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DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
/| ") ^*^DA S. PIETRO SINO AI NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA , ALLE CITTA PATRIARCALI , ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII , ALLE FESTE PIÙ SOLENNI,
AI RITI, ALLE CEREMONIB SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI , CARDINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI , MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. FC.
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MÒRONI ROMANO
PRIMO AIUTANTE DI CAMERA DI SUA SANTITÀ
GREGORIO XVI.
VCL. XXIX.
IN VENEZIA
DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
MDCCCXLIV.
• ' ' ■ -
/'Jfó^ •
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
^®$i<
G
GEN
G.
ENOVEFPA o GENEVEFFA
(s.). Nacque da un Seyero e da una
Geronzia, verso Tanno ^21, nelviU
laggio di Nanterre, due leghe da
Parigi distante. Passando per colà s.
Germano d'Auxerre e s. Lupo di
Troyes, che andavano a combattere
r eresia di Pelago nella gran Bre-
tagna, tra la folla divota che do-
mandava la loro benedizione, s.
Germano per superna ispirazione
distinse Genove6&, fanciulla di set-
t'anni. Fattasela appressare coi
suoi genitori, predisse loro la futu-
ra grandezza della figliuola, ed aven-
do inteso da lei medesima che ar-
dentemente bramava di dedicarsi
al Signore in perpetua virginità,
la benedisse e la consagrò a Dio
da quell'istante. Allora Genovefià
riguardossì come afi&tto separata
dagli uomini, di nuli' altro occu-
pandosi che degli esercìzi della cri-
stiana pietà e della piti fervida di-
vozione. Giunta all'età di quindici
anni, fu presentata al vescovo del
paese per ricevere il sacro Telo
GEN
della religione. Perduti ì genitorì,
ritirossì a Parigi presso una signo-
ra ch'era sua santola, seco recan-
do lo spirito della piti austera pe-
nitenza. Ella non mangiava che la
domenica e il giovedì, e non ci-
ba vasi che di un po' di pane e di
alcune fave, assolutamente vietato-
si r uso del vino. Seguitò questo
tenore di vita fino ai cinquant' an-
ni, in cui alcuni vescovi la costrin-
sero ad usare d'un po' di latte e di
pesce. A tanta mortificazione accop-
piava perfetta purezza , profonda
umiltà, viva fede, carità ardentis-
sima, quasi continua orazione: e
n'era ricompensata con quelle in-
terne sovrumane consolazioni che
il mondo non può dare, ne i mon-
dani comprendere. Nullameno era
d' uopo che la sua virtù fosse pro-
vata colla tribolazione. I suoi ne-
mici, approfittando della sincerità
con cui ella parlava dei favori
straordinari che lo Spirito Santo
comunicavale, la spacciarono per
ipocrita e fantastica^ caricandola di
6 GEN
odiose e disouoi'evoli imputazioni.
Ma s. Germano che passò per Pa-
rigi, andando la seconda volta nel-
la gran Bretagna, conosciutane Tin-
Docenza, prese la difesa di lei, e
fé' tacer la calunnia. Nel 4^o mi-
nacciando Attila d' invadere la
Francia con formidabile esercito,
sparse in Parigi la costernazione e
Io spavento. Genoveffa, ripiena di
fiducia in Dio, promise a' parigini
che allontanerebbero tanta calami-
tà se ricorressero ai digiuni e alle
orazioni. Alcune femmine si chiu-
sero con lei nel battistero pub-
blico, e vi pjEissarono parecchi gior-
ni in orazioni e penitenze. Altri
trattando la santa da falsa profe-
tessa, spìnsero il loro furore 9 se-
gno che sarebbe corsa pericolo del-
la vita, se non giungeva l'arcidia*
cono d'Auxerre portandole delle
eulogie in nome di s. Gemmano,
che signifìcavale con ciò la sua
stima. Questa circostanza ispirò
ne' persecutorì di lei sentimenti pili
umani e religiosi , che si cangia-
rono in venerazione allorché mu-
tando gli unni direzione alla loro
marcia, si avvei*ò la predizione deU
la santa. Ella ebbe inoltre il do-
no dei miracoli, e ne operò di stre-
pitosi a Parigi, a Meaux, a Laon,
a Troyes, ad Orleans, a Tours,
per cui dilatossi la &ma di sua
santità. Nell'assedio di Parigi fatto
da Ghilderico, Genoveffa si pose al-
la testa di coloro ch'erano spediti
a cercar viveri, e scortatili fino ad
Arcis-sur-Aube ed a Troyes, li ri-
condusse illesi passando fra Toste
nemica* Dopo la presa della città,
Chiklei*ico, benché gentile, rese o-
maggio alla virtù di lei , ed a sua
istanza usò moka clemenza, nel
che fu imitato da suo figlio Clo-
doveo. Genovefia fece erìgere una
GEN
chiesa in onore di s. Dionigi di
Parigi, pel quale avea speciale de-
vozione. Contribuì colle sue orazio-
ni alla conversione del re Clodoveo,
e lo impegnò ad innalzare la basi-
lica de'ss. apostoli Pietro e Paolo,
poi compita da s. Clotilde. Final-
mente morì di ottantanov'anni, ri-
piena di meriti, a' 3 gennaio del
5 12, e fu sepolta nel recinto del-
la nuova chiesa degli apostoli non
ancor terminata, la quale in segui-
to prese il nome di lei e lo porta
tuttora. Dell'abbazia, canonichesse,
e canonici di s. Genoveffa, se ne
tratta nel seguente articolo. Il
suo culto é celebre a Parigi, che
la onora del titolo di pati*ona,
e deve alla sua intercessione se-
gnalati favori. Nell'anno 11 29
un morbo crudele detto l'ardente
feceva strage de' parigini; e dopo
una solenne pi*ocessione in cui fu
portata alla cattedrale la magnifi-
ca cassa di s. Genoveffa, cessò sul
fatto quel tremendo flagello. Papa
Innocenzo II, recatosi in Francia
l'anno seguente, verificato il mira-
colo, ordinò che se ne celebrasse
Ogni anno la memoria il di 26
settembre; la festività poi solenne
* di s. Genoveffa celebrasi a' 3 di-
gennaio.
GENOVEFFA (s.). Abbazia, ca-
lionichesse e canonici regolari. P^, il
voi. VII, pag. 235 e 271 del Di"
zionario. La celebre abbazia di s;
Genoveffa era situata a Parigi (Fé*
dijy in capo alla strada detta di
s. Genoveffa, che non formava an-
cora parte della città quando fu
fondato il monistero. In questo luo-
go eravi un eimitero ove fu sepol-
to Prudenzio vescovo di Parigi; e
s. Genoveffa (Fedi)^ morta ne' pri-
mi del IV secolo, fu ivi pur turau-»
lata. Scrivono alcuni che sulla di
GEN
lei tomba fu eretto uq oratorio di
legno y che il re Giodoveo I ridus-
se a forala di chiesa sotto T invo-
cazione de' santi Pietro e Paolo,
per adempiere il voto che avea
fatto prima della sua partenza da
Parigi per la guerra conti*o i goti:
]a cosa però non andò in tal mo-
do, giacché è noto che s. Genovef''
fa morì nel 5i3, cinque settimane
dopo la morte del re, e fu sepol-
ta presso questo principe nel re-
cinto della nuova chiesa da lui inco-
minciata per luogo di sua sepoltura,
fuori della città, sopra una collina
poco distante dal suo palazzo. Quin-
di Dio operò si gran numero di
prodigi per l'intercessione di s. Ge-
noveffa a chi rìcori*eva alla sua
tomba, che la chiesa prese il di lei
nome. La pia regina Clotilde vedo-
va di Clodoveo I la terminò ed
abbelPi di ricchi ornamenti, come
quella che avea indotto i\ re a
fabbricarla ; indi la scelse per luo-
go di sua sepoltura, come avea fiit-
to il marito nel mezzo del coro ,
e la regina fu deporta pi*es$o i
gradini dell'altare maggiore, poscia
trasportata dietro il coro, pel culto
che i francesi le tributarono. Ter-
minato il tempio fu distrutto l'o-
ratorio di legno eretto sul sepolcro
di s. Genoveffa , ed il coi*po della
santa fu trasferito dietimo l'altare
oìaggiore, e collocato in preziosa
cassa, sostenuta da quattro colon-
ne di bellissimo marmo. L'abbazia
di s. Genoveffa sino all' 857 ^^
amministrata dai monaci , ma es«
seiffio stata bruciata dai norman-
ni , furonvi sostituiti de' canonici
secolari, a' quali succedettero quei
regolari dell' ordine di s. Agostino
nel 1 148- Fu allora che il celebre
abbate Suger, incaricato dal Pon-
tefice Eugenio III di riformare il
GEN' 7
monisteroy vi destinò Eude priore
di s. Vittore come capo della ri-
forma, con dodici suoi confratelli
accordatigli dall' abbate Gilduino.
Nel 1177 eletto in abbate Sterno
di Tournay intrapi*ese la restaura-
zione del monistero , e coprì la
chiesa di piombo, come ristabilì in
vigore la disciplina, facendovi e-
gualmente fiorire la pietà e l'amo-
re delle lettere , ma separando la
scuola de' religiosi da quella degli
scolari. Verso quest' epoca ebbe
principio la carica di cancelliere di
s. Genoveffa, il quale era un uffi-
ziale nominato dall'abbate, che ne
facesse le veci con accordai*e la li-
cenza d'insegnare; prima il can-
celliei*e nominava i dottori e i pro-
fessori di tutte le facoltà, poi solo
potè accordare il grado di maestro
di belle lettere e filosofia. Nel 1227
circa il Papa Gregorio IX accordò
all'abbate l'uso della mitra e del-
l'anello, e Clemente IV la facoltà
di poter conferire la tonsura e i
quattro ordini minori a' suoi reli-
giosi, ed alcuni diritti che poi ri-
nunziò nel i66g: conservò però la
prerogativa di assistere alla proces-
sione della cassa di s. Genoveffa ,
con mitra e pastorale, incedendo a -
destra dell'arcivescovo di Parigi, e di
dare come lui la benedizione nelle
contrade. Siccome s. Genoveffa é la
protettrice di Parigi, così la cassa
contenente le sue reliquie^ d'argen-
to dorato^ e ricca di pietre prezio-
se donate dai re e dalle regine di
Francia, portavasi in processione
nelle grandi calamità pubbliche^
tutto il clero e tutte le coili su-
periori della città assistevano a que-
sta processione; i religiasi della
santa procedevano a piedi nudi ,
alla destra del capitolo della me-
tropoUtana,
8 GEN
L'abbate e i caDonìd regolari di
s. GenoveOa rinunziarono a diversi
diritti che avevano sulla parrocchia
di s. SteBiDo del Monte, e su divei'se
altre chiese di Parigi sino dal 1202^
dappoiché la chiesa di s. Stefano
era contigua a quella antica di s.
Genoveffa, il cui abbate nominava
a reggerla un suo religioso. Inol-
tre questo abbate era il conserva-
toi*e dei privilegi apostolici , e de-
putato dalla santa Sede per cono-
scere e giudicare tutte le cause
tra persone ecclesiastiche: la sua
camera apostolica aveva anticamen-
te molto credito ed un grandissi-
mo potere; le appellazioni porta-
vansi immediatamente alla santa
Sede, ma gif abusi che ne deriva-
rono ne fecero col tempo limitare
la giurisdizione. Caduta F abbazia
nel rilassamento, Luigi XIII dopo
la morte dell' abbate Beniamino
Brichanteau, ch'era pur vescovo
di Laon, la diede con autorizzazio-
ne di Gregorio XV al cardinal
Francesco de la Hochefoucault , il
quale l'accettò colla condizione di
potervi ristabilire il buon ordine
e la primitiva regola. In Bitti do*
pò aver stabiliti a s. Genoveffa do-
dici canonici regolari della nuova
riforma di s. Vincenzo di Senlis,
a' 27 aprile i6a4 scelse uno di
essi per suo coadiutore nella per-
sona del p. Carlo Faure ; indi vi
associò altre abbazie, in modo che
l'abbazia di s. Genoveffa divenne il
capo d' una congregazione del suo
nome, di cui volle che il superiore
generale ogni triennio fosse pure
abbate di s. Genovefla , con V ap-
provazione del Papa Urbano Vili,
e del re Luigi Xlll.
Nel regno di Francia la congrega-
zione di s, Genoveffa giunse ad avere
sessautasette abbazie, treot'otto pria-
GEN
rati conventuali, due prepositure e
tre ospedali : nei Paesi-Bassi tre ab-
bazie, tre priorati, oltre un gran-
dissimo numero di parrocchie.
Quanto al monistero di s. Geno-
vef&, l'interno era molto ben fab-
bricato, e da per tutto appariva la
maggior proprietà. L' abbazia pos-
sedè una biblioteca che passava
per una delle migliori di Europa,
sia per l' ediiSzio, che per la qua-
lità e quantità di libri, oltre un
gabinetto d'antichità descritto dal
p. Molinet; poi si aggiunse la col-
lezione delle medaglie d'oro che
nel 1753 gli lasciò il duca d'Or-
leans, che ivi erasi ritirato. Dopo
qualche anno si fabbricò una nuo-
va chiesa a 8. Genoveflà maestosa,
con disegno del celebre SulHot,
ed il re Luigi XV vi collocò la
pi'ima pietra nel settembre del 1 764;
ma questo superbo monumento
soggiacque alle vicende della re-
pubblica francese , che lo destinò
per Pantheon alla sepoltura degli
uomini illustri ^eila patria, sebbe-
ne vi furono tumulati anche colo*
ro che si lordarono le mani del
sangue de' propri concittadini, pro«
fanatori della religione e della ca«
sa del Signore. In questa triste e
fatale occasione si cambiarono mol-
ti bassi* rilievi, e si fecero diyerse
mutazioni, secondo l'uso cui dovea
servire. Restituita la chiesa di s.
Genoveffa nei primi anni del cor*
rcnte secolo alla sua precedente
destinazione religiosa, nel i83o per
le note vicende politiche nuova-
mente fu ridotta ad uso di Ptn-
theon. La congregazione di s. Ge<*
novella fu onorata da molti persoi-
naggi con la loro pietà e dottrina.
F. Gallia Christ, nova tom, VII,
p. 700; Le Fevre, Calcnd, storico
di Parigi p, 5qo, e gennaio 3, no-
GEN
Tembre 26; PiganioI, Descrizione
di Parigi tona. V, p. 238; e Saint-
Victor, Tableau historique et pitto-
resque de Paris, In questa città e-
ravi pure altra antica chiesa dedi-
cata a s. Genoveffa, detta la Pie-
€ola s, Genoveffa; sorgeva presso
la cattedrale, ed alla casa ove la
santa moiì , e fu demolita nel 1 747
per fabbricarvi l'ospedale dei fan*
ciulli esposti.
GENTILE (b). Sortì i natali
a Matelica, città della Marca di
Ancona , dall' illustre famiglia Fi-
naguerrìa, e giovane ancora entrò
nella religione di s. Francesco. Con-
sagrato sacerdote ritirossi sopra il
monte Alverno, luogo celebre pel
soggiorno del suo santo patriarca,
e si rese modello di perfezione cri-
stiana , e fervido contemplativo. I
religiosi del convento, ammiratori
delle sue virtù e de' suoi meriti ,
lo scelsero due volte per loro su-
periore. Predicatore zelante ed elo-
quente, ricondusse sul sentiero del-
la virtù uomini traviati. Passò a
predicare la fede nel Levante, scor-
se le frontiere dell'Egitto, s'inol-
trò nella Pei^ia. 11 Signore avva-
lorò la sua dottrina col dono dei
miracoli, e colla scienza dell'avve-
nire; e i persiani stupe&tti a que-
sti prodigi, ricevettero il battesimo
in numero di diecimila. Il nuovo
apostolo non tralasciò d'adoperarsi
con tutto il fervore per rassodare
la fede de' novelli cristiani. Si unì
al veneto ambasciatore Marco Cor-
naro, poi doge di Venezia, ch'era-
si recato in Persia, per visitare seco-
lui la tomba di santa Caterina sul
monte Sina nell' Arabia. Continuò
poscia in quei paese .le sue fati-
che ; ma i saraceni adirati pei
trionfi eh' egli riportava sulla set-
ta di Maometto, gli fecero soffri-
GEN 9
re il martiìMO a Toringia nel 1 34o.
Le sue reliquie furono acquistate a
prezzo d'oro da un Nicola Quiri-
ni nobile veneziano, e trasportate
a Venezia, dove riposano in un'ur-
na marmorea nella chiesa dì san-
ta Marìa Gloriosa, già de' frati mi-
nori : sotto l'urna avvi dipinta l'im-
magine di questo servo di Dio, di-
nanzi alla quale arde una lampa-
da. 11 di lui culto fu appix>vato da
Papa Pio VI, il quale permise all'or-
dine di s. Francesco ed al clero di
Matelica di celebrarne la festa a' S
di settembre, giorno in cui il b.
Gentile ricevette la corona del mar-
tirio.
GENTILE. Questa parola deri-
va dall'ebraico Goiim o Gojim o
Gotim , dappoiché con tal vocabolo
gli ebrei appellavano le nazioni e
tutti i popoli della terra, ed ognu-
no che non era israelita. In origi-
ne questo vocabolo non significava
nulla di spi^egevole, ma in pro-
gresso i medesimi ebrei vi uniro-
no un' idea svantaggiosa a inotivo
dell'idolatria e dei vizi, da cui e-
rano infette tutte le nazioni. Quan-
do gli ebrei furono convertiti alla
fede dell' evangelo, continuarono a
chiamare gentili, genteSy le nazioni
ed i popoli che non erano ne ebrei,
né cristiani. San Paolo é denomi-
nato V apostolo delle gentil i* apO"
stolo dei gentili o delle nazioni ,
perché principalmente si occupò al-
la conversione ed alla istruzione
dei gentili , che distìngue talvolta
anche col vocabolo di greci, come
abbiamo ueW epist. ad Hom, I, 14)
16; ueìV epist. ad Corinth. I, 22,
24; e neìV epistola ad Galat, 3,
28. Anche s. Luca negli atti degli
apostoli 6, I , fa uso del vocabolo
graecus y nel medesimo significato.
Molti ebrei superbi dei privilegi
IO
GEN
delia ' loro nazione, e delle promes-
se che Dio avea loix> fatto, e dei-
la legge che a^ea Joro data, si sde-
gnarono al vedere che i gentili era-
no ammessi alla fede, senza essere
assoggettati alle cerimonie del giu-
daismo. Fu necessario un decreto
degli apostoli riuniti da s. Pietro
in concilio a Gerusalemme, per de-
cidere che bastava credere in Ge-
sà Cristo per essere salvia e che
non si dovessero inquietare i gen-
tili convertiti alla fede, ma si scrì-
vesse ad essi, che solo si astenes-
sero dalle carni immolate agi' idoli^
dalla fornicazione, e dal mangiare
animali soffocati, né il sangue, co-
me si ha dagli Atti aposi. e. 1 5 ,
V. 5 e seg. Malgrado però di que-
sta decisione molti ebrei perseve-
rarono nel loro erroneo sentimen-
to, e furono chiamati giudei ebio-
niti, dair eretico Ebione (^edi) lo-
ro capo. Contro gli ebioniti s. Pao-
lo scrisse principalmente la sua let-
tera ai galati. I profeti che avevano
annunziato la conversione e la fu-
tura salute de' gentili , in nessun
modo aveano significalo che sareb-
bero Sottomessi al giudaismo : anzi
avevano predetto che alla venula
del Messia vi sarebbe una nuova
alleanza, come si espresse Geremia
e. 3 1 ; una nuova fede al dire d' a-
saia e. 42> V. 4> *^ nuovo sacer-
dozio, e nuovi sacrifizi come di-'
chiaro Malachia e. 65, v. 3i, e. i,
¥. io; e che assolutamente cesse-
rebbero quei del tempio di Geru-
salemme, lo si legge in Daniele
<^P« 9» ^* 27* Dunque per par-
te de' giudei, osserva il Bergier,
era un'ostinazione assai mal fon-
data il pretendere che la legge di
Mosè fosse slata data per tutti i
popoli e per sempre; che non vi
potesse essere salute pei gentili sen-
GEN
za l'osservanza delle cerimonie le
gali.
li Rinaldi negli Annali ecclesia^
stìci tratta molti punti rìsguardan-
ti i «gentili, dicendo che nei primi
tempi i discepoli degli apostoli di-
spersi, non predicarono ai gentili ,
ma ai soli ebrei ; che s. Pietro a»
prì ai gentili la via per venii*e al-
la Chiesa, per cui fu ripreso dal-
l'eretico Cerinto, il quale voleva
obbligare i gentili di recente con-
vertiti, alla circoncisione ed alle aU
tre mosaiche osservanze, cui ave-
vano dispensato di segui i*e gli apo-
stoli nel terzo concilio di Gerusa-
lemme; dice quando i discepoli
incominciarono a predicare ai gen*'
tili , e dei costumi fieri di questi
avanti la predicazione salutifera del
vangelo, ed altri punti relativi alle
loro usanze, riti ch'ebbero in co-
mune coi ciistiani e con gli ebrei,
delle loro superatizioni, e degl'im-
peratori che permisero o vietarono
loro il sacrificare , come di quelli
che li protessero o i*epressero col-
r inabilitarli alla milizia ed alle
magistrature, onde distruggere le
reliquie dell'idolatria; quindi della
conversione dei loi*o templi in chie-
se; che i a'istiani chiamarono pa«
gani gì' idolatri , ed i romani ap-
pellarono i barbari col nome o co-
me sinonimo di gentili, alleati o
no dell'impero, nonché con quello
di stranieri, in opposizione ai pro-
vinciali, cioè gli abitanti delle pi*o-
vincie dell' impero , secondo che
s' insegna nel diritto romano e nei
rescritto degl' imperatori , tit. eie
nupt. Gent.f e. Theod,
llMamachi nei Costumi de* primid^
vi cristiani principalmente discorre
come i gentili conobbero T innocenza
de'cristiani, e che mossi da questa e
dalla divina grazia abbmcciai*ono la
GEN
loro religione ; de' nomi obbrobrio-
si co* quali ì gentili chiamaYauo i
Cristiani (Vedi)^ come a quell'artico-
lo notammo ; delle calunnie dei gen-
tili inventate dall'odio che porta-
vano al nome cristiano ; che ne ap-
provavano la loro conversazione,
ma siccome superstiziosa ne ripro-
vavano la religione; che punivano
i cristiani per il solo nome, sebbe-
ne alcuni di loro persuasi deli' in-
nocenza de' cristiani abbracciarono
la religione de' medesimi ; dice del-
le testimonianze degli stessi gentili,
colle quali provasi la verità della
l'eligione mstiana; del loro errore
della pluralità degli Bei, e per qual
motivo loro dispiacesse che i cri-
stiani non si accostassero ai templi
degli Dei; narra le persecuzioni di
essi contro i cristiani, e viceversa
r amore che questi avevano pei gen-
tili, e con quanta diligenza ne pro-
curarono le conversione. 11 p. Rui-
nart negli Atd sinceri dei primi
martiri della Chiesa cattolica^ par-
la come i gentili deridevano i ca-
duti, delle sevizie brutali che face-
vano contro i cadaveri dei martiri,
e che dopo la morte di Giuliano
r Apostata in più luc^hi si leva-
rono a rumore, ed ucàsero molti
cristiani in odio delia fede. Pom-
peo Sarnelii nelle Lettere ecclesia^
stichcy rileva vari usi dei gentili, e
delle non poche costumanze puri-
ficate e santificate nel cristianesimo.
11 p. Stefano Menochio nelle Stuo-
re o traUenimenli eruditi^ tratta mol-
li argomenti analoghi a' gentili, fra'
quali ne accenneremo tre: che nei
primi tempi del cristianesimo i gen-
tili non distinguevano i cristiani dai
giudei; delle diligenze e sforzi che fe-
ce Giuliano l'Apostata per rimettere
e riformare il gentilesimo, e come
contro ie invenzioni di lui si an-
1 1
GEN
dassero schernendo i msliani ; e
delle industrie usate già dai genti-
li per sopprimere nella Giudea le
memorie e la venerazione de' luo-
ghi santi. Il Buonarroti nelle Os-
servazioni sui medaglioni e vetri
antichi, nel parlare degli avanzi dei-
la gentilità e memorie della sua
«uperstizione, dice ch'esse dimostra-
no la potenza della nostra religio-
ne, e sono suoi ti^ofei ; ed in mol-
ti luoghi spiega come gli scultori,
i mosaicisti ed altri artisti signifi-
carono nelle loro opere i gentili ,
con simboli e figure. Finalmente
Giovanni Marangoni, DeUe cose
gentilesche e profane trasportate
ad uso ed ornamento delie chiese^
copiosamente discute V argomento ,
dichiarando che i gentili tolsero
dai sacri libri molte storie, riti e
dottrine, indi deformate con favole,
e che dai medesimi rìcercarono le
somiglianze delle figure de' loro si-
mulacri; che bramarono che i loro
templi fossero convertiti in altri usi,
piuttosto che vederli diroccati, e
che senza saperlo prepararono i ma-
teriali più sontuosi, per la magni-
ficenza delle nostre chiese.
GENTILE Partwo da Moute-
FioBE, Cardinale, Gentile Partino
nacque in Montefiore nella Marca,
diocesi di Fermo, in età giovanile
in detta sua patria professò nell'or-
dine de' minori, fu mandato a stu-
diare nelle celebri scuole della cit-
tà di Parigi, e divenne uomo gra-
vissimo, come lo chiama il Buon-
finio , siccome dotato di straordi-
naria virtù, scienza e saviezza. Es-
sendo dottore in teologia, perciò
detto il dottore parigino, e lettore
del sagro palazzo apostolico, dopa
aver egli nelle scuole di esso dato
saggio di sua dottrina, il Pontefi-
ce Boni&cio Vili ne premiò il me-
la
GEN
l'ito a' 4 dicembre 1^98, creando-
lo cardìoale dell' ordine de' preti ,
conferendogli per titolo la chiesa
di s. Martino ai Monti. Inoltre Bo-
nifacio Vili lo inviò legato in Si»
cilia, lo incavjcò di aiutare i cava-
lieri gerosolimitani per la ricupera
di Palestina , e gì' impose dì com-
primere gli eidetici fraticelli. Dopo
la morte di quel Pontefice inter-
venne ai conclavi in cui furono elet-
ti Benedetto XI, e Clemente V , il
quale nel i3o5 gli affidò la cura
e l'amministrazione della chiesa di
6. Prassede, e dichiarandolo legato
apostolico con ampie facoltà lo spe-
di in Ungheria, munito di un pon-
tifìcio breve diretto ai popoli di
quel regno , non che a quelli di
Polonia, Dalmazia e Croazia, nel
quale venivano esortati a prestar-
gli ubbidienza. Il cardinale condus-
se in Buda Carlo Rimberto o Ro-
berto ossia Carlo Martello figlio
di Carlo II re di Sicilia, ricono-
sciuto e confermato dalla santa Se-
de qual re d'Ungheria, e siccome
gli ungheresi avevano ricusato di
prestargli ubbidienza, ei*ano stati ful-
minali colla sentenza dell'interdetto.
In Pesto o Pestino il cardinale con-
vocò una generale assemblea degli
stati , ed in essa coronò solenne-
mente Carlo in re d' Ungheria, col
nome di Carlo I Roberto. Nella
'medesima assemblea il cardinale sta-
bili, che se Stanislao o Ladrslao vai*
voda non avesse restituito la corona
delta santa dagli ungheresi, manda-
ta già dal Papa Silvestro li al re
s. Stefano I , nella quale essi pre-
tendevano essere fondato il diritto
reale, si tenesse in avvenire in con-
to di profana, ed un'altia bene-
detta se ne dovesse mandare dal
Pontefice pel nuovo re ; in tal mo-
do dopo dieci anoi di discordie e
GEN
sedizioni, Carlo I cominciò a pren-
dere le redini del governo. Ad on-
ta di tanta solennità con la quale
erasi coronato il principe, avendo
due palatini del regno reclamato ,
e preleso d'intimare una nuova
dieta, dalla quale esigevano fosse
escluso il cardinal legato, questi
fulminò l'anatema contro tutti quel-
li che avessero ricusato di prestar
omaggio al re Carlo I , e special-
mente contro Matteo Palatino capo
de' ribelli, e reo di gravi ed enor-
mi delitti. In questa legazione il
cardinale confermò, come narra il
Panvinio , l' ordine de' monaci di
s. Paolo primo eremita, che mili-
tavano sotto la regola di s. Agosti-
stino. Nella cronaca del Wadingo,
attribuita al b. Odorico da Foiii ,
e riportata dal Baluzio nelle ag-
giunte al tom. I delle FUe de Pa*
pi d'Avignone -p. i4i4> '''iene de-
scritta la legazione del cardinale,
con tutte le più minute circostan-
ze avvenute ne' tre anni che durò,
e delle costituzioni da lui date al
regno ungarico, col titolo: Acia
convenlus Possoniensis . Portatosi
il cardinale in Avignone, ove Cle-
mente V avea stabilito la residen-
za pontifici^ , poscia intervenne al
concilio generale di Vienna, in cui
con invincibili argomenti teologici,
e di diritto canonico,- difese valo-
rosamente dalle calunnie il cattoli-
cismo, la legillimità, l'innocenza e
la memoria di Bonifacio Vili, che
il re di Francia Filippo IV di lui
fiero nemico, pretendeva che fòsse
esecrata come un eretico, mentile il re
stesso trova vasi presente all'eloquente
e zelante difesa. Mossi dal suo esem-
pio, difesero Bonifacio Vili anche ì
celebri cardinali Giovanni Mìnio
da Morrovaile, Guglielmo Longhi e
Riccardo Petroni. Inoltre il caidi-
GEN
nal Genlile per mezzo di sue let-
tere fece noto al mondo, aver ter<
minato Bonifacio Vili con gran
pietà i suoi giorni. Invialo dal Pa-
pa in Italia^ ebbe ordine di tras-
portai'é in Avignone il denaro esat-
to dalla città di Roma, e dalle prò-
"vincie di Campagna e del Patri-
monio di s. Pietro, nel timore che
se ne impadronisse Enrico VII che
dovea portarsi in Roma a prendere
la corona imperiale. Partito il car-
dinale d'Avignone per V Italia per
prendere detto denaro, che valuta-
vasi un milione di fiorini d'oix>,
indi non credendo egli sicuro que-
sto trasporto à motivo delle fazio-
ni de' guelfi e ghibellini , e delle
guerre tra' genovesi e pisani , che
allora desolavano l'Italia, per cui
tutte le strade erano- infestate di
assassini ed armati, lo lasciò come
in sicuro deposito nella sagrestia dì
s. Frediano in Lucca, dave si dice
che in breve fosse rapito e involato
da Castruccio signore di quella cit-
tà, ovvero da Uguccione signore di
Pisa, quantunque altri opinano di-
versamente. Dopo, avere come le-
gato apostolico condannata Tempia
setta dei fraticelli, vide il fine dei
suoi giorni nel i3i2 in Avignone,
secondo il Giacconi o, Fitae Font,
et Card,y ed il p. Giovanni da Sa-
lamanca, nella Biblioteca france^
scana tom. II, p. 14. Il citato Pa-
luzio a p. 582 scrive che il cardi-
nale non potè proseguire il suo
viaggio per essere stato sorpveso
in Lucca da grave n^lattia , che
gli tolse la vita in quella città,
come rilevasi dalle lettere di Gio-
vanni XXIl , immediato successore
di Clemente V; e però soggiunge,
sono in eiTore coloro che pensano
essere morto in Avignone, mentre
le memorate lettere ch'erano nelh
GEN i3
Colbertina, nel codice 829, dimo-
strano il contrailo, e questa fa la
cagione per cui il tesoit> rimase in
Lucca. Il medesimo Baluzio rac-
conta che Odoardo I re d'Inshii-
terra assegnò al cai'dinale l'annua
pensione di cinquecento lire sterli-
ne. Il Novaes Storia de' Pontefici
tom. IV, p. 4I9 dice che il tesoro
poi lo rìtirò da Lucca Raimondo
marchese d'Ancona nipote del Pa-
pa, il quale venendo sorpreso dai
modenesi, fu da questi ucciso ru-
bandogli il tesoro, per cui Clemen-
te V li scomunicò. 11 Cardella «el-
le Memorie storiche de' cardinali
tom. IIj p. 58 , narra che Gentile
morì dopo quattordici anni di car-
dinalato , e che trasferito il cada-
vere in Asisi fu sepolto nella ba-
silica di s. Francesco, nella cappel-
la de' ss. Lodovico e Martino da
lui fondata, di cui tratta il p. Bru-
schelli a p. i o5 di lèsisi città se*
ra/ica, Giuseppe Colucci nel toro.
XXV delle Antichità picene^ ri-
portando la visita triennale del Ci-
valli, e parlando a pag. 28 di Mon-
tefiore, dice che quel convento
de' francescani eretto nel i2'46, fu
illustrato da religioso dal Gentile,
il quale nella bella contigua chie-
sa di s. Francesco e nella cappella
di pietra a manca dell'altare mag-
giore, ove sono sepolti i di lui ge-
nitori, a questi con amor figlia-
le eresse un monumento, consi-
stekìte in due statue di pietra gia-
centi, con questa memoria: Anno
Domini 1 3 1 o. Dominus Gentilis de
Monte Florum Cardinalìs ord.
min, tempore Bonifdcii Vili ^ ti-
tuli s. Martini in Montibus,
GENTILI o GENTILLY, Genti-
liacum. Luogo di Francia, dipar-
timento di Senna, lungi una lega
da Parigi, sulla riviera di Bievre.
i4 GEN
^ Si chiama qualche volle grande
Gentilly per distinguerJo dal pic-
colo » situato pure sulla Bievi*e.
Questo villaggio fu la residenza dei
i*e di Francia della prima e secon-
, da stirpe. Pipino vi fece costruire
un palazzo di cui pib non riman-
gono che le vestigia, nel quale si
tenne una corte plenaria nel 762.
Dipoi nell'anno 767, o secondo al-
tri neiranno 796, nel giorno di
Natale, vi fu radunato un concilio
nazionale sul mistero della ss. Tri-
nità, la particola Filioque dei sim-
bolo, ed il culto delle sacre imma*
^ni. y* intervenne il re Pipino
accompagnato dai grandi del regno
e dalla maggior parte dei vescovi
delle Gallie e della Germania; due
legati della santa Sede inviati dal
Pontefice Paolo I , sei patrizi am-
basciatori dell'imperatore Costan-
tino Copronimo, con molti vesco-
vi di Grecia. Questi ultimi agita-
rono coi l^ati la questione sulla
processione dello Spirito Santo, se
proceda dal Figliuolo come dal Pa-
dre; e rimproverarono ai latini di
aver aggiunto al simbolo di G>-^
stantinopoli la parola Filioque, Am-
mettendosi la pi*esenza nel conci-
lio del re Pipino e dei legati di
Paolo I, conviene dire che fa cer
lebrato nell'anno 767. Regìa tom.
XYII; Labbe tom. VI; Arduino
tom. Ili, Diz, de* concilii; Lenglet,
Tavolette cronoiog,j e Manzi, Sup-
pieni, déconàln 1. 1, col. 6a3 e 624.
GENTILI Paolo, Cardinale.
Paolo Gentili da Lucca fu da Ur-
bano II del 1088 creato cardinale
dell'ordine de' preti, conferendogli
per titolo la chiesa di s. Sisto.
Sottoscrisse al concilio di Guastal-
la convocato da Pasquale il, e ven-
ne incaricato di divei*se legazioni in
Oliente.
GEN
GENTILI RIDOLFDCCI Luca,
Cardinale, Luca Gentili Ridolfuc-
ci di Camerino, da arcidiacono e
priore di quella cattedrale, Urbano
y nel 1 369 lo promosse al vesco-
vato di Nooera, quindi da Grego-
rio XI fu fatto vicario di Roma,
ed il Papa Urbano VI a' 18 set-
tembre 1878 lo creò cardinale
prete, assegnandogli per titolo la
chiesa di s. Sisto. Lo dichiaro le-
gato dell' Umbria, dove riconciliò
tra loro i cittadini di Todi, fra i
quali vertevano gravi e funeste di-
scordie. Morì in Perugia nel 1889,
e trasferito il cadavere nella cat-
tedrale di Camerino, ivi fu sepol-
to con breve elogio in versi, po-
stovi da Venanzio Rìdolfucci nel
1619. Su questo cardinale va let-
ta l'erudita nota posta nel tom.
II, p, 643 del Guarnacci, alla vita
del cardinal Antonio Saverio Gen-
tili. Il Novaes celebra il caixlinal
Luca, illustre pev dottiMua e san-
tità di vita.
GENTILI Antonio Saverio^ Cor-
dinaie. Antonio Saverio Gentili
nacque in Roma a'9 febbraio 1681,
da illustri e nobili genitori di Ca-
merino. Si dedicò con tal fervore
allo studio della giurisprudenza,
che neir aprile del 1699 meritò
nell'archiginnasio romano le inse-
gne di dottore. Per divenire più
profondo in questa scienza , istituì
in propria casa alcune conferenze
di dotti giovani, nelle quali si di-
sputava intorno alle facoltà legali,
e sopra i riti ecclesiastici. Il Can-
cellieri a pag. 107 del suo Mer-
catOy con l'autorità del Valesio, di-
ce che a' i3 gennaio 1705 enti*ò
in prelatura monsignor Gentili, il
di cui padre fii cameriere del car-
dinal Maidaldiini (nipote di d. O-
limpia cognata di Innocenzo X),
GEN
che ritornando ai^a sua patria
Camerìno, per buona sorte entrò
al senrizio del vescovo di quella
città monsignor Altieri^ il quale
essendo £iUo cardinale e poi. Ponte-
fice col nome di Clemente X Tar-
rìccfaì, avendogli anche conceduto
il sito, dov'era una piazza, incon-
tro a s. Nicola in Arcione, dove
&bbrìcò un bel palazzo. Su questo
ho letto altrove che per gratiludi-
ne pose l'arme di Clemente X. Ma-
rio Guarnacd nelle Vitae Pont, et
Cardinalium t. II, p. 64 1» dice che
Antonio nacque da Teresa Durso,
e da Nicola Gentili qui fidi secre-
tus ùuhicularius e numero parte-
cipantium Ckmeniis X^ parole che
possono benìssimo convenire agli
aiutanti di camera del Pontefice,
anzi monsignor Cecconi vescovo di
Montalto nella sua Storia di Pa-
lestrinOy a p. 184 riporta un'anti-
ca lapide di Satuminus cubicula-
riuSf ed a p. 4^^ ^gi^^^^gc» cu-
biculario è lo stesso che aiutante
dì camera. In quanto agrindividui
che sì comprendono nella catego-
ria de- cubiculari pontificii , è a
vedere l'articolo Cvbiculabiò. Do-
po aver passato lodevolmente alcun
tempo nelle minori cariche della
curia, fìi eletto nel 1718 da Cle-
mente XI luogotenente dell'uditore
della camera j nella quale carica
acquistatasi grande riputazione, fìi
da Benedetto XI li nel 1737 consa-
grato arcivescovo di Petra in par-
ù'busj e nell'anno seguente dai me-
desimo promosso a segretario del-
la congregazione del concilio, indi,
passati cinque mesi, a segretario dì
quelli de' vescovi e i*egolari, con la
provisla d'un canonicato nella ba-
silica liberiana. Nel medesimo an-
no 1728 eonsagrò la chiesa di s.
Nicola in Arcione (della quale paiv
GEN
i5
lammo al volume XVI, p. i3o e
1 3 1 del Dizionario ) insieme con
ti*e altari, opme rìlevasì da una
lapide ivi collocata. Nel maggio
173] Clemente XII lo fece data-
rio, indi a' !ì4 settembre lo creò
cardinale prete, col titolo di 8. Ste-
fiino al monte Celio, ove ebbe la
consolazione religiosa di trovare ì
corpi de' ss. martiri Primo e Feli-
ciano, ì quali con solenne proces-
sione e l'intervento del sacra col-
legio, e della prelatura romana ri-
pose sotto un magnifico altare da
lui eretto e consacrato. Clemente
XII inolti« lo confermò nella da-
taria col titolo di prodatario , e nel
1738 lo dichiarò prefetto della
mentovata congregazione del con-
cilio. Intervenne all'elezione di Be-
nedetto XIV che nel 1741 lo de-
putò visitatore apostolico dell'arci-
spedale di s. Spirito, di cui come
dell'amministrazione fu benemeren-
tissimo, oltre l'edificazione che die-
de nelle frequenti visite diurne e
notturne che faceva agi' infermi,
ministrando loro con indefesso zelo
i ss. Sagramentì ne'nove anni che
restò visitatore. Dimesso il titolo
passò al vescovato suburbicario di
Palestrina nel 1747» ^^ visitò la
diocesi, ed eseixàtò molti atti di be-
neficenza coi poveri, e con la cat-
tedrale. Appartenne alle congrega-
zioni del s. offizio, di propaganda
fidcy delTimmunità, dei riti e della
consulta; e fu protettore de'monaci
Olivetani, de'religiosi trinitari, e di
quelli di Betlemme nell' Indie oc-
cidentali. Mecenate de'letterali, la
sua casa fu sempre per loro aper-
ta; dotto e profondamente erudi-
to, chiaix) divenne nella repubblica
letteraria. Il Cancellieri nella loda-
ta sua opera, a pag. 228 e seg.,
nel riportare erudite notizie della
i6 GEN
celebre accactemia degli Infecondi^
cbe fu la madre deirilluslre e co-
spicua Arcadia^ dice che il car-
dinale n' era il protettore, il qua-
le essendo sòlito isino dai giovanili
suoi anni, in tutti i giorni delle so-
lennità della Beata Vergine dare
nella propria abitazione un di voto
ed erudito trattenimento in di lei
onore, descrive le decorose e fre-
quenti accademie da lui date nel
proprio palazzo, con numeroso con-
corso di cardinali , pi*elati, nobili,
letterati, e personaggi distinti. Fi-
nalmente un colpo apòpletico tron-
cò la vita di questo esimio cardi-
nale a' i3 mai-zo i753, in eia di
settantadue anni , e fu sepolto in
Roma nella chiesa di s. Venanzio
de' camerinesi, di cui tenni propo-
sito all'articolo Camerino (Vedi),
Ivi la sua nipote marchesa Costan-
za Giori Sparapani gli eresse una
marmorea iscrizione, con distinto
elogio.
GENTILUOMO. Uomo nobile,
wV nohiUs^patricius, Dicesi ancora
gentiluomo a qualunque nobile o
di civile condizione addetto ad of-
ficio particolare presso la persona
di un principe, di un cardinale, di
un ambasciatore, d'un vescovo, di
un prelato, d*un signore ec. Tra
le opinioni sulla derivazione del
vocabolo gentiluomo, havvi quella
forse la meglio fondata, e prove-
niente dal latino ^ntis hominesy die
si pretende avere significato un
tempo le persone dedicate al ser-
vigio dello stato, com'erano una
volta tutti i franchi, ' donde venne
almeno in Francia la prima nobil-
tà di estrazione o sia di origine.
Il Pasquier crede, che i nomi di
gentili, e di scudieri passati nella
lingua francese, sieno a quella na-
zione rimasti come eredità della
GEN
romana milizia, perchè, die* egli, i
principali benefizi, e le fnigliori
porzioni de' terreni che si davano
per ricompensa ai veterani o ad
altri soldati, distrìbuili erano sin-
golarmente ai gentili ed agli scu-
dieri, come ai più valorosi dell'eser-
cito, del che sarebbe assai diffìcile il
trovare le prove ne'migliori scrittoli
latini. Dice lo stesso Pasquier che i
galli avendo veduto, durante l'impe*
ro ramano, i gentili e gli scudieri
ottenere tra gli altri soldati le più
belle porzioni di terreno sulle lo-
ro frontiere, cominciarono a chia-
mare col nome di gentiluomini e
di scudieri coloro che dai primi
re franchi videro provveduti di si-
mili benefizi. Può osservarsi che
assai antico era in Italia l'addiet-
tivo di gentile, e che significava di
buona gente, come epiteto convenien-
te a chi era di buona gente, e di
nobile schiatta. Gentili, secondo il
Boccaccio, nominavansi coloro che
la virtù seguitavano, e coloro che
pel contrario seguivano i loro vizi,
erano non gentili riputati. Quindi
antichissimi furono in Italia i vo-
caboli di gentilnomOj e di gentil'
donna, e forse dall'Italia passarono
quei nomi nella lingua francese.
All'articolo Famiglie de* cardinali
e de' prelati sì tratta dei loro gen-
tiluomini. Dei gentiluomini de'prin-
cipi, ambasciatori, ed altri signori,
se ne discorre agli articoli relativi
agli uffici «he disimpegnano.
GENUFLESSIONE, Genujlexio,
genuwn suhmissio. La genuflessione
o inginocchìazione è l'atto di pie-
gare le ginocchia; é questa una
maniera di umiliarsi riverente, o
di abbassaci in presenza di alcuno
per onorarlo. In ogni tempo que-
sto segno di umiltà fu in uso,
massime durante la preghiera o
GEN
orazione, dappoiché il Gavàntò dice
éke doppio é il fine della genufles*
sione, cioè di adorare e di prega-
re. Nella consacrazione e dedica-
zione del tempio di Gerusalemme,
il re Salomone fece la sua preghie-
ra inginocchio, e con le mani al-
zate al cielo: in una cerimonia
eguale il re Ezechia ed i leviti si
misero in ginocchio per lodare ed
adorare Iddio. Un ufficiale di Acab-
ho s' inginocchiò avanti il profeta
Elia. Gesù Cristo fece la sua pre-
ghiera in ginocchio sul monte degli
Ulivi. S. Paolo nell'epistola agli e-
fesini disse loro ch'egli piegava le
ginocchia dinanzi al Padre del No*
Siro Signore Gesù Cristo. 11 Ma<
cri nella Notizia de* vocaboli ecclc'
siastici^ verbo GenuflexiOj dichiara
che la genuflessione fu introdotta
nella Chiesa per istituto apostolico;
che s. Stefano pratomartire orò ge-
nuflesso pe'suoi persecutori^ e che
questo atto significa adorazione, pe-
nitenza, ed umiltà, perchè colla ge-
nuflessione vuoisi denotare la cadu-
ta del nostro padre Adamo. Laon-
de non deve recar meraviglia, che
questa maniera di pregare sia sta-
ta in uso fino dai primi tempi
della Chiesa cristiana. Dunque, co-
me osserva il Bergier, fuor di pro-
posito gli etiopi od abissini si guar-
dano di starsene ginocchioni in tem-
po della liturgia, e pretendono di
conservare in esso Fuso antico. I
russi considerano come un'indecen-
za pregare Dio in ginocchio; e gli
ebrei fanno tutte le loro preghiere
in piedi. Sul cominciare dell' otta-
vo secolo fuvvi una setta di ereti-
ci detti AgonicUtì, i quali sostene-
vano essere tina superstizione quel-
la di piegare le ginocchia pregan-
do, nel qual tempo invece danza-
vano, ma ebbero pochi proseliti.
VCL. XX iX.
GEN 17
Questo era un manifesto inganno,
essendo anzi provato il contrario
dalla sacra Scrittura, come dagli
addotti esempi e da altri.
Soggiunge il Bergier, che la ge«
nuflessione non è essenziale alla pre-
ghiera, ma non si deve né bia^'
si maria, né porsi in una positura
dififei^ente per conti*addire l'usanza
della Chiesa; che in generale i se-
gni estemi sono indifferenti in sé
stessi, essendo l'opinione comune e
l'uso quelli che ne determinano il
significato. E siccome noi talvolta
facciamo uso per onorare gli uomi-
ni, dei medesimi segni di cui ci
serviamo per onorare Dio, non ne
consegue da ciò che noi tributia-^
mo loro il medesimo culto che of«
friamo a Dio, essendo assai diver-
so l'atto che intendiamo di fareé
In fòtti il memorato offiziale di
Acabbo che si mise in ginocchio
davanti il profeta Eiia, non aveva
certamente intenzione di tributar-
gli un culto divino. Noi pieghiamo
le ginocchia davanti le immagini
de' santi; le pieghiamo pure innan-
zi al sommo Pontefice, ai cardinal
li ed ai vescovi talvolta, e pur an-
co in qualche circostanza ai princi-
pi, e con chiunque per supplicare
o implorare peixlono^ Un religioso o
altro individuo riceve in ginocchio le
ammonizioni e le concezioni dei suo
superiore; generalmente i figli do-
mandano in ginocchio la benedizione
dei loro genitori, per cui è eviden-
te che questi segni di rispetto cam'*
bianodi molto il significato, secon«
do le circostanze e le persone. Non
bisogna imitare, dice il Bergier,
l'ostinazione de'quaqueri, i quali
si farebbero uno scrupolo di levare
il loro cappello dal capo per salu-
tare anche il più distinto personag-
gio : però volendo entrare nelle
2
i8
GEN
chiese àé' cattolici, e vietare qual-
che principe, anche ecclesiastico, si
fiinno di altrÌL levare il cappello.
Quindi Qsaerva che i protestanti
non sono meno ridicoli quando ci
accusano d' ìdobtria, perchè ci pò-
niamo in ginocchio avanti ad una
imniagine.Sopra la genuflessione può
vedersi Agostino Nathan Huhnero,
In exerckattone hisioricO'ecclesia^
^ca de genuflexione^ Halae 1 7 1 1 .
Filippo Buonarroti nelle sue Osser-
vazioni istoriche sopra alcuni me-
dagUoni antichi^ parla dei ginocchi
toccati dai supplichevoli, e da quel-
li che adoravano gli dei| dicendo
a p. 262 che gli antichi solevano
toccare le ginocchia quando essen-
do stati vinti chiedevano mercè ai
loro vincitori, come si cava da O-
mero e da Plinio, quantunque l'ab*
bracciare i piedi fosse parimenti un
gesto de'supplichevoli, e di onore de-
gli inferiori verso i loro maggiori,
siccome l'uno e l'altro erano segni
di adorazione come osserva Arno-
bio, onde di Paride disse Ovidio:
Nunc mihi nil superest, nisi te
formosa precari , Amplectìque tuos
padare pedes, E di Creusa disse
Virgilio : Ecce autem complexa
pedes in limine conjnx haerehat,
Properzio scrisse, Cam vix ùzngen"
dos praebuit illa pedes, cerimonia
conservatasi pure al tempo di Dan-
te^ onde parlando dello spirito di
Stazio, che voleva onorar Virgilio^
disse : Già si chinava €td abbracciar
li piedi, il quale atto di omiliazione
conviene grandemente ad un vinto.
Parlando il Rinaldi delle ^nufles-
sioni solite a fersi nelle pubbliche
preghiere, racconta all'anno 898,
Bum. 10O9 che 8. Porfirio vescovo
di Gaza , per la siccità comandò
die tutti i fedeli si radunassero in
chiesa a celebrarvi le vigilie^^ i qua*
GEN
li in tutta la nòtte fecero trenta
volle orazione, ed altrettante t'in-
ginocciiiarono, oltre ai cori ed al-
le lezioni, e che portatisi in altra
chiesa tre volte orarono, ed altret-
tante si posero genuflessi. Il p.
Mamachi, De* costumi de* primitivi
cristiani tom. T, p. 338, coli' auto-
rità di Tertulliano, Della corona
del soldato, attesta che gli antichi
cristiani il giorno di domenica, e
dal dì solenne della Pasqua sino
alla Pentecoste, non s'inginocchia»
vano mai in chiesa, ma ritti e mo-
desti porgevano le loro preghiere
a Dio, pel s^uente motivo tolto
dalle questioni agli ortodossi attri-
buite a 8. Giustino, m Dobbiamo
sempre ricordarci e delle nostt*e
cadute ne*peccati, e della misericor-
dia del Signore, per cui abbiamo
avuto la grazia di risorgere da'me-
desimi. Per la quale cosa flettiamo
nei sei giorni della settimana le
ginocchia, dando così segno di
essere noi miseramente caduti; e
la domenica, e tutto il tempo pa-
squale non le pieghiamo, per de-
notare il nostro risorgimento. On-
de dai tempi apostolici ha avuto
principio questa consuetudine, co«
me dice s. Ireneo martire, e ve-
scovo di Lione nel suo libro cir-
ca la Pasqua, in cui fa menzione
della Pentecoste, nella qual solen-
nità non s'inginocchiamo "• Pre-
tesero alcuni scrittori che il pre-
gare in piedi in tal tempo per me-
moria della risurrezione di Gesù
Cristo, fosse stato comandato dal
concilio Niceno: ma nel i*esto del-
l'anno è certo che il popolo ed
il dero si mettevano ginocchioni
in tempo di una parte del divino
offizio. Stando i fedeli così in piedi
o tenevano giunte le mani, o sten-
devano le braccia, de'quali usi fa
GEN
menzione il tnedesìmo Tertulliano
nel suo jépoìogetìco dicendo: » Co*
lassù reggendo, i crìstiani, roentre
stanno con le mani distese, perché
innocenti» e col capo scoperto,
perchè non si Tergognano, prega-
no il loro Creatore". Ma più
ampiamente parla egli di que-
sto argomento nel suo celebre li-
bro intitolato deir Orazione» » Noi
non eleviamo solamente le ma-
ni, ma le stendiamo ancoi*a , e
orando- confessiamo Cristo ". Non
approva però Tertulliano, che al-
cuni fedeli, incominciata eh' è To-
razione, si mettessero a sedere;
poiché stimava un'irriverenza al Si-
gnore, se uno non ista va. inginocchio-
ni, o ritto in chiesa, e con modestia^
e colle mani modei*atamente elevate^
e col capo non troppo aliato. Ag-
giunge, che con voce soave, e non
troppo forte cantavano* Somiglian-
ti cose scrivono s, Cipriano, nel
suo libro deir Orazione a p« 1 5 1 ,
e Minucio Felice nel suo celebre
dialogo intitolato Ottavio a p. 288.
Il Baronie osserva, che i santi
avevano portato tanto innanzi l'uso
della genuflessione, che taluni a-
vevano logorato il pavimento nel
luogo in cui dimoravano. S. Giro-
lamo ed Eusebio narrano di s.
Giacomo il Minore, vescovo di
Gerusalemme, che i di lui ginoc-
chi eransi induriti come quelli di
un cammello, altt*ettanto avvenne
ad altri santi e servi di Dio. Si leg-
ge nelle Decretali lib. 11, tit g,
cap. 1 De feriiSy che il Papa Ales-
sandro III rinnovò l'antico rito
della Chiesa di orare in piedi nel*
le domeniche, e nel tempo pa-
squale; ma oggidì però i fedeli
avrebbero quasi a scandalo, se in
pubblico anche nelle accennate fé*
stività non si genuflettesse.
GEN ig
Le genirflessioni che il sacerdo^
te fa nella messa privata, oltre le
oi*dinarie, fono: i." quando legge
r evangelio di s. Giovanni, alle pa^
role : Et Verium caro^ ec. 2.*
Neil' evangelio dell'Epifania , di-
cendo: et proci dentes adoraventnt
eum, 3.*" In quello della feria IV
dopo la quarta domenica di qua-
resima, alle parole ì et procideni
adoravit eum, 4*° Nella domenica
delle Palme, e nelle messe de Cru*
cr^ nell'epistola alle parole i In
nomine Jesu omne genuflectaturj e
nella Passione alle parole: Expira-
fi/, o emisit spiritum. 5.° Quando
dirà Flectatnus genua^ del quale
parlammo nei volumi VIII,p. 3o6,
e XIV, p« 243 ^^ Dizionario : solo
qui noteremo che nella messa del
saU)ato santo (come notammo al
voi. IX, p. 5), e delle quatti*o tem-
pora non si dice Flectamus genita
dopo l'ultima orazione in cui si
parla de' tre fanciulli, per denota-
re la forte costanza di essi nel ri-
fiutare l'adorazione della statua
di Nabuccodonosorre; e lo stesso
si fa nel venei*dì santo, quando si
prega prò perfidis judaeis^ che in
quel giorno beffeggiando Gesù si
inginocchiavano dinanzi ad esso.
Anticamente non rispondeva il
suddiacono Levate^ ma lo faceva il
diacono stesso dopo qualche spa-
zio di tempo impiegato nella ge«
nuflessione, ed in un'orazione se-
greta, laonde il diacono pronun<^
ciava l'una, e l'altra parola, co-
me distesamente riporta il citato
Macri. 6.° Genuflette il sacerdo^
te quando nella quaresima dice
nel tratto il versetto Adjuva nos
Deusy e in tutte le messe àeU
lo Spirito Santo, dicendo il ver-
setto: Feni Sancte Spiritus. 7*"
Quando é esposto il santissimo
20 GEN
Sagramento, in cui il sacerdo-
te genuflette tutte le volte che
passa dinanzi al mezzo dell' altare.
$."* Genuflette inoltre il sacerdote
ogni volta che ciò viene prescritto
dai riti. I circostanti poi genuflet-
tono sempre nelle mésse private,
eziandio nel tempo pasquale, tranne
quando si legge l'evangelio: nel
voi. XXIT, p. 427 del Dizionario
citammo un opera che tratta sul-
r alzarsi in piedi alla lettura del-
Y Evangelio (Fedi),
Nella messa solenne il celebran-
te genuflette in tutte le dette
circostanze della messa privata,
fuorché al Flectamus genua, per-
ché rappresenta la persona di Cri-
sto; al versetto Ad/uva nos Deus^
ed a quello, Feni Sonde Spiritus,
Nel giorno della festa della ss. An-
nunziata, e nelle tre messe del
ss. Natale, quando nel Credo sì
Canta dal coro: Et incamatus estj
negli altri giorni se siede, china il
capo scoperto, e genuflette se si
tfova in piedi. I miuistn sacri sem-
pre genuflettono col celebrante ,
meno il suddiacono che tiene il li-
bra del vangelo, e gli accoliti soste-
nitori de'candellieri: quando il dia-
cono canta le parole cui si deve ge-
nuflettete, il celebrante lo ia verso
il libro, gli altri verso V altare. In
coro si genuflette da quelli che
non sono prelati (come gli abbati,
i protonotari, e quelli che possono
usare il rocchetto, ed i canonici
quando sono apparati) alla Confes-
sione, ed al salmo ludica me Deus.
Nelle messe poi delle ferie dell'av-
vento, della quaresima, delle quat-
tro tempora, delle vigilie in cui
si digiuna, e nelle messe de' de-
funti tutti genuflettono anche alle
orazioni, e parimenti detto dal ce-
lebrante il Sanctus, fino al Pax
GEN
Domini (peixhé al dire d' Fnnocen'^
zo III,- lib. 6, cap. 4> il bacio di
pace eésendo simbolo della risurre-
zione deve riceversi in piedi), e alle
orazioni dopo la comunione, e sopra
il popolo, eccettuate le vigilie di Pa-
squa, della Pentecoste, del ss. Na-
tale, e le tempora delia Pentecoste.
E similmente si genuflette da tut-
ti quando si alza il ss. Sagra-
mento. Il Gavanto risponde quando
nei detti casi si debba genuflette-
rò con un solo ginocchio, e quando
con due. Sulle genuflessioni nella
reposizione del ss. Sagramento, se
si debbano fare con uno o con due
ginocchia, vedi il dotto Dizionario
sacro liturgico del eh. Diclich, e
sembra che il solo celebrante, e i
sacri ministri sulla predella possa-
no farle con un solo ginocchio,
anziché con due utfacilius et cont-
modius surgat; gli altri in pia-
na terra le debbono fare con due.
Altre erudizioni sulle genuflessio-
ni le noteremo coli' autorità del
Macri. Nelle ore canoniche si fan-
no le genuflessioni con ambedue
le ginocchia, pronunciandosi le pa-
role: Adoranius, et procidamus etc.
Te ergo quaesumus^ famulis tuis
suhveni etc, Ave maris stella etc.
Veni Creator Spiritus etc, O crux
ave spes unica etc. Tantum erga
Sacramentum etc , essendo però
esposto il ss. Sacramento. Nel ce-
rimoniale de' frali minori si pre-
scrive la genuflessione nell'inno del
ss. Natale alle parole: Nos quoque
qui sancto tuo redempli sanguine
sumus. Inoltre si deve genufleltere
nella vigilia dello stesso ss. Natale
pronunciandosi le parole del mar-
tirologio: InBethlehem Judae etc.
Dice pure il Macri che i gi*eci non
osano genuflessioni in chiesa , m;i
profondi inchini, tranne il giorno
GEN
della Pentecoste che genuflettono
nell'officio mentre si recita il van-
gelo; e che i certosini rare volte
&nno genuflessioni, anche dinanzi
al ss. Sagramento, ma profondi in*
chini, tanto nella celebrazione del-
ia messa, quanto nelle alti*e fun*
zioni. Pompeo Sarnelli nelle Lei--
tere ecclesiastiche tora. IV, lett. XIII,
num. 4 ^ ^> ^^^^ ^^ all'antifona
Adorcunus te Christe etc. non si
genuflette, come non lo si fa al ca-
pitolo In nomine Jesti omne gena-
jfkctaiur, ed al versetto del respon-
sorio, Ferhuni caro factum est: la
ragione è pel tenore del decreto
della congregazione de' riti, de' 23
marzo 1602. Cum praeintonantur
antiphonae, omnes ab utroque chO'
ri latere surgere debent, non oh-
stante contraria consuetudine. Àg-
giunge, che Taltra ragione per cui
alla parola Adoramus non si ge-
jQuflette, ma sibbene a quella di
ProcidamuSy è perché nell'inao
angelico alle parole Adoramus te
Sì fa la semplice inchinazione del
capo, e così nel simbolo alle pa-
role, qui cum Patre, et Filio si-
mul adoratur ; ma dicendosi nei
vangelo dell' Epifania procidentes
adoraverunt eum, allora come no-
tammo si genuflette. E nell'evan-
gelio del cieco nato illuminato da
Cristo, dicendosi procidens adora-
. vit eumy si genuflette, così alle pa-
role del salmo, et procidamus an-
te Deum, come espressamente no-
ta il Bauldry par. 2, cap. 3, num.
2, dum dicuntur haec verba, et
procidamus ante Deum, per deno-
tare che queste parole richieggono
la genuflessione, non la parola A-
doremuSy dappoiché essendo quelle
parole. Venite adoremus invitatorio,
chi invita deve stare in piedi, ne se-
gnes videamur dum alios invitamus.
GEN 21
Il Sarnelli stesso nei tom. VII,
lett. LXII : Se nella venerazione
dovuta a' santi sia lecita la genu-
flessione^ dopo aver distinto il cul-
to di latria che si deve a Dio so-
lo^ quello di dulia che si tributa
ai santi, e quello d^iperdulia con
che si onora la Beata Vergine, e
dichiarato il culto esterno, ed il
culto interno, de' quali argomenti
parlammo agli articoli Adorazione
e Culto, conchiude che se l'atto
della genuflessione s'intende per
protestare l'infinita eminenza di
Dio sopra tutte le creature, e la
totale nostra dipendenza da quel-
lo, sarà atto di latriaj ma se con
la genuflessione intendiamo rende-
re il culto religioso a qualche san-
to, per le di lui virtù o gloria,
sarà atto di dulia. Così le litanie
che chiamiamo de' santi, si dicono
in ginocchio, ed invocandosi essi e
gli angeli il culto è di dulia; in-
vocandosi la ss. Trinità, il culto
è di latriaj ed invocandosi Maria
Vergine, il culto é d' iperduUa. A-
dunque riflette, che il venerare i
santi con la genuflessione, le loro
immagini e reliquie, non solo é
lecito, ma talvolta è comandato,
giacché il culto che si fa ai santi
é principalmente rivolto a Dio,
celebrandosi con tale atto la divi-
na bontà e potenza, che fece lo-
ro riportare vittoria del mondo: in
fatti al voi. VIII, pag. i58 del
Dizionario riportammo la decisione
del punto controverso colla quale si
prescrisse che tutti, compreso il Pa-
pa, passando dinanzi all'altare mag-
giore delle basiliche lateranense, va-
ticana ed ostiense, debbano genu-
flettere, venerandosi nel primo i
capi de' ss. Pietro e Paolo, nei se-
condi i loro corpi divisi. E perchè
Maria Madre di Dio ha maggior
H2
GEN
culto de' iantì, dicendosi Ave ma*
Hs stella, si dev6 geuuflettere, ed
altrettanto si deve Èire in tutte le
antifone della Beata Vergine , ohe
si dicono in (ine del divino ofSzio,
tranne nelle domeniche dai primi
vesperì del sabbato, perchè si fa
commemorazione della Risurrezione,
e perciò anche in tutto il tempo
pasquale. Nel voi. XVIU^ p. a 38,
289 e 240 del Dizionario^ nel par-
lare dei culto al ss. legno della
Croce, massime di quello che gli
ti rende con trina adorazione d'am*
bo le ginocchia nel venerdì santo,
trattai di alcuùe erudizieni sulle
diverse genuflessioni ohe ad esso si
debbono fare; e siccome il regnan-
te Pontefice Gregorio XVI ha ri*
stabilito nello stesso giorno l'uso
antico dell'esposizione della Tera
Croce, dò che si fii nella cappella
pontificia Sistina nel momento in cui
il Papa con la processione di tutti
quelli che hanno luogo in cappel-
la (i quali prima di partire da
questa fknno alla croce, che si è
adorata e collocata sull'altare, la
genuflessione con un solo ginocdiio,
senza farla al Papa in passare in-
nanzi di lui), sono a levare il se-
polcro in quella chiamata Paolina,
laonde ritornando nell'altra non
fanno verufna genuflessione alla ve-
ra Croce che trovano esposta sul-
l'altare, rimossa quella adorata,
perchè verso il termine della pro-
cessione si porta il ss. Sacramento
del sepolcro dal Papa, o in sua
vece dal cardinale celebrante.
Dal Caerem. episcop. lib. I, cap.
H, si ha, che il vescovo nella sua
diocesi, mentre siede nel trono, gli
si fa la genuflessione con un gi-
nocchio da tutto il clero, passan-
dogli davanti, ma ne sono esenti i
canonici della cattedrale. Il Alacri
GEN
dice di aver veduto fkre V istessa
cerimonia ai cardinali, mentre sie-
dono sul trono delle loro chiese
titolari, in tempo di alcune solen-
nità che ivi celd^rano, ed assisto-
no; ed eguale genuflessione dice
aver veduto fere ai cardinali riu-
niti, in sede vacante. Delie genu-
flessioni che in tale tempo si fenno
a tre ed a quattro cardinali riuniti,
Ae parlai ai volumi XV, p, 3 1 1 ,
e XVI, pag. 290 del Dizionario.
Delle genuflessioni poi che nelle
congregazioni della sede vacante si
fanno al sagro collegio, da quelli
che ivi si ammettono ad udienza,
compresi gli ambasciatori, e i pri-
mari ministri della santa Sede, e
delle relative spiegazioni, ne parlai
al detto volume XVI, pag. 293,
ed in piU luoghi all'articolo Coir-
cLAVE. Nel volume V, pag. 61 del
Dizionario si discorre come il po-
polo deve genuflettere incontrando
il vescovo per riceverne la bene-
dizione, spiegando a pag, 68 sul
suono delle campane nel passaggio
de' vescovi per le città e campa-
gne. Delle genuflessioni che si fan-
no al sommo Pontefice in cappel-
la pontificia, all'udienza, nel rice-
vere l'apostolica benedizione, e nel
baciargli i piedi» vanno letti gii
articoli CAPPBI.LB Pontificie, Udie»-
E A de' Papi, Benedizione del Som-
mo Pontefice, e Bacio de' piedi.
Si possono anche consultare, Poli-
doro Virgilio, De rerum inventori"
bus lib. IV, 0. XV; M. Ant, Maz-^
zaroni. De tribus coroms Pont Rom,
neonon de osculo ss, e/us pedum^
Romae 1609, et 1788; Michele
Angelo Carmeli, Sopra l'uso di
baciare i piedi al Papa, nelle sue
Dissert, filologiche, Roma 1 768 ;
Martino Kempio, De osculis pe-
dum Rom. Pont., e Matteo Zimer-
GEN
manno, in Montìbus pietatis pag.
373.
Qua odo il Papa benedice ìa cap-
pelia ponlificia, tutti debbono ge-
nuflettere, meno i cai*dinali, però
se i vesooTi ed abbati sono vestiti
co sagri paramenti, allora restano
in piedi: nella medesima cappella
i fescovi che sono avanti al Papa
devono stare col capo scoperto,
così i cai'dinali primo prete» e i
due primi diaconi quando sono al
tit>no. 11 patiiaix», arcivescovo, o
vescovo assistente al soglio nel sor^
reggere al Pontefice il libra , sta
genuflesso o in piedi, secondo il
maggior comodo che fa al Papa
nel leggere. Perché il cardinale
primo prete incensa genuflesso il
Papa sedente in trono, lo si dice
al volume Vili, pag. ^4^ e 249*
Quando sull'altare é esposto il ss.
Sacramento, o vi è senz'essere es-
posto, non si genuflette al Ponte-
fice, anche se si passa dinanzi a
lui. Non essendovi le sagre specie
sagramentali, entrando od uscendo
dalla cappella o chiesa ov'é il
Pontefice, con un ginocchio si ge-
nuflette alla croce dell'altare, e con
una girata si fe altrettanto col Pa-
pa. Nelle cappelle pontificie che
hanno luogo fuori del palazzo a-
postolico, se il trono papale é di-
rimpetto all'altare, nell'accesso o re-
cesso non si fe genuflessione gira*
ta, ma prima si Ùl all'altare, a
poi distinta al Pontefice. Nella pro-
cessione del Corpus Domini quelli
che v'intervengono per rispetto al
ss. Sagramento che precedono ed
accompagnano , non debbono in-
chinare il cardinale primo diacono,
ed i prelati governatore, e mag-
giordomo che sono presso la porta
di bronzo all' ingresso della galle-
rìa che dal colonnato conduce alla
GEN 33
scala regia da dove discende la
prooessioìie, e defila innanzi a det-
ti personaggi, al «odo ohe dicem-
mo al volume IX, pag. 53 del Di*
zionario^ alti'ettanto si deve prati-
cata con monsignor vice -gerente
che attende il passaggio del clero
fuori del colonnato a desti*a, come
dissi a pag. 56 del citato luogo.
Dappoiché é noto che coloro che
fanno parte d'una prooelsione ove
si porti la ss. Eucaristia, se pas-
sano avanti ad un altare ove la
medesima sia chiosa nel ciborio,
o innanzi ad un altare ove si ce-
lebra la messa e sieno state già
consagrate le specie sagramentali ,
ed anche nel punto della eleva-
zione d'ambedue, non si deve ge-
nuflettere. Delle genuflessioni nel-
le sagre fimzioni che celebra, od
assiste il Papa, sé ne tratta ai
rispettivi articoli > così di ogni aU
tro genere di genuflessìbnt , come
nel som ministra i« l'acqua alle ma-
ni, e porgere il pannolino per a-
sciugarle. F. Lavìinda delle ma-
iri, Messa, e per le altre genufles-
sioni quegli articoli appartenenti al-
le rubriche generali.
GENUFLESSORIO o INGINOC
CHIATOHO, Sgabellum ad genua
submiUtnda formatum ^ sgabellum
genualcf sgabellum flectendis^ vei
ponendis genibus natum^ come lo
dichiara VOnomasticum romanum
di Felice Felici gesuita, dicendolo
sgabello per uso d'inginocchiarsi.
L'inginocchiatoi*o o inginocchiatoio,
nel Dizionario della lingua itaUa»
na si definisce, arnese di legno per
uso d' inginocchiarvisi. L' inginoc-
chia toro ordinariamente é di legno
di noce, naturale, o dipinto, ov-
ireix) coperto di drappo , con due
cuscini, uno posto ove si piegano
le ginocdiia, l'altro ove si riposano
24 OEN
i goiniti. Pei cardinali, prelati, ed
altri pertonaggi ti pone i'inginoc*
chiatoro sopra un tappeto, o altro
drappo; ma alla presenza del Pa«
pa non è loro permesso, e soltan*
io i caixlinali nel. venerare col Pon-
tefice le reliquie maggiori nella ba-
silica vaticana, le sagre. teste nella
basilica lateranense, e nel!' inter-
vento in alcune chiese per tridui ,
novene, benedizioni, e nella cap-
pella Paolina quando si ripone o
rimove il sepolcro, o nell'esposizio-^
ne delle quarant'oi^, siccome luo-
ghi ove non sono gli stalli cardina*
lizi, ricevono nei banchi coperti
con panni loro assegnati dai pro-
pri decani il cuscino per stare gè?
nuflessi: questo cuscino è di pan-
no rosso o paonazzo secondo i tem-
pi, guaiTiito di trina di seta dello
stesso colore, della quale sono pure
i quattro fiocchi degli angoli. Nei
mentovati luoghi i soli, prelati mag-
giordomo, e maestro di camera
hanno Tuso d'un piccolo e nudo
sgabello per cadauno. In cappella
pontificia, e nelle basiliche o chie-
se, ove il Pontefice si reca a ce-
lebrare od assistere alle sagre fun-
zioni, per inginocchiatoro adopera
un arnese in forma di Faldistoriù
(Predi'), per cui viene comunemen-
te, sebbene impropriamente, chia-
mato faldistorio. Questo inginoc-
chiatoro o genuflessorio é di le-
gno tornito ed intagliato, con orna-
ti eleganti, ed il tutto dorato: ha
quattro piedi ed altrettanti corri-
spondenti assi incrociati, formato a
forbice, onde potersi ripiegare per
il suo trasporto, terminati gli assi
con teste di angeli, o con palle.
Nella parte superiore eyvi fissato
un solido strato di velluto rosso con
trinette d'oro, sul quale si pone un
gran cuscino pel riposo delle brac*
GEN
eia. Avanti all' inginocchiatoro si
colloca un basso e piccolo sgabel-
lo foderato di seta, cbn cuscino so-
pra, sul quale il Papa sta genu-
flesso. Tanto il cuscino grande quan-
to il piccolo sono foderati di da-
masco o ganzo d'argento e d'oro,
con fondo bianco, rosso, o paonaz-
zo secondo i tempi, e sono decorati
di trine e fiocchi d'oro, o di fioc-
chi di seta ed oro : il cuscino gran-
de però é ordinariamente ricamato
in oro. Nel mattutino del giovedì
santo, e per tutto il giorao del
venerdì santo i cuscini sono fode-
rati di semplice seta paonazza. Do-
vendo il Papa nella mattina di det-
to giorno recai*si a piedi nudi a
fare le triplici genuflessioni per l'a-
dorazione della croce senza cuscino,
Pio Vili, essendo a ciò impotente,
usò il detto piccolo sgabello col
cuscino paonazzo. Quando e dove
si usa dal Papa tale inginocchia-
toro, lo si dice all'articolo Cap-
pelle Pontificie. Lo collocano al
sito cioè innanzi 1' altare, ove il
Papa vi si pone genuflesso, due
chierici della cappella pontificia ,
a' quali spetta pure rimoverlo, e
portarlo presso la credenza posta
a corna epistolae^ Stando il Pon-
tefice genuflesso sull'inginocchiato-
ro, stanno accanto a lui inginoc-
chioni il prefetto delle cerimonie
pontificie a ministra, ed il secondo
cerimoniere a destra : spetta al pri-
mo ivi levare e riporre al Pa-
pa il berrettino, e somministrar-
gli alle occorrenze il fazzoletto.
Nel voi. IX, p. 47 e 48 del Di-
zionario^ parlammo di que' Ponte-
fici che nella solenne processione
del Corpus Domini^ portarono il
ss. Sagramento genuflessi sull'ingi-
nocchiatpio, stabilito sulla macchi-
na chiamata talamo. Nel prendere
GEN
il Pontefice possesso della basìlica
lateranense, giunto nel portico si
pone in ginocchio sopra cuscino di
velluto rosso, guarnito d'oro, so-
vrapposto a ricco e nobile strato
o tappeto, ambedue ivi preparati
dalla iloreria del sagro palazzo. Al-
lora il Papa essendosi levato il
cappello, si scuopre pure del ber-
rettino bianco, prima usando più
comunemente il camauro rosso, e
bacìa divotamiente la croce d'ar-
gento che gli pi^esenta il cardinale
arciprete della basilica, mentre i
cantori di essa cantano il mottet-
to: Ecce sacerdos magnus, ^ella
relazione del possesso preso da In-
nocenzo X nel 1644 si legge: >» et
ingressus porticum (il Papa), amo-
to pileo , et bircio, genuflexus
super pulvino, desuper tapete ac-
comoda a florerìis, crucem sibi
oblatam a catti. Columna praedi-
ctae bas. archipresbytero , quam
accepit a quadam pelvi argentea
ei praesentatam a suo vicario, re-
vei'enter osculatus est. Assurgens
cardinalis Medices biretum (ante
cruds osculum una cura pileo a-
motum a capite Sanctitatis Suae a
cardinalis Ant. Barberino) capiti
suo restituii, et Sanctitatis, suble-
vantibus fimbrias fuidae anteriores
camei*ariis assistentibus, posteriores
Tero caudatario, suis pedibus ac-
cessit ad thronum pi*o Sanctitatis
Suae praeparatum sub eadem por-
ticu ". I due cardinali assistenti
erano i primi diaconi 2 del genu-
flessorio se ne parla pure all'arti-
colo Falda (kedi). Allorché il
Papa si reca nelle basiUche o chie-
se di Roma a visitarle, la Flore-
ria apostolica (Vedi), pei suoi mi-
nistri, ricuopre il genuflessorio di
legno degli altari ove si venera il
ss. Saaamento esposto ò chiuso
GEN a5
nel ciborio , con grande tappeto
di velluto in seta cremisi , ornato
di frangia e ti'ina d'otx), con due
cuscini foderati di egual drappo,
ed anch' essi ornati di ti*ine e fioc-
chi d'oro, facendo il simile cogli
altri genuflessorii degli altari che
deve o vuole visitare il Pontefice.
Quando questi passa semplicemen*
te innanzi all'altare ove è liposta
la ss. Eucaristia, od avanti alle
confessioni degli altari papali delle
basiliche lateranense, vaticana, ed
ostiense, il cuscino su di cui genu-
flette glielo presenta il foriere mag-
giore, al quale lo somministra un
ministro di detta floreria : in man-
canza del foriere, supplisce il fio*
riere. Nel volume Vili, pag. 278
e 3 16, si dice come il Papa oran-
do avanti le reliquie maggiori del*
la basilica vaticana, e per la loro
ostensione, stando sul genuflessorìo
gli viene somministrato dal vicario
della basilica la tabella delle ora-
zioni, sostenendo un canonico la
.bugia con candela accesa. I genu-
■flessorii poi che si pongono pei
vesperi pontificali, e per le messe
pontificali avanti l'altare del ss.
Sacramento solennemente esposto,
allorquando il Papa li celebra o
.vi assiste si ricoprono con tappe-
to bianco o rosso cremisi, secondo
i tempi, essendo dei medesimo co-
lore i due cuscini. Del prezioso
genuflessorio fatto a forma di fal-
distorio, e donato a Pio VII, ne
^cemmo memoria al voi. XXI II,
pag. 16 del Dizionario, La pia e
regnante regina di Francia Maiia
Amalia, in segno di particolare ve-
nerazione verso il Papa che regna,
gli donò un genuflessorio nobilissi-
mo, di prezioso legno lavorato con
bellissimi ornati di disegno gotico,
reso più gaio . con decorazioni .di
36
GEN
metallo dorato, e ciò che più ri-
levante con ricchi drappi ricamaU
dalle sue i^ie mani con isquisito
gusto, e collocati ove si piegano
le ginocchia, ed ove si riposano le
braccia, nei luogo cioè ove si pon-
gono i cuscini di cui ne £auuio le
veci. V, Geruflessionb.
GENZANO o GENZIÀNO, Gai-
iianuni. Città della diocesi subur-
bicaria di Albano , sede di go-
verno del distretto e Comarca di
Roma, abitata da cii*ca cinquemila
individui . Luogo ameno e deli-
zioso con puro dima, posto in pia-
no sopra elevato colle, fornito di
decenti fiibbrìcati: non ha mura
cartellane, né porte, ed un boigo
costituisce il suo ingresso. Però
Gemano vecchio ebbe mura ca-^
stellane, e torri di opera saracine-
sca da quelle pai*ti da cui poteva
essere attaccala, cioè da aquilone,
ponente, e meiunfi: mentre dalla
parte orientale era invincibilmente
difesa dall'altissima rupe a picco del
€i*atere del lago JVemorese. Molti
avanzi di tali mura, ed alcune tor-
ri sono tuttora in piedi. La porta
principale di Genzano, prima che
si edificasse il palazzo baronale, a
capo agli stradoni era nel luogo
dei portone del palazzo Gesarinì,
come lo addimostra il p. Eschi-
nardi nella sua Caria iopogrqfica
del ierri torio di Frascati e sue vi-
cinanze^ data alla luce neli' an-
no i685, da ciò ebbe origine il
diritto antichissimo di passare per
r odierno portone, per gli abi-
tanti di Genzano vecchio. Innol-
trandosi fino alla pubblica piazza
si presentano quattro strade lar-
ghe e diritte, senza quella che uno
ha peitx>rso per giungervi e che
sta alle spalle. Queste sono le prin-
cipali della città^ almeno di quel-
GEN
la parte che chiamasi Genzano
nuoyOf a differenza dell'altra che
dicesi ' Genzano vecchio^ che ad uso
degli antichi castelli è mal fiibbri-
cato con strade tortuose ed angu-
ste. La prima di dette quattt*o
strade, incominciando a contare da
sinistra a desti*a, guida al convento
de'cappuccinì, ed è perciò chiama-
ta via de' Cappuccini, l'estandone
terminata la visuale colla fiiociata
di loro chiesa; la seconda viene
detta via Sfoi*za; la terza viene
denominata via Livia, che guida
al COSI detto duomo vecchio, la
cui facciata chiude all'occhio la via;
r ultima è la via delta Cornerà
peixhè porta a Napoli. La posta
in addieti*o passava per Marino, e
la Faiola, ma nel 1780 essendo
latta la nuova magni fìca strada di
Albano e di Genzano, fu a questi
due luoghi trasferita. Da ultimo
per ordine del regnante Pontefice
Gregorio XVI, con provvidenza uti-
lissima ai viandanti non meno che
agli abitanti di Genzano e dintor-
ni, è stata costruita una nuova e
bella sti'ada che dal piazzale di
Galloro conduce ai piano dell'ol-
mata di Genzano, mediante gran-
dioso ponte sostenuto da sei solidi
archi: ne fu dirattore dell'esecu-
zione il cav. Bartolini ingegnere
in capo, cui si deve pur lode per
averla ideata.
La città di Genzano è altresì
uno de'piii comodi e piacevoli luo-
ghi vicini a Roma per villeggiare,
a cagione delle sue comode e deli-
ziose passeggiate ; massime di quel-
le delle tre lunghe vie laterali,
decorate con due lunghe fila di
grandiosi e sempre vet*deggianti
alberi disposti simmetricamente, e
tagliati con uniformità, ed uniti iu
modo^ che recano sorpresa in guar-
darli pei* la stupenda pruspettiva»
^ode sono i*ìiioinati cotanto. Gli stra-
doni olmati partono da un punto
centrico, e divergendo, quello a de-
stra è la strada Gorrìei*a che gui-
da alla città, quello di mezzo il
più lungo e piano conduce al pa*
lazzo Cesariui, e Taltin) a manca
porta al convento de'cappuccini : l'al-
tro stradone che dalla città porta
pure ai cappuccini intersecando lo
stradone di mezzo, è quello di cui
abbiamo parlato di sopra. Questi
magnifici stradoni, divisi in quat*
tvo viali, che 'formano la delizia e
uieraviglia de'foi*estiet*i, furano in*
cominciati dai duca Giuliano del-
la nobilissima famiglia Cesàrini si-
gnora di GenzanOy circa l'anno
1643, alla quale epoca ebbe prin<*
cipio la quadruplice piantagione de-
gli olmi da cui sono formati: il
più lungo di questi stradoni non
oltrepassa tre quarti di miglio, e
la famiglia Sforza Cesàrini ne cu-
ra a sue spese la manutenzione, for*-
mando essi uno de'più belli orna*
menti di Genzano. A capo degli
«tradoni eravi allora la porta del
castello summentovata: e l'antico pa-
lazzo baronale, secondo la tradizio-
ne de' vecchi del luogo, é il palaz-
zo detto di Moda, fabbricato sulle
mura castellane^ confinante con la
chiesa di s. Maria della Cima, e
con un antico torrione guardante
a mezzodì la marina. Non corrì'^
spondendo poi il vecchio palazzo ba-
ronale alla magnificenza degli stra-
doni, il duca Giuliano ne fìibbri-
cò uno nuovo eoo maestosa e su-
perba facciata ricca di marmi, on-
de formasse un vago ed imponen-
te prospetto al viale di mezzo: ad
esso pure si deve l'intiera fabbri-
ca della villa baronale.
Non ha guari Todiei^no rispettabi-
G£N 27
le e colto duca d. Lorenzo Sforza-
Cesarinij siccome amante del soggior-
no di Genzano, in considerazione
della degna duchessa sua sposa d.
Carolina Shirley, della cui nobiltà
|)arlammo all'articolo Conti (Ft^
di), ad uno dei lodati viali di olmi,
che prìncipia avanti il di lui pa-
lazzo, ha dato il nome di Carolina,
ciò che fu sanzionato dal pubbli-
co consiglio della città , per dar
fu'ova allencomiato duca di paitico-
are affezione. Inoltre questo duca ha
mobiliato il palazzo con decoro e gu-
sto, e lo ha abbellito con un contiguo
giai*dino piantato alla foggia inglese
sulla vicina pendenza del lago di
Nemi, per essere inglese la duches-
sa: il giardino lo ha piantato so-
pra alcuni terreni da lui acquistali
appositamente a lato dello stra-
done di mezzo , e sulle coste del
lago. Altro pregio di Genzano é
la gran quantità di acque sorgenti
di cui abbonda, di eccellente quali-
tà. Le antiche voglionsi derivate da
Nemi, ma divenute scarse in pro-
cesso di tempo, il duca Giuliano Cesa-
rmi giuniore, ottenne dai Savelli una
porzione dell'acqua che scaturìsce nel
territorio della Riccia al sito detto
Quarto di Gallerò nel i65o. Di
poi i cappuccini ottennero dai Co-
lonna il ritorno dell'acqua che sor-
ge nella Paiola nel i ^tx i , conce-
dendo il duca Gaetano Sforza le
vecchie foi*me per imboccarla : que-
sta é l'acqua stessa che gittava dal-
l' antica lontana in strada Livia ,
poi trasportata nella vicina piazza
delle carceri. I medesimi cappuc-
cini colla protezione di Alessandro
VII rivendicarono dai Frangipane
signori di Nemi, l'acqua che per
gli antichi acquedotti da quel feu-
do veniva a Genzano. Si eressero
quindi due fonti di mai*mo in stra-
38 G£N
da Livia, ed ua'allra più grande
vicino alla chiesa di 8. SebastiaDO
di prospetto^ a ; detta via , ed io
quest'ultima fu posta l'arme della
comunità^ e quelle de' Papi sotto
de' quali si fece la conduttura. Le
altre due hanno corrispondenti iscri-
zioni e stemmir In quanto alle
chiese e conventi, il duca Filippo,
ultimo dei Cesarini^ nel 1677 edi-
ficò la vaga e comoda chiesuola
di s. Sebastiano, unita al conser-
vatorio delle maestre pie, le quali
curano l'educazione delle fanciulle.
Le maestre pie in principio non
ebbero sede fissa, ma nel 1784 il
cardinal vescovo Caraffa le stabilì
ove sono. L'antica chiesa parroc-
chiale, o duomo vecchio, dedicata
alla Beata Vergine sotto il tiJtolo
di s. Maria della Cimay forse per-
chè prima l'immagine sulla cima
d'un albero in quel sito, si veneras*
se , ovvero per essere questo la ci-
ma del monte Genzano, fu rifab*
bricata dopo il i636, ed abbellita
dal duca Giuliano, avente per qua-
dro Taltare maggiore la Beata Ver-
gine col Bambino, sopra un grup*
pò di nubi e di angioletti, con ai
piedi il principe degli apostoli in
atto di contemplarne la gloria, pit-
tura del cay. Cozza. La pia e be-
nefica duchessa Livia vi collocò
nel 1696,1 corpi delle sante mar-
tiri Vincenza e Tigri, rinvenuti nel
1689 nel cimiterio di s. Elena
iiUer duos laurosy che i genzanesi
elessero a loro protettrici, oltre l'a-
vere per patrono s. Tommaso di
Villanova sino dal i658 circa.
La vasta e principale chiesa de-
dicata alla ss. Trinità, decorata del
titolo di collegiata, con capitolo di
canonici e dignità d'arciprete, fu
edificata nei primi anni del corren-
te secolo» con disegno dell' architet<
GEN
to Giulio Camporesi; è della for-
ma di quella di s. Aiidi*ea della.
Valle di Roma, se si eccettui la cu-
pola alla quale altra se n'è sosti-
tuita in forma di catino. La fac-
ciata esterna é ornata di due ordi-
ni di colonne ai lati dell'ingres-
so^ quattro grandi che servono di
basamento, e quattro sopra più
piccole che sostengono la cimasa.
Sopra la porta vi è lo stemma del-
la comune, rappresentato da una
colonna con una mezza luna sopra;
vuoisi che la colonna derivi dagli
antichi Colonnesi signori di Gen-
zano, e la mezza luna dalla . folsa
tradizione, che ivi fosse venerata
Diana chiamata anche Cinzia don-
de il castello fu detto Cynthia-
num; qui inoltre noteremo, che il
medesimo stemma che adorna la
mentovata fonte, ha nella colonna
scolpite all'intorno varie viti cari-
che di grappoli d'uva, per indica-
re il principale prodotto di Genza-
no. L'interno della chiesa ha tre
navi, essendo la maggiore quella di
mezzo per vastità , oltre la nave
traversa che dà a questo interno
la forma di croce. Sono rimarche-
voli le cappelle della Beata Vergi-
ne, e del ss. Ci*ocefisso; abbiamo le
Constiiuliones capUulares ecclesiae
Qynthiane, Eomae i833. Da que-
sto tempio nelle ore pomeridiane
del giorno dell' ottava della festa
del Corpus Domini parte la solen-
ne processione che il concorso ri-
chiama di. tutti i paesi convicini
e di molti romani e forestieri, per
la singolarità della tanto nota in-
fiorata, celebrata da diversi poeti.
Questa infiorata consiste nel cuo-
prire le vie per ove passa la pro-
cessione, ed in breve tempo, di
verzure e di ogni specie di vaghis-
simi fiori, con graziosi e variati
GEN
disegni, che producono un effetto
meraviglioso. La sua origine si de-
ve alla famiglia Leofreddi genza-
nese, la quale nei primi anni del
pontificato di Pio VI cominciò or-
nare la strada con piccoli strati
di fiorì simmetricamente disposti
avanti l'abitazione dei fratelli d.
Arcangelo e Nicola Leofreddi po-
sta alla metà della via Sforza ,
addosso alla quale essi avevano e-
retto anche un altare decentemen-
te ornato, ove si fermava la pro-
cessione del ss. Sagramento. Suc-
cessivamente questo ornamento di
fiori nelle strade lungo il passag-
gio della divota pompa, ci*ebbe
gradatamente per Temulazione re-
ligiosa delle alti*e famiglie genza-
nesi proprietarie delle case avanti
le quali percorre la processione,
ed a tal segno, che ormai è di-
venuta pei* così dire una festa eu-
i*opea stante la sua celebrìtà, che
attrae numerosi ammiratori del
gusto ed industria dei genzanesi
nell' adornare i piani delle strade
con lavori di fiori d'ogni colore,
vagamente disposti a disegno, tut-
ti variati con figure, rabeschi ed
ornati ; e ciò che riesce più sor-
prendente, ciò fanno con somma
celerità e facilità , ricoprendo la
via con questi naturali tappeti ed
arazzi estemporanei. Gli agostinia-
ni della congregazione di Genova
ebbero dal comune in dono l'an-
tico ospedale dell' Annunziata, nel
cui sito i religiosi eressero il pro-
prio convento nel 1612, assumen-
do l'obbligo delle pubbliche scuo-
le: la contigua chiesa, che ha sem-
pre ritenuta la stessa invocazione
della ss. Annunziata, fu di nuovo
edificata l'anno 1786. I cappucci-
ni che prima stanziavano in Nemi ,
ebbero in Genzano il primo con-
GEN ag
vento sino dal \63j per benefi-
cenza del comune ; ma essendo es-
so io sito svantaggioso, il duca Giu-
liano Gesarini, edificò a proprìe
spese la chiesa e convento ove tut-
tora sono, ed a' 17 maggio i643
il caitlìnal Alessandro Cedrini con-
sacrò la chiesa in onore di s. Fran*
cesco di Assisi.
I miglioramenti er l' ingrandi-^
mento di Genzano si deve ai du-
chi Cesari ni e Sforza. Le lunghe
e sanguinose guerre intestine tra
i baroni romani, e i principi d'I-
talia impedirono che quei signori
ch'ebbero il dominio di Genzano
potessei'O applicarsi a migliorare
questo loro feudo, pregevole an-
cora pel suo fertile tem torio, pel
suo clima salubre, e per la van-
taggiosa- esposizione. Altro ostacolo
all'ingrandimento di Genzano nei
suoi primi secoli fu il quasi conti-
nuo cambiar padrone, essendoché
interrottamente dominato dai mo-
naci, dagli Orsini, dai Savelli, dal-
la camera apostolica 5 dai Colon-
nesi, dai Borgia, dagli Estoutevil-
le e dai Massimi, laonde alla sola
industria degli abitanti sotto tali
sfgnorì , Genzano ripete l' accresci-
mento. Venuto appena nel i564
in potere di Giuliano Gesarini si-
gnore romano fornito di rarissimi
talenti, e di una magnificenza piti
che ordinaria, il castello respirò
dalle passate turbolenze, e potè ri-
sarcirsi dai danni sofferti per le
tiemiche incui*sioni de' vicini, e dei
vantaggi perduti per l'indolenza
di quelli che lo avevano domina-
to. Fu primo pensiero di Giuliano
di riformare, e ridurra in miglio-
re e più regolato sistema il pub-
blico statuto , che fece pubblicare
nell'agosto i565. Gio. Giorgio suo
figlio .che lo succedette, fece vari
3o
GEN
ncquÌKti in terreni con idea di ri-
durli a delizia; ed il duca Giulia-
no figlio dì questi ingrandì il pa-
lazzo baronale. Il duca Gio. Gior-
gio Il 8i distinse piii de' suoi ante-
nati in migliorare ed abbellire il
feudo coi memorati stradoni, con
riedificare il palazzo, la chiesa e
convento de' cappuccini, ed ornare
la chiesa parrocchiale. 11 di lui
fratello Filippo eresse la chiesina
di s. Sebastiano : sotto questi ulti-
mi due duchi cominciò Genzano a
notabilmente estendersi fuori del
suo antico murato, ed ebbe pnn-
cipio quello, eh' ora dicesi Genzano
nuow), 11 mento di ridurre questo
a quella simmetria e bellezza in cui
oggi si veóe, tanto per la ben in-
tesa costruzione delle fabbriche, che
per r ampiezza delle sue strade, si
deve alla duchessa d. Livia Ccsa-
rioi erede di tutta la nobilissima
famiglia, ed al duca Federico Sfor-
za di lei marito. Sul declinare del
secolo XVII e nel 1674 la duclies^
sa ordinò l'apertura di nuova ma-
gnifica strada, che dalla chiesa par-
rocchiale direttamente conducesse
all'altra di s. Sebastiano, conceden-
do i siti lungo la medesima a chiun-
que bramava erigervi nnove abi-
tazioni. Questa contrada che prese
e ritiene il nome di Livia, si ornò
di fabbriche i^golari , e talmente
divenne popolosa , che verso il
1707 fu d'uopo aprire la contigua
strada Sforza dal cognome del du-
ca Francesco. Le due grandiose
strade furono aperte con disegno
di Giovanni Jacobini in allora po-
destà di Genzano e geometra, figlio
di Cristoforo cavalleggero pontifì-
cio, autore della famiglia Jacobini
in Genzano. Sotto i duchi susse*
guenti Genzano si andò sempre
piii dilatando verso il piano, onde
GEN
formossì la nobile contrada detta
della Posta.
Delle testimoniansre poi di alcu-
ni più celebri auton sopra Genza-
no , e de' quali poi parleremo , il
Batti ne tratta al cap.>XI della
sua Storia di Genzano^ mentre nel
cap. X discorre de' genzanesi illu-
stri, e principalmente di Venanzio
Sirny generale de' vallombrosani ,
vescovo di Sala mina iVi partUfUs;
di Tommaso Scipioui dotto avvo-
cato ed autore di una Prassi cri'
minale y the il Bassani con com-
menti pubblicò nel 1775; e di
Gio. Battista Jacobini fatto vescovo
di Veroli da Clemente XIII. A' no-
stri giorni Pio VII fece vescovo di
Bagnorea monsignor Gio. Battista
Jacobini. Il medesimo Ratti disse
che la famiglia Jacobini è origina-
ria della diocesi di Parma, che si.
stabilì a Genzano verso il i632,e
che si diramò in otto e piii fami-
glie; a pag. 4^ poi parla delle
principali famiglie di Genzano, al-
cune delle quali ora estinte. Dei
principali prodotti di Genzano, egli
ne parla al cap. IX, massime del
vino che forma per la sua eccel-
lenza la maggiora ricchezza del pae-
se, per cui dà un breve saggio del
metodo col quale i genzanesi col-
tivano le viti, e del modo che ten-
gono nella lavorazione del vino.
Siccome Genzano è capoluogo di
governo , così oltre l' appodiato di
Ardea^ comprende nella sua giu-
risdizione le comuni di Nemi e di
Civita» Lavinia y luoghi celebri nella
stoina degli antichi romani, il per-
chè premetteremo un cenno alle
compendiate notizie che pm ripor-
teremo di Genzano.
Ardea o Ardia^ Ardua ^ nella
diocesi di Albano. Oltre quanto
dicemmo sui pregi civili ed eccle-
GEN
siastici di Ardea al suo artksolóy
qual marchesato della famiglia Sfor-
^ » aggiùgneremo queste nozioni.
Di questa metropoli dei rutuli
si fa risalire Forigine i4oo anni
avanti la nostra era, da una colonia
ai^va , mentre la sua etimologia
secondo le tliverse opinioni , in un
ai suoi fasti si legge nel tom. I ,
p. 235 e seg. óe\Vj4nalìsi de* din"
tomi di Roma del JNibby. La fer-
tilità del territorio e la situazione
marittima ne fecero un popolo in-
dustrioso, ricco e potente a segno
di spedir colonie perfino nella Spa-
gna, dove è fama che uniti ai za*
cinti fondarono la famosa Sagun*
^Oy oggi Murviedro^ espugnata da
Annibale cartaginese, e pretesto piut-
tosto della seconda guerra punica.
Alla Tenuta nel Lazio del troiano
Enea, questi coi latini sostenne ac-
canita guerra contro Turno re dei
rutuli che vi perì ucciso da Enea.
1 primi re di Roma non dierono
inquietezze agli ardeati, ma l'ulti-
mo di essi Tarquinio il Superbo alla
città pose r assedio ; mentre questo
facevasi dai i*omani ebbe luogo il
nefando delitto di Sesto figlio del
re, che abusando della onestà di
Lucrezia, produsse la di lei memo-
rabile moi*te, e la rivoluzione che
cangiò di tirannico in repubblicano
il governo di Roma, che per sem-
pre discaccio dal suo territorio Tar-
quinio e tutta la sua famiglia :
così fu tolto l'assedio di Ardea,
e segnato un trattato di tregua
vantaggioso a Roma. E sebbìene
presero parte nella guerra latina
in fisivore dei Tarquini , gli ar-
deati dopo queir epoca non appa»
riscono in guerra coi romani, anzi
in tale amicizia vennero con essi,
sino a chiamarli arbitri ne' contra-
sti con gli aricini. Cadde poi Ar-
GEN 3i
dea, sebbene centro di civiltà, nel-
le discoi-die intestine, che il con-
sole Geganio sopì nell'anno 3 1 3 dì
Roma, indi vi fb esiliato il prode
M. Funo Camillo, che Ubei*ò non
solo gli ardeati dai galli, ma que-
sti distrusse liberando Roma dal
loro giogo. Ardea fu una delle co-
lonie, che nella seconda guerra pu-
nica si dichiarò impotente di dare
que' soccorsi eh' esigevano i roma-
ni , i quali più tardi l' esigettero.
Siccome piazza forte vi mandaro-
no Minio Cernnio Campano in
ììiofp} di carcere; ma seguendo il
partito di Siila contro Mario sog-
giacque a fiere depredazioni e de-
vastazioni che cagionarono poi l'in-
salubrità del clima, ed influirono
alla sua decadenza; onde Adriano
rinforzò questa colonia, e venne ad
un nuovo cangiamento, finché nel
secondo secolo dell' era volgare di-
venne deserta. L'abbandono del vi-
cino Lavinio ora Patrica, potè do-
po il secolo V della medesima era
ricondurre una qualche popolazio-
ne in Ardea.
Sul declinare del secolo XI era
Ardea un castello con itn^a e tor-
re, appartenendo la metà al mo-
nistero di san Paolo, quindi nel
1 1 3o era passata in sua intera pro-
prietà con nome di città. Nella me-
tà del secolo XII I Ardea fu occu-
pata da Nicolò monaco di s. Pao-
lo, ma Clemente IV la ricuperò
al monistero. Dipoi l'antipnpa C\e*
mente VII la donò a Giordano Or-*
sini, mentre il Pontefice Urbano VI
contemporanea niente ki vendeva
per tredicimila fiorini d'oro a Ja«
eovello Oi^sini, dal figlio del qua<*
le col rimborso di diecimila fiori-
ni d' oro fu restituita Ardea al mo-
nistero di s. Paolo. Nel i4o5 In-
nocenzo VII la riunì alla camera
32
GEN
apostolica, quindi Tenne in potere
di Raimondo Orsini/ a cui la tolse
Martino V che la die al sua pa-*
rente Giovanni Andrea Colonna,
per cui divenne fèudo de' Colon-
nesi ; però temporaneamente con-
fiscato da Alessandro VI in favore
di Roderico Borgia d'Aragona du-
ca di Biseilo« Nella guerra contro
Paolo IV del duca d'Alba fu oc-
cupata dalle sue genti, e nel 1 564
passò in proprietà dei Cesarìni.
Nel secolo XI li vi fu eretta la chie-
sa dedicata a s. Pietro, nel decli-
nare del precedente fu fabbricata
quella di santa Marina vergine, la
cui porta e un monumento inte-
i*essante per la storia dell'arte : di
queste chiese il Piazza nella sua
Gerarchia cardinalizia^ come del-
le notizie di Ardea^ ne tratta a p.
3 19 e seg., parlando della diocesi
d'Albano, così discoiTe delle chie-
se di s. Maria detta di Pescarella
patronato della Simiglia Massimi ,
di quella di s. Lorenzo e di quel-
la di s. Antonio abbate fabbricata
da Giuseppe Buccimazza negli ul-
timi anni del secolo XVII. L' at-
tuale terra di Ardea occupa sol-
tanto il sito della cittadella antica ;
la pòrta per la quale si entra è
opera de' G)lonnesi del declinare
del secolo XV, come pure il con-
tiguo palazzo baronale. Il lodato
Ratti parla d' Ardea alle p. 4? 5 4^
e 106; il Theuli a p. 46 del suo
Teatro istorico; il Ricchi a p. 234,
lib. I, cap. XLVI, Ardea o Ardia ,
chiamata ancor Troia colonia Ut'
lina XVI^ ove dice pure delle sue
notizie ecclesiastiche. Lo stesso Rio-
chi nel Teatro degli uomini illu-
stri de* volsci chiama Ardea fon-
datrice della reggia dell' is tesso no-
me, ed a p. 3o, oltre i pregi di
Ardea, discorre de' soggetti . illustri
GEN
della medesima, fra' quali oltre il
Papa Leone V , da noi detto al-
l' articolo Ardea, dice probabilmen-
te comprendei'si anche Marco Fu-
rio Camillo.
Nemii iVentUf /comune della dio-
cesi di Albano. Il suo nome deri-
va dal famoso Nemus o bosco sa-
cro di Diana, foltissimo, in mezzo
al quale era il suo tempio nel
cratere del lago, coronato da un
ciglio continuato de' monti. Dalla
Tauride vuoisi derivasse il culto
di Diana Nemorense, ed il simu-
laci*o finsero i poeti essere quello
stesso custodito già da Ifigenia so-
rella di Oreste, ed avanti al qua-
le questi uccise Toante re della
Tauride. Sacerdote di questo tem-
pio, in vigore d' un costume bar-
barico scitico, era quello che di
propria mano aveva ucciso il pre-
decessore, cioè un fuggiasco ch'e-
sponeva la propria vita per dive-
nirlo, e che sempre trepidava che
gli fosse resa la pariglia, per cui
procedeva sempre armato di spa-
da sguainata, dovendo vigilare al-
le insidie che gli si tendevano. So*
leva essere anche uno schiavo il
ministro di questa dea, e l'elezio-
ne facevasi mediante un singolare
combattimento di due schiavi, ve-
nendo dichiarato sacerdote quello
che uccideva il competitore. Il
bosco ebbe pure il nome di Ege-
ria come la fonte, da una ninfa
locale (Ovidio cantò la favolosa
tradizione che la ninfa Egeria fu
sposata da Numa, e dopo la mor-
te di quel re ritiratasi inconsolabi-
le nel bosco aricino fu da Diana
cangiata in una fonte), fonte che
si vede ancora abbondante, peren-
ne e limpida sgorgare sotto il vil-
laggio odierno, il quale annicchia-
to sopra il ripiano d'una rupe al-
GEN
tissima tagliata a picco, è succe-
duto altempio, il quale ebbe defini-
tivo termine nel 391, allorquando
furono proibiti i riti de'pagani. Ces-
sato il culto di Diana, il bosco sacro
costituì la massa Nemus, la quale
nel secolo IX apparteneva alla ba-
silica di s. Gio. Battista di Àlba-
nOy e per tradizione dicesi asse-
gnata sino da Costantino , quan-
do ancora esisteva il culto della
dea. Questa terra rimase massa ,
cioè ' una proprietà costituita di
molli fondi uniti, fino al secolo IX, e
per la sua posizione fortissima e se-
gregata, nel seguente fu occupata
dai conti Tusculani, di cui parlam-
mo air articolo Frascati (P^edi), ì
quali vi formarono un Castrum o
teiTa fortificata, che nel logo il
conte Agapito assegnò in dote al-
la figlia data in matrimonio ad
Oddone Frangipane, e così i Fran-
gipani divennero signori di Nemi.
Cii*ca il 1 1 53 il Papa Anastasio
IV concesse Nemi ai monaci ci-
stcrciensi di s. Anastasio fid aquas
Salviasy ciò che confermò nel 1 183
Lucio III. Il Cecconi nella Storia
di Palestrina a p. 272, dice che
Bonifacio Vili fece assediare il ca-
stello di Nemi difeso da Stefano
Colonna; venne preso per fame,
e fu concesso ad Orso Orsini. Piit
tardi nel 1378 l'antipapa Clemen-
te VII in premio de' servigi rice-
vuti da Giordano Orsini signore
di Marino, gli concedette questo
castello insieme con altri, forman-
do un'enfiteusi fino a teraa gene-
razione. Da un istromento del 1389
riportato dall' Armanni nel Raccon-
to della famiglia Capizucchi^ si
rileva che ad essa i terrazzani di
Nemi portarono fedeltà e vassal-
laggio.
' La fortezza ed il castello di
VOI. XXIX.
GEN
33
Nemi fu invaso da Tebaldo de»
gU Annibaldi signore della Mola*
ra, ma poscia il suo figlio Giovan*
ni lo restituì all'abbate di s. Ana-
stasio nel 141^9 onde l'abbate lo
die in affitto a Gioi*dano Colonna
per cinquanta o settanta fiorini
d'oro, alla qual famiglia i monaci
con beneplacito apostolico lo ven-
derono nel 14^8 con Genzano, e
col casale di Montagnano per quin-
dicimila fiorini del valore di ba-
iocchi 47 l'uno. Nel i479 ^^oìì
con Genzano furono acquistati per
dodicimila ducati dal cardinale di
Estouteville, che nel 1480 donò
ambedue i luoghi ad Agostino e
Girolamo figli di Girolama To$ti(
e dopo tornarono ai Colonnesi.
Però nel 1482 Nemi^ Ardea, ed
altri luoghi furono confiscati da
Sisto IV, e donati ai velletrani^
come si legge nel Borgia, Storia
di Felletri p. 38o: questi inoltre
parla de' suoi confini con Velletri
regolati dal cardinal di Roano»
delle posteriori differenze sui me*
desimi sedate nel i5o5, enei i546
dal governatore di Marittima e
Campagna. Nella famosa divisione
de' feudi fetta d' Alessandro VI nel
i5oi tra i figli di Lucrezia Bor-
gia, ed inserita dal Ratti a pag*
I SS della Storia di Genzano^ con
altri documenti riguardanti Nemi,
fu assegnato dal Papa a Roderico.
Dopo la morte di Alessandro VI
il castello tornò ai Colonna, ma
Ascanio nel iSSo lo vendè a Giu-
liano Cesarini. Il quale nel iSSg^
Io rivendette ai Colonnesi, che nel
i56o lo venderono a Silverio de
' Silveriis Piccolomini; quindi nel
i566 venne in potere di France-
sco Cenci) che nel 1573 lo vendè
a Muzio Frangipani^ il cui figlio
Mario morendo in Roma l'anno
3
34 GEN
i6j»4) chiamò alla successione i
Frangipani di Croazia, e poi quel-
li del Friuli. Dal marchese Anti-
gono Frangipani fu alienato Nemi
nel 1781, pel prezzo di scudi no-
vantaquattromila settecento dodici,
in favore di d. Luigi Bmschi di
Cesena, il cui zio Pio VI nel 1786
eresse il feudo in ducato pel ni-
pote d. Luigi, il quale restaurò il
palazzo baronale, e lo abbelfi con
eccellenti pitture rappresentanti la
antica storia del bosco Aricino; e
togliendo molte selve inutili, fece
piantare molte migliaia di piante
d'oHvo. Il di lui figlio duca d.
Pio nel i835 vendette Nemi, con
patto redimendi, al principe Giulio
Cesare Rospigliosi, e poscia in fat-
ti lo riacquistò, onde attualmente
n'è tornato al duca d. Pio Bra-
8chi il possesso.
La situazione di questa ter-
ra è pittoresca, come magnifica
n'é la veduta che ivi si gode
del cratere e del lago sottoposto,
che somiglia ad uno specchio va-
stissimo. 11 palazzo baronale accre-
sciuto da Mario Frangipane ultimo
del ramo di Roma, ha l'aspetto
di un antico castello feudale, ed
in un alla torre rotonda è opera
dei Colonna. Nel tempo che A-
Scanio Colonna era signore di Ne-
mi, accolse in questo territorio i
cappuccini, i quali furono destinati
ad abitare un sito svantaggioso
poco distante dalla casa dei pe-
scatori, a lato della strada che da
Nemi passa a Genzano, laonde nel
1687 passarono in Genzano al mo-
do che dicemmo di sopra. Allora
Il nominato duca Mario Frangipa-
ni, a cui Nemi deve tutto quello
che ha di moderno degno di con-
siderazione^ per consolare i suoi
vassalli di tale perdita, fabbricò
GEN
dai fondamenti in un sito comodo
un nuovo convento pei frati mi*
nori osservanti con chiesa annessa
dedicata a Dio in onore della
Beata Vergine Maria detta di j^er-
sacarrOf e nel i645 vi furono in-
trodotti i minori osservanti. L'im-
magine della Madonna che ivi si
venera sedente col divin Figlio, ed
ai lati i ss. Pietro e Paolo, il po-
polo di Nemi Tavea collocala nel-
la chiesa de' cappuccini, i quali a>-
vendola portata in Genzano al-
lorché partirono, ad istanza del
comune di Nemi, Urbano Vili
processionalmente la fece restitui-
re, e riposta nella chiesa parroc-
chiale, fu poi trasferita in quella
degli osservanti. Dopo alcuni an«
ni essendo stata riposta nell'altare
maggiore una divotissima imma-
gine di legno del ss. Crocefisso,
lavorata da fr. Vincenzo da Bas-
siano nei soli giorni di venerdì,
ne' quali macerando il proprio cor-
po con pane ed acqua, e con aspre
discipline , fervorosamente prega-
va Gesù- Cristo che il suo lava*
ro riuscisse a benefizio de' fedeli,
laonde è costante tradizione che
trovasse il volto perfettamente com*
pito da mano invisibile. Fu espo-
sto alla pubblica vener/izione nel
1669, e subito per le grazie ricevu-
te da chi ne implorò il patrocinio,
divenne in gran divozione. I late-
rali a fìesco sono di fr. Felice da
Napoli che li dipinse nel 1675; nel
primo espresse Gesù avanti Caifas«
so, nell'allix) quando porta la croce.
Sulla volta colorì la ss. Trinità, eoo
la Vergine coronata dal Figliuolo
con vaga corona di fiori. Due altri
suoi dipinti sono in questa chiesa
ai due altari de' ss. Francesco,
Pasquale e Chiara, e di s. Anto-
nio di Padova. Lo stesso duca
GEN
Mario rifabbricò la chiesa parroc-
chiale di s. Maria de puteo^ dedi-
candola a Dio in onore della Con-
cezione della ss. Vergi ne, la di cut
immagine fece porre nell'altare
maggiore» lavorato a marmi anti-
chi con due vaghe colonne. Si
crede che la denominazione de pu*
teo sia derÌTata da una apparizio-
ne che fece la Madre di Dio ad
alcune donzelle, eh' eransi portate
ad attingere l'acqua ad un pozzo
situato dentro della chiesa \ecchia.
Il p. Casimiro da Roma, nelle
Memorie istoriche delle chiese e
de* conventi de* frati minori della
provincia romana, non solo al cap.
Xy tratta della chiesa e conven-
to di s. Maria di Versacarro e
delle sue reliquie, ma ancora e con
la nota erudizione delle notizie di
Nemi, delle antichità ivi trovate,
e del suo lago, non ehe della no-
bilissima famiglia Frangipane. Im-
portanti notizie di Nemi ci dà e-
gualmente il Piazza nella Gerar*
chia cardinalizia da lui pubblica-
ta nel 1703, s\ profane che sacre,
e del suo lago ed amenità del luo-
go, come ancora delle chiese di s.
Maria del Pozzo, di s. Maria del
Rappello fondata dalla famiglia
Gismondi, di s. Nicolò sulle spon-
de del lago, e dell'oratorio o ro-
mitorìo di s. Michele. Inoltre iu
Nemi vi è un ospedale per gl'in-
fermi e pellegrini ben dotato, ed
amministrato dal sodalizio del ss.
Sagramento.
Il lago di Nemi , pi^ comune-
mente detto dagli antichi Nemo*
rensfy è come quello di Albano il
prodotto di un vulcano estinto, di
che fan prova le, materie che lo
eircondano : il perimetro è di circa
cinque miglia ; ed il livello è supe-
riore a quello di Albano ossia
GEN
35
Castel Gandolfo {Fedi), sebbene
nella siccità del i683 il lago di Ne-
mi si abbassò notabilmente meno
di quello di Albano. Ai lago vi si
può discendere per varie strade,
e fu anche chiamato Specchio di
Diana, perché il tempio come l'o-
dierno paese si specchiava nel lago»
Secondo le osservazioni di Schon,
nella sua lettera al Brocchi inse-
rita nel quaderno di giugno 18 18
della Biblioteca italiana^ il lago di
Nemi è sopra il livello del mare
mille e trentasei piedi parigini;
la profondità del lago alcuni la fan*
no ascendere a circa settecento cin-
quanta palmi. Avvi un emissarìo
che sbocca nella valle dell' Ariccia
con copioso volume d'acqua, che
fa agire un molino da grano. Al-
cuni dicono che le acque del lago
Albano col giro di quattro miglia
si uniscono al lago di Nemi, altri
che le acque di questo invece si
immettono nel lago Albano. Cele-
bre è la pretesa nave, come la
chiama il Nibby, da altri detta di
Tiberio, da altri di Traiano, esi-
stente sotto acqua, della quale par-
lano il Biondo nella Roma rist, p.
no; Leon Battista Alberti nel
Tratt. deWarchit, 1. V, e. 1 2; e piti
particolarmente Francesco Marchi
bolognese, celebre architetto ed in-
gegnere militare del secolo XVJ,
il quale vi calò nel 1 535, e ne fa
un'esatta descrizione nel lib. II, cap.
8 a della sua opera intorno l'archi-
tettura militare illustrata dal mar-
chese Luigi Marìiii. Gio. Girolamo
nella Lezione accademica ec. i/itor-
no V origine de' due lagìU Albano
e NemorensCy nel Giornale de^let"
terati^ riporta la descrizione della
barca antica che trovasi affondata
nel lago di Nemi, tratta dall'ope-
ra di Marchi. Il Marchi si seivl
36 GEN
nell'impresa di Guglielmo di Lo-
reaa Taiente meccanico, che inven*
tò un istromento per andar sotto
acqua» Prima V avea tentata di-
verse volte il cardinal Prospero
Colonna a mezzo del nominato
Alberti, come racconta il Ratti a
pag. 79 e seg. Narra il Nibby,
tifW Analisi de* dintorni di Roma,
tom. JI, p. 3g6, che nuove ricer-
che su tal proposito si fecero ai
giorni nostri (da Annesio Fusconi
nel i8a7 con una macchina fatta
da lui costruire,, ossìa campana di
immersione, e col permesso del si-
gnore del lago, allora il duca d.
Pio Braschi, ripetendo l'esperienze
del Marchi), alle quali essendo sta-
to egli presente ed avendo attenta-
mente esaminato quanto venne e-
stratto, ed udito da coloro che vi
erano calati ciò che aveano vedu*
tOj gli sembrò potersi opinare, che
]a pretesa nave altro non sia che
la intelaratura de'fondamenti di un
fabbricato; che i travi di questa
intelaratura sono di larice e di a-
bete; che i chiodi che li univano
insieme SQno di metallo, e di va-
rie dimensioni; che il pavimento,
o almeno lo strato inferiore di es-
so era formato di grandissimi te-
goloni posti sopra una specie di
graticole di ferro sopra ie quali
livvi il marchio Caisar in lettere
di forma assai antica ; e queste gra-
ticole, come pure i tegoloni, alcu-
ni travi , ed i chiodi possono ve-
dersi nella biblioteca vaticana. Quin-
di soggiunge, che il marchio Caisar
sembra spiegar Tuso di questa fab-
brica, imperciocché racconta Sve-
tonio nella vita di Cesare e. XLVJ,
che quel dittatore *» Villam in
•• Nemorensi a fundamentis inchoa-
M tam, magnoque sumptu absolu-
f« tam, quia non tota ad animum
GEN
M ei responderat, totam diruissè
» quamquam teuuem adhuc, et
M obaeratum ". Cominciò pertan*
to Giulio Cesare una vili» magni-
fica e sontuosa nel Nemorense , e
la distrusse dopo averla quasi fini-
ta, perchè non corrispondeva intie-
ramente alle sue idee, e questa
villa era stata fatta con grande spe-
sa, magnoque sumptu. Riflette dun-
que il Nibby che il marchio Cai"
sar è appunto quello di Cesare,
perchè è solo, isolato, non accom-
pagnato dal prenome Ti, cioè 7T-
berius, o dal cognome Trafanus;
e perciò crede che la pretesa bar-
ca altro non sia che il fondamen-
to di questa villa medesima fatto
dentro il lago, onde dar luogo al
fiibbricato superiore, e questo es-
sendo stato distrutto da Cesare
stesso, il fondamento sott'acqua ri-
mase, come pure sott'acqua si tro-
vano avanzi sconvolti della i&bbri-
ca demolita, li punto scelto per
questa villa era opportuno, essendo
collocata dirimpetto al tempio del-
la dea in riva al lago.
Il canonico Emanuele Lucidi
nelle Memorie istoriche delT anti»
chissimo municipio dell' A riccia, e
delle sue colonie Gemano e Nemi^
Roma 1796 per i Lazzarini, a p.
74 e seg. parla del lago A ricino,
ora di Nemi, dedicato a Diana ; del
suo circondario, e differenza di li-
vello da quello di Castel Gandolfo;
del suo emissario; delle due gran-
di navi pensili fatte gettare nel
Diezzo del lago dall'imperatore Ti-
berio, sulle quali per* delizia e con
spese immense edificò un palazzo
con giardino pensile, foiose per go-
dervi con maggior diletto la nau-
machia o combattimenti navali ;
delle sue produzioni vulcaniche, pro-
ducendo anguille^ tin^he^ b^bi) e
GEN
soprattutto lattàrini dì delicato sa-
pore, ed il Baiti aggiunge rofiglio*
ni, scardafe^ anticoli ed altri; dice
inoltre che questo lago era d'ognr
intorno anticamente coperto di fab-
bricati, specialmente verso il mez-
zogiorno, e che ne' Commentari di
Pio II ci vengono descritte le de-
lìzie di questo luogo. Quindi a p.
3 1 2 e seg. il Lucidi ci dà la sto-
ria dell'origine di Nemi, e dei di-
versi suoi signori , dicendo che fu
chiamato Nemore^ Neme^ Nemo e
Nemus Arieìnum. Il Fea nell'opu*
scolo intitolato Varìeià di notizie
economicO'fisiche antiquarie sopra
Castel Gandolfoy Albano^ A riccia^
Némiy loro laghi ed emissari y Ro-
ma 1820 pel Bourliè, a pag. 5 e
seg. parla di Nemi e suo lago, ed
a pag. 26 e seg. ci dà la relazio-
ne architettonica dell'emissario del
lago di Némì. Delle antichità rin-
venute in Nemi, e delle sue noti-
zìe ne trattano pure il p. Kircher
nel suo Latium ; il Volpi nel Ve-
tus Latium tom. VII; il Ricchi,
nella Reggia de volsci lib. I^ cap.
XXXHI, Nemi ; e Pio II, che vi si
portò a visitarlo, ne'suoi Commen^
tari lib. II, p. 565, ed altri scritto-
ri. Nel 174^ fu stampata in Vel-
letri la Descrizione del boschetto
del marchese Frangipane nel suo
feudo di Nemi , di Gio. Battista
Parisotti. Nel 1787 furono rinve-
nute delie antichità , anche nella
valle detta Noceto ^ ove esisteva
una chiesuola sacra a s. Andrea a-
postolo. Il Cancellieri nella sua Let*
tera al dottor Koreff^ parla eru-
ditamente di Nemi come della no-
bile famìglia Frangipani, della qua-
le riporta molte notizie in diverse
sue opere. Su di essa può vedersi
Benedetto Pucci, Genealogia dei
Frangipani romani ^ discesa dalCan*
GEN 37
tichissima e nobilissima famì^id
Anicia de* Leoni ^ Venezia 1622
pel Barezzi. Il Nerini, De tempio
et coenobio ss, Bonifacii et Alexii
ec. molte notizie riporta de'Fran-
gipani. Francesco Zazzera scrìsse
delle Famiglie ec. e Frangipani nel
suo trattato della Nobiltà d'Italia.
Oltre Pio II Nemi fu onorato
dalla presenza di diversi Pontefici.
Alessandro VII vi si recò nel mese
di maggio 1 656, e fu ricevuto dal
cardinal Antonio Barberini, che il
duca Mario Frangipane avea isti-
tuito erede confidenziale: visitò la
chiesa parrocchiale, e fu trattato a
lauto pranzo nel palazzo baronale,
con altri cardinali e principi che
lo seguivano. Clemente XI vi si'
portò tre volte, cioè a' 26 giugno
171 1, a' 21 giugno 17 12, e ai-
18 ottobre 1715: la prima volta
visitò la chiesa parrocchiale, ed in
tutte e tre quella del ss. Crocefis-
so de' minori osservanti. Dalla vii-'
leggìatura di Castel Gandolfo, co-
me aveano fatto i precedenti, Be-'
nedetto XIV recossi a Nemi a' 20
ottobre 1741 coU'accompagnamen-
to di piti di cento persone, e vi-
giunse ad ore ventidue. Visitò la
chiesa del ss. Crocefisso, e nel con-
vento fu servito di sontuoso rinfre-
sco dal marchese Pompeo Frangi-
pani, nel modo che il di lui fra-
tello Mario senatore di Roma, avea
praticato verso Clemente XI; indi
il Papa si portò a piedi alla chie-'
sa parrocchiale, e poscia fece ritor-
no a Castel Gandolfo, ove giunse
a mezz'ora di notte , servito dalle*
torcie per la strada, nella quale
trovò squadronati i soldati corsi,
passando per la macchia della Fa^
iola. Nel 1763 Clemente XIII, gio-
vedì 6 ottobre, dopo avere udito
la messa in Castel Gandolfo» coi
38
GEN
cardinali Cavalchini , e Rezzonico
suo nipote^ e cogli altri nipoti e
corteggio si portò in Nemi. Nella
chiesa de' francescani adorò il ss.
Sagramento , poi venerò V imma-
gine del ss. Crocefisso^ quindi pas-
sò nel convento» ammise al bacio
del piede tutti i religiosi , a* quali
fece distribuire abbondante limosi-
na, in un all'arciprete ed altre per-
sone. Finalmente si condusse ad
osservare il palazzo ed il boschet-
to Frangipane. Pio VI dopo che il
nipote d. Luigi acquistò il feudo, in
occasione che si portava nell'aprile
Q maggio a Terracina pel prosciu-
gamento delle Paludi Pontine, piU
Tolte nel ritornare a Roma onorò
di sua presenza Nemi; e leggo nei
Diari di Roma, che Pio VI vi fu
giovedì 8 giugno del 1783, in cui
il duca Braschi imbandì alla corte
una nobile refezione; e che vi ri-
tornò lunedì i4 maggio 1787, ri*
cevuto dai nipoti cardinali RomuaU
do, e duca d. Luigi, che imban-
dirono alla famiglia pontificia altra
refezione. Anche il successore Pio
VII onorò Nemi di sua presehza,
e visitò la chiesa de' minori osser-
vanti, portandovisi dalla villeggia-
tura di Castel Gandolfo. Da que-
sta il regnante Pontefice Gregorio
XVI si recò a Nemi agli 1 1 otto-
bre i832, ricevuto tra lo sparo dei
mortari, il suono delle campane e
il gaudio degli abitanti, Visitò la
chiesa principale, ove ricevè la be-
nedizione del ss. Sagramento, ed in
(sagrestia ammise al bacio del pie-
de l'arciprete, la municipalità ed
altre persone. Passò poi alla chie-
s^ de' francescani a venerare quel
ss. Crocefisso miracoloso; quindi
sotto il trono ammise al bacio del
piede la religiosa comunità, nel re-
iGsttorio prese una piccola refezione.
GEN
e recandosi ad osservare il delizioso
lago, partì da Nemi.
Civita'Laviniaj Lanuvium^ comu-
ne della diocesi di Albano. Questa
terra corona l'ultimo scaglione, o
controfforte della lacina sud-est che
discende dal ciglio ^ o cratere del
lago Nemorense, ed occupa una
parte dell'antica città latina di La-
nuvium , la quale per analogia si
pronunzia in varie lapidi antiche
de' tempi imperiali, perché così in-
dicata, col nome di Lanivium^ co-
me ne' fasti ti*ionfali capitolini si
legge Lavineis in luogo di Lanuvi-
neis allanno ^i5 dì Roma. Quindi
ne' tempi della decadenza fu detta
Civitas Lanivina^ e nel medio evo
Civitas Lavina ^ Civitas Lahinia^ e
per corruzione Civita Nevina , Ci-
vila Innivinay come ne' tempi mo-
derni Civita Lavirua^ nome col qua-
le oggi si conosce^ e cagione del-
l'equivoco preso da molti , ed an-
che contemporanei scrittori, che
la confusero colla città di Lavinio
fondata da Enea in un luogo ben
diverso da questo, situato verso il
mare, corrispondente con la moder-
na borgata di Pratica. Ne prova la
posizione di Lanuvio ove è al pre-
sente Civita Lavinia, il Nibby nel
tom. II, pag. 168 e seg. Analisi
de dintorni di Roma; e le rovine
de' molteplici avanzi di antichità,
ed i monumenti esistenti non la^
sciano luogo ad alcun dubbio. La-
nuvium fu fondata da Diomede
trasportato su questi lidi dai flutti,
dopo la distruzione di Troia; ed il
culto di Giunone Sospita o Salva"
trice^ che ivi osserva vasi, ed il cui
tempio era nell'acropoli lanuvina,
e vari usi furano pei romani una
dimostrazione positiva di questo fat-
to narrato da Appiano e da altri,
mentre è noto che tutta rantichi^?
GEN
Ik riconobbe aver Diomede gira-
to attorno alla penisola italica.
La deità di Giunone nel tempio
rappresentavasi ricoperta il capo e
le spalle d'una pelle caprina , con
lo scudo nella sinistra» la lancia con
asta nella destra , t calzari con i
calcei a doppia sola aperta. A pie*
di avea un serpe, immagine di quel-
lo che ri pu lavasi essere nascosto
nella cavei*na situata a canto del
tempio^ ed al quale con strano ri*
to alcune donzelle vergini doveva-
no recare ogni anno in cibo una
focaccia. Questo tempio fu pur det-
to di Giunone Argolide , presso il
quale era vi un folto bosco saci*0|
con grande caverna, tana del dra-
gone , che di buon grado riceveva
le focaccie se le donzelle erano ver-
gini. Questa fu una delle tante dia-
boliche imposture de' pagani. Am«
messo che Lanuvio sia fondato da
Diomede, secondo le tavole di Petit
Radei questo fatto pub stabilirsi
circa l'anno 1280 avanti l'era vol-
gare, o secondo le tavole comuni
circa l'anno 1282. Per la prima
tolta dopo la fondazione della ter-
ra i ianuvini compariscono nella
.storia cii*ca 700 anni dopo. In que-
sto lungo intervallo osserva il Nib-
by che forse per la posizione sua
nell'ultimo limite del territorio la*
tino e volsco, Lanuvio restasse in-
dipendente, e come Ardea fosse un
distretto particolare, il quale seppe
conservare la sua importanza col
mantenere da questa parte la bi-
lancia fra' due popoli limitrofi. I
latini specialmente , considerando
che poteva servire loro di punta
entro l'agro volsco, da paralizzare
l'importanza di Corioli e di Yeli-
tra, accarezzarono talmente i Ia-
nuvini, che questi finalmente en-
trarono nella lega loro» allorché la
GEM 3g
potenza romana andava estenden-
do le sue conquiste. E come fede-
rati latini presei*o le armi per ri-
mettere i Tarquini sul trono, ed
insieme cogli altri fiirano rotti nel-
la battaglia al lago Regillo. Con-
chiusa dopo quell'avvenimento la
pace coi romani, mantennero la
loro indipendenza, conservando a
quelli la convenuta concordia. Però
alle insinuazioni dei volsci nemici
permanenti di Roma, i Ianuvini
presero con essi le armi contro i
romani l'anno 3jS. L'esito fu pei
Tolsci infelice, e probabilmente in-
dusse i Ianuvini ad un accomoda-
mento, finché nel 417» come parte
della lega latina unironsi ai confe*
derati, per scuotere la supremazia
de' romani , e furono gli ultimi a
deporre le armi, per la rotta sol^
ferta sul fiume Astura.
Nella pace i romani trattarono
con riguardi i Ianuvini, gli aoooiv
darono la cittadinanza romana, re^
sero nazionali le loro fèste ed i ri-
ti sacri, a condizione che il tem«
pio ed il luco di Giunone Sóspiia
o Lanimna fosse comune ai due
popoli. Cosi Lanuvio colle proprìe
leggi municipali pacificamente si
resse, e solo dipendente fu da Ro-
ma nel partecipare ai pesi pubbli-
ci, come partecipe era degli onoii
della metropoli. L'anno 543 nella
mossa di Annibale contro Roma fu
invitata a preparare vettovaglie, ed
a presidiare la città. Dipoi Mario
sapendo che Lanuvio era uno dei
luoghi che servivano di granaio a
Roma, se ne impadronì per sor-
presa, quindi soggiacque a gravi
disastri, e caduta in debolezza gran-
de fu da Cesare colonizzata, es-
sendo allora cinta di mura. Poco
prima Cicerone l'avea qualificata,
nel fine dell'orazione a favore dt
4o GEN
Murena lanuTÌno, come muDÌcipio
onestassi mo, e come municipio si
reggeva prima della colonizzazione
colie proprie sue leggi, e creava il
suo magistrato supremo annuale
col nome di dittatore, officio di
che era rivestito Milone, altro la-
nuvino difeso pur da Cicerone. Nel
tempio lanuvino si conservavano
tesori, ma furono tolti da Otta*
Viano, nella guerra contro Mar-
cantonio; quindi nella divisione
che Ottaviano fece delle terre, as*
segnh una parte dell agro lanuvino
ai veterani, ed un'altra alle vergi-
ni vestali ; divisione che fu poscia
abrogata da Adriano, il quale re-
stituì ai coloni le teri'e: Svetonio
dice che Augusto frequentava per
suo diporto Lanuvio. Ad onta- del-
la vicende la città per la sua ele-
vata situazione, e pel tempio di
Giunone sempre si sostenne; creb-
be però in isplendore dopo che An-
tonino Pio vi avea avuto i natali
Tanno 86 dell'era volgare, e po-
scia pervenne all'imperio per l'a-
dozione di Adriano. QuelT ottimo
augusto, il suo figlio adottivo Mar-
co Aurelio, e l'indegno successore
Commodo, nato anch'egli presso que-
sta città, ne amarono particolar-
mente il soggiorno, e vi ebbero
una magnifica villa, la quale nel
secolo passato die alla luce vari
monumenti insigni, come il busto
di Elio Cesare, quello di Ennio
Vero, quello di Commodo giova-
netto, la statua conosciuta sotto il
nome di Zenone, il gruppo di
Amore e Psiche, eo. che si am-
mirano nel museo Capitolino. Com-
modo vi ebbe il nome di Ercole
Romano, e forse vi costiHisse l'an-
fiteatro ed il teatro. La caduta
del paganesimo portò un colpo
fiero a Lanuvio, poiché chiuso il
GEN
tempio di Giunone, ch'era uno
de' santuaiì principali del Lazio,
dispei*si i sacerdoti, cessate le feste,
terminò ancora il concorso^ e per
conseguenza la sorgente principale
delle sue ricchezze. Quindi fu suc-
cessivamente rovinata dalle scorrerie
de' barbari, da quelle de' greci e
de' goti nel VI secolo, da quelle
de' saraceni ne' secoli IX e X, e
da quelle de' tiranni che sorsero
da tutte le parti ne' secoli seguen*
ti, che facendosi vicendevolmente
la guerra, devastavano le possessio-
ni usurpate. Lanuvio sembra es-
sere stata abbandonata nel V se-
colo, e restò deserta sino al XIII,
non esistendo monumenti in con-
trario.
Dalle antiche &bbriche superstiti
di opera saracinesca, si deduce che
questa terra tornasse a risorgere
nel secolo XIII, e che gli abitanti
si annidassero sugli avanzi delle
antiche fabbriche, che coronavano
il colle meridionale della città an-
tica. Il Ratti nella Scoria di Geti'
zanOy pag. 4? e 4^9 narra che que-
sta terra nel secolo XIII era del
monistero e monaci dell'abbazia di
s. Lorenzo fuori delle mura di Ro-
ma, e siccome Onorio HI Savelli
del 1 2 1 6 molto fece per quel mo-
nistero, restaurò ed abbellì la con-
tigua patriarcale basilica , quindi
crede il Nibby che a lui si debba
il ripopolamento di Lanuvio, come
pure il nome attuale, opinione che
egli avvalora pel riflesso delle pre-
tensioni eh' ebbero su questa teie-
ra i Savelli nel secolo XIV, i qua-
li sotto la condotta di Cristoforo
la occuparono nel 1378, come si
legge nelle Memorie storiche suc-
citate del p. Casimiro a p. 193.
Prima di questo tempo e da un
atto riportato dal Nenni> De tem^
GEN
pio et coenohio pag. 526, dell'anno
i358, si trova la terra chiamata
Gol nome odierno , riooi*dandoti
Cendo Palgiciae de civilate La»
biniate e nel 1 36o in un allro do-
cumento nferito pure dal JNerini,
si ricorda il (enimentum civitatis
Labiniae, Nel declinare di questo
secolo 9 Bonifacio IX conservando
sempre il diritto del monistero di
s. Lorenzo fuori delle mura, lo
concesse a Cecco Durabile del rio-
ne di Trastevere in vicariato ad
beneplackum. Giovanni XXII ( con
bolla del i4io a favore di Gio-
vanni e Nicolò Colonna, l'investì
del Castrum cwitatis Laviniae ,
ricordando sempre il dominio di-
retto del monistero, come si legge
nella bolla riportata dal Ratti a
'pag. ia4i à?\\dL quale pur si ap-
prende che il dominio della terra
apparteneva in commenda ai car-
dinali Giordano Orsini, e Oddone
Colonna che fu poi Martino V. I
Colonna la ritennero tranquilla-
mente sino al 1436, quando fu
presa per Eugenio IV dal patriar-
ca Vitelleschi generale di s. Chie-
sa. Nella guerra sotto il pontificato
di Sisto IV, Civita Lavinia fu as-
sediata nel 148^) e presa da Al-
fonso duca di Calabria il primo
di agosto, che tre giorni dopo pre-
se anche la rocca; ma dopo la
partenza del duca fu occupata dalle
genti del Papa, quindi nel i485
da Innocenzo Vili data agli Or-
sini. I Colonnesi si presentarono
poco dopo sotto la terra, la pre-
sero con grave strage de' loro av-
versari, e ritennero sino a' 19 feb-
braio i486, allorché con alti*a fie-
ra strage, dopo molta fatica, venne
espugnata dalle milizie pontificie,
alle quali si rese a discrezione. Da
quell'epoca in poi comuni , furono
GEN 4f
le vicende di Civita Lavinia , a
quelle di Genzano ed Ardea. Ri-
masta la terra ai Colonna, fu que-
sta venduta da Mai*c' Antonio a
Giuliano Cesarini nel i564) i quali
ancora la ritengono, e vi hanno il
palazzo baronale. Il Ratti, Della
famiglia Sforza parte II, pag. 262
e a63, nel riportare questo acqui-
sto, dice che Gio. Giorgio figlio di
Giuliano istituì pel primo una per-
petua primogenitura nella famiglia,
a fòvore dell'unico suo figlio Giu-
liano li, avuto da d. Cleria Far-
nese dama commendabilissima di
quell'età; quindi raccomandò il fi-
glio a Sisto V, e questi quasi pre-
sago che i Cesarini sarebbero stati
un giorno gli eredi della casa sua
Peretti, prese special cui-a di Giu-
liano, eresse in ducato il suo feu-
do di Civita Nova, ed in marche-
sato Civita Lavinia nel i586, ti-
toli e signorie che tuttora gode la
famiglia Sforza. Si deve però no-
tare che il Cancellieri a pag. 166
delle sue Campane riporta l'indi-
cazione di alcuni stromenti notari-
li, dai quali si rileva che nel 1480
Oddo Colonna vendè Civita Lavi-
nia a Gabriello Cesarini ; che nel
1481 Oddo nel prendere denaro
ad imprestito dal cai*dinal d'Estou-
teville detto di Roano , nell' istru-
mento viene nominata Civita La^
vinia, onde sembra che il Cesari-
ni l'avesse ceduta ; che nel 1 483
il cardinale donò a Girolamo ed
Agostino fratelli, avuti con altri da
Girolama Tosti, i castelli di Fra-
scati , Civita Lavinia, Genzano e
Nemi, costituendo per tutori i car-
dinali di Porto e di Novara con
l'incarico di prenderne possesso.
La terra attuale e cinta di mu-
ra rifatte dai Colonnesi nel secolo
XV, ed in piii luoghi si mosti-a
42 GEN
ancora il loro stemma : due sono
le ^orte che indicano ì luoghi cui
conducono, cioè una si chiama Ro*
mana, l'altra Nettuno. La sua pian-
ta è quasi un quadrato difeso ne-
gli angoli da quattro torri circo-
lari, delle quali quella che difende
Fangolo orientale è più grande ed
ha una torricella sovrapposta, che
fii la rocca occupata dal duca di
Calabria. Dopo il casino Dionigi,
e la casa con portichetto di tempi
bassi, discendendo prima di en tra-
ile nella terra, e di fronte alla sua
porta, evTi a destra un lungo e
bizzarro fontanile, lodata opera del
cav. Bernini : il fontanile è fatto a
guisa di rustica grotta con grossi
travertini^ e vaga tazza semicirco-
lare. La costruzione di questo fon-
tanile servi al celebre Bernini per
ìstudio, e per addestrarsi all'arti fi-
zio' del taglio della composizione e
dell' effetto delle scogliere ch'egli
doveva eseguire in Roma, come
magistralmente esegui nella gran-
diosa fontana della piazza Agonale
{Savona.
La chiesa principale è collegia-
ta con arciprete e sei canonici ,
«otto il titolo di s. Maria Maggio*
i*e, con sette altari , il primo dei
quali è dedicato all'Assunzione di
Maria Vergine, titolare della chie-
sa e patrona della terra , con
parrocchia; ivi furono canonica-
lmente erette le confraternite dei
fs. Sagramento, del Rosario, e dei
Crocefisso. Nel 1675 la chiesa fu
rinnovata dai fondamenti da Fi-
lippo Cesarini, ultimo stipite di
questa illustre casa , la quale si
continuò in Livia maritatasi a Fe-
derico Sforza: nella cappella del
Crocefisso si conserva un dipinto
molto pregevole, attribuito a Giu-
lio Romanoi e rappresentante la
GEN
Beata Vergine, e s. Giovanni e-
vangelista a pie della croce. La
torre delle campane fu eretta con
disegno del Borromini. Vi è un
ospedale per gì' infermi , ed un
monte frumentario che vuoisi isti-
tuito prima del i4oo; vi sono an-
cora le maestre pie ad istruzione
delle donzelle, e le scuole pei gio-
vanetti. Uscendo dalla porta occi-
dentale si ravvisa a sinistra un
piccolo tratto delle mura antiche
costrutte di massi parallelepipedi
di pietra vulcanica, come quelle
di Ardea, e costeggiando per poco le
mura si giunge alla torre angola-
re di costruzione del secolo XV,
alla quale è attaccato un anello
moderno di ferro, che dai terraz-
zani si mostra ai creduli come
quello al quale Enea sbarcando
attaccò la nave, come se Lanuvio
e Lavinio fossero una stessa cosa ,
il mare giungesse a quell'epoca su
questa altura, e l'anello si potesse
essere conservato sino a noi, sup-
ponendo antichi esso e la torre ,
che d'altronde sono moderni. Fer-
tile é il territorio di Civita Lavi-
nia, e squisito n'é il vino. Da que-
sto luogo si godono belli e deli-»
ziosi punti di vista, che offre la
ridente situazione, onde si scuo-
prono non solamente le vigne ed
oliveti del suo territorio, e di quel-
li di Genzano, Velletri, Cori, Nor-
ma , Ninfa , Sermoneta , e Ci-
sterna, ma la prospettiva dei mon-
ti Albano , Artemisio e Corano ,
ai quali in maggior lontanan-
za con piacevole variazione succe-
dono gli altri delle provi ncie di
Marittima e Campagna; come le
vastissime pianure deiragro Pon-
tino, e le immense foreste e cam-
pagne di Anxure, Monte Circello,
Astura 9 Anzio , Laurento, Ardea,
GEIf
Ostia Tiberina, con tutto il tratto
al di là deli* imboccatura del Te-
vere sino ai monti della Tolfa. Si
scorgono pure a colpo d'occhio il
Lazio non solamente, e i lidi La-
vini, coll'antica sede di Turno re
de'rutuli, ma la massima parte del
littorale pontificio sul mare Tirre-
no o Mediterraneo, e le isole del
regno delle due Sicilie, il che for^
ma all'occhio dello spettatore il
più gradevole e sorprendente spet-
tacolo. Degli oggetti rinvenuti nei
suoi scavi , massime in quelli dei
nostri tempi , delle sue iscrizioni ,
degli avanzi antichi della magnifi-
cenza e grandezza di Lanuvio, co-
me del tempio e culto di Giuno*
ne, ne tratta il Nìbby citato. Eru-
dite notizie antiche ed ecclesiasti-
che si leggono pure nel Piazza,
Gerarchia cardinalizia^ p. 809 e
seg. Il Ricchi nella Reggia de'volsci
parla di Lanuvio colonia LXXXIII
a pag. 176 e seg., de' suoi fasti, e
iscrizioni che riporta, uomini illu-
stri ec, e dice che fu la prima
città romana fabbricata nel La-
zio, secondo M. Yarrone; il me*
desimo Ricchi nel suo Teatro de^'
gli uomini illustri pag. i^Sy parla
di quelli di Lanuvio o Civita La-
vinia, e riporta altre interessanti
nozioni. Il Theuli nel Teatro isto*
fico 3 a pag. 37, dice che Lanuvio
fu annoverato tra le città volsche,
e che fu patria degli imperatori
Antonino Pio, e Gommodo, Da ul-
timo il dottissimo can. Giannanto-
nio Moschini, ci diede l'erudito o-
puscolo intitolato ; Monumento an*
tico collegiale scoperto a Civita
Lavinia L'anno 1816 illustrato ^
Venezia coi tipi di Giuseppe An-
tonelli premialo con medaglia d'o-
ro, 1839. Con quest'opuscolo il
chiaro autore volle supplire all'il-
GEN 43
lustrazione che ne aveva fatta Nio-
cola Ratti, pubblicata in Roma nel
1825 dal de Romanis, dicendoci
che in modo più ragionato la ri-
produsse il eh. Gemente Cardinali,
nei Diplomi imperiali de privilegi
accordati a* militari, Velletri i836.
Inoltre avverte che anche il eh. ab.
Girolamo Amati nel Giornale Ar*
cadico f. 39, p. 324) l'hs >n parte
illustrata. Questo monumento con-
siste in una interessante latina iscri-
zione, divisa in due colonne di ses-
santa e più linee scolpite in mar-
mo con bei caratteri romani, dis-
sotterrata in fondo di proprietà
della famiglia Frezza di Civita La-
vinia. Il contenuto tratta dell'isti-
tuzione di un collegio chiamato
Cultorum Dianae et Antinoi^ e-
retto nel tempio dedicato a questo
favorito divinizzato, sotto il conso-
lato di Mummio Sisenna, corrispon<»
dente all'anno XXVII dell'impera
d'Adriano, e i33 dell'era cristia-»
na. Tal prezioso monumento con-*
tiene inoltre molte cose non meno
curiose che utili ad illustrare la
storia dell'antico Lanuvio, ed an-
che di Roma, ed a somministrare
l'idea più precisa sull'indole e sullo
spirito di tali stabilimenti ed isti-
tuzioni presso la gentilità. Vi si
leggono difatti gli statuti del pre-^
detto collegio , specialmente per
la parte relativa ali* ordine della
cene e dei funerali; donde scor-»
gesi con quanto interesse si occU"»
passero del funere e della tumu*
fazione de' consoci estinti, qualora
non si fossero procurata volontà^
riamente la morte ; giacché in qua*
sto caso si prescrive, che ejus ra-»
ùo funeris non habebitur, tanto erd
in orrore agli stessi gentili il sui-r
cidio: come pure si proibisce se^
veramente il menomo atto di se-^
44 GEN
dizione, e la menoma mancanza di
rispetto in riguardo a colui che
l'officio sosteneva di quinquennale,
cbe forse era la prima canea o di-
gnità, almeno dopo quella del dit-
tatore municipale, o del patrono
d»t collegio medesimo.
Tre volte il regnante Pontefice
Gregorio XVI onorò Civita Lavi-
nia, mentre stava alla pontificia
ìcilleggiatura di Castel Gandolfo.
La prima fu a' 17 ottobre i833
che vi giunse inaspettato; pure la
popolazione lo ricevette con ogni
dimostrazione di festa. Smontò al-
la chiesa di santa Maria Maggk>-
re ricevuto dal capitolo, ed ivi ri-
cevè la benedizione col ss. Sagra-
mento, da monsignor Soglia arci-
vescovo di Efeso ed elemosiniere.
Uscito di chiesa il Papa osservò
gli avanzi delle mura in pietre
quadrate, un residuo di maestosa
fabbrica antica di recente disco-
perta, che sembra avere servito
ad uso di teatro, e i nobili sarco-
fògi destinati ora ad accogliere le
acque nelle pubbliche fontane, ed
altri avanzi dell' illustre municìpio.
Quindi avendo contemplate le a*
mene e magiche prospettive che
ivi si godono, supplicato da mon*
signor Luigi Frezza arcivescovo dì
Calcedonia nativo del luogo ( /^.
Frezza Luigi, Cardinale^, il Papa
si degnò ascendere il casino di sua
famiglia, ove ammise benignamente
al bacio del piede il clero, i prin-
cipali cittadini, e gl'individui del-
la famiglia Frezza; e dalla loggia
deir appartamento superiore com-
partì la benedizione ' all' affollato
popolo, che proruppe in acclama-
zioni di divota esultanza. Quivi il
Pontefice gustò di leggere la me-
morata iscrizione rinvenuta in un
fenda dei Frezza, a diligenza dei
GEN
quali erano stati riuniti i molti
pezzi rotti, ed i nipoti del Iodato
prelato gli offrirono un esemplare
in istampa della medesima. Aggiun-
se poi il Papa la degnazione di
gradire un lauto trattamento, dis-
posto a cura dello stesso prelato,
di che ne fu partecipe il corteggio
pontificio. La seconda volta in cui
onorò di persona Civita Lavinia fu
a' 20 ottobre i834* Bopo di ave-
re orato alquanto nella chiesa prin-
cipale, osservò le amene e delizio-
se vedute che in questa altura si
presentano, e per m^lio goderle
ascese una loggia sopra il <»sa men-
to di Giovanni Cassio romano, che
coi più umili sensi ringraziò l'au-
gusto sovrano del conópartitogli
onore (di questo ha fatto ricono-
scente e distinta menzione il di
lui figlio Latibo, nella dedicatoria
al medesimo Papa dell' Oratio de
Christi Domino resurgentis gloria,
pubblicata colle stampe , e da lui
pronunziata nella cappella Sistina
nella terza festa di Pasqua del
i844> come nobile convittore del
collegio Nazareno, dicendo, che
tanto beneficio, et marmore iiiscul^
ptuni immortalitati mandare). In-
di si trasferì col cardinal Odescal-
chi, che Tavea seguito da Castel
Gandglfo, e con monsignor Frezza
alla casa di questi, il quale fece
osservare al primo branco di scale
al Pontefice, una marmorea me-
moria eretta per eternare la de-
gnazione con cui nel decorso anno
avea onorato di sua venerata pre-
senza quel luogo. Quivi il Papa
ammise al bacio del piede la ma-
dre ed i parenti del prelato, che
fece servire di rinfresco la nobile
corte, e tutto il resto della fami-
glia pontificia. Finalmente la terza
volta che Gregorio XVi i*ecossi a
GEN
Civita Lavinia fu a' 19 ottobre
i836> col maggior tripudio degli
abitanti per la esaltazione ai car-
dinalato dei concittadino monsi-
gnor Frezza, che ricevette il Papa :
questo dopo aver visitato la chiesa
collegiata, safi neir abitazione dei
cardinale, ove ammise al bacio del
piede la sua famiglia, ed altre di-
stinte persone, I)enedi il popolo dal
balcone, e si compiacque gradire
la refezione preparata dal medesi-
mo porporato.
Genzano ripete la certa sua ori-
gine nel secolo XIII, e già esiste-
va nel 1355, come rilevasi da due
bolle di Alessandro ly, la prima
pubblicata dall' Ugheili, ItaUa sa-
cra tom. I, p. 53 e seg. Corifea
nosj 2 idus januarii, la seconda ri*
portata dal Ratti, Storia di Gen-
zano con noie e documenti, Roma
1797 pel Salomoni, p. 103 e seg.
Regularem vitam, XII kal. martii.
In tali bolle Genzano è notato tra
le possidenze de' monaci di s. Ana-
stasio alle acque Salvie, ossia alle
tre fontane, dei quali parlammo al
voi. XII 1, pag. 59 e seg. del Di-
zionan'o, i diritti de' quali su di
esse ivi di nuovo si confermano.
Isella prima è chiamato fundum
Genzaniy nella seconda col nome
di Castello; però in una anterio-
re bolla di Lucio III, Congrua nos
oportel de' 2 aprile 1 1 83, si parla
di Monte Genzano e sua torre, dai
Gandolfi eretta sulla cima dello
stesso moQte, Costae montisy qui dici*
tur Gemano, indotto a coltura per
r introduzione dei lavori di cana-
pe, e scavi di pietre, corrisponden-
te alla costa settentrionale de'mon-
tì che circondano il lago di Nemi.
Nel discutere il Ratti nel capitoio
JI le notizie del territorio di Gen-
zano, e .dei di. lui. possessori ini
GEpr 45
nanzi la fondazione di Genza-
no, conchiude che il fondo di Gen-
zano, prima die ne fossero investi-
ti i monaci di s. Anastasio, avesse
appartenuto alla famìglia de' Gan-
dolfi; che questa nelle civili di-
scordie tra i Papi e i romani sot-^
to gli antecedenti pontificati ne
fosse privata dai Papi stessi per a-
desione al partito ad essi loro con-
trario; e finalmente ch'essendosene
rimessi in possesso al tempo di
Alessandro HI immediato prede-
cessore di Lucio III, avessero allora
preteso di rivendicare i loro antichi
diritti. Passando il Ratti nel cap.
Ili a parlare dell'etimologia di
Genzano, riporta tutte le denomi-
nazioni con le quali fu chiamato 5
ed esclude il vocabolo C^nthiamtm,
non derivando da Diana o Cinzia
che avea famoso tempio e bosco
sul lago dei vicino Nemi ; ma ri-
flettendo che in tempo della re-
pubblica romana i fondi ebbero la
loro origine, e presero il nome dai
loro padroni o famiglie, ed avendo
fiorito in Roma sotto gl'imperato-
ri vari soggetti di cognome Ge/t-
zìani, tutti distinti e consolari, dei
quali sino al terzo secolo ci riman-
gono molte memorie, gli sembi'a
probabile che il territorio genzanese
fosse un fondo di qualcuno degli in-
dicati personaggi, e che dai mede-
simi assumesse il nome di Genzano,
dai quali forse passò ai Gandolfi, che
Io ritennero sino dopo la metà del
secolo XII : porta quindi opinione
che la vera appellazione del luogo
è Genzano o Genziano, in latino
Gentianum, Dai monaci dunque di
8. Anastasio possessori di altri fon-
di convicini , la terra di Genzano
ebbe il suo principio, e siccome
essi aveano fòtto diroccare la tor-
re, de' Gandolfi, per caDceilare la
46 GEN
memoria del loro dominio, in se-
guito si videro obbligati erigere
un castello sul monte Genzano per
difendere le loro terre nel lato set-
tentrionale dalle ostili incursioni,
tanto più che la parte meridiona-
le delle loro vaste possessioni era
sufficientemente guardata dai ca-
stello e i*occa di Nemi. Laonde
Genzano in principio non fu che
un castello, o piccola fortezza, per
cui venne chiamato Castrum. Del-
la famiglia Gandolfi ne dammo un
cenno all'articolo Castel Gandolfo,
Per lo spazio di più d'un seco-
lo pare che Genzano non cambias-
se padrone, mantenendosi tranquil-
lamente sotto il vassallaggio feu-
dale de' suoi stessi fondatoli, be-
nemeriti delle lettere^ della civiliz-
Eazione e della coltura delle terre.
Dopo aver dimorato sette Ponte-
fici in Francia ed in Avignone dal
i3o5 al 1376, l'ultimo di essi
Gregorio XI restituì a Roma nel
1 377 la residenza pontificia, indi mo-
ri nell'anno seguente. Sebbene fu
canonicamente eletto Urbano VI in
successore, molti cardinali nel me-
desimo anno si ribellarono, e sotto
la protezione di Onorato Caetani
conte di Fondi , in questa città si
unirono in conclave, e nel palazzo
del conte, detto perciò palazzo pa-
pale, procedettero all' illegittima
elezione di Clemente VII antipapa.
Trovandosi tra i baroni romani suoi
fautori principalmente Giordano Or^
sini, l'antipapa per rimunerarlo, con
pseudo-bolla data in Fondi a' 3
dicembre 1378^ Esimie devotionis
9Ìnceritasy gli concesse a tei'za ge-
nerazione con illegittima investitura
molti castelli , tra i quali castra Ne^
miy et Gtnciani Albanen dioecesis
€umcasab\ quod Montangiano vul»
gai iter nuncupattir^admonasterium
GEN
s. Anastasii extra muros urbis per-
tinentia. Giordano con la forza se
ne mise in possesso, che per altro
fu di assai corta durata, forse ter-
minò nel 1379. Dappoiché, ritirato-
si l'antipapa in Avignone, e rico-
nosciuto Urbano VI per vero Pa-
pa dall' Italia, tranne Giovanna I re-
gina di Napoli, le altrui giurisdizio-
ni invase dai seguaci del falso Pon-
tefice, si rìpristinarono nei loro
primitivi e reali padroni. Tutta-
volta vei^so il 1393 Nicola Colon-
na de' signori di Palestrina , pro-
fittando del lagrime vole scisma ,
colla prepotenza delle armi invase
•Genzano. Però nel 1399 avendo
discoperto Bonifacio IX la congiu-
ra da lui tramata, egli per sottrarsi
al castigo fuggì, lasciando Genzano a
Buccio Sa velli suo compagno nel-
l' usurpazione. Ambidue governa-
rono tirannicamente Genzano, ed
il secondo allorohè restò solo por-
tò all'eccesso le sue avanie ed op-
pressioni. Stanchi i genzanesi di
soffrire siffatta dominazione, spedi-
rono un' ambasceria a Pietro Pas-
sarello nobile napolitano, capitano
di Marino per la Chiesa romana j
ed al Papa molto accetto, chieden-
dogli la sua mediazione con Boni-
facio IX, per essere ricevuti sotto
l'immediata dipendenza e prote-
zione della Sede apostolica^ con n-
conoscere a un tempo stesso l'uti-
le dominio dei loro antichi padro-
ni i monaci di s. Anastasio, per
cui la spedizione fu fatta di pieno
concerio con 1' abbate.
Convenendo il Pontefice dopo
maturo esame alle istanze de' gen-
zanesi , si convennero gli articoli
della nuova capitolazione, confer-
mati e pubblicati dai Massari di
Genzano nella chiesa parrocchiale
alla presenza di tutto il popolo.
GEN
del castellano Marino Passarello
fratello di Pietro e procuratore
della santa Sede, dell'abbate delle
tre fontane e di altri testimoni.
Tutti questi atti e concessioni Bo*
nifacio IX solennemente approvò
a' i5 novembre iSgg, col breve
HumiUbus et honestis sitpplicum
votisy nel quale letteralmente si ri-
portano gli artìcoli convenuti. Così
Genzano venne restituito all' utile
dominio de' cistcrciensi , o piutto*
sto reso per la piima volta imme-
diatamente soggetto alla Sede apo-
stolica, che vi deputò suoi gover-
natori i due Passarelli nominati,
forse parenti del Papa^ staccando
la terra di Genzano dalla castella-
nia di Lariano, dalla quale avea
dipenduto sino allora, ed unendola
a quella di Marino, col breve Et*
si €id universa terra, emanato nel
medesimo giorno dell'altro, e di-
retto ai due Passarelli. In quanto
al castello di Lariano, esso sorge-
va nelle vicinanze di Vellelri , e
formava castellania dalla quale e-
rano dipendenti vari circonvicini
paesi, e tra questi Genzano e la
Riccia. Era feudo dei potenti Sa-
celli, e questo appunto dovette es-
sere il motivo, per cui i genzane-
si nel sottrarsi dal dominio di Buc-
cio domandarono ancora di essere
staccati dalla giurisdizione di La-
riano. Questo castello essendosi di
poi ribellato al Papa Alessandro
VI, fu per di lui ordine distrutto
dai velletrani. Varie di lui notizie
si leggono nelle citate Memorie i»
storiche del p. Casimiro a p. igS;
nel p. Eschinardi, Descrizione di
Roma p. a 8 3; e nel Borgia, Storia
di Velletri p. 355. Lariano terra
de' Colonnesi era stata già presa
e disti'utta dai velletrani nel pon-
tificato di Eugenio IV; e Pio II ^
GEN 47
come si legge nel Compendio del-
la storia yeliterna del sacerdote
Banco, Roma 1841 , fece demolire
la fortezza che avea fatto riedifi-
care il cardinal Colonna, ed a quei
tempi inespugnabile. Qui noteremo
che il mentovato can. Emanuele Lu-
cidi nelle Memorie storiche deltan-
tichissimo municipio dell' j4 riccia , e
delle sue colonie Genzano e JSenù^
nel capo XXXllI della parte prì-
ma tratta di Genzano ^ il quale
vuole originato dal suolo e dal mu-
nicipio A ricino, e pel concorso dei
popoli al tempio di Diana Aricina,
la quale fu chiamata anche Luna,
giustificando così la denominazio-
ne di Cynthiae Fanum e C^nthia^
num , e lo stemma del comune.
Queste opinioni, e la brevità delle
notizie indussero il Ratti a scrive-
re la storia di Genzano dedicando-
la a d. Domenico Jacobiui , ed a
Tommaso Truzzi, la cui famiglia
provenne da pergamo nel 1705,
come appartenenti alle primarie
famiglie genzanesi, dicendo il dotto
Gaetano Marini , uno de' revisori
deputati a tale istoria, che l'illu-
stre terra di Genzano era rimasta
sino allora senza una particolare
istoria , per cui lo stesso Lucidi
avea sperato che il Ratti V avesse
eseguita. Il medesimo Ratti , nel
già citato cap. XI riporta le prin-
cipali testimonianze di alcuni più
celebri autori sopra Genzano, i
quali però caddero in gravi equih
voci rapporto alla storia naunicì-'
pale, come Biondo da Forlì o sia
Biondo Flavio, nella Roma ristai»»
rata et Italia illustrata , tradotta
da Lucio Fauno; Pio li nel lib. II
de' Commentari; Raffaele VolatcF*
rano, in Commentario rum Urha*
nor, lib. VI; Atanasio Kircher, La*
tium, in cui fa menzione di un
48 GEN
albero portentoso per la sua mole,
il quale sussisterebbe ancora se le
donne genzanesi non avessero nel-
la concavità dell'albero, che loro
serviva di comoda stanza, fatto
bollire a fuoco vivissimo la caldaia
del bucato, per cui si diseccarono
a poco a poco le i*adici e l'albe-
ro stesso , che bisognò tagliarlo
a' tempi del Ratti , il quale affer-
ma non essere esagerazione dan-
dogli molti secoli di vita ; e Giu-
seppe Rocco Volpi, Fetus Lalium^
tom. VII. Di Genzano ne avea e-
ziandio parlato con erudizione An-
tonio Ricchi nel lib. I, cap. XXXX,
della Reggia de* volsci, chiaman-
dolo Gensano o Gridano^ e ripor-
tando le congetture di alcuni che
ivi giacesse l'antica città di Bovil-
ja, e che vi fosse una villa di Ce-
sare Augusto, sotto il quale fu
piantato l'enorme memorato albe-
ro nel di cui vacuo potevasi rifu-
giare venticinque uomini. £ per
non dire di altri, il Piazza nella
Gerarchia cardinalizia p. 817 e
seg. interessanti notizie aved scrit-
te su Nemi e Genzano o Cenciai
nOy e de' loro pregi; nel secondo
parlando delle chiese di s. Maria
di Cima e della compagnia del
ss. Sagramento, aggregata all' arci-
confraternita di s. Lorenzo in Da-
maso di Roma; dell'oratorio del-
la Concezione, e della chiesa dei
ss. Sebastiano e Filippo Neri, prov-
vista splendidamente dal duca Fi-
lippo Cesarini. II Cancellieii parla
di Genzano nella sua Lettera al
dottor Koreff sopra Varia di Ro'
ma ec. , ed a pag. 222 tratta di
alcuni scrittori su Genzano.
I cistcrciensi delle tre fontane
furono ben contenti della disposi-
zione di Boni&cio IX^ e dell'ope-
rato dai genzanesi, non essendo essi
GEN
in grado di difendere Genzano daU
le invasioni dei potenti e prepoten-
ti baroni de' limitrofi luoghi, aven-
do anteriormente edificato a tale
oggetto sul monte Genzano una
gran torre a guisa di fortezza, di
cui parlammo di sopra, l'avrebbe-
ro resa a forma di cittadella se noa
gli fosse mancato il danaro. Nel
i4o2 accadde in questa terra un
orribile incendio , che la inceneri
nella massima parte; onde i mo-
naci per salvare il restante, essen-
do impotenti alle indispensabili e
costose riparazioni, con beneplacito
apostolico di Bonifacio IX, secondo
il suo breve Justis et honestis sitp*
plicum votis , dato a' 28 gennaio
i4o4» divisarono di vendere il ca-
stello di Statua di loro proprietà
egualmente rovinato, detto l'antico
Alsium o Turresy presso Palo nel-
la diocesi di Porto. Ma il Papa
volendo beneficare con nuovi divo-
ri i monaci, ordinò alla camera
apostolica che acquistasse la pro-
prietà del castello di Statua o Sta*
tue, ed in vece s'incaricasse della
spesa in compire la fòbbrica della
torre di Genzano, per la quale Bo-
nifacio IX assegnò seicento fiorini
d'oro ; per il di più furono cedute
ai monaci le rendite delle due col-
legiate di s. Maria e di s. Pietro
deAritia, e dell'altra di s. Maria di
Petrola, che perciò rimasero sop-
presse, ed i proventi della guardia-
nia di Lariano, come si legge nel
bi*eve, Eisi difficultatìbus , ema-
nato da Bonifòcio IX il primo feb-
braio i4o4* Da quel tempo Gen-
zano fu ridotto a perfètta forma
di castello, pi*eso nel suo proprio
significato di fortezza : la fertilità
del suo territorio, quello altresì
de' paesi adiacenti allettò alla di
lui coltivazione molti abitanti del-
GEN
le. vicine ed anche lontane contra-
ile, a stabilirvi le loro famiglie, at-
tratte anche dall'amenità del soggior-
no. Nel 1 4 1 o Giovanni XXIII rìcon-
dliò con la Chiesa i ribelli Giovan-
ni e Nicola Colonna soprannomi-
nato, benché questi lo era anche
stato nel i4oi da Bonifacio IX, e
con altri feudi V investi pure del-
la terra di Genzano a triennio ,
col tenue censo di un sol fiorino
d'oro da pagarsi al detto moni-
stero di s. Anastasio il giorno di
Natale, o nella di lui. ottava, me-
diante il breve Pia Mater Ecclesia^
de' i8 luglio, con la clausola che
girato il triennio avrebbe dovuto
ritornare Genzano ai monaci. Ma
Antonello Savello, profittando dello
scisma tuttora vìgente, 1' occupò e
ritenne sino al i4i7> epoca in cui
terminato lo scisma con l'elezione di
Martino V Colonna, questi ad istanza
dell'abbate delie tre fontane fecegli
restituire Genzano e Nemi ancora
da Giovanni AnnibaH che T occu-
pava. Temendo però i monaci per
le potenti fazioni, e gran pote-
re de' baroni romani, di perdere i
feudi di Genzano e di Nemi, nel
14^3 lì dierono in affitto per un
trìennio a Giordano Colonna fra-
tello del Papa, con dichiararlo in-
sieme governatore di ambedue, con
documento che si legge nel Ratti
a p. 127. L'obbligo assunto dal
Colonna fu di garantire e difeù*
dere i castelli, e di corrispondere
all' abbazia m totum vìnum , e to-
M tum granum exigendà, perci-
M pienda, et habenda ex dicto Ca-
M stro Jensani^ tenumento et vi-
M neis ejusdem ad curia m dicti Ca-
M stri pertiuentia, et florenos quin-
»» quaginta in alia manu ex fru-
99 ctibus dicti Castri Nemi*'.
Terminato il triennio domandaro-
VOI. XXIX.
GEN 4^
no i monaci a Martino V di vendere
i castelli di Genzano e Nemi, col ca-
sale annesso di Montagnano, ai Ccn
lonnesi Antonio, Prospero e Odoar*
do figli di Giordano, dò che dopo
maturo esame il Papa accordò il
primo novembre col breve Ex ù^
juncto nobis ^ riportato con tutti
gli altri documenti dal dih'gente e
dotto Ratti. 11 prezzo fu di quin*
dicimila fiorini da bai. 4? l'uno^
coli'obbligo ai monaci del rinvesti-
mento. Un mezzo secolo e piii rì->
mase Genzano sotto il dominio dei
Colonna, e Martino V lo arricchì
di privilegi , com^ dell' esenzione
dalle gabelle del sale e del focati-
co, come avea fatto con altri feu*
di di sua casa. Narra il Lucidi a p^
3 11^ che mentre Genzano era do*
minato dai Colonnesi, ebbe la sor-
te di vedere presso le sue porte il
Pontefice Pio li elevato alla catte-
dra apostolica nel i458, come si ha
dal lib. II de' suoi ComntenlarL
Aggiunge, che salendo il Papa dal
lago di Nemi incontrò la molti*»
tudine del popolo, e molti vecchi
che per l' allegrezza si abbracciava-
no con gli occhi pieni di lagrime»
dicendosi scambievolmente : chi mai
creduto avrebbe di vedere prima
della nostra morte il Pontefice Ro*
mano? Iddio ci ha fatto questa
grazia. Osserva poi che non enti^
il Papa nel castello di Genzano 1
ma passò vicino alle porte di quel-
lo, perdiè oltre la strettezza del
suo circondario , erano le strade
molto incomode e scoscese, come
si vede anche a' dì nostri in quel
luogo che chiamasi Genzano vec»
chio. Il passaggio e trattenimento,
come lo chiama il Ratti, del Pon-
tefice Pio II in Genzano, fu un av-
venimento memorabile per questa
terrai ed a tal effetto riporta il
4
So GEN
forano de' Commentari y in cui Io
stesso Papa ne fa la descrizione.
Il pratonoiario Giovanni Colonna
figlio del suddetto Antonio, nel
t479 ^^^^^ Gentano al cardinal
Guglielmo d' EstoutevilJe per du-
cati tredioimila e trecento da bai.
fj Tutto 3 con patto di i^etrovendi-
la; quindi il cardinale a' io ago-
sto 14S19 come di sopra abbiamo
accennato 5 donò i due castelli di
Genoano e Nemi a Girolamo e Ago*
stino Tuttavilla suoi figli naturali,
e nel i4B3 costituì il cardinal Bor-
gia vescovo di Porto poi Alessan-
dro yi, ed il cardinal Àrcimboldi
vescovo di Novara, in suoi procu-
mtori a prendere possesso di Gen-
sano e Nemi, come pure di Givi-
ta'-Lavinia e Frascati donati siroil-
Metite ai detti figli, che aveva fat-
ti «adottare da Roberto suo fratello.
Ma essendo morto nel i4B3 stesso
o nel i4B5 il cardinale d'Estoute-
ville, i Coloìinesi colla forza e con
le armi si lìmisero in possesso di
Geneanò e degli altri castelli dei
Tuttavilla, o per il patto di retro-
vendita, o per le inimicizie insor*
te tra te due famiglie, essendo i
Tultavilla emici degli Orsini fièri
èmuli dei Colonnesi, avendo Giro-
lamo sposato Ippolita Orsini; on^
de ebbero luogo gueri*e accanite,
sostenute d'ambo le parti con l'a-
iuto de' propri amici. A terminar
tali fazioni, e i danni gravi che ne
derivavano ai sudditi pontifìcii, mas-
isime de^ luoghi contrastali , s' in-
tei*pòse Innocenzo Vili , il quale
Del concistoiY) de'i4 luglio i485
(giacché egli fu eletto a' 26 agosto
i484), stabifì che i castelli e ìuo-'
Ighi in questione fossero depositati
in sue mani, e tra questi le sole
tei*re dei Tuttavilla furono indivi-
duate^ e singolaiinente Genzano.
GEN
In tale anno adunque inalberò
Genzano di bel nuovo lo stendardo
della Chiesa, e per la seconda volta
respirò, benché per poco tempo, sot-
to il placido di lei dominio. Qui
poi noteremo che se si dovesse staf-
fe air autorità del Beughemio, In»
ciinab, typogr, p. i4; del De la
Calile, Hìstoire de l'imprim. p. 5o,
e dell'Orlandi, Origini p. 192, bi-
sognerebbe accordare a Genzano
anche il pregio di avere avuta una
tipografia nel secolo XV , che fu
quello della nascita di quest' arte
utilissima , scrivendosi dai medesi-
mi che ivi fu stampato il seguen-
te libro: Joannis Annii ord, Praed,
De futuri s christianorum trium^
phis in thuf^cos , et saracenos ad
Sixtum Papa lì^^ et reges y prin^
cipesy ac senatus christianos, Ge-
nuae typis Baptistae Cai^ali ordì'
nis Carmeli S, T. M. in domo s.
M. cruciferorum 1480 in 4- <Si'
gnat. foU, duorum ah A, ad F.
charact. goth. Il primo de' citati
scrittori in luogo di Genuae legge
Centiaey il secondo per fai*e a suo
modo la cosa più chiara, Genzano^
ed il terzo riportando ambedue le
lezioni del Beughemio e del De la
Caille così soggiunge: » Quando
Gentiae sia Gensano, egli é una
terra sullo stato di Roma , dalla
quale traile altre cose si cava un
vino del quale in Roma se ne fa
molta stima". Il Ratti dice che
chi opinò in fiivore di Genzano ,
cadde in manifesto errore. Intanto
la pace tra la fazione Colonnese e
l'Orsina ebbe pieno effetto nel i486
in settembre o poco dopo ; però
Genzano rimase sotto l'immediato
dominio della Chiesa circa un an-
no, dopo il quale sembra non es-
sere ritornato ai Tuttavilla^ ma
bensì ai Colonna^ ciò che sembra
GEN
confei^marsi dalla bolla di Ale^san^
dro VI, con cui approvando la do-
ttatione di Lucrezia Borgia ai due
suoi tìgli Rodenco e Giovanni di
tutte Té tetn-e a lei investite dal
Pontefice padre , e prima tolte ai
principali baroni romani , il solo
Frascati vi si nomina come feudo
dei Tuttavilla^ e non Genoano, pat-
ri mente compreso in quella dona^
zioQe, forse accaduta nel 1498, an^
no in cui Lucrezia sposò in secon-
de nozte Alfonso d'Aragona duca
di Biselli da cui ebbe i detti figli.
Morto Alfonso nel i5oo, Lucrezia
avanti di maritarsi col duca di Fer-
rara fece ad essi la riferita dona-
zione, confermata e consolidata da
Alessandro VI con la bolla Code'
stis aWtudinis poteniiae, del primo
ottobi*e i5oi. Nella divisione Gen-
zano toccò a Roderico, che succes-
te alla madre nel di luì dominio
e baronaggio; ma morto il Papa
neir agosto 1 5o3 , venendo i Sor»
già spogliati dei domi ni i da lui
dati, ed avendo i baroni romani
ripreso ognuno il suo, i Colonnesi
naturalmente rientrarono in pos*
sesso di Genzano, che pacificamen-
te conservarono sino al i563. In
quest'anno a' 26 settembre Marco
Antonio Colonna di poi trionfato-
re de' turchi a Lepanto ^ vendette
Genzano a Fabrizio de' Massimi
per il prezzo di scudi quindicimila
duecento, con atto che il Ratti ri-
porta a p. iS'/y dicendo il Lucidi,
eccettuata la tenuta di Montagna-
nò con le sue mole. A fine di to-
gliere ogni eccezione sulla validità
di una tal vendita. Pio IV con suo
moto-proprio derogò a tutti i &•
decommissi della famiglia Colonna,
specificando che Marc' Antonio era
stato necessitato a vendere il suo
feudo di Genzano per i debiti cha
GEN 5i
aveva dovuto contrarre a causa del-
le doti alle propHe sorelle. Aggiun-
ge il Lucidi che vi fu prestato il con-
senso da Filippo II re di Spagna, per
sicurezza dell'obbligo di evizione
sopra i beni di Marc'Antotiio, esi-
stenti nel regno di Napoli, il quale
specialmente obbligò i castelli di
Marino , Nettuno, Civita Lavinia e
Cecca no.
Effimero fu il dominio del Mas-
simi sopra Genzano, mentile nell'an-
no seguente a' 2 ottobre lo riven-
dette pei* lo stesso prezzo di scii*^
di quindicimila duecento a Giu-
liano Cesarini marchese di Civita-
nova nella provincia di Macerata
[P^edi)^ al quale articolo ne parle-
remo, essendo tuttora dei duchi
Sforza Cesarini con titolo di du-
cato. L'atto di vendita il Ratti lo
riporta a p. 162, In cui si legge
compresa nell' acquisto di Giuliano
la tenuta delle due Torri a po-
nente e in poca distanza da Gen-
zano, e prendeva tal nome da due
torri vecchie eh' erano sopra il
colle compreso nella medesima:
oggi solo una ne resta in piedi, e
tutta la possessione appartiene ai
carmelitani. Eziandio nella vendita
si compresero alcune case comprate
dal Massimi, non che quei migliora-
menti da lui fatti nel feudo. Da quél
tempo Genzano restò nel dominio
Cesarini, e quindi lo è ancora negli
Sforza loro eredi e Successori, che
in più incontri fecero sperimenta-
re ai genzànesi le loro beneficenze,
molte delle quali di sopra regi-
strammo. L' altro duca Giuliano
Cesarini facendo lunga e frequen-
te dimora in Genzano, ivi la sua
consorte d. Margherita Savelli par-
torì Alestondro, Maria Felice, An^
na Maria, la celebre Clerìa, e
Giulia^ non restringendosi la fttaa*
52
GEN
zione dei nobili coniugi in Genza-
no al solo tempo di villeggiatura.
Sotto questo duca Giuliano il feu-
do fu onorato d'una graziosa vi-
sita del ^^ontefice Alessandro VII, di
che fece egli menzione nel volume
dedicato a quel Papa di poesie la-
tine ed italiane dello zio dottissi-
mo d. Virginio, pubblicato nel
1 658 con tipografico lusso^ con in-
cisione stampata in rame che ri-
corda la visita di Alessandro VII
in Genzano. D. Livia figlia di
Giuliano e Margherita, ed il ge-
nero d. Federico amarono pure la
.dimora di Genzano, ed ivi ebbe
i natali il primogenito duca Gae-
tano seniore.
Affezionatissimi i duchi Cesari -
ni e Sforza al loro Genzano^ vol-
lero segnarne i fasti anche coi
matrimoni dei propri figli il du-
ca Gaetano mentovato, e d. O-
limpia. Questa nella parrocchiale
di Genzano il primo luglio del
1699 sposò d. Scipione prìncipe
di Venafro, il fì*ateilo a' 24 giugno
1703 si unì in matrimonio a d.
•Vittoria Conti. Inoltre Genzano più
volte fu onorato dalla presenza
de' sommi Pontefici che vi si por-
tarono da Castel Gandolfo, e da al-
tri nell'andata e ritorno da alcun
luogo, come fece Benedetto XIII^
quando negli anni 1727 e 1729
si portò alla sua antica chiesa ar-
civescovile di Benevento; cosi di
altri Papi che recaronsi a Nemi.
, Clemente XIII agli 11 ottobre
1764 si portò a Genzano, avendo
seco in carrozza il cardinal Caval-
ehìni, e il cardinal Rezzonico suo
nipote. Il Papa visitò la chiesa
principale ov'era esposta una sta-
tua delia Beata Vergine del Ro-
sario; poscia andò a visitare il
4»rdinal Giovanni Costanzo Carac-
GEN
ciolo nel suo casino, il quale ap*
prestò un magnifico rinfresco. Nel
Diario di Roma del 1773, nume-
ro 8344 si legge, che avendo Cle-»
mente XIV permesso ai duca Gae-
tano giuniore Sfoi*za Cesarini di
poter fare eseguire nel suo feudo
di Genzano la sentenza di morte
di un reo colpevole di più delit-
ti capitali, il duca fece trattare
convenientemente i confrati del-
l' arciconfraternita di s. Giovanni
Decollato, che ^ da Roma si porta-
rono ad assistere il reo che fu im-
piccato. Il Pontefice Pio VI dal
1780 recandosi ogni anno sino al
1796 inclusi?e, tranne gli anni
1782 e 1793, a Terradna nell'a-
prile e nel maggio per il prosciu-
gamento delle paludi Pontine, o-
porò nel passaggio di sua presen-
za Genzano. Pio VII a' 18 otto-
bre 181 4 si portò a Genzano, e
dalla loggia del palazzo del duca
d. Francesco Sforza Cesarini, com-
partì al popolo l'apostolica bene-
dizione; vi ritornò a' 21 ottobre
i8iSj, e nella chiesa del duomo
jQuovo ricevette la benedizione col
ss. Sagramento. Il successore Leo-
ne XII, meritamente a' 23 settem-
bre 1828 dichiarò Genzano ci ttà^
e gli concesse le relative prero-
gative.
Il Papa che piò di ogni altro
ha in particolar modo onorato
Genzano con le fi^equenti sue visi-
te, e soggiorno di parecchie ore,
è il regnante Gregorio XVI, ol-
ti*e di aver dato alla città a mu-
nifico protettore il cardinal Anto-
nio Tosti romano, che sanalo il
possesso solenne che decorosamen-
te vi prese in persona, con diver-
se beneficenze tutte proprie del
suo animo generoso. Nel numera
82 del Di(irio di Roma del i83i
<1EN
sì legge che a' io ottobre recando-
si dalla iril leggi atura di Castel Gan-
dolfo il Papa Gregorio XVI a
Velletriy fu acclamato dai genzane-
si con ogni venerazione, cui face-
va eco la banda dei filarmoni-
ci della medesima città. Discese
alla chiesa collegiata in mezzo al-
la guardia civica, essendo ricevuto
dal clero e magistratura governa-
tiva e comunale, vestiti delle loro
insegne. Ivi ricevette la benedizio-
ne col ss. Sagra mento decorosa-
mente esposto, da monsignor So-
glia arcivescovo d'Efeso ed elemo-
siniere; dopo di che proseguì il
suo viaggio benedicendo paterna-
mente i giubilanti cittadini. Nella
seguente mattina reduce il Papa da
Velletri, ad istanza de'genzanesi di-
scese alla detta chiesa , ove dal
Dominato prelato fu compartita la
benedizione colla ss. Eucaristia pre-
cedentemente esposta; quindi in
sagrestia il Pontefice ammise al
bacio del piede i cfinonici, il go-
vei'oatore^ il gonfaloniere con la
civica magistratura, i maestri pub-
blici, gli individui della banda fi-
larmonica, e molti delle principa-
li famiglie. Indi tra V esultanza re-
ligiosa degli abitanti, Gregorio
XVI si condusse a piedi al con-
vento de' religiosi cappuccini, do-
ve asceso nuovamente in carrozza
fece ritorno a Castel • Gandolfo.
JNel numero 83 del Diario di /2o-
ma del i832, si narra che agli
1 1 ottobre il Papa Gregorio XVI
visitò la chiesa principale di Genza-
DO, ricevuto colle consuete onorifi-
che dimostrazioni, suono delle cam-
pane e della banda, sparo de'mor-
tari, e vive acclamazioni. Dopo di
aver dato monsignor Soglia la be-
nedizione col ss. Sagramento, il
Papa ammise in sagrestia al ba-
GEN
53
ciò del piede il capitolo, le ma-
gistrature, i filarmonici ed altri, ^
e fiitto un tratto di strada vei*so
Nemi, a quel castello si condusse:
ripassando poi per Genzano per
restituirsi a Castel Gandolfo, gli
abitanti rinnovarono i loro lieti
auguri ed omaggi. Nel supplimen»
to poi di detto numero del Diario
di Roma^ si legge che ai 1 5 otto-
bre il Papa col solito accompa*
gnamento si é recato a Genzano,
e smontando alla chiesa dei cap-
puccini, trovò la ti'uppa ivi schie*
rata colla banda musicale di Vel-
letri: in chiesa ricevette la benedi-
zione col ss. Sagramento da mon-
signor Soglia, e passando nel con-
tiguo convento visitò la libreria,
passeggiò nel vasto orto, donde
osservò il bel lago di Nemi; quin-
di con singolare clemenza non so-
lo volle il Pontefice pranzare nel
refettorio, ma ammise alla sua ta-
vola olti*e il cardinal Mattei, mon-
signor Bontadosi suo uditore pos-
sidente di Genzano, l'arcipi^ete del-
la collegiata, e la nobile sua cor-
te, anche la religiosa ^miglia. Nel-
l'ore pomeridiane Gregorio XVI
si degnò portarsi a piedi a visita-
re le maestre pie, le ammise be-
nignamente al bacio del piede, e
poscia tra i sinceri evviva de' ri-
conoscenti genzanesi, nuovamente
benedetti da lui, fece rìtorno a
Castel Gandolfo.
Nel supplìmento del numero 84
del Diario di Roma de' 1 9 ottobre
i833, è riportato, come Gregorio
XVI da Castel Gandolfo a' 1 7 di
detto mese si recò a Genzano, in-
contrato dalla divota popolazione
con ogni maniera ossequiosa. Nel-
la chiesa collegiata ricevette da
monsignor Soglia la consueta be-
nedizione con l'augustissimo Sagra-
54 GEN
mento, e nel solito tifono dell'an-
nessa sagrestia permise che gli ba-
ciassero il piede il capitolo, ì ma-
gistrati, e i distìnti cittadini. Indi
il Papa andò a Civita Lavinia, e
ritornando a Genzano, passò nella
chiesa de' cappuccini, ove monsi-
-gnor Soglia tornò a dare la bene-
dizione, e nella libi*eria ammise al
bacia del piede il p. guardiano e
la comunità religiosa. Avendo fat«
to preparare la sua mensa nel re-
fettorio, vi desinò col nobile se-
guilo, coi sacerdoti cappuccini, coi
prelati Bontadosi, e Frezza di Ci-
vita Lavinia, e con l'arciprete di
Genzano, Dopo il pranzo Gregorio
XVI passeggiò neìl' orto, ove fa
bella veduta il sottoposto kgo, e
le adiacenti campagne e colline,
quindi benedicendo i genzanesi, e
tra i loro plausi rìtornò a Castel
Gandolfo. Nel numero 4^ de\\e
Notìzie del giorno del i834 i ri-
portato, che ai io ottobre il Pa-
pa Gregorio XVI reoossi a Gen-
oano, nella cui cdlegiata monsignor
Te voli arcivescovo di Atene ed e-
lemoslniere compartì l' eucaristica
benedizione: in sagrestia ammise al
bado del piede il capitolo, le magi-
strature ed altri, indi si portò a Ci-
vita Lavinia. Restituitosi il Papa
a Genzano, nella chiesa de' cappuc-
cini ricevè la benedizione col ss.
Sagramenlo, da monsignor Soglia
segretario delia congregazione dei
vescovi e regolari, e nel convento
la ^miglia i*eligiosa gli baciò il
piede, e p(H venne da lui ammes-
sa alla sua pontificia mensa, coi
cardinali Falzacappa vescovo di
Albano, ed Odescalchi, ed i pre-
lati Frezza e Bontadosi, il conte
Sebregondi e rarcifM'ete di Gen»
zano. Nelle ore pomerìdiane il Pon-
tefice festeggiato dai genianesi ri-
GEN
partì per Castel Gandolfo. Nel nu-
mero 86 del Diario di Roma del
i836, si racconta che Gregorio
XVI a' 1 9 ottobre andò a Genza-
no, dove nella chiesa collegiata
ricevè da monsignor Soglia patriar-
ca di Costantinopoli la benedizio-
ne col ss. Sagramento, ed^ in sa-
grestia gli baciarono il piede il ca-
pitolo, i magistrati, i filarinonici,
ed altre persone. Si portò poscia
a Civita Lavinia, e nel ritorno do-
po avere ricevuta la benedizione
col Santìssimo nella chiesa de'cap-
puccini, nel refettorio del conven-
to, colla consueta benignità, il Pa-
pa invitò alla propria mensa i
religiosi, i cardinali Falzacappa e
Odescalchi, monsignor Frezza e la
nobile corte; poscia nelle ore po^-
meridiane fece ritorno a Castel
Gandolfo tra gli iterati felici voti
dei cittadini.
Finalmente nel numero 19 del-
le Notizie del giorno dei i843, si
legge che ritornando Gregorio XVI
a Roma, dal viaggio &tto nelle Pro-
vincie di Marittima e Campagna,
proveniente da Velletri giunse ai
9 maggio in Genzano. Fu ricevu-
to dal cai*dinal Pietro Ostini ve-
scovo di Albano alla testa del suo
clero, da d. Lorenzo Sforza Cesa-
rini duca di Genzano, e da monsi-
gnor Lucciardi , presidente della
Comarca , oltre il governatore, e
la civica magistratura in abito. Nel-
la collegiata il Papa ricevè la be-
nedizione col Venerabile , e nella
sagrestia ammise al bacio del pie-
de i nominati pei*sonaggi ed altri,
con i' assistenza del cardinale. Il
Papa dirigendosi poi a piedi verso
il convento de'cappuccinì, gli riuscì
di gradevole sorpresa il ritrovare
una delle lunghe strade che divi-
dono ht città moderna di Genzano,
GEN
doe la via Sfoiia, costruita in de-
€lÌ¥Ìo tutta ricoperta nel mex-
20 di UQ vaghissimo tappeto di
fiori freschi di differenti specie ,.
colori ed odori. Con questo spet-
tacolo il popolo genzanese volle
dare al suo amato padre e sovra-
no un saggio déV ùt/iorala che o-
gni anno eseguisce per solenniz*
zare la processione dell'ottava del
Corpus Domini. Questi fiori di«
sposti con disegno e simmetria in
van compartimenti, formavano bel-
lissimi ornati tramezzati da diver-
si stemmi gentilizi , e da dieci i-
scrizioni celebranti le virtù del
Papa, l'onore che compartiva a
Genzano in tal giorno, ed altro
relativo: tanto gli stemmi, come
le iscrizioni erano formt^te jdi fiori
naturali. In capo poi delia strada
Sforza , leggevasi in un cartello
una iscrizione in cui si esaltava il
sommo ed utile benefizio della
nuova portentosa strada dal Papa
ordinata nel clivio diGalloro, che
conduce a Genzano, con immenso
vantaggio pubblico: autore di tut-
te le iscrizioni, scritte con aurea
latinità fu d. Gaetano Loffì*eddi sa-
cerdote genzanese. Gli stemmi gen-
tilizi erano, quello del Pontefice, cui
succedevano quelli del cardinal O-
stini vescovo diocesano, del cardi-
nal Tosti protettore di Genzano,
del cardinal Lambruschini segre-
tario di stato, del cardinal Mattei
segretario per gli affari di stato
interni, di d. Lorenzo Sforza Ce-
sarini duca di Genzano e gonfa*
loniere perpetuo del popolo ro-
mano, e degli stemmi di vari altri
personaggi che sono a capo delle
diverse pubbliche amministrazioni,
con le quali ha relazione la città
di Genzano. 11 Papa ammirando
il sorprendente lavoro e il mira-
GEN SS
bile efletto che produceva Timmea*
sa còpia de' ben disposti fiori, in-
dugiava a passarvi, temendo che
sì stupendo lavoro di tante per-
sone, non venisse in un momento
guastato dal transito del suo se-
guito e dal popolo accorso anche
dai con vicini paesi e da Boma.
Invitato il Pontefice a passarvi 80«
pra, poiché solo in suo onore e-
rasi la strada in tal modo abbel-
lita, vi ascese e la percorse tutta
sino alla cima, seguito dal corteg-
gio, fra le acclamazioni de'genzane-
si e della moltitudine, che l'ap-
plaudiva anche dalle finestre delle
case laterali parate a festa con
drappi di variati colori. Giunto
Gregorio XVI alla cima della stra-
da proseguì a camminare per la
via Carolina, e giunto sulla gran-
de piazza circolare ove s'incrocia-
no i quattro superbi viali della
rinomata olmata, ne ammirò l'im-
ponente prospettiva, che vi si pre-
senta da ogni lato, fermandosi a
complimentare la duchessa di Gen-
zano, d. Carolina Sforza Shirley,
che ivi trovandosi col suo figliuo-
lo d. Francesco duca di Segni, si
prostrò a baciargli i piedi. Arri-
vato finalmente il Pontefice alla
chiesa de' cappuccini per ricevei'vi
la benedizione col Santissimo, ed
entrato nel contiguo convento ara-
mise al bacio del piede la religio-
sa famiglia, che volle fosse parte-
cipe nel refettorio di sua mensa.
A questa si compiacque ammetter-
vi anche il duca d. Lorenzo Sfor-
za, il p. Luigi da Bagnaia predi-
catore apostolico , e procuratore
generale de' cappuccini , T arciprete
della collegiata, il governatore ed
il gonfaloniere di Genzano. Men-
tre seguiva il pranzo uno scelto conr
certo di trombe della valentissima
.56
GEN
banda romana dei dragoni ponti-
ficii, in una stanza contigua eseguì
con lieta musica di cori alcune
strofTette in onore del supremo Ge-
rarca. Dopo il pranzo il Pontefice
nel coro de' cappuccini nuovamen-
te ammise al bacio del piede il
duca, e la duchessa di Genzano,
le maestre pie della città ed altre
persone, indi ascese in carrozza, e
giunto al piazzale di Galloro ne
discese per osservare la nuova strada
che per sua munificenza andavasi
ultimando da quel punto sino al-
l' olmata di Genzano; e lodandone
il cav. Giuseppe Bartolini autore
e direttore della medesima, questi
ebbe l'onore di farne rimarcare i
vantaggi, le superate difficoltà, e
rispose 8' tutte le interrogazioni che
si piacque fargli il venerato princi-
pe. Dopo averne egli percorso un
tratto a piedi, retrocedette per moni-
tare in carrozza, la quale fu la pri-
ma a passare per la nuova strada,
seguitando il viaggio per Roma.
Ai 5 ottobre del medesimo anno
1843 Gregorio XVI da Castel
Gandolfo ritornò in Genzano, vi-
sitò la collegiata, e la chiesa dei
cappuccini , nel cui refettorio am-
mise benignamente alla sua tavola
i religiosi, il cardinal Pacca deca^*
no del sacro collegio, il cardinal
Ostini vescovo, ed oltre la sua no-
bile corte, il p. abbate Zuppani, il
governatore, il gonfaloniere e lar-
ciprete di Genzano.
Da ultimo a' 2 ottobre 1844 il
prefato Pontefice da Castel Gan-
dolfo si condusse a Genzano per
la suddetta strada, che in un al
ponte ti*ovò perfettamente compi-
ta, ed a memoria del benefizio è
stata collocata sul ponte stesso a-
naloga marmorea iscrizione, sovra-
sUita dal pontificio stemma di tra-
CEPr
vertino. Giunto in città fu ricevu-
to nella chiesa collegiata dal car-
dinal Ostini vescovo, dal capitolo,
da monsignor Lucciardi pi*esidente
della Comarca, dal governatore, e
dal gonfaloniere ed anziani, tutti
in abito, tra il suono delle cam-
pane, gli evviva della popolazione,
lo sparo de' mortari, ed il suono
della banda de' cacciatori. Il Papa
ricevè da monsignor Castellani sa-
grista la benedizione col ss. Sagra-
mento precedentemente esposto ,
quindi voile onorare di sua pre-
senza il nuovo palazzo comunale
in via Livia. £ pei*tanto a sapersi
ch'era proprietario di un ben va-
sto fabbricato in Genzano Giovan-
ni Amerani, ed avendo la comune
bisogno d'un locale in cui potesse
riunire tutti gli uffici pubblici, nel
terminare del i843 acquistò a ta-
le effetto il fabbricato. Quindi la
comune con l'opera e direzione
dell'egregio architetto romano Lui-
gi Agostini lo restaurò, l'ampliò e
lo ridusse agli usi pei quali avea
proceduto all'acquisto, laonde sic-
come perfettamente compito, il
Pontefice onorò di ascendere al
piano superiore, compartire dall'or-
nata loggia l'apostolica benedizione
a tutti gii abitanti, e nella gran
sala in decoroso trono di ammet-
tere al bacio del piede il clero, il
governatore, la magistratura civi-
ca, ed i più distinti cittadini, tut-
ti lieti di vedere distinto il muni-
cipale edifizio dalia presenza di
Gregorio XVI. Passò poscia il Pa-
pa nella chiesa de' cappuccini, e
dopo avervi orato si recò nel con-
tiguo convento, ove in refettorio
ammise alla sua mensa i cardinali
Ostini e Mattei, ed oltre la pro-
pria famiglia nobile e quella reii-
gios£| coi pp. Luigi da Bagnala gè-
GEN
na^le, ed Andrea d'Arezzo prò*
caratore generale, anche il pi*e-
lato Luodaitli, il gOTernatore Ni-
cola Mariani, il gonfaloniere Paolo
Marìni, l'arci prele d. Filippo de
Dominicis, e l'altro distinto gen-
zanese Gaetano Jacopini. La men-
sa fu rallegrata dalla suUodata
banda musicale, dopo la quale il
Pontefice ammise nel coro al ba-
cio del piede le maestre pie, ed al-
tre pei*8one, e col suo seguito par-
tì tra il plauso de'genzanesi per
Galloro e per Castel Gandolfo.
- Oltre quanto si é detto supe-
riormente dell'antichissima e no-
bilissima famiglia romana Cesarini,
qui accenneremo alcuna delle tan-
te cose die la riguai*dano. Essa ha
dato al sacro collegio quattro car-
dinali^ doé Giuliano del 14^6 giu-
niore; Giuliano del i49^ senio-
l'e; Alessandi*o del iSiy giuniore;
Alessandit) del 1-627 seniore: le
notizie biografiche de' quali sono
riportate ai loro articoli e luoghi
l'elativi. Il cardinal Giuliano se-
niore terminò il palazzo Cesarini
incominciato da monsignor Giorgio,
ed amphò le abitazioni di sua fa-
miglia, facendo acquisto di un al-
tro palazzo dirimpetto al primo,
nel quale era inclusa la torre Ar-
gentina, ove edificò vaghi e sontuo-
si portici: presso al detto palazzo
è la chiesa di s. Nicola alle Cai*
carCy detta de' Cesarini per esserne
stati questi i patroni, ed ora ap-
partiene ai somaschi. Gabriele Ce-
sarini pel prìmp ottenne la cospi-
cua carica di gonfaloniere del po-
polo romano, probabilmente da
Sisto IV, o almeno da Innocenzo
Vili, sebbene altrì dicono averla con-
seguita da Alessandro VI parente di
questa ^miglia, per la quale mostrò
speciale propensione^ e ricolmò di fa**
GEN 57
yori e beneficenze. Gabriele nel
1499 col consenso di detto Pupa
rassegnò il gonfalonierato al suo
figlio Gio. Giorgio, e questi fece
poi alti^eltanto per autorità di Giu-
lio II col proprio figliuolo Giulia*
no. Clemente VII col moto-pro-
prio de' 23 marzo i53o perpetuò
nella famiglia Cesarini , e rese in
essa ereditaria la medesima carica
di gonfaloniere del popolo roma«>
no; anzi è da notarsi- che il du-
ca Filippo, dopo la morte di Giu-
liano suo fratello, succedendo ai di-
ritti di primogenitura, chiese di es-
sere messo iu possesso anche della
carica di gonfaloniei*e del popolo
romano, e degli emolumenti an-
nessi alla medesima: incontrò qual-
che ostacolo sotto Alessandro VII
attesa la sua passata qualità di
chierico, ma pienamente favorevole
trovò il di lui successore Clemen-
te IX, che perciò a' 23 maggio
1668 emanò relativo molo-proprìo.
Dopo la sua morte nel i685 la
sua carica fu conferita ad altri, ma
nei primi del secolo seguente ven-
ne reintegrata la famiglia Sforza
Cesarini, che tuttora ne porta il
titolo e le insegne nella pi*opvia
arma gentilizia. P^. Gonfalonie-
re DEL SENATO E POPOLO ROMANO.
All'articolo Carnevale (Fedi)y ab-
biamo detto delle splendide feste
date in Roma nel i545 da Giu-
liano, co' famosi giuochi di Agone
e di Testacico ; egli da Giulio IH
fu investito di Civita Nova, e di
Monte Cosaro con titolo di mar-
chese. Sisto V oltre altre singolari
concessioni a questa famiglia y isti-
tuì in favore del duca Giuliano il
monte Cesarino vacabile. In d. Li-
via Cesarini si riunì T eredità di
questa famiglia , insieme a quel*
le dei Savelli^ Perelti > Gabreiu, e
58 GEN
Bovadlila; questa dueliessa marita-
tasi col duca d. Federico Sfoi*za,
in questa Dobilissioia famiglia pas-
sarono le ricchezze e le prerogati -
de'Cesarini. Dei cardinali Sforza se
ne parla alle loro biografie: della
famiglia Sfoi*za all'articolo Milano
di cui fu sovrana. Dei singolaii
pnvilegi concessi da Paolo III alla
famiglia Sforza ne facemmo cenno
al voi. XF, p. 12 del Dizionario.
Come poi si riunirono nella fami-
glia Sforza -Cesa ri ni le eredità, ra-
gioni e privilegi delle cospicue, an-
tiche e potenti famiglie Conti ^ Sa-
velli, e PerelUy lo diciamo a quegli
artìcoli. Del palazzo Sforza-Cesari-
ni, attualmente abitato in Roma
dai signori di questa famiglia, ne
parlammo al voi. YII^ p. 191 e
192 del Dizionario. In quanto al
teatft) di Torre Argentina, che
prende tal nome da una vicina
torretta di proprietà di questa fa-
miglia, è a vedersi l'articolo Tea*-
TBi DI Roma. Il dotto ^'icola Ratti
nella sua opera intitolata Della fa»
miglia Sforza, con autentici docu-
menti ci ha dato le notizie delle
famiglie Sforza , Conti, Cesarini,
Si^veili, Peretti o Montalto, Cabre-*
ra, eBovadilla; della loro origine,
antichità, lustro, pregi; dei conside-
rabili acquisti da esse fatti, feudi e
signorie; dei privilegi ed insigni pre-
rogative; e degli uomini e donne
illustri che fiorirono in esse, e tra
gli uomini quelli che in gran nu-
mero si distinsero in armi, in scien-
ze ed in dignità ecclesiastiche. Il
Ratti pubblicò nel 17949 i" Ro-
ma coi tipi del Salomoni, la sua
storia, cioè il primo volume, men-
tre il secondo lo pubblicò nel 1 795,
ed ambedue in foglio grande. La
dedicò al duca Francesco Sforza
Cesarini, padre deirodierno duca,
GEN
con questi cognomi e titoli: SaveU
li, Peretti, Montalto, Cabrerà, Bo-
vadilla , Conti, principe 'del sacro
romano impero, grande di Spagna
di prima classe, conte di Santa
Fiora XVIII, del senato e popolo
romano perpetuo gonfaloniere ec.
ec. Il duca Francesco morì di an-
ni 44 a' 1 6 febbraio 18 16; gli fu-
rono fatte l'esequie nella patriarca-
le basilica di s. Maria Maggioi*e
nella cappella Sistina sua gentilizia,
od ivi tumulato: della delta cap-
pella ne parlammo all'articolo Chie-
sa DI s. Maria Maggiobe. Gli furo-
no celebrati altri funerali anche
nella chiesa di s. Maria in Valli-
cella, qual bene&ttore di essa, co-
me gli altri di sua famiglia, loc*-
chè si può leggere all'articolo Fi-
lippini, in cui si descrive la chie-
sa pur chiamata Nuova.
Dello stemo^a Cesarini, e delle sue
parti, come della colonna per memo-
ria di Martino Y benefattore di essi;
dell'oi^so un tempo sostituito dal
montone, per la vittoria riportata
sugli Orsini non ben provata, sopra
un monte verde in campo giallo
forse com' erede dell'antica e no-
bilissima famiglia Montanara da cui
vuoisi derivata; e dell'aquila im»
periale concessa insieme ad altri
privilegi dall'imperatore Carlo V^
il medesimo Ratti ne tratta al tom.
II, p. 264 e se^. e 295. Al pre-
sente lo stemma gentilizio del du-
ca Sforza consiste nel notissimo
scudo originario Sforza, ove in cam-
po azzurro si vede il leone d'oro
rampante, colla destra branca in
atto di minacciare, colla sinistra so-
stenente un ramo di cotogno coi
suoi frutti (sulFongine e particola-
rità di quest'arma si può vedere
il eh. conte Litta neil' applaudita
opera sulle Famiglie illustri ilalia^^
GEN
ne, sul pnDcipio di essa). A sinistra
dì questa insegna entro il mede*
amo scudo è la già descritta ar-
ma de'Cesarini, e d'intorno vi so-
no inquartati in bella mostra bla-
sonica gli stemmi SaTelli, l'aquila
scacca ta Conti, Tarme Peretti-Moa*
tallo, e quella Cabrerà - Bovadilla.
Tutto lo scudo é sormontato dal-
laquila bicipite» segno di pi'inci*
pe del sacro romano impero. Sa-
i^bbe poi troppo lungo il dare ra-
gione d' ogni emblema di ciascu-
n'arme; dirò solo dei due serpenti
o biscioni che come supporti stan-
no ad ambo i lati dello scudo.
Questi viscontei colubri sono inse-
gna nobilissima quant'altra mai di
Italia, perchè acquistala da perso-
nale valore eccitato da sentimento
religioso nella prima crociala. Ne
fii menzione Torquato Tasso nel
piimo canto, stanza 55, della sua
Gerusalemme , nel passare a rasse-
gna i più valenti fra le nobili schie-
re degli avventurieri.
»» 0*i forte OUon che conquisa
lo scudo
M In cui daìV angue esce il fan"
cìuUo ignudo.
La storia é che Ottone Visconti
a singoiar tenzone uccidesse un
fierissimo gigantesco saraceno chia-
mato Voiuoe, die per distintivo di
superbia aveva questo biscione per
cimiero, e sullo scudo. Ottone tolse
a sua impresa la riportata spoglia
del vinto nemico, e la famiglia
Viscontea si gloriò di adottarla per
sua arma , e da essa V ereditò la
Sforzesca, la quale come sola ere-
de del ramo dominante dei Viscon-
ti, ha sola il diritto, o lo ha mag-
giore d'ogn' altro di fregiarne la
sua gente^ e ritenerla per propria^
GEO Sg
Chi volesse rimontare più alto ti*o-
vei*ebbe che Voluce in quel ser-
pente, da cui esoe il fìmciullo ignu-
do (e serva di disinganno a chi
a*ede che il serpente ingoi il bam-
bino) disegnava sé discendente dal
sangue di Alessandro il Grande,
che crede vasi uscito da Giove ve-
duto da sua madre Olimpia in
forma di serpente ec: questo è il
primitivo significato di sì nobilissi-
mo stemma , che ora trovasi in-
quartato nell'arme dell'imperato-
re d'Austria, come re di Lombar-
dia, perchè Milano e il suo stato
dominato dai Visconti non avea
altra arme die quella de' suoi si-
gnori, onde Dante ebbe a chia-
marla M la vipera eh' e' Milanesi
accampa". Tornando all'arma Sfor-
za, termineremo col dire, che so-
pra il fondo del manto ducale cam-
peggiano le bandiere col S, P, Q, R.
in segno del gonfalonierato perpe-
tuo, e due chiavi pendenti, siccome
parte dello stemma de' Savelli già
custodi e marescialli del conclave.
GENZIANO (s.), martire. F. Fu-
SCIANO (S.).
GEOFFKOY GiovAnifc, CardU
naie, V, Goffrboi Giovauni, Car'^
dinaie»
GEOGRAFIA. Descrizione di tut-
te le parti della terra, geographia^
terraruni descripdo. La geografia è
una parola formata da due voca-
boli che significano terra,' e descri-
zione. La geografia è la precisa
sdenza della posizione de' paesi :
essa insegna il luogo di tutte le
regioni terrestri, le une rispetto al-
le altre, e riguardo al cielo, con
la descrizione di ciò che contengo-
no di rimarchevole. La geografia
antica è la descrizione della terra
secondo le cognizioni degli antichi,
le opere de' quali ci furono tra-
6o GEO
inandate, ma con molti errori ed
om missioni. La geografia astronO"
mica è la descrizione della terra
considerata relativamente al cielo.
La geografia commerciale ha per
oggetto di far conoscere le arti ^
le fabbriche, e le naturali produ*
zioni di ciascun paese, suU'impor-
tazione ed esportazione delle quali
i popoli, le nazioni, e i commer-
cianti fondar possono le loro spe-
culazioni : mostra anche i mari, i
fiumi, i canali, e le strade piti si-
cure , comode ed economiche , i
luoghi di conserva e deposizione,
i porti migliori, ec. ec. La geogra-
fia ecclesiastica antica e moderna,
ha per base la ecclesiastica gerar-
chia: le opere e le carte geogra-
fiche danno le denominazioni, di-
visioni e suddivisioni, secondo che
i paesi sono distribuiti, anticamen-
te in diocesi, esarcati, vicariati^
Provincie ec. , al presente in pa-
ti*iarcati , arcivescovati , vescovati ,
abbazie nullius dioecesis^ ed anche
in patriarcati, arcivescovati, e ve-
scovati titolari in partibus infide'
lìutHj ec. ec. La geografia ^^/ca è
la descrizione della terra quanto
alla natura, alla sua esteriore ed
interiore struttura, ed alle sue na-
turali divisioni. La geografia isto*
rica comprende i limiti dei di--
versi stati, le variazioni che pro-
varono, le loro perdite, i loro in-
grandimenti, e gì' istorici progressi,
che risguardano T emigrazioni dei
popoli, la formazione e caduta de-
grimperì, regni, repubbliche, i can-
giamenti di dinastie, ec ec. La geo-
grafia matematica, parte della geo-
grafia, ha per oggetto i calcoli cor
me le latitudini e le longitudini,
l'elevazione dei luoghi, e il calcolo
delle maree, ec. ec. La geografia
media abbraccia l' intervallo scorso
GEO
dalla decadenza del romano impe-
ro sino al risorgimento delle let-
tere. Geografia moderna chiamasi
una piii esatta descrizione della
terra, dalla rinnovazione delle let-
tere sino al pi^esente^ perciò la piti
varia, la piti interessante, la più
istruttiva, e la più ricca d'ogni al-
tra geografia. Geografia politica è
la desGiùzione della terra conside-
rata in confronto ai vari stati nei
quali è divisa, e alla loro forma
di governo. Geografia statistica è
la parte della geografia, che trat-
ta dell'estensione dei paesi, della
loro popolazione, prodotti naturali,
rendite, ec. ec. Lo Spanhemio aiu-
tò la geografia colla numismatica,
e per mezzo delle monete chiarì
molti passi oscuri ed incerti pres*
so gli iBcrittori.
La carta geografica poi è una
figura piana che rappresenta la
superficie della terra, o di una
sua parte, che mostra la configu«
razione dei paesi, dei mari, del-
le montagne ; la situazione del-
le città, dei fiumi, delle strade,
ec. ; i limiti e le divisioni de-
gli stati, e le denominazioni gene-
rali e particolari di ciascuno di es-
si. È incerto il primo inventore
delle carte geografiche : Eustazio
però riferisce, che Sesostri re d'E-
gitto, facesse disegnare in una car-
ta i paesi da lui trascorsi : questa
sarebbe la carta più antica che si
conoscesse. La carta generale rap-
presenta o il globo terracqueo, o
una delle sue parti principali; la
carta idrografica rappresentarle va-
rie forme del mare, le coste, e i
bassi fondi, ed altri oggetti impor-
tanti pei navigatori, marcandovisi
pure la profondità e le correnti,
e sotto un tal riguardo è interes-
santissima per la fisica geografia;
GEO
la carta itineraria segna le strade
e i principali luoghi per uso dei
TÌaggiatori ; la caria muta offre il
piano inciso senza lettere, e serve
con vantaggio per gli studiosi che
acquistarono le prime nozioni geo-
grafiche ; carta piatta è quella ove
l'effetto della prospettiva o roton-
dità della terra è nullo, i meri-
diani ed i paralleli vi sono rappre-
sentati con linee dirette e paralle-
le; finalmente la carta topografi'
ca offi*e la figura di un luogo par-
ticolare, e serve in ispecial modo
ai militari onde dirigere. le loit)
operazioni , e perciò comprende
tutti i fiumi, le strade, ec., rico-
noscendosi facilmente altresì gli og-
getti appartenenti alla trigonome-
trìa, ch'è la nota arte di misurare
ì triangoli rispetto a' loro angoli e
lati.
Sebbene fino da' tempi antichis-
simi s'incominciasse ad avere una
qualche idea di geografia , man-
cando gli antichi dei mezzi neces-
sari per formarsi un'esatta idea
dei globo da noi abitato, non po-
terono essi portar questa scienza a
quel grado di perfezione a cui giun-
se per lo studio de' geografi mo-
derni. Tuttavia le opere degli an-
tichi aprirono la via a coltivare gli
studi geografici, e lasciarono noti-
zie sull'orìgine e progressi della
geografia, essendo i più antichi, Se-
sostri che espose alla vista del po-
polo delineate in carte le sue con-
quiste, e Mosè nella divisione delle
dodici tribù d'israello eseguita da
Giosuè, su dì che va letto quanto
ne dice il Bergier, nel Dizionario
enciclopedico y airarlicolo Geografia
sacra, ed il Robert, Geografia sa*
era e storica^ stampata in Parigi
nel 1747* Cooperarono ai progres-
si della geografia eziandio i ifeni-
GEO 6f
eli con la loro navigazione, le spe-
dizioni marittime di Salomone, e
di Necao re dell'Egitto intorno l'A-
frica, i greci asiatici massime per
le osservazioni astronomiche d'A*
ristotile che fissò la figura sferica
della terra, e misurando la circon-
ferenza del globo, ne determinò la
grandezza: anche il sublime Ome-
ro viene riguardato benemerito del-
la geografia per le molte città, pei
diversi mari, e per le svariate re-
gioni da lui nominate ne' suoi di-
vini poemi. Con Alessandro il Gran-
de viaggiavano sempre ingegnen»
che formavano la carta de' paesi
ch'egli attravei*sava , o soggiogava.
Eratostene si meritò in questa uti-
lissima scienza il glorioso nome di
cosmografo, e di misuratore dell'u-
niverso, che corretta la carta geo-
grafica d' Anassimandro ne diede
altra alla luce più esatta; le suc-
cessive dispute sulle opere di tali
geografi, contribuirono a perfèzto^
nare i princìpii della scienza, che
con fervore e cura studiavasi nella
Grecia. L'amore di essa passò an-
che presso i romani, come passa-
rono le alti*e scienze e le arti al-
lorché cominciarono le loro estese
conquiste fuori delfltalia, e soprat-
tutto nell'Africa. Polibio fu spedi-
to da Scipione Emiliano a ricono-
scere le coste di varie regioni, e i
luoghi per ove era passato Anni-
bale. Varrone, De re rustica^ fa
menzione della carta geografica che
rappresentava l'Italia, e di quella
che portavasi dai romani ne'trion-
fi de' vinti paesi. L'eccellente astro-
nomo Possidonio amico di Pom-
peo, misurò la circonferenza della
terra; e sotto il consolato di Giu-
lio Cesare, che ne' suoi Commert'
tari ci die la descrizione delle Gal-
lie, e delle isole Britanniche, si die-
6% GEO
de mano alla gi^and'opera della de*
scrizione piil esatta dell' imperio ix)*-
mano: Zenodossio descrisse ronen-
te, Teodoro il settentrione, e Pò*
licleto il mezzogiorno. Sotto Augu>
sto, e per la sua protezione alle
scienze, si vide condotta a compi*
mento la descrizione generale del
mondo, esposta nel mezzo di Ro*
ma sotto un gran portico a tale
oggetto costrutto: lavoro in cui i
romani affiiticaronsi quasi per due
secoli interi; indi Dionisio Periege-
te descrisse la ten*a giusta i prin-
cipii d'£rato$tene, e dell'immortale
Stiiibone. Fiorirono successi vamen«
te tra i romani geografi Isidoro di
Carace autore della Stazione dei
Partij Pomponio Mela che pub-
blicò il compendio di geografia in-
titolato De sita orbisj Plinio il vec-
chio che impiegò quattro libri del-
la sua opera delle cose naturali
intorno alla geografia; Martino di
Tiro uno de' restauratori dell'an-
tica geografia; Ariano di Nicome-
dia, che lasciò due peripli sul Pon-
te Bussino, e sul mar Rosso ; Dio-
nigi di Bisanzio descrittore del Bos*»
foro Tracio; e Pausania che in
dieci libri descrisse la Grecia.
Mentre la geografia acquistava
cultori sotto r impero di Adriano
e di Marco Amelio, comparve To-
lomeo ristauratore e padre della
geografia. Dopo questo celebre ma-
tematico Alipio d'Antiochia descrìs-
se l'antico mondo; ed il cosmogra-
fo Etico fece l'itinerario d'Antoni-
no o Notizia deW impéro ; indi
nell'impero di Teodosio si formò
la carta itineraria chiamata Peutin'-
gerianay così detta dal suo posses-
sore Corrado Peutinger, la quale
trovasi al presente nella biblioteca
imperiale di Vienna. Ne' secoli bar-
barici Mosé Cirenense scrìsse un
GEO
trattato di geografia; Cosmo egi-
ziano nel 536 compose la cosmo-
grafia cristiana; ed Erode pubbli-
cò la Notizia dell' impero di Co-
stantino , e nel IX secolo o pia
tardi venne scritta l'opera dell'ano-
nimo geografo ravennate. Passate
le scienze dall'Europa nell'Asia,
gli arabi le accolsero e coltivaro-
no in un alla geografia, nella quale
ci diedero diverse opere: la Persia
ebbe pure i suoi geografi. Nel se-
colo XIII, mediante i viaggi di ter-
ra e di mare, il gusto della geo-
grafia si risvegliò in Eut*opa , me^
ritando menzione il veneto Marco
Polo , che reduce da' suoi viaggi
nell'Asia ci porse la cognizione geo-
grafica della Tartaria, della China
e la vera figura dell'Africa per
mezzo d' un planìsferìo che recò
dalla Cina. Da questo planisferio
si prese l' idea di quello che fece
nel 1 4^7 per Alfonso IV re di Por-
togallo fr. Mauro convei*so camal-
dolese, che meritò pel* questo di
essere annoverato fra i geografi di
quel secolo: l'utilità recata alla
geografia da Marco Polo e da fr.
Mauro, venne dottamente dimo-
strata dal p. d. Placido ZuHa ca-
maldolese poi caidinale. Nel decli-
nare del secolo XV la geografia fu
ampliata dalla scoperta del nuovo
mondo fatta dall' immortale Cristo-
foro Colombo, scoperta che fu se-
guita da tante altre con immensi
vantaggi della scienza geografica. Il
eh. Andres, Origine d^ ogni lettera-
turay t. IH, par. II, p. igo, osserva
che da tale scoperta tutte le scien-
ze grandemente ne profittarono,
ma sopra tutte e singolarmente la
geografia, ed ecco come si esprime:
•* Più mari e piò terre si assog-
gettò in pochi anni al suo do-
minio, che non aveva potuto con-
GEO
quistare in tanti secoli. Ogni anno
▼enne poscia segnato con nuove
scoperte. Ogni giorno si acquista-
rono nuove notizie delle stesse tetv
re, prima scoperte. Il globo tei*«
racqueo videsì accresciuto con TA-
merica da un nuovo emisfero: e
le ampie provincie fin allora vuo-
te e deserte nelle mappe geografi-
che, cominciarono nel seguente se-
colo a comparire piene e popolate,
ed a conoscersi la vera forma e
reale esistenza " . Ali' incremento
della geografìa contribuì eziandio
dopo tante scoperte, una vasta se-
rie d'illustri viaggiatori. Nel seco-
lo XVI cominciò a prendere mag-
gior vigore la geografia, sì per le
accennate scoperte, sì per le cogni-
zioni de' dotti uomini che le colti-
irarono, come ancora per Tarte
d'incidere, onde col moltiplicarsi
le carte, andavansi esse perfezio-
nando ; l'Alemagna , i' Inghilterra ,
r Italia , la Spagna , la Svezia , la
Russia, e sopra ogni altra nazione
la Francia, progressivamente com-
parìr videro grandi e stimate ope-
1^ dì geografia. L' Olanda e la
Fiandra acquistarono pur anco del-
la rinomanza pei letterari travagli
de' loro geografi. Neil' Italia fio-
inrono Gio. Antonio Magini di Pa-
dova per la geografia antica e mo-
derna; il p. Riccioli gesuita ferra-
rese, non che gli altri gesuiti pp.
•Le-Maire e Boschovich, oltre Do-
menico Cassini, ed il p. Coroneili
cosmografo della repubblica di Ve-
nezia. Nei primi del secolo decor-
so in Russia s' incominciò a colti-
vare la geografia con qualche suc-
cesso. Il comincia mento del passa-
to secolo dev'essei*e riguardato sic-
come l'epoca precisa di una gene-
i*aie rinnovazione della geografia
di Francia, e per così dire in tul^
GEO 63
te le parti d'Europa, avendo l'ac-
cademia delle scienze, mei*cè il la-
voro de' molti suoi membri, influi-
to considerabilmente ai rapidissimi
progressi di essa, alla quale, il ri-
peteremo, concorsero i lunghi viag-
gi fatti da tanti oltramontani , e
principalmente da Cook che, per
modo di dire, si fece padrone di
due emisferi, e che alcuni chiama-
rono il Colombo deli' Oceanica.
L'utilità e necessità della scienza
geografica ben dimostrano i moltr-
plici Dizionari che si andarono di
tempo in tempo pubblicando, ed
il cui novera si legge nei bello
e dotto discorso preliminare dell'e-
rudito ed applauditissimo Nuovo
Dizionario geografico universale ,
opera originale italiana di una so-
cietà di scienziati, coi celebri tipi
del benemerito ed illustre tipogra-
fo Giuseppe Antonelli editore, pub-
blicato in Venezia nell'anno 1826.
In quanto alla geografia sacra
ed agli autori che si possono con-
sultare, riporteremo ciò che il ce-
lebre Francesco Antonio Zaccaria
scrisse nel tom. I, p. 9 delle Dis-
sertazioni varie italiane a storia
ecclesiastica appartenenti , Roma
1780. Eusebio ci lasciò in greco
un libro de' nomi de' luoghi e del-
le città mentovati nella sacra Scrit-
tura, traslato in latino da s. Giro-
lamo, e poi emendato, riordinato
ed illustrato con annotazioni dal p.
Iacopo fionfrerio l'anno i65g nel
suo Onomasticon urbium^ et loco-
rum sacrae Scripturae, che fu ri-
prodotto in Amsterdam nel 1707
da Giovanni Clerc. A questo si ag-
giungano l'insigne opera della Geo-
grafia sacra di Samuele Bochart,
la Geografia sacra di Nicola San-
son in alcune cose concetta da
Agostino Lubino nelle sue tavole
64 GER
Sacrae geographiae, è la Palestina
di Adriano Retando; non che i
pnmi quattro libri delle Antichità
giudaiciie di Benedetto Arias Mon-
tano> i commenti di Postel, di An-
drìcomico, di Yallalpando ec. Per
conto poi della geografia ecclesia-
stica di tutte le diocesi dell'uni-
"verso, antica e moderna, si posso-
no consultare i seguenti. Michele
le Quien religioso domenicano, O-
riens christianus in quatuor patriar-
chatus digestus, quo exhibentur eC'
clesiae patriarchae, caeterisque prae-
sules totius on'entisy Parisiis ex ty-
pographia regia 1740. Biagio Ter-
zi di Lauria, Siria sacra^ descrizio^
ne storico- geografica-cronologica- to»
pogrnfica delle due chiese patriar-
cali Antiochia e Gerusalemme^ pri'
mazie, metropoli e sitffraganee^ col'
legiy abbazie e monisteri. Notizia
de* concili, ordini equestri, e di tut'
te le nazioni cristiane orientali ,
con due trattati delle patriarcali
di Alessandria e Costantinopoli y
de* primati di Cartagine e d* Etio-
pia ec, Roma 1695 nella stampe-
ria del Bernabò. Stefano Antonio
Morcelli gesuita bresciano. Africa
Christiana in tres partes tributa^
Brixiae ex o£Gcina Bettoniana 18 16.
Ferdinando Ughelii fiorentino ab-
bate cistcrciense, ItaUa sacra sive
de episcopis Italiae, et insularum
adjacentìum^ rebusque ab iis prae-
dare gestisy deducta serie ad no-
stram usque aetatem. Opus singu-
lare provinciis XX distinctum in
quo ecclesiarum origines, urbium
conditiones , principum donationes ,
recondita monumenta in lucem prò-
feruntur. Editio secunda, aucta et
emendata cura et studio Nicolai
Coletif Veneliis 17 17 apud Seba-
slianum Goleti. Agostino Lubin
degli eremiti di s. Agostino, Abba-
GER
tiaruni Italiae brevis notitia qua'-
rum excisarum , quani extandum,
titulus y ordo , dioecesis fundatio ,
mutationeSy situsy etc. exactius ex-
primuntur, Romae 1693 typis Ko-
marck. Antonio Felice Mattei mi-
nore conventuale, Sardinia sacra
seu de episcopis sardis historia, Ro-
mae 1758 ex typografia Zempel.
Rocco Pirri abbate, Siciliae sacrae
disquisiiionibus et notitiis illustra»
^5 e/c, Lugduni Batavorum i63o.
Francesco Paolo Sperandio arcipre-
te, Sabina sacra e profana, anti-
ca e moderna, Roma 1790 nella
stamperia Zempel. Sammartanì ,
Gallia Christiana qua series o-
mnium archiepiscoporum , episco-
porum et abbatum Franciae, vici-
narumque ditionum, ab origine ec-
clesiarum, ad nostra tempora, Lu-
tetiae Parisiorum i656 apud du
Mesnil. Abb. de Commanville, Hi-
stoire de tous les archéveschez et
éveschez de t univers, Paris 1700
chez Delaulne. Auberto Mirco ca»
nonico, Notitia episcopatuuni orbis
christiani, in qua christianae reU-
gionis amplitudo elucet, Autuerpiae
1 6 1 3 ex officina Plantiniana. Il
cardinal Garampi, come dicemmo
al suo articolo, aveva preparato i
materiali per un'opera che intito-
lava Orbis christianus.
GERACE (Hieracen). Città con
residenza vescovile della Calabria
ulteriore prima nel regno delle due
Sicilie, capoluogo di distretto e
di cantone , posta su d' una emi-
nenza tra i due fiumi Novito e Me-
rico presso il mar Ionio> all' orien-
te del capo Spartivento. Dopo il
terremoto del 1783, che in gran
parte distrusse la città, non vi so-
no edifizi degni di speciale men-
zione, tranne la cattedrale, alcune
chiese; il seminario , l'ospedale e.
G£&
diversi contenti. Ha vicino delle
acque minerali che sono in pregio,
e vi si & un commercio di buon
tino detto gi*eco. I loa*esi opunzi
fuggiti di Grecia fondarono collas-
sistcnza dei siracusani la colonia di
Locri presso al promontorio Zefi-
rio, Zephyriunij oggi capo di Stilo.
Divenne una delle fiorenti repub-
bliche italiane, la quale per la sua
potenza si acquistò somma gloria.
Divenuta la città di Locri (Fedi)y
municipio romano , gli abitanti si
trasferirono sulle falde del monte
Esope, ed ivi costruirono la nuova
Locri che divenne anche sede ve-
scovile, dalle rovine della quale nel
principio de! secolo IX soi'se Ge-
race; e si vedono ancora nei din-
torni le rovine di un acquedotto,
e di qualche altro antico monu-
mento. Nell'anno 986 Gerace fu
saccheggiata dai saraceni , ed in
processo di tempo soggiacque a di-
versi infortuni!. Il distretto di Ge-
race è diviso negli otto cantoni di
Ardore, Bianco- Vecchio, Castel- Ve-
tere, Gerace 5 Gioiosa, Grotteria,
Staiti e Stilo.
Il primo vescovo conosciuto di
Gerace è Basilio, fiorito verso Tan-
no 33o al dire deli' Ugheili, Italia
sacra tom. IX, p. 894; nia non
sembra conciliabile tale epoca con
la sua intervenzione al concilio di
Calcedonìa nel pontificato di s. Leo-
ne I. Dopo di Basilio avvi una la-
cuna fino a Leonzio, eletto e con-
fermato dal Papa Innocenzo II nel
1 1 38. Commanville dice che nel
VI secolo si trasfeiì la sede vesco-
vile di Locri in Gerace, che chia-.
ma santa Ciriaca: sembra dunque
che l'origine di Gerace non debba
attribuirsi al IX secolo , ma assai
prima. Fu chiamato ancora Gera»
vi, Giemcif Locres e Sancta Hic*
/ VOL. XXIX.
GER 65
racia. Vi si celebrava anticamente
r uffizio divino secondo il rito gre-
co, laonde prima di parlare dei
successori di Leonzio a questa se-
de vescovile, di ciò faremo cenno,
con l'autorità di Pietro Pompilio
Rodotà, DeW origine e progresso
del rito greco in Italia^ tom. I, p.
4i6 e seg. I vescovi della città di
Gerace continuarono dopo il seco-
lo XI a fare la divina oblazione
nel rito greco. Inutile fu l'opera
de' normanni, e indarno si adope-
rarono i romani Pontefici per vin-
cere la loro ostinazione, e per ren-
derli docili al rito della Chiesa ro-
mana. Fra i greci prelati, i quali
fecero luminosa comparsa, merita
di essere annoverato Barlaamo mo-
naco basiliano nato in Seminara,
e abbate dei monistero di s. Sal-
vatore di Costantinopoli, assai dot-
to, il quale n*ebbe il governo nel
1 34^ : T imperatore Andronico lo
spedì suo legato al Papa Benedet-
to XII, innanzi al quale recitò al-
cune orazioni, sopra l' unione del-
le chiese greca e latina ; ma poscia
mosso da ambizione per acquistar
credito presso gli scismatici, abiurò
la cattolica religione, e fece aperta
professione della scismatica, scriven-
do contro i dogmi della latina.
Tutta volta ravvedutosi dell'errore
fu riconciliato con la santa Sede,
e pel sxlo ardente che prese in di-
fenderla , si meritò V afièzione di
Clemente VI, il quale dimentican-
do il passato lo fece vescovo di
Gerace; quindi Baglio istituì mol-
ti letterati nelle gi*eche discipline,
e fu maestro del Boccaccio, del Pe-
trarca e di altri illustri personag-
gi di quel secolo. Dice ancora il
Rodotà, che uri gran numero di
vescovi della chiesa greca di Ge-
race furono eletti dall'ordine ba«
5
66
GER
siliano : r ultimo greco, il quale la
governò, Ai Atanasio. Calceofilo di
G>stantinopoli, ornato di tutte quel-
le prerogative che si possono de-
siderare in un moderatore della
disciplina regolare : presiedette nel-
la dignità di abbate al monistcìt)
basiliano di s. Maria del Patire;
nel concilio di Firenze declamò con>
tro le follie e scismatiche frodi dei
greci) e risplendette per chiari esem-
pi di molte egregie virtù, onde la
Chiesa romana lo innalzò alla di-
gnità di vescovo di Gerace. Temen-
do forse per una vana e leggieris-
sima apprensione, che il rito greco,
the ivi era in onore, ridondasse a
danno della cattolica religione, o per
dltrl motivi, rivolse tutte le cure
per ristabilirvi il latino. Egli dun-
que tra i vescovi di Gerace fu il
primo a cambiarlo nel 1467} ed i
suoi successori per una serie mai
interrotta , Y hanno costantemente
ritenuto. Didg in ultimò il Rodotà,
die la chiesa sotto il titolo di s.
Maria de Latinis di Gei*ace, ci*e-
de essere stata la comune madre
de' pochi latini che vi facevano il
loro soggiorno, nel tempo in cui
la maggior parte della città era
composta di greci..
Il successore di Leonzio vesco-
vo di Gerace, fu Eustasìo tesorie-
re della cattedrale, eletto dai ca-
nonici e confermato nel 1 1 78 da
Alessandro III. Nel 1 194 divenne
Tescovo il greco Nicola ; Bartonul-
fo greco monaco basiliano, fu in-
truso dai greci verso il i25o; a
sua vece Innocenzo IV nel i253
Ti prepose M. Leone; Alessandro
IV nel 1160 fece vescovo Paolo
LeOtie; Giovanni eletto dal clero,
fil' confermato nel 1 3 io da Cle-
ùente V, ed ottenne dal re Ro-
berto vari privilegi; Qemente VI
GER
non approvando Y elezione del ca-
pitolo, trasferi a Gerace Nicola
▼escovo di Bova; fr. Simeone di
Costantinopoli fatto vescovo da
Clemente VI nel i348, celebrò il
sinodo; Nicola Mele di Gerace, te-
soriere della cattedrale, nel i366
fu vescovo, ma segui le parti del*
l'antipapa Clemente VII; Angelo
de Tufo del i4oo, fu uno degli
ottimi vescovi, ed ebbe a successo-
re Paolo che nel i4^9 divenne
arcivescovo di Reggio; Gregorio
primicierio della cattedrale nel i444
fu elevato alla dignità vescovile;
Trailo Carafa nel 1497 Tu fatto ve-
scovo di Gerace, e governò sette an-»
ni. Dopo di lui nel 1 5o5 Giulio II
diede in commenda questa chiesa al
cardinal Oliviero Caraffa, che però
la rinunziò nel medesimo anno ,
ed il Papa lo fece succedere dallo
spagnuolo Jacopo Conchille, al qua-
le nominò successore nel i5og il
cardinal fiandinello Sauli, che sot-
to Leone X si dimise nel i5\f.
Quel Papa allora affidò la chiesa
in commenda al cardinal France-
sco Armellini perugino, e per sua
morte fece commendatore della me-
desima nel 1 5 19 il cardinal Ales-
sandro Cesarini, che la rassegnò
nell'istesso anno. Ma siccome Gi-
rolamo Planca nobile romano da-
togli a successore, mori nel i534)
cosi Clemeinte VII commendò la
chiesa di nuovo al cai*dinal Cesa-
rini, che la lasciò nel 1 536, onde fu
fatto vescovo Tiberio Muti nobile
romano. Egregio vescovo fu Otta-
viano Pasqua nominato da Grego-
rio XIII nel i574> ch^ ebbe a suc-
cessore nel iSgi fr. Vincenzo Bo-
nal*di romano, maestix) del sagro
palazzo apostolico, ed autore d'un
trattato della virtù degli Agnus
Dei benedetti. Dopo la sua morte,
GER
Clcmejìie Vili nel i6ot dichiarb
Vescovo Orazio Matteì nobile ro*
manOy cui per volere di Gregorio
XV successe nel 1622 Alessandro
Boschi bolognese, che Urbano Vili
fece vicegerente di Roma, e vica*
rio apostolico di Parma. Gio. Ma»
ria Belletti di Vercelli fu colloca»
to in questa sede nel iGiS dii
Urbano Vili , e scrisse un uti«
le libro intitolato: Disquìsìtìones
elencales, L'Ughelli iei^na la se*
rie de' vescovi di Gerace con Lo*
remo Tramutio, ed il Coleti eoa
DomenioD Diez nobile di Aversa,
fatto XL vescovo nel i68g. I dì
lui successori si leggono nella col-
lezione delle annuali Notìzie di
Roma ; ed al pre^nte è vescovo'
di Gerace monsignor Luigi Ferro*
ne di 'GMenza, già eanonico peni*
tensiere della cattedrale di sua pa^
trìa, preconizzato dal regnante
Gregorio XVI nel consistoro de'19
dicembre i834*
La cattedrale di Gerace è de-
dicata a Dio, in onore dell' Assun-
zione in cielo della Beata Vergi*
ne Maria, essendo la diocesi sufTra*
ganea dell'arcivescovo di Reggio
nel medesimo regno delle due Si*
cilie. Avendo il memoi*ato terre-
moto rovinato la cattedrale assai
bella e di gotica architettura, venne
decorosamente riedificata dall'ulti*
mo vescovo defunto, monsignor Giu-
seppe Maria Pellicano di Gioiosa,
diocesi di Gerace, che Pio VII
avea fatto vescovo nel 1818. H
capitolo si compone di otto digni*
fa, essendo la prima ^quella del
decano, e le aline sono T arcidia-
cono, il primicerio, l'arciprete, il
protonotario, il tesoriere,' il canto^
re ed i4 maestro di cerimonie, i
canonici sono sedici, comprese le
prebende di penitenziere e di teo-
GER 67
logo; inoltre fanno parte del ca-
pitolo i mansionari, ed alti*i preti
e chierici addetti al servigio ec-
clesiastico. Nella cattedrale la cura
delle anime è affidata all'arcipre-
te, quarta dignità; ivi è il fonte
battesimale , e molte sacre reliquie.
G)ntiguo alla cattedrale é l'episco-
pio, nella maggior parte rifabbri-
cato. Oltre la cattedrale in città
si enumerano dodici chiese par-
ixxxhiali tutte munite del iMtti-
sterio. Vi sono pure due conven-
ti di religiosi, ed un monistero
di monache, non che diverse con-
fraternite, e seminario cogli alun>-
ni . Ad ogni nuovo vescovo la
mensa è tassata ne' libri della ca-
mera apostòlica in fiorini sessanta-
due, verus aiuem illorum valor est
3 000 circiler ducatorum aeris nea»
politanis puhlìcis non deductis one^
ribus^ siccome si legge nella propo*
sitio concistoriale.
GERALDO (s.), conte di Au-
rillac in Alvergna, nato Tanno
855, ereditò da' suoi genitori vivi
sentimenti di virtù e di pietà. A-
vendolo la sua mal ferma salute
obbligato di abbandonare i guer-
resdii esercizi, ai quali la nobile
gioventil usava allora dedicarsi,
prese piacere per lo studio, per To^
razione, e per la meditazione del-
la legge divina, e gli si insinuò
nel cuore il desiderio di rinunzia-
re al mondo per sempre. Morti i
suoi genitori dispensò a' poveri la
maggior parte delle sue ricchezze,
non riserbandosi che quanto gli
.era necessario per vivere. Gmdus-
se una vita esemplare fra le pra-
tiche di divozione e la penitenza,
esortando i suoi vassalli alla virtù,
ed agevolando loro i mezzi di di-
venire buoni cristiani. Per ispirilo
di penitenza fece un pellegi-iaag-
68 GER
gio a Roma. Ritornato ad Auril-
lao fondò una gran chiesa in ono-
re di s. Pietro^ nel luogo di quel-
la di s. Clemente fatta edifìcare
da suo padre con un monastero
dell'ordine di s. Benedetto. Ar-
ricchì considerabilmenle questo roo-
•nistei-o, e si prese cura che vi fos-
se osservata la piii esatta discipli-
na, per cui divenne florido e repu-
tato. Egli si sarebbe ritirato in
questo monistero, ma il suo con*
fessore lo consigliò di continuare a
'^iver nel mondo per spargervi i
suoi benefizi. Egli perseverò adun-
que nel suo fervore avanzandosi
ogni dì più nella perfezione. Sette
anni prima della sua morte perdette
la vista, e morì a Gezeinac nel Quer-
ci a' 1 3 di ottobre del 909. Fu
seppellito nel monistero di Auril-
lac, e diversi miracoli attestarono
la sua santità. Quell'abbazia fu se-
iX)larìzzata, e cangiata in un capi-
tolo di canonici da PioIY nel i562.
Dipoi vi fu nominato un. abbate
commendatario con molti privilegi.
S. Geraldo è patrono dell'alta Al-
irergna, ed è onoralo a' 1 3 d'ottobre,
giorno delia sua morte. Nella chiesa
collegiata di Aurillac conservansi
alcune sue reliquie sottratte al fu-
rore degli ugonotti.
GERALDO (s.). Inglese dì na-
scita, passò in Irlanda, e vi prese
abito religioso nel monistero di
Megeo o Mayo, fondato da Colraan
rdi Lindisfarne,i n favore di quelli
d'Inghilterra. Divenne successiva-
mente abbate e vescovo. Fondò
egli due monisteri, uno di uomi-
Jii e l'altix) di femmine, del qua-
le diede il governo a sua sorella,
per nome Segrezia. Questo santo
Tescovo cessò di vivere nel 732, e
fu -^ sepolto a Mayo, ove ancora si
vede una chiesa che porta il suo
GER
nome, e la sua memoria è ono-
rata a' 1 3 di mai*zo.
GERA-PETRA, o HIERA-PE-
TRA, o HIEROPYDNA. Sede ve-
scovile nella costa meridionale del-
l' isola di Creta, presso il monte
Ida, chiamata pure Castello di Ge-
ra - Petra , essendo frequentato il
luogo a motivo del suo comodo
porto. Questo vescovato fu eretto
nel quinto secolo, sotto la metro-
poli di Candia, nella diocesi del-
l' llliria orientale. Eufronio suo ve-
scovo sottoscrisse la lettera della
sua provincia all' imperatore Leo-
ne, e al dire di Commanville, nel
secolo XII fu unita la sede a quel-
la di Sittia. Dopo che i latini oc-
cuparono l'isola, fu sede de' vesco-
vi di tal rito, e Tommaso ne fu
fatto vescovo dal Pontefice Giovan-
ni XXII, dandogli poi a successo-
re Gerardo dell'ordine de' minori.
Urbano V ' nominò vescovo dome-
nico; e Giuliano forse domenicano
governò pure questa chiesa. Altro
vescovo fu Francesco, che lo diven-
ne nel 1390 cin». Lo furono an-
che Giovanni Quirini di Venezia,
de' frati minori; ed Ippolito Arri-
vabene di Mantova per volere di
Paolo III, che lo dichiarò nel i534
in novembre: questi intervenne al
concilio di Trento e ne sottoscris-
se gli atti nel 1 563. Oriens christ»
tom. II, p. 266.
GERAPOLI, GIERAPOLI,£r/e.
rapolis. Città vescovile della Fri-
gia Salutare prima, dell' esarcato
d'Asia, sotto la metropoli di Sin-
nada, la cui erezione risale al IX
secolo, secondo Commanville. Nel
primo tomo dell' Oriens christ.y
sotto il titolo di Gerapoli della
Fr>gia Salutare, si trovano nota-
ti diversi vescovi, alcuni de' quali
sono attribuiti anche a Gerapoli
GER
delist Frigia Paoez'mna. Il primo
di essi è il greco Heros, il quale
da gentile ch'era, si mostrò alì^io-
nato all'apostolo s. Filippo che lo
salvò dal furore del popolo quan-
do voleva lapidarlo, nascondendo-
lo nella propria casa ; quindi fu
dal santo convertito alla fede, e
Dio per le sue preghiere risuscitò
un certo Alessandro: allotta s. Fi-
lippo l'ordinò vescovo di Gerapo-
li. Ne fu pur vescovo Papia con-
temporaneo di s. Policarpo e di-
scepolo di 8. Giovanni sacerdote,
il quale era stato . discepolo di Ge-
sù Cristo: non avendo ben com-
preso i discorsi degli uomini apo-
stolici, insegnò l'errore da cui eb-
bero origine i millenari. Dei suoi
successori ne tratta il p. Le Quien
nel citato Oriens christ, tomo I,
p. 832; mentre nel tom. Ili, p.
1123 sono notati otto vescovi la-
tini che occuparono la sede di Gè*
rapoli della Frigia Salutare, il pri-
mo de' quali fu Giovanni, dopo la
ciii morte vacò la sede sino al 1 449»
in cui il Papa Nicolò V nominò
"vescovo Gerlac Gildhevisen dome-
nicano, il quale nel i45o consa-
crò la chiesa delle monache di
Leida.
GERAPOLT. Sede arcivescovile
della seconda Frigia Pacaziana ,
nell'esarcato d'Asia, sul Meandro
nella Natòlia, detta anche Aphiom
Carasar. Da principio non fu che
un semplice vescovato suffraganeo
di Laodicea; ma in seguito Gera-
poli diventò metropoli della secon-
da Frigia Pacaziana, cioè nel quin-
to secolo, secondo Commanviile, do-
po la divisione della Frigia Paca-
2dana in due provincie, prima e
seconda. Otto furono i vescovati
sottoposti a questa metropoli. Me-
idlppolij Autuda o Attudi, Mosy-
GER 69
na, Dionisiopoli, Anastasiopoli, Gha-
na, Feba e Zana. Dei suoi vesco-
vi é a vedersi quanto dicemmo al-
l' articola precedente, e V Oriens
christ, anche nel tom. I, in ind.
p. i3. Gerapoli ebbe pure alcuni
vescovi latini, e tali furono Anto<*
nio di Alessandria de' frati minori,
nominato da Clemente VI nel i346»
indi trasferito a Durazzo nel i348;
e Stefano di Larolo del medesi-
mo ordine, che gli successe come
si legge nel detto tomo a p. 978.
In questa città fu tenuto un con-
cilio, co^ci7{<i/7i^ier^z^o//VA/2{i/7i, ver-
so 1' anno 160, o 170, o 173; da
sant' Apollinare vescovo del luogo
con ventisei altri prelati, contro
Montano, i mon lanisti, e Teodoro
il Conciatore. Montano fu reciso
dalla comunione della Chiesa, per-
chè contraffiiceva il profeta, e di-
ceva di essere lo Spirito Santo, in
certi eccessi di furore, che gli to-
glievano il libero uso della ragio-
ne: costui con due dònne. Prisca
e Massimilla, formarono la setta dei
catafrigi. Diz, deconcilii, e Balu-
zio, ex Euseb, Fabricius.
GERAPOLI. Sede arcivescovile
della provincia Eufratena nella Si-
ria, nel patriarcato d'Antiochia,
che nel IV secolo fu eretta in ve-
scovato, e nel V in. metropoli. In
lingua siriaca si chiamò Mabog,
Maboug, Meiqbisc, ed anche Mem-
bigz, che i giteci alterarono col no-
me di Bambyce, o Bombice. Dipoi
venne chiamata Gerapoli, cioè
città sacra, dal i^e Seleuco, perdiè
la fabbricò a motivo della gran
dea di Siria, o di Atergatìs, che
ivi si venerava sotto le forme di
colomba o di una donna, ciò che
le dava la preminenza su tutte le
altre di questa parte della Si-
ria chiamata Eufratense. Ammiano
70 GER
Marcellino crede sia stata anche
appellata Ninus. Questa città fu ca«
pitale della Comagene sotto i ro*
roani} e siccome la Cooiagene è
terminata dall'Eufrate, così questa
provincia si disse Eufratena. Gli
«rano suffragane! sedici vescovati,
Cii*o, Germanicia, e Samosata che
nel XII secolo divennero ai-cive-
scovati, e Doliche^ Zeugma, Euro-
po o Tamsaco, Neocesarea, Ori*
ma, Sura, Perte, Marianopoli, Sce*
narchia, Sanlon, Nicopoli, Barba-
lis, e Sergiopoli che nel VI secolo
divenne arcivescovato. Si conosco-
no dieci vescovi greci di questa
dttà, di cui il primo fu Filolimo,
che trovossi al concilio di Nioea ;
Teodoto suo successore, venne or-
dinato sotto l'imperatore Valente,
da Eusebio di Samosata, e nel
38 1 intervenne al concilio genera-*
le di Costantinopoli. Indi fu ve-
scovo Alessandro, zelante difenso*
re dell'eresiarca Nestorio, per cui
fu dall'imperatore cacciato dalla
sua sede, sostituendogli Panolvio.
L'ultimo de' vescovi greci fu Ste-
rno II, autore degli alti del mar-
tirio di san Galanduch persiano ,
regnando Cosroe I. Gerapoli fu
pi*esa dai latini nel declinar del
secolo XI o ne' primi del seguen*
le, e vi elessero a vescovo del lo-
•ro rito Francesco nel ii36, Gio-
Tanni vescovo armeno si mandò
al Papa Gregorio XIII dal catto-
lico Azaria. Narra il Baluzio che
peli' anno 44^ ^u in questa città
tenuto un concilio, risguardante il
ircscovo di Perre o Perri, nella
stessa Siria. Oriens chrisC. tom.
I, p. 1433, toni. II, p. 9^6, e
lom. Ili, p. H94. Il Tei-zi nella
ilR'ria sacra a p. !o3 crede che
Gerapoli d'Antiochia sia Aleppo.
GERAPOLI. Sede vescovile del-
GER
la provincia d'Isa uria, nel pati*iar-
calo Antiocheno, sotto la metro-*
poli di Seleucia, eretta nel quinto
secolo. Paolo n' era vescovo quan-
do sottoscrisse la lettera della sua
provincia all'imperatore Leone, ri-
guaixlante la morte di Protero, ed
il concilio di Calcedonia. Oriens
chrisi, tom. II, p. ioa6.
GERAPOLL Sede vescovile del-
la seconda Arabia, nel patiìa reato
di Gerusalemme, sotto la metro-
poli di Bostra.
GEEIARA o GERAR . Sede
vescovile della Palestina prima ,
diocesi di Gerusalemme, sotto la
metropoli di Cesarea, che Com-
mauville chiama Salton Geraiticus,
e la dice eretta nei V secolo: Mar-
ciano vescovo di Gerara fu al con-
cilio di Calcedonia. Gerara al tem-
po di Abramo e d'Isacco aveva il
suo re particolare chiamato Abime-
lecco, cui dissero per salvar la vila
allorché vi soggiornavano, che le lo-
ro mogli erano sorelle. Appartene-
va ai filistei, e toccò alla tribli di
Simeone. Cadde Gerara in pote-
re del re di Etiopia, di cui A za
re di Giuda, avendo sconfitto la
grande armata, devastò tutto il
suo territorio,
GERARCA, Hierarcha, AnU-
stes. Nome di dignità: capo, supe-
riore nella Gerarcìda (Fedi); dice-
vasi quindi gerarca, il gran gerarca,
Il sommo gerai*ca , il beatissimo
gerarca, il supremo gerarca, il som-
mo Pontefice romano. Questi fu
chiamato dai santi padri e dai
oonciiii, cogli epiteti i più sublimi:
8. Agostino nel serm. de ver. Dq-»
mini i3, ep. i6f, lo chiamò, il p.
e principe della pace; s. Ambrogio,
Coni, in ep, ad Tliiniot,^ cap. 3,
giudice celeste del foro terreno; s.
Chillo^ Schism, don., rijitgio uni^
GER
versale dcfedeU^ e diamanle della
fede; s. Bernardo neìVepisi, i57^
patriarca ecumenico; il sesto sino-
dOy primate della Chiesa', il sinodo
di Efeso, presidente^ occhio^ base,
e cotonila della cattolica religione;
e s. Gio. Gi'isostomo, neWhomiL
58 in Matth., supremo gerarca dei
gerarchi. Dei gloriosi titoli coi qua-
li è chiamato il Papa, se ne par-
ia ai rispettivi articoli.
GERAfìCHU ECCLESIASTI-
CA. Nome che si dà all'ordine, ed
ai diversi gradi dello stato eccle-
siastico: havvi la gera4*qhia xìqCo'»
ri degli angeli (Vedi), come hav-
iri la gerarchia militare, cioè l'or-
dine delle dignità, e gradi di un
esercito : la gerarchia militare è
eguale pressoché in tutti gli eser-
citi delle nazioni civili, variano per
altro i nomi dei gradi e delle di-
gnità secondo i luoghi. Il vocabo-
lo Cerar cìiia deriva dal greco,
hierosy cioè sacro, e da arche, prin-
cipato, significando, comando di co-
se sacre o sacro principato: fu que-
sto vocabolo applicato alla Chiesa
cristiana, ma in differenti maniere,
che spiegano i trattatisti di tale
argomento, alcuni de' quali citere-
mo. Il nome di gerarchia è anti-
chissimoj dappoiché trovasi nelle o-
pere attiibuite a s. Dionigi l'Areo-
pagitcì che fiorì nel quinto secolo,
ma che sono di un autore del quin-
to secolo, il quale compose il ce-
lebre libro della Gerarchia cele*
ste ed ecclesiastica, perché come
dice il Macri nella Notizia de* va-
caboti ecclesiastiei, id esso si trat-
ta del sacro principato degli an-
geli, e della Chiesa ', laonde per là
medesima ragione chiama il ve-
scovo Gerarca (Vedi), cioè princi-
pe sacro. La gerarcliia é un potere
t><^Q ordinato per gradi di persone
GER yi
sacre , le quali hanno una giusta
superiorità sui loro subordinati, o
soggetti. E un potere, pefrchè non
vi è principato senza potere e sen-
za autorità sopra un uomo o so-
pra una cosa. La gerarchia eccle-
siastica dunque consiste propria-
mente e principalmente nell'ordine
delle persone, le quali consacrate
al ministero ecclesiastico, ne adem-
piono le funzioni, ciascuno al po-
sto che ré confidato, e secondo il
grado che gli venne conferito. An-
che nella società civile e nelle cor^
ti vi sono di&renti ordini dì cit-
tadini che s' innalzano gli uni so-
pra gli altri, per prerogative, inse-
gne, distinzioni, titoli, ec. , propor-
zionatamente ; e r amministrazione
particolare e generale delle cose é
distribuita a diverse persone o clas-
si, incominciando dal sovrano che
comanda, fino al più infimo sud-
dito che obbedisce. Nella società
ecclesiastica l'amministrazione delle
cose relative allo stato medesimo
é divisa in egual modo, quelli che
comandano cioè, ed insegnano so-
no nella gerarchia, e quelli che
obbediscono sono sotto la gerarchia,
qualunque sia la dignità che occu-
pano nella società civile, tutti esseudp
semplici fedeli. Quelli poi che so-
no nella gerarchia, e che la com-
pongono, sono al contrario tutti
ineguali, secondo l'anzianità, Tisti-
tuzione, l'importanza, ed il potere
attaccati al grado che occupano.
Così i sommi Pontefici, i cardina-
li, i patriarchi, i primati, gli ar-
civescovi , i vescovi, gli abbati mi-
trati, i sacerdoti, i diaconi, suddia-
coni ec.^ sembrano formare quella
scala graduatoria , da cui risulta
propriamente la gerarchia eccle-
siastica. E di fede che la gerarchia
è composta dei vescovi^ dei sacer*
7^ GER
doti^ e dei ministri, essendone su-
pi^emo Gerarca il Papa, secondo
la definizione del concilio di Tren-
to: venne lasciato indeciso se pei
ministri debbansi intendere i chie-
rici inferiori , e molti teologi so-
stengono che i suddiaconi ed i
chierici inferiori non possono ap-
partenere alla geraixhia , non es-
sendo essi d'istituzione divina. Al-
l'articolo Cappelle pontificie (Fedi)
si è trattato delle graduazioni del-
la geraix;hia ecclesiastica innanzi al
sommo Gerarca il romano Ponte-
fice, e della preminenza, abiti ed
insegne di tutti quelli che la com-
pongono. Ai relativi articoli si può
leggere quanto si appartiene indi-
vidualmente ai personaggi forman-
ti la gerarchia ecclesiastica, ed in
altri al complesso della medesima,
che lungo sarebbe il citarli. Sì di-
ce poi gerarchico^ tuttociò che ap-
partiene, ed è attenente alla ge-
rarchia.
Due sono le gerarchie delle crea-
ture ragionevoli fondate dal Re-
dentore del mondo, una visibile
in terra, l'altra invisibile in cielo,
e di ambedue egli n' è il capo, fa-
cendo che in terra eserciti le sue
veci qual suo vicario il supremo
Gerarca. Differisce una dall'altra,
come notò s. Agostino, tract, 124
in Joan, poiché »» una est in la-
M bore, altera in requie, una in
M via, altera in patria, una in o-
» pere actionis, altera in mercede
M contemplationis, una flagellatur
» malis, ne ex.tollatur in bonis,
»> altera tanta plenitudine gratiae
M caret omni malo, ut sine ulla
M tentatione superbiae edhaei^at
« summo bono ". Non perciò per-
de la sua bellezza la gerarchia a
noi visibile, poiché avendola il san-
to re Davidde preveduta come spo-
6ER
sa del re della gloria, disse nel sal-
mo 4^. M Asti ti t regina a dextrrs
>* tui in vestitu deaurato circurada-
» ta varietate "; nel qual detto
stimò il dottissimo Cajetano con
molti sacri interpreti doversi in-
tendere la Chiesa militante in ter-
ra, mentre a tale significazione fa-
vorisce il testo letterale della pa-
rola astitìty quasi in atto di com-
battere, dove che alla Chiesa trion-
fante in cielo conviene più la pa-
rola assidere. Ma di qualunque si
voglia intendere, convengono ambe-
due nella maestà e splendore del-
le parti che le compongono.; e se
la gerarchia celeste é vaga in splen-
doribus sanctorum^ cioè degli an-
geli , apostoli , profeti , e martiri,
tutte stelle luminose,' benché una
differisca dall'altra come quelle del
cielo a noi visibile, così la gerar-
chia della Chiesa militante, benché
una per l'unità della fede» é di-
stinta nella varietà dei gradi e
ministri, nella varietà de' sacramen-
ti, e delle vesti a ciascun grado
deputate, e tutti come meniibri bel-
lissimi compongono un corpo, il di
cui capo é Cristo, onde consideran-
dosi tale unità da s. Bernardo, nel
lib. 3 De consideratione-^ cap. 4i
scrisse. » Atque corpus quod tibi
M ipse Paulus suo vero apostolico
*> figurans eloquio , et capiti con-
M vjenientissime aptans, totum ex
M eo compactum perhibet, et con-
» nexum per omnem juncturam
M subministrationis secundum o-
M perationem in mensuram unius
M cujusque membri argumentum
M corporis fàciens in aedificationem
M sui in charitate " ;e poi soggiun-
se nel medesimo libro: »> Mec vi-
M lem reputes formam hanc quia
» in terra est" perchè »> exemplar
» habet et ooelo ; ncque entin
GER
M fili US facere poterai quicquam
M nisì quae viderit Patrem faden-
9» lem y praesertìm cum ei sub
»> Moysi nomine dictum sit, vide,
9i omnia facies secundum exern^
M piar, quod libi in monte mon-
9» stratum est. Yiderat baec qui
99 dicebat. Viài civitatem sanctam
99 Hyerusalem descendentem de eoe-
99 lo a Deo paratam. Ego enim
99 proptersimiiitudinem dictum reor
M quod sicut illic seraphin, et che-
M rubin, et caeteri quique usque ad
M angelos, et archangelos ordinan-
99 tur ab uno capite Deo, ita hic
99 quoque sub uno summo Ponti-
99 flce primates, Tel patriarchae, ar-
9f chiepiscopi, episcopi, presbyteri,
>9 vel abbates, et i*eliqui in hunc
M roodum non est parui penden-
99 dum, quod et Deum habet au-
» ctorem, et de coelo ducit ori-
M ginem ".
La gerarchia ecclesiastica in ter-
ra rimirata solamente nella sua e-
sterna apparenza è oggetto sì su-
blime, che con grande studio ap-
pena si potrebbe spiegarne la sem-
plice descrizione di essa in molte
membra soggette ad un capo, a
cui ninno può paragonarsi ; e sì
pieno di misteri, che consideran-
dosi a parte qualunque cosa che
la costituisce, conviene che si con-
cluda essere tutta opera dell'arte-
fice supremo, alla quale lo splen-
dore e maestà di tutte le monar-
chie hanno ceduto il luogo, e se
per qualche tempo risplendettero,,
presto svanirono, dove che la ge-
rarchia ecclesiastica è un edifìzio
fondato supra petraniy come disse
Gesù Cristo al principe degli apo-
stoli e primo Pontefice s. Pietro,
e pietra stabile. Tutto saggiamen-
te spiegò il dotto Tommaso Sta-
pletonio, nelAi conclusione della
GER 73
sua opera sciatta sopra la dignità
e grandezza della romana Chiesa,
dicendo, m Et haec quidem vei*e
M admìranda de Romanae Eccle-
99 siae principatu compendio dixe-
*> rimus, quale . quantumque illius
M regnum sì prae reliquis mundi
M regnis, et imperiis sufficienter,
M cuique ob obulos posuerim, au-
99 rea. illa sint, argentea aenea fer-
99 rea, terrena tamen sunt, et ca-
99 duc4 omnia, ideoque suae po-
99 tentiae modum habentia , suis
*> conclusa limitibus suis tempo-
99 ribus definita; haec vero nostru
M ortus sui principium in Deum
M ipsum auctorem refert, ab eo
99 suscitatum super petram aedifi-
M catum, potestas divina, coelestis
M claves regnum coelorum soi*ti-
M ta, potestas aeterna, quae non
99 auferetur, et cujus regnum non
M corrumpetur , ventorum turbì-
f9 nesac tempestatum omnium pro-
M cellas immota exceptans. Lan-
H guescunt itaque alia illa omnia,
M sensimque deficiunt, regnum ve-
99 ro hoc regnum omnium saecu-
99 lorum est, et dominatus ejus in
99 omnì generatione et generatìo-
» nem. Nec mirum cum haec po-
99 testas ab ipso Christo, qui ascen-
M deus in coelum aperte profite-
M tur; sibi datam a Patre omnem
M in coelo, et in terra '\
S. Clemente discepolo del princi-
pe degli apostoli, e contemporaneo di
8. Ignazio, nella sua prima lettera ai
corintìani, parla sovente de' preti,
ma prepone loro quelli che gover-
navano la Chiesa; quindi nel prin-
cipio di detta epistola, che alcune
chiese annoverarono tra i libri ca-
nonici avanti il concìlio di Tren-
to, insegna che i cristiani debbono
vivci'e soggetti a'ioro superiori, e
onorare, i sacerdoti, come, ài convie-
74 GER
ne» ove si v^e la diflèrenza che
•gli fa tra i sacerdoti ed i vesco-
vi. Altrove il medesimo fa espres-
sa menzione di tre ordini della
gei*archia ecclesiastica, dicendo. *» 11
supremo sacerdote (Tertulliano chia-
ma il vescovo sommo sacerdote)
ha le proprte incumbenze , i sacer-
doti hanno il posto loro assegna-
to, e i leviti (in molti conci lii così
chiamaosi i diaconi) ancora hanno
il loro ministeix); ì laici devono
adempiere ai loro doveri. Ciascuno
di voi, fratelli, ringi-azi Dio dello
stato in cui fu posto, procurando
di conservare la propria coscienza
senza rimorso, e non si scosti dal-
la regola che seguir deve ". Non
poteva questo santo piii chiaramen-
te ^distinguere i tre ranghi dell'ec-
clesiastica gerarchia fra di loro, e
dal comune de' fedeli. Che se egli
si ierve di espressioni usate dai
giudei ellenisti, lo fa perché la Chie-
.sa cristiana imitò in tal punto la
sinagoga , nella quale Dio aveva
stabilito tre gradi di gerarchia fra
loro subordinati , sotto de'quali e-
rano i laici , cioè il comune degli
ebrei, che non avea parte nel mi-
nistero. Nella geraixhia degli ebrei
teneva il primo lUogo il sommo sa-
cerdote della famiglia, di Aron della
fnbii di Levi; nel secondo si nume-
ravano i sacerdoti inferiori della
medesima famiglia cui apparteneva-
no cinque funzioni ; nel terzo erano
quei ministri del tabernacolo chia-
mati leviti, custodi de' vasi saoii e
suppellettili pel divin culto, in-
caiicati pure di portare il taber-
nacolo^ non che di cantare le di-
vine lodi. Oltre V ordine de' le-
viti, vi era una classe di mini-
stri del genere de'gabaoniti , l' of-
iìzio de'quali era il somministra-
re le legua e i'aoqua per uso
GER
del tempio: si chiamavano Nati-
nei, e oon*ispondono quasi ai nosti i
oblati o donati. Si numeravano
anche altre persone applicate al
servizio divino, cioè i nazareni; ed
i scribi e farisei, t quali non era-
no ministri del tempio, ma Spie-
gavano la sacra Scrittura, ed inter-
pretavano la legge data da Dio a
Mosè. Pel solo sommo sacerdote, e
per gli altri sacerdoti inferiori Dìo
prescrisse le vesti sacre; i leviti l'eb-
bero più tardi d^ Salomone.
Fino dai primi secoli della Chie-
sa si trovano gli ecclesiastici ma-
gistrati distribuiti per le provìncie,
ad imitazione e somiglianza di quel-
li che pei romani vi esercitavano
la temporale giurisdizione. Impe-
rocché, siccome risiedeva in Roma
il capo dell'impero, cioè l'impera-
tore, così Dio volle che vi fondas-
se la sua sede il capo della Chie-
sa, il sommo Pontefice; e perchè
dopo Roma ninna città era slima-
ta nel mondo quanto Alessandria
in Egitto, e dopo questa, Antio-
chia nella Soria, il vescovo alessan-
drino ed il vescovo antiocheno fu-
rono detti patriarchi, perchè esige-
vano i primi onori dopo il vesco-
vo di Roma, vescovo della Chiesa
universale, ed avevano autorità
grandissima sopra gli altri vescovi
delle città di quelle provincie ; co-
me appunto l'avevano sui prefètti
delle medesime i proconsoli di quel-
le due metropoli. Tale istituzione
si attribuisce dal Papa s. Anacleto
agli apostoli , come si può vedere
al cap. Proidncias distin. 99. Così,
giusta la divisione del romano im-
pero fatta da Elio Adriano e da
Flavio Costantino imperatori, e
come Cesare faceva i prefetti del
pretorio, a cui soggiacevano i vi-
cari, ed ai vicari sid)oi'din9vansi i
GER
proconsoli, i presidi,! correttori ed
i prefetti, che a minori città coman*
davano ; così nella stessa guisa il ro-
mano Pontefice ed i patriarchi crea*
fano i primati a'quali per ordine
di gerai*chia subordinavansi i meti*o-
politani, essendo tale in quei tem-
pi il titolo che davasi a que' pre-
lati, che ora diconsi arcivescovi. Vi
furono pure gli esarchi che presie-
devano a molte provincie, i quali
erano superiori ai metropolitani o
aii:ivescovi, inferiori ai patriarchi ,
essendo corrispondente la loro di-
gnità a quella dei primati. A schia-
rimento di questo articolo, sono a
Tedem tutti quelli dei nominati ed
alti*i gradi gerarchici. 11 patriarca di
Costantinopoli ebbe orìgine piii tar-
di , sebbene a cagione della città
ìmpet*iale volle prendei*e la pt*ima-
zia ai patriarchi alessandrino ed
antiocheno, ciò che per più se*
coli gli contrastarono i Papi; il
patriarcato di Gerusalemme fu i-
stituito nel quinto secolo, e ne' se-
coli posteriori gli altri patriarchi
orientalr,ed i latini di Venezia, del-
le Indie occidentali e di Lisbona.
In conclusione,* quando la religio-
ne cristiana fu ricevuta nell'impe-
ro, e ch'ej^be la libertà del suo
culto, spiegò una gerarchia di giu-
risdizione simile a quella del go-
'verno civile. I governatori delle
città erano subordinati a quelli del-
le Provincie ; questi . ultimi dipen-
devano da altri officiali superiori
che comandavano a molte provin-
cie. Tutta simile di questa gerar-
chia civile, i vescovi delle capitali
delle Provincie diventarono metro-
politani, quelli delle prime città
diventarono patriardii, al modo
: detto ) e COSI stabilissi l'ordine di
superìorita dal metropolitano al ve-
moyo, e dal patriai'ca al inetiopo*
GER 75
titano. L'influenza del patriaix^a e
del metrapolitano non diventò im-
portante , o per meglio dire non si
estese ed ingrandì l'esercizio della
giurisdizione e potere, se non quan-
do cessò il fi^equente uso de' conci-
lii provinciali o nazionali.
Ma i romani Pontefici sino dal-
la loro divina istituzione furono
sempre, e sono tuttora gli augusti
e venerandi capi della gerarchia
ecclesiastica, sia d'ordine che di
giurisdizione. Nello stato attuale
della gerarchia di giurisdizione, i
suoi gradi sono dal vescovo al me-
tropolitano, dal metropolitano al
piimate, quando il metropolitano
ne riconosce uno, e dal primate
al Papa, dappoiché gli antichi pa-
ti'iarchi di giurisdizione, cioè di Co-
stantinopoli, di Alessandria, di An-
tiochia e di Gerusalemme che ave-
vano il patriarchio in Roma pres-
so le patriarcali basiliche di san
Pieti'O , di s. Paolo , di s. Maria
Maggiore e di s. Lorenzo fuori le
mura di Roma, da molti secoli più
non esistono. Vi sono tali patriar-
chi soltanto titolari e di onore, in
partibus , questi ed i sunnominati
patriarchi orientali e latini sono
nominati dal sommo Pontefice, che
gerarca dei gerarchi crea tutti i
vescovi del mondo cattolico. Nella
cappella pontificia i patiìarcbi di
giurisdizione e di onore prendono
luogo a capo degli stalli degli arci-
vescovi e vescovi assistenti al soglio
pontificio, e sostengono al Papa il
libro e la candela col capo sco-
perto: lo tiene coperto il solo pa^
triarca' orientale di Antiochia dei
siri, peixhé secondo il suo rito, è
anzi segno di rispetto, come lo è
tra altri orientali. Va notato che
i patriarchi di giurisdizione prece*»
dono niituralmente quelli di titolo.
76 GER
11 magnifico spettacolo della gerar-
chia ecclesiastica riunita, col supre-
mo suo gerarca, il sommo Ponte-
fice, non si può vedere che nel-
l'alma Roma , centro della mede-
sima gerarchia e del cristianesimo,
e ben lo espresse il dotto Papa
Pio II, con quelle gravi parole che
riportammo nel volume Vili, p.
1 25 del Dizionario, Ivi nelle sagre
funzioni si ammira in tutta la magni-
ficenza la gerarchia , con pompa
splendida, decorosa ed ecclesiastica,
per maggior esaltazione della glo«
ria di Gesù Cristo e della sua Chie-
sa. Il p. Filippo Bonanni gesuita
nel 1720 pubblicò in Roma la dot-
ta opera intitolata: La gerarchia
ecclesiastica considerala nelle vesti
^acre e civili^ usate da quelli i qua-
li la compongono f espresse, e spìe-
gate con le immàgini di ciascun
grado della medesima. Parlando
nel proemio della gerarchia eccle-
siastica, conchiude così. >> Siccome la
maestà e la bellezza della gerar-
chia celeste a noi si addita nella
preziosità delle gemme, nei colo-
ri delle pietre, nella preziosità del-
le vesti varie , nell' oro e nell' ar-
gento , come dottamente significò
s. Dionigi r Areopagita nel ■ libro
ddla celeste gerarchia^ cos\ dispose
Iddio, che la gerarchia militante
apparisse ornata con veste di vari
colori, e intessute con oro, arricchite
di gemme, con le quali assistessero
alle sacre funzioni i ministri degli
altari del cristianesimo, acciocché
da tali pompose ed esterne appa-
renze si arguisse dall' umano inten-
dimento la sublime dignità .di cia-
scuno, e si deducessei*o Ji diversi
profondi misteri nascosti nella di
lui. infinita sapienza nell'uso delle
medesime". Oltre quanto si dice ai
loAX) articoli su tutti grindumenti
GER
ed ornamenti delle dignità eccle-
siastiche, si possono leggere, Digni-
tà', Colori ecclesiastici ', Gemma,
e Vesti sacre.
Stimo a proposito riportare qui
un brano del mio proemio, che posi
in fronte all'edizione a parte, che
feci delle mie Cappelle pontificie,
cardinalizie e prelatizie^ tratte da^
gli articoli di questo mio DizionOr
rio; edizione che dedicai al cardi-
nal Bartolomeo' Pacca , decano ed
ornamento del sacro collegio: *> £i*a
ben giusto che le saa*e funzioni
celebrate dal supremo Gerarca, dai
cardinali della santa Romana Chie-
sa, e dalla prelatura della Sede a-
postolica fossero accompagnate da
ecclesiastica gravità, iqagnificenza e
corrispondenti cerimonie; acciocché
ove ha sede il venerabile capo del-
la Chiesa risplendesse vieppiù Te-
sterna espressione del culto religio-
so che si deve alla Divinità, e ve-
nisse meglio ravvivata la fede ne-
gli assistenti. Il complesso adunque
de' riti e delle cerimonie piene dei
più belli e misteiMOsi significali ,
rende in certo modo visibile la san-
ta religione di Cristo , riempie
Tanitno di pietà e religiosa com-
mozione, e lo eleva soavemente al
cielo: mentre il corteggio imponen-
te del sovrano . Pontefice, si fa di-
stinguere per un misto di sacerdo-
tale, di regio, di principesco e di
sacro, che ispira maestà e insieme
venerazione ; tutto essendo augusto
e grande per l'intervento del sacro
collegio, della prelatura e della cu-
ria romana, corte e famiglia pon-
tificia, ricoperti delle insegne della
loro dignità e^iado; e però. in ri-
guardo alla meravigliosa graduazio-
ne ed oi*dine, sembra una vera
immagine della celeste Gerarchia".
Uoa parte ddl^ppera .con figure
dèi lodato ' p. Bonanni , con varie
notizie tratte dal cav. Lunadoro,
nella Relazione della corte di Ro-
ma, fu pubblicata nel 1828 in Ma-
cerata dall'abbate Vittore Falaschi,
senza critica e con questo titolo:
La gerarchia ecclesiastica ^ e la
famiglia pontificia» Nei primi del
secolo decorso e nell'anno 1708
Carlo Bartolomeo Piazza pubblicò
in Roma la dotta opei*a intitolata:
La gerarchia cardinalizia, in cui
dichiarando l'antica dignità , disci-
plina e maestà della Chiesa roma-
na e militante, trattò della mistica
gerarchia, dell'eccellenza e sublimi-
tà del cardinalato^ ne' tre gradi dei
cardinali vescovi suburbicari ch'egli
paragona all'ordine de' serafini ; dei
cardinali preti rappresentanti l'or-
dine de' cherubini; e del tei*zp gra-
do de' cardinali diaconi , che nel
Joro ministero assomiglia ai troni
spiriti angelici, de' quali tutti è ca-
po, sommo sacerdote e supremo ge-
i*arca il romano Pontefice; conchiu-
^endo^ che dalla celeste e trion-
fante gerarchia ha preso il modello
la Chiesa militante. Divide egli i
J30ve gradi della gerarchia celeste
negli angeli, ai*cangeli, virtii, tro-
ni, principati, podestà, dominazioni,
cherubini e serafini; quelli della
gerarchia ecclesiastica, nei cardina-
li, patriarchi, metropolitani o arci-
vescovi, abbati mitrati, arcipreti,
arcidiaconi, archimandriti, preposti,
-priori, vicari , ed altre suboixlinate
dignità.
Sulla gerarchia ecclesiastica tra
gli altri scrissero: Francesco Hal-
lier. De Hierarchia ecclesiastica,
Lutetiae Parisiorum i656. Gatto-
Jae, De ecclesiasticae Hierarchiae
originibus dissertatio, Mutinae 1 708.
JSficolao, Quaestio IF, De Hierar-
chia Eccksiae mililantìs, Nespoli
GER 77
1690. Luigi Cellot ^ De Hierar^
chia et hierarchis , Rouen 174I)
opera che i suoi biografi dicono
contenere proposizioni non giuste.
11 Lunadoro dell'edizione del 1646,
nel suo libro della Relazione del'
la corte di Roma, a pag. 241 e seg.
tratta dell'orarne deUe precedenze
de^i ecclesiastici, in questo modo.
Monsignor governatore di Roma,
monsignor uditore della camera,
monsignor tesoriere generale, mon-
signor maggiordomo, poi i mon-
signori patriarchi, cioè prima quel-
lo di Costantinopoli, poi quello di
Alessandria, indi quello d'Antio-
chia, quindi quello di Gerusalem*
me. Dopo di questi antichi registra
i patriarchi meno antichi , come
d' Aquileia, Venezia, e delle Indie;
appresso gli arcivescovi e i vescovi
che tra loro precedono per anzia-
nità di promozione, ciò che non
si pratica coi quatti*o antichi pa-
triarchi, dovendosi rispettare l'or-
dine gerarchico cui furono scritti.
Dopo vengono i protonotari par-
tecipanti, gli uditori di vota, i chie-
rici di camera, i referendari, i pro-
tonotari, i quali, se fatti dal Papa,
precedono quelli fatti dai cardi-
nali legati : questi protonotari fuo-
ri di Roma allora incedevano in
abito paonazzo col rocchetto, ma
in Roma con abito nero e senza
rocchetto. Tutti i prelati che por-
tano rocchetto, soggiunge il mede-
simo Lunadoro ( giacche prima non
era così comune quale al presente
Tuso del rocchetto), precedono gli
ambasciatori di Malta, di Bologna
e di Ferrara ; come anche prece-
dono detti ambasciatori gli udito-
ri di rota, i chierici di camera:
il maesti*o di camera del Papa
precede a tutti i prelati, che non
portano rocchetto; i genei*ali degli
78 GER
ordini religiosi precedono i relSs-
rendari; rambascìatore dell' impe'
latore precede il senatore di Ra-
ma; il senatore precede a tutti gli
nitrì ambasciatone cioè di Spagna,
Francia, e gli altri. Ordine della
precedenza dei re cavato dal cerì*
rooniale di Papa Giulio li fatto
Tanno i5o4. L'imperatore, il re
de' romani, il re di Francia, il re
di Spagna, il re d'Aragona, il re
di Portogallo, il re d' Inghilterra,
il re di Sicilia, il re d'Ungherìa,
il re di Cipro, il re di Boemia,
il re di Polonia, il i*e di Dacia.
Tra i migliori trattatisti di questo
grave argomento , vi è il gesuita
Andrea Girolamo Andreucci, Hie^
rarchìa eccleiiastica in varias suas
paries distributa et canonico'theo"
logice exposiuZf Romae 1766, typis
et sumptibus Generosi Salomoni^
in due tomi. Nel primo tratta,
I. de episcopo titularì; 2. de pro>
tonotariis pai*tecipantibus ; 3. de
epìscopis cai'dinalibus suburbicariis;
4^ de cardinali regulari professo
ex ordine militari s. Joannis Jero*
solymitani; 5. de vicario apostoli-
00 ; 6. de vicanis bastlicarum ur-
bis; 7. de triplici vicario, genera*
li , capitolari , et foraneo ; 8. de
episcopi officio, et potestate: 9. de
observandis ab episcopo in authen-
ticandis reliquiis; io. de tuenda
pace, et concordia inter episcopum
et capitulum. Nel tomo secondò
tratta: i. de patrìai'chis in gene*
re, et in specie de patrìarcfaatu
antiocheno ; ) ai de cardinalibus in
genei^; 3. de rito ambrosiano;
4* de patrimonio ad sacros ordi*
nes Irypothecae generalis subjeofo;
5. de matrimonio conscientiae ; &
de privilegio aliquorum canonico*
inim, quo possunt abesse a dioro,
et lucrarì fruct^is; 7. de praecepto
GER
invocandi sanctos^ an sit, et quale;
8. de re(|uisitis , et non requisì tis
ad lucrandas indulgentias; 9. ap-
pendix apologetica ad praeoedens
opusculum; io. de unione benefi*"
ciorum. Il celebre cardinal Gerdil
ci diede: Opuscula ad Hierarchiam
ecdesiae constitutionem speciantia.
Parmae 1789.
GERABDI o GERAUDI Pibtro,
Cardinale, Pietro Gerardi o Gè-
raudt o Girard nacque nel castel-
lo di s. Sinforiano nella diocesi di
Lione, licenziato in jus canonico,
arcidiacono di Boui^ , canonico
di Autun e preposto di Mamgiia,
nel 1877 Gregorio XI lo fece chie-
rico di camera, indi lo spedi nelle
Fiandra a Guglielmo visconte di
Turrena, e poi lo pi*oroosse a ve-
scovo di Lodeve^ dò che altri pro-
traggono dopo il i38a per opera
dell' antipapa Clemente VII. Q"^*
sti inoltra lo nominò vescovo di
Puy nel 1 384 9 ^ poi lo trasferì
alla mitra d'Avignone nel i386,e
nel 1 390 io creò cardinale, col ti-
tolo di 8. Pietro in Vincoli ovvero
di s. Clemente, e penitenziera mag-
giore. L'altro antipapa Benedetto
XIII lo dichiarò vescovo tusculano,
divenendo nel i4o3 arcidiacono di
Bouen. Abbandonato quel falso
Pontefice, nel 14^9 si recò al con-
cilio di Pisa, ove per la pace del-
la Chiesa fu ammesso tra i cardi-
nali, e concorse all' elesione di A*
lessandro V , il quale lo riconobbe
per vero cardinale e per peniten-
ciere maggiore, carica che esercitò
pure sotto Giovanni XXIII, dopo
essere intervenuto ai di lui comizi.
Provveduto di trentadue priorati
per sostenei^e con decoro la sua di-
gnità, morì in Avignone dopo ìt
i4i7> ed ebbe temporanea sepol-
lura nella oat^drale, o nella ehie*
GER
sa di 9. Maria de' Doni, donde fd
trasferito nella chiesa di s. Sinfo'*
riano a tenore di sua disposizione,
nei sepdoro che vivendo erasi co*
struito.
GERARDO (s.), abbate di Bro-
gne. Nacque nella contea di Na-
mur, ed era prossimo parente di
Aganone duca della bassa Austra*
sia^ il quale gli diede un onorevole
grado nelle truppe di Berengario
conte di Namur. Si dimostrò sem*
pre afiabile, cortese , generoso coi
poveri, amante dell orazione. Fece
edificare una chiesa a Brogne nel
g 1 8, e vi mise de' canonici per uf*
fiziarla. Il conte di Namur avendo
esperimentata la sua capacità in
vari impieghi, lo mandò alla òor*>
te di Francia per. trattarvi un af-
tàre importante. A Parigi visitan-
do l'abbazia di s. Dionigi, restò
tanto edificato del fervore di quei
monaci, che ottenutane licenza^ dal
suo sovrano, e regolati i propri af"
lari, pregò d'esservi ammesso. Nel
suo noviziato praticò la mortifica-
zione per morire interamente a sé
stesso, e dopo la professione perfe-
zionò ognor pili le sue virtù. G)n
paziènza ed assiduità ricominciò gli
studi, e cinqu'anni appresso fu con-
sagrato prete ; ma dovettero i suoi
supei'iori far uso della loro auto-
rità per persuadervelo, stimandose-
ne indegno. Nel gSi, dieci anni
dopo il suo ritiro, fu mandato dal
suo abbate a fondare un'abbazia
nella di lui terra di Brogne. Com-
piuta questa fabbrica si rinchiuse
In una piccola cella, edificata pres-
so la chiesa , per vivervi ritirato
nella pi^eghiera. Venne tratto poi
di colà per mettere la riforma nel-
la casa dei canonici regolari di s.
Gisleno. Quindi gli fu data T ispe-
zione generale sopra tutte le abba«
GER 79
zie di Firindra, e vi rimise la di-
sciplina. Altri roonisteri di Lorena,
di Sciampagna e di Picardia ab-
bracciarono la sua riforma, di ma-
niera che egli è onorato come il
ristauratore dell'ordine di s. Bene-
detto. Mori a Brogne a' 3 d'otto-
bre del ^Sg, al qual giorno è no-
minato nel martirologio romano e
in parecchi altri. Conservasi anco-
ra il suo corpo nella chiesa di Bro«
gne che porta il suo nome.
GERARDO (s.), vescovo di Toni.
Nato a Colonia da nobili genitori
che l'educarono nella vìrtti, entrò
fra' chierici che uffiziavano qnella
cattedrale, e che seguivano la i^^
gola dei canonici regolari. Ebbe ivi
r impiego di celleraio, clie disim-
pegno con molta saggezza; e fu as*
sai stimato alla corte dell' impe-
ratore. Nel 963 venne eletto ve-
scovo di Toul, dignità che accettò
per obbedire a' suoi superiori, e
che esercitò santamente. Fece rie^
dtficare la cattedrale di Toul, e la
arricchì magnificamente; il moni-
stero di 8. Apro, quello fondato
da s. Gauslino suo predecessore, e
quello di s. Martino fabbi*icato so-
pra la Mosa, provarono gli eflfelti
della sua liberalità. Fondò in Toul
uno spedale e la chiesa di s. Gan-
gulfo; trasse nella sua diocesi dei
monaci greci e scozzesi di molto
sapere e vìrtti , i quali aprirono
delle scuole che produssero degli
uotnini grandi; protesse gli studi,
e fi3ce fiorire la religione e la pie-
tà. Nel 981 andò a Roma in pel-
legrinaggio, e al suo ritorno trovò
la sua diocesi travagliata dalla fa-
me e dalla peste. Egli consumò i
propri fondi per soccorrere gl'in-
felici, e provvide paternamente ai
bisogni sì spirituali che corporali
del suo gregge. In mezzo a tante
8o GER
occupaziotii non trascurò gli eser-
cizi della vita contemplativa, e ma-
cerò il suo corpo con segrete au-
sterità. Morì a' 23 aprile del 994»
e s. Leone IX lo canonizzò in un
concilio tenuto a Roma nel io5o.
Questo santo Pontefice, ch'era sta-
to vescovo di Toul, essendosi ivi
recato nello stesso anno, fece dis-
sotterrare il corpo di s. Gerardo,
e deporlo in un'urna il dì 3o
d'ottobre. La sua festività è fissa-
ta a' 28 d'aprile.
GERARDO Sagredo (s.). Usci-
to dalla nobile famiglia venezia-
na di questo nome, circa il prin-
cipio deirundecimo secolo, abbrac-
ciò lo stato monastico. Partì col-
la licenza de' suoi superiori per
andare in Gerusalemme a visita-
re il santo sepola^o; ma passan-
do per l'Ungheria, il re santo Ste-
fano , conosciutane la santità , lo
trattenne acciò secolui si adope-
rasse a spegnere l'idolatria fra gli
ungheresi. Gerardo non volendo
abitare in corte , si fabbricò un
piccolo romitaggio a Beel, ove pas-
sò sett'anni nel digiuno e nell'o-
razione, con un compagno noma-
to Mauro; quindi contro sua vo-
glia fu eletto vescovo di Chonad.
Gran parte de' suoi diocesani gia-
cevano nelle tenebre della supersti-
zione, e quelli che pure aveano il
nome di cristiani erano rozzi e fero-
ci. Gol suo instancabile zelo^ colla
pazienza e dolcezza trasse gli uni
dall'errore, indirizzò gli altri alla
perfezione. àScorse la sua diocesi
predicando la divina parola, met-
tendo ovunque in vigore .la più
stretta disciplina, fabbricando chie-
se, facendo saggi regolamenti. Do-
po aver passato il giorno nelle fa-
tiche dell'apostolato, spendea la
maggior parte della notte in ora-
GER
zione, in opere penose e dimesse^
o nel servire i poveri, curando
perfino i leprosi nella propria ca-
mera ; mentile rigido con se stesso
portava indosso un duro cilicio, cui
soprapponeva un ruvido vestito;
Dopo la morte del re s. Sterno,
soggiacque Gerardo a dure perse-
cuzioni, nelle vicende che agitaro-
no quei regno. Finalmente avendo
saputo che Andrea figlio di Ladi-
slao e germano cugino di s. Ster-
no, aveva accettata la corona a
condizione che ristabilirebbe l'ido-
latria, -si diresse con altri tre ve-
scovi ad Alba Reale per indur-
re il nuovo re a rinunziare alla
sagrilega promessa; ma mentre. sta-
vano per passare il Danubio tra
Buda e Colocza una masnada di
sicari diretta dal duca Vata, fiero
partigiano dell'idolatria, li assalì a
colpi di pietre. Gerardo fu tratto dal
suo carro, trascinato per terra, lapi-
dato ed ucciso da un colpo di lan-
cia che gli trapassò il corpo; al-
tri due vescovi, . Bezterdo e Fuldo,
furono compagni del suo martirio;
il quarto, ch'era il vescovo di Be-
neta, fu liberato dal nuovo re che
sopraggiunse, il quale poi si di-
chiarò contro il paganesimo e re-
gnò con molta glotia. Il corpo di
s. Gerardo fu sepolto in una chie-
sa ivi appresso, e poscia traspor-
tato a Chonad. In seguito essen-
do stato dichiarato màrtire dal
Papa, le sue reliquie furono rin-
chiuse in un'urna, sotto il regno
di Ladislao; indi i veneziani le ot-
tennero dal re d' Ungheria dopo
molte istanze, e solennemente tras-
portatele nella loro città, le depo-
sero nella chiesa di s. Maria As-
sunta e s. Donato nell' isola di
Murano. Nella chiesa di s. Fran-
cesco alla Vigna evvi una cappel-
GER
la dedicata a san Gerardo Sa-
gredo , OTC si . venera la reli-
quia del di lui femore: in que-
ta chiesa la nobile famiglia Sa-
gredo concorre | ogni anno a ce-
lebrare la festa del suo santo
congiunto^ eh' è assegnata a' 24
settembre, giorno in cui nell'anno
1046 o 1048 avvenne la gloriosa
sua morte. Egli è onorato nel mar-
tirologio romano del titolo di a-
postolo dell'Ungheria, e fu il pri-
mo che illustrò col martirio Ve-
nezia sua patria.
GERARDO (s.), primo abbate
di Selvamaggiore. Nato a Gorbia
in Picardia neli' undecimo secolo,
ed educato in quel monistero dai
religiosi di s. Benedetto , n' ebbe ,
giovane ancora, la carica di procu-
ratore. Guarito da una lunga malat-
tia, circa il 1060 fece il pellegrinag-
gio di Terra Santa, e fu nominato
abbate del monistero di S.Vincenzo
di Laon, da dove ritirossi in quello
di s. Medardo di Soissons, sotto la
disciplina deìT abbate s. Arnoldo.
Avendo questo santo rinunziato la
carica, gli successe Gerardo , che
però fu presto scacciato dalla vio-
lenza di un falso monaco chiama-
to Ponzio. Egli allora andò a sta-
bilirsi a sei leghe circa da Bor-
deaux, in un luogo detto Selva-
maggiore; ivi ricevette diversi di-
scepoli sotto la regola di s. Bene-
detto, e visse santamente negli e-
sei'cìzi di carità e di penitenza.
Morì a* 5 d'aprile lOgS, e fu ca-
nonizzato da Papa Celestino III nel
1 1 97. La sua festa è assegnata il
giorno 5 d'aprile.
GERARDO, Cardinale. Gerardo
fu creato cardinale prete del titolo
di s. Prisca da Pasquale II del 1099:
il Ciacconio lo pose fra gli elet-
tori del successore Gelasio II.
VOL. XXIX.
GER 81
GERARDO, Cardinale. Gerar-
do fu creato prete cardinale del
titolo di s. Pudenziana nel marzo
1 1 54 da Adriano IV, il quale poi
nel 1 1 55 lo mandò legato col car-
dinal Jacopo de' ss. Gio. e Paolo j
all'imperatore Federico I.
GERARDO, Cardinale. Gerar-
do diacono cardinale di s. Lucia
in Septisolio, creato da Calisto II
nel 1 1 1 9; sottoscrìsse con altri ven-
tisette cardinali una bolla di detto
Papa, diretta al vescovo di Geno-
va , il qual Pontefice lo trasfei^
neir ordine de' cardinali preti col
titolo delle ss. Aquila e Prisca; in-
di intervenne all'eiezione di Ono-
rio II nel 1124*
GERARDO, Cardinale. Gerar-
do nel concilio di Pisa fu da In-
nocenzo II nei 1 1 34 creato car-
dinale diacono, con la diaconia di
s. Maria in Domnica. Sottoscrisse
varie bolle d' Innocenzo II, di Ce-
lestino II, e di Lucio II; dopo es-
sere intervenuto ai comizi dei due
ultimi, mori nel 1 1 45.
GERARDO Maffeo, Cardinale.
Maffeo Gerardo nacque in Vene-
zia, ove professò la regola mona-
stica de' camaldolesi, nel moniste-
ro di s. Michele di Murano, nel
quale divenne dotto, pio, e mor
dello perfetto di tutte le vìrtti. fi-
letto prima abbate del monistero^
e poi generale della sua congrega-
zione, venne nel 1466 dal veneto
Paolo II promosso alla dignità di
patriarca di Venezia. Innocenzo Vili
a' 9 marzo 1489 in Roma, ben-
ché Maffeo assente, lo creò segre-
tamente cardinale prete, col titolo
de' santi Nereo ed Achilleo, senza
pubblicarlo. Morto a' 26 luglio
1492 il Papa, in virtti d'una di
lui bolla letta e notificata a tutti
dal sacro collegio, fu riconosciuto
6
i8i GER
per cardinale ; ed invitato al con-
clave in cui rimase' eletto Àlessan-
dix>YI, vi fu ricevuto coi soliti ono-
ri. Dopo il conclave, mentre il car*
dinaie ritornava in Venezia , morì
piamente in Terni nello stesso an»
no 149^9 nell'età di ottantadue
anni, sebbene il Muratori nell'e-
lenco de' patriarchi di Venezia lo
dice morto in Foligno; e traspor-
tato a Venezia il suo cadavere eb-
be sepoltura nella chiesa patriar-
cale di s. Pietro con breve iscri-
zione. Diversi gravi scrittori smen-
tirono quanto contro di lui disse
il mordace Garimbei^ti nelle Vite
de* Papi e cardinali»
CERASA. Sede vescovile nella
seconda provìncia di Arabia, nel
patriarcato di Gerusalemme, sotto
la metropoli di Bostra, fu eretta
nel quinto secolo. Questa città del-
la Celisiria fu una delle quattor-
dici principali di quella regione,
ed era il confine del paese de' ca-
nanei, essendo posta su di un colle
alle sponde orientali del mare di
Galilea. Secondo il Terzi 5 Siria
sacra p. 107, fu edificata da Ger-
geseo quintogenito di Canaan, laon-
de gli abitanti furono detti gerge-
sei, eh' espulsi da Giosuè fu data
alla tribù di Manasse, e crebbe
tanto, che Teodoro tiranno della
provincia vi rìpose i suoi tesori ,
come a luogo sicuro. Ma superata
da Alessandro re di Giuda, fu ag-
giunta al suo regno. Gesù Cristo
la santificò di sua presenza, e vi
libei*ò due ossessi. Avanti l'estremo
eccìdio di Gerusalemme, gli ebrei
Irovinarono Gerasa perchè non ser-
Irisse di ritirata ai romani; e re»
8taui*ata dai geraseni, questi genero-
samente ricettarono gli ebrei scam-
pati da Gerusalemme, quindi fu
devastata da L. Annro. Quando
GER
Goffredo passò in Palestina, Bolde-
quin re di Damasco ridusse la
parte superiore della città a mu-
nitissima rocca, con doppio ordine
di mura, ma il valore di Baldovi-
no la spianò dai fondamenti. Fu
patria di Aristone celebre oratore,
di Cerico sofista, di Nicomaco mu-
sico, e di Simone famoso capo dei
ladroni, condotto da Tito in Roma
nel suo trionfo. In quanto ai ve-
scovi di Gerasa, Gerasen^ è un ti-
tolo vescovile in partibus che con-
ferisce la santa Sede, dipendente
dall'arcivescovato pure in partibus
di Bostra. Lo fu monsignor Giu-
seppe Antonio Lodzinski, cui Leo-
ne XII nel concistoro de' i5 di-
cembre 1828 die in successore il
vivente monsignor Lorenzo Gut-
kowskì della diocesi di Plosko, at-
tuai suffraganeo di quel vescovo.
GERASIMO (s.). Abbracciò lo
stato monastico nella Licia, di cui
era oriundo, poi ritirassi in Pale-
stina verso la metà del quinto se-
colo, allorché vi si cominciavano a
spargere gli erroii di Eutiche, e
sventuratamente vi cadde anch' e-
gli; ma si rimise in seguito sulla
retta via pei consigli dj s. Euti-
mio, ed espiò il suo errore colla
più rigorosa penitenza. Fece fab-
bricare ad un quarto di lega .dal
Gioi*dano un vasto eremo con set-
tanta celle per altrettanti solitari ,
e nel mezzo dell'eremo un moni-
stero per i cenobiti. I solitari era-
no obbligati al più rigoroso silen-
zio, non mangiavano che pane e
datteri, né bevevano che acqua,
eccettuati il sabato e la domenica,
in cui recavansi alla chiesa per
partecipare a' divini mi stetti, e po-
tevano mangiare in comune qual-
che cibo cotto, e bere un po' di
vino. Tutta la loro suppellettile
GER
consisteva in una brooca d'acquo,
una stuoia per coricarsi, e una me-
schina coperta. Gerasimo spingeva
anche più oltre la sua astinenza,
e s. Eutimio avea tanta venerazio-
ne per lui, che gli dirigeva quelli
tra i suoi discepoli che volea met-
tere in una eccellente scuola di
virtù. Morì a' 5 di marzo del 47 ^>
ed è menzionato in questo giorno
nel martirologio romano.
GERDIL Giacinto Sigismoivbo,
Cardinale . Giacinto Sigismondo
Gerdil nacque in Samoen diocesi
di Ginevra , nella Savoia, a' 23
giugno 1718. La sua famiglia com-
mendabile per onestà, virtù mo-
rali e religiose, era di mediocre
condizione, essendo il di lui padre
notaio. La sua educazione fu ac-
curata^ e fece i primi suoi studi
a Bonneville, indi li compì ne'col-
legi de' barnabiti di Thonon e di
Annecy. La sua molta applicazio-
ne, la grande perspicacia, la sua
felice memoria, e principalmente
l'eminente sua pietà e purità di
costumi, determinarono ben volen*
tieri i barnabiti ad accettarlo nel-
la loro congregazione. Dopo le pro-
ve del noviziato andò a studiare
in Bologna la teologia, e le lin-
gue antiche e moderne^ laonde si
perfezionò nella greca, nella latina,
nella francese, e nell'italiana per
la quale gli die lezione il celebre
p. Gorticelli membro dell'accade-
mia della Crusca; riuscì quindi a
parlare e a scrivere in tali lingue
con purezza, facilità ed eleganza.
Indefesso nel lavoro, con una suf-
ficiente salute, ed animato dal più
vivo ardore di sapere, divenne pro-
fondo nelle discipline filosofiche,
matematiche, fisiche, teologiche, e
storiche; e sopra materie così dif-
ferenti scrisse diverse opere, che
GER 83
gli meritarono i suffragi del pub«
blico, l'approvazione de' dotti, ed
un nome immortale. Quantunque
pei* amore alla solitudine ed allo
studio vivesse ritirato, nondimeno
fu conosciuto e stimato dai più
valenti scienziati dell'istituto di Bo-
logna, ed i suoi talenti furono co^
là grandemente apprezzati dal car-
dinal Lam ber tini arcivescovo, poi
Benedetto XIV. Questi l'incoraggi
nella letteraria spinosa carriera^
e si valse di sua penna per tra-
durre dal francese in latino alcu-
ni scritti sopra i miracoli, i quali
dovevano far parte della sua bel-
la opera. Della bealificazione e ca*
nonizzazione dtsand. Nel 1737 i
superiori della congregazione ondei
produrlo, avendo egli allora diecioove
anni, lo mandarono a Macerata per
insegnare la filosofia, non nella uni-^
versità come alcuno scrisse, perché
i barnabiti solo nel 1801 incomin-
ciarono a farne ^ parte, ma bensì
ai giovani allievi della medesima
congregazione nel collegio di san
Paolo. Dopo di ciò fu destinato
subito dopo a Casale, dove unì al-
l' uffìzio di professore, quello di
prefetto del collegio, impieghi che
disimpegnò come avrebbe fatto un
uomo di consumata sperienza. In
quel soggiorno alcune tesi che de-
dicò al duca di Savoia, e due o-
pere di metafisica che pubblicò
contro Locke, attirata avendo su
di lui l'attenzione della real cor-
te di Torino, gli fruttarono nel
1 749 la cattedra di filosofia nel-
r università della città, e cinque
anni dopo quella della teologia
morale. Intanto la sua reputazio-
ne saggia, e gli scritti solidi fatti in
favore della religione gli procac-
ciarono gli encomi di Benedetto
XI Vj e lo fecero chiamare dall' ar-
84 GER
civescovo di Torino a far parte
del consiglio di coscienza, maitre
la sua congregazione lo elesse pro-
vinciale de' collegi di Savoia e del
Piemonte, incarico che disimpegnò
con tanta prudenza e moderazio-
ne, che si pensò dai suoi confra-
telli di eleggerlo generale. Men-
tre egli rifiutava tal dignità, il re
di Sardegna Carlo Emanuele IH,
ad insinuazione di Benedetto XIV,
lo scelse ad istruire il suo nipote
principe del Piemonte e poi piissi-
mo re col nome di Carlo Ema-
nuele IV. GerdiI andò alla cor-
te, ed ivi visse come prima ritirato
e modesto, e tutto dato alle cure
del suo augusto e degno discepolo,
impiegando il resto del tempo nel-
la composizione di opere utili alla
i*eligione o ai progressi delie scìen-
ze. La corte di Torino compensò
le attenzioni del p. GerdiI con
ricca abbazia; ma egli usò delle
rendite di tal benefizio titolare,
come quello che ben conosceva la
destinazione de' beni ecclesiastici ,
profittando dello stretto necessario,
e impiegando il resto i« opere
buone, e in sollievo de' parenti, pei
quali non sollecitò né impieghi, né
pensioni. Clemente XIV ammira-
tore degli alti suoi mei'iti, nel con-
cistoro de' 26 aprile 1778 lo creò
cardinale riserbandolo in petto, solo
indicandolo nell'allocuzione al sacro
collegio, con le parole : notus orbiy
vix notus urbi. La morte del Papa
He impedì la pubblicazione, insie-
me a nove altri riserbati in pe-
ctore. Il successore Pio VI tratto
dalla &ma del p. GerdiI, ad in-
sinuazione del cardinal delle Lan-
tA io chiamò in Roma, lo fece
consultore del 8. offizio, e ve-
scovo di Dibona in parlibus\ indi
a' 23 giugno 1777 ^^ ci'eò cardi-
GER
naie dell'ordine de' preti, e nel
concistoro de' 1 5 dicembre lo pub-
blicò, conferendogli poi per titolo
la chiesa di s. Cecilia. Inoltre suc-
cessivamente lo annoverò alle con-
gregazioni cai*dinalizie del s. offi-
cio, del concilio, dell'esame de' ve-
scovi, della disciplina regolare, del-
la correzione de' libri della chiesa
orientale^ e di propaganda fide^
della quale lo fece prefetto gene-
rale nel 1 795. Gli concesse anche
le protettorie del collegio ecclesia-
stico a Ponte Sisto, della chiesa
del ss. Sudario de' savoiardi, del
monistero di s. Cecilia, dell'acca-
demia teologica, del collegio dei
maroniti, dell'università de' librari
in s. Barbara, e di s. Omobono
de' sartori. Visse ritirato nella ca-
sa de' suoi barnabiti presso s. Car-
lo a' Catinari, impiegato negli af-
fari più ardui della santa Sede,
di cui ne divenne l'oracolo in tem-
pi tanto procellosi. Conservò nello
splendore della dignità la povertà
religiosa, in un modo edificante ,
e trovossi negli ultimi di sua vita
in qualche bisogno; anzi quando
nel 1798 dopo l'invasione fatta
di Roma da' repubblicani francesi,
fu obbligato partirne, si trovò co-
stretto vendere i libri per vivere.
Rispettato dalle potenze guerreggian-
ti, ed arrivato a Siena presso lo
sventurato Pio VI, non avrebbe
il cardinale potuto recarsi in Pie-
monte, in cui si proponeva cerca-
re un asilo, se non fosse accorsa
la generosità del cardinal Loren-
zana^ e di monsignor Despuig poi
cardinale. Ritiratosi nel seminario
della sua abbazia di la CI usa, più
volte fu in procinto di essere pn-
vo di tutto : tale penosa situazione
non alterò mai la sua rassegnazio-
ne^ né scosse il suo coraggio, ri-
GER
mettendosi alla provvidenza, che
sovente il soccorse con mezzi ina*
spettati. Talvolta si trovò in gra-
do di sollevare i compagni del suo
esilio, e quantunque vivesse di
soccorsi, fòceva distribuire regolar-
mente pane e denaro a' poveri del-
la sua abbazia : vide in tal guisa
correre il tempo della persecuzio-
ne, diviso tra lo studio e le preci.
Dopo la morte di Pio VI si recò
a Venezia pel conclave che ivi era
stato convocato. Fino dai primi
scrutini i cardinali gli fecero omag-
gio de' loro voti pel pontificato.
Nella Storia di Pio VII, che fu
eletto^ del dotto cav. Artaud, si
legge che due volle si portarono
dal sacro collegio gli sguardi sul
cardinal Gerdil; che il suo grande
ingegno, la sua età provetta, le
molte sue produzioni facevano cre-
dere che si riuscirebbe ad innal-
zarlo al trono; e che alcuni car-
dinali, avversi alla Francia, fecero
osservare ch'egli come savoiardo
poteva considerarsi francese, quin-
di il cardinal Hertzan che nell'in-
terno del conclave rappresentava
l'imperatore di Germania, dichia-
rò l'esclusione formale pel cardi-
nal Gerdil, significando al sacro
collegio, che il suo sovrano non
avrebbe potuto gradire quell'ele-
zione. L'eminente dottrina del car-
dinale lo fecero aggregare alle so-
cietà accademiche più dotte e piìi
•celebri di Europa.. Ritornato in
Roma il cardinale nel 1800, la
sua salute sì sosteneva non ostan-
te la sua età avanzata e le sue
faticose occupazioni, non essendosi
mai servito di occhiali ; finché cad-
de infermo, e dopo breve malattia
morì a' 12 agosto 1802, in età
d'anni 84 passati, con dispiacere
universale, massime del Papa, dei
GER 85
cardinali, e dei letterati. Secondo
la sua testamentaria disposizione
fu esposto e sepolto nella detta
chiesa di s. Carlo di sua congre-
gazione: Pio VII intervenne nelle
solenni esequie con venticinque
cardinali, celebrando la messa il
cardinal FiiTao. Dotto di primo
ordine e quasi in tutti i generi ^
in cui siasi esercitato 1' ingegno
umano , prelato degno de' primi
secoli della Chiesa , negli ulti-
mi tempi fu uno di quelli che fe-
cero più onore alla religione , e
le furono più utili. La maggior
parte delle opere a difesa della re-
ligione in genere, e della rivelazio-
ne in ispecie, sono state da esso
composte in idioma francese, più
acconcio allora a rispondere ai li-
bri dei moderni increduli, e a com-
battere i loro paradossi, e distrug-
gere gli empi sofismi. È sopra le
altre famosa quella con cui dimo-
strò l'immaterialità dell'anima con-
tro le sottili asserzioni del notissi-
mo filosofo inglese Giovanni Locke.
Nelle opere di questo acutissimo
e profondo ingegno rifulge parti-
colarmente la forza del razioci-
nio unita alla saviezza ed alla
moderazione : l' egregio autore in-
calza vivamente gli avversari suoi;
/ma ninna cosa offensiva gli sfug-
ge contro di essi. Cerca egli la
verità, di cui si costituisce di-
fensore; l'errore solo perseguita, e
non l'uomo. Ordinariamente dagli
scritti degli avversari prendeva le
armi, onde combatterli. Il cardi-
nal Gerdil possedeva altresì in un
grado raro la calligrafia, vantag-
gio poco comune alla maggior
parte degli autori. Una medaglia
coniata venne in suo onore. Ab-
biamo un beli' elogio letterario
del cardinal Gerdil, scritto dal
86 GÈ a
. suo amico e degno confratello il
p. Fbntana Francesco Luigi {P^edi)
poi cardinale, e recitato nei!' adunan-
za generale degli arcadi di Roma,
pui apparteneva il defunto, che si
legge nelle di lui opere: il mede-
simo p. Fontana, altro sublime
personaggio della congregazione dei
barnabiti, ft| l'autore delF epitaf-
fio sepolcrale, che può essere cita**
to come modello in tale genere ;
lesso è riportato dai biografi del
cardinal Geixlil, e dal eh. Eenaz-
fti nella Storia delV unhersità ro^
mana, che nel tom. II, p. 328 ne
fa l'elogio, ed a p. 4^9 c' ^^
l'epitaffio, h* Orazione Jiinebre com-
posta dal p. Fontana, tradotta dal-
l'italiano in francese, ed arricchita
di note tanto preziose quanto estese,
la pubblicò in Roma nel 1802 l'ab-
bate d'Hesmivy di Auribeau. Fn
^ |in Elogio letterario poi il p. Fon-
tana vi passò a rassegna le ope*
re principali del cardinal GerdiI,
ed il p. Grandi, altro di lui chia-
ro confratello ci diede un'Orazio-
ne fiinebre in italiano. Le opere
del cardinal GerdiI sono numero-
sissime, e parecchie furono stam-
pate Q misura che "venivano com-
poste: in seguito furono raccolte
a Bologna in sei volumi, e pubbli-
cate per cura del p. Toselli dal
1784 al 1791. Il p. Fontana coa-
diuvato dal p. Scati ne intraprese
una nuova edizione divisa in venti
volumi, di cui i primi sei volumi ven-
nero in luce in Roma coi tipi del
Poggioli nel 1 806. Ecco il catalogo
delle opere di questo gran cardi-
nale. I. Introduzione elio studio
della religione, con la confutazio-
ne de' filosofi antichi e moderni
circa l'Ente supremo, ec. 2. Dis-
sertazione sopra l'ongine del sen-
so moi-ale, sopra l'esistenza di Dio,
GER
ec. 3. Sposizione dei caratteri de^-
la Tera i^ligione, ec. 4- Progetto
per la formazione di un semina-
rio, ec. 5. L' immaterialità del-
l' anima dimostrata contro Locke,
ec. 6. Saggio d'una dimostrazione
matematica contro la esistenza eter-
na della materia e del moto, ec.
7. Saggio sopra i caratteri distin-
tivi dell' uomo , e degli animali
bruti, ec. 8. Memorie sopra l'in-
finito assoluto, considerato nella
grandezza e sopra l'ordine in ge-
nere del vero e del bello. 9. In-
compatibilità de'principii di Carte-
sio e di Spinoza, io. Schiarimen-
ti sopra la nozione e la divisibili-
tà dell'estensione geometrica, in
risposta della lettera di Dupuis. 1 1 .
Riflessioni intorao ad una memo-
ria di Beguelin, concernente il prin-
cipio della ragione sufficiente e la
possibilità o il sistema del caso.
12. Dissertazione sopra l'incompa-
tibilità dell'attrazione, ec. i3. Os-
servazioni sopra le epoche della
natura per servire di continuazio-
ne all'esame dei sistemi sull'anti-
chità del mondo, inserito nel sag-
gio teològico. \/\. Trattato sui
duelli. i5. Discorsi filosofici intor-
no all'uomo, ec. 16. Della natura
e degli effetti del lusso, ec. 17.
Discorso sopra la divinità della
l'eligione cristiana. 18. Riflessioni
intorno alla teoria ed alla prati-
ca della educazione, contro i prin-
cipii di G. G. Rousseau. 19. Con-
siderazioni sopra l'imperatore Giu-
liano. 20. Osservazioni sopra il VI
libro della storia filosofica e politi-
ca del commercio delle due Indie,
dell'abbate Raynal. 21. Orazione
sulla necessità della virtù politica
nel governo di uno stato qualun-
que. 22. Orazione sulle cause del-
le dispute accademiche di teologia.
GER
in cui « combaltuto lo spirito del-
le leggi. 23. Dissertazione su II' u-
nione della religione e della virtù
politica. 24* Saggio di elementi
di morale prudenza . 25. Vari
opuscoli spettanti la costituzione
gerarchica della Chiesa. 26. Con-
futazione di due libelli di Eybel
contro il breve di Pio VI, Super
soUditate, 27. Osservazioni sopra
il commentario di Febronio, relati-
vamente alla sua ritrattazione. 28.
Osservazioni sul sinodo di Pistoia.
29. Esame dei motivi dell'oppo-
sizione del vescovo di Noli alla
pubblicazione della bolla che con-
danna alcune proposizioni del si-
nodo di Pistoia. 3o. Molte lettere
pastorali. 3i. Compendio di un
corso d'istruzione intorno all'ori-
gine, ai doveri ed all' esercizio del
potei'e sovrano . 32. Note sopra il
poema della religione, del cardi-
nal de Bernis.
Altre opere riportate ne' diversi
volumi dell'edizione romana sono
le seguenti. Nel volume I. Esame
d*un articolo del giornale enciclo-
pedico, conceiiiente le riflessioni
sopra la teoria e la pratica dell'e-
ducazione contro i principii di G.
G. Rousseau. Francese. Considera-
zioni sopra gli studi della gioven-
tù. Discorso accademico. Italiano.
Piano degli studi e conto renduto
degli studi di S. A. R. il princi-
pe di Piemonte, con un'addizione
ec. L'addizione contiene questi o-
puscoli: Logicae instìtutionesj Isto-
ria delle sette de^ filosofi; Pensieri
de' doveri sui dififerenti stati della
vita. Nel voi. II. Principii metafi-
sici della morale cristiana. Francese.
Nel voi. III. Osservazioni sul modo
di spiegare gli atti intellettuali
della mente umana per mezzo del-
la sensibilità fisica. Italiano.. Con-
GER 87
siderazioni sopra 1 lavori accade-
mici. Italiano . Regole e statuti
proposti per lo stabilimento di una
accademia di scienze. Francese .
Nel voi. IV. Difesa del sentimento
del p. Malebranche sulla nalui*|i
ed origine delle idee contro Tesa*
me di Locke. Francese. Nel voi.
V. Esame e confutazione dei princi-
pii della filosofia Wolfiana sopra
la nozióne dell'esteso e della for-
za. Italiano. Della nozione geome-
trica, ec. Italiano. Schiarimento
sopra di ciò che la teoria degl'in*
commensurabili sembra offrire di più
misterioso . Francese. Dissertazio-
ne sopra i tubi capillarì. France-
se. Memoria sulla causa fisica
della coesione degli emisferi di
Magdebourg. Francese. Nel voi.
VI. Phìlosophicae institutiones^ijui''
bus elìaca seu philosophia pra*
etica conlinelur. Nel voi. Vllf Com-
pendio delle istituzioni civili, ia
latino. Nel voi. Vili. Tavola isteri-
ca dell'impero romano da Cesare
fino alla presa di Costantinopoli
fatta per Maometto li. Francese.
Istoria del tempo di Luigi XV
re di Francia fino alla pace di
Parigi e di Hubersbourg. Fran-
cese. Regole di condotta per una
sposa principessa. Francese. Nel
voi. XI. Dissertazioni tre dell'auto-
re aggiunte al saggio d'istruzione
teologica, cioè, i sui modo ec.
Italiano. Anìmad versioni sul pia-
nò proposto da alcuni dottori Sor-
boni ci per la riunione alla Chie-
sa latina de' greci disuniti. Italiano.
De sacri regiminiSy ac praesertim
Pontificii primatus jure proprio ,
ac singulari in omni ecclesiasti-
cae potestatis comniunicandae ratio'
ncy adversus Slevcglìum» In Georgii
Sigismundi Lakics praelecliones ca-
nonicas et legitima, eie» animadver^
88 GER
tiones. Nel toI. XI IT. Analisi che
fa l'autore delle Riflessioni do-
po Launojo tra li padri che alla
persona di s. Pietro applicarono
le parole dettegli da Cristo: et
super hanc petram, e quelli che
le hanno applicate alia fede, o
•confessione di s. Pietro. Italiano.
Nota bene, l'anzidetta opera po-
trebbe forse essere comprésa sotto
il titolo: Confutazione di due li"
belli f ec. espresso nel catalogo.
Apologia compendiaria del breve
Super soUditate, Nel voi. XIV. A-
nimadversiones in notas, quas CI,
Feller^ etc. Nel voi. XV. De Pomi-
ù'ficii primatus auctorìtate in Petri
Cath, etc. Trattato del matiùmo-
nio. Italiano. CathoUci dogmatis
de immuni eccL auctorilate in san*
ciendis disciplinae legib. documen*
ta e Trid. Aecum, syn. petita. Ri-
sposta ad un quesito intorno ad
una proposizione controversa del
. p. Gullifet inserita nell'opera in-
titolata: La via della santità mo»
strata da Gesù. Italiano. Osserva-
zioni e note sull'opera suddetta.
Appendice all'esame de' motivi ec.
Italiano. Responsio ad episc, Ebre-
dunensem in qua èrrores aliquot
in hierarchiamy et jurisdictionem
ecclesiasticam rejutantur. Nei voi.
XVI, XVII, XVIII. Theologiae mo-
ralis y libri tres. Nel voi. XIX. Ap-
pendices ad tractatus moralis chri-
stianae. Nel voi. XX. Che la Chiesa
la ^uale forma de'santi, é la sola Chie-
sa di G. C, discoi*so. Francese. Vita
del b. Alessandro Sauli barnabita^
Francese. Sull'usura, dissertazione
contro Pufièndorf. Francese. Alti^
opere rimasero mss. dopo la sua
morte, ed altre andarono perdute
negh ultimi tempi di sua vita.
GEREBERTO, Cardinale. Gere-
berto denominato Musico, monaco
GER
dei monistero Floraciènse, e poi ab-
bate di Bobio, arcivescovo di Reims
e cardinale, divenne Papa col nome
di^ Silvestro II {Fediy
GEREMARO (s.). Nacque ad
Angouléme sotto il dominio de' vi-
sigoti; fece i suoi studi a Tolosa,
e le sue virtù e la sua dottrina lo
portarono sulla sedia vescovile di
quella città verso l'anno 5ii..U
re Clodoveo gli diede molte pruo-
ve della sua stima e venerazione,
e fece considerabili regali alla sua
chiesa. Geremaro occupossi con in-
faticabile zelo a sradicare i vizi,
r idolatria e 1' eresia ariana dalla
sua diocesi, aggiungendo la peniten-
za alle fatiche pastorali, e mori nel
56o, forse il dì i6 maggio, in cui
è nominato nei martirològi.
GEREMEI o HIERAMEA Ugo,
Cardinale. Ugo Hieramea o Gere-
mei nacque in Bologna da nobile
famiglia; dal suo concittadino O-
norio II, nelle tempora del di-
cembre II25, fu creato cardina-
le diacono, assegnandogli per diaco-
nia la chiesa di s. Teodoro; indi
sottoscrisse a'21 luglio 1126 a fa-
vore di Rogerio arcivescovo di Pi-
sa. L'Alidosi dice che passò all'or-
dine de' preti, col titolo di s. Lo-
renzo in Lucina. Morì il cardina-
le nel pontificato dello stesso Ono-
rio II, ch'ebbe termine a' i4 feb-
braio ii3o.
GEREMIA (s.), uno di quelli
che soffersero il martirio con s.
Elia (Fedi).
GERIONE (s.) Ordine equestre.
Fu fondato nella Palestina dall'im-
peratore Fedeiùcol verso il 1190,
altri l'attribuiscono all' imperatore
Federico II, ed all'anno 1229.
Nell'ordine militare de' cavalieri
di san Gerione , i soli gentiluo-
mini alemanni vi erano ammessi,
GER
e vuoisi che fosse sotto la regola
di s. Agostino, o di g. Basilio.
Portavano una croce piana e ne-
ra sopra un abito bianco ; ma in*
torno a ciò non sono concordi gli
autori. Alcuni danno a questi ca-
valieri per insegna della dignità
del loro ordine una croce patriar-
cale d'argento, posta sopra tre mon-
tagne in campo vermiglio. Altri
pretendono che questi cavalieri por-
tassero sopra un abito bianco rica-
mata una croce nera sopra tre mon-
tagne dì Sinopia, ed altri gli as-
segnano una croce di forma diversa.
11 Conanni ci dà la figura del ca-
valiere di s. Gerione, e parla del-
l'ordine , a pag. XXXXVII del
Catalogo degli ordini equestri e
militari. Il p. Heliot dice che pro-
babilmente i cavalieri di s. Gerio-
ne sieno stati i porta croce istitui-
ti da 5. Stefano I re di Ungheria,
per portare innanzi quella croce
che gli avea mandato in dono il
Pontefice Silvestro li, con facoltà
di farsi da essa precedere; i quali
porta croce in processo di tempo
si formarono in ordine militare
che più non sussiste, se pure ha
esistito, dappoiché la crace fu man-
data a s. Stefano I verso V anno
1000, e gli ordini equestri non
hanno cominciato che col secolo
XII.
GERICO o JERICO. Sede vesco-
vile della prima Palestina, nel pa-
triarcato di Gerusalemme, sotto la
metropoli di Cesarea, eretta nel se-
sto secolo. Fu questa la prima cit-
tà che attaccarono gì' israeliti quan-
do ebbero passato il Giordano, da
cui era distante circa otto miglia ,
fondata in campo vasto e coronata
di colli ; ma GioseSb la colloca al
piede d' un monte. Giosuè capitano
e duce deiresercito israelitico, sette
GER 89
volte fece passare l'arca del Signo-
re intorno alle solide mura di Ge-
rico, preceduta dai sacerdoti che
suonavano le trombe, e le mura a'ol-
larono prodigiosamente dai fonda-
menti. Allora penetrati nella città,
gì' israeliti fecero strage degli abi-
tanti, e rovinarono ogni edifizio
tranne la casa di Rahab in pre-
mio dell' ospitalità data agli esplo-
ratori ivi mandati da Mosé; indi
Giosuè minacciò dell' ira divina
chiunque ardisse rifabbricare Geri-
co. Fu data alla tribù di Beniami-
no, venne costituita città sacerdo-
tale ed asilo degl' israeliti, e diven-
ne poi 'toparchia. Dopo diversi se-
coli , nel regno di Achab , avendo
r idolatra Hiele bettelite della tribù
d'Efraim ivi piantato i fondamenti
per una nuova città, Dio lo punì
colla morte del primogenito; ma
volendo proseguir la fabbrica sino
a piantarvi le porte, vide morire
r ultimo de' suoi figli. In seguito
giunse a tanto splendore, che il re
di Babilonia vi edificò un palazzo
superbissimo , ove custodi vasi la
clamide, detta Stola babilonica ^ e
Palliuni Sinhar, Decaduta dalla sua
grandezza, si riebbe nel regno di
Giuda Maccabeo, ed Erode vi e-
resse terme e teatri. Rovinata da
Tito, venne ristorata da Adriano,
che per renderla più ragguardevo-
le vi costituì un magistrato 5 che
ministrava la giustizia a tutta la
provincia ; ma distrutta nel XII se-
colo dai saraceni, mai più risor-
se, essendo ora un villaggio della
Turchia asiatica in Siria, chiamato
Rahy Raha o Ricìia, Quivi fu il
fonte che Eliseo rendette dolce;
quivi Gesù Cristo restituì la vista
a due ciechi, e quivi Zaccheo per
meglio vederlo ascese sull'albero
del sicomoro 9 e poscia fu onoralo
90 GER
dalla divina presenza in sua casa,
che s. Elena convertì in chiesa.
Nella latina dominazione vi fìo-
rirono tre monisleri di religiosi,
ed il tempio delia cattedrale era
dedicato a s. Gio. Battista. Tra i
suoi vescovi si conoscono Gennaro
che intervenne al concilio di Nicea,
Macro che fu al secondo concilio
generale di Costantinopoli del 38 1,
ÈIeuterìo che si portò al concilio
di Diospoli nel 4^^^» Giovanni che
sottos^urisse la lettera sinodale a
Giovanni di Costantinopoli contro
r eretico Severo usurpatore nel
5i8 della sede d'Antiochia, Grego-
rio che approvò nel 538 la con-
danna di Antimo, e Basilio tra-
sferito alia chiesa di Tiberiade al
fine dell'ottavo secolo. Quivi Iro-
vossi al tempo dell'imperatore Ca-
racalla, nel 217, in una botte, il
quinto esemplare greco del vecchio
testamento che Origene inserì nei
suoi Essapli. La pianura di Geri-
co é fertile in cedri, ed in balsa-
mi preziosi ; abbonda di rose che
chiamansi di Gerico, e prima an-
che di palme, per cui fu detta Ci'
vitas palnianim. Terzi, Siria sa-
cra pag. Si 6 2 e seg., ed Oriens
christ, tom. IH, p. 654» Gerico,
Jtricen , al presente è un titolo
vescovile in partibus che si confe-
]*isce dal sommo Pontefice, sotto il
patriarcato pure in partibus di Ge«
rusalemme. Pio Yi nel concistoro
del primo giugno 179^ fece ve-
scovo di Gerico e suffi-aganeo di
Munster monsignor Gaspare Mas-
similiano de' baroni de Droste Vi-
schering, il quale venendo fatto
vescovo di Munster nel concistoro
de' 19 dicembre 18^5 da Leone
XII, questi nel concistoro de'3 lu-
glio 1826 dichiarò vescovo dì Ge-
nco in parùbus monsignor Bona-
GER
ventura Arias della diocesi di Me-
rida, della quale lo fece sulTraga-
neo. Dipoi lo stesso prelato dal re-
gnante Pontefice Gregorio XVI,
fu nominato vicario apostolico del
medesimo vescovato.
GERMA o TERMA. Sede ve-
scovile dell'Ellesponto, nell'esarcato
d'Asia, sotto la metropoli di Cizi-
co, la cui erezione rìsale al quin-
to secolo, secondo Commanville, di-
venendo nel nono arcivescovato o-
norario. Germa fu interamente ro-
vinata dal terremoto sotto l'impe-
ro di Valente. Furono suoi vesco-
vi, Antonio ucciso dagli eretici nel
4^9, Timoteo che lo successe fu
al concilio di Efeso, Epitinchiano
nel 536 fu al concilio di Costanti-
nopoli, Teodoro intervenne al set-
timo concilio generale, e Stefano
assistette al concilio in cui fu ri-
stabilito Fozio.
GERMANIA, ALEMAGNA o
AlAJEMkG^ÈL.Deutschland. Gran-
de e popolosa regione deirEuix)pa
centrale, che occupa una Superficie
di 11^755, 5f6 miglia quadrate
d'Alemagna, cioè circa trentadue-
mila seicento cinquantatre leghe
quadrate di Francia , fra i gradi
2 3, 37 longitudine est, e fra 4^
e 55 di latitudine nord. I suoi
presenti confini sono : al nord il
mare del Nord, la Danimarca, ed
il Baltico ; all'est la parte occiden-
tale della Prussia, il territorio di
Cracovia, la Gallizia, l'Ungheria e
la Croazia militare; al sud l'Italia,
il mare Adriatico e la Svizzera;
all'ovest la Francia ed i Paesi
Bassi. La sua lunghezza è di due-
centoquaranta leghe, e la sua lar-
ghezza di duecento venticinque. Di-
videsi in molti stati sovrani e in-
dipendenti, ma confederati insieme,
avendo avuto per lo passato il ti-
GER
tolo d'impero. L'aspetto della Ger*
manìa è sovente variato per la
complicazione delle sue montuose
catene. È montuosa al sud quanto
al nord, offrendo la sua superficie
vaste pianure, macchie e lande, e
nel suo centro fertili valloni ed
immense foreste. La catena delle
Sudètiche , con le sue diverse ra*
miflcazioni , divide questo vasto
paese in due partì, V una setten-
trionale o inferiore al nord, l'al-
tra meridionale o superiore. Le
montagne del mezzo dell'Alemagna
fanno parte della catena delle Al-
pi, partendo dall'estremità orienta-
le del paese dei grigioni, ove ter-
minano le Alpi Retìche. Quel gran-
de ciglione che divide il Tirolo in
due parti, prende il nome di Alpi
Tirolesi, diramandosi in due tral-
ci: il piii meridionale di essi for<>
ma la catena delle Alpi Noriche,
Gamiche e Giulie, le quali dila-
tate poi all'est ed al sud-est si
uniscono alle montagne della Croa-
zia e Dalmazia. I loro rami co-
prono la Carniola , l' Istria e la
Carintia andando a congiungersi
con le montagne dell'Ungheria. La
seconda ramificazione delle Alpi
forma al nord il ramo delle Alpi
di Salisburgo, che si prolunga in
Baviera, ove quasi scomparendo si
abbassa; al nord-est il ramo delle
Alpi della Stiria, che estenden-
dosi in tutta l'Austria , interseca
in molti luoghi il corso del Da-
nubio, specialmente sotto il no*
me di Wienerwald eh' è una por-
zione del Kahlembeg. Al nord del
Danubio la ramificazione la piti
orientale, cioè la Jworina che pren-
de in seguito il nome di Kreutz-
gebirge, giunge al Klokats; questa
catena che scorre parallelamente
all'equatore , comunica all' est con
GER 91
i Carpazi, e all'ovest con le Sudè-
tiche. Queste che separano la Sle-
sia dalla Boemia prendono al nord
il nome di montagne de'Giganti, e
unitamente a quelle della Lusazia,
er£i*zgebirge,congìungono ilBoeh-
mischwald che è la prolungazio-
ne settentrionale delle montagne
della Moravia. Quelle partono dal
punto in cui le Sudètiche toccano
la parte orientale della Boemia, di
maniera che questo paese è per
iutiero accerchiato da sommità che
si succedono 1' una all' altra senza
interruzione.
All'ovest della Boemia comincia il
Fichtelgebirge, che estendesi al nord
sino a Thuringervrald, catena vicina
ali' l'artz che si abbassa al nord
sino al livello delle pianure, dira-
mando al nord- est il Wesergebir-
ge e il Deutschburger^ald. L'Hartz
comincia al sud con il Wester-
wald, che copre l'Assia e Nassau, si-
no alla dritta riva del Reno. Dal-
l'altra parte di questo fiume s'in-
nalza l'Hundsruck che al sud si
riattacca ai vosgi, montagne della
Francia, ed al nord va a confon-
dersi con le Ardenne. Le ramifica-
zioni settentrionali del Westei*wald
e dell'Hundsruck racchiudono degli
estinti vulcani , trovandosene pur
anco nel Fichtelgebirge. Nel punto
in cui le Alpi entrano nel Tirolo,
il ramo ch'è alFovest dell'Inn occu-
pa sotto il nome di Arlberg tutto
il paese sino al lago di Costanza,
e coir Algan le sue ramificazioni
si prolungano al nord della Bavie-
ra, terminando in rialti , che ri-
scontransì presso il Danubio con
quelli di Rauh-Alp, prolungazione
orientale dello Schwnrtzwald o
Foresta Nera. Questa catena si e-
stende al sud sino alle sponde del
Reno, prendendo allora la forma
93 GER
di un gomito. Lo Schwartzwald
si prolunga al nord sino allo Spes-
sart al nord -est pel ramo di Vo-
gels-Gebirge, con il Westerwald.
Le piti alte cime della Germania
stanno nel ciglione delle Alpi del
Tirolo, di Salisburgo e di Stiria,
molte innalzandosi al di là di mille
tese al disopra del livello del ma-
re. Nelle altre catene le più alte
sommità non giungono a più di
seicento cinquanta tese, e per con-
s^uenza non trovansi vei*e ghiac-
ciaie se non nelle montagne del
Tirolo, e del Salisburghese. La
maggior paiie delle montagne di
questa regione è coperta di bo-
schi, abbondando di quercie quelle
del nord, e di più quelle del sud.
In molte di esse, e specialmente
nella Carniola, si trovano parecchie
caverne e grotte formate dalla na-
tura. Nel regno di Wiirtemberg
Tedesi la caverna detta Nebelloch
ed Erdloch, e in poca distanza da
Blankenburg vi è quella famosa ca-
verna di Bauraann ove sì osservano
molte figure rare e belle di sta-
lattiti. Entrammo in qualche det-
taglio sulle catene delle montagne
di Germania, pel riflesso che non
essendovi regione in Europa che sia
composta di tanti e difierenti sta-
ti indipendenti, quanto quella di
Germania, ci sembrò opportuno
-pei relativi articoli, onde meglio
conoscerne i confini; ed è perciò
che altrettanto faremo coi fiumi,
altri naturali confini.
Pochi paesi hanno un sì gran
numero di fiumi quanto la Ger-
mania, contandosene cinquecento,
e tra questi sessanta che sono na-
vigabili. I principali e navigabili
del tutto sono: i." Il Danubio al-
tre volte detto Danubius o Ister,
Istroy che scaturisce nella selva Ne-
GER
ra vicino a Donaveschingen , in-
comincia ad essere navigabile pres-
so Ulma, passa pei* Donavert, Neu-
burg, Ingolstadt, Ratisbona, Passa-
via, Lintz, ed aVienna^ e vi rice-
ve i fiumi Iller, Lecb, Isar, Ina
colla Saltza, Traun, Ems ed altri;
indi passa per l'Ungheria, dove si
unisce con gli altri fiumi naviga-
bili, e di là nella Turchia in
Bessarabia, dove si divide in vari
rami, e si scarica con varie bocche
nel mar Nero. 2.° Il Reno^ che
nasce nella Svizzera, entra nel la-
go di Gostanza, e di là soi*tendo
forma prima i confini fra la Ger-
mania e la Francia, e scorre po-
scia soltanto in Germania, riceven-
do le acque dei fiumi Meno, Kin-
zig, Necker, Tauber, Saale, Mosella,
Mosa, ec. Si divide sotto Kleve in
due rami, dei quali quello a sini-
stra prende il nome di Waal, e si
getta nella Mosa, l'altro si divide
di bel nuovo in vari rami, che
prendono differenti nomi e si get-
tano in altre acque. Il ramo che
ritiene il nome di Reno, si perde
sotto Leyden, presso Cattwyk nel-
la sabbia. 3.° Il Weser che si
forma presso di Minden dalla con-
giunzione del fiume Wera e Ful-
da, passa a Meiningen ed a Bre-
ma, e mette foce nel mare del
nord. 4*° L'Elba che scaturisce nel
Reisengebirge in Boemia, e lo tra-
versa dall'est al nord-ovest, pas-
sa a Dresda, a Wittemberg, Mag-
deburgo ed Amburgo^ e riceve nei
suo corso i fiumi l'Elster, la Mul*
da, la Saala, con venti altri fiumi,
e non lunge da Amburgo mette fo-
ce nel mare del nord. 5.** L'Oder
che nasce nella Moravia settentrio-
nale, ed è navigabile presso Rati-
bor pei piccoli legni, e pi*esso
Breslavia pei grandi; dopo di a-
GER
ver- passato per Francfort, e tra-
versata la Pomerania, si scarica nel
mar Baltico per molte bocche.
Gli altri principali fiumi dopo di
questi^ sono il Meno che vicino a
Magonza si scarica nel Reno; la
Trave che si getta nel Baltico;
r Eyder e TEms che pure si sca-
rìcano nello stesso mare; la Visto-
la che ha la sua origine nella Sle-
sia austriaca , traversa la Polonia
e la Prussia, e sbocca nel mar
Baltico; V Adige finalmente che
passa pel Tirolo, e scorre in Ita-
lia. Il numero de' canali in Ger-
mania non è proporzionato all'e-
stensione del suolo , o ai bisogni
del suo commercio. Il canale il
più antico è quello dei tempi di
Carlo Magno, ma non è ancor fi-
nito. Per lo passato la navigazione
dei gran fiumi era molto incep-
pata a cagione delle tasse ch'esi-
gevano i diversi princìpi dei terri-
torii sui quali scorrevano. Ma ai
nostri giorni il congresso di Vien-
na tolse in gran parte siffatti ' o-
stacoli , e stabiFi che nel caso in
cui dei fiumi navigabili attraver-
sassero gji stati dei principi diver-
si, nominate sarebbero delle spe-
ciali commissioni, onde regolare de-
finitivamente tuttociò che avesse
i*apporto alla navigazione o al com-
mercio.
Molti sono i laghi della Ger-
mania, il maggiore de'quali é quel-
lo di Costanza detto anche Bo-
densee , che da una parte tocca
i confini del gran ducato di Ba-
den, del Wiirlemberg, della Ba-
viera, e del Vorarlberg, e dall'al-
tra quello della Svizzera a cui ap-
partiene una gran parte. Degni
sono di essere nominati i laghi di
Cheim, Wurm, Amer , Feder nel
regno di Baviera; quelli di Waren,
GER 93
Plawe e Schwerin nel gran du-
cato di Mecklenburg, di Tra un e
di lialstad in Austria; quelli del
nord di Stettin, Muritz, e Ratze-
burg; di Diepholz nell'Annover; di
Cirnìtz nella Carniola; quello dol-
ce e salso di Seeburg; il grande
e piccolo di Pomeriana, detti Fri-
sche-Haf^ ed altri ancora. Le sor-
genti di acque termali e minerali
sono nella Germania numerosissi-
me, trovandosene in quasi tutti gli
stati; come pure numerosi li ba-
gni ed assai rinomati. Più cogniti
sono tra gli altri in Boemia i ba-
gni di Carlsbad, Toeplitz, ed Egra
con acque acidule ; nell'alta Austria
quei d' Ischi, presentemente molto
accreditati ed assai fi*equentati; nella
Slesia i bagni caldi di Warmbrunn,
detti anche di Hirshberg; nel Wiir-
temberg quelli diWildbad; rinoma-
ti essendo parimenti quelli di Ems,
Bade, Salterà^ di Aquisgrana^ e le
acque acidule di Pyrmont, altre a
tante altre. Il clima nella Germa-
nia è assai vario : nel sud h mon-
tagne e le ghiacciaie rendono l'a-
ria fredda, ma nelle valli e pianu-
re si gode una dolcissima tempe-
ratura. Nel nord al contrario l'a-
ria é fì^edda assai, tranne i luoghi
paludosi che si avvicinano al mare
del nord. I terremoti si fanno sen-
tire di rado, non essendo mai sta-
ti dannosi. La Germania è uno
de' paesi di Europa forse il più
ricco di minerali: vi sono moltis-
sime qualità di marmi e di pietre
preziose ; e T oro oltre in alcune
miniere, trovasi nel Reno, nell'Ey-
der, ed in qualche altro fiume. Si
trovano altresì perle di color di
argento e di latte, terre da por-
cellane, ec.
Dalla sola industria commercia-
le si può giudicare della polen-
94 , GER
sa della Germania , in cui co!
mezzo di ricca nobiltà si difiR)nde
l'abbondanza. Le guerre che la de-
solarono, tolsero oìolti colli vatorì
alla terra, come il genio degli a-
bitantì per le arti meccaniche li
allontanò dai travagli campestri;
tutta volta la coltivazione è florida,
produce vini eccellenti , le caccie
sono ricche di selvaggiume , ed
avvi tuttociò che occorre ai como-
di della vita. I mari che bagnano
la Germania, i suoi fiumi e laghi
somministrano ogni sorla di pesce.
I tedeschi debbono al paziente lo-
ro ingegno, ed al carattere laborio-
so i luminosi progressi fatti nelle
arti industriali, di cui molte ebbe-
ro in questo suolo Torigine e l'in-
cremento : hanno essi il vantaggio
di godere della mano d'opera a
modico prezzo; laonde numerose
sono le fabbriche di stoffe, porcel-
lane, maioliche, cristalli , specchi,
chincaglierìe, utensili d'ogni specie,
e persino de' fanciulleschi trastulli.
Fornisce eziandio la Germtinia stru-
menti di matematica, dì fisica, e
specialmente di musica. Anche il
commercio deMibri è animatissimo,
e la fiera di Lipsia forse si può
dire la più famosa e ricca in tal
genere. Le città più commercianti
sono Vienna , Amburgo, Lubecca,
Bi*ema, Francfort sul Meno, Bre-
slavia, Lipsia, Augusta, Norimber-
ga, Stralsunda, Stettino, ec.
Sebbene la Germania sia stata
pressoché in ogni tempo il teatro
di guerre, pure fu sempre nume-
rosissima d'abitanti. E questo un
privilegio del quale è debitrice al-
la salubrità del suo clima, che vi
mantiene il vigore del corpo, ed
al suo ferliie territorio che sommi-
«ti'a sussistenze facili a procacciarsi.
-In quanto alla presente sua popò**
GER
lazione come confederazione gei^
manica, neh' Almanach de Gotha
pour Vannée i844i ^^ '^gS^ ascen-
dere a trentanove milioni dnque-
cento ottantamila abitanti. Antica*
mente non si trovavano in questa
regione né cittàj né fortezze: erano
soliti gli abitanti fabbricarvi abi-
tazioni isolate in luoghi comodi,
che per lo più erano capanne co*
pelle di paglia, e intonacate di
loto; le Ioi*o piazze trincerate sono
più antiche delle città. I romani
furono i primi ad innalzarvi castel-
li ; parte dei germani ne imitò Te-
sempio, e parte difesero le piazze
loro per mezzo di fiumi , fosse e
siepi. Siccome i contorni del Reno
furono per alcuni secoli il campo
dei conflitti fi*a i romani, e gli a-
bitanti della Germania, ne seguì
che quivi furono fondate le loro
prime città di difesa, come quelle
di Magonza, di Treveri , Colonia
o Bonna. Tra le più antiche piaz-
ze fortificate contar si devono £•
resburg e Sigeburg, due fortezze
dei sassoni. In tempi degl'impera-
tori franchi fabbricaronsi alla ma-
niera gotica monasteri, chiese, ed
altri edifizi, e le montagne e coU
line si munirono di castelli. Le
guerre cogli unni diedero occasio-
ne al re Enrico 1 di piantarvi
città e fortezze, e da quel tempo
Tarchitettura civile e militare si é
perfezionata nella Germania , ove
contansi molte città belle, grandi,
ragguardevoli, e ben fortificate. Se-
condo gli storici romani, i germa-
ni erano grandi, ben formati e ro-
busti. Gli occhi azzurri, e le bion-
de capigliature li distinguevano da
tutti i popoli meridionali: una
porzione di questi originali carat-
teristiche ancora esiste. L'ingenui-
tà ed il coraggio tuttora in essi
GER
coDservansi; in generale il tedesco
é grave, riflessivo, laboriaso, perse-
vei^ante e franco. Generalmente il
linguaggio della poesia, e Tamora
per le arti belle é coltivato.. Sem-
brando il tedesco nato per la guer-
ra, i suoi esercizi, i giuochi, e per-
fino la musica indicano le sue in-
clinazioni guerriere. La nobiltà ger-
manica è gelosa delle sue prero-
gative, senza essere orgogliosa. Al
presente tutti i cittadini sono li-
beri, al paro dei contadini, eccet-
tuatone però il Mecklenburghese, e
il paese dell' Holsteìn. La servitù
vera ancora esiste nella Lusazia.
Due razze principali esìstono in
Germania, i germani e gli slavi :
i primi abitano tutta la parte me-
ridionale ed occidentale, gli slavi
abitano la estremità orientale del-
la Germania sino all'Elba. Eglino
«i dividono in molti rami, dei qua-
li ciascuno parla un particolare dia-
letto. La lingua alemanna è una
delle lingue madri , essendo sue
principali proprietà V abbondanza
di vocaboli, l'energia e l'espressio-
ne: la grammatica pubblicata da
Gottsched ne ha ripurgati gli ele-
menti. Dicesi che la lingua tede-
sca derivi dall'antico dialetto teu-
tonico, che succedette al celtico,
suddiviso poi in altri dialetti. Le
due principali lingue però che ora
parlansi in Germania sono la te-
desca e la slava schiavona. La pri-
ma si divide anch'essa in altri due
dialetti, cioè la bassa e l'alta ale-
manna : questa è la lingua della
Chiesa, delle scienze, dei tribunali,
e delle più elevate classi della so-
cietà, parlandosi nella bassa Sasso-
nia, Tuiingia, Assia, nelle provin-
cie del Reno, in Isvevia, Tirolo,
Baviera, Austria, Boemia, e Slesia.
La bassa alemanna si usa in vece
GER 95
snlle sponde del mare del nord, nel-
la Frisia, nella Westfàlia, alta Sas-
sonia, nel Mecklenburghese, Bran-
debui^hese, e nella Pomeriana. La
lingua slava conta tra i suoi nu-
merosi dialetti il polacco, il vende,
il croato, il servi ano, ed altri mol-
ti. L'italiano si parla sulle frontie-
re dell' Italia. Il francese adottato
come lingua diplomatica^ è altresì
quella delle corti, e degli alti cir-
coli : vuoisi introdotta in Germania
dopo che le colonie francesi vi e-
migrarono per le intestine e re-
ligiose discordie della patria loro
nelle pretese riforme. Il latino è
in onore specialmente nella corte
imperiale, e nelle classi agiate; si
impiega pure in qualche opera di
erudizione o di scienza. I tedeschi
in generale hanno gran propensio-
ne e talento per imparare le lin-
gue tanto vive che morte. La let-
teratura germanica formossi quasi
da se stessa, perchè non trovò na-
scendo grande appoggio in parec-
chi governi di questo paese, gli
autori celebri del quale tutto de-
vono a loro medesimi, avendo eoa
zelo, pazienza e genio tutto pre-
parato da loro e disposto; e quin-
di appianando ogni ostacolo, giun-
sero al maggior perfezionamento.
Sprovveduti ne' passati secoli di
quelle società letterarie, alle quali
si spelta di porre limite all'entu-
siasmo, trascorsero senza guida ne
regole^ e quindi lunghi e penosi
furono i loro travagli, non cono-
scendo per leggi, che gli slanci del-
la loro immaginazione.
Anche la lingua non fu dappri-
ma coltivata che dai monaci, indi
dai cavalieri, ed in fine dai sem-
plici cittadini. La pretesa riforma
religiosa per le grandi ricerche che
fece onde sostenere e difendere i
96 GER
suoi erroi'i, e calunniare l'illibato
splendore della Chiesa romana, eb-
be per conseguenza qualche pro-
gresso nelle cognizioni, alterato daU
le successive micidiali guerre poli-
tiche e religiose , per cui V epoca
▼era dell* incremento della lettera-
tura germanica , viene assegnata
dagli storici alla metà del secolo
decorso. Allora fu la lingua depu-
rata, e le arti e le scienze colti-
Tate con vero successo, e fu so-
prattutto nella metafisica ove si di-
stinse lo spirito speculativo dei te-
deschi. Coltivarono egualmente con
molto successo la medicina, l'astro-
nomia, le matematiche, e in gene-
rale le scienze tutte nelle quali
diede la Germania quell'immenso
numero di uomini celebri, che lun-
go assai sarebbe qui riportare. So-
lo nomineremo almeno i principa-
li. Fiorirono nella giurisprudenza,
Bitter, Funk, Otto, Leysero, Gund-
ling, Wisenbach , Conring, Lau-
terbac, Struvio, Mittermeier, Boeh-
mer, Heineccio, Pufiendorf, Hau-
boldt, Biner, e Savigny; nella me-
dicina, chirurgia, chimica ed anato-
mia, Sthal , HofFraann, 'Franck,
Heistero, Margraf, Wan-Svieten,
Sprengel, Meckel, Soemering, So-
dar, PJenck, Otto, Richler, Stork,
Stoll, Hufelaud; nella botanica, Ki-
vino, Dillenio , Wildenoi , Wahl,
Rohmer , Vittmann , Trevirano ,
Schwarz, Jaquin ; nella matemati-
ca e metafisica, Leibnizio , Yie-
bekind, Walf, Spurzheim, Eulero,
Mendelson, Kant, Fichte ^ Schoel-
ling, e Hegel; nella fisica, Baugar-
ten, Mejer; nella storia, MuUer,
Ritter, Schmidt, Heeren, Herder,
Voigt, Luden, ec; nelF antiquaria,
Scopflin, Rejero, Riedesel, Exkel,
Koel ; neir astronomia, Copernico ,
Replero,01bers, Herschel,Bode,Holt-
GER
mann, Brandis, Zich ; nella biblio-
grafia, Fabrizio, Murr, Harles, Pan-
zer; nella geografia, Cluverìo, Gat-
terer, Busching, Gaspari; nella fi-
lologia. Emesti, Schellhom, Ade-
lung, Heyne, Herrmann, Schneìder,
Beck; nella storia naturale, Alessan-
dro Humboldt insigne in ogni scien-
za, Fischer, Blumembach, Buch ,
Pallas; nella letteratura, Humboldt
il fi'atello, Meiners, Schlegel, Collin,
Rode, Nicolai, Winkelmann^ Klop-
stock, Bechmann, Burger, Voo9,
Wieland, Herder, Goethe, Zim-
mermann,Gellert, Hagerdorn, Kleist,
Meusel, Hormayer , Sultzer, Ger-
stenberg, Meisner, ed aitici tanti»
dovendosi ricordare pur anco fì*a
gli uomini famosi di Germania,
Martino Lutero, Melantone, Federi-
co 11 il Grande^ filosofo e guerriero.
Ma disgraziatamente a molti di detti
grandi uomini ad onta della loro
scienza profonda, gli mancò quel-
la di conoscere l'errore in cui e-
rano in punto religioso, e le ve-
rità cattoliche; o conosciute, per
rispetti umani sacrificarono ad es-
si la propria eterna salute, per cui
riempirono le loro opere dei lo-
ro erronei pensamenti sulla prete-
sa riforma, e non parlarono con
quella imparzialità, per cui tanto
applauso oggidì ebbero Giovanni
Voigt nella Storia di Papa Gre^
gorio Vlly e de suoi contemporanei;
e Federico Hurter nella Storia
di Papa Innocenzo III^ e d^'suoi
contemporanei; non che nell'opera
intorno alle istituzioni e ai costu-
mi della Chiesa nel medio evo, e
particolarmente nel secolo XIII del
medesimo Hurter.
Nella musica ci die la Germa-
nia, Telemann," Haendel , Graun,
Bach, Hasse, Gluck, Haydn, Mo-
zart, Beethoven } nella pittura e :
GER
disegno » Alberto Durer , Calker,
Crauach, Holbein, Sandrart, Mengs,
e la KauffmaoD ; nella poesia, Zac-
caria , Hagerdorn , Ramler , Klei st,
Brentano, Pyrker; nel teatro, Schil-
ler , Lessing , Kotzebue , Iffland ,
Werner; fi'a gì* intagliatori, Be-
haim ; fra gli incisori in pietre, Pi-
chler; fra gli scultori, Daenecker;
fra i fabbricatori d'istrumenti mu-
sicali , Schanz e Brodmann ; fra
i fabbricatori di quelli di fisica,
Behclieoibach; senza tacere fra i
benefattori dell' umanità, oltre a
tanti altri, i nomi celebri di Son-
nenfels e di Eumford; rinomati so-
no pure Archenwald e Gatterer, i
creatori della statistica, nella qua-
le scienza i tedeschi si sono di-
stinti per la somma loro esattezza.
Fra le tante invenzioni di cui sia-
mo debitori a questa illustre re-
gione, annoverar devesi quella di
Gio. Guttemberg oriundo di Ma-
gonza, che impresse in tavolette di
legno caratteri invece di figure,
sullo studio delle quali Panfilo Ca-
staldi italiano di Feltre, giurecon-.
sulto e poeta, sostituì i caratteri
mobili della stampa agl'immobili
calcografici di Guttemberg, inven-
zione portata a Magonza da Fau-
sto Comesburgo, che in quella cit-
tà col Guttemberg diede alla luce
il Salterio i primo libro stampato
con caratteri mobili in legno nel
1457. Altre principali invenzioni
germaniche sono, quella degli oro-
logi, e nel secolo XIII T applica-
zione della polvere da cannone ad
uso della guerra. Alla propagazio-
ne de' lumi, ed all' incremento del-
le scienze ed arti contribuirono
non poco in Germania, oltre alle
celebri sue università, le moltìpli-
ci scuole, le nobili accademie, le
letterarie società, i collegi^ i gia-
VOI.. XXIX.
GER 97
nasi, i musei, le pubbliche biblio-
teche, e tutti quegli altri scientifi-
ci e letterari istituti di cui essa
abbonda. Le principali sue univer-
sità ch'erano in numero di tren-
tasette, ridotte sono al presente a
venti, e fra queste dodici sono pro-
testanti, cinque cattoliche, e tre
miste. Le prime stabilite sono a
Eidelberga di Baden, Lipsia di Sas-
sonia, Rostock di Mecklemburgo,
Greifswalde di Prussia , Marburg
d'Assia, Jena di Sassonia, Giesen
di Assia, Kiel di Danimarca, Halle
di Prussia, Gottinga d'Annover,
Erlangen di Baviera, e Berlino di
Prussia. Le università cattoliche
sono a Praga nella Boemia^ Vien-
na in Austria, Wurtzburgo o Er-
bipoli di Baviera , Landshut di
Baviera, e Frisburgo di Baden. Le
miste stanno a Tubinga di Wiir*
temberg , Breslavia e Bonna del-
la Prussia. Altra celebre università
fu da ultimo istituita in Monaco
capitale della Baviera, ed è catto-
lica.
Nella Germania in troppo nu-
mero furon ben anche celebri nel-
l'arte militare, e gloriosi sono i no-
mi di tanti illustri capitani e guer-
rieri. Innumerabili poi sono nella
Chiesa cattolica germanica i santi,
beati, e martiri d*ambo i sessi;
gli arcivescovi, vescovi, ed abbati
illustri, molti de' quali esercitarono
eziandio il sovrano potere, oltre i
tre elettori ecclesiastici di Magon-
za, Treveri, e Colonia; così innu-
merabili sono i monaci, canoni-
ci regolari, religiosi, sacerdoti, teo-
logi, canonisti, moralisti che ono-
rarono grandemente questa rispet-
tabile nazione, ove pur fiorirono
numerosi monisteri di monache e
di canonichesse, come potrà veder-^ '
si tutto ai rispettivi articoli. Gì-
7
98 GER
stiano Brower ci diede: Siderà il»
luslrìum et sanclonim i^ìvorum qui
Germanìam gestìs rebus ornantur,
Moguntiae 1616. Alcuni scrìltori,
come il cb. Costantino Hoefler,
nell'opera intitolata / Papi tede»
schij istoria della loro vita ec, in-
cominciata a pubblicare in B.atis-
bona nel 1839, considerando la
Germania secondo l'antica divisio-
ne geografica, dicono cbe otto so-
no i sommi Pontefici tedeschi, cioè
Gi^gorio y, Clemente II, Damaso
II, s. Leone IX, Vittore II, S te-
Ano IX, Nicolò II, ed Adriano
VI. Il Novaes nella Storia dei
9ommi Pontefici da s. Pietro /ino
a Pio Vlly ecco quanto scrive su
tali otto Papi. Primieramente in
Stefano Vili detto IX, eletto l'an*
no 989, lo chiama romano, citan*
do Pandolfo da Pisa presso il Mu*
ratori, Script, rer, Italie, tom, III,
p. 327, ma educato nella Germa-
nia^ citando il Ciacconio, in Vita
ec.; e che Martino Polono lo dice
di nazione tedesco in Chron. p.
337, e così comunemente i critici
moderni. Quindi dice che nel 996
fu creato Papa il cardinal Brunone
sassone, elevato a tal dignità dal-
immediato predecessore Giovanni
XV detto XVI del 985, che pre-
ée il nome di Gregorio V. Dipoi
nel 1046 fu fatto Pontefice Rug«
gero o Svedero di Mayendorf sas-
sone, che da cinquant'anni era
cardinale (dignità che altri nega«
no), siccome creato da Gregorio V,
con assumere il nome di Clemen-
te II, da altri chiamato il b. Rudi-
ger di Bamberga di cui era vescovo,
in sua morte gli successe nfel 1048
Poppo o Poppone ha varo, vescovo
di Bressanone, che prese il nome
dì Damaso II. A questi fu dato
nel 1049 a successore Biimone di
GER
Dapsburgo vescovo di Toul, che
si chiamò Leone IX, venerandolo
la Chiesa per santo. Dopo una luu*
ga sede vacante gli successe nel
I o55 Gebeardo d' Inspruck vesco-
vo d*£ichstett, col nome di Vit*
tore 11. Alla di lui morte nel io57
fu elevato al pontificato Giuniano
Federico di Lorena, fatto già car-
dinale da 8. Leone IX, cui fu im-
posto Jl nome di Stefano, e perciò
viene appellato Stefano IX detto
X. Nel io58 fu eletto Papa Ge-
rardo di Borgogna vescovo di Fi-
renze, che chiamossi Nicolò II. Fi-
nalmente Adriano Fiorenzo di U-
trecht in Olanda, fatto cardinale
nel i5i7 da Leone X, alla mor-
te di questi nel 1S22 fu eletto Pa-
pa, e non volendosi cambiare il
nome si chiamò Adriano VI. Fin
qui il Novaes, nella vita dei sud-
detti otto Papi. Il Sandinì, Fitae
Pontificum Romanoruniy nel tom.
II, p. 776, Pontificum natio^ pone
tra i galli Leone IX, Stefano IX,
e Nicolò II, e tra i germani Gre-
gorio V, Clemente II sassone, Da-
maso II, Vittore II, e Adriano
VI batavo. Dalle testimonianze
dei dotti Novaes e Sandini, non
solo si può rilevare quanti furono
i Pontefici di nazione germanica,
ma il come gli scrittori li dichiara-
rono per tali a seconda dell'antica di-
visione geogiafica della Germania,
che poi descriveremo. In quanto
poi ai cardinali tedeschi, secondo
i computi del Cardella, Memorie
storiche de^ cardinali, e le ricerche
da me fatte su qualcuno non da
lui computato, oltre t sunnomina-
ti sono 1 seguenti. Arrivando il
Cardella neNa storia de' cardinali
a tutto il pontificato di Benedetto
XIV, i posteriori furono egualmen-
te da me aggiunti, e seguendo il
GER
sistema del Cardella non vi ho
compreso i sei cardinali bavaresi, gU
altrettanti fiamminghi^ oltre il vi-
vente Engelberto Stei*ckx creato
cardinale nel i838; così Aeppure
vi sono compresi i quattro cardi-
nali sassoni, parlandosi di tutti a-
gli articoli Baviera, Fiandha, e
Sassonia. Quanto ai cardinali di
altre parti anticamente comprese
nella regione germanica, se ne par-
la ai rispettivi articoli, come Boe-
mia , ed una parte della Svìz*
zera che anticamente appartene-
vano alla Germania , oltra altri
luoghi. Ai seguenti caixlinali tede-
schi divisi per secoli, pongo a*o-
Dologìca mente l'anno di loro crea-
zione innanzi al nome di ognuno,
e tutti hanno la loro biografia in
questo Dizionario.
GER
Secolo XIV.
99
i35o. Matteo Corozman o Contt-
man.
1371. Roberto de' conti di Gine-
vra, antipapa Clemente VIL
i38i. Adolfo Nassau.
t38i. Arnaldo Home.
i38i. Federico Saverdun.
i38i. Venceslao Segna o Lignitz.
i38i. Gonone o Simone di Fal-
Lenstein.
Secolo XV.
i4o4* Govanni Egidio
1 4 1 1 • Giorgio Roseo.
1 43 g. Pietro Schomberg o SchoWm-
bergh.
i44S- Nicolò di Cusa.
1460. Weistriac^ Boixardo o Bro-
Secolo IX.
cardo.
1462.
Giovanni Aych.
844* Fortunato Amalario.
i477-
Giorgio Kesler.
Secolo X.
Secolo XVI.
946. Àdimaro.
i5o3.
Melchior Copis Meckau,
i5i I.
Matteo Langio.
Segolo XI.
i5i8.
Alberto di Brandeburgo.
l520.
Erardo Marck.
1012. Vernerò Vemerio.
i53o.
Bernardo Clesio Closs.
1048. Altowino Adorino.
i544.
Ottone Truchses.
1057. Brunone Bennone.
i56i.
Marco Sittico Altemps.
1073. Deodato.
1576.
Andrea d'Austria.
108 3. Teodorico.
1577.
Alberto d'Austria.
1599.
Francesco Dieti'ichstein.
Secolo XIL
•^ ^^
Secolo XV II.
1 1 35. Tèodewino o Teodino.
1 144. Nicolòw
Secolo XIII.
i2o5. Ruggiero.
1212. Sigìfrìdo Eppenstain.
I2i6. Conone d' Urrach.^
1619. Ferdinando d'Austria.
1621. Itelio Federico ZoUeren.
1626. Ernesto Adalberto d' Har<
rac.
i652. Federico d'Assia.
1667. Guidobaldo de Tbuiin.
100 GER
1671. Bernardino Gustavo Adolfo
di Baden.
1686. Sigismondo KoUonitz.
1 686. Massimiliano Gandolfo Keim-
burg.
1686. Guglielmo Fui^temberg.
1700. Gianiìlippo Lambergh.
Segolo XVIII.
1 706. Cristiano Augusto de' du-
chi di Sassonia-Zeilz.
1 7 1 2. Volfango * Annibale Sclii*at-
tenbach.
1 7 1 3. Damiano Ugo de Schonbron
Buchain.
1727. Filippo Giuseppe Lodovico
Sinzendorf.
1727. Leopoldo KoUonitz.
1787. Giuseppe Domenico Lam-
bergh.
1747. Armando Trojer.
1756. Giuseppe Trautsohn.
1756. Francesco Corrado Casimi-
ro de Rodi.
1761. Francesco Cristoforo de
Huten.
1761. Cristoforo Migazzi.
1772. Leopoldo Ernesto Firmian.
1778. Gio. Enrico Franckenberg.
1778. Giuseppe de Bathyan.
1779. Francesco Herzan de Har-
ras.
1789. Giuseppe Francesco di Pao-
la Aversperg.
Segolo XIX.
i8o3. Antonio Teodoro Colloredo.
18 16. Maria Taddeo Trautraans-
dorf.
1816. Francesco Saverio Salm.
1819. Ridolfo Giuseppe Ranieri
d' Austria.
1824. Carlo Gaetano Gaysruck.
1 84 1 • Federico Giuseppe Schwar*
seaberg.
GER
Le antiche nazioni tedesche che
professavano il gentilesimo, aveva-
no però dei principi! di religione
molto pih consentanei alla ragione
che i greci ed i romani. Qualche lu-
me del cristianesimo fu portato verso
la fine del secolo VII da Chiliano
vescovo irlandese, da Suidberto ed
Ewaldo inglesi, e da Roberto di
Wormazia, che fissò la sua sede
a Salisburgo. La predicazione del
Vangelo in Germania continuossi
nel secolo Vili da Corbiano di
Chartres, e con successo maggiore
da Vinfredo inglese^ ordinato in
Roma, come meglio diremo, ve-
scovo de' tedeschi di là del Reno
verso Tanno 728, a cui fu dato
il nome di Bonifacio. Egli si af-
faticò moltissimo per promovere
insieme con la cristiana religione,
anche l'ubbidienza alla Chiesa ro-
mana, ed alla sua liturgia. Carlo
Magno verso Tanno 800, dopo
aver fatto la guerra ai sassoni pel
corso di trent'anni, e averli sog-
giogati, ebbe la consolazione di ve-
derli abbracciare il cristianesimo,
massime quando il re loro Wit-
tekindo si fece battezzare. Car-
lo Magno fondò molti vescovati
e monisteri, e generosamente li
dotò. Anche Lodovico 1 il Pio,
figlio di Carlo Magno, arricchì le
chiese cattedrali ed i monisteri
con splendide donazioni d'interi
paesi, in che fu imitato da altri
principi. La rilassatezza della di-
sciplina ecclesiastica che nei tempi
di mezzo si era introdotta anche
in Germania^ precedette al princi^
pio del secolo XVI la famosa pre-
tesa riforma dell'ambizioso Martino
Lutero, che disgraziatamente fu
adottata da una parte della nazio^
ne, mentre un'altra seguì quella
egualmente en*oiiea di Calvino, e
GER
ben presto la Germania fu divisa
in tre culti, cioè nella religione
cattolica, nel r evangelica luterana,
e nell'evangelica riformata o cal-
vinista, divisione introdotta prima
dal preliminare trattato di Passa-
via, poi dalla pace formale dì re-
ligione fatta solennemente in Au-
gusta, e quindi sancita con alcune
modificazioni nella pace di West-
falia l'anno 1648. In processo di
tempo molte sette s' introdusse-
ro, e fra queste diverse che non
aderivano a veruna delle tre no-
minate religioni, ^ma alle quali,
ciò non ostante, accordavansi in
alcuni luoghi il libero esercizio del
culto loro. Diconsi le prime quel-
le degli hernuti, dei gutelieni, e
dei mennoniti: al presente però
Je sette sono pochissime. Una in-
tiera libertà di coscienza, o a me*
glio esprimersi, la politica tolleran-
za di religione, nel i8i5 pubbli-
cossi nel congresso di Vienna, co-
me una delle prime leggi fonda-
mentali della presente confedera-
zione germanica. I cattolici sono
più numerosi negli .stati austriaci,
in Baviera, nei ducati di Baden e
di Luxemburgo, nelle provincie del
Reno, nel Wiirtemberg, nelle due
Assie, e nell'Annover. Negli al-
tri stati i luterani e i calvinisti
hanno una assoluta maggioranza.
All'articolo Europa {Fedi), notam-
mo le forme dei diversi governi di .
Germania, e i culti che in ogni
stato si professano, e quello E-
^angelico lo indicammo pure a
quell'articolo. Dividendo quindi
gli abitanti della Germania secon-
do i loro culti e professioni reli-
giose, giusta i più recenti calcoli,
sono i cattolici quindici milioni
noveceutomila ; i luterani dodici
milioni cinquecentomila; i calvi-
GER lot
nisti due milioni; gli ussiti, ber'
nuti ec. venticinquemila; i greci
quattordicimila; i mennoniti due-
mila cinquecento; gli ebrei cinque-
centomila, sommando il totale di
tale statistica a trenta milioni, no-
vecento quarantunmila e cinque-
cento abitanti, più o meno secon-
do i diversi calcoli.
Il novero degli arcivescovati e
vescovati di Germania è riportato
all'articolo Diocesi. I principali sta-
ti, le città arcivescovili e vescovili
antiche ed odierne, e tutti i luo-
ghi in cui fu tenuto anche un so-
lo concilio , di questa regione di
Germania, hanno articoli nel Dì-
zionariOf ed in essi naturalmente
molto si parla delle cose e della
storia germanica, civile e religiosa,
e di tuttociò che vi ha relazione, il
che forma eziandio argomento dt
altri articoli; laonde in questo accen-
neremo compendiosamente i prin-
cipali tratti della storia germanica.
In quanto alle missioni cattoliche
negli stati della confederazione ger-
manica, primieramente diremo che
Ferdinando Furstemberg vescovo
di Paderbona e di Munster, che
fioriva nel 1682^ volle che pei*«
corressero ogni parte della sua va-
sta diocesi due padri della compa-
gnia di Gesù. Ritraendo da ciò
grandi vantaggi spirituali, legò la
rispettabile somma di cinquecento
mila imperiali pel mantenimento
di trentasei religiosi Isella stessa
compagnia per la propagazione del-
la fede nelle parti settentrionali di
Europa, e nelle parti orientali del-
l'Asia. Questa è l'origine della fon-
dazione Ferdinandea, da cui alme-
no in parte trovano da mantenersi
i missionari del settentrione della
Germania; nel 1802 fu risoluto
che tutti i frutti di quel cospicuo
102 GER
capitale fossero impiegati unica-
inente per le missioni settentriona-
li. Esiste in Roma il celebre Col-
legio Germanico (Fedi)^ istituito
in principio da s. Ignazio e da
Giulio III , conferqaato ed arric-
chito da Gregorio XIII, a vantag-
gio dei paesi settentrionali germa-
nici, al quale collegio poco dopo'
uni r Ungarico dal medesimo Pa-
pa fondato. Sì trovano in Germa-
nia tre vicariati apostolici, dipen-
denti come le missioni dalla car-
dinalizia congregazione di propa-
ganda fide, nel di cui Collegio Ur>
bano (Fedi), talvolta viene am-
inesso per alunno qualche tedesco,
I vicariati sono in Osnabmck, io
presda, e nei ducati Anhaltini.
Il vicariato apostolico di Osna-f
bruck che prima esìsteva in Pa-
derbona, è ora stabilito in Osna^
brucL A} presente monsignor Car-
lo Antonio LupLe, fatto dal re-
gnante Gregorio XVI vescovo di
Antedona m parlibusg a' ;^6 feb-
braio i84r, è amministratore apo-
Utolico della diocesi di Osnabruck,
non che pro-vicario apostolico del
vicariato apostolico delle missioni
lOettentHonali. La popolazione cat-
tolica del regno di Annover di cir-
ca duecento diecisette mila, nella
inaggior parte ritrovasi nella prò-
'Vincia d' Osnabruck. lue missioni
appartenenti di presente al vica-
liato sono Amburgo, Altona, Gluk-
Stadt, Lubecca, Brema, iSchweriq,
Xiudwigsiust, e le altre della Da-
nimarca. Nel distretto della città
di Amburgo la popolazione catto-
lica è di tremila individui ; vi è
lina chiesa ed una scuola cattoli-
ca. Sonovi de' cattolici ne' sobbor-
ghi di s. Paolo e di s. Giorgio,
nelle città di Bergedorf e Vienan-
deD^ e nel baliaggio di Ritzebutel,
GER
dove avvengono frequenti conver-
sioni. Nel distretto di Lubecca ev-
vi una cappella con più di due-
cento cinquanta coo^unicanti, ed al-
tri in più luoghi del granducato
di Mecklemburgo - Strelitz , e nei
ducati di Holstein e Lauenburgo.
I missionari del distretto visitano
i cattolici di Lutin, città del gran-
ducato di Oldemburgo, ove esiste
un oratorio. In Brema vi è una
chiesa ed una scuola cattolica. A.
questa missione sono annessi vari
paesi del vicino regno d' Annover,
ed inoltre Hamstede, Vegesack,
Bremerhafen, Brinkum, Lillenthal,
^remerlke, e Klosterleven : il nu-
mero di comunicanti supera i due-
mila. In Schvrerin capitale del gran
ducato di Mecklemburgo • Schwe-
rin, vi è una chiesa , una scuola
cattolica e duecento cinquanta co-
municanti ; i missionari visitano i
cattolici alla distanza di molte mi-
glia dalla città, come anche la cit-
tà di Putzow che ha venti comu-
nicanti, e Rostoch che ne ha qua-
ranta. In Ludwìgsiust vi è una
missione che sì estende alla città
di Qrabovr, Nevrstadt, Parchim,
Domitz, ec. ; vi i una bella chiesa
fondata a spese del fu granduca
Federico Francesco, e vi sono set-
taqtacinque comunicanti. Antica-
mente dipendevano dal vicario a-
postolico delle missioni del nord
della Germania le missioni ancora
situate nel regno di Prussia; ma
nel i8ai, per una convenzione tra
la santa Sede ed il re di Prussia,
esse furono unite alla diocesi di
Breslavia, per cui ne faremo breve
menzione. I luoghi delle missioni
di Brandeburgo erano Berlino ,
Posldam, Spandau, Francfort sul-
r Oder, Magdeburgo ed Ralla, coq
sei chiese 9 eoa ventiquattro mìls^
GER
settecento cattolici. I luoghi del-
ìe missioni della Pomeriaua, sono
Stransulda, Starrgarda,Steltìno, G)s-
lin ; yi sono cinque chiese o cap-
pelle, uà ospedale, con due mila
trecento sessanta cattolici.
Il iricariato apostolico di Dresda
nella Sassonia, comprende tutto il
regno di Sassonia, meno l'alta Lu-
sazia eh' é soggetta al decano di
Budissina. Si estende anche al gran-
ducato di Saxen*Weimar, e ad Al-
temburgo , con trentamila cento
quattro cattolici. In Dresda i catto-
lici sono cinquemila, e vi hanno
due chiese,, in Lipsia vi sono sei-
cento cattolici, in Hubertsburg tren-
ta, in Ànnaburg cento, alcuni in
Freyberg, e nel ducato di Altem-
burg. Ultimamente ne fu eletto
\icario apostolico monsignor Fran-
cesco Lorenzo Mauvermann, cano-
nico di Budissina che risiede in
Dresda. La famiglia reale di Sas-
sonia professa la religione cattoli-
ca, a cui ritornò fino dal 1697.
11 vicariato apostolico di Anhalt,
comprende i ducati di Anhalt-Coe«
then, Anhalt-Dessau, e di Anhalt-
Beruburg. Monsignor nunzio a pò*
stolico di Baviera è incaricato del-
la amministrazione spirituale del
vicariato. I luoghi della missione
sono, Coethen ove è una parroc-
chia eretta da Leone XII, ed as-
sistita da' gesuiti, due chiese, una
scuola, ed un ospedale servito dai
religiosi di s. Giovanni di Dio;
Dessau che ha venticinque cattoli-
ci ; e Zerbst e Bernburg che ne
hanno cinquanta. 11 duca Federico
Ferdinando di Anhalt- Coethen, col-
la sua consorte Giulia contessa di
Brandeburgo sorella del re di Prus-
sia, nel 1825 abbracciarono la re-
ligione cattolica dopo aver a' 24
ottobre abiurato il protestantismo
GER io3
avanti l'arcivescovo di Parigi ; al
quale duca morto senza successore
nel i83o, subentrò il fratello pro-
testante, che si mostra favorevole
ai cattolici. Leone XII al duca Fe-
derico inviò l'ordine di Cristo eoa
croce gioiellata ; ed il regnante Gre*
gorio XYI nel soggiorno che ha
fatto in Roma la serenissima e piis* .
sima duchessa gli ha dato contras-
segni del suo paterno afifetto e sti-
ma ; e mentre la duchessa era a
villeggiare in Frascati nella villa
Montai to, ora del collegio Urbano,
l'onorò il Papa di visita in recarsi
all'eremo de' camaldolesi, a' i4 ot-
tobre i83[. La Lusazia inferiore,
ed una gran parte della superiore
appartiene alla Prussia : la Lusa*
zia fece parte del vescovato dì
Misnia, ma questo essendo dive-
nuto luterano, la chiesa di Budis-
sina capitale della Lusazia, ove fi*
no dal 121 3 era stata eretta una
collegiata di dieci canonici , il de-
cano de' quali era superiore eccle-
siastico di tutta la Lusazia, restò
sempre attaccata alla religione cat-
tolica. La santa Sede gli conferì
l'autorità e giurisdizione spirituale,
la quale ancora conserva, ed il
decano eletto dal capitolo, è pei*
lo più insignito del carattere ve-
scovile. Risiede in Budissina con
tre canonici, gli altri servono le
parrocchie: iu Neocelia vi sono
due chiese , e duemila cattolici.
Nel granducato di Baden i catto-
lici ascendono ad ottocentocinquan-
taduemila ottocento ventiquattro.
Vi è r arcivescovato di Friburgo
che ha tre chiese cattoliche, tre
conventi, due ospedali, un ospizio
per gli esposti , ed un monte di
pietà. Warmbac è residenza di un
parroco. Nel regno di Wiirtemberg
i cattolici ascendono a cinquecento
io4 GER
dodicimila trecento trentatre. In
Stuttgard vi è una chiesa cattoli-
ca , come anche in Bottemburgo ,
Gravenek, e Loroberg : in Rotlem-
burgo risiede un vescovo titolare,
dappoiché anche il reame di Wìir-
temberg ha il suo vescovato nel-
la città di Rottemburgo, eretto da
Pio VII colla bolla Provida so-
lersque de' i6 agosto 1821, e da
Leone XII colla bolla Ad Domi-
nici gregis degli II aprile 1827,
mediante le quali vennero in pari
tempo circoscritte ed erette le cin-
que sedi vescovili, che formano la
COSI detta provincia ecclesiastica Su-
perioris Rkeni: queste sedie sono
quelle di Rottemburgo nel detto
regno di Wiirtemberg, di Magon-
za nel granducato di Assia-Darm-
stadt, di Limburgo nel ducato di
Nassau, di Fulda nell'Assia eletto-
rale , e r arcivescovato di Friburgo
nel granducato di Baden. Le det-
te bolle trovansi stampate da C.
E. Weiss, nel Corpus juris cecie*
siastici cathoUcorum hodierni quod
per Germaniam obtinet , Gissae
i833, pag. 186 e ai 5. Queste
sono le piti recenti notizie sulle
missioni cattoliche negli stati della
confederazione germanica.
In Roma diversi principi sovra-
ni di detta confederazione, per gli
affari ecclesiastici , tengono presso
il sommo Pontefice i loro rappre-
sentanti, cioè r imperatore d' Au-
stria vi tiene un ambasciatore , il
i*e di Baviera un inviato straordi-
nario e ministro plenipotenziario ;
il re d' Annover un ministro resi-
dente; il re di Prussia un mini-
stro residente; ed il re di Wiir-
temberg un incaricato d'a£&ri. Al
presente vaca V incaricato d' affari
del granduca di Baden. Oltre a
ciò in Roma la Prussia ha un
GER
console generale residente, la Sas-
sonia un agente regio residente, e
il re di Wurtemberg un console
per tutto lo stato pontificio resi-
dente. La santa Sede poi tiene in
Germania due prelati nunzi apo-
stolici con carattere arcivescovile ,
cioè in Vienna ed in Monaco; di
che si parla ai loro articoli, men-
tre a quello di Colonia si è detto
dell'antica nunziatura di Colonia.
E noto che i nunzi apostolici han-
no la condizione e il carattere di
ambasciatore, e godono la prece-
denza sugli altri ambasciatori, sen-
za eccezione alcuna. INel congresso di
Vienna fu confermata la precedenza
de' nunzi, e fu stabilito che nei luo-
ghi ove interviene il corpo diplo^
matico, inclusivamente alle funzio-
ni che celebra od assiste il Papa,
ciascun membro del medesimo pren-
da il posto a seconda della data
della presentazione delle sue cre-
denziali, senza distinzione alcuna
tra ministri cattolici, e ministri pro-
testanti. Di quanto riguarda gli am-
basciatori imperiali antichi, e l'am-
basciatore d' Austria presso la san-
ta Sede, se ne tratta ai rispettivi
articoli o luoghi del Dizionario^
Ambasciatori, Ingressi in Bomi ,
Udienza, Conclave, ec. ec., ed a
quest' ultimo articolo è riportata la
descrizione del cerimoniale e pom-
pa, con cui si portò al conclave
per morte di Leone XII Fodierno
ambasciatore dell'impero d'Austria,
il saggio e religioso conte Rodolfo
di Lutzow, che lo è pure del gran-
duca di Toscana, e della duchessa
dì Parma. Inoltre in Roma avvi
il prelato uditore di rota per l'im-
pero austriaco. L'uditorato di rota
tedesco è antichissimo, come si di-
rà al relativo articolo, trattandone
il Bernini a pag. 5o, // tribunal
CER
della s. rota romana, ove pur di-
oe dell'uditore di rota milanese,
al presente non più esistente. La
Germania ha inoltre in Roma il
Chierico nazionale del sacro col-
legio ( F^edi).
La nazione germanica ed au-
striaca ha in Roma l' imperiale
e regia chiesa di s. Maria del-
l' Anima, con contiguo ospizio. Teo-
doro Amydeno, De pietate roma*
na, a pag. io, ecco come descrive
l'origine della chiesa e dello spe-
dale. » Hinc omnium nationum
ad eam concursus, quae propterea
hospitia introduxere nationalia, quo-
rum primum honoris caussa sit
teulonicorum sive teutonum, Vir-
ginum sub titulo de Anima dica-
turo. Originem habuisse fèrunt an-
tiquam satis de anno videlicet 1 35o,
sedente Clemente VI et imperante
Carolo l'V ex caussa jubilaei, a
quìbusdam hujus nationis- homini-
bus; qui cum prole carerent pro-
prias aedes hospìtalitati peregrino-
rum qui e provinciis imperio sub-
jectis Romam venirent destìna-
runt, templumque licet, non valde
amplum Virgini statuerunt; con-
ditone apposita, ut inibi prò sa-
lute animarum suaruro apud Deum
effunderentur, a suscipiendis hospi-
tìbus praeces; et inde Beatae Ma*.
riae de Anima invenìt nomen. Le-
guntur in codice nationaii in eo-
dem ospitio asservato. Collata plu-
rium teutonum stipe, quorum no-
mina Henricus Marwede de anno
i463 in praefatum codicem retu-
lit , sensim hospitium excrevit ".
In fatti negli autori che scrìssero
In storia degli anni santi, si legge
che in quello fatto celebrare da
Clemente VI, i tedeschi e gli un-
p;heri si portarono a Roma per
l'indulgenza del giubileo in grog-
GER io5
gè e a torme grandissime, e che
per mancanza di alloggi stavano la
notte a campo aperto stretti in-
sieme per il freddo, aiutandosi con
gi*andi fuochi.
Carlo Bartolomeo Piazza nel-
YEusevologio romano tratt. II, cap.
XI, Dello spedale dei teutonici al'
V Anima^ dice che per teutonici
s' intendono tutti i popoli soggetti
al sacro romano impero, i quali
riconoscendo la dignità ed onore
del medesimo impero trasferito dal-
l' oriente nella Germania dalla san-
ta Sede apostolica, a questa fu-
rono sempre devotissimi, dacché
ricevettero il lume della fede, e
perciò molti abitanti di quelle pro-
vincie costumarono di portarsi in
Roma alla visita de' luoghi santi
con gran fervore e divozione. Ag*
giunge che sino dal i4oo per be-
neficio de' medesimi popoli germa-
ni o teutonici, nello stesso tempo
che fu eretto il nobile tempio det-
to dell' Anima, nel rione di Pon-
te, fu aperto un ospedale da Gio-
vanni di Pietro fiammingo, e da
Caterina sua moglie per le due
nazioni fiamminga e tedesca, do-
nando a tale effetto tre loro case,
e molto denaro. Crescendo poi la
divozione di tali popoli pel pio
luogo, nellampliazione della chie-
sa fu anche l'ospedale od ospizio
accresciuto di fabbrica e dì ren-
dite, massime per la generosità di
Teodoro Hiem paderbonesc, cano-
nico della cattedrale di Maestricht,
il quale però volle che lo spedale
servisse ancora pei popoli della
bassa Germania, cioè del Braban-
te, dell'Olanda, della Zelanda, e
della Gucldrìa ; pia disposizione
che si dice fatta verso l'anno 1 5oo.
Il medesimo Piazza nel trall. Vili,
cap. V della Confraternita nazio-
io6 OER
naie dell* Anima de taitonici, dice
che neiraoDo santo del giubileo
1 5oo, celebrato con fervore da Af
lessandro VI, risvegììossi nella na-
zione germanica o teutonica il re-
ligioso desiderio di erigere Della
chiesa di s. Maria dell' Anima , e
sotto questa invocazione, ma senza
sacchi, una confraternita, la quale
nel i5i4 provvide la chiesa di sa-
gre suppellettili, ed altro pel di-
Tin.culto. Stabilì dodici cappellani
nazionali, il maestro di cappella,
r organista , il sagrestano , ed un
sufficiente numero di chierici, as-
sumendo il governo del contiguo
ospedale, in cui si ricevevano i nar
rionali bisognosi, che per divozione
recavansi alla capitale del cristia-
nesimo. A questi il sodalizio dava
ivi l'alloggio ed il mantenimento
per otto o dieci giorni , e piii se-
condo le circostanze; e talvolta a
quelli ch'erano bramosi di stabilirsi
in Roma, procurava impieghi a
tenore della loro abilità e condi-
zione. Se poi erano infermi si oc-
cupava la confraternita della loro
guarigione, con esemplare carità
cristiana. La confraternita assunse
per insegna l'aquila imperiale con
due teste, avente in petto l'effigie
(di Maria Vergine col divin Fif
glio in braccio, e due figure nude
genuflesse lateralmente, con le ma-
ni giunte e gli occhi rivolti alla
]lfadre di Dio, come rappresentanti
le anime de' fedeli rivolte a sup-
plicarla, acciò le difenda, protegga
^ aiuti nel punto di morte. £ qui
poteremo che il Panciroli ne' Te^
fori nascosti di Roma, parlando a
pag. 463 della chiesa ed ospizio di
s. Maria dell'Anima della nazione
tedesca, dice così chiamatasi per una
immagine di marmo della Madon-
|ia che ivi si venerava^ con alcune
6ER
anime in forma simbolica di fan-
ciulletti nudi al disotto, ed oranti.
Ridolfino Venuti nella sua Roma
moderna a pag. 4^^ descrivendo
la chiesa di s. Maria dell' Anima ,
e l'ospedale de' teutonici, narra che
fu edificata dal suddetto Giovanni,
ed ampliata da altri nazionali con
pie limosine, e dedicata alla Beata
Vergine sotto il titolo dell'Anima,
per essersi trovato in questo sito
un'antica immagine della ss. Ver-
gine sedente tra due figure genu-
flesse, rappresentanti con la loro
maniera e positura due anime dei
fedeli ; il perchè ne fu scolpita co-
pia in marmo, e posta sopra la
porta della chiesa, ed altra in pit-
tura collocata per quadro nell'al-
tare maggiore.
Racconta ancora il Piazza che
anticamente nella medesima chiesa
furono erette due confraternite sot-
to il titolo di s. Anna e di s.
Giacomo apostolo, nelle cappelle di
8. Caterina vergine e martire, e
di s. Barbara. Dice pure che la
principale festa del sodalizio è quel-
la della Natività di Maria che ce-
lebra solennemente, e che nella do-
menica in fra l'ottava del Corpus
Domìni, con altrettanta pompa ec-
clesiastica fìi la processione col ss.
Sagramento. Di questa processione
se ne riportano le particolarità nei
Diari di Roma del secolo passato,
ove si legge che il luogo per ove
passava era coperto di tende, con
intervento di cardinali in cappa
invitati dall' ambasciatore dell' im-
peratore, il quale con torcia pre-
cedeva il ss. Sagramento, ch'era
seguito dai cardinali pure con tor-
cie. 11 Piazza nell'edizione del 1679
delle Opere pie di Roma, che am-
pliate nel 1698 pubblicò col titolo
di Eusevologio^ a pag. lao parla
GER
dello Spedale de teutonici alt A"
nima, ed a pag. 574 della Con*
fraternità deW Anima de* teutonici.
11 citato Amydenio aggiunge che
il cardinal Willelmo o Guglielmo
Enchenvoer d'Utrecht »> priori teoa-
pio solo acquato, alterius capacio*
riSy et augustioris formae, ut nunc
videmus, construendi auctor fuit
cui inscrìptio:
TEMPLUM BEATAE M ABI AB DB AlflMi
HOSriTALIS TEUTOiriCOBUM. MDXIIII.
Domum deìnde quam habitabat,
nec non alias adjacentes e quibus
quotannis , non spernendus redit
census; hospitio et ecclesiae testa-
mento addici t; ao in ea ut ex se-
pulchri inscriptione bumari voluit",
che riporta a pag. 1 1 , leggendosi
nella seguente quella che pose ad
Adriano VI nella detta chiesa al
monumento marmoreo da lui cr
rettogli per gratitudine. Quindi
continua rAnriydenio a dire, quan-
to il cardinale fu magnifìco con
la chiesa ed ospizio a vantaggio
degli abitanti della Germania infe-
riore e superiore, e del luogo e
casa separata ove si alloggiavano
^d alimentavano le donne di tal
nazione, figlie o mogli de' tedeschi
ivi ricettati ; che molti imitarono il
cardinale neiraccrescere le rendite
della chiesa e dell'ospedale, al go-
verno di cui fu posta una compa-
gnia di dodici o quattordici nazio-
nali, per regolarae l'amministrazio-
ne, e l'esercizio dell' ospitalità pei
poveri tedeschi; e che gl'inservien-
ti al divin culto stabilironsi ad nu-
tum congregationis, onde potersi
rimovere per qualche ragionevo-
le causa.
11 Cardella nella biografia del
cat'dinfile Eochenyo^v» dice che ol-
GER 107
tre l'aver fiitto costnifre un no-
bile e splendido mausoleo nella
chiesa di s. Maria dell'Anima di
Roma, ricco di superbe scoltu-
re ed opere di rilievo, gettata a
terra l'antica chiesa, ne fabbricò
una nuova assai magnìfica come
si vede di presente, ed a cui donò
la casa nella quale egli medesimo
abitava, con alcune altre convicine.
Nella Descrizione del viaggio di A*
driano VI dalla Spagna fino a
fioma^ di Biagio Ortiz suo fòmi-
gliare , si descrivono le gesta di
questo cardinale chiamato anche
Incfort , ed Enckenvoirtio come
dicemmo alla sua biografia, già
agente in Roma del cardinal A-
driano prima che divenisse Papa,
ed al quale portò da parte di Leo-
ne X il cappello cardinalizio nella
Spagna. Fu pure procuratore ii|
Roma dell* imperatore Carlo V ,
concorrendo questi colle di lui i-
stanze, fatte a mezzo del conte di
Cabra oratore cesareo ad Adriano
yi, a ciccarlo cardinale tre giorni
prima di morire. L'annotatore deU
rOrtiz riporta 1' iscrizione posta ai
sepolcri di Adriano VI, e del car-
dinale nella chiesa dell'' Anima, ia
cui dopo alcun tempo fu traspof^
tato dalla basilica vaticana il pon-»
tificio cadavere nel i53o. Diversi
scrittori notarono avere Adriano
VI riedificato ed abbellito la chie^
sa dell'Anima , fva* quali Fioravan-
te Martinello, nella sua Roma ejp
ethnica sacra, pubblicata nel 1653,
nel qual tempo V ospedale era al
dir suo in decadenza , notandola^
a p. 337, nella categoria De tem-^
plis sanctorum obsoleùsj a p. 183
riporta un epitaffio eretto nella
chiesa a Clemente II natione ger-
mano de gente saxonum, da Gio.
Godefi*edo vescovo di Bamberga^^
io8 GER
e legato deirimperalore Mattia al
Pontefice Paolo V, portante l'epo-
ca del i6i3. Ivi pur si leggono
due altri epìtafTl in versi, collocati
nella medesima chiesa, uno di Gio.
Burckardus d' Argentina maestro
delle cerimonie pontificie, morto
nel 1 5o5, eretto nel 1 5 r 7 ; Tal-
. tro di Michele Muler d'Offemburg,
dotto canonico di Bressanone, morto
nel 1479» ^7 novembre. Nelle No-
tizie isioriche deW oratorio della ss.
Comunione, del p. Memmi gesuita,
a p. t2 1 e seg. si legge della mis-
sione fatta nel 161 3 nella chiesa
deir Anima dai gesuiti, essendo su-
periore della chiesa nazionale mon-
signor Manderò , e della solenne
comunione generale fatta con mol-
ta edificazione d^il nominato mon-
signor di Bambcrga, ambasciatore
straordinario per rendere ubbidien-
za al Pontefice in nome dell'im-
peratore Mattia poc'anzi assunto
al trono. Nei Diari di Roma so-
no riportate le funzioni fatte in
questa chiesa con pompa straordi-
naria, e quando fu visitata dai Pon-
tefici, ed «il modo come si celebra
la festa onomastica degrimperalo-
ri regnanti. Dai medesimi Diari
del 1 7 1 8 , abbiamo analogamente
diverse notizie. Nel numero Si e
nell'aggiunta riportasi la relazione
del battesimo della figlia del conte
di Gallas ambasciatore in Roma
dell'imperatore Carlo VI, tenuta
al sagro fonte dal Papa Clemente
XI, e dall'imperatrice. Il cardinal
Albani nipote del Pontefice rappre-
sentò lo zio recandosi alla chiesa
di s. Maria dell'Anima col corteg-
gio di ottantotto prelati. La leva-
trice colla neonata furono portate
in nobile sedia. Monsignor Stampa
nunzio di Firenze, supplendo alle
cerimonie prescritte dalla Chiesa ,
GER
che non furono eseguite quando
hi bambina ebbe l' acqua partico-
larmente, fece la funzione secondo
il costume de'grandi. L'imperatrice
venne rappresentata dalla duches-
sa di Bracciano che ti si recò con
cinque carrozze, la prima coi ca-
valli guarniti di fiocchi d'oro, quel-
li delle due seconde con fiocchi
neri. Il cardinale pose al collo del-
la bambina una ricca croce con la
reliquia del vivifico legno; ed il
cerimoniere diede in nome del Pa-
pa due medaglie d'oro ed una di
argento alla levatrice ed alla ba-
lia, le quali ebbero ciascuna una
borsa di monete dalia duchessa.
L'ambasciatore fece dispensare ai
poveri trecento scudi. Nel numero
198 del citato Diario avvi la de-
scrizione della conclusione dedica-
ta al medesimo ambasciatore Ce-
sareo in questa chiesa; e della mes-
sa solenne ivi cantata da un arci-
vescovo per la Natività della Bea-
ta Vergine, assistendovi l'amba-
sciatore nel presbiterio contornato
da quaranta prelati ; altrettanti
prelati fecero il simile nel giorno
onomastico dell'imperatore, quan-
do r ambasciatore assistè nel pre-
sbiterio alla messa ^ come leggesi
nel numero ig.
Nel numero 18 del Diario di
Roma dell'anno 1882 si raccon-
ta come nella mattina del primo
marzo, nell'imperiale e regia chie-
sa nazionale austriaca di s. Maria
dell' Anima, si celebrò con gran
pompa di apparato un solenne
rendimento di grazie all'Altissimo^
in commemorazione del quarante-
simo anniversario del glorioso re-
gno di Sua Maestà l'imperatore
e re apostolico Francesco I; che
il conte Rodolfo di Lutzow amba-
sciatore straoi'diaario della Maestà
GER
Sua presso la santa Sede, recossi a
tale effetto accompagnato da tutta
la legazione austriaca alla prefata
chiesa, dove pure intervennero di-
versi cardinali e prelati , non che
tutta la romana nobiltà, che per
titoh e per decorazioni è addetta
alla corte d' Austria. Monsignor
Mattei patriarca d'Antiochia pon-
tificò r incruento sagrifizio, termi-
nato il quale il regnante Pontefi-
ce Gregorio XVI giunse in chiesa
ricevuto dall'ambasciatore, e da
monsignor Ruspoli uditore di ro«
ta. Il Papa pieno di paterno affet-
to verso un si benemerito e pio
monarca, assistette al solenne Te
Deum che indi fii cantato. Nel
su ppli mento poi del numero 32
del Diario di Roma del i844 si
narra come avendo questa chiesa
per le passate vicende diminuita
la splendidezza de' suoi ornati, l'at-
tuale ambasciatore d'Austria conte
Rodolfo di Lutzow, e la congrega-
zione degli imperiali e reali sta-
bilimenti nazionali austriaci in Ro-
ma deliberarono ripararvi. Miglio-
rate le cose dell'ospizio, e restau-
rate le case, vennero ripuliti gli
ornati, i marmi, e le colonne del-
l'esterno ed interno del tempio, cui
furono aggiunte nuove dipinture.
Furono altresì coloriti a guisa di
alabasti'o i pilastri della nave mag-
giore, e quelli delle due minori,
coir adornare le volte di colore
azzurro cosparso di stelle, come si
vede usato in varie chiese edifica-
te ne' buoni tempi dell'arte. Anche
gli avelli e le tombe ebbero re-
stauri. Fu inoltre costruita una
cantoria nuova, sulla porta prin-
cipale d' ingresso, con superbo or-
gano appositamente fabbricato dai
celebri fratelli Serassi di Bergamo,
e di tutto se ne fa memoria nella
GER 109
marmorea isci*izione collocata suU
le pareti dell' ingresso maggiore
della chiesa, riportata in detto
supplimento, ove sono notati ol-
tre i nomi augusti del Pontefice
Gregorio XVI, ed imperatore Fer-
dinando I regnanti, quello dell'amba-
sciatore, e dei deputati della congre-
gazione presieduta da monsig. Pie-
tro de' Silvestri uditore di rota na-
zionale e reggente della chiesa; e sic-
come tutti i ristauri ed abbellimenti
furono diretti dal cav. Giuseppe Fa-
bris deputato provvisore e fabbricie-
re, venne poscia nominato dal lo-
dato imperatore cavaliere dell'or-
dine della corona di ferro. Final-
mente la chiesa fu riaperta agli
1 ( aprile col triduo che doveva
celebrarsi per la festa della ss.
Annunziata, e nel terzo giorno fu
onorata dal sommo Pontefice, che
volle assistere al triduo, dopo il
quale die la benedizione col ss.
Sagramento il cardinal Patrizi vi-
cario di Roma. Il Papa fu ringrazia-
to dall' ambasciatore e congrega-
zione, esternando la sua piena sod-
disfazione per tutto l'operato coi
sacro edifizio a maggior decoro
del divin culto. In quanto al con-
tiguo ospizio o spedale, in esso tut-
tora si ricevono i pellegrini tede-
schi, i quali se a caso cadono
infermi vengono curati in apposi-
te stanze, che se fossero cronici
si manderebbero negli ospedali
pubbhci. Passiamo ora a descrive-
re brevemente l'edifizio della chiesa,
e le sue cose principali.
La facciata esterna si vuole e-
retta coi disegni di Giuliano da
Sangallo nel pontificato di Adria-
no VI, o meglio in quello di Cle-
mente VII: essa è assai semplice,
con tre porte ornate di pregevo-
li marmi, e colonne di pietre mi-
fio GER
sdiie; la sua forma quadra ha M
ordini, tutti e tre corinti, e tut-
ti e tre di pilastri. L'architettura
interna da taluni si crede inco-
minciata dal Braonante, e prose*
guita poi da un tedesco, di cui
s'ignora il nome. Ella ha tre na-
\i egualmente alte, ripartite da pi*
loncini che tirano su fino alla vol-
ta: questi piloncini sono ornati di
mezze colonne ben alte, con qual-
che abbozzo dì capitelli ; le cap-
pelle laterali sono in curiro, di
poco sfondo, ed alte al pari dei
piloncini. Questa specie di archi-
tettura non gotica, ha unità e
grandiosità, ma il santuario è di
stile moderno. La prima cappel-
la a destra di chi entra è sa-
cra a s. Bennone tcscoyo, bel di-
pinto del veneto Carlo Saraceni,
il quale vi espresse il miracolo del
pesce. Nella seconda cappella il
quadro dell'altare rappresenta la
sacra Famìglia con s. Anna, ope-
]*a di Giacinto Gimìgnani: qui
giace sepolto il cardinal Gio. Gual-
tiero 8lusio fiammingo, con busto
scolpito da Ercole Ferrara; le pit-
ture nel di sopra sono affreschi
del bolognese Francesco Grimaldi.
La terza cappella del ss. Crocefis-
so ha delle pitture a fresco con
istorie della Beata Yergiiie del
Sermoneta. Nella quarta cappella
vi é la Pietà in marmo bene scol-
pita dal fiorentino Nanni di Bac-
cio Bigio, il quale avea divisato
d' imitar quella di Michclatigelo.
11 cappellone dell'altare maggiore
fu rinnovato coi disegni dì l'aolo
Posi: la volta è tutta ornata di
stucchi messi a oro, con due pit-
ture a fresco di Lodovico Stern,
eseguite ai lati delle finestre so-
pra l'altare. Il quadro di esso, a-
dorno di marmi fini^ ra|>pre$enta
GER
la sacra Famiglia, di Giulio Roma-
no, che avendo sofferto per le in-
nòndazioni del Tevere, fu ritocca-
to dal Saraceni, e poi con mag-
gior diligenza ristorato. Ai lati di
questo cappellone sono due depo-
siti nobilissimi. Il primo è del Pa-
pa Adriano VI d' Utrecht, edifica-
to con disegno di Baldassare Pe-
ruzzi; è tutto di marmo, e fu
scolpito dal sanese Michelangelo,
e dal fiorentino Nicolò Tribolo.
Consiste in quattro colonnette co-
rintie; nell'intercolunnio maggiore,
eh' è nel mezzo, eVvi un arco sot-
to cui giace la statua del Ponte-
fice, disteso sopra un'urna fra va-
ri ornamenti di scultura, ed un
bassorilievo rappresentante il di
lui solenne ingresso in Roma con
formale cavalcata. Negli interco-
lunni minori sono nicchiette pro-
fonde, con statuette avanti allu-
denti alle virtù che distinsero quel
Papa: il monumento finisce pira-
midalmente con statuetta sulla ci-
ma. L'altro deposito rimpetto è
quello innalzato a Carlo Federico
duca di Julich, Cleves e Bergb,
che morì in Roma nel iSyS, ove
erasi portato per l'acquisto delle
indulgenze dell'anno santo: in esso
si vedono molte sculture del fiam-
mingo Egidio da Riviera, e di
Nicolò d'Arras; il bassorilievo che
rimaneva di sopra rappresentante
Gregorio XIII che dà al duca lo
stocco e il berrettóne benedetti,
fu trasfétìto beli' atidito che mette
alla sagrestia. Vicino alla porta di
questa è il inonUmento sepolcrale
di Luca Olstenio, celebre lettei*a-
to olandese, erettogli dal cardinal
Barberini. Dall' opposto lato, ove al
presente è una memoria Sepolcrale,
Gian- Francesco Penni detto il Fatto-
re vi avea egregiamente dipinto a
GER
fi*esoo un s. Cristofoix), ed nd ro-
mito entro una grotta con lanter-
na. Indi la prima cappella ha per
quadro un Cristo morto colle tre
Marie^ con altre pitture e slìmié-
bili ornati, il tutto eseguito da
Francesco Salviati. Nella seconda
cappella le storie di s. Barbara,
ed il ritratto del cardinal Enchen-
voier sono laTori del fiammingo
Michele G)ckier, il quale con af-
freschi adornò la seguente cappel-
la sacra alla Beata Vergine : la
Annunziala però fu dipinta da Gi-
rolamo Nanni, la Natività e la
Circoncisione dal veronese Marco
Antonio Bassetti. Nella quarta ed
ultima cappella, il martirio di s.
Lamberto vescovo di Maestricht é
opera del Saraceni encomiato; gli
affreschi nella volta sono di Gio-
Tanni Miei di Anversa; i due piccoli
depositi che veggonsi ne' pilastri, il
primo è di Vander d'Anversa, il se-
condodi Adriano Uiyburch di Aleko-
nar, belle sculture di Francesco Du-
quesnoy detto il Fiammingo. Il mo-
numento innalzato al cardinal An-
drea d* Austria, posto a lato della
porta maggiore, è opera di Egidio
da Riviera; all'opposto lato vi è
quello del cardinale Enchen voer,
descrìtto alla sua biografia, bene-
merito riedificatore della chiesa,
leggendosi ueir isscrizione sepolcra-
le, in hac aedc cujus construefi"
dam et oiiiand. adjutor fuit^ etc.
Ultimaniente dalla pietà filiale del
consigliere Commeudatore Ferdi-
nando d'Ohrnsy è Stata posta in
questa chiesa una memoria sepol-
crale al di lui genitore defun-
to Antonio d'Ohms cavaliere del
cesareo ordine di Leopoldo, ec.,
consistente in busto di marmo ,
ritratto del medesimo, collocato
eutro un'edicola, ornata di pila-
GER MI
stri e fronte^izio, ed analoga in-
scrizione con lo stemma gentilizio
della famiglia. Nella sagrestia ar-
chitettata da Paolo Marucellì vi se*
no due quadri con le storie di Maria
a sinistra dell' altare, dipinte dal
Morandi;gli altri due incontro, uno
è di Giovanni Bonatti, l'altro é
di Egidio Alet di Liegi; l'Assunta
nella volta fu dipinta a fresco dal
Romanelli. Sopra la porta di det-
ta sagrestia si legge un'iscrizione
ove si dice che onorarono di loro
presenza questa chiesa Y imperatore
Giuseppe li, ed il suo fratello Leo<^
poldo granduca di Toscatia poi im-
peratore Leopoldo li. Dalla parte
opposta poi havvi un'altra iscri-
zione che celebra la visita fatta a
questa chiesa dall'imperatore Fran-
cesco I e dall'imperatrice Carolina di
Baviera nel 1819. Il campanile di
questa chiesa è in forma piramidale,
coperto di mattoni diversamente co-
loriti, e collocati a guisa di squam-*
ma di pesce. La chiesa è tuttora
uffiziata da un collegio di cap-
pellani, ed in alcuni tempi del-
l'anno vi si predica in lingua te-
desca.
I fiamminghi ebbero già in Ro-
Ina chiesa, ospizio ed ospedale, co-
inè abbiamo detto al voi. XXI V,
p. 238 del Dizionario, Al presen-
te vi è rimasta la chiesa, possedu*
ta dai belgi, dedicata d s. Giuliano,
mantenendo il luogo pio due letti
all'Ospedale de'benefratdlli pei na-
zionali ihferini, ed inoltre soccor-
re con limosiue ì pellegritli nazio-
nali.
Altro piò stabilimento germani-
co id Ronia è quello deirarcicon-
fra terni ta di s. Maria della pietà
in Campo santo. , esistente presso
la basilica vaticana, ove era anche
un ospizio per le donne teutoniche
i<2 GER
pellegrine ed inferme. Oltre quan-
to dicemmo di questo sodalizio e
sue antiche memorie e cimiterio
annesso, air articolo Elemosiniere,
massime al volume XXI, p. i63
e seg. del Dizionario^ qui aggiun-
geremo : che la sua chiesa ha bel-
le pitture, dappoiché nell* altare
maggiore la deposizione della cro-
ce è di Polidoro da Caravaggio, se
pure non è opera più antica. Dai la-
ti i quadri grandi con Tistorie della
B. Vergine furono dipinti da Gia-
como d'Hase d'Anversa, il sepolcro
dei quale con un bellissimo putti-
no di marmo fu scolpito dal sud-
detto Duquesnoy, assai valente in
iscolpire i fanciulli, e si vede dal-
la parte sinistra. Nella cappella a
manca dell'altare è un quadro del
pistoiese Giacinto Gemignani, che
vi effigiò il martirio di s. Erasmo
vescovo e martire, il di cui piede
si venera in questa chiesa; in quel-
la incontro vedesi Y Epifanìa, ope-
ra del ferrarese Scarsellino. Il s.
Carlo Borromeo, e la fuga in E-
gitto neli' altro altare , sono del
fiammingo Enrico, ed il s. Giovan-
ni JNepomuceno sul suo altare è
pittura di Ignazio Stern. La Con-
cezione dell' oratorio annesso al
cimiterio venne colorita da Luigi
Garzi. Entro il medesimo cimite-
rio si vedono in giro le cappelli-
ne in cui sono dipinte le storie
della passione di Gesù Cristo, e
servono per la divozione della Fia
Crucis ( Vedi ). Gasparo Alveri,
Roma in ogni stalo^ part. 2, p.
223 e seg., eruditamente tratta del-
le antichità della chiesa di s. Ma-
ria della Concezione e della Pie-
tà in Campo santo, già scuola o
collegio de'Iongobardi , detta anche
di s. Giustino, finche nel 1460 pre-
se il nome che porta ancora. Dice
GER
che la sua compagnia veste di sac-
co nerOy usando per insegna l'im-
magine della Madonna col figlio
morto in braccio. Parla dello ze-
lo con cui ivi si eseguiva il di vi a
culto, della solenne processione del
Corpus Domini^ che faceva dopo
quella del Papa, del seppellire col
debito funerale gran parte de' po-
veri della regione di Borgo oCit>
tà Leonina, ove la chiesa trovasi,
di altre opere di carità esercitate
dai confrati alemanni, fiamminghi,
e svizzeri della pontifìcia guardia
principalmente ; ed anch' egli fa
memoria dell' elemosina del pane
che in quattro mesi dell'anno di-
stribuivasi alla terza parte de' po-
veri di Roma, e del pranzo che
parimenti in questo luogo i Pon-
tefici facevano dare ogni giorno a
tredici pellegrini, ed ogni venerdì
pane e vino a qualunque povero.
Ma quello ci/ è più importante,
l'Alveri riporta tutte le iscrizioni an-
che di pii legati esistenti nella chie-
sa e nel cimitero, non che le se-
polcrali, fi*a le quali ve ne sono
anche in versi, e & parola del-
le loro arme; molte di queste i-
' scrizioni appartengono ad individui
militi, .uffizialie capitani della guar-
dia svizzera pontificia, a molti fa-
migliari de' Pontefici, agli svizzeri,
belgi, fiamminghi, germani, teuto-
nici, e di qualche altra nazione,
come polacchi, spagnuoli, italiani
ec, prelati, ecclesiastici, secolari di
ambo i sessi, e personaggi quali-
ficati, essendovi i precordi del car-
dinal Andrea d'Austria. Inoltre lo
Alveri descrive le pitture della
chiesa, e confuta Camillo Fanucci
che scrisse avere la regina di Cipro
Carlotta istituita la limosina di
Campo santo, mentre essa solo de-
rivò dalla costante e pia libeialità
GER
dei Papi Terso i poveri, come an-
cor noi avverlimmo al luogo citata
pfella stessa Citlà Leonina (Vedi)^
TI fbrono diverse scuole o ospizi
con chiese^ come de' franchi, dei
sassoni, de* frisoni , de' longobardi
ec.^ i quali abitavano la contrada
e vi avevano ei.*ette chiese nazio-
nali, ciò che dicemmo parlando
della Chiesa di s. Pitti o in Fati-
canOy ed altrove. Il Pontefice s.
Leone III, ad istanza di Carlo Ma-
gno, in detta regione fabbricò una
chiesa, nel sito ove alcuni soldati
avendo combattuto contro i sara-
ceni valorosamente in difesa di
detta basilica ^ e restando uccisi
furono sepolti nelle grotte dell'an-
tico palazzo di Nerone, onde suf-
fragaiTie le loro, anime, e la dedi-
cò a Dio in onore di s. Michele
arcangelo difensore della Chiesa u-
ni versale. Contiguo alla chiesa i
soldati frisoni vi edificarono un o-
spizio, scuola o collegio, dotandolo
di molte annue marche di argento
perchè si pregasse pei soldati nel-
la chiesa sepolti, e perchè vi si
alloggiassero i pellegrini, che dal-
la Frisia per divozic^ne porta vansi
in Homa, per cui la chiesa fu det-
ta anche s. Michele arcangelo dei
frisoni, cui poi fu aggiunto il no-
me di s. Magno per le sue reliquie
ivi collocate, e portate in Roma
dai soldati di Carlo Magno. Su
queste reliquie va consultato il li-
bro intitolato Acta passionisi atqiie
translationis s. Magni episcopi Tra-
nensi, et martyris. Della Chiesa dei
ss. Michele e Magno (Vedi)^ dem-
mo un cenno a quell'articolo; così
al volume II, p. 3o5 del Diziona*
rio parlammo deirarcioonfraternita
del ss. Sagramento ivi eretta.
Il Piazza ci dà le notizie del*
l'antico ospedale che in Roma ave-
YOL. xxi:l.
GER ti3
vano i fomari tedeschi a s. An-
drea della Valle, e dell'unita con-
fraternita di s. Elisabetta: dell'o-
spedale ne tratta tiàX Eusevologio
a pag. 117 del tratt. II; del so-
dalizio a pag. 44 ^^^ tratt. IX; e
di ambedue a pag. i4i e 616
delle Opere pie. Egli dunque rac-
conta, che l'università de' fomari
tedeschi fino dal 1487 sotto In-
nocenzo Vili fabbricò nel rione di
s. Eustachio una chiesa dedicata a
Dìo in onore di s. Elisabetta, vi-
cino a quella di s. Andrea della
Valle^ nella piazza détta di Siena
dall'antico palazzo de' Piccolomini;
e quivi eressero uno spedale per
benefizio degl'infermi fornari di
loro nazione , con dodici letti , e
celebrando ai 2 luglio solennemen-
te la festa delW santa. Lo stesso
Innocenzo Vili approvò con indul-
genze e privilegi la confraternita
che i fornari istituirono senza sac-
chi nella chiesa per meglio uffi-
KÌarla: in seguito però il sodalizio
assunse sacco bianco senza mozzet-
ta^ con lo stemma di s. Elisabet-
ta. Il Bernardini che nel 1754
pubblicò la Descrizione del nuovo
ripartimento de* rioni di Roma ,
pone la chiesa in quello di Pario-
ne; ed il Venuti, Roma moderna^
dell'edizione del 1767, in questo
modo la descrive. O v'era prima
un monistero di monachi i forna-
ri tedeschi fabbricarono la chiesa,
mentre già in quella di s. Agosti-
no id un altare dedicato a questo
santo, nella cappella ad essi asse-
gnata mantenevano un cappellano^
che a tempo del Piazza continua-
vano a tenervi. La chiesa di s. E-
lisabetta minacciando rovina, in un
alla facciata fu rinnovata ed ab-
bellita dalla medesima università
nel i64^^ con vago disegno di Gi-
8
ii4 GER
rolamo Hainaldi, e con tre altari.
Nell'altare maggiore eravi per qua-
dro la Visitazione che fece Maria
Vergine a •. Elisabetta, diligente
dipinto di Giù. Enrico Schenfeld
tedesco ; le pitture a fresco nei la-
ti, e per di fuoii l'esegui France-
ÈCO Cozza. 1 quadri de' due altari
laterali li dipinse Ignazio Stern;
AlessaDdi*o Sai uzzi colori le cose
che si vedevano dal cornicione in
su; Giuseppe Passeri gli evangeli-
iti negli angoli, e le istorielle di
sotto^ come ancora quattro santi
greci; e Stefano Polidoi'i fu il pit-
tore del Padre Eterno, e delle al*
tre pitture verso la porta. Ma i
belli quadri della chiesa, e l'ospe-
dale perirono nelle vicende repub-
blicane del fine del passato secolo,
abitando nel contiguo ospizio il
i^ttoi^ della chiesa, che ne ha cura
per la confraternita.
Anche i boemi ebbero in Roma
un pio stabilimento e ospedale, in-
contro s. Lucia della chiaviai, sta-
bilito fino dal secolo X, come nar-
rano il Fanucci a p. 82 nel suo
Trattato di tutte le opere pie del*
t aitila città di Roma ; e l'Amyde-
nio, De pietate romana p. 34 e
seg. Ecco il Piazza quanto ne scris-
se neìV Eusevologio a p. 83. Nel-
l'anno 931, nel pontificato di Ste-
rno VII detto Vili, Borsivoglio
X duca di Boemia, chiamato pure
Spironco (altri lo chiamano Borsi-
Torgio, o Boi'sivoy I ) con la mo-
glie Lumilla, donna santìssima e
prudenttssima, per le pei*suasìoni
•di s. Eorico I imperatore di Ger-
mania si converti alla religione cat-
tolica con tutti i suoi sudditi, e fu
battezzato da s. Metodio arcivesco-
vo di Moravia. Quindi essendo sta-
to creato re, portossi in Roma con
molti de'sttoi vassalli per visitarne
GER
i santi luoghi, e quivi fisce edifica-
re nel rione Ponte un ospedale di-
rimpetto alla chiesa di •. Lucia
della chiavica, per quei poveri che
dal suo r^no venissero in Roma,
indi lo dotò ed arricchì di molte
entrate, dedicandolo a Dio in ono-
re di s. Metodio. Fu poi il medesi-
mo spedale restaurato da Carlo IV
imperatola re i*e di Boemia, il qua-
le nel pontificato di Innocenzo VI
si portò in Roma nel 1 355, come
dicemmo all'articolo Boemia, par-
lando di questo spedale brevemen-
te. In processo dì tempo, 1' ospe-
dale venendo abbandonato, e per-
ciò non essendo più in uso pei
boemi, a cagione delle politiche e
religiose vicende, servì pei poveii
pell^'ini polacchi, finche fu edifi-
cato il loro spedale nazionale, ed
allora Innocenzo X l'unì allo spe-
dale de'pellegrini, con la condizio-
ne che le rendite si dovessero re-
stituire ai boemi, quando avessero
voluto ripristinai*e 1' ospedale. Nei
primi anni del secolo XI, s. Ste-
fano re d'Ungheria venuto a Ro-
ma a visitare i santi luoghi, eresse
l'ospedale pei suoi sudditi, ora non
pili esistente, di cui daremo un cen-
no, oltre quanto si disse al voi.
XIV, p. 161, all'articolo lineria
(Fedi).
Questi sono gli stabilimenti ger-
manici in Roma che esistevano,
od esistono tuttora; degli altri sta-
bilimenti di nazioni, che sono com-
prese neir odierna o nell' antica
divisione della Germania se ne
tratta ai rispettivi ai*ticóli. Inol-
tre in Roma vi sono i provvigio-
nati dell'imperiale corte d'Austria,
la quale intenta a sempre più
promuovere nei propri sudditi lo
studio delle arti belle, tiene in
detta capitale molti giovani artisti
GER
opproTvigionati, acciocché attendano
tanto alla pittura, quanto alla «col-
tura f che all'architettura. Eglino
¥engono scelti negli stati ereditari
oustriady e nel regno lombardo-
veneto > e sono governati da un
sopraìntendente ; i loro studi tro'»
valisi nel Palazzo di Venezia (Fe^
dt\ residenza dell'ambasciata au*
stt'iaca, ove per lo più espongono
le loro opere» acciocché il pubblico
le vegga.
A maggior intelligenza pei*^ dei
cenni storici che riporteremo sul-*
la Germania, premettei*emo prima
le notizie suir antica sua divisio-
ne geografica, e poscia diremo del
suo governamento politico ed ec-
clesiastico sino air epoca della ri»
voluzione francese. I posteriori av-
venimenti di suddivisioni geogra-
fiche e politiche, e l'istituzione del-
la confederazione germanica, come
da quali stati si compone, lo trat-
teremo in fine di quest'articolo.
Germania è nome comune alla
Germania propriamente detta, e ad
una pozione della Germania bel-
gica. La pi'ima fu anche chiamata
Grande Germania e Germania
iransrenana^ e la seconda GermO'
nla cisrenana. Della Germania pri*
ma o superiore poi, e della Germa-
nia seconda o inferiore^ due pro-
vincie delle Gallie, se ne trattò al-
l' articolo Gallia. La Germania
propriamente detta, o gran Germa-
nia, era un vasto paese dell'Euro-
pa, e posto nel centro, che però
non ebbe sempre gli stessi limiti,
avendogli gli antichi geografi dato
successivamente più o meno di
estensione. Foiifnava la Germania
la maggior parte dell'antica Cel-
tica, ed aveva almeno due volte
più di estensione che l' Àlemagna,
o Germania moderna. 1 romani
GER ii5
dopo aver conquistato la Grecia e
l'Italia» paesi doviziosi, non pen«
iaix>no al certo d'impadronirsi di
quelli dei germani, ove l'avidità
loro non trovava in confronto di
che soddisfarsi, e quindi non ten-
tarono di avanzarsi in una contra-
da allora generalmente miserabile,
di un accesso difficilissimo, irrigata
da fiumi e riviere, e tutta coper-
ta di boschi e paludi. Essi non
penetrai*ono dunque nel suo inter-
no, come fatto avevano nell'Asia,
e temendo i suoi popoli formida-
bili, si contentarono d'impadronir-
si di un*esti*emità della Germania,
in qualche rapporto con la Gallia.
Una o due vittorie sui confini del
paese procurarono il nome di Ger^
manico al generale che le avea ri-
portate. Conosciutasi quindi dai ro-
mani più tardi della Gallia, e non
molto perfettamente ancora, ne de-
rivò che i loix) primi autori par-
larono della Germania in maniei*a
molto inesatta. Si deve a Cesare
la prima descrizione di essa, par-
lando mollo de' suoi abitanti nei
di lui commentari. Quantunque
non nomini in realtà che gii sve-
vi, ch'erano i più bellicosi e pos-
senti, convien credera che la de-
scrizione dei loro costumi conve-
nisse a tutti i germani, non che ai
celti, ed ai più antichi abitanti del-
l'Europa ; mentre i costumi sem-
plici, guerrieri e feroci ch'egli di-
pinge, furono generali, con la dif-
ferenza che i germani li conserva*
rono più a hingo che i gaulesi e
gl'italiani. Lo stesso autore osser-
va che gli svevi amavano di esse-
re circondati da vaste solitudini,
cosa che si osservò pur anco pres-
so i polacchi ed i russi, i cui pae-
si sono limitati da regioni incolte
dal lato della Tai*taria. Dopo la
ii6 GER
descrizione ài Cesare , abbiamo
quella di StraboDe^ che visse sotto
Augusto e Tiberio, i quali unita-
mente a Druso e Germanico ave-
Tano portato le armi loro verso la
Germania, non combattendo però
che i soli popoli i quali trovavan-
si lungo il HenOy dalla sua imboc-
catura sino alla sorgente, e non
oltrepassando la parte occidentale
dell'Europa sino all'Elba, che ta*
gliava la Germania per mezzo. I-
gnorandosi perciò al di là di que-
sto limite la estensióne ed i con-
fini dì questa vasta contrada, non
parla che confusamente delle na-
zioni diverse che V abitavano. Il
quadro tracciato da Pomponio Me-
la ci prova che non se ne aveva-
no maggiori nozioni ne sotto Clau-
dio, ne sotto Nerone. Egli estende
all'est la Germania sino alla Sar-
mazìa^ e ai nord sino all'Oceano;
dipinge i suoi abitanti come selvag-
gi e feroci, poco parlando delle lo-
ro abitazioni. Ciò però non deve
sorprendere, trattandosi allora di
un paese appena conquistato ^ e
oonvenendo quindi attenersi ai rac-
conti degli abitanti stessi.
Plinio posteriormente scrisse le
guerre dei romani in Germania,
ma siccome gli era piii facile co-
noscere gli avvenimenti accaduti
sotto i suoi occhi , che la giusta
estensione di tutto il paese, e le
sue interne divisioni, così quantun-
que tratti la geografia della Ger-
mania con maggior metodo ed in-
telligenza, fece meglio conoscere i
popoli che i paesi. Forse gli stessi
germani non avevano cognizioni
locali che di quelle porzioni di
paese che abitavano. La loro fe-
rocia, e la barbarie delle loro lin-
gue erano di un grande ostacolo
ad ógni specie di comunicazione
GER
fra essi ed i romani. PKnfo divise
gli abitanti di Germania in cinque
grandi nazioni ^ cioè i vindeli, gl'in-
gevonì, gl'istevoni, gli ermioni me-^
diterranei, ed i peucini; ma non
specifica in quale parte della Germa-
nia abitasse ciascuno de^popoli che
assegna alle divisioni predette. Taci-
to contemporaneo di Plinio, ma pi ili
giovane, fu impiegato nella Belgica
sotto Vespasiano. Profittò del van**
taggio del suo posto per procurarsi
delle nozioni suli' interno della Ger-
mania, e sui costumi dei germani.
Siccome non si conoscevano anco-
ra in quei paese le divisioni poli-
tiche, l'autore segna piuttosto quel-
le della natura o geografiche, come
le montagne ed i fiumi ; quanto al
fisico ne forma un quadro svan-
taggioso. Tolomeo fiorito dappoi,
scrisse della Germania minutamen-
te, con dettagliate divisioni e sud-
divisioni : parlando del paese in
generale, dice che i germani non
possedevano alcuna città, non con-
servavano alcun' arte di comodo,
non sofiiìvano che le loro abitazioni
fossero vicine le une alle altre; che
nell' inverno vivevano sotto terra ,
scavandosi delle caverne. Secondo
la più facile e pìii ricevuta opinio-
ne, la Germania era anticamente
limitata al levante dalia Vistola,
che la separava dalla Sarmazia
europea ; al sud dai Danubio, che
la divideva dalla Vindelicia e dal
Norico ; il Reno la bagnava a po-
nente, e la distingueva dalla Gal-
lia; il mare detto di Germania, col
Baltico , la limitava verso il nord.
Oltre i tre gran fiumi che le ser-
vivano di confini, vi si conta an-
cora il Viadro o Oder, e l' Albis o
Ell)a. Questo paese ei*a abitato da
un gran numero di popoli, tutti
compresi in questi tie nomi : iste-
GER
¥oni, ermioDÌ e yindeli» Gl'istevoni
stavano al mezzodì occidentale, si
estendevano fra il Reno e V Elba ,
dal. mare di Germania sino alle
sorgenti del Danubio^ e si divide-
vano in altri dodici piccoli popoli,
fra i quali si distinguevano i frisi
o frisoni, i marsi, i sicambri. Gli
ermioni erano al mezzodì orientale
del Danubio, sino ai vindeli, i quali
occupavano tutta la costa del ma^
re Baltico, e la Chersoneso Cìm-
brica : anche gli ermioni compren-
devano sotto di essi dodici piccoli
popoli, i piti conosciuti de' quali
erano i cherusci , i catti , gli ale-
manni od atamani, i marcomanni,
i quadi. I vindelì contenevano ven-
tuna popolazioni, delle quali le più
distìnte erano quelle degli angli
od angili, eruli o lemoni, goti o
gothi, longobardi, burgundioni o
burgundi, senoni, sassoni, cimbri e
teutoni.
Non deve finalmente ommettersi
anche un'altra divisione generale
della Germania, i.* Germania fra
il Reno e l'Elba, inter Renum et
Alhìm; 2.' Geimania fra l'Elba e
la Vistola, inter Albini et Fistu-
lamj 3." Germania australe fra il
Reno e il Danubio, Germania Au'
stralisj 4.* Germania al di là del-
la Vistola, Germania Trans^^istu-»
lana; 5." Germania al di là del
mare e delle isole , Germania
Transmanna et Insulae, La divi-
sione antecedente sembra più usi-
tata presso gli antichi. La Germa-
nia aveva delle dipendenze verso
il nord e verso il sud. Gli anti-
chi posero verso il nord gl'inge-
voni, divisi in tre parli principali,
come dipendenze della Germania,
cioè la Scandia , la Fcninsia, e le
isole del Seno-Godano. Le Provin-
cie verso il sud dipendenti dalla
GER 117
gran Gei*mania erano la Elvezia,
la Rezia, la Vindelicla, ed il No-
rico. Dal fin qui detto convien
Gonchiudere, che alcun geografo non
ci diede una descrizione esatta del-
la Germania, per la ragione che i
romani non penetrarono mai nel
suo interno. Non riuscendo loro
però di soggiogarla, presero il par-
tito di formarsi una nuova Ger-
mania al di qua del Reno, a spe-
se della Belgica. Svetonio nella vi-
ta di Tiberio osserva che questo
principe durante la guerra contro
i germani, ne condusse nella Gal-
lia da circa quarantamila di quelli
che gli si arresero, assegnando la
dimora loro lupgo il Reno. L'au-
tore stesso asserisce che Augusto
facesse questa operazione, collocan-
do svevi e sicambri nello terre vi-
cine al Reno. Perciò i romani die-
dero il nome di Germania ad un
cantone della Gallia, vicino alla
gran Germania, il solo veramente
da essi conquistato; mentre Varo
avanzatosi un po' troppo nel paese,
oggi chiamato Westfaiia, vi perì
con la sua armata. Gli ubii al di
là del Reno vennero così in odio
agli altri popoli della Germania ,
per essersi dati ai romani^ che do-
vettero trasmigrare al di qua del
fiume. Ciò non ostante non può
dirsi che le armate romane non
s^ogiog^ssjero anche qualche popolo
il cui paese era in parte al di là
del Reno, come i nemeti che sta-
vano nei dintorni di Spira, i van-
gioni in vicinanza di Worms, ed
i tribocci nei contorni di Magon-
za. Siccome però questi popoli era-
no al ponente del Reno, e quindi
relativamente alla capitale de' ro-
mani nella Gallia, così furono posti
sotto quel govei*no, congiungcndo-
li alla Belgica, dai che ne derivò
ii6 GER
cbd utia pdrte della Belgica unita
ad una eslremità della gran Oev"
mania, assunse pur essa il nome
di Germania^ e fu divisa in Ger-
mania superiore ed inferioi*e; lo
che rende vteppìti dimostrato che
la Germania non ebbe sempre gli
stessi confini, né comprese nel suo
seno gli stessi popoli, I romani
pertanto nella loro Germania non
▼i compresero la parte al sud del
Danubio, che corrisponde all'antica
VindeUciai Noricum^ Pannonia e
Baetia : essi la divisero in tre par-
ti, cioè quella fra il Reno ed il
Weser, abitata dai frisoni, cauchi,
sicambri, franchi, ed alemanni;
<juella fra il Weser e l'Elba, abi-
tata dai catti, semnoni, ermunde»
ri, boiani, quadi e maixomanni ; e
quella ùa l'Elba e la Vistola, abi^
lata dai teutoni, angli, sassoni,
borgognoni e longobardi. Da tut-
tocicr si conosce chiaramente , che
la moderna Alemagna o Germania
è piti ristretta dell'antica.
In quanto al governamento pò*
litico ed ecclesiastico della Germa-
nia^ e per rendera ramministrazio«>
ne più facile in tutto l'impero,
la Germania venne composta di
due sorte di stati^ gli uni che di*
pendevano dall'impero, gli altri che
n'erano indipendenti. Quelli che di-
pendevano furono compresi in no-
ne comunità o provincie, cui fu
dato il nome di circoli, cioè : l'Au-
stria, la Baviera, e la Svevia a
mezzodì; la Franconia, l'Alto Re-
no, ed il Basso Reno nel mezzo;
la Westfalia^ l'Alta Sassonia, e la
Bassa Sassonia a settentrione. Gli
stati che non dipendevano dall'im-
pero, e non appartenenti quindi ad
alcun circolo, erano la Boemia, la
Svizzera, ed i Paesi Bassi, prote-
stanti e cattolici, benché tutti com-
6ER
presi sotto il nome di Germania.
Tale fu lo stato politico sino al
secolo corrente, e deve avvertirsi
che vi erano diverse limitazioni
di paesi, o posti in un circolo, e
da altro dipendenti, o aventi se-
parata amministrazione, o godenti
di speciali privilegi. Dopo che la
dignità imperiale si stabilì nell'au-
gusta casa d'Austria, la storia ale-
manna o germanica si confuse con
l'austriaca, laonde il più conside-
rabile fra i principi componenti i
nove cireoli era V imperatore di
tal famiglia. Finché non veniva
coronato dal Pontefice chiamavasi
re de' romani, ma in seguito sen-
za tale solennità portarono il no<-
roe d'imperatori gli eletti a tal
sublime grado. La residenza ordi^
naria dell' imperatore fu ognora in
Vienna, capitale del circolo d'Au*
strìa. I vescovi che non erano prin-
cipi dell' impero venivano quasi
tutti nominati dall'imperatore. Pos-
sedeva egli altresì la Boemia e
l'Ungheria, ed. oltre l'autorità par-
ticolare sugli stati à lui apparte-
nenti, ne aveva una generale sui
nove circoli ; per mezzo quindi del-
le diete, ch'egli presiedeva e di
cui aveva il diritto di fare osser-
vare le risoluzioni giusta le costi-
tuzioni dell' impere, erane egli il
capo tanto in guerra che in pace.
Dopo l'imperatore venivano i prin-
cipi Elettori del sacro romano iw-
pero (Fedi), tre de' quali erano ec-
clesiastici. A questi agginngansi
molti arcivescovi, vescovi, abbati,
abbadesse, principi, duchi, langra-
vi, conti, marchesi ed altri, ch'e-
rano sovrani in casa loro , e che
ciascuno di essi aveva diritto di
mandar deputati alle diete. Oltre
i suddetti stati secolari ed eccle-
siastici compresi nei nove circoli,
GE&
eraniu andie lessantatre città im-
pellali che formavano alti^ettan-
te repubbliche, oltre quelle città
che in vari tempi si sottrassero
dall' impera^ ed erano in numero
di ottantasette: esse formarono in-
di propri territprii indipendenti ,
o passarono sotto il dominio di
nitri principi. V, Ph. Kinpsthild,
Tractatus politico - histoncO'juridi'
€us de dviiatum imperialium jiiH^
bus et privilegìis, Argentorati 17404
Godevano queste di tutte le loro
immunità e dei loi*o privilegi, e
non dipendevano per nulla dai
principi nel territorio de' quali e»
rano esse situate. Tutti questi di-
versi stati, il cui numero ammon-
tava a trecento circa, erano riu-
niti per gl'inteiessì generali sotto
un capo elettivo, che portava il
titolo d' imperatore di Geitnania
come si é detto.
I nove circoli furono divisi fino
al secolo XYI , per lo spirituale,
in Provincie ecclesiastiche, sotto le
metropoli di Magonza , Treveri,
Colonia, Salisburgo, Brema e Mag-
deburgo, le quali avevano sotto di
esse circa ti-enta vescovati suffra-
ganei. Questi prelati oltre l'auto-
rità spirituale su tutti i principati
delle loro diocesi, avevano altresì
un'autorità temporale sopra un
determinato dominio di cui erano
prìncipi, ed alcuni di questi do-
minii furono della estensione di
quelli di qualunque altro principe
secolare. Ma ì principi eretici non
si contentarono di emanciparsi pei*
lo f^piriluale, tanto dai loro pre-
lati che dal sommo Pontefice; essi
trovarono ancora il mezzo d'impa-
dronirsi del temporale delle diocesi
che loro erano le piti vicine : ne
soppressero il titolo ecclesiastico ,
ed avendo mandato de' sorvegiian*
GER 119
ti per adempire le funrioni epi-
scopali, ne riunirono il dominio
e le rendite ai propiì «tati; cib
che fu sancito nella pace di Muh^
ster o Osnabruci nel 1648, ad on-
ta dell'aita disapprovazione e rìpro*
vazione d'Innocenzo X. Così non
vi furono più prelati nelle pit)vin-
cie di Brema e di Magdeburgo;
Colonia e Magonza non conserva-
rono che una parte dei loit> su&
fraganei ; Salisburgo e Treveri ten-
nero tutti i loro. Le prelature che
restarono in Germania, e ch'erano
principati dell' impero, fhrono elet-
tive per i capitoli, e quando na-
scevano dei dispareri, la nominn
era devoluta al Papa« Vi si nomi«
navano spesse volte de' prìncipi, i
quali non cercavano dì averne che
gli onori e le i*endite, senza mai
essere investiti dei carattere epi-
scopale, almeno per l'ordinario; e
sul fine del passato secolo > e siil
principio del presente ve ne luro-
no alcuni che n'ebbero fino a sei,
sì arcivescovati che vescovati ; al-
tri li possedeit>no lungo tempo,
senza neppure essere sacerdoti. Dis-
impegnavano le loro funzioni epi-
scopali per mezzo de' vescovi iti
pariìbnsy che essi dichiaravano suP-
fiaganei con beneplacito pontificio,
ovvero per mezzo di vicari gene-
mli. Quanto agli stati che non ap-
partenevano all'impero, vi fu par-
ticolarmente la Boemia, la quale
ebbe i suoi duchi, poscia i suoi
re fino all'imperatore Ferdinando
I, il quale ne sposò l'erede nel
1526, e ne trasmise così il domi-
nio agli imperatori di casa d'Au- ^
stria suoi successori. Già abbiamo
detto al suo articolo che fu la
Boemia convertita alla vera fede
nel secolo X. Gli ussiti ne perver-
tii-ono una parte coi loro eri*oi*iy
120 GEH
in seguito i luterani vi proclama-
i*ono gli erronei princìpii religiosi
d^Ila loro setta, pome anche gli
anabattisti: la sua capitale e me-
tropoli Praga molto ne dovette
soffiare, upitamente ai suoi vescovi,
in conseguepza delle dissensioni e
delle guerre di religione: la no-
mila delle sue prelature restò al-
l' imperatore.
Anche la Svizzera fu già per la
maggior parte sotto il dominio del-
la casa d' Austria ; ma nei pri-
mi apni del secolo XIV, e verso
il i3o8 incominciò essa a gover-
narsi (Colle proprie leggi; formò
una repubblica federativa compo-
sta di tredici cantoni , senza con-
tare gli alleati, e molti di essi so-
no eccellenti cattolici. Gli altri ab-
bracciarono la sedicente riforma di
Zuinglio e di Calvino : i vescovi
conservarono il loro dominio tem-
porale, malgrado la diversità di
religione, e vi erano elettivi. Sul
declinar del secolo XYIII le guer-
re desolarono la Svizzera, finché
nel i8q3 essendosi terminate le
dispute tra la Francia e l'Austria,
la Svizzera si organizzò in un nuo-
vo governo confederato, composto
di diecinove cantoni, col nome di
i^pubblica o confederazione elve-
tica. Nel ]8i5 unissi in una no-
vella confederazione composta di
yentidue cantoni, il di cui atto
federale fu sanzionato a' 7 agosto,
indi approvato dal congresso di
Vienpa. I^ santa Sede tiene nella
Svizzera un nunzio apostolico re-
sidente a Lucerna, e la confedera-
zione elvetica un console generale
in Roma;
I Paesi Bassi, chiamati anche
Bassa Germania, ebbero i loro
principi fino al principio del XVI
secolo; quindi passarono sotto il
GBR
domìnio del re di Spagna: quan<
to alla religione furono essi divi-
si in protestanti ed in cattolici. I
Paesi Bassi protestanti furono quel-
li che si chiamarono comunemen-
te Olanda o Provincie-Unite, che
fu già potente repubblica. Ribel-
lossi l'Olanda verso la metà del
secolo XVI contro il i*e di Spa-
gna, abbracciò la pretesa riforma
di Calvino, e soppresse la metropo*-
li di Utrecht ed i vescovati eret-
ti dalla santa Sede, massime da
P90I0 IV, avendo quindi origine
10 scisma della chiesa di Utrecht
che tuttora esiste. Nondimeno vi
restarono non pochi cattolici, cui
venne accordato il permesso di
esercitare la loro religione in pri-
vato, ed i quali talvolta ebbero
anche un vescovo titolare col gra-
do di vicario apostolico, e di su-
periore delle missioni di Olanda,
per ordinare i loro sacerdoti e per
gli affari ecclesiastici. I Paesi Bassi
cattolici restarono alla Spagna do-
po la rivoluzione dell'Olanda, e
vi erano molti vescovi sotto la
metropoli di Malines di nomina
regia. In seguito vi fu un gover-
natore a nome dell'imperatore
dopo che ne divenne il sovrano.'
11 clero fu quasi sempre dotto, il
popolo divoto ed attaccatissimo al-
la religione. Dipoi i Paesi Bassi
austrieici si ribellarono all'impera-
tore Giuseppe II, favoriti dall' O-
landa, indi furono conquistati dal-
la Francia, e nel i8i4 la contra-
da dei Paesi Bassi e del Belgio
con l'Olanda costituirono uu re-
gno col nome di Paesi Bassi, fin-
che per la rivoluzione del i83o
il Belgip si separò dall' Olanda e
costituissi in regno, nella cui capitale
Brusselles, come anticamente la san-
ta Sede, tiene un uunzio apostoli-
GER
€0, ed il re del Belgio un inviato
straordinario e ministro plenipo-
tenziario in Roma, II re di Olan-
da ritenne il titolo di re de' Pae-
si Bassi, tiene in Roma un invia-
to straordinario e ministro pleni-
potenziario, mentre il Pontefice
tiene all'Aja capitale del regno
un incaricato d'affari.
In quanto ai nomi di Germa-
nia ed Alemagna, germani ed a-
lemanni, oltre quanto si è detto ag-
giungeremo, che Germania nell'an-
tica lingua germana o tedesca, ger»
maiiy significa uomo di guerra o
guerriero, e da questo i latini for-
marono i loro vocaboli di germa-
nia, gemianuSj e germani^ che
passarono poi nelle altre lingue
derivate dalla latina. Vuoisi anco-
ra che i germani da loro stessi si
sieno cosi chiamati, e ohe gar o
ger significhi robusto, e man uomo.
11 nome di Alemagna dato in ap-
presso alla Germania, deriva da
un popolo particolare, del quale
la prima menzione che si legge
negli antichi storici, non risale se
non che al principio del tei*zo seco-
lo, cioè al regno di Caracalla: lo
si attinbuì primitivamente ad una
riunione di uomini svevi e di al-
tre tribù, attirati sulle sponde del
Meno per l'avidità del bottino;
altri dicono originati gli alemanni
dai gallesi, che protetti dalle guar-
nigioni romane andarono ad accan-
tonarsi sulle terre che separavano
l'impero dalla Germania. Sì chia-
marono gli alemanni deutschfy e il
loro paese Deutschland/m signifi-
cato di tutti uomini^ che indica in
pari tempo e la varia loro origi-
ne e il loro maschio valore; da
principio non erano che un grosso
corpo di armati, e presto diventa*
rono un popolo formidabile; gli
GER i!»i
alemanni furono pur cliiamati a/-
lemani, alamaniy akunbaniy ed a<»
labaniy cenni e catti. Il loro go-
verno era monarchico, ebbero mol-
ti re, e professarono la stessa re<>
ligione che i germani. I franchi,
altro popolo stabilito lungo il Re-
no ed all'est di questo fiume,
essendosi impadroniti nel secolo
quinto de' Paesi Bassi e delle Gal-
lie, si resero altresì signori nei
due seguenti secoli di una gran
porzione dell' Alemagna. Fra le na-
zioni diverse che nei remoti tem-
pi ad abitar venneit) questo pae*
se, contansi gli slavi o vandali in
principalità, che nel detto secolo
egualmente si stabilirono nella par-
te settentrionale ed orientale del-
l' Alemagna, de'quali ne fanno te-
stimonianza le località che termi-*
nano in i/z, witzen, leben o /e-
4ve/t. Il nome di tedeschi deriva
da deutsche o teutsche^ che significa
tkeutoni o teutoni^ popoli abitatori
delle isole nel vicinato de' cimbri,
e che famoso rendettero il nome
loro avanti l'era cristiana, essendo il
nume loro Teutono, Armati sempre
e pronti a combattere ognora, ed a
moi*ire per la conservazione della
indipendenza e dei possessi loro,
essi furono sovente attaccati, qual-
che volta vinti, ma giammai sog-
gettati del tutto, potendosi vanta-
re d'essere stato il solo popolo
che non abbia obbedito a sovrani
stranieri. I romani non li conob-
bero, se non quando Giulia Cesa-
re passò il Reno. Essi fecero sui
germani qualche conquista, ma il
loro dominio fu vacillante sempre,
ne mai annoverar poterono l' A-
lemagna nel numero delle tolte
loro Provincie.
A voler accennare le cose più
antiche risguardantì le guerre, il
Ili GER
culto^ il governo^ e i costumi dei
germani, nome generico degli abi-
tanti della Germania, essi furono
sconfitti in due memorabili e san-
guinose battaglie da Mario ; e pas*
seti pascià nella Gallia, Cesare li
trovò sulla sinistra del Reno, usan-
do i germani coIlegai*si insieme
nelle loro spedizioni, per cui dai
romani furono chiamati fratelli^
Jratres gallorum, coi quali frater-
nizzarono. La prima lega cono-
sciuta dai romani fu quella dei
cimbri e dei teutoni, distrutta da
Mario, e la seconda volta da Ce-
sare. Ariovìsto avea riunito i ger*
mani nelle due rìve dei Reno. In
fine la tei'za lega fu disfatta da
Druso. I primi germani ebbero
una religione, un culto, e dei. dog-
mi, con idee yaghe ed indetermi-
nate nei tempi pid antichi ; dap-
poi ebbero un dctei*minato culto
e delle immagini. Intere foreste^
imponenti per la loro oscurità, era-
no consecrate all'Essere supremo;
il luogo più folto n' era il san-
tuario, e serviva di riunione ge-
nerale per la nazione, ed inviola-
bile asilo pel delinquente che vi
si rifuggiva. Allorché in progresso
i gerniMui incominciarono a fab-
bricare in onore dei loro dei, non
innalzarono da principio che ca-
panne, ed i loro idoli erano pie-
. tre o alberi informi. Disgraziata-
mente i loro sacerdoti, che prese-
la) sopra di essi un grande ascen-
' dente, e le cui persone erano in*
violabili, non avevano ispirato lo-
ro l'orrore pegli umani sagrifìzi,
e quindi seguendo un costume sì
barbaro, ordinariamente sacrifica-
vano anche i prigionierì di guer-
ra. Ciascun giorno della settimana
aveva il suo Dio, di cui portava
il nome. Oltre queste divinità ri-
GER
verite dalla generalità delia nazio-
ne, ve n'erano altre venei*ate nelle
diverse parti del vasto paese. L' i-
gnoranza e lo spirito superstizioso
era mantenuto in Germania da
alcune don^e Che pretendevano an-
nunziar r avvenire: si citano tra
le altre Yelleda che servi di or-
namento al trionfo di Vespasiano,
Grana che vivea sotto Diocleziano,
e lethra che fu deificata dai boia-
ni, che lei vivente gli eressero un
tempio sulle rive dei Necker, e le
consaa*arono le montagne d'Hei-
delberg. Il sacerdozio era divìso
in grande e piccolo ; e vuoisi che
quando i druidi furono cacciati dal-
le Gal He da Cesare, si ritirassero
in Germania, ove furono divisi in
druidi e bardi. Per consultale il
destino impiegavano diversi mezzi
superstiziosi e ciarlatanerie.
1 germani formavano sino d'al-
lora un corpo composto di diver-
se parti, ma il totale non era re-
golare. Il paese divideva si in città^
specie di piccoli stati, ciascuno dei
quali comprendeva molti villaggi,
ed aveva un capoluogo. Di que-
ste città, le une eleggevano un ca-
po, le altre erano governate dal-
la nobiltà, altre in fine dalla ge«
nerale assemblea della nazione. E*
rano più o meno considerabili, se-
condo il numero de' villaggi che
le componevano, non avendo eia»
scun villaggio meno di cento fa-
miglie, ognuna delle quali era
soggetta al più seniore o vecchio.
I vecchi riunendosi formavano una
piccola assemblea, presieduta dal
più avanzato in età, che si chia-
mava centenario; questa unione
de' centenari formava l'assemblea
generale , e costituiva principal-
mente la città, di cui le famiglie
tutte erano in tal modo governa-
GER
te colle medesime leggi ed usaa»
ze. Tutte queste città erano sog-
gette ad un governo: pi-esso i mar-
comanni ed i quadi eravi un
vei presso gli usi peti, i teuctiri^
ed i frisoni , eravi un consiglio
composto della nobiltà , e presso
gli ubii il popolo ei*a ammesso nel
senato • Questa suprema autorità
però, e soprattutto quella dei re,
era bilanciata dal potei*e genera*
le della nazione. Nelle piccole as-
semblee si giudicavano gli affari dei
particolari, ed i principi avevano
il diritto di presiederle. Nelle as-
semblee generali si pronunciava
sui delitti, e sopra quanto interes-
sava lo stato. I capi o duci co^
mandavano durante la guerra; il
generale eletto nell'assemblea del-
la nazione era posto sopra uno
scudo, e portato all'intorno on-
de farlo riconosceiv anche dal-
le città collegate. Siccome il va-
lore sopra tutto decideva di ta-
le scelta , si disse die fia lo-
1*0 la nascita faceva i re, e la vii*w
tu i capitani; questi ultimi, despo-
ti durante la guerra, fetta la pa-
ce rientravano nella classe dei
semplici cittadini. Questi cittadini o
piuttosto la massa totale della nazio-
ne, si divideva in nobili, liberi, li-
berti e schiavi. La classe prima,
circoscritta nelle famiglie dei capi,
era assai rispettata. I liberi, i qua-
li non formavano che una classe
unitamente ai liberti, componevano
la milizia, poiché ogni cittadino
era guerriero» Alloi*chè un giovane
aveva il diritto di portare le armi,
i suoi parenti lo presentavano a1>-
r assemblea generale, ed il duce
gli dava una lancia ed uno scu-
do. Da tal momento il suo voto
era attivo nell'assemblea, ed era
contato oome un capo di famiglia
GER ii3
nella città. Quanto agli schiavi, che
si chiamavano lazzi o Inzzes^ e*
rano di due sorte: gli uni aveva-
no venduta volontariamente la lo-
ro libertà, gli altri erano stati
presi per fere la guerra; ma sic-
come i germani non avevano bi-
sogno di servi, peix:hè gli uomini
avevano cura delle armi, e le don-
ne dell'interno della casa, così gli
schiavi erano dispersi sulle terre,
le coltivavano , ne raccoglievano
il prodotto, e non lo potevano ab-
bandonare senza la permissione dei
loro padroni. Tale fu il princìpio
del governo feudale.
Riguaixlo alle leggi era probabi-
le^ che in mezzo ad un popolo che
non sapeva scrivere, essere doves-
sero molto semplici ì costumi, e
le abitudini ne tenevano il luogo.
Spesso la lóro ferocia si permette-
va delle particolari vendette, e i
delitti che interessavano la nazione
o le famiglie erano giudicati nel-
le pubbliche assemblee. In genei*a-
le s'impiccavano i traditori, e sì
annegavano i vili; gli altri delitti
si scontavano con multe pagabili
in cavalli, bovi, ec, ed il prodotto
era diviso tra il seniore e la fa»
miglia dell'offeso. La prima virtii
era tra ì germani il coraggio, ma
non essendo esso regolato che da
false nozioni di giustizia, risguar-
davano bene acquistato tuttociò che
potevano procurai*si con la violen-
za o la foi*za. E noto che avevano
per armi la lancia, la spada, il ci-
miero e la coi*azza^ e lanciavano
frecce e giavellotti ; le loro truppe
si dividevano in fanteria e cavalle-
ria. Dieti*o l'esercito stavano sopra
carri le donne ed i fanciulli, che
non cessavano di eccitare ni com-
battimento con grida reiterate, e
le donne curavano le ferite con
Ii4 GER
particolar premura. Dai romani ap-
presero i germani a combattere or-
dinatamente y ed a seguire una
militare disciplina. I germani per
lungo tempo non conobbero la pi*o-
prietà delie terre; ogni anno il
principe loro distribuiva quelle che
servir dovevano alla sussistenza
di ciascuna famiglia. I loro ave-
ri consistevano principalmente in
cavalli e bestiame, come bovi, vac-
che, porci, pecore, capre, galline,
oche, anitre, ec come ai presen-
te, li cavallo era soprattutto Tene-
rato dai tedeschi come una bestia
sacra, per l'amore che portavano
alia guerra ed alla caccia. Niun
paese abbonda tanto di selvaggiu-
mi e d'ogni genere come la Ger-
mania, per le sue grandi selve e
montagne. Gli antichi tedeschi pe-
rò non avendo moneta, facevano
il commercio col cambio. Lo spo-
so dava per dote alla moglie un
paio di bovi, un cavallo bardato,
e delle armi; se la moglie era in-
fedele, il^astigo lo decretava il ma-
rito; per lo più i germani non spos-
savano vedove; i loro fanciulli an-
davano nudi sino a dodici anni,
gli altri nelle loro abitazioni stava-
no quasi nudi. La loro vita priva-
ta era attivissima anche in tempo
di pace; semplici negli alimenti,
quelli dell'interno del paese non
conoscevano il vino, che molto ne
bevevano gli abitanti delle rive del
Beno, . Sebbene gelosi della propria
libertà, per la passione dei giuoco
talvolta la perdevano. In genera-
le i germani furono lodati per o-
spitalità; e le cerimonie funebri
presentavano lo spettacolo singola-
re delle lagrime tributate dalle
donne alla perdita del morto, e dei
canti di vittoria coi quali lo ono-
ravano gli uomini, perchè avrebbe-
GER
ro creduto avvilirsi mostrando al-
cun segno di dolore. S'invitava la
gioventù ad imitare le virtù guer-
riere dell'estinto, si abbruciavano
con esso il suo cavallo e le sue
armi, e s' innalzava al di sopra del
luogo in cui riposavano le sue ce-
neri un monticello di terra che si
copriva di zolle erbose. Queste a-
bitudinì e costumi si conservarono
per lungo tempo nell'interao del
paese; ma gli abitanti della Ger-
mania inferìore al di qua del Re-
no furono i primi ad abbandonar-
li, condotti forse a tal cangiamento
dalla imitazione e dal bisogno.
Cenni storici civili ed ecclesiastici
sul regno ed impero di Germa^
nia^ e delle relazioni d'ambe»
due con la santa Sede,
Sulle prime epoche della storia
di Germania solo si sa, che nei
remoti secoli , dopo la nascita
di Gesù Cristo, trovavasi la i^egio-
ne divisa in molti piccoli stati,
sotto il governo di un capo o prin-
cipe, il cui potere era assai limi-
tato, non avendo un capo comu-
ne. Essendosi trojppo moltiplicati
per poter vivere in una terra che
non coltivavano, molte orde di es-
si si sparsero sul territorio romano,
ma ivi poscia furono disfatte. Gli
sforzi di Augusto furono vani per
conservarsi la conquista, ed ebbe a
piangere le sbaragliate legioni di
Varo. Le incursioni seguirono fin-
ché s' impossessarono della metà
dell'impero . Neil' anno a 34 gli
alemanni si resero padroni dei
forti sulle sponde del Reno, e com-
misero ogni sorta di eccessi nel-
le Gallie. Severo marciava con-
tilo di essi quando fu assassinato
dai propri soldati. Massimino, suo
GER
successore, entrò in Germania, po-
nendo tutto a ferro e fuoco. Il
progresso della storia dei germani
nei primi secoli dei cristianesimo
non offre che una serie quasi con-
tìnua di vittorie e di sconfitte, di
incursioni fatte da essi sulle terre
dell'impero, e di attacchi sofferti
dai romani. Ciò che sorprender
deve sopra tutto si è la loro estre-
ma popolazione, malgrado le soste-
nute moltissime e sanguinose l)at-
taglie. Non fìi se non al tempo in
cui Giuliano comandava nelle Gal-
lie, che gli alemanni furono total-
mente scacciati ; però dopo la sua
morte essi fecero qualche altra in-
cursione nella Gallia e nella Re-
zìa , finché nel 388 si sottomisero
a Massenzio. Lungo il Danubio ed
il Reno; nelle due Rezie e nella
Norica nel tei*zo o quarto secolo
incorni ncìossi a spargere la fede
di Gesù Cristo, colla salutifera pre-
dicazione del vangelo , onde furo-
no stabilite metropoli ecclesiastiche ;
ma le devastazioni di Attila e di
altri barbari quasi tutto vi distrus-
sero nei successivi secoli quinto e
sesto. Nell'anno 4^9 con Ermanri-
co ebbe principio il regno degli sve-
vi, il quale ebbe undici successori
sino al 558* Sotto l'impero di O-
norio, una colonia di alemanni
ebbe la permissione di stabilirsi in
una parte della Svìzzera: in pro-
gresso altri fra loro si resero pa-
droni del paese oggi chiamato Al-
sazia ; questi secondati da quelli
stabiliti nell'Elvezia, e da molti
abitanti della Germania, si spar-
sero in seguito iiella Germania se-
conda, portandovi stragi e morte.
Avendo nel ^jS Odoacre re degli
eruli fatto terminare in Momillo
Romolo Augustolo l'impero d'occi-
iÌQuie, le incursioni de'germani pro-
GER
iti^S
seguirono talmente, che giunsero
ad impossessarsi di circa una metà
di tale impero.
Dopo la rovina dell'impero occi-
dentale la Germania fu divisa in
sei principali nazioni, cioè svevi o
alemanni , franchi , frisi , sassoni^
turingi e bavari. Intanto i franchi
ed i borgognoni passando nelle Gal-
lie v'innalzarono il trono dei Me-
rovingi nel 4^ I ; e gli slavi ed
i vandali più boreali presero stan-
za nel lato orientale dell'Alemagna.
Quindi i franchi sotto la condotta
di Clodoveo I re di Francia, sog'-
giogarono la Gallia, e divennero
successivamente padroni di altre
nazioni tedesche. Dappoiché Clo-
doveo I dimorante nella Gallia, e
Sigeberto I re di Austrasia, riu-
nite avendo le loro ti'uppe, scon^
fissero gli alemanni a Tolbiac col-
la famosa battaglia, in tal mo-
do solo impedì che gli alemanni-
svevi invadessero ulteriormente la
Gallia; ma i germani di Alsazia
e della Svizzera riconobbero Clo-
doveo I per loro sovrano. Altri si
rifugiarono nella Rezia e nel No-
rico, ove Teodorico re d'Italia
permise loro di stabilirsi. Da quel
tempo i germani non ebbero più
re di loro nazione, ed il loro no-
me estendendosi nella Germania ,
divenne pei franchi un nome ge-
nerico dato a tutti gli abitanti della
Germania, che chiamavano Taisch'
land. Fu questo il principio del-
l'ingrandimento de'franchi, che di-
venuto sempre maggiore preparò
la via al novello imperio d' occi-
dente da un alemanno fondato,
che sul franco soglio si assise. Egli
é il figliuolo di Pipino, il glorioso
Carlo Magno, che colle vittorie
riportate sopra i sassoni , terminò
il conquisto della Germania dive-
ia6 GER
nula provincia del franco imperio.
Prima di venire air istiUizione di
questo, rammenteremo di aver det-
toy come verso la fine del secolo
YH qualche lume del cristianesi-
mo fu portato in diverse parti del-
la Germania dal vescovo irlandese
Chiliano, da Suidberto ed Owaldo
inglesi, e da 8. Roberto vescovo
di Worms o di Wormazia, che
Stabilì la sua sede in Salisburgo;
cbe la predicazione del vangelo
con maggior successo continuossi
in Germania nel secolo Vili da
Corbiano di Charti*es, e principal-
mente da s« Bonifacio poi arcive-
scovo di Magonza, chiamato Vapo-
stalo delta Germania, Il santo ar-
dendo di zelo per la gloria di
Dio, e per la salute delle anime
di fare il missionario, onde toglie-
re dalle tenebre dell'idolatria tan-
ti popoli, ottenne dal suo abbate
nel 716 il permesso di promul-
gare il vangelo agi' infedeli della
Frisia, e poscia portatosi in Roma
dal Papa s. Gregono II per do-
mandargli l'apostolica benedizione,
e corrispondenti facoltà, fu accolto
paternamente. Il Papa pieno di
stima per lui gli fece grandissimo
onore, gli accordò ampio potere
di predicar l'è vangelo a tutti i po-
poli idolatri di Alemagna, gli do-
nò molte reliquie, e gli consegnò
divei'se commendatizie' pei principi
cristiani a cui s'incontrerebbe lun-
go il viaggio.
San Bonifacio partito per la
Germania, nella Baviera e nella
Turingia esercitò primieramente il
suo zelo e le sue apostoliche fati-
che, battezzandovi gran numero di
pei»sone; e in quei pochi cristiani
che vi trovò, a cagione del lo-
ro commercio cogl' idolatri, erano
spenti pressoché tutti i sentimen-
GER
ti della fede, onde li costrinse a vi-
vere conforme alle massime del
vangelo. Affaticò col santo vesco-
vo Willibrordo per lo spazio dì
ti*e anni, e guadagnò un gran nu-
mei*o d'anime a Gesii Cristo. Nel-
rusGÌi*e dalla Frisia percorse l'As-
sia, ed una parte della Sassonia,
per tutto battezzando i pagani, ed
alzando chiese cristiane sulle rovine
dei templi degl' idoli. Intanto s.
Bonifecio informò il Papa dell'esi-
to di sua missione con una lette-
ra, e lo consultò sopra parecchie
difficoltà che trovava nell'esercizio
del suo ministero. San Gregorio
II rispose a tutto, si congratulò
vivamente pei felici successi, e lo
chiamò in Roma. Il servo di Dio
prontamente ubbidì, conducendovi-
si nel 728: allora il Pontefice lo
consacrò vescovo, e gli cambiò l'an-
tico nome di Winfrido in quello
di Bonifacio , se pure ciò non aves-
se già fatto. Il santo fece giuramen-
to di mantenere la purità della fe-
de e l'unità della Chiesa, e ne lasciò
una copia sulla tomba di s. Pietro
scritta di sua mano. Il Papa gli
diede una raccolta di canoni scelti,
i quali gli servissero di regola ;
quindi egli ritornò in Germania
ove fece tutto quello che narrammo
alla sua biografia. Solo qui dire-
mo ch'essendo salito sulla cattedra
apostolica nel 781 s. Gregorio
III, Bonifacio lo consultò sopra al*
tri dubbi, ed il Papa consegnò
ai suoi deputati un pallio da usar-
si nella celebrazione dei divini mi-
steri, e nella consacrazione de' vesco-
vi, giacché lo dichiarò arcivescovo
e primate di tutta T Alemagna,
con ampio potere di fondar ve-
scovati in qualunque luogo gli
paresse necessario. Nel 788 s. Bo-
nifacio per la terza volta si recò
GER
in Roma per yenerai*e le tombe
de'ss. A postoli I e per conferire eoi
Papa intorno alle chiese che avea
civette. S. Gregorio III gli die con*
trassegni di particolar estimazione,
e lo nominò legato della santa Se-
de in Germania y ove ritornato
Bonifacio fundò i vescovati di Fri-
singa e Ratisbona/ confermati dal
Pontefice nel 789 , perchè in Ba-
viera non era vi che il solo ve-
scovato di Passavìa* Indi stabilì tre
novelli yescovati, l*uno ad Erfort
per la Turingia, TalliX) a Wiirtz-
burgo per la Franconia, il terzo
a Baraburgo trasferito poi a Pa-
derbona per l' Assia; ne aggiunse un
quarto ad Eichstett pel palatinato
di Baviera, consacrando Giovanni
in vescovo di Salisburgo, sede già
eretta da s. Roberto di Worms.
Divenuto nel 741 Pontefice s.
Zaccaria, facendo gran conto di s.
Bonifacio, approvò quanto aveva
fatto nella chiesa di Germania, il
quale ivi celebrò due concili, e
presiedette a quello di Soissons, o-
ve coronò il re Pipino il Bi*eve :
questo re nominò s. Boni&cio alla
sede di Magonza , ed il Papa nel
75 1 eresse tal chiesa nuovamente
in metropoli. Stabilitasi nelle Gal-
lie la religione cristiana, il gover-
no ecclesiastico formossi in genera-
le sopra il govei*no civile: il ve-
scovo della metropoli civile diven-
ne metropolitano della provincia
ecclesiastica, e aveva per suffraga-
nei i vescovi delle città che com-
ponevano la provincia nell'ordine
politico. Cosi le chiese della pri-
mitiva Germania furono sino dai
primi secoli soggette alla metropoli
di Magonza, come si legge nel
Grandidier, Istor. della chiesa di
Strasburgo tom. I, p. 170 e seg.
Essendo stata distrutta Magonza
GER 1-17
nel 4<>7 cl^l^c scorrerie demandali,
i vescovati che n'erano dipendenti
furono tolti a questa metropoli ,
per essei*e sottomessi a quella di
Tre veri. Nel 75 1 la metropoli di
Magonza fu ristabilita, e s. Zac-
caria gli sottomise le sedi vescovi-
li di Colonia , Toiigi*es , Utrecht,
Augusta, Coira , e Costanza, cioè
quelle che con autorità apostolica
erano state erette da s. Bonifacio,
e quelle che innanzi erano già suf^
fraganee alla metropoli di Treveri,
come Strasburgo, Spira, e Vorms;
poco appresso Colonia fu elevata
al grado arcivescovile. Quindi 9.
Bonifacio pei* istillare nel cuore
dèi germani quello spirito di dol-
cezza e di pietà prescritto dal van-
gelo, chiamò dall' Inghilterra sua
patria, uomini e donne ragguar-
devoli per le loro virtù. Nel nu-
mero degli uomini furono i santi
Wigberto, Burcardo di Wurtzbur-
go^ Lullo, e Willibaldo d'Eichstett.
Si annoverano fra le donne le san-
te Leobgita, Tecla, Valburga, Ber-
tigita, e Contruda, alle quali il san*
to affidò il governo dei monisteri
eh' egli avea &tto edificare nella
Turingia, nella Baviei*a, e in altri
luoghi. Fra le celebri abbazie fon-
date in Germania da s. Bonifacio
nomineremo a cagione d' onore
quella di Fulda : inoltre egli este-
se l'attivo suo zelo a molte lonta-
ne contrade fuori dell' Alemagna,
e dall' Inghilterra fece venire di-
versi utili libri. Usò della permis-
sione datagli da s. Zaccaria di e-
leggersi un successore, consagrando
perciò arcivescovo di Magonza s.
Lullo, che il Papa Stefano li det-
to HI confermò; il quale doveva
andare a predicare il vangelo a
quei popoli d' Alemagna che non
aveano ancora abbracciato la fede.
ia8 GER OER
Finalmente essendo acceso del desi- franchi^ come porzione della me»
dei'io di versare il sangue per la fede ^ desima, ed è perciò che le notizie
portandosi a predicar il vangelo ai di Carlo Magno e de' successori
popoli barbari che abitavano le suoi sono riportate all'ailicolo Fran-
più rimote coste della Frisia, dopo cu, in un a quanto riguarda le
averne convertito un gran nume- cose principali sulla dominazione
ro fu dagli idolatri tagliato a pez- da loro esercitata nella Germania,
zi a'5 giugno 755. Le notizie sul- Frattanto il Pontefice s. Leone IH
la erezione delle altre chiese ger- nel giorno di Natale dell'anno 800,
maniche, sono riportate ai rispetti- in Roma nella basilica di s. Pie-
vi articoli, insieme alla propaga- tro solennemente unse e coronò
zione del cristianesimo. imperatore de' romani Carlo Ma-
I successori di Clodoveo I re dei gno, ripristinando cosi con autori-
franchi, avendo successivamente sog- tà pontificia il sacro romano im-
giogato tutta la Gallia, fecero a pero d*occidente. P^edi Impero, ed
poco a poco altrettanto con le na- Imperatore. A maggiore intelligen-
zioni tedesche, di modo che al za qui riporteremo la serie degli
tempo di Carlo Magno, che diven- imperatori e re di Germania sino
ne re l'anno 768, tutta la Germa- ad Ottone I ; e la successiva in
nia era unita sotto un solo scettro progresso della narrazione degli av-
dipendente dalla monarchia dei venimenti.
Carlo Magno imperatore . . * * ; 800 . . 8i4
Lodovico I il Pio imperatore ..814. • 840
Lotario I imperatore . . 4 . • 4 . . . . . . 817 . . 855
Lodovico II imperatore i t 4 . . . 855 . .875
Carlo I il Caligo imperatore •(•«.«.. 875 * . 877
Lodovico il Tedesco primo re di Germania. 817 1 ,876
Lodovico IH il Sassone 876 » . 882
Carlomanno re di Baviera 4 « . • 876 . . 880
Carlo IH il Grosso re di Svevia dall' 876,
di tuttala Germania i < . 882 dep. 887 m. 888
Arnolfo * * . 4 .... 1 i » 887 . . 899
Zventiboldo re di Lorena * 895 • . 900
Luigi IV il Fanciullo .... * * 899 . .911
Corrado I .*»•».», 912 • . 918
Enrico I YUcceìlalore 919 . . 986
Ottone I * . . . 936
re d' Italia * .... 961
imperatore il 2 febbraio 962 . «975
Le nazioni tedesche ebbero dap- Diete (Fedi) 5 usate dai germani
prima i loro duchi ereditari, e le sino dai tèmpi remoti. Durante il
loro proprie leggi, ma Carlo Magno suo regno comprendevansi sotto il
gli abofi poscia, governando le prò- nome di Alemagna tutti i paesi
vincie per mezzo di conti e com- situati fra il Meno, il Reno, il
missari, rimanendo in vigore le Necker, ed il Danubio. Dopo tren-
GER
taire anni di guerre, nell*8oo acqui*
sto la memorata e rinnovata di-
gnità d'imperatore romano per sé
e per la sua prole, ma non accor-
dò il carattere reale al "suo figlio
Lodo ti co I, senza il consenso di
tutti gli stati. Questo suo succes-
sore divise r impello tra i suoi
figli y divisione che cagionò molti
disordini, i quali non si tolsero che
neir843 «u)l mezzo di un adcordo
stabilito a Verdun, in conseguenza
della battaglia perduta nell'anno
precedente da Lotario I a Fontenay,
che stablPi i destini della Germania.
Il di lui fratello Lodovico I il Te-
desco o il Germanico, terzogenito
di Lodovico I il Pio, che sino dal-
rS 1 7 era re di Baviera, e che col
fratello Carlo il Calvo avea vinta
tal battaglia, ottenne la Germania
fino al Reno, comprese le città di
Spira, Worms e Magonza, e co-
sì videsi essa eretta in regno di-
stinto ed indipendente, divenendo
il principe formidabile oi suoi vi-
cini. È questa l'epoca in cui i fran-
chi e gli alemanni si riguardano
come distinte nazioni, ed ebbe ori-
gine il loro pubblico diritto. Inol-
tre Lodovico I il Tedesco neAV 870
unì a questo reame la metà del
regno lotaringico, fu uno de'prin-
cipì pili grandi della famiglia di
Carlo Magno, e morì a Franc-
fort a' 28 agosto dell'anno 876.
Gli successe il figlio Lodovico II
detto il IH, e venne attaccato dal-
lo zio Carlo il Calvo, ch'egli vinse
vicino ad Àndernach gli 8 ottobre
876: questo Lodovico II unì alla
Germania neir879 T altra porzio-?
ne della Lotaringia« Lodovico II
co'suoi due fratelli fece una nuo-
va divisione del regno di Germa-
nia, talknente che Carlo o Carlo-
manno diventò re di Baviera > Lo-
VOI». XXIX.
GER 129
dovico re de' franchi orientali, e
Carlo III il Grosso re di Svevia,
ed essendo sopravvissuto ai suoi
fratelli, lo divenne di tutta la Ger-
mania. Luigi II morì in Francfort
a'io gennaio dell' 882, nel tempo
che stava forviando truppe per far
fronte ai normanni. Carlo ìli so-
pravvisse ai suoi fratelli, e non so-
lo s'impadronì dei regni loro, ma
riunì sotto il suo dominio T impe-
ro, con l'Italia e la Francia, ed in
tal modo fu padrone di tutta la
monarchia primiera de' franchi ;
ma a cagione della sua debolezza
di corpo e di spirito, npn essen-
do a dovere amministrato il go-
verno, gli stati tedeschi alla die-
ta di Tribur lo deposero neir887,
ed elessero Arnolfo, figlio natura-
le di Carlomanno re di Baviera,
e nipote in conseguenza di Lodo-
vico I il Germanico. Arnolfo do-
vette sostenere molte guerre, e ri-
mase quasi sempre vincitore: disfe-
ce i normanni neir 892, indi nel
seguente anno passò in Italia, vin-
se il re Guido che Stefano VI a-
vea coronato imperatx)re, che gli
disputava la sovranità del paese ,
s' impadronì di diverse città, e si
fece coronare 1^ d'Italia a Pavia.
Poco tempo dopo assistito dagli
ungheri attaccò Zvrentiboldo re di
Moravia, al quale egli avea con-
ferito il ducato di Boemia, e che
abusava di tal favore per tentare
di farsi indipendente. Arnolfo sfor-
zò Zwentiboldo a sottomettersi ed
a dichiararsi suo tributario.
Nèir893 Ildegarda cugina d'Ar-
nolfo cui avea aiutato a salire sul
contrastato trono, tentò di rovesciar-
selo : tale cospirazione fu scoperta,
ed Ildegarda venne esiliata. Arnolfo
ritornò in Italia, penetrò fino a Ro-
ma nell'SgS, siccome chiamatpyi dal
9
i3o
GER
Pontefice Formoso, per reprimere
la fazione che gli era contraria di'
luamberto figlio del suddetto Guido:
Arnolio col consenso del Papa prese
la città che i acJdati saccbeggiaronoi
indi Formoso lo coronò ed unse im-
peratore; ma la sua elezione all'im-
pero Q consacrazione furono annul-
late nel concilio dì Roma dell' 898
da GioTanni IX, che invece ricpnob*
be L4amberto. Indi Arnolfo passò ad
assediare la rocoa di Férma ,( Fedi),
QTe si era chiusa Ageltrude moglie
di Guido, e tuqIsì che gli propinasse
una sonnifera bcTanda, che gli prò*
dusse secondo alcuni la morte in Ra«
tisbona a' a 9 novembre 899. Arnol*
fo ebbe due legittimi figli, Gismuta
o Gismonda che fu madre di Cor*
rado I, e Lodovico IV il quale suc-
cesse a suo padre. Ebbe altre-
sì tre figli naturali, di cui il mag-
giore, nominato Zwentiboldo, fu re
di Lorena. Luigi o Lodovico IV il
Fanciuihf nato neir893, successe al
genitore^ ed essendo perito in una
sollevazione» il fratello naturale
Zwentiboldo riunì la Lorena ai suoi
sjfiBktu Nel 908 assunse il titolo di
imperatore, ma è incerto se avesse
lei consacraiione ecclesiastica, ceri-
monia in quei tempi giudicata in-
dispensabile. La Germania fu de«>
Inastata dagli unni, e Luigi IV trop*
pò ddbole per impedir le loro inva-
sioni^; li pagò perchè retrocedessero.
Pooo dopo Ottone duca di Sassonia
e di Tunogia» e G)rrado duca di
FranooQÌa cioè del paese chiamato
Francia Renana, discendenti per l»*
nea femminile da Carlo IVfagno^ si
eo«itestei*Q il trono germanico. Luigi
IV sbigottito fuggì a Ratishona, ove
morì a' 2 1 gennaio 91!», e fu Tulti-
mo principe della stirpe di Carlo
Magno in Germania. A quest'epos
CU approfittando deBo soonvolgùi
GER
mento in cui trovavasi allora l'im-
pero, molti signori divenuti possenti
finirono di rendersi indipendenti e
sovi*ani, tale essendo in realtà 1* o-
rìgine primitiva della maggior par-
te dei principi che regnano al pre-
sente in Alemagna. Essa compren-
deva allora piU di trecento stati,
fra regni, principati^ arcivescovati,
Tescovati, abbazie, signorie, e città
libere*: vei*so questo tempo nacque-
ro i ducati di Svevia, di Franco-
nia, e di Baviera. Dopo la morte
di Luigi IV gli stati tedeschi vole-
vano eleggere re di Germania Ot-
tone duca di Sassonia, ma ricusan-
do questi una tal dignità, la confe-
rirono invece nel 911 o 912 con
unanime consenso a Corrado nipo-
te di Arnolfo come figlio di Gis-
monda, tranne i lorenesi, che si die-
rono a Carlo III il Semplice re di
Francia, al quale per ragione ero-
di taria si doveva lo scettro germa-
nico. Per tale rivoluzione, che can-
giò la corona in elettiva, ebbero
origine le perturbazioni che desola-
rono il regno. Obliando Corrado I
la riconoscenza che doveva ad Ot-
tone, volle indebolire la potenza di
Enrico suo figlio, conosciuto più
tardi come capo dell'impero, sotto
il nome dj Enrico I V Uccellatore,
perchè fu trovato alla caccia quan-
do gli fu recata la corona: questo
principe era nato da Luitgarda fi-
glia dell' imper^toi'e Arnolfo, e per-
ciò nipote dello stesso Corrado J,
il quale non volle accordargli V in-
vestitura del ducato di Sassonia, e
gli negò quella del ducato di Tu-
ringia, cui doveva similmente ere-
ditare da Ottone suo padre. Enrico
si vendicò di Corrado I, lo combat-
tè, e si alleò col re di Francia
Carlo III, il quale però perde 1' Al-
sazia cb(B occupò Corrado L Intan-
GER
io gli ungheri penetrarono fino al
Reno, bruciarono Basilea, e feriro-
no mortalmente Corrado J, che ve-
dendo avvicinarsi il suo fine, si rim-
proverò le sue ingiustizie verso En-
rico, Io designò per successore, rac«
comandandolo agli stati, commise a
suo fi*atello Eberardo di portargli
le reali insegne, e morì senca figli
a' 23 dicembre del 918. Il regno
di Enrico I contribuì a riunire gli
animi, ed a sostenere la gloria na-*
zionale; ricusò agli ungheri ed un^
ni depredatori il tributo, e sosten-*
ne colle armi vittoriose i propri
diritti; per lui la maggior parte
delle città vennero cinte di mura
e fortificate; egli istituì pel primo
le regolari milizie, ed a lui si at«
tiMbuisce r invenzione dei toi*nei.
Fece inoltre delie leggi savissime,
ridusse a dovere Arnolfo il Cattivo
duca di Baviera, vinse i boemi, gli
schiavoni ed i danesi, non si ar«
rogò mai il titolo d* imperatore,
benché ne avesse la piena autori*
tà. Morì a* 2 luglio del 986, e la-
sciò tre figli: Ottone I che gli suc-
cesse, Enrico duca di Baviera, e
Brunone arcivescovo di Colonia.
Ottone T, che si meritò il sopran-
nome di Grande^ fece rivivere Io
splendore e la potenza del trono,
aumentando le saggie i«ggt pro-
mulgate dal padre, venendo anche
sotto di lui edificate e fortificate
molte città. Vinse gli ungheri, i
boemi, e quei ribelli che avevano
congiurato contro di lui; si portò
in Italia e sconfisse il re fierea-
gario che teneva Adelaide vedova
di Lotario re d'Italia e figlia di
Rodolfo II re di Borgogna asse-
diata nella foltezza di Canosa. Ot-
tone I pi^sc Pavia, liberò la vir-
tuosa ed avvenente Adelaide, e ìa
sposò nel 95 1 : questo principe/ era
GER i3i
amico di Papa Stefano IX edu^
cato in Germania , mentre l' aU
tro Pontefice Agapito li a lui ri-
corse contro Berengario, perchè
maltrattava gli ecclesiastici, e loro
toglieva per forza il denaro. Nel
ritorno in Germania Ottone I vin«
se l'armata del suo primogenito
Ludolfo, che con molti principi
avea cospirato contro di lui, e ripor-
tò una segnalata vittoria sugli un-
gheri nel 955, restando ucciso il
duca di Worms con due principi
tartari. Indi fece coronare nel 961
in Aquisgrana Ottone II suo fi-
glio, chiamato il Sanguinano, e la
Pallida morte de saraceni^ nato da
Adelaide.
Il Pontefice Giovanni XII trava-
gliato da Berengario, e dal figlio
di lui Adalbei'to, chiamò in Roma
Ottone I, acciocché con un esercito
lo liberasse, obbligandosi prima
con giuramento di fiire restituire
alla Chiesa romana i beni che gli
erano stati tolti dai tiranni. Quin-
di Ottone I cacciò dall'Italia i due
pritìcipi^ e restituì alla santa Sede
ciò che gli aveano donato* Pipino
e Carlo Magno, laonde il Papa per
riconoscenza lo coronò imperatore
in 6. Pietro a' t3 febbraio del
962, essendo egli il primo tedesco
èie fu ornato della corona impe-
riale dal Papa, e Giovanni Xii il
primo tra i romani Pontefici che
passò l'imperio ai tedeschi. Mal-
grado questa concessione il Papa
tornò a riconoscere Adalberto, ri-
cevendolo in Roma; onde adira-
tosi l'imperatore Ottone I nel 963
si reoò di nuovo in Roma con e-
sercito, ed obbligò i romani a giu-
rargli di non eleggere piii Ponte-
fice alcuno, eeaza l'approvazione
dell'imperatore, il quale, essendo
liiggiib Oiovaooi Xit^ fi^ adunai-*
i32 GER
re ìin conciliabolo, ed iniquamente
degradato il Pontefice, l'imperatove
fece eleggere in antipapa Leone Vili ;
raa cacciato questi dai romani ri-
pristinarono Giovanni XII che nel
concilio del 964 condannò l'augu-
sto, ed il falso pontefice. Giovan-
ni XII mori nel maggio di detto
anno, e senza il consenso imperia*
le fu eletto Benedetto V. Adirato
Ottone I contro i romani pel vio-
lato giuramento, ritornò in Roma,
e vintala con la fame, portò seco
in Germania Benedetto V che ri-
legò in Amburgo. Dopo là morte
di Leone Vili nel 965 fu creato
canonicamente Giovanni XIII, e
deli' intrusione degli imperatori di
Germania neil' Elezione dePonte^
fici (F'edi)y se ne parla a quell'ar-
ticolo. A cagione di un tumulto^
il nuovo Papa si ritirò a Capua,
per cui Ottone I partì per Roma
onde restituirlo alla sua sede; i
romani impauriti lo richiamarono,
ma dodici non poterono evitare la
morte per ordine dell'imperatore.
Questi dopo aver vinto Adalberto,
restituita Giovanni XI II le terre
della Chiesa usurpate dai Beren-
gari, e per gratitudine il Papa gli
coi'^nò imperatore il di luì figlio
Ottone II, nel giorno del santo Na-
ta! del 967. Ottone I riunì alla
Germania la Lorena, e il regno
d'Italia che n'era stato separato
dopo la morte di Carlo Magno,
rendendosi anche padrone di tut-
ta la Boemia; morì in Magdebur-
go a' 7 maggio del 978, encomia-
to siccome uno de' piti grandi im-
peratori che abbia avuto la Ger-
mania, amante della giustizia, cle-
mente e magnanimo, qualità che
dimenticò nella condotta tenuta col
Pontefice. Gli successe Ottone II,
che prima della moite del padre
GER
aivea sconfitto i greci ed i «arace-''
ni, e fece stare a dovere Enrico
di Baviera suo cugino, che si era
fatto proclamare imperatore in Ra-
tisbona. Qualche tempo dopo a-
vendo data la bassa Lorena a Car-
lo fratello unico di Lotario, con
patto che gliene facesse omaggiata
Lotario di ciò sdegnalo gli dichia-
rò guerra, e solo pacificossi nel
980. Indi Ottone II marciò in I-
talia contro de' greci, i quali essen-
do soccorsi dai saraceni, lo scon-
fissero interamente nel 982. Egli
prese di poi Benevento, e lo pose
a ferro e a fuoco, e morì in Ro-
ma di cordoglio, o da un colpo dì
freccia avvelenatti, a' 7 dicembre del
983, in concetto di principe cru-
dele. Fu sepolto nell'atrio della
vecchia basilica vaticana, e quan-
do fu trasportato nelle sagre grot-
te, la grand*urna di porfido che
ne racchiudeva le ceneri, fu desti-
nata per fonte battesimale della
stessa basilica. Ottone III detto il
Rosso, od il miracolo del mondo
successe a suo padre Ottone II, di
circa anni dodici: la sua minorità
cagionò delle turbolenze nell'im-
perio, ma felicemente si sedarono,
e pervenuto all'età atta a gover-
nare fece vedere eh' era degnissimo
del comando. Il Papa Giovanni
XV, già arcicancellière del di lui
padre, travagliato da Crescenzio
Ngmentano che signoreggiava Ro-
ma, partì per la Toscana, e ricor-
se all'imperatore; ma i romani
che ne temevano la potenza subito
lo richiamarono. Nel 996 gli suc-
cesse nel pontificato Gregorio V,
il primo tedesco che salì sulla ve-
neranda cattedra di s. Pietro, pa-
rente di Ottone III, che nell'ulti-
mo di maggio coronò imperatore
con la sua moglie Maria, e dichia-
GER
•i-ò protettore della Chiesa: i criti-
ci negano che l'imperatore abbia
•preso moglie. Si vuole da alcuni, che
il Papa iu un concilio che celebrò
•in presenza dell' augusto, Nabbia i-
^tuito il collegio degli Elettori del
'Sacro romano imperio^ di che se
ne tratta a queir artìcolo. Tornato
Ottone III in Germania, Crescen-
zio si arrogò in Roma la sovrana
autorità, cacciò nel 997 Gregorio
V, e gli surrogò Tanti papa Gio-
vanni XVII. L'usurpatore si pre-
pai-ava in Castel s. Angelo ad una
vigorosa difesa, quando intese che
l'imperatore marciava verso Roma,
per cui fu costretto ad arrendersi
con l'antipapa: questi fu dalla ple-
he frustato, mutilato ed acceccato,
onde mori, e Crescenzio fu decapi-
tato. Poco dopo il suo ristabilimen-
to Gregorio y terminò di vivere, e
con l' influenza di Ottone HI fu e-
letto il suo antico precettore Sii-
vesti'O II. Essendo ritornato l'im-
peratore in Germania, i romani
nel 1001 si sollevarono non vo-
lendo dipendere dai tedeschi. Fu
lusingato Ottone III che la sola
sua presenza avrebbe imposto; ma
giunto in Roma fu assediato nel
palazzo, e corse grave pericolo, dal
quale lo liberarono Ugo marchese
di Toscana, ed Enrico duca di
Baviera, che tenendo a bada il po-
polo con trattative agevolarono la
di lui fuga e quella del Papa. Vi
ritornò con l'esercito, punì i ri-
belli, e morì a Paterno a' 17 gen-
naio 1002 di veleno datogli dalla
vedova di Crescenzio, in vendetta
di aver abusato di lei con promes-
sa di sposarla.
Eurico II divenne re di Ger-
. mania, da altri detto I come im-
peratore: fu chiamato lo Zoppo^
y Jpostoh deW Ungheria ed il
GER i33
Santo. Era della casa di Sassonia,
duca di Baviera, e nipote di Enri-
co fratello di Ottone I. Fondò il
vescovato di Bamberga, quietò,!
tumulti di Germania, scacciò i
greci e i saraceni dalla Calabria,
e restituì in Roma il Pontefice
Benedetto Vili, che portandosi in
Germania ne avea implorato l'aiu-
to contro l'antipapa Gregorio. Be-
nedetto Vili ricevè in Roma eoa
grande onorificenza Enrico II col«
la sua sposa s. Cunegonda, e li co-
ronò ambedue in s. Pietro con la
corona imperiale ai i4 febbraio
ioi4> Iq questa funzione il Papa
donò all'imperatore lo scettro, e il
globo imperiale con uua croce dal-
la parte superiore, ricco di gioie.
Enrico II confermò alla Chiesa ro-
mana i suoi domi ni i e diiitti, rese
libera l'elezione de' Papi, purché a
seconda dei decreti di Eugenio lì
e Leone IV la consacrazione pro-
cedesse alla presenza degli amba-
sciatori imperiali, per evitare i tu-
multi ; indi persuase Benedetto Vili
che in Roma si cantasse il simbo-
lo Costantinopolitano, il quale solo
si recitava. Nel 1019 il Papa tor-
nò iu Germania, per domandare
soccorso all' imperatore contro i gre-
ci che occupavano i domini! ec-
clesiastici: fu ricevuto da Enrico
II in Bamberga, che fece tributa-
ria alla santa Sede, e partito per
l'Italia col Pontefice, dopo, aver
vinto i greci, ambedue si ritrova--
rono nel monistero di Monte Cas-
sino , dall' imperatore beneficato
splendidamente. Enrico II morì
santamente a' i5 luglio del 1024,
senza lasciar prole, essendo vissuto
celibe con s. Cunegonda, veneran-
doli ambedue la Chiesa per santi.
In lui si estinse la stirpe mascoli-
na de'primi re ed imperatori di
i34 tJER
Sassonia. Nel medesimo anno fu
eletto in aperta campagna sul Re-
no, Corrado II detto li Sàiico, a
motivo della sua alta nascita, co*
^ me figlio di Eimànno duca di
Worms e di Franconia, il quale
riconosciuto anche dagli stati ita-
liani, ottenne V imperiai dignità,
dopo ater sostenuto una lunga
guerra contro i principi delia casa
di Sassonia, e dopo aver pacifica-
to l'Ungheria e la Polonia. Cor-
}*ado II portandosi in Italia nel
1026, il Papa Giovanni XX l'in-
contrò a Milano od a Como, ove
lo coronò re di Germania o d'Ita-
lia; e passati in Roma nel 1027,
a' 26 marzo, giorno di Pasqua, lo
coronò imperatore d'occidente, io
presenza di Canuto i*e d' Inghilter-
ra, e di Rodolfo o Raoul re di
Borgogna, Questo Raoul re della
Borgogna Trans] urana lo istituì
suo erede, come marito dì Gisela
sua sorella secondogenita: Bude
conte di Sciampagna, e figlio di
Berta soi*elIa primogenita, gli mos-
se guerra, e vi restò ucciso. Cor-
rado II fu coronato re di Borgo-
gna, e raccolse pui'e la successione
di suo cugino Corrado, duca della
Francia Renana. Le perturbazioni
d' Italia obbligarono l'imperatore
d passarvi nel loS^: a Verona
▼enne incontrato dal Pontefice Be-
nedetto IX, il quale fu trattato
con ogni onorificenza. Deposto poi
il Papa dai romani per la sua con-
dotta, Corrado II si recò in Roma
nel f o38, e lo restituì alia sua se-
de. Corrado II fece mettere al
bando dell'impero Eraesto II du-
0Èi di Svevia suo genero, il quale
si eia posto alla direzione della
tega teutonica formata contilo di
Jùi ; questo fu il primo esempio di
'tati genere di proscrizione, di cui
6ER
gì' imperatori spesso dipoi abusaro-
no. Le leggi e le ordinanze che
Corrado li fece neli' impera, mas-
sime nella dieta di Roncaglia,, l'han-
no fatto considerare da alcuni scrit-
tori come autore del diritto feu-
dale scritto. Dolce, afibibile» il suo
r^no fu benefico e felice, tranne
alcune guerra, in que' sciagurati
tempi inevitabili. Morì in Utrecht
a' 4 giugno 1089, e fu sepolto a
Spira.
Corrado II col figlio, altri di-
cx>no fratello, Enrica III, riunì al-
l'impero il regno di Polonia, e
stabilì di nuovo i confini dell' im-
pero tedesco sul fiume EiJera, do-
po un accordo fatto colla Danimat^
ca. Enrico III duca di Franconia,
detto il Nero, in età di dodici an-
ni successe al padre o fratello, ed
i boemi credendo profittare di sua
gioventù, negarono pagargli il soli-
to tributo, ma egli li sottomise.
Anche l'Ungheria divenne tributa-
ria air impero sotto Enrico III ,
dal quale distaccossi nelle turbo-
lenze successive, dappoiché l'impe-
ratore nel 1 043 atea riposto il re
Pietro sul trono. Nelle . tristi vi-
cende di Benedetto IX, nel io44
simoniacamente s'intrusero nel pon-
tificato Silvestro III, e Gregorio
Vi. A riparara lo scisma nel 1046
fu tenuto in Sutri un concilio al-
la presenza di Enrico IH, ed ivi
Gregorio VI rinunziò la dignità,
che poi l'imperatore ad evitar tur-
bolenze condusse in Germania. Quin-
di in Roma si procedette a per-
suasione di Enrico III, con unani-
me consenso, air elezione di Clemeui*
te II sassone suo cancelliere, già
canonico di Halberstadt, e vescovo
di Bamberga : fu coronato a* 25
dicembra, nel qual giorno di Na-
tale il Papa coronò in St Pietro
GER
Enrico III oolla sua moglie Agne-
se d'Aquìtania. Indi Gemente H
e r imperatore partirono per la
Puglia, ove l'imperatore die alcu-
ne investiture ai principi norman-
ni, e per non essere stato ricevuto
dai beneventani, domandò che fos-
sero scomunicati. Continuando il
Pontefice il viaggio per la Germa*
lìia, vi canonizzò 8. Viborada, e
morì dopo nove mesi e sette gior-
ni di pontificato. 11 clero e popo-
lo romano spedì legati in Sassonia
ad Enrico III pel successore, e que-
sti gli raccomandò il bavaro Pop-
pone vescovo di Bressanone, cbe
il clero e popolo elessero col no-
me di Damaso II, ma non gover-
nò che ventitre giorni. Allora l'im-
peratore destinò a succederlo il
pix)prio parente Brunone di Lore-
na vescovo di Toul, che di mala
voglia acconsentì col patto che ne
venisse dal clero e popolo roma-
no confermato, ne V elezione del-
l'imperatore fosse stimata più che u-
na semplice raccomandazione. Giun-
to Brunone in Roma nel 1049 lu
eletto con generale consenso , e
prese il nome di Leone IX, vene-
randolo la Chiesa pei* santo. Poco
dopo il Papa si portò in Germa-
nia, ed in Magonza celebrò un
concilio alla presenza di Cesare, ed
ivi dichiarò V arcivescovo di Ma-
gonza legato della romana Chiesa
nelle parti di Germania; indi coU
r imperatore si trasferì a Colonia.
Leone IX tornò in Germania nel
io5i, abboccandosi in Augusta con
£nrico 111; per la teraa volta vi
intorno nel io52 per pacificar quel
principe col re d'Ungheria Andrea
I, che scomunicò per rifiutare l'au-
torità apostolica; poscia in Wor-
mazia rivide Enrico III , il quale
cedette al Pontefice quella giurisdi-
GER
i35
ztone che gl'imperatori esercitava*
no in Benevento, ed in vece Leo-
ne IX liberò la città di Bamber-
ga dall' esser feudataria della Sede
apostolica. Morì il Papa nel i o54>
e l' imperatore designò a succes-
sore Gebeardo d'Inspruck vescovo
di Eichstett» suo parente, ed inti-
mo consigliere: portatosi in Roma
Gebeardo fu eletto dai romani ai
quali spettava, e prese il nome di
Vittore il. Questi passò in Firen-
se, ove portatosi Enrico III, alla
sua pi*eseuza celebix> un concilio.
Ritornato in Roma il Pontefice
vietò a Ferdinando II re di Leo-
ne e di Castiglia di usare il titolo
d' imperatore.
Enrico III dopo aver messo a
dovere alcuni piccoli principi d'I-
talia, cacciò i conti di Olanda e
di Frisia, e morì a Boenfeld nella
Sassonia a' 5 ottobre io56, succe-
dendogli in età di cinque anni il
figlio Enrico lY detto il Secchio ed
il Grande^ per risoluzione della dieta>
sotto la tutela della madre Agnese,
la quale governò sino al 1062.
Vittore li essendosi portato in Ger-
mania si trov^ò presente alla mor-
te di Enrìco III, e potè pacificare
il figlio con alcuni signori contro
di lui insorti : celebrò in Ratisboi-
na cou Enrico lY il santo Natale,
e nel 1057 si restituì iu Roma, ove
morì a' 28 luglio. Con unanime
consenso fu creato Papa col nome
di Stefano IX detto X, Giuniano
di Lorena ; questi inviò all'impera-
trice Agnese suo legato il cardinal
Ildebrando poi Gregorio Vl'> ed
ottenne prima dai vesco"*» clero,
e popolo roma iO la promessa di
non procedere dopo la sua morte
all'elezione del iuccessorc, prima
del di lui ritorno. Morì circa dopo
otto mesi Stefano X, ed il sim^
i36 GER
nome in molti martirologi gode il
titolo di santo. Per la potenza di
alcune fazioni s' intruse l'antipapa
Benedetto X, ma i romani avendo
chiesto ad Enrìco IV, Geraixlo di
Borgogna vescovo di Firenze per
Pontefice, l'augusto di buon grado
vi convenne. Tornato in Italia Il-
debrando concorse all' elezione di
Gerardo, che nel gennaio i o58 fu
inti*onizzato col nome di Nicolò li.
Mori a' 22 luglio 1061 ; ed il pri-
mo ottobre con unanime concor-
dia i sacri elettori sollevarono al
pontificato Alessandro II : in que-
sto Papa terminò l'abuso di aspet-
tare l'approvazione degl'imperato-
ri tedeschi nell' elezione de' Ponte-
fici, e restò la santa Sede in as-
soluta indipendenza. Giunta la no-
tizia dell'esaltazione di Alessandro
II ad Enrico IV e ad Agnese, a-
cremente si adirarono perchè ese-
guita senza la loro intervenzione,
e come fatta in loro disprezzo, nel
qual sentimento li confermarono
i ministri adulatori di loro corte,
laonde in opposizione fecero eleg-
gere in antipapa Cadolao Pallavi-
cini col nome di Onorio II, con
tripudio di tutti i simoniaci e con-
cubinari di Lombardia. Quindi l'an-
tipapa nell'anno seguente colle trup-
pe che gli djerono Enrìco IV ed
Agnese, si portò in Roma per
mettersi in possesso della pretesa
sua dignità, ma venne costretto a
fuggire: si ritirò nel suo vescova-
to di Parma, e venne deposto e
^gradato nel 1067 da Alessandro
II9 ^.1 concilio tenuto in Manto-
va, ove intervenne Annone arcive-
scovo di Ctonia, principale ammi-
nistratore delr imperatore nelle co-
se di Germania. Nel 1078 diven-
ne Pontefice s. Gregorio VII, che
subito die avviso ad Earico IV di
GER
sua elezione, non per aipé(tai*ne la
conferma, ma perchè gli procuras-
se rinunziare la dignità: in vece
l'augusto inviò a lui Gregorio ve-
scovo di Vercelli cancelliere d'Ita*
lia, perchè assistesse alla di lui con-
sacrazione. Questi fu l'ultimo Pa-
pa che significò all'imperatore l'as-
sunzione al pontificato prima della
consacrazione o benedizione, e l'ul-
timo ch'ebbe assistenti in tali fun-
zioni i legati di Cesare.
Intanto Enrico IV sottomise la
Sassonia, e si rese terribile a tutta
l'Europa, quindi tra lui e il zelante
Pontefice principiò la fómosa con-
troversia, che tenne diviso il sacer-
dozio dall'imperio lungamente, a ca-
gione delle Investiture ecclesiasti^
che (Vedi), Ne derivarono funesti
avvenimenti, e la primaria origine
delle tremende fazioni de' Guelfi
{Vedi), e de' Ghibellini (Vedi) che
desolarono per diversi secoli l'Ita-
lia e la Germania ; dappoiché i pri-
mi seguirono le parti de' Pontefici,
i secondi quelle degl' imperatori.
Portate le cose agli estremi da am-
bedue le parti, né cessando Enri-
co IV dalla pretensione d' investire
de' benefizi ecclesiastici i vescovi
e gli abbati, col bacolo e con l'a-
nello, non risparmiò il buon Pon-
tefice ammonizioni e minacce, e
dichiarò incorsi nella scomunica
quelli che conferivano tali investi-
ture, e quelli che le ricevevano. I
fautori dell'imperatore audacemen-
te attentarono alla vita di s. Gre-
gorio VII, méntre celebrava in s.
Maria Maggiore ; ma questi . dopo
avere esaurito le parti di padre ,
in un concilio del 1076 scomuni-
cò Enrico IV; e siccome gli elet-
tori dell'impero a' 1 3 marzo 1077
elessero io re di Germania Rodol-
fo duca di Svevia, Gregorio VII
GEN
approvò tale atto, e gl'invìo una
corona reale, coir epigrafe : petba
DEBIT FBTRO, PETRUS DIADEMA RO-
DU£PBO. La Contessa Matilde (Fé*
di) prese le difese della Chiesa col-
le armi, ed Insieme ai gran signo-
li di Germania persuase Enrico
IV a farsi assolvere al modo che
dicemmo nel citato articolo : vesti-
to di sacco con finti atti di peni-
tenza, nel castello di Canossa pro-
strato a' piedi del Pontefice venne
sciolto dalle censure e benedetto,
dopo aver promesso quanto gli era
stato richiesto. Passati quindici gior-
ni, Enrico IV tornò alle sue ini-
quità, violò le promesse, e si pre-
para alla vendetta, ed all'abuso di
sue foi*ze. Il Papa tornò a scomu-
nicarlo, ed allora Enrico IV adu-
nato un conciliabolo in Bressano-
ne nel 1080, vi fece eleggere lan-
tipapa Clemente III , il quale fu
pure fulminato di scomunica da
Gregorio VII: da questo scisma
ebbe origine l'eresia degli enrichia-
ni, condannati nel concilio Quin-
ti li neburgense, i quali afferma vano
che l'imperatore avea somma au-
torità sopra l'elezione de' vescovi
e de' Papi , e perciò non doveva
riconoscersi per legittimo, se non
r eletto dall' imperatore , o dal re
della Germania, e che niun conto
sì dovea fare della scomunica del
Pontefice contro i re. Dalle tur-
bolenze nate in tempo degli Enri-
chi IV e V derivò -il costume nei
principi di mandarsi a Roma gli
ambasciatori di ubbidienza. Dopo
vari militari successi^ Rodolfo di
Svevia perde la vita in una san-
guinosa battaglia a Wolksheim pres-
so Gera , li 1 5 ottobre 1 080 , e
quando fìi detto all' imperatore che
gli si preparava un sepolcro ma-
gnifico, lispose: Vorm che tutti i
GEN 187
inìei nemici fossero così magnìfica-
mente sepolti^
Etmano o Ermanno di Luxem-
burgo conte di Salmes fu eletto
imperatore dai nemici di Enrico
IV, e dai sassoni : dopo aver que-
sti riportato molti vantaggi, il con-
te mori ignorato nelle sue ten*e.
Il Papa temendo le insidie di En-
rico IV si ritirò a Salerno nel
1 08 1 , mentre l' imperatore si por-
tò ad assediare Roma, e vi ritor-
nò nel io8a inutilmente, finche
assediatala per la ter/a volta quan-
do il Pontefice eravi ritornato, ai
II marzo 1084 fece intronizzare
il pseudo Clemente III. In questo
tempo in aiuto di Gregorio VII
giunse in Roma Roberto Guiscar-
do co' suoi normanni^ pose in fu-
ga Enrico IV, saccheggiò ed in-
cendiò parte della città onde me-
glio liberare il Pontefice, che fatto
ri tomo a Salerno vi mori a' 25
maggio io85. Gli successe Vittore
III che subito scomunicò l'antipa-
pa e condannò le investiture ec-
clesiastiche date illegittimamente da-
gl' imperatori, e terminò di vivere
nel 1087, ^^*'*® ^^^ veleno propi-
natogli da Enrico IV. Allora fu
innalzato al pontificato Urbano II,
già legato di s. Gregorio VII in
Germania ed in Lombardia all'im-
peratore, che gli avea fatto atroci
insulti. Intanto Enrico IV fu tra-
vagliato dal figlio Corrado, ch'egli
avea lasciato in Italia per far guer-
ra alla contessa Matilde difenditri-
ce della santa Sede, quando si fe-
ce consecrare re d' Italia , guada-
gnandosi l'assistenza di Urbano li.
L'imperatore avea imprigionato la
moglie Anna di Russiti, e fece di
tutto perchè Corrado, e diversi
stranieri la violassero, al che es-
sendosi ricusata, il marito la di-
i38 GEB
chiaro adultera : Adelaide ftjggì se-
gretamente, e chiese giustizia con-
tro di lui nel concilio di Piacen-
tsà tenuto nel logS dal Papa^ il
quale in diversi conciiìi fulminò
delle censure Enrico IV, Tanti-
papa, le investiture, e gii eretici
seguaci di Cesare. Questi nel 1097
adunò la dieta d*Aquisgrana, ed ac«
cusando il tradimento di Corrado,
domandò che l'altro figlio Enrico
V detto il Gioitane fosse eletto re
de' i*omani. A quest' epoca le cose
ecclesiastiche di Germania erano
MI istato deplorabile, e solo i quat-*
Irò vescovi di Wurtzburgo, di Pas-
«avia, di Worms , e di Costanza
conservavano la cattolica comunio-
ne. Per opporre all'ostinazione del-
l'imperatore e dell'antipapa una
Ibrza che li potesse contenere, Ur-
bano II esortò la contessa Matil-
de a sposarsi con Volfone V du-
ca di Baviera, ciò ch'ella esegui
nel 1089. Enrico IV sembrò dis-
posto a ricoociliarsi col Papa , e
partire per la crociata, ma pro-
crastinando senza nulla effettuare,
i legati pontifìcii procurarono gua-
dagnare il figlio Enrico V che as-
solsero dalla scomunica. Nel 1099
divenne Pontefice Pasquale li , e
nel iioi morì Corrado; nell'anno
seguente Pasquale 11 condannò l'im-
peratore ia un concilio,, e si ritirò
io Francia.
Enrico V unitosi col marchese
d'Austria, e col duca di Boemia si
ribellò al padre: questi tentò le vie
della dolcezza, e convocò la dieta
di Magonza. Suo figlio vi si portò
a chiedergli perdono, e trattolo con
inganno fuori della città, lo fece
arrestare, e chiudei*e nel castello di
Bingenheim. La dieta si dichiarò
in favore pel perfido figlio, si strap-
parono al padre le insegne im'pe-
GER
fiali, delle quali si rivestì Enrico
V solennemente in Magonza, pro-
testando colla più fina ipoaisia,
che avrebbe restituito l'impero ai
genitore se fosse ritornato all'ub-
bidienza del Papa, riconciliandosi
con la Chiesa romana. Riuscì ad
Enrico iV fuggire a Liegi, donde
supplicò il figlio a lasciarlo ivi mo-
rire in pace; ma Enrico V fu in-
sensibile, e mentre insidiava il pa-
dra, questi oppresso dagli afiànni
morì in Liegi a' 7 agosto 1106,
provocando la vendetta del cielo
sul capo del figlio che gli succes-
se. Il suo cadavere per oi'dine di
Enrico V fu diss<3polto, e portato a
Spira, dove giacque due anni in
una cantina come scomunicato. Co-
sì finì Enrico IV, principe valoroso,
eh' erasi trovato vittorioso a ses-
santasei combattimenti, e che abban-
donato ai piaceri accordò troppa
confidenza ad indegni ministri che
abusarono di loro autorità. Secon-
dando Pasquale II le preghiere dei
vescovi di Germania adunati nel
sinodo di Magonza, si partì dalla
Francia, ed a' 22 ottobre 1106
nel concilio di Guastalla pubblicò
decreti contro le investiture e la
simonia, che adontando i tedeschi
meditarono vendicarsene. «Venuto
il Papa in cognizione di ciò , in
vece di proseguire il viaggio di
Germauia , fece ritorno in Fran-
cia. Nel I f 08 si portò a Benevento
e vi condannò le investiture, indi
passò in Roma. Intanto Enrico V
in un sinodo composto de' suoi par-
tigiani annullò le decisioni dei con-
ciiii di Guastalla e di Chalons
contro le investiture, e continuò a
conferire i benefizi ecclesiastici. Fe-
ce inutile guerra agli ungheresi
ed ai polacchi, nel mi sposò Ma-
tilde d'Inghilterra^ e ad esempio
GER
de* suoi predecessori passò in Ita-*
lia per essere coronato dalle mani
del Papa, facendosi precedere da
ambasciatori sostenuti da un eser-
cito. Pasquale II si ricusò di co*
ronarlo se prima non desisteva dal
pretendere il conferimento del pos«
sesso de'dominii e benefìzi ecclesia*
stici per investitura, e non avesse
effettuato la promessa conferma ai
diritti della romana Chiesa. Adira-
tosi l'imperatore mentre era stato
onorevolmente accolto da Pasquale
II, con riprovevole prepotenza fece
nella basilica dì s. Pietro con do-
lo arrestare il Papa, con molti car-
dinali, vescovi e signori, e li con-
dusse tutti prigioni nella Sabina
sul monte Soratte, nel castello di
Tribico, senza che vei*un vescovo
tedesco disapprovasse sì orrendo fat-
to, fuorché Corrado ai*civescovo di
Salisburgo. I romani si sollevaro-
no y uccisero molti tedeschi , ma
questi superiori in forze regolari
facilmente superarono gì' insorti. Do-
po cinquantacinque giorni di mi-
sera schiavitù, mosso Pasquale II
a compassione de' patimenti altrui,
fu costretto concedere ad Enrico
Y, che senza obbligare ad alcun
atto di simonia , potesse dare ai
vescovi ed abbati del suo regno la
investitura; indi l'imperatore con-
dusse dopo il 9 aprile il Papa in
Roma, e da lui fu coronato iu s«
Pietro a' 1 3 di detto mese. Dopo
tal cerimonia Enrico V si gettò ai
piedi di Pasquale II, e gli chiese
il permesso di dare sepoltura al
genitore, facendo ritorno in Ale-
inagna.
Lotario duca dì Sassonia ricu-
sando pagare il tributo al fisco im-
periale, prese le armi, e mentre
l'imperatore aiutato dal duca di
Svevia si moveva coutro di lui,
GER iSg
Pasquale II pentito della violenta
concessione, pei reclami e proteste
de' vescovi, solennemente condannò
il privilegio dato all' imperatore, e
tutta la Germania si sollevò a di
lui danno, massime il vescovo di
Wiirtzburgo, e l'arcivescovo di
Magonza: in Gerusalemme fu ce«
lebrato un concilio, ove Enrico V
venne scomunicato, e dichiarata
nulla l'estorta concessione delle in-
vestiture. Dopo avere Enrico V im-
piegato due anni a pacificare i
suoi stati, rivalicò le Alpi nel 1 1 16
per mettersi in possesso delle ter-
re, che la contessa Matilde sua pa-
rente aveva formalmente donato
alla santa Sede. Entrò in Roma da
vincitore, costrinse a fuggire nella
Puglia il Papa, ma questi vi ri-
tornò dopo la partenza dell'impe-
ratore, che dopo Clemente HI gli
avea suscitati contro tre altri anti-
papi. Morì Pasquale lì nel 11 18,
e gli successe Gelasio li che subi-
to fu oltraggiato dai fautori impe-
riali, laonde per salvarsi anche da
Cesare ritornato in Roma partì per
la Francia. Enrico Y fece antipa-
pa Gregorio YIII, ed entrambi
vennero scomunicati da Gelasio II,
che morì in Cluny a' 29 gennaio
mg. Calisto li suo successore su-
bito nel concilio di Reims colpì di
scomunica l'imperatore, e il falso
Papa, indi entrò in Roma ai a
giugno 1120, e fece imprigionare
l'antipapa. Mentre tutto sembrava
progredire ad una generale pertur-
bazione, Dìo toccò il cuore alle par-
ti contendenti, l' imperatore temet-
te di morire miseramente come
suo padre, rinunziò alle investitu-
1^ e la controversia fu aggiustata
da Calisto II con Enrico V, al mo-
do che dicemmo al voi. XVI, p.
36 del Dizionario; indi ratificaCa
i4o GER
nel concilio generale Lateranense J,
ove il PonteOce canonizzò s. Cor-
rado vescovo dì Costanza. Nuove
turbolenze accaddero in Germania,
ma Enrico V per tenere occupati
ì vassalli fuori di essa^ ruppe guer*
ra con la Francia, coi pretesto di
aver accordato asilo ai Papi du-
i*ante le sue vertenze con essi; por*
tatosi ad Utrecht morì a' 2 2 mag-
gio 1 135, restando con l^i estinta
la stirpe femminina de' franchi im-
peratori, e la casa di Franconia,
perchè senza figliuoli. Dal regno
di questo principe incominciò a
consolidarsi ne' signori de' grandi
feudi il diritto di sovranità: figlio
snaturato, principe ipocrita, inquie-
to vicino, cattivo padrone, tale fu
Enrico V. A' 29 agosto nella dieta
di Ma gonza fu eletto imperatore
Lotario li duca di Sassonia, figlio
di Gebardo conte d'Arnsberg, ove
r abbate Suggero vi fece esclu-
dere Federico duca di Svevia, figlio
di Agnese sorella di Enrico V, che
insieme a Corrado duca di Franco-
nia della casa di Hohenstausen, e
nipote di Enrico IV, furono com-
petitori di Lotario li, che fu de-
bitore dei suo innalzamento alla
sua divozione verso la santa Sede.
Ambedue gli emoli protestarono
contro questa elezione, e Corrado
HI si fece acclamare imperatore a
Spira, ed incoronare a Milano dal-
l' arcivescovo Anselmo. Il Papa O-
norio II, già legato in Germania,
confermò l'elezione di Lotario li,
e scomunicò Federico e Corrado
III, che colle armi gli disputavano
l'impero, insieme ali' arcivescovo
Anselmo, per aver osato coronare
il secondo: la guerra durò dieci
anni.
Nel 1 1 3o fu sublimato al ponti-
ficato Innocenzo II, stato auch'egli
GER
legato in Germania, quando insor-
se il potente antipapa Anacleto II,
che il costrinse a recai*si in Fran-
cia. Nel 1 1 3 1 Innocenzo II si por-
tò iu Germania, coi'onò in Liegi
Lotario li, scomunicando i suoi
competitori e l'antipapa: il Pon-
tefice negò con fei'mezza all'impe-
ratore il ristabilimento delle investi-
ture, e gli promise coronarlo anche
in Roma, se giurava difendere la
Chiesa. Dipoi Innocenzo II nel 1 1 32
vicino a P iacenza s'incontrò con Lo-
tario II, che portavasi a Roma per la
coronazione alla testa d'un esercito,
ed in compagnia di s. Norlierto. A
Viterbo si rividero, e giunti ambe-
due in Roma, essendo la basilica
vaticana occupata dall'antipapa, in
quella lateranense, ed a' 4 giugno
Il 33 Innocenzo II solennemente
coronò Lotario II, e sua moglie
Rìcheze o Richenza, che figlia ed
erede di Enrico il Grosso aveva
portato in dote la Sassonia. Il Pa-
pa concesse all'imperatore l'usu-
frutto del patrimonio delia contes-
sa Matilde, compresa la Garfagna-^
na (Fedì) con annuo censo per
feudo. Lotario li grato per tante
dimostrazioni di bontà, giurò difen-
dere la romana Chiesa e i suoi
dominii, e ad esempio di altri im-
peratori si prostrò al Papa, gli ha*
ciò i piedi, e condusse secondo il ce-
rimoniale per la briglia la sua mu-
la per lo spazio di alcuni passi, in
segno di venerazione al supremo
gerarca della Chiesa universale .
Frattanto i rivali di Lotario II,
abbandonati dai loro alleati, chie-
sero ed ottennero la pace a buone
condizioni ; allora l' imperatore con-
vocò iu Magdeburgo una dieta, che
vi fu celebrata nei 11 35 con gran
numero di ambasciatori che vi spe-
dii'ouo i principi sti'auieri^ e che
OER
divenne rinomata pei decreti fatti
pel buon regolamento del governo
interno della Germania, sino a quel-
l'epoca in preda alla più grande
confusione. Nel 1187 Lotario II si
condusse in Italia con T esercito per
difendere Innocenzo II contro Rug-
gero re di Sicilia, fautore dell' an-
tipapa Anacleto II, che mediante la
flotta de' pisani costrinse ritornare
in Puglia, e gli tolse varie città.
Celebrò col Papa la festa della
Pentecoste in Benevento; ma in.
Avellino ambedue contrastarono per
trenta giorni sul diritto di creare
il duca di Puglia, che finalmente
fu aggiudicato ad Innocenzo II. Ri-
tornando Timpeititore in Germania
mori a Bretten presso a Trento, ai
4 dicembre 1 1 87 , senza prole. Gli
stati adunati in Ratisbona imposto
aveano a Lotario II varie obbliga-
zioni : dapprima avevano deciso che
i beni de proscritti apparterrebbero
agli stati, e non all'imperatore; a
questi avevano prescritto continui
viaggi nelle varie provincie, interdetto
la facoltà di fabbricar nuove for-
tezze, e finalmente eransi riserbati
il diritto di fissare le imposizioni,
non che quello di deliberare sulla
pace e sulla guerra : tali furono le
prime costituzioni dell'impero ger-
manico.
Nella dieta di Coblentz nell'anno
1 1 38 fu eletto imperatore Conta-
do III, già competitore del defunto,
in presenza e per l'influenza di
Teodomiro legato della Sede apo-
stolica, che lo corone in Aquisgrana.
Invano cercò opporvisi ed essere e-
lelto Enrico il Superbo duca di
Baviera, siccome genero di Lotario
II; fu condannato al bando del-
l' impero da Corrado HI, e spoglia-
to de' propri stati senza che Inno-
cenzo Il vi si opponesse^ come be-
GER i4f
nemerlto della Chiesa, e ne morì
di cordoglio. Dalla rivalità e se-
gi*eta gelosia che da lungo tempo
esisteva tra le loro famiglie di Ho^
lienstausen e di Baviera, alcuni sto^
rici pretesero avere avuto origine
le fazioni de' ghibellini e de' guelfi.
Alle persuasioni di s. Bernardo,
Corrado III partì per la crociata,
ma contrariato dai gelosi gi^ci, lo
esercito oppresso dalle f^jtiche fu
tagliato a pezzi dai turchi, ed egli
restò ferito da due frecce; tutta*
volta pix)segin il cammino per la
Siria, ed all'assedio di Damasco fé*
ce pmdigi di valore. Tornato in
Europa morì dappoi a'i5 febbra-
io 1 1 52 in Bamberga, e fu sepol-
to nella cattedrale. Corrado III
non avendo ricevuto la consacra-
zione -imperiale, si faceva sni»upolo
dì assumere ne' suoi diplomi il ti-
tolo d'imperatore, nominandosi sem-
plicemente re de' romani, solo nel-
le lettere agli imperatori di Co-
stantinopoli si chiamava imperato-
re, per trattare in parità con essi ;
ma del doversi chiamare re de'rO'
mani l'imperatore sino alla sua co-
ronazione, lo si dice all'articolo
Imperatore. Essendo morto Enrico
suo figlio , gli successe Federico I
suo nipote, soprannominato Barba'
rossa «a cagione de' suoi belli ca-
pelli color d'oro, figlio di Federi-
co duca di Svevia^ che le sue gran-
di qualità l' ayevano reso chiaro.
Fu eletto diciassette giorni dopo
la morte del predecessore, e coro-
ronato in Aquisgrana a' 9 marzo
lì Si: sedò le turbolenze d' Ale-
magna, accordò al duca di Sasso-
nia r investitura della Baviera, ob-
bligò Canuto a cedere al suo riva-
le Svenone la Danimarca, il quale
per riconoscenza si dichiarò vassal-
lo deirimperp. Passato in Italia
i42 GER
con Tesercito, sottomise le città che
eransi i^ese indipendenti, e sì fece
corollare re di Lombardia. Deputò
in séguito ambasciatori ad Adria-
no IV» per pregarlo che l'incoro-
nasse imperatore in Roma. Il Papa
sentendo che veniva con numeroso
esercito, si chiuse nella fortezza di Ci-
"vita Castellana, gli mandò incontro
tre, cardinali, coi capitoli che doveà
approvare: essi trovarono Federico
I a s. Quirico, e quivi giurò di-
fèndei*e e conservare ì diritti dei
romani Pontefici, e della santa Se-
de, dovendosi uniformare al ceri-
moniale sugli atti di ossequio suc-
cennatì, soliti prestarsi ai Papi. A
Sulri l'incontrò Adriano IV, ed
ivi ebbe luogo il bacio del piede
e i'ulGcio di staffiere, e siccome
fallò -nel sostenere la staila, si nar-
ra ch'egli dicesse non aver mai
imparato il mestiere di palafreniere.
Sebbene il Pontefice avesse fat-
to occupare dalle truppe cesaree i
dintorni della basilica vaticana e
la Città Leonina, a cagione delle
fazioni che in Roma pretendevano
sostenere l'autorità dell'antico se-
nato romano, allorché segni in s.
Pietro la coronazione a'i8 giugno
ii55, il popolo commise eccessi
che i tedeschi repressero colle armi.
Tornato in Alemagna Federico I
distrusse i castelli di molti signo-
ri, citò in una dieta il conte pa-
latino, e ripudiò Adelaide di Woh-
bourg sotto pretesto di parentela,
sposando poi Beatrice figlia unica
di Rinaldo ITI conte di Borgogna,
con che acquistò i diritti sull'anti-
co regno d'Arles, nella qual città
si fece poi coronare. Nel medesi-
mo anno ii 55 Adriano IV ornò
Guglielmo col titolo di re delle
due Sicilie, ciocche ini lo l'impe-
ratore^ donde ebbe principio la
GER
lunga dissensione tra i Papi e l'im*
pet*o. Altro motivo d| disgusto per
Federico I, si fu avere il Pontefi-
ce chiamato in una lettera l'impe-
ro benefmum , in significato come
di feudo dipendente dalla Sede a-»
postolica ; e si narra pure che il
legato invitato a dare spiegazioni,
dicesse dover riconoscere l'impero
dal Papa, il quale approvava l'e-
lezione degl' imperatori, li consa-
crava e decorava della corona ed
insegne reali, per cui solo dopo
tal funzione essi prendevano il ti-
tolo d'imperatori, essendo prima
soltanto re de' romani, per avere
la santa Sede ripristinato l'impero
d'occidente, e dato poscia ai re di
Germania. Nel 1 1 58 Federico I
fece ritorno in Italia, per esigere
il giuramento di fedeltà dalle dif-
ferenti città, le quali obbligate a
ciò dalla forza delle circostanze,
poscia si ribellavano. Mentre asse-
diava Milano, con rapidi trionfi pa-
cificò la Boemia, e fece tributaria
la Polonia; indi dichiarò i beni dei
milanesi confiscati , e le loro per-
sone schiave, punendo col saccheg-
gio Crema alleata di Milano. Al-
cuni adulatori teologi e giureeon-
fiulti, dichiararono a lui appai'te-
nersi l'impero del mondo. Mentre
l'imperatore maturava il progetto
di ridurre l'Italia sotto 1' assoluta
sua dipendenza, morì Adriano IV
nel II 59, e fu eletto Alessandra
III, ch'essendo stato il legato del
predecessore a Federico I , questi
lo avea a nemico. Ne' comizi in-
sorse l'antipapa Vittore IV, già le-
gato a Corrado IH e a Federico
I, che Siccome suo partigiano sos-
tenne con le armi e riconobbe.
Alessandro III costretto a ritirarsi
da Roma in Anagni , scomunicò
l'imperatore, e sciolse i di lui sud*
GER
diti dal giuramento di fedeltà. Al-
lora i milanesi profittando deiroo
casione, assalito l'esercito imperiale
a Lodi, riportarono luminosa Tin-
toria; ma Federico I assediando
Milano la prese per fame^ ne rat
se le mura e gli edifizi, tranne le
chiese, e seminò il sale sulle sue
rovine. Genova spaventala inviò
deputati a fare la sommissione, Bo-
logna per avere resistito venne
smantellata, laonde tutta Tltalia a
lui si sottomise, ed Alessandro III
prese asilo in Francia.
Nuove turbolenze seguirono in
Italia: Roma, Venezia, ed altre città
allearonsi contro 1* imperatore, che
per morte dell'antipapa fece eleg-
gere a successore Pasquale III ; e
nella dieta di Wiirtzburgo, prepo-
tentemente chiese ai principi e ve-
scovi di giurare, non riconoscete
mai Alessandro III, ciò che aumentò
H numero de'suoi nemici, ed alla
lega delle città italiane altre se ne
aggiunsero. Intanto Alessandro III
per le suppliche de'romani fece ri-
torno in Roma , ove subito nel
] 1 66 si portò ad assediarlo Tim-
pei'atore, ed il costrinse a partir-
ne nelF anno seguente per Bene*
vento, nella qua! città ricevette gli
ambasciatori di Emanuele Comne-
no imperatore di Costantinopoli ,
che si offiMva riunir la Chiesa gre-
ca alla latina, e di liberarlo dalle
molestie di Federico I, se gli con-
cedeva r imperio d' occidente. Il
Papa si mostrò grato alla premu-
ra che Emanuele dimostravagli,
ma in quanto a dargli Y imperio
occidentale, gli rispose che Dio a-
vealo posto nella cattedra aposto-
lica per procurar la pace, non per
fomentar la discordia. La peste de-
cimò in Roma Tcsercito di Fede-
rico I, che ritirandosi in Germania^
GER 143
a stento ripassò le Alpi depaupe-
rato dalle lunghe guerre, ed abbat-
tuto da tante disgrazie. Allora a-
vanzò pacifiche proposizioni al Pon-
tefice, che le rigettò per la loro
natura; indi nel 1172 congregò
una dieta a Worms per chiedere
soccorsi, quindi spedi in Italia col-
Tesercito Cristiano arcivescovo dt
Magonza, che danneggiò molti luo-
ghi della santa Sede; mentre egli
medesimo por tossì ad assediar Ales-
sandria che le città cpUegate aveva-
no eretta in onore del Papa, e che
per derisione ì seguaci dell'impera-
tore chiamarono elella Paglia, e
Federico I ne fu l'espinto con per-
dita: i sassoni lo abbandonarono,
i milanesi gli distrussero la ca-
valleria a' 29 maggio 1 1 76,^ e il
doge di Venezia Ziani disfece in
mare i suoi vascelli, e fece prigio-
ne il di lui figlio Ottone, termi-
nando in tal modo l'imperiai po-
tenza in Italia. L'imperatore si ri-
fugiò in Pavia, e si vide costretto
a spedire ambasciatori ad Alessan-
dro IH in Anagni, per supplicarlo
della pace, fissandone il Papa stesso
le condizioni. Sebbene il Pontefice
poco potesse fidarsi delle sue in-
tenzioni, per averlo egli sempre per-
seguitato, sostenendo tre antipapi,
giacché a Pasquale III era succes-
so Calisto III ungaro, tutta volta
come padre comune, per conchìu-
dere la concordia si trasferì a Ve-
nezia nel II77. Q^ì^i finalmente
portatosi pure Federico I, venne
stabilita la sospirata pace tra il
sacerdpzio e V impero, colla me-
diazione de' veneziani perciò ricol-
mati di privilegi dal Pontefice, che
a' 24 luglio avanti le porte della
basilica di s. Marco ricevette pianr
gente al bacìo del piede l'impera-
tore. Alessandro III intenerito lo
i44 GER
alzò, baciò e benedi, e nel di se«
guente lo comunicò solennemente,
e gli usò diverse distinzioni in se-
gno di sincera pacificazione; altret-
tanto essendo quella di Federico
I, il quale dal canto suo fece al
Pontefice i consueti ossequi^ di te-
nergli la staffa nel salire a cavallo,
addestrar questo per alcuni passi,
con altri segni di venerazione, laon-
de é ÙLVoìa. quanto diversamente
si è a proposito narrato.
li duca di Sassonia Enrico il
Lione prese le armi , e per due
anni tenne agitata V Alemagna ;
fu messo al bando dell'impero, co-
me perturbatore della pace pubblica,
ed i suoi stati furono divisi tra il
marchese di Brandeburgo, ed Ot-
tone di Wittelbac. Intanto Fede-
rico I abolì alcune barbare con-
suetudini^ incoraggi il commercio,
con l'affrancamento delle città mer-
cantili, e cercò di far fiorire le
scienze e le lettere, mediante i
privilegi che accordò a quelli che
ne frequentavano le scuole. Nel
II 83 si adunò in G)stanza un
congresso a'aS giugno, dove inter-
venne l'imperatore , e i commissa-
ri deputati delie città lombarde,
per sottoscrivere un trattato che
gl'italiani considerarono poi come il
fondamento del loro diritto pubbli-
co. Nel 1 1 84 in Verona si abboccò
con l'imperatore il Pontefice Lucio
III, che da cardinale era stato a
lui inviato per legato dal prede-
cessore Alessandro III , per l'estir-
pazione delle ei*esie che laceravano
la Chiesa. Nell'anno seguentje ed e-
ziandio in Verona, l' altro Papa
Urbano III si lamentò con Fede-
rico I perchè riteneva il patrimo-
nio della contessa Matilde, di ra-
gione della Chiesa romana, appli-
cava al pubblico i beni de'vesco-
GER
vi defunti, ed usurpovasi le rendi-
te di alcuni raonisteri, scacciando-
ne le monache col pretesto di ri-
formarle. Se ne moderò l'augusto
colla speranza che Urbano III gli
coronasse imperatore il figlio En-
rico VI il Severo, che sino dal 1 169
in età di quattr'annì era stato elet-
to re deVomani; ma il Papa ricu-
sò di farlo ad esempio di Alessan-
dro III, se egli non rinunzia va pri-
ma la corona al figlio, non essen-
do più tempo di vedere due im-
peratori sul soglio. Nel 1 1 89 Fe-
derico I partì con suo figlio' Fede-
rico duca di Svevia per la crocia-
ta, alla testa di centomila combat-
tenti, e riportati alcuni vantaggi,
dopo aver valicato il monte Tau-
ro morì a' io giugno 11 90, per
essei^i imprudentemente bagnato
nel Cidno, altri dicono annegato
nella riviera dì Salef. Suo figlio
Federico fece trasportare le sue
ossa a Tiro, ove Guido re di Ge-
rusalemme le fece deporre nella cat-
tedrale in un sepolcro di marmo ,
sebbene dovevasi tumulare in Ge-
rusalemme. Federico I fu uno dei
piii grandi principi che sederono
sul trono germanico, il cui impe-
ro voleva ritornare all'antico splen-
dore; ambizioso^ prode, fermo nelle
avversità, rese ereditarie le grandi
cariche della corona, che i prede-
cessori conferivano a loro benepla-
cito. Dal suo matrimonio con Bea-
trice ebbe Enrico VI che gli suc-
cesse. Federico duca di Svevia che
morì all'assedio di Tolemaide, Cor-
rado duca di Svevia, Filippo du-
ca di Toscana poi imperatore , e
due figlie.
Enrico VI nel 119 1 si recò in
Roma, ove il Papa Celestino III a' 1 5
aprile lo coronò insieme all'impe-
ratrice Gostanza. Nel medesimo an-
GER
no r imperatoi'e confermò lordine
equestre Teutonico (F'edi)^ istitui-
to dalla nazione alemanna che a-
▼ea sex*vito nelle guerre di Terra
Santa, ed il Papa l'approvò con
flua bolla. Cedette Enrico VI alla
santa Sede le sue ragioni su Fra-
^cad (Vedi) ; ed essendo morto
il nipote di Costanza Guglielmo li
re di Sicilia, in questo regno con-
dusse il suo esercito per far va-
lere i suoi diritti, essendosene im-
padronito Tancredi figlio naturale
del defunto. Occupò molte piazze,
ma gli fallì V impresa e tornò in
Germania, ove tenne prigione Rio-
cardo re d'Inghilterm reduce dal-
la crociata, togliendolo da quella
di Leopoldo VI duca d' Austria.
Invano s'interposero per la libera-
zione vari principi, onde il Papa
Celestino Ili nel iiqS gli lanciò
la scomunica; solo lasciò Riccardo
mediante un considerabile riscatto^
con la qual somma fece altra spe-
dizione nel regno di Napoli e di
Sicilia, venendo coronato in Paler-
mo a' i5 ottobre 1194» ove gli
ambasciatori d' Isacco li Angelo^
temendo che gli alemanni^ per a*
Ter negato il passaggio a Federi-
co I, invadessero Costantinopoli , si
assoggettarono a pagargli tributi.
Nella dieta di Worms Enrico VI
prese la croce, predicò la sacra
guerra, e parti con quarantamila
uomini, co' quali fermossi iVì Sici-
lia per compierne il conquisto, e
sparse da per tutto il terrore colle
sue crudeltà, e con supplizi da lui
stesso inventati. I siciliani si ribel-
laronOj Costanza fu accusata di a-
Tcr avvelenato V imperatore, che
mori in Messina a' 28 settembre
1197. Fu d'indole grave, sol pia-
cendogli la caccia; volgeva in men-
te di rendere la corgna imperiate
VOI. XXIX.
GER 145
ereditaria, di i*egnare sull'Italia^ e
come dicono alcuni d'indebolire la
autoiìtà dei Papi. Come fu morto,
TAlemagna fu in preda a turbo-
lenze, e gli successe il figlio Fede-
rico II, nato a Jesi nel 1194» che
il padre avea fatto dichiarare re
de'romani, ed associato all'impero ,
imponendogli nel testamento che
restituisse la somma del riscatto al
re d' Inghilterra, che reintegrasse
la santa Sede de'suoi diritti, e che
se morisse senza successione^ ad es-
sa ritornasse il regno di Sicilia,
siccome suprema signora di esso :
il Pontefice non acconsenti che fos-
se sepolto il cadavere d'Enrico VI
senza il permesso del re d'Inghil-
terra* Una parte degli elettori pro^*
clamò imperatore Federico II in
Aniheim; altra, ad istanza di Ce**
lestino 111, in Colonia elesse il du<^
ca di Zerìnghen Bertoldo, e pet*
sua rinunzia^ Ottone di Brunswick
figlio di Enrico di Baviera det-
to il Lione, Filippo duca di Svevia
e di Toscana si fece dichiarare tu-^
tore del fanciullo nipote Federìco
II, e col pagamento di undici
mila marche d'argento^ da alcuni
elettori si fece dichiarare impera-^
tore in Erfui^t, e coit)nare in Msl*
gonza nel 1 1 98, prendendo il no*^
me di Filippo II, perchè riguar-
dandosi successore degl'imperatori
romani, contava per primo Filip«
pò l'assassino di Gordiano il gio-^
vane.
Alcuni signori tedeschi malcon^
tenti di veder il trono divenire e-
reditario nella casa di Svevia, se-
guirono le parti di Ottone IV,
onde r Italia 6 la Germania si
divisero tra i due competitori, o**
bliando il fanciullo ' Federico IL
Intanto il nuovo Pontefice Inno-
cenzo III jcicuperò al dominio del-.
10
i46 GER
la Chiesa molte città che avea oo*
cupato Enrico VI» e costiùnse i
senatori ed il prefetto di Roma
a piotargli il giuramento di ub-
bidienza e fedeltà, giacche dopo il
ripristinamento dell'antico senato il
prefetto prometteva fedeltà all'im-
peratore, da cui riceveva il manto
di sua dignità; e nel 1 20 1 confer-
mò l'elezione di Ottone IV. Indi
Innocenzo III spedi per legato in
Sicilia il cardinal Conti ad inve-
stir di quel reame 1' imperatrice
Costanza, e il suo figlio Federìco
II, con annuo censo, e pei*sonale
giuramento di omaggio ligio. Fi**
lippo II, sostenuto dalla Francia^
rìportò alcuni vantaggi sul suo
rivale, e l'obbligò ad allontanarsi,
venendo assolto dai legati pontifi-
cii dalla scomunica fulminatagli
da Celestino III. Venne riconosciu-
to dal duca di Brabante, e nel
i2o5 si fece coronar di nuovo in
Aquisgrana. Intanto Ottone IV si
guadagnò Taiuto d'Innocenzo III, e
del re d'Inghilterra suo parente,
ma perde nel r2o6 una battaglia,
per cui il Papa inclinava allearsi
con Filippo li, quando questi (a
assassinato in Bamberga a' 23 giu-
gno 1 206, da Ottone di Wittekbach
palatino di Baviera, che avea rì*
fiutato per genero. Ottone fu con-
dannato al bando dell'impero, ed
alla pena di morte. Il defunto a-
veva quattro figlie, una delle quali
Beatrice sposò Ottone IV, che in
tal modo riuscì unire i partiti che
laceravano V Alemagna. Confermò
subito alle città italiane i diritti
che godevano, si portò in Roma
ove Innocenzo III nella basilica
Taticana a' 2 7 settembre , o a' 4
ottobre 1209 lo coronò, dopo aver
solennemente giurato di conservare
la santa Sede in tutte le sue pos-
GER
sessioni. In onta a tale atto Otto«^
ne IV s'impadronì di Viterbo, di
Orvieto, e di Perugia, volendo fa-
re altrettanto della Puglia, unico
retaggio di Federico IL Sì perfido
ed ingrato procedere fu punito dal
Papa con la scomunica, e collo scio-
gliere dal giuramento d'ubbidienza
i di lui vassalli e sudditi; il perché
i principi dell'impero, ed i signo-
ri ancor divoti alla casa di Svevia
si ribellarono, e nel 12 12 procla-
marono imperatore Federico IL
Questi passò in Roma ricevutovi
dal Papa onorevolmente, conferman-
do alla Chiesa romana le contee
di Fondi, ed altt*e baronie che gli
iavea lasciate Riccardo dell'Aquila:
con le truppe che gli avea som-
ministrato Innocenzo III , inse-
guì r avversario che avea ripas-
sato le Alpi , s' impadronì del-
l'Alsazia, e si fece coronare in A-
quisgrana. Ma Ottone IV soste-
nuto dall'Inghilterra, convocò una
dieta a Norimberga, trasse nel suo
partito il duca di Lorena, sposò
Maria figlia del duca di Brabante,
aiutato dal quale resistè a tutta
1' Alemagna che parteggiava per
r avversario. Dipoi Ottone IV si
unì a Giovanni Senza^terra per
fere la guerra alla Francia; ma il
suo i*e Filippo Augusto riportò a
Bouvines nel 12 13 memorabile
vittoria sui centoventimila combat-
tenti imperiali, che perderono tut-
ti i tesori e il cari*o imperiale,
che il re mandò a Federico IL
Ottone IV corse due volte perico-
lo di vita, per vergogna si ritirò
nel ducato di Brunswick, e morì
dopo quattro anni obliato nel ca-
stello di Hartzburgo, a'i5 maggio
12 18, dopo essersi fatto assolvere
dalla scomunica; non lasciò figli
dai di;ie suoi matrimoni, e Fé-
GER
derico II gli successe senza osta-
colo.
Sino dalla battaglia di Bouvi-
nes Federico II avea consolidato
il suo potere, era stato riconoscili*
io dalla Germania, si et*a alleato
coi danesi, e fatto nuovamente co-
ronare nel 12 15 in Aquisgrana*
Indi dopo la morte di Ottone IV,
Federico II convocò una dieta a
Francfort, in cui fece eleggere re
deVomani Enrico suo figlio, com-
partendo delle concessioni ai ve-
scovi che facevano difficoltà; ed in-
vitato dal Papa alla crociata , si
contentò mandarvi delle truppe»
Nel I220 si portò Federico II in
Roma da Onorio HI, il quale per
quattro anni era stato suo aio, ed
B* 'ZI novembre 1' unse e coronò
imperatore, avendo fatto i consue-
ti giuramenti dì mantenere i di-
ritti della Sede apostolica , di par-
tire per Terra Santa, e di restituire
il patrimonio della contessa Ma-
tilde, che effettuò nel lasi, in ma-
no del nunzio apostolico, insieme
ad altre terre di ragione della
Chiesa. Partito per Napoli, ivi sta-
bili la capitale del suo regno, ab-
bellì la città con edifizi, vi fondò
l'università, dappoiché sembra che
avesse disegno di trasportar la sede
dell'impero in Italia, dopo averla
sottomessa, e perciò divisava abbas-
sare la potenza del Papa, e quella
delle città italiane gelose di loro
]ibet*tà, ma non vi riuscì. Onorio
ili vide di mal occhio soggiornare
l'imperatore in Napoli, e non man-
tenere le promesse di portarsi alla
crociata: per indurvelo lo fece spo-
sare a Jolante figlia di Giovanni
di firienne re di Gerusalemme,
erede di questo regno, acciò se ne
mettesse in possesso, e nel 1226 la
coronò con le insegne imperiali. Il
GER ìif
Papa in Anagni, a Verona, a Fe-
rentino, e per mezzo di nunzi
provocò l'imperatore ad effettuare
la saci*a guerra, il quale invece
impiegava le forze radunate per
quella impresa, contro le città d'I-
talia che non erano del suo par-
tito, senza badare alla scomunica
che incorreva per l'inadempimento
de' giuramentii Convocò Federi-
co II una dieta in Cremona, ma
le principali città d' Italia distolte
dal Papa ricusarono mandarvi i
deputati^ e furono poste al bando
dell'impero} quindi per l'interven-
zione del Pontefice l'imperatore
dimenticò il suo risentimento. Di-
venuto Papa nel 122^ Gregorio
IX, volendo sbarazzar 1 Italia d'un
ospite sì pericoloso, intimò a Fe-
derico II di adempiere la promes-
8a> e partire per la crociata^ ciò
che non eseguendo, in Anagni e in
Roma formalmente lo scomunicò!
l'imperatore ribellò alcuni romani
ed 1 Frangipani contro Gregorio
IX, che fu costretto ritirarsi in
Perugia. Finalmente Federico II
partì da Brindisi per la Crociata,
si coronò da sé In Gerusalemme,
e tradì gli affiiri de' cattolici al
modo narrato nel voi. XVIII, p.
294 e 29S del Dizionario, Intan-
to Gregorio IX si collegò coi mi-
lanesi per torgli il regno di Na-
poli, ed affidò un esercito al suo-
cero il re Giovanni, che l'impe-
ratore ritornato in Italia disfece a
Capua, e poscia nel i23o si pa-
cificò col Pontefice, secondo le con-
dizioni di questi, che lo assolvette
dalla scomunica; in tal modo le
fazioni de' guelfi e ghibellini che si
erano riprodotte con furore, per
cui alcuni le fecero originate sotto
FedericoII, restarono in inazione, seb-
bene sempre pronte a combattere.
i48 GER
L'Alemagna essendosi sollevata
contro r imperatore, il suo figlio
oomandaTa i ribelli, quando Fede*
rico II dopo l'assenza di quindici
anni Vi fece rìtomo. Vinse gl'In*
sorti, e nella dieta di Magonza fe-
ce condannare Enrico a perpetua
prigione. Gjmmìse ad alcuni de'suoi
grandi vassalli di fer la guerra al
duca d'Austria che persisteva nel-
la ribellione, e dopo essersi porta-
to a Vienna, e di avei*la dichia-
rata città libera, ripassò in Italia
nel 1237 a combattere i guelfi,
avendo prima fatto rìconoscere Cor-
rado IV suo figlio in re de' roma-
ni. Prese Mantova, disfece i guelfi,
e dichiarò Enzio suo figlio natu-
role re di Sardegna; e per le ra-
gioni che su queir isola avea la
santa Sede, Gregorio IX scomuni-
cò nel 1238 nella domenica delle
Palme, e nel giovedì santo l'impe-
ratore, il quale fece dal senatore
Cenci ordirgli contro una congiura,
cacciò i monaci dalla Sicilia ^ e
proibì la comunicazione coi Papa.
Questi inviò ai principi d'Europa
lettere in cui descrisse tutte l'em-
pietà di Federico II , e fece pro-
mulgar contro di lui la cix>ciata^
offrendo il trono d'Alemagna a
Roberto d'Artois fratello di s. Lui-
gi IX re di Francia, che ricusò
accettarlo. Allora il Pontefice per
farlo deporre, intimò nei 124^ un
concilio generale in Roma , onde
Federico II, Enzio suo figlio, ed
i pisani imprigionarono molti car*
dinali, vescovi ed ecclesiastici, che
su galere genovesi si portavano al
concilio, e parte ne affogarono in
mare. Afflitto Gregorio IX per tan-
ta crudeltà, mori di pena a' 2 1 ago-
sto 12419 e gli successe Celestino
IV già legato ali' imperatore , che
visse soli diecisette giorni: dopo
GER
circa diecinove mesi dr sede vacan-*
te, per gl'impedimenti frapposti da
Federico II, venne eletto Innocen-
zo IV Fiesco di Genova, già stret-
to amico dell'imperatore. Questi
però udendone l'elezione, disse:
Fiesco era mio amico, ma il Papa
sarà mio nemico. Così fu, perché
Innocenzo IV dovette badare agli
interessi di s» Chiesa, dall'impera-
tore ognor più insultata. Innocenzo
IV incominciò dall'ammonirlo, per
cui Federico II spedì a Roma una
ambasceria per la pace, che fu giu-
rata a'3i marzo 1244} ^^ P^'<>*
messa di reintegrare la santa Sede
pei danni fatti, di riparare le of-
fese esercitate su tanti ecclesiastici,
di restituire le città dello stato ec-
clesiastico, di fare l'omaggio pei
regni di Napoli e di Sicilia, e di
ricevere quella correzione che dal
Papa venisse imposta. Non andò
guari che la gioia d'Innocenzo IV
si dileguò, dacché Federico II ri-
cusò di effettuare il giurato come
a lui pregiudizievole; tentò il Papa
abboccarsi con lui essendo ne' din-
torni di Roma dopo essere stato
battuto dai milanesi) ma scuopren-
do gl'inganni ed insidie che gli
tendeva, passò in Francia per porsi
in sicuro. Ivi convocò il concilio
generale di Lione I, che celebrò
nel i24^i alla presenza di vari so-
vrani.
Il vescovo di Carinola accusò
r imperatore d ateismo, d'essere in
lega coi saraceni, e dì credere die
Gesò Cristo e Maometto fossero stali
due impostori, laonde convinto di
sacrilegio e d'eresia, non riuscendo
agli ambasciatori purgare dali'impu*
tazioni Federico lì, nel concilio In-
nocenzo IV dichiarollo scomunica-
to e decaduto dall' impero, mentre
l'imperatore essendo allora a To-
GER
rìno, esclamò nel porsi la corona
in capo, che per torgliela si spar-
gerebbe molto sangue. Quindi il
Papa scrisse agli elettori di eleg-
gere in successore Enrico detto
Raspane langravio di Turingia ,
nipote di Ottone di Wittelsbach ,
signore d'Assia e dei palatinato del
Reno^ valoroso ed ambizioso. In
Hocheim presso WUrtzburg alcuni
elettori ed i vescovi lo dichiararo-
no re de' romani a' 17 maggio
1 2/^6 ; ma siccome la maggior par-
te de' principi ricusò intervenirvi ,
fu chiamato il re de' preti. Enri-
co marciò contro Corrado IV fi-
glio di Federico II, lo battè pres-
so Francfort, l'inseguì in Isvevia,
ma all'assedio d'Ulma ferito da una
freccia, di essa e dalle fatiche soste^
nute mori nei primi del 1247. Il
Papa a' 29 settembre fece eleggere
in successore Guglielmo conte d'O-
landa, che presa A qui sgrana si fece
coronare in G)lonia dall'arci vesco-
vo, mentre l'Alemagna si divise
tra i due contendenti; indi battè
Corrado IV ad Oppenheim. L'Ita-
lia soggiacque ai furori delle fa-
zioni, che Federico II procurava
con rovesci e triste vittorie supe-
rare: Per sospetto di yeleno fece
morire Pier delle Vigne suo can-
celliere ed amico, e licenziati i suoi
antichi uflìziali e guardie, si cir-
condò di maomettani, finché mori
a Firenzuola o Fiorentino a' 4 <li*
cembre i25o; venendo assolto dal-
l'arcivescovo di Palermo, fu poi se-
polto in Monreale. Gli successe suo
figlio Corrado ÌV, cui ordinò re-
stituir alla Chiesa il tolto; e nel
regno di Napoli Manfredi uno dei
suoi figli naturali. Federico II fu
principe di gran mente , coraggio-
so , prudente , fiero e generoso ;
coltivò con successo la poesia^ prò-
GER 149
tesse le scienze e le arti, fece un
nuovo ordine di legislazione per
r impero, scrisse un trattato sulla
caccia, ec; colla sua morte cessò
tutta l'autorità degl' imperatori te-
deschi in Italia. Il Papa e Gugliel-
mo nella dieta di Francfort fece-
ro dichiarare Corrado IV decadu-
to dai suoi diritti ; egli si portò in
Napoli con sospetto di avere aT«.
Telenato il fratello, mostrandosi ap-
parentemente soddisfatto di Manfre-
di. Intanto Innocenzo IV parti dal-
la Francia per restituirsi in Roma,
venendo incontrato per viaggio dal-
l'imperatore Guglielmo. Invano Cor-
rado IV spedì ambasciatori al Pon-
tefice, che in vece lo citò a com«
parire in Roma per essersi impos-
sessato della Puglia e della Sicilia
fèudi della Chiesa^ poscia lo sco-
municò due volte; e morì a' 27
maggio 1254 presso Lavello nella
Basilicata, e secondo alcuni di ve-
leno propinatogli' da Manfredi. Da
Elisabetta di Baviera ebbe Corra-
di no che lasciò d'anni tre, e che
lo successe nei feudi tedeschi del-
l' illustre casa di Hoheristauffen, di
cui era l'ultimo rampollo.
Innocenzo IV si portò con un
esercito alla ricupera del regno di
Napoli, ivi morì, ed ivi fu eletto
Alessandro IV a successore. Gu-
glielmo quantunque dotato di tal-
lenti dovjè tornare in Olanda, e la
guerra coi frisoni gli fu funesta:
essendosi cacciato il suo cavallo in
una palude, alcuni contadini ascosi
tra le canne l'uccisero nel i256,
e fu poi sepolto in Middelburgo.
Allora Alessandro IV ai 28 luglio
intimò agli elettori dell'impero, sot-
to pena di scomunica, di non eleg-
gere Corradino l'ultimo degli svevi ;
laonde gli elettori si divisero tra
Riccardo conte di Gomovaglia e
i5o GEft
di Poitou, seoondogenito di Gio-
-vaimi Sènza'terray e fratello d'Ea-
rioo III re d'Inghilterra, eh' erasi
distinto nelle crociate e mostratosi
divoto alla santa Sede; ed Alfonso
X il Savio e Y Astronomo ve di
Leone e di Castigliai il quale non
profittò dell'elezione in imperatore,
uà mai si portò in Germania, Ric-
cardo vi si recò, e con Sanzia di
Provenza sua moglie, si fece coro-
nare in Aquisgrana a' 17 maggio
1257: ricompensò splendidamente
gli elettori, che gli aveano dato il
voto, onde con altre liberalità ac-
crebbe il numero de' suoi parti*
giani. Nel 1260 toi*QÒ io Germa-
nia con nuovi tesori, convocò una
dieta in cui fece saggi regolamen-
ti, combinò le vertenze tra i prin*
dpi e le città, compensando con
denaro le parti lese dalle sue de-
cisioni; vi ritornò nel 1262 per
dare l' investitura dell' Austria e
della Stiria ad Ottocaro, confermò
ì privilegi di parecchie città, e do-
nò al tesoro d'Aquisgi-ana coro-
na» scettro e globo [d'oro, e due
abiti imperiali. Nel 1268 ritornò
in Geimania, soppresse i pedaggi
onerosi che inceppavano la navi-
gazione del Reno, e tenne in
Worms la dieta cogli elettori di
Magonza e Treveri, parecchi altri
principi e vescovi dell'impero, e
mon a' 2 aprile 1272, lasciando
memoria di saggio, valoroso, pru-
dente e liberale, l^a Germania sot-
to Riccardo ed Alfonso X sog-
giacque ad anarchia equivalente ad
un interregno, siccome lo conside-
rano gli storici, e perciò quasi pri-
va d'imperatore. In questa epoca
la costituzione d'Alemagna cangiò
interamente di aspetto, ed i prin-
cipi, la gran nobiltà, l'alto clero,
e le città libere, resero più solide
GEE
le loro 'pretensioni. Intanto G)rra-
dino era slato posto dal tutore
margravio d'Hochberg sotto la pro-
tezione della santa Sede, mentre
veniva allevalo in Baviera, gover-
nandosi in suo nome il regno di
Napoli, mentre di fatto n'era re
Manfredi, che si fece coronare alla
voce di sua morte. Ma il Papa
Clemente IV avendo investito del
regno delle due Sicilie Carlo I
d'Angiò, nella pianura di Grandel-
la nel 1266 Manfredi vi perde la
vita, con la peggio de' ghibellini.
Questi allora malcontenti degli an-
gioini, rivolsero gli sguardi a Corra-
dino, che alla testa di poderoso eser-
cito portossi in Italia, e fu disfat-
to da Carlo I vicino al lago di
Celano a' 23 agosto 1268, e fatto
prigione venne decapitato pubbli-
camente in Napoli a' 26 ottobre
1 269, nell'età d'anni dieciotto. Cle-
mente IV aveagli lasciato il titolo
di re di Gerusalemme, e vietato
prender quello di Sicilia, per cui
pubblicò contraria sentenza. Così
terminò il nobilissimo lignaggio de-
gli svevi, e con lui migliaia d' il-
lustri vittime sagrificate in seguito
da Carlo I, temendo della scossa
sua monarchia, e della sua stessa
esistenza.
Rodolfo I conte di Habsburg,
castello posto tra Basilea e Zuri-
go, chiamato il Clemente^ fu eletto
imperatore nell'ottobre 1278, il
primo della gloriosa casa d'Austria,
ed è perciò che d'ora innanzi per
quanto riguarda agl'imperatori di
tale stirpe daremo soltanto qual-
che cenno, già avendone d'ognuno
compendiosamente trattato all'ar-
ticolo Austria, ed agli altri relati-
vi. Il Papa Gregorio X non solo
ne approvò l'elezione, ma indusse
Alfonso X re di Leone e di Ca-
G£R
stiglia a rìnuniuare il nome e Yìn»
segue d'imperatore. À'i8 ottobre
1375 in Losanna si abboccarono
il Papa e Rodolfo I, il quale giu-
rò difendere l'esarcato di Ravenna,
e le alti*e terre della Chiesa. Men-
tre il re dei romani, così chiaman-
dosi r imperatore prima di essere
coronato dal Pontefice, nel 1276
i*ecavasi in Italia, Innocenzo V glie-
lo TÌetò, senza essersi prima paci-
ficato con Carlo I re di Sicilia, ac-
ciocché i guelfi e i ghibellini non
riaccendessero le guerre civili: egual
sollecitudine ebbero Adriano Y, e
Giovanni XXI. Il successore del
secondo, Nicolò III, nel 1278 rice-
vette da Rodolfo I amplissimo di-
ploma d'approvazione de' possedi-
menti della Chiesa, confermatone in
pari tempo il tenore dal collegio
degli elettori. Anche Onorio IV e
Nicolò IV si adoprarono per com-
porre le dìf&renze ti*a Rodolfo I, e
Carlo I e Carlo II re di Sicilia e
di Napoli. Dopo la morte di Ro-
dolfo I, in concoirenza del suo fi-
glio Alberto I, fu eletto nel 1291
imperatore Adolfo di Nassau^ il
quale avendo domandato a Filip-
po IV il Bello re di Francia la
restituzione del regno d'Arles, ne
ebbe in rìsposta in un foglio bian-
co, queste due parole: troppo te-
descOy che denotavano il dispregio
che fòceva di sua persona e richie-
sta; e volendo Adolfo far guerra
alla Francia, il Papa Bonifacio
Vili lo dissuase. In seguito i prin-
cìpi della Germania si ribellarono
ad Adolfo^ lo deposero nel 1297,
ed elessero in vece re de' romani
Alberto I d'Austria, che diede bat-
taglia al competitore, e l'uccise a'a
luglio 1298. Bonifacio Vili perciò
non volle approvarne l'elezione,
anzi lo citò a comparire in giudi-
GER i5i
zia a giustificarsi della morte di ■
Adolfo; dipoi pacificatosi con lai,
lo confermò nella dignità, e nel
i3o2 gli diede il regno di Fran-
cia per l'interdetto fulminato al re
ed al reame, ma egli si ricusò di
accettare. Sotto di lui nel 1807
gli svizzeri si resero liberi, ed egli
morì a' IO maggio i3o8, ucciso dai
propri nipoti. Dopo un interregno di
sette mesi fu eletto imperatore En*
rico VII figlio maggiore del duca
di Luxemburgo, a' 29 novembre
i3o8, ad onta che vi aspirava
Carlo di Valois. Punì gli uccisori
del predecessore, fece eleggere re
di Boemia Giovanni suo primoge-
nito, che dichiarò pure vicario di
Alemagna, ed alla testa d' un eser-
cito nel 1 3 1 1 passò in Italia, e si
fece coronare in Milano re di Lom-
bardia, quindi occupò varie città,
favorito dai ghibellini, e contraria-
to da Roberto re di Napoli. Sino
dal i3o5 il Papa Clemente V
avea stabilito la residenza pontifi-
cia in Francia, indi fissandola in
Avignone, ove dimorarono sei suc-
cessori. Volendo Enrico VII pren-
dere in Roma la corona imperiale.
Clemente V deputò i cardinali le- ^
gati a farne le sue veci , e per
gl'impedimenti frapposti dal re di
Napoli, la coronazione ebbe luogo
nella basilica lateranense. Qui no-
teremo che agli articoU Coròrazio-
IfB degl'imperatori, e CORONAZIONB
PEI RE si dice delle coronazioni de-
gl' imperatori in che modo segui-
rono, così quelle della corona di
ferro.
Enrico VII pose al bando del-
l'impero il re Roberto, e dopo
aver tentato prendere Fii^enze , con
le galere de' genovesi e de' pisani
si accingeva alla conquista del re-
gno di Napoli, quando la morte
iSi
GER
lo sorprese a BonconTento presso
Siena a'a5 agosto i3i3, non sen-
za sospetto di veleno. t>opo un in«
ten^egno di quattordioi me^ii la
maggiorità degli elettori innalzaro-
no all'impero Lodovico V il Ba^
varo, figlio di Matilde figliuola
di Rodolfo I, capo del ramo di
Baviera, e parte Federico III il
BeUo duca d'Austria, figlio di Al-
berto I, sostenendo ognuno colle
armi le loro pretensioni. Vedendo
il Papa Giovanni XXII che Lodo-
vico y si trattava come imperato-
re, senza aspettare la consueta con-
ferma pontificia, lo pregò a per-
mettere che la causa di sua ele-
zione fosse trattata dalla santa Se-
de, citando i due pretendenti a
produrre le loro ragioni. Lungi Lo-
dovico V dal volersi soggettare al
giudizio del Pontefice, e prenden-
do anzi la difesa degli eretici, fu
scomunicato, ond'ebbero luogo quel-
le gravi vertenze tra ambedue, die
notammo all'articolo Baviera, ed
ai diversi relativi articoli. Portato-
si Lodovico V nel iSiS in Roma,
elesse in antipapa Nicolò V, e si
fece da esso coronare in s. Pietro.
Il Papa ad esempio di Clemente
y, che nella vacanza dell' imperq
avea nominato vicario d'Italia il
re Roberto, dichiarò vari signori
vicari imperiali in divei*si luoghi
della medesima regione. Lodovico
y disfece Federico d'Austria, e lo
ritenne prigione sino al iSsS, in
cui lo fece rinunziare all'impero,
ed aumentò Ip sue iniquità contro
il Pontefice, che dall' altro canto
raddoppiò i fulmini della Chiesa :
di poi Lodovico y fece un decre-
to, che all'elezione dell'imperatore
non eravi bisogno l'approvazione
del Papa. Il nu«vo Pontefice Be-
nedetto ^I nel i334 procuiò di
GER
indurre Lodovico y all'ubbidienza.
Cloche non riuscendo, confermò le
censure come usurpatore dell' im-
pero; avendo poi timore che nel-
la vacanza dell'impero, la cui am-
ministrazione per questa causa gli
apparteneva, fosse assalita l'Italia da
qualche nemico, nel i339 costituì
alcuni vicari feudatari della Chiesa.
Indi Clemente VI nel giovedì san-
to i346 confermò in Avignone la
sentenza di scomunica data da'suoi
predecessori al Bavaro, Iq dichiai*ò
in concistoro contumace alle intima-
zioni fattegli, e comandò agli elet-
tori dell'impero che in vece eleg-
gessero imperatore Carlo ly mar-
chese di Moravia figlio di Giovan-
ni re di Boemia. Cinque elettori
agli 1 1 luglio procederono alla sua
elezione, che Clemente yi con-
fermò, morendo Lodovico y agli
1 1 ottobre del x 347 P^^* ^^^ ^^'
duta da cavallo, mentre inseguiva
un orso alla caccia, e con lui ces-
sarono finalmente le angustie che
avea cagionate alla Chiesa, alla
Orermania, ed all' Italia . Allora
Carlo ly fu riconosciuto da tutti
per unanime consenso, e per la di-
vozione che ebbe alla santa Sede
fa detto r imperatore de* preti.
Nel 1 355 Clemente yi dal car-
dinal legato fece coronare in Ro-
ma Carlo IV, e la sua moglie An-
na; ipdi l'imperatore si portò in
Arles a prender la coix>na del re-
gno Arelatense di ragione dell' im-
pero, e fu l'ultimo a fare questa
solennità. Sino a Carlo IV gl'im-
peratori erano eletti dai tre oixli*^
ni riuniti, e talvolta dalle assem-
blee di tutti i principi dell'impe-
ro. I primi grandi uffiziali e digni-
tari della corona essendo pervenuti
a rendere le loro cariche eredi ta-
m, sf poco a poco si attiraionp il
GER
diritto dell'elezione. Carlo IV pub-
blicò nel 1 356 la Bolla a oro
(yedi)y con la quale sugli antichi
Eteltori (f^edi)y si stabilirono for-
malmente i loro diritti, e si regolò
del pari il cerimoniale dell' imperiai
corte. Questa celebre Jegge fondamen-
tale sull'elezione degli imperatori fu
fatta in Norimberga: allora il cor-
po politico germanico consisteva in
una grande confederazione, compo-
sta di tutti gli stati sovrani sì ec-
clesiastici, che secolari d' Alemagna,
della quale l' imperatore era capo.
Questo monarca elettivo però non
possedeva che i propri stati ereditali,
né alcuna rendita era annessa alla
sua dignità, ne alcuna città per tal
titolo gli apparteneva. Godeva però
di somme prerogative, convocava
da sé solo le assemblee generali, ne
sanzionava le decisioni, disponeva
de' fondi devoluti all'impero, e da-
va degli altri l'investitura, conce-
dendo privilegi, titoli , e gradi
onorìfici. Al successore designato
all'impero davasi il titolo di re dei
romani; il diritto poi di eleggere
l'imperatore venne riservato ai so-
li elettori. L'assemblea generale o
dieta, ministra del potere legislati-
vo, era composta dei. tre collegi,
quello cioè degli elettori del sacro
romano impero, quello de' principi
di cui formava parte l'altro dei
conti, e quello delle città libere o
imperiali che ascendevano a ses-
santatre, oltre quelle che in varì
tempi si sottrassero dall'impero,
come dicemmo in principio del-
l'articolo. Tutti i principi sovra-
ni avevano un' autorità assoluta
nei loro dominii> ma in taluni
casi potevasi dai loro giudizi ap-
pellare alla camera imperiale di
Spira, che risiedeva in Vetzlar,
nel circolo <leU'alto Keno^ ed al
GER i53
consiglio aulico che radunavasi ove
r imperatore risiedeva. La città
di Franofbrt sul Meno, era il
luogo dell'elezione degli impera-
tori, e nell'altra di Ratisbona si
congregavano le diete. In tale si-
stema, variato alquanto come di-
remo da Massimiliano I , proce-
dette l'impello germanico sino al
secolo presente. Nel iSSg essendo
stato l'imperatore Carlo IV indot-
to da malevoli consiglieri ad oc-'
cupar le rendite di alcuni benefizi,
e violare la libertà ecclesiastica,
per le rimostranze di Papa Inno-
cenzo VI ne corresse l'errore, ed
emanò una costituzione in difesa
dei diritti ed immunità ecclesiasti-
che, la quale fu poi confermata
dai Pontefici Bonifacio IX e Mar-
tino V. Insorta grave discordia tra
l'arcivescovo di Salisburgo, e Ro-
dolfo duca di Baviera, nella quale
stavano per pi*endere parte tutti i
principi di Germania, lo zelo di
Papa Urbano Y la sopì. Questi
nel i365 fli visitato in Avignone
da Carlo IV, ohe vestito delle in-
segne imperiali assistè al pontifica-
le celebrato dal Papa.
Crescendo la tracotanza di Ber-
nabò Visconti, e vedendo Urbano
V ohe a frenarlo non erano state
sufficienti le ammonizioni e le pe-
ne ecclesiastiche, nel i368 ricoi*se
all'imperatore come difensore del-
la Chiesa, invitandolo a recarsi in
Italia, ed esortando i fedeli con
premio d'indulgenze a seguirne gli
stendardi. Indi l'imperatore con
diploma solennemente confermò il
dominio temporale della Chiesa
ramana; e siccome Urbano V era-
si portato in Roma nell'intendi-
mento di ristabilirvi la pontificia
residenza, l' imperatore vi si recò a
visitarlo^ e nel dì d'Ognissanti il
iH GER
Papa coronò l'altra di lui mo-
glie Elisabetta, nella quale funzione
l'imperatore secondo il cerimoniale
fece alcune funzioni da Diacono
(Fedi). In altri incontri l'impera-
tore tenne al Papa la 8tafi& nel
montare a cavallo, che gli addestrò
insieme ad Amadeo VI conte di
Savoia. Tornato Urbano Y in A-
vignone fece pubblicare la crociata
in Germania contro i nemici del
nome cristiano, e morendo nel
1870 gli successe Gi*egorio XI, il
quale nel 1877 gloriosamente re-
stituì a Roma la residenza ponti-
ficia, dandone partecipazione all'im-
peratore e ad altri sovrani. Nel se-
guente anno venne canonicamente
eletto Urbano VI, il quale volendo
cori'eggere i difetti de' cardinali ,
la maggior parte scismaticamente
lo deposero, eleggendo l'antipapa
Roberto di Ginevra che assunse il
nome di Clemente VII. Questi per
compiacere i cardinali fì*ancesi ri-
belli, che amavano le delizie di
Provenza, passò in Avignone e vi
stabin una cattedra di pestilenza
in cui fu erroneamente riconosciu-
to da varie nazioni, restando nel-
l'ubbidienza di Urbano VI e succes-
sori la maggior parte di esse, com-
presa la Germania, la Boemia, la
Ungheria, la Prussia, la Frisia, ec.
Siccome pretesto dello scisma fu
ne' cardinali insorti la non legitti-
ma elezione di Urbano VI, fra le
tante testimonianze contrarie, evvi
una lettera del sacro collegio all'im-
pei*atore Carlo IV, munita col sigillo
imperiale, e con quelli di quindi-
ci baroni dell'impero, poscia pub-
blicata da Knigton, in cui si dà
a lui parte della seguita canonica
elezione. Carlo IV essendo vivente,
dagli elettori dell'impero fece eleg-
gei'e per suo successore il proprio
GER
figlio Wenceslao, e ne riportò an-
cora la pontificia approvazione. Di
Carlo IV si disse, che rovinò la
sua casa per acquistare l'impero,
e che poi rovinò l'impero per rista-
bilire la sua casa; morì a'29 novem-
bre 1878 in Praga, capitale della
Boemia, e gli successe Wenceslao, di
cui parlammo all'articolo Boemia,
ove dicemmo pure dell' impei*atore
Sigismondo di cui andiamo a par-
lare, e di quanto fece per l'estin-
zione del grande scisma avignonese.
Nel iSgo Bonifacio IX celebrò
r universale giubileo, e concesse
ad alcune città di Germania di
poterlo acquistare, con la visita di
alcune chiese, e con somministra-
re il denaro che gli abitanti avreb-
bero speso nel viaggio, per la re-
staurazione delle chiese di Roma,
rovinate nella lunga assenza de' Pa-
pi. Le cattive qualità di Wence-
slao re de'romani provocarono la
di lui deposizione, che il collegio
degli elettori decretò nel i4oo,
ed invece elessero per successore
Roberto il Piccolo, duca di Bavie-
ra, del quale trattammo a quell'ar-
ticolo; e Bonifacio IX nel i4o3
ne approvò l'elezione: era Rober-
to anco principe palatino, e fu
detto ancora il Corto ed il Mite.
Mentre in Roma regnava Grego-
rio XII, ed in Francia e Spagna
sosteneva Io scisma l'antipapa Be-
nedetto XIII, i cardinali d'entram-
bi volendogli dar termine si riuni-
rono in concilio a Pisa nel 14^9
con gli ambasciatori de' principi.
Inutilmente Gregorio XII spedì a
Roberto re de'romani il cardinal
Antonio vescovo di Porlo suo ni-
pote, quale legato apostolico, per
impegnarlo ad impedir la celebra-
zione di quel concilio, dappoiché
nello stesso tempo il concilio inviò
GER
in Germania il cardinal Landolfo
di s. Nicola in Carcere, per incita-
re i popoli a ritirarsi da Gregoiùo
XII. Mentre questi si recò a Civi»
date (Vedi) a celebrare un conci -
IÌO9 in Pisa fu deposto insieme al-
rantipapa, e venne eletto invece Ales-
sandro y. Allora Gregorio XII per
terminare Io scisma che si vedeva
alimentato ad un tempo da tre
Papi^ deputò il re Roberto, Sigis-
mondo re d' Ungheria, e Ladislao
re di Napoli, perché coi principi
della parte contraria stabilissero il
luogo per celebrare un concilio ge-
nerale; ma gli ungheri, i boemi,
i connazionali veneti, e persino il
langravio Ermanno sino allora a
lui attaccatissimo. Io abbaudonaro-
no. Morto Alessandro V, gli suc-
cesse Giovanni XXII 1, il quale sen-
tendo che il re Roberto era morto in
Oppenheim a' 1 8 maggio 1 4 ' o, spedi
subito nunzi agli elettori dell' im-
pero acciò gli sostituissero Sigis-
mondo di Luxemburgo re d'Un-
gheria, figlio di Carlo IV, fratello
di Wenceslao re di Boemia, e già
imperatore» siccome benemerito per
avere pacificato l'Ungheria: fu di
fatti eletto, e riuscì uno de' mag-
giori principi che ocoupassei*o il
trono imperiale, liberale, generoso,
amico de' letterati, e di bella per-
sona. Josse marchese di Moravia
comprò da Weaceslao il ducato di
Luxemburgo, indi lo vendè al duca
d'Orleans fratello di Carlo VI re di
Francia. Dopo la morte del re Ro<
berto, Josse volle disputare il trono
imperiale a Wenceslao eh' era rile-
gato a Praga, ed al suo fratello
Sigismondo, onde la Germania eb«
be allora tre imperatori, come la
cristianità ti'e Papi: una parte de-
gli elettori elesse Josse all'impero,
e l'altra vi elevò Sigismondo. Sem*
GER i55
brava inevitabile la guerra civile
in Germania, quando Josse fu col-
pito dalla morte agli 8 gennaio
1 4 1 1 1 tre mesi dopo la sua elezio-
ne, restando senza competitori alla
testa dell'impero Sigismondo. Que*
sto principe bramoso della pace
della Chiesa, e di porre un termi-
ne alle eresie e guerre degli ussi-
ti, indusse Giovanni XXIII a con-
vocare nel i4i4 i^ celebre conci*'
Ilo di Costanza (Vedi), ove inter-
venne insieme agli ambasciatori dei
principi, al conte di Cilley padi*e
della sua sposa Barbara, a Rodol-
fo elettore di Sassonia, a Federico
langravio di Norimberga poi elet-
tore di Brandeburgo, a Lodovico
conte palatino del Reno e duca di
Baviera, a Federico IV duca d'Au-
stria, ed all'elettore di Magonza.
Nei concilio Gregorio XII rinun-
ziò, Giovanni XXIII venne deposto
ed imprigionato, e Benedetto XIII
ai^ipapa scomunicato. I cardinali
delle tre ubbidienze, con trenta pre-
lati delle sei nazioni accorse al con-
cilio, compresa la tedesca, canoni-
camente elessero supremo Gerarca
Martino V agli 1 1 novembre 1417»
al quale l'imperatore Sigismondo
nella cavalcata che fece per Co-
stanza gli prestò i consueti ossequii
che poi ripetè in Mantova.
Dopo la morte di Wenceslao,-
accaduta nel i4i8, il fratello Sì*
gismondo a cagione delle guerre
non potè succederlo in quel trono
che nel i436. Sino dal i43i era
successo a Martino V il Papa
Eugenio IV, il quale secondo it
concertato nel concilio di Costanza
convocò altro concilio in Basilea
(Vedi), che fatalmente divenne con-
ciliabolo; nei 1433 coronò in Ro-
ma imperatore Sigismondo col so-
lito cerimoniale, avendo questi sul
ì56 GER
ponte s. Angelo creato diversi Ca»
i^alieri (Fedi). Dopo aver Sigisnaon-
do sostenuto parecchie guerre co-
gli ussiti mori agli 8 dicembre 1 438,
e gli successe nei regni di Boemia
ed Ungheria Alberto V duca di
Austria, che sino dal 14^1 ne a-
vea sposato la figlia Elisabetta ,
dopo aver lottato con la suocera
Bai4)ara di Cilley; ìndi gli elettori
dell'impero lo esaltarono a questo,
pi*endendo il nome di Alberto II,
ed^in tal modo la corona impe-
riale restò nella sua casa d'Austria,
laonde ancor qui avvertiamo che
a quell'articolo si parla de' succes-
sori, e qui riporteremo pochi cenni.
Il suo avvenimento all'impero, per
la saggezza e fermezza che lo di-
stinguevano, riempi di giubilo e di
speranze la Germania tutta, e le
prime misure ch'egli prese corri-
sposero alla generale espettazione
nelle diete di Norimberga e di
Magonza, pegli utili provvedimenti
da lui promossi. La condotta ch'e-
gli tenne nelle vertenze insorte
tra Eugenio IV, e i padri del con-
cilio di Basilea fu moderata e pru-
dente, però fece adottare dalla die-
ta di Magonza le risoluzioni dei
basileesi circa l'abolizione delle an-
nate, delle riserve, e delie aspetta-
tive, e r universale ristabilimento
delle canoniche elezbni. Finalmen-
te nella guerra che sosteneva in
Ungheria contro Amurat II, moti
in un villaggio a'ay ottobre 14^9;
e dopo cinque mesi nacque dalla
consorte Elisabetta Ladislao detto
perciò il Postumo^ nel quale termi-
nò poi la linea austriaca Alber-
tina, passandone i diritti nella li-
nea stiriana di Federica III. Alla
morte di Ladislao l' Ungheria e
la Boemia già unite all'Austria ne
Tennero disciolte , e solo ad essa
GER
riuntronsi nel i5%Q in Ferdinando
I, e meglio nel 1625 sotto l' im-
peratore Ferdinando II. Alberto II
per le sue belle doti fu compianto,
tuttavolta viene tacciato di estre-
mo rigore, e di tollerantismo in
materie religiose, non perdonando-
la però agli eretici ; amò tenera-
mente la sua sposa. L'impero di-
venne da quest' epoca ereditario,
senza cessar per altro di essere e-
lettivo, essendosi abolito il segre-
to giudizio, stabilito da Carlo Ma-
gno, ma non fU poi interamente
distrutto se non dopo sessanta an-
ni. Federico III detto il Pacifico^ fi-
glio di Ernesto duca d'Austria, fu
eletto imperatore, dopo la morte
del suo cugino germano Alber-
to II.
Nuove turbolenze furono mosse
nel 1446 contro Eugenio IV nel-
la Germania, per la deposizione
ch'egli avea fatto degli arcivescovi
di Colonia e di Treveri partigiani
del concilio di Basilea , e perciò
suoi nemici; ma portatosi in Roma
quale ambasciatore di Federico III
Enea Silvio Piccolomini, poi Pon-
tefice Pio II, indusse Eugenio IV
a resti tuii*e nel grado i due arci-
vescovi elettori, mentre i due le-
gati Carvajal, e Parentucelli il
quale fu poi Nicolò V, pacifica-
rono la Germania, estinsero lo sci-
sma, condussero i tedeschi all'anti-
ca ubbidienza della santa Sede,
non avendo però mai riconosciuto
l'antipapa Felice V, eletto sino dal
1439 dal conciliabolo basileese. In
fatti quando nel i447 ^^^^ s\jX\a,
cattedra di s. Pietro Nicolò V, a-
vendo Federico III con tutti i
principi di Germania rinunziato ad
ogni comunicazione esortativa con
l'antipapa, l'imperatore a' 21 ago-
sto con editto comandò a tutti i
GER
sudditi dell'impero di riconoscere per
solo e vero legìttimo Papa P^ico*
16 V successore di Eugenio IV*
Questa determinazione abbattè i
fautori dì Felice V» il quale aman-
do Tunità cattolica non pensò che
ad una sincera rinunzia, effettuata
dopo il congresso di Lione, ove in«
tervennero gli ambasciatori de'prin-
cipi, e quelli degli elettori di Ger-
mania, avendo luogo la formale
rinunzia di Felice V a' 9 aprile
i449' Aveva inoltre Nicolò V, ap-
pena eletto, inviato in Germania
alle città ed a' principi tedeschi
il legato cardinal Giovanni Garva-
jal, perchè si ritirassero dal par-
teggiare pei padri basileesì, su di
che essendone impegnatissimo Fe-
derico III, costrinse questi la città
di Basilea a cacciar gli scismatici
onde estìnguere ogni reliquia di
scisma. 11 medesimo cardinal Car-
vajal fu da Nicolò V destinato a
comporre le vertenze tra gli un-
gheresi e l'imperatore, ed a siste-
mare gli affari ecclesiastici di Boe-
mia, quindi conchiuse e sottoscris-
se il celebre Concordato germa^
nico (Fedi), riguardante i benefit
zi ecclesiastici in Germania, che
Nicolò V solennemente confermò
con bolla de' 19 marzo i44^* Veg-
gasi il Guerra, Epit» Const. Rom,
Pontìf, tom. II , p. 8 1 ; Branden,
Collectanea super Concordatis tri'
ter sanctam Sedem apostolicam^ et
inclitani nationem Germanicam, Co-
loniae 1716; e Nicolarls, Conp-
pendiosa praxis beneficiaria ex
Concordatis inclytae nationisGer^
manicae, regnorum Poloniae , et
Galliae y cum s. Sede apostolica^
Komae 1731. Nel i452 Nicolò
V ricevè con sommo onore in Ro-
ma Federico III, ch'era accompa-
gnato dal suddetto Ladislao re di
GER 157
Ungheria e di Boemia suo nipote,
da Alberto d'Austria suo fratelloi
dal duca di Slesia, e da nobile
comitiva sino al numero di seimi-
la persone, avendo prima fatto in
Siena il giuramento di fedeltà al
Pontefice, e di conferma a tutti i
diritti della romana Chiesa. Nico-
lò y a' 16 marzo coronò Federico
III qual re. di Lombardia, benedì
il suo sposalizio con Eleonora di
Portogallo, e ai 1 8 dello stesso me-
se lo coronò insieme con la spo-
sa colle insegne imperiali, donan-
dogli la Rosa dUoro benedetta (Fe-
di) ^ indi il * Papa concesse all'im-
peratore le Preci primarie {Fedi),
ossia r indulto di conferire le di-
gnità ecQlesiastiche, vacanti la pri-
ma volta dopo l'elezione degl'im-
peratori. Federico III rese al Pon-
tefice tutti i consueti segni di ve-
nerazione prescritti dal cerimoniale.
Tornato Federico III in Ger-
mania trovò ^ehe molti l'odiavano
perchè ancora teneva presso di se
Ladislao, e però gli mossero guer-
.ra parte degli austriaci, i boemi e
gli ungheri. Nicolò V a sopire
queste dissensioni, deputò il cardi-
nal di Gusa allora legato in Ger-
mania ) ed in qualità di nunzio
Enea Silvio Piccolominì con pode-
stà di legato a lalere, onde venne
conchiusa la pace. In seguito l'im-
peratore fece pubblicare il codice
de'feudi; nulla ommise per dissipa-
re le fazioni ne'suoi stati, ma non
potè riuscirvi. Nel i45>3 ebbe ter-
mine l'impero di Oriente fondato
nel33o, cioè ti 23 anni prima, per
aver Maometto II imperatore de'tur-
chi presa Costantinopoli (Fedi) ai
29 maggio; così dei due grandi im-
peri restò solo l'occidentale germa-
nico, chiamato sacro romano impe-
ro. Nel 1^58 fu esaltato al triregno
i58 GER
Pio II già consigliere, «egrelario
ed ambasciatore di Federico IH,
che aveagli predetto il pontificato,
quando essendo con lui sul monte
Cimino, e guardando il Lazio gli
disse: >» su questi luoghi regnerai
Enea, e noi che ora vi comandia-
mo, un tempo saremo da voi co-
mandati". Nel pontificato di Paolo
II l'imperatore per adempimento di
un pio voto ritornò in Roma, e
fece approvare dal Papa l'ordine
equestre di s. Giorgio da lui isti-
tuito contro grinfedeli. Per fare la
guerra a questi Sisto IV spedi in
Germania ed Ungheria il cardinal
Bardo legato; indi Innocenzo Vili
nel i485 canonizzò solennemente
s. Leopoldo IV detto il Pio, mar-
chese d'Austria, ad istanza delfim-
peratore e de'principi tedeschi, men-
tre la Germania era lacerata dal-
le guerre, onde Mattia re di Un-
gheria prese Vienna , senza che
Federico IH punto se ne alteras-
se. Nel i486 a'i5 febbraio Mas-
similiano I figlio dell' imperatore
fu eletto re de' romani, e pel suo
sposalizio con Maria figlia ed e-
rede di Carlo il Temerario ultimo
-duca di Borgogna , divenne signo-
re di tal ducato, della Franca Con-
tea e del Belgio, per cui nel 1488
il di lui padre passò nelle Fian-
dre in aiuto alle guerre che soste-
neva. Dilatandosi le conquiste de-
gli ottomani nella Germania e
Yieiritalia, Innocenzo VIII promul-
gò la sacra guerra, ne fece capo
l'imperatore, e per mezzo del ve-
scovo d'Orte suo legato in Ger-
mania, fece caldamente raccoman-
dare la spedizione ai principi te-
deschi; ma essi attenti alle private
gueiTe non favorìrono l'impresa, e
Massimiliano I la sosteneva col re
"di Francia. Federico III mori ai
GER
7 settembre 149^9 ^ g'^ successe
il figlio: con questi Alessandro VI
si collegò contro Carlo Vili i*e di
Francia, in un ad altri sovrani, e
spedi il cardinal Bernardino Car-
vajal a coronarlo con la corona di
ferro. Per frenare l'ingrandimento
della potenza ottomana, Alessan-
dro VI nel i5oi armò un esercito,
ma non gli riuscì indurvi Massi-
miliano I a prenderne parte, onde
il Pontefice rivolse le sue cure a
sopprimere la magia che in Ger-
mania ed in Boemia diceva pro-
gressi.
Ad Alessandro VI nell'anno 1 5o3
successe Pio III nipote di Pio II,
già legato di Paolo II alla die-
ta dì Ratisbona, ove in favore del-
la religione avea perorato alla pre-
senza di Federico III, e de'princi-
pi dell'impero. Dopo ventisei gior-
ni di pontificato, fu creato Giulio
il, che adoperò ogni premura per
pacificare Massimiliano I con Lo-
dovico XII re di Francia, invian-
do al primo per legato il nomi-
nato cardinale Carvajal , ciò che
ottenne nell'anno i5o8, non com-
prendendosi nel trattato i veneti
ch'eransi impadroniti di Trieste e
della contea di Gorizia* Anzi non
avendo Giulio II potuto ottenere
dalla repubblica di Venezia la re-
stituzione delle terre spettanti alla
Chiesa, si alleò con Massimiliano
I nella lega di Cambray. Dall'a-
veni mento all'impero di Rodolfo I
di Habsburg, sino al regno di Mas-
similiano I, l'Alemagna provò pa-
recchie calamità, onde questo prin-
cipe impiegò diversi mezzi per por-
vi rimedio, ed il consiglio aulico, e
la nuova dieta da esso fondati, cui
qualche scrittore fa risalire a da-
ta più antica, a ridonar pervenne*
ro al suo regno qualche vigore.
GER
Onde rendere più facile l'ammini-
strazione, divise nel i5i2 Timpero
in nove grandi circoli, di cui già
facemmo parola; cioè dell' alta e
bassa Sassonia, di Westfalia, Sve-
via, Baviera , ed Austria , alto e
Basso Reno, e Franconia. Per que-
sta istituzione i principi , prelati
e deputati, riuniti ad epoche de-
terminate, formarono un'assemblea
generale o dieta. Oltre ai nomina-
ti circoli, altri paesi ancora for*
roavano parte dell'impero germa-
nico, senza essere in veruno di es-
si compreso, e tali erano il re-
gno di Baviera, i margraviati di
Moravia, dell'alta e bassa Lusazia,
la parte austriaca della Slesia, al-
cune contee e signorie immedia-
te poste nei nove circoli, e ciò non
pertanto separate da essi sotto l'a-
spetto politico, come le signorie di
Jever, Kniphausen, Rheda, Hom-
berg, ec. ; i luoghi di Friedberg
nella Wetteravia, Burg, Geinshau-
6en ec. ; più i tre territori! dei ca-
valieri immediati della Svevia ,'
della Franconia, e del Reno. Ag-
giungansi finalmente a questi i
così detti enclaves o paesi annessi^
che posti erano in un circolo di-
verso da quello cui politicamente
appartenevano , come Y Erford e
FEichfeld, i quali paesi, benché si-
tuati nel circolo dell'alta Sassonia,
pure dipendevano da quello del
basso Reno. Giulio II nel i5i3
si collegò con Massimiliano I con-
tro la Francia, e poco dopo mo-
rì dopo avere riempito l'Europa
del possente suo nome; gli succes-
se Leone X, nella quale elezione
aspirò al pontificato Massimiliano
I allora vedovo, come sì è detto
al voi. XV, p. 285 del Dizionario.
Leone X si mostrò propenso per
Massimiliano I; ma per unirsi a
GER iSg
Francesco I re di Francia si riti-
rò dall'alleanza che avea con lui
conchiusa: questo imperatore mori
a Lens a'ia gennaio i5f9, ama-
tore delle scienze e dei dotti, on-
de compose qualche cosa in poe-
sia , e la sua vita. Da Maria di
Borgogna ebbe Filippo che sposò
Giovanna erede della monarchia
di Spagna, dai quali nacquero Car-
lo V imperatore, e Ferdinando I:
i quali matrimoni formarono la
grandezza e potenza della casa di
Austria, le cui due linee principa-
li allora furono la Carolina o spa-
gnuola, che terminò nel re Carlo
II, e la Ferdinandina O' tedesca
austriaca che glorìosamente regna,
trasfusa in quella di Lorena.
Carlo y succede agli stati di
Borgogna, ed alla corona di Spa-
gna nel i5f6, fu eletto a' 28 giu-
gno imperatore dopo la morte del-
l'avo Massimiliano I, divenne uno
de' più grandi principi, ed ebbe a
competitore Francesco I rediFr^xit-
da (Fedi)^ al quale articolo ripor-
tammo i reciproci avvenimenti. Nel
termine del regno di Massimiliano I»
e nel principio di quello del nipote
ebbe origine la funesta eresia di
Martino Lutero, per cui Leone X
ne condannò subito i perniciosissi-
mi errori; quindi nel i52i il Pa-
pa permise a Carlo Y di poter
ritenere in unione all' impero il
reame di Napoli, con accrescimen-
to di censo alla santa Sede. Dipoi
Leone X si collegò col medesimo
imperatore contro Francesco I, on-
de colle loro truppe il Papa ricu-
però alla Chiesa Parma e Piacen-
za, e Cario V il Milanese che si
diede a Francesco Sfoi*za: inoltre
l'imperatore prese Arles, Toumay,
e distaccò dal suo emulo il mal-
contento Carlo contestabile di Boui*-
i6o
GER
bon che feoe generalissimo de'suoi
eseitsiti. Per morte di Leone X ai
g gennaio i522 fu eletto Adriano
VI Florenzi d'Utrecht, assente dal
conclave per essere in Vittoria qua!
governatore della Spagna di Carlo
V già suo discepolo; i sacri elet«
tori senza conoscerlo lo esaltarono,
come quello che potente nella cora-
te cesarea, più di ogni altro poteva
abbattere la pretesa riforma reli-
giosa di Lutero. Nel i5i3 Adria-
no VI separò dalla lega coi fran-
cesi la repubblica di Venezia, che
in vece collegò contro di essi con
Carlo V, col suo fratello Ferdi-
nando arciduca d' Austria , e col
duca di Milano; lega che il Papa
pubblicamente notificò in s. Maria
Maggiore a' 5 agosto, in difesa del-
l'Italia e dello stato ecclesiastico;
in altre cose, come diremo alFar-
ticolo Spagna (Fedi), Adriano VI
favorì Carlo V, e mori nel i5a3.
Il successore Clemente VII spedi
legato in Germania il cardinal Cam-
peggi, il quale nella dieta di Ra-
tisbona, alla presenza di vari prin-
cipi dell'impero, promulgò una ri-
forma del clero compresa in tren*
tacinque capi, su di che vanno Iet-
ti il Bzovio ad an. i524> ^^ ì'
Pallavicini, Storia del concilio di
Trento y par. I, lib. II, cap. II. Ve-*
dendo Clemente VII divenii*e più
formidabile la possanza di Carlo
V, nel i526 fece una lega coi re
di Francia e d'Inghilterra, coi ve-
neziani, fiorentini e svìzzeri, non
che col duca di Milano, lo che of-
fese grandemente l'imperatore che
tosto pubblicò la guerra al Pon-
tefice, che fu costretto per salvar
la vita rifugiarsi in Castel s, An."
gelo (Fedi); indi nel 1527 si por-
tò all'assedio di Roma il contesta-
bile di Bourbon eoa quaraptanùla
GER
uonìini, quasi tutti fanàtici luterà*
ni, che a' 6 maggio presero l' in-
difesa capitale del crbtianesimOé Vi
peri il contestabile, onde subentrò
al comando di quelle feroci turbe
Filiberto pnndpe d' Grange» lute-
rano : per due mesi segui il più
orrendo saccheggio^ nulla fu rispar-
miato, né chiese, ne monisteri di
monache, mentre Clemente VII coi
cardinali fu assediato in Castel s.
Angelo, ove restò tra le privazioni
sino al dicembre ed al suo riscat-
to. Quando l'imperatore seppe le
inaudite calamità di Roma (Fedi),
colla solita sua ipocrisia sospese
le dimostrazioni di gioia preparate
per la nascita del suo unico figlio
Filippo II; fece vestire la corte a
lutto, ed ordinò preghiere e pro-
cessioni per la liberazione del Pa-
pa ch'egli teneva prigione. Intanto
per arrestare i progressi dell'eresia
celebrossi nel iSi^ in Spira una
dieta, alla quale il Papa spedì il
suo nunzio, ed ove Ferdinando I
colla maggior parte de' principi e
delle città imperiali, stabilì nella
dieta che si osservasse il decreta
di Carlo V pubblicato a Worms,
che obbligava a conformarsi alla
religione della Chiesa romana; ma
diversi principi infetti degli errori
di Lutero, con quattordici città
protestarono contro il decreto della
dieta , appellandosi all' imperatore
ed al futuro concìlio, per la quale
protesta acquistarono i luterani il
nome di Protestanti (Vedi).
Pacificatosi Clemente VII con
Carlo V, si convenne di abboccarsi
nel i529 in Bologna, ove nell'an-
no seguente il Papa solennemente»
e con quella pompa descritta al-
l'articolo COBONiZIONE DEGLI IMPERA-
TORI, dopo averlo coronato con la
corona di ferro^ a' %\ febbraio 1q
GER
coronò con le insegne imperiali, e
fu rultimo Papa che dìo queste
ad un imperatore germanico. Car-
lo y tenne la staffa al Pontefice,
e gli addestrò il cavallo ; e Cle-
mente VII gli concesse la ri ten-
done del regno di Napoli, il quale
per tutto il tempo di sua vita do-
vesse restare unito all' impero. La
repubblica di Firenze ebbe fine, è
fu costituita in ducato, in favore
di Alessandro de' Medici nipote del
Papa. Carlo V a* 3i ottobre i53i
confermò Alessandro nella dignità,
e gii die in isposa la propria fi-
glia naturale Maria. In detto anno
Ferdinando I re d'Ungheria, fra-
tello dell' imperatore, a richiesta di
questi fu eletto re de' romani , e
Clemente VII a cui piacque molto
questa scelta, la confermò, com' e-
gli dice nella sua bolla, per la sa-
lute della repubblica cristiana, poi-
ché avendo gli eretici scompigliato
la Germania nel tempo che Carlo
V pei suoi viaggi e guerre n' era
assente, era d'uopo che la presen-
za d' un re potente ponesse freno
alla loro audacia. L'imperatore fe-
ce levare a Solimano II l'assedio di
Vienna, e ristabiPi Mulci Hassan
sul trono di Tunisi. Nel i533 si
trovò nuovamente in Bologna con
Clemente VII, quando dalla Ger-
mania tornava nella Spagna ; e nel
seguente anno mori il Papa af-
flitto per l'ingrandimento dell'ere-
sia luterana, e per l'orrendo scisma
fatto da Enrico VIII in Inghilter-
ra. Divenuto Pontefice Paolo III,
per distruggere il numero stermi-
nato di eretici e di errori , nel
i535 inviò ai principi cristiani i
suoi nunzi, per avvisarli di aver
risoluto celebrare un concìlio ge-
nei*ale, ed acconsentendovi poscia
i principi di Germania s' incomin*
VOI. XXIX.
GER x6i
ciò nel i5^i in Trento ( Fedi).
Nel 1 536 Carlo V si portò a tro-
vare Paolo III in Roma, ove fece
solenne ingresso, di che tratteremo
all'articolo Ingressi in Roma; avendo
detto al voi. Xll,p. i37 del DiziO'
nano il pericolo di vita che cor-
se in visitare la cupola del Pan-
theon. Considerando Paolo III quan-
to pregiudizievoli riuscissero alla
religione cattolica le guerre che si
facevano Carlo V e Francesco I,
nel i538 si portò a Nizza ad un
congresso con ambedue , ma non
potè ottenere che la tregua di
dieci anni. Tornato il Papa in
Roma apprese da Ferdinando T,
che a procurare la concordia tra i
cattolici e ì protestanti faceva d'uo-
po spedire in Germania un per-
sonaggio d'un merito distinto ; Pao-
lo III scelse il cardinal Aleandri,
ma senza successo, perchè deluso
dai raggiri degli eretici. InJ;anto
Carlo V dopo aver tenuto prigio-
ne in Ispagna Francesco I, e da-
togli in moglie la sorella, si portò
a Parigi ricevuto con la più son-
tuosa magnificenza ; tutta volta nuo-
ve guerre tra i due emuli ebbero
luogo dappoi. Nel i54i Carlo V
prima di partire coli' esercito per
Algeri, pregò Paolo III portarsi a
Lucca, e nei sei congressi ch'ebbe
con lui altro non potè il Papa otte-
nere, che si correggessero quelle co-
se decretate nella dieta di Ratisbo-
na, non conformi agli antichi ca-
noni de' santi padri. Nel 1 543 Pao-
lo III ad onta dell'età si recò a
Brusseto onde rimuovere l'impe-
ratore dalla guerra, ma inutilmen-
te.! protestanti adottarono la Coìi'
fessione Augustana (Vedi), e fe-
cero una leg^ offensiva e difen-
siva in Smalkalde, con cui costrin-
i*o p(ù Carlo y ad accordar loro
II
iGs
GER
la libertà di coscienza. Questo pi*iii-
cìpe vinse contro di essi nel iS^j
la battaglia di Mulberg, ove furo-
no fatti prigionieri Giovanni Fe«
derico elettore di Sasisonia, ed il
langravio d'Assia. Le sette degli
anabattisti e dei calvinisti ebbero
come altri eretici origine nel i*e-
gno di Carlo V» e tutte insangui-
narono con ostinate guerre 1' Ale-
magna. Ucciso nel i547 Pier Lui-
gi Francesco duca di Parma e Pia-
cenza y feudi della Cbiesa , nacque
disgusto tra il Papa e T imperato-
ire cbe pretendeva le dette città
cissere di giurisdizione del Milane-
se, e perciò al suo dominio rica-
dute : ne fu conseguenza là sospen-
sione del concilio, ed animò Carlo
V a pubblicare nel i548 una pro-
fessione di fede in Augusta (Fedi)^
con la quale credendo pacificar le
^ui1x>Ienze religiose in Germania,
'fece peggio: questa formola nociva
alle cattoliche discipline , fu cbia-
-mata Interim^ perchè doveva os-
servarsi nella Germania^ finché il
•concilio avesse regolato e deciso le
questioni insorte sulla fede.
Nel pontificato di Giulio III i
principi luterani con Maurizio e-
lettore di Sassonia , e Gioachino
elettore di Brandeburgo , avendo
fatto lega con Enrico II re di
Francia contro Carlo V nel i55i,
-questi fu in pericolo d essere sorpre-
so -ad InsprucL, onde calò precipi-
tosamente in Carintia. Quindi nel
ì5S% i medesimi principi obbliga-
•rono l'imperatoi'e nella dieta di
Passavia, ad acconsentire alla pace
per mezzo d'un solenne trattato ,
-col quale convenne al Hiascio dei
-prigionieri, ed alla libertà di co-
-scienza od evangelica ai luterani,
trattato che viene chiamato la pa*
ce reUffosa, e formò parte del dì*
GER
ritto pubblico dell' impero. Indi
Carlo y con poderosa armala si
portò ad assediar Metz, ma fu
costretto a ritirarsi; nell'amio se*
guente prese e distrusse Terrova-
ne, né altro più fece degno di ri-
maiTO. Indi in Brusselles dimise
la corona di Spagna in &vore di
Filippo II suo figlio, nel i555, al
quale avendogli già ceduto il re-
gno di Napoli, di questo n'ebbe l'in-
vestitura da Giulio III, che piò volte
erasi fatto mediatore tra l'imperato-
re ed Enrico lì. Annoiato Carlo V
dell'esercizio di sua gran potenza,
dopo aver riportato quaranta vitto-
rie, fatto eroiche imprese, inti^-
preso cinquanta lunghi viaggi,^ cioè
nove in Germania, sei nella Spa-
gna , sette in Italia, dieci nelle
Fiandre, quattro in Francia, due
in Inghilterra, due nell' Africa, ot-
to nel Mediterraneo, e due nell'O-
ceano, rinunziò l'amministrazione
dell'impero a Ferdinando I suo
fratello. Ritirossi nel convento di
^ Giusto nella provincia di Estre-
madura óe* Giroianùni di Spagna^
esercitandosi in quelle opere ivi
indicate, ove disteso sulla bara si
fece celebrare solenni esequie, ed
ivi mori a' 2 1 settembre 1 558. Di
tali esequie, e dei magnifici fune-
rali fattigli celebrare da Filippo
II, se ne tratta all'articolo Fune*
rali (Vedi). Carlo V era spiritoso,
intraprendente e gran politico: avea
del coraggio, ed un'estrema avi-
dità di gloiùa; forse a vi'cbbesi sot-
tomessa tutta l'Europa, se non
avesse avuto per ostacolo un Fran-
cesco I. É da notatasi, che W Pon-
tefice Paolo IV ricusò «di appt*o-
▼ai^ l'elezione di Ferdinando I,
come offensiva dell'autorità apo-
stolica, dacché né la rinunzia di
•Canio V| né T elezione di Ferdi-
GER
nando I si poteTano ultimare sen>
za il consenso del sommo Ponte-
fice; ne si doTea oonsiderai^e ca-
cante rimperio, se non che per la
morte di Cesare. Però il successo-
re Pio IVy appena eletto nel i55g,
confermò nella dignità imperiale
Ferdinando I, e ricevette i suoi
ambasciatori , perchè essendo mor-
to il fratello era cessato T impedi-
mento. Ferdinando I erasi sposato
alia figlia di Ladislao VI re d'Un-
gheria e di Boemia, sorella di Lui*
gi II il Giovane^ ucciso nel iSsG,
per cui credendosi aver diritto alla
successione si fece coronare re di
Ungheria e di Boemia, ed in tal
modo restarono i due regni nella
casa d'Austria.
Mentre si celebravano le sessio-
ni del concilio di Trento, la Fran<»
eia si gravò perchè Pio lY in una
bolla non avea nominato il re quale
primogenito della Chiesa, titolo che
alcuni dicono avere per il primo
ricevuto Costantino il Grande e
trasmesso a' successori. Certo è che
nel cerimoniale usato dai Pontefici
nel rito di coronala gl'imperatori,
evvi quello di adottare il Papa so*
lennemente per Figliuolo ( F'edi )
l'imperatore. Terminato finalmente
il concilio di Trento, i tedeschi in-
sisterono di potersi comunicare sot*
to ambedue le specie, ciò che con
alcune condizioni concesse Pio IV
ad istanza dell' impei*atore, di Alber**
to di Baviera, e di Carlo arciduca
d'Austria; ma dò rivocarono per
giuste ragioni s. Pio V, e Gi*egot*ìo
XIII. P^. CoMvmoRE. Ferdinando I
confermò anch'egli con giuramene
to la capitolazione, ed eresse il
consiglio imperiale aulico ; fece ima
tregua di ott'anni coi tuixhi , ri»
conciliò molti principi , diede fi-
ne alle contese fra i l'è di Dani-
GER
i63
marca e di Svezia, e morì a Vien*
na li 25 luglio i564. Fu principe
dolce, affabile, amante delle scien-
ze , e protettore .de' letterati. Gli
successe il primogenito Massimilia*»
no II, che avea fatto eleggere re dei
romani a' 3o novembre i562, e
sposo di Maria d'Austria figlia di
Carlo V. Ad onta delle proteste
di Massimiliano li, il Papa s. Pio
V dichiarò granduca , e solenne-
mente coronò Cosimo I duca di
Toscana; e siccome l'imperatore
inclinava a permettere la confes-
sione augustana nell' Austria , per
mezzo del cardinal legato Commen*^
done il Pontefice lo minacciò de»
porlo dall' imperio se ciò avesse
fatto, onde Massimiliano II negli sta*
ti ereditari permise l'esercizio della
sola religione romana, ed il car-
dinalg si limitò a riformare il cle-
ro di Germania. Gregorio XIII per
la dilatazione e mantenimento del*^
la fede diversi collegi fondò in Ger»
mania, cioè in Vienna, in Gratz^
a Praga, in Olmiitz, a Brunsbeiv
ga, a Dilingsi nella Svevia, a Pontt
a-Musson nella Lorena, ed in Mi^
lano per la nazione elvetica. Nel
1575 Gregorio XIII si applicò ad
impedire il libero esercizio delln
confessione augustana in Boemia»
ed a persuadere Massimiliano II i|
coronarsi in Boma, dappoiché quan^
do Paolo IV fece le naiTate prò*
teste contro l'elezione di FerdinaO"
do I e rinunzia del fratello, i pvìft*
cipi tedeschi in un^ dieta aveapp
dichiarato non necessaria la po^
tificia coronazione del nuovo ìm^
peratore. Massimiliano linei i57;|
fece coronare re d'Ungheria il prir
mogenito Rodolfo II, non che fror
clamarlo re di Boemia, «d a' 27 otr
tobre iSySIofece eleggere io re diei
romani ; si fece pi*endere Zighet daji
i64
GER
GEll
tui^chi , pel quale errore non fu ' 1*0 luogo Varie trattative col nun-
eletto re di Polonia non ostante rim-
pegno di Gregorio XIII, e morì
in Hatisbona a' 12 ottobre 1576.
Gli successe Rodolfo II senza do-
mandare la consueta conferma al
Papa, per cui Gregorio XIII gli
rammentò l'obbligo che di ciò gli
correva , di spedire in Roma un
ambasciatore per ottenere la con-
ferma della conseguita imperiale
dignità.
Fra le scritture deirarchivio del-
la santa Sede, ve n' era una au-
tenticata dal collegio degli elettori
dell'impero, nella quale rìcono-
scendo essi l'autorità di eleggere
i' impera toi*e dalla Sede apostolica,
dichiaravano essei*e debito loro, e
dell'eletto impei-atore dì riconosce-
re la stessa Sede apostolica, prestar-
gli la debita ubbidienza, soggezio-
ne ed onorificenza. Tanto aveano
praticato Ottone IV con Innocen-
zo III, Federico II con Onorio IH,
Rodolfo I con Gregorio X, e per
non dire di altri Federico MI nel
cui nome Enea Silvio Piccolomini
fece l'orazione obbedienziale a Ca-
listo III, Carlo V a Clemente VII.
Rodolfo II pertanto a persuasione
di alcuni seguendo le orme del ge-
nitore, non avendo mandato in Ro-
ma I' ambasciatore per compiere
l'atto, alle rimostranze di Grego-
rio XIII spedi Giovanni Zenner, il
quale nell'orazione, che in conci-
storo pubblico doveva pronunciare,
uvea cambiato la parola obbedien-
za in ossequio. Venuto ciò in co-
gnizione a Gregorio XIII , c^^po
avere ricevuto l'ambasciatore in
privata udienza, spedì un corriere
x>on lettera di proprio pugno a Ro-
dolfo II , nella quale si lagnò di
allontanarsi dal praticato dai suoi
maggiori. Per questa lettera ebbe*
zio di Vienna, e quindi l' impera-
tore si contentò di essere pubbli-
camente chiamato nell'orazione ob»
hedientissimo figliuolo di Sua San-
tità, ed insieme rimettere al Papa
il decreto di sua elezione, egual-
mente richiesto da Gregorio XIII,
il quale dopo aver confermata la
di lui assunzione all' impero in
pubblico concistoro, gli mandò la
bolla di conferma sottoscritta dai
cardinali. Soffrendo grandi danni
la religione cattolica dai protestanti
nelle provincie di Stiria e di Ca-
rintia, a cagione dell'eccessiva in-
dulgenza dell'arciduca Carlo, d'al-
tronde pio e devoto della santa
Sede, questo principe esortato a
poiTe un riparo a sì gravi cose
dall'arciduca Ferdinando, e dal suo-
cero Alberto duca dì Baviera , si
rivolse nel i58o a Gregorio XIII,
implorando perdono alle sue pre-
giudizievoli condiscendenze, e suppli-
candolo inviargli un nunzio di re-
sidenza, col mezzo del quale po-
tesse avere i consigli necessari ( in
Vienna, dopo il concilio di Tren-
to, per accomodare ogni controver-
sia era già stata istituita la nun-
ziatura apostolica). Ed é perciò
che Gregorio XIII gli mandò per
nunzio Germanico Malaspina con
opportune istruzioni» che nella die-
ta di Gratz fecero prevalere la buo-
na causa del cattolicismo, e l'arci-
duca pubblicò analoghi decreti ,
onde si meritò le lodi e gli aiuti
del Pontefice contro i sudditi con-
tumaci , che pure avea sommini-
strato per affari religiosi centomila
scudi a Massimiliano II , altrettanti
all'arciduca Carlo, cinquantamila a
d. Giovanni d'Austria figlio naturale
di Carlo V> per la spedizione delle
Fiandre, e duecentomila ad £rne^
GER
sto di Baviera per V impresa dèi-
i'elettorato di Colonia (F^edi)^ con-
tro l' apostata elettore Gebardo
Truchses.
Sisto V nel i586 invitò Tarn-
duca Carlo ed altri principi cat-
tolici a bandire gli eretici da' loro
stati, ed a non permettervi eserci-
zio d'altra religione fuori della cat-
tolica, e fu contentato. S'interpose
Sisto V coi re di Polonia Sigis-
mondo in, die da un anno tene-
va prigione in Lublino V arciduca
d'Austria Massimiliano per le ra-
gioni che avea al trono polacco
onde s'intitolava re: nel i588
spedì per legato il cardinal Àldo-
brandini poi Clemente Vili, il qua-
le ottenne la libertà dell'arciduca,
la rinunzia alle sue pretensioni, e
compose le turbolenze de' polacchi
e degli austriaci. Dedito Rodolfo
il alle scienze astronomiche, d'in-
dole dolce, ti'ascurò gli affari, come
si disse al citato articolo Austria,
ove sono le notizie degli imperatori
dì questa casa: fece la guerra ai
turchi in Ungheria con diverso
successo, e fu costretto cedere la
Boemia a Mattia suo fratello re
d'Ungheria, e nelle differenze fra i
due fratelli , Paolo V esercitò la
sua paterna mediazione per mezzo
del legato cardinal Millini, che as-
sistè alla coronazione di Mattia in
Praga. Rodolfo li morì a' io gen-
naio 1612, e non essendo riuscito
a far eleggere il proprio figlio in
re de' romani^ lo divenne Mattia.
Paolo V oltre ai poderosi soccorsi
somministrali al defunto per soste-
nerlo contro gli ottomani , gli ce-
lebrò i funerali nel Vaticano , e
tosto deputò il nunzio alla dieta
che dovea tenersi in Francfort con
istruzione di favorire il re Mattia,
che a' 18 giugno fu proclamato
GER i65
imperatore, ed a' ^4 colle solite
formalità coronato. Da Praga ove
Rodolfo il aveva fissata la sede
imperiale, Mattia la trasferì a Vien-
na , alla cui capitolazione fu da
lui aggiunto per la prima volta,
che per l'avvenire gli elettori del-
l' impero avessero il diritto di sce-
gliere un re de' romani , anche
malgrado la ripugnanza dell'impe-
ratore. Nel 16 18 Paolo V pacifi-
cò la repubblica di Venezia in '
guerra con Ferdinando arciduca
d' Austria , a cagione delle inso-
lenze che gli ussocchi facevano ai
sudditi veneti di Segna. Mattia
sostenne la guerra co' turchi , si
pacificò con essi mediante una tre-
gua di vent' anni , e morì a Vien-
na li IO marzo 16 19. Gli succes-
se il cugino germano Ferdinando
II, figlio di Carlo arciduca di Gratz,
re di Boemia nel 1617, e d'Un»
gheria nel 161 8, il quale forzò i
protestanti a restituire tutti i beni
ecclesiastici, ch'eglino aveano ac-
quistato all' oiùbra del famoso trat-
tato di Passavia. Ferdinando II
mandò il conte di Puquoi contro
Federico V conte palatino ed eletto-
re, che dai ribelli era stato procla-
mato re de' boemi, il quale dopo a-
ver minacciato Vienna e la fami-
glia imperiale, fu vinto nella bat-
taglia di Praga li 8 novembre
1620, ed il suo elettorato venne
dato a Massimiliano duca di Ba-
viera. I Pontefici Paolo V, e Gre-
gorio XV somministrarono all'im-
peratore copiosi soccorsi, con mili-
zie e somme di denaro. Ferdinand
do II disfece pure nel 1625 Cri-
stiano IV re di Danimarca, ma i
protestanti si unirono contro di
lui, e furono soccorsi da Luigi
XI II re dì Francia, e da Gustavo
Adolfo re di Svezia, in un all'è-
i66 CER
lettore dì Sassonia, con immenso
danno della religione cattolica , e
col depredamento de'sagii templi e
monisteri. «
Ferdinando II inviò ad Urbano
Vili il cardinal Patzman, che nar-
rò pateticamente la catastrofe cui
soggiaceTa la Germania : il Papa
sebbene malcontento dell'imperato-
re per la guerra di Mantova, nel
i63i con la bolla Suprema gli
accordò per soccorso sei decime
sopra i beni ecclesiastici d'Italia.
Già nel 1 628 avea concesso airiro-
peratoi*e per dieci anni i frutti dei
benefizi del palatinato, ripresi dal-
le mani degli eretici, e due terze
' parti dei frutti stessi per altri due
finni. Indi con la bolla Alias del
primo marao 1 63 1 accordò la m^
là dei frutti medesimi, per soste-
nere la lega cattolica contro gli
eretici, e colla successiva Militari*
tis gli applicò la metà de' frutti
de' beni ecclesiastici tolti agli ereti-
ca in tutta la Germania. Pel feli-
ce successo delle armi cattoliche
Urbano Vili pubblicò un giubileo
eli tre mesi, prorogato ad altri tre
mesi, indi dichiarato universale,
prescrivendo in Roma tre solenni
processioni , alla chiesa . nazionale
tedesca di s. Maria dell' Anima, ed
alle basìliche lateranense, vatica-
na, e liberiana. Gustavo riportò
una celebre vittoria a Lipsia con-
ti*o Tilli generalissimo dell'impera*
tore, sottomise due terzi dell' Àie-
magna, e dopo esseime divenuto
il terrore perde la vita, benché
vincitore, alla battaglia di Lutzen
a' IO noYembi*e iGSa. Però i suoi
generali aiutati dalla Francia che
ìToleva deprimere ed abbassare la
potenza di casa d'Austria, prose-
guirono le conquiste, il corso del-
k quali fu interrotto dalla vittoria
GER
di Noi*tlinga nella Svevia, che nel
1634 riportò il re d' Ungheria Fer-
dinando III figlio dell'imperatore.
Urbano Vili assegnò cinquanta
mila scudi a di lui vantaggioi e
mezzo milione di scudi sui beni
ecclesiastici al re di Spagna, allea-
to di Ferdinando II; spedi legato
il cardinal Ginnetti per la pace, ma
Don vi riuscì: tutta volta essa ebbe •
effetto nel i635 in Praga, e nel
seguente anno l'imperatore fece di-
chiarare re de' romani Ferdinando
111 suo figlio; morendo dopo ave-
re assicurato l'ingrandimento di
sua casa, li 8 febbraio 1637 in
Vienna. Urbano Vili con magni-
fico elogio ne die V annunzio in
concistoro, ed ordinò i consueti hi-
serali. Il nuovo imperatore ripor-
tò alcuni vantaggi sugli svedesi col
mezzo di Galasso suo generale; ma
la sua armata fu poi disfatta da
Bernardo di Sassonia duca di Wei-
mar, sostenuto dai francesi nel
i638, e da Giovanni Bannier ge-
nerale degli svedesi nel 1639, an-
zi questo ultimo ebbe coraggio di
assediare Ratisbona, ove Ferdinan-
do III teneva la dieta. Riportaro-
no i francesi diversi vantaggi sot-
to la condotta del maresciallo di
Guebriant , del duca d' Enghien ,
del principe di Condè, e del viscon-
te di Turrena: l'imperatore fu
tuttavolta vincitore nella battaglia
di JVorllinga, e in quella di Manca-
dal nella Francouia.
Si fece la pace a Munster ai
24 ottobre 1648, detta pure di
Osnabruck e di Westfalia, che In-
nocenzo X trovandola ingiuriosa
allo stesso impero, cui dava nuo-
va forma, e perniciosa alla re-
pubblica cristiana, con una bolla
la riprovò e condannò: per questa
pace che dava fine alla guerra dì
GER
trenta anni, e ridonava all'Euro-
pa la calma, Urbano Vili vi avea
spedito per nunzio il prelato Cbi-
gi, poi Alessandro VH> il quale
fu beaemerito per la concordia di
molte differenze cbe non danneg-
giavano la religione, e per la so-
lenne protesta che interpose con-
tro i danni e i pregiudizi arrecati
tanto alle ragioni temporali della
Chiesa, che ai suoi spirituali dirit-
ti. Mediante tale trattato, la liber-
tà di coscienza fu stabilita in tut-
ta TAlemagna, ed i beni ecclesia-
stici, situati nei suoi stati, conces-
si furono ai principi protestanti
ereditari, per nsarcirli delle spese
della guerra, soffi*endone anco gli
ordini teutonico e gei^osol imitano.
Vennero assicurati agli elettori, ai
principi, ed agli stati dell' impero
ì loro diritti territoriali, e la loro
libertà, a cui erano stati dati gra-
vi colpi. La Svezia acquistò la Po-
meriana, e la Francia il possesso
deir Alsazia e di tre vescovati; fu-
rono abolite le due metropoli di
Magdeburgo e di Brema , oltre
ad altri vescovati ed abbazie se-
colarizzate: sedici furono i princi-
pati, cioè i detti due arcivescovati
e quattordici vescovati, che si alie»
narono a favore e per indennizzo
de' principi ereditari; finalmente
il governo interiore dell' Alemagna
fu stabilito su basi più solide. In
sostanza nella pace di Westfalia
furono ceduti alla Svezia l'arcive-
scovato di Brema ed il vesco-
vato Verdense; all'elettore di Bran-
deburgo i vescovati Halbersta-
diense, Mindano, e Camiense, e
l'arcivescovato Magdeburgense da
conseguirsi però dopo la morte del
duca di Sassonia a cui in allora
apparteneva; al duca di Mecklen-
burgo i vescovati Sverinense e Ka-
GER 167
zenburgense; ai duchi di Brun»
swich e Luneburgo, l'alternativa al
vescovato Osnabrugense ; alla casa
di Assia<CasseI l'abbazia Hirsch-
feldense. V, Bines, jépparatiis o-
mnigenae eruditìonis de pace WesU
phaliae par. 8, pag. SgS e seg.
Ferdinando III fece eleggere re dei
romani suo figlio Ferdinando IV,
che mori nel 1 654 » ^^^ pensò di
&r passare la corona imperiale nel
suo secondogenito Leopoldo f, e
terminò di vivei*e in Vienna nel
i&S'j a' a aprile, compianto più.
del di lui genitore. Dopo un in-
terregno di alcuni mesi, a' 1 8 lu-
glio i658 fu eletto Leopoldo I,.
figlio di Maria Anna d'Austria»
sorella di Filippo IV i*e di Spagna»
e perciò cugino di Carlo li ultimo^
re di questa dinastia, già re d'Un-
gheria e di Boemia, ed ebbe a^
sostenere delle guerre contro Lui*
gi XIV, e contro la Porta ottoma-
na. Leopoldo I non volle mai ar*
rischiarsi fra le armi, ne mai sL.
ritrovò a verun assedio, né ad al-
cuna battaglia, ne mai comparve
alla testa di alcune truppe. Non-
dimeno sostenne la guerra per
mezzo di generali in tutto il tem*
pò del suo lungo regno, ed ebba-
la sorte di vedere una gran parte
dell'Europa unita per sostenerlo
sul trono, ed acquistargli delle Pro-
vincie. Alessandro VII, che per di-
mostrare il suo affetto vei'so la na«
zione germanica, avea annoverato
tra i suoi quattro camerieri segi*e-
ti Ferdinando di Fustenberg, mol-
to si adoperò per mezzo di mon-
signor San felice arcivescovo di Co-
senza e nunzio al Reno, affinchè
fosse esaltato all' impero, ed in fat-
ti Leopoldo 1 subito scriss«s al Pa«
pa con gratitudine per la valida
di lui cooperazione; quindi il Pa-
i68 GER
pa lo soccorse dall'impeto de* tur-
chi, che l'attaccavano nella Transil-
\ania e nell' Ungheria. Montecuc-
coli , uno de' suoi generali, gua-
dagnò col soccorso de' francesi la
famosa battaglia di s. Gottardo
contro i turchi, li 26 luglio i664<
Neil' anno precedente incominciò
la dieta ad aprirsi a Ratisbona,
ed il giudizio camerale nel 1689
da Spira ti^asferissi a Wetzlar.
Tre anni dopo l'imperatore fece ta«
^liare la testa a quattro signori
ungheresi a lui ribelli . Clemente
IX nel 1668 approvò l'ordine del-
le dame della Crociera, istituito
dall' imperatrice Eleonora, vedova
di Ferdinando III.
Nel 167K Leopoldo I domandò
soccorso agli stati generali contro la
Francia, il che produsse un'ostinata
guerra sul Reno, nella quale le trup-
pe imperiali furono quasi sempre
battute sino al tempo della morte
del gran Turrena nel 1675. Dopo
essere stata conchiusa nel 1679 la
pace fra la Spagna, la Francia, e
l'impero, gli ungheri avendo chia-
mato in loro aiuto i turchi nel i683,
il gran visir entrò in Ungheria alla
lesta di duecentoquarantamila uomi-
ni per risarcirsi delle passate sconfit-
te. Innocenzo XI a'3i marzosicol-
legò con Leopoldo I e con Giovanni
III Sobieski re di Polonia per oppor-
si ai formidabili turchi : quindi or-
dinò pubbliche preci in Roma per
implorare il divino aiuto, e pubbli-
cò un giubileo per tutta la Chiesa.
Innocenzo XI impose nella Germa-
i)Ì£i ed in Polonia tasse sulla deci-
ma parte de' beni ecclesiastici, e tre
decime sul clero d'Italia ed isole
adiacenti, il tutto per aiuto del"
l'imperatore. A questi mandò cen-
tomila scudi, ed altrettanti al re di
Polonia; il sagro collegio de'cardi-
GER
nali contribuì trentamila scudi, e
d. Livio Odescalchi nipote del Pon-
tefice ne somministrò diecimila. L'e-
sercito cattolico composto di ottati-
taqualtromila uomini, sotto il co-
mando di Giovanni HI, e di Car-
lo duca di Lorena, di Ernesto con-
te di Stahremberg, governatore di
Vienna, di Giovanni 111 elettore di
Sassonia, di Massimiliano Emanue-
le duca di Baviera, e di altri va-
lorosi, a' 11 settembre attaccò i tur-
chi che sino dai i4 luglio assediava-
no strettamente Vienna, e ne fece
macello. Grato il Papa alla prote-
zione implorata di Maria istituì la
festa del suo santissimo nome, e ri-
cevette alcune insegne ottomane.
Oltre a ciò Innocenzo XI rimise
altri centomila scudi all'imperato-
re, ed egual somma al re di Po-.
Ionia, esortandoli a proseguire si
gloriosa guerra al nome cristiano;
fece entrare nella lega la repubbli-
ca di Venezia, e nel i685 sommi-
nistrò altro danaro. Alla liberazione
di Vienna seguirono altre vittorie,
e gl'imperiali ripigliarono tutte le
città delle quali eransi impadroniti
i turchi. Nel 1684 Leopoldo I ce-
dette alla Francia Argentina, il forte
dì Kell, e varie altre piazze; indi
nel 1686 fece un trattato co* prin-
cipi, e cogli stati di Transilvania,
che gli servì di mezzo per impa-
dronirsi di quel paese. Conchiuse
li 9 luglio dell'anno medesimo la
famosa lega di Augusta, il vero
oggetto della quale era di opprime-
re la Francia e distaccare da essa
r Inghilterra, la quale sino allora
pareva troppo congiunta con la me-
desima, e di far entrare Giacomo
II in questa lega, onde riuscire me-
glio neir umiliare la gran potenza
francese; la quale lega senza dub-
bio l'avrebbe molto più prima Qie«
GER
nata a rovina. Giuseppe I figlio
dell' imperatore, nato da Maddaie-
na Teresa principessa palatina sua
terza moglie, fu fatto coronare, dai
padi-e re d'Ungheria a' 9 dicembre
1687, ed eleggere re de' romani ai
24 gennaio 1690.
Innocenzo XIl fu nel 1691 as-
sunto al poutifìcato, già nunzio di
Clemente IX in Vienna, ove fece ar-
restare i' eresiarca Borri che in Ger-
mania recava gravi danni all' unità
della fede. Nella funzione del pos-
sesso il conte di Martinitz amba-
sciatore imperiale^ pretese di non
andare col contestabile Colonna, co-
me dicemmo all' articolo Ambascia-
tori; ed al voi. II, p. 3o2 del Dizio*
nario riportammo le altre preten-
sioni di quell'altiero ambasciatore
nella processione del Corpus Domini^
e del tumulto di cui fu cagione, on^
de Innocenzo XII vi prese severa
provvidenza. Per vendicarsene l' am-
basciatore attaccò un editto al suo
palazzo, con il quale supponendo
r imperatore possedere in Italia mol-
ti feudi usurpati da altri, invitava i
possessori a giustificarne il dominio
e prenderne l'infeudazione. 11 Papa
fece dichiarare dal cardinal camer-
lengo con altro editto essere di
niuu valore l'imperiale, e lesivo dei
sovrani diritti della santa Sede,
minacciando gravi pene a chi l'ubbi-
disse. Indi con lettera, e per il nun-
zio si querelò con Leopoldo I del
turbolento procedere dell' ambascia-
tore, onde l'imperatore fece scrive-
re lettere di scusa. Dipoi per al-
tre violenze usate in Roma dall'am-
basciatore, convinto Leopoldo I dal-
le rimostranze del Papa, richiamò
l'ambasciatore, che dovette partire
da Roma senza aver potuto conse-
guire la udienza dal Pontefice, «
fu rimpiazzato dal conte di Mans-
GER 169
fèld. Innocenzo XII somministrò
copiosi sussidi! air imperatore che
guerreggiava coi turchi, su de' qua-
li il principe Eugenio di Savoia del-
la casa di Soissons, supremo coman-
dante imperiale, agli 1 1 settembre
1697 riportò una strepitosa vittoria
sulle rive del fiume Tibisco presso
Zenta. E rasi acceso di bel nuovo il
fuoco della guerra in Europa, e
dopo vari avvenimenti, e molto san-
gue sparso da una parte e dall' al-
tra, si stabili la pace a Riswick li
3o ottobre 1697 tra Leopoldo I,
ed i re di Francia e di Spagna, ed
altre potenze, per la quale premu-
rosamente erasi adoperato Innocen-
zo XIJ. In vigore di questo trattato
Argentina rimase a Luigi XIV, ed il
Reno servì di confine tra la Ger-
mania e la Francia. A' 2 6 gennaio
1699 poi seguì la pace di Carlo-
witz neir Ungheria tra V imperato-
ri , la Porta ottomana, ed altri prin-
cipi, per la quale Innocenzo XII
rese solenni grazie a Dio, e per tre
sere per tutto lo stato fece fare di-
mostrazioni di gioia. Ma siccome
l'imperatore avea dichiarato per
nono elettore Ernesto duca di Brun-
swick ed Anno ver, il Papa con apo-
stolica libertà riprovò tale elezione
perchè il principe era acattolico. Il
primo novembre 1700 morì Carlo
II re di Spagna e delle due Sici-
lie senza prole, e con lui ebbe fi-
ne la linea austriaca di Carlo V o
Carolina. Con testamento chiamò a
succederlo il duca d' Angiò figlio del
delfino di Francia, e nipote di Luigi
XIV, onde fu acclamato re di S(yi-
gna col nome di Filippo V in Ma-
drid ed a Versailles. Questi subito
si rivolse al nuovo Pontefice Cle-
mente XI perchè gli dasse l'inve**
stitura delle due Sicilie, mentre fe-
ce egual domanda l'imperatore per 1^
170 GER
pretensioni che a?ea alla successio-
ne di Carlo IF, a cagione di piìi
stretta parentela. Cleoiente XI co-
me padre comune la ricusò ad am*
bedue^ né volle prendere parte al-
le loro ragioni : ciò non impedì che
nella guerra della successione di
Spagna , ancor egli ne risentisse
le funeste conseguenze.
Avendo l'imperatore nel 1701 ri-
conosciuto per re di Prussia Federico
I, eiettore di Brandeburgo, e confe-
l'itegli le insegne reali senza il con-
senso della santa Sede, dappoiché
la Prussia apparteneva anticamente
air ordine teutonico, Clemente XI
disapprovò con brevi apostolici la
concessione , anche per essere il
principe acattolico , e dall' arcive-
scovo elettore di Magonza fece re-
gistrare nella cancelleria imperiale
la sua pi'otesta. Nel 1702 recando-
si Filippo y a Napoli inviò ad os«
sequiare Clemente XI il marchese
di Louville, e per reciprocanza il
Papa mandò al re il cardinal Bar-
berini legato a lacere, Ciò^ dis-
piacque all'ambasciatore imperiale
Lamberg, che subito parti da Ro-
ma, e se ne offese pure Leopol-
do J, il quale non volle ricevere
monsignor Spada nunzio straor-
dinario, che Clemente XI avea de-
stinato per esortarlo alla pace, co-
me avea fatto coi re di Francia
e di Spagna a mezzo di altri nunzi.
Leopoldo I sostenne le sue ra-
gioni sulla monarchia spagnuola,
collegandosi con l'Inghilterra, con
rOlanda^ e con la Savoia; indi in-
side al figlio Giuseppe I, a' 12
settembre 1702, le cedette al suo
quintogenito Carlo arciduca d'Au-
stria, e perciò lo fece proclamare nel
I703 a Vienna qual re di Spagna
col nome di Carlo III. A questo
principe sino dalla fandullezza gli
GER
fu ispirato zelo per la religione
cattolica, e stima particolare per
gli ecclesiastici^ non che apprese
una sufficiente cognizione delle lin-
gue, delle scienze, e degli esercizi
militari.
Pel sistema di neutralità. Cle-
mente XI ricusò di dare il titolo
di re, e gli onori inerenti all'ar-
ciduca Carlo, anzi nell'anno 1708
proibì die il suo ritratto fosse e*
sposto rivestito colle insegne reali>
nella chiesa nazionale di s. Maria
dell'Anima in Roma, e siccome avea
ordinato a monsignor Da via nun«
zio ordinario alla corte di Vienna
di non intervenire alla solennità di
sua proclamazione in re di Spa«
gna, l'imperatore credendo che il
Papa con tali prudenziali atti si
mostrasse favorevole a Filippo
V, licenziò da Vienna il nunzio,
ed • ordinò alle sue truppe di en-
trare nella provincia di Ferrara
{Vedi), E qui va avvertito, che
costante Clemente XI all' adottata
neutralità, quando nella consueta
cappella cardinalizia per la festa
di s. Carlo Borromeo, che si cele-
bra in Roma nella sua chiesa del^
la nazione milanese, si volevano
esporre i ritratti dell'arciduca Car-
lo, e di Filippo V, perchè il du-
cato di Milano conquistato dai te-
deschi faceva parte della monar-
chia spagnuola, prese il ripiego di
tenervi egli stesso cappella papale,
dacché allora non si espongono i
ritratti de' principi, quindi restò
tale onore alla chiesa, come me-
glio dicemmo al voi. IX, p. 92
del Dizionario, senza che il Pon-
tefice in quella emergenza si com-
promettesse con veruna delle par-
ti contendenti. Leopoldo I morì
in Vienna a' 5 maggio 1705, con
fama di principe retto, di savio
GER
discernimento, e di un carattere
sempre eguale: sotto di lui la bat-
taglia di Luzara fu vinta dai fran-
cesi, COSI quelle di Fridlinga a
di Spira; ma nella battaglia di
Hochstet non solo gl'imperiali ri*
portarono vittoria^ ma ricuperaro*
no tutta la Baviera. Giuseppe I
suo figlio gli successe, adottando i
prìncìpii e le massime dei genito-
re, impegnando il duca di Savoia,
gli olandesi e gì' inglesi a continua-
re ne'suoi interessi contro la Fran-
cia sostenitrice di Filippo V, e
volle fare riconoscere il suo fratel-
lo Carlo per i*e di Spagna.
Clemente XI si condolse col
nuovo imperatore per la morte
del padre, mentre Giuseppe I av«
viso coloro che in Germania avea-
no diritto di conferire benefizi, che
non dassero i vacanti se non a
chi egli avesse raccomandato, senza
avere domandato le preci primarie
al Papa, che gliene conferiva lo
indulto. Ed e perciò che Clemen-
te XI si trovò in necessità di ri-
provare la disposizione imperiale,
come contraria al concordato ger-
manico: veramente l'imperatore
avea avanzato la supplica delle
preci primarie, ma per negligenza
dell'ambasciatore marchese di Prie
non era mai stata presentata. Nel-
l'agosto l'imperatore licenziò il
nunzio apostolico da Vienna^ onde
Clemente XI si diresse con un
breve al re di Polonia Stanislao,
allora mediatore tra il sacerdozio
e rimpero, lagnandosi dell'ingiu-
ria, e dello scandalo che faceva
tripudiare gli eretici; altrettanto
direttamente fece con l'imperatore
medesimo, con l'imperatrice, e con
diversi principi di Germania ,
.ma senza frutto perchè Giuseppe
I riteneva che il Pontefice favoris-
GER 171
se Filippo V. Continuando i dis*
sapori tra la corte cesarea, e la
santa Sede, nel 1706 tornarono 1
tedeschi ad assalire le provincie di
Bologna e di Ferrara, e solo nel-
l'anno seguente ne ottenne il Pa-
pa il ri tiramento a mezzo del prin*
cipe Eugenio. Passarono le truppe
alla conquista del regno di Napo-
li, e poscia ritornando nei domi*
nii ecclesiastici sorpresero, e s'im-
possessarono di Comacchio (f^edi),
Nel detto anno 170G l'imperatore
intimò agli elettori di Colonia e
di Baviera il bando imperiale, e
dipoi sottomise i ribelli d'Unghe*
ria. Tra i diversi successi della
gueiTa noteremo che nel 1707
alla battaglia d' Almanza, \* eserci*
to di Filippo V riportò vittoria
sopra quello dell'arciduca Carlo
che avea preso Lerìda. Quasi tut*
ti i sovrani cattolici di Europa
furono comprosi d' indignazione per
l'oppressione dell'innocente Ponte-
fice, e Luigi XIV gli spedì il ma-
resciallo di Tessi per invitarlo a
collegai*si coi principi italiani ; que«
sto progetto mosse l'imperatoro al*
la pace, sebbene il Papa avea ri-
sposto, che siccome padre comune
de' fedeli, non gli conveiùva far
guerra offensiva contro un impera-
tore cattolico, solo doveva difen-
dere i propri stati. Il granduca di
Toscana, ed il conte palatino si
intromisero per la pace^ per la
quale Clemente XI ricorse all'a-
iuto divino, con solenni proces-
sioni, in cui si portò alla basi*
lica vaticana la prodigiosa imma*
gìne del ss. Salvatore dal Latera-
no ; quindi il marchese di Prie sot-
toscrìsse in Roma la ooncoidia ai
i5 gennaio 1709, convenendo Cle-
mente XI di riconoscei*e Carlo 111
quale ^e titolare di Spagna^ con la
17^ GER
protesta di non intendere pregiu-
dicare chi avesse ragioni al trono
di Spagna, e con altre prudenti con-
dizioni. Ad onta di queste Filippo
Y si dichiarò offeso dal procedere
di Clemente XI, il quale con ragio-
nevoli argomenti, con analoghi esem*
pi, e coli' attuale delia Francia che ad
un tempo riconosceva per re di
Inghilterra Guglielmo HI acatto-
lico che vi regnava, e Giacomo
III cattolico ramingo, dimostrò la
leale sua condotta.
Nel medesimo anno 1709 i fì*an-
cesi riportarono alcuni vantaggi
sui tedeschi nell'Alta Alsazia; il
principe Eugenio con lord Marl-
boroug presero Tournay, e dopo la
battaglia vinta a caro prezzo dai
tedeschi a Malplaquet, s'impadro-
nirono di Mons. Sebbene Filippo V
avesse fatto in Madrid riconoscere
dagli stati generali il principe d'A-
sturias suo figlio per erede presunti-
vo della corona, edAIicante unico ri-
fugio di Girlo IH fosse stata presa
dalle sue truppe, nel 1710 T eser-
cito spagnuolo venne disfatto presso
Almenat, ed anche presso Sara-
gozza, Filippo V fu costretto ab»
bandonare la capitale Madrid, ed
in questa entrò malgrado la ripu-
gnanza degli abitanti Carlo III di
Austria. Però verso il fine di det-
to anno Filippo V disfece le trup-
pe degli alleati presso Villaviciosa,
essendo il loro esercito comandato
dal prode principe di Stahremberg,
e con questo avvenimento si con-
solidò nel trono di Spagna, anche
pe' seguenti vantaggi riportati dalle
sue milizie. Carlo IH abbandonò
Madrid, si ritirò in Catalogna ove
ben presto tutto perde, tranne Bar-
cellona e Tarragona. Intanto Giu-
seppe I mori a' 1 7 aprile 17 11 non
lasciandcrche due principesse. Maria
GER
Giosef]^, e Maria Amalia, avute
da Guglielmi na Amalia di Brun-
swick, figlia del duca d'Annover.
Gli successe il fratello Carlo VI,
perciò obbligato lasciai^e la Spagna,
nominandovi reggente la consorte
Elisabetta Cristina di Brunswick-
Wolfenbuttei^ ed il comando dei-
Tarmata al nominato Stahremberg.
Arrivò alla dieta quando per le
cure del principe Eugenio era sta-
to eletto imperatore, e fu corona-
to a Francfort a' 23 dicembre, e
l'anno successivo a Presburgo re
d' Ungheria^ conservando sempre il
vano titolo di re di Spagna. Cle-
mente XI dopo aver deplorato in
concistoro la perdita di Giuseppe
I, gii celebrò i funerali, cui pre-
stò assistenza, indi si adoperò per-
chè fosse eletto il fratello, nella
speranza che desistendo dalle pre-
tensioni sulla Spagna si ripristinas-
se la pace d'Europa. A tale effet-
to uffizio gli elettori, e die relative
istruzioni a monsignor Annibale Al-
bani suo nipote, che inviò nunzio
straordinario alla dieta di Franc-
fort. Dopo l'elezione, Clemente XI
mandò a Carlo VI per legato a
latere il cardinal Imperiali; e nel
dicembre dichiarò con la costitu-
zione Receplis, che per tutti gli
atti d'ossequio, e per le funzioni so-
lite praticarsi dalla Sede apostoli-
ca dopo l'elezione del re de' roma-
ni, essa non si approva dal Papa
se l'eletto non ottiene la conferma
con bolla concistoriale. Allora Car-
lo VI fece supplicare Clemente
XI dall'ambasciatore di Prie di
sua approvazione, e l'ebbe con la
bolla Romani Poiujficis sottoscritta
da ventitre cardinali a' 26 febbra-
io 1714» i^^i B^ istanza dello
stesso imperatore a' i o marzo Cle-
mente XI gli accordò le preci pri-
GER
marie, con quelle condizioni con-
tenute nella bolla Cum post fa*
ctam.
Malgrado i preliminari trattati
di pace d'Utrecht, di Radstad, e
idi Baden, la guerra continuò nella
Spagna. Nel 17 12 Clemente* XI
l'iproYÒ e dichiarò nulli i capitoli
della pace conchiusa nel 1707 da
Giuseppe I coi plenipotenziari di
Carlo XII re di Svezia in Altran-
stad, pei gravi danni che riceveva
l'ecclesiastica giurisdizione^ ed esor-
tò Carlo VI a procurarne l'ina-
dempimento. Con apostolica fran-
chezza il Papa invitò l'imperatore
a resistere ai tentativi dei calvini-
sti, i quali nella dieta di Ratisbo-
na, e nei trattati della pace d'U-
trecht procuravano che nella Sle-
sia fosse loro concesso, quanto nel-
la detta pace d' Altranstad era sta-
to accordato ai luterani* JVel 17 14
Clemente XI raccomandò calda-
mente air imperatore ed al re di
Francia nella pacificazione della
Spagna che si trattava a Baden,
fosse cautelata la religione cattoli-
ca nella Svizzera, la difesa de' suoi
diritti, e la restituzione de' beni tol-
ti al monistero di s. Gallo. Ren-
dendosi insolenti i turchi per le
ultime vittorie riportate, ed aven-
do preso di mira gli stati austriaci,
e la repubblica di Venezia, Cle-
mente XI implorato il divino pa-
trocinio si rivolse a tutti i prin-
cipi cristiani per formare una po-
derosa lega, ed a tal fine mandò
legato a Intere a Vienna il cardi-
nale Orsini. Carlo VI restava titu-
bante, per timore che il re Filip-
po V ne profitasse a di lui danno,
onde il Papa ottenne da questo
principe solenne promessa che non
avrebbe molestato i dominii impe-
riali durante la gueira cogli otto-
GER 173
mani. Sicuro di tale protesta Cle-
mente XI ne spedì all'imperatore
In notizia, il quale unito ai veneti
dichiarò guerra ai turchi a' 5 giù**
gno 1716; ed il Pontefice per aiu-
tarlo gli concesse le decime eccle-
siastiche per tre anni negli stati au-
striaci, nel ducato di Milano, e nel
regno di Napoli. Mentre in Ro-
ma Clemente XI innalzava pi^ghie-
re a Dio e faceva processioni di-
vote per la prosperità delle armi
imperiali, queste sotto il comando
del celebre e valoroso principe Eu-
genio, riportarono a' 5 agosto pi'cs-
so Peter varad ino segnalata vittoria;
e tale fu il terrore de^ turchi, che
precipitosamente levarono l'assedio
da Corfu; indi Clemente XI inviò
ad Eugenio, come principe beneme-
rito della religione cattolica, lo
Stocco e berrettone benedetti ( f^S'
di). Questo capitano prese poscia
Temiswar, Belgrado^ ed altre piaz^
se, per cui i turchi si videro co-
stretti domandare la pace. Frattan-
to Filippo V mancando alle pro-
messe, e facendo uso del soccorso,
che dal Pontefice eragli stato dato
contro il turco, ad istigazióne del
primo ministro cardinal Alberoni,
s'impadronì dell'isola di Sardegna
parte della monarchia spagnuola, già
conquistata dagl'imperiali. A tale
notizia Clemente XI ne restò af-
flittissimo perchè vedevasi esposto
coir imperatore, che aveva assicu-
rato dell' inazione di Filippo V,
ed a questi per la mancata parola
scrisse con grave risentimento. Dal-
l'altro canto Carlo VI dubitandp
della sincera condotta del Papa, a
suggestione de' suoi ministri che Io
rappresentarono qual traditore, si
mostrò sdegnato, proibì al nunzio
di Vienna di accostarsi a corte,
e di ti*attare afiGari co' suoi mink-
174 &ER
stri; feee lioennar da Napoli il
nunzio Vicentini, e sequestrò le
rendite de' benefizi che i cardinali
e i prelati possedevano in quel
regno, il perché giuste querimonie
gli scrisse V innocente e bersaglia-
to Clemente XI. Finalmente Tim-
peratore, e Filippo V, persuasi dei-
la probità del Papa, restituirono
ai nunzi la loro stima e fiducia,
e ritornarono ad un contegno pa-
cifico.
In Passarowitz nel 171 8 ebbe
luogo la pace co' turchi, conservan-
do l'imperatore tutte le sue con-
quiste. In quanto all'Italia, per la
invasione memorata delia Sai*de-
gna, venne in Londra a' 2 agosto
1718 conchiusa la quadruplice al-
leanza tra r Inghilterra, la Fran-
cia, l'imperatore, e gli stati gene-
rali. Carlo VI si obbligò ricono-
scere Filippo V in re di Spagna,
rinunziando per sempre a detto
regno; e gli alleati si' obbligarono
mantenere l'imperatore in qualità
d' arciduca d'Austria in possesso
de' suoi stati, ed a fargli concede-
i*e la Sicilia in luogo della Sarde*
gna. Non avendo voluto la corte
di Spagna aderire a questo tratta-
to, la guerra continuò; gli spagnuo-
li ebbero vari colpi sinistri, e la
Spagna entrò nella quadruplice al-
leanza nel 1720, e così terminò la
guerra. Riconosciuto il regno di
Sicilia possesso di Carlo VI, a'g
giugno 1722 Innocenzo XIII glie
ne diede la solenne investi tui*a .
L' imperatore s'impiegò dipoi a
tutto suo potere pei* introdurre, e
per rendere stabile da per tutto
la prammatica sanzione rispetto
alla successione ne' suoi stati eredi-
tari, che volle restassero sempra in-
divìsi, cioè che in mancanza di ma-
schi della sua linea, le sue figlie
GER
gli sarebbero succedute in tutta
l'eredità, in preferenza di quelle
deir imperatore Giuseppe I suo
fratello. Dopo di averla fiitta accet-
tai nella maggior parte degli stati
dell' Alemagna, ed approvare dagC
elettori di Sassonia e di Baviera
mariti delle figlie di Giuseppe I,
condiiuse un trattato a Vienna li
3o aprile 1725 colla Spagna, in
cui ambedue le parti rinunziarono
a tutti i regni e paesi eh' elleno
possedevano allora, e fu guarentita
la successione ei*editarìa di d. Car-
lo Borbone agli stati di Toscana
e di Parma, e la prammatica san-
zione d'Austria: questa allenza fu
chiamata l'alleanza di Vienna. Be-
nedetto XIII die fine alla fiunosa
controversia, se alla camera apo^
stolica, ovvero al duca di Modena
appartenesse il dominio della cit-
tà e contea di Conaacchio nel du^
cato di FeiTara, occupata dall'ini-
peratore die proteggeva gli Esten-
si, e nel 1725 ne seguì la restitui-
zione alla santa Sede, vera ed an»
tica sua signora; quindi il Papa
accordò a Carlo VI le deàme ec-
clesiastiche in tutti i dominii ao-
striaci^ condonandogli tutte le ren-
dite maturate; e siccome Sinsen-
dorf primo ministi*o avea coopera-
to a questo accomodamento, creò
cardinale Filippo di lui figlio. Es-
sendo morto nel 1782 Augusto II
elettore di Sassonia re di Polonia,
l'imperatore si vide ingolfato in
nuova guerra. La Francia voleva
ristabilire sul trono polacco Stani-
slao, e Carlo VI per lo contrario
fece eleggere il figlio del defunto,
che prese il nome di Augusto III.
I francesi presero Kelil, Treverij
Tarbach, Filisburgo, e guadagna-
rono in Italia la battoglìa àk Par-
ma e di Guastalla, D. Carlo B(nr«
GER
bone soccorso dalle armate spa-
gnuole, comandate dai duca di
Montemar, attaccò il regno di Na-
poli, e se ne fece dichiarare re in
Palermo dopo la battaglia di Bi-
tonto^ e s'impadronì pure della Si-
oilia. Clemente XII si trovò nella
penosa alteraativa, che il re Carlo
e rimperatoi'e gliene domandaro-
no rinvestitura, che credè conce*
dere al secondo.
Altro non rimaneva nel lySS
in Italia agi' imperiali che Manto-
va; ma essendosi portati i russi
ed i sassoni a rinforzare Tarmata
imperiale sul Reno, cessarono le
ostilità, e fu fatta la pace. Augu*
sto III rimase re di Polonia, il re
Stanislao ebbe i ducati di Loi*ena
e di Bar, con patto che dopo la
sua morte ritornerebbero alla Fran-
cia; furono restituite all'imperato*
re Parma e Piacenza, ed il duca-
to di Milano; la Francia garantì
la prammatica sanzione; il duca
di Lorena Francesco Stefano de-
stinato a sposare Maria Teresa fi«
«glia primogenita ed ei*ede di Car*
lo VI, in compenso della cessione
a Stanislao dei due ducati, el^
in cambio il granducato di Tosca-
na all'estinzione del granduca Gio.
Gastone, e dalla Francia cinque mi-
lioni e mezzo di lire all'anno, finché
ne fosse entrato in possesso; final-
mente d. Carlo di Boi*bone tenne il
regno di Napoli e la Sicilia, rice-
vendone l'investitura da Clemente
XII. JVel 1737 Carlo VI si trovò
costretto gueitneggiare coi turclii,
onde si rivolse alla benignità del
Papa come inedia tore della sacra
alleanza limata da Innocenzo XI,
col re <di Polonia ed i veneziani
-contro ila sarbiime Porta, che in*
cadeva l' Ungerla, ove il prindpe
transilvano ìÈUigstsU erasi nuova-
GER 175
mente ribellato, perciò scomunicato
da Clemente XII, come incorso
nelle censure della bolla in Coena
Domìni y per aver preso le armi
contro l'imperatore in soccorso ddi
turchi con obbrobriosa alleanza.
Incitile Clemente XII in diversi
modi cercò giovare Carlo VI. Pub-
blicò un giubileo per tutta l'Italia
per implorai il divino patrocinio,
e concesse all' imperatore centoven-
timila fiorini di beni ecclesiastiei
dei suoi stati, centomila scudi del
tesoro pontificio, dodicimila scudi del
suo privato peculio, e trentamila scu-
di oblazione de' cardinali e prelati di
Roma. La guerra fu infelice all'im-
pero, per cui Carlo VI nel 1739
nel trattato di pace rilasciò ai tur-
chi Belgrado, Zabach, la Servìa, e
quanto la casa d'Austria possede-
va nella Vallachia. A' 20 ottobne
1740 Carlo VI morì a Vienna,
dopo aver dato al duca Francesco
Stefano in isposa la sua figlia Ma-
ria Teresa, avendolo fatto elegge-
re re de' romani, laonde questo
principe divenne Io stìpite della
nuova casa -d'Austria, chiamata
Austria- Lorenay gloriosamente ra-
gnante. Benedetto XIV die parte
al sacro collegio in concistoix> del-
la morte di Cai*lo VI, e poscia
gli celebrò i funerali. Negli stati e-
reditari essendo premorto al padra
l'arciduca Leopoldo, successe Ma-
ria Teresa, che si trovò esposta
a molte guerra « pretensioni al-
la «vasta eredità; e la pramnatica
sanzione riconosciuta per ventisette
anni, ad un tratto lìi considerata
«onf>e non fatta; ma Maria Teresa
-subito 81 mise in possesso dell'Au-
«tria, dell'Ungheria e della Boemia.
I pretendenti che sorsero a di-
sputare a Maria Teresa il l'etag-
gfo de' suoi avi, furono Telettoi^e
ì*?6 GER
di Baviera, quello di Sasitonia, Fi-
lippo V, il re di Sardegna, e Fe-
derico II re di Prussia; Luigi XV
re di Francia non si ralse de'suoi
titoli, ma volendo abbassare la ca*
sa ti' Austria sua antica rivale coa-
diuvò air esaltazione del principe
bavaro. L'elettóre di Baviera Car-
lo Alberto figlio di Massimiliano, e
sposo di Maria Amalia figlia di
Giuseppe I, avendo ricevuto trup-
pe dalla Francia s'impadronì di
Passavia, prese il titolo d' arcidu-
ca d' Austria, andò al possesso di
Lintz, s'impadronì ancora della
Boemia, e se ne fece proclamare re,
dappoiché erasi protestato contro la
convenuta prammatica sanzione, e
fatto perciò alleanza col cognato e-
lettore di Sassonia. Indi a' i4 gen-
naio 1742 fu unanimemente eletto
re de' romani, e fece il suo solen-
ne ingresso in Francfort, dove Te-
lettore di Colonia suo fratello lo
incoronò imperatore, prendendo il
nome di Carlo VII. Benedetto XIV
ne approvò l'elezione, ed egli no-
minò protettore dell'impero presso
la santa Sede il cardinale Borghe-
se, mentre a di lui mezzo, e per
quello del barone Scarlatti suo mi-
nistro in Roma domandò le pi*eci
primarie, la spedizione d'un nun-
zio apostolico, e la giurisdizione
della chiesa nazionale di s. Maria
dell'Anima. Appena Benedetto XIV
intese tutte queste istanze, convocò
una congregazione de' cardinali, nel-
•la quale fu risoluto di differire il
risultato alle due prime domande,
e di non far novità alla terza, per-
chè i deputati di detta chiesa vi
aveano innalzato Tarme della re-
gina Maria Teresa, credendo che a
questa dovesse appartenere com'e-
rede universale della casa d'Au-
stria, e non mai alla nazione te-
GER
désca come pretendeva il nuovo
imperatore. In quanto al nunzio,
trovandosi ancora a Vienna mon-
signor Dorìa nunzio straordinario.
Benedetto XIV volle che vi fosse
conservato; ed in quanto alle pre-
ci primarie, siccome queste non si
accordavano dai Pontefici ai no-
velli imperatori, se non dopo aVer
essi per mezzo d'un ambasciato-
re reso obbedienza alla santa Se-
de, così appena il cardinal Borghe-
se ricevette le credenziali di amba-
sciatore straordinario, e rese solen-
ne obbedienza a nome di Carlo
VII, fece la supplica per le preci
primarie, e Benedetto XIV benigna-
mente con bolla le accordò. La re-
gina Maria Teresa protestò contro
reiezione di Carlo VII, aiutata prin-
cipalmente dagli ungheresi, riprese
Passavia, Lintz, Talta Austria: le
di lei truppe comandate dal con-
te di KevenhuUer entrarono poscia
in Baviera, s'impadronirono di Brau-
nau, di Landshut , di Monaco , e
posero quasi tutto l'elettorato in
contribuzione. Carlo VII costratto
ad evacuare la Boemia, e spoglia-
to de' suoi stati ereditari^ fu ridot-
to ad errare per la Germania ; ri-
parò alla fine in Francfort ove con-
vocò una dieta per rimediare i
suoi affari, e tentò pacificarsi con
l'Austria. Una diversione effettuata
in Boemia dal re di Prussia, gii
porse T occasione di ricuperare la
Baviera, onde Cario VII rientrò in
Monaco nel novembre i744> ^^
rifinito dai dispiaceri e dalle infer-
mità, moli ai 20 gennaio 174^9
mentre gli austriaci rientravano in
Baviera, nel cui elettorato gli suc-
cesse il figlio Massimiliano.
Benedetto XIV venendo in co-
gnizione che ne' trattati per la pa-
ce si volevano secolarizzare alcuni
GER
Tescovati di Germania, o dai piti
ricchi si dovessero diminuirne le
rendite; per impedire tali nocevo-
li innovazioni scrisse ai principi
tedeschi perchè non lo permettes-
serO) ed esortò i vescovi , median*
te la costituzione Ut primum^ ad
opporsi virilmente a sì pregiudizie-
Toli secolarizzazioni. Rifletteva il
Pontefice, che se alcuni principi te-
deschi anche cattolici spacciavano
che i vescovi non dovevano essere
nello stesso tempo principi sovra-
ni, dovevano sapere che nella Ger-
mania conveniva grandemente che
i vescovi fossero ricchi e potenti
per resistere agli eretici, e mante-
nere quelli che dall'eresia si con-
Tertivano) e perciò il Papa invitò
ì vescovi a chiudere la bocca a
coloro che in tal modo parlavano^
facendo buon uso delle rendite con
generose limosino. Ai i3 settem-
bre 174^ Francesco I marito del-
la regina Maria Teresa avendo sta-
bilito il suo quartiere generale ad
Eidelberga fu acclamato imperato?
re, fece il suo ingresso in Franc«
fort, dove venne coronato a' 4 ot-
tobre. Intanto la guerra continuò^
e soltanto nel 1 74B la pace d' A-
quìsgrana assicurò a Maria Tei'esa
la possessione della maggior parte
de' suoi stati ereditaria I talenti di
questa principessa la mettevano in
istato di governare da sé stessa;
associò nondimeno il suo sposo al-
le cure deir amministrazione, e re-
gnò sempre tra loro il più gran-
de accordo per far fiorire la mo-
narchia austriaca, e per mantene-
re la influenza della loro casa nel-
l'impero germanico. I risultamen-
ti della gran lotta che disputò i
diritti a Maria Teresa si fuix)no}
che la Prussia conquistò una gran
^rte della Slesia, e la contea di
TOL. IXIl.
GER 177
Glatz; una porzione del Milanese
fu ceduta al duca di Savoia dive-
nuto re di Sardegtia nella gueri*a
di successione alla monarchia di
Spagna; ed i dudati di Parma e
Piacenza furono ceduti ad un in-
fante di Spagna. Nel 1753 insor-
se una ditferenza tra l'impero, e
Benedetto XIV^ il quale volendo
elevare al cardinalato monsignor
Stoppani già nunzio di Vienna ed
alla dieta di Francfort, ed allora
presidente di Urbino^ il cardinal
Millini ministro in Roma dell'im-
peratrice Maria Teresa, in nome di
questa lo Toleva escluso dal sacro
collegio, perché nella detta dietd
per l'elezione dell'imperatore avea
promosse le parti della casa di
Baviera, e perciò non favorì quel-
le di Francesco I e dell'Austria.
Considerando Benedetto X(V che
non conveniva dare ascolto a tali
istanze, per non dare esempi ad al-
tre corti di pretensione onde esclu-
dere qualche individuo dal colle-
gio cardinalizio, come l'impero, la
Francia e la Spagna pretendevano
darla al pontificato nel conclave;
e considerando pure che monsignor
Stoppani avea servito la santa Se-
de con riputazione , ed aveva a-
gito secondo le istruzioni della mef«
desimaj lo creò cardinale^
Maria Teresa si occupò di Can-^
celiare le tracce della guefrra^ con
animare l'agricoltura, far fiorire il
commercio, lef arti, le scienze, mas-
^me la militare, mediante accade-
mie e collegi da lei istituiti. Mi*
nacciata di poi da Federico II re
di Prussia, Maria Teresa si procu-
rò l' appoggio della Francia a mez-
to del principe di Kannit^ che go»>
deva la sua intima confidenza, e le-
ce entrare ne' suoi progetti le eor-
ti di Russia, di Svezia e di Sas-,
178 GER
tODÌa. Alcuni prosperì successi ono-
rarono le armi imperiali, come la
Tittoria di Kollin importata dal ge«
neral Daun, e la pace di Huberst-
burg de' 16 febbraio 1763 termi-
nò la guerra dei sette anni. Poco
dopo Giuseppe II figlio primogenito
degli imperiali coniugi, nei 1764
fu acclamato re de' romani; men-
tre nel precedente anno Francesco
I avea assicurato il gran ducato dì
Toscana al secondo figlio Pietio
Leopoldo. Nel 1765 Francesco I
mori ad Inspruck con riputazione
di principe saggio, illuminato e be-
nefico. Altri suoi figli nati da Maria
Tei'esa furono Ferdinando chiama-
to dal suo matrimonio con Maria
Beatrice d'Elste alla successione del
ducato di Modena; Massimiliano
gi*an maestro djeir oixline teutonico,
am vescovo di Colonia e vescovo
di Munster; Maria Cristina marita-
ta al prìncipe Alberto di Sassonia,
goveraatrìoe de' Paesi Bassi, e prov*
^ista co'suoi discendenti dell'appan-
naggio del principato di Teschen; Ma-
ria Amalia maritata al duca di Par-
ma; Maina Cai*dlina maritata al re
di Napoli; Maria Antonietta maritata
a Luigi XVI re di Francia, e che fu
])artecipe delle sciagure del consor-
te, come nan'ammo a quell' artico-
lo. Maria Teresa pianse tenemmen-
te Francesco I, prese lutto auste-
ro che piti non depose, fondando un
capitolo di canonichesse ad In-
spruck, delle quali si parlò al voi.
VIIj p. 23 1 del Dizionario, con l'ob-
bligo di pregare |>er l'anima del
consorte. A' 18 agosto 1765 Giusep-
pe lì divenne imperatore, continuan-
do ad essere imperatrice regina
Maria Teresa sino alla morte. A
questa Clemente XIII, come regina
d'Ungheria, confermò il titolo di
maestà apostolica^ ^aon poco fratto
GER
a lei si involse per salvare la mi-
nacciata benemerita compagnia dì
Gesù. Celebrandosi il Conclave {^J^C'
di) per di lui morte, Giuseppe II
e il fratello Pietro Leopoldo l'ono-
rarono di lora presenza : per questo
conclave ebbero luogo due amba-
sciatori straordinari, uno di Giusep-
pe II, r altro di Maria Teresa, di-
stinti con doni dall' eletto Clemen-
te XIY. Quando stava per iscop-
piare la guerra tra questa principes-
sa, e Caterina II impera trìce di Rus-
sia che brillava su quel trono, se-
gui nel 1772 il primo parteggio
della Polonia tra quella potenza,
la Prussia, e Maria Teresa cui toc-
cò la Galizia, la Lodomiria, la cit-
tà di Zyps, e poscia la Bukowina,
ed il quartiere dell' Inn. La succes-
sione di Baviera vacata per mor-
te di Massimiliano, ultimo elettore
del ramo cadetto di Wittelsbach^ fu
causa di nuova guerra.
Toccava la successione di dirìtto
all' elettore palatino, come capo del
ramo primogenito, ma Giuseppe II
persuase la madre ad invadere la
Baviera, mentre per rapprasaglia
la Prussia occupò la Boemia: ben
pi*esto terminò la guerra nel 1779
colla pace di Teschen, in cui l'Au-
stria rinunziò alle sue pretensioni.
Maria Teresa morì a' 29 novembre
1780, col titolo glorioso di madre
della patria. Gli successe Giusep-
pe 11, il quale subito occupossi di
consolidare il possesso de'suoi im-
mensi dominii, stabilendovi un si-
stema di amministrazione regolare
ed uniforme. Continuò a vivere
frugalmente, e senza fasto sovrano^
col quale privato sistema avea fat-
to diversi lunghi viaggi, per acqui-
stare cognizioni, sino nelle più rì-
mote regioni , nell'intendimento di
fai*ne uso in vantaggio de'popoli
GER
affidali a luì dalla provvidenza.
Protesse le arti, le scienze, il com»
mercio, ed amò le milizie con le
quali visse domesticamente, ed eh*
be per loro la più tenera solle-
citudine. Tix)ppo però fu traspor*
tato nello spirito di riforma, e dis«
graziatamente volle semplicizzare
ne' suoi stati la cattolica religione^
ed organizzare il sistema del cle-
ro e dei claustrali con pi*egiudi«
zievoli novità. Vietò primamente
ai religiosi di ubbidii'e ai loro su-
periori , soppi*esse inolti oonTen-
ti e monisteri, pi*oibì ad altri ri-
cevere novizi, e di altrì s' impa-
dronì delle rendite. Oi*dinò al cle^
ro di dargli un catasto de'suoi be-
ni; e non permise più che si in-
corresse al Papa per le dispense
matrimoniali. Prescrisse il placet
imperiale per tutte le bolle, brevi
e rescritti provenienti da Roma,
e dalla santa Sede. Vietò ai ve-
scovi di conferire gli ordini, e con
un seguito perenne di i*egolamenti
che cambiavano tutti gli antichi
usi praticati dalla Chiesa, e rove-
sciavano la sua disciplina, si fece
riformatore eziandio de' più piccoli
oggetti. Soppresse le confraternite
e pie congregazioni, abolì le di-
vote pi*ocessioni di religione, pre-
scrisse l'ordine dei divini uffizi,
regolò le sacre cerimonie, il nu-
mero delle messe, la maniera del-
le benedizioni , e fino la quantità
di cerei , che dovevano ardere nei
medesimi uffizi divini, per le qua-
li minuzie il filosofo Federico II
re di Prussia j lo chiamava mio
fratello il sagrestano. Questi e
molti altri decreti eccitai*ono lo
zelo di parecchi vescovi , ma le
loro rimostranze non furono attese.
Fra gli altrì il cardinal Bathyaa
primate d'Ungheria, dimostrò al-
GER 179
l'imperatore quanto i suoi decreti
eccedessero il potere dell'autorità
civile» massime quello de' 4 mag-
gio 1781, in cui a &vore dei gian*
senisti s' ordinava un assoluto si-
lenzio sulla bolla Vmgenitus di
Clemente XI, contro la quale pe-
li» seguitavano a scrivere i teologi
della corte, ed in fìivore dell' ap^
pello. Quell'intrepido cardinale fe«i
ce osservai che la bolla di Cle*
mente XI era tin giudizio della
Chiesa universale^ com'erasi dimo-
strato dal concilio ttMnano nel
1^25; dall'enciclica di Bèdedettò
XIV nel 1756, e dagli atti del
clero di Francia nel l'^éS. Nulla
potè fbrmai*e il corso delle inno-
vazioni religióse di Giuseppe II ^
tanto opposte all' antica disciplina
ecclesiastica, uè le divei^ lettere
amorevoli del Pontefice Pio VI,
poterono persuadei'e 1' imperatore
a cangiare consiglio^ ed ascoltar
quello del padre coinùtie de'fe^
deli.
Per dovere del suo apostolico
ministero^ stimò Pio VI che la sua
presenza e le Sue pai'ole potessero
avere maggior efficacia presso l'au-
gusto, onde risolvette di poi*tarsi a
Vienna. Partecipò il suo divisa»
mento ai cardinali Albani e Ger*
dil| e siccome uno di essi gli ri-
spose che avrebbe dovuto molto
combattere, soggiunse il zelatìte Pa-
pa, combatteremo, ma colle armi
della dolcezza e della cristiana ca-
rità. Quindi Pio VI avvisò l'im-
pei*atore con lettera de' 9 feltraio
1782 della prossima partenza per
la di lui capitale, senza indicargli
i motivi del viaggio. Li previde
Giuseppe 11 dicendogli nella rispo-
sta che il partito da lui preso mà^
le riforme religiose era irrevocabi-
le, né mai avrebbe ceduta A' 27
i8o
GER
febbraio Pio VI partì alla volta di
Fìenna {Vedi)^ e giunto a Ferra-
ra ricévette dall'imperatore V av^
viso che l'avrebbe alloggiato nel
palazzo imperiale, mentre il Papa
divisava abitare in quello della nun-
ziatura. A' i4 marzo Pio VI arri-
vò a Gorizia dove il conte di Go-
bentzel vicecancelliere di corte lo
complimentò in nome dell' impera-
tore. A Lubiana ebbe gli omaggi
dell'arciduchessa Marianna d' Au-
stria, proveniente colle sue dame
da Glangenfurt. A' 2 2 marzo due
I^he da Neustadt Giuseppe II col
fratello Massimiliano si presentaro-
no alla can*ozza di Pio VI> che fu
dall'imperatore aiutato a discen-
derne dopo aperto da lui lo spor-
tello. Dopo gii scambievoli atti di
cordialità, Pio VI ascese nella car-
rozza di Giuseppe II, ed insieme
entrarono in Vienna , ove venne
ti*attato splendidamente in tutto il
tempo che vi restò, essendo allora
nunzio apostolico il celebre mon-
signor Garampi. Quindi ebbero
luogo tra il Papa e l'imperatore
soltanto lunghi e continui congres-
si, mentre tutta l'Europa teneva
verso di loro rivolta la sua atten-
zione. Intanto le riforme ecclesia-^
stiche non vennero né sospese né
modificate, anzi l'imperatore mi-
nacciò quelli che non aveano pub-
blicato i suoi ordini sulla tolle-
ranza dei diversi culti religiosi ,
tra' quali il vescovo di Gorizia, il
conte d'Elding, e l'intendente del-
la provincia di Carniola. Dall'altro
canto Pio VI, sempre costante nel-
la difesa dei diritti della santa Se-
de, in Vienna stessa scrisse un bre-
ve con cui pieno di apostolica fer-
mezza riprese un vescovo di Mo-
ravia perché avea lasciato uscire
da due monasteri le monache, che
GER
si videro erranti cercatfdo ricove-»
ro, e perchè assolvette i religiosi
massime i certosini dall'osservanza
di loro regola* Del insultato sull'o-
perato di Pio VI a Vienna, poco
se ne seppe: certo è che il giura-
mento prescritto ai vescovi fu sop-
presso; permise ancora l' imperato-
re, che si potesse ricorrere alla
santa Sede nelle dispense matrimo-
niali in primo e secondo grado; il
Papa accordò ai vescovi la facoltà
per le dispense matrimoniali in
terzo e quarto grado, ed ancora
in parentela più prossima, previo
l'assenso pontificio; alcune modifi-
cazioni riguardo ai monasteri di
ambo i sessi, e sulla tolleranza del-
le diverse religioni ; soppressi al-
cuni monasteri e conventi religiosi,
furono rispettati però i loro ordi-
ni e congregazioni; 1' imperatore
spiegando il suo decreto sulla bol-
la Vnìgenitus vietò disputarne pub-
blicamente, e permise ai professori
darne nelle scuole una conoscenza
istorica; il medesimo dichiarò che
il placet imperiale non si estende-
rebbe sulle bolle in materia dom-
matica; protestò che il piano adot-
tato* per la censura de' libri, non
impediva ai vescovi di fare le loro
rappresentanze sopra quelli che
avessero riputati nocivi. Questi fu-
rono i principali punti ove Giu-
seppe II rallentò la sua rigidezza,
tenendolo saldo il principe Kaunitz
gran cancelliere, contro le zelanti
sollecitudini del capo -della Chiesa :
Pio VI in una parola si chiamò
contento del suo viaggio. Prima
di partire da Vienna ricevette dal-
l' imperatore una superba carrozza
da viaggio, una ricca croce di bril-
lanti, ed ui^ pastorale con molte
gioie di finissimo lavoro , i quali
doni furono stimati . trecento eia*
GER
qukntamilà fiorini. Inoltre T impe-
ratore fece nobili doni ai famìglia-
ri del Pontefice^ il quale fece al-
trettanto con la corte imperiale.
A* 23 aprile Pio VI parli da Vien-
na, seguito da monsignor Garam-
pi, ed in carrozza coli' imperatore,
lasciandosi entrambi con recipro-
che dimostrazioni di rispetto ed
affetto nella strada di Baviera al
santuario di s. Maria Brunn. Indi
Pio VI passò a pernottare nell'ab-
bazia de' benedettini di Melck po-
co dopo soppressa, e per Lintz,
Hag, Monaco, Augusta, Inspruck e
Bressanone uscì dai dominii au-
striaci.
Tornato Pio VI in Roma l'im-
peratore die luogo a nuovi prov-
vedimenti; egli con un editto si
arrogò la nomina dei vescovi di
Lombardia che spettava al Papa
da tempo immemorabile; e Pio
VI fu condiscendente in cederla.
Di propria autorità Giuseppe II
formò un regolamento sui vesco-
vati, aboPi i seminari diocesani so-
stituendovi dei generali in cinque
o sei città solamente; pubblicò un
decreto per togliere alla Chiesa le
sagre immagini; soppresse gl'im-
pedimenti derimentr de' matrimoni,
ne formò in vece de'nuovi, e per-
mise il divorzio in molti casi. In-
tanto Eybel, uno de' più ardenti
fautori delle riforme imperiali, nel
1782 pubblicò in Vienna un li-
bro intitolato: Quid est Papa?
il quale munito del sigillo impe-
riale si sparse con profusione, tra-
dotte in più lingue. Per lo spirito
velenoso che conteneva^, si pretende-
va che il Papa non avesse altro
diritto che di avvertire ed esor-
tare, così i vescovi che faceva e-
guali nell'autorità. Dipoi Pio VI
con decreto de' 28 novembre 1786
GER 181
condannò il libro, come contenen-
te proposizioni ingiuriose, false, te-
merarie, scismatiche^ erronee ed e-
retiche, già condannate dalla Chie-
sa. L'imperatore persuaso che il
pontifìcio decreto comparirebbe nei
suoi dominii de' Paesi Bassi, ne or*
di nò la soppressione; e perchè il
nunzio di Brusselles monsignor Zon-
dadari, e l'arcivescovo di Malines
cardinale Franckenberg erano ac-
cusati di aver contribuito a farlo
conoscere nelle Fiandre, ordinò al
primo di partir subito da' suoi sta-
ti, ed al secondo di portarsi a
Vienna per render conto di sua
condotta. Mentre Pio VI nel 1 783
attendeva in Roma Gustavo III re
di Svezia^ giunse all' improvviso
l'imperatore Giuseppe li, che viag-
giava al solito incognito, il quale
dopo aver preso breve riposo dal
suo ministro cardinal Herzan, si
presentò con grata sorpresa al Pon-
tefice; e poscia col re di Svezia si
trovò presente alle funzioni del
santo Natale. Dopo il trattenimen-
to in Roma di sette giorni, l'im-
peratore si recò a Napoli, e ritor-
nato che fu in Roma, a' i4 feb-
braio 1784 sottoscrisse il concor-
dato col quale il Papa cedette in
perpetuo all' imperatore e succes-
sori il diritto alle nomine dei ve-
scovati ed altri benefizi ecclesiasti-
ci in Lombardia, come duca di Mi*
lano e di Mantova.
Nel 1785 Pio VI cedendo alle
istanze del duca Teodoro palatino
elettore di Baviera, stabilì nella
capitale Monaco la nunziatura apo-
stolica, la quale fu subito contesta-
ta dagli elettori di Magonza e di
Colonia, e da altri prelati protetti
dall' imperatore, il quale dimostran-
dosi disgustato, fece sapere al nun-
zio di Vienna monsignor Caprara,
iS%
CER
che risparmiatte la concueta spesa
pel formale suo ingresso, come per
l'avveoire veniva dispensato assiste*
re alle funzioni sacre della corte»
per le quali era stato destinato
ferne le veci il parroco dell'aulica
chiesa di^li agostiniani scalzi. Nel-
lo stesso tempo si accrebbe il ma-
le umore negli elettori ecclesiastici
.per la circolare del nunzio di Co-
lonia sugl'indulti quinquennali, di
phe parlammo, come della coqtra*
$tata nunziatura^ ai alativi artico-
li, e venne celebrato il congresso
p conciliabolo àìEms {Vedi\ pae-
9e non della casa 4' A.ltemps, come
avemmo ^ull-autorità altrui, dap«
poiché gli Altemps furono signori
lieil'altro Eqas nel Vorarlberg, pres-
so il lago di Q>stanza. Vedi l'opu-
scolo intitolato: Véritahle état du
fljjfferenl élève entre le nonce apo»
stolique, et ìes trois éUcteurs ecclé'
MastiijfueSy Dusseldorff 1787.
Questa riprovevole adunanza
fu liguardata da- buoni vescovi e
clero dì Germania, opposta a tut-
|e le leggi canoniche. Pel nuo-
TO sistema poi di ecclesiastica di-
^iplina, introdotto anche nel Bel-
gio da Giuseppe II, nacquero del-
le insurrezioni , per cui V impera-
tore s'irritò col nunzio di Brussel-
les, e coi Teseo vi. Tali turbolenze
9i aumentarono nel 1789, veden-
ti i popoli de' Paesi Bassi au-
striaci priyati delle loro antiche
prerogative, spogliate e soppresse le
più illusti'i e rìoche comunità clau-
strali ed abbazie, annichilita la be-
nemerita società degli saittori bol-
landisti d'Anversa, donde si erano
fatti trasportare a Vienna tutti i
Tasti e preziosi materiali, che ser-
Tivano alla continuazione della lo-
ro immortale opera delle vite dei
santi, ed inoltre esposta alla pub-
GER
biica vendita la rinomata biblio-
teca di Brusselles col suo impor-
tante musea L' imperatore venne
dichiarato dai bi*abanzoni decaduto
dai suoi sovrani diritti, e privato
degli stati delle Fiandre per la sol-
levazione di quelle proviqcie. Al-
lora Giuseppe II si rivolse ad im-
plorare la mediazione di Pio VI,
mentre sino allora era riniasto
sordo ai replicati suoi paterni in-
viti di desistere dalle riforme i*e-
ligiose. L' interposizione del Papa
e le pramesse dell'imperatore non
produssero qe' fiamminghi il de-
siderato fine, poiché essi già ave-
Tano gustato il finitto della liber-
tà, che tanto allora ad esempio
della Francia fatalmente si dira-
mava in molte nazioni. Intanto
Giuseppe II per una tosse mal cu-
rata, e pegli strapazzi e disagi so^
fertì al campo di Bonnato, mori di
consunzione di viscere a' 20 feb-
braio 1790. Pio VI gli celebrò le
solite esequie nella cappella pon-
tificia, nelle quali monsignor An-
nibale della Genga, poi Leone XII,
pronuuMÒ una dotta orazione che
fu pubblicata colle stampe in Ro-
ma, In funere Josephi Ilf ec. : l'il-
lustre e sagace prelato, animato
da queir amofe costante della ve-
rità, che dev' essere l' unico scopo
d^uno storico, nulla detraendo alle
lodi dovute al suo eroe, non ne
dissimulò i difetti, aggiungendo con
ciò maggior fede ai meritati elogi
che gli compartì.
Gli successe Leopoldo II Pieti*o
Giuseppe suo fratello, e fu deno-
minato il Pacifico, Nel 1765 era
divenuto granduca di Toscana, spo-
sò Maria Luisa di Borbone in-
fante di Spagna , ed a' 9 ottobre
1790 ottenne la corona imperiale.
Tosto che fu arrivato nella sua
GER
capitale Vienna, rìstabilì con mo-
dificazioni la forma di governo cbe
sussisteva al tempo di Maria Te-
resa ; gli ostacoli che vigevano sul
commercio furono levati, ma V e*
ditto di tolleranza fu conservato
ed anche esteso, ed i regolamenti
ch'erano stati fatti in favore degli
ebi^i furono perfezionati. Golia mor-
te di Giuseppe II niuna lusinga
concepì Pio VI di veder cambiate
nella Germania le cagioni che tan*
te amarezze avevano prodotte nel
suo animo, fino a spingerlo ad in-
traprendere un viaggio disastroso
alla corte di Vienna, per mettere
riparo alle riforme che quell'im-
peratore andava operando di pro-
pria autorità nelle materie eccle-
siastiche. Leopoldo II troppo avea
manifestato nel tempo del suo go-
verno della Toscana , di essere u-
niforme ai sentimenti dell'augusto
suo fratello, col quale si univa in-
teramente nelle vertenze col Pon-
tefice. Ma troppo più Io manifestò
quando per la sua assunzione al
trono imperiale, benché avesse sa-
puto il pentimento di suo fratello
avanti la famiglia imperiale pale-
sato nel punto di sua morte^ egli
tuttavia nel giurare in Francfort
la costituzione che dal collegio de-
gli elettori gli fu presentata pri-
ma di sua coronazione, non volle
uniformarsi al concordato germa-
nico di Nicolò V e Federico III,
che anzi deliberò sul punto delle
nunziature si dovesse osservare il
decreto di Giuseppe II de' 4 ^g^'
sto 1788; e dichiarò che per l'av-
venire il diritto di conferire i be-
nefizi ecclesiastici nella Germania,
spettar dovesse ai soli arcivescovi,
vescovi, capitoli, ec. esclusa la san-
ta Sede, alla quale vietò ogni ri-
corso ed appellazione nelle cause
GER i83
ecclesiastidie. Monsignor Caprara
che in qualità di nunzio straordi-
nario si trovava in Francfort pre-
sente al detto giuramento, fece u*
na formale protesta, non solo per
ciò che si ei*a aggiunto in riguar^
do ai diritti della Sede apostolica
in generale, ma ancora in ispecia-
lità contro tutto quello che ap-
parteneva alle materie benefiziane,
e le appellazioni nelle cause eccle-
siastiche. Ma né la protesta del
nunzio, né le doglianze di Pio VI
avanzate con una lettei*a di pro-
prio pugno all'imperatore, produs-
sero verun cambiamento sulle cose
predette, né moderata fu mai in al-
cuna parte la costituzione dell'im-
peratore nella forma da lui giurata*
Leopoldo II a mezzo del prin-
cipe Coburgo riportò alcuni van-
taggi sui turchi, acconsentì di re*
stituire ai Paesi Bassi l'antica loro
costituzione, sotto la guarentigia
delle potenze alleate; poscia sot-
toscrisse il trattato di Sistove a' 4
agosto 17919 e a' 3 novembre ven-
ne coronato in Presburgo re d'Un-
gheria, cerimonia che pei succes-
sori prescrisse con legge doversi ef-
fettuare sei mesi dopo la loro as-
sunzione al ti*ono. Indi dovette oc-
cuparsi clella terribile rivoluzione
di Francia, ove la sua sorella Ma-
ria Antonietta moglie di Luigi
XVI, era esposta ad ogni sorte di
oltraggi. La sua qualità d'impera-
tore gì' imponeva 1' obbligo di so-
stenere i diritti di que'principi del-
l' impero, eh' erano lesi dai de-
creti dell' assemblea nazionale di
Francia, alla quale già avea fatte
le sue rimostranze Giuseppe II. II
collegio elettorale pregò allora Giu-
seppe II di fare nuovi passi, onde
l'assemblea invitò Luigi XVI a
negoziara coi principi proprietaiìi
i84
GER
una rinunzia ai loro diritti me-
diante un compenso; ma essi di-
chiararono cbe non accetterebbero
in risarcimento che beni temtoriali.
Non combinandosi ie cose, i prin«
cipi delFimpero incitarono l'impe-
ratore a prorrederviy e reclamaro-
no l'intervento delle potenze mal*
levadrìci del trattato di Westfalia;
ebbero luogo dÌTersi trattati sul-
l'Alsazia, che pei successivi avve-
nimenti non ebbero esecuzione. Leo-
poldo II si abboccò in Mantova
col conte di Ai'tois fratello di Lui-
gi XVI per la deliberazione di
questo, per il che si fecero vari
progetti. Lo «tato deplorabile in
cui la femiglia reale di Francia
si vide ridotta dopo il malaugu-
rato viaggio di Yarennes, indusse
l'imperatore a pubblicare una di-
chiarazione, con la quale invitò le
alti*e potenze a protestare che si
sarebbero unite per vendicare qua-
lunque ingiuria le potesse venir
fatta, e per punire una ribellione
di cui r esempio metteva in com-
promesso la sicurezza di tutti i go-
verni; e poscia sottoscrisse una va-
ga dichiarazione per la restaura-
zione dell'autorità del re in Fran-
cia, che servì di pretesto alle invet-
tive de' nemici di Luigi XVI. In-
tanto benché l'imperatore pel pri-
mo avesse accolto ne'suoi porti la
bandiera tricolore, I' assemblea le-
gislativa tonava minacce contro
l'impero, che fini con intimargli
la guerra. Indi Leopoldo II si col-
legò con la Prussia, e morì a' 2
marzo 1793, lasciando quattordici
figli, quattro femmine, e dieci ma-
schi, i quali sono Francesco II,
Ferdinando III granduca di To-
scana, Leopoldo, Giuseppe palatino,
Carlo, Giovanni, Antonio, Ranieri
viceré ^el regno lombardo * vene*
GER
to, Luigi, é Rodolfo cardinale. GH
successe Francesco II, educato sot-
to lo zio Giuseppe II, ed i regni
di questi e del genitore fertili di
avvenimenti gli servirono di am-
maestramento, onde poscia saggia-
mente se ne giovò. Inclinato alla
pace ed alle antiche istituzioni del-
la monarchia, dovette regnare in
guer]ra per molti anni, ed attor-
niato da innovazioni, da torbidi,
e da rivoluzioni. Pianse tenei^men-
te Ja morte di Giuseppe II che
amava, quantunque approvar non
potesse il suo sistema di governo,
e dopo quella del padre dichiarò
che ne avrebbe seguita la politica;
fu coronato re d'Ungheria il 6 giu-
gno, e re di Boemia il 5 agosto,
essendo $tato eletto re de' i*omani
il 7 del precedente luglio, ed ai
i4 coronato.
Incominciata la guerra colla
Francia, tutto il peso de'suoi eser-
citi piombò sull'Austria, allora Fran-
cesco II ciò consigli del vecchio
principe di Kaunitz, l'oracolo del
gabinetto di Vienna, si determinò
di fare i maggiori sforzi per so-
stenere la terribile e lunga lotta,
nominando generalissimo il princi-
pe di Sassonia -Coburgo. Sì fecero
alcune conquiste, quando decapita-
to l'infelice Luigi XVI ^ la regina
Maria Antonietta, e madama Elisa-
betta sorella di detto re, tutta la
Francia spinta dalla disperazione
era divenuta invincibile , mentre
Thugut successe a Kaunitz nel con-
siglio dell'imperatore. In compagnia
di esso Francesco li sì portò nei
Paesi Bassi, e fu coronato in Brus-
selles duca del Brabante; ma ben
presto dovè abbandonarli. Nel 179?
la Prussia si ritirò dall' alleanza,
e concluse a Basilea la pace con
la repubblica f|:auces^; la Spagna,
GER
alcuni stati d'Italia e d'AIemngna
ne seguirono l'esempio, onde TAu-
stria si troyò sola sul campo di
battaglia ; tuttavìa i suoi esei*citi
sotto gli ordini di Clerfayt e del-
l'arciduca Carlo, conseguirono rag*
guardevoli vantaggi, ed il secondo
fu proclamato il salvatore della
Germania» In detto anno 1795
fu aggiunta alla monarchia au-
strìaca la Galizia occidentale, in
forza della seconda divisione della
Polonia. Nel 1796 comparve il
generale Bonaparte che pose in
fuga Teserei lo austriaco, Io separò
dagli alleati piemontesi^ e Io scac-
ciò dalla Lombardia; prese la for-
tezza di Mantova, e s'innoltrà sot-
to le mura di Vienna. Per il trat-
tato di Campo Formio de' 17 ot-
tobre 1797, r Austria rilasciò il
Belgio, e la Lombardia, cioè tutti
i suoi antichi possessi dell' Italia,
ricevendone in compenso l'Istria,
la Dalmazia, le Bocche di Cattaro,
le isole veneziane, e Venezia con
quasi tutto lo stato veneto; cede
ancora alla Francia la fortezza di
Magonza, baluardo della Germania.
Coi sussìdii dell'Inghilterra , e gio-
vandosi de'mo vi menti della Russia,
l'Austria ricuperò tutti i suoi sta-
ti d'Italia; ma la Russia accorgen-
dosi che il ristabilimento della mo-
narchia francese non era lo scopo
della corte di Vienna, si ritirò dal-
l' alleanza , e di nuovo 1' Austria
trovossi sola contro la possanza re«
pubblicana. I repubblicani france-
si avendo occupato tutto lo stato
pontificio, detronizzarono nel 1798
Pio VI, che mori loro prigioniero
in Valenza nell'agosto del seguen-
te anno. L'imperatore offrì ai car-
dinali la città di Venezia per l'e-
lezione del successore, onde riuni-
tosi ivi in conclave il sacro colle*'
GER ìSS
gio, nel monistero de' cassinesi di
8. Giorgio Maggiore a' i4 marao
1 800 esaltò al pontificato l'immor-
tale Pio VII. La vittoria di Ma*
rengo riportata da Bonaparte su
Melas , costrinse gli austriaci ad
abbandonar l'Italia; e la marcia di
Moreau sopra Vienna produsse ai
3 febbraio 1 80 1 il trattato di Lu<-
neville, che garantì un qualche an-
no di riposo al pacifico Francesco
II, tranne la terza guerra che du-
rò tre mesi, fatta da Napoleone,
insieme con Alessandro I impera-
tore di Russia contro l'Austria, in
cui fu presa Vienna a'i5 novem-
bre, ed ebbe fine con la pace di
Presburgo. Per questo trattato di
Lune ville l'Austria abbandonò pa-
recchie contrade della sinistra riva
del Reno; le frontiere della nuo-
va repubblica Cisalpina furono* am-
pliale ; V antica costituzione del-
l'impero germanico rovesciata, ed
i duchi di Modena e di Toscana,
arciduchi d' Austria, costretti a ri-
nunziare ai loro stati. Quasi tutti
gli stati ecclesiastici alla destra
del Reno vennero secolarizzati, e
furono soppresse tutte le citta im-
periali ad eccezione di sei, cioè
Amburgo, Lubecca, Brema, Franc-
fort sul Meno, Augusta, e Norim-
berga. Quei paesi accoixlaronsì co-
me indennizzazione ai principi se*
colari che avevano peixluto delle
Provincie alla sinistra riva del Re*
no. Gli elettori di Treveri e Co-
lonia vennei'o pure soppressi, e ne
furono creati quattro nuovi, quel-
li cioè di Salisburgo, Wiirtemberg,
Baden , e Assia- Cassel. Ma dello
stato infelice della chiesa di Ger-
mania per tali indennizzazioni, ed
altro che riguarda la pace di Lu-
neville e gli affari ecclesiastici, lo
andiamo a narrare.
t86 GER
V intiero edifizio della Chiesa
germanica, ed il clero già sì pos»
sente e ricco spogliato de'suoì pos-
sedimenti e dell'autorità sovrana,
cangiò af&tto di condizione, eoa
grave detrimento della cristiana re-
ligione. L'articolo VII del suddet-
to trattato avendo stabilito che i
principi ereditari, i quali o in tut-
to o in parte avessero perduto i
loro stati per la cessione fatta alla
repubblica francese de' paesi posti
sulla sponda sinistra del Reno, sa-
rebbero indennizzati con altri ter-
vìtorii presi nel seno dell'impero,
per cui tale indennizzazione in con-
formità delle decisioni del pre-
cedente congresso di Rastadt, noQ
ÌQ altro modo potè effettuarsi
che colle memorate secolarizzazio-
ni. L'esecuzione di questo articolo
avea fatto nascere le piti forti ri-
mostranze dal canto dei principi
ecclesiastici, a spese de' quali ì prin-
cìpi ereditari si dovevano compen-
sare delle pei*dite sofferte. Già era-
si udito il voto di Spira nella die-
ta di Francfort, che fondava per
principio essere i diritti de' princi-
pi ecclesiastici tanto sacri quanto lo
sono quelli de' principi secolari, e
che perciò i sagrifizi per indenniz-
zarli dovevano cadere indistinta-
mente su tutti gli stati dell'impe-
ro; che la distinzione che far si
vorrebbe a pregiudizio de* principi
e degli stati ecclesiastici, interessa-
va essenzialmente la cattolica re-
ligione, senza cui le comunità cri-
stiane non potrebbero lungamente
godere d' un tranquillo riposo. Il
voto del vescovo di Costanza ap-
poggiavasi agli stessi principii, ed ag-
giungeva essere i prìncipi ecclesia-
stici meri usufruttuari, che hanno
contratta l'obbligazione inviolabile
di trasmettere ai loro successori i
GER
beni delh Chiesa, e che perciò non
potrebbero giammai acconsentire
che questi beni passassero in altre
mani. Concordava negli stessi sen-
timenti il vescovo di Liegi, il qua-
le trovavasi nella piCi angustiosa
situazione , perché tutto avendo
peixluto sulla riva sinistra del Re-
no, e nulla possedendo sulla dirit-
ta, non poteva neppure provvede-
re alla sussistenza propria, ed a quel-
la de' suoi consiglieri, ministri e
domestici; rifiutava perciò di ac-
consentire alla cessione fatta alla
Francia, non volendo di propria
bocca pronunziare la sentenza che
distruggere doveva un vescovato
che da mille e cento anni sussi-
steva per la gloria di Dio, della
Chiesa, e della religione cattolica.
Dalla parte poi de'principi eredi-
tari le opposizioni d'interessi, e le
gelosie delie recìproche pretensio-
ni impedivano che mai si venisse
all'alto di £ire una equa partizio-
ne de'territorii, rimanendo così tut-
to alla lunga sospeso, e sempre
più avviluppato tra mille contrarie
negoziazioni.
Per la morte dell'arciduca Mas-
similiano d'Austria elettore ed ar-
civescovo di Colonia , vescovo di
Munster e gran maestro dell'oixiir
ne teutonico, il capitolo di Colo-
nia passò all' elezione d' un nuo-
vo arcivescovo nella persona del-
l'arciduca Antonio d'Austria. Que-
sto esempio l' imitò il capitolo di
Munster, che scelse il medesimo
personaggio per suo principe e ve-
scovo, venendo destinato al ma-
gistero deir ordine teutonico l'ar-
ciduca Carlo. L'operato de'due ca-
pitoli fu approvato con rescritto
imperiale de' i4 ottobre 1801 da
Francesco II, dichiarando egli che
per attaccamento alla costituzione
GER
germanica, e per sua propria persua*
sione insistere dovea perchè con-
sei*vali venissero i tre elettorati ec-
clesiastici» senza che per questo l'e-
lezione deli' arciduca influisse pun-
to sulla condotta dell' imperatore,
il quale non avea dato il suo con«-
seni»o alle istanze del capitolo di
Munster, che V arciduca si portasse
al suo vescovato per prenderne il
possesso. Ma diversamente la Prussia
con grande asprezza avea reclama-
to dinanzi alla dieta contro la de-
liberazione presa dal capitolo di
Munster, perchè aspirando al pos-
sesso di quel principato, poi^ione
ricca de'compensi promessi, trovava
illegale l'elezione; quando veramente
né il trattato di Rastadt, né quello
di Luneville sospendevano ne'capi-
toli questo diritto. Altra sorte di
contrasto nacque poi tra la corte
d'Austria, e l'elettore bavaro-pala-
tino, il quale mostravasi impazien-
te d' impadronirsi di Passavia, al-
lorché alle istanze di quel princi-
pe vescovo venne quella citta oc-
cupata dalle truppe imperiali au-
striache : furono questi gli ultimi
anelici d'una sovranità , della qua-
le era già decretata definitivamen-
te l'abolizione. Le gare insorte tra
i principi ereditari dell'impero ger-
manico per dividersi le spoglie dei
principi ecclesiastici, senza giunge-
re mai a verun accordo fra loro,
parea che a lungo andare compro-
mettere potessero la pace d' Euro-
pa, e diedero perciò motivo alla di-
chiarazione di Napoleone primo
console della repubblica francese, fat-
ta in comune coli* imperatore del-
le Russie, siccome potenze entram-
be disinteressate, colla quale offe-
rivasi alla dieta imperiale un pia-
no generale d'indennizzazioni, compi-
lato dietro i calcoli della più scru*
GER 187
polosa imparzialità, colla duplice
mira non solo di compensare le
perdite, ma di conservare eziandio
tra le primarie case di Germania
r equilibrio che sussisteva prima
della guerra. Pertanto la prima
seduta della deputazione straordi-
naria dell'impero, incaricata di pro-
nunziare giudizio sull'afifare dell'in-
dennità, si fece ai 28 agosto 1802.
Il piano proposto dalle due po-
tenze mediatrici vi^ ricevette modi-
ficazioni diverse dietro un' infinità
di osservazioni, domande e richia-
mi; ma finalmente fu mandata ad
effetto dietro il Conclusuni preso
dalla deputazione dell'impero nella
seduta de'3 i ottobi^e.
Nell'impero germanico contavan-
si quattro arcivescovi principi, cioè
i tre elettori di Magonza, di Tre-
veri, e di Colonia, e Tarci vescovo
di Salisburgo ; ventidue erano i ve-
scovi principi, dieci le prepositure,
od abbazie principesche, ed inoltre
eranvi anche sei abbadesse princi-
pesse. Già il primo esempio di se-
colarizzazione erasi veduto in forza
del summentovato trattato di West-
falia nel 1648. Allora sedici prin-
cipati ecclesiastici, cioè due arci-
vescovati e quattordici vescovati
erano stati alienati per indenniz-
zare i pnni.ipi ereditari. Col me-
morabile Conclusum de'2 1 ottobre
1802 scomparvero tutti gli altri,
ad eccezione d'uno solo novi/uris,
come lo chiamavano , che ancor
sorti momentanea, l'esistenza, e fu-
rono alienate tutte le prepositure
ed abbazie: i ter ri tori i andarono
ripartiti tra dieciotto case princi-
pesche, che aveano diritto ad in-
dennizzazìone. Tra queste quella che
venne piti largamente compensa-
ta . fu la casa di Brandeburgo ;
il meno di tutte fu l'Austria, dap-
i88 GER
poiché per rOrlenau e la Brisgo-
via ceduta al duca di Modena,
ebbe ì vescoTati di Bressanone e
dì Tienlo. Il granduca di Tosca-
na ottenne 1' ai*ci vescovato di Sa-
lisburgo, parte del vescovato di
Passavia, e quello d'Eichstett. La
casa di Baviera ricevette i vesco-
vati di Wttitzbui^o, di Bamber-
ga, di Frisinga, parte di quello di
Passavia , e d' Eichstett, oltre la
prepositura di Kempten, e dodici
abbazìe. La casa di Brandeburgo ,
i vescovati d'Hildesheim, di Pader-
boua, di Munster oltre varie ab-
bazie. Il re d' Inghilterra elettore
d'Annover, il vescovato d*OsnabruL
Al duca di Wiirtemberg toccò la
preposltura d'Elwangen e sette ab-
bazìe. Al margravio di Baden il
vescovato di Costanza oltre qual-
che prevostura ed abbazia ; alti*e
abbazie, brani di vescovati, moni-
steri , ec. si diedero al langravio
ó* Assia - Casse!, i quali tre ultimi
acquistarono inoltre, come dicem-
mo, la dignità di elettori. Dopo
i nominati, iu proporzione a tutti
gli altri principi minori òeW im-
pero furono dati gli altri avan-
zi de' beni ecclesiastici, ed alla re-
pubblica svizzera il vescovato di
Coii^. In mezzo a queste ecclesia-
stiche rovine un solo prìncipe ve-
scovo fu conservato, perciò per Taiv
tìcolo 25 del piano proposto dalle
potenze mediatrici , la sede arci»
vescovile di Magonza si trasportò
alla chiesa di Ratisbona; la digni-
tà di principe elettore ed arcican-
celliere deirimpero, non che quella
di arcivescovo metropolitano e pri-
mate di tutta la Germania dovea-
no restare unite in perpetuo. Sta-
bilito venne che la sua giurisdi-
zione metropolitana, si dovesse e-
steudei*e sulle antiche provincie ec-
GER
clesiastiche di Magonza, Colonia, e
Ti*everi , in quanto si trovavano
sulla riva diritta del Reno, ec. ,
eccettuando gli stati del re di Prus-
sia, e la parte del Salisburghese
unito alla Baviera. Quanto al tem-
porale si assegnò per dotazione il
principato di Ascbafifenburgo, quel-
lo di Ratisbona, la contea di Wetz-
lar, olti*e vari capitoli, abbazie^
e monasteri. L'elettore cancelliere
doveva continuare ad essere eletto
conformemente agli statuti della sua
antica metropoli. Le città dì Ra-
tisbona e di Wetzìar dovevano go-
dere d' una neutralità assoluta in
caso di guerra anche dell' impero»
attesoché l'una continuava ad esse-
re la residenza della dieta generale,
r altra la residenza della camera
imperiale. L'antico elettore di Ma-
gonza Carlo Giuseppe d' Ertbal
mori nel medesimo anno 1802 ai
i5 luglio, e gli successe il suo coa-
diutore Carlo Federico barone di
Dalberg, quello cioè che nel 1 797
avea chiamato alle armi le popo-
lazioni della Germania meridiona-
le per opporsi airinvasione de'fran-
cesi. Ciò nondimeno Napoleone ne
appoggiò la promozione, giudican-
dolo personaggio d'un carattere a
luì favorevole, né s' ingannò nelle
sue speranze.
Essendo conforme ai doveri di
giustizia e dì umanità il pensare
alla sussistenza dì tanti principi
e corporazioni ecclesiastiche che in
tutto o in parte spogliati rimane-
vano de' loro beni; questo appun-
to fu l'oggetto del Conclusum pre-
so dalla deputazione dell'impero
nella seduta de' 26 ottobre, conside-
rato dagli statistici siccome un ca-
po-lavoro pe' modi d' equità coi
quali cercò di appagare le parti
danneggiate; e dì questo il merito
GER
fu attribuito al barone d'Albini,
ministro dell'elettore di Magonza.
Inoltre a tenore di quel Conclusum
le diocesi arcivescovili e vescovili
restare dovevano nello stato attua-
le, sino a che venisse fatta una
nuova distribuzione di sedi vescovi-
li, da cui dipenderebbe pure lo
stabilimento de' nuovi capitoli delle
cattedrali. L'esercizio della religio*
ne in ciascun paese dovea essere
garantito da ogni soppressione, e
da qualunque siasi impedimento;
ciascuna religione dovea soprattutto
essere lasciata libera, in conformi-
tà al trattato di Westfalia, nel pa-
cifico possesso delle sue proprietà
ecclesiastiche, e de' fondi applicati
al mantenimento delle scuole; la-
sciavasi per altro in libertà il nuo-
vo sovrano di tollerare altri culti,
e loro accoixlare il pieno godimen-
to de' diritti civili. La premura poi
con la quale le due potenze me-
diatrici, cioè la Francia col mezzo
de! suo ministro alla dieta di Ra*
tisbona il cittadino Laforet, la Russia
col mezzo del barone di Butler,incal«
zarono l'affiire delle indennizzazioni,
fece sì che non si temporeggiò que-
sta volta a porre in esecuzione il
piano stabilito; ed appunto nella
seduta della dieta, che seguì il
giorno IO dicembre dell'anno stes-
so 1802, non più vi comparve al*
Gun ministro degli stati ecclesiasti-
ci. Rimase in tal modo distrutta
per sempre l'opera di Ottone I il
Grande^ e cessò quel potere sovra-
no negli ecclesiastici, ch'egli aveva
stabilito, riputandolo non che alla
religione, utile ai popoli della Ger-
mania.
L irreparabile sventura che col-
pi la chiesa germanica, porzione
cotanto vasta ed illustre del greg-
ge cattolico, afflisse vivamente l'a-
GER 189
nimo del IH>ntefice Pio VII, il qua-
le per ovviare a mali maggiori
scrisse all'elettore principe arcican*
celliere una fervorosa lettera, in cui
gli dichiarò l'indescrivibile sua af-
flizione per quanto era stato fatto a
fòvore de' principi secolari, a danno
de' diritti de' principi ecclesiastici e
de' vescovi. Espose il timore grave
per le conseguenze che derivereb-
bero pregiudizievoli nel temporale
alla Chiesa, come nello spirituale
pel cangiamento di cose; quindi
invocò la sua autorevole influenza
a favore dell'angustiata chiesa a-
lemanna, e provvedere agli inte-
ressi della chiesa medesima, ed al-
la conservazione di sua libertà,
protestando di non potere appro-
vare quanto si farebbe contro di
essa. Intanto sinché si potessero
riordinare le diocesi di Germania,
l'elettore già arcivescovo di Ma-
gonza, la cui sede doveasi trasferi-
re a Ratisbona, venne dal Papa
incaricato dell'amministrazione spi-
rituale del vescovato di Ratisbona,
il quale estendeva la sua giurisdi-
zione anche sopra una parte degli
stati che componevano l'elettorato
di Baviera, ciò che l' arcivescovo
notificò a' 17 ottobre i8o3. Né so-
lamente la diocesi di Ratisbona
prese egli a governare, ma sicco-
me era il solo arcivescovo ricono-
sciuto, così esercitò la sua giurisdi-
zione su tutta l'Alemagna cattolica,
ed oltre a ciò disimpegno le veci
dei vescovi di Gostanza, di Worms,
di Spira, di Strasburgo, di Ba-
silea, e di altre porzioni di dioce-
si esistenti sulla riva dritta del Re-
no. Quanto i cangiamenti polìtici
avvenuti nell'impero germanico per
cagione delle indennizzazioni, e de-
gli altri regolamenti successivi de-
cretali dalla deputazione dell' im*
igo GER
pero stesso, i^endevano neoessario
che Tedifizìo della Chiesa cattolica
in quelle contrade vi fosse i*iordina*
lo e di nuoTO costrutto; altrettan*
lo le innovazioni che si andavano
vociferando, tenevano agitato l'a-
nimo dì Pio VII, temendo che ne
ricevesse qualche profonda ferita
b religione, e detrimento l' autori-
tà della santa Sede. Andavasi di-
vulgando che i vescovi ormai non
più colleghi ed eguali de' principi
laici, ma divenuti essendo loro pen-
sionari, dovevano anche cessare da
quella indipendenza di cui fino al-
lora aveano goduto, e che perciò
la nomina di essi appartenere do-
vea in seguito ai principi, nei cui
territorii i vescovati rìmanevano
compresi; che la conferma sarebbe
domandata al Pontefice, ma esen-
te da qualunque tassa di cancelle-
rìa apostolica; che ninna bolla o
rescritto del Papa in appresso avreb-
be potuto essere pubblicato ed e*
seguito, senza il preventivo consen-
so de' principi.
Volevasi altresì una nuova cir-
coscrizione di diocesi, con stabilire
a ciascuno de' grandi stati un ve-
scovo, alla cui giurisdizione sa-
i*ebbero soggetti anche i cattolici
de' piccoli stati confinanti. Si que-
stionava ancora sulla futura elezio-
ne del principe cancelliere dell'im-
pero; negavano che questa pote-
stà si dovesse accordare al capìto-
lo de' canonici, come per lo innan-
zi, ed in vece esìgevano che ap-
partenesse alla dieta della quale
l'arcivescovo era arcicancelliere .
Nuovi contrasti nacquero per l'e-
sistenza dell'ordine equestre che
non voleva pei*dere la sua sovi*a-
nilà stata rìconoscìuta dai principi
vescovi, e per ragione de' cosi det-
ti voti virili^ dappoiché dopo l'u-
GER
scita de' prìncipi ecclesiastici, secon-
do la lista presentata alla dieta,
si contavano persino ottantasette
voti nel collegio de' principi pro-
testanti, quando in quello de' cat-
tolici non se ne annoveravano che
soli ventiquattro. Volendo Pio VII
cercare al di fuori chi tutelar po-
tesse gl'interessi de' cattolici tede-
schi, ed il bene della chiesa ger-
manica, si rivolse a Napoleone pri-
mo console della Francia, uno dei
due mediatori nell'afiàra dell' in-
dennizzazione, e ne richiese il pa-
trocinio con sua lettera. Questa in
copia fu dal primo console a' 3o
gennaio 1804, col mezzo del citta-
dino Bacher incaricato d' a£&ri, co-
municata alla dieta dell'impero,
colla dichiarazione ch'egli non avea
potuto esimersi dal soddisfare ai
voti del Papa, quanto ad assume-
re tale mediazione, eh' esauriva pre-
murosamente^ ma restò inefficace,
e si compirono le soppressioni sta-
bilite; ed il re di Prussia, come
elettore di Brandeburgo, fece con
tanto accorgimento sopprìmere e
confiscare a benefizio dell'erario ì
conventi ricchissimi della città di
Westfalia, del ducato di Cleves, e
del vescovato di Munster, che non
si seppe l'ordine mandato dalla
oorte , se non all'istante medesi-
mo nel quale si eseguì. Conservò
solamente una pracaria esistenza
r ordine teutonico^ la cui sede ei*a
a Merghenteim, e del quale era
stato creato gran maesti^o l'arci-
duca Antonio nel giorno 3o giu-
gno 1804, a cui suo fratello l'ar-
ciduca Carlo avea rinunziato la
dignità. Parimenti sussisteva vacil-
lante il gran prìorato dell'ordine
gerosolimitano, la cui residenza
continuava ad essera Heitersheim
in Brìsgovia. Il primo ordine aveà
GER
rioevuto per iadennizzazione capi-
toli, abbazie e monisterì del Yo«
rarlberg e della Svevia austriaca;
il secondo ricevette la contea di
Bondorf, e generalmente tutti i
capitoli, abbazie e monisterì della
Brisgovia. L'articolo a 6 del piano
generale d* indennizzazioue diccTa,
che questi ordini sottratti venivano
dalla secolarizzazione in considera-
zione de' servigi militari de'loi*o
benemeriti membri.
L'atto dell' indennizzazione, chia-
mato recesso della deputazione im-
periale, ebbe effetto nel i8o5: pa-
recchi stati da immediati ossia so-
vi*ani, divennero mediati o media-
lizzati, ossia dipendenti ; si stabili-
rono dieci elettorati, soppressi co-
me si disse i tre ecclesiastici, cin-
que de' quali cattolici, e cinque prò*
testanti; i cattolici furono T arci-
vescovo di Ratisbona elettore ed
ai*cicancelliere dell'impero, il duca
di Sassonia, il re di Boemia, il re
di Baviera, il principe di Salisburgo
oSalzburgo; i protestanti furono il
marchese dì Brandeburgo, il duca
di Brunswick -Luneburgo, il re di
Wiirtemberg, il margravio di Ba*
den, ed il langravio d'Assi a- Cassel.
Per tali modificazioni la dieta im-
periale si trovò a quel tempo ridot-
ta a soli centoquarantasette voti,
ripartiti ne' tre seguenti collegi :
i.** il collegio elettorale , com-
posto di dieci elettori, ognuno dei
quali aveva un voto; 2.° il col'
legio de' prìncipi, avente centoven-
tisette voti, inegualmente divisi fra
la Prussia, la Baviera, l'Austria, e le
case di Brunswick, di Sassonia, di
Assia, di Nassau, di Mecklenburgo,
di Wiirtemberg, ed altri minori;
ed il collegio de' conti con quat-
tro voti, dèi conti di Weteravia,
di Svevia, di Franconia, e di West-
GER igt
falla ; 3/ il collegio delle città iin^
perialij che in numero di sei, ognu-
na aveva un solo voto. Intanto
gravissimi danni continuava a sof-
frire la religione cattolica ne'divei-^
si stati componenti il corpo del va-
cillante impero germanico. I memo-
rati cambiamenti di teivitorii e di
costituzione ordinati nel recesso
della dieta di Ratisbona n' erano
la vera causa. Le collisioni poi
delle divei*se autorità, e de' poteri
de' nuovi principi non potevano sé
non che ritardare la conclusione
di un nuovo concordato; ed il
principe arcivescovo di Ratisbona
ìagnavasi, che malgrado tutte le
sue premure per riordinare la chie-
sa di Germania, non eragli nep-
pura riuscito di dare un regola-
mento al proprio suo capìtolo me-
tropolitano , e di questo disordine
s'incolpava ancora la santa Sede,
siccome troppo tenace nel voler
conservare gli antichi privilegi. Que-
sta grave accusa avea pur dato a
Pio VII con lettera Napoleone, il
quale dopo avere eretto la Francia
in impero, divenuto imperatoi*e,
erasi fatto coronare in Parigi dal
Pontefice.
Vigili erano le cure di Pio
VII per la chiesa di Germa-
nia, ed a tale effetto nel i8o5 in-
viò in nunzio straordinario alla
dieta di Ratisbona monsignor An-
nibale della Genga arcivescovo di
Tiro, poi Leone XII, con breve apo-
stolico diretto all'arcicancelliere arci-
vescovo di Ratisbona, ed agli altrr
principi dell'impela coi più magni-
fici ed alti elogi del suo rappresen-
tante: dappoiché fu incaricato il nun-
zio di peix3orrare la Germania ov'era
conosciuto per le nunziature di
Colonia e di Baviera da lui eserci-
tate con pruidenza e zelo, onde rac«
19^ GER
cogliere le querele di quelle chiese^
cui alcuni principi protestanti mo-
lestaTano incessantemente con sem-
pre nuove pretensioni a danno del*
L loro prerogative. Appena monsi-
gnor della Genga giunse in Ger-
mania, con sorpresa universale si
seppe che l'areica ncelliere dell' im-
pero primate della Germania a-
vea nominato per suo coadiutore
il cardinale Giuseppe Fesch, zio
deir imperatore de' francesi ed arci-
trescovo di Lione, i cui antenati sviz-
zeri di Basilea, dicevasi nella nota
presentata alla dieta, ne' secoli XV
e XYI eransi segnalati con servi-
gi pubblici per l'impero germani-
co. Ma in Germania questa nomi-
na, secondo le mire opposte delle
diverse corti , fece nascere mille
opposti giudizi. Ciò non ostante
monsignoi* della Genga comunicò
in Ratisbona all'arcivescovo arci-
cancelliere il breve pontificio, affine
di cominciare prontamente l'opera
di ricostruire l' edifizio della chiesa
germanica; ma le zelanti di lui
premure urtarono in una prima diffi-
coltà, perchè il contenuto del bre-
ve dispiacque ai deputati de' prin-
cipi protestanti alla dieta, per quel-
lo che essi chiamavano stile della
cancelleria romana. In quanto alla
lunga dimora fatta da monsignor
della Genga in Germania, e degli
affari ecclesiastici che vi trattò, è
a vedersi l'articolo Genga Famiglia.
Dopo il trattato di Luneville,
Francesco II avea gustato un po-
co di pace, quando essendosi di
nuovo alleato con la Russia e con
r Inghilterra, fece eseguire sotto gli
ordini del general Mack un'irruzio-
ne nella Baviera , e provocò cosi
il risentimento dell'imperatore Na-
poleone, i cui effelli furono non meno
pronti che funesti. Dopo le disfat-
GER
te di Ulma e di Austerlitz, Fran-
cesco li separatosi dalla Russia sot-
toscrisse il trattato di Presburgo ai
23 dicembre i8o5, pel quale per-
dette Venezia, il Tirolo, Trento,
Bressanone, la Burgovia, TOrte-
nau, i possessi austriaci nella Sve-
zia , acquistando invece Salisburgo
e Berchtoldzgaden; e ad esempio
di Wùrtemberg e della Sassonia,
la Baviera fu* eretta in regno. Ri-
dotta l'Austria senza forza e sen-
za alleati, vìdesi costretta a deplo-
rare in silenzio le proprie disgra-
zie, Vedere quelle della Prussia, e
r ingrandimento formidabile degli
imperi francese e russo. Altra con-
seguenza di questi avvenimenti fu
il discioglimento dell'impero ger-
manico^ l'annientamento della sua
antica costituzione, e l'istituzione
della confederazione del Reno sot-
to il protettorato del re de' france-
si, formata dagli stati dell'ovest e
del sud-ovest dell' Alemagna, che
si collegarono insieme. Già sino dai
12 luglio i8o6 i re di Baviei*a e
di Wiirtemberg, l'arcicancelliere
primate, il duca di Baden ed altri
principi minori eransi separati dal
corpo dell'impero germanico, assu-
mendo il titolo di Stali confederati
del RenOy e stipulando con Napoleo-
ne un trattato in cui esso venne
proclamato Protettore della confè'
derazione del Reno; in tal qualità
alla morte del principe primate e
del suo coadiutore, acquistava il
diritto di nominare il successore.
Coir articolo IV si stabili, che l'e-
lettore arcicancelliere, avrebbe pre«
so i titoli di principe primate deUa
Germania^ e di altezza eminentis^
simaj e per l'articolo IX la dieta
degli stati confederati si dovea te-*
nere in P^'ancfort, ed avere per
suo presidente il principe primate
GER
stesso; ed allorquando uno de^tìol-
kgi solamente dovea deliberare so*
pra qualche oggetto, il principe pri-
mate avrebbe presieduto al collegio
dei re^ e il duca di Nassau al colle-
gio de' prìncipi. Quando giunse al-
la corte di Vienna la notizia del
trattato concluso, incontanente T im-
peratore Francesco 11^ con una
circolare segnata li 6 agosto 1806
diede la sua abdicazione alla coro-
na germanica, dichiarando estinto
r uffizio e la dignità d'imperatore
del sacro romano impero, e di
capo supremo del medesimo; scio-
gliendo sé stesso da ogni vincolo,
che lo teneva legato all' impero
di Germania, siccome disciolse con*
temporaneamente con proclama lut-
ti i principi e stati da' loro dove-
ri, e sciolse pure gli alemanni da
ogni giuramento su tale proposito
verso di lui, legittimo e supremo
loro capo.
Cessò per sifl&tto modo e rinun-
zia, dopo 1006 anni^ quell'impero
che per autorità apostolica del Pon-
tefice s. Leone III, nell' 800 con
Carlo Magno avea cominciato, de-
nominandosi anche impero d'occi-
dente, ed impero de' romani. Ne-
gli ultimi tempi il titolo d'impe-
ratore de' romani erasi ridotto pres-
soché ad un puro titolo di digni-
tà e di onore; l'imperatore era ben-
fiì avvocato della Chiesa romana
in senso di esserne protettore e Di*
fensore (Vedi)^ senza che ciò dimi-
nuisse minimamente l' assoluta indi-
pendenza reale ed apparente della
santa Sede apostolica. Disparve per
la ragione stessa la dieta di Ratis-
bona, la quale erasi in quella cit-
tà cominciata a tenere stabilmente
dall'anno 1666 in poi^ e che ne-
gli ultimi anni era tacciata dai po-
litici di non occuparsi che di po-«
VOI, IXII.
GER 193
chi affiiH. L'imperatore Francesco
II, rinunciando a tale corona gli
restò quella d' imperatore d'Austria^
per avere unito in un sol corpo
politico tutti gli stati austriaci te*"
deschi con titolo d'impero^ che
avea eretto con patente già pub«
blicata in Vienna sin'o dai 7 di*^
cembre 1804, in mezzo all'esulta-
zione generale de' sudditi, e con
una delle più magnifiche feste in
rendimento di grazie a Dio nella
chiesa metropolitana di s. Ste&no.
Questo gran monarca che merita
di segnare un'epoca nella storia
del mondo, cominciò gloriosamen-
te sotto il nome di Francesco I
una nuova serie d'imperatori. Ri*
marcano gli storìci, che questo prin*
cipe, per «na. specie di presenti-
mento dell'avvenire , e dopo che
la Francia si convertì in impero^
assunse il titolo d'imperatore ere-
ditario d'Austria^ ed assicurò con
sì fatta precauzione una tal digni-*
tà ed un tal titolo alla sua per-
sona ed alla sua casa, quando in
virtù degli' avvenimenti gli fu di
mestieri rinunciare alla corona
d'imperatore d'Alemagna e di re
de' romani.
£ perciò che riguarda alla Con*'
federazione del Reno ^ a mag-»
gior intelligenza di quanto do*
vremo accennare sugli avvenimen-
ti riguardanti la Germania, e la
nuova attuale Confederazione Ger*
manica, diremo che in forza di
un tal cambiamento molti principi
indipendenti divennero sudditi dei
confederati loro limitrofi. Questo
corpo politico si accrebbe in segui*
to pei* l'infelice esito della guen*a
di Prussia ^ dopo la quale tutta
la Germania, ad eccezione degli
slati prussiani ed austriaci , fe-
ce parte della confederazione Re«
i3
194 GER
nana, a cui si aggiunse la por-
zione di Polonia ceduta dalla Prus-
sia col trattato di Tilsit nell'anno
1807, che pose termine alla quarta
alleanza contro la Francia, e quindi
quella ceduta dall' Austria col trat-
tato di Vienna nel 1809. Nel 1810
però cominciò la confederazione
ad essere smembrata da Napoleo-
ne, dappoiché i principati di Salm-
Salm, di Salm-Kyrburg, il duca-
to d'Aremberg» le città anseatiche
di Amburgo, Brema e Lubecca,
insieme alia parte settentrionale
dell'elettorato d'Annover, furono
da lui riuniti all'impero francese,
cui fu pure incorporato nel 1 8 1 1
anche il ducato d' Oldemburgo,
sebbene entrasse pur esso nella con-
federazione. I trentaquattro stati
componenti la confederazione del
Beno, quando la medesima nel
181 3 si sciolse e lasciò di esiste-
re, dividevansi in due collegi. Il col»
ìegio detto dei re formavasi dal
principe primate divenuto grandu«
ca di Francfort presidente , dai re
di Baviera, di Sassonia granduca
di Varsavia, di Wiirtemberg, di
Weslfalia, e dai granduchi dì Ba*
den, di Berg e Cleves, di Assia-
Darmstadt, e di Wiirtzburgo. Il
collegio de' principi componevasi
dal duca di Nassau «Usingen pre*
Bidente, e dai principi di Nassan-
Weilburg, di HohenzoUern-Hechin*
gen e Sigmaringen, di Leyen, d' I-
aemburg-Birstein, di Lichtenstein, di
Lippe-Detmold e Schauenburg, di
Reuss-Ebersdorf, Greitz, Lobensteia
e Schleitz, di Schwarzburg-Rudol-
atadt e Sondershauten, dai duchi di
Sassonia -Weimar, Gotha, Meinin-
gen , Hildburghausen e Coburgo-
Saalfeld, di MecLlenbui*g-Schwerin
e $trelitz, di Anluilt*Bernburg, Des*
jau e Coethen.
6ER
L'accrescimento della Russia e
quello della Francia spaventando
l'Austria, vedendo Francesco I nel
prìncipio del 1809 impanato Na-
poleone nella sua guerra di Spa-
gna, pensò essere opportuno il mo-
mento di scuotere colle armi il
giogo, con incominciare dal pub-
blicar l'apologia della propria con-
dotta, i torti ricevuti da Napoleo-
ne, còl quadro esatto della politi*
ca europea di quali' epo<:a; della
forzata sebbene preveduta rinun-
zia alla corona imperiale d' Ale-
magna; del riconoscimento im-
perioso dei re stabiliti col trattato
di Tilsit, cioè d' Olanda, di Spa-
gna, di Westfalia e di Napoli, con-
feriti tutti alla famiglia BonapartQ
delie gravi ferite fatte al commer-
cio, ec. ec. Ma Napoleone respinse
l'esercito austriaco a Ratisbooa e
sul Danubio, per la seconda volta
prese Vienna a' 1 3 maggio^ e vìn-
se la celebre battaglia di Wagram
a' 6 luglio, che portò alla pace dei
i4 ottobre 1809 di Schoenbruna
presso Vienna, in forza della qua-
le r Austria cedette al re dì Bavie-
ra il paese di Salisburgo, e parte
dell'alta Austria; alla Francia la
contea di Gorizia, Monfàlcone col
Friuli austriaco, la Garniola, Trie«
ste, il circolo di Villacco in Carin-
tia, porzione della Croazia, Fiume
ed il littorale, V Istria austriaca con
le isole che ne dipendono, la Dal-
mazia con Cattaro, e qualche di-
sti-etto dipendente dalla Boemia;
al re di Sassonia tutta la Galizia
occidentale ed il circolo di Za mo-
re; ed in fine alla Russia l'Au-
stria cedette un territorio di quat-
trocento mila abitanti nella Gali-
zia orientale. Oltre a ciò l'Austria
dovette acconsentire ad una contri-
buzione di ottanta milioni, confer-
GER
In^re Y abbandono di Venezia e
del Tìrolo, e pel delto trattato di
Vienna Francesco I fece il più do-
loroso de' sagrifici, come padre e
come sovrano^ rilasciando l'arcidu-
cbessa Maria Luigia primogenita,
per l'interesse il piti sacro dell' u*
^pn matrimonio all'impera*
francesi e re d'Italia Na-
"poleone, per allontanare mali in-
calcolabili a cagione delle mtiche
congiunture d'allora, come pegno
d'un miglior ordine di cose. Indi
Francesco I si alleò al suo genero
Napoleone, e yi restò unito sino
dopo la memoranda campagna di
Russia nel 1812. Tali convenzioni
e rassegnazione del monarca au-
striaco non rimasero senza frutto,
dappoiché gli stati che gli rimasero
godettero un po' di riposo, tranne
le contribuzioni di guerra, e la di-
mora di truppe francesi in Germa-
nia, non restando al fortunato con-
quistatore che soggiogare l'impero
russo, mentile che persino lo stato
della Chiesa era stato interamente
da lui occupato, coli' imprigiona-
mento dell'inerme Pontefice Pio
VII, divenuto spettacolo al mondo
di sacerdotale eroismo.
Intanto diversi paesi della con-
finante Germania trovaronsi espo-
sti a maggiori pericoli, dappoiché
sparsi per una sì ampia regione
ormai contavansi otto vescovi sola-
mente, né r arcivescovo primate
fra tanti militari sconvolgimenti e-
ra riuscito di condurre i principi
della confederazione del Reno ad
un concordato, eh' essere potesse
approvato dalla santa Sede. Quin-
di dove ancora sussistevano , sop*
primevansi monisteri e conventi ^
come si fece in Baviera nel 1809,
aggiungendovi di più una lata li-
bertà di coscienza, perché poteva
GER igS
ciascuno sino all'età di vent'anni
determinai*si a quella religione che
più gli piacesse. Pei matrimoni di
sposi appartenenti a comunioni di-
verse, si decretava doversi stare ai
patti dei capitoli mati*imoniali ; i
maschi si dovevano educare nella
religione dei padre, le femmine in
quella della madre, e gli esposti
nella religione di quelli che assu-
mevansi la cura della loro educa-
zione. In alcune provincie della
Germania non mancò il fatale fo-
colare delle società segrete, essen-
do visi insinuato 1' illuminismo di
Weìshaupt : predominando alcune
di esse nelle università, fomentaro-
no nei petti giovanili un ardente
fanatismo, com'era quello della co^
sì detta Tugendbundy ossia federa'
zione della virtù. Tali società era-
no pressoché tutte egualmente tan-
to più nemiche della religione cat-
tolica, in quanto che impugnavano
l'esistenza d' ogni livelazione. Ben-
sì a que' tempi lo scopo palese,
verso cui infiammavansi le fantasie
de'giovani, specialmente negli stati
germanici della Prussia, era quel-
lo di liberare la patria dal giogo
de'francesi; e quindi il loro odio
dirigevano contro la persona di
Napoleone. Ognuno può bene im*-
maginarsi quanto egli dal suo can«
to abborrisse tal sorte di dottrina
eh' egli denominava Ideologia , e
tanto più perchè nel 1 809 il gio-
vane Federico Staps figlio di un
ministro luterano, nel mentre egli
attendeva a passare in rassegna le
truppe a Schoenbrunn , erasi av-
ventato contro di lui con un pu-
gnale, che sapeva ben d'altro che
d'ideologia.
Mentre nell'anno 1812 Pio VII
era rilegato a Savona > Napoleo-
ne pose ad effètto l'idea d' invade-
196 GER
re la Russia , ed immergersi con
tutti i suoi eserciti nei deserti del-
la medesima. Partì da Parigi a'9
marzo, fissò alcuni giorni la sua
corte a Dresda, doTe l'imperatore
d'Austria, il re di Prussia, e tut*
ti i sovrani d' Alemagna vennero
ad inchinarsi avanti la sua poten-
za e fortuna. Ivi Francesco I gli
fece le piti vive istanze a favore
del supremo capo della Chiesa,
per cui Napoleone simulò scakra-
mente di aderirvi. Per eseguir ciò,
e come a contemplazione dell'au-
gusto intercessore, diede avviso di
migliorare la sorte del venerabile
prigioniero, e fecelo trasferire da
Savona a Fontainebleau. Ciò gene-
ralmente apparve di buon augurio
per la Chiesa, e segnatamente a
coloro che ignoravano la vera ca-
gione di questa improvvisa trasla-
zione. Opinossi da molti temer
Napoleone, che un qualche sbarco
od un colpo di mano involato gli
avessero Pio VII ; altri finalmente
credè che stando dappresso ai mi-
nistri, agenti, ed a Napoleone stes-
so, ceduto avrebbe alle istanze da
cui era reiteratamente sollecitato.
Per verità il Papa titubante, lon-
tano, isolato, dato avrebbe qualche
timore, qualora non si avesse po-
tuto per certa scienza sapere, che
ì tempi incominciavano a stringe-
l*e, e la fortuna ad abbandonare
Napoleone.
Francesco I chiamato a Dresda al-
la mentovata assemblea di re, fu
necessitato aderire al trattato di al-
leanza che l'obbligò di aggiungere
trentamila uomini al grande e-
sercito di Napoleone, sotto il co-
mando del principe di Schvrarzen-
berg, e probabilmente con la se-
greta istruzione di non compromet-
tersi minimamente. In ùlUì il cor-
GER
pò austriaco si tenne sulla riserva
*e rientrò ne' suoi stali nel 181 3,
dopo la disastrosa disfatta e ri-
tirata de' francesi dalla Russia, men-
tre la Confederazione Renana si
disciolse. Allora l'imperatore Fran-
cesco I si trovò nella piìi felice po-
sizione, perchè avendo preso una
attitudine di neutralità armata, poi
mediatrice, e bramando le poten-
ze averlo nella loro alleanza, stet-
te per divenire 1' arbitro dell' Eu-
ropa, e tenere nelle sue mani la
sorte delle nazioni. Finalmente l'Au-
stria si alleò con la Russia, la Prus-
sia, ec. contro Napoleone, col qua-
le ricominciarono le ostilità, ed eb-
bero luogo le battaglie di Dresda
e di Lipsia, quindi gli alleati dopo
aver fatto a Napoleone inutilmen-
te proposizioni di pace, pubblica-
rono una specie di manifesto, det-
to dichiarazione^ diretto principal-
mente contro la persona di Napo-
leone Bona parte, dimostrante ch'e-
glino già non intendevano di far
la guerra alla Francia, ma ad un
potente, che per la sventura del-
l'Europa e della stessa Francia a-
vea troppo diuturnamente domina-
to. L' invasione della Francia ten-
ne dietro alla dichiarazione, e le
truppe austriache, formanti la si-
nistra degli alleati, occuparono la
Franca Contea e la Borgogna, se-
guendone i movimenti Francesco
I accompagnato dal piò abile dei
suoi ministri il conte ora principe
di Metternich, uno degli oracoli
della diplomazia europea, e prese
parte alle trattative degli altri so-
vrani alleati. Nell'ingresso che le
loro armi vittoriose fecero in Pa-
rigi a'3i marzo del 18149 France-
sco I restò a Dijon, forse per non
essere testimonio di avvenimenti, i
quali stavano per abbattere il tro»
GER
no di sua figlia; però quando fu
ogni cosa consumata, entrò in Pa-
rigi a'i5 aprile, e vi si diportò da
saggio principe. 5i trasferì parec-
chie volte a Rambouiilet per ve-
dervi la figlia Maria Luigia, e sep-
pe farle accettare con rassegnazione
il suo nuovo destino. Con la pace
di Pai'igi fu all'arciduchessa Maria
Luigia ed al figlio suo Francesco-
Giuseppe- Carlo-Napoleone poi du-
ca di Reichstadt, dato il ducato di
Parma e Piacenza in sovranità e-
redi tarla: ma qui noteremo che il
congresso di Vienna confermò si-
mili accomodamenti, però togliendo
all'arciduchessa ed al figlio la pro-
prietà del ducato, e lasciando Tar-
cìduchessa sola usufruttuaria con
libera e piena sovranità ; e nel
1817 una nuova convenzione ne
slabiPi la reversabilità in favore
deirAustria e della Sardegna, pe-
rò dopo la estinzione della linea
Borbonica di Lodovico I ora so-
vrano di Lucca^ al quale dopo Tar-
ciduchessa deve ricadere il ducato.
Intanto Pio VII a' 24 maggio
rientrò trionfalmente in Roma sua
sede con universale tripudio ; e
Napoleone dopo essere stato depo-
sto a' 2 aprile, abdicò, e fu man-
dato all'isola dell'Elba che gli fu
concessa in sovranità. Non essen-
dosi potuto combinare in Parigi
gl'interessi di tante potenze, si sta-
bili che ogni cosa verrebbe deci-
sa con un congresso, il quale si
aprì a Vienna il 25 novembre.
Tutte le potenze europee o v'in-
tervennero in persona, per cui for-
marono un senato di re, o v'in-
viarono i loro rappresentanti pei»
decidere de'politici destini, non che
dell'Europa, del mondo intiero, e
particolarmente vi si disputarono
le più gravi questioni, come quei-
GER 197
la della Polonia che la Russia vo-
leva interamente per sé, e quella del-
la Sassonia pretesa egualmente dalla
Prussia. Per avverare sì fatti due
progetti, Talleyrand tentò di com-
binare segretamente un'alleanza tra
l'Austria, la Francia, e l'Inghilter-
ra. Tante pretensioni , tanti inte-
ressi affatto opposti rendevano viep-
più malagevole l'andamento degli
affari, e non erano giunti alla più
infima soluzione, allorché Napoleo-
ne fuggito dall'isola dell'Elba, ven-
ne di bel nuovo a cangiar l'aspet-
to del mondo. Allora il congresso
con una dichiarazione protestò, che
Napoleone erasi da sé stesso esclu-
so da ogni relazione civile e so-
ciale, e quale perturbatore della
pubblica tranquillità era esposto al-
la pubblica vendetta. Tutti gli e-
scrciti stavano ancora in armi, ed
i sovrani erano uniti dalle stesse
alleanze, e dai medesimi trattati^
che non mancarono eseguire. Inva-
no Napoleone fece parecchi tenta-
tivi per separare il suocero dalla
gmnde alleanza, o perchè almeno
Maria Luigia , ed il figlio gli fos-
sero restituiti.
L'Austria ancora pose in campa-
gna le sue truppe, e Gioachino Mu-
rat re dì Napoli, e cognato di Napo-
leone, sospettando sinistramente del
congresso di Vienna, e d'accordo col
cognato tentè d'impadronirsi degli
stati che in Italia avea l'Austria^
domandando a Pio VII il passag-
gio delle sue truppe nello stato
ecclesiastico; onde il Papa pruden-
temente si ritirò a Genova, men-
tre il celebre cardinale Ercole Con-
salvi , era per suo ordine al con-
gresso di Vienna, ove tratta vasi la
sistemazione delle cose d'Europa,
colla qualifica di legato apostolico.
Le spade austriache in breve tem-
198 GER
pò posero fine alla baldanza ed al
regno di Murat, incalzato da Oc-
chiobello sino a Tolentino, ed ivi
sconfitto in una disperata battaglia
a'2 e 3 maggio 1 8 1 5. La caduta di
Napoleone ebbe luc^o a Yaterloo
ai 1 8 giugno, e gli alleati il dì 7
luglio occuparono di nuovo Pari-
gi, ove fece ritorqo Francesco I;
e Napoleone fu rilegato all'isola di
8. Elena sulle coste dell' Africa.
Tanto per le risoluzioni del con-
gresso di Vienna, che pei prece-
dente trattato concluso a Parigi
il a 3 novembre i8i4 , l'Austria
cpns^uì delle immense contribu-
»oni, fu rimesca nel possesso del-
la maggior parte degli stati ceduti
coi trattati del i8o5 e del ^809;
di più gli venne aggiunta tutta
la Lombardia, la Valtellina^ Ra-
gusi, ed il territorio alla sinistra
del Po presso la sua imboccatura,
ch'é quanto dire, divenne signora
di circa tre quarti d' Italia, com-
presa la Toscana restituita a Fer-
dinando III, e Parma con Piacen-
za attribuita all'arciduchessa Maria
Luigia. Ottenne ancora l'Austria
un qualche ingrandimento^ in Ger-
mania ed in Polonia, e portò la
sua popolazione ed il suo teirito-
rìo al di là di quanto possedevsi
sotto Carlo V; tale si è la gigan-
tesca grandezza in cui trovasi tut-
tora il florido impero austriaco.
Inoltre nel congresso di Vienna
Tenne definitivamente decisa la sor-
te di tutti i paesi che compóne-
Tano il dominio temporale dei tre
elettori ecclesiastici, di tanti ve-
scovati ed abbazie, restando sparti-
ti secondo un disegno già prima
abbozzato di politico equilibrio,
tra gli stati dei re di Prussia, di
Baviera, di Wurtemberg, del nuo-
vo regno d'Annover istituito in
GER
quell'epoca, e di alcuni principi
minori. Rimase decisamente aboli-
ta ogni sovranità del principe pri-
mate, il quale ricevette in iscam-
bio una rendita vitalizia di cento-
mila fiorini, e la città stessa di
Francfort sul Meno fu dichiarata
libera, in cui risiedere dovea la
dieta delia nuova Confederazione
Germanica^ e tutti gli ambasciato-
ri delle potenze estere presso il
corpo che rappresenta la stessa
confederazione. Lo scopo della nuo-
va Confederazione Germanica fa
ed è il mantenimento della sicu-
rezza interna ed esterna della
Germania , della indipendenza ed
inviolabilità degli stati confederati.
In forza dell'atto federale tutti i
membri sono eguali in diritto; tut-
ti si obbligano egualmente a man-
tenere nella sua integrità l'atto che
costituiscje la loro unione, quantun-
que i trentotto stati di cui si com-
pone siano fra loro differentissi-
|ni per forza , titolo, e religione.
Gli afiari della confederazione ven-
gono confidati ad un'assemblea
permanente, chiamata dieta federa-
tiva ordinaria, nella quale tutti i
trentotto membri votano per mez-
zo dei loro plenipotenziari, sia in-
dividualmente, sia collettivamente
senza pregiudizio del lorq rango.
Allorché si delibera sopra una leg-
ge fondamentale delF alleanza, e so-
pra materie di generale interesse,
la dieta in tal caso si costituisce in
assemblea generale, ed allora i suoi
membri hanno più o meno voti,
secondo la maggiore o minore e-
stensione de' loro stati. Quattro es?
sendo le categorie degli stati , i
primi godono di quattro voti, ì
secondi di tre, i terzi di due, ed
i quarti d'uno. Quando al contra-
rio devesi discutere sopra affari or-
GER
dioariy la dieta si costituìsos in as«
semblea particolai'e non avendo al-
lora, non eccettuati neppure i gran-
di stati, che una sol voce, e que-
sta, riguardo ad alcuni piccoli sta*
ti, quando sieno riuniti tra di essi,
L'Austria secondo il convenuto
nel giugno i8i5 nel congresso di
Vienna, presiede per mezzo d*un
rappresentante la dieta fed&*ativa;
assistendo esso ai dibattimenti, sta*
bilisce anche le sessioni, e stende
le risoluzioni; allorché vi sìa e-
guaglianza di voci in una delibera-
zione, quella del presidente decide
della maggioranza. Ciascuno stato
della confederazione ha il dirit-
to di fare delle proposizioni, e co-
lui il quale presiede è in dovere
di metterle in deliberazione entro
uno spazio di tempo determinato.
Gli stati della confederazione si
obbligano di difendere contro qua-
lunque attacco, sia tutta la Germa-
nia, che ciascuno stato particolare
dell'unione, e si guarentiscono vi-
cendevolmente tutti i possedimenti
compresi neirunìone medesima, dap-
poiché ritiene la confederazione per
suo oggetto principale il manteni-
mento della pace interna ed e*
sterna dell' Alemagna. Quantunque
permanente, può essa aggiornarsi,
ma nou per piti di quattro mesi.
Se la confederazione dichiara la
guerra, verun membro non può
avere relazione alcuna con T inimi-
co, non può restare neutro, né
concludere separata pace, come del
pari non può contrarre un' alleanza
pregiudizievole ad un altro, né far-
gli separatamente la guerra. Le
differenze insorte sono regolate nel-
la dieta da un comitato di mem-
bri scelti dalle parti contendenti, le
cui decisioni sono inappellabili. Cia-
scuno stato si governa con le sue
GER 199
leggi partioolari, ma tutti però aver
devono delle assemblee rappresen-
tative. Quelli la di cui popolazio-
ne é al di sotto di trecentomila
abitanti, si uniscono ad altri per
la formazione di un tribunale di
appello, così Anhalt e Schwarzburg
dipendono dal tribunale di appello di
Zerbst; i principi di Waldeck, Lip-
pe, e Brunswick dipendono da quel-
lo di Wolfenbuttel ; i due Me-
cklenburgdal tribunale diGustrow;
i quattro ducati di Sassonia, e di
Reuss da quello di Jena; i due
Hohenzollern da quello di Nassau;
Lichtenstein dal tribunale austrìa-
co d' Inspruck, e le quattro città li-
bere da quello di Lubecca. I mem-
bri dell'antica nobiltà immediata
conservarono tutti i loro diritti.
Eglino si stabiliscono ove voglio-
no, dispongono dei loro beni li-
beramente, ed hanno l'esercizio
della giustizia cibile e criminale, la
polizia nei luoghi dei loro possessi^
e la sopraintendenza del clero e
dell' istruzione; ciò non pertanto
essi si sottomettono alle leggi de-
gli stati nei quali risiedono. I tre-
centotremiia quattrocento novanta-
tre uomini componenti l'armata
della confederazione sono sommini-
strati da ciascuno stato in ragione
di un uomo per ogni cento. Que-
st'armata é divisa in dieci corpi»
di modo che le principali potenze
formano delle divisioni particola-
ri , e le potenze inferiori in abi-
tanti si uniscono onde formare dei
separati contingenti . Il generale
in capo dell'armata deve esse-
re eletto dalla confederazione, cia-
scuna volta che la riunione del-
l'armata é dalla dieta stabilita. £-
gli presta ad essa giuramento, ed
e esclusivamente soggetto alla sua
autorità. La confederazione ha sei
aoo
GER
fortezze che si chiamano federali^
perchè il presidio loro essere deve
formato in parte dalle truppe del
sovrano cui appartiene la fortezza,
ed in parte da quelle confederate.
Queste fortezze sono Luxemburgo,
appartenente al re dei Paesi Bassi
come granduca di Luxemburgo;
Magonza dipendente dal granduca
d'Assia; Landau, Germersheim , e
Homburg che spettano al re di Ba-
viera; ed Ulma che appartiene al
1*6 di Wiiilemberg. Qui appresso
riporteremo la nota dei trentotto
GER
stati componenti la confederazione
germanica, notando in pari tempo
il loro rispettivo rango, la divisio-
ne cui appartengono, ed il nume-
ro de' voti di ciascuno stato, allora
quando la dieta si forma in assem-
blea genemie per trattare delle leg-
gi fondamentali da approvarsi, ov-
vero dei cambiamenti da farsi nelle
leggi medesime, o per discutere dì
un interesse comune, o per pren-
dere delle misure per rapporto ai-
Tatto federale medesimo, ec« come
abbiamo detto di sopra^
STATI
DIVISIONE
GUI
APPABTENGONO
1. Austria per l'arciducato d'Austria, il
ducato di Salisburgo, la contea del
Tirolo, le signorie del Vorarlberg, il
ducato di Stiria, il ducato di Carin-
tia e di Carniola , la Boemia, il
margraviato di Moravia, e la Slesia .
2. Prussia per le provincie di Slesia, Bran-
deburgo, Pomerania, Sassonia, West-
falia, Cleves-Berg e del Basso Reno .
3. Baviera, regno ;
4- Sassonia, regno ........
5. Annover, regno
6. Wiirtemberg, regno .*
7. Baden, granducato
8. Assia-Cassei, elettorato
9. Assia-Darmstadt, granducato . . .
10. Holstein e Lauenburg, ducati . . .
1 1 . Luxemburgo, granducato ....
12. Brunswick, ducato
i3. Mecklenburg-Schwerin, granducato .
i4* Nassau, ducato
1 5. Sassonia- Weimar, granducato . . .
16. Sassonia-Coburg-Gotha, ducato
17. Sassonia-Meiningen, ducato . .
18. Sassonia- Altenburg, ducato . . .
19. Mecklemburg-Strelitz, granducato. .
20. Oldenburg e Kniph, granducato . .
21. Anhalt-Dessau, ducato
22. Anhalt-Bernburg, ducato . . . .
28. Anbalt-Coethen, ducato
24* Sobwai*zbui'g-Sonderslinusen , princip.
25. Schwarzburg-Rudolstadt, principato .
26. Hobenzollern-Hechingen, principato .
27. Licbtenstein, principato
28. Hohenzollern-Sigmaringen principato .
29. Waldech, principato
30. Reuss (ramo primogenito) principato
3i. Reuss (ramo cadetto) principato. .
32. Lippe-Schaueuburg, principato.
33. Lìppe-Detmold, principato . . . .
34* Assia- ]iomburg, langraviato . . .
35. Lubecca ^ . . . .
36. Francfort sul Meno . { Città . .
37. Brema C libere .
38. Amburgo ....;•' •
MIl
IV-VI
VII
IX
X
vili
vili
IX
vili
X
IX
X
X
IX
Divisioni
di
riserva
X
X
&AKGO
Division
di
riserva
«... *
.....
• . • . .
. . . . •
X
Divis. di ris.
X
X
4
4
4
4
4
3
3
3
3
3
2
2
2
I
I
li
III
IV
v
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XIII
XIV
Xlll
XII
XIV
XV
XVI
202 CER
Gli stati tutti poi che compon-
gono in oggi Timpero austriaco, già
appartenenti airimpei*o germanico,
sono : tutto il circolo d'Austria colle
sue dipendenze neU' Istria e nel-
r Italia; parte del circolo di Ba-
"viera^ cioè quasi tutto l'arcivesco-
"vate di Salisburgo, e tutta la par-
te della Baviera situata alla dèstra
deirinn, dopo il suo confluente col-
Ja Saltza ; la Boemia, la Moravia,
parte dell'alta Slesia ed il ducato
dì Auschwitz, il quale benché for-
mante parte della Galizia viene
considerato come compreso nelTan-
tico impero germanico. In Italia
l'impero d'Austria possiede il ter-
ntorio dell' antica repubblica di
Venezia, quello dell' antica Lom-
bardia austriaca, col ducato di Man-
tova; la Valtellina, i passi di Bor-
mio e Chìavenna , altre volte sog-
getti al cantone svizzero dei gri-
gioni ec. ec. Aggiungansi a questi
stati il regno d' Ungheria con gli
annessi regni di Schiavonia e di
Croazia, il gran principato di Tran-
silvania, ed i confini militari, i pae-
si veneti della Dalmazia e dell'Al-
bania, e l'ex-repubblica di Ragusi.
Quindi in Polonia il regno di Ga-
lizia, ed una piccola parte di quel-
lo della Lodomiria; e nella Tur-
chia europea la parte nord - o-
vest della Moldavia , detta Bu-
kowina e riunita alla Galizia. Co-
si colla distruzione della politica
associazione della confederazione
renana, avendo TAlemagna riac-
quistate le Provincie della sinistra
riva del Beno, un'altra tosto ne
nacque sotto il titolo di confede-
razione germanica , della quale
appunto il celebre congresso di
Vienna determinò definitivamente
le basi. Erasi inoltre presentata
al congresso un' istanza , benché
GER
senza il bramato effetto, io nome
del commendatore fr. Aodrea-y-
Centelles, luogotenente del magi-
stero deirordioe gerosolimitano ia
Catania, a fine di ottenere qual-
che isola nel mare Jonio in com-
penso di quella di Malta, metten-
do innanzi la considerazione di set-
tecento anni di servigi resi da quel-
Fordine a tutta la cristianità, e di
una gloria suggellata' col sangue
delle più nobih famiglie d'Europa.
11 cardinal Consalvi presentò anche
egli al congresso, con zelo ed energia
le ragioni della santa Sede sopra le
antiche* sue provincie italiane e di
Provenza; e vide in quanto alle
prime coronata la sua avveduta
negoziazione , e quell'alta e ben
giusta riputazione in cui era pres-
so tutte le potenze, con l'articolo
io3, col quale furono restituite al-
la santa Sede le marche con Came-
rino e sue dipendenze, il ducato di
Benevento, il principato di Pontecor-
YO, e le legazioni di Ravenna, Bo-
logna e Ferrara, ad eccezione del-
la parte del Ferrarese situata sulla
riva sinistra del Po. AH' impera-
tore d'Austria ed ai suoi succes-
soli il congresso concesse il diritto
di tenere guarnigione nelle fortez-
ze di Ferrara e di Comacchio. In-
oltre il- congresso statuì, che tut-
ti gli acquisti fatti da persone pri-
vate in virtù di un titolo rico-
nosciuto legittinlo dalle leggi pre-
sentemente vigenti, saranno man-
tenuti; e le disposizioni per la ga-
ranzia del debito dello stato, e del-
la paga delle pensioni, saranno sta-
bilite da una commissione specia-
le fra le corti di Roma e di Vien-
na, laonde poscia ebbe luogo quel-
la convenzione , che diede origine
al console generale pontificio pel
regno lombardo- veneto, eoa ca-
GER
ratiere di rappresentante diploma-
tico, di che 8Ì discorre al voi. XVI f,
p. 4^ e seg. del Dizionario, Ma
doppio era lo scopo al quale si do«
Tea occupare il cardinal Gonsalvi
nel congresso di Vienna, la ricu-
perazione cioè dello stato tempo-
rale della santa S%de, e la restau-
razione della chiesa germanica. Il
principe primate, arcivescovo dì
Batìsbona non erasi veramente re-
cato in persona a Vienna per trat-
tare di un affare di tanto rilievo;
vi erano andati bensì T abbate di
Wolsbood decano dei capitoli di
Worms e di Spira, e monsignor
d'Hellerich canonico della cattedra-
le di Spira, insieme con altri ec-
clesiastici di altri capitoli, presen-
tando uno scritto, che dimostrava
la trista situazione della chiesa a-
lemanna privata de'suoi beni e dei
suoi pastori.
I principali capi a cui si ridu-
cevano le loro domande, erano
questi: i/ il ristabilimento delie
sedi episcopali, e il diritto dell' e-
lezione conservato ne' capitoli. 2.®
La restituzione de'beni ecclesiastici
per tutto dove tale restituzione far
si poteva senza inconvenienti, od una
ìndennizzazione proporzionata per
tutto ciò eh' esser non poteva re-
stituito. Sembra che in sulle prime
la commissione, che nel congresso
separatamente tenea Tincarico de-
gli afiàri della Germania, inclinas-
se ad un concordato generale:
quando venne deciso li 2 genna-
io 181 5 che solamente le basi
generali per la riordinazioiie del-
la chiesa germanica si porrebbei*o
nel congresso, e che i diversi prin-
cipi poi in particolare conclude-
rebbero col sommo Pontefice i con-
cordati. Posta la quale risoluzione
che in tutto dipendeva dalla vo-
G£R ao3
lontà dei principi della confedera-
zione, non si vede con qual fon-
damento Heeren, Manuel histor.
du sysL polii, des élats d'Europe^
osi incolpare Pio VII di avere
al congresso di Vienna posposti gli
affari della religione, e trascurato
il ristabilimento della chiesa ger-
manica. I concordati conclusi da
Pio VII con la Baviera, con TAn-
nover, ce.; le bolle Dei ac Domi-
ni nostri Jesu Christi; De salute a*
nimarum; Provida solersque Ro-
manorum Pontiftcum ; Ecclesias
quae antùjuitates ; ed altre con le
quali Pio VII fece diverse circo-
scrizioni di diocesi, alcune soppres-
se, aitile eresse, unendovi nelle dio-
cesi le antiche chiese di abbazie e
monisteri , sono la più valida ri-
sposta a smentire una calunnia
nata dagli antichi pregiudizi dei
quali sono imbevuti gli acattolici
contro la santa Sede. Inolti*e a
confutare tali assertive va ricor-
dato che il cardinal legato Consai-
vi riguardo alle cose ecclesiastiche
della Germania, ad esse si rivolse
sino dal principio del congresso
con tutto il suo impegno e pi*e-
mura; e tostochè venne stabilita
una commissione incaricata di oc-
cuparsi particolarmente degli affii«
ri della Germania, composta dei
ministri dei principi di quella na-
zione, indirizzò alla medesima u-
na nota^ nella quale racchiuse tut-
ti i reclami, enumerò particolar-
mente i danni arrecati tanto ai di- '
ritti spirituali della Chiesa, quanto
ai suoi temporali interessi, ed i-
stantissimamente domandò, che dal-
la saviezza de' principi venisse po-
sto un opportuno rimedio a tali
danni, dimodoché a seconda dei
voti formati da tanto tempo da
tutti i buoni, e delle paterne cu-
2o4 GER
re del Pontefice, potesse d'accordo
coi principi niedesimi provvedere
a tanta necessità delle chiese. A-
vendo però veduto il cardinale, che
il congresso di Vienna si andava
a disciogiiere, senza che si fosse
stabilita alcuna cosa relativamente
agli affari spettanti alla Chiesa
cattolica, in quello stesso giorno
nei quale diede corso alla prote-
sta sugli affari temporali della san-
ta Sede, che poi riporteremo, al-
tra ne trasmise in una sua nota
ai ministri dei principi, riguardan-
te i diritti tanto spirituali quanto
temporali delle chiese di Germa-
nia, del seguente tenore.
» li cardinal sottoscritto segre-
tario di stato di Sua Santità Papa
Pio VII, e suo plenipotenziario ai
congresso di Vienna, conformemen-
te agli ordini ricevuti da Sua San-
tità non ha mancato nella nota in
data dei 17 novembre 181 4 ii^-
dirizzata a S. A. il principe, di
Melternich presidente della com*
missione destinata per gli affari
della Germania, di esporre i recla-
mi dei santo Padre intorno alle
perdite e danni sofferti dalle chie-
se germaniche, sia nei loro diritti
e prerogative, sia nei loro possedi-
menti. Sua Santità avea fatto co-
noscere per mezzo di atti pub-
blici il vivo dolore che provò al-
lorché vide sanzionare da vari trat-
tati, e segnatamente da quello di
Ratisbona deli* anno 1 8o3 , ed e-
seguire tanti e sì gravi cangiamen-
ti a danno delle chiese, dei ve-
scovati, dei capitoli, de' monisteri
e di altre istituzioni ecclesiasticlie
della Germania, e a danno anche
dello stesso romano impero; cangia-
mento da cui sono risultati gii ef-
fetti più funesti agl'interessi spiri-
tuuh e temporali della Chiesa, alia
GER
salvezza delle anime, come anche
ai diritti della santa Sede aposto-
lica, rispettati per il corso di tan-
ti secoli dagl' imperatori, e dagli
altri principi dell'impero. Durante
il lungo corso delle sue calamità,-
il santo Padre prosteso innanzi a
Dio, ed implorando con ferventi
preghiere lo spirilo della pace e dei-
la concordia per tutti i monarchi
e popoli cristiani, ha fatto sempre
i voti più ardenti, affinchè il suo
pontificato che dai primi momen-
ti è stato per la sua persona una
feconda sorgente delle più amare
vicende, fosse ai ritorno dell'ordi-
ne, e all'occasione della pace ge-
nerale la fortunata epoca del trion-
fo della religione, e della reinte-
grazione della Chiesa in tuttociò
di cui era stata spogliata. A tal
fine il sottoscritto in esecuzione de-
gli ordini del santo Padre non la-
sciò di unire ai suoi reclami le
più vive pregiiìere per ottenere un
conveniente riparo a' mali die con
la nota qui sopra enunciata erano
stati posti sotto gii occhi della
commissione germanica, a cui do-
veva essere comunicata *\
» Per ciò che riguarda i di-
ritti e le prerogative delie chiese
della Germania, diritti e preroga-
tive una parte, delle quali intrin-
secamente appartiene alla costitu-
zione generale della Chiesa, e l'al-
tra è fondata sopra il * legittimo
e canonico possesso delle chiese gei"-
maniche. Sua Santità iu seguito dei
prìncipi che governano la Germa-
nia ha motivo di sperare che questi
stessi principi magnanimi vorran-
no apprestare tutto il loro concola
so ed appoggio ad una sistema-
zione degli affari ecclesiastici di
quella illustre nazione conforme al-
le leggi della Chiesa. Ma perciò
GER
che riguarda ì possedimenti delle
chiese di Germania, diverse dispo-
sizioni, che il congresso di Vienna
ha creduto dover lasciare sussiste-
re o stabilire, non possono essere
che un oggetto di dolore pel san-
to Padre. 1 principi ecclesiastici, che
sono stati distrutti dalia violenza
rivoluzionarla, in favore dei quali
parlavano (almeno egualmente) i
principìi ei diritti medesimi ammes-
si in favore di tanti principi secolari
ristabiliti nei loro dominii, non sono
stali reintegrati, e sono stati asse-
gnati a vari principi cattolici e
non cattolici. I beni ecclesiastici,
patrimonio sacro di tante chiese sì
antiche e sì illustri, beni necessa-
ri al culto divino, e al sostenta-
mento del sacerdozio, che formano
anche la dote di stabilimenti in-
dispensabili , o infinitamente utili
al clero secolare e regolare del-
l'uno e dell'altro sesso, sono stali
in parte lasciati ai nuovi posses-
sori senza alcun concorso della le-
gittima autorità, o restano distrat-
ti dalle loro rispettive destinazioni.
Il sacro impero romano centro del-
l' unità politica, opera veneranda
dell'antichità, consagrata dall' au-
gusto carattere della religione, la
cui distruzione è stato uno dei
rovesciamenti più funesti della ri-
voluzione, non è ancora risorto
dalle sue rovine. I doveri inerenti
alla qualità di capo visibile della
Chiesa, ed i solenni giuramenti pro-
nunziati dal santo Padre all' epoca
del suo innalzamento al suprenK)
apostolato, gli tracciano la condot-
ta che deve tenere in questa dif-
ficile circostanza^ Egli ha altresì
innanzi agli occhi l'esempio di tan-
ti illustri suoi predecessori, che an-
che in casi dì minore importanza
ebbero la più gran premura di
GER 2o5
proTvedere ai diritti della religio-
ne e della santa Sede. Così per
non citare una serie di j&tti più
antichi, Innocenzo X dopo il con-
gresso e la pace di Westfalia nel
1649, ^Icn^ci^^c XI dopo il trat-
tato di Rastadt nel 1707, e di
Baden nel 1714)6 Benedetto XI V
nel 1 744) come anche i loro rap-
presentanti nei congressi suddetti,
protestaronsi contro tutte le inno-
vazioni pregiudizievoli alla Chiesa
ed ai diritti della santa Sede, con-
tenute in quei trattati. Il santo
Padre responsabile a Dio, alla Chie-
sa, ed ai fedeli, non potrebbe sen-
za mancare ai suoi doveri essen-
ziali, osservare il silenzio intorno
a risoluzioni di questa sorta. In
conseguenza il cardinale sottoscrit-
to conformemente agli ordini di
Sua Santità, e ad esempio dei legati
della santa Sede inviati a divei'si
congressi, e segnatamente del vesco-
vo di Nardo Fabio Chigi al congres-
so di Westfalia, ha l'onore di rimet-
tere a Sua Eccellenza il signor ....
la protesta qui unita contro la ri-
soluzione, ed ogni altro atto pre-
giudizievole agli interessi della re-
ligione cattolica, e contrario ai di-
ritti della santa Chiesa e della san-
ta Sede, che sono stati o mante-
nuti in vigore, o emanati dal con-
gresso di Vienna " .
M II sottoscritto prega , che la
sua protesta sia inserita nel pro-
tocollo del congresso'*.
« Egli ha l'onore di rinnovai*e
a Sua Eccellenza, 1' assicurazione
della sua alta considerazione".
» Vienna li i4 giugno 181 5.
» Ercole cardinal Consalvi «
Protesta fatta a nome di Sua
Santità Papa Pio VII, e della ^u-
2o6 GJBR
ta Sede apostolica contro tutte le
disposizioni che furono stabilite e
mantenute nel congresso di Vien-
na in pregiudizio dei diritti e de-
gli interessi delle chiese germani-
chC) ed anclie della santa Sede.
H Io Ercole della santa romana
Chiesa cardinal Consaivi diacono
di s. Àgata alla Suburra, segreta-
rio di stato di Sua Santità Papa
Pio Vlf^ e suo ministro plenipo-
tenziario al congresso di Vienna
per la ricupera dei dominii della
santa Sede apostolica, che mi ha
ancora ordinato di attendere e d'in-
vigilare con ogni diligenza, affin-
chè all'occasione del ristabilimento
della pace generale, e della siste-
mazione degli afl&ri dell'Europa, le
chiese germaniche, e la Sede apo-
stolica non ricevessero alcun danno
nei loro diritti, immunità, privilegi,
beni, e principalmente in ciò che ap-
partiene al culto divino, ed alla sal-
vezza delle anime; anzi di porre
ogni premura, acciocché venissero
riparati quei danni, che tanto nel-
le cose spirituali quanto nelle tem-
porali avea nella Germania soffer-
to la Chiesa nelle vicende de' pas-
sati tempi. Per soddisfare ad un
tale incarico, tosto che venne a
mia notizia, che per autorìtà dei
supremi principi dimoranti in que«
sta imperiale e reale città, erasi
stabilita una particolare commissio-
ne incaricata di prender cognizio-
ne, stabilire, e deliberare sugli af-
fari della Germania, posi sotto gli
occhi di Sua Altezza il principe di
Metternich presidente di questa com?
missione i reclami di Sua Santità,
in una nota da presentarsi alla
commissione suddetta, datata il gior-
no 17 novembre dell'anno scorso
1814. In questa io mi duolsi di
tutte quelle innovazioni, che con
GER
disapprovazione di nostro Sigoore
(come attestano i pubblici docu-
menti) furono fatte in Germania
negli * anni scorsi , e molte delle
quali furono anche sanzionate con
vari trattati, e principalmente con
quello di Ratisbona dell'anno 1 8o3^
in pregiudizio delle chiese e dei
vescovati, dei capitoli, dei moni-
steri, e di altri luoghi ed istituzio-
ni pie, e finanche dello stesso ro-
mano impero, donde insultarono
danni tanto funesti agli interessi
spirìtuali della Chiesa, e alla sal-
vezza delle anime, e donde deri-
vò alcun grave pregiudizio ai di-
ritti della Sede apostolica, diritti
che pel lasso di tanti secoli erano
stati riconosciuti dagl' imperatori
stessi, e dagli altri principi dell'im-
pero. Dopo avere esposto tali co-
se io pregai a nome di Sua San-
tità i gloriosi prìncipi, affinchè con
la loro giustizia e saviezza pones-
sero rimedio a tanti disastri. Fi*
nal mente non mancai di pregare
i ministri dei principi medesimi, af-
finchè nella ripristinazione delle co-
se di Germania, alla quale erano
per applicarsi, volessero avere spe-
ciale riguardo alla religione catto-
lica, alla salvezza delle anime, ai
diritti delle chiese germaniche, e
della Sede apostolica ".
M In quanto poi a ciò che ri-
guarda gliafl&ri ecclesiastici, la &«
vorevole disposizione de' prìncipi
che governano la Germania spesso
manifestata, mi dà luogo a spera-
re che quanto prima potranno es-
sere sistemati a norma delle leggi
della Chiesa. In quanto però a ciò
che appartiene ai beni temporali
delle chiese della Germania, molte
cose sono state o stabilite nel con-
gresso, o mantenute in vigore, che
aiTCcano gran dolore all'animo di
GER
Sua Santità. I principati tempo-
rali de' quali era stata spogliata
la Chiesa nella Germania, non si
sono ad essa per anco restituiti;
anzi sono stati concessi a principi
secolarì cattolici e non cattolici:
parte dei beni e delle rendite del
clero tanto secolare, die regolare
dell'uno e dell'altro sesso, quali
sono patrimonio della Chiesa , è
stata rilasciata ai loro nuovi pos-
sessori, senza che venisse ciò san-
zionato da alcuna autorità legitti-
ma; parte si fa rimanere distratta
e deviata da quegli usi pei quali
erano stati stabiliti. In ultinao luo-
go, lo stesso romano impero, con
ragione riguardato come centro del-
l' unità politica, e consacrato dalla
santità della religione, non é anco-
ra ristabilito ".
M Poiché adunque la Santità di
Nostro Signore animata dalla sol-
lecitudine^ che deve avere del gi*eg-
ge del Signore e di tutte le chie-
se, e legato dai giuramenti p^^estati
all'occasione del suo innalzamento
al supremo pontificato, non solo
non può passare sotto silenzio tali
pregiudiù recati agi' interessi tem-
porali delle chiese germaniche, o
lasciati sussistere, dai quali inoltre
più gravi danni risultano alla i*e-
lìgione cattolica, e molti e grandi
aiuti ad essa vengono tolti, non
solo, dico, non li può passare sotto
silenzio, affinchè non sembri col
tollerarli , eh' egli li approvi ; ma
suir esempio anche de' suoi prede-
c:essori , che contro pregiudizi di
minore importanza fatti alla Chie-
sa non om misero di far sentire la
loro apostolica voce, è costretto a
difendere ed a conservare intatti
per quanto esso può, i diritti e le
ragioni della Chiesa. Io che adem-
pio le sue parti in questo congres-
GER 207
so, appoggiato agli esempi di altri
legati della santa Sede, e special-
mente di Fabio Chigi vescovo di
Nardo, nunzio apostolico presso del
celeberrimo Gongi*esso tenuto in
Westfalia, a nome della santa Se-
de apostolica, e del santissimo Pa-
dre nostro Signore Pio VII per
divina provvidenza Papa, per mezzo
di queste lettere apertamente, ed in
ogni miglior modo, via , causa e
forma a cui per mio officio sono
tenuto , protesto , mi oppongo , e
contraddico a tutte quelle disposi*
zioui, le quali sono state stabilite
o mantenute in rigore in questo
congresso di Vienna, e che an*e-
cano pi*egiudizio ai diritti ed in-
tei*essi della chiesa di Germania 4
e della santa Sede, ed a tutti quei
danni che da tali disposizioni de*
ri vano al culto divino, e alla sal-
vezza delle anime, danni, quali io
per quanto a me si appartiene ho
fatto ogni sforzo per impedire; e
per assicurare anche presso gli as-
senti ed i posteri più estesa la
notizia di tali atti, ho sottoscritto
di mia mano questa protesta, l'ho
firmata col mio sigillo, e dimando
che venga formalmente inserita nel
protocollo degli atti di questo con-
gresso. Dato a Vienna dal palazzo
della nunziatura apostolica il gior-
no i4 giugno dell'anno 181 5".
M Ercole cardinal Consalvi.
Quindi il Pontefice Pio VII adu-
nò a' 4 settembre i8i5 il sacro
collegio de' cardinali in concistoro,
e con analoga allocuzione pubbli-
cò la restituzione fatta alla santa
Sede delle summentovate provin-
eie, con sensi di riconoscenza verso
quei sovrani che vi avevano coo-
perato, indi passò a descrivere tutti
2o8 GER
gli atti perciò fòtti nel congresso
di Vienna dal cardinal Consalvi
legato, e primieramente quello in
cui si provvide al decoro delta
santa Sede, nel confermarsi le pre-
rogative de' suoi rappresentanti. Im-
perocché essendosi incominciato a
trattare di rimovere per sempre le
questioni bene spesso insorte sulla
precedenza dei mìnisti'i delle di-
verse corti, il cardinale prese par-
ticolar cura, acciò anche in tal
congiuntura rimanesse salva la di-
gnità della Sede apostolica, alla qua-
le si era avuto il piti gran riguar-
do; laonde i principi, compresi quelli
che non sono uniti in comunione
con la cattedra di s. Pietro, de-
cretarono, che niuna innovazione
si facesse intorno ai legati ed ai
nunzi apostolici, che fino allora
avevand occupato il primo posto
fra tutti i rappresentanti degli al-
tri sovrani. Indi il Papa lesse la
protesta fatta dal cardinal Consal-
iri, agli otto principali ministri del-
le alte potenze che sottoscrissero
il trattato di Parigi de' 3o maggio
i8i4, compito con quello di Vien-
na de' g giugno i8i5. In questa
protesta dichiaratasi dal cardinale
la gratitudine del Papa per la
reintegrazione de'suoi dominii tem-
porali, non avendo esso avuto il
ripromesso compenso per le pro-
vinci e Òl* Avignone e Venaissino
( Vedi) in Provenza , protestò sui
relativi diritti, come protestò sulla
porzione della legazione ferrarese
situata sulla riva sinistra del Po,
per gli opportuni indennizzi. In
quanto alle guarnigioni austriache
stabilite nelle piazze di Ferrara e
di Comacchio, questa misura es-
sendo totalmente contraria alla li-
bcrtìi , ed indipendente sovranità
della santa Sede, ed al suq siste-
GER
ma di neutralità, potendo esporla a
delle ostilità, portando pregiudizio
ai suoi diritti , ed intralciandone
r esercizio , il cardinale eziandio
protestò formalmente anche su que«
st articolo, portando latto la data
de' i4 giugno i8i5. Continuando
Pio VII la sua allocuzione, gran-
demente lodò r impegno mostrato
nel congresso dall' imperatore Fran-
cesco I, dai re di Francia e di
Spagna, dal principe del Brasile
reggente di Portogallo, ed anche da
altri principi che non appartengo-
no alia Chiesa romana, ed a fa-
vore della santa Sede, massime
dell'imperatore di Russia Alessan-
dro I, che con autorità e potere
sostenne gì' interessi della medesi-
ma. Lodò ancora i re di Prussia
e di Svezia che pure concorsero
nelle cose spettanti alla romana
Chiesa, in unione al principe reg-
gente d' Inghilterra, altro sostegno
del cardinal legato nel congresso di
Vienna ; e si dimostrò grato ai
primari ministri ch'ebbero parte
nell'esito felice degli affari. Confer-
mò Pio VII le proteste sull'Avi-
gnonese e Venaissino, come sulla
parte delta provincia ferrarese po-
sta sulla riva sinistra del Po, ac-
ciò si restituiscano alla santa Sede,
o ad essa diasi equivalente com-
penso, siccome terre appartenenti a
8. Pietro; ne mancò protestare
contro le guarnigioni di Comacchio
e Ferrara. In seguito parlò delle
cose ecclesiastiche della Germania,
e • lesse le due analoghe proteste
che riportammo di sopra. Ne ap-
provò il Papa tutto il contenuto,
sperando nell* impegno de' principi
di essere posto in grado di siste-
mare al piti presto le cose eccle-
siastiche della Germania. Per ul-
timo Pio VII rese luminosi e giù-
GER
stì elogi alla legazione del cardinal
GonsaWi, dichiarandolo grandemen-
te benemerito della Sede aposto-
lica.
A' 26 settembre 181^ ebbe luo-
go la santa alleanza pel manteni-
mento della pace d'Europa, tra
r Austria, la Russia, e la Prussia.
Avendo r imperatore Francesco I
con le Provincie conquistate in Ita-
lia costituito il regno lombardo-ve-
neto, ed il regno illirico,, nel 1816
dotnaqdò a Piò VII il privilegio di
nomina pet tutte le chiese degli
stati già posseduti dalle repubbli-
che di Venezia e di Ragusi^ e che
facevano parte de' suoi dominii ;
laonde concesse il Papa con bolla
quanto erasi domandato dall'impe-
ratore, non che ai di lui successo^
ri cattolici, il privilegio cioè dì no-
minare a tutte le suddette chiese;
mentre sulla circoscrizione delle dio-
cesi di alcuna, può leggersi la boi-
la : De salute Dominici gregis cU"
rae nostrae del 1818. Indi si ten-
ne il congresso d'Aquisgrana pei*
il quale si ritirò dalla Francia la
armata d* occupazione inglese-prus-
siana -austro- tedesca; in questo con-
gresso si ebbe un po' per un ver-
so, un po' per l'altro diffidenza con-
tro le università, e contro lo spi-
rito del popolo tedesco. Tale dif-
fidenza derivò da particolari abusi
della libertà della stampa, e dalla
immaginazione esaltata della gio-
ventti fanatica di volersi ingerire
di politica in modo tale che in-
dusse poi i governi a prender re-
lative misure. Dopo il congresso
d'Aquisgrana l'imperatore France-
sco I coir augusta sua consorte nel
18 ig si recarono in Roma splen-
didamente accolti, trattati e festeg-
giati da Pio VII, i cui particolari si
leggono nei Diari di Roma di quel-
YOL. XXIX.
GER 209
l'epoca. Francesco I non si recò ai
congressi di Troppau, di Verona, e
di Lubiana, adunati per reprimei'é
dei torbidi e delle ribellioni, e per
ristabilire nella Spagna^ a Napoli e
ilei Piemonte l'autorità reale; ma
interessato piti di qualunque altro
al mantenimento dell'ordine nella
penisola, pigliò l'incarico di far
marciare delle truppe contro gl'in-
sorgenti di Napoli e del Piemonte,
sotto il comando de' prodi genera-
li Frimont e Bubna, e fu l' ultima
guerra ch'egli sostennCé Sì consacrò
poscia interamente alla felicità dei
suoi sudditi, ed alle sue inclinazioni
pacifiche; e con la sua bontà, bene-
ficenza, fermezza di carattere, ret*
titudine di criterio, riscosse l'uni-
versale venerazione. Nato in Italia
ne conservò gradevole reminiscen-
za ^ Conservò sempre divozione ver""
so la cattedra di s. Pietro, ed a
quelli che in essa sedettero, come
Pio VII, Leone XIÌ, Pio Vili, é
Gregorio XVt regnante, nei pri-
mordi del cui pontificato coi suoi
eserciti represse l'insurrezione av-
venuta in sede vacante in alcune
Provincie pontificie, come dicemmo
al voi. XXIV, p. 169 e seg.; ed
ai voi. XXV, p. 290 e seg. del
Dizionario.
L'imperatore Francesco I, com-^
pianto da tutti, morì a Vienna
li 2 marzo dell'anno i835, e gli
successe il primogenito regnante
imperatore Ferdinando l. Il Pon-
tefice che regna, dopo aver an-
nunziato ai sacro collegio nel con-
cistoro dei 6 aprile sì grave perdi-
ta, stabili la mattina degli 1 1 del-
lo stesso [mese il funerale nella cap-
pella Sistina, oììde suffiragarne l'a-
nima; vi pontificò il cardinal Ode-
scalchi, e monsignor Alessandro
principe Ruspoli, uditore generale
i4
aio GER
della camera apostolica^ encomiò
l'augusto defunto con eloquente
orazione, terminata la quale il
Pontefice dal trono compiè il sacro
rito dell'assoluzione. Del ristabili-
mento de' gesuiti nell'impero au-
striaco operato da Francesco I, di.
altre sue gesta, ddle mogli ch'eb-
be, degli ordini cavallereschi dell'im-
pero austriaco, dell'imperatrice ve-
dova, dell'imperatore ed imperatri-
ce regnanti, se ne parla al voi. Ili,
p. 142 e seg. del Dizionario, In
questo si tratta eziandio dei regnan-
ti imperiali coniugi, cioè nel voi.
XXIII, p. 23o, delle fascie benedet-
te mandate all'imperatore da Pio
VI essendo bambino; nel voi. IV,
p. 2i3 della nascita seguita in Ro-
ma dell'imperatrice Maria Anna,, e
del battesimo che ricevette da Pio
VII; e qui noteremo, come altro-
ve, che appena eletto Papa Gre*
gorio XVI, il primo atto di sua
pontificia autorità si fu la dispen-
sa matrimoniale concessa pegli im-
periali coniugi, donando poscia al-
l'imperatrìce nel i832 la Rosa d'o-
ro benedetta. Bella descrizione poi
della coronazione di Ferdinando I
colla corona di ferro, e del succes-
sivo solenne convito, ne parlammo
al voi. XVII, p*99 e seg., e 280
e seg.
Il medesimo regnante Pontefice
Gregorio XVI nel i835, come di-
cemmo all' articolo Errtiesìani (Fé-
di)y condannò e riprovò con de-
creto le opere di Giorgio Ermes,
nato n^l principato di Munster, dap-
jpoichè la sua dottrina agitava e
teneva in dissensione diverse Pro-
vincie della Prussia, e specialmen-
te la Westfalìa. In quanto agli af-
fari e vertenze sull'arcivescovo di
Colonia Clemente Augusto libero
barone di Droste e Vischeringi
GER
ora coadiuvato dall'arcivescovo di
Iconio in partibus monsignor Gio-
vanni Geissel, tra la santa Sede e
la Prussia, quindi accomodate, so-
no a vedem gli articoli Colonia e
Prussia, Sebbene poi tuttora si
debba deplorare la perdita dei
principati, delie abbazie, monisteri,
ec, e delle cospicue rendite, fatta
dal clero nei memorati avvenimen-
ti, abbiamo però un motivo di
consolazione religiosa, nel rilevare
dal confronto degli anteriori tem-
pi coi nostri il risvegliamento del-
lo spirito ecclesiastico, ed il riac-
ceso zelo nel clero germanico, e
ne' suoi illustri pastori. Può dun-
que sperarsi in un miglior avvenire
un clero meno dovizioso, ma più
istruito e piìi edificante nella con-
dotta, essendo noto come prima si
procedeva nella nomina de' canoni-
ci e delle dignità de' capitoli delle
cattedrali^ mentre ora e poscia si
potrà aver piti considerazione al
merito, che a qualunque altro ri-
guardo. Laonde minore ostacolo
ancora si troverà al ritorno del cat-
tolicismo di alcuni membri delle va-
rie sette che esistono in Germania, e
piti facilmente molti potranno ritor-
nare al seno della Chiesa cattolica.
L'autore della vita d'Innocenzo
III, dell'opera sulla storia del me-
dio evo, e di quella ultimamente
pubblicata sulle recenti questioni
religiose nella Svizzera, scritta in
un senso veramente cattolico, cfoè
il dottor Federico cav. Hurter di
Scìafiusa, e divenuto pubblicamente
cattolico, per l'abiura che a' 16
giugno 1844 emise in Roma nel-
le mani del cardinal Pietro Osti-
ni, già nunzio apostolico di Vien-
na. Tale celebre scrittore era già
cattolico per intima convinzione,
dappoiché la divina grazia da gran
GER
. tempo operò nel suo cuore per
V invocato pati*ocinio di Maria
Vergine, per cui si addusse a Ro-
nfia centro del cattolicismo, nell'in-
tendi mento di farne nelle prescrit-
te forme solenne professione. Quin-
di nel giorno sacro a s. Luigi
Gonzaga ricevette il sacramento
della confermazione nella stessa
cappella del collegio romano, ove
molti anni innanzi lo stesso car-
dinale aveva ricevuto T abiura del
rinomato e distìnto pittore Over-
beck; poscia fu ammesso alla men-
sa eucaristica nella chiesa di s. I«
gnazio. La conversione di Hurter
debbe riputarsi una delle più lu-
minose della Germania, e porsi
nel rango di quelle già avvenute
nelle famigerate persone dì StoU-
berg, di Haller, di Werner, di
Schlosser, di Overbeck, di Tarke,
e di Philipps. E per ripetere le
gravi parole d* un moderno ed il-
luminato scrittore, diremo che
nella Germania vi sono ora vari
principati e governi che si deno-
minano ancora protestanti ; ma in
certo modo e rigorosamente par-
lando r antico protestantismo più
non esiste; e ciò che previdero
gli apologisti della religione catto-
lica nel secolo XYI, si è ormai
pienamente verificato. Ogni pro-
testante si è fatto interprete delle
divine scritture, a poco a poco so-
no spariti tutti que*dommi cattolici
ch^ erano ancora rimasti alla pre-
tesa riforma, e si cadde in un pu*
ro deismo. Le società scerete poi,
e le rivoluzioni politiche diedero
l'ultimo crollo alle idee religiose,
onde rimane il solo nome di prò*
testanti, anche per le variazioni
infinite delle loro sette e credenze.
Quantunque esista nella Germa-
nia una gran diversità fra ì mol-
GER 211
tiplici idiomi parlati da tanti dif-
ferenti popoli riuniti sotto l'auto-
rità di un solo sovrano, si pub
nulla meno formar di essi tre gran
divisioni: i.^ la gotica antica ger-
manica, lingua dei primi abitanti
del paese; a.^ la schiavona parla-
ta principalmente dai galiziani, da
una gran parte dell'Ungheria, e
dai popoli dell' Illiria e della Dal-
mazia, aggiungendovi anche l'an-
tico linguaggio usi tato nella Boe-
mia e Moravia; 3.^ in fine la un-
gherese propria, che devesi riguar-
dare come un ramo della filande*
se. L'italiano é il linguaggio do-
minante negli stati d'Italia sotto*
messi all'Austria, ed il tirolese è
un mescuglio d'italiano e di te^»
desco.
Concini di Germania o Alemagna,
Il primo fu riunito nell'anno
74^9 ignorandosene il preciso luo*
go, da Carlomanno duca de' fran-
cesi a' 21 aprile. Questo principe^
nell'atto della convocazione, dissei
che per consiglio de' servi di Dio,
e de' signori della sua corte, avea
raunato i vescovi del suo regno
coi loro preti, per imparare da
essi come si potesse ottenere di
far osservare la legge di Dio, e
ristabilire la disciplina eGclesiasti-"
ca ch'era molto decaduta. Quel*
sto concilio si compose di sei ve-
scovi, cioè di Colonia, Amburgo»
Wiirtzburgo, Utrecht, Sti'asburgo»
ed Eichstett. Vi si fecero sei ca-
noni risguardanti I' ordinazione dei
vescovi, la condotta dei saceixloti»
dei diaconi, dei chierici, ec. S. Bo-
nifacio, r apostolo della Germania»
vi presiedette in nome del sommo
Pontefice s. Zaccaria, e scrisse a
Curberlo ar^si vescovo di Cantor-
212 GER
beiy, ciò che nel concìlio si fece ; e
querelandosi degli ostacoli che in-
contravano i buoni pastori, sì e*
spresse nelle seguenti rimarchevoli
parole. »» G)mbattiamo per il Si-
M gnore, imperciocché siamo noi
M in tempi difficili e assai mole-
n sti : si muoia, se fa d'uopo, per
9» le sante leggi de' nostri padri,
H affine di possedere con essi la
M eredità della eterna vita. Non
M siamo cani muti, sentinelle ad-
M dormentate, ovvero mercenari
M che fuggono in vista del lu-
M pò; siamo pastori zelanti e vi-
M gìlanti, e predichiamo la verità
9t ai grandi e ai piccoli ". Il san-
to vescovo aveva per mira in que-
sto concilio, di creare i mezzi di
rimettere in osservanza la legge
di Dio e la disciplina ecclesiastica,
decadute sotto i principi preceden-
ti, e impedire che il popolo fedele
non fosse ingannato dai falsi pre-
ti, come per il passato. Dizionario
da' concila j e Lenglet, Tavolette
cronolog.» il quale crede che il con-
cilio si celebrasse in Colonia.
Il secondo concilio fu tenuto
nel 744 ^ 74^9 egualmente sotto
Garlomanno; vi presiedette il san-
to vescovo Bonifacio quale legato
della santa Sede, e fu nominato
arcivescovo di Magonza invece di
Gewiliàno, deposto come omicida.
Àldeberto e Clemente, ambedue
eretici^ vi furono condannati, come
ancora furono esaminati i chierici
da loro sedotti « Diz, de concila j
Regia tom. XYII; Labbé tom. VI;
Arduino tom. III.
Il terzo venne convocato Tanno
747 per ordine di Carlomanno, ed
avanti il suo ritiro. Presieduto da
8. Bonifacio, in esso furono ricevu-
ti i quattro eoncilii generali.
Il quarto fu adunato nel 759:
GER
in esso Otmaro abbate di s. Gallo •
venne calunniosamente accusato di
impudicizia, ed in conseguenza del-^
la falsa accusa fu condannato ia
prigione^ dove mori di fame; tut-
tociò a motivo del suo zelo con-
tro Varino e Ruitardo, usurpato-
ri dei beni della Chiesa. Labbé
tom. VI; Regia tom. XVII; Ardui-
no tom. III.
Il quinto fu tenuto nell'anno
1225 ai 9 dicembre dal cardinal
CoiTado vescovo di Porto, legato
della Sede apostolica : in questo
concilio si trattò particolarmente
della continenza degli ecclesiastici,
e contro la simonia. Labbé tom.
XI; Arduino tom. VII.
GERMANIA. Sede vescovile di
Numidia nell* Africa occidentale ,
che trovasi rammentata nella iVb-
tizia al N. 97. N'è pure fatta men-
zione nella conferenza di Cartagi-
ne, alla quale assistette Innocenzo,
uno de' suoi vescovi, i quali erano
suffi*aganei della metropoli di Gir-
ta Giulia. Nella provincia Bizace-
na, egualmente nell'Africa, e sotto
la metropoli di Adramito, vi fu
una sede episcopale dello stesso no-
me di Germania.
GERMANICIA. Città vescovile
della provincia Eufratena nella dio-
cesi e patriarcato d'Antiochia, sot-
to la metropoli di Gerapoli Mem-
Ifisc, eretta nel quarto secolo, e
dichiarata arcivescovato nel duode-
cimo, onde al dire del Terzi, Si-
ria sacra p. 14^5 divenne metro-
poli di Comagena. Tolomeo la po-
ne vicino al monte Aman sui con-
fini della Siria e della Cappado-
cia. Seldeno la chiamò Cesarea
Germanicia^ nome dedotto già da
Vespasiano, che vi piantò una co-
lonia. Esisa fu patria di ^udosio
ariano^ patriarca prima d'Antio-
GER
chia e poi di G)StaDti]iopoli, e di
Nestorio empio eresiarca, il quale
diede motivo ai molti vescovi pro-
vinciali di radunarvi quindi un si-
nodo , per impugnare e condan-
narvi i suoi errori. Germanicia eb-
be i seguenti vescovi. Salomone
che intervenne ai concilii di Nicea,
Andra, e Neocesarea; Eudossio di
Arabissa discepolo del martire Lu-
ciano, fatto vescovo dagli ariani;
Stefano che unitosi a Giovanni di
Apamea per difendere la fede, eb-
be la ventura di purgare la dio-
cesi dall'eresia ariana; Giovanni
che si astenne di portarsi al con-
cilio d'Efeso per riguardo dell'e-
resiarca Nestorio, fu però a quello
di Calcedonia, sottoscrisse i suoi
decreti , e pronunziò l' anatema
contro Nestorio; firmò pure il de-
creto sinodale di Gennadio di Co-
stantinopoli risguardante i simonia-
ci del 4^9' Altro vescovo di Ger-
manicia fu Tommaso, cacciato dal-
la sua sede dall* imperatore Giu-
stino I, per essere attaccato all'e-
resia di Severo. Germanicia fu pu-
re la sede di un vescovo giacobi-
ta, che aveva cura anco della
chiesa di Mabuga: tra i vescovi
giacobiti noteremo Tommaso d'E-
raclea, che fiori nel 616, e sedeva
tanto in Germanicia, che a Mabu-
ga; Giovanni I che assistette all'e-
lezione di Dionigi neli'8i8; Gio-
vanni II nel 910 ordinò il patriar-
ca Giovanni IV; Dionigi nominato
dal patriarca Atanasio Vili, chia-
mato prima Giosuè Barchettre, di-
venne vescovo nel 1 1 89, e poscia
fu trasferito ad Amìda ove morì
nel 1 1 7 1 . Nelle notizie de' latini,
si legge che Germanicia fu loro
arcivescovato onorario. Al presen-
te Germanicia è un titolo vescovi-»
le in parUbus^ che conferisce la
GÈR 2i3
santa Sede, ed il regnante Grego-
rio XVI, a'i3 febbraio 1837, di-
chiarò vescovo di Germanicia^ e
vicario apostolico del distretto set-
tentrionale di Scozia monsignor
Giacomo Francesco Kyle.
GERMANICIANA . Patrimonio
della santa Sede, uno dei ventitre
che possedeva a tempo di s. Gre-
gorio I Magno, creato nel 590: in
ordine era il XXII, ed avea distin-
to amministratore o rettore, chia-
mato eziandio difensorej che sole-
va essere uno de' primari chierici
della Chiesa romana, yedi Patri-
moni DELLA SANTA Sede. In Afri-
ca vi fu una città col nome di
Germanicìana, posta sulla strada
da Theveste a Tusdrum, fra Aquac
Regine ed EUces.
GERMANICOPOLI. Città ve-
scovile dell' Isauria, nella diocesi e
patriarcato d'Antiochia, sotto la
metropoli di Seleucia, la cui ere-
zione risale al IV secolo. Di que-
sta Sede se ne trova menzione in
tutte le notizie, e la fa pure Co-
stantino Porfirogenito. De' suoi ve«
scovi si conoscono i seguenti: Ti-
ranno che fu al concilio di Calce-
donia; Teodoco che intervenne al
settimo generale; e Basilio che si
trovò presente al concìlio di Fozio
sotto il Papa Giovanni VIII. Ger-
manicopoli, GermanicopoUtariy città
della Cilicia nell'Asia minore, al
presente è un titolo vescovile in
partibusy che conferiscono i roma-
ni Pontefici, ^d è pure sotto l' ar-
civescovato in partibus di Seleucia.
Gli ultimi vescovi titolari sonò
monsignor Gio. Michele Sailer, e
monsignor Emmanuele Giuseppe
Pardio della diocesi di Jucataa
neir America settentrionale, fatto
dal regnante Gregorio XVI nel
concistoro de' 27 aprile 1840 9 con
ai4 GER
facoltà di esercitare i pontificali ia
detta diocesi,
GERMANO (s.), vescovo d'Au-
xerre. Nacque in Auxerre da no-
biiissimi genitori che lo fecero e-
ducare con molta cura nelle scien-
ee umane. Andò a Roma a per-
fezionarsi nello studio della giuris-
prudenza, e passò per uno de'prl-
tni oratori del suo tempo. Impal-
mò una illustre gentildonna di no-
me Eustachia, e l'imperatore Ono-
rio innalzollo a dignità onorevolis'-
8ime; avuta in fine quella di du-
I» o generale delle truppe della
«uà provincia, fece ritorno ad Au-
xerre. Germano amava perduta-
mente la caccia, e quando gli ve-
Idiva fatto di uccidere qualche fie-
19, ne facea appendere la testa ad
«m albero eh' era in mezzo della
città. Il santo vescovo Amatore a-
"^endolo più volte ammonito inu-
tilmente per questa adone che sem-
brava richiamare gli antichi usi
dell'idolatria, fece tagliare l'albero,
mentre il duca era assente, ciò che
Io fece molto adirare. Calmossi pe-
rò in seguito, e ricevette gli ordi-
ni sacrì dalle mani del santo ve-
scovo, che dopo poco tempo mo-
rì* I voti del clero e del popolo
si riunirono tutti in favore di Ger-
mano, e a'7 di luglio del 4i8 e-
gli fu consacrato vescovo [dì Au-
xerra. Volte allora le spalle a tut-
te le vanità del mondo, non con-
siderò più sua moglie che come
una sorella, dispensò tutti i suoi
averi a'poveri ed alle chiese, ab-
bracciò la più rigida penitenza ,
e s'infiammò di santo zelo pel cul-
to del Signore e per la felicità
del suo popolo. Fondò un moni-
stero sotto l'invocazione de'ss. Co-
sma e Damiano, dirimpetto ad Au-
xerre; scoprì la tomba di diversi
GER
martiri che avevano sofferto con
s. Prisco, e fòbbricò in loro onore
una chiesa ed un monistero. Fe-
ce due viaggi in Inghilterra per.
combattere i pelagiani: il primo
con s. Lupo vescovo di Troyes,
nel 4^9» ed il secondo nel 44^
con Severo arcivescovo di Tieveri.
L'anno seguente andò a trovare
r imperatore Yalentiniano III, che
era a Ravenna, per pacificarlo coi
popoli dell'Arraorica, i quali essen-
doglisi ribellati, stavano per soSln-
re la pena che aveano meritata.
Fu accolto con grande allegrezza
dal popolo e da s. Pier Grisologo,
come anche dall'imperatore e da
sua moglie Placidia, ed ottenne
la grazia. Mentile soggiornò a Ra-
venna fu sempre accompagnato da
sei vescovi, che lo videro operare
diversi miracoli, fra cui il risor-
gimento di un morto. Molti altri
miracoli egli aveva altrove opera-
to. Ammalatosi in quella città, ivi
morì ai 3t di luglio del 44^> ^
tutti gli abitanti ne rimasero com-
mossi. Il prefetto della camera del-
l'imperatore che anda vagli debito-
re della guarigione di un suo fa-
migliare, fece imbalsamare il suo
corpo; l'imperatrice lo fé' rivestire
di abiti preziosi, e rinchiudere in
un'arca di legno di cipresso; l'im-
peratore poi ordinò che a sue spe-
se, e con magnifica pompa fosse
accompagnato sino al passo delle Al-
pi, ove il clero di Auxerre era ve-
nuto a prendere la spoglia mor-
tale del suo pastore. Quivi fu per
sei giorni esposto alla pubblica ve-
nerazione, e poi fu sepolto al pri-
mo d' ottobre' nell' oratorio di s.
Maurizio ch'egli aveva fondato, e
che divenne in seguito una celebre
badia di benedettini col nome di
8. Germano. 11 suo corpo fu ab-
GER
bruciato dagli ugonotti nel secolo
XVI^ ma ne furono però salvate
alcune reliqui.e. La sua festa prin-
cipale si celebra a'3i dì luglio.
GERMANO (s.), martire. Figlio
di un signore scozzese per nome
Audino, il quale fu convertito con
sua moglie da s. Germano d' Au-
xerre eh' erasi recato nella gran
Bretagna per combattervi Teresia
dei pelagiani. 11 santo vescovo in-
vaghito della dolce fisonomia di
questo uncinilo volle essergli pa-
drino, e gr impose il suo nome.
Cresciuto nelle cristiane virtù, si
consacrò all'apostolico ministero, e
abbandonata la patria andò a pre-
dicare nelle Gallie. Le sponde del-
la Mosella furono il primo teatro
del suo zelo, ove la sua predica-
zione, avvalorata dai miracoli, o-
però gran numero di conversioni.
Consagrato vescovo regionario fece
un viaggio a Roma per visitarvi
le tombe degli apostoli, ed otte-
nere colla loro intercessione la gra-
zia di poter imitare il loro zelo.
Di là pas:>ò nella Spagna, indi nel-
la sua patria , facendo ovunque
nuove conquiste al vangelo. Tor-
nato nelle Gallie, recossi in Nor-
mandia, e dopo avervi annunzia-
to Gesù Cristo nel territorio dì
Coutances e di Bayeux, entrò nel-
la Picardia, dove sulle sponde del-
la Brele, fra Aumale e Senarpont,
sofferse il martirio, verso il finire
del quinto secolo. Sopra il luogo
della sua sepoltura fu eretta una
chiesa, ove sì conservarono le sue
reliquie sino al nono secolo, in cui
per timore dei barbari furono tra-
sportate a Ribcmont, nella diocesi
di Laon. Verso la metà del seco-
lo XVII, la chiesa parrocchiale di
Amiens a lui dedicata n'ebbe una
considerabile poi*zione. Egli è pro-
GER 2iS
tettore dì molte parrocchie in Pi-
cardia e in Normandia, e la sua
festa si celebra a'2 di maggio, gior-
no in cui riportò la palina del
martirio.
GERMANO (s.), vescovo di Pa-
rigi. Nacque nel territorio d'Autun
verso il 4969 appartenne al clero
di quella città, fu abbate del mo-
nistero di 5. Sinforiano, che go-
vernò con regolarità e saviezza, e
verso il 555 fu innalzato alla sede
vescovile di Parigi. Questa nuova
dignità non portò alcun cambia-
mento nella sua maniera di vive-
re : fu sempre semplice, frugale,
modesto, penitente. Verso le no-
ve ore della sera recavasi in chie-
sa, e vi rimaneva in orazione fin
dopo mattutino. Una folla d'infe*
liei cui tenea luogo di padre at-
torniava la di luì casa, e sempre
avea molti poveri alla sua mensa.
Fu pei suoi discorsi che il re Giil-
deberto riformò la propria vita^
sbandi tutti i disordini dalla sua
corte, e impiegò considerevoli som-
me in pie fondazioni e in sollievo
de'miseri, facendolo dispensatore e-
gli stesso delle sue largizioni. Mor-
to questo re a' 28 dicembre del
558, il santo vescovo consaa*ò nel
medesimo giorno la magnifica chie*
sa che quegli avea fatto fabbrica-
re ed avea adottata per luogo
di sua sepoltura; poi riempi l'an-
nesso nuovo monistero dì religiosi,
a'qtiali diede per primo abbate s.
Drottoveo o Brotteo suo discepolo.
Nel 556 scomunicò il re Cariber-
to per motivo d'incesto; ed avendo
questi lasciato, morendo, i suoi
stati da dividersi fra i suoi tre fra-
telli, fu motivo dì ostilità e di-
scordie, per cui s. Germano ebbe
d' uopo d' impiegare tutta la sua
prudenza e il suo zelo per procu-
ai6 GER
rare la pace e ben governare il
suo gregge ia mezzo a sì dififeren-
ti interessi. Egli fece di sé Ii^mi-
nosa mostra nel concilio tenuto a
Parigi nel 557/ ^ ^^ ^' prinpìpale
autore dei canoni che tì furono
formati; G)mpo8e un'eccellente o-
pera intitolata Spiegazione della
liturgia. Pieno di meriti e di gloria
mori ottuagenario a' 28 di mag-
gio dell'anno 576. Le sue reli-
quie riposano in un'arca prezio-
sa nella chiesa di san Vincenzo
detts^ presentemente s. Germano
dei Pròti 9 meno un braccio che
Teneravasi nella chiesa di s. Ger-
mano il Vecchio; e molti miracoli
dimostrarono l'efficacia della sua
intercessione. Il giorno 28 maggio
è sacro alla sua ricordanza.
GERMANO (s.), vescovo di Ca-
pua^ mandato dal Papa s. Ormisda
in ufllzio di legato all'imperatore
Giustino I^ l'anno 519^ collo sco-
po di por fine allo scisma che du-
rava in oriente da quarant- anni.
La condotta del santo vescovo fu
coronata del pih felice successo :
furono condannati gli eretici, e lo
scisma estinto; ma si trovò espo-
sto più volte al furore degli ere-
tici, insieme con quelli che lo ave-
vano accompagnato. Ritornato alla
sua diocesi, la governò santamente
sino alla sua morte che si colloca
circa l'anno 54o, nel giorno 3o
d'ottobre, in cui è onorato.
GERMANO (s.), martire. FigUo
d'un senatore di Treveri, fu edu-
cato sotto gli occhi del vescovo di
quella città Modoaldo, e in et^ di
diecisette anni donò a' poveri tut-
te le sue ricchezze per ritirarsi in
un deserto della Lorena sotto la
condotta di s. Arnolfo di Metz.
Gustando sempre più le spirituali
dolcezze^ persuase suo fratello Nu-
GER
merlano ad abbracciare la stessa
vita, e passò con lui nel novello
monistero di s. Romarico, poscia
in quello di Lusseuil, allora gor
¥ei*nato da s. Walberto, il quale
conosciutone il merito, lo fece ca-
po de' religiosi che mandò nel
monistero di Granfel fondato dal
duca Gondon. Germano governò
quel monistero con tanta saggezza
è pietà, che venne incaricato anche
della direzione di altri due, cioè
di 8. Ursits e di s. Paolo Zuvert
ovvero dell'Isola. Mosso da canta ta-
vole zelo ebbe il coraggio di fave
delle rimostranze al duca Bonifa-
cio, successo a Gondon, per le ves-
sazioni che faceva sofinre a'mona-
ci ed ai poveri di que'luoghi. Que-
sta libertà costogli la vita, poiché
mentre ritornava al suo convento
fu ucciso a colpi di lancia da'sol-
dati del duca, in un col beato
Randoalbo suo compagno. Ciò av-
venne verso l' anno 666, a' 2 1 di
febbraio, e in questo giorno sono
ambedue ricordati come martiri.
GERMANO (s.), patriarca di
Costantinopoli. Figlio del patrizio
Giustiniano, nato circa l'anno 638,
entrò nel clero di Costantinopoli,
e meritò d'essere innalzato alla se-
de vescovile di Cizico^ poscia alla
patriarcale di Costantinopoli nel
7 1 5. Difese coraggiosamente il cul-
to delle immagini, e ricusò di ob-
bedire al decreto promulgato nel
725 dall'imperatore Leone l'Isau-
rico, che ne ordinava Testirpazio-
ne, per cui ebbe a so&ire gli ef-
fetti dello sdegno imperiale, e nel
780 fu sforzato ad abbandonar la
sua chiesa. Ritirossi a gemere a
Platanio nella casa de'suoi padri,
e morì a' 12 di maggio del 733.
La Chiesa lo onora come il primo
difensore delle sacre immagini^ ed è
GER
considerato come illustre scrittore.
Abbiamo tre lettere di lui che pren-
dono di mira gli errori degli ico-
noclasti ; e diversi altin scritti gli
vengono attribuiti. Fozio stima mol-
to il suo stile, e loda soprattutto
l'apologia di s. Gregorìo di Kissa.
contro gli origenisti.
GERMANO, Cardinale, Germa-
no cardinale dell'ordine de' preti,
e del titolo dp' ss. Gio. e Paolo,
intervenne al sinodo celebrato in
Roma dal Pontefice Giovanni YUI
neir872.
GERMERO (s.). Nacque a War-
de sulla Epte, ai confini della dio*
cesi di Rouen e di Beauvais, e t
suoi genitori , nobili e ricchi , lo
fecero educare nelle scienze e nella
pietà. Il varo suo merito lo fece
invitare alla corte del re Dagober-
to I, nella quale seppe mante-
nere la sua innocenza. Sposò una
donna virtuosa e degna di lui, per
nome Domania, e n'ebbe un figlio
e due figlie. Regolandosi sempre
co' consigli di St Audoeno vescovo
di Rouen, fondò plesso Warde il
monistero dell' Isola, che durò fino
ai guasti de' normanni, e col con-
senso di sua moglie e di Clodoveo
II, abbandonò la corte e ritirossi
nel monistero di Pentale. Non pas-
sò molto tempo che s. Audoeno
gliene affidò la direzione , e Ger-
mero divenne modello di virth ai
suoi fratelli. Alcuni falsi religiosi,
cui non piaceva la sua regolarità,
giunsero ad insidiargli la vita ; per-
ciò nel 649 andò a rinchiudersi in
una grotta che chiama vasi di s.
Sansone, e non ne sortì che nel
654 per assistere ai funerali di suo
figlio Amalberto. Lo fece seppel-
lire nel suo monistero dell' Isola,
e ne dotò riccamente la chiesa;
indi fondò nella sua terra di Flay
GER mj
un akro monistero, che divenuto
assai celebre chiamossi dal suo no-
me s. Germero di Flay, e io go«
vernò con molta riputazione fino
all' anno 658, in cui morì a' 24
di settembre. La sua santità fu
confermata da molti miracoli, e le
sue reliquie sono custodite nella
cattedrale di Beauvais, ove è ono-
rato come uno dei protettori della
città, celebrandosene la festa il gior-^
no della sua morte.
GERMI o SEGERML Sede ve-
scovile nella provincia Bizaoeua nelr
l'Africa occidentale, sotto la me-
tropoli d'Adramito : Municipium
Segermis, Sì conoscono quattro ve-
scovi , cioè : Nicomede del !a5Si
Felice I del 3 11, il quale sotto-
scrisse nel secondo concilio latera-
nense nel pontificato di s. Martino
I, alla lettera sinodale de' vescovi
di sua pi*ovincia ; Reslituto del 4^4»
esiliato da Unnerico re dei vanda-
li; e Felice li che sottoscrisse alla
lettera del concilio Bizaceno, man-
data a Costantino Augusto figlio
di Eraclio nell'anno 641.
GERMI A. Sede vescovile della
seconda provincia di Galazia, nella
diocesi di Ponto, sotto la metro-
poli di Pessinonte, che nel secolo
nono divenne arcivescovato. Teo-
fane dice eh' era chiamata anche
Myriangelos. Eravi una bella chie-
sa fabbricata in onore di s. Mi-
chele, e degli altri santi Angeli, ed
ebbe i seguenti vescovi: Menna
ohe fu al quinto concilio generale;
Emiliano di cui si parla nella vita
di s. T^èodoro Siccota ; Pietro in-
tervenuto al concilio generale set-
timo ; e Niceta che fu a quello di
Fozio sotto Giovanni, e che sedett
te tra i metropolitani.
GERMI GNY, Germiniacum.LuO'
go della diocesi e territorio d'Or-
2i8 G£R
leans, vicino a Fleury sulla Loira;
vi si tenaero due conctiii: il primo
nell'anno 8^2, sopra i bisogni del-
la Chiesa e dello stato , Lenglet,
Tavolette cronologiche; il secondo
neir 843, presso il Mabiilon, Sae^
cui, IF Beiiedict. part. 2, et de re
Diploììiat.
GERMOCOLONIA. Sede vesco-
vile della seconda provincia di Ga-
lazia, sotto la metropoli di Pessi-
nonte, il cui vescovo Eustazio as-
sistette al concilio di Costantino-
poli pel ristabilimento di Eozio,
dopo la morte di s. Ignazio.
GEROCESAREA o JEROCE-
SAREA, Hierocaesarea, Sede ve-
scovile di Lidia, nella diocesi ed
esarcato d'Asia, sottoposta alla me-
ti*opoli di Sardia : Commanville di-
ce, che fu eretta nel quinto secolo,
e che si chiamò pure Hierocastelr
luni. Ivi onoravasi Diana di Per-
sia, e Pausania e Tolomeo ne fan-
no menzione. I suoi vescovi cono-
sciuti sono: Cossinio che assistette
al concilio di Costantinopoli sotto
Flaviano, e tre anni dopo a quel-
lo di Calcedonìa: sottoscrisse pure
la lettera della sua provincia al-
l' imperatore Leone ; Zaccaria che
fu al settimo concilio generale; e
Teodoro che trovossi al sinodo di
Fozio. Onens Christ, tom. I, p.
889. Al presente Gerocesarea, Hie-
rocaesarieriy è un tìtolo vescovile in
partibus, sotto l'arcivescovato pure
in partibus di Sardia, che conferi-
sce il sommo Pontefice, ed il re-
gnante Gregorio XVI a' 3 giugno
i833 lo die a monsignor Giovan-
ni Polding della congregazione an-
glo-benedettina , vicario apostolico
della Nuova Olanda nelfOceania,
prima cioè che il medesimo Papa
dividesse tal vicariato apostoHco iu
ti*e vescovati.
GER
GEROFILACE, Hierophylax.
Sacrista o custode delle cose sacre ,
voce derivante dal greco. Il Macri
nella Notizia de' vocaboli ecclesia^
siici ^ dice che il Hierophylax in
alcune cattedrali si enumerava tra
le dignità del capitolo col nome di
tesoriere o cimiliarca. I greci chia-
marono» geroforo, Hierophorus^queì-
l'offiziale ecclesiastico incaricato di
portare le cose sacrq.
GEROMNEMONI, Hieromnemo-
nes. Soprastanti alle cose sagA*e, of-
fiziali della chiesa costantinopolitana.
Con tal nome in quella chiesa di-
ceansi quelli che corrispondono ai
nostri maestri delle cerimonie sa-
cre: aiutavano il patriarca mentre
si vestiva degli abiti sacri, lo as-
sistevano nel sacrifizio suggerendo-
gli e trovandogli le preci che do-
vea recitare. Appartenevano essi
all'ordine dei diaconi, talvolta pe-
rò erano sacerdoti, ed in allora
non assistevano il patriarca nel ve-
stirsi. Veniva ai geromnemoni af-
fidala la custodia dei libri liturgi-
ci ; tenevano il denaro del patriar-
ca, ed in assenza di lui dedicava-
no la chiesa nuova col segno del-
la cfoce, ed istituivano i lettori.
Era la settima dignità della me-
tropolitana. Macri, Notizia devo-
caholi eccL
GEROSOLIMITANO, sacro mi-
litare ORDINE. Questo antico, cele-
bre, benemerito e sovrano ordine
equestre ed ospitalario, fu chia-
mato pui*e, per le ragioni che di-
remo, di s. Giovanni, di Rodi, dì
Malta, cosi i suoi illustri cavalieri.
Esso ebbe origine verso l'anno
1048 da alcuni mercanti della cit-
tà di Amalfi del regno di Napoli,
che trafficavano in Soria, ed or-
dinariamente visitavano i santi luo-
ghi di Gerusalemme^ i quali de-
GEB
sìdei'arono di avere nella medesi-
ma città una chiesa, in cui si cele-
brassero i divini ufiizi secondo il ri-
to delia Chiesa romana ; impercioc-
ché le chiese degli altri cristiani
erano quivi uSiziate dai greci^ e
dalle dilFerenti sette che trovansi
- ancora oggidì in Levante. Con de-
strezza quindi e con donativi, altri
dicono col pagamento d'annuo tri-
buto, ottennero dal califfo d'Egit-
to Romensoro Moustesaph, il per-
messo di fabbricare una chiesa in
Gerusalemme, nel quartiere de'cri-
stiani, presso il santo sepolcro ed
il tempio dedicato alla Risurrezio-
ne di Gesii Cristo, che dedicarono
a Dio in onore della Beata Vergi-
ne Maria, e del precursore s. Gio-
vanni Battista, e dove fondarono
altresì un monistero di monaci be-
nedettini, i quali avessero cura di
ricevere i pellegrini. La chiesa fu
intitolata s. Maria della Latina ^
per distinguerla dalle altre chiese
che non seguivano il rito latino.
Aumentatosi in seguito il nume-
ro de' pellegrini, e giungendo essi
il più delle volte a Gerusalemme
oppressi da miserie e da malattie,
pei disastri sofferti nella lunga e
penosa peregrinazione, e per ì cat-
tivi trattamenti e violenze degl'in-
fedeli, venne fabbricato vicino alla
chiesa di s. Maria d^lla Latina un
ospedale egualmente in onore di
Gesù Cristo, della Beata Vergine,
edi's. Gio. Battista, per alloggiar-
vi gli uomini tanto sani che infèt^
mi, sotto la direzione e vigilanza
di un maestro o rettore, che dove-
va essere nominato dall'abbate di
s. Maria, ed ivi fuvvi fondata una
cappella sacra a s. Giovanni Batti-
sta, non che un altro ospizio o
monistero per le donne, intitolato
a s. Maria Maddalena, sotto il go-
GER 219
verno di saggia matrona. Dipoi la
cappella di s. Giovanni si convertì
in magnifico tempio, l'ospizio si
costruì più grandioso, e si suddi-
vise in molti quartieri.
Il b. Gerardo soprannominato
Tum o Tunc, nativo di Martigues in
Provenza, fu il primo cui venne
allìdata la direzione dell'ospedale
con titolo di rettore. Alcuni an-
ni dopo essendosi Goffredo di Bu-
glione con la prima Crociata (/^e-
di ) impadronito di Gerusalem-
me nel luglio 1099, ed acclamato
re, liberò dalla prigione Gerai*do,
ed Agnese matrona romana e pri-
ma abbadessa del monistero, che
amministravano lo spedale, de' due
sessi, e ch'erano stati imprigiona-
ti dai saraceni ; quindi restò co-
sì edificato della esemplare ca-
rità che esercita vasi nello speda-
le di santa Maria della Latina,
ove eransi ricevuti e curati gli in-
fermi e feriti crociati, che gli do-
nò alcuni dominii da lui possedu-
ti in Francia e nel Brabante, e
gli accordò grandi privilegi. Aven-
do poi altre persone in Asia ed
Europa imitata la liberalità di quel
pio principe, ed essendosi perciò
accresciute le rendite dell' ospedale,
il zelante Gerardo che ne avea la
amministrazione giudicò d'accordo
coi suoi frati ospitalari, che con-
veniva separatasi dall'abbazia e dai
monaci del monisteit) di s. Maria
della Latina, e formare invece una
congregazione religiosa separata ,
sotto la protezione ed in onore di
s. Giovanni Battista, e ciò anco
perché il numero degli spedalieri
erasi accresciuto con molti illustri
guerrieri crociati, che dalle file del-
l'esercito passarono al servigio reli-
gioso e caritatevole. Fu questo il
motivo per cui i membri della con*
aio GER
gregazione cliiamaronsi poscia spe^
dal/eri o frati deW ospedale di s.
Giovanni Battista di Gerusalemme.
Ottenne a questo effetto Gerardo
dal Pontence Pasquale li la con-
ferma delle donazioni fatte all' o-
spedale, con bolla del 1 1 1 3, con
la quale il Papa concesse diversi
privilegi air ordine, lo liberò da de-
cime e da qualunque aggravio, di-
chiai^ndolo esente; pose sotto Tira-
mediata e speciale protezione della
santa Sede lo spedale medesimo
con gli ospitalari, ed ordinò che
(dopo la morte di Gerardo i retto-
ri fosseix) eletti dai frati spedalieri.
La medesima bolla decretò che i
diversi ospedali fondati sotto la di-
pendenza di Gerardo, come a Saint-
Gilles in Provenza, ad Asti, Pisa,
Bari, Otranto, Taranto, Messina,
ce. fossero tutti a lui soggetti. Tra
i primi benefattori dell'ordine sono
pure a. nominarsi Gunzelin conte di
Schwerin, ed Enrico suo fratello
dell' illustre casa di Mecklemburg ,
che trovandosi in Terra Santa do-
iiaix>no SI ir ospedale diversi beni io
Alemagna.
Gerardo persuase i suol frati a
prendere un abito religioso, on-
de dalle mani del patriarca di Ge-
rusalemme ricevettero un man-
tello nero, con una croce ad otto
punte, facendo i TOti a pie del
santo sepolcro. Con tanto aumen-
to di mezzi sempre più si fondaro-
no neiroccidente ospedali filiali, ove
i pellegrini si {accogliessero per via,
ed ecco T origine delle commende
dell'ordine, essendo state le prime
quelle de' luoghi nominati, quella
di Siviglia ed altre. Intanto l'ordi-
ne fattosi adulto nella medesima
infanzia, si stipò intorno ai troni
dei re latini di Gerusalemme, co-
me una siepe di feno^ e prese a
GER
guarentirlo da ogni ostile attentato^
con una fedeltà non minore all'e-
roico zelo ond' era concordemente
animato. Però non deve tacersi che
il Paoli nell'istoria dell'oidine è
di sentimento, che questa società
ecclesiastico -mi li tare avesse solo ori-
gine nel 1099 alla presa che fece-
ro i crociati di Gerusalemme. Dice
inoltre che a sua imitazione se
ne istituirono molti , e special-
mente i due più antichi de' tem-
plari e de' teutonici, e ohe fu sem-
pre indipendente da ogni altra so-
cietà, costante nel militare fino dai
primi giorni di sua fondazione sot-
to il patrocinio del precursore s.
Gio. Battista, ed invariabile nel
professare la regola di s. Agostino*
Inoltre soggiunge il Paoli, che re-
ca stupore come gì' istorici abbiano
potuto confondere il termine di o-
spitalario, con quello di spedaliere,
e d'una religione nata colle armi
alla mano, impugnate per difesa
de' poveri, de' pellegrini e della fe-
de, ne abbiano fatto una società
destinata ne' suoi principii al servi-
zio unicamente degli infermi; ope-
ra non può negarsi di' somma ca-
rità, ma non paragonabile a quel-
la molto più generosa, che animò
lo spirito de' primi fondatori di que-
sto nobilissimo ordine, e che san-
tificò le prime imprese di que' ser-
vi di Dio che lo formarono, perchè
impegnati non solo a soccorrere i
poveri, a sollevare gl'infermi, a
consolare gli afflitti colle opere del-
la misericordia, ma a spargere ben
anche il sangue, e a dare per li
medesimi la vita, nel che sta si-
tuato l'ultimo e più perfetto gra-
do d'una cristiana ed eroica ca-
rità.
Nel 1 1 20, o 1 1 2 1 morì Gerar-
jào col bel titolo di padie de' pò-
GER
veri, ed il suo corpo fu trasferito
successivamente a Rodi, a Cipro^ a
Malta, ed in fine in Provenza nel-
Tanuo ii34; e venne deposto il
suo cadavere nella cappella del bor*
go di Manosca, ch'era una com-
menda dell'ordine. Si narra che una
volta le pietre nel suo seno sì can-
giarono in pane; non però tutti gli
scrittori lo chiamano beato. Gli
successe Raimondo du Puy, della
casa du Puy-Montbrun nel Delfina-
io, e fu il primo che prendesse il
titolo di maestro o gi'an maestro,
la cui serie riporteremo in progres-
so dell'articolo. Ecco come Rai-
mondo s'intitolò nelle sue lettere^
diplomi ed alti: Servus pauperum
Christif et custòs hospitcdis Jerusa*
lemj o Raimundasy Dei grada y
Chrìstì pauperum servus humilis, et
sancii hospitdlis custoSy etc. Non
avevano fino allora avuta gli spe-
dalieri alcuna regola scritta^ sebbe*
ne il b. Gerardo nel dare stabilità
al pio luogo avea prescritto alcuni
regolamenti; ma Raimondo ne die-
de loro una colla quale/ obbligolli
a fare i tre solenni voti di pover-
tà, castità ed ubbidienza, ed ordi-
nando che tutti i frati portassero
la croce di tela bianca a otto pun-
te dalla parte del cuore^ e cucita
sopra il loro abito e mantello ne-
ro; questo manto vuoisi che ricor*
di il vestimento usato da s. Gio.
Battista nel deserto di pelle di ca-
mello; le otto punte della croce
ottangolare, le otto beatitudini. La
croce fu da Raimondo collocata verso
il cuore, perchè i cavalieri devono
amare il salutifero segno con tutto
il cuore. Fu la detta regola appro-
vata dal Pontefice Calisto II nel
1120, e confermata quindi da O-
norio li, Innocenzo II, Eugenio
III, Lucio IH, Clemente III, Inno-
GER a2i
cenzo III, Bonifacio Villi ec. L'a-
vere poi Raimondo du Puy inseri-
to in questa regola alcune cose trat-
te dalla regola di s. Agostino, fu ca-
gione, che siasi sempre l'ordine di s«
Giovanni di Gerusalemme annovera-
to tra gli ordini che seguono la re-^
gola di s. Agostino. Raimondo pre-
scrisse nella regola ai frali di uscire
per la città e borghi in compagnia^
non soli; che tanto i sacerdoti che i
laici dovessero elemosinare pei po-
veri; se alcuno di essi cadesse in
colpa, stabili proporzionate pene^
comprensivamente alla espulsione
dall'ordine; li costrinse all'astinen-
za delle carni nei mercoledì e ve-
nerdì, ed in tutta la seltuagesìmai
oltre molte penitenze, e pratiche di
divozione.
Vedendo Raimondo, che l'en*
trate dello spedale di Gerusa-
lemme abbondantemente sopra v-
tanzavano al mantenimento de'po-
veri pellegrini ed infermi, credette
di non potere in miglior modo u-
sare di quegli avanzi, che impie-
gandoli nella guerra che facevast
nella Palestina contro gl'infedeli.
L'assistenza ch'eglino prestavano ai
pellegrini, si. era eslesa sino a pren-
dere pensiero de' loro viaggi, assicu-
rando la libertà delle strade, e al-
lontanando le scorrerie de' saraceni,
assistendo e tutelando anco i navigan-
ti. A questo Oggetto fu d'uopo im-
brandire le armi, e divenir guerrieri;
questo sistema piacque a molti nobili,
e cangiò gli ospitalari ospedalieri in
cavalieri, eia congregazione in oi'dir
ne militare: s*impegnarono con un
quarto voto di difendere dagli in-
sulti de'saraceni i cristiani che anda-
vano a Terra Santa, laonde il pi*o-
ponimento degli spedalieri fu sem-
pre fino d' allora di fare una guer-
ra eostante coi nemici della fede e
a22 GER
dei nome cristiano, per cui in Pa-
lestina contribuirono olle conquiste
e difesa dei re di Gei'usalemme,
e dei crocesignati. In tal modo
a difesa di Terra Santa fu formata
una specie di crociata perpetua,
che servì d' antemurale, e di so-
stegno al piccolo e bersagliato re-
gno di Gerusalemme, come si è
detto. Quindi Raimondo si offrì coi
suoi spedalieri al re di Gerusalem-
me Baldovino I per combattere
contro i saraceni, dividendo gli spe-
dalieri medesimi , che prima non
erano che ecclesiastici e laici, in tre
classi : la prima dei nobili, desti-
nati al maneggio delle armi in di-
fesa della fede, ed in soccorso dei
pellegrini; la seconda dei sacerdoti
o cappellani, ai quali correva uni-
camente r obbligo di amministrare
i sagramenti, e disimpegnare il di-
vino uffizio nella chiesa conven-
tuale; e la tei*za dei frati serventi
che non erano nobili, ed i quali
pure furono destinati a portar le
armi. Componendosi V ordine di
diverse nazioni , fu divìso se-
condo le lingue che parlavano,
per cut i provenzali si dissero ap-
partenere alla lingua di Provenza,
e gl'italiani alla lingua d' Italia,
così delle altre nazioni, sino ai nu-
mero di sette, che furono oltre le
dette, quelle di Alvernia, di Fran-
cia, d'Aragona cui poi si unirono
le lingue di Castiglia e di Porto-
gallo, di Alemagna, e d'Inghilterra
la quale terminò poi n^Uo scisma
di quel regno. Raimondo co' suoi
religiosi concorse alle vittorie ri-
portate dai ' latini su Antiochia ,
Giaffii, Tiro, Damasco, Bersabea,
Ascalona, ec, alle quali vittorie
cooperarono piìi volte i veneziani
fulminando in mare le lunate in-
segne, che la spada di Raimondo
GER
disperdeva per terra. Nella mede-
sima circostanza secondo alcuni si
introdusse la maniera di rìcevere
i cavalieri con par ticolarì cerimonie,
e ciò venne approvato nel 1 1 3o
dal Papa Innocenzo II, il quale con-
fermando r ordine e gi*ado di ca-
valleria nella religione gerosoli-
mitana, ordinò che i cavalieri aves-
sero per insegna militare una cro-
ce bianca in campo rosso, la quale
anch'oggi forma l'arma dell'or-
dine.
Veramente gli ospedalieri ge-
rosolimitani ritennero tal nome, e
non fu dato loro propriamente
quello di cavalieri se non dopo
ch'ebbero conquistalo l'isola di Ro-
di. Anastasio IV nel ii54 conces-
se all'ordine di possedere pacifica-
mente tutto quello che ad esso
fosse dato, o si darebbe pel man-
tenimento dei pellegrini agli ospe-
dalieri. Nel II 59 Augero di Bal-
ben divenne terzo gran maestro,
il quale fece riconoscere in Pale-
stina l'autorità di Alessandro III
contro l'antipapa Vittore IV. Nel-
l'anno li 63 gli successe Arnaldo
de Comps, ed a questi nel 1 1 68
Gerberto o Gilberto d'Assai it o di
Assaly, ed alcuni dicono che fosse
pel primo chiamato Magnus Ma--
gister. Gerberto si associò al re di
Gerusalemme contro il soldano di
Egitto, e del suo bellicoso animo
fanno ampia testimonianza la scon-
fitta d'un esercito nemico, e l'es-
pugnazione di Pelusio. De Gast
nel 1 1 69 fu capo dell' ordine, e
nel 1170 Joubert fu eletto per
morte di questi al governo dei ge-
rosolimitani. In assenza del re di
Gerusalemme governò saggiamente
il regno, fiaccò piti di una volta
l'orgoglio mussulmano, e sgombrò
il paese di stranieri invasori coi
GER
prodi dell'ordine. Eglino per la
rovina delle cose de'cristiani in
oriente furono costretti ad usci-
re da Gerusalemme, dopo che i
saraceni l'ebbero ripresa nel 1 1 87
con Saladino califfo di Siria e di
Egitto; però l'ordine dal luogo di
sua origine ritenne, ed ancora con-
serva il titolo di gerosolimitano,
anzi ha prevalso a tutti gli altri
posteriori.
Si ritirarono gli spedalieri nel-
la fortezza di Margat o Mer-
cad tra la Fenicia e la Giudea,
presso la città di Valania , che
l'ordine dopo il 11 77 aveva ac-
quistata da certo Renaud sotto Jou-
bert, e per la natura del sito e
per le fortificazioni che vi fecero
gli spedalieri divenne la piazza ris-
pettabile ed inespugnabile in modo,
che Saladino non osò attaccarla; ma
nel II 84 Ma nsour sultano d'Egitto
se ne impadronì a viva forza, es-
sendo capo dell'ordine Ruggero di
Moulins normanno, eletto dopo il
1177, che fu il primo a qualifi-
carsi nei diplomi col titolo di gran
maestro. Ruggero uniti i suoi ai
templari affrontò in campo il fi-
glio di Saladino, attorniato da set-
temila cavalieri, e fattone orrendo
macello, cadde esangue su monti
di turcomanì e saraceni cadaveri,
ed ebbe .a Tolemaide quegli onori
funebri che si convenivano a chi
con tanto onore aveva spesa la
vita. In processo di tempo ven-
nero istituiti i baliaggi, i priorati
i quali come le commende furono
da principio comuni ai cavalieri
tutti, ma dipoi vennero accordate
le dignità in particolare ai membri
di ciascuna sezione: nel 1187 Gar-
nier di Siria divenne gran maestro.
Quindi nel mese d'agosto 1189 il
gran maestro Garnier si stabilì
GER 2a3
presso la città di s. Giovani SAcri
(Vedi)^ l'antica Tolemaide, di cui
parlammo ancora al citato articolo
Cbociate, rinomato porto di mare
della Palestina, ^el 1 1 9 1 i crocia-
ti ripresero Acri, ed essendosi l'or-
dine gerosolimitano coperto di glo-
ria nei diversi combattimenti, ebbe
un quartiere della città con chie-
sa ed ospedale, e vi trasferì il suo
convento, per cui dal nome di det-
ta città gli spedalieri furono anche
detti Cavalieri di s, Giovanni d'A^
cri.
Dopo la morte di Garnier, nel-
l'anno 11 92 fu fatto gran maestro
Ermengardo d'Àps, il quale ebbe
in successori nell'istesso anno Go-
defroi de Duisson, che ricorse ad
Innocenzo 111 per le gravi diffe-
renze che continuavano coi cava-
lieri templari; nel 1202 Alfonso
di Portogallo, che pel suo rigore
fu costretto dimettersi dalla digni-
tà nel i2o4; e Geoffroy le Rath
che a sua vece fu esaltato, venne
pregato dal Papa ad aiutare A-
malrico re di Cipro e Gerusalem-
me per la ricupera di questo re-
gno, e morì nel 1 207 , dopo che
Innocenzo III terminò le dissen-
sioni coi templari: questo Papa
concesse alfordine diversi privilegi.
Indi furono gran maestri, Guerin
de Montagu francese, che in u-
nione al gran maestro de' tem-
plari ricusò riconoscere Federico
lì che si portò m Palestina a
prender possesso di Gerusalemme,
come scomunicato da Gregorio IX;
quanto Guerin fu formidabile in
guerra contro Damiata ed Antio^
chia, altrettanto esemplare per le
opere di carità esercitate negli o-
spedali di Acri, si guadagnò l'am-
mirazione di Andrea II re d'Un-
gheria, che peixiò divenne munì-
224 GER
fico benefattore e fedele alleato
dell'ordine. Sotto Guerin il Papa
Onorio III accordò al gran priore
della chiesa conventuale tutte le
insegne e distintivi vescovili^ come
narra il citato Paoli nel cap. XI V,
§ I, deW Orìgine ed istituto del sa-
cro militare ordine di s, Giovanni
Battista Gerosolimitano, Furono
successivamente gran maestri nel
1 23o Bertrando de Texis, nel 1281
Guerin^ nel 1287 Bertrando de
Comps, nel 1241 il valoroso Pie-
tro de Villebride, sotto del quale fiorì
il b. Gherardo Mecatti di Yillama-
gna servente deirordine; e nel 1249
il prode Guglielmo di Chàteauneuf :
sotto di lui e nel pontificato di
Alessandro IV fu distinto il ve-
stiario de'cavalieri armati, da quel-
lo de' serventi.. Questo Pontefice
concesse agli ospitalieri, che non
fossero tenuti pagar decime o pri-
mizie dei beni ne' luoghi convicini
al loro castello di Crac^ situato nel
contado di Tripoli , ove tenevano
sempre un presidio; ma dipoi fu
loro tolto dal soldano Melecdaer
nel 1270. Stando i cavalieri spar-
si in vari luoghi, battagliarono so-
vente contro i mori di Spagna, con-
tro gli albigesi ed altri eretici, ma
fu loro vietato intromettersi nelle
guerre tra' princìpi cristiani.
I cavalieri sotto il magistero severo
di Chàteauneuf ottennero dal Papa
Innocenzo IV di poter parlare in
refettorio, quando avessero a mensa
de' signori stranieri. Nel 1 259 fu
eletto meritamente ventesimo gran
maestro Ugo de Revel, sotto il qua-
le i gerosolimitani si distinsero con
nuove prove di valore, ed il Papa
Clemente IV con breve de' 18 no-
vembre 1267 lo chiamò pel pri-
mo col nome di gran maestro. In-
di furono gran maestri nel 1278
GER
Nicola Lorgue, e nel 1289 Gio-
vanni de Villiers francese di Beau-
vais. Nel 1290 la città d'Acri, se-
de principale dell'ordine, fu asse-
diata da Ascraf o Seraf sultano di
Egitto j ed i gerosolimitani insie-
me coi templari, e coi teutonici
fecero prodigi di valore, e dopo
una' rigorosissima v^sistenza capi-
tolarono nel .1291. In tal modo
r illustre ordine dopo aver bagnato
del proprio sangue la Siria per cpn-
servarne il dominio, e dopo aver
signoreggiato in Acri, in Margat, in
Bersabea, ed in Dan, dovette ab-
bandonare la Palestina ch'era sta-
ta per lui campo di gloriose im-
prese, i cui avvenimenti si, leggo-
no negli storici dell'istesso ordine, a-
vendo i Papi raccomandato loro
piti volte i re di ' Cipro^ di Arme-
nia, di Gerusalemme nella quale
l'ordine con quello dei templari
vi esercitò assoluto governo, ed
altri principi. Rimasta Acri io po-
tere de'turchi, gli spedalieri di 9.
Giovanni con il loro gran maestro
Giovanni de Villiers, ritiraronsi
nell'isola di Cipro (Fedi), dove il
re Enrico II di LusignsTho, come
re titolare di Gerusalemme, accor-
dò loro la città di Limisso o Li-
masol nella costa meridionale, di
amenissimo aspetto, con buona ra-
da: i teutonici si ritirarono in Prus-
sia ed in Livonia, ed i templa-
ri si rifugiarono anch'essi in Li-
misso . Il territorio di Limisso
non la cede ai migliori dell'isola,
per la fertilità e varietà de' suoi
prodotti. Sopra una piccola collina
all'est della città, nel luogo chia-
mato il vecchio Limasol, si vedo-
no rovine credute quelle dell'anti-
ca Amatunta, famosa pel suo cui- '
to di Venere. Ivi il gran maestro
convocò il capitolo generale per
GER
provvedere all'urgenza, e si stabi-
li un formidabile armamento ma-
-rittimo per essere nel MediteiTaneo
tille prese coi turchi, dopo Tespul-
sione totale de' cristiani dalla Pa-
iéstina. Incominciò per altro a ri*
lassarsi fra i cavalieri la primi-
tiva disciplina, e s' introdusse tra
loro la mollezza ed il lusso, prò*
pri del clima di Cipro. Il re s'in-
gelosì di loro, per cui ri(X>rsero a
Bonifacio Vili, anco contro i re
d'Inghilterra e di PoHogalk), che a«
veano sequestrato i loro beni.
Nel 1 297 in Limisso fu elevato al
magistero Odone de Pins dì Catalo-
gna, che nel i3oo ebbe a succes-
sore Guglielmo de Yillaret : questi
ristabilì la disciplina, ridestò negli
Dspi talari l'ardore che a veano ere-
ditato dai predecessori, visitò tutti
gli stabilimenti dell'ordine in Fran-
cia, ove l'istituto aveva diverse ca-
se di canonichesse, sottomesse al-
l'autorità del gran priore. Essen-
dosi perduti i primitivi statuti di
Raimondo du Puy, Guglielmo si
portò in Roma, e ne rìn venne un
■esemplare nel Vaticano, che rice-
vette in dono dal Papa. Morì nel
i3o6^ e gli successe Folco di Yil-
laret suo fratello. I gerosolimitani
dimorarono in Limisso circa dìed-
nove anni, cioè fino al i3io, nel
qual anno Folco de Yillaret mal-
contento del modo cui trattava
l'ordine il re di CiprOj e volendo
r ordine determinarsi a cercare un
asilo indipendente, stabifi conqui-
stare l'isola dì Bodi(Ved£)y la cui
città vuoisi fondata 407 anni avanti
la nascila di Gesù Cristo, eh' era
allora occupata dai greci rivoltosi
ed awenturìeri, e dai coi^sarì mus-
sulmani signoreggiati dal principe
Guella greco, che d'accordo coll'im-
peratore Andronico fece negare aU
VOL. XXIX.
GER ia5
l'ordine l'investitura dell'isola, per-
chè ritenuta la chiave dell'Asia.
Ma il Bosio dice che Andronico
la cedette all'ordine, ed altrettan-
to fece Clemente Y, con fiicoltà
di nominare l'arcivescovo ogni vol-
ta che vacasse. A tale effetto il
gran maestro si portò a Poitiers
ove si trovava il Pontefice Cle-
mente Y, che avea stabilita sino
dal i3o5 la pontificia residenza in
Francia, insieme al i*e Filippo IV
il Bello , dai quali ottenne consi-
derabili soccorsi per armare i suoi;
il Papa dichiarò crociata tal guer-
ra, i genovesi e i siciliani lo for-
nirono di vascelli, e molti signori
coi loro vassalli si unirono all'im-
presa. L'entusiasmo fu sì grande,
che le stesse dame offrirono le lo-
ro gioie per contribnire a sì no-
bile spedizione.
Il gran maestro Folco con una flot-
ta di venticinque galere si presen-
tò avanti Rodi, e dopo aver ten-
tato diversi assalti, in quello più
vigoroso de'i5 agosto i3io, gioi*-
no sacro all'Assunzione di Maria
Vergine, i saraceni, i turchi, ed i
greci furono obbligati alla resa, e
lo stendardo gerosolimitano fu pian*
tato in tutti i forti dell'isola. Fu-
rono salvate le vite de'crìstiani, e
gl'infedeli vennero passati a fil di
spada: in meno di quattro anni
l'intera isola di Rodi, e le sette i-
solette circostanti divennero pieno
dominio dell'ordine gerosolimitano.
Rodi diventò capoluogo dell'ordi-
ne, e residenza del gran maestro
nel convento a ciò destinato: da
quest'epoca gli ospitalari o speda-
lieri gerosolimitani assunsero il no«
me di Cavalierì di Rodi^ continua-
rono a mantenersi sempre fedeli
alla legge che seguivano di vince-
re o di morire per la causa di
i5
226 GER
Cristo , e presero ad esercitare una
potente e benefica protezione sal-
ili navigazione dell' Aixn pelago. In-
tanto nei concìlio generale di Vienna
del Delfinato, Clemente V nell'an-
no i3i2 soppresse il celebre ordi-
ne equestre de' Templari (Fedi)^ già
emuli dell'ordine gerosolimitano, e
parte delle loro immense ricchezze
furono concesse ai cavalieri di Ro-
di ed ordine gerosolimitano con
bolla de' 2 maggio, tiranne i beni
di Castiglia, Aragona e Portogallo,
i quali furono rilasciati ai rispetti-
ci sovi*ani, per impiegarli nelle
guerre ch'essi fòcevano ai nemici
del nome cristiano; ed i beni mo-
bili furono concessi nella maggior
parte al re di Francia Filippo IV,
nemico acerrimo de' templari, e
provocatoi^e di loro estinzione. Ac-
cresciuti per tal maniera i mezzi,
L'ordine insigne degli spedalieri sor-
se più che mai formidabile, e potè
alzare il bi*accio robusto a dìf(^
dell'intiera cristianità, contro le
invasioni, le piraterie e le barba-
rie degl'infedeli. Non andò guari
qhe Othman o Ottomano sultano
dei turchi, ingelasito del conquisto
di Rodi, e della crescente potenza
dell'ordine gerosolimitano, nei 1 3 1 5
si presentò avanti l'isola con una
flotta considerabile; ma la bravura
ed il valore de'cavaliei'i, dopo aver
sostenuto diversi assalti costrinsero
il sultano alia ritirata.
Narrano ilBosio ed alcuni storici,
che per avere Amadeo V conte di
Savoia, detto il Grande^ nei 1 3 1 5 e
i»on prima, condotto in persona dei
soccorsi ai cavalieri contro tale ag-
gressione, pel felice successo del ri-
sultato egli prese per divisa^ che tras-
mise ai principi suoi discendenti,
queste quatti'O lettere: Fert^ che
punteggiate così F« £• R. T. «•
GER
gnificano: Forti ludo ejus Rhodum
tenuity secondo l'interpretazione che
se ne diede come iniziali di tale
elogio. Su questo motto^ si osserva
che Luigi di Savoia barone di Vaud'
sino dal i3oi lo avea impresso
nelle sue monete ; e nella tom-
ba di Tommaso di Savoia padi'e
di Amadeo V, vedeasi scolpito un
cane, cinto il collo da una colla-
na, ove era inciso il medesimo mot-
to latino Fert, Così pure la croce
bianca in campo rosso, gloriosa im-
presa della religione, surrogata al-
l'aquila nelle armi di Savoia, era
già nello scudo dei prìncipi del
Piemonte, e lo stesso Tommaso ne
usava il sigillo. Respinto da Rodi
Othman, il gran maestro si occu-
pò di atterrare le vecchie mui*agli«
di Rodi, e munirla di solide forti-
ficazioni. Ne apri il porto a tutte
le nazioni, e ben presto si vide
sorgere una popolazione commer-
ciante e guerriera di greci e latini,
che specialmente dalla perduta Ter-
ra Santa vi affluirono all'ombra
dello stendardo gerosolimitano di
s. Giovanni. Anche il sobborgo del-
la marina fu dipoi cinto di mura^
costruito il nuovo molo per sicu-
rezza delle flotte, e dilatato il gri-
do della rodiana potenza, sino ad
essere i cavalieri ricercati dell'al-
leanza dai re di Armenia contro
il soldano d'Egitto. Dopo tale e-
poca il gran maestro per la sua
mollezza, lusso e dispotismo, fu dai
cavalieri deposto, nominando in sua
vece Maurizio de Pagnac. Il graa
maestro ricorse al Papa Giovanni
XXII, il quale dichiarò Geraixlo de
Pins vicario generale e luogotenen-
te del gran maestro Viilaret, per-
sonaggio valoroso e benemerito
dell'ordine. Indi nel i3ig Viilaret
diede la sua dimissione nelle maai
GER
del Pontefice, che gli assegnò per
suo appannaggio il priorato di Ca-
pua ; ma passando in Francia mo«
ri nei 1827, e fu sepolto nella chie-
sa di s. Giovanni di Montpellier.
Nel detto anno iSig ebbe luogo
in Avignone l'assemblea dell'ordi*
ne, ove fòcevano residenza i Papi,
e fu elevato alla dignità di gran
maestro d' unanime consenso Helion
de Villeneuve, raccomandato da
Giovanni XXII, e fu il ventesimo-
sesto gran maestro, a cui il capito-
lo generale concesse di conferire ot-
to gran croci; fu chiamato il retto*
re felice. Dopo la sua morte gli
successe Diodato de Gozon di Rouer-
gue. Il Pontefice Clemente VI
nel 1346 scrisse al nuovo gran
maestro de Gozon, approvandone
l'elezione, quindi per le sue infer-
mità supplicò il Papa a permetter-
gli di rinunziare. Il medesimo Cle-
mente VI per frenare l'orgoglio
de' turchi, indusse il re di Cipro,
i veneziani, i genovesi, ed i cava-
lien di Rodi, a mantenere nel por-
to di Smirne un numero di galere
sempre armate, per accorrere a qua-
lunque bisogno della repubblica
cnstìana ; ed il successore Innocen-
zo VI nel 1 356 ordinò a detti ca-
valieri di osservare il decretato da
Clemente VI. Nel i354 fu eletto
gran maestro Pietro de Corneillan,
che osservante degli statuti dell'ordi-
ne fu chiamato correttore de'costU"
mi: morì nell'anno seguente, e fu
eletto Ruggero dePins, già luogo-
tenente del magistero. Pieno di ze-
lo e di carità fu chiamato V eie-
mosiniero. Nel i365 Raimondo de
Beran'ger gli successe, il quale man-
dò con parere del consiglio due
oratori e ambasciatori ad Urbano
V in Avignone, per notificargli la
morte dei predecessoi*e^ e la sua
GER 217
elezione, e per rendergli e giurar*
gli fedeltà ed ubbidienza^ sì in no«
me proprio, che della religione. In
pari tempo il gran maestro ordinò
che gli ambasciatori acquistassero
alcune gioie e le pi*esentassero al
Papa, secondo il costume di quei
tempi.
1 cavalieri di Rodi dopo aver
tolto al soldano di Egitto Alessan«
dretta, essendo gran maestro Rai<«
mondo de Berenger nel i365 ir-
ruppero sino ad Alessandria, donde
per tre giorni caricarono i piti
ricchi tesori, trasportandoli a Rodi
ad onta dei potenti infedeli: saccheg*»
giarono, bruciarono la città, e poi
l'abbandonarono. 11 soldano giurò
vendetta, e minacciò l'Ordine, va
unione de' saraceni di Soria e di
Babilonia suoi alleati; per cui il
Papa Urbano V salisse premurose
lettere nell'anno 1 366 a tutti i so-
vrani dell'Europa, acciò porgessero
validi soccorsi alle isole di Cipro
e di Rodi minacciate dai turchi. In-
fatti il soldano di Egitto con ar-*
mata navale investì Rodi, sbarcò
nell'isola le sue truppe, e strinse
l'assedio; ma la strage immensa:
de' suoi l'obbligò a prendere dopo
quaranta giorai la fuga, e volgeu"
do a miglior consiglio la mente,
intaVolò trattative di pace che piti
tardi ebbero effetto. Nel medesimo
tempo avendo i saraceni scacciati
gli armeni dalla loro patria, la re-'
ligione con carità li ricevette, gli
assegnò per abitazione l'isola di
Langò, gli die mezzi per vivere, e
chiesa per eseixri larvi il loro rito.
Frattanto Urbano V avendo determi-
nato di restituire a Roma la residen-
za pontificia, nel f 367 partì d'Avi-
gnone, ed approdandoinGe/iòva {Vt*
^i), prese alloggio nel convento de'ca-
valicri gei*osolimitaniy nella cui cbie*
)a8
GER
ta celebrò solennemente la messa
nel dì dell'Ascensione. Le guerre
che tuttora proseguivano tra vari
principi indussero Urbano V a tor-
nare nel 1870 in Avignone, ove
poco dopo morì. Intanto a Rober-
to de Julliac di Linguadoca suc-
cesse nel magistero Giovanni. Fer-
dinando de Heredia gran priore
d'Aragona, già protetto da Inno-
cenzo VI, per cui il gran maestro
mandò ad Avignone tre ambascia-
tori, dichiarando Giovanni suo luo-
gotenente di qua del mare. Grego-
rio XI che successe nel 1374)
die in governo alla religione gero-
solimitana la città di Smirne con
mero e misto impero, e con l'aiu-
to di tremila fiorini d'oro da pa-
garglìsi ogni anno dalla camera
apostolica, sopra le decime del re-
gno di Cipro; ma Tamerlano glie-
la tolse nell'anno iSgg. Dipoi Gre-
gorio XI considerando non essere
Avignone la residenza propria dei
sommi Pontefici, volle definitiva-
mente ristabilire la dimora de' Pa-
pi in Roma; partito da Avignone
nel 1376, a' 12 ottobre s'imbarcò
a Marsiglia accompagnalo da tren-
ta galere. Egli montò sulla capita-
na de' cavalieri di Rodi, al timone
della quale era il gran maestro
Gio. Ferdinando de Heredia, che
colla sua bravura salvò il Papa da
un imminente naufragio sulle coste
di Provenza : per Genova e Livor-
no appi-òdarono a Piombino a ca-
gione della tempesta, e dopo una
continua burrasca per tutta la na-
vigazione giunse Gregorio XI a
Corneto, donde nel gennaio 1877
si rimise in mare sulla capitana
d' Heredia, che per Ostia e pel Te-
Tere condusse il Pontefice a s. Pao-
lo, da dove entrò trion&nte in Ro-
I9ib accolto coi maggiori onoii.
GER
Nell'anno seguente morì, e gfi
successe Urbano VI, contro del qua*
le insorse l'antipapa Clemente VII,
che portandosi cogli scismatici car-
dinali suoi fautorì in Avignone , fu
causa del lungo e lacrimevole sci-
sma che divise i fedeli nell'ubbidien-
za. Ritornando il gran maestro a
Rodi fu preso dai turchi, e con-
dotto prigione a Corinto ove restò
sino al i38i, in cui si restituì a
Rodi, ma dichiarossi per l'antipa-
pa Clemente VII. ' Allora Urbano
VI scomunicò e depose Heredia, e
nominò gran maestro Riccai*do Ca-
raccioli, che fu riconosciuto dalle
lingue d'Italia e d'Inghilterra, non
però dalle altre, né dal convento
di Rodi; indi mon in Roma nel
1 3g5, e fu sepolto fuori la chiesa
del priorato di Roma, mentre in
Avignone nell' anno appresso ter-
minò pure di vivere Heredia, il
quale ebbe a successore . Filiberto
de Naillac o Naiac gran priore di
Aquitania. In Roma però Innocen-
zo VII nominò luogotenente del
magistero fr. Nicolò Orsini priore
di Venezia, dopo la morte di Bar*
tolomeo Carafa nel i4o5, che lo
era. Nel 1397 la religione acqui-
stò da Teodoro Porfirogenita il
despotato di Morea, il capitanato
di Corinto, e la città di Sparta.
Prima di questo tempo e nel 1 384
essendo morto il cardinal di Man-
des, ch'era uno de' quattro protet-
tori della religione presso la santa
Sede, l'ordine elesse in suo luogo
il cardinal Nicolò Brancacci di s.
Maria in Trastevere, con trecento
fioi'ini l'anno di riconoscenza come
era solito, ed il gran maestro de
Heredia, seguace deli' antinapa Cle-
mente VII, gliene fece spedire la
bolla, data in Avignone a' 10 giù*
gno i385; ma dipoi nel 139$ e»*
GER
setklosì li cardinale male diportato
nelle cose della religione, fr. Here?
dia gli ri VOGÒ la bolla del suo pro-
tettorato.
Lo scisma della chiesa veni-
Ta proseguito dal falso Ponte-
fice Benedetto XIII, mentre nella
ubbidienza di Roma era venerato
Gregorio XII. Però alcuni cardina-
li di questi, con quelli dell'antipa-
pa nel 1409 portaronsi a Pisa, ed
ivi convocarono un concilio, per
deporli ambedue, siccome fecero, ed
eleggere un tet*zo. Al concilio, ol-
tre molti prelati, vi si portarono
gli ambasciatori de'princìpij e vi
si condusse il gran maestro Nail-
lac, accompagnato da sei commen-
datori, venendo dal concilio ricevu-
ti onorevolmente. I cardinali delle
due ubbidienze per procedere alia
elezione di un nuovo Pontefice, ai
i5 giugno si rinchiusero in concla-
ve nel palazzo vescovile, affidando-
ne la custodia al gran maestro, ed
a' 25 di detto mese fu eletto Ales-
sandro y, il quale riconobbe Fili-
berto de Naillac solo e legittimo
gran maestro de' cavalieri di san
Giovanni di Gerusalemme, man-
dò un nunzio in Rodi ai luo-
gotente, ed al convento per parte-
cipargli la sua esaltazione al pon-
tificato, dopo di che confermò i
privilegi della religione, e concedet-
te molte indulgenze a quelli che
l'avessero soccorsa. Lusinga vausi i
fedeli di vedere in tal guisa ter-
minato io scisma, ma dovettero ram-
maricarsi di nuovo, mentre in luo-
go d'un solo che si voleva, tre Ponte-
fici ad un tempo rimasero, trattando-
si ciascuno come tale. Anzi morendo
dopo dieci mesi Alessandro V, gli fu
dato a successore Giovanni XXIU.
Ad estinguere il peraiciosissimo tci-
sma fu convocato il concilio di Co-
GER 339
stanza, che riuscì il principale avve-
nimento del secolo XV, coli' inter-
vento di quasi mille padn, divem
sovrani, e gli ambasciatori di tutti
i principi europei. In esso rinun-
ziò Gregorio XII, venne deposto
Giovanni XXIII, degi'adato e sco-
municato Benedetto XIII; quindi
venendosi all'elezione di un nuovo
Papa, furono fatti guardiani del
conclave Lodovico de la Palti ve-
scovo di Morienna, Federico mar-
chese di Brandeburgo, Guglielmo
conte d'Enneberg, Brunoro della
Scala signor di Verona, con altri si-
gnori sino al numero di ventiquattroi
tra'quali il gran maestro Naillac fi-
gurò pel primo, e non partì mai
da questa, custodia, cioè dagli 8
novembre 1417 sino agli 11 di
detto mese in cui restò eletto Mar-
tino y eh' estinse lo scisma.
Siccome per questa elezione, ai car-
dinali furono aggiunti trenta prelati
presi dalle cinque nazioni che forma-
vano l'augusta assemblea, fr.Gualtieri
di Grassis priore della chiesa di s.
Giovanni Gerosolimitano, entrò per
elettore dei nuovo Papa in concia*
ve. L'imperatore Sigismondo che
coi custodi del conclave avea giu-
rato difendere V integrità, appena
eletto Martino V, col volto bagna-
to di lagrime pel primo gli baciò
i piedi ; il secondo fu il gran mae-
stro Naillac. Indi il gran maestro
si occupò degli a&ri del suo ordi-
ne in tutte le provincie d' Eurapa,
e v«i*so il 14^9 presiedette all'as-
semblea de' cavalieri tenuta in An-
cona pei regolamenti disciplinari.
L'ordine ottenne d'introdurre a-
Gerusalemme sei cavalieri esenti:
da qualunque tributo, per ricevere
nella loro casa i propri confratel-
li e ì pellegrini che si portasse-
ro alla visita dei santo sepolcro;
a3o
GER
i medesimi ebbero incarico di occu-
pai-si della redenzione degli schia-
ri, e di migliorare la condizione
de'prigioniéi*i. In pari tempo si
stabilirono dai gerosolimitani dei
consoli in Gerusalemme, in Ales-
sandria d'Egitto, ed in Roma, on-
de proteggere i pellegrini. Nel i4^i
Antonio Fluvian fu esaltato al ma-
gistero dell'ordine con uniformi
silffragi: fece eccellenti regolamenti
Fer la «disciplina dell'ordine, e per
amministrazione delle finanze; mo-
rì nel 1437 ed ebbe a successore
Giovanni deLastiq d'Auvergne. In
questo tempo al procuratore gene-
irale della religione in Roma, che
gvea c[uattrocento ducati annui di
provvisione, il capitolo oltre a tal
somma gli assegnò un ducato al
giorno, con amplissima autorità e
giurisdizione, E qui noteremo che
l'assegno del i4^9 fu di trecento
cinquanta ducati papali d'oro, con
«condizione che dovesse abitare ca-
sa decente, e tenere almeno quat-
tro cavalli.
Essendo gran maestro Giovanni
i» Lastic, il sultano di Egitto
si propose di cacciar da Rodi i ca-
valieri, presentandosi avanti l'iso-
la con una flotta a' 25 settembre
del i44<'« nsa con bella difesa fu
respinto. Allora il gran maestro si
rivolse a domandar soccorso ai prìn-
(BÌpi europei, ed a mezzo del com-
mendatore d'Aubusson, ottenne da
Carlo VII re di Francia trecento-
mila f|*anchi. Nel i446 dodici mi-
la turchi con numerosa flotta, for-
marono nell'agosto l'assedio della
capitale dell' isola , e dopo aver
sofferto molte perdite, si ritira-
i»no; il consiglio deU' ordine per o-
|iorai-e la saggezza ed il valore del
gi-an maestro, gli accordò una più am-
pl^ laiti^ndine nell' eserdzio del po«
^GER
tere, e l'investì d'una specie di dit-
tatura. Eugenio IV, successore di
Martino V, a difesa dell'isola di
Rodi contro le violenze de'tuixhi,
gli mandò alcune galere armate,
indi approvò l'elezione di fr. Gio-
vanni Morelli priore della chiesa
in arcivescovo di Rodi, conforme
al privilegio che godeva nomi nato
dal capitolo generale. Dipoi fu sta-
tuito che del metropolitano greco
di Rodi appartenesse la nomina
al gran maestro, da confermai*si dal-
l'arcivescovo di Rodi latino, qual
delegato della Sede apostolica. 11 giu-
ramento che il metropolitano greco
di Rodi faceva al latino^ si legge
nel Bosio, Istoria t. I, par. H, p.
277. Indi Nicolò Va' 29 di luglio
144? nominò Andrea arcivescovo
di Nicosia, legato apostolico nell'i-
sola di Rodi, per restaurare la di-
sciplina ecclesiastica. Dipoi a' 4 ot^
tobre 14S0 scrisse al gran maestro
Lastic, che nel toraare dall'oriente
r armata vincitrice d' Alfonso V
re di Aragona, andata a combatte-
tte i saraceni, se approdasse all'i-
sola di Rodi la ricevesse ospital-
mente. Due giorni dopo Nicolò V
concesse al medesimo Alfonso V
l'isola di Castel-Rosso appartenente
all'ordine gerosolimitano, ma spes-
so rovinata dai turchi e saraceni,
imponendo al re la condizione di
fabbricarvi una fortezza, per pro-
pugnacolo contro i nemici del no-
me cristiano. Mal volentieri soffrì
r ordine siffatta donazione, a cui il
Pontefice a' 6 ottobre approvò |e
costituzioni, e poscia proibì ai co-
mandanti di Alfonso V di fabbri-
care nell'isola, prendendo i cavalie-
ri la cura di rìstaurarla e fortifi-
carla.
Con dolore del Pontefice Nicolò
V ài 29 maggio i453 Maometto U
CEtt
imperatore de'turchi prese Costanti-
nopoli, e s' impadronì dell'impero
d'oriente, per lo che il gi^an mae-
stro in nome della cristianità in-
TÌò il commendatore d' Àubusson a
i^clamare ai soprani d'Europa a-
iuti contro la formidabile potenza
ottomana, giacché allora i cavalieri
divennero più che mai il baloardo
della cristianità. Nel i4^4 Giacomo
de Milly fu eletto in gran maestro
per morte del gran maestro Lastic,
il quale, come osserva il Bosio, ' fu
propriamente il primo gttin maestro
che comunemente fu da tutti chia-
mato grande. Papa Calisto IH spedì
in oriente un'armata di sedici gale-
re, sotto il comando del prode cardi-
nale Scara mpì, che fece alcune con-
quiste, e difese l'isola di Rodi. Al-
tra ne mandò sotto il comando di
Pietro arcivescovo di Tarragona,
capitano generale delle galere pon-
tificie, ch'entralo nel porto dì Ro-
di colla sua flotta si fece impresta-
l'è una somma dal gran maestro
onde pagare i soldi. Pio 11 premu-
i*oso anch' egli di abbattere l'orgo-
glio del nemico de' fedeli, istituì
r ordine militare di s. Maria di
Betlemme, acciò come i cavalieri di
Rodi facesse scorrerie sui turchi,
e difendesse l'isole del mare Egeo;
indi nel i4^9 ^^^ congresso di
Mantova deliberò la guerra contro
gli ottomani, per la quale l'ordine
gerosolimitano promise concorrervi.
Ma nell'atto che il Papa partiva
alla testa d'una crociata navale, mo-
rì in Ancona.
Sotto il gran maestro Giacomo
de Milly la peste fece strage nel-
l'isola di Rodi, ove accolse in a«
£Ìlo rinfelice regina di Cipro Car-
lotta di Lusignano, detronizzata
dal suo fratello naturale Giacomo
II) ma i veneti che dato ayeano
GER 23f
in isposa a questo principe Cateri-
na Cornaro, per acquistar pretesti
a dilatare i domini! della repub-
blica, n'ebbero rancore. Indi essen-
do avvenuto poco dopo per parte
de'cavalieri la rappresaglia di due
galere veneziane cariche di merci
pei saraceni, mentre il sultano di
Egitto riteneva prigione contro il
diritto delle genti 1' ambasciatore
dell' ordine, e taluni i*odiani ; la
flotta veneta operò un'ostile di-
scesa nell'isola di Rodi, e la stra*
gè ed il saccheggio ne' luoghi a-
perti ne furono la conseguenza. &
seguì poscia uno stretto blocco, e
minacciò la città, ma in pieno
consiglio j sebbene molti fossei*o
d'avviso di sfidare in quell'incon-
tro la veneta potenza, prevalse l'o*
pinione di acquistare la pace col-
la restituzione de' pochi saraceni
prigionieri. Prima di questi avve-
nimenti il gran maestro Pietro
Raimondo Zacosta, eletto nell'ago-
sto i46i, pel primo ottenne il ti-
tolo di eccellentissimo, indi essendo
eletto il nuovo Papa col nome di
Paolo li, da Rodi furono mandati
cinque ambasciatori gran croci ia
Roma per rendere la. solita obbe-
dienza al novello Pontefice , nella
persona dell'ammiraglio fr. Sergio
Seripando luogotenente del graa
maestro in Italia^ fr. Gio. Battista
Orsini gran priore di Roma, fr*
Antonio di Fastobaldi priore di Pi-
sa, fr. Pietro Cases priore di Mes*
Sina, e fr. Cencio Orsino bah di
Venosa, e con essi fu deputato fn
Melchiorre Bandini procuratore ge-
nerale nella corte di Roma, per#
che dovesse Bure la solita orazione.
Giunti gli ambasciatori in dettQ
città, fecero l' entrata solenne, fu-
ix)no con ogni onore ricevuti, e vi
morì fr. Sergio nel i465, che con
a3'
GER
grande onorificenza fu sepolto Aio-
ri della chiesa del priorato sul
monte A Tentino^ accanto al gran,
maestro fr. Riccardo Caracciolo, in
un sepolcro di marmo, rappresen-
tante il defunto una statua giacente
col manto.
In progresso di tempo mentre
le dissensioni interne dell' ordine
presero un carattere grave, per cui
Paolo II nell'anno i^Sy convo-
cò in Roma, nel palazzo vatica-
no, un capitolo generale composto
di pia di cento dignitari, e pre-
sieduto dallo stesso Pontefice, onde
discutervi le accuse fatte contro il
gran maestro, il quale però fece
tiùonfare la sua innocenza. >AIloi*a
il Papa lo ricolmò di onori, ed
essendo morto in Roma, con gran
pompa lo fece tumulare nella ba-
silica Taticana, dinanzi la cappella
di s. Gregorio Papa. Il Bosio, che
tutto descrive colla nota accuratez-
za, riporta le particolarità dell'a-
pertura del capitolo generale, ove
il Papa sedette in trono ip mezzo
a cinque cardinali; cinque prelati
deputati sederono sopra il terzo
gradino del trono a sinistra, e a
destila il gran maestro, e i capito-
lanti su di alcuni sgabelli bassi in-
torno. La rinunzia poi delle di-
gnità. Paolo II la ricevette vestito
pontificalmente alla presenza di tut-
to il sacro collegio, nella cappella
maggiore del palazzo vaticano. Di-
poi e sotto gli occhi di Paolo II,
a'4 mano 1467 fu eletto in Ro-
ma in gran maestro Gio. Battista
Oi^sini ramano, gran priore di Ro-
ma, che subito recandosi a Rodi
si preparò a difendersi dai turchi
con nuove fortificazioni, e con tra
torri che fece costruire. Morì nel
1476, e fu tumulato nella chiesa
dell'ospedale, e gli successe Pietro
QER
d'Aubusson. Nel i479 ^^^ luogo:
l'unione alla, religione gerosolimi-
tana, di quella del santo Sepolcro, e »
dell'altra di s. Lazzaro di Betlem
e Nazaret, chiamata pure gei*osoli«
mitana. A Paolo li successe Sisto
IV, e come il predecessore rivol-
gendo le sue cure a reprimere la
crescente potenza ottomana, nomi-,
nò cinque legati a diversi principi
d'Europa per eccitarli alla guerra
contro il comune nemipo, e dichia-
rò il cardinal Caraffa comandante,
della flotta, che prese e saccheggiò
Smirne. Sotto Sisto IV il duca di
Milano ottenne da lui che la com- ^
menda di Milano fosse priorato, e
capo della religione in Lombardia.
Nel 1480 il terribile Maometto II,
che si qualificava espugnatore di due
imperi, di dodici regni, e di due-
cento città, adontato che i cava-
lieri di Rodi ricusassero pagargli,
un tributo, e profittando della di-
scordia de'principi cristiani che Si-
sto IV inutilmente procurò paci-
ficare, si propose di sottometterli,
ed annientare la religione gerosoli-
mitana. L' irruzione fu tremenda^
giacché i turchi da lui mandati
nell'isola, posto piede a terra, pre- .
sero posizione nella collina di s.
Stefano, ed intimarono alla città,
d'arrendersi. Quindi ebbero luogo
sanguinosi fatti d'armi, ed il tra*,
di mento del generale Paleologo, e
del comandante del genio; qualche
galera napolitana eseguì alcuna van-
taggiosa diversione , ma di poco
momento. Tuttavolta bastò per tre
mesi il valore del gran maestro
Pietro d'Aubusson, e de'cavalieri a
difendere Rodi da s\ feroce nemi-
co, di gran lunga superiore alle
loro forze, il perché la liberazione
fu attribuita a celeste prodigio,
onde il gran maestro che avea ri-
GER
portato cinque ferite, per gratitu-
dine ali' invocato patrocinio della
Beata Vergine gli eresse una ma-
gnifica cappella o chiesa sotto il
titolo di Madonna della Vittoria'.
A'26 luglio fu data una fiera bat-
taglia che durò due ore, onde
i turchi furono costretti a cedere,
e ad abbandonarsi a precipito-
sa fuga , con grave loro pei*dita.
11 pascià turco partì con vergogna-,
laonde Maometto 11 meditava a-
spra vendetta, e ne dava fi:equen-
ti contrassegni con inviar corsari
a danneggiar le coste, e ad infe-
stare i mari; decise finalmente di'
andare in persona con duecento
galere, e trecentomila armati al-
lassalto, ma la morte di Mao-
metto 11 per fortuna de'rodiani il
prevenne, ed il solo pensiero di
tale intrapresa fu creduto l'elogio
migliore che si potesse iscrivere
sulla sua tomba: Mens crai expu-
gnare Rodhum, bellare superbam
Italiani.
1 suoi due figliuoli Baiazet-
te li , e Zizimo si disputaro-
no il trono ottomano, sostenuti
ambedue da un partito: prevalse
il primo, ed il secondo si rifugiò
a Bodi, onde l'avveduto gran mae-
stro, dopo breve asilo conceduto
per umanità e per politica procurò
che seguissero degli accordi, previo
il consenso della santa Sede, e dei
principi cristiani, tra Baiazette II,
e la religione gerosolimitana, cui
per sempre più impegnarla a cu-
stodirgli il temuto fratello, gli do-
nò la mano di s. Giovanni Batti-
sta, che i turchi riconoscevano per
profeta, , uomo giusto e santo. I-
noltre Baiazette 11 si obbligò pa-
gare quarantacinquemila ducati d'o-
ro alla religione; ed il gran mae-
8to dispose a maggior cautela nel :
GER a33
1481; che accompaglnato dai ca-
valieri e da Blanchefòii^ fosse tra-
sferito Zizimo in Francia, anco per
contentare quel principe, in una
commenda posta nel confine del
Poitou, sotto la guardia del com-*
menda tore de Bourgneuf, finché il
re Carlo Vili ad istanza^ del graa
maestro lo mandò al Papa Inno-
cenzo Vili,- che lo avea desidera-
to, perché lo custodisse. Baiazette
Il per tal custodia assegnò al Pon-
tefice quarantamila ducati d' oro
all'anno, e gli mandò in dono la
preziosa reliquia della sacra lan-
cia che trafisse il costato di Gesti
Cristo. Innocenzo Vili grato alla
religione gerosolimitana per tali
vantaggi, con bolla concistoriale
gli concesse il privilegio che né
egli né i suoi successori giammai
conferirebbero i beni dell'ordine ia
qualsivoglia modo vacanti, ed a-
bilttò il priore della chiesa dell'or-
dine ad assolvere i religiosi da
qualunque caso riservato. Questo
contegno del gran maestro pro-
curò air ordine una temporanea
pace coi turchi e cogli egiziani,
ch'erano i due possenti nemici, i
quali centra questo baloardo della
cristianità alternavano le percosse.
Nel solenne possesso che Inno-
cenzo Vili prese della basilica late-
ranense, nella solenne cavalcata in-,
ter venne l'oratore e procuratore
dell'ordine in Roma, come riporta
il Cancellieri a pag. 47 àtW^ Sta"
Ha depossessL » Turchopellerius
Rhodianus, magni magistri ordir
nis s. Job. Hierosoiymitani orator,
in armis , ut alii quatuor . prae-.
dicti ( fra i quali il procuratore
teutonico) supravestem babens de
taflèta rubeo cum cruce alba per
medium, ante, et retro, po^'tans
vexillum ordinis praedicti, yideli-
^34 GE&
cet toturn rubeum cum magna
ci'uoe alba per medium , equura
bardatum equitans ; supravestem
ex simili taffetà cum a'uce baben-
lem, apud se habens quatuor fa-
miliares pedestres mantelliais debuc-
caocino rubeo cum cruce alba ante,
et retro indutos". Quegli amba-
sciatori che si portarono in Roma
all'ubbidienza d'Innocenzo Vili gli
presentarono un ricco baiaselo, mol-
ti aix>mi, ed un Taso pieno di bal-
samo puro. Dipoi il Papa mandò
a Rodi uno stendardo con l'imma-
gine del ss. Crocefisso arricchito di
indulgenze. Volendo Innocenzo Vili
premiare lo zelo, il valore e la
pietà del gran maestro d'Aubusson
chiamato il Salvatore di Rodt^ per
ricompensai*e i servigi da lui resi
alla santa Sede, e tra gli altri per
avergli rimesso Zizimo , impegna-
lo il sultano di Egitto a col legar «
si coi principi cristiani, ed anche
per. le premure del re Luigi XII,
lo creò cardinale dell' ordine dei
diaconi, e tre anni dopo lo pubblicò
nel concistoro de' 1 4 marzo 1489,
assegnandogli per diaconia la chie-
sa di s. Adriano. Inoltre lo dichiarò
legato a latere di tutta 1' Asia , e
per singoiar distinzione gli mandò
per un ambasciatore a Rodi il cap-
pello cardinalizio , che fu da lui
ricevuto con solenne pompa nel
tempio di s. Giovanni Battista del
CoUacchio della città di Rodi, nel-
la festa dei ss. apostoli Pietro e
Paolo, figurando questo gi'an mae-
stro egregiamente si da prelato come
da eroe pel novero delle sue pre-
clare virtù, e luminose azioni. 11
medesimo Innocenzo VIH confermò
la riunione all'ordine gerosolimita-
no del due ordini del santo Sepol-
cro, e di s. Lazzaro di Gerusalem-
me. Qui però noteremo che di-
GER
poi, nel 1 573, seguì Tunioiie delle
due milizie di s. Maurizio e di s.
Lazzaro, per accordo stabilito tra
Emanuele Filiberto duca di Sa-
voia, e Giannotto Castiglione graa
maestro della i*eligione di s. Laz-
zaro, col consenso ed approvazione
del Papa, intitolandosi il duca graa
maestro dell' una e dell' altra re-
ligione^ e quindi volendo egli ri-
cuperare tutti i beni della religio-
ne di s. Lazzaro, l'ordine gerosoli-
mitano fu disturbato possedendo-
ne buona parte, per l'unione fatta
da Innocenzo Vili; ma l'unione
tra le religioni di s. Maurizio e
di s. Lazzaro fu rivocata da s. Pio
V. In quanto al titolo di gi*au
maestro del santo Sepolcro, con-
fermato al gran maestro di Malta
dai Papi, nel consiglio del 1616
fu stabilito che il gran maestro
dovesse usarlo.
Eletto Alessandro Vf^ fra gli
ambasciatori che la religione spe-
di pei* rendergli ubbidienza , vi
fu l'arcivescovo di Rodi. Dipoi il
soldano d' Egitto mandò un am-
basciatore al Papa ad insinuazio-
ne del gran maestro per far lega
contro i turchi, per cui Inno-
cenzo Vili spedì al soldano per
nunzio o ambasciatore Filippo de
Ganouii, ma si regolò con poca av-
vedutezza. Ad Innocenzo VII! nei
1492 successe Alessandro VI Bor-
gia, che sino dal i483 era protet-
tore della religione. Nel i5oi A-
lessandro VI pubblicò una lega
contro i turchi , ed in concistoro
croò suo legato e comandante del-
l'esercito cristiano il cardinale gran
maestro di Rodi; ma le divisioni
dei sovrani non effettuarono l'im-
presa. Nel i5o3, mentre reggeva
1' isola di Rodi il cardinal gran
maestro d'Aubusson^ a' 9 gennaio
GER
fu proclamato il decreto che or-
dinò a tutti gli ebrei ivi stanziati
di partirne, ed imbarcarsi dentro
quaranta giorni per Nizza, senza
potersi fermare in altri luoghi del
Levante^ e permettendo soltanto
di vendere in quei perentorio ter-
mine i loro beni sotto pena di
confisca . Lo stesso decreto of-
frì piena libertà a tutti quelli
che abbracciassero la religione cri-
stiana » e fondandosi sullo stato
di servitti degli ebrei, che ritene-
va privi della patria potestà, co-
mandò amministrarsi agi' infanti
il battesimo, malgrado la ripugnan-
za de*genitori; ma i teologi fecero ri-
chiamare quest'ultima disposizione,
e la sola espulsione ebbe luogo
per tutti gl'israeliti. Questo gran
maestro fece fare un reliquiario,
o tabernacolo d' oro con perle e
gioie^ per ri porvi la mano di s.
Giovanni Battista» che, secondo l'i-
storia riportata dal Bosio, s. Luca
evangelista tolse dal braccio de-
stro nella città di Sebaste, e la por-
tò in Antiochia, da dove il diacono
Giob la prese per donarla all'im-
peratore Costantino 11, il quale la
collocò nella chiesa di s. Giovan-
ni di Pietra in Costantinopoli, e
dipoi da Baiazette II, come dicem-
mo, fu regalata al medesimo gran
maestro d'Aubusson.
Afflitto il cardinal gran maestro
d' Aubusson , che la stabilita cro-
ciata, con grave danno dell'Euro-
pa non si effettuava, morì a' 1 3 lu-
glio i5o3 coi gloriosi nomi di
scudo della Chiesa^ e di liberatore
della crisdanitày di anni ottanta,
Ebbe sepoltura nella chiesa di s,
Gio. Battista di Rodi, dove per
ordine del capitolo tenutosi dopo
la sua morte, gli fu innalzato un
sontuoso mausoleo^ in cui furono
GER i35
elegantemente scolpite le più illu-
stri azioni di sua vita. 11 Ciacco-
nio descrive minutamente la pom-
pa del solenne funerale che gli fu
celebrato. Il maestro di casa del
cardinal gran maestro, fr. Deside-
rio di Santa Jalla, ruppe il suo
bastone sopra la di lui sepoltura,
ed il cavallerizzo fr. Diego Suarez
spezzò su di essa gli speroni. Gli suc-
cesse nel magistero Emerico d'Am-
bolse, il quale ebbe in dono dal re di
Francia un pezzo della vera cro-
ce, e la spada di s. Luigi IX. E-
merico continuò la difesa dell'isola
di Rodi; morì nel i5i2, ed ebbe
a successori Guy de Blanchefort;
nel 1 5 1 3 Fabrizio del Carretto li-
gure, che fece alleanza col re di
Persia contro Selim I imperatore
de' turchi, e terminò di vivere a' io
gennaio i52i, essendo il quaran-
tesimo secondo gran maestro. Que-
sto' gran maestro essendo nel i5i2
procuratore generale della religio-*
ne in Roma, fu deputato dal con-
vento di Roma luogotenente e ca*
pitano delle guardie del concilio
generale lateranense V, adunato da
Giulio 11, il quale avea richiesto
all'ordine che a' cavalieri di Rodi
ne affidasse la custodia. 11 gran
priore di Francia fr. Filippo de
Villiers-l'Isle-Adam a' 22 gennaio
i52i fu eletto gran maestro del-
l'ordine^ mentre Solimano lì im-
peratore de' turchi faceva prepa-
rativi per impadronirsi dell' isola
di Rodi, per liberare con religiosa
guerra da ogni ostacolo la via ma-'
inttima delia Mecca, ov' è il corpo
di Maometto il sedicente profeta.
Nel recarsi il nuovo gran maestro
a Rodi si occupò delle fortifica-
zioni, delle provvigioni^ e della di-^
fesa dell' isola.
I^d i522 Solimano II fece parti^
!i36 GER
re per Rodi duecentomila o trecento*,
mila combattenti, altri dicono qua-
rantamila, oltre sessantamila servia-
ni e yallachi, con quattrocento basti*
menti di difièrenti grandezze; questi
entrarono nel porto, quelli si spar-
sero per r isola : può datasi che il
numero maggiore sia quello dei
turchi impiegati nei lungo assedio,
ed il minore quello che operò il
primo sbarco. La guarnigione dei
cavalieri componevasi di circa cin-
quemila soldati delle vane lingue
deir ordine. Le priine operazioni
de' turchi furono lente, e la difesa
degli assediati valorosa ; ma so-
praggiunto in Rodi Solimauo li,
ispirò coraggio alle sue truppe.
Ni un soccorso apparve per parte
de' principi cristiani, sebbene all'im-
presa eccitati; ed il Papa Adriano
VI mandò ai cavalieri tre navi
ben provvedute, ma ritardate dai
venti contrari. Però il suo stoi^co
e ^migliare Ortiz afferma che non
spedì verun soccorso, e di ciò lo
scusa con divei*se ragioni , essendo
esausto il tesoro pontificio per le
precedenti guerre di Leone X. In
quattro assalti generali Toste ne-
mica fu respinta col piò sangui-
noso macello; ed uno strale scoc-
cato privò di un occhio il co-
mandante del genio, il valorosis*
Simo e prode fr. Gabriele Tadino
di Martinengo, ch'era accorso da
Candia. Quando i turchi erano qua-
si disposti a levare l'assedio, per
la brava e vigorosa resistenza dei
cavalieri, il cancelliere dell'ordine
Andrea d'Amarai portoghese, irri-
tato nell'ambizione per essergli sta-
to preferito nel gran magistero fr.
Filippo, avendo detto ch'egli sareb-
be stato l'ultimo cui Rodi preste-
rebbe ubbidienza , per mezzo di
un servo che lanciava le. lettere
GER
con uria balestra nel campo otto^.
mano, avvisò i turchi del Usogno
estremo in cui si trovava la piaz-
za. Questo bastò perchè Solimano
II si ostinasse a debellarla : la brec-
cia era aperta per ogni lato, l'inon-
dazione de' furenti turchi era pros-
sima, allorché dopo sei mesi d'as-
sedio si concluse un momentaneo
armistizio. Volevasi tentai*e di per*,
suadere Solimano II a rispettai^ i
trattati di Baiazette li, ma quello
montò in gran furore, giacché no-
vantamila turchi erano periti quan-
do si ordinò l'estremo assalto. la
questo frangente il gran maestro
fece spiegare la bandiera di pace,
e fu consentita onorevole capito-,
lazione con vantaggiose condizioni
a' 20 dicembre.
• Vennero guarentite le chiese cat-
toliche, vietato il rapimento dei.
fanciulli per farli giannizzeri, con-
ceduta la libertà al cattolico culto,
esentati i cattolici rodiani da tri-,
buto per cinque anni, dato il per-,
messo di emigrare alle famiglie con
le loro proprietà nel termine d'un
triennio, accordati dodici giorni al
gran maestro, ed ai cavalieri e re-
ligiosi dell'ordine per prepararsi
alla partenza, ed apprestate delle
navi turche, ove le rodiane non
bastassero, per trasferire gli assenti
sino a Candia, in un cogli effetti,
e coU'artiglierìa del navile di Ro-
di. 11 sultano entrò in Rodi trìon-
fante nel giorno del santo Natale.
Intanto furono consegnate a Soli-
mano II le isole minori, fu allai'ga*'
to il campo turco, si diedero ven-
ticinque cavalieri in ostaggio, ed
altrettanti cittadini, mentre un ca-
pitano turco, con quattrocento gian-
nizzeri dovea prendere il possesso
della città. In questo tempo giun-.
se un corpo di quindicimila gian«;
OER
nizzeri asiatici indisciplinati,* il qua-i
le incidente dinoostrò con quanto
senno erasi* accelerata la conclu-
sione del trattato. L'animo grande
di Solimano II si manifestò nel ri*
cevimento del gran maestro, a cui
diresse parole di conforto e di lo-
de, e nel dargli comiato si rivolse
a' suoi capitani, e disse che il con-
tento della conseguita Tittoria era-
gli amareggiato per la umiliazione
di cavalieri sì valorosi. II traditore
Amarai voleva pur presentarsi al
sultano, ma questi gli fece dire
scheraosamente, che volendosi egli
Testii*e con pelle mussulmana, do-^
Tea della pelle crìstiana prima di*
spogliarsi ; uè bene comprendendo
egli il senso delle parole, glielo fe-
ce intendere coli' ordine dato, che
fosse subito scorticato vivo. Altri
narrano che l'Amarai, già era sta-
t^ punito col servitore dal gran
maestro, decapitato e squartato. Ma
i giannìzzeri nel quinto giorno do-
po la capitolazione, rotto ogni fre^
no penetrarono disordinatamente in
Rodi, ove commisero violenze, sac^
cheggi, ed altre iniquità, e nou
tardarono a convertire in moschee
i migliori templi.
Nel primo giorno deli' anno
i523 partì il gran maestro con
cinquemila de' suoi , che felice-*
mente con cinquanta bastimenti
approdarono all'isola di Candia,
portando seco le reliquie che pos-
sedeva r ordine , cioè una parte
della vera croce, la sacra spina^
la mano destra e parte del capo
di s. Gio. Battista^ il corpo di s.
Eufemia, ed altre sagre ed insigni
reliquie. In tal modo l'ordine per-
de la nobile isola e città di Rodi,
chiamata lo scudo ed il bastione
della repubblica cristiana. Poco do-
po partirono tutti i latini col loro
CER i37
arcivescovo di Rodi, de' quali So-
limano li dimostrava diffidare, ac-
cordando ai soli greci orientali il
suo patrocinio; ed il corsaro Gur-
togli venne creato governatore di
Rodi. L'infelice Amurat figliuolo
di Zizirao, eh' educato nella crìstia-
na religione viveva occulto in Ro-
di con la famiglia, fu fatalmente
riconosci uto, e confessando la fède
peri strangolato - co' suoi figli, ri-
serbandosi le sue femmine per Vha^
rem del sultano. Nello spazio di
duecento tredici anni, diecìnove gran
maestri esercitarono in Rodi il so-
vrano dominio. La storia di que-'
sta guerra, e delle cose che la se-
guirono fu scritta in latino da Gia-
como Fontana, che allora era giu-
dice delle appellazioni in Rodi, e
si legge nello Scardio, Oper. Histor.
delle guerre di Rodi tom. II ; in fran-
cese dal cavaliere fr. Giacomo di
Borbon, soldato valoroso nella stes-
sa guerra, e da Paolo Boìssat. Si
ha pure, De bello Rliodio (an.
i5aa) Clementi FU dedicati y Ro-
mae i5i\ dello stesso Giacomo
Fontana. Del medesimo abbiamo,
Della guerra di Rodiy descrizione
deW isola di Malta concèssa ai
cavalieri di Rodi, dettata da Gio.
Quintino, con un commentario del'
tisoUtj e dell'ordine de^ cavalieri^
scritto ^ da Adamo Teodorio, tra-
duzione del Sansovino, Venezia
1545. Il Bosio ne tratta al tom.
Ili, lib. 18, ig, 10 della Storia
della religione di Malta. Gugliel-
mo Gaoursin nel i536 pubblicò in
Ulma, Descriptio obsidionis urbis
Rhodiae a Mahometo 11^ an. i53o.
Goronelli e Parisotti, Y Isola di
Rodi geografica y storica^ antica e
moderna^ colle altre adiacenti^ già
possedute dai cavalieri di s. GiO'
vanni di Gerusalemme^ lom. V
238 GER
òeW Arcipelago, Venezia 1688 e
i6g5.
Il gran maestro co' cavalieri pas«
so il resto dell' inverno a Candia,
allora dei veneziani , quindi fece
Tela col suo navilio per l' Italia ,
quando i venti contrari l'obbliga*
rono a riparare in Messina, dove
trovò cavalieri di differenti lingue
ch'erano diretti a Rodi con prov-
vigioni da guerra, cui il gran mae-
stro fece prendere i loro ranghi
nell'ordine. La peste obbligò i ca-
valieri a stabilirsi presso il golfo
di Baia e le rovine di Cuma in
un campo, per salvarsi dal conta-
gio. Intanto il gran maestro de Vii-
liers impaziente di conoscere le in-
tenzioni della santa Sede riguardo
all'ordine, appena la stagione il per-
mise, ricominciò la navigazione, e
prese porto a Civitavecchia con,
tutti i suoi bastimenti. Facevano
principale e numerosa parte del
seguito gl'isolani rodiani che pre-
ferirono al giogo turchesco seguir
la .sorte de' cavalieri , i quali in
questo tempo pellegrinavano vestiti
a lutto, veleggiando con galere co-
perte di nere gramaglie. Adriano
VI lo fece incontrare dalle sue ga-
lere, e rendergli tutti gli onori in
Civitavecchia, facendo sapere al gran
inaestro che dovesse riguardarla
come propria. Quindi il gran mae<^
stro fece sapere al Pontefice Adria-
no VI il suo arrivo, e gli diman-
dò udienza ; ma il Papa che a' 5
agosto voleva pubblicare la lega
Gonchìusa con Carlo V imperatore
contro la Francia, nella basilica di
s. Maria Maggiore, nò piacendogli
che vi fosse pi*esente il gran mae-
stro, ordinò che si provvedesse di
tutte le cose necessarie, volle che
il suo maestro di casa Diego ve-
scovo di Cuenca lo visitasse , ma
GER
gli fece rispondere che si tratte^
nesse a Civitavecchia sino al ter-
mine dei calori estivi. Questi pas-
sati, il gran maestra ottenne il per-
messo di recarsi in Roma, laonde
pel Tevere sbarcò a s. Paolo li 3 e
agosto: ivi pernottò, e nel giorno
seguente fece la sua entrata nella
città, essendo incontrato dalle fa-
miglie de' cardinali. Con decorosa
cavalcata si portò al Vaticano, ove
Adriano VI gli aveva fatto prepa-
rare l'alloggio. Indi fu ricevuto
dal Papa con tutti i riguardi do-
vuti al suo valore, alle sue disgra-
zie, ed alla benemerenza dell'oixli-
ne colla cristianità. Il Papa lo ri-
cevette in una sala alla presenza di
molti cardinali, l'incontrò per al-
cuni passi, e lo salutò gran cam-
pione di Cristo, e fortissimo difen-
sore della fede cattolica, facendolo
sedere tra i cardinali. Poco dopo
a' i4 settembre i523 la morte
troncò la vita ad Adriano VI, sen-
za eh' egli potesse realizzare le pro-
messe di protezione fatte all'ordi-
ne. Nel primo ottobre trentatre
caixlinali entrarono in conclave, la
custodia del quale fu affidata al
gran maestro Villiers-risle-Adam
ed a' suoi cavalieri, concedendogli
il sacro collegio suprema autorità
sopra tutti gli altri corpi del sacro
palazzo. A tale efiètto il gran mae-
stro, oltre i soldati della guardia
ordinaria del Papa, cioè i caval-
leggieri e gli svizzeri, coi denari della
camera apostolica assoldò duemila
fanti, a cagione delle guerre d'Ita-
lia, e de' tumulti della sede va-
cante. Il gran maestro finché dorò
il conclave fece continuamente cu-
stodire la porta dai cavalieri ar-
mati, con le loi^o sopravveste mili-
tari di seta vermiglia, con le croci
bianche sopra ; e con gran tripu*
GEH
dio della religione gerosolimitana
quindi a' i8, novembre fu eletto
Papa il cardinal Giulio de' Medici
fiorentino I che prese il nome di
Clemente VII, il primo tra i ro*
mani Pontefici, che all'ordine ge-
rosolimitano appartenesse.
Giulio de' Medici d'anni dieciotto
érasi arruolato tra i cavalieri di Ro-
di, tra 'quali fece professione e diven-
ne priore di Capua. Giulio II nel
iS IO lo avea fatto arcivescovo
d'Ambrun, e Leone X suo cugino
nel prendere il solenne possesso fu
corteggialo da Giulio, che monta-
to sopra un bel cavallo, e vestito di
bianche armi, con sopravveste rossa,
portò lo stendardo o vessillo della
sacra religione gerosolimitana , nel
luogo ^secondo il costume più ono-
rato, Scendo qual sostituto le veci
del procuratore gerosolimitano. Nel
medesimo giorno Leone X fece il
cugino Giulio arcÌTescovo della co-
mune patria, ed a' i4 dicembre
1 5 1 3 lo creò cardinale, e poscia ven^
ne fatto protettore dell'ordine gè-*
rosoli mitano. Il gran maesti*o come
custode del conclave essendo stato il
primo ad aprirlo, fu pure il primo a
baciare al nuovo Papa il piede,
-venendo ricevuto con amorevoli ab-
bracciamenti, ed insieme ai cardi-
nali ringraziato per la diligenza e
prudenza con cui erasi diportato nella
custodia del conclave. 11 grau mae^
stro accompagnò Clemente VII alla
basìlica vaticana nella sua corona*
zione, e poi fece altrettanto nella
cavalcata che fece il Papa al La-
terano pel possesso,, nel quale fu
dato il più onorato luogo allo sten*
dardo gerosolimitano, portato dal
priore di Capua fr. Giuliano Ri-
dolfi, come ambasciatore e procu-
ratore generale dell'ordine in Ro-
ma. A consiglio del Papa, la re*
GER a39
ligione dichiarò suo protettore presso
la santa Sede il cardinal Alessandro
Cesarini. Dipoi a' 1 8 dicembre e in
pubblico concistoro Clemente VII,
alla presenza del sacro collegio e
di lutti gli ambasciatori, ammise
all'ubbidienza il gran maestro con
tutti i priori, bafi , commendatori
e cavalieri , facendo V orazione fr.
Tommaso Guicardo rodioto. Nelle
feste del seguente Natale, il Papa
fece assegnare al gran maestro per
posto in cappella, per evitare di-
versi puntigli, di seder solo nel pri-
mo gradino dal lato desti'o del so-
glio pontificio, che allora era il luo-
go più onorato e degno. Veramente
secondo l'antico uso il gran mae^
stro dovea sedere dopo il primo
cardinale diacono , come principe ,
primo barone e conservatore della
regia corona del regno gerosolimi-
tano, despota di Morea, principe
d'Acaia per l'acquisto che ne aveat
fatta la religione, di Coinnto, di
Sparta, e signore di Rodi che fu
ne' tempi antichi potente e famo-
sa repubblica. Devesi però osser-
vare che mentre i principi assisten-
ti al soglio dovevano restare sem-*
pre in piedi, al gran maestro fu
concesso sedere quando i cardinali
sedevano ; mentre l' incenso e la
pace gli fu data dopo gli arcivesco-
vi assistenti al soglio, e prima del
governatore di Roma TÌcecamer-
lengo. Recandosi poi il Papa tu
cappella, o per la città, fu stabilito
che il gran maestro dovesse pre-*
cederlo. Clemente VII si mostra
impegnatissimo pel suo ordine, che
riguardò quale una seconda sua ca^
sa, e gli assegnò per residenza la
città di Fiterbo {Fedi)^ con la sua
rocca in imprestito , con^ mero e
misto impero, ove furono i gran
dignitari accolti amorerolmente è
s4o OER
con disliDzìokie dal vesooTO cardi-
nal Egidio Canisio : furono ricettati
in diversi luoghi col saci*o con*
Tento, e presero in affitto la chie*
sa de' ss. Faustino e Giovita, dove
restarono più di quattr anni in prov*
visoria stanza, ivi continuando il
gran maestro come a Rodi a servire
tredici poveri a mensa, in onore di
Gesù Cristo e degli apostoli. Altra
parte deir errante milizia, e de'ro-
diani che in numero di circa quat-
tromila combattenti li avevano se-
guiti , senza contare i vecchi , le
donne e i fanciulli, coi loro navi-
gli restarono in ritiro nel porto di
Villa -Franca, asilo benignamente
concessogli dal pio Carlo IH duca
di Savoia, acciocohé fossera in si-
tuazione più opportuna per nego-
tiare coir imperatoi*e Carlo V, coi
re di Francia e dMtghilterra, e con
altri principi potenti, onde li for-
nissero di mezzi atti a sorprendei*e
Rodi, nella qual .città avevano fe-
deli intelligenze per ricuperare il
perduto dominio.
Ma per le guerre e disastri so-
pravvenuti a cagione delle discordie
de' principi della cristianità , del-
la pngionia di Clemente VII, e fu-
nesto saccheggio di Roma, vani
tornarono i desideri de' cavalieri, e
ne pei'dettero ogni speranza, per la
persuasione che sebbene riacquista-
ta, non potrebbe l'isola di Rodi
conservarsi contro le forze ottoma-
ne. E da notarsi, che quando Cle*
niente VII si trovò nel 1527 as-
sediato in Castel s. Angelo, rispet-
tando la saggia neutralità che i
cavalieri di Rodi avevano sempre
usata nelle diffisrenze tra prìncipi
cristiani, ciò die costantemente con-
tinuarono ad osservare anche dipoi,
si fece un riguardo di profittare del-
la loro vicinanza in Viterbo, onde
GER
essere aiutato in tanto grave duo,
€ solo ricevette alcune polveri e
munizioni per la difesa di Castel
s. Angelo. Da questo luogo Cle-
mente VII scrìsse un breve al gran
maestro, acciò consegnasse la roc-
ca di Viterbo al cardinal di s. Vi-
to legato del Patrimonio, ciò che
subito fu eseguito. Fino da quan-
do i gerosolimitani erano in Pale-
stina, si guardarono dì prender
parte per alcun prìncipe cristiano
a danno di altro, perchè le loro
leggi e professione glielo vietavano,
non dovendo impiegar le armi e
le proprìe foi-ze se non che con>
tro gl'infedeli in protezione ed au-
mento della santa fede, e per di-
fesa loro propria. Il contestabile
poi di Borbone, comandante dell'ar-
mata contro Roma, non solo scris-
se a Viterbo al gran maestro, che
non avrebbe a suo riguardo mole-
stato la città, ma efifettuò puntual-
mente la promessa. Coltivando l'or-
dine l'idea deir impresa di Rodi,
col sacro convento nell'istesso an-
no i527 si portò a Cometo, che
per la peste dovette abbandonare,
passando con annuenza del suddetto
Carlo III in Villafranca, o v'erano
le sue milizie ed i seguaci rodioti;
indi si trasferirono a Nizza, ove re-
starono sino al 1 529, passando per
un tempo anche ad Augusta di Si-
cilia. Fr. Antonio Bosio cameriere
segreto favorito di Clemente VII,
da lui fatto gran. croce dell'ordine
col baliaggio di s. Stefano, à espo-
se a molti perìcoli in recarsi a Ro*
di per annodare' le segrete intelli-
genze, e prendere ragguagli dai rì-
masti amici sullo stato delle cose.
Venuto l'ordine in chiaro, dopo
circa sei anni di trattative, essere
inutile qualunque tentativo, ed an-
che il tenere più a lungo, sotto k
GER
li i soldati, o i fedeli ramroin-
ghi seguaci, di necessità prese altre
risoluzioni, e cercò altra più sicura
e certa stanza. Fu perciò risoluto
nel generale capitolo o consiglio dei
cavalieri, che sarebbe a proposito
e di sicurezza loro ridursi all'isola
di Malta [Fedi)^ già chiesta da
essi in dono ali' imperatore Carlo
y, quando pure viveva il di lui
maestro Adriano VI; poscia anco-
ra ridomandata per le fervide i-
stanze di Clemente VII, a cui era
tanto a cuore il ben essere e sta*
bile collocamento della religione
gerosolimitana, che servigi impor-
tanti avea resi in tanti secoli al
cristianesimo; e così trovare buon
mezzo di metterla in istato di con-
tinuare a farsi forte contro i ne-
mici della fede. L' ultimo negoziato
che da Carlo V nel i53o fu con*
eluso in Bologna, dopo esservi sta-
to solennemente coronato da Cle-
mente VII, fu appunto il dono che
egli fece d'uno stato indipendente
e decoroso alla sacra militare reli-
gione, qual era l'isola di Maltai
parte integrante del regno di Si-
cilia.
Per conciliare in bene tale ne-
gozio ed indurre l'imperatore a
donare ai cavalieri l'isola di Mal-
ta, furono inviati a Bologna due
di essi de'più rispettabili ed influenti
alla causa loro, cioè il nominato
Bosio, e Luigi Tinta villa. Ambedue
si presentarono a Clemente VII con
lettere credenziali, e con ampia fa-
coltà di trattare in nome della mi-
litare religione quanto fosse utile e
decoroso in tale emergenza. Il per-
chè i due cavalieri in unione ad
altri compagni residenti in Bolo-
gna, o provenienti dalle vicinanze,
supplicarono il Papa a volersi de-
gnare colla valevole sua mediazione
V04. XXIX.
GER 24i
di passare officio favorevole a prò
della religione ix>diana all'impera-
tore Carlo V per l'adempimento di
loro brame; e che nel concedere
il possesso dell' isola si piacesse quel
monarca farne atto di dono in
perpetuo e libero, con mero e mi-
sto impero^ senza riservarsi egli
giurisdizione alcuna, come a di-
re appellazioni o altro inerente
al $uo ceduto dominio. Il Pontefi-
ce volentieri s'interpose col massi-
mo impegno: mediante i suoi mi-
nistri fece introduri^e i due cavalie-
ri nella corte Cesarea per le relati-
ve pratiche, specialmente con il car-
dinal Galtinara gran cancelliere
dell'imperatore, che avea il nipote
Signorino cavaliere gerosolimitano;
perchè si trovasse modo certo di
venir a capo con qualche trattato
e conclusioue, onde fare risolvere
l'imperatore ad accordare il do-
mandato, anche pel riflesso che in
tal modo si metterebbe al coperto
il regno di Sicilia dai turchi. Otte-
nuta che fu tale risoluzione dal bea
disposto animo di Carlo V, per un
diploma imperiale con pubblico atto
dato in Castello Franco die XXIII
mensis maitii i53o, fu dichiarato
che l'augusto Carlo V donava li--
beramente alla religione dell' ordine
militare di s. Giovanni l'isola di
Malta e Gozo, con Tripoli di Bar-
baria, e prescriveva che per siffat-
to dono i cavalieri gerosolimitani
dovessero obbligarsi, in annuo tri-
buto, mandare un uccello falcone o
sparviero al viceré di Sicilia , ed
aver obbligo di prender nuova in-
vestitura, con giuramento di noa
tollerare mai che si facesse alcun
danno ai regni e stati del re di
Sicilia ; e perciò cacciare qualunque^
vassallo siciliano si fosse renduto-
colpevole di delitto capitale, ed asH
i6
2Ì2 GER
cbt maDdare al medesimo viceré i
rìcoooseiuti rei di lesa maestà o in-
colpati di eresia. Il falcone non nella
fesUi di f. Giovanni, o d'Ognissanti
ti offiÌTa, come scrissero alcuni,' ma
tibbene quando tornava più como-
do all'ordine, e quasi* sempre nella
buona stagione, in cui erano solite
le galere a navigare. Inoltre venne
dichiarato che il vescovo di Malta
rimaner dovesse in giuspatronato
all'imperatore, ed ai futuri sovra-
ni di Sicilia , nominando però il
sacro militai*e ordine tre religiosi
tuoi in ogni caso di vacanza, dei
quali almeno uno fosse scelto dai
vassalli di sua maestà; che il piit
idoneo eleggerebbe, e darebbegli la
gran croce, con titolo, voto, pre-
minenza, e luogo tra i bai li vi. Per
ultimo che l'ammiraglio di essi ca-
valieri, o chi di loro avesse a sos-
tenei*e il grado dell'ammiragliato,
abbia ad essere persona non sospet«>
la aUa maestà sua, ed ai regnanti
in avvenire di Sicilia. I cavalieri
becero molti tentativi per rifiutare
Trìpoli, città conquistata da Carlo
V, che ai cavalieri la rinunziava,
perché siccome sagace prevedeva
non poter egli possederla, per esse-
re quella città difficile a conservar-
si contro gli sforzi de'mori e barba-
reschi.
Stabilite essendo queste condì zio-*
ni con iscrittura, restava a fissarsi
dall'imperatore il giorno di sotto-
scriverla, e i due prenominati ca-
valieri, che quali mandatari della
religione gerosolimitana s' erano a-
doperati e furono presenti all'atto
della donazione, non mancarono to-
tto di avvertire il gran maestro de
Villiers, affinchè da lui fosse con-
vocato il generale capitolo o consi-
glio per accettare ordinatamente
quell'atto, ed approvare le ingiunte
GER
condizioni; avvisando di quanto £à*
vore era stato al buon esito delle
cose loro il sommo Pontefice, che
era dispostissimo a confermare con
sua bolla l'imperiale sanzionata in*
vestitura. Il gran maestro pure fece
alcune difficoltà di accettai*e Tripoli^
essendogli stato offerto Rodi da Ach-
met genero di Solimano II, colla
condizione che non dovesse essere
soggetto all'Egitto: il gran maestro
avea fiuto anche delle pratiche per
occupare Modone nella Morea, od
ottenere dalla repubblica di Venezia
qualche isola del mare Ionio ; tutta-
volta la convenzione con Carlo V fu
segnata a'aS aprile dal gi*an maestro
e dai primari dell' ordine, dopo es-
sersi superata la qnistione sul gius di
battere moneta ali' ordine, e consul-
tati i principi cristiani, nelle terre
de' quali l'ordine aveva delle pò»*
sessioni. L'ordine in tutti i luoghi
ov'era stato, avea sempre battuto
moneta, e siccome il priore d' Ale-
magna per ragione dello stato che
in essa godeva, era principe dell'im-
pero con la prerogativa di battere
moneta con particolare tua zecca,
tanto maggiormente doveva conser-
vai*si al gran maestro ed al supre-
mo convento della religione simile
autorità, già confermata dal Papa
Clemente VII.
In tal modo Malta venne in-
nalzata a nuovi e pi il alti de-
stini , accogliendo ì difensori del-
la cristianità, i quali però pi^ote-
starono che se Rodi si fosse ricu-
perato, ivi si dovrebbe ristabilire
la residenza principale dell'ordine.
Partendo Carlo V da Bologna si
fermò a Castel-Franco nel Bologne-
se, ove nel memorato giorno sotto-
scrisse e sigillò il diploma imperia-
le della cessione d'i IVtalta, Gozo, e
Tripoli all'ordine gerosolimitano, ^
GER
txHDpi mento della donazione fatta
in Bologna. Vedi la Bulla Ckmen*
iis Pont Max. FU (quae continet)
Confinnatio infeudadonis insutanim
Tripolis^ Meìitae^ et terme Gandi-
sii a Carolo romanorum impera»
tare, hospitali s. Joannis Hieroso»
fymitani concessurum, Datum Ro-
inae apud s. Petrum anno iSSo,
kal. mail, presso il Bulk Rem,
tom. IV, par. I, pag. go e seg. Il
gran maesti*o inviò alcuni commis-
sari a Malta per pi^nderne con le
sue adiacenze, con Gozo e Corni-
no il possesso, ripararne le forti-
ficazioni, non che i bastimenti che
vi dovevano trasportare l'ordine.
Veggasi V Orath coram Clemente
VII prò Hierosolymitana religione^
Romae 1 534, di Tommaso Guicher-
do. Candidati alla nuova sede ve-
scovile di Malta si presentarono
monsignor Tommaso Bosio, e mon-
signor Girolamo Ghinucci sanese,
mentre Carlo Y propose il reverèn-
do Baldassare Waltkirk consigliere
e cancelliere imperiale. Aveva il
gran maestro presentato all' impe-
ratore ti*e soggetti, tra' quali il Bo-
sio cavaliere gerosolimitano, perchè
a seconda de' patti scegliesse chi
credeva per vescovo di Malta; ma
avendo Carlo V lasciato trascorrere
alla nomina il tempo assegnato al-
le canoniche leggi. Clemente VII
nominò Ghinucci , il quale dopo
diuturna lite, ad insinuazione di
Paolo III che lo ci*eò cardinale,
per mezzo di rispettosa lettera ri-
mise r affare all' arbitrio dell'impe-
ratore, che con beneplacito aposto-
lico assegnò al cardinale una pen-
sione di novemila lire sulla men-
sa episcopale di Malta, e in questa
maniera neil' anno i536 il Bo-
sio ottenne le bolle pel vescovato,
prese padfico possesso, e divenne
GER 243
il primo vescovo di Malta dopo lo
stabilimento in essa dell'ordine ge-
rosolimitano.
Fr. Filippo de Villiers-l'IsIe-Àdam
dopo l'accettazione di Malta, per
essa s'imbarcò co' suoi cavalieri, t
suo consiglio, e partendo da Sarai*
gozza ove risiedeva col sacro con-
vento, vi giunse a' 26 ottobre dello
stesso anno, prese formalmente pos*
sesso dell' Isola, e da quel tempo i
cavalieri di Rodi chiamaronsi cavà-^
Iteri di Malta f e l'ordine reUgionà
di Malta, cosi il gran maestro fìl
detto di Malta. Nel i533 fr. Filip-
po adunò il capitolo generale per la
revisione degli antichi statuti, che
furono corretti ed ampliati secondo
i bisogni de' tempi. Nell'istesso an<*
no fu edificata in Malta l'inferme-
ria, dandosi ad essa principio con
solenne pompa ecclesiastica, dappoi-
ché la sacra milizia, siccome or«
dine ospitalario, si gloriò sempre
di particolarmente professare as-
sistenza e cura agl'infermi, rrguais
dandoli come signori e padroni dei
cavalieri; onorandosi eziandio il
gran maestro di non portare alti^
tìtolo, che d'umile maestro dello
spedale di Gerusalemme, e custode
de' poveri di Gesti Cristo. Verso
questo tempo cessò la lingua d' In-
ghilterra, per lo scisma del re En-
rico Vili, che prima come i suoi
pi*edecessori chiamava il gran mae-
stro Eminentissime princeps, con»
sanguiney et amice noster carissime*
Il celebre Barbarossa capo de' cor-
sali africaui sembrava minacciare
Malta con ottantadue galere, ma
il gran maestro si pose in grado
di affrontarlo^ 11 gran mae&tro Vil^
liers carico d'anni e di gloria mo«
ri in Malta a' 22 agosto, e meritò
che gli si scolpisse sulla tomba que^
sto elogio : Hic jacet ì^ictrix Fàr^
a44 GEff
tunae Vtrtus: il di lui luogotenen-
te comandò, sinché non fu eletto
il luogotenente del magistero, sino
air elezione del nuoTo gran mae-
stro. Gli successe Pietro du Pont
nel magistero, sotto il quale si vi-
de verificato quanto i cavalieri ave-
"vano preveduto, cioè dì non poter-
si sostenere in Tripoli senza valide
fortificazioni, e numerosa guarnigio-
ne. Avendo Barba rossa occupato
Tunisi, si rivolse alla conquista di
Trìpoli, e ad onta che il gran mae-
stro vi mandasse molti soccorsi, e
Carlo y avesse radunato una flot-
ta a Cagliari, Barbarossa s'impa-
dronì della città nel i535, sebbene
altri attribuiscono. ta( conquisto al-
l'altro famoso ammiraglio Dragut,
cui la cèdette Gasparo Valier ma-
resciallo dell'ordine per capitolazio-
ne nel i55i. A Du Pont successe
Didier de Saint- Jaille, ch'ebbe a
luogotenente Giacomo de Pelloquin,
e morì nel i536. Nel magistero
di fr. Giovanni d'Omeda, di lui
successore^ i cavalieri nel i54i pre-
sero parte nella spedizione della
flotta di Carlo V contro Algerì,
ma a danno dell'ordine ai nemici
si congiunsero le tempeste, e la
spedizione ebbe infelice esito.
L'anno segueiite avendo Paolo
III fiitto lega coir imperatore contro
i turchi, e fatto istanza alla religio-
ne di mandar le sue galere per u-
nirsi alle pontificie, il gran mae-
stro si scusò perchè con le turche<-
sche andavano unite le francesi, os-
servando così la consueta neutralità
che per tutti i titoli conveniva ad
un ordine religioso che solo guer^
reggiava coi nemici del nome cri-
stiano, ed anco perchè composto di
tante nazioni. Quando Paolo III si
portò a Nizza per abboccai*si con
l'imperatore^ navigò sulle galere
GER
gerosolimitane. Ranuccio Farnese
nipote di Paolo III, priore di Ve-
nezia, fu fatto ambasciatore della
religione in Roma; si mostrò buo-
nissimo i*eligioso, onde lo zio gli
conferì pure il prìorato di Pisa, e
lo a*eò cardinale. Nel \5£fi l'im-
peratore Carlo y nella dieta di
Ratisbona accordò la dignità di
principe del sacro rom9no impero
al gran priore dell'ordine di Mal-
ta in Alemagna. Nei i553 fu ele-
vato in Malta al gran magistero
Claudio de la Sangle ambasciatore
dell'ordine prèsso la santa Sede
mentre trovavasi in Roma, onde
notificò subito la sua esaltazione al
Papa Giulio III, a mezzo di fr.
Pietro del Monte castellano di Ca-
stel s. Angelo, e cugino del Ponte-
fice. Nella sera ed in quella seguen-
te in detto castello, in segno d'al-
legrezza furono fatti molti fuochi
artificiali, con girandola, e sparo
di tutte le artiglierie. Il nuovo gran
maestro abitando nell'antica casa
della religione posta nel rione di
s. Eustachio, fra la dogana vecchia
e la Minerva dietro la Rotonda, non
cambiò abitazione, servendosi però
di due o tre altre case contigue,
rompendo il muro di comunicazio-
ne, ed ove ricevette le visite dei
cardinali, di tutti gli ambasciatori,
de'prelati, dèlia romana nobiltà, ec.
Agli 1 1 ottobre in cavalcata si con-
dusse da Giulio III, il quale lo ri-
cevette in concistoro segreto, facen-
do l'orazione il commendatore fr.
Antonio Geuflfrè. Rispose all' orazio-
ne obbedienziale monsignor Paob
Sadoieto vescovo di Carpentrasso.
Il Papa fece rimanere seco a pran-
zo il gran maestro, insieme a mol-
ti cardinali, e gli concesse molte
grazie e privilegi. Portatosi a Mal-
ta il gran maestroi dovette so&ire
GER
le conseguenze di alcUne dissensio-
ni, ma per la sua saggezza flo-
rido e pacifico divenne il suo go-
Terno.
In questo tempo guerreggiando
l'imperatore ed il re di Francia,
concessero il privilegio di neutra-
lità alla religione. Sotto il gran mae-
stro la Sangle l'ordine proseguì
la guerra contro i turchi, e con-
tro il corsara Dragut, che con Si-
nan pascià aveva tentato nel i55i
d'impadronirsi di Malta, occupando
l'isola di Gozo. Dopo essere pas-
sato per tutte le dignità dell' or-
dine, con unanime consenso fu
creato nel 1 557 8^*^^ maestro Gio-
vanni de la Vallette-Parisot, per-
sonaggio chiaro per virtil, pru-
denza e coraggio, che ottenne da
Cosimo I duca di Toscana nel
i563 la conferma de'privilegi che
godeva l'ordine ne'suoi stati. Sot-
to di lui , e nel i562 essendo
insorta in Roma questione di pre-
cedenza tra r ambasciatore della
città di Bologna, ed il gerosolimi-
tano. Pio IV testimonio della pre-
tensione ordina che l'ambasciatore
dell' ordine prec^diesse quello di
Bologna, ciò che intese con piace-
re la Vallette. L' ambasciatore poi
della religione al concilio di Tren-
to, essendo frate cappellano e sacer-
dote, prese luogo fra gli amba-
sciatori de' princìpi ecclesiastici. Il
concilio non alterò né gli statuti,
ne le consuetudini, ne i privilegi.
Solo restrinse quelli circa la cura
dell'anime e l'amministrazione dei
sagramenti ; ed il cardinal di Lo-
rena pronunziò un'orazione in lo-
de della religione, che la dichiarò
tra le militari la più utile, neces-
saria e benemerita. Alla morte di
Carlo V, la religione gli fece ce-
lebrare in Malta solenni funerali.
GER 20
Avendo la Vallette in meno di
cinque anni preso ai turchi cin-
quanta vascelli, irritò talmente So-
limano lì, che profittando delle
rivoluzioni e guerre cagionate in
Europa dall' eresia luterana, inviò
all'assedio di Malta il pascià di
Buda Mustafà, il piti sperimentato
de'suoi pascià, con Dragut , Lou-
chiali, e Piali ammiraglio o capi-
tano pascià. Nel i565 parti la
flotta turca per impadronirsi del-
l'isola, compo'sta di cento cinquan-
ta vascelli, e di trentamila uomi-
ni, numero che altri accrescono
come quello de' vascelli; e sbarcan-
do avanti il forte di s. Elmo a'20
maggio, strinsero l'isola di assedio
per quattro mesi, ne'quali i cava-
lieri fecero prodigi di valore. Stan-
do sommamente a cuore del Pon-
tefice Pio IV la conservazione di
Malta nelle mani dell'ordine ge-
rosolimitano , indusse Filippo II
re di Spagna e di Sicilia a spedire
da questa in aiuto de'cavalieri un
corpo di seimila soldati comanda-
ti dal viceré Garzia di Toledo;
laonde con questo rinforzo il ge-
nerale Mustafà fu costretto abban-
donare l'impresa, dopo avervi per-
duto il corsaro Dragut, trentamila
combattenti, ottomila marinari, e
gettate indarno settant^otto mila
palle di grosso calibro. L' ordine
decretò che in ogni anno in tutte
le chiese della religione si dovesse
celebrare solennemente la festa del-
la Natività di Maria Vergine, con
commemorazione della liberazione
di Malta dall'assedio, e che in que-
sta città si dassero sei doti ad al-
trettante povere vergini.
Affinché poi Filippo II potesse
mantenere settanta galere armate
contro il comune nemico, Pio IV
gli concesse settantaniila ducati d'o-;
346 G£A
ro sopra i benefizi ecclesiastici di
Spagna; e per soccorrere l'impera-
tore Ferdinando I contro gli stessi
turchi, impose il Papa sopra i di
lui sudditi un tributo di quattro*
centomila scudi d oro; quindi inviò
a Malta per la sua restaurazione
Francesco Laparelli da Cortona,
celebre ingegnere. Lo stesso Pio
IV concesse all'ordine un giubileo
amplissimo con indulgenza piena*
ria, a tutti quelli che avessero con-
tiibuito alla fabbrica della nuova
città che si proponeva di edifica-
re ti gran maestro, che prese po-
scia il suo nome. Il giubileo fu
pubblicato in molte delle princi<
pali città d'Italia, e se ne ricava*
fono copiose somme di denaro:
4ipoi fu ptx)rogato e confermato
dal di lui suooessoi'e, in modo che
furono sospese le indulgenze solite
del venerdì santo, e sabbato santo.
Dopo la liberazione di Malta Pio
IV rese a Dio pubbliche e solenni
azioni di grazia , ìndi fece sapet*e
al gran maestro che in rimunera-
zione de' grandi suoi meriti lo vo-
leva creare cardinale: la Vallette
si mostrò commosso da tanta de-
gnazione, ma supplicò di essere di*
apensato siccome invecchiato nelle
armi, pregando invece vivanoente
Pio IV a voler conferire tal di-
gnità al suo fratello vescovo di
Vabres, che allora trovavasi in Ro-
ma; ma quando ivi giunse tal n-
sposta il Papa ei*a già morto.
Nella più deplorabile miseria rì-
mase l'isola di Malta per il sofferto
assedio; a questa rovina si aggiunge-
va ne' cavalieri il certo timore che
Solimano I( piombasse vendicativo
9u di lora in persona e con nuo-
ya flotta che stava apparecchian-
do, per lo che pensavano di ab-
bandonai^ risola, unico propugna-
G£R
colo deli'ltaha contro gì' infedeli,
e trasferirsi in Sicilia. Al nuovo
Pontefice s. Pio V tali notizie riu-
scirono di somma afflizione, e per
levare al gran maestro il pensiero
della ritirata, gli spedì subito tre*
mila bravi soldati a sue spese, più
quindicimila scudi d'oro con pro-
messa di pagargliene altri trenta-
cinquemila in rate nel periodo
di sette mesi, autorizzando gli ar-
tisti a lavorare anche nelle feste.
A maggiormente animare il gran
maestro, nel breve che gl'indirizsò
a'22 marzo dell'anno i566 pro-
testò il Papa che non avrebbe
risparmiato il proprio sangue per
l'onore di Dio, e per la conserva-
zione de' cavalieri in Malta. Nello
stesso tempo propose amplissime
indulgenze ai fedeli die aiutassero
l'ordine gerosolimitano, sia col pre-
gare Dio di sua protezione, sia con
oblazioni di denaro, laonde rìcavò
somme considerabili a di lui van-
taggio dalla Francia e dall'Italia,
alle quali il generoso e zelante
Pontefice ne aggiunse altra di
quarantaquat tremi la scudi d' oro,
raccolti dalle qciolte imposte su al-
cuni ministri della camera aposto-
lica, per averne con frode am-
ministrate le rendite; indi ve ne
aggiunse altri quindicimila ricavati
dal prezzo di tante gioie vendute.
Permise ai cavalieri di prendere
sopra i fondi delle loro commende
di Francia e di Spagna l' impre-
stito di centocinquantamila scudi
d'oro; impose tre decime sul clero
di Napoli, dalle quali si ebbero
trentadtie mila scudi, e colla spe-
dizione di diversi nunzi implorò
il soccorso degli altri principi, col
quale in un alle summentovattf
somme, fu dato principio a' a8
marzo 1 566 alla iàbbrica della'
GER
nuova cittìi, che dal cognome del
gran maestro che in tal giorno
pose la prìma pietia , e yì ^ttò
medaglie d'oro e d'argento coU'e-
pigrafe Melila yenascens^ si di5se
por Valletta ^ e riuscì la fortezza
meglio fortificata dell'Europa.
Intanto mentre Solimano II asse-
diava Sighet ai confini della Croazia,
mori a'4 setterabi^ i566. Il gran
maestro pel primo ne spedì la no-
tizia a s. Pio V, e questi la fece
sapere subito all' imperatore. Nei-
l'anno seguente essendosi l'isola dì
Corsica ribellata ai genovesi, i cor^
si sì volevano sottoporre al domi-
nio dell' órdine geixisolimitano , il
quale per consiglio del Papa si ri-
cusò di accettare. 11 gran maestro
nel i567 per l'ambaciatore Cam-
biano donò a s. Pio V diverse
cose, massime un orologio in forma
di sontuoso tempio, cbe sonaVa le
ore italiane , mostrava le ore pia»
netarie, il corso della luna, le fe-
ste immobili dell'anno, con molte
statue, che al suonar delle ore di-
cevano bellissimi movioienti ; laon<-
de riuscì al Papa gratissimo. Per
le bencQiei'enze di questo ordine
con la cristianità, i cavariei'i aveva-
no ottenuto singolarissimi privilegi
dai sommi Pontefici, fra' quali Leop
ne X, Clemente VII, Paolo IH
e Paolo IV, il perchè s* Pio V,
volendo beneficare anco con essi
il cospicuo ordine, coli' autorità
della costituzione Etsi ciincta^ ema-
nata a' 19 novembre i568, gli con-
fermò tutte le grazie e preroga-
tive che godeva, e principalmente
l'esenzione dalle decime, die fece
comune ai loro famigliari, vassal-
li e coloni, così d'ogni altro grat
vame o pagamento, dichiarando
il Papa nello stesso tempo, che i
vescovi non avevano alcun diritto
OER a47
di recare su di ciò molestia veru-
na ai cavalieri sul pi^lesto del
contenuto dei decreti del concilio
di Trento, sess. XXIII, cap. XVIII,
a' quali bisognando, volle a. Pio Y
che s* intendesse derogato. F. Vin-
cenzo Castellani, Historia de bello
MeUtenfi^ Pisauri i566; e Pietro
Gentile Vendome, Istoria di Mal"
ta^ e successo della guerra tra i
cavalieri e Solimano sultano^ con
la descrizione deli* isola ec., Ro-
ma i565, e Bologna i566. Gio.
Antonio Viperano nel 1567 stam-
pò in Peiugia, De bello Melitensi
ìnstoria.
Il gran maestro la Vallette non
cori'ispose con la dovuta ricoao6oen*>
za ai tanti magnanimi benefizi fat-
ti da s. Pio V all'ordine equestre.
Aveva il Papa fatto Gamet*lengo il
nipote cardinal Michele Bonelii pro-
tettore dell'ordine di Malta presso
la Sede apostolica, quindi a di lui
insinuazione rinunziò la carica di
camerlengo al cardinal Coitiaro, per
settantamila scudi, che dal Pontefi-
ce furono impiegati nella guerra con-
tro i tui'chi ; ed in ricompensa al
degno nipote, a. Pio V gli conferì
l'abbazia di s. Michele di Chiusi, ed
in commenda il priorato delia reli^
gione di Malta in Roma, vacato per
morte del cardinal Salviati, che
l'avea conseguito da Clemente VIL
Per tal collazione, che sembra set
guita nel 1 568, il gran maestro a*
vanzò al Papa le sue querele, come
scrive il p. Tournon nel tom. IV
degli Uomini illustri dell'ordine dei
predicatori a p. 702, al quale eri;i
appartenuto il Pontefice ed il ni-
pote, dicendo die la santa Sede si
attribuiva una nomina che npn gli
spettava, giacché anche Leone X
aveà ciò praticato. Il cardinal Bo^
nelli con la stessa fiicilità con cui
348 GER
rinunziato aveva l'importante cari*
c^ di camerlengo di santa romana
Chiesa, era dispostissimo a cedere il
priorato ; e forse s. Pio V vi sareb-
be condisceso, se Cambiano amba-
sciatore di Malta in Roma, poco con-
tento di aver parlato più alto di
quello che conveniva, non avesse
avuto anche l'imprudenza di spar-
gere per Roma le lettere poco mi-
surate, che riceveva dal gran mae-
6ti*o. Allora s. Pio V giustamente
sdegnato cacciò dalla città Tamba-
sciatore, che non osando ritornare
a Malta, si ritirò nelle sue terre di
Piemonte; ed il gran maestro fu pre-
so da tal malinconia che colpito da un
accidente mentre recavasi ad udire
la messa nella cappella magisti*aie,
morì a' 2 1 agosto, col soprannome
di padre de* soldati: gli successe nel
magistero Pietro del Monte de Gui-
dalotti prìore di Capua, il cui zio
fu Giulio HI.
Questo gran maestro nell' an-
no 1571 voleva rinunziare alla di-
gnità, ma il Papa gli scrisse una let-
tera di proprio pugno consolando-
lo, ed esortandolo virilmente a per-
severare nel grado in cui Dio Tavea
posto. Quindi il medesimo Papa, ad
onta de' memorati affronti, noìi la-
sciò di aiutare e soccorrere quest' or-
dine contro gli sforzi del comune ne-
mico; e nel 1 Sj i stesso, per diverti-
re le forze turchesche che ne me-
ditavano la distruzione, dichiarò il
cardinal Bonelli legato a latere, per
conchiudere Talleanza della santa
Sede, con la Spagna e con la re-
pubblica di Venezia, ch'ebbe per
conseguenza la strepitosa battaglia
navale di Lepanto con danno . im-
menso de' turchi : la flotta spagnuo-
la fu comandata da d. Giovanni
d'Austria figlio naturale di Carlo
V, e perciò fratello natuialc di Fi«
GER
lippo IT, e cavaliere gerosolimitano,
il cui ordine ingrossò le sue galere
con quel numero che gli sommi-
nistrò, e molti cavalieri si distinse-
ro per il loro valore e bravura.
Nel 1572 fu eletto gran maesti*o
Giovanni l'Evéque de la Cassiere,
cui nel consiglio di stato fu con-
ceduto il principato dell'isola di Mal-
ta e di Gdzo, nella forma usata col
suo predecessore, con tutte le giu-
risdizioni ed emolumenti: sotto di
questo gran maestro molti principi
si attribuirono il diritto di nominare
i gran priori ne' loro stati. Egual-
mente sotto il di lui magistero fu
stabilito in Malta il tribunale del-
l'inquisizione, per cui la santa Sede
inviò costantemente a Malta sino
al declinar del secolo passato, di-
stinti prelati per inquisitori e visi-
tatori apostolici, per cui reputiamo
opportuno qui riportarne la sene,
coU'anno di loro destinazione, e nu-
mero d'ordine de' sessantadue inqui-
sitori e visitatori apostolici di Malta.
1574. I. Pietro Dozzina bresciano,
primo inquisitore per dispo-
sizione di Gregorio XIII.
1575. II. Piersanti Humani, poi
assessore del s. offizio.
1577. III. Rinaldo Corso di Cor-
reggio, indi vescovo di Stron-
goli.
1579. IV. Domenico Petrucci di
Terni, poi vescovo di Sti'ongoli,
indi di Bisignano.
1 580. y. Federico Cefàlatto, sotto
di cui andò a Malta monsi-
gnor Visconti delegato aposto-
lico per la carcerazione del
gran maestro.
i583. VI. Pier Francesco Costa di
Albegna, fatto successivamen-
te vescovo di Savona da Sisto
V; nunzio di Savoia da Pao-
GER
Io V> e vescovo di sua patria
da Urbano Vili.
i583. VII. Ascanio Liberiani da
Castel-Barchi nella diocesi di
Fano, poi assessore del s. offi-
zio, e da Innocenzo IX fatto
vescovo di Cagli.
1587. VIII. Gio. Battista Pelrala-
ta di Camerino, vescovo di
s. Angelo de' Lombardi, in-
viato da Sisto V, e morto nello
stesso giorno che arrivò a
Malta.
1587. IX. Paolo Bellarditi sicilia-
no di Lentini, poi cameriere
segreto di Gregorio XIV, e
vescovo di Linares.
1590. X. Angelo Gennai fiorentino.
1 5go. XI. Paolo Bellarditi, di nuo-
vo, morto poscia in Malta.
i5q2, XII. Gian Lodovico dell'Ar-
mi bolognese*
i5q5. XIII. Innocenzo del Bufalo,
poi cardinale nel 1604*
1598. XIV. Antonio Ortensi mi-
lanese, poi segretario de' ve-
scovi e regolari. .
1600. XV. Fabrizio Veralli di Co-
ri nobile romano, indi cardi-
naie nel 160 8.
i6o5. XVI. Ettore Diotallevi di
Kimini, poi nunzio in Polo-
nia, vescovo prima di s. Agata
de' goti, poi di Fano.
1607. XVII. Leonardo della Cor-
bara romano.
1608. XVIII. Evangelista Carbo-
nesi bolognese.
1614. XIX. Fabio Delagonessa na-
poletano^ poi consultore del
s. offizio, fatto arcivescovo di
Conza da Gregorio XV, man-
dato in Spagna da Urbano VIII
per datario del cardinal Bar-
berini legato, indi nunzio in
Fiandra, morto patiiai'ca di
Antiochia.
GER 249
16 19. XX. Antonio Torniello dt
Novara, poi vicegerente di Ro-
ma, segretario de' vescovi e
regolari, da Urbano VIII pro-
mosso al vescovato di Novara.
1621. XXI. Paolo Toretto di Par-
ma, da Urbano Vili dichia-
rato arcivescovo di Rossano,
indi collettore degli spogli in
Portogallo.
1623. XXII. Carlo Bovio bologne*
se vescovo di Bagnorea, don-
de Urbano Vili lo trasferì a
Sarsina.
1624- XXIII. Onorato Visconti
milanese, poi governatore del»
la marca d'Ancona, e nunzio
in Polonia.
1627, XXIV. Nicolò Herrera ro-
mano, poscia nunzio di Na-
poli.
i63o. XXV. Lodovico Serristori
fiorentino, poi consultore del
s. offìzio, commissario dell'e-
sercito ecclesiastico, e vescovo
di Cortona.
i63i. XXVI. Martino Alfieri mi-
lanese, poi vescovo d'Isola,
nunzio di Colonia, ed arcive-
scovo di Cosenza.
1634* XXVII. Fabio Chigi sanese,
poi Papa Alessandro VII.
1639. XXVIII. Gio. Battista Gori
Pannilini sanese, poi amba-
sciatore del granduca Ferdi-
nando II al re di Spagna Fi-
lippo IV, e finalmente vesco-
vo di Grosseto.
1646. XXIX. Antonio Pignattelli
napoletano, poi Pontefice In-
nocenzo XII.
1649. XXX. Carlo Cavalletti no-
bile romano, morto in Malta
nel i652 d'anni trentasette.
i653. XXXI. Federico Borromei
milanese, poi cardinale, nel
1670.
25o GER
i655. XXXII. Guido degli Oddi
perugino, poi governatore di
Norcia, ove morì nel 1666.
l658. XXXIII. Girolamo Casana-
ta, poi cai*dinale nel 1673.
i663. XXXIV. Galeazzo Mariscot-
ti romano, poscia cardinale nel
1675.
1667. XXXV. Angelo Reuiuzzì bo-
lognese, poi cardinale nel 1 686.
1668. XXXVL Carlo Bichi sanese,
dipoi cardinale nel 1690.
1670. XXXVII. Giovanni Tempi
iBorentino.
1672. XXXVIII. Ranuccio Palla-
vicini di Parma, poi cardinale
nel 1706.
1677. XXXIX. Ercole Visconti mi-
lanese,: poi nunzio di Firenze,
indi di Colonia, maggiordomo
di Alessandro VIII e di Inno-
cenzo XII, sotto il quale ri-
nunziò e si ritirò a Milano.
1678. XL. Giacomo Cantelmi napo-
letano, poi cardinale nel i6go.
i683. XLI. Innico Caracciolo na-
poletano, poscia cardinale nel
1715.
1686. XLII. Tommaso Vidoni cre-
monese, poi nunzio in Firen-
ze, chierico di camera, indi
rinunziò per ripatriare.
1690. XLI II. Francesco Acquavi*
va napoletano, quindi cardina-
le nel 1706.
1694. XLIV. Tommaso Ruffo na-
poletano, quindi cardinale nel
1706.
1698. XLV. Filiberto Ferreri prin»
cipe di Masserano, poi gover-
natore di Perugia.
1703. XLVI. Giorgio Spinola
genovese, indi cardinale nel
1706. XLVII. Giacomo Caraccio-
lo napoletano, nunzio agli sviz-
zeri nel 17 IO, morto uditore
GER
generale della camera aposto-
li
ica.
17 II. XLVIII. Ranieri Delci sa-
nese, poi cardinale nel 1738.
1718. XLIX. Lazzaro Pallavicini
genovese, poi governatore di
Spoleto e di Ancona, nunzio
di Firenze, poi maestro di ca-
mera di Clemente XII.
1720. L. Antonio Ruffo napoleta-
no, indi cardinale nel 1743.
1728. LI. Fabrizio Serbelloni mi-
lanese, poi cardinale nel 1753.
1731. LII. Gio. Francesco Stop-
pani milanese, indi cardinale
nel 1753.
1735. LUI. Carlo Francesco Du-
rini milanese, poscia cardinale
nel 1753.
1739. LIV. Lodovico Gualtieri di
Oi*vieto, poi cardinale nel 1 759.
1743. LV. Paolo Passione! di Fos-
sombrone, indi vi ce- legato in
Avignone, chierico di camera,
e presidente delle strade, nel-
la qual carica morì.
1754* LVI. Gregorio Salviati fio-
rentino, poi cardinale nel 1777.
1760. LVII. Angelo Durini mila-
nese, indi cardinale nel 1776.
1766. LVIII. Ottavio Manciforte di
Ancona, poi cardinale nel 1777.
1^71. LIX. Antonio Laute roma-
no, da governatore di Bene-
vento &tto inquisitola, poi di
• Macerata, chierico di came-
ra, e presidente della zecca,
cardinale nel 18 17.
1777. LX. Antonio Felice Zonda-
darì sanese, da governatore di
Rieti, e poi di Benevento, fat-
to inquisitore; dipoi nel 1785
fu nunzio di Brusselles , nel
1790 segretario di pi*opagan-
ìa fide^ arcivescovo di Siena,
e cardinale nel 1801.
J785. LXL Filippo Gallerà ti-Scotli
GER
milanese, da ponente di con-
sulta folto inquisitore >, nel
i7g!X nunzio di Firenze, indi
dì Venezia, e nel 1801 cai"-
dinaie.
I79!x. LXII. Giulio Garpegna ro-
mano, da ponente del buon-
governo, fatto da Pio VI in-
quisitore e visitatola aposto-
lico di Malta, da dove parti
nel 1798, poco prìma che fos-
se presa dai francesi.
Nel 1573 nella processione del
Corpus Domini che fece in Roma
Gregorio XIII fu chiamato T am-
basciatore della religione, insieme
con gli altii ambasciatori delle co-
rone, a sostenere una delle quattro
aste del baldacchino, sotto del quale
il Papa portò il ss. Sagràmento,
essendosi riconosciuto ne' diari dei
cerimoniali pontificii, che in tutte
le solennità e funzioni del Ponte-
fice, gli ambasciatori della religio-
ne gerosolimitana erano interve-
nuti co' trattamenti pari agli altin
ambasciatori regi, come di molte
occasioni Giacomo Sosio ne fa te-
stimonianza nella sua istoria. Nel
i577 in Malta 'avvenne Tassassinio
del cavalier Coirea portoghese, ese-
guito da sei cavalierì suoi conna-
zionali, che travestiti s'introdussero
in sua casa. Riconosciuti dipoi, e
consegnati al braccio secolare, furo-
no condannati ad essere chiusi en-
tro d'un sacco, e gittati al mare.
Nel capitolo del 1578 fu stabilito
che i promossi alla dignità di gran
croce, oltre il solito giuramento, do-
vessero fare pubblica professione di
fede, secondo il decretato dal con-
cilio di Trento, ed il breve aposto-
lico emanato dal Pontefice Grego-
rio XIII. Anche la vita del gran
maestro Giovanni TEvèque de la
GER aSt
Cassiere fu in grave pericolo per
una congiui'a ordita nel i58o, e
scoppiata nell'anno seguente contro
di lui in aperta rivolta; la prìnci-
pale causa restò misteriosa, e solo
si narra, che non essendosi regolato
nell'amministrazione della giustizia,
e nelle riforme con le quali volle
reprimere il vivere licenzioso di
molti cavalieri, con quella destrez-
ea e sagaci là, che la qualità degli
affari, e la nobiltà de' sudditi richie-
deva, venne in odio ad una gran
parte dei cavalieri, i quali dopo
molte e segrete conferenze si ri-
solvettero di supplicare il Papa Gi*e-
gorio XIII, perchè attesa l'ottua-
genaria età del gi*an maestro, vo-
lesse creare un luogotenente nel
magistero dell^ ordine. Sembrò al
Pontefice imprudente la domanda,
e ne die costante ripulsa, con dire
che al de la Cassiere non manca-
vano forza e robustezza per fun-
gere H supremo magistero dell'or-
dine. Non passò molto tempo che
i cavalieri malcontenti, con prete-
sto di altii affari convocarono il
consiglio di «tato, dove trovaronsi
molti di loro fazione, che prevalen-
do coi loro voti, dichiararono luo-
gotenente del magistero il guascone
Maturino Leshu detto Romegaf
priore di Tolosa ed Irlanda^ capo
de' congiurati, generale delle galere
e uomo di guerra e di spirito.
Quindi temendo l'impeto del gran
maestro lo arrestarono, e dal pa-
lazzo da lui edificato lo condusse-
ro nel castello denominato s. An-
gelo, destinato pei* carcere dei rei,
ponendolo sotto stretta custodia;
dopo essere stato segno agl'insulti
del popolo, e specialmente delle
prostitute che aveva voluto bandi-
re dall'isola. Il generale delle ga-
lere maltesi Chabrillan sbarcò per
iSa
GER
sostenere il gran maestro, ma il
buon Tecchio lungi dall' eccitar la
guerra civile, volle piuttosto atten-
dere il giudizio del Papa, qual su-
.periore primario dell'ordine. Intan-
to gr insorti spedirono a Roma per
giustificare la loro condotta tre am-
basciatori, Lodovico Saccanvilla fran-
cese, Cosimo de Luna spagnuolo, e
Bernardo Capece italiano ; ed il
gran maestro inviò al Papa per
ambasciatori Francesco de Gusman
$pagnuolo, e Sebascìa francese che
vigorosamente lo difesero contro
le accuse di Romegas e de' suoi
partigiani.
Gi'egorio XIII prontamente spe-
dì colle sue galere a Malta mon-
signor Gaspare Visconti uditore
di rota milanese, con la qualifica
,di nunzio e vicario, apostolico,
a prendere conoscenza dell^affare.
Giunse agli 8 settembre, convocò
r assemblea generale , presentò i
brevi pontificii, che intimarono al
gran maestro ed al luogotenente
di recarsi ai sacri limini degli ai-
postoli. Quindi pose subito in li-
bei*tà la Cassiere, lo restituì al
6U0 palazzo, fece prepai*are quattro
galere, tre pel gran maestro, ed
una per il luogotenente, indi in-
. cominciò a formare di tutto ac-
curato processo. Il gran maestro
partì col seguito di duecento ca-
valieri di tutte le lingue e di-
gnità, e con una comitiva di circa
ottocento persone. Nel viaggio ri-
cevette onori regi, massime in Na«
poli ed in Roma, ove fu incoui-
.trato da ottocento persone a caval-
. lo a guisa di trionfo. Egli co'ca-
valieri e col seguito, alloggiò dal
cardinal Luigi d' Este protettore
della Francia, nel palazzo a Mon-
te Giordano, ove lo trattò splen-
didamente; il suo arrivo in Roma
GER
fu dopo la metà di ottobre, così
quello di Romegas. A'28 di detto
mese, Gregorio XIII alla presenza
di dodici cardinali, ricevette ono-
revolmente ad udienza pubblica
e con benevolenza il gran maestro,
che baciati i di lui piedi fece un
discorso al Papa. Ringraziò Dio di
averlo condotto innanzi al suo vi-
cario, per umiliare la sua riveren-
za . ed ubbidienza, e giustificarsi
dalle false accuse. Chiamò Dio in
testimonio del modo con cui avea
governato l'ordine in un decennio,
e protestò di aver sempre e in
tutte le dignità professata somrais*
sione alili Chiesa ed ai Papi, e fì-
petendo le parole di Simeone:
Nunc dimiitisy ec, dichiarò la sua
indicibile contentezza. Gregorio XIII
lo confortò con assicurarlo di non
credere alle incolpazioni de' nemi-
ci, lo . fece levare in piedi e sede-
re sopra quattro cardinali, secondo
i continuatori del Platina, Il Poz-
zo a p. 201, tom. I della sua i-
storia^ narra che il gran maestro
si portò all' udienza di Gregorio
XIII al Vaticano, con la comitiva
di sessanta carrozze, dopo essere
stato visitato dal - sacro collegio,
dai principi romani, e dagli am-
basciatori residenti in Roma ; es-
sendo incontrato sulla piazza di s.
Pietro da molti personaggi di qua-
lità , e dalla guardia svizzera. E
che il Papa lo fece sedere fra i
cardinali, dandogli il luogo con-
sueto, fra r ultimo prete e il pri-
mo diacono.
Frattanto monsignor Viscon-
ti proseguiva il processo, quan-
do Romegas sopraffatto da me-
stizia non vedendosi in Roma cu-
rato, ne alloggiato da veruno, do-
ve che in altri incontri era sta-
to onorato da ogni ceto di perso-
GER
naggi; quindi obbligato dal Papa
ad umiliarsi a la Cassiere, visitar-
lo, e rìconoscerlo per suo legittimo
superiore, mentre pendeva la con-
troversia, mori di dolore a' 4 no-
vembre, e con pompa funebre fu
seppellito nella chiesa della ss. Tri-
nità de'Monti al Pincio, con epi-
taffio, ed i turchi da luì tante
volte vinti, fecero pubbliche alle*
grezze. Poco dopo assalito il gran
maestro da grave puntura pel trop-
pò sangue cavatogli, terminò di
vivere a' 21 dicembre senza poter
godere del suo ristabilimento. Il
dotto Moreti pronunziò Forazione
funebre nelle solenni esequie, le
quali furono descritte dal Mucan-
KÌo. Il di lai corpo fu portato a
Malta, ed il cuore con onorevole
iscrizione fu deposto nella chiesa
di s. Luigi de' francesi di Roma*
11 prudente Gregorio XIII a prov-
vedere alla fama del defunto la
Cassiere, ed a preservare la religio*
ne di Malta da somiglianti disor-
dini, nel i583 a'3 settembre pub-
blicò una bolla con la quale rein-
tegrò Tonore e l'innocenza del de-
funto gran maestro, e tolse ai ca-
valieri il privilegio, in virtù del
quale pretendevano di potere in
certi casi procedere contro la per-
sona del loro supremo superiore,
come avevano fatto con la Cassie-
re, e molto prima con Yillaret,
dichiarando il Papa nella bolla che
il solo romano Pontefice poteva
nell'avvenire giudicare delle azio-
ni de' gran maestri di Malta.
Gregorio XIII avendo posto fine
alle contese deli' ordine col perdo-
nare i rei de'passati tumulti, e per
evitare qualunque evenienza nell'e-
iezione del nuovo gran maestro^ ad
insinuazione dì Enrico III re di
Francia nominò tre cavalieri per
GER 253
candidati, sui quali l'ordine doves-
se scegliere il gran maestro. Ai
12 gennaio i582 il capitolo pre-
scelse da questa terna fr. Ugo de
Loubens de Yerdalle gran priore
di Tolosa, generale di artiglieria,
e già ambasciatore di Malta in Ro-
ma, che di comun consenso ìh sol-
levato alla dignità di gran mae-
stro. Questo gran maestro intro-
dusse una novità nello stemma
gentilizio, che al solito inquartò
con quello della religione. Dappoi-
ché i suoi predecessori non aven-:
do mai usato portarvi corona al-
cuna di principe, ma solamenter
intorno allo scudo quei pater no-,
ster di corallo, che denotano il
colore ed ordine di religiosa ca-
valleria, come spiega il Pozzo a
p. 219, egli vi fece allora aggiun-
gere una corona all' uso ducale.
Riferisce il Bosio, parte 5, p. 295,
che Yerdalle fu a ciò indotto per
impulso de' consiglieri, allegando
l'espresso comando del Pontefice,
il quale per onorare il defunto la
Cassiere come vero principe e gran
maestro, ordinò al cardinal d*£ste
che ne' panni funebri, nel letto
funebre, e nel deposito, facesse
dipingere, ricamare e scolpire so-
pra le di lui armi la corona di
prìncipe. Dipoi Sisto V per rego-
lare meglio le cose dell'oixiine. Io
chiamò in Roma, ed egli vi sì recò
accompagnato da otto gran croci
e da trecento cavalieri , venendo
ricevuto colle debite onorificenze e
distinzioni nel solenne ingresso che
fece nella città; il Papa lo rice-
vette in pubblico concistoro con
trent'otto cardinali, ove gli baciò
il piede e la mano, e fu da Sisto
Y ammesso all'amplesso, collocando
il cerimoniere il gran maestro nel
solito sito Ha r ultimo cardinale
254' 6^^
prete, ed il primo cardinale dta-
cono. Venne alloggiato nel palaz-
so vaticano, neirappaiiamento a-
bitato dairimperatoi-e Carlo Y, e
da Cosimo I quando s. Pio V lo
coronò granduca. Indi Sisto V,
perchè fosse più rispettato e per
imporre silenzio ai cavalieii mal-
contenti^ nel concistoro de' i8 di-
cembt*e 1587 lo creò cardinale deU
l'ordine de' diaconi, assegnandogli
per diaconia la chiesa di s. Maria
in Portico, non che lo fece pre-
fètto delle pontificie galere.
Ciò non produsse l'effetto che si
tperava, aumentandosi ogni giorno
le verteoze tra lui ed i cavalieri,
anche per aver ridotto a miglior
ibrma gli statuti dell'ordine. Forti-
ficò l'isola di Malta col castello
Bosquet, y' inti^odusse i cappuccini,
ridusse in miglior forma gli statu-
ti dell'oi'dine arricchendoli delle ef-
figie e delle notìzie dei gran mae*
stri ; sotto di lui e nel 1 584 ~ ^^
repubblica di Venezia^ pei* alcune
vertenze, pose il sequestro sopra
tutte le commende dellordine e-
sistenti ne' suoi stati , togliendo il
soldo ai cavalieri ch'erano agli sti*'
pendi della repubblica, diffei*enze
che aggiustò il re di Spagna. In-
oltre il cardinale gran maestro
fece scrivere in italiano la storia
dell' ordine da Jacopo Bosio zio
del celebi*e antiquario Antonio a-
gente in Roma dell'ordine, autore
insigne della Roma sotterranea.
Dopo aver pagato il cardinal gran
maestro Yerdalle duecentomila scu-
di di debito^ fu accusato a Cle-
mente Vili come dilapidatore del
pubblico erario, onde per pur-
gaci di tal nera calunnia, fu ob«-
bligato mandara a Roma il pro-
prio nipote, e pieno di gloria con-
tado ì nemici del nome aistiano
GER
morì nel iSgS a' 12 màggio, alla
Valletta, e fu sepolto in magnifi-
co avello nella chiesa di s. Gio-
vanni Battista. Sotto di lui il ve-
scovo Gargallo stabili i gesuiti
nell'isola di Malta. Indi venne e-
saltato al magistero Martino Gar-
ges d' Aragona , che difese V Un-
gheria dai turchi; mori nel 1601,
e gli successe Alof de Vignacourt
di Picardia , sotto il quale Cle-
mente Vili confermò all' ordine
i suoi privilegi, esortò la religione
a mandar soccorsi all' imperatoi'e,
e cercò di riformare il metodo
dell'elezione del gran maestro. An-
che Enrico IV re di Francia con-
fermò alla religione i privilegi che
godeva nel suo regno, e nel 1612
fece altrettanto Francesco duca di
Mantova, ad esempio del genitore.
Paolo V nel 1606 emanò un bre-
ve per l'osservanza delio statuto
V dell'elezione, cioè che nelle prò*
mozioni a gran croce il merito
prevalesse all'anzianità.
Nel magistero di Wignacourt l'or-
dine nportò bnllanti vantaggi sui
turchi; nel 16 16 ordinò il gran mae*
stro nuove forti fìcazioni a Malta ed
a Gozo, e fece costruire ad uso ro-
mano un magnifico acquedotto per
condurre l' acqua alla nuova città
ossia alla Valletta: difese i pri-
vilegi dell'ordine, che vari principi
volevano deteriorare, ottenne dal-
l'imperatore Ferdinando li il tito-
lo di Altezza serenissima^ la con-
ferma de' privilegi dell'ordine , e
mori nel 1622. Gli successe Lui-
gi Mendes de Vasconcellos porto-
ghese, antico ambasciatore dell'or-
dine in Francia; ma essendo mor-
to nell'anno seguente, ne occupò
la dignità Antonio di Paola di To-
losa, gran «priore de Saint - Gilles,
sotto il quale Gregorio XV, con
GER
breve de'aa febbraio i6ai, glioooo
fermò i privilegi che godeva la
religione gerosolimitana, della qua*
le l'ordine fece protettore il car«
dinal Lodovico Ludovisi nipote del
Papa, essendo solito nominare in
protettore il cardinale piti stretto
parente, o &vorito dei Pontefice
regnante. Mentre era gran maestro
Antonio di Paola, l'ordine si volle
opporre alla profusione con cui
Urbano Vili Barberini concede-
va le commende del medesimo ai
propri parenti: Urbano Vili nel
i6a3 confermò all' ordine tutti i
suoi privilegi. Avendo questo Pon-
tefice in gi'ande estimazione la di-
gnità cardinalizia, a' io giugno
i63o pubblicò un decreto col
quale gli accrebbe le preeminen-
ze, ed in perpetuo gli assegnò il
titolo di Eminenza^ e di Eminen'
tissinio (Fedi), che pure concesse ai
tre elettori ecclesiastici, ed al gran
maestro dell'ordine gerosolimitano,
onde il primo ad esserne insignito
fu il detto Antonio di Paola, che
però^ neir accettarlo per compia-
GER
aSS
oere al Papa rinunziò il titolo di
Altezza. 11 re di Francia nello scri-
vere chiamava i cavalieri dell'ordi-
ne, Tr^s-chers aniU, ed il gran mae-
stro Tres'cher et très-airné cousùt.
Sotto di lui l'ordine ebbe in do-
no dal lodato Giacomo Bosio un
palazzo in Roma per abitazione
del suo ambasciatore nella via Coa-
dotti, nel rione IV Campo Marzo,
marcato del numero 68. Il Poz-
zo nella storia dell'ordine tom. I,
p. 779 > dice che il palazzo con
altri beni lo lasciò alla religione
Antonio Bosio nipote di Giaco-
mo, quando morì nel 1639. Al
presente vi risiede il luogotenente
del magistero , con la cancelleria
dell'ordine, e si chiama* sacro con-
irento: nel suo intemo vi sono
due cappelle private. Neil' angolo
sud-ovest si legge scolpita in mar-
mo la seguente onoi*evole memo-
na, sovrastata dall'arme, pur di
marmo, della religione gerosolimita-
na in bassorilievo colle sue inse-
gne ed emblemi.
ORDO . MILITYM . HOSPITAL» . S . JOANRIS . HIEROSOLYMITANI
JACOBVM . BOSIYM
SYAB • HISTOBIAB . SCRIPTOREM
IFSIYS . REX • AGENTEM . IIT . VARE
HAERES . EX . ASSE
BISCE . m . AEDIBVS
VRI . HOSPITAVERVHT . VIVEHTES
VIVERE . JVSSIT . IMMORTALEM
CAROLO . ALDOBRARDINI . GOMBIENDATARIO
FRAEDICTI • ORDUnS . APVD . TRBAICVM . VI» . ORATOR
ANNO . MDCXXXI
Antonio di Paola agli 1 1 maggio
j63i convocò il capitolò generale^
nel quale furono rinnovati gli statuti
dell'ordine, nel modo che tuttora
sono in vigore, e morì a' 16 giu-
gno i636, nel quale anno la reli-
gione gerosolimitana stimando su-
perfluo tenere un agente in Roma
dove risiedeva il suo ambasciatore*
ne aboPi l'offizio, quando però cessas-
se di esercitarlo Lorenzo Rosa che
ei*a successo nelF agenzia ad Anto-
256
GER
DIO Bosio; ed in suo luogo la reli-
gione deputò un segretario d'am-
basciata, il quale fosse cappellano
oonventuale, o altro religioso pro-
fesso conventuale, soggetto airam-
basciatoi*e, da durare tre anni. Avea
Urbano Vili sino dal i634 man-
dato inquisitore a Malta il prelato
Fabio Chigi, il quale col suo accor-
gimento e prudenza seppe compor-
i*e le discordie insorte, fra i cava-
lieri per l'elezione del gran maer
stro, e gli riuscì ottenere dalla re-
ligione di Malta, che annullato il
modo delFantico sci'utinio si accet-
tasse quello prescritto da Urbano
Vili, in vigore del quale ai i3
giugno i636 fu eletto il gran mae-
stro Giovanni Lascaris Castellar, di-
scendente dagli antichi imperatori
di Costantinopoli; nell'anno seguea-
te il nuovo imperatore Ferdinando 111
confermò i privilegi della religione
di Malta nella più ampia forma.
Male informata la repubblica di Ve-
nezia nel i64i sull'operato delle
galere della religione di Malta, se-
questrò il priorato e le commende
di essa, esistenti ne' suoi dominii;
ma conosciuta meglio la cosa, dipoi
reintegrò l'ordine, togliendo il se-
questro. Nel 1642 Urbano Vili do-
mandò ed ottenne l'aiuto di alcu-
ne galere della religione, delle quali
per altro non si servì. Mentre il
Chigi era in Malta, Urbano Vili Io
fece vescovo di Nardo, per cui fu
consagrato dal vescovo dell'isola nel-
la chiesa de' gesuiti, con l'assisten-
za di due persone costituite in di-
gnità ecclesiastica per difetto di al-
tri vescovi, funzione che ivi mai
erasi veduta.
Correndo Tanno 1648, Inno-
cenzo X conferì i privilegi del-
la religione gerosolimitana . . Nel
i656 ammalatosi gravemente il
GER
gran maestro Lascaris, un cavalie-
re de'piti riputati ed antichi lece
molte pratiche per essergli succes-
sore, fino a promettere simoniaca-
mente, e patteggiare per comprar
yoti. Riavutosi dal male il gran
maestro, ne fece in Malta gran ru-
more coi cavalieri , ed in Roma
con Papa Alessandro VII, già in-
quisitore e visitatore apostolico di
Malta. Questi che con la bolla di
Urbano VIII nella sua inquisizione
avea fatto condannare sì riprove-
voli contrattazioni, rispose con un
breve al gran maestro, prometten-
dogli di frenare l'ardire de'cavalie-
ri ; quindi tenuto consiglio coi car-
dinali e prelati sugli affari di
JMalta, mandò altro breve a mon-
signor Giulio degli Oddi, inquisi-
tore, in cui gli ordinò di esclude-
re come indegni ed inabili all' e*
lezione, chiunque, vivente il gran
maestro, movesse trattato di suc-
cedergli, o dopo la morte sotto
qualunque pretesto facesse brighe
per acquistar voci. Il gran mae-
stro Lascaris sostenne diverge guer-
re coi turchi, e nel pontificato di
Innocenzo X si unì alle galere
pontificie in aiuto de' veneziani, che
sostenevano contro gli ottomani la
guerra di .Candia; soccorso che
rinnovò nel pontificato d'Alessan-
dro VII, mediante sette galere mal-
tesi bene fornite. Inoltre il gran
maestro Lascaris nel i652 comprò
dai francesi l'isola di s. Cristoforo
nelle Antille, insieme alle altre mi-
nori di s. Bartolomeo, s. Martino
e s. Cit)ce, coir annuenza del re
Luigi XIV; ma dopo tredici anni,
riuscendo di discapito tale acquisto,
nel i665 il commendatore de
Poincy la rivendette ad una com-
pagnia mercantile francese, che vi
igrmò uu ricco stabilimento. Nel
GER
ìd^^ Y ambasciatoi'e del granduca
di Toscana, pretese invano la pi*e-
cedenxa su quello di Malta in Ma*
drid, il quale da tempo immemo-
rabile la godeva su tutti gli amba-
sciatori che sono di cappella. Po*
scia nel i546 fu stabilito che il
capitano* generale delle galere a*
Tesse dai religiosi il titolo di ec-
cellenza, e fu introdotto nel con-
siglio il bussolo del sì, dei no, e
del neutro. Lascaris dopo aver fon-
dato una biblioteca pubblica a Mal-
ta, morì a'i4 agosto 1657. Il suc-
cessore Martino de Redin, oppor-
tunamente fece costruire di distan-
za in distanza delle torri su tutta
la costa per la difesa dell'isola.
Nel i658 Alessandro VI! emanò
una costituzione sopra la rinun-
zia e concessione de' titoli de'prio-
rati e baliaggi, onde evitare gli
abusi introdotti nella rinunzia di
tali titoli con riserve.
Nel 1660 divenne cinquantesimo
ottavo gran maestro Anna de Cler-
noont-Cbatte-Gessans de Clei*mont-
Tonnerre fi*ancese, bali di Lione, che
pel valore e condotta meritò l'affezio-
ne e la stima de' cavalieri. Nel
magistero di Raffaele Co toner ^ che
gli successe nel medesimo anno
1660, la repubblica di Venezia,
grata all' ordine pei soccorsi rice-
vuti nel blocco di Gindia, con spe-
ciale decreto permise che ne' suoi
domimi potessei*o i cavalieri della
religione portare l'armi da fuoco
per tutto, transitando le città e
terre^ murate, ciò che avea nega-
to a tutte le nazioni. Nicola Co-
toner successo al fratello nel i663
pegli unanimi suffragi de'cavalieri
elettori, continuò a soccorrere i ve-
neziani, e fece costruire formida-
bili fortificazioni a A^aita, onde ii
doge Nicolò Sagredó nei 1675 ap-
VOl. XXÌX,
GER aSf
provò i privilegi che la religione
godeva negli stati della repubblica.
Cotoner con dolore vide Malta'
afflitta dalla fiime e dalla peste;
morì nel 1680^ e gli successe
Gregono Caraflh napoletano, prìo*
i*e della Rocella. Nel magistero del
Cotoner fu tolto l'abuso a quei ca-
valieri che procuravano di essere
conclavisti dei cardinali, o loro-
scalchi, o dapiferi per conseguire
la facoltà di testare, e di essere
esenti dagli spogli, venendogli però
conservati gli altri privilegi. Nel
i685 sotto il magistero di Gre*
gorio Caraffa le galere di Malia
disfecero la flotta d'Algeri, prati-
carono delle scorrerie sulle coste
di Barbarla, ed unite a quelle dei
veneti e del Papa, presero d' as-
salto Corone, quindi Navarino, Mo-
done, ec. rendendo 1' impero sul*
l'Adriatico ai veneti. Innocenzo XI
felicitò il gran maestro, per sì bril-
lanti vittorie. Indi nel 1688 il
gran maestro ed il consiglio ordi-
narono che gli avvocati che trat-
tavano le cause in consiglio non
potessero parlare ognuno più di
mezz'ora nelle loro dispute, e solo
un quarto nelle repliche. In detto
anno la congregazione de' riti, ad
istanza del gran maestro, concesse
che i fratelli e le monache del-
l'ordine, i cappellani ed i ministri
destinati al servigio delle sue chie-
se, i quali sono tenuti recitare le
ore canoniche, in ciascuna quarta
ferìa non impedita dalla festa di
nove lezioni, eccetto il tempo del-
TavventOs della quaresima, e delle
quattro tempora, possano recitare
l'offizio di s. Giovanni Battista,
sotto il rito semplice.
Adriano de Wignacourt eletto
gran maestro nel 1690, e nipote
di Aioli fece fabbricare un magni-
17
»5a
GER
fico arsenale per la costruzione
delle galei*e a Malta, la quale fu
danneggiata negli ediGzi per 1' or*
ribile teiTemoto de' 12 gennaio
1698: il gi*an maestro donò tulio
quello che aveva per riparare ai
gravi danni, nienti'e il conte di
Thum ammiraglio deirordine, nel
1696 s'impadronì di Scio. Adriar
no terminò la differenza che . da
quarant^anni era con la repubblica
di Genova, sul l'am missione de' ge«
Dovesi nell^ oi*dine gerosolimitano,.
Glorioso fu il magistero di Rait
mondo Perellos, eletto neli' anno
1697 y pei molti ed importanti
Vantaggi riportati sui turchi, onde
la sua corte si vide risplendere di
cinquecento valorosi cavalieri d'o*
gni nazione > e il commendatoi^e
de Langon meritò il titolo di ter*
rore degl* infedeli. Clemente XI
nel 1704 concesse ai fr. cappellani
della religione di Malta di poter
portare il rocchetto^ e la mozzetta
{paonazza filettata di rosso, nelle
{Unzioni ecclesiastiche. Inoltre i me-
desimi conventuali usavano dalla
festa d'Ognissanti sino al sabbato
ianto inclusive, cioè al punto del
Glorìay la cappa formata di lanet-
ta o ciambellotto rosso, con ar*
melitno, la quale si teneva sciolta
in coro al ntodo che usano i cor*
dìnaii nelle cappelle pontifìcie. £
qui noteremo che ii gran prioi^
della maggior chiesa conventuale
di Malta, cioè supenoi*e generale
in spiritualihus di tutto Y oi^dine
gerosolimitano , adoperava ovun-
que Tabìto prelatizio ed anche in
Koma. Dei flabelli che usava il
detto gran priore conventuale di
Malta nelle solenni funzioni^ lo di*
Gemmo al voi XXY, p. 90 del
Dizionario, Nello stesso anno 1704
in Bologna Aldigbiero Fontana
GER
pubblicò con le stampe V Orìgine
della sacra ed eminentissima re<*
ligione gerosolimiiana^ con la serie
de^ suoi gran maestri e di Rodi
e di Malta ^ e delle imprese più
segnalale de'cavalieri»
Alla religione gerosolimitana aTep*
vano Pio IV, e Sisto V concesso la
facoltà di usare gli altari portatili nel-
le navigazioni annuali o carovane
contro grinfedeli, allorché prendeva-
no terra, per cui Clemente XI nel
1706 accordò alla medesima di
poter far celebrare la messa anche
sui bastimenti in mare, ad esem-
pio del conceduto da Innocenzo
Vili. Nel 1708 si trattò in Roma
la causa del bali Bertoni, il perchè
Clemente XI di proprio pugno
scrisse al gt*an maestro Perellos
di avere avuto tutti i riguardi al-
la dignità magistrale, e però lo e-
sortò ad applicarsi con diligenza
nel ristabilire nel sacra ordine la
disciplina de' costumi, estirpandone
i vizi, ed eseixitando i cavalieri
negli esercizi cavallei^schi e mili-
tari, massime di matematica e di
nautica, ed altro che potesse con-
venire al loit) istituto, e secondo le
leggi della giustizia, come supremo
superiore, punisse i cattivi e pre-
miasse i buoni. Temendosi nel tem-
po istesso> che l'apparecchio mili-
tare de^ turchi fosse diretto contro
Malta, Clemente XI spedi al gran
maestro quattro galere ben corre»
date con quattrocento soldati , sot-
to il comando del cavaliere Fran-
cesco Ferretti gran priore d* In**
ghil terra, oltre altre galere che gli
procui*ò dalla repubblica di Geno-
va, dai re di Spagna e di Porto*
gallo, e dal granduca di Tosca»
na. Avvisò poi il gran maestro,
che se i turchi attaccavano qualche
altix) principe cattolico^ tali forza
GER
unite a quelle dell'ordine si dotes*
aei*o unii*e contilo il comune nemi-
cò. Per questi ed altri marittimi
aiuti 9 e per altre cinque galere
che prese a nolo e consegnò ai ca-
valieri di Malta, Clemente XI con-
trasse im debito di trecentomila
scudi, che doveva soddisfare la
congregazione della fabbrica di s.
Pietro. Oltre a ciò, il Papa in-
dusse l'imperatore alla guerra con-
tilo il turco, sul quale riportò poi
la celebre vittoria presso Peterwa-
radino nel 1 7 1 6, onde gli ottoma-
ni tolsero l'assedio da Cor ftk, avendo
l'ordine in ciò potentemente secon-
dato la i*epubblica di Venezia.
In questo tempo, e nel 1709, Già
Battista Brancadori Perini pubbli-
cò a Roma la Cronologia de gran
maeslri dell'ordine di Malta con
le loro vite^ e con i rilratd slam*
pati.
Al Perellos nel gennaio. 1720
successe Marc' Antonio Zondadari
sanese, antico ambasciatore dell' or*
dine presso la santa Sede; i cava-
lieri continuarono a purgare il ma-
re dai turchi, dagli algerini, tuni-
sini, e tripolini, e da alti-i corsari.
A' 2 3 di maggio 1721, avendo ì
cavalieri gerosolimitani vinto ti*e
vascelli di Tunisi, il gran noaestro
mandò il gran stendardo navale di
essi ad Innocenzo XIII eletto in
quel mese; e questi qual trofèo di
religione lo mandò alla basilica di
s. Giovanni in Laterano, con quel-
le particolarità che si leggono nel
CanceDieri, Storia de' possessi p.
355. Mofi il gran maestro a' 16
luglio 1722, e fu eletto Antonio
Emanuele de Vilhena portoghese,
il quale vedendo che due squadre
turche si raggiravano nelle vicinan-
ze di Malta, ricorse all'aiuto d'In-
xiocenzo XIU. 11 Papa primieramen-
GER aSfg.
te invocò il divino aiuto con un giù*,
bileo straoi*dinarìo, quindi si rivolse
ai principi cristiani acciò si colle-
gassero coi cavalieri, e nel conci-
storo de' 16 settembre esortò con
efficacia i cardinali ad aiutarli an-
ch'essi con denaro, essendo egli il
primo a darne l'esempio col vìn
mettergli ventimila scudi, la metà
de' quali contribuì col suo peculio^
1 cardinali Scotti, Corredini, Tolo*
mei, Belluga, e i due Spinola som^
ministrarono cinquecento scudi peip
cadauno, e doppia somma i cardi-
nali Pamphilj , Imperiali, e Sacri-
panti. 11 gesuita cardinal Salcigno,
siccome poco provvisto, offri la cro-
ce di brillanti donatagli dal re di
Polonia, dalla quale si ricavarono
mille doppie d' oro di Spagna. Con
questa generosa pietà romana giun*
sero nelle mani del gran maestro
più di . centomila scudi^ che per al-
tro non fu d'uopo impiegarli conti*o
il turco, per non aver mosso guerra
a veruno. Nell'aggiunta al nume-
ro 730 del Diario di Roma del
1722, si legge la relazione della
udienza data da Innocenzo XIII
in concistoro semipubblico all'am-
basciatore straordinario della reli-
gione di .Malta fr. Giovanni Battif
sta Spinola; il discorso che recitò^
e la risposta che a nome del Pa«
pa pronunziò monsignor Scaglioni
segretario de' brevi ai principi. M^
de Saint- Allais, Vordre de Malte^
dice a pag. 89, che Benedetto
XIII volle onorare i cavalieri nella
persona del gran maestro Vilhenai
collo spedirgli in dono lo Stocco t
berrettone benedetti (Fedi), insegne
colle quali i romani Pontefici rir
munerarono i principi e personag-
gi benemeriti del cristianesimo.
Nel magistero di fr. Zondadari, nel
1724 fu stampato in Roipa il ^tl*
a6o
GER
iarium Ordinii Hospitalaris Jt. Joan-
t^h dt Jerusaìem. Net numeri 3i i6
e aii5 dei Diari di Roma dd
1731 è riportata la desa*izione del-
l' ingresso in Roma fatto con solen-
ne caTalcata dal barone di Schade
ambasciatore dell' ordine gerosoli-
mitano a Clemente XII, l'udienza
pubblica ch'ebbe in concistoro, e
le allocuzioni che furono recitate.
Blorto tal gran maestro nel 1736,
fu dato a successore fr. Raimondo
Despuig di Montenegre, già tre
Tolle luogotenente del magistero;
ìndi nel 1741 fu eletto gran mae-
stro Emanuele Finto de Fonseca
portoghese. Nel 174^ il gran mae-
stro spedi in Roma per ambascia-
tore a Benedetto XIV, il bah fi*.
Guerin de Tencin, che fece il suo
solenne ingresso con quella pompa
che descrivemmo al toI. X, p. 3 io
e seg. del Dizionario. A di lui i-
stanza Benedetto XIV a' 16 dicem-
bre 1 743, con la costituzione QuO'
niariiy concesse parecchie indulgen*
te, e molti privilegi nella forma
della Bolla dtlia Crociata (Fedi),
tanto ai i*eIigìosi cavalieri di que-
sto ordine, quanto ai sudditi abi-
tanti nelle isole di Malta e Gozo,
i quali somministrassero- qualche
somma di denaro o altro soccorso
all'oi^dine nella guerra perpetua
ch'egli faceva agF infedeli: la bolla
della Crociata nel iSgS Clemente
Vili Tavea concessa all'ordine per
le fortificazioni dell'isola. Nel me-
desimo anno 1 743 Benedetto XIV
con la costituzione Inter illustria,
data a' 1 2 maggio, presso il suo
Bollano tom. IV, p. 74» confer-
mò nella massima ampiezza tutti i
privilegi accordati a questo ordine
ospita la rio dai Pontefici suoi pre-
decessori, ma volle in qualche mo-
do assoggettaro alla sanzione apo*
GER
stolica anche i contratti di affitto
a lunga durata. Lo stesso Ponte-
fice nell'anno 174^ dichiarò che i
cardinali cavaliei'i professi dell'or-
dine gerosolimitano potessero porta-
re sulla mozzetta la cixMse dell' or-
dine al modo die narrammo nel
voi. XVIII, p. 265 del Dizionario.
Veggasi l'Andreucci, DeHierarchìa
ecclesiastica tom. I, lib. IV De
cardinali regulari professo ex or-
dine militari s, Joannis Jerosolynd"
tani. Nel 1747 Benedetto XIV per
mezzo di monsignor Luigi Valenti
suo cameriere segreto, tiBsmise a
Malta al gran maestro Pìnto, il do-
nativo dello stocco e berrettone da
lui benedetti. Nell'anno seguente
si scopiì in Malta una terribile
congiura tramata da Mustafa pa-
scià di Rodi, e prigioniere di guer-
ra de' cavalieri, il quale d'accordo
col sultano gran somme di denaro
spese pel pravo fine: il gran mae-
stro doveva essere assassiuato, e l'i-
sola- interamente aveano divisato
occupatala i turchi. Il pascià fu ri-
legato in una provincia dell'Asia,
e gli altri infami suoi fautori pa-
garono con l'estremo supplizio il
tradimento. 11 Bercastel, Storia del
cristianesimo voi. XXXI, a pag«
2i5 e seg. riporta le desa*izioni
di questa congiura, e della solenne
fèsta istituita in memoria di tale
avvenimento , consistente in una
perpetua processione a' 6 giugno al-
la chiesa di s/ Gio. Battista, eoa
l'intervento di tutto il clero, e di
tutti gli ordini della città, in rin-
graziamento a Dio dello scampato
pericolo.
La riputazione del gran maestro
Finto indusse i corsi ribelli de'ge-
novesi, ad offrire all'ordine la so-
vranità dell' isola di Corsica, ciò
che non fu accettato per opposiùo*.
GER
fie della Francia; e Federico II re
di Prussia, dopo aver conquistato
la Slesia, conservò benché acatto-
lico le commende che vi possedeva
l'ordine. Ottenne detto gran mae*
stro da diversi sovraoi d'Europa,
che gli ambasciatori deli' Ofdine
godessero le medesime prerogative
ed onori che godevano gli amba-
sciatori delle altre potenze. Bene-
detto XIV fino dal 174? accordò
gli onori di ambasciatore regio
all'ambasciatore di Malta presso la
santa Sede, come si legge nei nu-
mero 465o del Diario di Roma <li
quell'anno, li titolo di Altezza E-
minentìssima fu riconosciuto com-
petere al gran maestro da tutti i
sovrani, dappoiché prima alcuni gli
davano il solo titolo di Eminenza. Il
medesimo Finto fu il primo gran
maestro che decorò l' arme dei gran
maestro d'una corona come gli al-
tri sovrani. Politico, abile, eccellen-
te neir amministrazione della giu-
stizia, abbellì Malta di edifizi, ed
aumentò grandemente la pubblica
biblioteca, per la quale dipoi or-
dinò Luigi XVI che vi sarchile
mandata una copia di tutte le o-
pere impresse nella tipografìa reale.
Dipoi nel 1781 Fi*^cesco Paolo
de Sminter pubblicò il Catalogo
della biblioteca del S. M. ordine
di s. Giovanni Gerosolimitano. Sot-
to il magistero di Finto accadde una
vertenza con la corte di Napoli, ri-
guardante la giurisdizione del ve-
scovo, che andiamo ad accennare.
Sussistendo la convenuta nomina
del vescovo di Malta per parte del
re di Napoli in conseguenza della
terna che presentava il gran mae-
stro, il vescovo era suffraganeo del-
la metropolitana di Palermo, quan-
do nel 1 753 il re di Napoli Carlo
di JBorbone ordinò ai vescovo di
GER ji6i
Siracusa che si portasse nell'isola
a fiirvi la visita pastorale. Gii abi-
tanti s'irritarono per tale misura^
e costrinsero il vescovo a tornare
indietro, onde il gran maestro die
subito avviso di siffatto attentato a
Benedetto XIV, e alle potenze a-
miche; indi spedi a Napoli il baPi
Duegos per rappresentare le ragio-
ni che l'ordine di Malta sottopo-
neva alla corte siciliana, confidali-
do nell'uso contrario osservato da
più di cento anni. Benedetto XIV
dopo un congi*esso tenuto con car-
dinali e prelati sctìsse al re Cario
in modo pei*suasivo, invitandolo
paternamente a desistere da tale
impegno. Il re fece anzi avvisare i
maltesi che se ricusassero ancora di
ricevere il visitatore, avrebbe fatto
sequestrare le rendite che i cavalieri
godevano ne' suoi stati. Il gran mae-
stro all'opposto dichiarò, che avreb-
be fatto altrettanto sulle rendite che
altrove godevano i commendatori
napoletani e siciliani, e richiamò il
bah Duegos. Allora il re proibì ai
propri sudditi ogni commercio coi
maltesi, e mise il sequestro alle
commende gerosolimitane de' suoi
stati, come altrasi fece il gran mae-
stro con quelle che i cavalieri na-
poletani e siciliani godevano in al-
tri paesi. Indi il gran maestro pre-
gò le corti di Portogallo, di Vien-
na, di Parigi e di Madrid aflSnchi
impegnassero il re di Napoli a me-
glio ponderare il fondo della ra-
gione, sulla quale il vescovo di Mal-
ta stabiliva la sua indipendenza
dall' arcivescoTO di Palermo. Impe*
gnossi particolarmente il Pontefice
su questo aliare per modo, che nel-
l'anno seguente ottenne che am-
bedue le parti dissidenti si com-
promettessero nella sua impai'ziaie
decisione. Fu dunque conchiusoj
!i6a GER
die Benedetto XIV in qualità di
sommo Pontefice pregasse con let-
tera il re di Napoli a lasciar le cose
nello stato in cui erano per riguar-
do alla visita pastorale; che fosse
ristabilito il reciproco commercio^
e si togliesse daUe parti il seque-
stro alle commende. Il re Carlo
a' 27 dicembre 1754 rispose alla
lettera pontificia, con piena adesio-
ne di tutto.
Dopo la morte del gran maestro
Finto a' 28 gennaio 1778 fu elet-
to successore fr. Francesco Ximenes
de Texada di Na varrà, a cui Cle-
mente XIV nell'anno seguente, per
ineszo di monsignor Girolamo Bo-
nanni de' principi della Cattolica,
mandò lo stocco e berrettone be-
nedetti: r eminentissimo gran mae-
stro regalò Tablegato del suo ri-
tratto contornato di brillanti del
valore di scudi tre mila, una su-
perba croce dell'ordine, un'annua
pensione di scudi trecento, oltre
altri distinti regali. Mentre le squar
dre dell'ordine con le truppe spa-
gnuole formavano l'assedio di Air
geri, ebbe luogo in Malta una ri-
bel lìoqe, che descrìve il citato Ber-
caslel nel voi. XXXIV, p. 164 e
seg. Alcuni ecclesiastici di concerto
con due disgraziati, uno de' quali
^va caporale nel castello di s. El-
mo, e l'altro un uomo licenziato
tdal servizio militare, tentarono un
colpo quanto temerario altrettanto
indegno del loro carattere. A' 9
settembre 1775 a mezza notte tro-
varono il modo d'impadronirsi del
fcasteilo, occuparono i posti più im-
portanti onde rendersi padroni del-
la città propriamente denominata
la Valletta, e v'inalberarono una
bandiera di nuova foggia. Venuto
ciò in cognizione del gran maestro,
face chiudere le porte della città
GER
e del palazzo magistrale^ mise in
armi più gente che potè, fornea-
dogli l'ambasciatore di Francia
centoventi francesi, e tutti furono
messi sotto il comando del prind-
pe di Rohan-Polduc, generale del-
l' ordine. I ribelli uccisero il cava-
liei*e Marcellino Corio, minacciaro-
no spianar la Valletta, e dar fuo-
co alla polveriera. S'interpose il vi-
cario generale del vescovo, ma con
poco successo, quando il maggiore
del castello essendo uscito di pri-
gione, con due cavalieri ed un pu-
gno di gente ivi detenuta, con som-
mo valore ed inaudito ardire po-
terono superai^ i pochi ribelli, e
rendersi padroni del castello, con
che restituirono la libertà e la quie-
te alla Valletta. I principali auto-
ri della rivolta pagarono la meri-
tata pena col capestro, e tra que-
sti il sacerdote Gaetano Mannari-
no già zelante missionario e pre-
dicatore, sedotto ad impresa si te-
pieraria ed iniqua.
Intanto la discordia tra il ve-
scovo di Malta fr.. Carmine Gio-
vanni Pellerano già cappellano del-
l' oixline, ed il gran maestro, si
aumentò in modo, che il prela-
to fu costretto abbandonar la sua
chiesa e portarsi in Roma. Pio
VI per porre riparo allo scandalo
di alcuni cattivi ecclesiastici, ed ot-
tenere una salutare e rigorosa ri-
forma di essi, ordinò con suo bre-
ve che ninno nell'isola di Malta
potesse promoversi alla tonsura se
non a titolo di benefizio o cappel-
lania perpetua, né agli ordini mi-
nori prima d'anni dieciotto di età,
e che l'ordinando fosse già, stato
almeno per tre anni in seminario,
e se ne avesse certificato di sua buo-
na condotta. Afflìtto il gran mae-
stro da questi avvenimenti, moi'i
GER
agli II novembre dell'anno 177?,
e pei suffi-agi unanimi degli elet-
tori fu esaltato ai magistero (r,
Francesco Maria Emanuele de Ro-
hau-PoIduc, generale delle gale-
re dell'ordine, il quale convoca un
capìtolo generale nell'anno seguen-
te, ciò che non erasi più fatto do*
pò il i63t, per provvedere ai bi-
sogni deir ordine, che in Polonia
vide istituirsi un nuovo gran prió*
rato. Nel 1777 Pio VI compi la
totale unione dell' ordine de' cano-
nici regolari di $, Antonio detto
deìfuocoy che dal predecessore Cle-
mente XIV era stato soppresso, con
l'ordine gerosolimitano, per secon-
dare le istanze di diverse potenze
cattoliche, ed allora il gran mae-
stro di Malta prese eziandio il ti-
tolo di gran maestro di s. Anto-
nio. Dell' ordine di sant' Anto-
nio, e della chiesa ed ospedale che
aveva in Roma, se ne parla in va-
ri luoghi di questo Dizionario, mas-
sime ai voi. VI, p. 807; e VII,
p. 117 e 261. Anticamente nello
spedale di Antonio si curavano gli
infermi attaccati da un male detto
ilfiioco di s. Antonio, ma siccome
tal malattia non sempre afflisse la
umanità, in progresso di tempo vi
si ricevettero le persone ofièse dal
fuoco, per cui Pio VI dopo la nar»
rata disposizione, ordinò che gli
scottati si ricevessero nell'arcispe-
dale del ss. Salvatore ad Sancta
Santorum, come fa fede un'iscrizio-
ne marmorea in esso esistente.
Nei 1778 Pio VI si fece media-
tore tra il gran maestro ed il ve-
scovo di Malta^ onde per le sue
persuasive ed autorità, riunì l'esu-
le pastore al suo gregge ed al suo
sovrano; quindi nel 1781 il me-
desimo Papa per le istanze del-
F elettore palatino di Baviera Car*
GER 263
10 Teodoro, gli accordò la facoltà
di fondare nella Baviera una nuo*
va lingua dell'ordine gerosolimita-
no, ed incaricò monsignor Bellisoml
nunzio di Colonia di trasferirsi ia
quell'elettorato, per concertare lo
smembramento di vari beni dei
regolari per la somma di settecen-
to mila fiorini, e fondare due graa
priorati, e trenta commende. Il
gran maestro de Roban si occupò
d'un nuovo codice più conforme
agli usi degli abitanti di Malta,
con utili riforme, operazione che
avea incominciata il gran maestro
Vilhena. Mentre la pace che go-
deva i' ordine sembrava preparargli
giorni gloriosi, la rivoluzione fran»
cese gli portò il colpo più funesto.
11 gran niaestro de Rohan si di-
portò saggiamente, ricusò coUegarst
con altre potenze, e si dimostrò
neutrale; ma il decreto della con-
venzione di Parigi de' 19 settembre
1 792, con sopprimere tutti gli or-
dini religiosi in Francia trafisse i'd-
nimo del gran maestro, per cui a
lui fu attribuito un manifesto con-
tro la Francia, in data io ottobre
dell' anno 1798, mentre in vece
usò di tutta l'ospitalità coi vascelli
francesi, somministrando loro il de-
naro e le vettovaglie, di cui ave-
vano bisogno. Intanto nel 1795 il
gran maestro spedii l'ambasciatore
bafi Litta, all'imperatrice di Rus-
sia Catterina li, per ottenere dalla
sua giustizia la conservazione dei
beni dell'ordine in quella parte di
Polonia, ch'era divenuta suo do*
minio. L'imperatrice accolse beni-
gnamente il baPi, e nel succedergli
nel 1796 Paolo I suo figlio, si^«
chiaro protettore dell'ordine, ordinò
che i suoi beni sarebbero aumen-
tati in Polonia, e che sarebbe eret-
to un priorato ia Russia. L'impe-
ti64 GER
ratore desiderò di essere annoTera-
to neir ordine, ne ricevette la gran
croce per lui e pei suoi figli, che
pure ebbero il conte Besborodsko
gran cancelliere dell'impero, ed il
principe Kourakin vice- cancelliere.
L'atto di protezione dell' ordine
gerosolimitano V imperatore lo se-
gnò a'i5 gennaio 1797. 11 gran
maestro de Rohan offrì Malta in
asilo ai cavalieii pei*seguitati dal
go>verno della repubblica francese,
senza badare a spesa: dopo aver
fatto costruire alcuni pubblici edi-
fizi, ed un magnifico osservatorio,
dichiarò suoi esecutori testamentari
i cavalieri de Greische-de-Jallau-
court suo cameriere maggiore, e
M iari ; designò per suo luogotenen-
te il baPi Vacon de Belmont, e mo-
rì a' i3 luglio 1797. A' 17. detto
fu eletto Ferdinando de Hompesch
tedesco, già ambasciatore dell' ordi-
ne a Vienna^ e gran bali di Bran-
deburgo. Il trattato di Leoben con-
chiuso a' 18 del precedente apri*
le, avea spogliato l'ordine di tutti
i possedimenti che avea nei domi-
ni! di Francia, ed in quelli da lei
conquistati. Minacciati i sovrani nei
loro stati, ninno potè proteggere
l'ordine, tranne l'imperatore Fran-
cesco II, che dimostrò efficace pre-
mura.
I funesti effetti della rivoluzione
francese , e la sua influenza ben
presto penetrarono neil* isola di
Malta, per cui diversi abitanti di
essa, dimentichi di quanto doveva-
no ai cavalieri, divennero impazien-
ti di sottrarsi al loro dominio, e
si posero in corrispondenza col di-
rettorìo parigino. La maggior parte
degl' istorici che hanno scritto si
deplorabile avvenimento si sono
mostrati parziali alla Francia ,. e
nemici all'ordine,' procurandone l'av-
GER
vilimento. In fatti essi pubUicaro*
no, che l' indolenza e .l' incapacità
del gran maestro eccitò ne^ cava*:
lieri viva inquietudine, che voleva-
no difendere l'ordine e sostenei^e
l'integrità del loro territorio; men-
tre altri ascritti alle società segre*
te, d'intelligenza collavvocato Re-
gnault de s. Jean d'Àngely, e per
le mene dei commendatori Bosre-
don segretario del . tesoro, e Dolo*
mieu ne minavano l' esistenza, co-
me si legge nella Relazione delUt
occupazione di Malta di Miehaud
de Villette. Personaggi testimoni
oculari dell' accaduto, e ch'erano
interessati nel lustro dell'ordine, in
vece raccontano quanto diciamo*
Dopo che la repubblica francese
spogliò l'ordine di tutti i suoi be-
ni, così in Francia, come nei paesi
conquistati, passò ad impadi*onii*si
dell'isola di Malta, e per fare ciò
con sicurezza adoprò seduzioni e
ti*adÌBienti. Inviò in Malta a tale
effetto e sotto vaiì pretesti buon
numero dì satelliti, e costoro uni*
rono in società segrete, i cittadini
delle classi medie, e due o tre ca-
valieri delle^ loro nazione : fra que-
sti satelliti VI fu il francese Pierre
vestito in abito greco, e certo Po&-
selgue parente d'un banchiere sta-
bilito in Malta; ed il nominato
Dolomieu venne di Francia con la
flotta. In tutto il tempo della ri-
voluzione l'ordine si mostrò neu-
trale, e perciò hjòvl era preparato
a sostenere al^na invasione, e non
la poteva supporre^ pei servigi resi
ai suddetti vascelli provenienti da
Egitto. Ad ipnta di ciò la loro im-
presa forse sarebbe andata a vuoto^
senza il tradimento di gran parte
della nazione. Intanto il direttorio
francese gonfio per le riportate vit-
torie , n^inacciando uno sbarco ia
GER '
Inghilterra, affidò ai generale Na-
poleone Bonapai'te un esercito di
trentamila veterani, imbarcati so-
pra una flotta di cinquecento ba-
stimenti da trasporto, quattordici
vascelli da guerra, varie fregate, e
molti legni minori, e perciò una
delle più poderose flotte che aves<'
sero solcato il Mediterraneo, essen-
done ammiraglio Broeys. La flotta
salpò da Tolone il dì 19 maggio
1798, e quantunque si denominas-
se Tata sinistra dell'armata d'In-
ghilterra, nel giorno 20 o 21 giu-
gno gettossi in vece sopra Malta
che trovò senza militare apparato.
Pretese il comandante Broeys l'in-
gresso nel porto, ma gli fu negato
per le leggi della neutralità. Nella
notte dei 23 giugno l'armata fran-
cese vi eseguì lo sbarco in sette
diversi punti , ed occupò con de-
bolissima resistenza le piii impor-
tanti posizioni, contando come di-
cemmo, dei partigiani fra i delti
cavalieri, e fra i maltesi, che ser-
virono all'audace nemico di guida,
mentre che per difendere tutto il
littorale non sarebbero bastati tren-
tamila uomini. Il bali Tommasi in-
dusse gli animi di molti a difen-
dersi entro la Valletta, ma dopo
ventiquattro ore fu sospeso il fuoco,
ed il commendatore Candid», al pre-
sente luogotenente , incaricato del-
la custodia degli schiavi e forzati,
avendo saputo che in un magazzino
della marina di proprietà del fran-
cese Àgnau vi erano nascosti più
centinaia di satelliti venuti qualche
giorno prima della squadra sud-
delta , sopra bastimenti con ban-
diera ragusea, ne diede subito av-
viso alla piazza, e molti del popolo
unitisi alla forza cola inviata, inva-
sero il magazzino, ed allora parte
dei nascosti riuscirono di fuggi-
GER
26J:
i*e, molti furono presi, e molti uc*
cisi.
La congiura era ordita in maniera
che alla prima esplosione di bom-
ba, che avesse Bonaparte ordinato,
i cavalieri dovevano essère truci'^
dati, e ciò facilmente poteva ese-
guirsi, mentre dispersi in vari punti
dell'isola che dovevano difendere,
non potevano garantirsi. In tale
stato di confusione comparve al
palazzo una deputazione di distinti
maltesi, e numerosa perchè formata
di più di cento ; gliene fu negato
l'accesso, e solo venne accordato a
dodici di essa di presentatasi al gran
maestro Hompesch e consìglio. Con
sommo ardire i deputati pregarono
il gran maestro di capitolare, mi-
nacciandolo, che s'egli non Io fa-
ceva, l'avrebbero fatto da per loro.
In tali circostanze essendo l'ordine
senza tutti i mezzi di difesa, fu co-
stretto domandare la capitolazione;
dappoiché il gran maestra e consiglio
che appena comparsa la flotta si
erano uniti in seduta permanente^
e da Vano gli ordini per fere un'e«-.
nergica difesa, essi non erano ese-
guili, e i maltesi entrati in diffi-
denza, non ubbidivano più ai loro
comandanti, e vari cavalieri francesi
furono trucidati come supposti t|*adi-
tori. Venne pertanto sospeso il fuo«>
co che facevano le fortezze, s'in-
viarono dei deputati a bordo del-
l' Oriente ove si trovava Napoleo-
ne, il quale sicuro del suo potere,
dettò come gli piacque gli articoli
della capitolazione, senza calcolare
le rimostranze dei deputati. Altri
scrissero che il gran maestro d'Homr
pesch convocò l'assemblea, che seb-
bene incompleta, pattuì la dedi-
zione deli' isola sotto la garanzia «
mediazione della Spagna rappre-
sentata 4al Cav. Amat, suo incari-
q66 GER
calo d'affari a Malta, ed avendo il
general Marmont impiegato tutti i
mezzi di corruzione. Cosi terminò
dopo duecento sessant'otto anni il
glorioso dominio che V inclito or-
dine gerosolimitano avea esercitato
sull'isola di Malta, ed ai congiu-
rati riuscì carpire dal consiglio,
senza che neppure fosse cominciato
l'assedio nelle forme, la più igno-
miniosa capitolazione ne' seguenti
otto articoli, sottoscritti a* 12 giu-
gno.
I. 1 cavalieri dell'ordine dì s.
Giovanni gerosolimitano rimette-
ranno all'armata francese la cit-
tà ed i forti di Malia, rinuncian-
do in favore della repubblica fran-
cese i diritti di proprietà e di so-
vranità.
II. La repubblica francese im-
piegherà la sua influenza al con-
gresso di Rastadt, per procurare al
gran maestro, sua vita naturale du-
rante, un principato equivalente a
quello che perde. Si obbliga in-
tanto di pagargli un' annua pen-
sione di trecentomila franchi, oltre
all'importare di due annate di pen-
sione, a titolo d' indennità de* mo-
bili. Durante il suo soggiorno in
Malta continuerà egli ad avere gli
onori militari, di cui godeva.
UT. i francesi cavalieri attual-
mente residenti in Malta, che ver-
ranno riconosciuti tali dal genera-
le in capo, potranno rientrare nel-
la loro patria, e il loro soggiornp
in Malta verrà considerato come
un soggiorno fatto in Francia. Ciò
deve essere dichiarato comune an-
che ai cavalieri delle quattro re-
pubbliche alleate della Francia.
lY. La repubblica francese fis«
sera una pensione vitalìzia di set-
tecento franchi ai cavalieri di Mal-
ta francesi, che attualmente risie-
GER
dono in Malta, e di mille franchi
a' cavalieri , che hanno od oltre-
passano t sessanta anni. Ciò pure
dev'essere accoixlato dalle nspetti-
ve quattro repubbliche alleate , ai
cavalieri della loro nazione.
V. La repubblica francese sì ado-
pererà presso le altre potenze d'Eu-
ropa, affinché conservino a' cava-
lieri della loro nazione l'esercizio
de' loro diritti sui beni dell'ordine
di* Malta ch'esistono ne' loro stati,
VI. Riterranno i cavalieri le lo-
ro proprietà private.
VII. I cittadini delle isole di
Malta e Gozo continueranno ad a-
vere, come per lo passato, il libe-
ro esercizio della religione cattoli-
ca, apostolica, romana, e serberan-
no intatte le loro proprietà e pri-
vilegi, e non soggiaceranno ad al-
cuna contribuzione straordinaria.
VllL Tutti gli atti civili fatti
sotto il governo dell'ordine, saran-
no riconosciuti, ed avranno piena
esecuzione.
Bonaparte e i deputati sottoscris-
sero la convenzione, che per altro
il gran maestro non segnò, anzi si
rifiutò di recarsi co^ suoi cavalieri
a rendergli omaggio, ad onta del
convenuto. I francesi con le ripor-
tate condizioni, che nulla accorda-
vano, e tutto toglievano, senza ti-
rare un solo colpo di cannone,
divennero padroni d'una fortezza
inespugnabile, ch6 forse avrebbero
durato più fatica se vuota d'abi-
tanti avessero dovuto aprirne le
porte. Né questa si dovette conside-
rare soltanto una perdita irreparabi-
le all'ordine, ma bensì a tutta la
cristianità. I francesi trovarono nel-
r isola millecinquecento cannoni,
mille de' quali in bronzo, trentacin-
quemila fucili, duecento barili di
polvere^ provvisioni d'ogni specie,
gi:r
molti Tascelli e galere, e copiosi
effetti d'oro e d'argento apparte-
nenti al tesoro di s. Giovanni, al-
l'ospedale, ed all'ordine, pel valore
di tre milioni di pezzi duri, e di
tutto s' impossessarono al suono
delle parole libertà ed egtitfglian'^
za, Napoleone a' i3 giugno fece il
suo ingresso in Malta, ove si ti^at-
tenne cinque o seigiorni. Le trup-
pe dell'ordine aumentarono le fran-
cesi per l'invasione dell'Egitto,
dappoiché Napoleone comandò una
leva generale, che s' imbarcassero
sulla flotta francese tutti i mari-
nari dell'isola, le guardie del gran
maestro, tutti i soldati di truppa
regolare, e persino i più giovani
cavalieri, con che aumentò di tre
mila uomini le sue foi*ze. S'im-
padronirono i francesi dell'archivio,
e tranne diversi processi che bru-
ciarono, esso tuttora si conserva in
Malta. Il generale Reynier occupò
Gozo; il generale Yaubois restò
nell'isole con quattromila uomini
di guarnigione, ed il governo prov-
visorio fu l'etto dal nominato Re-
gnault commissario, essendone pre-
sidente r ex-commendatore Bosre-
don, e membri coloro che eransi
mostrati più zelanti delle nuove
massime democratiche. Tutti i ca-
valieri non adei*enti a queste no-
vità , furono dispem ed esiliati ,
non esclusi quelli di nazione fran-
cese che vennero trasportati in An-
tibo. Venne espulso dalla chiesa di
s. Giovanni il priore coi canonici
conventuali, la chiesa fu dichiarn^
ta cattedrale dell'isola, e il vesco-
vo della città vecchia co' suoi ca-
nonici, tutti in mitra, dovette can-
tare con solenni là il Te Deum,
sotto quel baldacchino stesso dove
era solito starvi il gran maestro;
,NapoleoQe partì con la flotta pet
GER 167
la spedizione di Egitto, e con la
fregata Sensìbile mandò in Fran-
cia i principali frutti della con-
quista, che però fu catturata' da-
gr inglesi. Qui noteremo, che dopo
la disfatta della flotta francese in
Aboukir, provocati i maltesi dal-
l'Inghilterra, si sollevarono contro
la guarnigione francese, che ridot-
ta a duemila uomini si rinchiuse
nella Valletta. Alcune navi o fre-
gate portoghesi cominciarono il
blocco, che fu poi proseguito da
Nelson, reduce dalla battaglia vinta
in Egitto, che vi sbarcò truppe di
terra: tanto scrissero alcuni, ma
l'assedio per terra fu sostenuto dai
maltesi e dai napoletani. Vaubois
per due anni intrepidamente sos-
tenne Fassedit), e fu obbligato a* 5
o 7 settembre 1800 segnare ono-
revole capitolazione , accordandosi
ai maltesi intera amnistia; e le ar-
mi inglesi per signoreggiare il Me-
diterraneo occuparono si importan-
te posizione. Per la pace d' Amiens
del 25 marzo 1802, gì' inglesi
ebbero colla mediazione di Bona-
parte le isole di Ceylan e della
Trinità, ma dovevano secondo l'ar-
ticolo X in compenso restituire l'i-
sola di Malta indipendente, con
Gozo e Cornino all'ordine gero-
solimitano, una giunta del quale
avea fatto all' universo le sue pro-
teste sino dal momento dell'occu-
pazione. L' Inghilterra si prese i
compensi^ ma Malta sempre riten-
ne, e dopo la caduta deli' impero
francese in forza del trattato di
Parigi del i8i4> ne assicurò it
possesso e perpetuò il suo dominio.
Sull'isola di Malta, e sue adia-
cenze, oltre quanto diremo al già
citato suo articolo, si possono con-
sultare i seguenti suoi storici. Gio«
vanni Eduo Quintino^ Insulae Me*
1^68 GEK
iitae descrìpdoy Lugdunl i536: fu
tradotta dal Sansovino con questo
titolo, Descrizione di Malta e del
sito governo^ Venezia 1 545. Paolo
del Rosso, Volgarizzamento degli
statuti della religione di Malta con
una nuova descrizione deW isola y
Firenze 1570. Girolamo Borg, Bre-
ve descrizione delusola di Malta
con tutti li successi che per lo spazio
di tre mesi avvennero y mentre s. Pao*
lo dimorò in essa, ed altre partico-
laritàf Roma 1600. Gio. Francesco
A bela, Della descrizione di Malta^
sue antidata ed altre notizie. Malta
1647. Fr. Geronimo Manelli, Vi-
te dei gran maestri della sacra re-
ligione di s. Giovanni Gerosolimi~
tono di Malta s Napoli 1676; e
Memorie de' gran maestri del mi"
Utare ordine gerosolimitano , Par*
ma 1780. Burcardo Nideretet,
Malta vetus et nova^ adomata, au-
spiciis et jussu Cristophori Gaspa-
rise Blumenthal,He\me&isLd\ì i6g5.
Onorato Bres, Malta antica illii'
strata co* monumenti e coWistoria^
Roma 18 16.
Il governo de' cavalieri di Mal-
ta in quest'isola, era in parte mo-
narchico, ed in parte arìstocrati-
co. Era monarchico rispetto al gran
maesiix), in ciò che risguardava
gli abitatori dell' isola di Malta, e
delle sue dipendenze, sopra delle
quali esercitava un'autorità sovrana:
tutti i cavalieri dell' ordine dove-
vano a lui ubbììlire in ogni cosa
che non fosse contraria alla rego-
la ed agli statuti della religione;
il gian maestro faceva coniar mo-
seta, concedeva grazie d'ogni spe-
cie, conferendo priorie, baliaggi,
commende, benefizi ec. Aveva poi
deirariatocrazia, mentre ne'piiì im-
portanti affiiri lìsguardanti i ca-
valieri e la religione^ il gran mae?
GER
stro ed il consiglio esercitavano in*
sieme un' assoluta autorità , ed il
gran maestro vi aveva due soli
voti come capo. Il consiglio era
di due sorta , V ordinario , ed il
completo; al consiglio ordinario as-
sistevano il gran maestro come
capo, il suo luogotenente , ed i
gran croci , eh' erano il vesco-
vo di Malta, il priore della chie-
sa conventuale, che può essere di
qualunque lingua, tutti i priori e
bah conventuali, i gran croci ed
i ha fi capitolari e titolari, il gran
tesoriere, e il gran siniscalco del
gran maestro^ che però non dava
voto. Il consiglio completo era com-
posto dei gran croci, e dei più an-
ziani cavalieri di ciascuna lingua,
cioè due per cadauna. Chiamavansi
lingue le differenti nazioni , delle
quali l'ordine ei^ ed é composto:
queste lingue, come dicemmo di
sopra, furono in origine otto, cioè
Provenza, Alvernia, Francia, Italia,
Aragona, Alemagna , Castiglia, ed
Inghilterra la quale dopo lo sci-
sma essendo esclusa, le lingue re-
starono a sette, e tornarono poi
ad otto neir istituzione della lin-
gua di Baviera. Ciascuna lingua a-
veva il suo capo a Malta, chia-
mato piliero, o balio, o bailo con-'
ventuale, e da ciascuna di esse di*
pendevano molte gran priorie , e
diversi baliaggi capitolari , eccet-
tuato il priorato della chiesa del*
l'ordine, e la commenda di Cipro-,
ambedue baliaggi capitolari , dw
erano comuni, e perciò soggoli a
tutte le lingue.
Il piliere della lingua provenzale^
aveva il grado di gran commenda"
tore, presidente del tesoro, avente in
cura tutte l'entrate della religione
e delle vettovaglie, e sotto a lui era-
no ì priori di 8. Gilles e di Tolosa, e
GEtl
U bali di MaWasca: dopo il gran
maestro veniva il gran commen-
datore, essendo la lingua proven-
zale la prima dell'ordine in osse-
quio del fondatore del medesimo
Gerardo di Provenza. La lìngua
deWAhernia aveva il gran mare'
sct'alio, che presiedeva alla giusti-
zìa; il priore di Àlvernia era il ba-
li di Lione. II gran maresciallo
eleggeva l'alfiere coU'approvazione
del gran maestro e del consiglio.
La lingua di Francia aveva il
grande spedaliere, titolo in prima
del gran maestro; era sopra 1* in-
fermeria, ed eleggeva l'infermiere
che doveva essere della lìngua di
Francia; erano sotto di esso i prio-
li di Francia , di Àquitania , di
«Sciampagna, il bali dì IVIorea^ e il
gran tesoriere. La lingua d'Italia
aveva il grande ammiraglio , che
presiedeva all'arsenale ed alle ga-
lere; ed i priori di Roma, di Loin-
bai*dìa, di Venezia , di Pisa, di
Bai-letta, di Messina, di Capua;
i baPi di s. Eufemia, di s. Stefa*
no, dì Venosa , di Napoli, di To-
rino dì 5. Sebastiano, di Roma.
II grande ammiraglio eleggeva il
generale delle galere coU'approya-
zìone similmente del gran maestro
e del oonsiglios La lingua d'Ara-
gona aveva il gran conservatore
detto anticamente drappiere^ di'e-
)*a per la conservatoria, il castel-
lano di Emposta , i priori di Na-
varrà e dì Catalogna, il bali di
Negropontc;, eh' era pur comune
con la lingua di Castiglia, il bali
di Majorica, e quello di Gispe. La
lingua d'Alemagna aveva il gran
bati^ che avea la cura di governa-
tore del Castel s. Pietro, poi delle
fortezze, sotto di lui erano ì pHo-
ri d'Alemagna, di Boemia, d'Un-
gberia^ di D. . . . e il bali di
GER 169
Brandeburgo. La lingua di Ca*
stiglia e di Portogallo aveva il
gran cancelliere , ed inoltre i prio-
ri di Castiglia, di Portogallo, i ba-
li di Lorca , del s. Sepolcro, di
Toro, di Lessa, di Acri e di No-
ve vi Ile, non che il bali d'Armenia
comune a tutte le lìngue, e il gran
commendatore di Cipro. La lingua
d'Inghilterra , che aveva il priore
d'Inghilterra,- il priore d' Ibernia
ed il bafi d'Aquila. Questa lingua
aveva per capo il turcopoliere y o
sia generale della cavalleria e fan-
terìa, dignità che dopo la soppi'es-
sione della lingua fu riunita da
Gregorio XIII al magistero; quin-
di tale uffizio sì esercitò da ogni
lingua con altro titolo, ad elezjo-
ne del gran maestro, coli' appro-
vazione del consiglio.
L'abitazione o palazzo dì cia-
scuna lingua chiama vasi albergo^
perchè vi andavano a mangiare i
cavalieri dipendenti da quella lin-
gua , ed in esso ordinariamente
radunavansi. Dai regolamenti spet-
tanti la maniera con cui dovevano
i cavalieri comportarsi in quegli
alberghi, apparisce che vivevano
essi in un'esattissima osservanza re-
golare. In ogni gran priorato di
dette lingue era vi un certo nu-
mero di commende come negli t>-
dierni, alcune destinate ai cavalie-
ri di giustizia, altre ai cappellani
ed ai serventi d' armi. Talune di
siflàtte commende si dissero mae-
8ti*alì, come quelle ch'erano annes-
se alla dignità di gran maestro,
che ne disponeva a suo piacer^
tali alti*e furono dette dì giustizia,
perchè si conferivano ai cavalieii
per merito di anzianità di servi-
gio; ed alcune finalmente ebbero
nome di commende di grazia, per-
chè il gran maestix) ed ì gran
27© GER
priori soIeTano darle a chi meglio
stimavano, dicendosi di grazia ma-
gistrale quelle concesse dal gran
maestro; cose tutte che sono an-
cora in vigore. Conviene notare
che le commende di grazia o di
giustizia si chiamano così secondo
il modo col quale si ottengono,
pure si dicono di giustizia quelle
commende che si posseggono per
diritto d'antichità, o per migliora-
mento. L' antichità si conta dal
tempo dell'accettazione neirordine;
ma bisogna inoltre che chi aspira
ad una commenda abbia fatto
cinque anni di residenza ove ri-
siede l'ordine, o quattro carovane
o sia viaggi in mare, ovvero i cin-
que anni di servizio che il cava-
liere fa alla religione possono con-
sistere in due anni di corso sopra
le galere o vascelli della religione,
e tre anni dimorando nel conven-
to ove risiede V ordine, laonde il
detto servigio di cinque anni ap-
pellasi appunto carovane; fuori di
questi cinque anni i cavalieri possono
stare dove loro piace, fuorché nel
caso che siano chiamati dal gran
maestro, ciocché soleva essere quan-
do temevasi che Rodi o Malta
fossero assaltate, o per altro affa-
ire. 11 miglioramento è allorquan-
do dopo aver fatto de' vantaggi
ad una commenda che si possiede,
se ne prenda una di maggior rea-
dita.
Il gran maestro oltre la com-
menda che appellasi magistrale ,
ha diritto di dare una commenda
di cinque in cinque anni in eia*
scun gran priorato. Ogni gran
priore ha lo stesso diritto; né si
ha riguardo se la commenda va-
cante sia di quelle che apparten-
gono ai serventi d'arme, ed il gran
maestro, od il gran priore la può
GER
dare a quel fratello che sarà dì
suo piacere, di qualunque ordine
ch'egli sia, ciò essendo arbitrario
quando la commenda é di grazia.
Nella Valletta rìsiedeva il gover-
no dell'ordine: qui si trovavano la
chiesa e il priorato magnifico e
ricco di s. Giovanni; l'ospedale, del
quale altro appena in tutta l'Eu-
ropa avevavi più ampio, ed in esso
si ricevevano i pellegrini ammalati
di tutte le nazioni, ch'erano assisti-
ti secondo il primitivo istituto ospi-
tala rio dell'ordine, dai giovani ca-
valieri, e nel giorno di venerdì
dallo stesso gran maestro, e dai
cavalieri gran croci. Stava a par-
te un' infermeria pegli ammalati
maomettani , trattati pure con e-
guale spirito di carità cristiana .
Dalla fortezza e città della Vallet-
ta é distante circa sei miglia Mal-
ta o città vecchia, dove sorge l'in-
signe cattedrale dell' apostolo s.
Paolo, sopra la quale i cavalieri
non avevano alcun diritto, ma di-
pendeva e dipende dal solo vesco-
vo co' suoi canonici mitrati. Le
rendite dell'ordine erano assai ric-
che, provenienti dalle varie com-
mende, priorati, baliaggi spaiai nei
diversi paesi della cristianità. Di
queste commende s.e ne contavano
sino a duecento setta ntuna ne'di-
partimenti francesi. Malta quando*
fu ceduta all'ordine gerosolimitano
non contava se non cinquemila
abitanti, laddove ne conteneva cen-
tomila quando fu loro tolta. I
residenti dell'ordine gerasolimitano
pi*esso le corti avevano il grado
di ambasciatori di Malta, e quello
che faceva la sua residenza in Ro-
ma aggiungeva a questa qualità
quella di procuratore generale nel-
la corte romana.
Tre giorni dopo la suddetta
GER
capitolazione il gran maestro Hom«
pesch, ed i cavalieri ricevettero l'or-
dine di abbandonare Tisota di Mal-
ta, e scortati da una fregata fran"*
cese furono condotti a Trieste. I?i
sbarcando V infelice gran maestro
divenne oggetto di derisione, dap-
poiché quando Tignominiosa cessio-
ne dell'isola si apprese in Germa-
nia, in IJngheria , ed in Polonia,
fremettero que' cavalieri d'indigna-
zionej e si ritirarono dalla sua ub-
bidienza; portatisi quindi molti di
essi a Pietroburgo vi proclamaro-
no il :27 ottobre 1798 in settan-
tesimoprimo gran maestro Pao*
lo I imperatore delle Russie, già
protettore dell' ordine. É da sa-
persi che la corte di Vienna con-
siderando che r isola di Malta
in mano della Russia divenuta sa-
rebbe un baluardo inespugnabile
contro i francesi, indusse il gran
maestro Hom pesch ad abdicare la
dignità, e si dice che il Papa ap«
provasse tal progetto, benché Pao-
la I fosse del rito greco scisma-
tico, a cagione delle circostanze dei
tempi. Hompesch dopo la rinun-
zia si ritirò a Montpellier, ove
poi mori a' 12 maggio i8o5. I ca-
valieri deir ordine nel medesimo
anno 179B riconobbero Paolo I
per loro gran maestro, ed il bali
Litta gli presentò in Pietroburgo
le insegne sovrane dell'ordine ge-
rosolimitano. Indi l'imperatore ai
i3 novembre significò a tutte le
corti straniere la sua assunzione
al gran magistero dell'ordine ge-
rosolimitano , dicendo di volerlo
proteggere ne' suoi privilegi e di-
ritti. Dopo Tatto solenne di accet-
tazione Paolo I prese possesso del-
la dignità , coL cerimoniale che
praticavasi prima in Rodi, e poscia
a Malta, ed in quel giorno con-
GER 271
ferì la gran ci*oce di commendato-
re al conte Gobentzel, ambasciato-
re dell'imperatore di Germania, e
creò venti cavalieri tutti pensiona-
ti sulle commende esistenti nelle
Provincie polacco-russe.
Inoltre Paolo I nel suo atto di ac-
cettazione temporaneamente trasferii
la residenza dell'ordine a Pietrobur-
go , assicurando della conservazione
dell' esercizio della religione cattoli*
ca romana, con le più solenni assi-
curazioni di operare per quanto fos-
se in suo .potere, aftinché l'ordine
ricuperasse Malta, e tutti que'beni
e diritti, de'quali era stato ingiu-
stamente spogliato. £ venendo in
cognizione che gl'inglesi nel settem-
bre 1800 si erano impadroniti del-
l' isola di Malta,. Paolo I fece le
più vive istanze perché gli fosse
restituita, avendo nominato al co-
mando di essa il principe di Wol-
howisk creato primo cavaliere del-
l'ordine, e destinato i reggimenti
che dovevano presidiarla. Divenu*
to Napoleone primo console della
repubblica, mostrando di seconda*
re r imperatore acciò dichiarasse
la guerra agi' inglesi, gli inviò in
dono la spada del gran maestro la
Vallette; ma la morte di Paolo f,
avvenuta a'sS marzo 180 r, tolse
all'ordine un valido e potente so-
stegno. Più tardi il di lui figlio e
successore Alessandro I, non aven-
do ci*edulo succederlo nel gran
magistero, per mezzo di un am-
basciatore rimise all' ordine gero-
solimitano le insegne magistrali u-»
sate dal genitore , e consistenti in
un berretto di velluto nero, con
corona imperiale d'oro dal defun-
to aggiunta, sovrastata da una ci*o«
ce di smalto bianco; uno stocco eoa
mànico coperto di velluto rosso
con arabeschi d' oro , con grosse^
27^ 6ER
lama d'acciaio in forma di fron-
da d' olivo; il gran sigillo che u-
iava ne' diplomi 9 rappresentante
l'imperiale aquila i*ussa, avente in
petto la croce dell'ordine gerosoli-
mitano; ed una gi*andiosa bandie-
ra rossa, con la croce bianca del-
l' ordine in mezzo , con iu cima
dell'asta la croce di metallo dora-
to a smalto bianco, e decorata di
due grossi cordoni e fiocchi di se-
ta rossa e oro. Queste insegne
l'oixline gerosolimitano tuttora cu-
stodisce a memoria del magistero
di Paolo I.
Nella pace d'Amiens de' 25 mar-
co 1802, essendosi statuito, come
dicemmo, la restituzione dell' isola
di Malta all'ordine gerosolimitano,
il quale dovrebbe regolarsi coi pre-
cedenti statuti, si dichiarò pure che
per quella volta il regnante Ponte-
fice Pio VI! avrebbe eletto il gran
maestro^ scegliendolo dai soggetti
che gli avrebbero pi*esentati i gran
priori, e ciò per un particolare ac-
cordo tra gl'imperatori di Germa-
nia e di Russia, cui accedettero la
Francia e l' Inghilterra. Laonde
Pio VII, con breve de' 16 settem-
bre 1802, nominò gran maestro il
bali fr. Bartolomeo Ruspoli prin-
cipe romano , generale delle ga-
lere dell'ordine , dichiarando nel
breve, che a cagione degli avveni-
menti essendo impossibile che i
membri di esso potessero in tutto
osservare gli statuti e le regole, l'in-
citava a rivolgersi a lui, che qual
capo supramo di tutto l'ordine, e
per la pienezza di sua autorità apo-
stolica, avrebbe dato le opportune
dispense. Ma il bali Ruspoli rinun-
ziò al magistero, inviando l'atto
relativo al Pontefice, sottoscritto
per mano di notaro. Allora fu fatto
luogotenente del magistero il bali
GER
Caraccioli, quindi Pio VII con bre^'e
dei 9 febbraio i8o3 dichiarò gran
maestro fr. Gio. Battista Tom masi
di Cortona, raccomandato dall' im-
peratore di Russia, e dal ve di Na-
poli, valoroso personaggio che avea
esercitato diverse dignità nell* ordi-
ne. Fu incaricato il commendatore
fra Nicola Btizi di Velletri, divei-so
da quel cavaliere Bussi, che poi
per diversi anni rappresentò Tordi-
ne in Roma, con la diplomatica
qualifica di brigadìera bali, incari-
cato d'affari, a recare al nuovo
gran maèstro il menzionato bi*eve
del seguente tenoi'e.
•* Al diletto figlio Gio. Battista
Tommasi gran maestro dello spe-
dale di s. Giovanni di Gerusalem-
me, Pio PP. VII, salute ed aposto-
lica benedizione.
M Avendoci risposto il diletto
figlio Bai*tolomeo Ruspoli (il quale
nello scoi*so anno, per tutte quelle
ragioni, che già dovete aver cono-
sciuto nel nostro breve a lui scrit-
to, e pubblicalo li 16 settembra,
era stato destinato da noi in gran
maestro dell'ordine gerosolimitano)
eh' egli nelle sue circostanze non si
stima idoneo a sostenere un si gra-
ve incarico, e fatta la rinunzia deU
la dignità del magistero, ed inviati
a noi gli atti di tal sua rinunzia
sottoscritti per mano del notaro,
avendoci istantemente supplicato di
non volerlo forzare a sottoporsi ad
un tal peso; noi considerando di
quale importanza sia il dar più
sollecitamente che sìa possibile il
suo capo ad un ordine che ci è ca-
rissimo, e per richiamare il quale
al suo primiero splendore ci occu-
piamo colla maggiore sollecitudine,
lasciato a parte ogni indugio, an-
nuendo alle di lui suppliche, abbia-
mo subito rivolto i. nostri .^^cchi a
GER
f oi, o diletto figlio, giacche ci è
noto che voi pure siete un sogget-
to per viilù, e per le cariche sos-
tenute nell'ordine gerosolimitano as-
sai distinto, e degno perciò di es-
sere stato annoverato tra quei sog-
getti, a' quali pressoché tutti i prio-
rati dell'ordine nel richiederci un
nuovo gran maestro diedero un^
onorevole testimonianza della loro
virtù. Acciocché adunque più a
lungo non si protragga questa ele-
zione, e sia profveduto quanto pri-
ma all'ordine, e per dare a voi
un luminoso attestato della nostra
benevolenza, della stima che abbia-
mo dei vostri distinti meriti, ripu-
tandovi degnissimo di questa amplìs-
sima dignità, coU'assolvervi ed avervi
per assoluto^ secondo il consueto, ed
in virtù della presente, da qualsivo-
glia vincolo di scomunica, di sos-
pensione e d'interdetto, e d'ogni
altra ecclesiastica sentenza, censura^
e pena inflitta dal diritto o dal
giudice per qualsivoglia occasione
o causa, se, e in qualunque modo
che ciò possa essere, ne siate av-
vinto, soltanto acciò abbia effetto
la presente nostra disposizione, vi
eleggiamo e nominiamo in gran
maestro dell'ordine gerosolimitano
con tutti gli obblighi e gli onorì^
conformemente agli statuti dell'or-
dine, e alle costituzioni apostoliche^
e con tutti gli onori, grazie e pri-
vilegi de' quali hanno goduto gli
altri vostri predecessori, come se
foste stato eletto nel capitolo di
Malta alla forma delle ordioazioni
prescritte nelle lettere apostoliche
del nostit) predecessore Urbano Vili,
in data de' 21 ottobre i634, in*
giungendo perciò a ciascheduno dei
cavalieri di tutto l'ordine, ai cap-
pellani, e gli altri ministri ed in-
servienti, di prestarvi la dovuta
VOL. XXXI.
GER %'j3
obbedienza, e di onorarvi e rispet-
tarvi come gran maestro e princi*
pe. Per quello poi che concerne le
cose che da voi dovranno farsi dopo
aver assunto il ministero, vi tras*
mettiamo un esemplare del breve,
che da noi fu scritto al medesimo
figlio Bartolom^, e quelle stesse
cose, che a lui fÌH*ono da noi pre^
scritte, sappiate che vengono egual*
mente prescritte a voi. Le quali
non dubitando da noi, che saranno
religiosamente in ogni parte da voi
eseguite per effetto del vostro os*
sequio verso di noi, preghiamo Id-
dio ottimo, massimo, che vi ricol-
mi d' ogni prosperità nel dar prin-
cipio al vostro magistero, e vi dia-
mo affettuosamente l' apostolica be'*
nedizione ".
Mentre si agitava la controversia
sulla restituzione di Malta, il mi-
nistro inglese residente in quell'i-
sola fece intendere al nuovo gi*an
maestro, che gli conveniva meglio
recarsi intanto a Messina, all' oppo*
sto il ministro francese lo invitò
trasferìrsi in Malta; ma il gran
maestro essendosi portato coi ca-«
valieri deir ordine in Messina (P^e^
di), a' 27 giugno li convocò nella
chiesa priorale di Nova luce dell'or-
dine, e fece leggere dall'avvocato
Brest il breve apostolico di sua e-
lezione al supremo magistero. Quin-
di il gran maestro si alzò dal suo
trono, ed inginocchiatosi prestò al
bali Trotti, come anziano, il con^
sueto giuramento ; dopo di che si
assise sul trono, ammise all'abbi'ac-
cio i due baPi Trotti e Caraccioli,
ed al bacio della mano i cavalieri,
e i maltesi ch'ivi trovaronsi pre-
senti. Ciò eseguito, il gran mae-
stro fece pubblicare la nota dei
rappresentanti dell'ordine, e dell<?
cariche conferite, indi ricevette il
18
374 GER
giuramento consueto dal consiglio
dell'ordine. Assiso poscia sul trono
y'ì recitò un'allocuzione, in cui tm
le altre cose disse. » Lungi dal ri-
chiamare alla memoria, o dilettis-
simi fratelli, i dolorosi eventi, e le
funeste cagioni che gettarono l'or-
dine in un mare di guai, da cui lo
trasse la robusta mano del virtuo-
so monarca, a cui dobbiamo una
immortale riconoscenza; solo ragio-
nar dobbiamo de' mezzi salutari,
che guidar ci possono all'alta glo-
ria di condurre all'antico splendore
un ordine che per lo spazio di qua»
si sette secoli meritossi il benefico
sguardo delle potenze, e la stima
delle nazioni. Voi, dilettissimi fra-
telli anziani, che meco uniti com-
ponete il sacro consiglio dell'ordi-
ne, rammentate in ogni vostra de-
liberazione i doveri a' quali vi a*
stringe il giuramento or ora pre-
stato in mano mia, ed alla presen-
za di quel Dio, che tutto vede,
pensa , premia e punisce. Voi siete
quelli, ai quali è toccata la bella
sorte di rannodare i sacri legami
della nostra istituzione, legami che
dalla religione e dall'onore soltan*
to acquistar possono una durevole
solidità. Questi legami sono l'inte-
ro obblio del personale interesse,
ed il fermo pensiero dell'interesse
pubblico, distruttore il primo, e
sostegno il secondo d'ogni società;
sono l'ubbidienza agli statuti, Tin-
Vjolabilità delle leggi, l'armonia fra
di noi, la rettitudine, il coraggio,
la costanza ". Ed allora rendeansi
necessarie pili che mai le virtù in-
culcate dai gran maestro, perchè
sempre più venivano allontanati
dalla speranza dì ricuperare Malta,
essendo divenuta l'isola funesto
pomo di discordia giUato tra la
Francia e l'Inghilterra, quale era
GER
stata un tempo la Sicilia, tra Ro«
ma e Cartagine.
Volendo quindi il gran maestro
trasportare la sede dell' ordine ia
G)rfù, per alcune difficoltà gli con-
venne trasferirla in Catania (Vedi),
e coi cavalieri, la cancelleria e
l'archivio nuovo delfordine, dap-
poiché l'antico, come dicemmo, re-
stò a Malta, vi si recò a' 28 gen-
naio i8o4- ^ià nella pace di Lu-
ne ville segnata li g febbraio 1801
tra la Francia, l'imperatore Fran-
cesco II, ed i principi dell' impero,
erasi stabilito, che i principi ere-
ditari tedeschi venissero reintegrali
nei dominìi perduti, con quelli che
possedevano i vescovi e gli ordini
regolari, per cui il gran priorato
gerosolimitano che risiedeva inHei-
tersheim nella Brisgovia, ebbe in
tenue compenso la contea di Bon-
dorf Quindi ebbe fatalmente luo-
go la soppressione di varie lingue
dell'ordine. Il re di Spagna, due
mesi prima che si fosse sottoscritto
il trattato d'Amiens, avea pi*omul-
gata un decreto col quale incor-
porò alla sua reale corona le lin-
gue dette di Aragona e di Casti-
glia, dichiarandosi egli stesso gran
maestro di que&t' ordine ne' suoi
dominii, e lasciando ciò che ri-
guaixlava il governo spirituale e
religioso alla Chiesa ed all'autorità
del Papa. L'elettore di Baviera,
che soltanto ad istanza dell'impe-
ratore Paolo 1 erasi indotto a
i*estituire nel 1797 la lingua ba-
varese, avea ottenuto finalmente
il consenso dell'imperatore Ales-
sandro I di lui figlio, per la sop-
pressione di questa lingua ne' suoi
stati, e ciò per compensarsi d' una
parte del vescovato di Eichstett,
che avea ceduto quando fu posto in
esecuzione il piano dell'indennizza-
GER
zione ai princìpi ereditari tedeschi.
La lingua d'Italia parimenti non
sussisteva che in parte, dappoiché
dipendevano dal dominio francese
il Piemonte, e i ducati di Parma
e Piacenza. Perciò di tutte le ot-
to lingue che componevano l'or-
dine, non rimaneva se non che
parte della lingua d'Italia, e le
lingue di Germania^ e di Russia.
Quest'ultima era composta di due
priorati, già compresi nell'antica
Polonia, i quali stabilito avevano
il loro consiglio a Pietroburgo; e
questi appena udirono l'elezione
del nuovo gran maestro, inviaro-
no una deputazione, della quale
era capo il commendatore Reczin-
ky, per rendere omaggio al Tom-
masij e per trattare degli affari
dell' ordine dentro le provincie del-
l' impero russo. Intanto la soppres-
sione delle lingue di Spagna, che diede
l'esempio imitato da altre nazioni,
fu un colpo fatale all'ordine intie-
ro, perchè fece nascere dei forti
sospetti nel ministero inglese, che
rifiutò di restituire Malta, allegan-
do per uno de' motivi, che davasi
a divedere che si voleva togliere
al gran maestro » ogni minima om-
bra di sovranità e d'indipenden-
za , quando con Io spoglio delle
commende se gli toglievano i mez-
zi dì sussistere decorosamente , e
mantenersi nell'immediata sovra-
nità deir isola , restituita al suo
ordine sotto la garanzia e l'ap-
provazione di tutte le potenze le
più cospicue di Europa ".
11 nuovo gran maestro nel i8o3
incaricò il commendatore fr. Nico-
la Buzi di Yelletri, di recarsi a
Malta, ed in forza del trattato di
Amiens, e della qualifica dì suo
luogotenente , di riceverla in con-
segna dalla guarnigione inglese. £•
GER 275
gli vi approdò l'ultimo di febbra-
io con un corpo di soldati fornito
dal re di Napoli, che doveano ser*
vire di temporaneo presidio; ma
in vece dal ministro inglese a'a
marzo ricevette un formale rifiuto,
sotto diversi pretesti, fra i quali
quello della soppressione di varie
lingue, e la mancanza delle gua*
rentigie che dar dovevano le di-
verse potenze segnatane del trat-
tato d' Amiens. Il commendatore fe-
ce ricorso al ministro plenipo-
tenziario della repubblica france-
se presso l'ordine, e l'isola di Mal-
ta, il quale insistette a tenore del-
l'articolo X di detto trattato, di-
mostrando la frivolezza dei prete-
sti; per cui il commendatore do-
vette partire all' istante, per non
compromettere la sua persona. La
negativa per parte dell'Inghilterra
era principalmente per timore che
Napoleone insaziabile di conquiste,
non togliesse ben presto l'impor-
tantissimo punto di Malta alle de-
boli forze dell' ordine. Finalmente
irritata V Inghilterra dalle esigenze
di Napoleone, che voleva V imme-
dialo abbandono dell'isola di Mal-
ta, senza ch'egPi volesse cedere nul-
la di quanto avea usurpato , fu
spinta a' 18 maggio i8o5 a di-
chiarare alla Francia quella me-
morabile guerra , che porse per
nove anni continui al genio del
suo formidabile avversario occasio-
ne di trionfi sul continente, ma
ti assero al fine il di lui eccidio.
Il grau maestro Tom masi afflitto,
e vedendo senza risultati le prote-
ste emesse dai commendatore Bu-
zi sulla ritenzione dell'isola di Mal-
ta, mori in Catania a' i3 giugno
180 5, essendo stato l'ultimo gran
maestro dell' ordine gerosolimitano,
e per ordine cronologico il LXXII.
3176 GER
Nella cattedrale della sua patria
G>rlODa, gli fu eretto dalla sua fa-
miglia un marmoreo cenotafio^ che
rappresenta il gran maestro in pie-
di in atto di comando. I di lui
successori fino ad ora non furono
che luogotenenti del magistero del
medesimo ordine. Fu eletto luo-
gotenente nella chiesa conventuale
a*i5 giugno il bah fr. Ionico Ma«
ria Guevara Suardo napoletano ,
ammiraglio delle galere dellordi-
ne; indi tre deputati dell' oi^ine
da Catania portaronsi in Roma
da Pio VII, che ne confermò Te-
lezione, e riuscì personaggio pru-
dente e saggio . Inutilmente fece
tentativi per la ricupera di Malta:
nel 1 808 il principe reale di Fi'an-
eia Luigi Carlo d'Orleans, conte
de Beaujolais, e fratello del regnan-
te re de' francesi , si recò per sa-
lute in Malta, e vi morì a' 3 giu-
gno, venendo sepolto nella cappel-
la di s. Paolo, nella tomba dei
gran maestri e dei bah della Un-
gua di Francia. Il re fratello gli
eresse un decoroso monumento ,
presso quelli dei gran maestri A-
lof de Wignacourt , ed Emanuele
de Rohan. Dipoi a' 23 gennaio
1 8 1 1 il re di Prussia Federico
Guglielmo III dichiarò estinto e
disciolto il baliaggio di Brande-
burgo dell'ordine gerosolimitano,
ed invece istituì l'ordine di Prus-
sia di s. Giovanni, di cui il re si
intitolò protettore , nominandone
il gran maesti*o e i cavalierì.
Il luogotenente Guevara mori in
Catania a'25 aprile 18 14> e fu sepol-
to nella chiesa conventuale. Si con-
vocò il sacro consiglio a'26 aprile
e sotto la presidenza del veneran-
do fr. Girolomo Lapparelli gran
priore d' Inghilteira residente in
Catania^ venne eletto luogotenente
GER
del magistero il commendatore fi\
Andrea di Giovanni-y-Centelles di
Messina, e Pio VII con breve dei
25 giugno 181 4 ne confermò l'è*
lezione. Nel trattato di Parigi dei
3o del seguente maggio, contro il
decretato di quello d'Amiens, die
in proprietà e sovranità l'isola di
Malta e sue adiacenze all'Inghil-
terra, disponendo (le potenze d'un
territorio che non gli apparteneva
contro il pubblico diritto. Con u-
na spogliazione vennero trattati gli
antichi e benemeriti protettori del-
la navigazione del Mediterraneo
contro i turchi e barbereschi. Per
conservare le relazioni dell'ordine
colle potenze d' Europa, e reclamar
le sue proprietà e prerogative, il
luogotenente Centelles nominò i
seguenti inviati diplomatici. Il baPi
Bonaccorsi a Roma; il maresciallo
Colloredo gran priore di Boemia,
ambasciatore a Vienna; il bali Mia-
ri ministro plenipotenziario a Vien-
na; il bali de Ferret a Parigi;
il duca di Serra Capriola a Pie-
troburgo ; il commendatore Paes a
Madrid; il commendatore Cedro*
nio a Napoli ; il bali de Carvalho
in Portogallo; ed il commendato-
re di Thuisy incaricato d'af&ri a
Londra. Inoltre il luogotenente da
Catania delegò al congresso di
Vienna diversi commendatori e
cavalieri fì*ancesi, per ottenere ai
reclami dell'ordine, fòvore ed e-
quità^ ma senza risultato, come de*
scrivemmo al fine dell' articolo
Germania (Vedi) , parlando del
celebre congresso di Vienna. I me-
desimi sfom e reclami il luogo-
tenente Centelles fece rinnovare nel
18 18 al congresso di Aix la Cha*
pelle, ove furono abolite l'infame
tratta de'negri, e la ladroneccia pi-
ratei'ia. Dispiacente il luogotenente
GER
4IÌ tanti infortuni, mori a' io giu-
gno 1 8a I , ed il sacro consìglio u-
nìto in Gitania nel mese di giugno
elesse per nuovo luogotenente fr.
Antonio Busca milanese bafi d'Ar-
menia, che immediatamente fu con-
fermato dal Pontefice Pio VII.
Mei settembre 1822 ebbe luogo
in Verona un congresso di sovra»
ni: a questo il luogotenente Bu-
sca fece rinnovare i reclami deU
l'ordine, ma non ottenne neppure
equivalenti compensi al perduto.
Intanto per V incamerazione delle
.commende di Sicilia, e per malin-
tesi corsi tra il governo del re
delle due Sicilie, e l'ordine geroso-
limitano, e perchè fosse più a por-
tata l'ordine di essere in piti fo-
cile comunicazione colle potenze
d'Europa, il luogotenente col con-
siglio risolvettero di trasferire la
residenza magbtrale dell'ordine da
Catania nello stato pontificio . A
quest'effetto il luogotenente otten-
ne da Leone XII un breve apo-
stolico, dato a' 12 maggio 1826,
con l'autorità del quale, per con-
servare il lustro dell'ordine gero-
solimitano, il Papa permise che la
sua residenza fosse trasferita a
Ferrara (Vedi)^ concedendo a ta-
le oggetto la chiesa e il moniste-
ro de'ceiestini, belli edifizi.
In tal modo si riaprì la casa
conventuale de'cavalieri gerosolimi-
tani in Ferrara, ed ivi nell'agosto
di detto anno si trasferirono il
luogotenente, i cavalieri, la can-
celleria e l'archivio dell'ordine. I
dignitari dell'ordine nel 1829 sot<
to la luogotenenza del venerando
fr. 'Antonio Busca, erano i seguenti:
i.** luogotenente del gran com-
mendatore, e del maresciallo del
grande spedaliere, il commendato-
re fi\ Amabile Velia vice-cancel-
GER 277
liere delFordine, segretario del ma-
gistero rappresentante le tre lin-
gue di Francia; 2.° luogotenente
dell'ammiraglio, il commendatore
fr. Fulvio Alfonso Rangoni, procu-
ratore del venerando tesoro; 3/
luogotenente del gran conservato-
re, il commendatore fr. Alessandro
Ghislieri, conservatore conventuale;
4>^ luogotenente del gran bafi, il
commendatore fr. Cesare Borgia,
procuratore del tesoro, che dimo-
rando in Catania, fondò l'accade-
mia Gioenia, ne fu presidente pel
primo triennio, e poi 'presidente
perpetuo ad honorem j 5.° luogote-
nente del turcopoliere, il cavaliere
fr. Scipione Sessi; 6.° luogotenen*
te del gran cancelliere, il commen-
datore ora bali fi*. Alessandro Bor-
gia. II. luogoteiienle Busca ottenne
dal Papa Pio VII, con breve dei
5 agosto 1822 la riduzione dei
membri del consiglio della came-
ra da otto, che prima erano, ai
seinominati; e quindi dal regnante
Gregorio XVI la pontificia au-
torizzazione di chiudere il conven-
to di Ferrara, venendo dal Papa
in lui riunite tutte le autorità del-
la camera del consiglio dei tribu-
nali dell'ordine , coU'obbligo però
negli affari importanti di sentire
il parere di un probo e capace
i*e1igioso dell'ordine, come si rileva
dal breve del 20 dicembre i83f.
Indi nel pontificato dello stesso
Gregorio XVI il convento ossìa la
sede della luogotenenza del magi-
stero fu trasferita provvisoriamente
in Roma nel suddetto palazzo del-
l' ordine in via Condotti, mentre
il luogotenente Busca morì in Mi-
lano li 19 maggio 1834» fii l'o-
dierno luogotenente bali Candida,
che in tale anno trasportò da Fer-
rara in Roma il convento. Allo-
978 CER
ra il Pontefice Gregorio XVI con
breve de* 2 3 di dello mese elevò
alla dignilà di bali e di luogole-
nenle del magistero, con l'autori-
tà, prerogative e {acoltù concesse
dalla sanla Sede al defunto, il ve-
nerando fr. Carlo Candida di Lu-
cerà, ricevuto nell'ordine a* 17 set*
tembre 1787, già priore di Capua,
capitano della galera capitana a
Malta, e ricevitore del priorato di
Aoma, di Barletta, e di Capua,
qhe al presente con indefesso zelo
degnamente governa l'ordine, sot-
to i faustissimi auspici del lodato
Pontefice, gran benefattore e prò-
leggitore dell'ordine, i cui lumino-
si esempi servirono di emulazione
e nobile eccitamento ad altri so-
vrani, in fare rifiorire l'ordine nei
loro dominii. Inviato straordina-
rio e ministro plenipotenziario del-
l'ordine presso l'imperiai corte di
Vienna è il conte Francesco de
Khevenhuller ciambellano dell'i m-
Sieratore, e generale maggiore del-
e sue armi.
Premuroso il luogotenente Canp
dida di proseguire le recezioni, ed
lammetlere alla professione religio-
sa per l'incremento dell'ordine nuo-
vi individui, nei primi del i835
implorò dal Papa , che in man^
canza di ospedale , dì una chiesa
conventuale, e delle navi per fare
le carovane prescritte dagli statuti
gerosolimitani, per quindi al ter-
mine del noviziato professare i ri-
cevuti di giustizia del priorato
di Roma , venissero ammessi i
nuovi cavalieri a servire gli am-
malati in un ospedale dell'alma
città pegli anni del noviziato, e
che potessero servire per il cor-
so di quallr'anni nelle guardie no-
bili pontificie, in vece delle quat-
tro cai'ovane. A tali invocate com-
GER
mutazioni Gregorio XVI con bve-'
ve de' i4 gennaio dell'anno i835,
ammise nella sua anticamera se-
greta un cavaliere novizio, al mo-
do che descrivemmo al voi. VH,
p. 4i 6 4'^ ^^^ Dizionario. Qnin*
di sulle istanze promosse dal me*
desimo baPi luogotenente, il Pon-
tefice con analogo breve de' 29
maggio i835 donò all'ordine gè*
rosolimitario la chiesa di s* Fran-
cesco d'Assisi, e l'annesso edifizio,
comunemente detto V Ospizio dei
cento preti f con tutte le rendite ap-
partenenti a quello stabilimento.
Memore il luogotenente e i cava-
lieri gerosolimitani essere l'ospitali-
tà uno de'primari loro doveri, con
tanta celebrità esercitata nei tem-
pi trasandati, come in Gerusalem-
me, in Rodi, ed in Malta, ivi a-
prirono un ospizio per gli eccle*
siaslici infermi , onde coordinare
l'antica e la nuova destinazione
di qtiel locale, di cui qui appres-
so daremo un cenno. Fu stabilito
che l'ospizio sarebbe sotto l'imme-
diata cura dell' ordine, così la di-
rezione ed assistenza a norma del-
lo statuto. Con questo ulteriore
beneficio del Pontefice, fu da lui
pur commutato ai cavalieri novizi
l'obbligo delle carovane con altre
occupazioni analoghe, che hanno
luogo prima della professione re-
ligiosa , e gli abilita ad aspirare
alle commende e ad altri benefi-
zi, giusta il grado dell'anziani tà.
Ridolfino Venuti nella sua Ro'
ma moderna p. 5^iy tratta della
Chiesa di s, Francesco cF Assisi a
ponte Sisto, e dell! ospedale dei
poveri sacerdoti, e narra, che aven-
do Gregorio XIII comandato che
la compagnia della ss. Trinità u-
nisse tutti gl'invalidi e vagabon-
di, anche per forza, in qualche
GER
luogo dove si maDteoessero con lì-
mosine, per levare, come dice il
Panciroli a p. 3 1 4 de' Tesori na-
scosti, r occasione ai poveri di an-
dare gridando per le strade e per
le chiese turbando quei che face-
vano orazione, abuso che avevano
già procurato rimuovere s. Pio V,
e s. Carlo Borromeo, per T irrive-
renza che cagionava ai sacri tem-
pli, servendo di fomite al vizio
ed all'indolenza. Trovandosi dispo-
nibile il convento presso la chiesa
titolare di s. Sisto Papa nella via
Appia, vi furono condotti in esso,
e processionalmente sino ad otto-
cento cinquanta poveri. Essendo
però il locale poco frequentato, ed
incomodo per la sua distanza ai
fratelli della compagnia , questa
trasportò poscia i poveri in alcu-
ne case vicino alla propria chiesa.
In progresso di tempo trovandosi
la compagnia molto aggravata dal
ricevimento de' pellegiùni e conva»
lescenti, supplicò Sisto V acciò si
degnasse sgravarla di questo nuovo
peso. Allora Sisto V nel rione Re-
gola, in fine della strada Giulia e
presso il ponte Am*elio o Giani-
colense, chiamato Sisto per essere
stato riedificato da Sisto IV nel-
l'anno 1587, conia spesa di trentun
mila cinquecento settantadue scu-
di, nel sito ove acquistò certe ca-
se, con disegno del cav. Domenico
Fontana fabbricò un ospizio con
contigua chiesa sotto l'invocazione
di s. Francesco d' Assisi, come u-
inile e povero, e per averne egli
professato V istituto. Vi fece orato-
ri!, refettorii, dormitorii, orti, ca-
mere, ofi&cine, e tutti i comodi op-
portuni di spezieria fornitissima,
non che un bell'orologio dalla parte
del Tevere. Per rendite assegnò
all'ospizio r antica gabella ideile
GER 279
barche, navi, e navicelli che na-
vigano pel Tevere tirati dai bufati,
e della legna da fuoco, che a tale
effetto impose, formandogli una
rendita di annui novemila scudi,
la quale si accrebbe per diverse
pie Uscite; e al dire del Venuti
ampliarono e restaurarono il lo-
cale la famiglia Laute, e il cardi-
nal Renato Imperiali. Gli concesse
vari privilegi, lo esentò da ogni
giurisdizione di giudici, governa-
tori, senatori, ec., da ogni gabel-
la e decima : quindi autorizzò gli
amministratori dello spedale di po-
ter punire quei poveri che accat-
tavano per Roma. Il prelato tesor
riere, ed il commissario generale
della camera ebbero una certa in-
gerenza neir amministrazione dello
stabilimento, a causa della quali-
tà delle sue i^ndite. Sisto V ezian-
dio collocò in luogo separato le
donne bisognose, e volle che ivi i
pellegrini si alimentassero per tre
giorni; e dispose che l' amministra-
* zione del pio luogo si esercitasse
annualmente da quattro persone
ecclesiastiche o laiche, due nomina-
te dal magistrato del popolo ro-
mano, e due dalla confraternita
della ss. Trinità de' pellegrini. Veg-
gansi le costituzioni Quamvis in-
firma^ degli 1 1 maggio 1587, BulL
Rom. tom. IV, par. IV, p. 3o4;
e FosUdat ratio ^ de' 6 settembre
i587, BulL Rom, tom. V, par. I,
p. 12 1 , con la quale Sisto V nel
divisamento di hberare Roma da-
gl'importuni questuanti, accrebbe
d' annui ottocento scudi le rendite
dello spedale, ov' erasi raccolta gran
numero di poveraglia, ricavati da
diversi piccoli benefizi soppressi.
Inoltre il magnanimo Pontefice as-
segnò allo stabilimento cinquecen-
to scodi per quindici anni, che
*i8o
GER
dovea somministrare V ebreo Tene-
ziano Gabriele Magio; scudi quat-
tromila ricavato di uà nuovo da-
zio imposto sulle carte da giuoco;
scudi mille per l'altra gabella im-
posta sugli stracci; scudi duecento
cinquanta sopra alcuni affitti del-
la piazza Giudea, e la rendila di
una mola del vicino ponte, oIti*e
il sale che senza pagamento do-
veva somministrare la camera a-
postolica.
Morto peli) Sisto V l'opera pia
deteriorò grandemente , e la cit-
tà fu di nuovo inondata di pe-
tulanti poveri; indi nel Pontifi-
cato di Paolo V fu eretta la ma-
gnifica fonte che resta da un lato
del prospetto esterno dell' edifìzio,
la quale descrivemmo nel voi.
XXV, p. 173 del Dizionario, Ve-
di Ponte Sisto. Divenuto Papa In-
nocenzo XII, volendo effettuare l'u-
tile divisamento di Sisto V, stabi-
fi un Ospizio apostolico de'poven
invalidi^ divisi in tre luoghi. Nel-
r ospizio Si stino a ponte Sisto po-
se i vecchi e le vecchie , dopo
averlo nel 1692 riunito MOspi^
zio apostolico j ed il Piazza di-
ce che nell'anno 1698 ve n'erano
quattrocento; nell' ospizio di san
Michele vi raccolse duecento ses-
santa fanciuHi; e nel palazzo late-
ranense collocò le zitelle. Da que-
sto stabilimento ebbe origine il
grandioso Ospizio apostolico di s.
Michele a Ripa (Fedi)^ nel qual^
Innocenzo XII concentrò gran par-
te delle rendite dello spedale de-
gl'invalidi o mendici fondato da
Sisto V. Il p. Bonanni nella par-
te III del Catalogo degli ordini
religiosi, óìscorie del povero inva-
lido di Sisto, e ce ne dà la figu-
ra come vestiva^ Il Piazza nei suo
Eusevologio romano, trat. I, e XIX,
GER
parla dello spedale di s, Sisto dei
poveri invalidi. Al precedente cap.
Xiy tratta deUo spedale de* sa-
cerdoti infermi a s. Lucia della
chiavica, di cui fa d'uopo darne
un cenno, perchè desso si unì al-
l'ospizio Sistino de' poveri invalidi:
prima però noteremo che Clemen-
te XI successore d'Innocenzo XII,
considerando che i poveri dell' O-
spizio apostolico, divisi nei tre me-
morati locali , per migliore vi-
gilanza e governo era bene riu-
nirli, incominciò la gran fabbrica
di s. Michele a Ripa, e pei primi
vi trasportò .nel 1714 ^ vecchi e
le vècchie dell'ospizio Sistino, per
cui in questo luogo surse il men-
tovato spedale de' sacerdoti, o col*
legio ecclesiastico.
Gio. Antonio Vestri speziale, re-
<»ndosi all'arcispedale di s. Spiri-
to ad esercitarsi in opere di ca-
rità, discoprì fra gì' infermi un sa-
cerdote suo amico che di lui ver-
gogna vasi , laonde divisò fondare
un particolar luogo pei sacerdoti
infermi, e l'effettuò presso la pro-
pria abitazione a s. Lucia della
chiavica, con l'acquisto di alcune
casuccie. Morì nel i65o, quando
già avea riunito dieci letti, ove cu*
rava ed alimentava i sacerdoti ma-
lati, lasciandone ja direzione, e l' am-
ministrazione delle rendite di cui
avea dotato il piccolo spedale, alla
Congregazione de* cento preti e ven-
ti chierici^ quella stessa che diede
il nome di Convitto de cento preti
all'edifizio a ponte Sisto quando
ivi si stabi Pi. Tale nome fece ci*e-
dere ad alcuni che nell'ospizio e
spedale Sistino fosse eretto uno spe-
dale per cento preti, ciocche non è
mai stato, essendo ben diversa V o-
pera di detta congregazione isli-
tuiU Tanno i63i nella chiesa dei
GER
ss. Michele e Magno in Borgo, ad
esempio di altre che fiorirono in
Roma, come si legge in alcune i-
scrizioni delle chiese de' ss. Cosma
e Damiano, e de' ss. Gio. e Paolo.
Essa è una congregazione pura-
mente spirituale, che ha per fine
suffragare le anime de' confrati alla
medesima ascritti , dappoiché alla
morte di alcuno di essi sacerdoti
o chierici, recita T uffizio de** de-
funti , celebra una messa solenne
di requie, ed ì preti sono tenuti
dire una messa per l'anima del
trapassato, ed i chierìci di fare la
santa comunione; e perchè non
manchi il numero completo delle
cento messe, e delle venti comu-
nioni, il nuovo aggregato deve su-'
bito applicare una messa se sa-
cerdote, ed una comunione se chie-
rico in suffragio deli' individuo nel
cui luogo è stato ammesso. Nel
1 674 Clemente X approvò V isti-
tuzione del Vestrì, concedendogli i
privilegi degli altri luoghi pii di
Roma; indi nel 1681 Innocenzo
XI gli accoixiò grazie spirituali ed
indulgenze. Nel 1699 Innocenzo
XII con la bolla Ecclesiae CathO'
licae^ trasferì V ospedale de' sacer-
doti da s. Lucia, ad un palazzo in
borgo dei Colonnesi. In seguito
Tospedale si uni al collegio eccle-
siastico de' cento preti e venti chie-
rìci, eh 'erasi stabilito nella chiea
di s. Francesco d'Assisi, e fu diret-
to da un cardinale, e da quattro
deputati^ fra'quali aveva sempi*e
/uogo il canonico decano del ca-
pitolo di s. Pietro, che lo gover-
narono a mezzo dei padri delle
scuole pie; ma quell'unione a poco
a poco modificò ambedue le isti*
GER *fc8i
tuzioni, e ne surse finalmente un
ricovero per que' poveri preti che
logori dalle fatiche del ministero,
avessero bisogno d'assistenza e ripo-
so, dicendoci il Viale nel suo lii'
nerario di Roma, pag. 4^6 9 che
ivi vivevano preti in comunità, ed
il Venuti che i'edifizio ad un tem-
po fu abitato da preti, che in con-
vitto riuniti pagavano la dozzina,
e dai sacerdoti infermi. A' nostri
giorni vi dimoravano dieci sacer-
doti, che avevano stanza nell'edifi-
zio Sistino, e baiocchi quindici al
giorno, onde quando esso fu ce-
duto all'ordine gerasolimitano, que*
sto assunse di somministrare tale
sussidio a dieci sacerdoti a nomi-
na del cardinal vicario. Dappoiché
a' 29 agosto i835 venne stipulata
una convenzione fra il cardinal vi-
cario di Roma, e il luogotenente
del niagistero, cioè di ricoverare
l'ordine gerosolimitano otto sacer-
doti, e di somministrar loro ba-
iocchi quindici per ciascuno in o-
gni giorno, e di pagare altrettan-
to a due sacerdoti dimoranti nell'o*
spizio di Tata Giovanni. Dopo que-
sta convenzione fu dal Papa regnan-
te concesso il locale, al mod^ che
narrammo più sopra. In pari tem-
po la congregazione de'cento pre-
ti e venti chierici ritornò nella
chiesa de' santi Michele e Magno
in Borgo, partendo da quella di s.
Fr&ncesco d'Assisi. Grato l'ordine
gerosohmitano al donativo di detta
chiesa e contiguo edifizio, a pe-
renne memona ivi eresse il busto
in marmo del Papa regnante, sot-
to del quale collocò la seguente
marmorea iscrizione;
382
GER
GER
GBEGOBIO . XVI . PCUTT . MAX.
lilTECESSORVM . MVHIFICEirnAM . AEMYLATO
QTOD
XEVODOCmO . lin.ITE5SI
MAHT . BOSTILI . TAKDIT . DISJECTO
ECCLESU . AEDITIBVSQ . DOKATIS
HA8 . AEDES . 8VFFECER1T
EQVITES . B1EROSOLYII1TA5I
ET
BAJVLIWS . CAROLVS . CAHDIDA . ORDCTIS . MODERATOR
GRATI . AKIMl . ERGO . REIQVE . MEMORIAE
AKHO . MDCCCXXXV
La chiesa ha tre altari, il mag-
giore è dedicato al titolare s. Fran-
cesco d* Assisi, il quale ivi si vede
Regiamente espresso dal cav. Ga-
spare Celio romano, ed è rimar-
chevole l'immagine di Sisto V in
aito di orare; nel secondo oltre
il quadro dell'altare si venera una
divota immagine di Maria Vergi-
ne sotto il titolo Rifugio dei pecca'
ion\ donata nell'anno i832 a que-
sta chiesa da monsignor Alessandro
Spada, allora decano della rota, poi
cardinale : tal nome glielo pose il
cardinal Zurla. vicario di Roma, il
quale commise la benedizione della
sacra immagine a monsignor Giu-
seppe Vespignani arcivescovo di
Tiana, ora vescovo d'Orvieto, ed il
popolo appena fu essa esposta nel
i833 alla pubblica venerazione, di-
mostrò verso l'immagine partico-
lare divozione, sia nel pio eserci-
zio del mese Mariano, che in altri.
Il quadro poi dell'altare rappre-
senta il beato Gerai*do da Villa-
magna frale servente d'armi, il cui
culto immemorabile è stato rico-
Aosciulo dal Papa che regna. Nel
terzo altare vi è un quadro rap-
presentante s. Gio. Battista patro-
no principale dell'ordine gerosoli-
mitano. 11 soffitto è di legno guar-
nito a cassettoni con entro rosoni
rilevati, con dorature: nel centro
di esso eravi una statua di legno
rappresentante s. Francesco, alla
quale é stato sostituito lo stemma
dell'ordine gerosolimitano in pittu-
ra. 11 bafi Candida prepose alla
cura della chiesa un sacerdote, col
titolo di rettore del ven. ospizio ec-
clesiastico, e fece restaurare oltre
l'annesso ediGzio il tempio, con de-
corosi abbellimenti, per cui ne fu
fatta solenne apertura nel giorno
del santo Natale del 1 835, con mes-
sa cantata ed accompagnata da scel-
ta musica. Ad e^a assistettero il
venerando luogotenente con l'abito
di formalità, i cavalieri professi e
dì giustizia, e molti altri di recen-
te ricevuti. Nel primo giorno poi
del nuovo anno i836, dopo avere
in detta chiesa adempiti agli ob-
blighi di religione, il luogotenente
unitamente ai suddetti cavalieri, si
trasferì con nobile treno all'udien-
za del regnante Pontefice per tri-
butargli in nome di^ tutto l' ordine
i più doverosi omaggi, ed esternar-
gli: nella ricorrenza del nuovo an-
no il vivo desiderio per la lunga
e felice di lui conservazione. Il no-
bile drappello vestito coll'uniforme,
fu accolto da Gregorio XVI con
sensi di speciale benevolenza, confer-
mandogli la continuazione della sua
GER
protezione e tutela' ad nicremento
e lustro deir inclito ordine. Mei prt-
ino giorno d* ogn' anno il luogote-
nente coi cavalieri rinnova tali omag-
gi, che prima pure praticava. Quin-
di il medesimo Papa a' 1 1 del seguen-
te febbraio si degnò fare una gra-
ziosa visita a questa chiesa ed ospi-
zio*, ricevuto alla porta della chie-
sa* dal luogotenente, e da tu Iti i
cavalieri tanto professi quanto no-
"vizi in uniforme. Il Pontefice dopo
avere orato nella chiesa, e veduti
ì miglioramenti eseguiti, si recò ad
osservare il vasto contiguo locale da
lui donato, ed in ispecie l'ospedale
ivi stabilito, esprìmendo al luogo-
tenente ed ai cavalieri la sua piena
soddisfazione. A ricordanza di tal
visita il luogotenente eresse nel luo-
go la seguente marmorea iscrizione:
l' immortale . GREGORIO . XVI . P . M.
' ONORÒ . DI . SVA . PRESENZA
NEL . GIORNO . IH . FEDR ARO. MDCCCXXXVI
QVESTO . LOCALE . CHE . GENEROSAMENTE
HA . DONATO . AL . S . M . O . G.
In questa chiesa il luogotenente
coi cavalieri si portano nel di del-
la Pasqua di Risurrezione ad adem-
piere il precetto pasquale, e nel di
della festa della natività del pre-
cursore s. Giovanni Battista a rice-
vervi egualmente la santa comunio-
ne dal cardinale gran priore di Ro-
ma, ed ordinariamente dal cardi-
nal protettore dell' ordine nella mes-
sa che suole celebrare, la cui festa
dall'ordine si solennizza con divota
pompa, li venerando luogotenente
vi si porta coi commendatori con-
ventuali, e cavalieri professi e no-
vizi in nobile treno , intervenendovi
anche i commendatori e cavalieri
di divozione, ed i cappellani con-
ventuali : fra l' illustre drappello, e
con le insegne dell'ordine ha volu-
GER aSa
to prendere luogo talvolta anche
d. Michele I di Portogallo, come
talora hanno assistito alla funzione
ìì cardinal gran priore di Roma, e
la principessa Maria Luigia Carlot-
ta duchessa vedova di Sassonia, an-
ch'essa insignita della gran croce del-
l'ordine. Le altre comunioni che i
mentovati personaggi per legge del-
l'ordine fanno annualmente in det-
ta chiesa, hanno luogo nei giorni di
Pentecoste, dell'Immacolata Conce-
zione di Maria Vergine, e del san-
to Natale. Le altre pratiche religio-
se prescrìtte dallo statuto sotto il
titolo della chiesa, attese le varie
vicende dell'ordine, e lo scarso nu-
mero de' religiosi, sono al presen-
te tralasciate, tranne la messa con-
ventuale, cui in tutte le domeniche
nell'istessa chiesa assiste il corpo
dell'ordine residente in Roma. In
questa chiesa nell'ottava del Cor^
pus Dominiy vi si celebra con de-
coro la processione del ss. Sagra-
rocnto. Nella domenica in Albis dei
IO aprile i836 nella medesima eb-
be luogo la solenne professione del
commendatore Gio. Antonio Cap-
pellari della Colomba di Belluno,
nipote del regnante Sommo Pon-
tefice, già ricevuto cavaliere di giu-
stizia nel priorato di Roma. A tale
effetto il bali Candida luogotenen-
te del magistero si trasferì con
nobile treno in compagnia del no-
vello candidato, e di tutti i ca-
valieri professi e novizi alla chie-
da di s. Francesco. Ivi assisterono
al santo sagrifizio, che venne cele-
brato da monsignor de Cupis u-
ditore di rota, e cavaliere geroso-
limitano. Letta l'epistola prìncipiò
il sacro rito della professione, che
fu riassunto e terminato dopo la
messa, giusta le cenmonie prescrit-
te dagli statuti dell'ordine. Questa
ikH GER
religiosa funzione riuscì commo-
vente, ed altremodo decorosa. Vi
intervennero la primaria nobiltà,
€ molti ragguardevoli personaggi,
i quali ascesero dopo nelle sale su«
periori dell' ospizio per congi*atu-
larsi col cavaliere di recente prò-
fesso, e furono tutti ti*altatì di
lauto rinfresco, ed un concerto
musicale eseguiva ad intervalli i
più scelti pezzi di musica. L'esul-
tanza di un giorno così segnalato
pei cavalieri di s. Giovanni si re-
se vieppiù memorabile per 1' alto
onore loro compartito da Grego-
rio XVI, il quale volle che l'in-
tiero corpo de' cavalieri, ed altri
scelti personaggi , non che la sua
nobile corte, sedessero secolui a
mensa, imbandita nel nobile, casino
di Pio IV del giardino vaticano ;
ammettendo alla sua destra il car*
•dinaie Emanuele de Gregorio pro-
tettoia dell'ordine, ed alla sini-
stra il bali Candida. Finalmente a
"voler far menzione di altre solen-
ni funzioni celebrate nella chiesa
di s. Francesco, diremo che ai 18
f;tugno 1837 il cardinal Odescal-
chi vicario di Roma^ vi battezza»
l'israelita Isacco Bici to d'Algeri,
imponendogli il nome di Carlo
Leganori, essendone padrino il lo-
dato luogotenente del magistero :
vi assisterono il corpo de'cavalierì
gerosolimitani , e la più distinta
nobiltà. A' 23 apiile poi del 1841
nella stessa chiesa vennero con fu-
nebre divota pompa celebrate l'e-
sèquie del marchese d. Giovanni
d'Andrea 9 bali e gran priore di
Barletta, € del bali fr. Francesco
Porzio gran priore delie due Sici-
he, ambedue defunti in Napoli.
Assistettero alla cerimonia il luo-
gotenente , e i cavalieri professi ,
novizij e di divozione, tutti rico-
GEB
noscenti verso i due trapassati,
per l'impegno dimostrato nel ri-
sorgimento dell' ordine nelle due
Sicilie, del quale poi parleremo.
Ed eccoci all' epoca fausta per
l'ordine gerosolimitano, della fon-
dazione e riaprimento solenne del
gi^n priorato pel regno Lombar-
do-Veneto nella casa professa di s.
Gio. Battista di Venezia, nella par-
rocchia di s. Francesco della Vi-
gna. Aveva il glorioso imperatore
Francesco I lasciato la cura al
suo degtio figlio successore, il re-
gnante imperatore Ferdinando I,
di proteggere e sostenere possibil-
mente il sacro ordine cavalleresco
di s. Giovanni di Gerusalemme,
il quale come abbiamo veduto
tanto bene meritò di una gran
parte di Europa pel corso della
sua lunga duiata, e tanto soffer-
se per le vicende de'tempì. Laon-
de con sovrana risoluzione de' i5
gennaio 1839, e con imperiale pa-
tente de' 5 gennaio 1841, Ferdi-
nando I decretò la fondazióne di
Mn priorato nel i*egno Lonabaido-
Veneto per V adempimento delle
sopraindicate intenzioni del suo au-
gusto genitore, e per utile della
nobiltà del suo regno, non che di
quella di Parma, Lucca e Mode-
na, di cui si dirà, che a questo
nuovo gran priorato associai'onsi ;
quindi l'imperatore volendo dare
un nuovo decoro all'illustre città
di Venezia, anziché in qualunque
altra parte del regno, vi fissò la
sede primaria. A contemplazione
poi di specchiata prudenza, di e-
sperienza molteplice negli a&ri, e
di egi*egie doti dell'animo, il ve-
nerando luogotenente del magiste-
ro, a'ag maggio 1839 nominò ba-
lio e priore pel regno Lombardo-
Veneto il sidlodato tk\ Gio. . An-«
GER
Ionio Cappellai! della Colomba,
prescelto eziandio a sì cospicua di*
gnità dall' imperatore e re Perdi*
nando I, con sovrana risoluzione.
Non rimanendo che affi*ettare al*
r illustre città di Venezia il lieto
istante di vedersi arricchita, per
la munificente grazia dell'impera-
tore, di un nuovo fregio, nell'esse*
re elevata al gi*ado di perpetua
residenza del gran priorato dell'or-
dine pel regno Lombai^o- Veneto,
non che pei ducati di Parma, Mo-
dena e Lucca , e di vedere così
riaperta quella commenda, le cui
fabbriche erano pervenute all'or-
dine fino dal i3i2, e dopo il ca-
dere della celebratissima e pos-
sente repubblica erano rimaste so-
litarie e diserte; e questo fortuna-
to istante spuntò coli' aurora del
24 giugno 1843, giorno sacro al-
la solennità di s. Gio. Battista
proteggitore dell'ordine gerosolimi-
tano. La chiesa e le fabbriche del-
la commenda in detto giorno si
riaprirono al pubblico, e si mo-
strarono in quella proprietà e de-
coro cui erano state predisposte,
la mercè di assidue ed intelligen-
ti cure del nuovo gran priore, e
di grandioso dispendio dell'ordine
che vi spese circa diecisette mila
scudi. La chiesa specialmente qua-
si fatta di nuovo, presentavasi
col carattere di quella dignitosa
semplicità, che distinguendola dal-
la idea di chiesa parrocchiale od
oratorio privato , la indicava per
chiesa al tutto propria del cospi-
cuo ordine , cui si riapriva. La
croce della commenda ne ornò le
pareti, messe a candido lucente
stucco; due altari nobili furono e-
retti, quello a destra coU'immagi-
ne del beato Gherardo primo fon-
datore deirordìne, l'altro a sini-t
GER
285
stra con quella della Beata Ver-
gine Immacolata, ed intorno furo-
no stabiliti sedili di noce. In fon-
do alla chiesa fu collocato il mi-
rabile altare, opera impareggiabile
del Sansovino, già appartenente al-
la demolita chiesa di s. Geminia-
no, ch'era rimpetto alla basilica
di s. Marco. Finalmente sulla por-
ta della chiesa fu posto un nuo-
vo organo, opera egregia dell'A-
gostini padovano.
Radunatisi i cavalieri anticipa-
tamente nelle stanze del priorato,
procedettero coli' ordine del loro
rango ad incontrare il gran.prio*
i*e al momento del di lui arrivo,
e collo stesso ordine preceduti dal
facente funzione di cancelliero e
di cei*imoniere vestito di nero, en«
trarono a suo tempo in chiesa mu«
nita di granatieri. Al suono della
banda dell'imperiale regia marina,
ed alle ore dieci antimeridiane,
entrò in chiesa per la porta mag-
giore il drappello di dieciotto ca-
valieri in pieno uniforme, cui te-
neva dìeti*o il venerando gran prio-
re, che aveva a lato il nuovo cap*
pellano conventuale dell' ordine ,
l'abbate mitrato monsignor Pietro
dottor Pianton prelato domestico
e protonotario apostolico, che ve-
stito in abito prelatizio a lui porse
l'acqua santa. Due dame dell'or-
dine avevano' già preso posto in
chiesa a mano destra entrando,
presso i gradini del prosbiterio, in
cui alla parte del vangelo sedette-
ro il gran priore, ed i commen-
datori e cavalieri professi e di
giustizia; ed a quella dell'epistola
i commendatori titolari e cavalie-
ri di onore. In linea della cappel-
la, e dal lato priorale condecora-
vano la solennità sua altezza im-
periale il serenissimo aixiduca Fé*'
1
286 GER
clerico, e gli imperiali regi consi-
glieri intimi di stato ; e dal lato
opposto r imperiai regio ^ice presi*
dente di governo conte Sebi«goo«
di, in assenza del conte governato-
re, gl'imperiali regi consiglieri au«
liei residenti in Venezia, le due
primarie dignità del canonicale ca«
pitolo patriarcale, gF imperiali re-
gi presidenti dei tribunali, gì' im-
periali regi colonnelli della guarni-
gione e della marina, e finalmen-
te il console pontifìcio, tutti in a-
bito di rispettivo loro uniforme.
Il rimanente della chiesa era sta-
to riserbato all'accesso del fiore
della nobiltà, e delle più distinte
persone. Avvicinandosi alla chiesa
il cardinal Jacopo Monico patriar«
ca di Venezia, due cavalieri per
ordine del gran priore T incontra •
rono, ed entrato per la porta mag-
giore, monsignor Pianton gli offrì
l'acqua benedetta. Dopo breve o-
razione, il cardinale intuonò il
P^eni Creator SpirituSy che fu pro-
seguito dai cantori in musica, e
coi quale ebbe principio la funzio-
ne. Quindi il cardinale prese po-
sto al lato dell'altare presso il
gran priore, il quale erasi vestito
di toga nera di seta, ornata di
croce bianca sulla spalla sinistra,
distintivo del religioso suo mini«
stero. Poscia vennero lette dal fa-
cente funzione di cancelliere: i.°
la sovrana patente coiv cui fu de-
ci'etata l'istituzione del gran priora-
to Lombardo- Veneto ; 2.** la bol-
la con cui dal venerando luogote-
nente fu nominato gran priore il
Venerando bali fr. Gio. Antonio Gap-
pellari della Colomba^ 3.° l'approva-
zione imperiale di tal nomina. Pro-
clamala così solennemente in faccia
alle maggiori dignità ed al ceto no^'
bile tale istituzione del gran prio-
GER
rato e del gran priore, il cardinale
passò in sagrestia per assumervi i
paramenti per la messa ; ed i com-
mendatori e cavalieri in ordine
di rango, si presentarono al gran
priore uno ad uno a prestargli o-
maggio, ed a ricevette Tabbracda-
mento di regola dalnuovo loro su*
periore.
La messa del cardinale fu in for-
ma privata, servita da due cano-
nici, ed accompagnata dal suono
dell'organo, e dal canto di qual-
che mottetto. Terminato il divino
sagriflcio, fu collocato il faldisto-
rio in mezzo al piano del gradino
dell'altare^ dove il cardinale si as-
sise, con mitra preziosa in capo,
essendogli innanzi genuflessi due
chierici, sostenenti uno la candela
accesa, l'altro il libro con fodera
di velluto rosso, su cui lesse la
sua gratulatoria orazione, con di-
gnità ed espressione analoga all'e-
levato argomento, che sommamen-
te intenerì e commosse gli uditorì.
Data egli un'idea dell'ordine ge-
rosolimitano, . della sua origine e
del suo scopo di difendere cioè la
cristianità dal furore saraceno, e
di assistere gì' infermi, essendo ca-
rità e valore il compendio de' suoi
statuti; non che avendo dato un
sunto importante della storia fecon-
da di splendidi fasti, ne celebrò le
glorie ricordandone alcune delle più
sublimi azioni, ed encomiando ad
un tempo gli eroi, ed i gran mae-
stri da cui vennero operate, dicen-
do che tali ferventi religiosi, ed
intrepidi eroi, armati di ferio e di
fede, alternarono con gli esercìzi
di pietà le guerr-esche azioni. Ram-
mentò che i campi della Palesti-
na e della Siria , Rodi e Malta
fìirono spesso gloriosi teatri di lo-
ro vittorie; che i mari si squarcia-
GER
rono in tutti i versi sotto i loro va-
scelli; che i loro stendardi svento-
larono temuti sulle isole dell'Arci-
pelago, ed in altri luoghi; che i
pirati barbareschi si dileguarono
dinanzi alle loro galere; e che le
coste deir Africa tremarono più
volte sotto il piede trionfante di
questi formidabili propugnatorr del
nome cristiano. Parlò delie vari^
sedi dell'ordine, delle diverse sdé
vicende, e rimarcando che nell'ul-
timo funesto sovvertimento, che
fu l'eccidio di tante ottime istitu-
zioni, avea l'ordine gerosolimitano
conservato sempre un nodo di e-
sistenza, e che ora sotto i poten-
tissimi auspici di Gregorio XVI, e
di Ferdinando I, andava mirabil-
mente acquistando vita, estensione
e decoro. Quindi il cardinale disse
che dopo nove lustri veniva ridonato
a Venezia uno de' suoi maggiori
ornamenti, e che nella nobilissima
e celebre città 1' ordine gerosoli-
mitano riprendeva il posto, che
gli conveniva fra quelle istituzioni,
che si resero più benemerite della
religione, dell'umanità, e della ci-
vile coltura. Sì congratulò per si-
no colle mura per tanti anni mu-
te e deserte della chiesa e del-
l'ospizio, che gli sembrarono esul-
tanti insuperbirsi qell' accogliere in
seno gli antichi padroni, i quali
con abbellirle già aveangli fatto
sperimentare gli effetti del ricupe-
rato dominio. Si congratulò anco-
ra solennemente con il zelante luo-
gotenente Candida per le sue lun-
ghe e infaticabili cure coronate
da felici e moltiplici successi, con
il nuovo gran priore Gappellari
degnamente elevato a sì alto gra-
do , col novello cappellano dell' or-
dine Pianton di cui pure ne fece
l'elogio, e si congratulò coi com-
GER 287
roendatorì, cavalieri, e dame del-
l'ordine per l'incremento di que-
sto. Finalmente encomiò ed animò
Io zelo de' cavalieri, e confortò le
speranze e i lunghi voti della cri-
stianità, di vedere quest'ordine
ristabilito negli antichi suoi uffici
adempiere al nobilissimo fine del-
la di lui fondazione, e terminò
con implorargli fervorosamente lo
appoggio valido del santo suo pro-
tettore. Finita la dotta, erudita,
elegante, ed eloquenlissima orazio-
ne, tra l'entusiasmo^ il plauso, e
la commozione del nobilissimo con-
sesso, il cardinale intuouò il Te
Deuni^ che fu cantato con l'ac-
compagnamento dell'organo, e con
ciò ebbe termine tanta solennità.
Allora il gran priore, ì cavalieri, e
le dame dell' oi*dJne, entrarono per
la sacrestia nella scala interna, ed
ascesero nelle sale superiori. Da
queste si avviarono ad incontrare
il cardinal patriarca, che con l'ar-
ciduca, i consiglieri intimi, e per-
sonaggi invitati, passando per la
galleria, cortile, e scala maggiore,
si recarono nella gran sala e stan-
ze priorali, decorate dei ritratti
di Gregorio XVI, di Ferdinando
I, dell'arciduca principe viceré Ra«
nieri, e del benemerito quanto il-
lustre luogotenente del magistero
bali fr. Carlo Candida. Lieto il
gran priore della felice riuscita
della funzione, e di sua installa-
zione nel gran priorato, offri agli
invitati un nobile e splendido rin«
fresco, ravvivato dal frequente suo-
no della banda militare. Noteremo
per ultimo, che recandosi in Ro-
ma nel 1844 il nobile Taddeo
Scarella di Venezia , cavaliere e
segretarìo capitolare del gran prio-
rato Lombardo -Veneto, e dal re«
gnante Gregorio XVI decorato delle
288 GER
croci di commendatore degli ordi-
ni di s. Gregorio, e dello sperone
d'oro volgarmente ora chiama-
to di san Silvestro , il medesimo
Papa gli consegnò un bellissimo
calice con patena tutto d'oro col
pontificio stemma , per offrirlo
alla detta chiesa gran priorale di
Venezia , come si legge nella i-
scrizione che fece incidere sot-
to la base. Non ha guari si è
pubblicato la suddetta orazione con
questo titolo: Per la fondazione
del gran priorato di Malta in Ve-
nezia^ discorso letto da sua Emi»
nenza il cardinale patriarca nel
dì XXIV giugno MDCCCXLIIL
In Venezia presso la tipografia E-
iniliana MDCCCXLIV.
Gli esempi luminosi di Gregorio
XVI, e di Ferdinando I delPalta prò*
lezione a vantaggio del sacro mili-
tare ordine gerosolimitano, non po-
tevano^ non eccitare una generosa
emulazione, il perchè Ferdinando
II re delle due Sicilie, e T arcidu-
chessa d' Austria Maria Luigia du-
chessa di Parma, Piacenza e Gua-
stalla lo ammisero nuovamente nel
i84o nei loro stati. Quindi nel
medesimo anno, e con decreto dei
13 giugno il duca di Lucca Car-
lo Lodovico, per dimostrare la sua
stima e la sua benevolenza verso
un ordine che per l'attaccamento
alla causa de' troni sostener dovet-
te il peso delle passate vicende,
ordinò il suo ripristinamento nel
suo stato. Dopo avere l'encomia-
ta arciduchessa ripristinato 1' ordi-
ne dotandolo di tre commende,
eccitossi nelle cospicue tlamiglie del
suo ducato il desiderio di appar-
tenervi, e ne*cavalien già ricevuti
colà dimoranti lo zelo di professar-
ne il religioso istituto, fra' quali
nomineremo il marchese Ricorda-
GER
no Malaspìna di Parma, che tra*
sferitosi in Roma , emise nella
chiesa di san Francesco la sua
solenne professione a'3i gennaio
i84i) facendo i voti nelle raani.
del luogotenente del magistero.
Questi nel recarsi in detta chiesa
nel medesimo anno a solennizzare
la festa di s. Gio. Battista, dopo
avere ricevuto coi cavalieri profes^
si e novizi, di divozione e cappel-
lani conventuali il pane eucaristi-
co dal cardinale gran priore di
Roma, pubblicò il seguente decre-
to, che nella vigilia del santo avea
ricevuto.
» Francesco IV, per la grazia
di Dio, duca di Modena, Reggio,
Mirandola, Massa e Carrara ec. ec
arciduca d' Austria, principe reale
d'Ungheria e di Boemia."
M Disposti a secondare le do-
mande a noi avanzate dal baPi
Candida attuale luogotenente del
gran magistero dell'ordine di s.
Giovanni di Gerusalemme, ordinia-
mo quanto segue."
M Art. I. L'ordine di s. Gio-
vanni di Gerusalemme è ammesso
nei nostri stati."
» II. I nostri sudditi potranno,
previa la nostra approvazione nei
singoli casi, essere ricevuti cavalie-
ri, e fondare commende tanto di
giustizia, quanto di giuspatrooato,
nei modi da concertarsi coi supe-
riori dell'ordine. "
M III. Assegniamo all'ordine due
commende di giustizia del reddito
di duecento zecchini ciascuna, par-
te in terre, e parte in cartelle sul-
lo stato, da fondarsi l'una nella
provincia di Modena, e l'altra nel-
la provincia di Reggio, e da con-
ferirsi per la prima volta a nomi-
na nostra, e in seguito dall'ordi-
ne a' uosli'i sudditi^ a.venti le qua^
GEK
lijtà da riconoscersi dall'ordine per
essere cavalieri professi di giusti-
zia, riservando per noi e nostri
successori l'approvazione della scel-
ta dei nuovi commendatori, non
che la reversione delle suddette ter-
re e cartelle, se mai per impre-
vedibili casi venisse a cessare l'or-
dine."
M IV. Anche le commende fon-
date dai privati nei nostri stati,
quando per estinzione di famiglia
passino all'ordine, dovranno essere
conferite ai nostri sudditi e colla
nostra approvazione. "
M Tutte le suddette commende
saranno riunite al priorato Lom-
bardo-Veneto; ma i nostri sudditi
non potranno aspirata ad altre
commende, fuori di quelle superior-
mente accennate. "
» Dato in Modena dal nostro
ducale palazzo questo giorno i5
giugno i84i.'*
M Francesco.
M Gaetano Camorra
M Segretario di gabinetto.
Nel medesimo anno il regnante
Gregorio XVI affidò all'ordine
gerosolimitano la direzione dello
spedale pei militari pontificii d'o-
gni arma, che si aprì nel locale
deir ordine a ponte Sisto, dappoi-
ché l'accrescimento de' malati nei
pubblici arcispedali di Roma, e lo
aumenta della guarnigione milita-
re in questa città fece conoscere
al superiore governo la convenien-
za di avervi un ricovero speciale
pei soldati infermi. Dopo avere il
Pontefice richiamato a vita l'or-
dine gerosolimitano, nel momento
appunto eh' era moribondo, lo col-
mò di beneficenze , fra le quali
il memorato donativo del vastissi-
mo locale con chiesa e i*endita,
posto a ponte Sisto, ad oggetto che
VOL. XXIX
GER 289
ivi potessero i cavalieri esercitare
le loro religiose funzioni ; ed istan-
cabile il benefico Papa nel voler
sempre più migliorare la sorte
dell' oixline, e volendo che si eser-
citasse nel primitivo suo istituto
ospitalario, si degnò invitarlo a
ciò con affidargli esclusivamente in
Roma l'ospedale militare per le
sue milizie d' ogni arma, ove si ri-
cevessero e curassero gì' infermi
delle medesime milizie di Roma e
della Comarca. Le parti convenne-
ro mediante il contenuto di quan-
to fu stipulato con particolare con-
venzione nel 1840 a' 19 otto-
bre, tra il commendatore ora ba-
n fr. Alessandit) Borgia^ per l'or-
dine gerosolimitano, e monsignor
Giacomo Aqiadori Piccolomini pre-
sidente delle armi, pel governo
pontificio. Appena il vigilantissi-
mo balio Candida apprese il so-
vrano desiderio, e ravvisando il
duplice scopo che racchiudeva, si
accinse a fare ridurre i locali a
ponte Sisto, già da lui ricevuti in
dono, senza risparmio di fatiche,
né di spese > riunendo le poche
forze e mezzi di cui poteva dispor-
re la religione gerosolimitana nel-
r attuale suo stato di ristrettezza ;
sicché colla spesa di circa trenta-
mila scudi lo approntò in bi'evis-
simo tempo per V uso indicato, e
io fornì d'ogni necessario corredo
per ricevervi in quattordici sa-
le, e curarvi fino a cinquecento
militari infermi, per ciascuno dei
quali il governo pontificio si ob-
bligò pagare all'ordine paoli due
per ogni giornata di presenza d'in-
fermo, cioè per ogni trattamento,
mentre prima si pagava diversa-
mente per ;cadaun militare mala-
to, secondo gli ospedali civili in
cui erano ricevuti. Quindi il vene-
'9
2go G£R
rabile luogotenente Candida pel
regolare ordinamento dell' ospeda-
le, come supremo ed indipendente
superiore di esso, formò un rego-
lamento organico disciplinare in
settantasette articoli, che dopo a-
Ycrlo approvato e sottoscritto ai
ao maggio i84i> fece pubblicare
in un opuscolo con questo titolo:
Regolamento per lo spedale del S,
M, ordine gerosolimitano sotto la
suprema direzione di S, E, il sig.
luogotenente balio Candida^ Roma
dalla tipografia Gismondi 1841.
Vedendosi il venerando luogole*
nente al punto di essere in gi*ado
di aprire lo stabilimento, siccome
condotto al suo termine, supplicò
il Pontefice Gregorio XVI di vo-
lersi degnare di visitarlo e bene-
dirlo anticipatamente. Annuendo a
ciò il Papa, ti 16 agosto 1841 sì
portò colla sua nobile corte allo
spedale militare gerosolimitano a
ponte Sisto, ricevuto dal balio luo-
gotenente, e da tutti i cavalieri si
professi, che novizi e di divozio-
ne. Ascese alle diverse sale e cor-
sie superiori, nelle quali ripartita*
mente trovò collocati cinquecento
letti, corredati di tutte le suppel-
lettili ed arnesi necessari per al-
trettanti individui. Visitò le varie
officine, ed ogni parte del vasto
locale a seconda della sua desti-
nazione; e da per tutto ammirò
il buon ordine e la regolare dis-
posizione. Il Pontefice esternò al
luogotenente la sua soddisfazione e
gradimento, e degnossi in pari tem-
po di compartii'e la sua benedizio-
ne alle varie sale destinate per gli
infermi , sanzionando V apertura
deir ospedale pel dì primo del
seguente settembre, siccome ebbe
effetto. Ma dipoi il bali luogote-
nente ayendo dovuto conoscere 00-
GER
me gravoso a sostenersi dal suo
ordine questo peso, sì pel numero
de'malati, la cifra media de' quali
è ascesa al numero uSo, sì per le
gravi e molteplici cure che richie-
deva il delicato impegno da esso
assunto, si determinò di umiliare
al santo Padre ripetute istanze
perchè si degnasse di accettare la
rinunzia dell'ospedale militai*e, e di
dichiarare risoluto il contratto sti-
pulato a questo oggetto. Sua San-
tità si degnò di benignamente an-
nuire alle istanze del venerando
luogotenente, e negli ultimi tre
giorni del mese di ottobre i844
fu evacuato l'ospedale gerosolimi-
tano, ed i militari infermi, meno
alcuni pochi gravemente malati, i
quali rimasero nel medesimo ospe-
dale, furono tutti trasportati nel-
l'arcispedale di s. Spirito in Sàssia,
e collocati nel magnifico braccio
detto di s. Carlo, fabbricato sotto
il pontificato di Pio VI.
A voler far menzione delle co-
se principali riguaidanti l'ordina-
mento dell'ospedale, a seconda dei
regolamenti mentovati, diremo che
ciò che spettava all'interna disci-
plina , essa in molte parti era
diversa da quella che praticasi ne-
gli spedali civili di Roma. In que-^
sto spedale erano curati e ritenuti
fino al termine della loro conva-
lescenza i soldati pontificii di qua-
lunque arma, stanziati in Roma
o nella provincia romana della Co*
marca, i quali si ritrovassero af-
fetti da qualsiasi malattia. I ma-
lati di cura medica erano divisi
da quei di cura chirurgica ; i con-
tagiosi e gli affetti da scabia o da
tisi avevano sale particolari. Una
camera munita d'inferriate, custo-
diva i soldati infermi sotto pro-
cesso. Sebbene nell'ospedale si q-
GER
cevessero i soldati dal sergente
in giù, Vi erano luoghi destinati
agli uffizìaii, ed altri impiegati mi-
litari, che avessero voluto esservi co*
rati. Yi erano delle sale pei con-
valescenti, i quali prima manda-
vansi alla ss. Trinità de' pellegrini :
vi furono fatti i bagni tanto ad
acqua che di vapore, la spezieria, e
tuttociò che abbisogna a simili i-
stìtuti. L'ospedale aveva un com-
mendatore dell' ordine superiore
locale, un vice - superiore per la
disciplina, un cavaliere prodomo
per l'amministrazione, diversi ca-
valieri per Tassislenza, un sacerdo-
te priore, un vice-priore, ambedue
scelti fra i cappellani conventuali
dell'ordine, per le cose spirituali^
cui erano aggiunti a lol*o due cap-
pellani. Il servizio sanitarìo poi e-
ra disimpegnato da ti*e professori
consulenti uffiziali sanitari superio-
ri, da due medici, e da due chi-
rurghi primari, da due astanti me-
dici e due chirurghi, da quattro
flebotomi ec. I primari e gli a-
stanti, non che ì flebotomi veniva-
no accresciuti nell'ospedale secon-
do r aumento de' malati. Inoltre e-
ranvi il maestro di casa, due com-
putisti, il guardaroba, dodici in-
fermieri che aumentavansi secondo
il bisogno, il portinaio 5 il cuoco
co' suoi aiutanti 5 ed altri inservien-
ti. Tutti questi individui che com-
ponevano la famiglia dell'ospedale
erano nominati dal luogotenente
generale dell' ordine. Ogni mattina
vi era la messa nelle sale, essen-
dovi due altari nei due diversi
piani, oltre di che vi era la mes-
sa eziandio ogni mattina nella chic-.
sa annessa, pei convalescenti; cia-
scun infermo doveva confessarsi nei
primi due giorni del suo ingres-
so, ed a questo fine oltre i con-
GER agi
fessori del luogo si ammettevano
quei religiosi o sacerdoti secolari
che sogliono visitare i malati ne-
gli altri spedali civili, e prestar lo-
ro spirituale assistenza. I cadaveri
erano trasportati dopo ventiquat-
tro ore dalla mprte, coli' accompa-
gno di un sacerdote, al cimiterio
di s. Spirito. Gli astanti in eserci-
zio ed i flebotomi vestivano con
un soprabito di panno turchino»
colla croce bianca dal lato sinistro
del petto : però i primi al soprabito
avevano aggiunte le code, ossia ma-
niche finte. Gli infermieri se erano
militari ritenevano il loro unifor-
me, e per distintivo avvolgevano
in un braccio un pezzo di panno
rosso con sopra una croce bianca.
La famiglia di qualunque specie
aveva i suoi convenienti salali^
tutta alloggiava nel pio luogo, e-
sclusi i medici primari ed i con-
sulenti, non che il maestro di ca-
sa e i computisti; ma non il vit-
to^ perchè tutto ciò che usciva
dalla cucina doveva essere pegli
infermi, per evitare a loro pregiu-
dizio qualunque abuso. Le opera-
zioni di alta chirurgia erano ese-
guite dopo un consulto, da uno
de' chirurghi consulenti, o de'pri<*
mari. Nello spedale erano di guar-
dia alternativamente un medico
astante, un astante chirurgo, un fle-
botomo,e non meno di tre infermieri.
I medici ed i chirurghi primari visi-
tavano gl'infermi due volte al gìor*»
no, e i consulenti quattro volte la
settimana. Una volta il mese tene-
vano col luogotenente del magiste-
1*0, col commendatore superiore, e
col direttoi'e generale della sanità
militai*e , un congresso su tutto-
ciò che riguardava l'ospedale, e i
miglioramenti da introdursi. Si te-
nevano inoltre tre congressi per
settiinaua col commendatore supe-
riore, cavalier prodomo, priore, e
consulenti; ed una volta la setti^
mana, coi medici e chirurghi pri-
mari, e gli astanti. I corpi milita-
ri che in questo ospedale avevano
ricetto, erano ì carabinieri, e i
bersaglieri sì a piedi che a caval-
lo, gli artiglieri, i veterani, i gra-
natieri, i fucilieri, gli ausiliari di
riserva, i cacciatori a piedi ed a
cavallo, i dragoni ed i finanzierì.
Tutti gli ufficiali militari poteva-
no ispezionare V ospedale: ve ne
era uno addetto particolarmente a
questo incarico, oltre T ispezione
die facevano il direttore generale
della sanità militare, e gli altri in-
dividui alla medesima appartenen-
ti. Ogni anno si pubblicava con
le stampe la statistica de' militari
infermi curati nell'ospedale, colle
rispettive distinzioni; l'ultima che
è dal primo settembre 1842 a tut-
to dicembre i843, pòrta questo
confronto. Militari restati in cura
al 3i agosto 1842 numero 486.
Malati entrati dal primo settem-
bre 1842 a tutto dicembre i843
numero /[iS^: totale de' malati
4668. Guariti numero 436a; mor-
ti i53; restati nell'ospedale tra
convalescenti e malati i53. Nel
1844 coi tipi della tipografia ca-
merale, il dottore Fortunato Ru-
del, che fu medico assistente nel
medesimo ospedale, ha pubblicato
in Roma un opuscolo, dedicato al
balio fr. Carlo Candida, che porta
questo titolo: Esposizione delle ma*
lailie mediche curate neW anno
1843 neUo spedale miUiare del
S, M. O. Gerósolimiuino.
Nel 1843 in Roma dalla tipo-
grafa delle Belle Arti, si pubblica
r opuscolo che porta per titolo :
Ruolo delU cavalieri^ cappellani
GER
conven(uab\ e serxfenti d'anni ri'
cevuU nella veneranda lìngua d!I^
taìia del sovrano ordine gerosoli"
mìtanoy e deUi cavalieri^ delle da-
me di divozione y cappellani itob-
bedienza^ e donati, nei lìmiti di
ciascun venerando gran priorato.
L'ordine gerosolimitano al presen-
te ha due sole lingue, l'alemanna
con un priorato, e 1' italiana con
tre priorati. Il priorato di Boemia
fa parte della lingua d'Alemagna.
Dopo la soppressione del priorato
d'Alemagna in tempo del governo
francese , le commende sparse nei
vari dominii tedeschi furono de-
mani ate, e rimaste solo quelle del-
l'imperiai casa d' Austria, esistenti
nel circolo di Boemia. Questo sì
compone d'un gran priorato, e di
varie commende che si conferisco-
no ai cavalieri professi, la cui
amministrazione è soggetta al luo-
gotenente del magistero residente
in Roma, come gli altri priorati.
Coir autorità di detto Risolo dare-
mo qui un cenno statistico degl'in-
dividui componenti ciascuno dei tre
priorati della lingua italiana, che
sono quello di Roma, il Lombar-
do-Veneto, e delle due Sicilie, pre-
mettendo un cenno stoiMco del gran
priorato di Boemia,. oltre quanto
di sopra si è detto.
L'imperatore Carlo V nell'an-
no 1546 conferì al gran prio-
re della lingua alemanna la di-
gnità di principe dell'impero, con-
cedendogli un seggio nella dieta
germanica nel banco de' principi
ecclesiastici, e luogo negli stati del
circolo dell'alto Reno. In seguito
a norma delle disposizioni &vore-
voli contenute nel rescritto della
dieta dell'impero del 180 3, pro-
vocato principalmente da Paolo I
imperatore di Russia, allora prò-
GER
lettore e gran maestro delKordìne,
i beni del gran priorato non fu-
ix)no secolarizzati , e in cambio di
quelli ch'erano situati sulla rìva
sinistra del Reno, undici miglia
quadrate^ 19,800 abitanti, i43,ooo
fiorini di rendita, gli furono as-
segnate r abbazia de' benedettini
di san Biagio, e le abbazie di
Tiiidpert, Schuttern, s. Pietro, e
Tennenbac, dieci miglia e mezzo
quadrate, 3o,8oo abitanti, 154^000
fiorini di rendita, a patto che pa-
gasse i debiti che i principi ve-
scovi di Basilea e di Liegi aveva-
no contratto nelle politiche vicen-
de, quando eransi allontanati dalla
Francia e dalla Russia. La resi-
denza del gran priore, a quell'e-
poca fr. Ignazio Baldassare barone
di Rinck di Baldenstein, era Hei-
tersheim in Brisgovia. La pace
conchiusa in Presburgo a' 25 de-
cembre i8o5 diede la contea di
Bondorf, già proprietà dell'abbazia
di s. Biagio al regno di Wiirtem-
berg, novellamente creato da Na-
poleone. L' atto della confedera-
zione del Reno, con l'articolo XIX,
diede il principato di Heitec$heim
al granducato di Baden ; il trat-
tato de' 25 settembre 1806 diede
al granducato di Wiiraburg tutti i
beni dellWdine, il quale fu sop-
presso con editto degli 8 settem-
bre 1808 in Baviera, il cui re
aveva nel 1802 istituito un prio-
rato pei beni dell' ordine in quel
paese, e aveva assicurato esso ordi-
ne della sua particolare prote-
zione in una convenzione fetta col
gran priore li 28 gennaio dell'anno
1 806. Un decreto del re di West-
falia de' 16 febbraio 1810 lo sop-
presse anche in quel regno di no-
vella fondazione; i beni di esso fu-
rono assegnati come rendita della
GER 293
corona di Westfiilia. Nel Wiirtem-
berg colle rendite delle commende
dell'ordine gerosolimitano nel 18 (o
si formò la dotazione dell' ordine
del merito militare. 11 re di Prus-
sia a'23 gennaio 181 1 con edit-
to dichiarò soppresso l'ordine ge-
rosolimitano nel territorio di Bran-
deburgo e di Sonnenburgo ^ in-
di istituì r ordine di s. Giovanni
di Prussia {Fedi), Al presente l'Au-
stria possiede la corte dei cavalie-
ri di s. Giovanni nella città libe-
ra di Francoforte: essa n'è assolu-
ta sovrana , a seconda di quanto
rimase stabilito di comune con-
sentimento delle potenze europee,
e conforme risulta dall'articolo 5i
dell'atto del congresso di Vienna.
Il conte Edmondo di Coudenhove
cavaliere professo di s. Giovanni ne
gode r usufrutto. L' ordine geroso-
limitano non ha conservato altro
in Germania se non che il gran
priorato in Boemia, con più delle
commende in Austria, in Moravia
e nella Slesia prussiana.
Gran priorato di Roma^ \ cava-
lieri di giustizia sono venticinque,
fra 'quali due gran priori, compre-
so il cardinale ; due bali; cinque
commendatori , quattro de' quali
professi. Il priorato di Roma ha
il baliaggio di s. Sebastiano isti-
tuito da Urbano VIII per la sua
famìglia Barberini , con ventotto
commende, compresi otto commen-
datori di giuspatronato, e sono: di
s. Croce e s. Benedetto di Mugna-
no camera magistrale; di città di
Castello 5 ossia s. Giovanni di Ri-
gnaldello; di s. Giustino di Peru-
gia ; di Bettona e Ferrentino ; di
s. Croce e san Cassiano di Peru-
gia; di s. Filippo d'Osimo; di s.
Cristoforo del Chiusi; di s. Luca
di Perugia; di s. Giacomo di Nor-
^94
GER
eia, e di s. Apollinare di Todi ;
di Sassoferrato e s. Marco di Fa-
no ; di Carbonara , con i membri
di s. Luca di Viterbo, e s. Ba-
silio di Rieti; di s. Magno di Grado-
li; d'Acquasparta; di s. Maria di
Collemodia, ossia della ss. Annun-
ziata ; di Fioruoci ; di Santinelìi ;
di Toma Portocarrero; di s. Gto.
d'Orvieto; di Grillo Mondragone;
di Borgia; di Torlonia; di s. Maria
di Brufe, ossia Bracceschi ; Cico-
gnara; Podaliri; Romagnoli; Caccia;
e Taafife. I cappellani conventuali
sono sette, cinque de'quali professi.
Le commende destinate pei cap-
pellani e pei serventi d'armi, sono
tre, cioè: di s. Maria delle Grazie
di Castel- Araldo; di s. Pietro di
Marta di Castel- Araldo; e di s.
Giovanpi Pre di Genova. I gran
croci di divozione sono due: il prin-
cipe d. Francesco Barberini, titola-
re del baliaggio di s. Sebastiano,
faltQ con bolla de' 5 agosto 1822,
ed il cardinal Giacomo Filippo
Fransoni, dichiarata con bolla dei
22 mai*7o 1843, come protettore
del medesimo sacix> militare ordi-
ne gerosolimitano. I cavalieri di di-
vozione sono quarantaquattro, tra i
quali i cardinali Ferretti, Vanni-
celli, e Mattei, i prìncipi Orsini
senatore di Roma, Ruspoli maestro
dei sacro ospizio. Boria, ed Al-
tieri, ec. ec. Le dame decorate
della croce di divozione sono nove.
I cavalieri ricevuti nell'ordine, che
sono passati ad altro stato, uno.
Finalmente i cavaliei*i di giustizia
e cappellani conventuali, morti do-
po l'impressione del ruolo del 1825,
sono diecisette. In considerazione
che il priorato di Roma ha sede
nella capitale del cristianesimo, re«
sidenza del sommo Pontefice, e
iphe il gi-an priore è sempre un
GER
cardinale, ci permetteremo sul me-
desimo priorato alcuna notizia.
Nel rione XII Ripa, sul monte
Aventino, e nell'estrema sua parte
al sud-ovest, vi è la chiesa di s.
Maria del Priorato^ Avendna^ o
AventinesCy ed Aveniinense, così
detta per appartenere al gran prio-
rato di Roma dell'ordine gerosoli-
mitano, e per essere situata nel
detto celebre monte. "Essa è fon-
data sopra alquante ravine anti-
che, che da alcuni scrittori, come
dal Panciroli ne Tesori nascosti y a
p. 477» erroneamente sono credute
quelle del tempio della buona Dea
sorella di Fauno, elmetto dalla ve-
stale Claudia, alla quale come di-
ce Fioravante Martinelli , Roma
ricercatay p. 72, sagrificavano solo
le donne, essendo agli uomini proi-
bito Tingresso nel tempio. Alcuni
chiamano questa chiesa col nome di
s, Basilio al monte Aventino, perchè
in orìgine dedicata a quei patriarca
de'monaci d'oriente, ed altri| e me-
glio, di s. Maria Aventinense e s. Ba-
silio. Dell'antichissima sua origine
se ne ignorano positive notizie ;
qualcuna di poca importanza se ne
legge nei Nerinì, De tempio et
coenobio ss» Bonifacii et Alexii,
Il p. Mabillon, Aim, Ben, tom. IV,
lib. 58, n.** 61, scrive: » Quod at-
tinet ad monasterìum Beatae M^-
rìae in Aventino, ubi Hildebran-
dus (che fu poi s, Gregorio VII^
Vedi) sub Avunculi abbatis disci-
plina monasticon professus vide-
tur, obscura est ejus origo, quod
modo redactum est in prioratus
militum hierosolymitanorum ". È
indubitato che la chiesa fu abL)azia
con monistero di monaci basiliani,
anzi fu una delle venti antiche
abbazie privilegiate di Roma, i cui
abbati assistevano il sommo Ponte?
GER
fice, quando celebrava nella basìli-
ca laleranense, quando visitava le
slazioni, ed in alcune solenni pro-
cessioni. Per tale si legge la chiesa
di s. Maria in Aventino nel cata-
logo delle abbazie di Roma di Pie-
tro Ma ilio, presso il detto p. Ma-
billon , nel Mus. Italie, tom. II,
p. i6o; in Giovanni Diacono, che
dice inoltre riposarvi il corpo di
s. Savino vescovo ; nel catalogo
del cardinal Baronio, ed in altri
autori. Già nel i32o apparteneva
all'ordine gerosolimitano, con con-
tiguo convento, e dignità di prio-
rato di Roma, della lingua ita-
liana, con pingui rendite. Il piti
antico restauro ed abbellimento
fatto alla chiesa che si conosca
è del Papa s. Pio V, il quale fe-
ce pure riedificare l'abitazione an-
nessa ov'erano buoni quadri. In se-
guito ne curai*ono T cdifizio con
restauri ed ornati diversi gran
priori , e particolarmente i cardii-
nali Benedetto Pamphily, Bartolo-
meo Ruspoli, e Girolamo Colon-
na, il quale vi operò magnifici mi-
glioramenti. Nel 1765 il cardinal
Gio. Battista Rezzonico la ridusse
poi nello stato in cui oggi si ve-
de, valendosi dell'opera dell'archi-
tetto cav. Gio. Battista Pirànesi,
che la sopraccaricò d'ornamenti di
ogni sorta, e di stucchi, sì nell'in-
terno, che nell' esterno. Ridolfino
Venuti nella Roma moderna a p.
884, dice che ne'restauri del car-
dinal Rezzonico, fu ti^ovata sotto
il piano della chiesa un' urna con
antica iscrizione, contenente le re-
liquie di s, Abbondio e di s. Sa-
vino, del qual santo s. Gregorio
1 mandò alcune reliquie, cioè deU
le fascie che avevano toccato il di
lui corpo, al vescovo di Fermo
PassivOj come ieggesi nelle sue e-
GER iìgS
pistole^ Però Fiora van tè Martinel-
li nella Roma ex ethnica sacra ^
che pubblicò nel i653, a pagi*
na 186 narra che a destra del-
l' ingi*esso del tempio vi era un'ur-
na, con questa iscrizione, -j- Hic
reconditum est caput s, Savini
Spolelìni episc, et mart, et costa
s, Caesarei mart. et sanguis s,
Sebastiani mart. -f et reUquiae ss,
Quadraginta, li quadro dell'altare
maggiore rappresentava anticamente
la Beata Vei*gine Maria, Gesù bam-
bino, e s. Gio. Battista, dipinto di
Andrea Sacchi: al presente in detto
unico altare vi è la figura di stucco
dì s. Basilio sostenuta dagli angeli in
atto di portarlo in cielo; avvi pure
in un ovato, e di stucco, l'immagi-
ne della Beata Vergine, con Gesti
bambino, e s. Giovanni Battista.
Il <:i borio è di marmo, con la cu-
stodia, ove si ripone il ss. Sagra-*
mento, di metallo dottato. La chie-
sa è ad una sola nave, ripiena di
stucchi con bassorilievi ed ovati,
con le figure dei dodici apostoli,
con la volta pure ricca di ornati,
con l'immagine di s. Gio. Battista
protettore della religione gerosoli-
mitana. In questa chiesa si osser-
va la sepoltura del nominato ar-
chitetto Piranesi, artista assai rino-
mato per le sue molte e preziose
incisioni in prospettiva delle anti-
chità romane, i di cui rami origi*
nali sono aV presente nella calco-
grafia camerale. La di lui statua
di marmo bianco vestita alla fog-
gia degli antichi, è lodata scultura
di Giuseppe Angelini romano, che
rappresentoUo con la pianta della
medesima chiesa in mano. Alla
dritta dì chi entra nella chiesa in-
contrasi il monumento sepolcrale
del vescovo Spinelli, il cui cadave-
re è racchiuso entro un sarcofago
\ ••
196 GER
antico, io cui vedesi scolpila la dea
Minerva con le nove muse, e Tefiìgie
di quello al quale il sarcofago ap-
partenne, con un volume in ma-
no, perchè forse poeta. Nelle fian-
cate vi sono sedenti Pitagora in
atto di osservare il globo celeste ,
come nelle medaglie di Samo, ed
Omero co' suoi poemi espressi sim-
bolicamente. Entro le altre nicchie
stanno collocati i depositi di alcuni
gran maestri e gran priori di Ro-
ma, di cut facemmo superiormen-
te menzione, e dei cavalieri gero-
solimitani, alcuni con figure, di Fa-
brizio Carafa principe di Rocella, di
Giovanni Dìedo patrizio veneto, di
certo Serpando, di Aldobrandino
Aldobrandini romano gran priore,
e del cardinal Gioachino Ferdi-
nando Portocarrero gran priore di
Roma e vescovo di Sabina, con
deposito di marmo, con due putti
che sostengono il suo ritratto in
quadro tondo, ed eseguito in mo-
saico. Dice il Panciroli che antica-
mente in questa chiesa per la fe-
sta dell'Assunzione, festa titolare di
e^sa, vi concorreva molto popolo.
Il sito per la sua eminenza è
delizioso, domina il Tevere dalla
parte delle Marmorate, luogo ove
si scaricano ì marmi, si gode la
vista tanto di Roma antica che
della moderna, appartenendo al
priorato 1* annesso ameno giardino.
Serie dei gran priori di Roma
deWordine gerosoUniitnno , con-
ferendosi anticamente daW ordine
ai soli cavalieri professi^ prima
■ che i Papi concedessero il prio-
rato in commenda ai cardinali,
le biografie de' quali sono ripor-
late ai loro articoli,
iSio. Fr. Pietro da Imola beato^
GER
segretario dell' imperatore Lo-
dovico di Baviera.
1346. Fr. Giovanni di Rivara pie-
montese, gran priore ad un
tempo di Roma, di Pisa, e
di Venezia.
i365. Fr. Bartolomeo del EU^nino
fiorentino.
iSyS. Fr. Gherardo Ruffini.
1379. Fr. Roberto Diana seniore
di Messina.
i384. Fr. Pietro Pigoate: nella
iscrizione del suo sepolcro e-
sistente nella chiesa priorale,
egli è chiamato fr. Bartolomeo
Carafa prioi*e di Roma e di
Ungheria, maestro di casa di
Innocenzo VII, luogotenente
del magistero, e senatore di
Roma sotto Bonifacio IX, mor-
to nel i4o5.
i4i6. Fr. Stefano Gaetano.
1434* Fr. Faentino Quirini vene-
ziano, gran priore di Roma
e di Venezia.
1434* Fr. Lorenzo Orlandi gran
priore di Roma, dignità che
godè pochi giorni come il pre-
cedente.
1 439. Fr. Roberto di Diana giunio-
re di Messina, ch'essendo in-
fermo, fu fatto governatore del
priorato fr. Battista Orsino.
1446- ^^' Giovanni Battista Orsi-
• ni romano, dei conti di Gra-
vina, gran priore di Roma,
poi divenne gran maestro.
i4^7* Fr. Cencio Orsini romano,
gran priore di Roma e di
Capua, e commendatore della
gran commenda di Cipro, e
di quella di Verona. Stabilì
una lega ti*a il re di Napoli,
la signoria di Venezia, e la
religione gerosolimitana , nel
portarsi in pellegrinaggio a s.
Giacomo di Galizia^ e poscia
GER
fu fatto ambasciatore e luo-
gotente del gran maestro in
Italia.
i5o4. Fr. Sisto Gara della Rovere
di Lucca, gran priore di Ro-
ma, fatto cardinale nel i5o8
dallo zio Giulio II.
i5o7. Fr. Carlo Gesualdo napole-
tano.
i5i7. Fr, Pietro SaWiati fiorenti-
no, parente di Leone X che
fu il primo Papa che conferì
il priorato di Roma per bre-
ve apostolico.
iSiS. Fr. Bernardo Salviati fio-
rentino, nipote di Clemente
VII, gran priore di Roma,
ambasciatore e procuratore ge-
nerale deir ordine gerosolimi-
tano presso la Sede apostolica,
generale delle galere pontifìcie
e di quelle di sua religione
per l' impresa di Modone, e poi
ambasciatore della medesima
per rendere ubbidienza al nuo-
vo Pontefice Paolo III. Nel
1 56 1 Pio IV lo creò cardinale.
i568. Cardinale Michele Bonelii
del Bosco di Alessandria, del-
l'ordine de' pred i ca tori , fa t to
gran priore dallo zio s. Pio V.
iSgS. Fr. Silvestro Àldobrandini
fiorentino, pronipote di Cle-
mente VIII, il quale lo dichia-
rò gran priore, e poi nel i6o3
. lo creò cardinale.
1612. Fr. Aldobrandino Àldobran-
dini romano, oriondo fiorenti-
no, cavaliere professo, proni-
pote di Clemente Vili, gran
priore di Roma, generale del-
le galere di sua religione, ed
ambasciatore di essa presso la
santa Sede.^
1623. Cai*dinale Antonio Barberini
fiorentino, fatto gran priore
dallo zio Urbano Vili.
GER ^97
i65i8. Fr. Sigismondo Chigi sane-
se, dallo zio Alessandro VII
dichiarato gran priore, indi
creato cardinale nel 1667 da
Clemente IX.
1678. Abbate Benedetto Pamphilj;
romano, pronipote d'Innocen-
zo X, fatto gran priore da In-
nocenzo XI, che poi nel 1 68 1
lo creò cardinale.
1780. Cardinale Camillo Cibo dei
principi di Massa e Carrara,
pronipote d'Innocenzo X, fat-
to gi-an priore da Benedet-
to XIIl, che nell'anno prece-
dente l'avea esaltato al cardi-
nalato.
1734. Cardinale Bartolomeo Ru-
spoli romano, per rinunzia del
precedente, Clemente XII gli
conferì il gran priorato di
Roma.
1743. Cardinale Girolamo Colonna
romano, dichiarato gran prio-
re da Benedetto XIV, che
tiell'istesso anno l'avea anno-
verato nel sacro collegio.
1763. Monsignor Gio. Battista Rez-
zonico veneziano, nipote di
Clemente XIII, e suo maggior-
domo: lo zio lo promosse al
gran priorato, e nel 1770
Clemente XIV lo creò cardi-
nale.
1784* Monsignor Romualdo Bra<-
schi Onesti di Cesena, mag-
giordomo dello zio Pio VI,
che lo nominò gran priore, e
nel 1786 lo creò cardinale.
181 7. Cardinale Fabrizio Ruffo na-
poletano, fatto gran prioi^e da
Pio VII agli II maggio 18 17.
1828. Giorgio Doria Pamphilj ro-
mano, fatto gran priore da
. Leone XII ai 4 agosto 1828.
Essendo esso morto a' 16 no-
vembre 1837 , il venerabile
298 GER
bafi fr. Carlo Gindida luo-
gotenente del magistero, coi
cavalieri dell'ordine, a mezzo
del caixlinal segretario di sta-
to avanzarono supplica al Pa-
pa Gregorio XVf, perché sì
degnasse conferire il vacato
gran priorato, al di lui de-
gno nipote fr. Gio. Antonio
Cappellari della Colomba bel*
lunese, cavaliere professo della
religione. Ma il Pontefice fece
rispondere parole di gradimen-
to per tale desiderio, e di non
▼olere fare innovazione alla
consuetudine di nominare al
gran priorato un cardinale.
i838. Cardinale Carlo Odescalchi
romano, fatto gran priore dal
regnante Gregorio XVI. Nel
numero So del Diario di Ro-
ma si legge quanto segue:
M Dalla sovrana clemenza del
regnante Pontefice Gregorio
XVI onorato l' eminentissimo
signor cardinale Carlo Ode-
scalchi vescovo di Sabina, vi-
cario della prelodata Santità
Sua, ed arciprete della Libe-
riana basilica, del gran prio-
rato della religione ed ordi-
ne gerosolimitano, nella do-
menica de' IO giugno i838,
giorno sacro alla ss. Trinità,
determinatasi V eminenza sua
di pi*endere il pubblico posses-
so dell'anzidetto gran priora-
to, dopo aver fetto conoscere
a sua eccellenza il signor ba-
n fr. Carlo Candida, luogo-
tenente del magistero del di-
visato inclito ordine^ tal sua
determinazione, col suo nobi-
le treno nella mentovata do-
menica si recò alla chiesa di
detto gran prìorato, dedicata
al glorioso s. Basilio, eretta
GER
sul monte Aventino, atendo
seco i due monsignori Gio.
Battista Nardi -Vaien tini uno
de' protonotari apostolici par-
tecipanti, e Francesco Pentini
uno de' chierici di camera.
Ivi giunto r eminentissimo car-
dinale gran priore fu ricevuto
alla porta del tempio dal pre*
lodato signor bafi Candida nel-
la rappresentanza di luogote-
nehte del magistero, dai com-
mendatori, dai cavalieri, e dai
fra cappellani del sacro ordine.
Assuntasi da sua eminenza la
cappa, sua eccellenza il sig. baPi
le si fece- a^ora innanzi, ed a
proprio nome e degli indivi-
dui tutti dell'inclito ordine e-
sternò i sentimenti di gratitudi-
ne vei*so il sommo Pontefice per
la degnazione avuta di dai*e in
gran priore dell' ordine in Ro-
ma, un sì commendato e ri-
spettabile pei*sonaggio , e di
giubilo per l'accettazione fat-
ta da sua eminenza della so-
vrana grazia, assumendo il no-
bile incarico di gran priore in
bene e sempre maggior lustro
dell'ordine medesimo. Colloca-
tasi sua eccellenza il signor
luogotenente Candida nella sua
sedia, ed i commendatori, i
cavalieri, ed i fi*a cappellani
nelle rispettive loix> panche,
r eminentissimo signor cardi-
nale orò innanzi l'altare ado-
rando la ss. Ci*oce: ascese
quindi al trono, e seduto con-
segnò le bolle apostoliche al
suo monsignore cerimoniere,
il quale le passò al cancellie-
re del gran priorato che ne
lesse il ti^ansunto. Tale lettu-
ra ultimata, sua eccellenza il
signor baPi Candida portossi
GER
al trotìo, e fu unitamente ai
commendatori ed ai professi
ammesso all'amplesso dell' e-
minentissimo gran prìoi^e. I
cavalieri dell'ordine, e quindi
i fra cappellani vennero am-
messi al bacio dell'anello. Da
uno dei fra cappellani venne
poscia intuonato l'inno Am-
brogiano proseguito col canto
dagli alunni del seminario ro-
mano. Deposta quindi sua e-
minenza la cappa , ed assunta
la mozzetta, sopra la quale
vedevasì la gran croce dell'or-
dine> venerato il glorioso s. Ba-
silio, recossi al suo apparta-
mento, ove si trattenne per
qualche tempo con esso si-
gnor baPj, coi commendatori
e coi cavalieri, dando loro u-
na testimonianza del suo gra-
dimento per l'assistenza da
essi prestata al suo possesso".
Nel medesimo anno, e nei con-
cistoro de' 3o novembre, il
Pontefice accettò la rinunzia
del cardinalato e di tutte le
dignità dal cardinal Carlo O-
descalchi, il quale con univer-
sale e tenera ammirazione en-
trò religioso nella compagnia
di Gesù, ove santamente mori.
1839. Cardinale Luigi Lambru-
schini genovese, vescovo sub-
urbicarìo di Sabina, segreta-
rio di stato, e bibliotecario di
s. Chiesa, fòtto gran priore
dal regnante Gregorio XVI.
Nel numero 4? ^^l Diario
di Roma di tale anno si leg-
ge quanto segue. » Sua e-
minenza reverendissima il si-
gnor cardinal Lambruschinì,
non ha guari eletto in gran
priore di Roma del sacro mili-
tare ordine gerosolimitano dal-
GER 299
la Santità di nostro Signore Pa-
pa Gi'egorio XVI, nel giorno
9 giugno 1839, alle ore ven-
tidue, si trasferì con nobile
treno alla propria chiesa di s.
Basilio sul monte Aventino.
Al limitare del sacro tempio
fu ricevuto da sua eccellenza
il venerando bah fra Carlo
Candida luogotenente del ma-
gistero, dai dignitari, e dal-
l'intero corpo del sacro ordi-
ne, composto di molti cava-
lieri professi, novizi e con-
ventuali. Il venerando luogo-
tenente nell'accogliere il nuo-
vo titolai^ diresse al medesi-
mo una elegante e com-
movente allocuzione , mani-
festando il giubilo e gradi-
mento sommo della sua re-
ligione e confratelli nell' an-
noverare fìra loro un perso-
naggio tanto distinto per rari
talenti ed esimie virtù, e che
per l'indefesso e singolare at-
taccamento verso l'ordine stes-
so lo rendono impareggiabile.
Quindi la lodata eminenza
sua proferì un eloquente ed
erudito discorso allusivo alla
circostanza, che riscosse meri-
tamente gli applausi e l'ammi-
razione di quel ragguardevole
e colto consessa Lette in se-
guito le lettere apostoliche, e
redatto dal cancelliere priora-
le l'atto di possesso, si diede
termine alla cerimonia con
l'inno Ambrogiano; quale ter-
minato, l'eminentissimo gran
priore ammise all'abbraccio il
venerando luogotenente, i di-
gnitaHy ed i cavalieri dell'or-
dine ' ivi concorsi. Distingue-
▼ansi tra questi sua eccellenza
il signor bab fr. Gio. Anto-
3oo GER
DÌO Cappellari nipote di Sua
Santità , e gran priore del
priorato Lombai*do - Veneto y
recentemente istituito per mu-
nificenza dell' augusto Ferdi-
nando f imperatore d'Austria,
e sua eccellenza il signor
principe d. Francesco Barbe-
rini venerando bali di s. Se-
bastiano, baliaggio di patro-
nato della famiglia. Assistettero
anche molti prelati, ed altri
distinti personaggi, che i*esero
vieppiù decorosa la sacra fun-
zione, dopo la quale sua e-
minenza ascese nel palazzo
priorale attiguo alla chiesa,
e trattò tutti con lautissimo
rinfresco. Il luogotenente ed ì
cavalieri gerosolimitani riguar-
dano cotesta elezione come un
beneficio singolare della prov-
videnza, ed un tratto ulterio-
re delle magnanime cure ed
alta protezione del Santo Pa-
dre verso l'ordine, e si ripro-
mettono, mercè i lumi e su-
blime impegno deli'eminen-
tissimo gran priore, di vede-
re sempre più risorgere l'in-
clito loro ordine, e giungere
alla desiata universale e com-
pleta ristaurazione ". Il car-
dinale Lambruschini, come se-
gretario de' brevi pontificii, è
gran cancelliere degli oi*dini
equestri pontificii.
Gran priorato Lombardo' Ve^
neto , i cavalieri di giustizia sono
venticinque, le dignità sono ven-
tiquattro, cioè il gran priore ve-
nerando fr. Gio. Antonio Cappel-
lari della Colomba, e ventitre com-
mende, sedici delle quali di gius-
padronato . La prima commenda
è sulle i^endite del tesoro dell'or-
dine, come la seconda e la terza.
GER
Parma ha tre commende. Le altre
commende sono del Serraglio Fi-
nale di Modena; di Villa Rio di
Reggio; di Lochis; di Melzì ; dì
Greppi; di Nava; d'Adda; di Zur-
la-Rovereto; di Taverna; di Gio-
vannelli; di Cappellari della Co-
lomba maggiore, di Cappellari del-
la Colomba minore, ambedue fon-
date dal regnante Papa pei no-
bili nipoti, e loro discendenze fr.
Gio. Antonio, e Bartolommeo; di
Cicogna; di Raimondi; di Vigodar-
zere; di Corbelli Ferrari; e di Ta-
verna. Uno è il cappellano con-
ventuale, e due le commende de-
stinate pei cappellani conventuali,
cioè di Poldi Pepoli, e della ss.
Trinità di Reggio, la quale è padro-
nato. Tre sono i gran croci di divo-
zione, vale a dire sua altezza reale il
regnante duca di Lucca Carlo Lo-
dovico di Borbone ; sua altezza im-
periale il principe Ferdinando Car-
lo Borbone , duca ei*editario di
Lucca; e sua altezza reale France-
sco principe ereditario di Modena.
Le dame decorate della gran cro-
ce di divozione , secondo la data
della loro bolla, sono sua altezza
reale Maria Luigia Carlotta Bor-
bone di Lucca; e sua maestà l'ar-
ciduchessa duchessa di Parma^ Pia-
cenza e Guastalla Maria Luigia
regnante. I cavalieri di divozione
sono cinquantadue, e le altre da-
me decorate della gran croce di
divozione sono sei, compresa sua
altezza serenissima la principessa
Giulia Gonzaga nata Cavriani.
Gran priorato delle due Sicilie,
ì cavalieri di giustizia sono trenta-
quattro, fra' quali l'odierno luogo-
tenente del magistero dell'ordine
gerosolimitano, ed il gran prìore
venerando fr. Gio. Giacomo Sal-
vatore Borgia di Siracusa. Le di-
GER
gnìtà sono ti^edici comprese nel
detto priorato, e in dodici commen-
de, la prima delle quali appartie-
ne al nominato luogotenente, tre
essendo di giuspatronato. Il nome
delle commende sono di s. Gio-
vanni di Tavormina; di s. Stefa-
no dì Schialtina, e s. Antonio d'Ai-
bigiana dì Palermo; de' ss. Gio.
Battista e Giacomo della Saracena
di Caltagirone e Bonanno ; di Viz<-
zini ; di Calli ; di s. Silvestro della
Bagnara ; prima commenda smem-
brata dalla commenda di Beneven-
to; seconda commenda smembrata
dalla commenda di Benevento; di
Mayo; di Forcella; e di Zambra.
Sette sono i cappellani conventua-
li, e serventi d'armi , essendo la
commenda destinata per loro quel-
la detta le Granché di Benevento,
smembrata dalla commenda di Be-
nevento. I gran croci di divozione
sono sette, fra' quali l'arcivescovo
di Patrasso. Una è la dama deco-
rata della gran croce di divozione.
1 cavalieri di divozione sono cento
dieciuove. Le altre dame decorate
della croce di divozione sono cin-
que; i cappellani d'ubbidienza uno;
ed i donati quattro, essendone sta-
to fino ai nostri giorni il primo,
perchè ammesso agli 1 1 settem-
bre 1809, Saverio Camilleri di
Malta, segretario di cancelleria del
luogotenente generale del magiste-
ro, da ultimo defunto con dispia-
cere di tutti pel suo zelo, cogni-
zioni e qualità.
Notizie generali del governo del-
l'ordine gerosolimitano^ conside»
rato come esistesse in tutta la sua
integrità^ col suo gran maestro; e
delle divisioni j qualità e diversità
dei cavalieri^ loro prerogative e
. privilegi. Noviziato, professione.
GER 3or
e vesti de* cavalieri j cenni sulle
monache gerosolimitane,
là' ordine gerosolimitano è nel
medesimo tempo ospitalario^ reli-
gioso, militare, aristocratico e mo-
narchico. Ospitalario perchè fon-
dato per ricevette nell'ospedale di
Gerusalemme i pellegrini che ivi
sì recavano per sciogliere i loro
voti , chiamati i poveri di Gesti
Cristo, non che gì' infermi d' ogni
nazione, senza distinzione di cul-
to , per essere assistiti dagli in-
dividui dell'ordine. Religioso per-
chè i suoi membri fanno i vo-
ti di castità, d'obbedienza e di
povertà. Militare perchè tutti quelli
che ne fanno parte debbono far
guerra agli infedeli per proteggere
i cristiani. Monarchico perchè alla
testa ha un capo inamovibile, in-
vestito del potere sovrano sui sog-
getti del luogo appartenente in so-
vranità all'ordine. Aristocratico per-
chè negli afi&ri piti importanti il
gran maestro ed il consiglio eser-
citano insieme un'assoluta autorìtà:
del consiglio supremo o ordinario,
di quello completo, come delle di-
gnità dell'ordine e delle otto lin-
gue, ne parlammo di sopra. Avvi
pure il consiglio secreto o crimi-
nale, in cui si trattano gli aflari
straordinari, e ch'esigono una pron-
ta deliberazione, il quale si pre-
siede dal gran maestro, e dal suo
luogotenente, come avvi il consi-
glio chiamato della veneranda ca-
mera del tesoro, del quale è pre-
sidente il gran commendatore, pri-
ma dignità della religione. In lutti
i tempi l'ordine si compose dei no-
bili di tutta la cristianità, ma sem-
pre geloso di conservare la sua in-
dividuale indipendenza, coi prov-
vedimenti delle costituzioni e sta-
3o2 G£R
luti, non lasciò ai suo capo che
rautorìtà necessaria pel governamen-
to, consideitindolo eguale agii al-
tri, et primus inlerpares^ per cui al-
cuni storici qualificarono il gover-
no dell'ordine per repubblicano:
pei*ò i cavalieri lo rispettavano 6
gli erano ubbidienti secondo le
costituzioni, e giammai si copriva-
no il capo alla presenza del gran
maestro. Lo stendardo della reli-
gione tebbe sempre la pi*eeminenza
sugli altri religiosi o pontificii; ed
il gran maestro Raimondo dichia-
rò che se alcuno de' cavalieri lo
avessero abbandonalo nelle batta-
glie, fosseix) privati dell' abito ge-
rosolimitano. I Papi però, ricono-
sciuti capi supremi dell'ordine, tì
esercitarono pienissima autorità, di
cui molti esempi riportammo su-
periormente, non che confermando
la convocazione de' capitoli gene-
rali, annullandoli per giuste ragio-
ni, approvando gli statuti, crean-
do moltissimi gran croci adhonoresj
ad onta della ripugnanza del con-
siglio conventuale dell' ordine, e
tenendo presso il gran maestro ed
il consiglio un prelato inquisitore
e vicario apostolico per gli a&ri
ecclesiastici.
Il gran maestro ha il dirit-
to di convocare il capitolo ge-
nerale, di nominare un luogote-
nente ed i gran a*oci che ne' con-
sigli gli procurano la maggiorità
nelle discussioni. Tranne le urgen-
ze, i capitoli generali regolarmente
si convocano ogni cinque anni, ed
anche ogni tré anni. 1 capitoli ge-
nerali si sono tenuti in Gerusalem-
me, a Rodi, in Malta, ed altrove.
S* incominciano con la celebrazione
d' una messa solenne allo Spirito
Santo, col gran maestro sedente
in trono, vestilo delle insegne di
GER
sua dignità, come i capitolari; qùe<»
sii erano cinquantaquattro prima
della soppressione della lingua d'In-
ghilterra, componendosi del vesco-
vo di Malta (quando l'ordine era
in quell'isola) o del gran priore
conventuale di s. Giovanni, del gran
commendatore, del gran marescial<>
lo, del gran spedaliere, del gran-
d'ammiraglio , del gran couser-
valore, del gran bah, del gran
cancelliere, e dei gran priori di
Saint-Gilles, d'Auvergne, di Fran-
cia, d'Aquitania, di Champagne, di
Tolosa , di Roma , di Lombardia ,
di Venezia, di Pisa, di Barletta,
di Messina, e di Capua ; del castet*
lano d'£m posta, o gran priore di
Aragona, e dei gran pri(H:i di Pra-
to in Portogallo, d' Inghilterra, di
Navarra, d'Alemagna, d'Irlanda, di
Boemia, d'Ungheria ; del bafi di s.
Eufemia, del gran priore di Cata-
logna, e dei bali di NegropontCì
di Morea, di Venosa, di s. Stefa-
no, di Maiorica, di s. Gio. di Gè**
rusalemme, di Lione, di Manosca»
di Brandeburgo, di Caspe, di Lo-
ra, d'Aigle, di Largo e di Leza,
del santo Sepolcro, e di Cremona;
del gran tesoriera, e dei baPi di
Nenevillas , d' Acri , della Rooella |
d'Armenia, di Carlostadt, e di s;
Sebastiano di Roma. La facoltà poi
di ottare nella lingua d'Italia ad
altre dignità, fu tolta nel i594«
In quanto ai priori coll'autorità del
Compendio del codice gerosoUmita*'
nOj pubblicato colle stampe in Mal-
ta nel 1783, daremo qui un cen-
no, di quanto li riguarda, pi*eroga-
tive, doveri, ed altro.
La elezione dei priori spetta al
consiglio ordinario, salva la nomina-
zione della lingua. I priori sono esenti
dall'obbedienza al maresciallo, an-
che ueir esercizio delle armi. Parten-
GER
dosi dai priorati devono deputare un
luogotenente, ma essendo presenti,
e non intervenendo nei capitoli,
presiede il baglivo che vi si tro-
vasse, o il fratello più anziano. Sta
in libertà portatasi al capitolo, ma
in ogni caso sempre quello si tiene
a spese de' medesimi. Col capitolo
o assemblea hanno giurisdizione ci-
vile e criminale,, e regolare correzio-
ne sopra tutti i fratelli, cbe abita-
no, o si trovano nei limiti dei lo-
ro priorati, compitesi vi pure i bali ;
ma non possono dar sentenza di
privazione d'abito, commende, mem-
bri, benefizi, anzianità, o di car-
cere perpetua, ma trovando che
alcuno sia incorso in dette pene,
devono formare il processo, e ri-
metterlo al gran maestro e consi*
glio. In dubbio, se il caso sia pro-
vato, ed in conseguenza se il fi*a-
tello sia incorso nelle suddette pe-
ne, la dichiarazione spelta al con-
siglio. Col capitolo danno in Ale-
magna licenza ai commendatori di
potere con legittima ragione con*
trarre debiti, che non possano pe-
rò rìdondare in danno della reU-
gìone. Possono conferire oommen-»
de di loro grazia, e n tenerne una
per loro quinta camera. Possono
nei loro priorati, non essendovi
presente il priore della chiesa, eser-
citare giurisdizione sui cappellani
d'obbedienza, come sopra i cava-
lieri e serventi, secondo la forma
degli statuti, cioè di non poter pri*
vare dell'abito ec. I priori che han*
no giurisdizione ecclesiastica pos-
sono deputare visitatori , e vicari
ecclesiastici. Ricevono le soi^elle del-
l'ordine, visitano i loro moniste-
ri; provvedono col capitolo ai he*'
neficiati deputati al governo delle
chiese, che non hanno entrate ba-
stanti pel loix) mantenimento. Non
GER 3o3
possono però dispensarli dall'obblt-
go di risiedere nella loro cura ,
eccettuato il priore di Castiglia,
che può ritenere uno al suo ser-
vigio, e due per le segi*elerie delle
ricette di quel regno. Hanno la
collazione, o presentazione dei be-
nefizi ecclesiastici, dipendenti dai
loro priorati, come anche dalle di-
gnità e commende del loro pno-
l*ato in tempo del loro mortorio,
e vacante, se i provvisti dal con-
vento non avessero preso possesso,
o provvisto d'un sufficiente procu-
ratore per provvedere simili bene-
fizi. Devono lare matricola dei cap-
pellani d'obbedienza rìcevuti fuori
di convento per servizio delle chie-
se e cappelle dell'ordine nei limiti
del loro priorato. Possono unire
due commende di tenue entrata^
e due membri lontani dal capo.
Rivedono i conti dei ricevitori coi
capitoli provinciali , ed esaminano
e verificano accuratamente le giu-
stificazioni delle spese ed esiti por-
tati in tali conti , con rimetterne
però il saldo alla camera dei conti;
Finito il capitolo devono avvisare
il convento dei conti presentati al
capitolo dai ricevitori, e mandare
alle rispettive lingue e priorati no-
ta de' commendatori, che senza le-
gittimo motivo non intervennero
nel capitolo, affinchè le lingue la
passino al tesoro, per darne debito
a tali contumaci. 1 priori non pos»
sono godere delle loi*o prerogative,
se non fònno constare delle dili-
genze usate per aver il possesso dei
priorati. Devono fòr due registri
del valore delle commende, ed al-
tri beni dei loro priorati, rimetten*
done uno al gran maestro e con*
vento, e l'altro ritenendo appresso
di sé. A questi registri si supplisce
col U1m*<) ^cUc visite. Devono fare
3o4 GER
un archivio dei priorato a spese
loro e dei commendatori, nel quale
conservino le scritture dei priorato
e delle commende, con ritenei*e essi
le chiavi, ed in loro assenza i luo-
gotenenti. Avuta notizia che alcu-
no dell'ordine sarà stato licenziato
dal servizio militare di qualche so-
prano per mancanze da lui com-
messe, devono formare col capito-
lo o assemblea provinciale il pro-
cesso informativo, e rimetterlo coi
reo in convento per essei*e punito.
Bevono invigilare che i minori
non portino la croce d*oro, prima
che siano state accettate le loro
prove. Devono indagare se nei li-
miti del 'loro priorato gì' insigniti
della croce di divozione s* impie-
gano in servìzio domestico di ai-
tici che dell'imperatore, re, sovra-
ni, o principi del loro sangue, e
ritrovando qualche contravventore
lo ammoniscano, e non correggen-
dosi diano parte al gran maestro.
Devono invigilai*e che i fratelli non
assumino tutela o curazìa . di chic-
chessia senza licenza del gran mae-
stro spedita dalla cancelleria. Se
alcun secolare volesse dare alle
stampe qualche storia dell'ordine,
commento sopra le sue leggi o pri-
vilegi, o altra qualunque opera re-
lativa all'ordine, che non sia stata
approvata dal consiglio, devono
cooperare perche non se ne permet-
ta l'impressione. Devono esegui-
re a loro spese gli ordini dei con-
vento ad essi diretti per il ser-
vigio pubblico deir ordine, e si di-
rigono ai ricevitori , i quali devono
prenderne cura di esibirglieli , e
procurarne V esecuzione. Sono te-
nuti a migliorare i priorati, e rin-
novare i cabrei o catasti , sotto
pena di pagare doppie responsioni.
Devono visitare le commende, pò-
GER
ste nei limiti dei loro priorati, ed
il priore di Alemagna nei visitarle
deve far processo de' debiti dei com-
mendatori di gran somitia con dar-
ne l'avviso al convento. Devono far
visitare le loro quattro camere prio«
rali; pr&<ientare alla chiesa una
gioia un anno e mezzo dopo esse-
i*e entrati in rendita; provvedere
che le chiese delle commende nei
limiti dei loro priorati siano de-
centemente ornate e restaurate, e
riparare i castelli e case Fjrli per
la custodia dei vassalli delinquen-
ti; ti*ovarsi nei capitoli provinciali»
ma non volendo' intervenirvi de*
vono sempre fornire le spese, e
farvi leggere la regola e gli statuti
contro i debitori del tesoro. De-
vono invitare alla celebrazione dei
capitoli e assemblee provinciali i
fratelli capaci, non commendatori,
colà residenti , e nel priorato di
Venezia sotto pena della nullità
dei capitolo, e di quanto si sarà
in quello trattato, si devono inti-
mare i religiosi residenti ne' luo-
ghi drconvicini. Devono assistere
ai ricevitori -contro i debitori del
tesoro, ed impedendo* mai ai rice-
vitori il possesso, o l'esazione dei
diritti del tesoro, si privano dei
priorati. Devono procedere contro
i mali amministi'atori de' beni del-
la religione; scacciare gli occupa-
tori delle commende; astringere i
ricevitori a restituire quello die
hanno tolto dello stato delle com-
mende, ed uso delle case. Sotto
pena d'essere puniti come disul>*
bidienti non possono prendere ne
palesemente, ne sotto nome dì al-
tri in affitto le dignità e commen-
de per il tempo del mortorio e
vacante. Tre priori, secondo l'ordi-
ne col quale furono chiamati, sono
tenuti di fiu*e residenza in coiivea*
GER
lo. Due priorati nello stesso tempo
nessuno può tenere, ne verun bene
in altro priorato ; anzi i nuovi elet-
ti priori sono tenuti lasciar tutte
le commende che prima teneva-
no, eccettuate le camere magistrali,
le commende ricuperate dai seco-
lari, e le-conseguile per la priva-
zione d'alcuno debitore dei tesoro,
"di cui avessero pagato il debito.
Possono anche ritenere le pensioni
sulle camere magistrali, si eccet-
'tuano bens'i quei priori , che se-
condo i diversi concordati delle
loro rispettive lingue, possono ri-
tenere le commende ed altri beni
coi priorati. Dei priorati sono in-
capaci i concubinari, ed avendoli
devono esserne privati.
I cavalieri gerosolimitani vengo-
no accettati nell'ordine facendo tut-
te le prove richieste dagli statuti, o
con qualche dispensa. Si ottiene
questa dispensa dal Papa mediante
breve, o dal capitolo generale del-
l'ordine, ed in seguito viene ciò
ratiOcato dal sacro consiglio. Le
dispense ordinariamente si conce-
dono per qualche quarto che man-
ca di nobiltà, principalmente dal
lato materno, dappoiché gli aspi-
ranti debbono provare quattro ge-
nerazioni di nobiltà , per maniera
però, che ne quello che si è fatto
nobile, né suo figlio, eh' è sempli-
cemente nobile, né il suo nipote
•eh' é gentiluomo , ma soltanto il
pronipote, eh' é riputato primo gen-
tiluomo di nome e d' arme , può
contare per prima generazione o
primo grado dei quattro. Lo stesso
é pure dal lato di madre, pel qua-
le però si accordano, come dicem-
mo, le opportune dispense, ma non
mai per quello di padre, tranne
un qualche caso particolare. I ca-
'•'valieri vengono ricevuti nell' ordi-
vo!. XXIX.
GER 3o5
ne, in età o in minorità. L'età
richiesta dagli statuti é d' anni se-
dici compiti, per entrare in novi-
ziato di diecìsette, e far professio-
ne di dieciotto. Chi brama essera
ammesso all'ordine, deve presen-
tarsi personalmente al capitolo o
assemblea provinciale del gran prìo-
, rato, nella cui estensione egli è
nato. Il presentato deve recare la
sua fede del battesimo in forma
autentica, e legalizzata dal vescovo,
o dal suo vicario; di piti il pro-
cesso delle sue prove , contenente
gli estratti dei' titoli che giustifica-
no la legittimazione e la nobiltà
del presentato, e di quattro fami-
glie per parte paterna e materna,
vale a dire di padre e madre, avoli
e bisavoli. Devono queste prove
oUrepassare i duecent' anni, quindi
qualche volta conviene rimontare
fino ai terzavoli e quarta voli. Ol-
tre le suddette cose bisogna pre-
sentare il blasone, e le arme della
famiglia , co' suoi smalti e colori
sopra la pergamena. Allorché il
presentato é stato ammesso, gli vie-
ne consegnata la commissione per
fare le sue prove dal cancelliere
del gran priorato. Se il padre o
la madre, o alcuno degli antenati
é nato in altro gran priorato , il
capitolo dà una commissione ro-
gatoria, per farvi le prove neces-
sarie. Le prove della nobiltà si fan-
no col mezzo di titoli e contrat-
ti, con testimoni , con epitaffi, ed
altri monumenti. I commissari o
maestri de' novizi richiedono pure
se i parenti del presentato abbia-
no mai derogato alla loro nobiltà
col commercio, traffico, o banco.
Nondimeno avvi un privilegio pei
gentiluomini delle città di Genova ,
Firenze, Siena e Lucca , ai quali
non nuoce punto l'esercizio della
20
3o6 GER
mercatura all' ingrosso. Tutte le
prove che i commissari hamio pro-
curate, le portano al capitolo o al*
l'assemblea. Se Tengono riconosciu-
te per buone e valide si spediseo*
no alla sede dell'ordine sotto il si-
gillo del gran priorato.
Quando il presentato è giunto
alla sede dell' ordine, le sue prove
vengono esaminate nell' assemblea
delle lingue di quel gran priorato,
a cui egli si presentò; e se otten-
gono l'approvazione, egli viene ac-
cettato cavaliere, e la sua anzianità
incomincia in quel giorno, purché
abbia pagato il suo passaggio, il
quale importa duecento cinquanta
scudi d'oro, e subito dopo il novi-
siato abbia fatto professione; altri-
menti s' incomincia a contare la sua
anzianità soltanto dal giorno della
sua professione, se attendere voglia*
ti agii statuti e regolamenti dell' or-
dine; ma la pratica e, che la diia-
sione e ritardo della professione
punto non nuoce all'anzianità. Non-
dimeno non si può ottenere veruna
commenda senza aver fatto pix>-
fcssione, essendo proibito a tenore
degli ultimi statuti di affidare l'am-
ministrazione dei beni dell'ordine
ad individui non professi. E qui no-
teremo che la prima commenda
die conseguisce il cavaliere professo
ti chiama di Cabimento; passati
cinque anni, concorrendo ad altra,
ti dice di primo migHorafnenlo ; tra-
scorso altrettanto tempo, concorren-
do ad altra commenda, si appella
di secondo miglioramento, e quindi
vi sono quelle di terzo e di quar^
to miglioramento ec. Notammo già
che le commende che si consegui-
aoono per anzianità diconsi m giu-
stizia, e sono componibili o compa-
tibili con un'altra di quelle che
ti danno per ricompensare qualche
GER
servigio prestato alla religione, e si
dicono commende di grazia. Comuife-
mente pagasi il passaggio al ricevito-
re deli' ordine nel gran priorato. Le
prove vengono qualche volta rigetta-
te dall'ordine: in tal caso per l' ad-
dietro restituì vasi il denaro di già
pagato, ma dipoi con nuovi dea*eti
fu stabilito che i*esterebbe a bene*
ficio del tesoro dell'ordine. Il no-
vello cavaliera paga altresì il di-
ritto della lingua. Questo dirit-
to è in proporzione del grado o
sia rango che il presentato ha ot»
tenuto. Quelli che si presentano in
minorità, vale a dire al disotto di
sedici anni, sono ammessi in TÌgo-
re d'una bolla del gran maestro,
eh' egli accorda secondo la facoltà
avutane dal Papa, o dal capitolo
generale. Ordinariamente vengono
ammessi all' età di sei anni, e qual-
che volta per grazia speciale ai da-
que, ai quatti*o, e anche in età di
un anno: l'uso di ricevere i cava-
lieri di minorità ebbe origine dal
capitolo generale del i63i. La lo-
ro anzianità corre dal giorno se»
gnato nella bolla di minorità, pur-
ché il passaggio venga pagato un
anno dopo. Dapprima si ottiene il
breve dal Papa, poi si sollecita la
spedizione della bolla magisti*a-
le; e il tutto costa circa quin-
dici doppie d'oro, 11 passaggio é
di mille scudi d'oro pei* il teso-
ro, e di cinquanta scudi parimenti
d'oro per la lingua, cioè quasi quat-
tromila lire. Queste non ti resti-
tuiscono in nessun caso, sia che le
prove vengano rigettate, sia che il
pi*esentalo prenda altra risoluzione,
sia ch'egli muoia prima di essere
accettato. Il privilegio del presenta-
to in minorità, é ch'egli può do-
mandare un' assemblea straordinaria
pei* ottenervi una commissiouei ni-
G£R
fine dì fare le sue prove, onde pre-
sentarle senza aspettare il capitolo o
l'assemblea provinciale. (Può egli
portarsi alla sede dell' ordine in età
di quindici anni per incominciarvi
il suo noviziato, e professare dipoi
agli anni sedici; ma non è obbli-
gato d'esservi se non agli anni
venticinque, per professare al piii
tardi d'anni ventisei, nel che s'e*>
gli mancasse, perderebbe la sua an-
zianità, la quale incomincierebbe
dal giorno della sua professione*
Dacché le sue prove sono ammes-
se, ^li può portare la croce d'oro,
la quale non può portai*si dagli altri
Sfi noli dopo fatti i voti.
I cavalieri ricevuti dai dodici ai
quindici anni si dicono paggi: il
gran maestro di tali paggi ne tie-
ne 9edici, i quali lo servono ap-
punto da' dodici ai quindici an-
ni , e a misura eh' escono dal
servigio^ altri li rimpiazzano. Do*
pò aver ottenuto dal gran mae-
stro le lettere di paggi, devono pre*
sentarsi al capitolo, o all'assemblea
provinciale per ottenere commissio-
ne di fare le prove loro all' età
di undici anni. Fatte le prove si
portano alla sede dell'ordine per
entrare al servigio dopo il loro
anno duodecimo, sino ai quindice<»
Simo compito. Ali' ani\o quindicesi-
mo incominciano il loro noviziato
per fare la professione all' anno se-
dicesimo. Il loro passaggio costa
duecento cinquanta scudi d'oro, e
se le prove vengono rigettate daU
J'ordine^ questo denaro non si re-
stituisce, siccome abbiamo detto co*
sì praticarsi cogli altri cavalieri. Cor-
re la loro anzianità dal giorno in
cui entrano al servigio. Se gl'im**
pieghi di paggi fossero già occupa^t
ti, in guisa che non potessero en-
trai*.vi, perderebbero il loi*o privile*
GER 3o^
gto, e la loro anzianità inoomincie«
rebbe soltanto agli aqni sedici com-
piti» I cavalieri di pura grazia e
di divozione sono que' nobili che
furono ammessi nell' ordine per
qualche considerabile servizio pre»
stato all' ordine, e per altri motivi i
Cavalieri di grazia talvolta furono
&tti individui non nobili, che si
meritarono tale onore per qualche
segnalata e valorosa impresa, I ca«
vai ieri suddetti prendono luogo im*
mediatamente dopo i sacerdoti con-
ventuali, che formano il secondo gra^
do dell'ordine. Quelli che vengono
ammessi per cappellani e chierici con-
ventuali, o serventi d'armi, sono qual<»
che volta gentiluomini; ma se non
sono nobili di quattro gradi pei* par«
te di padre e di madre, non possono
essere ammessi nel rango dtì cava-*
lieri. Si possono vedere due cugini^
oppure uno zio e un nipote, l'uno
cavaliere, e l'altro servente d'armi}
e ciò perchè l'uno de' due fratelli
avrà incontrato un matrimonio dis*
uguale. Un gentiluomo anche di
quattro gradi, il quale avrà tutte
le qualità richieste per essere cava»
liere, se vuole essere ecclesiastico, €$
ricevere gli ordini non può essece
che nel rango dei cappellani con^
veutualì, perchè tutti i cavalieri
devono portare l'armi contro gl'ina
fedeli. Gli ecclesiastici, i quali for^
mano il secondo rango dell'ordine
gerosolimitano, sono ricevuti ordi-
nariamente Diacos o chierici con*
ventuali per servire nella chiesa
dell'ordine, dagli anni dieci sino
ai quindici; a quest'oggetto otten^-
gono una lettera dal gran naaestro^
La loro presentazione si fa: agli
anni nove, e il pt^esentato deve ,i*er
care la sua fede battesimale lega-
lizzata, la sua lettera di Diaco»^ ed
il suo memoriale contenente gli q»
3o8 GER
stratti, e le date dei titoli che giu«
stificano la sua legittimazione, la
qualità di suo padre, e de' suoi a-
vi patemi e materni. Non vi è bi-
sogno del blasone, eccetto il caso
in cui il presentato essendo gentil-
uomo Tolesse mostrare la sua ar-
me. Le sue prove devono dimo-
strarlo nato da parenti rispettabili,
e che esercitato non abbiano arte
o professione meccanica o vile. So-
no ammessi a questo rango i figliuo-
li dei dottori in legge, degli avvo-
cati, dei medici, dei procuratori,
dei notari, dei banchieri, dei mer-
canti airingrosso abitanti nelle città,
dei coltivatori delle proprie terre
che vivono civilmente, ed altre per-
sone che vivono al di sopra del
comun popolo. La loro anzianità
corre dal giórno della loro accetta-
zione nella sede dell'ordine : costa
il loro passaggio cento scudi d'oro.
Quelli che oltrepassano gli anni
quindici, e bramano essere ricevuti
cappellani conventuali, devono otte-
nere un breve dal Papa, passato o
confermato dalia sede dell' ordine,
e dipoi devono presentarsi per fare
le loro prove. Il loro passaggio è
di duecento scudi d'oro, oltre il
diritto della lingua.
I serventi d'armi fanno le lo-
ro prove come i cappellani. L'età
per presentarsi è di sedici anni com-
piti, e il passaggio costa duecento
scudi d'oro, oltre il diritto della
lingua. La quarta specie di cava-
lieri sono i preti o frati d'ubbi-
dienza, i quali vengono accettati sen-
za prove e senza portarsi alla sede del-
l'ordine. Vengono così chiamati per-
chè ubbidiscono al gran priore o al
commendatore che li riceve per ser-
TJre nei priorati, o nelle parrocchie
4p chiese di giunsdizione dell'ordine,
IliiUigaadosi all'osservanza de' voti.
Portano la croce bianca sopra \ì
mantello, e godono dei privila
della religione. In questo numero
Ti sono dei gentiluomini, dappoiché
l'ordinanza 53 dello statuto XXIII,
Del ricevimento, presa-ive che i cap-
pellani d'Italia provino non già che
le loro famiglie fossero nobili, ma
bensì che il loro padre e li due
avi paterno e materno vissero no-
bilmente, cioè senza aver mai eser-
citata vei*un'arte o mestiere, ma
professioni liberali escluse le mec-
caniche, o viventi colle loro rendi-
te, e di buona ed antica cittadinan-
za, per tale riputata dal paese. Vi
sono dei Donati detti semi-croci o
mezze-croci, i quali sono ammoglia-
ti, e portano una croce non intera
ma di soli tre rami, e di tela bian-
ca dalla parte sinistra deli-abito:
con speciale permesso portano an-
co una croce d'oro a tre rami,
detta martelletta, e smaltata di bian-
co ; quella d'oro de'cavalieri smaltata
di bianco ne ha quattro, ed eguale è
quella dei cappellani. I serventi di
armi usano la croce dei donati. I
donati vengono impiegati nei con-
vento e nell'ospedale: per la festa
di s. Gio. Battista offrono qualche
tributo. Fu il capitolo generale del
i583 che prescrisse la croce di te-
la bianca ai frati serventi d'arme
non più grande di mezzo palmo
di Sicilia, ed ai frati di staggio non
più grande della quarta parte, e che
ninno di loro potesse portare quel-
la d'oro. I serventi d'ufficio erano
impiegati al servigio dell'ospedale
ed a simili funzioni. Tutti i cavalie-
ri e fratelli di qualunque rango, qua-
lità o dignità sieno, sono tenuti im-
mediatamente dopo fatti i loro voti,
di portare sul mantello o sopra l'a-
bito dalla parte sinistra una croce
ottagoQa^ sia a otto punte^ di tela
GER
bianca cerata, e questa è la ve*
ra insegna ed abito dell' oixline
e della loro professione, non es-
sendo la croce d'oro che un or-
namento esteriore: va però notato
che la croce della professione si è
da moltissimi anni usata di argen-
to^ o di altro metallo. Allorché i
cavalieri, tanto novizi, che professi,
vanno a combattere contro gl'infe-
deli, portano sopra il loro abi-
to una sopravveste rossa in for-
ma di pazienza o dalmatica, or-
nata sì davanti, che di dietro di
una gran croce bianca, piena, sen-
za punte, essendo, come si è det-
to, questa l'arme della religione,
Fr. Raimondo du Puy prescris-
se che l'abito si dovesse portare
non solo nell'esercizio dell'ospitali-
tà, ma in quello ancora della mi-
lizia per la difesa della santa fede,
acciò il segno della ci*oce li ammo-
nisse all' esercizio delle virtù, e si
accendessero a seguire il salutevole
esempio dei santi martiri e dei
Maccabei.
L'abito ordinario del gran mae-
stro e una specie di corta toga,
o sottana, nell'estate di tabi o di
taffetà ondato, e di lana nell'inver-
no, aperta nel davanti, stretta ai
fianchi perch'è legata con una cin-
tura, donde pende una grossa bor-
sa per indicare la carità verso i
poveri, secondo l'istituzione di que-
st'ordine. Sopra di questo abito
egli porta una lunga veste di vel-
luto con maniche larghe, e dietro
a questa pende un mantello con
lungo cappuccio, quando egli va al-
la chiesa ne'giornì solenni. Sul da-
vanti della sottana sopra il petto,
e sopra la veste verso la manica
sinistra vi è una croce di tela bian-
ca a otto punte, come sono tutte
le croci che portano quelli dell'or-
GEft. 3o^
dine; quella sul petto è più gran^*
de delle croci usate dai cavalierìv
In capo porta un berrettone nero,
della forma che riporta il Bonan-
ni, che ci dà la figura del gran
maestro vestito nel descritto modo
a pag. LX del Catalogo degU or^
dini equestri e militari. Il gran
maestro in abito di cerimonia ve-
ste la doccia con larghe maniche^
ed una sottoveste lunga e chiusa»
con spada al fianco sinistro. Usa
inoltre il manto a becca^ quello stes«
so che si dà ai cavalieri nell'atto
della professione. È nero, avendo
attaccato al collo il cordone dell'or-
dine formato di seta bianca e ne-
ra, in cui per decreto del gran mae-
stro Cotoner sono rappresentati
quindici segni, o misteri della pas-
sione di Gesù Cristo, frammisti ad
alcuni Castellini, i quali servono a
denotare la carità che i cavalieri
gerosolimitani devono sempre eser-
citare coi poveri. Tale manto ha
due maniche lunghe forse un brac-
cio, e larghe alla loro sommità
circa mezzo piede, terminate a pun-
ta, e ciò perchè anticamente le get-
tavano dietro le spalle, stringendo-
sele poi ai reni. Ilp. Heliot osser-
va, che da una medaglia d'oro del
gran maestro de Gozon, e dal si-
gillo del gran maestro Naillac, am-
bedue fioriti nel XIV secolo, si ve-
de che a que' tempi al manto a
becca eravi attaccato un lungo cap-
puccio.
Della veste croccia o doccia ,
come si tumulavano i cadaveri dei
gran maestri secondo il Macri, al-
l' articolo Croccia (Fedi), veste ù-
sata dai cardinali in conclave, fa-
cemmo menzione del gran maestro
fr. Riccardo Caracciolo, morto nel
I SgS, e rappresentato con essa nel
suo sepolcro ndla chiesa del pri<>*
3iò
GEK
rato di Roma, che al dire dello
itesso maltese Macri, allora chiama-
vasi di s. Giovanni. Qui avvertii'emo
ohe nel 1572 il gran maestro la
Cassiere^ sembrandogli poco deco-
roso che i consiglieri intervenissero
Ile' consìgli senza i loro manti seoa-
torii, con antico vocabolo chiamati
doccie, e posti in disuso ancorché
peir ultimo capitolo generale fosse
ordinato die ciascuno li assumesse,
fece rinnovarne il decreto. Questa
doccia é pur l'abito dei gran cro-
ci allorché assistono in chiesa alle
«acre funzioni; é nera, aperta di-
nanzi, con due grandi maniche, a-
vente sulla parte sinistra che guar-
da il petto, e su quella corrispon-
dente alla spalla sinistra la croce
dell* ordine col nuovo gran cordo-
fue dì cui parleremo, ed al loro
jBanco pende la spada. Ma la doc-
cia che i gran croci usano in con-
siglio pure nera, è chiusa nel da-
manti, e fregiata soltanto sul petto
|K)n la gran croce, non portando ne
fpada, né cordone. La cintura che
i^ostiene la spada significa la virtil
ilella castità inculcata ai cavalieri,
allorché sono annoverati nell'orcli-
pe, come dice il p. Bonanni a pag.
LXf, ove riporta la figura di un
xavaliere gran croce in abito di
unzione soleni^e. Nella seguente
immagine d dà quella del cavalie-
re gerosolimitano ecclesiastico, ve-
stito di sottana nera, rocchetto, e
mozzetta violacea filettata di rosso^
con croce bianca su} lato sinistro
della mezzetta. Prima che Clemen-
te XI concedesse il rocchetto, e Ic^
IDozzetfa paonazza, i cavalieri sa-
cerdoti usavano la cotta sopra tp-
f;à nera, con mozzetta pure nera
regiata con la croce dell'ordine,
secondo il decretato dal capitolo
deir ordine ndranno i6t3. Dal na-
OEU
mero di questi cavalieri ecclesiasti-
ci si suole eleggere con pluralità
di voti uno chiamato il prìore del-
la chiesa di s. Giovanni, il quale
come narra il Cancellieri ne* suoi
Possessi a p. aii,ha il privilegio
di portare il berrettino del colore
della pianeta, rosso, verde, e bian-
co , secondo ì tempi. I cavalieri
cappellani e serventi portano la
croce di tela sul mantello, l'offizio
de' quali già descrivemmo, dovendo
assistere nello spirituale gl'infermi
dell'ospedale, accompagnare i cava-
lieri ne' viaggi di mare per 9mminì-
strare loro i sacramenti, ec. Alessan-
dro VII nel 1 658 concesse all'ordine
la fecoltà di ammettere ti'a i fi*ati
cappellani conventuali, senza obbli-
go di pagare il passaggio, persone
dotte e laureate in teologia o nel-
le leggi canoniche e dvili, dappoi-
ché dal ceto dei cappellani si deve
scegliere al modo detto il prìore
della chiesa conventuale, e sceglier-
ai dal gran maestro ti*e individui
per proporli al Pontefice, acciò ne
d^ga uno per la dignità vescovi-
le. Tali cappellani letterati fm'ono
giu(|icati necessari, onde nei consi-
gli con le loro cognizioni dare gli
opportuni pareri.
L- elezione del gran maestro si
è latta in diverse nianiere, e sic-
come anticamente la facevano quat-
tordid religiosi, senza badarsi a
quali lingue appartenessero , fu
stabilito ed ordinato nell' anno
1873, che dovessero procedere al-
l'elezione del gran maestro due
per ogni lingua, oltro l' infernaiere.
llBosio nelt. H, p. (^S^^porta la
descrizione dell'elezione del gran
maestro Lastic, &tta ad Eaigentp IV
dagli ambasciatori ddl'ordine. Secon-
do poi il summentovato stabilimento
di Urbano VII! l'etezicoe ai fin
•b nel modo che segue. Morto il
gran maestro si rompono nel con-
siglio i sigilli, ed eleggesi un tuo*
gotenente. Questi intima 1' adu«
nanza di ogni lingua per eleggere i
procuratori, e ognuna prima n' e-
leggeva uno solo, ora ne elegge tre,
sicché gli eletti sono a seconda del
numero delle lingue. Questi eleggo-
no tre altri di lingue differenti per
la lingua d'Inghilterra, e per quel-
le lingue non ripristinate si fa aU
trettanto. Da questi si fa l'elezione
di un cavaliere, che dicesi presidente
ed anche cavaliere dell'elezione, e
di altri ti*e di lingue differenti
e di differenti classi, cioè di un ca-
valiere, di un cappellano, e d'uà
servente. Al presidente rinunzia il
luogotenente l'u£Szio, come pure i
procuratori. I tre eletti, cioè il ca-
valiere, il cappellano e il servente,
dopo i soliti giuramenti eleggono
un quarto, indi questi quattro un
quinto, e così sino ad otto di dif-
fei*enti lingue, eccettuati i due per
la lingua d'Inghilterra, ch'eleggere
si possono di ogni lingua. Di que-
sti sedici, tre debbono essei*e cap-
pellani, tre serventi, e gli altri ca-
valieri, e da questi viene eletto a
pluralità di voti il gran maestro,
che solo può essere della classe dei
cavalieri. Se questi fosse lontano, si
elegge dagli elettori medesimi un
luogotenente che governa sino al
suo all'ivo: tutta l'elezione dee far-
si in ventiquattro ore.
In quanto agli onorì funebn che
si fanno ai gran maestrì defunti,
oltre ciò che analogamente dicem-
mo in progresso dell'articolo, ripor-
teremo qui le cerimonie ch'ebbeix)
luogo in morte del gran maestfb
fr. Emmanuele de Rohan. Dopo
la sua morte il di lui cadavere
fu imbalsamato, e quindi esposto
in una gran sala, sopra un letica
alla reale, con coltre di velluto nt^
ro guarnita di trine d oro. Si e-
resseix> vari altari, dove si cele-
brarono un gran numero di mes-
se, e molti frati recitarono l'ofE-
ciò de'defunti, come si pratica pel
gran personaggi. Intorno al detto
letto mortuario si collocarono se-
dici cavalieri , due per lingua, e
questi cambiandosi ogni tre ore
assistevano al feretro, fiicendo m
modo che quattro fossero sempre
presenti. Erano vestiti in graa
lutto, e portavano un manto ne-
ro molto largo con cappuccio co-
me i frati, ed una coda estrema-
mente lunga. Passati tre giorni
si portò il cadavere con gran pom-
pa nella chiesa di s. Giovanni, o^
ve si seppellivano i gran maestri
in luogo distinto da quello de' ca-
valieri. Tutto il clero secolare e
regolare precedette il cadavere,
che sopra un letto alla reale ven-
ne portato da un gran numero
di cavalieri , agevolandone il tras-
porto molti facchini, che inceden-
do sotto la bara, e questa essen-
do coperta di panno nero, niuno
li vedeva. Giunta in chiesa la pom-
pa funebre, si collocò il cadavere
sul catafalco, ed ebbe luogo la cele-
brazione di una messa solenne con
gran musica. Dopo il Requiescat
in pacCy si alzò il maresciallo, di-
gnità della lingua di Alvernia, e
spezzato il bastone del comando}
lo gettò a piedi del feretro, dicen-
do: il gran maestro mio signore h
morto. Indi il cadavere venne tu-
mulato, e la chiesa prontamente sba-
razzata, onde dare principio alla
elezione del nuovo gran maestro.
In quanto alla professione l'eli-
giosa de' nuovi cavalieri gerosoli-
mitani, questa si fa dopo il no*
3 12 GER
'viziato ossia le carovane, che du^
rano quattro anni, e per diminuir-
ne il lasso di tempo occorre un
breve pontificio, col quale si suole
prescrivere un anno di noviziato.
La professione quindi ha luogo
colle seguenti solenni cerimonie, tut-
te con mistici e belli significati.
Il cavaliere novello si reca alla
chiesa conventuale dell'ordine, ve-
stito prima di abito lungo nero,
ed al presente con V uniforme ge-
rosolimitana, ed inginocchiatosi a
pie dell'altare, tiene in mano un
torchio acceso, che denota la cari-
tà di cui dev' essere fornito. Indi
il cavaliere fa istanza di essere ri-
cevuto nell'ordine, a chi è depu-
tato per tal funzione, cioè al cava-
liere ricevitore. Un cappellano con-
'ventuale benedice la di lui spada,
ed il ricevitore nel cingergliela al
fianco lo ammonisce di non ser-
-virsene che in difesa della fede cat-
tolica, e contro i nemici di essa,
a costo di perdervi la vita, signi-
ficando r armacollo la castità che
deve osservare. Quindi dal cappel-
lano s' incomincia la messa, e pri-
ma dell'evangelio il detto ricevi-
tore fa al cavaliere alcune inter-
rogazioni, e gli dà diversi altri
avvertimenti, invitandolo a dovere
aspirare sempre alla vera gloria.
Allora il ricevitore fa sfoderare la
spada al novizio, gliela fa brandire,
tre volte percuote colla stessa spa-
da la di lui spalla sinistra, per
fargli intendere doversi sottomette-
re a' patimenti per amore di Ge-
sù Cristo. Il novizio nel ferire l'a-
ria tre volte, intende di provocare
in nome della ss. Trinità i nemi-
ci della fede, imitando lo zelo dei
Maccabei, che nella legge antica e-
sponevano le loro vite per la di-
lìga del popolo di Dio^ ed ancor?
GEH
che fossero in poco numero, com-
battendo per sì santo fine, vinse-
ro poderosi eserciti. Il ricevitore,
ordina al novizio di riporre la spa-
da nel fodero, quindi due caTaheri-
gli pongono due speroni d'oro, in-
significato di stimolarlo ad azioni,
lodevoli, ed a conculcare Toro co-
me il fango a tenore delle analo--
ghe parole che gli dice il ricevito-
re. Il novizio riprende il torchio
acceso, e continua ad ascoltare la
messa. Questa terminata il novizio
richiede d'essere ammesso nell'or-
dine, il ricevitore gli fa : alcune do-
mande a cui esso risponde colie
solite formole, e pronunzia la so-
lenne professione de' voti con que-
sta formola : Io N, faccio volo, e
prometto a Dio onnipotente y alla
Beala Maria sempre vergine ma"
dre di Dio, ed a s, Giovanni Bat-
iista, d^ osservare perpetuamenle^
con V aiuto di Dio, vera obbedien-
za a qualunque superiore^ che mi
sarà dato da Dio, e dalla nostra
religione , e di piìi vivere senza
proprioy ed osservare la castità. La
formola antica il Bosio la riporta
nella sua Istoria a p. i3 del t. I.
Dopo di che il novizio tocca gli e-^
vangeli sul messale posto sulle ginoc-
chia del ricevitore. Ciò fatto, il rice-
vitore presenta al novizio il sudde-
scritto manto a becca, gliene fa
baciare la croce , la cui bianchez-
za significa il candore che deve osr
servare, e le otto punte le otto,
beatitudini da conseguirsi dopo a-
ver combattuto ; finalmente il ca-
valiere accettante gli adatta indos-
so l'abito, pronunzia un breve di-
scorso alludente agli emessi voti,
ed all'abito di cui Io ha rivestito,
imponendogli il suddetto cordone
sulla spalla sinistra, e spiegandogli
uno ad uno gl'istromenti della pas;
GEfe
tione di Gesb. Cristo espressi nel
medesimo, essendo il cordone figu-
ra del giogo cui il candidato si sot-
topone. Per ultimo il sacerdote re-
cita sul professo alcune preci, il
ricevitore chiama a sé il professo,
gli presenta un piatto con lenente
un pane, un bicchiero d'acqua ed
un poco di sale, invitandolo a ci-
barsene , ed avvertendolo essere
quello il compenso di sue fatiche;
per ultimo il professo passa ad
abbracciare tutti i cavalieri , che
hanno assistito alla funzione. Quan-
do, l'ordine risiedeva a Malta, gli
speroni li mettevano i paggi; com-
piuta la funzione della professione
il cavaliere si portava all'albergo
della proprìa nazione, ove faceva
l'ubbidienza con pane, acqua, sale
ec. Le simboliche spiegazioni qui
narrate sono di Antonio Posse-
vino, riportate dal citato padre Bo-
nanni a pag. LXIH , in cui pro-
duce l'immagine del cavaliere ge-
rosolimitano con abito militare nel-
le carovane o campagne in mare
contro i corsari ed i turchi, essen-
do il grido di guerra : s. Gioi'an-
niy s. Giovanni,
L'uniforme dell'ordine gerosolimi-
tano in generale e di panno color
scarlatto, con bottoni dorati in cui
è impressa la croce dell' ordine. I
cavalieri di giustizia di qualunque
rango portano presentemente sopra
la medesima petti , paramani e
colletto di panno bianco. Quelli
di divozione in luogo dell'indicato
bianco sostituiscono il velluto nero.
All'uno ed all' altro viene ora a-
dottato il pantalone, o calzoni lun-
ghi bianchi. In quanto alle deco-
razioni di ogni grado, sono le se-
guenti. I bah gran croci fascia di
«età nera ondata a tracolla caden-
te sul fianco sinistro con croce otr
GER 313"
tàgonà di tela bianca cucita alla
estremità della medesima*; a*oce
pettorale d'oro appesa al collo; due
spalline a granoni d*oro; fiocco sir.
milealla spada, e cappello il qu»*;
le è bordato con nastro ondata
di seta nera , e penna bianca , a-
vente la coccarda dell'ordine bian--
ca e rossa. I commendatori menc-
ia fàscia a tracolla, e la penna bian-
ca del cappello, sostituita da altra
nera, il resto tutto simile come so-
pra. I carovanisti ed i novizi altret-*
tanto come i. commendatori, me-*
no la penna nera al cappello, doc
vendo portare la croce piccola al
lato sinistro del petto, in luogo
della pettorale. I donati hanno,
per loro un' uniforme rossa, con
petti, paramani e collo di vellu-
to verde ; una spallina e mezza
con frangie d' oro, piccola croce
mancante il quarto superiore, e
simile di tela cucita al lato sini-
stro del petto. I commendatori di
gìuspatronato indossano T unifor-
me con tutti i distintivi come i
commendatori di giustizia , sosti-
tuendo ai petti, paramani, e collo
bianco, il velluto nero. 1 cavalieri
di divozione l' uniforme come i
commendatori del loro rango, me-
no la croce pettorale, la penna al
cappello, ed una spallina e mez-
za soltanto d'oro. 1 gran priori, i
ball, ed ì commendatori portano
la croce d'oro smaltata, sovrastata
da emblemi militari, appesa ad u-
na fettuccia di seta nera al collo;
gli altri la portano semplicemente
ed in forma più piccola sulla par-
te sinistra del petto. Qui noteremo
che prima i bali ed i gran croci , .
invece del suddetto cordone o fa-
scia di seta nera ondata a tracol-
la, portavano in mezzo al petto
una gran croce di tela bianca^ ^
3i4 GÈ A
cucita; ma aggiorni nostrì, ficcome
i baFi e gran croci tedeschi del
priorato di Boemia sogliono por-
tare runi&nrme chiuso, la gran cro-
ce di tela bianca del corpetto o
tottoTeste, restando occulta, si ri-
"volsero all'odiei'oo luogotenente del
magistero per un temperamento.
Dopo maturo esame, il venerando
luogotenente stabilì, che in luogo
di tal croce sulla sottoveste, i bali
e gi*an priori userebbero il descrìt-
to cordone o fascia attraverso
dalla spalla dritta al fianco si-
nistro.
I cavalieri professi dell' ordine
gerosolimitano essendo veri religio-
si pei tre voti che fanno, non pos-
sono né ammogliaci validamente,
né possedere niente di proprio, né
succedere, sia in proprietà, sia in
usufrutto, né lasciare per testamen-
to una parte qualunque del loro
peculio, il quale appartiene di di-
ritto all'ordine dopo la loro mjar«
te; cosi dicasi dei mobìli, e d^ tut-
tociò che lasciano morendo. Posso-
no essi disporre solamente d' un
quinto, in caso di ultima volontà,
ma sempre con 1' autorizzazione
del gran maestro, secondo Tindullo
di Gregorio Xll. Possono altresì
godere dell'usufrutto delle loix> com-
mende, e dispome a loro piacere,
nel che differiscono dagli altri re-
ligiosi. Nel i6a4 1' ordine ricorse
ad Urbano Vili, per le licenze dan-
nose al tesoro gerosolimitano, che
per via di composizioni facilmente
la santa Sede concedeva a diversi
religiosi , autorizzandoli a testare
somme rilevantissime, dacché il di-
ritto dello spoglio era per l'ordine
la rendita più essenziale. I cava-
lieri dell'ordine gerpsolimitano so-
no esenti dalla giurisdizione ordi-
naria de' vescovi, in forza delle
GER
bolle de'Pontefid, e principalmente
di Adriano IV, Clemente VII, Pao-
lo III, e 8. Pio V. È loro proibi-
to di confessarsi da altri fuorché dal
priore, o da un cappellano del me-
desimo ordine ; a meno che non
abbiano una permissione espressa
del medesimo priore, o in di lui
assenza del superiore legittimo.
Non sono per conseguenza obbli-
gati fare la loro confessione an-
nuale, e la loro comunione pa-
squale alla parrocchia nella qpale
essi ordinariamente risiedono, non
essendo il curato di quella par-
rocchia il proprio parroco. In ca-
so che un cavaliere commetta un
delitto, tutti i membri dell'ordine,
devono essere giudicati dai giudici
reali per il caso privilegiato, e dal-
l'ufBziale per il delitto comune. I
benefizi dell' ordine non possono
es8ei*e posseduti se non da coloro
che appartengono all'ordine, a nor-
ma di quanto venne ordinato dal-
la bolla Circumspecta^ emanata da
Pio IV il primo luglio i56o. I
gran maestri non possono dare a-
spettative sopra commende; tal-
volta i Papi le hanno concesse,
ma l'ordine n'é stato dispiacente.
Benché i cavalieri gerosolimitani
siano esenti dalla giurisdizione degli
ordinari, i vescovi diocesani però
hanno diritto di far la visita delle
chiese e dei benefizi dipendenti
dall'ordine, purché facciano la visi-
ta in pei'sona e senza esigei*e al-
cun diritto.
jRegolamento ed istruzioni per la
fondazione di un baliaggio^ o
duna commenda di giuspatro-
nato.
Il nobile che desidera fonda-
re alcuna commenda, deve scri-
vere al magistero dell'ordine tale
É£ft
brama per la pai^colare divozio-
ne che ha sempre nutrìto, verso
il sacro ordine gerosolimitano, ec.
ec*
I. Si offriranno in dote tanti fon-
di liberi di canone ed iscrizio-
ni ipotecarie non minori di scudi
diecimila.
a. La commenda porterà il nome
del rondatoi*e, o quello che gli
piacerà, e sarà di giuspatro-
nato attivo e passivo del fon-
datore, e della lìnea mascolina
del medesimo, da primogenito in
primogenito sino alia sua estinzio-
' ne, escluse sempre le femmine, ed i
loro discendenti maschi ; airestin-
zione delia linea mascolina del
fondatore, la commenda anderà
alla religione, e sì smutirà a fa-
vore dei cavalieri di giustìzia di
quel priorato a cui sarà asse-
gnata la commenda*
3. 11 fondatore sarà di diritto ca-
valiere di divozione dei saa*o
ordine, per godere di tutti gli o-
nori, distinzioni, prerogative, che
dagli statuti dell'ordine sono ac-
cordati ai cavalieri investiti di
commenda di giuspatronalo, col
libello godimento di tutti i frut«
ti dei beni assegnati alla com-
menda vita sua naturale duran-
te, anche nel caso di passaggio
in prime ed ulteriori nozze, col
solo obbligo deir annua corre-
sponsione di cui abl)as80.
4* 11 fondatore soggiacerà a tutte
le spese che possono occorrere
per la fondazione di detta com-
menda, comprese quelle della
cancelleria j^er la spedizione de-
gli atti.
5. Il discendente maschio del fon-
datore sarà di diritto cavaliere
di divozione dell'ordine, e non
GER 3iS
sarà tenuto di somministrare
alcuna prova della nobiltà pa-
tema, ma soltanto di giustifica-
re la nobiltà della madre, se-
condo gli statuti gerosolimitani.
6. 11 fondatore pagherà annual-
mente la somma dì scudi ro-
mani sedici per cento sulla ren-
dita della commenda, per re-
sponsioni ed imposizioni di cui
sono gravate le commende del-
l' ordine, ed egual somma pa-
gheranno i suoi discendenti, pu-
re annualmente per lo stesso
titolo.
7. La commenda dopo la morte
del titolare di giuspatronato sa-
rà amministrata dal successore,
dopo clie questi avrà ottenuto
dalla cancelleria dell' ordine la
bolla della medesima.
8. 11 nuòvo titolare pagherà a ti-
tolo di mortorio e vacante due
annualità della rendita dei beni
formanti la dotazione della com-
menda : la prima dopo la fine
del primo anno , la seconda
dopo la scadenza dell'anno suc«
cessi vo, e questa corresponsione
deve essere libera a favore del-
l'ordine.
g. Lo stesso nuovo titolare sarà
obbligato al pagamento col det-
to mortorio e vacante di tutte
le somme, che il suo predeces-
sore fosse rimasto debitore ver-
so il venerando comune tesoro
deli' ordine per responsioni e
qualunque altro titolo , salvo a
lui il regresso verso il detto pre-
decessore e suoi eredi per la
ripetizione della somma stessa. .
IO. Mancando il nuovo titolare a
questi pagamenti, la religione, e
per essa il priorato o suo rap-
presentante fiirà ipso jure se-
questrare U commenda a ter-
3i6 GER
mini dei gerósolìmitaDÌ statuti,
e ne riterrà T amministrazione
finché coi prodotti di questa sa-
rà stata saldata la somma di
cui risultava creditore per Tog-
getto indicato.
1 1 . Se fì*a sei mesi dopo la va-
canza della commenda il suc-
cessore non proverà la nobiltà
negli articoli di sopra contem-
plati , e perciò non avrà otte-
nuta la bolla, la commenda si
prenderà in amministrazione del-
l' ordine , il quale ne avrà il
godimento finché il nuovo chia-
mato abbia adempito al suo ob-
bligo, e non potendolo adem-
pire, finché altro dei chiamati
al giuspatronato si trovi nel caso
di poterlo adempire.
12. Ogni commendatore sarà ob-
bligato al cabreo, ai migliora-
menti , ed alTadempimento dei
precetti della visita priorale, giu-
sta la forma degli statuti del-
Tordine, ed a quanto in essi si
prescrive per la sicurezza dei
beni costituenti la dotazione. Qui
noteremo, che per cabreo s'in-
tende il catasto d'ogni commen-
da, il quale si rinnova ogni ven-
ticinque anni da quel titolare
che gode la commenda in quel-
r anno, e ciò per mantenersi
sempre nella giusta proprietà ,
ed evitare usurpazioni, o smem-
bramenti arbitrari.
i3. I titolari saranno nel rango
de' cavalieri di divozione, esenti
dat diritto del passaggio, a me-
no che non vogliano farsi rice-
vere di giustizia del sacro or-
dine, nel qual caso dovranno
produrre le prove di nobiltà
per i quattro quarti, secondo la
forma degU statuti, pagando il
passaggio al tesoro dell' ordine
&ER
di maggior età, o di minor età,'
secondo vorranno farsi ricevere,
ed i diritti della lingua a cui ap*
parterranno. Comunque poi i
commendatori siano nel grado
di cavalieri di divozione, o di
giustizia, se si faranno ricevere
come tali avranno però sempre
il titolo, gli onoii e distinzioni
di commendatori del S. M. O.
gerosolimitano.
i4* Il fondatore e dopo di lui i
suoi discendenti conserveranno
il pati^onato della detta commen-
da , e quindi in caso di avoca-
zione dei beni dell'ordine allo
stato, dovranno quelli costituenti
la dotazione della commenda ri-
manere, e dovranno ove occorra
ritornare nella libera disponibili-
tà del fondatore stesso, e dei
suoi discendenti, e ciò in qua-
lunque tempo e circostanza si
verifichi il. caso, ritenendosi come
condizione indispensabile della
dotazbne l'obbligo di reversione
dei beni assegnati, nel caso di
cessazione della commenda, in
favore del fondatore e de' suoi
discendenti.
i5. In contemplazione dell'esenzio*
ne del pagamento del passaggio
per tutti i discendenti titolari, il
fondatore offre per una sol vol-
ta al tesoro dell' ordine scudi
. romani quattrocent'ottanta.
Va notato, che presentemente qua-
lunque istituzione di commenda oba-
liaggio viene regolata dalle leggi spe-
ciali dei governi che li permettono.
Istruzioni per ottenere la- croce di
divozione del S, M. O, GerO'
solimitano,
L' individuo che aspira a tale
onore può essere nubile o ammo-
gliato, deve provare la nobiltà della
GER
linea paterna ed ava patema per
lo spazio non interrotto di anni
duecento, e nello stesso modo per
la materna; deve produrre la fede
di battesimo', e la fede della sua
buona condotta morale e politica.
Inoltre deve sborsare il pagamen-
to del passaggio al tesoro in scu-
di romani quattrocento cinquanta.
Piti deve soddisfare al pagamen-
to dei diritti di cancelleria, e pel
permesso dell' uniforme, in scudi
romani ti*entasette, e baj. 3o.
Monache delVordine gerosoli-
mitano.
Le monache ospitalarie delPor-
dine di s. Giovanni di Gerusalem-
me sono antiche quanto i cava-
lieri, dappoiché la loro origine ri-
sale con quella dell'ordine. Dicem-
mo in principio, che nel medesimo
• tempo in cui fu fabbricato in Ge-
rusalemme lo spedale vicino alla
chiesa di s. Maria Latina, che fu
destinato per gli uomini, fabbri-
cossene un altro per le donne ac-
canto la medesima chiesa, dedicato
a s. Maria Maddalena; in esso si
osservavano ristesse regole che pra-
tica vansi in quello degli uomini^
adottandosi la regola de' canonici
regolari di s. Agostino, ed Agnese
•ne fu la prima abbadessa. Il pa-
triarca di Gerusalemme nella chie-
sa del santo Sepolcro ricevette i
voti delle religiose: le monache
assunsero l'abito come gli uomini,
cioè di drappo nero, con la croce
di tela bianca, insegna dell'ordine,
che posero sulla parte del cuore;
l'abito fu una tonaca ed uno sca-
polare. !Nelle funzioni del coro ag-
giunsero un manto parimenti ne-
ro, fregiato nella parte sinistra con
la croce bianca ottangolare. Il
GER 3i7
manto benché lungo essendo ripie-
gato non toccava la terra. Al me-
desimo aggiunsero un cordone tri-
plicato con fiocchi di seta nera e
bianca; ed a tal cordone altro ne
univano coi misteri e simboli del-
la passione di Gesti Cristo, scol-
piti in legno, e coperti di seta ne-
ra e bianca, ed ambedue le re-
ligiose sostene vanii col braccio si-
nistro, come rappresenta la figura
che ci dà il sum mentovato p. Bo-
nanni a pag. CXXVI, Monache
dell' ordine equestre di Malta. S.
Toscana veronese, morta nel 1 1 oo^
o piti tardi come osserva il Bosio^
fu ospitalarìa o monaca gerosoli-
mitana. Dopo che Saladino prese
Gerusalemme nel 1187, le mona-
che si rifugiarono in vari luoghi.
In Inghilterra il re Enrico II le
riunì nel monistero di Baukland,
ove dimorarono sino allo scisma di
Enrico Vili. Nell'anno seguente la
regina Sancia moglie di Alfonso
II re di Aragona detto il Casto, e
madre di Pietro II, fondò a Sixe-
na un monistero in onore di s.
Maria o Nostra Signora di Sixena,
nella diocesi di Lerida, tra questa
città e Saragozza, per le povere da-
migelle, le quali vi dovevano esse-
re ricevute senza dote, dovendo
però provare la loro nobiltà come
i cavalieri. Ivi fece erigere una
magnifica fabbrica, che fu termi-
nata nel 1 1 90, e le religiose del-
l'ordine gerosolimitano vi ricevet-
tero la regola degli ospi talari del-
l'ordine, che approvò Celestino III,
e poi confermarono s. Pio V , e
Gregorio Xlll. Dotò la regina il
monistero di feudi e terre, e lo
ricolmò di altre beneficenze. Dive-
nuta vedova la regina sì ritirò con
la figlia nel monistero , e ne ve-*
stirono l'abito^ ciò che pur fece.
3i8 GER
Bianca sua nipote, figlia di Griaco-
mo li. La superìora di questo
monistero assisteva ai capitoli pro-
irindali dell'ordine in Aragona, ed
avea voto nelle deliberazioni del
castellano d'Emposta, ch'era la pii-
maria dignità dell'ordine in tal
regno. La priora conferiva i be-
nefizi posti nelle sue terre, e dava
l'abito ai preti d'ubbidienza; al-
ti*ettanto fòceva la priora delle mo-
nache di Catalogna : le monache
ài questi due monisteri i*ecavansi
in coro, tenendo in roano uno scet-
tro d'argento. Queste monache es-
sendo soggette al gran maestro ,
sotto la Cassiere, questi concesse la
sua luogotenenza alia priora del
regio monistero d. Caterina Torel-
las, con Ricolta di dar licenza alle
monache di uscir dal monistero per
curarsi in caso d'infermità, o per
altra grave urgenza, in conformità
della bolla di Gregorio XIII, datfi
a'i4 dicembre iSyS, ed in pari
tempo diede commissione al castel-
lano d'Em posta fr. Lorenzo de Ta-
laverà, di visita l'è come suo dele-
gato il monistero.
. Ad esempio di questo monistero
di Sixena si fecero molte altre fon*
dazioni in diversi paesi. Verso il
1 200 fu eretto quello di s. Giovanni
del Tempio di Cairaia nella città di
Pisa, -ove fu monaca s. Ubalda o
Ubaldesca, che mori nel iao6. Sot-
to il regno di Giacomo II re d'Ara-
gona e nel laia fu fondato in Ca-
talogna il monistero di s. Giovan«
ni gerosohmitano di Nostra Signo-
ra d'Alguaira, dalle matrone Sau-
rina de Jorba, ed Elfa de Segar-
dia; e le religiose che vi si ammet-*
tevano dovevano fare le prove di
nobiltà. In Genova fu fondato al*
ti'O monistero nel laSo, foi*se quel-
lo, di s. Caterina vergine e mar^
GER
tire, eretto dall'arcivescovo di Gè*
nova Ottone, di patiia alessan-
drino.
Le monache di Beaulieu furono
fondate nel Quercy, in un ospeda-
le istituito nel 1220 dai signori di
Themines, pei pellegrìni che reca-
vansi in Terra Santa, dal gran mae-
stro de Villaret, per le povei*e in-
ferme e pell^rine, onde le religiose
si formarono in tre gradi : di suore
di giustizia, che &cevano le prove di
nobiltà come i cavalieri gerosolinnita*
ni; di suore di officio, e di suo-
re converse: tra di esse fion s.
Flora che morì santamente nel
1299. Il priore di Beaulieu era
gran piiore perpetuo di tutte le fi«
glie dell'ordine in Francia. 11 me-
desimo gran maestro Villaret nel
1292 diede forma e regola ad al-
tro monistero del Quercy nella dio-
cesi di Cahors, come quello di Beau-
lieu, chiamato della Selva di Fieux.
In progresso di tempo le monache
vivendo senza clausura, si erano al-
quanto rilassate, quando suor Ga-
leotta di Vaillac, che prima era
coadiutora del monistero di Beau-
lieu, essendo priora di quello di
Fieux si pose in pensiero di riuni-
i*e i due monisteri, con fine d' in-
trodurvi conveniente riforma. Col
consenso del gran maestro e del
convento, e mediante una bolla
pontificia, nel 1621 eseguì l'unio-
ne non senza superara difficoltà, e
yiì stabifì ottime regole. II gran
maestro Wignacourt fece Tisi tara
ambedue i monisteii per espressi
visitatori e corrattorì; e nccome
dopo la morte della benemerita
Vaillac erano nate differanze sul
governo de' due monisteri, nel 1624
il re di Francia le sottopose all'an*
tica potestà e giurisdizione dell' or-
dine.. Allora fu trasferito il moaie>
GER
•tero di Beaulieu io altro edificato a
Tolosa.
Il roonistero di s. Marco della
dttà di Martel, pure nella diocesi
di Cahors, è quasi coetaneo del pre-
cedente, esistendo già nel 1269,
oV erano le sorelle dello spedale di
s. Marco di Martel. Nel 14^7 n'e-
ra priora la dama Delfina di Bosq,
e nel 1SS6 Bartolomea di Cha-
brignac che abbracciando gli erro-
ri di Calvino si maritò, e irendè
il monistero ai consoli della città.
Nel i652 a cagione della peste che
infierì a Tolosa, le monache di s.
Giovanni con la priora dama Mi-
randol si trasferirono nel Quercy, e
la di lei nipote suor Francesca, con
la protezione del re, ricuperò il
monistero di Martel, non senza gra-
vi difficoltà, come narra il Pozzo
nel tom. I, p. 677 e seg. ; quindi lo
ristabilì, ne ricuperò le rendite, e
nel 1686 il gran maestro ed il
consiglio approvarono le regole a
nórma di quelle di s. Giovanni di
Tolosa. La comunità religiosa di
Martel fu divisa in piti classi, cioè
di suore canonichesse di giustizia,
di suore d* ufficio, di suore conver-
se, e di donate, non che di fratel-
li donati, che venivano ricevuti al-
l'età di quaranta anni sotto l'ub-
bidienza della gran priora. Le suo-
re di giustizia facevano le stesse
prove di nobiltà che i cavalieri,
ed erano decorate con la croce di
tela bianca sul cuore, d'una croce
d' ot*o sullo stomaco, e di un anel-
lo d' oro con piccola croce geroso-
limitana con smalto nero e bianco.
Nelle solenni funzioni assumevano
il manto a becco, col cordone del-
l' ordine fregiato dei simboli della
passione di Gesù Cristo. Tutte le
monache facevano i voti di pover-
tà, castità ed obbedienza, e di os<i
GER 319
servare gli statuti dell' oi*dine. La
gran priora veniva' eletta dalle suo-
re di giustizia, e conferma vasi con
bolla dal gran maestro. Portava in
petto la gran croce, che riceveva
nel giorno di sua installazione da
un cavaliere deputato dal gran
maestro. Inoltre la gran priora nel-
'le solennità usava la doccia^ veste
che descrivemmo di sopra.
Le monache di s. Giovannino di
Fìi'enze nel iBgt le fondò il gran
maestro fr. Francesco Caracciolo,
dando loro l'ospedale di s. Nicola
coi suoi beni e diritti. Ne fu pri-
ma abbadessa e commendatrice Pe-
retta Andrea Viviani. Dopo aver
"vissuto l'abbadessa e le monache per
più di duecento anni coi buoni e-
sempi lasciati dalle loro antecesso-
re, nel 1 589, per ordine del com-
mendatore fr. Antonio Maiielli luo-
gotenente del priore di Pisa, for-
marono le regole e costituzioni per
proprio governo, e pel regime del
monistero, le quali a' 20 maggio
dell'anno stesso furono approvate
dal gran maesti'o cardinale fr. Ver-
dalla, e dal consiglio dell'ordine.
Il monistero di Caspe - nella Spa-
gna Io fondò il gran maestro Gio.
Ferdinando de Heredia ; Quello di
Siviglia Isabella di Leon nel 149O9
detto delle Cordigliere, sotto la re-
gola e con l'abito di s. Gioiranni
di Gerusalemme, con autorizzazio-
ne del cardinale gran maestro
d'Aubusson, e fu nominata priora
del medesimo monistero. Altro na
fu stabilito in Portogallo nella cit-
tà di Evora da Isabella Fernan-
des nel iSog. L'infante d. Luigi,
perpetuo amministratore del gran
priorato di Portogallo^ n'eresse u-
no a Flor-de-Roses nella città di
Extremos. In città di Peana il
priore di Capua fr. Giuliano Ri*
320 GER
dolG, nel i526, fondò un monistero
di gerosolimitane.
Le monache del monistero di
Tolosa furono istituite nel 1612
-dal gran maestro di Paola, che le
approvò nel iSiS, quindi furono
riformate da suor Gourdon de Gè-
novillac, superiora del monistero di
Beaulieu. Il gran maestro fondato-
re se ne dichiarò superiore, men-
tre gii altri monisteri dell' ordi-
ne avevano per superiore il gran
priore. Nel 1644 >! g^'^in mae-
stro Lascaris approvò i regolamen-
ti delle monache, i quali prescrive-
vano dover durare la superiora tre
anni, dividendo le suore in suore
di giustizia che dovevano far le
prove di nobiltà come i cavalieri,
e pagavano per diritto di passeg-
gia tremila franchi; in suore ser-
venti d*o/Iicio, le quali erano te-
nute fare le medesime prove dei
fr. serventi d'armi, e pagavano
pel passaggio mille cinquecento fran-
chi; e le suore converse pei servi-
gi interni del monistero. Il loro ve-
stiario era come quello delle altre
monache gerosolimitane. Il capitolo
e la superiora erano autorizzate di
dare la piccola croce ai fratelli do-
nati, dopo Tetà di trenta anni. Del
rresto altri monisteri dell'ordine e-
sisterono in Verona, in Venezia, ed
in altri luoghi. Sebbene, secondo
l'istituzione fatta in Gerusalemme,
le monache dovessero portare abi-
ti di lana neri, in alcuni moniste-
ri l'abito fu di lana rossa, il man-
tello nero ornato della consueta cro-
ce di tela bianca ad otto punte.
Narra il Pozzo tom. I, p. 708,
che il consiglio dell' ordine nel 1622
con decreto approvò il divisamente
di madanna Carlotta de Cluis abba-
dessa di Nostra Donna la reale de
Lis^ badia dell' ordiae cìstercieose^
GER
di fondare in Fontainébieau un mo-
nistero di monache gentildonne, eoa
l'abito ed istituto gerosolimitano, sot-
to l'obbedienza del priore di Fran-
cia, salva però la superiorità dei
gran maestri, ma questa fondazione
non sorti il suo effetto.
In Malta vi erano le monache
di s. Pietro, e di s. Scolastica, che
nel 1574 il vescovo Roias per si-
curezza fece trasferire dalla città
Notabile alla Vittoriosa^ per gli
armamenti che faceva il turco coa-
tro r isola. L' origine delle mona«
che di s. Orsola, delle Vergini e
Ripentite di s. Maria Maddalena
risale al i58i, ed al gran maestro
la Cassiere. Dipoi nel i59$ le mo-
nache di s. Orsola per migliorare
stanza vennero trasferite alla Val-
letta, fabbricandosi il monistero so-
pra il porlo maggiore: in seguito
nel 1634 il gran maestro di Pao-
la riedificò la chiesa in forma mi-
gliore, e poscia il gran maestro Co-
toner rifabbricò sontuosamente tut-
to il monistero. Ma il monistero
delle Vergini e Ripentite essendo
stato disgiunto da quello di "s. Or-
sola, e trasferito nella parte verso
s. Ermo, ebbe rendite separate pel
suo sostentamento, fra le quali al-
cune gabelle, ed il quinto dei beni
delle meretrici, ch'erano tenute
contribuire per la validità de' loro
testamenti. Nel 1606 poi nella
Valletta fu istituito il monistero
della Presentazione della Madonna
e di s. Caterina, per le vergini fi-
glie di donne scandalose, perché a
suo tempo potessero onestamente
maritarsi, o monacarsi.
Per conoscere le gloriose ed in-
numerabili guerresche imprese del
nobilissimo, potente e benemerito
ordine gerosolimitano, principalmen-
te qxielle in cui si segnalò nelr
G£R
la sua dimora in Palestina , sicco-
me valido sostegno dei re dì Gè*-
rusalerame, di tutti i prìncipi cri-
stiani di orìente, e delle crociate,
come pel dettaglio di sua impor-
tantissima istoria^ sì possono consul-
tare i s^uentì autori, oltre quelli
che trattai*ono degli ordini militari
ed equestri come il Giustiniani, il
p. Heliot, ec ec. : Privitela ordì'
fiìs s, Joannis Rierosofymitani^ etc,
Romae i568 et i586, in folio.
Henricus Pantaleonis, Historìa mi'^
Iharis ordinis Johamnitarum Rko*
diorum àc Melitensium et equitum
et rerum memorahilium ad an. 1 58 1
fordter gestarum historìa nova coii"
scripta y Basileae 1 58 1 . Giacomo
Bosio, La corona del cavaliere gè*»
rosoUmitanOy Roma i588. Istoria
della religione di Malta ^ Roma
i594, 1611, 1682, i633; Napoli
i684; Venezia 1695. Privilegi con*
cessi dai Papi alla sacra religio*
ne di s. Giovanni Gerosolimitano,
con indice del Bosio^ Roma 1 589.
P. fioissat, Histoire des chevaliers
de tordre de tHópilal de s, Jean
de Jérusalem^ ou de Malte^ Lyon
1612. Brìssat, Histoire des cheva-
liers de Fordre de tHópital de
s, Jean dei JérusaUm de Mal-
te , Lyon 161 2. Domenico Maria
Curione, // glorioso trionfo della
religione militare de' cavalieri di
s. Gio, Gerosolimitano, detti pri-
ìna ospedalieri, poi di Rodi, ed ul-
timamente di Malta, Milano 1617.
Don Juan Agostin de Funes Fray,
Cronica de la sagrada reUgion de
san Juan Battista de Jerusalem,
en Valencia 1626. Bosio, Le im-
magini de' beati e santi della sa-
cra religione di s, Giovanni Ge-
rosolimitano ed altri, con le loro
vite^ Roma i633. Matthieu Gous-
sanoourt, Le martyrologe des che-
YOL. XXIX.
GER 321
valiers de Malte, Paris i643. Na-
berat, Histoire des chevaliers de
Malte par Baudoin, avec les élo»
ges des grands mattres^ etc. et som-
maires des priviléges octroyés à
Vordre de s, Jean, Paris i643*
J. Baudoin, Histoire des chevalien
de tordre de s, Jean de Jérusa*
lem, avec les statuts et les ordon*
nances de Vordre, Paris 1659. D;
Ferdinando Escanno, Propugnacu-
htm Hierosofymitanum , sive reli*
gionis militaris s. Joannis Hiero*
solymitani compendium , Hispali
i663. Carlo Macri, // valore mi-
litare maltese difeso contro le ca*
lunnie del Brusoni, Roma 1667.
Conte commendatore Bartolomeo
Pozzo, Historia delia sacra reUgio*
ne militare di s, Gio, Gerosolimi-
tano detta di Malta, che prose-
guisce quella di Giacomo Bosio,
Verona i7o3, Venezia 1715. Ruo-
lo generale de' cavalieri gerosoli-
mitani ddVanno 1689, e continua*
io da fr. Roberto Solaro di Go*
rone alTanno 1 7 1 3, Torino 1 7 1 4»
Avvertimenti necessari a chi legge
V istoria de* cavalieri di Malta del
commendatore dal Pozzo ^ Colonia
1705. S. P. Caravita, Compendio
alfabetico della s. religione geroso-
limitana, Boi:go Nuovo 17 18. Trat-
tato della povertà de* cavalieri di
Malta, Borgo Nuovo 1718. Seba-
stiano Pauli, Codice diplomatico
del S, M, ordine gerosolimitano
oggi di Malta, ec. raccolto da vari
documenti di quell'archivio, Luc-
ca tom. I, 1733, tom. II, 1737.
René Vertot, Histoire des cheva-
liers hospitaliers de s, Jean de Jé-
rusalem, Paris 1726. Histoire des
chevaliers de Rhodes et aujourdtti
de Malte, Parigi 1778. Antonio
Paolo Pauli, Dell'origine ed istitu-
to del sacro militare ordine gero-
21
3l2
GER
soUmitOfiOy Roma 1784* Pietro de-
gli Onofrì, Succinto ragguaglio del-
rorìgincy progresso, e stabilimento
del sacro militare ordine gerosoW-
mitanOy con un ristretto delle vite
de* gran maestri per istruzione dei
giovani cavalieri, che vorranno a-
scriversi a sì rispettabile ordine^
Napoli 1791. Carlo VeiTi, Epilogo
dell' istoria dell' ordine di s. GiO'
vanni di Gerusalemme, detto tor*
dine di Malta, Como ì8i4* Ana-
stasio di Figueiredo, Nova histo*
ria da militar ordem de Malta,
e dos senhores, grao pHores del'
la, em Portugal, Lisboa 1800. Con-
te Vincenzo Cicognara, / cavalieri
dell'ordine di s, Giovanni di Ge^
rusalemme detti di Malta, Ferra-
ra 1827. M. de Saint-Àliais, L'or-
dire de Malte, ses grands maitres
et ses chevaliers, Paris i83g: in
fine sono riportati gli stemmi gen-
tilizi di tutti i gran maestri e luo-
gotenenti del magistero , inclusivo
a quello del venerando bali &.
GER
Carlo Candida. Marchese di Yil-
larosa cavaliere gerosolimitano, No-
tizie di alcuni cavalieri del sacro
ordine gerosolimitano illustri per
le lettere e per belle arti, Napoli
1 84 1 • Nelle note della prefazione è
riportata una biblioteca degli scrit-
tori dell'ordine. In quanto agli sta-
tuti di esso abbiamo : Statata sa-
crae religionis Bhodianae et Meli'
tae, Ulruae i5g6, Romae Blando
i556. Statuta kospitalis Jerusa-
lem eie,, Romae 1 588. Statuta ho*
spitalis Jerusalem, sive ordinis e-
(jfuitum s, Joannis HierosolymitanO"
rum, 1 538. Statuti della sacra re-
ligione di s, Giovanni Gerosolimi'
tano, con le ordinanze del capitolo
generale celebrato nel 1 63 1 ; di
nuovo ristampati con le loro ta-
vole e postille in Borgo Nuovo
1674 e 17 18. La piti completa
edizione di tali 'statuti^ è Y ultima
pubblicata nel magistero del grao
maestro de Rohan.
FINE DEL VOLUME YIGESIMONONO.
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