Charles  Gue^ 
rin.  —  5-90.  —  La  bulle  tinam  saetamt  par  M.  Pabbó  P.  Mvery.  (L*aa-» 
tore  la  giudica  apocrifa). 

Forschangen  zar  Deatschen  deschichte  fase,  m  del  v.  XIX.  18/9 
contiene  un  interessante  studio  critico  del  sig.  Cario  MÙUer  <  Eine 
Papstgesohìchte  bis  auf  Benediot  XII  und  derem  Spuren  in  Heinrich 
von  Herford,  Chronicon  Sampetrinum,  Anonjmus  Leobiensis,  Werner 
vòn  Luttich  und  Vita  0.  Éenedicti  XII  >  pag.  499-520.  Pùt>blca  a 
pag.  609  un  breve  di ,  Bonif£^cio  IX  <  datum  Bone  apud  sanctum  Pe- 
trum  8  id.  Februar,  ^Ofitrfi(^as  nosiWi  a^no  undecime,  dilectis  filiis 
magistris  civiunn  e(;  comvinitati  opidi  Luneborgh,  >  tt  B  5Ìg;nQr  4»  P^n^ 
nenborg  in  un  articolo  intitolato  «  Die  Verse  in  der  Historia  Con- 
stantinopolitana  und,  der  Dichter  de»  Ligurinus  »  pag,  611r624)  pone 
in  rilievo  la  grande  somigliai^a  di  stile  fra  il  Guntaro,  autore  di, 
quella  cronica  parte  della  quale  fu  pubblicati^  dal  ^i%^t. nelle  sin) 
Exsuviae  sacrae  Gonstantinopolitanae  e  V  autore  del  <  Ligurinus  »  — 
pag.  625  L.  Weiland  <  zum  Pactum  E.  Heinrich  H  mit  Papst  Bene- 
dict  VHL  >  — 


NOTIZIE 


n  CoagNMo  daDe  Sodata  proTineiali  di  Storia  Patria  ti  è  radunato 
a  Niqpoli  nel  settembre  panato  con  ottimi  risaltatL  Le  laboriose  sne  di- 
•enssioni  condotte  alacremente  sotto  la  presidensa  di  Ruggiero  Bonghi, 
hanno  aynto  per  risultato  alcune  decisioni,  le  quali,  può  ragioneToImente 
sperarsi,  saranno  feconde  per  1* avvenire.  Tra  ({ueste  decisioni  notiamo 
intanto  quella  di  por  mano  ad  un  catologo  delle  fonti  edite  pei  primi  cin- 
que secoli  del  medio  evo  italiano.  Le  varie  Società  dovranno  presentare 
per  ora  come  dei  saggi  dell*  intero  lavoro,  scegliendo  ciascuna  a  giudizio 
suo,  quel  periodo  di  tempo  entro  i  cinque  secoli  che  meglio  stima  oppor- 
tuno. Questi  saggi  presentati  in  tempo  ad  esame  serviran  poi  di  base  alle 
discussioni  del  fbturo  Congresso  per  istabilire  le  norme  del  lavoro  che  dovrà 
accomunarsi.  Anche,  come  cosa  che  riguarda  Roma  e  potrebbe  essere  pre- 
sioso  aiuto  alla  storia  futura,  notiamo  il  voto  che,  per  proposta  del  pro- 
fessor Villari,  il  Congresso  volle  esprimere  al  Ministero  della  Istruzione 
Pubblica.  Si  chiede  in  quel  voto  di  concedere  una  somma  annua  alla  Bi- 
blioteca Vittorio  Emanuele  per  fare  raccolta  di  tutti  gli  scritti,  le  stampe, 
ed  ogni  maniera  di  ricordi  che  possapo  trovarsi,  relativi  alla  storia  del  ri- 
sorgimento italiano  dall'anno  1796  in  poi.  A  sede  del  futuro  Congresso  fu 
scelta  Milano.  La  Società  romana  di  Storia  patria  era  rappresentata  al 
Congresso  di  Napoli  dal  suo  Presidente  e  dal  socio  Sig.  Ugo  Balzani. 

La  Società  Romana  di  Storia  Patria  à  pubblicato  il  primo  volume  del 

REGESTO  DI  FARFA 

la  eui  edizione  venne  curata  dd  Sigg.  Ugo  Balzani  e  Ignazio  (HorgL 

Nel  volume  quarto,  fase  2.^  del  «  Neues  Archiv  »,  pag.  423,  si  accenna 
con  molto  favore  alla  pubblicazione  del  Tomassetti  sulla  Topografia  deUa 
Campagna  romana  nd  medio  evo. 


PUBBLICAZIONI 
ricevute  in  dona  dalla  Società, 


I.  CIAMPI.  Vlia  di  Paolo  Mercuri,  incisore,  a,*  tdiz.  Rema,  5«fntK(i 

fdalt'edUoreJ. 

A.  REUMONT.  U  Bibliotec»  Conia:  Firenze,  CtUini  (d»ir«utortl 
MoKCHEMTA  CciiMiNiAE  HisTomc*.  DÌpIom«ium  regum  ei  impcr*»- 

rum  germanine  I.   t.  pars  prior.  Cooradi  I  et  Heinrìci  diplamau.  Ht^ 

aoverae,  tìahn.  (dalla  Socìclù). 


Qualsiasi  libro,  periodico,  lettera  od  altra  communi- 
cazione  spedita  alla  Società  dovrà  esser  diretta  alla  Sede 
di  questa  nella  BibUoti:ca  Chigiana,  palazzo  Chigi. 

La  Società  non  è  responsabile  dello  smarrimento  de*  fa- 
scicoli inviati  per  mezzo  della  posta.  Può  chiunque  dc'Sod 
che  ne  dia  preventivo  avviso  fjrli  ritirare  alla  Sede  della 
Società  {Biblioteca  Chigiana)  in  ciascun  giovedì  dalle  ore 9 
ani.  alle  12;  ov^'cro  può  incaricare  dei  ritiro  de'  medesimi 
una  casa  libraria  residente  a  Roma.  Un  fascicolo  separilo 
potrà  concedersi  a'  soli  Soci  mediante  il  prezzo  di  lire  6. 

lì  GertnU 
VINCENZO  UERNARDINl 


LIVORNO,  Tir.  m  Fraw.  Vk 


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COMPENDIO 

dei  processi  del  Santo  1)fi\io  di  '^oma 


AL  pr^evole  documento  che  ora  offriamo  ai  lettori, 
I  porta  il  titolo  di  o  Compendium  processuum  San- 
Offìcii  Romae  qui  fiierunt  compilati  sub  Pau- 
'  lo  III,  Julio  in,  et  Paulo  IV  <.,  mentre  più  gli 
joaverrebbe  l'altro  di  repertorio  dei  detti  processi,  come 
^o  che  ci  offre  messi  per  ordine  alfabetico  i  nomi  de- 
l^iinpuiati  di  eresia,  gli  articoli  loro  incriminati  or  sulla 
leposizionc  dei  lestimoni,  ora  per  conl'essioae  fatta  dagl'  im- 
putati stessi  nei  costituti,  ed  i  costanti  richiami  della  pa- 
ginatura degli  aiti  retativi.  Riferendosi  per  tanto  il  pre- 
seale  documento  a  processi  che  non  è  in  facoltà  nostra  di 
esaminare,  ci  atteniamo  prudentemente  al  partito  di  non 
farvi  attorno  osservazioni,  e  molto  meno  apprezzamento 
di  sorta. 

Malgrado  gli  sforzi  di  parecchi  scrittori,  tra  i  quali 
primo  II  dottissimo  Canili,  una  vera  storia  della  Riforma 
in  Italia  ancor  non  e  fatta;  vale  a  dire  uno  studio  sin- 
tetico dell'idea  novatrice  nelle  sue  origini,  nei  mezzi  di. 
propagazione  e  di  repressione,  non  che  nelle  successive  sue 
trasformazioni  poImco-reJigiose,  Né  il  documento  che  ora 
Artiirìo  dtlla  Socirtìl  ronaiM  di  Storia  patria.  Voi.  III.  i; 


262  C.  Corpìsieri 


il  nostro  Archivio  mette  alla  luce  può  per  se  solo  bastare 
a  permetterne  il  tentativo. 

La  riforma  è  un  fatto,  anzi  un  gran  fatto  che  appartiene 
alla  storia  del  sentimento  deir  ideale  religioso  onde  si  go- 
verna sotto  forme  molteplici  la  famiglia  del  genere  umano, 
e,  come  tale,  è  debito  della  storia  intimamente  studiarlo. 

La  Chiesa  udendo  fremere  la  Riforma  nelle  scuole,  nei 
chiostri,  negli  epiccopj,  e  fìn  tra  le  mura  del  Vaticano,  alzòU 
sua  voce  potente,  eJ  il  Concilio  di  Trento  fu  solerte  e  operoso 
nel  reprimerne  le  intemperanze.  Ma  il  nemico  non  fu  di- 
strutto, e  mentre  parve  abbandonare  atterrito  il  campo  delle 
conquiste,  si  allontanò  invece  per  acquistare  forza  maggiore; 
onde  la  santa  Sede  rimase  lunga  pezza  tra  le  minaccie  che 
le  si  facevano  di  lontano,  e  le  vicine  smorfie  di  una  società 
corrotta  e  resa  ipocrita  dal  timore  della  tortura  e  del  rogo. 
Quindi  come  una  sregolata  fede  condusse  all'eresia,  la  si- 
mulazione della  fede  adottata  pel  semplice  progetto  di  quieto 
vivere  dovette  a  suo  tempo  produrre  un  danno  di  gran  lunga 
peggiore.  L'uno  e  l'altro  caso  sono  fenomeni  sociali  che  ri- 
flettono in  mille  guise  le  antiche  e  recenti  cause  del  bene  e 
del  male  del  nostro  civile  consorzio,  e  perciò  meritevoli  en- 
trambi di  serissime  considerazioni.  É  pertanto  in  grazia  di  tale 
e  tanta  importanza  loro,  che  non  sì  possono,  e  meno  si  deb- 
bono trattare  se  non  per  via  della  più  scrupolosa  analisi  di 
tutti  i;li  clementi  che  precedettero  ed  accompagnarono  la  loro 
manifestazione.  Fa  bisogno  insomma  indagarne  i  fattori  nelle 
singole  forze  morali  e  materiali  che  vi  hanno  cooperato,  sieno 
di  persone  per  dottrina  e  grado  sociale  eminenti,  sieno  pure 
di  quelle  che  ci  presenta  il  volgo  anche  nelle  più  umili  classi. 
Epperciò  chi  potrà  formare  un  giudizio  esatto  od  almeno 
più  prossimo  al  vero  sulle  cagioni  e  sul  progresso  di  quel- 
l'agitamento religioso  che  tanto  invase  l'Italia,  e  Roma  in 
specie  nel  secolo  XVI,  se  non  si  prendano  ad  esame  quei 
fasci  di  scritture  che  si  t'ormarono  nelle  cupe  sale  deirin- 
qui^izione,   tra  le  studiate  interrogazioni  dei  giudici,  e  le 
risposte  or  timide  ora  ardite  degli  accusati,  senza   inoltre 


Processi  del  5.  UJt{io  di  Roma  263 


SlDosccre  le  conduiìoni  tìscali,  e  le  inappellabili  sentenze 

del  rigoroso  tribunale? 

11  nostro  Compendium  se  non  sopperisce  all'uopo,  potrà 
certamente  sen'ìre  a  chi  possiede  simili  documenti  per  un 
eccitamento  di  più  a  renderti  di  pubblica  ragione,  affìnchè 
esplorati  una  volta  con  studio  sagace  ed  imparziale,  il  possa 
pronunziare  rettamente  sopra  un  punto  di  storia  tanto  di- 
versamenie  rappresentato,  secondo  le  passioni  dei  diversi 
partiti,  e  secondo  le  mire  di  una  scorretta  politica,  che  per 
nostra  grave  sciagura  non  manca  d'intromettersi  petulan- 
temente nelle  serene  sfere  della  scienza. 

Ma  il  poco  che  ora  pubblichiamo  della  romana  Inquisi- 
zione che  sotto  i  pontificali  di  Paolo  111,  Giulio  111  e  Paolo  IV, 
riceverà  mai  quella  luce  di  cui  abbisogna,  e  clie  solo  può 
prendere  dalla  pubblicazione  dei  relativi  processi?  Noi  ne 
dubitiamo  ricordando  l'incendio  a  cui  per  sentimento  di 
reazione  il  nostro  popolo  condannò  la  casa  del  Santo  OfB- 
zio,  appena  morto  il  Caratfa. 

Del  resto  quale  e  quanta  copia  d' impartanlissime  rivela- 
zioni soccorrerebbe  al  vasto  e  delicato  argomento  la  pubblica- 
zione dei  processi ,  ben  lo  prova  l' estratto  di  quello  di  Pietro 
Carnesecchi  edito  dal  conte  Giacomo  Manzoni  (i).  Se  non 
che  mentre  ci  congratuliamo  col  dotto  editore  dell'opera  be- 
nemerita, dobbiamo  lamentare  la  ritrosia  ch'egli  ebbe  di 
concedere  ì  promessi  documenli  nuovi  ed  inaspettati  intorno 
alle  persone  ricordate  in  quel  processo  (2).  Egli  se  ne  scusò 
Mrch£  non  gli  venne  fatto  sopra  alcuni  rllormatori  di  mi- 
[Dr  conto  di  aver  trovato  quel  tanto  che  pur  sarebbe  con- 
muto  per  rendere  compiuto  ed  uniforme  il  lavoro,  men- 
;  ci  sembra  sarebbe  stato  più  acconcio  consìglio  che 
ssc  lasciato  nell'oscurità  le  minori  figure  per  non  pri- 
irci  delle  pregevoli   e  peregrine  notizie  che  la  sua  rara 


}  (1)  Miuellanea  dì  Storia  Italiana  edita  per  cura  della  R.  Deputa; 
P- Storia  patria,  voi.  X.  Torino  1870. 
(z)  [vi  nella  prefazione. 


TZTsn  izzzToo  MÌ  pcnoniggi  piti 
.:ì,jt.  zsIj.  ar.-ii  -"■'  ■  -  jt — ■-*  --ili  óirono MiraatODìo 
~-izr..r-ii    1  -1---  -  '   r-ij:    r»;-Lii;  Rclio,  Lnigì  Friuli,  li 

V ,^...  „  T.^j,-j— _  l.a.-i_iilM:rsae,eviadisi;orren<lo. 

■  rsc-;  -•■-- -.fr-;  ^;  -  fci  :::  rsluiose  coU«  c«rt«  delli 

r:-:=^:  z  Inj:;^^  ;.:  i  j.-  Làsrri;»  ìì_j  rrrliorcci  del  Trtnft/- 
-j.J-j~a.-^  ^  r-^-H-i;  5u.i;:  x  ;  ;  ;;:  :1  don.  Carlo  Beo- 
-1  -  .-.i  :i  r^-^~  »=--zii  -ii^c^;  1  quelli  raccolta  in  un 
-  -^-.-i..-    :j^-  ::  ---' ■  .Hls;^-.^.^»  Zditzxriji,  solo  14  sareb- 

^:.-,■  .  :.- s.   r-:~r>r"'    i~   ì'_iì:1s  iiuJiziale  in  materia 

^.  .-c_\;  i  ciiac  -z-r-^-LZ  :.ì  '  r ~ -■:  j5-£4  proseguirebbero 
e.-;  :  ■  ìV'  r  ^- : !.icrr-: j:  .i^£rr^:=e  £30  al  lóSg;  mentie 
i;.  -.sirit-T-  -".vir,  i;  aas:  rsóicrì  i  fcreTi  e  bolle poo* 
:■  Ì.-.Ì  .14  ?c.:  .._::*:  A  ii-;  i  ?-.•;  VI.  =x)ìte  delle  quali  gii 
rv.-y.cJTi  lii  Sci-L--;  ~:TrtT'  i  ìj-ìi  ìJ  volami  apparte- 
~-i  -r.  r-~  I.  sf.-:_  V'TI  ì  X*t~"  ;:"eay;::o  io  parte  de- 
!■-  ■:  ;  .--  ■  -^  :;  ::_-^;-  Tiir  —iz-ì-  i  Tir  i—.m  oralità, 
0  -.  >^  ,-  -  ,:r;:  -:._r:  ~i-  :-  i.:-:^;ce;-.adti  i  Jel- 
.'-■".  '.,  ;,;.,;  s.-  .  .  ::;:;■.;■;  i.  Cirit^^nJium:  <ìi\ 
v-.  .'  ■  -::  .--•  -v.  :,  -..^  ;_i  .;:;.":  il  Cir-nesecchi 
0.1  -.:  -   ^.        ^c;s.     :  :  .:.    -  ::=7.;  ii  PìjIo  IV  eb- 


«  .Vrifi  U 


Processi  del  S.  Ufficio  di  Roma         265 

II  Cornpendium,  che  proviene  dalla  biblioteca  dei  signori 
Castaldo  di  Napoli,  è  un  fascicolo  in  foglio  di  forma  or- 
dinaria composto  di  venticinque  carte  numerate  progres- 
sivamente nel  recto  e  nel  verso  salvo  la  prima  e  le  tre  ul- 
time.  E  copia  tratta  da  un'altro  esemplare  appartenuto  al 
card.  Giulio  Antonio  Santorio  che  il  di  lui  nepote  Paolo 
Emilio  Santorio  concesse  nel  i6io  al  p.  Antonio  Carac- 
ciolo (i)  del  convento  dei  Teatini  di  S.  Paolo  di  Napoli,  come 
si  ricava  dalla  nota  di  mano  dello  stesso  Caracciolo  che  si 


di  S.  Apollinare,  alla  quale  troppi  dovevano  avere  Ubero  V  accesso  anche 
per  registri  di  dare  e  d*  avere  e  di  amministrazione  compresi  fra  i  libri 
manoscritti  e  stampati.  Che  in  quel  tempo  si  commettesse  qualche  furto 
delle  carte  del  S.  Offizio,  mostrò  di  saperlo  anche  il  card.  Antonelli  se- 
gretario di  Stato  in  una  conferenza  eh*  ebbe  col  dott.  Todd  conservatore 
della  biblioteca  del  Trinity- College  venuto  in  Roma  per  continuare  le 
sue  erudite  ricerche  sull'Irlanda  nelle  nostre  biblioteche  (V.  Gaidoz  1. 
cit.  pag.  17):  ma  secondo  il  Benrath  (loc.  cit.)  sarebbe  chiaro  che  le 
carte  allora  rubate  non  fossero  quelle  di  Dublino.  Il  detto  scrittore 
mentre  confessa  di  non  essere  riuscito  di  seguire  così  bene  la  storia  di 
quelle  carte  da  poter  dire  in  quali  circostanze  e  per  mezzo  di  chi  i  ma- 
noscritti di  Dublino  furono  divisi  dall'Archivio  romano,  è  d'avviso  che 
ciò  avvenisse  in  tempo  del  primo  Impero  o  nell'occasione  della  spedi- 
zione loro  da  Roma  a  Parigi,  o  mentre  erano  in  quest'ultima  città.  Im- 
perocché il  fatto  come  viene  narrato  dal  Madden,  e  prima  di  luì  dal 
GiBBiNGS  nel  Report  of  the  procedings  in  the  roman  inquisition  against 
Fulgentio  Manfredi;  taken  from  the  originai  manuscript  broughtfrom 
Jtaly  by  a  french  officier.  London  i852,  non  si  concilia  colla  certezza 
che  fin  dall'anno  1846  gli  atti  che  ora  stanno  in  Dublino  furono  da 
una  persona  privata  di  Parigi  offerti  al  British  Museum.  Oltre  le  parec- 
chie pubblicazioni  fatte  dal  Gibbings  di  documenti  tratti  da  questa  rac- 
colta, se  ne  vanno  ora  pubblicando  altri  dal  periodico  protestante  La 
rivista  cristiana,  1879,  fase.  11  e  12. 

(i)  Questo  dotto  teatino  u  pubblicò  varie  antiche  cronache  di  molto 
giovamento,  massime  per  la  sioria  del  regno  di  Napoli,  ed  inoltre  rac- 
colse con  molta  erudizione  i  Monumenti  sacri  della  chiesa  di  Napoli,  e 
ne  formò  un'  ampia  opera  in  latino,  che  però  non  fu  pubblicata  se  non 
nel  i645  dopo  la  di  lui  morte.  »  Così  il  Nuovo  Dizionario  Istorico  com- 
posto da  una  società  di  letterati  ecc.  Napoli  1791.  T.  V,  pag.  328,  ove 
non  si  fa  ricordo  di  uu' altra  opera  che  gli  appartiene  cioè  a  Collectanea 
historica  de  vita  Pauli  IV  <fcc.  »  pubblicata  in  Colonia  nel  161 2. 


266  C.  Corvisieri 


legge  alla  pag.  41  nel  fine  cioè  «  Anno  16 io  Excriptum  est 
hoc  compendium  ex  MS,  apud  Card.  Santorium  concessu 
Pauli  Aemilii  ejus  nepotis.  »  La  scrittura  del  documento  è 
d'ignoto  amanuense,   mentre  dello  stesso  Caracciolo  sono 
alcune  aggiunte  degne  di  considerazione  che  si  trovano  alla 
pag.  39  «  circa  Pheresie  di  Napoli  e  Terra  di  lavoro  dal  i544 
al  i564  »  ch'egli  cavò  da  uno  <c  scritto  di  mano  del  cardinal 
di  Santaseverina  »  che  non  è  altri  che  il  Santorio  suddetto 
così  sopranominato  dal  titolo  del  suo  arcivescovato  conferi- 
togli da  Pio  V.  Dalle  quali  aggiunte  riceviamo  anche  un'altra 
prova  oltre  quella  che  si  ha  dal  processo  di  Monsignor  Car- 
nesecchi,  che  l'autore  del  famoso  libro  il  Beneficio  di  Cristo 
crucifisso  verso  i  cristiani  non  fu  Paleario  ma  don  Benedetto 
monaco  di  S.  Severino  Mantuano  discepolo  di  Marc' Antonio 
Flaminio,  et  che  in  Roma  fu  approbato  per  santissimo  et  ot- 
timo libro  sì  dal  cardinal  Badia  che  fu  maestro  di  sacro  pa- 
la^^o  come  dal  cardinal  Cortese.  La  provenienza  dell'originale 
del  Compendium  ci  fa  meglio  accorti  del  suo  carattere  offi- 
ciale, e  perciò  del  suo  grande  valore  storico  ;  imperocché  senza 
dubbio  dovette  servire  al  Santorio  quando  fu  consultore  della 
Inquisizione.  Ben  poi  si  comprende  come  il  suo  nepote  Paplo 
Emilio,  malgrado  la  natura  delicatissima  del  documento,  si 
rendesse  indulgente  a  concederne  copia  al  Caracciolo,  il  quale 
per  essere  dello  stesso  ordine  Teatino,  donde  uscì  quello  spa- 
vento dell'eresia  che  fu  Paolo  IV,  dava  ogni  malleveria  del  pru- 
dente uso  che  ne  sarebbe  stato  per  fare.  Infatti  con  quale  spi- 
rito egli  lo  riguardasse,  e  con  quanta  gelosia  volesse  che  fosse 
conservato  nell'Archivio  del  suo  Convento,  ben  si  rileva  dalle 
seguenti  parole  ch'egli  premise  di  suo  pugno  nella  prima 
carta.  «  Il  presente  compendio  dei  processi  del  santo  offi:[ip 
sotto  Paolo  III,  Giulio  III  et  Paolo  IV,  si  tiene  nelP  Archivio 
di  S.  Paolo  nonperfar  prejudicio  alcuno  alla  fama  di  molti 
che  essendo  stati  qualche  tempo  gravemente  sospetti  et  inqui- 
siti ricuperarono  poi  coi  loro  buoni  portamenti  0  con  difen- 
dersi giuridicamente  la  riputatione  et  fama  di  cattolici;  tra 
li  quali  furono  li  cardinali  Morone  et  Polo.  Ma  solamente 


Processi  del  5.  Ufficio  di  Roma        267 

acciochè  sappia  chiunque  lo  leggerà  in  che  miseria  stava  al- 
Ihora  la  povera  Italia,  et  quanto  gran  beneficio  ha  ricevuto  dal 
valore  et  ^elo  del  Cardinal  Teatino,  autore  et  fondatore  in 
Roma  del  Tribunal  supremo  della  Santa  Inquisitione.  Et  in- 
sieme acciocché  si  vegga  quanto  falsamente  quelP  infelice  An- 
drea Duditio  heretico  nella  vita  cKegli  scrisse  del  Card.  Polo, 
et  altri  dopo  lui,  van  tassando  Paolo  IV  di  emuUv^ione,  livore 
et  odio  per  haver  processato  et  privato  della  legatione  il  detto 
Card.  Polo.  Perciocché  di  qua  si  scorge  s?hebbe  giusta  occa- 
sione di  processarlo.  Oltre  che  s*ha  da  sapere  che  non  solo 
il  Cardinal  Teatino  ma  anche  il  card.  Cervino,  il  card,  di 
S.  Jacopo  et  altri  molestarono  il  Polo  per  tal  causa. 

Tengasi  il  presente  compendio  dentro  P  Archivio  dis.  Paolo 
sotto  chiave,  ne  se  ne  dia  copia  a  nessuno  sotto  qualsivoglia 
jpretesto  perché  con  questo  patto  io  d.  Antonio  Pho  consegnato 
al  p.  d.  Valerio  Pagano  custode  et  prefetto  del  detto  Ar- 
chivio. Molti  di  questi  si  può  credere  che  errassero  material- 
mente et  ingannati  da  altri  in  quelli  infelici  tempi.  > 

Costantino  Corvisieri. 


268  C.  Corptsieri 


Compendium  Processuum  sancii  ofBcii 

Romae. 


Antonius  Gadaldinus  bibliopola  Mutinensis  haereticus  LuU 
heranus  cum  tota  sua  familia  foL  4  ex  primo  teste  in  in- 
formatione  16 ly  qui  vendit  libros  haereticos;  etfoL  86  et  in 
ripetitione  fot.  20 g  f ade  prima;  de  hoc  foL  2'j  in  fine^  et 
fol.  i4g  in  primo  Impressit  libellum  Beneficii  Christi  de  man- 
dato Moroni  foL  114  f ade  2."  et  alios  libros  ibidem;  habuit' 
libellos  Beneficii  Christi  ex  Venetiis  et  approbatos  a  Morono 
episcopo  Mutinensi  vendiditfoL  187  f ade  i*  Moronus  fa- 
tetur  quod  ab  eo  habuit  libellum  BeneScii  Christi  et  quod 
UH  mandavit  ut  plurimos  ad  se  perferendos  curaret,  credens 
etiam  testimonio  sui  vicarii  bonum  esse.  In  confessione  sua 
fol.  4  facie  2." 

Alexander  Strozza florentinus  inquisitus  de  hceresifoL  i3g 
facie  prima. 

Apollonius  Merenda  sub  nomine  calabri  fol.  ig  fac.  2. 
Cappellanus  Poli  per  multos  annos  pernitiosus  in  provincia 
Calabrie  foL  4g  a  tergo  —  hcereticus  et  contra  sacramenta. 
In  confessione  Moroni  foL  11  fac.  prima. 

Ascanius  Columna  prò  Polo,  Morono  et  aliis  foL  6  a 
a  tergo  ex  davidico  teste  J.*  Idem  suspectus  testi  sexto  ex 
pluribus  causisfol,  53  fac,  2."  et  fol.  sequente;fol.  55  et  56  ; 
et  ibi  qui  ejus  sermonibus  de  rebus  fidei  interfuerint.  Ipse 
instructus  ab  Ochino  et  a  Polo  a  Marchionissa  sororefol.  56 
fac,  /."  et  fac.  2,"  et  de  causis  suspitionis  seduxit  religiosos 
quosdam  Venetiis  fol,  58  a  tergo  —persuasit  religioso  Capuc- 


Processi  del  S.  Uffis^o  di  Roma        269 

0  apostatare  et  ire  ad  Ochìnum  Gebennam  datis  eipccunit's 
.  64.  Idem  fot.  tSt  fac.  1."  complex  htgreticorum. 

\  Patriarcha  Aquilegiensìs  suspectus fol.  61  fac.  2  fol.  63 
hr.  j."  et  fil.  i2(ffac.  1.'  et  2." 

Angelus  Rugerius  inquisitus  fol.  236  et/ol.  210  fac.  /," 


¥ 


Adrianus  secretarius  Cardinalis  Fanensis  lutheranus  seri- 
bebat  ad  Bonifacium  Valentinum  Mutinensem  hcereticum  tri' 
staloriam  de  obitu  Martini  Lutheri,  et  quod  bene  obiisset.  Fr. 
R£ginaldus  qui  est  secundus  testis  in  prima  depositione  fol.  4 

in  2.'/ol.  41  et  fr.  Albatius  1 3."  testis  fol.  ii3fac.2.' 


Aloisius  Priulus  venetus  hareticas  fol.  ii  ex  4.'  teste 
et  fol.  ig  a  tergo  —  seductor  aliorum  ibidem  et  fol.  20.  et 
fol.  28;  et  fol.  2g  fac,  i.'  ejus  hereses  et  quod  discipulus 
Poli.  Interest  instructioni  Lutherance  Poli  fol.  34  fac.  2.'  ibi- 
dem suspectus  fol.  48  fac.  2.'  — familiaris  Poli  liareticus 
fol.  4g  fac.  2.'  fol.  77  fac.  i.'  Item  suspectus  fol.  61. 
fac.  2."  et  fol.  63  fac.  2.°  et  ex  Scoto  fol.  j3  a  tergo  — 
Ereticus  et  intimus  Poli  fol.  i3i  fac.  i.°  complex  hcere- 
ticus  ex  audilu  ex  4.'  teste  fol.  igi  fac.  1.'  Poli,  Moroni, 
Marchionisse  Piscarix,  qui  scribit  illum  scribere  quaedam 
et  arguii  haereticum  illum  nostrum  appellans  fol.  281  fac.  i.' 
et  2.'  de  eo  in  aliis  ad  Card.  Polum  fol.  288  et  ad  Mo- 
ronum  fol.  2go\  et  2ffi  ubi  appellat  eum  suum  Gie^^i;  et 
fol.  2g3  fac.  t."  et  2g4  fac.  p."  et  in  hìs  omnibus  illum 
suum  emulatorem  in  amore  et  familiarem  Polo  ostendit;  et 
fol.  2g6  fac.  i.'  ubi  etiam  quodfuit  conscius  missionis  fra- 
tris  Bernardi  ad  predicandum  Mutince  et  fol.  29S  UH  cu- 
ram  Poli  commendai  et  fol.  3o2,  3o3  de  Polo  et  Morono 
plura  :  Prlolus  uel  Flaminius  dat  quedam  Poli  scripta  Card. 
Morono  in  confessione  Moroni  fol.  3  fac.  2.'  et  ipse  est  in- 
'brmatus  de  doctrina  Poli  fol.  4  ìbidem  ipse  et  Polus  et  alti 


_    ir  Jrzàtaàcmt  Unutx  et  CardSaàlis  Mih 


Vnjffn??  '  jirìnwirsagr  if£K±zr  Aànir  Tjrrisu  mUtìt  U- 


VgTtmiff:  ìfttwnB»  Mir'mmvfLMdbtrjmufpL  titfac  i/ 


Is^àeftmt  SMspecU 


ffL  :rrri3c.7.*<t  jB^ 


Bowiffifcrfms  Vxjssttaus  jw  m^mvtms  FcrirtMr  Mutmenm 
àiKntdcasr,^^  4.  irt^,' .psnùsmexfrMrt  RigimaUo  tesie  3/ 
FjyuMAf  J3^^àrrjXLs:  ì£m,  xjizs  ìm  .sjLx  Jipositùme  Jòl.  41 

/JL*.  ;?  ^f  jif^,  e,  "Vii  r;o  /jl\  2.'  rt  xqu^ntì  retinet  Ubros 
hijL:r^:icys^  iC  isc  ^T^rìratj  :ul  s%spictxs.  nDul  credit.  In- 
/«fcif  Ss^ftrttiZiyt  ^t  £fjytmLS  j^stJ  JrMrem  Reginaldum 
Jt  /oJ.  17;:  /Jk\  :;.'  it  s^q^,  rt-^it  IztterjLS  a  Germanis  de 
€i>lUctis  yW.  1:4  /m:.  ::.•  Sxjprct^j  ^  haeresi  foL  120 
fjÈC.  :?/  Awn  iitm  fei«artócxi  /cC  i Jr  /jc.  /.•  ei  ipse  Ma- 
ronsts  dicù  in  ojfrfessscme  sau/oL  12  fac.  /.•  et  in  consti- 
tutis/oi.  3.' 

Friier  Bcmarsius  de  Banholisyfo.  ordinis  Praedicatorum 

testis  et  compier  Moroni  abjurjvit  fot  23 /oc.  p*  etfol.  28 

fac.  2.-  etfoL  i3S  fxc.  2*  et  seq.  foL   i36  Jac.   1/  edo- 

ctus  a  PrioIofoL  2g  a  tergo^  et  a  Potofol.  18  et  fai.  84 


Processi  del  S.  U^^io  di  Roma        271 


ab  eodem  Polo  instructus  ut  haeretìce  praedket  fol.  34 
fac.  2.'  ab  eo  cdoctus  haereses  quas  propugnabat  fol,  4^ 
/oc.  I.'  et  2.'  babuit  scripta  haeretìca  de  domo  Poli  Jbl.  18 
fac.  1°  et  fol.  So  fac.  1°  in  quo  tpse  et  testis  convenit  se- 
Juctas  a  Polo  fol.  62  fac.  1.°  et  2."  et  iSgfac.  i .'  Opera 
Poli  et  Marcliionissae  Piscariae  missus  Mutinam  ad  praedi- 
candum  fol.  t36  et  fol  1 55  fac.  i.'  Sed  de  mandalo  Ma- 
roni  et  de  scientla^ Prioli  et  Sorantii  ex  litteris  Marchto- 
nissae  fol.  2^6  fac.  i.°  et  est  salisfactissimus  et  obligatissimus 
Morano  ex  litteris  ejusdem.  fol.  Soo  fac.  i.'  fuit  missus  a 
Morano  propositus  a  Cardinali  Polo  et  Priolo  et  aliis.  Mo- 
roaus  in  confessione  sua  fol.  5.  et  in  constitutionibus  fol.  7 
fac.  3  et  seq. 


'     Fr.  Bartbolomeus  Miranda  hispanus  nunc  Archiepiscopus 
W'oletanus  accersitus  a  Polo  Cardinale  ad  convivium  fol.  47. 


Fr.  Bartholomeus  Pergula  missus  a  Morano  Mutinam 
ad praedicandum  haereses,  et praedicavit  ut  ex  Scota  inform. 
fol.  x.'et  in  depositione  fol.  SS  f ade  i.'  et  ex  fr  atre  Ber- 
nardo 4.'  teste  fol.  21  qui  instructus  a  Flaminio  et  Priolo 
haereses  et  fai.  28  idem  deponit.  Persuasit  haereses  Mu- 
tinae,  sed  fuit  ex  parte  punitusfol.  44  ex  suprascripto  teste, 
qui  et  XXV.  publice  haereses  praedicavit  cum  partedpatione 
praelati,  qui  erat  Moronus  fol.  20 g  fac.  2.'  Idem  Jol.  114. 
fac.  !.'  et  2."  ipse  faletur  se  fuisse  haereticum  et propterea 
detineri  fol.  j83  fac.  i.'  ali  sibì  a  Soranlio  fuisse  signi- 
fcatum  ut  ad-iat  Moronum.  Moronus  vero  agii  de  ipsum 
mittendo  ad  praedicandum  Mutinae  fol.  eodem  i83  fac.  t.' 
invitatur  ad  prandium  et  admonetur  a  Morona  ne  disputet 
de  Scriptura  cum  Antonio  de  Mirandula,  cum  quo  Moronus 
disserit  de  invocatione  sanctorum  fol.  iS3  fac.  2.'  laquutas 
est  de  haeresibus  cum  Morono  et  ab  eo  mtttitur  Mutinam  ad 
iilas  praedicandum  fol.  1 83  fac.  2.°  prius  Romae  haeretice 
praedicaverat  et  lutheranus  a  Soranlio  cognitus  fol.  284 
fac.  a.'et  a  Morono  commitlitur  ut  Mutinae  lutherane  pr(B- 


272  e  Cannswri 


dkaretj  prout  jam  se  praedicasse  fateiur  guasékan  haerem 
fol.  i85  Jac,  //  et  2.*  Moronus  noverai  ex  colhqutts  ifsim 
haereticum.  Ibidem  accepit  commodatum  a  Guido  de  Fwm 
libeUum  Beneficii  Christi/o/.  186  f oc,  /.*  Moromis  dixistet 
Ulum  misisse,  inquisisse  et  retractarì  fadsse  in  cofnfesàcm 
suafoL  i2fac^ 


Bernardinus  OchinusinstructorAsamu  Columnaefid.  16. 
fac.  I'  Amicus  FregosH  Cardinalis  foL  16  fac^  Intimus 
Ducisse  Camerini  in  cujus  domum  laicalem  habitum  suscepit 
fai,  16  fac.  2*  Haereticus  tectus  foL  jG  fac.  2/  Amicus 
Marchionissae  Piscariae^  Moronus  in  sua  confessione.  foL  12 
fac.  2.' 

Blancus  de  Bonghis  Bergomas  Vicarius  Episcopi  Ber- 
gomensis  haereticus  fai.  i32  fac.  // 

Cardinalis  lÒ^mhMs  frequentat]yisitationem  marchionissae 
Piscariae.  Moronus  in  sua  confessione  foL  12  fac.  2/ 

Cardinalis  Badia  seu  S."  Sylvestri  suspcctus  foi.  i38. 
fac.  2.'  fol.  160  fac.  2.'  sentiebat  cum  haereticis  in  materia 
de  gratia  et  libero  arbitrio  ex  relatione  Moroni  foL  241 
fac.  /.•  Amicus  Moroni  fol.  246  fac.  /."  interfuit  ut  ma- 
gister  sacri  Palatii  in  Comitiis  Ratisbonae  in  quibus  fuit 
male  determinatum  de  articulo  justificationis.  In  confessione 
Moroni  fai.  2  fac.  2.' 

Beneficium  Christi.  libeUus  appellatus  reprobatur  Veronae 
fol.  235  facie  2."  Illius  auctor  monachus  sancti  Benedicti 
amicus  Valdesii.  Illius  revisor  Flaminius  foL  8g  fac.  /.•  Il- 
lius rcpurgator  Flaminius,  et  cantra  illum  scripsit  Catherinus 
fol.  i52  fac.  i."  Impressus  de  mandato  \Moroni  Mutinae 
fol.  226  fac,  //  Mutinae  revisus  et  approbatus  a  Morono 
Episcopo  illius y  et  venditus  ab  Antonio  Gadaldino  fol.  iSy. 
fac.  i."  Moronus  se  ab  eo  accepisse,  et  ut  alii  ferrentur  cu- 


Processi  dei  S.  Vffi^  di  Roma        ayS 

e  fatetur  in  sua  confessione  fot.  4  fac,  -2.'  et  seq.  Ha- 
■  suspectus  hic  libellus  ibidem  fot.  4  et  habetur  in  de- 
f  a  Cardinali  Tridentino.  Ejus  auctor  putabatur  Flami- 
ms,  sed  fuit  quidam  monaclius  Sancti  Benedirti  Siculus 
l  regninola  ibidem  foL  5. 
Ducissa  Caraeiiiit  haerelica  scctalrix  haereticorum,  et 
rix  monialium  haereticarum.  fol.  l'i  fac.   ■j"  et  fol.  ij 

L  Cardinalis  Contarcnus  de  consensu  in  articulum  justi/ì- 
jionis  dum  esset  legatus  fol.  i~  et  in  confessione  Moroni 
eiiis  literae  de  juslificatione  ibidem  fai.  igfac.  i." 
:  quarto  teste  et  a  tergo.  Ubique  laetabatur  de  sua 
^nione  justifi cationi s  ex  sola  fide.  Hic  testis  retractavit  dic- 
I  suum  deceptiis,  sed  ad  illud  rediit  fol,  27  et  praece- 
denti  et  a  fol.  i3<S  cum  seq;  in  repetione;  et  fol.  sgS  fac.  2.* 
et  seq.  Item  ex  Salmerono  de  auditu  fol.  14-]  fac.  1.'  Jtem 
ex  alio  fol,  i34  et  fol,  12S.  Ex  isto  teste  male  setttit  in  ma- 
teria de  gratia  et  libero  arbitrio  ex  relalione  Moroni  xxii, 
testis  fol.  ■J4i  fac.  i.'  Fuit  Legatus  Bononiae  fol.  3o4.  De 
articulo  justificationis  determinato  sub  ipso  Legato  in  Co- 
miliis  Ratisbonae  et  Morano  Nunlio  ex  ipso  Morano  in  con- 
fessione fol,  ::.-fac,  2."  et  quod  dicebatur  luslilìcatio  Con- 
tarenì  Ibid,fol.  6  fac.  /.' 

Frater  Claudius  Caravalus  Carmelitanus  suspectus  fol.  64 


i 

^^^Ctcscius  de  Mugello  de  Mariadi  presby-ter.  fol.  26 


Cicoiiia  eques  destructor  ecclesiarum  Novariae.  fol.  64 
(ex  davidico  teste)  Morano  connivente. 


Episcopus  Clugìensis  in  senienliis  ferendis  in  Concilio  de 
haeresi  supectus  et  carcerandus,  sed  defensus  est  a  cardt- 
naii  Tridentino  ciijus  erat  familiaris  fol.  240  fac.  i,'  et  2.' 

Cardinalis  Cortesìas  dicit  testi  ridens  Romae  se  et  Mo- 
ronum  haereticos  teneri  fol.  244  Moronus  in  sua  confessione 
fot.  4  fac.  2."  fatetur  super  libello  Beneficii  Christi  cardinalem 


274  C.  Conrisiai 

Corzutcn,  sLpiizccr'i  jcjlìxjùj^,  jsz  rejp:nJ^  e  Quiaid 
li  ZLVZ^ZA  =-  ziec:;  L  ^ -zciii*  .e  rica  =i  so  vestire  ^*iIiro 


?:i:ir  C: :-;-.-=  Er^crr^-i  B:T:^zyt:u  prj£dL:avzt  de  jit- 
s::-i:z:::i-   ".^jrrs  .•^'lt-'t  .V.r:^".  ytirxnus  zi  suzs  coijes- 

r:*::.;  :■:  .■.yr/r-.i;  r:^   :;   •'^\  :.'  Cremzjue  sunt  fueredci 

D. 

/jj.  ..*  c:/c:.   *^/ì:.  -.' 

B:z:lr.:;.:5  \lzTizi\:s  fcsb-rer  M:*::mnsis prjefectus  do- 

muì  -V:»-:'::  ^jt;  »•*:.•:,::*?  t*: /lizirrr  hs^rctìccrum  Mutznensfum 

fui.  'j  :-:  :-:'':-^.  r^:"  ■::  :.\»:.v  &:  :>!  de z .bilione  fyl.  ^^Jjc.  2.' 

et  in  rt'rir.i-.TJ  /::.  .:  ^ /lu.  2.'  f.l.  ì-  «rr  .;.  teste  foL  44 

CX        ^.         *•-'.-        W^-        «.^«        «•  -'  t>       ••        ■      »•«••••'.      «e         /...        .J>J*         TtJCm         mmm 

et  s:^.  e:  .^7 /jj.  j.'  .V.-^.t-o  •:.-•:  r::;:  c':*m  /uereticum, 
ifse  i;j;:  /t  jùj  ccr/csìiiie  /:-'..  :  :  et  fo\  :>  /Irj-.  2.'  cV 
jtj.  e:  lS  .4  .5  e:  .:•". 

Friter  Dicr.vjius  Twrr.i-u:r.c:  e rdinis  praedicatorum  dis- 
sertar cum  Pc'.jfil.  :J'  /jij.  :.'•  et  j.'  et/ol.  seq, 

F. 

Frar.ciscus  Pcrtv.s  Grjecus  CreteTuis  legetat  Ferrariae 
fol.  4  ex  I.  tcs:c  in  infcnnaticnc  ex  eoJem  foL  òb  fac.  2.' 
inifius. 

Fiaminius  scductor  Moroni jlL  4  ex  //  teste  in  in/or- 
matione  et  in  depositione  fvl.  7:  fa:,  i."  fuit  eomylex  hae- 
reticorum  fi.  17  et  io  ub:  e:  scductor  et  foL  20  edidit 
libellum  Bericfui:  Cl:r:<::  fi.  i*  .x  tergo  et  fol.  4*j  iUum 
recognovit  foL  i^ijfac.  1.   ilhnn  cxpurgavit  foL  i52fac,  // 


Processi  del  5.  Ufficio  di  Roma         2j5 

ipse  et  Priobis  prò  Morone  instruunt  praedicatorem  luthe- 
ranum  ut  Mutinae  novam  doctrinam  praedicaretfoL  21  et  28 
et  2Q  fac.  l'foL  3o  fac,  //  complex  haereticorum  inte- 
rest  instructtoni  lutheranae  quam  dat  Polus  praedicatorifol.  84 
fac.  2'  Idem  Flaminius  praecipuus  faqiiliaris  Poli  haereticus 
fai.  4g  et  Lutheranus  familiaris  Poli  fol.   7 J   j4  et  7 5 
et  ^6  et  fol.  77  fac.  //  illi  curam  Poli  Marchìonissa  per 
Moronum  commendai  fol.  2g8  fac.  i.""  de  eo  fol.  3o3  Fla- 
minius vel  Priolus  quedam  Poli  scripta  dat  Morono  ;  in  con- 
Jéssione  sua  Moronus  fol.  3  Flaminius  haereticus  apud  Mo- 
ronum et  Polum,  et  ne  esset  pernitiosior  a  Polo  retentusfol.  4 
ibidem.  Ipse  putabatur  fecisse  iibrum  Benefìcii  Christi;  ibi- 
dem fol.  5  et  in  constiiutis  fol.  i3;  Scripta  Flaminiifol.  16 
et  17  in  constitutis. 

FranciscusCamerona  mutinensis  haereticus  fol.  88  fac.  j." 

Cardinalis  Fanensis  tunc  episcopus  amicus  Martini  Lu- 
theri;  dolet  eius  obitumfol.  41  a  tergo;  fol.  42  a  fronte 
et  a  tergo  y  et  ibidem  quod  negligens  in  puniendis  haereticis. 
Idem  suspectus  propter  opiniones  in  materia  justificationis 
et  meriti  fol.  53 y  fac.  /." 

Cdccà,¥tàQnc\\s¥ttgos\is  suspectus  de  fide  fol.  16  y  fac.  2." 
et  in  constitutis  Moroni  fol.  12  fac.  2."  et  seq.  ubi  de  ejus 
scriptis. 

Forzirolus  Mutinensis  suspectus  fol.  120  fac.  2." 

Presbyter  Franciscus  suspectus  in  materia  justificationis 
fol.  2g8  fac.  i.' 

G. 

-  Guido  Giannettus  visitabat  marchionissam  Piscariae  ubi 
olii  plures  foL  i5  in  informatione.  Commodavit  libellum 
Benefici!   Christi  fratri  Bartholomeo  a  Pergula  fol.    186 

fac.  /."  Habebat  commerciiim  cum  ha:reticis  Germanis  et 
Melantoncy  et  fuit  familiaris  episcopi  Idruntini,  et  aufugit 

fol.  248  fac.  2." 

Gabriel  Falopia  presbyter  Mutinensis  haereticus  luthe^ 
ranus  pessimus  fol.  4  ex  i."  teste  in  informatione  et  ex  eo- 
dem  in  depositione  fol.  86  fac.  2."  et  fol.  88  fac.  /.• 


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ra;  a  (larnesccca  fui.  ji',4. 


Processi  del  S.  Ufficio  dì  Roma        277 


Arcniepiscopus  Idruntinus  conscìus  haeresum  Ludovici 
mnae  illum  mitlit  ad  legendum  in  sua  ecclesia  fol.  16.  et 
h.  Quod  ipse  est  complex;  idem  fot.   84.  fac.  2,  et  quod 
tli  amicus  et  complex  fol.  81.  fac.    i.  complex  Moroni 
l  88.  fac.  2.'"  et  complex  esset  aliorum  ex  audito  a  4.  te- 
.  Idem  optabat  Polum  papam.  fol.  iff.  Consentii  Moroni 
irituales  non  esse  sub  lege  fol.  28.  a  tergo.  Dixit  et  fe- 
t  multa  haereticalia  remissive  fol.  28.  fac.  2.'  suspectus 
t  diversis  causis,  et  quod  recepit  litteras  a  Martino  Bu- 
•ofol.  6t.fac.  3."  et  63  fac.  i.'  et  fol. . .  .  (sic)  in  depo- 
me. Idem  complex  haereticorumfol.  84.  fac.  2."  et  fol.  i3g 
.  Amicus  frairis  Andreae  de  Volterra  fol.  248.  fac.  2. 
'jiitus  magis  suspectus  ex  fuga  Guidi  Giannetti  sui  fa- 
tris  fol.  eodem  248.  fac.  2."  Suspectus  ex  fama  fol.  z5o 
■  Accepit  de  manibus  Moroni  nescio  quod  scriptum 
i  in  confessione  Moroni  fol.  3.  fac.  2.'  Moronus  fatetur 
fc  Ulius  fuisse  amicum,  sed  nescisse  fuisse  haereticum  nist 
e  relatione  inquisitorum,  et  ex  articulatis  cantra  eum,  et 
de  eo  loqiiutum  esse  PaptE,  et  persuasisse  D.  lohannem  Man- 
riquetiim  ut  quiescerct  de  cardinalatu  illius,  et  illum  sibi  ne- 
gasse tcnuisse  opiniones  malas,  sed  legisse  libros  haereticos 
de  anima,  et  scripta  Valdesi!,  et  ejus  fuisse  amicum.  In  sua 
confessione  fol.  12.  fac.  2.° 


lobaones  Borgomozzo  Mutinensis  haereticus  fol.    100 
fac.  2.'  et  fol,  101  fac.  i.' 


lobaones  Arnesius  hispanus  crostata  ordinis  Praedicato- 
rum  haereticus  abjuratus  fol,  i5o  fac.  2.' 


D.Iohannes  Bertanus  mutinensis haereticusfol. g5fac. 2.° 
et  fol.  99  fac.  2.- 


Usgister  lofaaDnes  Maria  Mannellus  mutinensis  suspec- 
Wfol.  120  fac,  2: 


^rcJUvìo  dilla  Società  n 


Il  Slorìa  patria.  Voi.  1 


yu.  liofile.  2. 


Mi;2Ì9Cer  KXBSBXIZB  XflGaCBBCIII 


tiffifTTTTtfi^  FiEzurcuis  Jb^HDoÈr  SM^fectmsJòL  120 /se  2/ 


/20  /flC.  2/ 


'SmaSsMxh 


faL  25«. 


D.  kihcm  fÈatiam  é^wmcu  gyrto  ile  kitrtsifoL  2gj 


ju  jcnr  res  Monm 
foL  4  ^x  jràw  fies&r  «  ò^arwuiiame^  ef  er  ^^  rtìatìone 

et  M^taàms  ManmifiL  r*/K-  i-*  «f  JWL  86  fac.  2.-  e/ 
J6/.  2//  primu,  katreiiau  fiL  p5  Jàc  2.'JbL  ito  fac.  /.• 

LjOheramiS  foL  121  f^^  /.* 

Locas  noUrius  de  SerraT^^^a  hjereticus  JustificatoHus 
fai,  35  fac,  /.• 

Ladovicas  Messinite  (credo  quod  sii  Manna)  notus  testi 
Idrunti  ubi  legebat  Jol.  i5  a  tergo  y  et  16  quodfuit  missus 
ab  Archiepiscopo  Idnmtino. 

Ladislaus  auditor  Archiepiscopi  Idruntini  sciebat  haereses 
Ludovici  Mannae^  et  alterius  presbiteri  haeretici,  foL  16 
ex  3J'  teste. 

Lacenses  haeretici  foL  64  fcu:-  //  er  quaedam  fol.  65 
fac.  // 


Processi  del  S.  i 


frfo  di  Roma 


279 


Lactantius  Ragnoous  senensis  fiacre ticus/amiliaris  Carnc- 
echaeJol.S3/acie  2.'  complex  haeretìcorum/ol.  tSifac.  i.' 

Frater  Laurentius  gcneralis  Ordinis  Servorum  concio- 
■  in  concilio  esse  toltendam  gratiam,  et  solum  inniten- 

I  mericis  Christì fol.  243  fac.  2'  et  sequenti  ubi  quod 
erta  pertincLx  in  hoc,  quia  infinities  monitus  noluit  dimittere 
lalem  opinionem,  et  propterett  creditur  esse  haereticus. 


M. 


Marchionissa  Piscariae  Jìlia  spiritualis  et  discipula  car- 
àinatis  Poli  haeretici  fol.  t5  ex  1°  teste,  et  complex  illius  et 
cdiorum  haereticorum  ex  Scoto  fai.  84  fac.  2.'  et  fol.  85 
fac.  I.'  et  ex  17  teste  fol.  i5i  fac.  i.'  falsa  doctrina  im- 
buta  a  cardinale,  et  propterea  illius  atnator  ut  ex  pluribus 
Utteris  cardinalem  Moronum  a  fol.  syg  cum  seq.  et  2gt 
et  23/.  Possunt  cantra  eam  testificari  moniales  monaste- 
riorum  in  quibus  degit  Romae,  Florentiae,  et  Viterbiifol.  i5 
et  domina  Isabella  hispana  quam  docuerat  sanctos  non  esse 
intercedendosi  ibidem,  Visitabatur  Romae  a  Guido  Giannetto, 
a  Scoto,  a  Bono  et  alUs  haereticis,  ibidem  fol.  i5  a  tergo, 
et  quod  se  detexit  haereticam  Scoto  fol.  i5  ibidem,  ubi,  in 
quibus,  et  de  lecitone  librorum  lutheranorum  et  fol.  85  fac.  i.' 
Item  praedicta  Marchionissa  complex  haereticorum  ex  4  teste 
fui.  j-j  et  fol.  S4fac.  a."  Item  marchionissa  declaravit  testi 
adhaerere  Contareni  opinioni  quod  sola  fide  justifcamur  fol.  17 
a  tergo,  de  quo  in  repctitione  fol.  161,  et  se  didicisse  a  Polo 
a  quo  fuerat  persuasa  fol.  2g  in  principio.  Habuit  scripta 
et  Polo  fol.  20.  Ipsa  cum  aliis  Poli  et  suis  amicis  seduxit 
RaineHum  Gualanum,  ibidem  a  tergo  de  eadem  fol.  20  et 
ut  Poli  familiarissima  liabebatur  suspecta  de  haeresi  fol.  48 
fac.  3."  et  fol.  4g  fac.  2.°  fol.  16  fac.  i.'  et  seq.  Dicit  Asca- 
nium  fratrem  fuisse  notatum  de  suspitìone  fol.  53  fac.  2.* 
1  Moroni  fol.  62  infine  et  fol.  i54  in  fne  et  seq,  Jpsa 


thnmttum  3rr>  Jàarnm*iaL  j5f  n/àL  5i  fac.  1}  etinft' 
TikL  z55  iàz.  r.'  e:  apparet  ex  UtUris  suis  ad  Mo- 
É£  imnBàaiB  JioroaxJoL  2^  fac.  /.*  Ifsa  et 


use  jmrmnam  ir  suzs  rri£:dKff  jrmtsiat  haeretiàsi  vel  ad 
iàcSum  aàacrsàaacm  Jar^iiàatmr  per  Pobam.  Unde  et  sok 
ic  iwscaercf  imìxàuBjai  25jjjc,  ^* — iUrddomissa  maxime 
£f^scsM  p^^rcofr- JjùsaK  ììtcTtìbìxk  er^pa  cardznaiem  Moronum 
es:  iZaifjr  ^nii^iiQr,  atr  sta*  igg-j^ifim  PoS  Cardmalis  ex  più- 
r^ms  Jtksù  isssr  ai  Maraatm  a  foL  2jp  280  et  seq.  ad 
iitx  jfìii  ^fS  ez  jGCf.  £r  ^tit*i  Pahis  Itgxtus  in  OmcHium  sii 

pcpmias.  et  imprecatìo  prò  eo 
jins  cdicÀ::^  Ci  B::^*fóL  2$ 3  Ubim  vebUi  Ovristì 
expKtx,  iPìsm  làrìtzse  cxÈcJàa  msuisadeumfoL  288 
et  xsf^  —  Bscsm  ifrcor  jaacm  E^iu^nm.  et  Aloj'sium  Pnobtm 
smmm  Gàe^  Et  Jt  jan:re  zm  cmm  crdemtzssimo  et  de  imbi- 
liàs  àsKtrm^foL  i<f^  et  2«i  es  «  aiiis  ad  ewmdem  oc  etiam 
de  ■nn»  jmmee  et  rej^remtÌA  m  RuJMm  im  suis  litteris  ad  M(h 
rotmm^  mmàt  txmf^xm  cjrmsEs  a  Priolo  redarguebatur  y  et 
qmod  CJéistmm  riàtref  im  Sh  fin,  2Q2  et  2^  fac.  1/  et 
idem  JoL  z  '^:  ai^'  erizn  ^z^cd  zst  ^ìr^^lirissrmum  Dei  in- 
^rumwHtirr: per ^'^:*z  zfs^  j.wri -i: ^.xr-^jum/ol.  24yJ'dC.  /." 
ei  ::/  ad  idem  ::'^C'  l}^:  ezim  bcrdrur  Moronum  ad  relegenda 
scrrpta  Polì  dotnòd  .0/ /Iv.  r^D  et  ^v-S  ubi  etiam  de  cura 
Poli,  e:  de  aue::'rùj::e  :^'^'  pr-jprcr  doctrinam  ete.y  et  eum 
appellat  optimum  mofistrum  et  dominum  suum y  et  plura  de 
eo  et  de  Morono  in  Izrteris  ad  Pricdum  jol.  3o2  et  seq;  et 
ibi  dicit  Polum  spir::um  Dei,  ei  iterum  quod  recipit  absolutc 
a  Deo  quantum  Polus  jfit,  Mon^nus  faietur  ab  ea  Polum 
Cardinalem  ur.:ee  dueecum,  ut  ex  teste  ejus  patuit;  et  eam 
suspectam  et  injcctum  forsan  op:nion:bus  fratris  Bernardi 
ochiniy  et  eam  frequenter  visitasse;  in  sua  confessione  fol.  12 
fac.  //  et  2*  ubi  quod  eam  saepe  visitabat  cardinalis  Bem- 
bus  et  Sadoletus,  et  in  constitutis  a  foL  26  et  sequcntibus 
ubi  interrogatur  super  litteris  ejusdem  marchionissae. 


Processi  del  S.  Uffiiio  di  Roma         281 

Michael  Angelus  Tramentanus  de  sancto  Geminiano  lu- 
theranus  justificatorius  fol.  3i  a  tergo,  Edoctus  a  Fracano 
medico  fol.  36  a  fronte  et  a  tergo. 

Frater  Marianus  de  Senis  ord,  Praedicatorutn  ex  ^/  teste 
foL  14  persuasus  apostatare  etiam  a  Cameseccha  fol.  2g 
fac.  /." 

D.  N.  Marcellus  Episcopus  olim  Fesulanus  deinde  Lycien* 
sis  haereticiis  recidivans  contra  potestatem  Papae  ex  libello 
Martini  Buceri  sibi  tradito  ab  Episcopo  Ciugiensi,  carceran- 
dus,  sed  ad  preces  quorumdam  cardinalium  et  Praelatorum 
dimissus  fol.  240  fac.  2." 

Moniales  sanctae  Marthae  extra  tnuros  Florentiae  hcere- 
ticae  fol.  i6  fac.  2.*  et  seq. 

Mattheus  Gilsus  lucensis  haereticus  fol.  61  fac,  i.' 

Mutina  de  hceresi  diffamata  fol.  3i  fac.  i."  Mutinae  più- 
res  haer etici  insectantes  catholicos.  Salmeronusfol.  6gfac.  1/ 
in  repetitione  fol.  147  fol.  i32  fac.  2.^  plures  ibi  haeretici 
foL  42  fac.  2."  et  in  repetitione  fol.  23 2,  et  in  depositionibus 
lohannis  Baptistae  Scoti  in  informatione  fol.  4  et  5,  et  in  de- 
positione  a  fol.  78,  et  in  repetitione  a  fol.  207  et  ex  alio 
teste  fol.  g5  fac.  i."  et  fol.  ii5  fac.  i."  et  fol.  120  et  121 

m 

mittunt  collectam  haereticis  Germanis  fol.  1 14  fac.  2."  et 
fol.  j55  fac.  !••  et  de  Academicis  haereticis  Mutinensibus 
Moronus  in  sua  confessione  et  in  constitutis  fol.  22  fac.  /•• 
et  2/ 

M.  Antonìus  Abbas  Villamarinus  neapolitanus  haereticus 
primus  testis,  qui  est  etiam  nonus  in  informatione  fol.  6  et 
in  depositione  fol.  88  fac.  2."  abjuravit  in  manibus  cardinalis 
de  Carpo  secreto  favore  Moroni  cujus  erat  familiaris  fol.  25o 
fac.  I.'  Moronus  fatetur  se  persuadere  illum  abjurasse  in 


282  e.  Corvisieri 


mcnibus  cardinalis  Carpensis,  et  illum  retìnuisse  ad  sua  ser- 
vitìa  in  sua  confessione  foL  2.*  fac,  // 

Moniales  S.  Catharinae  de  Viterbo  suspectae  ex  litteris 
Marchionissae  Piscariae  fol.  27gfac.  2.*  et  fai.  284  fac.  1* 
et  2."  et  fol.  200  fac.  i.' 

Marcus  Antonius  Flamiaius  quaere  Flaminius  sub  at- 
tera F. 


N. 


N.  de  Seravezza  haeretìcus  justificatorius  fol.  3i  fac.  i: 

N.  Hispanus  miles  \  valdesius 

N.  Florentinus       [  P.  Martyr  han^etici 

N.  Senensis  )  Bemardinus  Ochinus 

justificatorii  fol.  3i  a  tergo,  et  hic  erat  sacramentarius. 

N.  Sanfelice  Episcopus  Cavensis  de  fide  suspectus  et  in 
multis  cum  Lutheranis  conveniebat  et  in  Ccncilio  contendebat 
solam  fidem  sufficere  ad  justificationcm  et  pertinaciter  dam- 
nans  doctores  scholasticos  injecit  manus  in  barbam  Episcopi 
Grechetti  fol.  242  fac.  2*  et  ante  publicationem  decreti  de- 
clarat;  fol.  248  fac.  1." 

N.  Presbyter  saecularis  Appulus  ludimagister  haereticus 

socius  Ludovici  Mannae,  cujus  nomen  non  recordatur  4  testis 

frater  Bemardus  de  Bartol;  fol.  16  Credo  quod  erat  d.  lo- 

hannes  Paulus  de  Gunegliano.   Vide  in  processu  Hortensii 

Abbaticchii. 

N.  Prior  S.  Mariae  in  gradibus  Ordinis  Praedicatorum 
Viterbiensis  amicus  Moroni  fol  286. 


Processi  del  S.  Ufficio  di  Roma         283 

— — - .  _  ■  - 

Nicolaus  Monica  Bergomensis  Ecclesiae  Praepositus  Lu- 
theranus  et /autor  fol.  i3ofac.  i.*  et  2.*  et/ol.  i32/ac.  /.• 

Nicolaus  mcdicus  pisanus  haereticus  fol.  5y  fac.  1/ 

D.  Nicolaus  Bargilesius yb/.  74fac.  2/  et  seq.  etfoL  76 
fac.  j.*  et  2/ 

N.  Senensis  juvenis  etiam  per  scripta  haeretica  cathechi^ 
:{atur  a  Polo  et  Flaminio  foL  79  fac.  i." 

N.  frater  S apostata  factus  haereticus  Carneseccho 

persuadente  fol.  83  fac.  2."  et  seq. 

N.  Abbas in  litteris  Marchionissae  ad  Moronum 

fol.  2g8  fac.  2." 

N.  Ludimagister  Mutinensis  suspectus  fol,  120  fac.  2.' 


O. 


Octavianus  Lottus  interest  sermonibus  de  Religione  fol.  55 
a  fronte  et  fol.  16.  Similiter  a  fronte  idem  haereticus  com- 
piex  Poli,  Flaminiif  Idruntini,  et  Priuli.  Sed  poenitens  fol.  8g 
fac,  2.* 

Oddo Monopolitanus  haereticus  fol.  88  fac.  2." 


P. 


Cardinalis  Polus  doctor  et  complex  Moroni  ex  litteris 
Marchionissae  Piscariae  pluribus  a  fol.  279  cum  seq.  — Ap- 
probator  doctrinae  Flaminii  in  seductione  Moroni  fol.  4 
ex  /•*  teste  in  informatione  et  in  depositione  foL  78.  Idem 


284 


Polus  pater  et  magister  spiritualis  in  falsa  doctriaa  iisr- 
chionissae  Piscariae,  et  ab  ea  unke  dilectus,  et  nimio  a^tm 
oc  reverentia  adamalus  propter  islam  discipUnam  fol.  i  J  ex 
eodem  teste,  et  ex  litteris  Marchionissae  fol.  27g  et  280  281 
et  seq.  2S3  et  2S4  et  in  litteris  Marchionissae  Piscariae  aà 
ipsumfol.  288  et  sSg,  2^0,  2i)t,  252,  29J,  2^4,  aptf  et  Sg8 
et  seq.  et  3oo  ubi  Polum  et  Moronum  mirifice  extoUit  ti 
fol.  3o2  et  3o3  ipse  Moronus  fatetur  Marcbionissam  foto 
animo,  et  unice  dilexisse  Polum  in  sua  confessione  fol.  11 
fac.  2.'  Idem  Polus  haerettcus  ex  4  teste  de  Bartolis  foL  /;, 
18,  i(f  et  20  defendit  propositionem  haereticam  Contarenr. 
Ibidem  a  tergo  gaudebat  de  hoc  novo  commento  justifica- 
tionis  ex  sola  fide  fol.  iS.  Persuasit  praedicari  istam  hae- 
reticam opinionem  et  alia  ;  persuadcbat  apostatare  ;  male  sen- 
tiebat  de  votis  fol.  18  a  tergo;  persuadere  laboravit  fratri 
Zenobio  Itane  opinionem,  et  pluribus personis  etc.  Ìbidem.  Se- 
duxit  Moronum  et  Marchionissam  eisque  persuasit  ut  ex  4 
teste  fol.  ig.  Polus  optatus  papa  ab  kaereticis  ut  eorum  modo 
res  fidei  componeret  fol.  tg  ex  4  teste  et  ex  Scoto  fol.  78 
fac.  2."  Tenuit  familiares  haereticos  et  continuos  fol.  sg  a 
tergo  et  fol.  77  i.' facie  etfolio  138  fac.  2,'  et  seq.  et  per 
eos  faciebat  persuaderi  quibusdam  religiosis  has  opintones 
haereticos  etiam  per  schedulam  a  se  conscriptam  fol.  ig  a 
tergo  et  seq.  Seduxit  Petrum  Carneseccham  non  assertive 
sed  is  venit  ad  eum  Viterbium  ab  eo  instttuendus  fol.  ao 
et  fuit  institutus  fol.  29;  illi  favit  cum  vocatus  esset  Ro- 
mam  responsurus  de  fide  sub  Paulo  III.  fol.  83  et  84.  Coit- 
scripsit  librum  de  modo  et  arte  concionandi  fol.  so.  Idem 
Polus  defendit  et  nititur  probare  doctrinam  Lutheranam  de 
Justificatione  esse  veram,  et  improbat  Theologiam  scholasti- 
cam,  et  persuadet  purum  et  simplex  evangelium  esse  prae- 
dicandum  fol.  34  fac.  i.'  et  2.'  et  iste persuasus  et  ipse  im- 
probat fol.  48  fac.  t.°  Instruxit  fratrem  Bernardum  de 
Bartolis  praedicatorem  ut  do  poenitentia  hceretice  praedicaret, 
et  ita  eidem  mandavit  fol.  24  fac.  2.  Concurrit  tcstis  oc 
doctrina  liujus  seducti  fol.  48  fac.  i.'  et  illum  si 


Processi  del  S.  Ufficio  di  Roma         285 

delicetfr.  Bemardum.  Ipse  futi  unus  qui  Motorio  illuni  prò- 
pósuit  prcedicatorem  Mutinae  fol.  i55  et  i56  et  Moronus 
in  sua  confessione  fol,  i.*  fatetur  illum  siti  a  Polo  appro- 
batum  et  ab  cdiis.  Polus  asserit  votum  continentiae  non  obser- 
vandum  nisi  ab  habente  donum  hoc  Dei  fol.  47.  Habetur  prò 
haeretico  foL  4j.  Accersit  personas  in  convivium  ut  explo^ 
raret  cujus  essent  doctrinae  fol,  47.  Poli  opiniones  contra 
fidem  fol,  47  fac,  2."  et  fol,  48  fac.  /."  Polus  ab  haereticis 
habitus  etiam  Consentiae  complex  eorumfoL  48  fac.  2,^  Eju- 
sdemfamilia  haeretica  fol.  4g  et  5o.  Scripta  continentia pra- 
vam  doctrinam  de  domo  ejusfol.  4g  in  fin,  et  fol.  5o.  Idem 
Polus  admonitus  de  erroribuSj  qui  sequuntur  ex  erronea  opi- 
nione justificationis,  nihil  curandum  asserit  de  his  quae  se- 
quuntur fol,  18  alius  testisfol.  5o  et  aliusfol,  62  a  fac,  /.' 
et  foL  igS  fac.  2,'  et  alius.  fol.  iSj  fac.  2."  et  fol.  i38 
fac  I."  Idem  Polus  seductor  fratris  Bernardi  de  Bartolis 
fol.  So  fac.  2."  et  fol,  62  a  tergo,  et  fol.  iSgfac.  i."  Idem 
instructor  Ascanii  Columnae  fol.  16  fac,  /.•  Idem  suspectus 
testi  pluribus  causis  fol.  61  a  tergo  et  62  fac  /."  et  2." 
Polus  suspectus  seu  complex  haereticorum  a  fol.  jS  et  seq. 
et  ex  audito  a  4  teste  fol ,  igr  fac.  i."  Idem  Polus  favet 
haereticis  mutinensibus  inquisitis  fol.  76  fac.  2.*  et  fol.  78 
fac.  2."  Favit  Camesecchae  intimo  familiare  quem  sciebat 
haereticum  fol.  83  et  84.  Polus  per  Theologum  quemdam 
postea  Lutheranum  detectum  et  inquisitum  in  Gallia  defendit 
in  Concilio  opiniones  Lutheranos  fol.  yg.  Poli  familiares  hae- 
retici  fol.  84  fac,  2."  De  quodam  Ludovico,  et  quodam  Bo- 
nifacio ejus  familiaribus  fol.  28  fac.  i."  Idem  consulendus 
D.  Gelsi  Martinengi  haeretici  Apostatoe  ab  Hippolito  Chi^f- 
jolafoL  i2g  fac.  /."  et  seq.  Idem  Polus  amicus  Victoris 
Sor  anta  haeretici  et  complex  ex  litteris  et  scriptisfol.  i3o 
fac.  2."  Idem  male  de  fide  sentit  circa  merita  bonorum  ope- 
rum  etc.fol,  1 3  7,  fac.  i."  et  2."  et  fol,  1 38  fac.  i."  et  seq. 
Polus  cardinalis  Anglus  caput  scholae  angelicae  appellatae  a 
sequacibus  cujusdam  sectae  haereticae  ex  nominatione  com^ 
plicisy  et  relafione  gravium  et  fide  dignorumfol.  iSo  fac,  2/ 


286  C.  Corvisieri 


et  fai.  i5i  fac.  i.'  ubi  edam  quam  publice  diffcmahis.  He» 
Polus  studiosissimus  per  se  ve!  suos  assectas  seducendi  in- 
geniosos  et  ingenuos  viros  ad  haerestm  bltmdis  verbit  et  pe- 
cuniarum  largitione  qtias  marchsonissa  prestabat  fot.  tSt 
fac.  2.'  Idem  reputatus  haerelicus  comuniter  a  cathalicU 
fot.  i5s  fac.  I.'  et  seq.  Idem  Polus  haeretice  sentii  in  ma- 
teria de  grada  et  libero  arbitrio  fai.  241  fac.  i.'  Idem  Je- 
struebat  gratiam  inhaerentem,  omnia  referens  ad  merita  Chri- 
sti,  de  quo  est  ejus  epistola  impressa  fol.  241  fac,  /.*  Idem 
Polus  discessit  Tridento  et  secessit  Venedas  ne  suum  votum 
daret  in  publicatione  decreti  de  justificatione,  ubi  damnabantur 
omnes  arlicuU  Lutherani  fol.  241  fac.  2.'  Qjtod  senserit  de 
hoc  doctrina  habetur  votum  Inter  acta  Concila  Tridentini. 
Moronus  in  confessione  fol.  3  fac.  2.'  Idem  Polus  arguitur 
male  sentire  de  vocatione  et  praedeslinatione  ex  litteris  Mar- 
chionissae  Piscarice  ad  eumfol.  288.  fac.  i.'  Idem  Polus  se- 
cure  loquitur  de  grada,  illam  sads  superque  magnificans,  et 
hominem  deprimit,  se  securum  et  certum  de  gratia  ostendens, 
et  alia  suspecta  conferens  cum  Morono.  Moronus  in  sua  con- 
fessione fol.  3  fac.  2.'  et  seq.  ab  ipso  tentatus  de  Purga- 
torio bene  respondìt.  et  de  retendone  Flaminii  se  excusat 
illum  tenere  ut  ecclesiae  illum  lucrifaceret ,  quia  posset  esse 
maxima  damno  ecclesiae.  In  confessione  fol.  4  et  ibi  quod  de 
•Poli  doctrina  Priolus  et  Seripandus  Archiepiscopus  Salerni- 
tanus  judicare  possunt,  quìa  idem  Archiepiscopus  viderat  ut 
corrigeret  fol.  4  ibidem. 

Pelegrinus  de  Geris  Mutìnensìs  haeredcus  insignis  fol.  4 
ex  i.°  teste  in  informatione . 

Petrus  Carneseccha  Adcredcus/o/.  i  in  informatione  fol.  27 
ex  4  teste  familiaris  Poli  fol.  igfac.  2.' f or  san  seductus 
a  Polo,  ab  eo  eruditus  fol.  20  Lutheranus  in  justificatione, 
et  aliis  remissive  fol.  28  fac.  2.'  et  fol.  2g,  fac,  ;."  citatus 
Romae,  et  demissus  anno  i346  fol.  2(j.  Ipse  hoc  scripsit fra- 
tri  Tlìomae  Boninscgnae.  Ibidem.  Dedit  consilium  iiaereticis 


,   Processi  del  S.  Ufficio  dì  Roma         287 

t  a  religione  apostatarent.  Ibidem  fac.  i.'  Interest  instruc- 
ioni  Lutheranae  Polìfol.  35  fac.  1°  Familiaris  Poli,  et  hae- 
^reticusfol,  49  a  tergo.  Complex  haeretìconim  fol.  70  fac.  i,° 
Haereticus  Lulheranus  et  Sacramentarius  fi>l.  83  et  84  et 
ibi  quod penes  se  habehat  Ragnonum  haerelicum  diffamatum, 
et  ibidem  quod  liberatus  a  Paulo  3^° favore  Card.  Poli  et  de 
eo  fol.  84  fac.  2.'  et  Jol.  Ss  fac.  t."  UH  favit  etiam  cum 
Polo  et  Morene  fol.  87  fac.  2.°  Illorum  complex'  fol.  i3i 
fac.  /.*  scribit  scoto  haerelico;  illum  et  haereticos  salutai. 
Gratulatur  de  legatìone  Bononiae  commissa  cardinali  Morono 
fol.  3o4- 


l 


Philippus  Valentinus  Mutìnensis  Patruelis  Bonifacii  hae- 
reticus et  inquisitus,  sed  non  carceratus  negligentia  Moroni 
etc.fol.  42  et  fol.  86  fac.  2°  et  fol.  211  fac.  1.'  Is  haere- 
ticus fol.  1)5  fac.  2.'  et  fol.  57 /ac.  2.'  et  fol.  100  fac. 
et  seq.  Haereticus  et  ahsolutus  ab  Episcopo  fol.  logfac, 
«t  f)l.  tiSfac.  i.°  Lutheranus  fol.  121  fac.   i.' 


t 


Petrus  Gelidus  Florentinus  haereticus  ex  Scoto  fol.  yS 
fac.  I.'  et  quod  se  poenitentem  dìxitfol.  eodem  -jS fac.  2' 
fol.  jG  Jac.  I.'  Idem  Petrus  seductus  a  Cardinale  Polo  ex 
litteris  suis  ad  Catherinum  fol.  ~~  fac.  2  et  compier  ejus 
et  aliorum  ex  scoto  fol.  84  fac.  2."  et  fol.  85  fac.  i.'  De 
schola  Poli,  et  conversus  rediit  adgremium  Ecclesiaefol.  iSi 
fac.  2.' 


Petrus  Palcii  florentinus  liareticus  ex  scoto  fol.  T  f.  2. 

MagisCer  Petrus  Fracanus  Perusinus  medicus  docuit  Cre- 
scium  presb_yterum  hcereses  in  Burgo  sancii  Laurentii  fio- 
rentina diocesis  fol.  26  a  tergo  ex  quo  teste,  et  ibidem  tunc 
Michaelcm  Angelum  Tramontanum  de  sancto  Ceminiano 
ibi  notarium  fol.  36  fac.  i." 


288  C.  Connsteri 


Paulus  de  Peiulìs ^renthtus  apostata  ordints  S.  Beneàkti 
con^ìex  haereticorum  foL  4  etfol.  2gfacie  /.•  ubi  errwes; 
et  quod  tentabat  seducere  quemdam  Mediceum  Episcopum 
foroUviensem  qui  erat  in  Curia  Ducis  Florentiae. 

Polus  de  Campo  Gajano  Mutinensis  suspectus  Jol.  120 
/oc.  2* 

D.  Prosper  de  Regio  monachus  Casinensis  scripsit  contra 
S.  Bernardum  abbatem  sub  titulo  de  libero  arbitrio  in  B, 
Bernardum  Monachum;  in  constitutis  MoronifoL  12 /oc,  /.' 
et  seq. 


R. 


Domina  Renata  Ducissa  Ferrariae  suspecta  de  haeresi 
subventrix  haereticorum  fai,  iSofac.  2' 

Rainerius  Gualanus  neapolitanus  complex  foL  ig;  ex 
quarto  teste  foL  14  seduàtus  a  Marchionissa ,  Priolo  et  Fla- 
minio/al.  20  a  tergo,  ubi  quod  se  Uluminatum  asserebat. 
Idem  abiuravit  fol.  3o  fac,  i." 

Riccardi  Sansoni  hceretici  insignis  in  Anglia  liber  penes 
Moronum  in  constitutis  JoL  20. 


S. 


Cardinales  Simoneta  tunc  Epìscopus  Pisaurensis  aegre 
tulittestem  deposuisse  veritatem  contra  Cardinalem  Moronum 
fol.  248  fac.  2/ 

Cardinalis  Sadoletus  saepe  visitabat  Marchionissam  Pi- 
scarice  suspectam,  Moronus  in  sua  confessione  fai.  12  fac.  2." 


Processi  del  5.  Ufficio  di  Roma        289 

Cardinalis  Seripandus  olttn  generalis  Ordinis  Eremitani 
et  deinde  Archiepiscopus  Salernitanus  erat  opinionis  contra 
gratiam  inhaereniem,  tenens  imputativam  et  quod  ita  publice 
oravit  in  Concilio  foL  241/00.  i."  Seripandus  habuit  et  vi- 
dit  scripta  Poli.  Moronus  in  sua  confessione  foU  4fac,  /." 
et  seq. 

Cardinalem  Sfondratutn  substinuisse  utpresbyter  uxorem 
duxisset;  dixisse  sibi  Moronus  rqfert  in  confsssione  foL  12 
fac.  /.•  et  in  constitutis  fot.  3  eifol.  18, 

T. 

Cardinalis  Tridenlinus  tunc  episcopusfavetf ratri  kndreat 
Volterrae  in  Concilio  publico  et  privatitn  foL  248  fac.  2." 
Card.  Tridentinus  dicit  Morono  se  habere  in  deliciis  domi 
suae  deauratum  libellum  benefica  Christi.  In  confessione  Mo- 
roni/o/.  5  fac,  i." 

Fr.  Thomas  de  Santo  Miniato  ord.  Praedicatorum  dis- 
sertor  cum  Polo  foL  36  fac,  2."  et  seq. 

Fr.  Thomas  Boninsegna  senensis  ordinis  Praedicatorum 
fbl.   14  a  tergo.  Ex  fratre  Bernardo  de  Bartolis  4  teste ^ 
persuasus  apostatare  etiam  a  Carneseccha /o/.  2g  fac.  /." 

TuUius  Crispoldus  suspectus  testi  sine  assignatione  causa- 
rum  foL  61  fac.  2."  etfol.  63  fac,  2.^ 

V. 

Victor  Sorantius  Episcopus  Bergomas  lutheranus  fol.  i 
a  fronte  et  a  tergo  in  informatione,  et  ex  Scoto  fol.  y4  a 
tergo  et  7 5  etfol.  84  fac.  2.'  Lutheranus  maximuSy  ami- 
cus  et  complex  Poli  ex  eodem  et  litteris  suis  ad  Scotum 
fol,  85 fac.  /."  et  seq.  Complex  Movoni  fol.  88  fac.  i."  Fé- 
cit  carcerari  per  vicarium  Inquisitorem;  in  constitutis  ejus- 


290  e. 


dem  fol.  eodem  fac.  2."  Victor  Sorantius  seu  Saperandos 
episcopus  Bergomas  haereticus  et  inquisitus  afoL  i2g  d 
seq.  et  fol.  i3i  et  32,  Accersit  ad  ìAoToikxxnì  Jratrtm  Bar- 
tholomaeum  Pergulam/o/.  1 83  fac.  /.•  quem  g^se  haereti' 
cum  cognoverat  fol.  184  fac.  2.'  et  seq.  Amicus  Morooi 
et  suspectusfol  186  fac.  i."  Fuit  admonitus  de  missione  fra^ 
tris  Bernardi  Mutinensis  a  Marchionissa  Piscariae,^  2g6 
fac.  /.*  Moronus  fatetur  illum  habuisse  amicum  sed  postea 
detectum  haereticum  et  contra  caelibatum.  hi  sua  confèsskm 
fol,  12  fac.  j.*  et  in  constitutis  fol.  3  fac.  2/  et  seq. 

Ulixes  de  Bononia  scholaris  alumnus  Poli  haereticus 
fol  4S  fac.  2/  et  fol.  4g  in  principio. 

Valdesii  scripta  hàbuit  Moronusfol.  4  in  confessione  sua, 
et  ibidem  quod  idem  Valdesius  male  audivit  quodfuisset  aU" 
ctor  hofresum  Neapoli.  In  constitutis  fol.  i3  fac.  2. 


Finis  Catalogi 


(continua) 


G.  Cugnoni  291 


NOTE 

« 

al  Commentario  di  oAlessandro  VII 
sulla  vita  di  oAgostino  Chigi. 


(Continuazione,  tedi  pag.  333,  voi.  Ili) 

(i37)  Il  Cancellieri  in  una  nota  a  p.  74  della  Storia  de^ solenni pos^ 
sessi  ecc.  scrive:  »  Gaspare  Celio  nella  memoria  dei  nomi  dell* Artifici 
delle  Pitture,  che  sono  in  alcune  Chiese,  facciate,  e  Palazzi  di  Roma, 
soggiunge,  che  P  Architettura  del  Casino  dove  si  tiene  il  fieno,  perchè 
non  fu  fenita,  e  quella  di  una  Loggietta  sopra  la  riva  del  Tevere,  è  di 
Raffaele  San:{io,  Nella  quale  Loggietta  diede  da  Cena  a  Leone  X  Ago- 
stino Chisi,  et  si  buttarono  tutti  gli  Argenti  nel  Tevere;  ma  vi  era 
una  Rete,  che  li  raccoglieva,  et  finita  la  Cena,  fu  atterrata,  siccome 
sta  hora,  acciò  altri  non  vi  fosse  regalati  ».  Qjuesto  portico  nel  i5i4  sof- 
frì grandemente  per  T  alluvione  del  Tevere,  secondo  che  narra  il  Tizio  (*) 
a  Diui  lacobi  ecclesia  multis  affluebat  aquis  Augustini  Chisy  mercatoris 
Senensis  edes  et  uiridaria  1  lacunas  couerse  uidebantur,  tegebatur  oTs 
tellus  furentibus  aquis  ».  V.  la  Nota  (2o5).  Elegante  è  la  descrizione,  che 
di  questo  portico  e  delP  antro  sottoposto  fa  Gallo  Egidio  nel  suo  già  citato 
poemetto  De  Viridario  Augustini  Chisii  (lìb.  V,  v.  I23  sgg.) 

(i38)  Di  questo  Convito  parlano  Adriano  G'wxnìo {Animadvers,  lib.  IV. 
cap.  8.),  Ugurgeri  Azzolini  {Le  Pompe  Sanesi,  par.  2.«,  p.  325.),  il 
Roscoe  {Vita  di  Leone  X,  voi.  XI.  p.  68.  nota  (i)),  ed  il  Bayle  {Di- 
ction.  Hist,,  art.  Chigi), 

(139)  V.  la  Nota  (204). 

(140)  V.  Buonafede,  I  Chigi  Augusti ,  p.  174.  Il  Tizio  {**).  mAlexan" 
der  interea  Betti  iuuenis  senensis  qui  cuncta  Valentini  ducis  ministra- 
uerat.  Valentino  duce  iam  mortuo  et  lulio  potifice  nomini  alexandri 
infenso:  cum  ea  tempestate  ingenti  cum  pecuniarum  ui  aufugisset  a 
lulio  pontifice  se  subtrahens  ad  hanc  diem  uxorem  hieronimi  petruccy 
senensis  filiam  illuc  per  internuntios  traducens:  Venetis  cum  pontifice 


(*)  Ms.  Chig.  G.  U.  37,  p.  329,  ad  an.  I5i4. 
l")  Ms.  Chig.  G.  II.  37.,  p,  133,  ad  an.  1510. 


G. 


a  memetis  comih 

memetìjs  cessit 

fsequutus 

Ed  ahrovtn 
fUeSexaniri 

coOocaaet.  Àt 


Timas  ià  inmnnne  fl  llaoC*}. 

ftstiuas 


Car^tuùa^rimMmwa  Vemeim  Cor' 


iset 
V.  E  poco 


m^,  kmUim  mutato 


[i^^  KJhìsiirs  ixse  JìDr  jamma  àtù  Cìùe  scoSfàto  ira  ^ì  orasti 

ósù  jmùass:^  às"  Sfthìc:  ir  Fittt.tt.  Gh^Tamc  Sahità  sposò  Cunilla 

,:.f  V^il  IH  -,  :i_  Ni^ii  XLaci£Lcnf.£  Cr?pmi  Ms.  R.  V.  e.  1^ 
C=s:  il  jcf-.tT^r'  zssziz^  l  T?./  :-  fii:i»i-  Frì^.  ;5:4  ■.  Cum  sit,  quod 
D.  Fcr'-i:^  Sai:r2:s  ycnfz:^  x^  "*-  Z*:''mcsir.rà:s  S.  D.  S.  s:t  deiltor  mJ^ 
DD.  h^c^eixTt^  ?:  .Vjr-.-n::-  zs  Ct,.w  ^  ±uz,  ^5?  £3£^,  et  D*  Hier. 
de  C^-PZipL^x:  sl:  CiZ^^.r-  p{,rMiL\s-i.yt  Z'Lk  s^c^c:.T^Cirvm,  Hinc  est 
qwjd  £J  HiC^m:-'  j^.t^.c^  ì,v-  ijr^  .ct^raJ:^  wccts^  fri^ctus  d.  ojncii  dd. 

147)  i-^—  ^  ?-  ---»  ^--  -•  r.  r5:.   lir.  ÌV.  p.   166.  V.  Bottari, 

^I4^i  V.  1*  Nccs  (:5       e    ;f  :  . 

(14'-'  ^-  '-*  ^^^  ^-^  -  -  *-  -^-i  =5isi  si  d:cm  che  (Cessrte)  aveva 
avuto  da  spciiòcrc  p il:  ^  s^l^^iLuli  zii!=  i»,c£ri  t.  ^  Aìviìx  E.  dsore  Borgia 
Duca  ai  it^KZ^L:  e:cc.,  InoU,  Glie*::,  iS:S,  p.  34 e.}.  Aiiche  al  pvaJre 


e,  In.  p.  156-.  ii 
Cy  Hf.  Chig.  G.  U 

'"i  ^j;  r-  505 


LI-    I5II. 

37  .  P   5^-  *- 


iz   i-i* 


^Agostino  Chigi  il  ^Magnifico  2g3 


JCeiare,  Papa  Alessandro  VI,  fu,  all'occasione,  largn 

I.  Al  qua)  propoaito  trascrivo  qui  appresso 
tifi.  383  del  Vo!.  G.  delle  Scritture  di  Casa  ghìgì. 

■  Ex  lib.  4-  Diuers.  Alex. 
■  Recluta  Alsxandri  Papae  VI  ducat.  i 
tallaloi-e  allumintim  Si.—  Crudatae  ». 


Ago- 
registrato 


b  Augvstìno  Ckisio 


■  Alexander  Papa  VI. 
■  Fatemur  per  praesentes  recepiste  in  pecunia  numerala  a  dilecto 
1  Auguslino  Chisio  senen.  appaltatore  Aluminum  S."  Cracialae  etc. 
'.,  uìgintt  milii  de  carlenis  decem  prò  due.  qitos  idem  Augustinus  nobii 
I  Camera!  aplicae  prò  necesutatibus  nostris  super  dieta  ap- 
V  recupertmdos  f  eum  ex  inlraitibus  dktor.  aluminum  post  fiaitum 
n  dìctl  temporis  duodecim  annor.  Quo  circa  etc.  Datum  Romae 
i  S.  Petrum  die  a.  lanuarij  i5oi  Fonlus  hri  anno  g. 

B  Ita  fatemur  et  mandamus  R.  n  . 

(tSo)  V.  la  Noia  (140). 

(I5i)  Voi.  I.  p.  19.  V.  Bl-onafede,  /  Chigi  Auguiti,  p.  177.  V.  Ro- 
scoE,  Vita  di  Leone  X.,  rol.  IV,  p.   113. 

(i5i)  Il  Tìzio  (•)  dà  *u  questo  prestito  il  seguente  cenno,  a  Veneti 
ìgìtur  pauìdi  loHgoq.  defessi  bello  ut  ramoribus  ferebatur  carerà  pecunia 
eepere:  Ab  Auguslino  itaq.  Chisio  mercatore  Senensi  centiim  aureorum 
milia  in  alumine,  in  pecunia  aero  tnilia  uigiiiti  qulique  mutuo  acdpiunt 
ad  s^tem  annos  sub  interesse  soluendo  trapeiilas  (sic)  aui  qui  uenelijs 
eranl  uadem  fbent  b.  La  seguente  scritta  si  riferisce  ad  un  altro  mutuo 
fitto   da  Agostino  ai  Veneziani  nel  i5ig  ("). 

ilutio  Reipublicae  Venetae  Aug."  Ckisio  ducat.  i,o\m. prò  resti- 
ai  eodem  facta  localium  aeslimalorum  ìo\m.  " 


K(to« 


iSrg.  die  Vili.  Augusti. 
Ih  nomine  Domini  Amen.  Per  hoc  praesens  publicum  Instrumentum 
ctmtis  pateat  euidenter,  et  sii  notiim.  Cum  hoc  fuerit,  et  sii,  quod  di- 
uersimode  Iraetatum,  et  eontractum  fuerit  Inter  Serenissimum  Princi- 
pem,  et  Illustrissimum  Dominum  D.  Leonardum  Lauredanum  Inclitum 
Ducem,  et  Illustrissimum  Daminìmn  Venetlarum  una  cum  Senatu  D>\o- 
rum  Venetorum  ex  ima,  et  Magnifieum,  ae  Nobllem  Virum  Diium  Au- 
vttinum  de  Chisijs  Ciuem,  et  Patritium  Senensem  Romanam  Curiam 
ji|lrc>ilein,  lam  suo  proprio ,  et  priuato  nomine,  qi<am  etiam  ulce  et  nò- 


Mi')  M.,  Chig.  G.  11.  37.,  p.  136.  «d  an.  1511. 
|.("1  Scrillure  di  Caia  Chigi,  irol.  D.  p.  +90,  vul.  G.  p.  436. 
^Anllivio  della  Società  romami  di  Storia  patria.  Voi.  III. 


G.  Cugnoni 


mine  Afagnificorum  Virorum.  Dhorum  haertdum  quondam  MorìAniit 
Cklsijs,  et  soeiomm  Mercatorum  eliam  Sene».  Rommiait  Curiam  le- 
quenlium,  ex  altera  par  lìtui,  de,  et  super  septem  mitlibai  milliariha 
iWrii  Aluminis,  proul,  ci  sicut  de  oblìgationièus,  et  promhsìenibui eon- 
traelus,  et  Instrumentì,  ac  conjplemento,  nec  non  mercatu,  et  alìjt 
oiligatìùnibui  hine  inde,  et  respectìve  factìs  lalius,  et  clar'aa  dieitMr 
(^parere  diuersU  contractìbiit ,  et  itipulationìbtis  manu  Dhi  lacoti  Co- 
^oldi  Notori j,  et  Secretarij  dictarum  Dhorum  Venelorum  ete.  sub  di- 
uersis  diebus  etc.  ad  quaeetc.  Et  cum  eliam  inter  aliapactafuerit,et 
sit  per  dicium  III."—  Principem,  et  Ex."'-  Dominium  praefato  DSa 
Auguttino  etc.  data  eerta,  notabìlia  localia  etc.  in  pignus  etc,  uolenta 
prae/ati  //(.""*  Prìneeps  eie.  dieta  localia  recuperare,  et  dueatot  vi- 
giliti mille  auri  in  auro  largai  etc.  datai  reddere  etc.  Volens  niltUth 
minus  dìclua  Magnificus  Dnus  Augustinus  dictis  modis  et  nomimba 
medio  et  inleruentione  R.*"  ira  Cbristo  Patris,  et  Dhi  D.  Marci  lituU 
Sanctae  Mariae  Inuiolatae  Diaconi  Cardinalis  Cornelij,  et  Beneuolum 
et  morigerum  reddere  in  omnibus  in  quìtus  ipie  Magnijlus  Dnus  Ali~ 
gustinus  Ghisiui  dictis  modis,  et  nominibus  potest,  et  ualet,  prò  ut 
dictus  est,  reddere,  et  estendere, /uìt,  et  est  conlentus  cum  iiifrascrftìt 
paclis  etc.  dictarum  localìum  restìtutionem  facere.  Cum  hof  tameti, 
quad  per  dictarum  localìum  restitutionem,  et  respectiue  pagameatiam'' 
uiginli  millium  dueatorum  nullo  modo  intelligatur  praeìudicatum  ete. 
Hincest,  quod  Anno  a  Natiuiiate  eiusdem  Dhi  i5ig  Indìctìone  s^tima,. 
die  aclaua  Mentis  Augusti,  Poutificatus  Sanctissimi  ete.  Leonia  tìe, 
decimi.  Anno  eius  seplimo  In  mei  Notarij publiei  ete.praesetiiiapetso-^ 
sonaliter  constitutus prae/atus  R.'-"  Dàus  D.  Marcus  Cardinalis  Carne', 
lius  ete.  eonfessuì  est  eie.  se  habulsse  etc.  a  praefato  Dito  Augaslino 
Ghisio  etc.  dieta  localia  eie.  kic  infcrius  descrìpta  et  designata  uide- 
lìeel.  Vno  Gor:(arin  d'oro  ajoellado  con  la  sua  maglia,  a  guisa  d'ar- 
mare, nel  quile  sono  en  prima  Ballasi  sei,  tauole  de  bel  taglio,  boat- 
di  color  et  netti,  et  diamanti  i^  tauole  piane  a  facete  ci  diuersefa^on, 
perle  donde^e  orientali  in  mejo  diamanti  pe^a  camerado  in  tutla*oii- 
je  55,  Vno  jaiclìo  a  modo  di  offitiol  con  imo  balasso,  tauole  frale  al 
longo  ben  iagliado  con  belli  Jilletti  deperfetto  color  con  uno  diamante, 
et  di  sopra  piale  in  forma  di  monimento,  et  dueperie  di  sotto  orientai,, 
et  tondo  pesa  camerado  on^e  do,  et  mej^a.  Va  ifoiello  dal  Caneton  (■),. 
el  prima  cum  uno  ballasso  lanata  di  bel  taglio,  et  gran  fasse,  et  per  la 
una  :(iiclia  pendente  pesa  camerado  on^e  da  caratti  disotto;  Vn  joiello 
cum  una  siconina  (")  cum  uno  diamante,  tauala  grande,  tra^ealongoeum 
imo  balajjaro  forado  pendente  peja  camerado  on^a  una,  caralto  uno. 


J 


oAgo stino  Chigi  il  oMagnifico  295 

Quae  quidem  omnia  dieta  Jocalia  alias  dictae  partes  asseruerunt  exti- 
mata  etc,  fuerant  etc.  ad  ducatos  viginti  mille  eie. 
Quae  omnia  etc, 

Actum  Romae  in  domo  praefati  R,^  Cardinalis  sitae  in  Burgo  Sancii 
Petri  de  Vrbe  etc. 

NicoLAUS  NomoT  Clericus  Bisantin,  Dioec, 
Curiae  Causar,  Cam,'*  Ap,^  Nofus. 

(i53)  V.  la  Nota  (157). 

(154)  V.  Buonafede,  /  Chigi  Augusti,  p,  177. 

(i55)Lib.  IX. 

(i56)  Lib.  I.  voi.  I.  p.  ig. 

(157)  Il  Tizio  pure  accenna  questo  fatto  {*):  a  Infula  illa  ditissima 
omatissima  atq.  ptiosissirtia  hoc  est  mitra  pdtificalis  primù  a  paulo  tot 
gemis  decorata  quam  Regnum  uocare  consueuerunt  cum  apud  Chisios 
mercatores  senenses  pignorata  còsisteret,  p  hos  dtes  (Decemb.  ibi%) 
illis  uiolenter  ablata  est,  ut  omnes  rome  ualde  mirarentur:  mutuaueràt 
mercatores  eiusmodi  potifici  iulio  aureorum  quadraginta  milia  iracundie 
iuly  et  potionibus  quandoque  nullus  erat  modus  Varia  super  ea  re  iU" 
dicia  ferebantur  ».  Ed  altrove  (**):  Mitra  illa  famosa  et  pontificalis  in- 
fula quem  regnum  uocant  apud  Ghinuccios  mercatores  senenses  prò 
aureorum  quindecim  milibus  pignori  erat:  uerum  cum  decoxissent  a 
romanis  ciuibus  raptum  est  nec  reperiri  apud  quemque:  facta  igitur  in" 
quisitione  solerti  apud  maximos  nobiles  tamdem  compertum  est  ».  V.  Bro- 
scH,  Papst  Julius  IL  und  die  Grùndung  des  Kirchenstaates,  Gotha,  1878, 
p.  274,  e  364,  nota  58,  ove  sono  trascritte  le  seguenti  parole  del  Sa- 
KUTo:  «  Il  papa  mando  a  dir  ad  Augustim  Gisi  per  il  bariselo  li  desse 
il  regno  qual  dete  avanti  la  rota  dil  campo  di  spagnoli,  e  U  commisse 
non  lo  volendo  dar  lo  menasse  con  lui  im  preson,  el  qual  bariselo  andò. 
Esso  Gixi  disse  non  Vhavea  e  in  questo  me:{0  mando  per  V  orator  yspano 
duo.  hiero,  vich,  qual  ne  lì,  e  a  lui  dete  esso  regno,  el  qual  orator  andò 
dal  papa  e  il  papa  li  fece  un  gran  rebufo  dicendo:  Ti  e  il  tuo  re  seti 
marana:{i  ». 

A  queste  cospicue  prestanze  fatte  da  Agostino,  voglionscne  aggiun- 
gere altre  due,  delle  quali  Fabio  non  fa  motto,  Tuna  direttamente  a 
Piero  de'  Medici,  T altra  per  fideiussione  a  Guidubaldo  da  Urbino.  Eccone 
le  relative  scritte. 


(*)  Ms.  Chig.  G.  II.  37.  p.  317,  ad  an.  1512. 
(")  Ivi,  p.  149,  ad  an.  1511. 


296  G.  Cugnoni 


I. 

Maius  1496. 

Constitutio  petri  de  medici s  in  leonardum  bcartholinum  cttm  quodam 
inuentario  (*). 

In  nomine  domini  amen  Anno  domini  M^  CCCC?  LXXXXVI  pontì- 

ftcatus  Sanctissimi  etc.  Alexandri  etc.  sexti  (tertio)  indictione  decima 

quarta  mense  maii  die  vero  xiiij  In  presentia  mei  notarti  et  testium  etc 

Constitutus  personaliter  coram  me  notorio  magnificus  vir  dominus  Petrus 

de  Medicis  qui  omni  meliori  modo  etc,  constituit  etc,  verum  et  legiti- 

mum  procuratorem  actorem  factorem  et  certum  nuntium  spetiaUm  do- 

minum  Leonardum  de  bartolinis  mercatorem  florentinum  absentem  tam- 

quam  pf'csentem  ad  accipiendum  mutuo  a  quocumque  bancho  seu  banckis 

persona  seu  personis  in   Vrbe  uel  alibi  existentibus  semel  uel  pìnries 

usque  ad  summam  quatuor  milium  ducatorum  auri  in  auro  de  camera 

et  non  ultra  etc,  dans  etc,  eidem  domino  Leonardo  procuratori  ut  stqnna 

plenam  et  liberam  licentiam  et  facultatem  quod  possit  prò  predicta  summa 

obligare  se  etc,  Item  ad  vendendum  omnia  bona  mobilia  et  in  mobilia 

ad  dtctum  constituentem  quomodolibet  pertinentia  et  spectantia  te^etos 

et  pannos  de  ratios  que  uulgariter  dicuntur  tape:(arie  cuiuscumque  sortii 

et  margaritas  et  anulos  et  cameos  et  que  uulgariter  dicuntur  gioie 

cuiuscumque  sorte  et  hoc  solumpro  summa  ascendente  ad  dictos  ducatos 

quatuor  milium  et  non  ultra  Item  ad  ìpotegandum  specialiter  dieta  bona 

uel  alia  solum  ad  effectum  predictum  etc.  et  super  hoc  adfaciendum  etc, 

instrumentum  etc, 

Actum  in  Castro  Bracchiani  In  palatio  Illustris  domini  Virgini  etc. 

Et  ego  paulus  paridis  de  fanellis  de  bracchiano  etc,  Notarius  etc, 
rogatus. 

Apresso  lo  inventario  di  più  tape:(^erie  e  Canmei  lasciati  In  mano 
d*  aghostino  di  mariano  Chigi  cittadino  Sanese  e  mercatante  in  cori  te 
di  Roma  per  sua  cautione  e  con  le  conditioni  si  diranno  apresso. 

Vn  panno  d'ara^^^  grande  storia  di  moixe  fine 

Vn  panno  d'arabo  grande  a  fighure  fine 

Dua  pannetti  a  verdure  fini  —  in  una  balla  w.^  i 

Vn  panno  d'arabo  grande  fine  storia  di  moixe 
Vn  panno  d'ara^^o  me^^ano  a  fighure  fine 
Vna  spalliera  a  verdure  j  ^^ .  _  .^  ^^  ^^^^^  ,,  ,  ^ 
Due  portiere  a  verdure    ) 

Vn  panno  d'ara^!(0  grande  fine  storia  dì  moixe 


(•)  Misceli.  Chig.  Ms.  R.  V.  e. 


oAgostino  Chigi  il  Magnifico  297 


Vn  panno  (Varalo  a  fighure  me!(:^ane  fine 
Dua  pannetti  a  verdure  Uni, 
Vna  ^altiera  a  verdure  |  ^„,._  ,.„  „^  j^„^  „,  3 
Dua  portieri  a  verdure    ) 

Vn  panno  d*ara:{\o  grande  fine  storia  di  moixe 

Tre  panni  a  fighure  me:(:[am  e  fini 

Vna  portiera  a  verdure  fine  —  in  una  baila  nfi  4 

Dua  panni  me!(^ani 

Vna  spalliera     ^  verdura  fini  -  in  una  balla  ««  5 
Cinque  panni  ) 

Vn  paramento  dalletto  l^uorato  a  bronchoni  istoriati  e  arme  de  me- 

iici  cioè  • 

Quattro  panni  )  -  .      ^.  ..     ^      ^. 

»7  f.         f  foderati  e  armati  e  fiorati 

Vna  portiera    ]\  .   „       o  ^ 

.    ,.     \  tn  una  balla  «.®  6 
a  pendenti      ] 

Quattro  pannetti  \ 

Due  portiere        j  a  verdura  fine  —  in  una  balla  w.®  7 

Vna  spalliera       ) 

Dua  pannetti  a  verjlure  fini 

Dua  portiere 

Vna  portiera  a  fighure  fina 

Quattro  pannetti  a  fighure  —  in  una  balla  n.®  8 

Vn  paramento  dalletto  di  quadri  e  puttini  e  orxi  cioè 

Quattro  panni  ì  ^^ .  sen^armadura  -  in  una  balla  «.*>  9 
Dua  pendenti   ) 

Quattro  panchali  bianchi  con  arme  del  Cardinale 

Dua  spalliere  bianche  simili 

Vn  panchaletto  simile 

Vno  sopraccielo  a  verdura  foderato  di  tela 

Dua  pendenti  a  verdura  chuciti  inxieme 

Vno  pendente  simile 

Tre  pendenti  a  fighure 

Vno  tappeto  picholo  —  in  una  balla  n,^  io 

Vn  tappeto  grande  da  tauola  largho 

Quattro  portiere  a  fighure  —  n.*^  iG  —  in  una  balla  w.®  1 1 


298  G.  Cugnoni 


Dua  tappeti  grandi  da  tauola 

Vno  tappeto  da  terra  —  in  una  balla  n^  12 

Dua  t^ypeti  da  terra  uno  grande  e  1^  melano 
Due  tappeti  picholi  —  in  una  balla  n.®  1 3 

Quatro  panni  a  verdure  non  molti  fini—  n.^  18  —  in  una  balla  ii.«  14 

Sei  panni  a  verdura  fini 

Vn  sopracielo  a  verdura  con  frangia  intorno  —  in  una  batta  n\  i5 

« 

Sono  in  tutto  balle  quindici  di  tappe:(\eria  e  alchuno  tèselo  quak 
stanno  apresso  di  detto  aghostino  inuolte  in  chanauaccio  e  amagliate. 

Apresso  lo  inventario  de  canmei  e  sono  in  un  forgeretto 

Vili  Vno  spechio  d'argiento  leghatoui  in  esso  otto  carnei  et  vna  3pera 
XVI  Vno  tondo  di  diaspro  adorno  di  velluto  alexandrino  et  d'oro  tirato 

in  esso  sedici  canmei  antichi  di  più  sorte  et  vna  testa  de  cald- 

donio  et  doi  anj^e  argientato 
Vini  Vna  tauola  d' argiento  leghatoui  in  essa  noue  canmei  antichi 

più  sorte 

V  Vna  tauola  d'argiento  legatoui  in  essa  cinque  canmei  antichi  cioè 

4  teste  e  i^  fetonte 

V  Vna  tauola  d'argiento  leghatoui  in  essa  cinque  canmei  antichi  cioè 

du  teste  dua  fighure  nude  e  una  meduxa 

V  Vna  tavola  d^  argiento  leghatoui  in  essa  cinque  canmei  cioè  vno 

Adriano  in  me:(io  e  quattro  altri  e  dipoi  intorno  legato  e  canmei 
picholi  a  sei  pietre  di  più  sorte  tutte  intagliate. 

V  Vna  tauola  d'argiento  leghatovi  cinque  canmei  cioè  vno  neptuno 

in  me:{io  eh* a  dall'altra  banda  rint agliaio  una  testa  e  duoi  cor- 
nediolie  e  quattro  altri  canmei  aWentorno 

V  Vna  tauola  d'argiento  con  cinque  canmei  vno  grande  nuouo  e  4 

picholi 

V  Vna  tauola  d'argiento  con  cinque  canmei  cioè  vno  fetonte  in  me:{^o 

e  quattro  teste  d' imperatori  da  canto 

V  Vna  tauola  d' argiento  con  cinque  canmei  cioè  vno  in  me^^o  che 

dall'  altra  banda  traspare  canmeo  e  alV  entorno  quattro  altri 
VII  Vna  tauola  d' argiento  legatoui  sette  canmei  cioè  vna  testa  d' Ot- 
tavio e  sei  altri  canmei  antichi 
Vili  Vna  tauola  d' argiento  leghatoui  otto  canmei  di  più  sorte  tutti 
vccielli 

V  Vna  tauola  d'argiento  con  cinque  canmei  grandi 


oAgostino  Chigi  il  Magnifico  299 


V  Vna  tauola  d'argiento  con  cinque  canmei  che  in  me\{0  z  acha- 

uallo  e  4  a  pie 

V  Vna  tauola  d' argiento  con  cinque  canmei  cioè  vna  testa  d' incera" 

dorè  in  me^^o  e  4  altre  da  canto 

V  Vna  tauola  d'argiento  con  cinque  canmei  cioè  vno  con  una  colonna 

e  quattro  altri  da  canto 

V  Vna  tauola  d*  argiento  con  cinque  canmei  cioè  vno  adomo  (adone?) 

vna  maschera  e  tre  altri  canmei 

V  Vna  tauola  d*  argiento  con  cinque  canmei  cioè  una  testa  d*  Ottavio 

pichola  e  quattro  altri  canmei 

V  Vna  tauola  d'argiento  con  cinque  canmei  cioè  vna  testa  con  busto 

grande  e  armata  in  me^^o  e  quattro  altri  canmei  da  canto 
XX  Vna  tauola  d'argiento  leghatoui  venti  canmei  tutte  fighure 
Villi  Vna  tauola  d*  argiento  leghatoui  noue  canmei  tutte  teste  grande 

Sono  in  tutto  tauole  venti  d'argiento  e  vno  spechio  d'argiento  eia-- 
schuna  con  arma  della  buona  memoria  del  reverendissimo  Cardinale  di 
Mantoua  e  un  tondo  di  diaspro  adomo  con  velluto  e  oro  tirato 
In  le  quali  tauole  spechio  e  tondo  sono  leghati  canmei  dento  sexanta 
sette  antichi  di  più  sorta  e  dua  altri  canmei  picholi  e  vna  testa  grande 
di  calcidonio  di  un  vechio  barbuto  e  sei  altre  priete  di  più  sorte  in- 
tagliate 

Die  XVII  Mail  1496 

E  io  benedetto  etc» 

Ita  est  ego  Franciscus  Pianosus 


2. 

(*)  a  Die  decima  octaua  aprilis  1497. 

Dominus  Bartholomeus  de  Bartholinis  de  malori  presidentia  abbre- 
uiator  et  domiti us  Petrus  Antonius  de  Guidoloctis  de  Vrbino  vt  et  tam- 
quam procuratores  et  eo  nomine  Ilustris  Principis  et  domini  domini  Qui- 
donisbaldi  ducis  Vrbini  montis  feretri  et  durantis  Comitis  ac  Sanctissimi 
domini  nostri  Pape  locumtenentis  generali s prout  de  eorum procurationis 
mandato  constai  publico  instrumento  rogato  et  stipulato  per  discretum 
virum  dominum  Guidor.em  de  Granis  de  Vrbino  notarium publicum  sub 
die  vltima  mensis  februarij  proxime  preteriti  confessi  sunt  et  in  ventate 
recognouerunt  se  habuisse  etc.  ad  cambium  prò  Lugduno  prò  proximis 

(•)  Miicell.  Chig.  Ms.  R,  V.  e. 


3oo  G.  Cugnoni 


nundmis  mensis  augusti  a  Laurentio  de  ghigiis  due  et  mercatore  se- 
nensi  romanam  curiam  seguenti  valorem  centum  septuaginta  trium  mar- 
carum  auri  de  quibus  se  dicto  nomine  bene  contentos  vocarunt  etc.  Et 
de  quibus  centum  septuaginta  tribus  marcis  vt  dixerunt  prefatus  Illu- 
strissimus  dux  fecit  eidem  Laurentio  Ittteras  Cambii  directas  Lugdmni 
lacobo  4^  Goris  sub  die  nona  presentis  mensiS  apriUs  de  solvendo  illas 
Antonio  de  Finis  et  Alexandro  de  Columbinis  et  socits  mercatoribus 
Lugduni  commorantibus  ad  quas  quidem  litteras  cambii  dicti  dominus 
Bartholomeus  et  Petrus  Antonius  ut  et  tamquam  procuratores  predicti 
se  retulerunt  et  referunt  et  quilibet  eorum  se  retulit  et  refert.  Et  cum 
prò  securitate  et  cautela  dicti  Laurentii  prefati  procuratores  dicto  Lau- 
rentio consignauerunt  etc.  libras  quingentas  quadraginta  sqptem  vncias 
quinque  et  denarios  duodecim  argenti  inpetijs  ducentis  triginta  duobus 
et  certam  quantitatem  iocalium  et  preciosorum  mobilium  prout  in  quo- 
dam  folio  mihi  notorio  etc.  per  dictas  partes  osteiiso  et  penes  dictum 
Laurentium  relieto  partes  ipse  constare  dixerunt  et  de  quibus  argento 
iocalibus  et  preciosis  mobilibus  dictus  Lautentius  se  bene  contentum  vo- 
cauit  etc  Hinc  est  quod  etc. 

Dictus  vero  Laurentius  et  prò  eo  se  principaliter  et  in  solidum  obli- 
gando  Augustinus  de  Ghisiis  eius  frater  quem  dictus  Laurentius  in- 
dempnem  conseruare  promisit  etc.  promiserunt  etc, 

Actafuerunt  hec  omnia  etc.  Rome  in  domo  habltationis  domini  Fran- 
cisci  Pianosa  presbiteri  pisani  sita  in  Regione  pontis  Presentibus  etc. 

Argenti  consignati  a  Lorenzo  Ghisi  di  uolunta  di  Augustino  suo 
fratello  da  Mes.  Bartolomeo  da  Perusia  e  Piero  antonio  Guidolotti  in 
nome  dello  Illustrissimo  Signor  Duca  d*  Urbino 

i  bacilone  grande  con  4  manichi  ....  libre  46  onde   6  den.  — 

1  bacilone  grande  da  lavare  li  piedi .    .    .     »      17      »     ix      »     - 

2  Infiaschatori  grandi n3o      »       6»i2 

1  Calcedro  con  coperchio  et  manicho    .    .     n      14      »       3     »     — 

2  orci  coli  manichi  .    .    , n      ly      »       6»     — 

2  fiaschi  a  la  todesca  co  choperchi  in  parte 

dorati »i7      »       6»     — 

2  Cochomi  co  operchio  a  chatena  i  °  grande 

e  i^  picholo »i2      »       7»     — 

1  fiasco  co  lo  coperchio  a  chatena   .    .    .     w       3      »     io     »     18 
4  bòni  (hoccìonì)  a  la  napolatana  co  co- 
perchi a  pale  dorate »i6      »       2»     — 

2  bochali  in  parte  dorati  col  coperchio  a 

serpe »       8      »      —     »i2 

I  bochale  in  parte  dorato  co  V  arme  del 

castello n       2      »       5»2i 


oAgostino  Chigi  il  oMagnifico  3oi 


I  bochale  col  coperchio  a  la  todescha  in 

parte  dorato  con  ismalto  in  cima  .    .  libre    3  onde  den,,  i>  12 

1  bochale  a  la  napolatana  col  coperchio  in 

parte  dorato »       3n       i»6 

8  bochali  cioè  colV  arme  del  Duca  3  tra 
quali  uè  n'evno  seni^a  coperchio  1°  co 
r  arma  del  ducha  4  lisci  cioè  2  grandi 
e  2  picholi nig      »     —     »     — 

2  bacili  grandi  lisci  co  Parme  di  Fosse  in- 

trona  •..»     17      »       8»     — 

I  bacino  liscio  co  Vanne  di  madonna  Bat- 
tista,   ...'.., n       6      »—     »     — 

I  bacino  in  parte  dorato  co  Parme  di  San 

Clarino »       4      »     —     »I2 

I  bacino  liscio  co  Varfne  d*Aghobio.  .  .  »  6  »  8  »  18 
I  bacino  in  parte  dorato  co  V  arme  de  lo 

Castello i>       4»       8»     — 

I  bacino  a  spichi  co  V  arme  del  Signore  .  »  4  »  8  »  3 
I  bacino  picholo  co  V  arme  di  monte  Feltro,  »  2  »  11  »  12 
I  bacino  col  cimiero  di  monte  Feltro  .  .  »  5  »  i  »  3 
I  bacino  co  Parme  di  monte  Feltro  —  con 

G.  et.  C , »       3      »       7     *»    — 

12  piatti  di  più  sorte  co  Porli  in  su  tra  li 

quali  eie  ne  vno  che  uè  mancho  vn 

pe:(0  d*orlo »47      »       9»     — 

14  Tondi  di  più  sorte »i6»       1»     — 

65  libre  33o  onde  11  den.  9 

ib  schodelle pichole  ) libre  iS  onde  io  den,  ^ 

6  scodelle  grande    ) 

i5  scodelini '...»  7      »     —     »i2 

4  candelieri »  4»       4»—. 

6  ta:{e  liscie »  5      »       2»i8 

12  piatti »  8      »       2»i2 

(^  scodelle  ^  co  Porlo  in  giù  b  co  Porla  in  su     »  i3      »       5     »     — 

1 2  scodelle  di  più  sorte »  11      »       4»i2 

-j  scodelini  grandi  co  Porlo  in  su    j...„  5      i»io»i2 

1  scodelino  picholo  co  P  orlo  in  su  j 

8  Ta:(e  liscie  co  Porlo  dorate »       4      »       8     »     — 

4  Ta^e  dorate  Porlo  co  Parme  di  Fossa 

introna »       3      »       3»i2 

2  Ta^^e  ouate  co  Parme  del  Sig,  ducha  )  ^  3  »  5  »  — . 
I   Ta^a  a  spichi  co  Parme  di  Santucci    j 


302 


G.  Cugnoni 


3 
3 


IO 

6 


7 
5 


V 


9 


12 

3 


»     — 


3  TViJfe  pichole  con.  la  rosa  in  fondo ...»       2 

7  Ta:(e  cioè  6  martelate  in/ondo  e  una  liscia.     »       5 

9  7*^e  a  ^ic/ii  tu  parte  dorate  5  grandi 
e  4  pichole  in  parte  dorate  co  Varme 
del  signor  Ducha »      11 

3  Tondi  picholi »       a 

2  bichieri  col  coperchio  sgolinato  e  dorati 

in  parte »       4 

3  Cqppe  col  coperchio  dorate  e  doghate  co  lo 

coperchio »       5 

I  Confettiera  doghata  co  laquila  in  fondo.     »       2 

I   Vaso  in  2  pe:{i  da  tenere  ossi 

I  houarolo  doppio  cioè  di  2  j'fjjr^i 

I  horinale 

I  Candelieri 

I  Confettiera  dorata  con  vna  corona  propria.     » 

i35  libre  129  onc/'e    3  <2eit.    3 


6 
20 

12 

12 


n 


14 

i3 
»9 


4  Candelieri  2  grandi  e  due  metani  colle 

colonne libre  io  o«ci> 

2  piatti  col  segno  di  Balu » 

6  Tai{e  grande  col  pie  martelate  ....     » 
12  Scodelle  co  Vorlo  in  giù  co  le  colonne    .     » 
2  Confettiere pontegiate  e  dorato  in  fondo 

vna  co  V  arme  del  protonotaro  A- 

gnello  V  altre  con  certe  lune  a  ra- 
strello 
I  Coperchio  d*  una  ta{a  con   i^  anello 

in    cima 
i  Calamaro  col  coperchio 
I  bochale  a  la  napolatana  sen^a  coperchio 
1  napello  picinino 
I  Confettiera  con  coperchio  a  pie  smaldata 

dorata  e  meniata » 

I   CorteUiera  col  coperchio  san^a  cortelli 

meniata  dorata  e  smaltata » 


IO 


n 


» 


7  den. 
2     » 

8  » 

9  » 


u 


» 


8 


» 

9 

1) 

8 

» 

— 

lib. 

29 

onde 

I 

den. 

— 

n 

58 

» 

2 

» 

— 

lib.  87  onde    3  den.  — 


oAgostino  Chigi  il  oMagnifico  3o3 


17  Balasci  legati  in  Castone 

17  Rosette  con  3  perle  per  una  in  tutto  perle  cinquantuna 

I  Gioiello  informa  di  ventosa  con  vno  smiraldo  in  tauola  et  1^  ru- 
bino hottolo  con  3  perle  pendente  una  grossa  et  du  minori 

I  baiaselo  in  forma  di  chore  con  una  perla  grossa  pendente 

I  gioiello  chiamato  el  gioiel  de  cigni  con  1^  rubino  in  tauola  grande 
et  uno  diamante  simile  —  3  perle  pendenti  2  tonde  —  i»  in 
me:(!(0  :[uchella. 

1  gioiello  chiamato  el  liocorno  con  1^  diamante  a  faccietta  grande  — 
vno  baiaselo  in  tauola  grande  —  3  perle  pendenti  grosse. 

Cento  vinti  perle  grosse  di  conto  in  vna  fil^a, 

Vnoyesu  di  diamante  con  2  perle  pendenti  ^(uchete  con  vna  catenu!({a 
d'oro  da  capo  (*). 

1497  die  22  nouembris  dominus  Bartholomeus  predictus  dicto  procu- 
ratorio nomine  recognouit  habuisse  a  dicto  Laurentioper  manus  Alexan- 
dri  Franai  omnia  et  singula  suprascripta  locali  a  preter  unum  yesum 
adamantum  cum  duabus  perulis  ^uchectis  pendentibus  cum  una  poma 
cathena  auri  in  capite.  Atque  recepisse  vnum  bacilonum  magnum  cum  4.^ 
manicis  ponderis  librarum  46  ^Jj  et  duo  renfrescatoria  magna  ponderis 
triginta  librarum  unciam  VI.  denariorum  XJJ.  Jtem  libras  87  uncias  3 
argentorum  contentorum  in  capite  presentis  faciei  et  in  fine  alterius  vi- 
delicet  4.  candellieri  2.  piatti  VI.  ta:[:{e  12.  scodelle. 

Presentibus  etc. 

Cum  eia  sia  cosa  che  noi  Guido  di  Montefeltro  duca  di  Vrbino  hab- 
biamo  hauuto  a  Cambio  per  Leone  da  Lorenzo  de  Chisi  merchante  Se- 
nese la  valuta  de  111  mille  cento  septantatre  ducati  per  la  fiera  prox ima 
de  Agosto  et  li  habbiamo  facto  littera  de  Cambio  per  pagarse  a  li  Pini 
et  Columbini  la  dieta  somma  ducati  iii  mille  ij3  d'oro  et  per  sua  si- 
curtà li  habbiamo  lassato  per  mano  di  messer  Bartholomeo  da  Perusia  et 
messer  Pierantonio  Guidolocti  da  Vrbino  nostri  procuratori  lib.S^j.  5. 12. 
de  argenti  in  pe:{i  duecento  trentadoi  et  certa  quantità  de  gioye  come  in 
questo  folio  de  la  partitamente  si  monstra  et  vogliamo  che  caso  che  duca 
ti  III  mille  cento  septantatre  non  fossero  pagati  per  dieta  fiera  de  Agosto 
a  Leone  et  che  la  littera  nostra  tornasse  cum  protexto  essere  oblìgati pa- 
garli de  qua  in  Roma  incontinenti  alpre^o  che  per  dicto  protexto  se  con- 
tenera et  non  pagandoli  ex  nunc  siamo  contenti  che  dicti  Lorenzo  di  sua 
auctorita  sen^a  altro  consenso  nostro  possi  mettere  in  :(ecche  tuti  li  ar- 
genti li  quali  da  hora  glie  li  lìberamo  et  per  quello  tanto  che  la  :(ecchiagli 
arender  a  ehe  al  conto  del  Zecchiere  ce  ne  uogliamo  stare  et  cusi  possi 
uendere  le  diete  :^qye  di  sua  propria  auctorita  per  quello  pre\o  che  a 

(')  V.  la  Nota  (12)  al  n.o  7. 


3o4  G.  Cugnoni 


dinari  contanti  lui  medesimo  ne  trouaua  acceptando  quella  uendita  che 
facesse  per  beni  facta  et  quello  retracto  che  lui  monstrara  hauerm 
facto  da  hora  gli  liberiamo  et  quando  li  piacesse  impegnarle  a  nostre 
spese  ad  interesse  ne  scarno  benissimo  contenti  ohligandod  ad  ogni  ith 
teresse  et  spesa  et  vendendo  tucto  di  quello  che  restara  hauere  ci  obU- 
gamo  in  forma  Camere  de  satisfarlo  liberamente  oblìgando  ogni  cosa 
nostra  mobile  et  immobile  in  pienissima  forma  Et  se  pure  per  caso  che 
de  dicti  argenti  et  i^qye  si  trahessi  più  che  la  somma  che  dicio  Loretu^o 
sia  tenuto  a  satisfarlo  et  per  fé  et  cautela  del  dicto  Lorens[o  habbiamo 
facto  fare  questa  scripta  et  sottoscripta  de  nostra  propria  mano  cum 
lo  nostro  solito  sigillo  Datum  in  lo  poggio  di  Mortiti  adi  Villi  de  a^rir 
le  1497. 

Noi  Guido  duca  d*  Urbino  sopra  scripto  confermiamo  etpromettemo 
obseruare  quanto  de  sopra  si  contene  et  in  fede  de  ciò  li  auemo  facto 
fare  questa  scripta  et  sottoscriuere  de  nostra  pregia  mano. 

G.  di  Vrbino  mano  propria, 

(i58)  I.  C.  ScAUGEftiy  V.  cL  Poemata  omnia  etc,  in  Bibliqpolio  Cont- 
melinianOf  1600.  p.  3oo. 

(i5g)  «  Informattion  diporfhercole  (*). 

Agostino  Chisi  Panno  i5o6  circa  comperò  il  Castello  di port' hercok 
da  la  comunità  di  Siena  con  patto  di  retrouenderlo  fra  certo  tempo  per 
scudi  20000  e  ci  fece  d^  bonificamenti  per  parecchi  migliata  di  scudi. 

L'anno  iSig  detto  ms.  Agostino  fece  Testamento  e  lassò  detto  ca- 
stello (non  lo  rescotendo  detta  comunità  di  Siena  dentro  al  tempo  pre- 
fisso) a  suoi  heredi  e  successori  in  linea  mascholina  e  ne  fece  fideico- 
misso  di  piit  propinqui. 

L'anno  i520  detto  ms.  Agostino  morse  e  ne  remase  tre  figli  masti 
computatoci  uno  ch'era  (in)  corpo  a  la  madre  ne  morseno  inante  Pan- 
no i526  dui  e  remase  ms.  Lorenzo  Vno  d'essi. 

L'anno  i526  di  commessione  di  papa  Clemente  Andrea  d'oria prese 
detto  castello  e  lo  tolse  al  detto  ms.  Loren:{0  qual  era  d'età  di  sette 
anni  circha  e  con  esso  li  tolse  di  molte  migliara  de  cantora  d'alumi, 

Doppo  un  certo  tempo  papa  Clemente  si  resoluè  de  dar  detto  castello 
a  la  comunità  de  Siena  ch'allora  era  tributaria  e  dependeua  da  la  ca- 
mera imperiale. 

Il  Gran  duca  de  Toscana  mosse  guerra  a  la  detta  comunità  l'an- 
no i55i  in  circha  e  doppo  alquanto  tempo  ottenne  detta  città  e  stato 
de  uolontà  del  Re  Filippo  con  condittione  che  detto  castello  di  port'  her- 
cole  Orbetello  e  Talamone  che  sono  in  detto  stato  restassino  al  Re  Fi- 
lippo com' anche  oggi  li  tiene. 

L'anno  del  1674  m  circha  morì  detto  ms.  Loren:{o  sen^a  figli  masti 

(*)  Scritture  di  Casa  Chigi,  voi.  A.  p.  32. 


oAgosHno  Chigi  il  ^Magnifico  3o5 


e  detto  fidei  comisso  per  ragione  de  detto  testamento  è  deuoluto  a  li 
heredi  de  ms.  Gismondo  Chisi  suo  fratello  carnale  de  li  quali  oggi  ci  è 
vn  ms,  Alesandro  Chisi,  eh'  à  auan^ato  di  uita  tutti  li  altri  figli  de  ms, 
Gismondo, 

Detto  ms,  Alesandro  e  suoi  e  gli  altri  heredi  e  successori  e  li  lega- 
tarij  del  detto  ms.  Lor^n^o  oggi  unitamente  desiderano  de  riauer  detto 
castello  con  tutti  li  suoi  frutti  decorsi  dal  i526  in  qua  eh*  un  ten^o  de 
li  detti  frutti  ne  toccha  per  uigore  de  donattione  a  la  prouincia  anco- 
nitana de  5.'«  nofro  de  roma  ecc,  » 

(i6o)  Mala  VOLTI  Orlando  ,  Hist  orla  de*  fatti  e  guerre  de'Sanesi  ecc., 
Venetia,  iSgg,  parte  III.  lìb.  1.  p.  114. 

(  continua  J 


3o6  G.  Tamassetti 


DELLA  CAMPAGNA  ROMANA 


NEL  MEMO  EVO 


(Continuazione  vedi  ptg.  174). 

Nei  documenti,  che  mi  servono  di  guida  per  la  illustra- 
zione del  successivo  tratto  suburbano  della  via,  trovansi  ri- 
petuti alcuni  nomi  dei  fondi  già  descritti.  Io  mi  guarderò 
dal  ripeterli  senza  una  giusta  ragione;  quale  sarebbe  per 
esempio  la  descrizione  dei  confini,  od  altra  di  sìmil  valore. 
Incomincio  questa  seconda  parte  delle  vie  Cornelia  ed  Au- 
relia  col  nome  di  un  sito  assai  celebrato  nelle  memorie  sacre 
di  Roma,  cioè  con  Selva  Candida,  attorno  al  quale  si  ag- 
gruppano numerosi  altri  nomi  di  fondi,  della  cui  conserva- 
zione siamo  debitori  alla  rinomanza  del  primo.  Sulle  otto 
miglia  ci  siamo  or  ora  imbattuti  nel  colle,  che  porta  il  nome, 
Rufina;  ed  in  questo  luogo  appunto  una  chiesa  moderna  ri- 
corda la  esistenza  di  una  celebre  antica  dedicata  alle  ss.  Ru- 
fina e  Seconda  (i).  Il  fondo  una  volta  contiguo  alla  chiesa 
non  corrisponde  all'odierno  piccolissimo  di  16  rubbia;  ma 
era  invece  assai  vasto,  anzi  un  aggregato  di  molti,  che  non 
è  facile  collocare  al  respettivo  posto.  La  distanza  di  8,  9,  io 
ed  anche  12  miglia  da  Roma,  assegnata  nei  documenti,  è 
da  calcolarsi  con  vaga  approssimazione.  L' analisi  delle  tra- 
dizioni sacre  e  dei  privilegi  di  cotesto  luogo,  che  fu  nel  primo 
medio  evo  sede  episcopale  suburbicaria,  non  entra  nei  li- 
miti del  mio  lavoro  ;  e  però  ne  lascio  a  scrittore  erudito  di 
questo  ramo  di  storia  la  compiuta  trattazione.  Soltanto  af- 
fine di  provare  ai  lettori,  che  sono  meno  versati  in  siffatte 

(i)  NmBY  Analisi  III  p.  41. 


Della  Campagna  ^mana  Soy 

cose,  la  verità  di  quanto  ho  detto  sulla  celebrità  del  sito^ 
riferisco  alcune  testimonianze  di  autorevoli  scrittori. 

e  In  questo  luogo  (selva  già  di  Plautilla)  cominciò  S.  Giu- 
a  lio  papa  a  edificare  una  chiesa  in  honor  di  s.  Ruffìna  e 
«  Seconda,  la  quale  fu  poi  finita  da  s.  Damaso,  che  li  sue- 
«  cedette  nel  Pontificato,  doppo  Liberio;  come  gli  atti  an- 
a  tichi  manoscritti  da  esso  Damaso,  in  questo  modo  dichia- 
«  rano  (i).  E  questa  chiesa  acquistò  tanta  dignità  da'sudetti 
«  martiri,  e  sepolture  de' Santi,  che  fti  fatta  Sede  Episco- 
«  pale;  come  si  vede  dagli  atti  dei  Concilii  antichi,  ne'  quali 
«  si  trova  spesso  nominato  episcopus  silvae  candidae  et  san- 
«  ctae  Rufinae.  E  fu  uno  dei  Vescovati  dei  Cardinali,  al 
«  quale  era  data  la  sopr' intendenza,  e  giurisditione  della 
a  Basilica  di  s.  Pietro*;  di  che  nei  Registri  Vaticani  vi  sono 
«  molte  Bolle;  in  alcune  delle  quali  si  fa  particolar  men- 
«  tione  di  questa  chiesa  di  s.  Ruffìna  e  Seconda  nel  detto 
«  fondo  chiamato  Buxo  ;  come  in  uno  di  Papa  Giovanni  XIX, 
a  data  r  anno  terzo  del  suo  Pontificato,  diretta  a  Pietro  Ve- 
ci scovo  di  Selva  Candida,  nella  quale  tra  l'altre  cose,  che 
a  se  li  concedono,  si  dice  :  Itera  concedimus  et  confirmamus 
a  vóbis  fundum  in  integrum  qui  vocatur  BuxuSj  in  quo  etc. 
a  Ed  in  un'altra  di  Vittore  II,  data  l'anno  III.  Indiz.  io.* 
a  inserita  in  un'  altra  bolla  di  Gregorio  IX  (anno  IX)  si  dice 
«  concedimus  et  confirmamus  tibi  et  per  te  atque  propter  te 
a  in  perpetuum  Reverendae  Ecclesiae  Sanctarum  Virginum 
«  et  Martyrum  Rufinae  oc  Secundae,  quae  nominatur  Sylva 
«  Candida^  infundo,  qui  vocatur  Bussus,  quicquid  auri y  ar- 
«  genti,  palla  seu  cerae,  vel  quarumcumque  rerum  omnino 
a  iactatum  velposituntfuerity  vel  oblatum  in  toto  Altari  malori 
a  Sancii  Petri  stve  in  eius  venerabili  confessione  etc.  »  (2) 
Il  Grimaldi  a  proposito  di  questo  medesimo  santuario  no- 
tava: «  in  Silva  Candida  non  longe  a  Bucceia  erat  ecclesia 


(i)  Quivi  il  Bosio  aggiunge  il  testo  in  discorso. 
(2}  Bosio  op.  cit.  p.  117. 


3o8 


G.  Tomassetti 


fiiute  »  ([).  Oìserviao  i  lettori  U  non  bmge,  che 
a  rigor  di  distanza  del  fondo  Buccea  moderno  dei  Cesa* 
rini,  equivale  a  4  miglia,  ove  si  tenga  per  certo  chela 
moderna  chiesa  di  s.  Ku6na  sorga  sul  sito  preciso  de& 
basilica  antica.  Il  libro  pontificale  inoltre  registra  parec- 
chie munificenze  dei  Papi  verso  questa  chìe^,  e  per  ut 
rime  quelle  di  Leone  IV,  {2)  perché  verso  I*anno  900  la 
chiesa  rovinò,  forse  in  causa  di  devastazione  od  inceodio 
da  parie  dei  Saracini,  che  in  quel  tempo  invasero  U  cam- 
pagna romana.  La  chiesa  fii  risarcita  per  ordine  del  papa 
Sergio  III,  come  apparisce  dalla  sua  bolla  indirizzata  al  ve- 
scovo di  Sclvacandida  Ildebrando  (3)  Piti  tardi  ebbe  luogo 
la  traslazione  dei  corpi  delle  due  martiri,  la  quale  contribuì 
alla  diminuzione  della  frequenza  alla  basilica,  come  acca- 
deva in  altri  centri  di  culto  nel  suburbano.  Gli  sforzi  di 
Sergio  HI  riguardarono  anche  la  riparazione  delle  case  e 
delle  parrocchie  contenute  nel  vastissimo  latifondo,  come 
rileviamo  dalla  frase  della  bolla  suddetta  et  plebes  atque 
casalia  qaae  pene  absque  agricoHs  et  habilaioribus  esse  uo- 
scuntur.  Ciò  serve  a  persuaderci  essersi  colà  fondata  se 
non  una  domusculta  nello  stretto  senso  della  parola,  un 
villaggio  alquanto   popoloso.    Prima  di  seguire  le  vicende 


(ij  Grihauii  de  canonici^  s.  Peirì  card.  IV.  no  cf.  Vicnou  io  £46. 
ponHIìcali  1  p.  Sj6. 

(2)  Lib.  pont.  in  Leone  IV  e.  LXVI. 

(3)  Q.uesta  bolla  fu  ad  isiania  del  vescovo  Portucnsc  riprodorlfl  da  Gre- 
gorio IX.  La  sua  data,  segnala  dall'  Uu»flli  al  gio,  fu  dal  Miboi  resti- 
luiia  nel  1506  cf.  Papiri  p.  32.  Del  resto  dalla  diala  bolla  sì  trae  con  cer- 
tezEa  che  la  chiesa  fu  guastata  dai  5aracini.  Sembra  che  non  fosse  ^ueno 
il  primo  danno  arrecato  dai  barbari  alla  chiesa  stessa  secondo  quanto  af- 
ferma il  NraBT  lAnalisiì.  cit.).  Nei  documenii  peraltro  da  lui  allegali  dò 
non  si  trova  indicato  (leti.  XXX  e  .XXXH  di  Giovanni  Vili  nel  Labb6  Con- 
cili ed.  Coìeti  XI  p.  15-17)  leggendavisi  soltanto  sanctontm  quoque  ia- 

silicas  et  altaria  destruxerunt  elpopulum fi  circuitu  deleverunt.  Che 

anzi,  considerando  dal  punto  di  vista  topografico  il  testo  delle  lettere,  se 
ne  deduce  che  le  irruzioni  barbariche  degli  Agsreai  riuscirono  middMi     1 
al  icrriiorio  più  o  meno  bagnato  dall' Anlcne. 


Della  Campagna  ^Hpmana  Sog 

e  le  tracce  di  questo  villaggio  finisco  di  accennare  la  storia 
religiosa  del  sito,  col  rammentare  essere  state  le  reliquie 
in  discorso  portate  nel  Laterano,  ove  presso  la  basilica  fu 
edificato  un  oratorio  per  custodirle  (i).  A  quella  chiesa  deb- 
bonsi  riferire  le  parole  di  Giovanni  XIX  a  Pietro  vescovo  di 
Selvacandida  :  concedimus  et  confirtnamus  vóbU  in  perpC" 
tuum  ecclcòiam  ss.  Rufinae  et  Secundae  sitam  Romae  iuxta 
palatium  nostrum  cum  omnibus  ad  eam  pertinentibus  (2). 
Finalmente  lo  squallore  e  la  desolazione  del  sito  nel  XII  se- 
colo giunse  a  tale,  che  Calisto  II  dichiarò  unite  le  due  sedi 
di  Porto  e  s.  Rufina  quad  ex  frequenti  barbarorum  procursu 
incolae  antiquas  suas  sedes  deseruissent  etc.  (3)  Al  certo  P  ab- 
bandono dovette  essere  decisivo  dacché  siffatta  umiliazione, 
dal  lato  gerarchico,  toccava  alla  sede,  eh'  era  per  dignità  la 
seconda  delle  suburbicarie.  Riassunte  così  rapidamente  le 
memorie  sacre  di  così  ragguardevole  punto  del  suburbano, 
vengo  alle  indagini  topografiche  per  determinarlo  colla  mag- 
gior possibile  precisione. 

Il  nome  di  Buccea,  corruzione  di  Buxus  evidentissima 
non  solo  nella  parola ,  ma  nella  trasformazione  della  stessa 
in  documenti  successivi  (Bucce j  Buccege,  Bucceia)  si  po- 
trebbe credere  antico  quanto  quello  di  sjrlvay  eh'  ebbe  pure 
cotesto  sito,  come  tanti  altri  dell'agro  romano  antico.  Il  luogo 
buxus  fu  certamente  una  parte  dell'ampia  selva,  in  discorso, 
che  i  divoti  dissero  chiamata  prima  nigra  e  poi  candida  dopo 
il  martirio  soffertovi  dalle  cristiane  sorelle  (4).  Nella  bolla  di 
Benedetto  IX  a  Pietro  vesc.  di  Silva  Candida  leggo,  tra  i 
fondi  al  medesimo  concessi,  piti  volte  il  Buxum,  Buxetum 

(i)  Grimaldi  presso  Vignou  Lib,  pont.  I  p.  376  afferma  che  tal  chiesa 
stava  presso  il  battistero  al  cui  portico  odierno  corrisponde.  La  trasla- 
zione avvenne  sotto  il  pontificato  di  Eugenio  III. 

(2)  Ughexxi  I  p.  93.  Marini  p.  73.  JAFPà  p.  357.  Benedetto  IX  vi  ag- 
giunse il  cellarium  et  lardarium,  di  cui  ho  sopra  £atto  cenno  cf.  Ma- 
Riia  p.  83. 

(3)  Ughelli.  I  p.  117. 

(4)  Nerini  op.  cit.  175  in  nota. 

Archivio  della  Società  romana  di  Storia  patria.  Voi.  III.  30 


3  IO  O.  Tomassetti 


e  Bascus  e  Castagnetum  contenuti  nella  gran  selva,  ovvero 
contigui  alla  medesima,  a  quella  sancH  Petriy  all'  altra  Sylva 
ballandy  a  parti  pib  o  meno  insomma  spettanti  a  Selva  Can- 
dida (i).  I  nomi  e  i  confini  dei  fondi  componenti  la  terra 
e  diocesi  di  Selva  Candida  sono  neUa  massima  parte  regi- 
strati in  diplomi  pontificii,  dei  quali  l' uno  serve  a  rettificare 
V  altro  in  alcune  particolarità*  L' uno  è  di  Giovanni  XIX  l'al- 
tro di  Benedetto  IX  tutti  e  due  diretti  al  vescovo  Pietro  (2). 
Gli  altri  diplomi  pontificii  concernenti  la  medesima  diocesi 
non  forniscono  lume  pei  terreni  della  via  Aurelia,  ma  sol- 
tanto per  quelli  della  Portuense.  Dalla  nota  di  questi  fondi 
rileveranno  i  lettori  la  immensa  estensione  del  territorio,  che 
da  breve  distanza  da  Roma  giunge  fino  al  decimoquarto  mi- 
glio, e  che  in  larghezza  giunge  a  toccare  quello  della  via 
Cassia  e  quello  della  Portuense  in  modo  da  generar  confu- 
sione topografica,  che  peraltro  mi  sforzerò  di  evitare.  Ne  ri* 
leveranno  la  esistenza  di  un  castettum,  di  numerose  plebes, 
di  abitanti  di  condizione  anche  cospicua,  sulla  permanenza 
dei  quali  darò  altre  notizie  tratte  da  documenti  di  età  po- 
steriore. 

I  cultori  di  topografia  storica,  dai  quali  può  essere  se- 
guito con  qualche  attenzione  questo  arido  e  faticoso  lavoro 
quantunque  appena  abbozzato,  percorso  che  avranno  la  nota 
delle  terre  spettanti  a  questa  contrada,  si  troveranno  innanzi 
qualche  difficoltà.  Imperocché  l'elenco  persuade  non  solo 
della  grandezza  del  sito,  ossia  del  gruppo  dei  poderi  che  ap- 


(i)  Ughelu  I  p.  100  sg.  Marini  p.  87.  Sì  noti  come  apparisce  gra- 
datamente derivato  dalla  voce  latina  buxum  la  voce  volgare  bosco  piuttosto 
che  dal  tedesco,  siccome  parve  al  Muratori  nella  sua  Dissert,  n.^  XXXII. 
Indi  parimenti  derivano  Busso,  Bussi,  Busseto,  Bussolengo  ed  altri  nomi 
di  comuni  italiani.  Il  Busseto  dell*  Emilia  è  inatti  chiamato  buxetum  nel 
libro  pontificale  (in  Greg.  II  e.  XVIII).  Il  BYSITTAA  della  lapide  spesso 
ricordata  di  s.  Erasmo,  è  una  prova  dell*  uso  di  questo  vocabolo  rustico 
nel  suburbano,  al  secolo  Vili. 

(2)  Il  Nerini  porge  alcune  notizie  intorno  a  questo  dignitario,  a  p.  175. 
II  testo  delle  due  bolle  è  nel  Maruii. 


Della  Campagna  ^mana  3 1 1 

parisce  a  breve  distanza  da  Roma  fino  al  decimoquarto  mi- 
glio dell' Aurelia,  ed  esteso  a  destra  fino  alla  Cassia,  a  sinistra 
fino  aUa  Portuense,  ma  ne  accerta  eziandio  della  importanza 
e  popolazione  del  territorio  stesso.  Ora  ciò  posto,  come  spie- 
gare la  prossimità  di  questa  città,  che  tale  può  reputarsi 
Buccea,  con  altri  villaggi  e  fondazioni  rustiche  di  prim'  or- 
dine, attestata  d'altronde  in  fonti  sincerissime?  Infatti  dob- 
biamo ammettere  una  popolazione  presso  s.  Rufina,  una  (bh 
musculta  di  Adriano  I  eh'  ebbe  nome  Galena,  positay  queste 
sono  le  parole  del  testo  pontificale,  via  Aurelia  miliario  ab 
urbe  Roma  plus  minus  decimo  ad  sanctam  Rufinam^  cum 
fundis  et  casalibus,  vineis,  olivetis,  aquimolis  vel  omnibus  et 
pertinentibus  (i);  e  un'altra  più  che  prossima  col  nome  Lau- 
return  (2),  confusa  dagli  scrittori  moderni  con  Laurentum, 
mentre  corrispondeva  al  moderno  Castel  di  Guido,  di  cui 
ho  già  parlato  e  fra  poco  dovrò  parlar  di  nuovo,  per  dimo- 
strare la  identità  che  affermo.  Ho  detto  più  che  prossima, 
perchè  troveremo  il  f.  Laurentinus  ed  un  Lauretum  nella 
zona  della  via  Cornelia,  quindi  quasi  intromettentisi  nel 
raggio  topografico  di  s.  Rufina  e  Buccea.  Che  anzi  ci  si 
presenterà  una  nuova  difficoltà  intorno  a  questi  fondi,  se 
spettino  cioè  ad  una  domusculta  di  Zaccaria,  che  può  sup- 
porsi  a  Castel  di  Guido,  ovvero  all'  altra  anonima  fondata 
pure  da  Zaccaria  sul  decimoquarto  miglio  della  via  Clau- 
dia-Cassia. (3)  Insomma  in  questa  regione  abbiamo  un  af- 
follamento, per  così  dire,  di  domuscultae,  borghi  e  poderi, 


(i)  Lib.  pont.  in  Hadr.  e.  LV. 

(2)  Lib.  pont.  in  Zach.  e.  XIX. 

(3)  Cf.  r  opera  recentissima  di  s.  Zaccaria  Papa  e  degli  anni  del  suo 
pontificato-comentarii  stor.  critici  raccolti  ed  esposti  da  Domenico  Barto- 
LiNi  Prete  Cardinale  della  s.  Chiesa  Romana,  Ratisbona  1879.  L'erudito 
Porporato  tratta  delle  cure  di  Zaccaria  per  la  campagna  alla  pag.  547 
e  segg.  Egli  attribuisce  il  fondo  Lauretum  alla  domusculta  anonima  del 
patrimonio  Tusciae  fra  le  vie  Claudia  e  Cornelia,  ed  ha  evitato  la  con- 
fusione di  questo  con  Laurentum.  Ammette  poi  che  Zaccaria  fondò  la  do- 
musculta Laurentina  presso  il  mare. 


3 12  G.  Tomassetti 


il  cui  numero,  per  quanto  debba  supporsi  popolata  la  cam- 
pagna romana  nel  principio  del  medio  evo,  è  per  lo  meno 
imbarazzante,  poiché  contrasta  colla  respettiva  estensione  di 
ciascuno.  Sarà  quindi  mio  compito,  appena  presentato  l'elenco 
che  segue,  proporre  una  conveniente  soluzione  di  tal  difficoltà. 
Premetto  alia  nota,  che  questi  fondi  stavano  alla  distanza 
più  o  meno  di  8  a  14  miglia,  eccetto  alcuno  che  sembra  più 
vicino  a  Roma,  e  può  quindi  considerarsi  come  principio 
suburbano  del  territorio  Selvacandida,  Abbiamo  già  osser- 
vato di  sopra  che  più  d'un  fondo,  al  di  qua  delle  8  miglia, 
spettava  al  territorio  di  Silvacandida  e  s.  Rufino.  Ora  sa- 
pendosi  dalla  storia  ecclesiastica,  che  il  vescovo  di  Silva- 
candida  esercitava  giurisdizione  dentro  la  città  Leonina,  io 
non  dubito  di  affermare  che  siffatta  spirituale  autorità,  con- 
cessagli da  Leone  IV,  fosse  basata  sul  possesso  di  fondi,  di 
monistcri,  di  chiese  più  o  meno  a  noi  adesso  note,  che  dalla 
città  Leonina  continuavano  fino  alla  cattedrale  suburbicaria. 
I  fondi  adunque  a  me  noti  sono  i  seguenti: 

Mons  lordarti:  in  ambedue  le  bolle  si  trova  notato  in- 
sieme col  fondo  Ardori  ossia  V  Arcionem  che  già  ho  rica- 
vato dalla  bolla  di  Celestino  III.  I  confini  del  monte  Jordani 
combinano  a  capello  coi  fondi  ultimi  già  da  me  annoverati; 
essi  sono:  la  terra  episcopii  s,'**  Rufinae,  il  rivus  Galena 
1'  Ulbariolum,  eh' è  nò  più  né  meno  che  il  sopra  citato  Vi- 
varolum,  e  un  fondo  Criptulae  nome  frequentissimo  nel  su- 
burbano, sì  per  cagion  dei  ruderi  antichi,  come  per  le  cave 
del  tufo.  Quest'ultimo  confine  l'ho  ritrovato  in  un  quarto 
della  tenuta  Testa  di  Lepre  di  sopra y  distante  circa  12  mi- 
glia da  Roma,  il  quale  porta  lo  stesso  nome  in  volgare,  cioè 
Grottelle  (i). 

Mons  aureus.  Questo  parimenti  si  adatta  bene  col  sud- 
detto, perché  in  ambe  le  bolle  ne  sono  indicati  come  con- 
fini il  mons  Jordani,  il  Criptulae,  il  casale  Palmi,  a  noi  già 


(i)  Nicolai  I  p.  60. 


Della  Campagna  ^mana  3i3 

notissimo,  un/undus  Lauretuniy  del  quale  tornerò  a  parlare, 
ed  una  terra  del  monistero  di  s.  Martino.  Prima  di  continuare 
intorno  a  mons  aureus,  è  necessario  fare  un'  avvertenza  sul 
testo  delle  bolle;  poiché  dopo  i  confini  quivi  annotati,  pas- 
sandosi a  nominare  un  altro  fondo  si  adopera  la  disgiuntiva 
seu,  la  quale  peraltro  non  impedisce  (come  può  vedersi  nel 
contesto)  di  chiudere  colla  terra  di  s.  Martino  la  serie  dei 
confini  del  mons  aureus.  Questo  fondo  pertanto  apparteneva 
al  territorio  di  Selvacandida,  circa  il  mille,  e  dovette  essere 
ampio  giacché  confinava  con  cinque  poderi.  Non  ne  trovo 
la  illustrazione  negli  scrittori  più  autorevoli  di  topografia 
suburbana.  Nelle  mie  note  ho  una  laguna  su  questo  pos- 
sesso fino  al  duodecimo  secolo,  a  cui  risale  il  seguente  do- 
cumento, che  tolsi  dalla  Storia  mss.  dei  conti  Tuscolani  del 
Galletti.  É  un  atto  dell'  archivio  di  s.  Maria  in  Trastevere 
del  tempo  di  Eugenio  III  (a  ii5o  circa)  dal  quale  apparisce 
una  controversia,  sul  fondo  in  quistione,  tra  la  stessa  ba- 
silica e  il  monistero  di  s.  Gregorio  al  monte  Celio.  Questo 
pretendeva  di  possedere  a  buon  diritto  il  mons  aureus,  che 

mostravano  legato  a  loro  in  testamento  da  Maria  Nas 

anno  III  Marini  II  papae.  Quindi  non  sorgerebbe  un  ana- 
cronismo diplomatico,  in  quanto  avendo  Marino  //ponti- 
ficato sulla  metà  del  secolo  X,  in  tempo  cioè  anteriore  alle 
concessioni  di  Giovanni  XIX,  poteva  il  mons  aureus  essere 
proprio  di  private  persone.  Piuttosto  una  difficoltà  nasce  dalla 
opposizione  dell'economo  di  S.  Maria  in  Trastevere,  il  quale 
provò  che  la  Maria  Nas,...  non  godeva  legittimo  dominio,  e 
non  poteva  quindi  trasmetterlo  altrui  per  testamento,  mentre 
al  contrario  il  dominio  della  basilica  era  provato  da  istro- 
menti  antichissimi.  Ora  non  possiamo  supporre  che  la  ba- 
silica e  il  vescovo  fossero  due  titolari  del  fondo,  come  se  que- 
sto fosse  diviso,  perché  nelle  bolle  pontificie  lo  si  concede 
in  integrum.  Converrebbe  adunque  tenere  per  apocrifo  quel 
testamento  del  decimo  secolo,  ed  ammettere  i  diritti  della 
basilica  su  mons  aureus  insieme  con  quelli  del  vescovo  di 
Selvacandida,  nella  metà  del  secolo  XII,  quando  cioè  questa 


3 14  G.  Tomas setti 


sede  suburbicaria  era  riunita  con  quella  di  Porto,  ch'ebbe 
giurisdizione  nel  Trastevere.  Non  mi  fermo  piti  oltre  su  qa^ 
sta  ipotesi,  né  vado  in  cerca  di  altra  piti  probabile,  per  non 
eccedere  i  termini  di  questo  lavoro,  come  ho  già  dichianto 
piti  sopra,  accennando  la  storia  della  sede  suburbicaria.  Del 
resto  a  me  importa  di  stabilire,  che  dal  presente  documento 
si  cavano  utili  particolarità  topografiche  di  cotesta  contrada, 
fra  le  quali  una  ragguardevolissima,  eh'  è  la  origine  delPap- 
pellazione  del  fondo  dal  nostro  mons  aureus  urbano,  mo- 
derno montoriOy  che  io  stimo  corrotto  nei  medio  evo  da  mais 
aurelius^  donde  si  partiva  una  linea  di  possessi,  più  o  meno 
interrotti,  terminante  alla  distanza  di  io  miglia  da  Roma(i). 
Tutto  ciò,  insieme  con  nomi  di  fondi  ed  altre  belle  notizie, 
veggano  i  lettori  nei  frammenti  dell'atto,  che  loro  sotto- 
pongo (2). 

e  Tunc  advocati  sce  Marie  exibuerunt  antiquissimum  in- 
c  strumentum  tempore  Constantini  imperatorìs  et  Irodona 
e  fratre  eius  et  Vitelliani  papae  aliarum  duarutn  tabularum 
«  in  prenominato  fundo  foris  porta  aurelia  manu  leva.  Et 
e  postmodum  aliud  instrumentum  locationis  duarum  tabtt- 
c  larum  aliarum  in  eodem  fundo  quod  factum  fuerat  tem- 

«  pore  Constantini  et  Agathoni  papae modum  aliut  in- 

«  strumentum  locationis  trium  tabularum  aliarum  in  eodem 
a  fundo  foris  porta  sci  paneratii  exunte  manu  leva  tempore 
«  Constantini  imperatorìs  et  Zachariae  papae.  Item  aliud  in- 
«  strumentum  locationis  in  eodem  fundo  aliarum  quinque 
«  tabularum  tempore  Leonis  imperatorìs  et  Gregorii  papae. 

a  Iterum  aliud  instrumentum  locationis  in  eodem  fundo 
«  unius  tabulae^ tempore  Constantini  imperatorìs  et  Pauli  pa- 

(i)  A  proposito  della  porta  Aurelia  ho  sopra  osservato  la  corruzione 
facile  nel  medio  evo  in  aurea.  V*  era  come  una  smania  di  trasformare  in 
aureo  gli  appellativi  la  cui  forma  prestavasi  appena.  Di  Velabrum  si  hoc 
velum  aureum,  di  Orestilla,  tìottìq  proprio,  un*  auri  stilla ,  Roma  stessa 
fu  detta  aurea,  il  Capitolium  aureum  etc.  cf.  Jordan  op.  cit.  II  p.  425. 

(2)  Dal  cod.  Vat.  8044  f.  5  e  seg.  I  nomi  e  le  particolarità  topogra- 
fiche noterò  in  corsivo. 


Della  Campagna  ^Kpmana  3i5 

pae.  Insuper  ostendenint  aliud  instrumentum  de  fundo  laU" 
reti  quod  confinis  est  fundi  montis  aurei  et  est  iuris  sci 
benedicti  de  Nepe  qui  ita  aflirmavit  ab  uno  latere  fundum 

cucumelli  iuris  monasterii  scorum 

ab  alio  latere  fundum  rosarii  sancte  romane  ecclesie  a  tertio 
latere  via  publica  a  quarto  latere  casale  quod  appellatur 
morUe  aureo  iuris  tituli  calixti  transtiberim.  Ad  haec  ab- 
bati sci  Gregorii  cum  suis  advocatis  visis  et  perlectis  in- 

strumentis  sic  respondit  hoc modi  instrumenta  locatio- 

num  ab  ecclesia  sce  marie 

et  demonstratur  petitioni  monasterii  obesse  non  posse  cum 
extrait  quod  a  nobis  petitur  et  in  questione  vertitur  in 
alia  parte  eiusdem  fundi  hoc  totum  ab  ecclesia  sce  marie 
possideatur  fundum  vero  laureti  quem  iuxta  montem  au- 
reum  positum  esse  iconomus  sce  marie  dicebat....  ari....  (i) 
set  petrus  iconomus  sce  marie  cum  suis  defensoribus  ag'ebat 
ex  hoc  quod  ecclesia  sce  marie  in  eodem  fundo  possidebat 
extrait  quod  inabea  [sic)  petebatur  et  in  questione  erat 
alia  nova  acquisitione  ab  ecclesia  sce  marie  provenisse  as- 

severabat  fundum  laureti  et  eius  fines promittebat  (2), 

Nominatus  index  hoc  audiens  diem  statuit  quatinus  supra 
locum  ambe  partes  cum  suis  advocatis  adessent,  et  quicquid 
iconomus  sce  marie  et  de  novis  acquisitionibus  et  de  fundo 
laureti  et  finibus  eius  haberet  oculata  fide  ostenderent.  Qua 

die  veniente  utraque  partes  (sic)  cum  suis  advocatis 

indice  ad  locum  advenissent  iconomus  sce  marie  novas 
acquisitiones  quas  de  alia  parte  eiusdem  fundi  habebat  et 
fines  fundi  laureti  sicut  promiserat  oculata  fide  demon- 
stravit.  Itaque  abbas  sci  gregorii  nullo  modo  rationabiliter 
contradicere  potuit.  Post  hec  index  iterum  terminum  dedit. 
Quatenus  sue  curie  partes  (3)  si  quid  novi  haberent  osten- 

(i)  Questa  laguna  è  molto  nociva,  poiché  dal  contesto  apparisce  che 
vi  si  trovavano  particolarità  topiche  di  relazione  tra  il  mons  e  il  lauretum. 

(2)  Propongo  di  supplirvi  fines  demonstrare. 

(3)  Ometto  qui  alcune  parole  poco  o  niente  utili  al  nostro  assunto. 
Si  racconta  il  secondo  accesso,  dopo  il  quale  si  proferì  la  sentenza  di  cui 
riporto  il  testo. 


3i6  G.  TamassetH 


«  derent  etc^  absoWo  presbyterum  Petrum  ìconomum  s.  Ma- 
c  rie  transtibcrim  a  petittone  possessionis  seu  detentionis 
<  terrae  et  vinearum  positarum  in  monte  aureo  extra  par* 
e  tarn  sci  pancratii  exeimtibus  manu  leva  nec  non  iuxia  mu- 
€  rum  istius  civitatis  et  iuxta  vineas  monasterii  de  massima 
e  et  iuxia  terram  praedictae  sce  mariae  quae  olim  fuit  mo- 
e  nasterii  sanctorum  cosmae  et  damiani, 
«  et  iuxta  aliam  vestram  terram  quam  noviter  acquisistis 
e  quae  extenditur  usque  super  vaUem  quae  vocatur  de  tribus 
«  columnis  et  iuxta  aliam  terram  vestram  quae  est  secus  vi- 
«  neam  gerardi  de  guamimento  et  iuxta  silice  publica« 
e  Data  anno  I  pontif.  Eugenii  III  etc.  > 

Adunque  dall'esposto  documento  ci  è  somministrata  la 
notizia  di  un  nuovo  gruppo  di  vigne  di  s.  Maria  in  Tra- 
stevere, di  Ottone  e  di  Gerardo  presso  la  valle  delle  tre  co- 
lonne la  cui  situazione  riconosco  nel  quarto  della  tenuta  mo- 
derna detta  Castel  Malnome  il  quale  s' intitola  quarto  delle 
Colonne,  e  sta  sul  sinistro  margine  dell' Aurelia  {manu  laeva) 
e  confina  con  Castel  di  Guido.  Ci  porge  la  conferma  dell'  esi- 
stenza di  un  Rosarium  suU*  Aurelia,  che  ho  di  sopra  indi- 
cata, e  la  memoria  di  xin/undus  cucumelli  confinante  col 
monte  aureo.  Finalmente  non  voglio  trascurare  un  altro 
punto  se  non  certissimo  assai  vicino  al  vero,  per  la  resti- 
tuzione dei  confini  del  monte  d^  oro,  ed  è  la  terra  monasterii, 
che  stimo  pel  confronto  del  nome  e  del  sito  esserci  tuttora 
conservata  nel  quarto  di  pantan  monistero  presso  la  Bot- 
taccia  e  Castel  di  Guido.  Riprendo  adesso  l'enumerazione 
dei  fondi  contigui. 

Mons  Grunduli  coi  confini  :  /.  Aquilinus  secondo  la  bolla 
di  Giov.  XIX,  Aquilianus  (più  verosimile)  secondo  la  bolla 
di  Benedetto  IX;  e  tutti  gli  altri  già  registrati  come  fini- 
timi al  monte  aureo. 

/.  Oripo  coi  confini  :  la  solita  terra  di  s.  Martino,  il  fondo 
Insula  Sancta,  una  curtis  sci  Petri,  una  terra  della  mede- 
sima curtis,  e  il  mons  grunduli  citato.  Sul  sito  di  questo 
fondo  posso  dare  qualche  schiarimento.  Tra  le  moderne  te- 


T^ella  Campagna  T^pmana  3 17 

nute  di  Tragliata  e  Testa  di  Lepre  di  sopra,  la  coi  situa- 
zione corrisponde  in  genere  a  quella  del  territorio  contem- 
plato dalle  bolle,  abbiamo  un  luogo  detto  quarto  della  Chiesa 
ed  un  altro  intitolato  appunto  monte  di  S.  Pietro.  Giudi- 
chino i  lettori  se  siamo  da  ciò  pienamente  illuminati  nella 
restituzione  di  questa  terra.  Ed  in  altro  luogo  della  bolla  di 
Benedetto  IX  si  ripetono  queste  indicazioni  come  confini, 
vale  a  dire:  sylva  Episcopii,  Sylva  monisterii  s.  Martini, 
sanctus  Petrus  e  casale  quod  vocatur  de  Rufino* 

/.  Criptulae,  che  ho  già  detto  corrispondere  presso  a  poco 
alle  moderne  Grottelle,  i  cui  confini  erano  un  f,  Fulisanus, 
iiy.  Lauretum,  la  ripetuta  terra  di  s.  Martino  ed  un^  Se- 
rioni  secondo  la  bolla  di  papa  Giovanni,  Serionum  secondo 
la  Benedettina,  e  Sevonum  secondo  I'Ughelli  (i).  Di  que- 
sto Serionum  dirò  in  appresso. 

f.  Yliodori  [Isidori  secondo  Ughelli)  i  cui  limiti  erano, 
oltre  s.  Martino,  una  terra  Castangetol  o  Castangotol,  cor- 
ruzione certissima  di  Castagnetum  (2)  e  il  seguente. 

/.  Mensa  sonda  confinante  col  casale  quod  vocatùr  Bucce, 
col  quale  siamo  giunti  al  nucleo  del  gruppo  almeno  da  una 
parte,  poiché  non  v'  ha  dubbio  esser  questo  il  Buxus  (3)  ;  col 
mons  qui  vocatur  dompnico  [dominico),  co\f,  musano  e  col 
f,  s.  Laurentius  de  pontili  (Ughelli)  o  de  pon^i  (Marini). 

f.  sancii  Basila  (bolla  di  p.  Giovanni)  errato  evidente- 
mente per  Bosilidis,  come  si  legge  nell'altra.  Attigui  gli  erano 
il  cosale  sci  Petri  et  Pauli,  la  vallis  Intejonoso  (bolla  di  p. 
Giov.)  ovvero  Intentionara  (bolla  di  Benedetto)  il  Vivarolus 
e  il  monisterium  sancii  Stephoni, 


(i)  S'intende  che  va  preferita  la  lezione  del  Marini  a  qualunque  al- 
tra deirUcHELu:  Soltanto;  siccome  trattasi  di  fondi  ignoti,  credo  che  nes- 
suna variante  debba  dispregiarsi. 

(2)  L'  Uqhelli  aveva  letto  Castrangotol ! 

(3)  Nel  testo  del  Marini  (bolla  Benedettina)  si  trova  Bruce  sbaglio 
evidente  di  amanuense.  Nella  bolla  di  Giovanni  egli  pure  lesse  Bucce. 


3i8  G.  Tomas setti 


f.  Pan\ìi  (i)  che  doveva  contenere  una  chiesa  di  s.  Lo- 
renzo, giusta  la  indicazione  cadutane  sotto  il  fondo  Mensa. 
Ebbe  vicini  un  /.  Apronianus,  nome  notissimo  fra  gli  an- 
tichi, la  Sylva  Candida  stessa,  un/.  Musanettum,  un/.  Ca- 
nullanum  [Camilianum  secondo  la  bolla  di  p.  Giovanni)  una 
terra  Aureliana  non  insolito  nome  sulla  via  Aurelia,  ed  una 
non  sileXy  come  nella  bolla  di  Giovanni,  ma  silva^  come 
nella  Benedettina,  sancti  Stephani  cum  via  salinaricu  II  Gi- 
mUianus  ci  è  già  noto  come  fondo  del  Vaticano  da  una  bolla 
di  Leone  IX  (2].  Il  Musanello  rappresenta  una  parte  del  Mu- 
sanum  già  comparso  tra  i  confini. 

/.  Lauretum.  Su  questo  debbo  far  sosta,  come  in  punto 
che  merita  speciale  attenzione.  Più  volte  hanno  già  1  let- 
tori veduto  comparir  questo  nome  nella  regione  Aurelia; 
quindi  avranno  già  indovinato  che  fu  non  piccolo  podere, 
poiché  i  suoi  lati  tanto  estendevansi  da  servire  di  confine 
a  molti  altri  fondi.  Non  ne  riporto  i  fondi  contigui,  per- 
chè sono  gli  stessi  fin  qui  enumerati.  Un  Lauretum  appar- 
teneva al  patrimonio  Labicano;  nulla  perciò  ebbe  di  co- 
mune col  nostro;  ed  è  soltanto  ricordato  da  me  per  con- 
fronto del  nome  (3).  Un  altro  ne  trovo  nelle  mie  note,  e 
lo  riporto  pure  qui,  ma  soltanto  per  omonimia,  poiché  l'ho 
tratto  da  un'antica  lapide  della  chiesa  di  S.  Lorenzo  in 
Tivoli  ;  un  Lauretum  pertanto  che  non  appartiene  a  questi 
luoghi  (4).  Ma  un  altro  Lauretum  non  possiamo  colla  stessa 
facilità  eliminare  da  questo  campo;  che  anzi  viene  ad  ac- 
crescere le  nostre  difficoltà.  L'ho  già  accennato  prima  del 
presente  elenco  dei  fondi,  e  debbo  qui  colla  maggior  bre- 


(i)  Nella  bolla  di  Giovanni  XIX  (Marini)  è  scritto/.  Panari  invece 
di  Panthi  o  Pan^ii.  Sul  dubbio  stimo  necessario  di  confrontare  questa 
variante  col  nome  di  Spanòro,  moderna  tenuta  che  confina  col  territorio 
antico  di  Selvacandida.  Guarda  però  la  via  Cassia  (Nicolai  I  p.  50). 

(2)  Bull.  Vat.  I,  p.  39. 

(3)  Deusdedit  (Borgia)  p.  9,  io. 

(4)  Mai  Script,  vet.  voi.  V  p.  229. 


lyeUa  Campagna  ^mana 


3i9 


inderne  conto.  La  confusione  che  gli  scrittori  di  antichi 
esti  fecero  nella  parola  Laurentiim  per  Lauretum  e  viceversa, 
1^  talmente  ovvia,  che  tanto  quasi  vale  il  leggere  in  un  modo 
guanto  nell'altro.  Non  v'ha  dubbio  che  appena  cade  sotto 
i  occhi  il  nome  di  Laurento,  la  mente  corra  alla  famosa 
:  del  regno  latino;  ma  quando  si  tratta  di  stabilire  la 
natura  di  un  villaggio  o  di  una  cittì  del  medio  evo,  adesso 
omparsa,  conviene  metter  da  banda  le  poetiche  rimem- 
branze, e  ragionare  freddamente  sulle  sterili  indicazioni  delle 
(Bcchie  carte.  Ora  per  evitare  la  confusione  nell'analisi  to- 
K>graiica,  è  necessario  schierare  i  pochi  testi  che  riguar- 
lano  il  nome  in  quistione.   Nella  collectio  del  Deusdedit 
bbiamo:  Eustachio  presbitero  fundum  Laurenttum  et  futi- 
lum  Maurorum  extra  portam  sancti  PancratU  via  Aurclia 
torpore /lindi  suburbani  patrimonii  Tusciae,  praestat  etc. 
Duesto  riguarda  senza  dubbio  il  presente  sito,  ove  dimo- 
tra  la  esistenza  di  un  Laurcntinum  o  Laurentium,  o  meglio 
turentinum,  come  lesse  ti  Zaccaria  (i).  Viene  poi  un  passo 
1  liber  pontificalìs,  in  cui  si  dice:  Hic  (ÌI  pontefice  Zac- 
caria] domum  cìiltam  Lauretum  noviter  ordinavit;  adiicìens 
i  et  massam  Fontinianam  quae  cognotninatur  Pannarla  (2). 
3  bene  che  in  genere  gli  scrittori  attribuiscono  questa  no- 
1  all'antica  Laurento;  ed  è  perciò  che  io  nel  cenno  pre- 
Umiliare  sulle  domuscultae  ho  tra  queste  registrato  la  Lau- 
trentina  marittima.  Ciò  non  toglie  peraltro  che  io  qui  esponga 
^le  mie  idee  o  piuttosto  i  mici  dubbi  su  questa  generale  con- 
rìnzione.  La  quale  a  dir  vero  può  sembrare  poco  fondata, 
1  soltanto  su  questo  passo.  I  migliori  codici  del  libro 
K>ntificale,  secondo  il  Vignoli,  non  ci  offrono  Laurentum, 
L  Lauretum  sebbene  di  questa  scrittura  non  sia  da  far 
i  conto,  come  poco  fa  ho  detto,  tuttavia  l'accordo  dei 
Xsdici  in  questa  parola  non  ò  da  trascurarsi.  V'è  una  le- 


ti) Disserl.  i.  Il  p.  140.  La  scrimira  Inaurorum  del  cod.  Vai.  3833 
un  errore  inanifesio  invece  dì  Maurorum,  avvertito  già  da  allrì  scrìllori. 
^3)  In  Zach.  C.  SIX. 


320  G.  Tomas setti 


zione  variante  nel  codice  Vaticano  Ottoboniano  i83  alle- 
gata dal  ViGNOLi  stesso,  ma  avendosi  in  essa  domum  cui' 
tam  sancii  Laurentii,  non  risponde  al  nostro  quesito  (i).  Il 
ViGNOLi  riprova  a  buon  diritto  la  lezione  Paunaria  del  Bian- 
chini e  sostiene  quella  di  Pannarla.  Ma  da  questo  nome  non 
possiamo  cavare  argomento  in  favore  o  contro  LaurentOf 
perchè  né  sulla  via  Aurelia,  nò  sulla  via  Laurentina  com- 
parisce affatto  un  Pannarla  o  un  nome  consimile.  La  di- 
scussione può  cadere  piuttosto  sull'altro  nome,  cioè  sulla  massa 
Fontiniana.  Se  questa  fosse  la  vera  lezione,  come  il  Vignoli 
crede,  l'opinione  comune,  che  porta  la  domusculta  di  papa 
Zaccaria  in  Laurento,  poco  ci  guadagnerebbe.  Imperocché 
tanto  sul  terreno,  da  me  ora  contemplato  sulla  via  Aurelia, 
quanto  nel  territorio  Laurentino,  abbiamo  tuttora  conservato 
un  ragguardevol  fondo,  che  porta  il  nome  di  Fontignano, 
Ho  già  trovato  occasione  di  notare  una  massa  Fonteiana 
al  quinto  miglio  incirca  della  via  Ardeatina,  sull'indizio 
della  iscrizione  marmorea  Celimontana.  Allora  feci  pur  cenno 
della  massa  omonima  presso  Laurento,  la  quale  d'altronde 
viene  chiaramente  determinata  nel  citato  regesto  dal  Deu- 
SDEDiT  iuxta  campum  Venerìs,  vale  a  dire  sulla  spiaggia 
Laurentina.  Ma  tuttociò  non  esclude  il  Fontignano  suU' Au- 
relia, che  sebbene  sia  corrotto  dal  più  antico  Frontinianum 
come  ho  già  osservato,  tuttavia  potè  facilmente  venire  scam- 
biato con  Fontinianum.  E  tanto  più  credibile  diviene  que- 
sta ipotesi,  quanto  maggiore  è  la  fede  che  possiamo  prestare 
alla  lezione,   ossia   al  testo  del  Vignoli,  piuttostochè  alla 
variante  del  codice  Vaticano  3764  Fontiianam  ripetuta  nel 
cod.  Ottob.    993   e   nel   2629.    Imperocché  queste  varianti 
ci  condurrebbero  a  persuaderci  seriamente  che  dall'antica 
Fonteiana,  e  non  dal  Frontiniano  derivi  il  nome  della  massa 
adjecta  alla  domusculta  Lauretum,  Ma  i  codici  Vaticani  629 
e  3762  offrono  la  miglior  lezione,  eh' è  quella  dal  Vignoli 

(i)  Per  questa  e  per  altre  difficoltù  speriamo  tra  breve  un  aiuto  ef- 
ficace nella  nuova  edizione  del  liber  pont.  che  il  eh.  Duchesne  sta  ap- 
parecchiando. 


T)ella  Campagna  ^mana  32 1 

adottata.  Anche  il  codice  Laurenziano  XXIII.  4  e  il  Ma- 
gliabecchiano  I.  III.  17  oSrono  fontinianas ,  xh^ è  la  mede- 
sima, eccetto  la  terminazione  in  plurale.  Del  resto  i  lettori  per 
quanto  possano  restare  perplessi  riguardo  alla  determina- 
zione della  massa  Fonteiana,  saranno  certamente  desiderosi 
di  qualche  piti  chiara  notizia  diplomatica,  intorno  a  Lau- 
return  Aureliano,  dal  cui  sito  e  da' cui  confini  può  trarsi 
argomento  decisivo  nella  quistione  delle  due  domuscultae. 
Ecco  pertanto  una  citazione  assai  opportuna  al  nostro  pro- 
posito; cioè  un  tratto  della  bolla  di  Leone  IX,  in  cui  sono 
annoverati  alcuni  fondi,  propri  del  Vaticano,  sulla  via  Cor- 
nelia, eh' è  quanto  dire  nel  raggio  di  Selva  Candida: 

/.  Camelianus 

/  Olibula 

f,  Agellus 

f,  Pinus  Camaranus 

F.  Lauretuh 

BUCCEGE 

casale  Celisanum 

Gualdo 

Mansa  Pàlumba  etc.  (i). 

Se  anche  il  contesto  della  bolla  non  indicasse  la  via 
Cornelio- Aurelia,  basterebbero  a  stabilirlo  le  indicazioni  di 
Buccege,  di  Pinus  corrispondente  al  colle  Pino  colla  chiesa 
di  S.  Agata,  sopra  registrata  (2),  del  Camelianus y  già  veduto 
come  confine  del  fondo  Pantii,  e  finalmente  di  Olibula,  che 
io  ravviso  in  un  quarto  di  caste!  di  Guido  col  nome  di 
Olivella  (3).  Ma  questo  Lauretum,  che  può  credersi  lo  stesso 
che  il  Laurentinum  y  figura  soltanto  in  quella  nota  così 
grande,  da  potersi  supporre  essere  0  almeno  essere  stato 


(i)  Bull.  Vat.  I  p.  39. 

(2)  Tenuta  Pigncto. 

(3)  La  nota  dei  fondi  suddetti  proseguirà  sotto  la  via  Claudia,  cui 
spettano  il  Celisanum  (Celsano)  e  gli  altri. 


322  G.  Tomassetti 


uni  ibBxjCBks?  Ed  iiicdtre.  posto  ancoraché,  al  tempo  della 
bolli  (sKtà  dd  socoHo  XI)  6>sse  deserta  e  rovinata  la  do- 
m-ycn'm,  mn^tna  esso  col  Fomt^nano  in  modo  da  potersi 
teaere  d^  fosse  nn  tempo  la  àomusaUta?  Al  primo  que- 
sito oon  è  >^TtR,-lj>  li  riyKti.  Non  è  la  sola  nota  della  bolla 
che  iomirvy  ia  prora  della  grandezza  territoriale  di  Loh 
retMMy  ma  li  pnndpil  prova  n'è  il  nome  stesso  che  io  reputo 
derivato  dall'antico  LmmHsoiLj  antica  stazione  della  via  Aure- 
Ua^  antid  dttà,  pai  villa  ddla  £uniglia  Aurelia,  dell'  impera- 
tore T.  Antonino  Pio  e  del  successore  M.  Aurelio  Anto- 
nino [i\  Questa  villi  coraprendeva  il  suolo,  secondo  il  Nibbi 
delle  moderne  tenute  di  Bonaccia  e  Castel  di  Guido  (2)  ciò 
die  toroj;raàci3>ente  si  ccUega  a  maraviglia  col  CamelianuSf 
cdTOSmlj  e  con  altri  fondi  della  bolla  Leoniana,  della 
Benedettina  e  di  quella  di  Giovanni  XIX.  Nessuno  finora, 
per  quanto  io  mi  rammento,  ha  pensato  alla  coincidenza 
dell'antico  Lavràcai  con  Lauretum  del  medio  evo.  Ove  que- 
sta sembri  probabile  ai  lettori,  essi  non  avranno  difficoltà 
di  ammettere  che  il  territorio  di  Laurium  fosse  più  che 
adatto  per  una  domusatUa^  nell'ottavo  secolo,  quando  gran 
parte  delle  sue  fibbriche  dovevano  stare  in  piedi,  e  che  nel 
secolo  XI  abbarrjti  e  descUti  \i  domoculta,  restasse  il  nome 
antico  ad  uni  parte  solts:::^  di  quel  territorio,  che  sotto 
il  nuovo  padrone  \Vido^  da  me  £:ià  riconosciuto  col  cognome 
SarracenuSy  mutava  int:eraz:ente  la  sua  condizione. 

Fosse  o  no  la  domusculta  Lsuretum  di  Zaccaria  in  Lom- 
rium^  al  certo  questa  terra  venne  in  potere  di  Guido  e  suoi 
eredi  in  un  tempo  non  lontano  da  quello  delle  domoculte.  Poi- 
ché se  la  era  domuscu^ta  dipendeva  da  S.  Pietro,  ma  fino  alla 
metà  del  secolo  IX,  epoca  della  tremenda  invasione  dei  Sa- 
racini.  D'allora  in  poi  potè  questo  Guido,  il  cui  cognome 
non  è  forse  estraneo  a  cotesto  fatto,  possedere  il  sito.  La 
relazione  del  cognome  col  fatto  viene  appunto  dall'epoca, 


(i)  Ci,  gli  itinerari  antichi,  T epistole  di  Froxtoxe  e  gli  storici  Lam- 
Rmio  e  Capitouxo. 

[2)  Analisi  U  p.  272. 


T>ella  Campagna  intana  323 


in  cui  Laurìum  avrebbe  mutato  padrone.  Sulla  fine  del  se- 
colo IX  i  Saracini  devastarono  la  campagna  in  modo  che 
il  papa  Stefano  VII  ricorse  agli  imperatori  d'oriente  e  d'oc- 
cidente, i  quali  peraltro  non  si  mossero  in  suo  favore.  Si 
mosse  invece  Guido  il  duca  di  Spoleto,  colui  che  dipoi 
concorse  alla  vacante  corona  di  Francia  e  s' ebbe  finalmente 
quella  d'Italia.  Egli  riportò  una  vittoria  sul  Liri  contro  i 
Saracini,  in  favore  del  papa,  che  fruttò  un  poco  di  tregua 
alla  campagna  romana  (i).  Potrebbe  pensarsi  che  da  que- 
sta vittoria  gli  venisse  il  cognome  di  Saracenus  ed  il  pos- 
sesso di  cotesto  ampio  fondo  nel  patrimonio  della  Tuscia  (2). 
Infatti  le  memorie  di  S.  Cosimato  sono  del  secolo  X,  e  le 
altre  riferibili  pure  al  castrum  de  Guido  0  Widonis  rias- 
sunte nolV Analisi  (1.  cit.)  sono  tutte  posteriori.  Del  resto  è 
per  me  indubitata  la  corrispondenza  di  Laurium  con  Lau- 
return,  e  la  graduata  scomparsa  di  questo  nome',  innanzi 
a  quello  del  nuovo  possessore.  Al  secondo  quesito,  se  cioè 
Laurium  confinò  con  Fontignano  rispondo  affermativamente, 
secondo  tutte  le  piante  e  tutti  i  descrittori  del  suburbano. 
Adunque  non  resterebbe  altra  difficoltà  contro  la  ipotesi, 
che  il  passo  del  libro  pontificale  riguardi  questo  sito,  se 
non  quella  provegnente  dalle  varianti  Fontijanam  e  Fon- 
tejanam  degli  altri  codici  del  libro  stesso.  Eliminata  che 
fosse  questa,  coli' accettare  esclusivamente  la  lezione  del  Vi- 
GNOLi,  e  lo  scambio  del  Fontignano  con  Frontignano,  la 
conclusione  sarebbe  che  Zaccaria  fondò  la  sua  domusculta 
nella  imperiai  villa  di  Laurium,  Tuttavia  non  voglio  dis- 
simulare un  grave  ostacolo  che  sorge  contro  questa  conclu- 
sione non  già  dai  testi  e  dalle  memorie  della  via  Aurelia, 
ma  da  un  altro  passo  del  libro  pontificale  risguardante  la 


(i)  Erchemperto  c.  58. 

(2)  Infatti  nel  documento  di  S.  Cosimato  già  da  me  riferito  lo  sì  chiama 
vir  illustrisy  e  il  cognome  vi  comparisce  come  aggiuntogli  non  come  di 
famiglia,  qui  vocatur  Sarracenus.  Il  Nibby  volle  pensare  a  Guido  marito 
di  Marozia;  ma  la  sua  congettura  non  è  probabile  (/.  cif.)  specialmente 
dopo  la  notizia  del  cognome. 


324  G.  Tomas setti 


contigua  via  Claudia:  Constituit  (Zacbarias)  etìam  aliam 
domum  cuUam  in  XIIII  miliario  ab  hac  Romana  urbe  pa- 
trimonio Tusciae  (i),  ripetuto  dal  Deusdedit  con  identiche 
parole.  Posta  la  fondazione  di  una  domusculta  al  XIV  miglio 
sulla  via  Claudia^  che  tanto  vale  il  dire  nel  patrimonio  Tu- 
sciaCf  apparisce  come  improbabile  la  costituzione  di  un'al- 
tra, a  così  breve  distanza.  Il  papa  non  avrebbe  con  ciò  con- 
seguito alcuno  dei  fini  proposti  nelle  istituzioni  agrarie  e 
politiche  di  quel  tempo.  Vedemmo,  egli  è  vero,  sulla  via 
Appia  due  fondazioni  di  questo  genere,  Tuna  vicinissima 
all'altra;  la  colonia  di  S,  Eufemia  e  la  domusculta  Sulpi- 
tiana  ambedue  a  Boville.  Ma  l'una  differisce  dall'altra  non 
solamente  per  nome,  qualità  ed  estensione,  ma  eziandio  per 
l'epoca  della  respetti  va  origine,  come  già  mostrai,  essendo 
stata  la  prima  del  tempo  di  papa  Dono  (sec.  VII]  l'altra 
del  secolo  Vili.  SuU'Aurelia  invece  troveremmo  due  domu- 
sculte  così  vicine,  legate  anzi  tra  loro  da  strade  antiche, 
fondate  dalla  stessa  mano,  e,  ciò  che  più  vale,  ambedue 
prossime  ad  altri  villaggi  e  borghi  cospicui  é  popolati  (2). 
Per  le  quali  cose  io  mi  limito  ad  affermare  che  Lauretum 
e  Laurentinum  furono  fondi  di  primo  grado,  così  denomi- 
nati dall'antico  praedium  della  gente  Aurelia,   della  quale 
ancora  ci  resta  un  monumento  nel  nome  della  terra  confi- 
nante col  fondo  Panthiiy  contiguo  a  Lorio,  cioè  terra  Au- 
reliana;  che  nel  secolo  Vili  confinavano  colla  domusculta 
Claudiana  di  papa  Zaccaria;  che  nel  secolo  IX  vennero  in 
potere  dell'  illustre  Guido,  dal  quale  prese  nome  tutto  il  corpo 
dei  fondi,  mentre  ad  una  parte  restò  l'antico,  che  quindi 
ci  riapparisce  nel  documento  di  S.  Maria  in  Trastevere  al- 


(i)  /.  cit, 

(2)  Intorno  alla  connessione  dell*  Aurelia  colla  Claudia  dice  il  eh. 
Desjardins  :  a  nous  pouvons  affirmcr  qu'à  Bebìaua,  a  6  milles  de  Loriurrij 
on  quittait  la  via  Aurelia  pour  suivrc  un  crabranchcmcnt  sur  la  droite, 
le  quel  dévait  aboutir  néccssairement  à  quelque  poinl  de  la  routc  vul- 
gairement  appcléc  la  Claudia.  »  {Annali  dell' Instit.  ArcheoL  iSSg  p.  41  ). 


Iklla  Campagna  'H.omana 


legato  sopra  in  proposito  di  mons  aureus.  Proseguo  la  de- 
scrizione dei  fondi. 

f.  Ripacesarius  o  Ripacesartum.  Non  lo  traggo  da  ve- 
runa delle  bolle  papali  riguardanti  l'Aurelia;  ma  dal  noto 
registro  del  Deusdedit,  che  lo  assegna  al  decimo  miglio  in 
tal  modo:  item  in  eodem  (registro  Onoriano)  Leoni  Notorio 
et  Leontiae  iugalibus,  eorumque  filUs  ac  nepotibus  fundum 
Ripacesarium  cum  sylvis,  glandaretis  et  lerris  satìonalibus 
situm  via  Aurelia  miliar.  plus  minus  X  ex  carpare  subur- 
bani patrimonii  Tusciae;  praestat  annuatim  3r,  auri  sili' 
quas  (i). 

Casale  Palili,  in  ambe  le  bolle.  In  quella  poi  di  Leone  IX, 
già  altrove  allegata,  v'è  una  menzione  che  io  attribuisco  a 
cotesto  Tondo,  non  senza  però  lasciarne  il  giudizio  ai  let- 
tori, cui  sottopongo  il  frammento  relativo:  posit....  foris 
porta  se,  Pe  apostoli  via  aurelia,.,,  rio  et  fundum  unum  in 
int...  q.„  ocabulo  nuncupatur  cum  ecclesia  sancii  Cosme  et 
Damiani  (si  vegga,  oltre  la  determinazione  della  via,  la 
prossimità  dei  fondi  di  S,  Cosimato  gii  da  me  ricordati 
su  questa  linea)  Imma  etiam  et  fiindora  in  integro.,,  ano  et 
colle...  et  Pauli,  vel  si  qui  alii...  antur  (cioè  a  mio  parere: 
si  qui  aia  alio  nomine  appellantur,  indicandosi  cosi  un  gruppo 
di  fondi  Vaticani)  segue  poi  immediatamente  nel  testo  la 
menzione  di  Buccege,  che  ci  mostra  chiaramente  su  qual 
contrada  si  estendeva  l'occhio  dell'autore  del  diploma  (2). 
Del  resto  sia  che  tal  fondo  avesse  nome  da  un  Paulus  pos- 
sessore, sia  dagli  apostoli  Petrus  et  Paulus,  come  io  incli- 
nerei a  credere,  senza  occuparmi  di  ciò  mi  affretto  a  deter- 
minarne la  situazione,  lo  l'additerò  pertanto  agli  studiosi 
della  topografia  suburbana  nella  moderna  tenuta  Paola,  lì 
la  quale  si  pel  suo  nome  rappresentante  l'originale,  come 
per  la  sua  prossimità  a  Castel  di  Guido  {di  cui  è  preciso 
confine)  meglio  non  potrebbe  prestarsi  alla  restituzione  del- 


(i)  DnsoDiT  {Borgia)  p.  io.  Martinucci  p.  3i3, 
[1)  Mabihi  p.  li. 
AreUpio  dtUa  Società  romana  di  Storia  patria.  Voi,  tU. 


3x6  G.  Totmassetti 


Fmisóc3  cmatÈt  (i).  bftokre  ooq  dd>bo  lasciar  da  parte  la 
jwSr  Ée  P.J1J9  ddl'altra  botta  Leoniana  (2)  ricca  di  nomi 
di  isoiii  Asumnsmcasì  alla  ria  Cornelia,  poiché  la  valle  po- 
trebbe sscpocsi  b1iùk>  kmbo  dd   fondo  verso  la  xnede- 


f,  Serùmmt.  £  ^  comparso  in  qoesta  nota,  colle  va- 
rtaaci  dei  cesd.  in  ambe  le  bcdle,  come  confine  del  {ondo 
Cnpftrfir,  Piuuita.  e  a  buon  diritto,  la  lezione  del  Ma- 
am,  che  trasuim  in  qnesto  elenco,  debbo  sottopone  ai 
knorì  le  OQEÌoai  cke  bo  raccolto  intomo  a  questo  fondo.  Nel 
Catasto  sobarbano  non  troro  un  nome  che  possa,  con  buona 
ragione^  tenersi  come  Testipo  del  Serianus  dei  medio  evo. 
Soltanto  per  dò  che  concerne  le  vicende  di  questa  terra, 
posso  fÌMTiire  qualche  notizia  per  mezzo  del  Regesto  di  Ni- 
cola III  (3),  da  un  atto  ad.  quale  si  rileva  che  un  castrum 
de  Sirimo  q>ettante  al  jKiIrnHMiàai  ù£  Petri  TusciaCy  cioè  il 
fondo  Seriaao  certamente,  fu  dalla  basilica  di  S.  Lorenso 
fuori  le  mura  concesso  al  Vaticano  (4).  I  confini  del  SerianOj 
secondo  le  bolle,  sono  conosciuti  dai  lettori  dopo  quanto 
hanno  veduto  (S.  iùpriima,  tjrbNt  Candida,  Insula  sanata^ 
sjrha  S.  Petri). 

Casale^CasUgnotnm  o  Castangttolum.  Anche  questo  è 
stato  già  nominato  come  confine,  e  ritorna  ora  meglio  spe- 
cificato in  tutte  e  due  le  bolle.  La  fi-equenza  di  tal  nome 
nella  nostra  campagna  ce  ne  rende  assai  facile  la  spiega- 
zione. Rimane  soltanto  a  fissarne  il  posto,  il  che  faccio  su- 
bito dopo  esposti  i  suoi  contigui  che  sono  :  sci  quatuor  fra- 
treSy  il/.  MassaneUuSy  forse  lo  stesso  che  il  Musanellus  già 


(i)  Cf.  Il  pianta  dello  Stato  Maggiore,  il  NicolaiI  p.  69.  Ha  lesud- 
dimioni  di  Paola  vecchia ^  Paolella,  Strega  etc. 

(2)  Bull.  Vat.  I,  3g, 

(3)  Cod.  VaL  3980  n.  XXII. 

(4)  Uà  fondo  Sulianus  deUa  citata  bolla  Leoniana  può  destare  qual- 
che sospetto  d'identità  col  Serianum  ;  mt  dimostrerò  con  evidenza,  che 
spettò  alla  via  Cassia. 


tella  Campagna  ^mana 


S2J 


l  me  accennato.  Pei  quali  dati  ritrovandoci  noi  prcctsa- 
Jite  presso  Buccea,  poiché  il/.  Musana  finitimo  di  Mensa 
tela  confinava  con  questa,  possiamo  determinare  il  luogo 
l  fondo  Castagnolum.  Io  Io  riconosco  in  una  terra  pros- 
ila al  suddetto  punto,  che  porta  tuttora  il  nome  dì  Valle 
istagna  (i). 
Sylva  Magia.  Sarebbe  vano  a  mio  credere,  il  ricercare 
l  posto  preciso  di  una  parte  di  selva  grandissima  che  fu 
ì  selvacaadìda,  quale  parte  dovette  essere  la  Magia.  Ne 
"sono  limiti,  giusta  ì  due  documenti,  il  rivus  de  Galena 
e  il  monasterium  Venis  quod  vocalur  Stuppla  Ancilla  Dei, 
secondo  Giovanni  XIX,  ovvero  più  probabilmente,  secondo 
Benedetto  IX  il  mons  qui  vocatur  Stupha  ancilla  Dei.  Non 
è  la  prima  volta  che  c'imbattiamo  in  questo  nome  sulla  via 
Aurelia.  lo  non  esiterei  anzi  a  congiungere  le  due  indica- 
zioni, cioò  quella  da  me  già  data  (dalle  bolle  di  Leone  IV 
e  Leone  IX)  con  questa,  e  supporre  che  il  mons  apparte- 
nuto a  cotesta  ancella  di  Dio,  ch'ebbe  un  pessimo  nome 
condannato  a  molte  storpiature,  fu  tra  la  via  Claudia  e 
L'Aurelia  ad  una  distanza  approssimativa  di  io  miglia  da 
Roma. 

Pastinus  longus  e  mons  Paunini,  il  primo  è  semplice  ap- 
pellativo rustico,  che  soltanto  può  tenersi  per  nome  secon- 
dario di  piccolo  fondo;  l'altro  è  nominato  per  incidens  in 
ambedue  i  diplomi  papali. 

In  questo  punto  la  bolla  di  papa  Giovanni  ci  abbandona, 
succedendo  in  questa  la  enumerazione  delle  chiese  del  terri- 
torio Silvacandida.  Procediamo  pertanto  colle  indicazioni 
dell'altra  sola,  sulle  quali  ci  dovremo  pur  fare  interessanti 
quesiti  e  istituire  confronti,  che  gli  amatori  di  queste  spi- 
nose delizie  seguiranno  con  compiacenza. 

Campus  Mastali.  Ci  è  addittato  prima  come  limite  del 
pastino  suddetto,  e  poi  come  possesso  importante  compreso 
con  una  vigna  di  un  superista,  con  una  corte  deserta,  con 


(i)  Cf.  Il  pianta  dello  Stato  Maggiore,  e  il  voi.  I  di  Nicolai  p.  6i. 


328  G.  Tomassetti 


un  gualdOy  un  prato  ed  una  terra.  Credo  di  non  ingannarmi 
afifermando  essere  stato  un  ampio  fondo,  che  deve  il  suo  nome 
a  Mastalus primicerio  delia  Ciiiesa  Romana,  del  quale  il  bio- 
grafo di  Adriano  I  fa  menzione,  siccome  donatore  di  terre 
alla  sede  pontificia,  le  quali  peraltro  stavano  sulla  via  Fla- 
minia, come  proverò  sotto  questa  via  (i).  Il  benemerito  e  riao 
dignitario  dovette  anche  sulla  via  Aurelia  lasciar  traccie  di 
sua  generosità.  Io  credo  inoltre  di  non  aver  perduto  le  v^ 
stigia  di  questo  possesso;  poiché  mi  sembra  potersi  supporre 
nel  lenimento,  che  ne  porta  piti  o  meno  corrotto  il  nome  cioè 
monte  Mostaccio  situato  fra  la  Sottaccia  e  il  fiume  Airone* 
Sylva  ck  Campo  monti  et  Lacusello.  Stiamo  senza  dubbio 
nel  suolo  di  Selva  candida;  perciò  nulla  di  piti  ovvio  che 
nomi  di  boschi,  e  soprattutto  vaghi  come  questo.  Gli  è 
soltanto  intorno  a  LacuseUus  che  ho  qualche  dubbio  topo- 
grafico; e  rimetto  a  persona  di  me  piti  esperta  la  cura  di 
rimuoverlo.  Io  conosco  un  fondo  che  porta  ancora  al  pre- 
sente il  nome  lacusellus  leggermente  variato  in  lagosceUo; 
ma  sì  trova  troppo  distante  dalla  nostra  regione,  cioè  presso 
Settevene,  donde  si  biforca  la  via  Cassia  (2).  Può  supporsi 
che  il  territorio  di  Selvacandida  non  che  toccare  il  suolo 
Sabatino  giungesse  fino  al  di  là  della  via  Cassia?  Non  ar- 
disco affermarlo,  e  lo  tengo  nei  confini  di  una  semplice 
congettura.  Merita  peraltro  di  essere  riportato  il  passo  della 
bolla,  che  riguarda  questo  fondo,  sia  perchè  ne  dimostra 
grandi  le  proporzioni,  sia  perchè  ci  porge  particolari   no- 
tizie sui  luoghi  e  strade  vicine.  «  Lacussello  cum  omnibus 
finibus  terminis  limitibusque  suis  vineis  campis  pratis  sylvis 
pascuis  edificiis  parietinis  attigiis  adiunctis  adiacentibusque 
suis  vel  cum  omnibus  ad  eos  pertin.  generaliter  et  in  ini. 
posita  omnia  territorio  silvae  candidae  ini  affines  =  ab  uno 
latere  terra  predci  Episcopii  ab  alio  terra  Gratiani  quae  ap- 
pellatur  mons  Arcioni  (a  noi  già  notissima  :  soltanto  il  nome 

(i)  Cf.  Gallettj.  Del  Primicerio,  p.  53. 

(2J  Gf.  BoNDi  DelVantica  città  Saba^ia,  di  Trivignano  etc.  p.  94. 


Iklla  Campagna  Ternana 


339 


di  Graziano  ci  serve  per  intitolarne  una  parte)  seu  Majo- 
ratii  [nome  di  un'altra  parte  del  medesimo  Artiones  a  Ar- 
cione) usqiie  in  rivum  de  campo  morti  [i)  a  lercio  latere 
incipit  ab  ipso  rivo  usqiie  in  vallem  de  Arenata  et  Buxetum 
(si  noli  bene)  atque  inde  per  novelletum  usque  in  viam  an- 
tiquam  in  qua  iacee  pilum  marmoreum  et  usque  in  Cesa  de 
Talariculo  et  a  quarto  latere  cava  de  Casta/tgeio  usque  in 
rivum  qui  v.  Galera  et  usque  in  silva  lui  Epìscopii. 

Terra  et  Sylva  un  tempo  invasa  da  un  Caiolidus,  poi 
restituita  alla  diocesi  di  Selvacandìda.  Conteneva  i  fondi: 
vallis  de  Ioanne  Coca,  il  mons  Vespuleli,  la  vallis  de  Grutut 
(alire  grotte  0  grottelle)  et  mons  qui  vocatur  Fugali;  ì  cui 
confini  erano  il  rivus  Calerla,  ilvadus  qui  vocatur  de  Pela  {2), 
et  inde  per  viam  et  per  limitem  usque  in  ires  puteos  quae 
sunt  in  cilio  montis  qui  vocatur  Pu^al  (lucernari  probabil- 
mente del  sottoposto  cimitero  cristiano  dei  SS.  Mario,  Marta 
e  Audiface)  et  per  ipsum  cilium  montis  et  per  limitem  usque 
in  viam  puhlicam  SiUtinam  (leggo  sHicinam  ossia  lastricata, 
ch'era  la  Cornelia)  antiqua  et  amar,  etc,  usque  in  finibus 
uhi  finitur  sylva  prelibati  Epìscopii  et  sylva  monasterii  S. 
Martini  ad  S.  Petrum  et  Casale  qui  vocatur  de  Rujina  et 
in  eodem  loco  columclla  Jixa  stare  videtur;  a  et  lercio  latere 
mons  et  sylva  quae  vocatur  Ballar ia....  posila  iuxta  Buccege 
et  iuxta  Casale  qui  vocatur  de  Rujina.  11  gruppo  pertanto 
dei  fondi  in  discorso  non  si  estendeva  verso  Roma  al  di 
qua  di  S.  Rufina,  e  sull'Aurelio-Cornelia  non  al  di  là  di 
Buccea.  Sarà  pregio  di  quest'analisi  che  dentro  siffatti  con- 
fini io  possa  Indicare  ai  lettori  un  punto  certo  sul  quale 
appoggiare  l'approssimativa  restituzione  delle  confuse  me- 
morie, che  abbiamo  in  questo  passo  della  bolla.  E  piacemi  of- 
rirlo  con  sufficiente  chiarezza  nel  campo  modernamente  detto 
delli  Pollali  e  delle  Poxielle,  nella  tenuta  di  Campitello  e  nelle 


(1)  Ugheu-l  lesse  de  perenna. 


33o  G.  Tomassetti 


vicioanze  (i),  del  qual  nome  niuno  può  negare  la  deriva- 
zione dal  Pacali  antico  non  solo  per  la  analogia  del  voca- 
bolo, ma  eziandio  pel  concorso  dei  topografici  india.  Ho 
trovato  inoltre,  in  una  pergamena  di  S.  Cosimato,  un  fondo 
proprio  di  quel  monistero  denominato  Valle  de  Pu{a  nel 
territorio  di  Selvacandida,  parte  senza  dubbio  dell' antipp 
mons  Puiali  qui  registrato  (2). 

/.  Maurorum.  Dal  citato  luogo  di  Deusdedit  e  dalla 
bolla  Benedettina,  nella  quale  ne  sono  descritti  i  confini: 
via  quae  ducit  ad  Mensam  Sanctam,  Mons  de  Orrea,  Qg^ 
Poncinum,  via  quae  pergit  ad  Salinarriy  il  noto  Castange^ 
tulum,  il  mons  Armatus  e  il  Ficarolay  tutti  fondi  spettanti 
all'episcopio  di  Selvacandida.  N'è  ancora  precisata  la  di- 
stanza di  12  miglia  sulUa  via  Cornelia. 

Campus  Toraniy  Butticellay  Gradilia  e  mons  de  Sorbo 
additati  nella  bolla  tutti  insieme,  al  miglio  12.^  dell' Au- 
relia^  non  mi  sembrano  difficili  a  ritrovarsi  ove  poniamo 
attenzione  alla  distanza  medesima  ed  al  nome  Botticella  piti 
o  meno  conservato  nell'odierna  Bottacci^  confinante  con 
Castel  di  Guido. 

f.  Atticianus  e  mons  de  Dominico  determinati  dalla  boUa 
al  iS.**  miglio  dell' Aurelia,  e  pei  loro  confini  strettamente 
connessi  col  gruppo  dei  poderi,  che  vado  enucleando  in  que- 
st'elenco. Imperocché  confinavano  con  una  massa  Marga- 
rita e  Casandria  spettanti  alla  chiesa  di  S.  Basilide,  da  cui 
vedemmo  or  ora  pure  intitolato  un  fondo,  e  che  stava  su 
questo  punto  dell'Aurelia  (3)  ;  con  ììfundus  Pauli  e  VAgellus, 
già  ripetuti,  e  con  un  fundus  Verecundi  appartenente  al 
monistero  Vaticano  di  S.  Martino. 


(i)  Nicolai  I  p.  53  cf.  la  pianta  dello  S.  Mag. 

(2)  Archivio  di  Stato,  perg.  di  SS.  Cosma  e  Dam.  n.  3g. 

(3)  Il  eh.  sig.  E.  Stevenson  ha  investigato  il  sito  e  le  memorie  della 
chiesa  di  S.  Basilide  e  di  altre  su  questa  via.  I  suoi  studi  su  tali  chics© 
suburbane,  ansiosamente  aspettati,  sono  per  veder  la  luce  in  uno  dei 
prossimi  hscicoW  doiV Enciclopedia  dell'arte  cristiana  del  prof.  Kraus. 


Della  Campagna  7{pmana  33 1 

Un  altro  gruppo  di  fondi  annunciati  come  invicem  cohae- 
rentes  è  quello  dei  fondi  Lapinianus,  Pathi  (nome  già  ca- 
duto sott' occhio)  Margarita  (parte  della  massa  ricordata 
di  sopra)  Sineoruniy  Graecorum,  Casanella,  Casapupulis  e 
Salvinuli  ovvero  SambuculuSj  confinante  co'  quali  v'  era  un 
sfundus  Patriciorum. 

/.  ludeorum.  Un  fondo  potè  trarre  questa  denomina- 
zione da  qualche  cimitero  giudaico  scavato  sotto  il  suolo. 
Una  contrada  presso  la  tenuta  di  Pos[s[o  Pantaleo^  tra  PAu- 
relia  e  la  Portuense,  portava  sulla  fine  del  medio  evo  il  nome 
contrada  Hebraeorum  (i).  Potrebbe  forse  avere  qualche  re- 
lazione col  fondo  citato;  e  l'una  e  l'altro  potrebbero  es- 
sere unum  et  idem,  anzi,  per  dirlo  con  maggior  precisione, 
essere  il  sito  del  cimitero  giudaico  quivi  scoperto  dal  Bosio, 
al  quale  sfuggirono  questi  preziosi  indizi  topografici  nella 
illustrazione  che  ne  fece  (2). 

(continua) 


(i)  Deir indice  Capitolino,  in  copia  presso  il  eh.  sig.  Nardoni. 
(2)  Op.  cit.  p.  186  e  scgg. 


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Lo  Statuto  di  tAnagni 


giuNA  delle  città  del  Lazio  ha  taata  importanza 
t  nella  storia  del  medio  evo,  quanta  Anagni.  Pa- 
I  tria  o  sede  preferita  dei  piti  grandi  pontefici  che 
'  si  successero  dal  X  fino  alla  metà  del  XIV  secolo, 
fu  quasi  il  centro  del  movimento  politico  e  religioso  di 
quei  tempi,  ed  il  suo  nome  si  collegò  non  solo  agli  awe- 
nimentt  che  si  svolsero  allora  in  Italia,  ma  a  quelli  pure 
cui  fu  teatro  il  resto  del  mondo  civile,  (i)  Oggi  però  alle 


(i)  Nolo  taìa  il  Paclum  Anagninum,  denomìnuione  che  la  Moria  hn 
ormai  dato  alle  condizioni  della  pace  «tabiliia  nel  1 176  fìra  la  Chieaa  e  t'Im- 
pero, ossia  fra  Aleuandro  III  e  Federico  I.  Queato  documento  fu  pub- 
blicato la  prima  volta  l'anno  i6to  dal  Gouiazt  nelle  lue  Coit,  T.  Ili 
pag.  36o  e  che  lo  dit$e  iolto  ex  tabulii  anagtiinit.  G.  HEitiaicua  Pistz, 
JUónumenta  Germaniae  bislariea  etc.  Leges,  Tom.  Il,  p.  147.  Esso  retta 
nell'Archivio  della  Cattedrale  dì  Anagni  fino  al  1578,  quando,  per  or- 
dine di  Gregorio  Xlll,  fu  portato  in  Roma  insieme  ad  altri  moltissimi, 
che,  depositati  ailora  nell' Archivio  di  Castel  S.  Angelo,  ora  si  conservano 
in  qttello  segreto  Vaticano.  Vedi  Appendix  ad  Acia  S.  Magni ,  p.  1 53,  ove 
è  cosi  descritto:  Capitala  triplicata  prò  componenda  pace,  et  tollendo 
sebitmate  inter  Alex.  FP.  Ili  et  Fedtricum  Imperatorem  porrecta  prò 
parte  DeputataruM  ab  Imperatore. 


3i4  ^  Ambrosi  De  Magistrìs 


£3:5e  rrTTivTTaE.  p£SI  cse  li  Dirrazìone  dei  fatti,  importanti 
dfec  JTTaot  s  ijyrsr^it  U  notizia  esatta  della  interna  co- 
sòtssD^OiS  lid  GynTnf:  e  per  servirmi  delle  parole  di  un 
ìll:sscre  crìrko  TÌ^cate.  si  raol  sapere  come  agivano  quelle 
xAicdii^e  di  goteriia  tanto  dalle  nostre  disformi,  quali  mi- 
sore  di  libertà  aoa  partigiana  godessero  i  cittadini,  come 
la  pobCLÌca  rìodftezzi  potesse  svolgersi  fra  le  pastoie  di  tanti 
piccoli  stati  antooosiL  Tnae  queste  cose,  meglio  che  le 
croaaciie»  possano  insegnare  gli  Statuti,  i  quali  di  epoca  in 
epoca  riassamoDO  totta  la  legislazione  politica,  civile,  pe- 
nale ed  economica  dei  ComnnL  (i) 

DeQa  Ttriti  ed  esatiexza  di  questo  giudizio  mi  conferma 
glomalmente  lo  studio  dei  documenti  che  vo  raccogliendo 
per  la  storia  di  Anagni,  (a)  fira  quali  non  trovo  altro  che 


(i)  M.  TimiBWTiT;  àrdàrìostorìco  italiano,SeTÌc  quarta,Tom.  IV,  So;. 
E  co^  CTCrm  por  gìudìcito  il  fondatore  della  nostra  stona  nazionale: 
Alati  amtem  htcmlentÌMS  faciem  oc  rcgimen  liherarum  in  Italia  Civita- 
tum  espriatere  potest,  qtiam  retenmt  earumdem  statutorum  conspectus, 
Nempè  ilUc  et/onmam  regimìnis  explicatur,  atque  innumera  alia  oc- 
cumtnt,  quihis  wtanuJucimur  ad  apte  dignosciendum  qua  auctoritate 
fruenmtur,  et  qua  sese  methoJo  reg-erent  temporibus  iis  omnes  ferme 
Lombardiae,  Thuscìjte.  aliarumque  Italiae  partium  civitates.  Muratori: 
Antiq.  hai.  MeJ.  Aei'.  Tom.  II,  Diss.  XXII,  280.  Cf.  pure  Padelletti, 
Fontes  lurìs  italici  medi  aei-i .  Augustae  Taurinorura,  Loescher,  1877. 
Stupendo  lavoro,  rimasto  incompleto  per  la  immatura  morte  dell' autore. 

(2)  Le  prime  notizie  storiche  alquanto  diffuse  sopra  Anagni,  che  io 
mi  sappia,  furono  pubblicate  dal  dotto  cosmografo  della  serenissima  Re- 
pubblica di  Venezia  Fra  Vincenzo  Goroxelli  ,  nella  sua  Biblioteca  Uni- 
versale sacro-profana  antica  moderna  etc.   Tom.  HI  pag.  418-58,  Ve- 
nezia, 1703.  Il  Coronellì,  che  era  ministro  generale  dei  Minori  Conventuali, 
dovette  abitare  Anagni  per  qualche  tempo,  forse  nel  Conv^ento  di  S,  An- 
gelo, perche  dà  notizie  interessantissime,  specialmente  intorno  alle  famiglie 
anagnine  esistenti  sul  finire  del  lóoo  ed  il  principio  del  1700.  Una  storia 
di  Anagni  fu  scritta  dal  mio  antenato  Monsig.  Alessandro  de  Magistrìs: 
Istoria  della  Città  e  S.  Basilica  Cattedrale  di  Anagni  etc.  Roma,  1749. 
È  lavoro  assai  mediocre,  specie  per  mancanza  assoluta  di  critica  ncir  esame 
dei  documenti;  nella  parte  narrativa  poi  molto  si  attenne  a  quanto  aveva 


Lo  Statuto  dì  cAnagm 


335 


faperi  per  importanza  il  volume  de'  suoi  Statuti.  Ond'è  che 

aio  non  riuscirà  discaro  o  inutile  ai  cultori  di  siffatti  studi 

kr  loro  conoscere  questo  documento,  descrivendone  il  co- 


D  il  Coronelli  nell'opera  citata.  Eppure  il  De  Magisiris  ebbe  non  co- 
mune erudizione;  fu  valente  nel  Ialino,  greeo  ed  ebraico;  lasciò  inediti 
non  pochi  lavori  biblici  e  molte  poesie  latine,  tutte  spiranti  rapinato  clas- 
ticismo.  Dai  suoi  raanoscrilti ,  che  si  conservano  fra  le  carte  delU  mia 
famiglia,  rilevo  aver  egli  cooperato  non  poco  al  prezioso  libro  del  Ma- 
rangoni; Delle  foie  gentilesche  e  profane  trasportate  ad  uso  ed  ordì- 
«eoncnto  delle  Cliìese,  Opera  dì  etc.  Roma,  Pagliarini  1744.  Importanti 
notizie  sopra  Anagni  si  trovano  nei  pregevole  libro:  Aeta  Fassionis  atque 
Tratìalìonum  S.  Magni  Episcopi  tranensit  et  Martiri!  etc.  Aessii,  1753 
attribuita  al  Marangoni,  ra a  certo  non  suo.  Nell'opera  in  tre  volumi;  i]^f/e 
Città  italiane  e  sue  isole  adiacenti  compendiose  notizie  sacre  e  profane 
i/jCesabe  Orlandi,  Perugia,  i77i,Tora.ll,  si  parladi Anagni, riassumendo 
mediocremente  il  De  Magistris,  senza  aggiungere  altro  che  te  incisioni 
degli  Slemmi  di  ti  famiglie  nobili  anagnine.  Pieno  di  soda  erudizione, 
ma  poco  ordinala  e  troppo  in  tuono  di  panegirico,  è  il  Discorso  storico 
sulla  città  di  Anagni  metropoli  un  tempo  degli  ernicì  composto  da  Pa- 
siiutLE  Cayro,  Napoli  1801.  Lo  stesso  autore  parlò  anche  di  Anagni 
nell'altra  sua  opera;  Notizie  storiche  delle  città  del  La\Ìo  vecchio  e 
nuovo,  Napoli,  iSiC.  Il  Contr  de  Toubnon,  che  fu  Prefello  di  Roma 
dal  1810  al  1S14,  scrisse  pure  dì  Anagni  nella  sua  dottissima  opera: 
Etudes  statistiques  sur  Rome  et  lapartie  occìdental  des  Etats  romains, 
Paris,  Trcutlel  et  Wurtz,  i83i.  IIMoroni:  Dizionario  dì  erudizione  ec- 
clesiastica Tom.  II,  riunì  quanto  si  era  scrino  in  argomento,  aggiungendo 
qualche  notizia,  specialmente  ecclesiastica,  plii  recente.  L'illustre  storico 
tedesco  G.  von  Gtesebseciit,  nell'appendice  deH'X/Zg'emeìne  Preussiche 


a  314,  riferi  li 


Zeitnng  di  Berlino  dell'anno  1844  N.  3i 
sioni  sopra  Anagni  che,  ospite  della  mia  famiglia,  a 
l'anno.  Il  chrfio  Gregorovius  ha  dedicato  alla  desci 
dei  capitoli  del  suo  bellissimo  libro  Wanderjahrc. 
Barbier  de  Montault  pubblicò  una  descrizione  o  s 
dì  Anagni,  La  Catbedralc  d'Ànagni,  Paris,  Librairie  archfologique  de 
Victor  Didron  i858;  monografia  di  loopag.  scritta  con  brio,  ma  i  restauri, 
che  al  presente  si  fanno  in  quell'  insigne  monumento  de!  medio  evo,  hanno 
mostrato  poco  esatte  alcune  asserzioni  del  Barbier  de  Montault.  Final- 
Ente  diffjse  notizie  sulla  stessa  città  furono  inserite  nella  receoiissima 


Itone  di  Anagni  uno 
Il  francese  Mgr  X. 
iria  della  Cattedrale 


i  z 


^  ìInMT  ■imikt  it.  CTe&e  poche  osso- 


jwfFinii   IL  .^OK.  "  "^-»  Fltilu  a>iniji« 
.xr  SE  •ynrmng  jc  iscascoetiidiiii  ed  i  de- 
■i.  cin  iiniìiikfiiigiua  gs^^nuóvQj  poco 
jizDs  JL  3KS  i£  Costuizi,  Fede- 
le spediS 


%aiii 


apnnsKi  «  soc  axpti  sont  te  se- 
mìms  asc  23t  za  pccscnti  neccs- 
Eaaixóiua  rr^ermii,  Haec  totem  in 
■Hiii.'i  ^-lìlfr*»  ftManr  naetlaCK  sont,  qaac  primo  paocis 
axmcnzxc  mni  ckiue:  igiijfgfitqs  ui  dìes  noris 
umiiiL  -nzùmicr  nmAìrTn  axssàoenmt.  •  (i)  In 
z  ^  -iiiimìaacng  A  idrata  stimtino  può,  con 
SI.      fFie  ^   mnRjae  al  1164.  Imperocché  la 
!le  ras.  s  ieì  ^risd  pooeri.  che  dimostri  U  p^e^ 
SL  mncàegg  «&  ìagì  e  norme  goremttÌTe,  tp- 


ia  ìk  iTTP*T'Hmii>  Fnciàraomao  già  allora  il  Pott- 

^3)  Una  serie  d*  Istrn- 


rr^'^^tis^'j  r.r-:.r^s7  iZxrr-:c:  IslI'  Izzlii  compiuto  dal  prof. 
, —  i.i..-r.  'ul-nru-.  ~LLtr:i  Trcz-  I  r.  if-tss.  Cf.  aachc  F.  Ciammaiu- 
J  Srtm.jr-!;  ^nirn-t?:  V£l,;rr^  rhcciri  X7c^,  CoL.\accHi  Axtomo: 
rìR  mrrr.  ir  rrr-^rtL-r  Ix  .rsr^r::^  tjfiL:  rinx  ii  Anagni  disertazione, 
3LrcrJ .  -  ^>N  r'irj  A.TJ:rr^ .  r:ci«f  r::rti  Te  cftù  del  Lazio ,  mtnca  dì  una 
ssn— 4I  m;  -s^-tMii  lIì  ì:,:scì  £s:-r;=.rJ  dilla  critica  moderna.  A  questo 
ICC  ÌRz-t:  *rr-:rj  crrs-^.:  •:  zi  q^che  te^ pò,  e  spero,  che  condono  a 
ire.  rvsìsi  rrrzxr  zzli  iT.x  —  .1  erri  sarlra,  se  Io  zelo  e  T amore  che 
TI  fi^j-rr:  t-ittxt.t:  i  scrrlir^  li  tz  i  pochezza. 

:  Vvxvrra:.  .iTrr^-o:  ii:es  iLiIicae  neJii  aeri  Tom.  II,  Diss.  XX  11,281. 
.1  Ivjsff.  C.-Tv-:-'.  Xni.  col.  2>2....  vextra  petitio  continebat  quod 
T*:cr«t2s .  ^"vwwi.'riTt  et pKpil:ij  ciritatis  anasrniae  familiarcs  et  serventes 
Tv^yr— .V  Jià  j*.-vT^^tii?ie .  c-y^tnbuendum  cum  aliis  civibus  Anagniac,  in  da- 
t::s  c-^Cltctzs,  a^fariis  et  perangnaris,  expensis  et  aliis  oneri  bus  supra- 
JiCtae  cirìtaris.  propria  temeritate, compellunt  in  vestrum prejudicium... 
Datum  Anagnie  Id.  Junii  pont.  nostri  anno  V,  Cf.  anche  Gregorovius,  Gè- 


Lo  Statuto  di  cAnagni 


337 


mti  inediti,  fra  quali  noto  uno  dell'anno  1179,  l'altro  del 

01,  ed  il  terzo  del  1212  (1)  mostrano  che  l'ordinamento 

brico  di  Anagni,  e  perfino  la  divisione  amministrativa  della 

i  JD  contrade,  era  allora  quale  durò  fino  all'anno  1539. 

^e  brevi  di  Bonifazio  Vili  del  1296,  de' quali  dovrò  par- 


IfcAteiierStaJfiìomim^wWii/fw.Tora.IV,  557,  Stuitgard,Coiw,  1870. 
[Bollo  Uorico  di  Roma  opportuna  mente  osserva  quanto  sia  rimirche- 
re  in  Anagni  iJ  Podestà  tin  dal  1 1 64.  Prima  del  Podestà,  il  Judtx 
bìfdliJ,  Cf.  passim  Hegel:  Gesckichte  der  italicniscben  Slddtever/as- 
\g,  Leipzig,  1847,  jn  Anagni  era  il  Duca,  Diix.  Nell'archivio  della 
glledrale  esistono  due  documenti  di  un  Adrianiis  Diix  civìt.  ananie. 
t  del  ioo3,  avendo  la  dala  dell'Indizione  XI  e  dell'anno  IV  dì 
■  Giovanni  XVHI;  è  un  isirumenio  di  donazione.  L'altro  è  del  1017 
oneXlIeasendopapa  Benedetto  Vili, Ne  pubblico!  brani  commu- 
nìcalrmi  dalla  cortese  amicizia  del  signor  Canonico  D.  Domenico  Peirìconi, 
come  accurata  me  me  furono  da  luì  copiati  sull'originale.  Desso  ìi  un  foglio 
'volante  di  pergamena,  assai  malconcia  ed  in  qualche  punto  corrosa;  le  cor- 
rosioni le  indico  con  i  puniìnij  In  nomine  Dei  eie.  Venit  Leo  vìr  ma- 
gnificus  JìHhì  Leonino  Viri  magnifici  ante  domus  de  domino  Adrianut 
Dux,  ubi  retidcbai  predieto  Dux  cum  Petra  Filio  suo  et  Franeofilio... 
recramarit.. .  meam  portionem  deinde dixit....  domine  Dux  ut  nobiliorts 
omines  Jiat  veslram  misericordiam  date  mihi  consiìium  quomodo facere 
deveo.  Et  respondit  predieto  Dux:  damus  Ubi  consilium  quomodo  tu 
ievefacere.  Scimusqiiia  ipsi  quatuor  livelli  ordinem  sacerdotalia  esse  eie. 
Finisce  con  Ih  cessione  dei  quattro  libri  ecclesiastici,  cioè  Comes,  iSs- 
tale,  Manuale,  Anliphonariuin  fatta  da  Leone  a  Bonoso  prete  della  chiesa 
snagnina.  È  chiaro  che  qui  sì  tratta  d' un  di  quei  Duces  segnalali  dal 
M[;nAToai,  Ani.  It.  Disa.  V.  e.  1C6.  Il  barbaro  Ialino  della  se mcnM  ci- 
tata, è  di  un  notaio  Rodilando  di  Anagni. 

(1)  Nel  primo  istrumenio  citato,  il  comune  e  consiglio  di  Anagni  do- 
nano ad  Assaelc  vescovo  ed  a!  capitolo  della  città  la  quinta  parte  della 
terra  di  Acuto  e  suoi  vassalli;  nel  secondo,  TrasJmondo  Zancati  nobile 
«□agnino  e  rettore  dì  Anagni,  con  gli  abitanti  del  colle  di  S.  Angelo  e 
della  Valle  di  S,  Andrea,  per  i  bisogni  della  città,  vendono  a  Ranuccio 
la  quarta  parte  delta  selva  di  Adebelino,  posta  nel  campo  di  Pugliano; 
nel  terzo,  Giovanni  vescovo  compra,  dagli  abitanti  della  contrada  Cerere, 
le  terre  ed  ì  sterpeti  che  posseggono  nel  territorio  dì  Pugliano,  allora  già 
diruto. 


338  %  Amorosi  De  Magistris 

lare  più  sotto,  fanno  esplìcita  menzione  d^li  Statoti  ant- 
gnini,  ed  in  qnd  brevi  molto  probabilmente  sono  ripor- 
tate le  parole  testuali  dei  capitoli  che  ne  provocarono  h 
pobblicazione(i).  Un  capitolo  d^li  Statati  anagnini,  redatto 
verso  la  fine  del  i3o3,  fa  pubblicato  dal  Rubeus  nella  viti 
di  Bonifacio  VII!  con  questa  avvertenza  :  e  Capitulum  exem- 
«  platum  ex  veteribus  Statutis  Civitatis  Anagniae  >  ;  il  ti- 
tolo poi  è  :  De  poena  prodtorum  bonae  memoriae  Bon^acg 
Pc^ae  Vin  (2).  Circa  cento  anni  piti  tardi  renante  Boni- 
fazio IX,  1399,  nella  celebre  capitolazione  fatta  fira  gli  ana- 
gnini  e  la  S.  Sede,  per  il  ritorno  della  città  all'obediena 
della  Chiesa,  il  popolo  di  Anagni  non  solo  insistette  pel 
mantenimento  del  suo  Statuto  e  de' suoi  privilegi,  ma  do- 
mandò che  il  Papa  si  obbligasse,  per  sé  e  suoi  successori,  t 
non  concedere  mai  il  domìnio  della  città  a  qualsiasi  si- 
gnore, prìncipe  e  barone  (3),  ' 


(x  )  Theiher,  Codex  diplomaticus  domimi  temporalis  S,  Sedis,  Tom.  I, 
p.  338  e  341. 

(2)  Boni/acitis  VlIIefamilia  Caietanorum  Principum  Romanus  Pon- 
ti/ex,  R.  P.  JoANNis  RuBEi  etc.  Romae,  Corbelletti,  i65i,  pag.  338.  L'au- 
tore dice  di  aver  tratto  questo  documento  dalla  Biblioteca  dell'abate  Be- 
nedettino  D.  Costantino  Caietani.  £  noto  che  la  ricca  collezione  di  libri 
e  manoscritti  raccolti  da  questo  erudito  Cassinese  passò  nella  Biblioteca 
Alessandrina,  ove  però  non  mi  fu  dato  trovare  il  citato  capitolo.  Non  di- 
spero però  rinvenirlo,  sapendo  che  molte  carte  del  Caietani  si  trovano 
anche  nella  Biblioteca  Vaticana  ed  in  quella  di  Propaganda. 

(3)  Theiner,  Op.  cit.  Tom.  Ili,  97;  Capitula  et  petitiones  Anagnino- 
rum adEcclesiae  obedientiam  revertentium ponti/ex admìttit et confirmat. 
L  un  documento  della  più  grande  importanza  per  la  storia  di  Anagni, 
pieno  di  preziosissime  notizie  che  ne  chiariscono  quel  periodo  abbastanza 
oscuro.  Ecco  le  parole  che  si  riferiscano  agli  Statuti  ed  alle  franchigie 
della  città  a  Itcm  petunt  quod  omnia  privilegia  et  indulta  summorum 
Pontijìcum,  dignitates,  jurisditiones,  statata,  consuetudines  et  immuni- 
tates  quelibet  Comunis  et  Civitatis  predictae  per  dictum  dominum  no- 
strum ejusque  successores  et  offlciales  perpetuo  et  inviolabili  ter  obscr- 
ventur  »  Ed  il  papa  risponde  a  Fìat:  dummodo  non  sintcontra  ecclesia- 
sticam  libertatem  n. 


Lo  Statuto  di  cAnagnt 


Quesle  ed  altre  numerose  testimonianze,  cbe  ometto  per 
brevità,  fanno  fede  delia  esistenza  in  Anagnt  dì  aniicbissiml 
Statuti;  ma  di  quelle  leggi,  che  sarebbero  tanto  preziose,  se  ci 
fossero  giunte  nella  loro  originaria  ìntegritù,  oltre  il  capitolo 
pubblicato  dal  Rubeus,  non  rimane  in  Anagni  che  una 
copia  tratta  nel  Gennaio  iSiy,  da  un  esemplare  più  antico 
con  qualche  modificazione  ed  aggiunta,  ed  un  meschino 
frammento  che  può  assegnarsi  tra  il  fine  del  XV  e  il  prin- 
cipio del  XVI  secolo;  in  Roma,  nell'Archivio  di  Stato,  un 
altro  frammento  dì  quattro  pagine,  appartenuto  senza  dub- 
bio ad  un  esemplare  simile  a  quello  del  quale  parlano  i  brevi 
di  Bonifazio  Vili,  e  dal  quale  fu  tratta  la  copia  giunta  fino 
a  noi.  Ond'  è  che  questo  frammento  diviene  di  non  lieve  im- 
portanza nel  confronto  con  la  copia  superstite  (i). 

Questa,  eseguita  come  ho  detto  nel  i5i7,  consiste  dt 
un  codice  membranaceo  legalo  in  legnoj  ricoperto  di  cuoio 
scuro,  con  ornali  in  ottone  alle  quattro  estremiti^;  aveva 
pure  quattro  fermagli,  due  sull'apertura,  uno  sulla  supe- 
riore, Taltro  sulla  parte  inferiore  del  volume,  ma  non  ne 
restano  che  le  traccle.  La  legatura,  ora  molto  sciupata, 
come  pure  il  frontespizio  del  codice  furono  eseguiti  sul  fine 
dei  secolo  XVI,  cioè  nel  iSS/,  regnante  Sisto  V,  ed  essendo 
governatore  della  città  Mons/ Vincenzo  Portici  Arcivescovo 
di  Ragusa;  sindaco  Antonio  Petroni;  officiali  Giovanni  Lecco 
Vincenzo  Sebastiani,  Sante  Quìrini;  camerario  Scipione  Se- 
mìdeo.  Essi  dicono  di  aver  cosi  in  piti  bella  forma  restaurato 
il  volume  degli   Statuti,   essendo  per   antichità   quasi   del 


(i)  Di  quesli  frammenti  parlerò  più  Eolto;  noia  però  con  vero  di- 
spiacere, come  oggi  più  non  esista  nell'archivio  comunale  di  Anagni  un 
altro  frammento  dvglì  Stalutì,  cioè  il  primo  foglio  o  frontespizio  del  vo- 
lume, cui  appartenne,  a  mio  credere,  il  frammento  esistente  neM'Ar- 


chÌTÌo  di  Sialo  it 

bie   1867;   era  adorno  d 


L' ultima  volta  che  io  lo  vidi  fu  nel  novem- 
una  graziosisima  miniatura  ed  aveva  la  data 
proionotario  apottolìco  venuto  da  Perugia  per 


$40  %  Amknù  De  Mtgàins 


tmto  cammmmoi  e  dò  coufer—  ék  wfffui%A.  di  pio|itM  wa- 
ne  lo  uum  gptcrnaiare  FoftkL 
il 


nóu  Petnmims  V.  L Doetor  Synékmx mm emm  M. M.  D.D. 
Johame  LtcdKK  Vmeemth  SOmt^B,  SmA>  Hùrmi  Ogh 
cuUAms  €t  StìvJOHC  ScMsJto  CsMtrttrio  à$  Asie  Mcfiofmi 
et  puteriorem  fanmam  rejici  restamrmri  oc  cvmjb  «mi  T  omm 
sùuUo  curanmt  Sino  V.  P.  O.  il  Seiemt  Um^pore  Gu- 
Hmg  musiris  et  RJ^  Domini  VinceatH  Portici  Ardd^^' 
scopi  Ragusim  Promdamm  Campamele  et  Markimat  «e- 
ritissùni  GeneraHs  Gubematoris.  Aimo  MDLXXXYU  Se 
XXU  Decembris. 

Ita  verum  esse  attestamur  et  owuù  muSori  modo  quopos- 
sumus  et  débemus  confirmamus  ^  et  Aprobandum  lamdawms  et 
Jnvìolabilem  observantiam  commendamus  salvo  semper  arbi- 
trio et  Meliori  deiiberatione  Superiorum  Maiorum,  Nos  Vm- 
centius  PorticHS  lugensis  Archiep.  Ragus.  manu  prcprk 
XXVm  Decembris  MDLXXXVn  (i). 

Tutto  il  margine  della  pagina  è  ornato  di  una  specie  di 
nodo  d'amore  a  colore  turchino  su  fondo  rosso;  lo  stemma 
di  Sisto  V,  avente  a  destra  quello  del  Portici,  a  sinistra 
quello  del  Comune  di  Anagni,  è  miniato  anche  su  fondo 
rosso;  un  altro  stemma  in  proporzioni  piti  piccole  era  di- 
pinto nella  parte  inferiore,  ma  oggi  è  del  tutto  svanito. 

Nel  foglio  che  segue  incomincia  propriamente  lo  Sta- 
tuto, ed  è  quello  stesso  volume,  che  nel  frontispizio  si  dice 

(i)  La  notizia  dau  dal  Manzoni:  Bibliografia  statutaria  e  storica  ita- 
liana {Leggi  municipali)  Parte  prima,  Bologna,  Romagnoli  1876, 
tulio  Statuto  anagnino  è  attinta  dalla  copia  incompleta  e  piena  di  errori 
fatta  nel  i853  per  ordine  del  dotto  Giureconsulto  Monsignor  Teodolfb 
Mertel,  oggi  Cardinale  allora  Ministro  dell*  interno  dello  Stato  pontificio, 
Cflittente  nelPArchivio  di  Stato  di  Roma:  il  Manzoni  non  esaminò  il  nostro 
codice,  ed  è  perciò  che  ne  assegna  la  redazione  alPepoca  di  Sisto  V,  1687. 


Lo  Statuto  di  cAnagnt 


'S4t 


F-quasi  consunto  dall'antichità,  e  che,  grazie  alU  legatura  rin- 
nuovata,  è  giunto  fino  a  noi,  cioè  circa  3oo  anni  dopo,  suf* 
ficientementc  conservato. 

1  primi  sette  logli  non  numerati  e  porzione  della  prima 
E  pagina  dell'ottavo  contengono  la  rubrica  o  indice  degli 
r  Statuii  scritta  in  rosso.  Nella  seconda  pagina  del  foglio 
ottavo  v'è  una  lunga  narrazione  del  perchè,  del  come  e 
del  quando  fu  compilato  Ìl  volume.  È  detto  che  Anagni 
possedeva  antichi  e  sapientissinni  Statuti,  ma  che  alcuni  uo- 
mini scellerati,  per  conseguire  l'impunità  dei  loro  delitti,  sot- 
trassero furtivamenle  la  raccolta  di  quelle  leggi  e  diritti 
municipali.  Per  render  vano  si  pravo  intendimento  il  chino 
giureconsulto  D,  Orazio  Celio,  commissario  del  Patriarca  dì 
Gerusalemme,  Bernadino  Cardinale  di  S."  Croce,  governa- 
tore perpetuo  di  Anagni,  col  consenso  di  lutto  il  popolo 
della  città,  fece  compilare  qnesco  volume  di  Statuti,  copian- 
doli da  UR  antichissimo  esemplare  consunto  e  quasi  del 
tatto  svanito  per  vecchiezza,  correggendovi  però  non  poche 
mende  ed  aggiungendo  quanto  era  necessario.  Era  sindaca 
Pietro  da  Cavi,  camerlengo  Gio.  di  Malaspina,  ed  offi- 
ciali Bartolomeo  di  Pietroantonio,  Pietro  Paolo  Palazzi, 
.Martano  di  Leone,  Costantino  di  Jannimano  (Gavigna- 
I  no?)  Giuliano  di  Cicco  di  Guido,  Cola  di  Gio.  d'Andrea, 
e  commissario  del  detto  Cardinale  Alberto  Seuorino  cava- 
liere di  Siena,  quantunque  l'opera  fosse  incominciata  sotto 
il  nominato  D,  Orazio  Celio.  Trascrivo  per  intero  la  detta 
dichiarazione,  conservandone  fedelmente  l'ortografia,  ma 
correggendo  gli  errori  dell' emanuense. 

Ih  Dei  nomine  amen.  Cum  omni  mortalium  Generi  ad  li- 
bitum uiuendi  modum  tribueril  natura,  homo  autem  qui  ra- 
tionis  est  particeps ,  eternitatis  retinens  orìginem  Sacratissi- 
mas  leges  Canones  et  jura  municipalia  sibi  per  totum  orbem 
iure  uiuendi  honestatis  more  semaio  latissime  adìnuenerit  or- 
dinauit,  et  consticuìt,  quibus  inter  ipsos  mortales  boni  ubìque 
definderentur,  mali  uero  longe  a  iudicibus pellerentur,  ne  bru- 
.  forum  et  mortalium  hominum  natura  et  uita  aequa  esset  ambo- 
Arekirio  dtUa  Soeielù  rotuoKa  di  Storia  patria.  Voi.  IIL  m 


342  %  ilMifììn  De  Magistris 


«•»**\*« 


Qwxmcbrem 
i  ìprmc^ùam  hqfulsus  ne  quis  aliena 
SmzsmecìBttiM  •!•  JmiiarA  k^^ms  mmrmdMm  fore  sanchdt  ut 
5>iE^:xBr.2«i0»  jav^ar&ms  oc  muUoHbus  munita  Jo- 
le fami  Jljwnù  mesxsiissima  simula  oc  nobili^ 
Qbt  Èm  ■    ■■  "  "'  criffirmtrJUei  Pontificibus  deco- 
rrtàst  tf  semfcr  ■■■!  i  mi  Hawkos pieno  ubere  lactauitj 

à(4); 
provinctwrufn  supt' 

bds  ei  OppuUs  pateret 
et  wanricipalia  iura  Chabus 
c&m  mttrtMit  et  tanqwnn  pientissima 
mecessarissJilSs  smìs  MTmrm£  l^es  condidiL  Sed  qui- 
Jàdmarasi  katùma^  .jmos  matMrat  gpsae  non  dùpUcuit  in 
Crmitjùt  hùmis  Jiggr^^re^  eadtm  saluberrima  insti- 
tntdt  iuTA,  Jtc  mmmk^fk£ÙL  JecnOa  studio  {utjure  merito  ere- 
ditar] ejpremite  aimenJS  dc  deUctorum  impunitatem  conse- 
qaemS  CLam  fiarto  siAtrjkere  non  erubuerunL  Quorum 
maìigno  profosdo  okmjjm  salabriter  ire  aq^iens  Vir  MagS^ 
et  m  atnMfte  Jaris  disc^lina  darus  D.  Oratius  Celius 
otricolaaas  prò  Rr  et  BL"  DJio  DJno  Epo  Sabin:  Pa- 


(i)  L  scrìtto  ciùir*nec:e  sqz^e  ducesis,  ma  è  indubitato  che  si  deve 

(?)  Si  Icii^  .f^^tro. 

(4>  ViitG.  Aen.  VII,  ♦>S4.  M\c»obio,  Situmal,  iib.  V,  cap.  XVIII,  5o7 
parlando  dì  questo  passo  dì  Vìreìlio  dice:  Sunt in  litro sef timo  illi ver- 
sus quibiis  Hcmici  pcpuli  e:  txn.M  Kobilissìma,  ut  tunc  erat,  civitas 
Anjfnùi  ciumcrjtz^r,  Stab,  V,  UI,  ic,  chiama  Anagni  città  illustre  nokt% 
OK|ioÀc*yo;.  Per  la  storia  antica  di  Anagni  e  decH  Ernici  in  generale  cf. 
sopra  tutti  M.  B.  G.  Nieblkr  RCmìschc  GcscJùctc,  Berlin,  Calvary  1873, 
Tom.  II,  So,  il  primo  e  l'unico  torse  óno  ad  ora,  che  abbia  gettato 
le  fondamenta  per  una  storia  della  confederazione  ernica.  Micau,  Storia 
degli  antichi  popoli  italiani.  Miiano,  Fanfani,  i836,  Tom.  I,  228.  Van- 
Nucri ,  Storia  dell* Italia  antica,  Milano,  Società  cdit  lombarda  1873, 
Tom.  I,  aSo. 


friarcha  Hyerosolimitano  Sce.  R.  E.  Cardinalis  sancte  Crucis 

biusdem  Anagniae  Ciuitatis  Gubernalore  perpetuo  Commis- 

ìrium  agens  ex  quodam  uetustate  compsunto  archetipo  oc 

ì  temporis  longitudine  oblicterato  presens  huiusmodi  Sta- 

titorum  uolumen,  uniucrsi populi  accedente  assensii,  ad  rei- 

mbìice  utilitatem  perpetuamque  futuram  memoriam,  uitiosis 

~quam  pluribas  congrue  emendatis,  non  nullis  et  deficien- 

TiBUs    NECESSARiJs  opoRTUNE   ADiufJCTis   (i)   Rubricarumque 

iudice,  semaio  ordine,  preposito  cum  summa  omnium  laude 

inscribi  et  compilari  curauit  ad  laudem  omnipotentis  dey. 

Exemplata  fuerunt  haec  statuta  et  in  banc  formam  alli- 
gala existenlibus  in  officio  Petra  de  Cavi  Sindico,. Joanne 
de  Malaspina  Camerlingo,  Bartolomeo  de  petro  Antonio, 
Petra paulo  palatio,  Mariano  de  Leone,  Costantino  de  Janni- 
mano,  Juliano  de  Cicca  de  Guido,  Co/a  de  Joanne  dandrea 
officialibus  in  capite  id  procurantibus  a  principio  ad  finem 
de  Mandato  prefati  R."  D.  Cardinalis  prò  bono  publìco  et 
privato  ipsius  Civitatis  Ananiae  presidente  in  ea  Potcstate 
ftt  Commissario  magnifico  D,  Alberto  seuorino  equile  s. 
fUcet  inchoata  sub  eodem  D.  Horatio  (2). 


(1)  Q.ues[e  parole  nel  codice  sono  sottolineate. 

(1)  Il  De  Magistris  lesse  certo  questo  documento,  ma  lo  fraintese  com- 
Ite;  egli  dice  Op.  cit.  pag.  So  u  nd  i^go  il  Cardinale  Bernardino 
Saotacrtxe  era  perpetuo  Governatore  di  Anagnì ,  emendò  le  copie  dello 
che  non  erano  uniformi  all'  originale  ".  La  data  i  Sgo  è  mani- 
teumcnie  errata,  poiché  il  dello  cardinale  in  quell'anno  eragià  morto 
e  sepolto  in  S.  Croce  in  Gerusalemme.  Ed  era  facile  al  De  Magistris  evi- 
tare questo  errore,  solo  che  avesse  ietto  il  nostro  codice  a  pag.  96,  ove 
nuovamente  si  fa  parola  dello  stesso  cardinale,  che  è  que!  Bernardino  Car- 
rajal  creato  cardinale  da  Alessandro  VI  fin  dal  I4g3;  ebbe  vescovati  in 
gran  numero  ed  il  titolo  di  S.  Croce.  Fu  capo  del  conciliabolo  di  Pisa 
e  però  scomunicato  da  Giulio  H  in  Concistoro.  Leone  X  lo  perdonò  e 
rìttumise,  col  digiuno  di  una  volta  al  mese,  e  lo  mandò  Legato  in  Cam- 
pagna, ufficio  che  tenne  con  lode.  In  quanto  poi  al  volume  degli  Statuti 
■nagnini,  l'asserzione  del  De  Magistris  disgraziatamente  non  è  punto  giu- 
stificata dal  nostro  documento,  poiché  le  parole  non  nullis  et  dejìciejt- 
^titus  necessariis  oportune  adiunctis  significano  ben  altro  che  le  copie 
eforcdal  cardinale,  e  giunte  fino  a  noi,  siano  uniformi  all'originale. 


344  %  Amorosi  De  Magistrìs 

Come  ho  detto,  questa  narrazione  occupa  tutta  intera 
la  seconda  faccia  del  foglio,  ove  sull'altra  finisce  la  rubrica 
o  indice  degli  Statuti.  Questi  incominciano  sul  foglio  se- 
guente numerato  con  la  cifra  i  in  rosso.  Intorno  il  margine 
della  pagina  corre  anche  qui  una  graziosa  miniatura  a  co- 
lori vivissimi,  spesso  su  fondo  d'oro,  a  guisa  di  meandro. 
Anche  la  lettera  iniziale  A  è  miniata  con  gusto  a  rabeschi 
sopra  fondo  dorato.  Nel  centro  della  parte  inferiore  della 
pagina  si  veggono  le  traccie  di  tre  stemmi,  cioè  uno  più 
grande  avente  una  sbarra  diagonale  in  campo  giallo,  a 
destra  lo  stemma  del  Comune,  l'altro  a  sinistra  è  del  tutto 
cancellato.  La  miniatura,  tranne  la  lettera  iniziale  A,  è 
molto  guastata.  I  fogli  sono  alti  centimetri  32  e  larghi  23, 
così  ridotti  quando,  nel  iSSj,  il  volume  fu  rilegato;  allora 
i  margini  furono  tagliati  in  modo,  che  in  alcuni  fogli  non 
resta  che  piccolissima  parte  delle  cifre  di  numerazione,  la 
quale  è  solo  da  una  parte  dei  fogli. 

Il  testo  del  volume  incomincia  con  le  parole:  Ad  hoc 
UT  CiviTAS  Anàgnia  IN  stotu  pacifico  perpetuo  canseruetur 
e  finisce  sulla  seconda  faccia  del  foglio  95  con  queste:  Et 
si  in  premissa  obseruari  f adendo  officiales  in  capite  fuerint 
negligentes  teneantur  prò  quolibet  pena  simili.  Chiude  la 
pagina  la  seguente  dichiarazione  dello  scrittore,  e  forse 
compilatore  del  volume,  Lorenzo  Pacozio  o  Pacotti,  così 
concepita  :  Laurentius  Pacotius  Yschiae  Vmbronis  Grossetane 
diocesis  presbiter  ac  Vicecomes  palatinus  manu  propria  seri- 
psit  anno  domini  iSij  de  mense  Januarij  tempore  Domini 
domini  Leonis  diuina  providentia  pape  X  anno  pontijicatus 
eius  quarto  in  Ciuitate  Anagnie  et  ob  deuotionem,  liberali- 
tatem  et  amorem  prò  pretio  quatuor  ducatorum  de  Carlenis 
et  laus  Deo  amen. 

Abbiano  dunque  tutta  la  storia  del  nostro  volume  anche 
ne'  suoi  particolari.  Esso  è  la  copia  di  un  esemplare  piti  an- 
tico, tanto  antico  da  esser  divenuto  nel  i5i7  pene  temporis 
longitudine  oblicterato;  la  copia  non  è  interamente  fedele,  per- 
chè subì  variazioni  ed  aggiunte;  nulla  però  fu  cambiato  circa 


Perdine  e  la  distribuzione  della  materia,  come  deve  arguirsi 
dalle  parole  Rubrkarum  indice,  servato  ordine,  preposilo 
Settanta  anni  dopo,  cioè  nel  1587.  il  volume  fu  rilegato  e 
vi  fu  aggiunto  un  secondo  frontispizio  ed  alcuni  fogli,  ove 
si  scrissero  quelle  riformazioni  o  capìtoli  che  alla  circostanza 
si  andavano  emanando.  La  forma  generale  dei  caratteri  è  il 
gotico  bastardo,  la  redazione  o  copia  non  è  sempre  corretta, 
ed  il  Pacozio  non  di  rado  omise  parole  e  frasi ,  facili  è  vero  a 
supplirsi,  ma  che  pure  rendono  a  prima  vista  oscuro  ed 
intricalo  il  senso.  Tutto  il  corpo  della  materia  statutaria  è 
diviso  in  5  libri  e  questi  suddivisi  in  più  capi. 

Ora  mi  resta  a  parlare  dei  due  frammenti  che  sopra  ac- 
cennai. Essi  appartennero  a  due  diversi  esemplari  degli  Sta- 
tuti anagnini ,  non  contemporanei  fra  loro,  ambedue  però  an- 
teriori al  codice  intero  superstite.  Il  primo,  che  chiamerò 
frammento  anagnino  perchè  esiste  nell'archivio  municipale 
di  quella  città,  è  un  foglio  volante  membranaceo,  avente  alla 
sommità  della  prima  pagina  la  parola  quartus,  cui  corri- 
sponde nell'altra  la  parola  Itber.  Al  margine  superiore  destro 
ba  la  cifra  62,  a  quello  inferiore  999-  Su  questa  pagina 
sono  scritte  diciotto  lince  del  capitolo  3°,  poiché  dopo  la  di- 
ciassettesima comincia  11  cap.  4°  con  questo  titolo:  d6  ani- 
maUbus  grossis  et  minutis  damnum  dantìbus  in  hortis,  vineis, 
pratis,  segetibus,  Ivpinis,  castaneis  et  alis.  11  titolo  però  e 
evidentemente  posteriore  e  scritto  sopra  un  altro  che  fu 
abraso;  l'inchiostro  adoprato  pel  nuovo  titolo  ha  corroso 
in  piti  parti  la  membrana;  altre  abrasioni  si  veggono  qua 
e  là,  e  sono  sempre  sulle  parole  che  indicano  il  quantita- 
tivo delle  pene  inflitte.  Tutta  questa  prima  pagina  è  detur- 
bata da  firme  modernissime,  e  pare  che  il  foglio,  con  altro 
che  vi  era  aggiunto,  abbia  servito  di  custodia  a  manoscritti 
moderni,  perchè  nel  centro  della  pagina  è  scritto,  in  cor- 
sivo moderno,  Giaco  Felippo  Morgia  —  Copie.  La  seconda 
pagina  è  meglio  conservata  e,  tranne  le  abbrasioni  e  cor- 
ro«ioRÌ  indicate,  è  di  chiarissima  lezione.  Il  foglio  è  alto 
■cent.  29  '/';  largo  21  ;  le  righe  sono  trenta,  i  caratteri,  come 


346  %  Amorosi  De  Magistris 

accennai,  appartengono  evidentemente  alla  fine  del  XV  0 
ai  primi  del  XVI  secolo.  Noto  poi,  che  mentre  la  sostanza 
del  disposto  è  identica  a  quella  dei  cap.  11  e  16  del  quarto 
libro  dell'esemplare  intero,  la  redazione  ne  è  assolutamente 
diversa  ;  è  anche  degno  di  osservazione  che  in  questo  fram- 
mento, quando  si  parla  di  moneta,  oltre  i  carlini^  sono 
nominati  anche  i  bolondinL 

L'altro  frammento  è  pure  una  pergamena  assai  guasta, 
che  fu  scoperta  dal  chmo  Signor  cavalier  Bartolotti  fra  le 
carte  appartenute  alla  Cancelleria  della  Reverenda  Camera 
Apostolica,  ora  raccolte  e  custodite  nell'Archivio  di  Stato  in 
Roma  (i).  Serviva  di  copertina  ad  un  manoscritto  contenente 
i  conti  delle  collette  pagate  nella  diocesi  di  Toledo  in  Spagna, 
'  dal  14x8  al  1426;  incaricato  a  ricevere  quelle  somme  e  spedirle 
a  Roma  era  un  canonico  Alfonso  Garcia.  Come  ho  detto 
è  una  pergamena  assai  mal  concia,  alta  cent.  32,  larga  22; 
ha  quattro  pagine,  scritte  a  due  colonne  di  righe  quaran- 
tacinque ciascuna;  pare  che  le  pagine  non  fossero  numerate. 
Contiene  porzione  del  cap.  76  ed  i  seguenti,  fino  al  97  in- 
clusivo, del  libro  II.  Il  carattere  alquanto  minuto,  può  asse- 
gnarsi ai  primi  del  1 3oo  come  si  può  arguire  dalle  abbre- 
viazioni e  da  altri  indizi  paleografici.  I  titoli  dei  cap.  le  nu- 
merazioni di  essi,  in  numeri  romani,  e  le  lettere  iniziali 
sono  scritte  in  rosso,  come  pure  è  distinta  da  un  segno 
rosso  ogni  lettera  maiuscola.  Questo  frammento  non  può 
aver  appartenuto  a  (\\xt\V archetipo  temporis  longitudine  pene 
oblicteratOy  dal  quale  nei  i5i7  fu  tratto  l'esemplare  super- 
stite, perchè  nel  1426  già  serviva  di  copertina,  però  tutti 
i  ventuno  cap.  che  contiene  corrispondono,  tranne  uno,  come 
indicherò  a  suo  luogo,  ad  altrettanti  di  questo  esemplare, 
cosi  nei  titoli,  come  nella  redazione. 


(i)  Debbo  alle  cortesi  premure  del  Sig.  Bartolotti  di  aver  potuto  cst- 
minare,  a  mio  bell'agio,  non  solo  questo  frammento,  ma  molti  altri  do- 
cumenti interessantissimi  relativi  alla  storia  di  Anagni. 


Lo  Statuto  di  c^nagnt 


L'esame  accurato  e  paziente  che  ho  fatto  del  codice  e  del 


iiifam  mento  e 


ichè  del  fram 


va, 

^"  COI 


iell' Archivio 

di  Stato  m'induce  a  ritenere,  che  quest'ultimo  abbia  fatto 
parte  di  un  esemplare  identico,  e  di  poco  posteriore,  a  quello 
del  quale  parlano  i  Brevi  di  Bonifazio  Vili,  e  che  il  fram- 
mento anagnino  appartenesse  all'esemplare  che  fu  rubato;  le 
abrasioni  delle  parole,  che  esprimevano  il  quantitativo  delle 
pene  inflitte,  potrebbero  fornire  un  argomenioasostcgno  della 
mia  opinione.  Pubblico  per  ora  i  soli  titoli  delle  materie  conte- 
nute nel  nostro  codice,  secondo  l' indice  che  precede  il  libro  I, 
Ognuno  vedrà  facilmente,  che  sarebbe  stato  assai  opportuno  ac- 
compagnare anche  la  sola  pubblicazione  di  essi,  con  note  sto- 
rico-giuridiche e  filologiche,  ma  mi  è  parso  necessario  dovermi 
limitare  a  qualche  osservazione  d'ordine  cronologico,  che 
valga  solo  a  stabilire  l'antichilà  degli  Statuti  anagnini.  Mi 
riservo  però  di  communicare  agli  studiosi  di  queste  discipline 
il  risultato  delle  mie  indagini,  quando  mi  saril  dato  di  pub- 
blicare l'intero  volume.  E  non  dispero  che  tale  mio  vivis- 
simo desiderio  possa  compiersi  fra  poco,  mercè  il  cortese  e 
valido  concorso  degU  attuali  Rappresentanti  il  Municipio  di 
.Anagni.  Ad  Essi  intanto  rendo  pubblico  attestato  di  grazie, 
t.pcr  l'ampia  facoltà  che  mi  accordarono  di  studiare  tutta  la  di- 
irdinata  si,  ma  pur  preziosa  raccolta  di  documenti,  che  an- 
cora rimangono  in  quell'Archivio  municipale  (i).  Uguale 
testimonianza  di  gratitudine  mi  è  caro  rendere  ai  Sig." 
canònici  D.  Domenico  Petriconi  e  D.  Enrico  Pierron,  non- 
ché al  Sig,'  Abate  D.  Antonio  Ciprani,  dotti  ecclesiastici, 
onore  del  clero  anagnino,  la  illuminata  e  cortese  coopera- 
zione dei  quali  non  può  venir  meno  in  ogni  cosa,  che  torni 
41  decoro  della  patria  e  ad  incremento  della  scienza. 


r  fi)  ti  cb.  sig,  Stevenson  esaminò,  non  ha  guari,  e  trascrisse  alcune 
pelamene  anagnìne,  quelle  non  solo  dell'Archivio  municìpaie,  ma  an- 
cbe  le  più  interessanti  dell'Archivio  della  Cailedrale.  Mi  gode  l'animo  dì 
e  ch'egli  darà  ben  presto  pubblica  notizia  dì  quei  documenti,  come 


I  pure  di  quelli  da  lui 


1  Alatri. 


348  "Re  Ambrosi  De  Magisiris 


Incipit  Repertofigm  sea  tabula  mbrìcanim  presentis 
Toknmnis 


•  44«<l.fl11ll 


RCBBKE  PRDfl  UBRI 

Cap.  1.  De  eiectàme  PoitsùUis  ei  JmScù,  et  notariorum. 
m     n.  De  jmrwmemÉo  Paiestatis  et  moiarionan. 
»     m.  De  Salario  JuScis, 
»     IT.  De  jmrametUo  JuSds, 
»     Y.  De  reparaikmt  pakOg. 
»     YU  De  ekctkme  noiarij  damnorum  datorum  et  extraor- 


VII.  De  Scjmdicatu  officiaHum  forensium. 

Vili.  De  eìectkme  offidaUum  in  campite. 

iz.  De  officio  et  auctoritate  officialium  in  capite  (i). 


(i)  Le  (fisposizioiiì  di  questo  capitolo  rìstlgono  ad  oltre  220  anni 
innanzi  la  compilazione  del  nostro  codice.  Ne  è  prova  eridente  il  con- 
fronto di  esse  con  un  brere  di  Bonifazio  Vili  del  1296.  Ecco  il  testo  di 
questo  capitolo:  «  Item  statuimus  quod  sex  boni  viri  electae  opinionis 
«  et  morìbus  excellentes  et  graves,  duo  de  nobilibus  et  quatuor  de  pe- 
«  ditibus,  conservatores  boni  status  populi  civitatis  anagniae  eligantur, 
«  secundum  formam  bussolae  supradictae.  Qui  amatores  ipsius  boni  status 
«  sint  noti.  Ad  ipsonim  autem  conservatorum  una  cum  Comestabilibus  mi- 
ai litum  et  supraracomestabilibus  peditum  officium  spectet  precipue  curam 
«  habere  de  integrìtate  boni  status  populis  conservanda.  Et  circa  hoc  pos- 
a  sint  et  debeant  disponere  quidquid  utile  fuerit  et  necessarium  ipsi 
«  statui  et  inutile  atque  contrarium  removere ...  »  Il  breve  così  si  esprime: 
Bonifaciits  Episcopus  etc,  Dilectis  filiis  Potestati  Consilio  et  Comuni 
anagnino  salutem  etc.  Sincere  caritatis  affectus  quem  ad  vos  et  civitatem 
anagninam  gerimus  merito  nos  inducit  ut  in  hiis  quc  vestra  et  ipsius 
civitatis  commoda  et  prosperum  statum  respiciunt,  nos  reddamus  fa- 
vorabiles  et  benignos.  Sane  petitio  vestra  nobis  exhibita  continebat  quod 
olim  quorumdam  improborum  civitatis  vestre  malitia  exercente  non  nulli 
in  eadem  civitate  ac  eius  territorio  multa  contra  formam  carte  pacis 


Lo  Statuto  di  <ylnagni  349 


ip.  X.  De  electione  medianoram. 
I     XI.  De  electione  Scyndici  getieralts  et  aliorum  officia- 
lium  eligendorum  per  consiliarios  et  eorum  officio. 
XII.  De  officio  Scyndici  generalis  comiinis. 
xin.  De  electione   Comestabilium  contratarum,  et  eo- 
rum aite  toniate. 

XIV.  De  Consilio  fiendo  per  officiaies  de  querelis. 

XV.  De  localionibus  seit  uenditionibus  non  jìendis  per 

ojfficiates  nisi  ad  lempus. 

XVI.  De  officio  Comestabilium  militum  et  supracome- 

tabilium  peditum. 

XVII.  De  his  qui  inlelliguntur  nobites. 

xviii.  De  scj-ndicatione  officialium  in  capite  et  scyndici 
generalis. 

XIX.  De  electione  Camerari;  et  eius  officio. 

XX.  Quod  officiales  non  possint  servire  per  substitutum. 

XXI.  Quod  nolarij  redigant  in  scHptis  liberationes. 
xxu.  De  non  venienlibus  ad  parlamentum. 

xxiiL  Quod  Potcstas  et  Judex  non  possint  patere  arbi- 
trum  seu  salirij  additumentum. 

XXIV.  Quod  consiliarij  et  stJtutarij  teneant  secreta  Con- 
silia et  staluta  donec  /uerint  publicata. 


ordinatioHuin  et  privììcgioriim  ipsiiis  cii'i\ 

.inde  populares  diete  cmtalis...sex  bonos  viras  tresvide- 

t  de  milUibut  diete  cìvìtatis  et  reliquos  tres  ex  ipsis  popularibus 

eontervatores  bani  status  appellantur  ad  cartum  pacis  staluta,  or- 

tìiones ,  conmetudines  et  priviìegia  predicla  serranda,  et  ad   que 

ipsi  bano  ttatui  uliUa  et  necessaria  viderint  statuenda.... proponere  cu- 

ravemnt.  Nos  ilaque  veslris  supplicationibus  inclinali ,  qvod  super  pre- 

missis  taliter  factum  est  ratum  et  gratum  hahentes  et  snpplentes  de- 

fectum,  ti  quii  in  hoc  exiitit  de  aposlolicc  plenitudine  potestatis  illud 

aliqua  eoslitutione  contraria  super  hoc  edita  per  Rectorem  Campanie 

et  Maritime  non  obstante  autoritate  apostolica  ex  eerta  scientia  con- 

firmamui  et  presentis  scripti  patrocinio  eommuttimus Datum  Rome 

apud  S.  Petrum  V.  Kalendas  novembris  F.  N.  anno  secunda.  TniiNn. 
Op.  cit.  Tom.  I,  p«g.  341. 


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111*:- 


fieo   receperùu  assi- 


^^:d  '^.zr.izT.irz-^  dzhcs:  et  posszt  citare  absque 
-Li'-Li^    C-^rise    n:-^    cr^r^uzì   nuuidalirios  ad 


111* 


^^<4."vi  «OT  creJs^r  custodì  medisnum  accusanti 
qui  euri  elifi:  me  ^'quem  de  suafamilid  nisi 
cum  uno  teste  rdoneo. 


(i)  Kzz^t  !i  forzu  i£c!:  esiraì  prescritta  in  questo  capìtolo  è  di 
qualche  imr^ortann,  rlz^-iri:)  alla  crono! opa  degli  Statuti  anagnini.  La 
detta  forgia  e  iienuca  a  quella  subilìu  da  Innocenzo  III  nel  iai3,  eca- 
noniirau  da  Gre§.  IX  nel  concilio  IV  laieraaense;  rammcnio  che  am- 
bedue questi  papi  furono  anagnini. 


Lo  Statuto  di  oAnagni  35 1 


Cap.  XXXVIII.  Quod  accusanti  cusiodem  qui  eum  prius  accu- 

sauerit  non  credatur. 
»     XXXIX.  Quod  Potestas  teneatur  mittere  quolibet  sera  prò 

Custodia  Ciuitatis  beruarios  suos. 
»     XL.  Quod  Potestas  Judex  et  notarij  non  recipiant  emse- 

nia  a  Ciuibus  anagninis, 
»     XLi.  Quod  potestas   teneatur   ordinare   quod  beruarij 
et  familiares  sui  non  habeant  illicitam  Consue^' 
tudinem  cum  Ciuibus  anagninis. 
»     xLii.  De  refutatione  facienda  per  potestatem  Judicem  et 
notarios  scyndico  Communis  post  redditam  ra- 
tionem  eorum  offici]. 
»     xLiii.  De  declaratione  statutorum  ubi  esset  dubium. 
>     xLiv.  De  salario  ambasciatorum  mittendorum. 
»     XLv.  De  Collectis  soluendis. 

»     xLvi.  De  militibus  mittendis  ad  ludum  testati}  in  urbe  (  i). 
»     xLvii.  De  herbatico  et  eius  solutione. 
»     xLviii.  De  di uisione  penar um  in  damnisdatis  etextraor- 

dinarijs. 
»     xLix.  Quod  bona  Comunis  introitus  et  prouentus  non 
possint  recipere  nec  expendere  nisi  per  manus 
Camerari]. 
»     L.  De  casibus  per  presentia  Statuta  non  determinatisi 


(i)  Sarebbe  sfarzo  di  facile  erudizione  il  parlare  qui  dei  giuochi  del 
Testaccio  in  Roma  durante  il  medio  evo,  dopo  quanto  si  è  scritto  e  ri- 
petuto su  questo  argomento  negli  ultimi  tempi.  Credo  più  opportuno 
trascrivere  il  testo  del  capitolo,  poiché  mi  pare  che  la  sua  redazione  ac- 
cenni ad  un  epoca  assai  più  antica  che  la  data  del  nostro  codice  a  Item 
a  statuimus  quod  militibus  euntibus  ad  ludum  Testatii  in  urbe  Potestas 
«  cum  officialibus  in  capite,  provideant  quid  habere  debeant^  iuxta  eorum 
a  arbitrium,  pensata  temporis  qualitate.  Et  ducat  quilibet  equum  et  Ron- 
u  sinum,  quod  si  non  fecerit  puniatur  pena  X  librarum  denariorum  se- 
4.    natus.  Et  Potestas  sub  debito  iuramcnti  teneatur  eo  die  quo  dicti  mi- 
I  lites  iter  acceperint  coram  se  constitui  facere  cum  dictis  equis  paratis 
I  et  scribi  f.iciat  per  iiocarium  Comunis  equos  predictos  et  signa  eorum  ». 


352  %  Ambrosi  De  Magistris 

Gap.  LI.  De  Ecclesia  sanctae  mariae  de  Anagnia  Diebus 
Dominicis  et  aliis  festiuitatibus  per  potestaUm 
scyfuUcum  et  officialespro  diuinis  officijs  uisitanda. 


RUBRICE  SECUNDI   LIBRI 

Gap.  1.  Quod  potestas  et  Judex  terminent  questiones  ciuiles. 

»  li.  De  modo  procedendi  supra  casibus  ciuilibus  exct" 
dentibus  sutnmam  X  librarum. 

»  III.  Quod  cause  et  questiones  inter  consanguineos  com- 
promittantur, 

»  IV.  De  instrumentis  mutui  depositi  et  sententiarum 
arbitrorum. 

»     V.  De  terminis  executioni  mandandis. 

»  VI,  De  limitatione  temporis  in  quo  instrumenta  execu- 
tioni mandentur. 

»  VII.  Qiiod  non  fiat  alicui  jus  de  ludo  seu  de  rebus  in 
ludo  versatis, 

»     VIII.  De  pena  contumacie  in  Ciuilibus  casibus, 

»     IX.  De  dotibus  restituendis. 

»     X.  De  recurso  habendo  super  rebus  hipoticatis  prò  dote. 

»     XI.  Pro  retinendis  certis  bonis  obligatis  prò  dotibus. 

»     XII.  Quod  mulieres  dotate  sint  suis  dotibus  contente. 

»     XIII.  De  alimentis  prestandis  donec  dosfuerint  restituta. 

»  XIV.  De  restituendis  arrarijs  matrimonio  non  consumato 
uel  dissoluto. 

»  XV.  Quod  Aduocati  et  procuratores  non  intersint  par- 
tium  interrogatorijs. 

»  XVI.  Qjiod  aduocati  et  procuratores  non  paciscantur  de 
quo  causa  partis  litis  (sic). 

»     XVII.  De  negantibus  se  aliquid  ab  aliquo  recipisse. 

»     xviii.  De  debitoribus  renouantibus  debita  crcditoribus. 

«      XIX.  Quod  causa  et  testes  in  terminis  apponantur. 

»     XX.  De  pena  periurij  in  causis  Ciuilibus  commictenda. 

»     XXI.  De  festiuitatibus. 


Lo  Statuto  di  oAìiagni  353 


Cap.  XXII.  De  habentibus  rem  comunem. 
j»     XXIII.  De  appellantibus  a  decem  libris  infra, 
»      XXIV.  De  habentibus  rem  prò  indiuisa. 
»     XXV.  De  habentibus  torcularia  Comunia. 
»     XXVI.  De  mittentìbus  lignamina  in  re  alicuius  cantra 

eius  voluntatem, 
»     xxvii.  De  qperibus  factìs  et  fiendis  in  preiudicium  ali- 
cuius. 
9     xxviii.  Si  contìngat  aliquem  clericum  in  ius  uocare  ali- 

quem  laicum. 
9     XXIX.  De  occupantìbus  exaequatoria, 
»     XXX.  Quod  nullus  emat  possessiones  a  Baraterio  uel 

prodigo. 
»     XXXI.  Quod  non  liceat  colono  uel  inquilino  locare  rem 

domini  sine  eius  licentia. 
9     XXXII.  De  laborantìbus  uineas  et  segetes. 
a     XXXIII.  Quod  Judex  teneatur  dare  aduocatum  etprocu- 

ratorem  uiduis  et  orphanis. 
»     xxxiv.  Quando  iudeus  recipit  pignus  de  quantìte  ere- 

datur. 
»      XXXV.  Quod  nullus  accedat  ad  recipiendam possessionem 

aliquam  sine  notarlo  et  duobus  testìbus. 
9     XXXVI.  De  stillicidijs  et  trasendis. 
»      XXX VII.  De  habentibus  murum  Comunem, 
»      xxxviii.  De  recipientibus  mercedem  prò  aliquo  opere 

/adendo, 
»      xxxix.  De  habente  ius  eundi  per  rem  alienam. 
9      xL.  Qualiter  uenditor  iudicium  euictionis  suscipere  com- 

pellatur. 
n       xLi.  De  possessoribus  bonae  fidei  non  inquietandis. 
m       xLii.  De  habentibus  rem  comunem  indigentem  clausura. 
9       xLiii.  De  pena  noui  operis  Inter  uicinos  factis, 
j»        xLiv.  De  ron^eno  aut  equo  comodato  ad  loeriam, 
j,       XLV.  Quod  mercatores  non  possint  prò  pignoribus  acto- 

ris  furti  conuenirj, 
3>        xLvi.  De  arrestatione  bonorum  contra  vaxallos  ad  in- 

stantiam  nostri  ciuis. 


354  %  Ambrosi  De  Màgistris 


RUBRICE  TERTH  LIBRI 


Cap.  I.  UL  Qmomoda  m  w§alefic^s  proceJaiur. 
9     IL  De  fideirnssàmAus  et  pignoHbus  m  wuUeJicijs  red- 


m.  Qualzter  procedatur  amira  contumaces, 

IT.  De  mom  iorquemdo  oHquem  sine  imditijs. 

T.  De  pema  temere  accusantàtm. 

TI.   (òiod  poiestas  et  eius  qfidales  possint  penam  in^ 

nere  prò  ecntm  iurisditkme  tuenda. 
TU.  De  Jmhmcitijs  sedandis. 
Tm.  De  suspectxs  inquirendis  et  expeUendis  per  curianL 

IX.  De  fds  qui  ruwqrunt  parlamentum, 

X.  Quod  nuUus  receptet  exbctnditum  et  quod  non  ex- 

bandiatur  si  penam  solueriL 
XL  De  pena  in/Kngenda  exbanditis  seu  malfaciores  (sic] 

Di  his  qui  ceperint  exbanditos  seu  maiefactores, 
XII.  De  poena  infigenda  exbanditis  poenam  non  sol- 

uentibus, 
xiii.  De  bldsphemantibus  Deum  et  Sanctos. 

XIV.  Quod  nullus  iiiret  per  Corpus  et  sanguinem  Dei. 

XV.  De  poena  per iurij  in  facto  consistentis  [\]. 

XVI.  De  facientibiis  ficum. 

XVII.  De  uerbis  iniuriosis  dictis  contra  Potestatem  Ju- 

dicem  et  notar ios  Curiae, 
xviu.  De  negantibus  personas  legittimas  in  Judicio, 

XIX.  De  uerbis  iniuriosis, 

XX.  Qiiod  infra  quatuor  Dies  possi t  accusar i  de  uerbis 

iniuriosis. 


(i)  Secondo  le  parole  di  questo  capo,  pare  si  esigesse  dai  rei,  o  im- 
putati  in  cause  criminali,  il  giuramento;  il  che  indica  che  il  capo  appar- 
tiene alla  prima  compilazione  degli  Statuti;  poiché  questo  mal  uso  era 
stato  già  riprovato  dalla  Chiesa  nel  secolo  XV,  riprovazione  che  fu  poi 
sanzionata  dal  Concilio  romano  di  Benedetto  XIII  al  titolo  XUI  cap.  2. 


Lo  Statuto  di  oAnagni  355 


Gap.  XX  r.  Quod  super  tierbis  injuriosis  possit  procedi  per  ac- 
cusarti et  non  aliter. 

»  XXII.  Quod  accusa  denuntiatio  seu  inquisitìo  de  uerhis 
inìuriosis  non  ualeai  nisi  contineat  diem  et  uerba 
sini  dieta  presente  iniuriato. 

»  XXIII.  De  Verbis  injuriosis  dictis  inter  coniuntas  per- 
sonas. 

B  XXIV.  De  uerbis  injuriosis  et  aliis  offensis  leuibus  in 
dictis  uel  factis  contra  per  sonas  malae  fàmae. 

»  XXV.  Quod  capitulum  loquens  de  malis  conditionibus  se 
non  extendat  ad  muiieres  coniugatasi 

»  XXVI.  De  uerbis  iniuriosis  dictis  per  obiiquum  seu  ex- 
presse non  nominatis. 

B     XXVII.  De  reimproperatione  iniuriarum. 

B      xxviii.  De  lenonibus  missis  ad  bonas  muiieres. 

»     XXIX.  De  proicientibus  lapidem  ad  domum  alicuius, 

»  XXX.  De  licitis  defensionibus  in  certis  casibus  conce- 
densis. 

»     XXXI.  De  his  qui  habentur  infames. 

»     xxxii.  De  facientibus  maytinatam. 

»     xxxiii.  De  euntibus  post  ultimum  sonum  Scaranae. 

»      xxxiv.  De  percuiientibus  in  porta  ciuitatis, 

»      XXXV.  De  reconventione  illorum  qui  non  sunt  suppositi 

Jurisdictioni  potestatis  in  cansa  criminal}, 

»      XXXVI.  De  portantibus  Arma  prohibita. 

»     XXXVII.  De  non  suppositis  jurisdictioni  potestatis  arma 

portantibus. 

»     xxxviii.  De  laicis  habentibus  inimicitias  cum  clericis  (i). 


(1)  In  questo  capitolo  si  dispone,  che  qualora  insorga  inimicizia  fra 
laici  e  chierici,  e  questi  non  volessero  riconciliarsi  con  quelli,  a  Potestas 
«  seu  Rector  dare  teneatur  licentiam  ipsi  laico  arma  portare  ad  sui  re- 
a  quìsitionem.  Et  si  contingat  reconciliationem  fieri  inter  eos,  hinc  inde 
tt  debita  satisfatione  de  illatis  injuriis  subsecuta,  Potestas  seu  Rector  pre- 
ci sens  statutum  observare  teneatur  sub  debito  juramenti  ».  Quest*obbligo 
imposto  al  Podestà,  di  permettere  ai  laici  di  armarsi  contro  i  chierici,  e 


356  %  Amorosi  De  Magistris 


Gap.  xxxix.  De  extrahentibus  cantra  aliquem  arma  prMbita. 
XL.  De  licita  defensione. 
XLi.  De  percussioHibus  sine  armis. 
XLii.  De  percutientibus  sine  armis  mobitis. 
xLiu.  De  percussionibus  cum  armis  mobitis. 
XLiY.  De  pena  homicidij. 
XLY.  De  pena  offèndentis  post  pacem, 
xLvu  De  pena  in  pace  apposita  exigenda. 
xLvii.  De  dantìbus  opem  et  cperam  ad  nuUeficia  per* 

petranda. 
xLyiii.  De  receptantìbus  homicidas. 
xLix.  De  trahentibus  ad  rixam  cum  balista  seu  lancea, 
L.  De  percussionibus  ubi  testes  assignari  non  possint, 
u.  Quando  dicto  unius  testis  in  maleficijs  credatur. 
Lii.  De  pena  assalimenti. 
LUI.  Qualiter  assalimenta  inteliigantur. 
LiY.  De  assalimento  ad  domum,  et  ubi  dejènsio  Com- 
petit uicinorum. 
Lv.  De  falsarijs  et  falsitatem  committentibus 
Lvi.  De  incendiarijs  dolose  et  scienter  facientibus, 
Lviu  Quod  nullus  ante/estum  sanctae  mariae  de  mense 

augusti  ponat  ignem  in  stipulis- 
Lviii.  De  furibus  et  scassatoribus  domorum  disrobato- 

ribus  Stratarum. 
Lix.  De  ex/ortiatoribus  muiierum. 
Lx.  De  recipieniibus  Symoniam. 
Lxi.  De  incisoribus  uinearum  et  arborum. 
9     Lxii.  De  auferentibus  aliquid  cantra  uoluntatem  patronj. 
»     Lxiii.  De  receptatiane  furtarum. 


il  non  far  cenno  delle  censure  ecclesiastiche,  anche  illatis  injuriis,  mi 
fa  ritenere  questa  dispositione  antichissima  ed  anteriore  al  II  concilio  late- 
ranense.  Se  questa  supposizione  ha  qualche  valore^  si  avrebbe  un  argo- 
mento dì  più  per  ritenere,  come  dissi,  già  esistente  in  Anagni  una  rac- 
colta di  Statuti  a*  tempi  di  Alessandro  III  ;  essendo  noto  che  il  Concilio  II 
lateranense  fu  sotto  il  pontefice  Innocenzo  11^  e  precisamente  nel  1 1  Sq. 


Lo  Statuto  di  oAnagni  SSy 


Gap.  Lxiv.  De  auferentibus  frumentum  de  Canterio  et  de 

uascha  uinum. 

»     Lxv.  De  animalibus  furto  subtractis. 

j»  Lxvi.  Quod  non  Ikeat  partiaribus  metere  domino  terra- 
rum  inrequisito, 

»  Lxvii.  De  his  de  quibus  Curia  dubitaret  quod  non  esset 
soluendo  et  de  frangetibus  carceremy  seu  fu- 
gientibus  de  Palatio. 

>  Lxvm.  Quod  bona  exbanditorum  scribantur  et  recepta 

computentur  in  condemnatione. 

>  Lxix.  Quod  exbandimenta  exbanditorum  fiant  in  locis 

consuetis. 
»     Lxx.  De  diminutione  penarum  et  augmentatione  ea- 

rumdem,  (i) 
»     Lxxi.  De  quibis  penis  maleficiorum  pars  offensa  habeat 

partem.  (2) 
»     Lxxii.  De  duplicatione  penarum.  (3) 
ji     Lxxiu.  De  exponentibus  et  reictantibus  filios. 
9     Lxxiv.  De  dantibus  tossicum  uei  uenenum, 
»     Lxxv.  De  mulieribus  interficientibus  uiros  suos. 
»     Lxxvi.  De  mulieribus  supponentibus  sibiparium  alienum. 
»     Lxxvii.  De  mulieribus  facientibus  se  fragiari  {4). 

(i)  Il  frammento  dell* Archivio  di  Stato  comincia  con  Tultima  parte 
di  questo  capitolo. 

(2)  Identico  nel  frammento  dell* A.  d.  S.  ma  segnato  col  num.  77. 

(3)  Nel  firam.  dell*  A.  d.  S.  in  luogo  dì  questo  capitolo  yen* è  un  altro 
col  titolo  a  De  renuntiantibus  appellationi  calupniose  et  causam  interpo* 
nentibus  cantra  comunetn  ».  Nello  stesso  frammento  mancano  pure  gli  al- 
tri sei  capitoli  seguenti. 

(4)  Qui  si  tratta  chiaramente  di  procurato  aborto  «  Item  statulmus 

«  quod  si  qua  mulier  fecerit  se  fragiari  (frangiari?)seu  creaturam  natam 
«  interfecerit  aut  procuraverit,  tam  ipsa  quae  fecerit,  quam  persona  quae 
a  docuisset  eam  talia  perpetrare  comburatur  igni  ita  quod  moriatur  ».  La 
singolarità  della  \oce  fragiari  ofrangiari  mi  obbliga  a  fare  un  eccezione 
dal  proposito  di  trattare  solo  la  cronologia  di  questi  Statuti.  Non  trovo 
questa  voce  in  alcun  lessico  e  non  ne  esiste  traccia  nell*  odierno  dialetto 
anagnino.  La  propongo  dunque,  fin  da  ora,  agli  studiosi  della  latinità  me- 
dioevale  come  degna  di  osservazione. 

Archivio  della  Società  romana  di  Storia  patria  Voi.  IH.  23 


358  %  Ambrosi  De  Magistrìs 

Cap.  Lxxviii.  De  apponentibus  capita  cadauerum  ad  domum 

alicuius. 
»     Lxxix.  De  infamie  purgatione. 
»     Lxxx.  De  his  qui  receperint  partem  condemnationis. 
9     Lxxxi.  De  frangetibus  inuestituram  j  seu  possessionem 

iuste  datam  per  Curiam. 
»     Lxxxii.  Quod  Potestas  et  eius  Curia  teneatur  quemlibet 

possessorem  in  sua  possessione  tueri. 
»     Lxxxiii.  De  licentia  danda  per  Comune  anagniae  de 

tenuta  alicuius  rei  accipiende. 
»     Lxxxiv.  De  habentibus  januas  in  muris  Ciuitatis  et  per 

eas  forenses  introduxerint. 
»     Lxxxv.  De   his  qui  ceperint  aliquem  eumque  priuato 

carceri  mancipauerint. 
»     Lxxxvi.  De  procurantibus  fieri  proditionem  contra  Co- 
mune, 
»     Lxxxvii.  De  falsificantibus  claues  portarum  Ciuitatis. 
»     Lxxxviii.  De  mittentibus  litteras  proditionis  contra  Co- 
mune. 
»     Lxxxix.  Quod  nuli  US  Baro  uel  Ciuis  potens  introducat 

forenses  intra  causa  rixandi, 
»     xc.  De  forensibus  venientibus  ad  Ciiiitatem  Anagniae 
qui  inueniuntur  expulsi  ab  eorum   Ciuitate  uel 
terra,  (i) 
»     xci.  De  sententijs  que  reuocantur  praetextu  excom- 

municationis. 
»     xcii.  De  alienationibus  factis  prò  euitandis  penis  male- 

ficiorum. 
»     xeni.  De  uendentibus  rem  prius  alteri  alienatam, 
»     xciv.  Quod  nullus  uendat  rem  letigiosam, 
»     xcv.  De  poena  minorum  delinquentium. 


(!)  Nel  frammento  dell* A.  d.  S.  il  titolo  di  questo  capitolo  è  cosi 
redatto:  De  forensibus  uenìentibus  ad  nostrani  civitatem  qui  inveniuntur 
expulsi. 


Lo  Statuto  di  oAnagni  SSg 

Gap.  xcvi.  De   condemnationibus  non  relaxandis  et  rebus 

Comunis  manutenendis  et  rotulo  exbanditorum. 
»     xcvii.  De  his  qui  detinentur  in  Palatio  prò  custodia 

soluenda. 
9     xcviii.  De  percutientibus  uel  interficientibus  animai  ali- 

cuius. 
»     xcix.  De  falsificantibus  acta  Communis. 
»     e.  De  resistentia  uel  inobedientiafacta  Potestati  et  alijs 

officialibus  Curiae. 
»     CI.  De  facientibus  tumultum  seditionem  uel  conuenti- 

culam  in  populo. 
»     cu.  Quod  nullus  concedat  alicui  ius  quod  habet  contrà 

Comune, 
»     CHI.  Quod  quilibet  de  jure  suo  experiatur  in  Curia 

anagnina. 
»     civ.  De  auferentibus  fenum  aut  paleam  uel  siramen 

de  palearijs  clausis, 
»     cv.  De  recusantibus  seruire  comuni  et  eius  officialibus. 
»     evi.  De  Colonis  et  iniquilinis  negantibus. 
I)     cvii.  De  non  offendendo  conseruatores  et  alios  officiales^, 
n     CHI.  De  scassantibus  uel  furantibus  Cupellos. 
»     cix.  De  Domibus  non  diruendis. 
»     ex.  De  contrahentibus  matrimonium  cum  aliqua  mu- 

liere  vxore  uiuente. 
»     CXI.  Quod  Potestas  seu  rector  et  Judex  teneantur  in- 

quirere  circa  falsitatem. 
»     cxii.  Quod  mercatores  non  uendant  unumpannum  prò 

alio. 
»     cxui.  De  impedientibus  aliquem  testari  uolentem. 
j»     cxiv.  De  Armis  in  certis  casibus  concedendis. 
»     cxv.  Quod  Potestas  et  Judex  teneantur  in  criminalibus 

obseruare  statuta, 
«     cxvi.  De  adulterium  committentibus. 
i>     ex  VII.  De  litteris  non  concedendis  alicuj  per  officialem 

et  qualiter  adunantia  intelligatur, 
p     cxviii.  De  litteris  transmissis  nostro  comuni  aperiendis. 


36o 


^  Aménti  De  Magjftrit 


et  scuri  non  poiest  damm- 


su  De  dammo  dato  per  bestias  wrimufat  et  grossaSy  de 

quo  pema  per  presemtm  statMta  detemunata  non 

reperitur  {i]. 
xu.  De  animaithus  mom  wUttemdis  per  wudeses  òifusas. 
xiu.  Qttod  pecudes  et  porci  mm  mittantur  infra  cerios 

confates, 
xiT.  Qmod  porci  mm  mittantìtr  inst^ptdis  terràorij  Ana- 

gnimi  ttmqnre  tmessham. 
ix.  De  pecudarifs  Terras  cum  eorum  pecudibus  stàbu- 

loKtUms  et  pema  prò  eorum  cambus  de  uineis 

soiMendis. 


(i)  n  Irmmnieiito  magnino  comìeiìe  le  dìsposìziooi  di  questo  capitolo. 


Lo  Statuto  di  oAnagni  36 1 


>  XVI.  Quod  vineee,  orti^  et  prata  sint  sub  custodia  per 

totum  annum   et  quod  possint   impune   occidi 
porci  (i). 
»     XVII.  Quod  nullus  auferat  patos  nec  frondes  cannarutn 
e  ficuum. 

>  xviii.  De  animalibus  non  mittendis  ubi  sunt  oliue  et 

arbores  fructifere. 
»      XIX.  De  animalibus  damnum  dantibus  in  ferragine. 
B     XX.  De  oliuis  et  pomis  non  colligendis. 

>  XXI.  De  pena  minorum  damnum  dantium  (2). 

9  xxii.  De  animalibus  forensium  non  mittendis  in  terri- 
torio anagnino. 

»  xxiii.  Quod  nulli  liceat  uenariper  uineas  territori]  Ana- 
gnini, 

»     XXIV.  De  facientibus  traiectam  per  res  atienas. 

9     XXV.  De  sticcatis  in/rascriptis  manutenendis. 

»  XXVI.  Quod  non  liceat  spicarolis  colligere  spicas  sine 
licentia  dominj. 

»     xxvii.  Quod  non  liceat  bacterefrumentum  in  Area  aliena. 

»     XX vili.  Quod  nullus  det  damnum  in  macerijs  alienis. 

9      XXIX.  Quod  nullus  deuastet  aream  alienam, 

»     XXX.  Quod  semper  in  damnis  datis  damnum  emendetur. 

»  XXXI.  Quod  ubi  non  apparet  damnum  esse  illatum  per 
accusatum  uel  inquisitum  uel  denuntiatum  nulla 
penae  solutio  interueniat. 

(i)  Il  permesso  di  uccidere  impunemente  i  porci  è  aggiunto  nel  co- 
dice con  caratteri  neri.  La  prima  parte  del  fìram.  anagnino  parla  pure 
dì  questa  uccisione. 

(2)  In  questo  capo  si  dispone  che  per  conoscere  l'età  del  minore  si 
debba  stare  al  giuramento  a  Patris  vel  matris  aut  patrui,  seu  alterius 
«  consanguinei  proximioris  aut  vicini  si  principales  consanguinei  non 
«  exìsterent.  »  La  disposizione  è  anteriore  alla  redazione  del  nostro  co- 
dice, perchè  prima  della  costituzione  canonica  sui  libri  parrocchiali, 
decretata  dal  concilio  di  Trento,  nella  diocesi  anagnina,  come  in  altre 
diocesi  italiane,  era  stata  prescritta  fin  dal  1408  dal  vescovo  Tommaso, 
Benedettino  di  Subiaco. 


362  %  Ambrosi  De  Magistris 


RUBRICE  QUINTI   LIBRI 

Gap.  I.  De  Macellarijs. 
»     11.  De  prouisione  camium  in  quatuor  temporibus  annj. 
p     ili.  De  bestijs  spallatis  macellandis. 
»     IV.  De  portantibus  pisces  ad  uendendum. 
»     V,  Quod  nullus  faciat  bructuram   in  platea  comunis 

uel  Cimiterijs. 
»     VI.  Quod  nullus  proiciat  sterraturam  uel  alias  immun- 

ditias  ac  coria  et  cannutias  canape  uel  lini  in 

rebus  alienis. 
»     VII.  De  due  nostro  damnificato  prete xiu  represalia- 

rum.  (i) 
»     vili.  De  tabernarijs. 

»     IX.  Contra  ludentes  ad  taxillos  et  ad  Cartas: 
»     X.  De  accottomantibus. 
»     XI.  De  mensuris  obseruandis. 

»     XII.  Qualiter  debeant  mensurari  panni  per  mercatores. 
»     XIII.  De  hospitatorihus. 

»     XIV.  De  forensibus  uenientibus  ad  Ciuitatem  nostram. 
»     xw.,  De  forensibus  non  iurantibus  Ciptadinantiam, 
»     XVI.  Quod  nullus  Ciuis  instruat  forensem  uendere. 
»     xwn.  De  situa  et  Collis  montis  grauis. 
»     XVI 11.  De  penis  oppositis  Inter  consortes, 
»     XIX.  De  Consortibus  siluarum  et  sterpariorum, 
»     XX.  De   Silvis  possessionibus  et  tenutis  comunis  ma- 

nutenendis, 
»     XXI.  De  Portis  nostrae  Civitatis  claudendis, 
»     xxii.  De  molendinarijs  et  molendinis. 


(i)  Questo  capitolo  si  trova  identico,  per  tìtolo  e  redazione,  nel 
framm.  dclTAr.  d.  St.  e  fa  parte,  come  gli  altri  capitoli  che  quel  fram^ 
mento  contiene,  del  lib.  II,  85. 


Lo  Statuto  di  oAnagni  363 


Gap.  xxiii.  Quod  uendatur  canna  per  comune  ad  mensuran- 

dum  pannos  for3nses. 
»     XXIV.  De  aquis  famelice  detinendis  et  ad  cursum  an- 
tìquorum  reducendis. 

>  XXV.  Quod  acque  thofani  ad  cursum  antiquum  redu* 

cantur. 

9  XXVI.  Quod  porci  non  uadant  per  ciuitatem  certo  tem- 
pore anni. 

9  XXVII.  De  habentibus  cintìmiHos  seu  montanos  prò  oleo 
/adendo, 

»     XXVI 11.  De  facientibus  candeias  et  duppleria, 

»  XXIX.  Quod  Speciarij cum  medicis  societatem  non f adonta 
neque  sutores  cum  mercatoribus. 

»  XXX.  Quod  nullus  per  tres  domos  circumcirca  palatium 
communis  possit  domum  aliquam  in  aitum  eleuarf. 

»  XXI.  De  his  qui  obligauerunt  se  prò  comune^  quos 
Scyndicus  promisit  seruare  indempnes. 

9     xxxii.  Quod  satisfaciat per  comune  illes  qui presiiterunt 

pecunias  uel  alias  res  tempore  boni  status. 

>  xxxiii.  Quod  nonpossint  peti  salaria  prò  custodia  tur^ 

rium  tempore  boni  status. 

>  xxxiv.  De  uexìllo  comunis  non  extrahendo  de  duitaie. 
9     XXXV.  De  non  aedificando  ultra  mensuram  comunis 

9     XXXVI.  De  lacu  thophani  locando, 

9     XXX VII.  De  uiris  et  mulieribur  pensionariis  leuis  uitae 

de  conuicinio  expellendis. 
9     xxxviii.  De  Interficientibus  lupum.  • 

9     xxxix.  Quod  nullus  limitem  seu  Jbssatumfadat  in proù'- 

judidum  vicinj  seu  vie. 
9     xL.  De  deuastantibus  Armaturam  depictam. 
9     xLi.  De  non  Capiendis  Columbis  murarolis. 
9     xLii.  De  forma  molendini  manutendi. 
9     xLiii.  De  modis  in  rebus  singulis  adhibendis. 
9     xLiv.  De  ludo  festiuitatis  beate  mariae  Virgims  et  beati 

magni  et  secundinae. 
9     xLV.  De  ludo  sufflorum  tempore  anni  noui. 


364  %  Ambrosi  De  Magistris 


Gap.  xLVi.  De  uia  maiorì  plancanda  et  manutenenda. 
»     xLvii.  De  uia  noua  de  Ciuita  ueteri  manutenenda. 
!»     XLvni.  De  cloacis  et  exaquatorijs  restringendis. 
»     xiL,  Per  quae  loca  plenae  decurrant. 
»     L.  Quod  nullus  proiciat  bestias  mortuas  iuxta   muros 

ciuitatis. 
»     LI.  Qjiod  nulli  liceat  fodere  tu/os  iuxta  muros  ciuitatis. 

>  Lii.  De  aedificantibus  iuxta  uiam  plancatam, 

>  LUI.  De  discipulis  muuatorum  et  alijs  operarijs. 

»     Liv.  Quod  leprosi  non  intrent  ciuitatem  anagniae. 

»     Lv.  De  uendentibus  olerà  et  postuma. 

»     LVi.  De  uendentibus  calcem  et  pu^^olanam  (i). 

»     Lvii.  De  palea  nonfacienda  in  pantano  farfagnani  per 

forenses. 
»     Lviii.  De  habentiaus  possessiones  et  bona  in  aliquo  ca- 
stro alicuius  baronis. 
»     Lix.  Quod  nulli  liceat  fodere  uiam  causa  mittendi  plenas. 
»     Lx.  De  plenis  deriuandis. 
»     Lxi.  Quod  nulli  liceat  terras  domos  •  uel  alia  aedijicia 

alienare  alicui  personae  potenti  non  supposito 

jurisdictioni  nostri  potestatis  (2) . 


(i)  La  parola fo;f;[o/jMJm  è  aggiunta  posteriormente  in  carattere  nero. 

(2)  a  Item  statuimus  quod  non  liceat  vendere,  alienare,  locare  nec 
a  aliquo  quovis  modo  et  titulo  concedere  seu  transferre  domos,  terras, 
a  reducta  vel  alia  aedifìcia  sita  in  Civitate  Anagniae  et  eius  territorio  et 
a  districtu  alicui  personae  potenti,  seu  eius  vaxallo,  seu  suo  domino,  qui 
a  non  sit  convicinus  habitator  Civitatis  Anagniae.  Et  qui  contrafecerit  tam 
a  venditor  quam  emptor  in  CCC  libris  denariorum  puniatur  et  nihilo- 
a  minus  contractus  celebratus  cuiuscumque  conditionis  cxistat  nuUius 
»  sit  valoris.  » 

Bonifacius  Episcopus  etc,  —  Dilectis Jìliis  Potestati,  Consilio  et  Co- 
muni anagnino  salutem  etc Ad  audientiam  siquidem  apostolatus  no- 

stri  pervenit  quod  nonnulli  Barones,  Nobiles  et  Potentes  non  oriundi  de 
Civitate  predicta  sed  alienigene  firmiter  condiserunt  domos  et  posses- 
siones ibidem  emere,  ut  tali  pretextu  ipsis  ut  civibus  ad  Civitatem  pre- 
dictam   liberior  poteret  accessus,  non  ut  eis  expediat  cives  fieri  ana- 


Lo  Statuto  di  oAnagni  365 


Cap.  Lxiii.  Quod  nulli  liceat  lauare  pelles  neque  spandere 

in  uijs  publicis. 
»    Lxiu.  De  pergulis  habendis  supra  uias. 


gnini,  sed  ut  Civitate  predicta  magis  preesse  valeant,  et  ut  siti  su- 
biciant  popularium  libertatem  potius  quarti  estollant;  unde  vos  hec  di- 
ligentius  attendentes  deliheratione  provida  statuistis,  ut  nullus  civis  ve! 
habitator  Civitatis  eiusdem  domuniy  si  quatti  haberet  ibidem,  alicui  Ba- 
roni vel  nobili  potentive  persone  non  oriundo  de  civitate  predicta  sed, 
esterno ,  seit  interposite  aut  subiecte  persone  prò  eis  vendere  vel  donare, 
sive  per  quemcumque  alium  alienationis  contractum  in  eos  trans/erre 
presumat  et  qui  contrafecerit  mille  libras  denariorum  Senatus,  Comuni 
diete  civitatis  solvere  teneatur,  et  nihilominus  domus  quam  contra  statuti 
huiusmodi  tenorem  vendi  seu  alias  alienari  predicto  modo  contigerit 
Comuni  confiscetur  eidem  eo  ipso  prafate  civitatis  commodis  et  dominio 
applicanda  ;  ita  tamen  quod  potestas  et  conservatores  civitatis  ipsius  pre- 
fatum  domum  sub  debito  prestiti  iuramenti  et  pena  C  librarum  eiusdem 
monete  quam  Potestas  et  quilibet  consen>atorum  ipsosum  eo  ipso  incur- 
rantj  fiinditus  diruere  seu  diruifacere  teneantur.  Nos  igitur  Statutum 
huiusmodi  salubre  ac  utile  reputantes ,  ac  per  hoc  illud  inconcusse  in- 
posterum  observari  volentes  ipsum  auctoritate  apostolica  ex  certa  scien- 
tia  conjìrmamus  et  presentis  scripti  patrocinio  communimus  decemen- 
tibus  presentibus  litteris  et  sigillis  contentis  in  illis  in  iudicium  et  extra 
iudicium  fidem  plenariam  adhiberi ,  etiam  si  contigat  statutum  ipsum 
nullatenus  apparere.  Nulli  ergo  etc, 

Datiim  Aìianiae  IIIIKal.  Octobris  Pont.  Nos,  anno  secundo.  Theiner, 
Op.  cit.  Tom.  I,  fog.  339. 

Dal  confronto  di  questi  due  documenti  risulta;  che  il  Capo  6x,  Lib.  V 
degli  Statuti  Anagnini  data  per  lo  meno  dal  1296;  che  le  parole  «do- 
prate  da  Bonifacio  Vili  nel  suo  breve  hanno  tutta  1*  apparenza  dì  essere 
quelle  medesime,  con  cui  allora  fu  radatto  il  Capo  suddetto;  che  probabil- 
mente lo  stesso  pontefice  fu  il  consigliere  di  quella  disposizione,  e  che  final- 
mente le  modificazioni  subite,  quali  appariscono  nel  nostro  esemplare^ 
sono  la  conseguenza  delle  mutate  condizioni  dei  tempi  e  delle  persone. 
Ed  è  facile  osservare,  come  le  misure  di  rigore  contro  i  Baroni,  nobili 
e  potenti  (i  Colonna  cioè  e  ì  loro  aderenti),  che  nel   1296  Bonifacio 
tanto  loda  ncl!a  sua  Ànagni,  non  avevano  più  ragione  di  esistere  nel  ibij. 
Con  Bolla  data  da  Anagni,  2  ottobre  z3oo,  Bonifacio,  confermando  suo 
nipote  nel  possesso  di  Ninfa,  gli  vieta  espressamente  di  cederlo  per  nes- 
sun titolo  ai  Colonna.  Arch.  Caetani,  e  Tueiner,  Op.  cit.  Tom.  I,  N.  55o. 
cf.  anche  Geregorovius,  Op.  cit.  Tom.  V,  661.  23* 


^  Jkmimez  De  Magistris 


B     ^x^L.  ^e  ^zs  ..^jmms 


pomendis. 


et  uè- 


rcrr,   ^gmé  «ne  Moatmnmams  memarì  m  siluis  am- 


r.  Ut  JtBflSr  wt»  aas  ftm'iemdit  propre  ofi- 

saiaràK 


Quid  waSenes  wem  knies  pamem  uel  Jructus  in 


't'  rt  r3»cr  drirrèr  t  i;  ilrr:  i>r-!=?nti  inediti,  rcUtivi  tlla  eoa- 
-^tr-.-rty  r-' :^. •  cf  is^  Ebr^  ili  Aj^iT!!;  durante  il  medio  ero,  mi  sono 
-crmrrr  Ìjfi:sL':r^=^rr  re":  sruiì?  r;ncn!5  su'!a  parte  storico-giuridica 
òeyr*:  Scirurl  i^r.r*^.:-  Q.-iI:n  li  rubblicazìone  dell' intero  codice  dK>- 
T-sstf  ntirdir^   i:  rr:rr»r.  d:=;i-ier?  nuovas^eate  ospitalità  in  questo 
Arcrx::   per  ilruz^e  c;z5-iirirrn:  su  taie  ar^mento,  che  mi  è  sem- 
bra::: rrer-Iter-^Ie  i:  inenrfone,  perchè  da^I:  accennati  documenti  risulti; 
che  ili  ETrre:,  i"*epoci  della  prima  compilazione  degli  Statuti,  godessero 
con  s-:!:>  di  tutti  i  dirini  citi  ci ,   ma  potevano  ottenere  anche  dignità  al 
pari  di  rem  iltr^  dnadino,   e  ciò  consenziente  il  Papa;    che  i5o  arni 
più  tardi,  quando  cioè  fu  eseguita  la  copia  di  cui  ci  occupiamo,  godi- 
vano  sì  di  quasi  tutti  i  diritti  et  fro  nostris  Civibus  pcnitus  habcantvr, 
ma  con  si  parla  più  di  privilegi;  ónalmente  verso  la  seconda  metà  del  1 5oo 
furono  cacciati  da  Anagni  per  ordine  del  Papa. 


Lo  Statuto  di  oAnagni  867 


Gap.  Lxxxi.  De  prohibita  fideiussione  nobilium  aduocatorum 

et  procuratorum, 
»     Lxxxii.  Quomodo  reuerenter  debeat  portari  Saluatoris 

Imago. 
»     Lxxxiii.  Quod  statata  uendicent  sibi  locum  inter  Ciues 

et  subditos  potestatis. 
»     Lxxxiv.  Quod  nullus  officialis  in  capite  accedere  debeat 

prò  ambasciatore. 
»      Lxxxv.  De  sanguine  non  tenendo  per  Barberios  et  non 

proiciendo  per  maneschalcos. 
»      Lxxxvi,  De  modo  adhibendo  circa  introytum  molendino- 

rum  Communis. 
»     Lxxxvi  1 .  Si  mandatarius  in  Citando  fraudem  commiserit. 
»     Lxxxvni.  Quanto  tempore  diirent  deliberationes  adunan- 

iiae  consilij  et  parlamenti. 
»     Lxxxix.  De  retraciis  collectarum  exequendis  et  assignan- 

dis  potestatis  et  Judici  prò  eorum  salario. 
»     xc.  Quod  medianiis  eligens  non  possit  ad  officium  eligi 

per  eundem. 
»     xci.  Quod  Capitala  ordinata  in  gabellis  per  officiales 

in  capite  obseruentur. 
D     xcu.  Quod  nundine  sanctae  mariae  martii  et  sancii 

magni  sint  franche. 
»     xeni.  Quod  officiales  in    capite   habeant   interpretari 

statuta. 
»     zciv.  Quod  in  aliquibus  fontibus  non  pischetur  nisi 

cum  hamo. 
»     xcv.  Quod  officiales  teneantur  examinare  testes  prO" 

ductos  prò  parte. 
»      xcvi.  De  piscibus  non  accotumandis  et  modo  tenendo, 
»      xcvu.  De  scripturis  et  mercede  notariorum  bancae. 
»      xcviii.  Quod  radices  et  arbores  evellantur  de  muris 

comunis. 
9      xcix.  De  representatione  Balesteriorum. 
7>      c.  De  lacu  tophani  et  tenuta  molendinj  de  Collibus. 


36è  '1^  Ambrosi  De  Jklagistris 


Cip.  e  Hr  Grjacù  zmàm  fjòemia,  et  homimbus  habn- 


Dt  Cmuaiutiamt  mmrvrmtit  ■oftmwOT  StaMorum. 


CU  altri  fa^  ag^Tmti  posterìornieate  sono  sei  e  con- 
teogooo,  dal  f3g|flo  96  fino  alla  metà  della  prima  faccia  del  97, 
on  breve  di  Ijfone  X  ia  data  7  Agosto  iSig  e  trascritto  od 
nostro  oodke  il  27  ddlo  stesso  mese  ed  anno  da  Sehastianm 
XoUrij  sùepkim  às  Jnsòmme  pMicus  Imperiali  auctoritaU 
woiarims  et  mmc  CamceUims  Civiiatis  Anagnie;  la  copia 
del  brere  è  autenticata  dalla  firma  anche  del  Card.  Ales- 
sandro Cesarini^  ed  in  esso  sì  conferma  quanto  è  stabilito 
nd  cap.  45  dd  lib.  I  dello  Statato,  l'obbligo  cioè  dei  non 
cittadini  di  Anagni,  possessori  di  fóndi  rustici  nd  suo  ter- 
ritorio, di  non  esportare  altrove  almeno  la  terza  parte  dei 
prodotti  di  quei  fondi;  disposizione  già  approvata  e  con- 
fermata da  Giulio  IL  Nello  stesso  breve  si  condona  pure 
alla  città  un  debito  contratto  verso  la  Camera  Apostolica 
durante  il  governo  del  Cardinale  S.**  Croce,  ed  il  Papa  dice 
di  concedere  tale  abbuono,  perchè  Anagni,  travagliata  dille 
interne  discordie  ed  afflitta  da  tristissimi  a^'^'eni menti,  do- 
vette ingolfarsi  in  molti  debiti. 

Seguono  nella  stessa  pagina  e  per  tutta  T  altra  del  fo- 
glio 97  alcuni  Capitoli  et  ordinamenti  facti  per  commissione 
et  mandato  de  Mons."  nro  Rmo  de  Cesarini  et  aprobati  in 
publico  et  generale  consiglio.  Questo  è  V  unico  documento 
del  volume  che  sia  scritto  in  italiano.  Sono  disposizioni 
d'importanza  secondaria;  il  dettato  ha  pochissime  partico- 
larità, e  sono  piuttosto  di  pronunzia  locale  che  di  dialetto. 
Anche  questi  capitoli  furono  sottoscritti  ed  approvati  dal 
Cardinale  Cesarini.  Lo  scrittore  fu  un  Franciscus  Tho- 
massius  de  Signa  Cancellar ius  Ananiae  ;  la  data  è  del  16 
Settembre  i525   ed  era  Sindaco  Giovanni  di  Atriano.  A 


Lo  Statuto  dì  cAnagni 


36§ 


dì  di  questa  pagina  si  veggono  le  tracce  di  un  sigillo  in 
pa  lacca  rossa,  la  cui  impressione  ha  prodotto  nella  mem- 
cinque  tagli  ad  angolo  acuto,  regolari  ed  uniformi. 
ì  prima  faccia  del  loglio  gS  comincia  con  le  seguenti  pa- 
e  :  Approbamus  et  conjirmamus  suprascricta  statuto  et  lau- 
!abiles  consuetudines  jurì  consonas  proiit  in  suprascHcto 
i  apostolico.  V.  Carrafa  Cor.""  Neap  marni  propria.  Tra- 
o  poi  per  intero  il  documento  che  occupa  il  resto  della 
Iffina,  perchè  prova  quanto  gli  Anagnini  fossero  gelosi  di 
«servare  i  loro  antichi  Statuti  e  privilegi.   Il  documento 
r  ha  data,  ma   la   firma  del  Cardinale  V.   Carrafa  go- 
Irnatore  perpetuo    di  Agnani    lo  assegna   all'anno   i535 

[  In  Dei  Nomine  Amen.  Facta  et  ordinata  fuerunt  Infra- 
nta Capitala  et  Conditiones  in  Piiblico  ac  generali  Con- 
I  Civitatis  Anagniae  et  recitato  in  Presentia  Magnijicj 
h  eircumspecti  Viri  dni  Hieronymj  de  Alexio  Cammeranj 
tCommissariJ  deputati  Per  Riiìiim.  In  Xpo  Patrem  ED,  D, 
fncentiuitì  Carrafa  Dei  gratia  et  Apostolicae  Sedis  Di- 
issimum  Cardinaìem  Neapnlitanum.  In  Gubernij  ipsias 
"Svitatis  Anagniae  et  Possessionis  E.  Riha  D.  Susceptione 
nomine.  Qiiae  quidem  Capitiila  et  condinationes  ab  E.  Rnia 
D.  sint  Approbanda  et  Concedenda.  Imprimis  videlicet. 

Quod  E.  R."  D.  In  omnibus  et  per  omnia  observet  et 
observare  faciat  Antiqua  et  Presentia  Statata,  Antiquam 
eonsuetudinem .  Immiinitates,  Libertates  et  mores  Approbatos, 
ac  laudabiles  In  ìpsa  Civitate.  Ad  Hoc  ut  Cives  Insolitj  su- 
biacere  subsidijs  valeant  Predictis  gaudere 

Jlem  quod  E.  Ruia  D.  non  innovet  nec  innovar]  faciat 
Aiiqitid  ultra  Slalutorum  solitum  et  Consuetum  Ordinem. 

/lem  quod  Prefata  Riha  D.  Non  Cogat  nec  cogÌ  faciat 
Aliquem  Civem  ad  aliquod  subsidium,  tam  in  dando  Ali- 
quid  genus  frumentj,  sive  grasciam ,  quam  in  Persona  ipso- 


(i)  Assegno  al  t535   circa  questo  i 
D  CarafTa  fu  Vescovo  e  Gavcrnaloc 


jcunicnlo,  perchè  il  Card.  Vin- 
di  Anagtii  dal   i534  at   1541. 


^AminsE  Dt  Jlàgistris 


md  AHqmoi  cna 
f  ine  bh 


F.  CarrjLfa  Cardtmatis  Nat- 
GmkrmjsÈotrperpetMMs;  Mam 


Xdà  «ccaia  p^gisA  dd  ii^ìo  9S  e  nei  due  s^aead 

1  lagi  aamzioiie  dello  stato  miserando  ia 


fi  qocsd  cspholì  mi  fii  rammeottfe 

%*Myi7ni  quando  tomarooo  «ITobbedieBit 

S.  Sc^  ad  x>99:  i^odfrefaiMS  domiwut  master  wm  debemt,9iC 

dàctt  CjritsUt  Amagmieolicm  d€miimo,prì»eifi 
hsryrz ,  cximsnnqmt  coniztkmis  diguititis  frcemimencie  et  grtdMS 

-^rccfir  J^-  jclunuu  tC'Cius  fOfuli  Ciintatis eius- 
TsETix,  Op.  di.  Tesi-  Ul,  :c«:-oS.  Il  Papa  però  ritenne  sconTcnicntt 
questo  lirxr-irg-io .  e  r  spc^e  :  Ar:i»r  forma  honests  verborum  et  fiat  ut 
petit-^.  A  zìizlicre  irtilligcrxa  ci  questo  passo  e  di  tutto  il  documento 
del  quale  fa  '^'tn^j  che  zni  è  ccccrso  più  volte  ciure,  rammento  che  il 
giorno  21  settembre  i?5S,  una  generale  adunanza  di  cittadini  anagnini 
stabin,  e  ccn  atto  pubblico  stipulò,  la  cessione  della  signoria  e  dominio 
perpetuo  della  città  ad  Onorato  Caetani  conte  di  Fondi  <  a  Jacobello 
fratello  di  lui,  sono  pretesto  di  liberare  Anagni  dalle  aggressioni  degli 
altri  baroni  di  Campagna.  La  proposta  fu  fatta  dal  rettore  e  giudice  della 
città  Giovanni  Budoni,  e  da  Nicola  Giacomo  del  Piglio,  ambedue  quali- 
ficati per  nobilcs  viri.  11  notaio  che  stipulò  Tatto  fu  Nicola  di  maestro 
Pietro  Rossi  di  Anagni,  e  lo  sottoscrissero  oltre  trecento  cittadini;  il  primo 
a  sottoscrivere  fu  Jacobus  de  Zancato.  Per  i  lettori  anagnini  noto  il  nome 
di  qualche  altro  sottoscrittore,  cioè:  Cola  Vari,  Cola  Cecche,  Antonius 
Àfagni,  Sicolaus  Benvenuti,  Cola  Cajarellus ,  etc.  Arch.  Caetani, 
Sf.  XLllI,  3i. 


Lo  Statuto  di  cAnagni 


37, 


t  era  caduta  la  Città  per  l'invasione  di  barbari  nemici  & 

i  orrenda  epidemia;  onde  tot  viri  doctissimi  et  am- 
^simi  Magnates  allieti  et  trucidati  fuerunt,  conclude  es- 
e  Anagni^ene  solo  equatam  ut  ipsìus  vestigia  demonstrant, 
sprovvedere  a  tanti  mali  soggiunge  aver  Papa  Paolo  III  in- 
Wto  Mag,"  Paolo  Marchese  Pallavicino,  il  quale  co'suoi  sani 
Risigli  ed  ammonizioni  indusse  i  nobili  e  prudenti  uomini 
Ificola  Giovanni  Benvenuti  Sindaco,  Roberto  Vacarino,  Lo- 
Marzi,  Mastro  Angiolo  Narducci,  Giovanni  Leone  e 
4ice  Costantini  Oflicialì,  e  Costantino  Vendetti  Came- 
,  a  dare  nuovo  assolto  e  ordinamento  alla  Città.  Se- 
nno le  disposizioni  prese  in  proposito  e  sono  tutte  nel 
oso  di  restringere  l'amministrazione  economica  e  politica. 
Erto  solo  la  prima,  perchè  tutte  le  altre  ne  sono  quasi  una 
nseguenza. 

Anagni,  è  detto,  ne' suoi  tempi  felici  era  divisa  in  nove 
Igieni  0  contrade  {1),   ma   ora  propter  civium  raritatem 
e  restringersi  a  cinque,  secondo  il  numero  delle  sue  porte, 
I  si  decreta  che  queste  porte  a  gloriosissimis  nominibus  no- 
I  accipiant.   La  prima  porta   si   chiami  di  S,"  Maria, 
k  seconda  di  5.  Niccola,  la  terza  di  S.  Lorenzo,  la  quarta 
~t  S.  Francesco,  la  quinta  di  S.  Giacomo;  ed  ogni  con- 
ida  si  componga  delle  settanta  famiglie  più   vicine  alla 
>rta  dalla  quale  prende  il  nome.  Anagni  dunque  nel  iS^ 
100   era   composta   che  di  35o  famiglie  e,   calcolando  in 
i  persone  a  famiglia,  avremo  una  popolazione  ap- 
pena di  2,100  cittadini;  eppure  il  Duca  d'Alva  non  l'aveva 
ancora  visitata!  E  tanto  più  riesce  quasi  incredibile  questo 
computo,  quando  si  pensi  che,  meno  di  200  anni  innanzi, 
ne  contava  5o,ooo  (2),  Tutto  il  documento  è  concepito  in 


(i)  Ecco  i!  nome  delle  nove  regioni,  in  cui  Anagni  erB  divisa  ne' tempi 
di  sua  maggiore  prosperila:  Casieilo,  Torre,  Trivio,  Portaria,  Tufoll, 
Colle,  Valle,  Piscina  p).  Cerere. 

(3)  Desumo  quesia  cifra  della  popolazione  da  vari  documenti  che  ho 
tr«no  Jair  Archìvio  di  Stalo  di  Roma,  dai  quali  pure  risulla  clic  il  nu- 
(nero  delle  parrocchie  di  Agnani^  già  stalo  di  34,  era  ridotto  nel  i4o8a  16. 


372 


%  Amorosi  De  Magistris 


modo  pÌLi  che  negletto,  e  l'amanuense  vi  ha  aggiunto  del 
suo  sgrammaticature  e  i:ontroseiisi  in  quaniìtà,  il  che  au- 
menta la  penosa  impressione  prodoiia  dal  racconto;  ba  U 
firma  del  Pallavicini  cosi  formulata:  Aprobamus  et  confir- 
mantus  et  perpetuo  observari  mandamus.  P.  Pallavicinus  Cu- 
bernator.  Non  v'è  data,  ma  il  pontificato  di  Paolo  III  e  la 
firma  del  Pallavicino  la  stabiliscono  sui  primi  dell'anno  i543, 
come  ho  accennato. 

Dopo  una  lacuna,  di  oltre  la  metà  della  pagina,  segue 
un'altra  approvazione  degli  Statuti  e  riformazioni  anagnine, 
ma  molto  condizionata  ;  è  sottoscrìtta  Urbanus  Episa^s 
Senogalieim's   Vice  iegatus  die  3o  Oclabrìs  i56o. 

Sulla  prima  pagina  del  foglio  ultimo,  segnato  loi ,  è  scritto 
quanto  appresso:  Alexander  de  Cuccinis  Romanus  Guber- 
naior  Anagniae  fuit  missus  a  Pont.  Sixto  V  de  atino  t55S 
die  7  Mensis  Junii  et  erat  Syndecus  Civitatis  d.  Diomedes 
de  Jannutiis  cui  postea  successi!  d.  Jo.  Modestus  Varesius, 
Alexander  de  Cuccinis  Romanus  Gubernator  Ananiae. 

Segue  in  sei  linee  una  domanda,  a  nome  della  città  e 
de' suol  officiali,  perchè  siano  confermati  gli  Statuti,  le  ri- 
formazioni, costituzioni  e  decreti  contenuti  nel  volume;  la 
domanda  non  ha  data  e  non  è  detto  il  nome  del  Goveroa- 
torc  a  cui  è  diretta. 

La  pagina  termina  con  questa  altra  notizia:  Fabius  Ma- 
settus  Mutinensis  Gubernator  anagninus  fuìt  Missus  a  Gre- 
gorio XIU  anno  MDLXXXIII  octavaque  die  mensis  dcem- 
bris  an.  sup.'  cepit  offitium  et  erat  Sindicus  Civitatis  D.  Art- 
tonius  Petronius  cui poslea...  qui  la  scrittura  fu  cassata  e 
quindi  ripetuta,  ma  è  art'atto  ininlelligibile.  Due  righe  più 
sotto  si  legge  a  stento:  anno  MDLXXXV successit  D.  Dio~ 
medes  de  Jannutijs,  ripetizione  cioè  di  quanto  fu  registrato 
di  sopra. 

Come  il  lettore  avrà  osservato,  il  governo  del  Masetti,  che 
fu  nel  i583  sotto  Gregorio  XIII,  ed  il  Sindacato  del  Petroni, 
che  fu  nello  stesso  anno,  sono  notati  dopo  il  Governo  de  Cuc- 
ciai e  dopo  i  Sindacati  del  Giannuzzi  e  del  Varesi,  che  furono 


Lo  Statuto  di  ciAnagni 


373 


[  i585-Sb  sano  Sisto  V.  Questa  posposizione  Ìndica  cbia- 
kmente  che  la  noia  ultima  sul  governo  del  Masetti  non 

X)o temporanea,  ma  scritta  a  memoria  qualche  anno  dopo, 
t  in  fatto  non  è  hrmata  da  quel  Governatore. 
Pongo  termine  a  questo  scritto  notando,  a  titolo  dì  cu- 
una  scoperta  da  me  l'atta  alla  fìne  della  prima  pagina 
del  foglio  96  del  volume  e  che  si  riferisce  al  volume  stesso. 

Quando  presi  ad  esaminare  e  studiare  il  nostro  codice 
travidi,  nella  pagina  accennata,  tracce  di  scrittura,  che  non 
sembravami  né  italiana  né  latina.  Le  soie  parole,  che  re- 
stavano ancora  di  chiara  lezione,  erano  pedra  molara  e 
più  sotto  anania.  Con  paziente  esame  e  con  l'aiuto  della 
lente  d'ingrandimento  mi  parve  vedere,  che  innanzi  la  pa- 
rola anania  fosse  scritto  cidad  de;  lo  scrino  dunque  era  in 
lingua  spagnuola,  il  che  fece  crescere  nell'animo  mio  più 
vivo  il  desiderio  di  leggerlo  per  intero.  E  debbo  alla  cortesia 
e  perizia  del  valente  Chimico  S."  G.  Balestra  se  questo  mio 
desiderio  fu  tosto  appagato,  Mercè  un  innocuo  preparato  dì 
sua  invenzione  e  da  lui  fornitomi,  applicato  su  quella  parte 
del  faglio,  tornarono  chiarissime  queste  parole  :  Io  Juan  Oso- 
rio  abitante  eii  pedra  molara  espanollo  conserve  està  libro  i  lo 
monde  ala  cidad  de  anania^  (para)  notarjo  Salvador  esquinell 
a  los  7  de  gulja  de  lana  de  t558. 

É  chiaro  dunque  che  nell'autunno  del  i556,  quando  le 
truppe  di  Filippo  li  capitanate  dai  duca  d'Alva  espugnarono 
e  saccheggiaro;io  Anagni,  il  nostro  codice  fu  rubato,  e  che 
questo  Giovanni  Oaorio  {forse  il  ladro  stesso)  due  anni  piti 
tardi  lo  fece  restituire  ad  Anagni  per  mezzo  del  notaro 
Salvatore  Esquinell.  Per  quanto  il  nome  del  luogo,  ove 
l'Osorio  dice  di  abitare,  sia  di  l'orma  assolutamente  spa- 
gnuola, pure  non  so  che  esista  in  Ispagna  una  località  dì 
questo  nome;  e  poi  l'Osorio  col  qualificarsi  per  spagnualo, 
aggiungendo  però  di  abitare  in  pedra  molara,  mi  pare  che 
voglia  far  capire  di  non  essere  in  patria.  In  Italia  esiste 
nella  provincia  di  Caserta  ed  in  quel  Mandamento  una 
terra  per  nome  Pietramelara,  ora  dì  circa  35oo  abitanti  e 

Archivio  dtUa  Società  rcmanj  di  Storia  patria.  Vot,  ni.  34 


MM 


i*^^ 


m^* 


•ttaiiiÉbn  spagnoolizziD 
coof  cctura  ìi  oone 
■ro.  del  qosie  1*0»- 
kAotwi,  duinqod 
aw 
c£  akri  comli  q» 
UessaodroVI;  iob» 
sa  ootaro  spignuolo 
dì  qocLU  naitoat 
ÉBÉÌIpBÌ«fte|Krf«*icMiiirv  lo  spigQuiib 
AMfHlMU^;^  ctsfefio  dei  Coati  ora  distrutU) 


»VUWMh 


i  e  Bocca  dì  Pipa;  la  cootiadi 

%  ipota  iopposizioae  però  mi 

b-fltea;  ed  è  per  ciò  che  ira- 

:  ia  Pìetramelara  sp*- 

9  e  lo  mandai  alla  citta  dì    : 

B  Salratore  E&quiaell  il  7  dì  ^J 


m  fare  am  Sp^inoH!  ha.  1 


ico  dì  Toledo  ne  d(^ 
>  ora  prexioEo;  ai  rìmoni 
d*Dn  soldato  dd  Duca  d'Atra  dobbiamo  forse  l'uoìco  esem- 
plare di  essi  che  d  sìa  giiuito  intero. 

Raffaele  Ambrosi  De  Magistbis 


VARIETÀ 


Frammenti  medioevali  romani  venuti  in  luce  negli 
scapi  recenti. 

Neil' eseguire  le  sottofondazioni  di  quella  parte  dell' ex- 
monastero di  S.  Silvestro  in  Capite,  che  è  ora  occupato 
dalla  Posta,  sono  stati  ritrovati  molti  frammenti  di  scoi- 
ture  architettoniche  e  figurate,  appartenenti  alla  vetusta 
fabbrica  del  cenobio  Catapauli  (Corvisieri:  Archivio^  i,  gS). 

Il  frammento  piti  notevole  è  l'ornato  di  una  finestra  bi- 
fora a  sesto  acuto,  intagliato  e  traforato  in  lastrone  di 
marmo  con  molta  vaghezza.  Nel  listello  dell'architrave  è 
incisa  questa  memoria  in  una  sola  linea  ed  a  caratteri  se- 
migotici. 


EGO  RAINERIUS  CUM  FILIIS  MIS.  NYCOLAUS.  ET  PETRUS. 
HOC  INCIPIMUS  ET  GOPLEVIMUS 

La  memoria  è  assai  importante  e  si  deve  porre  a  con- 
fronto con  quelle  di  marmorarii  omonimi,  trascritte  dal  eh. 
de  Rossi  nella  chiesa  di  S.  M.  in  Corneto  [B,  A.C.  6,  1 16  sg.) 

Vengono  quindi  alcuni  frammenti,  misti  di  intaglio  in 
marmo  e  di  intarsio  in  musaico,  sul  fare  dei  Cosimati. 
Questi  sono:  —  uno  specchio,  forse  d'ambone,  con  un  trian- 
golo inscritto  in  un  quadrato;  nel  triangolo  è  scolpito  il 
bacino  con  la  testa  del  Battista  —  alcune  colonnine  tortili 
a  musaico  —  altre  di  porfido  rosso  —  un  costolone  di  volta 
a  sesto  acuto,  di  peperino,  dipinto  alla  maniera  gotica  —  un 


376  Varietà 


altro  pCBRi  di  costolone  in  raanno,  con  mscimcnip  ìa  ktm 
di  mascberoiie  —  un  putade  del  X  secolo,  roKnmeiite  scnt- 
pito,  eco!  labro  assai  corroso  dalP attrito  deOe  corde,  de  de; 
Di  iscrizioni,  oltre  qndla  dei  marmonuii  Ranieri,  Niooolb 
e  Pietro,  non  ho  trovato  che  firammcnti  di  aiessano  intcrcae. 


Nd  codice  vallicelliano  I,  60  il  Gualtieri,  sotto  la  datt 
del  12  febbraio  i588,  celd^a  V^area  Wa  qiut  mttqmaSsai' 
modum  eroi,  et  tìmrmèorum  (se  Diockiiam)  pnxiwmnm 
rtthds  et  coamentìs  cjppktm^  aeputHf  Jitcta  est,  dìsiecfiw  èf^ 
gemtium  itSs  coemteniormm  molAms.  »  Dal  e  libro  di  tmit 
la  spesa  fatta  da  N.  S.  papa  Sisto  V,  per  la  dislaitma  da 
mafsicri  dìeUe  Terme  >  conserrato  ndl'archiTÌo  vaticand, 
apparisce  che  il  giorno  16  maggio  i586  fiuono  pagad  a 
Stq^haiK)  Tedesco  scodi  5oo  per  la  dìsfimora  di  canne 
cnbe  1447,  ed,  in  data  del  i5  ma^io  1589,  altri  scodi  4839 
a  diversi  artefici  per  la  disfettora  di  ahre  7062  canne  £ 
moro.  Furono  qoindi  spese  da  Sisto  V  circa  ventinove  mila 
lire,  per  distruggere  novantacinqoe  mila  metri  cubi  ddle 
pareti  e  volte  del  monumento.  Sisto  V  fece  uso  «  di  ùttti 
qt»sti  wMteriaii  e  cakmacd  per  riempire  e  spumare  la  strada 
cke  dalia  Smkara  vieme  ai  /orione  vtmittaie  detta  villa  Mas- 
imov  la  ria  di^  Strafai,,  la  strada  del  MaccaOy  diversi  viaB 
édèM  w¥tétsèma  rilla^  ed  atri  btaghi  »  (Massimo:  Noti{ie  etc. 
p,  ^^\  La  veracità  di  queste  notine  è  stata  dimostrata  in 
questi  giorni  con  la  scoperta  di  uno  dei  luoghi  di  scarico. 
Co^ruendosi  una  cloaca  sull'asse  deUa  via  ài  Termini, 
q\M»ì  dìrinqpctto  aUa  chiesa  di  Sw  M.  degli  angeli,  è  stato 
|fS>v^|q^  un  banco  di  scaglioni,  speziati  con  la  marya,  grosso 
c4ict  a  quattro  metri,  e  posto  a  riempimento  di  un  sot^ 
ttCt1kM9»  vastissimo  ambulacro  deOe  terme.  Gli  scaglioni 
^^pi'^Ct^l^yifiXio  ai  rìnfianchi  dette  volte,  essendo  composti. 


Varietà  3jj 

come  quelli  delle  terme  antoninìane^  di  pezzi  di  pomice  leg- 
gerissima. 


Negli  scavi  del  foro  romano,  quasi  dirimpetto  alla  eh. 
dei  ss.  Cosma  e  Damiano,  è  stato  trovato  un  masso  informe 
di  marmo,  in  una  faccia  del  quale  sono  incise  queste  sigle  : 


Vie  •  S  •  IVL, 


che  mi  sembrano  sicuramente  dei  tempi  di  mezzo.  Negli 
stessi  scavi  è  stato  scoperto  e  messo  in  evidenza  un  porti- 
chetto  di  casa  medioevale,  costruita  quando  il  suolo  della 
via  sacra  era  già  ricoperto  di  rottami  e  terre  per  l'altezza 
di  circa  ra.  i .  5o.  Lo  strato  di  ruderi  aumentò  successiva- 
mente  in  potenza  fino  a  raggiungere  e  nascondere  alla  vista 
la  chiave  degli  archi  del  portichetto.  Questo  interrimento 
fu  lento  e  progressivo,  e  se  ne  possono  seguire  le  fasi  per 
mezzo  dei  paracarri  e  colonnette  di  difesa,  murate  le  une 
sulle  altre  sullo  spigolo  della  casa.  Questo  fenomeno  è  co- 
mune a  tutta  la  valle  del  foro.  Mi  ricordo  che  nel  dicembre 
dell'anno  1869,  costruendosi  una  chiavica  assai  profonda 
fra  la  chiesa  di  s.  Adriano  e  la  porta  segnata  n.  6  A  (piazza 
del  foro  romano),  si  trovò  un  gruppo  di  fabbriche  medioe- 
vali, i  cui  pavimenti  stavano  a  m.  3.  5o  sul  piano  del  Foro. 
Il  gruppo  era  attraversato  da  una  strada,  selciata  all'uso 
antico,  e  con  le  sponde  munite  di  paracarri  (di  granito 
bigio),  posta  alla  istessa  quota  media  fra  il  livello  antico 
ed  il  moderno.  Questa  strada,  segnata  nella  pianta  del  Bu- 
falini,  costituiva  la  sola  linea  di  comunicazione  diretta  fra 
la  regione  del  foro  e  quella  della  subura,  s'intende,  prima 
dell'apertura  delle  vie  Bonella  ed  Alessandrina.  Quando  fu 
costruito  il  fognone  del  Colpsseo  lungo  la  via  dei  Cerchi, 


378  Varietà 

si  trmaroaD  qnanro  pavimenii  di  strade  l'uno  sull'altro,  U 
dificreoza  oltìmetrìca  fra  il  piti  alto  ed  il  più  basso  euendo 
di  II  metri. 


Prima  della  erezione  della  basilica  di  Costantiiio  esit 
una  comunicazione  diretta  Ira  la  via  sacra  e  le  Carine,  ai- 
steva,  cioè,  una  strada  parallela  ed  aderente  ai  lato  meri- 
dionak  del  foro  della  Pace.  Massenzio,  fondatore  della  ba- 
silica condotta  a  termine  da  Costantino,  troncò  questa  co- 
municazione, recando  la  sua  fabbrica  a  contatto  con  Ìl  foro 
della  Pace:  ma  per  risparmiare  ai  cittadini,  che  dalla  vii 
sacra  recandosi  alle  Carine  o  viceversa,  la  noia  e  l' incotaodo 
del  lungo  giro,  sia  attorno  il  foro  della  Pace  sia  attorno  la 
nuova  basilica,  costruì  una  specie  di  tunnel  o  gallerìa  soc- 
terranea,  targa  in  modo  da  permettere  la  circolazione  delle 
vetture.  Questa  galleria  è  suta  ritrovata  negli  scavi  che  si 
eseguiscono  per  cura  dell'illustre  senatore  Fiorelii  allo  scopo 
di  rintracciare  le  parti  mancanti  della  pianta  marmorea  ca- 
pitolina. £  lunga  circa  i5  metri,  larga  4.  20,  lastricata  eoa 
tegolonì  sanati  col  bollo  OFFSRFOCEN ,  exi  ha  le  pa- 
reti consunte  e  solcate  dall'urto  delle  ruote  dei  carri.  Presso 
U  nascimento  della  volta  si  vede  una  fila  di  loculi  sepol- 
crali, simili  a  quelU  delle  catacombe,  e  scavati  a  furia  di 
scalpello  nei  tempi  di  mezzo.  Nella  volta  poi  rimangono 
tracce  di  rozzi  affreschi,  forse  del  XJl  secolo  che  credo  rap- 
presentare figure  di  santi.  Nel  medio  evo  il  tunnel  si  chia- 
mava ■  l'arco  di  Latrooe  >  ed  ecco  quanto  ne  dice  il  Li- 
gorio  nel  cod.  bodl.  p.  tS. 

e  Da  una  banda  dico  dalla  parte  di  dietro  la  eh.  dì  s. 
Cosmo  et  damiano  toccaua  il  Tempio  della  pace. . .  e  la 
strada  che  passaua  sotto  larco  che  hoggi  si  chiama  lattone, 
lo  quale  fu  fatto  apposta  per  no  voler  mouere  colai  tempio__ 


Varietà  879 

il  detto  arco  a  tempo  delie  ruine  sene  seruirno  per  sepolcri 
de'  Cristiani,  e  dopo  ui  si  rubbaua  et  assassinaua  adunque 
per  questo  fu  poi  chiamato  latrone:  e  acciò  si  leuasse  questa 
mala  usanza  ui  soleuano  nella  festa  di  mezzo  agosto  pas- 
sare col  Saluatore,  il  quale  si  porta  dalla  chiesa  di  S.  Gio- 
vanni a  laterani  portato  sulle  spalle  de  nobili  romani  lo 
portano  a  Santa  Maria  Maggiore.  » 

Rodolfo  Lanciami. 


PERIODICI 


AreUtologiflehe  Zeltug.  Itàag.  XXXVIL  Heft  2  vl^  T.  BdMber. 
Museo  Torlonia  in  Trasterere. 

ArdiiTio  storieo  per  le  froTinde  Bapeletane.  Àn.  IV.  Fàac  IIL— 
G.  De  Blasiis.  Tre  sorìttnre  napoletane  del  secolo  XY.  —  8,  Vàipt' 
eeBa,  Relazione  diretta  al  signor  Duca  di  Medina  de  las  Torres.  — 
G.  CarignanL  Carteggio  diplomatico  tra  il  Marchese  Tannod  e  il 
Prìncipe  AlbertinL  —  (7.  Minieri  Biceio.  Cenno  storico  delle  Accademie 
fiorite  nella  dt^  di  NapolL  —  B.  Capasse.  L*  epitaffio  di  Cesare  con- 
sole di  Napoli.  —  G.  Minervino  L  Scoperte  Napoletane.  IL  8caTÌ  di 
Snessnla.  —  Rassegna  bibliografica.  —  Annmwrii. 

AreliiTio  storico  siciliano.  Anno  lY,  fase  I-IL  Elenco  dei  Soci  — 

a 

Atti  della  SocìcUl  —  Memorie  originalL  A.  FktnéUna,  La  sala  déUe 
Dame  di  Palermo.  —  G,  Mdù  Nota  intomo  a  Giuseppe  Albina  detto 
il  Sozso,  pittore  palermitano.  —  F.  8.  CavaUarù  Sulla  Topografia  di 
talune  citta  greche  in  Sicilia  e  dei  loro  monumenti.  —  P.  Perreau, 
Storia  degli  Ebrei  in  Sicilia  del  dottor  Zunz  tradotta  dal  tedesco.  — 
6r.  Salvo-Cozzo.  Giunte  e  correzioni  alla  lettera  A  della  Bibliografia 
siciliana  di  G.  M.  Mira  —  Miscellanea.  A.  BertólottL  Alcuni  artisti 
siciliani  a  Boma  nei  secoli  XYI  e  XYU,  notizie  e  documenti  raccolti 
nell* Archivio  di  Stato  Komano.  •—  B,  Starràbba.  Dell'  Accademia  pa- 
lermitana degli  Agghiacciati.  —  Id.  Giovanni  D*  Angelo  Cipriano. — 
M,  De  BofaruXL  —  B,  Starrahba,  Documento  inedito  riguardante  la 
esecuzione  di  uno  de*  patti  della  pace  di  Caltabellotta.  Yarietà.  S.  FI 
Bozzo.  Maria  Carolina  e  le  pubblicazioni  di  documenti  a  lei  relative.  — 
Xr.  Tirrito.  Sul  sito  della  Sicana  Eamikos.  —  Eassegna  bibliografica. 

Ballettino  di  Archeologia  cristiana.  T.  S.  An.  lY,  n.  III.  — 
Prefazione.  —  Il  primitivo  cimitero  cristiano  di  Ravenna  presso  s.  Apol- 
linare ìd  Classe.  —  Cimitero  cnstiauo  di  Stabia  (  Castcllamare  ).  — 
Notizie. 


T^er  iodici  38 


Historische  Zeitschrift.  lahrg.  1880.  I.  Heft.  —  B.  Schróder. 

Herknnft  der  Francken.  —  R,  Koser.  Friedrich  der  Grosse  bizzum 
slauer  Frieden.  —  Literaturbericht  (contiene  recensioni  della  Boma 
erronea  cristiana,  e  delle  recenti  pubblicazioni  del  Berti  e  del 
p-nski  intomo  al  processo  di  Galileo). 

Xhe  Nineteenth  Century.  N.  32.  October,  1879.  —  E.  Schùtz 
scn,  Lucrezia  Borgia. 

^ouTelle  Rerue  Historiqae  do  droit  fran^ais  et  étranger* 

S.  Sept.  —  Oct.  1879.  —  C  Poisnel  Recherches  sur  les  societés 
erselles  chez  les  Romains.  —  E,  Le  Blant.  Les  Acta  Martyrum 
Sur  sourcea.  —  H,  Pignot.  Chasseneuz  et  le  Parlement  de  Pro- 
e.  —  Variétés  —  Comptes  rendus  bibliographiques.  —  Bulletin  bi- 
^raphique. 

Nuora  Antologìa.  XVm,  fase.  21.  Novembre  1879.  —  A.DeGu- 
citis.  Carteggio  Galileano.  Nuovi  documenti  inediti  per  servire  alla 
i-afia  di  Galileo  Galilei.  —  J.  Ciampi,  Pietro  della  Valle  il  Pel- 
ano. III.  Il  patrizio  scienziato,  letterato,  artista.  (Continua). 

Lia  Rassegna  Settimanale.  Voi.  4.o  Num.  98.  16  Nov.  1879.  — 
^ertohtti.  Ancora  della  schiavitù  in  Roma  dal  secolo  XVI  a  tutto 

colo  xvm. 

^Tue  Archéologiqne.  EX.  Sept.  1879  I.  Quicherat,  Une  tombe 
s  dans  TEglise  de  Sainte-Praxède  à  Rome. 

tevae  Historiqne.  XL  2  Nov.-Dec.  1879.  —  B.  Aubé.  L'Eglise 
rique  et  ses  premières  épreuves  sous  le  règne  de  Septime  Sé- 

—  A.  Sorci.  La  diplomatie  fran9aise  et  T  Espagne  de  1792 
^.  —  I  Bestrem,  Documenta  sur  les  déportations  dea  prétres  pen- 

le  premier  Empire.  —  Bulletin  historique.  —  Comptes  rendus 
ITies.  —  Publications  périodiques  et  Sociétés  eavantes.  —  Chro- 
3  et  Bibliographie. 

ierue  des  qnestions  historiqnes.  53.  Livraison.  1  lanv.  1880. 
e  VEpinois.  La  politique  de  Sixte-Quint  en  Franco.  —  Ch,  Geriti. 
i?.  XIV  et  Clomcnt  IX  dans  l'affaire  des  deux  mariages  de  Marie 
avoie,  1G6G-1668.  —  L.  Duchesne.  Les  plans  de  Rome. 

24* 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


Biumtme  iemta  nel  giorno  8  novembre  1879. 

H  prendente  inrita  Q  socio  Balsani  a  riferire  iatorno 
all'operato  dei  dolenti  della  Società  al  Congresso  delle  So- 
cietà di  Storia  patria  tenuto  a  Xapolì.  Il  socio  Balzani  parli 
principalniente  delle  discnssiom  del  Congresso  intorno  sWo 
scambio  di  docomenti  delle  Società,  e  della  proposte  di  un 
catalogo  crìtico  delle  footi  edite  della  Storia  d' Italia,  pro- 
mettendo di  l^gere  nella  prossima  rìiinione  nna  relazione 
ani  lavorì  del  Concesso. 

I  80d  Balzani  e  Giorgi  preaentano  il  Beeondo  Tolome 
del  Regesto  di  Farfiu  II  socio  Tommasim  dice  di  taaà  in- 
terprete della  Società  rìng^raziando  a  nome  di  essa  gli  edi- 
tori i  qnali  rendono  grazie  alla  Società  per  la  benerola 
accoglienza  fatta  al  loro  lavoro.  H  Presidente  dichiara'  dì 
donare  alla  Società  i  rolnmi  della  Tecchia  copia  del  B^esto 
di  Farfa  che  han  servito  alla  pnhhltflazioDe  di  questo  Tolnme 
e  serTiranno  alla  pnbblicazione  d^Ii  altri  rolnmi.  I  soci 
Balzani  e  Giorgi  associandosi  ai  ringraziamenti  della  So- 
cietà, sentono  di  dovere  più  particolarmente  ringraziare  Ìl 
cav.  GorrisierL  SoTr'easi,  come  editori  del  Regesto,  ricadrà 
specialmente  il  beneficio  del  dono  generoso,  ed  è  caro  ad 
essi  far  palese  in  pubblico  la  riconoscenza  che  nutrono  pel 
maestro  loro. 


Riunione  tenuta  nel  giorno  i  decembre  i879. 


Letto  il  processo  verbale  dell*  ultima  seduta  il  Presi- 
dente invita  il  socio  Balzani  a  leggere  la  sua  relazione  sul 


c^/rf  della  Società 


Congresso  dì  Napoli  pubblicata  iu  fine  del  presente  verbale. 
La  Società  dopo  breve  discussione  approva  le  coDclnsioni 
della  relazione  e  soprattutto  la  proposta  di  uu  saggio  di  ca- 
talogo descrittivo  delle  fonti  edite  della  storia  di  Roma  dal- 
l'a.  800  al  900.  Per  attuarla  il  Presidente  nomina  una 
coianiissione  composta  dei  soci  Balzani,  Giorgi,  Guidi  e 
Monaci.  II  Segretario  poi  riferisce  intorno  alla  visita  fatta 
al  Sindaco  di  Roma,  e  le  benevole  parole  colle  quali  il  Sin- 
daco accolse  il  volume  del  Regesto  di  Farfa  e  diede  spe- 
ranza per  la  concessione  di  un  locale  adatto  a  stabilirvi  la 
sede  della  Società.  Il  tesoriere  legge  la  relazione  finanziaria 
dell'anno  1878.  La  Società  uocuina  revisori  pel  bilancio 
del  1878  i  soci  Cognoni  e  Valeuziani. 


Selazwi>e  sul  primo  Congresso  delle  Società  storiche  iUdicme 
letta  dal  socio  Uao  Bilzini  neìV  adunanza  tenuta  dalla  So- 

Il  cietà  Homana  di  storia  patria  il  1°  Decentro  1S79, 
fi 
elil 


Signori  Colleghi, 


^  Per  incarico  del  nostro  Presidente  io  debbo  esporvì  le 
aeliberazioni  votate  dal  Congresso  delle  Società  storiche  ita- 
liane al  quale  egli  ed  io  andammo  delegati  da  voi  per  rap- 
presentare la  Società  romana  di  storia  patria.  Adunatosi  a 
Napoli  per  invito  della  Società  storica  napoletana,  il  Con- 
gresso, come  sapete,  proponevasi  d'iniziare  la  discussione 
intorno  ai  modi  di  venire  coordinando  ad  una  meta  comnue 
gli  sforzi  di  ciascuna  società.  Con  amorevole  ospitalità  ac- 
colse i  delegati  e  preparò  molta  materia  di  discussione  il 
Consiglio  direttivo  della  Società  Napoletana  composto  dei 
signori  cav.  Scipione  Volpieella  presidente,  prof.  Giuseppe 
De  Blasiis  segretario,  cav.  Bartolommeo  Capasso,  Comm. 
[Giulio  Minervini,  cav.  Camillo  Minieri  Riccio,  cav.  Giù- 


384  Oiiti  della  Società 

seppe  del  Giudice,  eay.  Vincenzo  Y olpiceUi,  car.  Luigi  Ric- 
cio, prof.  Antonio  Salandra. 

Interrennero  per  la  Deputazione  Veneta,  il  prof.  Rinaldo 
Fnlin,  il  prof.  Luigi  Bailo,  il  comm.  Nicolò  Barozzi; perla 
Società  storica  di  Lombardia  il  prof.  Benedetto  Prina;  per 
la  B.  Deputazione  della  Romagna,  il  prof.  Giosuè  Carducci; 
per  la  R.  Deputazione  di  Toscana,  Marche  0  Umbria,  i  pro- 
fessori Pasquale  Vìllari  e  Agenore  Gelli;  per  la  Società  Sto- 
rica di  Sicilia  il  comm.  Antonino  Salinas;  per  la  Sodett 
Araldica  residente  in  Pisa  il  sig.  A.  Bertolotti;  per  la  so- 
cietà romana  i  rostri  due  delegati  Gay.  Costantino  Cor?i- 
sieri  ed  Ugo  Balzani. 

Dei  soprintendenti  agli  Archivi  del  Regno,  invitati  an- 
ch'essi  al  Congresso,  intervenne  il  Cav.- Cesare  Foucard  di- 
rettore deir  Archivio  modenese.  Ci  dolse  di  non  vedere  tra 
noi,  perchè  impediti  da  diverse  ragioni,  i  rappresentanti 
delle  RR.  Deputazioni  di  Torino,  Modena  e  Parma,  e  della 
Società  Ligure. 

Aperto  il  Congresso  il  giorno  20  Settembre  con  discorsi 
del  Prefetto  della  provincia  e  del  Sindaco  della  città  di  Nar 
poli,  furono  eletti  Presidente  Ruggiero  Bonghi,  Vice-presi- 
dente Rinaldo  Fulin,  Segretario  Agenore  Gelli,  Vice-Se- 
gretario Antonio  Salaudra. 

Alcune  proposte  erano  state  affidate  all'esame  di  due  spe- 
ciali commissioni  presieduta  V  una  dal  Cav.  Corvisieri  V  al- 
tra dal  cavaliere  Capasso.  In  esse  furono  lette  e  discusse 
le  relazioni  messe  a  stampa  dei  signori  Giulio  Minervini, 
Pasquale  Villari,  Antonio  Salandra  e  Ruggiero  Bonghi.  Fu 
compilato  e  approvato  un  regolamento  per  future  riunioni 
e  si  votarono  le  deliberazioni  seguenti  che  io  trascrivo  e  che 
saranno  pubblicate  tra  poco  negli  Atti  del  Congresso. 

L  L  desiderabile  che  le  Società  Storiche  Italiane,  come 
manifestazione  della  scientifica  amicizia  che  le  unisce  in- 
sieme, scambino  fra  loro  tutte  le  proprie  pubblicazioni , 


oAtti  della  Società  385 

qaelle  fatte  non  solo  a  cura,  ma  anche  a  spese  delle  So- 
cietà stesse. 

II.  E  utile  che  quando  una  Società  si  accinga  ad  una 
determinata  pubblicazione,  faccia  parte  della  deliberata  im- 
presa alle  Società  consorelle,  le  quali  vorranno  giovarla  di 
tatti  gli  aiuti  che  sieno  da  loro. 

III.  E  desiderabile  che  quando  una  Società  storica  s'im- 
batta in  documenti  o  notizie  che  si  riferiscano  o  interes- 
sino particolarmente  la  storia  di  altre  regioni  d'Italia, 
voglia  darne  la  notizia ,  la  pura  notizia,  alle  altre  Società 
consorelle  della  regione  a  cui  quel  ritrovamento  può  giovare. 

IV.  Nel  caso  che  una  Società  storica  avesse  da  far  tra- 
scrivere documenti  negli  Archivi  di  un'  altra  regione,  la  So- 
cietà consorella  voglia,  richiedendo  pure  V  aiuto  dei  Soprin- 
tendenti e  Direttori  degli  Archivi  di  Stato,  sopravvegliare 
e  raffrontare  le  copie  e  trascrizioni  dei  documenti,  rima- 
nendo le  spese  a  carico  della  Società  richiedente. 

V.  Fa  voto  che  le  Società  di  Storia  Patria  vogliano  at- 
tendere alla  compilazione  di  un  Catalogo  delle  fonti  edite 
della  Storia  italiana  dal  476  d.  C.  al  1000;  e  perciò  le  in- 
vita a  volere  per  saggio  compilare  ciascuna  un  catalogo 
anche  manoscritto  di  tali  fonti,  durante  quel  periodo  d'anni 
che  parrà  loro,  purché  si  comprenda  nell'intervallo  di  tempo 
più  su  indicato,  perché  il  Congresso  prossimo  possa,  pren- 
dendo a  norma  questi  saggi  stessi,  determinare  il  disegno 
dell'intero  catalogo  e  i  modi  e  i  mezzi  di  compilarlo. 

I  saggi  devono  essere  presentati  alla  Società  di  Storia 
Patria  che  avrà  cura  di  preparare  il  congresso  prossimo, 
tre  mesi  innanzi  la  riunione  di  questo,  afiSnchè  una  Com- 
missione nominata  da  essa  Società  abbia  tempo  a  formulare 
le  considerazioni  e  conclusioni  da  presentare  al  Congresso. 

VI.  Invita  le  Società  di  Storia  Patria  a  proporre  pel 
prossimo  congresso  le  aggiunte  che  potrebbero  farsi  ai  ife- 
rum  Itaìicanim  Scriptores,  senza  pregiudicare  la  questione 


386 


C^ffi  della  Società 


dell' estensione  e  dell'ordine  che  potrebbero  esser  dati  a 
una  ristampa  della  detta  opera. 

VII.  Applaudisce  all'ardimentosa  iniziativa  della  stampa 
dei  Diarj  di  Mann  Sanato  promossa  dalla  Deputazione  Ve- 
neta, e  la  raccomanda  caldamente  alle  altre  Società,  affin- 
ché tale  pubblicazione,  la  quale  interessa  la  storia  di  tutta 
Italia  e  dell'Europa,  possa  compiersi  sollecitameute. 

VIU.  Va.  Toto  al  Ministro  della  Pubblica  Istrazione  che 
assegni  un  fondo  speciule  alla  Biblioteca  Vittorio  Emanuele 
di  Koma,  per  acquistare  le  opere  gli  opuscoli  e  i  documenti 
tntti  messi  a  stampa  o  inediti,  originali  o  in  copia,  com- 
prese le  poesie  di  argomento  politico,  le  rappresentazioni 
figurate,  ritratti,  caricatore,  autografi,  medaglie,  lettere  e 
altri  ricordi  che  riguardano  l'opera  del  Risorgimento  ita- 
liano, cominciando  d'intorno  al  1796. 

IX.  Facendo  voti  perché  po^sa  presto  compilarsi  una 
compiuta  bibliografia  di  tutte  le  pubblicazioni  storiche  con- 
cernenti l'Italia,  propone  che  le  varie  Deputazioni  e  Società 
di  storia  patria  comincino,  ciascuna  per  la  propria  regione, 
a  compilare  un  indice  esatto  di  tutte  le  pubblicazioni  sto- 
riche avvenute  nell'anno  corrente,  con  che  si  possa  dare 
in  certo  modo  principio  al  lavoro  piìi  generale  o  general- 
mente desiderato. 

X.  Approva  le  due  proposte  del  cav.  Foncard  così  foi^ 
mnlate:  Raccogliere  negli  Archivi  pubblici  d'Italia  Ì  docu- 
menti della  Diplomazia  italiana  dall'anno  1444  al  1450  e 
farne  una  sola  pubblicazione  per  chiarir  meglio  le  condizioni 
politiche  di  quell'epoca,  tenuto  conto  del  documento  sco- 
perto a  Modena  col  quale  la  Corte  estense  proponeva  ad 
Alfonso  I  re  di  Napoli  di  formare  un  solo  regno  d'Italia 
cominciaudo  dall'annessione  del  Ducato  di  Milano  alla  morte 
di  Filippo  Mai'ia  Visconti. 

Raccogliere  per  un'  unica  pubblicazione  i  carteggi  degli 
ambasciatori  italiani  concernenti  il  tempo  della  discesa  di 
Carlo  Vm  in  Italia. 


<l4tH  della  Società 


387 


XI.  Accetta  le  eonaiderazioni  espresse  nella  relazione  del 
ìsideiite  Bonghi,  accoglie  i  auoi  voti,  deliberando  che 

ismessi  e  raccomandati  caldamente  al  Ministro:  e 
ga  l'onorevole  Presidente  a  voler  sostenere  questi  voti 
\  Parlamento,  allorché  verrà  in  discussione  il  bilancio  della 
'nbblica  Istruzione. 

XII.  Fa  voti  che  il  Sopraintendente  degli  Archivi  Na- 
loletaui  si  adoperi  presso  il  Ministero  dell'Interno  perché 
E  Toglia  stabilire  nna  sezione  d'Archivi  di  Stato  che  eom- 

rende  tra  gli  altri  tatti  gli  antichi  diplomi  e  manoscritti 
stenti  io  parecchi  luoghi  dell' antico  Ducato  longobardo 
,  Benevento  giusta  la  relazione  fatta  al  real  Governo 
t  29  aprile  1861  da  Giuseppe  Del  Giudice  quale  Ispettore 
I  Grande  Archivio  di  Napoli,  e  ciò  alio  scopo  special- 
lente  di  potere  iniziare,  quando  che  sia  un  Codice  diplo- 
Iktico  del  Ducato  e  Principato  Beneventano  e  Eue  di- 
mdenze. 

XIII.  Per  favorire  sempre  più  il  progresso  degli  studi 
torici  fa  raccomandazione  ai  privati  cittadini  che  couaer- 
tno  Archivi  e  documenti  di  famiglia,  che  vogliano  depo- 

pjtBre  negli  Archivi  di  Stato  i  documenti  che  possano  illn- 

rare  la  storia,  facendosi  processi  verbali  di  consegna  presso 

ietti  Archivi  ed  obbligandosi  i  medesimi  a  rilasciare  a  detti 

livati,  ove  lo  desiderino,  copia  legale  di  detti  documenti. 

XIV.  Fa  voto  che  il  Ministero  dell'Interno  inviti  le  So- 
[età  di  storia  patria,  nel  modo  che  crede  migliore,  a  pro- 

rre  gli  argomenti  di  regesti  da  compilarsi  dagli  alunni 
Kplomatici  presso  gli  Archivi  di  Stato  colla  retribuzione 
iBnna  loro  promessa. 

XV.  Propone  che  il  Congresso  futuro  si  riunisca  ud- 
ranno 1880  in  Milano. 

Tali  secondo  il  precìso  lor  testo  sono  le  deliberazioni  del 
loDgresso  intorno  ad  alcune  delle  quali  per  incarico  del  Pre- 
lente io  debbo  ora  proporvi  il  pensiero  nostro.  Noi  desi- 


3SS  zjim  Jdla  Società 


deixjBO  ài  r>iÌM»ire  li  TOBtia  «rtmiioac  solle  firime  quattro 
éeìT^Rtiànd  aBe  ^cafi  ci  aerabn  die  si  debltt  aderire  so» 
lissrre.  SoìSo  per  qviBto  rigvimda  lo  <w!ainKift  delle  pabUi- 
enarri.  cacTexn  cxicm  3  Biodo  di  £ulo  aecardarsi  colle  sin- 
gle dDcieià  eeicmdd  £  oiàeaeae  dm  esse,  qizuido  sk  pò»- 
sibilr.  s?3  T'Ure  1*  pnVbScaxjom  correnti  e  le  fmtsre,  ma 
ahres  cneBe  bxt^  bcsS  asm  piasad.  La  quinta  deliben- 
ik'B*  cbe  s  liffT^ace  *!  catalogo  crrnco  deDe  fonti  edite, 
laeriza  sr-m  c«ri  ahra  T  esiEC  rostro  e  noi  re  la  racco- 
^ri^?Tg-n-»  ciJ£ssiaaz3este.  Discnteme  la  importanza  is- 
]ul:!x£  a  r-ià  i^:t!  serre,  e  p^  sarebbe  raao  d(H>o  la  dotti  e 
issvs^osa  reluScre  dd  prof^ssiofe  Salandra  che  l^gerete 
Ì£  bi^ere  picV^Seata  tza  gli  ani  drl  CoisgiesK).  Ripeterò  {»ai- 
tof^o  la  frase  cok^rita  di  Tin  ilhmre  liomo,  onore  dei  nostri 
sh:£.  i!  Fn^.  cV  ebbe  a  dire  mentre  disiruteTani  la  pro- 
possa:  e  se  nscffiìJ?  da  c'aerro  Congresso  non  armoo  fitto 
€  ahro  eie  TTiTn^ìr  F  cT»*ra  £  s^tto  eataloeo.  certo  sui 
«  grar  c:«a  e  e:  rctrezn?  rj^ntare  d'esercì  rinniti  ad  un 
<  C-Mizres??  di  lArti  e  non  di  parole-  >  Le  Società  storielle 
ccr-^trrtr  i  Vi-.-::  p-r  irr^rx?  cri  l?r^  delegati,  tutte  hanno 
-:::':^  :-i'   :   -■:i:--:f  I:.  T-j-rf?::  ìf  :::r^:>  -i^t^'c-r?.  e  pel 
cesflr-TÌ:-  iTTizìr  I!  ir::^ìrli  iii^  emizciito  ex  rido  ria  per 
q-??:?  rrin:  inn:  -ezTr:  I2  .^r:':::i  r^c^e^ta  di  altr^etunti 
ssjrr:  i:  :-:iI:rii  rt-rimM.  InprrtJL  era  che  noi  dal  canto 
E?5tr:  z:z  ::  t-rzii^n^  iniirtr,^  na  che   ci  sppareccliiaino 
e:  ri  ^-tri  3.'7  :?t:ri  riì  irixisia  e  che  ?i  rfene  proseguendo 
di  nrrì.  L' f  ri  che  crrre  lalli  c»d::ta  dell'Impero  fino  al 
zz-f/.e.  è  rlx-s  :::r:3  c~iz:3  i:  zir-n^ezti  rrrrici  assai  solenni 
rellà  tìtjì  li  F»::::a.  ruL  cer::  z:::  sarebbe  arrerole  trorare 
ir  esfa  1!!  r-:r]:i:-  i:  terrro  rM  ir:T^?rtai:ie  per  la  storia 
rrsrrj  e  i::f:fr:e  r:i  :n:rA!::i:>  ri  -^soTir»?  di  quello  che 
:-:::  11  r:z:>  fr-::!:-.  Ocr^rre  e^li  ricordiire  alla 


♦"^ 


cor: 

*  — 

TCJtra  r.-.tn.rii  :  r:~;  lìì  Car!^  M.V7r:'  e  de' «noi  STScoes- 
v.^n.  ::  L;:.:-;  ITI  e  IV.  e  l!   iv:>cr.-a_-^^^  d" Alfredo  il 


(lAtti  della  Società 


389 


Graude,  e  i  Saraceni  saccheggiatori  di  iSeu  Pietro,  e  la  Città 
LeouiDii  sorta  allora,  e  le  chiese  edificate,  e  via  via  tutti  gli 
avvenimeiiti  seguiti  fino  alle  fortunose  viceode  di  Papa  For- 
moso e  alla  caduta  della  basilica  Lateranease?  Forse  a  que- 
sti potrebbero  contrapporsi  ed  anche  parer  nsaggiori  i  tempi 
di  Gregorio  it  grande,  ma  la  stupenda  trasformazione  di 
Itoma  avvenuta  per  impulso  di  Gregorio,  è  di  sua  natura 
tntta  ideale  e  operando  piuttosto  da  lungi  che  intorno  a  sé, 
per  la  sua  stessa  universalità  tocca  meno  la  storia  locale  ed 
intima  delta  città  di  Roma.  Questa  diOereuza  si  fa  meglio 
Incida  a  chi  cerca  le  fonti  storiche  dei  secoli  di  Gregorio  e 
ài  Carlomagno,  perocché  a  bene  intendere  il  primo  è  neces- 
sità principale  lo  studio  degli  scritti  gregoriani,  mentre 
per  la  età  carolingia  convieu  cercare  faticosamente  la  storia 
nelle  scarse  cronache,  e  nelle  memorie  agiografiche  e  nei 
diplomi.  Da  ciò  a  noi  sembra  per  ogni  rispetto  più  oppor- 
tuno il  tentar  questo  saggio  di  catalogo  indicando  le  fonti 
edite  della  storia  romana  pel  secolo  nono.  Il  quale  lavoro, 
che  secondo  la  mento  dei  delegati  al  Congresso  dovrebbe 
esaere  assai  stringato,  raccoglierebbe  sotto  ciascuno  arti- 
colo la  indicazione  del  titolo  di  ogni  fonte  descrivendone  la 
natura  in  poche  righe  e  recando  sul  suo  valore  quel  giu- 
dizio che  può  risultare  dalle  migliori  critiche  venute  in  luce 
intorno  ad  essa.  Del  resto  il  Congresso  nel  far  cenno  d'al- 
cune norme  generali  opinò  saviamente  che  per  questi  saggi 
fosse  Usciata  larga  libertà  a  tutti  di  seguir  quei  metodi  che 
più  paressero  acconci  allo  scopo,  affine  di  poter  meglio  nel 
futuro  congresso  dalla  copia  dei  confronti  stabilire  un  si- 
stema unico  pel  lavoro  complessivo  e  comune.  Pertanto  tocca 
a  voi,  0  signori,  di  prescrivere  precisamente  con  quali 
norme  debba  compiersi  questo  lavoro,  se  voi  accoglierete 
la  nostra  proposta  o  anche  se  la  modificherete  scegliendo  una 
età  diversa.  Noi  vi  chiediam  solamente  di  far  che  1'  opera 
fljaci  subito.  Pur  troppo  ossa  è  meno  laboriosa  che  non 


Sgo  c/ltti  della  Società 

appare  a  prima  vista.  Oltreché  la  esistenza  di  lavori  come 
quelli  del  Sickel,  del  Watterich,  o  gli  studi  recenti  intorno 
al  I^ibro  Pontificale ,  e  la  storia  insigne  del  nostro  socio  cor- 
rispondente Malfatti,  abbrevieranno  e  &ran  più  facile  V  opera 
nostra,  voi  sapete,  o  signori,  che  la  suppellettile  storica  di 
quei  tempi  non  sovrabbonda.  Piuttosto  la  parte  ardua  del 
nostro  lavoro  consisterà  nell*  andar  cercando  con  cura  que- 
sta suppelletile  affine  di  cansare  ogni  possibile  omissione  e 
fare  opera  utile  anche  mentre  si  tenta  un  saggio.  Ma  di  ot- 
tener questo  la  vostra  dotta  esperienza  delle  cose  romane 
mette  fiducia  sicura.  Non  è  possibile  precisare  fin  d*  ora  a 
quale  numero  di  schede  salirebbe  Finterò  saggio  qnando 
fosse  compiuto.  Solo  vi  chiedo  licenza  di  citar  per  confronto 
un  lavoro  che  potrebbe  assai  bene  con  qualche  divario  servir 
di  modello  al  nostro.  Il  catalogo  delle  sorgenti  arabiche 
della  storia  siciliana  compilato  con  minutissima  diligenza 
^all*  Amari,  include  ogni  maniera  d* opere,  esistenti  e  per- 
dute, d*una  ricchissima  letteratura,  per  un  età  assai  vasta 
e  per  una  vasta  regione,  e  non  oltrepassa  in  tutto  le  ot- 
tanta schede.  Ora,  poiché  siamo  a  calcolar  grossamente, 
tenuto  conto  delle  debite   differenze  aumentate   di  gran 
lunga  il  numero  delle  schede  e  ristretto  lo  spazio  del  te^ipo 
da  abbracciar  col  catalogo,  io  non  credo  che  potranno  toc- 
care oltre  un  pieciol  numero  di  schede  da  empire  per  cia- 
scuno di  noi  se  il  lavoro  sarà  ripartito  fra  tutti,  e  forse  il 
concorso  di  qualche  socio  corrispondente  agevolerà  V  opera 
nostra.  Empir  queste  schede  in  quattro  mesi  non  sarebbe 
gravoso  e  avanzerebbero  due  mesi  ad  accomunare  il  lavoro 
e  ridurlo  ad  unità  perfetta  prima  di  presentarlo  al  futuro 
Congresso  entro  i  termini  prefissi.  Noi  abbiamo  speranza 
che  voi  vorrete  accogliere  questa  proposta  e  mandarla  ad 
effetto. 

Un'  altra  grave  deliberazione  del  Congresso  e  senza  dub- 
bio utilissima,  è  la  sesta,  e  noi  di  gran  cuore  vorremmo 


dAtti  della  Società 


ptervi  raccomandare  di  secondarla,  ma  ta  proposta  c)ie 
Pabbiam  fatto  qui  sopra  ci  par  che  basti  alle  forze  di  ima 
tcietà  composta  di  così  pochi  soci  com'è  la  nostra.  Seuza 
pnlibio  saranno  necessarie  lunghe  e  frequenti  discussioni 
ao  alle  aggiunte  da  farsi  alla  raccolta  muratoriana 
i  di  render  possibile  la  suprema  aspirazione  di  tutti 
e  dare  ai  lavori  delle  Società  storiche  quella  comunione 
di  tendenze  e  di  scopo  che  accordi  insieme  la  maravigliosa 
armonia  nella  Tarietà  che  è  caratteristica  della  storia 
italiana.  Per  ciò  adunque  che  riguarda  le  aggiunte  ro- 
mane da  farsi  alla  raccolta  del  Muratori,  bene  parrebbe  no- 
bilissimo e  onorevole  alla  città  nostra  clie  taluno  di  voi 
prendesse  a  scriverne  e  ne  facesse  tema  per  uuo  stndìo  da 
pubblicare  nei  prossimi  fascicoli  del  nostro  Archivio,  ma 
quanto  il  tema  è  più  bello  e  attraente  tanto  piìi  ci  sembra 
che  uno  studio  siffatto  dovrebbe  nascere  dalla  iniziativa  in- 
dividuale di  qualche  socio  che  9Ì  sentisse  ispirato  a  farlo. 
Questa  sesta  deliberazione  di  eni  vi  ho  parlato  esprime 
un  desiderio  e  tende  ad  una  meta  che  nelle  presenti  con- 
dizioni d'Italia  metterebbe  sgomento,  se  qua  e  là  qualche 
nobile  esempio  non  ci  provasse  che  il  fuoco  sacro  ancora  è 
vivo  nella  nostra  patria  e  vi  è  tra  noi  chi  ha  lena  di  pensar 
cose  grandi  e  di  metterle  in  opera.  Per  iniziativa  di  privati, 
si  è  dato  mano  in  Venezia  alla  stampa  dei  Diari  di  Marin 
Sauudo.  La  colossale  impresa  di  pubblicare  in  Italia  quei 
cinquantotto  volumi  di  storia  piuttosto  mondiale  che  ve- 
neziana procede  innanzi  Speditamente,  e  già  due  volumi 
aono  venuti  in  luce  a  dar  saggio  dell'  opera  intera.  Cosi  è 
rimasto  all'  Italia  I'  onore  di  una  pubblicazione  che  Francia 
e  Inghilterra  avevano  indarno  tentato  d'intraprendere.  Il 
Congresso  plandeudo  agli  ardimentosi  iniziatori  della  stampa 
dei  Diari  e  sentendo  esser  dovere  comune  il  soccorrerla,  la 
raccomandò  caldamente  alle  singole  Società  di  Storia  Pa- 
.  Noi  vi  rechiamo  questa   raccomandazione   fidenti  che 


C^tli  della  Socielà 


] 


i'  accoglierete   faceudo   quanto   è   da   voi   per   aiatare  U 
impresa. 

Al  voto  espresso  di  raccogliere  nella  Biblioteca  Vittoiio 
Emanaele  i  ricordi  storici  del  nostro  risorgimento  Dado-  \ 
naie,  ci  nssocieremo  del  sicuro  unanimi.  La  deliberaàoae  ' 
del  Congresso  intorno  al  lavoro  da  farsi  lu  comnne  dalle 
diverse  società  darebbe  materia  a  discussione  ntil issimi, 
ma  appunto  perché  ne  sentiamo  la  grande  importanza,  sti- 
miamo essere  per  om  miglior  partito  astenerci  dall'aggimi- 
gere  nuove  proposte  a  quelle  che  vi  abbiamo  già  fatte.  Pnb- 
blicati  gli  atti  del  Congresso,  e  tra  questi  i  documenti  of- 
ferti dal  cavaliere  Foucard,  forse  piacerà  ad  alcuno  tra  voi 
di  udire  ìntoruo  ad  essi  l'avviso  vostro  e  proporvi  di  prender 
parte  al  lavoro. 

Quanto  alle  altre  deliberazioui  parmi  che  basti  avervele 
lette  e  stimo  che  le  vorrete  accogliere  per  quanto  rìgnar- 
dano  la  ÌSocietà  nostra. 

Ilesta  ora,  o  signori,  che  noi  vi  riugraziamo  per  l'onore 
che  ci  avete  fatto  inviandoci  delegati  al  Congresso.  Noi  non 
avevamo  iricarJco  dì  fare  speciali  proposte  né  avremmo  po- 
tuto presentarne  di  moto  nostro  perché  ad  entrambi  il  man- 
dato giunse  fuori  d'Italia  e  quando  il  termine  fisso  a  iire- 
seutare  tali  proposte  era  già  scaduto.  Né,  anche  potendo, 
l'avremmo  fatto.  L'Opera  del  Congresso  ci  parve  essere 
così  feconda  e  iniziatrice  così  provvida  di  futuro  lavoro,  che 
nulla  avremmo  saputo  aggiunger  di  nostro,  e  ci  restava 
solo  di  studiare  cogli  altri  delegati  e  discutere  il  buono 
delle  cose  proposte.  Della  cortese  benevolenza  che  ci  fu 
mostrata  a  Napoli,  noi  facciamo  qui  cenno  perché  la  repn- 
tiamo  come  mostrata  a  voi,  e  come  un  seguo  dì  quel  santo 
legame  che  stringe  Roma  alla  comune  patria  italiana. 

Ugo  Balzani 


U^crologia 


Ignazio  Ciampi 

alle  ore  5  antimer.  del  dì  21  gennaio  testé 
trascorso  terminava  la  sua  vita,  cara  agli 
amici,  dedita  liberalmente  agli  studi  e  alle 
lettere.  Era  nato  a'  di  3i  luglio  1824  di  Giu- 
seppe Ciampi  e  Giuseppina  De  Angelis.  Aveva 
sortito  da  natura  acconcia  disposizione  d' in- 
gegno, pieghevole  a  varie  discipline,  soddi- 
sfatto in  una  operosità  continua.  Gli  studi 
compiuti  con  grande  lode  nel  Collegio  dei 
Gesuiti  e  nell'  Università  della  Sapienza  gli 
procacciarono  egregia  reputazione  fra  ì  cit- 
tadini, e  gli  lasciarono  intenso  nell'  animo 
il  desiderio  di  procedere  a  miglior  meta  ; 
alla  quale  non  gli  era  dato  avviarsi  se  non 
coir  intelletto  proprio,  sincero  e  solo.  Neil'  ani- 
mo suo  trovarono  eco  nobilissima  i  gemiti 
dell'Italia  divisa  e  oppressa,  ed  egli  non 
ostentò  e  non  nascose  mai  il  proprio  afletto 
alla  libertà.    La    laurea   conseguita  nella  fa- 


t\ecro[ogÌa 


colta  di  diritto,  dandogli  titolo  a  onori] 
impieghi,  gli  era  frequente  occasione  a 
chiami  dagli  studi  speculativi  ad  offici  pul 
blici  e  alle  pratiche  del  foro.  Fu  pert; 
nel  1849  minutante  aggiunto  al  ministero 
grazia  e  giustizia;  dal  i852  al  i855  ebl 
r  officio  di  segreto  nella  romana  Rota.  La 
riunione  di  Roma  alle  città  sorelle,  nel  1870, 
gli  fé'  sentire  come  la  lotta  in  cui  perdurò 
per  gran  parte  della  vita,  fra  1'  impulso  a 
partecipare  al  corso  degli  affari  civili  e  i 
vagheggiamenti  di  studi  sereni  e  metodici, 
poteva  riuscirgli  fatale.  Però,  posciachè  ebbe 
seggio  onorato  nella  magistratura,  si  vr^iò 
tutto  all'  insegnamento  e  nell"  Archiginnasio 
nostro  fu  professore  di  storia  moderna.  Se- 
dette ne' Consigli  del  Comune;  fu  aggregato 
agli  Accademici  Lincei.  Lasciò  opere  mol- 
teplici d' arte  e  d'  erudizione,  che  rendono 
bella  testimonianza  della  mente  e  dell'  ani- 
mo suo.  Tentò  la  lirica,  il  teatro;  scrisse 
novelle  e  storie  ;  pubblicò  nella  raccolta  dei 
Documenti  di  Storia  patria  del  Vìeusseux  le 
Cronache  viterbesi  di  Xiccolò  della  Tuccia. 
L'arte  non  men  che  la  scienza  lamentaron 
ciascuna  che  loro  non  si  cedesse  intero  :  a 
quella  parve   meglio   disposto  da  natura;    a 


C^Qecrologia 


395 


cjuesta  s' accostò  più  sovente.  Negli  ultimi 
suoi  giorni  pareva  voler  tesoreggiare  con 
ansia  il  tempo ^  quasi  presago  che  questo 
era  per  mancare  alla  gran  volontà  sua  di 
condurre  nuove  e  degne  opere  e  di  gran 
lena.  Lasciò  incarico  per  testamento  a  Paolo 
Emilio  Castagnola  di  curare  la  ristampa  degli 
scritti  suoi  già  dati  in  luce,  il  cui  catalogo 
basta  solo  a  monumento  della  sua  maravi- 
gliosa  operosità.  Gli  uomini  del  foro^  i  pro- 
fessori dell'  Università  j  i  cultori  delle  buone 
lettere  accompagnarono  la  salma  di  lui  con 
addolorato  affetto  alla  dimora  estrema.  La 
Società  romana  di  storia  patria  avrà  sempre 
irreparabile  la  perdita  e  caro  il  ricordo,  del 
collega  estinto. 


NOTIZIE 


La  facoltà  largita  agli  studiosi  di  potersi  accostare  ai  tecori  cooterrati 
negli  Archiyi  Vaticani  è  per  sé  stessa  tale  cosa  da  doyersi  coniSderare  come 
un  fatto  d* altissima  rilevanza  per  gli  stndiosi  della  storia  del  medioevo. 
La  Società  romana  di  storia  patria,  che  fin  dal  suo  nascere  avoTa  espresso 
il  desiderio  e  la  speranza  di  veder  compiersi  questo  fatto,  se  ne  rallegra 
ora  e  plaudisce  alla  nobilissima  concessione  che  per  fermo  non  cadrà  jdalla 
grata  ricordanza  dei  posteri. 

Un  recente  decreto  del  Ministro  dell*  agricoltura  industria  e  commercio, 
statuisce  che  per  cura  del  suo  Ministero  debba  essere  compilata  e  pub- 
blicata per  le  stampe  una  Bibliografia  romana  dal  secolo  XI  fino  ai  nostri 
giorni.  La  compilazione  di  questa  Bibliografia  romana,  dovrebbe,  aeeondo 
il  deoraCo,  essere  condotta  a  termine  in  un  periodo  non  maggiore  di  cinque 
inni,  6  pubblicarsene  un  volume  ogni  anno. 

'  L*  Istituto  per  V  investigazione  della  storia  austriaca  à  recentemente  in- 
trapreso la  pubblicazione  d*un  periodico,  che  non  potrebbe  dare  miglior 
speranza  d*  utile  vita  se  non  co*  nomi  de*  propri  collaboratori ,  quali  il 
Sickel,  il  Thauseng  lo  Zeissberg.  La  redazione  è  affidata  al  signor  E. 
Muhibaeher.  La  pubblicazione  si  fa  ad  Innsbruck  per  fascicoli  trimestrali. 
Questa  s*  intitola  «  Mittheilungen  des  Instituts  fOr  Oesterreichische  Gè- 
schichtsforschung.  »  Il  primo  fascicolo  contiene  interessanti  artìcoli  del 
Sickel,  nuovi  contributi  del  Ficker  alla  dottrina  dei  documenti  (  Néue  Bei' 
froge  xur  XJrhunderlehre)  due  poesie  latine  relative  al  conflitto  fra  Ot- 
tone IV  e  Inoocenzo  III,  una  lettera  di  Paolo  Giovio  colla  quale  accom- 
pagna airimperatore  Ferdinando  I  un  esemplare  de'  suoi  «  Elogia  virorum 
heUica  virtut*  illustrium  »  e  altri  scritti  ai  cultori  della  storia  «saai  in- 
teressanti. 


IMOmO  T«.  m  I^KL  r.s 


fsiANFO  -^  U''"  _ 
mi    91977 


ARCHIVIO 

della 

Società  Romana 

di  Storia  Patria 


"7n  'Roma  :  presso  la  Società. 
1880 


Contenuto  di  questo  fascìcolo 


LEVI  G.  —  Suóiu  documenti  lalla  Legafiotit  del  Car- 
dinale Isolana  i»  Rama pi 

CUGNONI  Ci.  —  A'ole  al  Cominealario  di  Alettan- 

droVtl  iullaviladi  AgotliiK  Chigi  leonùnutz-}  ■     4*3 
CORVISIERI  C.  —  Coinpmdio  dei  procetsì  del  Santa 

Ufficio  di  noma ■    440 

BALZANI  Li.  —  La  Storia  di  Roma  nella  cronica  di 

Adama  da  Usk ....                ...  a    473 

Varietà    ...                                                           .  n    481} 

Bibliografia  "     4Q7 
Periodici.        .        .                                                            .»     5^»Q 

Alti  delia  Società  .       .                                             .  -    5|j 

Ifotijie -5iS 

Elenco  dei  Soci      ........  «    3iA 


NUOVI  DOCUMENTI 
sulla  Legazione  del  Cardinale  Isolano 


f' ULTIMO  periodo  dello  scisma  di  Occidente,  dalla 
morte  di  Ladislao  all'elezione  di  Manino  V,  è 
i  uno  dei  punii  più  torbidi  e  desolanti  della  Storia 
1  di  Roma,  La  morie  dell'  ambizioso  re  napoletano, 
la  lontananza  degli  emuli  ponietìJ,  l'incertezza  della  lotta 
che  si  combatteva  a  Costanza  accrescono  il  disordine,  del 
quale  approfittano  audaci  ed  abili  capitani  per  procacciarsi 
Irrcon  la  spada  una  Signorìa.  liCossa  e  Pietro  de  Luna,  Angiò 
(  Durazzo  non  sono  oramai  che  parole  d'ordine:  la   vera 
■loRa  è  tra  Braccio  e  lo  Sforza,  che  sì  contendono  il  domi- 
Sio  dello  Stato  Ecclesiastico  e  dì  Roma  stessa,  e  per  premio 
i  venali  condottieri  che  lì  appoggiano,  abbandonano  il  go- 
verno di  mìsere  città,  costrette  nella  vicenda  delle  parti  a 
izìare  l'ingordigia  dì  tutti,  patire  le  crudeli  rappresaglie 
lell'ultimo  vincitore,  rese  pìii  funeste  dagli  adii  delle  in- 
'  terne  fazioni.  Per  bieca  fama  e  potenza  primeggia  fra  quei 
condottieri  Tartaglia  di  Lavello,  il  quale  per  lunghi  anni 
fu  la  desolazione  del  Patrimonio  e  della  Campagna,  men- 
tre senza  fede  akiioa  vendeva  la  sua  spada  a  chi  sapeva  allet- 
tarlo con   migliori   offerte,   fosse  Perugia  o  il  suo  oppres- 
sore,  Ladislao  o  la  Chiesa,   Braccio  o  lo  Sforza.   E  come 
i  Braccio  sì   fece  chiamare  difensore  di  Roma,  egli  ebbe 


39» 


G.  Levi 


Q  si  prese  e  gli  fu  poi  certo  ufficialmente  riconosciuto  il  ti- 
tolo di  Rettore  del  Patrìmonio.  (i) 

A  rappresentare  la  Chiesa,  ridotta  in  questi  estreini,  i*- 
diatno  sedere  in  Roma  come  Vicario  Generale  il  Cardinale 
Isolano.  Senza  autorità  né  forza  né  mezzi  sufficienti  per  re> 
sisiere,  o  guadagnarsi  un  sicuro  e  potente  ausiliario,  egli 
andò  destreggiandosi  fra  l'alternarsi  delle  fazioni  e  la  varia 
fortuna  dei  contendenti,  pieghevole  innanzi  al  forte,  crudde 
verso  il  vinto  i  pur  di  mantenere  qualche  vestigio  delta  sua 
autorità  in  Roma,  come  con  accorte  concessioni  cercava  di 
estenderla  sulle  altre  città  dello  Stato. 

li  disordine  la  confusione,  del  pari  che  negli  arveoi- 
menti,  regnano  nel  racconto  di  chi  ce  li  ha  tramandati  fìoo 
a  noi,  specialmente  quanto  alla  storia  interna  di  Roma  la 
cui  fonie  principale  è  ancora  il  Diario  di  Antonio  di  Pietro; 
fedele  espositore  dei  fatti,  tna  delle  cause  o  tace  o  dice 
confusamente;  e  troppe  cose  poi  lascia  nella  penna  come 
egli  stesso  ad  ogni  momento  ripete.  Se  pertanto  i  docu- 
menti che  mi  fo  a  pubblicare  non  valgono  a  cambiare  il  giu- 
dizio già  dato  dagli  storici  sui  principali  personaggi  che  vi 
figurano,  ci  forniscono  almeno  interessanti  particolarità, 
che,  confermando  le  scarse  notizie  dei  Cronisti,  loro  acero* 
scono  fede  ed  autorevolezza. 

Prima  di  partire  a  malincuore  per  Costanza,  volendo  la- 
sciare in  Italia  e  in  Roma  chi  lo  rappresentasse,  Giovanni 
non  poteva  scegliere  altro  Cardinale,  che  gli  avesse  dato 
prove  di  maggior  devozione  dell'Isolano,  il  quale  doveva  la 
porpora  ai  servigi  resi  al  Cossa  come  giurista  nel  Concilio 
di  Pisa,  come  soldato  nel  ridargli  a  soggezione  le  città  di 
Romagna,  nonché  al  potente  aiuto  prestato  da  lui  e  dalla 
sua  famiglia  nel  farlo  signore  di  Bologna  (2). 

(i)  V.docpiùsotlociUii.Cfr.CRiveiii.S/orf.  Vifa (Moa.T. X[X. &70). 

(i)  D.  Celgitino  Petracckc,  Vita  di  messere  Jacomo  Isolani  nei 
Miscellanei  di  Varia  letteratura  Lucca,  1661.  T.  t.  espccìalTnentea 
pag.  144  e  ti.  la  tetter»  di  nomioi  ■  VJnrìo  di  Forlì,  e  a  pig- 
a  Vicario  Generale. 


Legaiìone  àst  CaYd.  Isolano 


399 


Percorrendo  la  lunga  serie  di  brevi,  coi  quali  quel  Ponie- 
e  andò  ampliando  le  facoltà  gii  larghissime  concesse  al  suo 
^cario  nella  Bolla  di  nooiina,  si  fa  palese  con  quanta  te- 
da si  sforzasse  a  mantener  fermo  sul  capo  il  mal  acquislaro 
itegno,  mostrandosi  sopratutio  sollecito  che  il  suo  Legato 
iKesse,  con  graziose  concessioni  nell'esercizio  delle  due  po- 
lista, serbargli  fedeli  i  suoi  aderenti  e  accrescerne  il  nume- 
\  ([).  E  anche  da  Costanza,  mentre  con  ogni  artificio  ten- 
^a  mandare  a  vuoto  l'opera  temuta  del  Concilio  ,  rivolgeva 
f  pensiero  a  Roma,  e  come  non  gli  stava  a  cuore  la  pace 
P>  unione  della  Chiesa,  cosi  molto  meno  si  curava  dell' in- 
lici  condizioni  della  sua  Sede,  Invece  con  iniqua  scaltrezza 
«vedeva  a  perpetuarvi  il  disordine  e  la  discordia  col  revo- 
e  a  sé  la  dek:isìone  delle  contese,  che  intorno  ai  loro  Castelli 
ssero  t  Baroni  Romani.  Allo  sperato  e  ancora  pib  ago- 
gnato ritorno  le  avrebbe  delìnite  egli  stesso:  ma  l'opera  di 
pace  che  prometteva,  mentre  l' impediva  al  suo  Vicario,  sa- 
rebbesi  poi  tramutata  in  aito  di  favore  verso  quei  baroni, 
che  gli  fossero  stati  parziali.  (2), 

In  Roma,  nell'assenza  di  ogni  rappresentante  della  Chiesa, 
la  parte  popolare  aveva  intanto  vigorosamente  respinto  gli 
attacchi  dello  Sforza,  ed  eletto  a  dittatore  Pietro  Matuzzo, 
uno  dei  conservatori  (3),  carissimo  al  popolo,  e  che  già 
sotto  Innocenzo  VII,  in  momenti  fortunati  per  il  partito  de- 
mocratico, ebbe  l'importante  ufficio  di  difensore  delle  pub- 


(1)  Gehbjilogia  di  Casa  Isolani.  Mss.  della  Bibl.  Angelic»  (T.  3.  17.) 
Conlicne  copia  dì  lettere  apostoliche,  a  favore  del  Cardinale  Isolano,  di 
GJoranni   XXlll.  del  Concilio  di  Cosianra  e  di   Martino  V.  Il  Cossa  gU 

assegna  una  provvigione  mensile  di  5oo  fiorini,  e  gli  concede  Scolta  dì 
dispensare  da  molteplici  impedimenti  canonici,  dì  provvedere  al  conferi- 
mento dei  benefici,  nominare  notai  prescrìvendo  la  formula  di  giura- 


ti) Documento  I. 
.   13)  Aktoh.  Pethi  Diarium  Romanum  (Murat.  RR.  li.  SS.T.  XXIV.) 
li  diipenso  dì  cìiare  ad  ogni  sìngolo  passo. 


} 


400  G.  Levi 

« 

bliche  strade  e  di  riformatore  della  Salara  (i).  Al  Cardi- 
nale fu  tuttavia  facile  abbattere  il  reggimento  popolare, 
facendo  deporre  da  una  subita  e  incruenta  rivoluzione  il 
Matuzzo.  Quindi,  invitato  dagli  ambasciatori  della  cittft, 
entrava  in  Roma  il  19  ottobre  1414^  e  vi  restaurava  il  go- 
verno dei  Conservatori.  Primo  compito  del  Legato  sarebbe 
stato  riconquistare  Castel  S.  Angelo,  tuttavia  in  mano 
dei  Napoletani.  Ma  fosse  sentimento  della  propria  debo- 
lezza, fosse  sospetto  del  popolo  per  timore  che  si  ripren- 
desse le  sue  libenà,  come  potrebbe  far  credere  la  fiacchezza 
con  la  quale  anche  piti  tardi  favori  le  imprese  dei  Romani 
contro  quel  castello,  certo  è  che  egli,  il  quale  poi  fini  per  get- 
tarsi completamente  in  braccio  allo  Sforza,  iniziò  fin  da 
principio  trattative  con  lui  e  con  la  Regina.  A  tal  fine 
inviò  a  Napoli  Paolo  de  luvenazzo  Protonotario  Aposto- 
lico (2),  e  Bartolomeo  de  Montegozio  segretario  del  papa, 
che  stipularono  una  tr^ua,  firmata  da  Perretto  de  Andreis 
e  dallo  Sforza  e  ratificata  dalla  regina.  Il  tenore  dei  pani 
disgraziatamente  resta  ancora  sconosciuto,  non  essendomi 
stato  dato  di  rinvenire  i  capitoli  della  tregua,  ma  solo  la 
lettera  della  regia  loro  conferma  (3).  Ad  ogni  modo,  per 
quanto  almeno  riguarda  Castel  S.  Angelo,  la  tregua  era  già 
violata  nello  stesso  mese  che  fu  conchiusa,  e  il  Rione  Ponte 
gravemente  danneggiato  dalle  artiglierie  napoletane. 

Con  più  fortuna  il  Legato  rivolse  le  sue  cure  a  conser- 
vare o  ridurre  alla  sua  soggezione  le  città  del  Patrimonio 


(i)  Theiner  Cod.  Dipi.  III.  xcii. 

(2)  Quando  Bonifacio  IX.  incorporò  Ostia  allo  stato  della  Chiesi 
Paolo  de  Juvcnazzo,  allora  Chierico  di  Camera,  ebbe  T  incarico  di  pren- 
derne possesso  a  nome  della  S.  Sede.  Index  Infoeudationum.  T.  I.  187 
(presso  l'Archivio  Romano  di  Stato). 

(3)  Documento  II.  —  Ringrazio  il  mio  amico  e  colica  F.  S.  Dino  il 
quale,  col  gentile  consenso  dclTOn.  Sovrintendente  Sig.  Comm.  Mi- 
nicri  Ricci,  fece  diligenti  ma  infruttuose  ricerche  nel l*  Archivio  di  Na- 
poli per  ritrovare  i  capitoli  di  questa  tregua.  A  lui  pure  debbo  alcune 
correzioni  all'apografo  donde  traggo  il  citato  documento. 


Legazione  del  Card.  Isolano 


401 


Mcui  egli,  o  piuttosto  il  Tanaglia  aveva  già  in  possesso 
Scapitale  Toscanella,   della   quale   e   di   altre    terre   era 
fesii  stato  testé  nominato.  Vicario  invece  di   Paolo  Or- 
s  (iz  Settembre  1414)  (1).  Corneto,  quando  Giovanni  fug- 
I  sbigottito   innanzi   all'esercito  di   Ladislao,  erasi  af- 
Rata  a  passare  all'obbedienza  dì  quel  re  (2);  ed  anche,  lui 
i  era  mantenuta  ribelle  alla  Chiesa.   Il  Tartaglia 
ece,  primo  dell'esercito  napoletano  ad  entrare  in  Roma, 
I  indugiò  a  mettersi  con  molto  suo  pro6lto  al  servigio  di 
^vanni;  e  insieme  a  lui  il  Beccarino,  anch'egli  già  noto  ai 
mani  per  avere  preso  parte  alla  fìacca  difesa  di  Paolo  Or- 
bi e  del  Cardinal  Stetaneschi  contro  Ladislao  nel  1408(3). 
\  essi  tu  affidata  l'impresa  di  ripristinare  il  dominio  pon- 
Icìo  in  Corneio;  e  aiutati  dai  fuoruscili  della  città  stessa, 
lotrarono  a  forza,  e  senza  pietà  akuna  la  saccheggiarono; 
|to  il  territorio  posero  a  guasto,  e  i  molli  prigioni  get- 
3  nelle  carceri  di  Toscanella.  Ai  poveri  Cornetani,  cosi 
mali  ed  in  balìa  di  que' feroci  condottieri,  non  rcsiù  mi- 
kir  partito  che  cercare,  col  pieno  riconoscimento  dcll'auio- 
%  del  Legato,  di  ottenere  da  questo  qualche  sollievo  alle  loro 
miure  e  qualche  ditesa  contro  gli  eccessi  di  quelle  suldates- 
I.  Nei  capitoli  di  pace  conchiusi  con  quel  comune  dall'  Iso- 
3  (4),'  questi  largheggia   di  concessioni,  conlcrmundogli 
Iti  i  privilegi  e  dispensandolo  dall'obbligo  di  dare  un  Sin- 
I  Castaldo  alla  Curia  del, Patrimonio.  Ma  sopratutlO 
1  sollecito  di  sconfessare  l'opera  iniqua  dei  propri!  ca- 
^ni  e  di  temperarne  le  conseguenze.  Perciò  concede  che 


■(i)  Index  tnfoeud.  cit.  T,  I,  66  ■  Canini  Ctutrum  cum  civltale  Tasca- 

i  ae  eastrìt  Clritelle  et  Cipictiani  eonceduniur  in  Vicarialum  Tar- 

r  de  Lavello....  ad  l^  generationem  tub  annuo  Cemu  uhIhi  AtlurU 

I.  Apostolarum.  cfr.  Ili  p.  3t.  donde  li  ha  U  d«U:  iG  Kal.  Octa- 

ir  anno  V.  quando  appunto  nooiiativui  Legalo  l' Iiolano.  Cfr.  Cah^a- 

uu  Tuscan'a  T.  L  pig.  206.  e  u. 

(t)  GsEbOBoviLt  St.  di  Roma.  Voi.  VI.  71S  n.  (1). 
(1)  Akt.  Pcrm.  op.  cii.  Coi.  SqU  m. 
^(4)  l^0<^  '"•  G/nj.Erti.  Cod.  Vat.  ;^3i  (dalU  Margherita  Cornctana;. 


sull'introito  del  sale  e  della  traila  del  l'rumento  si  vadaoo- 
man  mano  ristorando  i  cittadini  delle  perdite  sotTenc;  in- 
tanto che  dalla  Camera  Apostolica  la  anticipare  seicento 
ducati  pel  riscatto  dei  prigionieri.  Ad  evitare  poi  maggiori 
guai  bandisce  dalla  cinà  i  fuorusciti  complici  delle  cnidcfti 
del  Tartaglia  (i). 

Pochi  giorni  dopo,  Viterbo,  che  nella  capitolazione  dì 
Corneto  appare  ancora  ribelle,  s'induce  a  imitarne  l'esem- 
pio, ottenendo  dall'Isolano  patti  egualmente  favorevoli,  frt 
i  quali  il  riconoscimento  dell'antico  dominio  del  Comune 
sui  Castelli  di  Sipiciano  e  Cardinale,  tenuti  per  pontificia 
concessione  dal  Magnifico  Tartaglia  di  Lavello.  Questi  in- 
tanto forte  delle  sue  quattrocento  lancie  si  rideva  dei  decred 
del  Legato  e  a  nome  della  Chiesa  ma  a  proprio  vantaggio 
continuava  a  occuparne  e  taglieggiarne  le  terre,  non  v'ha 
dubbio  con  più  ambiziosi  disegni  che  di  un  temporaneo 
acquisto. 

Nelle  sue  continue  scorrerie  lo  vediamo  nel  luglio  fare 
un'improvvisa  comparsa  a  Roma,  ponendo  campo  nella 
Piazza  di  S.  Pietro,  non  si  sa  se  come  nemico  o  alleato  ;  ceno 
senza  esserne  molestato  nella  sua  breve  sosta  di  un  giorno, 
dopo  il  quale  riprese  la  via  di  Toscanella.  Todi  veniva  retta  a 
nome  del  Legato  da  Francesco  Orsini;  ma  minacciosa  era  la 
fazione  contraria,  per  avere  i  fuorusciti  rinvenuto  uà  poteaie 
alleato  nel  Tartaglia,  padrone  anche  di  una  parte  del  contado 
Tudertino  cioè  Acquasparta,  Quadrelli,  Coofigno  e  Lucì- 
gnano.  11  Comune  e  l'Orsini  dovettero  scendere  a  pani 
con  loro  concbiudendo  una  tregua;  singolare  documento 
dove  si  trovano  di  fronte  l'uno  contro  l'altro  il  rappresen- 
tante del  Legata,  e  il  Rettore  del  Patrimonio,  cliè  per  tale 
vi  è  riconosciuto  il  capitano  di  Lavello  (i   Settembre)  (2). 


(i)  Cfr.  Theiher  III  CI1.V11,  Il  Concilio  cQnferms  il  i3  ottobre  t'Am- 
nistia e  largisce  nuovo  lussidio  al  comune  per  la  manutenzione  dei  mo- 
lini  e  Jeric  muta. 

(!)  LoBEVio  Leonij  Giovaimì  XXIII  ed  il  Comune  di  Todi.  (Arch. 


Legazione  del  Card.  Isolano  4o3 

Intanto  che  per  tal  modo  esercitava  l'Isolano  il  suo  uf- 
ufficio,  a  Costanza,  cogli  altri  papi,  veniva  deposto  quello 
che  lo  aveva  eletto.  Il  Cardinale,  sebbene  in  cuor  suo  non  si 
spettasse  dal  concilio  altro  che  male  (i),  si  sottopose  al  suo 
giudizio  e  alla  sua  autorità.  E  il  sacro  Collegio  con  pru- 
dente consiglio  lo  confermò  nel  suo  grado,  confortandolo 
all'  adempimento  del  grave  e  pericoloso  incarico  con  la  spe- 
ranza, che  la  sollecita  nomina  del  vero  ed  unico  Pontefice 
e  la  sua  venuta  in  Roma  riparerebbero  a  tanti  mali,  non 
senza  efficacia  descritti  nella  bolla  del  Concilio  (2),  obbligato 
a  tristamente  deplorare  la  desolazione,  di  cui  era  stato  vit- 
tima il  Castello  di  Foce,  per  opera  sempre  del  Tartaglia  (3). 

Dalla  stessa  bolla  appare  come  il  Cardinale  di  S.  Eustac- 
chio  avesse  continuato  i  negoziati  di  pace  con  la  Regina 
4i  Napoli:  a  cui  pur  da  Costanza  s'inviò  un'ambasciatore 
per  persuaderla  a  rispettare  le  terre  della  Chiesa  e  a  ab- 
t>andonare  la  Mole  Adriana. 


Stor.  Ital.  1879.  Disp.  V.  pag.  igS)  —  V.  pure  i  capitoli  di  concordia  con 
Oite  (14.  Aprile  141 5)  nel  Petraccbi  op«  cit.  197.  e  ss. 

(i)  Luigi  Fumi.  Braccio  a  Roma,  pag.  29.  Leu.  del  Card,  a  Niccola 
lizzano:  a  Pregomove  che  quando  harete  da  Costanza  alcuna  cosa  la  no- 
tificate  a  lo  amico  vostro,  avegna  che  pensemo  che  non  possano  fare  se 
no  male.  » 

(2)  Petracchi  op.  cit.  pag.  176. 

(3)  Ivi.  —  Postremo  audivimus,  et  non  sine  grandi  molestia  Tari  a- 
gUam,  qui  prò  Romana  Ecclesia  inpartibus  Patrimoni i  militat,  Castrum 
Focis  sub  quadam  machinatione  intercepisse  et  in  predam  posuisse;  do- 
lemus,  etpermaxime  de  huiusmodi flagitiis  angimur,  unde  quantum  vales 
indemnìtati  Jncolarum  dicti  castri  provideas ,  et  predici  um  Tartagliami 
prò  ut  tibi  opportunum  videbitur,  admoneas,  ne  de  cetèro  talia  attem- 
ptetf  quoniam  huiusmodi  tam  gravia  sunt  ut  Deus  nosque  tollerare  nul- 
ìatemus  valeamus. 

Il  Castello  di  Foce  patì  anche  più  fieri  guai  per  mano  di  Niccolò  For- 
tebracci',  secondo  appare  dalla  Bolla  di  Eugenio  IV.  il  quale  come  tante  al- 
tre misere  terre  dovè  dispensare  quella  per  23  anni  da  ogni  gravezza 
ab  restaurationem  eiusdem  castri  quod  per  Nicolaum  de  Fortebrac- 
chiis  fùerat  destructum.  M.  Legnici  Index  Rerum  etc.  Archivii  Castri 
S**  Angeli  (Arch.  di  Stato). 


e 


•  »» 


;.-i.i".:  i-  Tir-iT^    2tzz*izt  t  Le^aiD  e  Concilio  aves- 
:.:•-.   r:^:  u.  .i.-irs.  ^  !>:.  valeva  pur  ri:::  a  nere  agli 
:'  : ---^  ^-^  1:  t^i.  t  l't^t  lEc.il*  ccnfersa  da  Costane, 
zrtr'z.Lti.ii    l'ht  .1  rr:ri-ni  zzt  i:  ^uel  disordine,  onde 
riii  -.1^::  r::ir:    ?t:z.i  izissst  i  Viterbesi  a  fareufnci 
:-^l:-:  _  Lizzai  .i  f.:  :£T::e;  —a  cuesio.  non  ignaro  della 
-ir«-i   li-  7L.-:2r-i    r.fTCse  zzz  parole  assai  vagiie  the 
l'ti  :-:  — t^.::  .-   — :i:   da  c:a:entarli  (iJ.    Ottenesse 
:  z:  zz^zi  zzzitrzzt.  t  zsnz  che.  appena  cominciò  a  sor- 
Zzrt  S  Làzrz  z.  zzizz.z    tz'J.  si  pese  a  seguirne  le  parti  e  a 
Zzjiz'r.zz  :z-tf7.t-LZJ.  li  ztzzzzz  rivaie.  Paolo  Orsini  che  mo- 

Li  =:r:=  i.  -.e-ts  Cariran^  produsse  in  Roma  molto 
sfzne::::.  e  rrer;  nel  governo  della  città  quasi  direi  una 
v*-i  z.-z.zz.zzt.  T:z  q-i  :i  Cardinale  in  mezzo  al  tumulto 
ztlt  zizz.  erisi  rr;:na  illa  rr.eglio  sorretto  coli' appoggio 
i.  rnr.cifc:  Dtììz:  e  i:  ilrri  Baroni.  Poi  aveva  dovuto 
ii.ij.-:i  ..  zz'-t::.:  ielli  città  in  riena  balia  di  Paolo  Orsini. 
.-ni~-:t:  i-1  zjl:"Z  zr.ir.z:  d:  Giovanna,  Jacopo  Borbone, 
a  re^ti-rirvl  li  rzter.za  .taroletar.a.  Ora  il  timore  del  Tar- 
ti-'l:!  u  :1  zzzi:z\:z  :  la  pressiorie  del  Cardinal  Stefanesclii 
1j  .z^Ziit  1  r:::r:e:e  alla  parte  popolare.  Fu  pertanto  te- 
nuto '-::  generile  Parlamento  in  Campidoglio,  e  si  elesicro 
di  c:mur.e  acc:rdD  del  Popolo  e  del  Legato  tre  governatori, 
i  qua!:  prcvveiessero  in  maniera  piti  regolare  alla  nomina 
de^li  ufr.ciali  e  a^'À  altri  atti  di  :^overno  e  di  difesa  della  città. 

w  Cy  V." 


(i]  T-iFiSER,  IH.  r.L.  u  ....  quia  prò  tutela  vestrc  ch'itatis  siifrj^ii 
il  fostuljHa,  et  Sfc:ijilitcr  dilectum  ecclesie  filium  Tartalliam  Jc  /.jiVi'.'). 
u  nonnuUarum  arm.'j-crjtrum  f^Cfit-um  Capitai.cum,  fìurimum  LiuJiinJ' . 
«  ipsitm  JcsiJerjtis  ad  Servitia  Sancte  Romane  ecclesie  retincri:  »;>» 
M  super  his  habita  matura  deliberai  ione,  quamquam  arduissimis  muli:- 
«  plicibus  arduissimis  nci^otiis  occupati  simus,  de  oportunn  remedio  quin- 
ti tum  licet ,  providere  curavimus,  ita  quod  potcritis  merito  contcntjri. 
«  (Kal.  Aprilis  1416).  »  In  questa  come  nella  precedente  lettera  del  Con- 
cilio non  e  parola  di  Rettorato  del  Patrimonio. 


Legatone  del  Card.  Isolano  40  5 


In  altro  Consiglio  del  i*  Settembre  si  deliberò  di  ripri- 
stinare per  relezioni  il  sistema  degli  imbussolatori  (i);  no- 
minati nello  stesso  giorno,  e,  nel  seguente,  chiusi  in  S.  Maria 
Nuova,  conforme  all'antico  costume.  Compiuto  il  loro  in- 
carico, il  giorno  di  S.  Croce  (14)  con  grande  solennità  e 
concorso  di  cittadini,  plaudenti  alla  popolare  restaurazione, 
gli  imbussolatori  e  1  capi  delle  Regioni  al  suono  delle  due 
campane  del  Comune,  salirono  il  Campidoglio  e  andaronq 
a  deporre  secondo  la  consuetudine  nella  Chiesa  di  Aracoeli 
la  cassa  dell' imbussolagione. 

I  tre  capi  del  governo  sono  da  Antonio  di  Pietro  chia- 
ma;ti  gubernatores  urbis:  ma  dal  trattato  col  Tartaglia^  di 
cui  diremo  fra  poco,  si  rileva  che  essi  ripresero  il  titolo  di 
riformatori;  nome  che  oltre  ad  accennare  a  riforma  del  go- 
verno cittadino,  ricordava  tempi  di  maggiore  libertà  po- 
polare. 

I  riformatori  adunque  furono  Francesco  Manezo,  Lo- 
renzo Staglia  e  Nardo  Venettini,  autorevoli  per  pubblici  uf- 
fici già  sostenuti.  Lorenzo  Staglia  appare  infatti  come  notaio 
della  Società  dei  Pavesatori  e  Balestrieri  nell'  atto  di  affida- 
gione,  concessa  ai  Cornetani  dai  4  Consiglieri  di  quella  e  dai 
due  mtepositi  super  paces  et  guerras  excelsi  Populi  Romani 
dopo  l' uccisione  del  Prefetto  Francesco  di  Vico  (2).  Più 
tardi  fu  inviato  da  Innocenzo  VII  a  riformare  il  Comune 
di  Tivoli  (3).  L'anno  avanti  era  stato  uno  dei  Conser- 
vatori e  sotto  di  lui  il  Popolo  Romano  aveva  riavuto  Ponte 
Molle.  Quanto  al  Vennettini,  a  tacer  d'altro,  trovasi  anno- 
verato fra  i  Banderesi  del  1408  quando,  il  Cardinal  di  S. 
Angelo,  allora  Vicario  Generale,  per  opporsi  a  Ladislao  ne 
aveva  per  l'ultima  volta  restaurato  il  governo.  Lo  stesso 


(i)  V.  il  trattato  fra  fìonifocio  IX  e  il  P.  Romano  (iSgS)  dove  fra 
gli  altri  magistrati  figurano  anche  gli  imbussolatori,  Thsinir  III.  zxx. 
(a)  Cod.  Vat.  7931.  f.  246. 
(3)  Thexner.  III.  Lxxxvra. 

Archivio  della  Società  romana  di  Storia  patria.  Voi.  IH.  36 


4o6 


G.  Levi 


Stctaneschi,  reduce  Jn  Roma  fino  dal  Luglio  I4i3,  or  lo 
vediamo,  dopo  questo  risveglio  della  parte  popolare,  in- 
tervenire sempre  più  nei  pubblici  neaozi:  ond'è  che,  cotoe 
accennavo  più  sopra,  parmi  probabile  che  a  tale  rivolgi- 
mento  non  debba  essere  slata  estranea  l'opera  di  quello  (i). 
Il  timore  delTartigiia  fu,  secando  il  Diarista  Romanoft), 
prìncipal  causa  di  questi  avvenimenti;  e  una  delle  prime 
cure  del  nuovo  governo  fu  di  venire  a  patti  coli' infido  eoa- 
dotticro.  A  tale  scopo,  il  giorno  stesso  di  S,  Croce,  il  Car- 
dinale di  S.  Angelo,  Nardo  Venettini  e  Giovanni  Cenci  (3(  sì 
recarono  presso  di  lui  a  Suiri.  Copia  contemporanea  del- 
PiBiporiante  atto  di  concordia  e  lega  che  ne  segui  rimase 
lino  ad  oggi  sepolta  ed  ignorata  fra  le  schede  Ugbelliaae  (4). 


([)  Alle  notizie  che,  intorno  lo  Slefaneschi  e  la  sua  famiglia,  uno 
state  pubbiicaic  in  quest'Archivio  (Ann.  1.  H»c  IL  pag.  leg)  posso  «alo 
Bg^ungurc  che  il  Cardinale  di  S.  Angela  fu  Abbate  CommcnilataTìo  dei 
SS,  Vincenzo  ed  Anastasio  ad  Aquas  Salvias,  come  risulta  dalla  Domina 
del  suo  successore  (Reg.  del  detto  monast.  Cod.  Val.  Ì844.  f.  i5o)  e 
che,  a  proposta  dì  lui,  l' Isolano  nel  q.  Gennaio  141 G.  concedeva  a  Fran- 
cesco de  Marerio  Prolonolario  Apostolico  \»  prepositura  di  S.  NicoK  ap- 
partenente al  detto  monastero  e  la  chiesa  di  S.  Fortunato  dipcndcoie  da 
quello  di  Monte  Aniiaia  (entrambe  in  Corneio)  u  Dum gaudio  mtrtlave- 
slre  probilatis  aUeitdimui,  et  ai  grata  vcstre  devotioith  obstquia  qut 
R"  patri  domino  Petra  Sancii  Angeli  Diacono  Cardinali,  ac  etiam  noils 
ìiberaliter  impendistis,  et  continuate  vestre  sollicitudinh  studia  impen' 
dere  non  desislìtlìs,  multotque  labores,  quos  prò  deffensione  flatus  et  ha- 
naris  Romane  Ecclesie  et  sedia  Apostolice  in  hae  urbe  et  extra  eam  ti- 
bentì  animo  et  constanti  mente  SHtìvistìs  etc.  (Ivi  f.  toS). 

(a)  Ant,  Peth.  op.  cit.  Detto  del  Parlatnento  e  della  nomina  dei  go- 
vernatori aggiungerò  Et  hoc  f alt  factum  propter  mortem  Fault  de  Ur- 
ti siali  quia  Romani  timebant  de  Tartaglia.  " 

(3)  Nel  trattalo  il  Cenci  non  figura;  ma  che  andasse  dobbiamo  cre- 
derlo ad  Antonio  di  Pietro,  Forse  avrà  guidato  la  scorta  senza  della  quale 
non  si  saranno  certo  mossi  quei  legati. 

(4)  Bibl.  Barbcriniana  XL..  1 1.  verso  la  fine.  Il  documento irovasi  tn  UH' 
foglio  di  carta  filogranaia  a  righe  fittissime  orizzontali,  tagliale  da  cinque 
perpendicolari  equidistanti  fra  di  loro,  avendo  nella  prima  carta  l' impma 
della  ^bbrìca,  che  è  uni  fòrbice.  Come  la  carta  pud  appancnere  alte- 


Legjpmte  del  Card.  Isolano 


407 


:  i  cnacbìaso  specialmente   ncU' interesse  del 

tao,  il  quale  vi  figura  in  ogni  singolo  capitolo, 

>  risguartla  l'imposizione   e  riscossione  del 

ai  barooi  e  terre  circostanti,  e  la  nomina 

.  Nìua  documento  poi  più  di  questo 

1  la  poteoza  del  Tartaglia  e  la  debolezza  del 

.  Egli  non  é  un  capitano  che  olfrc  la  sua 

1  loro;  ma  un  alleato  che  tratta  da  pari  a 

i  socbe  qui  riconosciuto  per  Rettore  del  Patri- 

i.  Lm  andiuooi  di  assoldamenio  sono  tali,  che  ba- 

sdijole  »d  esaurire  le  finanze  del  Legato  e  del  Po- 

i  a  cedergli  due  dei  maggiori  ceppiti  di  entrata. 

KA  c&t  c^  SI  contenta  che  vuole  anche  il  quarto  della 

il  bcsóamcL  Da  parte  sua  ìl  Tanaglia  .avrebbe  do- 

B  miopaini  in  ditesa  delia  Chiesa  e  del  Popolo   Ro- 

I,  caiuCAr  questo  nel  ricupero  di  Bracciano  e  Campa- 

B  t  ddle  altre  terre  occupate  dal   figlio  di   Paolo  Òr- 

l(i)  e  da  altri  Baroni, 

ne  ^li  tenesse  fede  ai  patti,  è  ben  noto.  Prima  che 
e  ranno  della  lega,  Braccio  entra  in  Roma  e  al  suo 
a  i  H  Tartaglia.  Ben  è  vero  che  chi  trattò  con  lui 
h^aorava  k  sue  relazioni  con  quello,  né  il  latto  di  Col- 
,  qoBB  approvato  cogli  ostili  disegni  verso  il  figlio 


ti  ¥i  «ppartiene  certamente  ta  scrittura.  Ond'i  che,  per  la 
Iona  dell'alto,  deve  rilentrai  tale  copia  conlemparaoca  al  me- 
e  suixati  dai  libri  ddli  Camera  Apostolica;  Forse  anche  po- 
:  U  miniiU  originaria,  mancando  dì  qualsiasi  firma,  e  di  au- 
se, e  troTsndou  in  principio  alcune  parole  estranee  al  testo  del 
»(éi  momìne  et~i4t6),  che,  più  che  un  pentimento  dello  scrittore, 
1  della  penna, 
e  Francesco  Orsini  condottiero  d'armi  come  il  padre, 
o  poi  a  Campagnano  non  <;  da  omettersi  la  sei;ucntc  noliiia:  Cam- 
^t^paaw  Cattrum  quod  impigliar at um  fuerat  Gentili  de  Ursìaìlpro  certa 
ptcaiaifiim  iwnma  per  eum  Populo  Romano  muluo  data,  concedilHr  per 
l0/<ma  eidem  Gentili  in  Vicariatum....  usque  ad  lerliam  dui  genera- 
U  imeùaive  sub  annua  censu  unius  canlt  leporarii  infetto  Omnium 
-  Idibuì  Januarii  anno  II.  (  Pont.  lo.  XXIU.)  Index  Infoeud. 


+ j8  G.  Leri 


a    Fi^;"o,   I^2^£  3  nesozic   s:   stipalo   coq  rinterfcoto 
di  q::iel  Cirdlz^  di  S.  Angelo  che  ebbe  pare  prindpal 
p^ms  csLa  Tentiri  di  Bncclc.  Le  q-ùali  circostanze  pcmoo 
serse  In  c'^t'rhe  inodo  spEe^ire.  come  potesse  Antonio  £ 
PieST'.  ccn  meraTÌglia  degli  stcrid  (i),  asserire  che  Bncdo 
veziàse  chi  1  maro  dil  Legito  stesso.  Ma  i  catti  che  segoimio 
sono  già  sud  narrati  e  iUnstratì  con  copia  di  docoaienti,  e 
flugiior  arte  che  io  non  poss^ga.  (2)  Perciò,  non  anodo 
nulla  di  nooTO  da  aggiungere,  qui  dovrei  finire.  Se  non  che 
dopo  aier  posto  in  rìiiero  l' ultimo  e  fugace  risveglio  delia 
parte  popclire,  couTiene  che  ricordi  \\  colpo  che  le  fu  daio 
col  crudele  supplizio  di  un  illustre  suo  capo. 

Sembra  che  quella  fazione  tosse  andata  sempre  pib  acqui- 
stando di  rigore  e  coraggio.  Nel  dicembre  vediamo  in&tti 
richiamato  in  Roma  Pietro  Mattuzxo  coi  suoi  figli,  ed  o- 
sere,  quasi  a  titolo  di  onore,  scortato  fino  alle  sue  case  da 
Giovanni  Cenci. 

Il  Legato,  che  di  buona  o  mala  voglia  aveva  dovuto  con- 
sentire al  ritorno  dell'  ex-dittatore ,  temè  forse  che  a  capo  dd 
popolo  potesse  tentare  pericolose  novità  «  forse  ne  ebbe  si- 
curi indizi,  e,  come  altre  volte,  non  dubitò  di  soffocare  nel 
sangue  la  temuta  rivolta.  Invitato  dal  Senatore,  Giovanni 
Cenci  sale  senza  alcun  sospetto  il  Campidoglio,  e  quivi 
all'insaputa  di  tutti,  senza  alcuna  formalità,  è  preso,  de- 
capitato, e  il  cadavere  buttato  dalle  finestre.  Il  Cardinale 
accorre  gridando  Viva  la  Chiesa,  e,  mentre  approfitta  del 
primo  sgomento  per  deporre  i  Capi  delle  Regioni  favorevoli 
al  Cenci,  entrano  in  Roma  i  suoi  primi  difensori  Fran* 
Cesco  Orsini  e  Jacopo  Colonna.  Questi  secondo  il  Dia- 
rista, poco  tempo  innanzi  in  dispetto  di  certa  parte  del 
Popolo  Romano  aveva  fatto  uccidere  Lorenzo  Macarani  go- 


(i)  Papemcordt.    Geschichte  der  S.   Rom,   467.  Gregokovius.   VI. 
p.  755.  e  Luigi  Fumi  op.  cit.  pag.  io. 
(2}  Gregor.  e  L.  Fumi  op.  cit. 


Legazione  del  Card.  Isolano  409 


veroatore  di  Tivoli  in  nome  di  Roma  (i).  Niun  dubbio 
adunque  che  con  ragione  attribuisse  l' Infessura  (2)  a  so- 
spetto del  Legato  contro  il  popolo  Romano  l' indegna  fine 
di  Giovanni  Cenci,  che  la  lunga  sua  vita  aveva  spesa  in 
servigio  della  propria  città,  meritando  di  essere  da  S.  Ca- 
terina da  Siena  (3)  segnalato  alla  gratitudine  del  popolo  Ro- 
mano per  sollecitudine y  fedeltà^  schietto  core,  t  prudenza; 
e  proposto  come  tipo  di  quegli  uomini  savii,  maturi,  discreti 
e  di  buona  coscienza  che  essa  desiderava  a  reggitori  del 
comune. 

Guido  Levi. 


(i]  D!ar,  Roman,  loSg.  Era  stato  il  capo  dei  teitt  goi^ematori  della 
ìihertà  della  Romana  Repubblica  nel  1405.  Ivi  97 5. 

(2)  Stef.  Infessura.  Mur.  III.  p.  II.  iiai. . . .  E  questo  fu  per  sospi" 
:pone,  che  aveva  lo  legato,  perchè  stava  (il  Cenci)  al  soldo  del  Popolo 
Romano, 

(3)  S.  CATEtiNA.  Lctt.  Voi.  IV.  p.  3i5. 


4IÓ  G.  Lem 


I. 


Giovanni  XXIII  scrive  al  Cardinale  Isolano  avo- 
cando a  sé  la  decisione  delle  controversie  agitate 
fra  i  Baroni  Romani  24  Gennaio  14 14.  [BibL 
Angelica  T.  3.  17.  fol.  36]. 


Johannes  Episcopus  seruus  seruorum  Dei,  Dilecto  Filio 
Jacobo  Sancii  Eustachij  Diacono  Cardinali  Apostolice  Sedis 
Legato  salutem  et  Apostolicam  Benedictionem,  Accepimus  in- 
ter  dilectos  Filios  et  nobiles  uiros  nonnullos  partiutn  alme 
urbis  et  aliarum  circumiacentium  Barones  et  nobiles  quos- 
dam  occasione  Terrarum,  Castrorum,  rerum,  seu  jurium 
aut  alias  differentias  fore,  quas  cum  nos  ad  partes  Italie, 
dirigente  domino,  redeuntes,  intendamus  sedare,  et  debite 
terminare  uolumuSy  {1)  et  tibi presentìum  tenore  mandamuSy 
quatenus  de  huiusmodi  differcntiis  nullo  modo  definitive  co- 
gnoscaSy  nisi  circumspectioni  tue  super  ipsis  aliter  et  specifice 
per  nostras  literas  scriberemus y  nam  (quod  summc  opiamus) 
sumuSy  Altissimo  concedente y  dispositi  efficace m  operam  dare, 
quod  tam  predicti  Barones,  et  nobiles y  quam  cuncti  alij  par- 
tium  predictarum,  quibus  paterna  et  speciali  afficimur  cari- 
tate  y  mutua  concordia  et  dulci  pace  Ictentur,  Datum  Con- 
stantie IX  Kalendas  Januarii  Pontificatus  nostri  anno  quinto. 

K.    DE    REATE. 


} 


(i)  Il  testo  e  certamente  guasto. 


Legazione  del  Card.  Isolano  4 1 1 


IL 


Giovanna  II  ratifica  la  tregua  conchìusa  col  Cardi- 
nale Isolano.  21  Novembre  141 4.  [Bibl.  Ange- 
lica T.  3.  17  fol.  35.]. 

Johanna  Secunda  Dei  gratta  Hungarie,  Hyerusaleniy  Si- 
ciiie,  Dalmatie,  Croatie^  Rahie,  Servie^  Galitie^  Lodomerie, 
Rumarne  (  i),  Bulgarieque  Regina,  Provincie  et  Forcalquerij  ac 
Pedemoniis  Comitissa  Universis,  et  singulis  presentes  literas 
inspecturis  tam  presentibus  quam  futuris.  Cam  Reverendus 
Pater  in  Christo  Dominus  Paulus  de  luvenatio  Apostolice 
Sedis  Prothonotharius,  et  Venerabilis  Vir  Bartholomeus  de 
Montegotio  D.  Pape  secretarius,  nomine  Rmi.  in  Christo  Pa-^ 
tris  Domini  Jacobi  miseratione  divina  Sanati  Eustachii  San- 
ate Romane  Ecclesie  Diacono  Cardinali  Apostolice  Sedis  le- 
gati  ex  una,  et  Magnifici  viri  Perrectus  de  Andre is  Troie 
MileSy  et  Sfortia  de  Attendolis... (sic)..,  Capitaneus  Coti- 
gnole  Comes  (2),  Consiliari]  et  Fideles  nostri  dilectissimi  no- 
mine nostro  ex  altera  partibus,  Tregudm  et  securitatem 
contraxerint,  die  decimonono  Mensis  Novembris presentis  anni 
octava  indictione,  cum  certis  capitulis  in  Istrumento  diete  Tre- 
gue contentisi  qiiod  quidem  Instrumentum  per  manus  Luce 
de  Comite  de  Neapoli  Regia  auctoritate  notarij  in  nostro  Ca^ 
stro  novo  Neapolis  fijctum  et  publicatum  est.  Nos  de  dictis 
Tregua,  et  Capitulis plenam  ìiabentes  [notitiam]  (3),  tenore 
presentium  de  certa  nostra  scicntia  confirmamus,  et  promit- 
timus  inviolabiliter  obseruare.  In  cuius  rei  testimonium  pre- 
sentes nostras  literas  exinde  fieri,  et  magno  pendenti  nostro 


(1)  Nel  testo  err.  Cumanie. 

(2)  Test.  Comites. 

(3)  Manca  nel  manoscritto. 


Sigillo  iussimus  communiri.  Datum  Neapoli  per  Virum  Ma^  ] 

gnijìcum  Bernardum  Zurulum{i),  Neapolitanum  Miliiem.Co-  1 
miccm  Montis  Auri,  Logotketam  et  Protanoiarìum  Regni  nostri  j 
Sicilie,  CoUateralem,  ConsUian'um  et  Jideìem  nostrum  dik- 
ctum.  Anno  Domini  1414.  die  31  Mensis  Sovtmbris  8"  bt-  | 
Celione,  Regnorum  nostrorum  (a)  Anno  Primo,  a.  e  ». 


III. 


Capitoli  di  Amnistia  concessi  dal  Card.  Isolano  al  Co- 
mune di  Corneto,  ritornato  alla  soggezione  della 
Chiesa  i  Gennaio  141 5.  [Cod.  Vaticano  79?  1 
f.  256  V.]. 

Jacobus  miseratione  diuina  S.  Euslachii  S.  R.  E.  dùb' 
conus  Cardinalis,  in  alma  urbe  eiusqiic  comìtatu  territorio 
districtu,  ac  in  Morchie  Anconitane,  ducatus  Spoletam,  Patri 
monii  B.  Peiri  in  Tuscia,  Campanie  et  Maritime  Prouinciii^ 
et  nonmillis  aliti  Citiitalibus  terris  et  locis  Italie  diete  ecci 
sie  immediate  subiectis,  Apostolice  sedis  legatus,  et  prò  eadt 
ecclesia  et  domina  nostro  Papa  in  spiritualibus  et  tempora 
tibus  Vicarius  Generalis  Dilectis  jìliis  Confatonerio  Constt 
libus  Capitaneo  quingentorum  nec  non  Communitati  Popuk 
et  hominibtis  Terre  Cornell,  Prouinde  Patrimonìj,  ecclei 
Romane  immediate  subiectis,  saìutem  et  prosperos  ad  uota  si 
cessos.  Semper  benignitatem  habcnies  cum  subditis  et  fida 
Hbus  S,  R.  E.,  qui,  suorum  crrorum  cum  bumilitate 
gnitis  fallaciis  et  erroribus,  ad  prefate  ecclesie  gratiam  i 
conuertant;  benigne  recepimus  et  admisimus  pctitiones  noh 
prò  parte  uestra  in  forma  capitulorum  exhibitas,  quibus  » 
frascripta  per  nos  uobis  concedere  et  fieri  humtUter  sappi 


(I)  Test.  Gernardiin 
(z)  Tesi,  meorum. 


Legii{ione  del  Card.  Isolano 


4i3 


tis  offerentes  uos  dictamque  communitatem  et  homirtes  eius 
\  celerò  stare  permanere  et  fideliter  uiuere  ad  perpeluam 
I  HHbatam  obedientiam  et  subjectitmem  diete  Romane  ec- 
taie;   et  de   ìnfrascrìptis  omnibus  per  uos   commissìs  et 
irpetratis  asscrentes  uos  amarissime  penitere,  Nos  itaque 
^plicalionìbus  inclinati,  quia  de  pio  more  S.  R.  E.  semper 
tò  reuerlentes  ad  grafie  sue  gremium  recolligere,  et  mi- 
tricorditer  accentare,  auctoritate  sedis  Aposlolice  et  nostre 
galionis,  qua  piene  fruimur,  vos  dictamque  Communita- 
i  omnesque  districtuales  eius  et  incolas  ad  prefatam  obe- 
tentiam  subjectionem  et  gratiam  S.  matris  ecclesie  et  nostrum 
xipimus,  et  miserìcorditer  acceptamus,  uobis  et  omnibus  per- 
ras  diete  terre  [■)  et  eius  babitatoribus  tam  clertcis  quam 
cis,  dummodo  prò  aliquo  clerico  quo  ad  benejiciorum  ec- 
\lesiasticorum  restitutionem  reabilitationem  et  reintegrano- 
I  aliquam,  sine  specialìtatis  dispensationis  indultum  non 
telUgatur  hec  gratia  (2),  nec  aliqualiter  se  extendat,  piene 
mittimus,  ac  remissionem  ac  Uberam  indulgentiam  facimvs 
r  omnibus  et  singulis  homicidiis  furtis  uiolentiis  et  rapìnis 
t  quibuscumque  altis  malejìciis  excessibus  culpis  delictis  re- 
ieliionibus  uel  quasi,  commissis  factis  dictis  et  perpetratis, 
mdacumque  qualitercumque ,  queque  commissa  et  perpe- 
Vaia  dicerenlur  per  uos  Communitatem  uniuersitatem  et  sin- 
s  personas  et  personas  ecclesiasticas,  temporaltter  tan- 
ni, retroactis  temporibus  usque  in  hodiernum  diem,  maxime 
\  tempore  quo  SS.mus  in  Xpo  P.  et  dominus  noster  D.  Jo- 
tnnes  diuina  prauidentia  Papa  XXIII.  ultimo  discessit  de 
e  non  de  omnibus  et  singulis  penls  et  multis,  quas 
ÌOS  et  dictum  Commune  Uniuersitas  et  singulares  persone 
diete,  propterea,  quomodoUbct  incurristis,  de  quibus  sit  co- 
1  uel  non  cognitum,  processun  uel  non  processum,  ter- 


(1)  Tesi.  err.  ecclesìe 

(a)  Il  testo  È  guasto.  Può  leggersi:  Sine  ^ecialilate  dispetaatìonit 

'iltrììitrrjiur   hflr  ttrntift 


'adulta  non  intelligatur  hec  gratia. 


414 


G.  Lepì 


minalum  uel  non,per  quoscumque  officiaìes  S.  Matris  Ecdesf^ 
et  diete  Communitatìs,  seu  quosuis  alias  Camere  Apostolici  c^ 
domìni  nastri  prefati  ;  utgore  maxime  et  respectu  rebellionif 
per  iios  contraete  cantra  S.  R.  E.  et  diclum  dominum  no- 
strum et  eorum  statum,  et  inique  adhetionis  facte  olim  Lati- 
dislao  de  Duracino  et  ojicialibus  suis,  seu  quibuscumque  dus 
personis,  cuiuscumque  status  gradus  et  condilionis  existertnt, 
uel  existant.  Item,  auctoritate  prefata,  uas  dictamque  Cotti' 
munitatem  unìuersìtatem  et  singulares  personas  diete  lem 
rcstauramus  reintegramus  repontmus  et  rehabililamus  ùd fa- 
mas  lionores  status  dignitates  officia  beneficia  priuilegia  grd-. 
tias  immunitatcs  et  tura;  stcat  eratis  ante  rebelUonem  adhe- 
tionem  et  omnia  alia,  per  uos  et  uestrum  quemlibet  ut  suprtt 
CQinmissa  et  perpetrata  ;  non  obstantibus  rcbellionibus  et  causis 
omnibus  anlcdiclis,  uolcntes  et  harum  serie  decerncntes,  quod 
omnes  et  singul:  processus  sententìe  (i)  tam  interlocutorie 
quam  defmitiuc,  inquisitiones  et  omnia  alia  queuis  acta,  quomo- 
documque  formati  facti  et  notali  et  late  oc  promulgata  re- 
periuntiir,  aut  posscnt  quomodolibet  apparerc,  contra  uos  et 
uestimm  quemlibet  occasionibus  autedictis,  tam  in  Romana 
Curia,  quam  in  alio  qitouis  foro  uel  loco  iurisdictionis  diete 
ecclesie  et  nostri,  omnino  sint  et  esse  intelligantur  et  debeant 
irrita  cassa  uana  inuaìida,  nnlliusque  efficacie  roboris  uel  mo- 
menti. Ita  quod,  eius  uel  earum  occasione,  uos  et  dieta  Coof 
munitas  uniuersìtas  et  singulares  persone  de  estero  non  possi- 
tìs,  nec  dcbealis  no'.ari  impediri grauari  inquietari,  aut  quouis 
moda  rcalitcr  et  personalìter  molestar i  per  aliquem  officialent 
et  subditum  diete  ecclesìe  siue  nostrum,  quinimo  a  prefatls 
omnibus  esse  debeatis  et  sìtis  Uberi  et  absalutì  et  totaJiter 
exbrigali;  et  sic,  auctoritate prefata,  uos  et  uestrum  quctnlitet 
ab  ipsis  omnibus  absoluimus  penitus  ac  liberamus.  Ita  tanten 
quod  si  in  aliquo  tempore  uos  aut  uestrum  aiiquis,  a  debita  ohe- 
dientia  et  subjeclione  et  deuotione  diete  ecclesie  et  domini  nostri 


Legazione  del  Card.  Isolano 


•415 


Tiostra,  uos  retraxeritìs,  reincidatis  et  relabamìni  in  primas 
sententias  et  penas  predictas,  et  presens  gratta  nullatenus 
obtineat  roboris  firmilalem.  Insuper  omnes  et  singiilas  immu- 
nitaies  exemptiones  { i  )  indulta  priuilegia  et  quecumqiie  iura, 
uobis  et  diete  terre  collata  tributa  et  quomodocumque  con- 
cessa hactenus  per  summos  ponlifices  eorumque  kgalos,  quo- 
rum hic  tenores  baberi  uolumus  prò  sugicienter  expressis,  et 
sic,  ex  auctoritate  prefata,  ralificamus  et  penilus  approbamus  ; 
et  per  ista  dectarantes  expresse,  qimd  uos  et  dieta  Communitas 
Cometana  non  teneatur  nec  debeat,  tiec  grauari  possit,  in  po- 
sterum,  ad  dandiim  aliquem  sindicum  uel  castaldionam  curie 
Patrimonii,  a  quo  onere  dieta  Communitas  est  exempta.  Con- 
cedimus  ctìain  uobis,  efcx  speciali  gratta  prouidemus  quod, 
homines  de  Corneto  existentes  in  Ciuitate  Tuscanelle  aut 
alibi,  qui  capti  fuerunt  per  Tarlaliam  de  Lauello  et  Becca- 
rium  [1]  de  Brunoro.  Capilaneos  nostros,  et  eorum  brigalas  in 
territorio  diete  terre  Cornelì;  libere  et  sine  soliitìone  alicuius 
taliie  aut  custodie,  nel  eorum  expense,  relaxentur;  et  in  quan- 
tum aiiqiia  pecunie  quantitas  soluertda  prò  ipsis  captiuis  aut 
eorum  alìquo.  uolumus  quod  soluatur  de  introitibus  frumenti 
et  salane  dictJ  terre  Corneli,  pertinentibus  ad  Cameram  Apo- 
stolicam.  insuper  contentamiir  et  gratiose  concedimus  uobis, 
quod  Ci),  successiuo  tempore  et  conucnienti  discretione,  de 
introitibus  frumenti  et  salarle  diete  terre,  restitualis  homt- 
nibus  Cornetanis  damna,  indigne  suscepta  per  eos  a  Tartalia 
et  Beccarina  pnfatis  eorumque  brigatis  et  gentibus  ;  hoc  modo 
uidelicet,  quod  tòtum  sai,  nunc  existens  in  salaria  predicta, 
nobis  integre  libereque  remaneat  prò  Camera  Apostolica  ;  sed 
de  alio  introitu  salis,  quando  adueniat  postmodum  ad  dictam 
scdariam  per  tempora  successiua,  et  etiam  de  emolumento  et 
introitu  traete  frumenti  predicti;  Primo,  per  dictam  Commu- 


pi  Tmi.  crr.  et  enti 
J^ì  Più  sotto,  come 
o  sltrimenii  per  e 
mp)  Test.  guE. 


•  chìamsio  Beccarinus:  e  qui  Torse 


1 


41 6  G.  Levi 

nitatém  Cornetta  recipi  et  haberi  debeat  dimidia  pars  pretti 
et  uahris  dicti  salisy  quod  speciaitter  nóbis  remaneat  et  pre- 
diate Camere  Apostoiice  [obbUgatum]  (i)  prò  ducatis  qm- 
gentis  de  Camera ,  prò  satisfactione  diati  salir,  et  ommm 
habere  debentium  oacasione  dicti  salis,  prò  subsidio  sexcett- 
torum  ducatorum,  quod  uobisfaaimus,  soluendomm  prò  re- 
demptione  uestrorum  hominum  eaptiuorum^  et  prò  debUis  et 
oneribus  dicti  salis:  et  de  dictis  nero  aliis  intrortìbus  sala 
et  frumenti  j  quousque  dieta  damnorum  restitutiofactafuerit, 
uos  et  prefata  aommunitas  habere  ac  recipere  debeatis  m- 
dietatemy  conuertendam  in  restitutione  prediatarum,  et  satis- 
factione creditorum  dictorum  damnificatorum,  ut  supra;  que 
restitutio  fieri  debeat  secundum  exllmationem,  fiendam  per 
duos  bonos  uiros,  quorum  unus  per  nos  et  per  uos  alter  eligi 
debeat  et  assumi.  Volumus  autem  et  decemimuSy  quod  si  que 
res  bona  et  ga^a,  cuiuscumque  gradus  et  conditionis  existant, 
alicuius  Urbeuetani  Viterbiensìs  aut  de  alia  ciuitate  terra 
castro  uel  loco,  non  deuoto  S.  Matris  ecclesie ,  siue  alterius 
cuiuscumque  persone  y  existant  aut  reperiantur  in  dieta  terra 
Cornetiy  penes  quemcumque  causam  uel  causas  habentem^ 
talem^siue  tales  habentes,  siue  ea  retinentes  nuUatenus  cogi 
possint  per  aliquos  officiales  diete  efcclesie  aut  nostros,  aut 
quilibet  impedivi  prò  ipsis,  nec  eis  auferri  debeant  quoquo- 
modo,  Etiam  contentamur  et   uolumus  et  prouidemus,  ne 
maius  odium  succedat  inter  uos  et  illos  Cornetanos,  qui  in- 
terfuerunt  cum  brigatis  Tartalie  et  Beccarini,  die  qua  inua- 
serunt  dictam  terram   Corneti,  et  uobis  damna  prenda  et 
offensiones  multas  hostiliter  intulerunt;  quod  nullus  eorum 
Cornetanorum  possit  nec  debeat  acceptari  nec  receptari  in 
dieta  terra  Corneii,  nec  in  ea  personaliter  permanere,  nec 


(i)  Il  senso  e  la  sintassi  fanno  con  ogni  sicurezza  supplire  così.  In 
breve:  il  legato  cede  metà  dell' introito  al  Comune  pel  risarcimento  dei 
danni;  ma  questa  parte  intende  che  resti  ipotecata  pel  rimborso  della 
somma  anticipata  dalla  Camera  Apostolica,  alla  sua  volta  debitrice  verso 
altri. 


Lega-^one  tkl  Card.  Isolano 


417 


fstitui  ad  eam  possit  per  aliquas  officiales  diete  ecclesie  sìue 

tstros:  in  ipsùrum  tamcn  bonis  nullam  eisdem  fieri  uolu- 

[hs  noxiam  nouilatem.   Postremo  aoliimus  et  uobìs  conce- 

inus,  quod,  sì  de  celerò  aliqua  ammalia  siue  res,  que  uobis 

issent  aliata  in  uestris  damnificationibus  antediclis,  condu- 

•vntur  intra  dictam  terram  Cornetì  nel  ad  eam  qitomodo- 

\et  pertienirent ,  liceat  uobis  ea  retinere  et  habcre  soliiendo 

t,  apud  quos  esset  (  1  )  illud,  quod  omiserint  (2),  ea  que  com- 

!  uel  habere  uoluerunt  (3)  ut  supra.  Que  omnia  et  sin- 

'a  indulta  concessa  uobis  per  nos,  ut  supra  iacent,  auctoritate 

tre  legationis,  mandamus  uotumus  et  deccrnimus  integre 

i  uobis,  et  executioni  mandari  per  omnes  officiales  S. 

ris  ecclesie  et  nostros  et  alias,  ad  quos  special,  presentcs 

!■  etfuturos;  non  obslantibus  contrariis  quibuscumque, 

ìrum  omnium  testimonium  presentes  litteras  fieri  fe- 

)kus,  nostri  Consueti  Sigilli  Appensione  munitas. 

*•  Datum  Rome,  apud  Ecclesiam  S.  Laurentii  in  Damaso, 

j  domini  MCCCCXV  Indictione    Vili,  mensis  Ja- 

vii  die  prima;  Pontificatus  SS.  in  Xpo  Patris  et  domini 

domini  Johannis    diuina  prouidentia   Pape   XXIII. 

pio  quinto. 

rv. 

ppitoli  di  lega  conchiusi  dal  Cardinale  Isolano  e 
[dal  Popolo  Romano  col  Tartaglia.  16  Settem- 
[bre  141 6.  [Bibl.  Barberini  XL.   11]. 

I  Ad  laudem  et  reverentiam  Onnipotentis  dey  et  trìumpha- 

r  curie  paradisi,  ad  honorem  statum  et  exaltationem  sacro- 

Kte  Romane  Ecclesie,  Sacri  constanliensis  consilij,  San- 

mi  Futuri  Sutnmi  Pontificis,  Reverendissimi  in  chrislo 

P(i}  Test,  enent. 
hW  Sic 
(3)  Sic.  leggi  voluerini? 


' 


4i8 


G.  Levi 


palris  et  domini  domini  Jacobi  Sancii  Eustacchij  diaconi  Car£- 
nalìs,  et  apostoHce  Sedis  legati  in  urbe  eie.  ac  Sacri  Concestorij 
Cardinaliitm  nliquorum.  Et  ad  statum  et  exallationcm  Rey- 
publice  Romanoriim  et  presentls  status  eitis,  ac  omnium  di- 
ligentium  exaltationem  et  statum  praedictorum  ;  cottfitsionem 
et  exlerminium  volentium  cantrartum  attentare. 


Infrascripti  sonno  li  capituU  facli  et  firmati  infra  U>  Re- 
verendissimo in  cliristn  padre  et  Signore  Mcsser  piciro  de 
Sanctu  Angelo  Diacono  Cardenale  etc.  et  lo  Magnifico  et  Spe- 
ctabete  homo  Nardo  de  VenecUni  vno  delti  tre  Rejbrmaturi 
de  la  Citta  de  Roma  predicta,  Comissarii  de  li  prefati  mon- 
signore lo  legato  et  popolo  de  Roma,  come  appare  per  Utera 
patente  in  carta  mcnbrana  segcilata  di  Sigillo  dello  pre- 
fato Monsignore  lo  legato,  popolo  et  caporioni  de  Roma  ex 
ma  parte,  et  lo  Magnifico  Capitano  Tartaglia  de  laueJio, 
per  la  Sancta  Romana  Ecclesìa  Sacro  Concilio  di  Costanza, 
et  futuro  sommo  pontifice,  Capitano  et  Rectore  dello  patri- 
monio et  Terre  de  SpcciM  Commissione  etc.  da  r altra  parte, 
infra  li  quali  de  Comuna  Concordia,  s  e  facta  conjederatione 
e  lega  cum  li  pacli  et  CapituU  fnfhascripti,  che  la  decta  lega 
duri  per  vno  anno  proximo  che  vene,  in  questo  infra  seri- 


In  prima  promectono  li  prefati  comissarij  vice  et  nomine 
del  prefato  Monsignore  lo  legato  e  popolo  de  Roma,  dare 

al  prefalo  Capitano,  in  subsidio  et  suplemento  dello  suo  soldo, 
ducati  Cinquecento  el  mese,  et  mo  al  presente  dare,  pagare, 
et  numerare  al  dieta  Capitano  ducati  Mille  e,  di  qui  a  dui 
mesi,  proximi  che  vene,  ducali  duamila  o  circa  de  saie  et 
de  fbchalico,  che  degono  pagare  li  baroni  et  terre  circum- 
stanti,  c:im  questa  conditione  el  modo,  ck  el  prefato  Mon- 
signore  et  popolo  de  Roma  mandino  ad  Sutrt  vno  loro  af- 
filiale ad  reseotere  lo  dicto  sale  et  fochatico,-et  lo  predicio 
Capitano  lo  debiaf avariare  de  lilere  e  de  caualli  secondo  sarà 
de  besogno,  et  che  lo  diclo  Capitano  deputi  vno  Camorlengno 


^ga^one  i 


419 


r",  che  abia  a  receuare  li  dicli  denari. 
tdiclo  Capitano,  et  assegnare  la  rascione  dello  Receputo,  vna 
n  diclo  Ojffit  tale,  al  prefato  Monsignore  et  popolo  de  Roma, 
-esto  debia  bavere  mese  per  mese,  corno  toccherà  scon- 
tali prima  ogni  danaro  che  havesse  receuuto,  si  che  in  fme 
K^^llo  anno  sia  pagato  per  rata,  de  mese  in  mese,  per  lucto 
tempo. 
Item  promeclono  li  prcdicH  Comissarij  nomine  qua  supra 
caso  che  lo  besognasse,  la  brigata  dello  Magnifico  Capi- 
tan prcdiclo  tutta  o  parte  d  essa,  che  per  quello  numero  de 
Caualli  che  lo  diclo  Capitan  alloro  rechcsta  li  manderà,  lo 
prcfaio  Monsignore  lo  legato  et  popola  de  Roma  predicto  li 
daranno  per  loro  viuare  ducati  noue  per  lancia,  subilo  giunti 
m  Roma  o  in  altro  luogo  socloposto  allo  popolo  de  Roma  pre- 
dicto, per  quello  tempo  che  li  teranno  in  loro  seriiìtio,  Et  in 
caso  besognasse,  che  lo  prefato  Capitan  ci  e  andasse  in  per- 
sona cum  lucia  la  compagnigia,  similmente  li  daranno  come 
decto  e. 


Item  promeclono  li  predicti  Comissarij  nomine  ut  supra 
Al  prefalo  Magnifico  Capitano.pcr  vigore  della  confcderatione 
e  lega  sopradicta,  darli  besognandoli  aiuto  et  fauore,  et  ope- 
rarsi alla  venuta  del  futuro  somma  ponlìftce  che  sia  accor- 
derà de  denarj  0  d  altro,  de  quello  che  deuesse  recepere  delli 
stipendij  per  lo  suo  seruitio,  e  della  Compagnia,  ajusto  loro 
potere. 

Item  promeclono  li  prefati  Comissarij  nomine  quo  supra 
al  prefato  Magnifico  Capitano,  che  li  soj-  Compagnj  famigli 
'  Imminj  d  arme  fanti  a  pie  presenti  et  futuri,  subditi  sotto- 
^sti  adherenli  et  recommandati  possano  vsare  slare  et  pra- 
tichare  et  partirse,  alloro  volontade,  in  Roma  0  in  ogni  altra 
loro  terre  (1)  castello  a  luocho  terreno  for^a  et  deslrecto,  libe- 


L  £0  Sic. 


^ 


420  G.  Lein 

ramentey  sen^a  alcuna  offesa  reale  o  personale^  non  obstante 
alcuni  Malefitij  loro  comissi  0  debiti  Contracti  per  lo  passato^ 
et  questo  se  intenna  durante  la  dieta  liga. 

Item  versa  uice  El  prefato  Capitan  Tartaglia  da  laueUo 
Rectore  et  Capitan  predicto  promecte  alti  prefati  Comissarij 
nomine  quo  supra^  sodo  sua  lian\a  e  fede y  ogni  volta  chefoss^ 
rechesto  dalli  prefati  Monsignore  lo  legato  et  popolo  de  RomOf 
mandarlj  cento  0  ducento  o  fine  in  quactrocento  cavalli  cum 
li  modi  et  pacti  de  sopra  specificati  et  dechiarati,  et  simek- 
mente  se  per  cosa  de  grande  importantia  besognasse  an* 
darsi  luy  cum  tucta  la  sua  compagnia  0  la  maiore  partt 
d  essa 

Item  promecte  lo  prefaMo  Magnifico  Capitano  alH  pr^ati 
Comissarij  nomine  quo  supra  durante  la  dieta  liga  tenere 
Amici  per  Amici,  et  Inimici  per  Inimici  dare  adiuto^  Consigfio 
et  fauore  al  prefato  Monsignore  et  popolo  de  Roma  in  ogtd 
altra  cosa,  che  alluy  sia  possebele,  per  mantenemento  del  pre- 
sente pacifico  stato,  et  non  offenderà  ne  far r a  offendere  alla 
citta  de  Roma,  sue  citta.  Terre  et  Castelli  o  luoghi  territorio 
for^a  0  districto  de  essa,  loro  ciptadini,  nueli  habitatori,  gente 
de  arme  da  piede,  et  da  cavallo,  et  altri  soptoposii  adherenti 
racomandati  presenti  futuri  del  dieta  Monsignore  et  popolo 
de  Roma;  et  similmente  la  douana  che  nel  terreno  de  Roma 
o  delle  prediate  sue  terre  venisse  stesse  0  partisse,  realmente, 
o  personalmente,  publico  0  in  occulto,  per  veruno  modo 

Item  che  in  caso  che  alcuna  de  le  terre,  che  se  tiene  per 
lo  figlio  de  palilo  0  per  altri,  volesse  tornare  ad  hobidientia, 
de  li  predicti  Monsignor  lo  legato  et  populo  de  Roma,  come 
Bracciano  et  campagnano,  che  lo  prefato  Capitano  sia  tenuto 
darllj  aiuto  et  favore  al  modo  soprascripto  Et  cosi  de  qualun- 
que altre  terre  fossero  soptoposte  al  prefato  popolo  de  Roma, 
che  se  stessero  per  altri  occupate 


Legazione  del  Card.  Isolano  421 

Tucte  le  prediate  cose  promectono  l  una  parte  ali  altra  y  e 

l  altra  a  l  una  attendare  et  obseruare  a  bona  fede  et  sen^a 

fraude^  remesso  ogni  dolo  e  cauillation,  e  ad  issi  non  contra- 

fare  o  venire  per  alcuna  ragione  o  vero  cagione  y  de  ragione 

0  vero  de  facto.  Et  ad  malore  cautela  de  voluntate  delle  decte 
parti  sonno  facte  dui  scripture  et  segellate  delti  sigilli  de 
Monsignore  de  Sancto  Angelo  predicto,  et  de  Nardo  pre- 
decto,  et  del  prefato  Mangnifico  Capitano  Tartaglia;  delle 
quali  dui  scripture  P  una  ne  remangha  per  cautela  del  pre- 
fato  Monsignore  et  popolo  de  Roma,  et  P altra  allo  prefato 
Magnifico  Capitano  Tartaglia.  Facto  in  Sutrj  sub  anno  do- 
mini millesimj  quadringentesimj  sexti  decimj  Indictione  dC' 
cima  Mense  Septembris  die  sextodecimo 

Post  hoc  el  prefato  Reverendissimo  in  christo  padre  et 
singnore  Monsgnore  de  Sancto  Ange  Ho  promesse  al  prefato 
Mangnifico  Capitano  Tartaglia  y^  accio  che  se  possa  meglio 
sostenere,  fare  et  curare  si,  che  lo  prefato  Monsignor,  et 
popolo  de  Roma  li  donerà  la  quarta  parte  delle  intrate  della 
douana  del  Bestiame  grosso  et  menato,  che  verranno  nel  ter- 
retorio  de  Roma  et  de  suo  Contadu  for\a  et  destrecto  per 

1  anno  presente. 


Archivio  della  Società  romana  di  Storia  patria.  Voi.  III.  37 


422  G.  Cugnoni 


NOTE 

al  Commentario  di  oAlessandro  VII 
sulla  vita  di  oAgostino  Chigi. 


(Continnazione,  vedi  pag.  305,  voi.  HI) 


(x6i)  Ecco  il  testo  dì  questo  Istromento  (*]* 


iSoj.  i5  Martij 

Deliberatio  et  Contractus  Portus  Herculis 


Actum  Senis 

In  nomine  D.  N,  lesu  Christi  Amen  Anno  ab  ipsius  Domini  >a- 
lutifera  Incamatione  iSoy  Indici  ione  vndecima  secundum  stilum,  et 
consuetudinem  Notariorum  Ciuitatis  Senarum,  die  nero  i5.  mensis 
Martij  tempore  Pontificatus  B."'  in  Christo  Patris,  et  Dni  lulij  Diuina 
Prouidentia  Papae  2.*  ef  regnante  Ser.'^o  Principe ^  et  Dho  D.  Maxi- 
miliano  Romanorum  Rege  Mag.^  Dhi  DD,  Officiales  Baliae  Ciuitatis 
Senarum  collegialiter  conuocati,  et  congregati  prò  rebus  ptis  expedien^ 
dis,  et  pertractandis  seruatis  cunctis  solemnìtatìbus  obseruandis,  unani- 
miter,  et  concorda er  prò  denari] s  inueniendis  prò  solutione  fienda  de- 
narior,  iam  compositorum  cum  Caesarea  Maiestate,  et  alijs  occurrentijs 
praedictis  deliberauerunt  dare  et  concedere,  et  dederunt  et  concesserunt 
sex  de  eorum  Collegio  iam  electi  sub  die  8  g^m  proxime  praeteriti 
plenam,  liberam,  et  amplam  auctoritatem ,  quantam  habet  totum  Col" 
legium  Baliae  concedendi  introitus,  et  res  Terrae  Portus  herculis,  cui, 
uel  quibus  eo  modo,  forma,  tempore,  capii ulis,  conuentionibus ,  et  prò 
ilio  predo,  quibus  eis  videbitur,  et  placebit.  Et  praedicta  decreuerunt, 

(')  Scritture  di  Casa  Chigi,  voi.  I.  p.  585. 


cAgostino  Chigi  il  cMagnifìco  423 


k  deUbtrauerunt  non  ohtaiilìbus  quibiiscumq.  legibus,  slalutìs  ,  proui- 
tnìbus.  Il  Re/ormalionibus  M."  Comunìs  Saiarum,  et  ali'js  in  contra- 
tutu  quoquo  modo  disponenlibus ,  etìamsi  esse!  Jìenda  specialis  menilo, 
Èlibus  geiieraliter,  et  particularìter  inleìUgatur,  et  sii  prò  hac  cauta, 
e  tantum  expresse  derogalum. 
Nomina  utro  dd:  de  Collegio  BaUae  ui  supra  electorum,  sunl  in- 
ìpla  VI 

D.  loiwES  Baptist*  Sanctics 
pAtiDOuPMua  Bartholohaei  de  Petrucciis 
Crescektiub  Petri  Gobi 

LiJURSNnil»   DONATUS 

D.  Io.  ANTONIU&  Sakaceniue,  et 

VOO   AZ20LINI   de  VCURGEBUS. 

I  /n  Dei  nomine  Amen.  'Anno,  Indiclione,  Pontiflcatu ,  et  Imperio 

tdìclis,  die  uero  16:  mensìs  Marti]. 
\  Eisendo  il  M."  Commune  di  Siena  in  grandissimo  bisogno,  e  necet~ 
'i  hauere,  e  proaedere  dev'ari  per  la  espeditione  de  lìnegocij,  ha 
■  ia  Cesarea  Maestà,  et  p  prouedere ,  et  satisfarà  ad  quella  p  motte 
e  occorrenlie  pTi.  Et  vedendo,  et  cognoseendo  il  A/."*  ms.  Augustino 
■i  tale  bisogno,  et  necessità  per  esser  grato  inuerso  la  Patria  gratis, 
e  presta  al  prefata  M."  Commune  di  Slena,  et  alli  infrt  Cit- 

Mt.  Io.  Battista  Sancii,  Pandol/o  di  Bartolomeo  Petrucci,  Crescentio 
K  Pietro  di  Gjro  Loren:^o  Donati  Ms.  Gio.  Antonio  Saracini,  et  Vgo 
di  Aj^olino  Vgurgeri  per  tempo  rìceuenti,  et  kauenli  ad  questo,  et  à 
te  cote  infre  piena,  et  ampia  aullorità  dal  M."  Collegio  di  Balia,  et 
questa  ha  d'  Collegio,  come  ne  appare  per  le  deliberationì  di  Balie  di  me 
Noii  in/ro  sopra  descritte,  et  ad  ilaurodi  Giouanni di Bitherna  in  loco 
del  Cam.'  di  Bithenia  riceuente  per  loro,  et  ad  nome  del  d.'  M."  Com- 
mune di  Siena,  et  per  d.'  Ms.  Angustino,  da  Sigismondo  Ciiigi  suo  fra- 
tello fior.  8000;  di  due.  4  per  fiorino  in  questo  modo,  e  forma  cioè. 
Perchè  dà  e  numera,  e  per  lui  il  Banca  loro  di  Siena  fiorini  yìoo:  in 
pecunia  numerata  altualmeule ,  et  non  con  speranza  di  futura  rimune- 
ratioae,  et  fiorini  700;  promette  sborsare  e  pagare  al  prefato  Com- 
mune dì  Siena  ad  ogni  sua  requisii  ione ,  et  uolontà.  Et  li  prefati  sei 
M."*  Cittadini  volendone  prouedere  al  sòpto  Ms.  Augustino,  et  ad  tempo 
renderli,  et  restituirli,  come  è  il  debito,  li  danno,  et  concedono  ad  nome 
del  A/."  Commune  di  Siena,  et  ad  sol  heredi,  e  successori  li  offici]  de 
la  Potestaria  et  Rocca,  ouero  Castellanìa  delta  Terra  di  Porihercole 
eoH  ludi  ti  loro  salari],  frutti,  prouenli,  et  emolumenti  con  loro  spese 
et  incarichi,  e  tutte  le  gabelle,  ancoraggi,  naufragi,  et  ogni,  et  qual- 
^mque  altro  fruito,  et  entrata,  cosi  maritìma,  come  terrestre  del  Porto 


424  G.  Cugtioni 


di  rf."  Terra  di  Porthercole,  et  etiam  tutti  li  frutti,  prouenti,  et  emo- 
lumenti, et  esattioni  di  d.'  Terra,  huomini ,  Corte,  et  Tenimento  di 
Porthercole  soliti  peruenìre  al  Commune  dì  Siena ,  et  suoi  Offitiali,  et 
ad  qualunque  altro  in  suo  nome  esigente,  ò  riceuente,  et  tutte  queste 
cose  li  danno,  et  concedono  come  di  sopra,  p  tempo,  e  termine  di  anni  40: 
el  quale  si  intendi  essere  incominciato  in  Calcnde  di  Mar^o  pnte,  et  finito 
come  segue,  et  con  V  infrascritti  patti,  modi,  colpitoli,  et  conuentioni. 
In  prima  che  il  d.^  Ms"  Còe  di  Siena  non  possi,  ne  debbi,  ò  in  tutto, 
ò  in  parte  leuare,  ò  diminuire  durante  d,"  tempo  dJprouenti,  intrate, 
commodi j  et  salari],  ma  debbino  durare  come  sono ,  e  s' intendin  essere, 
e  sijno  di  d.*  Ms.  Augustino,  ,et  soi  heredi,  e  successori,  e  quelli pos- 
sino  esigere  da  tutte  quelle  persone,  loci,  et  Communità,  che  al  presente 
a  sono  obbligate.  Item  che  lo  <i.«  Ms.  Augustino,  et  soi  successori  hjb- 
bino  il  gouerno,  et  custodia  di  d.'^  Terra  huomini ,  Porto,  e  Rocca  di 
Porthercole,  et  quelli  debbi  reggiare,  gouernare,  e  custodire,  come  ai 
lui  parrà  piit  espediente,  e  la preseruatione  de  la  detta  Terra,  huomini, 
et  cose  sopradette,  administrando  ragione  secondo  la  forma  delti  Sta- 
tuti di  detta  Terra,  et  in  defctto  di  quelli  secondo  i  Statuti  di  Siena, 
et  in  defctto  de  V  uni,  e  de  gli  altri  secondo  la  dispositione  di  ragione 
commune.  Item  che  al  prefato  M.^  Augustino,  et  soi  successori ,  sia 
lecito  per  fortificai  ione  di  <i.«  Terra,  et  Porto,  Rocca,  et  mura  di  èpa 
spender  fino  alla  somma  di  fior.  700.  //  quali  d.'*  Commune  di  Siena 
sia  obligato  restituirli  oltre  la- d.'*  somma  di  fiorini  8000:  non  potendo 
però  spendere  piit  di  d.*  fiorini  700.  sem^a  espressa  licen:^a  di  d.*  M" 
Commune  di  Siena,  e  se  piit  spendesse  sem^a  licen^^a  ceda  in  bencjitio 
di  d."  Commune  di  Siena  senf  altra  restitutione,  ò  pagamento  da  farsi. 
Et  quando  con  liccu:[a  spendesse  piìi  che  fiorini  700:   il  prefato  Cnn- 
mune  di  Siena  sìa  obligato  restituirli,  et  al  suddetto  M.  '  Auf^ustino, 
et  soi  heredi,  e  successori,  sia  lecito  non  obstaute  l' infrascritto  vltnno 
capitolo,  ritenere  d.''  Rocca  per  fino  alla   integra  satisfattioìic.  Item 
che  sia  lecito  a  d.^  Ms.  Angustino,  e  soi  successori  durante  detto  tcmfo 
fare  venire  per  mare  al  predetto  Porto  da  loci  cstra)iei,  et  non  sutictti 
al  prefato  Ms"  Commune  di  Siena,  ne  di  sua  jurisditione,  0  Distretto 
ogni,  e  ciascheduna  sorte  di  mereantie,  che  se  li  aceommodarà  ò sarà 
di  suo  piacere,  così  frume)ito,  come  allume,  e  qualunque  altra  cos^in 
mercantia  et  de  li  spacciarle ,  et  per  mare,  e  per  terra,  come  sarà  di 
suo  piacere  sen^a  pagamento  di  tratta,  ò  qualunque  altra  gabella,  et 
con  tutte  quelle  franchitie ,  che  ha  il  Porto  di  Talamone.  Item  che  ne 
il  Commnne  di  Siena,  ne  alcun  Officiale  di  tempo  possi  fare  alcuna  e<eìi- 
tione,  saluo  condotto,  ò  franehitia  ad  alcuna  persona  habitantc  in  JettJ, 
ò  in  epa  conuersante  etiam  se  fosse  forastiero ,  et  che  cxcepto  quelle 
che  concernono  il  Tricosto  il  pr  e  fato  Ms.  Augustino,  et  suoi  successori 
goda  tutte  V  Immunità,  e  priuilegj  concesse  agli  huomini,  et  habitanti 


oAgostino  Chigi  il  ^Magnificò  425 


\n  d*  Terra,  Item  che'l  ds  Ms,  Augustino  possi  sostituire  ad  custodia 
il  d^  Terra  y  et  Rocca,  et  Porto  che  li  piacerà,  dummodo  persone  non 
sospette  al  presente  Reggimento,  ò  Stato,  et  che  siano  della  Città  di 
Siena,  ò  di  suo  Contado,  ò  lurisditione ,  Restando  prò  epo  M."*  Augu- 
stino, et  suoi  successori  obligati  sempre  che  tali  sostituti  non  saranno 
negligenti,  ne  faranno  tristitia,  dolo,  ò  tradimento  alcuno,  et  mini- 
straranno  giustitia  secondo  che  di  sopra  e  ditto  in  absen:{a  di  d?  Ms. 
Agustino.  Item  in  caso  che  d.^  Ms.  Augustino  ò  soi  successori  edificas- 
sero in  detta  Terra,  ò  fuori  di  epa  Case,  ò  maga:(:^ini per  loro  bisogno, 
sia  in  libertà  di  d.^  Mag.'"  Commune  di  Siena  pigliarli  finito  il  d.^  tempo 
per  lo  costo,  ò  stima  di  epe,  come  Le  piacerà,  ouero  relasciargliene  loro 
proprie  in  perpetuo  (non  potendo  però  edificare  In  loco  dannoso  in  d.* 
Terra,  mura,  ò  Rocca).  Item  che  delli proueuti,  et  intrate  di  d.*  Terra, 
et  huòi,  li  quali  secondo  la  forma  delli  Capitoli  presenti  hanno  ad  es- 
tere di  d.**  Ms.  Augustino,  s' intendino  exceptuati  li  censi,  et  palio,  li 
juali  li  detti  huomini  di  Porthercule  restino  obligati  pagare  à  li  tempi 
iebiti.  Ne  possino  li  Huomini  di  d.**  Terra,  ne  li  Officiali  di  epa,  ò  in 
juella  habitanti  comprare,  ne  condurre  a  d.'^  Terra,  ò  in  quella  usare, 
ì  lograre  altri  sali  che  del  Af/"  Commune  di  Siena  sotto  le  pene  de  li 
Statuti  di  Siena.  Item  che  non  si  possi  sen:(a  lettera  di  tratta  mettere  ne 
la  Corte,  Terra,  Rocca,  ò  Porto  di  Porthercole  alcuna  quantità  di  grano 
ricolto  fuori  di  detta  Corte  ne  lochi  sottoposti  al  Commune  di  Siena,  ò  di 
sua  lurisditione,  ò  Distretto  sotto  pena  del  frodo,  et  di  uno  ducato  per  mog- 
po  da  pagarsi  per  quelli ,  che  tal  grano  vi  conducessero,  et  un  ducato 
per  moggio  da  d.^  Ms.  Augustino  se  consentisse,  ò  permettesse  contra- 
farsi, ò  per  se,  ò  per  soi  Officiali.  Ne  etiam  il  ricolto  in  detta  Corte 
si  possi  trarre  sen:[à  lettera  di  tratta  del  Commune  di  Siena,  ò  di  altri 
per  lui  sotto  le  medesime  pene  à  li  medesimi  sopranominati.  La  quale 
lettera  de  la  tratta  non  li  possi  mai  essere  denegata.  Item  perche  porrla 
accadere  durante  d.^  tempo  qualche  sospetto  di  guerra,  ò  altra  suspi- 
tione  d^incursi,  così  maritimi ,  come  terrestri,  et  saria  necessario  pro- 
uedcre  a  d."*  terra  di  genti,  che  in  tal  caso  ad  requisitione  del  prefato 
M.  Augustino,  et  suoi  hcrcdi,  et  successori  e  'l  Commune  di  Siena,  sia 
obligato  mandami  quella  gente  parrà  esser  necessario,  dummodo  com'è 
ditto  richiesta  da  d.°  Ms.  Augustino ,  et  non  altrimenti ,  perche  ancora 
porrla  accadere  ò  per  guerra ,  ò  per  altra  suspicione,  che  il  Commune 
di  Siena  haria  di  bisogno  di  Cerne,  ò  fanti,  che  in  tal  caso  d.^  Ms.  Au- 
gustino,  ò  soi  officiali,  che  si  troueranno  ad  requisitione  del  Publico , 
siano  obligati  mandar  quello  numero  di  fanti ,  che  sarà  al  proposito, 
remancndo  però  la  d.'^  Terra  fornita.  Et  perche  uerisimilmente  il  pJo 
Af.^"  Augustino,  et  soi  liercdi ,  e  succori  si  saranno  satisfatti ,  et  pagati 
per  il  d."  tempo  di  anni  40.  delli  sopradetti  fiorini  8000;  si  obliga,  et 


ì 


426  G.  Cugnom 


ccn  efìttii}.  et  M.^ St^isatomJo  per  Imi,  ohligamdo  se,  li 
fctfnefc ,  e  lacccri  JeSTxaa  .  e  JetT altro  Jiuito  il  smo  tempo  rendere,  e 
mti^mire  ì^^raatemU  non»»  o^mi  cMÒlUtkme,  et  ejcceptione  di  pio 
J£«  Cammaste  li  SUms  Lx  X*  TVrrx,  Rocca  et  Borto,  et  che  sia  lecita 
mi  deiss  Csmmxme  Jz  Soems  per  propria  aMttorità,  et  arbitrio  intrare, 
Is  P3saameJe£l£  ccse  sopraJette  Jiuito  detto  tempo,  e  cowuen" 

\,  cx£  f%eClo  ^mita  Jk£«  Amgmstimo  pio,  ò  soi  heredi,  e  SMCcestori 
mom  ssetto  cèii^atì  remier  comio  alano  di  ^ttalunq.  rtilità,  et  frutto 
me  kam^ssero  tratùo,  au  tmtto  ceda  »  loro  rtilità.  Et  e  comterso  n 
cke  mtym.  è  meriàdle  ri  fesse  dammo ,  ò  perdita  ,  ceda  ad  pregimdiUo, 
et  daxsto  laro  ,^e  il  prefato  Comaane  li  resti  ad  alcuma  cosa  oMigata: 
ad  qmelle  dei&imo  lUersmemìe  restitMire  detta  Terra ,  B3rto ,  e  Bocca 

'è  £tto,  e  tmtte  qmelle  roke,  anme,  salmurie,  et  momitòmi,  che  ad 
taro  sarà  comsegmato  per  tmmemtario.  Qmae  omnia  et  singula  etc.  m- 
prascripta  rt  smprascriptos  imtroitms,  et  res  Fortus  kerculis  sex  citta 
SMpramomdnati  rt  D.  Jjaxnes  Baptista  Sànctims,  Bandolpkus  Bartko- 
ìamaei  de  Betrmccijs,  Oesceatius  Retri  Cori,  Laurentius  Donatus, 
Dàus  toammes  AMtomius  Saracemms,  et   Vgo  A{\olini  de   Vgwrgeriji 
kakentes  plemam,  liheram,  et  ampiam  OMCtoritatem  à  Collegio  Baliae 
Gmitatis  Semamm ,  ut  piene  comstat  manu  mei  Sotarij  infrascripti  sub 
die  tj*  praesentis  mensis,  dedentnt,  et  concesserunt  suprascripto  A 
Amgustimo  Aiariami  de  Okisip,  et  prò  eo  Sgismundo  eiusfratri  carnali, 
et  miki  Solario  infràpto  tanjmam  ptaè  personae  praesentibus ,  et  ran- 
pientikas,  atm  pactis,  modis,  forma,  commentionibus ,  capitulis,  tCM' 
pore,  mei  temporibus  smpra  descriptis.  Et  fuerunt  supti  sex  Gues  vice, 
et  nomine  Communis  Senarum ,  et  prò  eis  Maurus  io:  Bìcheme  tanquam 
Cam.  Bichemac  confissi  habuisse  et  recepisse  J.  mutuum  Sooo:  floren: 
comodo  ,  et  fonna  ut  supra  Jcscrlptum  est  in  principio  pntis  Contractus, 
etconucntijnis.  Et  JeJeruit  licentiam  J,*  Sìgismundo  recipienti  ut  supra 
accipienti  Tenutam  prò  J.*  tempore  supraJictarum  rerum  concessjrum 
sua  propria  aucto^itate.  Et  promiserunt  d*  sex  Ciues  d*  nomine  Com- 
munis  Senarum  eiJcm  D.  Au fustino ,  et  prò  eo  d.*  SìgismunJo  J.'  no- 
nomine ,  et  mihi  SoTo  rccipientibus ,  et  stipulantibus  defensionem  legi- 
timam  dJ.  Introituum  .  et  rcum  ut  sitpra  concessarum ,  et  de  dà:  in- 
troitibus  et  rebus  conccssis  nullam  litem ,  uel  controuersiam  facere, 
uel  mouere.  Et  promise^-unt  partes  praedictae  vt  supradicti  sex  Ciues 
nomine  M.'*  Communis  Senarum  etc.  etc. 

Ego  Marianus  Petri  A*idreac  de  Barlettis  Ciuis  Senarum,  publicus 
Imperiali  aucte  Sotjrius,  et  luJcx  ordinarius,  et  ad  praesens  Sotarius, 
et  scriba  dd.  M.^  DD.  Officialium  Baliae  prò  spectabiliss*  Viro Ser 
Antonio  Vitellis  de  Glindarionibus  eorum  Sot,  tam  in  d.'  deliberatione 
quam  etiam  in  suprascripto  contrac  tu ,  et  omnibus  et  singulis  in  eocos- 
tentis,  dum  sic  agebantur  interfui,  et  ea  rogatus  scribere,  scripsi  et 


\ 


oAgostitto  Chigi  il  cMagnifico  427 


li,  lignumq.  meum  eiim  nomine  appositi  consuetum:  et  post 
Bitf  descripta  infine  S.^foUj,  quod  diciC:  Sìen  obligali,  fuit  erroris 
tuaa  intermissa,  et  apposita 
Laus  Dea 

Loco  4.  Signi 


.  Anno  Diti  is"?'  Indìclione  A7. ,  die  tiero  22.  Martìj  M.''  Viri  D: 
e»  Bapla  Sanetius,  Pandolphus  Bartholomaei  de  Petniecijs,  Lau- 
't  Donaluf,  D.  lois  Anionitis  Saracenus,  et  Vgo  A{joIini  de  Ugur- 
trijt ,  abienle  Crescentio  Petri  Cori  eorum  sexto  collega  vi  gore  supra- 
-uiti  auetoritatts  addiderunt  siiptis  eapitulit,  et  conuentionibus 
i  praetenlia  supti  Sigismundi  praesentis,  et  d.' nomine  acceptantìs , 
^  Commune  Senarum  non  possit  qvoguo  modo ,  uel  causa  petere 
%tupÌo  D.  Angustino,  et  $uis  haeredibus  d.-Jlorenos  joo;  usqiie  ad 
impuf  completum,  et  finitum  dd^  40.  annorum,  non  abitante  che 
I  topre  neUi  presenti  capitoli,  e  conditioni  sì  contenga,  che  debbi 
Igarli  ad  ogni  requisitione ,  e  uotontà  del  d.'  M."  Commune  di  Siena. 
Actiim  Senìs  in  domo  haeredum  Mariani  de  Chisijs .  et  in  Deducto , 
et  prima  parte  domiis  post  CanceUum,  corani  et praescntibus  D.  DomÌ- 
nico  Placido  E^uite ,  Alexandre  de  Bicliìjs  Cansore,et  ser  Francisco 

Ì'para  de  S."  Flora  Ciuibus  Senarum  lestibus  ad  p^a  habitis,  etrogatis. 
Ego  Harianus  Petri  de  Barlettis  Nohis  supTus  de  pUs  rogatus,  eie. 


iSaS 
(.  Martij 

Additio,  et  diminutio  quorundà  CapTor  Instro  concess.''  factae  à 
&iiitj>  Senar.  Portus  Herculis. 

M.WAUOUSTINO  Chi([o  {,'). 

Axtum  Senis 


tu  Dei  Nomine  Amen.  Anno  ab  ipsius  Domini  saluti/era  Incama- 
tione  1^08.  Ittdiclione  duodecima,  die  nero  33.  mensis  Martij:  lulia  a.» 
Pontifici  Max-imo,  et  Maximiliano  Romanorum  Rege  regnantibus, 
ft  comuniler  Senis  ferttir. 

Magnifici  Domini  DD.  Officiaies  Baliae  Ciuitatis  Senarum  cotte- 

^aliler  conuocali ,  et  congregati  in  numero  sufficienti,  et  in  eorum 

plita  residentia  prò  rebus  pubi  icis  expediendis,  et  utiliter  perlractandis, 

matis  cunetis  solemnìtatibitt  obseruandis.  Attento  quod  D.  Augustine 


{')  Serìtiure  di  Casa  Chigi  ^ 


428  G.  Cugnoni 


Oiisio ,  et  prò  eo  Sigismundo  eius  fratri  carnali  fuerunt  concessi  in» 
troitus,  redditus ,  et  prouentus  Pòrtus  Herculis  vna  cum  officio,  et 
et  custodia  Arcis  d,**  Terrae ,  prouthaec  omnia  latius  in  d,*  concessione 
continentur.  Et  quia  d,*  concessione  praedicta ,  et  multis  capitulis  in 
ea  appositis  ptùs,  D.  Augustinus  non  bene  contentatur,  et  uellet  quod 
addéretur  quaedam  capta  de  nouo ,  et  aliqua  uetera  corrigerentur ,  et 
quaedam  obscura  declararentur,  Idcirco  deliberauerunt  et  decreuerunt, 
quod  infrascripti  sex  Ciues  in  causa  praedicta  habeant  plenam,  et  libe- 
ram  auctoritatem,facultatem,  atque  baliflm  de  nouo  conueniendi,  et  paci" 
scendi  cum  praefato  D.  Augustino  super  cà,  et  concessionibus  praedictis, 
et  addendi  capitula  de  nouo,  et  uetera  capitula  etiam  corrigendi,  oc 
etiam  obscura  capitula  declarandi  cum  consensu  d,  D.  Augustini ,  prout 
infrascriptis  Sex  libere  uidebitur,  et  placebit.  Hoc  tamen  excepto  jo- 
lum,  quod  non  possint  dominium  dictae  Terrae  Pòrtus  Herculis  in  prae- 
fatum  Dominum  Augustinum  alienare,  Et  haec  decreuerunt  omnime^ 
liori  modo,  non  obstantibus  quibuscumque ,  quorum  Sex  haec  sunt  no- 
mina Uì 

D,  Alexander  PETBUcaus  ; 

D.  Io.  BapÌta  Sanctius       [  Legum  Doctores 

D,  Io.  Palmerius  / 

Crescentius  Petri  Cori 
^  Z>.  io.  Antonius  Saracenus  Eques,  et 

Vgo  Azouni  de  Vgurgerijs 

Anno,  et  Indictione  praedictis  die  uero  24.  mensis  Aiàrtij, 
In  Dei  nomine  Amen.  Conciosia  cosa  che  dell*  anno  i^oj.  del  mese 
di  Mario  sotto  il  dì  16.  del  d.'*  mese  fusse  per  sci  Cittadini  eletti  dal 
Collegio  di  Balìa,  li  quali  haueuono  piena  auttorità ,  data,  et  fatta 
concess.'  al  M.'^'^  Augustino  Chigi,  per  lui  ad  Sigismundo  suo  fratello 
riccuente  per  il  d^  M/"  Aug.**'*,  et  suoi  hercdi,  et  suc<x>ri  de  li  offici] 
de  la  Potestaria ,  et  guardia  de  la  Rocca  di  Portercole  nel  modo,  e 
forma  infra  cioè  ecc.  (*) 

Et  perche  li  patti,  capitoli ,  et  conuentioni  contenti  nel  detto  con- 
tratto in  tutto  non  satisfanno  al  prefato  Mss.  Augustino ,  però  r  infra- 
scritti sei  Cittadini  cioè 

Mss,  Alessandro  di  Mss,  Achille  Petrucci , 
A/ss.  Ioanni  Baptista  Sancii, 
Mss.  Ioanni  di  Agnolo  Palmieri, 


(*)  Viene  trascritto  il  contratto  di  sopra  recato  in  data  15  Marzo  1507,  dal 
principio  fino  alle  parole  «  ci  quale  s'intendi  essere  incominciato  in  Calende  di  Marzo 
presente,  et  da  finire  come  segue,  et  colli  infratti  patti,  modi,  capitoli^  et  conuen- 
tioni. » 


^Agostino  Chigi  il  oMagniJìco  429 

CretecHliù  di  Pietro  dì  Coro, 
M$t,  loanni  Antonio  Saracini,  abseitte 

Vgo  di  Aiolìiio  Vgurgieri  per  ìnfirmicà,  loro  iesto  Collega  eletti, 
ti  dal  Collegio  di  Balìa;  per  uigore  de  t'auttorità  loro  della 
«  appare  di  mano  di  me  Notavo  infrascritto  sotto  il  di  23:  di  Mar-^o 
e  dillo,  sopra  descripta  Ì«  tiece,  et  nome  del  .!/,•  Commune 
Siti\a  per  uigore  de  la  sopradetla  aultorità  in  questa  parte  à  loro 
•tsa  di  nono  per  restitudOne ,  et  pagamento  da /arsi  al 
^•pre/alo  Mss.  Augustino  di  Ji orini  ottomiUa  di  S4  per  f.' ,  de  li  quali 
si  /a  mentione  ne  la  soprascritta  forma,  et  tenore  di  contratto,  danno, 
et  concedono  al  prefato  Afts.  Aitguxtino,  e  per  lui  al  d.'  Mss.  Sigi- 
ttnundo  presente,  et  recipiente  per  il  d,'  Mss.  Augustino ,  et  sai  heredi , 
et  successori ,  per  li  quali  de  rato  promìsse  per  lo  officio  de  la  Potestà- 
ria,  rt  la  Custodia  de  la  Rocca  de  la  Terra  di  Poriercule  con  tutti  li 
suoi  salarij ,  eommodì,  et  emolumenti,  spese,  et  incarichi  di  d.'  affitto 
di  Fotestaria,  et  Rocca,  secondo  la  continentia ,  e  tenore  in  tutto,  e 
per  lutto  de  la  soprascritta  forma ,  e  tenore  di  contratto  celebrato  nel 
é*  anno  isoy:  his  exceptis  VJ.  Chedoue  in  d.'  forma  di  contratto  dice 
panni  40,  la  presente  concessione  s' intenda  per  anni  cinquanta,  lì  quali 
uogliamo  che  sieiio  incominciati  in  Calende  di  lilar!{o  isirj:  et  da  finire 
come  segue.  Item  che  li  fiorini  joo:  f  il  suppUmento  iafino  ad  fiori- 
ni Sooo  :  non  passino  essere  adomandati  al  prefato  Mss.  Augustino,  soi 
heredi,  et  successori  perfino  non  sarà  finito  il  tempo  de  la  presente 
coHceisiane  di  anni  jo.-  con  l' infrascritte  conuentioni,  patti,  capitoli, 
et  modi  cioè 

Iti  prima  che  7  d.'  Jtf.*  Commune  di  Siena  non  possi,  ne  debbi,  ò  in 
tutto,  ò  in  parte  leuare,  à  diminuire  d,'  tempo  d.' prouenti ,  intrate,  com- 
aiadi,  e!  salarr;  ma  debino  durare  come  sonao;  et  intendino  esser,  et  sieno 
di  d.'  Mss.  Angustino,  et  sol  heredi,  e  successori,  et  quelle  passino  exi- 
gere  da  tutte  quelle  persone,  loci,  et  Communità,  che  al  presente  ui 
tono  obligale,  et  durante  d.'  tempo  dì  anni  50:  promettono  li  predetti 
itt  d.'  nome  mantenere  detta  possessione  libera ,  pacifica ,  et  expedila  a 
d.*  M."  Augustino,  soi  heredi,  et  successori ,  ne  per  alcuna  cagione  re- 
mouere  in  lutto,  et  in  parte  sotto  la  pena  contenta  nel  presente  ìn- 
ttrumcnto. 

Item  che  il  d.'  Mss.  Augustino,  et  soi  successori  habbino  il  gouerno , 
e  custodia  di  d.*  Terra ,  huomini ,  et  Porto,  e  Rocca  dì  Portercule,  et 
quelli  debbi  reggere,  gouernare,  e  custodire,  come  ad  lui  parrà  più 
espediente  à  la  preseruat.'  de  la  d.'  Terra,  Huomini,  et  Corte  soprad,' , 
administrando  ragione  con  quella  auttorità,  che  ha  il  Commune  di 
Siena  con  d.'  Partherculesi:  non  polendo  però  fare  leggi  di  «olio,  et 
che  da  le  sentente  da  darsi  per  l' Officiali  di  d.'  Mss,  Augustino  da  40. 
^Jorini  in  giìt,  si  appelli  solamente  a  d.'  Mss.  Augustino,  o  suoi  heredi; 


1 


43o  G.  Cugnoni 

et  da  40.  fiorini  in  su,  si  appelli  in  Siena  à  li  ludici  de  la  appdlatioH 
di  d,*  Terra  ordinari), 

Jtem  che  al  prefato  J/.«f  Augustine,  et  soi  heredi  sia  lecito  usu- 
rare, et  edificare  in  fortificamento  della  d*  Terra  ,  sua  Rocca,  et  Porto, 
come  li  parrà ,  et  piacerà  per  fino  à  la  somma  di  fiorini  diecimila  di  84. 
ilf»,et  non  più  sen^a  espressa  licentia  del  M.-Commune  di  Siena,  te- 
nendo buon  conto  di  tutto  quello  spenderà,  et  finiti  detti  $0:  asini  U 
prefato  Mss,  Augustine,  \et  soi  heredi  non  siano  obligati,  ne  fotsmo 
esser  astretti  ad  render,  et  restituire  d*  Terra,  Porto,  et  Rocca  per 
fino  ad  tanto  che  non  lo  sarà  integramente  restituito,  et  satisfatto  tutto 
quello,  che  haranno  speso  in  fortificatione  di  d*  Terra,  Pòrto,  et  Rocca, 
come  di  sopra.  Ne  possi  il  Ms*  Commune  di  Siena  remouere  d?  Mss, 
Augustine,  soi  heredi,  et  successori  de  la  Rocca,  et  gouemo  di  detta 
Terra ,  et  percettione  de  frutti ,  ma  lassarglieli  godere  liberamente  ti 
fino  ad  tanto  che  in  numerata  pecunia  restituisca  la  detta  quantità  spesa, 
et  essendo  negligente  detto  Commune  à  la  detta  satisfatione,  non  possi 
petere  per  alcun  modo  computatione  di  frutti,  ma  restino  liberi,  et  expe- 
diti  al  prefato  Mss.  Augustino,  soi  heredi ,  e  sudori  per  guardia  de  ìa 
Rocca,  custodia  de  la  Torre,  et  sua  utilità,  etuersa  uice finiti  d.*$o: 
anni,  restituite  le  prefate  spese  al  d*  Mss,  Augustino,  ò  soi  heredi, 6 
successori,  incontinenti  sieno  obligati  ad  restituire  la  d.*  Terra,  et  Rocca 
al  M.**  Commune  di  Siena, 

Jtem  che  sia  lecito  al  d.»  Mss.  Augustino,  e  soi  successori  duranti 
d,*  tempo  far  uenire  per  mare  al  d.*  Porto  da  lochi  estranei,  et  woa 
subietti  al  M.^  Commune  di  Siena,  ne  di  sua  iurisditione ,  e  distretto 
ogni,  et  ciascheduna  sorte  di  mercantie,  che  se  li  accommodarà ,  ò  sarà 
di  suo  piacere f  così  frumento],  come  allume,  et  qualunche  altra  cosa, 
temeraria  .  et  Ji  li  spacciarle,  et  per  mare,  et  per  terra,  come  sarà  di 
suo  piacere,  sen^a  pagamento  di  tutta,  ò  qualunche  altra  gabella,  et 
con  tutte  quelle  franchine ,  che  ha  il  Porto  di  Talamone. 

Item  che  né  il  Commune  di  Siena,  ne  alcun  Offitiale  di  tempo  possi 
far  alcuna  exemptione,  saluo  condotto,  ò  franchigia  ad  alcuna  persona 
habitjnte  in  d*  territorio,  ò  in  epo  conuersante  etiam  se  fosse  fora- 
stìero.  et  che  excepto  quelle  che  concernano  il  Tricosto,  il  prefato  Mss. 
Agirsi  ino ,  et  soi  successori  goda  tutte  le  immunità,  et  privilegi  con- 
ceSs^i  air  huomini ,  et  hjtitanti  di  detta  Terra. 

Itetn  che  il  J."  Mss.  Augustino  possi  substìtuire  ad  custodia  di  detta 
Terra  .  et  Rocca  et  Porto  chi  li  piacerà  .  Jummodo  che  non  sia  rebello, 
bandito,  ò  confi  fiato  dal  Commune  di  Siena.  Restando  prò  tempo  Mss. 
Auì:ustino.  et  soi  successoci  obli  fati  sempre  che  tali  substituti  non  sa- 
ranno negligenti .  ne  faranno  tristitia ,  dolo,  ò  tradimento  alcuno,  et 
ministraranno  iustitia  secondo  che  di  sopra  è  detto  in  absenja  did.*  Mes. 
Aui^ustino. 


C^gosh'no  Chigi  il  cMagnifico  43 1 

L  hent  che  in  caso  che  if  Mss.  Angustino,  o  soÌ  sticcessori  edi/icat- 
ia  d."  Terra,  ò  fuor  di  tempo  case ,  ò  magaj^ini  per  loro  bisogno, 

a  libertà  dì  d.'  M."  Commune  di  Siena  pigliarti Jinìto  il  d.'  tempo 
r  lo  costo  ò  stima  di  tempo  come  li  piacerà,  onero  relassargUe  le 
D  pn/prie  in  perpetuo,  et  che  il  Commune  di  Siena  possi  mandar  vno 
gre,  et  conuenìre  il  sito,  dove  tali  edijitij  far  si  debbino. 
«  che  de  li  prouenti,  et  entrate  dì  della  Terra,  et  liuomini,  le 
\  ^imIi  secondo  la  forma  de  li  Capitoli  presenti  hanno  ad  esser  di  d.'  i/ss. 
Augustine  ;  s' intendino  exceptuati  li  censi,  et  palio,  li  quali  li  d.' huo- 
nini  di  Fortercule  restino  obligati  à  li  tempi  debiti.  Ne  passino  lì  huo- 
mini  di  d.'  Terra ,  ne  li  Offitiali  di  essa ,  ò  in  quella  kabitanti  comprare , 
ne  condurre  à  la  detta  Terra ,  à  in  quella  usare,  ò  lograre  altri  sali, 
che  del  it,"  Commune  di  Siena, 

Itcm  che  non  sì  possi  senja  lettere  dì  tratta  metter  ne  la  Corte,  terra, 
rocca .  ò  Porto  di  Portercole  alcuna  quantità  di  grana  ricolta  fuor  di 
d.'  Corte  ne  li  lochi  sottoposti  al  Commune  di  Siena ,  o  di  sua  iuritdi- 
tione,  ò  Distretto  sotto  pena  de  frodo,  et  di  uno  ducalo  per  moggio 
da  pagarsi  per  quelli,  che  tal  grano  ni  conducessero,  et  un  ducato  per 
moggio  da  pagarsi  per  d.'  Mss.  Angustino  se  consentisse ,  ò  permet- 
tesse conlrafarsi  ò  per  se,  à  per  soi  Onciali.  Ne  etiam  il  recolto  in 
d.'  Corte  sì  possi  trarre  senja  lettera  di  tratta  del  Commune  dì  Siena, 
ò  dì  altri  per  lui  sotto  le  medesime  pene  à  li  medesimi  sopranominati, 
I4  qual  lettera  di  trattla  non  li  possi  mai  esser  denegala  :  etessendoli 
denegata  lo  possi  trarre  ad  suo  piacere,  lenendone  bona  conto,  et  pa- 
gar la  tratta  come  di  sopra. 

Jlem  perche  porrla  accadere  durante  detto  tempo  qualche  suipetto 
di  guerra,  ò  dì  altra  suspilìone  di  incursi,  così  maritimi,  come  ter- 
restri, et  saria  necessario  prouedere  d.'  terra  di  genti,  che  in  tal  casa 
ad  requisHione  dì  d.'  Mss.  Augustino,  et  soi  hcredi,  et  successori,  il 
Commune  di  Siena  sia  obligato  mandare  d.'  gente  parrà  esser  neces- 
saria, dummodo  come  detto  richiesta  da  d.'  Mss.  Augustino,  et  nQn 
altrimenti. 

Item  perche  ancora  porrla  accadere  ò  per  guerra,  o  per  altra  su- 
rpition,  che  il  Commune  di  Siena  harìa  di  bisogno  di  Cerne  ò  fanti, 
che  IR  tal  causa  d.*  Mss.  Augustino,  o  soi  Officiali,  che  li  sì  trouaranno 
ad  requisitione  del  Publico  sìeno  obligati  mandar  quello  numero  de  fanti 
tara  al  proposito,  rcmanendo  però  d.*  terra  fornita. 

Item  se  li  Porterculesi ,  et  habitalori  non  raccoglicssero  tanta  grano, 
che  bastasse  alla  necessità  del  uitto  loro;  In  questo  caso  li  M."  SS."* 
fosiìno.  et  debbino  darle  licentia  di  poter  trarre  tanta  quantità  di  grano 
^l  Contado  et  Distretto  del  M."  Commune  di  Siena,  che  supplisca  a 


432  G.  Cugnoni 

la  necessità  de  li  prefati  Portherculesi ,  et  Habitatori  di  detta  terra, et 
siano  tenuti  li  prefati  Portherculesi,  et  Mss,  Augustine  ad  signijicarìo 
per  tutto  il  mese  d'Agosto  ogni  anno,  et  in  questo  me^^o  non  possi,  ne 
debbi  dar  licen:;a  di  trarre  grano:  et  non  hauendo  licenza  domandatoli 
due  uolte  ad  minus,  possi  il  prefato  Mss.  Augustine  prouedere  àia 
necessità  de  li  sopradetti  Portherculesi,  et  habitanti,  doue  li  parrà  sen\a 
pagamento  di  tratta'. 

Jtcm  che  '/  grano  che  ricogliesse  ogni  anno  in  la  Corte  di  Mon- 
tai to  il  prefato  ^fss.  Au  gustino,  o  soi  socci  ueri,  et  non  fitti ,  sia  lecito 
al  prefato  Mss.  Augustine  poterlo  condurre  in  Porthercule  per  terra 
non  passando  la  somma  di  moggie  600.  l'anno  sen^a  pagamento^ 
tratta. 

Et  perche  uerisimilmente  il  prefato  Mss.  Augustine,  et  seiheredi, 
et  successori  si  saranno  satisfatti ,  et  pagati  per  il  detto  tempo  di  anni 
cinquanta  dclli  sopradetti  fiorini  8000.,  si  obliga ,  et  premette  con  ef- 
fetto, et  Sigismondo  p  lui,  obligando  se,  li  beni,  et  heredi ,  et  succes- 
sori de  rune,  e  de  l'altro  finito  il  detto  tempo  rendere,  e  restituire 
liberamente,  remossa  ogni  cauillatione,  ò  excettione  al  prefato  M.-  Com- 
mi/ne di  Siena  la  d.*  Terra,  Rocca,  et  Porto:  et  che  sia  lecito  al  detto 
Commune  di  Siena  per  propria  auttorità ,  et  arbitrio  intrar,  e  pigliar 
la  possess.'  de  le  cose  sudette  fino  dj*  tempo,  et  conuennere,  che  quello 
finito  mcsser  Augustine  predetto,  ò  soi  heredi,  e  successori  non  sieno 
obligati  render  conto  alcuno  di  qualunque  vtilità,  et  frutte  nehavessero 
tratto,  ma  tutto  ceda  in  loro  vtilità.  Et  è  cohuerso  se  che  non  è  ueri- 
simile,  ui  fosse  danno,  ò  perdita  ,  ceda  ad  prcgiuditio ,  e  danno  Loro, 
ne  il  yrcfato  Commune  li  reati  ad  alcuna  cosa  obli^ato.  Ma  ad  qutUo 
debbino  liberam.''  restituire  d:^  Terra,  Porto  et  Rocca  com'è  ditto,  e 
tutte  quelle  robe,  armi  salmarie ,  et  monitioni ,  che  ad  loro  sjrj  con- 
sef^niìto  yer  iìtuentario.  Pafrato  però  prima  tutta  quella  spesa  jattJ  in 
reparjtìofie  de  le  mura,  forti/icationc  della  Rocca,  e  Porto,  comedi 
sopra  nel   ?.*  Capitolo  si  contiene. 

Item  eJie  d.^'  Mss.  Au  frustino,  et  soi  heredi  non  passino,  ne  per  uid 
di  testamento,  ne  ultima  volontà,  ò  altro  contratto  concedere,  ò  alie- 
nare in  nessun  modo  le  ragioni  ha  in  J.*»  Terra,  Roca,  e  Porto  in  al- 
cuna persona ,  Collci^io,  et  Vniuersità  non  sottoposta  al  M."  Commi.ne 
di  .^iena. 

Item  che  tutti  li  Capitoli .  li  quali  si  eontenf^ono  nel  Contratto  ce- 
lebrato de  /<)  anno  /3'7.  sotto  il  dì  ih:   di  Mar-o  s' intendine  essere 
deroi^ati .  r.\\>'»;:'.\*..r;.:\)  dal  prim)  eayitolo  .  die  comincia  In  prima  i'.'t' 
al  .V."'"  Commune  di  Siena  Se.  et  su!o  si  observi  li  Capitoli  sopra  de- 
sc'itti .  et  remanf:'.:  fermo  il  er:tratt.>  prenor.tinato .  ò  nero  forma  di 


cAgostino  Chigi  il  ^Magnifico  433 


contratto  fino  al  detto  Capitolo,  che  comincia  :  In  prima  éc.  salue  le 
correptioni  de  li  anni  ^o.,  e  f:  joo.  soprascritte. 
Quae  omnia  et  singola  suprascripta  de.  dee, 

Actum  Senis,  et  in  domo  supti  D.  Ioannis  Bapiistae  de  Sanctis  co- 
ram,  et  praesentibus  clarissimo  Iure  Consulto  D.  Antonio  Venafrano 
Gue  Senarum,  et  Francisco  Dominici  de  Nouara  pfati  D.  Io:  Bapii- 
stae famulo  testibus  ad  ptà  habitis ,  uocatis,  et  rogatis. 

Ego  Marianus  olim  Petri  Andreae  de  Barlettis  Ciuis  Senarum ,  pu- 
blicus  et  Imp}^  auctoritate  Notarius,  et  Index  ordinarius ,  et  in  prae- 
sentiarum  Notarius,  et  Scriba  prò  Notano  Baliae  Ms^  Ciuitatis  Se- 
narum, dum  pia  omnia,  et  singula  sic  agerentur,  et  fierent  inter/ui , 
et  praesens  fui,  et  de  eis  rogatus  scribere  scripsi,  et  publicaui ,  si- 
gìiumq.  meum  cum  nomine  apposui  consuetum. 

Laus  Deo. 

Loco  *  Signi. 

Officiales  Baliae  Ciuitatis  Senar  (*). 

Hauendo  nuouamète  cdcesso  alo  Spj*  Ms.  Augustino  Chisio  Citta- 
dino, et  Collega  Tiro  dilect.^^ ,  tucte  le  entrate  dela  Terra  hra  di  Por- 
thercule,  in  quel  modo,  et  p  quel  tempo,  che  in  lo  bistr unito,  et  Capii 
facti  ultimamente  infra  noi,  et  Epso,  si  contengano:  li  quali  Capii  es- 
sendo di  mete  et  uoUinta  nra  obseruarli  inuiolabilmente  :  Per  tenore  de  le 
pnti  strectamente  comandiamo  alla  Comunità,  et  homini  di  decta  Terra 
nrai  eh* el prefato  Ms.  Augustino,  o,  suo  legimo  Mandato,  di  queste 
tire  ostensore,  riceuìno,  et  obedischino  come  noi  propri]:  Pagandoli  li 
sarar ij  consueti:  et  consignandoli  el  Maga^ino,  et  altre  cose  spec tanti 
al  Cornuno  nro,  secondo  la  forma  delti predecti  Capii:  sotto  lo  incurso 
grauissimo  deh  arbitrio,  et  indignai.'  Tira. 

Ex  Palatio  Seneh  Die  Vltima  Martij  M.  D.  Villi. 

Do:  Placido 
loco  si^gilli 

loco  stem  >¥  matis. 

Anno  Dm  MDXIIJ  Indict.  g.»  Die  uro  XVIIIJ  Decembris  (**). 

Mag.^  et  Ex.*  Dai  pòres  Gubr  Coss  et  Cap.»  ppli  Mag.^  Ciuitatis 

Senar  in  Consistorio  conuocati  et  congregati  innumero  sufficienti  p  rcbs 

pu.^  expedìendis  ei  p  tractandis  Audito  Dho petro  frane*  picolhominco 

Mag,*  Cap,*  ppli  exponente  qualiter  fuit  requisitus  a  Dno  Cornelio  Be- 

(*)  Ms.  Chig.  R.  V.  b.  p.  182. 
(")  Ivi,  p.  23. 


4^4  ^'  Càgmam 


I  9tfSBBtX  UDfi  di  SnXaEe  S  CXnXSKBBa  iBTKyBMMS  ÌB  propQBS) 


I. 


l5*3*-    rX-  JJBTJ- 

iif  le  irsfa  CKJis^»  ^  «B.  PAb  iic  Farri  ^  jer  Fi 
paeMts  et  rrtf^lno  «  m.  Agittìm  dcs  neOs  racoc  e  Abt»  £ 
£B<r  fScgiciure  £  Cm  C&ssi,  wéL  JL  p.  i5). 


Proeesis  £  Mi.  Affutìm  Okigi  camtro  Akst'  BbM  e  Gàorolmm 
TATXrt^  czme  zc^mp^zrf  ^  PzrtzrzU  ;Itì  p«c.  ic,\ 


Co^^;-^r«  -tr^^  Z>.  Ax^iuti-i^m  Gkisz:im  et  ccìjcm  Mjttmcci  prò 
canrtrit'ti'y-e  Ar-zii  £t  Pytìi  Herulis    Ivi  tgI.  D.  p.  S-Só  toI.  G.  p.  ìogl 


i3  ottobre  i5:o. 
DeputJtio  Castellini  Arzis  pcrius  HeruUs  facia  ah  August'tno  Ckisio 
illiui  patror.o  et  D'io  \\tì  tdI.  D.  p.  44i,\ 


D. 


Informatione  circa  le  disfosi^ioni  testamentarie  di  Agostino  Cki^t 
intorno  a  Porto  ercole  'Ivi  tcI.  A.  p.  33). 


•  k  ■ 


oAgostino  Chigi  il  ^Magnifico  435 


6. 

Bteue  Leonis  X  ad  officiaUs  Balie  senen.  ut  restituant  Laurentio 
Cktsio  vasa  argentea  et  Oppidum  Portus  HercuUs {Ivi  voi.  G.  p.  377). 

7- 
x525. 

Littere  Comunitatis  Portus  Hereulis  prò  implorando  fauore  D,  Si- 

gismundi  Chisii  {Ivi,  voi.  E.  p.  286,  287). 

(162}  140.  La  lettera,  di  cui  qui  si  h  cenno»  leggesi  a  p.  i5  del 
Ma.  Chig.  R.  V.  e.  trascrìtta  di  mano  di  Fabio  Chigi  »  ed  è  del  seguente 
tenore. 

i3i3.  3.  Marino. 
Allo  Carisi  dottj  Ms,  Ant.^  da  Venafro  come  P.  hon,^ 
Hauendo  scritto  sabbato  e  domenica  passata  molto  a  longo  a  V,  AfJ*» 
aspettauo  risposta  ma  non  uenendo  dubbito  che  non  sia  persa  la  ira  e 
però  tornerò  a  pregare  la  exceltitia  uostra  che  uoliate  operare  per  il 
uro  Ag.*»  come  sempre  hauete  fatto.  Io  non  so  che  si  uogli  da  me  il 
Pubblico,  crederei  per  li  portamenti  miei  essere  da  loro  efauorito  e  aiu" 
tato,  e  non  minato,  e  uituperato,  Vra  MagJ**  fu  causa  di  farmi  pi- 
gliare in  parte  dirò  questo  maladetto  Portercole,  douefra  condurui  Al- 
lumi, e  conciar  maga:{:(ini,  e  guardarli  dai  francesi  u*  ho  speso  da 
ducJ^  7000,  seni^a  li  F*  2^00  paM  al  pubblico,  e  per  certo  non  mi  fu 
donato.  Il  uolere  tirare  li  Allumi  in  mio  potere  mi  costa  tanto  che  ogni 
homo  douerebbe  dire,  sen\a  Inuidia,  e  con  poco  guadagno.  Io  non  com- 
prai il  gouerno  di  P.  Ercole  per  hauere  Ventrata,  che  ancora  che  assai 
male  sia  guardato,  io  uè  la  spendo  tutta  in  guardarlo',  e  gli  homini 
sono  trattati  d:  sorte  che  stanno  bene.  Hanno  alcuni  uoluto  mandarmi 
de  ladroni  che  l'hanno  creduto.  Io  non  ho  saputo  mai  d'altro  che  d'uno, 
che  fu  impiccato,  che  è  forse  molti  anni  che  non  ui  fu  fatta  tanta  Giù- 
stitia;  e  questi  erano  ladroni  uecchij  de*  tempi  passati  prima  che  io 
Vhauessi.  li  due  fuggiti  da  Orbetello  fur  dati  al  Mag.^  e  successo  il 
sinistro  caso  del  Portercolese  mi  perdonerà  la  Repubrica  nostra,  che  se 
P  haueua  patientia,  e  lasciarmi  fare  l'offitio,  saria  a  q.**  hora  impic- 
cato, e  di  già  era  partito  di  qui  l'ordine,  quando  V altro  caso  successo 
a  Por  ter  cole;  e  per  certo  io  non  uò  difendere  ser  Pauolo,  spero  hauerlo 
nelle  mani  e  mandarlo  al  Mag.^  Ma  uenendo  là  sessanta  armati  seni^a 
lettera,  e  sen\a  dire  niente  e  uolendo  lui  procedere  con  loro  per  ragione 
sen^a  scandolo,  non  so  che  più  si  possi  incolpare,  o  ser  pauolo,  o  q,** 
Io  non  ho  colpa  nessuna  perchè  mi  si  debba  fare  incarico,  e  danno. 
La  A/.***  uostra  sopra  le  cose  mie  V  ho  trouata  buon  padre,  e  amore- 


436  G.  Cugnoni 


uole,  e  mi  ricordo  che  uoleuate  che  io  Io  comprasse,  e  io  desiderino 
per  conto  del  fatto  dellì  Allumi  an^i  a  questo  j  e  non  ad  altro  intrico; 
e  per  parlar  chiaro  se  io  li  hauessi  voluti  porre  in  mano  di  Lei  o  po- 
testà che  sarebbero  per  li  tempi  stati,  con  molto  meno  spesa  lo  poteuo 
fare,  che  chi  teneua   Vaiamone,  o  Portercole  m* harebbono  pre^o; 
ma  se  li  fusse  poi  stata  tolta  e  la  terra,  e  li  Allumi,  il  danno  sarebbe 
stato  mìo.  hora  io  da' nemici  la  seppi  difendere;  da  la  patria  non  ho 
uoluto  difenderla,  pensando  sempre,  che  da  là  mi  debba  uenìre  e  a'uto, 
e  fauore,  e  massime  per  opera  della  V,  M**»  e  del  Mags*  Sig,  Bar- 
ghese,  il  quale  certo  ha  piit  causa  di  scaldarsi  in  le  cose  mie  che  forse 
non  si  pensa.  M,  Ant.*  mio  Ex,^  io  non  uo più  dire,  e  ruminare  que- 
sta cosa,  aspetto  per  me:i:^o  della  Vra  ExJ^  e  del  Mags*  che  non  solo 
il  commodo  di  una  terra  ma  di  quattro  le  migliori  della  patria  mi  deb- 
bino essere  accomodate,  E  non  so  intendere  certe  cose  che  dicono  del 
dominio,  o  non  dominio ,  io  credo  che  chi  ha  dominio  sopra  me,  ha  do- 
minio sopra  le  mie  cose  proprie,  non  solo  in  quelle  che  m'ha  uendute. 
Io  Ui  dico  il  uero,  se  la  spesa  graue  non  fusse  fatta ,  ^  se  io  non  hauessi 
preso  questo  nuouo  appalto  col  disegno  di  condurre  là  le  cose  mie,  e 
poterle  uettdere  a  mio  piacere,  e  con>iputat:one ^  e  non  hauerle  a  met- 
tere per  le  scale  a  benefitio  di  fortuna ,  ui  prmetto  che  non  ui  darei 
graue:{\a ,  ma  questo  caso  mi  può  donare  in  pochi  anni  piit  di  C.  mila 
scudi;  hauendomi  il  pubblico  fatto  torto  non  so  come  li  piacessi  soddi- 
sfarli, e  crederei  che  di  grafia  tutti  li  Cittad.*,  e  la  patria  desiderasse 
che  le  sustans^e  mie  fadigatc  sopra  si  uendessero  di  là,  e  ne  dessero 
aiuto,  e  fauore  come  spero  che  faranno  per  il  me\\Oy  e  amore,  che 
sempre  mi  Ita  mostrato  la  Ex.**"  Vostra,  la  quale  sempre  ho  tenuto  da 
Padre,  e  (*)  sopra  ne  pensi  che  di  tali  altri  benefitij  riceuuti  sien 

commemorati  ;  e  cosi  a  quella  mi  raccom.^  Roma  a  dì  III  Marino  i5i3. 
Non  uoglio  lassare  di  dirli ,  che  pensi  contro  questi  delinquenti  quello 
che  per  me  si  pensi  fare,  che  andar ò  inperona,  e  ancora  le  fo  inten- 
dere, che  V Imbasciatorc  di  Portogallo  è  molto  amico  mio,  ed  è  sodi- 
sfattissimo  e  del  pubbrico,  e  del  priuato,  non  già  di  quello  ultimo  moto 
di  V,  ExJ^ 

Come  figliolo  Augustino  Chigi. 

(i63)  Il  Tizio  scrive:  {*^)<kVenefranus  et  Sigismundus  Chisius  uiterbio 
reuertuntur,  re  composita  inter  Augustinum  Chisium  et  Scnenscs,  de  oc- 
cupatione  portus  herculis  ob  necc  nepotis  Oratoris  lusitani  a  Cimensibus 
apud  eumdem  portum  interempti  ». 


(')  lacuna  del  ms. 

(••)  Ms.  Chig.  G.  II.  37.  p.  286.  ad  an.  15 13. 


cAgostino  Chigi  il  oMagnifico  437 


(164)  La  lettera  qui  ricordata  è  come  segue: 

«  Exemplù  Lràr  M,^  Burghesij  ad  Coitatem  portus  herculis  (*). 
SpectM*  Viri  et  tatiq  pres  honrs  ». 

Vedranno  le  SpJ*  V.  p  Irepu.^  la  uolònta  di  qJ  S.^  circa  étl  pstare 
Elle  obedientia  al  M.**  Ms,  Aug.*«  mioprehoh,  Et  bencJi  io  mi psuada 
cR  nò  p  màchare  da  la  uolonta  di  loro,  s.  ne  del  debito  loro,  niente  di- 
manco p  satis/atione  di  me  medesimo,  et  dlioblighi  etfilatiòne  ho  co  Ms. 
Aug.**  prefato  ho  uoluto  éf  p  mìe  Ire  exhortarui  a  la  medesima  obe- 
dientia et  obseruantia'  deli  Capii  cE  p  le  Ire  pu.^  si  scriue  II  eh  facendo 
come  indubitatamJ*  spo  oltra  el  salì  far  a  la  uolunta  di  q.*  S/*  ne  fa- 
ranno ad  me  cosa  tanto  grata,  et  accepta  qto  mi possino  fare  al  modo, 
Et  mi  obligaraho  in  perpetuo  ad  hre  qlla  medesima  cura  et  patrocinio 
di  cotesta  Terra  eh  ha  hauuto  et  ha  Ms.  Aug,*»  dco  :  le  Cose  del  quale 
p  la  Coniuntione  è  infra  noi  reputo  tucte  coi  Et  se  le  SpJ*  V,  lo  haue- 
raho  in  quello  grado  di  obedientia  reuerentia  et  fede  eli  se  le  apartiene 
mi  còstrigneràno  ad  esser  om  di  piit  curioso  di  bh  esser  di  eotesta  Coìta 
et  hai  soi,  q^  si  porr  ano  in  ogni  loro  occurrentia  et  bisogno  prometter 
semp  di  me  qto  di  sua  M,"*  Et  co  la  medesima  fede  et  securita  uorro 
mi  recerchino,  et  pensino  eh  io  habi  senìp  ad  essere  inuerso  di  loro  di 
4f»»  medesimo  ato  et  uolàta,  eh  sarà  Ms,  Aug,»*  pfato:  q*^  tengo  nò 
tanto  p  bono  parente:  ma  p  optimo  pre:  Et  so  obligato  hauere  tuete 
le  Cose  sue  piit  ad  Core  cH  le  mie  pprie  V.  Sp.^  sono  prudente.^  et  so 
co  li  boni  loro  portamJ*  dorano  ogni  di  magiore  cà  ad  S,  Mj^  et  ad 
me  di proteg erte,  fauor irle  et  accrescerle, 

Seh  Die  V.t»  Aplis  M.  D.  Xiiij, 

E  lo  stesso  giorno  gli  Officiali  di  Balia  scrivevano  nei  medesimi  sensi 
alla  Comunità  di  Portercole,  e  ne  davano  insieme  avviso  ad  Agostino 
Chigi  con  le  due  lettere  seguenti: 

I. 

(**)  a  rffis  Prioribus  Terre  nre  Por.s  ». 
Officiales  Baliae  Ciuitatis  Senar. 

Dilecti  fila  nri :  Ali  giorni  passati  p  Mariano  Benucci  Com,*^  nro  ui 
facemo  intendere  la  meìe  tira  circa  di  prestare  noi  obedientia  a  lo  Sp.^ 


(•)  Ms.  Chig.  R.  V.  b.  p.  25. 

(••)  Ms.  Chig.  R.  V.  b.  p.  25.  e  28. 

Archivio  della  Società  romana  di  Storia  patria  Voi.  III.  28 


438  G.  Cugnoni 


OAlcf^a  tiro  Ms  Augustino  Chigi ,  et  soi  ministri  Nora  p  magiffrede- 
claratione  de  la  nra  uolunia  habiamo  uoluto  p  le  pitti  nostre  di  mHO 
sif(nificarui  et  coiliadarui  eli  doniate  prestare  ad  Ms.  Aug.**  pfito  ^'^ 
soi  ministri  oòi  dbita  reueréfia  et  obcdientia ,  secòdo  la  forma  del  Ca^^ 
tracio ,  conuentioni  et  Capii  ha  co  la  nra  Rep,**  li  ^.•"  Capii  furti 
ciascheduno  di  epi  intendiamo  et  uoliamo  li  sieno  obseruati  ìnmoljAi. 
mente  si  come  recerca  el  iusto,  et  li  bene  meriti  soi:  Voi  adonq. 
dirctclo  et  cognosciaretclo  in  tttcto  et  p  tticto,  secÒdo  et  tenore  i^^^'^ 
sopra  dei  Capii,  cìi  cosi  e,  la  noldta  nra,  quale  exeqrete  sotto  fcn^^ 
gravis.^  di  nra  indignai.*  et  arbitrio.  Ex  Palatio  seh  D.e  V."  Afrix0' 
M.  D.  X  iiij. 

2. 

Angustino  et  College  tiro  (*)  Officìales  Baliau  Ciuitatis   Senar. 

5/?.*'  Vir  Ciuis  et  Collega  nr  dilect.'^  Habiamo  scripto  diffusamnU 
alla  Coita  di  Porthercule  la  uolunta  nra  circa  del  recognoscerui  ff p•^ 
stare  obcdientia  a  uoi,  et  li  Ministri  uri  et  ad  piti  ura  satis/atione.et 
magior  dcclaratione  del  animo  tiro,  habiamo  uoluto  per  queste  repìicimx 
la  medesima  intentione  uolunta  nra  quale  e  che  la  Communità,  et  ha- 
mini  di  I\}rthercule  rcognoschino ,  et  obedichino  uoi ,  et  li  ministri  tiri 
secondo  la  forma  del  contracto,  Conuenctioni ,  et  CapTi  hauetecòli 
nra  Rep,*"*  li  quali  capii  et  ciascuno  di  epsi ,  intendiamo  obseruarui  ut- 
uiohbih7tte:  Et  voliamo  habiate  in  dea  Terra,  et  roccha  di  epa  quella 
auetorit.i,  et  iurisdietiote  che  in  epsi  CapTi  si  contiene  La  quslcnsi 
o'r'-.i  .\»  i-AV  c.^'tucKÌe'ite .  et  ittsta  si  fa  tanto  di  mif!i'..rc  jn:;?:;. 
^v'i.j*::.»  /:  ,V'ii''*:»':.':  :.'*:  cV  inducano  n~i  sulo  ad  n~-  mj'icjruì  j'j/  it- 
>..*'.  •►:.:  .".'  ,:.:'  ^'•■.::.  r:\\:  \'i: .  et  ree.wnosjc-ui  rer  ..;'.*■»?:  ^.   e:  b.-t.^i-:- 

*•.■**     *'*.•••■     »     m*    '  \         t**    ^■■.  ■*  <•     •*   *  •     *'  1*1   **  *    ^  *t*t  »•'"••      t/    ,*  \* r*  *  "  *  -r  r-**     ■/  T    !•  ^  V   *ij  -• ' 

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•  •-  ••  ••-••vx-« 


cAgostino  Chigi  il  oMagnifico  439 


(i  70)  V.  Ragguaglio  dell'  inven:{ionc  della  sacra  immagine  di  Maria 
detta  del  Sughero  ecc.  Orvieto,  Tosini  1720  ove  sono  pure  riferite  le 
due  iscrizioni  qui  da  Fabio  trascritte,  ma  con  notevoli  varietà. 

Con  istroinento  del  gJFebraio  i52o  Agostino  Chigi  (*)  u  motus  ad 
jR.  Pris  Fr.  Augustini  de  Conieto,  et  Sigismondi  de  Gualdo  fratrum 
Ordinis  S.  Augustini  preccs,  et  deuotìonem...dd,  RR.  Fratres.,..  d. 
EccIj»*  cum  omnibus,  et  singulis  suis  rebus,  pertinentijs ,  et  Tenitorijs 
eidem  Ecclesiae  assignatis,  et  in  futurum  assignandis,  vna  cum  reli- 
ctis,  tam  stabilibus,  quam  mobilìbus,  et  semouentibus. ..,  ad  uitam  ipso- 
rum  fratrum ,,..  et  donec ,  et  quousque  honeste,  et  religiose  in  com- 
muni vita,  et  sine  proprio  sccundum  regulam  uixerint,  Gubernatores , 

Fàctores,  et  Administratores  fccit et  ex  mine  idem  -A/."«  D,  Augu- 

stinus  sponte post  dd.  Augustini,  et  Sigismundi  obitum  patribus 

Conuentualibus  S.  Augustini  in  Gubernatores ,  et  d.  Ecc."*  Fàctores,  et 
Administratores  in  perpetuo  cum  omnibus  etc  (fecit).  Acta  Romae  in 
Palatio  ipsius  3//'  D,  Augustini  sito  in  Regione  Transtyberina  Sub 
anno  etc, 

N.  Souarati  Cur,  Caus.  C,  A.  etc,  rogatus  etc, 

(171)  V.  Vasari  Vili  i5i  e  22  5,  ,  dove  delle  pitture  di  questo  ca- 
taletto fa  autore  Timoteo  da  Urbino. 

(172)  V.  Vasari  XI  87. 

(173)  In  quanto  alla  seconda  di  queste  due  Cappelle,  il  Fea  (*•)  è  di 
parere  che  essa  fosse  compiuta  vivente  Agostino.  Altre  notizte  su  questa 
Cappella  si  danno  dal  detto  Autore  nel  Prodromo  di  nuove  osserva:;; ioni 
e  scoperte  fatte  nelle  antichità  di  Roma  ecc.  p.  34  segg.  e  42.  Della 
iscrizione,  che  in  questa  Cappella  pose  Alessandro  VII,  parla  lo  stesso 
Autore  nel  tomo  I  della  Miscellanea  filologica  critica  e  antiquaria  a 
p.  21  e  CCXCI  segg. 

(174)  Trascrivo  qui  una  serie  di  documenti  relativi  a  questa  Cappella. 

(*")  Nella  Madonna  del  Popolo  di  Roma. 

La  Cappella  de  Sig.""^  Chigi  fu  da' fondamenti  fatta  dal  Sig,^  ago- 
stino Oiigi  Tesauricre  di  Papa  Giulio  2  nell'anno  i5o3,  e  morse 
l'anno  i52o  essendo  sepolto  nella  i.«  Cappella. 

La  ^.«  Cappella  fu  fatta  con  il  disegno  di  Raffael  d' Urbino  q.'*^fece 
anco  li  segni  del  Zodiaco  fatti  a  mosaico  che  sono  nella  Cupola. 

n  fregio  sotto  la  d.'*  Cuppola  che  rappresenta  la  generatione  del 
Mondo  o  creatione  di  Adamo,  è  opera  di  Francesco  Saluiati ,  d.^  il 
Cecchino  Pittor  Celeberrimo. 


(')  Scritture  di  Casa  Chigi,  voi.  G.  p.  4i6. 
(•*)  Notiate  intorno  Raffaele  Sanzio,  p.  3. 
('")  Misceli.  Chig,  Ms.  R.  V.  f. 


44^  G.  Cugnoni 


Li  quattro  Tondi  sotto  il  d*  frefizt  z\€  -rr^f^ftir»:  li  ^szyiity 
gioni,  è  opa  del  d,"  Francesco  Saluiirì .  r  •*■  r-:-rti:  ;  7  rwrjsrjid 
tempo  mex^i  guasti  V  Em,^  Card:-  FaHj  Orir:  ."  .=re:  lizz  L  fa  ri- 
toccare da  Antonio  della  Corgnij,  Pitterà  /smzsi. 

Le  due  donne  che  sono  nel  uano  di  mr^^s .  r.:* 
con  una  culla ,  l'altra  con  un  raso,  che  fzivz  s  z*'.z:    e  z^  £.  L*Sà- 
uiati:  il  resto  di  d*  Ancora,  è  di  fra  Sevzn^^.    zcT  Pìl 
morì  mctre  f acena  d*  opa  e  pciò  fu  iziis  ììT  ^rii-. 

Le  me:{ie  lune,  sopra  le  Piramidi,  e  zjiz  ^c'  C 
Vanni  Pittore  Celeberrimo  Senese.  *.*»"/rrf  i:r:t:*r 
CardJ  Fabio  Oiigi  Vanno  i555. 

Le  due  statue  di  Giona,  e  d'Abacus  P^frz 
Fiorentino  sotto  la  scorta  di  Rafael  d' C^ivz. 

Il  me\^o  rilieuo  di  Bronco  che  sfire  f  f^zf 
opa  di  fra  Sebastiano  del  Piomb-j. 

n  primo  scalino  sotto  la   Balzi^rz-zza  /i.   r; 


.£    r 


Chigi  per  S.*  3oo  d'oro  esse^^z  r^ar.z:  r-irtii-i"    •  a^  ZKipe^ 

nd.*  Agostino  Chigi  sp-zse  r,e'.la  à.»  Csrpel^  e.i»  i 
£^;Za  S.*»  2  2030. 

L'£:*t-  Card.  Fabio  C"::>:  de::  a^z  .ff:  ;,  r^-lz 
tre  *c:*j  /jiJ;.  r^a*j.e*.iz  fazzz  zzr^.^e  li  Clti-z  £.  P  r^ 
Z^Z7:  :-■  ^£:Jaiz^  .  i.J-r-r:  :e  iresz^e .  -./^— :  r.  ei.;-":  ^ 
C".'*  :"ijl*:i'  i:  fir/J :--:>-.:  di  -4i-:.:r.r:  e  Sj:rmim 
Àr.  /srmzjiz  C^t  7.':r-  Sr-t.-:  .  /azz:  ì  r:i.:in:   rj-zr    J   «^*— ^^    il- 


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^l^       «  V».    -•.,-  .._*..     ■•-^  --.. 


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qA gustino  Chigi  il  ^Magnifico  441 


3. 

Ecco  la  Bolla  qui  ricordata  (*}. 

«  Julius  Episcopus  etc.  Adperpetuam  rei  memoriam,  His,  quaepro 
diuini  cultus  argumento,  et  animarum  salute  inter fideles  quoslibet  prò- 
uide  conuenta,  facta  et  stipulata  fuisse  dicuntur,  vt  firma  perpetuo,  et 
illibata  persistant ,  libenter  cum  a  nobis  petit ur,  calici  muniminis  adi j- 
cimus  firmttatem,  et  circa  ea  statuimus,  et  ordinamus prout  in  Domino 
conspicimus  salubriter  expedire.  Sane  prò  parte  diteci  i  filij  Magistri 
Augustini  Chisij  Notarij,  et  familiaris  nostri  nobis  nuper  exhibitape- 
titio  continebat,  quod  cum  alias  ipse  de  propria  salute  recogitans,  ac 
etgfiens  terrena  in  coelestia,  et  transitoria  in  aeterna  felici  corner  ciò 
commutare,  ob  singularem  deuotionem,  quam  ad  B.  Virginem,  et  Ec" 
clesiam  sua  de  Loreto  nuncupatam,  ac  Sanctos  Augustinum  confesso- 
rem,  et  Sebastianum  Mar ty rem  gerebat,  prout  gerit,  disposuisset  quan- 
dam  Capellam ,  seu  Capellaniam  sub  titulo  et  inuocatione  B.  Mariae  de 
Uoreto  Sanctor.  Augustini,  et  Sebastiani  praedictorum  in  aliqua  Ec- 
clesia construere,  et  sibi  de  paramentis,  et  alijs  ad  diuinum  cultum 
necessàrijs  conuenìenter  prouidere:  comperi  a  in  Ecclesia  domus  B,  Mo" 
riae  de  Populo  de  Vrbe  Ordinis  Eremitarum  eiusdem  Sancii  Augustini 
quondam   Clelia  constructa  sub  inuocatione  Sanctorum  Sigismundi, 
Sebiutiani,  et  Rochi,  quae  Capellis  bonae  memoriae  Joannis  tituli  Sancto- 
rum Nerei,  et  Achillei  Presbyteri  Cardinalis,  ac  Familae  de  Mellinis, 
ac  quondam  Joannis  de  Montemirabili  intermedia  existit,  et  cui  nulla 
éos   hactemis  assignata  reperiebatur,  et  cum  dilectis  filijs  Priore ,  et 
fratribus  d,-  Domus  super  assignatione  et  concessione  dictae  Capellae 
diuersis  traci aiibus  habitis  tandem  ipsi  Prior,  et  fratres  de  consensu 
etiam  tunc  Deffinitorum ,  et  Capituli  dicti  Ordinis  praefato  Augustino 
t  une  praesenti,  et  recipienti,  ac  prò  se,  suisq.  haeredibus  et  succcsso- 
ribus  in  perpetuum,  etiam  ab  intestato  venientibus  stipulan,  Capellam 
praedictam,  cum  commutatione  tamen  dictae  Inuocationis  concesserunt. 
Ita  tamen,  quod  liceat  eidem  Augustino,  suisq.  haeredibus,  et  succes- 
soribus  illam  depingi,  et  inìbi  ipsorum  arma,  et  insignia,  lapides,  et 
sqpulturas  marmoreas  apponi  facere,  ac  sepulturam  prò  se,  et  suis  or- 
dinare, essentq.  illius  Capellae  veri  Patroni,  et  Domini  prout  in  alijs 
Ecclesijs  Religionum  mendicantium  fieri  consueuit,    haberentque  ipsi 
Augustinus,  ac  haeredes  et  successores  Jus  prohibendi  aliorum  sepul- 
turas  fieri  non  debere  ibidem,  nisi  de  consensu  et  expressa  licentia  ipsius 
Augustini  sua  ulta  durante,  et  post  eius  obitum  heredum,  et  succes- 
scrum  predictorum,  et  ex  tunc  d.»  Augustinus  omnia,  et  singula  bona 

(')  Scritture  di  Casa  Chigi,  voi.  G.  p.  346. 


442 


G.  Cugnotii 


tua  mobilia,  et  immobilla  praeieniia,  tt  futura  vbUunji 
obìigauit  prò  omnibus  ìnfi-ascriptlt  per  eum  aiie-vanàii,  et  aiinfk^ 
dis,  ìiidelicel  quod  prò  dote  d.-  Captllee  tìidem  Priori,  et 
etiam  prò  te,  et  luis  in  dieta  Ecclesia  Kuccesjoribus  tiipulaiiiiivi, 
ueretur  aanualim  stimma  ifuiaquaginta  duealormn  de  Cartenlt  p^  Mi- 
guslinum,   et   Hertdes,   ac  iueeessores  suos  huiiifmodi  ivprr 
bOHÌt  predicliit,  donec  in  bonit  stabitibus  Romae,  vel  Seni*  ad  eamm»- 
meditalem  d."  damus  contittentitui ,  vbl  Priar,  et  fratres  praedkti  m 
principio  eiigerent ,  dieta  dot  attignala  /Uitsrt  reatitrr  et  cumeffttta, 
ita  quod  ti  dot  ipsa  uiuente  d.*  Augustlno  attigtiaia  non  fm-et,  dlctl . 
keredet  infra  tex  meases  post  eiut  obitum  aiS'gnare  teaerentur,  aEat 
dieta  Capella,  et  omnibus  iptiut  utui  tune  cancestìt ,  et  quoi:unque  moi» 
competei! libus  priuall  forent ,  lenereiiturque  fralret  dictae  damut.priM 
etiam  ad  hoc  te  obligarunt,  pott  dictae  dotit  attigna  ionem  tiagulù 
hebdomadit,  vUelicet  diebui  Veneris,  et  Sabbalt  prò  quatibet  d'evn 
Mistam  3ubmis.i  voce,  et  quolibel  mense  unam  Mistam  Cam  rantit 
temniler  celebrare,  ac  dictit  dìebut  vnani  lamp^dem  actettda-e  in  «a 
Capella  diu-no  officio  inibì  duraiiie  ;  prò  cuiut  manutent. 
nus,   et  tuccestores  praefati  pott  aisìgnatianem  d."  dotit  de  ofra  ttàt 
tumplibus,   et   expentit  prou'dere  deberent,   Tenerentwq.   etittm  Jieti 
fratret  in  die  Defunctorum,  teu  infra  e:ut  octauat  vuum  vliiMilura» 
rium  tolsmne  eum  canlu,  et  ea^it  prò  aaìmabut  d,'  Augiatiai,  ef 
cestariim  praedictorwi ,  et  aVorum  de/iinclorum  tttorum  in  d.-  COftétU 
ciim  eitdem  cappìs  et  ornamenlis,   quae  diclus  Augutlinut  ad  id  r*li- 
querit,  vel  paribus,  aut  melioritus ,  si  in  eodem  Coitucntu  estmt,  cete- 
brare;  hoc  etiam  inter  eot  adlecto,  quod  idem  Auguttin 
pium  locum,  teu  pìam  vniuertitatem ,  ad  quem  vel  qtiam  ti  frMret  é, 
domus  Sanctae  Afariae  in  oneribui  iiuiasmodi  subcundìa  Jeficercal 
si  illa  subire  non  vellent,  dot  praedicta  eo  ipso  dtatniret,   tiomlnart, 
et  nomìnatia  kuiusmodi  quandocunque  per  ìpsiim  Augutlint/m  ad 
libitum,  et  volunlatem  vita  tua  durante,  et  ipto  vita  f aneto ptr  Ha 
des,  et  tu;cestores praedictos  fOtt  dictae  dotit  attignatianem  fi*ri poutt 
prout  in  quadam  publico  Instro  detupsr  confecto  dìcitur  plenlus 
tìneri.  Quae  prò  parte  Auguslini,   qui  eliam  Ulterarum  apottoUavHin 
scriptor,   et  Abbreuiator  exiitit,  ae  Priaris  et  fralram  predictorumt 
nobit  fuit  humitiler  tuppUcata,  ut  eoncetsionibut,  promtstiortìbi 
gationibus  praedictit  prò  eorum  subsislenlìa  jSrmiarì  robur  aplieae  OM- 
Jirmationis  adìjcere,  nec  non  l»uocalionem  Saiiclorum  SigitmtmdS,  et 
Rocliì  in  eadcm  Capella  peailut  tu^rìmere,  et  extiaguere,  et^modde 
caelero  ipsa  capella  B.  Afariae  de  Loreto,  ac  saitetorum  AuguttSai,  et 
Sebastiani  nuncupciur,  statuere,  et  ordinare,  aliasq.  in  premlsth  o^ 
partirne  prouiJcre  de  benignilale   Apostolica  d'gnaremur.  jVo»  igStur 
praefatum  Auguslinum  a  quitnsciinque  exconimunicalrc 


oAgostino  Chigi  il  ^Magnifico  443 


ueHtes  etc.  huiusmodi  supplicai ionibus  inclinati,  concessiones ,  promis- 
sUmes  et  obligationes  predictas  etc,  auctoritaie  aplicà  tenore  praesen^ 
tùtm  confirmamus  etc.  Et  nihilominus  Inuocationem  Sanctorum  Sigis- 
mumdi  et  Rochi  in  eadem  Capella  penitus  supprimimus ,  et  extinguimus, 
€i  quod  de  cetero  Capella  ipsa  Capella  Beatae  Mariae  de  Loreto^  ac 
Sanctorum  Augustini,  et  Sebastiani  nuncupetur,  eisdem  auctoritaie,  et 
tenore  statuimus,  et  ordinamus,  non  obstaniibus  etc.  Datum  Romae 
€pud  Sanctum  Petrum  Anno  etc.  Millesimo  quingentesimo  stpiimo,  tertio 
mmas  Decembris,  Poniiflcatus  nostri  anno  quinto  ». 

F.  DB  Veca 
Visa  Basotius  prò  R,^ 

Collis.  M.  DB  Canpania 


Nel  1548  un  Giulio  de  Luciani,  pittore,  lavorò  in  questa  Cappella, 
come  mostra  la  nota  seguente  (*), 

«  Die  b,'  Januarij  1 548.  Compromissum  inter  D.  Laur.^  Chisium 
ex  una,  et  D,  Julium  de  Lucianis  super  picfura  facienda  in  Capella  de 
gli  heredi  detti  Chisi  in  Ecc.*  5,  Mariae  de  Populo  Vrbis  F.  11.» 

5. 

Ai  restauri  operati  in  detta  Cappella  nel  1662  si  riferisce  la  seguente 
ricevuta  (**). 

«  Io  infràtto  Economo  e  Seg,^  della  Cong,—  della  R.  fabrica  di  S. 
Pietro  ho  riceuuto  dall' Emin,^  Sigj  Cardinale  et  Ecc,^  SS.^  Piqfi 
Chigi  Scudi  dugento  dicissette  m,**  mediante  un  ordine  di  simil  somma 
fatto  da  Mons.^  Raui:(ii  a  nome  dJ  SS,^  al  Monte  della  Pietà.  E  sono 
per  il  pre:{^o  d^  Marmi,  che  i  Ministri  della  d,*  R.  Fabrica  hanno  con- 
segnati p  seruigio  della  Cappella  nella  Chiesa  della  Madonna  del  Po- 
polo spettante  ai  d,*  SS,"^  Et  in  fede  q,*  dì  3o  di  Mar\o  1 662. 
Se,  217  ». 

C.  A.  DoNDiNi  K.*«  e  Seg,^ 

(175)  V.  la  Nota  (188).  V.  Vasari,  X.  126. 

(176)  V.  Vasari,  Vili.  47.  testo  e  nota  3.  A  pag.  i83  sqq.  del  voi.  A. 


(•)  Ms.  Chig.  R.  V.  d.  p.  442. 
(••)  Misceli.  Chig.  ms.  R.  V.  1 


444  ^'  Cugnoni 


delle  Scritture  di  Casa  Chigi  in  una  Nota  delti  Instrumettti  del  Mag." 
Sigf  Loren:(0  Ghtsij,  già  citata  alla  nota  (i32},  accennasi  a  pag.  184, 
V  Istromento  de*  Capitoli  et  Conuentìoni  facti  fra  detti  heredi  { di  Ago- 
stino Chigi  )  et  MsJ  Sebastiano  pletore  sopra  la  pictura  della  CéqfeSe 
nella  Chiesa  di  5.'«  Maria  del  Popolo. 

(i  77)  V.  Vasari,  Vili.  46,  testo  e  nota  3.  V.  /  Mosaici  della  Ctipole 
nella  Cappella  Chigiana  di  S.  Maria  del  Popolo  in  Roma  inventati  dà 
Raffaello  Sanzio  d*  Urbino  incbi  ed  editi  da  Lodovico  Gruner  illustrati 
da  Antonio  Grifi,  Roma,  Salviucci,  iSSg.  La  seguente  scrìtta  ha  rela- 
zione a  questo  Mosaico. 

(•)  Die  vltima  May  1 5 20.  Indiar,  ei  ponJ^  s.  d.  n,  d.  Leonis  pp  X» 
Anno  (8«) 

In  nomine  domini  amen,  A  dì  xxxj  de  Maggio  M,  D,  XX,  In  Rom 
in  casa  de  li  Iieredi  de  la  B,  me,  del  Mag."*  Mss.  Aug,**  Chisi. 

Conciosiacosa  c/ie  per  il  passato  la  bo,  me,  del  Màg,^'  M.  Aug?*cìnsì 
senese  ìiavesse  dato  a  lavorar'  in  opera  de  musaicho  vna  sua  capetla  quale 
ha  fatta  nella  chiesta  de  sancta  maria  del  poputo  di  roma  a  mastn 
Alorse  de  pace  venetiano  cu  Certi pacti  e  Conuentìoni  verbo,  o  in  scriptìs 
tra  essi  Conuenuti,  e  il  ditto  mastro  Alqysi  hauendo  continuata,  benché 
nò  finita  la  detta  opera  sino  alla  morte  del  pfato  Mss.  Aug.^  e  volendo 
la  M.^  madona  Francesa  già  donna  e  mogliere  del  detto  quondam  Mjs 
Aug.*»  con  conscnsu  et  e  volunta  del  /?.*»  Mss.  philippo  de  Siena  fro- 
thonoJo  ap.''*,  e  decano  de  li  R.^  Clerici  de  la   Cam*  apTica ,  de  Mss. 
Sigismondo  chigi  fratello  del  />.'•  qdam  Mss.  Aug.'^  Tutti  dnj  exccu- 
tori  del  testamento  del  ditto  Mss.  Aug.""  questa  opera  laudabile  Cuntì- 
nuarc  e  finire.  Ilinc  est  che  Constituti personalmente  la  pfata  mad\)ha 
Francesca  Tutrice  e  Curatrice  da  vna  parte ,  e  il  p.'*'  mastro  Ah^ysi  da 
l  altra  parte  de  la  lor  spontanea  volunta  son  venuti  alti  infrascrifti 
pacti,  e  Conuentìoni  Cioè. 

Imprimis  II  detto  m."  Lovsi  promette ,  e  Conuicne  co  la  detta  5." 
madona  Francesca  de  fare  nella  detta  capella  octo  quadri  qaali  Uan  da 
stare  fra  le  fenestre  de  detta  Capella  ,  e  quatro  tondi  quali  han  da  stare 
fra  li  archi  de  essa  casella  lauorati  de  arte  de  musaicho  secondo  li  di- 
segni li  serano  dati  per  essa  madona  Franc.*^",  o  vero  li  detti  S."  exe- 
cutori  o  da  yarte  loro,  quale  musaicho  detto  m."  Loysi  sia  oblìgato  a 
farlo  con  tutta  la  diligcntia  e  magisterio  che  stia  bene  al  judicio  de 
Colui  chi  farà  li  disegni  a  lui  consignati  e  nò  facendolo  secondo  li  detti 


(')  Da  Misceli,  ms.  di  proprietà  del  Libraio  Spitòvcr  a  p.  80,  Ve  ne  e  pure  copia 
nelle  scritture  di  Casa  Chipi,  voi.  D,  p.  508. 


^Agostino  Chigi  il  &dagmfico  445 


li  il  $.'•  mf  Lk^sx  sia  obUgato  a  refarlo,  o  vera  sia  iicitoa  essa 
ia,  o  i-ero  atti  pre/ali  txtattori  /orli  re/are  alle  spese  àtt  detto 
o  Lqysi,  E  questa  opera  il  p.''  m-  Loy sì  promette  farla  efinirta 
I  quattro  anni  proxiaii  a  venir'  ineomenjando  a  di  primo  dagoito 
'.nir'  tenia  alcuna  exceptìone  iiS  li  interuenendo  pero  al  pM 
fl  Alciys  causa  et  excusatione  per  eh  legilimamete  non  possi  finire 
pera,  E  durante  detti  quatto  anni  nò  possi  prendere  alcuna  la- 
e  laaùrar'  in  alcuna  opera,  seno  in  questa   del  musaieho,  e  la 
"  impella. 

La  quale  causa;  legìttima  siatendì  f  morte ,  o  p  infermità  die  declo 
XmÌsJ  nò  ponesse  lauorare  che  idìo  lo  guardi. 

E  similmente  li  prefati  S.''  promettono  al  p.''  m.°  Lqysi  phie  et  ac- 
eeplanlc  darli  tutte  le  cose  necessarie  elise  rèehiederanno  per  fornir' e 
fare  essa  opera  adeo  eli  esso  m.'  Loysi  nò  sia  tenuto  metcrci  altro  che 
|j  tua  persona,  e  vno  suo  Garjone. 

Uem  promettono ,  come  di  sopra  dar'  ad  esso  m."  Loyse  per  le  spese 
tue,  e  de  vn  Garjone,  coinè  ha  hauuio  p  il  passato,  Cloe, pane,  vino 
oleo  e  sale  a  bastanza,  e  ogni  mese  vinti  lulìjin  loco  de  vinti  Carlini 
li  quali  liauea  per  il  passalo,  per  il  Companatico,  e  altrisuoi  bisogni 
duranti  li  delti  quatro  anni  e  a  più  no  siano  tenuti  lavorando  poco  in 
detto  lauoro  e  nò  lauorando  no  siano  obligati. 

Htm  promettono  de"'  S.''  al  p.''  m.'  Lorsi  de  vestirlo  alle  loro 
spese  ogni  anno  vna  uolta  durati  detti  quatro  anni  Come  se  Conuerra 
alla  sua  qualità ,  e  secondo  parerà  a  della  Madonna  Frane."  et  olii  detti 
executori. 

Uem  prometteno  delti  S.''  al  p.''  Loyse  Comprarli  adesso  de  pntevna 
casa  IH  Roma  de  valuta  de  ducenlo  ducati  doro  di  Cam."  la  qual  sunia 
se  hahbi  a  spendere  realiler  e  cum  effectu  nella  compra  de  detta  casa  a 
vero  meglioramentide  essa ,  qual  casa  sia  per  pagamento ,  e satìsfaeiione 
insieme  le  sopradcite  cose  del  salario  e  mercede  de  Esso  mastro  Loysi. 
Con  questa  eh  detto  m.'  Loysi  nò  possi  alienare,  uendere,  ne  Impegnar' 
FI  alcun  modo  ma  sia,  e  resti  obligala  ad  essa  M.'  Frane* 
biF  Tulrice  de  detti  heredl  in  etientù  che  detto  m.'  Loysi  no  seruasse 
tupradelli  palli ,  e  Canuentioni ,  Et  hauendo  adempito  infra  ci  dello 
V  la  loprdelta  opera ,  secondo  li  detti  patti  de  sopra  per  lui  promessi 
^^^Ttntenda ,  e  sia  detta  casa  del  p.'*  m.'  Loysi  libera,  e  ne  possi  disponer 
a  svo  arbitrio,  e  volunla ,  E  màcando  li  sopradetti  madonna  Francesca 
o  t'ero  essi  exec.''  al  p."  m.'  Lcysi  de  nò  obseruarll  li  palli  e  Canuen- 
tioni di  sopra  specificati,  o  alcuni  de  essi,  e  no  dandoli  le  cose  neC^ 
a  tirtta  opera  tulio  il  tempo  eh  perderà  no  li  sia  messo  a  Conto  dedetli 
guairo  anni .  e  passi  andar'  lavorar'  doue  li  parerà  e  piacerà ,  fin  che 
t  aera  prouedato  de  le  cose  nccc.'*' e  fatoli  intender'. 


46 


G.  Cugnom 


Quat  omnia  eie.  Actum  Romae  in  Falatio  dictorum  haredum  Mcti 
qw/ndatn  Augustini  Chisii  sito  in  Ragione  Transtiberina  ete, 

A  p.  5io  sqq.  del  voi.  D.  delle  Scitturedi  Casa  Chigi  leggesi  Tistro- 
msato  relativo  alla  Casa  pattuita  al  Pace  nei  soprascrìtto  Contrttto. 

•  Item  promettono  detti  S."  ai  p.^  Lojrse  comprarli Una  ctsaia 

Roma  ecc.  » 

(178)  L*  opera  di  questo  monumento  fu  prima  allocata  allo  scaltore 
Ix)renzetto  (^),  e,  morto  questo,  fu  data  a  compiere  a  Maestro  Bemir- 
dino  da  Viterbo,  come  mostrano  i  documenti  seguenti. 

I. 

(**)  a  An,  1^21  —  Die  X  Februarij^  Laurentius  Ludouici  Sculfior 
Florentinus  etc,  promisit  M.^  Viro  Sigismundo  Otisio  Patritio  Setutui 
Patruo,  et  Admin,^  personarum,  et  bonorum  DD.  haeredum  q.  M* 
/).  Augustini  de  Chisijs  ctc.  facere  construere,  et  adimplcre  qujnJam 
scpulturam  prò  cadaucre  q:  D.  Augustini  pfati  reponendo  cum  seri- 
pturiSf  signis,  areliis ,  imaginibus ,  et  alijs  necessarijs  Latius  in 
quiiJam  ccduLì  de  ipsius  Laurcutij  consu  p  Archangclum  Columnam 
Nc;j,'//  scriyt,^ .  et  propria  manu  ipsius  Laurcutij  subscriptv  sub  aivio, 
t't  Jic  iu  ra  cofitcutis  .  ad  quavi  rclatio  fiat  bene  etc.  decentcr  et  orn.Uc, 
ma::istralitcr  iutra  v"-  luenscs  pruximns  a  die  d."  ccdulac  CDmpb'iJ^t, 
et  tu  Jcductitìucm  et  dimiuutiinicm  mcrcedis ,  et  Ijibjriis  siti  Laurcntio 
prxituis^ae  iu  ipsa  cedula  idem  Laureutius  cou/es.^us  fuit  l:abui^>i  J 
/>,  Sii::sri:.*tJii  d'iisio  vrac*'ato  r  iiauus  /).  lìur^.'ìcsij  de  /Jw »*:.'.' i*jì:f 
(';:«;.v  X ••:..' ^  e  •:.!»:  C.Av*erì' ducat.  .-n-  j:. r/  de  Camera  et  rrou.isit itin- 
.w"*:.,:*".'   :•:./.•*»:•:.'?•:    .V. «.•.-.»::.»';  F:r:ic:j  s.'arye'ìiyium   ibiJctfi   prae^nfcm 

»,  ...-■.  ^"  ••  *  •    ..       .  •  •      ^  ■     •>!•      • ...     .<■*    -  •■     .-     "..,,,.    W     '  lìj  -J, ,     ri'  .11'  I  e'      'V  J 

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oAgostino  Chigi  il  oMagnifico  447 


^ro  constructione  sepulturae  p  eum  fieri  promissae  q.  D.  Augustini  de 
^lisis^  qtios  ducat^o:  promissit  exponere  rn  fahrica  d,  sepulturae  xuxta 
^ormam  alterius  promissionis  alias  de  anno  pnti,  et  die  20.  Febr./actae 
itc.fol.  480. 


(*)  VL  An,  i$22  ^  Die  8.  Aprii is  Margr.  Bernardinus  de  Viterbo 
Sponte  promisit  R.  p.  d,  Pfiilippo  de  Senis  C.  A,  Decano,  et  M,^  D, 
Sigismundo  Cliisio  Tutoribus  haerdum  q.  bo:  me:  Aug**  De  Chisis  fa^ 
cere ,  perficere  opus  scpulturarum  d.  q,  D.  Aug.**  in  eius  Capella  5. 
Mariae  de  Populo  existeh  iuxta,  et  Sm  dissegnum  ipsi Magro  Bern** 
iatum  et  consignatum,  et  extra  desegnum  opus  hUoi  diminuere,  et  si 
uidebitur  addere  Sm  ordinem  Magri  Antonij  de  5.'*  Marino  Aurificis,  et 
omnes  et  singulas  lapides,  tam  mixtas,  quàm  cuiuscumq.  generis  pò- 
nere,  et  adhibere  in  omnibus,  et  p  omnia  iuxta  dj* desegnum ,  et  or- 
dinem  dJ  Magri  Antonij;  Alteramq,  Sepulturam  huòi,  et  illius  opus 
iux,  d.  desegnum,  et  ordinem  dJ  Magri  Antonij  finire,  et  perficere 
Intra  solu  mense  Maij  proxJ  et  reliquam,  et  illius  opus  ^  totum  men- 
sem  8bris  proxj^*  Cur  quidem  Magro  Bern*^  J/.*»»  D.  Sigismundus 
ptùs  d.^  Tutorio  nomine  promisit  dare  omnes  lapides  n ecessar ins  et  de 
illis  prouidere  omnibus  ipsius  Sigismundi  expensis  et  de  pecunijs,  tam 
prò  laborerijs,  quam  prò  personis  dp  operi  hnoi  vacantibus  prouidere. 
Qui  quidem  Magister  Bernardinus  super  salario  sibi  propterea  debito 
contentus  fuit  stare  discretioni  et  ludicio  d.  D.  5.  Citisi  et  Antonij  de 
SJ*"  Marino.  Quae  omnia  promiserunt  sub  poena  due.  1000.  prò  una 
C.  A.  et  prò  alia  parti  obseruanti  applicah.  Actum  Romae  in  Palatio 
dd.  DD.  haeredum  fol.  21^. 

P*inalmente  nel  iSSi  Fabio  Chigi  eresse  ad  Agostino  e  Sigismondo 
i  due  mausolei  imaginati  dal  Bernini,  i  quali,  oltreché  non  sono  in  ar- 
monia colla  elegante  semplicità  della  Cappella,  s* hanno  la  brutta  colpa 
dì  aver  cacciato  di  luogo  un  nobile,  sebbene  non  compiuto,  affresco  di 
Sebastiano  del  Piombo.  V.  Vasari,  Vili.  47.  Nota  (3).  Su  questi  Mau- 
solei Bernineschi  v.  Fea  Miscellanea  ecc.  t.  I.  p.  20. 

(179)  tt  Pirro  Ligorio  scrive  che  questa  statua  fu  scolpita  in  un  pezzo 
di  cornice  caduta  dal  tempio  di  Castore  e  Polluce  nel  Foro  Romano  » 
(Fea,  Soti:i;ia  intorno  Raffaele  ecc.  p.  6.).  Circa  questo  Giona  v.  Vasari, 
Vili.  47.  not.  I.  V.  Quatrèmere  p.  186  sq.,  v.  Passavant.  to.  II.  p.  374. 

(180)  V.  Vasari,  V^III.  46.  47.  196.  212.  v.  Quatrèmere  p.  286  v. 
la  Nota  (188). 


(•)  Ivi. 


44^  G.  Cugnoni 


(i8i)  V.  la  Nota  (204).  Alcune  scrìtte  relatire  a  queste  dotazioni 
leggonsi  nelle  Scritture  di  Casa  Chigi  ai  voL  B.  p.  77.  E.  p,  i  iS,  ia5. 
F.  p.  I.  23. 

(182}  Fanucci  Camillo,  Trattato  di  tutte  le  opere  pie  di  Roma, 
Roma,  per  Leopoldo  Faci  e  Stefano  Paulini,  1601, 

(i83)  V.  Vasari,  Vili.  223. 

(184)  V.  Vasari,  VI».  23.  i5i.,  IX.  72.  V.  Borghini,  iV  Riposo  lib.  IH. 
V.  Bellori,  Descri^.  delle  immag,  dtp.  da  Raff.  ec.  p.  211.  Alcune  par- 
ticolarità su  queste  pitture  possono  vedersi  presso  il  Fea,  Notizie  intomo 
RaffMe  p.  i.  sgg.,  e  Prodromo  di  nuove  osservazioni  ec.  p.  34  sgg. 
V.  Bottari,  Raccolta  di  lett.  sulla  pitt.  voi.  II.  p.  328  sgg.  v.  Quatre- 
mere  pp.  58,  Sg,  60,  270.  V.  Passdvant  to.  I.  p.  i56,  II.  p.  i38. 
V.  Mengs,  opp.  corrette  da  Fea,  p.  337.  Sui  disegni  originali  di  queste 
Sibille  V.  Bottari,  op.  cit.  voi.  II.  p.  90. 

(i85)  Bocchi  Francesco,  Le  bellezze  della  città  di  Firenze  ecc.  Fi- 
renze 1677.  p.  278. 

(186)  V.  la  Nota  (173). 

(187)  V.  la  Nota  (204), 

(continua) 


Ci  GàrvisieH 


m 


COMPENDIO 
dei  processi  del  Santo  Vffi-{io  di  l^ma 

(DA  PAOLO  Ut  A  PAOLO  IV) 


DE  MORONO  LATE 

\  Cardinalh  Moronus  lune  episcopus  Mutinensh,  sedtictus 

fiaminio  et  ejus  dispulitlionibiis  in  itinere  ad  Concilìum, 

Wdinale  Poto  approbante,  ex  primo  teste  qui  est  ettam  nonus 

mififormalione  fol.  4  et  in  deposilione  fot   jS  fac.   i.'  et 

l  Sr  fac.  -i.'  et  fol  86  fac.   2.'  Ipse  Moronus  in  consti- 

^is  fol.  i  negat.  Moronus  scribit  e   Tridento  ad  Vicarium 

n  Ecclesia  matinensi  ut  annuncici populo  solum  Cliristi 

\guine  fdeles  justificatos  esse;  in  intormatione  ex  Scoto 

L  4  a  icrgo.  Seu  ut  in  pulpito  predicarci  populo  ne  fiderei 

tuis  operibus  sed  in  solo  Christi  sanguine,  e  Tridento  Mu- 

Um  scripsit  ex  Salmerone  optavo  teste  fol.  69  fac.  2.';  et 

I  repetitionc  fol,  148  fac.  1.'  et  alius  testis  fol,  225  fac.  a.* 

u  scripsit  Vicario  suo  Mutinensi  ut  confessarios  adtnonerel 

iristum  esse  qui  absolveret  et  non  ipsos,  et  solum  in  Christi 

sanguine  confdendum  esse  ex  quo   Catholici  offensi  sunt; 

fol.  21  et  33  a  tergo  et  34  et  fol.  162  fac,  1,'  et  2.'  in  repctì- 

tione,  e(  de  Imjus  testis  retractalione  quam  revocai  rediens 

ad  pn'mum  dictum,  quod  terrore  et  btanditUs  circumventus 

retraclaverit  d.'  folio  24,  25  et  26,  et  in  rcpctitione  fol.  t5fi 

_et  iSff,  et  Ilio,  et  iQi  usque  ad  fol.    157,   Ad  idem  alius 

uiis  fol.  87  fac.  i*.  et  in  repetitione  fol.  108,  fac,  i,'  in  fine, 


] 


45 o  C.  Corpisierì 


et  fraier  Cherubinusyb/.  226  fac.  2,  Vel  quod  soli  Deo  con- 
fitendum  fol.  191  fac.  i.  ex  archiepiscopo  Consano,  ipse  au- 
tem  utrumque  concilians  Moronus  fatetur  se  scripsisse  Vi- 
cario ut  significaret  prcedicari  ut  populum  admoneret  ad 
confitcndum,  sed  ut  adverterent  ad  sperandam  remissionem 
peccatorum  a  ChristOy  atque  ut  admoneret  omnes  confessarios 
regulares  et  omnes  curatos  ut  hoc poenitentes  docerent,  et  quod 
ejus  litterae  a  Vicario  pra^dicari  traditce  sunt^  qui  eas  legit 
de  pulpito ,  et  quod  ex  hoc  magnum  scandalum  cxortum  est, 
quod  mali  mile  interpretantur  suas  iitieras;  unde  rescripsit 
Vicario  ut  in  confessione  servarifaceretformam.  Concila  Co- 
loniensis^  et  de  fratrc  Bernardo  contra  eum  confitente  et  re- 
tractantc  per  Archiepiscopum  Consanum  ((e,  lol.  6  in  con- 
fessione sua.  GjLudent  de  hoc  Mutinenses  hcer etici  quod  esset 
iliuminafuSy  et  e  Concilio  reversus  se  excusat  cum  illis  quod 
eos  ante  a  ut  Lutheranos  fuerat  pcrsecutus  ex  Scoto  in  in- 
formatioiic  fol.  4,  et  ab  illis propter  hoc  veniam petit  ex  eodem 
fol.  8ò  fac.  I.'  et  in  repctitione  fol.  210  fac.  2.'  et  seq.  et  ex 
Salmeronc  fol.  149  fac.  2.'  Ipse  fatetur  ab  Academicis  muti- 

nensibus  haereticis  idem  se  cum  illis  sentire et  alias 

catholicosy  sed  ut  eorum  sedi  favercnt  in  constitutis  fol.  22 
facic  2.'  Post  reditum  a  Concilio  apparuit  haerclicus  fol.  loi 
fac.  2  et  in  rcpeiitione  Ibi.  225  facie  i.*  Communicavit  librutn 
suspectum  pluribus  pcrsonis  ibi.  149  fac.  i.'  Mandavit  An- 
tonio Gadaldino  bibliopolac  vendi  summarium  sacrae  scriptu- 
raCy  et  Dcnc  ìcium  Christi,  et  non  habentibus  pecunias,  quod 
ipse  prò  cis  solverei  tol.  4  ibidcin  in  inlormatione.  Hic  erat 
Miitinac  piiblicc  de  haercsi  dìffamatus  ex  Saimcrone  fol.  14G 
iti  principio.  De  mandalo  circa  Bencficium  Christi  idetn 
Scotus  fol.  86  fac.  i.*  et  fol.  89  in  principio,  et  in  repeti- 
tionc  fol.  209  fac.  I.',  et  quod  illum  approbasset  et  vendi  jus- 
sissct  fol.  114  fic.  2.*  Antoniiis  pra'dictus  testisque  fatetur 
Moronum  proìiibuissc  vendi  libros  sacrae  Scripturae  sine 
ipsius  vcl  sui  Vicarii  liccntia,  et  ideo  ostcndisse  libellum  Bc- 
nctu'ium  Christi  et  ab  cojuisse  approbatum,  et  quia  caro  ven- 
debatur,  ex  dicto  ipsius  Antoni i,  Moronum  sibi  dixisse  ut  alieni 


Processi  del  S.  Uffiiìo  di  Roma         45 1 

•  

pauperi  volenti  emere  et  non  haberet  pretium,  darei,  se  sa- 
tisfacturum  pollicendo  fol.  287  fac.  i.^Moronus  fate  tur  se  ab 
eo  accepisse  Beneficium  Christi,  et  legisse,  et  dixisse  Antonio 
huic  ut plurimos  afferri faceret;  in  sua  confessione  Ibi.  4  fac.  2.* 
Ejecit  d,  Alfonsum  Salmeronem  Sócietatis  Jesti  presbiterum 
e  Mulina  ubi  praedicabat,  quod  illius  Catholica  doc trina  sibi 
non  satis/aciebaty  fol.  5  ex  primo  leste  in  infonnaticne,  et  in 
repetitione  ibi.  211  fac.  2.*  Et  super  justijìcatione  et  merito 
honorum  operum  et  satisfactione  ipse  dominus  Ahbnsus  pri- 
mus  testis  fol.  69  fac.  i.*  et  2.*  et  ibi.  70  fac.  i.*  et  2.*  Et 
quod  deinde  veniam  petiit  de  offensa  et  scandalo ,  ostendens  se 
tunc  errasse  et  nunc  catholice  sentire  y  etiam  corani  domino 
Jacobo  Laine{  fol.  70  fac.  i.*  et  2."  et  in  repctitione  pienius 
a  fol.  145  cum  seq.  ubi  folio  148  a  tergo  dìcit  se  non  ejectuniy 
sed  scripsisse  ad  Generalem  suum  quod  ille  eum  ad  iirbcm 
revocavi ty  prohibuit  autem  verbo  et  facto  asserens  sibi  non 
piacere  pracdicationem  de  mentis;  et  ex  alio  teste  fol.  108 
fac.  I.'  et  2.*,  quod  volebat  Moronus  quod praedicaret  contra 
opera,  et  noluit^  et  idem  petiit  licentiam  et  discessit.  Fatctur 
ipse  Moronus  illum  Mutinam  mississe  ut  doctorem  etperitum, 
sed  de  eo  habuisse  querelas  quod  esset  injuriosus  et  contiimc- 
liosus  academicis,  qui  erant  suspecti,  et  quod  ipse  eum  audivit 
quod  multum  tribueret  bonis  operibus,  et  mentis,  et  proptcr 
hoc  eum  corrigere  voluit,  et  invicem  altercati  siint,  et  quod 
dixit  ipse  contra  merita,  et  quasdam  ineptias  illum  a  se  di- 
misit,  sed  quod  de  hoc  petiit  veniam  ab  eodem  Salmerone^  et 
quod  contribuit  Collegio  Germanico  suo  Consilio  sub  ejus  Só- 
cietatis cura  erecto,  in  confessione  sua  fol.  6  fac.  2. 


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j»:o  iisis:  iriJL-  — :  j 


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COMPENDIO 


.-t>rsii  Berfomensis  litteras  scrifà 
ulis  f^jtuLzns  quod  eis  destinmtir 
h'.^zjns  ne  scanJala  perpttramà^ 
ifj^n*  hjbiiuri,  ne  ipse  postea  co* 
tr:id^ntijm,  et  cisdem  scripsit  Con 
TJi:-  czirz  ifszs  frra^ulans  ex  Scoiotol.} 
::  ltpc<iz,zr.t  rei.  So  facie  i/  elinr^ 
:.t  2/  Appjret  ex  litteris  Carnesecchcn 
itulstur  de  leeMione  Moroni  Bormee, 
ni-itx::  in  spìritujlibus  et  iemporaShs, 
n:ir*au5  UH  prjtesset  legationi prò g^ 
zznis  fjL  3 04,  Ipse  in  consliiuiis  I0L4 


—  ■  ••  "- j  -»-,  ^ 


1-   '.  -JT    :->-::  •l:-::.;jr:*j.V»':   J  hannis   BcirtisLic  So^ti 
•.r-.r.:.  ::  :l—.  ■:     f:  jV.va-:"*  Luihcrdmim,  jw\i  articulutn 
■':.  r-T.j."    r      ■::  r '•:■-:.":  ■rcir':.  qiinj  se  non  lencbat  Ef- 
..-  r:."^  .V-  .-.jr,  ::  j-.i  scrvìcba:  PmiI'j  III.  ut  mcrfì  vrin- 
j.r.  .•-.•.:..J-;.  i'."   "t."."  .rr?:  5w*-»:o  fuvrctico,  cui  Jabj:  in  *:ol- 
.V-M  '-..i '■::::: -^^"i  rcr.i'::jL<  cr^^andas  pMipcribiis  Luthcranis 
t^''::r:crs:bu^.  *'  .".  i  a  tcrf--*  e:  in  deposi: ùmc  foi.  ^hfac.  1. 
e:  2.    ::  :t    -:/c::t::'KC  /^  !.  i"''>  facic  2.'  FniCtur  se  dcdissi: 
S::::-.  sus'i  *:"•:  r.-vi:  ex  r.omine  sed  designa* ^  pccunias  prò 
rj:»rj '■:.";.>■   quitusdj'n  o^erMis   familia  et  paiipcrtatc,  quos 
r  T  -''  .- :-:\>::.2\*:>  .^rrL^VJ^Jf.  jc'i  eos  ̣rnorasse  ac  etiam  an 
t.'.r":  .'.'t.tl*  e'-\ZJ:jie  jb  en  fuissent  in  confessione  sua  fol.  o: 
e:  iriJjr;  fjtcìur  dicium  SeoUtrn  desifrfi-^litfn  secum  intimwn 
j-Ti"  •-■  :"^:iis<e,  e:  de  artieuHs  Jidei  eontiilisse,  et  illum  adnu" 
nui.^sj,  u:  si  esse*  bonus  Christianus  esset  eontenlus  quod  sibi 
ChrisHis  wm  toUebat.fol.  eodem  faeic  /.'  ubi  appare t  iiliir.i 
seivisse  haeretieum,  et  non  eorripuisse,  nee  puniisse  exisleuò 
ieira*:is.  Dixit  Sento  eonverso  Lutheranos  esse  ferendos  non 
inseetandos,  ex  quo  Deus  illos  suffert,  cum  tamcn  in  nwmen  o 


Processi  del  S.  Ufficio  di  Roma        453 


perdere  posset,  fol.  6  ex  eodem  teste  in  ìnformatione  et  de- 
positióne  fol.  89  facie  2.*  et  in  repeti tione  fol.  210  facie  i' 
et  2,^  Habuit  domum  repletam  haereticis  fol.  12  facie  i.*  et 
in  repetitione  fol.  1 14  facie  2.*  in  fine.  Habet  domi  prae- 
fectum  mutinensem  habitum  prò  haeretico;  et  de  fratribus 
mutinensibus  Scotws  foL  6  ex  eadem  Ìnformatione  et  in  de- 
posi tione  fol.  88  facie  2.*  et  in  repetitione  fol.  209  fac.  2.*; 
presbiterum  mutinensem  primus  testis  foL  2j  a  tergo.  Do- 
minicum  appellatumy  postea  Vicarium  Novariae,  quifavebat 
haereticis  mutinensibus  foi.  44  quintus  testis  qui  est  secundus 
in  repetitione /o/.  23 1  fac.  2.*  et  seq.  et  23 j  fac.  2  Mo- 
ronus  dicit  se  ignorare  y  et  se  decepium  circa  istum  d.  Do- 
minicum  Marandum  in  sua  confessione  fol.  11  fac.  2.*  et  in 
constitutis  fol.  y  facie  i.*  et  2."  et  fol.  18  et  seq.  ubi  admo- 
nitus  ut  illum  corrigeret  et  non  fecit,  et  sic  negli  gens  in  eo 
corrigendo  esset,  fol.  23  24  25;  de  eo  et  iterum  quod  admo- 
nitus  a  religioso  non  correxity  in  eisdem  constitutis  fol.  3o 
fac.  2.*  Habet  domi  familiarem  abbatem  Villamarinum  qui 
fuit  haereticus  ex  eadem  Ìnformatione  fol.  6  et  in  deposi- 
tione  fol.  88  facie  2.'  et  fol.  200  fac.  i.*  Habuit  familiarem 
Johannem  Theutonicum  germanum  suspectum  de  fide  foK  25o 
fac.  ì.*'  fatetur  se  illum  retinuisse  domi  post  abjurationem ; 
in  sua  confessione  fol.  11  fac.  2.*  Habuit  familiarem  Johan- 
nem Baptistam  Turlanum  qui  male  sentiebat  de  fide  scienter, 
in  suis  constitutis  fatetur  fol.  7  fac.  2.* 

Dixit  Cardinali  de  Mendo^a  alias  de  Burgos  junior i,  opor- 
tere  tolti  decretum  Concila  Tridentini  de  justificatione  ut  non 
bonum,  et  poni  aliud  verum  fol.  6  ex  Scoto  in  Ìnformatione 
et  in  deposìtione  fol.  87  fac.  i.'  in  repetitione  ad  id  se  re- 
fert  fol.  208  fac.  i.'  Idem  affirmat  in  eadem  repetitione 
fol.  211  facie  i.^  et  sequenti. 

Moronus  haereticus  ex  auditu  a  pluribus.  Testis  tenti us 
fol.  P.  in  primo  quinterno. 

Fecit  fugere  fratrem  Diavolettum  carceratum  de  haeresiy 
idem  tertius  testis  fol.  6  in  primo  quinterno. 


Archivio  delia  Società  romana  di  Storia  patria.  Voi.  III.  29 

• 


-tf  i  e  Corrisieri 

JLltt  3rL-w  ìisrÌTz  Luzb*^ zz-^tra  Judieos  fol.  3  ibidem 
ji.  -li:' — i^zzt  s  S::r:-  j  j:«5  eum  recepii  idem  ia  ^ 

"  *  • 

f^LLiir  :d  -f.-rrix:»f  "i-tt  Jlirri:^  j  5co;o  designato  sbi    ^ 
iL''n=Tif  -D.TC  "n.-r: .  ^-ìT  r^tdse  JSierere  non  possit  se  0^ 
nzjnri:.:-:  iz  jf^*:-;  jil-ìt ir^.  •5r-«r  zizegrum.  et  tractasse  ^^ 
r^^:-.::r:r-f  jlf  ;•:  ji-i'.rtj;  jJ  rC'^/zncenJum  JuJaeos.qtur^^ 
iz  p:.:::zs /jlt^-^  '^hk  rr  r^  s:-ifdssi:me  sua,  fol.  qfjcie 

Z»Lrr  nar^irr^Vi  jì:^  DìtIììc:.  liwi  testis.fol,  6, et  ^ 
jt^sz  irli-.i-r-.'  \2^rr.zjli2  jrieiìcjreu  ex auditu alki^^ 
f^zzn'  'z.^tni.rzzi  r^zrui  Ustis.foL  2i  facie  /.'  ex  ret^ 
ZìZiJii  l'h-^.z^z,  z  rstii.  ::1.  5:.  Cjvendum  a  Moreno  jjrtylì^-^ 
:  ircr-rti^.  ::L  i  ex  Davidico  tcrtio  teste. 
yiirz-zs  £±czis  hzt^ses  a  Polo  cardinale,  fol.  iqmj 
:*  a  .fLrr  /f  ìj-if'tsrvn  a  cardinale  Polo  circa  doctrì- 
■^cr-Lijrf ."'^j  :  ibiie-n  e:  rursus  fol.  iSj  fac.  i  hpe- 
r.r-'  r--^  ?:i:   -::  a:^±'£ha:  Polum  Icquentcm  suspecte  k 
i.\r-:-:>-:.    -  ::-.:5r.:r.e  5ui  ::'..  3  fac.  2.'  Crcdcbatopi- 
r.:-:::  -V  --.r.T.'^'-.'Ti  scsu^izu^k  Lutkcranos,  fol.  20  a  ter« 

r-     i*  - 

te  »     •  w  ••  - 

}/  :  :  :  -  ^^  ."l  :r:::js  t:s::f'-a:'-:  MaUhiTO  cxpluribus  cauìi<, 
:":!.  5:  :i:.  i.*  e:  ::1.  5:  rie.  i.'  e:  2/  er  in  repetitione tei.  1:4 

TiT-'j: ;:  rc^snaJc^c  DAv:r:co  ut  Luthcranismum  insi- 
•:-.!-;:.  s:d  fcrc-ali'r^s  ucrbis.  :cl.  5o  et  fol.  157  fac.  2.' ex 
lui.:-.  ir2v:i;cu>  ^-z.v.*  Moronmn  haereticum:  cantra  cm 
•TVi^:::**"  lT  scibit  scd  tsrrctur  r?iinis  et  citatiir  in  urk. 
f:.\  /_-  *jj.  -/  /ti  ;Wc\  in  confessione  sua  foi.  x,  &'/n'/- 
.':•-:  jj.':i":T:.::."^rt''r2  fuissc.  et  V2niavi  poposcissc  ah  ipso. 

y-'u:':  ":::tcre  r*-csb:'tcrum  ad  praedicandum  Mutìn^t^^ 
e:  r''ac7K:r.cre  ne  yracdicarct  nostra,  nel  sanctorum  meriti. 
tW.  ::1.  21  et  :cl.  157  tic.  2'  in  repetitione. 

Me  re  ni:  s  primum  tractavit  cumfratre  B.  Pergula  deip^^ 
miitcndn  Mutinam  ad pracdicanditju.  ex  eoJem  Pergul.i  foI.iS: 
ijic.  I  .*  et  sej.  Mandai  eidem  tacitis  uerbis  ut  Mutinae  La- 
therane  pracdicarety  et  de  sacramento  nihiltangeret./oL  itV^ 


Processi  del  5.  Ufficio  di  Roma        455 


fac,  L*  prout  Luther  aite  ibidem  praedicavityfoL  eodemfac,  2." 
Moronus  ipsum  cognoscebat  Luther anum,foL  i84fac.  2."  et 
cum  illefuisset  inquisitus propter  haec,  sciente  Movono,  fecit 
quamdam  declarationem  approbare  ab  inquisitore  Bononiensi 
Mutince,fol.  184  fac,  2.*  Fatetur  Moronus  illum  misisse, 
sed  nescisse  quod  esset  Lutheranus,  sed  certior  factus  suo 
Vicario  j  quod  esset  suspecius  fecit  illum  ad  se  venire  Bono- 
niaCy  et  a  quodam  inquisitore  examinari,  et  illum  retractari 
JMutinae  in  concionibus  publicis  juxta  praescriptum  inquisi- 
torisy  et  a  suis  deinde  fuisse  coercitumy  in  sua  confessione 
fol.  12.  Misit  Mutinam  ad  praedicandum  fratrem  Bartho- 
loroaeuin  de  Pergula  ordinis  minorum  Conventualium,  quem 
sciebat  esse  haereticum  et  haereses  praedicavity  fol.  /.°  ex 
Scoto  primo  teste  in  informatione,  et  in  depositione  Ibi.  88 
fac.  I.*  qui  ibi  praedicavit  plures  haereses,  et  Romae  fuit  in- 
quisitus fol.  70  fac.  I.*  ex  octavo  teste,  et  in  repetione  fol.  146 
fac.  2."  Misit  praedicatorem  Ordinis  minorum  (hic  estPQV- 
gula)  instructum  et  hortatum  a  Flaminio  et  Priolo  in  domo 
sua  ad  praedicandum  novam  doctrinam,  prout  magno  cum 
^scandalo  fecit  in  sua  Ecclesia  Mutinensi,  eumdemque  hae- 
reticum detectum  defendit,  et  defendere  laboravit;  primus 
qui  et  nonus  testis  ex  Scoto  fol.  5  in  informatione  et  fol.  88 
fac.  I*;  in  depositione,  ex  quarto  teste  fol.  21  et  fol.  28  et 
ideo  in  repetitione  fol.  i63  fac.  2.^  et  5  testis  fol.  44  et  alius 
testis  fol.  107  fac.  2.* 

Dédit  fratri  Bernardo  de  Bartholis  testi  libellos  Bcne- 
ficii  Christi  rediens  e  Concilio  fol.  21  a  tergo,  et  fol.  157 
fac.  I.*  ubi  quodtunc  erant  prohibiti.  Impetravit  eidem  fratri 
Bernardo  licentiam  legendi  libros  haereticos,  fol.  22.  Instruxit 
fratrem  Bernardum  de  Bartholis  praedicatorem  intra  Eccle- 
Siam  ad  praedicandum  suspecte  secundum  testemfol,  22  et 
illifavit  fol,  5i  fac,  i." 

Docet  spirituales  non  esse  sub  lege  ecclesie  fol.  27  a  tergo. 

'Negligens  in  puniendo  seu  puniri  f adendo  per  Mensua- 
tum  Vicelegatum  Philippum  Valentinum  haereticum,  fol.  42. 
Negligens  in  puniendo  hcereticos,  et  hos  Valentinos  notatos 


1 


456  C.  Corvisieri 


in  libro  Visitationis  factae  per  testem,  etiam  admtmitus  o 

prima  sua  depositione. 

Reginaldus  testis  fol,  4  et  fol.  42  a  tergo  et  JbL  44 
facie  /.•  et  in  repetitione  foL  182  et  i33  etfòL  i38fac.  // 
et  ex  Scoto  in  repetitione  fol.  210  fac.  //  et  2/  m/ìv- 
spectus  aut  publice  diffamatuSy  nec  etiam  verbo  reprehat* 
dendoy  ex  Salmerone  in  repetitione  fol.  147  facie  lA 

ìAovonus  fatetur  se,  dum  legatus  esset  BonomMy  norim 
germanos  scholares  haereticos,  et  iUis  favisse  y  puta  ianàoi- 
centiam  gestandi  arma,  et  illos  non  inquisisse  ne  nomenper^ 
secutoris  Liitheranorum  sibi  compararet  prò  ea  nationecm- 
vertenda  in  confessione  sua,  fol.  8  fac.  2/ 

Fatetur  sefuisse  negligentem  inpuniendis  haereticis  ith- 
tinensibuSy  sed  propter  impedimenta,  et  ad  hoc  resignam 
Episcopatum  viro  docto,  in  sua  Confessione  fol.  21  fac.  2.' et 
fol.  seq.  Dicit  dedisse  in  nota  eidem  Episcopo  inter  alias  snh 
spectos  Academicos  mutinenses  et  Bonifacium  Valentinum 
sibi  inimicum,  et  de  Mutinensibus  suspectis  et  academicis  fa- 
tetur in  suis  constitutis  fol.  11  et  i3  et  fol.  22  fac.  i.*ettcq. 

Habebatur  MutinaCy  cum  illius  esset  episcopuSy  prò  hont' 
tico  Luther  ano  variis  argumentis,  fol.  44  fac.  2.'  in  repeti- 
tione fol  287  fac.  2."  Catlìolicorum  autumatio  et  suspicio  de 
Movono  propternegligentiam,  fol.  44  et  a  fronte  etiam  a  tergo. 

Asseruit  quandoque  crucem  non  esse  adorandam  etc;  sed 
admonitus  statim  se  correxit,  tei.  44  fac.  2.*  quintus  testis 
et  in  repetitione  Ibi.  23 1   et  234  facie  2.* 

Non  reverenter  veneratus  est  caput  S.  Dominici,  etiam 
admonitus  a  teste  ;  imo  obloqutus  est  in  venerationem  Sancto- 
rum  dum  esset  Bononiae  legatus,  fol.  44  a  tergo  et  in  repeti- 
tione fol.  23 1  et  seq.  Ipse  in  sua  confessione  negat  asserendo 
se  bene  sensisse  de  ueneratione  sanctorum  et  reliquiarum  etiam 
factis  ipsiSy  licei  imposturai  circa  reliquias  detestatus  sit,fol  g 
et  seq. 

Moronus  suspectus  testi  ex  causis  et  ex  familiaritate  cum 
March ionissa  Piscariae  fol.  61  fac.  2.*  et  fol.  Ó2  fac.  2.  et 
propter  hanc  familiaritatem  suspectus  alteri  testi  fol.  i34 


Processi  del  S.  Ufficio  di  Roma        46  j 


fac.  2  et  seq.  et  de  hoc  familiaritate  et  conversione  patet  ex 
Utteris  plurimis  dcUis  et  acceptis  afoL  22 g  cum  seq. 

Sentii  justificationem  esse  ex  sola  Jide,  opera  non  esse 
meritoria  f  sedsemper  esse  peccata  y  iisque  non  posse  satis fieri 
poenis  temporalibus  ex  peccato  deBitis,  fol.  69  et  70.  Ex  dm 
Alfonso  Salmerone,  etiam  ex  eodem  in  repetitione,  fol.  145 
et  seq.  qui  illum  deponit  tane  Mutino?  erronee  et  scandalose 
sensisse  de  fide  y  et  haereticisfavissey  et  quod  assentiebat  hae- 
reticiSj  fol.  69  et  fol.  147  etexfratre  Bernardo  fol.  161  fac.  2.*, 
in  poenitentiaria  fol.  164  fac.  i.* 

Gaudet  se  intelligere  articulum  justificationis  ex  sola  fide 
cum  teste y  et  se  asserii  illuminatum  a  Polo,  et  disponii  illum 
remittere  Mutinam  ad  praédicandum,  et  quod  insinuet  pò- 
puh)  hanc  novam  doctrinam  juxta  Luther i  senientiamy  sed 
absque  scandalo y  fol.  i36  fac.  2.^  et  seq.  fol....  (sic)...  fac.  i.* 
et  iterum  dicit  se  velie  illum  mittere,  fol.  iSg  fac.  i.* 

Moronus  Dominicanis  suspeciusfoL  128  fac.  2.'' et  fol.  i56 
infine  et  fol.  iSgfacie  i.*  in  fine. 

Moronus  cum  erat  catholicus  olim  insectabatur  Luthera- 
noSj  sed  deinde  conversus  accepii  Lutheranismum  ex  rela- 
itone  Marchiònissae  Piscariae,/o/.  1 63  fac.  i." 

Asseruit  quod  per  bona  opera  sua  (ut  erat  Missae  cele- 
bratio)  merebatur  damnationem  ad  inferoSy  ex  Salmerone 
fol.  69  fac.  2.*  in  fine,  et  in  repetitione  fol.  148  fac.  i."  in 
fine.  Ipse  in  sua  confessione  fateiur^  sed  alias  excusaty  vel 
qualificai,  fol.  6  fac.  2.* 

Habuit praedicatorem  Lutheranum  Mutinae  frairem  Ber- 
nardum  missum  opera  Poli  et  Marchionissak  Piscariae/o/.  i55 
fac.  i."  et  fol.  i56  et  ipsefaiiiur  misisse  sibi  proposiium  et 
approbatum  a  Polo  et  Priolo  etiam  aliis,  sed  etiam  afra- 
tribus  sui  Ordinis  prò  erudiendo  populo  haeresibus  maculato, 
et  benigne  convertendo  In  confessione  sua,  fol.  5  fac.  2. 

Moronus  complex  Poli  et  aliorumy  fol.  84  fac.  2.'  et 
fai.  88  fac.  2."  Polo  amicus  fol.  85  fac.  2.» 

Moronus  promisii  praemonere  haereticos  de  communica- 
itone  que  ex  Urbe  contra  eos  afferretur  ex  Scoto  fol.  86 


1 


458  C.  Corpisieri 


fac.  2.*  in  repetitione  fol.  210  fac.  1/  et  seq.  et  verWs  ih 
quisitis  de  hceresi  se  favisse,  ac  etiam  pollicitum  esscaim- 
nere  de  mandatis  quae  ex  urbe  venirent,  ut  se  benignum  com- 
mendationibusque  facile  ostenderet;  non  autem  idfecisse^sti 
contrarium  exequendo  ea^  et  auxilto  et  opera  inquisitori,  et 
ejus  officio  impendendoy  fatetur  in  confessione  sua  foL  8 
fac.  2/  ubi  designat  Scotum  sed  non  nominai,  etiam  fac.  2,' 

Moronus  vult  soliim  in  Christi  meritis  confidere,  età* 
nere  alios  suis  confidere  loquendo  de  justificatìone  amtra 
Concilium  Tridentinum  ex  Scoto  fol.  87  facie  2/  in  repeti- 
tione fol.  208  fac.  i.^  ipse  fatetur  in  sua  confessione. 

ìAoxotiusfavet,  una  cum  Polo,  Carneseccbae  inquisito sA 
Paulo  III.*  fol.  89  facie  2.- 

Moronum  conveniunt  haeretici  Mutinenses,  et  secum  seih 
tientes,  fol.  209  fac.  i.*  et  seq.  et  fol.  210  fac.  2  et  seq.  ubi 
quod  admoniti  a  Flaminio  fecerunt  eorum  Episcopum  am 
eis  sentire  etc, 

Moronus  habetur  prò  hcereticOy  seu  suspecto  Mutinae,  M 
erat  Episcopus^  ex  fama,  fol.  95  fac.  i.*  et  2.*  et  ab  aliis 
fol.  loi  fac.  I.'  et  seq.  et  fol.  108  fac.  i.*  et  fol.  ni  fac.  i.' 

Moronus /jre/  d.  Jchanni  Bcrtano  Mutinensi  haeretico 
inquisito,  fol.  f)5  et  97  fjc,  2^ 

Moronus  a  quodam  librario  Mutinae,  vcl  Bononiae  duas 
capsds  librar  uni  haercticorum  dcprcìwnsas  tollit,  fol.  07  fac.  i.' 
Ipse  in  confessione  fol.  2  ìac.  2  dicit  se  intcrccpissc  dumesset 
legatus  Bononiae  summani  libroruni  Lutlieranorum,  quac  ve- 
hcbatur  a  mii liane  Lucani,  sed  illam  transmisisse  adfratrm 
Leandruni  inqiiisitorem  et  ad  cum  scripsisse, 

Moronus  detrahit  Salutationem  Angelorum,  seu  Antipho- 
nani  Salve  Rc-;ina  etc,  et  assercns  non  esse  invocandam , 
sed  ad  Chris tiini  recurrendum,  et  rcdargutus,  pertinaciter 
doctrinani  haereticam  propugnai,  fol.  loi  fac.  2  et  seq.  et  in 
repetitione  fol.  224  \:\c,  2  et  fol.  225  fac.  1.'  et  fol.  227  fac.  1.* 
sed  coUtestis  dicit  non  recordari;  sed  ipse  dicit  tenere  San- 
ctosque  esse  invocandos,  sed  quandoque  dubitasse  an  Sancii 
nostras  preces  audirent,  et  ideo  lune  sibi  visum  sanctos  in- 


Processi  del  S.  Ufficio  di  Roma        459 


vocandoSy  prout  in  collectìs  missalis,  non  autem  prout  in  ly- 
taniis  et  antiphona  Salve  Regina  etc.  recitasse  dum  dicere- 
tury  vel  cantaretur  interfuisse^  sed  quandoque  etiam  pluribus 
dixisse  siti  piacere  ut  mutarentur  iila  verta  Vitae  dulcedo 
et  Spes  nostra  &c.  in  sua  confessione  fol.  2  fac.  1/  et  2/, 
ubi  tamen  fatetur  se  dixisse  alias  Laurentio  Davidico  se 
majoretti  consolationem  sentire  cUm  ad  Christum  recurril  ex 
quo  aie  sibi  imposuit,  et  fol.  2  quod  blatteravit  in  Conceptio- 
nem  S.  Virginis,  et  quod  sibi  quandoque  non  placebant  lectio- 
nes  in  Missa  in  festo  Assumptionis  dominae  nostrae,  et  in 
constitutis  suis  iterum  repetit  se  dubitasse  de  Sanciis  num 
inteUigerent  nostras  invocationesy  fol.  17  fac.  i.* 

Moronus  fecit  imprimi  libellum  benefica  Christi  ab  An- 
tonio librario  Mutinae^  fol.  226  fac.  i.' 

Moroni  participatione  Pergula  haereses  praedicavit,  et 
contra  merita  bonorum  operum,  fol.  107  fac.  2  et  fol.  114. 
fac.  I.'  et  2.* 

Moronus  dat  libellum  Benefici!  Christi  cuidam  matronae 
illum  approbans,  quae  in  eo  annotatis  quibusdam  erroribus 
lutheranis  misit  Sancto  Officio,  fol.  114  fac.  1/ 

Moronus  episcopus  tunc  Mutinensis  defendit  erroneam 
opinionem  Card.  Contar eni  de  justificatione  in  concordia  y  cui 
et  ipse  interfiiit,  fol.  128  fac.  i.*  et  2.*  ubi  ex  aliis  causis 
suspectuSy  fol.  129  fac.  i.*  et  2.* 

Moronus  consulendus  ex  litteris  Celsi  Martinenghi  a  D, 
HippolytOy  fol.  129  fac.  i.'  et  2.* 

Moronus  amicus  Victor is  Sorantii  ex  i5.**  teste  a  fol.  129 
fac.  2^  et  seq.  item  i8j^  teste  fol.  186  fac.  i,*  fatetur  se  il- 
lum imbuisse  amicum,  se  postea  illum  sibi  haereticum  dete- 
xisse  contra  caelibatum,  in  sua  confessione  fol.  12  fac.  i.'  in 
suis  constitutis  a  fol.  3.*  fac.  2.*  et  fol.  18  fac.  i.' 

Moronus  patiebatur  praedicari  doctrinam  haereticam  et  lu- 
theranam  et  non  repudiariy  et  quod  oportuitfr,  Ambrosium 
Catarinum  tunc  episcopum  Minorensem  scribere  conforta- 
torias  ad  catholicos  quibus  haer etici  convivabantury  fol.  i52 
fac,  2.* 


460  e.  Corvisieri 

Moronusfacit  abiurare  puleum  S."  GenuHtam  Mutìnae  ai 
tollendam  febrkitantium  devotionem,  quod  UUttx  potu  a/ebrt 
se  liberari  crederent,  dicens  este  superstitìonem,  ioL  i5j 
l'ac.  2.* 

Moronus  pecuUaris  amicus  Poli  ob  communicathnem  no- 
vorum  dogmatum,  fol.  i53  fac.  2,*  amicui  charus  foL  247 
fac.  2,* 

Moronus  de  fide  suspectus  exgravibus  et  fide  àìgnis  vwis, 
fol.  i53  fai.-.  I.' 

Moronus  invitai  ad  prandìum  fi-atrem  B.  Pergulam  et 
ìUum  admonet  ne  concerlet  cum  domino  Antonio  de  Minm- 
dula,  cum  quo  ipse  disseril  de  invocalìone  Sanctorum  Penna 
non  esse  invocandos,  ilio  partem  affirmalivam  defenàtnXt-,^ 
fol.  i83  fac.  2,'  Moronus  ostendens  se  ila  tenere  toquutus  est 
de  rebus  Lutheranìs  cumfratre  B.  Pergula  et  ei  commisti  ut 
illas  Mulinae  praedkaret  fol.  iS3  l'ac.  3.'  Moronus  Mutinat 
episcopus  ibi  lenclur  ab  aliquibus  Catìwlicus,  ab  aliqu3ms 
Lutheranus,  fol.  iS3  fac.  2.*  Moronus  haeretìce  loquitur  cum 
haeretico  de  justificatione ,  quod  sii  ex  soia-fide,  et  mera  gra- 
fia, et  absque  concursu  noslrae  voluntatis  et  libe/o  arbìtrio,  tt 
absque  operibus  vel  meritis  humanis,  et  de  praedeslinatioae 
quod  imponat  necessilatem,  fol.  1S4  fac.  1.*  etjuxta  meatem 
Lutlieri  hi.  i(35  fac.  i.*  Moronus  dixìt  Jralri  Barlholomco 
Pergulae  inquisito  si  ex  Italia  abire  vellet,  stbi  de  eo  curai 
futurum  esse,  tot  186  fac.  2,'  Moronum  laxalum  esse  de  liae- 
resi  circa  justificationem ,  et  de  merita  operum  ex  attditu  a 
tcite  4.  leitis  20,  "■  fol.  191  fac.  1.*  Moronus  in  ConcUio  «w- 
vem'ebat  cum  haereticis  in  materia  de  gratta  et  libero  arbi- 
trio, omnia  nempe  gratiae,  et  nihil  libero  arbitrio  tribuebat, 
et  pertinaciler  cum  Episcopo  lacomello  contendebat  et  comu- 
niter  habebatur  suspectus  de  haeresi,  fol.  241  fac.  i.*  et  m 
repedtionc  lol,  234  fac.  a."  sed  ante  publicationem  decreti 
fol,  243  fac.  !.■  in  suis  constitutis  negat  lol,  33  «  seq.  MO' 
ronus  saepius  admonilus  ab  Episcopo  Ciuitatis  Caslellanae  suo 
familiari  ut  dimitteret  bas  opiniones  de  grolla  et  libero  ar~ 
bilrio.  persistebat  in  eisdem  dicens  se  bene  sentire  cum  Lu- 


Processi  del  .S  Vffiiìo  di  Roma         461 


ìnis  circa  dictum  articulum,  totum  tribuens  gratìae,  eie 
1  fai.  242  fac.  I.'  hoc  ante  publicationem  decreti  Ìo\.  243 
'  Episcopus  Civilatis  dicit  aliud  diversum,  quod  Car- 
wis  Moronus  si  habebat  istas  opiniones  errabat  ex  igno- 
ta, et  quod  Paulo  III  id  dtxerit  fol.  249  lac.  2."  Moronus 
tnat  superstitionem  lactum  Cinguhrum  ad  Cathedram 
^etri,  fol.  246  tac.  2.'  Moronus  affectat  reforinatìonem 
!  Curiae  in  moderando  Cancellarla  et  Poenitentiaria 
Uo/icd  et  in  providendis  ecclesiis  jiixta  sententiam  Car- 
iis  Anglici,  fot.  247  fac.  J .'  Moronus  patiebatur  ulfrater 
reas  de  Volterra  de  fide  disserens  cum  bonae  meni.  Epi- 
1  Grechetto,  contumeliose  coram  se  et  praelatis  ageret 
ama  cum  indignatione  ;  imo  rejecit  Episcopum  Civitatìs 
CasieUanae  volcntem  componere,  lol.  247  iac.  2.'  et  fol.  248 
ftic,  1,'  CI  2.'  de  hoc  in  s'iis  consiituiis,  lol,  33  et  seq.  Mo- 
ronus dicit  Romam  praebuisse  occasionem  Oermanis  ut  m- 
sent  haeretici proptcr  abusus,  lol.  249  fac.  2,'  Moronus  favit 
M.  Antonio  Villainarino  neapolitano  ut  secrete  abjuraret  in 
manibus  Card.  Carpensis.  fol.  25o  fac.  i.' 

Card.  Moronus.  publicato  decreto  de  Justificatione  in  Con- 
cilio Tridentino  et  Romam  delato,  dixil  se  illitm  servaturum 
sed  clarius  expectasse,  fot,  249  fac.  1,'  Card.  Moronus  dare 
arguitur  complex  Mar chionissz  Piscariae  et  Card.  Poli,  Itujus 
etiam  discipulus  in  nova  doctrina  per  litteras  Marchionissae, 
et  de  intima  secreta  spirituali  ac  familiari  conversatione  cum 
eisdem  fol.  279  et  aSo,  et  ad  illam  saepissime  rescribebat; 
et  invicem  mutuas  litteras  accipiebant,  qucr  in  aliis  ad  eum- 
dem  Polum  et  Priolum  utrumque  nostrum  appellarent,  simi- 
liter  complìces  arguii,  fol,  281  fac,  i."  et  1,'  et  seq,  et  ad 
idem  in  aliis,  fol.  2S3  et  fol.  284  et  286  et  ad  eumdem  in 
aliis  litteris.  Ibi.  290  et  291  et  de  gratia  et  de  summa  Mar- 
chionissae benevolentia  in  Polum  et  ad  idem,  fol.  292  ubi  si- 
gttìficat  Moronum  didictsse  a  Polo,  et  quod  orai  ne  discedat 
a  Concilio  cum  Polo  prò  propagatìone  falsae  doctrinae  ut 
ibi  colligitur,  et  fol.  293  et  ibi  de  nimio  affeclu  et  reverenda 
et  fol.  394  ad  idem  et  ago  idem  ubi  memorai  Mo- 


462  e.  Corvisieri 


ronutn  de  Polo  scripsisse  plura^  et  vocat  Polum  optimam 
magistrum  dominum  nostrum,  et  Moronum  meum  vefam 
et  salutiferum  confortum,  fol.  298  fac.  1/  et  2/  etiamseq. 
ad  idem  extollens  utrìusque  Poli  et  Moroni  virtuies,  etm- 
morum  conjunctioneniy  et  mutuarti  charitatemj  alludens  addo- 
ctrinam  communem  fol.  3oo,  Moronus  loquebatur  de  libro  quo- 
dam  cum  Marchionissa  Piscariae  hortans  eam  ad  ea  relegenda 
fol.  296.  ^oronus  scripsit  in  psalmos  quosdam  et  in  Auu 
epistolas  Petri,  In  confessione  sua  fol.  3  Moronus  accepita 
Priolo  uel  Flaminio  nescio  quod  scriptum  Poli  quodase 
non  lectum  Archiepiscopus  Idruntinus  accepiL  In  confesàom 
sua  fol.  3  fac.  2.*  Moronus /afó/f/r  ortam  contra  se  suspido- 
nem  ex  retentione  librorum  haereticorum  in  suis  amstìtiàà 
fol.  3  fac.  2.*  Moronus  fatetur  se  potuisse  dicere  cuUm 
praedicatori,  quem  mittebat  Mutinam  ut  praedicàret  Cb> 
stum  nudumy  sed  explicat  non  exclusisse  sacramenta  in  sms 
constitutìs,  fol.  II  fac.  2.*  Moronus  accipit  litteras  a  Pòlo  et 
Marchionissa y  cujus  vehementem  affectum  et  ardorem  erga 
se  comprobat.  Eas  Moronus  Marc/iionissae  mittit^  ut  ex  Ut' 
teris  per  Marchionissam  ad  Priolum  scriptis  patety  fol.  3o3 
ubi  disputai  de  affectione  in  Polum ,  quam  illCy  et  olii,  ut  corna- 
lem  reprehendebat ;  dicit  :  nosUnm  Revmum  Moronum,  itcm, 
dulcissimum  meum  et  Revmum  Moronum  ere.  Moronus  fa- 
tetur se  novisse  d,  Marchionissam ,  et  ab  ea  versatum  in  vi- 
sitationibus  y  et  quod  non  detexit  eam  haercticam,  sed  amicam 
Bernardini  Ochini  et  f or  san  ejus  opinionum;  in  sua  confes- 
sione fol.  12  fac.  7."  et  seq.  et  in  constitutis  foL  26  et  scq, 
ubietiam  exhibentur  et  recognoscuntur  litterae  Marchionissae. 

Articuli  contra  Moronum  fol.  258  et  25 g. 

Interrogatorio  prò  parte  Moroni  dupliciafol.  260  et  26g. 

Protestationes  Moroni,  fol.  3oi  et  3o6  et  in  Constitutis 
fol.  35,  36  et  seq. 

Moronus  fatetur  se  de  liceiìtia  comparasse  et  adunasse 
libros  haereticorum  ut  confutare ntur,  et  tandem  se  dedisse 
domino  Gulielmo  Prothonotario  qui  nuncupatur  Card.  Sirletus 
prò  bibliothcca  apostolica,  se  tantum  retinuisse  bibita  prolii- 


f  Processi  del  S.  Ufficio  di  Roma         463 


i  diversa  et  translata  a  Munstero,  et  aliquos  libros  po- 
!  remanere  dumi  suae  cum  ditigenliam  non  fecerit  in 
nitrendo  an  remansissent  fol.  1.°  et  2.°  copiae  conjesstùnis. 
%m  in  Constitulis  fol.  14  fjc.  2."  el  seq.  et  fol,  19  fac.  2.' 
I  de  deprehensione  hujusmodi. 
W'Moronus,  ut  fatelur,  tenuìt  usque  ad  determinationem 
^tcilii  justificatìonis  artkulum  juxta  sententiam  card.  Con- 
fini, idest  secundum  concordiam  et  acta  Conciliarum  Ra- 
mae,  quibus  sub  cardinali  Conlareno  ititerfiiil  Nuntius, 
I  Badia  magistro  sacri  Palatii,  postea  Cardinali,  fol,  2," 
t  3/  in  sua  confessione  de  ea  ibidem  fol.  6  fac.  i.*  sednon 
Weiii  haeretici  qui  negabant  opera  et  sacramenta  in  Con- 
sone sua,  fol.  7  fac.  1 .'  et  in  suis  Conslitutis,  fol.  8  fac,  1,' 
Moronus  novit  Flaminium  fuìsse  in  doctrìna  ValdesH  et 
Bernardini  Ochìni  atumnum  et  baereticum,  et  interrogai  Po- 
lum  qui  non  negat,  sed  quod  euni  retinuit  ut  ipsum  Ecclesiae, 
ne  ei  damno  maxima  foret ,  lucrìfaceret  paulatim.  In  Con- 
fessione fol.  4. 

Moronus  a  Flaminio  accepit  commodato  Commentarla  Val- 
desH in  Psalmos  et  leglt.  Habuit  sed  non  legit  percuncta- 
tiones  seti  interrogationes  ValdesH.  AudivU  Valdesium  fuisse 
auctorem  liaeresum  NeapoH,  in  confessione  fol.  4  et  ex  seri- 
benda  et  in  Constitulis  fol,  i3  fac.  a." 

Moronus  habct  suspectum  Concilium  Coloniense  fol.  i  in 
Confessione  sua. 

Moronus  fatetur  se  indifferenter  omnibus  elaeemosynas 
dedisse,  scitnter  autem  donasse  multis  Lulheranis  crateras 
argenteas,  torques,  anntilos,  numismata  et  dlversas  alias  res, 
sed  ad  finem  ut  eorum  opere  uteretur  in  suo  quo  fungebatur 
officio,  et  XXX/lorenos  auri  cuidam  praedicatori  Lutherano 
apostatae  ut  Hlud  ad  veram  fidem  conuer  fere  tur. 

Moroni processus,  et  quid  de  eo  factum  sit  tempore  Juliilll 
a  fol.  igi  fusius. 

Moronus  fatetur  se  afel.  record.  Jitlio  IH  in  susceptione 
icgatìonis  in  Germaniam  absolulum  de  nominatione  facta  a 
^atre  Bernardo;  et  circa  iitteras  a  se  ad  Vicarium  Muti- 


^ 


■  ^Ifam  fmAl  gitrme  ùrtiént/iiis,  Mt  ut  pn- 
•  fot  23  in  principio  et  i^ 

e  suaque  opera,  Gtrmt 
m  fidem  et  gradam  Sanctae  EccUtia»  n£- 
turam,  et  itti  itmiemdam  esse,  laiJe  se  seti^er  ài  ummitt 
Germanieae  natìoni  obsequeatem  benevobam  et  gratum  frai- 
slot;  totem  quoque  sdenter  se  exhAet  sdtotaribut  Gerwtamt 
hasreticis  Bononiae,  cui  Legatus  prae/ectus  erat.  bt  sua  Gm 
festione  fol.  8. 

Moronut  fatetur  in  Concilio  dum  ibi  sub  Paolo  III  end 
legatut,  ut  nomen  sibi  t^d  Germanos,  et  cot^Jkmtem  st 
iliis  praéstaret  prò  eorum  conversione  se  ostendisse  in  aiique 
re  defendere  eorum  partem.  In  sua  Cxmfesmme  UÀ.  8  fac  x* 


Processi  dei  S.  Uffi^o  di  Roma         465 


iculi  contra  Illmum  et  Rev."" 
Jinalem  Moronunr 


Dominum  Car- 


^lumine  MS.  Bibliotbccae  nostrac  Florentiae.  Has  pagi- 
%  mìsit  ad  me  d.  Antonium  Caraczotum  Rev.  p.  d.  loban- 
i  Bapiìsu  Castaldus  Praepositus  liorentinus  an.  1610. 

[rlkulos  infrascriptos  partim  haerettcos  et  partivi  scan- 
t  respective,  vel  de  haeresi  suspecios.  dat/acit  et  exhi- 
^proeurator  Fisci  et  Camerae  apostolicae ,  et  seu  nomine 
i  S.  Inquisitionis ,  tam  conjunctim  quarti  divisim,  contra 
et  adversus  Il(mum  et  Revmum  DFium  loannem  Cardinalem 
Moronum,  ad  quos  probandum ,  quatenus  ex  adverso  negantur, 
alicui  probo  viro  in  quatìbet  civitate  et  qttibuscumque  locis 
tam  in  romana  Curia  quatti  extra,  admìtti  petit  ac  submitti 
ubi  erit  opus,  Icstium  repelitione  et  novum  examen  ac  de^ 
super  litteras  remissorlates  juxta  formam  et  sij-lum  officii 
dictae  Inquisitionis,  ac  in  dictis  ietleris  remissorialibus  in- 
terrogatoria ab  ipso  Illustrissimo  et  Revmo  danda  includi  et 
adpartes  mittì.  Ad  super/luam  tamen  probationem  nutlatenus 
se  adstringi  de  qua  protestatur  expresse.  Et  in  primis  hìc 
procurator  qui  supra  repetit,  et  prò  repetids  habere  vult  et 
intendit,  omnia  et  singula  dieta,  gesta,  facia,  aditala,  confes- 
liones  ex  quibus  quidam  sic  repetitìs  dicit  constare,  et  qua- 
tenus non  constai  et  probare  vult,  et  intendit  quaUter  dictus 
lUmus  et  RcT-miis  D.  Cardinalis  immemor  salutis  suae  et 
beneficiar  um  receptorum  a  S.  Romana  Ecclesia,  afide  catho- 
Ika  quam  ipsa  docet  tenet  et  praedicat,  in  pluribus  dictis  et 
factis  deviavit  palam  et  publice,  et  sic  fuit  et  est  veruni. 

1 .  Itcm  tenuit  et  credidit,  et  se  tenere  et  credere  asseruit, 
ariiculum  justificationis  esse  retractandum  tam  ante  quam 
post  determinationem  Concilii  Tridentini. 

2.  Item  quod  cuidam  Praelato  dixit  Concilìum  Triden- 
tinum  quoad  articulum  Justificationis  esse  retractandum  et 
retractari  debere. 


a.  bem  qpuad  tpcct  €t  j^^Jrt^  sa  ss  temere  ef  credere 


IO.  hem  fiod  qitemdjm  pr^tdicjiiorem  redtir^uA  eo  quod 
praeJicjrtt  de  tmeritìs  et  zmTtìCJtkme  SamcÉorrnm^  mumdjHs 
qycd  deèeret  prjtedicjre  Christum  et  ejms  ewm^eiàamy  et 


iUz 


mm  tot  mteriti 


tot  samctos. 


Processi  del  S.  UJ^!(io  di  Roma         467 

ftem  de  eo  et  super  eo  quod  repraehendit  quosdam 
ras  de  eo  quod  ita  pieno  ore  cantarent  Ìlla  verba  — 
,0  advocaia  nostra  —  in  anliphona  Salve  Regina  posila. 
Item  de  et  super  eo  quod  cum  colloquium  haberet  cum 
tm  religioso  dodo  de  adoratione  SSmae  Crucis  nonnulla 

dixit  circa  hujusmodi  adoratione. 

1.  Item  de  et  super  eo  quod  admonitus  nonnullos  scan- 

suscepisse  eo  quod  mìmis  reverentcr  se  habuisset  in 

\ndo  reliquias  cujusdam  sancii,  ipse  redarguii  ipsos  re- 

•sos  dicendo  quod  admirabatur  de  illis  prò  tanta  reverenda 

praestabant  erga  hujusmodi  reliquias. 

4,  Item  quod  super  illis  verbis  —  Non  levabit  gens  con- 
ni gladium  —  adnoiavil  hujusmodi  verba  sciticet  con- 

Chrislianos  non  esse  bellandum;  ex  quibus  habitus  est 
>eclus  de  hujusmodi  errore. 

5.  Item  quod  cuidam  concionatori  qui  non  erat  lutheranus, 
quod  deberet  praedicare  de  justificaiione  Sanclorum, 

•■destinatione  et  aliis  hujusmodi  articulis  ad  mentem  Lu- 
excepto  articulo  SSiiiae  Eucharistiae. 
/lem  de  et  super  eo  quod  libri  ei  scripta  haerelicorum 
't,  legil,  aliisque  legendos  seu  legenda  exhibuit. 
17.  Item  quod  libellum   intitulatum   Beneiìcìum   Cbristi 
dìstribuendum  curavit,  et  bibliopolae  haeretico  seu  de  haeresi 
iuspcciù  mandavit  ut  hujusmodi  libellos  venderei  quampluribus 
posset,  et  his  qui  non  habebant  pecuniam  dono  traderet,  quia 
ipse  pretium  illorum  solverei. 

8.  Item  quod  ipse  haercticos  seu  de  haeresi  suspeclos  in 
sua  tenuti,  el  quod  plures  alìos  domeslicos  habuil,  et 
•cipue  quosdam  praelatos,  et  pecuniam  inter  haercticos 
stu  de  haeresi  suspeclos  pauperes  dislribuendam,  plurics  est 
elargì tus. 

19.  Item  tiaereticis  seu  de  haeresi  suspectis  favit,  et  prae- 

cipue  Bononiae,  quibus  polllcitus  est  quod  si  milteretur  e.x 

Urbe   aliqiui  provisio  contra  ens  quod  caperentur  eie.  quod 

iiJvs  praemonerel  eie. ,  asserendo  ipsos  haereticos  non  esse 

trsequendos  ex  quo  Deus  ipse  tollerai  eos. 


468 


C.  Corpisieri 


30,  Iiem  quod  ab  haereticis  vel  haeresi  suspectis  Muti- 
nensibus,  quodammodo  redeundo  a  Concilio  Tridentino  vtmant 
potlulavit,  eo  quod  alias  ipsos  fuerit  persecutus  Scc. 

Fin  qua  quel  ch^è  spectante  al  C.  Morohe  sta  scritto  nd 
detto  volume  in  Firenze  die  fu  della  libreria  del  FUiarco. 

Porrò  hora  quel  che  ho  travato  scritto  di  mano  del  Card, 
di  Santa  Severina  in  un  suo  quintcrnetto  di  memorie  in  S.' 
circa  r  heresie  di  Napoli  et  Ferrara  di  lavoro  dai  1640 
al  i564. 

t .  Doppo  la  venula  di  Valdes  in  Napoli  con  la  corte  del- 
r Imperatore  nel  i535,  successe  neW anno  i54o  che  un  certo 
heremitano  di  Santo  Agostino  apostata  siciliano  detto  D.  Lo- 
renzo Romano,  in  habito  di  frate  venne  a  Caserta,  e  Jatts 
ivi  scuola  di  molli  gentilhuomini  infetto  quel  paese.  Era  esso 
pessimo  Lutherano  e  Zuingliano,  et  per  confettarsi  meglio 
andò  a  posta  in  Germania  alle  sette  herelichc.  Poi  tornato  in 
Napoli  e  scoverto,  fu  citalo  et  se  ne  fuggì.  Poi,  0  per  spirito 
0  per  timore,  comparve  spante  a  Roma  et  conlessus  est.  Dopo 
nel  i.'i52  essendo  Giovanni  Pietro  Carafa  decano  del  Col- 
legio et  sommo  Inquisitore  fu  sententìato  che  dovesse  public« 
abjurare  leggendo  egli  stesso  r abjuratione  nelle  chiese  cathe- 
drali  di  Napoli  e  di  Caserta,  et  toio  vitae  tempore  portass* 
sopra  tutte  le  vesti  Chabitello,  et  che  ciò  fatto  ritornasse  per 
la  pena  a  Roma,  et  che  tratanto  dicesse  tante  orationi. 

Nel  i54j  un  medico  dello  Scipione  Ianello  infestò  S.  Ma- 
ria Maggiore. 

2.  Discepoli  del  detto  Siciliano  furono  il  Mi....  V K,... 
il  ZuRiLLO  il  Sasso,  thte  altri  A....  due  di  M....  il  B&ROM 

B il  Ga GiAHNELLo  heremita,  lacobetto  Gentile ,  oltre 

moltissimi  altri  preti  e  seculari  ai  quali  il  d.'  don  Lorenzo 
fu  maestro  di  scuola  e  leggeva  loro  la  Sacra  Scrittura. 

'}.  Nel  iS4tf  tenne  scola  in  un  casale  detto  Piedimonte, 
lesse  la  logica  di  Melantone,  i  salmi  e  le  pistole  di  S.  Paola, 
et  un  libretto  chiamato  il  Beiiciìcio  di  Cristo  et  la  Clironica 
di  Giovanni  Curione.   Oltre  li predfitti  Ka...,  G....  haveva 


Processi  del  5.  (Jffixio  di  Roma        4^ 

«  praUica  con  detto  Siciliano  come  depone  G.  C.  A.  ai  jj! 
•osto  i563. 

I4.  G.  F.  A.  fu  in  Roma  sotto  Giulio  3:  essendo  sommo 
fiisitore  il  Cardinal  Cara/a.  fu  condennato  che  in  Napoli 
Me  carcerato.  Dopo  qualche  tempo  fu  habilìtalo  dal  vescovo 
Wtula  Rebiba  Vicario  di  Napoli,  ma  ritornato  a  Caserta 
bpsus  est. 

t  S.  Ai  3  dì  Giugno  t55()  essendo  minacciato  Giulio  An- 

I  Santori  Vicario  di  Caserta,  che  se  non  restava  di pro- 

:  sirebbe  stato  amma^x"^'^  ('i^^  '^^^  ^^^°  "^  haveva 

i  tegni)  disse:  lo  non  mi  curo  di  morir  per  Christo, 

lon  sapete  voi  don  Antonio  che   non  sunt  decem  in  Ci- 

■TÌtaie  isia  (  Caserta)  qui  non  curvavcrint  genua  aiitc  Baal? 

Chi  fa  quaresima  di  costoro?  chi  ode  messa? 

6.  Non  solo  Caserta,  ma  anche  tutto  il  contorno,  era  ap- 
pestato di  heresia  particolarmente  Casella ,  Cainano,  S.  Maria 
di  Capua.  S.  Prisca,  Maialoni,  Casal  d" Hercole,  Macerata, 
Piedimonle  Se. 

7,  Nel  1 55 g  dopo  morte  di  Paola  IV.  gli  heretici di  Napoli 
e  di  Caserta,  et  di  altre  parti,  fecero  moltissimi  pasquini 
volgari  et  latini  contra  lui.  per  Codio  che  gli  portavano.  Fra 
gli  altri  un  sonetto  che  cominciava  Qui  l'Hippocrito  giace  &c. 
e  Faltro  Bene  t'ece  il  Pastor  &c.  ut  deposuit  I.  F.  A.  in  suo 
examine  io  Mart.  i5Ij4. 

8,  V  istesso  depose  che  il  soprascrìplo  libro  del  Beneficio 
di  Christo  fu  composto  da  un  monaco  di  S.  Severino  Man- 
tuono  discepolo  di  Marc'  Antonio  Flaminio,  et  che  in  Rotna 

fa  adprob.Uo  per  santissimo  et  ottimo  libro  dal  Card.  Badia 
cl\e  fu  maestro  di  Sacro  Pala\^o,  come  dal  Card.  Cortese. 

9.  Nel  i562,  Napoli  si  per  la  liberazione  delle  passate 
guerre,  come  anche  perchè  dopo  la  morte  di  Paolo  IV.  gli 
heretici  presero  animo  et  far{e,  stava  mollo  infjito  d'heresie, 
le  quali  furono  per  strano  mej^o  scoverte  et  castigate  in  que- 
sto modo.  Luigi  Campagna  vescovo  di  Montepe'.oso.  Vicario 
del  Card.  Alessandrino  in  Napoli,  haveva  prigione  nel  Santo 
tf//iji0  un  paggio  del  Viceré ,  il  quale  confessò  i  suoi  errori, 

■  Ar  hlvio  delU  Società  romana  di  Storia  palTia.  \s)l  111.  jo 


470  C.  Corpisteri 


et  haveva  letto  un  libro  heretico  havuto  dal  Segretario  del 
Marchese  di  Vico,  il  quale  Segretario  fuggì  via.  Prima  di 
ciò  i  capi  di  Caserta  furono  scoverti  e  presi  in  questo  modo. 
Il  Soto  secretarlo  favoritissimo  del  Vice  Re  bramava  acca'' 
sarsi  colla  figlia  primogenita  del  Barone  Bernando  (già  abjU'_ 
rato  in  Roma  publice  post  torturam  ut  deponit  A...  nel  i564 
agli  II  di  Man^o)    Ma  il  Barone  et  la  figlia  ancorché  sti- 
molati dal  dottor  Pietro  Zerrillo  heretico  et  amico  intimo  del 
barone,  n'erano  allenissi  mi.  DalP  altra  partJ  il  Zer  ilio  gua- 
stava tutti  gli  altri  mairi  monti  acciochè  riuscisse  questo  solo 
del  Soto,  ed  il  Solo  ed  ancìu  il  Viceré  si  sformavano  di  ri- 
durre il  Bernando  con  presenti  ed  offitii  a  Jacovno  di  Ber- 
nando suo  nipote,  cioè  la  pia  j^^  di  continuo  et  il  governo  della 
Cava  y  et  V  istesso   Viceré  sei  fece  compare  per  inclinare  il 
Barone.  Il  Zerillo  ajutava  il  Soto  non  per  altro  che  per  ha- 
vere  per  suo  mei^^o  il  favore  regio ^  et  per  tirare  Soto  alla 
Setta  loro,  et  così  propagar  Pheresie,  et  con  sì  potente  mej^o 
star  sicuri  del  Sant^  Ufficio.  Ma  Dio  che  voleva  gastigarli 
permise  che  per  la  ostinazione  del  Barone   mosso  a   sde- 
gno  il  Soto,  procurò  la  loro  rovina.  Perché  dopo  che  vide 
che  manche  con  le  promesse  facte  di  far  consigliero  e  giu^ 
dice  della   Vicaria  il  Zurrillo  (se  ben  ciò  non  potea  essere 
perche  era  heretico  abjurato  et  privato  d^  ogni  grado)  né 
con  le  m in iccic  fatte  al  Barone  per  mef^o  di  un  notar  Gio- 
vanni di  Monte  Aguto  vassallo  et  servitore  del  Barone  et  an- 
che heretico  s  di  farlo  processare  d"  heresia,  volto  a  sdegno  co- 
minciò da  dovere  a  rovinarli,  perc>iè  a  dì di  Ottobre  fece 

prendere  da  Salinas  avanti  la  Vicaria  G.  F.  A.  amicissimo 
del  Barom .  fatto  venire  in  Napoli  destramente  sotto  specie 
che  Soto  volessj  parlargli  per  me^:;[o  di  Pietro  Ciccarelli  che 
gli  leggeva  la  sfera.  Saputo  ciò  dagli  a.mici  et  complici,  altri 
fuggirono  come  il  Zurilla,  altri  furono  carcerati  et  castigati 
di  mano  in  mano.  Et  in  questo  fatto  il  Santoro  non  volse 
salvare  un  suo  stretto  parente  sospetto,  portandosi  come  do- 
veva per  lo  :{elo  della  fede. 


/ 


Processi  del  S.  Ufficio  di  Roma         471 


IO.  Il  Pistoja  valente  e  cattolico  predicatore  cappuccino  il 
quale  per  divina  providen^a  venne  a  Napoli  a  predicare 
nel  i558,  accusò  nel  i562  il  Fiamma  al  Viceré  di  Napoli 
di  molte  proposizioni  sospette y  et  in  questa  accusa  Ju  accom- 
pagnato dal  Santoro.  Il  Viceré  et  Solo  oprarono  che  fa  tolto 
via  il  Vicario  Gram.^"*  come  troppo  sciocco,  et  in  suo  loco 
venisse  Luigi  Campagna  Vescovo  di  Montepeloso  per  Vica- 
rio, il  qiale  con  Pajuto  et  compagnia  del  Santoro  allhora 

Vicario  di  Caserta^fé*  sgombrare  Pheresie.  De  ut  latius  in 

Processibus. 


■  [ 


:   I 

■•i 


La  storia  di  ^ma 

NELLA  CRONICA  DI  ADAMO  DA  USK 


i  cronica  di  Adamo  da  Uslt  scoperta  pochi  anni 
\  addietro  e  pubblicata  dal  signor  Thompson  (r), 
I  non  solo  é  sorgente  pregevole  di  storia  per  gl'In- 
I  glesi,  ma  contiene  molte  notizie  utilissime  alla 
stòria  di  Roma.Q.ueste  notizie  che  in  parte  confermano  o  spie- 
gano cose  note,  e  in  parte  rivelano  cose  ignote,  ho  stimato 
otile estrarre  dalla  cronica  inglese  e  offrire  riunìtee  volgari  ai 
lettori  nostri,  poiché  in  Italia  finora  passarono  affatto  inos- 
servate. Parmi  che  esse  non  pure  meritino  attenzione  come 
fbnte  storica  originale,  ma  sia  piacevole  ed  istruttivo  leg- 
gerle come  espressione  schietta  del  giudizio  di  uno  straniero 
capitato  a  Roma  nei  primi  anni  del  secolo  XV.  La  cronica 
pobblicata  da  un  testo  unico  e  mutilo,  incomincia  dal- 
l'anno 1377  e  s*Ìnterrompe  al  1405.  Essa  é  una  continua- 
zione del  Polychronicon  di  Ralph  Higden,  e  fu  inratti  sco- 


(0  CAroti/coff  Adae  de  Uik  ediled  wìth  a  translation  and  notes  bj- 
EBWAMtMAUmiKTHOMMON.  London,  John  Murray,  187G,  in  8."itLXHI-i43 
pagg.  La  pubblicazione  venne  fina  a  cura  della  Royai  Society  of  I-i- 
teraiure. 


474  '^'  ^all^ni 


perta  dal  signor  Thompson  negli  ultimi  fogli  di  un  codice 
del  Museo  Britannico  contenente  il  Po/^^c/iromcon,  scritti 
da  mano  diversa  e  piti  recente  (i).  L'editore,  tenendo  conto 
di  alcune  allusioni  storiche  che  trovansi  in  questa  conti- 
nuazione, stima  che^essa  sia  stata  scritta  dopo  il  141S,  ^ 
probabilmente  essa  procedeva  fin  verso  quel  tempo,  Da* 
disgraziatamente  la  mutilazione  del  codice  arresta  d'im- 
provviso il  racconto  dove  più  gioverebbe  averlo  continuato, 
e  lo  tronca  ai  primi  mesi  del  pontificato  d'Innocenzo  set- 
timo. Cosi  le  tragiche  lotte  che  travagliarono  Roma  sotto 
quel  pontefice  perdono  un  raccontatore  che,  giudicando  al 
paragone  di  ciò  che  ha  lasciato,  sarebbe  riuscito  certo  cffi- 

• 

cace.  La  importanza  storica  della  cronica,  per  quanto  n- 
guarda  la  Inghilterra,  fu  brevemente  e  saviamente  dimostrata 
dal  signor  Thompson  nelle  pagine  ch'egli  premise  al  testo, 
e  per  quanto  riguarda  Roma,  essa  apparirà  chiara  da  ciò 
che  si  leggerà  qui  appresso.  Intanto  gioverà  semplicemente 
notare  ciò  che  il  cronista  ci  ha  lasciato  intorno  alla  vita  sua, 
e  il  conoscere  qualche  cosa  di  lui  aiuterà  a  stabilire  quale 
autorità  egli  abbia  e  quanta  fede  egli  meriti. 

Del  cronista  Adamo  non  si  sa  nulla  oltre  quanto  egli 
lasciò  scritto  di  sé  qua  e  là  nel  suo  libro.  Nacque  ad  Cskin 
Monmouthshire  verso  l'anno  i36o,  studiò  ad  Oxford  e  vi  si 
addottorò  in  legge.  Ebbe  incarichi  forensi  alla  corte  dell'ar- 
civescovo di  Canterbury  e  nell'ultimo  Parlamento  tenuto 
l'anno  1397,  da  Riccardo  II  a  Westminster.  Seguitò  col- 
l'arcivescovo  Cantuariense  la  fortuna  di  Enrico  di  Lancastcr 


(i)  Per  queste  notizie  generali  che  reco  qui  intorno  alla  cronica  eal^^ 
vita  di  Adamo  da  Usk,  mi  sono  quasi  esclusivamente  servito  della  prcU- 
zione  scritta  dal  signor  Thompson  la  quale  accoppia  il  merito  della <i>* 
lìgcnza  a  quello  della  brevità.  Se  qualche  lettore  desidererà  maggiori  det- 
tagli potrà  attingerli  nel  testo  sul  quale  ho  inteso  come  mio  scopo  precipuo 
di  richiamar  l'attenzione  con  questa  compilazione.  Colgo  con  lieto  animo 
Toccasione  di  ringraziare  pubblicamente  il  signor  Thompson  per  la  cor- 
diale e  amichevole  accoglienza  che  egli  mi  fece  al  Museo  Britannico,  dove, 
con  tanto  onore  del  famoso  istituto,  egli  è  conservatore  dei  manoscritti. 


l^ma  nella  e  roti,  di  oA.  da  "Vsk        475 


contro  Riccardo,  e  meritò  dal  nuovo  sovrano  favori  e  fidu- 
cia. Ma,  per  quanto  si  può  rilevare  dalie  oscure  sue  frasi, 
Adamo  da  Usk  aveva  nemici  che  gli  facevano  guerra  presso 
Enrico  quarto,  onde  nei  primi  anni  del  regno  dovette  chieder 
licenza  e  partire  in  onorato  esilio  alla  volta  di  Ro^na.  Quivi, 
quindici  giorni  dopo  il  suo  arrivo,  il  cardinale  Baldassarre 
Cossa  lo  presentò  con  lodi  al  pontefice  Bonifacio  IX,  il  quale 
commesso  al  cardinale  di  Bologna,  che  fu  poi  Innocenzo  VII, 
d'esaminarne  la  scienza,  Adamo  «  infra  qiiindenam  in  pape 
«  capelianunif  palaciique  apostolici  auditor em,  itrbìsque  et 
«  orbis  iudicem,  cum  huiusmodi  prerogative  insiniis^  capa 
«  sciiicet,  rochetto  et  capello  ^  per  ipsiim  papam  insignituSy 
«  ipsius  et  rote  consiliis  extitit  sublimatus  (1). 

L'uflScio  ottenuto  dava  al  cronista  Adamo  aperto  l'adito 
nella  Curia,  e  il  mezzo  di  vedere  e  udir  cose  degne  di  me- 
moria, ed  egli  tornato  in  patria,  con  pessimo  latino  e  stile 
disordinalo,  le  venne  notando  secondo  la  impressione  che 
n'avea  ricevuta  vivace  sem^>re  ed  ingenua.  Già  nel  suo 
viaggio  da  Colonia  infino  a  Pisa,  aveva  veduta  quella  ter- 
ribile cometa  che  precedette  la  morte  di  Galeazzo  Visconti 
e  parve  ai  contemporanei  che  l'annunziasse  (2).  Dopo  avere 
accennato  alla  morte  del  Visconti ,  all'ambasceria  inviata  dal 
Duca  di  Baviera  affin  d'ottenere  la  bolla  di  conlerma  per 
l'Impero  (3),  alla  rivolta  di  Bologna  e  Perugia  sedate  dal 
Cossa,  e  alle  ire  partigiane  che  divamparono  in  Toscana 
e  in  Lombardia,  il  cronista  entra  a  parlare  delle  cose  di 
Roma  mescolandole  alla  narrazione  di  fatti  inglesi.  Le  prime 
parole  sono  severe,  e  mostrano  subito  che  il  cronista  si  sentì 
preso  da  un  disinganno  disgustoso  quando  s'avvide  che  gli 
uomini  da  lontano  stimati  grandi  e  buoni,  riuscivano  a  ve- 
derli dappresso  troppo  inferiori  al  suo  concetto...  «  A  Ro- 


(i)  Chronicon  Adae  de  Usk,  pag.  73. 

(2)  Muratori,  Annali,  A.  1400. 

(3)  La  bolla  è  riferita  per  disteso  nella  cronica  con  qualche  van'Jìnte 
dal  testo  pubblicato  dal  Raynaldo  negli  Annali. 


476 


V.  'Balcani 


ma,  *  egli  esclama  amarainenic  a  dove  allora  ogni  affare 
procedeva  per  mercato  venale,   tania  che  i   beneiizii  noa 
erano  conferiii  secondo  il  mefiio  ma  secondo  il  presto  nrag- 
gìore.  Onde  i  danarosi  e  cupidi  di  vana  gloria  per  otientr 
promozioni  tenevano  i  lor  danari  al  banco  dei  mercanti- 
Per  la  ijual  cosa  come  nel  vecchio  testamento  corrompendo»* 
per  venalità  il  sacerdozio  cessarono  i  tre  miracoli,..,,  e»*? 
avverrà  nel  testamento  nuovo.  E  ciò,  parmi,  batte  piti  foi*^ 
ogni  giorno  alle  porte  della  Cliiesa.  >  Invettiva  liera  e  noi 
nuova  in  bocca  a  un  inglese,  che  ricorda  al  pensiero  ì  piCi^ 
antichi  sarcasmi  di   Matteo  Paris  e  quei   piti   moderni  dui 
prossimi  riformatori  (i). 

Di  Roma  Adamo  non  la  propria  descrizione,  ma  si  con- 
tenta di  nominar  qualche  chiesa  e  qualche  reliquia  ben  nota 
e  di  affermare  la  moltitudine  delle  chiese  romane  cìl 
quel  verso: 


«  Sunt  Rome  mille  sexcente  quirtgue  capellc  • 

Altri  pensieri  incombevano:  i  tempi  si  facevan  grossi  e 
gli  avvenimenti  incalzandosi  non  potevano  passare  sema 
noia  del  cronista  inglese  che  vide  dappresso  la  morte  dt  Bo- 
nifacio IX,  e  la  elezione  del  suo  successore.  E  qui  comincia 
la  parte  importarne  per  noi  della  cronica,  che  a  questo  punto 
prende  autorità  di  fonie  per  la  storia  romana.  La  narrazione 
dell'ambasceria  venula  a  Roma  in  nome  deiraniipapa  Be- 
nedetto, e  quel  colloquio  che  parve  esser  cagione  della  morie 


[i]  u  Invaluii  cnim  per  hanc  occasìonem  simoniaca  praviias  tempore 
o  tuo,  et  plenariai:  indulgenliae  ad  quacslum  omnibus  fere  po«ni 
u  libua  dabaniur,  ita  ut  eorum  numerosilate  vikacerel  ctavium  audori- 
u  tas,  opusque  fuerii  ut  Bonifeiriua  usmei  illas  revMirei:  quibus  revocali* 
u  ìierum  eas  concedere  aggressus  est.  n  Vita  Boni/adì  IX.  ap.  Mubatou 
R.  I.  SS.  I.  HI.  p.  II.  col.  832.  Teoderico.da  Niem  è  conco 
ratori  negli  Annali  (an.  1404)  osserva:  a  11  bisognoili  far  fronte  all' An- 
u  lipapa.,..  e  di  ricuperar  te  terre  della  Cbìesa,  t'obbligò  a  cercare  deouci, 


Roma  nella  crotL  di  cA.  da  "Vsk        477 

di  Bonifacio,  riceve  evidenza  drammatica  presso  il  cronista 
Adamo  che  ha  forse  colorito  questo  episodio  piti  vivamente 
degli  altri  scrittori  contemporanei.  «  Nella  festa  di  S.  Mi- 
chele per  parte  dei  Re  di  Francia,  di  Castiglia,  d'Aragona, 
e  d'altri  Principi  obbedienti  a  colui  che  presiedeva  in  Avi- 
gnone, venne  per  la  union  della  Chiesa  una  solenne  am- 
basciata a  Bonifazio  che  accordò  ad  essa  pubblica  udienza. 
Al  quale  l'arcivescovo  di   Saint   Pons  in   Francia,   senza 
punto  riconoscerlo  come  Papa  parlò  in  tal  guisa:   Temuto 
signore  y  se  non  delia  vostra  prendavi  almeno  pietà  delP  anime 
altrui.  Il  signor  mio  si  offre  pronto  a  tentare  ogni  via  d^  unione 
jpur fino  alla  morte.  —  Onde  il  signore  Bonifacio  così  proruppe 
«  //  tuo  signore  èfalsOy  scismatico  e  F  anticristo  in  persona.  »  — 
«  Salva  la  tua  reverenda,  o  padre,  non  è  così.  Il  Signor  mio 
«  è  santOy  giusto,  vero,  cattolico ,  e  risiede  sulla  vera  cattedra 
«  di  S,  Pietro,  »  E  poi  con  impeto  lo  stesso  Arcivescovo  prof- 
ferì quest'altre  parole:  «  E  non  è  simoniaco!  »  Onde  Bo- 
nifazio per  quelle  parole  sbalordito  forte,  tornato  alle  sue 
stanze,  entro  due  giorni  fu  strappato  alla  vita  umana  (i).  Di 
che  la  notte  medesima  io  ebbi  due  visioni.  Nella  prima  io 
vidi  il  beato  Pietro  vestito  solennemente  come  pontefice, 
sedere  fuor  della  sua  porta  e  gettare  a  terra  un  altro  papa 
che  in  figura  triste  e  squallida  sedevagli  accanto.  Nella  se- 
conda m'apparve  inseguita  da  cani  una  volpe  che  si  reg- 
geva a  galla  tenendo  in  bocca  per  sostentarsi  il  ramo  d' un 


(i)  «  ...  Tunc  ipsi  nuntii  dedignati,  in  eius  pracsentia  dìxerunt  quod 
«  dominus  eorum  non  csset  simoniacus,  notantes  Bonifacium  esse  talem: 
«  unde  Bonifndus  valde  commotus  iussit  eos  urbem  exire:  qui  respon- 
«  derunty  quod  salvumcumductum  haberent  ab  ipso  et  Romano  populo, 
V  adhuc  alìquantulum  illic  manendi  et  inde  recedendi,  quod  illud  gaudere 
«  vellent.  Unde  ipse  Pontifex  ira  im moderati us  incalescens,  espungente 
«  ipsum  morbo  calculi,  lectum  aegritudinis  subito  intravit,  in  quo  tenia 
a  die  sequenti,  festo  S.  Remigii  mane  decessi t,  dìctis  nuntiis  adhuc  exi- 
«  stentibus  in  Urbe.  »  Theod.  a  Niem,  De  Schismate  li,  23.  Cf.  anche 
Ratnald.  ad  an.  1404,  e  alla  stessa  data  gli  Annali  del  Muratori. 


1 

J 

d 


478  V.  "Baliani 


salice  crescente  in  sull'acqua,  entro  la  quale  essa  volpe  si 
nascondeva  fino  alle  narici.  E  scoperta  ivi  dai  cani,  fasdò 
Tacqua,  e  per  ultimo  rifugio  entrata  in  una  fossa  ivi  per 
sempre  disparve.  Di  che  intesi  come  la  volpe  ancorché  sia 
sempre  rapace  pur  sempre  rimanga  magra,  e  cosi  qu^li 
pieno  di  simonia  mai  fino  alla  sepoltura  non  fu  saziato.  » 

Alla  morte  di  Bonifacio,  rilassato  il  freno  ch'egli  reggeva 
con  mano  ferrea,  seguì  l'anarchia.  Gli  ambasciatori  di  Be^ 
nedetto  Xlllche  prima  giovandosi  del  salvocondotto  s'erano 
rifiutati  di  lasciar  Roma,  presi  ora  da  sgomento,  non  s'af- 
fidarono di  accettar  l'invito  dei  cardinali  e  ritirarsi  con  lora 
nella  città  Leonina.   Vollero  piuttosto  tentar  la  fuga  e  k 
peggio.  Andrea  Tomacelli  castellano  di  S.  Angelo  poscia 
mano  sovr'essi  e  li  trascinò  prigionieri  in  Castello.  Ogoi 
tentativo  dei  cardinali  per  liberarli  fu  vano  e  dovettero  ri- 
scattarsi con  cento  mila  ducati  (i).  Il  violento  ladroneccio  è 
indicato  dal  cronista  in  brevi  parole  colle  quali  s'avvia  a 
notare  alquanto  slegatamente  le  cose  avvenute  in  quei  giorni 
e  la  elezione  d'Innocenzo  VII. 

«  Per  la  morte  del  signor  Papa  cessa  il  salvocondotto 
degli  Ambasciadori,  onde  dal  capitano  di  Castel  Sant'An- 
gelo ivi  son  tratti  prigionieri. 

«  Per  la  elezione  del  nuovo  pontefice  i  cardinali  romani 
entrano  nei  conclave  affidato  alla  custodia  del  re  Ji  Napoli 
e  de'  suoi  seimila  soldati. 

a  Insorgono  i  Romani  pestiferi  in  due  parti  di  Guelli  e 
di  Ghibellini,  infestandosi  mutuamente  con  istragi,  ruberie 
ed  uccisioni,  instando  ciascuno  per  ottener  la  elezione  della 
parte  sua,  ma  pure  senza  potere  per  la  predetta  custodia 
giungere  al  palazzo  di  San  Pietro  e  al  Conclave.  Onde  la 
parzialità  loro  i"u  cagione  che  Tosse  eletto  tale  che  era  fuori 
dei  due  partiti  cioè  Innocenzo  VII  oriundo  di  Sulmona.  Del 


(i)  Rei:mont,  Geschtchte  der  Stadi  Rnm ,  Voi.  n,pag.  i  i  e  i.  Ivi  Io 
storico  di  Roma  definisce  giusiamcntc  il  marrano  aito  del  Tomacelli  colle 
parole:  a  Es  war  cin  gcmeincr  Raubanschlag.  » 


liptna  nella  cron.  di  oA.  da  Vsfc        479 


Sedetur  hk  in  trono  et  osculantur  pedes, 
Regis  et  Caesaris  non  curantur  aedes, 
Christus  dedìt  veniam  nulla  data  mammona, 
Hic  non  inlrat  aliquis  nisifacta  annona. 


^e  pubblicala  la  elezione,  ì  Romani   tutta  gì' invadono 
,  secondo  l'usauza  loro  rapace,  anzi  a  parlar  più 
Wramente  mordace  per  corrutiela,  tutta  la  spogliano  niente 
altro  Usciaiido  luoi-ché  le  sbarre  delle  linestre.  » 

Q.UÌ  Adamo  interrompe  il  racconto  per  descrivere  nella 
sua  cronica  il  luogo  del  conclave  e  le  usanze  di  esso,  ma 
non  re^a  nulla  di  nuovo  nella  descrizione.  Dopo  la  quale, 
per  un  di  quei  passaggi  rapidi  che  son  familiari  al  suo  stile 
intricato  e  conl'uso,  egli  torna  al  suo  dire  con  una  delle  con- 
SOCle  esclamazioni: 

«  O  Dio!  Dov'ò  trapassata  la  gloria  di  Cesare,  d'Au- 
gusto, di  Salomone  e  d'Alessandro  e  dove  passerà  ancor 
«tocsta;- 

^^^    «  Cristo  fu  umile  e  il  suo  vicario  mitissimo.  Ma  qui  Pla- 
tone mi  comanda  di  tacere! 

<  Dopo  che  fu  pubblicata  la  elezione,  il  papa  morto  fu 
recato  in  San  Pietro  per  le  esequie  che  durarono  nove  giorni, 
a  Dal  nuovo  Papa  si  fece  una  concordia  che  fu  sozza 
perché  fu  tosto  tradita  (1).  Per  la  quale  il  papa  ritenutasi 
il  dominio  di  Borgo  San  Pietro  e  di  Castel  Sant'Angelo, 
il  censo  annuo  di  seimila  fiorini  e  la  nomina  del  Senatore 
col  patto  ch'egli  sia  nato  oltre  cento  miglia  lontano  da  Roma, 

1X0  il  resto  cedeva  al  reggimento  e  al  piacer  dei  romani. 
■  il  predetto  Re  (Ladislao)  ottenuto  dal  Papa  la  Cam- 
Dia  e  la  Marittima  per  un  censo  annuo  di  cinque  anni, 
ritrasse  da  Roma  coli' esercito  suo. 

(I)  Allude  alle  concessioni  colle  quali  Innocenzo  VII  reitilui  al  Co- 
mune à'y  Roma  le  libertà  che  Bonifacio  gli  aveva  tolte.  La  concordia  fu 
perami^nii;  spe/zaia  indi  a  poco  quando  Ludovico  Miglìordli  sì  macchiò 
elUralaiDeiite  nel  sangue  di  undici  ciuadini  romani. 


480  V.  "Balcani 

a  La  festa  di  S.  Martino,  il  nuovo  Papa  per  la  soioh 
nità  della  sua  incoronazione  scende  dai  palazzo  nella  chiesi     W 
di  S.  Pietro,  e,  all'altare  di  San  Gregorio,  recategli  leverti 
dagli  auditori,  vestesi  per  la  messa.  E  nella  cappella  di  Sn 
Gregorio,  in  sull'uscita,  un  chierico  recando  in  mano  QO& 
lunga  canna  coperta  di  stoppa  alla  sommità,  accesa  la  stofi|^ 
ad  una  candela,  esclama  in  questa  voce:  e  Paier  samctt^f'^ 
transit  gloria  mundi  »  e  reiterando  nel  mezzo  così  due  volte 
a  voce  pili  alta:  <  Pater  sancie,  pater  sancte  »  e  uniteci* 
volta,  all'ingresso  dell'altare  di  San  Pietro,  così  con  tri^** 
esclamazione  a  voce  altissima:  Pater  sancte y  pater  saict^ '^ 
pater  sancte j  e  subito  ciascuna  volta  viene  estinta  la  stopf^' 
A  quel  modo  nella  incoronazione  dell'Imperatore,  al  som  »^^ 
della  sua  gloria  solevano  i  marmorarii  offrirgli  pietre  d'o^^ 
qualità  e  colore  lavorate  con  ogni  maniera  d'artifizio  g^^ 
dando  a  lui  :  «  Principe  eccellentissimo  di  qual  pietra  m^^^ 
tu  che  ti  sia  fatta  la  tomba?  »  —  Il  nuovo  Papa  finiu  ^^ 
messa  ascende  un*  alto  palco  per  ciò  eretto,  e  dal  Gardint^ 
Ostiense  decano  del  Collegio  (i)  viene  incoronato  solennr'^ 
mente  con  triplice  corona  d'oro.  La  prima  corona  significa 
la  potestà  nelle  cose  temporali,  la  seconda  la  paternità  nelle 
spirituali,  e  la  terza  la  magnificenza  nelle  celesti.  Appresso 
nello  stesso  bianco  apparato,  e  son  bianchi  ancor  Casi  quelli 
di  tutti  i  prelati,   di  h\  cavalcano  per  Roma  infino  a  San 
Giovanni  Laterano  che  è  propria  sede  cattedrale  del  Papa. 
Dechinando  obliquamente  per  detestazione  di  Papa  Agnese, 
di  cui  sulla  via  diritta  presso  S.  Clemente  trovasi  l'imma- 
gine marmorea  e  quella  del  figliuol  suo,  all'arrivo  il  Papa 
scende  di  cavallo  per  essere  intronizato  ed  entra  nella  chiesa. 
Quivi  siede  nella  cattedra  porfirea  forata  in  basso,  affinché 
il  cardinale  più  giovane  s'accerti  della  virilità,  e  quindi  can- 
tandosi il  Te  Deum  vien  condotto  all'altare. 


(1)  u  Angelus  Acciaiolus  Klorcntinus sub  Bonifacio  IX Epi- 

«  scopus  Cardinalis  Ostiensìs  ac  Velitcrnensis....  cfTectus  est.  Pisis  de 
a  cessit  1409.  »  Ughelli,  Italia  Sacra,  I.  74. 


t  Jd  sulla  via  t  Giudei  gli  recarono  la  legge  loro  cioè 
tìco  testamento,  chiedendtigli  di  confermarla.  E  poiché 
essa  noi  venimmo  alla  cognizione  del  Figliuol  di  Dio 
t  l*ede  nostra ,  il  papii  la  prese  dolcemente  nelle  sue  mani 
rsl  rispose;  «  La  legge  vostra  è  buona  ma  voi  non  la 
'atteruUte,  perchè  passò  r amico  e  tutto  s'è  rinnovato.  >  Ma 
perchè  induriti  nell'errore  essi  non  la  intendono,  egli  quasi 
obbrobriosamente,  senza  infirmarla  né  confermarla,  la  ri- 
diede a  loro  dietro  dalla  spalla  sinistra. 

*■  Anche  cavalcavano  coi  Papa  non  solo  i  curiali  suoi  ed 
ii  clero,  ma  e  le  tredici  regioni  della  città  precedute  dai  loro 
capicanei  e  dai  vessilli.  Nel  transito,  a  cansar  l'affoltarsì  del 
popolo,  tre  volte  fnron  gettate  monete  al  volgo,  pel  racco- 
gliere delle  quali  il  passaggio  si  faceva  piti  facile. 

•>  Bene  io  godo  d'essere  intervenuto  ministro  in  tanta 
solennità  come  anche  intervenni  alla  incoronazione  di  En- 
rico   quarto  ed  alla  confermazione  dell'Impero!  » 

Go6l  eeclaniando  concludeva  il  buono  Adamo  questo  rai:- 
conto  delia  injoronazione  d'Innocenzo,  assicurandoci  molto 
opponunamenie  colla  sua  esclamazione,  eh'  egli  fu  testimonio 
M  vista  in  una  cerimonia  da  lui  solo  con   minuta  descri- 
zione tramandala  alla   memoria  nostra  (t).  Ma  la  consola- 

Pl'fO  t.«  toraaai\one  d'Innocenzo  coii  è  narrata  da  Teougrico  da  Nieu  : 
fcnaccnlius  cum  magni  Uetìlia  et  frequeniia  Romani  populi  atque  cu- 

■  rJ4lluiD>  «uae  coronationjs  ante  ip«ani  basilicam  principis  ApoElolorum 

■  ncep\t  insrgnia,  el  ad  Ecclesiam  Laiernncnscm  eadcm  die,  in  morii  est 
<  taeàcni,  nec  moram  ibi  Caciens,  ìpsa  die  redii  ad  palaiium  suum  apud 
•  pncFatam  basriicam  coniislens.  »  De  Schismale  II,  ìÌ.  »  E  il  DIarium 
Romanum  Abtonh  Pbtri  riferisce...  u  Die   munis  XI  supradicti  mensis 

■  (Novcmlvis)  hora  consueta  fuil  incoroiitlus  Dominus  Innocentìus  P«pa 
a  S«piiinui  in  capite  scilaruni  Sancii  Peiri,  ut  moris  est,  et  post  coro- 
s  oauonum  cquiiavii  ad  Sanciuin  Johannem  in  Laierano,  et  cum  eo  equi- 

■  tarerunt  multi  Barones  de  Domo  Ursinorum  et  de  Domo  Columnae, 
•  ac  eltam  Dominus  Comes  Troiae,  ci  lolkis  Populus  Romanus  cquester 

■  CI  pcduter  cum  eo:  et  Domini  Romani  in  via  feccrunt  sibi  maximum 
a  honorem;  et  rerenuì  fu'l  dictus  Poniifcxad  Palaiium  auum  Sancii  Petrì 
,  poii  horam  Vespcrorum.  "  Mt.-K.Tom  R.  1.  SS.  XXIV.  973.  Vedasi  in- 

%  Co»Tsu>8juE,  Ekitchus  S.  R.  E.  CardhitiUiim,  Romae,  1641.  p.  i3i. 


482  T;.  rBaliani 

^ione  provata  per  la  celebrazione  delle  feste  gli  svampò  molto 
presto.  Lo  spettacolo  della  Curia  vendereccia  nauseava  Poacsto 
auditore  ed  ispirava  la  sua  rozza  rettorica.  e  O  Dio,  rico- 
mincia egli,  quanto  è  da  dolere  su  Roma  che  fu  piena  ha 
tempo  di  principi  e  dei  loro  palagi,  e  ora  invece  sonovi  tu- 
guri, e  ladri,  e  lupi,  e  vermi,  e  luoghi  deserti,  ed  incbc 
dagli  slessi  Romani  che  si  lacerano  a  vicenda  ella  è  dolo* 
rosamente  desolata.  Da  Enea  dopo  la  guerra  troiana,  co«oc 
la  mia  nazione  sua  pronipote,  o  Roma  traesti  l'origine,  ot*^* 
la  ragione  del  dolersi  è  scambievole.  E  per  fermo  antica' 
mente  l'impero  colla  spada  e  poi  il  suo  sacerdozio  col  c*^' 
tiloquio  hanno  roso  il  mondo.  E  da  ciò  vengono  que'?^ 

a  Romanus  roditi  quos  rodere  non  valet  odit, 
«  Dantes  exaudit,  non  dantibus  hostia  claudit.  • 


a  Di  che  un  tedesco  piatendo  innanzi  a  me  per  un 
nefìcio  venduto  dalia  Camera  Papale  coli' anticipar  di 
data,  esclamò: 

a  Roma  dolenda,  dole,  quia  laus  perii  et  decus  in  te, 

«  Nani  vendere  de/endis,  tu  tamen  omnia  vendis, 
a  Sic  quoque  transibis,  quia  heu!  vendendo  peribis.  » 

Nò  mancavano  ragioni  personali  di  lamento  al  cronista 
a  cui  la  mancanza  di  danaro  par  che  vietasse  di  salire  alla 
dignità  episcop:ile.  Proposto  per  la  sede  inglese  di  S.  David, 
non  la  potè   ottenere   sebbene   inchinasse   a    suo  favore  il 
papa  desideroso  di  trasferire  il  vescovo  Menevense  alla  sede 
di  Londra  (i).  Divulgatasi  la  proposta,  i  nemici  che  Adamo 
aveva  in  Inghilterra  intrigarono  contro  di  lui  instando  presso 
i  cardinali  beneficiati  nel  regno  britannico,  e  minacciando 


(2)  a  Vacante  ecclesia  Londoniensi,  collegium  auditorum  unanimiter 
u  ad  papam  ascendit,  rogando  quaiinus  dominum  Guidoncm  Mone,  epi- 
a  scopum  Menevenbem,  ad  ipsam  transferret,  et  de  Menevcnsi  ecclesia 
a  istorum  compilatori  provideret.  Quod  et  sibi  summe  placuit,  ita  di- 
a  cendo:  Regracior  vobis  permaxime  quod  ipsum  ita  recommissum  ha- 


^ifnna  nelta  cron.  éi  <t4.  da  Vsk       483 

i  la  perdita  del  favore  regio  e  dei  benefici.  Né  bastò,  che 
«r  essere  più  sicuri  si  volsero  ai  banchieri  vieiando  loro  di 
pcair  moneta  al  cronista  solfo  pena  di  far  bandire  dall'In- 
terré i  laro  corriiiiondenii.  a  Et  certe  hic  fuii  summum 
\eiiimpedimentum.  et  itafruslratum.  '  Così  almeno  rac- 

11  cronista  la  storia  saa, 

■opo  la  quale  ripigliando  il  racconto  delle  cose  vedute 

gùe:  «  Nel  Natale  del  Signore,  come  nelle  altre  feste, 

^esente  ìnsicm  cogli  altri  coadiutori  e  ufficiali  alia  messa 

^apa  e  ai  conviti.   E  alla  prima   messa  f.i  collocata  al 

>  destro  dell'altare  una  spada  ornata  d'oro  avente  sulta 
L  un  cappello  con  due  labelli  a  guisa  di  mitra,  per  questo 

>  che  se  l'osse  Slato  presente  l'Imperatore,  snudata  quella 
avrebbe,  essendo  e^li  unto,  siccome  diacono  letto  il 

gelo:  s  Exiit  edictiim  a  Caesare,"  ricevendo  poi  dal 
Ipa  la  spada.  Ma  per  L'assenza  dell'Imperatore,  un  car- 
icate diacono  lesse  il  vangelo,  e  il  Papa  diede  la  spada  al 
mte  di  Malepella  come  al  pih  nobile  tra  i  predienti  (i).  Nella 
sima  messa  due  volte  si  leggono  il  vangelo  e  l'epistola, 
jBtino  da  due  Latini  e  in  greco  da  due  Greci  per  sod- 
Irli  poiché  essi  affermano  di  essere  espulsi  dalla  Chiesa. 
t  lì  Papa  creò  Priore  dello  Spedale  di  San  Giovanni  un 
iìle  cavaliere  romano,(i)  e  il  suo  maresciallo  gli  cinse  la 


li  et  H0>  gaudemus  de  tanta  oportum'tale  qua  siti  polerinius  de  me- 
ri leelenia  patrie  sue  provìdere,  quia  soleir^iiìs  ecclesia  est  et  bene 
'U  tltttum  et  d  ctum  Guidonem  Mone,  tempore  qua  fuimus  (olleclor 
^AHgUa,  «ovimus.  i  Chr.  Ad  de  Usk  p.  Sg,  Guy  de  Mohun  resse  U 
1[£  5.  David  dal  lìn?  6no  al  1407.  Nun  pare  che  il  favore  d'inno- 
B  gli  giovane  poiché  non  fu  mai  trasferita  ad  altra  sede.  Stubbe,  Re- 

•um  AngUcanutn,  pag.  176. 

Bj  Non  l)o  potuto  trovar  mcnjtione  di  questo  conte  di  Malepella.  Solo 

ma  Intoroo  a  quel  tempo  un  Orsini  conte  di  Manopeìlo,  ma  Ea  somi- 

ome  non  mi  par  che  basti  ad  una  fotidaia  Ipotesi.  Già  prima 

àe,  erano  riuscite  vane  le  ricerche  erudite  del  signor  Thompson. 

■  Papa  Inoocenio  settimo elesse  in  luogo  suo,  Luogotenente 

tirile  del  Magislerio,  il  Prior  di  Venetia  Fra  Nicolao  Orsino,  nofai- 
10  Baron  Romano.  iBosio,  Istoria  della  Sacra  Reì'giane  di  S.  Gio- 


484 


V.  "BaJ^atii 


spada,  ma  il  Papa  snudata  la  spada  Io  percosse  in  fr 
sol  colla  mano  dicendo:  «  Sostieni  questo  cotpo  per  la  rf 
pubblica  e  ta/ede  cristiana.  ■>  Il  nuovo  cavaliere  bacìa  gli  altri 
cavalieri  clic  gli  stanno  intorno  e  per  mano  del  papa  ri^'cste 
la  lunicu  della  religioae,  e  un  altro  cavaliere  per  ordine  d< 
papa  pone  a'  suoi  calcagni  gli  sproni  d'oro.  » 

Al  racconto  di  questa  cerimonia  lien  dietro  il  segiieai 
ricordo  di  due  monaci  Etiopi  venuti  a  Roma,  dei  quali  non 
mi  è  riuscito  trovare  altra  menzione  presso  gii  scrittori  con- 
temporanei. Mi  par  quasi  eerto  che  la  costoro  venuta  sìa  da 
riferirsi  all'anno  1405  come  la  creazione  del  Priore  di  San 
Giovanni  e  gl'intrighi  mossi  contro  il  cronista  per  vietargli 
la  sede  episcopale  di  San  David,  ma  stabilire  la  data  precisa 
non  t  ficile.  Sembrami  che  Adamo  da  Usk  non  segtii&sc 
sempre  l'ordine  cronologico  nelle  cose  che  lasciò  scritte,  ma  le 
registrasse  taluna  volta  come  gli  ritornavano  nella  memoria. 

■  Due  religiosi  dell'India,  negrissimì,  barbuti,  salutano 
il  Papa  e  in  segno  delia  fede  cristiana  mostrano  le  croci  che 
portano  sul  petto,  e  all'orecchio  destro  il  battesimo  loro  ot 
tenuto  non  per  mezzo  d'acqua  ma  per  fuoco.  Essi  dissero 
«  Dal  tempo  che  uscì  la  voce  degli  apostoli  dì  Cristo  per  tutta 
la  terra,  e  specialmente  dal  tempo  detr apostolo  San  Tom- 
maso, avvegnaché  molli  deviassero  dalla  fede,  noi  mai  non 
deviammo  e  slam  veri  cristiani.  »  Ed  ebbero  grata  udienza  (3). 

vanni  Giemoliatilano,  Roma,  faccioni,  1619,  11,  167.  freJcccMore  del- 
rOrimi  fu  Bartolomeo  Carafla  il  quale  ai  (empì  di  BoniFacio  IX  era  siale 
Senatore  di  Roma,  e  mori  nell'aprile  1405. 

(4)  II  signor  Thompson  crede  che  qoesii  duo  religiosi  de  India  iiiger- 
fimi  barbati,  sieno  Etiopi.  Egli  appoggia  la  sua  probabile  ipotesi  all'iti- 
toriià  del  Colonnello  Yule  il  quale  nel  suo  insigne  lavoro  sul  libra  di 


Inarco  Polo   ha 

na  eruditi^ima  noia  imo 

no  a  questo  passa  del  gran 

ano:  e.  Abbasic  (l'AbisBÌn 

a  1  est  une  grant  province ,  ei 

aachieì  qu'clle 

est  la  moicnne  Inde;  et  us 

la  terre  ferine. Si  yasixroys 

et  t\x  royaumc 

s  moult  granK,  desqucis  sìx 

roys  soni,  lei  trois  creHienk, 

el  les  troia  sar 

aiins;  el  le  greigneur  dea 

&ix,  si  est  cre&iien  ;  car  ioub 

les  autre»  soni 

soubmis  i  lui.  Fa  les  ere 

liens  si  ont  trois  sipnes  eniui 

le  vis:  l'un  du 

front  lusi^u's  enmi  te  ncz 

.  et  les  auires  deux  es  Joe». 
soni  bapiisici  en  l'eaue  si  se 

Et  les  font  d'u 

n  biptesme;  car  puis  qu'ì 

ì 


7(pma  nella  cron.  di  (tA.  da  Vsk        485 


Il  mesto  desiderio  della  patria  lontana  movendo  ad  uno 
strano  paragone  il  pensiero  del  cronista,  gì' ispira  un  passo 
che  dipinge  curiosamente  lo  stato  della  città  di  Roma  a  quei 
tempi.  «  Presso  il  palazzo  dell'ospizio  di  San  Pietro,  spesso, 
sorgendo  io  di  notte  a  questo  effetto,  osservai  l'usanza  dei 
lupi  e  dei  cani.  Imperocché  penetrando  i  lupi  infra  i  cani 
per  guardia  delle  case  latranti  in  sulle  porte  de'  lor  signori, 
di  mezzo  ai  più  grossi  strascinavan  via  in  preda  i  cani  mi- 
nori. E  sebbene  quei  ch'eran  così  strascinati  urlassero  più 
forte  sperando  aiuto  da'  maggiori,  questi  tuttavia,  pure  la- 
trando per  ciò  più  alto,  non  si  movevano  per  nessun  modo 
dai  luoghi  loro.  E  così  io  pensai  che  una  simile  lega  esiste 
tra  i  forti  nella  patria  e  gli  esuli  della  selva.  » 

Le  seguenti  notizie  sembrano  di  qualche  pregio  alla  storia 
del  nostro  carnevale  e  delle  usanze  romane.  «  1  Romani  verso 
la  Domenica  di  quinquagesima  convengono  ad  agone  coi  lor 
capi  di  regione  ordinati  come  falange  fallerata.  E  secondo  quel 
detto  del  beato  Paolo  «  Omnes  quidam  currunt  etc.  (i)  com- 
battono fortemente  pel  premio.  Tre  grandi  anelli  d'argento 
collocano  legati  ad  un'alta  corda,  e  corrono  a  cavallo  per 
infilar  negli  anelli  le  lancie  e  con  ciò  guadagnarseli.  A 
questo  giuoco  intervengono  il  Senatore  della  città,  con  due 
Conservatori  e  sette  suoi  reggenti,  in  grande  apparato  e  pre- 
ceduti dal  ceppo  e  dalla  scure  per  la  decapitazione  dei  sedi- 


«  font  les  trois  signaus,  et  ce  est  par  gentillesse  et  pour  accomplìr  leur 
a  baptesme.  Et  si  y  a  aussi  juifs  et  ont  deux  s'gnaus  cn  chascune  joe; 
a  et  les  sarrasìns  en  ont  seulement  un  ou  front,  jusqucs  à  demi  le  nez.  » 
Ho  citato  questo  passo  secondo  l'edizione  parigina  del  Pauthier.  Cf.  H. 
YuLE.  The  hook  of  Ser  Marco  Polo  the  Venctian  newly  translated  and 
edited  with  notes,  London  1871,  II.  365.  Di  questo  libro  esiste  una  se- 
conda edizione  che  non  ho  potuto  consultare  perché  manca  alle  Biblio- 
teche romane.  Cf.  anche  Le  Livre  de  Marco  Polo,  Ed.  Pauthier,  Paris, 
Didot,  i865.  II.  694. 

(i)  a  Nescitis  quod  ii,  qui  in  stadio  currunt,  omnes  quidem  currunt, 
a  sed  unus  accipit  bravium?  Sic  curriie  ut  comprehendatis.  »  Ad  Corinth. 
I.  IX.  24. 

Archìvio  della  Società  romana  di  Storia  patria.  Voi.  III.  31 


■486 


1).  'Balcani 


ziosi.  A  qucito  stesso  giuoco,  crapula  di  taverna  e  fesu  di 
miseria,  eoa  indomita  lussuria  siccome  ì  figli  di  Belial  e  di 
Belfagor  accorrono  besttalmeaie  i  Romani. 

■  Appresso  a  ciò,  ìx  scessa  domenica,  a  spese  de*  Giodeì, 
sulla  sommità  del  monte  chiamata  di  tutta  la  terra  perclif 
si  compone  della  terra  di  tutto  il  mondo  ivi  recaia  in  segng 
dell'universale  dominio  (1).  si  aggiungono  otto  tori  indotnìti 
a  quanro  carri  ricoperti  di  scarlatto  contenenti  otto  cin- 
ghiali vivi,  e  giti  per  la  discesa  del  monte  sconquassati  i  carri 
e  libere  le  bestie,  tutto  ricade  in  preda  de'  Romani.  Allora 
ciascuno  a  sciolto  Ìmpeto  assale  coll'arma  sua  quelle  bestie, 
imperocché  se  taluno  non  arreca  nulla  di  quella  preda  alla 
moglie,  siccome  meschino  e  dappoco  non  giace  con  lei  la 
festa  di  San  Panciasio.  E  spesso  in  cai  latto  scorrimeilio 
arrecano  morti  e  ferite,  massime  alle  cortigiane  odiose  a 
loro  per  cagion  delle  mogli  e  delle  figliuule. 

«  Appresso  tre  pallii  son  collocati  al  sommo  d'una  lancia, 
il  primo  aureo  pei  migliori  cavalli,  il  secondo  argentea  pei 
secondi,  il  terzo  serico  per  le  cavalle  che  corrono  più  ve 
loci,  e  se  taluno  cosi  a  cavallo  primo  li  tocchi,  quegli  se 
li  riporta  in  premio.  E  analmente  da  quell'intierir  sulle  be- 
stie alcuni  con  pochi  frusti,  alcuni  con  iutesttnl  e  sudiciumi 
sulle  punte  delle  spade,  traggono  con  viltà  di  pompe  alle 
mogli  loro, 

«  Nella  lesta  della  Purificazione  il  Papa  benedice  le  can- 
dele, e  sedendo  nctli  sua  cattedra,  non  solo  a  tutti  i  pre- 
senti, ma  ancbc  a  tutti  i  principi  e  alle  principesse  cattolici 
del  mondo  le  distribuisce,  maggiori  o  minori  secondo  le 
distinzioni  delle  dtgntiù  e  dei  gradì.  Ed  erano  di  cera  ver- 
gine bianca.  Ed  anche  cosi  il  di  delle  ceneri,  in  propria 
persona,  presenti  tutti  distribuisce  le  ceneri,  dì  che  io  son 
testimonio  che  ricevetti  le  candele  pel  Re  e  la  Regina  d'In- 
ghilterra, e  gli  tenni  il  bacino  delle  ceneri. 


(1)  Il  monte  Teiuccia. 


^ma  nella  cron.  di  oA.  da  Z)sk       487 


e  Al  mio  primo  giungere  in  Roma  udii  di  un  certo 
pseudo  profeta  che  s'andava  spacciando  per  Elia,  e  asseriva 
ch'egli  era  mandato  in  terra  da  Iddio  Padre  a  generargli 
il  figliuolo  Cristo,  e  ch'egli  aveva  respinto  Cristo  col  piede 
quando  portava  la  croce  ai  tormenti,  e  che  quella  donna 
la  quale  meritasse  d'essere  incinta  per  lui  e  di  concepir 
Cristo,  sarebbe  benedetta  in  eterno  e  s'avrebbe  la  vera  gloria 
che  si  attribuisce  alla  finta  Maria.  Onde  le  gentildonne  ro- 
mane che  volean  soggiacergli,  avidissimamente  lo  visita- 
vano recandogli  cibi  delicati.  Ma  finalmente  spiato  dai  Ro- 
mani e  tratto  fuori  dei  suoi  nascondigli,  venne  condotto  al 
Campidoglio,  e  quivi,  confessando  egli  d'aver  violate  oltre 
cento  gentildonne  Romane,  spose,  vedove  e  vergini,  e  così 
aver  fatto  anche  a  Venezia,  venne  abbruciato. 

e  La  domenica  di  mezza  quaresima  nella  quale  si  canta 
«  Laetare  lerusalem  v  a  sollievo  della  quaresima  già  di- 
midiata,  il  Papa  alla  messa  reca  in  mano  una  rosa  di 
gran  pregio  composta  d'oro  e  d'argento  con  arte  mirabile, 
e  soavissimamente  odorosa  intorno  di  mirra  mescolata  con 
balsamo.  Dopo  la  messa  il  Papa  la  porge  al  piti  nobile 
cavaliere  presente,  il  quale  accompagnato  per  onore  dagli 
amici,  lo  stesso  giorno  cavalca  in  pompa  recando  in  mano 
la  rosa  (i). 

ce  Da  parte  dell'Imperatore  di  Costantinopoli,  vennero 
solenni  ambasciatori  al  Papa  allegando  che  ingiustamente 
a  loro,  discendenti  dalla  persona  di  Costantino  Magno,  era 
tolto  l'Impero  Romano  e  usurpato  d^l  tiranno  d'Alemagna, 
e  specialmente  chiedendo  la  restituzione  di  tutto  il  regno 
Napolitano  e  tutta  la  Lombardia,  o  che  altrimenti  venisse 

(i)  II  signor  Thompson  citando  I* autorità  delle  Cérémonres  et  Cou- 
tumes  Religieusts  (Amsterdam,  172 3)  nelP annotar  questo  passo,  attri- 
buisce la  istituzione  della  cerimonia  della  rosa  d*oro  ad  Urbano  V,  il 
quale  nel  i366  inviò  la  rosa  a  Giovanna  di  Sicilia.  L*  istituzione  è  di  gran 
lunga  più  antica  e  se  ne  trova  memoria  fin  dalla  prima  metà  del  secolo 
undecimo.  Veggasi  intorno  a  ciò  quel  che  ne  scrisse  dottamente  il  signor 
PodestX  nel  suo  articolo  Carlo  V.  a  Roma.  (Arcliivio  della  Società  Ro- 
mana di  storia  patria  Voi.  I.  p.  3 18). 


488  V.  ^aliani 


assegnato  alle  due  parti  il  giorno  e  il  campo  innanzi  alla 
città  per  combattere  sopra  questo  diritto.  Il  Papa  rispose  che 
per  le  eresie  loro  e  scismi,  e  specialmente  per  la  eresia  dello 
Spirito  Santo,  poiché  asseriscono  che  Egli  proceda  soltanto 
dai  Padre  e  non  dal  Figliuolo,  e  perché  non  fanno  la  con- 
fessione orale,  e  perché  usano  il  pane  fermentato,  sono  giu- 
stissimamente privati  dell'Impero,  e  sorridendo  soggiunse: 
«  Noi  non  amiamo  trattare  della  effusione  del  sangue  cri- 
stiano »  (i). 

Con  questa  curiosa  trasformazione  dello  scopo  dell'am- 
basceria che  Emanuele  secondo  inviò  da  Costantinopoli  ad 
Innocenzo  può  dirsi  che  la  cronica  ha  termine.  Essa  tron- 
casi ivi  dubito  dopo  alcune  frasi  di  nessun  valore  storico,  ed 
è  gran  danno.  Senza  dubbio  sarebbe  stata  preziosa  la  testi- 
monianza ài  Adamo  da  Usk  intorno  all'eccidio  dei  romani 
compiuto  da  Ludovico  Migliorati,  alla  fuga  del  Papa  a 
Viterbo,  e  a  tutti  gli  avvenimenti  di  quel  pontificato  bre\'e 
ma  momentosb.  Ma  non  è  irragionevole  sperare  che  una 
copia  dei  frammento  perduto  possa  trovarsi  un  giorno  in 
qualche  altro  codice,  onde  io  chiudo  questa  compilazione 
augurando  all'editor  della  cronica  ch'egli  possa  tra  i  ma- 
noscritti del  Musco  Britannico  affidati  alla  sui  custodia, 
trovar  la  coiuinuazione  di  un  libro  utilissimo  del  pari  alla 
storia  d'Inghilterra  e  di  Roma. 

Ugo  Balzani. 


(i)  Contcmpsit  barbari  imperia  Emanuel,  ac  virum  principem  An- 
gclum  Cafradinum  ad  Romanum  Foniificem  oratorem  niisit,  ut  occidcn- 
talium  auxilia  sibi  compararci.  FIcxus  ergo  Innocentius  (iraccorum  su- 
spiriis  in  Neapoliiano  regno,  Trinacria,  Dalmatia,  Hungaria,  Rascia,  bosna, 
Seruia,  Bulgaria  et  (ìraccia,  sacrum  in  Tamerlanem  bclluin  promulgari 
alquc  indulgcntiarum  praemia,  rcligiosam  miliiiam  accepto  crucis  svm- 
bolo  profcssuris,  st'pcmve  in  bcllicos  sumptus  erogaturis  proposui:.  K.w- 
NALDi  AnnaleSj  ad  an.  1405.   i. 


VARIETÀ 


DOCUMENTO 


relativo  al  viaggio  di  Gregorio  XL 


Il  Documento  seguente  (i)  è  come  un  particolareggiato 
commento  di  ciò  cui  Pietro  Amelio  accenna  soltanto,  nel 
suo  Itinerarium  di  Gregorio  XI ^  coi  versi  : 

Pisanorum  litus  die  lovis  sexta  Novembris  prandi  bora 

applicuistiy 
In  Livorna  sequens  remis  miteni  plebem  ore  invenisti. 

Pisanorum  est  solemnis  Commiinitas  cum  suis  gratiosa 
muneribus,  (2). 

Non  ci  è  parso  del  tutto  fuor  di  proposito  il  procurargli 
ospitalità  in  questo  Archivio^  perchè,  sebbene  attinente  a 
cose  Toscane,  tuttavia  riferendosi  al  ritorno  del  Papa  in 
Roma,  ricorda  eziandio  un  fatto  di  grande  importanza  per 
questa  città.  É  ben  noto  quali  ne  fossero  le  condizioni  nel- 
1' assenza  dei  Pontefici,  e  specialmente  dopo  la  morte  di 
Cola  di   Rienzi,  quando  la  divisa  città  continuava  a  reg- 

fi)  Di  esso  mi  fece  cortese  e  ben  gradito  dono  il  chiaro  Professore 
ed   ottimo  amico  mio  Clemente  Lupi,  addetto  all'Archivio  Pisano. 
(2)  In  Muratori,  Rer.  Ital,  Script.  Tom.  Ili,  P.  11,  col.  6y8, 


1 


490  Varietà 

gersì  a  seconda  delle  fazioni,  e  il  Cardinal  Legato  Albor- 
noz  con  milizie  mercenarie  recuperava  al  Papa  le  terre  per- 
dute. Furono  tempi  sì  miseri  quelli  per  Roma  che  gli  Italiani 
ne  sentirono  quasi  pietà,  e  supplichevoli  chiesero  al  Capo 
della  Chiesa,  che  tornando  alla  antica  e  tradizionale  sua 
sede  togliesse  tanta  cagione  di  mali.  Che  la  speranza  di 
rimediare  a  sì  grande  sconvolgimento  di  cose  quale  turbò 
r  Italia  sullo  scorcio  del  secolo  XIV,  fosse  riposta  nel  ritorno 
del  Papa,  ci  sembra  che  possano  in  certo  modo  provarlo  le 
grandi  accoglienze  fatte  a  Gregorio  XI  da  tutte  le  città  e 
terre  d'Italia  delle  quali  onoranze  potrà  dare  un'idea  il  do- 
cumento che  segue. 


Consiglio  del  Senato,  Provvisioni  dei  Savi  ecc. 

i377  pis- 


I 


Die  vigesimo  quinto  augusti  xiii/  ind. 

Providerunt  infrascripti  Sapiente s  Viri  super  ìiiis  a  do- 
minis  Antianis  pisani  popiili  electi  et  in  aliquorum  ex  eis  et 
magnifici  militis  domini  Petri  de  Gamhacurtis  Capitanci  etc. 
presentia  constitutij  proposito  eis  per  Cerar dum  Bartìiolomei 
de  Gamhacurtis  priorem  suprascriptum  qiiod,  cuni  ipsi  do- 
mini  Antiani  scntiant  de  adventu  domini  nostri  Pape  ad partes 
Yta'iCy  consulant  et  deliberent  de  agendis  in  adventu  eius  ad 
honorem  pisani  Comunis  et  ad  satisfactionem  domini  nostri 
Pape  predictij  partitu  facto  inter  eos  ad  voces, 

Qiiod 

Duo  ex  dominis  Antianis  pisani  populi  et  magnificus  do- 
minus  Petrus  de  Gamhacurtis  Capitaneus  etc.  cum  eis,  asso- 


Varietà  49 1 

fiati  octo  vel  decem  civibus  honorabilioribus  pisane  ctvitatis, 
super  quodam  navigio  honorabili  et  tato  quantum  haberi  pò- 
test  vadant  obviam  dicto  domino  Pape  quantum  eorum  discre- 
tieni  videbitur. 

Etquodper  dominos  Antianos  predictos  procuretur  sceda  ^ 

modus  et  qtiantitas  eorum  que  presentata  fuerunt  domino  pape 

Urbano  in  discessu  suo  de  civiiate  romana  et  transita  ipsius 

per  mare  pisanum^  et  ipsis  habitis  habeatur  consilium  de 

hiis  que  fienda  sunt. 

Et  quod  habeantur  illi  clerici  de  quibus  videbitur  domi- 
nis  Antianis  ut  detur  or  do  de  habendo  lectos  et  alia  fulci- 
menta  prò  eodem  domino  Papa  et  Cardinalibus  et  Sotietate  sua. 

Nomina  Sapientum: 

In  ponte 

Dominus  Albisus    .   .    •      - 

^      .         ,  .  [de  Lanfrancts. 

Dommus  lohannes  ) 

Dominus  Benvenutus  Vannis, 

Dominus  lohannes  de  Covinaria. 

In  Medio 

Dominus  Pierus  domini  Albisi. 

Dominus  Pierus  Lantis. 

Dominus  Colus  Grassus. 

Dominus  Gerardus  de  Sancto  Cassiano. 

Dominus  Pierus  Sampante. 

In  Forisporta 

Dominus  Bartholomeus  de  Segatori, 
Dominus  Filippus  Alliata, 
Dominus  Tomeus  Grassulinus, 
Dominus  Simon  de  Perignano. 


1 


492  Varietà 

In  Kinthica 

Dominus  Benedictus  de  Gamhacurtis, 
Dominus  lacobus  Bullia. 


II 


Die  vigesimo  septimo  augusti  xiiij*  ind. 

Providerunt  infrascripti  Sapientes  Viri  super  hiis  a  do- 

minis  Antianis  pisani  populi  electi  et  in  aliquorum  ex  eis 

presentia  constituti,  proposito  eis  per  Gerardum  Bartholomei 

de  Gambacurtis  priorem  suprascriptum ,  ut,  cum  adventus 

domini  Pape  ad  partes  Ytalie,  si  de  presenti  venire  debety 

aproximet,  bonum  immo  necessarium  est  quod  Comune  pisa- 

num  preparatimi  habeat  enscniiim  quod  facere  intendit  eidem 

domino  Pape  suisque  Cardinalibus  et  aliis  magnatibus  cum 

eo  venientibus,  ut  prò  honor e  pisani  Comunis  tempore  debito 
fiat  eis,  et  preparatos  habeat  lectos  et  arnenses  alios  opor* 

tunos,  ideo  consti lant  de  viis  et  modis  ad  pre dieta  tenendis, 

et  dj  hiis  qic  prcscntanda  siint  et  conivi  quantitatibus prout 
ad  honorem  pisani  Comunis  crcdidcrint  cxpedirc,  partita 
facto  in  ter  eos  ad  voces, 

Qiiod 

domini  Antiani  predicti  notificent  domino  Pisariim  Archiepi- 
scopo adventum  dicti  domini  Pape  et  quod  de  honore  suo 
ipsius  domini  Archiepiscopi,  suiqiic  cleri  erit  quod  per  ipsum 
et  clerum  suum  preparentiir  ledi  et  cappella  ciusdein  domini 
Pape  suorumque  scrvitoriim  ac  etiam  Iccti  dominorum  Car- 
dinjiUum  cum  eo  venicniiiim,  ad  quos  preparandos  in  terra 
Liburne  di^netur  dare  operam  cffìcaccm. 

Et  si  per  dictum  Arehicpiscopum  predicta   non  Jìcr^cnt 
aut  facere  renne  re  t,  tiinc  in  dicto  casu  domini  Antiani  pr  e- 


Varietà  .493 

dictì  habeant  Clericos  honorabiliores  et  habiles  ad  predicta 
pisane  civitatis  et  cum  ipsis  ordinent  quod  predicti  iecti  et 
preparationes  per  ìllos  Clericos  fiant  qui  erunt  habiles  ad 
predicta.  Et  si  per  dictos  Clericos  predicta  conplete  fieri  non 
possent,  tunc  in  dieta  casu  domini  Antiani procurent  ìiabere  ab 
usurariis  et  aliis  de  quibus  eis  videbiiur  illa  que  deficererent 

predicta  et  ad  alios  lectos  preparandos  occasione  predicta. 
Et  quod  domino  Pape  predicto  ex  parte  pisani  Comunis 

presententur  infrascripta,  videlicet: 

Vegetes  quatuor  vini,  videlicet,  due  vini  Corsi  et  due  vini 
vermini  si  bonum  poterit  reperiri,  alias  alterius  vini  albi. 
Viiule  quatuor. 
Castrati  octo. 

PuUastrorum  et  pullastrarum  paria  quinquaginta  simul, 
Confectionum  cuiuslibet  maneriei  simul  libre  quinquaginta, 
Torquium  et  torquettorum  simul  libre  centum, 
Panis  albi  sacchi  decem. 

Et  cuilibet  dominorum  Cardinalium  et  aliis  infrascriptis 
presententur  infrascripta,  videlicet: 

Vegetes  due  vini,  videlicet  una  vini  albi  et  alia  vini  vermilii. 
Vitule  due. 
Castrati  quatuor, 
Panis  sacchi  quatuor. 
Pullastrorum  paria  quindecim. 

Et  simile  fiat 

Tesaurario  > 
Dominis     Camerario   .  Domini  Pape  et 

■   Germanis 
Domino  O ctoni  de  Brusvich, 


494  Varietà 

Capitaneis  Galearum  cuilibet  presententur  infrascripULf 

videlicet: 

Vegetes  una  vini  albi. 
Castrati  duo, 
Panis  sacchi  duo, 

Patronis  Galearum  cuilibet  presententur  infrascripta,  vi- 
delicet: 

Castrati  duo, 
Panis  sacchi  duo. 

Et  quod  ad  predicta  exequenda,  facienda^  invenienda  et 
emenda  et  domos  in  terra  Liburne  preparandas  eiigantur  et 
e  ligi  debeant  Opisus  Falconis  et  Ranerius  Sardus  (i)  vel 
aia  cives  de  quibus  videbitur  dominis  Antianis. 

Et  quod  ad  faciendum  et  exhibendum  dieta  ensenia  per 
dominos  Antianos  eligantur  UH  cives  de  quibus  eis  videbitur 
expedire. 

Nomina  Sapientum: 

In  Ponte 

Dominus  Albìsus  de  Lanfrancis, 
Do  min  US  Guido  Macigna, 

In  Medio 

Dominus  Petrus  domini  Albisi. 
Dominus  Petrus  Lantis, 


(i)  K  questi  Tautore  della  importante  Cronaca  Pisana  pubblicata  nel' 
l'Archivio  Storico  Italiano  (Tomo  II,  Parte  II,  Disp.  I). 


Varietà  495 

In  Forisporta 

Dominus  Tomeus  Grassulinus, 
Dominus  Filippus  Alliata. 

In  Kinthica 

Dominus  Benedictus  de  Gambacurtìs, 
Dominus  lacobus  Bullia. 
Dominus  Andreas  Bonconie. 


Ili 


Sexto  Kalendas  novembris  xv,'  ind. 

Providerunt  infrascripti  Sapientes  Viri  super  hiis  a  do- 

minis  Antianis  pisani  popuii  e  ledi  et  in  maioris  partis.eorum 

jpresentia  constitutiy  proposito  eis  per  Nerium  de  Sanato 

Pietro  priorem  dictorum  dominorum  Antianorum  quod  non- 

nulli  pisani  cives  pluries  eisdem  dominis  Antianis  dixerunt 

quod  in  transitu  domini  nostri  Pape  ad  Urbem  Romanam  apud 

Liburnam  bonum  et  honorabile  esset,  ad  hoc  ut  prò  modico 

Comune  pisanum  vituperium  non  incurrat,  si  dominus  Papa 

Liburne  acquiescere  appeteret,  ibidem  preparare  pallium  sub 

quo  in  eius  discensu  ad  terram  idem  dominus  noster  Papa 

pergaty  ideo  super  predictis  consulant  et  deliberent  de  agen- 

dis;  partitu  facto  inter  eos  ad  voces, 

Quod 

domini  Antiani  predicti  cum  omni  sollicitudine  qua  valebunt 
et  sine  dilatione  aiiqua  procurent  dictum  pallium  ipsumque 
cum  festinantia  transportari  faciant  Liburnam^  sub  quo  idem 
dominus  Papa  vadat  quando  descendet  ad  dictam  terram  Li- 
burne y  ut  prò  modico  non  desistat  quod  Comune  pisanum 
honorem  debitum  non  sequatur. 


49^  Varietà 

Nomina  Sapientum: 

In  ponte 

Dominus  Albisus  *    ,     r      ^ 

^      .         TI  o  \  ^  Lanfrancis. 

Dominus  Johannes  Rossus  ^ 

Dominus  lacobus  Papa. 

Dominus  Filippus  Sciarre, 

Dominus  Gerardus  Astarius, 

Dominus  loliannes  de  Covinaria. 

In  Medio 

Dominus  Pierus  Lantis. 

Dominus  Gerardus  de  Sancto  Cassiano. 

Dominus  Colus  Grassus, 

Dominus  Franciscus  Geromie. 

Dominus  Johannes  Bertalocti, 

In  Forisporta 

Dominus  Franciscus  Zaccius, 
Dominus  Bartholomcus  de  Scgalari. 
Dominus   Tomcus  Grassulìnus, 
Dominus  Henricus  dal  Campo, 
Dominus  Simon  de  Perignaìio, 

111  Kinthica 

Dominus  Benedlctus  de  Gambacurtis, 

Dominus  lacobus  Bullia, 

Dominus  Gerardus  Bartholomei  de  Gambacurtis. 

Dominus  Nicola  Pannocchia. 

A  e.  27  r.  si  dice  che  il  Comune  sopportò  spese  ne 

piccole  per  la  venuta  del  Papa,  sia  armando  le  galee,  s 

facendogli   re^^ali  ed  altre  cose  prò  ejus  statione  in  ten 

Liburne. 

Pietro  Vigo. 


/ 


Bibliografia 


OiOBllè  Cecconl.  Carte  Diplomatiche  Osimane.  (IV.  Tom. 
della  Collezione  di  Docomenti  storici  delle  Marche  pub- 
blicata per  cura  di  C.  Ciavarini.  Aìicona,  Tip.  del  Com- 
mef'cio^  1878). 

Storia  di  Castel fidardo.  Osinio,  Tip.  Quercetti,  1879. 

Non  inferiore  alle  altre  regioni  italiane  pel  culto  delle  patrie  me- 
morie è  certamente  il  Piceno.  Ivi  pure  una  società  di  studiosi  va  rac- 
cogliendo e  pubblicando  i  documenti  che  nel  riordinare  ciò  che  avanza 
dagli  antichi  archìvi  di  quei  comuni,  stimano  di  maggiore  importanza 
(Storica.  Il  IV  Tomo  della  Collezione  dei  Documenti  Marchigiani  è  do- 
vuta alla  diligente  ed  egregia  opera  del  .signor  professor  Giosuè  Cecdoni 
ed  è  perciò  consacrata  alle  memorie  Osimane. 

Precede  una  prefazione  del  professor  Ciavarini,  che,  prendendo  ar- 
gomento dair  improvvida  vendita  di  preziose  carte  deìV Antico  Demanio 
avvenuta  in  Ancona,  eccita  il  Governo  a  provvedere  con  legge  alla  con- 
servazione e  ordinamento  degli  Archivi  Provinciali,  e  invoca  T istitu- 
zione di  un  Archivio  di  Stato  per  le  Marche.  Segue  T  Indice  geografico 
dei  Castelli  e  Ville  del  contado  Osimano  nel  Medio  Evo,  e  la  Biblio- 
grafìa Storica  Osimana.  Quindi  il  Cecconi  ci  offre  un  compiuto  e  diligente 
sommario  della  collezione  delle  Pergamene  del  Comune  dal  1061  al  1C74  ; 
composta  di  varie  specie  di  ìstrumenti  notarili.  Bolle  e  Brevi  papali, 
atti  del  Comune,  dei  Tesorieri  della  Marca  etc.  la  maggior  parte  ri- 
«guardanti  le  vicende  della  città  e  le  sue  relazioni  con  la  Chiesa. 

Fra  altri  documenti  della  raccolta  non  immeritevoli  di  pubblica- 
zione, sono  stati  preferiti  e  dati  per  intero  in  luce,  la  Condanna  dei 
Tiranni  d'Osimo  (23  Novembre  1312),  la  Sentenza  dei  Ribelli  della 
Chiesa  (1324),  un  Processo  contro  i  Banditi  (1383)  e  per  ultimo  la 
Sentenza  contro  Filotranno  posto  sotto  la  dipendenza  di  Osimo  (1388). 
Essi  formano  come  un  appendice  agli  {strumenti  del  Libro  Rosso,  al 
quale  è  consacrata  la  principal  parte  del  Tomo,  e  n«  è  la  più  prege- 
Toh.  Ad  esempio  degli  altri  comuni  italiani,  quello  di  Osimo  ha  nel  Libro 
Rosso  raccolto  i  documenti  che  comprovano  i  suoi  diritti,  e  in  generale 


4g8  bibliografia 


gli  atti  più  solenni  da  esso  compiuti:  perciò  trattati  di  pac«,  di  alleano, 
sentenze  contro  i  nemici  del  comune,  prÌTilegl,  ed  una  lunga  serie  di 
atti  di  dedizione  e  sudditanza ,  di  terre  e  di  uomini  del  Contado,  i  quali 
ci  fanno  assistere  alla  formazione  e  al  progressivo  sviluppo  del  Comime 
Osimano.  La  maggior  parte  di  tali  atti  sono  originali  come  appare  dalla 
Scrittura  e  dai  segni  di  Tabel lionato  dei  notai  che  li  rogarono;  e  copie 
autentiche  il  resto.  Ma  poiché  non  vi  è  rispettato  T ordine  cronologico, 
bisogna  concludere  che  non  furono  trascritti  contemporaneamente  alla 
stipulazione  degli  aui  stessi,  ma  più  tardi,  viventi  ancora  i  notai  ro- 
gatari!. Perciò  il  registro  dev*  essere  stato  iniziato  verso  i  primi  anni 
del  secolo  XIII.  e  proseguito  poi  con  lo  stesso  sistema  di  noe  conse- 
gnare gli  atti  nel  registro  al  momento  che  si  stipulavano.  Il  professor 
Cecconi  ha  creduto  opportuno  di  disporli  per  ordine  cronologico,  no- 
tando però  il  numero  progressivo  che  ciascuno  di  quelli  ha  nell* ar- 
chetipo. 

Fra  gli  atti  più  importanti  citeremo  il  più  antico  (del  1126;  natu- 
ralmente copia)  col  quale  Ugo  vescovo  di  Umana,  concede  alle  otto 
parentele  e  a  tutto  il  Popolo  dì  Osimo  la  terza  parte  del  Porto  di 
questa  città;  i  Capitoli  di  lega  fra  gli  Ostmani  e  quelli  di  Ancona 
(Agosto  1198),  la  Pace  di  Polverigi  ecc. 

Per  ultimo  il  Cecconi  pubblica  gli  statuti  di  Offagna,  traendoli  da  od 
esemplare  di  quel  Comune  del  1^55,  che  comprende  gli  antichi  Statuti 
anteriori  alla  metà  del  Sec.  XIV.,  e  gli  Statuti  nuovi  del  1369,  seguiti 
da  varie  leggi  e  decreti  promulgati  dal  Comune  di  Ancona,  sotto  la 
cui  gìurisdiz  ooe  passò  Offagua  fino  dal  1450. 

Piacque  iiitìne  alP  autor.*  dì  questa  pregevole  jnihMicazioue  ili  ag- 
giungere r»'it»uco  dtM  Nolari  rogatari  degli  atti  contenuti  iit-I  Volume,  e 
la  serie  di>i  Podestà  e  Giudici  menziouati  nel  libro  Rosso.  E  ciò  pu>< 
ceriam<>nte  giovare  agli  Studiosi,  i  quali  anzi  tanto  in  questo,  come  nei 
precedenti  Tomi  d^lla  Collezione  Marchigiana,  possono  per  avventura  d**- 
siderure  un'  indico  analìtico  delie  materie,  indispensabile  in  ogni  opera 
di  erudizione  ma  specialmente  nei  Codici  Diplomatici.  Grati  al  Cecconi 
per  l' importante  lavoro,  ci  auguriamo  che  egli  non  solo  prosegua  le  sut- 
ricerche  nelP Archìvio  Osimano,  ma  tanto  dell'edito  quanto  dell'ine- 
dito si  valga  per  offrirci  una  storia  della  sua  città.  Che  sia  in  grado 
di  farlo  ce  n'ò  pegno  quella  da  lui  testé  pubblicata  su  Casteltidardo. 
Questa  terra  u  sorge  su  fertile  e  ridente  collina,  dalla  quale  a  cava- 
«  liere  della  via  Flaminia,  in  quel  tratto  che  mette  a  Loreto  >igno- 
«  reggia  a  breve  distanza  la  pianura  d-d  Musone  e  le  rive  dell*  Adria- 
«  tìco  ».  La  sua  postura  basta  a  farcì  persuasi  com*  questo  Castello 
debba  avere  avuto  parte  non  pìccola  nella  Storia  della  Marosi,  ed  ess<»rt» 
stato  ambito  e  conteso  dalle  cittf»  che  lo  circondavano,  nìassiiiie  da  An- 
cona oJ  t)8Ìmo.  Narrando  perciò  i  casi  di  Castelfidardo,  il  Cecconi  è  uè- 


'Bibliografia 


499 


■  tnlleggi&re  un  rapidu  e  vivace  quadro  delle 
Nude  ilieiU  Marca  per  mito  il  periodo  compreso  i»  questu  prima  parte 
•Ila  atarìn,  dalle  orìgini  hIU  Sne  del  secolo  XVI.  quinilo  com- 
iMmmCDM  ed  ugualmente  asioggellEte  al  Dominio  della  Cliiees  Ca- 
«lUardo  e  I?  oitlÀ  rivali,  ccaia  la  storia  delle  lotte  iucessaiitisaste- 
»  parie  per  direudere  le  proprie  libertà  e  dall'altra  per 
t  proprio  vantaggio.  L'archìvio  di  quel  Comune  è  andato 
ratto  o  dìiperw,  riiaanendo  soltanto  uu  inventario  che  fa  sempre 
il  deplorare  il  perduto, 
n  Ceeconi  supplisce  rseeoglieiido  con  molta  diligenza  le  memorie  che 
B^Blorao  a  quella  terra  ai  troiano  apitrse  negli  ecrittori  di  cosa  Picene; 
supratuilo  li  vale  della  notizie  iu  gran  parte  inedite  che  si  conier- 
vano  I>a  le  carte  del  Comune  dì  Osìmo.  Dei  docamenti  inediti  e  dei  pili 
ìtapurtanii  •  pii)  rari  editi,  collationati  con  maggior  cura  sugli  origi- 
nali quando  gli  è  stalo  posatbile.  dà  in  appendice  il  testo  per  intero.  It 
Docnmenlo  più  aulico  b  la  carta  di  sommessione  di  CnatcHidardo  al  Co- 
■Bone  di  Osimo  dei  I19G,  della  cui  efficacia  e  durevoleiia  i  prova  la 
'  licenia  fatta  dall' Estenee  Marchese  Aldrovandino  alla  città  di  Oaimo 

^^ft  nel  1214  di  dixtruggere  Castel  11  dardo,  clie  di  solilo  tenne  la  parte  ìm- 
^^H  perìatK,  percliè  appunto  Oaimo  fu  quasi  sempre  guell'o.  —  11  Ceeconi 
^^B  «binde  la  sua  opera  promettendone  la  continuazione,  ae  la  bonevolenia 
^^^^  4M  lettori  non  matiohi  alla  prima  [)arle.  Crediamo  e  speriamo  perciò 
^^^K  cba  non  easendagli  dorato  mancare  queat'  incoraggiamento,  già,  a  que- 
^^■.•t*or»  stia  mandando  ad  cfTetio  la  sua  promessa. 
^H 

^Hv  Kaiser  Theodosios  der  Grosue,  ein  Beiirag,  zur 
^^g  Rom.Kaiserg  vod  Dr.  A.  GiildenpenuingiiDdDr.  J.  Iflant^; 
1  BoMe,  Nicmcyer,  1878. 


Questa  nuova  opera  sopra  un  periodo  così  importante  della  storia 
Romana  è  divisa  in  due  parti,  delle  quali  la  prima.  Sno  allu  sconlltla 
di  Uassimo  (3881  è  scritta  dall' itlaiwl,  l' altra  finn  alla  moiie  di  Teo- 
dono, dal  Ouldenpennìng,  ÌI  quale  è  altresì  autore  dell'Introduzione. 
Queat'  introduitone  ragiona  delle  fonti  drila  storia  di  Teodosio,  divisa 
ia  cristiane  e  pagane;  (ra  le  ultime  aouo  ricordali  gli  aerini  di  Sim- 
maco (specialmente  la  relazione  a  Valeniiniano  II,)  Temistio,  Libitnio, 
il  panegirico  di  Pacato  Drepanio  ecc.  ma  più  particolarmente  le  due  fonti 
•loriche  in  aenao  atretto  cioè  Eunnpio  e  Cosimo.  Il  Oùid.  riconosce  che 
ZlHimo  io  queslo  periodo  non  ha  fatlu  altro  che  seguire  Euoapio,  come 
Dell* antecedente  ha  seguito  Deaippo  e  nel  susseguente  Olimpiodoro;  e 
I  la  [àceole  diversità  fra  ì  due  storici  cerio  non  esigono  che  s' abbia  ad- 


"'PÌ*J^^^X^-'  ' 


.  5oor  ^^tiogrà^ 


dlritlON  m  anpporr*  ua'attm  foni- 

«•r«  «b<  qacHi  fa  il  maoillo  di  TMaalonica ,  (dcJ  ^oal*  m 

veraBJmr|clJ*iiia  (lori  parlare  Eunapio)  l'A.  lo  t[»«f[«  dT 

«Imo  u*ii  In  vja  libaste  ;   queata  «  teconda  «ditiiMie  > 

Al  ratU  dalla  detio  Buoipio  (non  da  nd  librafo  criatiano,  * 

Nieliuhrl  il  qoala  l'avrabb?  moderala  in  dù  che  poterà  oBtt4tnU-  1 

lori  crIaUanl.  Una  grave  difficoltà  contro  qiio^ia  apiegnik 

vtM  dallo  ateMo  Oiild.   iufalt^  è  ben  difficile  creder?  che  nn  (lJ);niI*M  J 

erlatlaDO  quat  era  folio,  Dt\  IX  aec.  avesse  naara  la  prima  eJiiii 

pleu,  a  Zoaìnio  pagano,  al  principio  del  Vi  »i 

diftoata.  Anche  Oioranai  Antiocheno,  crietiano  e  ili  un  aecola  poilrrim  I 

n'Zoalmo  par*  eh*  aveaae  l'ùpera  pHniitira  enoti  la  ««conta edlow^  I 

Segue  l'eaama  della  Ibnii  erlatianc,  tanto  quelle  ebe  iiulrre(taiii*it> ri-  | 

aohiarnno  i  tempi  dt  Teodosio,  come  gli  icrilti  di  S.  Ambrosi», S 

vanni  Crlaoatomu,  S.  Gregorio  Teologo  ed  altri, 

Sooraie,  Soiomeno,  Teodoreto,  RuHno  ed  Oroaio  e  i  lardi  eaai|iiliU>ri   ] 

Teofane,  Cadreno  ecc.  eoe,  L'A.  f  p.  S3,  ss.)  riprende  la  (jneatiOM  a> 

dliwndnnta  di  Sotoinvno  dn  Socrate,  t  rende  e 

■ainprr  più  probabile  l'opinione  del  Valesio,  che  ciò*  SototoeooDoijab*"* 

Ihlto  altro  cha  oopiarv  Soerale,  il  qnale  gli  è  miperiore,  a*  ncD  itr'^ 

fonila,  eerto  nella  anaunia.  Queata  diligente  rasaegna  preliminare  d^"* 

(iintl  nuli  b,  come  redeai,  una  sempliut 

la  dipeniUuxa  di  unii  dall' nllra  <;  f  influetiEn  < 

(U  ^eaaa  Krlttor«i  Merano  aul  gindiito  oho  eaao  porta di^ 

il  quale  qauto  è  leTWa  al  cielo  dagli  «orittori  criatiani  (m 

A  capiece  perch»,  Tariano  Filostorgio)  altretlanto  é  biasimalo  da  ES-''' 

napio  e  da  Zosimo. 

Culla  scorta  costante  di  queste  fonti  trattano  la  etoria  si  l' Ifland  tt^ 
11  Oulden|)enning,  e  rischiarano  le  cagioni  della  condotta  di  Teodoif  "^ 
tanto  negli  affari  politici  quanto  nei  religiosi.  Cosi  è  messo'  in  ctiit^^ 
luce  come  il  battesimo  di  Teodosio,  nella  sua  mnlallia  del  3S0,  e  l'in- 
flueilia  di  Acolio  o  Ascolio,  il  vescovo  di  Tessalonìcit  che  glielo  coufer'i, 
doverono  assai  probabilmente  esser  l' occasione  perchè  Teodosio  enlraoe 
ormai  come  deciso  sostenitore  del  Cristianesimo  e  dell'ortodossia,  fa- 
cendo il  primo  benché  inutile  passo  nella  nuova  vìa;  l'editto  del  SS 
febbr.  ni  popolo  di  Costantinopoli;  infatti  Teodosio  non  era  ancora  beo 
risanalo  d-lla  malattia  qunndo  die  fuori  quell'editto.  Le  couseguenie 
inaieme  di  questa  nuova  via  presa  dall'  imperatore  e  le  circostauie  fa- 
vorevoli che  l'aiutarono,  sono  rischiarate  in  più  pagine dnll'IQand, ri- 
cordando minutamente  il  cìnico  egii  ano  Massimo,  il  patriarca  ariano 
Demotllo,  }j,  Gregorio  fntlo  vescovo  di  Costali  tino  polì  e  la  convocaiiune 
del  Concilio.  Con  ugual  diligenza  sono  narrati  i  fatti  che  si  riferìscooo 
tiCi  dirci  t  amen  le  alla  storia  civile;  la  condizione  diversa  in  cai  erano  i 


'Bibllogfàfla 


Soi 


QoU  Butiito  dopo  la  1)&t(ag:1EB  di  Adrinnopol!  e  poslerlormenle,  (utln  in 
l;«Derc  la  guerra  Oolcca  cembnttntn  e  virila  col  valore  del  Guidalo,  non 
iDrnia  che  coli' accorgi  me  Dio  dell'uomo  politico,  e  gli  altri  graniti  a<- 
»enimenti   Ano  alla  mone  di  Masiimo.  S'intendo  bene  eh»  di  questa 
|Mrte  fi  Oel  resto  Av\  libro  è  impossibile  dare  una  rassegna  psrtìcola- 
t«{;gÌRUi  poiché  non  lono  gilk  com'è  naturale,  nuovi  fatti  o  oiiove  sco- 
ile nella  riia  di  Teodoaio  da  poter  segnalare  al  lettore,  ma  lo  «tiidio 
ragionato,  che  raoslni  la  connessione  di  uji  fitto  coli' altro  e 
delle  idee  e  d'^'lle  lotte  religiose  del  tempo.  Dico  il  medesimo 
ila  parte  del  libro,  nella  q  lale  il  Oaldenpenniog  espoae  aeaal 
U  corrispondrMiia  fra  Teodosio  e  S.  A^bro^io  in  oimaBiooe 
idluntnlto  di  Caainiiu  Callinicnm,  la  venuta  a  Roma,  le  fesie  del  po- 
prese  dall'Imperatore  a  vama^gno  della  citlii; 
•pKÌBlinente  poi  IVccidio  iti  Testalonica,  il  q>iale  6  accompagnalo  da 
eh?  fanno  ben  vedere  e  le  condizioni  di  questa  eìtti  e  la 
Aipoiiiion  d'animo  dì  S.  Ambrogio  verso  l'Imperatore,  In  uun  parola 
tulli  i  in-andi  fiitli  Bno  alla  batiai^-lia  iì  Aquileia  e  alln  morte  di  Teo- 
Ma  ÙA  tanto  pregio  tenne  dietro  bIIa  vittoria  aopra  Arbogaste  ed  Eu- 
gioii),  «ono  oggetto  di  diligente  n 

S'elln  conclusione  vien  fatto  noto 
omuri  gl'impiegati  delle  provine 
iIcohm  volevano  i  pagani,  ma  la  ci 
honlì  d'unirno  del  l'imperatore  è  si 
pioeipale  avulit  da  Teoiloiio  nella  si 


re  cbe  se  erano  assai  rapaci  e  mal- 
,  di  àft  noi)  er»  in  colpa  Teodosio , 
rruzione  ormai  generale;  polebè  la 
}  elogio  merilalissimo.  E  l'azione 
iria  del  mondo  sarebbe  staio  prima 


'er  compito  l'opera  di  Costantino,  rendendo  il  Cristian  esimo  la  sola 
wiigione  nello  Stalo,  a  in  secondo  luogo  l'introdurre  largamente  il  gio- 
I  germanico  nell'impero  ormai  decrepito.  Il  libro  del l'ifland 
■  M  Oiildenpenning ,  è,  a  dilTerenza  di  motti  altri,  commendevole  non 
^kIo  ptr  111  dottrina,  ma  aoche  per  la  chiarezza  ed  eleganza  della  com- 
tegge  con  piacere  non  minore  al  proHtto. 

1.  a. 


H^Heiileiiheiiner.  Eia  deutscher  Geremonìeiimeìster  am 
papstlichen  Hofe. 

b  Mei  a,  31  del  periodico  «  Die  (h-embot<n  «  di  Lipsia  (31  luglio  1S79), 
■sparve  sotto  questo  (itolo  una  caratierislica  di  Giovauni  Burcardo, 
^nwto  ceremoniere  ponlìllcio ,  opera  del  dott.  Heidenbeimer,  già  fa- 
irolmenle  cognito  agl'Italiani  per  accurati  studi  reluliri  alla  loro 
a  ntl  «ecolo  deeimosesto.  Trattandosi  in  quella  d'uno  errìttore 
t,  per  quanto  la  critica  slorica  voglia  severamente  giudicarlo,  ri- 
1^  pur  sempre  una  delle  fonti  sloricbe  pìft  importanti  di  quel  tempo, 
rthivio  della  Società  romana  di  Sloria  palrùi.  Voi,  I[[.  31 


5  02  bibliografia 


ci  sembra  non  poterci  passare  dal  tener  ragione  di  questo  ierill^^ 
quale,  sebbene  sia  rivestito  di  certa  amenità  di  forma, 
air  indole  del  periodico  pel  quale  P  articolo  fu  destinato ,  non  potili 
trascurato  da  chi  intende  a  ordinare  una  bibliografia  di  quale 
cerne  ed  illustra  la  notizia  della  storia  di  Roma.  Del  resto  ascis 
la  piacevolezza  del  dettato,  che  non  è  pure  piccolo  pregio,  si 
ch'aro  che  fautore  è  usato  a  buon  metodo  d* indagini  e  pnò, 
vucfe,  procedere  per  questa  via  con   tutta  la  sererità  sdentifiet.TH 
nuto  a  Roma  e  colpito  dalle  maraviglie  artistiche  della  Chiesa  di  Suli'j 
Maria  del  Popolo,  che  ancora  fanno  risplendere  nella  città  nostra,!^; 
praflTatta  dalParle  barocca,  la  luce  del  rinascimento,  Tantore  eero^al 
in  qualche  angolo  di  quella  chiesa  o  del  chiostro  prossimo  fosse 
pietra  che  rammemorasse  il  nome  di  Giovanni  Barcardo,  che  addili 
maggio  del  1506  vVra  portato  a  sepellire;  se  ne*  registri  de*  frati  af^ 
stiniani  fosse  un  verso  che  recasse  qualche  particolare  menzione  fi 
lui;  ma  nulla.  Quel  che  del  Burcardo  si  sa,  questi  lo  racconta  da  sé 
nel  suo  diario;  e  in  quello  e  ne*  pettegolezzi  ceremoniali  e  senza  cere- 
monie  con  Paride  dei  Grassi,  ei  si  dipinge  intero.  Non  ei  sa  in  cbt 
anno  nascesse:  il  suo  luogo  di  nascita  fu  Haslach,  ma  ignorasi  ove  fosse 
educato  e  che  studi  facesse;  non  sembra  ne  facesse  molti;  bensì  è  certo 
che  già  dal  1479  era  prete  nel  capitolo  di  San  Tommaso  a  Strasburgo, 
che  a*  21  decerabre  1483  fu  nominato  maestro  delle  ceremonie  nella 
corte  papale:  che  Pio  III  lo  scelse  a  vescovo  d* Orto,  a*  3  d* ottobre  1503; 
e  che  Giulio  I!  lo  f^ce  prima  referendario  (9  aprile  1504^  e  poi  abbre- 
viatore  d  1  minor  parco  (22  aprile  1506).  —  N^gli  atti  archiviali  della 
chiesa  di  San  Tommaso  a  Strasburgo  apparisce  in  qualità  di   pro- 
posto della  Chiesa  di  San  Florenzio  in  Haslach  e  come  protonotario 
papale  ebbe  a  comporre  alcune  controversie  per  Tedifìcazione  del  chio- 
stro suirOdilienberg.  Non  rivide  la  Germania  se  non  durante  la  state 
e   Pautunno  del  1489.  In  questo  anno  stesso  a* di  1  del  novembre,  il 
nome  di   lui   si  trova  notato  nel   libro  della  confraternita  delTospizio 
tedesco  di  Santa  Maria  dell'Anima  in  Roma.  Nel  1494  accompagnò  il 
cardinal  legato  a  Napoli  alP incoronazione  di  re  Alfonso:  altro  non  sap- 
piamo di  luì. 

Del  suo  Diario  molte  cose  si  scrissero;  vari  giudizi  furono  pronun- 
ciati; ma  mancarono  e  mancano  studi  sufficienti  a  parlarne  con  piena 
cognizione  di  causa.  Esso  non  è  edito  che  in  piccola  parte,  dappoiché 
il  Gennarelli,  che  pure  ne  pubblicò  tutto  quel  che  risguarda  il  pon- 
tificato d'Innocenzo  Vili  (Firenze  1854),  non  continuò  la  pubblica- 
zione più  oltre;  anzi  nelT imprenderla,  piuttostochè  curare,  anche  per 
quella  parte,  una  edizione  critica  del  testo  su  manoscritti  autorevoli,  sì 
valse  solo  del  testo  capponiano  e  non  descrisse  né  classificò  gli  altri 
apografi  e  non  intese  a  riconoscere  le  molteplici  interpolazioni  che  in 


f 

j  bibliografia  5o3 

1  ' _  _      _ 

k 

r 

i     questi  certamente  s* insinuarooo.  D'altronde,  per  quanta  autorità  vo- 
^.    glia  eoneederei  al  manoscritto  chigiano,  che  di  tutti  gli  apografi  sembra 
.  il  meno  imperfetto,  è  certo  che  dair  autografo  soltanto  che  si  custodisce 
aair archivio  yatìcaoo,  si  potrebbe  trarre  una  edizione  autorevole;  e  a 
questo  proposito  osserva  assai  ragionevolmente  T  Heidenhsimer  che,  poi 
ehe  nel  manoscritto  originale  non  può  esser  niente  di  peggio  di  quel 
che  sia  nelle  copie,  per  togliere  spini  alla  mala  pianta  della  calunnia, 
ansi  per  isbarbicarla  aflTitto  dalle  radici,  non  ci  sarebbe  nulla  dime- 
nilo che  riconcedere  allo  studio  degli  storici  T  autografo  men  che  op- 
'lK>rtunamente  segreta.  E  poi  che,  per  ventura,  i  partiti  più  ragionevoli 
sembra  che  in  Vaticano  trovino  ora  migliore  accoglienza,  ci  lusinghiamo 
che  le  parole  del  giovane  storico  tedesco  non  cadano  invano.  Del  resto 
h  perfettamente  vero  qu  1  che  THeidenheimer  osserva  che  non  è  col 
Burcardo  che  la  serie  dei  Diari  de^ceremonleri  incomincia.  Tutt* altro, 
e  r  archivio  di  questi  basta  solo  a  comprovarlo.  Bensì  col   Burcardo 
sambra  che  questa  specie  di  diurnali  assumano  una  forma  speciale  e 
distinta.  Non  ne  mancano  d'anteriori,  in  cui  le  cereroonie  vengono  in* 
.   dlcate  e  descritte,  senza  risguardo,  alle  circostanze  occasionali ,  alle  con- 
tingenze storiche;  senza  accenno  ad  altro  che  alla  dignità  delle  per- 
sone e  alle  proporzioni  loro  colle  solennità;  ma  bensì  nel  Burcardo  pare 
che  r indole  di  questa  specie  di  scritti   s'alteri  sostanzialmente.  Il  suo 
libro  delle  ceremooie  non  è  più  un  codice  di  regole,  ma  un  repertorio 
di  casi;  e  ogni  fatto  vi  è  riportato  in  maniera  che  possa  in  seguito 
tfver  valore  come  d'un  precedente  e  dar  luogo  a  interpretazioni.  Inoltre 
parrebbe  cosa  strana  che  THeidenheimer  avesse  messo  accanto  al  diario 
del  Vescovo  ted;^sco  quello  dell' Infessura,  il  quale  era  laico,  scriba 
del  Senato,  nemico  alla  curia,  ligio  dei  Colonnesi;  se  non  che  questi 
diari  si  trovano  accanto  non  solo  nell'archivio  dei  ceremonìeri  ponti- 
fici, che  co  potrebbe  essere  un  caso  e  nulla  più,  ma  a  ravvicinarli  fu 
prima  forse  la  mente  del  Burcardo  stesso,  il  quale  sembra  assumere 
nell'officio  suo  la  natura  e  la  qualità  di  quello  scriba  (pmano,  la  pas- 
sione dell'aneddoto,  il  dispetto  di  quel  che  vede  o  sente,  la  cura  del- 
r  esteriorità.  Di  soprappiù   l' In  fessura  era  stato   podestà  d'Orte;   di 
quella  città  medesima  di  cui  il  Burcardo  fu  vescovo,  e  questa  circo- 
sostanza estrinseca  portò  forse  più  facilmente  alle  mani  di  lui  la  cro- 
naca di  quello,  e  la  vicinanza  bastò  perchè  gli  animi  non  dissimili  si 
rivelassero  in  opere  non  abbastanza  diverse ,  per  quanto  avean  diversa 
la  natura  e  il  fine. 

0.  T. 


5o4  bibliografia 


Cesare  Q^&l^^Sbi>  —  Le  mura  di  Boma,  con  una  pianta 
direttiva  alle  cinte  Serviana  ed  Ànreliana  e  alla  città 

Leonina.  —  Roma^  (Loescher)  1880. 

È  UD  volume  di  modestissime  proporzioni  ma  di  qualche  pregia  é  (fi- 
viso  in  XIX  capitoli,  con  una  conclusione  ed  una  pianta  litognfiui. 
L* autore,  eh' è  un  uffiziale  del  nostro  esercito,  considera  le  oort 
di  Roma  principalmente  dal  punto  di  vista  strategico;  ma  non  natii- 
scura  perciò  la  storia,  ed  anzi  la  riassume  con  gran  diligenza,  e  io  ge- 
nere secondo  gli  ultimi  studi.  Le  principali  fonti  da  lui  consaltata  sono: 
gì*  itinerari  del  fnedio  evo,  gli  scritti  del  Donati,  del  Nibby,  del  Piale, 
del  Canina,  del  Lanciani  e  di  altri  autorevoli  topografi.  Nelle  prime  ps* 
gine  descrive  con  precisione  la  cinta  delle  mura  di  Aureliano,  dalla  i^^ 
giustamente  elimina  la  porta  Collina,  che  assegna  al  recinto  Servio 
e  colloca  tra  il  Macao  e  la  via  20  Settembre,  giusta  le  recenti  scop^^' 
Riguardo  alla  porta  Pin,  V  A.  reca  particolarità  interessanti  tratte  ^^ 
vita  di  Michelangelo  del  Gotti.  Insiste  a  buon  diritto  neir  escluda ^ 
opinione  del  Nibby,  che  attribuì  ad  Onorio  la  cinta  di  Aureliano.  Q*-^^^e*\ 
al  formidabile  passo  di  Vopisco,  sul  circuito  di  Roma ,  V  A.  risponc^       ^ 
Piale  supponendovi  una  lacuna.  Anche  il  Becker  nella  monografia  ^^^\^ 
mura  di  Roma  seguì  questa  ipotesi.  Io  stimo  doversi  preferire  tj^^^^e 
recentissima  del  commend.  De  Rossi,  che  con  un  complesso  di 
storiche  riferi  la  misura  delle  bO  miglia  non  al  perimetro  ma  alIV 
bitus  urbano.  {Piante  di  Roma  etc.  R.  1879  pag.  57  e  seg).  Il 
renghi  si  estendo  poi  con  minute  e  pregevoli  ricerche  sul  bastionf 
iSangallOf  e  conclude  con  giuste  lagnanze  dell'incuria  colla  quale  è  te 
nula  al  presente  qu^st'  insigne  opera  dell'  arte  militare  moderna.  CoUoc^^^ 
la  porta  Anrelia  al  di  qua  del  ponte  Vaticano,   e  la  dice  trasportata 
diiX)i  sulla  testata  del  ponte  Elio  (pag.  72).  Determina  la  situazione  della 
|)orta  Trionfale  al  di  là  del  Tevere  sul  ponte  Vaticano  suddetto.  Quant» 
alla  porta  Aurelia,  l'A.  con  lodevole  coraggio  si  è  cacciato  nel  ginepraio 
storico-topografico  che  impedisce  veder  chiaro  sul  sito  relativo.  Egli  am- 
raett*^  la  contro-porta  del  Nibby:  soltanto  emenda  il  nome  della  mede- 
sima, Collina  f  in  Cornelia  sulla  scorta  del  Canina.  Tuttavia  la  origin*» 
e  la  certezza  del  nome  Collina^  con  varianti  che  mantennero  la  stessa 
radicale,  è  sufficientemente  dimostrata  {Archivio  dflla  Società  Ro>n, 
di  St.  Patria  voi.  HI  p.  146).  L'  A.  suppone  la  continuazione  delle  mura 
sul  ponte  Elio,  ed  approva  la  lezione  continuata  di  porta  sci  Petri  in 
Hadrianio  rifiutata  dal  Jordan  {Top.  der  Stadt  Rom.  II.  166).  Molte 
e  belle  particolarità  risguardanti  il  castel  s.  Angelo  estrae  il  eh.  A  dai 
Registri  dell'Archivio  di  Stato,  sopratutto  del  tempo  di  Urbano  Vili. 
Noterò,  per  essere  imparziale,  che  il  castel  s.  Angelo  nell'  a.  1378  era 


^Bibliografia 


\  franM»!  e  orna  odali  ti  al  Gonletto,  e  che  qnesti  miliiavn  □□□ 
t  Ongorìo  Xl.com»  il  eh.  A  Iib  seritCo  (p.  S3),  mx  per  Clpmpnt?  VII 
ili  quell'anno  ai  «rr^ae,  pili  che  per  fame,  per  conse- 
a  dopo  la  liallaglia  di  Murino.   La  linea  delle  mura, 
I  csheIIo  alla  porta  Flaminia,  viene  dall'A.  egregìnmenle  reatiluita 
blI'^DUmeraiioiie  delle  patieriile,  argiiiorMa  gi^  di  eceellenli  diaqui- 
I.  Preaid^nip  (Arili,  di  Sf.  Patria  voi.  1  )■  Nfill'iil- 
ba  parte  del  libro  ai  evolgano  le  migliori  tesiimoniariEe  nnticljp  e  re- 
>  della  cinta  di  Servio  Tullio.  L'A.  non  aci'uijliR  l'opinione 
i)  ob.  ctv.  Laudani  sul  «ilo  preciso  della  porla  Fon  tinaie  (p.  lìd}.  Ac- 
Mdì  flepltmo7ilium  come  Biiome  dell»  ciitji  [p.  134), 
^b«iB  ni  ciò  i  critici  non  alano  della  ateaia  «enlenia  (  of.  Jordun  ^  op. 
U  p.  KM  e  legg.)  I  capitoli  XIV  e  XV  riguardano  In  ciil4  Leoūn 
e  ine  addiiioni  po«tepÌori.  Con  initnila  paiienia  il  «ig.  Qunrenghì  rie- 
poga,  «lilla  scarta  delle  più  recenti  open^,  la  storia  delle  furiiScazioni 
)  XVI.  Bellitiima  ooiizie  ci  poi'ge  iiitoTno  al  recìnto 
Kliewui-OiBnicolense  di  L'rhano  Vili,  eetralie  liai   regisiri  dell' Ar- 
|1tìo  «li  Siat.>  (cnp.  XVIII J.  Termina  con  osserva/ oiii  leeniohe,  mi 
a  Aureliaue,  dedotte  dai  ruggnagli  del  sig.  maggiore  Pox- 
LLt.  A  proposito  delle  quali  mi  piace  di  aggiungere  che  la  aemplioiljt 
ra  Salariu-Plnciane  rilevata  dal  Puuilli  ha  non  causa  storica, 
re  il  fatto  dell'essere  state  in  Trella  risarcite,  dopo  lo  sman- 
i>  fattone  da.  Totila.  Del  resto,  a  prescindere  dagli  errori  tipo- 
i  {  VtAUco,  Gi-egorin  n per  XI,  Turcia  per  Tuaria  eie.)  quello 
0  del  sig.  Quarenghi  h  alquanto   utile   e  dlletlerole;   utile   per- 
di» corredato  di  storiche  note,  dilettevole  percbi^  disposto  per  ordine 
<ju*BÌ  d' il iu erario.  Egli  ha  molto  bene  apeso  il  tempo  nello  scriverlo, 
I       «se  n»  farà  un'ultra  eJiiione  potrà  aggiungervi,  per  CAmpinetit» «M- 
^Repera,  le  notiiie  dello  muro  urbano  anteriori  n  Servio  Tollio. 

1 


ione  Btiir  orti  ina  mento  dell' ArchiTÌo  Comunale  di  Jesi 
ignito  dal  Canonico  Aurelio  Zoughi  di  Fabriano,  per 
inunisaione  del  Sindaco  cav:  Alessandro  Ferri. 


I  II  cKBontM  Zongbi  i  nn  dotto  di  instancabils  operosità.  Cinque  anni 
o  compierà  il  riordinaménto  dell'Archivio  Comunale  della  patria 
Pabr.ano:  ora  con  questa  relaùone  dà  conto  del  riordinamento  ddl'Ar- 
cbivìo  bua  più  vasto  della  e  Ila  di  Jesi.  Modesti  ina  faticosi  lavori,  che 
la  «tessa  riconoacenza  degli  studiosi  delle  cose  storiche  non  ricompensa 
..  Dio  Tolecx"  eh»  miti  i  Comuni  italiani,  e  quelli  special- 


5o6  bibliografia 


mente  ì  quali  vantano  origine  antica  e  storia  gloriosa,  affidassero  gli 
Archivi  loro  alle  cure  di  uomini  come  lo  Zonghi  !  Due  meriti  principal- 
mente ci  sembra  che  abbia  il  lavoro  dello  Zonghi:  quello  di  non  avere 
distrutto  alcun  documento,  per  quanto  potesse  parere  di  poco  valore: 
e  quello  di  avere  riordinato  una  cosi  grande  mole  di  carte,  non  se- 
condo concetti  astratti ,  ma  secondo  la  disposizione  che  già  avevano  an- 
ticamente, o  che  veniva  designata  dalla  medesimezza  delle  materie. 

I  documenti  del T  Archivio  di  Jesi  non  risalgono  a  molto  remota  an- 
tichità; né  per  quanto  accurate  ricerche  abbia  fatte  lo  Zonghi  è  riu- 
scito a  trovarne  alcuno  che  ricordasse  la  nascita  di  Federico  II  im- 
peratore, avvenuta  in  Jesi  il  2(S  Decembre  1194.  Però  giova  notare 
che  le  testimonianze  di  Riccardo  da  San  Germano,  di  Alberto  Stadense, 
e  di  Fra  Saliml)ene  riferite  dalPHuillard-Brebolles  (Hist.  Dipi.  Frid.  II 
I  p.  pag.  1-2)  pongono  fuori  di  dubbio  questo  fatto,  la  verità  del  quale 
lo  Zonghi  par  dolente  di  non' aver  potuto  accertare  coi  documentL 
Delle  877  pergamene  jesine  la  più  antica  è  del  1211  ^  la  più  moderna 
del  1793.  A  questa  prima  e  più  importante  raccolta  dell*  Archivio,  lo 
Zonghi  ha  fatto  seguire  quella  dei  Fallii,  dei  Codici,  dei  Libri  ordinati 
per  materie  secondo  la  disposizione  primitiva,  dei  carteggi,  delle  sup- 
pliche, e  delle  miscellanee.  La  raccolta  de  Fallii  è  cosa  tutta  speciale 
deir  Archivio  di  Jesi.  Il  giorno  della  Festa  di  San  Floriano  aveva  luogo 
a  Jesi  il  tiro  a  segno  con  la  balestra  istituito  fìno  dalTanno  1453, 
e  tutti  i  castelli  dipendenti  in  queir  occasione  solevano  mandare  un 
pallio  al  Comune.  Chiamasi  perciò  raccolta  dei  Palili  la  serie  dei  man- 
dati di  procura  fatti  dai  castelli  soggetti  a  Jesi  per  V  offerta  dei  Pallit 

1.  O. 

Cagnoni  6.  —  Vita  di  Luigi  Maria  Rezzi.  Imola  ^   Ga- 
leati,  1879. 

La  fitatnpa  italiana  è  stata  unanime  nel  tril)utar  lodi  a  quest'opera 
deir egregio  prof.  Ciignoni,  e  noi,  se  non  farciamo  eco  in  queste  pa- 
gine a  tali  iodi  perchè  co  io  vieterebbe  la  modestia  di  quel  valeninonio, 
non  possiamo  tuttavia  railenerci  dal  dare  ai  lettori  (ielT-tr  7/iri'')  un 
breve  cenno  del  suo  libro,  trattandosi  di  un  soggetto  jx'l  qu;iN'  Roma 
non  |)uò  non  sentire  \in  giusto  interessamento.  Il  nome  di^l  l*iac»Miii:;o 
Abaie  Luigi  Maria  Rezzi  si  collega  intimam.'n'e  colla  storia  le'teraria 
di  questa  ciit.\  durante  quel  periodo  nel  quale  le  lettere  cominciarono 
a  preparare  il  rinnovamento  italiano.  L'opera  di  lui  non  fu  riimi)ro>a, 
ma,  qiianto  modesta,  ctììcace:  imperocché  al  Rezzi  si  deve  fso  la  Si*u«>la 
di  eiixiuenza  nella  l 'ni versiti  di  Roma  non  fu  più  una  parola  vana,  e 
a  lui   tocca    il   mt;riio  di   aver  resi  (amil  ari  i  giovani  alla  lettura  dei 


bibliografia  Soy 


clatsici  nazionali  senza  disamorarli  o  distoglierli  dai  latini  e  dai  greci; 
come  pure  di  aver  trasformato  T  umile  tirocinio  scolastico  in  una  vir- 
tuosa palestra,  donde  gli  alunni  uscirono  buoni  scritttori  e  migliori  cit- 
tadini. \\  Cagnoni,  che  va  noverato  fra  i  più  eletti  discepoli  del  Rezzi, 
ha  preso  in  questo  volume  a  descrivere  la  vita  delTamato  maestro,  e 
narrandone  le  varie  e  fortunose  vicende  porta  la  luce  sopra  fatti  spesso 
di  una  importanza  assai  maggiore  che  non  quella  di  una  semplice  bio- 
grafia. Tale  invero  parrà  a  chiunque  apra  questo  volume,  tuttociò  che 
Ti  è  raccontato  a  proposito  delle  relaz  oni  passate  fra  il  Rezzi  e  i  Ge- 
suiti, nel  quale  racconto  occorrono  non  poche  pagine  che  sono  anche 
la  storia  di  Roma  in  quel  tempo,  o  piuttosto  della  Curia  papale  e  della 
Compagnia  di  Gesù.  La  esposizione  lucida  e  accurata  dei  fatti  è  corre- 
data da  una  copiosa  serie  di  documenti  originali,  taluni  dei  quali  vera- 
mente curiosi,  e  il  libro  è  cosi  forbitamente  scritto  che  fu  rimeritato 
di  premio  dalla  Accademia  della  Crusca. 

E.  M. 

6.  Dnruy.  Une  cause  célèbre  au  XVP  8Ìècle.  Le  procès 
des  neyeux  du  Pape  Paul  IV. 

Richiamiamo  l'attenzione  dei  lettori  su  questo  articolo  pubblicato 
nella  Nouvelle  Revue  dal  signor  Duruy  intorno  al  processo  dei  nipoti  di 
Paolo  IV.  È  un  breve  lavoro  scritto  vivacemente  con  molto  ingegno  e 
molta  conoscenza  dei  tempi  e  degli  uomini  dei  quali  si  tratta.  Le  arti 
colle  quali  Caraffa  impadronitosi  dell'animo  severo  dello  zio  pontefice, 
seppe  mutarsi  da  spadaccino  in  cardinale, e  dominare  un  tratto  in  Roma 
e  fuori,  lo  ingrandimento  rap'do  della  famiglia  Caraffa  e  ii  rapido  cadérti 
dal  favor  del  pontefice,  sono  materia  alia  prima  parte  di  questo  scritto. 
Appiesso  con  colori  cupi  efficacemente  è  dipinta  la  tragica  fine  della 
Duchessa  di  Fallano  strozzata  nel  castello  di  Gallese  dal  come  d'Alife 
suo  fratello  e  da  L'-onaido  di  Cardine  per  conto  del  marito  oltraggiato. 
Il  crudele  atto  che  passò  impunito  e  quasi  inosservato  dapprima,  fu  indi 
a  poco  il  principio  alla  rovina  dei  Caraffa.  La  nimicizia  tra  questi  e 
i  Colonna  era  cagione  di  una  guerra  sorda  e  implacabile  ne!la  quale 
i  Colonna,  cercavano  di  volgore  contro  il  cardinale  Caraffa  T animo  di 
Pio  IV,  e  il  cardinale  sforzavasi  di  manteners.-lo  amico  facendosi  credere 
caro  a  Filppo  II  e  potente  presso  di  lui.  Ma  quando  T  ambasciatore  di 
Spagna,  amico  ai  Colonna,  seppe  destramente  chiarire  il  pontefice  che 
a  Filippo  nulla  caleva  del  Caraff*a,  a  un  tratto  contro  lui  e  contro  il 
Duca  di  Paliano  scoppiò  Tira  iwntificia  siccome  un  fulmine.  Arrestati 
e  tratti  in  Castel  S.  Angelo,  i  due  fratelli  furono  sottoposti  ad  un  pro- 
cesso più  iniquo  delle  loro  colpe,  lungo,  minuzioso,  crudele,  condotto 


'  r 


5o8  "Sibliogrf^ 


dal  ficcale  Antonio  P|illantierì  nemìoo  e  odiatore  dd  cawUiiale,  La 
narras^one  di  questo  prócetao  e  del  modo  coma  tx  coodomo^  ci  acatek 
la  parte  migliore  del  lavoro  dei  aigaor  Dwenj^  ti  qumìm  per  ceto  ht 
potuto  eeaminar  molte  earte  deli*AreliìTÌo  di  Slato  e  dell*Ardùna 
Borghese  sempre  generosamente  e  liberalpiente  aperto  «gii  ata&  Al 
processo  tenne  dietro  la  condanna  di  morte  eaeguita  iamediMameale 
ma  non  senza  vendetta  «  imperocché  più  taiìii,  enendo  powteflea  Fio  ▼, 
il  processo  fa  riveduto»  gittd!(6ato  Imq^,  e  ff  FÌ4Iàii(i<nri 
'  In  brevi  parole  é  il  sunto  del  laToro  del  signor  Tkunj  ette  et 
meritar  lode  per  aver  saputo  hi  poco  speiio  eoa  dottrlÉt  aoMa  ei 
elegansa,  scrivere  usa  buo^  paginlt  d^lla  etorìa  sostimi 


*  » 


Nei  prossimi  fitscicoli  sarà  tenuto  proponto  dflOe 
gnenti  importanti  pabblìcasioni:  ^ 

F.  Kaltenbnmner ^  Pabstnrkàuden  in  Italìen,  Wièm  Ì8ti. 
(estratto  dal  Resoconto  delle  sedute  della  eksso  itoiÌMh 

fllosofiea  dell^imp.  Accademia  della  Sdfinaa^ds  TIsBoa). 

!•  Friedrieli^  Zar  Sltesten  Oeschichte  dea  PrimàlM  in 

der  Kirche,  Bonn  1879. 

H.    Bresslau^  Jahrbucher  des   Deutschen   Reichs  nnter 

Kourad  li,  voi.  I,  1024-1031.  Leipeig\  1879. 

B.  Krnscli^  Studien  zur  Christlich-mittelatterlichen  Chro- 
nologie  —  Der  84jàhrige  Ostercyclus  und  seme  Quellen, 
Leipzig^  Veit  &  camp,  1880. 

M.  Brosch^  Geschichte  des  Kirchenstaates,  voi/ I,  il  16 
e  17  secolo,  Gotha.  PertheSy  1880. 


Archivio  storico  artistico  archeologico  «  IHterarlo  deilA  città 
«•  proTlnda  di  Roma.  Ann.  VI.  Tol.  IV.  fase.  2.  —  F.  Gori.  1  prin- 
cipali Tatti  d' arme  e  ^li  accttmpamenti  degli  Ostrogoti  condotti  dn 
Viti||;e  intorno  alle  mura  di  Roma,  esposti  e  riscontrati  per  la  prima 
volta.  —  A.  Bertototti.  Eepoitaiione  di  oggetti  di  belle  arti  da  Romn 
per  1"  Inghilterra. 

ArchiTlo  Btorlco  Italiano.  Tom.  Y.  diep.  1.  ISSO.  —  Documenti 
illoatrati.  M.  MoàigUani.  Oli  Statuti  del  Cornane  d' Àughiarì.  —  Mc' 
morie  Originali.  —  F.  Lampfriico.  Ugiiccione  delia  Faggiuola  a  Vi- 
oeota.  —  Cr.  FricBom.  L'arte  italiana  nella  galleria  nazionale  di  Lon- 
dra. —  A.  D.  Ferrerò.  Àppuuti  in  risposta  ad  una  Memoria  del  barone 
Camtti  intitolata:  Di  un  punto  di  Storia  Ài-cana,  —  Rassegna  Biblto- 
yniBc»,  —  Varietà  —  Notizie  Varie.  —  Annunzi  Bibliografici.  —  Piib- 
bliCMiioni  Periodiche. 


Dispensa  II.  Documenti  illustrati.  C.  Minieri'Bìcao.  II  Regno  di 
(Jkrio  I  d' Angiò  dal  2  Gennaio  1273  al  31  Deoembre  1283.  --  A.  Bai- 
goni.  Carteggio  dell'  Ab.  Ferdinando  Galiani  col  Marcheee  TonuccL  ~ 
Memorie  Originali.  Murasi.  Intorno  al  motivo  dell'  abdicazione  del- 
l'Imperatore  Diocleziano.  —  A.  Solando.  Geografia  politica  e  corogra- 
fica dell'Italia  Imperiale  nei  secoli  IX  e  X.  — £.  Malfatti.  L'istituto 
per  le  Indagini  di  Storia  Anatrioca.  —  Eassegna  Bibliografica.  —  Va- 
rietà.—  Notizie  varie.  —  Necrologia.  —  Annunzi  Bibliografici.  —  Pnb- 
blicasioDÌ  periodiche. 

ArcUvio  etorico  p^r  le  Provluce  Napoletane.  An.  IV.  fase.  IV. 
Atti  del  primo  Congresso  delle  R.  Deputazioni  e  Società  Italiane  di 
Storia  patria. 

Archivio  Teneto.  T.  SIX.  p.  I.  —  Memorie  Originali.  —  F.  Novali. 
La  vita  e  le  opere  di  Domenico  Bordigallo.  —  C.  Cipolla.  L' acchivio 
della  camera  fiscale  di  Verona  al  cadere  della  Republìca  veneta.  — 
E.  Simonafeld,  La  cronaca  Altinate.  —  G.  S.  Giuliani.  Istoria  monu- 
mentale, letteraria,  paleografica  della  capitolare  biblioteca  di  Ve- 


roni.  —  DoeniMnti  iltiutrati.  G.  Giamo,  l»  BabcìclM  M  LiW  J 
dd  S«iuila  perdati.  —  V.  Peuloran.  DocamenU  per  l*  itMiÉ  Uk 
■e«M  Veneta.  — Aneddoti  Storici  e  U-tterari.  —  j''.  Fmli%.  OiSàlm 
KngM^  —  Boagegna  Uiblìogr»fica.  —  Varietà.  —  NecrologUL  - 
delU  R.  Deputuione  Veiietk  dk  Sutri»  Patrìft.  —  C.  Ofwlk.  TUk  B» 
curdi  ConiitÌ5.  —  H.  Fuitn.  U  apedisioiie  dì  Cmìo  Vili  in  Ualik  iw- 
contala  da  Harin  Sanudo.  —  Bulletlino  biUiogrxfico. 

Blblietbèqoe  de  TÉcole  d«s  chart*».  An.  1880.  1."  Lima.- 
A,  Brurì.  £tudes  eur  tu  ttironologie  des  rois  de  Fnuic«  et  de  ItBa^ 
gogne  d'udire»  lei  dipldme*  ei  lei  charfes  de  l'abbaje  de  Unnr  dolX. 
et  X  «i^les.  —  /.  Qmditrat.  Jean  de  Meung  et  «a  autieoD  k  Par».— 
M.  deMondar.  Une  bulle  inèdite  de  Clément  V.  —  Bibliograplm. — 
Livrea  nouteaoi.  —  Uhrooiqaefl  et  métaogei. 

BoltetUno  dell*  Istituto  di  corri spondenu  arcbrolodea.  Gen. 
e  Febb.  18S0.  —  Adunanza   solenne   intitolala  al   natale  di  WìDctel- 
rnann.  .Keaieit.  Discorto  inaagnrale.  ~  A'W^aKuin.  Specchi 
con  so«tegnD  in  forma  di  Venere  ed  Amonoì.  —  Miìbig.  Scoperte  dì 
Hìoene  ed  età  de'  mannmenti  miceneai.  --  Scavi  di  Todi  e  di  Pompei. 
Huaeo  Onvaroff. 

Marzo  ISSO.  ~  Adana&Es  dei  16  s  SS  Oennaio.  ~  Baailìe»  Ftalria 
Emilia.  —  Scavi  di  Coroeto  e  sul  lago  di  Neini.  —  Origini 


HiltheilnBgeii  dea  Iiistftats  far  Oesterrlsche  ()«8cliIcMBron- 
chong.  I.  Bd.  2.  Heft  188U.  —  J.  Fid:tr.  Die  geaetEliohe  Eioftlfaniag, 
der  Todestrafe  fQr  Ketierei.  ~  T.  SiekfL  Neuana  fertigong  oder  Ap- 
peooii?  Eio  Commentar  tu  zweì  EOnigvarkundcn  fQr  Herford.  ~ 
Joppi  nnd  E.  SliMbMhfr.  Unedirte  Dìploiue  aus  Aquileja  (m»-1068). 
Mitgetheilt  fon  V.  Joppi.  nnd  erg&nit  au«  detn  Apparai  der  Mi 
menta  Germanìae.  Mit  einer  Einlestung  ?on  E.  Uahllucher.  —  Kletne 
Mittheilaugen.  —  Litesatnr. 

KcTlsta  d«  Clenclas  hlatorkas  pablicada  por  C  Sanpere  j  IC- 
qoel.  Abril  1830.  —  C.  Sanptrt  y  Mìfud.  Coutrìbudon  al  eatnlio  de  Ik 
religion  de  los  Iberoi.  —  /.  Paaeaal.  —  Priucipìos.  pnogrpiaM  j  deca> 
dencia  del  Beai  Honasterio  de  S.  Vicente  de  Geni.  —  G.  8e»tiH4mé 
Carta  al  Bej  Andronico  e]  Paleologo.  Apologia  de  landrìDOB.  A,  JV- 
flriiJ*  y  Moline.  Miacelànea  Nomismatica,  ~  Bciista  critiak  —  Befi- 
ittas  7  perìòdìcos.  —  Noticiaa. 


Periodici  5 1 1 


Seyae  <l-itiqae  d'talstoire  et  de  littératnre.  Nnm.  11.  15 
man  1880  —  Recensione  di  E.  Muntz  intorno  air  opera  del  De  Bossi 
^ianAe  icnografiche  e  prospettiche  di  Boma  anteriori  al  secolo  XVI. 

• 

Reyae  archéologriqne.  Livr.  III.  mars  1880.  —  ChdbouiUet.  Notice 
sur  des  inscriptions  et  dea  antìquités  provenant  de  Bourbonne-les-Bains. 
JE.  Des  Jardins.  La  bome  milliaire  de  Paris.  —  H,  A,  Mazard,  Se- 
polture antique  de  Ceretolo.  —  3f.  de  Eochambeau,  Un  nouvean  cachet 
d*oculiste  romain  découvert  k  Fontaine-en-Sologne.  —  Bullettin  men- 
suel  de  TAcadémie  des  inscriptions.  —  Nouvelles  archéologiqnes.  —  Bi- 
bliographie. 

Reme  Historiqne.  XII.  2.  Mars-Avril  1880.  —  B,  LaUier.  Le  procès 
de  C.  Rabirius.  —  A.  Sorel  La  diplomatie  fi'an9aise  et  TEspagne  de  1792 
k  1796.  II.  Le  comité  de  Salut  public  de  Tan  III  et  TEspagne.  — 
C  Bréard,  Un  Corsaire  normand;  Mémoires  de  Jean  Doublet  de  Hon- 
flenr  (fin).  —  B,  du  Casse.  Documents  inédits  relatifs  au  premier  Em- 
pire: Napoléon  I  et  le  roi  Louis  (1809-1810).  —  Bulletin  historique. — 
Comptes  rendus  critiques.  —  Publication  périodiques  et  Sociétés  sa- 
vantes.  —  Chronique  et  Bibliographie. 

Seyne  des  questiona  historiqnes.  54.«  livr.  Avril  1880.-^1.  La- 
pòtre.  Hadrien  II  et  les  fausses  Ddcrétales.  —  P.  Fournier.  Les  conflits 
de  juridìction  entro  TÉglise  et  le  pouvoir  séculier,  de  1180  k  1528. — 
E.  de  Barthélemy,  Catherine  de  Médicis,  le  Due  de  Guise  et  le  traité 
de  Nemours,  d'aprèa  des  documents  inédits.  —  V.  Pierre.  L'école  sons 
la  revolution  fran9aise,  1789-1802.  —  Mélanges.  —  Conrriers.  —  Revue 
des  recueils  périodiques.  —  Bullettin  Bibliographique. 

Studi  e  documenti  di  storia  e  diritto.  Anno  I.  fase.  1.°  e  2.^  Genn. 
Gingno  1880.  —  Prefazione.  —  G.  B.  De  Bossi  L'elogio  funebre  di  Tu- 
ria,  scritto  dal  marito  Q.  Lucrezio  Vespillone  console  neiranno  di 
Boma  785. —  J.  Alibrandi.  Sopra  alcuni  frammenti  di  antichi  giure- 
consulti romani.  Art.  1.®  Frammenti  del  libro  V  dei  Responsi  di  Pa- 
pi niano.  —  C.  L.  Visconti..  Il  quinipondio  ed  il  tresse  del  medagliere 
vaticano.  —  C  Be.  Dì  un  nuovo  ms.  del  commentario  di  Bulgaro  al  ti- 
tolo delle  pandette  de  regidis  juris.  —  G.  Tomassetti.  Una  lettera  di 
Clemente  XI  al  duca  di  Parma  e  Piacenza.  —  j&.  Stevenson.  La  basi- 
lica di  s.  Sinforosa  sulla  via  Tiburtina,  nel  medio  evo.  —  Cenni  biblio- 
grafici di  pubblicazioni  periodiche.  —  DocumentL  —  Statuti  dei  mer- 
canti di  Roma.  —  Regesto  della  chiesa  di  Tivoli. 


5l2 


Periodici 


mBtoriBOhe  Zeltscl^fl.  Jahrg.  1880.  Heft  a.  —  B.  Nime.  Kii- 
tisohe  Bemerkungen  ùber  die  ftltere  grieehiaohe  Gteaebichte  and  ito» 
UeberlieferoDg.  —  H,  Sybd.  Die  karolingiachen  Annalen.  —  £.9. 
Stockmar.  Zar  Eritik  dea  Moniteur  ala  Geschichieqaelle.  —  liten- 
turbericht. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


BILANCIO 


DELL'ESERCIZIO    1879 

SECONDO  DELLA  SOCIETÀ 


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5i6  cAtti  della  Società 


Esaminato  il  presente  resoconto  della  Società  romana 
di  Storia  patria  ed  il  suo  relativo  Bilancio  deir  esercizio  1878 
è  stato  riconosciuto  dai  sottoscritti  in  ogni  sua  parte  esat- 
tissimo. 


I  Sindaci 

GIUSEPPE  CUGNONI 
ERNESTO  MONACI 


oAtti  della  Società  5 17 


BMmone  tenuta  nd  giorno  13  decembre  1879 
in  casa  dd  Presidente. 

n  Segretario  legge  il  processo  verbale  della  rìnnione 
antecedente  che  viene  approvato.  H  Presidente  rende  conto 
della  visita  fatta  al  Sindaco  di  Roma  insieme  ai  soci  Ca- 
gnoni e  Lanciani,  e  riferisce  che  il  Sindaco  consigliò  la 
Società  d*  aspettare  ancora  nn  poco  prima  di  chiedere  nn 
nnovo  sussidio,  e  affermò  essere  sua  intenzione  che  la  So- 
cietà abbia  una  Sede  nella  Biblioteca  Comunale.  A  questo 
effetto  pregò  il  socio  cav.  Lanciani  d'intendersi  col  signor 
Felice  Scifoni  Bibliotecario  Comunale.  Il  Segretario  legge 
la  lettera  colla  quale  il  professor  Giesebrecht  accetta  rin- 
graziando la  nomina  a  socio  corrispondente,  ed  un'altra 
lettera  scritta  dal  prof.  Be  per  presentare  le  sue  dimissioni 
non  parendo  a  lui  conciliabili  i  suoi  doveri  di  sbcio  con 
l'ufficio  di  direttore  del  nuovo  periodico  dell'Accademia 
storico-giuridica.  Le  dimissioni  .sono  accettate.  U  signor 
Ubliotecario  Felice  Scifoni  è  nominato  socio  corrispon- 
dente. 


.ii'J'/iiyto  delia  SiK'irtii  romana  Ji  Storia  patria.  Voi.  III.  ;  ; 


NOTIZIE 


aanmnwmmo  la  pffdita  del  noterò  socio  eorriipo»- 
ilo  oflì  sCmiì  nel  primo  fiore  delU  età.  I  agp 
fategli  averm  dUio  delTiagegao  e  della  operosità  sua,  promettenna 
affi  ai»£  fiblisfìà  e  aiorìd  aa  caliore  egvtgio  che  arrebbe  lasciata  trtcòa 
di  sé,  poìcbé  la  Borie  pransciira  lo  troT&  già  cale  da  non  dome  «•- 
laàlawiate  dlmeackaio  dalla  oieniorìa  degli  eruditi.  La  Società  romisi 
pasia,  ael  dame  aananiio,  rimpiange  con  profondo  rincnescimeBUi 
li  mMtc  £  aa  socio  legalo  ad  esn  per  tìocoU  cari  di  speranze  e  dì  affeCtL 
D  Cjhu— j  aKheologieo  di  Francia  sotto  la  direzione  della  Società 
da  arckflologsa«  avrà  Inofo  qaeK*anno  in  Ama.  Il  Congresso  sarà 
il  S9  dì  gia^ao  prossimo»  e  le  qnesUoni  storiche  già  proposts 

»  pabblicato,  fiumo  sperare  die  la  dotta  aa- 
Bua  si  aiaaerà  a»a  frutto. 
S  flìgasir  Lcopolio  DeGsIe  pabUicherà  in  breve  presso  Teditore  Cham- 
|ÒM  £  Paraci,  aa  To^nme  inùiolato  llélaages  de  Paléographie  et  de#i- 
Wbi^TV^*-  Saraaaì  iaaslrati  la  qneita  miscellanea ,  tra  gli  altri  insigni 
CBmff&e«  :2  ^acaw%eo  di  Lìoae  «ndale  del  VI  secolo,  il  papiro  di  S.  Ba» 
aqF9»^  a  l^oae,  e  le  prime  optre  stampate  nel  quindicesimo  saeolo  ad 
A^MiVtea.  !!  ^>^cme  cvaterrà  T«ri  &csimili  imporUntL 

^Vi  es«tfT:x^  :««^uMacari  del  bìbUotecario  Antonio  Panizzi,  hanno  di 
Mcea  «  ;ie^Mea;a:jk  a!  Mas«o  Britaanico  an  Tolame  di  sne  collezioni  e  aeritti 
aam»  a'A  v-.^s  e  a:  lempi  lì  Boai&ào  Vili  ed  alia  abolizione  dell*i 


COEREZIOXK 

tS^   4';  >5.  :?.  jnrwy  il  Girar a:o  Ua'ji  Dicembri? 


ELENCO  DEI  SOCI 


Soci  Patroni 


Eccellentissimo  Municipio  di  Roma 
Marchese  Caracciolo  di  Bella  Roma 
Principe  Giustiniani  Bandini  Roma 
Marchese  Filippo  Marignoli  Roma 
Cav.  Emilio  Nobile  Pinchia  Torino 
Sig.  Luigi  Avv.  Provenzani    Roma 


Comm.  Quintino  Sella  Roma 
Comm.  Pietro  Tomraasini  Roma 
Duca  D.  Leopoldo  Torlonia  Roma 
D.  Paolo  Borghese,  prin- 
cipe di  Sulmona  Roma 


Soci  Contribuenti 


Ademollo  Comm.  Ales- 
sandro Roma 
Adorni  Giovanni             Parma 
Ambasciatore  di  Spagna 
presso  la  S.  S.             Roma 


Ai^no  Giacomo 

» 

Azzurri  Prof.  Francesco 

» 

Arcadia  (Accademia  di) 

» 

Archivio  di  Stato 

» 

Antonelli  D.'  Giulio 

» 

Braschi  Duca  Don  Ro- 

mualdo 

» 

Berger  Elia 

1» 

Biblioteca  Vittorio  Ema- 

nuele 

» 

—  dell*  Istituto  Archeo- 

logico 

» 

—  della  Scuola  Francese 

di  Roma 

» 

—  Angelica 

» 

—  Nazionale  di 

Napoli 

—  Comunale  di 

Verona 

—  Comunale  di 

Siena 

—  Corsiniana 

Roma 

—  Universitaria  di 

• 

Heidelberg 

—  Universitaria  di 

Marhurg 

—  di 

Monaco 

Bossi  Francesco  Roma 

Bianchi  Luigi  » 

Bontadosi  Aw.  Annibale  » 
Biolchini  Avv.  Francesco  » 
Bianchi  Prof.  Salvatore  » 
Brenda  Cav.  Cesare  » 

Belloni  Paolo  » 

Balzani    Conte    Anni- 
bale Montecelio 
Balzani  Contessa  Augusta  Roma 
Brizio  Edoardo  Bologna 
Brigola  Giovanni             Milano 
Buccelli  Prof.  Francesco  Viterbo 
Bocca  libraio  (copie  12)  Roma 
Buonaccorsi  Ferdinando  Viterbo 
Campello    Della   Spina 

QM  Paolo  Roma 

Coresi  Decio  » 

Capranica  M.m  Stefano        » 
Cavalletti   Zucchi  Vin- 
cenzo » 
Carina  Prof.  Cav.  Ales- 
sandro                             » 
'  Chigi  Principe  D.  Mario      » 
Castellani  Cav.  Augusto     » 
Castellani  Alessandro          » 
Cagiati  Cav.  Filippo           » 


520 

Elenco  dei  Soci 

1 

Cariroini  Luci 

Roma 

Loescher  <  copie  ao) 

^ 

C«mìi  Cotnm.  Cesare 

Milano 

Cermtoli  Maria 

ftWM 

Merolli  Paolo  Emilio 

1 

Cwella  Aw.  Coiwiglie 

Malfatti   Prof.    Bartolo-                    | 

re  N. 

.VdTOU 

meo 

f-««p 

Carini  Avr.  Pietro 

Roma 

Monami  VhicetiM 

Roma 

Cugnoni  Prof.  Giuseppe 

. 

• 

Bel  Drago  P.  D.  Ferdì- 

Moniìroli  Giovanni 

> 

naodo 

Micheli  Michele 

MiUmo 

D'Ona  (Vitconie) 

Muntz  Eugenio 

Parigi 

De  Cupi*  Cesare 

Nainer  Telemaco 

Rom» 

De  CupÌ5  Enrico 

Nogara  Emeslo 

Milamo 

Dei  Giunio 

Oieni  Pasquale 

Roma 

D'Ancona  Prof.  Alessan- 

Ottino Cai.  Giuseppe 

Mila» 

dro 

Pisa 

Palmieri  0.'  Gregorio 

Roma 

Del  Gallo  M."  Alberto 

Roma 

Prillevitt  L. 

MfUan 

De  Btacas  Come  B. 

Parigi 

Pieri  Pietro 

Roma 

De  Busker  H.  S.  Biblio- 

Podestà  Barone  Bartolo- 

lecario   della    Società 

meo 

*^m 

Bruxelles 

Pasquali  D.'  Ercole 

-^1 

Flamini  Camillo 

PintoD/  Giureppe<  co- 

^1 

Fumi  Cav.  Luigi 

pie») 

"  ^ 

Ferreiti  C."  Corrado 

Re  Prof.  Cammino 

Fabi  Aliini  Prof.  N. 

Rosii  Cav.  Gian  Carlo 

1, 

Gauitieri  »vv.  Luigi 

Ricci  M."  Giacomo 

Civltanwa    , 

Geffroy  A. 

Rossi  Cav.  Anionio 

Como            , 

Guam  ieri  Odosrdo 

Resse  Come  Pio 

Flrenit         1 

Gargiullo  Prof.  Filippo 

Romani  Francesco 

Roou,             ■ 

Gravassi  Gabriele 

Riant  Come 

Galli  Prof.  D.  Ignaiio 

Velìetri 

SpithOver  (copie  i») 

^!^H 

Crajani  C.'-  Francesco 

Macerala 

Spada  Alessandro 

■^^^H 

Gemili  di  Rovellone  M 

Scamelli  Pio 

*^^^^l 

Tarquinio 

SanseverÌHo 

Sparagna  Alfonso 

^^^H 

Gabrielli  P.  D.  Placido 

Roma 

Silenti  Adolfo 

'^H 

Hoepli  Ulrico 

Milano 

Scali)  Comm  end.  Prof. 

-^H 

Jacobini  Alfonso 

Roma 

Francesco 

■^^ 

Leoni  Comm.  Quirino 

Serny  Emilio 

Lupacchioli     Avr.    Sci- 

pione 

Santoni  Can.- Prof.  Mil- 

^^1 

Lovatelli  C."  Ersilia 

ziade 

Lavaggi  M.»  Michele 

Tanlongo  Pietro 

^^^^H 

Lavaggi  M."  Ignaiio 

Tiitoni  Tommaso 

^^^^^1 

Leziani  Paolo 

Tenerani  Cav,  Carlo 

1 

Elenco  dei  Soci 


521 


Antonio .  Roma 

Vaccai  Cav.  Giulio  » 

Vespignani  C.^  Virginio      » 


Vaganoni  D.r  Bernardo  Zagarolo 
Zagarolo  (  Municipio  di)  Zagarolo 
Zawrisza  C.^  Giovanni  Varsavia 


Soci  Corrispondenti 


Prof.     Comm.    Domenico 

Berti  Roma 

Prof.    Bartolomeo  Malfatti  Firen:(e 
Cav.   Bartolomeo  Podestà     Roma 
Oav.  Luigi  Fumi  Siena 

Sig.   Lorenzo  Leonii  Todi 

Principe  di  Sulmona  Roma 

Prof.   Eduardo  Winkel- 

mann  Heidelberg 

Prof.  Guglielmo  Gieseb> 


recht 

Monaco 

Barone  Alfredo  von  Reu- 

mont 

Monaco 

Dott.  Emilio  Lupi 

Roma 

Cav.  Felice  Scifoni 

Roma 

Sig.  Alessandro  Corvisieri 

Roma 

Dott.  Guido  Levi 

Roma 

Prof.  Atto  Vannucci 

Firenze 

Comm.  Ruggero  Bonghi 

Roma 

Conte  Terenzio  Mamiani 

Roma 

Soci  cAggregati 

al  Consiglio  d'amministrazione 


.  Domenico  Gnoli.  Prof.  Enrico  Stevenson 

Cav.  Aw.  Raffiiele  Ambrosi  De  Magistris. 


e.  DE  FRANCESCHI.  L'Iitria  noie  «loriche.  —  Parenja,  Ou- 
Md,  ■£;■)-  t  vul.  8."  fililla  Ciunu  Provinciale  JcH'Iurìa). 

Sr^TiT^  CoMMCNiTATi»  NDV«tMKMiinoMCCLXXV[Mua,  coIK^n 
notit auiit,  Antnnius  C«turi.  — .Voiurine,  Miglio,  \fDCCCLXXVIlU 
I  rol.  4/  (daU'c-iiiorc). 

A.  VANNUCCI.  I  martiri  itti»  tibcnà  ìtaliuia  dal  1794  il  tS^e  - 
Miitno,  Boriolaiti,  1877.  1  voi.  in^."  (JalfiutixrejL 


Qualsiasi  libro,  periodica,  lettera  od  altra  comtnuni- 
cazione  q>eiditit  alla  Societli  dovrà  esser  direna  «Uà  Sede 
di  questa  nella  Biblioteca  Oiigicma.  palazzo  Cliigi. 

La  Società  oon  £  responsabile  dello  smirrtmcnto  de'lik- 
scicoli  inviati  per  mezzo  delta  posta.  Può  chiunque  dc'Soct 
che  oe  d»  preventivo  avviso  farli  ritirare  alla  Sede  della 
Società  {B^Uoteca  Chigìana)  in  ciascun  giovedì  dalle  ore  9 
ant.  alle  la;  ovvero  pu6  incaricare  del  ritiro  de*  medcsiini 
una  cast  libraria  residente  a  Roma.  Un  fascicolo  separato 
potri  concederai  arsoli  Soci  mediante  il  preuo  di  lire  6. 


DATE  DUE 

STANFORD  UNIVERSITY   UBI 
STANFORD,  CAUFORNl 
94305