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Full text of "Archivio della R. Deputazione romana di storia patria"

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STANFO'^D  UNI 
UR  Attici 

Fasc.  I-II. 


.ontenuto  di  questo  fascicolo 


CALISSE.      CoSlitu/iuuv:    ud  patlimoiìku    u»    oau  i-tcir«j   m 

Tuscia  nel  secolo  xrv pag. 

B.  FONTANA.  Documenti  Vaticani  contro  Tcresia  luterana 
in  Italia 

G.  TOMASSETTl.    Della  campagna  romana  (continuazione)       167 

E.  RODOCANACHl.    Statuti   dell' università   dei  cocchteri 

di  Roma  ij 

E.  CELANI,     Le  pergamene  dell'archivio  Sforia-Ce.sanm     .       li 

M.  PELAEZ.  Visioni  di  s.  Francesca  Romana.  Testo  roRia- 
ncsco  del  secolo  xv,  riveduto  sul  codice  originale,  con 
appunti  grammaticali  e  glossario  (continuazione  e  fine)       25  r 

Varietà  : 

J.  GUIRAUD.     La  badia  d;  F.irfi  :ill:i  Une  .ìrl  ^ccn]o  xru       17^ 
Atti  della  Società      .... 
Bibliografia  : 

KnntUtufbmi  h  t  erg^lnxdeo  Actco- 

tttlctien  iDitpucci  documenti  mcckì- 

•ori).—  Voi.  !•   N_  _  !         ,  .56;    voi.   a*'  Nun- 

tUivtt  dd  Moronc  i^jò-nj*,  educ  d»  Walter  Friedcnsòurg  t*cr 
ÌMC«nco  ileiri.  Ifttluio  nori  co  pruni  ino  in  KomA.  —  Goth*.  1892  |,0.  T.)         29  J 

VntOn«  Colortn»  tnarijlicitji  -di  Pcicir-i  Supflrmcrito  «I  cit'teggn'^i 
raccclio  ed  anni^Tdio  Ji  Domenico  Tordi,  c<in  l'uji^iunfa  dclU  viu 
di  lo,  «critu  da  Flionico  AIlcaraassBO.  —  Tonno,  tirmauno  Loe* 
tcher,  189».  «-tì8  (B.  Foht*x»> ,,....... ^99' 

G.  CUr«tta.  U  regina  Crhtin*  di  Sve«U  in  lialU  (i^s^-iM^) 
Htioor»  storiche  e  «pcdoitiche  con  «locummUi  —  TorinOi  Roui,  itei 
(G.  L) 500 

Notixl^  al 

Periodici  (.\nicoU  e  documenti  relativi  alla  iiorii  dì  Roraa^  ,       )| 
Pubblicazioni  relative  alla  storia  dì  Roinn 


ARCHIVIO 


deUa 


R.  Società   Romana 


di   Storia   Patria 


Volume  XV. 


Roma 

nella   Sede   della   Società 

alla   Biblioteca   Vallicelliana 


1892 


Roma,  Forzani  e  C.  tip.  del  Senato. 


COSTITUZIONE 


Patrimonio  di   S.  Pietro  in   Tuscia 

NEL   SECOLO   XJV 


I 


UANDO  la  Chiesa  romana,  pei  diritti  che  le  erano 
stati  concessi  dagl'imperatori  cristiani,  e  per  le 
offerte  che  i  fedeli  non  avean  mai  cessato  di 
farìe,  ebbe  acquistato  ricchezza  di  beni  stabilì;  distribuì 
questi  in  parti,  che  chhmò  patrimoni,  come  patrimonio  nel 
tempo  romano  si  era  chiamata  la  sostanza  particolare  del 
principe,  e  li  pose,  col  nome  per  lo  più  della  regione  nella 
quale  erano  situati,  sotto  ramministrazione  di  rcHori,  che 
il  papa  nominava.  E  patrimonio  in  generale  signiHcò  l'in- 
sieme dei  possedimenti,  che  vennero  nella  potestà,  anche 
politica,  della  Chiesa,  o,  come  si  diceva,  di  S.  Pietro, 
perchè  in  S.  Pietro  la  Chiesa  stessa  aveva  la  propria  per- 
sonificazione. 

Patrimonio  di  S.  Pietro  venne,  per  tal  maniera,  ad  essere 
tutto  lo  Stato  ecclesiastico.  Siccome  però  le  varie  parti  di 
questo,  oltre  alla  qualità  comune  di  essere  appartenenze 
della  Chiesa,  ne  avevano  poi  talune  speciali,  dovute  alla 
particolarità  delle  loro  condizioni  economiche,  storiche, 
politiche  od  aloe;  cosi,  accanto  alla  comune   denonoina- 


•niKKAt.  ■ooRaiNoiMQ  ( 


77 


S73ST 


contuoi.  mamk 


U^ 


6  C.  Calisse 

zìone,  avevano  anche  norai  ciascuna  a  sé  propri,  in  e 
rispondenza  del  proprio  loro  stato.  Infatti,  a  tal  proposiK==^ 
fra  le  une  provincie  e  le  altre  si  nota  una  differenza  :  cl^^ 
mentre  quelle  che  sì  erano  formate  ad  unità  politica,  i:*^ 
nanzi  dì  essere  aggregate  allo  Stato  della  Chiesa,  mante^a^ 
nero  il  nome  che  già  avevano,   come  quel  di  Romagn:3ji^ 
di    marca    d'Ancona,    di   ducato   spoletano;  altre  invece, 
conseguendo  la  prima  loro  unità  politica  ed  amministrativa 
nel  tempo  e  pel  fatto  che  vennero  sotto  la  dominazione 
pontificia,  ebbero  in  questo  tempo  e  per  questo  fatto  mede- 
simo anche  un  primo  nome  lor  proprio. 

Così  appunto  fu  di  molte  città  della  Toscana,  che,  ve-B 
nute,  per  varie  vicende,  Tuna  dopo  fa! tra,  nel  governo 
temporale  dei  papi,  ne  formarono  la  porzione  giacente 
alla  destra  del  Tevere,  alla  quale  perciò,  nelJa  mancanza 
di  nome  speciale,  fu  conservato  quello  generale  di  Patri^M 
monio  di  5.  Pietro,  aggiuntavi  la  determinazione  ih  Tuscia, 
per  significare  la  parte  dello  Stato  formata  soltanto  dai 
possessi  toscani.  ■ 

Del  Patrimonio  di  Tuscia  sì  ha  ben  presto  notizia. 
Sulla  fine  del  secolo  vii  è  menzionato,  insieme  ai  Patri- 
moni di  Sabina  e  dell'Appia,  in  una  bolla  di  donazione 
fatta  da  Sergio  I  alla  chiesa  di  S.  Susanna  (i):  pel  se- 
colo vili  si  legge  negli  atti  pontificali  che  i  papi  Zaccaria 
ed  Adriano  I  v'istituirono  alcune  domus  cultae,  vale  a  dire 
colonie,  a  scopo  di  bonificaraento  e  di  coltivazione  (2). 
Non  era  però  ancora  una  divisione  amministrativa  dello 
Stato,  perchè  come  tale  il  Patrimonio  di  Tuscia  non  fu 
considerato  che  a  tempo  d'Innocenzo  III,  e  non  fu  poi 
definitamente  costituito,  se  non  regnante  Onorio  III,  il 
quale,  nel  1227,  dichiarava  esservì  compreso  quanto  va 
da  Radicofani  a  Roma,  quanto  cioè  giace,  per  approssi- 


I 


(i)  De  Rossi,  Boìlet.  arch.  crìsL  ser.  II,  an.  I,  p.  93, 
(a)  Lib.  ponti/.  Zach.  n.  224,  Adr.  n.  55. 


K 


Matrimonio  di  5.  P.  in  T,  nel  sec.  XIV 


inazione,  fra  il  Tevere,  la  Paglia,  la  Fiora  ed  il  mare  (i). 

Vero  è  che  altri  luoghi,  fuori  dei  detti  confini,  fecero  tal- 
volta parte  del  Patrimonio  toscano,  e  furono  ì  distretti  di 
Amelia,  Terni,  Nami,  Rieti,  formanti  la  contea  di  Sa- 
bina, e  la  terra  degli  Arnolfi,  detta  così  dal  nome  dei 
B  suor  antichi  proprietari,  fra  Spoleto  e  la  Nera  :  ma  tale 
™  unione,  quando  avvenne,  fu  soltanto  amministrativa,  per 
essere  stati  i  suddetd  luoghi  sottoposti  alla  giurisdizione 

■  del  rettore  del  Patrimonio  di  Tuscia,  senza  per  altro  che 
di  questo  facessero  mai  parte  integrante. 

Nella  provincia  del  Patrimonio  toscano  si  distingue- 
vano più  regioni,  aventi  specialità  di  costumi,  di  ordina- 
menti e  d*  interessi,  come  conseguenza  dello  stato  di  sepa- 
razione in  che  si  erano  trovate  prima  della  loro  unione 
nel  governo  ecclesiastico.  Specialmente  quattro  di  tali  re- 
gioni hanno  avuto  importanza.  L'una  fu  quella  di  cui  Or- 
vieto era  capoluogo,  e  che,  comprendendo  i  dintorni  del 
lago  di  Bolsena,  soleva  comunemente  chiamarsi  la  VaU 
^kàiUgo,  Era  essa  già  appartenuta  alla  Tuscia  longobarda, 

■  insieme  all'altra  regione  che  facea  centro  in  Viterbo,  e  si 

■  stendeva,  a  pie'  dei  Cimi  ni,  per  la  vasta  pianura  che  de- 
clina a  Maremma.  Della  Tuscia  romana  avevano  invece 

I fatto  parte  le  altre  due  regioni  del  Patrimonio,  quella  cioè 
che,  movendo  da  Orte,  si  allungava  sulla  destra  del  Te- 
vere, e  Taltra  formata  dei  luoghi  marittimi,  fra  cui  pri- 
meggiava Civitavecchia,  porto  militare  dello  Stato  e  centro 
di  commercio  non  poco,  per  quei  tempi,  importante. 

Su  tutti  questi  paesi,  come  sopra  ogni  altro  dello  Stato 
ecdesiascico,  si  levò  gran  turba  di  tiranni,  nel  tempo  che 

■  i  papi  avevano  stanza  in  Avignone:  tanto  che  ogni  ordine 
"di  governo  vi  fu  quasi  spento,  venian  divise  fra  i  ribelU 

le  spoglie  del  dominio  politico  della  Chiesa,  e  questa  vi 
avrebbe  perduto  fin  gli   ultimi  avanzi   della  sua  potestà. 


(t)  Potthast,  Reg.  pont.  Tom.  n.  7658. 


8  C,  Calisse 

se  non  fosse  giunto  in  tempo  a  restaurarvela  il  cardinale 
Egidio  Albornoz,  mandatovi,  come  legato  apostolico,  da 
Innocenzo  VI,  per  ricondurre  il  paese  alla  pace,  e  prepa- 
rare cosi  la  via  del  ritorno  alla  sede  romana.  E  rAibornoz, 
or  con  valore  guerreggiando,  ora  trattando  accortamente, 
seppe  richiamare  l'un  dopo  Taltro  all'obbedienza  tiranni  e 
comuni:  Giovanni  Di  Vico  fra  quelli,  che  si  era  fatto 
signore  di  quasi  tutto  il  Patrimonio  ;  fra  questi  Viterbo,  la 
cui  capitolazione,  ai  14  luglio  del  1554,  compiè  la  sotto- 
missione di  tutta  intera  la  provincia.  E  allora  si  vide  il 
Patrimonio  di  S.  Pietro  in  Tuscia  riprendere,  nella  tran- 
quillità, l'antica  fisonomia,  tanto  dalla  sofferta  anarchia 
conturbata  e  travolta,  e  ricomporsi  in  quelle  istituzioni 
di  governo,  delle  quali  qui  si  porge,  come  saggio  di  più 
grave  lavoro,  una  succinta  esposizione. 


Il  rettore  e  la  sua  curia. 


Quando  non  avveniva  che,  per  speciali  ragioni,  fosse 
posto  a  capo  del  Governo  un  legato  straordin.irio  del  p.ipa, 
quale  fu  il  cardinale  Albornoz;  il  Patrimonio  dì  Tuscia, 
come  le  altre  provincie  della  Chiesa,  era  sottoposto  al  ret- 
tore ed  agli  ufficiali  componenti  la  curia  di  lui. 

Il  rettore  rappresentava  nella  provìncia  il  sovrano,  di 
cui  aveva  per  delegazione  i  poteri.  La  sua  nomina  spet- 
tava perciò  direttamente  al  pontefice,  e  quando  questi  ve- 
niva a  mancare,  l'autorità  del  rettore  si  estingueva  per  sé 
stessa,  in  modo  che  la  provincia  sarebbe  restata  priva  di 
governo,  se  per  conferma  o  per  nuova  elezione  non  vi 
si  fosse  subito  provveduto:  cosi  dichiarò  il  collegio  dei 
cardinali,  quando,  alla  morte  d'  Innocenzo  VII,  sì  affrettò 
a  confermare  in   ufficio   il    vicerettore  da  questo   nomi- 


'Patrimonio  di  5.  P.  in  T,  nel  sec,  XI T 


nato  (i).  Inviando  il  rettore  al  governo  destinatogli,  se 
ne  faceva  ai  comuni  ed  ai  feudatari  la  presentazione  con 
lettere,  che  davano  prova  della  grande  autorità  di  che 
egli  era  investito.  Diceva  in  esse  il  pontefice  che  in 
quella  del  rettore  dovea  vedersi  la  persona  sua  stessa; 
che  l'amore  per  ogni  bene  del  popolo  era  stata  la  causa 
dell'averlo  nominato;  che  contro  i  nemici  in  guerra,  con- 
tro gli  oppressori  dei  deboli,  Ìl  rettore  avrebbe  combattuto, 

r€  per  lui  si  sarebbe  così  conservata  la  felicità  del  paese; 
che  tutti  perciò  l'obbedissero,  gli  avessero,  come  al  sovrano 
stesso,  venerazione,  altrimenti  sarebbero  incorsi  in  pene 
severe  (2).  E  veramente  ìl  rettore  aveva  tutti  i  poteri, 
giurisdizione,  amministrazione  patrimoniale,  comando  mi- 
litare, vigilanza  sui  comuni,  autorità  sui  feudatari,  potestà 
ds  fare  quanto  egli  vedesse  necessario  pel  bene  della 
Chiesa  e  della  provincia  a  lui  commessa  (5).  Ma  tali  po- 
teri, quantunque  così  pieni,  poiché  traevano  origine  dalla 
delegazione  del  sovrano,  avevano  un  limite  nella  stessa 
loro  natura,  che  li  teneva  soggetti  a  tutte  quelle  condi- 
zioni, dì  cui  il  delegante  avesse  voluto  circondarli.  Ora, 
infatti,  si  vedeva  che,  per  privilegio  del  pontefice,  alcuni 
luoghi  venivano   sottratti  alla  giurisdizione  del  rettore  e 

.posti  in  un  governo  indipendente:  cosi  fu,  per  esempio,  di 
Civitavecchia,  a  cui  tale  esenzione  fu  concessa  nel  1290 
da  Nicolò  IV,  quando  la  città  gli  fece  di  sé  piena  sotto- 
missione (4);  e  cosi  fu  ancora  di  Orvieto,  che  da  Ur- 
bano V  ottenne,  nel  1368,  che  né  il  rettore,  né  alcuno 
de*  suoi  ufficiali  avesse  più  autorità  sul  comune,  passato 


(i)  Theiser,  Cod.  diplom.  dom.  Ump.  S.  Sidis,  III,  94. 
(2)  Ivi,  I,  157,  259;  Fumi,  Cod.   diplom.  dilla  ciuà  di  On'icto, 
i».  yto. 

())  Ivi,  I,  274;  Fumi,  op.  cit.  n.  717. 

(4)  C.  Calisse,  Statuii  di  Civitavecchia,   negli  Studi  e  documenti 
di  storia  €  diritto,  a.  VI,  1885. 


IO 


e  Caltsse 


sotto  r immediato  governo  della  Sede  apostolica  (i).  Ora 
accadeva  invece  che  al  rettore  fosse  diminuita,  non  per 
territorio  ma  per  attribuzioni,  qualche  parte  di  autorità; 
come  avvenne  nel  1307  per  Clemente  V,  che  revocò 
quel  ch*egH  stesso  avea  prima  concesso,  che  cioè  potesse 
il  rettore  del  Patrimonio  di  S.  Pietro  in  Tuscia  ricevere 
gli  appelli  portati  contro  le  sentenze  dei  rettori  delle  altre 
Provincie  (2).  Altra  volta  era  indicato  al  rettore  il  modo 
di  governare,  né  egli  poteva  dipartirsene,  rimanendogli 
sempre  obbligo  di  rendere  il  conto  di  tutto  ciò  che  faceva: 
per  esempio,  fra  le  altre  cose,  era  a  lui  raccomandato  di 
nulla  fare  contro  i  diritti  o  per  privilegio  o  per  consuetu- 
dine goduti  dai  comuni  (5);  ed  una  volta  che  dagli  Orvie- 
tani un  rettore  fu  accusato  di  aver  leso  con  atti  arbitrari 
la  loro  giurisdizione,  fu  pronto  il  pontefice  Martino  IV  a 
domandargliene  ragione,  perchè  il  disordine  fosse  subito 
allontanato  (4). 

Fatta  però  eccezione  di  simili  casi,  la  potestà  del  ret- 
tore era  pokstas  pUtìaria  (5),  rappresentando  esso,  come 
si  è  detto,  nella  provincia  il  sovrano.  Perciò,  nel  prender 
possesso  del  suo  officio,  il  rettore  riceveva  dai  suoi  nuovi 
governati  il  giuramento  di  soggezione,  e  la  sua  venuta 
nella  provincia,  come  la  sua  visita  nelle  varie  città,  era 
accompagnata  da  pubbliche  feste,  le  quali  dovettero  tal- 
volta i  papi,  per  troppo  dispendio,  moderare.  Una  tassa 
speciale  gravava,  per  questa  occasione,  sul  popolo,  detta 
de  procuraùone,  cioè  deirapprovvigionamento,  senza  per 
altro  che  nulla,  fuor  che  il  nome,  conservasse  di  ciò  che 
era  stata  in  tempo  più  antico,  quando  i  sudditi  avean  ob- 


(i)  FCMi,  op.  cit.  n.  684. 
(2)  Theiner,  op.  cit.  I,  590. 
(5)  Ivi,  I,  528,  691. 

(4)  Ivi,  I,  4«$. 

(5)  Ivi,  l,  157. 


T^atrimonìo  di  S.  P,  tu  T.  nel  sec,  XIV        1 1 


bligo  di  provvedere  al  sovrano  ed  ai  suoi  ufficiali,  mentre 
erano  in  viaggio,  quanto  fosse  loro  stato  necessario.  Que- 
st*obbligo  si  era  poi  cambiato  nell'altro  di  dover  pagare 
una  somma  in  denaro,  determinata  in  misura  varia,  se- 
condo le  condizioni  dei  vari  contribuenti,  I  comuni  mag- 
;iori  del  Patrimonio  in  Tuscia,  Viterbo,  Orte,  Corneto, 
neto,  Acquapendente,  pagavano  le  maggiori  somme, 
cento  lire  papaline  o  cortonesi;  stavano  nel  mezzo,  col  pa- 
gamento da  cinquanta  a  trenta  lire,  i  comuni  luediani,  Sutri, 
V'etralla,  Bolsena,  Toscanella;  i  più  piccoli  pagavano  meno 
che  tutti  gli  altri,  soltanto  dieci  delle  suddette  lire  essendo 
ad  essi  addebitate,  come  a  Valontano,  Gradoli,  Bas- 
sano.  Non  mancavano  poi  comuni  che  ne  fossero  esone- 
rati: Montefìasconc,  per  esempio,  non  è  posto  fra  i  con- 
tribuenti della  procuratìo  ;  Civitavecchia  è  nominata  nei 
registri  più  antichi,  in  quelli  cioè  del  1298  e  1334,  ma 
poi  ne  scompare;  e  cosi  dicasi  ancora  di  Civitncastellana, 
di  Nepi,  di  Montalto  e  di  altri  luoghi.  Oltre  ai  comuni, 
la  procuraiio  era  imposta  a  moki  vescovi,  fra  i  quaii,  sulla 
fine  del  secolo  Xiir,  si  trovavano  quelli  di  Viterbo,  Castro, 
Civitacastellana,  Bagnorea»  Orte,  Nepi  e  Sutri  :  era  imposta 
anche  ad  alcuni  abati,  come  a  quello  di  S.  Agostino  presso 
lontalto,  ad  alcune  chiese  e  capìtoli,  di  Toscanella,  per 

^esempio,  e  di  Corneto.  Il  rettore  ne  mandava  a  tutti,  per  ap- 
posito messaggio,  formale  Ìntimo,  ordinando  che  ciascuno 
inviasse,  nel  termine  di  otto  giorni,  un  proprio  delegato 
per  farne  il  pagamento  al  tesoriere  del  Patrimonio,  e 
minacciando  multe  ed  altre  pene  per  chi  non  avesse 
obbedito  (i).  Sembra  tuttavia  che  nascessero  abusi  o  al- 
ieno pericoli  di  abuso  nella  imposizione  di  questa  tassa, 

•perchè  Bonifacio  Vili  ordinò  che  non  se  ne  potesse  preten- 


(i)  P.  Fabre,  Un  registri  camiral  àu  cardinal  Aìhornoi  tn  1)64, 
od  Milanges  tParch.  et  d'hist.  publiés  par  l'École  hznq.  de  Rome, 
tom.  Vili,  deuxième  panie,  doc.  Vi,  pp.  ^62-65. 


12 


C.  Calisse 


dere  il  pagamento,  se  non  quando  il  rettore  visitava  perso- 
nalmente i  comuni,  ed  anche  in  questo  caso  non  si  potesse 
esigere  più  di  quanto,  da  trenta  o  da  quarant'anni,  era 
consuetudine  che  nei  vari  luoghi  si  pagasse  (i).  In  quanto 
poi  all'uso  de!  denaro  cosi  raccolto,  risulta  dai  registri  del 
tesoriere  del  Patrimonio  che  esso  era  realmente  speso  per 
le  feste  nella  venuta  del  rettore,  e  specialmente  nel  gran 
convito  che  si  dava  a  quanti,  in  tale  occasione,  si  presen- 
tavano al  palazzo,  ove  il  rettore  avea  sede  (2). 

Questa  era  da  prima  in  Montetìascone,  anzi,  come 
ebbe  ad  esprimersi  nel  1524  il  pontefice  Giovanni  XXII, 
v*cra  da  tempo  di  cui  non  sì  conservava  più  memoria  (3). 
Perù  nel  1356  Benedetto  XII  accolse  la  domanda  dei  Viter- 
besi, che  il  rettore  dovesse  fare,  almeno  per  qualche  tempo, 
residenza  nella  città  loro  (4);  e  nel  1558  Innocenzo  VI 
stabili  che  per  l'avvenire  vi  dovesse  risiedere  stabilmente  (5), 
la  qual  cosa  confermò  per  sempre  la  supremazia  che  già 
Viterbo  prendeva  su  tutto  il  Patrimonio  in  Tuscia,  dd 
quale  fini  per  essere  considerata  capitale. 

La  curia  del  rettore  era  composta  di  tutti  quegli  uffi- 
ciali che  egli  avea  seco,  perchè   potesse,  per  mezzo  loro, 

disi mpegn are  le  sue  numerose  attribuzioni.  Capo  perciò 
ne  era  il  rettore  stesso,  o,  quando  l'ufficio  fosse  vacante, 
o  egli  fosse  assente  od  altrimenti  impedito  di  star  nella 
curia,  crane  capo  chi  ne  teneva  la  rappresentanza,  cioè  il 
vkcrcitort  0  vicario.  Nel  1315  il  vicario  del  rettore  fu 
quegli  che,  con  atto  stipolato  nel  palazzo  pontificio  di 
Montefiascone,  condonò  ogni  colpa  al  comune  di  Orvieto, 


(t)  Thewer,  op.  cìt.  I,  528. 

(2)  Ivi,  II,  338. 

(3)  Ivi,  I,  711. 

(4)  Ivi,  II,  26. 

C5)  Ivi,  II,  333.  • 


Matrimonio  di  S.  P,  in  T.  nel  stc,  XIV        13 


che  aveva  portato  le  armi  contro  la  Chiesa,  ed  ai  comuni 
della  Valdilago,  che  gli  enmo  stati  alleati  (i):  net  1352, 
quando  ogni  potesti  delta  Chiesa  pareva  che  dovesse 
scomparire  da!  Patrimonio,  dinanzi  al  contìnuo  aumento 
di  quella  di  Giovanni  Di  Vico,  v'era  anche  allora  un  vice- 
rettore,  il  quale,  più  non  tollerando  il  peso  di  tanto  difficile 
governo,  mandò  a  dire  al  nuovo  rettore,  a  Giordano  Orsini, 
che  ancora  stava  in  Roma,  che  si  affrettasse  ad  assumere 
il  suo  ufficio,  perchè  it  poco  che  restava  alla  Chiesa  era 
tutto  in  tumulto  anch*esso  e  in  pericolo  (2). 

Tra  gli  addetti  alla  curia  si  trovavano  ufficiali  per  ogni 
ramo  di  governo.  V'erano  in  primo  luogo  i  j^iudici,  in  nu- 
mero per  lo  più  di  quattro,  imo  cioè  per  gli  affari  civili,  un 
altro  per  quelli  criminali,  un  terzo  per  gli  appelli,  l'ultimo 
per  le  cause  ecclesiastiche:  per  le  cose  finanziarie  avevasì 
il  tesoriere j  sostituito  talvolta  da  un  vkeicsoriere  :  a  quelle 
riguardanti  la  milizia  era  preposto  il  capitano  generale,  che 
aveva,  per  ogni  occorrenza,  a  sh  subordinato  un  vicario  (3)  : 
il  notaio  generale  aveva  ufficio  di  segretario  (4),  ed  era  in 
questo  assistito  da  vicesegretari,  chiamati  semplicemente 
notai:  per  la  ricerca,  la  difesa  e  la  rivendicazione  dei  diritti 
patrimoniali  dello  Stato,  la  curia  aveva  anche  V avvocato  del 
fisco  e  V esecutore  camerttle  (5):  e  aveva  finalmente,  nel  ma- 
resciallo, nei  castaidi  e  in  altri  minori  ufficiali  (6),  quanti 
poteau  servirle  per  esecuzione  di  sentenze,  arresti,  custodia 
ielle  vie  pubbhche,  citazioni,  ambascerie  ed  altri  simili 
BcL 

Tutti  i  componenti  la  curia,  dal  rettore  agi*  infimi,  avean 
stipendio  dallo  Stato,  per  mani  del  tesoriere,  che  lo  pagava 

(t)  Fumi,  op.  cìt.  doc.  620. 

(2)  Theiner,  op.  cit.  II,  359. 

(3)  Ivi,  I,  497. 

(4)  Ivi,  I,  S17. 
(s)  K  II.  359. 

(6)  Ivi,  I,  355. 


H 


C  Calisse 


ad  essi  colle  entrate  della  provincia.  Nei  conti  camerali 
per  Tanno  1558  si  trovano  queste  cifre:  il  rettore  aveva 
per  salano  quattro  fiorini  ^'oro  al  giorno;  ogni  ^udice 
aveva  cento  dei  medesimi  fiorini  all'anno,  e  più  altri  sei 
ogni  mese  per  compenso  di  spese  ;  all'avvocato  fiscale  spet- 
tavano annualmente  centosessantasei  fiorini  e  due  terzi;  il 
tesoriere  prendeva,  sembra  però  per  speciale  concessione 
al  Tavernìni,  che  teneva  allora  quest'officio,  sette  turonesi| 
grossi  al  giorno,  ossia  trentacìnque  soldi  papalini,  di  mode 
che,  ragguagliato  questo  soldo  ad  un  quarantanovesimo 
fiorino  (i),  il  suo  stipendio  veniva  ad  essere  di  circa  due- 
ccntosessanta  fiorini  all'anno  (2).  Altri  invece  non  avean 
stipendio  fisso,  ma  lucravano  gli  emolumenti  degli  atti  che 
facean  nella  curia,  soltanto  una  parte  rilasciandone  al  teso- 
riere: cosi  era  pei  notai  che  stavano  in  curia,  dei  cui  gua- 
dagni una  parte,  sotto  il  titolo  «  prò  scripturis  palatii  », 
era  posta  come  entrata  nei  registri  camerali  (3). 


II. 


U amminisiraziont  della  giusti:^ia. 

Nel  rettore,  circondato  dai  suoi  giudici,  risiedeva  il  su- 
premo potere  giudiziario  per  la  provincia  da  luì  gover- 
nata. 

Anche  fuori  della  curia  sì  avevano  certamente  magistrati 
rivestiti  di  questo  potere.  Tali  erano  i  magistrati  comunali, 
nei  limiti  dei  loro  distretti  cittadini;  tali,  dentro  i  loro  feudi, 
i  signori,  cui  fosse  stata  concessa  anche  l'autorità  di  giu- 


(1)  Fabre,  op.  cit.  p.  6,  n.  2. 

(2)  Theiker,  op.  cit.  II,  394. 
(j)  Ivi,  I,  491. 


"Patrimonio  di  5.  P,  in  T.  nei  sec.  XIV        15 


risdizione;  tali  ancora  i  castellani,  quando  fra  i  diritti, 
di  cui,  per  appalto,  si  delegava  loro  Teserctzio  nel  terri- 
torio della  costellania,  si  trovava  anche  quello  di  fare 
giustizia.  È  però  da  considerarsi  che  tal  potere  giudiziario 
si  dava  per  concessione,  ed  era  quindi  soggetto  a  quelle 
condizioni,  poteva  esercitarsi  soltanto  per  quel  tempo  e  in 
quella  misura,  che  il  concedente  aveva  stabilito.  Bonifa- 
cio Vili,  nel  1299,  dichiarava  che,  essendola  giurisdizione 
diritto  della  Chiesa,  potevano  per  sua  concessione  sol- 
tanto, e  finché  questa  non  fosse  revocata,  averne  Feser- 
cizio  quei  comuni  del  Patrimonio,  cui  fosse  da  tempo 
antico  riconosciuto  il  diritto  di  darsi  propri  magistrati  (i). 
E  poteva  tal  concessione  essere  anche  negata,  come  si  fece 
in  gran  parte  coi  Viterbesi,  quando,  tornati  alFobbedienza 
della  Chiesa,  domandarono,  nel  1558,  che  gli  ufficiali  della 
curia  del  rettore  non  dovessero  avere  ingerenza  nelle 
cause  fra  cittadini,  ed  ottennero  invece  che  così  fosse 
soltatito  nelle  cause  di  poco  interesse  (2).  Ovvero  poteva 
la  giurisdizione  esser  data  agli  uni  in  diversa  misura  che 
agli  altri.  Cosi  accadeva  coi  feudatari,  pe'  quali  la  legge 
speciale  del  feudo  di  ciascuno  dava  la  misura  dei  loro 
poteri.  Cosi  era  ancora  pei  magistrati  comunali,  a  cui  ri- 
guardo si  va,  grado  a  grado,  dalla  giurisdizione  piena  fino 
alla  sua  totale  mancanza.  Per  esempio,  sulla  metà  del  se- 
colo XIV,  piencyza  di  giurisdizione  si  aveva  in  Acquapen- 
dente (3),  come  da  prima  ancora  la  si  aveva  in  Civita- 
castellana  (4);  a  Montefiascone,  a  Gallese  ed  altrove  eran 
sottratti  al  podestà  soltanto  i   cinque  casi,  generalmente 


(i)  Theiner,  op.  cit.  I,  528. 
(a)  Ivi,  II,  524. 

(j)  Fabre,  op.  ciL  p.  12:  (T  potcstas  cognoscit  de  quìbuscum- 
pc  caust5  ». 
(4)  Tm£)K£r,  op.  cit.  I,  152:  «  auctoritas  exercendi  iurisdictio- 
«  nctn  plenarie  ». 


I^ 


e.  Calisse 


riservati  alla  curia  del  rettore,  di  eresia,  lesa  maestà,  ra- 
pimento, falsificazione  di  monete  e  di  atti  pubblici  (i): 
oltre  che  di  questi,  la  giurisdizione  comunale  poteva  es- 
sere anche  diminuita  di  tutti  quegli  altri  casi  che  fossero 
d'importanza  notevole,  e  così  era  infatti  a  Radicofani, 
Bassano,  BassancUo,  Porchiano  (2)  :  anche  più  ristretta 
si  vede  essere  la  giurisdizione  in  altri  luoghi,  come  a  La- 
gnano (3),  e  anche,  per  quel  che  sopra  si  è  detto,  nel  1558 
a  Viterbo:  poteva  finalmente  mancar  del  tutto,  come  è  di- 
chiarato pel  comune  di  Foce,  nel  quale  tutte  le  eluse 
erano  di  competenza  delia  curia  generale  del  Patrimonio  (4). 
Ne  diversamente  stavano  le  cose  pei  castellani:  se  per 
alcuni  è  dichiarato,  come  per  quello  di  Marta  nel  1304, 
che  ha  pieni  poteri  giudiziari  (5);  per  altri,  come  per 
quel  di  Valentano,  è  detto  che  la  sua  autorità  si  limita 
ai  casi  lievi,  ovvero,  come  per  l'altro  di  Petrognano,  ^ 
soltanto  al  risarcimento  dei  danni  dati  (6),  ovvero  ancora  f 
si  tace  di  ogni  potere  di  giurisdizione,  come  non  com- 
preso fra  quelli  dei  quali  il  castellano  è  investito. 

Si  deve,  oltre  a  tutto  questo,  osservar  poi  che  la  giurisdi- 
zione dei  magistrati  locali,  qualunque  essa  fosse,  non  to-  | 
glìeva,  di   regola,  che   contemporaneamente  si  spiegasse,    " 
per  mezzo  del  rettore  o  de*  suoi  ufficiali,  la  giurisdizione  ^ 
della  Chiesa.  Sicché,  meglio  che  esclusione,  era  concorrenza  f 
dì  poteri.  In  Acquapendente,  per  esempio,  da  tempo  an- 
tico i  proventi    dell' amministrazione  della  giustizia  erano 
divisi»  fra  Chiesa  e  comune  (7);  uno  degli  effetti  dell'aver 


(i)  Fabre,  op.  cit.  p.  7,  17. 

(2)  Ivi,  pp.  18,  19,  2j:  «  habet  cognoscere  de  omnibus,  prac- 
«  terquam  de  gravioribus  >k 

(;)  Ivi,  p.  21:  <i  potestas  cognoscit  de  levibas  tantum  ». 

(4)  Ivi,  p.  23. 

(5)  Theiner,  op.  cit.  I,  586. 

(6)  Fabre,  op.  cit.  pp.  5,  16. 

(7)  Theiner,  op.  cit.  I,  273. 


T^ai rimonto  dì  S.  P,  in  T.  nel  sec.  XIV        17 


li  Chiesa  ricuperato  il  domìnio  in  Civìtacastellana,  si  di- 
ihiar;!  esser  quello  che  i  giudici  del  Governo  terranno  tri- 
Ininalc  accanto  a  quei  del  comune  (i);  in  Montefiascone, 
ove  pure  il  podestà  godeva  giurisdizione  non  poco  ampia, 
si  stabilisce  che  piena  deve  avervela  insieme  la  Chiesa  (2), 
e  cosi  pure  a   Bolsena,  Gradoli,  Latera,  Grotte,   S.  Lo- 
renzo, Proceno,  Vetralla  (3)  ed   altrove.   In   tutti   questi 
comuni  si  dice  che  u  locus  est  prevcntioni  a,  che  v'è  con- 
correnza  cioè    fra  la  curia   del   rettore  e  il  comune,  nel 
senso  che  non   solo  la  curia  non  perde   la   giurisdizioiie 
suprema,  ma  che  ancora  in  quella  ordinaria  del  comune 
essa  rimane  competente,  di  guisa  che  le  si  possa,  fin  dal 
principio,  sottoporre   ogni   causa;  anzi  prevale,  perchè   il 
rettore,  ogni  volta  che  lo  reputì  opportuno,  può  d'auto- 
rifi  propria   trarre   a   sé  il  giudizio,   senza  aspettarne  al- 
cuno precedente    di    autorità   inferiore.    La  sua  giurisdi- 
zione era   sempre  integra,  tanto   si   trattasse   dì   processi 
0  di  altri  provvedimenti  giudiziari  per  interessi  politici, 
quanto  per   tutti  quegli  altri  casi  che,   a  suo  avviso,  po- 
tevano avere   tal    gravità,    da  porre  in  pericolo   lo  stato 
della  provincia.  Cosi,  per  esempio,  quando  nel  1317  al- 
•  cuni  mercanti  genovesi,  naufragati  sulla  spiaggia  di  Mou- 
I  t.?lto,  furono,  per  antico  costume  invano  fino  allora  com- 
l battuto  dalle  leggi,  spogliati  deUe  loro  mercanzie,  e  nien- 
emeno  che  dallo  stesso  capitano  del  Patrimonio;  il  papa 
Giovanni  XXII,  a  cui  mosse  per  Tavvenuto  gravi  lamenti 
comune  di  Genova,  ordinò  direttamente  al  rettore  che 
^cesse  tosto  il  processo,  per  risarcire  i  naufraghi  di  quanto 
ra  stato  loro  tolto,  e  dei  danni  che  in  conseguenza  ave- 
Brano  risentito  (4). 


(1)  TlIEINER,  Op,    Cit,    I,   467. 

(2)  Fabre,  op.  dt.  p.  7. 

(3)  Ivi,  p.  8,   14. 

(4)  Theiner,  op.  cit.  I,  639. 

Arthivio  detta  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi,  XV. 


i8 


C,  Calisse 


Eravi  però  un  campo,  nel  quale  la  giurisdizione  del 
rettore  neppure  aveva  possibilità  di  competitori,  e  si  svol- 
geva perciò  libera  interamente. 

Ciò  avveniva  innanzi  tutto  negli  appelli,  pei  quali  le 
costituzioni  garantivano  la  più  ampia  libertà.  Si  rivolge- 
vano al  rettore  quanti  avevano  interesse  di  chiedere  annul- 
lamenti o  cambiamenti  di  sentenze,  date,  su  cause  civili  e 
penali,  dalle  autoritA  di  primo  grado,  comunali  che  fossero 
od  altre.  E  neppur  v'era  bisogno  sempre  della  richie- 
sta altrui;  che,  quando  cosi  richiedesse  T interesse  pubblico, 
il  rettore,  per  proprio  ufficio,  portava  Tesarne  sulle  sen- 
tenze delle  autorità  inferiori,  per  correggere  ciò  che  vedeva 
in  esse  non  conforme  alla  legge  o  per  altra  ragione 
non  regolare.  Eccone  un  esempio.  Continuava  ancora 
Tuso,  conseguenza  di  costumi  barbarici  non  del  tutto 
abbandonati,  che  Tomicida,  qualora  si  fosse  pacificato 
coi  parenti  dell'ucciso,  obbligandosi  a  risarcirli  del  danno 
loro  arrecato,  non  dovesse  poi  subire  altra  pena,  dopo 
quella  di  aver  pagato  la  promessa  composizione.  Contro 
tali  avanzi  della  barbarie  le  leggi  combattevano,  non 
escluse  quelle  dei  papi,  fra  le  quali  è  da  ricordarsi  una 
costituzione  del  1353,  con  cui  Innocenzo  IV  si  rivolse 
ai  rettori  delle  provincie,  e  perciò  anche  al  rettore  del 
Patrimonio  di  S.  Pietro  in  Tuscia,  ordinando  loro  che, 
se  Tomicidio  fosse  stato  composto  nel  modo  suddetto, 
dovessero  essi  riprendere  1  giudizi,  e  condannare  i  col- 
pevoli secondo  il  rigore  delle  leggi  (i). 

Appartenevano  inoltre  alla  giurisdizione  del  rettore  tutte 
le  cause,  che  si  svolgevano  fra  comuni,  feudatari  od 
altri,  che  pure  avevano  autorità  giudiziaria.  Clemente  IV 
diede  perciò  incarico  al  rettore  del  Patrimonio  di  giudi- 
care in  una  lite  sorta  fra  l'abate  di  S.  Salvatore  sul  monte 
Amiata  e  il  comune   della    Badia,  per  aver  questo,  con 


(1)  Theiner,  op.  cit,  II,  247. 


patrimonio  di  S,  P,  in  T.  nel  sec.  XIV        19 


reiezione  dei  propri  rettori,  violata  la  giurisdizione  che 
a  quello  competeva  (i):  lo  stesso  abate,  nel  1522,  fece 
ricorso  egualmente  al  rettore  contro  il  comune  di  Or- 
vieto, il  quale  a  sua  volta  aveva,  con  indebita  ingerenza 
nel  medesimo  comune  della  Badia,  fatto  otfesa  alb  sud- 
detta   antica   giurisdizione    monacale  (2):  grave  e  lunga 

3niesa,  sorta  per  ragione  dei  confini  del  territorio,  si 
agitò  tra  Viterbo  e  Montefiascone,  e  anche  in  questa 
causa  fu  giudice  il  rettore,  che,  posti  i  termini,  giunse  alla 
fine  a  riamicare  i  due  antichi  rivali  (3). 

Finalmente  la  competenza  del  rettore  poteva  estendersi 
anche  alle  cause  ecclesiastiche,  per  le  quali  si  è  già  detto 
che  la  curia  aveva  un  giudice  speciale.  Occorreva  però  che 
il  rettore  fosse,  come  non  raramente  avveniva,  esso  stesso 
persona  di  chiesa,  e  potesse  cosi  avere  la  rappresentanza 
dell'autorità  pontificia  anche  nelle  cose  spirimali,  fosse 
cioè,  come  dicevasi,  rettore  tanto  in  temporalibus  quanto 
in  spiritualibus.  Tale  era,  per  esempio,  nel  1535,  il  cano- 
nico narbonese  Ugo  d'Augerio,  e  perciò  Benedetto  XII 

)tè  dargli  potestà  di  ricevere  gli  appelli  dei  chierici  con- 
ro  le  sentenze  dei  vescovi  del  Patrimonio,  di  ordinare 
a  questi  una  maggior  curi  nel  purgare  il  clero  dai  vizi 
il  che  era  macchiato,  e  di  punire  i  colpevoli  esso  stesso, 
|ualora  i  vescovi  non  avessero  ben  corrisposto  al  suo 
invito  (4). 

A  corredo   della   sua    giurisdizione,  il    rettore    aveva 

iche  il  potere  della  esecuzione,  in  quanto  che  era  nelle 

ae  facoltà  T  infliggere  multe,  ordinare  confische,  perqui- 
sizioni e  arresti.  Una  costituzione  di  Bonifacio  Vili  re- 
golò, nel  1299,  con  opportune  norme   questi  poteri,  dai 


(1)  Fumi,  op.  cit.,  n.  412. 

(2)  Ivi,  n.  654. 
})  Theiner,  op.  cit.  II,  245,  246,  247. 
4)  Ivi.  II,  18,  19. 


20 


C.  Calisse 


quali  era  facile  che  potessero  nascere  abusi  :  die'  regole 
di  procedura,  che  erano  garanzie  per  gli  accusati;  volle 
che  si  desse  liberti  pro\^-isoria  a  chi  ne  offriva  suffi- 
ciente cauzione,  eccettuati  soltanto  i  casi  dei  più  gravi] 
reati;  in  quanto  alle  inquisizioni  prescrisse  che,  ove  ài 
trattasse  di  ricercare  gli  autori  e  le  prove  di  un  reato  noaj 
accertato  ancora,  non  si  potessero  esse  fare  se  non  contro 
persone  diffamate;  se  il  reato  fosse  stato  certo,  conve- 
niva pur  farle  in  seguito  a  deposizioni  giurate  dei  testi 
moni,  le  quali  dovevano  essere  precedentemente  notìficate 
alla  persona  interessata,  alla  cui  presenza,  salvo  il  caso 
della  contumacia,  doveva  la  perquisizione  eseguirsi  (i). 
Ma  oltre  a  ciò,  contro  i  possibili  abusi  od  errori  delli_ 
giurisdizione  rettoralc  si  aveva  sempre  l'appello  al  tribu-^ 
naie  supremo  del  papa.  É  caratteristico  ciò  che  feccr 
a  tal  proposito  gli  Orvietani  nel  151^.  Essendo  vacant 
la  Santa  Sede  per  la  mone  di  Clemente  V,  i  procuratori 
del  comune  si  presentarono  all'arcivescovado  di  Lioni^ 
dove  erano  adunati  a  concistoro  i  cardinali,  e  chiesero 
di  entrare.  Ma  rispostosi  loro  che  non  si  poteva,  perchè 
gravi  negozi  si  trattavano  in  quel  momento  dai  cardinali, 
essi  fecero,  per  mezzo  di  notaio,  una  protesta  avanti  la 
porta,  dicendo  che  volevano  interporre  appello  contro  il 
rettore  del  Patrimonio  e  gli  ufficiali  della  sua  curia,  per- 
chè avevano  colpito  ingiustamente  il  comune  di  Orvieti^ 
e  quei  di  Bagnorea,  Acquapendente,  Bolsena,  Grotte  e 
S.  Lorenzo,  con  multe  ed  altre  pene  temporali  e  spiri- 
tuali e  perfino  coli*  interdetto,  a  causa  di  una  cavalcata 
fatta  dai  comuni  suddetti  contro  Montefiascone  ed  altre 
terre  della  Chiesa.  E  questa  protesta  ripeterono  nuova- 
mente al  concistoro  stesso,  e  poi  al  cardinale  camerlengo 
e  al  vicecancelliere  della  Chiesa,  aggiungendo  che  niuna 
prescrizione   al  loro   diritto  doveva  venire  dal  ritardo  ad 


(i)  Theiner^  op.  cit,  I,  528. 


K 


Matrimonio  di  S,  P.  in  T,  jiel  sec.  XIV        21 


escrciurlo,  perchè  questo   ritardo   non  potea  loro  incol- 
parsi (i). 

Per  rendere  dì  più  facile  esercizio  il  diritto  di  tali  appelli, 
il  papa  soleva  talvolta  iocaricar  di  riceverli  un  apposito 
suo  rappresentante,  col  titolo  dì  giudice  od  uditor  generale: 
cosi  hct^  nel  1281,  Martino  IV,  che  diede  tale  attribu- 
zione a  Citadino  di  Orvieto,  per  tutto  il  tempo  che  in 
Joc&ta  cittA  avrebbe  fatto  residenza  la  cyria  (2). 


IIL 

Le  finanze. 

Le  rendite  del  Patrimonio  di  S.  Pietro  in  Tuscia,  pure 

essendo  di  varia  derivazione,  si  riducevano  principalmente, 

m  come  sempre,  a  due,   a  quelle  cioè    dei  beni    formanti  il 

I  pubblico  patrimonio,  e  alle  altre  prodotte  dalle  tasse,  che, 

Bp^  diverse  maniere,  s'imponevano  al  paese. 

Fra  i  beni  dei  quali  era  costituito  il  patrimonio  pub- 
blico, chiamato  comunemente  demanio,  senza  fare  sottili 
(iisrìnzioni  fra  il  carattere  giuridico  dell'uno  e  deiraltro, 
tenevano  il  primo  posto  le  proprietà  fondiarie,  terre  di  ogni 
coltura,  case,  rocche,  molini,  alle  quali  si  univano  nume- 
rosi diritti  reali  di  varia  specie,  dì  pascolo,  di  semina,  di 
V  pesca,  di  legna  e  principahiiente  di  censi. 

Se    si  fa   eccezione    dei   palazzi   destinati   agli    uffici, 

delle  rocche  e  di  altri  stabili,  che  non  conveniva    lasciar 

[possedere  da  privati,  raramente   il  Governo  teneva   nel 

proprio  possesso  i  beni   che  gli  appartenevano.  Di  alcuni 

I  faceva    talvolta   cessione    temporanea,   quando  ne   aveva 

Icjualche  speciale   ragione:    cosi  nel  1288  Niccolò  IV   ce- 


(r)  FtMt,  op,  cit.  n.  621. 
(3)  Thfìstlr,  op.  cit.  I,  401. 


%^ 


e.  Calisse 


dette  al  vescovo  di  Civitacastellana  la  rendita  dei  ben! 
posti  nella  sua  diocesi,  per  cooìpensarlo  della  povertA  di 
quella  sede  vescovile,  e  rimunerarlo  di  buoni  servigi  da  luì 
fatti  aUa  Chiesa  (i);  nel  1506,  per  ricompensa  egual- 
mente, Clemente  V  assegnò  al  cardinale  di  Ostia  i  frutti 
dei  beni  che  la  Chiesa  possedeva  nel  distretto  di  Orvieto  (2). 
Più  spesso  però  si  facevano  affitti.  La  rubrica  di  questi  dà 
sempre  nei  registri  del  tesoriere  del  Patrimonio  un  introito 
assai  rilevante.  Ne  erano  oggetto  case,  molini,  orti,  vigne, 
peschiere,  boschi,  botteghe  ed  ogni  sorta  di  stabilL  II  pa- 
gamento del  prezzo  convenuto  si  faceva  per  lo  più  a  de- 
naro; ma  neppure  era  cosa  rara,  specialmente  trattandosi 
di  fondi  rustici,  che  si  facesse  con  parte  dei  prodotti  del 
fondo:  i  fittaiuoli  delle  maggesi  di  Marta  mandavano  alla 
curia  il  terzo  o  il  quinto  del  grano  raccolto  (3),  e  quelli 
delle  vigne  di  Montefiascone  dovean  tributarle  annual- 
mente una  parte  del  rinomato  lor  vino  (4). 

La  cessione  parziale  dei  prodotti  del  suolo  soleva  farsi 
più  regolarmente  allora  che  la  Chiesa  cedeva  il  possesso 
de'  suoi  beni  per  qualche  determinato  lavoro,  o  doveva 
sui  medesimi  permettere  che  altri  esercitasse  qualche  spe- 
ciale diritto.  I  possessori,  per  Tuna  ragione  o  per  Taltra, 
di  tali  beni,  dovevano,  in  riconoscimento  dei  diritti  de- 
maniali, fare  talune  prestazioni,  fra  ,le  quali  la  più  impor- 
tante era  quella  del  terratico,  pagato  dagli  agricoltori,  che 
seminavano  le  terre  camerali,  con  una  parte  del  raccolto, 
a  questo  proporzionata,  ovvero  stabihta  in  quantità  fissa, 
come  per  necessità  accadeva  quando  il  terratico  di  una  de- 
terminata regione  si  dava  in  appalto:  nel  1348  furono  dati 
in  appalto  i  terratici  della  Valdilago,  pel  tempo  di  quattro 


(i)  Theiner,  op,  cit.  I,  460,  467. 

(2)  Ivi.  I,  587. 

(3)  Ivi,  I.  586. 

(4)  Ivi,  II,  3J8. 


'Patrimonio  di  S.  P.  in  T.  nel  sec.  XIV        2} 


sumi  e  mediante  il  pagamento  annuo  di  ventiquattro  some  di 
grano,  secondo  la  misura  di  Bolsena  (i).  Ciò  che  si  racco- 
glieva dai  terratici,  se  non  ne  fosse  stato  altrinienti  neces- 
sario il  consumo,  doveva  esser  venduto  a  cura  del  tesoriere 
àt\  Patrimonio:  infatti  nei  registri  del  135 1  è  annotato  l'in- 
troito di  ducenquaranta  fiorini,  per  aver  venduto  sulla 
spiaggia  di  Montalto,  a  due  fiorini  la  soma,  centoventi  some 
ili  grano  ricavate  dai  terratici  della  Badia  del  Ponte  e  di 
litri  terreni  circostanti  (2). 

Per  altra  via  traeva  rendita  la  Chiesa   mediante  Ter- 
batico,  che  le  veniva   pagato  dai  proprietari  di  bestiame 
in  compenso  del  pascolo,  perchè  questo  o  era  esercitato, 
fosse  pure  per  diritto  proprio,  sulle  terre  dera.miali,  ovvero 
era  considerato  come  un  diritto  fiscale  annesso  alle  altrui 
proprietA.  Se  l'erbatico  era  riscosso  direttamente  dalla  curia, 
si  nominava  un  collettore  degli  erbatici,  uno  solo  anche  per 
tutto   il    Patrimonio  di  S.  Pietro  in  Tuscia  (5),  il  quale 
raccoglieva  dai  vari  contribuenti  la  somma,  per  riversarla 
poi  al  tesoriere,  secondo  la  tassa  stabilita  per  i  diversi  ge- 
neri di  bestiame,  la   quale  nel   1554   si   trova,  nei   conri 
del  tesoriere  medesimo,  fissata  a  tre  fiorini  e  mezzo  per 
ogni  centinaio  di  pecore,  e  a  sei  soldi  e  otto  denari  papa- 
lini per  ogni  capo  di  buoi  (4).  Anche  Ferbatico  peraltro 
soleva  darsi  in  appalto:  alla  metà  del  secolo  xiv,  il  pascolo 
del  territorio  di  Radicofani  era  appaltato  per  cinquanta  fio- 
rini j  quello  di  Montebello,  fra  ToscanelU  e  Cornerò,  che 
nel  1291  si  dava  per  ottanta  lire  papaline  (5),  era  dato  ora 
per  quaranta  fiorini  all'anno,  se  solo,  per  ottanta  invece,  se 
unito  agli   altri   di  Carcarella  e  Pianfasciano  (6),   piccoli 


(1)  Theiner,  op.  cit.  II,  358. 

(2)  Ivi,  II.  J58. 
(5)  Ivi,  III,  26J. 

(4)  Ivi,  II,  j}8. 

(5)  ivi,  I,  491. 

(6)  Ivi,  U,  338. 


H 


e.  Calisse 


castelli  posti  nt41a  medesima  località,  e  soltanto  pel  pascolo 
e  pel  terratico  ricordati  negli  introiti  camerali  (i). 

Fonte  di  rendita  assai  più  abbondante  derivava  dai 
censi,  che  gravavano  specialmente  sui  fondi,  a  carico  dei 
possessori  di  questi:  le  terre  e  le  case  censuarie  ricorrono 
assai  frequentemente  nei  registri  del  tesoriere.  Ma  molti 
avevano  altro  carattere.  V'erano  censi  dovuti  per  ragione 
di  feudo,  come  quello,  per  esempio,  di  dieci  bisanzi  d'oro, 
che  doveva  ogni  anno  pagare  Pietro  Di  Vico,  per  la  in- 
vestitura a  lui  fatta  da  Clemente  IV  di  Civitavecchia  e  di 
Bieda  (2);  quelli  pagati  pel  Castel  d'Orchia  d.tl  vescovo 
dì  Orte  e  da  altri  (3),  fra  cui  i  Guastapani,  che  da  Boni- 
facio Vili  avevano  avuto  pur  concessione  di  Chia,  col 
censo  di  quaranta  soldi  papalini,  per  essere  compensati  ■ 
della  confisca  di  altri  loro  beni  (4)  j  tali  erano  anche  i 
censi  dovuti  per  Santa  Severa  da  Nero  di  Zaccaria,  per 
Tessennano  da  Offreducìo  (5),  e  per  molti  altri  luoghi 
dai  numerosi  feudatari  di  che  il  Patrimonio  era  pieno.  Pa- 
gavano censi  inoltre  i  monasteri,  vescovadi  e  simili  enti, 
spesso  in  denaro,  talvolta  in  offerte  diverse.  Anzi,  quando 
fu  scritto  il  libro  dei  censi  della  Chiesa  romana,  fra  gli 
obbligati  a  pagarli  nel  Patrimonio  di  S.  Pietro  Tuscia 
sono  in  maggioranza  monasteri  e  vescovadi:  vi  si  tro- 
vano infatti  i.  vescovi  di  Sutri  e  di  Castro,  i  monasteri  dli 
S.  Giorgio  nella  diocesi  di  Orte,  di  S.  Maria  de  Cava- 
gìioHù  in  quella  di  Toscanella  (6),  di  S.  Lorenzo  e  di 
S.  Mamiliano    nelle    altre   di    Orvieto    e    di    Castro;   le 


(t)  Fabre,  op.  cit.  p.  27. 

(2)  C.  Calisse,   /  PrejcHi  Di  Vico  ntWArch.  ddla  Soc.  Rom.  di 
stcr.patr.,  Roma,  1888,  X,  43. 

(3)  Thewer,  op.  cit.  I,  $37. 

(4)  Ivi,  I,  558. 

(5)  Ivi,  I,  537. 

(6)  S.  Campanari,  Tuscania  e  i  suoi  monumenti,  par.  II,  dee. 
n.  XXX vili. 


Taln monto  di  S.  P,  in  T,  nel  sec,  XIV        2j 


* 


chiese  di  S.  Maria  de  Raserio  presso  Toscaaella,  di  S.  Gio- 
vanni ò(  itistila,   di   S.  Cinzio  e  di  S.   Nicola    in   Cor* 
neto  (i).  L*abate    dì   Sant'Angelo  di   Fallari,   presso  Ci- 
vitacastellana,    tornò,    dopo  lungo   abbandono,   a  pagare 
anch'esso  il   censo,  che  però  non  ad  altro  gli  si  ridusse 
che  iill'offena  di  un  cero  aU^anno  (2).   Finalmente  erano 
sonoposti  ai  censi  anche  parecchi  comuni.  Nel  detto  Hbro 
dei  censi    di   Cencio  camerario  son   ricordati,   pel   Patri- 
monio di  S.  Pietro  in  Tuscia,  i  comuni  dì  Nepi,  Campa- 
gDJno,  Vetralla,  Vallerano.   A   proposito  di  quest'ultimo, 
nella  ricerca  che  nel  1289  fu  fatta  dei  diritti  spettanti  alla 
Chiesa  nella  diocesi  di  Nepi  e  Civitacastellana,  fu  accer- 
tato e  rivendicato  il  censo,  che  per  molti  anni  non  aveva 
più  pagato,  e  che  consisteva  in  quaranta  soldi   di  moneta 
papalina    all'anno  :    anche    Fabbrica,    debitrice    di    egual 
censo,  non  aveva  pagato  per  dodici  anni  continui,  e  ne- 
gava di  esservi  obbligata;  ma  facilmente  le  si  poto  pro- 
vare il    contrario,   e  fu   di    nuovo    assoggettata  al  paga- 
mento (3).  Il  comune  dell'  isola  Marrana  pagava,  a  titolo 
di   censo,   cinquanta   lire  papaline   all'anno  (4);  quel  di 
Onano  pagavane  uno  di  trentasette  fiorini  d'oro  (5);  cin- 
quanta   lire   pagava    anche  Civitavecchia,  che   vi   sì   era 
obbligata  con  istromento  del  2  gennaio  del   1291  (6). 

Da  ciò  si  può  ben  vedere  come  i  censi,  a  cui  la  Chiesa 
aveva  diritto,  avessero,  secondo  i  casi,  caratteri  diversi. 
Alcuni  erano  semplicemente  patrimoniali,  dati  per  corri- 
spondenza dell'utilità  che  si  traeva  da  beni  propri  del 
fisco,  il  quale  li  aveva  con  tal  peso  ceduti,  o  precariamente 


(r)  Fabre,  Le  lihir  censuum  àc  l'Egìise  rotnaitu,  Paris,  1889, fase.  i. 

(2)  Theiner,  op.  cit.  I,  467. 

(j)  Ivi,  I,  467. 

(4)  Ivi,  I,  5J7. 

(>)  Fabre,  Un  reg.  cit  p.  13. 

(6)  Theiner,  op.  eh.  I,  537;  II,  338. 


26 


e.  Calisse 


li  faceva  godere  ai  privati.  Altri  avevano  invece  carattere 

politico,  da  potersi  però  anche  questo  considerare  sotto 
aspetto  diverso.  Ora  infatti  la  ragione  dei  censi  era  nelle 
relazioni  feudali,  e  scopo  erane  il  riconoscimento  dovuto 
dal  feudatario  all'alta  sovranità  della  Chiesa;  ora  invece 
derivavano  da  atti  particolari,  che  la  Chiesa  stessa  faceva, 
esercitando  il  suo  diritto  di  sovranità.  Tali  atti  erano 
per  lo  più  benefìci  arrecati,  dei  quali  il  censo  veniva  ad 
essere  il  compenso,  e  che  potevano  essere  o  concessione 
di  diritti  od  esonerazione  da  doveri:  pel  primo  caso 
dà  esempio  il  censo  sopra  ricordato  di  Civitavecchia,  la 
quale  ottenne  governo  indipendente  dalla  curia  del  ret- 
tore, con  propri  statuti  e  speciale  governatore  (i);  pel 
secondo  sono  esempio  i  censi  di  molti  comuni,  sgravati 
da  obbligazioni  che  prima  avevano  verso  la  Chiesa  ed  i 
suoi  ufficiali. 

Tali  obbligazioni  potevano  essere  le  più  varie.  V'era 
quella  di  fornir  legna:  nel  1298  dovevano  portare  legna 
alla  curia  del  rettore  i  quattro  comuni  di  Valentano  (Jigna 
consueta)^  Latera  per  dieci  some,  per  altrettante  GradolJ, 
per  cento  le  Grotte  (2);  nel  1334  risulta  ancora  dai  re- 
gistri questa  medesima  condizione  di  cose  (5);  venti  anni 
dopo  invece  l'obbligo  è  trasformato  in  un  censo  per  Gra- 
doli  e  le  Grotte,  pagando  quello,  in  corrispondenza  alPob- 
bligo  antico,  trentatre  soldi  e  quattro  denari  papalini, 
queste,  per  la  stessa  ragione,  sedici  lire,  tredici  soldi  e 
quattro  denari  della  medesima  moneta  (4);  nel  1364  final- 
mente non  risulta  che  abbiano  più  tale  obbligazione,  in 
modo   alcuno,   gli   altri  due  comuni  di   Valentano   e  di 


(i)  C.  Calisse,  Statuti  ài  Ciintavtcchia  negli  Studi  e  documenlì 
di  storia  e  diritto  cit. 

(2)  Fabre,  Un  reg.  cit.  p.  65. 
(j)  Theiner,  op.  cit.  I,  709. 
(4)  Theiner,  op.  cit.  Il,  338. 


^atnwonio  di  S.  P.  in  T,  nel  sec,  XIV        27 


■ 
I 


Larera  (i).   Coadizione   speciale  era  quella  dei  Martv^ni  : 
ogni  sabato  dovevano  portare  sei  some  di  legna  al  castel- 
lano nella  rocca,  e  coloro  poi  che  avevano  bestie  da  tra- 
sporto, gliene    dovevano   portare  due  per   ciascuno  nella 
festa  dì  Natale  e  per  maggio  (2). 

Parecchi  comuni  avevano  l'altro  obbligo  ài  fare  un*of- 
Icrta  detta  della    cacciagione   {cxcuittm    vcnat'ìonis)^   quan- 
tunque di  fatto  non  consìstesse  soltanto  nei  prodotti  della 
accia,  ma  anche  in  altro  :  avanzo  anche  questo  di  usanze 
feudali.  Riceveva  il  dono  il  rettore,  nelle  solennità  di  Na- 
u\e  e  di  Pasqua,  ed  era  consumato   nei  conviti,  che  in 
queste  feste  il  rettore  stesso  soleva  imbandire.  Le  Grotte  e 
Canino  mandavano  capponi;  S.  Lorenzo  e  Gradoli  presen- 
tavano galline;  da  Latera  venivan  capretti;  lucci  e  tinche 
offriva    il    comune    dell'isola    Martana  (3);    né    manca- 
vano offerte  in  denaro,  quale  era  quella  di  due  denari  pa- 
palini, che,  per  ogni  famiglia,  gli  abitanti  di  una  contrada 
di  Monteiiascone  (4)    dovevano    presentare  al  tesoriere, 
mentre    si    celebrava  la    messa   solenne,   alFaltare    della 
chiesa  di  S.  Maria  di  Castello  (5). 

Lavori  campestri  e  servizi  vari  erano  finalmente  og- 
getto anch'essi  di  obbligazione  per  persone  privale  e  per 
comuni.  Come  continuazione  del  sistema  medievale, 
pel  quale  gli  ufHctali  dello  Stato  avean  diritto  di  trovare, 
ovunque  il  loro  ufficio  li  chiamasse,  falloggio  con  tutto  il 
necessario  per  sé  e  per  il  seguito;  ancora  nei  secoli  xiii 
e  XIV  era,  in  talune  occasioni,  imposta,  in  favore  dei  ma- 
gistrati, analoga  obbligazione  alle  popolazioni  del  Patri- 
monio:  così  pel   Castel  d'Orchia  il   papa   Gregorio   IX 


(i)  Fabre,  op.  cit.  pp.  5,  8. 

(2)  Theiner,  op.  cit.  I,  586. 

(3)  Ivi,  U.  338. 

(4)  «  A  porta  seu  archu  platee  et  palati!  cumunis  supra  ». 

(5)  Fabre,  op.  cit.  p.  8. 


28 


e.  Calisse 


determinò,  a  modo  di  privilegio,  che  né  a  lui  stesso  nè-'j 
ai  suoi  ufficiali  si  dovesse,  trovandosi  presenti  nel  castello, 
provvedere  (comcstiotiem  faurc)^  se  non  tre  volte  al- 
l'anno, due  per  estate  ed  una  per  inverno  (i):  in  una. 
andata  della  curia  pontificia  a  Viterbo,  il  comune  si  ob* 
bligò  a  dare  alloggio  ai  cardinali  e  a  quanti  avrebbero 
fatto  parte,  per  qualunque  ufficio,  della  corte  del  papa,  ed' 
anche  a  fornire  i  mezzi  pel  trasporto  di  quanto  fosse  ne- 
cessario (2):  trasporti  dovevan  pur  fare  gli  uomini  di 
Marta,  e  precisamente  del  fieno  dai  prati  demaniali,  ove 
era  stato  falciato,  fino  alla  rocca  del  castellano,  al  cui 
comando  dovevano  inoltre  recarsi,  come  suoi  messi,  in 
qualunque  luogo  ei  volesse,  purché  non  fosse  a  tal  di- 
stanza da  non  poterne  fare  ritorno  nel  giorno  stesso  della' 
partenza  (3). 

Ne  mancano  esempi  che  tutte  queste  varie  obbliga- 
zioni, di  offerte,  servigi,  lavori,  gravino  sulle  stesse  per- 
sone, le  une  unite  alle  altre.  Lo  si  vede  in  Onano.  Dt 
questo  comune  metà  apparteneva  immediatamente  alla' 
Chiesa,  e  metà  era  stato  concesso  a  feudo.  I  massari  della 
Chiesa,  i  lavoratori  cioè  dei  fondi  a  questa  direttamente 
spettanti,  dovevano,  nella  festa  dì  mezzo  agosto,  fare  of- 
ferta di  polli,  stimati  tre  soldi  cortonesi  al  paio,  onde  il 
valore  dell'offerta  intera,  che  non  poteva  essere  di  più  di 
settanta  paia,  era  di  dieci  lire  e  dieci  soldi  della  stessa* 
moneta.  Nella  stagione  opportuna  dovevano  fare  i  lavoii' 
necessari  ad  una  vigna  demaniale,  restando  però,  durante; 
il  lavoro,  a  carico  del  castellano  il  loro  mantenimento.  Per^ 
carnevale  era  obbligo  dì  ciascuno  offrire  una  gallina,  e  per 
estate  fare  un'opera  in  campagna,  cioè  una  giornata  di 
lavoro;  de'  quali  servizi  il  valore  era  stimato  per  ogni  per- 


(1)  Theiner,  op.  eh.  I,  175. 

(2)  Ivi,  I,  359. 

(3)  Ivi.  I,  586. 


'Tairimonio  di  S.  P,  in  T.  nel  sec.  XIV        29 


sona  a  dieci  soldi   cortonesi.  Si  dovevano  inoltre  pagare 
trenta  soldi  cortonesi  al  castellano  per  il  trasporto  del  fieno; 
per  ogni   masseria,  di    cui   quattro  esistevano   in  Onano 
nel  1358,  si  dovea  dare  un  castrato  e  pagare  trenta  soldi;  si 
avea  Tobbligo  di  portar  legna  ed  acqua,  servizio  valutato 
sei  lire;  di  fornire  alloggio  ai  militari  ed  impiegati  di  pas- 
saggio, ciò  che  si  calcolava  quaranta  soldi;  di  pagare  final- 
mente venticinque  fiorini  d*oro  in  sant'Angelo  di  setteni- 
I  i»re,  e  dare,  a  titolo  di  prezzo  di  affitto,  venti  some  all'anno 
di  grano  ed  altrettante  di  fieno  (i).  Nel  1538,  addi  6  dì  set- 
tembre, per  tutti  questi  obblighi  si  ìììcq  una  convenzione 
i  fra   il  rettore  del  Patrimonio  e  il  comune,  per  la  quale,  se- 
condando la  tendenza  che  aveasi  allora  in  ogni  luogo  di 
abolire  fin  gli  ultimi  avanzi  della  servitù  della  gleba,  col 
E  camb>iare  i  servizi,   che  da  questa  avevano  avuto  origine, 
in  pagamenti  di  corrispondente  valore  in  denaro;  fu  sta- 
bilito che,  invece  di  tutti  ì  vecchi  obblighi  gravanti  sulla 
popolazione,  il    comune  pagherebbe   un  censo  annuo  di 
trentasette  fiorini  d'oro,  dividendone  in  tre  rate  il  paga- 
mento,   al    primo    cioè  di  gennaio,  di  maggio  e  di  set- 
tctnbre  (2). 


In  quanto  alle  imposizioni  in  denaro,  dovute  al  Go- 
verno per  diritto  di  regalia,  per  ragione  della  sua  sovra- 
^tihà,  si  era  lungi,  nel  Patrimonio  di  S.  Pietro  in  Tuscia 
fomc  altrove,  dall'avere  un  sistema  tributario  unico  ed  or- 
TBÌuato,  quale  si  è  avuto  nei  tempi  posteriori.  Essendosi  an- 
cora nel  periodo  di   passaggio  dal  modo  con  cui  questa 
materia  era  stata  trattata  nel  medio  evo,  a  quello  con  cui 
si  doveva  trattarla  in  appresso;  accanto  a  notevoli  miglio- 
ramenti si  trovavano  ancora  in  questo  ramo  della  pubblica 
anunioistrazione  avanzi  medievali,  manifesti  tanto  nel  con- 


(1)  Theiner,  op,  cit.  II,  62. 

(2)  Fabre,  Un  rtg,  cit.  p.  13. 


50 


C.  Calisse 


certo  stesso  e  nella  qualità  delle  imposte,  quanto  nella  loro 
distribuzione  ed  amministrazione. 

Le  imposte  dirette  erano  meno  frequenti  che  le  indi- 
rette, non  gravavano  tutti,  perchè  numerose  ne  erano  le 
esenzioni,  ed  avevano  per  lo  più  tal  carattere,  da  servire 
ciascuna  ad  uno  scopo  determinato:  tale  era  la  tassa  della 
procuraiio,  che  s' è  veduta  destinata  alle  feste  per  Tarrivo 
del  rettore;  tale  quella  della  laiUa  militum,  pagata  per  man- 
tenere custodi  sulle  pubbliche  vie  ;  tali  ancora  erano  altre. 
Non  tutte  però,  che  ve  n'  erano  anche  di  non  aventi  scopo 
speciale,  fra  cui  è  da  porsi  quella  assai  importante  del 
focatico.  Anche  Bonifacio  Vili  la  teneva,  a'  tempi  suoi, 
come  la  principale  fra  tutte,  perchè,  dando  nel  1299  alcune 
norme  di  governo  agli  ufficiali,  che  mandava  nel  Patri- 
monio di  S.  Pietro  in  Tuscia,  parlava  loro  in  modo  della 
riscossione  di  questa  cassa,  da  farla  considerare  come  Tunica, 
che  regolarmente  potesse  esigersi  dai  vari  comuni  (i).  Essa 
veramente  colpiva  ì  sìngoli  fuochi,  le  famiglie  :  ma  il  Go- 
verno, secondo  un  sistema  ereditato  fin  dal  diritto  fiscale 
romano,  chiamava  garante  il  comune,  a  cui  addossava  il 
pagamento  della  somma  intera,  secondo  il  numero  delle 
famiglie  di  cui  componevasi  il  suo  abitato  e  delle  facoltà 
economiche  da  esse  possedute.  Il  comune,  riscossa  la 
somma  dai  singoli  cittadini,  la  faceva  avere  al  Governo, 
o  per  mezzo,  come  più  in  antico  si  usava,  di  esattori 
che  il  Governo  stesso  a  ciò  destinava  (2),  ovvero»  come 
fu  poi  regola,  per  appositi  messi  che  i  comuni,  ad  un 
tempo  fissato,  dovevano  mandare  alla  curia  del  rettore, 
per  fare  il  pagamento  nelle  mani  del  tesoriere  (3).  La 
somma  a  ciascun  comune  addebitata  era  stabìUta  in  modo 
diverso.  L*uno  era  più  semplice  e  più  antico,  indicandosi 


(i)  Treiner,  op.  cit.  I,  $28. 

(2)  Ivi,  I,  273,  467. 

(j)  Fabre,  op.  cit.  p.  58, 


"Patrimonio  di  S.  P.  in  T.  nel  sec.  XIV        5 1 


quanto  sì  dovesse  pagare  per  ogni   fuoco,   di  modo  che 
.innLialmente  la  somma  poteva  variare  anche  per  un  mi- 
nimo cambiamento  nel  numero  delle  famiglie  del  comune: 
come  vecchia  consuetudine,  per  esempio,  è  ricordato  che 
Acquapendente  pagava  per  ogni  fuoco  ventisei  denari  (i); 
altrenanto  era  pei   comuni  di   CiUcse,    Torricella,    Cor- 
chiano,  Fabbrica,  Carapagnanoepcr  altri  luoghi  minori  del 
distretto  di  Nepi  e  di  Civitacastellana  (2).  L'altro  modo 
assicurava  al  Governo  per  ogni  comune  una  somma  certn, 
perchè,  sebbene  proporzionata  alla  popolazione,  era  indipen- 
•letite  dalle  accidentali  variazioni  di  questa,  finché  almeno 
non  fossero  tali  da  rendere  necessaria  una  variazione  an- 
che nella  somma  corrispondente.  Corncto,  città  cospicua 
nel  medio  evo,  pagava,  dalla  fine  del  xiii  alla  metà  del  se- 
colo XIV,  lire  censettanta  papaline  di  focatico,  Toscanella  ne 
pagava  censessanta,  centoventi  Orte,  Sutri  sessanta,  Mon- 
tilto  quaranta,  e  cosi,  sempre  in  proporzione  degradando, 
si  giungeva  fino  alle  somme  minime  dei  più  piccoli  comuni, 
come  quella  di  cinque  lire  papaline  per  Bassano  di  Sutrì  (3). 
Anche  per  la  tassa  del  focatico,  come  per  le  altre,  si 
avevano  esenzioni.  In  Montefiascone  ne  erano  franchi  gli 
avvocati,   i   notai,  i    chierici  (4);    in   Acquapendente  fin 
dal  tempo  più  anrico  si  ricorda  che  non  pagavano  il  fo- 
catico i  soldati,  i  nobili,  i  giudici,  gli  ecclesiastici,  Ì  notai, 
gli  orfani  e  le  vedove  sine  regimine,  coloro  che  avevano 
meno  di  sessanta  soldi,  o  che,  per  alcun  proprio  privi- 
legio, ne  avevan  avuto  speciale  esenzione  (5). 

Più  numerose  erano  le  imposte  indirette,  e  più   esse 
forse  che  le  altre  avevano  carattere  d*  indeterminatezza, 


(i)  Theiner,  op.  cit.  I,  273. 

(2)  Ivi,  I,  467. 

(})  Ivi»  h  491»  709;  II,  3}8. 

(4)  Fabre,  op.  cit  p.  8. 

(5)  Theiker,  op.  cit.  I,  273. 


32 


e.  Cali  ss  e 


per  cui  prendevano  aspetti  diversi,  ora  mostrandosi  come 
rendite  patrimoniali,  ora  accostandosi  alla  qualità  di  pro- 
venti di  regalie,  ora  anche  figurando  come  compenso  di 
servizi  resi  dallo  Stato  ai  cittadini.  Ne  dà  esempio  il  pe- 
daggio. Consisteva  questo  nel  diritto  di  sottoporre  a  paga- 
mento persone  e  merci  transitanti  per  una  via,  per  mi 
ponte  o  per  altro  luogo  determinato;  ed  aveva  perciò  il 
carattere  tanto  di  gabella,  quanto  di  compenso  per  la  spesa 
della  costruzione  o  manutenzione  del  luogo  di  pas- 
saggio, quanto  ancora  di  riconoscimento  dell'autorità,  a 
favor  delta  quale  i!  pagamento  si  faceva.  La  Chiesa  aveva 
tale  diritto  in  parecchi  luoghi,  essendo,  ancora  nel  se- 
colo XIV,  posto  per  essa  il  passagerius,  l'esattore  cioè  del 
pedaggio,  a  Gallese,  a  Montefiascone,  a  Sutri,  a  Marta, 
alla  badia  del  Ponte  presso  Canino,  a  Proceno  pel  ponte 
di  Ccnteno  sulla  Paglia,  a  Valentano,  a  Radicofani,  ad 
Orchia,  a  Collecasale  ed  altrove  (i).  Al  passageriuSy  che 
prendeva  in  appalto  il  pedaggio,  il  rettore  dava  un  docu- 
mento, col  quale  si  determinava  la  dorata  del  suo  ufficio, 
e  lo  si  rivestiva  deirautorità  di  potere  usare  i  mezzi  ne- 
cessari per  la  riscossione.  Da  sua  parte  il  passagerius,  sotto«« 
ponendo  tutto  il  suo  patrimonio  ad  ipoteca  generale,  sì 
obbligava  a  pagare,  per  lo  più  a  rate  trimestrali,  la  somma 
pattuita  (2),  di  modo  che  il  pedaggio  comparisce  fra  leH 
rendite  pubbliche  con  una  valutazione  sicura:  il  passag- 
gio per  Acquapendente  era  determinato  a  quaranta  lire 
cortonesi  (3);  quello  di  Montefiascone  dava,  nel  1330, 
quaranta  fiorini  d'oro  (4);  le  strade  delle  mole  a  Nepi 
fruttavano  trentatre  fiorini  (j);  il  passaggio  di  Gallese  era 


(i)  Fabre,  op.  cit.  pp.  5,  12,  14,  15,  17,  20,  66. 

(2)  Ivi,  p.  66. 

(3)  The:ner,  op.  cit.  I,  491. 

(4)  Ivi,  I,  750. 
(3)  Ivi,  I,  467. 


Tatn'motiio  di  S.  P.  in  T.  nel  sec.  XIV 


:)j 


concesso,  ancora  nel    1352,   per   centocinquanta  lire  pa- 
paline all'anno  (i). 

Non  sempre  però  la  rendita  del  pedaggio  andava  a 
profitto  deirerario  pubblico,  che  spesso  anzi  si  univa 
igli  altri  proventi  del  comune,  nel  cui  territorio  se  ne 
esercitava  il  diritto.  Ciò  talvolta  avveniva  per  concessione, 
che  il  comune  ne  aveva  ricevuto.  Quello  di  Civitacastel- 
bna,  per  esempio,  ottenne  da  Gregorio  IX  che,  per  il 
mantenimento  di  uno  squadrone  di  cavalieri  a  servigio 
dcOa  Chiesa  e  per  la  conservazione  di  un  ponte,  potesse 
su  questo  imporre  il  pedaggio  di  un  denaro  per  ogni  uomo 
e  (li  due  per  ogni  cavallo,  fatta  eccezione  degli  ecclesiastici 
e  degli  addetti  alla  curia  papale  (2).  Nel  1351  fece  simile 
domanda  il  comune  di  Acquapendente,  che  nell'anno  in- 
nanzi molto  avea  speso  pel  ponte  sulla  Paglia,  in  occa- 
sione della  venuta  dei  pellegrini  a  Roma  pel  giubileo: 
e  il  papa  diede  facoltà   al   rettore  che,  accertatosi  prima 

tilella  verità  e   della  giustizia    delle    cose   esposte,  potesse 
concedere  il  diritto  di  pedaggio  al  comune  per  un  quin- 
«}uennio,  determinando  quanto   ciascuno   doveva  pagare, 
secondo  b  condizione  propria  e  il  valore  delle  merci  tras- 
porrate (3).  Un  terzo  pedaggio,  sulla  medesima  strada  di 
Roma,  pellegrini  e  mercanri,  eccezione    fatta   di   quei  di 
Orvieto  (4),  lo  trovavano   a  Montefiascone,  che  pur  fece 
ftnanda   che   ne  fosse   volta  la  rendita  a  vantaggio  del 
mune,  e  da  Giovanni  XX li,  nel  1330,  lo  ottenne,  pel 
mpo  che  a  lui  fosse  piaciuto,  ed  allo  scopo  di  restaurare 
mura  cittadine  danneggiate  da  Lodovico  il  Bavaro  (5): 
concessione   durava    ancora   ai    tempi    dell*  Albornoz, 


(t)  Theiker,  op.  cit.  II,  538. 
(2)  Ivi,  I,  182. 
(j)  Ivi,  II,  210. 

(4)  FUMT,   op.   cit.   p.    252. 

(5)  Theinjer,  op.  cit.  I,  7S0. 

Archivio  delta  R.  Società  romana  dì  ttoria  patria.  Voi.  XV, 


34 


C  Calisse 


e  nel  registro  fatto  (la  questo  nel  13^4  si  vede  confe 
mata  (i). 

Invece  che  per  concessione,  il  pedaggio  era  altra  volt-; 
riscosso  dai  comuni  per  proprio  diritto,   come  una   con 
seguenza  della  giurisdizione  che  ciascun  d'essi  esercitavi 
nel  proprio  distretto.    Fino   dalla   metà  del  secolo  xiii, 
pedaggio  sul  ponte  detto  della  Ripa  era  diviso  a  metà  fra 
la  Chiesa  e  il  comune  di  Acquapendente,  nel  cui  territoric 
quel  ponte  si  trovava  (2)  :  Orvieto,   per  pagare   un  de 
bito  che  aveva  col  priore  di  S.  Nicola  in  Carcere  di  Roi 
sottopose  i  suoi   cittadini  a  un  pedaggio   presso   Orte 
presso  Sutri,  ossia  sulle  strade  tra   questi  luoghi  ed  Or- 
vieto,  per   le   quali   transitava  il  piò   dei   forestieri  e  de;9 
mercanti  (5):  Viterbo,   che  in    molti   luoghi,   come    ne^ 
porto  di    Corneto,  godeva  esenzione,  voleva  poi,  per  le 
spese  occorrenti  a  tutelare  la  sicurezza  dei  viandanti,  im- 
porre pedaggio  sulla   strada,  fra  le  altre,  che   da   Tosca-j 
nella  va    a   Montefiascone;  ma  questo  gli  contrastava 
diritto,  e  ne  sorgevano  contese,  che  ai  tempi  dell' Albornc 
non  erano  sopite  ancora,  tanto  che  nel  1358  il  papa  gli 
diede  incarico  di  trovar  modo  che  la  questione  finalment 
venisse  composta  (4). 

L*araministrazione  generale  delle  rendite  pubbliche, 
qualunque  fonte  derivassero,  era  affidata  al  rettore.  Quest 
doveva  provvedere  non  solo  che  Ìntegro  rimanesse  quanto 
nella  sua  provincia  apparteneva  al  demanio,  ripetuta- 
mente dichiarato  inahenabile  dalle  costituzioni  pontifi- 
cie (5);  ma  che  ancora  nulla  si  togliesse  alla  Chiesa   di 


(1)  Fabre,  op.  cit.  p.  8. 

(2)  Theiker,  op,  cit  I,  275. 
(j)  Fumi,  op.  cit.  n.  123. 

(4)  TuEiNER,  op.  cit.  II,  334. 

(5)  Ivi»  I,  174. 


''Patrimonio  di  S,  P,  in  7.  net  sec.  XIV        35 


quanto,  per  qualsiasi  tìtolo,  era  dovuto  ad  essa  od  ai  suoi 
Itifficiali. 

In  conseguenza,  egli  non  avrebbe  potuto,  di  autorità 
propria,  far   concessione    alcuna   dì  beni  o   diritti  dema- 
liali,  la  quale,  se  fatta,  sarebbe  stata  giuridicamente  nulla: 
icl   1321,   infatti,  Giovanni   XXII   pubblicò    una   costitu- 
Btone,  allo    scopo    di    dicliiarar    prive    di    ogni    efficacia 
quelle   alienazioni,  che  egli    aveva    saputo  essere    state 
rarbitrariamente  fatte  da   alcuni  rettori   del  Patrimonio  in 
^liscia   a    feudatari    e    a   comuni   (1).    E    quando   fosse 
contrario  avvenuto  che   la  Chiesa  avesse  da  estranei 
subito  usurpazione  del   proprio,  al   rettore  medesimo  in- 
combeva Tobbligo  di  ricuperare  ciò    che  si  era   perduto, 
^  accertare  quanto  veniva  negato,  d*  impedire  che   perì- 
coli  di  tal  sorta  potessero    rinnovarsi.  Per  tal  motivo,  a 
quanti,  fra    comuni   e   signori,  tornavano   all'  obbedienza 
Ma  Chiesa,  il  rettore,  fra  le  altre  obbHgazioni,  imponeva 
par  <)uclla  che  avrebbero  restituito,  rispettato,  difeso,  se- 
condo i  casi,  tutto  ciò  che  si    riconosceva  essere   appar- 
tenenza demaniale  (2):  così  di  fatti  i  numerosi  feudatari, 
chi  nel  1554  fecero  sottomissione  al  cardinale  Albornoz, 
Jovcttcro,    con    giuramento    dato    in    Montefiascone    al 
rettore  Giordano  Orsini,  obbligarsi  appunto  a   questo,  a 
non  usurpare  cioè  i  diritti  e  i  beni  che  la  Chiesa  aveva 
od  Patrimonio  di  Tuscia,  a  restituire  nel  termine  di  un 
mese  quanti  ne  avevano  usurpati,  e  a  denunziare  al  ret- 
tore quelli  che  sapevano  trovarsi  ancora  nel   possesso  di 
altri  usurpatori  (5).  E  il  pontefice  stesso  s' indirizzava  per 
tait  negozi  al  rettore:  Benedetto  XII  nel   1536    gh   or- 
di  verificare   quali   diritti  appartenessero    realmente 
comune   di   Onano   agli   Annibaldi,   che  ne  facevan 


0)  Thuner,  op.  cìt.  I,  667. 

0)  Ivi,  I.  3  «7 

())  Fabré,  op.  cit.  p.  J3. 


}6 


C.  Calisse 


à 


I 

•  si 
on- 
so- 

ì 


domandi  (i),  e  due    aooì  dopo  gli  diede,  in  modo  più 
generale,  T  incarico  di  ricercare  e  riacquistare  .lila  Chiesa 
quanto  nel  Patrimonio  crale  stato  usuqjato  da  signori 
comuni  (2). 

Similmente  doveva   esser  cura  del   rettore   che   fos 
mantenuto  in  buono  stato  il  pubblico   patrimonio,  DegH 
edifici  era  a  lui  aflidata    la  vigilanza,   e    a  lui,  infatti,  si 
rivolse  Giovanni  XXII,  tanto  quando  volle  che  in  Mon- 
tefiascone  si  costruisse  un*  aula  propria  pel  tribunale,  so- 
lito fin  allora   a  risiedere   nella  rocca  (5),  quanto    allora 
che  ordinò    la  restaurazione  dell'appartamento    papale 
Viterbo,  che,  da  lungo  tempo  abbandonalo,    minacciai 
mina  (4). 

Per  attribuzione  pure  del  suo  ufficio,  doveva  il  rettore 
provvedere  che  esattamente,  nei  tempo  e   nella  quantità 
e  qualiti,  fosse    pagata   ogni  ragione  di   affitti,  di   censi, 
d'imposte.  Dalla  curia  infatti  del  rettore,  ed  in  suo  nome 
e  per  suo  comando,  partivano  le  lettere  circolari  pel  p^gaiS 
mento  del  focatico,  delia  tuìlia  mililnmy  della  procuratio,  per 
l'offerta  della  cacciagione,  per  le  legna,  per  quanto  altro  er^y^ 
dovuto  ;  intimandosi,  in  virtù  dell'obbedienza  da  aversi  alla| 
Chiesa  e  colla  minaccia  di  multe  e  di  altre  pene  per  chi  non 
avesse  obbedito,   che  si  presentasse  o  mandasse  ciascuno™ 
un  messo  speciale  alla  curia  del  rettore,  per  quivi  sodJisfureJB 
entro   il   termine  stabilito,  alla  propria   obbligazione  (5). 
Non  sempre  però  era  riscosso  direttamente  dalla  Chiesa 
ciò  a  cui  essa  aveva  diritto.  Spesso  i  proventi  fiscali  erano 
ceduti  a  persone,  che  si  ponevano  di  mezzo  fra  lo  Stato 
e  i  contribuenti.  Tali  persone  erano   talvolta   quelle  eh 


(t)  Theiner,  op,  cìt.  II,  15. 

(2)  Ivi.  II,  5  5. 

(0  Ivi,  I,  665. 

(4)  Ivi,  I,  717. 

(>)  Fabre,  op.  cit.  par.  II,  docc  lu-vn 


Matrimonio  di  S,  P.  in  T.  nel  sec.  XIV        57 


avevano  crediti  verso  lo  Stato,  per  avergli  somministrato 

f  denaro  in  momenti  di  strettezze  finanziarie  o  per  altra  qual- 
«voglia  ragione.  Adriano  IV  per  mille  marchi  d'argento 
cedette  in  pegno  alla  famiglia  dei  Prefetti  Di  Vico 
(guanto  la  Chiesa  aveva  in  Civitacastellana  e  Montalto  e 
nei  loro  territori  (i);  Urbano  VI  die  Corneto  in  mano 
dei  Genovesi,  per  garantire  il  pagamento  della  somma 
loro  promessa  quando,  con  dieci  galere,  ne  fu  trasportato 
in  Liguria  (2);  poco  più  tardi  Eugenio  IV  dovè  dare  Civi- 
tavecchia in  pegno  al  suo  tesoriere  Bartolomeo  iM;izzatosti 
«li  Viterbo,  per  denari  che  ne  aveva  avuti  in  prestito  (3). 
E  questi  non  sono  i  soli  esempi.  Per  altro,  incaricate  di 
riscuotere  le  rendite  della  Chiesa,  in  questo  o  in  quel 
bogo,  erano  per  lo  più  persone  che  avevano  insieme 
carattere  e  di  appaltatori  e  di  pubblici  ufficiali:  appalta- 
tori, perchè  ottenevano  l'ufficio,  posto  per  re^^'ola  al  pub- 
blico incanto,  mediante  obbigazione  di  pagare  una  somma 
detcrminata;  pubblici  ufficiali,  perchè,  oltre  al  diritto  di 
riscuotere  imposte,  dazi  ed  akro,  acquistavano  anche 
ciucilo  di  esercitare  talune  attribuzioni  proprie  della  pub- 
bUca  autorità:  per  esempio,  una  limitata  giurisdizione.  La 
figjone  di  siffatto  miscuglio  è  che  tali  attribuzioni  ave- 
vano carattere  patrimoniale,  cioè  fruitavan  rendita  a  chi 
ne  aveva  Tcscrcizio,  ed  erano  perciò  unite  agli  altri  pub- 
blici proventi,  la  cui  riscossione  si  affidava  ad  appositi 
ufióali,  che  si  chiamavano  castellani. 

La  caskllania  è  il  diritto  di  godere,  usandone  e  appro- 
piandosene  i  frutti,  quanto  spetta  al  patrimonio  pubblico 
tn  UQ  detenui  nato  territorio:  e,  per  estensione  di  signifi- 
co, s*  intende  per  essa  anche  il  territorio  medesimo,  su 


(0  C.  Calisse,  Nuwi  docum.  per  ta  storia  del  Patrim.  dì  S.  PUtro 
«  Ttuiia  in  Studi  e  documenti  di  itoria  t  diritto,  a.  Vili,  1887. 
(j)  Raynaldi  Annui  eccUi.  a.  1585,  n.  8. 
(j)  C.  Calisse,  /  Prefetti  dt.  p.  ao2. 


38 


C.  Calisse 


cui  quel  diritto  si  esercita.  L'oso  delle  rocche  quivi  esi- 
stenti; il  godimento  di  tutti  i  beni  pubblici,  di  qualunque 
specie  fossero,  terre,  selve,  case,  molioi;  la  facoltà  di  riscuo- 
tere per  sé  censi,  pigioni,  pedaggi,  terratici,  multe,   e  d|fl 
avere  servigi   di    lavori  o  di    altro,  a  cui   gii  abitanti  del 
luogo  fossero  sottoposti  ;  questi  erano  i  diritti  dei  castel- 
lani. Avevano  però  anche  obblighi,  fra  cui  la  custodia  degllH 
edifici  demaniali,  la  buona  coltivazione  delle  terre,  e  sopra 
tutto  il  pagamento   della  somma,  per  la  quale  la  castel- 
lania   era   stata   ottenuta.   Sulla  fine  del  secolo  xiii,  fatto 
il  conto  a  lire   papaline,   novanta   se  ne  pagavano  per  la 
castellania   di   Ghia  e  CoUecasale,  cento  ne  valeva  quella 
di    Montalto,   duecentoquaranta   l'altra  di   Orchia  (i).   A 
mezzo  il  secolo  xiv  si  faceva  invece  il  conto  a  fiorini,  f^È 
dieci  chicdevane  in  prezzo  la  castellania  di  Civitacastellana, 
venti  quella  di  Canino  e  Tessennano,  trentaquattro  quella  — 
di  Proceno,  quella  di  Radicofani   chiedevane  settanta,  ^f 
Taltra    di    Pereta   duecento  (2).    Il  prezzo   era    in    rela- 
zione dei  diritti  che  al  castellano  sì  cedevano.  Infatti  la 
castellania  di  Pereta,  luogo  oggi   non   ricordato   che   nel 
nome  di  una  tenuta,  era  quella  per  la  quale  si  pagava  I4H 
maggior  somma,  perché  più  delle  altre  conteneva  diritti, 
il  focatico,  il  pascolo,  il  pedaggio,  i  terratici,  i  frutti  delle 
vigne,  le  mole,  i  proventi  della  giustizia  (3).  E  per  con- 
trario, se   accadeva   che  il  castellano    non  potesse   avere 
quanto   gli  era  dovuto,  11  prezzo  veniva   in  proporzione 
diminuito:  il  castellano  di  Canino  avrebbe  dovuto  pagare, 
come   si  è  detto,  venti  fiorini  alFanno;  ma  nel  1352  ne 
pagò  poco  più  di  undici,  perchè  in  quest'anno  la  castel 
lania  gli  fu  tolta  per  la  conquista  del  paese  fritta  da  Gic 
vanni  Di  Vico  (4). 

(t)  Theiner,  op.  cit.  I,  491. 
(2)  Ivi,  n,  338. 
{3)  Fabbe,  op.  cit.  p.  21. 
(4)  Theiner,  op.  cit.  II,  338. 


Tairimottio  di  S.  P.  in  T.  nel  sec.  XIV 


39 


La  nomina  dei  castellani  apparteneva  al  rettore.  Non 
Igii  che  non  potessero  ricevere  Tufficio  loro  direttamente 
\h\  pontefice,  che  questi  anzi  talvolta  cosi  faceva,  per  re- 
jtribuire  taluno  dei  servigi  a  lui  resi:  se  ne  ha  esempio  in 
Innocenzo  IV,  che  investi  della  castellania  di  Radicofani 
Saraceno  di  Perugia,  e  in  Bonifacio  Vili  chs  diede  quella 
di  Collccasale,  nella  diocesi  di  Bagnorea,  ad  Arlotto  di 
Rolando  dì  Todi  (i).  Ma  tolti  simili  e  non  frequenti  casi, 
spettava  al  rettore  concedere  le  castellante,  e  ciò  faceva 
per  lo  più  col  metodo  del  pubblico  incanto  :  il  maggiore 
offerente  era  il  prescelto.  Si  stipulava  allora  fra  questo  e 
il  rettore  un  contratto,  col  quale  st  determinava  la  durata 
Jclla  concessione,  la  qualità  e  la  quantità  dei  diritti  tras- 
messi al  castellano,  la  somma  che  questi  doveva  pagare 
io  compenso,  e  a  garanzia  della  quale  doveva  presentare 
idonei  fideiussori  e  dare  ipoteca  generale  su  tutto  il  suo 
pitrimonio.  Al  castellano  stesso  si  consegnava  poi  un  do- 
cumento, che  facea  fede  della  nomina  avuta,  e  nel  quale 
io  si  esortava  a  diportarsi  in  modo,  neiruflìcìo  che  gli  era 
stato  itBdato,  da  fjrc  che  la  Chiesa  e  Ìl  rettore  dovessero 
lodarsi  di  lui,  mentre  dal  loro  canto  gli  promettevano  ogni 
garanzia  ed  assistenza  pei  diritti  conceduti.  Un  altro  docu- 
nicmo  finalmente  veniva  spedito  al  comune  nel  cui  distretto 
«  trovava  la  castellania,  e  lo  scopo  ne  era  che  Ìl  castellano 
:  ivi  da  tutti  riconosciuto,  e  da  tutti  ne  fossero  rispet 
i  1  diritti  (2). 

Affini  con  le  attribuzioni  finanziarie  del  rettore,  anzi 
*^ollcgate  con  esse,  erano  quelle  che  a  luì  incombevano  pel 
governo  deireconomia  generale  della  sua  provincia.  Lo 
Stato  non  lasciava  allora  liberti  nel  commercio,  anzi  lo 
^geva  a  suo  modo,  or  favorendolo,  ora  ostacolandolo. 


(t)  Thetner,  op.  cit.  I,  2^6,  538. 
(2)  Fabre,  op.  cit.  p.  2,  dee.  L 


¥> 


C  Calhse 


e  cercando  sempre  d'Impedire  che  la  libertà  di  espor- 
razione  portasse  carestìa  dove  si  era  avuta  abbondanza 
di  produzione.  Le  tariffe  e  il  divieto  di  libero  scambio 
erano  i  mezzi  principali  pel  conseguimento  dello  scopo 
che  il  Governo  si  proponeva,  e  a  cui  doveva  concorrere 
coll'opera  propria  il  rettore,  che  aveva  il  compito  di 
far  osservare  quanto  a  tal  proposito  avevano  stabilito 
le  leggi.  Cosi  era  per  le  tariffe,  che  potevano  essere 
determinate,  se  gi.\  non  lo  fossero  state  peraltro  mezzo, 
per  opera  del  rettore  medesimo:  specialmente  allora  che 
si  temeva  un  rincari  mento,  si  ricordavano  col  bando 
i  prezzi  dei  vari  prodotti,  obbligando  i  venditori  ad 
attenervisi;  ovvero  si  facevan  di  nuovo,  in  quella  occa- 
sione, stabilire  dai  pubblici  stimatori,  come  si  fece  a  Vi-  M 
terbo,  per  il  grano,  l'orzo,  il  vino,  la  carne,  il  pesce,  le  " 
legna  ed  altro  ancora,  allorquando  Nicolò  IV  si  trasferi 
colla  sua  cone  in  quella  cittA  (i).  In  quanto  all'esporta- 
zione, non  si  poteva  questa  fare  per  alcuna  specie  di  der- 
rate, e  neppure  fra  un  comune  e  l'altro  nell'interno  dello 
stesso  Patrimonio  di  Tuscia,  senza  che  il  rettore  ne  avesse 
dato  licenza  (2),  o  non  se  ne  fosse  avuta  special  conces- 
sione dal  papa  o  da  un  suo  legato.  Una  simile  concessione 
era  stata  fatta  per  Montefìascone,  dove,  standovi  gii  la 
curia  del  rettore  con  tutti  gli  uffici  dipendenti,  si  era  data 
libcrtd  di  portare  da  qualunque  parte  della  provincia  ogni 
sorta  di  prodotti  :  ma  presto,  per  domanda  del  comune 
medesimo,  quella  concessione  fu  ristretta,  perchè  Inno-  J 
cenzo  VI,  a  cui  era  stato  riferito  che  il  libero  commercio  j 
del  vino  forestiero  faceva  che  restassero  incolte  le  vigne  del' 
luogo,  ordinò  che  a  riguardo  del  vino  sì  tornasse  all'antico 
divieto  (3).  Eccezione  si  faceva  soltanto  pel  vantaggio  della 


(I)  Theiner,  I,  3S9. 
(a)  Ivi,  I,  528,  ,'6t. 
(3)  Ivi,  II,  236. 


'Tatrimonio  di  S,  P,  in  T.  nel  sec.  XI F        41 


■ 


* 


I 


curia  papale  e  de*  suoi  ufficiali:  anche  proibito  il  vino  fo- 
restiero in  Montefiascone,  il  rettore  poteva  farvene  venire, 
per  uso  proprio,  quanto   gli  era  necess;irio;    e  nel    1304, 
avendo  Benedetto  XI  deciso  di  passar  Testate  a  Perugia, 
orJinò  al  rettore  del    Patrimonio  che  niun  impedimento 
ponesse  ai  messi  del  comune  perugino,  mentre  andavano 
attorno  a  cercar  vettovaglie  (i).  Altrimenti  sarebbero  stati 
molestati  ed  impediti  nei  negozi  loro  dai  grasc'uri,  cui  era 
affidata  l'esecuzione  di  ciò  che  riguardava   il  commercio 
delle  grascie,   di    quanto    cioè  era  necessario  al  generale 
approvvigionamento.  Anche  i  grascieri  erano  nominati  dal 
rettore,  dalla  curia  del  quale  ritraevano,  mediante  corrispon- 
dente pagamento,  le  patenti    per  esercitare  l'ufficio  loro, 
cui    andava   necessariamente   unita  una  qualche  giurisdi- 
zione, di    cui  pare   che   talvolta   abusassero:    certo  Mar- 
tino IV  temeva  che  le  durezze  colle  quali  i  grascieri  di 
Roma  pretendevano  trattare  gli   abitanti  di  Civitavecchia, 
appartenente   allora  al  distretto   urbano,  citandoli  innanzi 
a  se,  e  dando  loro  Ingiusti  comandi,  potessero  in  questa 
cì«à   esser  causa  di  tumulti   e  di  pericoli  per  lo   Stato, 
e   raccomandava  perciò  a  chi  era  quivi   allora  governa- 
tore che,  togliendo  l'occasione,  impedisse  l'allargarsi  del 
male  (2). 

Altro  degli  uffici  connessi  cogli  interessi  finanziari  era 
quello,  che  pur  spettava  al  rettore,  di  sovrintendere  alla 
coniazione  della  moneta,  invigilarne  la  circolazione,  repri- 
merne la  falsificazione.  Era  questo  allora  assai  più  grave 
negozio  che  non  sia  oggi,  perchè  circolavano  nel  Patri- 
monio moltissime  specie  monetarie,  fiorini  piccoli  e  grossi, 
d'oro  e  d*argento,  lucchesi,  perugini,  cortonesi,  veneziani, 
ravennati,  turonensi,  provisini,  bizanti,  pisani,  senesi,  pa- 
palini. Era  inevitabile  la  confusione,  il  deprezzamento  or 


4* 


C.  Caiisse 


deirunn  specie  di  moneta  e  or  deiraltra,  la  falsificazione 
facile  e  vastissima,  la  diffidenza  perciò,  la  difficoltà  degli 
scambi,  e  in  ultima  conseguenza  il  danno  dcgl'  interessi 
pubblici  e  privati.  A  rimediar\'i,  o  si  determinava  di  quando 
in  quando  a  quali  monete  si  doveva  dar  corso  legale,  come 
si  f<^cc  nel  1278,  quando,  andando  la  curia  romana  a  Vi- 
terbo,  si  ordinò  che  soltanto  fossero  accettati  in  commercio  fl 
cortoncsi  e  perugini  o  monete  a  queste  equivalenti  (i); 
ovvero,  come  più  di  frequente  accadeva,  si  dava  facoltà 
al  rettore  di  procedere  a  qualche  semplificazione  od  uni- 
ficazione, col  battere  moneta  nuova,  quella  per  Io  più  delle 
lire  paparine  o  papaline,  che  nel  secolo  X[v  avevano  nel 
Patrimonio  credito  e  corso  superiore  ad  ogni  altra,  ed 
erano  cosi  dette  perchè  portavano  l'effigie  del  papa,  per 
esser  distinte  dalla  moneta  che  faceva  coniare  il  Senato 
romano,  e  dalle  altre  forestiere,  che  avevano,  come  si  è 
detto,  nella  provincia  lìbera  circolazione.  A  questo  scopo 
nel  1321  Giovanni  XXII  scrisse  al  rettore  che,  avuto  prima  ■ 
consiglio  coi  comuni,  facesse  coniare  nuovi  papalini,  per  ™ 
diminuire  la  dannosa  molteplicità  delle  monete  nel  Patri- 
monio (2);  nel  1334  lo  stesso  pontefice  rinnovò  tale  fa-  fl 
coltA,  aggiungendo  però  che  di  quattro  in  quattro  mesi 
la  Camera  apostolica  dovesse  essere  fatta  consapevole  della 
quantità  di  moneta  nel  frattempo  coniata  (3);  e  nel  1337 
tornò  a  confermarla  Benedetto  XII,  lasciando,  ben  s'intende, 
ni  rettore  soltanto  il  diritto  del  conio,  e  nulla  cedendogli 
di  quanto  era  in  questa  materia  prerogativa  sovrana  (4). 


I 


Pel  disbrigo  di  tanti  uffici  attinenti  agi'  interessi  finan- 
ziari della  sua  provincia,  il  rettore  aveva,  fra   gli  ufficiali 


(i)  Theiner,  op,  cit.  I,  359. 

(2)  Ivi,  I.  66|. 

(3)  Ivi,  I.  777. 

(4)  Ivi,  II.  39. 


I 


Matrimonio  di  S.  P.  in  T.  nel  sec.  XII' 


43 


della  curia^  anche  Ìl  tesoriere,  sostituito  talvolta  da  un  ince- 
Usoriere  (i). 

L'ufficio  principale  del  tesoriere  era  la  custodia  del 
pubblico  denaro,  riscuotendo  quanto  si  doveva,  per  qual- 
siasi titolo,  alla  curia,  amministrando  ciò  che  aveva  ri- 
scosso, pagando  gli  stipendi,  facendo  tutte  le  spese  ne- 
cessarie e  tenendo  il  resto,  se  vi  era,  a  disposizione  dtl 
pontefice:  esempi  di  queste  sue  varie  attribuzioni  se  ne 
son  gìA  veduti  parecchi.  La  relazione  col  rettore  era  natu- 
ralmente di  dipendenza  pel  tesoriere,  che  doveva  in  tutto 
agire  col  consenso  e  sotto  la  guida  e  vigilanza  continua 
di  lui,  ed  eseguirne  gli  ordini.  Infatti  le  lettere  d'intimo 
dei  vari  pagamenti,  che  si  dovean  fare  nelle  mani  del  te- 
soriere, partivano  dal  rettore;  il  pontefice  stesso,  quando 
provvedeva  su  cose  la  cui  esecuzione  spettava  al  tesoriere, 
mandava  le  sue  istruzioni  anche  al  rettore,  senza  per  altro 
che  questa  regola  fosse  tale  da  non  poter  egli  corrispon- 
ttt  direttamente  col  tesoriere  medesimo,  come  fece,  per 
tempio,  nel  1352  Clemente  VI,  quando  ordinò  al  teso- 
riere Angelo  Tavcrnini  che  tutte  le  rendite  del  Patri- 
monio fossero  per  quell'anno  impiegate  a  sostenere  la 
guerra  contro  Giovanni  Di  Vico  (2).  D'altra  parte  il  te- 
soriere, per  ciò  che  riguardava  l'esecuzione  dell'ufficio 
joo,  quando  avesse  seguito  il  rettore  nella  direzione  ge- 
nerale che  questi  imprimeva  a  tutto  il  governo,  ne  era 
poi  e  doveva  esserne  indipendente.  Sono  da  ricordarsi  a 
tal  proposito  due  costituzioni  pontificie.  Una  è  di  Cle- 
mente VI,  che  nel  1352  ordinò  al  tesoriere  che  non 
dovesse  mai,  del  denaro  che  custodiva,  dare  al  rettore 
più  di  quanto  gU  competeva  per  salario  (3);  coH'altra, 
^^I  ^Ì5ìi  Innocenzo  VI  vietò  che   il  rettore  revocasse  i 


(1)  Theiner,  op.  cit  t,  683. 

(2)  Ivi.  II,  227. 

(})  Ivi,  n,  222, 


44 


C  Calisse 


processi  contro  i   debitori  dell'erario,  senza  averne  prima 
avuto  il  consenso  del  proprio  tesoriere  (i). 

Uno  dei  compiti  più  importanti  che  aveva  il  tesoriere 
era  il  tenere  ordinati,  quanto  più  potesse,  i  registri,  sia 
delle  entrate  come  delle  spese,  e  di  depositarli,  per  la  loro 
conservazione,  nell'archivio  della  curia  del  rettore  (2), 
Tali  registri  sono  la  fonte  della  maggior  parte  delle  no- 
tizie che  si  hanno  sul  governo  del  Patrimonio  di  S.  Pietro 
in  Tuscia,  e,  per  questa  considerazione,  ha  speciale  impor- 
tanza quello  che  fu  compilato  nel  1298,  quando  era  rettore 
Rinaldo  Malavolti.  Avveniva  però  che,  nel  succedersi  dei 
magistrati,  gli  archivi,  per  incuria  o  per  frode,  rimanevano 
disordinati,  o  ne  erano  anche  trafugari  documenti  e  registri. 
Al  che  volendo  rimediare  Giovanni  XXII,  che  lamentava 
il  catrivo  stato  degli  archivi  nella  provincia  toscana,  diede 
incarico  di  riordinarli  ad  un  monaco  dell*  ordine  cister- 
ciense  (5);  ingiunse  in  pari  tempo  al  rettore  e  al  tesoriere 
che,  per  l'avvenire,  tenessero  ciascuno  diligentemente  un 
libro  delle  entrate  e  delle  spese  (4);  e  in  quanto  al  passato, 
per  riparare  alle  perdite  subite,  mandò  nel  1327  il  tesoriere 
stesso  iti  Assisi,  dove,  nel  convento  di  S.  Francesco,  si 
conservavano  casse  piene  di  documenti  relativi  all'ammini- 
strazione del  Patrimonio  di  S.  Pieti'o  in  Tuscia.  C  il  risul- 
tato di  questa  missione  ben  fu  corrispondente  allo  scopo, 
che  di  quei  documenti  si  fecero  copie  ed  estratti,  e  se  ne 
formò  nel  1354,  essendo  rettore  Filippo  di  Cambarlhac  e 
tesoriere  Stefano  Lascuotz,  Ìl  Registro  della  curia  del  Patri- 
mofiio  di  S.  Pietro  in  Tuscia^  che  è  conservato  oggi  nell'ar* 
chivio  Vaticano  (5),  e  di  cui  fu  recentemente  pubblicato 


(i)  Theiner,  op.  ck.  Il,  238. 
(2)  Ivi,  II,  i8j. 
(?)  Ivi,  I,  666, 

(4)  Ivi,  I,  68j. 

(5)  Armadi  XXXV,  n.  14 


Matrimonio  di  S.  P,  in  T.  nel  sec,  XI  l  ' 


45 


I 

I 
I 


il  contenuto  (i).  Questo  registro  venti  anni  dopo,  cioè 
ne!  1554»  fu  riordinato  ed  accresciuto,  nell'occasione  che 
i*Alhomoz  veniva  a  far  riacquistare  alla  Chiesa  moki  diritti 
che  le  erano  stati  usurpati:  ma  siccome  fu  un  registro 
compilato  in  fretta  e  senza  ordine  nella  distribuzione  delle 
partì,  TAlbornoz  stesso,  nel  1364,  per  renderlo  di  f;icilc 
uso,  lo  riordinò  in  modo,  che  sotto  rindicazione  dei  sin- 
goli comuni  e  dei  feudatari  fossero  enumerati  i  diritti  e 
i  doveri  che  ciascun  dì  essi  aveva  verso  il  Governo  della 
Chiesa  (2). 

Fra  i  tesorieri  del  Patrimonio  di  Tuscia  acquistò  fama, 

più  che  ogni  altro,  i!  viterbese  Angelo  Tavernini,  il  quale, 

giovandosi  del  suo  ufficio,  tenuto  per  ben  venticinque  anni, 

aveva  accumulato  ricchezze  per  quei  tempi  straordinarie.  Nel 

territorio  di  Viterbo  sì  era  fatto  proprietario  di  un  podorc, 

stimato  allora   del  valore  di  diciottomila  scudi  d'oro,  ed 

era  giunto  anche  ad  aver  feudi,  come  quello  dì  Colleca- 

sale,  nella  diocesi  di  Bagnorea,  a  lui  concesso  per  dieci  anni 

da  Clemente  VI  (3),  E  di  ciò  non  sazio,  lucrava  dando 

sad   usura,  e  le  cronache  ricordano  che  a  quei  debitori,  i 

eguali  non  cran  pronti  a  pagare  alla  scadenza  delle  obblì- 

Igazioni,  egli,  abusando  della  potestà    che  gli  veniva  dal 

^uo  ufficio,  scoperchiava  le  case,  ne  rompeva  le  imposte, 

^  giungeva  fino  a  maltrattamenti  nelle  persone  (4)  ;  onde 

^^orse,  alla  fine  del  1374,  grave   tumulto  in  Viterbo,  de! 

«quale    approfittò    Francesco   DÌ  Vico,  che    in  tale    occa- 

^one  si  kce  padrone  della  cìtti  (5).  Il  Tavernini  sì  sot- 


(t)  Fabre,  Rig,  curiae  patr.  5.  Pttri  in  Tuscia^  in  MHanges  (Tar- 
biol  ti  d*hisL,  Rome,  1889,  io.  IX. 
(2)  Fabre,   Un  registre  CÌL  p.  9. 
(j)  Ivi,  p.  20. 

(4)  N,  Della  Tuccia,  Cren,  viterb.  a.  1374. 

(5)  C.  Calisse,  /  Prefetti  eh.  p.  145. 


4^ 


C  Calisse 


trasse  allora  a  stento,  con  nascosta  fuga,  ali*  ira  popolar 
e  qualche  mese  dopo,  andato,  per  iscolparsi,  insino  ad  Of^ 
betello  incontro  a  Gregorio  IX,  che  tornava  da  Avignone, 
neppure  gli  fu  dato  di  esserne  ricevuto,  per  la  qual  cosa 
si  disse  che  mori  dì  dolore  nelle  campagne  di  Montalto. 
Anche  in  questa  circostanza  però  il  cronista  osserva  che 
Tavernini  aveva  con  sé  ventimila  ducati  d'oro  e  moltis- 
sime gioie  (i). 


L'intreccio  dei  vecchi  sistemi  medievali,  non  ancon 
del  tutto  abbandonati,  con  quelli  dell'epoca  nuova,  non  del 
tutto  ancora  prevalenti,  si  osserva,  durante  il  secolo  xiv, 
anche  negli  ordinamenti  mih'tari.  Si  conservavano  infatti, 
come  altrove  così  nel  Patrimonio  di  Tuscia,  le  milizie 
feudali,  essendo  la  milizia  a  favor  del  signore  ancora  uno 
fra  i  più  importanti  obblighi  dei  feudatari.  Bonificio  Vili 
dando  in  feudo  una  parte  di  Tessennano,  nella  diocesi  dì 
Toscanella,  a  Nerio  della  Torre,  gli  diceva  che  il  patto  prin- 
cipale ne  era  che  egli  e  i  suoi  eredi  dovessero  rendere 
alla  Chiesa  i  consueti  servigi  militari  (2);  altrettanto  lo 
stesso  pontefice  ricordava  a  Guastapane,  nel  farlo  signore 
del  castello  di  Ghia,  nella  diocesi  dt  Orte  (3);  Clemente  VI, 
autorì;^zando  il  rettore  a  dare  in  feudo  ad  Angeletto  di 
Pepo  di  Orvieto  il  castello  di  Cerio,  nei  dintorni  di  Cor- 
neto,  poneva  fra  gli  altri  patti  quello  di  ogni  servizio  mi- 


(i)  Della  Tuccia,  op.  cit.  ivL 

(2)  Theiner,  op.  cit  I,  519, 

(3)  Ivi,  I,  $58. 


'Patrimonio  di  S»  P.  in  T.  nel  sec.  XIV       47 


Utare  (exercUum  et  cavalcatam)  secoodo  le  consuetudini  (i); 
I  e  questo  in  generale  promettevano  tutti  i  nobili  nel  rico- 
'iiosccre  la  sovranità  della  Chiesa,  come  allora  che  tutti 
furono  convocati,  nel  1554,  in  Montefi<iscone,  dove,  alla 
presenza  del  rettore,  confermando  gli  antichi  giuramenti, 
tornarono  a  giurare  che,  ad  ogni  richiesta  del  rettore  mede- 
simo, sarebbero  accorsi  sotto  le  bandiere  della  Chiesa  (2), 
Le  quali  però  accoglievano  nel  tempo  stesso  soldati 
mercenari,  sia  presi  a  stipendio  singolarmente,  sia  per 
mezzo  di  capitani  di  ventura,  secondo  il  sistema  che 
allora  incominciava,  e  che,  poco  tempo  dopo,  dovea  di- 
ventare generale.  Nelle  spese  della  Camera  si  trova  spesso 
notato  quanto  si  pagava  pel  soldo  de'  militari  presi  in  con- 
'doita  (3),  il  che  si  rendeva  necessario  specialmente  allora 
che,  per  ribellione  di  chi  ne  avrebbe  avuto  obbligo,  man- 
cava la  milizia  indigena,  o  non  si  poteva  avere  in  essa  la 
necessaria  fiducia.  Quando  Giovanni  Di  Vico  sottraeva 
al  rettore  la  più  gran  parte  del  Patrimonio,  si  ricorse  ai 
mercenari,  e  il  rettore  stesso  assoldò,  fra  gli  altri,  il  ven- 
turiero Rougher,  prima  ai  servigi  di  Siena  (4);  TAlbornoz, 
che  pur  dovea  sottomettere  città  e  feudi  del  Patrimonio, 
fccQ  nel  15^5  contratto  col  capitano  Stern;  per  la  stessa 
ragione  Gregorio  XI,  venendo  a  Roma,  si  {tct  precedere 
da  una  potente  banda  di  Brettoni,  la  quale  prese  stanza 
nel  Patrimonio,  a  Marta  e  Soriano,  dove,  trovando  ali- 
mento nelle  discordie  continue  che  tenevano  agitato  il 
paese,  si  mantenne  fino  al  1420,  quando  gli  ultimi  avanzi 
ne  furon  fatti  partire  da  Martino  V  (5).  E  fra  il  secolo  xiv 
e  il  XV  il  Patrimonio  di  S.  Pietro  in  Tuscia  fu  ampio  teatro 


(i)  Theinf.r,  op.  ctt.  II,  146. 

(2)  Fabre,  Un  registri  cit.  pp.  29-30. 

(})  Theiker,  op.  cit.  Il,  339. 

(4)  e.  Calisse,  I  Prefetti  cit.  p.  101. 

(5)  Ivi,  pp.  149,  179-182,  192. 


4» 


C  Calisse 


alle  imprese  dei  più  noti  venturieri  di  quel  tempo,  For- 
tebraccio,  Annichino,  Tartaglia,  Piccinino,  Sforza,  che  lo 
tennero  in  continuo  sconvolgimento,  non  d*altro  amici 
che  di  ciò  che  il  loro  interesse  consigliava  (i). 

V'erano  finalmente  nell'esercito  della  Chiesa  anche  le 
milizie  comunali,  che  pur  dovevano  accorrere  alla  chia- 
mata del  rettore.  Questi  mandava  rintimo  di  far  la  leva. 
ai  comuni,  determinando  il  numero  dei  soldati  che  cia- 
scuno doveva  spedirgli,  e  che  era  in  corrispondenza  colla 
popolazione,  chiedendosi  per  lo  più  un  uomo  per  famiglia 

0  fumante  (2),  quantunque  non  manchi  esempio  che  siS 
richiedesse  un  numero  di  soldati  altrimenti  determinato. 

1  comuni,  a  cui  l'intimo  perveniva,  dovean  curare  che  il 
richiesto  contingente  d*uomini,  tutti  provvisti  a  viveri  ed 
armi,  effettivamente  si  avesse  dal  rettore,  che,  in  caso  di-  I 
verso,  li  puniva  di  multa:  nel  1351  cosi  accadde  al  comune 
delle  Grotte,  condannato  a  pagare  cinquanta  fiorini,  perchè 
non  si  era  unito  all'esercito  che  il  rettore  nel  settembre 
aveva  raccolto  per  difendere  Cornerò  minacciato  da  Gio- 
vanni Di  Vico;  e  poichò  questi  se  ne  impadroni,  e  il  ret- 
tore nel  1355  adunò  nuove  forze  per  ricuperarlo  alla  Chiesa, 
toccò  questa  volta  al  comune  di  Nepi  la  multa  di  ven- 
totto  fiorini,  perchè  mancò  alla  raccolta  delle  milizie  co- 
munali (5).  L'obbligo  però  che  i  comuni  avevano  non 
era  per  tutti  eguale,  che  diverse  ne  erano  le  condizioni,  e 
neppure  mancavano  esenzioni  od  altri  privilegi.  Gli  Or- 
vietani, per  esempio,  nel  giurare  ai  tempi  di  Adriano  IV 
sottomissione  alla  Chiesa,  posero  il  patto  che,  nelle  spedi- 
zioni militari,  il  loro  obbligo  si  sarebbe  Hmitato  al  terri- 
torio fra  Tintinnano  e  Sutri  (4);  Cìvitacastellana  promise 


(i)  Theiner,  op.  cit.  Il,  365, 

(2)  Fumi,  op.  cit.  n.  686. 

(3)  Theiner,  op.  cit.  II,  358. 

(4)  Fumi,  op.  cit.  n.  38. 


Matrimonio  di  S.  P.  in  T,  nel  sec.  XIV 


49 


di  tenere  un  corpo  di  cavalieri  a  servizio  della  Chiesa, 
purché  per  compenso  le  si  cedesse  il  diritto  di  riscuotere 
il  pedaggio  sulla  strada  che  porta  a  Roma  (i).  Nei  tempi 
posteriori,  quando  prevalse  il  sistema  di  assoldare  volon- 
tari, più  esercitati  nelle  armi^  di  cui  facean  professione,  e 
meno  avvinti,  perche  forestieri,  agi* interessi  locali;  il  Go- 
verno, più  volentieri  che  uomini,  chiedeva  denaro  in  com- 
penso a*  cooauni,  i  quali  così  si  liberavano  dall' obbligo  del 
servizio  effettivo.  Ciò  si  faceva  alle  volte  per  tutti,  con 
provvedimento  generale,  come  fu  quando  l'Albornoz 
impose  tasse  a  tutto  il  Patrimonio  per  pagare  i  suoi 
mercenari,  a  motivo  delle  quali,  perchè  troppo  gravi, 
nacque  scontento  da  porre  in  pericolo  la  tranquillità  del 
paese  (2).  Altra  volta  invece  si  faceva  per  questo  o  per 
quel  comune  singolarmente,  ed  un  esempio  ne  dà  Or- 
rieto,  pel  tempo  in  cui  Eugenio  TV  adunava  soldati  per  as- 
cdiarc  Giovanni  Di  Vico  in  Vetralla:  gli  Orvietani  ebbero 
ordine  di  mandare  al  campo  ottanta  balestrieri,  ma  essendosi 
scusati  col  dire  che  avevano  per  sé  stessi  bisogno  di  di- 
fesa, fu  loro  domandata  in  compenso  una  somma  dì  denaro, 
la  quale,  da  quanto  prima  era,  fu  poi,  per  transazione,  anche 
ridotta,  per  saldo  di  ogni  obbligo,  a  mille  ducati  (3). 

A  capo  dell* esercito  del  Patrimonio,  da  qualunque  spe- 
cie di  milizia  fosse  formato,  era  posto,  come  si  é  già  ac- 
cennato, il  rettore.  Ma  ciò  poteva  essere  in  doppio  modo. 
O  il  rettore  congiungeva  col  proprio  l'ufficio  di  capitano 
gentralt  del  Patrimonio:  e  in  tal  caso,  che  non  era  in- 
frequente, egli  aveva  il  comando  diretto  dell'esercito,  in 
modo  che  non  solo  ordinava  le  leve,  contrattava  colle 
bande  di  ventura,  dichiarava  la  guerra;  ma  questa  dirigeva 


(i)  Treiker,  op.  cit.  I,  182. 

(2)  Ivi,  II,  365. 

(})  Calisse,  /  Prefetti  cit  p.  201. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  tloria  patria.  Voi.  XV. 


50 


C  Calisse 


egli  stesso,  ponendosi  a  capo  dei  soldati.  Spesso  infatti  lo 
si  vede  far  da  capitano  nel  Patrimonio,  conducendo  ora  ^ 
qua  ora  li  le  milizie,  secondo  che  il  bisogno  richiedeva.  | 
Ovvero  l'ufficio  di  capitano  generale  si  teneva  distinto  dal- 
l'altro   del   rettore:   ed  allora  al   rettore  rimaneva  sem- 
pre Tautorità  suprema  in  questo  come  in  ogni  altro  uf-  ^ 
ficio  del  Governo;  ma  Tesecuzione,  e  quanto  ad  essa  si  fl 
aneneva,  era  attribuzione  particolare  del  capitano.  A  questo 
infatti,  per  dir  qualche  esempio,  e  non  al  rettore,  si  volse,   m 
nel  1295,  Bonifacio  Vili,  per  far  revocare  alcuni  processi,  | 
che  il  capitano  stesso  aveva  intentato  contro  Acquapen- 
dente, a  causa  di  tumulti   quivi  avvenuti  (i);  nel    1350 
Clemente  VI  diede  pur  direttamente  al  capitano  l'ordine 
di  ricercare  e  punire  alcuni  che  avevano  derubato  un  ricco 
mercante,  mentre  recavasi  da  Firenze  a  Roma  (2)  ;  in  questo 
medesimo  anno  fu  egualmente  il  capitano  che,  per  la  ri- 
correnza del  giubileo,  radunò  da   ogni  pane  soldati,  per 
tener  tranquillo  il  paese  e  sicuri  i  pellegrini  che  vi  dove- 
vano transitare  (3). 

Per  la  difesa  militare  del  Patrimonio,  la  Chiesa  vi  aveva  1 
qua  e  là  molte  rocche,  delle  quali  le  più  erano  possedute 
dai  feudatari,  cui  incombeva  il  carico  di  tenerle  in  buon 
assetto,  ma  non  poche  erano  direttamente  dalla  Chiesa 
stessa  presidiate.  Si  ricordano  fra  queste  ultime  le  rocche 
di  Radicofani,  Montefiascone,  Orchia,  Gallese,  Canale,Vìco, 
Cometo,  Toscanella,  Sutri,  Carcarella  ed  altre  ancora  (4), 
oltre  a  quella  marittima  di  Civitavecchia  e  quella  nuova  che 
TAlbornoz  avea  fatto  edificare  in  Viterbo,  presso  la  porta 
detta  allora  di  Santa  Lucia,  della  quale,  per  tale  ragione. 


(1)  TttEINER,  Op.  Cil.  I,  497. 

(2)  Ivi,  II,   194. 

(3)  Arch-  Vatic.  Reg.  CUm,  FI,  a.  vm,  n.  145»  fo.  i}8. 

(4)  Fabre,  Un  rég.  ctt.  pp.  8,  ij,  17,  24,  28. 


Tatrimomo  dì  S.  P,  in  T.  nel  sec,  XIV        51 


per  la  sua  prossimità  cioè  alla  rocca  suddetta,  Innocenzo  VI 
nel  1358  non  volle  permettere  che  le  chiavi,  come  si  fa- 
ceva per  le  altre  porte,  fossero  affidate  ai  cittadini  (i). 
Nelle  rocche,  non  date  a  feudatari,  il  rettore  poneva  i  ca- 
stellaai,  da  non  confondersi  con  quelli  cui  si  concedeva 
una  castcllania,  nel  significato  gii  di  sopra  dichiarato, 
^perchè  questi  non  altro  erano  che  custodi  delle  rocche 
e  capi  delle  guarnigioni  ivi  poste*  Perciò  ricevevano  sti- 
pendio dalla  curia  del  rettore,  per  sé  e  per  gli  uomini  da 
loro  dipendenti  :  nei  conti  del  tesoriere  Tavernini,  fra  gli 
anni  1558  e  13^1,  si  vede  che  per  lo  più  i  semplici  sol- 
dati eran  pagati  con  due  fiorini  o  con  due  fiorini  e  mezzo 
al  mese,  e  che  il  doppio,  cioè  quattro  o  cinque  fiorini,  si 
dava  al  castellano,  a  meno  che  non  si  trattasse  di  rocche 
importanti,  quale  era  appunto  quella  di  Viterbo,  presidiata 
da  ben  cinquanta  soldati,  il  cui  castellano  aveva  uno  sti- 
pendio mensile  di  otto  fiorini  (2).  Sopravvenendo  caso 
di  guerra,  le  rocche  e  le  mura  si  restauravano,  si  mu- 
nivano, si  accrescevano  di  guarnigione,  e  di  tutto  in- 
combeva cura  al  rettore,  la  cui  accortezza  e  celerità  sai- 
^vava  talvolta  la  Chiesa  da  danni  irreparabili.  Nel  1352, 
quando  Giovanni  Di  Vico  portò  la  guerra  anche  sul  lago 
dì  Bolsena,  e  talmente  v'  imperversava  che  già  era  sul 
punto  di  rendersi  padrone  di  tutti  i  luoghi  circostanti  ;  il 
rcnore,  che  era  allora  Nicola  Laserra,  mandò  ripetuta- 
mente rinforzi  alla  rocca  di  Bolsena  (3),  e  sollecitamente 
curò  che,  a  spese  della  Camera,  fosse  restaurata  quella 
dell*  isola  bisentina,  la  quale  era  a  tal  punto  da  non  aver 
più  scale,  né  porte,  né  ripari,  ma  le  mura  soltanto,  che 
a  stento  si  reggevano  in  piedi  (4).  Cosi  gli  sforzi  dei  ri- 


Ci)  TheikeRi  op.  cit.  Il,  365. 

(2)  Ivi. 

(3)  FlTMI,   op.  cit.   p.   679. 

(4)  Theiner,  op.  cit.  II,  3J9. 


6S 


C.  Catisse 


l'ambizione  che  molti  pontefici  ebbero  di  arricchire  i  propri 
nepoti:  basti  ricordare  il  grande  feudo  che,  smembrandolo, 
si  formò  nel  patrimonio  dì  Tuscia,  quando  Paolo  HI  istituì 
il  ducato  dì  Castro,  cui  aggiunse  la  contea  di  Ronciglione. 
Ma,  d'aln-a  parte,  i  feudatari  furono  tratti  in  una  più  estesa 
e  più  rigorosa  dipendenza  della  Chiesa,  diventando  membra 
della  sua  politica  costituzione,  anzi  che  esserne  elementi 
di  pericoloso  disordine.  Ogni  occasione  giovava  alla  Chiesa 
per  rivendicare  sui  feudi  i  propri  diritti  :  ora  intrometteo 
dosi  nelle  loro  contese,  vi  f;iceva  valere  il  suo   giudizio? 
come  allora  che  Calisto  III  ordinò  tregue  alla  guerra  fra 
gli  Orsini  e  gli  Anguillara  (i);  ora  si  poneva  di  mezzo 
tra  i  feudatari  e  i  comuni,  e  quelli   costringeva    a  resti- 
tuire a  questi  il   mal  tolto,   come   quando  a    Viterbo  si 
(tee.  rendere   Sipicciano   da  Tartaglia  di  Lavello  (2),   il 
quale   poi  fu  da   iMartino  V  creato  conte  di  Toscanella, 
con  territorio   che    comprendeva   molti   comuni,    fra   cui 
Marta,   Canino,  Montalto  (5).  Ed  oltre  a  ciò,  quando  si 
potea  farlo,  si  cercava  di  togliere  addirittura  di  mezzo  i 
feudatari  di  cui  sì  aveva   ragione  di  temere,   ciò   conse- 
guendo sia  col  destituire   dal  feudo  la  persona   investita 
di  esso,  come  accadde   nel  1444  a  Dolce  Anguillara,  al- 
leatosi con   Francesco    Sforza  nemico  della    Chiesa  (4); 
sia  co!  togliere  il  feudo  stesso  a  tutta  la  casa  che  si  vo- 
leva colpire,  come  si  giunse  finalmente  a  fare  colla  caM 
Di  Vico  (5),  e  come  ripetutamente  fecero  i  papi  propensi 
al  nepotismo,  innalzando  i  parenti  propri  sulle  ruine  di  quelli 
innalzati  dai  loro  predecessori;   sia  ancora   coU'abolire  il 
feudo,  incamerandolo,  come  si  fece,  distruttane  la  capitale 


(i)  Theiner,  op.  cit.  in,  3j6. 

(2)  Ivi,  III,  144. 

(3)  Ivi,  III,  206. 

(4)  Ivi,  III,  300. 

(5)  Calisse,  /  Prtj'dU,  cit.  p.  208. 


Matrimonio  di  5.  P,  in  T.  nel  scc,  XIV        53 


com'cni  per  Bassano,  Palazzolo,  Proceno  (i).  Nei  regi- 
stri del  1334,  del  1351  e  del  13^4,  se  si  eccettuano  al- 
cune variazioni,  per  le  quali  a  qualche  comune  la  somma 
è  accresciuta,  come  ad  One,  a  Toscanella,  a  Montalto, 
giuriti  rispettivamente  da  ottanta  e  da  sessanta  a  cento- 
venti, a  centosessanta  e  a  centocinque  lire  papaline,  e  a 
qualche  altro,  come  a  Civitavecchia  ed  a  Nepi,  è  al- 
quanto diminuita  ;  le  somme  restano  sostanzialmente  eguali 
a  quelle  indicate  nel  più  antico  registro  (2),  il  che  significa 
che  non  si  erano,  lungo  mezzo  secolo  e  più,  sensibil- 
mente cambiate  le  condizioni  dei  comuni.  Per  la  cor- 
rispondenza inoltre  fra  \\  pagamento  della  tallia  e  l'ob- 
bligo che  i  comuni  avrebbero  avuto  di  far  essi  la  guardia 
alle  strade  del  proprio  distretto;  quei  di  essi  che  cosi 
realmente  facevano,  non  erano  obbligati  a  pagar  cosa  al- 
cuna per  tale  titolo  al  rettore:  ciò  fu  dichiarato  anche  da 
una  cosrituzione  di  Bonifacio  Vili,  il  quale  però  aggiunse 
che  il  rettore  dovesse  sempre  accertarsi  che  l'ufficio  sud- 
t^etto  i  comuni  esattamente  adempissero,  e  che  dovessero 
esser  chiamati  a  garantire  i  danni  che,  per  mancanza  della 
dovuta  vigilanza,  avessero  toccato  i  viandanti  sulle  strade, 
di  cui  a  ciascun  comune  era  affidata  la  custodia  (4). 
Altra  causa  di  esenzione  dal  pagamento  della  tallia  mililum 
poteva  essere  un  privilegio  ottenuto.  Così  nel  registro 
del  1298  è  dichiarato  per  Radicofani  (5),  il  quale  per  altro 
si  trova  annoverato  fra  i  comuni  contribuenti  nei  tempi 
posteriori,  come  risulta  dai  succitati  registri  :  i  Viterbesi 
nel  1322  fecero  reclamo  a  Giovanni  XXII  contro  il  ret- 
tore, che  era  allora   il  vescovo  di  Orvieto,  perchè  aveva 


(i)  Fabre,  Un  reg.  cit.  p.  59. 

(2)  Ivi. 

(j)  Theiner,  op.  cit.  I,  709;   li,  338. 

(4)  Ivi,  I.  528. 

(5)  Fabre,  Un  reg.  cit.  p.  60. 


54 


C  Calisse 


loro  imposto  il  pagamento  della  taglia,  dal  quale  pretende» 
vano  di  dover  andare  esenti  per  antica  consuetudine  (i); 
e  pare  che  la  domanda  sia  stata  accolta  secondo  i  loro  desi- 
deri, se  ciò  può  desumersi  dal  fatto  che  Viterbo,  nei  re- 
gistri degli  anni  seguenti,  non  è  annoverato  fra  i  comuni 
da  cui  la  taglia  era  pagata  (2).  Lo  stesso  Giovanni  XXII 
nel  1330  dette  esenzione  dalla  taìUa  milhum  per  un  quin- 
quennio a  Gradoli,  e  degli  arretrati  fece  remissione  a  Va- 
lentano,  per  la  considerazione  che  ambedue  questi  comuni 
avevano  bisogno  di  riparare  ai  gravi  danni,  che  l'invasione 
fatta  nel  Patrimonio  da  Lodovico  il  Bavaro  aveva  loro 
arrecato  (3). 

In  quanto  al  turbamento  che  veniva  alla  pubblica  tran- 
quilLitA  dalle  guerre  tra  feudatari  e  tra  comuni,  il  rettore 
aveva  pure  nel  suo  ufficio  il  dover  rimuovere  queste  cause 
di  disordine,  tanto  più  che,  a  poco  a  poco  che  si  faceva 
maggiormente  lontana  l'epoca  delle  autonomie  feudah  e 
comunali,  meglio  si  vedeva  come  Tautorità  dello  Stato  ve- 
niva compromessa  dall'uso  della  forza  lasciato  nelle  mani 
dei  privati.  Per  meglio  in  ciò  riuscire,  il  rettore  doveva 
prevenire  lo  scoppio  delle  inimicizie,  o,  quando  ciò  non 
fosse  stato  possibile,  doveva  intromettersi  fra  i  conten- 
denti, sia  per  comporne  amichevolmente  le  discordie,  sia 
per  imporne  loro  anche  colla  forza  la  fine.  Nel  1335  il 
rettore  Filippo  de  Cambarlhac  ricevè  ordine  da  Bene- 
detto XII  di  cercar  tutti  i  mezzi  per  calmare  le  discordie 
che  turbavano  Orvieto,  a  causa  di  dissidi  fra  alcuni  feu- 
datari e  il  comune  (4),  come  quelle  ancora  che  ardevano 
fra  la  casa  degli  Orsini  e  i  Colonna  (5):  nel  13  61  s*in- 


(i)  Theiner,  op.  cit.  I,  691, 

(2)  Ivi,  I,  709,  U,  338. 

(3)  Ivi,  I,  743,  759. 

(4)  Ivi,  II,  j,  4,  85. 

(5)  Ivi.  II,  ri. 


Matrimonio  di  S.  P.  in  T.  nel  sec.  XIV        ^$ 


terpose  pronto  il  rettore,  perchè  i  Farnese  restituissero 
cene  prede  fané  a  danno  dei  Dì  Vico,  quantunque  assai 
più  quelli  che  questi  fossero  amici  della  Chiesa  (i):  dai 
rettore  stesso  fu  sopita  la  discordia  che  tenne  in  lunga 
inimicizia,  per  ragione  dei  confini  territoriali,  Viterbo  e 
Montefiascone(2):  pur  Montefiascone,  nel  13 15,  insieme 
a  Viterbo,  Sipicciano  ed  altri  luoghi,  fu  pacificato,  per  vi- 
cendevole e  generale  remissione  d' ingiurie,  con  Orvieto 
ed  i  suoi  alleati,  One,  cioè,  Bagnorea,  i  castelli  della  Val- 
dlkgo,  i  Farnese,  i  signori  di  Biseuzo  ed  altri  (3).  E  di 
simili  esempi  è  piena  la  storia  del  Patrimonio  di  San  Pietro 
in  Tuscia,  tanto  che  può  ben  dirsi  che  in  questo  consi- 
stesse il  più  che  il  rettore  doveva  fare  nel  regolare  le  re- 
lazioni tra  feudatari  e  comuni  da  una  parte  e  il  Governo 
daU'alrra. 


V. 

Rda'^ioni  coi  fetidi  e  coi  comutii. 

Nel  secolo  xiv  il  governo  delio  Stato,  quantunque  già 
tendesse  all'assolutismo,  non  era  però  tale  ancora  che  non 
lasciasse  intorno  a  sé  vivere  e  crescere,  con  governi 
autonomi,  altri  minori  organismi,  quali  erano  i  feudi  ed 
i  comuni.  Certamente  rautonomia  di  questi  non  giun- 
geva a  tal  punto,  da  rompere  l' uniti  dello  St;ito:  i  le- 
gami fra  le  parti  e  il  centro  erano  numerosi  e  forti, 
e  per  essi  infatti,  come  fino  ad  ora  si  e  veduto,  il  rettore 
e  la  sua  curia  avevano  su  tutti  il  diritto  di  esercitare 
giurisdizione,  riscuoter  tasse,  far  leve,  e  in  ogni  altra 
guisa    compiere    atti    di    sovrana    autorità.    Ma    fuori    di 


(0  Theiker,  op.  ciL  II,  365. 
(2)  Ivi,  II,  245,  246,  247. 
(})  Fumi,  op.  cit.  p.  620. 


72 


'B.  fontana 


alla  correttezza  della  stampa,  che  vale  quanto  una  seconda 
trascrizione,  ci  lusinghiamo  che  non  occorrano  altri  difetti. 

L'uso  della  cancelleria  romana  tu  di  conservare  le  mi- 
nute dei  brevi  come  furono  dettate  e  corrette,  poi  dì  tra- 
scriverle in  appositi  registri.  Noi  abbiamo  attinto  alle  mi- 
nute, non  ai  registri,  se  non  nel  caso  che  le  minute  fossero 
andate  smarrite.  Ma  ciò  fu  caso  raro,  e  forse  non  è  occorso 
nelle  minute  del  l'eresia.  È  degno  di  nota  che  nessuna  mi- 
nuta esista  di  cui  non  sia  stata  spedita  la  copia  :  ciò  è  pro- 
vato da  numerosi  riscontri,  e  dal  non  trovarsi  fra  le  minute 
i  brevi  che  si  conosce  essere  stati  soppressi  I  volumi  delle 
minute  fecero  fede  in  giudìzio,  I  brevi  sono  autenticati,  e 
spesso  vi  si  legge  ai  piedi  il  parere  di  cardinali  delegati  e 
del  papa.  Qualche  volta  è  detto  a  istanza  di  chi  furono 
fatti  spedire;  e  tali  note,  che  noi  abbiamo  raccolte,  costi- 
tuiscono un  sunto  di  storia  che  non  sì  legge  sulle  copie 
che  andarono  al  loro  destino. 

Nel  deciferare  la  scrittura  di  tanti  abbreviatori,  che  o 
si  alternano  o  si  succedono,  ci  siamo  giovati  dell'opera 
dei  custodi  e  degli  scrittori  dell'archivio,  persone  abili  e 
coscienziose,  che  ci  furono  larghi  di  soccorso  in  casi 
veramente  gravi.  Non  rimase  con  ciò  nessun  dubbio  ra- 
gionevole circa  la  esatta  interpretazione  di  ogni  parola. 
L'esperienza  ci  ha  fatto  conoscere  che  le  copie  dei  brevi 
giunte  alla  destinazione  non  erano  sempre  esattamente 
conformi  alle  minute;  ma  per  il  fatto  di  accomodamend 
arbitrarii,  o  di  distrazioni  degli  amanuensi,  non  mai  per 
nuovi  pentimenti  o  mutazione  di  senso.  I  nostri  docu- 
menti si  devono  adunque  considerare  come  più  autentici 
di  quelU  stessi  che  furono  spediti  a  chi  di  ragione. 

Dalle  cose  esposte,  oltre  che  da  motivi  di  minor  mo- 
mento, nasce  la  necessiti  che  si  debbano  pubblicare  tutti 
i  brevi,  anche  quando  si  sappia  che  gii  furono  editi,  ri- 
mosso così,  inoltre,  l'incomodo  di  doverli  consultare  in 
libri  non  sempre  alla  mano  e  in  pubbUcazioni  non  sempre 


Patrimonio  di  S,  P.  in  T.  nel  sec.  XIV        57 

traoquiliitA  del  paese,  permettendo  gli  appelli,  e  cosi  fa- 
cendo ogni  altra  cosa  che,  senza  lesione  dei  loro  diritti, 
fosse  stata  richiesta  (i). 

Partecipi  dcirautorità  che  aveva  la  Chiesa  sui  comuni, 
potevano  essere,  dopo  i  feudatari,  i  comuni  medesimi, 
dividendo  colla  Chiesa  il  dominio  sia  sopra  di  sé,  sia 
sopra  comuni  diversi.  Del  primo  caso  dà  esempio  Civita- 
castellana,  per  la  quale,  sulla  fine  del  secolo  xiii,  è  dichia- 
rato che  il  Governo  temporale  era  esercitato  promiscua- 
mente e  prò  indiviso  dalla  Chiesa  e  dal  comune  (2);  e  ne 
sono  anche  esempio  tutte  le  concessioni  di  diritti,  che, 
sotto  forma  di  privilegi  o  di  esenzioni  0  altrimenti,  ora 
questa  ora  quella  citti  otteneva.  Del  secondo  caso  gli 
esempi  sono  pure  frequenti:  estesi  diritti  aveva  Orvieto 
SU  Acquapendente  e  sul  comuni  della  Valdilago;  nume- 
rosi comuni  riconoscevano  la  supremazia  di  Viterbo;  al- 
trettanto deve  dirsi  per  Toscanella;  così  era  pure  di  Cor- 
netOp  verso  il  quale,  fra  gli  altri,  aveva  dipendenza  anche 
'.  comune  di  Civitavecchia,  che  gliela  testimoniava  con  la 
^pubblica  offerta  di  un  cero  nella  festa  dell'Assunta  (j). 

Qualunque  però  fosse  la  condizione  dei  comuni,  non 
U  sottraeva  essa  mai  a  certi  obblighi,  che  tutti,  i  feudatari 
>mprcsi,  avevano  per  ragione  della  lor  dipendenza  dalla 
ìiesa.  Fra  tali  obblighi  importante  era  quello  dell'an- 
dare al  parlamento;  obbligo  certo  più  che  diritto,  per  la 
jione  che  il  parlamento,  anzi  che  nell'interesse  di  chi 
'vi  prendeva  parte,  veniva  convocato  allo  scopo  che  il 
Governo  avesse  un  mezzo  per  potere  intorno  a  se  rag- 
ppare  i  vari  elementi  onde  il  popolo  si  componeva,  e 
'  tenersi  cosi  in  diretta  corrispondenza  con  esso,  si  trattasse 
di  averne  Ìl  consiglio  o  d*  imporgli  servigi  o  di  fargli  co- 


Ci)  Fabre,  op.  cìt.  pp.  31-36. 
(a)  Theiker,  op.  cit.  I,  460. 
(3)  Ivi,  II.  364. 


74 


"B.  fontana 


prevedendo  che  non  pochi  lettori  si  meraviglieranno  della 
eseguitA  della  materia,  e  della  semplicità  dei  mezzi  con  i 
quali  operarono  i  pontefici,  diciamo,  che  veramente  in 
Italia  r  importanza  della  eresia  è  stata  eccessivamente  ag- 
grandita, dai  cattolici  per  paura,  e  dai  protestanti  (luterani 
son  detti  tutti  a  qualunque  setta  appartengano)  per  vana 
gloria.  Sotto  questo  aspetto  si  può  asserire,  e  sia  lecito  di 
esprimerci  in  questo  modo,  che  quello  che  non  si  ritrova 
nei  brevi  non  è  meno  importante  di  quello  che  e*  è  ;  ma 
se  si  considera,  che  l'autorità  ecclesiastica,  costretta  ad 
emettere  brevi,  tende  piuttosto  a  nascondere  che  a  mettere 
in  mostra  la  piaga  dell'eresia,  consegue  che  i  brevi  hanno 
talvolta  bisogno  di  commento,  e  a  loro  volta  servono  di 
commento  a  fatti  storici  rimasti  dubbiosi.  Poche  parole 
di  un  breve  ricostituiscono  la  storia  dei  disordini  occorsi 
a  Ferrara  nell'anno  1536.  Per  cui  la  brevità  è  oculatezza; 
e  significa  pure,  che,  operando  da  sé  i  tribunali  locali,  col 
consenso  dei  principi  e  senza  le  proteste  dei  sudditi,  Tav- 
versione  all'eresia,  su  per  giù,  era  nello  spirito  di  tutti. 

Laonde  si  cercherebbero  qui  invano  le  notizie  di  pro- 
cessi celebri,  come  quelli  del  Morone,  del  Carnesecca,  del 
Paleario,  benché  sì  abbiano,  invece,  le  chiamate  del  Ver- 
gerlo, del  Castclvetro,  del  Fannio  e  di  altri.  Il  breve  è 
sempre  un  rimedio  estremo  contro  le  persone,  contro  le 
quali  si  suole  prima  operare  per  mezzo  degli  ambasciatori 
residenti  o  legad:  contro  Renata  di  Francia,  per  esempio, 
qualche  breve  fu  minacciato,  ma  non  fu  fatto.  Ma  il  ser- 
peggiare dell'eresia  si  vede  al  contrario  benissimo  nei  brevi, 
perchè  l'avviso  ne  fu  sempre  dato  ai  principi,  ai  vescovi, 
agli  inquisitori,  in  tempo  opportuno.  Dove  comparisce  un 
breve  si  può  sospettare  qualche  cosa  di  più  grave  che 
non  appaia;  e  ì  brevi,  come  pietre  miliari  dell'eresia,  non 
sono  meno  importanti  delle  bolle,  le  quali  appartengono 
ad  altra  serie  di  documenti,  e  sono  più  conosciute  perchè 
più  universali. 


Tatnmonio  di  S.  P.  in  T.  nel  sec.  XIV        59 


■       i  no 


I 
I 


epoa  ne  sede  era  fissa.  Il  luogo  era  per  lo  più  quello  dove 
risiedeva  il  rettore,  Montefiascone  dunque  o  Viterbo,  senza 
per  altro  che  nulla  impedisse  il  convocare  altrove  il  par- 
bmenio:  in  quanto  al  tempo,  il  rettore  stesso  lo  determi- 
nava, secondo  che  gli  pareva  conveniente.  Anche  lo  scopo 
era  .issai  vario:  il  grande  parlamento  che,  con  intervento 
di  prelati,  baroni  e  rappresentanti  dei  comuni,  l'AIbornoz 
tenne  nel  1554  in  Montefiascone,  fu  convocato,  come  già 
si  è  detto,  allo  scopo  di  ricercare  e  stabilire  i  diritti  spet- 
tanti alla  Chiesa,  i  quali,  per  usurpazione  o  per  abbandono, 
erano  stati  perduti.  Nel  1321  Giovanni  XXII  diede  ordine 
«  facoltà  al  rettore  di  battere    nuova  specie  di   moneta, 
ma  volle  che  prima  ne  avesse  il  consiglio  dei  comuni  od 
un iversiii  della  sua  provincia  (i).  Nel  1375  Gregorio  IX 
fece  premure  perchè  subito  si  chiamassero  a  parlamento 
ì  nobili  e  i  comuni  del  Patrimonio,  per  averne  un  sussìdio: 
io  scopo  però  non  tanto  era  quello  che  i  radunati  doves- 
acconsentire  che  Ìl  sussidio  si  desse,  essendone  già 
stata  stabilita  la  somma  in  ventiquattromila  fiorini,  come 
anche  la  destinazione,  per  stipendiare  un  corpo  di  avven- 
turieri e  riparare   le  fortificazioni  di   Perugia;  quanto  era 
piuttosto  Taltro  che  la  somma  si  ripartisse  di  comune  ac- 
cordo, per  la  parte  che  ciascuno  doveva  pagarne  (2).  Ciò 
dimostra  che  tali  parlamenti  regionali  poco  o  nulla  con- 
servavano di  diritti,  anche  a  proposito  della  votazione  d' im- 
poste straordinarie,  già  stato  il  loro  diritto  maggiore:  il  po- 
tere del  Governo  si  era  andato  sostituendo  ad  ogni  altro, 
e  delle  antiche  istituzioni  quella  parte  e  quella  misura  sol- 
tanto manteneva,  che  poteva  tornargli  a  vantaggio. 

L'essere  riconosciuto  ai  comuni,  quantunque  in  modo 
diverso,  il  diritto  di  regolare  per  sé  stessi  la  propria  vita 

(i)  Tbbiner,  op.  cit.  I,  664. 
(2)  Ivi,  II,  552. 


6o 


C.  Calisse 


cittadina,  non  escludeva  che  fossero  loro  poste,  a  riguardo 
dell'esercizio  dì  questo  diritto  medesimo,  quelle  condizioni 
che  dovean  mantenerlo  in  armonia  coi  più  alti  interessi 
dello  Stato.  Una  di  tali  condizioni  era  che  le  leggi  comu- 
nali, gli  statuti,  non  dovevano  essere  contrarie  alle  leggi 
generali  dello  Stato,  anzi  neppure  a  quelle  ecclesiastiche, 
ma  alle  une  ed  alle  altre  dovevano  essere  subordinate. 
Quindi  la  necessità  che  gli  statuti,  prima  che  se  ne  potesse 
legittimamente  fare  uso,  dovessero  essere  approvati  dall'au- 
torità dello  Stato.  E  che  cosi  in  realtà  si  facesse,  è  atte- 
stato da  esempi  numerosi.  La  maggior  parte  degh  statuti 
porta  innanzi  a  se  la  dichiarazione  dell'ottenuta  appro- 
vazione, e  per  molti,  come  per  quelli  di  Civitavecchia, 
Civitaca^stellana,  Orvieto,  Viterbo  (i),  ed  altri,  si  cono- 
scono i  documenti  nei  quali  la  loro  approvazione  è  con- 
tenuta. Nel  1265,  verificandosi  i  diritti  spettanti  alla  Chiesa 
in  Acquapendente,  sì  dichiarò  che  quivi  gli  statuti  erano 
sempre  stati  fatti  ad  onore  e  col  consenso  della  Chiesa, 
eccettuato  soltanto  quel  tempo  in  cui  il  comune  era  sog- 
getto ngli  Orvietani,  nemici  allora  della  Chiesa  e  seguaci 
dell'  imperatore  (2). 

I  Viterbesi  nel  1358  domandarono  che  fosse  loro  per- 
messo di  riformare,  senz'altrui  ingerenza,  i  propri  statuti: 
ma  neppur  questo  poterono  ottenere,  perchè  Innocenzo  VI 
rispose  che  anche  la  correzione  degli  statuti  doveva  es- 
sere sottoposta  all'approvazione  del  sovrano  (3).  Stando 
cosi  le  cose,  era  ben  chiaramente  definito  il  compito  del 
rettore.  Se  gli  statuti,  compresi  con  quelli  dei  comuni  li- 
beri anche  quelli  feudali,  avevano  riportato  la  necessaria 
approvazione  ;  egli  doveva  rispettarne  l'autorità,  e  nulla 
fare  che  fosse  ad  essi  contrario.  Erano  appunto  queste  le 


(i)  Thetner,  op.  c'it.  I,  152,  I7S,  i8s,  240,  246. 
(2)  Ivi,  I,  273. 
(0  Ivi,  I,  524. 


Matrimonio  di  S.  P,  in  T,  nei  sec.  XIV        Si 


istruzioni  che  Boaifacio  Vili  dava  al  rettore  (i),  non  im- 
pedire Tapplicazione  degli  statuti  legittimi,  ma  non  per- 
mettere nel  tempo  stesso  che  se  ne  facessero  od  usassero 
tali,  che  fossero  contrari  a  quelle  condizioni  per  cui  solo 
potevano  avere  legalitA.  Avevano  tal  pecca  gli  statuti  di 
Cometo,  e  perciò  l'autoritA  dolio  Stato  non  ne  teneva 
conto,  ed  anzi  colpiva  di  multa  il  comune.  Avvenne  infatti 
che  tm  tal  Pietro  dì  Leone,  avendo,  per  certa  sua  lite, 
citato  due  Cornetani  al  tribunale  della  Chiesa,  mentre  gli 
statuti  volevano  che  ogni  giudizio  fra  Cornetani  dovesse,  in 
primo  grado,  ponarsi  alla  curia  del  comune;  ed  avendolo 
perciò  TautoriiA  comunale  punito,  col  fargli  distruggere 
l'abitazione;  il  rappresentante  del  papa,  nella  causa  che  ne 
seguì,  condannò  il  comune  al  risarcimento  di  tutti  i  danni 
verso  Pier  di  Leone,  perchè  la  riferita  disposizione  dello 
statuto  e  il  giuramento  che  dai  cittadini  se  ne  era  richiesto 
egli  ritenne  contrari  ai  diritti  della  Chiesa  (2).  Ed  a  Cor- 
ncto  stesso  accadde  che  fosse  messo  al  bando,  fuor  della 
legge,  per  avere  usato  staturi  non  corretti  :  infatti  nel  1501 
il  comune  per  aver  rimessione  di  ogni  colpa,  pagò  al  ret- 
tore mille  fiorini,  cinquecento  dei  quali  furono  dati  appunto 
aUo  scopo  di  avere  il  riaffidamento  dal  hanno  incorso  a 
causa  dello  avere  adoperato  statuti  illegali  (3). 

Una  seconda  e  non  meno  importante  condizione  posta 
all'esercizio  del  diritti  dei  comuni,  era  che  la  Chiesa  do- 
vesse avere  ingerenza  nella  elezione  dei  magistrati  comu- 
nali. Non  di  tutti  certo,  ma  si  di  quelli  che  erano  a  capo 
dell' amministnizione  del  comune.  Tale  era  il  podestà,  tale 
ancora  il  capitano  del  popolo,  che  in  taluni  luoghi,  per 
esempio  a  Cometo  (4),  teneva  il  posto  di  quello,  secondo 


(i)  Theiner,  op.  cit.  I,  528. 

(2)  Ivi,  I,  126. 

(j)  Cod.  Vatic.  79Ji;  Galletti,  Mise,  e.  153. 

(4)  Theimer,  op.  cit,  I,  308. 


'Patrimonio  di  S.  P,  in  T.  nel  sec  XIV        6^ 


verno  della  città  loro  alcun  forestiero,  senza  il  consenso 
del  pontefice  o  di  chi  ne  teneva  le  veci(i).  Nel  126^  Ur- 
bano IV  ripeteva  ai  Cornetani  che  dovessero  dargli  no- 
tizia della  persona  che  intendevano  nominare  podestA,  ed 
aspettare  la  sua  dichiarazione  di  gradimento,  se  non  vo- 
levano che  fosse  senza  effetto  la  loro  elezione,  e  punito 
inoltre  il  comune  colla  multa  di  mìUe  marchi  d'argento  (2). 
Giovanni  XXII  diede  nel  1322  analoghe  disposizioni  per 
Viterbo,  minacciando,  nel  caso  dì  disobbedìenza,  la  pena 
della  scomunica,  seguita  dalla  perdita  di  tutti  i  diritti  pub- 
blici e  privati  (3).  E  in  modo  poi  generale,  nel  mede- 
simo anno,  il  pontefice  ordinò  al  rettore  del  Patrimonio 
che  rigorosamente  provvedesse  ali*  esecuzione  di  una 
costituzione  da  lui  emanata  fin  dal  13 17,  colla  quale 
si  vietava  reiezione  de'  magistrati  cittadini,  senza  la  li- 
cenza o  sen2a  la  conferma  del  Governo  (4):  queste  di- 
sposizioni furono  rinnovate  e  confermate  nel  1346  da 
Clemente  VI  (5). 

Per  mettere  in  atto  questo  diritto  della  Chiesa,  e  per 
non  violare  d* altra  parte  i  diritti  che  potevano  avere  i 
comuni,  si  seguivano,  a  proposito  della  elezione  dei  magi- 
strati cittadini,  vari  sistemi,  pe'  quali  Tuna  cosa  si  cercava 
di  conciliare  coU'altra.  Questa  varietà  corrispondeva  a 
quella  delle  condizioni  dei  comuni  e  delle  loro  relazioni 
colla  Chiesa:  onde  anche  su  questo  punto  non  si  aveva 
stabilità  di  regola  propria  per  ogni  comune;  ma  or  si 
faceva  in  un  modo,  ora  in  un  altro,  secondo  richiedeva 
lo  stato  del  comune  medesimo,  considerato  ora  in  uno  ed 
ora  m  un  altro  momento. 


(t)  Theiker,  op.  cit.  I,  48. 
(2)  Ivi,  I,  308. 
(0  Ivi,  I,  686. 

(4)  Ivi,  I,  700. 

(5)  Ivi.  II.  162. 


«4 


C.  Calisse 


La  costituzione  di  molti  comuni  era  in  alcun  leo 
tale  da  permettere  alla  Chiesa  Tesercìzio  intero 
di  nomina  de'  loro  magistrati.  Cosi  per  Acquapendeiuj 
richiamandosi  a  memoria  antiche  consuetudini,  in  un  fl 
cumento  del  12^5,  si  fa  dichiarazione  che  il  podestA  non 
poteva  essere  eletto  da  altri  che  dalla  Chiesa  (i).  E  k 
fatti  nel  1297  Bonifacio  Vili  vi  mandò  per  podestà] 
suo  fedele  (2),  il  quale  poco  dopo,  per  tumulti  sopr 
venuti,  dovè  lasciare  l'ufficio,  e  ancora  nel  1322  ricfc 
deva  lo  stipendio,  che  non  aveva  mai  potuto  ottenc 
appunto  in  quest*anno  Giovanni  XXII  scrisse  al  rene 
perchè  costringesse  il  comune  finalmente  a  pagarglielo  1 
Pieno  diritto  di  elezione  la  Chiesa  nel  1324  aveva  an< 
in  Radicofani  (4),  luogo  importante,  perchè  posto  al  ce 
fine  dello  Stato,  sede  di  permanente  guarnigione, 
pendiata  per  metà  dal  comune  e  per  l'altra  metà  dai 
naci  del  monte  Amiata,  che  ne  erano  stati  padroni 
al  1153,  quando,  per  trattato  con  Eugenio  III,  lo  ce- 
dettero alla  Chiesa  (5).  Anche  in  Viterbo  usò  la  Chiesa 
di  questo  diritto,  come  rilevasi  dalla  facoltà  che  Ben 
detto  XII  dette  nel  1335  al  rettore,  di  poter  cioè  nofl 
nare,  fino  al  beneplacito  della  Santa  Sede,  ìl  podestà 
Viterbo  stesso  e  gli  altri  ufficiali  necessari  (6).  In  qu« 
casi,  ijuando  cioè  la  nomina  de'  magistrati  comunali  sp 
tava  alla  Chiesa,  non  di  raro  accadeva  che  Tufficio  si  met- 
tesse in  vendita  dal  rettore,  e  si  conferisse  al  maggiore 
offerente.  L'ufficio,  per  esempio,  di  podestà  in  Acqr 
pendente  sì  trova  ripetutamente,  nei  conti  del  tesori* 
del  Patrimonio,  venduto  per  trecento  cinquanta  lire  cor 

(i)  Theiner,  op.  cit.  I,  273. 

(2)  Ivi,  I,  515. 

(?)  Ivi,  I,  701. 

(4)  Ivi,  I,  709. 

(j)  Fabre,  op.  cit-  p.  14. 

(6)  Theiner,  op.  cit.  II,  17. 


l^atrimonio  di  S.  P.  in  T.  nel  sec.  XIV        6$ 

nesi  (i);  e  nel  1352  vi  si  ricorda  pagato  con  centodieci 
fiorini  quello  di  Bolsena  (2). 

Poteva  darsi  invece,  ed  era  Ìl  caso  più  frequente,  che 
il  podestà  e  gli  altri  ufficiali  del  comune  fossero  liberamente 
eletti  secondo  i  propri  statuti,  salvo  soltanto  il  diritto  della 
Chiesa  di  sanzionare  la  nomina  colla  sua  approvazione.  Tale 
libertà  godeva  nel  secolo  xiii  Civitacastellana,  e  le  fu  con- 
fermata da  Gregorio  IX  (5)  :  la  godeva  ancora  Viterbo,  a 
cui  nel  1252  fu  riconosciuta  da  Innocenzo  IV  (4),  e  che 
nel  1278  non  l'aveva  ancora  perduta,  perchè  il  comune 
fece  in  quest'anno  promessa  a  Nicolò  III  di  non  elegger 
persone  che  non  fossero  riconosciute  per  devote  alla 
Chiesa  (5).  Sulla  fine  del  secolo  però  Viterbo  dovette  per- 
dere questo  diritto,  perchè  allorquando,  in  seguito  alla  nuova 
sottomissione  alla  Chiesa  fattane  dall' Albomoz,  i  Viterbesi 
domandarono  che  fosse  loro  concesso  di  eleggersi  libera- 
mente f  propri  magistrati,  salva  soltanto  la  conferma  del 
rettore;  Innocenzo  VI  non  accolse  questa  loro  domanda, 
dicendo  che  TAlbornoz  lo  aveva  informato  come  fin  dai 
tempi  di  Bonifacio  Vili  i  Viterbesi  avevan  sempre  rice- 
vuto il  loro  podestà  dalla  Chiesa  (6).  Per  alcuni  comuni 
la  libertà  di  elezione  era  così  piena,  che  neppure  avean  bi- 
sogno della  conferma  del  rettore,  purché  la  scelta  loro  ca- 
desse su  persone  che  alla  Chiesa  non  dispiacessero:  in 
questa  condizione  si  trovavano,  a  mezzo  il  secolo  xiv,  Mon- 
tefiasconc,  Proceno,  Gallese  ed  altri  (7). 

Tra  i  due  sistemi,  della  nomina  cioè  fatta  esclusiva- 
mente o  dalla  Chiesa  o  dal  comune,  v'era   un   terzo  si- 

(:)  Theineb,  op.  cit.  I,  491. 

(j)  Ivi,  li,  5j8, 

(j)  Ivi,  I,  151, 

(4)  Ivi,  I,  240. 

(5)  I^U  If  )59 

(6)  Ivi,  II,  534. 

(7)  Tabre,  op.  cit.  pp.  7,  i.j,  17. 

Archivio  dtUa  R.  Società  ronam  dì  ttoria  patria.  Voi.  XV. 


82 


*B.  fontana 


dantur.  Q.uod  si  repereris,  et  Ubros  pabltcc  comburj,  et  ero|>tores 
venditoresque  debite  puoih  curabis.  Ac  quod  gcneratim  spedadmqoe 
super  hb  egerìs,  ad  dos  postea  scribes.  Datum  25  )8oaarìì  t^24 
anno  primo. 


Vili. 

1524,  19  aprile.  Al  vescovo  Verulano  perchè  gli  Svizzeri 
rimangano  fermi  alla  fede  cattolica  nel  convegno  da 
tenersi  circa  il  luteranesimo. 

[Loc.  ciL  m,  8,  breve  176] 

Episcopo  Verulano. 

Vencrabilis  frater  &c.  Scripsimus  ad  istam  Helvetionrm  natio- 
nem  super  conventu  habendo  prò  rebus  lutherianis,  nec  non  ad 
venerabUcm  fratrera  Lausancnsem  et  alios  episcopos,  quos  tu  innuere 
in  bis  lineris  videris  eosque  oranes  horuraur,  ut  in  optimo  suo  in- 
stituto  perseverent,  qucro  admodum  ex  Utterarum  cxempUs  quae  ad 
te  mittuntur  poterìs  cognoscere.  Tuac  nunc  erit  soUtae  diligeotìae 
ac  prudentiae  procurare  seo  coram  seu  per  litteras  et  nomine  etiam 
nostro,  sicut  tìbi  videbìtur  opus  fore,  apud  eos,  ut  in  illa  pia  sen- 
tentia  permaneant,  aliquidque  efficiant  quod  sibi  et  christianae  fideì 
et  buie  Sanctae  Sedi  utile  ac  honorifìcum  futurum  sit.  Datum  Ro- 
mae  &c.  Die  .xnt.  .mdxxiiij.  anno  primo  (1). 


(1)  Scgvc  il  brere  »gli  E1t«iìI,  177. 

Kct  Vrcv*  ]07  Qemente  VII  usolve  Trùnuo  Calvcte,  chierico  delk  £occ«  di  Telelo,  ' 
ia<)UÌntor«  della  ereiice  praviti  nel  regno  iella  Sicitui,  di  li  del  Fero,  perchè  lu  Uti^to 
e  perduto  ifl  giudìzio  con  Gioranni  di  Leon,  chierico  di  CordoTe.  Dopo  c«4  non  «Trebbe 
pi&  potuto  eserdure.  il  Trìtiano,  t'ufEcto  dell' Ia.^uÌJÌiionc:  me  ìntemMado  al  p«p«  dtt 
to  tcacste,  segue  il  brere.  Il  giudizio  ere  avvenuto  in  Ispegt».  Q^  non  t'  è  c>t«i«,  iba 
ai  ricorda  il  non»  dell'  ia^aìstton  delle  Sicilia  il  i}  di  «gone  15*4. 


T)oc»  Vai.  contro  l'eresia  luterana 


83 


IX. 

1524,  4  giugno.  Al  vescovo  di  Feltre  perchè  provveda  di 
alcuni  benefizi  ecclesiastici  Pietro  e  Giovambattista 
Albiano,  padre  e  figlio,  veneti,  che  hanno  scritto  contro 
le  dottrine  di  Lutero. 

[Loc.  cit.  1,  6»  breve  J78  (1).] 

nerabili  fratti  Thomnc  episcopo  1-eltrensi  apud  dìlcctos  filios 
Tiobilcm  vimm  duccm  et  Dominium  Venetoruin  nosiro  nuntio  et 
Apostolica  Sedts. 

Vencrabilìs  frater  saluleni  &c.  Quoniam  ScJcs  Apostolica  seniper 
'  de  se  bcticmeritis  gratara  et  illis,  qui  ei Jcra  SeJJ  doclrina  ingenio 
^  et  alJjs  anim)  virtutibus  profucrunt,  bcnignam  gratìosamque  se  pre- 
I  stari  consuevit,  dum  itaque  nos  mente  rcducimus  quanto  studio 
tquantove  labore  dilecti  fili]  Petrus  Albianus  utriusque  juris  doctor 
de  Vcnctijs  et  Jo.  Bap.«*  eius  fiUus  decanus  Kmoriccnsis  prò  defen- 
sione  lum  honoris  ecclesiastici  tum  totìus  Christiane  rcligionJs  diu 
multumquc  insudaverint,  Ìl!c  cnim  tanquam  dux  fiiio,  hic  vero  pa- 
[tern4  vestigia  imitando  centra  effrenaiam  rabiem  ac  letiferam  pestem 
\  Msninj  Lutheri)  a  recta  semita  deviaotls  duo  preclara  lìttcrarum  mO" 
flìumenta  nuper  in  lucem  edìJerunt,  facile  induciraur  ut  erga  utrumque 
Lgratiosos  nos  rcddamur.  Cupicntes  igitur  eidem  Jo  Bap."  [aiÌq]uo 
[beneficio  ecclesiastico  proviJere,  ut  se  dcfcentlus  secundum  status  sui 
I  cotiJitionem]  substentare  valcat  ;  motuproprio  et  ex  certa  nostra 
[«cicntiaauctoriiatc  apostolica  fratemitati  tuae  tenore  praescntium  com- 
Imittimus  et  mandamus  in  vìrtute  s  *'  obedicntiae,  quatenus  per  te 
Ivel  alium  seu  alios  unum  duo  tria  seu  plura  et  tot  beneficia  eccle- 
jsìasticum  seu  ecclesiastica  cum  cura  et  sine  cura,  secularia  et  quo- 
I  rumvvs  ordinum  regularia  in  civitatibus  et  dioccsibus  Brisicnsi  Pergo- 
[  mensi  et  Concordiensi  consisteniia,  etiam  ad  collatìoneni,  provìsionem, 
Lprescntaiionem,  seu  quamcumquc  aliam  dispositionem  quorumcunque 
l^ollatorum  et  coUationura  (2)  in  civitatibus  et  diocesibus  praedictis 
I  COnsistcniibus  communiter  vcl  divisim  pcrtinenlia;  quorum  in  siraul 
'fructus,  rcddiius  et  proventus  centura  ducatus  aurì  de  Camera  se 
cundum  communera  aesiimationcm  valorcm  annuum  non  excedant, 

fi)  VcJi  «Dcbc  Bfivìa  CUmtntit  VII,  44,  yéS. 
»SJc. 


84 


*B.  fontana 


etiamsi   canonicaius   et   praebenda,    prìoratos,  pracpositatus,  digni- 
tates,  personatus,  administraiiones,  vel  officia  alias  quovismodo  qua- 
lificata forcnt,  et  ad  illos,  illas  et  illa  consuevissct  quis  per  clèctìoDcni 
assumi,  eisque   cura  immineat    anlmarum,  simul   vel   successive  va» 
calura   per  cessura  vel  decessum,   aut  quamvis  aliani   demissionem 
illa  obtinentium  etiam  in  aliquo  ex  mensibus  ordinarijs  coUatoribus 
per  constitutiones   apostolicas  aut  Utteras   altemativas  per  alia  pri- 
vilegia et  indulta  apostolica,  etiam  per  nos  concessa  et  concedcnJa, 
etiamsi  dispositioni  apostoUce  specialiter  vel  ex  quavis  causa  practcr- 
quam    apud    sedem,    aut    fnmiliaritatis    continuae    comniensaliiatis 
nostrae,  seu  alicuìus  ex  S.  R.  E.  cardinalibus,  cuius  consensus  requi* 
rentibus  fuerii  gcneraliter  reservata,  seu  ex   generali  apostolica  re- 
servatione  affecta  fuerim.  Quae  praefatus  Jo.  Bap  **  per  se,  vel  alium, 
seu  procuratorem   suum   ad   id   specialiter  ab  eo  constitulum  infra 
unius  mensis  spatium  posiquam  vacatio  illorum  innotuerit,  duxcrit 
acceptanda,  apostolica  auctoritate  sibi  conferas  ac  de  illis  providcas, 
seu   conferri  et  provideri  facias,  prout  et  nos  ex  tunc  illì    confcri- 
raus,  et  de  ilio  vel  illis  providemus.  Suspcndentes  ex  tunc  prout 
ex  nunc  omnia  et  singula  alia  mandala  et  litteras  provìdcntes  de  tllis 
alìcui  alteri,  cuiuscunque  status,  gradus,  ordinis,  condìtìonis  et  prae- 
minentiae  sit  per  nos  hactenus  sub  quibusvis    verborum  forma    et 
tenore  facta,  illaque   dicto  Jo.  Bap.'*  collaia,   et  de   illis  provisum 
fulsse   et   esse,   ac  quascunque   collationes,  provisiones,   et  quasvb 
alias  dispositiones  de  dictis  beneficijs  in  aherius,  quam  dicti  Johnnnis 
Baptistae   favorem,   et  altarum   quarumcunquc,   et  quaniumcunque 
qualificatarum  personarum  favorem,  etiam  per  nos  et   Sedem  Apo- 
stolicam  aut  te   vel  alios,  vis  confcrcndi  aut  de  beneficljs  ecclesìa- 
sticis  providendi  habentcs,  factas  et  facicndas,   nuUas  et  invalidas 
nuUiusque  roboris  vel  momenti  fuisse  et   esse;  ac   rcgulam    sive 
constitutionem  nostram  de  non  toUendo  jus  quaesitum  adversus  col- 
lationcm  et  provisìonem  nostram  huiusmodi  ncmini  suffragari  posse, 
ncque  debere,   sublata  eis  et  eorum   cuilibct   aliter  iudicandi  et  in* 
terpretandi  faculiate  et  auctoritatc,  ac  irrìtum  et  inane,  sì  secus  super 
bis  a  quoquam  quavis  auctoritate  scienter  vel  ignoranter  contigcrit 
atientarj,  decernimus.  Et  nihilominus  tibi  tenore  praesentiura  commit- 
tìmus   et  motu  simili   raandaraus,    quatenus  per  te    vel    alium  seu 
alios  dictum  Jo.    Bap.""   vel   procuratorem   suum  eius   nomine   in 
corporalem  possessionem  actu  vacantium,  aut  simul  vel  successive, 
ut  praeferiur,  vacaturorum  beneficiorum  ìuriumque  et  pertinentiarura 
Ulorum  auctoritate  nostra  inducas  et  defendas  inductum,  amotis  qui- 
buslibet  illicitis  detentoribus  ab  eisdera,  ac  facias  ipsum  vel  prò  eo 
procuratorem  praedictum  ad  beneficia  huiusmodi,  ut  est  moris,  ad- 


^oc.  Vat,  contro  ^eresia  luierana 


8j 


mitti,  sìbique  de  illoruiti  fructibus,  redditibus  et  proventìbus  et  ob- 
ventionibus  universis  integre  respondcri.  Contradictores  per  censuras 
ecclesùsticas  ac  pecuniarias  et  alia  iuris  remedia  compescendo,  in- 
vocato eiiam  ad  hoc  auxilio  brachi)  secularis.  Non  obsiantibus  con- 
stituiionibus  et  ordinationibus  apostolicis,  ac  ecclesarum,  in  quibus 
benelìcia  huiusmodì  forsan  fuerint,  iuramento  contìrmatione  aposto- 
lica, %-el  quavis  firmitate  alia  roboratis  statutis  el  consuetudinibus, 
cetcrwque  contrarìjs  quibuscunque.  Volumus  autem  quod  ìpse  Jo. 
Bap.**  infra  sex  menses,  a  die  assecutionis  possessìonis  beneiìciorura 
lìutusmodi  compuiandos,  Utteras  apostoUcJM  sub  plumbo  expedire,  et 
omnia  iura  Camcrae  apostolicae  pcrsolvcrc  teneatur,  alioquìn  acce- 
ptatio  et  provtsìo  pracdictac  ac  praescntcs  litterae  nullius  sint  ro- 
bori»  vcl  momenti.  Datura  Rome  kc.  Die  .inj*.  junij  .MDXXtiij. 
anno  primo. 

Vjdit  magister  dorous  papac  L,  cardìnalis  S.'«»  4.«»^ 

Evangelista. 


X. 

1524,  27  ottobre.  Al  cardinale  Pisano  perchè  visiti  e  cor- 
regga le  monache  della  cittA  e  della  diocesi  di  Padova, 
cadute  in  qualche  errore. 

[Loc.  cit.  IH,  8,  breve  488.] 

Dilecto  fiUo  nostro  Francisco  S."  Mariae  in  Porticu 
S.  R.  E.  diacono  cardinali  Pisano. 

Dilecte  fili  nostcr  salutem.  Intelleximus  mootales  in  tuis  civitate 
[  et  diocesi  Paduana  cxistentes,  culpa  fortasse  eorum  quibus  commisse 
j  sunt.  quod  curam  eas  gubemandi  posiposuerint,  in  varios  errore* 
[incidere.  Propterea  nos,  qui  omnium  earum,  quae  Altissimo  famu- 
Itanttir,  ut  in  odore  bonorum  operum  assidue  versentur  et  cum  odore 
roonae  famae  vivant^  et  propter  earum  vitam  Christi  (ìdeles  non 
Iscandalizcnt,  praccipuam  curam  habemus,  in  praemissis  cupieoics  op- 
[iKirtunc  providere,  tuae  circumspectioni,  qui  ccdesiae  Paduanae 
l|)crpetuus  administrator  existis,  cuius  quidem  ratione  dcbitam  iam 
ie^itn  libi  curam  impoaimus  et  demandamus,  ut  per  te,  sou  alium 
frci  4IÌ0S,  quos  tu  vita  et  moribus  duxerìs  idoneos,  quecunque  mo- 
Basteria  et  loca  monialium  in  tuis  civitate  et  diocesi  Paduana  con- 
Btia,  cuiuscunquc  sint  habitus  atquc  ordiois  atque  etiam  ea,  quae 


S6 


*B.   fon  tana 


perpetua  sunt  clausura  episcopo  Paduano  prò  tempore  exsìstenti 
libj  subiectii,  visites  iitque  omnino  gubcrnes.  Ac,  si  forte  opus  fuerit, 
moniales  ips;is  colicrcendi,  pcrniulandi  et  ex  consonio  et  socielate 
alìarum  amovendi,  persevorantes  autcm  in  errore  congruis  poenis 
prò  deraeritorum  magnitudine  puniendi,  omniaquc  super  his,  quae 
ad  vitae  honestatcm  et  devotionis  effectum  duxeris  necessaria  ec 
opportuna  agcndi,  gerendi  et  administrandì  plcnani  et  omnimodam 
potestatem  concedìmus.  Si  vero  moniales  curae  et  custodiae  fra- 
trum  seu  monachorum  Mentis  Cassini  seu  S-**«  Justinae  congrega- 
tionum  demandate  in  aliquo  forte  errore  depraehendantur,  tunc  tu 
per  deputatos  a  te  ad  earuni  rectorum  seu  custodum  aurcs  deferri 
et  termìnum  satis  congruum,  quo  ipsi  cnicndandi  tcmpus  habere  pos* 
sint,^eis  assignari  cures,  qui  cum  suae  ipsae  primum  et  illarum  famae 
teneantur,  solita  cum  animadvcrsione  obviare  carum  scandalo  et  bo- 
nam  eorum  cdificationcm  apud  populum  amittere  non  dcbebunt.  Sì 
autem  termino  eis  assignato  el.ipso  omnem  officio  suo  dcbitara  cu- 
ram  postposuerint,  in  evcntum  negligeniiae  huiusmodi  tibi  cas  etiara 
moniales  frairum  et  monachorum  cusiodiae  huiusmodi  commissas 
eo  modo,  quo  preraiititur,  visitandi  et  emendandi  potestatem  conce- 
dimus,  sperantes  tua  opiima  et  diligenti  custodia  ac  regimine  mo- 
niales praedictas  in  vinea  Domini  laborantes  coekstes  fructus  susce- 
pturas.  Volumus  insuper  et  in  virtutc  s."«  obedicntiae  mandamus 
omnibus  et  singulis  monialibus  praedìctis  etìam  exemptìs  in  evemum 
negligentiae  huiusmodi  libi  et  a  te  deputatis  circa  visitationem 
huiusmodi  pareant  et  obcdiant,  non  obstantibus  constitutionibus  et 
ordinationibus  apostolicis  ac  privilegijs  et  indultis  ac  concessionibus 
monasterijs  praedictis  a  Sede  Apostolica  forsan  concessis  cetensque 
coatrarìjs  quibuscunque.   Datum  .xxvij.  octobris   1524  anno  primo. 


XI. 

1524,  27  ottobre.  Al  nunzio  Campeggio  che  non  impe- 
disca al  card.  Pisano  la  visita  e  correzione  delle  mo- 
nache della  città  e  diocesi  di  Padova. 

[Loc.  cit.  8,  breve  489.] 

Dilecto  filio  Thomc  Campegio  electo  Feltrensi 
in  Dominio  Venetorum  nostro  et  Apostolicae  Sedis  nuncio. 

Vencrabilis  frater  salutcm.   Cum    intellexerimus  moniales  in  ci- 
viiate  et  diocesi  Paduana  existentes,  negligentia  Portasse  eorum,  quibue 


*Z)oc.   Vai.  contro  l'eresia  luterana 


comroisse  sunt,  quod  curam  eas  gubernandì  postposucrint,  parum 
soae  ixrtuc  rationera  et  talis  vitae,  qualis  Altissimo  famulantes  decct, 
rcspcctum  habere,  nos  pracmissJs  providere  volentes,  dilecto  filio 
nostro  Francisco  S.^«  Marìac  in  Porticu  diacono  cardinali  Pisano, 
qui  ecclestae  Paduanae  perpctuus  aJministrator  existil,  ad  visitatio- 
nem  raonasteriorura  monialium  huiusmodi  ammum  appHcet,  illasque 
per  se  vcl  aliura  sub  certis  modo  et  forma  visitare  iniunximus.  Idcirco 
fratemitati  tuae  per  pr.iesentcs  mandamus,  ut  si  moniales  ipsas  ap- 
pellare coQtigerit  et  causam  appellationis  per  te  committj  pctierint, 
pcnitus  ab  huiusmodi  causarum  appellationura  commissione  abstineas, 
et  de  dictis  monialibus,  quarum  visitatio  eidem  cardinali  est  com- 
missa,  nuilatenus  te  ìntromittas,  ne  cardinali»  et  ab  eo  deputati  in 
hoc  sancto  opere  impedianiur,  quìa  demandatum  a  nobis  eiusmodi 
nceotium  conticere  possint.  Datum  xr.vii.  octobris  1524  anno  primo. 


XIL 

1524,  5  novembre.  Bernardo  «Je  Pino  canonico  bolognese 
ò  aggiunto  giudice  col  vicelegato  e  coli*  in^^uisitore  dì 
Bologna  pel  sollecito  disbrigo  del  processo  di  Giam- 
pietro Collevato,  Riulfo  de  Bernardi  e  Nicolò  Ferrarlo, 
imputati  di  eresia,  alla  Mirandola. 

[Loc.  cit.  II,  7,  breve  567.] 

Dilecto  fìlio  Bernardo  de  Pìnu  canonico  Bononiensi 
Clemens  pp.  VIJ. 

Dilecte  fin  salutem  &c.  Exponi  nobis  nuper  fecerunt  dìlecti  filij 
Joannes  Petrus  Collevatus,  Aiulphus  de  Bernardis  et  Nicolaus  Ferra- 
rius,  omnes  de  Mìrandula,  laici  dìocesis  Regtensi»,  quod  cum  alias  ipsì 
de  crimine  hercsj  ab  inquisitore  heretice  pravitatis  provine ie  Lombardie 
et  diocesis  Regiensìs  essenl  indebite  et  iniuste  condenipnati,  et  ipsi 
Mirandule  per  novera  et  Bononie  per  sex  menses  in  carccribus  fucrint 
dieta  occasione  detentj,  proul  ad  presens  iniuste  detinentur;  nosquc 
super  dicto  crimine  heresìs  ad  venerabilem  fratrem  Altobellum  epi- 
scopum  Pollenscm  vicelegatura  Bononie,  ut  una  cum  inquisitore 
heretice  pravitatis  Bononie  ìnquirere  deberct»  primo  quasdara  nostras 
in  forma  brcvis  sub  data  decima  octava  januarij,  deinde  alias  sub 
die  duodecima  marti)  priorura  executivas,  quarum  tenores  prò  suflB- 


'B.   fontana 


cjenter  expressìs  hahemus(.i),  scripserimus,  nichllominus  tamen  ipsi 
dictani  causam,  quia  sunt  in  eorum  opinìonibus  discorde^,  adhuc 
expedire  nolucrunt,  non  sine  dictorum  cxponcnttum  maxìmo  detri- 
mento. Quare  nobis  fuit  humJliter  supplicatum,  ut  super  bis  de  op- 
portuno remedio  providere  de  benignitate  apostolica  dìgnarcratir. 
Nos  itaquc  volenies  quantum  cum  Deo  possumus  afflìctis  jurìs 
tramite  opem  atTcrre,  supplicationibus  eorum  inclinati,  te  de  cuiu-S 
probitate  et  suficientia  plurimuni  in  Domino  confidimus  in  judiccm 
et  collegam  in  dieta  causa  una  cum  supra  dictis  judicibus  auctorì- 
tate  apostolica  tenore  praescntium  deputamus  causamque  ipsam  tibj 
per  te  et  alios  collegas,  si  concordes  fueritis,  alias  duobus  vestrum 
\n  omnibus  et  per  omnia  iuxta  tenorera  priorura  litterarura  in  forma 
brevìs,  ut  praemittìtur,  decidendam  committimus  et  in  ea  procedj  man- 
damus,  constitutionibtis  et  ordinationibus  apostolìcis  et  alijs,  quc  in 
pracdictis  Utteris  concessum  est  non  obstare,  non  obstantibus  quibus- 
cunque.  Datura  Rome  &c.  .iij".  novembris  1524  anno  primo. 

Videtur  concedendum  constilo  de  eorum  discordia   Innocentio 
cardioflU  Cibo. 


XIII. 

1525,  14  febbraio.  Ilario  Sacchetti,  commissario  generale, 
e  gli  altri  frati  minori,  collettori  delle  indulgenze  per 
la  fabbrica  di  S.  Pietro,  sono  liberati  da  ogni  obbligo 
dì  conti  dopo  di  avere  procurato  alla  Camera  aposto- 
lica la  somma  di  trecento  mila  ducati. 

[Loc.  ciL  a,  MDXXV,  I,  9,  breve  67.] 

Dileais  filijs  Qarìoni  Sachetto  generali  commissario,  ceterisque 
tribus  ordinis  minorum  de  observantia  nuncupatorutn  familiae 
Cisraontanac. 

Dtlecti  fili)  salutem.  Exigunt  vestrae  fidelitatis  integritas  ac  pro- 
bità in  rebus  vobis  commissis  sinceriias,  ut  indemnìtaii  vestrae  ita 
per  vos  consulatur,  ne  prò  botùs  vestris  operibus  ac  laboribus,  qoae 
prò  Sede  Apostolica  et  romana  Ecclesia  substìnuistis  et  substtnebitii. 
nofesdam  scu  dAmnom  aliquod  pati  posshis:  hoc  aatnqoe  saidet 


(a)  Il  «t.  I 


*Z)oc.  Vai.  contro  Veresia  luterana 


aequitas  et  admonei  iustitia,  ut  hi  qulbus  admioistrationes  et  rerum 
agendanim  excrcitia  commessa  fucrint,  in  quibus  presertim  debUam 
curaiTi  et  sollertlam  adhibuerunt,  ac  fidcliter  se  gesseruni,  nullum 
inde  gravamen  substineant,  scd  potius  laudem  in  praemium  conse- 
quamur-  Cum  itaque  fclicis  rccordationis  Julius  papa  IJ  predecessor 
nostcr  cxistìmans,  qucmadmodum  ipse  Petrus  apostolorum  princeps 
habetur,  Jta  eius  basìlicam  edilìcij  pulcrhudinc  et  magrtìticentia  imer 
alias  principatum  obtinere  debere,  ipsam  proptcrea  dcmoliendam 
andaverìt,  ut  toDge  ampUori  ac  tnagis  admirabili  edificio  reficeret, 
t  instaurarci  ;  vidensque  ad  huiusmodi  instaurationem  christitidelium 
emosìnas  plurtraum  necessarias  forc,  manus  ad  id  porrigentìbus 
diutrìces  plenariam  indulgentiam  et  pcccatorum  remissioneoi  con- 
serit,  et  vicarium  vestrum  gcneralenì  cum  certìs  facultatlbus  tunc 
xpressis  commissarium  cum  potestare  substìtuendi  fratres  vestri 
ordinis  in  qualibet  provinciarum  vestrarum  iuxta  morem  dicti  ordinìs 
WÈà  predicandum  et  irunchos  in  ecclesijs  ponendum  et  claves  tcncn- 
0Din«  et  pecunias  et  alias  oblationes  recipiendum,  et  ad  eundem  Ju- 
Ijum  praedccessorem  prò  dieta  fabrica  dcfcrendum,  ad  certum  tcmpus 
^onstttuerìt,  prout  in  ipsìus  Julij  prcdeccssoris  desuper  confeciis  lit- 
Hbtìs,  q^uac  tara  per  ipsum  fiitium  predeccssorem  quam  piae  memoriae 
nieonem  papam  X  etiam  predeccssorem  nostrum  diversis  vicibus 
prorogatae  et  ad  diversa  loca  extense  fuerint,  quarum  singularum  te- 
nores  praesentibus  prò  expressis  et  ìnsertis  habcri  volumus,  plenius 
ntinetur,  vosque  grandes  et  varias  administrationes  et  negotia  circa 
nosinas  procurandas  et  grattas  ac  dispensationes  iuxta  facultates 
conccssas,  non  sine  summìs  laborìbus  et  quandoque  vitac  pe- 
S,  iraciaveritis,  et  pecunias  quac  ex  huiusmodi  indulgcntijs  gratijs 
dispensationibus  ad  manus  nostras  quotuodolìbei  pervcnerint  et 
summam  .ecc.™  àucaiorum  ascendunt  (:),  partim  cisdem  JuHo  et 
successoribus,  partitn  vero  illis,  quibus  ipsi  predecessores  manda- 
runt^  persolveritis  et  consignaveritis,  digniquae  sìtis  propterea  magna 
coramendatione  et  laude,  nos  volentes  vos  reddere  indemncs,  ne 
proptcr  dictas  administrationes  et  negocia  circa  dictam  indulgen- 
tiam ac  pccuniarum  receptioncm  et  consignationem  aut  alias 
ipMTUtn  occasione  in  futunim  aliquod  gravamen  aut  dctrimentum 
S€U  tnolestìam  patiamini»  informati  pienissime  tam  tempore,  quo 
in  minoribus  cramus,  quam  nunc  portquam  Altissimo  disponente 
ad  hunc  apìcem  sumus  assumpii,  motu  proprio  non  ad  vestram  vel 
«Itcrius  prò  vobis  nobis  oblaue  petitionis  instantiam,  nec  solum  ex 
mera  deliberatione  ac  liberalitate  sed  ex  debito  iustidae,  quod  uni- 


(i)  L<  parole  ia  corsivo  «ono  eancelUte. 


90 


"B,  Joniana 


cuiquc  reddere  tenemur  et  ex  certa  nostra  scientìa,  cum  per   coni» 
missarios  a  Sede  Apostolica  deputaios  residua  pecunia  rum,  quae  vigore! 
commissionis  vobis  factae  huiusmodi  obvenerunt,  dilìgenter  exxcta 
et  per  vos  eisdem  predecessoribus  consignata  fuerunt,  si  aliquìd  cxj 
pecunijs  predictis  apud  vos  vel  in  domibus  vesiris  remansem»  aut 
in  necesshatibus  vcstris  vel  domorura  vestraruni  consumptura  fucrìt,] 
id  totum  in  intuitu  laborum  vestrorum  et  paupertatis  vestrac  loco  eie» 
mosinae    liberaliter  remittimus  atque   donamus,   vosquc    et  vcstrum 
sÌQgulns  a  dictis  administratione   negocìatione  et  pecuniarum  sum- 
mis»  quae  ad  manus  vestras  pervenerint,  quarum  omnium  quantìiatemi 
praesentibus  habcri  volumus  prò  suffìcienter  expressis,  quìetamus,  pie-  j 
nissime  liberamus  et  absolvìmus  imperpetuum,  vosque  quietatos  acj 
liberatos  et  absolutos  a  nobis  et  Camera   apostolica  ne  cardinaljura  1 
collegio   et  quibusvis   alijs  decernimus  et  declaramus,  facimus  ac  ' 
volumus,  statuentesque  super   dictis  administratione  et  negocìatione 
ac  pecuniarum  sumrais,  ac  ipsarum  occasione  a  nemine  ullo  unquara 
tempore    inquietari,  vexari    aut   raolestari  in  iudicio  vel   extra  quo* 
cunque  tilulo  vel  rationc  crìminaliter  vel  civiliter  quomodolibct  pos- 
sitis,  rcnuntiantes  errori  calculi  et  cuicunque  alteri  «uri  naturali,  ca- 1 
nonico  et  civili  contrarium  disponenti,  adimentes  gcntibus  Camene] 
apostolicae,  thesaurario,    depositario,  phisco   et  prcfcctis  dictae  Fa- 
brìcae  et  alljs  officialibus  nostris  et  dictae  Sedis  alijsque  quibuscumque  1 
personis  facuttatem  et  polestatem  in  contrarium  faciendi,    ita  eliamj 
ut  nullo  unquam  tempore  ab  alijs  seu    aliquibus   occasione    admint-j 
strationum    et    negociationum    seu    pecuniarum    huiusmodi    quovisl 
modo  rem  ullam  aut  computum  possìt  exquiri.  Decernentes  irrituroJ 
et  inane  si  secus  super  bis  a  quoquam  quavis  auctoritate  scienier  v4| 
ignoranter  comigerit  atteniari,   non   obstantibus  constitutiouibus, 
ordinaiionibus  apostolicis  in  contrarium  factis  seu  faciendis,  illa  pre-I 
sertim  qua  cavcri   dicitur,  quascunquc   absolutiones   liberaliones   et 
quietationes  de  quibuscunque  receptis  et  administratis,  fniciibus,  iu- 
ribus  et  proventibus  ac  bonìs  dictae  Caraerae   quibusvis  perso 
cuiuscunque  dignitatis   et  status  existerent,  per  Sedem  Apo$toHcftai| 
etiam  ex  certa  scientia  factas  vel  faciendas  non  valere  nec   hab 
roboris  firmitatem,  nisi  in  absolutionibus,  liberaiionibus  et  quietatio*! 
nibus  huiusmodi  pecuniarum  et  aliarura  rerum  receptarum  et  admi* 
nistratarum  summac  et  quantitatcs  ac  qualitates  specitìcatae  existereilt,il 
CI  particulariter  declaraie,  ceterisque  contrarijs  quibuscunquc.  Verun 
quia  difficile  forcl  praesentes  litieras  ad  singula  queque  loca,  in  quiV»US 
expcdicns   fuerit  defcrre,   volumus  et  dicu   auctoritate   decernimus,! 
quod  illarum  transumpiis,  manu  publici  notarij  subscriptis  et  alicuius| 
prelati  seu  personae  in  ecclesiastica  dignitate  consticutae  sigillo  mu«i 


*Z>oc.  Vat.  contro  Veresia  luterana 


91 


I  nitis,  ea  prorsus  fìdes  indubU  adhibeatur,  quae  praesentibus  adhibe* 
rctur,  si  essent  ex.ibitae  vel  ostensae.  Datum  Romae.xinj.  februarij  1525 
anno  9°. 

Fratres  isti  sunt  dignì  maiori    gratia    propter  Libores  quos   pro- 
tuierunt  in  rebus  labrice.  L.  cardinaljs  S.inctorura  quattuor 

Be.  el.  Ravennatensis. 


XIV. 

rya5,  23  giugno.  Sì  concede  al  frate  domenicano  Battista 
da  Crema,  che,  secondo  il  decreto  del  concilio  Late- 
ranense,  ne  ha  domandato  il  permesso,  di  stampare 
alcuni  opuscoli  sulla  Vita  spirituali:. 

[Loc.  cìL  II,  IO.  breve  26^  ] 


filìjs  F.  Hicronymo  de  Viglcvano  e:  Bartholomco  de  Pisis 
ordinis  tVatrum  pracdlcatorum  de  observantìa  et  sacrae  ihco- 
logiae  professori{bus]  vel  eorum  alter). 

Dilecti  filij  saloiem  &c.  Intelleximus  dilcciura  iilìum  Baptistam 
de  Crema  ordinis  fratrum  praedicaiorum  de  observantìa  professor 
quicdam  opuscula  Vìtae  spiritualis,  sic  ab  eo  nuncupata,  magnis 
studijs,  vigilijs,  labore  et  doctrina  composuisse  et  alia  insuper  compo- 
nete velie,  quae  licet  imprimj  facerc  et  ad  publicam  utilitatern  edere 
de$ideret,  t;imcn  ob  concilìj  Lateranensis  ultimi  habìti  decretum,  ne 
quid  inconsulta  Sede  Apostolica  vel  locorura  ordinarijs  ìmprtrai  dc- 
beatur,  id  Tacere  non  audct  nist  de  diete  Scdìs  lìcentta  specìalj.  Nos 
igitur  dìcti  Baptistc  pium  et  propositum  et  laboreni  in  Domino  com- 
mendantes  spcrantesque  ea  opuscula,  sìcut  ipse  nobis  exponj  curavit, 
ad  mentium  humanarum  in  via  Domini  instructionem  profutura  e^se, 
devotìoni  veslrae,  de  quorum  doctrina  et  probltate  fidedignorura 
testunonta  accepinaus,  per  presentes  committimus  et  mandamus,  ut 
vos  vel  alter  vcstrum  opuscula  praedicta  inspiciatis,  legatìs,  et  si  ea 
publicac  uiilitatj  et  mentium  humanarum  instruciionj  profutura  (ut 
diximus)  vobis  vidcbuntur,  cidem  Baptistae  illa  imprimj  faciendj  et 
iopobltcum  cdcndi  liccntiam  auctoritate  nostra  concedatis.  Non  obstan- 
tìbus  constituttonibus  et  ordinationlbus    apostolicis,  ceterisque  con* 


92 


*B.  fontana 


trarijs  quibuscumque.  Datura  Romae  die  .xxnj.  junì)  .mdxxv.  anno 
secando. 


XV. 

1525,  29  luglio.  Al  vicario  del  vescovo  di  Verona  perchè 
proceda  alla  riforma  già  ordinata  dei  conventi  delle 
monache  della  diocesi,  anche  di  quelle  di  santa  Chiara. 

[Loc.  cit.  II,  IO,  breve  317] 


Dilecto  iilio  Calixto  de  Amodeis  notarlo  nostro,  venerabilis  fratrts 
Joannis  Matthci  episcopi  Veronensis  vicario  in  spirìtualibus  ge- 
neral) CI  praelato  nostro  domestico. 

Dilecte  &c.  Licei  nuper  sub  die  .xxiij.  maij  praesentis  anni  ve- 
nerabili fratri  Jo.  Maltheo  episcopo  Veronensi,  daurio  et  praeUto 
nostro  domestico  inicr  ceieras  ei  tunc  per  nos  conccssas  facultates 
etjam  omnia  et  singula  monialium,  sororum  et  quaruncunque  mu- 
lierum  quocunque  nomine  nuncupentur  sanctac  Clarac  et  quarumvis 
aliorum  ordinum  monasteria  istius  civitatis  et  dioccsìs  Veronensis;, 
tam  in  capile  quam  in  membris  per  se  vel  vìcirium  suum  refor- 
mandi  in  ipsisque  monasterijs  abbatissas  instituendì  et  destituendì, 
monialesque  inducendi  et  amovendi,  et  alia  in  praemissis  opportuna 
ac  necessaria  faciendi  facultatem  concesseriraus,  prout  in  litteris  sub 
die  predicta  in  forma  brevis  confectis  plenius  continetur,  taraen  cum 
prò  De?  omnipotentis  honore,  et  relig^ionis  ac  castltatis  in  monasterijs 
ipsis  Deo  et  sanciis  etus  dicatis  observatione  te  ad  reformati oneni 
monialium  praedictam,  ad  quam  minime  hactenus  processisti,  proce- 
dere cupìamus,  raandamus  libi  in  virtute  s,**  obedìentiae  per  prae- 
sentes  (id  quod  ctiara  ab  codera  Jo.  Mattheo  episcopo  demandatutn 
tibi  fuissc  crcdimus)  ut,  omni  mora  ac  rcspectu  semoti;,  reforma- 
tionem  ìpsam  facias  et  piene  pertìcias  iuxta  litterarum  nostrarotn 
predictarum  continentiara  et  tenorem  ac  prout  justiciae  et  neceasi» 
tatis  esse  cognosces,  ut  a  nobis  et  eodem  Joanne  Mattheo  episcopo 
comraendatìonem  et  laudem,  a  Deo  vero  omnipotente  condjgnam 
tam  pio  operi  retribuiìooem  expectare  valeas,  sicut  etìam  te  firmiier 
facturum  confidimus.  Datum  Romae  apud  sanctura  Petrum  &c.  Die 
.XXIX.  jolij  .Moxxv.  anno  secundo. 


*Z)oc.   Vai.  contro  Veresia  luterana 


^ì 


XVI. 

1526,  3  gennaio.  Al  vescovo  di  Verona  si  raccomanda  la 
riforma  del  clero  secolare  e  regolare,  e  massime  delle 
monache  della  sua  diocesi;  e  gli  si  concede  all'uopo 
ampia  facoltà  di  nominare  delegati. 

[Loc.  cit.  a.  MDXXVi,  I,  ri,  breve  3.] 


Venerabili  fratri  Joanni  Matlheo  episcopo  Veronensi 
datano  et  prelato  nostro  domestico. 

Vcoerabilis  frAier  salutem  &c.  Coiiccssìmus  et  niandavimus 
fraternìtati  tue  complura  in  ecclesia  et  diocesi  tua  Veronensi  circa 
divinum  cultum  spirituale  regimen  reforinaiionemque  morum  tam 
cltricorum  quam  regulariura  nnaxJmc  monialium  agenda,  quemadmo- 
dum  pluribus  in  nostris  Ititeris  etiani  in  forma  brcvis,  partini  luae 
fratemitatif  partim  tuo  in  spiritualibus  vicario  etiam  nominatini  di- 
5,  quarum  otnniuni  et  singularum  tenores  et  datas  praesentibus 
■bemus  prò  cxpressis,  plenius  continetur.  Cura  autem,  sicut  accepi- 
^nus,  et  prò  magnitudine  tuae  dlocesis  et  ex  vicarij  tu?  moderni 
occupationibus  ca  omnia  nondum  fueriiit  piene  executa,  nec  in  po- 
stcrum  forsan  exequi  sine  multorum  ministerio  commode  possint, 
nos  ad  corum  lanquam  piorum  et  laudabìliura  opcrura  efTecium  et 
cxccutioncm  paterne  aspirantes  auctoritate  apostolica  tenore  praescn- 
tium  deccrnimus  et  declararaus,  eidemque  fratemit-ìtl  tuae  conce- 
-Anius,  ut  omnes  litieras  praedictas,  omnìaque  in  eis  contenta  etiam 
simul  vel  separaitm  ac  semel  vel  successive  non  solum  per  te  et 
vicarium  modemum  tuum  praedictum  sed  etiam  quoscunque  alios, 
qnos  ad  premtssa  duxcrìs  eligendos  et  per  te  prò  tempore  deputandos, 
exequi,  tgere,  ac  etiam  per  unum  tncohata  per  alium  finire  et  ad 
cflFcctutn  dcbitum  perducere  libere  et  licite  possis  et  valeas  pcrinde 
ac  si  illis  ea  omnia  a  nobis  nominatim  mandata  et  concessa  fuìssent. 
Non  obstantibus  praemissis  et  omnibus,  quae  in  supra  diciis  litteris 
volunnns  non  obstare,  ceterJsque  contrarìjs  quibuscunque.  Datura 
Romae  in  die  .iij.  januarij  .mdxxvj.  anno  tertio. 

Vid.  Vinkel. 


94 


•B.  Joniana 


XVII. 

1526,  9  febbraio.  Ordine  più  generale  per  la  riforma 
monasteri,  specialmente  dei  minori  conventuali  e  delle 
monache,  onde  vìvano  di  vita  più  onesta. 

[Loc.  cii.  Ili,  I },  breve  68.] 
Cleraens  papa  VII. 

Dilectc  fìli,  saluterà  et  apostolicam  bcnedìtionem.  Et  si,  cum  of- 
fìcium  generalìs  magistri  tui  ordtnis  nuper  vacaret  teque  absentem 
et  inscium   motu  animi   nostri   proprio  vicarium  gencralem  deputa- 
remus,  itb  nos  cogitatio  ac  spes  impulit  in  tua  sìnguUri  et  doctrìna 
et  probitate  reposita,  que   hodie  quoque   .ipud   nos   non   minor  est, 
forc  ut  tua  cura  et  labore  idem  tuus  ordo,  plus  quani  vellemus  pro- 
Upsus,  ad  honestiorem  vivendi  normam  reduceretur,  teque,  ut  in  td 
ÌDcumberes  aliis  nostrìs  liieris  tunc  fuerlmus  hortatì,  facil  tamen  nostra 
persona  ac  debita  erga  dictum  ordincm  charitas  ctprotectio,  ut  itcratis 
nosTÌ  amoris  sttmulis  tuam    pietatera,  quamquam,  ut  novimus.  per  j 
se  currentcra,  incitemus.   Pulsant  sìquidem   nos  assiduae  et  ìuxtac 
compturium   etiam  et  domlbus  vitae  honestatem  ac  disciplinam  ve- 
hementer  desyderari.  Nos  autem,  qui  amore  et  iudicio  te  clegimui 
tibìque  hoc  onus  tara  pium  et  salutare,  tua  bonitate  freti,  ìmposuimus, 
angamur  dolore  et  cura  Decesse  est,  quo  ad  his  quereli^  fincm,  tuoque 
labori  ctTcctum  quem  cupimus  videamus.   Itaque   paterne  te  iierura 
monemus  et  in  virtulc  sanctae  obedientiae  libi  precipimus,  ut  a  tuarum  1 
ovium  (quae  tibi  a  Dee  et  a  nobis  commissac  sunt,  et  de  quibus  ra> 
tionem  scis  te  tpse  redditurum)  salutem   tuique  ordinis   universi,  eti 
monialium  etiam  sanctae  Clarae  tuae  curae  commissarum   reforma- 
tioncm  invigiles  et  insistas,  vitia  comprimas,  studia  sacrarum  litcrarum 
relcves,   fratres  extra   ordìnem  vacantes  reducas,  dilapidantes   bona 
conventuum  cohcrceas.  Et,  quoniam   nihii   minus  decet  quam  pau- 
pcrtatcm  professos  proprie  quicquid  possidere,  in  id  maxime  incumbas  j 
ac  pcrftcias,  quemadmodum  tIbi   commodius  videbitur,   ut   delnceps  1 
fratres  tuj  et  moniales  sanctae  Clarae  ordinum  huiusmodi,  quo  etiara  ' 
a  curis  mundanis  elongatis,  liberius  religioni  vacare  possint,  nihil  ipsl  j 
ne  ex  privilegio  quideni  apostolico  habeant  proprii,  scd  omnibus  ia] 
communi  positis,  suo  quisquc  a  conventu  et  alatur  et  vestiatur,  etJ 


n^oc.  Vat»  contro  V eresia  luterana 


95 


[ne  huic  tam  sancto  operi   recteque  nienti   nostrae  huraani  generis 
lliosiis  se  (ut  solet)  opponat,  plenam  tibi  tam  fratnim  convcntualiura 
I  quarti  sanctae  Clarae  monialium   ordines  huiusmodi  in  capittbus  et 
tncmbris  refomiandi.  castìgandi,  cohercendi,  omnesque  et  singulos  tui 
.ordtnis  magistfos,  provindales,  custodcs  et  guardianos,  monialiumque 
Uanctae  Clarae  raonasleriorum   huiusmodi  abbatlssas,  quos  luae  re- 
iformationi  vel  rebelles  vel  ineptos  et  minus  idoneos  iuJìcaveris,  ut 
eorom  et  earum  officiìs  etiam  si  in  illis  ad   certuni   tcnipus  durare 
debuissent  (cum  mentis  nostrae  sii,  ut  officia  ipsius  ordinis  non  tem- 
pore et  consuetudine,  sed  moribus  et  regimine  personarum  nietiantur) 
[amovendj  ac  destituendi  et  illoruni  loco  alìos  et  alias  aptìores  et  obe- 
dientìores,  iuxta  sialuta  dictorum  ordinum,  substiiuendi  et  deputando 
aliaque  omnia  et  singula  circa  premissa  necessaria  et  opportuna  fa- 
I  ciend?  aucloritate  apostolica  tenore  presentium  facultatem  et  potestà- 
ncm  concedimus.  Decernentes  destitutionem  et  substiiutionem  huius* 
I  modi  iuxta  dieta  statata  per  te  facienda  validas  esse,  sicque  per  quosvis 
Liudìces,  etiam  S.  R.  E.  cardinales  et  palatii  nostri  auJitores  iudicari 
Mebere,  sublata  eis  iudicandi  vel  ìnterpretandì   facultatc;  irritumque 
linsupcr  et  inane  quicquid  in  contrarium  per  quosvis  et  quavis  auclo- 
[_riutc  contigerit  attentari;  dictis  quoque   fratribus  et  monialibus  sub 
Bcnunicationis  pena  mandantes,  ut,  salubrem  reformaiionìs  medi- 
ani prompta  hurailitate  suscipientes,  tibi  ac  per  te  dcputatis  sicut 
l^ebent  ac  seleni  in  omnibus  et  singulis  premissis  pareant  et  obediant. 
f  Et  quonlam  difficile  tibi  foret  eam  reformationcra  per  te  ipsura  ubique 
Uocorum  Tacere  posse,  volunius  tibique  pariter  concedimus,  ut  tam  lui 
vicariatus  officii  quam  nostra  huiusmodi  auctorjiatibus  eos,  quos  ido- 
neo* et  tot  quot  necessarios  esse  duxeris,  reformatores  loco  tui  cuna 
Iparì  vel  Itmitata  potestatc  substituere,  et  non  solum  per  Italiani  sed 
[etjatn  extra  illam  ad  diversas  nationcs  ac  regna  destinare  valeas  ac 
I  ilebeas,  ut  per  eos  tam  reformationem  ipsam  perficerc,  quam  etiara 
am  liane  mentcra  universìs  provinciis  et  conventibus  tui  ordinis 
Scarc  antea  possìs,  quam  capitulum  eiusdem  ordinis  generale  con- 
^gregctur.  Cuius  sane  celebrationcm  ad  cffectum  um  sancti  operis  re- 
DmiatioQis  huiusmodi  exequendi  in  annum  sequentem  prorogaviraus 
let  tenore  presentium   prorogamus,   illudque  in  dictum  annum  et  in 
Moco  hutus  atmae  Urbis  nostrae  indici  per  te  volumus  et  mandamus. 
|Kon  obsiantibus  constitutionibus  et  ordìnationibus  ite.  Datum  Romac 
[aptid  sanctum  Petrum  sub  annulo  piscatoris  die  .Vlin.  februarii  .mdxxvi. 
ontìficatus  nostri  anno  tertio. 


96 


*B.  fontana 


XVIII. 

1526,  15  novembre.  Processi  sommarli  dell'inquisizione 
contro  r  incipiente  eresia  luterana  nel  Vallese,  diocesi 
di  Sion. 

[Loc.  cìl.  breve  J19.] 

DUectis  (Uijs  [decano  et  capitalo]  (i)  ecclesie  Sedumensìs. 

Dilectj  filij  salutem  &c.  Accepiraus  quod  in  nonnuUis  locis  patrie 
Valesti  Sedumensìs  diocesis  nonnulle  superstitiones  heresira  sapìentes 
sunt  erte  et  altquibus  pestis  lutherana  placet  Nos  igitur  antmabus 
incolarum  locorum  eorundeni  providere  volentes,  motu  proprio  et  ex 
certa  nostra  scicntia,  tenore    prcseniìum   vobis   ac   vestrura    cuUibet 
inquirendj  centra  phiionissas  et  maleficos  ac  alios  supcrstitiosos  nec- 
non  luthcranos  et  hereiicos  eorumque  corapliccs  fautores  et  scquaceij 
procedendique  contra  eos  summarie  stmpliciter  et  de  plano  sine  stre-| 
pitu  et  figura  judlcij,  sola  facti  ventate  inspecta,  et  punicndi  eos  ci  ' 
eorum  quemlibci,  prout  juris  fuerit,  necnon  omnia  et  singula,  quc  in- 
quisiiores  hcrctice  praviiatis  de  jure  aut  consuetudine  vel  alias  quo  1 
modolibet  f;icere  possunt,  faciendi  et   cxequendj  plenam  et   tiberam] 
conccdimus  facuhatcm.  Et  nichilominus  universis  et  sìngulls  archie-J 
piscopis   eplscopis   abbattbus  et   alijs  prelatis  ac   in   dignitate   eccle- 
siastica constitutis  personìs  necnon  canonicis  quarutncunque  metro-l 
politaturum  vel  alìarum  cathedralium  ecclesiarum  ubilibet  exsistemlbus.1 
per  presentes  commlitìraus  et  mandamus,  quatenus  corum   quilibei,] 
quotiens  prò  parte  vestra  fuerit  requisitus,  vobis  in  premissis  efficactsi 
defensionis  presidio  assisiat,  nec  pennittat  vcstrum  aliquem  in  premissii 
vel  circa  ea  aliquatenus    impedir)  molestarì  aut  inquietari,  ce 
dìctores  quoslibet  et  rebelles  etiam  per  quascumque,  de  quibus  ci  pia-' 
cuerit,  censuras  et  pcnas  ac  alia  juris  remedia,  appellatione  postposita, 
corapescendo,  invocato  ctiam  ad  hoc,  si  opus  fuerit,  auxilio  brachi) 
secularis.  Non  obstantlbus  Bo[nifacii]  etiam  de  una  et  in  concilio  ge- 
nerali de  duabus  dieiis  edita  et  alijs  apostolìcis  ac  provincialibus  et 
sinodalibus  constituiionibus  et  ordinationibus  ac  statutis  et  consuetu- 
dinibus  eiiara  iuramento,  confirmatione  apostolica  vel  quavis  hrmìtate 


(1)  bell'indirizzo  qtieue  parole  non  sono   più   leggibili,  me  a   tergo  dclU  miama 
■crino:  •  Coramittitw  «iecuo  et  ctpitulo*. 


Doc.  Vai.  contro  l'eresia  luterana 


97 


alia  roboraiis,  prìvìlegijs  quoque  indultis  ac  Httcris  apostolids  per 
quoscunquc  Romanos  pontificcs  predccessores  nostros  ac  nos  et  Sedem 
^  Apostolicam  edam  motu  proprio  ci  ex  certa  scientia  ac  de  aposioUce 
potestatìs  plenitudine  et  cum  quibusvis  irritativis,  adnuUativis,  cassa- 
tivis,  revocativis,  modificativis,  prcservativis,  exccptivis,  restilutivis, 
declarativis,  mentis  attestativis  ac  dcrogatoriurum  derogatorijs  alijsque 
efficacioribus,  ctìicacissimis  et  insoliiis  clausulis  quomodolibet  etiam 
pluries  concessis,  confirmatis  et  innovatis,  quibus  omnibus,  etiam  si 
prò  iJlorum  sufficienti  derogatione  de  illis  eorumque  totis  tenoribus 
spccialis  et  individua  ac  de  verbo  ad  vcrbum,  non  autcm  per  clau- 
sulas  generales  idem  importantes,  mcniio  scn  qucvis  alia  exprcssio 
habcnda  aut  exquesita  forma  signanda  forct  et  in  cis  cavcatur  expresse 
quod  Illis  nullatenus  derogarj  possit  etc.  [Romae]  apud  sanctum 
Petruni  &c.  [die  15  nov.  1526  anno  tertio.] 

L,  cardinalis  [Sanctorum  quattuor] 


XIX. 


1527,  13  gennnaio.  Tommaso  Illirico  già  predicatore  apo- 

^stolico  in  Germania,  dove  molto  opera  contro  Teresia, 
e  costituito  con  ampii  privilegi  inquisitore  generale 
contro  i  Luterani  e  Valdesi  negli  Stati  del  duca  di 
dì  Savoia. 


[Loc.  cit.  a.  MDXXvii,  I,  14,  breve  8.J 

Dilecto  tilìo  Thome  Illìrtco  ordinis  fratrum  minorum 
professori,  predicatori  apostolico. 


Dilccte  fili  salutcm.  Dudum.  cum  fìda  relatione  percepisscmus 
te  Domino  cooperante  tuis  monitis  tuaque  saluberrima  predicatione 
non  modico  fructu  in  nonnullis  Germanie  locis  laborasse  multosque 
ad  veritatis  lumen  porduxissc,  te  necnon  tres  tui  ordinis  professores 
per  te  prò  tempore  cUgendos  verbi  Dei  et  cvangelice  predicationis 
ac  Sedis  Apostolicc  scntcntìc,  centra  iniquitatis  filiura  Martin um  Lu- 
tberum  hcresiarcam  lutheranosquc  omnes  Icgitime  late,  necnon  cha- 
rissim)  in  Cristo  filij  nostri  Caroli  Roraanorum  et  Hispaniarum  regis 
CaihoUci  in  imperatorera  electi  super  diete  sentcntie  executione  in 
conveotu  Wormacensi  imperialis  edicd,  per  totam  fere  Germaniam 

Archivio  deUa  R.  Sodetà  romana  di  $torij  patria.  \'o\.  X\ .  7 


98 


*B.   fontana 


promulgati,  apostoliccs  predicatores  ad  nostrum  benepladtum  aposto- 
lica  auctoritate  constìtuJmus  et  dcputavimus,  ac  tibi  et  tribus  a  te 
deputandis  et  vestrum  cuìlibet  omnes  et  singulos,  qui  a  damnati  he-  i 
resi  lutherana  ad  verìtatem  Hdei  redirent,  benedicendi  absolveadi  eti 
oriliodoxc  fidei  pristinoque  eorum  statui  restituendi  uniendi  et  refor-j 
mandi;  quos  vero  in  heresi  lutherana  obstinatos  esse  reperircs,  ca-j 
piendi  et  capi  ac  carccrìbus  mancipari  faciendi  necnon  curie  secularì 
punìendos  tradendi  necnon  prò  premtssis  ab  ordinarijs  locorum  assi- 
stentiam  impelrandi.  ac  auxilium  brachij  secularis  ab  omnibus  et  $io- 
guUs  princìpibus  ducibus  marchionibus  et  locorum  dominis  univer-[ 
shatibus  comitatibus  nobilibus  et  p>opulis  invocandi  et  illii,   qui   iak 
persona  vel  per  altos  tibi  ve!  tribus  per  te   ellgendis  favorcra   sivej 
auxilium  in  premissis  centra  predictos  hereticos  prestarent,  plenarìam  | 
indulgentiam   ac   remissìonem    omnium  et  sìngulorum  peccatorum 
suorum,  de  quibus  corde  contrìti  et  ore  confessi  forent^  concedendi 
facultatem  conccssìmus.  Et  ut  liberius  tu  et  tres  deputati  prefati  sine 
aliquo    superiorum  vestrorum    forsan  impedimento  premissa  adira- 
plere  possetis,  te  ac  dictos  tres  per  te  eligendos  ab    omni   superio-  fl 
ritate  obedientia  et  correciione  gencralis  seu  provincialis  ministri  et  V 
aliorum  quorumcunque  superiorum  vestrorum,  dicto  officio  prcdica- 
tionis  durante,  exemimus  et  totaliter  liberavimus,  teque  ac  illos  nostre  ^ 
et  diete  Sedis  ìurisdictioni,  dicto  durante  tempore,  immediate  subie-  H 
cimus  ac  sub  beati  Petri  nostraquc  et  huius  Sancte  Sedis  protectiooe 
suscepimus  tibique  conventum    sive   heremitorium  Sancte  Marie   de 
misericordia  nuncupatura  prope  oppldura  Avilliane  Thaun'nensts  dio- 
cesis,  quod  tu  et  dilectus  filius  Claudius  de  Pinerolio  construi  tecisse 
asserebas  et  in  quo  sepenumero  habitabas,  prò  tua  et  dictorum  trium] 
ad  vitam  usu  et  habitatione  concessimus,  mandantes  generali  minij 
sive  provincialibus  et  alijs  supcrioribus  prediciis  quocunque  nomine 
nuncupatis  sub  excommunicaiionis   late  sententie  pena,  ne  te  sivcj 
prcdtctos  tres  aut  eorum  aliquem,  dicto  predicationis  tempore  quo! 
ad  exemptionem,  quo    vero   ad  heremitorium  vita  tua  et  dtctoruxnl 
trium  durante,  ut  prcmittitur,  per  se  vel  alium  seu  alios  contra  earun«1 
dem  litter;irum  tcnorera  aliquo  modo  molestare  presumcrcnt;  ac  dt-j 
cernentes  irriium  et  inane,  si  secus  a  quoquam  in  le  seu  alios   di* 
recte  vel  ìndirectc  attempiari  contingerct,  prout  in  ipsis  litteris  plcnios  I 
continetur.  Cum  autem,  sicut  dilectus  fìlius  nobilis  vir  Carolus  dux 
Sabaudie  nobis  nuper  esponi  fecit,  propter  libros  errores  lutJicranos  i 
continentes,  qui  ad  loca  dominiorum  suorum  delati  fuerunt,  huìusmodi] 
heresis  lutherana  in  aliquìbus  locis  ipsorum  dominiorum  serpere  ìn-j 
cipiat  et  idem  Carolus  dux  cupiat,  quantum  in  eo  est,  in  dictis  doml-j 
nijs    he[resura]   et  superstitionura  fomenta  pcnitus  cxtingui  et 


"Doc.   Val.  contro  reresta  luterana 


99 


Imiusmodl  herestbus  culpabiles  et  suspectos   punir]    et  corrìgi,  nos 

buie  nepharie  heresi  omni  quo  possumus  salubri   reme.iio  occurere 

cupJcntes  ac  de  dcvotione  experientia  et  integritate  tui  qui,  ut  accc- 

ptmus,  facultatis  et  llttcrarum  predictarum  vigore  dilectos  filios  Clau* 

dium  et  Antonium  de  Pinerolio  ac  Petrum  de  Lacerano  dicti  ordinis 

professores  elegisti,  plenam  in  Domino  fiduciam  sumentes,  eiusdera 

Caroli  ducis  in  hac  parte   supplicationlbus  inclinati,  constituiionem 

deputationcm  concessìonem  exemptionem  liberaiinnem  subiectionem 

mandatutn  et  decrcium  ac  desuper  confectas  litteras  huiusmodi  et 

in  cis  contenta  quecunque,  sic  tanien,  quod  tu   et  dictt    tres   electi 

rerbum  Dei  predicando,  a  via  aliorum  prcdicatorum  minime  devietis 

ac  novitates  vel  oppiniones  peregrinas  etpericulosas  non  predicetis,  sed 

tenore  litterarum   in   concilio   Lateranensi   novissime   celebrato  edi- 

tarura  sccuram  vìam  et  debitam  formam  predicandì  absque  periculo  tra- 

dentium,  vìtia  reprehendendo  et  virtutes  exaitando,  ad  fìdclium  tdìfi- 

fcatìonem    et    peccatorum    reinissionem   observetis  ;    tuquc    propter 

'  exemptionem  huiusmoJi  de  congregatione  frairum  minorum  esse  non 

desinas  sed  ministrum  gencralcm  de  obsen'aniia  aut  maj^istrum  ge- 

neralcm  Conventualium  nuncupatorum  fratrum    eiusdem   orJinis  in 

tuum  superiorem,  sine  lamen  impedimento  officii  predicatoris  huius- 

l  snodi,  quoad  quod  alium  quam  nos  non  recognoscas,  auctoritate  apo- 

'^  colica  tenore  prcseniium  approbamus  confin-namus  et  innovamus  ac 

piena  roboris  firmitatc  subsistere  ncc  non  tibi  et  tribus  deputatis  prc- 

dicto  suffragari  dcbcrc  dccernimus.  Et   nihilominus  te  inquisitorera 

generalem  heresum  et  beretice  pravitatis  in  omnibus  et  singulis  do- 

iTninìjs  dicti  Caroli  ducis  tam  citra  quam  ultra  montes  ac  Delphinatu 

I  contri  omnes  Lutheranos  ac  eorum  compllces  et  fautores  ac  pauperes 

de  Lugduno  seu  Vaudenses  nuncupatos,  et  de  huiusmodi  heresibus 

ttc  alìjs  supcrstitionibus  a  fide  catholica  alienis  et  prohibitis  suspectos, 

[ita  lamen  quod  in  huiusmodi  inquìsiiione  aliquis  prclatus  per  ipsura 

Dlura  ducem    cligendus   et  tibi  in    coadiutorem    ipsius   inquisi- 

ins,  ad  eiusdem  ducis  beneplacìtum  deputandus,  sine  quo  in  aliquo 

rocedere  nequeas,  Interveniat,  auctoritate  et  tenore  predictis  consti- 

uimus  et  deputavimus,  tlbique  contra  Lutheranos  et  Vaudenses   et 

laltos  hcrctìcos  predictos  procedcndi,  necnon  omnia  et  singula  mona- 

Istcrit  conventus   et  loca  ordinum  quorumcunque  visitandi  et  Ubros 

I lutheranos  inqiiirendi  ac  eos  comburi  faciendi  necnon  omnes  et  sin- 

[giilos  Lutheranos  et  alijs  hereticis  prefatis  auxiliura  prestantcs  vel  prn 

'eis  in  favorem  eorum  arma  assumentes  eo  ipso  excommunicationis 

sententia  irretitos  eorumque  bona  Camere  ducali  et  fisco  dicti  Caroli 

ducis  confiscata  et  applicata  esse  et  ccnseri  dccernendi  et  declarandi 

oecnon  adversus  eosdem  Lutheranos  ac  Vaudenses  et  atios  hereticos 


100 


"B,  fontana 


auxilium  vel  favorem  prcstantes  auctoritaie  nostra  benediccndi  et  ds 
omnium  pcccatorum  suorum  plenarlara  indulgentiara  eadem  aocto- 
rìtate  elargendi  ac  in  dictìs  Htteris  contenta  vcl  alia  quecunque,  que 
inqulsitores  pravitatis  huiusmodi  apostolica  vel  ordinaria  auctoritate 
prò  tempore  deputati  de  iure  vel  consuetudine  exercere  exequi  et  fa- 
cere  possunt  et  consueverunt,  exercendi  exequendi  et  facìendi  plenam 
et  liberam  apostolica  auctoritate  et  tenore  prediciis  potcstatem  et 
facultatera  concedimus  tibique  et  Claudio  ac  Antonio  et  Petro  per 
te  electis  predictis  ut,  quo  ad  vixeritis,  in  dicto  conventu  seu  berc- 
mitario  habitarc  valeatts,  nec  desupcr  per  prefatos  supcriores  aut  aUos 
quoscunque  molcstari  vel  perturbari  possitis  ncque  aliquis,  cuìuscunque 
status  vel  conditìonis  fuerit,  in  ipso  conventu  seu  hcremitario  contri 
volumatem  ipsius  CaroU  ducis  et  illius  fundatorum  babltare  possì^ 
eiusdem  auctoritate  et  tenore  indulgemus.  Q.uocircha  venerabili  fratrì 
nostro  Antonio  episcopo  Portuensì  et  dilecto  tilio  Bonifatio  lituli 
sanctorum  Ncrej  et  Achillei  presbitero,  Sancte  Romane  Ecclesie 
cardinalibus,  et  venerabili  fratri  episcopo  Gratianopolitano  (r)  Ìn»un- 
giraus,  quatenus  ipsi  vel  eorum  quilibet  per  se  vel  alium  seu  alios, 
tibi  et  tribus  electis  predictis  in  prenùssis  efficacis  dcfensionìs  pre- 
sidio assisientes,  faciant  auctoritate  nostra  te  et  illos  predictis  et 
presentibus  litteris  ac  quibuscunque  in  eis  contentis  pacilìce  gaudere, 
non  permittcntes  vos  desupcr  per  dictos  superiores  seu  quoscunque 
alios  quomodolibet  indebite  molestari,  contradictores  quoslibct  et 
rebelles  per  censuras  et  penas  ecclesìasticas  appellatione  postpo- 
sita  corapescendo,  ac . . .  super  hijs  h.ibendis  servatis  processibus  cen- 
suras et  penas  ipsas  iteratis  vicibus  aggravando,  invocato  etìam  ad 
hoc  si  opus  fuerit  auxilio  brachi]  secularis;  non  obstantibus  premissis 
ac  quibusvìs  apostolicis  necnon  in  provincialibus  et  slnodalibus  con- 
cilijs  editis  generalibus  vel  specialibus  constitutionibus  et  ordinatio- 
nibus  necnon  dicti  ordinis,  ctiara  ìuramento,  confirmatione  apostolica 
vel  quavis  firmitate  alia  roboratis,  statutis  et  consuetudinibus,  privi- 
legiìs  quoque  induUis  et  litteris  apostolicis  illi  ac  superioribus  prefatis 
sub  quibuscunque  tenoribus  et  formis  ac  cum  quibusvis  clausulis  et 
decretis  conccssis  approbatis  et  innovatis,  quibus  etiam,  si  de  illls  spc- 
cialis  et  expressa  raentio  habenda  foret,  eorum  tenores  presentibus 
prò  exprcssis  habentes  quoad  premjssa  specialiter  et  expresse  dero- 
gamus  et  suflìcientcr  derogatum  esse  volumus,contrarijs  quibuscunque; 
aut  si  superioribus  prefatis  vel  quibusvis  alijs  coniunctim  vel  dìvisim 
a  dieta  sit  Sede  indultum,  quod  interdici  suspendì  vel  excommunìcari 
non  possint  per  litteras  apostolicas  non  facientes  plenam  et  expressam 


(i)  Il  mi.  sembra  avere  :  •  Grcnopoliiuio  > 


'Doc.   Val.  contro  l'eresia  luterana  loi 


ac  de  verbo  ad  verbum   de  indulto  huiusmodi  mcnUonem.  Datura 
Rome  15  januarìj  1547  anno  quatto. 
A.  cardinalis  de  Monte  (i). 

Evangelista- 


XX. 

1528,  22  marzo.  Al  vicario  del  vescovo  di  Ferrara  e  al 
H  priore  della  Certosa  perchè  riformino  le  monache  della 
H       Ca  bianca, 

K 

m  accec 


[Loc.  cit.  a.  MDXXvni,  III,  20,  breve  1228.J 

Dilectis  filijs  vicario  vcnerabilis  fratris  episcopi  Ferrariensis 

ac  priori  monasteri)  Cartusiensis  et  eorum  alteri 

Cleniens  papa  Vip. 


Dilectì  fUij  salutem  et  apostolicam  bcnedictionem.  Nuper  per  nos 

'acccpto,  quod  monastcrium  monìalium,  de  la  Ca  biancha  nominatum, 

Fcrrariensc  ordinis  Servoriim  tara  in  capite  quara  in  mcmbrìs  defor« 

matum  tst,  ex  co  quod  tnoniales  et  sorores  in  ilio  degentes  a  plu- 

ritnis  anni*  citra,  rcgtilaris  obser%'antiae  norma  et  contemplationis  iugo 

posipositìs,  vjtam  a  religione  alienam  ducunt,  in  animarum  suarum 

pcriculunì  et  divine  maìestatis  offensam  ac  FerTarien<;is  populi  schan- 

dalum,  Nos  premissis  occurrere  volenics,  mota   proprio  et  ex  certa 

■  nostra  scienlia,  vobis  committimus  ci  mandamus,  ut   nisi    gcncralis 

IdictJ  ordinis  Scn'orum,  sub  cuius  cura  correctioneque  dictuni  mona- 

Iwcnuiti   existit,  infra  .xv.  dics  dictas  moniales   et  sorores,  ac  alias 

[pcrvinas  tam  in  capile  quam  in  membris  iuxta  canonicas  sanctiones 

Ict  regularia   dicti  ordinis  instituia  reformaverit,  correxerit  et  clau- 

[«erit;  vos  vel  alter  vestrum   clapso  dicto  tempore,  si   monastcrium 

[reformatum  non  fuerìt,  solum  Deum  prae   oculis  habentes,  dictum 

[inonasierium  adeatis,  sìve  alter  vestrum  adeat,  ac  moniales,  sorores 

et  alias  personas  dicti  monasterii  in   capite  et  in  membris  iuxta  ca* 

isonicas  sanctiones  et   secularia    instituta  dicti  ordinis   inquirere,   re* 

formare,  corrtgere  et   emendare,  ac   in   eo   inviolabilem    clausuram 

observari  facere  curetis,  atque  omnia  et  singula  in  premissis  et  circha 

ea  ordinatis  et  faciatis,  quae  prò  Dei  honore,  civltatìs  istins  decoro 

atque  animarum  illarum  saluti  necessaria  et  opportuna  cognoveritis, 


(1)  Poi  cisUo  nt. 


I02 


*B.  fontana 


super  quibus  omnibus  et  singulis  vobìs  vei  alteri  vestrum  ploum 
et  liberani  auctoritatem  et  facuUatem  concedimus  per  presentes;  con- 
Iradictores  quosUbet  &ive  moniales  renilcnies  per  censuras  et  poenas 
ccclesiasticas  ac  alia  opportuna  reraedia  appeUatione  postpo$Ìta  com- 
pesccndo;  invocato  si  opus  fuerit  a  dilecto  ftlio  nobili  viro  Alfoaso 
duce  Ferrarìae  vel  ab  atijs  prout  expedire  cognoveritis  auxìlio  brachi) 
sccularis.  Non  obstantibus...  eie.  Caeterisquc  contrarijs  quibuscunquc, 
Aut  si  dicto  ordini...  eie.  de  indalto  hoiusniodì  raenttoncm.  Datcm 
in  civiute  nostra  Urbevetana  sub  annulo  piscaioris.  Die  .XXlj.  Manti 
.Moxxvui.  poQtiticatus  nostri  anno  quinto. 

Evangelista. 


XXI. 

1528,  27  agosto.   Lamenii  di    Clemente  VII  contro  gli 

autori  del  saccheggio  di  Roma»  e  provvedimenti  contro 

l'eresia. 

[Loc.  cit.  a.  ijaS,  III,  22,  breve  627.] 

Venerabiles  fraires  &c. 

Scimus  fratemitates  vcstras  non  laierc  quanta  ab  impijs  crassa* 
toribus  passa  sii  Apostolica  Sedes  mala,  quantisquc  in  periculis  ver- 
sata fuerit  Christiana  rcligio  ob  temerariam  nonnullorura  impionim 
invasionem,  propterea  quod  cxploratum  habemus  quam  aci^  dolore 
concusse  sint  mentes  vcstrae  et  quisquis  Dcum  pie  ac  Christiane  C0IÌL 
Verum  tandem  respexìt  Deus  ex  alto,  ncque  passus  est  naviculara  suam 
admodum  Huctuantem  ìmpiorum  hominum  fluctibusobruj,  ne  fidesUla, 
prò  qua  Chrisius  oravit  ut  non  deficeret,  capite  orbata  suo  hereticìs 
perculcanda  daretur.  Eripuit  euim  Deus  Ecclestam  suam  nosque 
de  mallgnantium  in  eam  nianibus  restitutaque  est  pontificia  dignitas 
in  pristinum  vigorem  nobisque  et  Sanctc  huìc  Sedi  obedjuni  chri- 
stianissimj  principes  et  populj  omnes,  qui  orthodoxara  ùdem  sc- 
quuntur  ut  antea  consueverunl.  Nos  vero  quod  ab  ipsis  pontìficatu» 
nostrj  iniiijs  procuraviraus,  totis  vìribus  cnitimur,  ut  crudelìa  bella 
christianos  populos  et  miseram  presertim  Italiam  tam  diu  vcxanlia. 
sopiantur  :  et  christiani  principes,  quos  omnes  charissimorum  in 
Chrìsto  filiorura  loco  habemus,  pacis  ac  caritatis  vinculo  uniantur: 
nt  ipsi  cum  populis  suis  domestica  scditione  llberatj  arma  convertant 
in  perfidos  reltgionis  hostcs  vendicentque  a  canum  manibus  sanctls- 
simum  Dominj  nostrj  sepulcrura.  Altera  deìn  cura  nostra  est  ut  vcrus 


n^oc,  Vat.  contro  l'eresia  luterana 


103 


De)  culius,  sicubi  per  incuriam  aut  ob  irrepentes  heretes  omissus  est, 
restiluarur,  clerici  honeste  ac  religiose  vivant  et  tota  denique  chri- 
stianorum  vita  sìt,  ut  esse  dcbet.  Que  omnia  difHcile  consequì  pos» 
sumus  nisi  prius  saeva  bellorum  rabìes  ccsset,  Hcc  igitur  frater* 
nitaitbus  vestris  significata  voluiraus  tum  ut  vos,  qui  hactcnus  ob 
Romane  ecclesie  incomnioda  doluistis,  laetare  possiiis,  intelligcntes 
racliorem  statum  ac  Ubertatem  eius,  quc  comraunis  est  omnium  eccle- 
siarum  mater;  tum  ut  alacrlore  animo  ac  securìorj  niente  bis,  que 
ad  ofiìtium  vestrum  pertinent.  intendere  valeatis.  Estis  cnini  vos  fra- 
trcs  nostrj  in  partem  soUicitudinis  nobìscum  a  Deo  vocaij  prò  heresum 
cxttrpationc,  morura  cmendatione,  divin)  cuhus  augumento.  Vos 
igitur,  ut  cura  Dej  ausìlio  que  prò  universali  bono  agenda  sunt  fa- 
cilius  consequamur,  in  visccribus  caritatìs  hortamur,  ut  publicas  ly- 
tanias  in  ccclesijs  ac  diocesibus  vestris  habcrj  procuretis,  ubj  primum 
immortili  Deo  graite  agantur,  quod  Ecclesiam  suam  de  impiorum  ma- 
nibus  iiberavit,  deinde  orctur  prò  pace  atque  unione  omnium  chri- 
stianorum,  ut  Deus  et  dominus  nostcr  tandem  miscratus  populj  sui 
calamitates  clirisiianìs  principlbus  spiritum  p.icis  immitui.  Vos  deinde, 
rccordaij  quod  sJt  verj  pastoris  offitium,  operam  deiis  ut  herescs,  que 
Domini  grcgem  invadere  ceperunt,  toUantur  et  solita  prudentia  ve&tra 
suppnmantur.  In  cos  qui  ad  cor  ridire  volent  benigni  eritis  et  li- 
beati  animo  veniam  condonabttis:  quos  in  errore  suo  peninaces  re 
perietis,  in  cos  ecclesiastice  ac  secularis  (que  in  tam  sancto  negotio 
minime  defutura  est)  severitatis  ultionem  exercebitis.  Et  quia  renun- 
tiatum  est  nobis  personas  ecclestasticas  etiam  in  arctis  religionis  or- 
dinibus  professas  exìvisse  monasterium  matrimoniaque  laicorum  more 
contraxisse,  que  tanien  urgente  conscicntia,  si  venie  locum  sperarent, 
ad  prtstinum  vivendi  instituiura  rcdirent,  nos  considerantes  Deum  pec- 
catore* quantumcunque  penitentes  ad  se  recipcrc,  fraternitatibus  ve- 
stris et  caruro  singulis  in  Domino  concedimus,  ut  in  suis  queque 
dieccsibus  cum  omnibus  tstis  et  alijs  quandocunque  a  Cristi  fide  apo- 
statanùbus,  si  ad  Ecclesie  gremium  redirc  volucrint,  dispensare  valeatis, 
ut  prinaum  gradum  in  quo  crant  in  omnibus  et  per  omnia  recuperent, 
ei  cosdem  ab  omnibus  censuris  et  penis  absolvere  iniuncta  ad  arbi- 
,  irium  vestrum  penitentia.  Et  quia  oblatj  sunt  nobis  dilectj  filij  frater 
t  Nicolaus  Jacob)  et  frater  Johannis  Severinj  Dacicj  ordinis  minorum, 
[  qui  devotionis  causa  advencrant  et  ut  religioni  viri  ac  ortodoxe  fidei 
zelatores  nos  de  his,  quc  apud  vos  aguntur,  certiores  fecerunt,  oportu- 
num  duximus  eisdem  ad  vos  revtricntibus  litteras  nostras  dare,  ut  et 
vo$  vicissim  de  his,  que  hic  aguntur,  siquidem  ultra  litteras  intelli- 
gcrc  volucritis,  certiores  facere  possint  Quos  vobis  iji  Domino  com- 
mendamus.  Datum  Viterbtj   die  .xxvij.  augusti    1518  anno  quinto. 


104 


*».  Jontana 


XXII. 

1528,    16   dicembre.    Ordine   di   cattura  del    carmelitane 
Giovanni  Battista  Pallavicino. 

[Loc.  cit.  a.  1528,  III,  20,  breve  JO71.] 


Dilecto  filio  inquisitori  herelicae  pravìtatis,  ordinìs  praedicatorum^  in 
ducAtu  Sabaudiae  existenti. 

DUecte  fili  salutem.  Non  sine  animi  nostri  displìcenda  nuper  in- 
tellexinius,  quondam  Jo.  Baptistam  PaHavìcinum  ordtnìs  fratrum  Car- 
melìtaruro  professorera  anno  proximc  elapso  in  civiiate  Brixiensi 
verbum  Dei  populo  predicando  quamplurima  erronea  et  falsa  ac 
scandalosa  publice  recitasse,  nunc  vero  in  oppido  Cherij  ducatus 
Sabaudiae  certas  conclusiones  erroneas  et  falsas  temere  publicare 
presumpsisse  in  gravissìmam  divine  maìestatis  offensam  et  Sanctc 
Romane  Ecclesìe  cun clorura  christifidelium  matris  et  magìstrae  zc 
catholice  et  orthodoxe  fìdej  scandalum  et  Apostolice  Sedis  auctoritatis 
cncrvationem  nec  non  animanim  salutis  pernicìem  et  irreparabile 
detrimentum.  Nos  volentes  talium  adversus  Deum  et  dictae  Sedis 
auctoritatcm  impudentcr  insurgentium,  veluti  catholice  fìdci  inimi- 
corura,  temeritatem  ultricc  iustitia  cohìbcre,  tibi  per  presentes  com- 
mittimus  et  mandamus,  quatenus  si  tibi  etiam  extra  iudictalìtcr  de 
prcrai«;sis,  ettam  dicto  Jo.  non  vocato,  constiterìt,  eundem  Joannem 
Baptistam  auctorìtate  nostra  capi  et  carceribus  manciparì  tacìas 
ìpsuraque,  si  in  premissìs  culpabilem  esse  rcperieris,  poenis,  quibus  de 
iure  veniet  Dunicndus,  punias»  ut  ali)  cius  cxemplo  a  similibus  merito 
^abstinere  discant.  Mandantcs  omnibus  et  stngulis  iudicibusseculartbus, 
ut  tibi  in  premissis  auxiliura  et  favorem  opportunum  prcsient,  non 
obstAniibus  constitutionibus  et  ordinationibus  apostolicis  ac  statutis 
et  consuctudinibus  dictì  ordinis  Carmelitarum  juramenio,  confirraa- 
tione  apostolica  vel  quavis  tirmitate  alia  roboratis,  nec  non  privì- 
legijs  et  ìndultis  apostolicis  dicto  ordini,  ut  ratìonc  criminb  hercsis 
per  alium  quam  per  generalera  eiusdem  ordinis  procedi  non  possìt; 
quibus,  illis  alias  in  suo  robore  permansuris,  quo  ad  hoc  specia* 
liter  et  expresse  derogaraus,  ceterisquc  contrarijs  quibuscunque.  Datum 
Romae  &c.  .xvj.  decembris  1528  anno  6*- 

Bios. 

L.  cardinalis  Sanctorum  4". 


n>ìc.  Vai,  contro  l'eresìa  luterana 


lOJ 


XXIIL 

1529,  1 1  luglio.  Nomina  di  Pietro  Cazzino,  vescovo  di 
Aosta,  a  collettore  degli  spogli  e  delle  decime  nel  du- 
cato di  Savoia,  destinate  a  combattere  la  diffusione 
dell'eresia  dalla  Svizzera  nelle  terre  ducali. 

[Ach.  Vatic.  Archivio  di  Castello,  caps.  i,  n.  283.] 


Oemens  &c.  Ad  futurara  rei  memoriam.  Ad  hoc  Deus  nos  in 
tcrris  pretulit  sucque  mìlitantis  Ecclesie  reciores  et  administratores 
consthuìi,  ut  prò  iniuncto  nobisct  ApostoUcc  Scdis  oOicio  ad  amplianda 
omnium  ecclesiarum  commoda  et  cunctorum  fideliura  ordinjs  pre- 
cipue clericalis  incrementa  felicia  animarumque  saluteni  profligan- 
damquc  et  dclcndara  hereticorum  et  scismaticorum  cecitatcm,  chri- 
stìanam  fidcm  pervertcrenitcntium.sedulo  cogltemus  et  cbristifidelibus, 
ne  iUorum  pestifera  labe  inticiantur,  sed  ab  eorum  versutijs  et  per- 
irersis  conatibus  preserventur,  prout  expedtre  conspìcimus,  de  nostris 
et  prefaie  Ecclesie  thesauris  opportuna  subsidi;i  inipendaraus.  Sane 
cura  sicut  satis  notorium  existit  nephanda  Luthcranorum  hcresis  jara 
dudtttn  per  Romanam  Ecclcsiam  damnatam  in  plerisque  superioris 
Germanie  et  prcsertim  Klvctiorum  partibus  adeo  invaluerit  et  in- 
valeat,  ut  Elvctij  ipsì  huiusraodì  lutherane  hcresis  labe  respersi  ve- 
neoum  suum  in  christifideles  sibì  vicinos  difTundere,  ac  contra  Chri- 
stiana m  tìdem  tenere  et  defendere  volentes  arma  movere  ad  catholicain 
fiidcni  dcssercndara  et  ab  obedicntia  Sedis  Apostolice  recedendo m 
cogcre  et  compellere  moltantur,  et  jam  nonnulla  loca  ejs  vicina  oc- 
cupare tcntaverint  et  nitantur,  in  maximam  divine  maiestatis  offensam 
flc  fidelium  corumdem  pemicicm  et  jacturara,  ac  preterea  eccleslarura 
locorum  vicinorura  huiusraodì  prelati  sentientes  se  eorum  furori 
absquc  nostro  et  Sedis  Apostolice  Consilio  et  auxilio  resistere  et  ìra- 
petus  cohercerc  non  posse,  per  specialcs  nuncios  super  hoc  ad  nos 
et  Sedera  candem  destinatos  grave  periculum  inde  cìs  et  Christiane 
religioni  imminens  nobis  ea,  qua  decuit,  reverentia  et  devotione  expo- 
suerunt,  ac  sibi  a  nobis  et  dieta  Sede  de  opportuno  subsidio  provi- 
dcri  humiliter  postularunt.  Nos  quj  jam  fructuum  ecclesiarum  deciraas 
prò  subsidio  carissimi  In  Cliristo  filij  Ferdinandi  nostri  Hungarie  regis 
illustris,  qui  a  Turcharum  tyranno  gravissimo  bello  preraitur,  imponere 
disposucramus,  auditis  nuncijs  prcfatis,  huic  nepharie  heresi,  ne  ulterius 


use  &  ^mLSLz 


ierTiic  ^  .-lUTnnm  5aarjiK.ir  iliusouii  àecriiares  e£  tfcrLnBagicas 
lesonui  nn'w-jL  nnm  aiunrr  luo  pcssunrus  ngnfcrc  cc-iirsete  cn- 
TÌenus.  Traila  rcs:  ì-uitiìe.  pimir  ioiilstES  rerme»  insiis  Rotnise 
Scciirfie  i-^r-int,  -uiTv^zct^niiinx  inriinus.  ^iecmas  liiiiasaio^  meoìoa 
lUBcmaue  «pcui  dcrrcuram  ^uiosoue  ^rauiis  iigmcaxzs  cnnms  et 
miùicum^  scsosmiun.  ^;un  sKTnrmram.  mibis  s  Cimerà  oosoe 
incsoaiics.  — lam  7«r  deruamm  otàmtaanm  aicisBorea  vei  Sloram 
Kioerruns  le  ^jnsugriùimì  ima  mma  jsanr.aii2iie  sbi  ieccrf  pce- 
xsso.  5;?«-.::=.nni.  it  jue  rnia.  jTtnniunt  spesrsre  juicuil,  prò  sub- 
sàia  cv^anira  rtirsrxni  s  loiirmom  jìut:  tnL-im^,  ,m-rf«t  F  t!iTi^yLini< 
Trescnam  il"«::s  -^^inimun.  ac^cr^us  ^sraiem  lomerxnos  aanrertere 
iotuimus  ^t  JKcsmmus.  ??acitai  itacue  aarer  iis  cum  veaeraóiEccs 
±3xrtbus  3uscrr:>  ^usùcnt  5.uxt::e  KomuiK  Hcdeàe  czncnaiunis  sa- 
3ira  iiiiibìsradunc  «t  ie  ^Jnun  cmi:r«nsu  dt  2^  osrtx  aiat:A  tciifrtia 
s  in  iTcrsrjucs  TOtestacs  TJgctmimt^  jmnia  ;£  àn^^xia.  ?pa&a  pre- 
iicn.  Si.  3Jto  iucatu  Saeauuic  ^r  mcdam  <^  ìomieùiittn  dominio 
rerrmronii  ailc-.n  ilii  aacrlis  -:rr  Cjtoìì  iAcaiime  iucs  san  altra 
luam  irtrt  -nenie::  juaemaue  ndcne  "^  ^-tn^a.  ie  tire  ^rel  arnsise^ 
niufmu  ierrici  x  nóm  ^tsmium  ?Tux:me  nimiont  iebentia.  ic  là  mas 
•s.  Cimenin  ^imien  ^ucnnocaiib'ct  spccancii.  4ucamque  i^uutamqne 
■»  juaiiacmuue  rau-^nt  .a  ani  ntc^sarum  jpus  JetscJmris  itversas 
iascem  7err:w:ijs  Lju:eranvjs  -ic  ^on  n  iiic^  osus  canvertenòa,  jnctD- 
-Ulte  :rc'5rai:j::  :_-:i:r^  r'-si^ii^iruin  -icrurzimui.  Et  xdiilonifaus  iuas 
-ntEir"L:  ^w-::n::s  j:::::.'^:n  .t  j;n;C"--r'^:n  ru^tu^ni.  :«duiraiini  et  pro- 
-inr^iuni  .■:.ies;j_~c:-.r^:n.  ìl-  :ir»:!----:s  ,:  -;::ì:uììs  n  iui::itu  et  io 
'n:n::<  Ttr^i^trs  .;c  5-.i.:j-^r'^nt  _:  '■!  .-v.riitcrrTir:  -.nordiicnum  mar- 
:n:OT:..::l.'Ui-  -r.-^on  :.':r::u,r^  *..:«:?!:>:  -.\:>cx:ì:u>us  jcciinwiura  veroni 
;i.-r::Ti  .nnuu:::  -.11^7^:11  :  :-:>\;^cu:-::u=  :u.:"tcrai:lru<  etrom  aie- 
Trrrc.;:u.n:s  it  iviLjr^^ti  i.J>c.;^.  :--:i.^ -.i   IL^ruin^uc  ^pituiìs,  aeczon 

.■c:ius  :j:l^ir:-  :/::^-ri^  :::.-:: :>'_i  .■•ei:-^  :>.::>  -:  ■•cr^^nis  ^c;deb;ast:cis 
:ecui.a"r:i  ^:  :r;:ir!\::T:  ^-Jrirttw-:::.:-.-  :i:n  trcrum  auara  nuiicmn. 
rcani  -r.cn^:^::::::.::::,  ^\  T-v-lci;--;  •r:  .iiii  :"rt'js  -ciiiitus  .lacentium, 
:r::irum.  -TT:er-.:vi;::r.  :cir'.:;:ii:?  ^0::^^  "o'-^niS  '-fieroboumitani.  resfu- 
anb  :;.  .M^rr.rus  .t  "icn  :xe-r.rt:<.  •:us:r->  :xL:sii:oai  a  iucacu  io 
Timvs  -nixc:!:jn-d::l-us  .t  :-j':: ■::::•.;  .r-e'-iv::^  rafcntcs  .;t  percipientes» 
ic  .r.ira.  "•r*j':e:::e:r.  .t  ?rox:!j  u:'w.ru:!i  :::::oi  àumaxac  habituris 
!t  •?^;rcj:-':ur>-.  ;u:-.iscu::aue  ii4»!ua::s  ^tu.:u<  JC'-j.dus  jraitMs  con»ii- 
-:rr:-ì  -e:  "-cc:nnc::::s  uerii::  ,'.  ^u^oarciic  jfrj.m  ^ontir.dij  pretìii- 
z:.\nx.  li^T'  ::::-*.  :uil'us  .u:  aiiwu:  jurum  luila.  --Tivrlciara.  :?cr  St>ùem. 
-VDOstclwiir:  l..'  lujicunau;;  •■•crwp.:it:  :"o:Tnu.  "ei  ixrrcssione  -Uis 
:oncc3sa  rt  interim  -once^ienùa,  4Uoaà  acc,  nmlatenus  volumus  sui" 


^oc.   Vat,  contro  Veresia  luterana 


107 


iragarj,  personis  venerabillum  fratrum  nostrorum  Sancte  Romane  Ec- 
clesie cardìnalium  duntaxat   exceptìs,   in  tcrminis  et  locis  congruìs 
per  infrtscripiutn   coUectorera  aui  ab  [eo]  facultatem  habcmes  sta- 
tucndis  et  declarandis  cxsoivcndas  etsimilitcr  In  opusdefensionìs  huius- 
roodi  exponendas  auctoritate  et  tenore  predictis  imponìnius.  Et  t\\- 
chilominus  sperantes,  quod  vcnerabilis  frater  nostcr  Petrus  episcopus 
Augustcnsis  ea,  que  sibi  committenda  duxerimus,  solicitc»  fideliter  et 
prudenter  et  dilìgenter  excquctur,  omnes  et  singulos  nostra  seu  qua- 
,  ctinquc  alia  auctoritate  hactenus  ia  ducatu  dominijs  raarchionsitìbus 
,  et  comttatu   predictis  dcputatos    collectores  exactorcs   ac  omnes  et 
;  singulos  commissarios  super  huiusmodi  coUectoris  officio  eis  aucto- 
'  rìtaic  predicta  et  ex  certa  scìentia  revocando    et    ab   eorum   officijs 
i  realiter  amovendo,  eumdem  Petrum  episcopum,  qucm  per  nostras  alias 
iìRcras  prò  cxpedìtione  contra   jpsos  Lutheranos  ibidem  cxcquenda 
\  nostrum  et  diete  Sedis  nuncium  depuiaviraus,  ctìam  spoUorum  et  de- 
I  cimATum  prcdictorum  coUectorem  et  exactorem  cisdem  auctoritate 
et  tenore  constituirous  et  deputamus  ac  eidem  Petro  episcopo   per 
se  vcl  aliura  seu  alìos,  clericos  dumtaxat  fide  facultatibus  ydoneos» 
in  ducatu  Sabaudie  et  comìtatu  Astense,  in  marchionalibus  vero  pre- 
dictis per  ipsum  Petrum  episcopum  deputandos,  dìlectis  tamen  filijs 
moderois  dictorum   marchionatum  marchionibus  gratos  et  acceptos, 
nostro  et  diete  Camere  nostre  ac  quibuscunque  cnpitulis  collegijs 
ooQventibas  ecdcsiarum  et  monasieriorum  quorumlibet  alijsque  ec- 
.  clc5ÌasticÌs  sccularibus  et  regularibus  exemptis  ordinum  quorumcunque, 
*  ettani  laycalibus  personis,  necnon  a  nobilibus  coramunitatibus,  uni- 
vcrsiutibus  civiiatum,  oppidorum,  terrarum,  villarum  et  aliorum  lo- 
corum  omnia  et  singula  spolìa  predicta  ab  tUorum  dcbìtoribus  com> 
munibus  et    privatis,   privilegijs  duntaxat  exceptis,  necnon  decimas 
huiusmodi  ab  eisdem  ecclesijs,  monasterijs,  priorati  bus,  conventibus, 
collcgiis,  congregaiionibus,  beneficijs  et  personis,  ad  illas  solvendas, 
I  ut  premittitur,  asirictis,  in  diciis  marchionatibus  per  supradictos  de- 
I  putandos  petendj,  exigendj,  perctpicndj  et  collegendj  necnon  debito 
[  et  personis   prefatis  tam  in   genere  quam   nominati m  et  in  specie, 
spolu  et  decimas   huiusmodi   pcrsolvam  ac  de  illis   satisfaciant  sub 
excomniunìcationis   late  seotentie   in  singulos  ctìam  capitularcs  col- 
ilcgiorum  huiusmodj  personas,  et  privattonis  bencficiorum  ecdesiastì- 
[coruni   per  eos  tunc  obtentorum,  et  alijs,  de  quibus  sibi  videbitur, 
Ipenis  etiam  pecuniarijs  mandandj  et  termìnum  ad  hoc  prefigcndi  et 
i  prerìzum  semel  vel  plures  quoticns  sibi  videbitur  prorogandj  et  prò 
huiusmodi    spoliorum  ed  decimarum   faciliori  exaciione    unam  vcl 
piures  et  tot,  quot  sibi  videbitur,  subcollectores   sub   pari,  qua  ipse 
episcopus  per  presentes  utitur,  facuhate  fungantur,  deputandj    Cam 


toi^  "SL  FmtBia 


^nmi'tKT  ^tcLir  -Tcmùmifmv  iesucoxzs  jinuweaiQ'  £c  jjBx  eanxm  loco 
3i,*<:«pns  wcc<n»  «s  •''intattur..  sncrxìpsxm,  ^isamr  scìEi  e  òeàmu 
houxTtvna  sÀ.''«:i  -Tsceames  -ni  jilìgjemg  :-:  fftsitsr  t^ttr  coo- 
:r«iv^jflx>-  wcsiibxX  4:t  ic  aui?'mmr  ivrsuuitsms  -^^  ganraodolìbct 
imnNivKv^  -tirivtK  -«^  mànsru  icr  .agsirnTr  y-'zftet^aScjin  et 
*!*  ur>  ^ttvitu  nrs^irama»  mazuniuE  innelamjae  7os:posiia, 
v-^«m«v><vn*:.   jcnrr  *t.sca  ai  ii'xi  s   nncr  -ùcn;.  nrT'!:ir  "mcchq 

mi!r'v■.■.:^*Tr>  ^^nirn:?-  ui::?VMu  :.-:sts5irr>  «-lers.  nias  dira  rccasEotie 

*»ì.     •    -vn->»>>-  ,•    ,-ri^  -i    »JS-i.rr»  -cu.  xiunmrwLiiiìre:  ;nr*i"-T»« 

1    -X  n\-vj<v.-x  rr,r,rju>i5».  c"-r"c::nr>^».  c:aksr">-  -J li^aprajgf^^t. 


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*2)oc.   Vat.  contro  Feresia  iittevcììia 


109 


scopi  ^u^  altcrius  prebtj  eccleskstlcj  munito  cadcm  prorsus  fides 
adha)eatur  In  iudicìo  et  extra,  que  adhiberctur  originalibus  litteris,  si 
esscnt  cxibite  vel  estense.  Nulli  &c.  Nostrj  statutj,  decretj,  depuu- 
tionis,  impositionis,  constitutionis,  concessìonis,  derogationis  et  vo- 
lumatis  infringerc  &c.  Si  quis  &c.  Datura  Rome  apud  sanctum 
Peiram  anno  &c.  1529.  Pontitìcaius  nostri  anno  sexto  (i). 


XXIV. 

1529,  12  dicembre.  Al  vescovo  di  Aosta  ounzio  in  Savoia 
perchè  esamini  la  lista  dei  sospetti  data  dal  carmeli- 
tano G.  B.  Paiiavicino,  e  lo  interroghi  con  giuramento. 

[Loc  cit.  a.  MDXXix,  III,  25,  breve  224.] 

Episcopo  Augustcnsi  in  ducatu  Sabaudie  nostro 
et  ApostoUcae  Sedis  nuocio 

Venerabilis   frater  &c.   Notam  nonnullorum,  qui   de    luthcrana 

[  heresi  affccti  esse  dicuntur,  recepiraus,  quam  tibi  a  dilccto  filio  Jo.  Ba- 

JPalaviciuo  ordinìs   S.  Mariae  de   Monte  Carmelo  professore 

scripsisti  ;  verum  quia  ea  talis  non  est,  ut  legitime  pos- 

sint  in  ea  nominatos  tanquam  hercticj  luthcranj  et  tanquam  suspecti 

ad  purgationem  et  emcndationem  cogi,  volumus  et  ita  tibi  in  virtute 

[  sa.nctae  obedientiae  mandamus,  ut  dictum  Palavicinum  ad  te  evoces 

et,  recepto  ab  co  ut  tieri  solet  iuraraento,  ipsum  super  suspicione  erga 

nomiiiatos  in  dieta  nota  diligenter  examines  et   de  omnibus  neces- 

sarijs  cìrcumstantijs  interroges  itemque  cum  alìis  facias,  si  quos  prae- 

fatus  Jo.  Bap.'*  Palavicinus  aut  aliquis  alius  tanquam  de  pracmissis 

kinforraatus  tibi  noniinaverit,  eorumque  dieta  per   aliquem  fidum  no- 

Itarìura  scerete  in  publica  documenta  redacta  ad  nos  niittas;  nos  enim 

tibi  super  praemissis  etiam  extra  iudicialiter  procedendo  concedimus 

IfacuUatcra,  Non  obstantibus  bo.  me.  Bonifacij  papac  Vili  de  una  et 

[de  duabus  dietis  in  Consilio  general)  editis  constìtutionibus  et  ordi- 

oatìonibus  cetcrisquc  cootrarijs  quibuscunque.  Datum   Bononie  &c. 

lie  24  deccmbris  1529  anno  7."** 

Evangelista. 


(i)  VtfQfnto  nell'jrcUvio  41  Tomo  poru  U  lUu  dell'i i  di  tgoito  IS19. 


no 


'B.  Jontana 


XXV. 

1529,  24  dicembre.  Al    duca   di  Savoia,  perchè  non  swi 
permesso  agli  ignoranti  o  maliziosi   di  predicare  nel 
suo  ducato,  e  per  informarlo  delle  istruzioni  date  intorno 
a  ciò  ai  vescovi. 

[Loc,  cit.  breve  241.] 


Duci  Sabaudiae. 

Dilecic  fili  saloiem  &c.  Volemes  periculis,  quae  fideles  populi  ob 
concionatonim  sive  praedicatorum  ignorantiam  aut  nialitìam  saepe 
incurrunt,  occurrere,  scribimus  ad  nonnullos  episcopos  in  domìnio  j 
temporali  tuo  existentes,  ut  nullis  in  civitatibus  aut  diocesibus  eoruml 
absque  ipsorum  licentìa,  in  scriptis  habìta  et  in  loco  ubi  concioDandum] 
aut  praedicandum  erit  publicata,  concionari  aut  praedicarc  pcrmìttant] 
mandamusque  sub  interdicti  et  ccteris  penis  dilcctis  filiìs  popuUsi 
dictarum  civitatura  et  diocesum  ac  ipsorum  particularibus  persona 
ne  concionatores  aut  praedicatores  alìquos,  nisi  prius  liccntiam  ad  i4 
ab  tpsis  episcopis  humiliter  ostenderint,  quomodolibet  audjant.  Lice 
autem  speramus  populos  ipsos,  uipote  cathoUcos  et  sub  dìscipCiwI 
tua  agentes,  mandatis  nostrìs  huiusmodì  obtemperaturos;  quia  tamen 
non  desunt  in  populis  alìquando,  qui  eos  seduccntes  a  via  rccta  di- 
vertunt,  te,  cuius  erga  hanc  Sanctam  Sedem  devotìonem  et  reve-fl 
verentiara  corapertissimam  habemus,  rogaraus  atque  in  Domino  hor- 
tamur,  ut  populos  praedirtos,  si  forte  ab  alìquo  scandaloso  seducti  in 
obediendo  mandatis  nostris  huiusmodi  renitentes  aut  negligentcaJ 
fuerint,  ut  fidelem  prlncipem  decet,  ad  id  tuo  bracino  cogas  et  coni* 
pcllas  talemque  te  circa  hoc  exibeas,  qualera  tua  et  maiorum  tuorufi 
gesta  nobis  pollicentur,  in  quo  quidcm  a  Deo  premium  et  a  nobis^ 
commendationem  et  laudem  non  parvara  reportabis  Datura  &c.  Bo- 
nonie  die  24  decembris  1529  anno  7.° 

Evangelista. 


'Doc.   Vat,  contro  l'eresia  luterana 


1  lì 


XXVI. 


I5?0»  9  maggio.  Al  vescovo  Teatino  per  esortarlo  n  pro- 

k  seguire  alacremente  il  processo,  affidatogli  dal  nunzio 
di  Venezia,  contro  Gerolamo  Galateo,  reo  di  aver  dif- 
fuso Teresia  luterana  in  Padova. 


[Archw.  Apost.  della  S.  Sede,  Qem.   VII  bm'.  min. 
a.  MDXXX,  I,  breve  196,] 

Venerabili  fratri  Jo.  Petra  episcopo  Theatino. 


Vencrabilìs  frater  salutcm.   Ex  litteris  nostri  Venetijs  nuntij,  qui 

assidua  Dobis  testimonia  luae  in  nos  observantiae  perhibere  non  cessai, 

I  intellcxinius  commisisse  eum  fratemitati  tuae  causam  contra  iniqui- 

fìlium  Hieronimura  Galatheum,  qui  Patavij  venona  luthcranae 

sjs  publkc  privaiiraque  ausus  difFundcrc,  cura  et  mandato  ipsius 

noeti),   senatus  veneti   pietate  ac   favore  detcntus    sit.    Quod    dicti 

nunti)  de  tuae  fraternitatis  electione  iudtcium  nobis  valde  probatum 

I  et  acccptum  fuit.  Non  enim  plus  ulli  alteri  quam  ipsj  luae  fraternitaii 

I  cura  in  hac  re  tum  in  ceteris,  honorem  Dei  et  huius  Sanctae  Sedis 

>  conccmeniibus,   confidere  debemus,  sive  probitatem  ci  relligìoncm 

1  tuam  «ivo  doctrinam  et   nostri  amorem  pcrpendimus.  Itaque  fraier- 

nitatcm  luam  de  hac  cognitione  per  te  alacriier,  sicut  idem  nuntius 

[  scrìbit,  suscepia  plurimum  in  Domino  coramendantes,  illam  hortamur 

I  (quod  quidcm   officiose  potius   quam  necessario  nos  facere  scìmus) 

»  ut  in  rem  Deo  tam  gratam  animabusque  salutarem  studiose  iucumbas, 

ulquc  nos  prò  tua  pictate  et  in  nos  bcnivolentia  commoneas,  si 

in  hoc  commonendos  existimes,  ad  remedia  huic   malo  salu- 

[hriler  conquìrenda.  Sumus  entm  ea  maxime  probaturi  ac  secuturi,  quc 

I  tu  tali  vir  prudentia  et  probitate  nobis  lui  amantissìrais  memoravcris. 

J  Laboramus  siquidcm  sumraeque  optamus,  nostro  non  solum  officio 

seJ  in    ducem  et  senatum  venetum  paterno  peculiarique  amore,  ut 

istud  inclv*tum  et  scniper  orthodoxum  Dom  nìum  in  sincera  Dei  rei- 

f  ligicnc  conservetur. 

Datura  Rome  &c.  Die  .vini,  may  1530  anno  7." 

Bios. 


*B.  fontana 


XXVII. 

1530,  20  agosto.  Ordine  di  chiamare  al  dovere  il  dome- 
nicano Battista  di  Crema,  che  uscito  dal  convento, 
predicando  pericolose  no  viti  a  Guastalla. 

[Arch.  sccr.  Vaiic.  CUm,  VII  brev.  min. 
a.  MDXXX,  V,  31,  breve  359.] 


Dìlecto  fìlio  vicario  generali  ordinis  Praedicatoruro 
congregationis  Lombardiae. 

Dilecte  fili  salutem  et  apostolicam  benedìctionem.  Ad  aura 
stras  non  sine  molestia  nostra  pervenii,  quendara  fratrem  Baptist 
de  Crema  ordinis  praedicatorum  tuae  congregationis  Lorabardiae  se 
se  in  oppido  GuasialLic  Mantuanae  sive  Parmeo<ùs  diocesis  reci- 
pientem,  sub  pretextu  quamndam  Httcrarum  io  forma  brevis  a  nobis 
extortarum,  sive  ab  officio  sacrae  nostrae  penitentiariae  obtcntaru 
extra  domos  dicti  ordinis  manentcm  ab  obedientia  tua  se  subtraxis: 
etnovam  quandam  doctrinam  pcriculo  hercsiae  et  perturbationis  prai 
dicare.  Quibus  rebus,  prò  nostro  et  nobis  a  Domino  commìsso  pastora] 
officio,  occurrere  volentes,  libi  in  virtute  sancue  obedientiac  cororait- 
timus  et  mandamus.ut,  acceptis  praesentibus,  pracdictum  fratrem  Baplì- 
stara,  sub  penìs,  de  quibus  tibi  videbiiur,  ad  regularis  obscnantiae  habita- 
tionem  et  obcdieniìam  voces  et  reducas  et  manere  corapellas;  et  si  eum 
deliquisse  compereris,  eundem  per  te  sive  per  alios  cui  coraraiseri; 
punias  sive  puniri  facias,  prout  illius  delieta  exegerint:  dictum  Bapi 
stam  et  alios  contradictores  vel  ei  faventes  per  censuras  ecclesi 
sticas  et  alia  opportuna  juris  remedia  apellatione  postposita  co 
pescendo.  invocato  etiam,  si  opus  fuerii,  ausilio  brachi)  secularis 
Super  quibus  omnibus  et  singuHs  plc-nam  et  liberam  tibi  facultatera 
concedimus,  quibusvis  litteris  in  forma  brevis  a  nobis  sive  alijs  per 
officium  poenitcntiariae  huiusmodi  obtentis,  quarum  etiam  si  in  illis 
caveretur  expresse,  quod  nisi  sub  certis  inibi  cxpressis  modìs  et  forrats 
Ulis  dcrogari  et  aut  illac  recusari  non  possint,  tcnores  illarum  prò 
expressis  Kabentes,  motu  proprio  cassamus  et  annullamus,  et  irritai 
et  inanes  rcddimus,  caeterisque  conirarljs  non  obstantibus  quibu*- 
cunque.  Datura  Rome  &c.  die  20  augusti  1530  anno  7.° 


1 

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The.  Vat,  contro  l'eresia  luterana 


113 


XXVIIL 

^5ÌU  19  g'Ugno,  Ordine  al  nunzio  di  far  prendere  e  col- 
r intervento  dell'inquisitore  Martino  da  Treviso  pro- 
cessare fra  Banoloraco,  minore  conventuale  in  Venezia, 
accusato  di  eresia. 

[Arch.  secr.  Vàtic.  Ctem.   HI  brevia  per  totum  annum  .MDXX.XI. 
•par.  VI,  voi.  37,  epist,  33J.] 

Nuntìo  VeDetiarum. 

Ven."«  firatcr.  Audilis  per  nos  quibusdaro  gravJbus  et  enormibus 
exccssibus  contra  orlhodoxam  fidcm  Deique  et  Sanctc  Ecclesie  of- 
fcnstonibus  per  fiUum  perdltionis  fratrem  Bartholomeuni  ordinis  rai- 
norum  Convcntualium  Venetiìs  conimorantem,  ea  fors.in  fiducia  per- 
pctratis,  quod  se  a  suis  supcrioribus  auctoritate  apostolica  exemptum 
pretenderei,  nos  etsi  novimus  hec  ad  officiutn  tue  fraternilatis  etiam 
sinc  olla  nostra  monitìone  pcrtinere  et  ab  ea  suum  oflicìum,  qui- 
cunquc  postea  exìtus  subsequantur,  impigrc  perngi  deberc,  tamcn  tuam 
fratcmiiatcm  excitantes  ei  mandamus,  ut  cundem  fratrem  Bariholo- 
rocum  dcxteritaie  et  celeritate  oportunis  in  hoc  adhibitis  honeste 
cotnprehendi  facias  deindeque  cum  interventu  dilecti  fìHj  raagistri 
Martin)  de  Tarvisio  inquisitoris  istic  heretice  pravitatis»  qui  eiusdem 
ordini*  minorum  Conventualium  est  professor  et  de  cuius  insigni 
ptetate  doctrina  et  constantia  in  dies  ea  audimus,  que  volumus, 
contra  eundem  Bartholomeum  super  criminibus  heresim  sapientibus 
[de  quibus]  istic  latius  inforinaberìs,  prout  de  jure  fuerit  faciendum, 
diligenter  inquìras,  eumque  juxia  canoni cas  sanctiones  punias  vel 
ibsolvas.  Non  obstantibus  premissis  ac  quibusvis  litteris  sub  plumbo 
vel  in  forma  brevium  a[b]  hac  penlientiaria  nostra  per  eundem 
tOTsan  obtentis,  etiam  si  per  illas  a  suis  superioribus  exemptus  fuerit, 
cum  se  diciis  litteris  et  orani  huius  S."  Sedis  gratia  ìndignum  red- 
diderit,  ccterisquc  contrari) s  quibuscunque. 

Datum  Rome  .xix.  iunìi  1531  anno  .viii". 

Blosius. 


Arckhio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XV. 


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aKvcic   ^cii?  5.  -al'nzcawm.-  ìì  cacrca»)  e  richiamo 

'.'^-:.  -vj-    ~  orw.  ,"*-.'«.    'T  -^r    vol  ^-rr.  aé.  ìerre  loi(i).] 

r^ivj^-v    r'.'i,'   jvnr~u\    maisCTt   -cs^ar^  ^sss^ie  sàÈscns,  pro- 

■  .r.,:.;.l'v>   ^-   Ci-r.'-sr^  rrjssiat   inaionnr  as  JtagtA_ia  nnn- 

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^oc.  Vat,  contro  Veresìa  luterana 


"5 


faci,  failgati  atque  sue  professionis  imtnemores,  exemptiones  ab 
ordinarììs  superioribus  ipsius  ordlnis  sibJ  obtinere  procurant,  et  ut 
liberius  absque  correctore  vivere  valeant,  seipsos  ordinariis  diocesanis 
sive  roagistro  et  superiori  fratrum  Convcntualium  immediate  subiiciunt; 
et  licet  subrepticie  se  ab  ordine  exemcrint,  tamen  habitum  de  diete 
ordine  reportare,  ac  ìUius  privilegiis  et  immunitatibus  se  prolegi  et 
defcnsari  volunt;  ac  cura  illis  Dei  et  religionis  honore  postergatis 
almam  Urbem  nostram  et  extra  eam  soli  peragrare  et  discurrere,  ac 
tabemas  et  alia  loca  viris  religìosis  mìnus  congrucntia  requirere  et 
ìtihabitare  non  erubescunt,  in  grande  dedecus  et  opprobrium  religionis 
et  ordinis  sacerdotalis  ac  eorummet,  qui  a  votis  solcmniter  emissis 
nulla  cogente  necessitate  resìliunt,  in  anìmarura  pemicicm  necnon 
obscrvantie  huiusmodi  fratrura  regulateque  in  suis  conventibus  sub 
obser\*antia  regulari  viveniìum  preìudicium.  Et  cum  tales  fugitivi  qui- 
busdatn  falsis  et  subrepticiis  impetrationìbus,  a  nobis  sivc  a  peni- 
tentiaria  nostra  extortis,  protecti,  ordinaria  religionis  disciplina  pro- 
hibrri  ncqueam;  maxime  cum  diete  curie  oflicìales,  quamvis  de 
contrario  informati,  huiusmodi  impetratas  concessiones  defendere,  et 
impetrati onibus  favere  quantum  in  ipsis  est  niiuntur,  et  nulli  iudices 
ordinari]  diete  curie,  seu  alii  cxecutorcs  iusticie,  cum  ad  illos  prò 
auxilio  opportuno  reclaraatur,  quamvis  corani  illis  litere  fé.  re.  Sixti  IV, 
Innocentii  Vili,  Alexandri  VI,  Julii  II,  I.eonis  X,  romanorum  pon- 
tifìcum  predcccssorum  nosirorum  in  forma  brevis  edite  et  contra 
siniiles  insoleniias  multipliciter  impetrate  producantur»  asserentes  se 
cum  cardinalibus  et  prelatis  ac  aliis  otRcialibus  curie  huiusmodi  vel 
aitcrius  ordinarii  contendere  nolle,  fratribus  dicti  ordinis  in  iuris 
subsidium  ad  compescendum  talìum  insolentias  fugitivorura  et  or> 
dinis  salmarem  disciplinam  declinantium  assistere  velint;  unde  plu- 
rimi ex  dcTectu  castigationis  talium  exemplo  allecti,  hanc  viara  sic 
apcrtam  intrepidi  ingredi  presumunt;  sicque  religio  in  sanctitate 
iusdtia  disstpatur  et  ruit,  non  sine  populorum  scandalo  et  universa- 
libus  ecclesie  preiudicio.  Nos  huius  abusus  errores  et  cxccssus  submO' 
vere  ac  super  hiis,  ne  deteriora  parturiant,  congruentibus  remediis 
obviare  volentes,  motu  proprio  et  ex  certa  nostra  scicntia  ordinamus, 
quod  dccctero  perpetuis  futuris  temporibus  fraires  predicti,  cgritudinis 
aut  subveniendì  parentum  inopie  sìve  quavis  alia  OLCasionc  vel  causa, 
Tt$pectactÌ3mstudiÌ3utdispens.itionis  ad  obtitiendum  benencium  huius- 
modi nostra  seu  quavis  alia  auctorìtate  sibl  concesse,  n=M  beneficium 
ipsum  fuerint  canonice  actu  assecuti,  sive  familiariiatibu^  alicuius  ex 
dict^s  cardinalibus,  preterquam  si  actu  continui  nostri  contmensaies 
fuerint.extra  predicium  ordincm  vestrum  preterquam  vel  AbsquclJcentia 
ti  mandato  vcstro  respectivo  et,  ilio  durante,  ctiam  de  Ucentia  Scdis  Apo- 


ìi6 


*B.  fontana 


stolice,  etiam  preteittu  quarumque  facultatum  indultorum  et  ali. 
literarum  apostoltcarum,  quìbusvis  UDÌversìtatibus  concessarum,  sii 
cooscniiu  vcstro  commorari  non  possint;  in  aliis  vero  se  profeision 
nuoquam  aut  infra  pubcrtatis  annos  ve!  per  vim  aut  roetum 
asserentibus,  rei  uni  ìmpie  occorrere  cupientcs,  cum  commissioni 
ìlle  false  impetrate  sint  ac,  etiam  si  bene  reaeque  impetrate 
in  foro  conscientie   dumtaxat   non   in   foro  contentioso  nec    cobi 
religionis  iura,  consuetudines  aut  voluntaiem  valerent,  vobis  m  vi 
sancte  obediemie   mandaraus,  ut  fraires  ordinis  vestri,  cu 
conditionis  sint,  qui  ab  obeJientia  exìerint   aut  habitura    i      _        i 
hactcnus  aut  in  posterum  exiturì  rclicturive  sint,  quacumquc  <aui 
rilate  ìd  fecerim,  nis»  arctiorem  regukra,  ubi  actu  observaiiter  vìvani 
transierint,  etiam  vigore  nostrarum  et  aliarum  literarum  apostolìcarui 
seu  de  pcnitentiaria  nostra  aut   quibusvis  supplicationibus  nobis  ai 
Romanis  pontificibus  prò  tempore  esistenti  aut  exisicntìbus,  presea< 
tibus  aut  presente  mandante  signatis,  eos  ad  ordincm  et  ordinis  }( 
revocetis,  bulias  autTeratis,  habitum  sacrilege  relictura  sumere,  imi. 
peniterc,  divino  cultuì  et  proprie  saluti  vacare  cogatis,  Accito  etia 
si  opus  sit,  auxilio  brachi!  secularis;  decemenies  motu  proprio  et 
certa  scientia,  ut  fratres,  qui  ab  ordine  recesserlm   aut   tmposicrui 
quoquomodo  exierint  aut  habitum   reliquerint   rclicturive   sint, 
post  mandatum  vestrum  infra  dies  ocio  mandato  proprio  ad  ob< 
dientiam    rcdicrint,  habitumque  perpetuo  gestaotes  reassumpserint» 
excomunicatìonis  late  sententie   penas   incurrant,  a  qua   ab^olvi  nisi 
a  oobis  aut  Romano  prò  tempore  existcntc  pontifico  aut  morte  in- 
terveniente non  possint.  Ac  volumus  et  decrevimus  penam  eamdcm 
subire  eos  omnes,  qui  hiis  auxilium,  consilium  vel  favorera  prcstite- 
rint,  volentes  eadem  auctoritate  et  scientia  omnia  et  singola  apostoli 
rescrìpta  ac  literas  sub  plumbo  nec  non  in  forma  brevis  sub  annuii 
piscatoris  ve!  a  pcnitentiaria  quibusvis  ordinis  et  observantie  prcdicti 
rum  profcssoribus  super  excmptione  ab   ordìnariis  superorìbus  ipsii 
ordinis  et  aliis  premissis  quomodolibet,  nec  non  prò  inchoanda  novi 
secta  scu  novo  modo  vivendi  sub  altcrius,  quara  sub  tui  et  prò  tem- 
pore cxistentis  dicti  ordinis  generalis  ministri  et  provincialium  mi- 
ntstrorum  obedientia,  aut  prò  crigendis  novis  congregationibus  sei 
domibos  preter  et  contra   tuam  voluntatem   aut  tui  vice  ministri  et 
comrrìissariì  generales,  quomoJahbet  concessa  et  concessas,  quorum 
tenores  prcscotibus  habcri  volumus  prò  expressis,  tenore  presentium 
revocamus,  cassamus,  irritaraus  et  annullamus,  nuUiusque  roboris  vel 
tnomenti  cxistere  ac  tamquam  per  falsi  suggestionerà  et  veri  supprcs- 
sionem  extorta  prò  non  concessis,  ac  si  nunquam  concessa  fuìssent^ 
liaib.:ri  nec  in  aliquo  suffragari  debere  decemimus»  districtius 


n 


I 


^Boc,  VaU  contro  l'eresia  luterana  117 


beotes   in   virtute  sancte  obedientie   libi   et   prò   tempore   esistenti 
mtoistro  provinciali,  ne  novas  sectas  in  dicto  ordine  introduci,  nec 
ìllius  fratres  alio  novo  ooniine.  quamquod  bcatus  Franciscus  ab  Apo- 
stolica Stdt  sibi  dar»  et  concedi  obtinuit,  nominari  pennitus    Cetc- 
TUvTt   cadcm    auaoritate,   motu    et   sctcntia    simUibus  statuinnis   et 
orditumus,  quod  in  quìbuscumquc  litcris  ad  ipsoruni  fratrum  fugitì- 
vorum  instanti»  sivc  sub  annulo  piscatoris  sive  sub  plumbo  vcl  per 
penltcntiariam  super  premìssorum   alìquo    etìara   in   quibusvis  sup- 
pljcaiìonibus  nobìs  aut  Romano  pontifice  prò  tempore  existente  aut 
exìstcntfbus,  prc^^entibus  aut  presente  ctiam    mandante,  simpliciter  et 
JtMolute  signatis,  impetratis   hactenus    aut    imposterum    impetrandis 
sempcr  et  IndifìTcrcntcr  subintelligatur  clausula  huiusmodi  etiam   de 
licentii  lupcrioris  sub  sigillo  auctcotico  apparente,  decementes  Itteras 
'  predictas  huiusmodi  ctausula  carente?  nullas   nullìusque  roborìs  vcl 
momenti  fore.  Necnon    quibusvis   ecclesiarura   parrocbialium   recto- 
tibos  et  locorum  ordinariìs  aut  curatis  ac  aliis,  quacumque  dignitate 
ecclesiastica  sive  officio  in  dieta  curia  et  extra  prefulgeant,  sub  in- 
TCrdicti  ingressus  ecclesie  et  suspensionis  a  regimine  et  administra- 
tlonc  iuarum  ecclcsiarum,  universitatum  rectoribus  ac  illarum  con- 
scrvatoribus  et  alìis  quibuscumque,  sub  excomunicationis  late  scnteniìa 
et  privatìone  carumdem  parrochialium  ecclcsiarum  et  omnium  alio- 
rutn  honorum  ecclesia<;ticorura,  que  obtinent  necnon  inhabiliiatis  ad 
illa  et  alia  in  posterum  obtinenda  pcnis,  eo  ipso  quo  contrafccerint 
tncurrendis,  ne  vos,  quominus  fratrcs  dictì  ordinis  sub   indultorum, 
exemtionum,  gjatiarum  ac  aliarura  apostolicarum  predlctarum  specie 
«xtra  domos  et  obedicntiam  vestram    vagantcs   capere  et  apprehen- 
derc    ctiam   violenter  illosque   ad  domos   et  loca,  unde  recesserinl, 
reducere  et   carceribus    mancipare    volentes    et   mandantes,    quovis 
modo  per  se  vel   aliam    seu   altos    directe    vel    indirecte   impedire 
prcsiimant,  nec   quemquam   talium   ad   exercitium   cure  animorum 
parrochianorum   suorum    et  administrationem   sacramcntorum   solis 
ca^atis  spectantium  absque   co,   quod  ìllis  de  liccntia    predicta  legi> 
Urne   constiterit,  admlttant;  nec  eosdem    fratres  cxemptos   de  celerò 
in  dl5trictu  parrochiarum   suarum  supcrpellicìum  super  habitu  ipso- 
nam  gestare  permìttant  ipsisque  fratribus,  ne  de  cetcro  extra  eorum 
conventus  habitura  eorum  superpellicio  velare  presumant,  nisi  alba, 
si  cos   tidelium   devotione   requisitos  extra  suas  ecclesias  celebrant 
seu  in  processionibus  in  comitiva  suorum  fratrum  interesse  continga', 
AC  decementes   irritum   et   inane  quicquid  sccus  conti» gerii   attem- 
ptari.  Nec  non  mandantes  prò  tempore  existenti  alme  Urbis  nostre 
h)  sptntuatibus  vicario  et  quibusvis  aliis  curie  predicte  ordinariìs  iu- 
<tic!bus  et  omnibus  aliis    ubiquc  terrarum  existentibus  respectivc  iu« 


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'B.  Jan  tana 


dicibus,  ut  quotieos  prò  parte  tua  ministri  generalis  vcl  procuratorum 
aut  commissarionim  vel  ministrorum  provinclalium  vel  guardiiinorum 
locorum  dicti  ordìnis  desuper  requisiti  fuerint,  neminì  dcfcrcotes  scu 
indulgente^,  nec  ad  aliqua  rescripta  «cu  brevia  apostolica  et  Je  pc- 
nitcntiaria  rcspectuni  habentes,  faciant  presentes  litcras  et  in  cis  coo- 
tenta  sub  predictis  penis  et  censuris  tirniiter  observari.  Contradlctorci 
quoslibct  et  rebelles  per  censurai  et  penas  ecclcsiasticas  ci  alia  op- 
portuna iuris  reraedia,  de  quibus  tib:  ministro  generali  aut  procara* 
tori  commissariis  vel  quibusvis  ministris  provincialibus  videbìtur,  ap- 
pellatione  posposita,  compescendo,  invocalo  ctiara  ad  hoc  auxìlio 
brachii  secularìs,  non  obstantibus  eie.  Datum  Romae,  die  .v.  iulii  \ 
anno  8\ 


XXX. 


153 1,  II  agosto.  Il  papa  chiede  a  Carlo  V  di  concorrere  con 
gli  altri  principali  Stati  cattolici  a  form;ire  un  sussidio 
di  200  mila  scudi  a  disposizione  di  Carlo  HI  di  Sa- 
voia contro  gli  ono  Cantoni,  se  fosse  assalito  avanti 
di  aver  compite  le  fortificazioni  al  confine. 

[Loc.  cit.  15JI,  IV,  breve  352.] 


Cesari. 


à 


Carissime  &c.  Magna  nos  soUidtudine  affecerunt  litterae  ac  nuo- 
cius  dilecti  fili)  nobilis  viri  Caroli  Sabaudìae  ducis,  nostri  tuique 
aflìnis,  qui  post  multas  alias  ocio  Cantonuni  Hclvetiorum  lathcra- 
nam  hercsim  foventium  in  se  et  suura  ducatum  minas,  a  Tua  Sere- 
Ditate  ut  crediraus  audìtas,  novissime  se  ab  ìllis  sollicitatum  ad  cer- 
tura  fedus  cura  eis  ineundum,  per  quod  omnem  ejus  ducatum  sua 
heresi  conantur  inficere,  et,  nisi  id  fecerit,  bellum  sibi  haud  obs.ure 
comminatos  esse  nobis  significavi!,  ita  ut  vel  sanctae  tìdcì  iacturim 
ìllis  consentiendo,  vel  rerum  suarum  ceriissiraum  pcrkulum  rccu- 
sando  subire  cogatur.  Elegisse  autera  se  prò  sua  et  maiorum  suorum 
pietate  quìdvis  potius  subire  periculi  et  rerum  temporaiium  dctri* 
raentuni,  quam  fìdem  sanctam  a  patribus  acceptam  cum  divini  ho- 
noris diminutione  et  animarum  sibi  subiectarum  perditione,  vicino- 
rumque  Christi  tìJeliura  contagionc  violare.  NuUam  vero  rcsìstcndì 
tam  numerosae  et  efferae  multitudini  se  diu  consultando  invenisse 
expeditiorem  viam,  quam  communiendis  in  congnio  eius  gcntis  qtia- 


i 


*Z)pc.  Vai.  contro  l'eresìa  luterana 


119 


tuor  locb  ci  cura  presìdio  custodìcndìs,  quorum  obice  illi  ab  incur- 
«bus  et  populatione  coherceri  possìnt.  Ac  se  quidem  ad  hanc  com- 
munitionem  sua  pecunia  contentum  esse,  neque  nos  aut  quenque 
chrìstianoruro  principum  in  hoc  fatìgaturum,  sed  cum  vereatur  (id 
quod  ab  ìpsis  Helvetijs  contra  se  cara  muaitionera  fieri  cernentibus 
ceno  timendutn  est)  ne  inter  ipsam  munìdoneni  totis  agminibus  ir- 
ruant  et  loca  munita  occupcnt,  in  hunc  soluni  evcntum  ad  illis,  quoad 
muDitio  pcrficiatur,  obsistcndum,  quibus  ipse  per  se  obsistcrenon  posset, 
nostra  et  cocierorum  principum  subsidia  imploravit.  Quae  si  in  hunc 
casum  ci  promittantur,  et  ducentorum  millium  aureorum  summa 
(quantam  ad  hoc,  ultra  alias  suas  expcnsas  et  belli  onera,  nccessariam 
Cisc  cognoscit)  inter  omnes  conficiatur,  preparataque  tcncatur,  nonnisi 
adveniente  casu  et  per  cuiusque  principis  mioistros  persolvenda,  tum 
ipsum  ducem  dieta  loca  omni  cum  ccleritate  communiturum  esse. 
Qpod  si  huius  auxilii  spe  deficiatur,  nequaquam  cepturum  eam  mu- 
nitionem,  quae  ab  hosiibus  ìnterrumpi  eisque  beneficio  esse  posset, 
forequc  ut  postea  ingens  pcriculum  subire  cogatur  sui  ducatus  a 
dieta  heresi  iaficicndi.  Haec,  fili  charissirae,  a  nobis,  quibus  principa- 
litcT  hoc  onus  prò  pastorali  persona  ingruit,  cum  cura  et  anxietatc 
animi  nostri  sunt  audita,  rcputantibus  quo  et  quam  vicino  periculo 
interìof  christianitatis  pars  esset  laboratura,  si  lalis  ducatus  quasi 
munis  ab  ilJa  parte  lutheranis  oppositus  eis  apcriretur  ad  coetera 
christianitatis  invadenda.  Quamobrera,  quod  erat  pietatis  christianae 
et  partium  nostrarum  non  deesse  causae  fide!  et  universali  saluti, 
statuimus  et  in  animo  nostro  decrevimus  dicto  duci  in  talem  casura 
et  polliceri  ipsi  auxilium,  et  cocteros  principes  in  idem  hortari,  Cum 
cnim  causa  communis  communeque  periculum  agatur,  sitquc  omnibus 
or  divinus  et  sancta  fides  prò  virili  defendenda,  nobis  et  coeteris 
opera  contributionb  omnino  non  defugiendam  iudicavimus. 
Itaque  ctsi  tantum  a  nostris  caiamltatibus  eramus  attenuati,  quantum 
omnes  nosse  et  Tuam  Screnitatem  scimus  non  ignorare,  tamen  ut 
reliquos  non  modo  vcrbb  sed  etiam  rebus  hortemur,  ex  hac  omni 
summa  tantum  nobis  ipsis  et  vcnerabilibus  fratribus  nostris  S.  R.  E. 
cardinaiibus  quantum  Tuae  Serenitati  quantumve  christianìssimo 
regi.  Dei  benignitate  opulentissimis,  imposuimus,  quibus  singulis  sicut 
et  nobis  ipsis  nostrisque  confi-atribus  cardinaiibus  acquam  quadra- 
§inta,  serenissimis  vero  Angliae  trigìnta,  et  Portugalliae  regibus  vi- 
ginti,  reliquamque  trigìnta  mtlliura  aureorum  summara  dilectis  filijs 
nobiUbus  viris  duci  et  Dominio  Venetorum,  pensatis  cuiusque  vi- 
ribus  et  cuiusque  oratoribus  advocatis,  distribuimus.  Te  Jgìtur,  fili 
charissiroc,  cuius  probìtas  in  omuì  exccllenti  ac  pia  actione  versari 
soliu  est,  in  Deo  Domino  hortamur,  ut  prò  ipsius  Dei  honore  et 


120 


*B.  Joniana 


verae    hdei    defensìone,  si  necessitas  tulerit,  nobis  in  participatione 
huius   pii   honeris   prò  tua   virili  deesse  (i),  sed  prcdictam  quadra- 
ginta   millium   summam  Tuae  Serenitaii  iniuncura   in  eum  casum 
benigne  pollicerì,  et  aliquo  in  loco  proximo  reponi  Tacere»  unde  ad 
subitam  dcfensioncm  surai  possit,  tum  de  tua  in  hoc  voluntate,  quam  J 
Doa  dubitanius  te  dignam  esse  fucuram,  nos  quamprimum  certiorw 
reddere  (2).  Aut  enìm  ipsi  hereiici  usu  huius  pecunìae  reprimentur, , 
aut  etiam  quod  evenire  posset  soh  eius  fama  deierrebuntur,  ficiquc 
forsitan  cum  Dei  adiutorio  ut  ipsi  duci  solo  nomine   subveniaiur  et  j 
ipsa  pecunia,  finita  ea  communitione,  Tuae  Sereniiai»  intacu  resii- 
toatur.  Tua  vero  Serenitas,  quae  scraper  opiimura  et  catholicum  cgìt 
principem,  praeter  quara  quod  officio  suo  satisfaciet  et  maiorum  suo- 
rum  consuetudini  respondcbit,  etiam  dictura  ducera  prò  hac   opilu- 
laiione,  in  tanto  suo  discrimine  exhibita,  perpetuo  sibi  devinciet.  Deo 
autem  omtiipotenti,  a  quo  tot  regna  adepta  est»  grati  et  amantis  fìll)  1 
affectura  in  sancta  relligionc  defendenda,  sicut  Tacere  consuevit,  eihi-  j 
bebit,  ab  eo  post  terrenam  felicitatera  etiam  celeste  Tegnum»  apudi 
homtnes  \*ero  immortalem  gloriam  adeptura.  Sicut  haec  etiam  oratori 
tuus  plenius  ad  Tuam  Sercnitalem  perscribet.  Datum  Rome.  .xi.  au-  [ 
gusti  1531  anno  8." 

Vidit  Sanctissiraus  Dominus  Noster. 

Similiter  regi  Francie 

Sim.  regi  Portugallie 

Sim.  regi  Anglie   )  in  bis  non  dicatur 

Sim,  Veneti]' s         \  noster  aflfìms. 


XXXI. 

1531,  18  agosto.  Giacomo  Lanceo  viene  nominato  col- 
lettore delle  decime  e  degli  spogli  nel  duetto  di  Sa-  h 
voia  destinati  contro  i  Luterani,  ed  è  proposto  al  car-  | 
diaale  legato  di  Savoia  come  datario  della  legazione. 

[Loc  cit.  VI,  37,  breve  35  j.] 
Cardinali  Maurianensi  legato  Sabaudiae. 

Dilecte  fili  noster.  Gratas  habuìraus  clrcumspectionis  tuae  liitcì' 
quas  ad  nos  dilectus  filius  Jacobus  Lanceus  attulit,  cum  praesertim 


(t)  Q^  A  duidtr*  il  verbo  •  noli»,  aen  pctUri*  »,  o  atmilt. 
(s)  Q)ii  {wé  Agfioofcrti  11  verbo  •  vellt  • . 


^Doc.  Vai.  contro  l'eresia  luterana 


X2I 


ex  illU  cognoveriraus,  id  quod  tamen  erat  exploratum,  devotionem  et 
observantiani  erga  nos  tuam  esse  singularem,  et  quam  prompto  animo 
Icgationis  munus  tibi  per  nos  ìstic  ad  dcfensionem  catholìcae  fiJeì 
et  istius  ducatus  dcnianJatum  susceperis,  sisque  alacrìter  exequuturus. 
De  quo  tuam  circurnspectionem  commendantes,  in  eodcm  ut  per- 
ststct  horiamur  et  firmìter  ab  ea  expectamus.  Nos  enim,  ut  illa  id 
pleaius  et  uberius  possit  ellicere,  eidem  circumspcctioni  tuae  facul- 
lates  ipsas  legationis  per  alias  nostras  litteras  ampliavimus^  prout  ex 
C«mra  tenore  et  ipsius  ctiara  Jacobi  sermone  difFusius  intelliget.  Et 
cam,  ut  cmolumcnta  ipsius  legationis  ad  us'um,  ad  quem  destinata 
gt,  cathoiice  fidei  et  istius  ducatus  adversus  Lutheranos  defendcndi 
Jitcr  conservcntur,  ipsum  Jacobum,  ita  cupiente  nobili  viro  Sa- 
baodUe  duce,  collcctorem  spoliorum  ccciesiarum  et  aliorum  bene- 
licioruro  ducatus  et  dominiorum  dlcti  Sabaudie  ducis  et  fructuum  primi 
anni  ac  emolumentorum  legationis  predicte  dcputavimus;  quemad- 
modum  nobis  videretur,  si  idem  tue  circumspeciioni  visum  fucrit, 
cumdem  Jacobum  etìam  datarium  tuae  legationis  a  te  constitui,  ut 
is  meltus  rattonem  cunctorum  reddere  possit.  Hec  et  omnia  super  his 
ipso  Jacobo  referente  plenius  cognosces.  Datum  Rome  &c.  die 
i8  augusti  15  3 1  anno  8*. 

Bios. 


XXXII. 

1531,  8  settembre.  Clemente  VII  cliiama  a  Roma  un- 
dici cardinali  che  sono  in  Italia  per  giovarsi  del  loro 
consiglio  nel  provvedere  ai  gravi  pericoli  minacciati 
dai  Turchi  e  daireresia. 

[Loc.  cit.  Il,  35,  breve  228.] 

Cardinali  Mantuae. 

Dilccte  fili  ooster.  Cum  indies  gravior  moles  rerum  curaulusque  pe- 
riculonira  univcrsae  chrìstianitati,  ut  omnibus  notura  est,  impendcat, 
bioc  terrore  Turcarura,  inde  heresis  obstinatìone  et  pullulantia  (t), 
lUjique  mcturo  et  sollicitudinem  quottidie  augentibus,  nos  ne  qua 
tn  parte  nostro   officio   desimus,  cum   eorum  providcndorum  cura 


(i)Sit, 


122 


"B.  Jontana 


principaljter  ad  huius  SM  Scdis   auihorìiatem  pertìneat,   et  ab  ons'l 
nìbus   deferatur,   hodie    in    consistorio   nostro    secreto   de    veaer^-J 
bilium  fratrum  nostrorum  S.  R.  E.  cardioalìum  tunc   priesentiami 
Consilio  decrevimus,  omnes   cardinales  in   Italia  existentes  ad  nos 
esse  revocandos,  ut  frequentiorc  senaiu  eoruraque  praesenria  et  Con- 
silio in   tantis   rebus   uti  possimus.  Quamobrem   circumspectioneni 
tuam,  cuius  prudentie  et  auctoritatj  merito  innitimur,  queque  prò  boni 
cardinalis  officio  nobis  et  buie  S.^c  Sedi,  cuius  ipsa  honorabile  meni'-^ 
brura  est,    prò    sua    virili    adesse  debet,   hortamur,  etque  in  vir 
s.«  obedicntie   praectpimus   ut    omnino    infra   calcnJas   novcmbritl 
Rome  esse  non  differat.  Datum  Rome  ,vj.  septcmbrìs  1531  anno  8* 

*{>  Simile  cardinali  de  Gaddis. 

•f-  Simile  cardinali  de  Auria. 

-{-  Simile  cardinali  Cibo. 

-{-  Simile  cardinali  Hiporegiensi. 

■j-  Simile  cardinali  Griraano. 

f  Simile  cardinali  Ccsarino. 

f  Simile  cardinali  Famcsio    \ 

f  Simile  cardinali  de  Monte  'hlsdicaturVencnbilìsiTaternasterJI 

-{•  Simile  cardinali  Senensi     ; 
Simile  cardinali  Burgensi. 

Bios, 


XXXIII. 

1531,  2  dicembre.  Ludovico  da  Fossombrone  con  Raf^ 
faele.  Bernardino,  Giorgio  di  Reggio,  Vincenzo  da 
Puiano,  Antonio  da  Curimoli,  Santo  di  S.  Martino  ed 
altri  fi-ati  minori  osservanti  che  si  erano  ritirati  a  vìgm 
più  severa;  sono  richiamati  ai  loro  conventi  della  Ca- 
labria e  della  marca  di  Ancona. 

[Loc    cit.  Ili,  34,  breve  143.] 

Oilecto  filio  generali  et  provinciali  ordìnis  fotiutn  mÌDorum' 
de  observantia. 


DUecte  filj  salutem  ecc.  Alias  postquam  bone  memorie  Laureotic 
episcopo  Preoestinen»  tunc  io  humanis  agenti  et  maiori  pe]iHien> 


^oc.  Vat.  contro  t eresia  luterana 


123 


tiarìo  nostro  prò  parte  dilectorum  filiorura  nostrorura  Ludovici  (i)  et 
Raphaelis  de  Fossarabruno  ac  Bernardini  et  Georgij  de  Regio  ordinis 
fratrum  minorura  de  observantìa  sugesto,  quod  ipsi  ac  dllecti  filij  Vin- 
centiusdc  Pu-ano  et  Antonius  de  GatrlraoUs  ac  Sanctus  de  S."  Mar- 
tino et  nonnulli  alij  fratres  dtcti  ordinis  ob  meliorem  vite  frugem  ac  ut 
a  quibusdam  perturbationibus  et  inquictationibus,  quc  Inter  fratres  dicti 
ordinis  provintiarum  Calabrie  et  marchie  Anconitane,  quarum  respe* 
cdve  existcbant,  tunc  vigcbant,  scmoti  quietius  Altissimo  famulari  ac 
sacrarum  lìtterarutn  studio  efficatius  intendere  valcrent,  desiderabant 
una  cunì  alijs  eiusdera  ordinis  fratrlbus  usque  ad  certutu  numerura, 
qui  corum  propositi  forent,  in  aliquo  heremltario  aut  loco  a  cetu 
bominum  remoto  vitam  heremiticam  ducendo  stare  et  peratantrc, 
dictus  Laurentius  episcopus  et  penitentiarius  eisdem  Ludovico  Raphaeli 
ac  Bernardino  Antonio  et  Sancto  ac  nonnullìs  alijs,  ut  ipsi  et  alij  dicti 
ordinis  fratres  prò  tempore  eligendi  et  loco  defficientium  prò  tem- 
pore surrogando,  dummodo  omnes  insimul  dictum  certum  numerum 
non  excederent,  extra  donjos  eiusdcm  ordinis  in  aliquo  hertmitario 
aac  loco  a  cciu  hominum  remoto  per  cos  eligendo,  liabitu  tamen 
regularì  retcntact  alias  iuxta  regulam  dicti  ordinis  honestc  vivendo  sub 
obedientia  loci  ordinarij,  in  cuius  diocesi  eos  prò  tempore  fore  contin- 
geret,  vitara  heremiticam  ducendo  una  cum  libris  et  vestibus,  quos  ad 
eorum  usum  habebant,  stare  et  permanere  ac  omnibus  et  singulis 
prìvìlcg'.js  exemptionibus  grattjs  concessionibus  et  indultis  spiritualibus 
et  temporalibus,  quibus  alij  dicti  ordinis  fratres  in  iUius  domibus  com- 
morantcs  utebantur  potiebantur  et  gaudebant  ac  uti  potiri  et  gaudere 
poterant,  uti  patiri  et  gaudere,  nccnon  missas  ci  alia  divina  officia 
celebrare,  confessiones  audire,  sacramenta  ecclesiastica  ministrare,  ver- 
bum  Dei  populo  predicare,  Icctioni  et  studio  Sacrarum  Littcrarum  et  alijs 
Utterarijs  et  spiritualibus  exercitijs  incumbere  et,  quotics  ipsos  aut 
eorum  aliqtjem  predicationis  vel  ali  cuius  neccssitatis  causa  per  domos 
dicti  ordinis  transirc  conttngeret,  in  iilis  prout  alij  dicti  ordinis  hospi- 
uri  et  cum  cis  ad  eundcm  ordinem  redlrc  et  tunc  in  proprio  gradu 
rccipi  quodque  inter  eos  presidcns  prò  tempore  eligendus  in  alios 
eadcn)  auctoritate  et  facultate,  qua  ministri  provincialcs  eiusdcm 
ordinis  in  illius  fratres  utebantur  in  spiritualibus,  uti  ac  ipsorum  prò 
se  vel  alijs  deficiente  scu  defìcientibus  litteris  desupcr  confectis  et  in 
eis  comeniis  clausulis  gaudere  valerent  ìndulscrat,  prout  in  divers's 
sub  sigillo  officij  penitentierìc  desuper  confectis  litteris  plenius  dicitur 


(t)  dveaiP  Ludovico  è  quegli  che  Vittoria  Colonna  nominava  ■  c«rvello  baiuno  «i 
è  «oteTole  cfae  fra  ì  rìcUamatì  all'ordine  non  tia  Matteo  da  Baacio,  fondatore  dell'or* 
aiac  cappuccino 


124 


"B.  fontana 


continui;  per  nos  accepto  quod  ipsi  Ludovicus  et  Raphael  acBenuir-  ■ 
dinus,  Vincentlus,  Antonius  et  Sanctes  ac  nonnuUi  alij,  proprie  profcs-  j 
sionis  immcmores,  domos  cìusdem  ordinìs  exonenre  et  alìos  illarum  f 
fratres  ab  eis  extrahere  et  ad  se  aJvocare  necnon  plurima  a  virò 
religiosis  aliena  comrnittere  non  erubueranp  in  aniniarura  suarum 
pcriculum  et  dictt  ordinìs  dedecus,  pemiciosum  quoque  exempluro  et 
scandalum  plurimorum,  nos  litieras  predictas  revocavimus  cassarrmus  , 
et  annullavìmus  ac  Ludovicum,  Raphaelem,  Bernardinum,  Vinccntjuro, 
Antonium  et  Sanctum  predictos  et  quosvis  alios  dictt  ordinìs  (ratres  | 
iTtteris  ipsis  et  in  eis  contcntis  nuUatenus  uti  posse  vel  cas  cU  in  i 
aliquo  suffragar!  posse  aut  debere  decrevimus,  vobisque  et  cuilibet  * 
vestrum  mandavimus,  quatenus  Ludovicum,  Raphaelem,  Beniardinum, 
Vinccntium,  Antonium  et  Sanctum  predictos  et  quoscunque  alios  fratres. 
quos  dictarum  littcrarum  pretextu  a  suis  domibus  exivìsse  rcperirctis, 
ad  ordinem  et  domos  huiusmodi  revocaretis  eosque  in  ìlhs  morarì 
etiuxtd  laudabiliu  dicti  ordini?  instìtuta  permanere  compcUcretìs,  ncc 
permittcretis  eos  vel  alios  quoscunque  vestre  cure  commissos  in  ca- 
dem  religione  vel  extra  eira  aliquam  congrcgationem  seu  novunj 
vivendi  moJum  innovare  aut  quoquo  modo  inducere  vel  servare,  coo- 
tradjctores  quoslibct  et  rcbelles  per  censuras  et  pcnas  ecclcsiastic« 
ac  alia  opportuna  iuris  remedia  appellatione  postposita  compescendo, 
invocato  etiam  ad  hoc,  si  opus  fuerit,  auxilìo  brachij  secularis,  prout 
in  nostris  in  forma  brevis  litteris  sub  datis,  die  vìdelicet  27  mensis  maiì 
pontificatus  nostri  anno  8°  inde  confectis  litteris,  quarum  transumptis 
plenam  fidera  adhìberi  voluraus,  plenius  continetur.  Cum  autem,  sicut 
nuper  accepimus,  littere  nostre  predicte  propter  non  paritionem  dicto- 
rum  Ludovici,  Raphaclis,  Bernardi,  Vincenti),  Antoni)  et  Sancii  ac  cm- 
rum  compltcura  necnon  favores,  per  eos  prò  sua  non  parttione  huius- 
modi undique  quesitos,  nondum  sunt  sortite  effectum,  nos  motu  proprio 
et  ex  certa  nostra  scientia  omnibus  et  singulis  dicti  ordinis  frairibus, 
qui  post  dictum  diem  27  mensis  huiusmovlì  ad  ipsorum  Ludovici, 
Raphatiis,  Bernardi,  Vincenti),  Antoni)  et  Sanctiac  corum  complìcum 
conj^regationem  adierunt,  ut  ad  domos  dicti  ordinìs,  in  quibus  ante 
litteras  penitentiarie  huiusmodi  erant,  redcant  et  in  illis  perraaneant 
nec  ab  eis  absque  expressa  superiorum  dicti  ordinis  Vcentia  recedere 
audeant,  ac  eiJem  congregationi,  ne  eos  recipere  vel  secum  tenere 
presumant  sub  apostasie  et  excommunicationis  ac  perpetue  privationis 
quoruncunque  actuum  legitimorum  penis  per  quemlibet  contravc- 
nicntem  ipso  facto  incurrcndis,  auctorìtate  apostolica  per  presentcs 
districte  prccipicndo  mandamus  ac  omnibus  et  singulis  locorum  or- 
dinarijs  in  virtute  sancte  obedientic  ac  sub  suspensionis  a  divinis  pena 
similiter  mandamus,  quatenus  eorura  quilibet,  quandocunque  prò  parte 


*Doc.  Vat,  contro  V eresia  luterana 


vestxs  vel  alicuius  vestrum  fuerìt  dcsupcx  requisitus^  faciat  predictas 
oostras  ac  presentes  lìtteras  plenum  ctTectum  sortirl  et  ab  omnibus 
invio  labi  1  iter  obsen'ari,  nec  perraìttat  cis  quemquam  in  aliquo  con- 
travenire, cotitradicentes  quoslibet  et  rcbelles  eìsque  auxilium  consi- 
lium  vcl  favorcm  directe  vcl  indircele  quomodolibet  prestanles  etiam 
per  predictas  et  alias  quascunque,  de  quibus  sibi  placuerit,  censuras 
et  penas  ac  alia  incurrcnda  appellatlone  postposita  compescendo,  in- 
vocato etiam  ad  hoc,  si  opus  fuerit,  auxilio  brichij  secularis.  Omncs 
autcm  et  singulos  domino»  locorum  in  temporalibus  requirimus  et 
bortamur  attente,  quatenus  vobis  in  premissis  omnem  auxilium  coQ- 
sUìum  vel  favorem  ìropcndant,  non  obstantìbus  apostolicìs  ac  provin- 
ctalibus  et  iynodalìbus  constilutionibus  et  ordinationibus  ac  statutis 
et  consuctudjnibus,  etiam  iuramenio,  conlìrraatione  apostolica  vel 
quavi^  firmitatc  alia  roboratis,  privilcgijs  quoque  indultis  ac  litteris 
apostolicis  et  in  forma  brevis  ac  offici]  penitentiane  huiusmodi  per 
quotcunquc  Romanos  pontihces  predecessores  nostros  et  nos  ac  Se- 
dcm  AposiolJcam  etiam  motu  proprio  et  ex  certa  scientia  ac  de  apo 
stoUce  potcstatis  plenitudine  et  cum  quibusvis  irritativis,  annullativis, 
cassativts,  revocaiivis,  prescrvatìvìs,  exceptivìs,  restìtuiivis,  decbrativis, 
mentis  attcstativis  ac  derogatoriarum  dcrogatonis  alijsque  eflTicacìo- 
rìbus,  etlicacissimls  et  insolitis  clausuits  quomodolibet  ciiam  plurics 
concessis  confirmatis  et  innovatJs,  quibus  omnibus,  etiam  si  prò  illorum 
sufficienti  dcrogatione  de  illis  eorumque  totis  tenoribus  specia!ts  et 
individua  ac  de  verbo  ad  verbum,  non  autem  per  clausulas  generales 
iticro  tmportantes,  mcntio  seuquavìsaliacxpressiohabenda  autexquisita 
serranda  foret,  et  in  eis  cavcatur  expresse,  quod  illis  nulla- 
«lerogat)  possìt,  tUorum  omnium  tenores  presentibus  prò  suffi- 
cientcr  exprcssis  ac  de  verbo  ad  verbum  inscrtis  necnon  modos  et 
forroas  ad  id  servandas  prò  in  individuo  servatis  habcntcs,  hac  vice 
dtinuxat,  illis  alias  in  suo  robore  permansuris,  hanim  serie  spccialiicr 
et  exprcssc  dcrogamus,  ceterisque  conirarijs  quìbuscuuque.  Et  quìa 
difficile  foret  presentes  lìtteras  ad  singula  queque  loca,  ad  que  opor- 
terct»  defcrrc,  decemimus  quod  earundem  presentium  transumptjs, 
notarìj  publìci  subscriptis  et  sigillo  alicuius  persone  in  dignitate 
liastica  coastitute  munitis,  eadem  prorsus  ubique  ftdes  adhibeaiur 
adhibcre  debeat,  que  adhiberetur  eisdem  presentibus  si  forent  cxibite 
ItcI  estense.  Datum  Rome  die  2^  deccmbrìs  15;!  anno  9  ° 

A.  cardinalis  de  Valle  protector. 
Hìc.  auditor. 

Evangelista. 


126 


"B.  Jontana 


XXXIV. 


1532,  2  gennaio.  Facoltà  a  fra  Michele  Fontana   agosti-] 
ni  ano  di  leggere  e  confutare  ì  libri  di  Lutero. 

[Loc  cìt.  a.  uoxxxii,  V,  41,  breve  a.] 

Dilecto  (ìlio  Michaeli  Fontana  de  Neapoli,  ordinìs  heremitarum 
s."  Augjstini  et  sacre  theologie  professori,  familiari  nostro. 

Dilecte  fili  saluicra.  Gauderaus,  te  quera  emulorum  suggestio  he 
resi  lutherana  infectum  esse  ad  nos  detulerat,   non  solum  insootentl 
repertum,   verum    etiam  ut    nobjs  asseruisii  illam  oppugnare  verbisj 
et  scriptis  paratum  esse.  Q.uod  ut  facete  fadlius  possis  nobis  humiry 
lìter  supplicar)  fecisti,  ut  te  in  familiarem  nostrum  reciperc  tìbique^ 
opera  ipsa  Lutheri  et  Lutheranorum,  ad  effectum  ilìa  impugnandi  tan- 
tum, Icgendì  licemiam  concedere  de  benignitate  apostolica  dignare- 
mur.  Nos  itaque  tuac  pietati  ac  promptìtudin)  faventes  et  praccibu 
annuentes.  te  in  familiarem    nostrum   citra  tamen  exemptionera  tu[| 
a  tuis  superioribus  recipimus  per  praesenies.  Tibique   ut  opera  Lu-" 
therì  et  Lutheranorum   praedictorum,  ad   effectum   illa  impugnandi 
tantum,  legcre  Ubere  et  licite  absque  ullius  censure  incursu  possis  et 
valeas,  auctoritate  apostolica  tenore  praesentium  concedimus  et  in- 
dulgemus,  littcrìs  felicis  rccordatìonis  Leonis  pape  X  praedecessori^ 
nostri  centra  legentes  dicti  Luther)  opera  edìtis  ceterisquc  contnirij^ 
non  obstantìbus  quibuscunque.  Datum  Rome  2*  januarii  lyji  anno  9? 

Accedente  auctoritate  r  «'  D,  proctectoris  et  mente    S."»»  D.    N^ 
vidclur  posse  concedi. 

Hie.  auditor. 

Bios. 

£.  protector,  vtdetur  concedendum,  d.  Musettula  ex  parte  papae. 


*Z>oc.   l'at.  contro  l'eresìa  luterana  127 


XXXV. 

1532,  4  gennaio.  Calisto  di  Piacenza  è  nominato  inqui- 
sitore generale  per  tutta  Italia,  all'uopo  di  provvedere 
contro  l'invadente  eresia  luterana. 


[Loc.  cìt.  IV,  41,  breve  9.] 


Dilecto  filio  Callxto  a  PUcentia  ordinìs  sancti  Augustini  canonico- 
rum  rcgulariura  congregationis  Lateranensis  et  sacre  theologiae 
professori, 

DiUcte  fili  salutem.  Tnducti    probitate  vitae,  zelo  rclUgionis  sa- 
Icraruraque  lltterarum  scientia,  necnon  in  predicando  verbo   Dei  fa- 
i  cundia,  quibus  te  poUcre  non  solum  intcUexìmus,  sed  ipsi  multis  de 
[te    comprobaiis    experiracnlis    perspeximus,   sperantesque   ex   predi- 
1  catione  tua  et  alijs  libi  per  nos  commlttendls  optatos   salutls  anima- 
jram  fructus  fore  proventuros,  te  predicalorem  aposiolicum  verbi  Dei 
lln  omnibus  locìs,  in  quibus  prò  tempore  fucris,  apostolica  auctoritate 
[  tenore  praesenùum  facimus.  Et  quum  heresim  luihcranam  in  raultis 
>  Italiac  locis  clam  serpere  intcllcximus,  attendenles  licci  altarum  he- 
rcAum   inquisitore?  in  quibusquc  civitatibus  generaliter  deputati  fuc- 
ili, hanc  tamen  heresim  noviter  exortam  et  magna  audacia  nitentem 
et  particulari  provisione  cgere,  de  tua  stngulari  doctrina  parìtcr 
dcQtes,  teque  inquisitorcm  gcneralcm  dictae  heresis  luthcranae 
pvr  totam  Iialtam.  citra  tamen  revocaiionera  aliorum  inqui- 
sìtorum,  deputames.  iUis  omnibus  te,  quoad  inquisitioncm  dictae  he- 
resis lutberanac  tantum,  ad  cos  in  hoc  ex  parte  et  auctoritate  nostra 
coadiuvandosadiungiraus.  ita  quod  cum  ordinarij  seu  cius  in  spiritua- 
Ubus  vìcarij  ac  ìnquìsitoris  cuiusquc  loci  interventu,  si  quidem  per 
te  semel  atquc  iterura   requisiti  intervenire   voluerint,  alioquin,  illis 
intervenire  rccusantibus  aut  ccssantibus  vcl  dìtTerentibus,  solus  et  per 
le  ìpsum  super  crimine  dictae  heresis  lutheranae  tantum  iuxta  facul- 
tatem   et  in  procedendo    consuetudinera   dictorura    inquisitorum   ac 
sacTOS  canoncs  procedere  possis  et  debcas.  Quamobrera  universìs  lo- 
corum  ordinarijs  seu  corura  vicarijs  et   inquisitoribus  praedictis  in 
virtme  sanctae  obcdicntiae  mandamus  ut  te  in  corum  diocesìbus  et 
ccclcsijs  verbura  Dei  publice  predicare,  et  si  ipsi  intervenire  noluerint 


128 


*B.  Jontana 


le  solura  super  crimine  heresis  lutherane  inquirere(i)  praesenti- 
busque  Uttcris  pacificc  fruì  faciant  ac  perraittani,  ac  etìam,  quantum 
in  cis  est,  tibi  faveant  et  assistant.  Non  obstantibus  constiiuiionlbus 
et  ordinationibus  apostoUcis,  necnon  staiutis  et  consuctudinibus»  nec* 
non  privilegijs  et  litteris  apostolicis  ordinarijs  et  inquisitorìbus  prac- 
dìciis  per  Sedem  Aposlolicara  concessis  confìrraatis  et  sepius  innovatis, 
quibus.iHorum  lenorcs  praescntibus  prò  sufficienter  expressis  habentcs, 
illis  alias  in  suo  robore  pernaansuris,  ad  effecium  praesentium  dun- 
taxat  stcut  specialiter  et  expresse  derogamus,  ceterisque  contrarijs 
quibuscunquc.  Datum  Romae  &c.  .luj.  januarij  15  p  anno  9." 

Her.  cardinatis  Mantuanus 
Protector. 


Attenta  approbatione  reverendissimi  protectoris  et  quod  San* 
ctìtas  Domini  Nostri  informatus  de  persona  est  contenius  vìdetur 
posse  concedi. 

Hie.  auditor, 

Bios. 


XXXVI. 

1532,  \6  febbraio.  Al  nunzio  a  Venezia  circa  i  libri  lute- 
rani che  occultamente  si  vendono  in  quella  città. 

[Loc.  cit.  T.  ^3.  breve  95. j 

Patriarcae  Venetiarum. 

Venerabilis  frater.  Relatum  ad  nos  est  vendi  istic  Ubros  lutheranos 
occulta  fraude,  qucmadmodum  a  dilecto  filio  Roberto  Magio  nostro 
informaberis.  Q.uamobrem,  quod  est  tue  fratcrnitaiis  etiam  sinc  nostro 
admonitu  facicndum,  illam  hortamur,  ut  reraedium  in  hoc.  adhibcat 
oportunum,  vendcntesque  severe  coherceat  ne  sua  impictate  alìos 
inficiant,  sicut  non  dubitamus  fratemitatem  tuam  prò  boni  pastoris 
officio  solertissime  id  esse  curaturam. 

Datum  Rome  .xvj.  febr.  1532  anno  9°. 

Bios. 


(i)  Le  pATùlc  •  in  coruin  diocesibus»  fino  a  «iaquirerei  uells  miauu  seno  aggiunte 
ia  OMrgìoe. 


*Z)oc.  Vai   contro  l'eresia  luterana 


129 


XXXVII. 


1552,  t6  aprile.  Al  vescovo  di  Camerino  perchè  corregga 
^  la  disonesta  vita  del  suo  clero,  supplicante  la  duchessa 
^^^  di  Camerino  Caterina  Cibo. 

I  ■' 

■  «oiin 

■  ac 


[Loc.  cit.  breve  274. J 
Vener.ibUi  fratri  Antonio  Jacobo  episcopo  Camerinensi. 


Venerabilis  frater,  salutern  et  apostolicam  benedictionem.  Non  sine 
^soimi  nostri  molestia  varìjs  vijs  ad  aurcs  nostras  pervcnit  clerìcos 
ac  prcsbileros  tue  civitatis  et  diocesis,  tua  seu  vicarij  tuj  negligentia, 
inhoncsic  ntquc  etiam  dissolute  vivere.  Quarc  nos  hujc  malo  prò 
nostro  pastorali  officio,  ne  ulterius  serpat,  occurrcrc  volentes,  fra- 
temiiatt  tue  in  virtutc  sancte  obedientie  ìniunglmus  ac  mandamus 
per  presentes,  ut  dictum  vicarium  tuum  raoneas,  quod  omnibus  et 
sìnguUs  clericls  ac  presbitcris  diete  tue  civitatis  et  diocesis  sub  cen- 
suri* et  penis  de  quibus  ei  videbitur  ad  honeste  ac  laudabiliter,  prout 
cos  dccet,  vìvcndum,  vestes  longas  deferendum,  ludis  ac  feniinis  se 
non  immisccndum,  a  bJasferaijs  abstinendum  sine  ulteriori  mora  pre- 
ctpbit  aiqoe  mandct,  iuobedìcntes  et  rebelles  debìtis  penis  affici  facìat, 
ut  ccteris  in  excmplum  transeant;  in  contrarium  facientibus  non 
obstantibus  quibuscunquc.  Quod  si  te  fccisse  vicariumque  tuura  prc- 
mtssa  executioni  demandasse  intellcxerimus,  nobis  crit  admodum  gra- 
tum;  sin  minus,  nos  de  idoneo  vicario,  prò  dicto  officio  nostro  et 
prò  honestate  clericorum  et  prcsbiterorum  tue  cure  creditorum  et 
prò  illorura  anìnurum  salute  et  ne  laici  scandalìzentur,  ecclcsiae 
txiae  providcre  cogeraur.  Tu  iiaque,  qui  prudens  es,  rebus  bis  con- 
sole et  diligcnter  occurre,  Datum  Rome  &c.  die  xvj.  aprilìs  1552 
anno  9*. 

Evangelista. 
/om)  Supplicante  ducissa  Camerini. 


MrhMo  delia  R.  Società  romana  di  ttoria  patria.  Voi.  XV. 


Doc,  Val.  contro  F eresìa  luterana 


131 


s.*'  Augusiini,  alter  minorum  ordinis,  in  publicis  eorum  predicado- 
nìbus  se  invicem  oppugnarent,  et  inutiles  populo,  contentionj  tantum 
inter  se  studerent,  ac  qiiod  peius  est,  quilibet  ipsorum  certas  conclu- 
sìones  cxposuissent  publicc  disputando,  heremìtanus  vidclicet  inso- 
litas  ac  male  sonantes,  et  quas  veras  allìrmabat,  mìnoritanus  autem 
paucìorcs  sed  touUtcr  hcrcticas  et  detcstabìles,  quas  etiam  se  «on 
credere,  scd  taraen  causa  disputatìonis  velie  defendere  aiebatj  tua 
(ratemitas  prohibitis  bis  dìsputationìbus,  ne  fierem,  utriusque  conclu- 
siones  ad  nos  miserit,  nos  pie  consulens,  quid  eam  super  hoc  agere 
velleraus.  Comraendantes  itaque  plurimum  eandera  fraicrnitatem 
tuftm  in  Domino  et  ad  ìnvigilandum  in  futurum,  ne  quid  vcneni  in 
sua  diocesi  serpai,  hortantcs,  quoad  minoritanum  quidcm  nihil  ei 
Imponimus,  cum  eum  a  suis  superìoribus  puniri  mandaverimus;  quo 
vero  ad  hcrcmitanum  volumus  fratemìiatiquc  tuac  mandamus,  ut 
eum  corani  te  vocatum  facias  auctoritate  nostra  per  censuram  eccle- 
siasticam  aliaque  juris  remedia  duodecim  articulos  ex  suis  conclu- 
sionibus  extractos,  quos  in  alligata  caedula  ad  fraternttatem  tuam  mit> 
timus,  tanquam  erroneas  vel  revocare,  vcl  limitare,  vel  in  pòsterum 
non  predicare,  sicut  in  cadem  caeJula  piene  est  notatura:  contrarijs 
non  obstantibus  quibuscunque.  Datum  Rome  17  septerabris  1552 
anno  9^ 

Frater  Thomas  Muiinensis  ordinis  praedicalorum 
Migister  sacri  paltatij. 


Pro  negotio  episcopi  Astensis. 
Ordo  rei  gcstc(i). 


In  civitate  Astensi  quadragesima  preterita  duo  praedicatores  se 
invicem  oppugnabant  in  publicis  pracdicationibus.  Deinde  alter  ilio- 
rum,  qui  scìlicct  erat  ordinis  heremitarum,  cxposuit  pluriraas  con- 
dusioncs  djsputandas  insolitas  et  non  bene  sonantes  in  auribus  mul- 
torum,  affirmans  illas  esse  veras;  alter  vero  (qui  erat  ordinis  minorum) 
cxposuit  paucas  sed  totalìter  hcrcticas  et  dctestabiles  cum  publica  et 
autentica  protestatione  quod  illas  non  credebat,  immo  affirmabat 
eas  esse  falsas  et  hereticas,  sed  se  velie  untum  causa  disputationis 
illas  difcnsarc;  episcopus  Astensis,  prohibitis  prius  hisdisputationibus, 
amborum  conclusiones  misit  ad  paparo,  ipsum  consulens  quid  super 
K  his  sit  agendum. 

fc  (0  Q.ue 


(t)  Q,ue»ta  nau  i  nuracrtu  •  parte  tono  il  a,  47;. 


^oc.  Vat,  contro  l'eresia  luterana  133 


[4'  Non  possuinus  sine  gratta  Dei  per  nostrum  liberutn  arbitrium  ali* 
quod  bonam  facerc,  scd  tantum  peccare  : 

Hìc  articulus  non  est  extcnJcndus,  quia  Hcet  habeat   auctorcm 
Grcgorium  de  ArinUno,  est  tamen  centra  comunem  oplnionem  aucto- 
I  rum  asserentium,  quod  sine  gratin  possumus  facere  aliquod  bonum 
morale^  non  tamen  aliquod  bonum  meritorìum  vitae  eternae; 

5*  Dogma  Aristotelis  dicentis  hominem  esse  dominum  suarum  ope- 
ratìonum  est  crroncum: 

Hic  articulus  est  heresim  sapiens.  Quuin  enim  esse  liberi  ar- 

FVitrij  et  esse  dominum  suarum  operationum  sii  idem  apud  intelligentes 

I  tcrminos,  negans  hominem  esse  dominum  suarum  operationum  ne» 

gare  est  neccssc  hominem  esse  liberi  arbitrij.  argumenta  autem  prò 

isto  articulo   facta  solvit  D.  Tho.  in  pluribus   sue  doctrìnae    locìs; 

[  6'  Quecunque  agunt  homines  sine  fide  ve!  gratta  ve!  cantate  sunt 
peccata,  quia  sine  fide  impossibile  est  piacere  Deo  : 

Hic  articulus  ca  rationc  non  est  extendtndus,  qua  et  quartus,  nec 

^1111  suffragfttur  verbum  Pauli  adductum,  quia  sic  intelligitur»  sine  fide 

\  con  possumus    piacere  Deo  ad  promerendam  vitam  aetemam,  cum 

quo  stat  quod  sine  fide  possumus  facere  aliquod  bonum  morale,  ut 

habctur  ad  Ro.    2."  Gentes  sine    lege  naturatitcr  faciunt   ea,   quae 

legis  sunt; 

7*  Justi  homines  scraper  sunt  in  peccato  : 

Hic  articulus  est  simpliciter  crroneus;  quia  justi  homines  per 
aliquod  tempus  possunt  esse  sine  aliquo  peccato,  skut  tesutus  est 
Ciiristos  de  apostoUs  quoniam  dixit:  Vos  mundi  cstis,  sed  non  omncs. 
Mundus  autem  nullius  habet  maculare  peccati,  licet  non  possint  per- 
[  sevcrare  toto  tempore  vitae  sue  sine  peccato,  saltem  veniali.  Et  sic 
[  intcUigitur  illud  Joannìs,  si  dixerimus,  quia  pcccatum  non  habemus, 
scilicet  commissum  vel  contractum  &c.; 

8*  Pueri  decedcntes  cura  solo  originali  peccato  damnantur  ad  aetemos 
I         cruciatus  ignis  inferni: 

Hk  articulus  non  debet  praedicari,  quia  est  contra  communem 
opinionero  Ecclesiae,  licet  eius  auctor  sit  Gregorius  de  Arimino  doctor 
noa  rcprobatus  ;  verba  autem  Augustìni  quae  vìdentur  favcre  isti  er- 
Tores  expoountur  a  doctoribus  et  maxime  a  D.  Tho.  ideo  nunc  su- 
pcrscdeo  ; 


134 


^B.  Jonìana 


9*  Preceptain  de  dilectione  Dei,  ut  lex  iubet,  non  potesl  adimplere, 
nisi  qui  pervencrit  ad  summum  caritatìs  gradum,  qui  crit  in 
patria: 

Hic  artìculus  est  erroneus,  quia  mandata  legis  dantur,  ut  adim- 
pleantur  in  via,  ìuxta  verbum  Christi:  Si  vis  ad  vìtam  ingredi  serva 
mandata;  maledictus  autein  qui  dixerit  Dcum  mandasse  alìquod  im- 
possibile, ait  Jeronimus; 

IO*  Pcccant  in  eo  mandato  viri  sanctissimi  quia  in  cantate  defi- 
ciunt  : 

Hic  articulus  est  damnatus,  nam  viri  ìusti  in  dilectione  caritativa, 
qua  Deum  diUgum,  merentur  vitam  aeternara,  si  quoque  in  tali  di- 
lectione peccant,  eo  numero  aciu  merentur  et  peccant,  quod  est 
error  lutheranus  ;  quo  autem  modo  diUgatur  Deus  ex  loto  corde  de- 
claratUT  a  D.  Tho.  in  pluribus  locis. 


XL. 


1532,  8  novembre.  Eresie  luterana  e  valdese  nel  marcii 
sato  di  Saluzzo:    ampia    facolti  di  procedere    contro 
ogni  grado  di  persone. 

[Log.  cit.  Ili,  40,  breve  112.] 

Dilecto  frtio  moderno  heretice  pravitatis  in  dominio  dilecti  fili) 
nobilis  viri  Francisci  marchionis  Salutiarum  inquisitori. 

Dilecte  fili  salutem  &c.  Accepimus  a  certo  tempore  citra  in  qui- 
busdam  locis  provincìae  Pedismontis  dilecto  filio  nobili  viro  Francisco 
marchloni  Salutiarum  subiectis  lutheranam  et  Valdensìum  hcresìtn 
adeo  suadente  diabolo  pululasse,  quoJ  nisi  ei  celeri  occurratur  re- 
medio, ut  catholici  fidclcs  hcreticorura  pcrsuasionibus  in  dics  magis 
ac  magis  inlìciantur,  non  immerito  timendum  est.  Nos  igitur,  ad  quos 
prò  debito  pastoralis  otBcij  tideles  cunctos  in  lìdei  ortodoxe  sinccritate 
confovere  et  a  ncphandis  erroribus  cohibere  decet,  motu  proprio 
et  ex  certa  nostra  scientia  discrictioni  tue,  de  cuius  religione  pru- 
dentia  ac  expcrientia  plurimum  in  Domino  confidimus,  et  prò  tempore 
spirituali  in  dominio  dicfl  marchionis  eiusdem  pravitatis  inquisitori 


*Z)oc.   Vai,  contro  reresia  iuterana 


Ui 


apostolica  vcl  ordinaria  auctoritate  prò  tempore  (i)  deputato  per  pre- 
scntes  committiraus  et  mandamus,  quatenus  tu  vel  ille  super  utraquc 
heresi  huiustnodi  diligenter  ìnquirens  etìam  per  aliuni  vcl  alios  centra 
omnes  et  sìogulos  de  ipsa  utraque  vcl  altera  heresi  suspectos  seu 
diffamatos  aui  htresim  candcm  in  suis  contlonibus  colloquijs  scu 
conventiculis  publice  vel  occulte  predicantes  aut  seminantes  vel  cani 
catholicis  fidelibus  persuadentcs,  tara  ecclesiasticos,  etiam  mendicanti  um 
velaliorum  ordinum  regulares,  quam  secu!ares,cuiuscumquedignitatis 
status  gradus  ordinìs  conditionis  et  pretmincntie  nobilitatis  et  excel* 
lentie  existcntes,  in  toio  eiusdera  raarchionis  doniinio  coramorantes 
secundum  canonicas  sanctioncs  procedere  eosque  suis  id  exigentìbus 
denieritis  incarcerare  et  deiinere,  nec  non  laicos  huius  crìminis  rcos, 
qui  per  te  vcl  alterum  inquisitorera  simul  cum  loci  ordinario  senten- 
tÌAliter  condemnati  fucrint,  cum  loci  ordinano  iuxta  easdcm  canonicas 
sanctioncs  punire  corrìgere  et  castigare;  processus  vero  centra  dicto- 
rura  mendicantium  ordinum  regulares  personas  prò  tempore  habitos 
et  absolutos,  clausos  tuoque  sigillo  munitos  ad  nos  in  autentica  forma 
per  fidum  nuntium  mitterc  omnino  procures,  scu  alter  inquisitor  pro- 
curet;  non  obstantibus  apostolicis  ac  in  provincialibus  et  sinodalibus 
concilijs  editis  generalibus  vel  speciaiibus  constitutìonibus  et  ordina- 
tionibus  ncc  non  quarumcunque  etiam  carmelitarum  et  aliorum  or- 
dinum huiusmodì,  etiam  iuraniento  confirmatione  apostolica  velquavis 
finnitate  alia  roboraiìs,  statutis  et  consuctudinlbus,  privilegijs  quoque 
induliis  et  litteris  apostolicis  lam  per  felicis  recordationis  Sixtum  IIIJ 
Innoccntium  VHJ  et  alios  Romanos  pontifices  predeccssores  nostros, 
quam  nos  quibusvis  etiam  carmelitarum  et  aliorum  mendicantium 
huiusmodi  ordinibus.tam  principaliter  quara  ad  instar,  communiter  vel 
divisim,  quomodolibet  concessis  et  etiam  pluries  confirmatis  et  inno- 
vatis  et  in  mareraagno  et  bulla  aurea  conteatis,  quìbus  omnibus,  ilio- 
rum  tcnorcs  prcsentibus  prò  sufficienier  exprcssis  ac  de  verbo  ad 
vcrbura  insertis  habentes,  hac  vice  duntaxat,  illis  alias  in  suo  robore 
pertiunsuris,  harum  serie  spccialiier  et  exprcssc  [motu]  simili  dc- 
rogamus,  cetcrìsque  contrarijs  quibuscunque;  aut  sì  aliquìbus  commu- 
niter vel  divisim  ab  eadem  sit  Sede  indultum  quod  interdici  suspcndi 
vel  cxcommunicari  non  possint  per  litteras  apostoitcas  non  facientes 
plenam  et  exprcssara  ac  de  verbo  ad  verbura  de  indulto  huiusmodi 
roentioneni,  Verum  quìa  difficile  foret  presentes  litteras  ad  singola 
queque  loca,  ad  que  opus  esset  deferri,  volumus  et  apostolica  aucto- 
ritate decemimus,  quod  prcsentibus  litteris,  manu  notarij  publici  sub- 
>  scrìptis  et  sigillo  alicuius  persone  in  dignitate  ecclesiastica  constituce 


(I)  sic. 


*B.  fontana 


munitis,  eadcm  prorsus  fides  adhibeaiur,  que  eìsdem  presendbus  adhi- 

beretur,  si  exhibìic  forent  vel  estense.  Datum  &c   Rome  &c.  Die  r^. 

novembris  1532  anno  nono. 

Viiietur  posse  concedi. 

Hie.  auditor. 

Bios. 


XLI. 


1553,  17  m.iggio.  Facold  a  Gerolamo  Aleandro,  nunzio 
1  Venezia,  di  assolvere  tre  nobili  incorsi  nelle  censure 
io  occasione  dell'  imposta  sul  clero  ed  altri  che  abbiano 
lette  cose  luterane. 

[Loc.  cii.  a   MDXSxm,  V,  46,  breve  211.] 

Venerabili  frairi  Hieronìmo  Aleandro. 

Venerabilis  fraier.  Intel lexìmas  ex  tuis  lìtteris  quosdara  nobiles 
venetos  numero  trts,  qui  alias  in  irapositione  extimi  cleri  Domìnij 
Veneti,  absque  auctorìtate  apostolica  facti,  autores  vel  consentiemes 
aut  alias  culpabiles  fuerunt,  penas  et  censurai  in  litteris  in  die  cene 
Domini  legi  solitis,  ac  alios  in  ìsta  civìtate  Vcnetiarum  complures  qui 
libros  lutheranae  heresis  legendo  similes  penas  et  censurai,  in  litteris 
contra  Lutheriiiios  per  fcUcis  rccordationis  Leoneni  papam  .\  praede- 
cessorem  nostrum  editis  contcntas,  damnabiliter  incurrerunt,  penitentia 
ductos  ad  te  confugisse  prò  absolutìone  obtinenda,  cumque  huiusraodi 
facultate  careas,  et  illos  prò  huiusmodi  absolutione  impetranda  ne- 
quaquam  ad  Apostolicam  Sedem  venturos  esge  verearis,  prò  anima- 
rum  eorundem  salute  facultatem  per  nos  super  praemissis  libi  con- 
cedi postulasti.  Nos  animarum  saluti  consulere  cupientes,  fraternitati 
lue,  cuius  prudentie  et  discretionj  hoc  negotium  remittimus,  tara 
dictos  nobiles  tres  duntaxat,  quam  alìos  quoscunque  qui  libros  luthe* 
ranos  legerunt,  a  censuris  predictis,  si  id  huiusmodi  petierint,  in  forrcu 
Ecclesie  consueta  aucioritate  nostra  absolvcndi  ac  penitenliani  salu- 
tarcm  iniungendi  facultatcm  concedimus  per  presentes,  diais  litteris 
ac  constitutionibus  et  ordinationibus  apostolicis  ceterisque  contrarijs 
non  obstantibus  quìbuscunquc.  Datum  Rome  ij  mai|  1533,  anno  .x. 

Bios. 


'JJoc,  Vat.  contro  l'eresia  luterana 


157 


XLir. 


1533,  1°  ottobre.  Contro  la  lettura  dal  pergamo  delle  lettere 

Idi  san  Paolo  in  volgare  a  Venezia.  Ordine  alFAleandro 
che  non  lasci  disputare  se  non  gli  idonei  da  luì  esa- 
minati. 
—  [Loc.  ciL  II,  45,  breve  129.] 

cnerabili  Hieronlmo  Aleandro  archiepiscopo  Brundusino  et  Oritano 
preUio  domestico  et  in  Dominio  Venetorura  cum  potestate  legati 
de  latcrc  nuntio  nostro. 

Venerabilis  frater  salutem  &c.  Relatum  nobis  est  mukos  diver- 
[sorum  ordinum  presertim  mendicantium  fratres  seu  religiosos  in  ista 
I  civitate  Venetiarum  cpistolas  beati  Pauli  et  alia  de  Sacris  Scrìpturis 
publice  in  ecdesijs  de  verbo  ad  verbuni  ìn  materno  et  vulgari  ser- 
mone interpretarj  et  legere,  quod  cum  preter  morera   est,   tura  ob 
r  imcrpretantium  malitiam  et  misticos  Scripturarum  scnsus,  quarum  ca- 
I  paccs  vix  provecti  esse  possunt,  periculosum  esse  potest  ad  siraplices 
[aaimas  opinionibus  hereticis  imbuendas,  multosque  conclusiones  in 
[sacra  theologia  heresim   sapientes  publice   proponere  ad  dfsputan- 
[dum,  alios  etiam  ad  verbum  Dei  predicandum  ìstuc  quotannis  venire, 
l'quì  vcl  istic  alias,  vel  alibi  nonnulla  a  catholica  iìde  deviantia  pre* 
I  tlicarunt.  Quamobrem  prò  pastoralis  cure  ministerio  premissis  occur* 
Tctc  volcntcs  fratemitati  lue,  que  etiam  bibliotliecarij  nostri  officium 
>  habet,  tara  hunc  novum  moreni  Scripturas  in  materno  et  vulgari  ser- 
Itnone  publice  in  ccclesijs  de  verbo   ad  verbum  interpretandi,   quara 
dtctas  conclusiones  in  sacra  theologia  etiam  publice  disputandi,  an- 
I  tcifuam  illc  per  te   examinate  fucrint,  ac  praedicatoribus  huiusraodi 
Aicc  concionandi  et  verbum  Dei  predicandi,  antcquam  illi  per  te 
(ùnati  et  approbati  fuerint,  auctoritate  nostra  interdicas,  prout  tìbi 
i  ad  Dei  honorem  et  6dei  catliolicae  conscrvationem  animarumque  sa- 
I  Imem  super  hìs  omnibus  videbitur  expedire.  Super  quibus  ultra  cani, 
quam  ut  nuntius  et  legaius   nostcr  habes,  plenam    et  omnimodani 
facultatem  omnes  supradictos  ad  te  vocandi  ac  sub  penls  et  censuris 
ecclesiasticis  cohercendi,  etiam  invocato  si  opus  fuerit  brachi)  secularìs 
auxilio,  auctoritate  apostolica  concedimus  per  presentes,  non  obstan- 
tibus  constitutionibus  et  ordinationibusapostolicis,  ac  tam  mari  magno 
quam  quoraodolibet  aliis  nuncupatis  privilegijs  et  litteris  apostolicis  qui- 


t3« 


*B.  Jontana 


bosTìs.,  eCiani  predictìs  mczidkaiitntm  ordiiiSNis  per  Sedem  ApostoHcam 
ac  nos  concessis  confirourtìs  et  sepios  ionovstis,  quibtis  illoTum  om- 
nniro  teoores  prò  sufficienter  expressis  et  touliter  insertis  habenio, 
edam  si  pra  illdrum  sufficienti  derrogatione  specialìs  et  individui  noi) 
aotetn  per  clausulas  generales  idem  importantes  mentio  habeotia 
essct,  illis  alias  in  suo  robore  permansuris,  ad  effectiun  prcscntiura  '\\x 
ut  omnino  tollantur  specialiier  et  expresse  derogamus  ceterisquc 
contrarijs  qurbuscunque  seu  si  aliquibus  eorum  cotnmun-ter  et  4t, 
raentionem.  Datura  Pisis  prima  octobris  1535  anno  .r.'"*. 

Deletis. 

Non  laudo  quod  dicitur  de  materno  sermone  &c,  quia  vidctur 
penculosum  quoad  illos  qui  male  vcllent  interpretati  ;  sed  potius  ac« 
ciperem  hanc  vìam,  quod  cum  non  nisi  provecti  possint  esse  capaces 
misteriorum  Sacrae  Scripturae  praesertim  epistolarum  Paull,  quantm 
scosus  etiam  teste  Petro  &c.  propterea  provideat  ouncius,  ne  nìniis 
pxodigi  noceant. 

Hic.  aadit. 

Bios. 

Vìsum  et  approbatum. 

Frater  Thomas  Mot.  magister  sacri  paladi. 
Placuit  etiam  magistro  sacrì  palati]. 


XLIII. 

1553,  8  novembre.  All'Aleandro  perchè  riferisca  intorno 
a  G.  Battista  Pallavicino  carmelitano,  il  quale  da  alcuni 
anni,  mentre  predicava  in  Venezia  ha  tenuto  in  privato 
discorsi  che  sanno  d'eresia  luterana. 

[Loc.  cit.  V,  46,  breve  474.] 

Nuntio  Venetiarum  d.  Bruodusino. 

VencrabiUs  frater.  Pervenir  ad  aures  nostras  quod  Johannes 
Baptista  Pallavicinus  ordinis  Carmelitarum,  cum  superiori  anno  vel 
biennio  aut  triennio  Venetijs  verbum  Dei  predlcarct,  scorsum  a  pre- 
dicatione  et  clanculum,  quedara  cum  particularibus  nobilibus  et  alifs 
personìs  habuisse  eorum  domi  colloquia  in  effectu  heresira  lutbera- 
nam  sapientia.  Q.uamobrem  tue  fratemitati  mandamus, ut,  debita  dcxte- 
rìtate  et  prudentia  adhibitis,  veritatem  de  premissis  diiìgenter  inqui- 
rere,  et  quod  repereris  per  processum  autenticum  tuo  sigiUo  signatum 


*Z)oc.  Vai,  contro  l'eresia  luterana 


139 


[et  dausum  nobis  rescribere  cures.  Super  quo  tibi  plenam  et  oinni- 
rmodiin,  ciwm  quosvis  lestcs  quavis  nobilitale  fulgenlcs,  qui  se  gratia, 
1  predo,  Otlio  vel  amore  subtraxerint,  ad  perliibendum  veriuii  testimo- 
nium  per  censuras  ecclcsiasiicas  compeltcndj^  aliAque  ad  hoc  ncces- 
sari«  excqucndi  auctoritate  apostolica  tibi  concedimus  faculiatcni, 
contrarijs  non  obstantibus  quibuscuuque.  Datum  MassUtae  .viij.  no- 
ncmbris  ijjj  anno  x. 

Bios 
magister  sdcri  palati)  (scripsit). 


XLIV. 

J4,  9  febbraio.  AIl'Aleandro,  legato  in  \'^enezi.i,  perchè 
destamente  faccia  arrestare  e  severamente  putìisca 
maestro  Simonetta  ed  altri  frati  minori,  rei  di  sacrilegio 
e  d*  incesto  con  le  monache  del  convento  di  Arcella 
di  santa  Chiara  dì  Vicenza  a  loro  soggetto,  e  delle 
quali  una  è  fuggita  con  un  soldato. 

[Loc.  dt  a.  MDXXXiv,  I,  47,  breve  262.] 

^  Venerabili  fratri  Hieronimo  Alcandro,  archiepiscopo  BrunJusino  et 
Oritano^ibllothecario,  prelato  domestico,  ac  in  Dominio  Vcne- 
lorum  cum  potestaie  cardinalis  legati  de  latere  nuntio  nostro 
(Iste  tìtulus  placet  in  omnibus  brevibus). 

Venerabilis  frater  salutem.  Intellcximus,  nec  sine  gravi  aninij 
Dostrj  molestia,  monialcs  monasteri)  Arcellae  ordinis  sanctae  Clarae 
Vicentini,  fratribus  ordinis  minorum  Conveniualiuni  subiectas,  tan- 
quara  ove»  lupis  commissas,  incestibus  et  sacrilcgijs  ab  ipsis  fratribus 
poUutas  et  Deo  dicatas  virgincs,  pucrperijs  ac  partubus  subsecutis, 
diabolo  prostratas  fuisse,  atque  inter  ceteros  pollutores  scelus  cuius- 
damcx  dictis  fratribus,  magistri  Symonettae  nuncupati,  cmlncre.  Unam 
quoque  monialem  eiusdcm  monasteri)  incuria  vel  consenta  dictorura 
fratrum  ex  monasterio  cgrcssam  et  qucndara  railitem  secutaro  esse. 
Quare  voluraus.  ac  libi  per  hec  scripta  mandamus  quatcnus  per  te 
vel  alium  seu  alios,  ad  hoc  a  te  subdeputandos,  auctoritate  nostra 
super  praemissis  diligentcr  inquiras,  ac  tam  dictum  Symoncttam 
quaro  ceicros  huiusmodi  fratres  culpabiics  cum  dextcritaic   compre- 


et  a  te  dcpucrtìt 
»  opos  focrit. 


A  coimifiiidìHlboi 
cs  nscns  sposto- 
caacgssis  eco- 
mXm  nwr.ino  tuts 

9  fe^nonì  1534 


n^oc.  Val.  contro  l'eresia  luterana 


i.jt 


^»ù  inqairere  vd   procedere,   seu  desuper  quomodolibet  se   intro- 

njirtcre  auderent,  prout  in  litteris  predictis  plenius  dicìtur  continerj, 

^UTnautem,  sicui  tiupcr  ex  multorura  querelb  accepimus,  adhuc  al'qui 

^^  dictis  inquisìtoribus  centra   ordines  decreta    et    iittcras  predìctas 

4<lversu5  eosdcra  fratres  super  dictis  criminibus  inquirere  in  maximara 

'Psoruin  fratrum  perturbationeni  et   scandalum    nitantur,  nos    quieti 

^_   ^Orundem  fratrura  a  e  alias  in  premissis  oportune  providcrc  volentes, 

^K  Utxìvcrsis  et  singulis  inquisitorìbus  predictis,  ubiiibet  constilutis  et  de- 

^HPutatis  et  qualunque  auctoritate  vel  facultate  fungentibus,  auctoritate 

^f 'apostolica  tenore  presentium  precipimus  et  manJamus,  quatenus  quo- 

^^cunque  aliquis  ex  diclis  fratribus  de  huiusuiodi  criminibus  suspecris 

*psis  inquisitoribus  nunciari  contingerit  vtl  dcferrj,  cos  ad  dicti  oidinis 

^Upcriores,  ut  pcreos  puniantur  et  castigentur,  remittan^;  non  obstan- 

tibus  apostolìcis  ac  in  provincialibus  et  sinodalibus    concilijs   editls 

f^eneralibus  vel  specialibus  constitutionibus   et    ordinationibus,  privi- 

legijs  quoque  indultis  et  litteris   aposiolicis  dictis  ìnquisitoribus  lam 

^per  nos  quam  Roraanos  pontifices   predecessores  nostros  cura  qui- 

>u$cunque    cbusulis    et   dccreiis   etiara    raotu   proprl«5   et  ex    certa 

cicotia  quoraodolibet  concessis  confirmatis  et  iteratis  vicibus   ìnno- 

s-atìs,  quibus  omnibus  etiara  si  prò  illorum  sufficienti  derogatìone  de 

illis  eoTumque  totìs  tenoribus  specialis   specifica  et  ex  pressa   ac   de 

fnrerbo  ad  vcrbum,  non  auicm  per  clausulas  generales  idem  importantes 

'•mentio  seu  qucvis  alia  expressio  habcnda  aut  cxquisita   forma   scr- 

,  Vanda  foret,  tenores  huiusmodi  prò  suflìcicmer  exprcssis  ac  raodos 

r  CI  formas  ad  id  servandas  prò  individuo  servatìs  habentes,  ìlUs  alias 

in  suo  roborc  permansuris,  hac  vice  duntaxat  specialiter  ac  expresse 

«lerogamus,  ceterisque  contrarijs  quibuscunquc.  Volumus  ctiam  quod 

presentium  transuraptis  manu  notarij  publici  subscripti  et  sigillo  pcr- 

souac  in  dignitate  ecclesiastica  constitutae  munitìs  ea  prorsus   lìdes 

in  judicio  et  extra  adhibeatur,  sicut  ortginallbus  adhiberetur,  si  eshi- 

bcrenturvel  ostenderentur.  Datura  &c.  Roraae  23  junij  1534  anno  .xj. 

Vidciur  posse  concedi,  ne  scandalixctur  religio. 

Hie.  auditor, 

Bios. 


142 


'B.  fontana 


XLVI. 

1554,  i*"  dicembre.  Condizioni  con  cui  il  vescovo  di  Bres- 
sanone nella  contea  tirolese  può  ammettere  al  perdono 
gli  eretici  luterani  pentiti. 

[Loc,  cit.  Fault  III  biev.  tuin.  a.  mdxxxiv, 
par.  l,  oct,  nov.  die,  49,  breve  7  j 

-  Dilecto  filio  GeorgJo  electo  BrixmcosJ 
Paulus  papa  tcrtius. 

Dilecto  filio  salutem  et  apostolicam  benedìctioncm.  Meritis 
dcvotionis  inducìmur,  ut  te  speciallbus  favoribus  et  gratijs  prcMe- 
quambr.  Cum  itaque,  sicut  nobts  exponi  fecìsti,  in  diocesi  tua  Brìxi- 
nensi  et  comtiatu  Tirolis,  ad  quem  eadeni  diocesis  tua  se  cTtendìl, 
heretici  diversis  hercsibus  infectì  et  poilutì,  necnon  anabaptisti  tara 
ecclesiastici  quam  seculares  invalescant  et  accrescant,  adeo  ut,  nisi 
celeriter  provideatur,  necesse  sit  ecclesiaiii  dtocestraque  tuam  peti- 
clitari,  pcrplures  quoque  esse,  qui  forsitan  ad  lumen  verìtatis  redi- 
rent,  sì  modo  essct  qui  cis  absolutionem  delictorura  iropaitirecur;  ne 
igitur  diete  hereses  ultcrius  serpant  sed  penìtus  extingua.ntur,  ntctum 
ut  ecclesiastici  status  conservationì  et  animarum  saluti  melìus  con- 
sulatur  providere  volentes,  libi  onines  et  sìngulos  civitatts  et  tue 
diocesis  Brixinensis,  qui  ad  veritatis  lumen  redire  et  heresira  huitis- 
modi  abiurare  voluerint,  postquam  crrorcm  suum  deposueritit,  jdque 
humiiiter  petierint,  si  alias  relapsì  non  fuerint,  recepta  prius  ab  ci$ 
abiuratione  heresum  et  crrorum  huiusmodi  legittme  et  pubiice  fa- 
cienJa,  presdtoque  per  eos  iuramento,  quod  talia  deinceps  non  com- 
mittcnt,  nec  talia  vel  alia  hijs  similia  committentibus  seu  adbcren- 
tibus  consilium,  auxilium,  vel  favorem,  per  se  vel  alìum  scu  allos 
prestabunt,  ab  omnibus  et  singulis  excommunicalìonis  et  intetdictt 
alijsque  ecclesiasticis  sentencijs  censuris  et  penis,  ecJam  in  Htteris 
felle ts  recordationis  Leonis  pape  X  predcccssoris  nostri,  contra  Mar- 
tinum  Lutherum  heresiarcham  edìtis,  contentis,  quas  premissonim  oc- 
casione quomodolibet  incurrissem,  et  ab  huiusmodi  excessibus  et  de- 
lictìs  ac  alias  in  forma  Ecclesie  consueta  per  te  aut  alium  seu  ftlìM 
absolvendi,  et  super  irregularltate  propterea  quomodolibet  contncw^ 
dJspensandij  omnemquc  inhabilitatis  et  infamie  maculam  sive  notti 
penìtus  absolvendi  ac  eos  ad  beneficia  obtinenda  rehabilitandi  no- 


*Z)oc.  Vai,  contro  t'eresia  luierana  143 


aque  eiusdem  Sedìs  gratiam  et  bcnediclionem  restiiuendi  et  re- 
ndi ;  ad  gremium  vero  Ecclesie  redire  nolentes  et  in  heresibus 
«Toribus  huìusniodi  perseverantes  per  te  vel  alium  seu  alìos  in- 
ircstìgandi,  contra  cos  inquirendi  et  procedendi,  et  beneficijs  privatos 
Jcclarandi,  ac  presbiteros    seu  alias   in  sacris  constitutos  tam  secu- 
arcs  quara  regulares,   iuris  solcmniiate   omissa,  dcgradandi  et  curie 
eculari  prò  iustitia  puniendos  tradendi  auctoriutc  apostolica  tenore 
escntium    licentiarn  et  facultatem  conccdimus,  in  contrarium    fa- 
ìentibus  non  obstantibus  quibuscunque.  Datum  Rome  prima  decem- 
15  j4  anno  primo. 

Bios. 


XLVII. 

1535,  19  gennaio.  Avendo  la  duchessa  Beatrice  di  Savoia 
domandato  provvedimenti  contro  l'eresia  luterana  in 
Piemonte,  si  dà  facoltà  al  domenicano  Gerolamo  di 
Torino,  inquisitore,  di  poter  procedere  per  tale  titolo 
anche  contro  religiosi  dell'ordine  dei  predicatori. 

[Loc.  cit.  a.  MDXXXV,  jan,  febr.  mart.,  jo,  breve  264.] 

DUecto  filio  Jeronimo  de  Th aurino 
ordinis  fratrum  prcUicatorum  et  theologie  professori. 

DUccte  fili  salutem.  Cum,  sicut  accepimus  (i),  in  aliquibus  locis 

"iocipatus  Pedemontani    nephanda  heresis  lutherana  pullulare  ce- 

cril,  et  multi  huiusmodi  heresis  labe  respersi  ac  illius  errores  irai- 

ntcs  repcriantur,  qui  alios  fidej  orthodoxe  cultores  palliatis  coloribus 

pcfvcrtere  nitentur,  et   licet  tu,  qui  inquisltor  heretice  pravitatis  in 

eisdcra  partibus  per  hanc  Sanctam  Sedem  deputatus  existis,  contra 


(t)  AI  ^tto  dell'  •accepimus*  &\  questa  prìmt  riga,  il  minntante  aveva  scrìtto  t   «  Di- 

t tccts  in  Cbritta  fili*  nobills  (Dulicr  Befttrìx  dudssa  Sabaudìe  nobis  ouper  exponì  fedi», 

el«  <h«    furono  cancellate  per  non  rivelare  all'  inquittiore  il  nome  della  denuniiante. 

I  aotlo  dopo  te  parole  «et  Iket  ■  stava  scrìtto:  «dieta  Beatrice  ducissa  procurarne  >, 

limalo   pure  CAOCcIlato.   Il  giorno  20  gennaio  segue   un    altro  breve  dello  stesso    tenore 

1  •tl'Ardvcscovo  di  Tonno,  in  cui  sono  cancellute  atnbcduc  le  soprascrìtte  frasi.    Il  breve 

OOMlt*  Boo  eoDtencado  cose  «ucadAlmente  divorse,  essendo  diretto  aJ  avvalorare  quello 

D'faquiahore. 


'44 


3.  Jtmiama 


(EX  CO  IBVtt!90ran 


Uio  io^aim  o  proceibs;  tuBcn 

nuffiov  cstfivR  coatti  ^bos« 

et  indsllonMU  ayoMoKconna  e»  coaoeMocxiai  coma   aGfs,  91 

tonni  otnài  9opctioiibiw  coDVuùfC  non  posse,  <fahiyn  noci  Bcert 

nkt  pvoccdcfCt  oos  Iniac  bcrui  neppiiK  et  laoi  pcnifercy  ^isst&  s^* 

BWBUS  tf^veCuVQS  CXIIUU9B&  SOdSSiflSL  OVDflSl  SftBttDKX  P6fl)0QIOw  AGO  00^ 

— imw»  occdficre  espiente^  tibi  dun  cwtei  ^aonquaung  fcl^ant 
IBI  flwlìHis  uMinuB  pfcndtorain  super  pi  f luios  UB^otccre  cf 
ioris  fiserii  pcocolcDifi  se  cos  cspieoifi  et  csreeiìbtt»  nis: 
Bsciìoii  loxtt  csoonicss  ssoctioocs  et  ssDCtdnnB  pstrtuo 
pfoot  yisiìrss  acncti  esegcot,  ponieods  et  bncntoni  semlsfc,  st 
foOftp  cooiTi  eosJcni  snvocsDot  immoo  sii  vetitsots  Imnes 
imntiiiuhit  fiercmii  sboegare  votentes,  si  sliss  [noa]  rel&psi^ 

PKSiS  ^ipmf  ji^liQBC  nCVGSlS  C(  CfTOftKID  QtttttSSStOoS  l'fftOiTIffn^  0S 

dcais  se  ntratnemo.  qood  Calia  demceps  noo  committcnt  nec  es 
mitreotSbos  sot  ei  aibereodbas  stssilhini  coosilìnm  rei  £iirofeni  per 
vcl  aliot  presubint,  prestilo,  et  slm  in  fbcnu  Ecclesie  consueta  sbsol- 
vcnJi  et  ^  Ecclesie  gremitim  neoum  grsdsin  et  beoe<SÌctMMiea}  Apo- 
atollce  Scdb  restitoendf  et  repooendj  onuiisqae  et  sàngnU  slis,  que 
sd  hnìtiSRiodi  pcsiem  re^imciuisin  et  néRdtia  evcOendsm  oppor- 
tuas  esse  quomodoUbet  dignoscentur  et  sJ  officiani  ifu^sltionb 
ile  iure  qusm  consuetudine  pcrtinent  fscieodj  gerendj  oniwjtxtd} 
cendi  et  cxeijjenJi  plcnam  et  liberam  auctoriute  jpo  ' 
sentes  conceJimus  ucultatem.  Non  obstantìbus  qaìL  U 

indultis  et  Utteris  apostolicis  eidem  ordini  prcdlcatoruni  ac  iUius  pro- 
lesforibus  in  genere  vcl  in  specie  sub  quibuscumque  teooribas  et 
fbrmis  ac  cum  quibusvis  edsm  derogatorisram  derogatorijs  alitsqoie 
efficstiorlbui  etiam  insolltis  clamul»  trrìtantibusque  et  altjs  di 
etism  motu  proprio  aut  quavis  considcratione  et  ex  qulbosvis 
conce  is  et  Innovutis,  qui  bus  omnibus,  etiam 

quc  to!  -i   speciali»  specifica  individua  et  e 

di»posttum  fieri  dcberct,  illorum  tenores  huiusmodi  ac  formas  dat. 
occnon  decreta  in  els  apposita  ac  si  de  verbo  ad  verbum  rnhìl 
nitus  orniselo,  ac  forma  in  illis  tradita  observats  inserti  forcnt,  pre- 
scnlibus  prò  sufficienter  cxpressìs  babentes,  quoad  hoc  specìalitcr 
cxpre'.sc  dcrogamus  et  adversus  premissa  nullatenus  suffVagarì 
dcccmimus,  cctcrisquc  contrarìjs  quibuscunque.  Datum  Romae  .xv 
januarij  f$i$.  Anno  primo. 

Hie.  audìL 


n^oc.  Vat*  contro  l'eresìa  luterana 


H5 


XLVIII. 


^335*  9  g'ug'io*  Ordine  di  processare  Sigismondo  Ger- 
mano carcerato  a  Vicenza,  eretico,  disseminatore  di 
eresie,  e  qualsiasi  altro  luterano, 

[Arch.  flpost.  Vatic,  Pauli  III  brcv.  miti.  a.  MDXXXV, 
II,  ji,  breve  162.] 

Venerabili  fratri  Francisco  episcopo  Castrensi 
in  civitaie  Vicentina  cornraoranti 
Paulus  pp,  IIL 

ITcncrabilis  friter  salutem  &c.  Cum,  sicut  nobis  nupcr  innotuit, 
'  pcrJitionis   alumnus  Sigismundus  Germanus  in  civitatc  seu  diocesi 
Vicentina  morari  solitus  dctestande  heresis  luiherane  sectator  et  pu- 
bUcus  disscminator  tua,  qua  in  fidei  catholice  negociis  uti  solcs,  di- 
ILgcntia  deprehensus   et   ad   te,  qui  ut  accepimus  dilectì  filij  nostri 
Nicolai  S.  Marie  in  Cosmedin  diaconi  cardinalis  de  Rodulphis  nun- 
cupati  ecclesìe  Vicentine  perpetuo  administratoris  per  Sedem  Apo- 
stolicam  deputati  in  civitatc  et  diocesi  predicta  vices  geris,  de  mandato 
dilectorura  filiorura  nobilìum  viroruni  Domini]  Venetorum  tran5nlis^us 
apud  te  in  carcertbus  detineatur,  nos,  qui  fidem  eandem  nostris  tem- 
poribus prosperare  et  pravitatem  hereticam  de  finibus  fidelium  extìr- 
pare  summis  desidcramus  affectibus,  diligentiara  et  fiJem  tuas  circa 
hec  plurimum  in  Domino  commendantcs,  fratemiiaii  tue  per  presentes 
coramittimus    et   mandamus,    quatenus  adhibito  inquisitore  hcretice 
pravitatis,  si  quis  in  partibus  istis  reperiatur,  tam  contra  dictum  Sigl- 
smundum  quam  quoscunque  alios  predicte  et  quarumcunquc  aliarum 
hhcresum  sectatores  et  disscramatores  in  civitate  seu  diocesi  predictis 
rhabitantes  iuxta   canonicas   sanctiones  providcas,  super  qua  plenani 
I  libi  per  presentes  ad   nostrum  beneplacitum   concedimus  facultatem, 
non  obstantibus  constitutionibus  et  ordinationibus  apostolicis  ceteris- 
que  contrarijs  quìbuscunque.  Datum  Romae  &.c.  apud  S.  Marcum  &c, 
^%'iiij.  iunij  I5J5  a."  primo. 

Si  S,  D.  N.  cognoscit  personam  et  sctt  eam  esse  adheo  habileni 
ut  roibi  dicitur,  videtur  posse  concedi. 

Hier.  card.u»  de  Ghinuccijs, 

Bios. 
Ar<hJvio  delia  R, Società  mmaaa  di  storia  patria.  Voi.  XV.  io 


146 


"B.   fotttana 


XLIX. 

1535,  12  gennaio.  Feliciuzionì  al  doge  Andrea  Gritti 
la  cattura  di   Sigismondo    Germano  che   disseminava 
Teresia  luterana  nella  diocesi  di  Vicenza. 

[Arch.  secr,  Vaiic.  Fatili  IJJ  hrcv.  min. 
a.  MDXxxv,  II,  51,  breve  163  J 

Duci  Venetiarum. 

Dilecte  fili.  Intelleximus  nuper  iniquitatìs  filium  Sigismundurn 
Germanum,  qui  heresim  lutheranam  in  diocesi  Vicentina  disscminabat^ 
mandato  nobilitatis  tue  ad  vicarium  episcopi  Vicentini  in  spiritualibus 
generalem  prò  iustitia  puniendum  fuisse  transmissuni.  Q.uod  sicut 
pietati  inclytae  tue  nobilitatis  consentaneum,  ita  nobis  gratissimum 
fuit,  teque  fili  ex  animo  hortamur,  ut  si  quo  in  alio  idem  acddeiit 
facienduni,  eandera  tuam  pietatera  ostendas.  Erit  enim  res  dlgna  et 
isto  inclito  dominio,  et  nobis  post  Deum  omnipotentem  sempct  ac* 
cepta  et  grata. 

Datum  Rome  apud  S.  Mar.  .xij.  jun.  1535  a.  p." 

Bios. 

Andreae  Gritti  gratulationem  &c. 


L. 

1535,  28  settembre.  Agostino  Mainardi  eremitano  di  s.  Ago- 
stino assolto  dall'  imputazione  di  eresia  incorsa  per 
alcune  tesi  sospette,  sostenute  in  Asti,  riconosciute 
ortodosse  secondo  le  dichiarazioni  sue. 

[Loc.  ciL,  }uL  aug.  sept.,  j2,  breve  321.] 

Dilecto  filio  Augustino  Mainardo  ordinis  hereraiiarura 
sancti  Augustini  professori. 

Dilecte  fili  salutem  &c.  Alias  cum  felìcis  recordatlonis  Clementi 
pape  VII  praedecessori  nostro  significatum  fuisset,  quod  tu  quasdam 
erroneas  minusque  catholicas  conclusiones  in  civitate  Asteosi  in  tuis 


^oc.   Vai.  contro  l'eresia  luterana 


HI 


ì 


pncdicationibus  et  alijs  privatis  colloquijs  et  dìsputationibus  prò  veris 
proposueras,  idem  praedecessor  venerabili  fratri  nostro  tunc  suo  epi- 
scopo Astcnsi  per  quasdam  in  forma  brcvìs  littcras  commisit,  ut  fa- 
ceret  te  dicta«  conclusìones  sive  articulos  revocare  vel  corrigere  vel 
la  posterum  te  praedicare  non  permitteret,  prout  in  dictis  litteris  ple- 
nius  continetur.  Cum  autera  tu  ad  purgandura  malam  coatra  te  prò- 
pterca  oriam  famam  ad  Romanam  curiam  personaliter,  ut  asscris,  te 
contuleris  nobisque  humilìtcr  supplicari  feceris,  ut  liuiusmodt  con- 
clusiones,  quas  catholicas  et  non  crroneas  pretcndebas,  per  alìquem 
periium  examinari  facere  vellemus,  ad  hoc  ut  si  tales,  quales  tu  pre- 
tcndebas, reperirentur,  dictam  malam  famam  contra  te  ut  prefcrtur 
crtam  purgare  valeres.  Et  nos  conclusìones  ìpsas  dilecto  filio  Thome 
Radia  sacri  nostri  palati]  magistro  examinandas  dederimus  dictusquc 
Thomas  magister  asserens  huiusmodi  conclusìones  vidisse,  eas,  prout 
per  te  dcclarate  fueruni,  catholÌc:Js  et  non  erroneas  esse  rctulerit  et 
proptcrea  tu  nobis  hurailiter  supplicari  feceris,  uti  libi  adversus  mo- 
lesttas,  quc  ex  his  tibi  inferri  possent,  succurrere  de  bcnigniiate  apo- 
stolica dignaremur.  Nos  noicntes  te  prcmissorum  occasione  aliquid 
indebite  pali,  huiusmodi  supplicationibus  inclinati  volunius  et  aucto- 
rìtatc  apostolica  deccrnimus,  quod  tu  dict.irum  conclusionum,  quarura 
tenor  inferius  inscritur,  ut  infra  apparcbit,  declaratarum  occasione  quo- 
modotibct  molestari  irapediri  vel  perturbari  non  possis,  mandantes 
tam  etdem  episcopo  quam  quibusvis  supcrioribus  et  alijs  ad  quod 
spectat,  ne  te  occasione  huiusmodi  molestare  impedire  vel  perturbare 
audeant  vel  presum^nt,  preroissis  cetcrisquc  in  contrarìum  facientibus 
non  obstantibus  quibuscunque.Tenor  autempredictarum  conclusionura 
scquitur  et  est  talis:  prima  conclusio:  Si  non  essct  eterna  predesti- 
natio  nullus  hominum  posset  recte  agcre.  Secunda  conclusio:  divina 
predestinatio  est  causa  omnium  honorum  opcrum.  Tertia:  dìccntes,  de 
divina  predestinatione  non  esse  predicandum  populo,  ignorant  verbi 
Dei  virtutem  et  adversantur  gratìc  Dei.  Quarta:  Non  possumus  sine 
gratia  Dei  per  nostrum  libcrura  arbiirium  aliquod  bonum  facere  sed 
tantum  peccare.  Quinta:  dogma  Aristotelis  dìcentis  hominem  esse  do- 
minum  suarum  operationum  est  erroneum.  Sexta:  quecunque  agunt 
bomÌDcs  sine  fide  vel  gratia  vel  charitate  peccata  sunt,  quare  sine  fide 
isnpoisibile  est  piacere  Deo.  Septima  :  insti  homincs  scraper  sunt  in 
peccato  Octava:  pueri  decedentes  cura  solo  originali  peccato  damnantur 
ad  cicrnos  cruciatus  ignis  inferni.  Nona:  preceptum  de  dilectione  Dei 
ut  lei  iubet  nemo  potest  iroplere,  nisi  qui  per\'enerit  ad  summum 
charìtatis  gradum,  qui  erit  in  patria.  Decima:  peccant  in  eo  mandato 
viri  sanciissimi,  quia  in  charitate  dcficiunt ,  Tenor  vero  dictarura  con* 
closionum  tue  declaraiionis  similitcr  scquitur  et  est  talis:  prima  et 


148 


«.  fontana 


sccunda  conclusioncs  ìnteUìguntur  non  de  eterna  prcdestinatione,  1 
dcctorum  taotum  est,  sed  de  eterna  predcsiinatione  cotuunitcf  i'm 
generalttcr  accepta,  proot  operatur  omnia  Deus  sectindum  proposicmn 
volunutis  sue,  Ephcsi  primo  ;  tenia  de  divina  prcdestinatione  intd'H 
gitur  prout  in  Sacris  Lìtteris  continctur  pie  ac  sobrie  et  ad  gratit  i  :^ 
commendationem.  Quarta  sic  declaratur:  ex  peccato  Ade  aostri  jjir^r 
arbitrij  tam  Infirmata  tamque  debilitata  est  natura,  ut  ex  se  quiùcra^ 
peccare  possit,  non  autcm  opus  Deo  gratum  efficerc.  Quinte  dcclar 
Hbcruiìì  arbitriura  in  nobis  et  sì  cathoUce  fateamur  esse,  niKilominn 
hominem  dominum  suarum  operationum,  ut  mens  fuit  Arìstoteiif,  e 
gratiam  Dei  excludcre  est  erroneura.  Sexte  declaratio:  eadem  ranooc 
probatur  hcc  conclusioqua  et  quarta  et  est  Augustini  conerà  Julianuio 
pellagianum,  item  tertio  de  spìritu  et  littera.    Septime  declaratio  ' 
hec  :  quare  dum  in  hac  mortalitatc  vivant   nunquam  carent  cooca|ij 
scentia,  Augustinus  de  sententìa  Jacobi  ad  Hiercninium,  item  de  ] 
fcctione  iustitie  contra  Celestinum.  Octave  declaratio  ex  Augo»! 
14  sermone  de  vcrbis  apostoli  4  et  6  ypponosticon  ;  itera  de  fj»ic  ; 
Pctrum  et  multis  alijs  locis.  Nonam  sic  intclligo  ut  Augustinus 
timo  de  spirita  et  littera,  item  de  pcrfectione  iustitie  centra  Celestinu 
itera  de  sententìa  Jacobi  ad  Hieronimura.  Decime  declaratio:  pece 
in  eo  mandato  voco  eum  chariiatis  dcfectum   sive  impcrfecooncn 
que  ctiam  in  viris  est  sanctissirais.  Datura  Perusiae  &.c.  die  .xxTir^J 
septcmbrb  |J3$  anno  primo. 

Fab.  vigiL 


LI. 


1556,  8  gennaio.  Rinnovazione  del  salvocondotto  (17  lu 
glio  1552)  a   Bartolomeo  Ponzio  minoritano  venetff." 

[Loc.  cit,  JAn.  febr.  mart,  t,  breve  6.] 


Paulus  papa  III. 

Dllecte  fili,  salutcm   et  apostolicam  benedictioncm.  Cooc 
tihl  ad  sex  mcnscs  a  data  pracsentium  computandos  duntaxat  pleaa 
et  llbcrum  «alvum  conductum  ad  Almara  Urbem  nostram  tuto 
iiccurc  vcnicndi  ibìquc  commorandi,  et  inde  prò  arbitrio  tuo  ; 
vcl  in  Germantam  aut  quocunq.ue  volueris  revcrtcndi,  ita  quod 
nulla  noxA,  vis  aut  poena  vel  impcdimentum  ex  quavis  causa  ecì 


*Z)oc.  Vai.  contro  V eresia  luterana 


149 


Ipraedlcatae  Iqthcranae  vel  alterius  haeresis  inferri  posslt.  Quibusvìs 
[litcìis  in  contrarium  per  nos  vel  pracdecessores  nostros  editis,  cac- 
Iteiisque  contrarìjs  non  obstanùbus  quìbuscunque.  Datura  Romae  apud 
Ijaoctum  Pctrum  sub  annulo  piscatoris  .vitj.  januarìj  1536  anno 
Isecttndo. 

Dilccto  fìljo  Bartholomaeo  Fontìo  veneto  Minoritano  Theologo. 

Bios. 

Rev.n»"  S\Tiionetta  raandavit  restringi  ad  sex  menses  tantum. 


LII. 


1536,  10  maggio.  Ordine  all'inquisitore  di  Ferrira  di  con' 
segnare  al  governatore  di  Bologna  Giovanni  de  Bouche- 
fort  chierico  di  Toumay  carcerato  per  eresia  luterana. 

[Paw/j  ///  brcv.  min.  a.  MDXXXvi,  tom.  li,  fol.  151.] 

Dilecto  (ilio  inquisitori  heretice  pravitatb  in  civìiate  Ferrane  com- 
moranti 

Dilecte  fili.  Acccpimus  non  sine  animi  nostri  molestia  quod  cum 

I  quidam   Io.   de  Bouchefort  clericus  Tornacensis  diocesìs  in  civitate 

Ferrarle  commorans  damnau  et  perfida  lutherana  labe  suspectus  ap* 

parerei,  tu  de  prcmissis  notitiam  habens  tuoquc  ofBdo,  ut  decet^  in» 

cumbens  cunJem   Io.  occasione  suspitfonls    huiusmodi   personaliier 

capì  et  carccrìbuSj  in  qurbus  delinetur  ad  presens,  mancipari  fccistì, 

propter  quod  curam  et  diligentiam  tuam  plurimum  in  Domino  com- 

mendamus.  Cum  autem,  sicut  etiam  a  fidedignis  accepimus,  non  vul- 

garìa  cxtent  argumenta,  quod  hec  novlter  detccta  pestis  radtces  habeat 

ctiam  alibi  diffusas,  nos  considerantes  quantum  periculi  et  incendi! 

hinc  procedere  posset  ex  hoc  prescrtìm,  quod  Dei  bcnignitate  hacienus 

[nec  etiam  auditum  fuerit,  ut  huiusmodi  pestis  in  Italia  pullulaverit 

scd  ab  ea  procul  permanserit,  et  propterca  huic  fiamme,  que,  ni  ce- 

r  leriter  extingueretur,  maximum  posset  humani  generis  hoste  instigante 

f  damnum  affcrre,  ne  ulterius  progrediatur  salubri  remedio  obviare  vo- 

[lentes,  tibi  sub  escommunicationis  et  arbitrii   nostri   penis  per  pre- 

sentes  commtttimus  et  mandamus,  quatenus  dictum  Io.  et  quoscunque 

I  alios  simili  occasione   ex  tuo   mandato   vel  ordinationc  carceratos 

una  cum  processibus  quibusvìs  desuper  formatis  ei  vel  eis,  quem  vel 

vcnerabilis   fraier    noster   Marìus    epis<:opus    Reatinus,  civitatis 


=mm 


^.  fontana 


ooscre  BooooJe  gubcrnator,  qui  de  his»  que  u:  prdeittir  qobis  xckta 
suat,  ad  plenum  est  in/onBatos,  et  ot,  qood  oos  destiper  d  hìitmximtt»» 
tBccTc  possiti  expedit,  nt  ad  eum  petsooe  et  pioce»os  predicd  et' 
feraotur,  ad  te  proptcrea  destinaverit,  onuitoo  tradas  ec  coo^igocii» 
Si  qui  autem  alU  sint,  qui  de  dieta  lutherana  labe  sint  sospccti,  eoi 
aucto ritate  et  nomine  nostri^  nwneas,  ut  ixifra  tres  <&es  a  die  ino- 
nit'onts  huiusmodi  computandos,  quos  eis  prò  perensptorìo  temano 
assignamu!»,  coram  dlcto  gubcmatore  penonalitcr  et  noa  per  pcocn- 
ratorem  compareant.  Nos  cntm  tìbt,  uttam  quaad  carceratos  <|Dara 
quoad  altos,  ut  prefcrtur,  suspcctos  ulterìus  te  noa  intromittas  sub; 
eisdem  pcnis,  quibuscunque  autcm  aliis  personis  nobis  et  Sancie  R< 
Ecclesie  mediate  vcl  immediate  subìectis,  cuiuscunque  gradus  statud 
ordÌDLS  et  conditionis  fuerint,  etiam  sì  ducali  m.'irchionali  comitali  aur< 
alia  dignitate  prefulgeant,  sub  simili  e\communicatÌonìs  et  privadonil 
civitatum,  terrarum,  oppidorum,  et  locomm  ac  aliorum  bonoram,  que 
a  prefata  vel  aliis  ecclesiìs  quomodoUbet  obtinent,  penb  per  easdeia 
presentes  precipimus  et  mandamus,  quatenus^  quominus  dictU5  Io.  et 
alii  carcerati  predicd  si  qui  <int  ac  processus  huiusmodi  ad  d'cttmi  M. 
episcopum  et  gubematorem  transmittì  ut  prcfertur  possint,  tiullatentis 
impedirì  seu  facere  audeant  vcl  presumant,  se^ì  id  libere  6cn  per 
mittam;  non  obitantibus  premissis  ac  coostitutionibus  et  ordlnatii 
apostolicis  caeterisque  contrariis  quibuscunque.  Datum  Rome 
»%,  maij  1556  anno  2.° 

Bios. 


i 


IO  taaij  1536  a."  2. 

Mandatur  sub  pena  excommunicationts  inquisitori  hercticae 
vitatjs  Ferrariae  coramoranti  ut  Io.  de  Moncfort  aB  eo  ob  lutheranam  | 
hercsim  carceratum,  et  si  quos  alios  in  carccrtbus  ob  ìd  dctinct  cura 
processibus  contra  eos  formatis  ad  gubematorem  Bononiae  mittat,  j 
et  precipiat  aliis  si  qui  sunl  de  dieta  hcresi  suspecij  ut  infra  trcsj 
dies  compareant  coram  dicto  gubematore,  et  precipit  ci  ne  contra  J 
eos  aut  alios  ulterius  se  intromittat  et  omnibus  alijs  quibusvb  sub  j 
penb,  ne  hoc  impedìant. 

D.  Ambrosìus  habuit  dicens  pp  .  ita  velie  expedirì. 


7)oc.   Vai.  contro  l'eresia  luterana 


151 


LUI. 


1536,  26  giugno.  Ordine  al  vescovo  di  Modena  e  al  pro- 
vinciale domenicano  della  Lombardia  di  procedere 
contro  la  setta  di  G.  B.  da  Crema,  professata  da  molti 
nobili  di  Milano. 

[Loc.  cit,  3,  breve  IJ9J 

ncrai^iii  iratri    episcopo  Mutinensi  Mediolani  ad  prescns  commo- 
I  ranti  et  dilccto  filio   Thoraa    Marie    de    Beccadellis   provinciali 
utriusque  Lorabardie  ordinis  predìcatorum. 

Paulus  papa  IIJ, 

Venerabile  frater  et  dilecte  fili  salutem.  Pervenìt  ad  aures  nostras 
quod  nuper  Mediolani  in  tara  pia  et  insigni  civitatc*  nonnulla  con- 
venticula  quorundam  nobitium  utriusque  se:(us  inventa  sunt  quandam 
sectam,  quondam  fratria  Baptistc  Je  Crema  nuncupatam,  tcnentes  ei 
actualiter  obscrvantes,  in  qua  multe  hereses  ab  Ecclesia  damnate  pre- 
sertini  Bcghinarum  et  pauperum  de  Lugduno  nuncupate  contincntur. 
Itaque  volentcs  banc  pravitatem  a  Sathana  seininatam  quam  prtraum 
extingui,  antcquam  puUuIet  aut  roboretur,  vobi<;,  de  quorum  Joctrina 
pietate  ac  prudentia  plcnam  in  Damino  tìduciam  obtinemus,  aposto- 
lici auctorìute  mandamus,  ut  coniunctira  procedentes  super  huiu5- 
modi  secta  conventiculis  et  heresibus  diligcnter  inquirere  et  repertos 
culpabiles  punire  curetis,  prout  de  iure  fuerit  faciendum,  Nos  enim 
vobis  super  hoc  amplissimara  ad  censuras  ecclesiasticas  et  penas  pe- 
cuniarias  intlìgcndas,  brachium  scculare,  si  opus  fuerit^  et  alia  super 
hoc  opportuna  absque  aliquo  irrcgularitatis  incursu  fadendi  dieta 
auctorìtate  concedimus  facultatcm,  ìnhìbcntes  ordinario  et  inquisitori 
diete  civitatis,  ut  vos  in  premissis  non  impediant  ac  hortantcs  omnes, 
ad  quos  spectat,  ut  vobis  tn  premissis  fovcant  et  assistant,  non  obstan- 
tìbus  constitutionibus  et  ordinatìonibus  apostolicls  ac  quìbusvis  lit- 
icris  ordinario  vel  inquisitori  predictis  per  Sedem  Apostolicam  con- 
cessis,  quibus  illarum  tenores  prò  suiHcienter  exprcssis  habentcs,  illis 
alias  in  suo  robore  pcrmansuris,  ad  efTectum  presentium  duntaxat  de- 
rogamus,  ceterisque  contrarijs  quibuscunque  aut  si  illis  aut  aliquibus 
aUjs  oororauniter  &c.  mentlonem.  Datura  Rome  apud  sanctura  Mar- 
cum  &c  die  .slxvj.  junij  15)6  anno  secundo. 


152 


*B.   fontana 


LIV. 

1536,  12  luglio.  Non  essendo  il  vescovo  di  Modena  a  Mi* 
lano,  si  deferisce  all' inquisitore  e  al  vicario  dell'arci- 
vescovo il  processo  contro  i  detti  settari. 

[Loc,  cit.  breve  160.] 

Dìlectìs  fìHjs  inquisitori  hcretìce  praviiatis  in  ci  vitate  Mediolanensi 
et  vicario  vencrabilis  fra  tris  nostri  archiepiscopi  Mcdiolanensis  in 
spiritualibus  generali. 

Paulus  pp.  IIJ. 

Dilecte  fili  salutcm  &c.  D  adura  siquidcm  a  nobis  emanarunt  lit- 
tere  tenoris  sequentis:  Venerabili  fratti  &c.  Paulus  &c.  Vencrabilis 
fraier  &c.  (Inserantur  Uitere  Brevis  directi  episcopo  Mutinensi  et  pro- 
vinciali ordinis  predicatorum). 

Cum  autem,  sicut  accepimus,  dìctus  cpiscopus  Mutinensis,  non 
Mediolani,  ut  nobis  relatum  fuerat,  sed  Mutine  comraoretur  et  ad 
tuura,  fili  inquisitor,  consuetudine  periinuerit  scraper  et  pcrtìncat  of- 
(ìcium  causas  hercsum  in  istis  partìbus  cognosccre  et  decidere»  in 
quibus  edam  de  iure  alius  quam  loci  ordinarius  curo  inquisitore  se 
intromìttere  non  potest,  nos  qui  etiara  accepimus  hactenus  vos  inqui* 
sitoris  officium  huiusmodi  laudabìiiter  exercuìsse  et  cxercerc,  ne  absque 
causa  iurisdictioni  et  officio  vestris  preìudicetur,  providere  volentes, 
discreiìonì  vestre  per  prcsentes  coraraittimus  et  raandatnus,  quatenus 
in  et  super  premissis,  iuxta  preinseriarum  Htterarum  nostrarum,  que 
hactenus  ut  accepimus  nec  episcopo  nec  provinciali  predìctis  presen- 
tate fuerunt,  continentiara  ci  tenorera  conìunciim  procedatis,  ac  $> 
ille  vobis  solis  et  non  episcopo  et  provinciali  predi clis  directe  fuis- 
sent,  non  obstantibus  premissis,  necnon  constituticnibus  et  ordina- 
tionibus  apostolicts  ceterisque  contrarijs  quibuscunque.  Datum  Ronuc 
apud  sanctum  Marcum  &c.  Die  12  julij  1536  anno  secundo. 

Hie.  car.lJ»  Ghìnuccius. 
,  Fabius  VigU. 

Sanctitas  vestra  nuper  mandavit  episcopo  Mutìnenst,  quem  Me- 
diolani esse  acceperat,  et  provinciali  utriusque  Lombardiae  ordinis 
predìcatorum,  ut  inquirerent  contra  nonnullos  nobiles  Mcdiolancnses 
quamdara  sectam  h^reticam  tenentes,  et  inbibuit  inquisitori  ne  eos 


*Z)oc.   Vat.  contro  l'eresìa  luterana 


153 


trapcdiret,  nunc  cum  Sanctitas  vestra  accepii  episcopum  Mutinensem 
non  esse  Mediolani  et  hoc  ad  ìnquisitorem  spectare,  et  cum  eo  nul- 
lam  alluni  praetcr  ordinarium  de  iure  se  introtnittere  posse,  mandai 
eidem  inquisitori  et  vicario  archiepiscopi  Mediolanensis,  ut  in  prae- 
mtssis  coniunctira  procedant  iuxu  priorura  litterarum  tenorem  pe- 
rinde  ac  $i  cis  non  alijs  praediclis  directae  fulssent. 

Card.  Ghin. 


LV. 


153^,  21  ottobre.  Richiamato  P.  P.  Vergerlo,  è  mandato 
nimzio  presso  T imperatore  il  vescovo  di  Modena  Gio- 
vanni Morone. 

[Loc.  cit.  IV,  J2},  breve  ijj.] 
*      Regi  Romanorum  (  I  ). 

Carissime.  Cum,  revocato  ad  nos  dilecto  filio  P.  Paulo  Vergerlo 
electo  lustinopolitano  nuper  apud  maìestatem  tuam  nuntio  nostro, 
vellemus  non  solum  prò  more  sed  prò  amore  nostro  erga  sereni- 
tatem  tuam  apud  te  continuum  nuntium  habere,  qui  tua  ad  nos  de- 
sìderia  quotiens  acc-deret  referret,  nostrasque  et  huius  Sanciae  Sedis 
res  et  negocia  presertim  ad  tutelam  6dei  catholicae  pertinentia  apud 
fC  procuraret,  diu  deliberavimus  super  homine  eligendo,  quem  hoc 
munere  dìgnum  putaremus.  Sed  cum  in  venerabili  fratre  Jeanne  Mo- 
rono  episcopo  Mutinensr  virius  prudcntia  et  probitas  pari  doctrina 
ac  religione  animj  fideque  praeterea  erga  nos  coniunctae  essent,  ac- 
ccdcretque  ctiam  devotto  eius  et  quondam  genitoris  sui  erga  cesa- 
ream  et  tuam  maiestatem,  neminem  habuimus,  quem  in  hoc  munere 
ei  anteferremus.  Eum  itaque  ad  maiestatem  tuam  nostrum  et  huius 
Sanctae  Sedb  nuntium  cum  Dei  nomine  mittimus  jugiter  apud  te 
trinsurum,  acturumque  cum  illa  et  curaturum  ea  omnia,  quae  prò 
nobis  et  eadem  fide  prò  tempore  agenda  occurrerint.  Hortamur  igìtur 
sercoitatem  tuam  in  Domino,  ut  ipsum  Joannera  cpiscopum   man- 


co Questo  breve  è  italo  tene  pcbblioita  nelle  Nuntiatmrbtrichu  a»t  DmithUmJ,  It,  ;fi. 
Freccile  quenx  credeaziale  il  breve  •  Univenis  ei  singutic»  perii  ven.  Morone  che  va  »ad 
•  FerdìcuaJum  Romanorum  «e  Huagaiiae  et  Bocmiae  Kegetn  *.  Re,  duchi,  mdrcbcsi,  baroni, 
Ctttà  e  persone  particolari,  a  lui,  ai  compagni,  ai  cariaggi,  valigie  étc.  devono  far  facili 
le  ftrtJc,  provvedere  del  neccMario  &.c. 


154  *B-  Jontana 


tium  nostrum  solita,  qua  ceteros  huius  Saoctae  Seiis  sist^os,  hg- 
manitntc  et  honore  susc*pere,  eique  in  cunctìs  nostro  DOzr.ae  sene 
et  dcinceps  rcferendis  haud  minorem  fidein  continue  habere  reUi, 
quatii  S)  nos  ipsi  presentes  cum  maiestate  tua  colloqucreicur.  Daran 
Romac  apud  s.  Petrum  &c.  .xxj.  ortobns  1536.  Arco  2." 

Bios. 


LVI. 

'537»  -1  K<^"n''iio-  ^^  attesa  del  capitolo  generale  in  Roma, 
non  si.i  lecito  nò  ai  cappuccini  di  passare  all'ordine 
dell'Osservanza,  nò  agli  osservanti  a  quello  dei  Cap- 
puccini. 

(  Loc.  cit.  a.  MDXXXVii,  I,  7,  breve  262.] 

Minorimi  de  nbscrvantia.  Super  difTerentia  piìnonim  de  obser- 
v.imia  et  t:a]nicinorum,  statuìtur  quod  donec  per  Suam  Sanctitatem 
in  c:ipitiilo  ^^cnerali  dicti  orJinis  in  Urbe  celebrando  aliud  deterra!- 
ii.ituin  iuerit,  dicti  de  obscrvantia  non  possint  recipere  aliquos  ex 
capiiciiiis  ncc  e  converso  sine  generalium  vel  provincìalium  prjla- 
toriiiii  ■.iinriini  liccntia  in  scriptis  habita,  et  si  qvii  ex  dict:s  de  obser- 
vanii;i  vit.mi  arctiorcm  ducere  volucrint  ad  loca  ad  hunc  eiTectum 
ilL";i;;ii.it.'i  ile*  siiarum  prvlatorum  liccntia  se  transtcrre  debeant,  sa? 
'.•.iilirm  obeiiiLiitia  et  rctento  liabitu,  ubi  vero  non  fuerint,  dieta  loca 
li'l'.  :uit  di!  iitari  per  pr^latos.  Die  4  januarij  1537,  epistola  2f:. 
)-.v:    2,7,  (\). 


d)  '>„i,,  '.Miifii  i':  tratto  .tal  catalogo  Jcll'arcliivio  sefreto.  AvenJo  «-iftrto  tanif 
'Ijiiii'i  li  v-iìuiiio  .1  limi.)  lU-lIc  itiinute,  ila  eisere  per  meli  in  polvere  e  scez*  iciFeriou 
in:..i",',iH  il.i  las..i.iisi  al  mio  luojjo,  vi  abbiamo  letti,  ma  non  trascritti,  diversi  brevi,  fri 
j^Ii  jlrri  iiii>)  a  cui  convrrnìibo  .nicstn  sunto  medesimo.  Ma  il  volume  seitiiso  contleae  i 
iii>  i  .1  iiij;!!»,  aj'ovto  i-  sctttnidrc  :  nel  volume  quinto,  che  contiene  il  gennaio,  non  ri- 
ii-ivjn  io-i  un  littve  corrispondente,  dev'essere  occorso  qualche  errore  nel  catalogo. 


Doc,   Vat.  contro  l'eresia  luterana 


155 


LVII. 


18  aprile.  Al  nunzio  a  Venezia  che  faccia  arrestare 
reremitano  di  sant'Agostino,  frate  Agostino  da  Tre- 
viso, che  nella  passata  quaresima  ha  predicato  l'eresia 
luterana  in  Siena,  ora  fuggitosi  nel  Dominio  Veneto. 


[Loc.  cil.,  apr.  mai.  jul.,  6,  breve  159.] 


Nuntìo  Venetiarum. 


fDilecte.  Ausus  est  iniquitatis  hlius  frater  Augustious  de  Tervisio 
ordinis  hereraitarum  sancii  Augustinj  in  proxirae  preterita  quadra- 
gesima in  civiiatc  Scnarum  publice  in  predicationibus  suis  predicare 
impia  et  heresira  luteranam  sapientia,  veritusque  animadversionem 
tanto  sederi  condignam,  Venetias  seu  Tarvisium  confugisse  dicitur. 
Quamobrcm  tibi  mandamus  ut  quam  cclerius  et  securius  potcris, 
»eura  ad  nostram  instantiara  capi  et  detlneri  cures  ac  ad  id  tavorem 
et  bracchium  dilecti  filij  nobilis  viri  ducis  Venetiarum  [ac]  quorum 
opus  [fucrit]  nostro  nomine  requiras,  precìpuequc  ut  tibi  specialem 
carcerem  prò  ipso  frate  Augusiino  detinendo  assignare  velint.  dua 
in  re  tota  volumus  te  et  diligentia  et  tacitum"tate  soliiis  ita  uti,  ut 
opcram  tuam  commendare  possimus.  Deindcque  facies  nos  de  rei 
successo  certiores.  Datum  Rome  .xvuj.  aprilis  1537  ^^^°  tertio. 

Bios. 


LVIII. 

1537,  21  novembre.  Ambrogio  de  Cavallis  milanese,  ere- 
mita di  sant'Agostino,  assoho  dalle  imputazioni  di  eresia 
luterana. 

[Loc.  cit.  oct  nov.  die,  8,  breve  169.] 

Dilecto   filio   .Ambrosio  de  Cavallis  Mediolanensi 
ordinis  hercmìtarura  sancti  Augustini  professori. 

Dilecte  fili  salutem  &c.  Exponi  nobis  fccisti,  quod  licet  semper  in 
ttiis  predicationibus  et  prlvatis  coUoquijs  catliolice  te  gcsseris  et  nun- 


^B.  Joniana 


quam  erroneas  et  mìnus  catholicas  conclusiones  proposueris;  nihilo- 
minus  nonnullj  luì  emulj,  querentes  te  in  pcriculum  adducete  sub 
pretextu  quod  certos  ariiculos  vcl  conclusiones  eironeos  sive  erroneas 
in  ducaru  Mediolanj  proposueris,  te  apud  bonos  dìfFamare  conati  sunt, 
et  inquisitores  heretice  pravitatis  in  diocesi  Mediolanensi  deputati  ad 
inìquam  dictorum  emulorum  suggestionem  certum  processura  contra 
te  formaverint,  per  quem  Inter  alia  voluerunt  te  in  diocesi  Mediola- 
nensi per  certum  lempus  stare  non  posse.  Cum  autem  tu  ad  purgan- 
dam  malam  contra  te  propterea  ortam  famam  ad  Romanam  curiam 
personaliter  te  contuleris  nobisque  humiliter  supplicali  feceris,  ut  huius- 
raodi  conclusiones^  quas  catholicas  et  non  erroneas  pretendcbas,  per 
aliquem  peritum  examinari  Tacere  velleruus  ad  hoc  ut,  si  tales,  quales 
tu  pretendebds,  reperirentur,  dictam  malam  faraam  contra  te  ut  pre- 
fenur  oriam  purgare  valeres;  et  nos  conclusiones  predìctas  unacum 
diclo  processu  dìlccto  fiUo  Thome  Badia  sacri  nostri  Palatij  maestro 
examinandas  vive  vocis  oraculo  commiserimus  diciusque  Thomas 
magister  asserens  conclusiones  in  dicto  processu  contra  te  tonnato 
contentos  vidìsse  et  examìnasse  et  cas  omnes  a  te  [tara]  confessas 
quam  dictas  non  erroneas  neque  catholice  vcritatj  repugnames  esse, 
aliquas  tamcn  non  bene  sonantes  in  auribus  fidcUum,  scd  istas  tu 
nunc  et  in  dìcto  processu  negas  te  dixisse,  retulerii  et  proptefea  nobis 
humiliter  supplicare  feceris,  ut  libi  in  premissis  opportune  providerc 
de  bcnignitatc  apostolica  dignaremur.  Nos  nolentcs  te  premlssorum 
occasione  aliquìd  indebite  patì,  huiusmodi  supplicatìonibus  inclinati 
voiumus  et  apostolica  auctoritate  deccmimus,  quod  in  predictarum 
conclusionuni  occasione  quomodolibet,  etiam  quominus  in  dieta  dio- 
cesi stare  valeas,  impediri  vel  molestari  non  possis;  mandantes  in  vir- 
tute  sancte  obedientie  dictìs  inquisitoribus  et  alijs  ad  quos  spectat,  ne 
tt  occasione  huiusmodi  molestare  impedire  vel  perturbare  nudeant 
irei  presumant,  premissis  ceterisque  in  contrariura  facientìbus  non 
otauttibus  quibuscunque.  Datum  &c.  Romae  .xxj.  novembris  IJJ7 
«no  quarto. 

Qooad  forma  videtur  satis  bona,  in  reliquis  remino  rae  ad  rev,"*»» 
D.  «BAgzstrum  sacri  patatii. 

Hie.  car.  Ghi. 

Qaa  ad  conclusiones  de  quìbus  est  quaestio,  videtur  raihi  satìs 
.  hoc  tamen  quo  ad  alia  remitto  ad  r.^^  car.  Ghi. 

Fab.  vigli. 


*Doc.   Vat,  contro  l'eresia  luterana 


»57 


LIX. 

1*537»  17  tliceinbre.  Al  nunzio  a  Venezia  perchè  informi 
su  Bartolomeo  Ponzio  minore  convenmale,  fuggito  a 
Roma,  per  iscolparsi  dalle  imputazioni  di  aver  predi- 
cato cose  contrarie  alla  fede. 

[Loc.  cit.  breve  28}  J 

Nuntio  Venetiarum. 

Dilecte  fili  salutem.    Acccpimus  quod    cum  alias   dilectus   filius 
Par.n*^  Fontius  ordinis  minorum  conventualiurn  professor  accusatus 

delatus  fuisset,  quod  ìd  suis,  quas  Isttc  habebat,  concionìbus  quedam 
dogmaiU  seu  conclusiones  aut  verba  scandalosa  et  forsan  catholìcae 
6dei  contraria  sepius  protulisset,  et  ob  ìd  contra  eum  apostolica  seu 
inaria  auctorìtate  inquiri  coeptum  fuisset,  timore  carceris  et  aliarutn 
pocnarum  fuga  sibi  consulere  maluit.  Cum  autem  idem  Bar.™»*"  nupcr 
%à  Almam  Urbcm  oostram  ad  se  excusandum,  et,  quatenus  errassct,  ad 
se  CTiiendandum  et  corrigendum  venerit,  nos  huius  rei  plenam  noti- 
tiam  non  habcntes  et  mature  in  ea  procedere  volentes,  tibi  raan- 
damus  ut  una  cum  venerabili  fratre  patrìarcha  Venetiarum,  vocato 
ad  vos  dilecto  filio  Martino  de  Tarvisio  dicti  ordinis  et  thcologiae 
professore,  qui  tunc  inquisitor  hereticae  pravitatis  in  istis  partibus 
erat,  et  alijs  qui  reni  cognovisse  possunt,  dictarum  conclusionum  seu 
vcrborum  tcnores  ab  cis  diligenter  scìsciteminì  plenamque  omnium 
informationem  capiatis,  et  quicquid  repereritìs,  fideliter  et  legitimc 
annotatura  ad  nos  trasmittatis,  ut  habita  vcstra  relatione  clarius  .k 
tuiìus  in  hoc  intendere  possimus.  Contrarijs  non  obstantibus  quibus- 
canque.  Datura  Romae  .xvij.  decembrìs  isjy  anno  4. 

Fab.  vigli. 

7  dicembre.    Al  patriarca  di  Venezia   sullo  stesso 
ietto 

■ 


ì 


LX. 


[Loc.  cit.  breve  171.] 
Patriarchae  Venetiarum. 


cnerabilis  fratcr  salutem.   Scrìbimus  dilecto  filìo  Hicromnio  Ve- 
rallo  nuntio  ìstic  nostro,  ut  una  cum  firaterniiate  Tua,  vocato  dilecto 


15^  'B.  Jòntana 


iijc'  Mirti-r."  ii  Txrris::'  cr.==^  sif^afam  cmiventualiam  et  Theo- 
lc«:*.K  rr.-T^-sjft.-rf.  c-'  ìIìì*  rrc^iiitor  herericae  pravit&tìs  in  istìs  par- 
:.?.:»  :\:  :.  ;:  xl  ^  e  .iL  ra=  cc^:«TÌ55e  possant,  tenores  quarandam 
cocci,:*;.* r;--.-  K--  Tirtcn-n.  c^ì  iilicrjs  ilins  Bartholomeas  Fon- 
re-  *r.,^',-~  cri_r:j>  rrrfjsscr  sciriil^a  et  catholicae  fidei  adrer- 
si-.-ri  =  jcj;  c.-cccc-rc*  rrrr.:ls5i  iidrr.  rescire  satagat,  et  ad  nos 
;rJL-xri r:jLU  ^:  i-  ,7s; ,:s  ?j;^z*  'tzìì  cag:£aA)cem  tcI  absolutionem 
?r,N.-c-,v:-c  ?v*ss  -r^s.  ^1-;-=:^""?=  bcttirrir  5ra:errsutem  tuam  eique 
:.  •  Jr.^:  st-ctii  .w.-rvirri'i  irr.=.r==&.  =t  tos  amb^  rem  hanc 
c\<x,x".ui  ;<:  Tvii-.-c-rr  crricij:^.  >-r^  :ie=  JTeroaimus  Dootios 
: ,"     .:r-5i  rx'sr;!  Tir^T  R-=*s  -"T-  i--^^^^  I5?7  anno  4. 

Fab.  v:gil. 


ix:. 

;  *  :^.     ci  cj'j::?r;.  x -.-rcTuic-e  ii~e  cotsòr^oni  per  le 
C.-L'   :    -V,:  >.r-'h  re  7  rossole  ì^vrizìrsre  cootro  i  mi- 

*,v*.  .>?>crv  :::r.  jccr^-rx^sr.  1^'isc.iìrn  ^rzrìsdizionc  dei 


■:  ;-:::--::rr.:«   -<£- 


*Z)oc.  Vai.  contro  Veresia  luterana 


159 


InDocentìj  Vili  etiara  Roraanorum  ponlificum  predecessorum  nostro- 
I  raxn  tn  similibus  contentis,  quas  contra  facientes  incurrere  voluerunt 
I  eo  ipso,  preceperuot  et  mandarunt,  ne  ex  tunc  de  cetero  contra  quas- 
I  cunque  personas  ordìnis  fratrum  minorum  super  heresi  vel  alijs  qui- 
i  btiscunque  causis  ad  officium  Jnquisitorura  quomodolibc:  pcrtinentibus 
se  intromittere,  tcstos  examinarc  seu  processus  agitare  presumcrcnt, 
'  et  si  forte  jam  tunc  aliquos  fratres  vel  personas  aliquas  dictj  ordinis 
I  capi  fecerant  aut  testes  exafninavcrant  seu  processus  agitaverant,  illos 
:  oon  dieta  testiura,  sive  prìncipaliter  sìve  accessorie  sJve  incideoter 
'^«amitutorum,  et  quoscunquc  processus  babitos  et  illos  quomodolibet 
concernentcs  ministris  et  vicarijs  et  prelatis  ordinis  fratrum  minorum 
io  locis  iUis,  in  quibus  dicios  inquisitorcs  residerc  contlngeret,  nullis 
«pud  se  rctcntis    copijs  seu  transumptis  vel  votis,  infra  spatium  sex 
dierum  postquam  notitiara  dictarum  littcrarum  quomodolibet  habuis- 
sent,  realiter  et  cum   cfifectu    rcstituerent  et  fratres  et  persone  alie 
[  dicti  ordinis  delinquentes,  si  qui  foreot,  juxta  suonim  excessuura  ac 
dclictorum  cxjgentiam  per  prel^tos  ciusdem  ordinis  castigar)  deberent, 
univcrsis    ci    singulis   archiepiscopìs    cptscopis   et   decanìs   executo- 
I  ribus  desuper  deputatis,  prout  in  dictorum  Leonis  et  Clementis  predc- 
\  cc»sorum  nostrorum  litleris  desuper  in  forma  brcvls  coiifectis  pieni us 
I  comtnetur.  Cum  autem  dilcctus  tìtius   modemus  minister  generalis 
dictj  ordinis  cupiat  litteras  Leonis  et  Clementis  huìusnjodj  prò  illo- 
ruuj  firmiori  roborc  innovari  et  approbarj,  prò  parte  ipsius  ministri 
generalis  nobi»  fuit  humiliter  supplicaium,  ut  in  prcmissis  opportune 
providcre  de  benignitate  apostolica  dignaremur.  Nos  igitur  singula- 
rrum  littcrarum  prcdictarum  tenores  de  verbo  ad  verbum  prò  exprcssis 
jhabentes,  huiusmodi  supplicationibus  inclinati  litteras  Leonis  et  C!e- 
I  mentis  predecessorum  nostrorum  aucioritate  apostolica  tenore  presen- 
ftium  approbamus  et  innovamus  illasque  finaiiter  et  inviolabìliter  sub 
|sentcnti)s  et  penis  predictis  observarj  manJamus  ac  quoslibei  contra- 
liacientcs  eisque  ad  hoc  auxilium  consiliuni  vel  favorem  quovis  que- 
sito colore  prestantes,  cuiuscunque  conditionis  dignitatis  status  gradus 
ordinis  et  preminentie  sini,  censuras  et  penas  huiusmodi  ipso  facto 
incurrere  sìcque  per  quoscunque  etiam   ordinarios  et  delegatos  ac 
fiìixta  auctoritate  fungcntcs  judices  et  personas  ubique  judicari  sen- 
[tentiari  diffiniri  et  declararì  debere,  sublata  eis  et  eorum  cuìlibet  aliter 
liudicandj,  sententiandi,  difiniendi  et  intcrpretandj  facilitale  ci  jucto- 
I ritate,  ac  irritum  et  inane,  si  secus  super  hìjs  a  quocunque  quavis 
ate  scientcr  vel  ignorantcr  contigerit  attcmptari,  decernimus. 
circi    universis   et  singulis   archiepiscopis  episcopis  et  decanis 
r»upradictis  per  hcc  scripta  mandamus,  quatenus  ìpsi  vel  duo  aut 
lunus  corum  per  se  vel  alium  seu  alios  prcscntes  litteras  et  in  cis 


T)oc.  Vat.  contro  V eresia  luterana 


i6i 


omnibus  enam  si  prò  illorum  sufficienti  derogatone  de  eis  illorum- 
<\ue  toiis  tenonbus  de  verbo  ad  verbum    non  autem  per  clausulas 
genenles  idem  imporuntes  specìalts  specifica  exprcssa  et  individua 
ttitfutio  ^cu  quevis  alia  expressio  habenda  aul  aliqua  alia  exquisita 
fonna  jervanda  foret»  tenores  huiusmodi  ac  si  de  verbo  ad  verbum 
insercreotur  presentibus  prò  sufficienter  expressis  habentes,  illis  alias 
in  suo  roborc   permansuris,   hac  vice  duntaxat   hanim  serie  specia- 
littret  cipresse  derogamus,  ceterisque  contrarijs  quibuscunque;  aut 
si  iliquibus  coramuniter  vel  divisim  ab  Apostolica  sit  Sede  indultum 
quod  inicrdicj  suspcndi  aut  excommunicarj    non  possint  per  lìtteras 
jpostolicas  non  facientes  plenam  et  expressara  ac  de  verbo   ad  ver- 
bum de  indulto   huiusmodi    mentionem.  Volumus  autem  quod  tran- 
wraptis  presentium,  manu  publici  notarij  subscriptis  et  sigillo  alicuius 
preUij  seu  persone  in  dignitate  ecclesiastica  constitute  munitis,  eadem 
fidcs  ubilibel  adhibeatur  indubia,  que  adhiberetur  originalibus,  si  fo- 
rcm  cxìbite  vel  estense.  Datum  Romae  .xv.  decembris  1J37  anno  4. 
Feci  verbum  cum  Sanctissimus  Dominus  Noster. 

Hier.  card.  Ghinuccìus, 
Bios  (1). 

LXII. 

1538,  2  gennaio.  Ordine  a  due  benedettini  di  visitare  e 
riformare  i  conventi  del  beato  Pietro  di  Pisa  della  pro- 
vincia Trevisana,  ne*  quali  erano  seguiti  assai  scandali 
e  disordini. 

[Loc.  cit.  a.  MDXXXviiT,  I,  9,  breve  5.] 

Dilectis  filijs  Joannì  Evangelistae  Bononiae  in  S.'*»  Proculo  et  Isi- 
doro Mutinae  in  5.»°  Petro  commorantibus,  raonachis  ordinis 
s.  Ben.»*  congregationis  s.'»«  Justinae  et  eorum  cuilibet. 

Dilecti  filtj  salutem.  Pastorale  nostrum  officium,  quod  nobis  divina 
rotuntate  tradirum  et  commissum  est,  nos  cogit,  ut  eorum,  qui  sacras 
eligiones  professi  coeteris  cxemplo  vitae  bene  traducendae  esse  de- 
beant,  culpas  et  scandala  quantum  cum  Domino  possumus  prohi- 
imus.  Cum  igitur  intellexcrimus,  fide  dignissimorum  testimonio 
dducti,  id  quod  nos  quoque  experientia  multa  aliqua  ex  parte  cogno- 


(1^  Tn  due  muli  di  mioule  tciolie  degli  auai  IS}7  '  M^O  *>  trovano  diversi  brevi 
I  ^tuli  PaoIo  hi  Auolvc  «kuai  frati  vaganti  e  li  rimette  nei  conventi. 

Archivfn  .iella  R.  Società  romana  di  ttaria  patrij.  Voi.  XV.  1 1 


ì62 


"B.  fontana 


I 


veraraus,  dura  in  mìnoribus  constitutì  protectores  fuinms  congrc^^ 
liotib  fratrutn  religiosorum  beati  P^ri  de  Pisìs,  hereraitarum  tt\ 
Hieronimi  nuncupatorum,  dictam  congregationem  ita  corroptam 
confusam  esse,  ut  nulla  amplius  in  ea  ecclesiastica  disciplina,  n 
Dei  timor,  nulla  bonae  famae  cogitatio  videatur  residere,  pauóquc? 
boni,  si  qui  sunl,  multitudine  nulo  rum  fratrum  dcprimantur  Nos  vo^ 
lentes  huic  tanto  scandalo  providere,  direximus  oculos  mentis  no- 
strae  in  utrumque  vestrum,  de  quorum  virtute,  prudentia,  religione 
plenam  in  Domino  fìduciam  babemus,  ut  vobis  ambobus  coniunctim 
et  aitcrutri  vestrum,  si  forte  contingat  aliquo  asn  aegritudìnìs  et 
sìmilium  causarum,  quae  necessitatem  aflcrant,  alterum  abcsse,  hoc 
onus  imponeremus  visitandi,  examinandi,  corrigendi  et  rcformandj^| 
monasieria,  congregatìones,  conveutus  dictorum  fratrum  beati  Pctri  ™ 
de  Pisis,  qui  iti  provincia  Tar\'isiana  nuncupata  existunt,  atque  la 
tam  sancto  et  Deo  grato  opere  virtuicm  et  diligentiam  vestram 
exerceremus.  Quani  ob  rem,  mente  nostra  et  rationc  in  Dcum  con- 
iccta,  vobis  et  utrìquc  vestrum  in  virtute  sanctae  obedientiae  ac 
sub  indignationis  nostrae  poena,  si  forte,  quod  absit,  non  prompio 
animo  mandata  nostra  suscipiatis,  committìmus  et  mandamus,  ut  ai 
ceptis  liticris  nostris  praescntibus,  quas  qui  prior  vestrum  habuerit 
alteram  continuo  leneatur  mittere,  petita  statim  licentia  a  superio-j 
ribus  vestn's,  quibus  sub  eadem  et  obedientiae  et  indignationis  n< 
Strae  pocna  praecipimus,  ut  vobis  continuo  eam  concedant,  ad  iter' 
vos  accjngttlìs  et  dictos  conventus,  congre^ationcs,  raonasteria  vi- 
sitetis,  corrigatis  et  rcformetis,  facto  principio  ab  eb  locis  quibus 
vobis  videtur,  ac  diligenter  atque  accurate  moribus  eorum  qui  prae- 
sunt  atque  etism  aliorum  inquisitls  ac  cognitls,  prìores  conventuum 
et  coeteros  quoscunque  dilapidantes  bona  ecdesiarum,  aut  in  regi- 
mine parum  aptos,  aut  factionibus  et  dissidijs  implicitos,  quo  im- 
primis  malo  ista  congrcgatìo  laborare  dicitur,  aut  dcnique  notabilibus 
culpis  maculatos,  aihoveaiis;  et  quae  erepta  sunt  ccclesìjs  maleque 
alienata  restituere  eos  cogatis,  etiam  si  carccribus  mancipandi  aut 
alia  vìa  cogendi  essent,  ac  in  locuni  amotorum  alios  aptiorcs  et  non 
factìosos  nostra  auctoritate  ìnstituatis,  fratresque  alios  si  ve  discolos, 
sivc  qui  arma  tractaverint  et  tractent,  sive  sceleribus  pollutos  ac 
flagitìjs  infames,  sive  qui  ecclcsiarura  bona  surripuerint  disciplU 
naniquc  non  servaverini,  obedientìam  contempserìnt,  atque  alios 
cuiusquc  modi  infectos,  criminosos,  rebelles  dcbitis  poénis  sive  poe- 
nitentljs  afficiaùs;  bonos  et  modestos  extoUatis,  ac  officia  et  procu- 
rationes  ìllis  committatis;  qui  excellere  in  scelere  et  non  facile 
corrigi  posse  videbuntur,  eos  spoliatos  rcligionis  habitu  penitus  a 
congregatione  eijciatis,    iustaque  scveritate  in  omnibus  adhibita,  et 


adi 

lerV 


l}oc.   Vai.  contro  Veresia  luterana 


1^3 


I  umcn  vere  culpas  suas  dolemibus  misericordia  non  negata,  ita  omnia 
Lgeratis,  agatìs,  constìtuatis,  ut  repressa  insolentia  et  confusione  re- 
IdactA  in   ordinera,  inalisque  compressìs  et   bonis  in  lucem  vocatis, 
rilU  congregatio  nunc  deturpala  et  in  sordibus  iaccns,  vesira  opera, 
'  vinme,  prudentia  in  vettrem  observantiam  bonorum  morum  et  ope- 
rum  et  in  exeniplum  melioris  vitae  ac  frugis  restituatnr.  Super  quo 
vel  quibus  omnibus  et  alijs,  quae  opportuna  ad  id  duxeritis,  plenatn 
vobis  ac  omnimodam  et  omnìno  liberam,  omni  prorsus  appellatone 
reiecta,  facuitatem   tribuimus   et    potcstatem.   Ac    quonìam  ambitu 
praevalcnte,  ut  intelligimus,  prìorcs  conventuum  ci  qui  discretos  cli- 
I  gunt  cos,  qui   in  creandis  congregatìonis  oHicìalibus  vocem  habent, 
[omnes  pene  cenorura  hominum  insidijs  et  factìone  corrupti  et  con- 
Itamluati  sunt,  ac  quorundam  atnbitione  addicci,    mandamus   etiam 
'  vobis,   ut   aliquem   modum  creandorum   discrelorum  inveniatis,  quo 
stnc  clectione,  quam  nullo  modo  prò  hac  vice  fieri  volumus,    $ed 
vel  «.orte,  vel  alia  rationc,  quae  vobis  visa   fuerit  coramodior,  tales 
cliganjur,  qui  ncque  empii  ncque  corrupti  sini,  sed  voces  suas  Ubere 
et  sccundum  conscientiam  dent,  ut  bonis  ad  officia  potiora  electìs  ac 
promotis,  tota  congregatio  ad  melioris  ot>servanùam  ordinis  revo- 
cctur.  In  quo  ctiani  a  vobis  hoc  requirìmus,  ut  constitutionibus  et 
privilegijs  dictac  congregatìonis  bene  lectis  ac  cxaminatis,  si  qua  fonc 
vobis  deesse  videbuniur  ad  constituendam  melius  disciplìnam  ipsorum 
fratrum,  nobis  ea  vel  dilecto   filìo   nostro  Jacobo   tituIJ   S.»>  Calixti 
cardinali  Sadoleto,  simul  cum  actis  reformationls  et  correctionis,  cum 
prìmuro  licebii,  significare  curetis.  Atque  in  omnibus  ita  vos  geratis,, 
m    fidem   vestram   diligentiara   iniegritatem    pieno   ore   in   Domino 
collaudare  possimus.    In  quo  lacietis  nobis  rem  valdc  gratara.  Non 
obstantibus  constitutionibus  et  ordinaiionibus   apostolids   ac    domo- 
rum  el  congregatìonis  praedictarum  etiam  iuramcnto  confirmatione 
apostolica,  vel  quavis  firraitate  alia  roboratis,  staiutis  et  consuetudi- 
nibus,  privilegtjs  quoque  induliis  ac  liltcris  apostolicis  eisdem  domibus 
et  congregationi  quomodolibet  concessis  contirmatis  el  innovatis;  quibus 
omnibus, illorum  tenores  praesentìbus  prò  expressis  habentes,  hac  vice 
duntaxat  ad  effectura  praesentium,  illis  alias  in  suo  robore  perman- 
suris,  harum  serie  specialiter  et  expresse  derogamus,  caeterisque  con- 
trarijs  quibuscunque.  Volumus  insuper  quod  donius  praedicle  onera 
et  expens&s,  quas  in  hac  visitatione  feceriiis,  prò  rata  redituum  suo- 
rum  suffcrrc  et  vobis  persolvere  tcneantur,  et  ad  id  per  vos  cog!  et 
compclli  etiam  sub  pocnis  et  censuris  ecclesiasticis  possint  ac  debeant. 
Daturo  Romae  .tj.  januariì  1538    anno  4. 

Ja.  car.i**  Sadoletus  protector  supplicai. 

Bios. 


^oc.   Vat.  con  irò  V eresia  luterana 


Pirel  eius  delegato  seu,  sede  vacante,  illi,  qui  ad  hoc  per  capitulum 

foret  deputaius,  super  ill'ts  committere  vices  suas  vel  suum  significare 

I  per  littcras  consilium  et  consensum.  Cum  autem  ad  nostrani  noticìara 

[devcncrit  dìcti  Clementis  predecessori*  ordinationem  in  causis  heresis 

[prò   tempore  occurrentibus   per  vos   non    servari   indcque  scandala 

Iquamplurìma   cxorirj,  nos  quod   tam  provida  deliberatione  fuìt  sta- 

[tutum  tnviolabiltter  observari  volentes,  vobis  sub  suspensionis  a  di- 

Irtnis  necnon  excommunicationis  penis  ipso  facto  incurrendis  preci- 

[pimus  et  mandamus,  ut  in  causis  heresis  dictam  ordinationem  Clcmenti$ 

ipredecessoris  omnino  in  omnibus  et  per  omnia  serveiis;  dccementes 

[iiritom  et  inane  quicquid  secus  per  vos  aut  aUos  quoscunque  super 

^  premissis  quavis  auctorìtate  contigerii  attemptari.  Vos  autem  archìe- 

i  pisoopo5  et  cpiscopos  in  Domino  hortamur  ut  oftìcij  vobis  impositi 

jdebitura  persolventes,  ad  cxpellendum  omne  heretice  pravliatis  fer- 

mentum  ab  ovìbus  vestris  diligenter  inquirendo  et  procedendo  eam 

curam  et  diligentiam  adhibeatis,  ut  agcr  vobis  commissus  ah'ena  pur» 

gatione  non  egeai  et   tamen,  si  aliorum  opera  ad  id  necessaria  vel 

oportuna  fuerit  et  alius  inquisitor  desuper  procedere  voluerit,  insimul 

iuxta  ordinationem  predictam  procedatis.  Non  obstantibus  constitu- 

lionibus  et  ordinationibus  aposloh'cìs  ceterisque  contrariis  quibuscun- 

I  que.  Dalum  Romae  .v.  januarii  1538  anno  4.^ 

Hie.  car.  Ghinuccius. 
Fabius  vigil. 


(JContinua). 


DELLA  CAMPAGNA  ROMANA 


(Contlnonzionc  vedi  voi.  XIV,  p.  87). 


V. 


Redicicoìi,  Buffalotta,  Tor  S,  Giovanni^  Malpasso.  Il  ca- 
sale del  medio _evo,  detto  Roiiiciola,  che  ho  ricordato  qual 
confine  del  Castel  Giuhiko  (in  atti  del  1297  e  del  1591), 
ora  è  diviso  in  due  tenute,  Redicicoìi  Ricci  e  Redicicoìi  Ac- 
€ora$nbom,  cosi  nominate  dai  due  possessori  dell'età  mo- 
derna, formanti  un  complesso  di  rubbia  364  e  mezzo. 
Senza  discutere  il  sogno  del  Martimelli,  che  vi  rintrac- 
ciava un  Re-deùSiculi,  noteremo  col  Nibby,  che  questo 
nome  non  è  altro  che  una  corruzione  di  quello  mode- 
stissimo e  prosaico  che  ebbe  nell'età  dì  mezzo,  Aggiun|;o 
tuttavia,  e  subito,  che  con  questo  fondo  noi,  che  usciamo, 
col  nostro  itinerario,  dal  suolo  Fidenate,  entriamo  nel  ter- 
ritorio Crustumeriijo,  che  toglieva  il  nome  da  un'antica  e 
memorabile  città.  Questa  fu  CrusltimeriOf  che  i  più  cauti 
topografi  collocano  a  Tor  S.  Gioifanni,  sul  confine  con  Re- 
dicicoìi e  con  Tor  Lupara  (r).  Senza  dubbio  essa  sorgeva 
in  questo  luogo  ed  occupava  colle  sue  adiacenze  l'uno  e 
l'altro  fondo.  Tor  5.  Giovanni  non  è  una  tenuta,  ma  uno 

»dei  quarti  di  Capitignano,  tenuta  di  286  rubbia,  che  occupa 
(l)  NmoY  cit.  I,  526.  Il  Gell  la  suppose  a  MonUrotondo,  op.  cit. 
p.  190,  Devcsi  preferire  ti  Nibby,  come  dico  nel  testo. 


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lyella  Campagna  ^^omana 


1^9 


dispersi,  sono  tutte  squisite.  T>tk\Vagcr  Cìustuminus  prese  il 
lomc  la  tribù  nisrica,  che  fu  per  ordine  storico  la  vigesima- 
;irima  delle  trentacinque  (t). 

La  torre  di  ReàickoU  sembra  da  lungi  un  semplice  ca- 
sale, essendo  visi  costruita  addosso  una  moderna  casa,  ora 
iiroccata.  Si  tratta  di  un  pregevole  avanzo  del  medio  evo 
iella  campagna  romana,  che  nessuno  ha  descritto.  Era  una 
jrrc  rettilinea  immensa,  costruita   con   pietre   locali  (le 
ive  si  veggono  presso  Tot  S.  Giovanni)  quadrate.  In  ori- 
gine doveva  essere  fornita  di  quattro  denti  o  torrette  alle 
remiti.  La  pane  di  levante  e  di  nord-est  è  meglio  con- 
rvata.  Sembra  non  anteriore   al  secolo  xiv.  Un'opera 
lista  di  rottami  e  calce  vi  sì  è  aggiunta,  come  rinforzo 
Ielle  parti  cadenti.  Numerosi  marmi  antichi,  qualche  fram- 
I mento  di  statuetta,  tegole  e  mattoni  si  veggono  dapper- 
I tutto  e  a  fior  di  terra.  La  torretta  dell'angolo  nord-est  è 
conservata   anche   ali*  interno,    e  mostra  tuttora   un'antica 
fenestrella  con  ferri  a  croce.  Il  casale  moderno,  quasi  tutto 
•crollato,  porta  la  data  segnata  con  calce  su  di  yna  parete 
esterna:   i^Sr.  Nella  cantina  sottoposta  esiste   un  pozzo 
L chiuso.  Neil*  insieme,  tanto  per  l'altezza  (quota  di  m.  6i), 
guanto  per  te  rovine  è  un  luogo  degno   di  osservazione. 
[Fu  questa  l'acropoli  Crustumerìna,  ovvero  fu  a  Tor  S.  Gio- 
l vanni,  come  pensò  il  Nibby?  La  "risposta  non  può  essere 
(«cura;  perchè  mancano  le  iscrizioni,  le  memorie  moau- 


(0  Grotefend  cit.  p.  3.  Tuttavia  Festo  la  disse  denominata  da 
T\tieorum  urbe  Crustumena;  e  Plinio  (III,  j)  notò  nell"  Etruria  un 
'  a^um  Cruslumiiiiim  ignoto  ai  geografi,  ed  altrove  (II,  98)  ne  ricordò 
il  tieno,  come  j^i  noxìuvi,  extra  salubre,   che   per  verità   non   esiste 
nel  suolo  corrispondente  all'antica  Crustumerto,  ove  i  pascoli  sono 
LecccUenti.  Ma  senza  far  caso  di  questo  preteso  Beno  metamorfico, 
pnon   mi  sembra   possibile   Torigine  della  tribù  Clustiimìna  da  altro 
I territorio,  che  Ja  questo  famoso  dei  Sabini;  avvertendo  però  che  sic- 
jcorae  cssj  doveva  estendersi  anche  al  di  là  del  Tevere,  poteva  fa- 
cilmente essere  tenuto  in  parte  come  di  origine  etrusca. 


^    ..*. taa^ 


'—  —  -      "i 


^ella  Campagna  l^mana 


171 


ael  principio  del  medio  evo  i  Crescenzi  e  poi  i  monaci  di 
*arfa,  se  la  loro  stella  non  fosse  tramontata  sulla  fine  del 
colo  XVII.   Passò  allora  questa   tenuta  ali*  Istituto  della 
5S.  Annunziata. 

Non   meritano  osservazione   le  tenute  di  InviolateJla,. 
cosi  denominata  da  S.  Maria  in  via  Lata,  che  la  posse- 
èva,  e  Casal  delle  Donne,  oltre  quanto  si  è  notato;  e  perciò 
chiudo  questa  seconda  zona  di  fondi  Salario-Nomentani 
yUsL  illustrazione  di  Maìpasso,  piccolo  fondo  di  64  rubbia, 
che  prende  il  nome  da  un  torrente.  L*abbondanza  delle 
[acque   di   questo  rivo  e  la   ubicazione  approssimativa  di 
[esso  hanno  indotto  l'opinione  che  corrisponda  al  famoso 
Via  od  Jllia  (i).  Ma  vedremo  più  oltre  quale  fa  il  rivo, 
^cui  più  siairamente  può  attribuirsi  quell'infiiusta  rinomanza. 
Il  nome  del   fondo  parrebbe  a   prima  vista  provenire  da 

Iun  fatto  topografico,  cioè  dal  pencolo  duU*  inondazione 
Tiberina,  cui  soggiacque  sempre  il  ponte,  sul  quale  pas- 
sava la  via  Salarla  antica  il  detto  torrente.  Ma  or  ora  dirò 
|fie  non  della  origine  almeno  della  remotissima  antichità  di 
questo  nome.  Essendosi  atterrato  il  ponte  antico,  nel  1832, 
per  costruire  il  moderno  più  regolare  e  più  diretto  a  se- 
conda della  via  moderna,  questo  pericolo  è  scomparso.  Na- 
turalmente è  pure  scomparso  un  monumento  antico,  poiché 
presentava  esso  materiali  si  deiret.\  repubblicana  come  del- 
l' imperiale  (2).  La  tenuta  omonima  è  quasi  tutta  compresa 
in  quella  gran  curva  che  il  Tevere  descrive  in  questo 
H  luogo;  ed  è  perciò  di  formazione  recente.  Anticamente  in- 
H  fatti  il  Tevere  seguiva  un  alveo  diretto,  quasi  parallelo 
Balla  moderna  Salaria;  cosi  che  gli  antichi  dovettero,  dopo 
il  suddetto  ponte,  voltare  la  via  sulla  destra.  Questo  tronco 
pertanto  della  Salaria  moderna,  da  Maìpasso  nientemeno 


(i)  NiBBY  cit  I,  las  e  segg. 

(i)  L*autorc  àdVJnalìsì  ne  conservò  per  memoria  i  bolli  di  mat- 
tone e  li  pubblicò  (loc.  cit.). 


172 


G.  Tomassctti 


che  fino  il  territorio  di  Monidibrelti  non  coincido 
tica,  la  quale  invece   lambiva   il  colle   della  A/uk  , 
poi  saliva  su  quello  di  MonUrotondo;  poi  si  fondeva  coBi 
Nomeniana    presso    Ereto    e    proseguiva    per  Grclta  W- 
roi:^a  (i).  Tutto  dò  è  attestato  dagli  avanzi  del  lastriato 
di  essa  via,  che  si  scorgono  negli  accennati  luoghi  e  diU* 
natura  del  suolo  della  tenuta  in  discorso  e  della  via  mo- 
derna.   Le  menzioni  più   antiche  di    Malpasso   non  sono 
quelle  addotte,   ma   con  esitazione,  dal   Nibbv  (ivi),  che 
invece  spettano  ad  un  omom'mo  luogo  dei  monti  Pario^i 
presso  la  città.  Lo  trasse  nell'equivoco  la  spettanza  al  mO' 
nistero  di  S.  Silvestro  iu  capite  sì  delFuno  come  dell*alir*^ 
luogo.  Anticamente   era  di  S.  Maria  in  via  Lata,  succia' 
duta  in  pane  ai  Crescenzi,  e  della  quale  ho  già  notato  i* 
vestigio  nella  vicina  tenuta  dell*  InviolateUa,  Nell'anno  per-^ 
tanto  1044  quaggiù  v'era  un  porto  sul  Tevere  detto  portuf 
ungariscHS,  lo  stesso  che  un^aricus,  strana  ma  non  inespli- 
cabile denominazione  in  quella  etA,  cioè  derivata  dal  so- 
prannome di  qualche  possessore  di  fondi,  ch'era  di  origine 
Ungaro.  Ciò  rilevasi  da  una  vendita  fatta  da  un  nobiìis  vir 
Crescentius  ad  un  altro  nobile  Maximus  di  un  fondo  foris 
pontem  Saìariuvt  uhi  dicitur  due  sorore  et  portu  uugarisco  (2). 
Ora  questi  stessi  nomi  si  ritrovano  in  altri  documenti  (3) 
ed  in  atti  posteriori  di  S.  Silvestro  in  capite  (cf.  Uber  if^ 
strum.  ad  an.   1582  &c.).  In  essi  porta  il  fondo   il  nome 
di   Malpasso;  ma  al  tempo  degli  atti   dì  S.  Maria  in  via 
Lata  si  diceva  campo  maio;   ed  abbiamo  almeno  due  do- 
cumenti, l'uno  del  1107,  l'altro  del  iir4,  in   cui  questo 
luogo  è  indicato  :  foris  pontem  Salarium  in  campo  malo  (4). 


(1)  KiEPERT,  Atl  ant.  lo*  ediz.  1890,  tab.  viii. 

(2)  Cod.  Vat.  79 j 2,  fol.  mod.  65. 
(j)  Cod.  Vat.  8048,  fol.  mod.  127, 
(4)  Cod.  Vat.  8049,  fol.  mod.  2  e  4.  In  qualche  altro  documento 

è  chiamAto  Maìnome  equivalente  al  suddetto  (Adtoolfi  cit.  p.  94). 


4 


nigella  Campagna  'Hpmana 


173 


^el  secolo  XIV  spettò  a  Simone  Malabranca,  che  con  te- 
amento  del  26  luglio   1348  lasciò  terreni  da  queste  parti 
una  cappella  di  S.  Giovanni  alla  chiesa  urbana  di  S.  An- 
di  Cohimna,  ora  scomparsa  (r).  Uno  di  questi  terreni 
Srtava  il  nome  di  monte  S.  Lucia;  e  questo  tuttora  si  con- 
V3i   nel   fondo    tra   Ìl  Formcllo  di  Massa  e  macchia  di 
Tor  S,  Gioi'anni,  Finahnente  dirò  che  a  questo  gruppo  di 
c>ndi  appartiene  la  menzione  fatta  dal  Martinelli,  in  prò- 
osito  dei  beni  di  S.  Maria  in  via  Lata,    colle   parole  se- 
jenti:   «  Fuori  di  detta  porta  et  di  U  da   ponte  Salare 
possedeva  (la  detta  chiesa)  una  tenuta  di  rubbìa  82  in 
circa  chiamata  in  alcuni  istromenti  ad  septem  bangos  et 
in  altri  (td  scpUm  van^ora .....  et  bora  è  posseduta  col 
nome  di  MarcigUana  o  ViolauUa  et  sta  nella  parte  del- 
l'isola  per  andare  verso  M.  Rotondo .  et  più  in  U 

dal  detto  ponte  altre  terre  in  Campo  Malo  »»  (2)- 

Trattando  suirorigìne  del  nome  malo  non  sì  è  fatto 

jso  dagli  scrittori  di  un  passo  importante  di  Dionigi  d*Ali- 

taniasso,  il  quale,  descrivendo  la  battaglia  combattuta  tra 

Sabini   e  Romani,  sotto   Tulio  Ostilio,  in   prossimità  di 

loma,  notava  ch'essa  ebbe  luogo  presso  'rijv...  OXijv  xa- 

vfy^^N  (5),  nome,  che  i  traduttori  spiegarono  per  maW- 

tiosam   {syham)    ovvero    maìicusam.    Anche    da   Livio    è 

ricordata  questa  battaglia  col  nome  del  luogo  syìva  mali' 

fiosa  (4).  Vedremo,  ragionando  tra  poco  di  Curi^  come  il 

'solo  GuATTANi  cercasse  una  riproduzione  di  questo  nome 

laggiù,  e  ne  osserveremo  il  poco  fondamento.  Resta  per 

H>ra   evidentemente,    a  mio    credere,    dimostrato    che    in 

^nuesto  punto  la  via  Salaria  entrava  nel  vero  suolo  mon- 

Kuoso  dei  Sabini,  e  n'era  quindi  strategico  il  posto,  come 

H      (1)  Archivio  di  Ss,  Sanctorum,  arm.  IV,  fase.  7,  n.  2. 
(a)  Martinelli,  Primo  'trofeo  &c.  p.  62. 
(5)  Dionigi,  HI,  3$. 
(4)  T.  Livio,  1,  )o. 


^ella  Campagna  ^I(omana 


ni 


laesta  tenuta  fece  parte  del  patrimonio  Barberini,   e   più 
irdi  dei  Falconieri  Carpegna,  che  1*  hanno  posseduta  fino 
li  nostri  giorni.  Ora  spetta  al  duca  Grazioli.  Il  casale,  posto 
Ila  collina,  con  una  estesa  veduta,  non  conserva  memorie 
lonumentali.  ad  eccezione  di  tre  stemmi  marmorei,  l'uno 
Icon  tre  globi  crociati,  intramezzati  da  una  luna  crescente, 
|ralt2X)  con  globetti  dimtnueoti  da  sei  ad  uno,  il  terzo,  nel 
|€X>riile  scoperto,  con  tre  bande  oblique,  della  famiglia  Car- 
ogna (i). 

Capitignario,  che  anche  ora  è  un  fondo  di  286  rubbia, 
le  che  ho  sopra  indicato  come  contenente  il  quarto  di  Tor 
Giovanni  a  proposito  di  Crustumerio,  era  in  origine  un 
Sfondo  più  grande,  secondo  le  vaste  proporzioni,  colle  quali 
ci  si  presenta  nei  documenti  Farfensi  (2).  In  quello  del- 
I  Tanno  1012,  indicato  con  molti  errori  dal  Galletti  (Gatto 
Icit.)  e  che  leggesi  nel  Regesto  Farfcnsc  (3),  troviamo  questo 


I  XIV:  un  peso  con  data  consolare  del  47   (èra   volg.),  frammenti  di 

I  bronzo  e  di  terra  cotta,  un  rythott  di  marmo  con  pam  pani  intagliati 

ed  altri  piccoli  oggetti,  ma  ogni  cosa  proviene  dalla   pianura  verso 

la  Buffalolta,  come  pure    un    pavimento    con   Tritoni   e    Nereidi   in 

bianco  e  nero,  della  stessa  provenienza.  Per  la  solita  confusione  fatta 

dagli  scrittori  moderni  del  suolo  Ftdenate,  col  Cruitutntritw  &c.  la 

lAotixia   di  qualche   monumento  resta   incerta.   Cosi  avviene  per  la. 

I  bcriifonc  metrica  greca  di  Mn\iH\ciììa  ricordata  dal  Nibby  alla  Mar' 

,  ciigliaHa  ma  che  forse  è   di  fidene  (C.  7.  G,  III,  621 1),  imponante 

perchè  è  detta  oell'epìtaffio  figlia  di  un   re  (Ba^iXaìi^;),  cosi  almeno 

fu  creduta  da  lui  e  invano  studiata  dal   Borghesi;   mentre  non  può 

essere  che  la  figlia  di  un  modesto  insegnante  greco  residente  in 

Roma,  che  portava,  come  nome  proprio,  quel  nobile  appellativo, 

I  come  il  Rupilius  ricordato  da  Orazio  {Sat.  I,  7). 

(1)  U  sig.  Vincenzo  Narpovi,  valente  araldista,  mi  ha  latto  os- 
servare che  !o  stemma  colla  luna  crescente  è  dei  Gabrielli,  e  quello 
coi  globetti  è  dei  Micheloni  Frangipani.  Ecco  pertanto  accresciuta 

.  \x  serie  dei  padroni  della  MarcigUana. 

(2)  Galletti,  Gab'w,  pp,  laa,  127,  128;  Primictrìo,  pp.  82,  121; 
l'estarariOf  pp.  9  a  14. 

(3)  R^g.  Far/.  IV,  53. 


Arvhiyio  dttla  R.  Società  roman.i  di  ttoria  patria  Voi.  XV. 


12 


fT« 


G.  TamAssttt: 


mdicJto  andw  come  cdia 
ìBÒ^jaio  nono  fuori  del 
3  Bone  onniie  odo  aitri  fondi  de 
,  e  iexfri  dal  Capilù  e  Capèdtmi  taont 
Pme  ìa  esso  e  paté  màlaL)Ìarà§fimiam%  presso  il  Tere 
Iq  il  bosco»  oc«  cdebamis  le  fieste  iMc^ria  note  nes 
«Òdbi  scmon  (1)1.  La  «eooci   appaitiene  da  molds 
asmi  aToipeiale  A  S.  Giovanili  di  Roou. 

La  fiBBota  £  Saia  CpIìmIm,  ora  F0nummfx\\  ror 
tempo  OB  feoio  éoót»  dal  C^^òìeiiinio  col  quale  en  tmitp^ 
qmòdo  oa  Farfeose^  ed  è  abbastanza  ampio  QSé  rubbu) 
cca  g^  cosi  donni  a  tempo  del  Bocii  vmazo  (2),  ed 
indicalo  come  spenaote  agfi  Altemps  nel  ripetuto 
di  Alessandro  \XL  AI  qnal  proposito,  mi  affretto  a 
no  ricordo  d^ecà  modenu  (secob  xvn),  U  premura  t 
eh      -      -  di  comperare  tmto  cotesto  corpo  di  fondi 
T       .     Sìiberìnì, quando  divenne, come  poi  dirò, signe 
di  AliMMrvAmddL  Imperocché  in  ceni  Avxnà  (dall'estero)  ( 
quell'epoca  si  r  ^'tmps  /  tanio  aharOù  per  questa  1 

petik  £  Sipi;^*.  ^    :    j  il  Barberini)  che.  l  tisohtUssimo  £  1 
V0Ì€r  mm  vmàtrt  al  $%g,  éL  Taidta  U  casale  di  Sonia  Colamkt 
pMio  nel  ttrrUùri}  di  Afi>itlerMMidt?  (5).  Dagli  Altemps  pa 
per  compera  ai  Corsini,  che  T  banno  poi  venduto,  ed 
è  del  signor  Ttttoni<  Con  questo  fondo  noi  abbiamo  rag<J 
giunto  il  celebre  campo  di  battaglia  fra  Galli  e  Romas 
essenv^    I  *  !a  dai  migliori  topogcaii  come  corrispo7i> 

dente  jj,  il  rivo  parallelo  al  Josso  Ji  Santa  Ce 

hmki,  verso  Roma,  che  col  nome  di  fosso  di  Batina 


(j)  Ds  Vrr,  Uxkcm,  s.  t. 

(a)  BocMAUA20,  ìtmtrario  cìl  p.  17.  Un  eptta6o  tnecrko 
mcnuto  fu  rinvenuto  a  SoMta  Ct4omba  e  fu  tra^portJtto  a  SmU  Ma. 
in  StonUn^tPndo  (C.  /,  L.  XIV,  5940,  Burmakx,  Jnth.  L»U,  IV,  a7jì 

<j)  Nell'Archìvio  di  Suto  in  Modena;   di   GK£GORovn;s,    Vr 
l'ano  Vili  àc.  p.  165. 


Della  Campagna  ^T^omana 


179 


3i  a  confluire  nel  Tevere  in  questo  luogo  (i).  I  monaci 
rdi  Farfa  comperarono  Santa  Colomba  nell'anno  io  12,  come 
liiJcviamo  dall'atto  relativo  (2).  Nell'anno  1013   gli  stessi 
3onnci  ricuperarono  il  possesso  del  luogo  medesimo  contro 
l'occupazione  fattane  da  Buccio  di  Gunzone,  come  si  legge 
ic!  giudizio  tenuto  in  Roma  (5).  La  chiesa  dì  Santa  Co- 
lomba è  rovinata.   Le  reliquie  ne  furono  trasportate  nella 
chiesa  collegiata  di  MonUrotondo. 

Anche  del  fondo  Lumaìmm,  che  ho  registrato  per  ul- 
timo nelb  massa  Farfense,  rimase  il  nome  per  molti  anni, 
Lcangiato  in  Loniano  o  villa  di  Santo  Stefano,  e  nel   1241 
[«petrava  alla  chiesa  di  S.  Pietro  in  Vincoli  (4).  Ma  questo 
[nome  di  Santo  Stefano  mi  ha  dato  alquanto  a  pensare.  Esa- 
I  minando  il  documento  Gallettiano  del  1289,  di  cui  ripar- 
;  lerò  fra  poco  sotto  Montcrotondo,  mi  sono   convinto   che 
(questa  denominazione  sia  una  corruttela  della  Villa  di  Ste- 
tfania,  che  coincide  appunto  nel  nostro  luogo  d' osserva- 
zione e  il   cui  nome  risaliva   al   decimo   secolo.  Non   è 
nuova,  nella  campagna  romana,  Tapposizione  di  un  quali- 
Ifìcacivo  di  santità  a  persone  cospicue   che   in  età  ante- 
more dominarono  in  grossi  fondi,   in   ispecie  quando  si 
[tratta  di  nomi  di  santi  popolari  e  quindi  frequenti  come 
[questo. 

Tuttavia  resistenza  in  Montcrotondo  di  una  chiesa  di 
Santo  Stefano,  ora  demolita,  può  farci  rimanere  sospesi  in 
questo  giudizio;  poiché  spesso  dalle  chiese  s'intitolavano 
i  fondi  che  spettavano  ad  esse. 

Montcrotondo.   Seguendo  approssimativamente  Tantica 
Salaria,   che  salisce   presso  la  collina  di  5.  Ilario,  e 


(1)  Cf,  la  recente  monografìa  dei  signori  Huelsen  e   Ljs'DNER: 
\Di*  Alliitahlacht,  R.  1890. 

(2)  Rep  Far/.  cJ.  cjt.  IV,  jj. 
(j)  R^^.  cit.  IV,  H- 
(4)  AoiNOLFi,  p.  Ito,  cUl  Galletti. 


'Della  Campagna  Romana 


i8r 


luon  ci  sembra  estraneo  alla  memoria  deiraltro  illustre  per- 

[sonaggio  (i). 

Come  si  formasse  nel  medio  evo  questo  centro  abitato 

I  niuno  ha  ricercato  finora.  L'articolo  relativo,  neU\'/mi/m  del 
mio  predecessore,  è  lungi  dal  soddisfare  a  questo  e  ad  altri 
quesiti  subordinati  ;  poiché  le  notizie  da  lui  raccolte  non  ri- 
salgono oltre  alla  bolla  Gregoriana  di  S.  Paolo  del  1074.  ^^ 
tentativo  di  silloge  Monterotondese,  che  io  sottopongo  agli 

\  studiosi  della  storia  suburbana,  mi  fornisce  i  seguenti  capi- 

I  saldi  onomastici  che  possono  essere  utili  tanto  per  iscio- 
gliere  il  suddetto  quesito,  quanto   per   ispiegare  il  nome 

I  moderno  di  questo  centro. 

Le  indicazioni  sono  queste: 

Anno     998  campus  rolundns. 

Anno  IO  12  nwm  rotundns. 

Anno  1013  campus  rotutidus. 

Anno  1074  castrum  rolundiint. 

Anno  1286  castrum  motitis  rotwidi. 

Non  mi  fermo  sulla  ipotesi  che  rotundus  sìa  derivato 
1.1  Erttum,  sia  perchè  sono  solito   a  noh  fermarmi  sulle 
[congetture  etimologiche  non  coadiuvate  da  menzioni  di- 
plomatiche, sia  perchè  non  veggo  la  necessità  e  la  ragione 

V        (0  CoRN.  Nep.  in  AUko,  14.  Non  ci  fermiamo  a  discutere  se 
<)uellc  lapidi  provengano  dalla   collina   o   da)   piano,  essendo  certo 

Icbe  spettano  al  suolo  circostante  (C  /.  L.  XIV,  39^2  a  ^940).  Anche 
un'altra  lapide  trovata  all'osteria  delle  Capannoh,  insieme  a  quella 
<Ji  Marziale,  porta  un  gentilizio  identico  Ti  Julius  Komauiis  (ivi  J957). 
E  poiché  sto  ricordando  le  scarse  anticaglie  di  questo  luogo,  noterò 
il  cippo  di  Cocceia  lusta  scrìtto  due  volle,  perchè  posto  orìginal- 
^  meotc  in  un  bivio,  e  poi  presso  la  chiesa  di  S.  Ilario,  raa  ora  «com» 
Sparso.  Ricorderò  anche  gli  scavi  ai  Cappuccini  vecchi,  ovvero  Casali 
Ks.  Mattio  narrati  dal  Guattani  (Motwm.  Sahim,  II,  354).  S'intende 
Hcbe  tutto  ciò  deve  considerarsi  in  associazione  a  quanto  fu  sopra 
indicato,  a  proposito  delle  antichiti  di  Mititana,  appartenendo  Mon- 
Uroiondo  a!  suolo  Somcntano. 


f  .  •  .     _ 


.  rè'.idvi  ti- 

:r.=  1.  Mine 

i.zr.  ".uogiù 

'..1  Tcàcini, 

:;-.:-=   ì:;  ".  ìenzi  che 
.i";iif.^i   ej  oscuns- 

::  -   !_;_;  i^:  Ct^szctì 


:...:  V  =  ^...i:.i 


un 


^ella  Campagna  l^mana 


1S3 


àc    campo  rotundo  intervengono  con  personaggi  importanti 
(tra    cui  un  Cresccnthis  nobilis  vir  a  puteo  de  Probu)  al  pla- 
cito   concluso  in  Roma  tra  Benedetto  conte  della  Sabina 
e  Ugo  abate  di  Farfli,  riguardo  alla  corte  di  S.  Getttlio  ed 
al  castello  di  Tribuco  (Reg.  Farfcmc,  ed,  cit.  111,  141). 

2"     IDI 2,  settembre.  Giovanni  prete,  figlio  di  Pietro, 
dona  alcuni  beni  al  monistero  di  5.  SifnconCf  qtiod  est  aedi- 
fica  fnm  in  pedi,   montis   rotiuidi  (Jicg.  Far/,   cit.  IV,    no). 
I  Tondi  da  lui  assegnati  sono  posti  alquanto  lontano,  cioè 
^ul   tronco  della  via  Salaria  al  di  là  di  Corn'se;  e  perciò 
10  non  debbo  qui  riprodurne  i  nomi.  Soltanto  debbo  no- 
mare che  il  monistero  di  5.  Simeone  è  ora  scomparso,  e  che 
doveva  guardare  il  Tevere,  essendone  tuttora  conservato 
*'    nome  nel  prato,  che  si  estende  sulla  sinistra  della  via 
^^.laria  moderna,  presso  Posteria  Frati:^etti. 

3°  IO  13,  20  maggio.  Gregorio  (^nobilis  vir^  dona 
^^  badia  di  Farfa  due  casali  posti  a  quindici  miglia  dal 
P^rix:^  Salario,  nel  luogo  detto  campus  rotundus  (Rcg^  Far/, 

4°     1074,  U  m;irzo.  Gregorio  VII,  nella  sua  nota 

c>ll  ^^  enumerante  i  beni  del  monistero  di  S.  Paolo  fuori 

^     ^*:^^»^ura,  confermò  a  questo  i  seguenti  fondi,  che  appar- 

■^^^^ono  al  sito,  del  quale  si  ragiona,  vale  a  dire:  poium 

-^^^umttttana  cum  omnibus  stus  eccksiìs  atque  pertinetitiis, 

^^-^  Mrum  RoUmdtim   cum   ecclesia  Sanclac    Reparaiac,    atque 

y^'^-^'mim  quae  vocalur  de  Sancta  Rcparata  (Bull,  Casin*  ediz. 

^-^^ «iGARiNi,  II,  107).  Questa  memoria  si  collega  coH'altra 

^^'^^ta  sopra  nella  serie  di  quelle  di  Mentana  (n.  7);  poiché 

J^      ^^ddita  essere  il  monastero  di  S.  Paolo  succeduto  al  Far- 

^*->^5e  nel  possesso  di  questi  luoghi,  fin  dal  secolo  xi. 

5"     II 52,    6    novembre.    Iscrizione   nella   sagrestia 

^Xla  chiesa  collegiata:  Atmus  milkn.  ccnten.  quinquaqucgen, 

^~^      et  bin  xpi  cum  xpe  mori  vohnsti  —  tcrtius  eugenius  papatum 

9  *»  regebai  —  presule  Corrado  dom  hec  sacrata  fiebat  —  in  qua 

^^ornm  sacramta  recondidit  orum  —  discipuli  xpi  venerandi 


*Z)t»//a  Campagna  Romana 


185 


presso  la  detta  Grotta ,  e  rappresenta  le   antiche  e  già  sa- 
lubri a4]uai  Liibanac  designate  dagli  antichi  (i). 

7'  1289.  L'abate  di  S.  Andrea  in  flumine  di  Pongano 
prende  io  atfitto  dall'abate  di  S.  Silvestro  in  capiti  di  Roma 
il.ane  terre  e  selve  in  Monte  Rotundo,  uhi  dicitur  Tusci- 
àuìnum  (dall'archivio  di  S.  Paolo,  Galletti,  del  Primicerio, 
p.  550).  Non  mi  è  riuscito  di  rintracciare  questo  nome; 
n dimeno  dovette  essere  non  lungi  da  Grotta  Maroi^a, 
perchè  i  confini  additati  nel  documento  sono  :  via  publica, 
petrat  e  villa  Stcphaniae,  e  questi  mi  sembrano  corrispon- 
dere, il  primo  alla  via  che  parte  da  Monterotondo  verso 
la  Sabina,  il  secondo  nel  terreno  fra  questo  e  Grotta  Ma- 
^o'xa,  detto  anche  adesso  U  pit'trare,  e  la  villa  di  Stefania 
nel  territorio  della  ripetuta  Grotta,  come  si  deduce  dal 
nome  storico  del  medio  evo,  trasformato  anche  in  villa 
Santo  Stefano,  come  ho  notato  nella  storia  di  Santa  Co- 
lomba. 

8*     1392,    2   ottobre.    Quando   il    pontefice    Boni- 
jfacio  IX  volle   abbandonare  Roma,   perché  turbata  dalla 
'insurrezione,  e  recarsi  a  Perugia  per  sedarvi  altre  turbo- 
lenze» iect  la  sua  prima  stazione  in  Monterotondo  (Marini  G. 
\uir€hiatrit  II,  52).  La  data  del  17  ottobre,  assegnata  da 
parecchi  scrittori  a  quella  partenza,  è  sbagliata. 

9*"  Secolo  xiv-xv.  Nel  manoscritto  romano,  ora 
della  biblioteca  di  Siena,  contenente  i  diritti  del  sale  del 
comune  di  Roma  sul  distretto  di  essa,  Monterotondo  è  tas- 
sato per  trenta  misure  di  sale.  Quantunque  questo  mano- 
scritto sia  del  tempo  di  Nicolò  V,  nondimeno  contiene 
iadicaziont,  che  risalgono  certamente  fino  al  secolo  xiv, 
come  osserva  giustamente  il  coram.  Db  Rossi,  che  mi 
fornisce  questa  norizìa,  e  che  fra  breve  darA  alla  luce  questo 
importante  registro.  Dunque  Monterotondo  aveva  in  quel 
tempo  numerosa  popolazione. 


{1}   StRABON'E,   V,   238;  FORBXGEK   CÌL  HI,  457. 


i8^ 


G.  Tomassetti 


IO**     141 4,  23  novembre.  Tregua  di  circa  un  inm», 
tra  Battista  Savelli  e  suoi  figli,  anche  a  nome  di  Frinccsco 
e  Ant.  Savelli   di    Cecco  (?)  da    Palombara   e  Giovjnni 
Paolo  Mareri,  per  le  loro  cittA  e  castella  da  una  pane,  1 
Francesco  Orsini  anche  in  vece  di  Carlo  e  Or - 
fratelli  Poncello  Bertoldo  Gentile  e  Giacomo  di  i 
di  Battista  Orsini  contessa  d'Anguillara,  Everso  e 
suoi  figli,  di  Lucrezia  moglie  di  Orso,  di  Rainaldo  Orsini,! 
pei  castelli  di  Cor  chiana,  Co  lU  lungo   e   Xtontirotofuio,  ii'tl 
presenza  di  Giacomo  cardinale  di  S.  Eustachio  legare  in 
Roma,  sotto  pena  di  10,000  ducaci  d*oro  pd  trasgrcv  ;: 
rog.   Giacomo   fu    Sebastiano  di   Civitacastt'^  <"  >     t  ijua, 
(archivio  Orsini,  II  a,  perg.). 

II*    1420.    e  Sotto  Martino  V,   fece  morire 
«  quelli  ladri  che  rubavano  da  Monkrotonno  a  Can]; 
M  lo  signor  Ulisse  da  Magnano  et  lo  signore  d 
«  lupo  »  (Infessura,  ed.  cit.  p.  24). 

12*    1433.  Dopo  l'incoronazione  di  Sigismondo^ 
Roma  scoppiò  una  guerra  eccitata  da  Filippo  Moria  Vi 
sconti  e  dal  Concilio  di  Basilea.  Nicolò  Fortebraccio, 
era  stato   già  comandante   delle  milizie  pontificie,  ma 
era  disgustato  con  Eugenio  IV,  perchè  mal  rìcompeosaic 
venne  ad  assalire  Roma,  «  Il  signor  Nicolò  «,  nota  un  dia 
rista,  «  si  ridusse  in  Vetralla,  e  di  poi  se  n'andò  a  Ca 
«  stelnuovo,  ed  intesesi  con  Colonnesi  e  con    loro 
0  prese  Tiboli  e  Monte  Ritondo,  e  fece  grandissimi  da 
«  a*  Romani,  e  dette  gran  sospetti  al  papa  »  &c.   (Ké 
di  Gino  Capponi,  in  R.  I.  S.  XVIII,  1179).  Naturalmeni 
questa  terra  essendo  Orsina,  e  perciò  dalla  parte  di  Ea 
genio,   veniva   assalita   di   preferenza,   come   base    ve 
Roma.  Tutti  ricordano  come  questa  guerra  finisse 
vittorie  del  famoso  cardinal  Vitellcsclii,  colla  caduta  delll 
casa  Colonna  e  col  trionfo  degli  Orsini,  quando  Eugenio  1} 
nel  1435  investi  Francesco  Orsini,  il  primo  duca  di 
vina,  della  prefettura  di  Roma, 


Km~ 


^Della  Campagna  Romana 


187 


'S**  '453-  «  U'i  magiskr  Petrus  da  MonUrotondo, 
a  medico,  partigiano  di  Stefano  Porcari,  fu  fatto  prendere 
«  dal  papa  (Nicolò  V)  e  tagliar  la  testa  con  altri  alla  Città 
«  di  Castello  »  (Infessura  cit.  p.  $6;  d.  Pastor,  Gesta 
Romanorum  nova  in  confusionem  eorum,  p.  6^9-70  e  la  nota 
del  ToMMASiNi  con  emendazione). 

14"  1455.  Un  «  Santo  da  Montcrotondo  huomo 
«  d'amie  venuto  alle  mani  per  uno  ragazzo  con  un  altro  del 
«  conte  Averso  e  ferironsi  a  morte,  ne  venne  una  guerra 
«  tra  Orsini  (Napoleone)  e  Anguillara  -  e  fu  il  nuovo 
o  papa  Calisto  li  che  fece  cessarla  (Infessura  cit.  p.  59). 
15°  1458,  21  giugno.  Pio  II,  partito  da  Roma  per 
la  Crociata,  che  poi  non  potè  eseguire,  sbarcò  dal  Tevere, 
presso  il  quale  aveva  passato  due  notti  (essendo  partito 
il  19)  presso  Monterolondo,  ove  fu  accolto  dagli  Orsini 
con  magnifica  pompa.  Mons  rolnndus^  si  legge  nei  noti 
_  comeniarii,  non  ignobile  oppiditm  frumenti  vinique  ferax  et 
U^altndo  pecari  commodissimum  duodecimo  (sic)  ab  urbe  lapide, 
^mfi  ittter  Crustumcnos  poùtum  est, 

V  16"     1474,  9  febraro.  Nel  registro  della  gabella  dello 

U studio  degli  anni  1473- 1474  si  legge:  «  A  la  detta  ca- 
«  bella  a  di  detto  fiorini  otto  et  un  terso  romani  per  man- 
8  dato  de  conservatori  et  reformatori  de  dì  xxiiii  de  gcn- 
«  naro  a  mastro  Antonio  do  MonUrotondo  conducto  in 
BsK  metaphisica  ordinario  prò  eius  prima  terciaria  »  (Ar- 
cliivio  di  Stato  in  Roma,  Rcg.  cit.  fol.  xxxvi,  r,). 

17**  1485,  6  decembre.  Nella  guerra  Orsina  Colon- 
nese  di  quest'anno  si  combatte  tra  il  ponte  Nomentano 
e  le  terre  Sabine;  e  un  cronista  nota  :  «  alli  6  dicembre  gli 
V  Orsini  hanno  messo  fuoco  in  Montcrotondo  «  (Nanti- 
PORTO  in  R,  L  S.  Ili  B,  1097). 

18*  X486,  gennaro.  Ai  primi  dell'anno,  Roberto 
Sanseverino  scacciò  gli  Orsini  da  Mentana.  Il  giorno  7 
prese  Montcrotondo  ed  altri  paesi  vicini  (Infessura  cit. 
1>-  '95)- 


i88 


G.  Tomassetti 


19**  148^,  4  marzo,  «  Fu  pigliato  lacomo  di  mastio 
•  Cristofaiio  Ferraro  a  Monte  Ritondo;  fecelo  pigliare  il 
«  cardinale  Orsino,  e  fecegli  dare  di  molta  corda.  AUi  7 
«  fu  strascinato  il  detto  lacomo  per  lutto  monit  RofOftdfi 
«  et  appiccato  ad  una  noce  fuor  della  terra.  Mandò  il  padre 
a  per  lo  corpo  con  un  mulo,  e  con  la  cassa,  e  ritornò 
«senza,  che  il  cardinale  noi  volle  rendere.  Alli  11  certi 
a  uomini  d'arme  e  cavalli  leggieri  e  fanti  delia  chiesa  pi- 
«  gliarono  otto  uomini  d'arme  e  sei  fanti  degli  Orsini  e  li 
«  menarono  a  Roma.  Alli  16  si  partirono  quattro  turchi  t 
(NA>mPORTO  cit.  p.    iioo). 

20°  148^,  30  maggio.  «  Giulio  Orsini,  uno  dei  si- 
«  gnori  di  Mouttrotothìoj  tradì  la  consegna  e  fece  entrare 
«  i  napoletani  -  fu  quindi  carcerato  da  Roberto  Sanseve- 
«  fino  )»  (Infessura  cit.  p.  200). 

21"  i486,  2  luglio.  Il  duca  di  Calabria  prese  Piana 
e  Monteroton4o,  che  il  cardinale  Orsino  confessò  di  tenete 
per  la  Chiesa  (Idem,  p    210). 

22"  i486,  4  agosto.  «  Il  cardinal  dì  S.  Angelo  sù- 
«  mimortuHS  a  mezzanotte  navigò  pel  Tevere  e  giunse  al 
0  campo  del  duca  di  Calabria  a  Montt  Rotondo  e  ritornò 
«  così  in  secreto,  e  trattò  della  pace .  . .  che  fu  poi  fatta  t 
(Idem,  ivi). 

25°  1494»  II  settembre.  Breve  di  Alessandro  VI 
a  Virginio  Orsini,  in  cui  gli  notifica  avere  i  Colonneà 
presa  con  fraude  la  fortezza  di  Ostia.  Gli  ordina  di  avvi- 
cinarsi colle  milizie  a  Montcrotondo  (Archivio  Orsini»  II  a, 

24°  150J,  5  gennaro.  Dopo  la  tragica  fine  dei  ne- 
mici di  Cesare  Borgia  avvenuta  in  Sinigaglia,  furono  ab- 
battuti gli  Orsini  anche  in  Roma  e  nella  campagna,  lofrè 
Borgia  marciò  su  Montcrotondo  e  se  ne  impadronì  (BuR- 
CKiiARD,  &c.  ad  an.). 

25®  15 17.  Il  cardinale  Bandinelli  De  Saulis  com- 
plice del  Riario,  del  Petrucci  e  del  Soderini  nella  cospira- 


^eila  Campagna  'T^omana 


I 


I 


acne  contro  Leone  X  fu  rinchiuso  aella  torre  di  Monte- 
rotondo,  e,  dopo  qualche  tempo,  fu  liberato  per  intercessione 
di  Francesco  Cybo  cognato  di  Leone  stesso.  Si  crede  che 
sia  morto,  non  senza  sospetto  di  avvelenamento,  in  questa 
terra.  Altri  dicono  che  infermò  a  Monterotondo  e  mori  in 
Roma  (BiZARRi,  Htst,  Gcn.  XIX,  448). 

26°  1552,  22  giugno.  Convenzione  tra  Paolo  Or- 
sini, Gio.  Battista  e  Giordano,  dì  conservare  il  castello  di 
Montiroiondo  (Archivio  Orsini,  II  a,  perg.). 

27°  1552,  24  giugno.  Pareggio  dei  conti  e  divisione 
dei  feudi  tra  Paolo  Emilio,  fu  Valerio,  Orsini  cui  fu  dato 
Corese  e  suo  territorio,  a  Giovanni  Battista  Collevecchio 
e  Ciciliano,  a  Fulvio,  zio  di  Battista,  Torrita  e  sue  terre, 
a  Giulio  Monterotondo  e  sue  terre,  col  patto  di  non  alie- 
narle che  ai  membri  della  famiglia  Orsina,  rog.  Ottaviano 
Vcstri  notaro  della  R.  C.  A.  (Arch.  Orsini,  II  a,  perg.). 

28**  1557.  Nella  guerra  ispano-pontificia,  sotto 
Paolo  IV,  nella  campagna  romana,  Monterotondo  venne  oc- 
cupato, come  Tivoli,  dal  duca  d'Alba  (i). 

29*  J558,  22  giugno.  Sommario  riguardante  la  di- 
visione di  Monterotondo  tra  Paolo  Emilio,  Giovanni  Bat- 
tista e  Giordano  Orsini  (Archivio  Orsini,  loc.  cit.). 

30*  1579,  50  ottobre»  Statuto  di  Monterotondo  fir- 
mato da  Franciotto  e  Raimondo  Orsini  (Archivio  di  Stato, 
mss.  524,  1). 

31*  Conferma  di  esso  statuto  con  sigillo  della  co- 
munitd  (ivi). 

(t)  «  Si  crede  da  motti  che  se  il  Duca  havesse  spinto  l^essercito 
avanti,  sì  sana  potuto  ìtnpadronire  dì  Roma.  Ma,  alloggì.iiolo  in 
Tinoli,  Monkroicndo,  VuhnontoiH,  Palombaru  et  quei  coniorni  como- 
«  dacnentc,  sì  attese  per  molti  giorni  a  fare  ch'egli  si  rihavesse, 
«  perchè  havea  patito  molto  et  s'aspettavano  tre  altri  colonnelli 
d' italiani,  che  di  nuovo  havcva  il  Duca  comandato,  che  si  assol- 
icro  nel  Regno  »  (Andrea  Aless.  Dilla  gmrra  di  campagna  di 
ite.  l'anno  ti$6  t  fj,  p    17. 


193 


fla  Can 


\ 


^.  Nel  c;impo,  cioè 
lauro  in  basso- 
coarmorea  con 
'  ."all':  Giordano, 
-rafica  di 


\yo\ 


--uà 


.tu 


genn. 
\\c\  notaio 
date,  che  ho 


^  -di  <ii  ^'"^" 
figUa, 

>8  anni, 
to  n<^^ 
di 
*Ua 


o 


.«re   date,  cut   ""       ^ 

•^^^   !  dei  signor  pnnciV 


cortesia  «le»  "|      ^  cerisi",  v- 
^o     j699»^>      ^^^  cotnP^^^^^'*"       ,.,,;  del  notaio 

4°    f"tdeU'ecc.mo  signor  duca^^^^^j^;,i„  d. 
ca  DomcnJW  ^^__,,^,. 

4é"     '7'*-  ^„el  suo  m«rifflon.o  -^""J^p,,,. 
}0,ooo  A"'«'^" 


190 


G.  Tomassetti 


32"  aprile.  Muore  Valerio  Orsini,  ultimo  possessort 
di  Monterotondo,  II  figlio  Paolo  Emilio  ne  vuole  ritenere 
il  dominio:  e  ciò  dà  occasione  a  vertenze  con  Francesco 
ed  Arrigo  Orsini,  Parecchie  carte  sono  tra  qaelle  delU 
Congregazione  dei  Baroni  (Archivio  di  Stato). 

53°     ^594»  5^  maggio.   Conferma   di   esso   statuto  I 
fatta  da  Paolo  Emilio  Orsini  e  da  Emilia  Orsini  Anguil- 
lara  (ivi). 

34"    Medesima  data.  Omaggio  di   fedeltà   presuto 
dagli  abitanti  di  Montcrotondo  a  Paolo  Emilio  Orsini.  Pro- , 
testa  di  P.  E.  Orsini  contro  la  subasta  dei  beni  di  MsnU-x 
rotondo  (Archivio  Orsini,  loc.  cit), 

}^°  1 601,  25  febraro.  Nuova  conferma  dello  sta-i 
tuto  di  Monierotondo  fatta  da  Franciotto  Orsini  (Archiviai 
di  Stato,  loc.  cit.). 

3^*  1604.  Arrigo  Orsini  fonda  la  primogenitura  dì 
Montcrotondo  (Luta  cit.  tav.  ix). 

57"    1615,  27  aprile.  Ordine   da   aggiungersi  allo 
statuto  suddetto,  di  Franciotto  suddetto,  firmato  in  Mon-- 
lerilondo.  Egli  ne  possedeva  la  meti,  e  ne  comperò  l'altra. 
Mori  in  quel  comune  nel  1^17,  e  vi  fu  sepolto  con  iscri- 
zione. 

38*»     1622,    Causa    Sahinmsis   castrorum  tra   Paolo 
Emilio  e  Francesco  ed  Arrigo  fratelli  Orsini,  circa  il  pos. 
sesso  di  Monierotondo  in  vigore  del  fidecomraesso  di  n 
miglia  (Archivio  Orsini  loc.  cit,). 

39"  1622,  25  gennaro.  Obligazione  di  Paolo  Emilio 
Orsini  a  f,ivore  di  Giovanni  B.ittista,  con  cui  promette  di 
vendergli  metA  di  Montcrotondo  per  32,500  ducati,  ove  la 
ricuperi  dagli  eredi  di  Franciotto,  coi  quali  sta  litigando 
(Archivio  Orsini  loc.  cit.).  Con  questa  notizia  si  corregga 
il  LiTTA  (tav.  cit.)  ove  asserisce  essere  stato  Monttrottmdo 
venduto  da  Paolo  Emilio  nel  1^20. 

40°  1623.  Breve  dì  Gregorio  XV,  in  cui  accordasi 
ai  fratelli  Francesco  ed  Arrigo  Orsini  la  facoltà  di  creare 


^ella  Campagna  ^^pmana 


f 


uno  o  più  censi  fino  alla  somma  di  scudi  60,000  da  im- 
porsi sul  feudo  di  MonttrolondOf  per  pagare  i  creditori  e 
Uciure  le  liti  pendenti  presso  la  Santa  Rota  (Arcliivio 
Orsini,  loc.  cit.). 

41**  \626.  Vendita  di  Monterotondo  a  Carlo  Barbe- 
rini, fratello  di  Urbano  Vili,  fatta  da  Arrigo  e  Francesco 
che,  morendo  per  ultimo  ai  21  settembre  1650,  chiude 
oscuramente  la  linea  famosa.  La  vendita  fu  in  pane  per 
scudi  135,000,  ai  18  gennaio,  parte  per  scudi  25,000  ai 
19  novembre  (Atti  del  notaio  Fonthià.  Nessuno  scrittore 
ha  verificato  queste  date,  che  ho  tratto  dall'archivio  Bar- 
berini, per  concsia  del  signor  principe  don  Luigi). 

42**  1649.  Causa  Romana  cettsus,  tra  Orazio  Orsini 
ed  Angelo  Vitelli  per  censo  di  scudi  10,000  sul  castello 
di  Monterotondo  (Archivio  Orsini  loc.  cit.). 

43°  '^99»  5  novembre.  Francesco  marchese  Grillo, 
poi  duca  di  Mondragone,  compra  Monicrolondo  dal  cardinal 
Francesco  Barberini  per  scudi  275,000  (Atti  del  notaio 
F:izii).  Rimane  di  questa  nobile  fiimiglia,  ora  passata  nella 
Giustiniani- Bandini  di  Roma,  una  memoria  topografica 
molto  modesta,  cioè  Ìl  nome  della  Osteria  del  Grillo,  nella 
pianura  presso  il  Tevere,  ov'è  il  passo  della  barca. 

44"  Bandi  generali  da  osservarsi  in  tutti  1  luoghi 
della  giurisdizione  dell'eccrao  signor  duca  di  MotUcrotondo, 
del  duca  Domenico  Grillo  (stampato  -  nell'archìvio  di 
Srato,  n.  488,  II). 

45®  Passaggio  di  Carlo  di  Borbone  per  Monterò- 
tondo,  nella  sua  impresa  di  Napoli  (schede  Giorgi  alla 
biblioteca  Casanatense,  fascicolo  xvi). 

46^  1738.  Maria  AmaUa  figlia  del  re  di  Polonia 
recandosi  a  Napoli,  pel  suo  matrimonio  con  Carlo  III, 
$i  ferma  in  Monterotondo,  e  vi  è  festeggiata  dal  Duca. 

47"  1744,  t6  maggio.  Nella  guerra  per  la  succes- 
^Sioned'.^ustria,  si  fecero  in  Monterotondo  approwigionamenri 
per  30,000  Austriaci  comandati  dal  principe  di  Lobkowitz. 


1^2 


G.  Tomassetti 


In  quel  giorno  vi  giunsero  più  di  mille  Ussari,  e  si  coswà 
un  ponte  sul  Tevere  (Sforza-Cesarini  Francesco,  Lm 
gìurrd  di  Vflìetrìt  Roma,  1891,  p.  49). 

48°     1814,    28   maggio   (e  non    1825    come  nd  | 
NiBBY  e  negli  scrittori  dipendenti).   Vendita  di  Monìao*\ 
tondo  e   Tor  Mancina  fatta  da  Agapito  Grillo  al  principe 
Luigi    Boncompagni  per  65,000   scudi  (Atti    Lui^^   Gii* 
lesani,  verificato  nell'archivio  Boncompagni). 

49'»  1845,  6  ottobre.  Gregorio  XVI  visita  Monuro- 
tondo,  ov'è  ricevuto  con  gran  festa,  ed  egli  fa  liberare  i 
carcerati,  e  concede  al  comune  il  titolo  e  i  privilegi  di] 
città  (^Diario  di  Roma,  a.  d.  suppkmmto,  e  lapide  relativi 
collocata  neUa  piazza,  nella  quale  non  si  fa  parola  della 
concessione  del  titolo  di  città,  perchè  questa  è  di  data  po- 
steriore, cioè  del  mese  dì  novembre;  cf.  Moroki,  LXXVI,  ' 

P-  52). 

50"    1853,  6  ottobre.  Visita  di  Pio  IX,  solennemente 
accolto  (lapide  commemorativa  nella  facciata  della  antica  | 
residenza  comunale). 

51°  1867,  25  ottobre.  Giuseppe  Garibaldi  espugni' 
Monteroiondo,  e  vi  forma  il  suo  quartier  generale  per  ope- 
rare su  Roma,  e  ne  parte  il  3  novembre  per  affrontare  ij 
Francesi  e  i  pontifici  nella  battaglia  di  Mentana  (Lipide 
relativa  sull'esterno  de!  muro  presso  la  porta,  ed  altre 
iscrizioni  poetiche  wqW* ossario  alla  passeggiata  che  conduce 
a  Mentana). 

Dopo  tutto  ciò  che  si  è  detto  su  questo  centro  rag- 
guardevole delle  vicinanze  di  Roma,  non  mi  resta  che  aj 
ricordare  le  moderne  iscrizioni,  che  vi  sono  conservate, 
ma  tutte  edite  (Spkrandio,  Marocco  e  Piazza)  e  perciò 
da  non  ripetersi.  Fra  queste  importantissima  è  quella  di 
Giordano  Orsini  morto  nel  1484,  sepolto  nella  chiesa  di 
S.  Maria,  con  un  monumento  di  sommo  valore  artistico, 
qual'è  la  sua  statua  equestre,  minor  del  vero,  in  marmo 
(il  piede  sinistro  è  mal  ristaurato  in  maiolica)  che  arieggia,  \ 


I 


come  suol  dirsi,  uno  stile  fiorentino  (i).  Nel  campo,  cioè 
accanto  alla  figura,  si  vede  una  pianta  di  lauro  in  basso- 
rilievo. Il  tutto  è  racchiuso  in  un'edicola  marmorea  con 
vaghissime  figure  in  rilievo.  Il  nome  di  Falle  Giordano, 
fra  questo  comune  e  Mentana,  è  memoria  topografica  di 
<juesto  rinomato  capitano.  Vi  sono  anche  le  lapidi  di  Fran- 
dotto  Orsini  (morto  nel  1617),  di  Violante  sua  figlia, 
moglie  di  Francesco  Bonfigli  (morta  nel  1650,  a  28  anni, 
mentre  era  colà  a  villeggiare)  e  di  Paolo  Orsini  (morto  nel 
1554).  Oggetti  di  artistico  valore  sono:  il  quadro  di 
Santo  Stefano,  attribuito  erroneamente  al  Mantegna,  nella 
chiesa  di  Sant'  Ilario,  quello  del  Purgatorio  di  scuola  bo- 
lognese, e  l'altro  dei  Ss.  Filippo  e  Giacomo  dì  Carlo  Ma- 
ratta, nella  chiesa  collegiata.  Il  palazzo  baronale,  ora  del 
Comune,  che  sorge  sul  castello  del  medio  evo,  è  adorno 
di  buoni  affreschi,  ma  di  non  celebri  autori.  Non  vi  ai 
ravvisano  avanzi  anteriori  all'epoca  dei  Barberini,  ad  ecce- 
zione di  una  bellissima  cisterna  marmorea  nel  secondo 
cortile,  eh'  è  Punico  monumento  degli  Orsini  in  quel  pa- 
lazzo. É  in  forma  di  terrma,  sagomata  con  gusto;  e  porta 
nel  corpo  due  stemmi  a  rilievo,  l'uno  di  un  papa  di  casa 
Medici,  l'altro  di  un  cardinale  Orsini.  Le  stanze  dipinte 
nell'appartamento  gii  del  principe,  sono  quattro,  compresa 
la  cosi  detta  galleria,  sulla  cui  vòlta,  a  mezza  botte,  è 
rappresentato  T  Olimpo,  Importanti  sono  le  pitture  del 
sordino  della  stanza  centrale,  che  figurano  la  storia  di 
Diana.  La  veduta,  dall'alto  della  torre  del  palazzo,  è  sor- 
prendente. 

Grotta  Maroiia.  Più  volte  ho  nominato  questo  luogo, 
tanto  m  proposito  di  Mentana,  quanto  di  Monicrotondo. 
Non  y'é  alcun  fondamento  letterario  o  monumentale  per 
supporre  in  esso  la  esistenza  dell'antico  Eretum^  città  Sa- 


(1)  Fu  publlcato  dal  Litta  nei  monumenti  in  corredo  del  volume 
At.htvi'}  jrua  h\  ><>ci:t.i  roniiìiKi  di  ttoria  pmM>x.  Voi.  XV.  1} 


194 


G.  Tomassett: 


bina  di  mediocre  importanza  storica  (i).   Il  cermorìoi 
essa  fu  teatro  di   sanguinose  battaglie  tra  Sabini  e  Ro 
mani,  perchè  rappresenta  l'altipiano  Sabino  più  TÌdool 
Roma  (2).  Per  la  medesima  ragione  questo  luogo  dove 
essere  fortificato  e  abitato  nell'etA  di  mezzo,  e  d,t  chi  avcv^ 
interesse  di  farlo.  Ora,  dopo  ciò  che  si  è  veduto  in 
posito  di  Nomtnto,  quale  famiglia  doveva  occupare  quc 
punto    strategico,  se  non  quella  dei  Crcscenzi  ?  Il  non 
di  Maro\;^a,  evidentemente  identico  a  Marc:^ia,  Taltio 
Stefania  già  pure  ricordato  in  questi  dintorni,  coincide 
pertanto  colle  memorie  dei  Crescenzi.  Sopra  una  rupe  > 
care,  alta  sul  livello  del  mare  143  metri,  sorge  il  castcli< 
del  quale  ho  potuto  osservare  con  agio  gli    avanzi, 
cortesia  del  signor  Giuseppe   Lodi  affittuario    della 
Boncoinpagiii.  Si  veggono  due  avanzi   di   avancorpi  dd 
primo  muro  dì  cinta,  sul   ciglio   della   rupe.  Nella  pa 
estrema  di  questa^  cioè  verso   nord,  era  ed  6  piantato 
castello  ricinto  di  un  rettilineo  antemurale.  Anche  la  grii 
torre  centrale  è  rettilinea,  e  doveva  essere  altissima.  Or 
nella  parte  supcriore  è  più  piccola  che  nella  inferiore, 
h  costruzione  delhi  pane  superiore  è  più  recente.  Nell'in 
icrno  della  torre  si   riconoscono   tre   piani.  AdL-renti  .iUil 


(1)  Il  NiBBy  ha  raccolto  le  menwric  storiche  di  Rrtto  {AndA 
147)  e  ha  procurato   di   sforzarle  a  provare  che    Er^tc  fo  a 
XUroixa,  L'uriica  ragione  topografica,  più  seria  che  !e  letterarie  ili 
tal  caso,  mi  sembra  la  vicinanza  di  questo  luogo  al  btvJo  Sa 
NoiTicntano,  ch'era  presso   il   silo  detto  Gattaciccd.  Neil'  incontro 
due  grandi  strade  antiche  è  quasi  certa  resistenza  di  antichi  centi^ 
Comunque  sia,  è   singolare   la  scomparsa  di  questa  città,  che  pu 
trovasi  marcata  nella  Carta  Peutingerianal  Ercto  tu  la  prima  staxioo 
postale  antica  della  vìa  Salaria,  secondo  l'itinerario  detto  di  Anto 
nino  al  miglio  xviii  da  Roma  (Wesseling,  p.  jo6). 

(2)  Celebre  per  la  strage  di   lo.joo  Sabini  fu  la  battaglia  vinti 
presso  Curi  dai  Romani  neiranno  500  avanti  Tira  volgare  (DiONii 
V.  49). 


7)tr//a  Campagna  *1(fjniaua 


195 


sono  tre  stanze  per  abitazione.  Dalla  parte  nord  e 
ill'angolo  nord-ovest  sì  osservano  importanti  fortificazioni 
>ndate  sopra  una  serie  di  archi  egregiamente  costruiti. 
Questa    bellissima  costruzione   è  tutta  praticabile  ancora. 

farebbe  utile  il  rilievo  e  la  illustrazione  di  questo  impor- 

mtc  monumento  della  campagna  romana.  Lo  stile  della 

ibbrica  della  fortezza  e  dei   muri    esterni  è  di  rettango- 

ti  di  selce  ed  anche  dì  pietra  calcare,  non  regolarissimi 

ime  quelli  del  1200,  aia  di  assai  più  antica  fattura.  Dopo 

Crescenzi,  questo  fondo  venne  in  possesso  dei  monaci 

li  S.  Paolo,  come  rilevasi  dalla  ripetuta  bolla  Innocen- 
ìana  del  1203,  confermata  dalle  successive  fino  al  1236  (1). 
^ome  si  è  veduto  essere  successo  in  Monterotondo,  così 

|vvenne  in  Grotta  Maro-;^a,  che  cioè  gli  Orsini  sottentra- 
wo  al  monistero  di    S.  Paolo.  Infatti  nella  giA  riferita 

livlsione  del  patiimonio  Orsini  del  12S6,  troviamo  questo 
jogo  tra  i  confini  di  Monterotondo,  ma  senza  il  nome  di 
Itro  possessore;  la  qual  cosa  induce  a  credere  che  spettasse 

^  cugini  od  agli  zìi  degli  eredi  di  Rinaldo.  Ciò  è  confer- 
iate anche  da  documenti  posteriori,  dai  quali  rileviamo 
ile  gli  credi  di  Giulio  Orsini,  nell'anno  1529,  tenevano 
icora  una  terza  parte  di  Grotta  Maro:^a,  e  che  i  nuovi 
3isessori,  ch*erano  i  Del  Bufalo,  ebbero  il  diritto  di  riven- 
lìcare  anche  questa  parte  (2).  Di  questo  dominio  della 
■miglia  Del  Bufalo,  ho  rintracciato  qui,  come  ho  già  fatto 

^ila  Buffalotta,  la  memoria  locale  nel  fosso  d^l  Bufato,  che 
ccnde  dal  colle  Cimindìi  e  va  a  scaricarsi  nel  Tevere,  poco 
lire  la  ricordata  osteria  del  Grillo. 

Curi  o  Corest  e  Passo  Corese.   Il  territorio,  nel  quale 
entra  dopo  Torre  Fiora  e  l'osteria   di   Moricone^  forse 


(1)  Bull  Cuiitt.  cit.  p.  22  sg. 

(2)  Ani  del  notaio  Fabio  de  Mucantibus  (t2  ottobre  1529),  Ar- 
ivio  di  Sialo-  Nel  campo,  che  porta  il  nome  dd  Bufiilc,  esìste  un 

ircofjgo  marmoreo,  che  non  ho  potuto  vedere  perchè  era  ricoperto 
alle  biade. 


1^6 


G.  Tomassetti 


appartenne  alla  storica  città  Sabina  di  Curi  (i).  Il  Guat- 
TANi,  che  ricordò  un  documento  Farfense  dell'anno  1096 
relativo  ad  una  maccìa  felcosa,  propose  di  riconoscervi  la 
Sylva  maìicusa  (jk)  di  un  passo  dì  Dionigi,  e  di  alcune  edizioni 
di  Tito  Livio  (2).  Ma  il  documento,  eh' è  una  permuta  di 
beni  tra  il  comcs  Htrheus  e  il  monistero,  mi  trasporta  colle 
relative  menzioni  topografiche  nell'  interno  della  Sabina, 
cioè  nel  bacino  del  Turano,  presso  Canemorto  (ora  Orvinio) 
e  Porcile  (ora  l\rcilf)\  e  quindi  la  ipotesi  del  citato  autore 
non  si  potrebbe  sostenere  affatto.  Che  quaggiù  esistene 
pure  una  macchi  felcosa  si  ha  da  un  documento  Farfense 
dell'anno  non  gii  1096,  ma  loii,  e  che  si  legge  nel  Re- 
gesto  Farfense  (IV,  p.  16).  Ivi  un  Ottone  conte,  dona  al 
monistero  una  terra  iti  loco  q.  v.  tnaccla  feìcosa,  tra  i  confini 
del  qual  sito  figura  il  fiume  Cnrrcnsc.  Ma  le  menzioni 
della  macchi  feìcosa  non  possono  avere  alcun  peso  nel  rin- 
tracciare la  selva  notata  dagli  scrittori  suddetti,  sia  perchè 
quella  era  prossima  alla  città,  sia  perchè  il  nome  non  vi  ha 
relazione  alcuna,  mentre  invece  il  tutto  coincide  egregia- 
mente nel  sito  di  Malpasso,  come  sopra  ho  dimostrato. 

Che  sin  qui  si  estendesse  il  territorio  dell'antica  Curi 
parve  al  Nibbv  improbabile,  restando  esso  ingannato  dalle 
parole  di  Ovidio: 

Te  Taiius  parvique  Cures  Cacninaque  sensit  (j) 
e  di  Virgilio: 

primis  qui  legibus  urbem 
Fundabit  Curibus  pan'is  et  paupcre  terra 
Missus  in  impcrium  magnuni  (4), 

mentre  queste  non  sono  che  antitesi  poetiche  tra  hi  gran- 
dezza di    Roma,  nell'età  di  Augusto,  e  la  piccolezza  del 


(0  Livio,  I,  30;  Dionigi, 

(2)  Guattari,  cit.  p.  555. 

(j)  Ovidio,  FasL  li,  rjj. 

(1)  Virgilio,  .-ìett.  VI,  Su;  N.,  Atiaìtsi,  I,  J31. 


I 


niella  Campagna  Romana 


197 


municipio  Curense,  appunto  in  quel  tempo.  Ma  risalendo 
invece  al  tempo  di  Tazio  e  di  Nuuia,  alla  grandezza  di 
questa,  che  Plutarco,  Stefano  ed  altri  scrittori  chiama- 
rono metropoli  dei  Sabini;  considerando  che  nessun^iltra 
città  poteva,  da  questa  parte,  gareggiare  d' importanza  con 
essa,  e  necessario  attribuirle  un  esteso  e  fertile  territorio. 
Curi  del  resto  ha  il  suo  mito  originale,  come  le  più  fa- 
mose città.  Una  nobile  donzella  italica  entra  danzando  nel 
tempio  di  Marte-Quirino  presso  Riatc  (Rieti);  è  presa  da 
sacro  entusiasmo,  penetra  nell*  interno  del  santuario  e  ne 
esce  onorata  di  fecondità  soprannaturale.  Il  frutto  di  questo 
amore  celeste  è  il  valoroso  e  bellissimo  Modio  Fabidio,  che 
fonda  la  città  Curense  (i).  Si  scorge  a  prima  vista  la  si- 
miglianza  di  questo  mito  con  gran  parte  di  quello  di  Rea 
SilxHa,  e  perciò  quanto  influsso  esercitarono  su  Roma  le 
tradizioni  di  questa  città  Sabina.  Si  aggiunga  a  tutto  ciò 
l'essere  stata  la  patria  di  Tazio  e  di  Numa,  l'essere  stata 
]a  metropoli  Sabina  (2),  l'aver  dato  il  nome  ai  Quiriti 
ed  anche  ad  una  delle  trentacinque  tribù  dello  Stato  ro- 
mano (5);  e  s'intenderà  facilmente  come  i  Romani  ri- 
spettassero quell'antica  sede  quali  discendenti  dai  Curensi: 
n  veieres  illi  Sabini  Quirites  atavique  romani  »  (4),  e  nel- 
l'età imperiale  : 

sed  rura  cordi  saepius  et  quies, 

nunc  in  patcrnis  scdibus..  .. 

nunc  Curibus  vetustìs  (5). 

Infatti  era  impossibile  che  Curi  non  invecchiasse  e  non 
si  spopolasse,  cosi  vicina  alla  potente  metropoli  del  mondo; 
eJ  era  divenuto,  lo  ripeto,  un  piccolo  centro,  a  tempo  di 


(1)  DlOKIGl,  II,  48. 

(2)  Idem,  II,  j6,  ne  dice  •:%  \iéy\.aTQ  tióXsi. 

(3)  MoMMStx,  StiìitLrecht,  III,   172,  in  nota. 

(4)  CoLUMELLA,  Pracfat.  I. 
(5Ì  Staìio,  SyJv.  IV,  5,  V.   i5. 


198  G.  Tomassetti 


Augusto,  ma  non  già  un  oppido,  come  Strabone  ha  fu- 
gacemente notato,  sempre  colpito  dal  contrasto  che  fjceva 
la  memoria  di  Tazio,  di  Numa,  dei  Quiriti  colla  modestia 
del  luogo  (i).  La  relativa  importanza  di  questo  centro 
neiretà  imperiale  non  può  essere  attestata  dagli  scrittori, 
ma  sibbene  dai  monumenti,  i  quali,  se  facevano  difetto 
a  tempo  del  Galletti,  e  dello  Ciiaupy,  che  pure  ne  vi- 
dero alcuni  scritti  e  pregevolissimi  (2),  si  accrebbero  poi 
ai  giorni  nostri  ;  e  dimostrano  che  questa  città  ebbe  il  suo 
senato,  i  scviri  au^nstaìi,  ebbe  patroni,  ebbe  ricchezza  e 
splendore  fino  alla  caduta  dell'  impero. 


(i)  Strarone,  che  lo  chiama  xodu'.ov,  V,  5,  i. 

(2)  Le  lapilli  Curcnsi  sono  tutte  ora  edite  nel  C  /.  L.  IX  dil 
n.  4952  al  >oi2  et!  appendice  a  p.  687.  Esse  confermano  l'ipotesi 
dello  Ciiaupy  propugnata  da  Filippo  Mercuri  nella  monograna: 
La  vera  località  di  Curi  in  Sahiiiu  &c.  R.  i8j8,  che  cioò  a  5.  Mani 
d'Arci  era  l'antica  Curi,  contro  l'opinione  del  Galletti,  del  Clu- 
viER  e  di  altri  che  la  supposero  altrove.  Il  ricco  proprietario  G.  B. 
Corradini  fece  scavi  a  5.  Maria  d'Arci  nel  1778,  e  vi  trovò  acque- 
dotti, marini  e  op:gctti  prc^evol',  che  si  conservano  nel  museo  Va- 
ticano. Io  stesso,  esplorando  quel  suolo  nell'anno  1876,  iio  vcdu'.o 
le  scavazioni  f.ittevi  in  quell'anno  dall'ora  defunto  principe  Torlonia- 
il  quale  vi  tro-.ò  statue  (una  di  bronzo  e  tre  di  marmo),  iscrizioni 
e  magnilici  avanzi  dell'i/rL-a  del  foro  con  colonne,  trabeazioni  ed  or- 
namenti. Il  tutto  è  ora  ingombro  di  spine  e  piante.  Vi  ravvisai  le 
t.ilwniae  ed  altri  cdi'ìzi  privati,  e  non  ne  rilevai  la  pianta,  sicuro  che 
sarebbe  stata  delineata  da  qualche  ingegnere  d'ordine  pubblico  0  pri- 
vato ;  ma  non  ne  ho  più  avuto  not'zia.  Le  iscrizioni,  edite  poi  in 
parte  dal  comiu.  Lanciaxi  nelle  Coiiu-nlatioìics  dedicate  alla  festa  del 
Mommsi;n',  snnn  ora  tutte  riunite  nel  C.  7.  L.  voi.  cit.  Tra  queste  v'è 
anche  la  singolarissima  di  una  Maria  Anthusa  con  menzione  forse 
un-ca  di  un  hal^ti-tcriiim,  che  io  vidi  a  Santo  Pietro,  luogo  pros>imo 
a  C'iri,  e  cotiuinicai  insieme  ad  altre  greche  inedite,  una  delle  quali 
dedicata  all'  imperatrice  Sabina  (.Vo/;;;;/V  dei^U  scavi,  1878,  p.  28  sg.)- 
In  lapidi  Curensi  figurano  i  curatorcs  nipuhlicae,  i  quatuoniri,  i 
quatuoniri  iure  dicundo,  un  pracj'cctus  iure  die,  i  quaesiorcs  e  i  dicu- 
rione.',  che  vi  appariscono  come  centumviri,  simili  cioè  a  quelli 
di    Veio. 


nigella  Campagna  'T^oiìuiua 


199 


■ 


Il   municipio  Curense   pertanto  occupava   l'area  della 
^''niica  di  5.  Maria  d'Arci,   il   cui  casale,  coi   suo  nome 
«rnvato  da  arx,  ci  rappresenta  l'acropoli  deirantica  città. 
^1  inoderno  villaggio,  detto  Corrcse   terrai  appodiato  del 
^o/inxjne  di   Fani  Sabina,   sorge  sopra  una  collinetta  iso- 
'^ta^    jltii  m,   182  sul    livello   del    mare,  sulla  sinistra  del 
^i^t-iTi icello  omonimo,  e  ci  rappresenta  il  rifugio  degli  abi- 
.  del   municipio  Curense  disperso  o  dalle  incursioni 
lei-        Longobardi  del  secolo  vi  (i),  o  piuttosto,  come  os- 
a  lo  Ch\upv,  da  quelle  anteriori  dei  Goti;  sapendosi 
ch^     il  campo  di  azione  di  Totila  contro  Roma  fu  h  via 
Sii*  ri.ria.  Gli  abitanti  si  mantennero   in  vicinanza  del    fiu- 
U^^^^cllo  Corrcse,  che   si  prestava   pel  trasporto   dei  viveri 
e  <i.€gli  animali  dal  Tevere,  presso  il  quale  v*era  il  porto. 
V»^^   memorie  diplomatiche  del  fiume  e  del  nuovo  centro 
^"Uato  vengono  da  me  sottoposte  per  ordine  cronologico 
t^^lle  pagine  seguenti.  Esse  sono  quasi  tutte  Farfensi;  perchè, 
liivenuta  fin  dal  secolo  vii  la  Sabina  terra  Longobarda,  e 
segnando   il   detto  fiumicello  il  confine  tra  il  cosi  detto 
ducato  Romano  e  lo  Stato  longobardo  di  Spoleto,  quasi 
tutu  questa  regione  venne  lavorata  e  posseduta  dai  mo- 
naci longobardi  Farfensi.  Dalle  memorie,  che  ora  qui  pre- 
senterò,  rilevasi   che  fin   dall'anno   100^   Corresse  era    un 
canellum,  e  che  Arci   portava  noch'esso  quest'appellativo 
almeno  fin  dal   1059.  II  dominio  di  questi   luoghi   restò 
ai  Farfensi  fino  all'anno  1297,  quando   furono  essi  con- 
feriti a  Francesco  di  Matteo  di  Matteo  Rubeo  Orsini.  De- 
cadde  allora  Correse,  che  prese  il   nome  di  podiuni  ;  ed 
Arci  rimase   un  piccolo  centro  agricolo,  quasi  com'è  al 
presente.  Garrese,  come  centro   abitato    nel   principio  del 
medio  evo,  è  confermalo  anche  dalla  sua  qualità  di  dio- 
cesi Sabina.  Questa  regione  infatti  fu  in  origine  divisa  in 
quauro  diocesi,  cioè:   Fidene,  Curi,  Nomento  e  Foronovo, 


(l)  Gregorio  M.  lib.  II,  homìlia  vi. 


-  im.zrs'ei  rz 


,,    •  ,     .   ■../;..   ■.'.•'-^  \\  :--:j:i   i;    '.■::■:    '.    :.\  ;'-.,  che  fu  veduta 

/  ,    ,  .     ;-.  /;    '.     -jI  \):.  y    :■:•..  :■*■-.  p.  107.  il  cu.;!e  r.oto  anche 

;  ■    :   .■     .     '...'-/V.'.     Jj'  recati---    ::r.::i-^rói. 

(■/ ,  I  <:.   ■  .,    '>  ri-:   r\i.   ?.    12 


*Z)<?//j  Campagna  'l^)matta 


201 


in  fluvium  Tyheris,  terra  (Farfense)  qua  vocatur  de  jico  et 
fitivun  Tyheris,  pella  corrisposta  di  quattro  solidi  di  oro 
corico  {Lari^ilorium  Farfense,  f.  Ixxiiii).  Questo  casale  di 
S.  Benedetto  ncompariscc  in  uno  dei  sottoposti  documenti 
all'anno   1050. 

4"  100^,  settembre.  Ottaviano,  vir  ma.^tnjiììis,  tìglio 
di  Giuseppe,  e  Rogata  sua  illustre  consorte,  figlia  di  Cre- 
scenzio cr  Teodora,  donano  al  monistero  una  terra  e  vigna 
in  territorio  Sabinense,  nel  luogo  Post  montem,  che  ha 
continante  per  due  lari  il  flnvius  Curremis,  ed  un  casari- 
citim  inttr  ipsum  casttììum  quod  Currense  vocatur,  per  tuen- 
ram  in  ìongittidim  pednm  xxx  et  per  latitudinrin  pedmn  xx 
^(Re^.  Farf.  ed,  cit.  ITI,  180,  18 r),  Q.uesti  medesimi 
signori  aveano  donato  alla  stessa  badia,  T  anno  prece- 
dente, una  terra  nella  stessa  contrada.  Post  moiitem,  e 
precisamente  a  5.  Maria  in  Canih'to  (ivi,  p.  178).  Ancor 
questo  luogo  spetta  al  territorio  Curense.  Chi  è  pratico 
di  questi  siti  sa  che  Canneto  è  un  borgo  gì  A  Curense  ed 
ora  appodiato  al  comune  dì  Fara  Sabina,  Il  mons  è  il 
colle  che  guarda  Roma  e  la  via  Salaria,  e  che  tuttora 
pona  il  nome  di  Monte  Maggiore,  tenuta  ragguardevole 
del  principe  Sci.irra,  teste  alienata. 

5°  ioti,  agosto.  Ottone  conte,  figlio  di  Ottaviano, 
dona  alla  chiesa  (Farfense)  di  S.  Martino  qwie  est  posita 
in  monte  super  acutianum  un  aquimolo  posto  iuxta  fluvium 
Currensem  {Reg.  Farf.  ed,  cit,  IV,  18).  Questa  chiesa 
di  5,  Mattino  esiste,  ma  diroccata,  con  un  piccolo  moni- 
stero  sul  monte  omonimo  sopra  Farfa,  accanto  al  monte 
della  Fara  Sabina,  cui  sovrasta  di  pochi  metri.  Essa  me- 
riterebbe una  speciale  illustrazione  storica  e  topografica; 
che  qui  non  ho  tempo  di  tare,  ma  che  ho  preparato  da 
parecchi  anni. 

6°  1030.  In  un  documento  dell'archivio  di  S.  Pras- 
sede  si  trova  nominato  un  Leone  de  Coriso  tra  i  posses- 
sori di  beni  presso  il  lago  Burrano  (Castiglione)  e  perciò 


202  •   G.  Tomasselti 


se  ne  deduce  che  era  già  un  centro  abitato  in  cjtjefl'etl 
(Galletti,  Del  Primicerio,  p.  270). 

7"  1030.  L;ivi»iÌa,  nobilissima  donna,  mo^.  -  n  <  mu- 
dino, refui.1  al  monastero  ogni  e  qualunque  por /n  n:  ^1 
dt  castello  quod  vocatur  Currense,  ed  altretunto  dt  r 
vocattir  sancii  Hencdicti,  avuta  per  eredità  de*  suoi  parcoa» 
che  Ta  ve  vano  comperata  dal  monastero  stesso  (Re^.  Farj\ 
IV,  44).  Infatti  dal  documento  del  961,  che  sta  nel  Lof- 
f^torium,  e  che  ho  sopra  riportato»  rilevasi  la  spettanti 
di  quella  corte  al  monistero  nel  secolo  antecedente. 

8"  1036,  maggio.  Guarino  figlio  di  Aifircdo  dona 
al  monistero  un  molino  in  fluvio  Currensi.  Posila  <st  ì^ 
molti  in  casaU  qui  fiiii  de  Caiuio,  che  Ìl  donante  concede 
ti  Iettata  mque  ad  pausatum  cum  alato  et  aqua,  sedio,  fi*rmj 
Ci  omni  ìllius  pertinentia  (^Reg.  Farf,  ed.  cit.  Ili,  294), 

9*  1042,  settembre.  I  conti  sabini  Crescenzio  e  il 
nipote  Giovanni,  i  coniugi  Benedetto  e  Lucia  rcfutano 
terre  in  favore  di  Farf;i  in  territorio  Sabinensi  in  campo  Bric- 
tonormn  (cioè  sulla  vih  di  Monte  libretti)  q.  dicitur  sci  Bt' 
nedicti,  \  confini  sono:  via  antiqua  (la  Salaria)  a  pcJc 
Currennis,  &c.  {Rci^.  Farf.  IV,  176). 

IO'  1052.  Tinto  filius  Leonis  donò  al  monastero  al- 
cune terre,  le  quali  confinavano  con  Currense,  S.  Maria 
in  Caisiano  e  ìl  fiume  Riana  (/?r*^.  Farf.  IV,  282). 

1 1"»  105^,  settembre.  Tebaldo  di  Bucco,  colla  mo* 
glie  Teodora,  col  fratello  Gislerio  e  con  altri  possidenti, 
donano  tutti  insieme  al  monistero  c<istellum  quod  habent 
in  comitiitn  Sabinrnsi  et  n<)cabulo  Currense,  totum  in  integrnm 
Cam  nmris,  portis,  casis  &c.  {Reg,  Farf.  ed.  cit.  IV,  252). 

12"  1057,  ottobre.  Rocco  figlio  di  Nicola  dona  al 
monistero  alcune  terre  situate  in  comitatu  Sabinensi  inter 
ritiulum  qui  nomnniur  Caleniintts  et  fUtvium  Currensem  (^Rtg, 
Farf.  ed.  cit.  IV,  257). 

13'*  1058,  agosto.  Documento  importante  ch«  con- 
tiene la  venuta  degli  stipuLtnti,  i  monaci  Farfensi  cioè  da 


^elìa  Campagna  T{pmana 


203 


una  parte  e  Berardo   di  Tebaldo  dairaltra,  iuxta  fliwinm 

^qui  dicitnr  Tyberis,  ad  porlnm  qui  nominatur  peira  pmurii, 

"e  quivi   Berardo  cede  alla  badìa  alcuni   beni   posti  infra 

rititilum  qui  nominatur  Caìcnlinus  et  Jìuvìuni  Cnrrcuscm  {Keg. 

[Farf.  ed.  cit.  IV,  271). 

V'era  dunque,  dii  quelle  pani,  un  porto  sul  Tevere  col 
nome  pctra  pcriura,  e  serviva,  col  suo  nome  bizzarro,  come 
luogo  adatto  a  solenni  convenzioni. 

14°     1058,  settembre.  Davinia,  vedova  di  Giovanni, 

le  ì  suoi  figli  Ottone,  Giovanni  e  Rainerio  donano  al  mo- 

[nistcro  una  terra  in  comitatu  sabinensi,  iuxta  fltivium  Cnr- 

rensftn,  con  un  casale  che  ha  appartenuto  a  Johannes  Ti- 

(forse   il   nobile  Trasteverino,  noto  nella  storia  di 

*eti  in  Roma).  Tra  i  confini,  il  rivo  Carbolumts  e  il 

rese  (%.  Far/.  IV,  269). 

15*     1059,  giugno.  Rainerio  di  Guido,  Ardimanno, 

Giovanni  di  Guido  e  Giovanni  di  Paolone  donano  al  mo- 

nistero  alcuni  beni  situati  nel  territorio  di  Arci,  ricevendo 

tremtwerationis  causa  tredici    libbre  d'argento.   I  nomi  dei 

idi  sono: 

Casaìis  de  ìohanne  de  Na:(ano 
CasUlìum  q,  d.  ARCI 
Casale  de  pelro  prfsbyitro 

e.  df  iohe  /^acrtwo 

f.  de  pane  caldo 
e,  de  s ti! luto 

e.  de  crcscentio  siilUuo 

f.  de  crescentio  de  martino 
e.  de  theoderico 
e.  de  iohe  de  nastasia 
e.  de  lupo  pa^o 
e,  de  carincio 
e.  de  iohanne  feltrano 
e.  de  bucca  lupo 
e,  de  iobbo 


304 


G.  Tomassetti 


I  confini  sono:  Ìl  Currense  e  il  rivus  Rapimamis  {Rtg, 
Far/,  eh,  IV,  296;  Galletti,  Del  Primiitrio,  p.  2$ì, 
con  qualche  inesattezza). 

16"  1059,  settembre.  Rainerio  figlioli  Ottone  docu 
al  tnonistero  vigne  e  terre  in  ìoco  qui  ttominaiur  Afd  iaxlù 
fluvium  Currcnsem  et  Carhuìanum,  I  confini  ne  sono:  ^4i$ak 
de  iohatme  fera,  rivus  aqua  vìva  in  fìuvinm  Currensem,  fimm 
Sahinensis  qui  pergit  per  urbetn  Romani  (il  Tevere),  e  poi 
appresso  è  ripetuto:  podium  qnod  nominalnr  Ara,  ed  una 
chiesa  S.  Petti  in  Alhiano.  Questa  T  ho  ritrovata  nella  col- 
lina  tra  VArci  e  la  Fara,  nel  poggio  tuttora  denominato 
Sunto  Pdro,  ov*è  Tantìco  casale  Cùrradim{Rf^^.Farf,  IV,  297). 

17"  1060,  28  aprile.  Nicola  II,  pontefice,  investe 
l'abate  Berardo  dei  castelli  di  Tribuco  e  d*Arce  violente* 
mente  usurpati  al  monistero  da  Crescenzio  figlio  di  Ot- 
taviano e  dai  figli  suoi.  Importantissimo  documento  per 
la  storia  del  diritto  e  della  condizione  giurìdica  del  pa- 
pato (i).  Vi  si  constatano  omicidi,  atti  di  crudeltà  e  vio- 
lenze e  guasti  commessi  nella  occupazione.  La  condanna 
degli  occupanti  è  fatta  in  contumacia.  Indicazioni  topo- 
grafiche non  ve  ne  sono,  ma  bensì  le  abbiamo  nel  do- 
cumento seguente,  col  quale  si  chiude  questa  grave  quif  | 
stione  (^Rci\  Far/,  cit.  IV,  300). 

18''  106 1,  20  aprile.  Teodora  vedova  di  Crescenzio  ' 
d'Ottaviano  e  i  suoi  figli  Giovanni,  Cetido  e  Guido  re-j 
fiutano  al  monistero  il  castello  d^Jrci  ed  altri  beni  occu-  ' 
pati  da  essi  ingiustamente.  Per  correspettivo  ricevono  dal] 
monistero  libbre  136  d'argento  sottile.  Il  castello  d'Ardi 
è  quivi  descritto  cum  accclesiis  et  domibus  infra  se,  cum  ripis 
et  carhomiriis  et  aedifciis  suis  et  octo  casaìibus,  quali  sono:' 
casale  iohis  de  na^ano 
e.  iohis  de  rodulpho 


(l)  Cf.  Flc&BR,  ForschuHgen  lur  Hdchs  uud  Rcchtsgtschuhtt  Uaìlms,  \ 
IV.  91. 


n^lla  Campagna  "Jlomana 


205 


c»  crassi 


^^^^^^K      iUphoHo 

^^H^P  Cn  di  paracaseo  (forse  scritto  male  invece  (fi  pane 

^^HTcoxne  ai  n.  15^). 

^^H         e,  crcfuntH  de  nutrtmo 

^^V  e»  gattim  secus  rnmm  (Reg,  Farf.  dt.   ÌX,  29^: 

Galletti,  Del  Primkerw,  p.  287). 

19^  to84.  Rustico,  6gÌio  di  Cresccozu),  volea4o 
porre  fine  a  discordie  tra  lai  e  il  oumistero  pel  possesso 
del  casuìlum ...  in  emiuetui  manie  iitowi  et  Pbara  vocaUtm, 

Pio  rcfuu  con  tutti  i  suoi  casali,  fra  cui  il  casale  di  Fineo 
q,  ta  pasitum  snpra  casielkm  Conesium  (JUg.  Farf,  V,  80). 
TiOf*    1088.  Jn  orbe  Roma  apud  monasurimm  5.  BasiìiL 
Donadeus  praep^situs  monasieru  5.  Mariae  Scc.  prcclamatio- 
nem/uil  super  Rìutko  CrescttaufUo  de  easuUo  q*  v*  Correse 
q,  est  monasUrii  5.  Mariae  d  nomimOm  Rustieus  ilhid  retànet: 
K^tf/uffi  Fetro  Urbis  progetta  et  Astaldo  labanms  de  AsUUdo, 
Wlohamu  de  Fetro  iudUe,  Guarda  CresceHtH  de  Melhso,  team 
'  Cenai  Tratapams  Jilùf,  Sarraeeno  sH  Euslachii,  Huherlo  de 
Tuscuh,  Sicalao  Cencu  Barrunài,  Cencio  Ccncn  Rotionis, 
Heinrico  sii  EustaebH  q.  erant  comnks  eommmntatis  h^  {Reg. 
Farf.  V.  n^. 

IV  1 102,  giugno.  Johannes  qui  vocatur  Tiniosus  sw 
scepil  a  damno  Beraldo  abbate  in  m  gen.  reservatis  iuribus 
huius  mima^tfrii  in  saHnensi  pertinem  cnrrishtm  dà  tenimenlo 
creseentss  duranti,  casale  dimidium,  et  al,  r.  qf,  d/  alio  iahamn 
linioso  cnm  viiua  de  casale  meum,  diruta,  inter  omnia  sit  ca- 
sale mitt^  p^ns,  dj  iiii  prò  eo  qui  custodire  debent  ipsam  tnrrem 
de  snpraSinpUf  easselh  cnrrisH  usque  in  Hi  wràm  generationem 
ad  op,  hs.  mon.  et  dai  abbatis.  Si  istnd  mutavcrint  dominium 
sit  tìbi  iftaae  et  vacunnu  Foena  arg.  Hb.  iiti.  rulg,  npt.  tub- 
serbiti  m.  iumo  indie,  x.  anno.  mai.  iobs  rog.  t.  tedemarms 
ktraldi  Petrus  iftÀr^nis  (irardus  odd.  (Lariitorìnm  Farftnse, 
•f.  ccdii»  V.) 


LZ      :     ~    "^.  ?':r-L  :7^'^r^  z^ttìt  .t  s^KÌcnctus  cU- 

- .:.      ..;-    ."   ^.r.    -z    nr-j    .-/-ij   •^.:^,2Stiru  in 

:::..       •■■^.•i^v::^     -.-J:  ju'^jz'.  Aeccli- 

.  •-■:         -■     .    ■..-:.--.    :   .:::::  :j  .-ì^kc-'L:^:.  Pensa 

■■■  ...:.     . -.-:   '-..r  ■   ri..?:.;  ..-^i?^".'  }:rj':  rr'::iunm 

■■    •._-.".      :-■     *':..'  .    .  V. '-ij    ::   z::   seruUu 

...  .■    ...    --■•-• r.-r     5 -.•?.:    Tjrjràj  w^ 

• -..    _~  .      .     --^    -.. — .:..    'S-.     .   t:,.  .  J':r.s  dcmim 
-  .  .     ■...-.•■      ,-.:<  •  .  r.-.  •  •:;;•;«.  '\:-:  .  r^'Z"^:^  'nì'icunìs. 

.  :.. .  '.*:.-.--:-:.    >^    7; "ir*",  i  =:'=:e  suo  e  di 

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■..:  -  ■•.'-    rj -:ir=i  i.  zizzliszìtc  di  Firta 

. >:  «.    ?•:-:    :    .  .■.:     •■  :  '  j— : .-'ìj.-j.v:  rzruistis, 


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^ella  Campagna  ^^pmana 


207 


9marmm  pcrtinentia  Scc.  (Dal  Regesto  di  Bonifai^io,   Vili, 
i.  Vdt.  7931,  f.  58  moJ.). 

26*  Secolo  xiv-xv.  Nel  ripetuto  manoscritto  To- 
sano ora  in  Siena,  contenente  i  registri  del  sale  pel  co- 
lunc  di  Roma,  si  trova  notato  il  pocìium  de  Corrcsc  per 
>le  cinque  misure.  Ciò  e  coerente  alle  modeste  propor- 
aoni  di  questo  centro  abitato  nelle  quali  era  ridotto  nel 
ccolo  dccimoquarto  in  decimoquinto,  età  delle  originali 
jnti  di  quel  manoscritto,  ed  è  anche  coerente  colle  pro- 
porzioni di  venticinque  misure  in  più,  che  sono  assegnate 
al  comune  di  Monterotondo. 

27**  1474  circa.  In  quest'epoca  fioriva  il  letterato 
Angelo  Sabino,  il  quale  s' intitolò  da  Curi  Forse  era  na- 
tivo di  Corróse,  per  quanto  modesto  fòsse  già  in  quel 
tempo  questo  villaggio.  Ad  un  umanista  non  poteva 
sfuggire  il  nome  classico  della  sua  patria  (i). 

28*  1^44,  8  agosto.  I  Barberini  comprano  Moute- 
ìihrciii,  Correse  ed  altri  beni  degli  Orsini  di  Santo  Gemini 
(Atti  Fonthià,  Arch.  di  Stato). 

29"  1811,  2  luglio.  Maffeo  figlio  di  Urbano,  nato 
da  Giulio  Cesare  Colonna  e  da  Cornelia  Barberini,  dopo 
lunga  lite  sostenuta  contro  lo  zio  Carlo  (fratello  di  Ur- 
bano) acquista  il  dominio  dì  Monteìibretti,  CorrcsL\  Nnola, 
Montemaggiore  ed   altre    terre    Barberiniane   della  Sabina 


(1)  Se  ne  ricorda  Topera:  Angeli  de  Curibus  Sabtnis  Poema  de 
trjiiìo  ch'Hutis  LtOiiùn.'.is  (nel  Martene  Coìl.  amplissima,  voi.  IV). 
Curi'»  rcvlizìone  di  una  lettera,  in  cui  si  lìrm.i  «  Angelus  Cnacus  Sa- 
binit"*  »  (AuDiFFREDi,  Calai,  rem.  edii.  saec.  XV,  p,  150),  una  di  Am- 
mano .Marcellino,  due  di  Terenzio;  pubblicò  alcuni  paraioxa  sopra 
Cio>'eti«le  e  j  lettere  »u  }  Eroidi  di  Ovidio  (Tiraboschi,  VI,  j,  18}. 
In  WM  controversia  con  Dionisio  Calderini,  questi  gli  diede  11  co- 
gO<Mne  ài  Fiàe-ntinus,  A  questa  proposito  noterò  che  gli  umanisti 
col  BiosDO  e  con  altri  amanti  dì  topografìa  classica,  avvicinarono 
(^ri  *  fidmt,  come  anche  riputarono  Ìl  fiume  Alita  corrispondente 
al  C9tr*u. 


208 


G.  Tomassetti 


(Apoca  in  data  e.  s.  nell* archivio  Coloona»  Coppi,  Um^ 
Cohnrusi,  p.  405). 

Nel  moderno  villaggio  di  Corrae-Urra  non   vi  soooj 
avansd  degni  di  nota.  Il  palazzo  risalisce  agli  Orsini; 

è  trasformato  modernamente  di  guisa  che  non  si  può  re-' 
stituire  in  veruna  parte.  Soltanto  nella  parte  meridìonalcj 
resta  un'apertura  con  resìdui  di  gradini,  che  può  attribuir 
ad  età  piuttosto  remota. 

Colla  storia  di  Correse  ho  più  che  oltrepassato  i  limiti| 
della  campagna  romana,  essendo  gii  entrato  nel  tcrritoriol 
della  Sabina,  dal  quale,  come  luogo»  ricchissimo  di  notizie 
storielle  e  diplomatiche  dell'antico  e  del  medio  evo,  mi  al«l 
lontano  col  più  vivo  dispiacere.  Di  qui  a  pochi  chiloroetrij 
si  estende  il  suolo  del  villaggio  moderno  Sta^:^am},  che  > 
ricorda  il  fundiis  e  la  tnassa  Statiatm  dell'elenco  Qostanri-^ 
niano,   ove  si   conservano  vestigia  di  antichi   edifizi  (i).| 
Non  lungi  è  Morkom,  l'antico  Regillum,  patria  della  gm 
Claudia  ;  dall'altra  pane  Paìombara,  Sant'Angelo  dr  1 
detto  tntmte  in  pattilo  prima  che  fosse  posseduto  dal  canii4 
naie  Capocci,  e  perciò  luogo  forte  e  residenza  di  quelli 
potente  famiglia,  come  ho  accennato  nella  silloge  Mcnt 
nese  (2);  proseguendo  la  via  Salaria  vi  si  trovano  a  àts 
k  Castdlacce  di  Mc^ntorso,  che  ricordano  Giordano  OrsiniJ 
il  quale  le   comperò  da  Caterina  Sanguigni  vedova 
Pietro  de  Rucchis  per  li'O  fiorini,  con  una  chiesa  antic 
di   S.  Biagio,  con  un  castello  de*  Normandi  non  lungi 
Montcìihrttti  (3),  altro  luogo  pieno  dì  storiche  notìzie;  in 


(»)  Uher  pout,  ed.  cit.  I,   175   e  195. 

(2)  Deirantichissimi  chiesa  di  S. Michele  nel  comune  di  SiinfAn^ 
ricorderò  queste  due  iscricioDì  :  àiv*  ptr  tximii  Nicolai  Umpla  Micb 
Pirrcnìs  cura  iam  fin  lapsa  nìLttitì;  e  sulla  porta  minore:  temf^Ium  1 
fterantìquum  -  peremnt  tradilicne  dicitur  -  comecratuni  ab  Eu£c»io  \ 
-  qui  fuit  pontifix  -  ab  an  mcdlv  oti  an  mei.,.  -  AtUoHÙa  Fa 
Jiiri  Jccit  sui  -  an  dmni  1)46  die  v  memis  Atumbris, 

(})  Archivio  Orsini,  Ha,  XLI,  12,  58,  57  68  &c. 


^ella  Campagna  Romana  209 

somma  si  trovano  fondi,  villaggi  e  centri  di  grande  impor- 
tanza, e  meritevoli  anch'essi  di  accurata  illustrazione. 

Sottopongo  un'appendice  di  notizie  relative  alle  due  vie 
Salaria  e  Nomentana,  che  non  ho  potuto  collocare  al  re- 
spettivo  luogo,  o  perchè  non  erano  pronte  quando  licen- 
ziavo alle  stampe  il  presènte  lavoro,  ovvero  perchè  ritro- 
vate o  venute  a  luce  durante  l'edizione  di  esso.  Mantengo, 
anche  per  l'appendice,  l'ordine  topografico  di  questo  itine- 
ano,  per  agevolarne  la  ricerca  agli  studiosi. 


Archivio  detta  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XV.        14 


^ella  Campagna  l^omana 


211 


Via    N  o  IH  e  D  t  a  u  a , 


5,  Agnese,  Tra  i  fatti  archeologici  del  suolo  di  5.  Agnese, 
sì    notino   gli    otto    bassirilievi    trovativi  a  tempo   di 
■    Paolo  V,  e  che  ora  conservansi  nel  piano  terreno  del 
palazzo  Spada. 

Sedia  del  diavolo.  Nel  tratto   della  via,  tra  5.  Agnese  e  il 

•  ponte  Nomentano,  ho  notato  il  bel  sepolcro  del  tempo 
di  Adriano,  detto  volgarmente  Sedia  del  diavolo.  Debbo 
aggiungere  che  ho  ritrovato  il  titolare  di  quel  sepolcro 

I  nella  epigrafe  quivi  rinvenuta  anticamente,  cioè  P,  Aelius 
Callistion  liberto  dì  Adriano  e  di  Sabina  (C  /.  L.  VI, 
10567).  Questa  lapide  fu  poi  rescritta  nella  parte  po- 
steriore con  un  greco  epitaffio  (C.  /.  G.,  6346). 

Bibliografia    àé[\*Anienc..   Si   aggiunga  alla   letteratura    di' 

»  questo  fiume  il  noto  scritto  del  Borgnana;  DelVAnicne 
e  del  breve  Sistino:  cttm  sicttl  aaepimuSf  K.  1861. 

J'erreni  tra  il  ponte  Nomentano   e   il   Salario,  prati  Fi- 

H    scali  &c.  Nel  secolo  decimo  erano  proprietari  in  questa 

parte  Roserius  Petri  Stante,   Macino  fiUus  A^onis  saccel- 

larii,  cui  successe  un   Vlpi^o  nobilis,  un  Stefano  figho 

di    un   Teodoro   prefetto   di    Roma,    come   avverti  il 

(Marini  (nota  7  alle  bolle  dì  San  Silvestro,  loc.  cit.), 
una  Rosa  Supcrisiante  {sic)  e  un  erede  Lconis  Catnbur- 
Ungo  (sic).  Nell'anno  14 n  i  canonici  di  S.  Maria  Mag- 
giore possidenti  in  parte,  come  ho  notato,  pel  testì- 
mento  ddVArcioni,  affittavano  terreni  ad    un  Laureti- 

■  titis  Martini  (atti  lac.  de  Caputgallis  lib.  3  Arch.  Capit., 
comunicò  il  signor  L.  Nardoxi).  A  questa  zona 
spetta  il  sito  detto  Ccntomonti  in  più  documenti  del 
monistero  di  S.  Silvestro,  che  n*era  i!  padrone  (Arch. 
di  Stato,  lib.   compend.  S,   Silv.   ad   an.    13 13).  V*cra 


212 


G.  Tomasselti 


anche  il  fondo  sepkm  tabulas  noto  per  documenti  delU 
chiesa  di  S.  Prassede,  che  lo  possedeva  (cod.  \'at. 
7928,  f.  43»  46)  e  fino  all'anno  1456  essa  lo  affittava 
ad  un  Antonius  Coinè  (atti  lac.  de  Caputgallis  cit.,  co- 
municò il  signor  L.  Nardoni). 

Vigne  nuove.  La  corrispondenza  delle  rovine  anticbe  di 
questo  luogo  alla  villa  dì  Faonte  liberto  di  Nerone, 
ove  questi  pose  fine  alla  sua  vita,  è  confermata  da 
una  lapide  col  nome  dì  Claudia  Egloge,  la  nutrice  di 
Nerone,  scoperta  ivi  recentissimamente  (5m//,  Arch. 
Com.  1891,  p.  229). 

Casal  de*  Pa:^,  Parte  di  questo  fondo  spettava  nell'anno 
1485  alla  famiglia  storica  romana  dei  Porcari^  come 
rilevasi  da  una  divisione  fattane  ai  24  di  settembre  di 
quell'anno  tra  Cola  di  Paolo  de*  Porcari  del  rione 
Pigna  e  Cornelio  di  Battista  de*  Porcari  del  rione 
Parione  (Archivio  Capitolino,  atti  Massimo  Oleario, 
ad  an.). 

Al  4*  miglio  della  via  Nomentana  erano  i  fondi  Repen- 
tina  e  Z/;^(5^a  nominati   in   una   donazione   del  ^6^  t  * 
favore  di   un  Crescentius    (Regesto  Sublaceme,  ed,  cit. 
P-  ^35)* 

Via   Salaria. 


Cimitero  di  Priscilla,  Le  preziose  scoperte  fatte  in  questo 
monumento  formano  uno  dei  più  recenti  fasti  del 
comm.  De  Rossi,  che  ne  ha  restituito  la  storia  e  pro- 
vato la  spettanza  del  suolo  agli  Acilii  Glahrioni  {Bull 
Arch,  Cristi  1 882-1 891  passim). 

Poggio  S,  Pietro.  Era  dopo  il  ponte  Salario,  il  podium 
5.  Petri  extra  potilcm  Salarium,  come  rilevasi  da  do- 
cumenti del  monistero  dì  Campo  Marzio  e  di  S.  Lo- 


'Della  Campagna  Romana 


213 


rcnzo  in  Panisperna  (cod.  Vat.  7931,  f.  ant.  76,  7946, 
f.  211,  279).  Nel  testamento  del  card.  Nicola  de*  Ca- 
pocci dell'a.  1365,  si  trova:  ilem  et  quoddam  aìiud 
casale  quod  dicitur  Palai^idium  positum  territorio  praedi- 
do  fxtra  portam  Saìariam  et  prope  ipsum  pontem.  Item 
,,,pelium  tcrrae  dicti  tettimetiti  quod  dicitur  Sedes  Papac 
(Storia  mss.  dei  Capocci,  cìt.  V.  anche  ima  bolla  di 
Urbano  V  dei  25  aprile  1365). 

^idene.  Altre  recenti  scoperte  archeologiche  in  Vilìa  Spada 
sono  annoverate  nel  Bull  Arch.  Comunale  (1891, 
pp.  326,  328). 


MENTANA. 


Fra  il  n.  7  e  il  n.  8  della  serie  delle  notizie  spettanti  a 
k  Mentana,  può  collocarsi  il  seguente  passo  ivi  accen- 
nato  del  diarista  Gentil  Delfino  (MuRATORt,  HI  b, 
p.  843)  che,  sebbene  colla  data  sbagliata,  tuttavia  me- 
rita di  essere  riportato  per  esteso,  cioè  come  si  legge  ivi  : 
«  Li  Capoccini  foro  dello  reame  et  cacciati  nelli 
«  anni  mcxxxvii  (nV)  in  tempo  dello  imperatore  Cor- 
«  radino  quando  li  fu  mozzo  il  capo  per  lo  re  Cario, 
«  et  ebbero  in  Puglia  tre  castella  et  una  cittade  et  ven- 
«  nero  de  c^uì  in  tempo  de  papa  Innoceniio  de*  Conti, 
<t  et  feceli  lo  figlio  Cardinale  in  san  età  Maria  mature 
«  et  comparao  decquà  lo  ditto  cardinale  Micomio  (?) 
«  Lamentana  e  Grotta  Mancini  (^sic)  et  sancto  Angiolo 
e  et  Castello  Arsione  et  moki  casali». 

Alla  serie  suddetta  di  Mentana  aggiungo,  come  ho 
promesso  nel  testo,  sotto  il  relativo  n.  13,  queste  no- 
tìzie Orsiniane,  che  non  ebbi  allora  il  tempo  di  veri- 


214 


G.  Tomassetti 


ficire.  Si  notino  pertanto,  come  qui  seguono,  per  or- 
di[ic  cronoloqico: 


ms  àkanbre  jj,  —  Rinunzia  di  Buzio  fu  Paolo  Capocci 
de  Capocci nis  a  favore  di  Giov.  fu  Celso  de  Capoc- 
cinis  di  tutti  i  diritti  sulla  quarta  parte  della  tenuta  di 
Nomcntandy  per  soddisfazione  dell'  intero  suo  credito, 
Pietro  di  Pietro  Reneri  notaio  di  Monte  Rotondo 
(II,  A.  VII,   15). 

1401  gennaio  22.  —  Sentenza  dell'  investitura  di  CaUcl  No- 
mentiiuo  a  favore  di  Giacomo  Orsini  conte  di  Taglia- 
cozzo  (II,  A.  XXXVIII,  p.  136). 

1421  jt'bbraio  2j.  —  Procura  fitta  da  Giacomo  Orsini  conte 
di  Tagliacozzo  a  favore  di  Nicola  Picrleoni,  Giovanni 
Tuzi  ed  Enrico  Notari  del  rione  Canipitclli  a  difen- 
dere liti  e  specialmente  quella  contro  Orso  Orsini  di 
Momerotondo  che  occupò  Cmid  Nonientauo  spettante 
a  Giacomo.  Intimo  del  tribunale  capitolino  ad  Orso 
Orsini  a  comparire  dopo  tre  giorni.  Proseguono  gli 
atti,  ma  non  pronunciasi  sentenza  e  si  riferisce  Tas- 
sedio  e  la  presa  di  Nomentano  fatta  da  Ciarletto  Ca- 
racciolo di  Napoli  commissario  di  re  Ladislao,  occu- 
pato da  Orso  come  viciniore  (II,  A.  XII,  p.  39;  II, 
A.  XXXVIII,  p.   109). 

1424  otnnaio  7.  —  Sentenza  esecutoriale  sul  c.istcllo  di  No- 
nuntano  a  favore  del  conte  di  Tagliacozzo  Giacomo 
Orsini  a   svantaggio  di  Orso  (II,  A.  XI II,  11,  12). 

1426  pupu}  16,  —  Procura  per  V  investitura  e  giunimento 
dei  vassalli  di  NomcntanOj  fatta  da  Giacomo  Orsini 
in  persona  di  Nicola  Petrucct  e  Raimondo  di  T.° 
notaro  (II,  A.  XXXVIII,  p.  49). 


I 

I 
I 


^Della  Campagna  Ternana 


215 


142J,  —  Rinuncia  di  G.  Orsini  e  Renzia  Orsini  e  figli,  sui 
diritti  che  ciascun  vantava  sul  castello  di  Notnen- 
tano,  rimenendo  1j  causa  ad  una  decisione  di  arbitri 
(XXXVIII,  p.  124). 

i4$6  ottobre  4,  —  Procura  di  Francesco  Orsini  conte  di 
Gravina  ad  Angelo  de  Operariis  per  vendere  Nomen- 
tano  (II,  A.  XXXVII,  71). 

//^2  mar::x)  ip.  —  Convenzione  tra  Fabio  e  Virginio  Or- 
sini marchese  di  Nomentano  col  signor  Filippo  Ra- 
venna, circa  le  tenute  del  castello  di  Nomentano  (I, 
A.  VII,  59). 

1^94  luglio  2T,  —  Causa  di  moltiplico  tra  D.  Flavio  Or- 
sini e  iJ  Principe  Savelli,  per  la  vendita  del  castello 
di  Mentana,  per  scudi  178  (ivi). 

1^9^  febbraio  ^7.  —  Istrumento  di  accollazione  di  se.  2700 
e  altre  somme  del  marchese  Michele  Peretti,  risultanti 
da  conti  tra  Fabio  e  Virginio  Orsini  e  gli  eredi  di  Fi- 
lippo Ravenna,  in  rinunzia  dell*affitto  di  Lamcntana  a 
favore  del  Peretti  (I,  A.  VII,  65). 

1698  maggio  p.  —  Causa  promossa  dalla  principessa  Or- 
sini contro  i  signori  De  Vitellis,  circa  il  fidecommisso 
sul  castello  Nomentano  (I,  B.  LX,  3). 

G.    TOMASSETTI. 


t        1 

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N 


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STATUTI 

ilcìF  Università  chi  Cocchieri  di  Roma 

[Parigi,  bibl.  Nazionale,  [ItaL  6  io.] 


TU  statuti,  che  qui  pubblichiamo,  dell*  università 
dei  cocchieri  di  Roma,   sono   tnitii   dall'unico 
è^l  esemplare,  che  finora  si  conosca,  conservato  nella 
biblioteca  Nazionale  di  Parigi;   esemplare  certamente  ori- 
t  ginale,  essendo  tuttora  munito  dei  sigilli  e  delle  sottoscri- 
zioni dei  senatori  e  dei  conservatori,  che  esaminarono  ed 
approvarono  gli  statud  medesimi. 

Il  codice  è  membranaceo,  in  quarto  piccolo,  dì  bella 
scrittura  del  secolo  decimosettimo,  di  sole  undici  pagine, 
coperto  di  un  semplice  canone.  In  principio  sono  due 
pagine  miniate,  alquanto  guaste,  ma  nella  loro  semplicità 
abbastanza  curiose,  come  può  vedersi  nella  riproduzione 
cromolitografica  (i).  Nella  prima  pagina  superiormente  è 
^  rappresentata  S.  Maria  degli  Angeli,  patrona  dell'Univer- 
jSità;  inferiormente   sono  gli   stemmi  di   Pio  V,   di  Gre- 


(i)  Il  nostro  socio  signor  Rodocanachi,  nel  comunicare  alla  So- 
[  cicli  questi  statuti,  ha  cortesemente  voluto  anche  a  sue  spese  cor- 
I  rodarli  delle  due  tavole  delle  miniature.  [N.  d.  R.j 


^=^ 


2l8 


£*.  ^'^pdocanachi 


gorio  XIII  e  del  cardinale  Francesco  Maria  del  Mome, 
protettore  dell'università  al  tempo  della  compilazioiie  di 
questi  statuti.  L'altra  pagina  contiene,  oltre  il  disegno  di 
un  pìccolo  cocchio,  lo  stemma  di  Gregorio  XV  con  qudB 
del  comune  di  Roma  e  del  cardinale  Ludovico  LuJorisi, 
senza  dubbio  nuovo  protettore  deiruniversità  al  tempo 
della  seconda  conferma  degli  statuti  (1634}. 

Giusta  le  indicazioni  del  catalogo  della  biblioteca  Na- 
zionale»  il  codice  avrebbe  appartenuto  al  cardinale  Maz- 
zarino, che  fu,  come  è  ben  noto,  un  bibliofilo  appasio- 
nato.  Forse  l'acquistò  durante  il  suo  soggiorno  in  Roma, 
cioè  prima  del  1638  (i);  ovvero  glielo  procurò  più  tardi 
Gabriele  Naudé,  che  a  lungo  viaggiò  (1645-1647)  in 
Germania  e  in  Italia  a  raccogliere  libri  rari  e  manoscritri 
per  il  celebre  cardinale.  II  Mazzarino  morendo  lasciò  il 
pubblico  la  sua  ricca  libreria,  i  cui  manoscritri  passarono 
poco  dopo,  nel  1668,  per  via  di  un  cambio,  agli  archivi 
della  biblioteca  Nazionale  la  quale  venne  cosi  in  possesso 
anche  di  questo  statuto  (2).  ■ 

E.    RODOCAKAChi.   ' 


(t)  La  sua  biblioteca  era  fin  d'allora  conosciuta.  V.  P.  Jacob, 
Traile  dei  plus  belUs  biblhtbì-i]ius  puhliqucs  et  partictdières,  citato  ili 
Mazzatinti,  Inventario  dei  mss.  italiani,  voi.  I.  V.  anche  la  lettera 
scritta  dal  Vassins  a  Nicolò  Hcinslus  del  26  novembre   164$. 

(2)  Lo  stato,  in  cui  si  trovava  allora  la  biblioteca  Mazzarino,  è 
descritto  molto  minutamente  dal  Naudé,  in  uno  scritto  che  trovasi 
compreso  nella  raccolta  intitolata  Mélangts  tcdiiiastiqua  della  Naào» 
naie  di  Parigi,  fondo  latino  11926.  V.  Franklin,  Histoire  de  la  H- 
bliot^que  Maiaritte,  e  sopratutto  L.  Delisle,  Le  cabirut  dss  mmmuKriti 
de  la  bibliothèque  Imperiale,  1868.  C(,  Rodocanachi,  L^s  staSuU  Ìì  U 
corporalion  -Lv  i-Oil'eti  Jc  I\ctnt%,  Paris,  Picard  1891. 


Statuti  delVUniv.  dei  Cocchieri  di  'J(oma      2 1 9 


Xell'anno  1565  con  l'aiuto  deironnipotente  Iddio  Giesù  Christo 
redentore  et  saIv.itore   nostro  et  dello   Spirito   Santo  fu  fondata  et 
eretta  in  Roma    la   compagnia,  confraternita   overo    università  de' 
cocchieri  sotto  l'invocaiione  della  gloriosissima   madre  sempre   ver- 
gixae  Maria,  et  con  il  consenso  del. quondam  reverendo  Bartolomeo 
Latio,  in  quel  tempo  rettore  della  chiesa  di  Santa  Lucia  della  Tinta 
parrocchia  nel   rione   di  Campo-Marzo,  fu  fatta   eletiione  dell'ora- 
torio et  dell'altare  maggiore   di  detta   chiesa,  dove   è   collocata  la 
ìmagine  di  essa  gloriosissima  madre,  sotto  titillo  di  S.»«  Maria  degli 
Angeli,  la  solennità  et  festività  della  quale  da  delta  confraternita 
si   è  sempre  celebrata,  come  ancora  si  celebra   ogn'anno  la  dome- 
nica pr-ma  di  luglio,  et  per  il  buon  governo  di  detta  università,  si 
doveraono  nell'avvenire  osservare  gì* infrascritti  capitoli. 


k 


Gap.  I. 


Che  il  corpo  perfetto  et  legitimo  dell'  università,  che  possa  con- 

S'iltare,  deliberare,  ordinare,  esscguire  et  far  esseguire  quanto  con- 

'^crrà  per  scrvitìo  di  essa,  s'intenda  essere  et  sia  formato  di  numero 

"^     trenta  dua   fratelli  almeno,  comprensivi  e  computativi  tutti   gli 

offàtiali,  li  quali   nel  principio  d'ogn'anno  dalla  confraternita,  con- 

g^t^gata  in    numero   sofficiente   nel  luogo  perciò  ordinato,  debbano 

esser' eletti  per  sorte,  cioè  cavati   dalla  borsa,  che  dovrà  contenere 

il    nome  di  ciascun  fratello  distinto  in  poliza,  et  saranno  un'  decano, 

qtxattro  guardiani  et  doi  infermieri,  à  voce  poi  del  maggior  numero 

^^    fratelli  si  debba   eleggere  un'  camerlengo,   il   quale   con   gl'altri 

c'etii,  come  di  sopra,  dopò  bavere  prestato  il   giuramento  di  dover 

osservare  le  constitutioni   fatte  e  da  farsi  dall'università  et  esscrcì- 

l*re  l'uffitio  loro  con  ogni  fede,  diligenza  e  sollecitudine  possibile 

'^   servitio,  utile  et  honore  di  essa,  letti  publicamente  gli  statuti  et 

constitutioni  della  detta  università,  subito  si  dichiarino  legitimamente 

c\cttì  et  si  notino  al  libro.  E   perche   qualsivoglia   di  detti  uflìtìali 

oon  possi  senza  pena  ricusare  l'uffitio,  che  li  sarà  toccato  per  sorte, 

*c  non  per  legitima  causa,  che  sarà  solo  in   caso  d'infermità  ò  di 

lontananza,  si  ordina,  che  chiunque  ricuserà  l' ufiìtio,  subito  sìa  in 

obligo  di  pagar'  et  mettere  in   commune  uno  scudo  di  moneta:  et 

che  il  decano  e  guardiani  possino  da  loro  stessi  senz' altra  congrc- 

gitiotie  eleggere  et  deputare  un   mandatario,  et   quello  rimuovere, 


220 


E.  ''[{odocanachi 


come  vedranno  et  giudicheranno  esser' bene  dtU' università,  et  sitnil 
mente  eleggere  et  rimuovere  il  cappellano  con   il   consenso  dell' a 
dunanza. 


Gap.  II. 

Che  il  decano  sia  di  età  dì  trent'anni  almeno,  et  come  c»p% 
della  confraternita  intervenghi  in  tutti  li  negotij,  primo  e  più  ho- 
norevple  fra  tutti,  sia  sempre  cavito  a  sorte  e  dell'ordine  Ji  quelU, 
che  l'anno  inanzi  saranno  stati  guardiani,  à  fine  sia  informato  di 
negotij  passati,  né  si  possa  congregare  l'università  se  non  in  sno 
nome,  né  fare  altra  cosa  senza  il  suo  ordine  e  consenso  et  egli  non 
debba  risolvere  cosa  alcuna,  che  prima  non  conferisca  con  i 
dìani  et  ne  ottenga  il  consenso  loro,  ó  almeno  di  doi. 


Cap.  Ill- 


gu>»jl 


Che  li  guardiani  debbano  mcdemamentc  essere  di  non  minore 
età  di  trent'anni,  et  di  città  e  luoghi  differenti  et  distanti  fra  loro 
almeno  cinquanta  miglia,  l'ufBtio  loro  sarà  essere  con  il  decano, 
ordinare  et  esseguire  ogni  bisogno  della  compagnia. 


Cap.  mi. 


d 


Che  gì' infermieri  habbino  almeno  venticinque  anni;  sarà  loro 
uflntio  visitare  li  fratelli  ammalati  ò  carcerati  ò  in  qualsivoglia  aItro_^ 
modo  alUitti  e  tributati  et  conferire  la  loro  necessità  con  il  decano»^| 
il  quale,  se  con  gl'altri  uffitiali  insieme  uniti  giudicherà  esser'  espe- 
diente et  honorevole,  possa  dare  di  quello  della  compagnia  doi 
scudi  per  ciascuno  fratello  bisognoso,  quali  denari  si  cavino  subito 
dalla  cassa,  tenendone  conto  nel  libro  dell'  Università  e  possine  spen- 
dersi à  poco  à  poco  ò  tutti  in  una  volta,  come  sarà  bisogno  per  le 
cause  sedette  scnz' altra  congregatione,  avvertendo,  che  in  casi  di 
tradimento,  assassinio  ò  latrocinio  non  sì  dia  sorte  alcuna  di  aiuto 
ò  di  favore  à  qualsivoglia  di  detta  università. 


Cap.  V. 


Ili.  .«.  V 


Che  il  camerlengo  non  si  possi  eleggere  delli  propri)  fratelli,  se 
non  data  prima  sicurtà  di  conservare  con  ogni  diligenza  a  proprio 


Statuii  dell' Unìp.  dei  Cocchieri  di  ^oma      221 


chio  e  pericolo  tutte   le  robbe  e  denari  dell'università,  che  ali* 
ata  santino  in  suo  potere;  altrlmente  si  elegga  uno,  che  non 
[  rfcir  università,  huorao  da  bene,  che  posseda  beni  stabili  in  Roma, 
|uale  debba  tenere  presso  di  buona  custodia  (r)  et  governo  à  suo 
e   pericolo  tutte  le  robbe  e  denari  dell'università,  nò  possa 
'  essilo  ò  pagamento  senza  mandato  in  scriptis  del  decano  et  guar- 
nì, et  pagando  allrimente  non  li  sia  fatto  buono;  terrà  ordinato 
linuto  conto  dell' intraia  et  uscita,  tanto  di  denari  come  di  robba, 
t  <Uir  università  li  sarà  consegnata,  et  lo  debba  rendere  per  obligo 
fine  d'ogn'anno    al   decano  et  guardiani   nuovi,  consegnando  in 
loro  il  libro  e  quanto  si  ritroverà  bavere,  che  sia  dell' univer- 
ini'ormaodoU  di  quanto  conoscerà  per  utile  di  essa,  et  salario 
bbi  scudi  > . .  (z)  r  anno. 

Gap.  vi. 

Che  si  procuri  sempre,  che  un  illustrìssimo  et  reverendissimo 
cardinale  protettore  di  questa  università,  il  quale  debba  essere  chia- 
■  da  generale  congregationc  e  confermato  dalla  Santità  di  Nostro 
>re»  come  fu  già  l'illustrissimo  et  reverendissimo  signor  cardi- 
ì  di  Pisa(})  dalla  Santità  di  Pio  Quinto  et  di  Gregorio  Decimotertio 
Ifcl:  mera:,  et  ò  al  presente  rìOustrissimo  et  reverendissimo  signore 
dinalc  dal  Monte  dalla  Santità  di  Nostro  Signore  papa  Clemente  Ot- 
^o,  il  quale  debba  proteggere  et  favorire  l'università  in  tutte  le 
corrcnze,  et  habbia  auttorità  &c.  Et  come  à  capo  governatore  e 
protettore  della  compagnia  li  debba  dare  ogn'anno  durante  la  vita 
sua  una  candela  dì  cera  bianca  di  quattro  libre  di  peso. 

■  Cap.  vii. 


Che  gTuffitiali  siano  tentili  ad  eleggere   un'  cappellano  divoiov 

Iqtule  si  dia  provisione  ragionevole,  l'offitio  del  quale  sia  dir' 
Isa  tutte  le  feste  dell'anno  nella  cappella  dell'università,  et  in 
quella  per  ordinario  pregare  Iddio  per  le  anime  di  quei  fratelli,  che 
giornalmente  morano  et  per  la  salute  de  vivi;  si  elegga  anco  dal- 
i'isiessi  un  mandatario,  assegnandoli  quella  ricognitione,  che  parerà 

K>  honesta,  il  cui  uffitio  sarà  ubbedìre  al  decano  et  altri  uffìtiali 
1)  Coti  nel  tatto 
(a>  Oh!  Ìs  Muco  od  «u. 
(|>  Il  MraiMfe  GteimiU  Kkci.  wcivocovo  di  Più. 


224 


K  Tfpdocanaehi 


mento,  e,  poiché  V  harri  finito,  dica,  bò  detto,  «  si  rìmetu  i  ; 
dere,  et  eoa  quest'ordine  ciascuno  parlando  si   coosuhmo  fee 
che  occorrcrsnno,  dandosi  le  fave  bi«ncbe  pcf  non   et  le  neie  ] 
si,  le  quali  si  ricogVtno  in  fìne,  et  le  più  vìncano,  et  subito  dal  i 
cano  e  guardiani  si  noci  la  propositione,  la  quantità  de*  voti 
et  neri  distintamente,  il  giorno,  mese  et  anno  che  corre  pcr{ 
ogni  confusione  et  disordine,  avvertendo  ogn'uno  di  non 
K  secreti   et   cose  trattate   nelle   congrcgationj,   se    noD  io 
crldcntc  utilità  dell' università. 


Gap.  XV. 


Dovendo  V  unìversitii  et  compagnia  far*  diverse  spese  per 

lenimento  deiraltare,  pigione  dell'oratorio,  provisioae  del  medico 
sovvenìmento  dell'  infermi  di  detta  università,  oltre  al  solito  marit 
dì  zitelle  figliuole  d'huomint  di  detta  univcrsttà, che  dorrà  esserle 
anno  d?  quittro  almeno,  né  havendo  altra  entrata,  che  le  contribo 
tioni  de*  fratelli  et  huomini   dell'università,  perciò  ciascheduno 
chicro,  che  vorrà  condurre  cocchio  ó  carrozza  per  Roma,  dovrà  ts\ 
scr*  prima   approvato   dal  decano  dell*  tmircrsità,  ci  dopò  che 
slato  approvato  da  esso  per  soflicicnte  à.  governare  un*  cocchio,  ' 
obligato  giurare  d'osservare  tutto  il  contenuto  dellì  prese 
et   pagare  giulij  tre  d'argento   per  la    prima   volta,    ch'eri 
detta  univer^ità  et  altrettanti  ogn'anno  mentre  essercitara   ui 
fessione  in  Roma,  alla    quale    contribatione  s' intendino  stmilnie 
obligati  tanto  i  cocchieri,  che  stanno  à  padrone,   come  i 
delti  vetturini  padroni  di  carrozze,  e  loro   sostituti,  et  à  tal  coot 
butione  s'ìntendìno   obligati  in  forma   Camirat  ipso  Jacto,  ch'esserci^ 
taranno  l'arte  in  Roma,  et  possino  essere  astretti  per  via  di  giù 
et  habbino   per  giudice  perpetuo  dì  tutte  le  differenze  trato 
ciò,  quanto  in  tutte  le  altre  cause  spetianir  all'  universiti,  4tiam  , 
votive  quo  ad  aììos  V  ill.mi  signori  conservatori  di  Roma  prò 
Dichiarando  però,  che  il  denaro,  che,  fatte  le  spese  necessarie  dell' unJ^ 
versila,  in  ftne  d'ogn'anno  avanzerà,  s'habbia  à  depositare  su  *t  Mono 
della  pietà  overo  comprarne  tanti  luoghi  di  Monti,  quali  non  si  pò* 
sino  alienare   mai   in   tempo   alcuno,  se   non  à   efletto   di   erig 
un'hospedale  per  h*  huomini  dell'universiii,  ò  di  fabricare  la  chìe 
dì  Sanu  Lucia,  ò  altra,  dove   in  quel  tempo  havesse    Tahare 
università,  et  che  in  oltre  Ìl  decano  et  guardiani  possino  fiir*  < 
elemosine  fra  li  fratelli  di  essa  tante  volte,  quante  à  loro  parrà  benC|| 
per  i  poveri  fratelli  ammalati  et  altre  necessità  occorrenti. 


Statuti  dell'Univi  dei  Cocchieri  di  H^ma      225 


Gap.  XVI. 

Che  il  camerlengo  habbia  appresso  di  sé  una  cassa,  ntlla  quale 
sì  serbino  tutti  li  denari  della  confraternita,  de'  quali  debba  tenere 
buon  conto,  notando  la  quantità  per  mano  di  chi  entrino,  à  chi  et 
il  che  fine  si  paghino,  non  ne  facendo  esito  senza  mandato  in  scriptis 
del  decano,  et  debba  starne  à  sindicato,  et  detta  cassa  habbia  cinque 
chiavi,  Tuna  delle  quali  sia  in  mano  del  decano  et  l'altre  fra  guar- 
dianì  itna  per  uno,  l'armario  poi  dell'altre  robbe  due  solo  chiavi  Io 
serrino,  delle  quali  una  sia  appresso  il  decano  et  l'altra  sia  tenuta 
dai  guardiano  di  maggior  tempo,  le  robbe  delta  sacrestia  siano  con- 
segnate per  inventario  al  cappellano  et  da  lui  custodite,  come  si  è 
detto  nel  capitolo  della  cappella. 


Gap.  XVII. 

Che  chi  sa,  che  un'  fratello  voglia  muovere  ò  fare,  ò  l'habbi  mosso 
ò  fatto  lite  ò  questione,  sia  tenuto  sotto  pena  d'uno  scudo  farne  con- 
sapevole il  decano  et  guardiani,  li  quali  debbano  con  ogni  dihgenza 
procurare  ogni  rimedio  opportuno,  sotto  pena  della  privationc  del- 
l'uffitio,  mi  quando  non  si  potesse  rimediare  per  osttnatione  di  chi 
havesse  lite  6  inimicitia,  non  possa  fare,  né  proseguire  la  lite,  tanto 

I civile  quanto  criminale,  se  non  al  tribunale  dell' ili. mo  signor  cardi- 
nale vicario,  et  di  Campidoglio,  sotto  pena  di  scudi  dieci,  d'applicarsi 
ipso  facto  à  luoghi  ò  opere  pie  ad  arbitrio  di  sua  signoria  illustrìs- 
sima per  li  doi  terzi. 


Gap.  XVIII. 


Che  il  decano  col  voto  di  tutti  quattro  i  guardiani  possi  far'  es- 
seguire qualunche  cosa,  che  non  patisse  tempo  di  chiamare  It  fra- 
telli à  congregatione,  purché  dopò  incontinente  ò  quanto  prima  faccia 
chiamare  lì  fratelli  et  proponga  la  cosa  fatta  et  se  ne  habbia  riso- 
lotione. 


Gap.  XIX. 


Che  le  cose  ultimamente  ordinate  ò  fatte  dalli  uffitiali  ò  dalla 
maggior  parte  della  congregaiione  non  possano  mutarsi,  se  noti  da 
piena  coagregatione  e  suoi  voti;  et  perchè  non  si  ùccia  debito  se 
noa  di  rado  per  cosa   importante,  si  ordina,  che  il  decano  e  guar- 

Arc/kMù  detta  R.  Soctttà  romana  distorta  patria.  Voi.  XV.  1 5 


99i 


E.  Hodocanach 


«iuni  noo  possino  ixf  debito  d'alcuna  sqne,  se  noo  è 
utile  e  necessario  ali*  tiniverstU  et,  quanio  sia  almrocnte;  dbe 
debito  sia  di  chi  T  barri  fatto  et  aon  deU*  unÌTersità,  et  chi  VhÈXxi 
biao  debba  pagarlo  del  proprio. 

Gap.  XX. 

£,  perchè  la  maggior  parte  de'  fratellt  sarà  sempre  cocnc  di  per- 
sotia  idiote,  per  fcnneua  di  buon  governo  e  perchè  si  possa  havere 
buon  consiglio  nelle  cose  difficili  et  Tinportanù,  si  ordina^  che  fcando 
sì  hi  da  risolvere   compra  ò  \Tndita  ò  altra  cosa,  che  importi, 
elegga  i  voti  in  congregatione  un"  procuratore  per  l' università,  che 
habbia  modo  e  termine  iuriJico,  il  quale  consegli  et  operi  ce 
al  bisogno,  et  che  qucsu  elettione  si  possa  fare  etiam  senza  U  | 
deir  illustrissimo  et  reverendissimo  signor  cardinale  protettore.  0  de^ 
cano  poi  non  possa  riscuotere,  né  quietare  scnxa  l'intervento  e  con-j 
senso  di  doi  guardiani  almeno  et  il  riscosso  si-gettì  subito  nella  casu] 
et  scrivasi  al  libro  sotto  pena  di  scudi  tre,  da  pagarsi,  quando  co 
starà,  che  il  denaro  sia  stato  tenuto  in  mano  più  di  un'  giorna 

Gap.  XXI. 

Che  r  università  babbi  un*  libro,  che  non  solo  conteaghi  la 
6rmatìone  de'  nostri  statuii  et  privilegi,  à  memoria  perpetua,  màj 
anco  il  nome  di  ciascuno  fratello,  et  sìa  in  particolare  cura  del  segreti 
tarlo. 

Gap.  XXII. 

Che  ti  tre  gìulij  annui,  che  dovrà  pagare  ciascheduno  cocdùe 
etiara  vetturini  e  suoi  compagni  et  garzoni,  si  devino  pagare  il  gioroa| 
della  Candelora,  et  passata  Tottava  ìl  decano,  guardiani  e  camerlefig 
debbino  fare  una  lista  di  tutti  quelli,  che  non  haveranno  pagato,  e] 
sottoscriverla  e  poi  farla  sottoscrivere  dall'  ill.mi  signori  consenratoiiJ 
di  Roma,  et  in  vigore  di  essa  si  possi  forrar"  ciascheduno  a  pagar'  peri 
via  di  essecutori  sen2'altra  citazione  overo  intimatione. 


Gap.  XXIII. 

Che  le  pene,  nelle  quali  si  incorrerà  da  qual  si  voglia  per  qual- 
sivc^lia  causa  di  contraventlone  di  qualunche  delli  sodetti  ordini  6 
capitoli,  s'intenda  et  sijno  applicate  per  doi  terzi  al  corpo  dell' unì* 
vcrsità  et  Tahro  terzo  al  palazzo  dell'  ill.mi  signori  conservatori. 


Statuti  deWUniv,  dei  Cocchieri  di  ^oma      227 


Gap.  XXIIII. 

Che  per  notaro  dell'  universitii  in  qualsì%'oglia  causa  civile  ò  cri» 
['Tninale  debba  servire  quello  dell'  ill.mi  signori  conservatori,  quali  si 
[devino  riconoscere  sempre  per  padroni  e  superiori  loro;  dichiarando 
I  però,  che  non  lì  possino  commandare  in  fare  guardie  e  cose  simili  &c. 
lei  esso  notaro  sia  tenuto  intervenire  all'adunanza  et   congregatìoni. 

Gap.  XXV. 


Che  per  la  confìrroatione  delti  presentì  statuti  et  contenuto  di  essi, 
I  et  in  particolare  per  potere  essigere  le  dette  collette  dalli  cocchieri  nel 
modo  sodetto,  st  stabilisce,  che  M.  Felice  Bcncaro  al  presente  decano 
Ucir  università,  M,  Cesare  de  Ferrari  primo  guardiano,  M.  Giovanni 
Polcronieri  secondo  guardiano,  M.  Cesare  Mauritio  terzo  guardiano, 
I  M.  Francesco  Casino  quarto  guardiano,  e  M.  Domenico  Secchione 
editore  ne  dovessero  supplicare  grillustrissirai  signori  senatore 
^conservatori  di  Roma  et  anco  Nostro  Signore  papa  Gregorio  De- 
cimoquÌDto  per  perpetua  corroboratione  et  osservanza  di  essi. 

In  nomine  Domini  amen.  Nosloannes  Baptìsta  Bolognettus,  lohan* 
I  ncs  Thcodulus  et  Gaspar  Ruggerius,  Camerae  almae  Urbis  conser- 
vaiores  ill.mi,  retroscrìpta  slatuta  et  consiitutioncs,  dummodo  non  sint 
coDtra  bonos  raores  nec  in  reipublicae  detrìmcntum  et  statutis  Urbis 
non  obstcnt,  confirmamus  et  servarì  mandamus  hac  die  i  >  ianuarii 
X625. 

Io.  B.  Bolognetus  conservator. 
[  lohannes  Theodolus  conservator. 

Gaspar  Ruggerius  conscrN'ator. 
{L,  S.)  Laur.  Bonincontrus  not. 

Nos  Ioannes  Baptista  Fenzonius  nobilis   Brisighellensis  I.  V.  D, 
[  <omes  et  eques  palatinus,  almae  Urbis  senator.  Retroscrìpta  statuta, 
quatenus  sint  licita  et  honesia  et  non  faciant  contra  rempublicara  et 
statuta  alme  Urbis  ac  monupolia  non  contineant,  approbamus,  con- 
firmamus ac  ser\'ari  mandamus. 

Datum  Romae,  ex  palatìo  Curiae  Capitolii,  die  .xvr.  ianuarii 
poni.  S.mi  D.  N.  Gregorii  papae  XV  anno  tertio  .mdcxxiu. 

I.  B.  Fenzonius  senator. 
(L.  S.)  Domtnicus  Berardus. 


LE  PERGAMENE 
DELL'ARCHIVIO  S FORZA-CES ARINI 


[l.  —  1052,  31  gennaio. 

Locazione  in  enfiteusi  ai  figliuoli  di  Landone  ed  Ot- 
'  ione  da  Valmontone  di  parte  di  un  castello  in  detto  ter- 
ritorio appartenente  ai  canonici  regolari  di  S.  Giovanni  in 
Luterano. 

n.  —  1206 f  26  maggio. 

Guido  di  Giovanni  rettore  della  chiesa  di  S,  Andrea 
di  Valmontone  concede  in  pegno  due  rubia  di  terreno  a 
Pietro  di  Annibaldo  ed  eredi, 

III.  —  1208,  16  marzo. 

Donazione  fatta  da  Contessa  di  Oddo  di  Petaccìo,  con 
assenso  del  marito  Ubaldo  Massimi,  a  favore  di  Pietro  di 
Stefano  di  Giovanni  Grassi  di  tutti  ì  diritti  che  ha  sui 
castelli  di  Valmontone,  Sacco  e  Giuliano. 

.IV.  —  1209,  24  febbraio. 

Bolla  d'Innocenzo  III  che  concede  il  castello  di  Vai- 
montone  a   Riccardo  de*  Conti   e  suoi   eredi  acquistato 


230 


K  Celani 


dai  canonici  regolari  Lateranensì.    «  Datom    Rome  aji 
«  Later.  .vi.  Kal.  xnart.  a.  .xit.  ».  «  Cum  cascrum  xi 
(PoTTHAST,  3^75)- 

V.  —  12 14,  8  agosto. 

Deposito  di  cinquanta  libre  dì  argento  per  pagare 
debito   alla  comunità  di  Valmontone,  fatto   da  Giovanni 
di  «  Bobo  Bonifilii  ». 

VI.  —  1239,  17 

Cessione  dì  eredità  fatta  da  Rinaldo  di  Supino  a  Pa 
Conti, 

VII.  —  1264,  18  agosto. 

Landolfo  di  Ceccano  dispone  in  testamento  a  tavorei 
dei  suoi  figli  e  nipoti  delle  terre  in  territorio  di  CeccanoJ 
Carpinete  e  Arenaria. 

Vili.  —  126^,  ri  maggio. 

Ordine  d'  «  Octavianus  iudex  »  che  si  citino  Lav 
del  fu  Oddo  e  Odolina  del  fu  Guido  Giordani  ad  ìstanzal 
di  Giovanni  Conti   per  Tadempimento  delle  convenaoni] 
dotali  tra  loro  fatte. 

IX.  —  1266,  29  settembre. 

Concessione  del  castello  dì  Piombinara  fatta  da  Gio- , 
vanni  e  Adinolfo  Conti  a  Gregorio  Fraiapane. 

X.  —  1271,  8  giugno. 

Promissione  di  Nicolò  Conti  di  non  molestare  .\iii-l 
nolfo  Conti  nel  possesso  dei  beni  nel  territorio  di  Giuliano.] 

XI.  —  127^,  30  settembre. 

Vendita  per  scudi  2250  del  castelluccio  e  pane  di  a* 
sale  detto  Poggi  di  Flora  con  palazzo,  giardino,  vigna  ed 


Le  pergamene  delVarch.  Sfor^a-Cesan'ni      2ji 


siltre  tenute  nel  territorio  di  Palombara,  fatta  da  Federico, 
rOttaviano,  Raìnaldo  e  Pietro  figli  dì  Rainaldo  di  Palom- 
.  bara,  anche  a  nome  dì  Egidio  e  Bertoldo  loro  fratelli  as- 
[send,  a  Deodata  di  Cretone. 

^XIL  —  1279,  24  febbraio. 

Testamento  del  cardinale  Giacomo  Savellì  (poi  Ono- 
rio IV). 

XIII.  —  1279,  II  giugno. 

Ultimo  pagamento  fatto  da  Giovanni  Conti  ad  Altruda 
da  Gavigoano  per  la  cessione  fattagli  dei  molini  situati  in 
detto  luogo. 

XIV.  —  1284,  6  maggio. 
Testamento  di  Ildebrando  Conti. 

XV.  —  1285,  5  luglio. 

Donazione  fatta  inter  vivos  da  Onorio  papa  IV^  a  fa- 
vore di  Pandolfo  Savelli  suo  fratello  e  Luca  Savelli  suo 
nipote  con  perpetuo  fidecommesso  nei  figli  maschi  d'am- 
bedue, dei  castelli  di  Albano,  Leone,  Tor  Candolfo,  Ri- 
gnano,  Versano,  Torrìta,  ed  altri  beni  in  Roma  &c. 

XVI.  —  I295i  21  gennaio. 

Pagamento  fatto  da  Adìnolfo  Conti  all'abate  di  S.  Ana- 
stasio all'Acqua  Salvia  per  il  censo  di  Gavignano. 

XVII.  —  1300,  26  giugno. 

Donazione  del  castello  di  Ieri  ne  fatta  da  Pietro  Gae- 
tano a  Pietro  e  Giovanni  Conti. 

XVIIL  —  1302,  IO  giugno. 

Obbligazione  dei  signori  Conti  di  pagare  a  Francesca 
da  Gavignano  il  resto  del  prezzo  di  quel  castello. 


232 


E.  Ceiatti 


XIX.  —  1302,  30  dicembre. 

Bolla  di  Bonifacio  Vili  per  la  pro\nsione  di  un  cancr:^'^ 
nicato    di   S.    Pietro   a    Lucido    Conti.   «  Datura    Romi-^^^^^ 
a  apud    S.    Petrum    .111.    Kal.  ianuarii,  pontitìcatus  noso 
»  anno  .viii.  ».  «  Nobilitas  generis  vite  ». 

XX.  —  1302,  30  dicembre. 

Bolla  di  Bonifacio  Vili  ai  vescovi  0  Tropico,  et  Aquien. 
ed  all'abate  del  monastero  di  S.  Biagio  in  CmiIu  Suuto*^^ 
de  Urbe  circa  la   provisione  del  canonicato   dì  S.   Pietro 
fatta  a  Lucido  Conti.    «  Datum  Romne  apod  S.  Petrum, 
ft  .III.  Kal.  ianuarii,  pontificatus  nostri  .inno.viii.  »».  «  Kobi- 
«  litas  generis  vite  ». 

XXI.  —  1303,  IO  luglio. 

Concessione  in  feudo  di  terreni  nel  territorio  di  Pa- 
llino fatta  da  Giovanni  Conti  a  Mancino  di  Filippo. 

XXIL  —  1305,  3  giugno. 

Obbligazione  per  200  fiorini  ricevuti  in  prestito,  rila- 
sciata da  Giovanni  Conti  a  Rinaldo  di  Supino, 

XXIII.  —  1305,  3  novembre. 

Compera  fatta  da  Giovanni  e  Ildebrando  Conti  di  ter- 
reni in  valle  de  Pastini  nel  territorio  di  Piombihara,  ce- 
duti da  Pietro  di  Guido  Blancardo. 


XXIV.  —  1307,  21  maggio. 

Procura  fatta  da  Giovanni  e  Aldobrandino  Conti  a 
Cataldo  Cataldi  da  Valmontone  ad  interpellare  Pietro 
Gaetano  per  la  sanzione  di  convenzioni  tra  loro  stabilite. 


Ls  pergamene  delFarch.  Sfor^a-Cesarini      233 


IV,  —  15  IO.  2  novembre. 

Donazione  fatta  dalla  città  dì  Segni  a  Giovanni  Conti 
li  una  torricella  vicino  alla  porta  di  detta  cittì 

LVI.  —  1324,  24  gennaio. 

Permuta  fatta  da  Paolo  Conti  con  la  chiesa  di  Segni 
Idei  moli  ni  situati  a  Torre  Nova. 

[XXVII.  —  1531.  16  novembre. 

Il  Senato  Romano  reafBda  Castel  S.  Pietro. 

.  XXVIIf.  —  1558,  25  dicembre. 

Bolla  di  Benedetto  XII  che  commette  a  Giovanni  [Pa- 
I  gnotta]  vescovo  di  Anagni  la  lite,  che  circa  la  collazione 
[delia  chiesa  di  S.  Zotico,  posta  nel  dominio  temporale  di 
[Paolo  Conti,  era  sorta  tra  esso  Paolo  e  la  comunità  di  Val* 
I  montone.  «  Datum  Avinion.  .viii.  Kal.  ianuarii,  pontificatus 
«  nostri  anno  .v.  ».  «Sua  nobis  dilecti  filli  ». 

XXIX  —   1539»   15  febbraio. 

Ratificazione  di  Giacomo  di  Leone  padre  dì  Paola 
moglie  di  Enrico  Colonna  della  vendita  di  Lugnano  a 
Pandolfo  Colonna. 

XXX.  —  1339,  15  febbraio. 

Procura  di  Giacomo  Colonna  a  Landolfo  Colonna 
per  il  possesso  di  Lugnano. 

XXXI.  ~  1353,  2  aprile. 

Dominio  della  città  dt  Segni  dato  dalla  medesima 
città  al  signor  Giovanni  Conti  vita  sua  durante. 


Le  pergamene  deU'arch.  S/or^a-Cesarini      235 


CXVII.  —   1388,   13  aprUe. 

•  Cessione   di  tutte  le   c:ist  e  vigne,  che  prima  furono 
l^d* Antonio  Colacchi   e   di  suo  fratello  nel   castello  e  nel 
territorio  del  Frasso,  fatta   da  Giovanni  e  Francesco  fra- 
telli Brancaleoni  col  consenso  dì  Vanna  dei  Tedelgarii  1 
favore  di  Tedelgano  figlio  naturale  del  fu  Giovanni  Fran- 
,  Cesco  dei  Tedelgarii,  cedendo  questi  in  cambio  un  feudo 
t  che  fu  di  Cam pon esca  di  Monteleone! 

I XXXVIII.  —  1389,  9  novembre. 

Bolla  di  Bonifacio  IX  che  commette  al  vescovo  di 
Segni  di  assolvere  dalla  scomunica  Adìnolfo  e  Ildebrando 
Conti.  «  Datura  Romae  apud  S.  Petrum,  .v.  Idus  oovem- 
tt  bris,  pontificatus  nostri  anno  .t.  ».  «  Sedis  apostolica  pia 
«  mater  ». 

XXXIX.  —  1391,  25  settembre. 

Procura  fatta  da  Adìnolfo  e  Ildebrando  Comi  in  per- 
sona di  Renzo  Orlandi  per  ottenere  le  soddisfazioni  pro- 
messe da  Nicolò  Savelli  per  la  ricupera  dì  Roccapriora. 

XL.  —  1392,  13  novembre. 

Bolla  di  Bonifacio  IX  che  concede  ad  Adinolfo  Conti 
facoltà,  nella  città  dì  Perugia  e  suo  distretto,  di  trattare  con 
banditi  per  ridurli  alla  quiete  ed  assolverli  anche  dalla 
pena  capitale.  «  Datuni  Perusii,  Idus  noviembris,  pontili catus 
a  nostri  anno  .iv.  ».  «  Sedis  apostolice  copiosa  benigni tas  ». 

XLI.  —   1398,  8  giugno. 

Sentenza  dei  conservatori  di  Roma  «  Stephanus  Pauli 
Goris,  Laurentius  Butii  Natalìs  et  Cecchus  Catriole  (?)»  che 
concede  in  perpetuo  alla  comunità  ed  uomini  del  castello 
del  Frasso  l'esenzione  e  franchigia  dalla  gabella  del  sale, 
del  focatico,  della  grascia  e  loro  annessi. 


256 


E.  Celarti 


XLII.  —  1402, 

Bolla  di  Bonifacio  IX  che  sanziona  le  convcnziom 
fatte  tra  la  Camera  Apostolica  e  Ildebrandino  e  Adinolfi' 

Conti.  «  Datum  Rotnae  apud  S.  Petrum,  .viii pootifi- 

a  catus  nostri  anno  .xiv.  ».  «  Decens  reputamus  et  eoa- 

«  gruum  ». 

XLIIL  —   141 7,  23  dicembre. 

Bolla  di  Martino  V  al  cardinale  Lucido  Conti  del  ti- 
tolo di  S.  Maria  in  Cosmedin  per  la  collazione  del  prio- 
rato della  SS.  Trinità  dell'ordine  Camaldolense,  diocesi  di 
Perugia.  «  Datum  Constantie,  .x.  K*al.  ianuariì,  pontifi- 
ci catus  nostri  anno  .1.  ».   a  Tum  exquisitam  tua  **, 

XLIV.  —  14 18,  IO  maggio. 

Vendita  per  fiorini  50  a  favore  di  Francesco  Savcllì 
della  quarta  parte  della  tenuta  di  Grotta  Marozza  fuori  dì 
porta  Maggiore  di  lA  da  Ponte  Noraentano  fatta  da  An- 
tonio Candolfini  zio  e  da  Catarina  moglie  del  fu  Pietro 
di  Giacomo  di  Meo  come  parenti  più  prossimi  ed  eredi 
della  fu  Agnese  figlia  ed  erede  del  fu  lannuzzo  de  Ca» 
poccinis. 


XLV.  —  142O1  28  ottobre. 

Bolla  di  Martino  V  a  favore  di  Battista  Savelli  al  quale 
conferma  tutti  i  privilegi  e  tutte  l'infeudazioni  di  città,  terre, 
castelli,  ville,  fortezze,  tenute  ed  altri  beni  precedentemente 
concessi  alla  casa  S avelli  dagli  altri  pontefici.  «  Datum 
Romae  apud  Sanctum  Petrum,  .v.  Kal.  novembris,  pon- 
«  lìficatus  nostri  anno  .ut.  ».  «Tue  devotionis  integritas». 


Le  pergamene  deil^arch.  Sfor^a-Cesarirti      237 


XLVI.  —  1428,  9  giogno. 

Bolla  di  Martino  V  a  Battista  di  Romandia  di  poter 
impiegare  in  utilitA  e  comodo  de'  pupilli  eredi  del  fu  Bo- 
nomo Conti  di  Poppiero  800  fiorini  d^oro  in  soddisfazione 
di  parte  del  prezzo  di  Castel  Manardo  e  Mileto,  venduti 
a  detti  pupilli  da  Antonio  Colonna.  «  Datura  Roniae  apud 
«  Sanctos  Apostolos,  ,v.  idus  «unii,  pontificatus  nostri 
«  anno  .xi.  ».  «  Cum  nos  dudum  hcredibus  ». 

XLVIL  —  1430,  21  settembre. 

Vendita  per  fiorini  220  della  tenuta  detta  de*  Cancel- 
lieri posta  fuori  porta  S.  Sebastiano  vicino  al  territorio 
di  Castel  Savcllo  fatta  da  Nuzzo  di  Cecco  Ricoccia  e  da 
Luca  dì  Lello  Ricoccia  nobili  romani  a  Francesco  di  An- 
tonio Savelli  signore  di  detto  castello.  «  Actum  Romae 
o  in  mon.  S,  Salvatoris  S.  Balbine,  Nìcolaus  de  Sabellis 
«  notarius  0. 


XLVIIL  —  1432»  ^^  maggio. 

Vendita  fatta  da  Antonio  Colonna  principe  di  Salerno, 
da  Odoardo  Colonna  duca  de'  Marsi  ed  Alba  e  conte  di 
Celano  e  dal  cardinale  Prospero,  fratelli,  del  castello  diruto 
detto  Malaffitto,  della  tenuta  di  Valle  Riccia,  della  corte  di 
Pantano,  Selva  Piana,  ed  altri  terreni  intorno  alla  Riccia 
a   Francesco   Savelli  per   1197   scudi  d*oro. 

XLIX.  —  143^,  28  febbraio. 

\  Vendita  'fatta  per  fiorini  50  e  bolognini  1 2  da  Fran- 
cesco Savelli  a  Nicolò  di  Renzo  e  ad  Antonio  Rotondi  di 
Genzano  d'una  pezza  di  terreno  detto  la  Vazzola  nel  ter* 
ritorio  di  Malaffitto  valle  Pantanella  vicino  il  territorio 
delle  due  Torri. 


238 


B  Cetani 


L.  —  1456,  28  giugno. 

Concessione  in  enfiteusi  a  teiza  generazione  fana  di 
Gioranni  Orsini  abate  e  dai  monaci  e  convento  deirabadiil 
di  S.  xMaria  di  Farfa  a  Cola  di  Venanzio,  ad  .Ajitonio  Jii 
ser  Domenico  ed  a  Bartolomeo  d'Antonio  Giovanni  di| 
Monte   Cosaro  di    un   molino    spettante  alla    chiesa  di 
S.  Maria  0  de  pede  Clentt  »,  soggetta  al  suddetto  monastero,  I 
posto  nel  territorio  di  Monte  Cosaro,  contrada  di  MolUaro, 
distreno  di  Morrò  Valli,  per  l'ann»  risposta  di  due  some 
di  grano  al  preposito  della  detta  chiesa  di  S.  Maria 
pede  Clenti». 

LI.  —  1457,  23  dicembre. 

Bolla  di  Eugenio  IV  che  conferisce  un  canonicato 
nella  chiesa  di  S.  Gervasio  in  Traiecto  a  Giovanni  Giorgio 

Cesarini.  e  Datum  Bononie,  anno  ìncarnationis  dominice 
«  .MCDXXXvii.  .X.  kal.  ianuarii,  pontificatus  nostri  anno 
«  septimo  ».  <t  Littcrarum  scientia». 

LII.  —  1458,  29  ottobre. 

Bolla  di  Eugenio  IV  che  nomina  protonotario  apo- 
stolico Giovanni  Giorgio  Cesarini.  «  Datum  Ferrariac, 
«  anno  .mcdxxxviii.  quiirto  kal,  novembris,  pontificatus 
«  nostri  anno  oaavo  ».  cPii  patris  altissimi». 


LUI.  —  1441»  I  marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarini, 
legato  in  Polonia  ed  Ungheria,  dandogli  facoltà  di  dispeasart 
da  tre  e  quattro  gradi  di  consanguineità.  «  Datum  Fio- 
«  rentìc,  anno  Domini  .mcdxxxxi.  kal.  martii,  pontificatus 
«  nostri  anno  undecìtno».  «  Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  ». 


Le  pergamene  delFarch,  S/or^a-Cesarini      259 


I 

l 
I 

I 


[LrV.  —  1441,  I  marzo. 

BolKi  di  Eugenio  IV  che  di  facoltà  al  cardiiiiile  Giu- 
liano Ccsarini  di  celebrare  messa  avanti  giorno.  «  Datum 
in  Florentie  »  &c.   «  Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  », 

LV.  —  I44i>  I  marzo. 

r       Bolla  di  Eugenio  IV  che  conferisce  al  cardinal  Giu- 
liano Cesarini  la  facoltà  di  concedere  notariati.   «  Datum 
L«  Florentie»  &c.   0  Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  ». 

LVI.  —   1441,  I  marzo. 

I  Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarini 
dandogli  facoltà  di  dispensare  dal  difetto  de'  natali.  «  Da- 
«  tum  Florentiae  »  ^:c.    «  Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  ». 

LVIf,  —   1441,  I  marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Ces.mni 
dandogli  facoltà  di  conferire  benefizi  a'  familiari-  «  Datum 
^  Florentie»  &c.  «Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  ». 

LVI  IL  —  I  marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarini 
dandogli  facoltà  di  dispensare  indulgenze  di  un  anno. 
•k  Datura  Florentie  »  &c.  «Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  ». 

LIX.  —   1441,  I   marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarini 
dandogli  facoltà  di  assolvere  dai  sacrilegi.  •  Datum  FIo- 
,«  rentie  »   &c.  «  Cum  te  ad  Ungarie,  Polouie  ». 

LX.  —    1441,  I   marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarini 
dandogli  facoltà  di  assolvere  dufante  la  sua  legazione  da 


£".  Cetani 


casi  rìsenad.  «  Datum  Florentie  »  &.C.  •  Cam  te  ad  Un 
•  garic,  Polonie  ». 

LXI.  —  1441»  I  marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarinii 
assolvere  sacrileghi,  incendiari  di  chiese  e  dispensare 
r  irregolarità.  «  Datum  Florentie  «  &c.  «  Cum  te  ad  Uà 
ttgarie,  Polonie». 

LXn.  —  1441,  I  marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarinl 
tenere  ai  suoi  servigi  religiosi  di  vari  ordini,  a  Datum  Fio- 
a  rende  «  &c.  «  Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  » . 

LXIIl.  —  1441»  I   marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarini  1 
solvere  dalle  scomumche  maggiori,  «  Datum  Floreode  o&c.  j 
«Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  ». 

LXIV.  —  1441,  I  marzo. 

Bolla  dì  Eugenio  FV  al  cardinale  Giuliano  Cesarini  di 
ammettere  rassegne  di  benefizi  riservari  alla  Santa  Sede, 
a  Datum  Florende  »  &c.  «  Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  •, 

LXV.  —  1441»  r  marzo.  ^^H 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarini 
per  dispensare  cinquanta  pred  dai  read  di  sangue.  «  Da- 
«e  tum  Florende  »  &c.  «  Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  ». 


LXVI.  —  i!l4i,  r  marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  al  cardinale  Giuliano  Cesarini 
di  indulto  ai  suoi  famigliari  a  partecipare  ai  frutd  dei  be* 
nefizi  anche  nella  loro  assenza.  «  Datum  Florentie  »  &c 
«  Cum  te  ad  Ungarie,  Polonie  ». 


Le  pergamene  dell'arch.  Sfor^a-Cesarini      241 


LXVII,  —  1442,  5  agosto. 

Bolla  di  Eugenio  IV   al   cardinale   Giuliano  Cesarini 
'  con    facoltà   di    dispensare  anche  ecclesiastici  in  casi  in- 
j compatibili.  «Datura  Florentie,  anno  .mccccxlii.  .ih.  non. 
«  augusti  ».   «  Cuni  te  ad  Ungane,  Polonie  ». 

LXVIII.  —  1445,  6  marzo. 

Bolla  di  Eugenio  IV  che  nomina  il  cardinale  Giuliano 
Cesarini  vescovo  di  Frascati.   «  Datum  Romae,  anno  in- 
a  camationis   dorainice  .mccccxlhl  pridie  non.   martii». 
i«  Ad  exercendum  universalis  Ecclesiae  ». 


LXIX.  —  '443»  13  "^•'iggio. 

Bolla  di  Eugenio  IV  di  concessione  delle  decime  al 
Ire  di  Polonia  ad  instanza  del  cardinale  Giuliano  Cesarini. 
k«  Datum  Senis,  anno  incarn.itionis  dominice  .mccccxliii. 
[a  tertio  idus  mali».  «Ad  praeclara  devotionis  a. 

LXX.  —  1443,  23  maggio. 

0       Bolla  di  Eugenio  IV  che  conferisce  la  carica  di  peni- 
tenziere maggiore  al  cardinale  Giuliano  Cesarini.  «  Datum 
H  0  Senis,  anno  incariiationis  dominice  .mccccxliii.  .x.  kal. 
H  o  iunli  ».  o  Venerunt  a  tua  circumspectione  ». 

LXXL  —  1444,  24  novembre. 

■  Donazione  irtler  vivos  fatta  da  Francesco  e  Paolo  del 

■  fu   Giovanni    Andrea   de'  Brancaleoni    di    Monteleone    a 
Simodea  loro  sorella  carnale  e  suoi  eredi  e  successori  di 

itutto  il  castello  di  Casaprota  (o  Caligrotta)  e  parte  del 
!  listello  di  Monteleone,  della  Torricella  e  del  Castel  di 
[Rocca  Salice,  Selasale,  case,  vigne  e  altro,  posto  in  Sabina, 
[con  la  riserva  dell'usufrutto  vita  loro  naturale  durante. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XV.  l6 


XP 


■88  4l 


LXXIL  —  (454.  i  «^BSEu 

Vcadici  £  BBi  fam  4et 
Amofiio  «li  Gamum  jlbB&ci 
GUomio  ColidDBSsv»  «ase 
rìni  per  1500  daoB  i*  -^   ^ 
ila  qocsi'ulDfDOw 

LXXIIL  —  14^1,  15  ccsfaiEe;. 

BoQj  4IÌ  Pio  H  al  V1CB»  (fet  vcKvvo  «fi  Btan 
venni  f  de  Scabffios  •  onfeauJog^  iH  pceader  i 
1  tcrrcQi  in  ccfriBono  cd  JMoobc  ^**''M^f  s  j 
r^  72101*  •  Oatmii  Kaoue^  auio 
.  (  :cccLXL  ùios ooBbn» ».  «Ex 
«  de  wper  ». 

LXXIV.  -  14^3.  «o  genittio. 

V«ndiu  fatta  dalla  R.  C  A.  a  ouiiis^iiar ^ ^ 

•urini,  a  Lelio  e  Giacomo  ddla  VaEe,  per  &iiìd~((ji»' 
d*oro  di  Cimerà,  di  Monte  Asola,  Canolnpo,  Fag&aa, 

)* i'«  Molano,  Montocio,  Cascel  Oeodato  amSxMfS 

MIC  di  GtKomo  dd  fa  Batcìsa  SaTdE 

I.XXV.  —  14^4»  29  «ag^o. 

HolU  di  IMo  II  die  legicnnu  Ettore  e  Meiea^ 
iuiuir<itl  di  Antonello  da  ForB  capitano  di  cavailena 
mWUW  |»>i|uli.  «  D.ttum  Komae,  anno  ìncaixtatioots  daaà' 
«Hk«  .McCCCUfV.  av.  kal.  imùi>.  «Illegcttzme  geanosi. 

IXXVI.         1466,  28  febbraio. 

•rdia  tra  Pandolfo  del  fu  Giovamù  Batsisca^ 
>  irte  e  Guglielmo  e  Manaoo  Savelli  djiTil&v 
^  i  a  questi  ultimi  delle  terre  'm  temtono  di 

l*iil<tiitharii  «d  Aspro  per  ducati  ventimila  ottocenca 


Z*  pergamene  delVarch.  Sfor^^a-Cesarìni      245 


LVII.  —  1466,   17  aprile. 

Patente  del  cardinale  Angelo  Capranìci,  commenda- 
io  della  chiesa  dì  Rieti,  a  Nicola  Stefano  Petrucci  di 
•rasso,  famigliare  di  monsignor  Giorgio  Ccsarini,  a!  quale 
inferisce  la  rettoria  della  chiesa  curata  di  S.  Giovanni, 
iella  chiesa  della  Torricella  con  altre  chiese  rurali  an- 
lesse  a  presentazione  di  Francesco  Matteuccio  e  Barnaba 
ìrancaleoni  di  -Mouteleone  e  di  Semi  dea  vedova  del  fu 
)rso  Ces.irini,  Gaitosa  e  Giovanni  figli  del  fu  Giovanni 

P^ndro:!    Rr.irualconi.  4 

-XXVIII.  —   1466,  26  giugno. 

Possesso  preso  da  Gabriele  Cesarini  in  vigore  di  sen- 
enza  contro  Pietro  Angelo  Orsini  di  due  terze  parti-  del 
castello  di  Monteleone,  una  come  spettante  a  sé  e  l'altra 
tjome  di  Semidea,  e  possesso  preso  dell'altro  terzo  da 
•rancesco  de'  Brancaleoni   e   donato  dal  suddetto  Fran- 
cesco a  Gabriele  Cesarini  insieme  agli  altri  beni  di  Oli- 
l-Treto  e  Torricella. 

ÌLXXIX.  —  1466,  23  agosto. 

Convenzione  tra  Brigida  e  Givosa  e  Giovanna  figlie 
di  Giovanni  Andrea  Brancaleoni  per  la  divisione  dei  beni 
paterni  e  per  la  successione  dei  castelli  d'Ornaro,  Colle 
Piccolo,  Torricella,  Oliveto  e  Monteleone. 


LXXX.  —  146^,  I  dicembre. 

Divisione  dei  vassalli  t  feudi  del  c;istello  di  iMonte- 
leone,  posseduti  prima  in  indiviso  tra  Matuzio  e  Barnaba 
Brancaleoni,  Gabriele  Cesarini  e  Pietro  Angelo  e  Troilo 
Orsini. 


Le  pergamene  dell* at  eh,  Sforja-Cesarim      245 


Ili  a  nome  anche  dei  suoi  fratelli  del  castello  diruto  della 
iccia  spettante  a  detta  chiesa  col  castello  parimente  diruto 
to  Borgheno  spettante  ai  fratelli  Savelli, 
1^  Segue  la  permuta  fatta  dal  suddetto  Mariano  e  suoi 
^vatclli  del  castello  diruto  della  Riccia  col  cav.  Pier  Gio- 
^vanni  Savelli  per  rubia  cento  di  terreno,  cìoò  la  tenuta  di 
B&rotta  Scrofano,  la  pedica  di  là  dal  Fosso,  altra  pedica  di 
S.  Palomba,  !a  metà  della  tenuta  di  Torre  del  Vescovo  &c. 

LXXVI.  —   1475,  22  marzo. 

'Quietanza  e  rinuncia  di  tutte  le  loro  ragioni  sopra  Pa- 
jrabara  ed  Aspro  fatta  da  Pier  Francesco  ed  altri  figli  del 
Pandolfo  Savelli  a  favore  dì  Giovanni  Battista,  Mariano 
Battista  Savelli. 


LXXXVIL  ^  1476,  24  aprile. 

Patti  e  convenzioni  tra  Giovanni  Battista  Savelli,  Ma- 
kano  e  Battista  suoi  fratelli  per  una  parte  e  Pier  Giovanni 
5avelli  dall'altra  intorno  alla  loro  buona  armonia  e  per  il 
srovemo  di  Palombara. 


,XXXM1I.  —  1481,  4  aprile. 

Vendita  di  case  con  palazzo  ed  orti  in  Roma  in  luogo 
le  Milizie   fatta  dai   Colonnesi    agli   eredi   di  Otto 
^onti. 

[IX.  —   1483,  12  settembre? 

Vendita  per  100  ducari  di  una  parte  del  castello  della 
rorricella  posto  nella  diocesi  di  Rieti  tra  Poggio  S.  Lo- 
renzo, Ornaro  e  Rocca  Sinibalda,  col    diritto  di  dominio 
sopra  i  vassalli  di  detto  castello,  fatta  da  Giacomo  di  Cecco 


ZI    Hr^r:     .1  IZZr 


-%7—^    3rr,-Tfc  Ti T art 


Le  pergamene  deìVarch.  S/or^a-Cesartni      247 


XIV.  —  1489,  28  marzo. 

Nuova  investitura  del  Castello  di  S.  Pietro  in  Formis 
l(oggi  detto  Campo  Mono)  fatta  dal  capitolo  di  S.  Gio- 
[vanni  in  Laterano  a  favore  de!  cardinale  Giovanni  Battista 
Idi  Battista  e  Mariano  Sa  velli. 


[XCV.  —   1489,  2ì  luglio. 

Vendita  per  1300  ducati  della  quarta  pane  della  tenuta 
'  di  Cerqueto  fatta  da  Lelio  Capodiferro  al  cardinnle  Gio- 
vanni Battista  Savellr. 


|XCVI.  —  1489.  31  luglio. 

Vendita  per  ducati  125  fatta  da  Lucrezia  vedova  d'An- 
tonio «  de  Arcamonibus  »  anche  a  nome  dei  suoi  figli  al 
cardin.ale  Giovanni  Battista  Savelli  di  una  vigna  situata 
fuori  pona  Appia,  assumendosi  il  detto  cardinale  l'obbligo 
di  pagare  ogni  anno  una  divallata  di  mosto  alla  chiesa 
di  S.  Adriano. 

XCV^IL  —  1489,  16  settembre. 

Donazione  inkr  vivos  fatta  da  Fabrizio  Colonna  a  fi- 
vore  di  Stefano  Bosi  dì  una  casa  in  Civita  Lavinia,  di 
una  vigna  in  detto  territorio  e  di  due  pezzi  di  terreno, 
ogni  cosa  franca  di  canone. 


XCVIIL  —  1491,  15  marzo. 

Sentenza  a  favore  del  cardinale  Giovanni  Battista  Sa- 
vclli  e  de*  suoi  fratelli  per  la  reintegrazione  nel  possesso 
del  castello  di  Monte  Asola  del  quale  erano  stati  spogliati 
da  Luca,  Giovanni  e  Pietro  figli  di  Pandolfo  Savelli  uni- 
tamente ad  Onorio  del  fu  Filippo  Savelli. 


Le  pergamene  delì'arch.  Sfor^a-Cesarini      249 


iel  detto  popolo  romano  acciò  possa  con  più  comodo 
fare  le  spese  dei  giuochi  di  piazza  Navona  e  Testacelo. 
\m  Datuin  Romae  apud  Sanctum  Petrum,  anno  .mccccxcix. 
[«  kal.  iulii  ».  «Nobilitas  generis  ac  praeclare  »  (i). 

E«  Celanu 


(i)  Delle  pergamene  conservate  nell'archivio  Sforxa-Cesarini, 
(circa  seicento,  ho  preso  nota  solamente  di  quelle  che  possono  in- 
Itercssare  la  storia  e  topografia  dì  Roma  e  provincia  e  recare  luce 
alle  Éimiglic  romane,  specialmente  dei  Conti,  Savelli  e  Cesarini, 
Inon  oltrepassando,  quale  limite  di  tempo,  il  secolo  xv.  Adempio 
j  pertanto  al  dovere  per  me  gratissimo  di  esprimere  la  maggiore  rico- 
fnosccn/.a  al  duca  D.  Francesco  Sforza-Ccsanni  che  mi  ha  liberal- 
[mente  dischiuso  il  suo  archivio  domestico  e  permesso  di  comunicare 
j^  studiosi  questo  elenco  di  documenti,  ed  all'amico  cav.  Ruggero 
ari  che,  d'incarico  d'esso  duca,  mi  fu  di  aiuto  prezioso  nella 
erca  dì  essi. 


Visioni  di  s.  Francesca  Romana 

TESTO   ROMANESCO  DEL  SECOLO   XV 

KnrBDirro  sol  codice  oricixa.le 

CON  APPUNTI  GRAMMATICALI   E  GLOSSAKIO 


(ContìDuadone  e  fine,  vedi  voi.  XIV,  p.  363). 


Sequita  lo  tractato  corno  la  beata  Francesca  fu  menata 
in  sancta  visione  ad  vedere  lo  luoco  Jcl  Purgatorio. 

SECUNDO  che  essa  beata  Francesca  predìcta  disse  ad   mi  suo  in- 
degno patre  spirituale,  per  virtù  de  sancta   obedientia,  de  puoi 
che  fu  menata  in  sancta  visione  ad   vedere  lo  inferno,  dello  quale 
I  è  sopM  dicto  alcuna  cosa  de  quello  abysso,  fu  anche  menata  ad  %*c- 
jdere  lo  luoco  de  purgatorio    Nello  quale  erano  tre  luochi  (1),  uno 
I  de  socto,  l'altro  in  roieso,  ei  l'altro  de  sopra.  Et  vide  nella  intrata 
certe  lectere  scripte   le   quale  dicevano:   Purgatorio,   luoco  de  spe- 
ranza, «Se  aco   lo  intervallo  per   lo  desiderio.  Et  lo  glorioso   angìlo 
[  Raphaello  sopradicio,   lo   quale   anche  stava  in  compagnia  de  essa 
[beata,  il  disse  ad  essa  humile  anelila  de  Cristo:  Questo  è  lo  luoco 
I  che   se  chiama  purgatorio,   dove   l'anime   staco  ad  purgare  li  loro 
l  defectt,  lo  quale  è  luoco  de  spt:ransa    Et  nello  luoco  de  socto  dello 
I  dicto  purgatorio,  ve  era  pena  tucta   de  fuoco»  lo  quale  fuoco  era 
[chiaro,   dissimile  ad  quello  dello  inferno,  perchè  era  nero,  comò  è 
dicto  sopra  nel  suo  tractato.  Et  lo  dicto  fuoco  aveva  la  fiamma  grande 
I  &  roscia,  non  però  che  dossi  splendore  ad  l'anime  che  ve  so»  &  però 
ì  l'anime  che  so  in  quello,  aco  sempre  la  tenebra  nello  exsteriore,  ma 
■  80  allustrate  nello  interiore   per  la  gratia   che  aco,    che  intiendo  la 
venti,  &  anche  per  lo  tiempo  terminato.  Et  quelle  anime,  le  quale 
avevano  fadi   li   grandi   peccati,   so   messe   dalli   gloriosi  angeli,  li 
quali  fuoro  dati  alle  diete  anime  dalla  loro  infusione  in  esso  fuoco 

(I)  e.  i|4«. 


252 


Od,  "Pdaei 


ad  purgare;  et  staco  in  esso  grave  fuoco  secundo  la  quantità  &  qualità 
delli  peccati  che  aco  commessi  (i).  Et  sentendose  essa  beata  la  so- 
pradicta  compagnia  allo  suo  lato,  non  però  che  avessi  spavento,  &  né 
affanno,  corno  aveva  quanno  vide  lo  inferno,  et  che  abisognassi 
che  lo  dicto  Raphaello  li  dessi  animo  &  confuorso  per  le  desperate 
pene  che  vedeva,  ma  era  dechiarata  dallo  dicto  Raphaello  delle  no- 
tabile cose  che  vedeva.  Et  lo  dicio  fuoco  inccndea  et  cruciava  più 
una  anima  che  l'altra.  Et  advenga  che  tucte  l'anime  fussino  coperte 
dalla  Hamma,  <\ua\\nQ  ve  erano  messe,  tamen  lo  dicco  fuoco  incen- 
deva &  tormentava  certe  anime,  secundo  la  quantità  &  qualità  delli 
peccati.  Et  l'anime  corno  venivano  purgando  &  erano  purgate,  ad 
poco  ad  poco  venivano  sailendo  &  gcssendo  della  fiamma,  dandorae 
essa  beata  tale  exempio;  ad  muoJo  che  la  creatura  cresce  ad  poco 
ad  poco,  &  quello  crescere  che  fa  non  se  vede,  ma  puro  però  cresce 
&  faose  grande.  Et  questo  è  de  Tanime  le  qu;)le  stando  nello  dicto 
fuoco,  perchè  ve  staco  luongo  tiempo.  Et  advenga  che  non  se  vegano 
sallire  &  gessire,  tamen  puro  ne  gescono  ad  poco. 


VIDE  essa  beata  ancilla  de  Cristo  che  li  demoni)  li  quali  fuoro 
dati  alle  anime,  le  quale  stavano  nello  dicto  fuoco  dalla  loro  (2) 
infusione  ad  temptarele,  comò  è  sopra  dicto  nello  tractato  dello  in- 
ferno, tucti  stavano  dalla  parte  sinistra,  vero  fore  dello  dicto  fuoco. 
Et  le  diete  anime  avevano  da  li  dicti  demoni]  molta  pena  della  loro 
orreblle  visione,  et  anche  dello  grande  improperio  che  essi  demoni] 
dicevano  alle  diete  anime.  Cioè  che  tale  pena  li  era  data,  perchè  _ 
avevano  offeso  lo  loro  dio  creatore  et  redcraptore  et  gubernatòre,  ■ 
et  avete  scquiti  li  nostri  illusioni  &  sugesiloni,  &  siteve  facte  subdite 
ad  noi,  &  per  ciò  pagliate  questo  tormento  &  simile  improperio. 
Della  quale  visione  &  improperatione  le  diete  anime  ne  avevano 
grande  pena,  advenga  che  magiure  pena  avessino  della  impropera- 
tione  per  lo  remproperare  le  offese  facte.  Ma  le  diete  anime  non  ■ 
avevano  dalli  dicti  demonlj  altri  tormenti  perchè  stavano  fore  dello 
dicio  luoco.  Et  essi  demonij  ne  erano  cruciati  dalla  divina  iustitia, 
perchè  anno  perdute  le  diete  anime. 


A  ve» E  disse  essa  beata  che  tucte  quelle  anime,  le  quale  stavano 
nello  dicto  luoco  nello  fuoco,  per  la  grande  pena  tlie  sentono, 
chiamano  con  voci  piatosi,  continuamente  dicendo,  che  mal  non  re- 


1 


(0  e.  IH  e. 


(»)  e.    IHD 


ì'isioni  di  s.  Jrancesca  Romana 


253 


IMftno  <r  Misericordia»  signore  ».  Et  chiamano  con  tanta  af!èctione, 
fA(l)  tanto  piatosameme,  che  non  se  ponrìa  ymaginare  per  persona 
huroana  ;  conoscendo  tucte  veramente  &  quanto  ìustamente  la  divina 
iustitia  li  dao  tale  pena,  &  quanto  bene  esse  la  meritando.  Et  però 
chiamano  continuamente  «  Misericordia,  signore  »  tanto  atfectuosa- 
mente  &  piatosamente.  Per  lo  quale  tanto  affectuoso  chiamare,  ne 
recipo  grande  consolatione  &  refrigerio,  non  però  che  siano  cacciate 
dello  dicto  fuoco,  ma  aco  tanto  lo  sguardo  alla  divina  bonità  &  be> 
dignità  et  misericordia,  conoscendo  quanto  iustamente  pa(;cono  la 
pena,  che  ne  recepeno  refrigerio  &  consolatione,  Si  staco  molto  con- 
tente. Aco  anche  la  speransa  de  andare  alla  beata  gloria,  della  quale 
cosa  aco  grande  refrigerio. 

DISSE  anche  essa  beata  Francesca  dieta,  corno  tucte  quelle  anime 
per  cognitione  intellectiva  conoscevano  li  peccati  l'una  l'altra, 
éc  per  que  peccato  avevano  la  pena,  &  per  quanti  peccati,  tucte  es- 
sendo contente  della  iustitia  punitiva.  Vide  anche  essa  beata  che  lo 
glorioso  angilo,  lo  quale  aveva  custodita  Tanima  dalla  infusione, 
menava  la  dieta  anima  allo  dicto  luoco  dello  fuoco,  se  lo  aveva 
meritato  ;  &  sìt mmi^o  che  aveva  facta  la  offesa,  era  messa  nello  fuoco 
per  la  ordinata  (2)  iustitia  divina,  &  esso  glorioso  angilo  aspectava 
la  dieta  anima  dalla  parte  dextra  dello  dicto  luoco;  &  cosi  tucti  li 
gloriosi  angeli,  H  quali  avevano  custodite  le  diete  anime  dalla  loro 

I  infusione  nello  ventre  materno,  stavano  dalla  parte  dextra,  et  lì  de- 
monij  pur  dati  dalla  infusione,  dalla  parte  sinistra  forc  dello  dicto 

* luoco. 


j  T  li  suffragii  qudn«o  se  faco  per  l'anima,  la  quale  sta  in  purga- 
torio, non  solamente  in  questo  luoco  de  socto,  ma  anche  ne 
Tahro,  dalli  amici  &  consanguinei  per  carità,  so  presentati  alla  divina 
magesti  dallo  glorioso  angilo,  lo  quale  guarda  l'anima  de  quella 
persona  che  fa  lo  bene.  Et  la  divina  ordìnatione  li  presenta  ad  l'an- 
gilo,  lo  quale  ao  custodita  l'anima  dalla  infusione,  per  la  quale  è 
facto  lo  bene.  Lo  quale  angilo  sta  de  fore  dello  purgatorio  dalla 
parte  dextra,  &  esso  angilo  comunica  lo  dicto  bene  ad  quella  anima, 
per  la  quale  so  facti  li  soffragii.  Anche  disse  essa  beata  Francesca, 
corno  Tingilo,  lo  quale  è  dato  ad  custodire  l'anima  dalla  infusione, 
I  ttictì  buoni  operationi  et  locutìoni  che  l'anima  fao  existente  in  carne 


(I)  e.   tJJ*. 


(a)  e.  «j$». 


254 


qM.  Telaej 


mortale,  li  presenta  alU  diviniti,  &  per  contrario  lo  demonio  accusa 
li  peccati  (i). 


Ct  quanno  la  persona  vivendo  se  lassassi  in  testamento  o  vero 
JL>  in  aliro  muodo,  che  de  pò  la  soa  morte  li  fussi  facto  certo  bene, 
ieniosine,  o  vero  altri  suffragij,  &  coramcctessilo  ad  executori  o  vero 
ad  altre  persone,  che  li  facessino  txìx  bicni,  lo  benigno  signore  dio 
subito  acccpta  &  recipe  ucundo  la  liberalità  de  essa  persona,  la  quale 
se  Tao  lassata;  cioè  che  se  lassa  liberamente  che  11  sia  facto  subito, 
lo  signore  li  dao  lo  merito,  se  proprio  non  li  fussi  dato  o  vero  facto 
quello  bene,  che  ao  lissato  da  executori,  o  vero  da  altre  persone 
alle  quale  lo  avessi  commesso.  Perchè  lo  signore  gratìosó  piglia  U 
Ubera  bona  volontà  della  persona,  la  quale  sello  lassa,  &.  non  guarda 
alla  iniquità  della  persona,  alla  quale  fussi  commesso,  che  noUo  vo- 
lessi fare.  Ma  quando  essa  persona,  la  quale  se  lassa  lo  bene,  ve 
mectessi  tiempo  che  non  li  fussi  facto  prestamente,  avendo  respecto 
alla  carnalità,  sensa  vera  necessità,  affectionata  ad  altre  persone, 
questa  tale  persona  che  se  lassa  lo  bene  non  è  satisfa  età  dallo  si- 
gnore dio  infmc  allo  terminato  tiempo,  s4cundo  che  se  ao  lassato. 
Et  questo  è  per  lo  lìbero  arbitrio,  che  sccutsJo  che  (2)  essa  dao, 
recipe. 


DisàE  anche  essa  beata  che  quelle  anime,  le  quale  stavano  nello 
fuoco  dello  dicto  luoco,  per  le  quale  erano  facti  li  suffragij  per 
carità  dalle  persone  che  staco  nello  mundo,  quasi  (j)  poco  li  mancavano 
la  pena,  ad  respecto  della  grandissima  pena  che  aco.  Anche  se  guarda 
secundo  la  quantità  del  li  suffragi)  &  sccundo  la  qualità  delle  persone 
che  li  fanno,  cioè  secundo  che  stanno  in  carità  quelle  persone,  le 
quale  facó  li  suffragi).  Ma  li  suffragij,  li  quali  se  facevano  per  Tanime, 
le  quale  stavano  nello  luoco  de  mieso  dello  purgatorio,  giovano 
assai  più,  perchè  avevano  molto  menor  pene  dalla  divina  iustitia 
ordinate. 


ANCHE  disse  essa  beata  Francesca,  corno  lo  fuoco  che  stao  odio 
luoco  de  socto  dello  inferno,  dao  magiore  tormento,  perchè 
è  pili  forte  che  lo  fuoco  che  sta  nello  luoco  de  mieso  Se  de  sopra 
dello  dicto  iofemo.  Et  lo  fuoco,  lo  quale  stava  nello  luoco  de  socio 


(0  e.  ijjc.  (a)  e.  tjiD. 


())  J)  coi.  ha:  nello  quatt 


Visioni  di  s,  Jrancesca  *7(omana  255 


argatorìo,  era  quasi  simile  allo  fuoco  che  stava  nello  luoco  de 

dello   inferno.  Vero  che  ve  era  differentia,  perchè  lo  fuoco 

>  (i)  inferno  era   nero  &  obscuro,   ma  lo  fuoco  de  purgatorio 

tra  chiaro,  corno  è  sopra  dicio  nello  principio  de  questo   tractaio 

anche  nello  tractato  dello  inferno.  Vide  essa  beata  in  esso  luoco 

socto  Icctere  scripte  le  quale  dicevano  «  Meritorio  ». 

AVENDO  rcceputo  lo  sanctissimo  sacramento  della  eucaristia,  essa* 
beata  anelila  de   Cristo  Francesca  da  mi   suo   indegno  patre 
pirituale,  stando  in  extasi,  per  virtù  de  sancta  obedientia  me  disse, 
amo  lo  luoco  dicto  de  socto  de  purgatorio  era  divìso  in  tre  parti: 
nella  più  penosa  parte,  ve  stavano  l'anime  de   sacerdoti,  &  nella 
ilicta  parte  era  lo  fuoco  più  ardente;  ne  Taltra  parte  erano  l'anime 
chierici,  li  quali   aco  auti  TalTri  ordini  sacri,  nella  quale  parte 
Tiion  era  tanto  lo  fuoco  ardente;  et  ne  Taltra  parte  erano  anime  de 
olari,  ho  mini  et  femine,  li  quali  avevano  facti  li  molto  gravi  peccati 
li,  &  in  tale  parte  era  menor  pena  de  fuoco  che  ne  l'altri  'doi 
1  dicti.  Et  advcnga  che  li  sacerdoti  non  avessino  commessi  tanti 
Fpeccati  gravi  &  poderosi,  quanto  avevano  commessi  li  secolari  (2), 
amen  erano  messi  in  raagiore  pene,  per  cascione  della  dignità  che 
I  anno  auta,  la  quale  non  aco  mantenuta  corno  debero.  Anche  pate- 
[vano  niagiore  pena,  perchè  abcro  magiorc  conoscimento   che  non 
labero  li  secolari.  In  simile  muodo  intiendi  delli  chierici.  Disse  anche 
E«ssa  beata  che,  advcnga  che   l'anime    de   sacerdoti,  corno  è  dicto, 
ktessino  tucte  in  una  parte,  tamcn  avea  più  pena   una  che  l'altra, 
ucundo   li   peccati   colle   loro  circunstantìe,   &  secundo  la  quantità 

Iét  qualità  delli   peccati.  Anche  secundo  lo  tierapo,   perchè   corno  è 
punita   l'anima  della   pena  dieta,  cosi  ve  stava  più  tieni  pò.  Simile- 
mente  iot-endi  de  l'altri  doi  parti  dicti,  cioè  de  l'anime  che  ve  erano 
in  e&si  luochi;  et  queste  diete  materie  ultime  disse  essa  beata,  perchè 
ad  quella  hora  che  uno  sacerdoto  passò  de  questa  vita  mortale,  in 
quella  medesma  hora,  la  quale  fu  de  nocte,  fu  mostrato  in  visione 
ad  essa  beata,  perchè  lo  conosceva.  Et  vide  Taulma  dello  dicto  sa- 
cerdoto con  uno  panno  nansi  alli  suoi  occhi,  intiendi,  sano  lectorc, 
|>crché  li  fu  cosi   mostrata.  Et  fu  dicto  ad  essa  beata  stando  nella 
^Mìcta  TÌsionc,  comò  tale  (3)  vituperio  aveva  la  dieta  anima,  perchè 
^nveva  satisfacto  lo  suo  desiderio  nello  magnare,  secundo  Io  suo  ap- 
H'petlto;  anche  che  non  se  era  exercitato  secundo  la  dignità  che  abe 
nella  cura  delle  anime  che  aveva.  Et  però  quella   anima  fu  messa 


(0  e.   Ijéi.  (a)  e,  1)6». 


(,)c.  136  e. 


Visioni  di  s.  Jrancesca  Romana  257 


«ti,  le  quale  dal  principio  fuoro  messe  nello  fuoco,  nello  luoco  de 
Wcto.advenga  che  per  ciasche  peccalo  raonale  ve  stessìno  septe  anni, 
tìmcn  puoi  vengono  nello  luoco  de  mieso,  &  per  ciasche  peccato 
tortale  anche  stavano  in  questo  luoco  de  micso  cinque  anni  \  li  quali 
''a<}ue  anni  se  possono  abreviare  per  li  suffragi)  factì  dalle  persone 
clic  staco  nello  mundo,  si  ad  quelle  anime  le  quale  gessivano  dello 
luoco  de  socto,  et  sì  ad  l'altre  che  venivano  dalli  loro  cuorpi. 

ANCHE  in  questo  luoco  de  mieso,  non  era  tanta  pena  ad  gran 
facto,  corno  era  nello  luoco  de  socto,  per  molti  respccti-  Pri- 
mamente quanto  alle  penc(i),  perchè  altra  pena  ò  quella  dello  fuoco, 
che  non  è  quella  delli  tre  parti  ordinati  sopradicti.  La  secunda  ra- 
scionc  è  per  la  orrebile  visione  delli  demonij,  la  quale  era  nello  luoco 

Idc  socto,  che  non  era  nello  luoco  de  mieso;  perchè  <\uauno  stanno 
^anirae  nello  luoco  de  socto,  aco  la  visione  delli  demoni],  ma  puoi 
fcbe  sallono  o  vero  vanno  allo  luoco  de  mieso,  non  avevano  più  tale 
pistone  ;  &  così  Taltre  anime  le  quale  ve  intrarono  dallo  princìpio, 
perchè  nello  luoco  de  mieso  non  è  tale  visione.  Perchè,  conio  è 
dicio  nello  tractato  de  l'inferno,  puoi  che  Tanime,  le  quale  fuero  date 
^Hdalla  infusione  loro  alli  demoni],  gescono  dello  luoco  de  socto  de 
^^Burgatorio,  essi  maligni  spiriti  vaco  con  l'altri  demoni),  li  quali 
^Huiuio  nel  mundo  infra  noi,  li  quali  so  molto  vili  &  tristi.  La  tersa 
^^asctone  è,  perchè  non  aco  lo  improperio  dalli  demonij  delli  peccati 
commessi,  linde  se  non  ce  sonno  li  demoni],  non  anno  lo  loro  vn- 

Properio.  La  quarta  rascione  è,  perchè  nello  luoco  de  socto  per 
lasche  peccato  mortale  ve  stando  sepie  anni,  ma  in  questo  de  micso 
so  ordinati  cinque  anni.  Et  nota  bene  dello  tic  rapo  che  la  beata 
^^uaimo  fu  menata  allo  inferno  in  visione  dieta,  &  puoi  Io  purga- 
^Horio,  era  bora  vespertina  (2),  &c  durò  in  line  ad  hora  completoria, 
che  fu  poco  ticmpo,  &  tamen  ad  essa  beata  lì  parse  che  fussi  grande 
tìcrapo.  Considera  quanto  pare  magìore  lo  ticmpo  ad  l'anime  che 
$0  in  esse  pene.  La  quinta  rascione  è,  che  nello  luoco  de  socio  pia- 
tosamente  chiamano  misericordia,  ma  nello  luoco  de  mieso,  lau- 
danno  &  rengraiianno  lo  signore  dio.  La  sexta  rascione  è,  perchè 
lì  suffragi],  o  vero  bieni  facti  dalli  consanguinei  &  amici  per  carità, 
faco  magìore  utilità  ad  l'anime,  le  quale  staco  nello  luoco  de 
lieso,  si  quanto  alle  pene,  &  sì  quanto  allo  tiempo;  cioè  che  se 
messe  da  l'angili  nelle  diete  tre  diverse  pene  &  mutate  da  una 
bena  ad  l'altra,  le  quale  erano  grande  pene,  tamen   per  li  suBragij 


(0  «•  «17"- 


(3)  e.  137  e. 


fCkivio  detta  R.  SoiiHà  rom.ina  di  storia  patria.  Voi,  XV. 


>7 


25» 


die  fd6  fàco  per  carici. 


più  tn  qoeste  lasco  ^ 


IBÌCM»  la  peiu,  cbc  in  qadlo  de  socto.   Et  ancbc  valeoo  p«&  Q  «tf> 
Ìn0ì  in  qoesto  Ibogd  «le  niieso,  tfa*mo  allo  ticaxpo^  perche  i 
dbc  vr  sia  qc^bOo  die  per  càudbe   peccala    moTtalc   ve 
cin<|ar  aaaS,  tanca  per  fi  soffingq»  scili  mandtt  lo  tiesnpo  i 
la  ^oaatìti  &  qaafiti  de  essi  «oftmpi,  et  sfiondò  la  (t)  ^caliti  I 
perraoe  die  Cico  ti  tficd  softagq,  a<oiWo  che  siaco  in  caiItLi 
tanto  die  se  l*aiiana  ce  dercsa  stare  loaogo  tSempo,  o  vero  i 
ne  genetia  prescanmne.  Ex  qnestt»  è  generale  *d  tccce  raaiOM;] 
qaaSe  so  ndlo  Sao  loooo  de  miese,  si  Md  quelle  le  quale 
daOo  InocD  de  aocto»  &  ^  ad  qodle  die  vt  xzMraDO  dallo 
Ma  odio  booco  de  socco  Tdeno  li  saffirag^j  qoanto  alle  pene. 


DrssE  aocbe  essa  beata,  comò  advenga  che  G  so&agi) 
pilememe  siano  udii  ad  ranimc  per  le  quale  so  facti.  le  (^;stÈ^m 
tatiant  stando  odio  Inoco  de  miesa,  &  andie  in  qaeìlo  de  socto,  l^M 
meo  andie  faco  odljtA  ad  ranìme,  le  qoale  so  in  tacto  (3)  pmg^iodf^ 
et  questo  per  la  sancu  carità.  Ma  li  siz&agi|,  li  quali  se  fuco  per  cacai 
dalli  anùd  de  oosuai^aind  per  ramrae,  le  quale  staoo  in 
beata,  aBe  quale  non  so  abisoogno,  prioapalmente  £ico  ctiliti  i 
quelle  persone  che  li  faco,  &  puoi  £100  ntìHti  ad  quelle  amme,  k 
quale  non  aco  suffragii  da  persone  vivente  in  carne  in  paxtìcdariti 
Le  quale  anime  staco  in  purgatorio,  et  aodie  tali  suSragij  resdttfO 
in  utiliti  de  tucte  Tal  tre  aoime,  le  quale  staco  in  pai;gatorio  (5),  A 
questo  per  Li  cariti  che  anno  iunemL  Anjie  disse  essa  beata  aoeflU 
de  Cristo,  che  li  sulSragij,  li  quali  so  facti  dalle  persone  vìresoe  i 
carne  mortale,  per  quelle  anime  le  quale  fussino  dampoate,  tali  i 
fragij  non  faco  nulla  utilità  ad  esse  anime,  perchè  so  perdute,  < 
anche  $0  utile  ad  ranime,  le  quale  staco  in  purgatorio,  ma 
gano  in  utilità  de  quelle  persone  vivente  che  &co  essi  sufingiÌ> 
Vide  essa  beau  dicu  certe  lectere  scripte  nello  dicto  luogo  de  wàoù^ 
le  quale  dicevano,  corno  per  ciasche  peccato  mortale  re  dego  stare 
ranime  cinque  anni,  se  non  selli  faco  sufiiagif.  Anche  oeilo  dicto 
luooo  de  mieso  ve  stavano  lectere  scrìpte  le  quale  dìcertoo  •  Put* 
gatorio  ». 


aodlb 
3 


(1)  e.  i|7o. 


(a)  il  («4.  *«•  le  qwkk  Ì8  toclo 


(Oc  118*. 


Visioni  di  s,  Jraticesca  l^omana  259 


|T  puoi  che  essa  beata  anelila  de  Cristo  Francesca  vide  li  doi 

'  dictl  luochi  dello  purgatorio,  li  fu  mostrato  lo  luoco  de  sopra  de 

s$o  purgatorio,  lo  quale  era  luoco  de  reposo  sensa  altra  pena,  ma  solo 

ic  refrigerio.  Nello  quale  era  acqua  grandissima  resurgenie,  belledis- 

Mma,  nobilissima  et  pretiosissima,  la  quale  faceva  grande  lìume  cur- 

nlc.  Et  l'anime,  le  quale  erano  state  ad  purgare  nelli  dicti  luochi, 

che  avevano  fornito  Io  tiempo  secundo  la  divina  dispensatione 

ella  (i)  loro  purgaiione,  sallìvano  in  questo  luoco  de  sopra.  Nello 

qaale  stavano  ceni  angeli  ordinati  sopra  de  ciò,  li  quali  pigliavano 

Tanime  che  avevano   purgati  lì  loro  peccati,  &  mcctevanolle  nella 

dieta  acqua,  per  uno  exefnpio  in  quello  muodo    che  la  creatura  se 

lbapti<;(;a,  advenga  che  le  diete  anime  fussino  alTonnate  rictc;  «Se  pre- 

[stamente  erano  cacciate  da  essi  angili  dicti   in  tale  muodo,  che  lo 

Qcrgere  &  tragere  era  uno  acto,  advenga  che  ne  fussi  cacciata  molto 

Jpiù  prestissimamente  una  anima  che  l'altra;  &  questo   secundo  che 

iranima   aveva  facto   li   grandi  peccati   et  molti,  &   in  essi  peccati 

era  stata  lordata,  &  che  più  era  stala  nelle  pene.  Nella  quale  acqua 

LAVCvano  grande  refrigerio,  A  consolationc,  et  allegrci;<;a  sensa  altra  pena. 


ViDf-:  anche  essa  beata  Francesca  che  cene  anime  venivano  dallo 
mundo,  le  quale   non  erano   messe  nelli  doi  luochi  sopradicti 
d«  purgatorio,  ma  sensa  altra  pena  erano  messe  dalli  dicti  angeli  ad 
ciò  deputati  nella  dieta  acqua,  &,  molto   più  prestamente  ne  erano 
[cacciate  che  l'altre  anime,  le  quale  erano  state  ad  purgare  nelli  so- 
I  pradicti  luochi.  Et  queste  erano  l'anime  delli  homini  &  feraine  (2) 
[che  erano  vissi  nello  mundo  ìustamente,  li  quali  fecero  degna  &  sa- 
tisfactoria   penitentia   delli    loro  peccati   commessi,  &  fecero  buoni 
^operationi,  &  fuero  uniti  colla  divina  volonti.  Anche  ce  erano  l'anime 
de  quelle  persone,  le  quale  recepiero  Io  martirio  per  amore  de  dìo, 
!  et  anche   ve  erano   l'anime  delli   pargoli  bapti^at»    che   non   fecero 
[peccati.  Si  che  nulla  anima  creata  quanto  fussi   stata  de  bona  vita 
neUo  mundo,  &  avessi  facte  grandissime  penitentìe,  et  rcceputi 
E^odi  martirij,  non  pò  andare  alla  beata  gloria  che  non  sia  mersa 
in  essa  acqua  dieta,  la  quale  acqua  è  purificativa  et  nectativa,  salvo 
le  dei  anime  privilegiate,  l'anima  dello  signore  Yhesu  Cristo  &  della 
soa  sanctissima  roatrc  vergine  Maria.  Stavano  in  esso  luoco  sopra- 
dicto  certe  lecterc  scripte,  le  quale  dicevano  :  a  Mundatìvo  ».  Si  che 


(0  e  ijSi. 


(1)  e.   1)8  e. 


fmAàf 

Abcttt.  ceso» 
ÌCM4  che  ai<r9p 

è  «DO  UiOoo<l^ 
Pmbè  Ateaa 

So  tEUZJC9ÌS 

dbelsJktt 

M  CS90  CBOtO 

acflA  «•  pcimi 

4dC  nove  dbonw 

(3)  tracttto  4elS 

k  faaleAtvcm 

Bft  sello  wyiaJioo  • 

fetale  xacù  Ffliplt  4«Ì  { 
dMffO  &drfbl 
«Se. 
^  f«d!o  cbce«s  adiP 
4  pigia  U  pmiM»  caìmt  eoo 
d  acBa  aoa  «u^ 
àabik>&enl% 
4  Biiw  finir  bene;  ^  ciò  dbe  to 
i  ÌB  sede  don,  doè  Ar> 
«CbuBMal  4Po> 


Visioni  di  s,  Jranc€sca  Romana 


261 


|issE  anche  essa  seraphtca  Francesca,  che  la  pellegrina  anima, la 

quale    deve   stare   nello    choro  seraphico,    non  veo   ad    essa 

airoa  (i)  l'angìlo  dello   dicto  choro,  corno  è  dicto  de  raltrì.  Ma 

indo  la  pellegrina  anima  nello  dicto  luoco,  sino  de  Abraaz,  li  veo 

suono   de  incogitabìle  melodia  con  suavità  &  dolcezza,  collo 

vao  la  pellegrina  anima,  &  saltendo  passa  tucti  li   cori,  &  è 

Ita  nello  choro  seraphico  &  ncUa  suntia  ad  essa  ordinata;  &  in 

Je  muodo  va  la  nobile  anima,  ma  in  altro  muodo  che  non  dìcemo 

rivendo.  Et  volendo  parlare  in  generalità  de  tucti  chori,  quanno 

Paaime  sallono,  che  so  levate  dello   sino  de  Abraaz,  corno  sallono 

le  stantie  dello  choro,  tucti  Tangeli   de  ciasche  stantia  ne  faco 

randissima  festa  con  exultatione  &  gaudio.  Et  puoi  che  sallono  ad 

Taltro  choro  per  le  stantie,  senne  fa  magione  festa,  et  sallendo  ne 

l'altro,  Senne  fa  molto  maggiore  festa;  sempre  crescendo  le  alegrezze 

lo  iubilo  quanto  più  sallono  in  alto  alli  supremi  chori.  Et  così  le 

ilegiine  anime  sallono,  &  per  uno  parlare,  più  che  volando,  perchè 

|ciò  che  ii  dicto  da  tale  ordìnatione  è  scnsa  mora,  tucta  vita  etema, 

piena  de  voci  rcsonanti  angelici  «St  humani,  de  laudationi  et  ren- 

^atiare  lo  signore  della  gratia  conceduta  &  gloria  data  alle  felice 

Elime  con  tanta  (2)  letitia,  con  gaudio  et  alegre^ge,  con  satietà,  piena 

I&  pcrfccta,  che  ad  ciò  che  tu,  lectore,   insiemi  collo  scriptore,  con 

[tucti  devoti  scoUatorj,  ne  possate  alcuna  scntllla  recapitare  insiemi 

[con  essa  beatis5Ìma  Francesca,  ne  possate  provare,  St  con  tanta  letitia 

Jacropre  stare.  Et  advenga  che  l'anima  felice  remanga  nello  infimo 

boro,  umen  puro  senne  fa  la  grandissima  letitia  et  gaudio. 


AKCHE  disse  essa  beata  Francesca,  che  <\uanno  l'anima  nobile  va 
nella  soa  stantia  deputata,  advenga  che  qz/unno  salle  per  le 
stantie  delli  chori,  li  gloriosi  angili,  che  ve  so,  ne  facciano  grande 
festa  con  iubilo,  tamen  li  angeli,  li  quali  stando  in  quello  choro 
nello  quale  la  felice  anima  remane,  ne  faco  magiore  alegre^^a,  tucti 
laudando  et  rengratiando  lo  benigno  signore  dio.  Nello  quale  choro 
dura  più  la  letitia,  perchè  per  l'altri  chori  passa  sallendo,  ma  in  esso 
choro  remane,  &  però  dura  più,  intiendi,  sano  lectore.  Et  quanta  sia 
Sa  letitia  che  se  fa  in  gloria  (\uar\no  la  felice  anima  ce  vao,  non 
potendolo  exprimcre  essa  beata  Francesca,  quando  lo  diceva  ad 
mi  stio  indegno  patre  (5)  spirituale,  tucta  se  infiammava  nella  soa 
faccia;  perchè  pensava  li  infiniti  &  incogitabili  voci  della  moltitudine 


,(«i€.   «I9«. 


(a)  e.  IJ9C 


(j)  e    M9  0. 


Visioni  di  s.  Jrancesca  ^I{omana 


263 


DtssE  anche  essa  scraphica  beata  matrc,  che  li  spiriti   sernphici 
so  più  soctili  nello  comprendimento  intellectivo.  uno  che  raltr<5, 
e  COii  l'altri   angeli  de  altri  chori  secundo  la  loro  capacità;  et  simi- 
lemeotc   li  spiriti  humani,  tna  nullo  spinto  huniano  è  de  tanta  so- 
,  ctìHti,  quanto  li  scraphini.  Non  intendere  però  della  regina,  matrc 
i  dello  signore,  la  quale  trapassa  tuctì  spìriti  angelici  et  humani  in 
tucti  pcrfectionì.  Et  nota  che  questo,  che  è  sopra  dicto,  che  li  spiriti 
:  scraphici  sia  più  nobile   uno  che  un  altro»  se  intende  che  ciasche 
^  eboro  delli  novi  avo  nove  stantie,  et  secundo  che  la  stantia  sta  ap- 
presso alla  divinità»  gli  angili  che  ve  so,  anno  più  nobilita,  Se  questo 
le  de  tucti  chori,  suutido  che  è  sopra  dicto  nelli  visioni. 


ET(i)  disse  anche  essa  seraphica  beata  matre,  corno  in  gloria  beata 
ve  so  spiriti  humani  gloriosi,  li  quali  so  de  raagiore  pcrfectione 
che  non  so  li  dodici  apostoli.  Perchè  quanno  vissero  in  carne  mor- 

\  tale,  fuero  de  roagiore  capacità  &  soctilità  de  iniAlecto.  Et  sccundo 
che  aberq  la  grande  capaciti,  scquitaro  tn  operationc,  et  però  so  più 
penetrativi  »Sc  intelectivi  ad  comprendere  nello  abysso  dflla  diviniti, 
sguardsndo  per  lo  divino  spechio;  nella  quale  visione  consiste  la 
beatitudine.  &  quanto  più  lo  spirilo  è  capace  o  vero  intendente,  tanto 
più  recipe  lo  satiamento,  advenga  che  tucti  siano  satii  &  pieni,  taroen 
è.  SAtio  più  uno  che  l'altro,  secundo  la  capacità  et  soctilità  nello 
comprcndiraento  divino-  Perchè  anche  essi  apostoli,  quando  fuero  in 
carne  mortale,  recepiero  più  gratìa  uno  che  Taliro  nello  advenimento 
dello  spirito  sancto,  sccundo  che  erano  capaci  &  soctili  nello  intcl- 
lecto  &.  virili  in  animo,  et  cosi  so  in  gloria  beata  nella  visione  di- 
vina. Et  questo  comprendeva  essa  beata  matre,  quanno  stava  in  extasì 
nelli  divini  visioni,  perchè  sguardando  nello  divino  specchio,  inten- 
deva per  vera  cognitione  li  spiriti  humani  secundo  la  loro  capacità  (2) 
&  soctilità,  che  avevano  nello  divino  comprendimento;  et  simile- 
roente  li  spiriti  angelici  de  tucti  chori  intendendo  et  comprendendo 
la  loro  soctilità  «&  nobilita.  Diceva  assai  fiate  ess?  beatissima  sera- 
phica matre  Francesca»  che  de  tucte  cose  da  essa  diete,  se  rcconrae- 
cteva  nella  Sdncta  fede  della  sancta  Chiesia  cathoiica,  colla  quale 

!  voleva  vìvere  &  morire.  Deo  gratias. 


Finisca  lo  tractalo  dello  Purgatorio. 


1400. 


mtmmi. 


(a)    Tmttif  il  ^f0no  th*   U£Ut  f»   omttsu  ntìì'tii^jmtt  JUll'Àr^ 


3«4 


6^.  Teiae-; 


APPUNTI  GRAMMATICALI  (i). 
Suoni. 


Vocali  toniche. 

1.  A,   conservato  nel   suffisso  -ario,  usurari  ii6 
homkidiari  ii8c,  fattncchiari  119  a,  tavcrnari  127  d,  ma- 
cellari  1270;  e  in  abe  116  D,  abtro  1258. 

2.  E,  breve,  conservasi  sempre  quando  non  si  trovi 
nelle  forme  e-i  od  e-o  (da  //)  (come  fu  osserwito  dal 
prof.  Monaci,  Rendic,  della  R.  Accad.  d.  Lincei,  cL  Se.  mi>r- 
st.  filoL,  1892,  r,  95)  nel  qual  caso  si  dittonga.  Onde  ab- 
biamo: fere  1 19  e,  verme  120  e,  st'rpentc  121  p,  fek  122  a,. 
dolente  1 1 5  a;  ma  inieso  1 14  b,  iutiendi  115  a,  ticmpo  1 15  C, 
ser pienti  J15D,  ficrro  116  e,  dienti  i  \  6  d,  sientotw  117  a, 
piecto  1 1 9  D,  cortiello  1 20  e,  vìermi  1 2 1  a,  triemo  1 2 1  b, 
dolienti  123  e,  tiesto  123  d,  mervi  126  a,  liecto  126  b,  co- 
pierti  127  B,  maciello  12S  a,  valìenti  1^2  c^  potienti  132  e, 
pieccbi  132  D,  f/j«^t7  134  A,  bieni  135  e,  spiccchio  140  A. 
Ridotto  ad  i  per  contrizione  di  dittongo  anteriore  in 
site  119  A,  si  119  B. 

j.  I,  breve,  conservato  in  infirmi  127  B,  sino  159  a; 
passa  ad  e  in  //'«^^w«  114  e,  orrebile  114  D,  terrebile  1140, 
imredebiU  me,  cevo  121  e,  veticere  132  e. 


I 


(i)  Il  romanesco  antico,  sino  a  poco  tempo  fa  trascurato,  ha 
avuto  recentemente  preziose  illustrazioni  dal  prof.  E.  Monaci  a  pro- 
posito degli  Antichi  statuti  volturi  dei  castcìlo  di  Ncmt  (Arch.  à.  R,  Sóc. 
reni,  di  st.  patria,  XIV,  1-2),  e  delle  Laude  ddla  protfittcia  di  Roma 
(Rend.  della  R.  Accad,  dei  Lincei,  ci.  Se.  nior.  si.  filòl,,  1892,  I,  fase.  2>. 
Gli  appunti  grammaticali,  che  qui  faccio  seguire  alle  due  fisioni  di 
s.  Francesca,  non  isono  che  un  primo  saggio  di  un  mio  studio  gram- 
mattcaie  completo,  su  tutte  le  nsioni  della  santa. 


Visioni  di  s,  Jrancesca  1{pmana 


265 


I,  lungo:  prencipi  128  e. 

O,  breve:  rispetto  al  dittongaraento  condizioni 
3ghe  air  E  (v.  §  2).  Pertanto  abbiamo  : /i);y  114C, 
mghe  1 16  D,  JìgliùU  1 18  e,  homo  1 14  b,  core  r  17  ,\  (qual- 
ìe  volta,  ma  raramente,  cuore  ii6b,);  ma  ìuoco  114B, 
^ctn  114  B,  cnorpo  114B,  cuor  pi  1560,  vmodo  114D, 
171  115  Kf  puosto  iì6  \fpHOSli  137  A,  muortt  116  b,  htwcti 
:i5  D,  ncuorài  ii8b,  l«o//i  ii8b,  figliuoli  118  e,  /«awfi) 
119  D,  CMof/(j  120A,  frtt05J0  121  e,  unosiro  iióc,  abisuogno 
r37D. 

^.     O,  lungo:  conservato  in  gioso  116  e;  oscurato  in 
riuri    115  D,  magiurf.    120  b,  brunfo   119  e. 

7.  U,  breve:    unde   114  a,  /"mì^i  114D,   mundo  115  a, 
b^wwfio  1 15  b,  iracundia  117  e,  iracnmìi  1 19  d,  siiinmt  125  a, 

ra/x,  ^Mtf  133  d;  passa  ad  0  in  ìo^j  114  a,  gionge 
:  15  e,  ^i(?f//^  1 15  e,  gionto  120  e,  giongne  1 15  e,  (/<?/  1 1 6  b. 
^c)wrrt  116  e,  /c»a  117  A,  lopi  125  e. 

8.  Dittonghi:   Au,  cauda   120  b,  /fl»r/tf  12^0,  /flM^ti 
133 e,  e  cosi  nelle  altre  forme  della    coniugazione;  Ae, 

iieì  115  D,  tiegio  122  D. 


Vocali  atone. 


9.  A,  protonica  intema,  conservata  in  satìsfacta  135  e, 
tsatisfactoria  138  e;  passa  ad  e  per  assimilazione  e  dissimi- 
lla/ione  insieme  in  septralo  11^  a;  ad  0  per  influsso  della 
[labiale  seguente  in  reperto  120  a;  finale  in  e:  sopre  114D, 

fare  114  e. 

10.  E,  iniziale  passa  ad  a  in  asaìtata  125  e,  sceìarato 
II^b;     protonica  interna  conservata  in  recrcaltom  114  A, 

1  dtvorala  1 1 5  b,  detupavano  1 1 5  e,  recordatc  1 1 7  b,  dechiaró 
118  A,  reciprva  1 18  e,  resanavano  1180,  rcspondevano  1 19B, 
àcfetio  119  e,  remproperalc  120  d,  remorso  120  d,  dtkctan- 

\doie  12 1  B,  descesa  121  e,  reprendere  124  e,  despre^fati  125  a, 


t3£w^  èts^dtA  12^0,  àisptroJtiotie  127  a,  àt' 
i^xK  irifgirtn  1^21,  remam  132  B,  fesputc  ijjc; 
t|7Bwnf«f  tjSA,  ramrgau  138  A,  c^ÒATua  139 
139»;  pesa  ad«  in  fioUiua  115  ft»  ^tolitsi  134: 
133  A.  Pioctmka  e  postonici  passa  ad  t 
tt4C  «FckMpi»  ti4^  «H^A^  115  e,  UaU  irS 
134  Jk;  fisak  GoasBnst  in  «|ir  119  b. 
ti.    I»  procDosciv  coosenraoi  in  ìntrata  1 14  A,  nà^ 
iiSc»ffnBicantrt38ovraii«rMyr  1330;  passa  ad  e  in  vtrlA 
rt4V  HinUiiiww    it4^  dmerpau    iijc^   derupm^itm 
115  c;  MOHMBMHd»  ittfc.  mooifféts^  119  e,  spengeudok 
tao  A»  1^^)09»  >25  ow  e  cosi^  ahrì  tempi,  pdfcin  120  b, 
dbis»klì  u6  A»  iasMKsat  126  k  Mémàa  128  a,  p^rmtssim 
151  c,««dorMt3ic:»prnB^  131  D,  iW3ior«  135  d;  muaxo 
in  a  tD  «Iks^aÉr  Ì34B,  ^^gottìla  114  . 

13.  O,  tnmile,  cooservaKi  m  occUtfc  127  it;  proto- 
ntCD  iottcno  osconto  in  wmstr^ocnc  133  a,  mtistrato  1580; 
finale  conserrato  in  cmm  115  o. 

13.  U,  pronjaico»  ccnservato  m  j  ;  i  J.  1 16  a,  ^/iùx- 
IÙJMI9  11$  D^,pófikmUrilà  117  e,  ar4;jr;aji.7k'  12^0, /ur- 
iMtfrt  117  A»  ^■K'/Miwrf  134  D»  gnktmainu  140  b,  rwriwk 
138  A,  rtSMTgmÈi  138  A,  SMVtli  140  A,  ju^trùiimi?  1404; 
passa  ad  a  in^ìiMgvtw  1 14  n,  jfWfnprvoMO  115  e,  r^Jùim  122  b, 
JbtxtffMM  113  A»  Irocter j  X  24  d»  sofra^  <  j  5  i^>  c^fstadiia  1580. 
t4«    Dittonghi  :  Au,  AJMHfe  1 14  b»  adàM  1 14  e. 


CoDsonaati  continue, 

1 5.  J,  conserrato  in  Immi  1 15  a,  mh^m»  1 15  d,  nidir» 
118  A»  F(*JM  (33  A,  mitd  123  B,  UrarchU  128  e»  fu^wù 
128  D,  instammtt  135  A»  ìiiAi/<a  139  a.  —  SJ  :  htiscit  123  D, 
hrascid  127  d,  casctont  132  D.  —  TJ;  sima  1 14  ,  scansa 
1x4  By  r<rr5i;  1 16  B,  /ofXJ  118  A,  rentmsare  118  b»  pa^aU 
1x9  B,  poffate  134  D,  a/i<3/0  124  a,  poffono  127  A,  jpeodii 


Visioni  di  s.  Jrancesca  ^l^?nana 


267 


[127  e.  — STJ:  hnisciare  121  a.  —  DJ:  adiutandose  130  a, 
QO  1 14  B,  agiiitati  123  e,  tiegio  122  d.  —  BJ  :  agia  1 18  a, 
[agiano  127  a,  rf^j^^awa  131  b. 

16.  L,  resiste  all'ammollimento  in  tttoìli  118  e;  si  am- 
[tnoUisce  in  btiglientissimo  ii6d,  bngìienU  118  e  (ma  èw//«>« 
'  1 19  B,  huUUo  121  a),  tif/it)  1 17  D.  Passa  ad  r  mfragdìi  1 17  b, 
Uar/ì«r//o  120  e;  dileguo  in  a/ro  114  B,  atra  137  e.  Esempi 
Idi  /  geminata:  sallivaìi  120  e,  saìUfido  122  e,  5fl//jref  134  e, 
\salU  139  e,  e  cosi  le  altre  forme. 

tj,  R,  sì  conserva  in  arboro  124  a;  dileguo  m  spasi 
|»II4D,  i:/>ai«i  114D,  piasta  122  d. 

18.  V:  abohavala  120  e,  aboUata  125  e,  abedtite  123  a, 
^  ahedimcnlo  127  e. 

1 9.  S,  digrada  a  sonora,  rappresentata  da  i*  noi  nesso 
in  moccicavano  124  b,  moggicata  124  b.  SS  :  ri^ic/j  134  b. 

fSC:  ;<*«////^  139  e. 

20.  N,  conservata  in  vencnosi  115  d,  avenenata  1270; 
geminata  in  w««a  137  b,  rengratianno  137  e,  ìaudanno  137 e; 
geminata  e  dissimilata  in  y/flnrf(?  125  e,  nominando  133  b, 
meritando  135  a. 

1        21.     MPT:  iemptatori    128  b,   temptano  129  a,   rt'£/t;m- 
^f(>r(;  124  D. 

22.  MN:  o««i-  125  D,  datnpnaia  1 1  j  e,  cvioiupne  121  a, 
per  analogia  a  tcmpiatori  etc;  cf.  §  21. 

23.  C,  conservasi  in  secate  118  e,  seche  iiS  empieente 
120  e;  digrada  a  sonora  in  ganna  124  d.  CS(X):  gcssiva 

_   1 14  e,  gcssia  1 14  e,  i^^^iJi;  132  B,  lassate  1 19  b;  e  cosi  tutte  . 
Ble  forme  della  coniugazione. 

24.  Q:  sequita  113  d,  sequitato  128  a,  e  cosi  tutte  le 
forme  della  coniugazione,  qnc  133  D,  pcrque  135  a, 

25.  Gì^:  cognoscevano  117  b. 


Consonanti   esplosive. 


268 


ìM.  "Pelije; 


26.  Tigohsitate  12S  a,  poieslati  129  a,  vertuti  129  B, 
satisfacta  155  e,  satisfucioria  138  e;  passa  ad  s  m  conforsava 
1148,  conforsata  ir^B,  conforsandola  iiéo,  e  così  le  altre 
fornie  della  coniugazione,  confuorso  134  a.  —  TR:  patre 
1 14  A,  maire  114  A. 

27.  D  :  /redo  1 1 6  a.  —  LD  :  cuìlo  I2t  B.  —  ND  :  quanno 
114  e,  sfoftnavano  116  e,  stcunno  118  a,  trovamio  129  D, 
rengratianno   1370,  landamw  137  e. 

28.  P:  soperchia  126  b,  rtTf/)frt  138  e  e  cosi  tutte  le 
forme  della  coniugazione. 

29.  B:  politi  ri^A,  obscurità  116  b,  nuboìi  129  d; 
passa  a  v  in  cevo  12  re,  vagno  1240,  devfmo  126  e. 
H!ò:  commactcrc  wj  Cy  commactitori  1320. 


Accidenti    generali, 


30.  Assimilazione:  v.  ai  §§  9,  10,  27,  29,  inoltre:  rem- 
properate  120 D,  imini  i\6c. 

31.  Dissimilazione:  v.  ai  §§  9,  20.  Inoltre:  trova- 
rando  121  e. 

32.  Geminazione:  v.  ai  §§  16,  20.  Inoltre:  barraclieri 
125  c,  dessmcsti  126  a,  dcssor dinati  129  b,  supprfma  129  e  ; 
evitata  in  agr avare  iij^Ky  terebilità  115  a,  obrohrit  115  a, 
rabia  115  e,  legetido  jìj  v^  suf^estioui  itj  b,  arrabiatamente 
117D,  rcncgaro  117  d,  abassaie  119  e,  caroffavano  121  A, 
acostate  122  b,  dctrare  1230,  appichata  12$  d,  fesa  126  b, 
abreviare  137A, /f^t?  1380,  aìegrt^ga  i^^D,abisogfmssi  134  e, 
inlckctivi  140  B,  spechio  140  e. 

33.  Metatesi:  ^rda  120  d,  supperma  129  D. 

34.  Prostesi,  di  a;  adìapidate  119B,  abistwgiw  1370, 
(per  analogia  col  verbo  d^i/Vt?^/wrtf),  di  fd:  capistava  121  B, 
di  rt':  roperto  120  a. 

35.  Epentesi:  stogiate  122  B,  stagendo  122  b,  Pavoìo 
122  e,  amagestramenti  12^  d,  magestà  135  e,  tragere  138B. 


Visioni* di  s.  Francesca  Romana 


16^ 


36.  Aferesi,  d'  0  :  recchìt  1 1 4  e  ;  d*  t  :  nansi  1 1 5  d  ;  d' rf  : 
^loUatori  139  e. 

37.  Ettlissi;  baptismo  116  a,  medesma  138B;  evitata 
in   incogitabilijnente  114D,   Urebilemmtc  115  e,  principale' 

nte  117  B,  tormmlarcla  117  e,  crudeliià  118  a,  sìmilcmenie 
|t20A,  chicnato  no  \,  getter  aUmcnte  120  d,  aver  anno  121  e, 
rude} emente  121  d,  ymaginarelo   129  a,   inchUnare  129  d, 
re/i    1 3 1  B,    iemptareld  1 3 1  e,   mokstarcìa    1 3 1  e,  /ar«/fl 
151  e,  inteUectual emente  131  e,  nobilita  133  C,  /'am/i  135  a. 

38.  Apocope,  di  «0:  intienda  130  a,  remango  132  e, 
recido  135  A,  amminuisco  137  e,  ^«^0  138  a;  di  w:  ftJ  118  a; 
li  ti  :  fan  1 3 1  a. 

Forme. 

Nome. 

39.  Scambi  di  declinazione,  di  terza  in  seconda  :  comuno 
biyc,  flifo  129  B,  saccrdoto  136  b;  residui   della  quinta: 

ilfgreffe  139  e. 

40.  Generi,  femminili  passati  al  maschile:  voci  amari 
U4Cy  tticti  parti  1140,  suoi  sugestioni  117B,  Wii//  co^*/j- 

ni  121  B,  superflui  delectationi  126  b,  mirabili  operationi 
127  A,  alli  menti  129  B,  /i  woj^n  illnsiom  134  d,  5fl«r/i  l'i- 
ff  138  D.  Maschili  passati  al  femminile  :  le  leoni  123  e, 
factevcre  123  d.  Plurali  di  tipo  neutro:  capota  123  D,  poma 
|fl24A,  demonia  124  b. 

41.  Figure  nominativali,  peco  128  a,  triemo  121  b. 

42.  Articolo,  maschile  sempre  lo  sing.,  li  plur.  Segna- 
[caso:  de   che    si  trova  anche  agglutinato  all'articolo  per 

feminazione. 

Pronome. 

43.  Personali,  obliqui:  mi  132  d,  ti  124  b,  si  114 a;  in 
disi:  me  114 a,  te  121  e,  ^d  114 a;  ma  qualche  volta:  ti 

\ tormentare  124  b,  ti  si  lassata  125  d. 


44-  Enclitiche:  5^•««^  115  a,  siu^ve  119B,  siu  ìi<}i, 
mecievanoìU  120  a,  selli  121  d,  gessivanoUi  122  a,  giorni 
nolle  123  B,  sella  123  d,  ijrf«  1246,  sàie  124R,  o/d  (rhii) 
124  B,  c/wifif  125  A,  aie  (ti  h;i)  127  e,  Unne  127  e,  Boflr 
132  D,  cbe^sera  133  d,  /a<7i«  134  e,  mj//t)  135  e,  ulh  135 1 

45.  Possessivi:  50d  114 A,  taa  117  a,  /w  127C  (ptf 
analogia  a  witj),  50<!  130  e,  nuostro  126  e. 

46.  Indeterminati:  atro  114B,  o/fd   137  e,  li 

1 1 5  B,   nismm    1 16  A,  rftii  né  a,  cmschc  1 16  e,  ^k:. 
I20B,  sede  1230,  wp/t*  1360,  «x/a  157^- 


Verbo. 

47.  Indicativo  presente :Sing.  2*. 5/'  1193;  i*stao\\^t, 
pò  116 Dy  avo  ii'jc,tevo  1220, potè  i2y  n,ao  iiSo^vaoipKi 
paté  132  B,  gesse  132  b,  dao  135  a,  /jo  13J  b,  veo  139*. 
Plur.  I*  avemo  119  b,  vederne  120  d,  tormmtemo  123  a, 
tendiamo  125  d,  ^fw^mo  125  d,  àevemo  126  e,  tactmo  ij^c, 
f/»Ctrwo  159  b;  2*  5:/£;  119  A,  stanate  119  b;  3'  pj/rm)  115  D, 
j/flwcfo  115  A,  io  115  D,  ttioreno  116  A,aco  119  b,  trovar anào 
121  e,  5/dfi7  122  D,^v5f(}«t)  128  c,/jw  129  A,  inticndo  150  A, 
percotmo  130  D,  r  est  Steno  131  b,  t'kCtJ  131  c,  tvmi  132B, 
remango  132  e.  t/<2co  132  D,  nominando  1328,  meriiandif 
135  A,  paf^ono  135  A,  recepcno  135  A,  r«ci/)t;  13  J  a,  itf/iiww 
137  B,  ammimàsco  137  e,  t/rzitvw  137  e,  ^t'^^i?  138  a. 

48.  Imperfetto:  Sing.  }^ potevo  117B,  ^fava  120B, />«?f- 
£fiVa  133  D.  Pluf.  3*  tiraveno  120  b^  patni ano   126  p 

49.  Perfetto:  Sing.  3'  Ji*>;/irt)  114B,  j/»«;  ii6d,  r^uuc 
I2éc, /(?  1288, /Jiinv  137  e.  Plur.  ^\ftioro  11^  Offiur^ 
116  Kf  morierono  115  d,  merlerò  né  a,  rennegaro  XI7IH 
tamaro  ììJD,  sperare  U7  d,  honoraro  I22  a,  dicrono  122  0,, 
fl/»<rro  125  8,  f«rrtr(;  127  B,  medica ro  127  B,  scdierono  1280,» 
/dftVro  128  e,  peccare  1290,  c<ki«f(j  1290,  accompapmo 
131  D,  tormentare  131  d,  ruinaro  '  t}2D,  debero  13^8,  f*" 
ff/)fVrt)  138  e. 


Visioni  dì  s.  Jraiicesca  Ternana  271 


50.  Futuro:  Sing.  2*  serrai  124  b,  irovarai  125  e; 
3*  serra  u8  a,  avtrrà  125  b,  templarà  130  e.  Plur.  i*  lor- 
mnitar  etiti)  125  e;  3*  trovar  andò  121  e. 

51.  Imperativo:  Sing.  2*  pati  124 D. 

52.  Congiuntivo.  Presente:  Sing.  3*  fli^/rt  118  a,  j/m 
152  B.  Plur.  2*  passate  139  e;  3*  rf^tVmt)  127  a,  degano  131  a, 

■Vigano  134  e,  5/<*a«o  137  e. 

153.     Imperfetto:  Sing.  3'  5/(*5ìj  114B,  dubitassi  114B, 
tenessi  ii^Cy  fussi  114  d.   Plur.  y  fussiuo    115  d,  fzt'twwc? 
*i6c,  blasfemassino  117  a,  gtssissino  129  a. 
54.     Condizionale;  Sing.  3'  /JiJrnVi  114  b,  averria  127  a, 
^erria  127  a,  fesseria  1370;  Plur.  3'  porrtano  129  e. 
55.     Infinito:  pj/gri-  114  e,  dctrare  123  d,  perdirc  125  A, 
^^icere  129  e,  tragere  138  b. 

56.  Participio:  conccputi  1 1 6 b, ,i,^NJ5/t>  123  a,  r/i^c-  123  b, 
-^rdcvora  125  e,  couscntuto  126  a,  rcccptito  i2<jc,  gessata  131  e, 
^^ndurata  153  d. 


^■«3^<!(/witrw/(},    127  e,    avvedi- 
y        mento. 

'^abedule,  125  a,  avvedute. 
-^hisuopiOf  137  D,  bisogno. 
i        ^jboìtavalo,    120  e,    avvoka- 
^t        vaio. 

^^    Midebilire,    129  d,  indebolire. 
^diuiandose,    130  a,    aiutan- 
dosi. 
adoguagVhiti,    115  A,    ugua- 
gliati. 


Glossar[0  (l). 


125  D,    annien- 


adttichiiar, 
tare. 

aducta,  128  e,  ridotta. 

afformatat  123  d,  informata. 

agiutati,  123  e,  aiutati. 

airo,  128  B,  aria. 

allustrate,  134  u,  illuminate. 

amagcslrammli,    124  d,   am- 
maestramenti. 

amminuisco,   137  e,  diminui- 
scono. 


(i)  Con  Bo/i.  cito  la  traduzione  latina   delle  Vistonif  pubblicata 
<bi  Bolla  ndisti. 


212 


€\f.  Telae^ 


afpMraU,  iidA,  piante  ìn> 

audia$a,  125  e,  esaltati. 
se  0sfamÌanij,   151  a«   labo- 

rant»  iSo/Z.;  a&niuno  (?). 
aUtnehrisc/,  ijoa,  le  mene 

nelle  tenebre. 
4lrj,  137  e,  altra. 
atn»^  J14B»  alno. 
améoùa,  124  b»  avveduta. 

hamha,  128  a,  banco*  tavola. 

hifiandola,  1 17  b,  beffandola. 

belkdùsima,  1 38  a,  bellissima. 
ce  Rajxa,  R^nnania,  VII> 
49  ;  Molaci»  Krilischn 
Jahrtshfrkht  nber  dU  Fort- 
sthrìfU  dir  Rùmanbchcn 
Phiìoh^u,  I,  1890. 

blasfemare,  114  e,  bestem- 
miare.        « 

blasfema  o  blasfemia,  126  D, 
bestemmia. 

brusciaref  ut  a,  bruciare. 

bugliontissimot  1 1 8  a,  bollen- 
tissimo, 

btwcti,  1 1 5  D,  serpenti. 

buscif,  125  D,  bugie. 

callo,  121  bf  caldo. 

candolaiìio,  120  e,  e  cannò- 
laino»  118  a,  gola. 

canna,  119  e,  gola. 

capitava,  121  b,  pestava. 

caro^f avana,  121  a,  traspor- 
tavano avanti  e  indietro. 


cascknu,  152  d,  cagione. 
c»ilr/^  Ileo,  spede  di diio- 

di;   nel   romanesco  aio- 

demo  si  usa  11  dìminutì^ 

ctntrùuL. 
ctvo,  121  e,  cibo, 
chenu,  125  a,  che  vi 
c^llarecti,  127  o,  malasmai«_ 

swns,  BdL 
tmifiiono,  154  a»  conforta 

Jiff9,  158  A,  devono. 
4kpò,  125  B,  dipoi. 
tUragiava,  1 17  e,  dispcfai: 
éifito,  119  e,  dietro. 
deiratio,  115B,  strazio. 

/«ria,    126  fi,    divisa   ia  du 
parti* 

ganna,  124  o,  v.  ca 
giaccio,  118  e,  ghtacc 
gocciata,  121  D»  ghiacda 
^oHii,  116  A»  gomiti. 
guerriato,    1190,    gue 
ginro  (?). 

ITU  lahi, ivano,   128 a,  inciJe 

bant.  Boli 
incicbiate,  1 19  c^  v. 
tVuriwi,  11^  e,  uncinL 
intitnJo,  130  A,  ìntL-ndono. 

Iccchiato  {ai),  121  e,  imxisu, 
Boll 


Visioni  di  s.  J'rancesca  ^^omana 


273 


lisce,  124  B,  acconce. 
makfarc,  127  e,  far  male. 
'  mesticati,  126  h,  mescolati. 
moccicavano,    124  b,  morde- 
vano. 

oge,  119D,  oggi. 

^fpaccono,   127  A,  patiscono. 
palìoctata,    126  B,  proiecta, 

Boll, 
palloctiavamo,  137  a,  v.  pal- 

loctala. 

■  pOTi^ite,   1 1 9  B,  e  anche  paf- 
fute, 134  D,  soffrite. 
perdire,  125  a,  perdere. 
^piaste,  124  A,  piastre. 
^  preta,   120  a,  pietra. 

^kredono,  126  d»  rendono. 
reprobi,  128  b,  malvagi. 

sbagottita,  114  ,  sbigottita, 
l^j/'a/idw^a/r,  129  D,  scempi- 
"      gliandole. 

scarporito,  118  a,  scalpel- 
K     laro  (?). 

sciìiavano,  1 1 5  a,  squartava- 


no. Per  l'etimo  v.  Mo- 
naci, Laude  della  provincia 
di  Rortia,  nel  glossario. 

scoltatori,  139  e,  ascoltatori. 

scoppiavano,  116  e,  t;ollide- 
bant,  Boll, 

scorsoni,  115  d,  serpenti. 

sentilla,   139  e,  scintilla. 

striarne,  1 16  d,  padella.  Il 
prof.  Monaci  mi  riferisce 
che  ad  Afille,  castello  del 
Lazio,  si  dice  anche  ora 
sartaina. 

sigfiorìato,  133  D,  dominato. 

soìlimata,   125  a,  sublimata. 

spasi,   1 1 4  D,  sparsi. 

speciali,  127  e,  speziali. 

taftf  131  A,  tanti, 

tiegio,  1 22  D,  tedio. 

tiesto,  123  D,  coopertorium, 

Boli 
traripak,  1 1 5  b,  gettate. 
tricmo,  121  B,  tremore. 

vagno,  124  e,  bagno. 
vaniata,  124  A. 
veo,  139  A,  viene. 


Archivio  detta  R,  Società  romana  di  $toria  patria.  Voi.  XV. 


18 


VARIETÀ 


LA  BADIA  DI  FARFA 

ALLA    FINE    DEL    SECOLO    DECIMOTERZO, 


L* armadio  delFarchivio  Vaticano  che  racchiude  i  do- 
cumenti miscellanei  daifanno  1250  al  1275,  ^*  fornisce 
un  documento  di  molto  interesse  relativo  alla  badia  di  Farfa: 
il  privilegio  conceduto  ad  essa  il  23  febbraio  1262  da  Ur- 
bano IV. 

La  pergamena  che  lo  contiene  ha  molto  sofferto:  in 
più  luoghi  r  inchiostro  è  svanito  e  le  parole  si  leggono 
solo  per  la  traccia  che  n'  è  rimasta,  e  questo  serva  a  giu- 
stificar le  lacune  che  nel  testo  indichiamo  dei  passi  che 
non  siamo  riusciti  a  leggere.  Il  documento  deve  essere 
rimasto  lungamente  neirarchivio  della  badia  di  cui  con- 
sacrava i  diritti,  e  forse  n'  è  uscito  dopo  la  prima  meti 
del  secolo  decimoquimo,  quando  la  badia  decadde  sotto  il 
governo  degli  abbati  commenJatari.  A  tergo  del  privilegio 
una  mano  appunto  di  quel  tempo  ha  scritto  :  lura  mona- 
sterii  Farfeusis,  e  ciò  potrebbe  forse  indicare  che  già  il 
privilegio  aveva  mutato  luogo,  e  che  il  nuovo  proprie- 
tario aveva  sentito  il  bisogno  di  notarne  la  provenienza. 
Ad  ogni  modo,  verso  il  1600,  esso  entrava  al  Vaticano. 
Sempre  a  tergo  sì  leggono  queste  altre  parole  :  <«  al  signor 
a  cardinale  Baronio  che  la  faccia  mettere  nella  libreria  ». 


Varietà 


277 


Sottomettendosi  direttamente  alla  Santa  Sede,  e  pagandole 
,  un  censo  in  segno  della  sommessione,  un  monastero  acqui- 
I  stava  in  realti  libertà  piena  ;  si  esentava  dalla  autorità  del 
[vescovo  ordinario;  i  suoi  beni  godevano    d*immu>iità,  e 
!  il  papato,  cosi  potente  allora,  lo  difendeva  da  ogni  usur- 
I  pazione  episcopale  o  secolare.  Mediante  il  lieve  censo  pa- 
gato alla  Santa  Sede,  esso  diventava  una  repubblica  auto- 
I  noma,  e  da  ciò  il  Fabre,  nel  suo  studio  interessante   sul 
censo  apostolico,  è  stato  condotto    alla   conclusione    che 
tt  censo  apostolico  e  libertà   monacale   erano   nel   medio 
«  evo  due  espressioni  sinonime  »). 

Valeva  il  medesimo  per  la  badia  di  Farfa,  e  il  privi- 
legio che  noi  pubblichiamo  era  veramente  una  carta  di 
libertà  per  essa  ?  Non  parrebbe,  perchè  in  tal  caso  si  spìe- 
[gherebbe  male  che  un  privilegio  cosi  prezioso  sia  stato 
domandato  cosi  tardi.  Il  Lihcr  ccnsuum  sul  finire  del  se- 
colo dodicesimo  menziona  una  infinità  di  monasteri  i  quali 
\àx  eratio  cosi  collocati  sotto  la  protezione  della  Chiesa  ro- 
mana, e  molti  di  questi  privilegi  risalivano  al  nono  secolo 
ed  erano  stati  sollecitati  dai  più  lontani  monasteri.  Come 
mai  Farfa,  alle  porte  di  Roma,  ha  tanto  indugiato  a  farne 
richiesta?  La  vicinanza  a  Roma  appunto  spiega  l' indugio. 
Ai  monasteri  di  Germania,  dì  Francia  o  d*  Inghilterra 
Pautorità  pontificia  non  pesava  troppo,  perchè  esercitata  da 
lontano.  Il  censo  apostolico  sostituiva  alla  autorità  episco- 
pale ch'era  vicina  e  poteva  esercitarsi  ad  ogni  ora,  rauto- 
rità  della  Santa  Sede  che  stando  lungi  raramente  poteva 
mandare  ordini  e  sorvegharne  l'esecuzione.  Diverso  il  caso 
pel  monastero  di  Farfa,  La  protezione  della  Santa  Sede 
non  gli  era  necessaria  ad  affrancarlo  dalla  autoriti  episco- 
pale. Fin  dai  primi  anni  della  sua  esistenza  i  possenti  suoi 
[protettori  longobardi  e  franchi  lo  avevano  sottratto  dalla 
dipendenza  dei  vescovi  di  Rieti;  da  quattro  o  cinque  se- 
coli viveva  libero  da  ogni  potestà  vescovile,  e  il  privilegio 
[pontificio  non  serviva   ad  aumentare   per  questo  lato  la 


a78 


./.  Guiraud 


libertà  sua.  In  realià  non  avrebbe  servito  che  a  conss- 
aarc  ilefìnitiv.imente  l' ingerenza  della  Santa  Sede  nelle 
cose  del  iiioii.istero  e  la  sommessione  di  questo  alla  in- 
cessante autorità  del  papa.  Perciò  la  badia  fino  ad  allora 
s*cra  j;uard;u.i  dal  sollecitare  la  protezione  di  san  Pietra 
Quando  il  inonvistcro  aveva  voluto  farsi  confermare  i  suoi 
privilegi,  le  sue  proprietà,  i  suoi  domini,  s'era  rivolto  di 
preferenza  all'  imperatore  che  al  papa.  Volenteroso  s*era 
collocato  sotto  la  protezione  dell' imperatore  il  quale  era 
lontano  e  aveva  intTcsse  di  tenerselo  amico  e  airoccor- 
rcnza  opporlo  al  papa  ;  ma  aveva  invece  schivata  la  pro- 
tezione pafrale  clu*  implicava  soggezione  vera. 

Nel  1262,  peraltro,  la  situazione  è  mutata:  volto  a 
vantaggio  della  prima,  requilibrio  tra  la  Santa  Sede  e 
l'Impero,  l'aria  che  non  può  più  volgersi  agi* imperatori, 
riceve  li  privilegio  d'Urbano  IV.  Questo  privilegio  segna 
dunque  la  fine  della  sua  indipendenza.  Col  porsi  che  fa 
il  monastero  sotto  la  protezione  e  l'autorità  della  Santa 
Sede,  cessa  l'antico  antagonismo  tra  i  papi  e  gli  abbati 
di  Farfa  die  in  certo  modo  può  dirsi  sorto  fin  dalle  ori- 
gini della  badia,  e  ciò  sembra  a  noi  che  spieghi  sufficien- 
temente la  importanza  del  documento  che  pubblichiamo. 

Il  documento  II  serve  a  mostrarci  in  qual  modo 
la  badia  di  FarCi  governasse  i  suoi  domini.  Questi  erano 
divisi  in  vari  distretti,  tantoché  vediamo  ad  Ascoli  e  a 
Fermo  formarsi  come  dei  centri  di  unità  amministra- 
tiva. A  capo  di  queste  circoscrizioni  l'abbate,  d'accordo 
coi  monaci,  poneva  un  procuratore  che  le  governava  in 
nome  del  monastero.  Questo  delegato  dell'abbate  aveva 
grandi  poteri  tanto  da  amministrare  con  piena  libertà  e 
senza  che  degli  atti  si  facesse  mai  appello  all'abbate.  In- 
fatti noi  vediamo  l'abbate  impegnarsi  sotto  pena  di  grave 
ammenda  ad  eseguire  quanto  verrà  stabilito  dal  procura- 
tore o  sindaco.  Un  maggior  numero  di  documenti  della 
natura  di  questo  che  pubblichiamo  ci   condurrebbe  forse 


Varietà 


279 


la  determinare  con  precisione  le  circoscrizioni  cosi  gover- 
nate dai  procuratori,  ma  per  ora  non  è  possibile  farlo. 

Le  varie  chiese  che  erano  soggette  alia  badia  di  Farfii 
godevano  anch'esse  di  una  certa  autotiomia.  Ce  lo  di- 
l mostra  un  dettaglio  che  apparisce  in  un  documento  del- 
Irarchivio  di  Stato  di  Roraa  (fondo  S.  Cosimato  1281).  P. 
[il  testamento  di  un  certo  Pietro  Lombardo  che,  il  19  di 
[aprile  1281,  concede  in  legato  una  somma  a  S,  Salvatore 
\de  Termis  (il  Salvatorello)  e  a  S.  Benedetto  de  Tcrmis, 
[chiesa  che  si  trovava  sul  luogo  dove  ora  sorge  S.  Luigi 
[de*  Francesi.  EgU  dice: 

Relinquo  prò  anima  raea,  que  ceteris  aliis  est  preferenda^  centum 
jtibras  provisinorurn,  de  quìbus  relinquo  .l.  libras  ecclesie  S.  Salva- 
toris  de  Termis  et  ecclesie  S.  Benedicti  de  Termis  Lorabardorum 
collocandas,  et  investlcndas  in  aliquo  olivete  cum  territorio  in  tenuta 
Tibunina  vcì  alibi,  iuxta  provisionem  suprascriptorum  executorura  ad 
opus  et  uiilitatem  dictaruni  eccksiarum  prò  lurainariis  prò  anima 
mca  et  parentum  meoruni  in  perpetuum  non  in  alìum  alienanda. 


'  Più  oltre  vediamo  che  Pietro  Lombardo  si  sceglie  un 
luogo  di  sepoltura  nella  chiesa  di  S.  Benedetto.  Ora  se 
noi  risaliamo  al  privilegio  che  diciannove  anni  prima  Ur- 
bano IV  aveva  concesso  a  Farf.i,  noi  vediamo  che  questa 
badia  possedeva  a  Roma  precisamente  le  chiese  del  Sal- 

[  valore  e  di  S.  Benedetto  in  Termis,  Ma  se  queste  chiese 
potevano  ricevere  dei  legati,  se  avevano  diritto  di  con- 
cedere sepoltura,  senza  che  si  facesse  alcuna  menzione 
della  badia,  conviene  ammettere  ch*esse  fino  ad  un  certo 
punto  qualche  autonomia  la  godessero,  giacche  è  indù- 
biuto  che  quelle  due  chiese  soltanto,  ad  esclusione  di  ogni 
altra  e  di  Farfa  stessa,  debbono  godere  dei  legati  di  Pietro 
Lombardo.  La  somma  dovrà  essere  collocata  in  un  fondo 
del  territorio  Tiburtino,  e  le  rendite  serviranno  al  Salva- 
tore e  a  S.  Benedetto.  Anche  Farfa  riceve  nel  testamento 
un  piccolo  legato,  e  questo  ci  dimostra  che  il   testatore 


2So 


J»  Gwitituul 


k  finanze  ùtSeaà  come  disdnte  óx 
deOe  due  dnese  di  Roma,  che  peraltro  erano  sotROposcT' 
a  Farfiu  In  ogni  modo  linune  chiaro  che  questi  bacali 
erano  per  moica  pane  antooonu. 

Con  questo  modesto  saggio  io  bo  tentato  di  me 
di  quale  interesse  sarebbe  fandar  cercando  ì  doc 
del  secolo  dedmocerBO  che  riguardano  Farfa.  Il  Re 
ed  ti  Cbrmàcóm  d  lasciano  assai  lonuno  da  quel  is 
e  priva 'di  qoeUe  due  fonti.  La  storia  di  Paria  nel  seco!) 
dedmoceno  cimane  assai  oscura:  la  luce  potrà  solo 
niisi  facendo  man  mano  colla  pubblicazione  di  documeaii 
stniHi  al  presente. 

J.  GUIKAUOT 


12^2,  12  febbraio.  Il  poatefice  Urbano  IV  mette  il  ma 
nastero  di  Farfa  sotto  la  protezione  della  Chiesa  ap 
stolica  (i). 

Urbanus  episcopus»  scrvus  servorum  Dei,  abbftd  monjs 
beate  Marie  Farphcnsis,  quod  situm  est  in  loco  qui  dìcirur  Acuttio 
elusque  fratrìbus  tara  presentibus  quam  futuris,  regularem  vitam  prò 
fessis  in  pcrpetuum.  Cura  prò  ecclesiis  omnibus  et  locis  religiosi»»  i 
iniuncto  nobis  apostolatus  officio,  debeamus  sonicitudinem  gerere  : 
cialem,  prò  illìs  tamen  studiosos  atque  sollicitos  esse  nos  convc 
qui  ad  ius  et  proprìctatem  Sedis  Apostolìce  specialiter  pertincre  i 
scuntur.  Eapropter,  dilectì  in  Domino  filli,  vcstris  iustis  postulaaìo 
nibus  clementcr  annuiraus  et  monasicriura  b.  Marie  Farfeosis,  qoo 
ad  Roraanara  Ecclcsiam  nullo  peninei  mediante,  sub  b.  Petn  et  no 
protectioae  susdpimus  et  presenUs  scrìpti  privilegio  conimunin 
Inprirats  siquidem  statucntes  ut  orJo  monasticus,  qui  secundum  Deun 
et  b.  Benedicti  regalam  in  codem  monasterio  institutus  esse  dino 
scitur,  perpetuis  ibidem  temporibus  inviolabiliter  observetur.  Preteretl 


(i)  Arcbiv.  Vntic.  DocMmtrmu  miuttUnt*.  iaso-UT$. 


Varietà 


28l 


quascunique  possessiones,  quecimque  bona  idem  monasterìum  Im- 
prescntiarum  iuste  ac  canonicc  possìdet,  aut  in  futunim  concessione 
pontificum,  largitione  regum  vel  principum,  oblatione  fideliura,  seu 
aliis  iustis  bonis,  prestante  Domino,  poterit  adlpisci,  firma  vobis  ves- 
trisque  successoribus  et  illibata  permaneant.  In  quibus  hec  propriis 
duximus  exprimenda  vocabulis.  Locura  ipsum  in  quo  prefatum  rao- 
nasterium  situm  est  cum  omnibus  pertinentìis  suis.  Castnim  Pharc 
cura  ccclesiis  et  peninentiis  suis.  Castrum  Postmontis  cum  ecclesiis 
et  pertinentiis  suis.  Castrum  Trìbuci  cum  ecclesiis  et  pertinentiis 
suis.  Castrum  Corrcse  cum  ecclesiis  et  pertinentiis  suis.  Castrum 
Arcus  cum  ccclesiis  et  pertinentiis  suis.  Castrum  Bucci  cum  ec- 
clesiis et  pertinentiis  suis.  Castrum  Montisopuli  cum  ecclesiis  et  per- 
tinentiis suis.  Castrum^  Podii  de  Canna  cum  ecclesiis  et  pertinentiis 
suis.  Castrum  Cavallarie  cum  ccclesiis  et  pertinentiis  suis.  Castrum 
Agelli  cum  ecclesiis  et  pertinentiis  suis.  Castrum  Toffie  cum  ipsius 
castri  ecclesiis  ad  monasterìum  ipsum  spectantibus,  ci  omnibus  per- 
tinentiis suis.  Castrum  Podii  Ingìzi  cura  ecclesiis  et  omnibus  per- 
tinentiis sifls.  Castrum  Arcis  Ribaldeske  cum  ecclesiis  ci  pertinentiis 
suis-  Castrum  Salisani  cura  ecclesiis  et  pertinentiis  suis.  Castrum 
Caputpharpha  cura  ecclesiis  et  pertinentiis  suis.  Castrum  Podii 
Sancii  Laurentii  cum  ipsa  ecclesia  S.  Laurentii  et  alits  pertinentiis 
suis  et  omnibus  aliis  ecclesiis.  Castrum  Carreti  mali  (i)  cum  ecclesiis 
et  omnibus  pertinentiis  suis.  Castrum  Podii  de  Moiano  cum  ecclesiis 
et  pertinentiis  suis.  Castrum  Rocce  Soldane  cara  ecclesiis  suis. 
Castrum  ScanJrilie  cum  ecclesiis  et  pertinentiis  suis.  Castrum  Pe 
tredomonis  (2)  cum  ecclesiis  et  peninentiis  suis.  Castrum  Mad.  cum 
ecclei>iis  et  pertinentiis  suis.  Castrum  qjod  dicitur  Porcile  cum  ec- 
clesiis et  pertinentiis  suis.  Monasterium  S.  Marie  cum  ecclesiis  et 
omnibus  pertinentiis  suis.  Castrum  Otiani  cum  ecclesiis  et  perti- 
nentiis suis,  Castrum  Montis  Alìani  cum  ecclesiis  et  pertinentiis 
suis.     Castrum  quod  dicitur  Alatrum,  cum  ecclesiis  et  pertinentiis  suis. 

CastTum cum  ecclesiis  et  pertinentiis  suis.     Q.uartam    partem 

castri  quod  dicitur cum  ecclesia  S.  Cassiani  et  aliis  pertinentiis 

SU'S.  Quartam  partem  Ponticelli  cum  peninentiis  suis.  Castrum 
Bostone  cum  ecclesia  S.  Marie  de  Consonano  [et]  ceteris  pertinentiis 
suis.  Castrum  quod  dicitur  CoUestarti  cum  monasterio  S.  Marie  et 
aliis  ecclesiis  et  pertinentiis  suis,  Castrum  Rocce  de  Acarino  cum 
monasterio  S.  Marie  de  Cassa  et  omnibus  pertinentìis  earuradem. 
Castra  duo  que  dicuntur  Stabbiamone  cum  peninentiis  suis.     Eccle- 


(t)  Coli  net  tetto,  ma  nel  Regesto  di  F«rfa  si  legge  aempre  Cfrrtti  MmU. 
(S)  Nel  Rcgcdo  Ji  F«rf«  Peirt  dtmcnis. 


» 


b 


Varietà  283 


Graiano.  In  comìtatu  Balvensi,  ecclesiam  S.  Laurentii  in  Vallibus 
et  ecclesiam  S.  lohannis  in  Galliano.  In  comitato  Marslcano,  ec- 
clesiam S.  Adriani  cum  villa  et  pertìnentiis  suis  Item  ecclesiam 
S.  Silvestri  in  Pereto.  In  cellis,  ecclesiam  S.  Vincentii.  In  comitatu 
Tìburtino,  iuxla  Vivarium,  ecclesiam  S.  Thomc.  In  eadem  civitate, 
ecclesiam  S.  Marie  cum  omnibus  pertincntìis  suis.  In  comi- 
Utu  Teatino,  ecclesiam  S.  Stephani  Matissa  cum  ccclesiis,  castellis 
et  pertìnentiis  suis.  Ecclesiam  S.  Ciementis  in  Astiniano  cura  ca- 
stellis, villis,  ccdcstis  et  omnibus  pertincntìis  suis,  et  ecclesiam 
S.  Victoris  in  Tocco  cum  omnibus  pertìnentiis  suis.  In  comitatu 
Firmano,  castrum  Montis  Cretatii,  Montaranum,  Montempranduni, 
Carrum  et  Guardiani  et  Olli-mum  et  monasterium  de  Sculcula  et  Por- 
tum  marrnum  cum  podìis  et  omnibus  ecclesiis  et  pertìnentiis  suis. 
Item  casirutn  quod  dicilur  Casturanum,  et  castrum  quod  dicitur 
Sextura,  cum  pertìnentiis  suis.  Itera  monasterium  S.  Marie  in  Offida 
cura  eodcra  castro,  cellis  et  aliìs  pertinentiìs  sui^,  et  cum  ecclesiis. 
Item  castrum  Consinìani  cum  ecclesiis  et  pertìnentiis  suis.  Itera 
castrum  de  Insula  in  Thesina  cum  omnibus  pertincntìis  suis.  Item 
castrum  Porele.  Castrum  Ripe  Pasani  cum  ecclesiis  et  pertìnentiis 
suii  Castrum  Montis.  Castrum  Montis  Patricii.  Castrum  de 
Monte  de  Novera.  Castrum  de  Sircleranum  cum  omnibus  ecclesiis 
et  pertìnentiis  suis.  Castrum  Rorelle  et  monasterium  S.  Laurentii 
iuxta  ipsum  castrum  positura,  cura  omnibus  ecclesiis  et  pertincntìis 
suis.  Castrum  Capradorsi.  Castrum  Canose  et  castrum  Gcncstrc 
et  castrum  Rolletini  cum  plebe  sanc[tl  Fajbiani  cum  omnibus  ec- 
clesiis et  pcrtinenilis  suis.  Castrum  Furce  et  monasterium  S.  Sal- 
v[aton5]  in  Baso  cum  omnibus  ccclesiis,  villis  et  pertinentiìs  suis. 
Ecclesiam  S.  Salvatoris  de  Quinzano  cum  pertinentiìs  suis.     Castrum 

Montis andi  cum  omnibus  ecclesiis,  villis    et  pertinentiìs  suis. 

Castrum  Carapestrelli  cum  ccclesiis,  villis  et  pertinentiìs  suis.  Item 
monasterium  !>.  Victoric  in  Castro  ....  ecclesiis,  villis  et  pertinentiìs 
suis.  Castrum  Montistalconis  cum  ccclesiis  villis  et  omnibus  perti- 
nentiìs suis.  Castrum  Scptcmcarpini.  Castrum  Siiffi  cura  ecclesiis 
et    pertincntìis  suis.     Castellum  quod  dicitur   Castrum.     Castrum 

Par Castrum  Rocce  de  Cuculio.     Castrum   Rocce  de  Prato. 

Castrum  Arquate  mìnoris  et  castrum  Furce  de  Castello.  Corvariam 
et  castrum  AbetJcum  cum  ecclesiis,  villis  et  pertincntìis  suis.  Mona- 
sterium S.  Marie  in  Pantano.  Monasterium  S.  Marie  in  Lapide  cum 
pertinentiìs  suis.  Monasterium  S.  Petri  in  Arquata  prò  medietate 
cura  cellis  et  pertìnentiis  suis.  Monasterium  S.  Blasiì  in  Terampne 
et  ecclesiam  S  Georgii  cura  pertincntìis  suis,  Ecclestara  S.  Marie 
io  Mura  cura  pertìnentiis  suis.     Monasterium   S.    Marie   in   Georgii 


284 


J.  Guiraud 


CUOI  eodcm  castro  et  cum  omnibus  ecclesiis  et  pcrtincntiis  suis. 
Monasterium  S.  Marie  in  Clienti  cum  villis,  cellis,  ecclesiis  et  om- 
nibus pertinentiis  suis.  In  comitatu  Auximano,  castrum  Montispelosi. 
In  comitatu  Ariminensi,  castclluro  Album  et  ecdesiam  S.  Angeli  in 
Barbulano  cura  lerris,  pratis,  vineis,  neraoribus»  usuagiLs  et  pascuis 
in  bosco  et  plano,  in  aquis  et  molendinis,  in  viis  et  semitìs  et  om- 
nibus aliis  libertatibus  et  immunitatìbus  suis.  Sane  novalium  vestro- 
rum  que  proprìis  manibus  aut  sumptibus  coiitis^  de  quibus  aliquis 
haclenus  non  percepii,  sive  de  vcstrorum  animaliura  nutrimentis, 
nullus  a  vobisdecimas  exigere  vel  extorquere  presumat.  Liccat  quoque 
vobis  clericos  vel  laicos  lìberos  et  absolutos  e  seculo  fugientes»  ad 
conversìonem  rccipere  et  eos  absquc  contradictionc  aliqua  retinere. 
iVohibemus  insuper  ut  nulli  fratrura  vestrorura  post  factam  in  mo- 
nasierio  vestro  professionem,  fas  sit  sine  abbatis  sui  licentia  de  codcm 
loco  nisi  artioris  rcligionis  obtenlu  disccderc,  disccdcntem  vero  absque 
communium  litlcrarum  vestrarum  cautionc,  nullus  audeat  retinere. 
Cum  autera  generale  interdictum  terre  fuerit,  liceat  vobis,  clausis 
ianuis,  exclusis  excommunicatis  et  interdictis,  non  pulsatis  campanis, 
suppressa  voce,  divina  officia  celebrare»  duramodo  causam  non  dede- 
ritis  interdicto.  Crisma  vero,  oleum  sanctum,  consecralìones  aliarium 
seu  basilicarum,  ordinationcs  monachorum  et  clericorura  vestrorum 
qui  ad  sacros  ordiiics  fuerint  promovendi,  a  qiiocumque  malucr'ttis 
episcopo,  siquideni  cathoHcus  fuerit  et  gratiam  atque  communionera 
Apostolice  Sedis  habucrit,  gratis  et  absque  pravitate  et  exactione  aliqua 
rccìpietis.  Prohibemus  ìnsuper  ut  infra  fines  parrochìarum  vesirarum 
nullus  sine  nssensu  et  voluntatc  vestra  capei lam  seu  oratorium  de 
novo  consiruere  audeat,  salvis  privìlegiis  pontiticum  Romanorum.  Ad 
hec  prohibemus  cxaciiones  ab  archiepiscopis,  cpiscopis,  archidiaconis 
seu  decanis  aliisque  omnibus  ecclesiasticis  secularibusve  personis  a 

vobis  omnino  fieri Omnes  preterea  possessìones  ad  ius  cecie- 

siarum  vel  fratrum  spectantes  que  a  laicis  retinentur  rediraendi  et 
legiiime  lìberandi  de  manibus  eorum  et  ad  ecclesias,  ad  quas  pertinent, 
rcvocandi  libera  sit  vobis  de  nostra  auctoritate  facultas.  Obeunte  vero 
te,  nunc  eiusdem  loci  abbate,  vel  tuorum  quoHbct  successorum,  nullus 
ibi  qualibct  surrcptionis  astutia  seu  violcntia  preponatur  nisi  quem 
fratres  communi  consensu  vel  maior  pars  consilii  sanìoris  secundum 
Dei  timorem  et  b.  Bcnedicti  regulam  provìderìnt  eligendum  ;  elcctus 
autcm  ad  Romanum  pontificem  benediccndus  accedat.  Preterea  con- 
firmamu^^'obis  vestrisque  successori  bus  in  perpetuum  oblatìoncs,  de- 
ci mationes  vestra  ditione  colligendas,  oblationes recipiendas  et 

a  nullis  intcrdiccndas,  sicut  ab  antiquo  canonice  recepistis  et  hac- 
tenus   est  servatum.  Nullus  autem    episcopus  ecclesias    mouasterio 


Varietà 


285 


I 


I 


1 

l 


vestro  utroque  iure  (i)  subìectas  presuniai  interdicere,  vej  nionachum 
vcl  clericum  eiusdem  monasterii  sJnodare  vel  excommunicare  audeat, 
sed  per  abbatera  ìpsius  lod,  sicut  ab  amìquis  temporibus  statutum  et 
obscrvatum  esse  dinoscìtur,  cum  opus  fuerit,  regulariter  corrìgantur, 
et  mandatis  eius  in  omnibus,  sicut  regularis  exigit  disciplina,  humi- 
liter  acquicscant.  Decerntmiis  (2)  ergo  ut  nulli  omnino  bomìnum  liceat 
vos  vel  prefatum  raonasterium  temere  perturbare,  aut  eius  possessiones 
atiferre,  ve!  ablatas  retinere»  minuere  seu  quibuslibet  vexationìbus  fa- 
tigare,  scd  omnia  integra  et  ìlHbitata  serventur  eorum  prò  quorum 
gubernationc  ac  sustentatione  concessi  sunt  usibus  omninuKiis  pro- 
futura,  salva  Sedis  Apostolice  auctoiitate.  Si  qua  igitur  in  futurum 
ecclesiastica  sccularisve  persona  hanc  nostre  constìtutionis  paginam 
sciens,  contra  eam  temere  venire  temptaverìt,  sccundo  tertiove  coro- 
monita,  nisi  rcatum  suum  digna  satisfa  elione  correxerit,  potestatis 
honorisque  sui  careat  dignìlate,  rearnque  se  divino  iudicio  existere 
de  perpetrata  iniquìtatc  cognoscat  et  a  sacratissimo  corpore  ac  san- 
guine Dei  et  Domini  Redemptoris  nostri  Ihesu  Christi  aliena  fiat 
aique  in  extremo  examine  divine  subìaccat  ultioni.  Cunctis  autcm 
eidera  loco  sua  tura  servantibus  sit  pax  domini  nostri  Ihesu  Christi, 
qualenus  et  hic  frucium  bone  actionis  percJpiant  et  apud  districtum 
itidicem  premia  eterne  pacis  invenìant.  Amen,  amen,  amen. 

+  ego  Urbanus,  catholice  Ecclesie  episcopus. 

f  ego  frater  lohannes,  tituli  S.  Laurentii  in  Lucina  prcsbiler  car- 
dlnalis  ss. 

f  ego  frater  Hugo,  tituH  S.  Sabine  presbltcr  cardinalis  ss. 

f  ego  Stephanus,  Penestfinus  episcopus  ss. 

f  ego  Rìccaj-dus,  S.  Angeli  diaconus  cardinalis  ss. 

+  ego  Octavianus,  S.  Marie  in  Via  Lata  diaconus  cardinalis  ss. 

+  ego  Gottifidus,  S.  Georgi!  ad  Velum  Aureum  diaconus  cardi- 
nalis ss* 

f  ego  Ubertus,  S.  Eustachii  diaconus  cardinalis  ss. 

Datum  Vitcrbii  per  manum  magìstri  lordant,  sancie  Romane  Ec- 
clesie vicccancellarii  et  notarii,  vii  kalendas  martii,  indictione  v.,  in- 
carnationis  dominice  anno  .m^cc'lxi.,  pontificatus  vero  doni  ni  Urbani 
pape  mi  anno  primo. 


(i)  Cod  ne!  tetto.  Corr.  t-tilrof  m  iitri. 
(a)  Net  tato  Dtttrutus. 


2S6 


J.  Guiraud 


IL 


1278,  18  giugno.  L'abbate  Monco  e  i  monaci  di  Farfa 
nominano  il  monaco  Berardo  da  Rieti  a  sindaco  e  pro- 
curatore del  monastero  in  Fermo  ed  Ascoli  (i). 

Hoc  est  cxemplum  cuiusdara  syndìcatus  sic  incipieotis;  teaor 
cuius  talis  est: 

In  nomine  Domini  amen.  A  naiivitate  eiusdem  AiccLiixvin,  vi*  in- 
di e  tionc,  tempore  domini Kicolay  pape  III,  mense  ìunii,  die  .xviii.  Coram 
me  notario  et  testibus  infrascriptis  ad  hec  vocatìs  et  rogatis,  religiosus 
vir  dominus  Moricus,  abbas  monasteri)  Farfensis,  cum  consensu  et 
voluntate  conventus  ipsius  monasterii,  videlicet  fratris  Andree  prioris, 
frairis  lohannis  de  Cerclaria,  fratris  Leonardi  de  Puz^alia,  fratris 
Marci  de  Montenigro,  fratris  Lanzalocd,  fratris  lohannis  de  Podio, 
fratris  lohannis  de  Tripico,  fratris  Gradini  de  Fara,  fratris  Raìncrii 

de  Toffia,  fratris de   Fara,  fratris   Archangeli,  frairls    Gentilis 

de   Cerclaria,  fratris  Racchìsìi,  fratris   Petri   domìni   Leonis,  fratris 

Petri  domini ,   [frairijs  Laurentiì   ThoUomei,   fratris   Oddonis 

de  Scandrillia,  fratris   Pauli    Gu [Franci]sci   de   Reate,  fratris 

lohannis  de  Rocca,  fratris  Francisci ,  fratris  An ,  [frajtris 

Andree  Mathci  Gatifrodi  monachorum  eiusdem  monasterii nuni 

ubule  et  ra  . . . . .  omnes  ad  invicem  et  concorditcr    una    cum   ipso 

domino  ..    ..et  ipse  dominus  abbas  cum  ipso corum  propriìs 

volumatibus  nomine  ipsius  monasterii  fccerunt,  con[siì]iucrunt  et  or- 
dinaverunt  et  creavcrunt  fratrera  Berardum  de  Reate;  monachum  prc- 
sentcra  et  rccipientem,  corum  et  ipsius  monasterii  yconomum,  syndi- 
cum,  procuratorera  legìtimura  et  actorem  defcnsorem  et  nuntiura 
specialcm,  prout  melius  dici  et  de  iure  valere  potest,  super  omnibus 
et  singuUs  causis  et  negotiìs  que  et  quas  dictum  monasterium,  abbas 
et  conventus  eiusdem  habent  et  habere  sperant  vel  habituri  sunt  in 
civitate  et  universitate  Firmana  et  civitate  et  unìversitate  Esculana  et 

earum  ci  culuslìbet  ex  eis co  et  persona  legìtime  interveniente 

prò  eis  scu  altera  ex  eJs,  et  cura  qualibet  alia  universitate,  collegio 
et et  eorura  synJico  uno  vel  pluribus  et  persona  legitiina  in- 

(1)  Aggiungiamo  al  pr«;«Jeni«  c|ue«ta  Jocutncnto  pcr^hò  ex  tcmbrt  che  recbi  luce 
rul  *ìitem«  «nirainlttrattvo  Jet  poss«ui  delU  badin  di  Farf».  ti  <locumeuto  t  tratta  Atì- 
l'arckivio  dì  Simo  in  Roma  (fondo  di  Piastra).  EiscnJo  la  pcrgatnetta  che  lo  contiene 
tlAnncggiaia  in  pi  A  luoghi,  abbiamo  dovuto  lasciare  qualche  lacuna  dove  non  ci  i  siete 
poatibile  di  leggere  o  di  supplire. 


Varietà 


287 


tervenieme  prò  eis  seu  ex  altera  ex  eìs  et  cum  qualibet  alia  persona 
et  loco,  in  curia  rectoris  marchie  Anconitane  et  in  qualibet  alia  curia 
et  tam  ecclesiastica  quam  civili  ad  agendum,  excipiendum,  replican- 
dum,  petcndum,  defendendura,  reddcnJum,  testes  et  instruraenia  pro- 
ducendum  et  rcprobandura,  senteniiara  audiendara  et  prosequendam 
et  specialiter  ad  faciendam  locaiionem  et  renovaiionem  et  titulo  lo- 
cationis  et  renovationis,  ac  emphyteosin  tantum  cedendum  et  curaro 
et  contractum  vel  quasi  provìde  faciendum  que  de  iure  sufficiat  de 
rebus  et  dicti  monasterii  omnibus  et  singuUs  personis,  quibus  ipsa 
bona  a  dicto  syndico  locata,  data  et  conces[sa  fuerjint,  dando  et  con- 
cedendo eidem  fratri  Berardo,  yconomo  et  procuratori,  licentiam  et 
iiberam  pot[estateni]  locandi  et  renovandi,  dandi  et  concedendì  dieta 

bona  et  rcs  dicti  monasterii  predictis  personis   dandum,  pici- 

scendum transigendum  et  promìttendura  pacium facien- 

dum,  de  dictis  bonis  et  rebus  ac  iuribus  dicti  monasterii  cura  predictis 
civitatibus  et  universitaiìbus,  personis  de  omni  eo  et  iure  quod  dictum 
inonastcrium  posset  petere  vel  litigare,  et  de  rebus  et  bonis  et  iuribus 
dicti  monasterii  et  generaliter  ad  hec  et  omnia  et  singula  alia  fa- 
ciendl  et  libere  cxercendi  in  quibus  speciale  niandatum  rcqulritur  et 
que  vcrus  syndìcus,  yconomus  et  procurator  Tacere  posset,  et  que  ipsi 
abbas  et  convcntus  Tacere  possent  se  presentes  ad  omnem,  et  ad 
obligandum  se  ad  penas  et  interesse  et  bona  dicti  monasterii,  pro- 
raìttendo  ratura  et  firmum  haberc  quicquid  dictus  frater  Berardus 
yconomus,  svndicus  et  procurator,  fecerit  de  predictis  et  singulis  pre- 
dictorum,  et  contra  predicta  vel  aliquod  prcdictorum  non  Tacere  vel 
venire  sub  pena  m.  librarum  provisinorum  senatus,  et  hypotheca  et 
obligatione  bonorum  dicti  monasterii  A  cium  in  capitulo  ipsius  mo- 
nasterii presentibus  hiis  testibus:  Pangratio,  scrintario  de  ToTtla,  ma- 
gistro  Mathco  domini  Theobaidi  de  Fara,  Coypangnone  domini  Con 
pagnonis  de  ToTfìa,  lohannc  domini  Phylippì  de  Monte  Opulo, 
Francisco  de  Sulmone,  Ballo  et  Manfredo  Tamitiaribus  domini  abbatis, 
ad  hcc  vocatis  et  rogatis. 

Ego  Phylippus  Rainerii,  sacrosancte  Romane  Ecclesie  et  Farfensis 
monasteri!  scriniarius,  hils  omnibus  interfui  et,  ut  supra  Icgitur,  rogatus 
scripsi,  compievi  et  publicavi. 

Et  ego  Bonconsalvus,  notarius,  predictum  instrumentum,  sicut  in* 
veni  scriptum  manu  publica  Phylippi  notarli,  ita  scripsi  et  esemplavi 

et  in  publicam  Torraam  redegi  de  mandalo  et  auctoritate  domini 

Icgum  doclorìs  iudicis  ordinarli,  nil  addens  vel  minuens  preter  pun- 
ctum  vel  sylUbam  -  ,sub  anno  Domini  m°cclxxviii  die  xvii  exeuntis 
sectcmbris  tempore  domini  Nicolay  pape  III.  Actum  Tuit  in  Monte 
Ulmi  ante  doraum  domini  Thomc,  domini  Roggerii  de  Monte  Ulmi, 


288  y.  Guiraud 


presentibus  domino  Rainaldo  doroinì  Arnold  de  Monte  Milonis,  ma- 

gistro  Rainerio ,  domino  Phylippo  de  Firmo  et  domino  Rainerìo, 

notario  abbatis  Farfensis,  qui  se  sul»crìbere  debet,  Partuncto  Toman- 
partis  et  Berrecta  de  Sancta  Victoria  testes  interfuerunt. 

Ego  Raìnallus  de  Mirannella,  sancte  Romane  Ecclesie  scriniarius 

scriptum   instrumentum exemplatum,  vidi  et  audivi   legere   et 

ascultare  et  nicii  in  ipso  addito liuera  aut  sillaba  ratum,  me 

teste  suscrissi  et  signura  consuetum  mee  manus  posui. 


Presenti  i  soci  signori  :  U.  Balzani^  presidente,  L.  Allodi, 
A.  Corvisieri,  G.  Cugnonì,  B,  Fontana,  I.  Guidi,  E.  Ste- 
venson, G,  Tomassetti,  O.  Tommasini,  G.  Levi,  segretario. 
Il  Segretario  dà  lettura  del  verbale  della  seduta  pre- 
cedente, che  senza  alcuna  osservazione  resta  approvato. 

Il  Presidente  Balzani  commemora  tre  illustri  colleghi 
che  in  breve  tempo  la  Società  è  venuta  dolorosamente  a 
perdere  ; 

tt  II  prof.  Samuele  Lowenfeld,  che  or  fa  un  anno  salu- 
tammo in  mezzo  a  noi,  è  stato  da  breve  malattia  rapito 
nel  fiore  delPetà;  la  seconda  edizione  dei  Regesta  pontifictim 
Romanorum,  a  tacere  d'ogni  altro  suo  lavoro,  fa  fede  della 
;  sua  grande  dottrina  ed  operosità.  AlF  invito  della  Società 
|di  cooperare  al  Codice  diplomatico  della  città  di  Roma  pron- 
tamente aveva  corrisposto  inviando  molte  schede  di    let- 
tere pontificie.  Il  prof.  Bartolomeo  Malfatti,  mancato  egU 
^pure  troppo  presto,  benemerito  cittadino,  coscienzioso  in- 
segnante,  dotto    non  meno  nelle    discipline   storiche  che 
nelle  geografiche,  lascia  degno  monumento  di  lui  neiroperu 
disgraziatamente  incompiuta:  Imperatori  e  papi  nel  periodo 
carolingio.  Gli  amici  e  colleghi  lo  ricorderanno  sempre  con 


Archivio  della  R.  Società  romana  di  atoria  patria.  Voi.  XV.         I9 


:  V  pcibbocsn  Dai  jaosts  b  cono. 
•  NoQ  è  penbro  mancata  buona  messe  <li  lavori  Jl> 
TAnhtviù.  R£ciao  awmbati  nocepoli  alla  storia  àà  nom 
•catuti  aumcipaB  s  lavori  dd  doa.  Passcn  sullo 
CJtnpagnafio,  e  dd  socio  prof.  Moaad  so  «{odio  ^  . 
moinaoo  rasieiDe  la  storia  delia   Chiesa  e  quella 
«olire  della  provincia  nostra  gli  scritti  del  sodo 


Q/!tÌi  della  Società 


291 


Fumi  sul  Carteggio  del  comune  di  Orvieto  degìi  anni  i$ii 
t  I^i2y  del  socio  dott.  Levi  intorno  ai  cardinale  Ottaviano 
degli  Ubaìdini  e  del  prof.  Manfroni  sulla  Marina  pontificia 
durante  la  guerra  di  Corfù.  Il  socio  prof.  Tomassettì  ha 
continuato  il  suo  lavoro  sulla  Campagna  Romana,  il  signor 
Mario  Pelaez  ha  dato  un  saggio  di  una  nuova  edizione 
crìtica  di  un  testo  delle  Pistoni  di  santa  Francesca  Romana 
che  ha  molta  importanza  per  lo  studio  del  nostro  dialetto. 
Di  un  altro  testo  si  è  occupato  il  dott.  Pagnotti  nel 
suo  studio  preparatorio  alla  edizione  crìtica  della  l'ita  di 
Niccolò  V  scritta  da  Giannozzo  Manetti.  Quest'ultimo  studio 
irA  anche  per  la  natura  sua^a  darci  occasione  di  venir 
urando  V  indole  e  la  entità  del  lavoro  a  cui  dovrA  pure 
accingersi  un  giorno  questa  Società  per  preparare  una  edi- 
zione critica  completa  di  tutto  quel  gruppo  di  vite  ponti- 
fìcie che,  a  così  dire,  costituisce  la  seconda  parte  del  Libro 
pontificale. 

m  Ai  futuro  volume  ddrjrcbivio  non  mancherà  la  ma- 
teria. Oltre  ai  lavori  sopra  mentovati  dei  soci  De  Rossi  e 
Stevenson,  e  alla  continuazione  dei  lavori  del  socio  To- 
niassetti  sulla  Campagna  Romana  e  del  signor  Pelaez  sulle 
l'isioni  di  Santa  Francesca,  il  socio  prof.  Fontana  contri- 
buirà una  raccolta  di  Documenti  intorno  alla  eresia  luterana 
tratti  dall'archivio  Vaticano;  il  dott.  Ermini  uno  studio 
espositivo  sulle  Costituzioni  Egidiane  del  l'Ai  bornoz,  il  socio 
Rodocanachi  lo  Staff  ito  delia  corporazione  dei  cocchieri  di 
Roma,  e  il  già  nominato  signor  Pelaez  su  preparando  e 
darà  in  luce  una  nuova  edizione  della  Cronaca  di  Paolo 
dello  Mastro,  preceduta  da  studi  circa  Ìl  testo,  e  circa  la  per- 
sona e  la  famiglia  dell'autore.  Altri  lavori  offerti  alla  So- 
cietà sono  in  preparazione,  ma  intorno  a  questi  il  Con- 
siglio direttivo  si  riserva  di  riferire  in  una  futura  riunione 
quando  potrà  con  maggiore  sicurezza  pronunciarsi  intorno 
al  valore  di  essi  e  alla  opportunità  o  probabilità  del  pub- 
blicarli. 


29-2 


oAtti  della  Società 


K  Bastino  per  ora  questi  cenni  riguardo  ^^ArtUtm, 
Quanto  alle  pubblicazioni  libere  le  core  dcQa  Sodeti  soeo 
State  precipuamente  rivolte  a  due  (fesse  ne^asao  nst 
decorso  e  continueranno  a  nvolgeisi  nel  presone,  àie 
ai  Diplomi  imperiali  e  reali  delle  CanteJliric  à' ISaB»,  p^ 
hlicaii  a  facsimile,  e  al  quinto  volume  del  Regesto  £  FmJL 
Dei  diplomi  può  dirsi  che  il  primo  hsócoXo  è  onnmwm 
compiuto.  Ve  ne  presento  le  uvole,  e  avrei  fooore 
di  presentarvcne  già  stampata  anche  la  iUtistraziooc,  se 
colla  infcrmit;i  del  nostro  egregio  segretario  non  (ossesK 
prav venuto  un  improvviso  impedimento,  quando  il  bvoro 
era  gi;\  qCtasi  pronto  per  la  stampa  e  mancavano  appeal 
poche  altre  cure  a  terminarlo  definitivamente.  Ora  fo 
fortuna  l'impedimento  è  tolto.  Tra  poco  il  fasdcolo  ari 
pubMic.no,  e  il  Consiglio  direttivo  confida  che  trovcrese 
questo  lavoro  degno  della  Società  che  lo  ha  promosso 
con  tanta  fermezza,  della  grave  spesa  affrontata,  e  dei  larghi 
sussidi  ottenuti  per  essa  dai  Ministeri  della  istruzione  e 
dcir  interno.  Del  quinto  volume  del  Rfi^t'sto  di  Farfa  vi 
presento  circa  la  metA  già  stampata,  e  spero  che  sari 
possibile  presentarvi  1* intero  volume  nella  nostra  riutiionc 
di  pritiiavera.  Con  questo  volume  si  conchiuderi  la  stampJ 
dell'  intero  testo,  ed  è  singolare  ricorrenza  che  si  con- 
chiuda appunto  nell'ottavo  centenario  dall'anno  inali 
Gregorio  da  Catino  pose  per  la  prima  volta  la  mano  mo- 
desta e  paziente  a  questo  grande  monumento  di  storia 
nazionale. 

«^  Mentre  si  attende  alla  pubblicazione  immediau  S 
questi  lavori  rimane  in  preparazione  il  fascicolo  IV  dei 
Monumenii  paleografici  di  Roma,  e  non  si  trascura  per  parte 
del  socio  prof.  Monaci  la  preparazione  del  Liber  hystoriarm 
Romattorum.  La  necessità  di  ulteriori  indagini  e  la  scoperti 
di  un  altro  codice  contenente  una  redazione  importante 
del  Libcr  hystoriarurn  prolungheranno  di  necessità  il  tempo 
a  compiere  un  lavoro  che  domanda  cure  lente  e  minute. 


Q/^tti  delia  Società 


295 


Segnalo  intanto  alla  Società  l'atto  liberale  e  cortese  del 
signor  conte  Lochis  proprietario  del  codice  contenente  il 
Li/'L-r,  che  ha  voluto  concederne  liberissimo  uso  al  professor 

^lonaci  offrendolo  alla  Società  in  prestito. 

H  «  Circa  alle  pubblicazioni  che  si  preparano  per  essere 
presentate  ali*  Istituto  Storico  Italiano,  procede  il  lavoro 
Unto  per  la  nuova  edizione  del  De  BìUù  Gotico  di  Procopio 
che  verrà  curata  dal  prof.  Coraparetti,  quanto  per  quella  del 
Cbronicon  Farfense,  ma  intomo  a  questi  lavori  il  ConsigHo 
direttivo  si  riserva  di  parlarvi  più  distesamente  a  suo  tempo, 
e  del  pari  si  riserva  di  darvi  più  innanzi  conio  dei  lavori 
iniziati,  d'accordo  colla  Regia  Università,  per  la  compila- 
zione di  un  Codice  diplomatico  dello  Studio  di  Roma,  Questo 
per  le  pubblicazioni;  resta  ora  da  aggiungere,  che  a  se- 
conda del  desiderio  espresso  dalla  Società,  il  Consiglio 
direttivo  vi  presenterà  nella  riunione  prossima  il  regola- 
mento sulle  relazioni  tra  la  Società  e  il  suo  delegato 
presso  r  Istituto.  Le  relazioni  della  Società  con  altri  Istituti 
scientifici  si  sono  non  pur  mantenute  ma  accresciute  anche 
quest'anno,  e  abbiamo  ragione  di  sperare  che  le  trattative 
che  sono  attualmente  in  corso  aumenteranno  la  ricca  su- 
pellettile  di  pubblicazioni,  specialmente  periodiche,  di  cui 
ora  abbonda  la  biblioteca  sociale,  e  che  oram:ii  domanda 
spazio  maggiore  entro  questa  sede.  Affine  di  accrescere 
questo  spazio,  e  per  dare  maggiore  sicurezza  alla  biblio- 
teca Vallicelliana,  si  è  presentato  al  Ministero  della  pub- 
blica istruzione  un  progetto  che  si  spera  possa  essere  in 
breve  approvato.  Ampliata  così  questa  sede,  e  aumentato 
il  materiale  scientifico,  sarà  più  facile  alla  Società  attendere 
con  maggiori  forze  a  cure  maggiori.  L'accresciuta  larghezza 
concessa  agli  studiosi  dal  continuo  dischiudersi  d*archi\*i 
custoditi  fin  qui  troppo  gelosamente,  la  feconda  attività 
degli  Istituti  storici  stranieri  fondati  in  Roma,  impongono  alla 
Società  nostra  obblighi  sempre  crescenti.  E  a  questo  pro- 
posito mi  gode  l'animo  di  annunziarvi  che  S.  E.  il  mini- 


T    lei-i   r 


zzfz.  m  niD   3Kiic^   Zie  .laiidesie  ^n  im- 

"Ti   1::::.    — r"     "^TTrTiimm  3:ntsnjr'jjiu 

=  rrrr  .ìts  ior.a  jronmtE  iiTiininicnia. 

~JT  A.  Zj!i"3iH3i  Trancne  ^e  nàì  janchi 
iidini  ijinir:^  ii  saura.  Turr:^  v^agi  iilla 
:jrz  :r.  rjrrn:ci2:.  Z3e  jntst:  eie  osa  k^.o 


_:    -  •.-.^'^  icTrT'-i  te   icisd  ji  srcccsti  Je:  soao 


ag"<i''    -.:r- 


^e  :r^ 


7»nix. 


BIBLIOGRAFIA 


NuntiaturhcrichU  aus  Dmtschland  i^}}~iSS9  wf^-^'  i^rgàn^den 
AcUnsfucken  (Dispacci  di  ounziature  dalla  Germania 
con  documenti  accessori)  —  Voi,  i**  Nunziature  del 
V'ergerlo  1533-1536;  voi.  2"  Nunziatura  del  Morene 
1556-1538,  edite  da  Walter  Friedcnsburg  per  inca- 
rico deir  I.  Istituto  storico  prussiano  in  Roma.  —  Go- 
tha, 1892. 


» 


A  Jiffercnza  delle  altre  scuole  e  stazioni  storiche  straniere,  alb 

fondazione  diede  specialmente  orìgine  la  provvida  e  coraggiosa 
ura  deirarchivio  segreto  Vaticano,  V  I.  Istituto  storico  prussiano 

ie  a  dare  in  luce  documenti  di  storia  moderna,  e  a  trattare  ar- 
gomento più  affine  alla  novella  vita  germanica,  più  importante  non 
solo  alla  nova  costituzione  polìtica  delia  patria  tedesca,  ma  alla  storia 
dello  svolgimento  del  pensiero  odierno  e  della  coscienza  individuale, 
non  che  delle  istituzioni  in  cui  la  stessa  vita  privata  e  la  pubblica 
di  quella  nazione  anno  posto  radice.  Le  altre  scuole  o  stazioni  sto- 
riche si  sono  invece  confinate  nel  medio  evo.  Se  questo  sta  caso  o 
indizio  che  abbia  chiaro  sìgnilìcato  storico  non  vogliamo  discutere; 
beos)  riconosciamo  il  fatto  per  quel  che  è. 

Ed  ora,  dopo  che  le  altre  nazioni,  segnatamente  V  Inghilterra  e  la 
Francia,  nelle  relazioni  degU  ambasciatori  veneti,  nei  dispacci  de' 
fiorentini,  nei  carteggi  dì  politici  d'ogni  maniera  ricercarono  docu- 
mento e  notizia  storica  della  patria  loro,  attingendo  alla  miniera  del 
senno  pratico  italiano,  si  potrebbe  far  questione  se  nei  Dispacci  delk 
nuu^aturc,  cosi  per  natura  diversi,  torni  sperabile  di  ritrovar  la  stessa 
messe  d'informazione,  la  stessa  obbiettività  di  giudizi  circa  le  cose 
*  e  gli  uomini,  la  competenza  stessa  ne*  relatori  e  il  line  medesimo; 


2^6 


bibliografia 


0  se  non  debbasi  credere  che  !*  iniziativa  deIl*Isdtmo  stocko  pre- 
dano lasci  piuttosto  adito  alla  comparazione  tra  classe  e  cUsK, 
e  modo  di  relazioni,  tra  fonti  e  fonti  storiche,  e  Don  apra  La  tu  i 
studiare  quanto  d'inconsapevole  e  d' illusorio  s'ìncoatrì  oeiU  pnft- 
raxionc  eiimera  dei  fatti  umani  e  nel  modo  di  coosìderarìS;  e  per  dK 
vie  la  Germania  stessa  é  giunta  grado  a  grado  alle  awesnucaie 
{nutazioni  di  cui  ebbe  prima  incerta  coscienza,  e  per  coi  poi  fct- 
vcnnc  maturamente  alla  sua  attuale  grandezza. 

L'indagine  nova  potrebbe  esser  soddisfaciente  ad  essa,  eproica 
altrui,  e  sotto  questo  aspetto  l'iniziativa  deirUtituto  prussiano 
per  so  xtcssa  pare  degna  d'encomio.  Ma  v'  è  altro  bel  fauo  die 
fa  commendevole  Katuralmcnte,  poi  che  l'Istituto  ooo  ìxcnb  nàr 
rnrchìvio  V'aticano  molta  materia  per  la  storia  degli  HobeosoOcn 
nel  secolo  dccitnoquinto,  né  per  quella  provinciale  di  Prasaìa,  od 
Hr4ndenburgo  e  della  Posnania,  si  rivolse  a  dare  tn  luce  questi  i5- 
»pacci  di  nunaiaturc.  Costituiscono  essi  nell'archivio  Vaticano  4000  to- 
lumi,  divisi  in  ventun  gruppi  secondo  paesi  e  nazioni  dìvene.  Optili 
soli  di  Germania  dal  1515  al  1740  formano  551  volumi.  Prefissi  ceni 
termini  cronolopici,  accadde  per  avventura  che  V  Istituto  prussiano 
coincidesse  coli*  Istituto  austrìaco  di  studi  storici,  diretto  dal  v.  Siclicl; 
Il  quale  illustrando  il  periodo  storico  di  Massimiliano  II  e  avenJo 
posto  l'occhio  su'  dispacci  delle  nunziature  dal  1560  al  72,  non  pre* 
occupate  dal  programma  dell'  Istituto  dì  Prussia,  aveva  deliberato 
e  annuntiato  di  farne  separata  pubblicazione.  Un  bell'accordo  per  noe 
«clcnilrtco  e  amministrativo,  interceduto  fra  i  due  Istituti,  che  alta- 
mente onora  gl'illustri  uomini  che  ne  sono  a  capo,  stabili  i  limiti 
•canibievoli  dell'opera  concorde  e  l'unità  di  formato  eoo  cut  com* 
patiranno  le  singole  parti  dì  essa. 

Cosi  anche  questa  condiscendenza  delle  due  parti  è  pur  essa  in 
pari  tempo  un  bell'esempio  e  un  indizio  simpatico  e  promettente. 
1,4  breve  prcfarionc  del  v.  Sybel,  premessa  al  primo  volume,  dà  rag- 
guaglio di  tutti  questi  particolari.  E  mentre  il  dottor  Quidde  e  il 
dottor  Schcllhass  attendono  ad  altra  parte  della  pubblicazione  risero 
vnta  alla  Prussia,  i  due  volumi  comparsi,  che  gittano  le  fondamenta 
dell'opera,  si  debbono  alla  perizia  e  alb  diligenza  del  prof.  Frìedeas- 
burg,  e  comprendono  principalmente  ì  dispacci  del  Ver^erìo  e  del 
Moronc;  nunzi,  che  quantunque  consacrassero  tanta  parte  della  loro 
vita  In  *er\'igio  del  pontificato  romano,  la  Ciiiesa  cattolica  perdette, 
cacciando  l'uno  tr«  gli  eretici,  perseguitando  l'altro  col  sospetto.  11 
Friedensburg  in  una  lunga,  minuta,  accuratissima  introduzione  espone 
preventivamente  le  norme  della  raccolta,  che  lungo  il  lavoro  si  veg- 
gono poste  egregiamente  in  pratica.  I  criteri  stabiliti  dal  Weijisiicher 


bibliografia 


297 


per  redizione  de'  Rdcbstagsakkn  quanto  alla  forma  esteriore,  si  adotta- 
rono anche  per  le  Kutttiatitrberichk.  Quanto  alla  fomia  intrìnseca,  una 
introduzione  speciale  è  messa  innanzi  ad  ogni  nunziatura  in  cui  si 
considera  prima  il  materiale  di  essa  come  fondo  e  come  fonte,  Ìllu- 

»strandolo  con  ogni  maniera  di  riscontri;  poi  si  dà  notizia  biografica 
dei  singoli  nunzi  in  particolare,  aggiungendo  i  possibili  ragguagli  cri- 
tici delle  affermazioni  di  essi.  La  grafìa  dello  scrittore,  fatta  eccezione 
per  gli  ovvii  e  non  caratteristici  scambi  di  lettere  in  voga,  è  gene- 

■  ralmentc  conser\'ata,  e  la  fedeltà  e  la  correttezza,  tratiandosi  spccial- 

■  niente  di  stranieri,  interpreti  molte  volte  di  forme  dialettali  italiane, 
si  può  credere,  nella  massima  parte  dei  casi,  raggiunta.  Piccole  anor- 
malità non  scemano  nulla  del  merito  al  solerte  e  dotto  editore  (i), 

Coni'  è  naturale,  il  primo  volume  oltre  un'introduzione  partico- 
lare alla  nunziatura  del  Vergerio,  ne  contiene  altra  d' ìndole  più  ge- 
nerale, in  cui  il  Friedensburg  esamina,  tra  l'altre  cose,  rorigìne  del 
titolo  di  nuncius,  riconoscendola  ne'  primi  decenni  del  secolo  xvi,  ove 
peraltro  esso  non  ebbe  Teffettivo  valore  che  acquistò  poi  in  seguito, 
quando  cominciò  coli' intitolazione  particolare  d'oralor  d  nuncius  a 
conseguirla.  Crebbe  poi  secondo  l' importanza  dell'uomo,  degli  affari 
che  gli  vennero  alle  mani,  della  maggiore  o  minor  congiunzione  che 
intercede  fra  la  Chiesa  e  il  Governo  presso  al  quale  il  nuncìo  era  ac- 
creditato, come  successe  coPa  repubblica  di  Venezia  e  colla  Spagna, 
presso  cu»  il  nunzio  fu  anche  collettore  per  la  Camera  apostolica. 
Gii  da*  tempi  d'Adriano  VI,  TEck  aveva  scritto  dì  Germania  esser 
utile  «  ut  S.  D.  N.  continuum  nuncium  haberet  in  curia  arciducis  ». 
Mi  le  prime  corrispondenze  de'  nunci,  come  interviene  quando  una 
istituzione  s'inizia  per  via  di  fritto  più  che  con  norme  preconcepite, 
quando  anche  le  residenze  stabili  di  diplomatici  andavano  lentamente 
pigliando  piede  per  necessità  e  senza  norma  negli  stessi  Stali  laici, 
non  facevano  capo  agli  archivi  della  Santa  Sede;  si  serbavano  o  si 
perdevano  tra  la  corrispondenza  domestica  de'  nunzi  ;  passavano  nelle 
(amiglie  de*  pontefici,  fra  le  carte  de'  cardinali  nipoti,  che  per  lo  più 
erano  in  diretta  relazione  con  essi;  finché  nel  15  jy  per  merito  d'Ales- 
sandro Farnese,  nipote  di  papa  Paolo  III,  e  vicecancelliere,  s'intro- 
dusse la  salutare  innovazione  che  la  corrispondenza  co'  nunzi  fosse 
tenuta  per  mezzo  degli  officiali  della  curia  ;  onde  questa  perdette  il 
carattere  qu;isi  particolare  che  aveva  avuto  per  l' innanzi,  fu  rego- 
lata e  conservata  con  certezza  e  per  norme  e  con  regolarità  d'officio. 

Venendo  poi  alle  particolari  nunziature  dei  Vergerio  e  del  Morone 


I 


I 


(i)  Prt  c<, 

toitg  t  gono  > 


(I,  io6)  att  *  gosso  « 
icbtund,  kropf  • . 


■  so  vici  ali  gobbo,  bu^kel  •;  roa  piut  ' 


'  bibliografia 


2i?9 


cui  sono  catholicì,  li  popoli  sono  talmente  confusi,  che  non  sanno 
'  et  a  quale  opinione  si  debbano  accasiare  »  (li,  8;).  Che  mutazione 
grave  A\  secolo  non  è  questa  in  cui  p.ire  estrema  miseria  che  cia- 
scuno pensi  ciò  che  vuole,  quando  Tacito  invece  celebrava  come 
rara  felicità  di  tempi  quella:  ff  ubi  sentire  quae  velis  et  quae  scntias 
«  diccre  licet  »  (Hut,  I,  i)?l  Per  questa  libertà  inusata  e  confusione 
dì  opinioni  appunto  non  si  ordinano  più  preti.  Il  contagio  sì  dilata  do- 
vunque. Quando  il  W'ùrtembcrg  cade  in  mano  ai  luterani,  il  Vergerio 
esclama  :  «  stava  per  antimurale  di  Tiro!  »  ;  ora  teme  per  questo  e  per 
la  Svizzera  (I,  255);  dallo  Studio  di  Vittemberga  si  stende  il  lutera- 
nismo in  Polonia  (ib.  291).  E  più  oltre  (p.  joi)  :  «  Ho  inteso  che  in 
o  Trici.te,  che  è  città  della  nostra  Italia  et  giace  ai  lidi  del  nostro  mare 
«  Adriatico,  pullulava  molto  bene  il  luthcrismo,  preso  per  il  com- 
a  mertio  di  Germania  »  ;  e  teme  per  Pirano  e  per  tutta  Italia.  Frattanto 
mentre  Ferdinando  re  de'  Romani  è  tenuto  in  iscacco  da  Giovanni 
Zapolya,  vaivoda,  mentre  Carlo  V  è  alle  prese  col  corsaro  Barba- 
rossa,  mentre  il  Turco  minaccia  Clissa  in  Dalmazia,  mentre  51  re 
d'Inghilterra  s'aliena  ferocemente  dalla  Santa  Sede  e  manda  cardinali 
al  patibolo,  fa  sorridere  la  illusione  tutta  teologica  del  Recalcati, 
che  dopo  la  vittoria  di  Carlo  V  a  Tunisi,  scrive  ingenuamente  al 
Vergerio  :  «  già  si  spera  e  tiensi  per  fermo  che,  volendo  Sua  Maestà 
«  Cesarea  seguitare  la  impresa,  ne  haucrà  total  Victoria  et  vedcremo 
a  a'  giorni  nostri  anche  la  Turchia  redutta  a  la  vera  fede  chri- 
V  stiana,  che  Dio  ci  presti  gratia!  »  (I,  474).  Del  primo  volume  del 
resto  il  più  bel  documento  è  la  lettera  del  Vergerio  al  Recalcati 
stesso  in  cui  descrive  l' incontro  suo  con  Lutero,  noto  già  per  l'edi- 
zione del  Cantù  {Eretici  d'Italia,  II,  107-12)  e  del  Laemmer  {Aliai. 
Taf.  pp.  128-36).  Del  secondo  ci  sembra  importante  la  risposta  data  in 
appendice  (541-421)  aì  Centum  ^ravamitta  Germancrum  che  il  Fri c- 
densburg  con  buone  ragioni  (pref  t.  II,  p.  111)  ascrive  a  Tommaso 
Campeggi  vescovo  di  Fehrc.  O.  T. 


Vittorui  i^olonna  marchesa  di  Pescara.  Supplemento  aì  car- 
teggio, raccolto  ed  annotato  da  Domenico  Tordi,  con 
l'aggiunta  della  vita  di  lei,  scritta  da  Filonico  Alicar- 
nasseo.  —  Torino,  Ermanno  Loescher,   1892.  I-128. 


Migliore  fortuna  non  poteva  toccare  al  libro  di  Alfredo  Reumont 
intorno  a  nttoria  Colonna  sotto  questo  aspetto,  che  fu  il  primo  la- 
voro organico  che  ha  dato  occasione  a  tanti  altri  lavori,  ì  quali  fi- 


^§mh^aJSA 


niriiiiiii  fa  mmeft  ndb  ^sa  incr  is  ^gnsm  A  m  daaB.li^ 
«»  sna  Aiuiuiiau.  JÌD'an,  d»  pnat)  iB  «isti  noi»  rantai 

Ssipeva  2iie  H  Itfwn  liti  Rnsanac  noe  ea  caspia^  càt 
da«r«i  enae  ffio»;  e  il  ftaoBoot  iman  oh  dòe  petue  fl|r 
À»^  «I  ano  ncìio»  cnde  fodlo  édfÌDifirino  aaowd^  sdt|  «• 
^lòo  ^màtm  wmn  ossili,  )^  mone  intano.  £  ooì  ^"  ■[*"■'— 
«OOK  opoi  HSìririwàma  di  profrrcssD.  dopo  la  ^cnki»  à»  feon 
4tl  EaHDMH  Giuoe|)fe  Miller  ed  ErnuxniQ  Featio.  TarEXc  or  floà 
ÌBimpeeii  la  gnikawwc  dd  canen}»  di  VinaRs  CekMos,  i  ^ 
oa  ^B  4SK11  >  Bivioi  fciimm  la  oppoRooita  di  csanàane  li  yfH^ 
sotto  XSaqMMi  di  iniMliier,  a  uà  aecdlp  ^mnoono  dafKasaidr 
al  m4|H>  iimum  caioiiBa  £SB  ommii  ooiccwicà. 

Oba  •^'  e  pmtaR  «i  aiiuiieafaiyg  dit  901)  caflogglo  9  è  anicdiu  • 

aC3)  ^OBOS^OflOt  '4BO0IODCOSta   JOOOitt  O  yafi I   ^SIC    4^CK06BftC0    ACBSI  ^\ 

tu  OMO  1B  ^i|ralìut^  Ba  1  ^oiB  tHfnìaino  nooonpanve  ia  Jnen  od 
CnomÌBÀ  4  l^kBBla  riiwwii  «opn  &  Vlicni  aiUinoi.  che  am  fda 
ddli  ipn^n— aii0iK>  ferina  pife  lar^  aooo  doe  poujoissout  aOC^ 
«MORA,  x^  ofiscnai,  aia  fter  rbnuzdo  alle  ùiee  Jdb 

'dteoaa  nrii^vjKi  w.  mu\^  Paxr  a  ool  ciac  non  ai  fisnacjaiBt  ^ 
ìc  àott^floìs  <  ^R  tnosccsa  lonr  la  ^iwtiìoBt,  se  vìnmia  CbIoob^ 

l«neMB,  awB  ^ulami.  jiilii^rt ■  io  lode  di  aoo  manto»  0  « 

^oeor  soBiineaoii  sìbod  ipiàk  sole  4^  fnacqoe  al  «ae  tecoloc 
Tnomaoduol;  yofticir  «od  fiìva  dì  limami,  ^aocbt  qodl»  ck 
ioa  ««nr  iami  4mì  aaaeggito  mm  e  «aoòsaaesne  qodio  die  wka 
oi  ^  move  ÌA  tiiwiTa»  se  awo  xì  fa  ìuirmìiic  vera  £ 
oOVMiBL 

B.  F 


t€nt6»SSK:;?amÌÈdim{M 


<%». 


i  d»  -nsi  .ìeoò  ddh  OBae  £  Savoìi  e  di  T** 
^  ^oìodk  4k  emiiyioarora  &  CrifliM 

96  TBtdlli  4ii  «Di  :  A.  Si  ^  acevìni.  »a  il  noi»  ms* 


aàoce*.  e  Sioeoé0 109 

^  s  atafioi^  In  ùntì^ 


vr^ 


'Bibliografia 


501 


I 


invece  che  dai  documenti  stessi  venisse  tratteggiata  «  sempre  più  al 
«  vìvo  e  a]  naturale  questa  strana  e  curiosa  fisionomia,  alterata  non 
«  poco  diii  suoi  adulatori  del  pari  che  dai  suoi  detrattori  ».  Pur  deve 
concludere  che  non  troppo  lontana  dal  vero  è  la  sentenza  del  Fo- 
scolo che  la  ritenne  mezio  regina  e  mezzo  letterata,  mefzo  magna- 
nima, mezzo  pazza,  intieramente  feroce.  Fatto  t;  che  il  nuovo  lavoro 
del  barone  Claretta  in  mezzo  agli  interessanti  aneddoti,  di  cui  fu 
piena  tutta  la  vita  di  Cristina  in  Italia,  e  che  non  è  qui  luogo  dì 
riassumere,  porta  anche  buon  contributo  alla  storia  di  Roma,  dove 
principalmente  quesU  donna,,  di  cui  si  volle  fare  un  trofeo  del  cat- 
toiìcismo  sopra  l'eresia,  ebbe  campo  di  dar  molesto  saggio  ai  pon- 
tefici delle  sue  contraddittorie  qualità,  mescolandosi  in  tutti  gli  affari, 
largendo  proiezione  cosi  ad  artisti  come  a  delincfuenii,  suscitando 
questioni  di  preminenza,  e  non  risparmiando  ì  motteggi  del  suo  acre 
spirito  contro  i  papi  stessi  e  Roma,  onde  riceveva  costosa  ospitalità; 
amante  dei  divertimenti  quanto  insofferente  delle  pratiche  di  religione, 
in  cui  prese  per  confessore  il  Molinos,  Fautore  del  quietismo.  Eppure 
questa  vita  così  irrequieta  potrebbe  in  qualche  momento  sembrare  quasi 
una  maschera  per  nascondere  propositi  e  mire  diverse.  Imperocché  dai 
documenti  pubblicati  dal  Claretta  risulu  meglio  che  nel  campo  polit'co 
Cristina  tentò  sempre  di  avere  peso  ed  autorità.  Ora  si  fa  iniziatrice 
di  imprese  contro  ìl  Turco  (doc.  x),  ora  scrive  a  Carlo  Gustavo  di 
Svezia  perchè  soccorra  la  Polonia  pur  sopraffatta  dal  Turco  (doc.  xi); 
in  Italia  tenta  di  indurre  il  duca  di  Modena  all'impresa  del  regno 
di  Napoli  ;  Ugo  di  Llonne  riconosce  Pefficacu  dell'accordo  di  Cri- 
stina con  l'ambasciatore  di  Francia  per  la  riuscita  elezione  di  Cle- 
mente IX  (doc.  XIII);  e  Cristina  alla  morte  di  Clemente  di  nuovo 
offre  al  re  di  Francia  1  suoi  servigi  pel  futuro  conclave  (  Joc.  xxiv); 
dair imperatore  Leopoldo  invoca  pietà  per  gli  ebrei,  condannali  a 
sfrattare  dall'Austria  (doc.  xxv).  Nel  1682  il  generale  Luigi  Ferdi- 
nando MastrigU  trasmette,  non  senza  raccomandazione  di  tacere  il 
di  luì  nome,  «  la  pianta  esatta  di  Casale  con  le  nuove  fortific.uioni, 
«  saranno  fatte  dal  Francesi  »  (doc.  xxxvii).  A  sua  volta  Crist'na 
nel  i6'*'4  riceve  dalla  repubblica  di  Genova  vive  azioni  di  grazie  per 
la  comunicazione  di  un  segreto,  atto  a  rendere  più  esteso  il  tiro 
delle  artiglierie  «  ut  eminus  offendant  naviculos,  qui  denuo  forsan 
«  accederent  emissari  globos  igneos,  quibus  immani  forma  mense 
«  preterito  vexata  fuit  civitas  ista  »  (doc.   xli). 

Come  l'abdicazione  del  trono  non  tolse  a  Cristina  l'amore  del  fasto, 
del  potere  e  degli  onori,  cosi  non  fa  specie  che  abbia  potuto  ambire  al 
trono  di  Polonia  ;  piuttosto  è  da  meravigliarsi  che  la  corte  di  Roma 
abbia  potuto  favorire  la  sua  elezione.   Eppure   l' importante  gruppo 


302 


'Bibliografia 


di  lettere  scambiate  u«  Cristtna  e  il  nunzio  di  Polonia,  che  or 
gono  in  luce,  non  Uscia  dubbio  in  proposito.  Le  pratiche  soao  dite 
djl  nunzio  coadiuvato  dal  polacco  Michele  Kachi,  abbate  di  Colbars; 
le  iatru/.ioni  vendono  specialmente  dal  cardinale  Azzolini  e  d;t  Cristina 
stct&a»  che  mostrasi  molto  calma  ed  avveduta,  ferma  nel  non  voler 
spendere  quattrini,  ed  esprimendo  su  questo  punto  un  giudizio  poco 
lusinghiero  per  i  futuri  suoi  sudditi,  fermissima  nel  non  voler  ma- 
ritarsi: M  V.  S.  con  tulio  questo  può  darne  loro  le  speranze  per  ca- 
«  varne  almeno  rdcltinnc  ».  Fallito  l'intento  mostra  di  rassegnarsi 
molto  facilmente;  non  n>.inc4  però  di  scrivere  al  nuntio  che  tenga 
a  disposliione  del  cardinale  Aszolino  le  lettere  ed  ogni  altra  scrit- 
tura concernente  il  negozio.  Sicché  non  ostante  i  quindici  volumi 
di  Montpellier  la  prudenza  di  Cristina  ci  ha  forse  privato  di  docu- 
menti piii  decisivi  non  pure  sul  maneggio  di  Polonia,  ma  anche 
su  altre  faccende  politiche,  nelle  quali  gioverebbe  conoscere  òno  a 
che  punto  l'ex-rcgina  ingcrìva%j  per  conto  proprio  o  per  ìso'rjzione 
altrui. 


i 


NOTIZIE 


J.  Bernouilli  ha  pubblicato,  sotto  gli  auspici  della  Società  Storica 
di  Basilea,  il  tomo  I  degli  Ada  pontijìatm  belvdica  (B.  Rcich,  i  voi. 
in-4  di  xvi-533  P^SSO  estratti  dagli  archivi  Vaticani. 

Il  pontefice  Leone  XIU  in  occasione  del  leriodecirao  centenario 
dì  Gregorio  Magno  ha  aperto  un  concorso,  sui  tre  seguenti  temi  : 
x"  Dell* influenza  esercitata  dal  pontificato  di  san  Gregorio  sui  pon- 
tificati seguenti  durante  i  secoli  vii  e  viii.  -  1°  Esposizione  dello 
stato  attuale  della  scienza  circa  l'opera  liturgica  dì  san  Gregorio.  - 
3*  Restituire  con  disegni  colorati  le  pitture  fatte  eseguire  da  san  Gre- 
gorio nella  sua  abitazione  sul  Celio,  descritte  minutamente  dal  suo 
biografo  Giovanni  Diacono 

L.  Havei  ha  letto  all' Acad^mie  des  inscriptions  et  belles  lettres 
(i*  aprile)  una  memoria  suirorìgioe  metrica  del  cttruts  o  ritmo  pro- 
saico nelle  lettere  pontificie,  dimostrando  come  esso  non  sia  che  la 
rinnovazione  non  bene  intesa  di  regole  esattamente  metriche,  che  si 
riscontrano  nella  prosa  dell'oratore  pagano  Simmaco  nel  iv  secolo  e 
di  s.  Leone  Magno  nel  v. 


Nella  seduta  del  12  giugno  L.  Duchesne  ha  letto  nella  medesima 
'Accademia  una  memoria  sui  falsi  privilegi  della    Chiesa  di  Vienne 
distinguendone  due  serie,  la  prima  redatta  verso  il  io6o,  la  seconda 
più  tardi  al  tempo  dell'arcivescovo  Guido  di  Borgogna. 

Il  dottor  von  Schulte,  continuando  i  suoi  lavori  sulle  somme  di 
diritto  canonico,  ha  testé  pubblicato  La  somtuti  ài.  maitre  Rufin  (Giessen, 
Em    Roth,  1892) 


PERIODICI 

(Articoli  e  documenti  relativi  alia  storia  di  Roma) 


Archi  V  fìir  Katholisches  Kirchenrecht.  Anno  1892,  fase.  i^-j". 
Decreta  Congregationum   Romanarum.    Leonis    XIII,   Ut.   brev. 
d.  d.  12  sept.  1891,  de  prava  duelloruni  consuetudine. 

Archiv  fQr  Literatur-  und  Kirchen  Geschichte  des  Mìt- 
[telalters.  Voi.  VI.  —  R  Ehrle,  Die  iiltesten  Rcdactioncm  der  Ge- 
ilicralconstìtutionen  des  Franziskanerordens  (Le  più  antiche  redazioni 
Ideile  costituzioni  generali  dell'ordine  Francescano).  -  Neue  Mate- 
Irialien  zur  Geschichte  Pcters  von  Luna  (Benedicts  XIII)  (Nuovi  ma- 
[tcriali  per  la  storia  di  Pietro  de  Luna).  -  Denifle,  Die  Statuten  der 
Juristcn-Universitut  Padua  von  Jahre  ijji  (Gli  statuti  dell' univer- 
dei  giuristi  di  Padova  dell'anno  njO- 

Archiv  (Neaes)  der  Gesellschaft  fiir  ìQtere  deutsche  Ges- 
I  chichtsku&de.  Voi.  XVII,  fase.  1°.  —  Tu.  Mommsen,  Zu  den  Gre- 
Igorbriclen  (Intorno  le  lettere  di  Gregorio  Magno).  -  L.  M.  Hart- 
Iman'N,  Uber  zwei  Gregorbriefe  (Due  lettere  di  G.  M.).  —  Fase.  2". 
ITh,  Mommsen,  Die  Papstbriefe  bei  Bcda  (Le  lettere  dei  papi  presso 
[il  Beda),  -  D.  Sch.vefer,  Zur  Datierung  zwcier  Briefe  Gregors  VII 

(La  data  di  due  lettere  di  G.  VII).  —  Fase.  3*.  O.  Holueb-Egger, 
JBericht  ùbcr  cine  Reise  nach  Italien  im  Jahre  1891  (Relazione  di 
[un  viaggio  in  Italia  nell'anno  1891).  -  W.  Gundlach,  Ueber  den 
[Codex  Caroltnus  (Studi  sul  codice  Carolino).  -  R.  Rohricht,  Eia 
*  Bricf  ùSer  die  Geschichte  des  Friedeus  von   Veuedig   (1177)   (Una 

lettera  relativa  alla  pace  di  Venezia). 

archivio  della  B.  Società  romana  di  »loria  patria.  Voi.  XV.  20 


'Periodici 


507 


Ibrcchts  V.  von  Baiem  auf  Bewiligung  des  Laienkelches,  Zulassudg 
l<lc$  Priesterehe  und  MUJerung  des  Fastengebotes  (i?)?)  (Prima  pro- 
i|K>sta  di  A.  V  di  Baviera  circa  la  concessione  della  comunione  sotto 
I  le  due  specie  ai  laici,  il  matrimonio  dei  sacerdoti,  e  rindiilto  quare- 
simale). -  H.  Grauert,  Das   gefàlsclite  Aachener  Karlsdiplom  und 
Kònigspanigrapli  der  Papstcswahlordnung  vom  I.  1059  i\^  hXsQ  di- 
ploma carolino  d'Aquisgrana  e  il  paragrafo  regio  della  elezione  papale 
del  io$9).  -    H.  B.  Sauerland,  Itlnerar  des  [Gegen]  Papstes  Kle- 
raens  VII  von  seincr  Wahl  bis  tn  seiner  Ankunst  in  Avignon  (Itinerario 
deiTantipapa  Clemente  VII   dall'elezione  all'arrivo  in  Avignone).  • 

(Grauert,  Zar  Vorgeschichte  der  Wahl  Radolfs  von  Habsburg{Per 
la  storta  dei  preliminari  dell'elezioue  di  Rodolfo  d'Asburgo), 

Journal  of  the  Gipsylore  Society.  Anno  1892.  Voi.  HI,  n.  3. 
—  E.  LovARiMi,  Costumes  used  in  the  Italian  Zingaresche  (Costura» 
usati  nelle  zingaresche  italiane). 

Journal  (The  American)  of  Archaeology  and  of  the  hls- 
tory  of  the  fine  arts.  Anno  1891,  n.  l'-j".  —  P.  Germano,  The 
house  of  the  martyrs  John  and  Paul  recently  discovered  ,on  the 
Coelian  Hill  at  Rome  (La  casa  dei  martiri  Giovanni  e  Paolo  recen- 
temente scoperta  sul  Celio).  -  Notes  on  Romara  anists  of  tlie  middle 
ages.  III.  Two  Tombs  of  the  Popes  at  Viterbo  by  Vassallectus  and 
I  Petrus  Oderisi  (Note  sugli  artisti  romani  del  medio  evo.  III.  Due 
[  tombe  de'  papi  a  Viterbo  di  Vassalletto  e  Pietro  Oderisi. 

Mitteilungen  aus  der  Hiatorischen  Litteratur.  Anno  XX, 
fase.  1°.  —  Recensioni  delle  opere:  Gardthausen,  Augustus  und 
.  seine  Zeìt  (A,  e  il  suo  tempo);  Martens,  War  Gregor  VII  Mòach? 
(Gr.  VII  era  monaco);  Sutter,  Johann  von  Vincenza  und  die  ita- 
licnischen  Friedensbewung  ira  Jahre  1233  (G.  da  Vicenza  e  il  mo- 
vimento di  pace  in  Italia  nel  1233);  STUHRfit  Die  Organisaiion  und 
Geschàftsordung  des  Pisaner  und  Konstanzer  Konzils  (L'organizza- 
zione e  l'ordinamento  del  Concilio  di  Pisa  e  di  Costanza). —  Fase,  2°. 
Recensioni  delle  opere  :  De  Marchi,  Ricerclic  intorno  alle  «  insulae  » 
o  case  a  pigione  di  Roma  antica  ;  Elter,  De  forma  urbis  Romae 
dequc  orbis  antiqui  facie  disertatio  1,  II.  Lulvés,  Die  Summa  can- 
ccUariiu  des  Johann  von  Ncumarkt  (La  S.  e.  dì  Giovanni^  da  N.). 
MlTROVic,  Federico  II  e  l'opera  sua  in  Italia. 

Uittheilungen  des  Instituts  fùr  Oesterrelchiache  Geschi- 
chtsforschung.  Voi.  XIII,  fase,  i^  —  Taxgl  M.,  Das  Taxwesen 
der  pipstlichen  Kanzlei  vom  13  bis  zur  Mitte  des    15  Jahrhunderts 


Periodici 


309 


Inno  (fig.)-  -  Bernardo  Morsolin,  Una  medaglia  dì  Alfonsina  Or- 
I  sini  (fig.)-  -  ViKCEKZo  Capobianchi,  Pesi  proporzionali  desumi  dai 
I  documenti  della  libra  Romana,  Merovingia  e  di  Carlo  Magno 
|(i  tav.). 

Rivista  storica  italiana.  Anno  IX  (1892),  fase.  i*.  —  A.  Ta- 
lli, Recoiiioud  dell'opera  di  T.  Mommsen,  Le  provjncie  romane 
[da  Cesare  a  Diocleziano.  -  A.  Moschetti,  Rtcettsiotu  dell'opera  di 
fV.  Rossi,  Pasquinate  di  Pietro  Aretino  ed  anonime  per  il  conclave  e 
i  l'elezione  di  Adriano  VI. 

Studi  e  documenti  di  storia  e  diritto.  Anno  XJIl,  fase.  i°-2° 

(gennaio-giugno  1892).  —  G.  Wilpert,    DI   un  ciclo  di  rappresen- 

i  tanze  cristologiche  nella  catacomba  dei  Ss.  Pietro  e  Marcellino  (con 

I  dae  tav.).  -  F.  Cerasoli»  Commentario  di   Pietro   Paolo   Muziano 

'  relativo  agli  Officiali  del  comune  di  Roma  nel  secolo  xvi.  -  E.  Ce- 

LA>n  «  De  Gente  Sabella  »i  manoscritto  inedito  di  Onofrio  Panvinio. 


Studien  und  Mittheìlungeo  aus  dem  Benedictiner-  und 
dem  Cistercienser-  Orden.  Anno  1892,  fase.  i**. —  Schatz,  SteU 
lung  Leopolds  III  (1365-1586)  von  Ocsterreich  zum  grossen  aben- 
dlaodischcn  Schisma  (Posizione  di  Leopoldo  HI  d'Austria  nel  grande 
scisma  d'occidente). 

Zeitschrift  fflr  Katolisclie  Theologie  (1892),  fase.  1°.—  Rum- 
sioni  delle  opere:  Ch.  van  Duerm,  Vicissitudes  polidques  du  pouvoìr 
tcmporel  des  papcs  ;  Die  Sentenzen  RolanJs  nachmals  Papstes 
Alexander  III  hg  von  P.  Fr.  Ambrosius  Gietl  (Le  sentenze  di  Ro- 
lando, poi  Alessandro  III,  edite  da  A.  Gietl).  —  Fase.  2''.  E,  Michael, 
Die  Rolle  Nogarets  bcim  Attentai  auf  Bonifaz  Vili  (La  parte  dì  No- 
garet  nell'attentato  di  Bonifazio  Vili) 


'Tubblica^ioni  relative  alla  storia  di  'T{oma    313 


35.  Carta  topografica  della  provincia  dj  Roma  e  regioni  limitrofe 
fino  ad  Avezzano,  Spoleto  e  Gaeta,  con  cartina  speciale  dei 
Colli  Albani  secondo  i  recenti  rìliev»  del  regio  stato  maggiore, 
con  speciali  indicazioni  deiraltimetria,  delle  reti  stradali  e  delle 
circoscrizioni  amministrative  ed  elettorali,  disegnata  da  G.  E.  Fritz- 
sche.  Scala  1 :  250,000. 

Roma,  IsUtuio  carto^afico  italiano,  1892. 

24.  Casa  (La)  di  Pio  IX  descritta  ed  illustrata  con  note  storiche, 
memorie  anedottiche  e  lettere  inedite  del  sommo  pomctìce. 

Torino,  Roux,  1892. 

25.  Casagrakde  V.  Le  «  minores  gentes  »  ed  i  *  patrcs  mtnorum 
«  gentium  ».  Palermo,  Clattsen,  1892. 

26.  Centenario  (Secondo)  d'Arcadia.  Voi.  I.  Scritti  vari. 

Roma,  tip.  dilla  Pace,  1891. 

27.  Chaoveau  M.  Le  droit  des  gens  dans  les  rapports  de  Rome 
avec  les  pcuples  de  l'antiquité. 

Bar'U-Duc,  Contante  Lagnerai,  1892. 

[»8,  Church  a,  J.     The  burning   of  Rome  in   Nero's  days  (L'in- 
cendio di  Roma  al  tempo  di  Nerone).  London,  1891. 

29  C1NQ.UEMANI  G.  Leone  XIII  e  il  suo  tempo.  Storia  contempo- 
ranca  in  continuazione  di  quella  del  Tesi-Passerini. 

Torino,  Segro,  1892. 

30-  Cocchia  E.    Tito  Livio  e  Polibio  innanzi  alla  critica  storica. 

Torino,  Locicher,  1892. 

}i.  CoDiBÒ  O.  Zibaldone  storico  documentato,  comprendente  la 
biografìa  di  tutti  1  papi  e  antipapi. 

Firenze,  Ciardelli,  1892. 

}2.  Corradi  A.  Gian  Bartolomeo  Gattinara  e  U  sacco  di  Roma 
del  1527.  Torino,  Clausen,  1892. 

J5.  Del  Frate  O.  La  campagna  degli  Aretini  nel  patrimonio  dì 
San  Pietro  contro  i  repubblicani  francesi  nel  1799. 

Roma,  Capaccini,  1890. 

54.  Ettorre  G.  Celestino  V  ed  il  sesto  centenario  della  sua  in- 
coronazione. Aquila,  tip.  AUrnina,  1892. 


T^ubblica^ioni  relative  alla  storia  di  ^oma     5 1 5 


47.  Ihering  R.  V.  Geisi  des  ròmbchcn  Rechts  auf  den  verschie- 
denen  Stufen  seiner  Entwickelung  (Lo  spinto  del  diritto  ro- 
mano nelle  diverse  fasi  del  suo  sviluppo). 

Leipzig,  BreitkopJ  u.  HàrUl,  1891. 

48.  IifNE  W.  Zur  Ehrenrettung  des  Kaisers  Tibcrius  (Per  l'apo- 
logia dell'  imperatore  Tiberio).  Strassburg,  Trùhur,  1892. 

49.  Inquinbert  L.  Droit  roraain^  de  la  jurìsdictìon  du  Sénat  à 
l'égard  des  magìstrats  sous  la  rùpublique. 

Lavai,  ] amiti,  1891. 

50.  KsEEK  A.  Kardinal  CabarcUa  (Franclscus  de  Zabarellis,  cardi- 
nalis  Floreminus)  1560-1417.  Eìn  Beitrag  «ur  Geschichte  des 
grossen  abendlànder-Schismas  (Il  cardinale  Cabarella;  contri- 
buto alla  storia  del  grande  scisma  d'Occidente). 

MunsUr,   Theissingt  1892. 

51.  Malvezzi  N.    Alessandro  "V  a  Bologna. 

Bologna,  Fava  e  Garagnani,  1891. 

52.  Manfredimi  G,     La  famiglia  presso  i  Romani. 

Termo,  Unione  tipografica  editrice,  1891. 

«j.  Manfrin  P.    Gli  ebrei  sotto  h  dominazione  romana,  voL  III. 

Roma,  Bocca,  1892. 

54.  MARmA  G.  Romania  e  Germania,  ovvero  il  mondo  germanico 
secondo  le  relazioni  di  Tacito  e  nei  suoi  veri  caratteri,  rapporti 
ed  influenza  sul  mondo  romano.  Trieste,  Scìnntpff,  1892. 

55.  Masom  F.  W.  a  SjTiopsis  of  Roman  hislory  B.  C.  ijj-78 
(Compendio  di  storia  romana).  London,  Clive,  1891. 

56.  Matthias  B.  Zur  Geschichte  und  Organìsation  dcr  ròmischen 
Zwangsverbànde  (Contributo  per  la  storia  e  l'organizzazione 
delle  società  obbligatorie  romane),  Rostock,  Stilkr,  189». 

57.  MiBELLA  N.  Notizie  e  riflessioni  sulla  tenuta  di  S.  Savino  di 
proprietà  del  rev.  collegio  degli  eminentissirai  cardinali, 

Roma,  tip.  ddh  Terme  Dìccìf^iant,  1891. 

58.  MiRBT  C.     Die  Wahl  Gregors  VII  (L'elc*ione  di  Gregorio  VII). 

Marburg,  Ehert,  1892. 


T^ubblica^ioni  relatwe  alla  storia  di  1{oma    3 1 7 


ro.  Petit  E.  Traile  élémentaire  de  droit  romain,  contenant  le 
dcveloppement  historique  et  l'exposé  general  dcs  principes  de  la 
législatioQ  roraaine  depuis  l'orìgine  de  Rome  jusqu'à  l'empereur 
Justinien.  Paris,  Rousseau,  1892. 

1.  PiERCONTi  A.  Relazione  delle  feste  celebrate  pel  secondo  cen- 
tenario della  fondazione  della  venerabile  arciconfratemita  di 
S.  Egidio  abate  in  Borgo,  avvenute  il  giorno  7  settembre  1890, 

Roma,  tip.  degli  Artigianelli,  1891. 

.  PiRKo  A.    Il  primo  trattato  fra  Roma  e  Canagine. 

Pisa,  Nistrif  1892. 

,  PocNisi  A.  Giordano  Bruno  e  l'archivio  di  S.  Giovanni  decol- 
lato ;  notìzia.  Torino,  Paravia,  1891, 

.  Provvedimenti  per  le  gallerie  fidecommissarie  di  Roma  (299). 
Disegno  di  legge  Villari  (28  gennaio  1892). 

Roma,  tip.  d^lla  Camera  dei  àtpulaii^  1892. 

5.  Provvedimenti  per  le  gallerie  fidecommissgrie  di  Roma;  dispo- 
sizioni penali  (299  A).  Relazione  Gallo  (29  gennaio  1892). 

Roma,  tip.  della  Camera  dà  deputati,  1892). 

.  Provvedimenti  per  le  gallerie  fidecommissarie  di  Roma;  dispo- 
sizioni penali  (13J  A),  Reliizione  G.  Costa  (4  febbraio  1892). 

Roma,  tip.  del  Senato,  1S92. 

.  Ravotti  V.  Cenni  storici  sulla  città  di  Tuscolo  ed  il  settimo 
cetitenario  della  moderna  Frascati.  Roma,  Cerroni,  1891, 

8.  Réglement  pour  radministration  et  le  ser\'ice  religieux  des 
clablissements  de  la  France  à  Rome. 

Roma,  Impr.  Romana,  1891, 

,  RoDOCANACHi  E.  Les  sututs  de  la  corporations  dcs  chochers 
de  Rome,  d'après  un  manuscrit  ioédit  de  la  biblioihè*que  Natio- 
naie  (Communication  faite  au  congrès  des  Sociélés  Savants  de 
Paris,  1891).  Paris,  Picard. 

kAlcci  R.    Lo  statuto  di  Nemi;  notizia. 

Città  di  CasUìlo,  Lapi,  1891. 

Rossi  (De)  G.  B.    Les  deraières  découvcrtes  faites  au  cimìtièrc 
de  Prìscille.  Mofon,  Protat,  1892. 


'Pubbltca'^ionì  relative  alla  storia  di  *l{oma     3 1 9 


96.  Venturi  G.  A.  Le  controversie  del  granduca  Leopoldo  I  di 
Toscana  e  del  vescovo  Scipione  di  Rìcci  con  la   corte  romana. 

Firen:(jt,  Celìini,  1891. 

!  97.  VoiGT  M.  Die  ròmischen  Privatalterthùraer  und  die  ròmische 
Kulturgeschlchie  (Le  antichità  private  romane  e  la  storia  della 
coltura  romana).  Nordltngen,  Btck,  1891. 

9S.  Weber  M.    Die  ròmische  Agrargeschichte  in  ihrer   Bcdeutung 
fùr  das  Staats-und  Pdvatrecht  (La    storia  agraria  romana  e  il 
ao  valore  per  il  diritto  pubblico  e  privato). 

Stuttgart,  Enh,  1891. 

[99.  Wetter  (Van).     Curso  dementar  de  derecho  romano. 

Madrid,  Gongora,  1890. 

100.  WissowA  G.  De  feriis  anni  Romanorum  vetustissimi  obser- 
vationes  seleciae,  Marburg,  Elwerl,  1891. 

loi.  Wlassak  M.  Ròmische  Prozcssgesetze.  Eìn  Beitrag  zur  Ges- 
chichte  des  Formularverfahrens  (Leggi  processuali  romane.  Con- 
tributo alla  storia  del  procedimento  formale). 

Leipzig,  Bunker  u.  Humhìot,   1891. 

t02.  Zarbarini  G.  Il  palazzo  di  Diocleziano  e*  il  II  della  «  Dio- 
«  ddde  ».  Spalato,  Russo,  1891. 


^^ 


Pubblicazioni  ricevute  in  dono  dalla  Società. 


CAMBINO  BAGNASCO  Gioacchino.  Jmericae  retecHo. 
Atbntc.  —  Palermo,  tip.  Vizzi,  1892,  pag.  27,  ìii»4. 

FRATI  Carlo.  In  mone  del  cav.  dot,  Enrico  Frati.  — 
Bologna,  tip.  Fava  e  Garagnani,  1892,  pag,  vt,  in-8. 

ISINI  Antonio.  L'archivio  notarile  di  Cento.  —  Bo- 
logna, tip.  Società  tipografica  già  Compositori,  1892, 
pig.  31,  in-8, 

j.CLARETTA  Gaudenzio.  La  regina  Cristina  di  Svezia 
in  Italia.  —  Torino,  tip.  L.  Roux  e  C,  1892,  pa- 
gine 456,  in-8. 

TOMM ASINI  Oreste.  La  vita  e  gli  scritti  di  Niccolò 
Machiavelli  nella  loro  relazione  col  machiavellismo.  — 
Rom.a,  tip.  Forzani  e  C,  1883,  voi.  I,  pag.  750,  ìn-8. 

TOMMASINI  Oreste.  Scritti  di  storia  e  criilca.  Com- 
memorazioni e  Programmi.  —  Roma,  tip.  dell'Unione 
Cooperiti  va  Editrice,  pag.  354,  in-8, 

C APASSO  Gaetano.  I  Legati  al  Concilio  di  Vicenza 
del  1538.  —  Venezia,  tip.  fratelli  Viscntini,  1892,  pa- 
gine 42,  in-8. 

FORCELLA  Vincenzo.  Iscrizioni  delle  chiese  e  degli 
altri  edifici  di  Milano  dal  secolo  vm  ai  giorni  nostri.  — 
Milano,  tip.  Bortolotti,  1892,  voi.  IX,  pag.  299,  in-4. 

DI  CROLLALANZA  comm.  cav.  G.  B.  Del  patriziato 
napoletano  e  del  diritto  di  reintegra  al  libro  d'oro  di 
Napoli  della  famiglia  Garofolo  patrìzia  cosentina,  duchi 
di  Rotino  e  marchesi  della  Rocca,  duchi  di  Boìuto  e 
marchesi  di  Camelia.  —  Rocca  S.  Casciano,  tip.  Cap- 
pelli, 1892,  pag.   15,  in-S. 


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catD  da  L  Gasi  e  xl  «^ 

n  Regesto  SMmtemsg^  piibb^csto  da  t 
G.  Levl  ««il  ^^^ 

/Moff  di  tmam^gmor  AutimtQ  ^ur*/,  poDbùcan  a 
di  C  CcGxrr^r  -^-- 

Momumenii  paUogrm/ki  di  Romm^  pabMìcatì 
R.  Sociecià^  romana  fi  storia  patria. 

lyì 

Facsimili  di  Diplomi  Im^periedi  e  Reati  delle  Carni 

Urie  d  Italia,    fm.  l 
n  Regesto  di  Farfa,   v«i.  v. 

Ixk  prcpora  mille» 

Sdonumenti  paleografici  di  Roma,    r^ 

fi  Liàer  hystoriarum  Romanorum  o  Storie  de  7n 
et  de  Roma,    vol 

\Jtìijàco  ìnàxtixzo  per  g^»  v_ __, 

da  «toria  potrà,  o  fané,  tomo  ^Tedere,  p^Jù,  lìbrì  o  pobb 
lUli  fBtnex^^  k  il  segocntc: 

^ìla  %.  Società  romana  di  storia  pat 

Biblioteca  Vallicetliana 
<  Es-conveoto  6c'  Ftttpptni)  p  *-%rnil 


R  n\f  A   FoRZAXi  E  e,  Ti?,  del  S£matd. 


spedizioni  di  Liutprando  mW Esarcalo 

M  LA  LETTERA  DI  GREGORIO  III 


AL    DOGE    ORiiO 


I E  guerre  di  Liutprando  con  i  Bizantini  in  rt.ili.i 
e  specialmente  la  conquista  di  Ravenna  hanno 
dischiuso  da  ipolto  teropo  agli  eruditi  un  vasto 

^Clmpo  di  ricerche,  non  perchè  di  quegli  avvenimenti  ab- 
bondino le  testimonianze  autorevoli,  ma  perchè  non  era 
facile  determinare  l'epoca  di  ciascun  fatto  e  il  valore  delle 
sue  fonti.  Gli  studi  recenti  hanno  diffusa  moka  luce,  so- 
prattutto intorno  all'ordine  cronologico  di  quelle  vicende, 
e  però  ora  si  può  comprenderne  con  chiarezza  il  vero  svol- 
gimento. 

Nella  mia  dissertazione  intorno  ai  manoscritti  e  alle 
fonti  della  cronaca  veneziana  del  diacono  Giovanni  (i)  ho 
dovuto  trattenermi  su  due  documenti  che  risguardano  quei 
fatti  assai  da  vicino,  cioè  sulle  due  notissime  lettere  del  pon- 
tefice Gregorio  III  al  doge  Orso  e  al  patriarca  Antonino,  alle 
quali  ho  assegnato  come  epoca  Tanno  754,  associandomi 

(i)  Bulinino  dtW Istituto  Storico  Italiano,  ti.  9,  cap.  xxii  della  dis- 
*tc  nazione. 

Archivio  delta  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi,  XV.  31 


i^rii 


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4r  JUtt-«  (>«-7SiX  fif^  ili  ^W,  Pl^  lV«ak  l»S  (adU  *Whk 

(4)  ia«r  pm^  e«.  dL  I.  i9a,  GifL  xr:  raoHMV  ddh  Fil»  Ji_ 

71$  ed  a  ynrijrfiffe  7t&  Gt  m^e  p^  fSs  e  U  noca 
Docnsn  tDtofBO  aQa  pmiiiof  ddU  proràicu  ielk  Alfe  i 
C£  aache  Paolo  Ducomo,  iSdirM  Z.tffii>«rA>nni,  Iftu  U,  cap.  i^ 
«  tb.  VI,  cip.  45  (dt^  Srn^lsrcr  rviv  f.gy*iinfiV^ni»  di  lU 
oet  JfflwwtfBH  GcrvMMM  lùl»ri:«). 


Le  spedt^iont  di  Liuiprando  nelV  Esarcato    325 


jntefici  desideravano  che  i  duchi  longobardi  non  esten- 
essero i  loro  domini  verso  il  ducato  romano  e  nemmeno 
berso  r  Esarcato  e  la  Pentapoli,  perchè  se  Ìl  territorio  dì 
ILoma  fosse  stato  rinchiuso  da  ogni  parte  dalle  conquiste 
p  quei  barbari  e  se  in  loro  mano  fosse  venuta  la  strada 
nlitare  che  da  Rimini  per  Perugia, Todi,  Amelia,  Orte,  Gal- 
5se  e  Nepi  menava  al  Lazio  (i),  il  comune  di  Roma  avrebbe 
arso  pericolo  di  perdere  la  libertà,  di  cui  in  tatto  godeva  sotto 
forme  di  sudditanza  al  debole  sovrano  di  Bisanzio.  Nei 
rimi  anni  di  Liutprando  il  duca  di  Spoleto  Faroaldo  II  (2) 
1*  Esarcato  e  s*  impadronì  del  porto  importantissimo 
W  Classe»  ma  il  monarca  lo  costrinse  a  restituire  la  coo- 
luisti.  I  Longobardi  di  Benevento  sotto  Ìl  duca  Romoaido 
erso  quel  tempo  assalirono  e   presero  Cuma  nel  ducato 
eco  di  Napoli,  castello    importantissimo,  perchè  domi- 
ava  la  via  Domiziana  e  con  essa  Tunica  comunicazione 
be  verso  Napoli   era  rimasta  a  Roma;  Romoaido   poco 
3po  restituì  quel  castello,  e  perchè  dopo  la  vittoria  una 
parte  del  suo  esercito   era  stata  distrutta  dalle   milizie  di 
Japoli  e  perchè  il  pontefice  gli  aveva  offerto  in  compenso 
della  ritirata  settanta  libbre  d'oro  (j),  ma  Liutprando  non 
panecipò  all'  impresa,  perchè  il  ducato  di   Benevento  da 
molto  tempo  effettivamente  s*era  staccato  dal  regno  lon- 
gobardo (4)  e  solo  conservava  un  vincolo  ideale  di  dipen- 
denza dalla  corte  di  Pavia. 


(1)  Cf.  DiEHL,  op.  cit.  pp.  68  sg.  Quella  via  da  Perugia  metteva 
nella  via  Flammia  da  due  partì,  cioè  a  Scheggia  e  Tadiao. 

(1)  Cf.  Bethmann  e  Holder-Egcer,  Langobardischt  RtgesUn 
nel  Saia  Archiv,  III,  251,  pongono  nel  723  la  fine  del  ducato  di 
Faroaldo  U. 

(j)  CLLihcr  pcHtif.  1,400,  cap.vn,  Gesta  episcoporum  sanctac  N^apo' 
itUtnae  ticUsiae  (negli  Scriptorcs  rerum  Langob.  &c.),  cap.  56,  p.  424  ; 
Paolo  Diacono,  Hist,  Lang.  lib.  VI,  cap.  40. 

(4)  Cf.  HiRSCH,  //  ducato  di  Rtnei'tnto  sino  alla  caduta  del  regno  hn- 
gobardot  trad.  di  M.  Schipa,  Torino,  Roux,  1890,  pp.  69-80.  Pinton 


■i  jutMvro  nolB^  peso» 


«  tttot  ditevi 


f  tqrtri»  fnte  n  £HCCt 

4bBe  fwoie  flette 

m  ^eri  £mo  Dtllj  letaen  «1  fa* 

Mlir^nw,  1,  12):  •  naas  don 

precibsf  csiniì  filii  ooitTt  re«U 

-pio  reoriMhK  fidci,  qaani  le  mnaqve 

imrvocaii,  pali 


sbanda  \i  metropoli  dell'  intera    provincia,   perchè   se  i 
covi  (ieir  Istria  e  del  litorale  vcni:ziano  fossero  passati 
I  la.  dipendenza  di  un  prelato  devoto  alla  corte  dJ  Pavia, 
ri  vincoli  religiosi  potevano  preparare  nel  territorio 
<|Qelle  diocesi,  cosi  importante  ed  ambito,   la  domina- 
;>ne  longobarda.    E   però   Gregorio   concesse  a  Sereno, 
covo  di  Cividale,  il  pallio  e  l'onore  di  patriarca,  ma  con 
condizione  che  contenesse  la  propria  autorità  nei  limiti 
[la  sua  diocesi  e  soprattutto  non  usurpasse  i  diritti  e  la 
risdizione  del  patriarca  di  Grado.  Fu  quello  un  colpo 
maestro;  Sereno  assai  presto  dimenticò  la  condizione 
jstagli  dal  papa,  e  come  patriarca  d'Aquileia  volle  gli 
ri  e  i  diritti  degli  anticlii  metropoliti  di  quella  sede  (i), 
prima  un  monito   di  Gregorio  II,   poi   una  delibera- 
le conciliare  provocata   da  Gregorio  III  ael   novem- 
751  (2)  lo  obbligarono  al  rispetto  della  convenzione 
ata,  e  però,  per  opera  del  papa,  la  politica  di  Liutprando 
^della  Venezia  falli  pienamente  senza  che  al  re  fosse  dato 

F'glio  a  qualsiasi  lagno  verso  il  pontefice,  il  quale  in 
dei  conti  gli  aveva  accordato  un  favore. 
\l?atto  estraneo  al  grande  disegno  politico  di  Liut- 
prando fu  il  suo  trattato  col  doge  Paoluccio.  Dai  docu- 
Iti  posteriori  delle  convenzioni  tra  Venezia  e  le  città 
ic  del  regno  d' Italia  e  dai  patti  avvenuti  sotto  Pietro  II 
scolo  per  il  territorio  d'Eraclea,  risulta  che  in  quel  trat- 
er.mo  stati  fissati  in  via  definitiva  i  confini  del  co- 
mune d'Eraclea  verso  l'Italia  longobarda  (3);    dal  cro- 


(i)  Dalla  lettera  della  noia  precedente  risulta  che  le  usurpazioni 
^Sereno  furono  anteriori  al  i"  dicembre  725. 
I  (2)  n  documento  dì  quella  sentenza  fu  pubblicato  dall*  Hormayk 

VAnhiv  fùr  Sud-Diutìchland,  II,  209,  e  poi  dal  Kandler  nel  Co- 

I  diplomatico  vttiano.  (L'opera  non  ha  numerazione  di  pagine). 

(5)  Ciò  fu  egregiamente  illustralo  dal  Fanta  nella  sua  memoria 
Verifàgt  àcr   Kaiser   mtt  Venedig  bis  gS^,   negli  Er;iiin:iungsbànde 

MiUbtiluHjien  dts  OtsUrreicìies  Instituts,  I  Heft. 


526 


G.  zMonticolo 


oista  Giovanni  si  rileva  che  quel  trattato  regolava  anche 
le  rehiziotii  tra  alcune  cittA  del  regno  longobardo  e  i  ci 
Illuni  del  ducato  veneziano;  ad  ogni  modo  esso  non  tani 
fu  un   favore   lari;;ito  da  Liutprando  ai  Veneziani  quan 
un  provvedimento  utile  non  meno  a'  suoi  sudditi    che 
novello  ducato. 

E  invero,  divenuti  i  Longobardi  per  le    conquiste 
Agilulfo  e    di  Rotari  i  vicini   immediati    dei    \'enezia 
era  necessario  un  trattato  che  stabilisse  i  confini  nei  luog! 
ove  non  erano  bene  definiti  e  regolasse  i  reciproci  com- 
merci e  le  altre   relazioni   tra  gli  abitanti  dei  due   Suti, 
perchè  dall'uno   nell'altro  molti  di  essi   solevano  ree 
Il  trattato  che  secondo  il  Bethmann  (i)  fu  composto  vei 
il  715,  ma  con  più  probabiliiA  deve  porsi  tra  il  714  e 
717,  conteneva  le  disposizioni  circa  i  confini  d'Eraclea, 
diritti  di  pascolo  e  di  far  legna  che  ai  Veneziani  furoi 
riconosciuti  in  alcune  terre  del  regno  e  forse  anche  quale 
altra  prescrizione  internazionale,  a  cui  furono  adattati  co 
felice  iniziativa  i  principi  del  diritto  longobardo  (2).  Non 
deve  far  meraviglia  che  nel  patto  sieno  stati  fissati  i  soli 
confini  d'Eraclea  e  non  quelli  delle  altre  terre  venezian 
perchè  in  quel  tempo   il   potere   del  doge  non  aveva 
consistenza  che  acquistò  nel  secolo  nono  quando  la  sedi 
fu  trasportata  a  Rialto;  Paoluccio  più  che  il  vero  signore 
del  litorale  era  il  capo  di  una  federazione  di  più  comua 
retti   da   potenti  ufficiali  propri   e  non  sempre  pronti 


1 


(1)  Bethmann   e    Holder-Egger,    Langobardische  Regeitm 
Neuts  Archiv,  III,  247. 

(2)  Come  fu  notato  da  Kohlschl'etter  in  un  excursus  della  si] 
dissertazione  VctwAìg  unUr  dcm  Herio^  PeUr  11  Ors<foìo  (Gòitìnge 
1868,  pp.  79  sg.)  e  dal  Fant.i  nella  dissertazione  sopra  ricordata,  moli 
dei  capitoli  dei  trattati  quinquennali  tra  Venezia  e  il  regno  d'IulS 
contenevano  disposizioni  alle  quali  furono  applicati  alcuni  princij 
fissati  nella  legislazione  longobarda  nel  tempo  di  Rotari  e  negli  ac 
susseguenti. 


Le  spedizioni  di  Liuiprando  nell'Esarcato    327 


Libbidire  al  doge  (1),  e  però  nel  patto  con  LiutpranJo 
^olle  trattare  e  come  capo  delle  isole  veneziane  e  anche 
come  principe  del  comune  d'  Eraclea  nel  quale  teneva  la 
^ua  sede  (2). 

Intanto,  come  Liurprando  avea  preveduto,  spuntava  in 
)riente  Ìl  germe  di  un  fiero  dissidio  che  avrebbe  separato 
per  sempre  T imperatore  dall'Italia  e  indotto  il  pontefice  a 
penarsi  nelle  braccia  del  forte  monarca  longobardo,  se  la 
Chiesa  romana  fosse  stata  retta  da  un  diplomatico  meno 
irdito  e  meno  sagace.  Le  notizie  dei  fatti  che  si  riferiscono 
il  contrasto  tra  T  imperatore  Leone  III  e  gì*  Italiani  per  le 
lagini,  ci  sono  state   trasmesse  dalla  Uta  di  Gregorio  II 
lei  Liber  ponùjìcalis,  onde   attinse    Paolo   Diacono   nella 
Ustoria  Langobardorum  (3),  ma  si  deve  ricorrere  a  quella 
fonte   con  molte    cautele  per  non  essere   tratti  in  errore 
dalla  sua  testimonianza  che  tuttavia    in  generale   è  assai 
cottforme  al  vero.  Come  è  stato  dimostrato  dal  Duchesne, 
f^ita  di  Gregorio  II   nella   sua  redazione  più  antica  fu 
'composta  in  pane  durante  la  vita  di  quel  pontefice,  il  che 
Der  altro  non  significa  che  sempre  venisse  scritta  di  mano 
mano  che  gli  avvenimenti  si  succedevano.  L'autore  anzi 
'tm"bc)  più  volte  l'ordine  cronologico  per  due  ragioni  diverse, 
perche  talora  confuse  in  uno  più  fatti  avvenuti  a  distanza 
di  tempo,  come  kcc  per  le   spedizioni  di  Faroaldo  II  e 
di    Liutprando  contro   Classe  (4),  e  anche  perchè  talora 

1(0  Che  tale  fosse  la  cosiituzione  originaria  del  ducato  veneziano 
,  rileva  a  sufficienza  dal  Chrcnicon  AltinaU. 
(2)  È  probabile   che   nel  ducato   veneziano  d'Eraclea  si  sia  rin- 
ovato  il  ducato  greco  di  Oderzo,  ma  tra  la  caduta  di  questo  (640) 
e  il  sorgere  di  quello  (697,   secondo   il  Dandolo)   passarono  molti 
ai,  nei  quali  mancò  un'autorità  secolare  preposta  al  governo  della 
Dtera  proviticia. 

(5)  Paolo  Diacono,  come  è  stato  notato  dal  Duchesne,  non  ne 
aobbe  che  la  redazione  più  antica. 
(4)  Liber  ponti/,  p.  403  ;  t'ita  di  Gregorio  II,  cap.  xiiL 


Le  spedi\iotti  di  Liutprando  nell'Esarcato    329 


rie  equivaleva  a  sopprimere  l'arte  plastica,  che  special- 
ente  si  svolgeva  allora  nel  tempio;  per  ultimo  la  Chiesa 
5tti.ina,  che  per  le  sue  tradizioni  e  per  la  sua  origine  si 
teggiiva  ad  istituzione  divina  e  per  la  lontananza  della 
ie  imperiale  non  era  un  docile  strumento  dello  Stato, 
la  godeva  di  grande  libert^i,  non  poteva  permettere  che 
Tautorità  temporale  s'arrogasse,  come  nei  tempi  del  pa- 
aoesimo,  il  dominio  delle  coscienze  e  della  ìq<\q.  La  re- 
6isten/?a  del  pontefice  spiacene  al  despota  di  Bisanzio,  ma 
pi  papa  aveva  l'appoggio  del  comune  romano,  che  lo  con- 
fava suo  patrono  in  ragione  dei  benefizi  ricevuti  e  gli 
[Poteva  fornire  un  esercirò  di  cittadini  esperti  nelle  armi  (i), 
aonde  se  si  voleva  punire  il  ribelle,  era  prudenza  ricorrere  a 
ime  segrete  e  congiure.  La  prima  di  esse  fu  ordita  contro 
vita  del  papa  dal  duca  Basilio  e  da  Giordane  cartulario, 
ifficiali  superiori  dell'armata,  ai  quali  s'aggiunse  un  alto 
unitario  ecclesi.istico,  Giovanni  Lurìon;  il  duca  di  Roma, 
farÌDo,  funzionario  imperiale,  per  ordine  di  Leone  dovette 
permettere  ai  cospiratori  di  attendere  liberamente  al  loro 
lisegno,  e  per  certo  non  si  limitò  ad  un'azione  passiva, 
rchè  quando,  colpito  ad  un  tratto  da  paralisi,  fu  costretto 
lasciare  l'ufficio,  i  congiurati  per  il  momento  dovettero 
iesistere  dall'impresa  (2).  Intanto  venne  da  Costantinopoli 
l'esarca  Paolo,  ma  non  per  surrogare  in  via  provvisoria  il 
duca  Marino,  come  dal  Duchesne  è  stato  affermato  (3). 
II  compito  dell'esarca  era  molto  più  alto,  perchè  doveva 
sopravvedere  a  tutta  F  Italia  greca,  e  d'altra  parte  il  Liber 

I(\)  Ci.  DiEHL,  op.  cit.  p.  }o8  sg. 
(2)  Il  Duchesse  afferma  (Liber  ponti/,  p.  412,  noti»  26)  che  il  Go- 
verno non  favorì  ostensibilmente  il  tentativo;  ma  poteva  una  con- 
pura essere  favorita  in  altro  modo  che  di  sotto  mano?  Inoltre  egli 
pone  il  fatto  nel  725  circa  (op,  cit.  p.  41J,  nota  56),  ma,  come  sopra 
ho  notato,  il  biografo  di  Gregorio  li  nella  disposizione  della  materia 
non  sempre  segui  con  rigore  l'ordine  cronologico. 
(j)  Duchesne,  Libtr  pontif.  p.  413,  nota  a6. 


::.-:''.    !. :   ::r-=   :.    Jr-.rr  :;-:_.   i:  rrzti  il    con- 

,    .     :  t:    .:.   .   _  "..>.::;;.    Jip.  xvi, 

...    .  ■-..  .  -7   - .    :.   ::    ;-:-:.-    :;.;.-■•  \  r-forite 

■.-/•-,  S  ,..-.    ;  :  .        :-..■•.    :  z-.;.--  =  ::r  .  Grej".  e  però  conrì- 

:.,.'.•..  -      ..----.:   ::~t  -•  -::x  '.  .      .-:::.:    .  '.x      cùr::ai:s  ir.:itio  », 

..    '       '  r  ■-■"..    .      •.;::.-■.■-      i;     C:".  Sveel,  Eil.'.'un^  .».■; 

■    ;  ;     .    :   .  .  ,  ■  rii. -r.  R-::;".  ::^::.  r.  ìjS  sì:.,  e  Mo^:^:sLN, 


Le  spedizioni  dì  Liutprando  neW Esarcato    551 


I 


con  riocarico  di  promuovere  la  deposizione  di  Gre- 
gorio, e  siccome  parve  poco  efficace  ia  congiura,  si  preferì 
|usare  apertamente  la  forza,  e  l'esarca  da  Ravenna  mandò 
ideile  schiere   in  aiuto  al  nuovo  funzionario  affinchè  po- 
itesse  eseguire  il  comando.  Era  allora  giunto  il  momento 
I tanto  desiderato   dal  re  longobardo;  un   principe   molto 
■■noto  per  la  sua  pietà,  come  davvero  egli  era,  poteva  senza 
irigiiardi  assalire  chi  tali  insidie  tramava  contro  il  capo  del 
iTOondo  cattolico,  né  Tassalto  poteva  fallire,  perchè  gli  abi- 
ftanti  dell'  Italia  bizantina  erano  pronti  a  sollevarsi  contro 
fi!  despota;  resercito  del  comune  romano  si  oppose  con 
risolutezza  alla  marcia  delle  forze  greche,  e  ad  esso  si  uni- 
rono, certamente  per  ordine  di  Liutprando,  le  milizie  dei 
duchi  longobardi  vicini,  cioè  di  Spoleto  e  di  Chiusi  (i), 
»  talché  al  ponte  Salario  le  forze  dell'esarca  furono  respinte. 
Intanto  Liutprando  invadeva  V  Es.ircato,  la  Pentapoli, 
senza  difficoltà  (2)  s'impadroniva  di  Bologna,  Monteve- 

(i)  Cr.  lìher  ponti/.  I,  404;  Paolo  Diacono,  f//;r.  id/ij».  VI,  49. 
Paolo  Diacono  determina  meglio  il  fatto,  perchè  .itlesia  che  i  Lon- 
gobardi i  quali  parteciparono  alla  battaglia  del  ponte  Salario  furono 
quelli  delia  <<  Tuscia  »  e  dì  Spoleto.  1  Longobardi  della  «  Tuscia  » 
ricordati  da  Paolo  Diacono  dovevano  essere  quelli  del  ducato  di 
Chiusi  che  si  estendeva  verso  il  territorio  romano  sino  al  sud  di 
Viterbo  ed  era  il  pm  vicino  al  ducato  di  Spoleto. 

(2)  Il  Libtr  ponti/,  I,  40J  (Tiìa  ài  Gregorio  II,  cap.  xvin)  dice 
che  le  popolazioni  di  quei  luoghi  «  tradideruni  se  Langobardis  »,  a 
differenza  d;  altre,  le  quali,  pur  avverse  a  Leone,  non  volevano  ob- 
bedire che  ad  un  imperatore. 

Il  Liber  poutif.  sembra  contraddirsi  rispetto  ai  popoli  della  Pen- 
tapoli, perchè,  mentre  prima  dice  che  volevano  anch'essi  un  nuovo 
irapcratorc,  poi  afferma  che  si  diedero  a  Liutprando.  La  contraddi- 
zione sì  spiega  pensando  che  non  tutti  vollero  obbedire  al  consìglio 
dd  papa,  cioè  di  rimaner  fedeli  a  Leone  III,  e  non  potendo  crearsi 
un  nuovo  imperatore  per  l'opposizione  di  Gregorio,  preferirono  darsi 
ti  Longobardi.  Circa  l'estensione  dell'Esarcato  e  della  Pentapoli 
cf.  DiEHL,  op.  cit.  pp.  51  sgg.  e  soprattutto  la  p.  61  ove  è  distinta 
la  Pentapoli  annonaria  o  mediterranea  dalla  Pentapoli  marittima. 


Le  spedi-^ioni  di  Liuiprando  nell'Esarcato     3  5  3 


^  per  darsi  ai  Longobardi  e  spezzare  cosi  il  giogo  di  un  de- 
spota (1).  La  politica  del  papa  doveva  avere  il  suo  con- 
traccolpo anche  presso  i  Longobardi  che  d;i  una  parte  mi- 
nacciavano Ravenna,  dall'altra  al  ponte  Salario  sull*Anieae 
erano  troppo  vicini  a  Roma;  infatti,  dichiarata  aperta- 
mente da  Gregorio  la  sua  fedoltA  a  Leone,  sedata  anzi 
l'agitazione  che  contro  l'imperatore  era  sorta,  quale  diritto 
poteva  avere  Lìutprando  di  assistere  il  pontetìcc  contro  il 
suo  sovrano  e  d' intervenire  in  un  conflitto  che  ormai  la 
Chiesa  romana  voleva  contenere  entro  il  campo  spirituale  ? 
Gregorio  appunto  si  rivolse  a  Liutprando  invitandolo  a 
desistere  dalla  spedizione  e  a  restituire  le  conquiste,  la  qual 
cosa  fu  fatta,  ma  solo  per  Classe  e  le  altre  terre  presso 
Ravenna  e  per  deUcato  riguardo  al  pontefice,  giacche  per 
altre  ragioni  sarebbe  afflitto  inesplicabile  V  interruzione  di 
una  impresa  che  già  era  prossima  a  conseguire  con  gloria 
e  certezza  (2)  il  suo  fine.  Restavano  tuttavia  al  re  longo- 
bardo le  cittA  conquistate  nell'Emilia  e  quelle  della  Pen- 
ta{>oli,  ed  è  probabile  che  le  seconde  sieno  state  tenute  dal 
nuovo  duca  di  Spoleto  Trasimondo,  giacche  erano  più 
vicine  ai  suoi  domini  e  il  suo  predecessore  Faroaldo  aveva 
tentato  di  estendere  il  ducato  verso  quelle  parti. 

Il  Liber  pontijicalu  nella  Vita  di  Gregorio  II  non  L\ 
menzione  di  una  conquista  di  Ravenna  fatta  ài  Liutprando 
nel  tempo  dì  quel  pontefice,  e  il  suo  silenzio  non  ha  sol- 
tanto un  valore  negativo  (3),  perchè  di  un  fatto  cosi  im- 


(i)  L'esistenza  delle  due  fazioni  è  dimostrata  dal  Liher  ponti/. 
1, 4O),  in  due  luoghi  della  Vitu  di  Gugorio  li,  cap.  xviii,  cioè  quando 
descrive  la  rivolta  di  Esilarato  a  Roma  e  la  guerra  civile  a  Ravenna. 
Quanto  agli  abitanti  della  Pcntapoli  cf.  più  sopra  la  nota  2  a  p.  351. 

(2)  Facile  doveva  essere  a  Liutprando  impadronirsi  di  Ravenna, 
perche  vi  divampava  la  guerra  civile,  e  la  fazione  antimperialc  era 
la  più  forte.  Cf.  l'ita  di  Gregorio  II,  cap.xviiinel  Liber  potiti  f.  I,  40$. 

(3)  Fa  meraviglia  che  lo  Hirsch,  anche  nella  edizione  italiana  della 
sua  dissertazione  citata  (p.  82),  abbia  riferito  la  conquista  di  Ravenna 


G.  Piloniicolo 


:  7:iT.>t  -vTsr.uro,  non  si  poteva  licere 
~r»r=r-L  :-  parzc  iiiraDrc  \i  viia  di  quel 
::  i:p:  -i  5«2  morte.  Che  se  le  ùcose 

ZI  -  Lr:r.r  I"  Isaurico  ricordino  una 
il  ~    :.ivtr.n2  ir.  seguilo  ai  moti  p:o- 

Lt.z  i-ZLLzir...  '.2  LOTO  tesùiiioniinn 
i-i:  .-iLT?  iir:c>.~r-aio  co::  v.ilidi  irgo- 
-.;    ::z:--^~r  z;:*!::^   r^iu    urdi  per  uni 


rr.:r.-ir:o  Die?.- 


::ir    i:  :;  .  Kccc::: 


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:>  ■  hi  Jor.:cr:r.i:."' 


Le  spedizioni  di  Liutprando  nelV Esarcato    ^"^^ 


Ritiratisi  i  Longobardi  dati*  impresa  contro  i  Greci  per 
>pera  del  papa,  continuarono  i  dissidi   tra  ì  partigiani  di 
«cene  III  e  quelli  di  Gregorio,  e  forse  Liutprando  si  era 
strato  cosi  compiacente  verso  il  pontefice,  perchè  spe- 
dava che  r  imperatore  non  tenesse  conto  della  fedeltà  di 
Gregorio,  anzi  vedendolo  senza   l'appoggio  delle  schiere 
jgobarde,  non  si  lasciasse  sfuggire  l'occasione  di  fargli 
sriolenza,  e  cosi  ti  papa  fosse  costretto  a  cercare  la  prote- 
irione  della  corte  di  Pavia.  La  fazione  imperiale  infatti  allora 
si  agitò  assai  a  Ravenna  e  a  Roma  (i),  ma  con  poca  for- 
|tuna  ;  a  Ravenna  sorse  un  tumulto  nel  quale  l'esarca  Paolo 
sopraffatto  e  ucciso  ;  a  Roma  il  duca  Esilarato,  giA  ne- 
lico  personale  di  Gregorio  II  che  in  un  concilio  aveva 
ronunciato  l'anatema  contro  il  figlio  di  lui  Adriano  per  un 
lecito  matrimonio  (2),  provocò  col  figlio  una  ribeUioae 
iella  campagna  romana    (Campania)   contro  il  papa,  ma 
la  fazione  favorevole  al  pontefice,  molto  più  potente,  in- 
animo Pogonato,  tanto  più  che  erano  accaduti  solo  mezzo  se- 
ionaiwi;  5)  le  lettere  accennano  ad  usi  insoliti  nella  Chiesa,  per 
empio  all' tnipo<iÌ2Ìone  del  vangelo  sul  capo  dei  penitenti  e  al  so- 
ispcndercal  loro  collo  alcune  croci;  4)  le  lettere  non  sono  state  com- 
Iposte  secondo  le  formule  che  nel  Liber  Diunuis  ci  sono  state  tras- 
Imesse  per  la  corrispondenza  dalla  cancelleria  apostolica  con  la  corte 
|imperiale;  5)  la  violenza  del  linguaggio   del  papa   contraddice  alle 
rispettose  che  tutti  i  pontefici  avevano  usato  scrivendo  all'ira- 
'operatore  anche  quando  erano  stati  con  lui  in  dissidio,  e  tanto  più  ap- 
pare strana  in  Gregorio,  perchò  nell'ordine  politico  voleva  serbare  fede 
I Air  impero.  L'autore  aggiunge  alcune  altre  considerazioni  molto  pre- 
gevoli, e  osserva  che  secondo  In  testimonianza  di  quelle  lettere  nella 
Chiesa  greca  si  riconosceva,  almeno  in  astratto,  la  distinzione  delle 
due  autorità,  civile  ed  ecclesiastica,  e  il  partilo  ortodosso  non  aveva 
diiiìcoltà  ad  esaltare  le  prerogative  del  papa  quando  credeva  che  ciò 
f<»»e  utile  alla  propria  difesa.  L'autore  conchiude  col  dichiarare  che 
non  può  stabilire  se  la  contraffazione  sia  stata  fatta  nei  primo  pe- 
riodo della  controversia  {726-787)  o  nel  secondo  (81J-842). 

(1)  Lìher  poniij.  I,  4O). 

(2)  DucHESNE,  Liher  pontìf.  I,  415,  nota  51. 


JJ« 


e  ^fouticolo 


sorse  contro  il  duca  e  lo  ucdse  con  Adriano.  Ma  tutti 
questi  latti  non  bastarono  ;ill'  imperatore  perchè  mutasse 
la  sua  politici  pericolosa;  anzi  ^ii  mandò  a  Napoli  il 
nuovo  esarca  Eutichio,  perchè  presso  la  fazione  imperiale 
dei  Romani  provocasse  una  nuova  congiura  contro  il  papa. 
L'esarca  avrebbe  dovuto  regolarmente  recarsi  a  Ravenna, 
ma  venne  in  quella  vece  a  Napoli,  perchè  da  quella  citt<\ 
che  per  Cu  ma  e  la  via  Domiziana  era  in  diretta  comuni- 
cazione con  Roma  e  non  era  cosi  agitata  a  favore  del 
papa  come  Ravenna,  si  potevano  più  facilmente  dirigere 
le  fila  di  una  congiura.  E  difatti  Eutichio  da  Napoli  mandò 
a  Roma  ai  suoi  partigiani  un  suo  legato  con  varie  lettere, 
nelle  quali  si  stabiliva  il  modo  di  spegnere  il  pontefice  e 
gran  pane  dell'aristocrazia,  ma  V  intrigo  fu  scoperto  e  il 
nunzio  senza  l' intervento  di  Gre»?orio  sarebbe  stato  ucciso 
dai  Romani. 

Pallito  il  tentativo,  Eutichio  pensò  di  rivolgersi  ai  duchi 
longobardi  e  al  re  stesso,  sperando  che  per  la  politica  di 
Gregorio  si  fosse  ralTreddaw  l'amicizia  e  la  benevolenza 
della  corte  di  Pam  verso  il  pontefice,  ma  le  pratiche 
fallirono,  perchè  i  Longobardi  mantennero  l'alleanza  col 
papa(i).L*amiciziaperaltronon  poteva  durare  a  lungo  perchè 
troppo  contrastava  al  grande  disegno  politico  di  Liutprando  ; 
difatti  il  papa,  sebbene  tante  offese  avesse  avuto  dai  Greci, 
volle  perseverare  nella  fedehà  all'imperatore,  e,  come  at- 
testa il  Liber  pontiftcalis  (2),  esonava  gì*  Italiani  «  ne  de- 
osisterent  ab  amore  vel  fide  Romani  imperii  »,  laonde  Liut- 
prando,  accortosi  che  il  pontefice  era  il  principale  ostacolo 
al  fine  della  sua  politica,  mutò  ad  un  tratto  le  disposizioni 
del  suo  animo,  e  valendosi  dello  stato  perpetuo  di  guerra 
in  cui  la  monarchia  longobarda  si  trovava  verso  i  Greci 
in  Italia  sino  dalla  sua  origine,   assali  il  ducato  romano 


(1)  LiUr  ponti/. f  Vita  ài  Gregorio  11  ^  I,  406,  cap.  xtx. 
(a)  Liber  pontif.  loc.  cit.  I,  407,  cap.  XX. 


Le  spedizioni  di  Uuiprando  neir Esarcato     357 


da  settcotrione  e  s'impadronì  del  castello  di  Sutri  sulla 
via  Cassia,  I.1  quale  metteva  nella  strada  militare  che  as- 
sicurava a  Roma  le  comumcazioni  con  Rimini,  L'autore 
delia  seconda  redazione  della  Vita  di  Gregorio  /i  (i)  ha 
indicato  la  data  dell'avvenimento,  che  pose  nell'  indizione  xr, 
cioè  tra  il  settembre  727  e  il  settembre  728.  Il  castello  di 
Sutri  fu  tenuto  per  140  giorni  dai  vincitori;  finalmente, 
dopo  molti  moniti  e  molte  lettere  del  papa  al  re,  fu  re- 
stituito» e  ciò  pure  dimostra  al  pari  della  durata  dell'oc- 
cupazione che  ie  trattative  furono  assai  difficili  ;  la  resti- 
tuzione venne  fatta  col  solito  compenso  di  molti  doni 
mandati  dal  papa  e  senza  la  consegna  dei  territori  dipen- 
denti da  quel  castello,  i  quali  rimasero  ancora  per  molto 
tempo  in  mano  ai  Longobardi,  come,  ad  esempio,  la 
valle  Magna,  che  fu  restituita  soltanto  nel  742  pel  trat- 
tato di  Terni  seguito  tra  il  re  e  i!  pontefice  Zacaria  (2). 
Il  continuo  aumento  della  potenza  di  Liutprando  era 
un  grave  pericolo  pel  comune  romano,  e  però  era  neces- 
sario porvi  a  tempo  il  rimedio»  Il  papa  pensò  di  staccare 
dalla  obbedienza  alla  corte  di  Pavia  il  potente  duca  di  Spo- 
leto Trasimondo  che  aveva  i  suoi  domini  presso  ai  li- 
miti del  ducato  romano  ed  era  anche  padrone  di  una 
gran  parte  della  via  Flaminia,  quindi  il  papa  pensò  anche 
di  conciliare  alla  Chiesa  Tamicizia  del  duca  di  Benevento 
Romoaldo,  talché  il  territorio  del  comune  romano  non 
fosse  più  rinchiuso  per  ogni  parte  da  potenze  avverse.  Fa- 
cile fu  a  Gregorio  ottenere  il  suo  fine,  lusingando  il  sen- 
timento dell' indipendenza  personale  in  un  principe  quale 
{a  Trasimondo,  poco  inclinato  per  le  tradizioni  e  per  la 
(1)  Liber.  pontif.  loc.  cU.  407,  cap.  xxi. 
(2)  Libtr  pontif.  I,  428,  Fita  di  Zacaria,  cap.  ix.  Quanto  poi  al 
significato  e  al  valore  giuridico  della  donazione  di  Sutri  cf.  la  nota  36 
del  Duchesse  alla  l'ita  dt  Gregorio  II  {Liber  pontif.  I,4n)  e  Pinton, 
Le  dofta:^oni  barbariche  ai  papi,  pp.  42-44. 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  ttoria  patria.  Voi.  XV.        22 


338 


G.  ^Monticalo 


sua  potenza  stessa  all'obbedienza  a!  sovrano,  e  cosi  i  due 
duchi  si  levarono  contro  Lìutprando.  La  l'ita  di  Gregorio 
ricorda  subito  dopo  la  donazione  di  Sutri  una  spedizione 
dì  Liutprando  posteriore  al  gennaio  729  (i)  contro  i  duchi 
di  Benevento  e  di  Spoleto  per  assoggettarli,  a  ut  subice- 
«  rei  »,  e  naturalmente  non  fa  parola  della  parte  avuta  dal 
papa  nella  sollevazione  di  Trasimondo.  Paolo  Diacono  (2) 
fa  menzione  soltanto  della  impresa  contro  il  duca  di  Spo- 
leto e  tace  affatto  di  quella  contro  Benevento,  ma  pro- 
babilmente ha  confuso  la  rivolta  di  Trasimondo  del  729 
con  quella  che  avvenne  dieci  anni  appresso  verso  la  fine 
del  pontificato  di  Gregorio  III  (3).  Qualche  critico  (4) 
anzi  ha  creduto  un  anacronismo  la  testimonianza  del  Lib^ 
rispetto  alla  prima  ribellione  del  duca  di  Spoleto,  nta  il 
giudizio  non  può  essere  accettato,  perchè  la  l'ita  di  Gre^ 
gorio,  come  dal  Duchesne  è  stato  dimostrato  (5),  nella 
sua  redazione  più  antica  fu  scritta  e  divulgata  in  parte  al- 
cuni anni  innanzi  alla  morte  di  quel  pontefice,  e  siccome 
la  parte  susseguente  manifesta  non  solo  lo  stesso  srile  e 
le  stesse  vedute  dell* altra,  ma  anche  la  medesima  tendenza 
a  descrivere  con  cura  e  con  copia  di  particolari  le  rela- 
zioni di  quel  papa  con  i  Longobardi  a  differenza  dal  bio- 

(i)  Lihir ponti).  I,  407  {Vita  di  Gregorio  II,  cap.  XX il).  Il  Uhtr 
non  fa  menzione  del  nome  dei  due  duchi  che  5i  rileva  dalla  Vita 
di  Zacaria,  cap.  n  sg.  ;  Libir  ponti/.  I,  426  e  427,  e  da  Paolo  Dia- 
COKO,  Hist.  Lango]}.  lib.  VI,  cap.  55. 

(2)  Hist  Langob.  lib.  VI.  e.  55. 

(5)  È  da  notare  che  il  cap.  js  del  libro  VI  della  Hisl.  Langob. 
è  molto  disordinato  nella  disposizione  della  materia  e  che  il  rac- 
conto della  ribellione  di  Trasimondo  è  diviso  in  due  parti,  delle 
quali  una  precede  la  nomina  di  Gregorio  a  duca  di  Benevento  av- 
venuta nel  732  e  l'altra  segue  di  alcuni  anni  per  confessione  stessa 
del  cronista  alla  elezione  d*  Ildeprando  a  collega  del  padre  nel  regno 
avvenuta  nel  735. 

(4)  PiNTON,  L4  lìonaiioni  barbariche  ai  papi,  p.  42, 

(5)  Liber  pontif.  Introduction,  pp,  ccxx-ccxxin. 


1 
I 


I 
I 


Le  spedizioni  di  Liutprando  nel l' Esarcato    339 


grafo  di  Gregorio  III,  che  quasi  non  ne  fa  menzione,  cosi 
non  v'è  motivo  da  non  riferire  tutte  quelle  partì  allo  stesso 
autore,  e  sarebbe  davvero  assai  strano  che  egli  avesse  inter- 
rotto ad  un  tratto  la  sua  opera  per  riprenderla  molti  anni  ap- 
presso, quando  morto  anche  Gregorio  III,  la  seconda 
ribellione  di  Trasimondo,  già  avvenuta  nel  739,  poteva 
dare  origine  al  preteso  anacronismo.  D'altra  parte  non  si 
può  nemmeno  fare  1*  ipotesi  che  il  passo  della  Fila  di  Gre^ 
icario  II  intorno  alla  ribellione  del  duca  di  Spoleto  sia  stato 
interpolato  più  tardi,  cioè  dopo  il  759,  perchè  è  comune 
a  tutti  i  manoscritti  ;  e  per  ultimo  è  da  notare  che  la  no- 
tizia stessa  è  molto  verosimile,  perchè  corrisponde  all'abi- 
lità poHiica  del  papa  e  designa  il  mezzo  più  efficace  che 
innanzi  ad  ogni  altro  doveva  Gregorio  sperimentare  per 
uscire  da  una  condizione  molto  pericolosa. 

La  ribellione  di  Trasimondo,  la  sua  lega  con  Romoaldo 
e  Gregorio  II  dovevano  avere  per  conseguenza  immediata 
una  spedizione  dì  Liutprando  nell'  Italia  meridionale  e  cen- 
trale e  un*alleanza  tra  il  re  longobardo  e  Tesarca.  Dìfatti 
nella  rìta  di  Gregorio  (r),  quando  viene  ricordata  la  spe- 
dizione di  Liutprando,  Eutichio  a  un  tratto  appare  amico 
di  quel  monarca,  e  nella  seconda  redazione  della  biografia 
anche  si  afferma  che  il  re  avrebbe  soprattutto  assoggettato 
i  duchi,  e  l'esarca  con  l'assistenza  di  lui  sarebbe  rientrato 
in  Roma  come  arbitro  del  comune.  Il  secondo  biografo  ag- 
giunge che  Eutichio  intendeva  di  approfittare  di  quel  mo- 
mento per  compiere  a  danno  *del  papa  i  suoi  divisamenti 
di  prima,  e  certo  tale  sarà  stata  la  sua  intenzione,  ma  non 
è  possìbile  ammettere  che  il  pio  Liutprando  abbia  fissato 
nella  sua  alleanza  con  l'esarca  una  condizione  di  quel  ge- 
nere. Il  re  vinse  i  duchi  e  volle  da  loro  il  giur.unento  di  fe- 
deltà e  gli  ostaggi,  quindi  invase  il  ducato  romano  e  si 
accampò  nella  pianura  tra  il  V^1ticano,  Monte  Mario  e  il 


(i)  Liber  ponti}'.  I,  407,  cap.  xxi. 


340 


G.  cManitcoh 


Tevere,  che  anche  nel  tempo  della  guerra  tra  Goti  e  Gre 
si  chiamava  il  campo  dì  Nerone  (i).   Allora  il  papa,  e.  O' 
noscendo  la  pietà  del  principe  e  il  prestigio  delb  propi 
autorità  spirituale,  se  ne  valse  per  salvare  la  sua  cau^^- 
che  pareva   perduta,   e   recatosi  presso  l'esercito   long- 
bardo,  in  tal  guisa  parlò  al  re  da  indurlo  a  desistere  ds 
l' impresa    ed   a    recarsi»  come    devoto,    nella   basilica 
San  Pietro,  deponendo,  in  segno  di  penitenza,  le  inseg 
regie  dinanzi  al  corpo  dcirapostolo.  La  seconda  biograÉ 
di  Gregorio  aggiunge  che  il  papa,  per  intercessione  di  Liu 
prando,  fece  pace  anche  con  l'esarca,  il  quale   cosi  pofl 
mettere  piede  a  Roma  (2). 

Durante  il  soggiorno  di  Eutichio  a  Roma  un  cert 
Tiberio  Peiasio  suscitò  una  rivolta  in  più  luoghi  dell 
Tuscia  romana,  cioè  a  Bieda,  a  Monterano  e  forse  anch»- 

a  Sutri,  contro  l' imperatore,  ma  il  papa,  fermo  nella  su=— ^ ^ 

politica,  dalla  quale  tanti  vantaggi  aveva  tratto,  indusse  i    — ^ 
comune  a  mandare  il  suo  esercito  contro  il  ribelle,  che  fi 
vinto  ed  ucciso,  e  il  suo  capo  venne  mandato  a  Costan- 
tinopoli a  Leone  III  in  segno  di  devozione.  Adunque  ne- 
ducato  romano  v*era  una  fazione  affiitto  avversa  alla  per- 
sona dell'imperatore  e  però  contraria  alla  poUtica  del  pon- — 
tefice,  come  ve  n'era  stata  un*altra  del  tutto  favorevole-p- 
ma  tutte  e  due  formavano  un'esigua  minoranza  di  fronte^- 
al  grande  partito  del  pontefice,  che  specialmente  era  so- 


(i)  Ciò  risulta  anche  dalla  testimonianza  di  più  Iw^hi  di  Pro- 
copio,  De  belìo  gothico,  cdiz.  Bonn,  lìb.  I,  cap.  19»  28  &c.  £ 
ch«  il  circo  di  Nerone  stava  presso  il  coHe  Vaticano.  Cf.  Gr 
Rovnjs,  Storia  ddta  città  di  Roma  nel  medio  evo,  trad.  dì  R.  Mancato, 
Venezia,  AntoncUi,  1872,  1,  6j,  roi. 

(2)  Non  a  Ravenna,  come  ha  detto  il  Pinton  ;  risulta  poi  al- 
l'evidenza dal  cap.  xxin  della  seconda  redazione  della  Vitti  di  Gre- 
gorio «  cxarcho  Roma  inorante  »  che  Eutichio  solo  dopo  la  pace  entrò 
a  Roma,  dove  per  i  suoi  tentativi  contro  il  papa  non  poteva  altri- 
menti essere  abbastanza  sicuro. 


Ijc  spedizioni  di  Liutprando  nell'Esarcato    541 

.srenuto  da  quasi  tutta  raristocrazia  romana  (i)  e  per  con- 
strg^enza  dall'esercito  del  comune. 

Gregorio  II  morì  l'ii  febbraio  751  e  gli  succedette 
nel  18  marzo  del  medesimo  anno  Gregorio  III,  il  quale 
se^»~uì  la  politica  del  suo  predecessore.  Cosi  il  nuovo  papa 
cor^tinuò  nel  dissidio  religioso  con  la  corte  di  Costanti- 
nrz^^oli,  e  condannò  nel  sinodo  romano  del  novembre  731 
la  nuova  dottrina  intomo  alle  iraagini  (2),  ma  nell'ordine 
p<:>>liiico  considerò  come  suo  sovrano  legittimo  Timpera- 
bizantino,  e  però  non  deve  far  meraviglia  che  il  Libir 


^1)  Ciò  anche  risulu  dal  passo  del  Libcr  ponti/,  ove  (I,  40$, 
e  a  p:>.  XIX)  è  ricordato  che  Eutichio  nella  sua  lettera  ai  congiurati  di 
R^i>"«Tia  voleva  che  «  pontifcx  occideretur  cum  opiimatibus  Romae», 
<2)  Nello  stesso  sinodo  fu  definita  a  favore  dì  Grado  la  contro- 
^^*~3ia  tra  Sereno  e  Antonino  per  i  diritti  metropolitani,  e  venne 
*^  <=^ he  preso  un  provvedimento  «  propter  iliicitas  quasdam  coniunctìo- 
«^  «s  que  fiebant,  quod  fatale  malum  et  intollerabile  erat  exicium  » 
Ccf"-.  HoRVAYR,  op.  e  loc.  cit.);  strana  coincidenza  con  l'opera  di 
^  ■"^agorio  II,  perchè  pure  quel  papa  condannò  in  un  concilio  il  ma* 
*^^  «^"rionio  di  Adriano  figlio  del  duca  Esilarato  (cf.  Duchesse,  Liber 
P^^^^tif.  I,  413,  nota  51).  Non  si  può  ammettere  che  il  papa  Grcgorius 
**      <:joale  convocò  quel  sinodo,  sia   stato  il  secondo  di  quel  nome  e 

»^*^*n  51  terio,  perchè  nel  documento  è  da  lui  ricordato  in  modo  non 
***->■  Vsbio  Gregario  II    con   le   parole  seguenti:  «  Antonìnus,  unus  ex 
^     *~<5identibus,  nove   Aquilegiae,  id    est   gradensìs,  patriarcha,  super 
•^     Sercnum  foroiulensem  antistitem  conquestus  tunc  est  quod  parvi- 
*     P>endens    beate   memorie    deccssoris   nostri    Grego- 
«"iì  cdictum,  qui  rcgis  Langobardorum  precibus  devictus    pal- 
Xìum   sub   ea   sibi   conccsserat    interminatione  ut   suae   gradensìs 
ccclesiae  temiinos  nulla  elatus  pcnitus  coniingeret  presumptionc, 
im  prò  temerario  dchinc  ausu  eosdem  terminos  proterve  inva- 
^iiset  ncque  prò  tantae  audacia  usurpationis  Deum  timcrei  neque 
hominem  vereretur  ».  Più  che  al  testo  edito  dall'Hormayr  mi  sono 
'^'^«nuto  a  quello  che  sì  legge  in  una  copia  privata  del  scc,  xn  nel* 
--=^j-chivio  di  Stato  di   Venezia  tra  le  carte  restituite  nel  t868  dal- 
'  ^^^iftlrìa  all'Italia  (doc,  n,  140,  busta  n.  13);  tra  1  due  testi  le  dif- 
^^"<nzcsono  mollo  lievi.  Quanto  alla  decisione  riguardo  alle  imagint 
*^^-     Vita  ài  Gregorio  HI,  cap.  ni,  iv,  nel   Liber  ponti/,  I,  416,  417, 


Le  spedizioni  di  Liutprando  nel T Esarcato 


ducato  romano  e  finalmente  raccordo  tra  il  duca  e  il  pon- 
tefice. Lasciando  da  parte  il  confronto  del  passo  interpo- 
I  lato  con  la  nota  testimonianza  del  continuatore  di  Frede- 
rgario,  e  omettendo  anche  la    ricerca  se  la  spedizione  di 
Liutprando  nel  campo  di  Nerone  sia  un  anacronismo  do- 
Lvuto  alla    inabiliti   dell'annotatore  il   quale   avrebbe   cosi 
'raddoppiato    un   avvenimento  accaduto  nel  729,  è  facile 
aw^ertire  che  Trasimondo  per  la  sua  spedizione  contro  il 
r  ducato  romano  doveva  essere  nelle  migliori  relazioni  con 
Liutprando.  La  meta  dei  suoi  sforzi  era  prendere  e  tenere 
la  posizione  importantissima  di  Castel  Gallese,  che   raci- 
fleva  in  comunicazione  il  ducato  di  Spoleto  con  quello  di 
Chiusi,  e  quando  fosse  stata  in  mano  dei  Longobardi,  to- 
glieva ai  Romani  le  comunicazioni  con  Rimini,  dominando 
la  strada  di  Orte,  Amelia  e  Perugia  (i).  Siccome  poi  in 
tutte  queste  guerre  Liutprando  assaliva  nel  papa  e  nei  Ro- 
mani i    sudditi   fedeli    dell'  impero,  cosi  è  probabile   che 
(mentre  Trasimondo  respingeva  i  Romani  da  Castel  Gal- 
lese, altre  fazioni  militari  si  f;ì cessero  dai  Longobardi  con- 
tro l'Esarcato  per  prendere  Ravenna  e  per  passare  poi  a 
Rimini  e  sulla  via  Flaminia,  come  gii  in  parte  era  av- 
venuto nel  726.  Non  avrei  difficoltà  a  riferire  a  quel  tempo 
tanche  la  spedizione  e  la  presa  di  Ravenna  che  Paolo  Dia- 
'cono  ricorda  nel  cap.  54  del  libro  VI  ddVHistoria  Lan^o- 
bardorum,  e  che,  come  sopra  ho  indicato,  il  Duchesne  ha 
posto  nel  734,  e  parimenti  attribuirei  a  quell'epoca  le  altre 
operazioni  militari  di  Liutprando  in  ItaUa  che  sono  nar- 
rate da  Paolo  Diacono  in  quello  stesso  capitolo. 
I       Le  fazioni   militari   ricordate  dal  cronista  longobardo 
in  quel  passo,   avvennero  in  una   determinata  parte  del- 
l'Italia  superiore,  vale  a  dire  nell'Emilia  presso  Bologna, 
nell'Esarcato  e  nella  Pentapoli,  e  però  potevano  apparte- 


(i)  Cf.  Duchesne,  Liher  pontif.  I,  424,  nota  52,  e  Diehl,  op.  cit. 
pp,  68  sgg. 


Tzzuz  r^iTTL.  ?2?!o  D:2C020  al  solito 
ri't  rzni.  z:—:i.in:  :z  tìi  irenerianu 
;-r  -LT.  :-  L.::rTi::i:?  sempre  rlnsei 
?.=_•:.  :-z  -  .-::?  eferciio  fu  bimm 
>:r-i-  r  r*?::  r.:-.  icv.-iz?  essere  ane- 
--  ,-  -_:  =c  :■::  zit'li  ieiririizioDC  SJ 
:'  >ic:r-rr=  "i^'  ;  inrin:  nel  741  Lìlt- 
:.  r.-Tr-:  '  :  mi-:  jolle^id  con  Tra- 
.  i.  :..-::  I  r.-fiirzirrjne  sul  Meaiso, 
I  _r:::  >:ì-5>:  .  :\  e  r.ell"i::dizioni l 
.1  :ì-5T  - -■^z:i"5  iel  rioìTifo  di  Zi- 
—-  TTr:>:  Ci.'t.-i  r  KiTernj,  :!è tì e 
-----i  ^;-.  lrz£--ri7Ì:.  ==  2  RiniiniM 
.7-..  ;  -zir-::  ;r.r  ^:-  ncirbdirlonei 


:•:.    :..  tl-zt.i     ;\  provi  cviicn:: 
?:~-:   :  :-z..L  rlm  eri  s:ì:ì  di  lui 


l^  spedizioni  di  Uutprando  nelV Esarcato    345 


io  in  scrisse  U  nou  letien  al  paxrufci  Antoaiiio, 

rchè  Miviusse  i  Vcneoam  a  rìpreodere  Ravenna  e  noicx- 

rasarci,  il  quale,  scacciato  da  Linqifando,  aveva  oer> 

ss3k>  presso  le  loro  lagune.  Che  in  qod  tempo  Liuc- 

insieme  ad  Ddeprando^  soo  Bgtio  e  coUq^  nel 

sino  dil  735    (i)^  abbia  £uto  una  spediaone  nel- 

^Esarcato,  e  fuori  di  dubbio,  perchè  questa  spedizione  ia 

da  una  lettera  dì  Gr^orìo  III  a  Carlo  Maneìlo 

al  740  (2),  ma  ciò  non  esdade  che  negli  anni  pre- 

icnti  DOn  ne  sia  stata  £ttta  qualche  altra,  come  pure 

avvenne  DcgH  anni  snccessivL  Ed  io  davvero  non  credo 

il  passo  di  Paolo  Diacono  e  li  letiera  di  Gregorio  ac- 

jo  alla  spedizione  del  740   anziché  là  un'altra  an- 

odia  quale  Ildeprando  non  era  ancora  collega  al 

adxv  nd  trono.  Infarti  è  da  notare  che  il  cronistt  lon- 

rdo  ricorda  nei  cap.  54  la  presa  di  Ravenna  per  opera 

Peredeo  duca  di  Vicenza  e  d' Ildeprando  nipote  del  re, 

t'improvviso  assalto  dei  Veneziani   contro  i  vincitori,  la 

ione  di  Peredeo  e  b  prigionia  d' Hdeprmdo,  e  solo  nel 

>itolo  seguente  rjcconra  la  malattia  del  re  e  la  colleganza 


(1)  Risolta  dai  documeati  che  tale  colleganza   fu   posteriore  al 
12  maggio  755  e  aaterìorc  all'ottobre  di  queiranno.  Cf.  Bettlman'n 

tHoUD^^-hGQm,  Lamgdbariiicbi  Regtsten  in  W^^    Jrchh\  IH  (1878), 
(2)   C0déx  GtroUtius,  cp.  a,  p.  1$,  nei  Mi-yjHfncn.i  Caroliiu,  editi 
Jattè.  {BiblhtkecA  rerum  gennankarutn,  t\\  Berolinì,  mdcccxxvu). 
'     Le   parole  «  dum  cernlmus   id,  quod   modìcum   remanscrai,  practc- 
«r  rito  anoo  prò  subsidio  et  alimento  pauperura  Cbristi  seu  ìumina- 
Bpr  rlonirn  concinnacione  in   partibus   Ravennaciura,  nunc    gladio   et 
^«  i^nl  consumi  a  Liadpnndo  et  Hilprando  regìbns  Langobardorum, 
m  sed  in  istis  partibus  Romanis,  mittentes  plura  exercita,  sitoìlia  nobis 
«  feccrant  et  faciunt,  et  omnes  sal^s  sancti  Petri  destruxerunt  et  pe- 
m  calia  quac  remanserant  abstulerunt  »  fanno  menzione  di  devasta- 
ziooì  nel  territòrio  dì  Ravenna  e  non  accenna.no  a  una  espugnazione 
della  città,  come  si  rileva  dal  confronto  che  in  quel  passo  vien  fatto 
con  le  azioni  dei  Longobardi  nel  terriiorio  di  Roma. 


346 


G.  O^Ionticolo 


del  nipote,  non  più  prigioniero,  nel  trono;  per  quanto 
Paolo  Diacono  non  disponga  nella  sua  opera  i  fatti  se- 
condo l'ordine  cronologico,  pure  sarebbe  molto  strano 
ch'egli  avesse  inteso  di  narrare  un  atto  compiuto  da  Ilde- 
prando  come  re,  prima  di  aver  ricordato  l'assunzione  di 
lui  ni  trono,  e  però  Li  disposizione  del  passo  induce  a  cre- 
dere che  egli  fosse  semplicemente  «  regis  nepus  )>  e  non  an- 
cora suo  collega  nel  regno.  Ma  di  fronte  a  questo  argo- 
mento di  mediocre  valore  la  lettera  di  Gregorio  III  offre 
a  mio  parere  il  modo  di  porre  la  spedizione  di  Ravenna 
sotto  il  doge  Orso,  vale  a  dire  tra  gii  anni  72^  e  737,  e 
per  conseguenza  d'accettare  Topinìone  molto  autorevole 
del  Duchesne  che  la  riferì  al  754. 

Secondo  la  testimonianza  d'Andrea  Dandolo  (i)  un 
papa  di  nome  Gregorio,  il  secondo,  dopoché  i  Longobardi 
avevano  preso  Ravenna,  scrisse  due  lettere  quasi  identiche 
nella  forma  e  nella  materia,  l'una  al  doge  Orso  e  l'altra 
al  patriarca  Antonino,  perchè  eccitassero  i  Veneziani  a 
riprendere  la  città  ed  a  rimettervi  l'esarca.  E  appunto  con- 
tro l'autenticità  della  lettera  ad  Orso  che  il  valente  critico 
ha  rivolto  il  suo  acume,  e  invero  ha  sostenuto  la  sua  tesi 
con  molti  argomenti  che  meritano  d'essere  presi  in  esame. 
A  suo  giudizio  errò  il  Dandolo  nel  riferire  a  Gregorio  II 
la  lettera  ad  .\ntonino,  perchè  quel  patriarca  eiìtrò  in  pos- 
sesso della  sua  dignità  non  prima  del  750,  essendogli  stato 
accordato  solo  nel  731  il  «  privilegium  cum  benedictione 
«  pallii  »  da  Gregorio  III,  Inoltre  egli  crede  che  il  Dandolo 
abbia  immaginato  che  la  stessa  lettera  sia  stata  diretta  anche 
al  capo  politico  del  comune  veneziano,  e  spiega  quell'ar- 
bitrio affermando  che  Tinsigne  doge  e  cronista  voleva  man- 
tenere nella  sua  opera  la  tradizione  del  potere  politico  dello 
Stato  di  fronte  alla  Chiesa;  siccome  poi  egli  aveva  posto 
sotto  il  governo  di  Orso  la  espugnazione  di  Ravenna  fatta 


(I)  Rcr,  h.  Scr.  XU,  135. 


Le  spedizioni  di  Liutprando  nell'Esarcato    347 

Longobardi,  cosi  la  lettera  del  pontefice  doveva  essere 
a  quel  principe.  Per  ultimo  Tegregio  autore  dopo 
er  avvertito  che  il  Dandolo  conobbe  il   documento 
nio  nella  lettera  ad  Antonino  riferita  dal  cronista  Gio- 
anni,  perchè  la  lettera  ad  Orso  manca  nelle   altre  cro- 
che anteriori  al  secolo  xiv  e  nelle  antiche  collezioni  dei 
iocumenti  veneziani,  prende  in  esame  Ìl  documento  in  sé 
.so  tanto  per  la  sua  materia  quanto  per  la  sua  forma, 
ne  trae  la  conseguenza  che  la  lettera  di   Gregorio  ad 
rso,  riferita  dal  Dandolo,  non  fu  mai  composta  da  quel 
ntctìce  ed  è  soltanto  una  falsificazione  da  attribuirsi  al 
onista  stesso. 
Che  il  Dandolo  abbia  riferito  a  Gregorio  II  la  lettera 
[diretta  ad  Antonino,  mentre  Fautore  ne  fu  Gregorio  III, 
è  fuori    di  dubbio,  perchè,  come  fu  dimostrato    dal  Du- 
thesne  (r),  sotto  quel  pontefice  Liutprando  non  conquistò 
[Kavenna,  e  però  Gregorio  II  non  poteva  eccitare  ì  Ve- 
leziani  a  riprenderla.  Ma  il  voler  trarre  la   stessa  conse- 
iguenza  dal  solo  fatto  che  Gregorio  III  accordò  nel  731  il 
solito  «  privilegiuni  cum  benedictione  palili  »  ad  Antonino,  e 
il  voler  anche  ritenere  che  questi  sia  salito  al  patriarcato 
non  prima  del  730,  non  mi   sembra    dimostrato  a   sufB- 
denza.  Infatti  la  notizia  del  privilegio  non  s'appoggia  che 
sulla  testimonianza  della  Cronica  de  shìguUs  patriarchis nove 
Aquileù\  nella  quale  Gregorio  III  è  confuso  col  suo  pre- 
decessore in  quanto  che  gli  viene  attribuito  anche  un  do- 
cumento del  primo  marzo  725  (2).  Inoltre  risult.i  da  questo 
stesso  documento  che  Gregorio  II  in  quel  giorno  invitò 
il  clero  e  il  popolo   della  Venezia  e  dell'  Istria  alla  ele- 
zione di  un  nuovo  patriarca,  giacché  la  sede  era  vacante 
per  resputsione   dell'  intruso  Pietro,   vescovo  di   Pola,  e 


(i)  Lihtr  pontìf.  I,  pp.  ccxx-ccxxm;  p.  412,  nota  24. 
(2)  don,  Vine:^-  antichissime,  I,  xii,  15,  14.  Jafìfè  trasse  la  notizia 
del  documento  soltanto  dalla  testimonianza  di  quella  cronaca. 


548 


G,  €4ontxcolo 


siccome  nessuna  testimonianza  di  aonisri  e  di  documenti 
permette  l'ipotesi  che  non  ostante  l'invito  del  pontefice 
la  sede  sia  stata  vacante  per  quasi  cinque  anni,  cosi  rele- 
zione d'Antonino  deve  riferirsi  al  725.  Per  ultimo  non  sa- 
rebbe cosa  strana  che  Gregorio  III  gli  avesse  accordato 
quel  privilegio,  e  che  prima  glielo  avesse  conferito  anche 
Gregorio  II,  perchè  dalla  cronaca  del  Dandolo  risulta  che 
il  privilegio  accordato  dal  papa  al  patriarca  per  Tesercizio 
dei  diritti  metropolitani  sulle  sue  diocesi,  talvolta  fu  rin- 
novato da  più  pontefici  allo  stesso  metropolita  in  seguito  a 
sua  istanza,  come  avvenne  al  patriarca  Vitale  II  (i).  Adun- 
que la  lettera  ad  Antonino  fu  scritta  veramente  da  Gre- 
gorio III,  ma  per  la  ragione  addotta  dal  Duchesne  circa 
la  spedizione  di  Ravenna. 

Gravissima  poi  è  Taccusa  che  viene  fatta  al  Dandolo, 
perchè,  se  fosse  vera,  quell'insigne  cronista  per  le  sue 
vedute  circa  le  relazioni  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato  non  solo 
avrebbe  falsato  la  storia  col  riferire  come  diretta  al  doge 
Orso  la  lettera  che  secondo  le  fond  era  stata  scritta  al 
patriarca  Antonino,  ma  anche  avrebbe  alterato  in  conse- 
guenza con  colpevole  arbitrio  il  documento  stesso,  sosti- 
tuendo le  frasi  «  nobilitas  tua  »  e  «  dilecrìssime  fili  »  a 
a  tua  fraterna  sanctitas  »  e  «  dilectissime  frater  0.  L'auto- 
riti  del  cronista  veneziano  è  troppo  grande,  perchè  non  si 
debbano  richiedere  tutte  le  prove  prima  d'accettare  un'ac- 
cusa che  tanto  contrasta  col  metodo  da  lui  seguito  nella 
sua  opera;  e  invero  chiunque  ha  avuto  occasione  d'esa- 
minare la  sua  cronaca,  deve  avere  avvertito  con  grande 
ammirazione  che  l'autore,  se  potè  talvolta  essersi  ingannato 
sul  valore,  sul  significato  e  anche  sull'autenticità  di  qualche 
documento,  assai  di  frequente  volle  trarre  la  materia  del 
suo  racconto  dagli  atti  pubblici  e  con  la  loro  autorità  con- 
fermarlo, e  talvolta  anche  se  ne  valse  per  correggere  la 


(i)  Cf.  Rer,  H.  Scr.  XII,  Dandolo,  col.  231,  2}j. 


Le  spedizioni  di  Liuiprando  nelF Esarcato    549 


itnonianra  di  quegli  stessi   cronisti  che  più  teneva  in 

In  primo  luogo  è  veramente  necessario  ammettere  che 

Dandolo  ahbia  conosciuto  il  documento  soltanto  nella 

di  Gregorio  ad  Antonino  riferita  dal  cronista  Gio- 

i  per  il  solo  fatto  che  la  lettera  ad  Orso  manca  nelle 

inache  anteriori  al  secolo  xiv  e  nelle  antiche  collezioni 

ì  documenti  ?  Il  Dandolo  usò    talvolta    nella  sua  opera 

pubblici  e  privati  che  non  sì  trovano  in  quelle  fonti, 

ne  fanno  fede  i  fraoxmenti  di  yna  lettera  di  papa  Ste- 

o   III  (769-772)  a  Giovanni   patriarca  di  Grado  e  il 

:amento  di  Giustiniano  Particiaco  ncH'Sa^  (i),  laoiide 

osta  c\\Qy  come  negli  altri  casi,   egii  abbia  avuto  il 

documento  alla   mano,  e  se  questo  dovesse  per  le 

qualità  intrinseche  e  formali  essere  giudicato  spurio, 

è  necessario  attribuirne  a  lui  stesso  la  falsificazione. 

molto  facile  trovare  il  motivo  per  cui  il  Dandolo  riferì 

iella  lettera  a   Gregorio  II    anziché  al   suo   successore. 

a  nella  dedica  gli  ricordava  soltanto  un  papa  di  nome 

'Cgorio  come   suo    autore,    e  nel    contesto   dimostrava 

l'era  vissuto  al  tempo  degl'imperatori  Leone  Tlsaurico 

itine  Copronimo.  Ala  la  lettera  consimile  diretta 

Aatoaino,  nella  cronaca  del  diacono  Giovanni  (2)  era 

ulta  da  un'altra  ch'era  stata  scritta  al  patriarca  Sereno 

Aquileia  pure  da  un  Gregorio  «  aiìtistite  romano  »  ;  il 

idolo  poi  conobbe  questo  documento  anche  nella  Crth 


(i)  n  Liher  prinuis pactorum  (e.  59  b)  e  il  codice  Trevisaneo  (e.  1  io  a) 

hanno  trasmesso  solo  alcuni  frammenti.  Cf.   anche  il  cap.  xxv 

L  mia  dissertazione  citata.  Si  noti  inoltre  che  il  codice  Trevisaneo 

[^posteriore  al  Dandolo,  e  che  tuttora  non  si  può  afTerraare  se  fu 

Dmposta  prima  dei  tempi  del  cronista  un'  antica  collezione  di  atti 

pubblici  donde  sarebbero  suti   tratti  quasi  tutti    Ì  più  antichi  docu- 

enti  del  Trevisaneo  ricordati  dal  Dandolo.  Cf.  la  cit-  dissert.  cap.  xxni 

TU  IV  dell'appendice. 

(2)  Cron,  vtne^.  antichissime,  J»  9$,  96. 


Le  spedizioni  dì  Liutprando  nell'Esarcato    353 


i 


lavia  troppo  potenti  erano  i  tribuni,  e  le  comunità  da  loro 

rette  formavano  corporazioni  politiche  abbastanza  forti  di 

^ "Ite  allo  Stato,  e  però  erano  causa  di  debolezza  cr  di  di- 

r  Jini.  Anche  il  patriarca  aveva  nel  litorale  della  nuova 

Venezia  estesi  territori  che,  secondo  il  Clfronicou  Aìtinate, 

i^li    furono  in  gran  pane  confiscati  nel  principio  del  nono 

^«^coio,  e  pure  per  essi  doveva  avere  grande  autorità  e  pre- 

^^igio  anche  in  materie  temporali^  Non  deve  far  meraviglia 

*c    tali  furono  le  condizioni  del  ducato  veneziano  nel  primo 

^^Colo  della  sua  vita,  perchè  prima  della  sua  origine  i  co- 

''^t-rni  delle  isole  formavano  quasi  una  federazione  che  aveva 

»'  Suo  organo  solunto  neirassemblen  generale;  ad  essa  inter- 

^'"^«livano  i  cittadini  e  specialmente  il  patriarca,  i  vescovi  e  i 

^''ituni,  e  siccome  questi  erano  autorità  locali  con  compe- 

^^«^^a  ristretti  alla  propria  cittì,  Topera  del  patriarca,  nella 

Q^-3.Qcanza  d'un'autorità  jìolitica  generale  per  i  comuni  di 

*l'-»'«tlla  provincia,  doveva  avere  gran  valore  sulle  deliberà- 

^*<:>m  che  quella  lega  avTebbe  preso.  Nel  tempo  di  Grego- 

'"*<^>  ni  e  di  Antonino  il  nuovo  Stato  veneziano  sorto  con 

^-^       elezione  del   primo  doge    era  ancora  troppo   giovane, 

^^  «rchè  delle  condizioni  anteriori  non    conser\asse   molte 

'^•-cce,  e  il  patriarca  doveva  essere  molto  potente^  se  anche 

'^''^  rso  la  fine  di<  quel  secolo  Giovanni  e  Fortunato  sosten- 

1*^  <^ro  contro  i  dogi  quei  contrasti  politici  cosi  aspri  che  de- 
fe^uerarono  in  aperte  guerre  civili. 
Adunque,  se  si  considera  che*  l'autorità  del  doge  non 
^^~i3  in  quei   tempi   molto  sald.i    fuori  della  città  o\'e    ri- 
^*  ^^deva,  e  se  anche  si  richiamano  alla  memoria  i   poteri 
^^"^  <  in    materia    temporale   ai    vescovi    dell*  Italia  bizan- 
a  furono  conferiti  sino  dalla  «  Prammatica  »  di  Giusti- 
-=ano  (i),  si  comprende  che  il    papa,  per  meglio  assicu- 


^' 


ti 


Archivio  detta  /?.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XV. 


25 


(1)  ce  CrivellOCCI,  Storia  delie  rtJ^^iotti  tra  ìo  Statò  t  la  Chiesa, 
^^^logna,  Zanichelli,  1885.,  II,  267  sg.  e  Diehi.,  op,  cit.  pp.  319  sg. 
^*^el  ducato  veneziano  assai  presto  il  Governo  volle  contener  il  sa- 


Lt'  spedizioni  di  Liuiprando  nel l^ Esarcato 


^jj 


Quanto  poi  all'altissiitia  onorificenza  di  Drcat^o;  che  hi 

corte  greca  conferì  al  «  magister  militum  »  Gioviano,  basta 

^Jv^vertìre  che  talvolta  non  ci  è  stata  trasmessa  la  memoria 

dei    fatti  per  i  quali  quegli  onori  furono  accordati,  come 

avvenne  per  Giustiniano  Particiaco  (i),  che  ottenne  quella 

Jigniià  anche  prima  di  salire  al  trono  e  senza  aver  ope- 

''3t«3  alcunché  dì  notevole.  Del  resto  il  cronista  Giovanni 

^'^^ibul  quell'onore  anche  ad  Orso  (2),  e  se  di  ciò  fece  men- 

^'c>nesolo  per  incidenza  quando  ricordò  l'elezione  del  figlio 

*^>     lui,  pure  ijTiaio;,  alla  dignità  ducale,  non    mi   sembra 

*ì*J^^sta  davvero  una  buona  ragione  per  ritenere,  come  vuole 

i^    I^inton,  che  il  copista  abbia  per  errore  attribuito  al  padre 

'*     tritolo  del  figlio,  e  pure  è  da  ricordare  che  lo  scrittore 

'^^rieziano   talvolta   accenna   nella   sua  opera  ad    avveni- 

'^■^«•xari  anteriori  che  nel  racconto  precedente  non  ha  ram- 

*"*^ untato  (3).   Né  il  silenzio  delle    altre   fonti  intorno  al- 

*    «onorificenza  di  Orso  ha  gran  valore,  perchè  il  Dandolo 

^    ^••K'poggiò   sul   Cbroiiicon   Aìtinatc    e  questo  sul  catalogo 

^*^lla  seconda  metà  del  secolo  xr  che   in  tutti  i  codici  è 

*-**^^ito  alla  cronaca  di  Giovanni  Diacono  (4),  e  in  questo 

^"^«^^so  catalogo   pure  non  si  fa  menzione  di  quel   mede- 

^*'»-'»~^o  titolo  anche  per  altri  dogi  che  ne  furono  decorati, 

^-"^^^xiie  Beato  e  Giustiniano  Particiaco. 

Resta   ora*  da  es.imìnare    la  lettera  di  Gregorio   nelle 
^^'--^^i^  qualità  esteriori  e  formali,  e  anche  sotto  questo  aspetto 

^^^H     <i)  CroH.  vent^.  antichissime,  I,  to6. 

^^^^  <2)  CroH.  vtnei.  antichissime,  I,  97  :  «  ducetti,  vidclicet  Deusdcdera, 
^P  ^  spedici!  Ursonis  ypati  fìlium,  in  Met.imaucense  insula  sibì  crearunt  ». 
^ <3)  P.  e.:  a  p.  I  )5  afferma  che  nel  principio  del  governo  di  Fie- 

li Orseolo,  nella  Dalmazia  soltanto  Zara  obbediva  ai  Veneziani, 
nel  racconto  precedente  invano  si  cerca  pur  un  lievissimo  te- 
i  Tjo  a  conquiste  dei  Veneziani  in  quella  regione    In  una  consimile 
iasione  può  essere  caduto  rispetto  alla  onorifìcenza  accordata  ad 

(4)  Cron.  veru^.  antichissimej  I,  177. 


l 


JJ« 


G.  ^iMonticolo 


mi  sembra  che  contro  h  sua  auienticicà  non  si  abbi 
prove  sufficienti,  È  stato  notato  che  le  frisi  del  documer 
manifestano  la  maniera  propria  dei  papi  nel  loro  carre^j 
con  gli  altri  vesco\i,  e  in  particolare  che  la  parola  «  filiu 
è  usata,  assai  di  rado,  nelle  invocazioni  delie  lettere  a 
ufficiali  militari  e  mai  poi  vi  si  trova  per  essi  la  pan 
<t  dilectissimus  »,  ma  a  me  sembra  che  con  queste  affcri 
zioni  la  critica  abbia  un  po'  oltrepassato  i  termini  del  vec 
E  noto  che  per  una  consuetudine  sorta  nel  Basso  Impir 
i  funzionari  veimero  designati  nelle  corrispondenze  d*L 
ficio  con  titoli  costanti,  secondo  il  loro  grado  e  le  lo 
funzioni.  La  curia  romana  adottò  l'uso  e  ne  fanno  feu^ 
le  formule  dei  Ubtr  diurnus  e  le  lettere  dei  papi.  K 
Uber  diurnus  (i)  mancano  le  formule  per  le  epistole  ^ 
ft  duces  »,  ai  «  tribuni  »  ed  ai  «  magistrì  rnilitum  »  e  pej 
la  loro  o  superscriptio  »  e  a  subscriptio  »,  probabilmente 
perchè  le  lettere  dei  pontefici  a  quei  funzionari  erano  fuori 
della  loro  corrispondenza  ordinaria;  al  contrario  sono  indi- 
cate le  formule  della  «  superscriptio  »  e  c«  subscriptio  »  per  le 
autorità  ecclesiastiche  e  civili  e  per  il  capo  stesso  dello 
Stato  (2),  e  la  voce  «  filius  »  vi  si  trova  usata  non  solo  per  i 
sacerdoti  minori,  per  i  diaconi,  per  il  primicerio  e  pel  se- 
condicerio,  ma  anche  pel  patrizio,  pel  console  e  per  lo 
stesso  imperatore  che  era  la  suprema  autorità  militare  e 
civile  (3).  Inoltre  nella  lettera  di  Gregorio  I  all'esarca 
Smaragdo(4)  il  pontefice  lo  chiamò  a  excellentissime  fili  w, 
e  pure  la  frase   «  gloriosissime  fili  »    venne  da   lui  usata 

(i)  Libcr  diurnus  Romanorum  ponlificum,  ed.  Sickel,  Viodobonae, 
Gerold,  mdccclxxxix. 

(2)  Lihcr  diurnus,  pp,   i-j. 

(j)  La  voce  «  filius  »  in  quelle  formule  per  i  funrionari  civili  t 
preceduta  per  solito  da  «  dominus  ».  Nella  formula  xlix  (p.  40  r.  9) 
è  usata  anche  con  «  rex  »  :  a  apud  excellemissiraum  fìlium  nostrum 
ff  ili.  regem  m. 

(4)  Mansi,  CoUcctio  conciliorum,^  X^  364-, 


I 
I 


Le  spedì\ioni  di  Liutprando  nell'Esarcato    357 


ìSL  lettera  a  un  duca  (i),  e  con  le  parole  «  gloriose 
»,  «  gloriosi  filli  i>,  (tfilius  no^ter  gloriosus  «(2)  de- 
vari «  raagistri  militum  »,  e  questi  esempi  non  pos- 
considerarsi  come  eccezioni,  se  si  osserva  il  numero 

0  delle  lettere  dirette  dai  papi  in  quei  secoli  ai  duchi 
capi  della  milizia.  Quanto   poi  alla    frase  «  dilectìs- 

ims»  e  alle  sue  equivalenti  «  canssimus  »,  0  dìlectio 
»,  «  dilectio  vestra  »,  risulta  dal  Liher  diurnus  che  era 
per  gli  ecclesiastici  (3)  e  per  le  comunità  caitoli- 
(4),  ma  talvolta,  sebbene  assai  di  rado,  si  trova  anche 

1  lettere  dirette  alle  autorità  secolari;  cosi  Leone  li, 
mdo  all'imperatore  Costantino  TV  lo  chiamò  nella 
erscriptio  »  (5)  «  filio  dÌ!ecto  Dei  »  (t£xv({)  àyaTcr^tC) 

•cóO),  e  se  questo  esempio  sembrasse  poco  adatto  per 
compresa  nella  frase  la  parola  Dei^  sì  potrebbe  in 
rece  ricordare  che  Giovanni  Vili  nella  lettera  al  doge 

Particiaco  del  27  maggio  877  usò  la  frase  «  innote- 
nus  dilecrioni  tue»  e  in  quella  del  24  novembre  87^  lo 
nò  «carissime»  (6).  Si  può  anche  notare  per  incidenza 

«duces»,  i  u  magìstri  militum  »,  i  o  comites  »,  i  già 
tii  venivano  per  solito  designati  dai  pontefici  con  le 

«gloria  vestra»,  «gloriosus»,  «  gloriosissimus  »  (7), 

)  Mansi,  op.  cit.  X,  323. 
i)  Mansi,  op.  cit.  X,  172,  398. 

)  Lìber  diurnus,  p.  2  per  la  «  superscriptio  »  e  «  subscriptio  »; 
Ble  vii  (p  7),  IX  (p.  9),  XI  (p.  IO),  xn  (p.  1 1),  xiV  (p.  12), 
(p.  34).  LXVl  (p.  36). 

i)  Libar  Jlurnui,  formule  LXXXiv  (pp.  93,  94),  i.xxxv  (pp.  103, 
los). 

5)  Maì4si,  op.  cii.  XI,  10)4. 

S)  Cf.  l'edizione  che  ne  ho  data  nell'appendice  alla  cit.  mia  dis- 
kione  /  munoscriUÌ  e  U  fonti  ddla  cronaca  à^l  diacono  Giovanni. 
f)  Per  i  già  prefetti  cf.  Maksi,  op.  cit.  X,  319,  324,  325;  per  i 
Dilcs  »  XI,  1054;  per  i  «  magistri  militum  »  IX,  1080  e  nel 
\rum  epistolarum  Grtgorii  I  papae,  ed.  Ewald,  I,  p.  94,  r.  29; 
60,   162,    172,  226,  }20,  322,  323,  325,   397,  398,   399;   per  i 


G,  ^onticoh 


ma  per  i  «duces  n  quello  non  era  un  titolo  cost-intc,  pere 
ulvolu  veniva  sostituito  da  altri,  i  quali,  come  «exc 
•  Jearli  vescra  »  (i)»  k  magniiudincm  vesiram  d  (2),  j>^ 
si  anvino  per  il  patrizio  (3),   e  per  i  tribuni  (4),  e 
Toha  lacbe  fu  scambiato  con  e  nobilitatem  tuam  0    ^sl 
oocne  ncQa  epistola  di  Giovanni  MII  al  doge  Orso 
QcUoo  in   dau   del  18   luglio  877,  la  qual  frase  aj>l 
JlfipinK)  nella  lettera  di  Gregorio  III  ad  Orso  e  ri 
tuisce  li  *  tua  6racema  sanctitas  »  della  epistola  ad  ^^ 
«MI  (O* 

.\3uoqoe,  se  mancaDO  argomenti  decisivi  per  n^i 
che  Gregorio  III  abbia  invitato  il  doge  Orso  alla  s\ 
nooM  ^  fU^Ptsna,  non   v'è  motivo  di  ùr  violenza^ 
lunìiiiwiìiim  £  Paolo  Diacono  e  di  porre  quell'ava 
OMOK»  -  riiJejwuido  divenne  collega  a  LiutprJ' 

|Miè  «kfc   4<u>i  a  specfizìone,  mentre   tra  Longobar^ 
tawiHM  a  ixmhmsKVi  a  Castel  Gallese,  e  la  cession-^ 
Mil  Wn^  «Olà  nipofttare  forse  avvenne   per  sei 
WtMbve  Oi  it  pi^  e  Tnstmondo  che  prepararono 
1.*^  fn^orà   aJlcanta,  fo««   anche  non   vi  fu  estran  <2"" 


.    ^■•►vai,  ^  s^  IX.  ìbS?-  c  •«!  I#fCrtrw  di.  I.  yi,  r.  ^ 
V».  <i|k  ^  X.  ^ao^ 

>^  e*  X.  «n^  J6t.  199:  ^*^  *«r«uu,  forroola 

i>A  t*^*t^tm  ck.  ^  174,  ».  f 9  ■  MbSutis  vestrae 

'  floeuK  voKM  •  in  ma  lettera  di  C^* 
r%^^  •  «  ^••vok^  ^vi-^iTì»  tcii<<idnmu  £  t»  gio£ce)  io  <J^ 

"     là  l%ii^ifc«it^«^»aa#,•^^kolk«NM^«i»lì  che 
h  ^  \V«fWl^  •<^*^  — itt^W  •»  Jml—u*ì  ««riori  «1  1009; 
.«  iM4i^«a»'fi  >  ffgTilWff  •  dKper  solito 


Ijc  spedizioni  di  Liuiprando  nel l^ Esarcato     359 


¥ 


re    stesso,  il   quale,  pur  di  ottenere,  forse   per  opera  del 

pontefice   stesso,   la  liberazione    del    nipote    prigioniero, 

potQMi  o  rinunziare  a  quella  terra    o  anche  abbandonare 

qualunque  idea  di  punire  un  duca  che  avrebbe  cominciato 

[•a    mostrarsi  ribelle  per  la  seconda  volta.  Non  si  può  pro- 

pvare    se  la  liberazione  d' Ildeprando  sìa  stata  in  attinenza 

cori     la  cessione  di  Castel  Gallese  ;  certo  è  però    che  se- 

<^oncio  il  racconto  di  Paolo  Diacono  (i)  Ildeprando  quando 

lu     eletto    collega  al  padre  (maggio-ottobre  735)  era   già 

iJiel     territorio  longobardo. 

Disposti  cosi  i  fatti,  nessun   turbamento  ne  viene  nel 
''•^ccronto  degli  avvenimenti  successivi.  Secondo  il  biografo 

)?*i  Zacaria  (2),  Trasimondo  nel  739  si  ribellò  a  Liut- 
r'^«'»ndo,  ma  Ìl  re  mosse  contro  di  lui,  lo  scacciò  da  Spoleto 
F  c-onferi  il  ducato  a  llderico.  La  ribellione  avvenne  verso 
'*  giugno  di  quelFanno,  perchè  secondo  un  documento  (5) 
9^ol  re  stava  già  a  Spoleto  il   16   di  quei  mese.  Intanto 

I'^^^n  prima  del  febbraio  (4)  un'altra  insurrezione  era  sorta 
Benevento,    ove    nel   732    Liutprando   aveva   imposto 


in 


Cj)  Hiit.  Langób.  iib.  VI,  cap.  55. 
Ca)  Lihir  pontij.  I,  426,  cap.  11. 

C  3)  Bethmann  e  Holdf.r-Egger,  op.  cìt.  p.  258,  n.  119. 
C4)  Godcscalco  tenne  il  ducato  dì  Benevento  per  tre  anni  (Paolo 
*-^<30N0,  Misi,  Langoh.  Iib.  VI,  cap.  56)  e  siccome  rultìmo  documento 
Olii  è  ricordato  (Bethmann   e   Holder-Egger,   op.   cit.  p.  261. 

*  34)  è  del  febbraio  742,  e  nel  novembre  di  quell'anno  eragU  suc- 
*^«-»to  Gisolfo  II   (Bethmann  e  Holder-Egger,  op.  cit.  p.  262, 

*  ^o),   cosi  il  suo  governo  non  cominciò  che  ira  il  febbraio  e  il 
^^'^ Cimbre  del  739.  Ma  Gregorio  era  stato  duca  per  sette  anni  (Paolo 

^^^'-'^croNO,  Risi.  Langoh.  VI,  56)  e  però  non  succedette  al  suo  prede- 
^^ore  che  tra  il  febbraio  e  il  novembre  del  752.  Non  è  difficile 
-     la  ribellione  dì  Trasimondo  sia  stata  in  relazione  con  l'usurpa- 
nte di   Godescako  e  però  che  pure  questa  sia  avvenuta  verso  il 
*^^no  del  7J9.  HiRSCH  peraltro,  op.  cit.  p.  90,  pone  la  morte  dì  Gre, 
*-**"io  verso  la  fine  del  739. 


I 


1 


3^0 


G.  Monticalo 


OciilXO'^l 


trono  venne  invaso  da  Godescalco.  Trasimondo,  scbccì. 
da  iìpolcto,  cisrcò  asilo  nel  ducato  romano,  e  LimpcBido, 
come  ebbe  notizia  del  fatto,  volle  dal  papa  la  consegna 
del  ribelle.  Il  papa  rispose  con  un  rifiuto,  e  il  ne  j>er  rap- 
presaglia invase  il  territorio  di  Roma,  e,  mentre  Gregorio 
impaurito  scriveva  per  la  prima  volta  a  Carlo  Martello 
per  avere  il  suo  efficace  aiuto,  occupava  i  quattro  caste 
di  Bomarzo,  Bieda,  Ameria  e  Orte,  e  poi  nell*agosto 
tornava  a  Pavia  (i)  per  preparare  un'altra  spedizione.  In- 
fatti, nella  lettori  seconda  del  codice  Carolino,  Gregorio  III, 
implorando  la  proiezione  dì  Carlo  Manello,  ricordò  la 
persecuzione  di  Liutprando  verso  Trasimondo  e  Code- 
scalco  e  la  presa  delle  quanro  cittA  avvenuta  nell'anno 
precedente  e  le  devasta zioai  fatte  dai  re  Liutprando  ed 
lkkj)rando  nel  territorio  di  Ravenna  e  da  altre  schiere  di 
Longobaxdi  in  quello  di  Roma  (2).  La  spedizione  di  Ra- 
veuju  avveiiuc  ira  Tagosto  739  e  il  dicembre  740  (5)  e 
in  essa  iJ  territorio  dell'Esarcato  fu  devastato  a  ferro  e  a 
fuoco,  e  probabilmente  molti  ;personaggi  illustri  Brennero 
fatti  prigionieri,  tra  i  quali  i  consoli  Leone,  Sergio,  Vii 
tore  ed  Agnello  (4). 

É  chiaro  il  motivo  di  quella  spedizione;  Tesarca  Eutichì 
era  nelle  migliori  relazioni  col  papa,  e  se  Liutprando  non 
curava  di  prendere  l'Esarcato  e  s'accontentava  di  stare  coi 
le  sue  forze  contro  Roma,  poteva  essere  assalito  alle  spali 

inunto  il  pontefice,  disperando  nel  soccorso  di  Cado 
Martello,  il  quale  aveva  interesse  a  tenersi  amico  Liut- 
prando, mandò  .il  re  longobardo,  nell'ottobre  del  740, 


% 


(0  Lxber  ptmtij.  i,  426,  cap.  \u 

(>)  Ccà.  Card  ed.  e  loc.  cii. 

(})  Nel  dicembre  del  740  Liutprando,  cotue  è  d'mosirato  da  Paolo 
Diacono  (HisL   Latt)iob.  lib,  VI,   cap.  $6)  e  dalla  l'Ha  di  , 
c«p.  in  (Ulti  ponti].  I,  426),  doveva  preparare  una  spedizioni 
il  duca  di  Spoleto. 

(4J  i'iid  ài  Zacuria,  cap.  ix  {Liber  pontif.  I«  428). 


I 


Le  spedizioni  di  Liutprando  nelVEsarcato     361 


«prete  Anastasio  e  il  suddiacono  regionario  Teodato  perchè, 
uniti  ai  vescovi  della  «  Tuscia  Langobardorum  »,  gli  do- 

I  mandassero  in  suo  nome  la  restituzione  delle  quattro  città (i). 

[iLa  legazione  non  ebbe  alcun  risultato  e  allora  il  papa  si 
udì  anche  più  strettamente  col  duca  di  Benevento  e  fece  un 
patto  con  Tnisimondo  pel  quale  questi  s' impegnava,  se  la 

l^uerra  fosse  stata  a  loro  favorevole,  a  togliere  a  Liutprando 
a  benefizio  del  pontefice  le  quattro  città  e  ad  altre  condizioni 
che  nelle  fonti  non  sono  definite  (2).  Trasimondo,  rinfor- 
zato da  due  eserciti  del  comune  romano,  invase  il  ducato  di 
Spoleto; alcune  schiere, per  la  via  Valeria,  ne  assoggettarono 
ia  parte  orientale,  altre,  per  la  via  Salaria,  penetrarono  a 
Rieti  nella  Sabina  e  Spoleto,  e  Trasimondo  vinse  ed  uccise 
ILicrico  e  ricuperò  il  suo  Stato  nel  dicembre  del  740  (5). 
Liutprando,  come  ebbe  notizia  di  questi  avvenimenti,  dal- 
V  Esarcato  si  ponò  nella  Peotapoli  e  presso  il  Metauro  a  Fos- 
sombrone  (4)  incontrò  Tesercito  unito  di  Trasimondo  e  dei 
Romani,  ma  fu  respinto.  Doveva  allora  il  duca  mantenere 
quanto  aveva  promesso  al  papa  e  ai  Romani,  ma  non  si  curò 
affatto  di  adempiere  ai  suoi  obblighi  e  però  venne  a  contrasto 
con  Gregorio,  il  quale  cosi  si  trovava  in  condizioni  assai  gravi, 
essendo  noto  che  Liutprando  preparava  una  nuova  spedi- 
zione contro  Roma.  Frattanto  Gregorio  III  morì  nel  27  no- 
vembre del  741,  e  il  nuovo  papa  Zacaria,  eletto  nel  primo 
giorno  del  dicembre,  pensò  di  sfuggire  al  grave  perìcolo 
e  di  avere  anche  i  vantaggi  già  pattuiti  da!  suo  anteces- 
sore col  duca  di  Spoleto,  offrendo  la  sua  amicizia  al  po- 
tente re  longobardo.  Non  poteva  ceno  accadere  un  av- 
venimento più  gradito  a  Liutprando,  il  quale  forse  anche 
credette  d'aver  raggiunto  il  fine  della  sua  politica,  perche 


(1)  Cf.  Bethmann  e  Holder-Egger,  op.  cit  p.  260,  n.  iji. 

(2)  Vita  di  Zacaria,  cap.  m  (^Lihcr  ponti}.  I,  426). 

(3)  Cf.  Lihcr  pontij.  I,  436,  nota  7. 

(4)  Cf.  Paolo  Diacono,  Hist.  Langob.  lib.  VI,  cap.  56. 


162 


fouticolo 


per  la  prima  volta  i  suoi  eserciti  combatterono  a  hanco 
di  quelli  dei  Romani  contro  il  duca  traditore  che  dal  pon- 
tefice fu  abbandonato  al  suo  destino  (i). 

Le  milizie  romane  e  longobarde  penetrarono  nel  ducato 
di  Spoleto;  Trasimondo  perdette  Io  Stato  e  solo  per  grazia 
ebbe  salva  la  vita,  e  Ansprando,  nipote  del  re,  fu  soró- 
tuito  nella  dignità  al  ribelle  (2).  Qual  meraviglia  adunque 
se  Liutprando,  prima  della  spedizione,  promise  di  resti- 
tuire al  papa  quelle  quattro  città  che  gli  aveva  tolto  solo 
perchè  aveva  fatto  lega  con  quello  stesso  Trasimondo 
contro  il  quale  gli  offriva  ora  il  suo  aiuto  ?  E  sari  forse 
strano  se  dopo  la  caduta  del  ribelle  alla  quale  l'esercito 
del  ducato  romano  aveva  avuto  tanta  pane  quanto  le  mi- 
lizie di  fjufprnndo,  questi  abbia  promesso  a  Terni  al  papa 
la  restituzione  degli  Italiani  che  erano  stati  fatti  prigio- 
niert  nella  guerra  precedente  e  la  cessione  di  Narni,  Osimo, 
Ancona,  Umana  e  della  \'alle  Magna  presso  Sutri  ?  (5) 
La  valle  Magna  non  appanencva  al  ducato  romano  prima 
che  sotto  Gregorio  li  si  fosse  guastata  l'amicizia  tra  la 
curia  pontificia  e  la  corte  di  Pavia?  E  le  altre  città,  già 
tenute  da  Trasimondo,  non  dovevano  essere  il  compenso 
di  una  vittoria  ottenuta  anche  pel  concórso  delle  armi  ro- 
mane? Né  si  deve  dimenticare  che  Liutprando  mantenne 
solo  in  parte  le  promesse,  forse  fatte  da  lui  in  un  mo- 
mento di  dolci  illusioni;  nell* indizione  decima,  cioè  in- 
nanzi al  primo  settembre  742,  furono  da  lui  restituite  al 
pontefice  le  quattro  città  del  ducato  romano,  ma  le  altre 
terre  restarono  ai  Longobardi  (4),  forse  perchè  Liutprando 
cominciava  a  diffidare  dell'alleanza  col  papa. 

Assoggettato  il  ducato  di  Spoleto,  Liutprando  si  volse 


(i)  Liber  potiti f.  (Hta  di  Zdcaria,  cap.  v),  I,  427. 

(2)  Paolo  Diacono,  Misi.  Langoh.  lib.  VI,  cap.  57. 

(?)  Libcr  pontij.  {Vita  di  Zacaria,  capp.  vi,  ix),  1,427,428. 

(4)  Liber  ponti/.  {Vita  di  Zacaria,  cap.  xi),  I,  428,  429. 


Le  spedi jiottt  di  Liittprando  neli' Esarcato    363 


contro  quello  di  Benevento,  e  Godescalco  (i)  non  fu  a 
tempo  d'imbarcarsi  per  Costantinopoli,  perchè  venne  ucciso 
dai  suoi  avversari.  Il  re  allora  elevò  a  quella  dignità  il 
suo  nipote  Gisolfo,  del  quale  già  fa  menzione  un  docu- 
mento del  novembre  742  (2).  Liutprnndo,  compiuta  la 
spedizione,  ritornò  a  Pavia  per  la  via  di  Spoleto,  e  difatti 
la  sua  presenza  in  questa  città  è  attestata  da  una  carta  del 
12  novembre  del  742  (5),  Nell'anno  seguente,  lungo  la 
indizione  undecima  (4),  Liutprando  invase  di  nuovo  il  ter- 
ritorio di  Ravenna  e  s'impadronì  di  Cesena;  l'esarca  Eu- 
tichio,  l'arcivescovo  Giovanni  ed  il  comune  ricorsero  al 
papa,  e  questi  mandò  al  re  Benedetto,  vescovo  nomen- 
tano,  ed  Ambrosio,  primicerio  dei  notai,  perchè  in  suo 
nome  gli  domandassero  la  pace  per  i  Ravennati  e  la  re- 
stituzione di  Cesena;  siccome  la  legazione  falli,  Ìl  papa 
stesso  si  recò  a  Ravenna  e  poi  a  Pavia  nel  giugno  del  743 
e  ottenne  la  restituzione  immediata  di  due  terzi  del  ter- 
ritorio dì  Cesena  e  la  promessa  che  fosse  resa  la  terza 
pane  rimanente,  la  quale  comprendeva  anche  la  città  stessa, 
quando  fossero  ritornati  da  Costantinopoli  i  messi  che  il 
re  vi  aveva  spedito  per  la  pace.  Pochi  mesi  dopo  Liut- 
prando mori,  e  sotto  i  suoi  successori  si  prepararono  quei 
gravi  avvenimenti  che  trassero  il  regno  dei  Longobardi 
alla  sua  ignobile  caduta. 

G.    MONTICOLO, 


(i)  Paolo  Diacono,  Hist.  Langoh.  lib,  VI,  cap.  57, 

(2)  Cf.  Bethmann  e  Holder-Egger,  op.  cit.  p.  262,  n.  140. 

(3)  Cf,  Bethmann  e  Holder-Egger,  op.  cit.  p.  262,  n.  i  J9. 

(4)  Liber  pontif.  1,  429  {FiUi  di  Zacariaf  cap.  xn-xiv). 


DOCUMENTI   VATICANI 


CONTRO 


L'  ERESIA  LUTERANA  IN  ITALIA 

p  J38,  26  febbraio,  Frnte  Agostino  da  Treviso  eremitano  di 
sant'Agostino  è  assolto  dalle  imputazioni  dì  eresia,  con 
obbligo  però  di  tornare  in  Siena  a  dichiararvi  pubbli- 
camente le  otto  proposizioni,  che  erano  sembrate  so- 
spette nelle  sue  prediche  della  scoila  quaresima. 


(Continuazione  e  fine,  vedi  voL  XV,  fase.  I-IT,  p.  71). 


LXIV. 


|Archjv,  secr.  Vaiic.  PauH  HI  brcv.  min,  a.  mdxxxviu,  I,  9,  breve  i8>.j 

Dìlecto  fìlio  Francisco  eiecto  Senensi. 

Dilette  (ili,  salutera.  Non  possumu&  non  piurimum  commendare 
pìetaiem  et  diligenlUm  tuam,  quoJ  bone  raemorie  Jo.  car.^l»  Senensis 
ivunculi  tui  vestigiis  inhercndo,  honorem  el  incrementum  ortodoxe 

Bdci  in  ecclesia  tua  procures,  sicut  in  causa (i)  fratri»  Augu- 

tijni  de  Tarvisio  ordinis  heremitarura  s>  Augusttni  proxime  fecistj, 
B  cuius  predicatioaibus  in  ista  civitate  Senensi  habitis  cum  alìquod 
fccai^vlAlum  ortunx.  dicere^r^  tu  non  sqlum  sepe  ad  nos  scrlpsìsti, 

(0  9m^f  fAOCfllMo  •  diteti  filli  •. 


^oc.  Vai.  contro  Feresia  luterana 


367 


m  culpam,  et  hoc   est^quod   theologì   dicunl,   Christus  satisfecit 
«  omnibus  sufficìenter,  non  autcm  prò  omnibus  efficientcr. 

a°.  Praedestinatlo,  a  divo  Paulo  toties  praedicata,  neminem  cogit 
I  operandum  bene,  nec  ad  salmera  aeiernam,  sed  quicunque  obser* 
iDt  mandata  Dei  vi  recte  operantur  sponte  et  libere  cum  auxìlio 
men  divinae  gratiae  bene  operaotur,  et  sic  persevcrantes  usque  ad 
lortera  vltam  consequuniur  aetemam,  et  omnes  tales  sic  facicntcs 
eus  infallibillter  videt,  cognoscit  et  dlligit. 

}".  Multi  sancii,  qui  erant  in  hac  vita,  fecerunt  aliqua  mala  opera, 
cut  David  qui  commisit  aJulterium  et  homicìdium,  et  talìa  opera 
^ant  vitia  et  peccata  et  Dee  displicebant,  et  si  in  talibus  persevc- 
isscnt,  vcl  in  articulo  mortis  in  peccato  mortali  mortui  fuissent, 
US  non  dedissct  eis  vitara  aetemam,  sed  damnasset  cos  in  infernum. 
4"  Deus  aliquos  homines  punit  et  daninat  ad  infernum,  non  quia 
tnplicìter  sic  vuk,  sed  propter  illorum  peccata,  quae  non  coacti  sed 
bere  pcrpetrarunt,  et  in  quibus  obstìnaio  animo  perseverant  usque 
li  mortem  ve)  in  tali  articulo  in  peccato  tnortali  inventi  sunt,  u 
libus  peccati^  $i  conversi  fuissent,  non  tllos  damnasset. 
5".  Multi  nunc  existcntes  in  inferno,  dum  essent  in  ista  vita, 
jcrunt  aliquando  in  gratia  Dei,  et  fecerunt  aliqua  opera  bona  et 
^la  Deo  et  meritoria  vitae  aeternae,  in  quibtts  sì  perseverassent, 
ira  consequuti  fuissent,  sed  quia  non  coacte  sed  libere  ulia  bona 
pera  reliquerunt  et  ad  crimina  conversi  sunt,  perierunt, 

6*.  Oranes  rìte  baptizati  purgantur  a  peccato  originali  ci  recon- 
Iliantur  Deo,  ex  quibus  tamcn  aliquì  damnantur,  quia  non  perse- 
erant  in  gratia,  sed  libere  convertuntur  ad  peccata,  in  quibus  per- 
iverant  usque  ad  mortem  vel  eius  in  articulo  inventi  sunt, 

7".  Quum  sancii  dicunt,  liberum  arbitrium  post  peccatum  Adae 

i  nobis  claudicare,  non  ìntelligunt»  quod  non  possumus  eligerc  et 

futare  quaecunque  volumus,  sumus   enim  Uberi    ad   volendum   et 

llendum,  ad  eligendum  et  refutandum,  sed  per  talem  clauJicatio- 

intelligunt  pravitatem»  qua  inclinamur   raagis  ad    maluni  quam 

lum,  et  ideo  oportet  multum  advertere  ne  talem  sequamur  in- 

}aem;  similiter  intelligunt   quod  non  habemus   merum  impc- 

ium  super  appetltum  scnsitìvum,  multi  enim  motus  partis  sensìtivae 

urgunt  contra  nostrum  velie,  sicui  dtcit  Paulus,  ìnvenio  aliam  le« 

in  membris  meis  rcpugnaniem  legi  mentis  meae  &c. 
8".  Communis  opinio  theologorum  est  quod  pueri  dccedenies  sine 
ptismate  tantum  prìvantur  vita  beata,  et  nullam  aliam  patiuntur 
:nam,  aliqui  taraen  tenent  ex  vcrbis  beati  Augustini,  inter  quos 
•aecipue  est  Gregorius  de  Arimino,  quod  etìam  cruciantur  igne  in- 
aili, occ  ab  Ecclesia  aliqua  ista  rum   est  detcrminata,  ideo  absque 


5.    ^/«jts. 


-  -  --r-    .^T'srs  ~'::z.=.z     '-*^     *■ — ■^- 1    iirsia    ji ""-*'"'•"**"  centri,  at- 

"—       •;  1^     '^'  ~^~      •  *i  '~f-  '  *  -     Tifi       *""  rtt"*'      "-'*"**"■*'"*    "^'"^'1    6S5CS 

■.-.ji-TT^r::    -arrisi    f-ni 


I  in-rzr.    ^isc.iiz:-  :_-   -r:l;    tesso  xiie  ora.  condi- 
re ;i   '-^zìii  -.'fi  :  iim..  iDnvt  i.  ^-"uEnzi  x  dfciiu.- 


'lir:  ;  -r=.rr-—  ireniJiru^n  •.-  .x-izcsnci  TOnudcae  -nay^rrx 
.■•Ic:^^  :...  .aiaran:  jc~  luzn  uììì   mcrasiiam  relatiqne  gqccepe- 

~.;.:r:;.  i;:  .i.iz  ru  rrr-^nir  -  -7^  -  .ujr'-ià  ì^n-s  3onnuiL&  «ibcssc 
■-.;  •-.  ::....  ::  r  i-crr  ■-.=?.  ivir^in:  :a3er^  lù  popuio  scan- 
-:  :..-■:-:  Jcr  uKur.  iT^'^ic  T  .:.  72  3  --^-tste  Vsaetianxm 
-  ■:  '-.•.-:.;■:  ir,  i>  :»::::. :'i  -ir  :::iir  Tre  ie  :c  TTZt^Sisicanàa  co- 
"  ■  -»:.i:.i-  r.Ji'.iLi  .--."..li.  7^.::.:  r::  :i:e-.iiiir:n.i;:  tìIìuìì  zarxsi 
'    :—L  :    -.:  ":— r.  r.  -   : --r.  -  .ri-irr. .   ±:  iri:c.ri:T:  ".liiiLiin  in  ta: 

;    :■:■/:'.-:  .:.v.   :-:    ir  ■  -    -  T'i  ■ -ì;  ^  lilii  f  i^rì  =0itH 

• -1/  .---.      ■  i-t     -,.;.:   -.ri;-':    ::  — ~lì— -.*.   1:  -r^is  coacri  :e 

-,     -    :,-■,'.'■.':  ; .;  -i."     -.    :.    :ì::    Si-ir-m    :-à=i  Vlncendae 

-  A    i:'/'.:' 1.  ':r.  prai'iri   :,rr'-. i  *-.   :rt  r-:  ìj-ì!:j.  onnij  i"- 

-  '^  ry.'.  .'■.".'■.%  f,  :*ie  e:   :uilij  ^>5e:,  ci:>.:l:ca   Swilicet  ve'. 

••.'•,  '''t','.r.'.i  !j4  no::.:;  -'.ijKter  reterri:::.  -t  iurer  hoc  possemus 


7)oc.  Vat.  contty)  Veresia  luterana 


369 


opportuno  remedio  providere,  cumquc  pracfati   Hieronimus  ar- 
piscopus  ei  Thomas  dicti  nostri  pslatii  magistcr,  receptis  centra 
[obicctis,  ac  intentionibus  taìs  totoque  huiusmodi  negotio  dlligenter 
Ktiùnato  nobis  retulerint   te  sanarti  quidem    doctrinam  tenere,  po- 
nili vero  ob  huiusinodl   doctrinae   diflicultatem   mumque  dicendi 
um,  fortasse  non  ita  clarura,  non  id  accepisse,  quod  tu  commis- 
nostris   praedictis  explicasti,  nos,  omnibus  hìs  diligcnter  per- 
sia  et   mature   consideratis,  te   ab   obìectionibus  huiusmodi  et  a 
^tbu5cunque  processibus  desupcr  formatis,  necnon  et  cautiones  seu 
ciusslones,  a  te  in  civitatc  Venetiarura,  ut  praefertur,  praestitas  ab 
ni  obligatione,  pracsemium  tenore,  absolvimus  et   perpetuo  libe- 
et  quibuscunque  personìs,  centra  te   super  praeraissis  quovis 
aut  quaesito  colore  solticìtantibu';  et  procurantibus,  perpctuum 
leniium  imponiraus,  ac  omnem  inhabilitatis  et  infamiae  maculam 
facmissorum  occasione  forsan  per   te  contractam  abolcmus,  teque 
:inae  faraae,  gradibus,  locis,  honoribus,  officiis  ac  privi legiis  qui- 
scunque,  et  in  eum  statum,  in  quo  antea,  quam  praemissa  centra 
lacta  esscnt,  quomodolibet  eras  quatenus  opus  sit  restituimus,  plenarie 
Qtegramus,  ac  te  ulterìus  in  altquo  loco  aut  ab  aliqua  persona  qua- 
que   dignitate,  etiara    legationis   seu   inquisitionis   hereticae  pra- 
atis  seu   alio  quovis  officio  fungente,   in  persona,  bonis   aut   alio 
ovis  modo  occasione  pracmissorum  molestar!  non  dcberc,  ac  irri- 
et  inane    quìdquid  secus  a    quoquam  quavÌ5   etiam    apostolica 
ctoritate  attcntatum  fuerit,  dccernimus.  Et  nihilominus  ut  scandalo, 
|lod  ex  praedicatione  tua,  ut  praemittìtur,  in  civitatibus  Senarum  et 
lincentiac  supradictis  ortum  est,  oportunum  remedium  quantum  pos- 
Dus  adhibeamus,  et  ut  populus  iste,  unde  passus  est  scandalura  in 
oiciem,  inde  erigatur  ad  salutero,  tibi  tenore  praesentium  dìstricte 
Iraecipimus    et  mandamus,  ut  ex  nunc  ad  cìvìtatem   Senarum,  post 
etavam  vero  paschae  resurrectionis  Domini  proxime  futurae  ad  ci- 
«atem  Vincentiae  et  in  publica  praedicatione  cam  doctrinam,  quam 
nniissariis  praedictis  explicasti,  et  te  tenere  et  praedicasse  dixisti, 
ctare  et  dìstincte  dicas,  ut  in  formula  ex  responsionibus  luis  dc- 
ripta,  et  a  commissariis   nostris  praedictis  tibi  tradita  continetur. 
^olamus  autcm  et  dilectìs  filiis  causarura  Caraerae  nostrae  generali 
jilori  necnon  venerabìlium  fratrum  patriarchac  Aquilcgìcnsis  atquc 
|>»scopt    Tarvisini    in   spiritualibus   vicariis   generalibus    mandamus, 
quatenus  ipsi  aut  duo  vel  unus  eorum  per  se  vel  alìum  seu  alios,  tibi 
^p  praemissis   efHcacis   defensionis  praesidio  assistentes,   au ctoritate 
^Bostra  faciant  te  absolutione,  llberatione,  silenti!  perpetui  impositione, 
abolitone,   restiiutione,   reìntegratìone,    decreto    ac  aliìs   praeraissis 
facifice  fruì  et  gaudere,  non   perraittemes  te  per  quoscumque  quo- 


Arthivio  della  R.  Società  romana  di  tioria  patria.  Voi.  XV. 


M 


1)oc.   VaL  contro  Feresìa  luterana 


571 


itiìrendi,  eumque  esaminnndì,  et  praevìh  iudicìis  torquendi,  ac  usque 
ultimum  suppHcium  exclusive   contra   eum   procedendo,   necnon 
ci  quoraodoJibet  auxilium,  consiHura  vel  favorera  praestantes, 
;  vobis  in  hoc  se  opponemes  per  censuras  ecclesiasticas,  opposi- 
Bcnique  interdicti   et  auxilii  brachi!   secularis  invocatìonem  com- 
ccndi,  et  ut  vobis  ipsum  Joannem  Bapitstam  tradant  et  tradì  fa- 
tti compcUendi,  omniaque  in  prjemìssis,  et  quolibet  praemissorum 
aria  et  opportuna  facìendi  plenam  et  omnimodam  tenore  prae- 
lltium  vobis,  et  cuilibet  vestrum,  concedi mus  facultatem,  non  obstan- 
constitutionibus  et  ordinaiiombus  apostolicis,  ac  diclorum  ordinis 
'  congrcgationis  statulis   et   consuetudinibus  etlam  iuramento,  con- 
aatione  apostolica,  vel  quavis  firmitaie  alia  roboratis,  necnon  pri- 
giis  et  litteris  apostolicis,  etiam  mari  magno  nuncupatis,  iOis  per 
dem  Apostolicam  concessis,  confirmatis  et   innovatis,  quibus  Ulo- 
i  tcnores  prò  sufììcienter  expressis  habentes,  illjs  alias  in  suo  robore 
rmansuris,  ad  effectum  praesentium  specialiter  et  expresse,  et  ita 
lomnino  non  obstent,  dcrogamus,  caeterisque  contrariis  quibuscuoquo, 
si  aliquibus  communlter  vel  divisim  ab  eadem  sit  Sede  induhum 
interdici,  suspendi,  vel  cxcommunicari  non  possint  per  litteras 
olicas  non  facicntes  plenam  et  expressani  ac  de  verbo  ad  ver- 
de indulto  buiusmodi    raentionem.   Datum   Roraac  apud  san- 
Petrum  sub  annulo  piscatoria,  die  .xxini.  ìanuarii  .mdxxxvjiii. 
:ificatus  nostri  anno  quinto. 

B]05. 


LXVII. 


f39,  4  marzo.  Conferma  a  frate  Martino  da  Treviso  della 
commissione,  che  gli  aveva  dato  il  cardinale  Francesco 
Quignones,  protettore  dell'ordine  dei  Minori,  circa  la 

^  direzione  delle  monache  di    santa    Maria  Maddalena 
Clarisse  di  Verona. 
■ 


[Loc.  cit,  breve  198.] 

;cto  (ilio  Martino  de  Ter\'isio  ordinis  fratrum  minorura  conventuaiium 
Dtincupatorum  et  sacrae  theologìae  professori. 


Dilecte  fili,  salutera  Scc,  Cum,  si  cut  accepimus,  dilectus  filius  noster 
F.  tituli  S.<«  Crucis  in  Hìerusalem  presbiter  cardinalis,  ordinis  fra- 
minorum  protector,  directioni  monasteri!  monialium  s.»*«  M.* 


372 


*B.  Jontana 


Magdalenae  Veronensis  ordinìs  s.«*e  CUrae,  quod.  ut  «titatj 
mus,  sub  ipsius  F.  cardinalis  protectione  existit,  inlcndem,! 
nulla  directionem  huimmodx  concementia  commiserit, 
lentibus  lincris  ipsius  F.  cardinalis  et  protecioris  dcsoper  i 
plenius  dicitur  contìnerì,  dos  ut  co  cHìcacius  in  comroissiaK  «1 
facta  versari  valeas,  quo  raaiori  auctoritate  desuper  suffulnolo.! 
tibi  per  praesentes  committiraus  et  mandamus»  quatcnus  comoi^ 
tibi  per  praedictura  F.  cardinalem  et  proteaorem  iusittij  \ 
diligenter  et  sollicìte  exequarìs  et  ad  efìfectum  perducxs.  i 
tibi,  ut  id  facìlius  Tacere  valeas,  praedìcus  moniales  et  cotf 
quoslibet  et  rebelles,  cuiuscunque  status,  gradus,  ordinìs  velcooii»*] 
fuerint,  per  censuras  et  p^nas  ecclesiasticas  ac  alia  opportuaarcBiKU 
appclfatione  postposita,  compescendi,  intcrdictum  ecolcsìasi 
nendi,  brachii  quoque  secularis,  si  opus  fuerit,  auxiljum  inva 
teraque  in  praemissis  et  circa  ea  necessaria  et  oppottuni  1 
plenam  per  praesentes  concediraus  facultatem;  non  obstantibaj  p 
missis  ac  constitutionibus  et  ordinationibus  apostoltcù  otcsoQ^ 
rum  ordinum,  ctiara  iuramento,  confirniatìone  apostolici 
firmitate  alia  roboratis,  statutis  et  consuetudinibus  ac  orna 
quae  dictus  F.  cardinalis  et  proiector  in  dictis  Utteris  volta  i 
obstare,  ceterisque  contrariis  quibuscunque.  Datura  àc.  RomitJ 
4  martii  1539,  ^^'^^  S°> 
S.  D.  N.  est  contentus. 

Hie.  car.  GbinucciuJ 
Fab.  vigli 


LXVIII. 

1559,   19  maggio.  Facoltà  al  domenicano  Tommaso  Sta 
di  leggere  e  conftjtare  i  libri  di  Linero. 

[Loc.  ciL  II,  13,  breve  519.] 

Dilecto  filio  Thome  Stella  ordinis  fratrura  prcdicatortuu 
et  theologie  professori. 

Dilecte  fili  salutem  &c.  Desideras,  sicuti  nobis  nupcr  expomC 
prò  defensione  et  conservatione  orthodoxc  fidei  libros  et  aniculos  pò 
iniquitatis  filiura  Martinum  Lutherum  et  eius  sequaces  te  alios  hcrc 
ticos  adversus  ritura  ecclesìasticura,  per  tot  sanctos  patrcs  et  scc;^ 
ac  per  Ecclesiam  mllitantcm  approbatum,  compositos  et  facto*  1 


*Z)oc.  Vai.  contro  l^ eresia  luterana 


3/J 


**  »upar  illis  disputare,  ac  coDtra  prdati  Martini  et  eius  scquadum 

'e  quorumcanque  hereticorum  erroneas  heredcasque  opiniones  pre- 

^^JQrc  posse,  dubitas  taraen  ob  prohibitiones  super  hoc  a  Sede  Apo- 

*^'ica  emanatas  aliquas  censuras  aut  penas  ecclesiasticas  incurrere. 

^^^  rgitur  de  tuis  moribus,  vite  probitate   et    scicntia  plurium  fiiicdi- 

SaotMm  testimonio  informati,  sperantes  etiam  ex  opera  et  predicatio- 

^bvis  tuis  fructum  animarum  cum  fidelium  satisfactione  et  consola- 

^'one  aecuturura,  ac  voleotes  tuo  pio  desiderio  in  hoc  saiisfacere,  tibi 

^oique  alicuius  sementie  aut  censure  ecclesìastìce  incursu  libros  et 

^•'^iculos  huiusmodi  legendi,  et  centra  ìllos  iuxta  traditam  tibi  a  Dee 

*'*rtutem  disputaodi  et  predicandì,  componendi  ac  scrìbendi  auctoritaie 

■«postolica  tenore  presentium   licentiam  concedimus  pariter  et  facul- 

'^'errx.  Non  obstantibus  quibosvis  apostolicis  ac  provincialibus  et  sy- 

^*~***^libus  constitutionibus  et  ordinationibus,  nec   non   ordinis  predì- 

_^  '^^^^fum   huiusmodi  etiam   iuramenlo,  confirmalione  apostolica  vel 

^'^^v-ìs  firmitatc  alia  roboratis  statutis  et  consuetudinibus,  ceterisque 

""^^^^rariis  quibuscunque.  Datum  Romae  &c.,  19  raaii  1539,  a.  j*. 

C^uia  d[ominatio]  v[estraj  infra  attestatur  de  voluntate  S.  O.  N. 
r   ^IXfeiest  solum  approbare  formam. 

Hie.  car.  Ghi. 
Bios. 

S.  D.Xoster  fuit  contentus  ad  efifectum  impugnandi»  de  cetera  parte 
^'^hil  audivi. 

S.of  Blos.(i) 


LXIX. 

1539,  14  giugno.  AI  cardinale  Pisani  per  la  riforma  dei 
conventi  delle  monache  nelle  diocesi  di  Padova  e  di 

Treviso. 

[Loc.  dt.  breve  629] 

(Cardinali  Pisano). 

Dilecte  fili  noster,  salutem  &c.  Cum  nuper  non  sine  animi  nostri 
molestia  acciperemus  quamplura  monasteria  raonialiura  diversorum 


0)  K<t  voliunc  cbt  segue,  t),  breve  {;^,  37  maggio  1:39,  è  dato  ordine  «1  viceré 
di  Napoli  di  fitr  preadert  un  tal  •  Marcum  Magluia  •  prete  calabrese  che  si  dice  e»erc  a 
Coacnaa  ;  ma  oon  *i  sa  te  si  tratti  di  eresia.  Giulio  ■  de  Coroihbus  •»  Pietro  Marino  e  Pietro 


*Z)oc.  Vai.  contro  Veresìa  luterana 


375 


tatcra  iuxta  eorum  demerita  ac  criminum  et  excessuum  qualitatem 
punicndi  ac  super  hìs,  quandocunque  oportunum  cognosces,  auxilium 
brachi!  secularis  invocandi  nec  non  ad  veritaiis  lumen  redire  et 
bcreses  abiurare  volentes,  si  alias  relapsi  non  fuerint,  recepta  prius 
I  cis  hercsum  et  errorum  abiuratione  publice  facienda  prestitoque 
cos  ìuramento,  quod  talia  deinceps  non  committerent  nec  ea  aut 
siroilia  committentibus  consilium,  auxilìum  vel  favorem  per  se 
alios  non  prestabunt  et  alias  in  forma  Ecclesie  consueta  absol- 
idi  et  ad  eum  gremium  nec  non  gratiara  et  benedictionem  Sedis 
edìcte  recipiendi,  ut  erga  familiarcs  (i)  pknara  et  liberam  tenore 
atium  tacultatem  concedimus  et  impartimur,  non  obstantibus  qui* 
v'ìs  apostoli cìs  nec  non  in  provincialibus  et  synodalibus  conciliis 
generalibus  vel  specialibus  constitutionibus  et  ordinationibus^ 
non  quibusvis  privilcgiis,  indultis  et  lilteris  apostolicis  quorao- 
libct  ac  sub  quibuscunque  tenoribus  et  formis,  necnon  cum  qui- 
i  dausulis  et  decretis  in  genere  et  in  specie  etiam  iieratis  vi- 
concessis  approbatis  et  innovatis»  quìbus  omnibus  tcnores 
Lim,  ac  si  de  verbo  ad  verbum  nichil  penitus  omisso  inserta  fo- 
t,  presentibus  prò  sufficicnter  exprcssis  habentcs,  illis  alias  in  suo 
ore  permansuris,  hac  vice  dumtaxai  specialitcr  et  expresse  dero- 
iius  contrariis  quibuscunque.  Datum  Fulginie,  .xxi.  septembris  1550, 
10  S» 
S.  D.  N.  est  vontentus. 

Hie.  car.  Ghinuccius. 
Bios. 


LXX!. 


1540,  12  febbraio.  Esortazione  ai  giudici  di  Sardegna  di 
m  difendere  gli  inquisitori  nuovamente  disturbati  dai  ve- 
I    scovi  neir  ufficio  loro. 

P  Ven( 


[Loc.  cit.  a.  MDXL,  I,  i6,  breve  116.] 
(ludicibus  in  regno  Sardìniae). 


Venerabilts  frater  et  dilecte  fili,  salutem  &c.  Esponi  nobis  nupcr 
feccrunt  dilecti  tìlii  ìnquisitores  heretice  pravitatis  in  regnum  Sardinie 
iputaii,  quod  nonnulli  locorum  ordinarli  in  eodem  regno  constituti 


(0  Sic. 


^.  fontana 


sue  potestatis  metas  excedcotes  xpsos  ioqtimtons,  quomins^ 
i  nquisitionis  officia  iuxta  facultatem  sìbi  a  Sede  Apottolka  i 
cxcrcere  pos&int,  dìversimode  impedire  presumunt- Ko« Ì|^ou;  « 
sitores  ipsi  officio^  huiusmodi  semotis  impediioentis^  ut  pair  ( 
cere  valeant  ac  alias  in  premissis  oportuna  provìde^c 
scretioni  vestre    per  prcscntes  committimus  et  maodainuv  i 
vos  seu   alter  vestrura  per  vos  vel    alium  scu  atios  dktls  I 
ribus  in  premLssIs  efficacis  defen^ionis   presidio  assisbentei  i 
mitutis  eos  per  quoscunque  archiepiscopos»  qùscapos  ctafiosl 
ordiiurios  dicti  regni,  quomlnus  officia  predìcta  toxca  attribu 
tatem  Ubere  exercere  possint^  quoquo  modo  iropcdìri  seu  qu 
molcstari.  Coutradlctorcs  quoslìbei  et  rcbelles   ctiam 
aut  alia  dignìtate  fungentes  per  censuras  et  penas  ecclesia 
oportuna   remedia,    appelUtione    postposita,    cocnpescendo 
censuras  etiam  iteratis  vicibus   aggravando  et  Interdictum 
sticum  opponendo,  invocato  etiam  ad  hoc,  sì  opus  fuerii.  suxilg 
secularis,  non   obstantibus  constttutionìbus  et   ordiiiatic 
licis  ac  quibusvis  litteris  etiam  a  nobis  tn  (avorcm  pred 
nariorum  aut  alicuius  eorum  emanatis,  quìbits   LUarum  te 
sentibus  prò  sutHcienter  expressis  habentes  bac  vice  duntaxat  sp 
et   expresse    derogaraus,   ceterìsque  contrarìis    qutbusctmquej 
archiepiscopis,  episcopis  et  locorum  ordinirìis  predictìs  vcJ  i 
aliis  commuuiicr  vel  divisim  ab  Apostolica  stt  Sede  lodu 
interdici,  suspendi  vel  excoromunicarl  non  possint  per  \ 
stolicas  non  facientes  plenam  et  exprcssam  ac  de  verbo" 
de  indulto  huiusmodi  mentioneni.   Datum  Rome,  ti  feb 
R.  D.  Algarensis   dixit   roihi   quod    S.  D.  N.  erit  co 
provideretur,  ne  inquisitores  impedirentur. 

Hie,  cxt.  Gli 
Bios. 


*Z)oc-   Fifl/.  contro  l'eresia  luterana 


377 


LXXII. 

1540,  IO  luglio.  Al  vescovo  Venosino  per  far  inquisire 
un  tale  Evangelista  di  Firenze,  che  si  dice  frate  minore; 
ha  predicato  contro  le  indulgenze  per  la  fabbrica  di 
S.  Pietro  in  Roma,  ed  ha  per  sua  difesa  eccitato  il 
marchese  di  Lavello  contro  il  vescovo  di  questa  Chiesa. 

[Loc.  cit.  Ili,  18,  breve  59 j.] 

Venerabili  firatri  episcopo  Venussìno 
Paulus  papa  III. 

Venerabilis  frater,  salutem  &c.  Exponi  nobis  nuper  fecit  diiectus 
filius  Joannes  Vincentius  Mìchaells  electus  Lavellinensis  &c.  cum  alias 
ipsc  conira  quenJam  Evangelistam  de  Florentìa  prò  ordinis  iratrum 
rainorum  professore  se  gerentera,  qui  diabolico,  ut  ereditar,  spìrilu 
litteras  nostras  scu  iubileum  fabrice  bastUce  princìpis  apostolorum 
de  Urbe  in  civltate  et  seu  diocesi  Lavellìnensi  publicatum  publìcc  im- 
pugnare eisque  contravenire  non  cxpaverat,  sua  ordinaria  auctoritate, 
prout  tenebatur,  procedere  vcllct  scu  procederet,  prefatus  Evangelista 
ìpsìus  Joannts  Vincentii  elccti  mandatis  et  moniiìonibus  spretis  ad  mar- 
chionera  Lavellinensem,  pcnes  quem  favoribus  plurimum  pollebat, 
recursum  habnìt.  Et  dictus  marchio,  suis  inordinatìs  favoribus  cidem 
Evangelìste  favere  volens,  quampluribus  satellitibus  et  famulìs  asso- 
ciatus,  Dei  timore  posposito  armata  manu  in  domum  prefati  Joannis 
Vincentii  eleciì  evaginatis  ensibus  accessit,  ipsuraque  Joannem  Vin- 
centium  electum  illiusque  consanguineos  et  familiarcs  in  eadem 
domo  repertos  hostiliter  aggredendo,  quamplurimos  ex  illis  diversis 
vulneribus  affecit  et  manus  violentas  in  eos  iniecit  in  divine  maicstaiis 
ofFeosara  et  scandal um  plurimorum.  Nos  igitur  premissa,  si  vera  sunt, 
conniventibus  oculis  pertransire  nequentes,  ne  ccteri  talia  comrail- 
tendi  audacioreni  suscipiant  anirnum  a  e  futuris  exinde  scandalis,  ne 
illa  deteriora  parturiant,  obviare  voleotes,  eiusdem  Joannis  Vincentii 
electi  in  hac  pane  supplicationibus  inclinati,  tìbi  per  prescntes  com- 
mitlimus  et  mandamus,  quatenus  super  premissis  contra  eumdem 
Evangelistam  auctoriute  nostra  ad  inquisitionem  procedas,  et  si  illuni 
culpabilem  fore  repercris,  condigna  pena  punias  ac  alia  in  premissis 
«  circa  ea  necessaria  ac  opportuna  facias  et  exequaris,  prout  de  iure 
fuerit  facicndum,  super  quibus  omnibus  et  singuiis  plenam  et  Itberam 


3L  jQKUaa 


non  obsuntibus  felicis  re- 
à  Vm  fiiikujiuilj  xwstrì  de  una  et  concili!  gè- 
>  okrt  Uts  4ieU5  Alìquis  auctoritate 
aBb  coikstitutionibus  et   ordj- 
ìtyibtiiftinqoc.  Datura  Rome 
ìaila  ic.*&.  anno  6^. 

Bios. 


Lxxni. 


1540^  ^  Vt^Ho^  Akssmèto  Paglurino  dd  minori  con- 
TCMttifi  fmwtwwmo  come  Inttnno  a  carcere  perpetuo 
in  I^i4aT»»  ^  ^^81!^  col  hnxc  di  Francesco  Conta- 
lìm  vcftccot.  Orfae  il  Ticaòo  del  vescovo  di  punire 
omuiì  e  ì  «Kti 


(Loc  ciL  kR««  ^40^] 


Ukvto  Sfe^i 


b  cyjscopa  Padnam 
fCScraiL 


lite.. 


MMtlM«d 


fMii  fiecms  fiiios  Francìscus 

PagfiarìDO^  ordiots  &a- 

6  professori,  ^  ob  Intbenoam 

|ilifeaas]ctpe-  -    1^  hlium 

canfia^  ,.;--iC  Pa- 

carcQcs  piO|MCf  ca  coit- 

locntt,  uiitmtn  et 

dctioe^cur,  oca 

ipso»  «àob&do  e:  Jo 

oMwn  àiMOiM»  ae  0CMiécMB4e  Imrsì  se  saspecaom  roddtoiit,  Jc 

.^^  >.<lw»>t  gMaii  OOM  powfcaif^e  Jenyttr  opottoac  proviilere  vo 

W«M«>*s  t  ^>  per  prcMMcs  caiaMftfciwt  «i  itt«rf«a»m,  a  macmn  in- 

^lil^tf^Mt  bcittk*  fvavèMb  dkie  dv^Mis  «t.  à  tlM  TÌdeè^r,  abM^oe 

^  .vmr«  euMicfi  l^ititCi»  «t  dos  coai^cti.  s  qiù  siat,  saper 

tiam  aocwrikaie  boom  pcoooits  et  niIyaMIrt  rqxno», 

...  >  foer)^  LiQiiJe—iei  et  s»  te  potesmam  taam  det«nerim 

»*  M  caaxiges.  s«{pcr  qwibiis  oai«aiO'.T  ^•eaadocaaqoc  cootradi- 

...  |A«Mttb<t et itbdÀekc«»caBf«e%aìttln»gn4BS» status, ocdinis 


^oc.  Vai,  contro  V eresia  luterana  379 


conditionts  fuerint,    per   censuras  et   penas   ecdesbsticas   atiaque 

Dttuna  remedia,  appelladone  postposita,  compescere  ipsasque  ccn- 

i>n»s  etiam  iteratis  vicibus  aggravare,  imerdictum  ecclesiasticum  ap- 

nere  omniaque  et  singuli  alia  in  premissis  et  circa  ea  necessaria 

CQ  quoraodolibct  opportuna  facere  et  exequi  possis  et  valeas,  plenam 

^bi  per  presentes  concedìmus  facultatem.  Non  obstantibus  quibusvis 

postolicis  in  provìnclalibus  ac  sinodalibus  conciliis  editis  generalibus 

specialibus  constituiionibus   et  orditiationibus  ac  statutis  et  con- 

letudinibus    etiam    roboratis,    privìlegiis  tjuoque  induhis  et  lìtteris 

DStolicis  quibusvis  concessis,  quibus  illorum  tenores  presentibus  prò 

ifficienter  expressis  habentes  liac  vice  dumtaxat  specialiter  et  expresse 

erogamus  ceterisque  contrariis  quibuscunquc.  Datum   Rome  apud 

Marcum,  16  iuUi  1540,  anno  6°. 

Rev.niu»  dominus  cardin.  Pisanus  obtìnuit  a  S.  D.  N. 

Hie.  car.  Ghi. 
Bios. 


LXXIV. 

I  540,  26  luglio.  Al  nunzio  a  Venezia  per  lo  stesso  sog- 
getto. 

[Loc.  cit.  breve  641.] 

Venerabili  fratri  Georgi©  episcopo  elusine  Venetiis 
nuntio  nostro  apud  Venetos. 

Venerabilis  fraier,  salutem  &c.  Hodi'e  accepto  per  nos  quod  di- 
lectas  fiUus  Franciscus  Contarinus  ducatus  civis  Venetiarura  cuidam 
Icxandro  Pagi! arino»  ordinis  fratrum  minorum  conventualium  nun- 
apati  professori,  qui  ob  heresim,  in  qua  ingderat,  per  dilectum 
liutii  nostrum  F,  s.  Marci  diaconum  cardinalera,  Pisanum  riuncu- 
batutn,  qui  ecclesie  Paduane  perpetuus  administrator  in  spiritualibus  et 
emporaltbus  per  Scdem  Apostolicam  deputatus  exisiit,  hereticus  iudi- 
catus  et  ad  perpetuos  carceres  condemnatus  et  carceribus  in  civitate  Pa- 
duana  mancipatus  fuerat,  favorem  et  auxiliura  prestans.ipsum  Alexan- 
drum  hcrcticum  a  carceribus,  in  quibus  detìnebatur,  per  illorum  fracturam 
liberaverat,  nos,  premissis  prò  delieti  gravitate  oportune  providere 
volentes,  dilecto  ftlio  vicario  venerabilis  Pisani  episcopi  PaJuani 
in  spiritualibus  generali  per  alias  nostras  in  forma  brevis  litteras  com- 
missimus  et  mandaviraus,  ut  centra  eumdera  Franciscum  et  eius  com- 
'  pljces,  si  qui  essent,  auctorttate  nostra  super  premissis  procederet  et 


*Z)oc\  Val.  contro  /^eresia  luterana 


j8i 


maximo  animarum   et  corporum   suorum  discrimine,  nos,   premissis 

occurrere  cupientes,  dìlecto  filio   vicario  venerabilis  fratris  episcopi 

Vicentini  in  spirìtualibus  generali,  per  alias  nostras  in  forma  brcvis 

ras,dediraus  in  mandatis,  quatenus  omnibus  et  singulis  verbura  Dei 

ntes  et  alils  pcrsonis  quibuscunque,  tam  laicis  quam  ecclesia- 

|lc!s  sccularibus  voi  quorumvìs  etiam  excmptorum  ordinum  regula- 

cuiuscunque  dignitatis,  status,  gradus,  ordìnis  aut  prcherainentìe 

tibus  per  edictum  publicum  locis  publicis  afTigcndum  sub  penis 

per  eum  statucndis  auctoritate  nostra  distrìctius  inhibeat,  ne 

cetcro  hereses  predictas  confovere  aut  absquc  sui  seu  persone  ad 

per  cum  depuunde  scitu  et  licentta  in  scriplis  obtinenda  de  pre- 

icinatione   aut    libero  arbitrio   huiusmodi  predicare   aut    disputare 

nant,  sibique,  ut  contra  omnes  et  singulos  censuras  ecclesiastìcas 

alias,  de  quibus  ei  videbitiir,  penas  procedendi  et  contra  illorum 

etnlibct  culpabiles  fuerint  inquìrendi  et  culpabiles  rcpertos  debitis 

puniendi  et  castigandi  ac,  nisi  resipuerint  et  hereses  huiusmodi 

bìuravcrint  seu  alias  relapsi  fuerint,  curie  seculari  etiara  ultimo  su- 

^tio  punicodos  tradendi,  ac  alia  in  premissis  et  circa  ea  necessaria 

alias  quomodollBet  opportuna  faciendi  plenara  et  liberam  facul- 

Item  concessi mus,   prout  in  cisdem  litteris  plcnius  conttnetur.  Cu- 

■entes  igitur  mandatum  nostrum  huiusmodi  debite  executioni  dcman- 

ilrì (I),  nobilitates  vestras  rogandas  duximus  ut  prò  Yesu  Christo 

'salvatore  nostro,  cuius  causa  agitur,  aliis  officialibus  vestris  in  dieta 
civitate  prò  tempore  residentibus  exprcsse  mandctis,  quatenus  cidem 
Icario  circa  premìssa  favorabilitcr  assistant,  omneque  auxilium  et 
rorem  sibi  in  premissis  necessarium  et  opportunutn  prebeant,  hoc 
BÌra  Deo  et  nobis  gratissimum,  vobisque  etiam  quoad  tcmporalia, 
Bm  ex  his  quietis  civitalis  turbatio  manifeste  timeri  possit,  proficuum 
rit.  Datum  Rome  apudsanctum  Petrum,  25  novembris  1540,  anno  7*^. 
Rev.«»*"  card.  Rodulphus  dlcit  S.  D.  N.  esse  contentura,  propterca 
pprobatur  formam  exceptis  virgulatis. 

Hie.  car.  GhL 
Bios. 


(t)  Q^ì  Avirgolau,  Ttle  a  Jire  moocUam  U  frtsc  ugucate:  •  >c  dviutcm  ipum  quam 
^uiuia  prò  loco  concilii  ^eneralii  per  nos,  ut  tperamus,  Deo  authore,  cclcbraodi  e1«- 
•(im\u,  e«tbolicun  et  omnibus  herexum  veprìbus  purgautn  et  mundAia  •, 


382 


*B.  Jontana 


LXXVI. 

1541,  22  dicembre.  Frate  Nicolò  da  Verona,  già  degradato 
per  eretico  luterano,  si  è  rifugiato  presso  il  cardinale 
di  Trento.  Esortazione  a  non  proteggerlo  e  a  carcerarlo 
fino  a  nuovo  ordine. 

[Arch.  apost.  Vatic.  Pmli  III  hrev,  min.  a.  mdxli,  22,  888.] 

Tridentino, 

Pervenir  ad  aures  nostras  iniquitatis  filium  Nicolaum  de  N'erooa, 
qui  alias  ordinis  heremitarum  s."  Augustini  existens  ob  pr^dìcaum 
hcresim  lutheranam  a  suis  praclatia  magistcrio,  ordine  et  habitu 
privatus  fuit,  ad  te  confugisse,  atquc  ita  se  sub  pelle  ovina  et  simu- 
lata probitate  insinuasise  in  amicitiam  et  benivolentiam  tuam,  ut  et 
contubernio  eum  tuo  locoque  intimo  recesscris,  et  dignum  putaveris, 
qucm  per  litteras  taas  priori  sui  ordinis  diligenter  cotnmcndares,  ut 
eum  restitueret.  Quae  nos  nisi  a  te  improbiiatis  illius  ignaro  et 
bona  fide  acta  fuisse  credamus,  immemorcs  tuae  pietatis  simuSt  quam 
sane  egregìam  et  constantem  rum  scmper  alias,  tum  precipue  in 
his,  quae  in  Germania  super  religione  nuper  tractata  sunt,  Deo  ac 
nobis  exibuisti,  perìnde  ac  te  et  tuo  pieniissimo  genitore  dignum 
erat.  Sed  nos  diutius  errare  te  nolumus  subdola  impuri  horoiiùs 
orationc  deceptum,  nec  illius  icncbras  luci  tuae  ofFundi  patieraur, 
quo  te  omnt  laude  praesuntem  sine  ulla  eicceptìone  laudare  pos- 
simus.  haque  omni  benevolentta  te  hortaraur,  tibì  nihìloraìnus  in 
virtutc  sanctae  obedientiae  pr^cipientes,  ut  ipsura  Nicolaum,  si  no- 
strum honorem  et  gratiam  aestimas,  ad  nostram  et  huius  Sanctae 
Sedis  instantlam  sub  custodia  dctineas,  donec  aliud  a  nobis  desuper 
habuerts  in  mandatis. 

Datum  Rome  apud  S.  P.  in  die  22  decembris  1541,  anno 
Placet.  Jo:  Pet«  card.  S.'"  Clementis. 
Placet.  Hieron.  card.  Brundusinus. 

Bios. 


octavo.     ^M 
OS.     ^^^^B 


^oc.   Vat.  contro  i'eresia  luterana 


383 


LXXVII. 

1542,  14  gennaio.  A  Bologna,  a  Milano  e  nella  maggior 
pane  delle  cittA  italiane,  preti  e  secolari  ebbero  modo 
di  sottrarsi  con  indulti  all*opera  dell*  Inquisizione.  Abo- 
lizione di  ogni  indulto. 

[Arch.  secr.  V.itic.  Pauìi  IH  hrcv.  min. 
a.  MDXLii,  I,  25,  breve  58.] 

Paulus  papa  III. 

Ad  futuram  rei  memomm. 

In  apostolici  culniinis  specula  divine  gratic  munere  collocati  nil 
niagjs  esse  nostri  officii  duximus,  quam  sedulo  ac  diligenter  omnia 
circunspicere,  que  catholici  nobìs  commissi  gregis  custodie  ac  con- 
servationi  conferant/illaraqiie  -n  primis  curam  suscìpere,  ut  que  ma- 
leriam  scandali  prebere  possent  penitus  succidaniur  ac  radiciius 
extirpentur  nec  ea  usque  pullulare  sihantur.  Cum  itaque,  sicut  acce- 
pimus,  in  nostra  Bononie  ac  Mcdiolani  et  quampluribus  aliis  Italie 
civhatibus  et  locis  oonnuUi  seculares  ac  etiam  religiosi,  pretextu 
quonindam  indultorum  ac  concessionum  seu  privilepiorum  et  exem- 
ptionum  a  Sede  Apostolica  per  ipsos  obtentorum,  se  ab  inquisìtoribus 
herelice  pravitatis  in  eisdem  civìtatibus  et  locis  per  Sedem  Aposio- 
licam  aui  illius  auctorltate  dcputatis  illarumque  iurisdictione  exemptos 
pretendentes,  varias  propositiones  scandalosas  et  erroneas  ac  pìarum 
mentium  offensivas  et  quandoquc  etiam  heresim  sapientes  ac  catho- 
llce  fidei  minus  consonas  christianeque  pietati  et  bonis  moribus  mi- 
nime conformcs  publice  proponere  et  disputare  ac  prò  virìbus  su- 
stinere  necnon  populo  predicare  non  sine  magno  christifidelium 
animarum  periculo  ipsiusque  (idei  detrimento  et  lotius  religionls 
opprobrio  temere  audeant  et  presumant,  nos,  qui  desideranter  in  votìs 
gerimus,  ut  fides  prefata  nostris  prosperetur  temporibus  et  pravitas 
heretica  de  finibus  fidelìum  extirpetui*,  attendentes  non  ideo  ab  Apo- 
stolica Sede  privilegia  et  exemptiones  concedi  solìtas  esse,  ut  per  ea 
scandaia  et  (idei  dimtnutio  generentur,  sed  potius  ad  ea  toUendum  et 
ipsam  fidem  augendum,  volentesque,  ne  de  cetero  per  propositiones  et 
predicationes  huiusmodi  in  perditionem,  quod  absit,  anime  fidelium  pro- 
labantur,  obviare  et,  ne  exemptionum  predìctarum  pretextu  valeant 
talium  presumptores  in  eorum  tàm  detestabili  temeritate  perdurare, 


5«4 


*B.  font  afta 


corumque  Inìquìtas  rernaneat  irapun'ttx,  morbo  hutusmodì  i 
adhìber«  medellam,  motu  proprio  et  ex  ceru  nostra  sckada  ^ 
statuimus  et  ordlnamus,  quod  inquisitorcs  prefati  in  tota  \ 
insula  Chii  deputati  et  inpostcrum  (ieputanJì  coatra  omnes« 
taro  seculares  quam  religiosos  quorumvts  ordtnum  diami 
tium  professores,  cuìuscunque  sexus,  itus,  ce 

Utis  et  preemincntie,  non  tamcn  «pli^  . istant,  qa\  | 

suspcctas,  scandalosas,  periculosos  ctron»  comincmes,  ' 
tes  ac  alias  catholice  fìdei  minus  consotias  chrisiiaoeqae { 
moribus   minime  cotiformes  huiusmodi  vel    eanun  <}ttasUbo  ìc 
sterum  asserere  seu  publice  proponere  et  populis  predicare  i 
vel  presument,  iuxta  auctoritatem  et  potestatera  ebdcm  isM|d 
1  iure  aut  alias   quomodolibet  traditam  et  concc^sanif  prò 
inquirere  suamque  iurlsdictionecn  exercere  Jebeoot,  necDoa  < 
illos  iuxta  predictam  facultatem,  ut  preferì ur^proccdeoilt  ac  i 
iurisdictioais  huiusmodi  exercende  facultatcm,  quateoos  t 
auctoritate  novo  conceJimus.dccerocnte^  presentìbus  oofl 
per  signaturam    nianu  nostra  sjgnatam,  ralnimc  dcrogari  ] 
tumque  et  inane  quìcquid  secus  super  hìs  a  quoque  qoavb  i 
scienter  vel  ignoranter  contigerit  atiemptari,  dlstrìctiusqac  i 
locorum   ordinariìs   sub  interdicti  ingressus  ecclesie  et 
a  regimine  et  administratione  suarum  ecclesiarutn  oecaoQ 
et    locorum    quorunlibct  dominti,    \!  '  nbus    et 

aliìs  quibuscunque  sub  cxcoramunic.Ji  -  seotentic  \ 

suorum  privatJonis  pcnìs  eo  ipso^  si  contri  lecerìnt, 
inquisitores   prefatos  vel  earum  quasllbct  sub  indultonun* 
num  privilegiorucn  ac  eaemptionum  eorumdem  etquovisalloi 
asserentes,  proponentes  ei  preJicanies  huiusmodi  proce 
earumquc  iurisdìctione  exercere  libere  possint  et  valcant,  < 
per  se  vel  alium  seu  alios  directe  vel  ìndìrectc  inopcdire  ] 

Non  obstantibus  &c Datum  Rome»  14  ianuarii  IJ42, 

Materia  videtur  honesta  et  alias  similìs  fuit  propostta  et  1 
in  signatura  coram  Sanaissimo. 

M   Ma 
Bi9t, 


Dac,  Vat,  contro  V eresìa  luterana 


J85 


^t 


LXXVIII. 

-2,  17  febbraio.  D'ora  in  avanti  non  sarà  più  permesso 
in  Verona,  né  a  secolari,  né  a  regolari,  di  predicare 
né  di  leggere  libri  proibiti  senza  la  licenza  del  ve- 
scovo cardinale  Giovanni  Matteo  Ghiberti,  neanche  se 
avessero  avuta  licenza  da  Roma  stessa. 

[Lo e.  cìl  breve  138.] 

Venerabili  frani  Johanni  Mattheo  episcopo  Veronensi. 

^cnerabilis  frater,  salutcm.  Cum,  sicut  accepiraus,  tu  prò  tuo  officio 

^rga   Deum  solita  piotate  cupias,  quod  in  civitate  et   diocesi  tua 

-  ^onensi  verbum  Dei  a  sufficientibus  ac  bene  sentientibus  et  catho- 

praedicetur  et  ab  eisdem  Sacrae  Litterae  publice  legantur  et  in* 

3retentur,  et  libri  heresim  sapientes  aut  alias  scandalosi  a  nemine 

amuT,  precibus  tuìs  super  hoc  nobis  humiliter  porrectis  inclinati, 

quod  omnibus  et  singulis   tam  secularibus  quam  quorumvis  or- 

"^"*^um  regularibus    et  quasvis  lìccntias  seu    facultates  etiam  a  Sede 

^^^osiolica  habentibus  ac  quantumcunque  exemptibus  et  privilegiatis 

i\^^  *~sonis,  ne  verbum  Dei  in  civitate  et  tua  diocesi  Veronensi  sine  tua 

'^^«ntia  in  scriptis  habita  praedicare,  aut  Sacras  Litteras  pubblico  vel 

*^*'<vatim  legete  et  interpretari,  vei  lìbros  heresim  sapientes  seu  scan- 

*;;^  ^^losos  legere  audeant  sub  censuris  et  p^nis  ecclesiasticis  tibl  vìsis 

*^  Viibcre  et  contra  secus  facientes  ad  dedarationera  incursus  dictarum 

"^^nsurarum  et  ad  ulteriora  etiam  per  invocationem  brachii  secularis 

t^*~ocedere,  celeraque  omnia  et  singula   in  praemissis  necessaria  vel 

"Svaomodolibct  opportuna  facere  et  exequi  possis  et  valeas  auctoritate 

apostolica  tenore  praesentium  facultatem  et  potestatem  concedimus. 

'^on   obstantibus  flcc quibuscunque.   Datura  Roniae,   .xvil  fc- 

^ruarìi  1542,  anno  8". 

Bios. 


Archhio  delta  R.  Società  romana  di  storia  patria.  VoU  XV.        25 


386  "B.  fontana 


LXXIX. 

1542,  6  marzo.  Censura  contro  gli  inquisitori  di  Sardegna 
che  osano  di  sottoporre  a  processo  e  disturbare  i  mi- 
nori osservanti,  da  loro  esenti. 

[Loc  cit.  breve  186.] 

Paulus  papa  III  ad  fuiuram  rei  memoriam. 

Romani  pontificis  providentia  circumspecta  ea,  que  per  Scdcro 
Apostolicara  prò  rcligiosarum  pcrsonarum  traoqulUitaie  cr  quie'c  pro- 
vide statuta  et  ordinata  noscuntur,  ut  illibata  persisiant,  apostolico 
consuevit  muniraine  roborarc,  ac  alias  desuper  providere,  prout  io 
Domino  conspicit  salubriter  expedìrc.  Exponi  siquidem  nohis  mipet 
fecit  djlectus  filìus  Jo.  Calviis  ordinis  fratrum  minorum  gericralis  mi- 
nister,  licet  per  fel.  ree.  Clementcm  IIII,  Sixtum  etìam  IIII.  Inno- 
centium  Vili  ac  Leonem  X  Romanos  pontifices  predecessorcs  nostro* 
inquisìtoribus  heretice  pravitatis  tam  apostolica,  quam  ordinaria 
auctoritatibus  in  quibusvis  mundi  partibus  prescrtim  Hispaniarum  re- 
gnJs  et  dominiis  deputatìs,  sub  gravlbus  censuris  et  penis  cxpressc 
ìnhibitum  fuerìt,  ne  pretextu  quarumcunque  facultatum  et  littcrarum 
apostolicarum  ipsis  ac  officio  eorum,  cum  quibusvis  clausulis  quai 
tumcunque  fortissimis,  efficacissimìs  et  insolitis  concessarum,  contr»] 
fratres  dicti  ordinis  minorum  quoraodolibct  procedere,  vcl  de  Illi 
direcic  vel  indirecte,  quovis  quesito  colore,  se  introraitterc  audcrent,] 
[et]  prefatus  Leo  predecessor  eisdem  inquisitoribus,  ne  centra  dJcio».] 
frures  [se],  ut  prefertur,  introraitterent  sed,  sì  forsan  aliquid  c;jtcnu 
contra  cos  cgissent  eos  capiendo  vcl  alia  faciendo,  fratres  sic  capi 
ac  quoscunque  processus  habitos  et  sententias  desuper  confecii 
ipsorum  fratrum  supcrioribus,  ut  per  eos  castigar!  deberent,  tradercn! 
etìam  mandaverit,  prout  in  eorundcni  predecessorum  desupcr  con- 
fectis  littcris,  quarum  tenores  presentibus  prò  inserti»  ac  suffic'cnter 
expressis  habcri  voiumus,  plenius  continetur;  nihilominus  nonnulli 
ex  dìctìs  inquisitoribus  in  regno  Sardinie  constitutì,  lìtterìs  et  man^f 
datis  apostolicis  hutusmodi  contemptis,  in  raagnam  dicti  ordinis  tur-™ 
baiionera  et  scandalum  plurimorum  contra  eosdem  fratres  minorcs  pro- 
cedere eosque  carccribus  mancipare  non  verentur.  Q.uare  prò  parte  ipsìus^ 
Jo.  ministri  nobis  fuit  humiliter  supplicatum,  ut  super  bis  opportuneV 
providere  de  benignitate  apostolica  dignaremur.  Nos  igitur,  qui  or- 


n^oc.  Vai.  contro  l'eresia  luterana 


387 


cf  in cin  prefatum  propter  uberos  frucius,  quos  in  agro  railiUntis  Ec- 
clesie ei  acienus  attulit,  et  in  dies  afìFerre  non  cessat,  spirituali  dl- 
ie^<ztionc    prosequimur,   illius    privilegiorum   conservationi    consulerc 
voler ntes,  huiusraodi  supplicatìonibus  inclinati,  litteras  predictas  huius- 
rrscx^i,  ac   prout   Illa   concernuni,  omnia    et    singola    in    eis  contenta 
—  meritate  apostolica  ex  certa  nostra  scienria,  tenore  presentium  con- 
'fix*  r'*:m^  antes  et  approbantes,  ac  perpetue  firmitatis  robur  habere  decer- 
ra^-r-^^^es,  universis  et  singulis  inquìsìtoribus  heretice  pravìtatis  huius- 
n-ad»  c:ii  per  Sedem  prefatani  vel  alias  quoniodolibet  depuiatis,  seu  in 
po^t  «rum  deputandis  in  prefato  regno  Sardinic,  vel  alibi  per  universum 
o«-t>  ^m  consistentes,  cuiuscunque  status,  gradus,  ordinis  et  conditionis 
est  i  ^tant  et  fuerint,  in  virtute  sancte  obedientie  ac    sub  cxcommuni- 
c;£».t Vocis  et  privationìs  omnium  et  singulorum  benefidorura  que  obti- 
i:x«&T»^,  ac  inhabilttatis  ad  illa  et  alia  in    posterum  obtincnda,  aliisque 
<^«=«^^wis  et  penis  in  huiusraodi  predecessorura  litteris  contcntis,  quas 
<=^o«^t:nfacienies  eo  ipso  incurrere  volumus,  auctoritate  et  tenore  simi- 
^^'-is,  districte  precipimus  et  mandamus,  ne  de  cererò  contra  quera- 
P*^-»Ti  dicti  ordinis  fratrum  minorum  professorem,  quovis  modo  recte 
I     "^^l     ìndirecte  contra  dictarura    litterarura  tenorem    procedere,  vel  se 
^H     ^'^^■^ornittere,  aut  huiusmodi  inquisitionis  offictum  exercere  presumant. 
^^      ^*»    sì   quos  forsan  eiusdem  ordinis  professores  capere  seu  carceribus 

|*^*ncipare  hucusque  presampserint,  fratres  ipsos  sic  captos  iu\ia  le- 
*^***"«*Ti  predictum  rcmittant.  Et  nlhilominus  universis  et  singulis  vc- 
^<ifabìlibus  fratribus  archiepiscopis  et  episcopis  et  dilectis  filiis  corura 
^   'piritualibus   vicariis  generalibus  ceterisque  personls  in  ecclesia- 
^tjca   dignitatc  constitutis  similiter  committìmus  et   mandamus.  qua- 
^^nus   ìpsi   vel  eorum  alìqui  per  se  vel  alìum  seu  alios,  qui  desuper 
"'^'^    parte  alicuius    professoris  dicti  ordinis   fiierint  requisiti,  cisdem 
^Suirentibus  in  premissis  elicaci  presidio  assìstentcs,    litteras  prede- 
^c&sorum  huiusraodi   et  nostras  solemniter  publicari,  necnon  omnia 
^Jrigula  in  eis  contenta  ab  omnibus  et  singulis    firmiter  et  invio- 


/abU 


iter  observari  faciant,  non  permittcntcs  aliquod  per  quoscunque. 


l'^^cunque   dìgnitate,    premincniin   et    auctoritate  fungentes,    contra 

'^'^Qdera  predecessorum  et  nostrarum  lìtierarum  huiusmodi  tenorem 

""^^  Oi  odolibct  atlentari.  Et  si  quos  ex  eis,  censuras  et  penas  huius- 

^**^Ù   predecessorum  et  nostris  lineris  et  raandatis  predictis  non  pa 

*^o,    incurrisse   constiteril,   excommunicatos    et   privaios    publice 

.  ^*^<=^>ent,  seu  nunciari  et  ab  omnibus  evitari  ac,  legitimis  super  his 

^      ,*^is    processibus,  censuras   huiusmodi    iteratis   vicìbus  aggravare 

*^nt,  contradictores  quoslibei  et  rebelles  per  easdera  censuras  ec- 

,  ^*asticas   et  alia   oportuna    iuris  remedia   compescendo,  invocato 

^**l    ad  hoc,  si  opus  l'uerit,  auxilio  brachii  secularis   Non   obstan- 


388 


"B.  fontana 


tibus  premissis  ac  sancte  memorie  Bonifacii  pape  Vili  etiara  predcces- 
sorìs  nostri,  de  una,  et  in  concilio  generali,  de  duabus  dìetis,  dummodoj™ 
ultra  tres  dietas  quìs    vigore   presentium  ad   ìudicium  non  trahaturJH 
et  aliis  consiitutionìbus  et  ordinationibiis  apostoUcis  ac  omnibus  his. 
que  predecessores  prefati  in  sìngulis  eorum  lìtteris  predictis  voluerum 
non    obstare,   ceterìsque   contrariis    quibuscunque.  Volurous    auteq^| 
quod  presentium  transumptìs  sigillo  alicuius  persone  in  dignìtate  ec-^ 
dcsiastica  constitute  sìgnatis  ac   manu  alicuius    publici  ootarii  sub- 
scriptis  eadem  prorsus  fides  in  judicio  et  extra  adhibeatur,  que  ori- 
ginalibus  ipsis  adhiberetur,  si  forent  exibile  vel  ostcnse.  Datura  Roniae,_ 
.VI.  martiì  1542,  anno  B°. 

G.  carJl»  Contarenus  viceprotector. 

M.  Marsicanensis. 
Blo«. 


LXXX. 

1542,  23  giugno.  Al  cardinale  iMorone  perchè  ceretti  di 
estinguere  l'eresia  luterana  che  occultamente  serpeggia 
a  Modena.  Facoltà  di  assolvere  gli  abiuranti. 

[Loc.  cit.  24,  breve  517.] 

Dilecio  filio   nostro  Joanni   Sanctae  Ronianae  Ecdestae 
presbitero  cardinali  Mutìnensi  nuncupato. 

Dilecte  Fili  noster.  Intellexìmus,  non  sine  gravi  animi  nostri  mo- 
lestia, heresim  lutheranam  in  civitate  Mutìnae,  cuius  Ecclesiae  pastor 
et  admlnistrator  es,  occulte  serpere  cepisse,  et  nìsi  provideatur,  latius 
progressuram  esse.  Quamobrem,  etsi  prò  certo  habemus  te  tua  sponte^H 
et  sinc  uUa  hortatione  nostra   tuum  officium   boni   episcopi  et  car-^J 
dinalis  in  hoc  fulssc  executurum,  lamen  soleriìam  et  pieutem  tuam, 
sponte  ut  confidimus  currentem,  his  nostris  incitandam  duximus,  non 
solum  te  hortanies  verum   etiara  apostolica  tibi  auctoritaie  praeci- 
pientes,  ut  contra  suspectos  de  liuiusraodì  heresi  diligenter  inquìrere^H 
inquisitosquc  cìtra  irregularitatis  incursum  debite  puniri  facere  aucto^f 
ritate  nostra  cures,  super  quo  ultra  alias  ab   hac  Sancia  Sede  prae- 
sertimque  felicis  recordatìonìs   Leone  papa  X»"  prfdecessore  nostro 
contra  huiusmodt  heresis  sectatores  concessas,  plenam  et  omnìmodam 
dieta  auctoritate  etiam  cos,qui  resipuerint  et  veniam  humiliier  pctierint, 
duraraodo  relapsi  non  sint  et  heresira  prius  publice  abiurent,  ìniuncta 


*Z)oc.   Vat,  contro  l'eresia  luterana 


389 


Ili  peniteniìa  aliasque  in  forma  ecclesìae  consueta  absol vendi 
aesentium  tibi  concedimus  facultatem.  Non  obsiamibus  &c. .. 
nque  seu  si  aliquibus  &c.  mentioncni.  Datura  Romae  apud 
Marcum,  25  iunii  1 542,  anno  8". 

Bios. 


LXXXI. 

23  giugno.  Al  duca  dì  Ferrara  sopra  lo  stesso  sog- 

[Arch.  apost.  Vatic.  Patdi  IH  brn',  min. 
a.  MDXLii>  II,  24,  518.] 


^■^  Duci  Ferrame. 

;tc  fili,  nobilis  vir,  saìutem.  Audito  per  nos  heresim  luthe- 
&  tua  civitate   Mutinae    cepisse,    «ndiesque   occulto    veneno 

scripsimus  dilecto  fìlio  nostro  Joanni  cardinali  Mutincnsi 
marie,  ut  auciontate  nostra  conira  suspecios  de  huiusmodi 
ìltgenter  inquireret,  et  huiusinodi  venenum  in  semine  extin- 
niteretur,  quemadmodum  confidimus  eum  prò  boni  epìscopi 
inalis  officio  facturum  esse.  Ad  tuam  quoque  nobilitatem 
cris  virtutibus  tum  vera  pietate  et  cultu  catholicae  religionis 
etn  scribendum  duximus,  te  quoque  non  solum  honainur  ve- 
im  tibi  prcciplmus,  ut  eideni  cardinali  omnes  oportunos  fa- 

auxilium  brachi!  tui  in  hoc  laudabili  opere  pr^stes  et  pr?- 
:ias,  quo  is  tuo  favore  adiutus  illatn  civitatem  ab  hac 
le  et  tumultibus,  qui  inde  forsan  excilari  possent,  Deo  ac  tibi 
ire  possit.  Facies  in  hoc  rem  tuo  officio  et  religionis  dignam, 
(  pluhmura  gratam  Datum  ut  supra  (Romae  apud  s.  Marcura, 


542,  a.  8°). 


Bios. 


390 


"B.  fontana 


LXXXII. 

1543,  30  marzo.  A  tutti  gli  ordini  dei  frati.  Agostiniani," 
Conventuali,   Latcranensi,    Domenicani,   perche    cele- 
brino il  loro  capitolo  e  provvedano  coi  mezzi  a  loro 
proprii  e  specialmente  con  prudenti  nomine  de*  predi-j 
catori    e  confessori  all'estirpazione  dell'eresia  luterana 
che  serpeggia  ogni  dì  più  in  Italia. 

[Arch.  sccr.  Vatic.  Fateli  111  hrfv.  min.  a.  mdxliii, 
I,  26,  breve  208.] 

Dilectis  (ìliis. 

Dilecti  filli, salutem  Cum  instigaote  Saihanaliiihcranahcresis(qui 
doicnter  referimus)  quotldie  pullulet  per  Italiani  et  alias  pr 
vincias{l)  atque  eius  mali  causa  a  verbum  Dei  praedicantibi 
qui  venena  huiusmodi  in  miseros  auditorcs  spargunt,  plerunque 
procedat,  ideo,  filii  dilectissimi,  convenientibus  vobis  in  unum  ut  ca- 
pitulum  generale  vesiri  ordinìs  de  more  celebretis,  inter  catterà  ad 
offidum  vestrum,  ad  Dei  honorem,  ad  animarura  salutem  pertinentia 
hoc  In  primis  curandum  et  omni  opera  satagendum  vobis  est,  ut 
sÌQgulos  vestri  ordlnis  quos  verbo  Dei  praedicando  et  confcssionibus 
etiam  audiendis  pracficere  cons\ievistis,  diligenter  escutìatis,  illorum- 
que  famam,  sensus  et  voluntates  sedulo  perscrutemini,  et  quos  hac 
heresi  infcctos  a  ut  de  ea  quomodolibet  suspectos  cognoveritìs,  ab 
ofìiLio  prfdicationis,  et  confessionum  audiendarum  penilus  amovea-^| 
tis,  immo  etiam  canonica  poena  tanquam  morbìdas  oves  ai!ìciatis,V 
ne  sanas  inficiant,  et  in  eorum  locura  ìUos  subsrituatis,  qui  hac 
suspitione  omnino  careant,  bis  vero,  quos  substituerltls  vel  alias  dc- 
putavcritis,  certam  formam  ac  normam  praescrìbatis,  quam  egreJl 
in  pr<^dicando  non  possint  ;  dcniquc  talcm  in  hoc  provideatis»  cU' 
ramque  adhibcatis  ita  sollicÌLtm  ac  dilìgentem,  ut  deputatoruni  2 
vobis  peccatum  culpa  vestra  non  sii,  utque  nobis,  qui  cum  nostrìs 
praedecessoribus  haec  officia  praedicandi,  et  confessiones  audiendi  in 
vestro  ordine,  et  aliìs  tunc  bene  utentibus  libenter  hactenus  manerc 
permisimus,   nunc  vobis  et  aliis   ab  utentibus,  necessari  um 


1 


(1)  Le  parol«  ipuieggiate  lono  cancelUte  aclU  minnu. 


non    sitfl 


'Z)oc.  Vai.  contro  V eresia  luterana 


391 


fRcia  ad  alios  melìus  usuros  transferamus,  Sed  hacc  vestrae 
admonendae  gratia  a  nobis  dieta  sint,  non  quod  de  sioce- 
ìvcrsali  vestri  ordinis  dubiiemus,  sed  tamen  si  haec  cura 
srtiain  ìnìtio  hutus  mali  fuisseta  nobis  et  alils  adhibìta, 
:c  tara  perìculose  non  laboraremtis.  Vester  igitur  ordo  scraper 
lolicae,  sanctaequt:  Ecclesiac  defensor  ab  his  zizaniìs  prac- 
repurgandus  vobls  est,  ut  solito  splendore  niteat,  utquc  non 
lo  capitulì  habendi  tempore,  verum  etiam  postea  assidua  et 
L  invigiktìs,  uti  deputati  a  vobis  ad  utrunque  ofBcium  tllud 
*c  pie  iuxta  sensum  universali?  Ecclesiae  exerceant,  et 
que  hereticas  opiniones,  nec  rccipiant  ipsi,  nec  aliis  sua  ve- 
opinent.  Q.uod  si  qui  in  hunc  errorem  labantur,  statini  a 
ripiantar  ac  debite  puniantur,  ut  ipsorum  poena  alJis  tran- 
»emp!um.  Atque  ut  haec  efficaciter,  sicut  vestri  est  officiì, 
vos  hortamur,  monemus,  et  io  vlrtute  sanctac  obedientiae 
tolica  vobis  scripta  pr^cipimus,  acrius  provisuri  ni5i  fcccritis. 
Bononiae  &c.  jo  martii  154},  anno  9". 
te  dilectjs  filiìs  Hieronjmo  SeripanJo  priori  generali,  ac  dif- 
is  et  vocalibus  cetcrisque  ordiois  eremitarura  sanai  Augu- 
capjtulo  generali  dicti  ordinis,  Romae  proxime  celebrando, 
indis. 

le  dilectis  filìis  raagisiro  generali  ac  diffinitoribus  et  vocalibus 
le  ordinis  niinorum  conventuaijum  in  capituto  generali  dicti 
Anconae  proxime  celebrando,  congregandis. 
le  dilectis  fìliis  rectorì  generali,  diffinitorìbus  ceterisque  ca> 
regularibus  congregationis  Lateranensis  in  capìtulo  generali 
congregationis,  Placentiae  proxime  celebrando,  congregandis. 
le  dilectis  fìlijs  priori  provinciali  ac  diffinjtoribus  provjnciae 
e  Lombardiac  ordinis  pr?dicatorum  capitulo  provinciali, 
celebrando,  congregandis. 

le  dilectis  filiis  priori  provinciali  ac  diffinitoribus  provinciae 
e  ordinis   pr^dicalorum   in    capitulo   provinciali  eorura,   in 
Pisarum  proxime  celebrando,  congregandis. 
:apitula  provlncialìa  congregatìonum,  die  convenientìbus  &c. 
ilum  provinciale  vestrum  celcbretis. 
ardinalis  Guidìoionus. 
runt  etiam  cardinales  sancte  Crucis,  Crescentius  et  sancii 


Bios. 


392  ^.  fontana 


Lxxxirr. 

1543,  23  maggio.  Pene  e  scomuniche  a  quei  canonia  e 
chierici  della  chiesa  di  Verona  che  non  vogh'ono  sot- 
toporsi agh  statuti  stabiliti  dal  loro  vescovo  Matteo 
Ghiberti. 

[Loc.  cit.  II,  27,  brrve  316.] 

Venerabili  fratri  Joanni  Maiheo  episcopo  Veronensi 
Paulus  papa  HI. 

Vcnerabilis  fratcr,  salutem  &c.  Cum,  sicut  nuper  non  sinc  animi 
nostri  displicentia  intellcxìmus,  ea,  quae  tua  fraiemitas  circa  vitae  et 
moruin  ac  habitus  tara  canonìcortim  tuae  Ecclesiae  quam  aliorum 
clericorura  totJus  cleri  libi  subìccti  honestatem  et  cultum  eiiam  ex 
nostra  iussione  ac  voluntate  salubritcr  statuii  et  ordinavit,  a  nonnullis 
ex  clero  huiusmodì,  praesertìm  dictae  tuae  Ecclesiae  canonicis  in 
pemiciosissimuni  secularium  personarum  scandalum  et  excmplum 
negligamur  et  iranseant  in  abusum,  nos,  si  unquam  nostne  consi- 
derationis  circa  simìlia  direximus  intuitum,  hac  certe  tempestate  h 
solertius  invigìlandum  a  te  ac  nobis  esse  existimamus.  Eaproptcr  ^| 
constìtuiioncs  seu  statata  per  te  hactenus,  ut  praefertur,  condita  et 
quae  a  te  temporum  et  morum  qualitate  pensata  condì  et  ordinari 
contingct,  quatenus  tamen  illa  sacrìs  canonìbus  et  ìibcrtati  ecclesia-  ^| 
sticae  non  sint  contraria,  prò  illorum  subsistentia  primiori  auctori- 
tate  apostolica  tenore  praesentium  confirmamus  et  approbamus  illisque 
perpetuae  apostolicae  fimiitatis  robur  adiicìmus.  Et  nihilominus  cum 
frustra  constitutìones  et  statuta  huiusmodi  condantur,  nìsi  sint,  qui  iJla 
executioni  mandari  procurent,  fratcmitati  tuae  apostolica  auctoritate 
ac  in  virtute  sanctae  obedìenttac  tenore  praesentium  praecipìmus  et 
mandami»,  ut  constitutìones  et  statuta  praedicta  ab  omnibus  tata 
canonicis  quam  rcUgiosìs  tui  cleri  huiusmodi  personìs  cuiusvis  di- 
gnìtatis  et  qualitatis  exìstentibus  sub  suspensionis  a  divinìs  ac  excom- 
raunicationis  latae  scntcntiae  alilsquc  ecclesiasticis  sententìis  cen- 
suris  et  poenis  etiam  pecuniariis  tuo  arbitrio  modcrandls  necnon 
privatìoDÌs  quoruracunque  bcnefìciorum  ecclcsìasticorum,  qtiae  ob-j 
tinent  et  ìnhabilitatis  ad  ilU  ac  alia  per  eos  obtinenda  dieta  aucto- 
ritate nostra  mandes  et  facias  firmiter  et  inviolabìliter  observari, 
contradictorcs  et  rebelles  per  poenas  et  ccnsuras  praedictas  et  alias. 


I 
1 


*Z)oc.   Vai.  contro  ^eresìa  luterana 


de  quibus  tibi  visum  fuerit,  compe^ccndo,  invocato  etiam  ad  hoc,  si 
opus  fuerii,  auxilio  brachii  secuhris  Nos  enira  irritum  et  inane  qiiic- 
quìd  secus  super  his  a  quoquam  quavis  auctoritate  sciente  vcl  igno- 
ranter  contingerit  attemptari,  et  ita  per  quoscunque  ìudices  iudicari, 
sublata  cis  et  eorum  cuilibet  alitcr  iudìcandi  et  interpretandi  facilitate, 
deccmimus.  Non  obsiantibus  praemissis  ac  quibusvis  apostolicis  nec- 
non  in  provincialibus  et  sinodalibus  concili^s  edltis  generalibus  vcl 
specialibus  constituiionibus  et  ordinationibus,  privileglis  quoque  et 
indtiltis  ac  litieris  apostolicis  etÌAm  a  tua  ordinaria  ìurisdictionc  forsan 
ex'mentibus,  caeierisque  contrariis  quìbuscunque.  Daium  Bononie, 
.XXlli.  maii   1)43,  anno  nono. 

Feci  verbum  cum  Sanctissimo  Domino  Nostro  et  Sanctitas  Sua 
fuìt  contenta. 

F.  Thomas  car.K»  S.  Silvestri. 

Bios. 


Lxxxrv. 

1544,  IO  gennaio.  Al  vicario  del  vescovo  di  Reggio  perchè 
arrestino  e  processino  Giovanni  da  Milano  già  canonico 
regolare  di  s.  Agostino,  ora  facinoroso  e  vagante  in 
veste  di  eremita. 

[Loc.  ctt,  a.  MDXLiv,  1,  29,  breve  34.] 

Dilecto  tilio  vicario  venerabìlis  fratris  episcopi  Regiensis 
in  spiritualibus  generali. 

Dilecte  fili,  salutem.  Relatura  est  nobis  Joannem  de  Mediolano 
diro  canonicum  regularem  s''  Augustini,  nunc  vero  in  habìru  aere* 
raitae  extra  ìllara  congregationem  vìventera  et  vagantcm  nonnulla 
pessima  facìnora  perpetrasse.  Quamobrem  cupìentes  huius  rei  vcritatem 
indagare  tibi  in  virtute  s^  obedientiae  mandamus,  ut  dictura  Joannem, 
ubicunque  in  civitate  et  ista  diocesi  Rcgiensi  repcrtus  fuerit,  capì, 
et  ad  instantìam  nostram  carcerìbus  detioeri  cures  et  facias,  atquc 
super  dictis  cxcessibus  examines,  et  processum  usque  ad  scnientiam 
[cxcjlusive  formes,  et  ad  nos  sub  tuo  sigillo  clausum  transmittas, 
super  quo  quodquam,  si  opus  fuerit,  auxilium  brachii  secularis  ad 
hoc  invocare,  ac  quibus  et  quoties  oportuerit,  ne  te  in  hoc  impediant, 
sub  censuris  et  pcnis  ccclesiastìcis  tibi  visis  inhìbere  atque  Joannem 
praeviìs    suffitientibus    inditiis,  tamen  absque  irregularitatis   incursu 


394 


*B.  fontana 


torqucre  ccteraque  in  his  necessaria  et  quomodolibct  oportuna  Cacere 
et  excqui  possis  et  valeas  pietiam  tibi  concedimus  fscultatem.  Non  ob« 
stant'bus  constitutionibus  et  ordinationìbus  apostoUcis  ceterisquc  con- 
truriis  quibuscuuque.  Datum  Rome,  jl  ianuarii  1544,  a.nno   xo^. 

Bios. 


LXXXV, 

1544,  28  marzo.  Ai  Benedettini  Cnssinesi,  che  celebrando 
il  capitolo,  in  vista  dell'eresia  luterana,  purgliino  e  ri- 
muovano i  membri  tra  di  loro  infetti  usando  grande 
circospezione  nelle  elezioni  dei  predicatori  e  dei  con- 
fessori. 

[Loc.  ctt.  breve  206.] 


Dilect'S  filiis  presidenti  et  diffinitoribus  congregationis  Montis  Cassì- 
ncnsis  ordinis  s»«  Benedicti  in  proximo  eorum  generali  capitalo 
congregandis. 

Dilecti  filii,  salutem.  Licet  de  sinceritate  vestrae  congrcgationis 
non  dubitemus,  tamen  cum,  lutheranatn  et  alias  hereses  multis  in  locis 
suboriri  ac  serpere  anlraadvertentes,  aliis  ordinibus  regularibus  pr?- 
ccper'mus,  ut  suos  quique  religiosos  d'iìgcnter  excuterent,  caverentque 
ne  heret'ca  aliqua  Impietate  Imbutos  aut  pr^dicaiionìbus  a  ut  confcs- 
sionibus  audiendis  prefìcerent,  sed  canonica  severitate  punirent,  né 
alios  jnfìccrc  possent,  ad  vos  quoque  scribendum  duximus,  vobis  in 
v'rtute  sanciae  obedientiae  pr^cipientes,  ut  in  proxìmo  et  subsequen- 
tiSus  capitulis  per  vos  cclebrandis  sedala  circunspectione  et  cura 
provideatis,  ne  quenque  vestrae  congrcgationis  heretica  aliqua  pravi- 
tate  intectum,  seu  de  ea  quomodolibet  suspectum  aut  legendi  aut 
docendi  aut  confessioncs  audiendi  officio  pr^ponatb,  quin  imo,  si  qui 
tales  rep<;rt:  fuerìnt,  debitis,  ut  decet,  penìs  iuxta  sacros  canones  et 
vestra  statuta  eos  afliciatis,  sedulo  curantes  ut  vestra  congregatio 
quae  in  agro  Domini  tot  flores  virtutum  protulit,  solito  pietatis  can- 
dore nitedt  et  in  sua  puntate  conscr\'etur,  nec  nobis  necesse  sìt  se- 
vcrius  super  hoc  providere.  Datum  Rome,  28  martiì  1544,  anno  10". 

Bios. 

ViJJt  cardìnalis  Sanctae  f. 


LXXXVL 

r544,  2  giugno.  Al  viceré  dì  Napoli  perchè  prenda  e  mandi 
a  Roma  il  minorità  Vespasiano  di  Agnone  stato  pro- 
cessato per  sacrilegio  dal  vescovo  dì  Albenga,  uditore 
generale  della  Camera  apostolica. 

[Loc.  cit.  II,  jo,  breve  346.] 


?Uecto  filio,  nobili  viro,  marchioni  Ville  Franche  viceregì  Neapolis. 

DUecte  fili,  sa.liitem.  Cum  nuper,  postquara  dilectò  Elio  Johanni 
Saptistc  electo  Albinganensi  Camere  nostre  apostolice  generali  audi- 
ori  ex  processibus  contra  iniquitaiis  fìlium  Vespasianum  de  Agnone 
Bfdtnis  minorura  prot'essorem  ex  Jucatu  Trivcntino  onundum  vaga- 
>undum  formatis  et  coram  eo  per  dilcctum  filium  CamìUum  Mitua- 
Jum  fisci  nostri  procuratorem  productis  ac  per  eum  dìligenter  exa- 
minati*  de  sacrilegio  et  quamplurimis  aliis  atrocibus  et  horrendis 
Criminibus  per  eundem  Vespasianum  perpeiratis  per  sufficientia  in- 
dicia  constiterat,  ipsc  auditor  de  mandato  nostro  sibi  desuper  facto 
mandatum  ad  capicndum  prcfatum  Vespasianum  relaxandum  duxerit 
et  rela.xaverit,  nos  prcmissis  ad  plenum  informati,  prefatis  et  aliis 
5iturìs  pervcrsis  actibus  ex  debito  pastoralis  officii,  quo  cunctis  in 
iustitia  astringimur,  occurrere  ac  excessa  et  dclicta  huiusmodi  debita 
correctione  compesci  cupientes,  nobilitatem  tuam  hortamur  et  attente 
fequìrinius,  ut  prefatuni  mandatum  in  omnibus  et  per  omnia  iuxta 
iUius  tenorem  executioni  debite  dcmandari  ac  prefatum  Vespasianum 
in  locìs  dìcti  regni  Neapolìtanl  coramorantem  per  tuos  officiales 
Capi  et  detincri  ac  illum  sic  captura  et  detentum  sub  fida  custodia 
M  Romanam  curiam  adducere  et  prefato  auditori  consìgnari  pcr- 
mittas,  mandes  et  facias,  ut  super  hìis,  prout  ipsius  Vespasiani  ex- 
cessus  et  delieta  exegerint,  de  opportuno  iusiicie  remedio  provideri 
possit.  Q,uod  tua  nobilitate  dignum  nobisque  pergratum  crit,  non  ob- 
«aotibus  6cc. .  .  .  Datum  Rome  apud  s.  Petrum,  secunda  iuniì  iS4t. 
anno  10°. 

M-  cardin.'»  Crcscentius. 
Bios. 


S96 


'B,  fontana 


LXXXVII. 

1544,  31  luglio.  Revocazione  di  tutti  i  permessi  di  leggere 
e  ritenere  libri  luterani  ai  Benedettini  della  congrega- 
zione Cassi nese  ossìa  di  santa  Giustina  di  Padova. 

[Loc.  cit  30,  breve  504-] 


Dilectis  fUiis  presidenti  et  visìtatorìbus   congregationis   Cassìneosis 
alias  s^  Ju5tinac  de  Padua  ordinis  s^i  Benedicti. 

Dilectj  filli,  salutem.  Licei  no5  alias  dtversis  congregationis  vc- 
strae  prplatis  et  monachis,  quod  Lutheranorum  et  alias  prohibìtos 
libros  ad  effectum  illos  impugnando  apud  se  retinere  et  legere  pos- 
seni  tam  oraculo  vìvae  vocis  quam  per  nostras  aui  sacr^  Pfnitentìariac 
litteras  seu  alias  liccniiam  concesserìrous,  tamen  volcntes  in  hoc 
mature  ac  considerate  providere,  vobis  et  vestrum  cuilìbet,  qui  rao- 
nachorum  ac  pr?!atorum  eiusdcm  congregaiionis  plcnìorem  norttiam 
habeiis,  per  pr^scnics  comraiciiraus,  ut  dietim  per  nos  seu  a  nobis 
ad  id  auctoriiarcm  habenie?  conccssam  licentiara,  qmbusvìs  ve.<trae 
congregationis  professis  et  quomodolibet  concessa  $it,  in  totum 
rcvoctftis,  ac  sub  poenis  vobis  vbis  eisdcm  monacis  ac  pr^latis,  oc 
dictos  libros  Icgant  vel  tencant  inhibeatis,  prohibeatis  et  veietis.  Super 
quibus  omnibus  quodquc  contradiciores  vel  inobedìentes  debita  pena 
castigare  ac  punire  et  auxìUum  brachìi  sccularis,  si  opus  fuerìi, 
invocare,  cctcraque  necessaria  et  oportuna  facete  et  excqui  possiti* 
et  valcaiis  facultatera  et  auctorÌLUcm  vobis  et  vestrum  cuilibct 
concedimus  Non  obsuntìbus  praemìssis  jc  constiiuiionibus  et  ordi- 
natìonibus  apostoUcis  ac  dictae  congregationis  etiara  iuramento  con- 
firmaiione  apostolica  vel  quavis  finn  itale  alia  roboratis  suiutls  et 
constltutibnibus  ccterisque  contrariis  quibuscunque.  Datura  Rom? 
.ipud  s.  Marcum,  ultima  iulii  1544,  anno  io**. 

Ego  obtinui  hoc  breve  a  S.  D.  N, 

P.  card.»»»  Bembus. 

Fab.  episcopus  Spoletinus. 


I 


I 


Doc.  Vat.  contro  Veresia  luterana  397 


LXXXVIII. 

■45»  7   f's'^bmio.  Al  cardinale  di  Mantova  perchè  sieno 
*  processati  taluni  laici,  ì  quali  ancorché  ignari  di  lettere 
e  di  teologia  vanno  disputando  e  dubitando  delle  cose 
delia  fede. 

[Loc.  cit  a.  MDXLv,  I,  }2,  breve  72.] 

Cardinali  Mantuae, 

ilecte  6Ji  noster,  salutem  &c.  Accepiraus  nuper,  quod  cum  in 
civitaté  Mantuae  nonnuili  laici  etìam  liuerarum  et  sacrae  theo- 
logif  rudes,  artesque  mecjianicas  exercentes,  ausu  temerario  de  rebus 
td  6dem  catholicam  pertinentibus  deque  articults  fidei  et  S.  R.  £. 
sacris  instìtutis  non  solum  disputare,  sed  etiam  dubitare  auderentin 
«nimarum  suarum  pemicJera  et  grave  altorum  scandalum,  fuit  in 
hoc  a  circumspectione  tua  prò  boni  cardinalis  et  episcopi  officio 
opportune  provjsuna,  ita  ut  hoc  malum,  quod  si  fuisset  neglcctum  uU 
terius  serpere  et  progredi  potuisset,  tua  cura  ac  diligentia  metuque 
acriorum  poenarura  repressum  fuerit,  de  quo  eandem  circumspeciio- 
netn  tuam  laudamus  piuriraum  ut  dcbemus,  et  in  Deo  Domino 
commcndamus,  hortamurque  illam,  eisi  hortatione  in  hoc  sciamus 
non  egere,  ut  in  coepta  pietate  ac  vigìlantia  perse veret,  apostolica 
quoque  ci  auctoritate  iniungentes,  ut  per  te  vel  aliura  seu  alios,  a 
te  subdeputandos,  etiam  contra  clericos  seculares  et  cuiusvis  ordinis 
etìam  mendicanti  una  regulares  per  totam  civìtatem  Manluae  et  tuara 
dioccsim  Mantuanani  existentes,  et  ubkunque  tua  iurisdlctio  quo- 
modolibet  se  extendat,  ctìam  auctoritate  apostolica  exemptos  et  Sedi 
Apostolicae  immediate  subiectos,  super  crimine  heresìs,  et  an  eorutn 
aliqui  libros  hereticos  habeant,  legant,  et  opiniones  ab  Ecclesia  rc- 
probatas  ac  dannatas  ipsi  teneant  et  alios  doceant,  iuxti  canonicas 
sanctìones  diligenter  inquiras,  testes  rec-piaa,  culpabiles  et  suspectos 
capi  et  prfviis  indiciis  torqueri  facias,  processusque  desuper  usque 
ad  scntentiam  diffiniiivani  exclusivc  formatos,  tuo  sigillo  clausos  in 
forma  autentica  aJ  nos  iransmìtta*;,  ut  desuper  opportune  proviJere 
possimus.  Super  quibus  omnibus  et  singulia  eidem  circumspectioni 
tuae,  ultra  suara  ordinariam  et  alias  tìbi  a  Sede  Apostolica  attributas 
iurìsdictioncs  et  facultatcs,  quoscunque  testes  ad  perhibendum  veri> 
tatis  lestimomura  per  censuras  ecclesiasticas  et  pfnas  pecuniarias  tibì 
visas  compeUendi,  quosvis  citandi,  et  quaecunque  tìbi  ad  hoc  neces- 


398 


*B.  fontana 


sarìa  visa,  quibuscuoque  tam  laìcls  quanti  clerìcìs  et  cuiiisvis  ctiam 
mcnJicant'mtn  ordinis  regularibus,  quavis  dignitate  fulgentibus,  ctiam 
quoruodoUbel  exempds  et  Sedi  ApostoUcae  immediate  subiectis,  sub 
ccclesiasticis  ctiam  privationis  beneficiorum  ecclesiasiicorum  ac  dì 
gnitatum  et  officiorum  quae  obtìneat,  et  inhabilhads  ad  alia  obti- 
nenda  et  aliis  tibi  visis  poenis  auctorìtate  nostra  praedpiendi  et  impe- 
randi,  omniaquc  alia  desuper  opportjna  faciendi,  plenam  auctoritate 
apostolica  tenore  praescntium  concedimus  facultatem,  decemenie«i 
te  et  super  bis  deputandos  a  te,  si  ecclesiastici  etiam  beneficiali  fue- 
rint,  nullam  propter  huiusmod:  processus  criminales  ìncurrere  irre- 
gularitatem.  Non  obstantibus  constituiionibus  et  ordinationibus  ac 
privilegiis  et  litteris  apostolicis  quibusvis  monasterii  domibus  et  illorum 
orJinibus,  ac  quibuscumque  clericis  et  person's  ecclesìasticis  etiam 
exerapitonem  et  Sedi  AposioHcae  immedlaiara  subiectionem  huiusmodi 
continentibus,  etiara  marìmagno  nuncupatls,  per  dìctam  Sedem  quo 
modolibet  concessis,  confirmaiis  et  sepius  innovaiis,  quibus  ilioruffl 
omnium  tenores  etiam  si  prò  eorum  derogaùone  spccialis»  specifica 
et  individua  mentio,  non  autera  per  clausulas  generales,  fienda,  aut 
ìpsorum  integra  insertio  necessaria  esset,  ncc  nisi  certa  sensata  forma 
ìllis  derogali  posset,  prò  cxpressis  et  totaliter  insertis  habentcs,  ìtlis 
alias  in  suo  roborc  pcrmansuris,  hac  vice  duntaxat,  ita  ut  nuUatenus 
obsTcnt  ad  effectum  praesentium  specialicer  et  expresse  derogamus, 
caetorisque  cootrariis  quibuscumque,  seu  si  aliquibus  &c.  mentioneoi, 
Datum  Rome  apud  s.  Petrum,  die  7  februariì  1545,  anno  11°. 

Bios. 
Vidit  cardinalis  Sancte  f . 


LXXXIX. 


1545,  i**  maggio.  Al  doge  e  al  Senato  veneto  che  obbli- 
ghino il  capitano  e  podestà  di  Vicenza  a  concedere 
al  cardinale  Rodolfo  il  braccio  secolare  contro  i  Lute- 
rani, che  la  rivolta  contro  la  fede  è  eziandio  rivolta 
contro  lo  Stato. 

[Archiv.  apost.  Vatic.  Pauli  III  brev.  min.  a.  mdxlv,  II,  36,  breve  303.] 

Duci  et  Senaiui  Venetiarum. 

Dilecti    fili  &c.   Egimus  alias   vobìscum  et  per  litteras   et  per 
nuntios   nostros  sepius,  ut  heresim  luthcranara   in   vestra    civìtatc 


^Doc,  Vai,  contro  l'eresìa  luterana 


399 


Vkemiac  cxortam  et   a  non  paucis  illius  civiutis  reccptam    vestro 
favore  et  pia  iuslUia  succidi   facere  in  ipso  semine  velletìs,  ne  roox 
conhrmata  invaJcsccret  ;  intellcctoqvie  tunc  per  nos,  quod  potesiuti  et 
capitaneo    dictae    civitatis  mandaveratis,  ut    in  extirpaiionem    ipsius 
hcresis  totaliter  inienderent  ac  favcrent,  firmiter  spera vinius  vesiram 
aucioritatem  ita  valiiuram»  ut  negoiio  optaius  finis  atquc  exitus  cito  im- 
ponerctur;  cum  pr?sertim  dilectus  filìus  noster  Nicolaus  card.^l»  Ro- 
dulfus  ecclcsiae  Vicentinae   admmistraior  suo  boni   pastoris   officio 
nulla  in  parte  defuerit,  brachiumque  dictorum  potestatìs  et  capitanci, 
s'nc  quo  rem  pcrfìcere  non  poterat,  sepius  imploraverit.  Sed  tJmen 
(sìcut  nobis  Tclatum  est,  et  de  quo  «atis  mlrari  nequivimus)  effectu 
mandati  vestri  ac  spei  nostrae  ex  eo   caruìmus,  quod  ipsi  potestas 
«t  capitaneus  iussionem  vestram  diligenter,  sicut  oportebat,  cxcqui 
neglexerint,  ob    quod  ipsi   lierettci   alacriores  facti,  urgente   eorum 
gressus  di:^bolo,  radice»    suae  irapietatis  latius  postea   proiendcrunt, 
et  quottidie  ita  protendunt  ut,  nìsi  vere  ac  celerker  huic   m.ilo   ob- 
sistant,  verenduni  sit  ne  serpai  ad  proxima,  et  in  dicu  cìvìtnic  multo 
acHus  convalescat.  Quam  ob  rem  nobilitaiem  et  devoiiones  vesiras 
iterura  in  Domino   requirendas  duximus,   et  omni  studio    aique  in- 
stantia requirimus,  ut,  sicut  dignum  pietate  atque  officio  vestro  est, 
rt-mcdium  huic  malo  nimium   sane   tolerato   efficaciier  afferre,   po- 
testatiquc  et  capitaneo  in  dieta  civitate  nunc  existentibus  districiius 
mandare    velitis,  ut    vicario    dicti   cardinalis    administraioris    omnes 
favores   in  comprehendendis  puniendisque  dictis   hereticis  quampri- 
nmm  pr?beant  oportunos,ncglÌgentiamque  praecessorumsuorum  studio 
fideli  etdiligcntia  sua  compensent.  Nani  cum  vos  vestrorum  maiorum 
exemplo  religionem  catholicam  summa  constantia  semper  colueritis 
et  cobtis,  minime  est  vobis  ferendum,  vestros  subditos  in  cultu  Dei 
omnipotentis  a  vobis  deviare,   perniciosamquc  hanc  heresim  aperte 
profiteri  in  oculis  prope  vestris  et  universalis  concilii,  quod  Tridenti 
ob  has  precipue  hereses  expungcndas  indictum  et  apertum  est.  Nec 
vero  fugit  sapientiam  vestram,  quac  singularls  est,  pr^'tcr  eam  quam 
Deo  conservare   dcbctis  sicut  facitij  sanctam  catholicam  religionem 
tot  iara  scculis  per  vos  maioresque  vestros  observatam,  eliam  ad  di- 
visioiies   factìonesque   illius  civitatis  animadveriendum  esse,  ne,  ad 
veteres  h?c  nova  superaddìta,  causara  novitatìbus  aditumque  dcfectìo- 
nibus  aliquando    pr^beat:  cum   sicut  nostis   vel   hec   sola  religioni? 
dissensio  muhis  in  locis  obedientiam  ac  fidelitatem  excusscrit.  Kico- 
que  a  vobis  omnino  sananda  esset,  cum  hominibus  ftdeles  esse  non 
possint,  qui  Deo  omnipotenti  fidem  vìolaverint;  sed  prudcntia  vestra 
non  eget  monitis,  excitanda  solum  a  nobis  fuit,  ut  quod  laudabiliter 
ccpit  efficaciter  perfìcìat.  Quod  sane  nos  a  vestra  pietate  ac  iustilia 


'B.  fontana 


akinque  a  vobis   provisionem  in   hoc  adhi- 

m.  ooo  scium   nobis  non   sit    ulterius  ad   vos 

atd  maxime  l^tandum  vos   Dei  honori,  ani- 

■■m  iokStorum  saluti,  vestroque  officio  ac  nostro  de- 

•ptm   caosoluìsse,    qucmadmodum   hfc   eciam  plenios 

\j*  aosfier  cxplicibit.  Datum  Romae,  die  prima  raaH  i  ^46, 

Bios. 


xc. 


•1^0.  Al  duca  di  Ferrara,  che  l'eresia  lute- 
,  ^  iiu  ad  estendersi  in  Modena.  Principale  autore 
r,  X  ^  u^po  V'olentini;  lo  faccia  prendere,  che  facilmente 
li  AtnùOO  ì  suoi  complici  e  si  potrà  provvedere. 

[Loc  cit.  II,  35,  breve  313.] 
Duci  Fcmriae. 

.  .  ucbili»  vir,  salutera.   Relatura  est  nobis  quoJ  in  civiiate 

, .  ..»i\  luUierana  increbuit  «  quottiJie  nugÌ5  increbrcscil  et 

^^fj/^^^tiod^ac  huius  mali  author  et  ciput  fuit  et  est  iniquitatis 

^^ /^iyifgH*  Valcntini.  Q.uod  tuv  nobilitati,  que  insignì  pictate  est 

..  «rum,  et  nobis  merito  molestissimum  est.  Quaraobrcm 

wVAcntiura.  latorem    ad  te  tnittenJura  duxiraus,  te  ex 

c«  et  requirentes,  ut  prò  boni  et  cathoUci  ducis  ofncio, 

.M)^  et  sanctae  Ecclesiae  debcs,  proque  tua  et  malo- 

•««tfttc  ac   religione,   dictum   Philippum    statini    com- 

,■1]   enim  compresso   fa[cile]   nobis    ac    tibi    crit 

nupcs[cendi]   et  huic  malo  ctiara  providendi,  ci 

.fi  insuntiam,   eiusquc  Ubros  ac    Utteras  requiri» 

^x>u»  idem  lator  pr^cntium  tue  nobilitati  cxpUcabit, 

~|{^2llU  ^i-  2^  i^'^^i  >543>  Anno  .Xl^ 

Bios. 


VaL  contro  l'eresia  luterana 


401 


f 


XCI. 


giugno.  Si  conferma  al  nunzio  di  Venezia  e  ai 
ufficiali,  sebbene  costituiti  negli  ordini  sacri,  fa- 
di  procedere  contro  gli  eretici  fino  all'effusione  dì 
le,  mutilazione  di  membr:i  ed  estremo  supplizio, 

incorrere  in  pene  ecclesiastiche  o  irregolarità. 

[Archiv.  secr.  Vatic.  PauH  111  hrn\  min. 
a.  MDXLvn»  li,  59,  breve  542.] 

fratri  Joannì  archiepiscopo  Beneventano  in  dominio  Ve- 
li Dosiro  et  Apostolica  Sedis  cum  poiestate  legati  de  latcre 


bilis  frater.  Ut  tu  iuxu  alias  libi  per  nos  super  hoc  con- 
iltates  contra  hercticos  etiani  ad  sanguinìs  et  membrorum 
s  necnon  ultimi  supplici!  ac  degradationis  scntentìas  libere 
possis,  nec  meiu  incurrendae  irregularitaiis  retJirderis»  libi 
litorì,  inquisitori  lìscali,  notarlo,  et  cuicunque  alteri  officiali 
)ri,  quorum  opera  in  processibus  contra  eosdem  hereticos 
une  et  in  posterum  uteris,  ettam  si  tu  et  jlli  in  sacris  or- 
utituti  fueritìs,  ut  libere  et  sine  alicuius  p^n?  ecclesiastica 
irìtatis  ìncursu  contra  dictos  hereticos  procedere  ac  sen- 
im  sanguinis  et  matilationis  membrorum  ac  ultimi  sup- 
i  in  ecclesiis  iuxta  canooicas  sanctiones  ferre  et  promulgare 
lUamque  propterea  censuram  ecclesiasticam  aut  trregutari- 
a  incurraiis  auctoriiaie  apostolica  tenore  praesentìura  con- 
eque et  illos  a  praeraissis  p?nis  quatenus  de  preterito  eas 
«uctoritate  et  tenore  pracdictis  absolvimus.  Non  obstan- 
itutionibns  et  ordìnatìonibus  apostolicis  ceterisquc  contra- 
icunquc.  Datum  Romae  apud  s.  Marcuro,  23  iunii  15471 
no, 

posse  concedi.  M.  cardìnalis  Crcscentius. 


«cipi  pfnae  sanguints,  et  dici,  dumraodo  per  alios  feras. 


io  deità  R,  Società  romana  di itoria patria.  Voi.  XV. 


4oa 


'B.   fontana 


XCII. 

1547,  25  luglio.  Ordine  al  vicelegato  di  Romagna  di 
spegnere  l'eresia  luterana  od  altre  incipienti  ora  j 
Faenza. 

[Archiv  apost.  Vatic.  Pauli  III  bm:  min. 
a,  MDXLvn,  li,  59,  breve  636.] 

Dilecto  fìlio  Benedicto  de  Benedictis  clerico  Calliensi, 
notano  ac  in  provincia  nostra  Romaadiolae  vicelegato  nostro. 

Dilccte  fili,  saluiem.  Cura»  sicut  ex  fidedignis  non  sine  magn-i 
molestia  nostra  accepimus,  in  civiiate  nostra  Faventiae  lutherana  et 
forsan  aliae  herescs  pullulare  inccpcrint,  nos  volentes  prò  nostro 
officio  et  fidcUum  sccuritate  ita  pravum  scmen,  anicquam  profun- 
diores  radices  faciat,  exlìrpare  ac  Jelere,  de  tua  dìlìgentia,  virtutc  ac 
probitaie  confisi,  tibi  committiraus  et  in  virtute  sanctae  obedieniiac 
mandaraus,  ut  assumpiis  tecum  dilectis  filiis  Gregorio  de  Mantua  et 
Antonino  de  Leno  ordinìs  pr^dicatorum  professoribus,  de  quorum 
relligione  et  doctrina  valde  etiam  confidimus,  centra  quascunque  tam 
laicos  quam  seculares  et  cuiusvis  ordinis  regularcs  clericoa  dictae 
civitati5,  cuiusvis  status,  gradus,  ordinis  et  conditionis  existant,  ctiam 
si  cuiusvis  privilcgii  vigore  exemptì  et  Sedi  .Vposiolicae  immediate  su- 
biecti  sint,  vel  alios  superìores  habeant,  de  hercsi  quomodolibet  su- 
spcctos  auctoritate  nostra  ìuxta  sacrorura  canonura  dispositionera,  et 
alias  prout  tibi  videbìrur  inquiras,  et  proccssum  contra  cos,  etIam 
per  dctemionem  et  carcerationem  a  e,  si  sufficientta  ìndicla  pr^ces- 
serint,  ad  torturam,  usquc  ad  senientiam  cxclusive  formes,  et  ad  nos 
transmittas,  super  quo  quodquc  testes  qui  se  odio  aut  gratìa,  et^am 
timore  subtraxcrint  ad  perhibcndum  testimoniura  verìtatis  per  cen- 
suras  eccles'usticas  et  alias  tibi  visas  p^nas  cogere  et  compellerc,  et 
te  in  pr?missis  quomodolibet  impcdientcs  per  similes  censuras  et  p^nas 
appellatone  postposita  compescere  et  auxilium  brachii  secularis,  si 
opus  fuerit,  adhibere  ceteraque  necessaria  et  oportuna  facere  et  exequì 
possis  et  valeas  plenara,  amplara  et  liberam  tibi  concedimus  potè-  ^_ 
statem.  Mandaraus  dilectis  'filiis  conservatoribus  pacis  ic  boni  stattis  ^M 
dictae  civjiatis  sub  indignationis  et  arbitrii  nostri  p?na,  ut  tibi  in  ^f 
pr?raissÌ5  quatenus  et  quoiies  a  te  requirentur  assistant,  favcant  ci 
obediant.  Non  obstantibus  constitutionibus  et  ordìnationihus  apostolic 


^oc,   Val.  contro  l'eresia  luterana 


403 


ac  quorumvis  aliorum  inquisìtorum  deputatione  per  dictam  Sedem 
in  dieta  civiiate  forsan  faaa,  quam  pr9senti  nostra  commissione  du- 
rante suspendimus,  et  quorumvis  ordìnum  etiam  iuraraento,  coafirma- 
tiotie  apostolica  vel  quavis  firmiuie  alia  roboratis  statutis  et  consue- 
Ttidinibus,  privilcgiis  quoque,  iodultis  ac  littcris  aposiolicis  etiam  mare 
naagnum  et  bulla  aurea  nuncupatis  eisdcm  ordinibus  concessis,  con- 
firroatis  et  ìnnovatis,  quibus,  itlorum  tenores  pr^sentibus  prò  cxpressis 
habentes,  ad  effectura  prfscntium  Jerogamus  ceierisque  contrariis  qut- 
buscunque,  seu  si  aliquibus  &c.  meniionera.  Datum  Roraae  apud 
sanctum  Marcum,  25   iulii  1347,  anno  .xiii. 

Reverendissimi  domini  legati  concilii  desuper  scripserunt  et  do- 
minis  meis  reverendisslmis  deputatis  inquisitoribus  visum  fuii  sub 
hac  forma  expediendum. 

M.  cardinalis  Crescentius. 
Bios. 


xeni. 


1548,  1°  giugno.  Facoltà  al  coadiutore  della  chiesa  di  Ve- 
rona di  assolvere  coloro  che  avessero  letto  libri  lute- 
rani, o  dato  aiuto  agli  eretici,  purché  pentiti. 

[Archiv.  secr.  Vatic.  PauU  Ili  hrei\  min, 
a.  MDXLViii,  II,  42,  breve  349.] 

Venerabili   fratri  Aloysio  episcopo   Metonensi 
coadiuiori  ecclesiae  Veronensis. 

Venerabilis  frater,  salutem.  De  tua  probitate  ac  doctrina  confisi 
libi,  quod  per  le  vel  alium  omnes  eos  cìvitatis  et  tuae  diocesis  Ve- 
ronensis, qui  libros  tam  lutheranos  quam  aliorum  hcreticorum  ex  cu- 
rìositate  legerint,  aut  ìllos  penes  se  tenuerint  vel  ipsis  hereticis  cousi- 
!ìum,  auxilium  vel  favorem  pr^titerint,  dummodo  ex  corde  ad  sanctam 
matrem  Ecclesiam  redeant  et  vere  p^niteant  et  eis  iniungendara 
p^itentiam  adimpleant,  in  foro  conscìentiae  tantum  absolvere  possis 
et  valeas,  auctoritate  apostolica  tenore  praescntium  facultaiem  con- 
cediraus  et  impartìmur.  Non  obstantibus  consiitutionibus  et  ordina- 
tionibus  ac  lìtteris  apostolicis  etiam  in  die  cenae  Domini  legi  solitis 
ceterisquc  contrariis  quibuscunque.  Datum  Romie  apud  sanctum 
Marcum,  die  .vini,  iunii  1548,  anno  14- 

Blos. 


^^^5 


xav. 

Ak  caoBB  GtleoCBD  Hco  deUj  Mimnloa 
rìoino  £  Tomxxnso  StetU  re$coi9 
db  Minodola  per  esotpvti 


^§^  o 


Pfeo  cocaitì  MiraodoUe. 


beicsb^  qtaoJ  «d  mae 

credimus,  ordùumm 

LiSvciDncnsi  pi^scontOD 

fs  »fairefet  et  tuaorìLite  aasp. 

m  DeoDomlnol 

pcobitate  ce  i 

et  MDÌnutvm  ■ 

et  necessAtios  ùvora  i 

0|ptm  pr^ècK  vclis.  QooC  i 

AooepdMB  gì  gntoiBf  iictt 

blÌBS  iottifiget  Ditis_ 

&c  JQ.  aagOBti  I  (4S,  xnoo  14. 


xcv. 


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(Aidà^.  x£z;  Vjtk.  PmB  DI  kw.  a». 
».  mavim»  nU  4^  breve  $2t.] 


Vt 


É«c 


StdUe  cpfeoopo  LaveUincflii 


Gn,  skut  non  sxoe  mdlesiU  Mccpl-l 
ìs  <ioccsà$  ac  elas  dìtfrìciB 


^oc.  Vai,  contro  Veresia  luterana 


405 


tvis  iuther;inae  heresis  suspilio  vìgere  et  detegi  inceperit,  nos  vo- 
ntes  prò  nostro  officio  et  Dei  omnìpotentis  honore  providere,  ne 
lis  heresis  contagio  inibì  ulterius  serpet.  de  tua  doctrina,  virtute  ac 
irobitate  contisi,  tibi  quem  ad  iJ  commissarium  nostrum  deputa- 
lUS,  per  praesentes  mandamus,  ut  ad  dictam  terram  te  personaliter 
onferas,  et  super  praeraissis  omnia  adhibita  cura  ac  diligentia  in- 
tiiras,  et  prout  ubi  ad  ipsius  Dei  gloriam  et  honorem  ac  animarum 
Jutera  cxpcdire  vìdebitur  provìdeas,  nos  enim  tibi  quod  in  prae- 
issis  summarie  simpliciter  ac  de  plano  et  sine  strepitu  ac  figura 
udicii  procedere  et  rcpertos  suspectos  aut  quomodolibet  culpabiles, 
iam  ex  eo  quod  lutheranam  huiusmodi  seu  quamcunquc  aliam  hc- 
sim  et  ab  Apostolica  Sede  vel  sacris  conciliis  daranatum  errorem 
ontinentcs  libros  imprimere,  vendere,  emerc  et  legcre  quomodolibet 
aesumpserint  iuxta  canonicas  sanctiones  punire  et  castigare,  p^ni- 
ente3  vero  seu  ad  cor  reversos,  abiurata  hcresi  ac  satisfactione  exi- 
tìta  et  iniuncta  eis  prò  modo  culpae  p^nitentia,  in  utroque  foro 
ibsolvere,  et  testes  qui  se  odio,  timore  vel  gratia  subtraxerint  ad 
■hìbcndura  lestimonium  veritatìs  per  sententìas,  censuras  et  penas 
icdesiasticas  et  alia  oportuna  iuris  remedia  cogere  et  corapellere  et 
tuxilium  brachii  secularìs,  si  opus  fuerit,  invocare,  et  contra  quasvis 
►ersonas  etiam  regulares  quomodolibet  exempias  appellatione  remota 
orocedere,  ceteraque  in  pracmissis  necessaria  et  quomodolibet  opor- 
una  facere  et  exequì  possis  et  valcas,  facultatem  et  auctorìtatem  con- 
Bedimus.  Non  obstantibus  constJtutionibus  et  ordinatìonibus  apostolicis 
ic  quibusvis  exemptionibus  et  privi iegiis  quibusvis  quomodolibet  con- 
pessis,  quibus  ad  etìFectum  pracsentium  derogamus,  contrariis  quibus- 
bunque  seu  si  aliquibus  &c.  mentionem.  Nostre  autcm  intentionis  non 
tistit  gcneralibus  heretice  praviiatts  in  alma  Urbe  per  nos  deputatis 
iquisitoribus  eoruraque  iurisdiiioni,  quominus  etiam  ipsi  in  prae- 
Bissis  se  intromittere  possint,  per  easdem  praesentes  in  aliquo  pr^iu- 
Idum  gencrari.  Datum  Romae  apud  s.  Marcum,  .xi.  augusii  1 548, 
uno  14. 

Nomine  reverendissimorura  D.  D.  meorura  Sancte  -^  et  Famcsii 
lictum  fuit  Sanctiss.™  esse  conlentum. 

M,  cardinalis  Crescentius. 
Bios. 


40^ 


'B.  fontana 


XCVI. 


1548,  u  dicembre.  Al  nunzio  j  Venezia.  Che  il  processo 
formato  contro  Pier  Paulo  Vcrgerio  fu  trasmesso  ai 
cardinali  inquisitori,  ma  che  urge  che  sia  preso  il  Ver- 
gerlo e  mandato  a  Bologna. 

[Archiv.  apost.  Vatic.  Pauli  III  brev.  min. 
a.  MDXL vui,  ni.  45,  breve  814.] 

Dilecto  Alio  Joanni  electo  Beneventano 
cum  potcstate  legati  de  Uterc  Venetìls  nuntìo  nostro. 

Dilecte  fili,  saluiem,  Processura  per  te  et  venerabilcm  fratrem  pa- 
triarcam  Venetiarura  et  subdelegatos  a  vobis  ex  nostra  speciali  com- 
missione contri  venerabilem  fratrem  Petrum  Paaluni  Vctijeritim  cpi- 
scopum  Justìnopalitanum  formatum,  et  vestris  sigillis  obsignatuna  ad 
DOS  transmissura,  vcnerabilibus  fratribus  nostn's  sanctae  Romanae 
Ecclesiae  cardinalibus,  in  universa  republìca  Christiana  super  heresi 
inquisiiorlbus  gencralibus.  a  nobis  dcputatis,  examinanJum  Jedinaas. 
Cura  autem  dicti  cardinales  nobis  rettulerint,  ex  ipso  processu  ipsum 
P.  Paulum  episcopura  maxime  urgeri,  nos  moti  «ciò  honoris  Dei  et 
christianae  religioni?  ac  fidei  ortodoxae  volumus  ac  tibì  nundamus, 
ut  reccptis  praesentibus  ipsum  P,  Paulum  episcopum  omni  adhibita 
cura  ac  dilìgentia  capi  facias  et  sub  fida  custodia  ad  dilectum  fìllam 
nostrum  Hìeronimum  carJinalcm  Sanctì  Georgii,  in  provincia  nostra 
Roraandiolae  legatura  nostrum,  transmittas,  carceribus  dctinendum, 
donec  aliter  ordinaverìmus,  hortantes  dilectos  filios  nobilcs  vlros 
ducem  et  Scnatum  Venetiarum,  ut  prò  Dei  scrvitio  a  te  super  hoc 
requisiti  tibi  faveant,  omncmque  opera  et  operam  ac  etiam  brachii 
secularis  auxilìum  pr^ent,  quod  recipiemus  ab  eis  gratissimum.  Da- 
tura Romae  &c.   xi.  decembris  1548,  anno  15. 

Bios. 

Jo.  Pet«  episc.  Sabineosis. 


*Z>oc.  ^a/.  contro  l'eresia  luterana 


407 


XCMI. 

1548,  ir  dicembre.  Citazione   a    Roma  del  Vergerio  fra 
un  mese. 

[Archiv.  sccr.  Vaiìc.  PauU  III  brev.  mim. 
2,  MDXLvni»  in,  4j,  breve  81  $.] 

0) 

et  archicpisc Uni  Venetiis  nunclum  nostrum  contra  te  forma- 
turo,  magnai  elici  centra  te  indicla  heresis,  mandamus  tibi  in  virtute 
sancr^  obedìentiae  ac  sub  indignationis  nostrae  ac  suspensionis  a  di* 
vinis  pri%aiionÌ5que  regìminis  ccclesiae  Justinopoliianae  et  omnium 
benefìctorum  ecclesìasùcorura  quae  obtin<s  ac  inhabilitaris  ad  illa 
[ci  ajlia  quaecunque  in  poste[rum]  obtinenda,  nec  non  coofcssarorum 
criminum,  de  quibus  inquisìtus  appares,  ac  etìam  decero  milliura  du- 
catorura  auri  Camerae  nostrae  applicandorum  p?na  per  te,  nìsi  pa- 
nieris,  incurrenda,  ut  infra  unius  mensìs  spatiura  ab  intimatone  pr?- 
sentium  tibi  t'acìenda  corani  uobis  et  dictìs  cardinalibus  inquìsitoribus 
Ad  te  de  praemissis  eicusandum  scu  purgandum  personaliter  et  non 
per  procuratorera  ani  excusaiorem  coropareas  et  le  praesenies,  Aliter 
enim  centra  te  ad  declarationem  incursus  dictarum  p^narum  per 
ìpsos  cardinales  inquisitores  usque  ad  seotentiam  inclusive,  etiam  te 
aliter  nisi  ad  valvas  ecclesi?  principis  apostolorum  et  in  acìe  Campi 
Flore  non  citato,  procedi  facicmus,  et  ex  nunc  per  eos  procedi  man- 
daraus.  Volumus  auiem,  quod  si  persona  tua  commode  haberi  non 
poterit,  affixio  praesentium  litterarum  in  valvis  ecclesiae  Justinopoli- 
ianae, relieta  inibi  copia,  perinde  te  arctel  ac  si  ipsae  lìtterae  tibi 
personaliter  ìntimatae  et  praesentatae  fuisscnt,  quodque  de  ìllorum 

vel  praesentatìone. 

[Vi]» .  Jo.  Petrus  epìscopus  Sabtnensis. 


(t)  Il  foglio  che  ce&tieDe  questo  brevt  diigruituneate  è  mutilo,  nu  può  in  parte 
nppUrii  coi  brtva  che  segue. 


408  "B,   fontana 


XCVIII. 

1548,  II  dicembre.  Citazione  del  Vergerio  con  varianri. 
[Lo».>  cU.  breve  816.] 

ris ab  lì 

diu  agitatus  ac is    venerabilium   iratrura   nostrorum   S.  R.  E. 

cardmalium  per  universam  christianitatem  super  heresì  ìnquisitonim 
generaliutn  a  nobis  dcputatorura  dclatus  fuerit,  nos  volcntes  ut  ad 
ipsius  causae  expeditionem  prò  debito   iustitiac  tandem   devenìalur, 

mandamiis  tibi  in  virtuie (t)  fuìssent,  quodque  de  illorum  vel 

praesentatione  vel  affìxione  cuiusvis  notarli  publici  relationis  piena 
et  indubia  in  iudicio  et  extra  tìdes  adhibeatur.  Datum  Romac  Sec. 
.XI.  decembris  t^4Ì,  anno  15. 

Bios. 


XCIX. 


I 


1549,  i**  febbraio.  Ad  Annibale  Grìsonio  commissario  a 
Capodìstria.  Nei  processi  da  lui  coU  fatti  a  diverse 
persone  è  stato  nominato  il  Vergerio:  rediga  anche  il 
processo  di  tutto  ciò  che  fu  detto  di  lui, 

[Archiv.  «post  Vatìc.  Paulì  III  brev.  min. 
a.  MDX1.IX,  I,  44,  breve  85.] 

Dllecto  filìo  Annibali  Grìsonio  clerico  Justinopolìtano 
commissario  nostro. 

Dilecie  fili,  salutera.  Gratum  fuit  nobis  audirc  diUgentiam  et  ope- 
ram,  quam  aJhibuisti  in  negocio  inquìsitìonis,  quod  tibi  demandavi- 
mas,  teque  de  ea  commendamus  utque  constanter  et  cum  charìtate 
perseveres,  hortamur;  cumquc  intellexerìraus  in  dìvcrsìs  proccssìbus, 
quos  confecisti,  futsse  per  inquisitos  nominatum  venerabilem  fratrem 


(1)  Pro»egu«   identiMinentc  «1   breve  precedente   fino  «lU  paroU  «  paeccnutioac  •• 
Anche  qui  le  Ucune  tono  cagioiitie  d«llo  stato  mutila  della  ctrt*. 


^oi\   Val.  contro  Feresia  luterana 


409 


episcopum  Justinopclitarnim  tanquam  auctorem  ac  ina- 

ac  ac  malae   doclrÌnat\  volumus   ac   uhi    mandamus,  ut 

tclenus  contri  ipsum  Petrum  Paulum  episcopum  dictum 

Bccssura  redegas,  et  etiam  contra  eum  ad   ulterìora   inqui- 

proccdas  sacrorum  canonum  ordine  ser\*ato,  et   ad  nos  qujd- 

pereris  transmittas,  super  quo  qiuoscunqiie  clericos  [poe]nitenies 

,ii^uos  ex  commissione  nostra  procedere  poles,  ab  irregularitate 

ne  heresis  contraxerint,  ìniuncta  eis  prò  modo  culpae  p?- 

tlutari,  absolvere,  et  cum  cis  super  illa  dispensare,  omniaquc 

lissa  quomodolibet  necessaria  facere  possis,  auctoritatem  et 

auctoritate  apostolica  tenore  pr^sentium  concedlmus.  Non 

constiiutionibus   et  ordinationibus   apostolicis   ceterisque 

qaibuscunque.   Datum   Romae  &c.  prima  februarii   i  >49, 


Sfondratus. 


Bios. 


c. 

20  luglio.  Facoltà  al  Grisonìo  di  estendere  la  sua 
ichiesta  a  Conegliano  nella  diocesi  di  Treviso,  dove 
>no  non  pochi  sospetti  dì  eresia,  e  anche  nei  luoghi 
rconvicini. 

^^       [Archìv.  secr.  Vatic.  Patiìi  ìli  hrcv.  min. 
^F  a-  MDXLix,  III,  14,  breve  775  ] 


Dilecto  lìlio  Annibali  Grisonio  clerico  Justinopolitano 
commissario  nostro. 

[ecce  fili,  salutem.  Preterìtis  mensibus  per  alias  nostras  in  forma 
litteras  tibi  commisimus,  ut  tam  in  ci  vitate  Justinopolitana 
in  aliis  tunc  expressis  locis  contra  quoscunque  de  hcresi  quo- 
ìbct  suspectos  inquireres  ac  procederes,  alìaque  faceres,  prout  in 
k  Utteris  plenius  continetur.  Cum  autem,  sicut  non  sine  molestia 
accepimus,  in  oppido  Coniliani  Tarvisine  diocesis  locìsque  ipsi 
►  circumvicinls  nonnullì  sint  de  tps,i  heresì  suspectì,  volumus 
mandamus,  ut  etiam  contra  istos  iuxta  facultatem  libi  per 
3  nostras  lìrteras  predictas  attrìbutam  perinde  procedas,  ac  sì  de 
»  et  ei  circumvicinis  locis  huiusmodi,  ad  que  dictas  litteras  no- 
^tendimus,  in  eisdem  litteris  specialis  et  specifica  mentto  facta 


f  / 


*Z)oc.   Val.  contro  Veresia  luterana 


411 


CIL 


'So,  18  aprile.  Al  nunzio  a  Venezia  Ludovico  Beccatelli 
per  nuovamente  concedergli  di  procedere  contro  gli 
eretici  aache  fino  a  sentenze  di  sangue  e  capitali, 

[Archiv.  apost.  Vati  e.  juìii  III  hrgi\  min. 
a.  MDL,  I,  breve  322.] 

Q.uesta  minuta  è  desiderau  in  questa  forma  da  questi  ch.°"  s.^  et 
desidero  si  expedisca  (i). 

Venerabilis  fraler,  salutem  et  apostolic.im  benedictionem.  Ut  tu 
iuata  alias  tibi  per  nos  super  hoc  concessas  facultates  contra  here- 
tìco5  etkm  ad  sanguinis  ci  nierabrorum  mutilationis  nec  non  ultimi 
supplici!  ac  Jcgradationis  s enienti as  libere  procedere  possts,  nec  meiu 
tncurrcndac  irrcgulariiatis  rciarderis,  tibi  ac  tuis  auditori,  inquisitori, 
consiliariis  nec  non  et  assistcniìbus  et  laìcis  prò  tempore  depu- 
latis  seu  depuiandis,  fiscali  notario  et  cuicumque  alteri  officiali,  quo- 
rum opera  in  processìbus  contra  eosdera  hereticos  faciendis  nunc  ci 
ìa  posterum  uteris,  etiam  si  tu  et  illi  in  sacris  ordinibus  constiiuti 
fuerliis,  ut  libere  et  sinc  alìcuius  p?n?  ecclesiastice  vel  irregularitaiis 
incursu  contra  dìctos  hereticos  procedere  ac  sententias  etiam  san- 
guinis, et  rautilationis  membrorum  et  ultimi  supplivi!  etiam  in  ec- 
desiasticts  eccedendo  eiiara  canonicas  sanctiones,  prout  tibi  temporum 
malitia  et  delieti  qualit.is  exigere  et  necessarium  fore  vldebitur,  ferre 
et  promulgare  valeatìs,  nuUaraque  propterca  censuram  ecclcsiasti- 
cam  aut  irregularìtatìs  p^nam  incurratis,  auctoritate  apostolica  tenore 
pr^entiutn  concedi  mus,  teque  ci  illos  a  premissis  penis,  quatenus 
de  pryicriio  eas  incurrerìtis,  auctoritate  et  tenore  pr^dictis  absolvimus, 
non  obstantibus  constitutionibus,  ci  ordinationibus  apostoHcis  cac- 
terisque  contrariis  quibuscunque. 

Datura  Roraae  &c.  ,xvin.  aprilis  ijjo,  anno  primo. 

M.  cardinalis  Crescentius. 

Venerabili  fratri  Ludovico  Beccatello  episcopo  Ravellensi  in  do- 
mìnio Venetorum  nostro  et  Apostolìcae  Sedìs  nuntìo. 

Bios. 


(i)  QjiBSte  dui  righe  sono  ili  altra  mano. 


412 


*B.  Jontana 


CIIL 

1550,  29  aprile.  Proibizione  assoluta  e  generale  di  stam- 
pare, vendere,  comprare,  leggere,  ritenere  libri  ereticali: 
termine  perentorio  della  consegna. 

[Archiv.  secr.  Varie.  Julii  HI  divérsorum  a.  i  ad  \x 
(dei    Regesti   n.    1800),   p.    93  .J 

Inqiiisitores  B.  Lomellinus  (  1  ). 

Julius  &c.  ad  fiituram  rei  memoriam.  Cum  meditaiio  cordis  nostri 
ad  id  potissimuni  tendat,  ut  lides  caiholica  ubique  augeatur  et  floreat, 
ad  ea  libenter  ìmendimus,  per  que  omnis  ab  ea  declinandì  occasio 
toilatur.  Sane,  cura  sicut  nobis  nupcr  innoluit,  ex  faculiatibus»  que 
aliquibus,  ut  libros  hereticos  aut  de  fide  suspectos  etsi  ad  elTectum 
eorumdem  librorum  errores  refellendi  tenere  et  legere  possìnt»  ali- 
quando  concesse  fuerunt,  non  hii,  qui  sperabantur,  fnictus  haccenus 
provenerint,  quin  imo  diversa  incontinentia  subsecuta  sint,  nos  pre- 
missis  occurrere  et  christifidelium  animarum  saluti  consulcrc  cu- 
pientes,  motu  proprio  non  ad  alicuius  iiobis  super  hoc  obUte  pe- 
tilionis  instantiam,  sed  de  nostris  certa  scientia  et  matura  deliberaiioDe 
omnes  et  singulas  facultates  et  licemias  legendi  et  tenendi  libros  lu- 
theranos  aut  alios  hereticos  seu  de  fide  suspectos  quibusvis  personis 
cuiuscunque  status,  gradus,  ordinis  vel  conditionis  existcntibus,  epi- 
scopali vel  archiepiscopali  aut  alia  maiori  dignitate  ecclesiastica  seu 
seculari  preminentiu  prefulgeant,  inquisitoribus  seu  cqmmi&sariis  super 
heretica  pravitate  ab  Apostolica  Sede  prò  tempore  depuiatis,  durante 
ipsa  dcputatione,  duniaxat  cxceptis,  a  quibusvis  predecessoribus  nostris 
ac  nobis  ac  dieta  Sede  Apostolica,  seu  cius  Icgatis  etiam  de  latere,  aut 
maiori  peuitentiario  nostro  vel  quibusvis  aliis  sub  quibuscumquc  ver- 
borum  formis  et  expressioni  bus,  ac  cum  quibusvis  etiam  derogato- 
riarum  derogatoriìs  clausulis  irritantibusque  et  aliis  decretis  quomo- 
dolibet  etiam  motu  et  scientia  similibus  hactenus  concessas,  apostolica 
auctoritate  tenore  prescntium  revocamus,  irritamus  et  annullamus,  et 
prò  rcvocaiis,  irrìtis  et  penitus  infectis  quoad  omnia  habemus  e:  ab 
aliis  exequi  voluraus,  districtius  inhibentes  personis  prefatis  sub  acn- 
tentìis,  censuris  et  penis  contra  siraìles  libros  tenentes  aut  legentes 


I 


I 


(1)  Cosi  •  margine  nel  testo. 


^Zhc,  Vai,  contro  l*eresia  luterana 


413 


sk  sacris  canonibus  quam  a  nobls   et   Sede  Apostolica   hactenus  in- 
t^ictis  et  promulgatis,  ne  de  cetero  facultatibus  et  licentiis  predictts 
corum  pretextu  seu  alio  q  uomo  doli  bel  libros  prcdictos  aut  quoscunque 
alios  hactenus  reprobntos  aut  in  futurum  rcprobandos  tenere  aut  legere 
prcsumant,  et  ìnsuper  omnes  et  singulos  librorum  impressores  et  bi- 
blìothecarios  et  qujscunque  alias  personas»  libros  lutheranos  aut  hc- 
reiicos  seu  lutheranam  seu  aliam  falsam  doctrinara  in  se  continentes, 
vel  a  nobis  et  dieta  Sede  quomodolibct  reprobatos  ex  quavis  causa 
etiam  ex  nostra  et  diete  Sedis  speciali  lìcentia  seu  permissione  pcncs 
s«  habentes,  cuiuscunque  status,  gradus,  ordinìs  vel  conditionis   aut 
preminentie  existant,  etiam  si    ut    prefertur  pontificali  aut  alia  qua- 
lunque cliam  maiori  ecclesiastica  vel  mundana  dignitate  prcfulgeant, 
dictis  tnquisitoribus  et  commlssariis  ut  prefertur  exceptis,  dieta   apo- 
stolica auctoritate  et  carundem  presentiura  tenore  requìrimus  et  mo- 
netnos,  ac  eìs  et  eorum  cuilibct  in  virtutc  sancte  obedientic  et  sub 
icursu  hercsia,  ac  omnibus  contra  hereticos  de  iure  confectis  et  pro- 
lulgatls   tam  ecclesiasticis  quam   secularibus  sententiis,  ccnsuris  et 
lis  districte  precipientcs  mandjimus,  quatenus  infra  spatium  sexa- 
jinia  dierum,  a  die  publìcationìs  presenti um    modo  et  forma    infra- 
ilptis  fàctende  computandorum,  quarum  viginti  prò  primo  et  alias 
;ìnti  prò  secondo,  ac  rcliquas  viginti  dies  prò  tertio  et  peremptorio 
•nxtinc  ac  monitione  canonica  eìs  et  eorum  cutlibei  in  bis   scriplìs 
iignamus,   omnes  et  singulos   libros  lutheranos  aut    aliam    faham 
ictrinam  in  se  continentes  vel  a  nobis  et  dieta  Sede  quomodolibet 
^probatis  penes  se  ex  quavis  causa  etiam   mercature  et  ea  nostra 
eiusdem  Sedis  permissione  ac  licentia  etiam  speciali  ut  prefertur 
les  eos  existenies  inquìsitoribus  heretìce  pravitatis  in  civitatibus,  in 
libus  hbri  huiusmodi  existant,  consignasse  debeant  rcaliter  et  cum 
:ctu,  et  nihilominus  venerabili  fratri  nostro  Joanni  Petro  episcopo 
osculano,  Neapolitano,  ac  dilectis  filiis  nostris  Joanni  S.*'  Clemcntis 
Burgos,  ac  Marcello  S.'*  Crucis  in  Jerusalem,  Cervino  et  Francisco 
•  Anastasie  et  Sfonderato  nuncupatis,  prcsbiteris  cardinalibus,  in- 
|Uisiloribus  generalibus  per  Sedem  Apostolicam  deputatis,  per  apo- 
ilica  scripta  pari  motu  mandamus,  quatenus  ipsi  per  se  vel  alium 
alios  eosdera  rcquisitos  et  monitos  monitioni  et  mandato  nostris 
lìctis  non  parentes,  quos  bercsum  et  alias  senteutias,  eensuras  et 
las  prcdìctas  propter  non   paritionera  huiusmodi  incurrerc  conli- 
trit  ex  nunc  prout  ex  tunc  et  e  contra  hereticos  ac  sententiis,  ccn- 
iris  et  penis  prcdictis  irretitos  tamdiu  publìce  nuntient  et  faciant  ab 
<is  nuntiari,  donec  ipsi  omnes  et  singulos  libros  lutheranos  aut  alios 
lereticos  huiusmodi  inquisitorìbus  prefatis   in   civitatibus,  in  quibus 
tri  huiusmodi  ut  prefertur  existant,  consignaverìnt  et  rehabilitationis 


414 


*B.  Jorttatia 


grjtiam  obtinuerint,  contraJictores  per  censuram  eccltsiasiicara  ap- 
pellatione  postposita  compcsceudo,  non  obsiantibus  constitut'ooibus 
et  ordinationibus  apostolicis  contrariis  quibuscumquc,  aut  si  aliqu:bus 
communiter  vel  divisim  ab  eadem  sit  Sede  indultum,  quod  intcniici 
suspendi  vcl  excommunicari  non  possint  per  littcras  apostolicas  non 
facientcs  plcnara  et  expressam  ac  de  verbo  ad  vcrbum  de  indulto 
huìusniodi  mentionem,  Ceterum,  ut  premissa  omnia  ad  eorura  quorum 
interest  notitiam  dcducanlur  nullusque  de  eis  igiiorann'ani  luste  pre- 
tendere aut  se  legitime  excusare  possit,  volumus  et  dieta  apostoLicA 
auctoritate  decemimus,  quod  presentes  littere  per  aliquos  curie  nostre 
cursores  in  basilica  princìpis  apostolorum  de  Urbe  et  Lateranensi, 
dum  inibì  multitudo  populi  ad  divina  audienda  congregari  solet,  palam 
et  darà  voce  legantur  et  lecte  in  eanindera  basilice  et  ecclesie  va]v:5, 
necnon  io  porta  cancellarie  aposiolice  et  in  acic  Campi  Flore  affigaotur, 
ubi  ad  leciionem  et  notitiam  cunciorum  aliquaiiJiu  affixe  pendeant^  et 
cum  inde  amovebuntur,  earum  esempla  in  eisdem  locis  remaneant 
adìxa;  quodque  per  Icctionem,  affictionem  et  publicadonem  huiusmodi 
omnes  et  singuie  persone  sub  presentibus  comprehense  post  sexagjnia 
dies  huiusmodi  respective  ita  sint  obligate  et  stricte,  ac  si  eis  coram 
et  personaliter  lecte  et  publicatc  essent,  et  earuni  transumplis  masu 
notarìi  publici  subscrìptis  et  sigillo  alicuius  persone  in  dignitate  ec> 
clesiatica  constitute  muaitis  ea  prorsus  fìdes  adhibeatur,  que  presen- 
tibus  adhiberetur,  si  forent  exhibite  vel  osiense.  Volumus  autem  quoJ 
hi!  qui  libros  lutheranos  seu  alios  predicios  infra  spati um  et  terminum 
huiusmodi  dictis  inquisitoribus  consignaverint,  nisi  ipòi  alias  quatu  ex 
retentione  iibrorura  huiusmodi  heretici  seu  de  fide  suspecti  fuerint, 
eo  ipso  ctiam  absque  aliqua  desuper  hacienda  abiuratione  a  censurìs 
et  penis  propterea  forsan  incursis  in  utroque  foro  absoluti  sint  et  esse 
censeantur,  prout  nos  eos  in  eventuro  predictum  ex  nunc  prout  ex 
tunc,  duramodo  penitentiam,  quam  confessor  per  eos  eligendus  eis 
propterea  duxerit  iniungendam,  omnino  adimpleani,  absolvimus.  Nullo 
ergo  omnino  homini  liceat  banc  paginam  nostre  revocatioais,  irri- 
lationis,  annullationis,  inhibitionis,  requisì tionis,  monitionis,  mandati, 
decreti  et  voluntatis  infringere,  vel  ei  ausu  temerario  contraire.  Si 
quis  autem  hoc  attemptare  presumpserlt,  indignationem  omnipotentis 
Dei  ac  beatorum  Petrì  et  Pauli  Apostolorum  eius  se  noverii  incur- 
surum.  Datum  Rome  apud  s,*^^  Petrura,  anno  incamationis  donoi- 
nìce  millesimo  quingentesinjo  quinquagesimo,  tertio  kalendas  mai», 
pontificatus  nostri  anno  primo. 

I.  cardinalis  Puteus.  Pro  duplicato 

Collaium  Leo  de  Fano. 

G.  SalmoQ. 


Doc.  Vai.  contro  Veresia  luterana 


4») 


CIV. 

50,  29  aprile.  Perchè  molti  caduti  in  eresie  differiscono 
di  rientrare  nel  grembo  della  Chiesa  «  pubb'cam  poeni- 
«  tentiam  abhorrentes  »  concede  Tassoluzione  a  tutti 
gli  eretici  che  entro  tre  mesi  tt  corani  inquisitoribus  civi- 
«  tatum  in  quibus  ipsi  degunt,  se  personaliter  exhibue- 
«  rint  et  suas  haereses  coram  eis  privatim  abiuraverint, 
«  et  se  ad  poenitentiam  privatam  eis  per  dictos  ìnquisi- 
«  tores  iniungendam  adimpienduin  paratos  obtulerint, 
«  eamque  postraodum  cura  effectu  adiinpleverint  ».  Si 
escludono  da  questa  concessione  coloro  che  sono  sog- 
getti alla  Inquisizione  generale  dei  regni  di  Spagna  e 
Portogallo.  Coloro  poi  che  entro  il  termine  di  tre 
mesi  non  avranno  abiurato,  dovranno  essere  da  tutti 
denunciati  alla  Inquisizione  e  condannati  irremissìbil- 
mente. 

[Loc.  cit.  p.  96  r.**] 

quisitio  (inquisitores  prò  eìsdera  xM*  D.  supradictis  cardinalibus) 
B.  Lomdlinus. 

Julius  Ac.  Ad  futuram  rei  memoriara,  lllius  qui  misericors  et  mi- 

itor  existcns  (i). 

Rome  &c.  .mdl.  tertio  kal  mail. 


(i)  Qpcato  documento  è  pubblJc«to  od  BulUrimm  frtviltgitnm  ae  diplom^tum  R^m. 
tf,,  opera  «t  <ta4io  Caholi  Cocat-eLixes,  Home,  mihxxlv,  tomo  IV,  piirte  I,  |>  367. 
p.  tja  v'è  wi'ahr»  boli»  di  P»olo  \\\  che  fabblic*  nel  Portogallo  e  Algarbìt  1' «iio- 
ione  ài  Clemente  VU. 


4i6 


'B.  Jontana 


CV. 


1550,  18  marzo.  Esonazione  perchè  nessuna  podestà  tem- 
porale, sotto  alcun  pretesto,  neppure  per  pietà,  s'im- 
mischi nelle  cose  degli  inquisitori,  non  li  molesti,  o 
impedisca  nel  loro  ufficio. 

[Loc.  cit.  Julii  IH  Bullarium  secretum  a.  il,  6,  9,  e.  471 
(dei  Regesti  n.  1792).] 

Super  officio  inquisitioDis  centra  cos  qui  indebite 
se  io  eo  immiscenL  Roniolus. 

Julius  &c.  Licet  a  diversis  Romanis  pontihcibus  predeccssoribus 
nosn'is  et<am  per  specialcs  constitutiones  in  corpore  juris  insertas, 
fuerit  rìte  et  salubriter  saodtum  atque  dccretum,  ut  seculì  potestates 
et  domini  temporales  ac  provinciarum,  civitatum,  terrarura  et  locorum 
quorumcunque  rectores,  quibuscunqiie  digoiutibus  vel  officiis  aut  no- 
minibus  censeantur,  dtocesanis  episcopis  et  inquÌ5Ìtorìbus  heretice  pra< 
vicaiis  in  ipso  inquisitionis  negotio  faveant  et  assistant,  nemoque  ci. 
predictis  potesiatibus,  doraìnis  ci  rectoribus  eoruniquc  officialibus  de 
crimine  hcresis,  cum  mere  sit  ecclesiasticum,  quoquo  modo  cognoscJt 
vci  iudicet  neque  diocesano  episcopo  vel  inquisitori  ipsius  inquisitionis 
negotio  incumbcmi  se  opponerc  aui  ipsum  aliquatenus  impedire  vel 
inipcdicntibus  auxtlium  aut  favorcra  scienter  dare  audeat,  perpetue 
damnationis  scntcniia  in  cos,  qui  contra  prcdìcla  fecerint,  promulgata, 
quani  si  per  annum  animo  suslinucrìnt  pertinaci,  cxtunc  velui  herctici 
condemnentur;  usquc  adeo  tamcn  in  omnibus  fere  non  solum  IiaJic, 
veruni  etiam  aliis  provinciis,  civìtatibus,  terris  et  locis  compi urium 
laicorum,  ut  accepimus,  mundane  glorie  proccssit  ambìiiovel  sacrorum 
canonum  inscitia  vel  ecclcsiastice  discipline  contemptus,  ut  in  ani- 
marum  suarum  pemiciem  atque  interritum  diocesanos  episcopos  et 
ìnquisitorcs  a  Sede  Apostolica  instituios  inquisitionis  ofHcium  ejier- 
centes  alii  sub  iustitic  pretextu,  ne  ulli  scilicet  fìat  iniuria,  impedire, 
alii  vero  sub  pietatis  colore,  ut  sonics  scilicet  severius  puniantur,  se 
ipsis  diocesanjs  episcopis  et  inquisitoàbus  adiungere,  et  una  cuin  eis 
de  ipso  hcresis  crimine  cognosccre,  processus  formare  formatisquc 
suo  iudicio  submitierc  non  erubescant  Cui  sane  morbo  iam  nimis 
late  progredienti  solitam  ac  salutarem  Ecclesie  medìcinam  prò  nostra 
pastorali  sollicitudine  afferre  cupientes,  scculi  potestates,  dotninos 


i 


1 


ài 


*Z)oc.  Vai.  contro  feresia  ImUrama 


4«7 


•cixi|>onlcs  ac  pravÌDCÙnun,  óviUluioi,  temiuiD  CI  locomn  rectovcs 
supraJiaos,  Dccooo  q^uscaoHiiie  aSss  accalucs  pff^nias  tm  pei- 

^'tas  qui.(n  pnboco  4{iickv  iw<  i^  wb^cjiIcs  to^tnnflBQS  et  noocmos, 

*c    ei$  Jesxi  Chrisò  redempcom  oosm.  cnìc»  rices  Ucet  imoMiko 

gcriznus  in  tcms^  naoBÌDe  prec^mos  oc  diocffiaoc»  cpbcopo»  et  ìa- 

<luìsitores  ipsos  in  no  nqotfìdoa»  Bcgodo  oBo  bioiIo  iwpcnBjM  sai 

P^xTurbent,  ncque  se  in  heresis  crìmine  cognoscendo  rei  TOificaoAo, 

9uovì$  etiam  assistentic  et  favoris  colore,  cavsa  rei  occaÀooe,  nxn 

S'Jateous  ab  ipsis  diocesanis  eptscopìs  am  snqnìsxtonbus  spootaoca  et 

'(>era   eorum  voluntatc  faeriot  requisiti,  se  ingerasi,  ordiajkt)Ooe&,  prò* 

^  tsiocies  et  leges  quxscimque  de  ipsios  crimine  cognhione  latas  sacrìs 

^^anonibus  obsistentes  e:  ecclesiasucam  iuris«iiciionem   ìmpedientes, 

^'^^     mora  abrogent  et  dcleani,  prout  etiam  nos  ea$  omnes  ìnvalidas 

**Se    et  esse  decemimus  et  declaramus  ac  ex  none  prò  abrogatìs  et 

•^■^«-is  haberi  volumus  et   mapdamiis.  Qui  moDÌxis  hiis   nostris  non 

^^rnpcraverint  quique  scJcnter  in  predictis  coosìlium,  auxUium  atque 

*^*^*"cra  dederint,  noverint  se  non  solura  per  sacras  dictorum  prede- 

*^<:>Tum  nostrorum  constitutioncs,  veruni  ctiam  per  hanc   nostram 

"^^^tìonem   sive   scntentìara   et  declarationem  perpetuo  duraturaro, 

"•^^T-»^   auctoritate  omnipoteotis   Dei  ac  bcatoram  apostolorum  Pctri 

^  ■•^•auh  ac  nostra  in  ipsos  non  obtemperantes,  quacunque  lUi  pre- 

^  ^ant  dignitate,  in  hìs  scriptis  proferiraus,  communione  fìdclium  et 

I  ,^^^  *"*  ìum  ecdesiasticorum  sacramentorum  percepiionc  privatos  ac  ma- 

*<=^tioiiis  ac  execratlonis  eterne  vincalo   lìgatos   anathematìsque  et 

*■  *  <::iris  excommuni cationis  mucrone  pcrcussos,  ita  ut  nemo  unqoara 

l^  rcmissis  delinqucntes,  nisi  a  nobis  et  successoribus  nostris  cano- 

■^^^     intrantibus,  etiam   pretextu  quarumcunque  facultatum,  conces- 

^  ^~*  um  et  gratiarum,  eiiam   confessionalium  nuncupatarum,  etiam  a 

*^^^s  et  dieta  Sede  hactenus  cmanatarum  vel  imposterum  emanan* 

"Vim,  speciticam  et  expressam  ac  alias  quam  per  verba  gcneralia 

l'resentibus  litteris  nostris  menlionem  non  facientium,  preterquam 

^m  ^nortis  discrimine  absolvi  possìt,  quibus  etiam  censuris  ip$os  dio- 

^P  ^>anos  episcopo»  et  ìnquìsitores  sublacere  volumus,  sì  laicos  secum 

^^^  ^Dmodocunquc  de  ipso  crimine  cognoscere  aut  iudicare  permiserint, 

^    autcm  premissa  omnia  ad  eorum  quorum   interest  notitiam  de- 

^  ^-^cantur,  nullusque  de  eis  ignorantiam  iuste  pretendere  possit,  vo- 

^  ^riius  et  apostolica  auctoritate  decerniraus,  quod  presentes  littere  per 

^1        ^  «^ìiquos  cursores  nostros  aut  notarios   publicos,  in   basìHcc   principis 

^K         "^poslolorum   de  Urbe    et  ecclesie  Laleranensis  ac  cancellane   apo- 

^H  ^^oiice  valvis,  necnon  acie  Campi  Flore,ut  mori?  cst,publiweniur,earum 

^H  ^Xemplo  in  singulis  valvis  et  acie  huiusmodi  aflìxo  et  dimisso.  Nulli 

^^^^  ^t'go  omnino  hominum  liceat  hanc  paginam  nostre  requisitionis,  ad- 

^^^H  Archivio  delia  R.  Società  romana  di  tlaria  patria.  Voi.  XV.  37 


4i8 


Jontana 


monìtionis,  preceptì,  declarationis,  mandati,  prolationìs,  voluntatìs  et 
decreti  infringere,  vel  ei  ausu  temerario  contraire.  Siquis  autem  hoc 
attemptare  presumpserit,  indignatiooe  omnipoientis  Dei  et  beatoruni 
Petti  CI  PauU  aposiolorum  eius  se  noverit  incursurum.  Datum  Rome 
apud  sancium  Petrura,  anno  incarnationis  dominìce  millesimo  qaìn- 
gentesìmo  quinquagesimo,  quimodecimo  kalendas  aprili;,  pcntifìcatus 
nostri  anno  secundo. 

Pro  r.""^  D.  M.  cardinali  Crescentìo 
Jo.  Barengus. 

A.  L alata. 

evi. 

1550,  31  maggio.  Esortazione  al  duca  di  Ferrara  di  ese- 
guire ciò   che  dai  cardinali   inquisitori  è  stato  decre- 
tato contro  Pannino  Fannini,  eretico  recidivo,  e  ciò  che 
decretassero  per  estìnguere  l'eresia  ne'  suoi  Stati. 
[Loc.  cìL  }ulii  III  brev.  min.  a.  mdl,  li,  56,  breve  492  ] 

Duci  Ferrariae. 
Julius  papa  tcrtius. 
Dilccie  fili,  nobilis  vir,  salutera  &c.  Cura  vcnerabiles  fratrcs  et  | 
dìilecti  tilii  nostri  S.  R.  E.  cardinales,  super  otfitìo  inquisiiionìs  bv-i 
reticac  pravitatis  a  Sede  Apostolica  deputati,  quidam  contra  iniqui-  ' 
tatis  filium  Fanuinum  de  Fanninis  faventinum  hereticum  relapsum, 
5er\*atis  scrvandìs,  decreverint,  quemadmodura  particuUriter  a  latore 
pr?sentìum  informaberis,  hortaraur  nobìlitatera  tuam  io  Domino,  ut 
prò  tui  animi  religione  et  cathoUci  principis  officio,  tam  his  contra 
dictum  Fanninum  per  cosdem  cardinales  inquisitorcs  dccretis,  quana  ■ 
si  qu?  alia  iidem  cardinales  prò  expurgandis  ab  omni  labe  hcresis  f 
civitatibus  et  locis  tue  nobilitati  subiectìs  ordinaverint,  ut  ca  piene 
executioni  dcmandeatur,  pium  tuae  nobilitails  favorem  pr^berc  Dei 
et  nostra  causa  velis.  Facies  enira  rem  ipsi  Deo  et  nobis  vehementcr 
gratam  tibique  honorificara  et  populis  tuis,  ut  in  fide  catholica  con- 
serventur,  admodum  salutareni.  Datum  Rom?  apud  sanctum  Pe- 
trum  &c.  die  ultima  mai  i5$o,  anno  primo. 

Bios. 
A.  car.'*'  Burgensis  (i). 


fé- 

4 


(t)  L«  c«rt«,  su  cui  è  serittt  ^nu  minutA,  reca  U  (egueotc  fermola  ;  «  Expedlatnr 
•  breve  ni  docen  FcrnriM,  quo  moBMtur,  BiAadtndum  curet  exeqnutioai  ia  cau«a  Faiibìoì 


> 


1 


*Z)ot\   Vai    contro  ^eresia  luterana 


421 


,ctoritate  apostolica  alias  in  forma  Ecclesìe  consueta  absol- 
totaliler  liberandi,  et  ad  nostrum  et  eiusdem  Ecclesie  gre- 
:non  gratiam  et  bencdictionem  Sedis  Apostoli  ce  restituendi 
indi,  necnon  cum  ecclesJasticis  personis  super  ìrregularitate, 
isuris  huiusmodj  ligate  etiam  forsan  missas  et  alia  divina 
ebrando  et  ilHs  se  immiscendo  contraxcrint,  dispensandi,  ac 
nhabilitatis  e:  infamie  maculnm  sive  notam  per  casdeni  cc- 
is  et  alias  personas  premissorum  occasione  contractam  abo- 
ipsos  et  quemlibet  eorum  sic  absolutorum  ad  omnes  etiam 
presbiteratus  ordines  ac  altaris  rainisterium,  necnon  ad  be- 
:clcsiastica  cura  cura  et  sine  cura,  secularia  et  regularia, 
|ue  dignitatis  existant,  que  ecclesiastice,  necnon  honores  et 
,  que  seculares  ac  bona,  que  singule  persone  predicte  obti- 
t  alias  in  prisiinum  et  eum  statura,  in  quo  antea  quomodo- 
it,  restituendi,  reponendi  omniaque  et  singula  alia  in  pre* 
circa  ea  necessaria  seu  quomodoUbet  opportuna  gerendi, 
ti  cxequendì  plenam  et  liberam  auctoritate  predicta  tenore 
tn  auctoritaTem,  potestatcm  ei  facuiiatem  concedimus.  Sic 
lecte  fili,  hac  tibi  concessa  facultate  ad  ciusdeni  oranipo- 
i  honorem  et  animarum  salutem  efficactter  et  diligenter  uti 
,quod  per  sollicitudinis  luesolertiam  cathoUce  pietatìs  fructus 
it,  tuque  exinde  apud  Deum  et  liomines  valeas  non  imme- 
mcndari.  Datura  Rome,  .01,  iuliì  1551»  anno  sccundo. 
«•  dora  mcus  cardinalis  Verallus  dixìt  fuìsse  factum  verbum 
:gatione,  et  in  ea  conclusum  ut  expediatur  et  Sanctitatem 
ara  contentari,  prò  rev.'"<*  doni,"  raeo  D   M.  cardinali  Crc- 


Jo.  Larinensis. 


Gal. 


CIX. 

settembre.    Il  S,  Uffizio   di   Roma  costituisce  a 
ido\n  tre  persone  ad  inquisire  e  procedere  contro 
eretici,  che  pubblicamente  vanno  colà  spargendo 
)ro  dottrine, 
apost.  Vatic.  Juìii  IH  brev.  min.  a.  moli,  HI,  61,  breve  769.] 

Duci  Sabaudiae. 

te  fili,  nobilis  vir,  salutem  &c.  Superioribus  diebus  cum  dì- 
Lus  Bartholoraeus  Piperus  elcctus  MontJs  Regalis,  praelatus 


420  *B.  Jbntana 


CVIII. 

155 1,  3  luglio.  Facoltà  al  cardinale  Durante  J 
nella  città  e  diocesi  sua  di  Brescia  luterani  d 
tici  pentiti.  * 

[Loc.  cit.  a.  MDLi,  III,  61,  breve  568.] 

Dilecto  fUio  nostro  Duranti  basìlice  Duodecim  Afa 

presbitero  cardinali  De  Durantìbus  nuncopil 

Julius  &c. 

Dilecte  fìli  noster,  salutem  &c.  Ad  hoc  potissimum  I 
intendo,  ut  chrìstifidelium   animas   Deo  lucrìfaciaiii!ii.J 
sicut  accepimus,  quamplures  christifìdeles  in  civìtate  1 
Brixiensi,  qui  alias  operante  zizanìe  satore  et  huma 
lutheranas  et  diversas  alias  damnatas  et  pestiferas 
et  illis  infecti  fuerunt,  proprios  errores  et  excessus  ( 
inspirante  recognoscentes  ad  gremiura  Sancte  Matris 
desiderent,  nos  quibus  gregis  dominici  cura   et  univcnp 
desuper  commissa  sunt,  oves  gregis  huiusmodi  ab  erronn 
eripere  et  ìpsi   omnipotenti  Deo  acceptablles  reddere  to» 


422 


^.  fontana 


domesticus  noster,  quem  ob  eitis  sìnguUrem  probitatem  et  merita  s 
timo  amore  prosequimur,  nonnullorum  fidedignoTura  litteris  cent 
factus  esset,  quod  in  sua  civitate  et  diocesi  quidam    hcretici,   et     -^ 
orthodoxa  fide  abcrrantes,  bonos  perveitere  et  pemitiosuni  virus  sui»- 
non  occulte  modo,   sed   palarti   et  aperte  diffundere  conabantur,  e 
nisi  buie  nascenti  malo  occurreretur,  non   pan^a  pericuia  graviaqt^di 
incommoia  inde  subsecutura  nuxime  limebatur,  nomiullì  rcncrabii 
fr.itrcs  nostri  Sanctae  Romanae  Ecclesiae  cardinales,  in  universa  re-  " 
publica  Christiana  contra  hereticam  praviiatem  generales  inquisitorc5 
per  nos  deputati,  re  huiusmodi   ad    eos   delata,  ut  prò  summa,  qui 
praedìti  sunt,  prudentia   et  vigilantia  pestilentissimo  morbo  nondura 
conlìrmato  opportunum  remcdiam  adhibcrcni,  statim,  cura  per  se  U 
efficere  non   possent,   dilectos  hlios  archiJiaconum  ecclesiae   Moniis 
Regalis  et  vicarium  ipsius  Bartholomeura  in  spiriiualibus  generalem, 
ac  Vinccntium  de  Castro  Novo,  ordinis  praedicatorum  professorcm, 
ad  inquirendum  et  procedendum  contra  eiusmodì  hcreticos,  cum  fii- 
cultatibus  tunc  expressis  constituerunt,  sicut  ex  eorundem  cardinalium 
patentibus  litteris  latius  tibi  constabit.  Quamobrcm  et  si  non  dubi- 
tamus,  quin  nobilitas  tua  prò  sua  praestanti  religione  rem  hanc  omni 
pii  animi  studio  atque  officio  sit  amj^lexura,  tamen  cura  nobis  id  in 
primis  curae  existat,  ut  exitiosa  isu  semina  ex  agro  Domini  penitus 
evellantur,  ipsam   hortandam  censuimus,  ab  ea  studiose  petcntes  nt 
eisdem  ad  hoc  tam  sanctura  et  laudabile  opus,  ut  praefertur,  depu- 
tatisi quoticscunque  ab  eis  requisita  fuerit,  tua  auctoritate  favere,  et 
si  res  tulerìt,  sic  br;ichiì  milìtaris  auxilium  a  suis  ministris  et  raagi- 
stratibus  exhibcri   Tacere  velit,   ut   errore    lapsi  ad  veriutis  viam   et 
catholicae  Ecclesiae  gremiura  revertantur,  pcrtinaccs  vero  et  nefarii 
homlnes  debitis  penis  puniantur.  Id  si  feceris,  quemadmodum  perpetua 
tua  erga  nos  et  hanc  Sanctam  Sedem  devoilo  atque  observantia  nobis 
poUiceniur,  ac  te  facturum  prò  tua  cximia  pieiatc  confidimus,  feceris 
piane  rem  to  dignam,  populis  tuis  apprìmc  salutarein,  nobis  autem  post 
Deum  omnipotcntcm,  de  cuius  causa  agitur,  magnoperc  gratam:  sed 
tam  isu  quam  nonnulla  alia,  quae  libi  super  possessione  et  fructibus  ■ 
monasterii   Sancti   Dalmatii  de   Burgo  oppidi   Cunei  tibi  referenda  ■ 
mandavimus,  exponct  nobilitati  tuae  prolìxius  Robertus  Clarìus  ve- 
ncrabilis  fratris  episcopi  VerccUensis  familtaris,  cui  has  ad  te  dedimus. 
Datura  Romae  apud  sanctum  Pctrum  &c.  Die  ,v.  septembris  1551, 
anno  secundo. 

Pro  reverendissimo  domino  meo  domino  Mfarco]  cardinali  Cre- 
scentio. 

Joannes  Larincnsis. 
Rora. 


I 


*Z)oc.  Vai.  contro  V eresia  luterana 


423 


ex. 


[552,  23  gennaio.  Conferma  della  nomina  a  commissari 
che  per  ovviare  all'eresia  nata  nel  ducato  di  Ferrara 
il  S.  Uffizio  vi  ha  fatto  nelle  persone  del  cardinale  Fran- 
zini e  del  teologo  domenicano  Girolamo  da  Lodi.  Il 
simile  pei  commissari  nello  Stato  di  Firenze. 

[Loc.  cjt.  a.  MDLii,  I,  6j,  breve  55.] 
Apertum. 

Venerabili  fratri  Pranzino  Michacli,  episcopo  Casalensi,  et  dilecto 
filio  Hìeronimo  de  Laude  ordinis  pr^dicatorum  et  theologiae  pro- 
fessori comraissariis  nostris,  salutem.  Cum,  sicut  acccpimus,  venera- 
bflis  frater  Joanncs  Petrus  cpiscopus  Tusculanensis,  et  dilecti  filli 
nostri  Rodulphus  Sanctae  Mariae  trans  Tyberim,  et  Joanncs  Sancti 
Pancratii  Compostellanemis,  ac  Marcellus  Sanctae  Crucis  in  Hieru- 
salem  liiulorum  presbiteri  Sanctae  Ronunae  Ecclcsiac  cardìnales,  per 
universam  rempublicam  christìanam  contra  hercticam  praviutcna  in- 
quisiiores  generaks  a  nobis  et  ab  hac  Sancta  Sede  Apostolica  spe- 
cìaliter  deputati,  postquam  intellexerant  pestìfcrum  scracn  hcresis  in 

IUCivitate  ac  diocesi  Ferrariensi  et  in  non  nullis  aliis  locis  domimi  di- 
Ijccti  filiì  nobilis  viri  Herculis  ducis  Fcrrariac  pullulare  cepisse,  vo- 
'Icntes  prò  eorura  officio  illud,  antequam  validiores  faceret  radices, 
.quantum  in  eis  erat,  estirpare  ad  Dei  omnipotentis  servJtium,  ca- 
^olìcae  fidei  conservationem  et  animaruni  salutem,  de  vestra  do- 
ttrina, probitate,  fide  ac  legalitate  plurimum  in  Domino  confisi,  vos 
«orum  commissarios  in  ci  vitate,  diocesi  ac  toto  domìnio  pr^dictis 
constitucrint  et  fccerint,  concedentes  vobls  ut  in  eo  negodo  contra 
quoscunque  de  heresi  quomodolibet  suspectos  corumque  fautore» 
usque  ad  senteniiara  inclusive  perìnde  procedere  possetis,  quemad- 
tuodum  ipsi  procedere  possent,  prout  in  eorum  patentibus  Utteris 
I  desuper  confectis  plcnius  continctur,  nos,  ut  huiusmodì  vobis  de- 
I  tnandatam  commissionem  eo  promptius  et  virilius  exequi  possilis,  quo 
'  nostra  fuerit  confirmatìone  roboraia,  deputationem  de  vobis  factara 
ac  desuper  confcctas  patentes  littcras  pr^dictas,  illarura  tenores  pr?- 
sentibus  prò  expressis  hobentes,  auctoritate  apostolica  tenore  pr?sen- 
tfum  confirmamus  et  approbamus,  et,  quatenus  opus  sit,  vos  in  pr^- 
raissis  iuxu  ipsarum  Uttcrarum  tenorem   coraraissarios   deputaraus, 


ft 


424 


*B.  fonkina 


horuntes  ipsum  Herculem  ducem  in  Domino  et  prò  sua  in  Deuns 
pieute  et  in  sinctam  fidem  caiholicam  zelo  vobis,  quandocunque 
acciderit,  in  cxequendo  huìusmodi  tara  sancto  opere  suo  favore,  aa- 
cturìtate  et  auxilio  adesse  veltt.  Oatum  Roroae,  2j  ianuarìi  i  )$2,  anno 
secundo. 

Simile  vidit  cardinalis  Sanaac  f  prò  comraissariis  Horentiac 
et  mandavit  hoc  etiam  expedtrì  de  mandato  ceterorum  reverendomm 
inqoTsitorum  et  Sanctissimus  Dominus  noster  fuit  contentus. 

Gal. 


CXL 


1553,  22  luglio.  Facoltà  a  Paolo  Odescalchi,  nunzio 
presso  i  Grigioni,  di  inquisire,  di  condannare  e  di 
assolvere  in  quel  dominio  dove  predicano  gli  eretici. 

[Archlv.  secr.  Vatic  Julii  HI  brtv.  min.  a.  mdlui*  II.  68,  breve  44$»! 

Dilecto  fìlio  magistro  Paulo  Odescalco  clerico  Comensi  utrìusque 
iurìs  doctorì,  notano,  et  in  toto  dominio  Rhctorum  nuncio  nostro. 

Julius  &c. 

Dilecte  fili,  salutem  Sue.  Cum,  sicut  nobis  nuper  innotuii,  noonuUì 
inìquitatis  (ìlii  instigante  humani  generis  hoste  diversa  pcn-ersa  dog- 
mata  et  pravas  opiniones  ac  varias  hereses  in  dominio  Grisonum 
disseminare  et  predicare,  ac  christiiìdeles  a  pietate  Christiana  et  sanctc 
roatris  Romane  Ecclesie  devotìone  et  obedientia  avertere  contendaci 
et  conentur,  nos,  impietati  huìusmodi  occurrere  volentes,  te,  qui  ctiam 
litterarum  apostoHcarura  maioris  et  minoris  iustitie  corrector  et  in 
utr.ique  signatura  nostra  re- fé  renda  ri  us  existis,  cuiusque  litterarum 
scienti!  et  prudcntia,  ac  in  Deum  pleiaiem  ctiam  familiari  expcricatia 
perspcctas  habemus,  nostrum  et  .\postolice  Sedis  nunciura  ad  lotum 
domin  um  huiusmodi  per  presentes  destinamus  tibique  verbum  Dei 
in  illis  partibus  per  probos  et  catholicos  viros  tam  secutares  quam 
cuiusvis  ordinis  regulares  predicar!  et  disseminari  faciendi  ac  po- 
pulos  carumdera  partium  ad  veram  Chrisii  fidcm  et  pietatem  edificandi, 
necnon  quascunquc  de  fide  male  sentientes  aut  de  illa  quoraodolibct 
suspectas  inquirendi,  et  contra  eos,  prout  iuris  fuerit,  procedendi«  ac 
iuxta  canonicas  sanctiones  carceribus  mancipandi  et  rigoroso  exa- 
mini  et  torture  subiiciendi,  et  qui  rcsipisccre  ci  ad  gremium  eiusdem 


I 


*Doc.  VaL  contro  Veresia  luterana 


425 


^clcsìe  redire  voi uen'nt,  dummodo  relapsi  non  sini,  ;»  quJbusvis  eorum 

Qetesibiis  et  in  hde  prcdicta  erroVibus,  illis  prius  per  cos  publice  vel 

**^cuiie^  prout  tibi  videbitur,  abiurati  et  iniun«.ta  inde  sibi  prò  modo 

f '''Pe  penilenlia  salutari  et  aliis,  que  de  iure  fuerìnt  iniungenda,  ctìam 

**^  forOj  scilicei  in  foro  iuJiciali   per  te,  in  foro  vero  conscicnlie  per 

'^cerdoicm  a  te  deputandum,  absolvcndi  et  libcrandi,  ac  unitati  ipsius 

tccicsie  et  communioni  fidelium   restituendi,  necnon   qui  corde  in- 

^^nto  in  hcresibus  et  erroribus   suis   pcrscverarent  ac  quoscunque 

^rum  receptJiorcs  aut  fautores  debitis  pcnis  afficiendi,  necnon  omnia 

*■**  Ji'o^Ia  alia  inquisitoribus  hereticc  pravitatis  a  iure  permissa  cxe» 

Sbendi  et  adimplcndi,  ac  aJ  effectura   pretnissorura  quoscunque  cul- 

P^Wles  aut  suspectos,  etiam  per  edictum  publicum,  locìs  publicis  et 

coQsuetis  affigendum,  constito  summarìe  et  exiraiudicialiter  de  non 

*^to  ad  eos  accessu,  citandi  eisque  et  aliis,  quibus  opus  fuerit  etiam 

Slmili     edicto  ac  sub  sententiis,  ccnsuris   et    penis  ecclesiasticis  inhì- 

cndi    ceicraque  in  premissis  necessaria  seu  quomodolibet  opponunum 

*^itnci\^  statuendì  et  ordinandi,  plenam  et  libcram  apostolica  auctori- 

'*^    tenore   presentium    conccdìmus  facultatem   et   potestatem,  non 

.      '^»^libus  consiitutionibus   et   ordinationibus   apostoltcis  cctcrisque 

"^^riìs   quibuscunque.   Datum  &c.   (iulii  1555,  anno  quarto,  sex 

^'^^les  inquisitorcs  viderunt). 

Vidi  ]q.  Petrus  card.''*  Neapoliianus 

R.  card/'»  De  Carpo 

A.  card.''*  A.  Compostellanus  • 

H.  card."*  Verallus 

S.  card.'"  S.*'  Calixti 

Jo.  card.''*  Puteus. 

Pau. 


CXII. 

^  S3,  22  luglio.  Al  vescovo  di  Coìrà  sullo  stesso  soggetto. 
[Loc.  cit.  68,  breve  $0}.] 

Epìscopo  Curiensì. 

Vcnerabilis  frater,  salutcm  &:c.  Cura  gravi  dolore  animum  nostrum 
f^mulet  hoc  temporum  nostrorum  inter  christianos  populos,  et  in 
**ta  praecipue  ampia  Grisonum  gente,  de  religione  dissidìum,  vo- 
*^les  huic  malo  ea,  quac  temporum  ìpsorum  qualitatcs  patiuntur, 
^'eraedia   adhibere;   miitimus  in   ìsta   loca  dilectum  ftUum   Paulura 


^  llsan,pai 

ìdaan 
At  OQQ  ivessaoc 


Ttt&eàs 


■  a4  cScS  lisqu'B^t^wns  bst 
sex  DOtira  opoa  oecesui 
pausala 

^e  tìbif  ^ai  ftc  tizs  ddcìnttiir 
pio  lenipofc  oCkUJTCn&biit 
soks,  ut  in   quibosciB^ 


*Z)oc.  Val.  contro  l'eresia  luterana 


427 


icrrls  et  locis,  in  qulbus  tibi  oportunum  videbitur,  utiam  vel 
personas  discretas  et  ìdoneas  etiara  tuì  ordinis  religiosa s,  etiam 
;rdotio  consiitutas,  in  notartos  seu  tabellioncs,  edam  si,  dura 
ilo  fucrint,  tabellìonatus  huiusmodi  officium  non  habucrìnt  aut 
srint,  ad  effectum  ut  inquisitiones,  interrogationes,  responsiones, 
tiones,  confesiiiones,  condemnationes,  absolutiones,  processus 
quecumque,  que  circa  negocìum  fidei  et  officium  inquisitìonis 
iodi  prò  tenjpore  facienda  occurrcrint,  fideliter  et  diligenter 
bant,  recipiant  et  conservcnt,  et  alia  ad  notariorum  in  talibus 
iS  officium  et  curam  pcriinentia  faciant,  creare,  constituere  et 
re  possis  et  valeas  auctoritatc  apostolica  facultaiem  per  pre- 
concedimus.  Decernentcs  omnia  acta  per  notartos  aut  tabel* 
huiusmodi,  per  te  presentium  vigore  creandos  et  deputandos, 
injen  rite  et  recte  facienda,  valere  validaque  et  efficacia  fore, 
lam  et  indubitatam  fidem  ubique  in  iudicìo  et  extra  faccre  in 
js  et  per  omnia,  ac  si  per  quoscunque  alios  tabelliotMts  seu 
is  publicos  conscripta  et  facta  fuissem,  sicque  per  quoscunque 
.  et  commissarios  quacunque  auctoritate  fungcnies,  sublata  in 
torum  cuilibet  quavis  alìter  ìudicandi  et  intcrpretandi  facultate, 
i  et  interprelari  debere,  irritum  quoque  et  inane,  si  secus  super 
iiuoque  quavis  auctoritate  scicnter  vel  ignoranter  contigerii 
ri.  Non  obstantibus  premissis  et  apostolicis  ac  in  provincialibus 
tdalibus  conciliis  editis  generalibus  vel  specialibus  constìtutio- 
st  ordinationibus  ceterìsque  contrariis  quibuscunque.  Datum 
;  apud  s.  Petrum  &c.  die  27  februarii  1554,  anno  5." 
/.  domini  mei  inquisitores  suplicant  prò  grati»,  attento  quod 
lis  partibus  fidcles  notarli  non  repcriantur  ad  secreta  officii  non 
Ida. 

Ja.  cardi"  Puteus 

Jo.  Petrus  card.''*  Neapolitanus 

R.  card.''*  De  Carpo 

f  episc.  Albancns.  card.^'*  Compostellanus 

N.  card.''*  Verallus 

S.  card.'**  S  «  Calixti. 

Jo. 


4^S 


7?.  Jontana 


CXIV. 


1 


lyyjf  20  luglio.  Limitazione  delle  facoIt;i  di  procedere 
contro  gli  eretici  in  ogni  regno  cristiano  delegandovi 
anche  commissari,  concesse  da  Giulio  III  al  generale 
dei  minori  osservanti  il  12  gennaio  1555. 

[Arch.  secr.  Varie.  Pauìi  IV  brev.  min. 
JL  MDLv,  II,  I,  breve  126.] 

Paulus  papa  IIII. 

Dttecto  (ilio  Clementi  Mondi. ino  theoìogie  professori  et  totius  ora 
ftatrutn  mìnoruni  de  obsenuntia  uuncupatorum  mitùstro  generallJ 

DilKte  fili,  salutem  et  apostolicam  benedictìonem.  Dudum 
WMi  rrcordationis  Julio  papa  HI  predecessore  nostro  enunaru; 
Jìn<t<  tenori^  subsequcntis.  Oilecto  tìlio  Clementi  Moneliano  thei 
|gi||ic  professori  et  totius  ordinis  fratrum  minorum  de  observantia 
nyMKVfAtoruiu  ministro  generali,  Julius  papa  HI.  Dilecte  fili,  snlutera 
M  JkfK'diK^'^i^^in  bcncdictionem.  Cum  ad  nihil  inagis  nostra  aspìret  in- 
MKif\  vjuam  ut  tìdes  cattolica  nostris  potissime  temporibus  ubique 
%(yKk\  vt  u»tieatur,  et  omnis  heretica  pravitas  a  cbristifìdelibus  no- 
li* <  i  procul  pcllatur  ac  ipsorum  tìdelium  animas  Deo  1u 
Imufllt""  u^emc^  operam  vigilem  impendimus,  ut  diabolica  fraudi 
4ini|j|  %à  caiiUm  dominicam  revertantur  ac  cunctis  erroribus  extii 
iÉlfei  fliftAtnik  tidci  Kclus  et  obscrvantia  in  ipsorum  cordibus  lìdcliu 
K>«i^k^;»  ìiii|(triiuatur  ;  et  si  qui  animorum  perversitate  ducti   in  coru 

A'  }>rofoaito  perseverare  malucrint,  tallier  in   illos  adnimad- 
««««y«ii4^  i|¥NmI  cortim  pena  aliis  sit  in  exemplum.  Cum  ìtaquc   nos 
IHdv  ^^ii^  tb  loitìo  nostre  ad  summum  apostolatus  apìcem  ass^um 
MÉMlàl  M  MW^  cordi   iixum   fui:,   ut   lìdes  ipsa  ubique  suscipcn 
imUMMMlRMm  Mt^ueuntcs  per  nos  solos   aliis   etiam  arduis  occupa 
lÉM^^Éttk  vHiM^U  cxe>)ui.  nonnullos  ex  Sancte  Romane  Ecclesie  cardi 
mi^    A.,    .v^.t^  «postolice    solicitudinis  assumptos,  de  quorum   do* 
/n'rx.  ^  ^ionìs  telo  et  rerum  experientia  plurimum  in  Do- 

tiiilMk  we-sK^iiiuis  nottrus  et  Apostolice  Sedis  in  omnibus  et  singulL 
Ti^  l't'-ir  x^^^Unv  cìvitatibus,  oppidis,  terris  et  locìs  tam  citra  qua 
^  «hu  abilibet  etiam  in  Italia  consistentibus  super  n 


que 
no- 
crH 

udiS 
itir^l 
luiqH 

d- 
os 

I 


^oc.  Val.  contro  l'eresia  luterana 


429 


godo  fìcJei  commìssarios  et  inquisitores  generales  et  generalissimos 
cuTii  certis  facultatibus  tunc  expressis  apostolica  auctontate  consti- 
tuentraus  et  dcputaverimus,  proui  in  nostris  inde  confcctis  litteris 
Plcnius  continetur;  et  prefati  cardinales  ubique  personaliter  adesse  ac 
per  singulas  provincias  se  conferre  commode  non  valeant,  et  non- 
^^"^  labe  heresis  infecti  propter  eorum  infirmitates  seu  huiusmodì 
'Hioreni  aut  loci  intercapedinem  vel  inopiam  aut  alium  respectum  ad 
^^  et  cardirìales  prefatos  coratn  nobis  seu  eis  ad  culpas  suas  reco- 
e'ioscendas  accedere  differant  et  vereantur  in  eorum  anime  periculum 
^'^  niodicum,  et  sicut  accepimus,  tu  ad  diversas  mundi  pane  prò 
'  ^eneralatus  officii  executìone  te  conferre  habeas,  nos  de  tui  zelo, 
,      ^»  prudentia,  doctrina  et  rectitudine  specialem  in  Domino  fiduciam 


^ab 


Ani 


<^ntes  a  e  sperantes,  quod  tu  per  tue  solicitudinis  studìum  hereses 


»«-er 


te 


■ 


«JsmoJi  exsiirpare  et  ipsius  oriodoxe  fidei  fructuosos  palmìtes  pian- 
totis  vìribus  conaberis,  motu  proprio  et  ex  certa  nostra  scieniia 
*>ostrum  et  SeJis  predicte  ac  eorumdem   cardinalium    commissa- 
^*Ti     et  super  premissis  inquisitorem  in  omnibus  et  singulis    regnis 
Provinciis,  terris,  locis  et  dominiis  ad  que  te  destinare  contigerìt, 
.  ^^^rn  citra  et  ultra  montes  (regnis  tamen  Hispaniarum  exccptis),  ac 
'^       i^t^alia  et  alias  ubilibet  auctoritate  apostolica   prefata    tenore   pre- 
*^*i  *im  constituimus  et  deputaraus,  ac  libi  contra  omnes  et  singulos 
'^'^  ^  Domini  et  fide  catholica  aberrantes  seu  de  fide  male  sentientes 
*^*    ^li.^s  quoslibei  etiam  de  heresi  suspecios,  illorum  sequaces,  fautores, 
*^*^«nsores  ac  illis  auxilium  vel   consilium  directe  vel  indirecte,  pu- 
^*^^r  vel  occulte  prestantes,  cuiuscunque  status,  gradus,  ordinis,  condì* 
*~**^  Ì.S  vel  preheminentic  fuerint,  una  cum  locorum  ordinariìs,  in  casibus, 
<^uibus  de  iure  intervenire  debent  si  legitime  requisiti  intervenire 
'^^'^Jerint,  alioquin  sine  eis,  iuxta  tamcn  canonicas  sancttones  inqui- 
^^*^  Oi  et  precedentibus  sufficientibus  inditìis  ad  capturam  procedcndi 
^^      captos  carceribus  mancipandi,  et  finalem  sentcntiam   contra  eos 
^*"oferendi  ac  delinquentes,  iuxta  tamen  canonicas  sanctiones  et  san- 
*"^Orum  patrum  instiiuta,  prout  qualitas  exccssuum  exegerit,  pcnis  de- 
**^tts  afficiendi,  et  si  ipsi  ordinarli  aut  alii  inquisitores  prius  inceperint 
^ÀYiilominus  etiam  cum  eis  te  intromittendl  et  procedendo,  omncsque 
offìciales  vestros,  procuratores  (ìscales  ac  notarios  publicos  et  alios 
*d  premissa  necessarios  etiam  clericos  et  religiosos,  cuiuscunque  or- 
dinis fuerint,  una  cum  locorum  ordinariis  seu  aliis  inquisitoribus  pre- 
fatis  et  sine  eis,  prout  ordo  iuris  postulaverit  et  utilitas  exegerit.  adhi- 
bendi,  ac  eis,  ut  onus  huiusmodi  et  alia  premissa,  prout  ad  eorum 
officium  respective  spectaverit,   faciendi,  etiam  superiorum  suorura 
licentia  super  hoc  minime  requisita,  acceptent  et  subeant,  in  viriute 
sancte  obedientie  prccipiendi,  et,  si  necesse  fuerit  aliquem  clcricum 


I 


*B.   fontana 


proptcr  prcmissa  degradar!,  quoscunque  t5bi  bene  vìsos  episcopos,  ut 
degradatjoni   huiusmodi  una  cum  ordinariis  et  aliis  prefatis^  aut,  illìs] 
recusantibus  scu   absentihus,   sinc   eis,  intervcniant  in  virtute  wncte 
obedicntic  monendi,  et  contradictorcs  quosHbet  et  rebelles  opportuni; 
iuris  et  facti  remcdìis  compescendl  ac  auxtlium  brachi!  secularis, 
opus  fuerit,  invocandi,  nccnon  ad  veritatis  lumen  redìre   aut   hmu 
modi  hereses  et  errores  abiurare  volentes,  si  alias  relapsi  non  fucrint,  1 
reccpta  prius  ab  eis  hcresis  et  errorum    huiusmodi    abiuraùone  pu^j 
blice  vel  occulte  et  alias,   prout  tibi  videbitur,  facienda,  prcsiitoque^ 
per  eos  desuper   iuraraento,  quod   talia  deinceps  non  committerent, 
nec  talia  vel  alia  eis  simlUa  committeniibus   seu  ìlUs  adherencibus  ^ 
auxiljum,  consiliura  vel  favorem  per  se  vel  alìum  seu  alios  non  pre-H 
stabunl  et  alias  in  forma  Ecclesie  consueta  ab  eis  et  qlnbus^•is  cen- 
suris  et  penis  ecclesiasifcis,  quas  propterca  incurrerint,   iniurcta  eis 
publica,  si  id  tibi  videbitur,  seu  alia  penitentia  cum  solemnitatibus  a  fl 
iure  requisitis,  seu  absque  eis  aliis  tibi  benevisis,  etiani  absque  eo  quod  ■ 
ad  id  aliqucm  ordinarium  aut  alium  requiras,  dummodo  ii  per  suum 
ordinarium    aut   conimissanum   seu    inquisitorem   ad   hoc  deputatos 
prius  inquisiti  non  fuerint,  absolvend:  ac  reconciliandi  et  ad  gremium 
CI  uniiaiem  sancte  matris  Ecclesie  restitucnJi  et  rcponendi,  necnon 
ad  nostram   et  diete  Sedis  gratiam  et  bencdiciionem  recìpìendi  ac 
penas  iuris  et  alias  debitas  limitandi  et  remittendi,  necnon  alias  ec-| 
clesi.isticas  personas  idoneas,  in  thcologia  magisiros  seu  in  altero  ] 
iurium  doctores  aut  licentiatos  aut  etiam  baccalarìos  aut  ccclesiarum  | 
cathedralium  canonicos,  vel  alias  in  dignitate  ecclesiastica  constitutos, 
quoties  opus  esse  cognoveris,  qui  pari  iurisdìctione,  faculiate  et  aucio- | 
ritatc,  quibus  tu  fungcris,  fungi  possint,  tecum  assumcndi  et  subrogandi,  j 
inquisitores  deputandi  eisque  vices  tuas  in  toto  vel  in  parte,  reservatis 
tibi  scntentiis  iìnalibus  et  condemnationibus  ac  aliis  casibus,  de  quibus 
tibi  videbitur  comittendi,  ac  eosdem  in  toto  vel  in  parte  ad  tui  libitum 
etiam  in  negociis  et  causis  per  eos  tunc   ceptis   rcvocandi;   necnon 
quoscunque  culpabiles  legitimis  prccedentibus  indiciis  torquendi  et 
contea  eos  procedendo  et  ad  incamerationem  perpetuani  vel  tempo-  ^ 
ralem,  prout  tibi  videbitur,  condemnandi;  nccnon  ad  traditìotjem  curie  fl 
seculari,  prout  iuris  fuerit,  procedendi  tibique   et  eisdem    deputandis 
quoscunque  a  quibusvis  excommunicatlonis  et  aliis  scntentiis,  cen- 
suris  et  penis  ecclesiasticis  a  iure  vel  ab  homine,  etiam  per  Htteris 
in  die  Cene  Domìni  legi  consueta»,  occasione  dictorum  crìminum  in 
tales  promulgatis  absolvendi  ac  super  irregubrìtate  per  sic  excom* 
municatos,  etiam  divinis  ofFiciis  se  immiscentes,  contrada  dispcnsandi 
et  ad  altaris  minisicrlum  restìtuendi  tibique  inquisitores  et  alios  quos- 
cunque inquisJtionis   officiales,  qui  deliquerint  in  eorum  officìis  et 


T^oc.   Vai.  contro  l'eresia  luterana 


4?i 


vetiu  comiserint,  etiam  si  religiosi  exempii  ac  cuiuscunque  ordinis 
etimi  mendìcantium  fuerint,  iuxta  suorum  criminum  excessus,  prout 
iuris  exliterit,  punienJi  et  castigandi;  necnon  quoscunqiie  religiosos 
"juorumcunque  etiam  mendicantium  ordinum,  quos  ad  id  idoneos  co- 
gnovcris,  ad  onus  inquisitionis  huiusmodi,  eorum    prclaioruni  petìta 
licentift  non  obienia,  licentiam  suscìpìendi,  cogendi  et   compellendi, 
ic  omnia  et  singula  alia,  que  ad  huiusmodi  hcreses  et  errores  ac  sa- 
crifcgia  huiusmodi  refrenanda  et  radidtus  exi-rpanda  opportuna  esse 
^uomociolìbct  cognoveris,  et  ad  offìcium  inquisitionis  huiusmodi  tani 
"^c  iure  quam  consuetudine  aut  ex  privilegiis  pertinent,  faciendi,  ge- 
'endì,  ordinandi,  cxercendi  et  exequcndì    plenam,   liberam  et  omni- 
oodam  facultatem  concedinius  per  presentes,  non  obstant'bus  felicis 
recordationis  Bonifacii  Vili,  qua  cavetur,  ne  quis  extra  suam  civitatem 
^1  diocesim  nisi  certis  exceptìs  casibus  et  in  illis  non  nisi  ultra  unara 
dieiam  a  fine  sue  diocesis   ad    iudicium    avocetur,  scu   ne  iudiccs  a 
Sede  predicta  deputati  extra  civitatem   seu   diocesim,   in  quibus  de- 
putati fucrint,  contra  quoscunque  procedere   aut   alii  vel   allis  vìces 
suas  comraittere  presumant  et  de  duabus  dietis  in  generali,  necnon 
Clernentis  V,  Romanorum  poniifìcum  predecessorum  nostrorum,  in 
Vicnnensibus  conciliis  editis  ac  aliis  consiitutionibus  et  ordinationibus 
apostolicis,  necnon  quibusvis  similium  facultatum  suspensionibus  ac 
privilcgiis  exemptionibus  ed  indultis  ac  litteris  apostolicis,  etiam  per 
P>e  racmorie  Clememem  papam  VII  etiam  predecessorem  nostrum 
P^*^OQis  prefatis  seu  in  eorum  favorera  ac  edam  quìbusv»  ordinibus 
^^  iilorum  prelatis,  sub  quacunque   forma  et  verboriiim   expressione 
****n3    motu   proprio  et  ex   certa  scientia  ac  ex  quibusvis   causis  et 
qua  vis  consideratione  in  genere  vel  in  specie  quomodolibet  concessis, 
^Pprobatis  et  innovatis,  quibus  omnibus,  etiam  si  prò  illorum  sufficienti 
crogatione   de   illis   eorumque  totis  tenoribus  specialis,  specifica  et 
*1aìvi{iua^  non  autem  per  clausulas  generales  idem  ìmportantes  mentìo 
^    C|uevis  alia  expressio  habenda   aut   aliqua   alia   exquìsita    forma 
^oc   servanda  foret,  tenores  huiusmodi    ac  formas   datas   ac  si 
"^erbo  ad   verbum   nihil    penitus  omisso  ac  forma  in  illis  tradita 
.    ^^f  ti  forent,  presentibus  prò  sufficienter  expressis  habentes,  illis  alias 
^v>o  roborc  permansuris,  hac  vice  dumtaxat  spedalìter  et  expresse 
^•"«^gamus;  ceterisque  contrariis  quibuscunque,  aut  si  personis  pre- 
.     ^tis  vel  quibusvis  aliis   communiter  vel    divisìm  a  dieta   sit   Sede 
-,  *^valtum,  quod  interdici,  suspendi  vel  excommunicari  non  possint  per 
^^ras  apostolicas,  non  faciemes  plenam  et  expressam  ac  de  verbo 
^     "verbum  de  indulto  huiusmodi  mentionera,  et  quibuslibet  aliis  pri- 
**^gii$  et  litteris  apostolicis  sub  quibuscunque   tenoribus  et   formis 


'ticessis,  per  que  prescntium  litterarum  et  tue  iurisdictionis  in  pre- 


• 


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43^ 


'B.  fontana 


mlssis  executio  quomodolibet  impedir!  vel  differri  possit,  que  qi 
hoc  ipsis  aut  alieni  eorum  nuUaieaus  suffragar!  posse  vel  debere  de- 
cerminus.  Volumus  auteni  quod  presentium  iransumptis,  manu  nourìi 
publici  subscriptis  ei  sigillo  alicuius  persone  in  dignitate  ecclesiastica 
constitute  seu  curie  ccclesiastice  munitis,  eadem  prorsus  fides  ubiqoe 
adhibeaiur,  que  cisdem  orlginalibus  litieris  adhibereiur,  si  forern  cxi- 
biie  vel  osteose.  Datum  Rome  apud  sanctum  Petrum  sub  annulo 
piscaioris,  die  .xri.  ianuarii  1555,  pontìficatus  nostri  anno  -v***. 

Cum  autem,  sicut  nobis  innotuit  occasione  dictarum  Utterarum, 
inler  te  et  alios  inquisitores  ab  eodcra  Julio  predecessore  nostro  in 
Sede  Apostolica,  necnon  commissarios  per  cardinaics  super  negocio 
fideihuiusmodideputatos  alique  dissentioncs  cxortc  fuerint  seu  exoriri 
posse  crcdantur,  et  id  in  christlfidclium  scandalum  et  roligionis  op- 
probrium  cedere  possit,  nos  disscnlionibus  et  scandali»  ipsis,  prout 
ex  debito  pastoralis  officii  tenemur,  obviare  et  iuier  vos,  prout  ipsius 
predecessoris  intentionis  fuit,  pacem  et  concordiam  vigere  cupienic% 
moiu  proprio  et  ex  certa  nostra  scientia  preìnsenas  litteras  et  io  eìs 
contenta  quecunque  ad  hoc,  ut  tu,  quoiicns  te  ad  regna,  provincias, 
tcrras,  loca  et  dominia  predìcia  prò  lui  generalatus  otficiì  executione 
conferre  contigerit  et  non  alias,  ad  beneplacitum  nostrum  tantum 
omnes  et  siiigulos  uiriusque  sexus  chrisiifideles  tam  seculares  quam 
ecdesiasticos  et  quorumvis  ordinum  rcHgiosos,  mcndicantibus  non 
tui  ordinis  exceptis,  cuiuscunque  ecclesiastice  et  mondane  dignitatis, 
status,  gradus,  ordinis  vel  condiiionis  fuerint,  luthcranis  aut  aliis  ne- 
phariis  hercsibus  rcspcrsos,  ad  veriiatis  lumen  rcdìre  ac  hercscs  huius- 
modi  abiurare  volentes,  si  desuper  ab  aliis,  quos  spectat,  inquisiti  non 
fuerint,  et  id  humiliier  petierint  et  alios  sub  dlctis  litteris  compre- 
hensos,  rccepta  prius  ab  eis  abiuratione  heresum  buiusmodi  ac  iura- 
mento,  quod  lalia  et  similia  non  comìtiant,  ncque  ea  comittcntìbus 
aut  illìs  adherentìbus  auxilium,  consilium  vel  favorero  per  se  vel 
alium  seu  alios  prestabuni,  ab  huiusmodi  heresibus,  necnon  anathe- 
matis  et  maiorls  excommunicationis  aliisquc  scntcntiis,  ccnsuris  et 
penìs  eccl  est  asti  ds,  per  eos  propterea  incursis,  in  foro  conscientie 
tantum  absolvere  et  reconcìliare  et  ad  grcmium  et  unioncm  sancte 
matris  Ecclesie  restituere  et  reponcrc,  necnon  ad  nostrara  et  Sedis 
Apostolice  gratiam  et  benedictioncm  rccipcrc  valeas,  auctorìtaie 
apostolica  per  prescntes  reducimus  et  limitamus  tibiquc  in  virtute 
sancte  obedicntie  distri ctius  inhiberaus,  ne  de  cetero  litteris  predictis 
et  per  illas  tìbi  concessa  facultaie,  nisi  modo  et  forma  premissis,  uti 
presuma?,  decernentes  irrilum  et  inane,  quicquid  secus  contigerit  at- 
icmptari  ;  in  contrarium  facieiitibus,  non  obstantibus  quibuscunquc. 
Rome  apud  $.«»»>  Marcum  &c.  die  .xx.  iulii  1555,  anno  primo. 


I 


^Doc.  Vat,  contro  V eresia  luterana 


433 


Pro    c^n^ete  et  pace  vi5um  fuit  mihi  litteras  preinsertas  ita  lìmi- 
~x^xyà{^^     et   reducendas]  fore:  et  si  S  "  Sue  placu[erit,  poter]it  expe- 
jiri-  J*--    card.'"  [Puieus]. 

Jo. 


CXV. 

1555,  8  agosto.  Per  la  buona  direzione  del  monastero  di 

S.  Vito  ferrarese  :  che  senza  licenza  non  si  ammettano 

visite  di  donne,  e  non   mai   uomini,  tranne  i  ministri 

necessari  in  esso  monastero  che  non  vestano  altro  abito 

che  quello  del  proprio  ordine. 

[Loc.  cit,  breve  165.] 

Paulus  papa  IlII. 

8  augusti  1555. 

Pro  bona  dìrectione  isiìus  monasterii  (S."  Viti  ferrariensis)  mo- 
oialium  ferrar! cnsium  ordinis  s."  Augustini  canonicorum  regularium 
congregationis  Domini  Salvatoris. 

Jo. 


CXVI. 

IJ55,  21  settembre.  Contro  l'arcivescovo  di  Porto  Torres 
che  disturba  gli  officiali  dell*  Inquisizione  e  della  Cro- 
ciata nel  regno  di  Sardegna. 

[Loc.  cit.  breve  241.] 


21  septembris  1555.  ^°"0  primo. 

Mandatur  istis  tribus  episcopis,  ut,  constilo  cis  de  privilegìis  di- 
ctorum  officialium  et  ministrorum,  per  quae  ab  omni  iurisdictìone 
et  correctione  ordinariorum  exempti  existunt,  eis  assistant  contra 
modernum  archiepiscopum  Turritanuni^  qui  cos  vigore  quarundam 
litterarum  Paulì  III  quotidie  molestare  non  cessat.  Cum  opportuna  fa- 
ArchMo  della  R.  Società  romana  di  ttoria  patria.   Voi.  XV.       28 


434 


"B.  fontana 


cultate  citandi  dictum  archiepiscopum  et  quoscunque  alios  et  cis  inhi- 
bendi  &c.  (i). 

(Venerab.  fratribus  Alvarensi  et  Sellensi  ac  Bosanensi  epìscopis). 

Pro  oflìcialibus  et  rninistris  officii  S.™*^  Inquisitionis  et  Cruciatae  _ 
in  regno  Sardiniae  deputati,  supplicante  imperatore. 


CXVIL 


1555,  1°  ottobre.  Ordine  al  duca  di  Ferrara  di  arrestare  e 
mandare  a  Bologna  i  modenesi  Bonifazio  Valentini  pre- 
posto della  cattedrale,  Filippo  Valentini,  Ludovico  Ca- 
stelvetro,  e  il  libraio  Antonio  Gabaldino,  infetti  di  eresia. 

[Arch.  Vatic.  Pauli  IV  hrei'ia  ad  principts,  a.  IJ54  ad  56, 
n.  4,  ep.  241,  e.  iji.] 

Diiecto  filio,  nobili  viro,  Herculì  duci  Ferrariae 
Paulus  pp.  mi. 

Dilecte  fili,  nobilis  vir,  salutem  et  apostolìcam  benedictìonem. 
Testimoniis  raultorum,  qui  dignlssimi  sunt,  ut  omneni  eis  fidem 
adhibeamus,  nobis  certius  in  dies  affirniatur,  esse  aliquot  MutJnae, 
qui  hereticis  opinìonibus  ac  pravitate  adeo  iam  infecti  sunt.  ut  nìsi 
praesentìa  remedia  adhibeanlur,  maxime  timendum  stt,  ne  brevi  totam 
corrumpant  civitatem.  Quare,  cum  nobilitati  tuae  id  omnino  igoottmi 
esse  arbitremur,  alioquìn  prò  ea  religione,  quam  semper  professus 
es,  nullo  modo  id  abs  te  perferri  potuisset;  nobilitalem  tuam  ea  de 
re  certiorem  facerc  voluimus;  tantoque  animi  studio,  ac  tanta  soUi- 
citudine,  quanta  prò  nostro  officio  ac  fide  christifidelium  eoruraque^_ 
animarum  salutero  apud  omnes  procurare  et  tueri  debemus,  te  infl 
Domino  hortamur,  atque  in  virtute  sanctae  obcdientiae  et  in  Dei 
nomine  districtc  praecipiendo  requirimus,  ut,  stati m  bis  perlectìs 
literis,  re  nemini  conimunicata,  praeterquam  iis  durataxat,  qui  ad  id 
exequendum  fuerint  necessarii,  infectos  ipsos  capi  iubcas,  ac  diligenter 
custoditos  in  manus  vicelegati  Bononiae  transmitti.  Capìendi  autem 
hi  sunt,  videlicet,  Bonifacius  Valentinus,  ecclesiae  cailiedralis  Muti- 
nensis  praepositus;  Philippus  item  Valentinus;  Ludovicus  Castelvedro^' 


I 


«ergo. 


(i)  Anche  di  questo  breve  »i  pubblica  U  tolo  sunto  contemporaneo  che  ti  trovA  «f 


Tktc,   Vai,  contro  l'eresia  luterana 


435 


Po     ^^"'"*  Gabalilinus  bibliopola,  S€U  librarius.  Q.ui  cum  in  vicelegati 
q   ^^'^'eni  vencrint,  is  huc  eos  ad  tribunal  ac  iudices  Sanctae  In- 
jg  '*'^onis  perducendos  curabit.   Et  quoniara  non  dubitamus,  nobili- 
fu         fuAm  prò  Dei  honore  et  catholicae  hdei   conservatione    sua- 
^^       *I"e  civitatura  incolumitate  non  minus  prompte  id  facturam,  quam 
r     -^'*^^ramus,  pluribus  non   scriberaus,  ne  de  pia  et  optima  tua  vo- 
j      ^te    non  tantum  nobis   polliceri,  quantum   perpetuo   facimus,  vi- 
^y-    '^'^r.  Datum  Roraae  apud  sanctum  Marcum  sub  tnnulo  piscatoris, 
^^^TQz  octobris  .MDLV.  pontificatus  nostri  anno  primo. 


CXVIII. 

-^  S  ,  15  novembre.  Persecuzione  di  cristiani  novi,  ossia 
^^arrani,  a  Pesaro  e  Sinigallia. 

[Loc.  cit.  tp.  267,  e.  146,] 

^^ìlccto  fiUo,  nobili  viro,  Guido  Ubaldo  de  Ruere,  Urbini  duci, 
nostro  et  sanctae  Romanae  Ecclesiae  capitaneo  generali. 
Paulus  pp.  mi. 

Dilecte  fili,   nobilis  vir,  saluiem   et   apostolicam   benedictionem. 

'*^udivìmus  ex  iis  novis  christianis,  qui   e  Portugallia  in    Italiani  se 

^"^ontulcrunt,  nonnullos,  contra  quos  Sancta  Inquisiiio  procedebat  pro- 

V*^erca,  quod  Dominum  nostrum  Jcsum  Chrisium  negare  et  ludatcam 

legem  profiteri  cogjtant,  partim  Pisaurum,  partim  Senogaliara  et  in 

alia  loca  iurisdictionis  luae  cum  prcciosioribus  rebus  suis  confugisse. 

Hortaraur  nobilitatem  tuam,  et  omni  studio  in  Domino  requiriraus, 

ut,  statim  bis  perlectis  literis,  nihil  curae  aique  operae  praetcrraìttat, 

ut  eos  quovis  ex  loco,  quanto  cautius  occultiusque  fieri  poierit,  cum 

bonis  ac  rebus  ipsis,  diligenter  custoditos  Anconam,  unde  raaior  ipso- 

rum  pars  profccta  est,  reduci,   atquc    in    eorum  manus  tradi  iubeas, 

qui  eiusdem  Inquisitionis  commissarii   et  ministri  sunt.  Et  quoniam 

cxistimamus,  minime  te  praeterire,   qua   nos  ubique  diligentia  quo- 

tidJe  utamur,  ut  horaìnes  huiusccmodt,  qui  nostram  religionem  aut 

dcsercre   aut    corrumpere  conantur,  vel   ad   sanltatem  redeant,  vel 

poenas  debitas  persolvant,  non  dubitamus  tuam  nobilitatem,  prò  sua 

erga  Deum  fide  ac  pietate,  in  cius  maìcstatis  gloriam  et  aniraarum 

salutem  prompte  id  ac  libenter  faaurara  esse.  Datura  Roraae  apud 

sanctum   Petrum  sub   annulo  piscatoris,  die  .xv.  novcrabris  .mdlv. 

pontificatus  nostri  anno  primo. 


43^ 


ì.   fontana 


CXIX. 

1555,  24  novembre.  Al  duca  di  Ferrara  perchè  arresti  e 
mandi  occultamente  a  Bologna  due  eretici,  che  indi- 
cherà il  vescovo  di  Brescia,  i  quali  dalla  Germania  sa- 
ranno presto  a  Ferrara. 

[Loc.  cit-  ep.  279,  e.  152.] 

Dìiecto  fìlìo,  oobili  viro,  Herculi  duci  Ferrariae 
Paulus  pp.  IIII, 

Dìlecte  fiU,  nobilis  vir,  saluiem  et  apostolicam  benedictionem. 
Facti  certiores  sumus,  duos,  qui  in  diversa  Germaniae  et  aliarum 
regionum  loca,  non  nullura  hcresis  genus  publice  professi  sunt, 
ìsUiic  Ferrariae  propedìem  futures  esse,  sicutì  a  dilecto  filio  Josepho 
Brixìensi,  cui,  aestatc  proxiraa  istac  transìturo,  ad  nobilitatcra  tuam 
in  eius  coraitiendationera  literas  dedimus,  scriberetur,  vel  ab  eo,  qui 
has  libi  reddìiurus  est,  meiius  cognosces,  Pro  ea  cura,  quara,  Deo 
adiuvante,  suscepimus,  ut  huiusccmodi  Iiomines  vel  ad  poeniteniiam 
et  vcram  sanitatcra  redeant,  vcl  a  piis  bonisque  sciunganiur,  ut  con- 
tagionc  sua  nerainem  possint  corrurapere,  nobilitatem  tuam  botta- 
mur,  atque  omnÌ  studio  in  Domino  requirimus,  ut  cum  eo  heretici 
ipsì  pervcnerint,  ubi  opportune  id  fieri  posse  intellexeris,  stati  m  €0S 
capi  cures,  et  ad  venerabiles  fratres  vel  Bononiac  vicelegatum  vcl 
Romandiobe  gubcrnatorem  diligcnter  custoditos,  quanto  cautius, 
occuhiusque  fìeri  poterit,  nostro  nomine  adduci,  atque  in  eius  ma- 
oibus  ac  potestate  rclinqui.  Q.uod  crit  nobis  quam  gratissimum,  ac 
Deo  maxime  acceptum;  prò  cuius  in  primis  honore  et  catholicae 
(idei  conservatione,  haec  ab  omnibus  fieri  debent  iibentissime;  atque 
ab  hiis  potissimum,  qui  erga  illius  Maiestatem,  ea  religione  ac  pie- 
tate  sunt  praedìti,  quam  nobìlitas  tua  apud  omnes  prae  se  perpetuo 
fert.  Datum  Romae  apud  sanctum  Petrum  sub  annulo  piscatoris,  die 
.xxiiii.  novembris  .xMdlv.  pontificatus  nostri  anno  primo. 


*Z)oc.  Vat,  contro  l'eresia  luterana 


437 


cxx. 

-5"  ^  ^i,  3  f  marzo.  Essendo  trascorso  il  termine  dì  tre  mesi 
accordato  agli  eretici  di  Lucca,  palesi  od    occulti,  per 
ssottomettersi,  si  esorta  il  Governo  a  lasciare  libera,  ed 
-assistere  l'opera  del  S.   Uffizio   di   Roma,  persistendo 
«olà  l'eresia, 

[Arch.  secr.  Vatic.  Pauli  IV  brev,  miti. 
a.  MDLVi,  I,  7,  breve  103.] 

Dìlectrs  filiìs  vexniifero  iustìtie  et  antianls  seu  consiliariìs 
communitatìs  Lucanae. 

Dilecti  filii,  saluicra.  Dudum  ex  certis  tunc  expressis  raiionabilibus 
^  J^'  ^-^sis  venerabili  fratri  Alexandre  episcopo  Lucano  per  alias  nostras 
^^  forma  brevis  litteras  concessimus  et  mandavimus,  ut  omnibus  et 

^    *^  gulis  in  civitate  er  diocesi  Lucana  labe  hcresis  quomodolibet  in- 
^^^  "*=iiis  seu  veheraenter  suspectis  et  illorum  sequacibus,  fautorìbus  ac 
^^  iensoribus,  nec  non  illis  qui  eis  auxilium,  consilium  vel    favorem 
^  'fecte  vel   indircele,  publice  vel   oculte   impendissent,  cuiuscunque 
^aius.  gradus,  ordinis,  dignitaùs  seu  preminentie  extiterint,  si  in  tcr- 
^^^^'^ino  triuni  mensium  a  die    publicaiionis   earundem  litteraruni,  per 
V3»sum  Alexandrura  cpiscopum  faciende,  computandorum  errores  suos 
^^  t  complices  eorum   sincere   et   non    ficte  coram   codcm  Alexandre 
^^  piscopo  solo  confessi  fuisseni  et  de  ipsis  erroribus  veniara  humiliter 
^^et^issent  eosquc  et  omnem  heresim  seu  suspitionem  lieresls  anathe- 
"^'^atizassenc  et  detestati  fuissent,  recepto  ab  eis  iuramenio,  quod  si 
Xjnquam  ad  eosdem  vel  alios  in  fide  errores  seu  suspitioncnti  redirc 
"^resumerent,  se  perpetuo  .mathemate  dignos  pronuncìabunt,  ac  se  ca- 
*ionum  severitatì  subiiciebunt  (i),  iuraniento  et  confessionibus  huius- 
xnodi  manu  propria  ipsìus  Alcxandri  episcopi  in  scriptis  redactis  et 
«ius  sigillo  firmatis    impositaque   eis   penitcntia  salutari,  bcnclicium 
^enie  et  absolutionis  a  quibuscunque  censuris  ecclesiasticis  et  rerais- 
aionis  penarum  a  iure  seu  per  sacros   canones   inflictorum  et  aboli- 
tìonis  infamie  per  cos  occasione  huiusmodi  incurse  auctoritate  nostra 
impenderet,  et  cura  clericis  supra  irregularitate  hac  occasione  con- 
tratta et  retentione  beneficiorura  dispensarci,  prout  in  eisdeni  litteris 


(1)  Nel  tns,  si  legge   «  nubijcicbant  ». 


4J» 


•B.  Jontai. 


Bobis  onpcr  fluoiiiil,  fiocK  AC&  tm 

ìb  cìntiae  a  dfeccà  prefictis  fa 

xA'X.  pcniiiKÌirr  ÌMoieaciat,  et  puymcj 

hBes  fi  4tif  ff  ao$mp>  StiKty   *ììt^  rr*    tt<4  if  m*    riiiliìinIfT   bmtàcE 

povteBi  ni  loca  npABci  clirìsiùm  i 

ex  EKflhasnD  cit  !■  lifr  coocesurani 
%  ex  idMto  aostri  fwnfiti  oCca 
Bcfuo  ex  eiiofcs  luuiMii>di  f jmV  m  evdfi  et  rufitìim 
To»  «pcatoRca  -nungìKe  per  pcmwm  buitwuc  ■utiitnL  in  WrttBC-j 
mìftf  <Jkmìi  tir  dmricte  pctcìpicado  i 

co*if  taqaìntores  offiòo  sao  Kerr  &Hgì  a  ism&xiaDeB 
hb  coapetentera,  cxùin  si  ad  capooram  aliqoaram  proccdendom  so, 

CKC^Sl  pCTJWtriri^  VCIHIU  fTlMW  ipSS  i 

aftst  i^vcaCB  CI  ictumì*  osiBraifac  opeai  cwiàlìBnii  et 
»C  s  opoa  Cmiìc,  asxiBgm  vesm  Indifi  secnlim  | 
«!•»,  aec  eos  ab  afiqtao  in  ptocei—  haiiwwxii  < 
ilffriBdflibia  flca  ilBas  orcawwif  ^nmandnEbet  £acieB^  iaipe&i] 
tcti  pCfUnan  pcnuttaiiL  Etìt  eniia  boc,  sacnt  panna  est,  its  et  — **gv 
stratu  vestro  ^fignnaa  et  oimwnwumti  Deo^  oùis  r-*"—  aj^tor,  ac  iwf*ff 
ralie  gratm  et  acccptxm.  Dasam  Romae  -apod  s^  Petrom  &c.  die 
ultznia  manii  1556,  anoo  pna». 


CXXL 

155^,  20  maggio.  Al  cardinale  Maadrasio,  luogoceoente 

del  re  di  Spagna  in  Milano,  perchè  proceda  contro  co- 
loro che  hanno»  con  falso  mandato,  procurata  U  fuga 
di  Claudio  di  Pralboino,  già  frate  Angelo  Maria,  eremi- 
tano di  s.  Agostino,  eretico  convinto  e  fisrse  reiapso  ;  j 
impedisca  il  diffondersi  nel  ducato  di  Milano 
eresie  degli  Svizzeri  e  dei  GrìgionL 

[Loc  ciL  breve  187.) 

Dìlecto  filio  nostro  Chiìstopiiaco  tstofi  Saocti  Ce$ani 
presbitero  ranJinafi  de  Trìdento  macapatOL 

Dilecte  fili  noster,  sahitem.  Cvm,  sicot  oobts  mper  ronotiùt,  ìni- 
qoiutìs  fillus  Claadhi^  de  Praao  AlbaysOi  frater  oidipis  saacti  Ain>  I 


^oc.  Vai.  contro  l'eresia  luterana 


439 


rosìì  ad  nemus  alias  Angelus  Maria  ordinis  fratruro  heremitarum  sancii 
ngustini  professor,  quem  de  heresi  convìctum  et  forsan  relapsum 
u  pcrtinacem  dilectus  filius  modemus  heretice  pravitatis  in  ista 
viuie  Medìolani  inquisitor  curie  secularis  de  facto  tradìderat,  quique 
TDpterea  quod  a  sacris  ordinibus  in  quibus  constitutus  erat  actu  de- 
radatus  non  fuerat  in  carceribus  secularibus,  mala  stalla  nuncupatìs, 
eie  civitatis  custodiebatur,  in  vigilia  paschatis  resurrectionis  domi- 
cc  proxima  pretenta  de  sero  pretextu  cuiusdam  mentiti  et  sub  co- 
inè ìpsius  inqulsìtoris  falso  fabricati  mandati  eum  relaxaiido  ex 
irceribus  predictis  dimissus  fugam  arripuerìt  et  vcrisiniiliter  presu- 
idtur  hoc  non  absque  consensu  et  interventu  nonnullorum  causidi- 
nnnu  eidem  Claudio  indebite  et  conlra  sacros  canones  faventium, 
ctum  fuisse,  circumspectionem  tuam,  que  etiam  charissimi  in  Cbristo 
li  nostri  Phìlippj  Hispaniarum  regis  catbolici  et  Medìolani  ducis  in 
kcatu  et  dominio  Medici snensi  locumtenens  existit,  bis  nostris  admo* 
^dam  CI  in  Domino  hortanJam  duximus,  ut  prò  tua  in  Deum,  cuius 
ivsa  agitur,  piotate  et  in  nos  hancque  Sanctam  Sedem  reverentia 
inistris  et  ofRcialibus  tuis,  ad  quos  hoc  pertincre  cognoveris,  ex 
&cio  tuo  mandes,  ut  supra  huìusraodi  fuga  et  fautoribus  ipsius 
audii,  ac  quibusvis  tam  in  premissis  quam  in  ceteris  omnibus  of- 
:ii  inquìsitionis  huiusinodi  negotiis  predìcto  inquisitori  prestitis  ira- 
Bdimcntis  diligenter  inquirant,  et  quos  culpabìles  repererint  (t)  ipsi 
quìsitori,  prout  iuris  fuerit,  puniendos  conslgnent  eidemque  inquisì- 
tri  in  bis  omnibus  et  quibuscumque  aliìs  ad  officium  inquìsitionis 
Bìusmodi  spectantibus  favorabiliter  adessc  operaque  favorem  et 
Snulium,  ac,  si  opportunum  erit,  brachium  seculare  tuum  prestare 
blis,  ne  causam  liuiusmodi,  quam  conniventìbus  oculis  pertransire 
Olumus,  ad  nos  advocare  cogamur,  et  insuper  ne  hcreses,  que  in 
pmlnio  Elvetioram  et  Rhctorum  alias  Grisonum  grassantur,  ob  eo- 
Mn  isti  ducatui  propinquitatem  in  eundem  ducatum  irrepant,  dili- 
ùjter  invigiles,  ìnquisitores  ipsius  ducatus  et  dominiì  ad  premissis 
E)standum  sepius  exciiando  eìsque  auxilium»  consilJum  et  favorem 
I  lìis  poUiccndo  et  cum  effectu  impartiendo;  sic  enim  rem  tua  cir- 
Ijmspectione  dignam  ac  Deo  et   nobis  gratissimam  facies.  Datum 

e  apud  s.  Petrum  &c.  die  .xx.  maij  1556,  anno  primo. 

Ja,  cardinalis  Puteus. 

Jo. 


(i)  Qui  seg;aoDO  poche  parole    caBceUate,  e  in  mtrgiae  bi    nou  :   »  Unc^u  videatiur 
>  qiiu  lanquam  faatorM  debcnt  «biunre,  J4.  car.  (Puteiu)  •. 


440 


^B.  fontana 


1 


CXXIL 

^55^»  30  alaggio.  Severe  condanne  degli  Ebrei  convertiu 
e  ricaduti  nell* ebraismo,  in  Ancona. 

[Loc.  cil.  Bf€V.  ad  principes,  a.  mdlvi,  II,  e.  34]. 

DUectis  filjis  vicario  veoerabìlis  fratris  episcopi  Anconiiani  in  spi- 
ritualibus  generali,  et  Vincentio  ordinls  fratrum  praedicatorum,  ac 
Cae^arì  a  Navi,  ofTicìi  Sanctae  Inqutsitionis  in  cìvitate  nostra 
Anconae  commissariis,  et  eorura  cuìlibct. 

Dilecti  filii,  salutem  et  apostolicam  benedictìonem.  Cum,  stcuti 
expositum  nobis  fuit,  ex  Lusitanis  et  aliìs  apostatis,  qui  a  Christiana 
religione  ad  superstitionem  (i)  et  vitam  iudaicam  desciveruct,  et 
qui  proptcrea  isthic  in  civitatc  noatra  Anconae  in  carcerem  conìccti 
sunt,  alii  iudaismum  abiurarint,  ci  ad  perpeluos  carceres  per  vos 
condenmati  fuerint,  et  alii  condcmnati  et  curìae  ac  potcstati  sccu- 
lari  traditi,  se  itera  iuJaismum  abiuraturos  dixerint.  Nos  prò  unius- 
cuìusque  corum  cuipae  qualitate  iustìtiam  cum  misericordia  et  nù- 
sericordiam  cum  iustitìa  coniungere  volentes,  vobìs  ac  vestrum 
cuìlibct  per  praesentes  committimus  et  manJamus,  ut  pocnitcntiara 
eis  per  pocnani  huiusraodi  iniungi  curetis,  videlicet  ut  qui  iudaismum 
abiurarunt,  et  poena  carceris  perpetui  multati  sunt,  ad  trireme*  mit- 
tantur,  in  cisquc  ad  nostrum  et  Scdis  Apostolicae  beneplacitura  rc- 
raancant,  iis  tantum  excepiis,  qui  nimia  vcl  sencctutc  vcl  corporìs 
debilitale  inhabiles  sunt.  Qui  autem  curiae  secularì  traditi  fuerum  et 
iudaismum  se  abiuraiuros  dixcrunt,  ctsi  poena  ultimi  supplici!  digni 
sunt,  nostra  tamen  et  Apostolicae  Scdis  benignitate  ac  dispensatione 
ad  iriremes  in  perpetuum  sine  ulla  exccptione  mittantur.  Super  qui- 
bus  omnibus  et  alìis  circa  ea  nccessariis  per  vos,  ut  praefertur,  ca- 
randis  et  cxequendis,  auctoritaie  apostolica  et  earundem  praescn- 
Uum  literari^m  tenore,  plcnam  vobis  faculiatem  damus  et  concedinius. 
In  contrari um  facientibus,  non  obstantibus  quibuscunque.  Datum  Ro- 


(r)  Portoghesi  e  Sptgnaoti  ;  qui  ti  tratta  <I1  crisiiani  nuovi  o  marrani,  i  quali  dopo 
di  aver  la*ciaio  ài  vivere  fecondo  ta  legge  ebraica  vi  ricaddero,  e,  o  avendo  abiurato,  o 
essendo  diiposti  all'abiura  un'altra  volta,  il  perdono  della  colpa  doq  U  libera  dalla  pena. 
È  notevole  che  alla  parola  «legem*  (i«  atata  lottituita  la  parola   ■  lupcratitioaei 


^oc.  Vat.  contro  Veresia  luterana 


44r 


CXXIII. 


apud  sanctum  Petrum   sub   annulo  piscatoris,   die  .xxx.    ma» 
ICOLVl.  anno  secundo. 

Icar.  Putcus. 
Ifr.  Bin. 

55^i  i**  giugno.  Destituzione  del  canonico  Giulio   Au- 
gusto, coadiutore  del  vescovo  dì  Bergamo,  scomunicato 
er  inobbedienza  ai  decreti  del  S.  Uffizio  dì  Roma. 

|Loc.  cil.  Pauìi  IV  brcv.  min.  a.  mdlvi,  li»  7,  breve  203.] 

^ilecto  iilio  Joanni  Baptistae  Brugnadello  clerico  fiobiensi» 
u!riiisque  iurìs  doctorì. 

ilecte  fili,  salutem.  Cum  nuper  Julius  Augustus  canonicus  Ca- 
nensts  utriusque  iurìs  doctor,  quem  alias  felicis  recordaiionis 
alius  papa  III  praciiccessor  noster  ex  certis  tunc  expressis  causis 
a  vcnerabìlis  fratris  Victoris  epìscopi  Bergomensis  quoad  admìni- 
tratlunem  spirltualium  in  ecclesìa,  civitnte  et  diocesi  Bergomensi  assi- 
tentem  et  consultorem  ac  quodam  modo  coadiutorem  et  vlcarium 
tiara  in  his  quac  ad  forum  contentiosura  concernebant  ad  suum  et 
kdis  Apostolicae  beneplacitum  per  suas  in  forma  brevis  lìitcras  consii- 
uerat  et  deputavcrar,  ob  non  paritionem  mandatoruni  sìbi  per  vene- 
rabiles  fratres  nostros  S.  R.  E.  cardinaies  hereticae  pravitatis  in 
universa  rcpublica  Christiana  inqnisitores  factorum,sententiara  cxcom- 
Tnunicationis  incìdisse,  et  incurrìsse  declaratus,  et  prò  tali  publice 
dcountiatus  fuerit,  proui  in  actis  noiarii  inquisitìonis  huiusmodi 
dicitur  plenius  contineri;  nos  t^undem  Julium,  ne  exemplo  suo  alii 
pracvaricent,  ab  officio  assistentts,  consultorls,  coadìutoris  et  vicarii 
hmusmodi  harum  serie  revocantes  et  amoventes»  et  ne  idem  Victor 
episcopus  circa  administrationem  spìritualium  huiusmodi  ultra  so- 
ft'ruTO  gravetur,  alium  in  locum  ipsius  Julii  substìtuere  voletites,  in  te 
h  cuius  fide,  doctrina,  morum  integritate  et  in  spiritualibus  provi- 
ientia  plurimun  In  Domino  confidimus,  coniecimus  oculos  nostrae 
sentis.  Intendcntes  igitur  praedicto  Victon  episcopo  de  idoneo  assi- 
^nte,  consultore,  coadiutore  et  vicario  provtderc,te  in  ipsius  Victoris 
>iscopi  quoad  administrationem  spirituali um,  quae  ordinis  non  sint, 
*«stentem  et  consuhorero,  ac  quodammodo  coadiutorem  et  vicarium 
i«m  in  bis  quae  forum  contcntiosum  concernunt,  ita  quod  diclus 
episcopus  in  eisdem  spiritualibus  quae  ordinis  non  sunt,  nihil 


442 


*».  fontana 


sine  te  faccre  possit,  tu  vero  absque  co  omnU  spiritualia  haiusmodì 
administrare  valeas,  cum  annua  pensione,  ab  omni  onere  qoantum- 
cumque  gravi  et  necessario  immuni,  ducentorum  et  quinquaginta 
scutorum  auri  de  Italia,  super  fructibus,  rcdditibus  et  proveotibos 
mensae  episcopaiìs  Bergomensis,  tibi  prò  tua  sustentatione  et  manu- 
tcntione,  quamdiu  officio  huiusmodi  fungeris  per  dictum  X^ctorenM 
cpiscopum  seu  prò  eo  in  dieta  ecclesia  agentes  solvendoruca, 
eroolumeniis  quae  ex  exercitio  iurisdictionis  contentiosae  prò 
porc  provcnient,  et  cum  piena,  libera  et  omnimoda  facultatc  et  pote-1 
state  visitandi,  corrigendi  et  puniendi  omnìaque  et  singula  alia  qu? 
iurisdictionis  non  auteni  ordinis  epìscopalis  sunt,  faciendi,  gercoJi 
et  eaercendi  apostolica  auctoriutc  tenore  praesentium  ad  nostrum 
et  Sedis  Apostolicae  beneplacitum  constituimus  et  deputamus,  tibi  in 
virtute  sanctae  obedentiae  iniungentes,  ut  quantocius  commode  po- 
terìs  te  ad  civitatem  Bcrgomi  conferas,  ibique  ex  auctorìtatc  nostra 
eidem  Victori  episcopo  quoad  administrationem  spirimalium  huius- 
modi sedulo  assistas  et  illius  consultoris  ac  quodammodo  coadiutocis 
et  vicarii  etiam  in  bis  quae  forum  contentiosum,  ut  pr^fertur,  con- 
cemunt,  offictum  diligenter  exerceas,  in  contrariura  tacientibus  non 
obstantibus  quibuscumquc.  Datum  Romac  apud  sanctum  Petnun  il 
die  prima  iunìi  i>)6,  anno  2°. 

Ja.  car.  Puteus. 


CXXIV. 


155^,  20  luglio.  Revoca  della  prescrizione  di  Giulio  III, 
che  non  si  dovessero  confiscare  i  beni  degli  eretici 
nel  regno  di  Napoli. 

[Loc.  cii.  II,  8,  breve  278.] 

Perchè  è  opportuno  revocar  quello,  che  l'esperienza 
insegna  doversi  revocare,  e  Giulio  III  aveva  prescritto  che 
ì  beni  degli  eretici  nel  regno  di  Napoli  non  fossero  con- 
fiscati. Paolo  IV  ora,  in  data  20  luglio  1556,  anno  2',  vuole 
che  siano  cassati  e  revocati  quei  pro\^'edimenti  «  auaori- 
«tate  apostolica,  non  obsuntibus  &c,  ».  Comincia:  «  Apo- 
u  stolicae  Sedis  providentia  » , 


^oc.   Vai,  contro  l'eresia  luterana 


445 


cxxv. 

155^,  i*  agosto.  Ordine  di  cattura  dì  un  eretico  fuggito 
daJle  carceri  dell*  Inquisizione  di  iMilano. 

[Loc.  cìl  II,  8,  breve  288.] 

Venerabili  fratri  Octaviano  episcopo  Terracìnensi  in  Jucam  Medìolani 
et  ad  Helvetias  nostro  et  Apostollcae  Scdis  nuncio. 

Venerabilis  frater,  salutem  et  apostolicara  benedictionem.  Aufugit 
bine  a  custodia  officii  Sanctissimae  Inquisitioais  in  Insubria  et  du< 
catu  Mediolanensi  apostata  quidam  hereticac  pravìtatis  filius,  de 
quo  dilectus  filius  Michael  Alexaudrinus  ordlnis  fratruni  prgdica- 
torum  ipsius  Inquisìtionis  commissarius  ad  tuam  fratemitatem  dili- 
genter  scribit.  Mandamus  tibi  ut,  bis  nostrìs  et  dus  litteris  acceptis, 
statini  apud  dilectum  itera  filium  nostrum  Chnstophorum,  tituli  Sancii 
Caesarii  in  palatio  prcsbiterutn  cardinalem  TrìJentinum,  nostro  no- 
mine procures,  ut  apostatam  et  hereticum  ipsum  capi,  et  bue  reduci 
aiqut  in  eiusdem  Inquìsitionis  praesidentium  manus  et  polcsialcm 
tradi  faciat.  Quod  quam  nobis  graium  sìt  futurum  ci  a  se  dcbitum 
ac  Deo  in  primis  acceptum  e  re  ipsa  illius  circumspectio  facile  iu- 
dicare  poterit.  Datum  Roraae  apud  sanctum  Petrura  &c.  die  prima 
augusti  1556,  anno  2°. 

Jo. 


CXXVL 

1556,  4  settembre.  Gli  eremitani  di  sant'Agostino,  mac- 
cliiati  di  eresia,  cacciati  ad  istanza  della  repubblica 
dal  convento  e  dalla  città  di  Genova  e  sostituiti  da 
altri  dello  stesso  ordine. 

[Loc,  cit.  HI,  8,  breve  356.] 

Dilectis  fiiiis  nobitibus  virìs  duci  et  gubematoribus 
reipublicae  Genuensis. 

DUecti  filii,  nobiles  viri  &c.  Ut  oobis  iucundissimum  fuit  ex  bis, 
quae   venerabìUs  frater  Hieronimus  vestr^  civitatis  archiepiscopus 


444 


•B.  fontana 


i 


vestro  nomine  dìligentcr  ad  nos  defercnda  curavìt,  agnoscere  vesmra 
catholicae  fìdd  ac  religionis  studium,  curamque  perspicere,  in  qtum 
nobilitates  vestrae  incubuerunt,  ut  ex  vestra  civitate  gravìssìmum  scaa- 
dalum  tollatur,  sic  molestissime  tulimus,  ut  debuimus»  postquam  a 
vestro  gravissimo  testimonio  cognovimus  de  impura  ac  flagiliosa  viti 
fratrura  conventualium  domus,  quae  apud  vos  est,  s  »*  Augu^tmi  ot- 
dinis  fratrum  heremitarum;  deque  detestabili  hereticae  praviutii 
sedere,  quo  non  modo  ipsi  poUuti  sunt,  sed  nefarie  alios  etiara  pol- 
luere  et  ex  S"  matris  Ecclesìac  gremio  erjpere  conantur  (i).  Uu- 
damus  vehementer,  et  in  Domino  commendaraus  prudentiam  e:  pie- 
tatera  nobilitatum  vestrarum  animumquc  vere  iis  dignum,  qui  rehuj 
publicis  praesunt;  quorum  ea  precipua  cara  esse  debet,  ui  caiholicini 
hdem  in  primis  suis  in  cìvjutibiis  integram  inviolaiamque  scrvari, 
hercsesque,  quo  malo  nullum  nec  Deo  invisum  magis,  nec  vcl  pO- 
niciosius  animabus  vcl  civitatum  ipsarum  et  rerum  publicarum  quitti 
et  paci  magis  adversarium  est,  inde  estirpar!  ac  tolli  studeanl.  Affio- 
scimus  etiam  libenter  devotionem,  qua  hanc  Sanctaro  Scdcm,  cui 
ex  divinae  gratiae  abundantia  licet  indigni  praesumus,  prosequiinÌDÌ  tt 
scmper  prosccuti  estis,  a  qua  Sede  remedium  illi  malo  ut  adhibdtur, 
quemaJmodum  quidem  decuit,  petiisiis.  Qu.imobrem  cum  prò  no* 
stri  pastorali  solicitudine  et  prò  amore  paterno,  quo  nobilitates  ve- 
stras  et  istam  inclytam  civitatem  praecipue  dìligimus,  rcctisMn^** 
vestro  studio  pieque  postulationi  obscqui,  e;  tantum  ac  um  p^' 
scandalum  ex  civitate  vestra  toUere  statuerimus,  mandavtnius 
littcras  nostras  et  praecepìmus  venerabili  fratri  episcopo  Caprai 
ipsius  Hieronirai  archiepiscopi  in  spintualibus  vicario,  ut  fraircs  i 
oranes  sine  ulla  mora,  cura  hoc  ab  ilio  pctieritis,  non  raodo  e 
domo,  sed  etiam  ex  illa  urbe  et  omnibus  vestrae  dinonis  locis, 
vocilo  vestro,  si  opus  fuerit,  auxìlio,  removeat  atque  expellat. 
quoniam  domum  illam  conventualibus  fratribus  in  perpetuum  ade 
ptam  esse  voluraus,  alios  fratrcs  eiusdem  ordinis  fratrum  herenii 
rum  sancii  Augustinì  de  obscrvantia  congregationis  Lombardiae  fii 
integrìtaie  sìmul  et  moruni  honestate  probatos,  attributa  ipsis  et 
dieta  domo  una  cum  omnibus  illius  et  ecclesiae  rebus,  ibi  coUoc 
Quam  rem  cum  nobis  tantae  curae  esse  intellìgere  possit,  ut  scgiiit<^| 
cgcrit,  nullam  excusaiionem  accepturi  simus,  non  dubìtamus  qui»^ 
sit  eam,  quam  dcbet  ìn  mandatis  iiostris  exequcndis,  scdulitatem,  CI 
lidem  adhibiturus.  Si  quid  propterea  nobilitates  vestrae  a  nobis  p 
ticrint,  is  est  et  semper  fuit  animus  in    vos  noster,  id  in  rempubli- 


(i)  Dai  brevi  «egucad  ti  ricava  eb«  i  eonvcatutli  di  cant'AgostiBO  erano  macchiati  4 
<)ualcbe  coia  d'altro  che  <U  cresU. 


1)oc.  Vat.  contro  l'eresia  luterana 


445 


ca.m  vcsirara  studium  propter  eximiara  pietatem  vestram  et  in  hanc 
Sanctam  Sedem  perpetuam  obser\'antiam  ac  devotioncm,  ut  parati 
simus  omnia,  quae  cum  Domino  poterimus,  vobis  studiosissime  liben- 
tìssìmeque  concedere.  Datum  Romae  apud  s.  Petrum  &c.  die  .iin. 
septembris  1556,  anno  2**. 

Jo. 


I 


CXXVIL 

1 556,  4  settembre.  Sugli  stessi  conventuali  di  sant'Agostino, 
macchiati  d'eresia  e  di  altre  scellerataggiiii  e  turpitudini. 

[Log.  cil.  Ili,  8,  breve  535.] 

DUecto  filio  Aurelio  de  Crema  ordinis  fratrum  heremitarum  s,^  Au- 
gustinì  professori  et  congregationis  Lombardi^  ipsius  ordinis  vi- 
cario. 

Dilccie  fili  <Stc.  Coramoti  vehementer  gravissima  querimonia  di- 
leciorum  filìorum  nobilium  virorum  ducis  et  gubematorura  reipu- 
blicae  Gcnueosis,  pieiatis  eorum  simul  et  devotionis  erga  hanc  San- 
ctam Sedem  indice,  de  corrupta  iampridem,  et  ob  multa  flagitìa  ac 
scelera  infami  vita  fratrum  convcntualìum,  qui  in  C3  urbe  habitant 
in  domo,  quae  s.«'  Augustini  vocatur,  ordinis  fratrum  heremitarum, 
quique  propter  tantam  morum  ac  vitae  lurpitudinera  hereticae  etiam 
pravitatis  labe  et  ipsì  polluti  esse,  et  alios  in  ea  civiute  corrura- 
pere  et  contaminare  dicuntur,  mandavimus  venerabili  fratri  Aegidìo 
episcopo  Caprulano  in  spirituallbus  vicario  venerabilis  fratris  Hlero- 
nimi  illius  civitatis  archiepiscopi,  ut  illis  ex  eadem  domo  eiectis  et 
in  perpeiuura  remotis,  alios  fratres  ipsius  ordinis  fratrum  heremi- 
tarum s.'«  Augustini  de  observantia  congregationis  tuae  ibi  collocet, 
illisque  domum  una  cum  ecclesia  et  omnibus  domus  et  ecdesiae 
rebus  tradat.  Qua  in  re  cum  nullam  tarditatem  nec  raoram  inter- 
poni velimus,  mandamus  tibi  et  In  virtute  sanctae  obedientiae  prae- 
cipiraus,  ut  sine  excuìatione  ulla,  ne  a  superiore  quidem  tuo  liccniia 
perita,  neque  eius  expectato  consensu,  atque  hoc  mandato  nostro 
nemini  extra  congregationem  tuam  indicato,  tot  fratres  ordinis  tui. 
libi  subiectos,  quot  idem  episcopus  Caprulanus  postulante  quorum 
et  vitae  ac  morum  integritatem  perspectam,  et  rectura  in  fide  sensura 
cognitura  exploratumque  habeas,  tecum  illuc  adducas»  prloreraque 
auctoritate  apostolica,  qui  ìUi  domui  prjsit,  ac  caeteros  offidales,  ut 


expcdifc  iudicavcris,  ibi  constituas.  Quod  si  tu,  quominus  eo  te 
conferas,  impedìtus  fuerìs,  alium,  quem  idoneum  iudicaveris,  qui 
haec  omnia  vice  tua  ex  auctoritate  nostra  agat,  mittas,  tanto  nobis 
probatior  futurus,  quanto  maiorem  hac  in  re  scdulìtatem  et  diligcn- 
tiam  abs  te  adhibitam  fuisse  intellexerimus.  Datura  Romae  apud 
s.  Petrum  &c.  die  .mi.  sept>rtt  1556,  anno  2". 

Jo. 


CXXVIII. 

155^,  4  settembre.  Al  vicario  deirarci vescovo  di  Genova 
sullo  stesso  argomento. 

[Loc.  cit.  8,  breve   337.] 

Venerabili  fralri  Aegidto  epìscopo  Caprulano  archiepiscopi  Genucnsìs 
in  spiritualibus  generali. 

Venerabilis  frater  &c.  Gravissime  commoti  fuiraus  cognitis  iis, 
quae  ad  nos  deferenda  corarunt  dilecti  tìlii  nobiles  viri  dux  et  gu- 
bematores  reipublicae  Genuensis  de  pravis  et  vehementer  iarapri- 
dem  corrupris  moribus,  ac  vita  turpi  et  flagitiosa  frairum  conven- 
tualium,  qui  in  illa  urbe  sunt  domus  s,^  Augusiini  ordìnis  fratrum 
heremitarum,  quos  quidem  propter  vitae  turpiiudinera  ac  nequitiatn, 
a  qua  adeo  nuUis  unquam  cuiusque  superioris  admonitionibus  de- 
terreri  eos  potuisse  confirmant,  ut  prorsus  eorum  mores  corrigi  posse 
desperent,  detestabili  etiam  hereticae  pravìtatis  labe  et  ipsos  in- 
fectos  ac  poUuios  esse,  et  alios  propterea  inficere  ac  contaminare 
et  ab  Ecclesia  cathoUca  abducere  queruntur.  Itaque  prò  nostro  pa- 
storali offìcio  cum  tantum,  tam  grave,  tam  inveteratum  scandalum 
ita  removeri  ac  tolti  velimus,  ut  domus  Illa  nulli  unquam  posthac 
conventuali  fralri  pateat,  piis  eorum  prccibus  et  gravissimo  tesiì- 
monio  adducti,  mandamus  fraternitati  tuae  et  praecipimus,  ut  harum 
litterarum  auctoritate  fratres  illos  oranes  sine  ulla  mora  atque  excu- 
satiome,  cum  hoc  ab  ea  petierint  dicti  dux  et  gubemalores  illius  rei- 
publicae, inde  extrahat  ac  removeat,  invocato,  si  opus  fuerit.  ipsoruro 
auxilio;  ac  non  modo  ut  Gcnuae,  sed  ne  in  ullo  quidem  Genuensis 
reipublicae  loco  commorentur,  omnibus  et  singulis  interdicat.  Eorum 
autcm  loco  alios  fratres  eiusdem  ordinis  fratrum  heremitarum  de 
observantia  ex  congregatione  Lombardiae,  tradita  ipsis  domo  una 
cum  onmibus  domus   et  ecclesiae  rebus,  ibi  coUocet,  quos  dilectus 


I 


*Z)oc.   Vat.  contro  V eresia  luterana  447 


filius  frater  Aurelius  de  Crema  congregatlenis  huiusmodi  vicarlus  aJ- 
duxerii  sive  miserit,  tam  morìbus  quam  fide  probatos,  tot  scilicet,  quot 
jpse  peiieris;  ad  quem  quìdem  hac  de  re,  ut  literis  tuis  pareat,  scribimus. 
Hoc  ergo  mandatum  nostrum  fac  ita  exequaris,  ut  et  quanlopcre 
vitia  ipse  et  heresis  crimen  oderis,  appareai,  et  tuani  nos  in  Do- 
mino, ut  confidimus,  diligentiam  ac  fidem  laudare  possimus,  nullam 
si  secus  feceris,  excusationem  accepturi.  Datum  Romae  apud  s.  Pc- 
trum  &c.  die  4*  septembris  1556,  anno  2°. 

Jo. 


CXXIX. 

1558,  24  marzo.  Vita  perduta  del  clero  nell'Istria,  nel 
Friuli  e  neQa  Dalmazia:  il  Grisonio  da  Capodistria  man- 
dato commissario. 

[Loc  cit.  a.  MDLvm,  II,  breve  ij.] 
Pro  fide  caiholica. 

Cura  in  partibus  Istriae,  Foroiulii  ac  Dalmatiae  derus  clericakra 
vitam  non  ducat,  immo  prelati  et  episcopi  ipsi  a  sui  ordinis  insti- 
tutis  declinant  et  eorum  malis  et  pcrditìs  moribus  gregeni  eis  com- 
missum  ad  aeternam  damnationem  perducunt,  et  exinJe  hereses 
pullulant,  S.  V.  cupiens  de  praemissis  certlor  fieri,  deputat  istum  com- 
missarium  (Annibalera  Grisoniura  clericumjustinopolitanum  utriusque 
iurìs  doctorem)  ut  ad  iltas  partes  se  conferat  et  de  praemissis  ac  de 
usurarla  pravitate  et  alìis  gravibus  criminibus  informationes  capiat 
et  captas  ad  S.«™  V.  in  publicam  fonuam  mittat  cum  facultatibus 
opportunis. 

24  martii  1558,  anno  j". 

Rev.»«w  Alexandrìnus  procuravit  ced ulani. 


csxhl 


^5y^  ^ 


fibn  tseóaàzt0a0 


àt,B.hn^mf9.} 


*Z)oc.  Vai.  contro  feresia  luterana 


44^ 


im  appareat,  nonnunquam  Romanus  pontile^,  quod  consulte 
i  esse  vidcfaatur,  consuldus  revocar,  prout  tcniporJs  et  perso- 
[ualìtate  pensata,  in  Domino  conspicii  salubritcr  expcvlire.  Inno- 
lìdem  nobis,  quod  diversi  um  clerici  sccularcs  et  dìverso- 
lÌQum  regulares  quam  laici,  qui  se  lutheranis  et  aUU  huius 
eretìcis  resistere  et  eoriim  crrorcs  ac  falsas  opinione»  con- 
osse presumebant,  et  ad  hoc  ipsoriim  hcrcticorum  libros  le- 
cuUatem  sibi  a  Sede  Apostolica  concedi  cxtorscrant,  se  Icctioni 
a  huiusmodi  ita  dedideruni,  ut  proprie  innltcmcs  pruiifutìe 
:ta  Domini  via  aberrantes  in  ipsorum  hereticorum  rallaciis 
ntitiosis  ac  falsis  adinventionibus  irretiti  remanscrunt,  et  qui 
>  erroribus  revocare  temere  arbJlrabantur,  Ipsi  in  putcum  ìu- 
prolapsi  sint,  nos  consiJerantes,  quod  Spìritus  ubi  vuU  'if'nux 
sine  cius  numìne  nullura  bonum  pcrvcnit,  et  propicrca  sa- 
e  cum  simplicitate  cordìs  ad  eum  rccurrcre  et  cuni  ciu« 
io  orthodoxam  fldenr}  in  catholicis  et  a  sancta  Kumiina  Cc> 
ipprobatis  libri?  exquìrere»  quarn  falsitatcs  liercticoruni  per 
tm  eorura  librorum  Jetegere  velie;  volcntcs  preniissi»  ìnconvc- 
is  quantum  cum  Deo  possumus  occurrerc,  et,  ne  similia  de 
:ooting3ni,  opportune  proviJerc,  omncs  et  lìngulai  licentia»  et 
es  legendi  libros  hereticorum  seu  de  hcrcsì  «u«pccto»  aut  a 
eu  generalibus  hcretice  pravitatis  in  sìngulis  provinciin  aut 
deputatis  inquisitoribus  damnatos  et  reprobato^  quibuscumquc 
ricis  secularibus  vcl,  ut  prcfertur,  rcgularibu»  quam  laici»  -  '  i 
ì  status,  gradus,  ordinis^  condttionis  et  prcn^incntic  e»;  ; 
i  abbatiali,  episcopali,  archiepiscopali,  patriarcali^  primatiali 
i  maiorì  ecclesiastica  dignitate,  seu  ctiam  cardinalatus  honorr 
adana  etiam  marchionali,  ducali,  regia  vel  Imperiali  auctoH* 
i  excelleotia  prefulgeant,  gencraltbus  inquisitorìbas  preSct» 
Lt  exceptis,  per  quoscunque  Ronianos  pofttihccs  prcxlcctaiorci 
,  ac  nos  etiam  vive  vocb  oraculo  et  Sederti  pf cJkiam  MO  «itti 
tiarium  maiorem  rei  qoosv's  ordioariof  vel  dlocMMOi»  iM 
tiam  per  litteras  apostolicas  io  (ormi  breirb  <eo  fÉb  fhÈtPÈfO 
ìs  sub  quibuscuaque  tcaoribu»  et  iorinii  «e  cmn  ^«teìnte  4«« 
iarum  derogatorm,  aliisqoe  cflkadodboi  et  iOécUtàt  dUIMttl, 
1  irriuntibiu  et  aliis  decrctia,  ac  ex  qoibaaanu|ae  cuuia  tal 
bua,  etiam  mocu  pco^rk»  et  es  certa  sckiMìa  «e  de  Épotttìticé 
Ib  ptmifthHpf  et  alia  ■fltffHMifiTljfrpt  cooceMioAe  ipmiiolifi^ 
prmatiiMB  rerocasHB^  cmawui,  {cnfamoa  a<  mmmtiamm  u 
t  prò  mvouéà^  càttU,  vftàè  n  wtMé 


t  iiiigalb  cletkis  et  fncSt,  ctMM,  «1  pnlmM^  I 


■W#M»- 


4JO 


'R  JónUuuL 


ttoBCn  gcoeraUbos  ioqiwtoribv»  fveiSct»  snt 
specbUtcr  inimctiiiii  foerii  Saocte  Romase  Ecdesic 
ràtttte  s4Dctc  obeificoiie  ci  sab  CKcaau 


allisqtte  seatcntns,  ceDsnns  apogoiScìs.  ecdesisséat  { 
ralibiM  io  kf  ent»  Ebros  haiasniodi  hact«ous  bt»  • 
qtfilnu  non  m»  a  nobis  «ot  fnt)  tonpore  exàttute 
teo  singuIH  mquisitonbas  predictìs  precErqojm  in  i 
posstnt,  distr'ctius  inhibeates,  ne  llbros  huiosoioili 
vd  pretextu,  pubHce  vcl  xxcche,  quovis  ingenìo 
atit  apud  se  tenere  seu  impriroere,  vd  venalcs 
nujidantcs  eisdem  sub  sentendis,  cecsurìs  et  penis  ; 
terminum,  eis  a  singulis  inqaìsTtorìbus  huiojfxiodì 
cura  edictum,  locis  al?igendinn  publicts,  stai 
fìcio  Inquisitionis  heretice  praritatis  boiasmodi 
et  qui  de  eisdem  libris  aotìdam  ali^tum 
ipsos  libros  tegentes  aut  apud  se  tenentes  rd  hnf 
nales  habentes  sciversnt,  ìd  quod  scivcrint  ac  xuymìoa  et 
libros  ipsos  legentium  aui  apud  se  tenentiuni  vd  imprìa 
venales  habenlium  ci  qualitatem  eoruradem  libroruQj 
ficio  omnino  revelent  et  notiticenL  Non  obstantibas  i 
et  ordinationibus  aposlolicÌ5  contrariìs  qmbuscuoque,  : 
communiter  vel  divisira  ab  eadem  sit  Sede  indultum, 
vd  suspcndi  vel  excommunicari  non  possint  per  Ut 
non  facientes  plenara  et  expressam  ac  de  verbo  ad  : 
dutto  huiusraodi  mentionem.  Ut  autem  prcsentes  Kttc 
quorum  interest  notitiara  deducantur,  ac  ut  nemo  car 
pretendere  aut  contra  eas  excusationem  aliquani  affej 
in  basilice  principis  apostolorum  de  Urbe  et  cancdf 
valvis  ac  acie  Campi  Flore  per  aliquos  ex  cursoribus  i 
ci  affigi,  CI  earum  copiara  inibi  affictam  dimini  vo 
mious  omnibus  et  singulis  venerabìlibus  fratrìbus 
scopis,  patriarchìs  et  primatibus  alilsque  locorum  ordlij 
sani't  in  \nrtute  sancte  obedientie  iniungimus  et  mandami 
dioccxibus.comitatibus  etprovinciìs  absquc  alia  requisitione 
facicnda  presentes  litteras  seu  earum  transumpta,  manuj 
sub^cripta  et  sigillo  alicuius  persone  in  dignitate  eccle 
tote  aut  curie  sue  munitas,  publicent  et  publicari  faci! 
iransumpto  mc,  ut  prefertur,  subscripto  et  sigillo  munilj 
fidcm  adhibcrc  voluraus,  quc  eisdem  originalibus  litti 
ii  orit;tnalìtcr  cxiberentur.  Datum  Romae  apud  s. 
.XXI.  X,^»  15$ 8,  anno  4". 


^oc.  Vat.  contro  V eresia  luterana 


451 


CXXXIIL 

ti 559,  3  febbraio.  Al  duca  di   Ferrara  che   mandi  subito 
a  Bologna  l'eretico  Basilio  Allebrisio,  medico,  preso 
a  Reggio. 
[Loc.  cit.  Julli  111  et  PdìiU  IV  brev.  min. 
^m  toni.  2,  e.  139,  armario  44.] 

resi 


Dilecto  filio,  nobili  viro,  Herculì  duci  Ferrariae. 


Dilecte  fili,  nobiUs  vir  &c.  Comprehensus  Regii  nuper  ob  he- 
resia  cuiusdam  novae  inauditaeque  dementiam,  Basilius  quidam  Al- 
iebrisius,  professione  medicus  quidem  corporum,  sed  corruptor  ani- 
marum,  in  episcopalis  domus  carcere,  sicui  audivimus,  custodiiur. 
Eum  raagnopere  cupimus  primo  quoque  tempore  coram  nobis  et 
sacro  Inquisitionis  hereticae  pravìtatis  officio  sisti,  ìtaque  hortamur 
nobilitaiem  tuam  et  vehementer  petìmus,  ut  prò  sua  erga  nos  et 
Sanctam  Sedem  Apostolicam  devoiione  ac  debita  obedientia  fideique 
catholicae  studio  curet,  cum  primum  has  litteras  acceperit,  ut  is 
firmo  saiellitum  praesidio  diligenter  custoditus  sine  ulla  mora  in 
urbem  nostram  Bononiam  perJucatur  et  civitatis  illius  nostrae  gu- 
bematori  tradatur,  qui  eum  ad  nos  inde  deducendunii  curabit.  Quod 
tuae  nobiliiatis  offidum  nobis  magnopere  gratum  erit.  Dalum  Roroae 
apad  s.  Petrum  &c.  die  3"  fcbruarii  .mdlviiil,  anno  4^^. 
Alo.  Liporaanus  Bergoraen. 


CXXXIV. 

1559,  ^  lugb'o.  Vita  scandalosa  dei  frati  di  san  Domenico 
a  Tortona,  riforma  del  convento,  e  riforma  delle  mo- 
nache di  santa  Caterina  nella  stessa  città. 

[Loc.  cit.  Brevia  diversa^  armario  39,  tom.  64,  e  30.] 

Dilecto  filio  Ludovico  de  Luere,  priori  provinciali  provinciae  utrius- 
que  Lombardiae  ordinis  praedicatorum,   commissario  nostro. 

Dilecte  fili  &c.  Tanta  laborat  ìnÉimia  conventtts  fratrum   s.  Do- 
"Jiinici  in   civitate  Derthonensi.  ut   prò  nostro    pastorali   officio   ad 


452 


•B.  fontana 


tantum  sedandum  scandalum,  eum  conventum  deformare,  et  obser- 
vantiam  in  eo  regularem  introducere  statuerìmus.  Itaquc  proptcr  re- 
ligionis  zeluin,  fidem  et  integritatem  tuam  hoc  raandatum  nostrum 
diligenter  executurum  esse  confisi,  mandamus  tibi,  et  in  virtute 
sanctae  obedientiac  praesentiura  tenore  praecipimus,  ut  quamprimom 
te  in  urbcm  Derthonensem  conferas,  curesque  diligenter,  ut  booa 
et  res  omnes  illius  conventus  in  potestate  tua  habeas»  et  in  eorum 
frairum  vttam  ac  raores  apo5tolica  auctoritate  inquiras,  ezcessus  et 
delieta  severe  punias:  quos  retinendos  esse  duxerìs,  reiineas  eosque 
in  aiiquo  alio  conveniu  provìnciae  tuae,  ubi  regularis  observantia 
vigeat,  colloccs,  duramodo,  omìssa  pristinae  vitae  licentia,  religiosam 
et  regularem  vitam  posthac  se  profiteantur  esse  ducturos  :  coetcros, 
rebus  omnibus,  quae  ad  conveoiura  pertlneant^  ablatis,  expellas; 
aliisque  in  eorum  locum,  regularem  observaniiam  professis,  ad  eum, 
qui  tibi  videbitur,  numerura,  substitutis,  prioreque,  qui  tibi  fuerit  visus 
idoneus,  illi  conventui  eadem  auctoritate  proposito  coeterisque  offi- 
cialibus  constitutis,  regularem  ibi  observantiam  introducas,  invocato 
ad  haec,  si  opus  fuerit,  brachii  saecularis  auxilio.  Non  obstantibus 
apostolicis  ac  provìncialìum  synodaliumve  conciliorum  generalibus 
vel  specialibus  constituiionìbus,  priWlegiis,  indulas,  et  aliis  contrariis 
quibuscunque,  quìbus  omnibus,  et  singulis  derogamus.  Idem  auteui 
mandatum  tibi  cum  eadem  potestate  damus  de  conventu  dileciarum 
in  Christo  filianim  monialium  sanctae  Catherinac  eiusdem  civitatis; 
quem  ipsum,  quoque  correctione,  ut  audivimus,  vchementer  indigen- 
tcm,  eodem  abs  te  modo,  quo  de  fratrum  conventu  s.*»  Augustini  sub 
habitu  fratrum  praedicatorum  mandavimus,  vel  ut  tibi  coramodius 
esse  videbitur,  reformari,  et  ad  regularem  observantiam  adduci  vo- 
lumus.  Quod  sì  per  te  hoc  munus  obire  fortasse  non  poteris»  licen- 
tiara  damus  alìura  quempìam  tui  ordinis  ìstius  provinciae  tibi  pro- 
batum  atque  idoneum  hominem  prò  te  raittendi;  qui  eadem  quara 
libi  dedìmus  potestate,  utrumque  eorum  conventuum  nostra  et  Sedis 
ApostoUcae  auctoritate  reforraet;  eaque  omnia,  et  sln^la,  quae  tu 
agere  et  exequi  po&ses  agat,  atque  exequatur.  Cura  igitur,  ut  sive 
per  te,  sive  per  alìura  res  eorum  conventuura  ad  Dei  honorem,  et 
laudera  ita  componai  atque  constituas,  ut  quantum  antca  scanda- 
lum attuili  eorum  vita  moresque  corrupti;  tantum  posthac  eatn  d- 
vitatcnt  aedìtìcet  ob5er\ata  ab  cis  diligenter  vestri  ordinis  regula. 
Daium  Romae  apud  sancmm  Petrum  &c.  die  .vt.  iulii  1559, 
anno  .t*. 

S.  J.  K.fo  S,«« 


4 


I 
I 


n^oc.  Vai,  contro  l'eresia  luterana 


453 


cxxxv. 

1560,  8  m-iggìo.  Licenza  perchè  siano  restituiti  al  cardi- 
nale Mantovano  i  libri  ereticali  consegnati  all'  inqui- 
sitore di  Mantova,  per  poterli  confutare. 

[Arch.  apost.  Vatic,  Pii  IV  brev.  min.  a.  mdlx,  I,  15,  breve  121.] 

Dilecto  (ilio  nostro  Herculi  tìtuli  S/*  Mariae  Novae 

presbitero  cardinali  Mantuano  nuncupaio. 

Pius  pp.  ini. 

Dilecte   fili  noster,  salutem  &c.   Prorneretur  tuorum  magnitudo 

meritorum,  nec  non  praeclara  virtutum  dona,  t|uibus  personain  tuam 

omavit  Altissimus,   ut  te,  cuius   sìngularem   integrltatem,  religionis 

xdum  et  erga  orihodoxam  fidem  exirnìum  studjura  et  sinceritatem 

optime  cognitam  perspectamque  habemus^   specialis   gratiae   praero- 

gativa  prosequamur.  Exponi  siquidem  nobis  tiuper  fecisti,  quod  alias 

tempore  felicis  recordationis  Pauli  papae  IIII  immediati  praedecessoris 

nostri,  cum  index  librorum   hereticorum  et  aliorura   prohibitorura 

cditus  esset,  tu  tanquam  obedientiae  filius  nonnullos  tuos  libros  per 

indicem  praefatum  prohibitos  ad  dilectum  fillum  hereticae  praviiatis 

in  tsta  civitate   Mantuae   inquisiiorem    misisti,  quos    libi   restituì,  et 

tara  eos  quam  etiam  alios  quomodolibet  prohibitos  et  suspectos,  ut 

eorundem   hereticarura   opiniones   impugnare   valeas,  libere    Icgcndi 

libique  lìcentiam  per  nos   concedi   desideras.  Nos  igitur  piis  et  ho- 

nesils  tuis  votis   huiusmodi,  quac   ex  recto   et   cathoHco  tui  animi 

sensu  procedere  minime  dubitamus,  benigne  annuere  volentes,  cidem 

inquisitori  in  virtute  sanctne  obcdicntìae  harum  serie  mandamus,  ut 

visis  praescntibus  omnes  libros  tuos  praedictos  tìbi  cum  effectu  reddat 

et  restituat,  libique    ut   quoad   vixeris   tam   illos,  quam  quoscunque 

^ios  libros  quorumvis  hereticorum  et  schismaticorum  et  alios  quo- 

t^iodolibet  prohibitos  et  suspectos  apud  te  habere  et  tenere,  ac   eos 

tam  per  te  ipsum   legere,  quam    per   quoscunque   sacrae  theologiae 

professores  et  magistros,  vlros  probos  et  caiholicos   a   te   eligendos 

in  tua  civitate  et  diocesi,  ad  etTectum  falsas  et   adumbratas   illorum 

«Dpiniones  et  scripturas  refellendi  aique  irapugnandi,  libere  et  licite 

4C  sine   conscientiae  scrupulo   aut  alicuius   censurae    ecclesiastìcae 

"vel  ciiiusvis  altcrius   poenae  incursu    legi   facere   valcas,  auctoritate 

apostolica  tenore  praesentium   facultatem  concedimus  pariter  et  in- 


4)4 


*B.   fontana 


dulgemus.  Non  obstantlbus   praemissis   ac  quibusvìs  constitutìooibus 
ec  ordinadonìbus  apostolìcis,  nec  non  prohibitionibus  per  quoscunque 
Romanos  pontilices  praedeccssores  nostros  ìc  Sedis  ApostoUcae  le- 
gatos,  etiam  sancue  Romanae  Ecclesiae  cardìnalcs  inquisitores  et 
officium  ipsura  Sanctissiraae  Inqmsitionis,  quoraodolibct  factis  et  pu- 
blìcatis,  ac  in  t'uturum  f^iciendis  et  publicandis;  quibus  omnibus,  illisj 
alias  in  suo  robore  perraansuris,  ad  effectura  praesentium  specialitcrl 
et  expresse  deroganius,  caeterìsque  contrariìs  quibuscunque.  Datuml 
Romae  apud  sanctum  Petrurn  &c  die  .viii.  mali  ij6o,  aano  primo. 

Jo.  card.  Putcus. 
Sanctissimus  D.    N.   mandavit   expedirc  stante  nuxime  subscri- 
ptione  et  approbatione  rev."*  cardinalis  Putei  praefccti  Sancue  In-^ 
quisitionis. 

Jo.  card>  Nevmanus. 

Cae    Glorierius. 


S.mo»  D.  N.  dixit   quod   merito   rev." 
gratia  est  concedenda. 


cardJ^    Mantuano    haec 


G.«    Cacsar. 


CXXXVI. 


15^0,  19  giugno.  Nomina  di  Bartolomeo  da  Lugo,  dome-^ 
nicano,  a  commissario  e  inquisitore  generale  nel  do-J 
minio  veneto,  tolta  l' inquisizione  ai  frati  minori  ve^j 
nuti  a  contesa. 

[Arch.  secr.  Vatic.  Brev.  diversa,  plui.  >9,  to   64,  e.  117,] 
Deputatìo  inquisitoris. 

Dllecto  filio  Bartholomeo  de  Lugo,  orJinis  fratrum  praedtcatorum, 
regularis  observantiae  professori,  haereticae  pravitatis  in  civitacej 
Vcnetiarum  et  omnibus  eius  dorainiis  inquisitori  generali. 

Dilecte  fili,  salutcm  &c.  Pro  pastorali  officio  cupicntes  cunctosj 
qui  christìano  nomine  censentur,  in  reaa  ubique  et  onhodoxa  fide,] 
sine  qua  salvi  esse  non  possunt,  continere;  adversus  eos,  qui  pravu^ 
et  hacreticìs  opinionibus  imbuti  fuerint»  inquisitores  haereticae  pra- 
vitatis alios  aliis  in  locis  constituere  cogimur,  ut  saluti  eorura,  sì 
resipiscere  velini,  consulamus^  aut  si  pcrtinaciter  fn  huiusmodi   pra- 


T)oc.  Vat.  contro  V eresia  luterana 


455 


vitate  permaneant,  eorum  pertinadae  coercendac,  prospiciamus,  ne 
alììs  t^ocere,  et  eadem  illos  haeresum  labe  inficere  possint.  [Jusds 
ìtaque  de  causis(i)  animum  nostrum  raoventibus  omnes  comrais 
sarios  et  inquisitores  seu  qui  se  prò  commissariis  et  inquisitoribus 
haeretice  pravitatis  gerebant  in  civitate  Venetiamm  eiusque  dominiis 
tenore  praesentium  revocantes,  ]  te,  cuius  de  zelo  religionis  et  lide- 
catholicic,  Sacrarum  Littcrarum  scientia»  intcg ritate  et  circumspe- 
ctione,  atque  in  rebus  gercndis  dexieritaie  piane  confidimus,  in 
eadem  civitate  Venetiarum  omnibusque  provìnciis,  terris  et  locis, 
tam  in  continenti,  quam  in  mari  tllì  reipublìcae  subieais,  nostrum 
et  Sedis  Apostolicae  comraissarium  et  baeretìcae  pravitatis  inqui- 
sJtorem  generalera  apostolica  auctoritate  bis  litteris  constiiuìmus, 
facìmus  et  deputamus:  contra  haereticos' autem  cuìuscunque  seciae, 
vel  de  haeresi  suspectos,  et  haereticorum  fauiores  ac  defciisores, 
officiumque  Inquisitionis  impedientes  aut  retardantes  tam  laicos  et 
sacculares,  quam  ecclesiasticos  et  quorumvis  ordinum  rcgulares, 
etiam  mendicantium,  cuiuscunque  conditionis,  gradus,  et  praeminen- 
tiae  sint,  secundum  canones  inquirendi,  causasque  eorum  vel  pen- 
dentcs,  necdura  decisas  reassumendi,  vel  quas  posthac  movcri  con- 
tigerit,  cognoscendi,  et  fìnem  illiS  debitum  iraponendi,  et,  prout  iuris 
fuerit,  extquendi,  omnesque  et  singulas  personas,  cuiuscunque  status, 
ordinis  et  conditionis  fuerint,  quas  super  huiusmodi  causis  examì- 
nandas  duxerìs,  ad  festimonium  vcritatìs  perhibendum  onmibus  iuris 
et  factì  remediis  compellendi,  commissarios  preterea,  vicarios  et 
subìnquisitores,  notarlos  et  alios  quoscunque  huìc  ofTìcio  dcsemre 
solitos  ministros  confirmandi,  vel,  si  tibi  visura  fuerit,  cos  destituendi, 
et  alios,  quos  idoneos,  probosque  cognoveris,  in  eorum  locura  insti- 
tuendi,  ipsisque  commissariis  sive  subinquisitoribus  et  ministris  tuis, 
sive  clerici  saeculares  sìnt,  sive  ordinum  quorumcunque  regulares, 
eandem,  quam  ipse  a  nobis  habes,  vel  limiiatam  poiestatem  dele- 
gandi  :  et,  si  necesse  fuerit,  clericum  aliquem  etiam  in  sacris  etiam 
presbiteratus   ordine   constìiutum    degradar!   faciendi   ita,   ut  is   per 


(i)  Le  p*roJe  ut  parentesi  quadrate  aono  (critte  da  altra  mano  a  margine  in  tosti- 
tusione  delle  «egueoti  parole  nel  te«o  lulle  quali  4  un  ugno  di  cancellatura:  •  Iiaque 
«  (o>  qui  es  ordine  fritrum  minorum  conveutualium  in  civitate  Venetiartint  eiuique  do- 
«  tnìnits  Inquifitioni  hercticae  pTAvitatLf  praecraat,  ad   toUendas  conltntìoDes  quaadam  ìntet 

•  ipfos  et  alios  quosdatn  cìusdem  ordinis,  non  iine    multoruin  oiTeDaìone  eitortaa,  ab  eo 

•  ol^cio  removente»,  et   privilcgiit  omaibus  eiui  ordinis  quoJ   ad    haac  rem,  et   ad    eam 

•  cìviutem,  ipaiusque  dominia  dumtasat  atiinet,  dcrogantct  &c.  ».  Da  questa  variante 
ai  vedo  che  le  giuste  cause,  ■  iuiiu  de  causis  »,  che  muovono  il  pontefice  sono  l'esaere 
venuti  A  contesa.  «  non  line  taultorum  ofTeaiione  »,  i  Minori  conventuali  che  cscrcitavaito 
t'ufficio  dell'inquisizione  a  Venezia.  Per  clA  al  destituiscono  e  ti  manda  comtnisaarìo  il 
^medicano  Bartolomeo  da  Lugo. 


456 


*B.  fontana 


quetn  tibi  visum  fuerit  caiholicum  antistUem  Jegradetur,  si  cius 
dìoccsanus  in  ecclesia  sua,  seu  ipsius  diocesis  residens  et  de  hoc 
requjsitus,  eum  degradare  recusaverii,  et  curiae  saeculari  degradatura 
tradì  mandandi,  ei  ad  ea,  quae  dieta  sunt,  brachii  saecularìs  auxilium 
implorandi;  resipiscere  autem  volenles  et  ad  veritatis  lucem  redire, 
et  compliccs  fidelitcr  ac  syncere  revclare,  recepta  ab  eis  prius  hac- 
resum  abiurationc  publice  vel  privatim  et  secreto,  tuo  arbitrio,  nisi 
relapsi  fucrint,  dato  ab  eis  iureiurando,  se  non  esse  amplius  tali» 
commissuros,  ncc  committentes  auxilio,  favore  aut  Consilio  adiuturos, 
forma  et  more  Ecclesìae  consueto  ab  eis  haeresibus  et  erroribus 
publica  seu  privata  et  secreta,  sicut  tibi  vìsum  fuerìt,  salutari  poe- 
nitentid  prò  modo  culpae  iniuncta,  et  a  quibusvis  censuris,  senteo- 
liis  et  poenis  ecclesiasticis  atque  etiam  temporalibus,  si  quas  forte 
incurreriot,  absolvendì,  eosque  Ecclesiac  catholicae  rcconciliandi  : 
omnia  denique,  quae  ad  hoc  officium  cxcrcendum  necessaria  sivc 
opportuna  fuerint,  quaeque  alii  in  eadem  civitate  inquisitores  agere 
et  cxercere  consueverunl,  agendi  atque  exercendi  amplam  tibi  et 
plenam  facultatcìn  damus  per  has  littcras  atque  concedimus,  iisdera, 
quibus  ìlli  usi  et  gavisi  sunt,  privilegiis,  indultis  et  gratib  ut  tu 
quoque  utaris  et  potiaris,  indulgentes  ;  mandantes  et  praecipicntes 
supradictis  inquisitoribus,  seu  qui  se  prò  inquisitoribus  gesserunt, 
aut  comm'tssariis,  subinquisitorìbus,  vicariis,  notariis  et  aliis  quibus- 
cunque  in  virtute  sanctae  obedientìae  et  sub  excomnnmicationis 
aliìsque  nostro  arbìtrio  infligendis  poenis,  ut  omnia  et  singula  acta, 
accusationes,  denunciationes,  attestationes,  deposltiones,  citatiooes, 
processus,  sententias  et  quascunque  scripturas,  res  et  bona,  quae 
penes  illos  sint,  ad  officium  hoc  peninentia,  tibi  seu  its,  quos  tu 
nominaveris,  et  in  corum  locura  substituerìs,  exibeant  et  assìgncnt. 
Non  obstantibus  constitutlonibus  et  ordinationibus  apostolicis,  in- 
dultis, privilegiis,  gratìis  ordini  fratrum  minorum  sìve  inquisitoribus 
eiusdem  ordinis  in  generali  spe:ialJve  concessis,  etiam  de  quibus 
facienda  esset  specialìs  raentio  de  verbo  ad  verbura,  etìam  cum  clau- 
sulìs  ìrritantibus,  aliisque  contrartis  quibuscunquc.  Datiim  Romae 
apud  sanctum  Petrum  &c.  die  19  iunìf  1560  anno  primo. 


i 


I 
I 


n^oc.   Val.  contro  l'eresia  luterana 


457 


cxxxvir. 


1560,  12  agosto.  Benedizione  dei  monti  auriferi  delLi 
contea  di  Nizza,  prima  esplorati  dai  Valdesi,  epperò 
maledetti. 

[Loc.  cit.  Pii  IV  Irei',  min.  a.  Mdlx,  II,  r4,  breve  $68.] 

Dilecto^  filio,  nobili  viro,  Emanueli  Philiberto  duci  Sabaudìae. 

Dilecte  fili,  nobilis  vir,  saluiem  &,c.  Cum,  sicut  nobis  nuper  exponi 
fecistì,  tu  prò  bone  publico  et  communi  omnium  utilitatc  in  certis 
montibus  comìtatus  tui  Niciensis  fodi  facere  ac  fodinas  et  mineras 
auri  et  argenti  ibidem  invenire,  ac  exinde  aunim  et  argentum  huius- 
modi  non  liquefactum   ac    illorum    fimbrias  extrahere  et  liquefacere 

»ac  expurgare  mandas,  dubites  tamen,  prò  co  quod  a  nonnuUis  assc- 
ritur,  alias  montcs  ipsos  a  nonnuUis  Romanis  pontificibus  predccesso- 
ribus  nostris  ac  accessum  ad  illos,  nccnon  fossioncm  in  eis  faciendam 
ex    certis   causis  christifidelibus  inlerdictos  fuisse  et  inibì  Cachode- 
moncs  existere,  nisi  montes   ipsi   benedicantur  et  exinde  interdicta 
relaxentur,  ac  alias   ad  id  Sedis  Apostolice  licentia   suffragetur,  pre- 
missa  adimplerc  non  posse.  Quare  nobis  humiliter  supplicar!  fecistì, 
ut  commoditati  reipublice  ac  alias  in  premissis  opportune  providere 
^^     de  benigniiate  apostolica  dìgnaremur.  Nos  igitur  devotionem  mam 
^p    in  hac  parte  plurinium  in  Domino  coUaudantes  ac   bono  publico  et 
^^      saluti  animarum   singulorum   christifidelium,  quantum  in  nobis  est, 
consulere  volentcs,  omnia  et  singula  interdici;!,  excommunicaiiones 
et  anathematisationes  ac  maledictiones  a  quibusdiam  Romanis  pon- 
tificibus  prcdeccssoribus  nostris  e.\;  quibusvis  causis  in  dictis  montibus 
apposita,  ac  in  eis  fodientes  seu  Codi  facientes  latas,  promulgatas  et 
interiectas  apostolica  auctoritate  tenore  presentium  rclaxamus,  tolli- 
mus  et  amovemus,  ac  dictos  montes   benedicimus.  Tibique  ci  inibi 
/odi  facere  ac  fodinas  et  mineras  exquirere,  ac  inventa  ex  eis  aurum 
et  argentum  aut  illorum  fimbrias  non  liquefa  età  extrahere  et  expur- 
gare ac  liquefacere,  et  ilio  uti  ac  de  eo  ad  libitum  tuum  disponcre 
et  quo    volueris  transmitierc,  necnon  quibusvis  personis  ad  fodien- 
<iura  in  eis   vocatls  ad  huiusmodi   mpntes   accedere  et  ibidem  fodi 

■  lacere  ac  operas  suas  impendere  libere  et  licite  valeam  plenam  et 
Jìberara  auctoritate  apostolica  tenore  presentium  concedimus  facul- 
"^■sitem.  Non  obstantibus  premissis  ac  quibusvis  constituiionibus  et  or- 


458 


*B.  fontana 


dinationìbus  apostolicis  celerisquc  contrariis  quibuseunque.  Datum  &c. 
Romae  apud  sanctum  Petrum,  die   12  augusti  1560. 
Expedìatur  de  mandato  Sanctissimi. 

Ant.  Florebellus  LaveUinus. 

L.  Datarius. 


CXXXVIII. 

1561,  8  agosto.  Facoltà  al  cardinale  Alessandrino  di  con- 
dannare e  dì  assolvere  eretici  pentiti  nel  ducato  di 
Savoia  e  principato  di  Piemonte. 

[Loc.  cit.  a.  MDLXi,  16,  breve  244.] 

DUecto  filio  nostro  Michaeli,  lituli  Sanaae  Marìae  supra  Minenram 
presbitero  cardinali  Alexandrino  nuncupalo. 

Dilecte  fili   nostcr,  saluiem  &.c.  Faciuni   tuac    circuraspectionis 
eximia  fides,  probilas  et   in   rebus    ac   negocìis  catholicae  religioni^ 
tractnndis  et  administrandis  experientia,  ut  ca  tibi  libenter  demande^=r 
mus,  quae  ad  sanctae  fìdei  conservationem  et  incrementum  praecipu    -^Df- 
spoetare  dìgnoscaniur.  Itaque  tibi,  qui  summi  ioquisitoris  munus  rect  '^  -* 
et  diligenter  gerere  comprobaris,  ut  quoscunque  haereticae  pravitatLS-^:*^ 
inquisitores  in  quibusvis  civiiatibus,  terris  et  locis  ducatus  et  doratnif  ^:^>^ 
djlecti  tìUi  nobilis  viri  ducis  Sabaudìae  et  Pederoontium  principìs,  e^3^    * 
aliis,  ad  que  te  destinare  contingerit  vcl  de  quibus  suffìcjentcm  in  rf^^**^ 
formationem  habuerìs,  prout  tibi  cxpediens  esse   vìdcbitur,  deputare^     ** 
et  tam  illos  quam  quoscunque  alios   amovere,  et  eorura  loco  alio^^  ^^' 
subdeputare;  necnon  contra  quascunque  utriusque  sexus  personas  duS-J^ 
haeresi  quomodolibet  suspectas  cuiuscunque  dignitatis  et  condìtionis 
existentes  procedere,  et  tam   eas   quam   quoslibet  alios  luthcranae" 
aut  aliarum  haeresum  et  damnatarum   scctarum   professores,  vel  in 
cls  quomodolibet  culpabiles  vel  suspectos,  eisque  auxiliuro,  consllium 
vcl  f;ivorem  quomodolibet  praestantes,  aut  eos  receptantes,  ctlam  si 
relapsi  fuerint,  suos  tamen  errores  recognoscentes,  et  de  ilLs  dolentes 
ad  orthodoxamquc    fidem  sponie  redire  postulante?,   cognita  in   eis 
vera  et  non  ficta  pfniteutia,  et  facta  prius  publice  vel  privatìm  aut 
scerete,  sicut  tibi  melius  esse  •  videbttur,  dictorum  haeresum  ci  seda 
rum  abiurationc,  ab   omnibus  et  singuHs  per  eos  quovis  modo  pcr- 
petratis  haereses,  et  ab  eadem  fide  apostasias  ac  blasphemias  et  alios 
quoscunque  errores  saplentibus  criminibus,  excessis  et  delictis,  necnoa 


^oc.  Val.  contro  Veresia  luterana 


459 


ecclesiastìcis  censuris  ac   e'^ìam   lemporalibus  et  corporis  afflictìvìs 
poenis  in  eos  praemissorum  occasione  a  iure  vel  ab  hominc  quomo- 
dolibet  inflictis  et  proni ulgatis,  ctiam  si  in  illis  per  plures  annos  in- 
sorducrint,  ac  etiam  ìllos,  qui    libros  haereticorum  aut  alios  prohi- 
bitos  tenuerint  aut  legerint  in  utroque  foro  auctorìtate  nostra  absolvere 
et  liberare,  et  aliorum  christifidelium  numero  et  consortio  aggregare 
et  restituere,  ac  ad  pristinos  honores,  patriam,  famam,  bona,  digni* 
y  tates  et  officia,  ac  etiam  fcuda  et,  si  clerici  fuerint,  etiara  ad  bene- 
ficia reponere  et  reintegrare,  et  cum  quibusvis  clericis  etiam  in  prae- 
sbiieratus  ordine  constitutis  super  ìrregularìiate  per  eos  praemissorum 
I  occasione  quomodocunque  contracta,  etiam  quia  sic  ligaii  missas  et 
"  alia  divina  officia,  centra   sanctae  matris  Ecclesiae  probatos  mores 
et  laudabilcs  ritns,  celcbraverint,  aut  alias  se  ìlIis  immiscuerint,  proui 
tibi  secundum  Dcum  videbitur  expedire,  sufficienter  dispensare,  ac 
eis  et  corum   cuilibet  p^nitentiam  salutarem   arbitrio  tuo  iniungere, 
omncmque  inhabilitatis  et   infamiae  maculam   ex   praemissis  quovis 
modo  insurgentem  ab  eis  pcnitus  abolere,  coeteraque  in  praemissis 
I  et  circa  ea  necessaria,  seu  quomodolìbet  opportuna  Tacere,  gerere  et 
exequì  libere  et  licite  possis  et  valeas,  plenam  et  amplam  auctorìtate 
apostolica  tenore    praesentium   liccniiam    concedimus  et  facultatem. 
^  Non  obstantibus  praemissis  ac  quibusvis  apostolicis  in  provincialibusque 
CI  s)'nodalibus  coticiliis  editis  generalibus  vel  special ìbus  constìtutio- 
nibus   et  ordicationtbus,  necnon   ecclesiarum,  locorum  et  ordinum 
I    quorumcunque,  etiam  iuramento.  confirmatlone  apostolica  vel  quavis 
I  firmitate  alia  roboralis  statutis  et  consuetudinìbus,  privilegiìs  quoque 
indultis  et  literis  apostolicis  illis  concessis,   contìrniati'i  et  innovatis. 
Quibus  omnibus,  eorura  tcnores  praesentibus  prò  sufficienter  expressis 
habentes  illis  alias  in  suo  robore  permansurìs,  hac  vice  duntaxat  spe- 
cialiter  et  expresse  derogamus,  coeterìsque  contrariis   quibuscunquc. 
Oatum  Romae  apud  sanctum   Marcum   &c.  die  .vili,  augusti  !j6i, 
anno  2'^. 

Mitiuta  videtur  recte  concepta  et  Sanctìsstmus  D.  N.  mandavit 
expediri. 

Jo,  car.  Nevraanus, 
Cae.  Glorierius. 


éc  laidieiìiam  oca  sine  mimi  «H 

siistib  Cordcie,  qiù  ipoi  & 

G^his  BQstne  oéEdum  de  <Jete«ibili  ìam 

tìèstOìA,  mser  quos  capsunttoi  Al 

Marìam  dus  oepotem,  ic  j>à 

Ncèàenses,  aec  non  Thomifiauin  k 

éc  Este  mìlitetn  Ìb  terra  B^ 

Bt  tiasceati  in  tllls  pjittìbuj  huk  tu 

criym  oe  ca  in  bsula  téooìì 

.eojae  roqnìrentcSf  ;itque  ttUo 

pflesxic  mODoiics»  ut,  prò  emào  n 

tao  ^eaaXMque  vesira  agi  ik^i 

fnenoQDiuiiis   oninc&  illieo  i 

crchìi^ibcopuiii  Gcnueosoi 

Sb  haeretJcte  prarìuti*  io  « 

pnraBzn  coosigmxi  ii^tì^ 

«^  ««$zn  ÌB$%&i  pffobkite  et  pìetate  m»{ 

^  k*eresaixi  foisites 

£e  -XXX.  isiiu  i>^4,  JUDO  $*. 
C«»rGIon«tì 


^X)oc^  Vai.  contro  l^eresia  luterana 


4^1 


CXL. 


i$^^>    30     marzo.  Al  duca  di  Ferrara  che   mandi    a    Bo- 
logrizi    Galeazzo  Cortona  milanese,  imputato  di  delitti 

tdi   religione. 
t"^*^^^.  secr.  Vatic.  Brei'.  diversa,  plut.  39,  to.  64,  e.  229.] 
ui 
ber 
c« 
trai 
cip 
; 

t^6,  9   maggio.  A  Lelio    Orsini   contro  il   suo   agente 
Baldo  Fabii  di  Urbino  da  arrestarsi  dovunque  si  trovi, 
e  da  consegnarsi  al  S.  Uffizio  di  Roma. 
^  Arch,  apost.  Vatic.  Pìi  Vhrev,  min.  a.  molivi,  I»  25,  breve  329.] 


Pro  habendo  quodam  haeretico  in  manibus. 
Duci  Perrariae, 

^  ^^^e  fili,  nobilis  vìr,  salutera  &c.  Galeatìura  Cortonam  raedìola- 

tvrtisetri     ^^   poteslate  nostra  habere   cupimus  quonundam    crirainum 

ca\isa,  K\\XAt  ad  religionem  pertinent.  Proinde  a  nobilitate  tua  petimus, 

ui  pos\.q^j^^  gjyj  causa,  quae  ad  te  pertinet,  fuerit  expedita,  cura  ii- 

berum    jjq^  permittas  ;  sed  fido  militum  praesidio  custoditum  dedu- 

*^cndutTi  cures  ad  fìnes  territorii  civitatis  nostrae  Bononijie  atquc  ibi 

_     ^andes  sateilitibus,  quos  eiusdera  civitatis  gubemator  eius  ac- 

^'P'^Qdi  causa   illuc   miscrit.   Quod  crit  nobis  vehementer  gratura. 

*ium  4c.  die  .XXX.  martii  1566,  anno  primo. 


CXLI. 


Plus  papa  V. 


Dilecto  filio  nobili  viro  Lelio  Ursino,  Cacretis  domino,  doniìcello 

*^ano,  salutem  &c.  Volumus  ac  tibi  harum  serie  mandaraus,  ut  staiim 

^^'*^  eptis  pn;sentibus  quendam  Baldum  Fabii  ex  siatu  Urbinl,  qui  com- 


Pv. 


Txa 


"tista  et  agens  tuus  esse  dicitur,   sive  in  oppido  Bassani  sive  alibi 


t«i 


^ris,  ob  causas  crimen  laesae  raaiestatis  divinae  concementes,  huìc 
*^!sello  seu  executori  vel  iustitiae  ministro,  quem  dedita  opera  ad 
mìttimus,  cura  effectu  tradi  et  consignari  facias,  omnemque  fa- 
*i'cm  et  auxilium  tuum  praestes  et  exhibeas,  ut   ad  Urbem  sccurc 


'7)oc.    Vai.  co/tiro  l'eresìa  luterana 


463 


\  prò  indiviso  palati!  cum  pertinentiis  suis  siti  in  burgo  S.''  Petri 
\  locum  vulgariter  dictum  Campo  Santo  acquisiti  »  et  constructi 
per  bo.  me.  Laurentìum  S  R.  E.  cardinalem  tituli  Sanctonim 
uor  Coronatorum  de  Pucciis  nuncupatum,  et  in  quo  de  prac- 
exercetur  officium  ipsius  Sanctae  Inquisìtionis  haereticae  pra- 
t  tara  suo  proprio,  quam  fratrum  suorum  praedictorum,  prò 
SS  de  rato  promisit,  norainibus,  nobìs  prò  pretio  scutoruni  sex- 
Um  monetae  ad  rationeui  decem  iuliorum  prò  quolibet  scuto, 
modis  et  formis  ac  in  terminis  tunc  expressis  bolvendorura  ven- 
rit  ac  cesserit,  prout  in  instrumcnto  publico  per  dilcctuni  lìlium 
Antonium  Peregrinum  Camerae  nostrae  apostolicae  notarium 
to  Utìus  continetur,  nos  igitur  easdera  duas  tertias  paries  palatJì 
imodt  prò  dominio  et  omntraoda  proprietate,  ac  usu  et  habita- 
ipsjus  officii  Inquisiiìonis  et  eius  ministrorum  perpetuo  conce- 
volentes  &c.  Daium  Romae  apui  sanctum  Petrum  &c.  die  xviii. 
15^,  anno  primo. 

Videtur  posse  expedirl  Hu.  cardJ'*  S.  Sixti 

Cae,  Glorierius. 

jtM  Vestra  applicai  duas  tertias  partcs  palatii  prope  Campum 
rtum  a  Pucciis  eraptas;  ita  ut  nunquam  ipsis  inquisitoribus  etiam 
cntientibus  adimi  possint,  cum  deputatione  executorum. 


CXLIIL 

'\6y  3  giugno.  Al  Birago  luogotenente  del  re  Cristia- 
nissimo a  Saluzzo,  perchè  espella  dal  ducato  e  perse- 
guiti gli  Ugonotti  che  vi  si  sono  sparsi  specialmente 
per  opera  del  Drenerò  e  del  Valfenera. 

(Loc.  cit.  II,  26,  breve  J99.] 


Uecto  fìlio  nobili  viro  Ludovico  Birago  Christianissimi  rcgìs 
in  statu  Salutiarum  locum  tenenti  generali. 

)ilecte  fili,  salutem  &c.  Accepimus  litteras  tuas  Salutiis  ociavo 
^aprilis  practeriti  datas»  quas  legimus  libentissime,  plenissimas 
ris,  humanitaiis,  officii  diligentiae.  Ex  iis  etenim  intelkximus  di- 
ìim  filium  nobilem  virura  dominum  Villaparisium  de  nonnullis 
ad  catholicara  religlonem  istic  pertinentibus,  quas  eis  in  man- 


^oc.  Vai.  contro  l'eresia  luterana  4<>5 


salutare,  tu  vero  ex  hoc  praeter  coelestis  vitae  praemium,  egre- 
im    quoque  apuJ  bonos  omnes  laudem   et   coramendationem  prò- 
lercberis.  Daiutn  Romae  apud  sanctura  Petrum   &c.  die  .in.  iunii 
"*  5^6,   anno  primo. 

Cae.  Glorierius. 


cxuv. 

'5^6,  12  giugno.  Air  inquisitore  della  cittA  e  diocesi  di 
Concordia,  perchè  possa  associarsi  come  notari,  chie- 
rici e  preti  cosi  secolari  come  di  qualunque  ordine. 

[Arch.  secr.  Vatic.  Pii  i'  brev.  min. 
a.  MDLXVi,  ir,  26,  breve  414-] 

:to  filio  fratri  Francisco  Penzino  ordinis  minorum  conventualium 
professori. 

ft)necte  fili,  salutena  &c.  Cupiemes  res,  causas  et  negotia  offici  i 
Inquisitionis  bene,  fidelilcr  ac  diligenter  ubique  exerceri,  tra- 
et  administrari,  libi,  qui  in  ci%'itate  et  diocesi  Concordiensi 
baereticae  pravitatis  inquisitor  deputatus  existis,  quod  prò  rebus 
catjsis  et  negociis  offici!  eiusdem  Inquisitionis  libi  commissi  debite  et 
'  sincere  cxequendis  quoscunque  notarìos  eliani  clerìcos  scculares 
€t  quorurovis  ordinum,  etiam  mendicantium  regulares,  et  in  sacrìs  ac 
prcsbiteratus  ordinibus  constitutos,  qui  tibi  ad  hoc  apti,  fìdeles, 
et  idonei  videbuntur,  creare.  Tacere,  constituere  et  deputare;  qui  sic 
per  te  deputati  officìum  notarìatus  huiusmotli  libere  exercere  possint, 
€orumque  instruraemis,  proihocollis,  regestis  et  aliis  scrìpturis  per 
ipsos  factis,  subscriptis  et  rogatis  piena  et  indubra  fides,  et  eadem 
prorsus,  quae  coeteris  notariis  apostolica  vet  imperiali  auctoritatc 
f  creatis  adhiberi  solet,  ubique  in  iudicio  et  extra  adhibeatur,  et  adhi- 
debcat  in  omnibus  et  per  omnia,  perinde  ac  si  itli,  prout  caeteri 
ani,  iuxta  solitum  morem  creati,  et  in  aliorum  notarlorum  ma- 
trìcola descrìpti  fuissent,  licite  valeas,  auctorii.iie  apostolica  tenore 
pracscntium  licentiam  concedimus  et  facultatem.  Non  obstantibu* 
cooststutionibus  et  ordinationibus  apostolicis  ac  civitatis  et  diocesis 
hutustnodi  illorumque  locorum  ctiam  mramento,  confirraatìone  apo- 
stolica vel  quavis  firmitate  alia  roboratis  statutis  et  consuetudJnìbus, 
privìlcgiis  quoque  indultis  et  litterìs  apostolicis  illis  quomodoUbet 
concesAÌs,  confirmatìs  et  innovatis,  quibus    omnibus  eoruni  tenore» 

Ar<hhio  delta  R.  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XV.  30 


^66 


©.  fontana 


praeseniibus  prò  safficicmer  expressis  habentes,  ìllis  alias  in  suo  ro- 
bore  permansuris  ad  effectum  praesentium  speculiter  et  exprcsse 
derogamus,  caeterisque  contrariìs  quibuscunque.  Datum  Romae  apud 
S.  Pcirum  &c.  die  12  iunii   1566,  anno  primo. 

Cae.  Glorìerius. 


CXLV. 

i$66y  14  giugno.  Breve  di  nomina  e  formola  di  giura- 
mento che  presterà  Francesco  Papardo  doraenic-mo 
prima  di  assumere  l'uffizio  di  inquisitore  generale  nel 
ducato  di  Savoia. 

[Loc.  cit.  breve  425.] 

Dilecto  fìlìo  Francisco  Papardo  ordìnìs  fratruro  predicatorum  et  th«o* 
logie  professori  in  universo  ducAtu  Sabaudie  ceterisquc  dom'ntiSt 
dilccio  (ilio  Sabaudie  duci  ultra  monics  subicctis,  hcrctice  pravi- 
tatis  inquisitori  generali. 

Pius  papa  V. 

Dilecte  fili,  salutem  &c.  In  primis  atquc  gravissimis  curìs  quas 
in  hoc  loco  a  Domino  constituti  susiìneraus,  illa  precipue  cor  no- 
strum angit  solicitudo,  quoJ  fidcs  cathoHca  toto  terrarum  orbe  digitata 
conspicitur.  Idcirco  in  singulis  dicti  orbis  partibus,  viroii  «xpedit 
habere  idoneos,  quorum  opera  succlsis  vepribus  c\Tilsi$que  xuanjis 
a  Sathana  disseminatis  orthodoxe  religionis  cultus  in  sua  puritatc, 
ac  solido  statu  precipuo  conservetur.  Cura  ìtaquc  otTicium  ìnquisi- 
toris  generalis  hereticc  pravìtatis  in  universo  ducatu  Sabaudie  ce- 
terisque  dominiis,  dilecto  filio  Sabaudie  duci,  ultra  montes  quomo- 
dolibet  subiectis,  per  obiium  quondam  Ludovici  de  Bolo,  dum  vìverci 
in  dictis  ducatu  et  dominiis  inquisitoris  generalis,  extra  Romanam 
curìam  vita  functi,  vacaverit  et  vacct  ad  presens,  nos  patcm.i  qua 
tencmur  charitate  erga  ea  loca,  que  impiis  hereticorum  vioctrinis 
iampridcm  confiicuntur,  volcntes  eis  de  persona  secundum  cor  no- 
strum utili  et  idonea  providere,  cuius  industria  et  sedulitate  hercsum 
contagia  eliminari  et  religionis  catholice  sinceritas  conscr%'ari  possit, 
fìdemque  sumentcs  indubiam  de  te,  qui  in  hts  multos  ab  lune  anoos 
laudabiliier  versaius,  etateque  et  ceteris  qualitatibus  requisiti?  prc- 
ditus  es,  quod  provincie  illi  universe  in  demandata  tibi  cura  sis  non 
mediocriter  profuturus.   Quare  te   inquisìtorem   generalem   "n  dicti* 


n^c.  Vat.  contro  l^ eresia  luterana 


S«ac  nobis  iampridem  cognita  est  et  perspccu,  huiusmodi  supplica- 

^onibus   inciinati,  tibi,  ut  libros  quoscunque  tam   in   indice  felicis 

•"«ordationis  Paulì  IIII,  quam  Pii  etiam  llll  Romanonim  pontificum 

Pmedecessorum  nostrorum  aut  alias  quomodolìbet  prohibiios,  vel  noo- 

*^iini  purgatos,  quo  facilius  perversas  hacrelicorum  opmiones  corum- 

9ue    nefarios   crrores  ìntcUigere    et   discernere  ac  confutare  possis, 

'-'beTe  et  licite  ac  absquc  conscientiae  scrupulo,  aut  uUius  censurac 

Ccdesiastìcac  in  tales  iofliciac  incursu,  tenere  et  legere  valeas,  ple- 

nam  et  Ubcram  aucioritate  apostolica  tenore  praesentlura  facultatein 

irnp>artiraur.  pariter  et  indulgemus.  Non  obstantibus  constitutionibus 

^    ordinationìbus  apostolìcis  ac  quibusvis   prohibiriocibus  in  contra- 

"*^*i^    quomodolìbet  hactenus  factis  et    iroposterum   faciendis,  caete- 

™*<lue  contrariis  quibuscunque.   Datum  Romae  apud  s.  Pctrum  &c. 

'^"^    -XXVI.  iunii  1566,  anno  primo. 

F,  card.''»  Alciatus 

Expedìri  poiest  attenta  fide  ili."»  domini  mei  Alciati, 

Hu,  card.'"  S.  Sixtì.  Cae,  Glorierius. 


CXLVIL 


*  566,  22  novembre.  Al  nunzio  in  Savoia  perchè  consegni 
un  frate  chea  Macerata  con  un  colpo  d'archibugio  lic- 
ose il  priore  davanti  al  Sacramento,  e  un  prete  che  ha 
commesso  diversi  atroci  crimini  e  delitti. 

[Loc.  cit.  breve  662.J 

Generabili  fratri  Francisco  episcopo  Gcbennensi  apud  dilectum  niiura 
nobjlem  vìrura  ducem  Sabaudiae  nostro  et  Apostoiìcae  Sedis  nuntio. 

Veoerabilis  firater,  salutem  &c.  Cum,  sìcut  nuper  accepimtis,  qoK 
dam  iniquitatjs  liliì,  unus  videlicet  frater  ordinis  sancii  .\ugustini, 
qui  Maceratae  ictu  archibusii  priorem  suum,  ante  sanctissimum  Sa- 
cramentum  animo  celebrando  missam  devote  orantero,  impia  et  im- 
mani crudelìtate  ìnterfecit,  et  alter  presbite!  ob  multa  enormiz,  di- 
vcrsaqac  atrocissima  crimina  et  dclicta  ab  eo  sceleratissirac  perpetrata 
plura  monis  genera  demeritus  a  curia  istius  ducis  in  carceribus  de- 
tineantur,  nos  prò  nostri  pastoralis  oSicii  debito  volentes  tanta  ic 
tam  nefarìa  scelera  inulta  non  reraanere,  sed  facinorosos  praedictos 
ad  alionim  exemplum  debitis  et  mentis  poenis  omoino  affici^  itx- 
temitati  tuae  per  praesentes  committimus  et  mandarous,  quatcotts 


•7)oc.   Vat.  contro  l'efesia  luterana 


471 


is 


F 

H^**^  *^  «:iis,  inquisitionibus,  accusationibus,  processibus  et  condcra- 
^^  •  *^  corani  quocuuque  iudice  ecclesiastico,  vel  seculari  prò  qui- 
'\'ùi   criminibus,  excessibus  ei  delictìs  quancumvis  gravibiu, 
-n^ibus,  ac  atrocibus,  etiam  per  homicidiis,  assassinìis,  sacri- 
&L    *~  -^^  pinis,  furiis,  crimine  laese  maiestails  etiam  in  primo  capite, 
^^^       ^^ti4m  cuiuscunque  generis  et  qualitatis  etiam  expresib  maio- 
^fc^^t    magis  qualjficatis,  etiam  comprehensis  in  bulla  die  Coene 
Hr*^^-      legi   consueta,  per  te  commissis  et  patratis,  seu  centra  te 
.^'^^'^^e  quomodocunque  et  qualitercunque  motis,  intentatis.  et  latis 
^       ^ostcrum  intcntandis  et  excitandis,  ita  ut,  veniendo  ad  Urbcm 
^      ^*^ì.usmodi  negotio  haeresis,  et  dum  causa   huiusmodi   haeresis 
^*^X.abitar,  et  per  duos  menses   posiquam   hutusmodi  causa  crii 
^^*^*ta,  et  deinde  ad  nostrum  et  Sedis  Apostolicae   b^inepladiura 
^isdicta  quindecìm  dierum  libi  in  scriptis  et  personaliter  facienda, 
^^    alia  iudicia  crirainalìa  utriusque  fori  coatta  te  mota  et  roo- 
*  penitus  et  omnino  sileant  et  silere    debeant,  liberum,  tutum, 
'^cum  et  securum  facimus  ac  reddimus,  tìbique   publicam  Bdem, 
saivum  conductum  vocanl,  et  plenam  sccuriutem  et  franchi- 
'**XU  per  praesentes  concedimus  et  indulgemus,  ac  in  verbo  Romani 
ificii  observare  proraittimus;  ita  quod  per  dìctae  Urbis  gubeniato- 
vicarium  nostrum,  curiae  causarum  Camerae  af>o5tolicae  audito» 
"*"eni  et  alìos  quoscunque  iudices  etiam  maiores,  taro  dictae  Urbis  quam 
Uostrarum   et   5.  R.  Ecclesiae  provinciarum,  civitatum,  terrarum  et 
locorum,  legatos   etiam  de  laiere,  vicelegaios,  gubernaiores,  iudjces 
edam  ma'ores,  potesiaies,  commìssarios,  et  alios  quoscunque  iudices 
tua  ordinarios,  quam  etiam  specialiter  delegatos,  seu  deleganJos,  et 
OS  quoscunque  officialcs  prò  praefatis  delictis,  excessibus  et  ai- 
inìbus  etiara  muhoties  reiteratis,  aut  prò  illis,  et  maìoribus,  aut  le- 
ioribus  prò  quibus  tu  pluries  accusatus,  delatus,  inquisitus,  coodetn- 
tiatus,  seu  punitus  fueris  vel  non,  quovis  modo  realitcr  vel  persooilitieT 
io  iudicio  vel  extra  raolestari,  pertturbari,  detineri,  carcerari  aut  alias 
vesari  nequcas;  sed  illis  non  obstantibus  tu  in  Urbe  et  ubique  lo- 
corum vivere,  degere  et  morari,  et  inde  recedere,  a  e  totiens,  quotiens 
tìbi  pUcuerit,  redire,  et  reverti  absque  ullo  impedimento  libere,  se- 
cure,  tute  et  licite  possis  et  valeas  ;  decementes  in  praesenti  poblica 
fìde,  salvoconducto  et  securitate   omnia   et    singula   et  quaecunque, 
ac  qualiacunque  crimina,  exccssus  et  delicta  comprehendi,  et  compie- 
bendenda  esse  intclUgi,  nullo  penitus  excepto  crimine,  nisi  ipsurnsoìnm 

■  duntaxai  haereticae  pravitatis  crimcn  ;  et  sic  per  quoscunque  ìuiSces 
et  commissarios  etiam  S.  R  E,  cardìnalcs,  sublata  eis  et  eomm  cuJ- 
Ubet  qtuvis  aliter  iudicandi  et  intcrpretandi  facilitate  et  auctorttate, 
iudìcari,  ;nterpretari,   et   defìniri    debere,  districtius  inhibcntes  et  in 


oheficBIùe,  ac  sub  indignatior 
pdènis  praccipientes,  tnìu 
cs  sogofis  jupra  nommatis  iudìcibas  e 
6àtm  salvuai  conductxus 
qjODm  qufoito  colore  vel  inf^enio  aJ 
€t  vStakuKÒaus  praescntes  litteras 
subrepdoais.  vel  abreptioob  vitk] 
defectu  notali,  sca  propterea  impugnali 
ioane,  si  secits  super  his  a  quoque  qoav 
ignoraoter  oontigerit  attentarì,  decerntmus 
vcoerab^'bus  fratribus  archiepiscopo  Teat 
Namiensi  episcopis  per  praescntes  comn 
tenus  ipsi  vel  duo  aut  unus  eorum  per  se 
sentes  litteras  et  in  eìs  contenta  quaecutiqtje,  \ 
ac  quotici  prò  parte  tua  fuerint  desupcr 
cantes,  tibique  in  praemissis  efficacìs  dcfei 
faciant  auctoritate  nostra  praesentcs  liitc 
cuoque  ab  omnibus,  ad  quos  spe<tat,  m% 
Ulis  pacifice  fruì,  et  gaudere;  non 
praesentium  tenorem  indebite  molestali; 
rebelles  per  pocnas  praefatas,  àc  sententias  | 
appelktione  postposita,  invocato  etiam  ad 
brachii  secularis.  Non  obstantibus  praesBtsstv^ 
consiituttonibus  et  ordinationibus 
alìos  Romanos  pontifices  praedcc 
etìam  cum  quibusvis  derogatorimim 
busque  et  dccrctis.  Quibus  omoibas 
ibrsan  de  necessitate  exprìmcndorum 
lìcicnicr  cxpressis  habentes,  ac  sì  ik  ' 
oraìsso  praesentibus  intstiticuUu,  U&s  afias  m  i 
hac  vice  duntaxat  specialìaer  et 
caetensque  coatranis  quìbascaomae. 
trtun  sub  amuilo  piscatora»  JSés 


*Dt»c.   l'ai,  contro  l'eresia  luterana 


473 


I 


CXLIX. 

}f  30  dicembre.  Al  conte  di  Tenda,  perchè  faccia  pren- 

e  consegni   al   vescovo   dì  Ventiraiglia  Antonio 

Chiama,  segatore  e  Innocenzo  Gui  detto  Umeta,  eretici. 

[Loc.  ciu  Pii  papat  V  brevia, 
2.  IV,  irm.  44,  to.  14,  p.  320  e  to.  17  p.  J24.] 

ceto  tilio,  nobili  viro,  Honorato  de  Sabaudia,  corniti  Tendae,  ut 
haereticos  quosdara  comprehensos  epìscopo  Vintimìlicaisi  tradì 
lubeat 

Pius  papa  quintus. 

•iiccte  fili,  nobiìis  vir,  salutem  et  apostolicam  bcnedictiooeni. 
exploratum  habemus,  te  prò  tuo  singula.rì  fidti  catholicae  «lo 
ium  haereticorum  hostem  esse  acerrimum,  idcirco  ftdeatcr  fa- 
>as,  ut  ìo  bis,  quae  ad  detestabilem  haeresum  pestem  avertendam 
e  no'nmus,  tua^  quam  nobls  paratissimam  esse  intelligimus. 
Decesse  est,  opera  utaraur.  Quapropter  nobilitatem  tuara  ro* 
ut  Antonium  quendam  Chiamara,  secandarum  tabularum  ar- 
quì  alia-s  Genuae  ac  Viniimiliae  haeresum,  in  quas,  suadente 
lo,  inciderat,  abiuratione  facta  in  easdem  nunc  relapsus  est, 
Tendae  commorantem  ;  similiterque  Innocentium  Guium,  qui  Umeta 
ppeiiatur,  uiu  cum  quibusdain  aliis,  quorum  noroina  a  venerabili 
nostro  epbcopo  Vintiratlienst  accipies,  adhibtu  ea,  quae  ad 
ustnod»  res  valde  necessaria  est,  taciiumìtaie  ac  dillgentìa,  com- 
prehendi  iubcat,  coraprchensosque  ad  eundero  cpiscopuro  Vinti. 
milieosem  adduci,  in  eiusque  potestatem  tradì  curet:  ut  \ps^^  apud 
qutrm  adversus  praedictos  haereticos  indicia  probationcsque  repe- 
riuntur,  id,  quod  aequum  iustumque  fuerit,  in  eorum  causìs  sta- 
tucre,  atque  exequi  possit.  Quod  quamquam  te,  ut  par  est,  sedalo 
prò  tua  in  Deum  oranipotentem  pietate  facturum  esse  prò  certo  ha- 
bemus,  tamen  ita  rogamus,  ut  te  in  co  rem  omnipotenti  Deo  ac- 
ceptissimam,  nobisque  gratissimam  facturum  esse  scire  velimus. 
Datum  Romae  apud  sanctum  Petrum  sub  annulo  piscatorìs,  die 
trigesima  decembrls  millesimo  quiogentesimo  sexagesimo  nono,  pon- 
tiflcatus  nostri  anno  quarto. 

(T.  AJdobrandinns). 


^ppeii 


474  ^'  Jontana 


CL. 

1570,  21  aprile.   Al  duca   Emanuele  Filiberto  di   Sav( 
perchè  consegni  al  vescovo  di  Mondo  vi  un  ul  ercti 
Giovan  Tommaso  Secleto  che  preme  molto  al  S. 
tìzio  di  Roma  di  avere  a  sua  disposizione. 

[Loc.  di.  a.  V,  anu.  44,  to.  15,  p.  go.] 


Dilecto  fìlio,  nobili  viro,  Emioueli  PhtUbeno  duci  SabauJIà'i 
super  quodara  Joannc  Thoma  Sedete  lueretica 

Plus  papa  quxntus. 

Dilccte  fili,  nobilis  vir,  saluteoi  et  apostolìcam  beneJjctiooem.  Pe 
latutn  ad  uos  csl,  quendam  Joanuecn  Thonoam  apud  sanctum  baer« 
ticae  pravitatis  Inquìsitionis  otiicium  Thurmì  captum  dednerì,  hi 
ncm  non  solum  haereticae  pravitatis  labe  infectum,  sed  etiam  apostata 
Bum  in  potestatem  nostrani  tradi  eius  Jetn  sancti  Inquìsitionis  haereti 
pravitatis  oflicii,  quod  Romae  est,  v'alde  interest,  ob  eamquc  causam 
nos  id  magnopere  desidcramus,  ut  ex  eius  scilicet  dictis  quorundam 
cotnplìcium  ootìtia  haberì  possìL  Itaque  oobilitatem  tuam  bortainur, 
et  in  Domino  vehementer  rogaraus,  ut,  prò  sua  erga  Detim  omnipo 
tentcm  pictate  religionìsque  catholicae  zelo»  eum  ipsum  hominem  in 
potestatem  nostnm  redigendum  diligenter  mandare  velit.  Q^a  de 
TCOeribilcm  fratrcm  Vinccntium  cpiscopum  Mootìsregalis  oostm: 
et  Sedi5  ApostoUcae  apud  nobillutcm  tuam  nuocium  diligenti 
nostro  nomine  secum  agere  iussimus,  cui  non  modo  ut  6iem 
icà  ut  illius  super  eadem  re  postuLitis  prò  sua  erga  nos, 
hioc  Sedem  Apostolicam  reverentia  satisfac^t,  Hi  vjamvtl 

obstcratnus,  quaro  etsi  ipsum  sponte  sua  factura  m  dubita* 

vìmus;  tamen  ea  intclligere  volumus,  casdem  rem  nobis  gratissìma 
faturam.  Datum  Roma«  apud  saoctuta  Petroin  sub  airoaU)  pi 
die  vtgesima  prima  apriUs  miUcsiino  qaÌBgeMcsiiao 
poodàcatus  nostri  anno  quinto. 


itaflo^l 

isamV 
tdam  1 


ELLO  Studio  presente  io  mi  propongo  di  racco- 
gliere le  notizie  che  ci  rimangono  sulla  geografia 
episcopale  dei  dintorni  di  Roma  nei  tempi  più 
remoti,  vale  a  dire  in  quei  secoli  dell'antichità  e  dell'alto 
medioevo  (dal  quarto  al  decimo  secolo  circa)  che  hanno 
preceduto  il  tempo  in  cui  le  istituzioni  ecclesiastiche  si 
assestarono  a  un  dipresso  nella  posizione  in  cui  ora  le  tro- 
viamo. Delle  sedi  di  cui  si  deve  tener  qui  parola,  talune 
neir  insieme  della  gerarchia  episcopale  hanno  acquistata 
una  posizione  affatto  particolare,  proveniente  non  dalla  im- 
ponanza  loro  propria,  ma  dagli  stretti  legami  che  le  anno- 
davano al  pontificato  romano.  Per  conseguenza  questo 
lavoro  sarà  diviso  in  due  parti,  la  prima  delle  quali  sarà 
consacrata  ai  cardinali  vescovi  e  l'altra  in  generale  ai  ve- 
scovati della  campagna  romana. 


_     Col  nome  di  sedi  suburbicarie  si  designano  ora  le  sedi 
di   Ostia,  Porto,   Albano,  Palestrina,   Frascati 


47< 


ÌL  n^uchestie 


Primi  del  pontefice  Calisto  II  ve  tìCT2.  una  settima,  quc:"i 
di  Selva  Candida,  detta  anche  di  Sanu  Rufina,  o  roc;;!  :» 
delle  Sante  Kufina  e  Seconda.  Quesu  sede  fu  riunita  da 
Calisto  II  a  quella  di  Porto  (i).  I  vescovi  suburbicari  hanno 
grado  di  cardinali,  anzi  occupano  il  primo  luogo  nel  sacro 
collegio. 

Questo  suto  di  cose  peraltro  non  rìsale  ad  una  ann- 
chitA  molto  remota.  Ancora  nel  dodicesimo  secolo  si  par- 
Uva  di  cardinali  e  di  vescovi  (2)  riservando  la  prima  dc- 
Mominnxionc  ai  preti  dei  ventotto  titoli  e  ai  diaconi  delle 
dicìotto  iìiaconif.  Questi  preti  e  questi  diaconi  rappresen- 
tavano la  successione  dell'antico  clero  superiore  della  chiesa 
locale  di  Roma.  Senza  dubbio  essi  avevano  da  lungo  tempo 
dclcf,Mto  a  degli  inferiori  Tesercizio  delle  loro  funzioni  locali 
per  occuparsi  col  papa  degli  affari  ecclesiastici  generali-  iMa 
la  ditrtTcnza  che  si  persisteva  a  fare  tra  essi  ed  i  vescovi, 
inclusi  quelli  più  vicini  a  Roma  o  che  facevano  parte  della 
curia  pontifìcia,  proveniva  da  un  sentimento  assai  giusto 
delle  amiche  relazioni. 

Tuttavìa  ciò  non  toglie  che  fin  dal  principio  del  do- 
dicesimo secolo,  i  sette  vescovi  menzionati  qui  sopra  non 
avessero  una  situazione  tutta  particolare  nell'insieme  del^™ 
Tepiscopato  it.iliano.  In  origine  il  papa  era   stato  il  soloìfl 
vescovo  d'Italia,  .^ssaì  per  tempo,  probabilmente  fin  dallo 
scorcio  del  secondo  secolo,  s' introdusse  una  suddivisione  ; 


(t)  RtKulhi  da  una  bolla  di  Gregorio  DC  dd  2  afosto  lajéi,  odia 
quale  *  citano  il  f^riviktgimm  di  Calisto  II  a  dò  rdatÌYo.  Potthast, 
ioai7:  ^"  '^  :acra,  I,  ija 

(3)  .oiro  f>cl  TACoooMo  ddQa  oriinirinwe  di  Gè- 

latk»  Il  {Uàtr  pomttfttmki,  e<fia.  DuclMcae,  II,  )ia,  pj),  e  odia  00- 
tkia  ^  Onorio  II  ó^id.  p^  \xf)\  Xvamott.  dd  rtcoaMO  ilelU  za\  '  ' 
À\  Pasquale  li  (ib^a.  p.  M<^  I-  ^C   Mi*  I-  M.  \A^*  L  6);  a 
Mk  BosQQCi(Ìbàl  pi  s^t.  L  as;  }SoiL  I.  e 

•  MO  4ci  ICVB|W  loco. 


Le  sedi  episc.  nel  Fan  fico  ducato  di  l^ma      477 


kuove  sedi  episcopali  furono  stabilite,  numerose  nella  bassa 
Italia,  più  ristrette  di  numero  nella  antica  Gallia  cisalpina. 
In  quest'ultima  regione  si  formarono  anzi  delle  provincìe 
ecclesiastiche,  a  Milano,  ad  Aquileìa,  a  Ravenna,  e  ciò  fino 
lai  secolo  quarto,  per  modo  che  la  giurisdizione  immediata 
lei  papa  non  si  estese  più  che  sui  vescovi  compresi  in 
luella  che  era  stata  la  diocesi  suburbicaria  civile.  Nel  de- 
imo  secolo,  nuove  fondazioni  dello  stesso  genere  vennero 
diminuire  al  mezzogiorno  la  provincia  metropolitana  di 
toma.  I  Bizantini,  padroni  dell'Italia  meridionale,  vi  crea- 
>no  un  certo  numero  di  provincie  ecclesiastiche  accettate 
^oi  dai  papi,  i  quali  dal  canto  loro  eressero  in  metropoli 
capitali  dei  principati  longobardi,  Capua,  Salerno  e  Be- 
levento.  Da  ultimo,  nel  secolo  dodicesimo,  venne  la  fon- 
rione  delle  Provincie  di  Pisa  e  di  Genova,  Tutte  queste 
lutazioni  diminuivano  singolarmente  il  numero  degli  epi- 
copatì  immediatamente  sottoposti  alla  Santa  Sede,  vale 
dire  degli  episcopati  suburbicari  secondo  il  primitivo 
lignificato  della  parola.  Ne  rimanevano  nondimeno  abba- 
tanza  perchè  la  distinzione  accordata  alle  sette  sedi  fosse 
er  sé  stessa  una  distinzione  assai  seria. 

Inoltre  questi  prelati  non  sì  distinguevano  soltanto  dal- 
l'episcopato suburbicario.  Incorporati  alla  curia  del  papa, 
qualificati  a  supplirlo  nelle  funzioni  episcopali,  essi  non 
potevano  non  venire  a  prendere  poco  a  poco  una  posizione 
superiore  a  quella  dei  preti  e  diaconi  cardinali.  Questi  nei 
concili,  e  generalmente  nelle  cerimonie  ecclesiastiche,  pren- 
devano luogo  dopo  tutti  i  vescovi.  Sebbene  lo  sviluppo 
crescente  della  loro  importanza  dovesse  portare  una  in\'er- 
sione  di  precedenza,  i!  principio  antico  fu  m.antenuto  colla 
precedenza  attribuita  ai  sette  vescovi  cardinali.  Questi  si  po- 
sero a  capo  del  clero  romano,  e  il  legame  stringendosi  più 
e  più  si  venne  a  considerare  che  il  papa,  i  sette  vescovi, 
i  cardinali  pren  e  diaconi  rappresentavano  insieme  la  Chiesa 
rotnana,  e  che  tutti   insieme  dovevano  andare  innanzi  ai 


«Ri 


478 


L.  ^Duckeme 


vescovi  più  impcntand  delU  cmtbuthi.  Si  procetkst  mòs 
più  oltre  per  questa  vu  ;  2  suddiaconi  e  ì  pcotooocxn  b 
cacciarono  dietro  ai  cardinali»  sempre  come  tacnm  jant 
della  Chiesa  romana,  e  se  non  d  sì  fosse  portato  uà  piT 
d'ordine,  rultimo  sacrìstano  di  Roma  avid^beimpcr 
reclamare  la  precedenza  sui  patriarchi  e  i  meuopoGoii 

Ma  per  tornare  ai  cardinali  vescovi,  possiamo  Josa» 
darci  a  quale  data  risalga  la  selezione  che  diede  kxDBi 
luogo  speciale  ncircpìscopato  della  provincia  rooiani  e  a 
quale  base  si  sia  fondata. 

Il  Liber  pontificalis  nella  vita  di  Ste£iino  III  (768-77*)^ 
menziona  per  la  prima  volta  i  a  sette  vescovi 
t«  cbdonjadarl  che  servono  la  chiesa  del  Salvator. 
terano(t).  Dal  modo  come  ne  parla  è  chiaro  che  qoesD» 
servirio,  e  il  gruppo  degli  inservienti  che  esso  suppone,  «n 
cosa  gìA  stabilita  da  un  certo  tempo.  Questa  usanza  noi 
sembra  essere  &uu  particolare  a  Roma.  Anche  io  Antio- 
chia, nella  provincia  sottoposta  immediatamente  al  ^ 
triarca,  ossia  quella  di  Siria  1%  v'era  un  gruppo  di  sei» 
vescovi  i  quali  godevano  di  una  posizione  speciale.  Era» 
i  vescovi  di  Bcrca»  Chalcis,  Seleuda,  Cabala,  Anasarthe, 
Pahas  e  Gabula.  Questa  distinzione,  sulla  quale  bcssdoo 
hA  insistito  6nora  (2),  deve  essere  siau  introdotta  Vsà  |w 
Cenipo  jHìrchè  h  notata  nei  documenti  anteriori  alla  iaw* 
rione  degli  Arabi  in  Siria.  L'arcivescovo  di  Ravenna,  aiw 
per  imitazione  di  quanto  accadeva  a  Roma»  volle  cosmo* 
gerc  i  suoi  suiliragaoei  a  supplirlo  nel  servigio  ddhi  sos 
cbìoM  metropolitana,  ma  essi  non  si  lasdaroiio  imporre 

(a)  Bm  moln  dàUa  diayosbloDc  <ii  nm  Usu  ildle  5c 
ptK  M  fHiiitrcaHP  4i  Aniìodib,  di  etti  d  rcsiaa»  4m  redu^un .  ^. 
ptti  eooipleu  MTalm  (SaniTiuTt,  Aati^  «rcL  D,  741  ;  Gtt» 

V'Aitniiv.p.  t4a:  ci  &MnOi  edSt  S^ttoe.  l  jp?.  fa:  Qam'f^ 
JbMiÉiéii  ^  Inviai  TlMlifif.  Xn.  s^. 


Le  sedi  episc.  nel  Dantico  ducato  di  'T^oma      479 


jiggiunu  di  questo   carico,  e  la  loro  resistenza  fu  soste- 
ita  dal  pontefice  Niccolò  I(i). 

Ben  prima  del  tempo  in  cui  i  sette  vescovi  c\  appari- 
lo come  incardinati  alla  chiesa  del  Laterano,  e  senza 
lubbio  anche  assai  prima  del  tempo  in  cui  l'uso  fu  intro* 
)Cto,  taluni  di  essi  godevano  di  privilegi  speciali.  Fino 
quarto  secolo  era  regola  che  la  consacrazione  episco- 
le  dei  papa  fosse  celebrata  dal  vescovo  d'Ostia  (2). 
iiesti  per  tale  ragione  ebbe  molto  per  tempo  e  già  in- 
izi al  sesto  secolo  il  diritto  di  portare  il  pallio,  ciò  che 
distingueva  dalla  maggior  pane  dei  vescovi  della  dio- 
si  suburbtcaria,  certo  da  tutti  quelli  dei  dintorni  di 
>ma(3).  In  questa  cerimonia  egli  doveva  essere  assistito 
dai  suoi  colleghi  di  Porto  e  di  Albano.  Tale  almeno  era 
l'uso  sul  cadere  del  settimo  secolo,  poiché  il  Liher  poti- 
Ùficaìis  ci  apprende  che  il  papa  Leone  II  fu  ordinato  nel  ^82 
dai  tre  vescovi  di  Ostia,  di  Porto  e  di  Yelletri,  quest'uldmo 
B  luogo  del  vescovo  di  Albano  la  cui  sede  allora  era  va- 
Iinte(4). 

w  Non  saprei  indicare  privilegi  analoghi  per  le  altre  sedi, 
anzi  è  da  notare  che  in  caso  di  vacanza  di  una  delle  tre 
sedi  predette,  la  supplenza  è  stata  affidata  ad  un  vescovo 
^e  non  figura  tra  i  sette  cardinali  vescovi  (5). 
f  È  assai  notevole  che  né  la  posizione  di  cardinale  ve- 
scovo, e  nemmeno  i  diritti  relativi  alla  consacrazione  del 

H  (i)  Lib.  poni.  II,  157  e  169,  Dota  )i;  cf.  Migne,  Patr.  lat.  CVI, 
788,  789. 

(2)  AcGUSTiNi,  Breviar,  coli.  Ili,  16. 
(5)  Uh,  poni.  I,  202,  20 J,  nota  2. 
_    (4)  Lib.  poni.  I,  360. 

B  (s)  Il  medesimo  fano  si  rinnovò  nel  68 s  per  Tordinazione  di  Gio- 
vanni V  {Lih.  poni.  p.  366).  Nel  767  l'antipapa  Costantino  II  è  or- 
dinato in  assenza  del  vescovo  d'Ostia  dai  vescovi  di  Frenesie.  Porto 
e  Albano.  Adriano  II  fu  ordinato  nell'anno  867  dai  vescovi  di  Ostia, 
^1  Selva  Candida  e  di  Gaoio,  essendo  allora  assente  il  vescovo  di 
e  vacante  la  sede  di  Albano. 


—;=§-■ ^^ 


t^  ^Dmekesme 


weacjori  akiaa  precedenzi  sai 

lamsyLNd  mmienisi  candii 

cpiicnpatc,  i  tcscotì  d'Osai» 


Le  sedi  episc.  neli antico  ducato  dì  ^1{oma 


n. 


La  geografia  ecclesiastica  dell*  Italia  pei  tempi  anteriori 
ai  secolo  dodicesimo,  è  soggetto  irto  di  difficoltà.  Ci  manca 
il  documento  essenziale,  la  lista  ufficiai-^  e  completa  delle 
sedi  episcopali.  Documenti  siffatti  ne  abbiamo  per  i  pa- 
triarcati di  Antiochia  e  di  Costantinopoli  al  settimo  secolo, 
per  la  Spagna  al  tempo  dei  Visigoti,  e  T Africa  al  tempo 
dei  Vandali.  Per  la  Calila  serve  d'aiuto  la  lista  ammini- 
str:itiva  conosciuta  sotto  il  nome  di  Nottua  Guliiarum  ;  il 
Sirsecdemo  di  lerocle  fornisce  una  base  analoga  per  V  Illirico 
orientale  e  per  le  altre  provincie  dell'  impero  bizantino. 
Per  l'Italia,  centro  dell'impero  e  della  cattolicità,  tutte  le 
liste  amministrative  od  ecclesiastiche  sono  perite  sen;^a  la- 
sciar traccia  di  se.  I  Provinciali  della  cancelleria  pontificia 
non  risalgono  che  al  xii  secolo.  In  altri  paesi  i  concili 
provinciali  o  nazionali  permettono  generalmente  di  verifi- 
care le  liste  conservate,  o  anche,  dove  mancano,  di  sup- 
plirle. Ma  pur  questo  soccorso  ci  manca,  almeno  per 
la  bassa  Italia,  dacché  per  le  provincie  di  Milano  e  di 
Aquileia  si  può  rrar  qualche  cosa  dai  concìli.  Ma  la  pro- 
vincia papale  era  cosi  vasu,  contava  tanti  vescovati,  che 
non  possiamo  aspettarci  di  trovarli  rappresentati  tutti  sia 
in  un  concilio  determinato  sia  nell'insieme  dei  conciU,  i 
quali  del  resto  sono  assai  poco  numerosi-  Prima  dell'in- 
vasione longobarda,  o  piuttosto  prima  che  si  venisse,  verso 
il  principio  del  settimo  secolo,  ad  una  specie  di  modtis  vi- 
vindi,  ad  una  certa  stabilità  sulla  frontiera  tra  il  paese  oc- 
cupato dai  Longobardi  e  le  regioni  rimaste  bizantine,  non 
si  possono  citare  altri  concili  (i)  che  quelli  degli  anni  315, 


(i)  S'intende  che  lo  qui  parlo  solamente  dei  concìli  di  cui  ci 
rhnane  un  documento  con  sottoscrizioni  episcopsiì  che  £iccÌAno  meo- 
sionc  per  ciascun  vescovo  del  luogo  ov'e^  ha  sede. 


Archivio  della  R,  Società  romana  di  storia  patria.  Voi.  XV. 


JJ 


482 


L.  Duchesne 


465,  487,  499,  501  e  502,  e  notisi  che  il  primo  é, 
questi  raccolse  soltanto  un  piccolo  numero  di 
concilio  del  595,  sotto  san  Gregorio,  e,  in  gt 
preziosa  corrispondenza  dì  questo  papa  e'  informano  $uli^J 
stato  delle  cose  al  momento  dell* invasione.  Dopo  sa 
gorio,  nei  secoli  settimo,  ottavo  e  più  tardi,  dei 
abbastanza  numerosi  raccolgono  intomo  al  papa  ì  pfdttì 
del  ducato  di  Roma  ed  anche  delle  altre  parti  d'Iniiij 
Dalle  sottoscrizioni  di  questi  prelati  si  possono  riavatì 
dati  utili  intorno  alla  situazione  posteriore  alla  iavisionc 
longobarda.  I  più  antichi  sono  quelli  degli  anni  Uii\ 
e  680. 

Questo  stato  di  cose  era  il  risultato  già  di  molti  mo'  1 
umenti»  e  neppure  potrebbe  considerarsi  come  dcfi&itiiip^  | 
che  anzi  continuò  a  modificarsi  tra  il  secolo  se^ 
dodicesimo  e  sempre  allo  stesso  modo.   Quaiu. 
procedere   del   tempo   si   spopolava  la  compagni,  e  ik  ' 
conveniva  sopprimere  delle  sedi  episcopali.  La  : 
spopolarsi  era  cominciata  ben  prima  del  quarto 
Tera  nostra.  Numerose  città   annoverate  da  V. 
Tolomeo,  scomparvero  dopo  il  tempo  degli  AntQa!iii<j 
dei  Severi,  e  v*è  luogo  a  credere  che  molte  \\' 
sero  già  cessato  d'esìstere  quando  sì  fondarono 
vati  intomo  a  Roma,  cioè  molto  verosìmilmente  nel  «t» 
del  secolo  terzo.  Per  talune  si  può  pensare  che  il  vcs^ 
vato  abbia  fiinzionato  nei  secoli  terzo  e  quano,  fors'fflflJ 
nel  quinto,  e  poi  sia  stato  soppresso  insieme  con  U  M 
seosa  lasciar  s^no  della  sua  esistenza  net  docutnemfw^ 
servati. 

£  necessaiio  duoque  contentarsi  dì  queUo  che  li  pt^  ^ 
rintracciare,  rinunziando  alla  speranza  d'aver  mi  ^i 
suto  completo  ddic  sedi  suborbécarie  anterion  ^  ^  { 
timo  secolo. 

Alla  foce  del  Tevere,  snUa  riva  smistra,  h  àA^\ 
Ostia,  e  sulla  ma  destra  Ìl  suo  porto,  non  fonoi^^^  ^ 


[  1j£  sedi  episc,  nell^aniico  ducato  di  ^l^ma      483 

na  che  una  sola  organizzazione  municipale  (i).  Porto 

il  porto  d'Ostia.  Al  quarto  secolo  divenne  il  porto  di 
pa,  Portus  urbis  Romae,  e  formò  una  città  separata.  Non 
IvaDza  alcuna  indicazione  degna  di  fede  sui  vescovi  di 
tia  o  di  Porto   anteriori  al  quarto  secolo,  ma  è  certo 

fin  dall'anno  513  esìsteva  un  vescovo  d'Ostia,  e  l'anno 
uente  due  preti  d*Ostia  assisterono  al  concilio  d*Arles 
compagnia  d'un  vescovo  di  Porto.  Le  due  chiese  erano 
ique  distinte.  È  curioso  che  la  distinzione  delle  due 
5se  nel  514  sta  F  indizio  più  antico  che  si  abbia  della 
inzione  delle  municipalità  (2). 

Ostia  e  Pono  avevano  una  situazione  speciale  nell'  in- 
de delle  località  suburbicarie.  Non  dipendevano  dal  go- 
no  della  provincia,  che  sarebbe  stato  il  governo  di  Cam- 
jna,  ma  da  uno  degH  ufficiali  più  importanti  della  città 
Roma,  il  prefetto  delFannona,  che  sembra  risiedesse 
la  stessa  Ostia.  Questo  legame  tutto  particolare  colla 
ìtale  può  aver  contribuito,  insieme  colla  importanza 
la  località,  ad  aumentare  la  situazione  del  vescovo  di 
tia  e  del  suo  collega  di  Porto. 

Fra  il  Tevere  e  la  via  Aurelia,  l'antica  colonia  di 
\gm(U  (Maccarese)  è  ancora  menzionata  come  stazione 
l'itinerario  d'Antonino.  Non  era  che  una  piccola  città 
^Xfxvtov)  al  tempo  di  Strabone  (3).  Non  ve  n*è  alcuna 
tcia  nei  documenti  ecclesiastici,  e  nulla  prova  che  in 
esto  luogo  esistesse  una  popolazione  oltre  la  stazione 
itale.  Il  luogo  fu  compreso  nella  diocesi  di  Porto. 

A  poca  distanza  da  Frcgcnac  si  trova  Castel  di  Guido, 


(i)  Intorno  a  tutto  ciò  si  veggano  le  osservazioni  altrettanto  giuste 

bto  precise  del  Dessau,  C.  /.  I.  XXIV,  j  sgg. 

t^)  Dichiaro  una  volta  per  sempre  che  per  municipalità  ed  or- 

Izzazione  municipale  io  intendo  la  stessa  cosa  che  è  espressa  in 

lo  colie  parole  civitas  a  rapublka,  e  non  la  forma   speciale  del 

lìcipio  nel  significato  della  parola  municipium. 

',S)  Strabo,  V,  2,  8, 


L.  "Duchesne 


sol  luogo  deirandci  villa  imperiate  di  Lcrwm, 
shno  migUo  della  vìa  Aurelia.  Della  villa,  ce 
TtàÓasXÈ  dell'  imperatore  Antonino,  non  si  parli 
il  tempo  di  Marco  Aurelio.  Tuttavia  il  bto^ 
omo,  cbc  scriveva  nel  rv  secolo,  dice  che  ne 
incora  dcgG  avanzi,  «  cuius  hodieque  reliquiae  mi 
cnmia  stazione  della  via  Aurelta,  la  prima  dop 
^oesu  circostanza  dovette  mantenervi  un  certo  \ 
iWtlBti»  Ne!  concilio  del  487  si  trova  un   «  Petni^ 
•  qMMXipqs»  che  non  può  essere   attribuito   a^ 
luogo  (1).  Si  sono  trovati  a  Loriutn  alcuni  epìtafì  a 
<Jie  aembraiK)  essere  del  quarto  secolo  (2),  e 
citaooaibs  (3).  Si  sa  inoltre  che  quivi  sorgeva 
ad  maxòrc  BastHde. 

Io  iaciìsio  moko  a  ergere  che  questa  sede  1 
sìa  It  lede  sima  che  noi  troviamo  poco  dopo  ce 
SDcm  Ctméìda  al  concilio  del  501.  Questa  denod 
«tifeftsoe  ad  un  pcmsD  ddla  via  Comelia»  distante  ì 
ma  sei  diìloDecn  appena.  È  il  santuario  delie  sioi 
fina  e  Scccmtdi»  tra  il  nono  e  ti  decimo  miglio 
imIìil  Due  mìgBa  pt&  oltre,  sulla  stessa  via,  si 
ahro  luogo  saatoi,  b  chiesa  dei  martiri  Mario, , 
tfi&oe  ed  Abaco»  étd  Arjm^^^  caia  Bassi, 
utt  tBcmoào  ditainun  Aoks,  3  cui  nome  si 
wwiSonfai  ÌD  ^ueflo  £  Caslnim  Smodai, 
fin»  di  aecob  dedotoqnano.  Il  loogo  si 
Casde  dii  Boooea  (4).  £  un  centro  d*  iodosirìa  |  _ 
«Btt  «M  diìcsega  bniiDlaca  ancora  agli  stessi  matin 
stesso  ttone  ^  Ancwdesigiiavail  laogo  dove  socselic 
MbsoM»  Rvist  e  Seconda,  cfae  dal  secolo  sesto  il 


« 


C  11.  XI,  S49- 


(0  Stanaesow-Cues»  p,  ta$;  Boocm, 
(4)  ^^K,  Dimmi,  m,  ja|. 


<^mo  fu  sg(jg  jgj  vescovato.  Il  oome  di  Silva  Candida 

^nva  dx\\^  foresta  in  cui  i  due  santi  trovarono  il  martirio. 

-''ihmtfi  e  Caere  si  trovavano  a  un  dipresso  nel  punto 

CUI  la    yj-j  Aurelia  raggiunge  la  costa.  Non  si  conosce 

cun  vescovo  d'Alsium.  I  decurioni  della  colonia  Aìsicnsis 

no  menzionati  in  una  iscrizione  dell'anno  210  (i),  ma 

^f^f^i^^azione  municipale  scomparve  assai  presto.  Nel  416» 

^  Uio  >sumaziano  (2)  pone  Alsium  insieme  a  Pyrgos  tra 

'  l"«8hi  che  sono 

Nunc  villae  grandes,  oppida  parva  prius. 

*^  Vescovo  di  Caere  apparisce  per  la  prima  volta  nel  499, 
*^  ^  ^  ultima  nel  1029.  Alla  fine  del  secolo  decimosecondo 
"  ^^^to  luogo  (attualmente  Cervetri)  faceva  parte  della  dio- 
*^^^^    di  Porto  (5). 

,  tDopo  Pyrgos  (S.  Severa),  di  cui  non  si  potrebbe  se- 

^*  .**"«  l'esistenza   municipale  oltre  i  tempi  degli  Antonini, 

^     Scontra  lungo   la  costa  marina  il  posto  della  stazione 

^  ^tia  Punicum  (S.  Marinella),  poi  alquanto   più   lungi  il 

^^^^ strutti  Noinim  (Torre  Chiaruccia),  che  fu  una  ver.i  città, 

^^^eno  fino  alla  fine  del  terzo   secolo  (4),  Rutilio  Nu- 

^^2Ìano  un  secolo  più  tardi  lo  chiama  «  oppidum  semi- 

^rutum  ». 

Non  si  conosce  alcun   vescovo  di  questo  luogo,  che 
altronde  è  assai  vicino  a  Ccntum  Ce! he. 
Centum  Cellae,  porto  creato  da  Traiano,  non  aveva 
^organizzazione   municipale.    Dipendeva    senza   dubbio  da 
-^qiiae  Tauri,  città  situata  a  sei  chilometri  al  nord-est,  e 
"^he  ai  tempi  di  san  Gregorio  faceva  parte  della  stessa  dio- 
cesi (5).   Ma  presto  il  porto  divenne  più  importante  dei 


(i>  C.  /.  L.  XI,  n.  J716. 

(2)  Uin.  I,  226. 

(})  Liher  censuum,  ed.  Fabre,  p.  io. 

(4)  C.  /.  I.  XI,  nn.  3580,  3581. 

(j)  Dial  IV,  55. 


4S6 


L,  ^uchesne 


capoluogo,  e  in  ogni  caso  i  vescovi  risiedettero  iciBpft  i 
Cenujm  CclKie.  Il  primo  che  sì  conosca  è  £pÌQeio,À 
nel  314  siedette  al  concilio  d'Aries,  e  U  sede  de  ai 
successori  si  prolunga  fino  alla  metà  del  secolo  anJeoBC 
Poco  appresso,  e  già  prima  del  1093,  ^  vcscavaw  (b  » 
aito  a  quello  di  Toscanella.  Nel  1824  (ìi  congiaoiolb 
sede  di  Porto,  ma  nel  1854  ricuperò  una  ^stenii  iife-j 
pendente. 

Tarquinii,  a  venti  chilometri  a  setieiiinone  01  Lcir. 
Cellae,  ebbe  pure  la  sua  sede,  di  cui  la  diocesi  si  rttd 
deva  senza  alcun  dubbio  alla  prossima  atti  di 

Di  questa,   in  ogni  caso,  non  si  conosce  alcjri  r" 
scovo  (i).  Quello  di  Tarquìnii  apparisce  ne?*^  ^ 
487  e  499,  e  dopo  non  se  ne  fa  più  menzione.  N  - 
Tarquinii  non  era  più  che  una  parrocchia  di  camp  : 
«  plebs  S.  Mariae  in  Tarquinio  »  dipendente  dal  ve^.^  «^«^ 
Toscanella  (2).  Un  epitafio  delPanno  419,  ed  un  à'^  - 
un  Eulychius  confessor,  cioè  monaco,  sono  i  più  ajitid  -^ 
cumenti  conosciuti  sulla  cristianità  di  Tarquinii.  Taitr.^- 
il  De  Rossi  (3)  ha  segnalato  alcuni  dati  epigrafici  ti:  ciii 
risulta  che  la  famiglia  dei  Dasumii,  una  delle  più  noiffo^ 
di  Tarquinio,  contava  dei  cristiani  nel  suo  seno  già  io.^ 
terzo  secolo. 

Volcif  vicina  a  Tarquinio,  verso  il  nord,  circa  qujn» 
Tarquinio  è  vicino  a  Civitavecchia,  non  ci  of&e  liotf** 
traccia  sicura  dì  organizzazione  episcopale.  Vi  sì  '" 
due  cpitafì  che  sembrano  appartenere  al  quinto  scc 
ma  Vepiscopus  Voketttamis  non  è  stato  ancora  scopefto.j 


(i)  Un  vescovo  AiùnUu  Graviscau  è  notato  tra  i  so$critloO« 
concilio  romano  del  504  (Hardouin,  II,  996);  raa  il  condtio  f  ' 
crifo. 

(2)  Campanari,  Tuscania  e  i  iuoi  monumtntu  II,  97,  àxM 
De  Rossi,  Bull  1874,  p.  84. 

(j)  Loc.  cit. 

(4)  C.  /.  L,  XI,  nn.  2949,  2950. 


Le  sedi  epìsc.  nelF antico  ducato  di  ^oma      487 

i    .  .     . 

dei  suoi  dialoghi  (i),  san  Gregorio  parla  d*un  certo 
iiadragesius,  Buxentinae  ecclesiae  subdiaconus  »  che 
luceva  a  pascere  il  suo  gregge  «  in  Aureliae  partibus  ». 
(Voluto  correggere  Buxentinae  in  rolcentinae.  Io  credo 
ia  più  naturale  di  restituire  Bisctititiac  e  dì  riferire  questo 
Iacono  alla  chiesa  di  Viscnt'mm.  L  vero  che  quest'ultima 
Ita  situata  presso  il  lago  di  Bolsena  è  più  lontana  dalla 
\urelta  di  quel  che  sia  Volci,  ma  i  pastori  vanno  lon- 
,  e  Tespressione  «  in  Aurcliae  partibus  »  può  essere  inter- 
ta  con  larghezza. 
•'organizzazione  municipale  di  Volci  funzionava  an- 

al  principio  del  quarto  secolo  (2).  Quella  di  Cosa, 
fi^Orbetello,  non  ha  alcun  documento  posteriore  ai- 
■841  (3).  Ai  tempi  di  Rutilio  Numaziano  non  vi 
deva  più  altro  che  rovine  deserte: 

Cernimus  antiquas  nullo  custode  ruinas 
Et  desolatae  moenia  foeda  Cosae  (4). 


è  segnalato  alcun  antico  monumento  cristiano 
eniente  da  questa  località,  che  fu  compresa  più  tardi 
,  diocesi  di  Suana. 

-a  colonia  di  Saturnia^  il  cui  nome  si  è  conservato 
ili  nostri  giorni,  era  ancora  al  terzo  secolo  una  città 
Sta  da  quella  di  Suana  (5).  Non  ha  anrichi  ricordi  cri- 
U  Suana,  situata  otto  chilometri  più  ad  oriente,  ebbe 
vescovo»  la  cui  diocesi  comprese  Saturnia.  Tuttavia  il 
►vo  di  Suana  non  apparisce  prima  del  coiiciho  del  680. 
tlraenie  questa  località  è  quasi  abbandonata,  e  la  sede 
>pale  è  stata  trasferita  ivi  presso  a  Pitigliano, 

I 

Hi.  L,  Xr,  n.  2948. 
^/.  L.  XI,  n,  26J4. 


17. 


r,  V.  485. 

.  L.  XI,  n.  2648. 


Le  sedi  episc.  nelVantico  ducato  di  ^^oma      489 


I 


Dirimpetto  a  Bolsena,  dairaltro  lato  del  lago  sorgeva 
lacitti  di  /7jc?//i//m(Bisenzio).  Una  iscrizione  dell'anno  254 
ricorda  il  Senalns  popuhisque  Visenlmus  {^i^.  Com^  Bolsena, 
al  principio  del  medioevo  Bisenzio  fu  abbandonata  dai  suoi 
abitanti  che  si  portarono  sulla  montagna  ad  occidente, 
in  un  luogo  detto  Caslrum  Vakntini.  Ho  gi;i  parlato  della 
ecclesia  Viscìitìna,  che  io  credo  essere  menzionata  nei  Dia- 
loghi di  san  Gregorio.  Fuorché  in  questo  testo,  il  vescovato 
non  apparisce  prima  del  concilio  del  ^80,  nel  quale  siede 
un  vescovo  «  ecclesiae  Castro  Valentinae  ».  Nel  745  ricom- 
parisce l'antica  denominazione  Bisuntianus  episcopus  (2).  Dal- 
l'anno 7<j9  si  dice  Castro  senz'altro,  e  con  questo  titolo 
la  sede  episcopale  è  rimasta  fino  ai  tempi  moderni.  Ma 
nel  1648  avendo  gli  abitanti  di  Castro  assassinato  il  loro 
vescovo,  papa  Innocenzo  X  Ì^cc  radere  la  città  al  suolo 
e  trasferì  il  vescovato  ad  Acquapendente,  locaUtA  che  al- 
lora dipendeva  dalla  diocesi  di  Orvieto. 

.\  mezzogiorno  del  lago  si  stendevano  i  territori  di 
Tuscana  e  di  Ferent'wum.  La  città  di  Tuscana  (Tosca  ne  Ila) 
si  è  conservata  nel  vescovato  dello  stesso  nome,  che  per 
altro  non  apparisce  prima  del  concilio  del  649.  Alcune 
iscrizioni  cristiane,  di  cui  una  in  data  del  407,  permettono 
di  risalire  più  alto  nella  storia  di  questa  chiesa.  La  sede 
episcopale  di  Toscanella  fu  trasferita  a  Viterbo  verso  la 
fine  del  dodicesimo  secolo. 

Si  conoscono  molti  vescovi  di  Fcrentia  o  Fercntitium, 
dal  concilio  del  487  fino  a  quello  del  595.  Un  racconto 
di  san  Gregorio  (5)  prova  che  verso  il  58^  la  località  di 
S.  Eutizio,  ad  est  di  Soriano,  apparteneva  a  questa  diocesi. 
Era  certo  il  medesimo  per   Viterbo  e  Bomarzo  {Poìimar- 


(x)  C.  /.  L.  XI,  n.  2914. 

(2)  Questi  peraltro  potrebbe  essere   un  vescovo  di  Bìsìgnino  in 
CabbHa. 

(3)  Did.  III.  58. 


Et,"'. 


miim-  iL-PiiiLanritt  imi    aLi.   ire   ili  in 
-:'i:h.x^l  "TX  ?:'^"rr.rT:i   ^  nr  lasa.  t.  Fssaà  * 


--.-   ri  c-sci-icc  ::=ss_::i  r^i^icae  *£   3ctimenn,fl 
ii:i:=crsrc  ;:ie   ri   apr  irternesse  fin   dilfonginc,  & 


Le  sedi  episc*  nell'antico  ducato  dì  ^Homa      49 1 


lo  settimo,  e   che   il  vescovo  di    Tuscaaa   abbia 
tutta  la  parte  longobarda  della  antica  diocesi  di 

I  (Orte),  presso  il  Tevere,  non  faceva  punto  parlar 
ma  delle  guerre  longobarde.  Orte  aveva  peraltro 
nìzzazione  municipale  sotto  Talto  impero  (i)  e 
«covo  apparisce  nel  502.  Questa  sede  è  stata 
el  1457  a  quella  di  Civitacastellana. 
5220giorno  di  Orte,  lungo  il  Tevere,  si  discende 
'io  falisco,  a  cui  apparteneva  forse  la  località  di 
the  si  rivela  soltanto  nel  secolo  ottavo.  Era  allora 
Lio  fortificato  che  i  Longobardi  contrastavano  al 
Li  Roma  (2).  Vi  fu  coli  un  vescovato  di  cui  il 
u>lare  conosciuto  è  del  ix  secolo,  Donato  di  nome, 
wesente  al  concilio  dell'anno  826  (3).  L'origine 
a  sede  e  molto  oscura,  ed  ò  possibile  che  s*abbia 
^  in  essa  la  continuazione  della  antica  città  di  Pe- 
la quale  doveva  trovarsi  in  codesta  regione, 
ritta  falisca  per  eccellenza,  Falena,  ebbe  anch'essa 
|£de  episcopale.  Nel  499,  Felice  vescovo  di  Nepi, 
pai  come  «  episcopus  ecclesiae  Faliscae  et  Nepe- 
>»,  e  ciò  farebbe  credere  che  le  due  sedi  fossero 
ime  riunite.  Al  concilio  del  ^^$  ciascuna  d*esse 
.  suo  titolare.  Ma  io  credo  che  si  possa  f;ire  ri- 
■dto  la  diocesi  in  cui  si  continuò  l'antica  città 
la.  A  tutti  ì  concili  romani  dal  4^5  al  502,  noi 
[O   un    vescovo   di   Aquaviva  (4),  che   non  ri- 


£..  VI,  n.  2380;   Vni,  nn.    4194    e  4249;  cf.  Plinio, 

\pont.  I,  420.  L'evento  ivi  narrato   è  del  tempo  dì  Gre- 

p-741)- 

acovo  Gìoviano  dato  dal  Gams   come  presente  al  con- 
ino del  769,  è  in  realtà  un  vescovo  di  Cagli;  cf.  Lib^  poni.  I, 


I  nell'anno  465,  Benigno  negli  01101487,  499,  501,  $02. 


4^2 


L,  ^uchesìte 


comparisce  più  in  seguito.  L.i  sua  sede  non  è  stata,  ch'k 
sappia,  identificala  in  modo  sicuro.  Non  si  conosce  alcut 
città  antica  di  rat  nome»  ma  sulla  via  Flaminia,  a  trenta- — 
due  miglia  da  Roma,  v'era  una  a  routatio  Aquaviva  a  cbeH 
è  tiocata  neir  hinerario  di  G^rusalemnu.  Secondo  la  dt<9 
stanza,  essa  doveva  trovarsi  un  po'  avanti  a  Falena,  e  io 
sarei  tentato  a  credere  che  quivi,  come  in  molti  altri  luo- J 
ghi,  la  stazione  avrà  attirato  a  sé  la  popolazione  deUj  V 
città  prossima,  e  che  b  sede  episcopale  vi  sarà  stata  prima 
insullau.  M 

\^cinissimo  alla  Falena  romana  si  e  scoperto  un  cimi-  ™ 
icro  cristiano,  quello  dei  santi  Gratiliano  e  Felicissima  (i).  ^ 
Verso  il  sesto  o  settimo  secolo  si  fondò  tri  presso  unafl 
grande   stazione   agricola   detu  Massa    CasttUana,  il  cui 
centro   occupava  la   posizione  dell'antica  atti  etnisca  di 
Falena,  anteriore  alla  Faleria  romana.  La   popolazione  di 
quest'ultima  non  tardò  a  trasierirvisi,  e  i  vescovi  anch'ess 
\\  si  stabilirono.  Essi  qualche  volta  si  qualiii cavano  come 
noocyvì  di   CastHhm  o  di    Civita  Castellana,  altre  voltej 
prendevano  Tandco  titolo  di  epistofms  FaUriuttms  o  Folk 
riiéumu 

Ad  ocddente  di  Falena,  sopra  ana  linea  che  possandc 
al  nord  dd  lago  di  Bracdano  (kums  Sahhaikms)  raggiunge 
li  via  Aurelia  nella  vìcrnnua  di  Tarquinio,  si  trovatio  lei 
atti  di  Nepi  sulla  via  Annìa,  Suth   sulla  Cassia,   Blera 
sulla  Clodia.  Tutte  e  tre  ebbero  vescovi  che  figurino  nei 
coodli  fino  dal  v  seooks  quei  <fi  Ne(M  e  di  Suoi  dal 
quei  di  Bicra  dal  487,  Si  può  anche  condiidere  d 
passo  dd  Uktr pem^fcéHs  (2),  che  il  vescovo  di  Xc 
esìsteva  nd  419.  Le  ìscrizìoDi  risalgooo   più  indietro 


un  secolo,  e  cofie  va 


agn>gn6cbe 


all'età  deOe  uldme  pctsecuBooL  Ma  queste  doe  oìdiiie 


(0  De  Hossi,  j 


AmAmLt 


iS8di»p^69;i88i,p.  ti 


u^ 


^<^i  episc.  nell'antico  ducato  di  ^oma      493 


lego^       ^^Stimonianze  non  riguardano  che  la  popolazione 

»^su^   .      non  se  ne  può  trarre  nulla  circa  l'esistenza  delle 
sedv  ep^^Copali. 
"  ^^scovato  di  Sutri  fu  riunito  nel   1435  a  quello  di 
Sep».  Quanto  alla   sede   di    Blera,   essa   scomparve   assai 
prima.  S^  ne    constata  la   persistenza  fino  alla  metà  del 
secolo  undecimo;  nel  1093  era  gii    assorbita   dalla  sede 
i^'  Toscanella. 

»A1  sud  di  queste  tre  diocesi,  nella  vicinanza  immediata 
<Ìi  Roma,  sì  stendevano  i  territori  di  forum  Clodi,  presso 
Bracciano,  di  f^eii,  e  dei  Capenates,  ove  l'organizzazione 
municipale  è  attestata  fino  ai  tempi  di  Valeriano  (i),  di 
Diocleziano  (2),  d'Aureliano  (3).  In  questa  regione  non 
■    s'incontra  che  un  solo  vescovato,  quello  di  Forum  Clodi, 
lì  cui  litolare  assisteva  gii  al  concilio  del  313,  e  si  ritrova 
^   in  seguito  fino  al  501.  La  localitA  ebbe   apparentemente 
H   a  soffrire  daUa  invasione  longobarda,  o  piuttosto  accadde 
qui  come  a  Bolsena  e  a  Visenzo,  che  le  rive  del  lago  es- 

»sendo  divenute  malsane,  In  popolazione  si  trovò  costretta 
a  trasferirsi  altrove.  Dal  649  si  vede  figurare  nella  mag* 
gior  part«  dei  concili  romani  un  vescovo  di  Manturianum^ 
che  deve  essere  Ìl  successore  di  Forum  dodi.  La  sua  re- 
sidenza è  stata  identificata  col  luogo  detto  Monterano,  di- 
stante sei  chilometri  ad  occidente  del  lago  di  Bracciano. 
Sì  può  seguire  questa  serie  episcopale  fin  verso  la  metà 
del  secolo  decimo  (4).  Erede  di  questa  antica  diocesi  fu 
il  vescovo  di  Sutri. 

Non  si  conosce  alcun  vescovo  di  Feii  o   di  Cnpen;i. 
Conviene  però  tener  conto  della  tradizione  relativa  ad  un 


(i)  C  /,  L.  XI,  n.  j?xo,  iscruionc  del  254  a  «  Forum  Clodi  ». 
(1)  Ibid.  n.  3796,  colla  menzione  di  CosLinzo  Cesare  (292-50)). 
(0  Ibid.  n.  3878,   dedica  al   nome   del   «  municipium  Capena- 
«  tium  ». 

(4)  Rfg'  Suhìaceme,  n.  97,  122. 


i 


494 

santo  Alessandro  vescovo  e 
a  Baccano  suDa  via  Cassis,  era 

monumenti  relativi  a  qaesto  santo 
dcre  che  U  luogo  del  suo  supplizio 
dell.!  Nua  ^ede.  Siccome  st  trovava 
imperiale,  noi  avremmo  in  questo 
analoga  a  quelle  di  Lerium  e  di  Stihm 
rchbc  da  maravigliarsene.  Ma  b  sede 
mantenne.  La  locilitd  fu  compresa 
che  assorbì  anche  i  territori  di  Vcì 
questi  abbiano  o  no  comìndato  col 
speciali. 

Risalendo  il  Tevere  al  disopra 
stra,  U  primo  vescovato  che  s'i 
mmtum.  Le  località  di  Fidene  sulla 
sulla  Nomentana,  più  vicine  a  Roi 
indìzio  di  una  organizzaaione  ecclc 
Presso  Fidene,  a  Castel  Giubileo, 
San  Michele,  la  più  antica  di  questo 
nosca  io  Italia.  Vicino  alla  via  Nor 
da  Ftcolea»  si  sono  trovati  due  sar 
degli   epitafi  del  terzo    secolo,   ed 
settimo  miglio  della  stessa  via  si 
feriale  dei  santi  Alessandro,  Evenzii 


(i)  et  Ot  Rosa,  BaH  dt,  187;^^ 
al  ai  mmiiiìnc 

(1)  n  DesAO  (C  L  L,  Xn^  p.  4sO  •««« 
4i  un  vcMOvo  di  FMeoe  al  coocilto  del  $oaJi 
«  tmàM  tfhcopm  Fldenas  »  ex  cene 

^kk  . -.^^ rr^    imi  Ti«rì    V 


r  sedi  episc,  nel T antico  ducato  di  T{oma      495 

hi  dedicato  da  un  episcopns  Ursns  che  si  sa  essere 
t  vescovo  di  Nomento  al  principio  del  v  secolo  (i). 
sto  vescovo  è  il  più  antico  che  si  conosca  della  sua 
.  La  soa  diocesi  comprendeva,  senza  alcun  dubbio,  i 
tori  delle  antiche  citti  di  Crustumerium  e  d'Hrefum, 
Ite  a  qualche  chilometro  verso  il  nord-est  ed  il  nord, 
prima  era  scomparsa  molto  innanzi  alla  fondazione 
impero  (2);  la  seconda  non  era  allora  più  altro  che 
femplice  vicus  (3). 

)opo  Nomcìtlum  veniva  la  diotesi  di  Ctires  a  Cures  Sabi- 
f  ».  Vordo  di  questa  località  è  ancora  menzionato  in 
dedica  a  Costanzo  Cloro  (4).  li  vescovo  apparisce 
65  ({t  Tiberius  Curium  Sabinorum  «),  nel  487  («  Fe- 
ssimus  Sabinensis  a),  nel  499  («  Dulcitius  episcopus 
:lesiae  Sabìnensium  »),  nel  501  («  Dulcitius  episcopus 
:lesiae  sanctì  Antimi  »),  nei  Dialoghi  di  san  Gregorio 
ilìanus  Sabinensis  ecclesiae  episcopus  »)  (5),  nella  cor- 
ndenza  di  Pelagio  I  («Bono  episcopo  Sabinati  »)  (6). 
vasione  longobarda  diede  a  questa  località  un  colpo 
ale.  Nel  gennaio  593  san  Gregorio  riunì  la  diocesi 
uri  a  quella  di  Nomento  (7). 

^iù  oltre  nella  Sabina,  sulle  rive  dell'Aia,  nel  luogo 
}  Santa  Maria  di  Vescovio,  si  trovava  il  municipio  di 
ÌM1  Novum  che  ebbe  la  sua  continuazione  nel  vesco- 
dello  stesso  nome,  il  quale  s'incontra  nel  quinto  e  nel 
)  secolo    negli  stessi  concili  in  cui  s*  incontra  il   ve- 


1}  Ltb.    poni.  I,   p.   xcii;    Jaffé-Kaltekbrunner,  n.    517;  De 
t,  Jnscr.  chriiL  I,  p.  vu. 

1)  Plinio  la  mette  tra  le  città  scomparse  «  sine  vestigiìs  »  {Hisl. 
IH,  5). 

)  MOMMSEN,    C.   1.   L.  IX,  472. 

,)  e  /.  I-  IX,  n.  4962. 

)  DiaU  I,  4, 

I)  Jaffé-Kaltenbrus'ner,  n.  995  (»•  558-561). 

)  Epp.  ni,  20. 


éà  -aft.! 


jCnSil 


TnUU. 


té^i 


dd  secolo  tBfao(l^ 

la  sttiesiìttfli 

^  fri  djirjitoo  5(^,s'Ì 


nhriMit  hft  ani  w 
s;bMfe4e 

10  «  giorni  ttOMR.. 
ydh  na  Prcooón  ooi  ttmùuiu  póma  U  sede  cptto^ 
p4le  df  Gabi  awearaci  fino  daPanoo  4^5.  La  serie  4et  1^ 
^covi  si  oittimoa  6no  al  to6o,  sono  il  pontiiicato  di  Ki» 
ai^/  IL  Dopo  qucalo  papa  ma  e  più  quesdone  di  Gsb^ 
U  cui  dioceai  sembra  aaiere  stata  congiunta  a  qudb  i 

11  vescovo  di  Frenesie  apparisce  fin  dall'anno  ^ij>l^ 
ìàcrìi\um  menzionano  Vordo  ancor  molto  tempo  dopo 
quii  hi  <lrtta  (2). 

l'ili  alto  neirApcnnino»  alle  sorgenti  dell'Aoìo,  WW* 
Villi  I4  cittii  di  Trcba  Augusta,  I  documenti  della  sui  un 
iiUMiÌct)Mlc  si  arrestano  ai  tempi  di  Commodo  (3).  Es» 
tfM>c  ilei  vescovi,  dei  quali  il  più  antico  che  si  OMOSa 
t»*?aiiiò  al  concilio  del  499.  Questa  diocesi,  ancora  a«io- 


..\  .-    »    •    *,-iy     jj^    ^j^    inverso    Tanno    5}>ji,    afi;    t'^" 


\t\\  «.  1449^ 


Le  sedi  episc.  nell*antico  ducato  di  l{oma      497 


^oma  nel    1015,  flx   soppressa  da  Nicolò  II   e  riunita  a 
quella  d'Anagni  (i). 

La  via  Labìcana  passava  a  tre  miglia  da  Roma,  presso 
^1  villa  imperiale  Ad  dtias  lauros,  dove  gli  imperatori  ri- 
sedettero spesso  da   Severo  fino  a  Valentiniano  III.  Ivi 
presso  si  trovava  la  tomba  di  sant' Elena  madre  di  Co- 
^ntino  e  il  cimitero  dei   santi   Pietro  e  Marcellino.  La 
residenza  imperiale  diede  luogo  ad  una  certa  agglomera- 
tone che  non  ebbe,  è   vero,  organizzazione   municipale, 
^3  parve  abbastanza  importante  per  formare  una  diocesi 
episcopale.  Questa  fu  Subaugusta,  i  cui  titolari  assistettero 
^^golarmente  a   tutti    i    concili  tenuti   verso  la   fine    del 
^  Secolo  e  il  principio  del  sesto,  e  poi  non  s'incontrano 
P*Ù,  Sparve  senza  dubbio  in  seguito  alle  distruzioni  delle 
RUerre  gotiche  e  della  invasione  longobarda. 

Al  quindicesimo  miglio  della  via  Labicana  trovavasi 
U  stazione  ad  Qiiintanas,  al  disotto  della  collina  di  Monte 
Compatri,  dove  ora  si  crede  che  debba  porsi  l' antica  città 
di  Lahicnm.  Gli  abitanti  di  Labico,  almeno  dalla  fine  del 
secondo  secolo,  si  chiamavano  Lalncani  Quintancnses  (2). 
L'origine  di  questa  denominazione  è  oscura,  ma  basta  a 
stabilire  l'identità  tra  il  vescovo  di  Quintana  o  Qnintiana 
che  figura  al  concilio  del  313,  e  il  vescovo  di  Labìco 
che  apparisce  nel  649  e  si  mantiene  fino  al  xii  secolo. 
La  diocesi  di  Labico  comprendeva  Tuscolo  e  il  suo  ter- 
ritorio. A  torto  si  è  creduto  di  scoprire  dei  vescovi  del 
Tuscolo  anteriori  all'anno  iioo.  Il  primo  che  si  men- 
ziona, un  certo  Marzio,  non  ha,  come  bene  osserva  il 
De  Rossi,  alcuna  prova  seria  della  sua  esistenza.  Il  se- 
condo, quel  Vitaliano  che  assistè  al  concilio  del  ^80,  è 
in  realtà  un  vescovo  di  Tuscana.  Si  è  voluto  trovare  una 
menzione  di  questa  sede  al  ix  secolo,   in  una  lettera  di 

(1)  Jaffé-Lòwenfeld,  nn.  4450,  5565. 

1(2)  Dessau,  C.  I,  L.  XIV.  275. 
- 


4^8 


JL  ^uchesne 


papa  Leone  IV  agli  imperatori  Lo  Ludovico  (i) 

ma  questo  documento  parla  di  Ascoli  0  non  dì  Tu 
Il  De  Rossi  ha  rimesso  in  luce  una  iscrizione  votiva  1 

tta  a  Grotta  Ferrata,  dove  è  menzione   di   un 
Fortunato,  del  quinto  o  del  sesto  secolo  (2). 

Io  non  mi  spiego  come  accada  che  il  vescovo  di  U-l 
bico-Tuj.calo  non   figuri  mai  nei  concili  ed  in  altri 
Curacnti  romani  dal  tempo  di  Costantino  fino  al  vn  sb>  ' 
colo.  Tutti  gli  altri  vescovi  suburbi  cari  ora  ad  una  ha 
ora  ad  un'altra  sono  sempre  menzionad  durante  qutiio 
periodo.  Ora,  potrebbe  forse  questa  eclissi  essere  in 
porto  colla  apparisiione   passeggiera  della  sede  episcopio 
di  Suhaugusta  ?   Bisognerebbe  in  tal   caso  ammettere  ck 
la  stessa  diocesi  abbia  a\Tito  consecutivamente  quattro  a* 
pi  luoghi:  X*  la  statone  ad  Quhttanas;  2*  il  villaggio  di 
SuhdUj^ista  ;   3'  Labico  ;   4'  Tuscolo,  senza  parlare  dcDi 
irasLuionc  da  Tuscolo  a  Frascati. 

Verso  ti  X  secolo  Tuscolo  divenne  una  localiti  moto 
importante,  come  sede  di  un  grande  stabilimento  feud^e. 
PriniA  det  celebri  conci  dì  Tuscolo  si  sente  qualche  vob 
parUre  delle  chiese  di  Frascati  e  mai  di  quelle  di  Toscola 
Rialxata  P  anttct  cktà  kdna  e  tnsfonnau  in  foctesa,  i 
^«ficovì  di  Làbko,  come  può  aedexsì,  vi  risiedettero  ab»* 
tttthneiit»^  Di  ciò  nel  secolo  ondedmo  un  ceno  flonoiie 
netta  ìndiobxkNie  hxo.  Sotto  Akssmdio  U  il  vescMoj 
dowi  3i  pgaHààcM,  tihroha  oome  tcscovo  ^  Lab^O)^  I 
Cilvolit  oome  ^esooio  di  Tosoolo.  D  suo  socoesBort  Mi*  j 
ikMO^MQO  UitaM>  n»  adopera  salanentc  il  pdxDo  ocolo  (4)^  { 
edQ^éllaìBoi«oè<lesigB«i«aDattsso  oaodo(j}. Gì»- 

V j^  iUkBw  di  «9|i^  |L  fra.  Hcb  m  fos^  fi^a  itaìàM 


Le  sedi  episc.  nelVantico  ducato  dì  'T^ma      499 


y^nni  successore  dì  Bovo  nel  11 00,  adottò  definitivamente 
"  titolo  di  vescovo  di  Tuscolo  che   si   mantenne  in  se- 
g^ito.  Tuttavia  il  medesimo  personaggio  è  ancora  qualifi- 
*^^^o  come  vescovo  dì  Labico  dal  biografo  di  Pasquale  II  (i). 
Più  oltre  nella  regione  percorsa   dalia  via   Labicana, 
^^^  troviamo  le  sedi  episcopali  di  Sii^nia  (Segni),  di  Atia- 
S^*^,  di  Ferentintimj  di  AUtritim  e  di  Veruìae.  Sono  tutte 
antjchc  città  romane.  È  da  notare  che  per  quanto  se  ne 
5Jj  n^  Frmino,  né  Fahretarìa  vetus  (Ceccano)  sono  dive- 
nuti \^ escovati.  Prosinone  peraltro  è  ricordato  come  civitas 
^^'  -^iber  poniìficalis  al  principio  dei  vi  secolo  (2).   Cec- 
cano   aveva   ancora   la  sua  organizzazione   municipale  al 
teiQpfco  dell'imperatore  Onorio  (5).  Al  secolo  vili  non  era 
pi^     altro  che  un  centro    di   agricoltura  (4),  e  in  seguito 
d^^^^nne  un  piccolo  principato  fondato  a  spese  del   patri- 
tnOnio  territoriale  della  Chiesa  romana.  Quanto  alle  altre 
località,  le  sedi  episcopali,  mantenutesi  tutte  fino  ai  nostri 
giorni,  appariscono  alle  date  seguenti  :  Anagni  e  Ferentino 
nel  487,  Segni  nel  499,  Alairi  nel  551,  e  Veroli  soltanto 
nel  743. 

Nelle  montagne  dei  Volsci  verso  le  paludi  Pontine,  le 
^ttà  di  Setta  (Sezze)  e  di  Privernum  (Fipemo)  riunirono 
1  loro  territori  per  costituire  una  diocesi  episcopale,  la  cui 
sede  nel  769  era  a  Piperno  e  fij,  dicesi,  trasferita  a  Sezze 
verso  il  10^6,  È  invero  straordinario  che  non  si  sappia 
nulla  di  questo  istituto  ecclesiastico  prima  del  secolo  ot- 
tavo; è  il  caso  medesimo  come  per  Veroli  (5). 


(i)  Lib.  ponL  p.  299,  1.  20. 

(2)  Ibid  p.  267.  Dei  due  vescovi  che  si  attribuiscono  ad  una 
pretesa  sede  di  Prosinone,  V  uno,  Innocente  (499),  è  un  vescovo  di 
Fossombrone,  l' altro,  Papìas  (503),  ai  trova  io  un  concilio  apocrifo. 

(3)  C.  i.  L.  X,  n.  5651. 

(4)  Lib.  poni,  l,  457,  nota  21. 

(5)  Vordo  di  Frivernum  è  ricordato  in  iscrizioni  del  secolo  quarto. 
Z.  I.  L.  X,  nn.  6440,  6441, 


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Le  sedi  episc.  nel V antico  ducato  di  T^ma      50 1 

jrrezione  passeggiera  verso  il  secolo  ottavo  (i).  La  sua 
iocesi  fu  annessa  a  quella  di  Albano. 

La  curia  di  Velitrae  (Velletri)  è  menzionata  in  una 
dizione  del  iv  secolo  inoltrato  (2),  Il  vescovo  apparisce 
jltaoto  neir  anno  4^5,  e  si  è  mantenuto  in  seguito.  Tut- 
ivia  la  diocesi  di  Velletri  fu  riunita  da  Eugenio  III  circa 
anno  iijo  a  quella  d'Ostia,  non  perchè  Velletri  avesse 
erduto  nulla  della  sua  importanza,  ma  piuttosto  per  dare 
a  vivere  al  vescovo  d'Ostia.  Questa  riunione  dura  ancora. 

Tra  Ostia  e  Velletri  sì  stendevano  nella  pianura  i  ter- 
tori  delle  antiche  città  di  Lavinium  e  di  Jrdt-a.  La  prima 
ìmtosto  che  una  vera  citti  era  un  santuario  con  una  po- 
olazione  intesa  al  suo  servigio,  e  quanto  ad  Ardea,  il  cui 
lunidpio  funzionava  ancora  al  iii  secolo  (5),  non  se  ne 
onosce  alcun  vescovo.  Queste  regioni  furono  annesse  alla 
iocesi  d'Albano. 

Sul  fianco  occidentale  dei  colli  albani,  le  antiche  città 
i  Lanuvium  (Civita  Lavinia)  (4),  ó'Aricia,  di  Bovillae 
Le  Frattocchie),  di  Castrimocmum  (Marino)  (5),  furono 
sgruppate  ecclesiasticamente  intorno  alla  nuova  città  di 
Ibano,  sona  verso  la  fine  del  terzo  secolo,  o  il  principio 
el  secolo  seguente  intorno  al  campo  della  seconda  le- 
ione  Partica  (6).  L' Itinerario  da  Bordeaux  a  Gerusalemme 
i  menziona  congiuntamente  ad  Arici  a  con  la  formula  a- 
Uas  Arida  et  Albana,  Arìcia  sussistè  lungo  tempo.  L*  urhs 
tricina  e  i  suoi  summates  (magistrati  o  decurioni)  è  men- 


(i)  pRocopio,  Di  bello  goihico,  I,  26. 

(3)  C.  /.  L.  X,  n    6565,  del  tempo  di  Valentiniano  e  Valente 

164-575). 
(0  C.  /.  L.  X,  n.  6764. 

(4)  Lanuvium  aveva  ancora  la  sua  respublica  sotto  T imperatore 
lessandro.  C.  I.  L.  XIV,  n.  3960. 

(5)  Queste  due   ultime  non  sembrano  aver  durato  molto  dopo 
secondo  secolo, 

(6)  Cf.  Lib.  pont.  1,  p.  cli,  e  p.  200,  nota  107. 


500 


L,  'T>uchesne 


Al  XII  secolo  (Ot  1^  diocesi  di  Pipemo-Sezze  fu  ri| 
nita  a  quella  di  Terracina,  la  quale  è  attestata  fino  dal  31  j 
Non  v'  ha  dubbio  che  questa  diocesi  comprendesse  la  le 
caUtà  vicina  dì  Circeii,  che  sotto  Talto  impero  ebbe  un 
municipalitA  discinta. 

Al  di  li  di  Sezze,  sul  fianco  della  montagna  che  guarda 
il  mare,  erano  situate  le  antiche  città  di  Uluhae  (Sermo- 
net.1?),  di  Xorba  (Norma),  di  Cora  (Cori).  Norba  durante- 
l'alto  impero  non  aveva  organizzazione  municipale  (2)  (& 
quella  d' Ulubra  doveva  essere  ben  poca  cosa.  Cori  si  naan~- 
tenne,  ma  tuttavia,  come  gli  altri  due  luoghi,  non   otìr^ 
traccia  di  una  chiesa  episcopale.  Le  stazioni  della  via  Appi. 
Forum  Appii  e  Trts  Tabcrnat:,  attiravano  la  popolazione 
Trcs  Tabcniae  ebbe  un  vescovo  che  s' incontra  giA  nel  51  — ^ 
e  che  figura  anche  nei  concili  della  fine  del  quinto  S4ec<>"%^  ^-j 
e  del  principio  del  sesto.  Nel  592  essendo  questa  tc%\o^^z^^^ 
interamente  desolata,  san  Gregorio  papa  riuni  la  diocesi 
Trcs  Tabernae  a  quella  di  \*elletri  (3).  Questo  prow^rt 
mento  però  non  fu  definitivo,  e  il  vescovo  dì  Tra  Tah 
ricompare  al  concilio   del  769,  e  lo  s'incontra   in   m - 
documenti  del  nono  secolo,  ma  non  posteriori  all'  anno  &^^S. 

In  riva  al  mare,  circa  all'altezza  di  Tres  Tahtma^^ 
trovava  il  porto  di  Anùum  che  ancora  esisteva  come  «zi 
alla  fine  del  tv  secolo  (4),   Dal   tempo  di  papa  Mrt« 
(e.  190)  era  in  quel  luogo  uno  stabilimento  distiano 
Il  vescovo  apparisce  nei  concili  dal  465  al  502,  mx 
più  tardi.  Anzio  non  ebbe  come  Tres  Tahtnuu  uà- 


cs: 


(t)  È  omessa  nel  Uhtr  cmiuìom  di  Cencio  Camerario. 

(2)  Al   secolo   .vm   era   un   dominio    imperiale;   fu   ced\:»^ 
ptpa   Zaccaria   dall'  imperatori:    Co<;:antino    V.   Uh.    t^.-'mL    1 
nota  45. 

(3)  Ep,   II,    $0;  JAFFÉ-tw  \LD,    Ai.:;;j,    n.    Ì2C2. 

(4)  C  /.  X..   X,    n.  6656,  iscrizione  dd  tempo  dcgB  iirip. 
Gradano,  Valentioiano  e  Teodosio  (j79-3$2). 

(j)  Philoicphumtna,  IX. 


diocesi  hi  annessa  a  qoeSa  £ 

Li  curia    di    rfUir0e  (V 
iscrizione  del  tv  secolo        ^ 
soltanto  neir  anno  4^5»  e  «  é 
t3via  la  diocesi  (fi  Vdktn  a 
fanno  1x30  a  qoela  ffOsBL. 
perduto  DuUa  ddb  ; 
<ÌJ  vivere  al  vcscow© 

Tra  Ostia  e  Vclistr  «. 
11^  ddle  antidie  e 
piuttosto  cbe  una 

polizionc    t-nTt*C:3  ai  sjD 

liòpio 
Conosce  alani 
àìoccsi  d'Albno. 

Sul  &U1CD 
*   Lamnarm    ^Om. 

AUiatio. 
dtìl^  _^ 


Il 


■.  ■('■ 


!  I  ■■ 


VARIETÀ 


Per  cortesia  del  sig.  dott.  Francesco  Pagnotti,  ci  giunse 
zia  di  un  altro  manoscritto  del  Diario  di  Stefano  In- 
ra  esistente  nel  fondo  di  manoscritti  italiani,  trenta 
adrca,  presso  la  Reale  biblioteca  di  Stockolma,  sotto 
licazione  Riks-BihUothekct  \  Stockhoìm  \  Handskrifter  \  Hi- 
a  I  Italimsk.  Esso  è  cartaceo,  sec.  xvii,  legato  in  per- 
ena,  di  carte  numerate  222.  Fu  acquistato  a  Bruxelles 

i' intitola:  Sthefani  infessurae  \  civis  romani  diaria  rerum 
t9iamm  \  sfwrum  tcmpornm  \  post  curiam  romanam  ex 
is  ad  Urbem  re\versam  ttsque  ad  Ahxandri  papae  sexti 
^ionem.  «  Vi  manca  il  principio  ».  Inc.  :  0  pontifical- 
-nte  e  dissegli:  piglia  tbesauro  quanto  tu  vuoi  n,  Exph  : 
r  andare  à  Campo  ad  Ostia  ». 

^a  questi  dati  e  da  altri  che  d  furono  con  grande  cor- 
forniti  dal  sig.  dott.  Harald  Wiesclyren,  bibliotecario 
R.  biblioteca  di  Stocolma,  è  lecito  concludere  che  il 
oscritto  appartiene  alla  classe  i*  (cf.  Arch,  Soc.  rem. 
3'n  XI,  524)  e  segue  la  lezione  (B)  (ibid.  p.  526). 
>glio  120  innanzi  al  noto  epigramma:  «  O  Roma  in- 
•X  »  &c.,  si  legge:  «ego  tamen  scripsi  carmina  tnfra- 
itia   videlicet  ».  Manca  nel  codice  Fanno  1485  ;  però 
vi  si  trova  menzione  del  cadavere  della  Tulliola. 


s^ 


O.   Tommasini 


DilTsdimo  Storico  Comunale  di  Roma  avcaaùt^ 
inu  di  qocsd  altri  documeiiti  che  si  rìferìscono  : 


Archivio  Srotico  Comukal£  di  Roma. 


Pkoi.  €^  p«tt  1%  e  196»  anno  1489. 


fai&tìaBe 


lesiu. 
nensis  settembris  die  J3X» 


la  noone  DoonoL  Anco.  In  presene  mei  nourii  &c Cai 
laok  et  À  ^iiod  oondam  hoooimbUis  vìr  lohannes  Paolta  &  I 
Jan  «roMttanBS  ^  IM)e  de  r^ooe  Trtvit  in  suo  xìVósm  usaaatt 
jflinqiwiir  SDOS  oahccsaks  beredes  eximium  legutn  . 
uam  Slefinnmi  de  ftdessiiiìs  a  Ceccholum  de  Infe-- 
liyrimois  et  luiiardes  et  dlcmm  «iommum  SteCmum  ote 
cBecoMPem  Acd  sai  icsumcuri  fecerìt;  et  in  dicto  touir 
adDalcgtKiei  rcBcu  feeetìt  filits  et  (ilubnis  condam  Le! 
kkanìs  Paafi,  ocpodbos  ipsàiss  lohanoTS  PauIÌ,  et  nonnulla  aU::*^^' 
et  diynwriir  peoni  pateiv  «sscrìtur  nuau  publici  notahài  et  pcfl9 
aéUB»  dooDÌiu  docRsDGt  Dieioikìiaa  axor  coodam  dicti  coodwi  Idtt^ 
amer  dictonmi  62ìonmi  dkd  Lellì,  prò  marttagio  AntooàK  eb  a 
d&cli  oand«m  LeUì  filie,  Toloerìt  et  convcDcrit  et  per  legiiinain  icpuU- 
tìoncni  pronùscrìt  dicto  domino  Stc£uio  quoJ  omncs  diete  i 

omùa  dkxa  telku  et  legata  per  «£ctum  oondatn  lohanne»  Pli  

&cta  in  <SGto  suo  testasneato  dictìs  filììs  dìctì  condam  Lelli,  pna  quib* 
fifiift  et  fiUabas  dieta  dfmi»n^  rheroaìma  promiserit  de  rato  &s^^ 
ctanA  doaÙBom  Sieiiauni  salvare  et  conservare  tndepnem  t  Boi 
Mlutkai^  ac  bceie  et  iowe  quod  dìctì  etus  filli  vel  akcr  ecna 
luao  oioleslabiait  nec  modo  aliquo  inquictabuot  dictum  ionùBoa 
Stephanutn,  virtute  dictomm  relictorum,  qaod  semper  et  perpetuo 
habebunt  ratam  gratam  et  finnam  dictam  soltidoaecn  per  StìB^ 
dominimi  Ste&num  factatn,  pioat  dictus  dominos  Scephaau»  et  (^ 
Ihcroiìiina  partes  prcdìcte  assenierum  cum  hnasnento  pattiti 
Astoniì  PisauclU  nourii  iam  dcfuncti;  et  post  predicta 
mious  Stephanus  solvcrit  et  pacavcrìi  prò  nv^ 
nioe  secundum  proniìssìonem  predlctam,  latn  \ 
quorum  quam  prò  legitima  eis  debita  in  bonis  raatemis,  et  ci:»n!  f^ 
eo  quod  ipse  ex  sua  mera  liberalltate  prò  dicto  maxitagk)  fxoaà^ 


Varietà 


507 


i  ctiam  prò  parte  dictis  pupiLlis  tangente,  que  liih  duonim  docatomni 
Vinea  que  fiiit  condim  domine  Antonie  matrìs  dìcti  doroin:  Sie> 
ai  avie  diciorunj  filìorum  ei  etiam  ,xvi.  carlenorum  prò  re^doo 
^aee  que  fuit  dicti  Lelli,  in  tomra  tloreoos  noiuginu  sex  ;  idcìrcbo 
''^ata  domina  Iheronima»  tutor  et  mater  dictorum  nlìonim  et  etiun 

domina   Antonina  uior (i)   della   Pedacchìa,  prò  quibus 

1  et  liliabus  dieta  domina    Iheronima  ultra  officium   diete  tuteic 

kniisit  de  rato  et  ratihabitione  ;  et  que  domine  Iheronìnu  et  An« 

kina  primo  iuraverunt  nec  non  et  ad  hec  renunpciaverunt  auxUio 

ildani  senatusconsulti  autentice:  si  qua  mulier  et  omnì  suo  iure 

donationum  propter  nuptias  alimentorum  parafemìorum  rciicto- 

tnu  legi  lulie  de  fundo  dotali  in  favorem  raulierura  introductonim» 

gibmc  falcidie  trebellianice  debìtis,  iuris  nature  et  generalitcr  c^c; 

tifìcatc  diae   domine    Iheronima  et  Antonina   per   me  notarìum 

rascriptum  de  dictis   I egibus  ausilio  autentice  et   iuramenli  quid 

,  quid  dicent  et  quid  importent  materno  sermone,  cxpositis  de  verbo 

verbum,  ad  oranem  ipsarum  dominarum  plenam  et  claram  inlel- 

gexitiam,  asserente^  se  de  predictis  plenam  notitiam  et  cUram  luberc 

cientiam,  corum  propriis  ci  spontaneis  voluntaiibus,  non  pererrorcm 

nunciaverunt  et  refutarunt  et  per  pacium  de  ultcrius  et  perpetuo 

DO  petendo  remiseruni  et  diao  domino  Sie&ino  presente,  vidclicct 

fiia  et  singula  iura  nomina  et  actiones  reale s  et  pcrsonales,  utiles  ci 

ecus,  lacitas  et  exprcssas,  ypothccarias.  pignorativas  sivc  m>xtas  &C. 

npc   quas  et  quod  diete  domine  Iheronima  et  Antonina   hibcnt  et 

mbi  competunt,  habere   et  competere  eis   possent  quomodolibct  in 

Attrum  contra  dictum  dominum  Stephanum  et  cius  bona,  prctextu, 

ausa,  et  occasione  dictorum  nonaginia  sex  llorcnorum  cum  depcn- 

Dtla  &c.  Ita  quod    presens   refutatio   et  quictatio  stt   gcncralis  et 

ncralissima   specialis  et   specialissima  ac  si  in  ea  venisse  inicllì* 

ntur  que  hic    expressa  non  sunt  ac  si  de   ilUs  csset  facta  mentio 

jlpecialis  &c.,  hanc  autem  renunptiationcra  et  refutationem  et  omnia 

singula  que  dieta  non  sunt,  ac  infra  diccntur  feccrunt  diete  domine 

heronima  et  Antonina  eidera  domino  Stepliano  presenti  &c.  Ro  quia 

onfesse  fuerunt  et  iuraverunt  et  in  ventate  recognovcrunt  habuisse 

recepisse  a  dicto  domino  Stephano   in   pecunia  nunicrata  supra- 

|dictos  nonaginta  sex  florenos  per  manus  lohannis  Baptistc  della  Pc* 

acchia,  sorori  diete  Antonine,  ipsosque  expositos  fuìsse  prò  maritagio 

[  acconcio  ipsius  Antonine  de  voluntate  dictarum  domine  Iheronimc 

Antonine,  quod  acconcìum  dieta  domina  Antonina  confessa  full 

babuisse  et  recepisse  et  peaes  se  habere  et  tenere.  Et  proraiserunt 


(t;  Lacun*  nel  ms. 


5o6 


Dall  . 
tizia  di  ■' 
del  Din 


Prot.  6S. 


In  no: 
fuerit  et     ■ 
sura  aron:. 
relinquciit 
num  Stcf.- 
legitinios  i. 
executorcr.. 
nulla  IcgLit 
lohannis  V. 
et  dispos..' 
nobilis  d'-: 
niatcr  d:*:: 

dioti  COHlI  ■ 

tioncni  )■■; 
omnia  d'i. 
fa età  in  d' 

tìliiS    et    !■. 

etimi  diM.. 
solution^, 
non  nidU 
Stcphan..-.- 
habcbun:  : 
dom'nunì  ' 
Iheronini.. 
Anton:;   1 
m'nus    Stt. 
iiinc   sccui': 
quorum  q.: 
eo  quod  ip 


Varietà  509 


am  Rome  in  regione  Trivii  in  domo  solite  habitationis  dicti 
i  Sabbe,  presentibus...  eximio  legum  doctore  domino  Ste- 
de Infessuris. 

c.  871. 

io  Domini  .mcccclxxxxi. . . .  mensis  septembris  die  ultima... 
nt  fìdantie...  inter  prudentes  viros  lulianum  et  Salvatum  con« 
ili  dello  Roscio  de  regione  Trivii  germanos  fratres  et  con- 
personas  honeste  puelle  virgini  Francisce... 
am  Rome  in  regione  Trivii  in  ecclesia  XII  Apostolorum, 
ibus...  eximio  legum  doaore  domino   Stephano  de  Infes- 


:.  136  V. 

10   Domini   millesimo    quadringesimo    nonagesimo   tertio... 
martii  die  nona...  Nobilis  domina  domina  Magdalena  fìlia 
m  nobilis  viri  Ponsiani  de  Ponsianis  de  Urbe... 
um  in  regione  Trivii  in  domo  solite  habitationis  eximii  legum 
s  domini  Stephani  de  Infessuris. 

O.  T. 


510 


"B.  Jontana 


CLEMENTE   MAROT    ERETICO 

IN  [FERRARA. 


Parecchi  anni  or  sono  pubblicavamo  uqW Archivio  della 
nostra  SocietA  una  memoria,  per  determinare,  con  la  mas- 
sima approssimazione,  il  tempo  del  soggiorno  di  Calvino 
in  Itali.1  (i).  E  dicevamo,  quanto  a  Ferrara,  ch'egli  non 
avrebbe  potuto  essersi  trovato  colà  fuori  dei  limiti  che 
segnano  le  date  del  25  di  marzo  e  del  14  di  aprile  del  1535, 
fuori  dello  spazio,  cioè,  di  22  giorni. 

Nessun  fatto  è  giunto  a  nostra  conoscenza  che  infermi, 
fin'ora,  le  nostre  conchiusioni;  non  poche  induzioni  nuove 
avvalorerebbero  gli  antichi  argomenti  se  fosse  il  caso  di 
aprire  un'altra  volta  la  discussione. 

Io  un  più  recente  nostro  lavoro,  invece,  abbiamo  do- 
vuto modificare  il  giudizio,  che,  in  un  «  Gallus  parvae  sta- 
«  turae  »  indicato  in  un  processo  contro  gli  eretici  di  Fer*S 
rara,  sì  potesse  riconoscere  la  figura   di  Calvino,  perchè™ 
con  più  maturo  esame  vi  si  scorgeva  meglio  distinta  quella 
di  Clemente  Marot  (2). 

Oggi  il  conte  Malaguzzi  ci  mette  sott'occhio  un'altra' 
pagina  di  quel  processo,  ch'egli,  solerte  direttore  del  R.  ar- 
chivio di  Modena,  ha  saputo  ritrovare,  in  cui  il  nome  del 
Marot  è  messo  in  evidenza,  associato  a  quello  di  alcun 
altro  eretico,  o  imputato  di  eresia. 

La  scoperta  di  una  seconda  pagina  di  quel  processo 
ha  un'importanza  non  lieve,  e  noi    ne  trarremo  le  con- 


(i)  Archiv.  ddla  R.  Soc.  rem.  di  stor.  patr.  a.  1885,  voi.  VIIL 
(2)  Renata  di  Francia  duchessa  di  Ferrara,  pag.  329. 


Varietà 


5" 


seguenze  tutte  che  riguardano  il  detto  nostro  lavoro.  Ciò 
non  di  meno  non  vogliamo  tenere  in  serbo  un  documento 
che  può  interessare  più  d'uno  studioso,  e,  omesso,  d'al- 
tronde per  poco,  quello  che  se  ne  può  pensare,  riprodu- 
ciamo fra  tanto  il  documento  istesso  nella  sua  integrità, 
non  disperando  che  dall'archivio  di    Modena    non  possa 

\g        uscire  l'uldmo  filo  dì  luce  che  ancora  ci  abbisogna. 

^k  B.  Fontana. 

^m  Vener 
^V  cìtatus  et 
^V     cognoscii 


Die  .xxviiii.  aprilis  .mdxxxvi. 


I 


» 


Venerabilis  pater  frater  comparuit  coram  prefato  patte  vicario 
citatus  et  more  religioso  iuratus  supra  pectus  suum,  inierrogatus  si 
cognoscii  quendam  Clernentem  Maroth  respondit  quod  sic>  et  inter- 
rogatus  cuius  sit  vocis  ac  faraae  respondit,  quod  apud  omnes  habet 
famam  luiherani,  et  inierrogatus  quare  habult  islam  fatnam  luilìerani 
respondit  quia  oranes  ferunt  ipsum  Clementem  fugisse  ex  Francia 
quia  lutheranus  est.  et  est  bannitus  a  tota  Francia  propter  hanc 
causam,  et  quod  sit  bannitus  habet  prò  certo  a  fratribus  suis  et  SC- 
cuLiribus  veoientibus  ex  Francia:  et  interrogatus  an  habeat  sliam  no- 
ticìam  de  eo  respondit  quod  non,  quìa  nunquam  illum  est  alloqutus. 

Et  interrogatus  an  alium  cognoscat  in  hac  civìtate  vcl  in  curia 
male  vocis  ac  lamen  respondit,  quod  cognoscit  quendam  virum  re- 
Hgiosum  ordinis  heremitarum  predi  catorem  in  curia  Madamae,  quem 
credit  virum  pessimuni,  et  prò  certo  ex  audito,  quod  predica  vii  non 
esse  orandum,  quia  orationes  facte  sunt  frivole  nullius  momenti,  et 
quod  antequam  iste  vir  predicator  esset  aut  predicarci  in  curia,  ille 
mulieres  erant  dcvotissimae,  sed  postquam  ille  prcdicavit  non  pene 
voiunt  videre  religiosos  aut  exisUmare  res  ecclesiasticas,  et  dicunt 
quod  orare  erat  amìssio  temporìs,  similiter  diccre  officium  Beate 
Virginis  et  similia. 

Et  interrogatus  si  alium  cognoscit  in  curia  suspectum  lutheranum 
respondit  quod  ibi  est  quidam  nomine  Cornelion  natione  Gallus, 
quod  in  quadragesima  preterita  dum  ipse  testis  esset  in  curia  in 
quadam  camera  et  haberci  scrmoncm  cum  Jicto  Cornelione  audivìt 
ipsum  negare  liberum  arbltrium  et  omnes  potestates  ecclesiasticas, 
videlicet  confessionem,  quadragesiraara,  et  ad  que  Ecclesia  non  po- 
terai obligare  nec  sumnius  pontifex,  et  audivit  a  prefato  denunciato, 
quod   alium  invenit  fìdei  et  credulitatis . . .  more  ipsius  deponentis, 


nd  «lo  fide. 

poSTc  fcane  Ddimoo  k 
BoieiBctai  de  Tabù  tn^ 


ATTI    DELLA   SOCIETÀ 


Adunanza  del  f  luglio  1892. 

Presenti  i  soci  signori  :  Ugo  Balzani  presidente.  Mazzi, 
Tomassetti,  Tommasini  e  Levi  segretario. 

Per  vari  impedimenti  si  sono  scusati  di  non  intervenire 
i  soci  signori  Cugnoni,  De  Rossi,  Fontana  e  E.  MonacL 

Aperta  la  seduta  alle  ore  cinque  pomeridiane,  il  se- 
gretario dà  lettura  del  processo  verbale  della  riunione  pre- 
cedente, che  senza  alcuna  osservazione  resta  approvato. 

Su  conforme  relazione  dei  sindacatori,  soci  Fonuna 
e  Navone,  sono  approvati  i  bilanci  consuntivi  1890  e  1891. 

Procedutosi  alla  nomina  dei  sindacatori  dei  prossimi 
bilanci,  vengono  all'unanimità  confermati  i  soci  Fontana 
e  Navone. 

Il  presidente  annunzia  con  viva  compiacenza  alla  So- 
cietà che  S.  E.  il  ministro  dell*  istruzione,  per  dare  inizio 
al  proposito  già  manifestato  di  stabilire  una  scuola  storica 
presso  la  Società,  ha  accordato  due  assegni  ai  signori  dottori 
Pagnotti  e  Savignoni.  Al  Pagnotti  saranno  tema  speciale 
di  studio  le  Vitae  pontificum  posteriori  al  Liber  pontificaìis  ; 
il  Savignoni  si  dedicherà  principalmente  allo  studio  della 
Margherita  Cornetana,  pel  cui  temporaneo  deposito  presso 
la  biblioteca  Vallicelliana,  la  Presidenza  ha  avviate  pratiche 

Archivio  deUa  R.  Società  romana  di  ttoria  patria.   Voi.  XV.       3} 


^-    ..::::.::.'    .  uu'.-rj  vo!uaie  del  Regesto  di  Farfa 
■•-^.j.::    :-j::.".:  ^eil'.i ••.•.':::■  i'j  annunziai  seguenti  se 
..     «..-'.    "-:::=s::j.  L:  :ri^ini  delle  diocesi  subitrbic 
i  .^      ■..r--*.rr    .lv?nr.c:-v-\  Lj  spedi:^one.  di  Liiitpram 

..  -r^.   .:i  ^jr:.  ?z.:.iz,  L  diario  di  Paolo  dello  Ma 

.  .    •      .:m.     "ru    r-j.Tj::  politici  di  Leone  X. 

v>r:   :r.  socìj  Tommasini  viene  rimandai 

.  ■=    ^  i:<»:u>j:v:ze  sul  disegno  di  regolara 

:.  ..:-.•:    t:  '.i  >cc:izì  e  il  proprio  delegato  pi 

.    ^._..    -'    e-uri  illi  ore  6. 

li  presidente 

U.  Balzan 


BIBLIOGRAFIA 


^co  Nitti.   Lcorw  X  e  la  sua  politica,  secondo  do- 
snti  e  carteggi  inediti.  —  Firenze,  Barbòra,  1892. 


-=x  use  estrinseche,  che  preoccuparono  o  distrassero  la  crìtica 

l'Italia  udì  prima  l'eco  diella  bella  reputazione  à\  storico 
3-si  dal  Nitti,  segnatamente  fra  i  cultori  degli  studi  in  Inghil- 
r»  Germania,  di  quel  che  non  contribuisse  a  formarla  e  non 
tse  la  prima  soddisfazione.  L'opera  di  lui  sulla  vita  di  Niccolò 
elli  fu  degnamente  apprezzata  prima  nella  patria  del  Brosch, 
^r»,  del  Creighton  che  tra  noi.  E  questo  suo  nuovo  libro, 
urentemente  alla  luce,  se  comprende  solo  «  frammenti  dì  più 
i^cerche  sulla  storia  politica  del  secolo  decimosesto  n  (p.  vni), 
*  dire  che  è  uno  stralcio  di  quell'ampia  serie  di  studi  che 
^  la  preparazione  del  secondo  volume  della  sua  opera  mag- 
li Machiavelli,  Si  comprende  del  resto  assai  facilmente  che 
^a  non  avrebbero  potuto  trovar  luogo  acconcio  certe  indagini 

intorno  alla  condotta  particolare  di  sìngoli  personaggi,  che 
Otto  solo  aggruppati  e  sono  assorbiti  nella  storia  generale  del 

e  s'intende  pure  che  quelle  indagini,  dovendo  essere  condotte 
mento  dell'altra  opera,  non  isolate  e  come  fine  a  sé  medesime, 
la  pubblicazione  di  esse  proceda  quasi  parallela  a  quella  dei- 
libro  e  trovi  nell'esigenze  di  questo  il  suo  limite.  Ciò  spiega 
:«  come  l'autore  non  fece  oggetto  del  suo  esame  tutta  quanta 
tica  di  Leone  X  durante  il  suo  non  lungo  pontificato,  ma  solo 

punti  di  essa,  che  dovevano  più  richiamare  l'attenzione  sua, 
petto  all'argomento  che  aveva  tra  le  mani.  Pertanto  egli  di- 
la  materia  del  suo  nuovo  libro,  secondo  gli  argomenti  ch'ebbe 
a,  in   due   parti;   l'una  delle   quali   concerne    la   condotu  di 

X  verso  il  fratello  Giuliano  e  il  nipote  Lorenzo  de"  Medici; 


uva  di  iÌ«alÌBk 

alla  con 

L  Ti  A  Jt»csi  s  c*fiw 

esse  À&l  £;rr«ner«  per  $^ 
■OD  s  tnvcaoo  onaÌ'cB<» 


àt  9«»4  CarHr  Y  e  fmiocwo  I,  3  ^ 

S  lliflijpii  e  xijHOdsm  li» 

.  )t  MBBOn  fKT  CS  tTipitlP  *  ' 
mzB  y&.  |icr  .  fiCDC  «vsiao 

•  ftv  «qìleT^  Ot^  cooK^  ben  «nem  r.C 

r-sr^sls  tra  rC  lunr  la  {leBBU^OBe  cbcv  ii^Knifc 

va  Ciri»  e  {^..^Bii.^  t^ti  wjmami  3  sr  £  Pnada,  caar  ?  "^ 
h  orina,  H  jifc  «^poma  fccaiAcMC  i  «dì  p 

iiyaèliacwiiilLi  ^  Cado  V «d  ricoaoacog  cbelr^f^ 

BB  hBBd  fiso  dd  dna  |na6  tf» 

CbÌq.  e  SD  scanBM  isTxirea# 
I  cfKfiaadagR  lainle  «toona.!!  n>e-  LrrA.  ^c?  ^^^ 

"*  fifcdjip  la'iirpiuj  «cttenaai, nooold  oc  v-^r-^  c<i  .^ir;*- 
Qc'^nB  gfi  orand  ddb  wgéblika  uajumutaad  al  fouto  U  s» 


bibliografia 


517 


zia  non  solo  delle  parole  che  udivano,  ma  anche  della  fede  che 
idevano  meritassero.  E  poca  ne  meritavano,  a  dtr  \'ero,  quelle  di 
pontefice  che  teneva  tre  nunzi  in  Germania  presso  gli  Elettori,  il 
ardinal  de  Vio,  Marino  Caracciolo  e  Roberto  Orsini,  dei  quali  non 
dubitava  che  l'uno  si  adoperasse  per  Francesco,  l'altro  per  Carlo» 

terzo  per  un  terzo.  Del  resto,  il  Lipomano,  che  aveva  ragione  d'es- 

re  nella  grazia  e  nella  fiducia  del  papa,  trovavasì  certo  in  condi- 
[one  di  ragguagliare  per  chi  fossero  le  intime  simpatie  del  pontefice. 

U'ultima   ora,  scrive  il  De  Leva   {Storia  Hoc    di  Carla  /',  I,  418), 

Leone  si   levò  impunemente  la  maschera»  a  favore  dei  re  catio- 

Ico;  e  quest'opinione  del  De  Leva,  il  Nitti  crede  che  fosse  accettata 

dagli  storici,  grazie  all'ingegno  col  quale  fu  esposta,  sebbene  non 

appoggiata  a  veri  dati  positivi  m,  finché  b  pubblicazione  fatta  dal 
ruasti  dei  Manoscritti  Torrigiani  nel  R.  Archivio  di  Firenze,  met- 
todo  a  luce  molti  documenti  d'orìgine  fiorentina  della  cancelleria 
apale,  portò  nuova  contribuzione  di  fatti  a  schiarimento  della  que- 
àone.  Primo  ad  avvalersi  di  questi  documenti,  tenendosi  tuttavìa 
rmpre  stretto  agli  estratti  pubblicati  dal  Guasti,  fu  il  Baumgarten, 

quale  per  altro  non  diede,  nella  sua  esposizione,  importanza  baste- 
Die  a  tutti  i  fattori   che  cospirarono  a  modificare  la  mente  papale 

traverso  delle  mutevoli  contingenze  e  ritenne  che  anche  nella  que- 
ìonc  dell'elezione  imperiale  ei  si  lasciasse  predominare  dallo  scopo 
Tccipuo  della  grandezza  del  nipote  Lorenzo,  per  sino  a  che  questi 
lon  fu  morto  (Baumgarten,  Gcschichtc  Karh  V,  I,  157).  Ora  il  Nitti» 
quanto  riguarda  la  disamina  del  materiale,  non  si  tenne  contento 
ill'edizione  dei  mss.  Torrigiani  fatta  in  estratto  dal  Guasti;  ma  ri- 

rcando  con  molta  diligenza  tutto  quel  fondo  prezioso,  ne  trasse 
lotixìe  utilissime  e  documenti    importanti  e  nuovi,  come  il  trattato 

a  il  papa  e  Carlo  V  portante  11  sigillo  reale  appeso,  firmato  il  6  fcb- 

•aio  1519  «in  monasterio  beate  Marie  de  Monferrato»  {p.  145)» 
ruello  tra  papa  Leone  e  il  ministro  Caroz,  autorizzato  con  speciale 
landato  ad  obbligarsi  per  lui,  del  17  giugno  ijig  (p.  214),  e  l'altro 
■a  Leone  e  Francesco  I  del  22  ottobre,  segretissimo  pur  esso  e  fir- 
wto  dal  re  (p.  26 j). 

E  al  Nitti  stesso  si  deve  pure  gran  lode  per  aver  curato  di  ccr- 
Ificare  quelle  parti  dubbiose  del  carteggio  dell'ambasciatore  Manuel 
;on  Cario  V,  facendone  trarre  nuova    copia    dalla    biblioteca  della 

Academia  de   la  historia  »  di  Madrid     Segni  di  cosi   delicata   co* 

lenza  scientifica  non  paion  frequenti,  e  tanto  più  son  lodevoli, 
|uanto  più  l'autore  risparmia  di  ostentare  il  lavorìo  dell'analisi  sua 
ielle  citazioni  a  pie  di  pagina,  sufficienti  per  chi  è  versato  nella  ma- 

i»,  insufficienti  per  gli  altri.  Per  quello  poi  che   concerne  l'espo- 


Si6 


l'altrn 
Carlo 
prima 

prccis.i 

questi' 

sioni. 

Nini  ' 

fecon.'. 

tracci.. 

col  r* 

quciT. 

cror.  ■ 

di  /■ 

con.- 

diy.i' 


ci.- 

r- 


'Bibliografia 


519 


viva  delle  armi  in  pugno  a  chi  domina.  Leone  non  poiè 
ame  i  congiunti  più  prossimi,  come  il  Borgia  aveva  fatto  ; 
dì  conseguire  «  l'indipendenza  morale  e  materiale  della 
col   mezzo   d'un   notevole  ingrandimento   dello  Stato 
Questo    egli    cercò   sempre  nelle  sue  trattative  con 
I  I*  a  base  delle  quali  stava  sempre,  tacito  o  palese,  il  de- 
Ferrara ;  questo    egli    cercò   ed   ottenne  nel  trattato  con 
che  mentre  gli  dava  Parma,  Piacenza  e  Ferrara,  conser- 
potenza  spagnuola  ed  imperiale  in  lulia  nelle  condizioni 
era  prima  »  (p.  4S9)-  Quindi   con  perfetta   imparzialità 
Nitti  che  se  Leone,  giovandosi  del  credito  senza  forza  e 
za   scrupolo  di  cui  allora    poteva    valersi  il  capo  della 
I  può  collocarsi  a  quell'altezza  che  spetta  solo  agli  uomini 
Dirono  politicamente  all'opera  grande   della  civiltà,  non 
ndcre  in  quella  «  categoria    spregevole   d'uomini    d'ogni 
Pa*ogni  paese  e  d'ogni    religione,   che    destinati   al   governo 
lituzionc,  sottomettono  gl'interessi  di  questa  ai  loro  propri  0 
Recando  pertanto   il  papa   mediceo  ad  un  livello  più  alto 
■  cui  non    seppero    sollevarlo  gli   stessi   suoi  panegiristi,  il 
scolpisce  la  figura  con   tal   verità  di  contorni,  da  scorag- 
ilazione  a  sprecarvi  addosso  vernice,  per  farla  apparir  più 
indurre    la    critica  spregiudicau  a  non  ricusargli   meriti 
abili. 

O.  T. 


lier  Paul.  —  Le  roy'aume  d'Arìes  et  de  Fienne  (ii)S- 
jjS),  Étude  sur  la  fonnaiion  territoriale  de  la  France 
dans  l'est  et  le  sud-est.  —  Paris,  Picard,  1891  (i). 

pClì  stretti  legami  che  uniscono  la  storia  del  regno  Arelatense  a 
i  dell'Impero,  ci  sembra  che  rendano  opportuno  il  dare  un  sunto 
ntenuto  di  questo  libro  importantissimo  per  richiamare  sovr'esso 
ttenziooe  dei  lettori  àtWArchwio. 

Verso  la  fine  del  secolo  nono,  la  parte  est  e  sud-est  dclb  Francia 
divisa  in  due  regni,  sorti  dalla  decomposizione  dell'impero  ca- 
ngio: il  regno  dell'Alta  Borgogna  e  quello  di  Provenza.  Or  av- 


(i)  La  designazione  di  •  rojauinc  d'Arlcs  et  de  Vienne  »,  non  uuu  priniA  delU  fine 
1(1  secolo  SUI,  offire  nn  lignificato  auai  vago,  poiché  il  regno  di  Arie*  non  fu  mtX  c(y 
draito  in  Suto  a  tè. 


re  i  tsc,  Vìcrdfe  S,  ae  àeST^Xi 


faotf  fer  Ir  loro  fm 
ii  i>M§fcso  •»««>  a 
«bM>nà«  AHes; 
4j  A/ki^  OTC  caaaemnBO  «  li 
Kd  jfflìMirr  id  lojs,  a 
yUiwtt  wutstòtm  od  fc9^  ^ 

Ir  JC^Dillo  od  fc^oo  di  BotgoyM  0  BOB  Be^  ^■dhk  s  fV 

flrofiqtt«fl{|bwcbfeniiaaoBed'aiioSia»p«BMBB,a  ca^id^ai^ 
disponemSo  4d  pasti  ddle  AI|n,  poìesk,  a  wèo  talento»  é&eaèm 
nei1«  pentire  dell' Itala  MtieoakiRale:  b  grondo  U109D  la  rìcsii^ 
«ione  del  regno  Ax  Borgogna,  sotto  mia  ifioasda  giovaae  e  lipp— ■ 
MFcbbc  ttata  aMai  perìcolo»  per  ratroage  àtXC  laycxe  ggiiirìni 
B  però,  «in  dal  1027,  «i  «sa  Corrado. aaaicanca,  eoa  bb  4  ih  munii 
l'eredita  di  quc«to  p:*ese«  escIndeikSo  Tdtto  oepole  ddTejCiMi  »> 
Hude  conte  di  Chartres,  Blois  e  Toora.  La  Bofsqgat  b  tk8il>*r 
tuo  re:  tutto  però  «t  limitava  a  datare  t  doonDcnti  dalTaiBD  é  npo 
di  Corrailo.  Htirìco  II,  suo  figlio,  conservò  ona  cena  aotattti  ■ 
quc«to  pai-sc.  Ma  Topcra  da  Corrado  iompreia  e  coariBuaia  i»  E» 
rko  II,  fu  qiMti  completamente  distrutta  da  Enrico  FV  eda  EnneaTi 
chr  «I  liiiiclò  affdtto  ilimcnticare  in  queste  contrade.  Tolto  mJifiiPl 
diifi<|ur  II  rompere  i  legami,  che  tenevano  legala  la  BofgOfM  et 
r  impero, 

Nondimeno  in  diverse  epoche  i  capi  dell' impero  gennaotco  faMi 
MCr citato  im'aittorìt;^  reale  in  questa  regione.  Federico  I  £if«aiHk 
p«r  il  matrimonio  con  Hcitrice,  nepote  ed  erede  del  conte  GugiSdott, 
il  pnilhtnr  drlta  contea  di  Borgogna,  potè  appoggiarsi  su  questi  t^ 
Klotie.  pur  esercitare  U  sua  azione  nella  valle  del  Rodano  e  in  qneils 
d#lU  Saona.  Il  regno  di  Federico  era  assai  forte;  e  Lrigi  VI^  <fet 


'Bibliografia 


521 


^ià  vedeva  con  Inquietudine  le  amichevoli  relazioni  tra  l'imperatore 
il  re  d'Inghilterra»  concepita   qualche   gelosia  di  questa   potenza, 
he  si  sviluppava  rapidamente  in  Borgogna,  riunì  sulla  frontiera  forze 
Considerevoli,  e  una  guerra  fu,  per  qualche  tempo,  sul  punto  di  scop- 
piare. È  nel  1162,  dopo   la  caduta  di  Milano,  che   la  situazione  iti 
Borgogna  si  presenta  sotto  Faspeito  il  più  favorevole  alla  causa  di 
Federico.  Però,  per  l'alleanza  rinnovata  tra  Luigi  VII  e  Alessandro  III, 
per  la  morte  dell'arcivescovo  di  Colonia,  fautore  principale  dello 
"^scisma,  la  guerra  religiosa,  intrapresa  dal  Barbarossa,  ha  per  risul- 
tato di  fare  di  Luigi  VII  ti  capo  di  un  partito  considerevole  nell'est 
sud-est  della  Francia;  tantoché  col  1166  l'influenza  imperiale  vi- 
Btbilmente  diminuisce  in  queste  regioni. 

Sotto  Federico  II  l'Impero  fu  la  prima  delle  potenze  del  Medi- 

raneo.  L'alleanza  poi  del  conte  di   Savoia  gli  permise  anche  di 

Kgìre  direnamente  sulla  regione  lionese;  è  cosi,  che  poti:  minacciare 

Istno  a  Lione  il  suo  terribile  avversario    Innocenzo  IV.  Ma  la  lotta 

erroina  colla  vittoria  della  monarchia  francese,  che  sì  è  fortemente 

costituita  nel  mezzogiorno.  L'autorità  dell' Impero  è  venuta  meno  in 

Provenza  ed  è  notabilmente  indebolita  nel  resto  del   paese.  Quando 

Federico  lascia  al  figlio  Enrico  la  corona  dì  Arles,  non  gli  lascia  che 

'  un  vano  titolo. 

Queste  le  rare  epoche  in  cui  l'autoriti  imperiale  fu  qualcosa  più 
che    vana    apparenza.  Il  regno  di   Carlo,   colla   carta  ilei  rjyS,  che 

1  accordò  al  figlio  del  re  di  Francia  il  tìtolo  e  i  poteri  dell'imperatore 
su  queste  regioni,  chiude  questo  periodo  della  storia  di  Borgogna. 
Separato  dall'  Impero,  era  impossibile  che  il  regno  di  Arles  vivesse 
di  vita  sua  propria.  Esso  non  aveva  infatti  coscienza  alcuna  di  una 
esistenza  nazionale  Era  alla  Francia,  che,  anche  per  posizione  geo- 
grafica, doveva  appartenere.  La  storia  della  societii  civile,  delle  re- 
lazioni commerciali,  la  lingua  inoltre,  la  letteratura,  avevano  separato 
il  suo  destino  da  quello  dell'Impero,  per  legarlo  strettamente  a  quello 
della  Francia.  E  nella  maggior  parte  del  paese,  dal  xii  al  xiv  secolo,, 
Tautoriti  dell' Impero  svani,  per  far  posto  all'influenza  francese.  I 
principati  ecclesiastici  e  laici,  abbandonati  o  mal  sostenuti  dal  potere 
imperiale,  caddero  un  dopo  l'altro  nelle  mani  dei  successori  di  Fi- 
lippo Augusto  e  di  Filippo  il  Bello. 

Questo,  in  breve,  il  contenuto  del  libro  del  Foumier.  Complc- 
i  tando  il  lavoro,  dapprima  ristretto  al  regno  dì  Federico  II  (1),  ci 
klia  dato  l'A.  non  solo  un  interessante  studio  sulla  formazione  terri- 


(1)  P.  FovtNitii,  Le  royauHU  d'Aria  it  tU  HenHt  ktut  U  ràpt*  J*  Fridtric  II  (tlt4' 
ìtaft^y,  Grenoble,  it%\. 


.*«-^- 


"^^ 


$12 


VèH^grafia 


lorìdc  néXtA  e  sad-crt  ddb  Fnada^  m^  anche  un'opera  uuliismt 
per  U  storia  dd  popiKo  ad  secoli  XJI  e  xiiu  U  ìntcrscma  dò  pipi 
nelle  ifoeaiiaBi  re%io»e,  che  ss  agitarono  npetuumenie  nel  mcDo> 
giorno  àdta,  fmó^  caodace  l'A.  a<S  intrecciare  alla  stori;  ^'  "'^ 
ptcw  anche  (|ndk  di  Alessandro  III  e  Innocenro  tV. 

Segoooo  àmt  capìeolt  io  appendice:  Tuno  sulla  cancellini  dei 
regno  di  Aria  e  £  Viensia,  Taltro  sttlla  pretesa  autenticità  detUitoa 
bolla  a  Ne  praetereat  »  di  Giovanni  XXII. 

F   P 


Ptttor  L.,  GeschichU  àtr  PàpsU  seti  dem  Aus^ang  da  ^• 
Uìalters.  Z welter  Band.  —  Freiburg  im  Bretsgiu, 


lì  secondo  volume  di  questa  nuova  Stòria  àà  tapi  va  étXttaoùWfi 
iX  I4$4:   U  tempo  intiero  dei   tre   p'  l'aololll 

Stato  IV   I  criterii  generali,  ai  quali  .        '"  à^^ 

tore  oetU  prima  parte  dell'opera,  peroungoao  essencklncoM  gì 
Unsi  Uà  questo  secondo  volume.  Quaotatkqoe  qtif  ti  Pastor  aMii 
meno  Cf«q<KiMÌ  occasiona  di  dùxeadeisi  »a  sai  vero  riiuscìindio 
olit^aiiio  in  QfpQsiiioQe  a  «{odio  che  c^B  «ai*  dilaniate  Cil«o  fioi' 
KÌn««io  p««afiO^  sit  sulU  oostìtafiooe  mooaixliica  ddla  ChkM  i& 
qyyowtinir  alla  coodnudooc  eoiȈliare,  sia  sul  cantfiere  e  ad  te 
Imuniiilnftilir  ed  pafilp,  aiyciicee  al  6ttì  «d  agTiotereBÌ  dà  si^ 
1^  yAgoi^  <  ^S^fd  ^  UBBdn  qaesd  tre  crìtecS  pnndpaliwitf  coi^ 
igM00'A  (|[|OvcflMK  qpMl  OTipit»  ove  e^pnoita  frw  ntr ,  ove  $otnw% 
ì  ìtCit&m  lattL  Eiuatf»  U  qpòidbe  pooM  ove  e^  t*oMb,  od  e«e 
9«è  iv  5fHfldnat  Jnlfei  od  aidncsa  di  akttaa  ddieocta»' 
g^..«v  jiitaaamÈÈ^  opfwni  ^Had»  ooo  ^  dcace  ^  aepanfi^  a  «^ 
taft  llWìMnnif  s«idlv«p»<6lM  fiaiir^tmo,  le  tib 

;L.ww^g^  ^  — ìftiiiL ir^tpg*  oi  a  rniiii^iii   ^  StelV 

0^  C:Mi^tt^  «catfB»  «  affi  ÌBBiK  t  per  fai  lodemk  fKÌi 
«^^.^  4lk  yv<^  <he  "«dlpt  «  ihwHi  a  ad  afewuMwr  la 


bibliografia 


523 


I 

^     cdcl 
^H     nuo\ 


scusatone  le  ragioni  di  merito  o  di  demerito  dell'opera  de!  Pastor. 
Questa  esaraineremo  soltanto  dal  punto  di  vista  del  contributo  che 
reca  alla  vcriti  storica;  sebbene  l'Autore  renda,  talvolta,  non  facile 
al  critico  lo  stare  in  questo  lìmite  rigoroso.  I  critcrii  sopradeiil  del 
Pasior,  gli  accenni  che,  con  essi,  egli  fa,  in  più  d'un  punto,  oltre 
l'epoca  che  esamina,  rispecchiano  un  po'  le  tendenze  e  gl'interessi 
papali  dei  tempi  nostri,  si  da  dare  a  questa  storia  dei  papi  del  ri- 
nascimento, in  qualche  luogo,  la  fallace  apparenza  di  un  libro  dì 
combattimento.  E  quando  il  Pastor  si  duole  acerbamente  di  cri- 
tiche talvolta  poco  obbiettive  fatte  al  suo  primo  volume  da  scrittori 
di  credenze  o  di  tendenze  opposte  alle  sue,  egli  dimentica  che  di- 
ritto ad  una  critica,  che  sia  puramente  scientifica  ed  obbiettiva,  hanno 
soltanto  i  libri,  che  sono  in  ogni  loro  parte  rigorosamente  obbiettivi: 
e  l'opera  sua  non  poteva  perciò  avere  in  qualche  punto  oltrepassati 
impunemente  i  rigorosi  confini  della  pura  ricerca  scìentilica.  Inoltre, 
se,  come  vedremo,  sarebbe  ingiustizia  negare  al  nuovo  storico  del 
papato  il  mt:rito  della  ricerca  e  della  narrazione  obbiettiva,  non  si 
può,  d'altra  parte,  riconoscergli  sempre  quello  di  una  costante  e  sicura 
obbiettività  di  giudizii  :  turbata  però  meno  dalle  tendenze  papali  dello 
scrittore,  quanto,  ove  da  deficiente  coordinazione,  ove  da  inadeguato 
apprezzamento  del  valore  qualitativo  o  quantitativo  dei  fatti. 

£  piaciuto  all'Autore  nella  prefazione,  e  poscia  a  più  d'un  cri- 
tico, a  proposito  di  questa  nuova  Sloria  dei  papi,  di  ricordare  l'altra 
cclcbrau  dì  Leopoldo  Ranke;  e  qualcuno  ha  anche  affermato  che  la 
nuova  distrugge  presso  che  del  tutto  il  valore  ed  i  giudizii  della  prima, 
non  puossi  istituire  un  paragone  adeguato  fra  due  opere  di  si  dì- 
a  larghezza.  In  quella  del  Ranke,  impareggiata  per  la  originalità 
e  la  precisione  del  disegno,  per  la  scelta  sagace  dei  punti  di  vista  e 
delle  notizie  e  per  la  profondità  dei  giudizii,  la  narrazione,  specialmente 
pel  tempo  trattato  dal  Pastor  in  questi  primi  volumi,  è  tanto  scarsa  e 
puramente  sintetica,  che  l'opera  del  nuovo  storico,  amplissima  ed 
informatissima,  si  dee.  rispetto  alla  prima,  considerare  non  superiore, 
né  uguale,  ma  qu.isi  al  tutto  differente.  Che  se  un  parai?one  si  vuol 
Èrre  sul  carattere  generale  delle  due  opere,  soltanto  è  possibile  quello 
del  diverso  grado  della  obbiettività  loro;  la  quale,  mentre,  come  s'è 
detto,  e  nel  Pastor  ìncomplcu  e  tavolta  vacillante,  è  invece  completa 
e  sicura  nel  Ranke,  ove  si  riconosce  sempre  piena  la  compenetrazione 
dei  f.iiti  nei  giudizii,  nei  quali  se  qualche  fiata  erra,  n'è  causa  sol- 
tanto r ìnsufHcien/a  o  l'incertezza  dei  dati,  che  gli  sono  dinanzi. 

Ma  se  l'obbiettività  viene  meno  al  Pastor  qua  e  là  nei  giudizii,  noi 
la  troviamo  quasi  sempre  nella  sua  esposizione.  La  storia  del  papato 
del  tempo  del  rinascimento  si  presenta  per  uno  scrittore,  apertamente 


524 


bibliografia 


cattolico  e  papale,  come  il  Pastor,  duramente  scabrosa;  perchè  afH 
punto  allora  nei  papi  -  in  alcuni  nei  fatti,  in  altri  più  o  meoo  nelle 
semplici  apparenze  -  vien  meno  la  cura  dei  più  elevati  interessa  dell 
rclipione  e  della  Chiesa,  sottoposti  da  cmì  a  scopi  mena  nobili, 
specialmente  ad  interessi  ed  ambizioni  di  famiglia,  ignobili  del  tue 
Gli  storici  apologisti  del  papato  ne  hanno  per  lungo  tempo  fatu 
difesa,  incondizionata  o  quasi,  col  negare  o  stravolgere  audacemcnti 
i  fatti  più  chiari  ed  accertati.  Il  Pastor,  seguendo,  eccetto  ncll 
sereniti  della  polemica,  il  nobile  esempio  datogli  dal  Rcumont.  è  beai 
lontano  da  siffatti  metodi.  In  nessun  luogo  del  suo  libro  c'incon- 
triamo nella  falsificazione  o  nella  negazione,  al  tutto  irragionevole 
od  anche  nella  semplice  dimenticanza  studiata  di  cosa,  che  torni 
disdoro  di  questo  o  di  quel  papa.  Da  qualche  punto  delle  sue  ri^ 
cerche  nuove  viene  anzi  luce,  più  viva  di  quella  che  appariva  prima, 
intorno  a  qualche  fatto,  che  uno  storico  apologista  avrebbe,  per  lo 
meno,  lasciato  nell'ombra.  Se,  come  ne  troveremo  qualche  esempio. 
egli  non  è  sempre  giudice  sicuro,  che  fondi  i  suoi  giudìzi!  escliisii^| 
vamcnte  e  complessivamente  sopra  tutti  i  fatti  accertati,  se,  anche^ 
più,  egli  non  è  contradditore  precìso  e  sereno  di  altri  storici  da  lui 
discordi,  è  però  sempre  narratore  sincero.  Qualche  rara  eccezione  a 
ciò.  già  notata  da  altri  critici,  ci  sembra  appena  meritevole  d'essere 
rilevata;  ed  in  nessuna  guisa  potrebbe  valere  a  caratterizzare  come 
essenzialmente  pariigiaca  resposizionc  del  Pastor. 

Questa  si  rivela  nel  voluttie,  che  esaminiamo,  anche  più  erudita 
che  nel  primo.  Ammirevole  è  sempre  la  conoscenza  sua  grande 
delle  opere  amiche  e  moderne  sopra  ogni  fatto  importante;  e  le  no- 
tizie tratte  dagli  archivia  Vaticani,  e  da  quelli  di  Milano,  Modena, 
Mantova,  Firenze,  Siena,  Bologna  e  di  molte  altre  città  d'Europa, 
sono  talmente  numerose,  che  in  più  di  un  luogo  la  storia  degli  awe 
nimenii  si  potrebbe  ricostruire  esclusivameute  per  loro  mezzo,  anche 
trascurando  quasi  del  tutto  le  fonti,  già  per  lo  innanzi  note.  Tuttavìa 
queste  ricchissime  ricerche  d'archivio  più  che  portare  a  nostra 
notizia  cose  nuove  d'importanza,  che  sono  relativamente  scarse  ne 
libro,  o  più  che  presentarle  sotto  un  aspetto  diverso  da  quello  gii 
noto,  contribuiscono  invece  principalmente  a  dare  ove  maggiore  cer-^ 
tezza,  ove  maggiore  larghezza  e  precisione  di  particolari  ai  fatti  già 
cono<iciuti. 

Il   numero  e   la  importanza  dei  dati  nuovi  sarebbe  certairieote 
molto  più  grande,  se  l'Autore  avesse  volta  la  sua  attenzione,  più  de»^| 
cisamente  e  più  largamente  di  quanto  ha  fatto,  a  ricercare  l'azione,^' 
spiedata  in  quel  tempo  dal  papato,  pel  governo  mondiale  della  Chiesa. 
Documenti  già  noti  gli  avrebbero  fomiti  all'uopo  dati  utilissimi;  come 


^Bibliografia 


S^S 


non  è  da  dubitare  altresì,  che  gli  archivìì  Vaticani  avrebbero  a  tali 
ticerche  del  nuovo  storico  corrisposto  con  risultati  altrettanto  nuovi 
che  interessanti  La  tendenza  dell'Autore,  favorevole  a!h  costituzione 
^monarchica  della  Chiesa,  avrcbbeglì  in  certa  guisa  dovuto  far  sentire 
la  necessità  dì  estendere  e  di  fermare  più  a  lungo  Ìl  suo  sguardo  sui 
&tti,  che  si  riferivano  alla  missione  religiosa  del  papato.  11  Pastor  si 
ferma  bensì  su  avvenimenti  nei  quali  si  esplicò  l'azione  del  papato 
f-dcl  tempo,  quale  potenza  ecclesiastica,  ma  però  quasi  esclusivamente 
per  quanto  tale  azione  era  connessa  a  quella  politica,  od  a  quella  di 
combattimento  contro  le  eresie.  In  questo  lìmite  egli  ci  apprende 
nuovi  ed  importantissimi  particolari  sui  noti  conflitti  di  quel  tempo 
dcH'autorilà  papale  con  le  autorità  regie  e  secolari,  con  gli  scisma» 
tìci  e  con  gli  eretici.  Soltanto  pel  pontificalo  di  Sisto  IV  noi  troviamo 
^«uirattività  ecclesiastica  di  questo  papa  qualche  dato  estraneo  alle  lotte 
politico-feligiose.  Ma  invano,  per  esempio,  cercheremmo  nel  libro  d'ap- 
prendere tutto  l'ordinamento  centrale  e  tutto  lo  sviluppo  esterno,  che 
allora  aveva  questo  caratteristico  potere  religioso-ecclesiastico,  che 
da  Roma  stendeva  le  sue  braccia  e  la  sua  influenza  per  tutto  il  mondo 
conosciuto,  e  di  sapere  come  e  con  quale  maggiore  o  minore  cura 
attesero  alla  conservazione  od  al  cambiamento  od  al  semplice  movi- 
mento di  quest'organismo  i  tre  papi  che  si  succedettero.  Sarebbe  stalo 
merito  insigne  della  nuova  opera  se  ci  avesse  appreso  il  più  precisa- 
mente possìbile  quale  contributo  di  forze  morali  ed  economiche  ogni 
:paese  del  mondo  cristiano  contribuiva  al  governo  della  Chiesa,  ed  a 
tricenda  quanta  parte  di  tali  forze  rifluiva  da  Roma  alle  varie  nazioni; 
•e  ci  avesse  offerti  i  dati  necessari  da  poter  valutare  b  forza,  l'im- 
portanza e  la  tentienza  sociale  che  il  sacerdozio  dipendente  da  Roma 
rappresentava  allora  presso  i  vani  popoli.  Avrebbe  una  larga  ricerca 
in  questo  senso,  collegando  più  strettamente  di  quanto  si  è  fatto 
sinora,  la  storia  del  papato  con  quella  della  Chiesa,  data  altresì  al- 
Topera  non  solo  una  maggiore  e  più  meritevole  originanti  di  con- 
tenuto, ma  anche  una  più  spiccata  origin.il  ita  di  disegno.  Questo, 
corale  om^  con  la  parte  eccessivamente  sproporzionata  fatta  agli  av- 
venimenti puramente  politici,  o  che  a  questi  si  collegano,  e  col  re- 
stringersi, come  fatto  sociale,  quasi  alle  sole  relazioni  del  papato  con 
la  cultura  artistica  e  letteraria,  ha  un  sensibile  riscontro  di  somi- 
glianza in  pane  con  il  disegno  del  Gregorovius  ed  in  una  parte  anche 
maggiore  con  quello  del  Creighton.  Come  le  precedenti,  anche  la 
presente  del  Pastor  è  una  storia  del  papato  essenzialmente  politica. 
I  papi,  dei  quali  e[»li  narra  in  questo  volume  le  azioni,  furono 
tre  uomini  al  tutto  difFercnti  per  temperamento,  per  educazione,  per 
carattere,  per  aspirazioni  e  per  modi  di  agire:  una  diversità,  che,  nei 


526 


bibliografia 


tzatti  più  accentuati,  il  iraovo  storico  non  fi  abbasunza  rìsaltirc.  D 
&tto  più  generale  e  più  grave  (fogni  aitro,  che  tenne  occupato  il  fa- 
siero  delle  genti  e  degli  uomini  di  Stato  del  tempo,  quello  della  àiai 
e  della  crociata  contro  i  Turchi,  presu  nell'esporfiioac  del  Paslot  ust 
tal  quale  unità  alla  politica  dei  tre  papi;  ma  al  certo  con  tua  poeo 
esatta  rappresentazione  della  verìti  storica.  Poiché  se  si  dee  ia«- 
tare  come  al  tutto  vera  la  gran  parte  che  TAutorc  assegna  a  Pio  II 
nel  sollecitare  e  nell'ordinare,  con  ostinato  ardore,  la  crociata,  mto- 
cata  poi  per  la  morte  sua-,  non  si  può  non  trovare,  quand'aoche 
si  possa  ritenere  la  verità  di  quasi  tutti  i  particolan^  esagerala  nd 
colorilo  e  non  giusta  nel  legame  dato  agli  avvenimenti  la  parte,  che 
nei  progetti  e  nell'opera  contro  ì  Turchi,  il  Pastor  assegna  a  Paolo  II 
e  Sittto  IV.  Egli  riconosce  bensì  che  in  questi  due  tale  opera  fa  io* 
feriorc  a  quella  di  Pio  II  ;  ma,  per  la  verità  intiera,  bisognava  ij- 
giungere,  che  nella  politica  di  Paolo  e  di  Sisto  il  pensiero  della  e» 
dilla  tenne  una  parte  del  tutto  secondaria:  essi  se  ne  occuptfooo 
appenn  quanto  U  stretta  necessità  religiosa  e  politica  loro  impooeu. 
I  nuovi  e  meritevoli  dati  di  fatto,  che  il  Pastor  ci  fa  conol^^^lj 
specialmente  pel  pontificato  di  Paolo  II  a  questo  proposito,  nanflll 
ci  sembra,  sufficienti  a  far  portare  un  giudizio  diverso.  Si  dee  al  COD* 
trario  saper  grado  all'Autore  d'avere,  con  nuove  ricerche  e  con  ma 
narrazione  sagace,  messo  in  luce  più  cena  e  vix^a  la  sinccritA,  il  fer 
vorc,  la  persistenza  magnanima  e  la  intelligenza  di  negoziatore  politico, 
che  Pio  II  spiegò  nel  cercare  con  ogni  mezzo  di  muovere  la  Cristìaniti 
contro  i  Turchi.  E  si  può  ben  sonoscrivere  al  giudizio  suo  qusaJa^ 
a  rincontro  dell'alta  aspirazione  di  Pio,  egli  biasima  Tcgoismo  & 
tutti  gli  altri  StJti  e  principi  cristiani,  che,  con  una  fredda  resistenza 
passiva,  mandarono  a  vuoto  la  ferN'ida  opera  del  papa.  E  sebbene 
io  scrittore  noti  si  renda  il  debito  conto,  specialmente  per  VcnciU, 
della  iroportaiua  delle  ragioni  particolari,  che  determinavano  nò 
singoli  Stati  tale  politica,  sebbene  non  veda,  che  causa  principile 
e  generale  del  fatto  era  U  decadenza  della  forza  spirituale  del  pi- 
p»lv\  p  >i  potrebbe  qui  n^are  la  obbiettività  e  ' 

del  gi'j  \utotc.  In  generale  è  la  parte  dell'opera,  ci; 

IHo  11»  Qoo  aoio  4|aelb  aetU  quale  si  può  più  frequentemente  eoo- 
MMire  eoi  PlMor«  «m  «che  -  se  se  ne  eccettui  forse  il  cxf.  IV 
tttUa  of  posmcMse  all'auforità  papale  in  Germania  ed  In  Frauda  - 
li  pi^  felkwente  dtbocata. 

MH  It  C09t  MNcvQu  jpivrenBtiBo  qoi  dai  nuovi  dooRUaiB  a 
piitt  dceiahra»  cIm  ebbene  oeBa  elenooe  di  Pio,  Fraooesco  Sfisrsa  e 

pcfiool» 


V0IIMÌÌ  nd  «aftcUw  éA 


francese.  Vediamo 


bibliografia 


527 


I 


dotte  a  termini  più  modesti  e  più  veri  la  diffidenza  e  la  indifferenza^ 
che  Pio  II,  che  prima  d'essere  papa  fu  Umanista  e  scrittore  celebrato, 
mostrò  dopo  verso  gli  uooiini  di  lettere.  Particolari  nuovi  ed  interes- 
santi rroviamo  sulle  vicende  dell'abolizione,  decretata  e  non  eseguita, 
dciU  Prammatica  Sanzione  da  parte  di  Luigi  XI,  sebbene,  ci  sembra, 
resti  ancora  dubbia  la  parte  vera  rappresent.iLi  dal  cardinal  Jouffroy 
prima  delTordinan/a  regia  del  27  novembre  146 1  :  il  Pastor,  seguendo 
qui,  forse  troppo,  ì  Comnmilarii  di  Pio,  è  severissimo  pel  cardinal  fran- 
cese, che  avrebbe  di  fermo  proposito  ingannato  il  papa  per  avere  la 
porpora;  mentre  a  noi  riesce  quasi  del  tutto  inesplicabile  come  Pio 
avesse  mai  potuto  credere  possibile  ottenere  da  parte  del  re  di  Francia 
Paboruione  effettiva  della  Prammatica  senza  fargli  da  sua  parte  grandi 
concessioni  nella  politica  italiana.  Maggiori  ricerche  e  migliore  coor- 
dinazione delle  notìzie  note  avrebbero  richieste  le  relazioni  tra  Pio  e 
l'imperatore  Federico,  che  non  ci  pare  sieno  messe  nel  libro  in  tutta 
quella  luce,  che  meriterebbero. 

Il  giudizio  complessivo  del  Pastor  su  Pio  II  non  ha  nulla  di  ca- 
ratteristico. Rileva  come  una  macchia  del  pontificato  di  lui  i  favori 
scraordinarii,  dei  quali  colmò  i  parenti  ed  i  Sanesi,  suoi  concittadini  ; 
ma  fa  sua  l'opinione  del  Gregorovius,  il  quale  giustamente  notò,  che 
3  nepotismo  di  Pio  non  aveva  depauperato  il  tesoro  della  Chiesa.  E 
si  può  ben  aggiungere,  che,  sebbene  biasimevolissimo,  il  nepotismo 
di  questo  papa  non  turbò  che  pochissimo  o  punto  i  tini  essenziali  e 
più  elevati  della  sua  politica.  Pio  II,  che  non  è  stato  mai  a  sufficienza 
apprezzato,  ci  sembra,  che  neanche  nel  giudizio  del  Pastor  abbia  il 
posto,  che  meriterebbe.  Non  fu  certamente  un  gran  papa,  poiché  gli 
mancò  il  buon  successo;  e  questo  egli  non  raggiunse,  sia  perchè  i 
tempi,  nei  quali  veniva  ormai,  per  la  rinascente  cultura  e  per  la 
nuova  politica  degli  Stati,  irremediabilmcnte  meno  Pautorit.^  spirituale 
e  morale  del  papato,  non  consentivano  più  la  possibilità  di  grandi 
successi  ad  un  papa;  sia  perchè  la  prevalenza  della  immaginazione 
nello  spirito  suo  gli  rendeva  difficile  il  commisurare  i  mezzi  allo 
scopo.  Ma  con  lui  la  politica  papale  rappresenta,  nel  pensiero  e  nel- 
l'azione, ancora  alti  scopi  ideali  ed  universali  :  la  crociata,  e  l'afTcr- 
mazione  della  superiorità  papale  sovra  ogni  altra  autorità.  Nelle  sue 
relazioni  con  gli  altri  principi  Pio  mostra  di  avere  ancora  la  coscienza 
piena,  quantunque  inadeguata  ai  tempi,  della  missione  e  della  gran- 
dezza del  papato,  e  cerca  sempre  farle  valere  con  animo  vivo  e  con 
parola  alta  e  franca.  Con  chiunque  egli  tratti  apparisce  sempre  supe- 
riore cosi  nelle  aspirazioni  come  nei  mezzi  della  sua  politica.  Egli 
è  il  papa,  nel  quale,  per  quel  che  fece  e  scrisse  del  pontificato  suo, 
noi  possiamo  scorgere,  meglio  che  in  qualsiasi  altro  dei  suoi  prede- 


518 


bibliografia 


cessori  e  successori,  una   perfetta   e   cosciente  corTÌ$poad<nu  tn 
pensiero  e  l'azione;  e  nell'uno  e  nell'altra  ricooo»csamo  KhW  l 
naturale  immaginoso  talento  e  la  veramente  calda  iodok  soirqiu^ 
lità  che  la  tiara  non  offuscò  né  tadepìdU 

Altro  uomo  era  Paolo  It  :  natura  molto  meno  viva,  ma  pia  efil> 
librata  di  Pio.  I  tratti  distintivi  del  suo  carattere  non  sodo  pe3t>tal 
chiari.  Egli  sembra  avere  lo  spirito  lento,  attento,  murato  e  beo If 
giustato  d'un  collezionista  di  gemme,  qual'era.  Non  si  sa  beo  sn^ 
gcrc,  se  la  vanità  sua  personale  e  l'amore  del  fasto  risiedejsao  od 
l'intimo  o  soltanto  alla  superficie  della  siu  natura.  Né  possiino 
indurre  con  ctrxczza.  o  probabilità,  se  il  contrasto,  tra  la  pai;«iiiin* 
rione  dei  costumi  e  la  sontuosità  della  vita,  che  egli  favori  vxicx& 
nanamente  in  Roma,  da  una  parte,  e  l'opposi/ione  fatta  agli  iifl^ 
classici  e  la  guerra  decisa  mossa  da  lui  agli  Umanisti^  «h)t'<ltni 
rispondesse  ad  un  suo  concetto  politico,  oppure  fosse  la  tmorale 
espressione  d'uno  spirito  incolto  e  sensuale,  che  vivesse  in  lui,  t 
gli  facesse  disconoscere  il  valore  e  non  gusurc  i  piaceri  dcUa  (/^ 
tura,  ed  apprezzare  e  godere  invece  i  diletti  del  fasto  e  delle  fette. 
Certo  non  gli  mancava  forza  di  volontà  ;  ma  pare  die  qu«u  san 
avesse  in  lui  virtù  di  esplicarsi  che  o  nella  resistenza  o  ncJTiaOftt 
sulle  persone  e  le  cose,  che  fossero  a  lui  vicine.  Egli  aveva  la  preoc- 
cupazione del  bene  della  Chiesa  e  della  tutela  dell'amoritÀ  pipile; 
ma  l'uno  e  Taltra  per  lui  consistevano  precipuamente  in  uni  politici 
piti  ferma  ed  autoritaria  in  Roma  e  nella  Curia,  e  molto  ni«0P  io- 
iraprendcnte  di  quella  di  Pio,  per  idee  e  fatti,  che  interessasicw  2 
mondo  cristiano.  Tale  carattere  non  cliiaro  non  esce  più  prcc.saratflK 
definito  attraverso  le  analisi  dei  fatti,  che  fa  il  Pastor. 

Questi  ci  di  molti  nuovi  particolari  sull'azione  che  Pae.  ^  -:-.' 
per  affermare  e  ratforzare  l'autorità  sua  personale  contro  k  prti^: 
dei  cardinali.  Coerente  alla  sua  opinione,  favorevole  alb  e 
monorchica  della  Chiesa  per  ordinamento  divino,  il  Pastor 
Paolo  dall'accusa  di  spergiuro  per  essere  venuto  meno  alla  aptu»-' 
Iasione  elettorale,  che  aveva  preceduta  l'elezione,  e  che  era  «lirtQi 
a  diminuire  l'autorità  e  la  potestà  papale.  Lasciando  del  tuRO  tk 
parte  il  discutere  Ja  bontà  o  meno  del  giudltio  dell'Autore  «1 
nessun  obbligo,  che  aveva  Paolo  di  tener  fede  alla  capìtolutooc dlt 
lai  giurata  come  cardinale,  non  si  può  però  non  notare  che  1  p«t^ 
che  costituivano  la  capitolazione,  le  ragioni  grartssitue  die  fne 
vano  consigliata  e  che  tocca%'ano  gli  interessi  più  alti  della  Cfaioi 
univertalc,  meritavano  un  esame  molto  più  largo  e  profeada 
parte  del  Pasior.  Non  si  può,  in  vero,  consentire  col  giuiSnil  V* 
che  quella  capiioUxione,  più  che  a  togliere  oitU  ed  ahosi,  fendm 


bibliografia 


529 


l 
di 


**i  accrescere  esorbitaniemente  i  dritti  del  Sacro  Collegio.  Con  mag- 
fiiore  spirito  di  verità  si  poteva  dire  che,  col  limitare  il  numero  dei 
<^dinali,  coir  imporre  che  nessuno  potesse  essere  elevato  a  tale  àì- 
?^ità  prima  dei  trent'anni,  col  proibire  al  papa  di  dare  feudi  d'im- 
POrtanra  o  comandi   supremi  di  milizia    ai    suoi    parenti,  e   col  to- 
E'iergU  la  potestà  di  dichiarare  guerra  e  stringere  alleanze  senza  il 
consenso  della  maggioranza  dei   cardinali,   quella    capitolazione  mi- 
^va  ad  elevare  nel  tempo  stesso  il  prestigio  del  Sacro  Collegio,  ed 
*  difendere  la  Chiesa  ed  il  Papato  dagli  invadenti  inttressi  di  fami- 
glia. Ed  i  papati  di  Sisto  IV,  di  Innocenzo  Vili  e  di  Alessandro  VI, 
che  seguirono,  mostrano   quale   giusta    e   sagace   prevc^genza  fosse 
1c/ia  capitolazione.  L'osservanza  di  essa   avrebbe,  almeno  in    parte, 
«contribuito    molto    probabilmente,   a    dare    alla    politica  papale   dei 
Cent'anni  che  seguirono  un    indirizzo    più   alto,  più  rispondente  ai 
'*ni   «iella  Chiesa.  E  se  a  Paolo  II  non  si  può  muovere  quasi  rimpro- 
'^*'c>   alcuno  di  nepotismo,  ben  gli  si  dee  però  dare  quello  gravissimo 
^^^re,  con  la  ferma  e  dichiarata  inosservanza  della  capitolazione, 
^^^^    frustraneo  lo  sforzo  più  vigoroso   e  deciso,   manifestatosi   nel- 
•"^anismo  stesso  del  papato,  per  preseivare  questo  dal  pericolo  di 
untare,  come  diventò  di  fatti  sotto  tre  papi,  al  tutto  mancipio  dei 
►  ^iori  interessi  privati. 
^  ^'uove  notizie  tratte  dagli  archivìì  Vaticani  mettono  in  maggior 

*^  ^  l'opera  sagace  e  ferma  spiegata  da  Paolo,  onde  porre  un  freno 
^^  •'ì  abusi  intemi  della  Curia,  riordinare  l'amministrazione  dello  Stato 
^^^^^  X^tificio,  e  rafforzare  in  Roma  l'autorità  spirituale  della  Chiesa.  Il 
^^5tor  si   ferma  specialmente  sulla   congiura»  poi  non  potuta  pro- 
^^"»e,  ma  che  a  Paolo  II  fu  dato  a  credere  si  tramasse  contro  la  sua 
*^  '^  rsona  nella  celebre  Accademia  romana  di  Pomponio  Leto.  Ed,  a 
^.Vjesto  proposilo,  il  nuovo  storico  prova  del  tutto  insussistente  l'as- 
^  «sanzione  del  Platina,  che   fu  tra  gli  arrestali,  ti  quale  affermò,  che, 
^^Itanto  dopo  più  mesi  dalla  incarcerazione  degl'  indiziati,  fu  messa 
"^nanzi  l'accusa  di  cospirazione  contro  la  vita  del  papa.  Dalle  rela- 
zioni degli  ambasciatori  milanesi  riportate  da!  Pastor  appare  invece, 
che  la  voce  di  quella  congiura  fu   la  causa   vera    che  determinò  il 
papa  a  far  porre  le  mani  sugli  aderenti  di  Pomponio  Leto.  Senonchè, 
se  non  Taffermazione,  la  congettura  del  Platina,  che  il  papa  avrebbe, 
indipendentemente  dalla  pretesa  cospirazione,  cercato  sempre  sgomi- 
nare r  Accademia^  troverebbe  una  qualche  conferma  nelle  parole  stesse 
di  Paolo;  il  quale   all'ambasciatore   milanese   Agostino    de   Rubeis 
espresse  il   suo  dispiacere  di  non  aver  potuto,  perchè  non   ne  era 
stato  prima  informato,  far  più  presto  opera  di  estirpare  l'eresia   pa- 
gana, che  sì  annidava  nell' Accademia  romana.  Ed  a  conferma  delle 

Archivio  della  R.  Socittà  romana  di  storia  patria.  Voi.  XV.        34 


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«a  dbeoaaksBe  pnprìe,  ama 
■^raooB.  cnpcBae  m  ckgaBK  srik.  M 
GOK  kb^D^tf  Mefeao  da  Forfi,  *»fkwiiw»w,  the  aemwo  al 
fi  ansa  a  Cnofc  fi  Sòsd  IV.  ^pse  per  pod^  pofà  i  6ni 
co  B  sodo  «soìDva^  onA  dHBHiate  cohic  corno  ^oc9io 
delaBofcie.  Coi^  a  mmML  yripqpale  ddla  poftica  di  Pto  0 
«B  flata  la  aod«a  ìoBnB  tBOO,  e  poi  rili'iiiiiimM,  spcd«laKiik 
faan  JlaSa,  ièriiFiiirt  popak;  game  fcyera  ii  Paolo  Ha»  «ti 
ispirala  priaryiJoMMi.  fijTiMfioiioi  imi  ìanemo  <Sdb  Cork  e  ààk 
ScBD  pnBgfky  e  ^al  oaoafidaBcaiB  ndraa  e  oelTaltro  àtXtvath 
ria  pigiale;  etti  repeia  poftka  eJ  eccksnslka  fi  Sisto  IT,  M  pA- 
vcfo  cfnfiÉo  owwiflft  FiuliPncaao  jollewato  al  papatm,  m  naasncil 
pvBQpanMBic  BcI  BcpoQsnio  pio  fwoipcDte',  s  *»*''^^ìTnBi  ■m'^*^  tic9^^| 
Offa,  lupctiorc  ÌB  lai  ad  opù  àkn,  A  porre  faiacaìtà.  la 
pradg^  ad  papato  a  serviàoédlt  pnaàaoi  dì  opokoss,  4Ì 
e  di  vMkflae  o o§|Di  ^cbbc,  da  suoi  npoct,  aolkvaii  don  imo  «t  ^ 
oacora  povertà  dk  poleiiia  ed  al  fosto.  Ga^oe  nìpocv  tra  i  Rie»  e 
t  ddk  Rovere;  aoao  iiwiiioirì  in  birre  can&ali,  csscaìo  cU  vcm 
dhi  poco  più  che  venone;  e  adk  m^^^  patte  dei  qfotBtioat 
Partor  stesso  ncooosce,  oca  appariva  ombra  di  spirilo  ecekskiso 
Pietro  e  Gtrolaaao  Rìarìo  s^ìaapadroaiscQoo  saocessìvaaaeaR  idb 
vdoMà  dei  papa  e  deU^aatoriti  sua.  D  prìiiN>  sfruUM,  m  on  kttoi 


in  Roma  papak 


liaoaotri,  il  tesoro  ddk 


<ici  benefizi  ecclesiastici,  che  Sisto  IV  accumuU  d'un  tratto  impu- 
dentemente nella  persona  di  lui.  strappandoli  ad  altri;  il  secondo 
cerca  asservire  tutta  la  forza  e  l'autorità  del  papato  per  la  passione 
s&a  di  dominio  e  dì  violenze,  proseguita  senza  alcun  scrupolo  di 
niezzi.  Dessi  riescono  a  distrarre  subito  e  facilmente  il  papa  dal  pen- 
derò della  crociata,  che  pure  era  uno  degli  obblighi  assunti  nella 
-e,  ed  alla  qujle,  sulle  prime,  aveva  volto  seriamente  Tanimo. 
Jzione  della  volontà  del  papa  ai  nipoti  era  ed  appariva  tale, 
^^,  come  Paslor  stesso  ci  apprende,  sorse  e  trovò  facile  credito  la 
^^Oce,  che  egli  avesse  in  animo  di  rinunziare  spontaneamente  alla 
^n  a  favore  di  Pietro.  Morto  questi,  per  formare  uno  Stato  a  Gi- 
10,  il   papa  inizia  o  lascia,  nel  suo   nome   e  coli'autorità  sua, 

una  politica  d' intrighi,  d' intrusioni  e  di  aggressioni  larvate; 

'*"c  hanno  per  conseguenza  naturale  la  rovina  della  pace  d' Italia, 
*  guerre,  nelle  quali  successivamente  hanno  parte  tutti  gli  Stati 
"  *t«lia,  che  si  sentono  minacciati  dall'ambizione  subdola  ed  inre- 
qtti^lj  di  questa  dinastia  papale,  che  appare  insidiosa  sull'orizzonte. 
QjAando  re  Ferrante  di  Napoli,  nel  muovere  contro  Roma  nel  1482, 
°*c>iiarava,  come  ripete  anche  il  Pastor,  che  egli  non  aveva  prese  le 
^^Vx]  contro  la  città,  ma  che  invece  egli  voleva  con  esse  liberare 
*>oma  e  Tlialia  dalla  schiavitù  di  Girolamo  Riarìo,  esprimeva  un  sen- 
^H»ento,  che  rispondeva  alla  verità  delle  cose.  Ed  in  Roma,  per  se- 
condare rarabjzionc  e  V  ingordigia  di  Girolamo,  vengono  risuscitate 
ic  fazioni  sanguinose,  e  si  fa  mercato  d'ogni  pubblico  ufiizio  ;  ed  il 
papa  copre  0  lascia  coprire  con  l'autorità  sua  estorsioni  e  violenze 
d'ogni  sorta.  In  tutto  lo  Stato  pontificio  vicn  meno  ogni  legge  o 
consuetuditie  tutelatrice  di  pubblica  amministrazione,  ed  al  peso  di 
nuovi  e  gravi  balzelli,  si  aggiunge  la  distrazione  delle  antiche  en- 
trate a  favore  dei  bisogni  crescenti  della  Curia,  ove  imperavano  di 
fatto  i  nipoti,  precipuamente  Girolamo  Rtario  Questi  i  fatti,  spo- 
gliati d'ogni  sofisticazione,  in  tutto  il  loro  insieme.  Un  papato  quasi 
splendido  per  il  favore  dato  alle  arti  ed  alle  lettere  e  per  aver  pro- 
curato la  trasformazione  e  l'abbellimento  di  Roma  ;  ma,  per  evidente 
mancanza  in  Sisto  di  sentimento  religioso  e  d'idealità  della  missione 
papale,  abbassato  nella  sua  azione  ecclesiastica,  specialmente  nel  pre- 
stigio del  Collegio  dei  cardinali,  ed  asservito  nella  sua  azione  politica 
in  Italia,  ed  In  quella  di  governo  nello  Stato  pontificio  airambizione 
ed  ai  piaceri  dei  nipoti:  ecco  il  papato  di  Sisto  IV. 

Nella  lotta  che  questi  ebbe  con  gli  altri  principi  mostrò  forza  di 
volontà  decba,  e  fierezza  d'animo  e  di  parola.  Queste  qualità  hanno 
dato  un'impronta  spiccata  al  carattere  di  Sisto,  e  sono  state  an- 
ch'esse causa  di  simpatia  da  parte  degli  storici  e  ragione  della  indul- 


"Bibliografia 


535 


Dretizo  fuori  del  governo  di  Firenze,  egU  avrebbe  fatto  di 
Bubblica  tutto  quello  che  avrebbe  voluto,  mentre  Girolamo, 
oche  oltre,  pensava  che  il  buon  successo  avrebbe  data  al 
dì  a  mettere  legge  a  mezza  Italia  ». 
nel  corso  del  suo  racconto  non  nasconde  né  diminuisce 
j'alcuno  dei  fatti,  dai  quali  appare  come  la  politica  di  Sisto 
Bta  da  Girolamo:  il  nepotismo  del  papa  è  dal  nuovo  sto- 
asciuio  e  biasimato  ripetutamente.  Cerca  ben  egli  elevare 
_  il  merito  dell'aitivitd  ecclesiastica  di  Sisto,  mostrando 
fece  per  la  diflfusione  del  culto,  e  quali  favori  eccezionali 
jlt  ordini  mendicanti,  che  al  Pastor  sembrano  financo  ecces- 
a  biasima,  dall'altra  parte,  apertamente  i  criterii  da  lui  tenuti 
omina  dei  cardinali,  che  resta  sempre  il  fatto  più  notevole 
Ila  azione  ecclesiastica;  e  solo  quasi  timidamente  fa  suo,  in 
30,  il  vano  argomento  di  Schmarsow,  che  giustifica  la  nomina 
vinetti  nipoti  col  bisogno  che  aveva  il  papa  di  avere  nel 
Collegio  appoggi  contro  i  disegni  egoistici  degli  altri  cardi- 
tlttavia  e  la  politica  nepotista,  e  l'abbassamento  morale  del 
Collegio,  e  la  venalità  degli  ufficii,  e  tutte  le  altre  forme  di 
one  non  inducono  il  Pastor  a  dare  un  giudizio  pienamente 
wole  su  questo  papa.  Tutto  ciò  per  lui,  come  già  per  altri. 
Una  grande  ombra,  che  sta  però  accanto  alla  gran  luce  delle 
morali  di  Sisto  ;  come  se  l'aver  fatto  tal  governo  del  papato, 
riconoscersi  quasi  più  la  missione  di  esso,  non  significasse  la 
me  d'ogni  vera  virtù  morale.  II  sofisma,  pel  quale  la  scarsità 
5Ìmo  pel  gran  nepotìsmo  viene  giustificata  dal  fatto  o  dalla 
izione,  che  Sisto  non  v'era  spinto  da  mala  volontà  di  corrom- 
i  Chiesa,  ma  anzi  da  eccessiva  bontà  d'animo,  che  lo  rendeva 
>  condiscendente  verso  i  nipoti:  questo  sofisma,  che  ha  la  sua 
origine  fra  i  contemporanei,  e  che  è  stato  di  base  ai  giudizii 
DQcno  indulgenti  posteriori,  costituisce  anche  il  fondo  delle  ar- 
itazioni  di  Schmarsow,  alle  quali  sottoscrive  Pastor.  Ma  può 
I  storico  soffermarsi,  quale  psicologo  curioso,  sull'  indagine,  se 
oinpere  una  grande  istituzione,  se  a  farla  venir  meno  agli 
li  suoi,  sia  stata  causa,  in  chi  di  tale  corruzione  fu,  per  b  po- 
t  sua,  autore  massimo,  la  perversità  o  la  ingordigia  della  esu- 
c  natura  sua  personale,  ovvero  la  debolezza  sua  verso  persone 
,  dotate  esse  di  quella  perversità  o  di  quella  ingordigia.  Però 
delle  due  risulti  essere  la  causa,  il  giudizio  dello  storico  sul 
morale  negativo  dell'uomo,  che  era  capo  della  istituzione,  non 
•sere  dubbio.  Negli  uomini  della  storia  sono  soltanto  virtù 
che  essi  riescono  ad  affermare  neH'axJone  loro  pubblica,  quelle 


bibliografia 


àkt  essi  hanno  forza  di  trasformare  in  vitto  e  bene  deUi  socitfi 
che  governano.  Ogni  uomo  nella  missione  storica,  che  gli  fctocau, 
raggiunge  un  risultato  nel  quale  prevale  o  il  bene  od  il  rnile,  E4 
è  ufficio  indeclinabile  dello  storico  il  rìlevarb.  E  per  Sisto  IV,  a  «là 
gtttrdi  i  fatti  nella  loro  reahà,  il  giudizio  di  gran  prevalenti  di  maU 
con  può  essere  dubbio.  Dee  ben  notar»  a  suo  vantaggio  il  {avore 
dato  alla  cultura  artistica  e  letteraria;  ma  dee  riconoscersi  dtc  ejKw 
più  che  venir  meno,  corruppe,  o  per  assoluta  m^ncanta  o  per  igita- 
dissiraa  debolezza  di  coscienza  morale,  quasi  tutti  gli  alti  finì  ddta 
missione  del  papato. 

Il  giudizio  severo  su  Sisto  IV  viene  al  tutto  spontaneo,  dcteraiiiutd 
necessariamente  dai  fatti  accertati.  Ed  esso  sarebbe,  in  noi,  lo  nes<a 
anche  quando  non  esistesse  il  triste  ma  insicuro  ritratto,  che  di  lai 
ha  tramandato  il  diarista  Stefano  Infessura  ;  il  quale  conobbe  gli 
nimenti  ed  il  papa  da  vicino,  ma  che,  appartenente  alla  parte  popolari 
e  coionnese,  oppressa  e  violentata  da  Sisto  e  da  Girolamo  Riario,»cftt 
per  entrambi  questi  un  odio  naturale  e  giustificato.  Infessura  ci  dcscM«* 
Sisto  IV,  anche  al  di  fuori  della  sua  azione  pubblica,  quale  semplìi 
figura  umana,  sotto  ti   peggiore   aspetto  morale,  come  uomo  sena 
amore  di  Dio  e  del  prossimo,  senza  carità,  che  si  piaceva  soltaaso 
deiravarizia,  della  vanagloria   e  della  più  disonesta  libidine  cotìtxo 
natura;  e  specifica  alcune  delle  sue  accuse  con  fatti  detennioati.  IT 
Pastor  cerca  dimostrare  la  falsità  di   questo   ritratto   con  UD*ainlisi 
critica,  che  è  la  più  diffusa,  ma  non  la  più  sicura  e  serena  di  tntlt 
l'opera.  É  difetto,  che  non  di  rado   ricorre  nel  libro,  quello  di  «tni 
notevole  disuguaglianza  di  severità  di  criterii  nell'appreztafe  le  fonti 
e  le   autorità  degli  scrittori   antichi   e   moderni,  secondo  le  di«« 
tendenze  loro  favorevoli  o  contrarie  ai  papi.  Così  Platina,  che,  n«ml» 
di  Paolo  U,  è  giustissimamente  considerato  dall'Autore  conte  foBK 
peggio  che  insicura  per  la  storia  di  quel  pontefice,  viene  invece  Ì« 
lui  assunto  largamente  come  autorità   di   valore  incondìztoiwto  fff 
Sisto  IV,  al  quale  il  Platina  doveva  quanto  di  fortuna  e  d'onon  m 
uomo  può  mai  dovere  ad  un  altro;  come  se  quegli  capace  di  taUf 
lire  per  odio  non  sia  ugualmente  e,  più  facihnente  anaf,  capace  fi 
mentire,  o  -  comt  è  il  caso  del  Platina  -  di  semplicemente  occtìl' 
tare  per  adulazione,  per  spìrito  di  riconoscenza,  ed  anche  •  m  chi 
come  questi,  scriveva  per  un  papa  vivente  -  per  timore  di  perdere o 
per  speranza  di  favori  maggiori.    Cosi   le  opinioni  di  Schtrtanow, 
anche  ove  questi  non  le  fondi  sopra  indagini  analitiche,  sono  s:^ 
sissimo  citate,  più  che  come  opinioni,  quasi  a  dirittura  comtr  ias^  » 
mentre  per   chi   non    conosca   i   libri   del    Brosch   sembrcrcbk  ài^ 
questi  sia,  dal  modo  come  vi  accenna  ripetutamente  il  Pastor,  «no 


'Bibliografia 


^ÌS 


*CTÌuore  che   prescinda   sistemaiicamenie   dai    documenti.   Tale    di- 
feso, che,  se  fosse  più  frequente,  danneggerebbe  gravemente  l'opera, 
f»ggiunge  nella  critica  dcirinfessura  e  del  suo   più  recente  e  più 
completo  e  sagace  editore,  il  Tommasini,  la   sua   più  chiara  mani- 
festazione   Contro  giustizia  afferma  egli,  che  per  il  Tommasini  l'In- 
fesura  dee  essere  ad  ogni  costo  elevato  a  fonte  al  lutto  degna  di  fede. 
^OTcce,  nel  definire  i   caratteri   generali  del   Diario,   il   Tomraasini 
^  rilevati  con  acume  e  con  il  più  preciso  rigore  scientifico  t  varii 
clementi,  che  perturbano  talvolta  il  giudizio  od  alterano  TesattezM 
Jella  narrazione  dell' In  fessura:  Tinfluenta   dei  dettami  profetici,  il 
Sentimento  popolare  e   colonnese,  il   pensiero  suo  personale,  la  fal- 
^cia  infine  delia  memoria,  là  ove  i  notamemi  non   sono   contem- 
Poraaei  agli    avvenimenti.   E    certamente  il  sentimento  popolare  e 
Colonnese,  e  la  passione  personale  dell'  Infessura  hanno  avuta  parte 
^*'^  composinone  del  ritratto  dì  Sisto  IV;  ed  hanno  naturalmente 
*'to  sì,  che  il   diarista   raccogliesse  volentieri,  credesse  e  desse  per 
^^"^14  quanto  di  male  di  Sisto  IV  dicevano  gli  offesi  da  lui.  E  nes- 
^^^o   storico,  che  indaghi,  potrebbe  prendere  il  ritratto  dell'  Infessura 
*^*l\e  base  principale  d'un  giudizio  delle  qualità  morali  di  Sisto.  Tut- 


'^vi 


'•^  non  si  può  considerare  quel  ritratto  quale  una  studiata  calunnia. 


legge  il  diario  dello  scribasenato  romano  riceve,  quasi  da  ogni 
^^^ÌTia,  l'impressione  della  schietu  sincerità  dello  scrittore.  Egli  non 
^     *<^    crede   sempre   di   narrare   il   vero;   ma   ha   la   preoccupazione 
^      *^a  esattezza,   e  spesso   distingue   ciò   che   sa  con  precisione  da 
*^lio  che  sa  «  non   precise  »,  quello  che  ha  inteso  da  altri   da 
,j^       ^llo  che  ha  visto  egli.   E  tra   due  opinioni   che  volessero,  l'una 
^^^^^e   una    fede    incondizionata    al    Diano,   e    l'altra   negargliela  del 
j-^    ^"^o,  la  prima  sarebbe  certamente  molto  meno  lontana  dalla  giusta* 
.  _         suo  racconto  trova  di   frequente  riprova   precisa    in  fonti  sicuris- 
^-^e.  Ed  anche  per  quel  che  riguarda  Sisto  IV  alcuni  dei  fatti  deter- 
.^^■^ìnati  dair  Infessura  ricevono  conferma  dai  documenti.  Non  è  infatti 
**%ii  dubbio  che  egli  frodasse  dei  promessi  salarìi  i  lettori  dello  Studio 
^^mano;  e  poco  meno  che  accertate  sono  le  accuse:  che  egli  si  fa- 
^^^3se  incettatore  di  grani,  e  che  avesse  ridotte  tutte   le   pene  a  de- 
^^aro.  E,  come   il  Pastor   stesso   non  ha   potuto  non   riconoscere,  i 
^iispacci  senesi,  pubblicati  dal  Tommasìni,  confermano  la  narrazione 
v3ell' Infessura  per  gli  avvenimenti  del  1482.   E  gli  epigrammi  pub- 
V>licati  da  Schmarsow,  e  divulgati  in  Germania  alla  morte  di  Sisto, 
Se  non  possono  di  certo  valere  come  una  riprova  della  verità  delle 
accuse  gravissime  dell' Infcssur.i,  mostrano  però  nel  modo  più  deci- 
sivo, che  quelle  in  nulla  furono  invenzione  del  diarista  romano,  raa 
erano  voci  popolari,  rispondenti  o  pur  no  che  fossero  alla  verità. 


556 


'Bibliografia 


Per  qiuaNo  poco  potesse  la  cosa  valere  a  mutare  il  giudico  sul 
papato  ài  Sistow  sarebbe  stata  tttttarta  opera  meritevole  Jel  Pisrar. 
se  egli  avesse  provata  la  ùUàtà  dei  grandi  vizii  attribuiti  dall' iot'ey 
aaia  a  Sisto.  Ma  ^ai,  per  la  natxini  delle  accuse,  la  prova  della  iMii 
è  atotenaiMu  ^ffidle  quanto  qoeQa  della  verità.  Il  tentativo  uno  iH 
Ptstor  ia  qoeslo  senso  è  mal  riuscito.  Il  più  che  si  può  affenuire  6: 
che  raccttsa  di  BMdbie  oootro  naturi  non  è  provata.  L'argomento 
che  a  P«Mor  adduce  per  escluderla  del  tutto,  che  Sisto  IV  sarebbe 
stato  U  prb  grande  tpocrita  se.  essendo  dedito  a  quei  vixii  turpisiiffii. 
avesse  adempito  cosi  fervorosamente,  come  faceva,  ai  suoi  à(ntn 
idàgiosi  ed  avesse  avau  quella  devozione,  che  aveva,  spr^J 
fl  colto  di  Malia,  oon  ha  alcun  valore.  Numerosi  fatti  accena: , 
tempo  e  $pociai»ente  nei  costume  medioevale,  dimostrano  che  k 
aberraxk»!  della  vdtttti,  quando  non  vanno  a  dirittura  congiunte  ó 
eoo  aperto  cinìsaio  od  anche  con  dure  pratiche  ascetiche,  cercaoSi, 
non  di  rado»  pur  senza  cosciente  ipocrisia,  quasi  un  compenso  oo 
Cile  nelle  ostentazioni  religSose.  Cosi  del  pari  il  Pastor  rinviene  uni 
piova  della  liberaltti  di  Sisto  nel  detto,  che  gli  attribuisce  rambuoJ- 
lore  Teneto  Soriano,  «  che  ad  nn  papa  bastava  un  tratto  di  pcoru  per 
aver  quella  somma  che  desiderava  »,  mentre  invece  è  una  provi  dell» 
imMagabile  teadenu  e  coasoetudme  sua  a  cavar  danaro,  cotne  metìio 
poteva,  scasa  aver  r^;oaido  aè  ai  dritti  ed  ai  bisogni  di  chic^liaa 
né  alla  moralità  ed  al  prestigio  detI*a£cio  suo  di  sovrano,  la  nM 
in  Sisto  "  come  di  frequente  ad  caratteri  simili  al  suo  •  cotùntnttO 
ed  erano  correlative  la  liberanti  e  Taviditi.  Non  la  liberalità  cbe  reot 
da  grandeiza  d'animo,  oè  raviditi  che  viene  dall'avarizia.  I  latti  Q)^ 
strano  che  egli  verso  le  persone  che  prediligeva,  era  Eberalc,  «aà 
prodigo  del  danaro,  che  con  mezri  buoni  e  cattivi,  con  la  veoilìtA  t 
con  lo  scouoscimento  d'ogni  giustiria,  tirava,  grazie  alla  foni  ^ 
rautorità  saz.  Così  la  liberalità  di  Sisto  -  nelle  varie  forme  della  quii» 
si  riassumono  tutte  le  vanute  grandi  qualità  morali  sue  -  cri  nel  Citto 
una  vera  negaxione  d'animo  giusto  e  nobile.  Schmarsow  ha  due  pi- 
gine (260- 1)  mirahiti  per  acuta  ed  esatta  pcnctrazioDe  psicologa' 
in  esse  sono  finamente  aaaliaati  l'ardente   tell^>erameBto,  la  rin 
sensibflità  iatdlettuale  e  l'ancor  più  viva  scnsibtliti  estetica,  che  a* 
ratleriziavano  la  natura  di   Sisto.  Se  lo  scrittore  avesse  poruta  U 
sua  analisi  sino  alle  escreme  conseguenze  logiche,  e  poite  qoestta 
rafironto  dei  fatti,  egli  avrebbe  trovato,  che  tutte  le  manifestaxiooS  ddlt 
vtta  di  questo  papa,  anche  quelle  che  avevano  Tappaienaa  defla  gr 
deiia  o  della  bontà  d'animo»  si  riducevaoo  alla   ricerca  dì  qocSi 
specie  di  appagamento  di  se  stesso^  esteSico-scnsuale,  che  è  la  te»- 
deosa  ordinaria,  determiiuta  dall'unione  dà  sopraccenaati  tir 


"Bibiiografa 


537 


menti,  quando  ad  essi  fa  riscontro  nessuna  od  una  scarsissima  sen- 

I  sibiliti  inorale  od  ideale. 
Sisto  IV  è  giustamente  considerato  come  il  fondatore  della  po- 
litica dinastica  papale:  quella  politica,  che  poneva  la  potenza  e  la 
^gnoria  di  dominio  della  famiglia  del  p^pa  a  scopo  od  a  sostegno  del 
regno  papale.  Lo  Stato  della  Chiesa  che,  a  mio  giudizio,  fu  per  la 
politica  cattolica-papale  un  nuovo,  quasi  necessario,  puntello,  che  k 
servi  utilmente  sino  alla  fine  del  secolo  scorso,  più  che  consolidarsi 
od  estendersi,  si  può  dire  nacque,  come  conseguenza,  non  preveduta, 
dì  si(!iana  politica  nepotista.  L'opera  viva  ed  aperta  di  Sisto  per  la 
sua  famiglia  rese  naturale  e  facile  la  più  vasta  ed  intraprendente  po- 
litica di  famiglia  dei  Borgia.  £  gli  acquisti  di  questi  si  convertirono 
poi  in  beneficio  dello  Stato  della  Chiesa  parte  per  necessità  di  cose, 
parte  per  opera  di  Giulio  11  e  di  Leone  X;  coi  quali,  per  quanto 
almeno  pare  a  me,  gl'interessi,  se  non  morali,  materiali  della  Chiesa 
riprendono  il  sopravvento  su  quelli  di  famiglia.  Ma  anche,  innanzi 
a  questo  punto  di  vista,  lo  storico  dee  riconoscere^  che  allo  spirito 
ed  alla  mente  di  Sisto  restarono  del  tutto  estranee  la  previsione  e 
la  preoccupazione  di  questa  conseguenza,  d'ordine  superiore,  del  suo 
nepotismo.  Non  v*è  alcuna  prova  che  ci  possa  far  portare  un  giu- 
dixio  diverso,  I  dritti  e  gl'interessi  della  Chiesa  furono  ben  gridati 
altamente  da  Sisto  ogni  volta  che  entrò  in  lotta  per  causa  delFambi- 
zione  di  Girolamo;  ma  gli  stessi  dritti  ed  interessi  furono  pure  facil- 
mente barattati  da  lui  anche  verso  gli  altri  Stati,  quando  con  tale  ab- 
bandono guadagnava  l'interesse  dei  nipoti,  come  nella  prima  alleanza 
con  Ferrante  di  Napoli  con  la  quale  la  mano  d'una  bastarda  di  questi 
per  Leonardo  della  Rovere  fu  dal  papa  comperata  merci  la  rinunzia 
ad  importantissimi  dritti  materiali  e  morali  della  Chiesa. 

11  modo  indulgente  mente  ambiguo,  col  quale,  come  abbiamo  visto, 
il  Pastor  giudica  Sisto  IV,  e  i  offre  la  prova  più  caratteristica  dei  vani 
difètti,  che  turbano  talvolta,  come  abbiamo  dal  bel  principio  notato, 
la  sua  obbiettività.  Se,  qui  ed  altrove,  il  giudizio  suo  fosse  stato  de> 
terminato  da  una  giusta  valutazione  dei  risultati  della  sua  propria 
analisi,  noi  crediamo  che  esso  sarebbe  stato  notevolmente  diverso  da 
quello  dato.  Ma  nella  bontà  e  larghezza  dell'  indagì«e  il  libro  porta 
da  se  stesso  spesso  il  rimedio  al  parziale  difetto  di  criterio  e  di  forza 
sintetica.  L'Autore  è  ancora  al  principio  della  lunga  ed  aspra  via,  per 
la  quale  s'è  incamminato.  Il  nostro  sincero  augurio  è:  che  l'opera  sua, 
gii  ora  per  molti  rispetti  pregevole,  possa  raggiungere,  nei  volumi 
che  verranno,  un  grado  di  serenità  di  discussione  e  di  obbiettività  di 
pudizi,  che  corrisponda  alla  grandezza  del  soggetto  della  sua  storia. 

Francesco  Nmi. 


NOTIZIE 


Nello  storico  palazzo  di  San  Giorgio  tra  il  19  e  il  27  settembre 
tf  quest'anno  si  adunò  in  Genova  il  quinto  Congresso  storico  ita- 
Hano.  All'ufficio  di  presidenza  furono  eletti  i  signori  Paolo  Boselli 
come  presidente,  Ugo  Balzani  come  vicepresidente,  Giovanni  Sforza 
ed  Emanuele  Greppi  come  segretari.  I  seguenti  temi  erano  stati  pre- 
lentatì  per  la  discussione: 

L  Convenienza  e  modo  di  promovere  presso  le  Deputazioni  e 
bcietà  Storiche  uno  studio  completo  di  tutti  i  monumenti  e  ricordi 
e  ci  restano  delle  grandi  vìe  che  attraversavano  l'Italia  nel  medio 
>,  e  di  coordinare  il  detto  studio  colla  compilazione  della  carta 
litologica  e  storica  d*  Italia,  cui  intende  il  Minbtero  della  pub- 
'SL  istruzione  (comunicato  dalla  R,  Deputazione  di  Parma).  Rela- 
^"i^  r  dott.  Giovanni  Ma  ri  otti. 

H  Dell'indirizzo  e  del  metodo  da  tenersi  perle  ricerche  intorno 
*  storia  della  scienza,  nell'intento  di  porre  in  luce  ed  illustrare  i 
tximcnii  ancora  ignorati  o  poco  noti,  coordinandoli  in  guisa  che 
►^''ioo  a  chiarire  nuovi  fatti  e  siano  buon  fondamento  allo  studio 
«questa  disciplina.  Relatore:  prof  Gino  Loria. 

Ul.  Della  utilità  di  dar  mano  ad  una  biografia  degli  scrittori  ita- 
*^ì,  compilata  per  regioni,  con  uniformità  di  metodo  e  da  stam- 
•^i  in  uno  stesso  formato  dalle  singole  Deputazioni  e  Società  Sto- 
^e,  tenendo  presente  l'opera  del  Mazzucchelli  con  le  modificazioni 
'^este  dai  progressi  della  critica.  Relatore:  cav.  Giovanni  Sforza. 
IV.  Sulla  uniformità  da  tenersi  da  tutte  le  Società  e  Deputazioni 
»^*3richc  nel  pubblicare  documenti  medioevalì  (comunicato  dalla  So- 
PCt4  Storica  di  Alessandria).  Relatore:  prof.  Francesco  Gasparolo. 


*7^o/i'^i*e 


541 


■  ineDti,  secondo  la  diversa  natura  dei  medesimi,  e  lo  speciale  scopo 
a  della  pubblicazione  ;  credendo  tuttavia  utile  di  proporre  con  una 
«  certa  discrezione  un  metodo  uniforme  per  le  pubblicazioni  di  do- 
«  cumenii  da  farsi  dalle  Società  Storiche  o  da  singoli  editori  per 
a  scopo  storico*©  letterario;  propone  che  nella  pubblicazione  degU 
«  antichi  documenti  sia  conservato  fedelmente  tutto  ciò  che  attiene 
e  alla  sostanza,  alla  lingua,  alla  grammatica,  e  tutti  i  fatti  grafici  che 
«  costituiscono  una  legge  ». 

Tune  queste  conclusioni  furono  approvate  dal  Congresso  il  quale 
inoltre  approvò  la  relazione  di  un'altra  Commissione  che  fu  incari- 
cata di  riferire  intorno  ad  una  proposta  del  signor  arciprete  Tononi 
e  che  concluse  in  favore  di  una  compilazione  di  elenchi  regionali  e 
documentati  dei  dogi  di  Venezia  e  di  Genova,  e  dei  consoli,  potesti 
e  rettori  delle  altre  città  italiane.  Da  ultimo  il  Congresso  deliberò  di 
ripetere  il  volo  già  espresso  nel  Congresso  dì  Firenze  circa  la  con- 
$erv.izione  e  l'ordinamento  degli  archivi  Capitolari  e  Comunali  dd 
regno. 

Esauriti  questi  lavori,  il  professor  Belgrano  lesse  una  importante 
relazione  intorno  ai  lavori  della  Commissione  Colombiana  alla  quale 
il  Congresso  espresse  unanime  un  voto  di  plauso.  A  sede  del  sesto 
Congresso^  da  tenersi  nel  189),  fii  scelta  Roma  per  acclamazione. 

Il  23  novembre  il  cardinale  Capecelatro,  bibliotecario  di  S.  R.  C, 
inaugurava,  alla  presenza  di  molti  dotti  italiani  e  stranieri,  la  biblio* 
teca  di  consultazione  che  il  sommo  pontefice  ha  sapientemente  istituito 
con  grande  vantaggio  degli  studiosi  delKarchivio  e  della  biblioteca 
Vaticana.  La  biblioteca  di  consultazione,  ricca  fin  d'ora  di  20000  vo- 
lumi, è  divisa  in  due  sezioni,  l'una  suddivisa  per  materie  (chiese, 
monasteri,  vescovadi,  cronologia,  paleografia  &c.),  la  seconda  ripar- 
tita per  nazioni,  e  quanto  all'  Italia  per  regioni. 

A  cura  dei  monaci  benedettini  della  Cava  è  uscito  in  luce  l'ot- 
tavo volume  del  Codex  diplomaticus  Cavensis  contenente  centocin- 
quantatre documenti  che  vanno  dal  febbraio  1057  al  febbraio  106$,  e 
la  descrizione  di  alcuni  importanti  codici  della  Badia.  Con  questo  vo- 
lume si  compie  l'opera  ventenne  dei  dotti  monaci  ai  quali  è  dovuta 
la  pubblicazione  di  cosi  grande  monumento  di  storia  italiana. 


Coi  tipi  della  Clarendon  Press  in  Oxford  è  venuu  in  luce  testé 
la  seconda  edizione  dei  due  primi  volumi  dell'opera  ItaJy  and  ber  in- 
vaders  del  nostro  socio  Tommaso  Hodgkin.  Questa  seconda  edizione 
corrisponde  ad  un  vivo  desiderio  sovente  espresso   da  quanti  hanno 


ia  pregio  «ifiato  aoimok  laTorOv  Con  es«a  può  Sm  tfmmo  E  diiett» 
più  gnvc  dd  Ebto,  doè  cma  ceru  dìsiigtt^lsaflza  M  fsefodo  era  U 
piiau  e  Li  seconda  paite  deJTopcrjL  L*iiitore  &cciu]iO  tesero  deE^£- 
j^neozA  acquistata  man  mano  lavoraivlo,  ba,  con  esempio  raro  e 
ùdilaHle,  »crìtco  daccapo  la  maggior  parte  ed  pólho  ▼otume  che 
^  pareva  troppo  debole  e  leggiero  al  panfone  dei  vqIbb^  succesHrì, 
e  nel  secoodo  volume  ha  rifatto,  mìgiìocmdofot  il  o^fc&ilo  consacrato 
lUa  primitiva  «orla  dei  Vandali.  ìst  una  brere  prdrazioQe  rautorc 
acc«noando  a  queste  modi&cajioni  d^l  suo  lavoro  espdoie  la  sperazifa 
dì  poterne  pubblicare  entro  due  acim  ftiltima  parte  rdaCiva  al  periodo 
longobardo.  Di  questo  annunziò  la  Società  OMlxa  si  al&eta,  e  manda 
air  Uiustre  suo  socb  Taagurio  dì  vederla  pfomuoentc  avirasKta. 


to 


-^rcheografo  Triestino.  Nuova  serie.  Voi.  XVIII.  fase.  i*.  gen- 
.^**  *^^ -giugno  1^92.  —  C.  Gregorettt,  L'antico  Timavo  e  le  vie  Ge- 


'  3  e  Postumia  (cont.  e  fine). 


^_^       Archi  V  (Neaes)  der  Gesellschaft  far  altere  deutsche  Geachi- 

j.5^'^:akunde.  Voi.  XVIII,  fase.  i".  —  Th.  von  Sickel,  Die  '^  Vita 

^»    ^^  ariani  Nonantulana  »  und  die  Diurnus-Handschrift  V.  (La  «  Vita 

^.   ^^-^riani  Nonantulana  »  e  il   manoscritto  V  del  «  Liber  Diumus  »).  - 

Yy^       Sackur»  Der  «  Dictatus    papae  «  und  die    Canonsammlung  des 

;^     ^usdedit  (II  «  Dictaius  papae  »  «  la  collezione  dei  canoni  di  Deus- 

-w^^a^dii).  -  P.  ScHEFFER-BoiCHORST,   DictaiDÌna   ùber  Ereigiiisse   der 

^psigeschichte   (Dictamina  sugli  eventi  della  storia  papale).  -  Ro- 

"^^^NBERG,  Die  Vorwerhandlungen  zura  Frieden  San  Germano,  1229-50 

vT^  preliminari  alla  pace  di  San  Germano). 

Archivio  storico  deirarte.  Anno  V,  fase.  3'*-4''.  —  D.  Gnoli, 
Xa  Cancelleria  ed  altri  palazzi  di  Roma  attribuiti  a  Bramante.  - 
Mecensioiu  della  monografia  di  Ad.  Michaelis,  Romische  Skizzcnbù- 
cher  nordischer  Kùnstler  des  xvi  Jahrhunderts  (Album  di  schizzi 
di  opere  classiche  eseguite  in  Roma  nel  cinquecento  da  artisti  nor- 
dici). -  Restauri  a  San  Cosimato  a  Roma. 

Archivio  storico  italiano.  Disp.  3*  del  1892.  —  A  Giorgetti, 
Recensioni  dell'opera  di  L.  Pastor,  Geschichte  der  Pàpste  seit  dem 
Ausgang  des  Mittelalters  (Storia  dei  papi  dopo  il  medioevo).  -  G.  Ron- 
doni, Recensione  dell'opera  di  E.  Costantini,  U  cardinal  di  Ravenna 


544 


'Periodici 


al  governo  dì  Ancona  e  il  suo  processo  sono  Paolo  III.  -  G.  PjiP4. 
LEOKi,  Recensione  dell'opera  dì  T.  Mueller,  Das  Konklave  Ptus' IV 
(i$S9).  -  C.  Erreil\,  Rtitmione  deiropera  di  V.  Ro»i,  Pajqoi- 
nate  dì  Pietro  Aretino  ed  anonime  per  Ìl  conclave  e  l'elKionc  di 
Adriano  VL 

Archivio  Veneto  (Nuovo).  Tom.  HI,  parte  prìnu.  —  G.  Ca* 
PASSO,  I  legati  al  concilio  di  Vicenza  del  1^38. 

Bibliothèqne  de  Pécole  de»  cbartes.  VoL  Lin,  fase  )*.  — 
E-  Jany,  La  «  Voic  de  Uit  *»  et  ralliaoce  franco -mìUaaÌje  (isSé- 
1395).  -  H.  Omoxt,  Pro  jet  de  réunion   dcs   églises  grecque  et  U* 
line  sous  Charles  leB«l  co  1)27.  <-  H  Omost,  Lettres  orìgifuki^ 
xtv*  siècle  conservies  JL  la  biblìothèque  de  SaÌnt>MArc  à  VeaifCi 
Ru*Hnoné  dell'opcnt  Naroucci,  Catalogo  di  manoscritn  posscdtm  iJ* 
D.    Baldassarre  Boncompagiù.  —  Fase  4'.   H.   Omoxt,  Noiivfllc* 
acquisitions  du  département  àa  mamiscrìts  de  la  bìblioth^uc  ^*' 
tiaaale   pendant   Tannce  1891-1892.  •  E.  M.  PERjtrr,  Los  dtsooisfs 
d*Ac^elo  Acdaiuoli  au  rot  de  France  (145  0* 

Botkttixio  «torìco  deUa  Svinerà  ttaUaoa.  A^ioo  XIV  (t89»>1 
an.  9-ta.  —  Documaiti  svirzerì  in  Vaticano»  t22i-ia6ò  (di  Oa<^  | 
rio  IH,  Gr^ocìo  IX,  Imioceaxo  IV,  AkssAndfo  IV). 

Bolletin  interaatxoQal  de  l' Académie  dea  màm 
covle.  Aa.  1&91,  n.  7.  —  W.  LcszczuruigL,  ResHS 
romane  de  Tabbayc  cxstercìeooe  de  Wacfaock.  >  M.  SocouTwsn,  l^| 
mìniaiMre»  italicnnes  de  U  biUìachèqoe  JageUoQtie  et  le  Uvre  d'hd*' 
rea  fho^aàs  de  k  ba»lìodièqiie  de  Ddkòw. 

Bt^DeAtiao  4TWf>  fVi—» 8-»>qBP  archeologica 
Roma.  Anso  XX,  serie  4*,  ùac  i*-3*.  —  R.  Lakgsas».  Le  1 
di  Attrdtaoo  e  di  Pkobo.  -  L.  CAsrraitfiuu,  H  «icaiiató  di 
IX  Màtctwm,  FramwcMlo  di  od  asóco  pilntro  per 
ac^oe  del  Tcvete  ed  akre notine  lopognficifte  (1  tsv).  -  R.  I 
CUMI,  La  cBWirowmta  sol  Ptatheoo.  •>  O.  Maxcxcbi,  Di  ob  9Vf>-| 
■natio  a  imnaifo  eoe  figare  egiiaie  scoperto  presso  la  iria  Fbaani*^] 
(3  ttT.V  •  F.  Asoaax,  D«e  sìagobii  capitelli  soopeni  presso  b  np*  j 
del  Tevere  (t  trr^  •  G.  Gatti,  Nodaìe  £  troTHa 
Tcpigrafia  nfkaaa.  -  L.  Viscx^m,  Trofvaineati  d'oggeu  Xafte  e  à  | 
aaddlilà  %an«r.  -  U  CAvrAmiLLi,  n  «karìato  £  Roeu.  -  £  Ctf> 
xioa-LorAtmx].  Dve  saaae»  diadateri  nùttiad  (t  tar,).  -  &<;«> 


Periodici 


545 


RAHDJKi,  Il  Satiro  che  versa  da  bere  (4  uv.).  -  C.  L.  Visconti, 
Trovamenti  risguardami  U  topografia  urbana.  -  L.  Cantarelli,  An- 
nunzio dell'opera  di  René  Cagnat  «  L'armée  romaine  d'Afrique  e: 
l'occupjtion  mìliuire  de  l'Afrique  sous  les  empereurs  »  (Paris,  Leroux, 
1892). 

Bullettino  dell'Istituto  di  diritto  romanio.  Anno  V  (1892), 
fase.  i**.  —  R.  Ricci,  Collari  di  schiavi,  -  V.  ScrALOiA,  Miscel- 
lanea epigrafica:  I.  Decreto  di  Gordiano  agli  abitanti  di  Scaptopa- 
rene;  II.  Nuova  iscrizione  relativa  alla  hx  Hadriana  pei  coloni  afri- 
cani; III.  Diploma  mUitare. 

Jahrbach  (Historisches)  im  auftrage  des  QOrres-Gesell* 
(■chaft.  Voi.  XIII,  fase.  ?".  —  Kopietz,  Handelsbeziehungen  der 
Ròmer  zum  òstlichen  Germanien  (Relazioni  commerciali  dei  Ro- 
mani colli  Germania  occidentale).  -  Ebses,  Clemcns  VII  im  Schei- 
dungsprozesse  Heinrichs  VIII  (Clemente  VII  nel  processo  di  divorzio 
di  Enrico  VIII).  -  Punk,  Papstelogium  des  Codex  Corbciensis  (L'e- 
logio papale  del  codice  Corbeiense).  -  Eubel,  Nachtràge  zu  den 
Vatikanischen  Acten  Ltidwìgs  des  Baiem  (Aggiunte  agli  atti  vati- 
pcani  di  Ludovico  il  Bavaro).  -  Ruensionì  delle  opere:  Ehrle,  Histo- 
ria  btblìothecae  Roraanorum  pontificum.  -  Friedensburg,  Nuntia- 
turberichte  (Relazioni  dei  nunzi),  voi.  I  e  IL  -  Fase.  4".  Punk,  Die 
Bcrufung  der  òkumenischen  Synoden  des  Alterthums  (La  convocazione 
degli  antichi  concili  ecumenici).  -  Ebner,  Historisches  aus  liturgi- 
schen  Handschriftcn  Italiens  (Estratti  storici  dai  manoscritti  liturgici 
d'Italia).  -  BiRK,  Nicolaus  von  Cusa  in  Basel  (Nicolò  da  Cusa  in 
BasUea). 

Jahrbflcher  (Neue  Heidelberger).  Anno  II,  fase,  i**  e  2".  — 
K.  Z.^KGEMEisTER,  Zur  Geographic  des  ròmischen  Galliens  und  Ger- 
maniens  nach  den  Tironischen  Noten  (La  geografia  della  Gallia  e 
della  Germania  romana  secondo  le  note  Tìroniane)  -  F.  v.  Duhn,  Die 
I  Benutzung  der  Alpenpàsse  in  Alterthuni  (L'uso  dei  valichi  delle  Alpi 
nell'antichità),  -  J,  Haller,  Die  Verhandiung  von  Mouzon  (1119) 
«or  Voj^eschichte  des  Wormser  Conkordats  (Le  trattative  di  Mou- 
zon (i  1 19)  per  la  storia  preliminare  del  trattato  dì  Worms).  -  M.  Can- 
ToR,  Zcit  und  Zeitrechnung  (Il  tempo  e  la  misura  del  tempo). 

Joamal  (The  American)  of  archaeology  and  of  the  his- 
tory  of  the  fine  arts.  Anno  1891,  fase.  4°.  —  A.  L.  Frothikgham 
junior,  Introduction  of  Goihic  Architecture  into  Italy  by  the  frencb 

Archivio  della  R.  Società  romana  di  itoria  patria.  Voi.  XV.  35 


Periodici 


547 


Review  (The  englisb  historìcal).  N.  27  (luglio  1H92),  — 
]•  BnTCE,  Edward  Augusius  Freeman.  -  Ruensioni  delle  opere  :  Bel- 
LECiA,  Dd  fonti  e  dell'autorità  storica  di  Sallustio.  -  Pflugk-Hart- 
TUNG,  Iter  italìcura,  Acta  pontificura  Romanorum  inedita,  e  Specimìna 
sclcaa  chartarum  pontificura  Romanorum.  -  Gnoli,  Un  giudizio  di 
ba  romanità  sotto  Leone  X.  —  N.  28  (ottobre  1892).  R.  Allen, 
Gerbcrt,  Pope  Silvestcr  II  (Gerberto,  papa  Silvestro  II),  -  S.  Muenz, 
Ferdjnand  Grcgorovius.  - /?t'i-£:»wio«£  dell'opera:  Ingram,  England  and 
Rome  (Inghilterra  e  Roma). 

Revue  de  l'histoire  des  religions.  To.  XXIV,  fase.  1°.  — 
•K.  AuDOLLEST,  Bullctio  archéologique  de  la  religion  romaine.  - 
L.  Massebi£\u,  La  langue  originale  des  Acics  des  saintes  Perpétue 
«  Felicita.  -  Recensioni  dell'opera:  LiSDE,  De  Uno  summo  Roma- 
nonira  deo. 

Revue  des  queations  historiques.  Anno  XXVII,  fase.  103°.  — 
^  Vacasdard,  Un  évéque  d'Irlande  au  xii*  siècie;  saìnt  Malachie 
0'  Alorgair,  -  Pierling,  Les  Russes  au  concile  de  Florence.  -  L.  Pe- 
'-'ssier,  Courrier  italien. 

HevTie  d'histoire  diplomatiqtie.  Anno  VI,  n.  j.  —  E.  Fremv, 

^  rocdiation  de  l'abbO  de  Feuilbnis  entre  la  Ligue  et  Henri  IIL  - 
'-^nsiom  delle  opere  :  Fraknoi,  Mathias  Corvinus  Koenig  von  Un- 
^^,  -  Klalifat,  Patriarcat  et  Papauté.  —  N.  4-  R  de  Mallde, 
^^  institutìons  diplomatiques  au  raoyen-àge. 

^  Revue  historìqne.  To.  L  (1892),  fase.  1°.  —  F.  LoT,  La  royauté 

^nijaise  et  le  saint-erapire  romain  au  moyen-ige.  —  Fase.  2°.  Rì- 
^-_^Posta  di  A.  Leroux  a  F    Lot  sullo  stesso  argomento. 


Revue  mensuelle  de  l'école  d'anthropologie  de  Paris.  Anno  II, 
^^c.  9  .  —  H.  d'Arbois  de  JuBAiNViLLE,  Lcs  noms  gaulois  doni  le 
«ìernier  terme  est  R  i  x  dans  le  Di  bello  gallico. 

I  Revue  (Nouvelle)  historìque  du  droit  (1892),  fase.  2".  — 
Recensione  deiropera  :  E.  CuOi  Les  insiìtutions  juridiques  des  Ro- 
mains.  —  Fase  4**.  Recettsiotie  dell'opera:  E.  Beaudouin,  Le  eulte 
des  empereurs  dans  les  cités  de  la  Caule  Narbonnaise. 

Rivista  italiana  di  numismatica.  V,  fase.  2"- 3".  —  F.  Gnecchi, 
Appunti  di  numismatica   romana   -  XXIL  Sca\i  di  Roma  nel  i8gr. 


54S 


'^Periodici 


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(I  VKw\.  ~  XUX. 


lairiftcirinoe  dd  bnMUo  imperùle.  • 
(3  t»^4. 


aoTTU  Kiiiiti  deffdpers  £  Catti  rt  Yuaxte,  Aatoor  da  Borpt. 
Lei  iimw  iM^  Ics  pomiini.  Ics  appttlaaeots  Borgia  sa  Viti 
eia  &C.  -  G.  OocBOflr  BoKAJFcnGS»  ìi%ttwi\m§  «Idl'open  dì  G.  Ma- 
xmaa^  La  Dnfcmtit  nmatt^vcDeu  modema.  -  G.  Capasso,  la 
■fiflnmiTi  r'— "'^'^  in  GcnBanù  ad  secolo  vru  -  C.  Cipoiu,  h- 
tmamm  ddTopcn  ik  C  Marsr.  Dk  Wahl  Gregqts  Vn  (L  dcuoiu 
A  GogooD  VOX  •  A.  G.  Toosowi.  Kaumàam  deO*open  di  G.  G- 
rasto^  n  peno  viaggio  di  Pier  Lnig^  Fanese  gpoJEdonìere  òclia 
CUeia  oeg^  Stati  pand&d  (tf  nX  -  A.  Cau.PPEU.1,  ttumm  ddk 
noBOgrafia  del  Vorruu,  Le  cooooTerùe  dd  gmndnca  Leopoldo  I 
4fi  Toscana  e  <kl  vescovo  Scipione  de*  Ricci  con  la  coite  romtDi 

Slimnen  ms  lbfi»^.aach.  Voi  XLEII,  &sc  4*.  -  ST.ftea^ 
iEt«  Mìnrtihniiclìe  KmmrtntVinaier  in  Snèiaco  uod  UoatecuHOO 
(MooODead  axiisdd  eoevfievali  is  SoMaco  e  Mootecasnno). 

Stadi  e  docamenti  di  storia  e  diritto.  Aaoo  XIII  (tSSi), 
fase.  |*-4*  (b^Uo-dioearfffc).  —  F.  Cexasolz,  Dooaroentì  pa  b 
storia  £  Catfd  SaBK*Aagdo:  L  L'aagelo  posu  sulla  cesx  dd 
Castdio;  IL  II  tesoro  poncifido  di  Caasd  Saat'Ai^do.  -  £•  Ci* 
LAVI»  xjn  statuto  dd  coaMBe  di  Maatelibrctli. 

Zdtadtfift  Or  Kifdiengeadiidita.  Voi.  XIII,  fase.  \\  - 
E.  Lejafp,  Antomos  ron  Padaa«  -  J.  v.  PFLUGK-HAamJNG,  Zvti 
Papstimefie  (Due  lettere  papali,  Gregorio  VII  e  Adziaoo  IV,  rei»- 
thre  alI^IrUmia).  -  B.  Bess,  Quellenstudien  zur  Gesdùdxe  iei 
Ranstaazer  Koacils  (Sbidi  sulle  fonti  per  La  storia  dd  cood&o  £ 
Costanza).  —  Fase  a^-j*.  W.  Bròcking,  Zu  Bereagar  voo  To«b 
(Intorno  a  Berengario  da  Tours).  -  £.  Lempp,  Die  Aofinge  dcs 
Clarissen  (I  primordi  deÌi*ordioe  ddle  Clarisse). 

Zeitacbrm  f&r  wisseoschamiohe  Theologie.  Voi.  XXXVI* 
tasc  I*.  —  Reentsiotu  dell'opera:  J.  Belsek,  Ztir  DìodedaiiiebCB 
Christcnverfolgung  (La  persccuriooe  dei  Crìstiam  sono  Diod^ 
ziano).  —  Fase.  2''.  A.  Hilcekfeld,  P.  Sulpicìus  Quiiiiisus. 


PUBBLICAZIONI 


RELATIVE   ALLA   STORIA   DI   ROMA 


'»_ 


Amati  S.    Solenne  ambasceria  al  sommo  pontefice  Paolo  V 
^4Ì  Giappone  affidata  al  sig.  Luigi  Sotelo. 

Prato,  Giacbetti,  1891. 

-,    Bazin  H.    ViUes  aniiques.  Vienne  et  Lyon  gallo-romaìns. 

Paris,  impr.  Kationah,  1892. 

'^.    Beltrami  L.    Ricerche  e  studi  sulla  costruzione  del  Pantheon 
in  Roma.  Roma,  Saìviucci,  1892. 

^^.    Bertoliki  F.    Roma  e  il  papato  nel  secolo  xiv. 

Milano,  Trnes,  1892. 

"^  07.    BoissiBR  G.    Promenades  archéologlques.  Rome  e   Pompei. 

Coulommitrs,  Brodard,  1892. 

?o8.    Breysig  A-    Germanicus.  Erfurt,  fViìlaretf  1892. 

109.     Cagkat  R.     L'anni: e  épigraphique,  revue  des  publications  èpi- 
graphiques  relatives  à  l'antìquité  romainc. 

Angers,  Bourdin,  1892. 

ixo.     Cagnat  R.     L'armée  romaine  d'Afrique  et  l'occupation  mi- 
litaire  d'Afrique  sous  les  empereurs. 

Paris,  impr.  Kationah,  1892. 

111.  Chapel  F.    Jules  Cesar  k  Izcraore.         Nantua,  Arine,  1892. 

112.  Corpus  scriptorum  ecclesiasticorura  latinorum  editum  Consilio 
et  impensis  Academiac  liiierarura  caesareae  Vindobonensis,  voL  XV. 

Wien,  Tempsky,  1892 


$$o    *PubHi'ca^tom  relcUÌPt  alla  storia  di  Q{oma 


ZI 3.    Costa  E.     La  niosoéa  greca  oelk  giumprudeou  focr^n» 
ProUisàooe.  Parma,  BatUi,     r  <^)1 

114^    Cbochet  L.  C.    La  toiletie  chez  les  Rotnunes  uà  temps     Jo 
cnperenis.  Ly^»  S^atuUf  t^fp. 

n  $ .    Desribcs  M.    Droh  lonuin  ;  de  la  coodictlo  indebiti. 

Pari},  Laroii,  tl^-^h 

ti 6.  Deusjxger  e.  ConsidenzioDÌ  intorno  alle  vicende  dell*»^:^^ 
romana  nella  forma  imperiale.  Sapolì,  PmtUri,  i^^^- 

117.  Elenco  dì  monete  romane  imperiali,  consolari  e  familiiri  à  ^&1» 
collezione  ddl'arciprete  Francesco  Manciatt  in  S.  CasctMO  *^ 
Bagni  Firenie,  CapptUi,  i^  '^^' 

I  i8.    Entrata  (La  prima)  del  pontefice  Paolo  III  (Alessandro  P""^"'' 
nese)  in  Orvieto;  narrazione  uflBciale.         Orvieto,  Torini,  l8 

119.  EsPERANDtEU  E.     Nouvelle  note  sur  un  cachet  inidìt  d'ocnl^^^^ 
romain.  (Seztus  Flavius  Basilius).  Anneri,  Buràin,  lil-S^  i*V** 

120.  FE&fu  E.     La  riabilitazione  nel  diritto  penale  romano. 

'~'rm^t.  Barbèra,  iS^ 

III.  FowLER  W,W.  Julius  Caesar  and  ine  loundation  of  thcroraa 
imperiai  system  (Giulio  Cesare  e  la  fondazione  del  sistcra*  i« 
periale  romano).  London,  Putsam,  iS 

122.  Gabut  F.    Étude  sur  le  volume  et  la  qualité  des  caun  dist^^ 
buèes  à  Rome  antique.  Lyon,  R^,  tSo^ 

123.  Garagnani.    I  tributi  e  le  tasse  dei  Romani  tanto  sono 
repubblica  quanto  sono  1*  impero.  Bolognut  Mùnti,  1S9.4 

124.  Geffroy.    Su  alcune  vedute  di  Roma. 

Roma,  Saltriuu-ir  iRo  • 

125.  —    Une  vue  inèdite  de  Rome  en  1445. 

Roma,  Salvmai,  i*9< 

126.  GoETz  W.    Mazimilians  II  Wahl  zum  ròmìschen  Kònig,  15^ 
(La  elezione  di  Massimiliano  II  in  re  dei  Romani   nd  ì$6j),      — 

fTùrihurg,  Btiktt,  iSq^s^*?** 

127.  GuicRARO  A.    Les  ruines  gallo-romaìnes  de  Survain  i  S»ìr-=^^^* 
Lothain.  Lons-U-Saumùr,  iSi^J^A 


;  rei*""' 


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14S.    MiDDLFrov  Z.    The   rcmxiss  of  andent  Rome  (I 


149.    Mcu.:±r£  H.     Stit^sdqoe  giUo-romaine. 


Lyom.  «a. 


■89J. 


iSa    MosAc:  E.     Di  Godo  della  Colonna  troradore  e  dcll-*^      ^ 
patria-  Rcwu,  Sdkimid,      ^  ^^• 

i>i.    Mox»i  S.     S.  Cdesdno  difeso  dall^accnsa  di  viltà  data^t*-  «^ 
glossarcri  di  Dan».  ftsa,  OrsobR;    «^  '*'^- 

15:-    MurnHSJO  J.    IntrodanSoo  histonqoe  ao  droit  prire  de  Kc^^™^ 

SsMcy,  XLcOt,  1-^3^ 

155.    Naxdlcc:  e.     n  aaruK)  di  mascalcia  di  Lorenzo  Rosìo,  $0""^^^° 
ed  secolo  xin,  in  vernacolo  romano.        Rem»,  Stfrt>>->T,  i^^^^ 

154.    Nitt:  F.     Leooe  X  e  La  sua  polìtica  secondo  docvmat^^  ^ 
caneggi  inedid.  /^«"^  Barbin,  ii^^^ 


jTi 


T^ubblica^iom  relative  alla  storia  dirama    ^^^ 


'J5'  Nuniiaturberichte  aus  Deutjchland  ncbsi  ergànzen  Actenstu- 
^«1  i)Jj-iS;9.  Hcrausgegeben  durch  das  K.  preuss.  historisch. 
Wtm  in  Rom  (Le  relazioni  delle  nunziature  di  Germania). 

Gotha,  Ptrihcs,  1892. 

*^  OtENDi  I.  Marcus  Terenrius  Varrò,  die  Quelle  za  Livius, 
yl,  1  (Marco  Tereiuio  Varrone;  la  fonie  del  cap.  2,  libro  VII 
*  Livio).  BiUriii,  1891. 


7-    ^ALLU  DE   Lessert  A.  C.    Vìcalrcs  et  comtes  d'Afrique  (de 
'^Itiien  à  l'invasion  vandale).  Constatttine,  Brahantt  1893. 


^ALtmBO  L.    L'invocazione  delle  leggi  romane  fatta  da  Man- 
^<ii.  Lanciano f  Carabba,  1891. 


(^*       Paolucci  G.     L'origine  dei   comuni  di  Roma  e   di  Milano 
^^coli  XI  e  xii).  Palermo,  Cìausm,  1892. 

'60 

^m         '       Pirro  A.    Il  primo  trattato  fra  Roma  e  Cartagine. 

^P  Pisa,  Sistri,  1892. 

Piva  E.     La  guerra  di  Ferrara  del   1492.  L   L'alleanza  dei 
K  Vencitanì  con  Sisto  IV.  Padova,  Draghi,  1892. 

^^-^     PoHLMEY  C.    Der  ròmischen  Triumph   (II   trionfo   romano). 

Gùtersloh,  BerUhmann,   1891. 

^3.  RoDENBERG  C.  lunoccnz  IV  und  das  Kònigreich  Sicilien, 
j 245- 12 54  (Innoceruo  IV  e  il  regno  di  Sicilia,   124;- 1254)- 

HaìU  ajS.,  Niemeycr,  1892. 

^  ^4.  ScHNlTZER  I.  Die  Gesta  Romanat  EccUsiac  dcs  Kardinals  Benno 
und  andere  Streitschriften  der  schìsmatischer  Knrdinale  wider 
Gregor  VII  (Le  Gesta  Romanae  EccUsiae  del  cardinal  Bennone 
ed  altri  scritti  polemici  di  cardinali  scismatici  contro  Gregorio  VII). 

Bamberg,  Buchner,  1892. 

J65.     Sellar  W.  Y.     The   Roman  poets  of  the  Augusian  age   (I 
poeti  romani  dell'epoca  di  Augusto). 

Oxford,  Oarcnàott  Press,  1892. 

166.    Sylloge  epigraphica  orbis  Romani,  cura  et  studio  Hectoris  De 
Ruggiero  edita.  Romot-,  Loescher,  1892. 


554    Pubblicazioni  relative  alla  storia  di  ^oma 


167.  TAMASStA  N.  Note  per  la  sioria  del  diritto  romano  nel  medio 
evo.  Un  antico  proemio  de'  libri  giuridici  in  Oriente  ed  in  Occi- 
dente. La  leggenda  d' Irnerio.  Firenze,  Barbèra,  1892. 

168.  ToMMAsmi  O.  Evangelista  Maddaleni  de'  Capodìferro,  acca- 
demico e...  storico.  Roma,  Salz'iucci,  1892. 

169.  Vernier  L.     Les  inscriptions  métriques  de  TAfiique  romaine 

Angers,  Burdin,  1892. 

170.  VoicT  N.  Ròraìsche  Rechtgeschichte  (Storia  del  diritto  ro- 
mano). Leipzig,  Licheskind,  1892. 

171.  Zdekauer.  Il  diritto  romano  nel  comune  antico  di  S.  Gì- 
mignano.  Torino,  Bona,  1892, 

172.  Zeller  B.     Sac  de  Rome.  CoulommUrs,  BrodarJ,  1892. 


INDICE  SISTEMATICO 

DELLE    PUBBLICAZIONI    RELATIVE     A    ROMA 

REGISTRATE  NEL  PRESENTE  VOLUME 

I.  Storia  di  Roma.  Città  e  territorio. 

a)  Narrazioni:  12,  28,  J2,  35.  55,  71,  72,  73,  77,  91,  138,  146, 
147,  t6o,  172. 

b)  Fonti:  78,  79,  80. 
e)  Critica:  30,  1  ?o,  rj6,  159. 

IL  Storia  dell'Impero  romano. 

a)  Narrazioni:  53,  92,  94»  108,  126. 

b)  Fonti:  155. 
e)  Critica:  37,  48,  54^  68,  no,  116,  121,  134,  155. 

III.  Storia  della  Chiesa  e  del  Papato. 

a)  Narrazioni:  IO,  16,  21,  24,  29,    31,  34,  41,  50,  51,  58,  6^7 
90,  96,  105,  133,  141,  154,  161,  165,  165. 

b)  Fonti:  i,  4,  15,  38,  59,  112,  118,  155. 
0  Critica:  6,  9,  22,  68,  106,  J51,  164. 


'Pubblicazioni  relative  alla  storia  di  ^oma    $$5 


rv.  Storia  delle  istituzioni  e  della  coltura  in  Roma. 

a)  Diritto  civile  e  canonico,  e  istituzioni  politiche  e  civili  :  2, 
3,  20,  25,  27,  3S,  36,  39.  42,  44,  45,  46,  47,  49»  52,  5^,  61,  64, 
65,  67,  68,  69,  70,  74,  75,  76,  85,  86,  87,  88,  93,  97,  98,  99.  100, 
IDI,  113,  115,  120,  123,  128,  IJ2,  139,  140,  142,  143,  144,  152, 
157,  158,  162,  167,  170,  171. 

h)  Lettere,  sdenze  ed  arti:  7,  11,  19,  26,  43,  60,  62,  65,  82, 
^,  90»  97,  «35,  I4S,  150.  153,  165,  168. 

e)  Usi  e  costumi:  14,  114,  131. 

V.  Discipline  ausiliarl 

a)  Archeologia:  5,  8,  13,  14,  17,  81,  102,  105,  107,  119,  122, 
127,  129,  140,  148,  162. 
&)  Epigrafia:  83,  109,  136,  166,  169. 
e)  Numismatica:  117. 

d)  Geografia  e  topografia:  13,  23,  40,  57,  104,  no,  in,  124, 

125,  157,  149. 

e)  Cronologia:  18,  84,  100. 
/)  Biografia  e  genealogia:  95. 


-     INDICE  GENERALE 

delle  materie  contenute  nel  volume  XV 


C.  CALISSE.    Costituzione  del  patrimonio  di  San  Pietro  in 

Tuscia  nel  secolo  xiv pag.         5 

B.  FONTANA.    Documenti  Vaticani  contro  l'eresia  luterana 

in  Italia 71 

G.  TOMASSETTI.    Della  campagna  romana  (continuazione)       167 

E.  RODOCANACHI.    Statuti  dell'università  dei  cocchieri 

di  Roma 217 

E.  CELANI.    Le  pergamene  dell'archivio  Sforza-Cesarini    .      227 

M.  PELAEZ.  Visioni  di  s.  Francesca  Romana.  Testo  roma- 
nesco del  secolo  xv,  riveduto  sul  codice  originale,  con 
appunti  grammaticali  e  glossario  (continuazione  e  fine)      25 1 

G.  MONTICOLO.  Le  spedizioni  ^i  Liutprando  nell'  Esar- 
cato e  la  lettera  di  Gregorio  III  al  doge  Orso ...      321 

B    FONTANA.    Documenti  Vaticani  contro  l'eresia  luterana 

in  Italia  (continuazione  e  fine) 365 

L.  DUCHESNE.     Le  sedi  epbcopalì  nell'antico  ducato   di 

Roma 475 

Varietà  : 

J.  GUIRAUD.    La  badia  di  Paria  alla  fine  del  secolo  xm  275 

O.  TOMMASINl 50S 

B,  FONTANA.    Clemente  Marot  eretico,  in  Ferrara.    .  510 


Indice  generale 


Atti  della  Soci^à.     Seduta,  dd  p  gennaio  1891  .    .     .  pAg.       2S0 
Id.  Seduta  del  i*  luglio  1891     .    ,    .    .    .      51  j 

Bibliografìa  : 

KutitJiimrberìchTe  At»  DeutschUsd  inì'MS?  i^^^t  agiatdta  Actta- 
tlUeken  i;^Dtsp]kfci  di  iiuniiatDr«  dilla  Germ^ia  cvn  àiKOìntaù  •cces* 
lóri).  —  Voi,  i"  Knadkrui-e  d*!  Vet|erio  Efl|'fy<S;  voi.  2»  Noe* 
nctun  del  Moronc  t{}S-t(jS,  edite  dt  WalUr  Fritfdeusbnrft  B*r 
lD£trìu  dell'  I.  If litutQ  lipnco  pRuiUno  io  Eotnft.  —  Goibit,  iB^ì  (O.  T.)         I^ì 

Vittorio  Colonna  niAffhfi^A  di  PefCM*-  Siipiplesiento  ti  Aneg^io, 
mceoko  ed  «unaitto  é»  Domsnico  Tordi,  con  l'iggiatDta  delb  wtu 
di  lei,  icritu  da  FUonlco  AUc&ni&sa^O.  —  Torino,  ErniAaoo  Loé- 
»d!«r,  1S9J.  i-xsS  (B.  Fo>fTA»* J 299 

G,  Clarttta.  Li  rcginii  Cfi«ÌM  di  Svezia  in  ttmlU.  (i«||.|«S9>. 
ÙeoiDric  morlvbe  «  medoTticbe  c<id  dgciucenti,  —  Torino,  R&a^  téat 
(G.   U). JOO 

Fruicssco  NltU.  LéoiKe  X  e  U  lUa  i>f>liijca,  lectmdd  doctmcn^ 
(  cifteg^ì  medili.   —  Fireoie,  Bifb&Ti,  jS^j   (O    T.)..... ...,,».,,  )l> 

FoTimlAr  Pani.  1^  toviume  d'A^rlei  et  de  Vienne  (lift-tj^B), 
Elude  iui  U  fcrmitìofii  territoriale  d«  i«  Frtncc  d*iii  i'ejt  et  le  Bnd-c«u^ 
P*ri»,  Pic*ni-<   iB$j  <F.  P.).., 519 

pKfttor  !•.  Gtachldbte  der  fi^c  leit  dén  àta^ag  dea  MìCiet. 
ilten.  Zweìter  B4B1Ì.  «  Freiburg  m  Breitgtis,  1^  (FkuiFGUCO  Ifiim^  ^22 

Notine     ,    ,    .    . )Oì 

^'        ..,...- 519 

Periodici  ( Artìcoli  e  dociimentì  relativi  alla  siaru  di  Roma)  .      30 j 
Jd.  Id.  S41 

PubbUcanonù  relative  alla  storia  di  Roma  .......      yit 


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PUBR 

DELIA  IL  SOCIE 


ZIONI 
ana  di  storia  patitta 


'  .    L,  11.  ii  . 

'ìcìetà  re 


vdIc^  <Misx  K>  Socàecà  raamu  ii  ston 
a:Vrirr  '^  ru-^Mìs.irìce:  »>rrjJì  iHc  con 

imdìce  dei  pnt 

Mtffiff  tfl   Sferriti  ^^it'fu 

S  LL ili  Min  £9dca6  a  «oigori  cotknaa.  a«> 

adit  aeàe  uliiì^Im  i  yrwm^ni  e  k  ta^a&&  ua  mmMru  rfie  oc  oiate. 


1^  e  U.  BALX^ua.    VftiL  11.  iiL  tv  t 


5l  Regesto  SaMmctnst,  r 

Déar  *fs^mùi  .io  ^mikL,  pubblicati  a  ci 

di  _    ^.Gas'tón 

tiBi^iiiii  »a»ec.  VoL  ni  ;t.  «J 

siK*^  .   _    U^  -  -•*...     5] 

MomimetUi  fiaUcg  ati  dalla  j 

R.  Società  romaotà  di  scuna  patria.  tn. 

Ooea  teoo^  v"^-*^    *   ^ ^ 

Reccad  pobbBcnkmi. 
Dépiomi  Imperiati  t  Reali  dette  CanceUerie  iVItaliaì 

//  A., 

In  preparaaooe. 

Mommieìttì  paiet^rafici  di  Rama. 

H  Uber  kysìoriantm  RomoHamm  a  ^orie  de  Traùi] 
et  de  Roma.    \*lv^ 


^4ììa  ^ 


!  IH  faina 
*  Rom^ 


1>ilU\    Vfy»'.s.-,  ,t-    Tf.  OCL  Sbuto» 


PUBBLICAZIONI 

DELLA    R.   SOCIETÀ    ROMANA    DI    STORIA   PATRI 


Presso  la  sede  della  R.  Società  romana  dì  storia  patria  si  possono  di- 
rettamente acquistare  le  pubblicaxiooi  sodali  alle  condizioni  seguenti  (prezzo 
netto): 

Archivio  della  R.  Società  romaua  di  storia  patria. 

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Indice  dei  primi  dieci  volumi  della  R.  Società  ro- 
mana di  storia  patria  (187787) uh. 6- 

Si  cederanno  tascicoll  o  volumi  separati  della  collezione,  se  esistano 
nella  serie  esemplari  scompleti  e  in  ragione  del  numero  che  ne  esiste. 

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Il  Regesto  di  Far/a  di  Gregorio  da  Catino,  pubbli- 
cato da  I.  Giorgi  e  U.  Balzanl   voii.  w.  m,  rv  «  v 

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G,    L.EV1.    Voi.  unifo  (ìn-40  gr.) L.  il-  25  — 

Diari  di  monsignor  Antonio  Sala,  pubblicati  a  cura 

di  G.    CUGNONI  (io  ««>) 

IntroduKiunc  (con ritratto     l     Voi.  I.         .    .    I.    u.  v  oi,  in  .         .    '     :t.  6 

m  fiiM.e)  .    .    L.  It.  a     I        .     Il  .     •      5     I        .     IV  5 

Monumenti  paleografici  di  Roma,  pubblicati  dalla 
R.  Società  rorritina  di  '^torin   txirrin       r  iw.  i.  a  e  m. 

Ciascun  fMCicoto  (lo-foi.)  .    L.  it.  (^«90 

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L^unico  indirizzo  per  chi  voglia  corrispondere  colla  R.  Società  ronuuaa 
di  storia  patria,  o  farle  invio  di  lettere,  plichi,  libri  o  pubblicazioni  di  qual> 
siasi  genere,  è  il  seguente: 

Jllìa  %.  Società  romana  di  storia  patria 

Biblioteca  Vallicelliana 
(Ejt-convetito  de' Filippini)  #     TP/^m'Ci 

ROMA.  FoRiAvi  E  C,  Tn».  del  Senato.