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Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni .."

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DIZIONARIO 

DI ERUDIZIONE 

STORICO-ECCLESIASTICA 

/| ") ^*^DA S. PIETRO SINO AI NOSTRI GIORNI 

SPECIALMENTE INTORNO 

AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI 
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA 
DELLA CHIESA CATTOLICA , ALLE CITTA PATRIARCALI , ARCIVESCOVILI E 
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII , ALLE FESTE PIÙ SOLENNI, 
AI RITI, ALLE CEREMONIB SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI , CARDINALIZIE E 
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI , MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON 
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. FC. 

COMPILAZIONE 

DEL CAVALIERE GAETANO MÒRONI ROMANO 

PRIMO AIUTANTE DI CAMERA DI SUA SANTITÀ 

GREGORIO XVI. 



VCL. XXIX. 



IN VENEZIA 

DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA 

MDCCCXLIV. 



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DIZIONARIO 



DI ERUDIZIONE 



STORICO-ECCLESIASTICA 



^®$i< 



G 



GEN 



G. 



ENOVEFPA o GENEVEFFA 
(s.). Nacque da un Seyero e da una 
Geronzia, verso Tanno ^21, nelviU 
laggio di Nanterre, due leghe da 
Parigi distante. Passando per colà s. 
Germano d'Auxerre e s. Lupo di 
Troyes, che andavano a combattere 
r eresia di Pelago nella gran Bre- 
tagna, tra la folla divota che do- 
mandava la loro benedizione, s. 
Germano per superna ispirazione 
distinse Genove6&, fanciulla di set- 
t'anni. Fattasela appressare coi 
suoi genitori, predisse loro la futu- 
ra grandezza della figliuola, ed aven- 
do inteso da lei medesima che ar- 
dentemente bramava di dedicarsi 
al Signore in perpetua virginità, 
la benedisse e la consagrò a Dio 
da quell'istante. Allora Genovefià 
riguardossì come afi&tto separata 
dagli uomini, di nuli' altro occu- 
pandosi che degli esercìzi della cri- 
stiana pietà e della piti fervida di- 
vozione. Giunta all'età di quindici 
anni, fu presentata al vescovo del 
paese per ricevere il sacro Telo 



GEN 



della religione. Perduti ì genitorì, 
ritirossì a Parigi presso una signo- 
ra ch'era sua santola, seco recan- 
do lo spirito della piti austera pe- 
nitenza. Ella non mangiava che la 
domenica e il giovedì, e non ci- 
ba vasi che di un po' di pane e di 
alcune fave, assolutamente vietato- 
si r uso del vino. Seguitò questo 
tenore di vita fino ai cinquant' an- 
ni, in cui alcuni vescovi la costrin- 
sero ad usare d'un po' di latte e di 
pesce. A tanta mortificazione accop- 
piava perfetta purezza , profonda 
umiltà, viva fede, carità ardentis- 
sima, quasi continua orazione: e 
n'era ricompensata con quelle in- 
terne sovrumane consolazioni che 
il mondo non può dare, ne i mon- 
dani comprendere. Nullameno era 
d' uopo che la sua virtù fosse pro- 
vata colla tribolazione. I suoi ne- 
mici, approfittando della sincerità 
con cui ella parlava dei favori 
straordinari che lo Spirito Santo 
comunicavale, la spacciarono per 
ipocrita e fantastica^ caricandola di 



6 GEN 

odiose e disouoi'evoli imputazioni. 
Ma s. Germano che passò per Pa- 
rigi, andando la seconda volta nel- 
la gran Bretagna, conosciutane Tin- 
Docenza, prese la difesa di lei, e 
fé' tacer la calunnia. Nel 4^o mi- 
nacciando Attila d' invadere la 
Francia con formidabile esercito, 
sparse in Parigi la costernazione e 
Io spavento. Genoveffa, ripiena di 
fiducia in Dio, promise a' parigini 
che allontanerebbero tanta calami- 
tà se ricorressero ai digiuni e alle 
orazioni. Alcune femmine si chiu- 
sero con lei nel battistero pub- 
blico, e vi pjEissarono parecchi gior- 
ni in orazioni e penitenze. Altri 
trattando la santa da falsa profe- 
tessa, spìnsero il loro furore 9 se- 
gno che sarebbe corsa pericolo del- 
la vita, se non giungeva l'arcidia* 
cono d'Auxerre portandole delle 
eulogie in nome di s. Gemmano, 
che signifìcavale con ciò la sua 
stima. Questa circostanza ispirò 
ne' persecutorì di lei sentimenti pili 
umani e religiosi , che si cangia- 
rono in venerazione allorché mu- 
tando gli unni direzione alla loro 
marcia, si avvei*ò la predizione deU 
la santa. Ella ebbe inoltre il do- 
no dei miracoli, e ne operò di stre- 
pitosi a Parigi, a Meaux, a Laon, 
a Troyes, ad Orleans, a Tours, 
per cui dilatossi la &ma di sua 
santità. Nell'assedio di Parigi fatto 
da Ghilderico, Genoveffa si pose al- 
la testa di coloro ch'erano spediti 
a cercar viveri, e scortatili fino ad 
Arcis-sur-Aube ed a Troyes, li ri- 
condusse illesi passando fra Toste 
nemica* Dopo la presa della città, 
Chiklei*ico, benché gentile, rese o- 
maggio alla virtù di lei , ed a sua 
istanza usò moka clemenza, nel 
che fu imitato da suo figlio Clo- 
doveo. Genovefia fece erìgere una 



GEN 

chiesa in onore di s. Dionigi di 
Parigi, pel quale avea speciale de- 
vozione. Contribuì colle sue orazio- 
ni alla conversione del re Clodoveo, 
e lo impegnò ad innalzare la basi- 
lica de'ss. apostoli Pietro e Paolo, 
poi compita da s. Clotilde. Final- 
mente morì di ottantanov'anni, ri- 
piena di meriti, a' 3 gennaio del 
5 12, e fu sepolta nel recinto del- 
la nuova chiesa degli apostoli non 
ancor terminata, la quale in segui- 
to prese il nome di lei e lo porta 
tuttora. Dell'abbazia, canonichesse, 
e canonici di s. Genoveffa, se ne 
tratta nel seguente articolo. Il 
suo culto é celebre a Parigi, che 
la onora del titolo di pati*ona, 
e deve alla sua intercessione se- 
gnalati favori. Nell'anno 11 29 
un morbo crudele detto l'ardente 
feceva strage de' parigini; e dopo 
una solenne pi*ocessione in cui fu 
portata alla cattedrale la magnifi- 
ca cassa di s. Genoveffa, cessò sul 
fatto quel tremendo flagello. Papa 
Innocenzo II, recatosi in Francia 
l'anno seguente, verificato il mira- 
colo, ordinò che se ne celebrasse 
Ogni anno la memoria il di 26 
settembre; la festività poi solenne 
* di s. Genoveffa celebrasi a' 3 di- 
gennaio. 

GENOVEFFA (s.). Abbazia, ca- 
lionichesse e canonici regolari. P^, il 
voi. VII, pag. 235 e 271 del Di" 
zionario. La celebre abbazia di s; 
Genoveffa era situata a Parigi (Fé* 
dijy in capo alla strada detta di 
s. Genoveffa, che non formava an- 
cora parte della città quando fu 
fondato il monistero. In questo luo- 
go eravi un eimitero ove fu sepol- 
to Prudenzio vescovo di Parigi; e 
s. Genoveffa (Fedi)^ morta ne' pri- 
mi del IV secolo, fu ivi pur turau-» 
lata. Scrivono alcuni che sulla di 



GEN 

lei tomba fu eretto uq oratorio di 
legno y che il re Giodoveo I ridus- 
se a forala di chiesa sotto T invo- 
cazione de' santi Pietro e Paolo, 
per adempiere il voto che avea 
fatto prima della sua partenza da 
Parigi per la guerra conti*o i goti: 
]a cosa però non andò in tal mo- 
do, giacché è noto che s. Genovef'' 
fa morì nel 5i3, cinque settimane 
dopo la morte del re, e fu sepol- 
ta presso questo principe nel re- 
cinto della nuova chiesa da lui inco- 
minciata per luogo di sua sepoltura, 
fuori della città, sopra una collina 
poco distante dal suo palazzo. Quin- 
di Dio operò si gran numero di 
prodigi per l'intercessione di s. Ge- 
noveffa a chi rìcori*eva alla sua 
tomba, che la chiesa prese il di lei 
nome. La pia regina Clotilde vedo- 
va di Clodoveo I la terminò ed 
abbelPi di ricchi ornamenti, come 
quella che avea indotto i\ re a 
fabbricarla ; indi la scelse per luo- 
go di sua sepoltura, come avea fiit- 
to il marito nel mezzo del coro , 
e la regina fu deporta pi*es$o i 
gradini dell'altare maggiore, poscia 
trasportata dietro il coro, pel culto 
che i francesi le tributarono. Ter- 
minato il tempio fu distrutto l'o- 
ratorio di legno eretto sul sepolcro 
di s. Genoveffa , ed il coi*po della 
santa fu trasferito dietimo l'altare 
oìaggiore, e collocato in preziosa 
cassa, sostenuta da quattro colon- 
ne di bellissimo marmo. L'abbazia 
di s. Genoveffa sino all' 857 ^^ 
amministrata dai monaci , ma es« 
seiffio stata bruciata dai norman- 
ni , furonvi sostituiti de' canonici 
secolari, a' quali succedettero quei 
regolari dell' ordine di s. Agostino 
nel 1 148- Fu allora che il celebre 
abbate Suger, incaricato dal Pon- 
tefice Eugenio III di riformare il 



GEN' 7 

monisteroy vi destinò Eude priore 
di s. Vittore come capo della ri- 
forma, con dodici suoi confratelli 
accordatigli dall' abbate Gilduino. 
Nel 1177 eletto in abbate Sterno 
di Tournay intrapi*ese la restaura- 
zione del monistero , e coprì la 
chiesa di piombo, come ristabilì in 
vigore la disciplina, facendovi e- 
gualmente fiorire la pietà e l'amo- 
re delle lettere , ma separando la 
scuola de' religiosi da quella degli 
scolari. Verso quest' epoca ebbe 
principio la carica di cancelliere di 
s. Genoveffa, il quale era un uffi- 
ziale nominato dall'abbate, che ne 
facesse le veci con accordai*e la li- 
cenza d'insegnare; prima il can- 
celliei*e nominava i dottori e i pro- 
fessori di tutte le facoltà, poi solo 
potè accordare il grado di maestro 
di belle lettere e filosofia. Nel 1227 
circa il Papa Gregorio IX accordò 
all'abbate l'uso della mitra e del- 
l'anello, e Clemente IV la facoltà 
di poter conferire la tonsura e i 
quattro ordini minori a' suoi reli- 
giosi, ed alcuni diritti che poi ri- 
nunziò nel i66g: conservò però la 
prerogativa di assistere alla proces- 
sione della cassa di s. Genoveffa , 
con mitra e pastorale, incedendo a - 
destra dell'arcivescovo di Parigi, e di 
dare come lui la benedizione nelle 
contrade. Siccome s. Genoveffa é la 
protettrice di Parigi, così la cassa 
contenente le sue reliquie^ d'argen- 
to dorato^ e ricca di pietre prezio- 
se donate dai re e dalle regine di 
Francia, portavasi in processione 
nelle grandi calamità pubbliche^ 
tutto il clero e tutte le coili su- 
periori della città assistevano a que- 
sta processione; i religiasi della 
santa procedevano a piedi nudi , 
alla destra del capitolo della me- 
tropoUtana, 



8 GEN 

L'abbate e i caDonìd regolari di 
s. GenoveOa rinunziarono a diversi 
diritti che avevano sulla parrocchia 
di s. SteBiDo del Monte, e su divei'se 
altre chiese di Parigi sino dal 1202^ 
dappoiché la chiesa di s. Stefano 
era contigua a quella antica di s. 
Genoveffa, il cui abbate nominava 
a reggerla un suo religioso. Inol- 
tre questo abbate era il conserva- 
toi*e dei privilegi apostolici , e de- 
putato dalla santa Sede per cono- 
scere e giudicare tutte le cause 
tra persone ecclesiastiche: la sua 
camera apostolica aveva anticamen- 
te molto credito ed un grandissi- 
mo potere; le appellazioni porta- 
vansi immediatamente alla santa 
Sede, ma gif abusi che ne deriva- 
rono ne fecero col tempo limitare 
la giurisdizione. Caduta F abbazia 
nel rilassamento, Luigi XIII dopo 
la morte dell' abbate Beniamino 
Brichanteau, ch'era pur vescovo 
di Laon, la diede con autorizzazio- 
ne di Gregorio XV al cardinal 
Francesco de la Hochefoucault , il 
quale l'accettò colla condizione di 
potervi ristabilire il buon ordine 
e la primitiva regola. In Bitti do* 
pò aver stabiliti a s. Genoveffa do- 
dici canonici regolari della nuova 
riforma di s. Vincenzo di Senlis, 
a' 27 aprile i6a4 scelse uno di 
essi per suo coadiutore nella per- 
sona del p. Carlo Faure ; indi vi 
associò altre abbazie, in modo che 
l'abbazia di s. Genoveffa divenne il 
capo d' una congregazione del suo 
nome, di cui volle che il superiore 
generale ogni triennio fosse pure 
abbate di s. Genovefla , con V ap- 
provazione del Papa Urbano Vili, 
e del re Luigi Xlll. 

Nel regno di Francia la congrega- 
zione di s, Genoveffa giunse ad avere 
sessautasette abbazie, treot'otto pria- 



GEN 

rati conventuali, due prepositure e 
tre ospedali : nei Paesi-Bassi tre ab- 
bazie, tre priorati, oltre un gran- 
dissimo numero di parrocchie. 
Quanto al monistero di s. Geno- 
vef&, l'interno era molto ben fab- 
bricato, e da per tutto appariva la 
maggior proprietà. L' abbazia pos- 
sedè una biblioteca che passava 
per una delle migliori di Europa, 
sia per l' ediiSzio, che per la qua- 
lità e quantità di libri, oltre un 
gabinetto d'antichità descritto dal 
p. Molinet; poi si aggiunse la col- 
lezione delle medaglie d'oro che 
nel 1753 gli lasciò il duca d'Or- 
leans, che ivi erasi ritirato. Dopo 
qualche anno si fabbricò una nuo- 
va chiesa a 8. Genoveflà maestosa, 
con disegno del celebre SulHot, 
ed il re Luigi XV vi collocò la 
pi'ima pietra nel settembre del 1 764; 
ma questo superbo monumento 
soggiacque alle vicende della re- 
pubblica francese , che lo destinò 
per Pantheon alla sepoltura degli 
uomini illustri ^eila patria, sebbe- 
ne vi furono tumulati anche colo* 
ro che si lordarono le mani del 
sangue de' propri concittadini, pro« 
fanatori della religione e della ca« 
sa del Signore. In questa triste e 
fatale occasione si cambiarono mol- 
ti bassi* rilievi, e si fecero diyerse 
mutazioni, secondo l'uso cui dovea 
servire. Restituita la chiesa di s. 
Genoveffa nei primi anni del cor* 
rcnte secolo alla sua precedente 
destinazione religiosa, nel i83o per 
le note vicende politiche nuova- 
mente fu ridotta ad uso di Ptn- 
theon. La congregazione di s. Ge<* 
novella fu onorata da molti persoi- 
naggi con la loro pietà e dottrina. 
F. Gallia Christ, nova tom, VII, 
p. 700; Le Fevre, Calcnd, storico 
di Parigi p, 5qo, e gennaio 3, no- 



GEN 

Tembre 26; PiganioI, Descrizione 
di Parigi tona. V, p. 238; e Saint- 
Victor, Tableau historique et pitto- 
resque de Paris, In questa città e- 
ravi pure altra antica chiesa dedi- 
cata a s. Genoveffa, detta la Pie- 
€ola s, Genoveffa; sorgeva presso 
la cattedrale, ed alla casa ove la 
santa moiì , e fu demolita nel 1 747 
per fabbricarvi l'ospedale dei fan* 
ciulli esposti. 

GENTILE (b). Sortì i natali 
a Matelica, città della Marca di 
Ancona , dall' illustre famiglia Fi- 
naguerrìa, e giovane ancora entrò 
nella religione di s. Francesco. Con- 
sagrato sacerdote ritirossi sopra il 
monte Alverno, luogo celebre pel 
soggiorno del suo santo patriarca, 
e si rese modello di perfezione cri- 
stiana , e fervido contemplativo. I 
religiosi del convento, ammiratori 
delle sue virtù e de' suoi meriti , 
lo scelsero due volte per loro su- 
periore. Predicatore zelante ed elo- 
quente, ricondusse sul sentiero del- 
la virtù uomini traviati. Passò a 
predicare la fede nel Levante, scor- 
se le frontiere dell'Egitto, s'inol- 
trò nella Pei^ia. 11 Signore avva- 
lorò la sua dottrina col dono dei 
miracoli, e colla scienza dell'avve- 
nire; e i persiani stupe&tti a que- 
sti prodigi, ricevettero il battesimo 
in numero di diecimila. Il nuovo 
apostolo non tralasciò d'adoperarsi 
con tutto il fervore per rassodare 
la fede de' novelli cristiani. Si unì 
al veneto ambasciatore Marco Cor- 
naro, poi doge di Venezia, ch'era- 
si recato in Persia, per visitare seco- 
lui la tomba di santa Caterina sul 
monte Sina nell' Arabia. Continuò 
poscia in quei paese .le sue fati- 
che ; ma i saraceni adirati pei 
trionfi eh' egli riportava sulla set- 
ta di Maometto, gli fecero soffri- 



GEN 9 

re il martiìMO a Toringia nel 1 34o. 
Le sue reliquie furono acquistate a 
prezzo d'oro da un Nicola Quiri- 
ni nobile veneziano, e trasportate 
a Venezia, dove riposano in un'ur- 
na marmorea nella chiesa dì san- 
ta Marìa Gloriosa, già de' frati mi- 
nori : sotto l'urna avvi dipinta l'im- 
magine di questo servo di Dio, di- 
nanzi alla quale arde una lampa- 
da. 11 di lui culto fu appix>vato da 
Papa Pio VI, il quale permise all'or- 
dine di s. Francesco ed al clero di 
Matelica di celebrarne la festa a' S 
di settembre, giorno in cui il b. 
Gentile ricevette la corona del mar- 
tirio. 

GENTILE. Questa parola deri- 
va dall'ebraico Goiim o Gojim o 
Gotim , dappoiché con tal vocabolo 
gli ebrei appellavano le nazioni e 
tutti i popoli della terra, ed ognu- 
no che non era israelita. In origi- 
ne questo vocabolo non significava 
nulla di spi^egevole, ma in pro- 
gresso i medesimi ebrei vi uniro- 
no un' idea svantaggiosa a inotivo 
dell'idolatria e dei vizi, da cui e- 
rano infette tutte le nazioni. Quan- 
do gli ebrei furono convertiti alla 
fede dell' evangelo, continuarono a 
chiamare gentili, genteSy le nazioni 
ed i popoli che non erano ne ebrei, 
né cristiani. San Paolo é denomi- 
nato V apostolo delle gentil i* apO" 
stolo dei gentili o delle nazioni , 
perché principalmente si occupò al- 
la conversione ed alla istruzione 
dei gentili , che distìngue talvolta 
anche col vocabolo di greci, come 
abbiamo ueW epist. ad Hom, I, 14) 
16; ueìV epist. ad Corinth. I, 22, 
24; e neìV epistola ad Galat, 3, 
28. Anche s. Luca negli atti degli 
apostoli 6, I , fa uso del vocabolo 
graecus y nel medesimo significato. 
Molti ebrei superbi dei privilegi 



IO 



GEN 

delia ' loro nazione, e delle promes- 
se che Dio avea loix> fatto, e dei- 
la legge che a^ea Joro data, si sde- 
gnarono al vedere che i gentili era- 
no ammessi alla fede, senza essere 
assoggettati alle cerimonie del giu- 
daismo. Fu necessario un decreto 
degli apostoli riuniti da s. Pietro 
in concilio a Gerusalemme, per de- 
cidere che bastava credere in Ge- 
sà Cristo per essere salvia e che 
non si dovessero inquietare i gen- 
tili convertiti alla fede, ma si scrì- 
vesse ad essi, che solo si astenes- 
sero dalle carni immolate agi' idoli^ 
dalla fornicazione, e dal mangiare 
animali soffocati, né il sangue, co- 
me si ha dagli Atti aposi. e. 1 5 , 
V. 5 e seg. Malgrado però di que- 
sta decisione molti ebrei perseve- 
rarono nel loro erroneo sentimen- 
to, e furono chiamati giudei ebio- 
niti, dair eretico Ebione (^edi) lo- 
ro capo. Contro gli ebioniti s. Pao- 
lo scrisse principalmente la sua let- 
tera ai galati. I profeti che avevano 
annunziato la conversione e la fu- 
tura salute de' gentili , in nessun 
modo aveano significalo che sareb- 
bero Sottomessi al giudaismo : anzi 
avevano predetto che alla venula 
del Messia vi sarebbe una nuova 
alleanza, come si espresse Geremia 
e. 3 1 ; una nuova fede al dire d' a- 
saia e. 42> V. 4> *^ nuovo sacer- 
dozio, e nuovi sacrifizi come di-' 
chiaro Malachia e. 65, v. 3i, e. i, 
¥. io; e che assolutamente cesse- 
rebbero quei del tempio di Geru- 
salemme, lo si legge in Daniele 
<^P« 9» ^* 27* Dunque per par- 
te de' giudei, osserva il Bergier, 
era un'ostinazione assai mal fon- 
data il pretendere che la legge di 
Mosè fosse slata data per tutti i 
popoli e per sempre; che non vi 
potesse essere salute pei gentili sen- 



GEN 

za l'osservanza delle cerimonie le 
gali. 

li Rinaldi negli Annali ecclesia^ 
stìci tratta molti punti rìsguardan- 
ti i «gentili, dicendo che nei primi 
tempi i discepoli degli apostoli di- 
spersi, non predicarono ai gentili , 
ma ai soli ebrei ; che s. Pietro a» 
prì ai gentili la via per venii*e al- 
la Chiesa, per cui fu ripreso dal- 
l'eretico Cerinto, il quale voleva 
obbligare i gentili di recente con- 
vertiti, alla circoncisione ed alle aU 
tre mosaiche osservanze, cui ave- 
vano dispensato di segui i*e gli apo- 
stoli nel terzo concilio di Gerusa- 
lemme; dice quando i discepoli 
incominciarono a predicare ai gen*' 
tili , e dei costumi fieri di questi 
avanti la predicazione salutifera del 
vangelo, ed altri punti relativi alle 
loro usanze, riti ch'ebbero in co- 
mune coi ciistiani e con gli ebrei, 
delle loro superatizioni, e degl'im- 
peratori che permisero o vietarono 
loro il sacrificare , come di quelli 
che li protessero o i*epressero col- 
r inabilitarli alla milizia ed alle 
magistrature, onde distruggere le 
reliquie dell'idolatria; quindi della 
conversione dei loi*o templi in chie- 
se; che i a'istiani chiamarono pa« 
gani gì' idolatri , ed i romani ap- 
pellarono i barbari col nome o co- 
me sinonimo di gentili, alleati o 
no dell'impero, nonché con quello 
di stranieri, in opposizione ai pro- 
vinciali, cioè gli abitanti delle pi*o- 
vincie dell' impero , secondo che 
s' insegna nel diritto romano e nei 
rescritto degl' imperatori , tit. eie 
nupt. Gent.f e. Theod, 

llMamachi nei Costumi de* primid^ 
vi cristiani principalmente discorre 
come i gentili conobbero T innocenza 
de'cristiani, e che mossi da questa e 
dalla divina grazia abbmcciai*ono la 



GEN 

loro religione ; de' nomi obbrobrio- 
si co* quali ì gentili chiamaYauo i 
Cristiani (Vedi)^ come a quell'artico- 
lo notammo ; delle calunnie dei gen- 
tili inventate dall'odio che porta- 
vano al nome cristiano ; che ne ap- 
provavano la loro conversazione, 
ma siccome superstiziosa ne ripro- 
vavano la religione; che punivano 
i cristiani per il solo nome, sebbe- 
ne alcuni di loro persuasi deli' in- 
nocenza de' cristiani abbracciarono 
la religione de' medesimi ; dice del- 
le testimonianze degli stessi gentili, 
colle quali provasi la verità della 
l'eligione mstiana; del loro errore 
della pluralità degli Bei, e per qual 
motivo loro dispiacesse che i cri- 
stiani non si accostassero ai templi 
degli Dei; narra le persecuzioni di 
essi contro i cristiani, e viceversa 
r amore che questi avevano pei gen- 
tili, e con quanta diligenza ne pro- 
curarono le conversione. 11 p. Rui- 
nart negli Atd sinceri dei primi 
martiri della Chiesa cattolica^ par- 
la come i gentili deridevano i ca- 
duti, delle sevizie brutali che face- 
vano contro i cadaveri dei martiri, 
e che dopo la morte di Giuliano 
r Apostata in più luc^hi si leva- 
rono a rumore, ed ucàsero molti 
cristiani in odio delia fede. Pom- 
peo Sarnelii nelle Lettere ecclesia^ 
stichcy rileva vari usi dei gentili, e 
delle non poche costumanze puri- 
ficate e santificate nel cristianesimo. 
11 p. Stefano Menochio nelle Stuo- 
re o traUenimenli eruditi^ tratta mol- 
li argomenti analoghi a' gentili, fra' 
quali ne accenneremo tre: che nei 
primi tempi del cristianesimo i gen- 
tili non distinguevano i cristiani dai 
giudei; delle diligenze e sforzi che fe- 
ce Giuliano l'Apostata per rimettere 
e riformare il gentilesimo, e come 
contro ie invenzioni di lui si an- 



1 1 



GEN 

dassero schernendo i msliani ; e 
delle industrie usate già dai genti- 
li per sopprimere nella Giudea le 
memorie e la venerazione de' luo- 
ghi santi. Il Buonarroti nelle Os- 
servazioni sui medaglioni e vetri 
antichi, nel parlare degli avanzi dei- 
la gentilità e memorie della sua 
«uperstizione, dice ch'esse dimostra- 
no la potenza della nostra religio- 
ne, e sono suoi ti^ofei ; ed in mol- 
ti luoghi spiega come gli scultori, 
i mosaicisti ed altri artisti signifi- 
carono nelle loro opere i gentili , 
con simboli e figure. Finalmente 
Giovanni Marangoni, DeUe cose 
gentilesche e profane trasportate 
ad uso ed ornamento delie chiese^ 
copiosamente discute V argomento , 
dichiarando che i gentili tolsero 
dai sacri libri molte storie, riti e 
dottrine, indi deformate con favole, 
e che dai medesimi rìcercarono le 
somiglianze delle figure de' loro si- 
mulacri; che bramarono che i loro 
templi fossero convertiti in altri usi, 
piuttosto che vederli diroccati, e 
che senza saperlo prepararono i ma- 
teriali più sontuosi, per la magni- 
ficenza delle nostre chiese. 

GENTILE Partwo da Moute- 
FioBE, Cardinale, Gentile Partino 
nacque in Montefiore nella Marca, 
diocesi di Fermo, in età giovanile 
in detta sua patria professò nell'or- 
dine de' minori, fu mandato a stu- 
diare nelle celebri scuole della cit- 
tà di Parigi, e divenne uomo gra- 
vissimo, come lo chiama il Buon- 
finio , siccome dotato di straordi- 
naria virtù, scienza e saviezza. Es- 
sendo dottore in teologia, perciò 
detto il dottore parigino, e lettore 
del sagro palazzo apostolico, dopa 
aver egli nelle scuole di esso dato 
saggio di sua dottrina, il Pontefi- 
ce Boni&cio Vili ne premiò il me- 



la 



GEN 

l'ito a' 4 dicembre 1^98, creando- 
lo cardìoale dell' ordine de' preti , 
conferendogli per titolo la chiesa 
di s. Martino ai Monti. Inoltre Bo- 
nifacio Vili lo inviò legato in Si» 
cilia, lo incavjcò di aiutare i cava- 
lieri gerosolimitani per la ricupera 
di Palestina , e gì' impose dì com- 
primere gli eidetici fraticelli. Dopo 
la morte di quel Pontefice inter- 
venne ai conclavi in cui furono elet- 
ti Benedetto XI, e Clemente V , il 
quale nel i3o5 gli affidò la cura 
e l'amministrazione della chiesa di 
6. Prassede, e dichiarandolo legato 
apostolico con ampie facoltà lo spe- 
di in Ungheria, munito di un pon- 
tifìcio breve diretto ai popoli di 
quel regno , non che a quelli di 
Polonia, Dalmazia e Croazia, nel 
quale venivano esortati a prestar- 
gli ubbidienza. Il cardinale condus- 
se in Buda Carlo Rimberto o Ro- 
berto ossia Carlo Martello figlio 
di Carlo II re di Sicilia, ricono- 
sciuto e confermato dalla santa Se- 
de qual re d'Ungheria, e siccome 
gli ungheresi avevano ricusato di 
prestargli ubbidienza, ei*ano stati ful- 
minali colla sentenza dell'interdetto. 
In Pesto o Pestino il cardinale con- 
vocò una generale assemblea degli 
stati , ed in essa coronò solenne- 
mente Carlo in re d' Ungheria, col 
nome di Carlo I Roberto. Nella 
'medesima assemblea il cardinale sta- 
bili, che se Stanislao o Ladrslao vai* 
voda non avesse restituito la corona 
delta santa dagli ungheresi, manda- 
ta già dal Papa Silvestro li al re 
s. Stefano I , nella quale essi pre- 
tendevano essere fondato il diritto 
reale, si tenesse in avvenire in con- 
to di profana, ed un'altia bene- 
detta se ne dovesse mandare dal 
Pontefice pel nuovo re ; in tal mo- 
do dopo dieci anoi di discordie e 



GEN 

sedizioni, Carlo I cominciò a pren- 
dere le redini del governo. Ad on- 
ta di tanta solennità con la quale 
erasi coronato il principe, avendo 
due palatini del regno reclamato , 
e preleso d'intimare una nuova 
dieta, dalla quale esigevano fosse 
escluso il cardinal legato, questi 
fulminò l'anatema contro tutti quel- 
li che avessero ricusato di prestar 
omaggio al re Carlo I , e special- 
mente contro Matteo Palatino capo 
de' ribelli, e reo di gravi ed enor- 
mi delitti. In questa legazione il 
cardinale confermò, come narra il 
Panvinio , l' ordine de' monaci di 
s. Paolo primo eremita, che mili- 
tavano sotto la regola di s. Agosti- 
stino. Nella cronaca del Wadingo, 
attribuita al b. Odorico da Foiii , 
e riportata dal Baluzio nelle ag- 
giunte al tom. I delle FUe de Pa* 
pi d'Avignone -p. i4i4> '''iene de- 
scritta la legazione del cardinale, 
con tutte le più minute circostan- 
ze avvenute ne' tre anni che durò, 
e delle costituzioni da lui date al 
regno ungarico, col titolo: Acia 
convenlus Possoniensis . Portatosi 
il cardinale in Avignone, ove Cle- 
mente V avea stabilito la residen- 
za pontifici^ , poscia intervenne al 
concilio generale di Vienna, in cui 
con invincibili argomenti teologici, 
e di diritto canonico,- difese valo- 
rosamente dalle calunnie il cattoli- 
cismo, la legillimità, l'innocenza e 
la memoria di Bonifacio Vili, che 
il re di Francia Filippo IV di lui 
fiero nemico, pretendeva che fòsse 
esecrata come un eretico, mentile il re 
stesso trova vasi presente all'eloquente 
e zelante difesa. Mossi dal suo esem- 
pio, difesero Bonifacio Vili anche ì 
celebri cardinali Giovanni Mìnio 
da Morrovaile, Guglielmo Longhi e 
Riccardo Petroni. Inoltre il caidi- 



GEN 

nal Genlile per mezzo di sue let- 
tere fece noto al mondo, aver ter< 
minato Bonifacio Vili con gran 
pietà i suoi giorni. Invialo dal Pa- 
pa in Italia^ ebbe ordine di tras- 
portai'é in Avignone il denaro esat- 
to dalla città di Roma, e dalle prò- 
"vincie di Campagna e del Patri- 
monio di s. Pietro, nel timore che 
se ne impadronisse Enrico VII che 
dovea portarsi in Roma a prendere 
la corona imperiale. Partito il car- 
dinale d'Avignone per V Italia per 
prendere detto denaro, che valuta- 
vasi un milione di fiorini d'oix>, 
indi non credendo egli sicuro que- 
sto trasporto à motivo delle fazio- 
ni de' guelfi e ghibellini , e delle 
guerre tra' genovesi e pisani , che 
allora desolavano l'Italia, per cui 
tutte le strade erano- infestate di 
assassini ed armati, lo lasciò come 
in sicuro deposito nella sagrestia dì 
s. Frediano in Lucca, dave si dice 
che in breve fosse rapito e involato 
da Castruccio signore di quella cit- 
tà, ovvero da Uguccione signore di 
Pisa, quantunque altri opinano di- 
versamente. Dopo, avere come le- 
gato apostolico condannata Tempia 
setta dei fraticelli, vide il fine dei 
suoi giorni nel i3i2 in Avignone, 
secondo il Giacconi o, Fitae Font, 
et Card,y ed il p. Giovanni da Sa- 
lamanca, nella Biblioteca france^ 
scana tom. II, p. 14. Il citato Pa- 
luzio a p. 582 scrive che il cardi- 
nale non potè proseguire il suo 
viaggio per essere stato sorpveso 
in Lucca da grave n^lattia , che 
gli tolse la vita in quella città, 
come rilevasi dalle lettere di Gio- 
vanni XXIl , immediato successore 
di Clemente V; e però soggiunge, 
sono in eiTore coloro che pensano 
essere morto in Avignone, mentre 
le memorate lettere ch'erano nelh 



GEN i3 

Colbertina, nel codice 829, dimo- 
strano il contrailo, e questa fa la 
cagione per cui il tesoit> rimase in 
Lucca. Il medesimo Baluzio rac- 
conta che Odoardo I re d'Inshii- 
terra assegnò al cai'dinale l'annua 
pensione di cinquecento lire sterli- 
ne. Il Novaes Storia de' Pontefici 
tom. IV, p. 4I9 dice che il tesoro 
poi lo rìtirò da Lucca Raimondo 
marchese d'Ancona nipote del Pa- 
pa, il quale venendo sorpreso dai 
modenesi, fu da questi ucciso ru- 
bandogli il tesoro, per cui Clemen- 
te V li scomunicò. 11 Cardella «el- 
le Memorie storiche de' cardinali 
tom. IIj p. 58 , narra che Gentile 
morì dopo quattordici anni di car- 
dinalato , e che trasferito il cada- 
vere in Asisi fu sepolto nella ba- 
silica di s. Francesco, nella cappel- 
la de' ss. Lodovico e Martino da 
lui fondata, di cui tratta il p. Bru- 
schelli a p. i o5 di lèsisi città se* 
ra/ica, Giuseppe Colucci nel toro. 
XXV delle Antichità picene^ ri- 
portando la visita triennale del Ci- 
valli, e parlando a pag. 28 di Mon- 
tefiore, dice che quel convento 
de' francescani eretto nel i2'46, fu 
illustrato da religioso dal Gentile, 
il quale nella bella contigua chie- 
sa di s. Francesco e nella cappella 
di pietra a manca dell'altare mag- 
giore, ove sono sepolti i di lui ge- 
nitori, a questi con amor figlia- 
le eresse un monumento, consi- 
stekìte in due statue di pietra gia- 
centi, con questa memoria: Anno 
Domini 1 3 1 o. Dominus Gentilis de 
Monte Florum Cardinalìs ord. 
min, tempore Bonifdcii Vili ^ ti- 
tuli s. Martini in Montibus, 

GENTILI o GENTILLY, Genti- 
liacum. Luogo di Francia, dipar- 
timento di Senna, lungi una lega 
da Parigi, sulla riviera di Bievre. 



i4 GEN 

^ Si chiama qualche volle grande 
Gentilly per distinguerJo dal pic- 
colo » situato pure sulla Bievi*e. 
Questo villaggio fu la residenza dei 
i*e di Francia della prima e secon- 

, da stirpe. Pipino vi fece costruire 
un palazzo di cui pib non riman- 
gono che le vestigia, nel quale si 
tenne una corte plenaria nel 762. 
Dipoi nell'anno 767, o secondo al- 
tri neiranno 796, nel giorno di 
Natale, vi fu radunato un concilio 
nazionale sul mistero della ss. Tri- 
nità, la particola Filioque dei sim- 
bolo, ed il culto delle sacre imma* 
^ni. y* intervenne il re Pipino 
accompagnato dai grandi del regno 
e dalla maggior parte dei vescovi 
delle Gallie e della Germania; due 
legati della santa Sede inviati dal 
Pontefice Paolo I , sei patrizi am- 
basciatori dell'imperatore Costan- 
tino Copronimo, con molti vesco- 
vi di Grecia. Questi ultimi agita- 
rono coi l^ati la questione sulla 
processione dello Spirito Santo, se 
proceda dal Figliuolo come dal Pa- 
dre; e rimproverarono ai latini di 
aver aggiunto al simbolo di G>-^ 
stantinopoli la parola Filioque, Am- 
mettendosi la pi*esenza nel conci- 
lio del re Pipino e dei legati di 
Paolo I, conviene dire che fa cer 
lebrato nell'anno 767. Regìa tom. 
XYII; Labbe tom. VI; Arduino 
tom. Ili, Diz, de* concilii; Lenglet, 
Tavolette cronoiog,j e Manzi, Sup- 
pieni, déconàln 1. 1, col. 6a3 e 624. 
GENTILI Paolo, Cardinale. 
Paolo Gentili da Lucca fu da Ur- 
bano II del 1088 creato cardinale 
dell'ordine de' preti, conferendogli 
per titolo la chiesa di s. Sisto. 
Sottoscrisse al concilio di Guastal- 
la convocato da Pasquale il, e ven- 
ne incaricato di divei*se legazioni in 
Oliente. 



GEN 

GENTILI RIDOLFDCCI Luca, 
Cardinale, Luca Gentili Ridolfuc- 
ci di Camerino, da arcidiacono e 
priore di quella cattedrale, Urbano 
y nel 1 369 lo promosse al vesco- 
vato di Nooera, quindi da Grego- 
rio XI fu fatto vicario di Roma, 
ed il Papa Urbano VI a' 18 set- 
tembre 1878 lo creò cardinale 
prete, assegnandogli per titolo la 
chiesa di s. Sisto. Lo dichiaro le- 
gato dell' Umbria, dove riconciliò 
tra loro i cittadini di Todi, fra i 
quali vertevano gravi e funeste di- 
scordie. Morì in Perugia nel 1889, 
e trasferito il cadavere nella cat- 
tedrale di Camerino, ivi fu sepol- 
to con breve elogio in versi, po- 
stovi da Venanzio Rìdolfucci nel 
1619. Su questo cardinale va let- 
ta l'erudita nota posta nel tom. 
II, p, 643 del Guarnacci, alla vita 
del cardinal Antonio Saverio Gen- 
tili. Il Novaes celebra il caixlinal 
Luca, illustre pev dottiMua e san- 
tità di vita. 

GENTILI Antonio Saverio^ Cor- 
dinaie. Antonio Saverio Gentili 
nacque in Roma a'9 febbraio 1681, 
da illustri e nobili genitori di Ca- 
merino. Si dedicò con tal fervore 
allo studio della giurisprudenza, 
che neir aprile del 1699 meritò 
nell'archiginnasio romano le inse- 
gne di dottore. Per divenire più 
profondo in questa scienza , istituì 
in propria casa alcune conferenze 
di dotti giovani, nelle quali si di- 
sputava intorno alle facoltà legali, 
e sopra i riti ecclesiastici. Il Can- 
cellieri a pag. 107 del suo Mer- 
catOy con l'autorità del Valesio, di- 
ce che a' i3 gennaio 1705 enti*ò 
in prelatura monsignor Gentili, il 
di cui padre fii cameriere del car- 
dinal Maidaldiini (nipote di d. O- 
limpia cognata di Innocenzo X), 



GEN 

che ritornando ai^a sua patria 
Camerìno, per buona sorte entrò 
al senrizio del vescovo di quella 
città monsignor Altieri^ il quale 
essendo £iUo cardinale e poi. Ponte- 
fice col nome di Clemente X Tar- 
rìccfaì, avendogli anche conceduto 
il sito, dov'era una piazza, incon- 
tro a s. Nicola in Arcione, dove 
&bbrìcò un bel palazzo. Su questo 
ho letto altrove che per gratiludi- 
ne pose l'arme di Clemente X. Ma- 
rio Guarnacd nelle Vitae Pont, et 
Cardinalium t. II, p. 64 1» dice che 
Antonio nacque da Teresa Durso, 
e da Nicola Gentili qui fidi secre- 
tus ùuhicularius e numero parte- 
cipantium Ckmeniis X^ parole che 
possono benìssimo convenire agli 
aiutanti di camera del Pontefice, 
anzi monsignor Cecconi vescovo di 
Montalto nella sua Storia di Pa- 
lestrinOy a p. 184 riporta un'anti- 
ca lapide di Satuminus cubicula- 
riuSf ed a p. 4^^ ^gi^^^^gc» cu- 
biculario è lo stesso che aiutante 
dì camera. In quanto agrindividui 
che sì comprendono nella catego- 
ria de- cubiculari pontificii , è a 
vedere l'articolo Cvbiculabiò. Do- 
po aver passato lodevolmente alcun 
tempo nelle minori cariche della 
curia, fìi eletto nel 1718 da Cle- 
mente XI luogotenente dell'uditore 
della camera j nella quale carica 
acquistatasi grande riputazione, fìi 
da Benedetto XI li nel 1737 consa- 
grato arcivescovo di Petra in par- 
ù'busj e nell'anno seguente dai me- 
desimo promosso a segretario del- 
la congregazione del concilio, indi, 
passati cinque mesi, a segretario dì 
quelli de' vescovi e i*egolari, con la 
provisla d'un canonicato nella ba- 
silica liberiana. Nel medesimo an- 
no 1728 eonsagrò la chiesa di s. 
Nicola in Arcione (della quale paiv 



GEN 



i5 



lammo al volume XVI, p. i3o e 
1 3 1 del Dizionario ) insieme con 
ti*e altari, opme rìlevasì da una 
lapide ivi collocata. Nel maggio 
173] Clemente XII lo fece data- 
rio, indi a' !ì4 settembre lo creò 
cardinale prete, col titolo di 8. Ste- 
fiino al monte Celio, ove ebbe la 
consolazione religiosa di trovare ì 
corpi de' ss. martiri Primo e Feli- 
ciano, ì quali con solenne proces- 
sione e l'intervento del sacra col- 
legio, e della prelatura romana ri- 
pose sotto un magnifico altare da 
lui eretto e consacrato. Clemente 
XII inolti« lo confermò nella da- 
taria col titolo di prodatario , e nel 
1738 lo dichiarò prefetto della 
mentovata congregazione del con- 
cilio. Intervenne all'elezione di Be- 
nedetto XIV che nel 1741 lo de- 
putò visitatore apostolico dell'arci- 
spedale di s. Spirito, di cui come 
dell'amministrazione fu benemeren- 
tissimo, oltre l'edificazione che die- 
de nelle frequenti visite diurne e 
notturne che faceva agi' infermi, 
ministrando loro con indefesso zelo 
i ss. Sagramentì ne'nove anni che 
restò visitatore. Dimesso il titolo 
passò al vescovato suburbicario di 
Palestrina nel 1747» ^^ visitò la 
diocesi, ed eseixàtò molti atti di be- 
neficenza coi poveri, e con la cat- 
tedrale. Appartenne alle congrega- 
zioni del s. offizio, di propaganda 
fidcy delTimmunità, dei riti e della 
consulta; e fu protettore de'monaci 
Olivetani, de'religiosi trinitari, e di 
quelli di Betlemme nell' Indie oc- 
cidentali. Mecenate de'letterali, la 
sua casa fu sempre per loro aper- 
ta; dotto e profondamente erudi- 
to, chiaix) divenne nella repubblica 
letteraria. Il Cancellieri nella loda- 
ta sua opera, a pag. 228 e seg., 
nel riportare erudite notizie della 



i6 GEN 

celebre accactemia degli Infecondi^ 
cbe fu la madre deirilluslre e co- 
spicua Arcadia^ dice che il car- 
dinale n' era il protettore, il qua- 
le essendo sòlito isino dai giovanili 
suoi anni, in tutti i giorni delle so- 
lennità della Beata Vergine dare 
nella propria abitazione un di voto 
ed erudito trattenimento in di lei 
onore, descrive le decorose e fre- 
quenti accademie da lui date nel 
proprio palazzo, con numeroso con- 
corso di cardinali , pi*elati, nobili, 
letterati, e personaggi distinti. Fi- 
nalmente un colpo apòpletico tron- 
cò la vita di questo esimio cardi- 
nale a' i3 mai-zo i753, in eia di 
settantadue anni , e fu sepolto in 
Roma nella chiesa di s. Venanzio 
de' camerinesi, di cui tenni propo- 
sito all'articolo Camerino (Vedi), 
Ivi la sua nipote marchesa Costan- 
za Giori Sparapani gli eresse una 
marmorea iscrizione, con distinto 
elogio. 

GENTILUOMO. Uomo nobile, 
wV nohiUs^patricius, Dicesi ancora 
gentiluomo a qualunque nobile o 
di civile condizione addetto ad of- 
ficio particolare presso la persona 
di un principe, di un cardinale, di 
un ambasciatore, d'un vescovo, di 
un prelato, d*un signore ec. Tra 
le opinioni sulla derivazione del 
vocabolo gentiluomo, havvi quella 
forse la meglio fondata, e prove- 
niente dal latino ^ntis hominesy die 
si pretende avere significato un 
tempo le persone dedicate al ser- 
vigio dello stato, com'erano una 
volta tutti i franchi, ' donde venne 
almeno in Francia la prima nobil- 
tà di estrazione o sia di origine. 
Il Pasquier crede, che i nomi di 
gentili, e di scudieri passati nella 
lingua francese, sieno a quella na- 
zione rimasti come eredità della 



GEN 

romana milizia, perchè, die* egli, i 
principali benefizi, e le fnigliori 
porzioni de' terreni che si davano 
per ricompensa ai veterani o ad 
altri soldati, distrìbuili erano sin- 
golarmente ai gentili ed agli scu- 
dieri, come ai più valorosi dell'eser- 
cito, del che sarebbe assai diffìcile il 
trovare le prove ne'migliori scrittoli 
latini. Dice lo stesso Pasquier che i 
galli avendo veduto, durante l'impe* 
ro ramano, i gentili e gli scudieri 
ottenere tra gli altri soldati le più 
belle porzioni di terreno sulle lo- 
ro frontiere, cominciarono a chia- 
mare col nome di gentiluomini e 
di scudieri coloro che dai primi 
re franchi videro provveduti di si- 
mili benefizi. Può osservarsi che 
assai antico era in Italia l'addiet- 
tivo di gentile, e che significava di 
buona gente, come epiteto convenien- 
te a chi era di buona gente, e di 
nobile schiatta. Gentili, secondo il 
Boccaccio, nominavansi coloro che 
la virtù seguitavano, e coloro che 
pel contrario seguivano i loro vizi, 
erano non gentili riputati. Quindi 
antichissimi furono in Italia i vo- 
caboli di gentilnomOj e di gentil' 
donna, e forse dall'Italia passarono 
quei nomi nella lingua francese. 
All'articolo Famiglie de* cardinali 
e de' prelati sì tratta dei loro gen- 
tiluomini. Dei gentiluomini de'prin- 
cipi, ambasciatori, ed altri signori, 
se ne discorre agli articoli relativi 
agli uffici «he disimpegnano. 

GENUFLESSIONE, Genujlexio, 
genuwn suhmissio. La genuflessione 
o inginocchìazione è l'atto di pie- 
gare le ginocchia; é questa una 
maniera di umiliarsi riverente, o 
di abbassaci in presenza di alcuno 
per onorarlo. In ogni tempo que- 
sto segno di umiltà fu in uso, 
massime durante la preghiera o 



GEN 

orazione, dappoiché il Gavàntò dice 
éke doppio é il fine della genufles* 
sione, cioè di adorare e di prega- 
re. Nella consacrazione e dedica- 
zione del tempio di Gerusalemme, 
il re Salomone fece la sua preghie- 
ra inginocchio, e con le mani al- 
zate al cielo: in una cerimonia 
eguale il re Ezechia ed i leviti si 
misero in ginocchio per lodare ed 
adorare Iddio. Un ufficiale di Acab- 
ho s' inginocchiò avanti il profeta 
Elia. Gesù Cristo fece la sua pre- 
ghiera in ginocchio sul monte degli 
Ulivi. S. Paolo nell'epistola agli e- 
fesini disse loro ch'egli piegava le 
ginocchia dinanzi al Padre del No* 
Siro Signore Gesù Cristo. 11 Ma< 
cri nella Notizia de* vocaboli ecclc' 
siastici^ verbo GenuflexiOj dichiara 
che la genuflessione fu introdotta 
nella Chiesa per istituto apostolico; 
che s. Stefano pratomartire orò ge- 
nuflesso pe'suoi persecutori^ e che 
questo atto significa adorazione, pe- 
nitenza, ed umiltà, perchè colla ge- 
nuflessione vuoisi denotare la cadu- 
ta del nostro padre Adamo. Laon- 
de non deve recar meraviglia, che 
questa maniera di pregare sia sta- 
ta in uso fino dai primi tempi 
della Chiesa cristiana. Dunque, co- 
me osserva il Bergier, fuor di pro- 
posito gli etiopi od abissini si guar- 
dano di starsene ginocchioni in tem- 
po della liturgia, e pretendono di 
conservare in esso Fuso antico. I 
russi considerano come un'indecen- 
za pregare Dio in ginocchio; e gli 
ebrei fanno tutte le loro preghiere 
in piedi. Sul cominciare dell' otta- 
vo secolo fuvvi una setta di ereti- 
ci detti AgonicUtì, i quali sostene- 
vano essere tina superstizione quel- 
la di piegare le ginocchia pregan- 
do, nel qual tempo invece danza- 
vano, ma ebbero pochi proseliti. 

VCL. XX iX. 



GEN 17 

Questo era un manifesto inganno, 
essendo anzi provato il contrario 
dalla sacra Scrittura, come dagli 
addotti esempi e da altri. 

Soggiunge il Bergier, che la ge« 
nuflessione non è essenziale alla pre- 
ghiera, ma non si deve né bia^' 
si maria, né porsi in una positura 
dififei^ente per conti*addire l'usanza 
della Chiesa; che in generale i se- 
gni estemi sono indifferenti in sé 
stessi, essendo l'opinione comune e 
l'uso quelli che ne determinano il 
significato. E siccome noi talvolta 
facciamo uso per onorare gli uomi- 
ni, dei medesimi segni di cui ci 
serviamo per onorare Dio, non ne 
consegue da ciò che noi tributia-^ 
mo loro il medesimo culto che of« 
friamo a Dio, essendo assai diver- 
so l'atto che intendiamo di fareé 
In fòtti il memorato offiziale di 
Acabbo che si mise in ginocchio 
davanti il profeta Eiia, non aveva 
certamente intenzione di tributar- 
gli un culto divino. Noi pieghiamo 
le ginocchia davanti le immagini 
de' santi; le pieghiamo pure innan- 
zi al sommo Pontefice, ai cardinal 
li ed ai vescovi talvolta, e pur an- 
co in qualche circostanza ai princi- 
pi, e con chiunque per supplicare 
o implorare peixlono^ Un religioso o 
altro individuo riceve in ginocchio le 
ammonizioni e le concezioni dei suo 
superiore; generalmente i figli do- 
mandano in ginocchio la benedizione 
dei loro genitori, per cui è eviden- 
te che questi segni di rispetto cam'* 
bianodi molto il significato, secon« 
do le circostanze e le persone. Non 
bisogna imitare, dice il Bergier, 
l'ostinazione de'quaqueri, i quali 
si farebbero uno scrupolo di levare 
il loro cappello dal capo per salu- 
tare anche il più distinto personag- 
gio : però volendo entrare nelle 

2 



i8 



GEN 



chiese àé' cattolici, e vietare qual- 
che principe, anche ecclesiastico, si 
fiinno di altrÌL levare il cappello. 
Quindi Qsaerva che i protestanti 
non sono meno ridicoli quando ci 
accusano d' ìdobtria, perchè ci pò- 
niamo in ginocchio avanti ad una 
imniagine.Sopra la genuflessione può 
vedersi Agostino Nathan Huhnero, 
In exerckattone hisioricO'ecclesia^ 
^ca de genuflexione^ Halae 1 7 1 1 . 
Filippo Buonarroti nelle sue Osser- 
vazioni istoriche sopra alcuni me- 
dagUoni antichi^ parla dei ginocchi 
toccati dai supplichevoli, e da quel- 
li che adoravano gli dei| dicendo 
a p. 262 che gli antichi solevano 
toccare le ginocchia quando essen- 
do stati vinti chiedevano mercè ai 
loro vincitori, come si cava da O- 
mero e da Plinio, quantunque l'ab* 
bracciare i piedi fosse parimenti un 
gesto de'supplichevoli, e di onore de- 
gli inferiori verso i loro maggiori, 
siccome l'uno e l'altro erano segni 
di adorazione come osserva Arno- 
bio, onde di Paride disse Ovidio: 
Nunc mihi nil superest, nisi te 
formosa precari , Amplectìque tuos 
padare pedes, E di Creusa disse 
Virgilio : Ecce autem complexa 
pedes in limine conjnx haerehat, 
Properzio scrisse, Cam vix ùzngen" 
dos praebuit illa pedes, cerimonia 
conservatasi pure al tempo di Dan- 
te^ onde parlando dello spirito di 
Stazio, che voleva onorar Virgilio^ 
disse : Già si chinava €td abbracciar 
li piedi, il quale atto di omiliazione 
conviene grandemente ad un vinto. 
Parlando il Rinaldi delle ^nufles- 
sioni solite a fersi nelle pubbliche 
preghiere, racconta all'anno 898, 
Bum. 10O9 che 8. Porfirio vescovo 
di Gaza , per la siccità comandò 
die tutti i fedeli si radunassero in 
chiesa a celebrarvi le vigilie^^ i qua* 



GEN 

li in tutta la nòtte fecero trenta 
volle orazione, ed altrettante t'in- 
ginocciiiarono, oltre ai cori ed al- 
le lezioni, e che portatisi in altra 
chiesa tre volte orarono, ed altret- 
tante si posero genuflessi. Il p. 
Mamachi, De* costumi de* primitivi 
cristiani tom. T, p. 338, coli' auto- 
rità di Tertulliano, Della corona 
del soldato, attesta che gli antichi 
cristiani il giorno di domenica, e 
dal dì solenne della Pasqua sino 
alla Pentecoste, non s'inginocchia» 
vano mai in chiesa, ma ritti e mo- 
desti porgevano le loro preghiere 
a Dio, pel s^uente motivo tolto 
dalle questioni agli ortodossi attri- 
buite a 8. Giustino, m Dobbiamo 
sempre ricordarci e delle nostt*e 
cadute ne*peccati, e della misericor- 
dia del Signore, per cui abbiamo 
avuto la grazia di risorgere da'me- 
desimi. Per la quale cosa flettiamo 
nei sei giorni della settimana le 
ginocchia, dando così segno di 
essere noi miseramente caduti; e 
la domenica, e tutto il tempo pa- 
squale non le pieghiamo, per de- 
notare il nostro risorgimento. On- 
de dai tempi apostolici ha avuto 
principio questa consuetudine, co« 
me dice s. Ireneo martire, e ve- 
scovo di Lione nel suo libro cir- 
ca la Pasqua, in cui fa menzione 
della Pentecoste, nella qual solen- 
nità non s'inginocchiamo "• Pre- 
tesero alcuni scrittori che il pre- 
gare in piedi in tal tempo per me- 
moria della risurrezione di Gesù 
Cristo, fosse stato comandato dal 
concilio Niceno: ma nel i*esto del- 
l'anno è certo che il popolo ed 
il dero si mettevano ginocchioni 
in tempo di una parte del divino 
offizio. Stando i fedeli così in piedi 
o tenevano giunte le mani, o sten- 
devano le braccia, de'quali usi fa 



GEN 

menzione il tnedesìmo Tertulliano 
nel suo jépoìogetìco dicendo: » Co* 
lassù reggendo, i crìstiani, roentre 
stanno con le mani distese, perché 
innocenti» e col capo scoperto, 
perchè non si Tergognano, prega- 
no il loro Creatore". Ma più 
ampiamente parla egli di que- 
sto argomento nel suo celebre li- 
bro intitolato deir Orazione» » Noi 
non eleviamo solamente le ma- 
ni, ma le stendiamo ancoi*a , e 
orando- confessiamo Cristo ". Non 
approva però Tertulliano, che al- 
cuni fedeli, incominciata eh' è To- 
razione, si mettessero a sedere; 
poiché stimava un'irriverenza al Si- 
gnore, se uno non ista va. inginocchio- 
ni, o ritto in chiesa, e con modestia^ 
e colle mani modei*atamente elevate^ 
e col capo non troppo aliato. Ag- 
giunge, che con voce soave, e non 
troppo forte cantavano* Somiglian- 
ti cose scrivono s, Cipriano, nel 
suo libro deir Orazione a p« 1 5 1 , 
e Minucio Felice nel suo celebre 
dialogo intitolato Ottavio a p. 288. 
Il Baronie osserva, che i santi 
avevano portato tanto innanzi l'uso 
della genuflessione, che taluni a- 
vevano logorato il pavimento nel 
luogo in cui dimoravano. S. Giro- 
lamo ed Eusebio narrano di s. 
Giacomo il Minore, vescovo di 
Gerusalemme, che i di lui ginoc- 
chi eransi induriti come quelli di 
un cammello, altt*ettanto avvenne 
ad altri santi e servi di Dio. Si leg- 
ge nelle Decretali lib. 11, tit g, 
cap. 1 De feriiSy che il Papa Ales- 
sandro III rinnovò l'antico rito 
della Chiesa di orare in piedi nel* 
le domeniche, e nel tempo pa- 
squale; ma oggidì però i fedeli 
avrebbero quasi a scandalo, se in 
pubblico anche nelle accennate fé* 
stività non si genuflettesse. 



GEN ig 

Le genirflessioni che il sacerdo^ 
te fa nella messa privata, oltre le 
oi*dinarie, fono: i." quando legge 
r evangelio di s. Giovanni, alle pa^ 
role : Et Verium caro^ ec. 2.* 
Neil' evangelio dell'Epifania , di- 
cendo: et proci dentes adoraventnt 
eum, 3.*" In quello della feria IV 
dopo la quarta domenica di qua- 
resima, alle parole ì et procideni 
adoravit eum, 4*° Nella domenica 
delle Palme, e nelle messe de Cru* 
cr^ nell'epistola alle parole i In 
nomine Jesu omne genuflectaturj e 
nella Passione alle parole: Expira- 
fi/, o emisit spiritum. 5.° Quando 
dirà Flectatnus genua^ del quale 
parlammo nei volumi VIII,p. 3o6, 
e XIV, p« 243 ^^ Dizionario : solo 
qui noteremo che nella messa del 
saU)ato santo (come notammo al 
voi. IX, p. 5), e delle quatti*o tem- 
pora non si dice Flectamus genita 
dopo l'ultima orazione in cui si 
parla de' tre fanciulli, per denota- 
re la forte costanza di essi nel ri- 
fiutare l'adorazione della statua 
di Nabuccodonosorre; e lo stesso 
si fa nel venei*dì santo, quando si 
prega prò perfidis judaeis^ che in 
quel giorno beffeggiando Gesù si 
inginocchiavano dinanzi ad esso. 
Anticamente non rispondeva il 
suddiacono Levate^ ma lo faceva il 
diacono stesso dopo qualche spa- 
zio di tempo impiegato nella ge« 
nuflessione, ed in un'orazione se- 
greta, laonde il diacono pronun<^ 
ciava l'una, e l'altra parola, co- 
me distesamente riporta il citato 
Macri. 6.° Genuflette il sacerdo^ 
te quando nella quaresima dice 
nel tratto il versetto Adjuva nos 
Deusy e in tutte le messe àeU 
lo Spirito Santo, dicendo il ver- 
setto: Feni Sancte Spiritus. 7*" 
Quando é esposto il santissimo 



20 GEN 

Sagramento, in cui il sacerdo- 
te genuflette tutte le volte che 
passa dinanzi al mezzo dell' altare. 
$."* Genuflette inoltre il sacerdote 
ogni volta che ciò viene prescritto 
dai riti. I circostanti poi genuflet- 
tono sempre nelle mésse private, 
eziandio nel tempo pasquale, tranne 
quando si legge l'evangelio: nel 
voi. XXIT, p. 427 del Dizionario 
citammo un opera che tratta sul- 
r alzarsi in piedi alla lettura del- 
Y Evangelio (Fedi), 

Nella messa solenne il celebran- 
te genuflette in tutte le dette 
circostanze della messa privata, 
fuorché al Flectamus genua, per- 
ché rappresenta la persona di Cri- 
sto; al versetto Ad/uva nos Deus^ 
ed a quello, Feni Sonde Spiritus, 
Nel giorno della festa della ss. An- 
nunziata, e nelle tre messe del 
ss. Natale, quando nel Credo sì 
Canta dal coro: Et incamatus estj 
negli altri giorni se siede, china il 
capo scoperto, e genuflette se si 
tfova in piedi. I miuistn sacri sem- 
pre genuflettono col celebrante , 
meno il suddiacono che tiene il li- 
bra del vangelo, e gli accoliti soste- 
nitori de'candellieri: quando il dia- 
cono canta le parole cui si deve ge- 
nuflettete, il celebrante lo ia verso 
il libro, gli altri verso V altare. In 
coro si genuflette da quelli che 
non sono prelati (come gli abbati, 
i protonotari, e quelli che possono 
usare il rocchetto, ed i canonici 
quando sono apparati) alla Confes- 
sione, ed al salmo ludica me Deus. 
Nelle messe poi delle ferie dell'av- 
vento, della quaresima, delle quat- 
tro tempora, delle vigilie in cui 
si digiuna, e nelle messe de' de- 
funti tutti genuflettono anche alle 
orazioni, e parimenti detto dal ce- 
lebrante il Sanctus, fino al Pax 



GEN 

Domini (peixhé al dire d' Fnnocen'^ 
zo III,- lib. 6, cap. 4> il bacio di 
pace eésendo simbolo della risurre- 
zione deve riceversi in piedi), e alle 
orazioni dopo la comunione, e sopra 
il popolo, eccettuate le vigilie di Pa- 
squa, della Pentecoste, del ss. Na- 
tale, e le tempora delia Pentecoste. 
E similmente si genuflette da tut- 
ti quando si alza il ss. Sagra- 
mento. Il Gavanto risponde quando 
nei detti casi si debba genuflette- 
rò con un solo ginocchio, e quando 
con due. Sulle genuflessioni nella 
reposizione del ss. Sagramento, se 
si debbano fare con uno o con due 
ginocchia, vedi il dotto Dizionario 
sacro liturgico del eh. Diclich, e 
sembra che il solo celebrante, e i 
sacri ministri sulla predella possa- 
no farle con un solo ginocchio, 
anziché con due utfacilius et cont- 
modius surgat; gli altri in pia- 
na terra le debbono fare con due. 
Altre erudizioni sulle genuflessio- 
ni le noteremo coli' autorità del 
Macri. Nelle ore canoniche si fan- 
no le genuflessioni con ambedue 
le ginocchia, pronunciandosi le pa- 
role: Adoranius, et procidamus etc. 
Te ergo quaesumus^ famulis tuis 
suhveni etc, Ave maris stella etc. 
Veni Creator Spiritus etc, O crux 
ave spes unica etc. Tantum erga 
Sacramentum etc , essendo però 
esposto il ss. Sacramento. Nel ce- 
rimoniale de' frali minori si pre- 
scrive la genuflessione nell'inno del 
ss. Natale alle parole: Nos quoque 
qui sancto tuo redempli sanguine 
sumus. Inoltre si deve genufleltere 
nella vigilia dello stesso ss. Natale 
pronunciandosi le parole del mar- 
tirologio: InBethlehem Judae etc. 
Dice pure il Macri che i gi*eci non 
osano genuflessioni in chiesa , m;i 
profondi inchini, tranne il giorno 



GEN 

della Pentecoste che genuflettono 
nell'officio mentre si recita il van- 
gelo; e che i certosini rare volte 
&nno genuflessioni, anche dinanzi 
al ss. Sagramento, ma profondi in* 
chini, tanto nella celebrazione del- 
ia messa, quanto nelle alti*e fun* 
zioni. Pompeo Sarnelli nelle Lei-- 
tere ecclesiastiche tora. IV, lett. XIII, 

num. 4 ^ ^> ^^^^ ^^ all'antifona 
Adorcunus te Christe etc. non si 
genuflette, come non lo si fa al ca- 
pitolo In nomine Jesti omne gena- 
jfkctaiur, ed al versetto del respon- 
sorio, Ferhuni caro factum est: la 
ragione è pel tenore del decreto 
della congregazione de' riti, de' 23 
marzo 1602. Cum praeintonantur 
antiphonae, omnes ab utroque chO' 
ri latere surgere debent, non oh- 
stante contraria consuetudine. Àg- 
giunge, che Taltra ragione per cui 
alla parola Adoramus non si ge- 
jQuflette, ma sibbene a quella di 
ProcidamuSy è perché nell'inao 
angelico alle parole Adoramus te 
Sì fa la semplice inchinazione del 
capo, e così nel simbolo alle pa- 
role, qui cum Patre, et Filio si- 
mul adoratur ; ma dicendosi nei 
vangelo dell' Epifania procidentes 
adoraverunt eum, allora come no- 
tammo si genuflette. E nell'evan- 
gelio del cieco nato illuminato da 
Cristo, dicendosi procidens adora- 
. vit eumy si genuflette, così alle pa- 
role del salmo, et procidamus an- 
te Deum, come espressamente no- 
ta il Bauldry par. 2, cap. 3, num. 
2, dum dicuntur haec verba, et 
procidamus ante Deum, per deno- 
tare che queste parole richieggono 
la genuflessione, non la parola A- 
doremuSy dappoiché essendo quelle 
parole. Venite adoremus invitatorio, 
chi invita deve stare in piedi, ne se- 
gnes videamur dum alios invitamus. 



GEN 21 

Il Sarnelli stesso nei tom. VII, 
lett. LXII : Se nella venerazione 
dovuta a' santi sia lecita la genu- 
flessione^ dopo aver distinto il cul- 
to di latria che si deve a Dio so- 
lo^ quello di dulia che si tributa 
ai santi, e quello d^iperdulia con 
che si onora la Beata Vergine, e 
dichiarato il culto esterno, ed il 
culto interno, de' quali argomenti 
parlammo agli articoli Adorazione 
e Culto, conchiude che se l'atto 
della genuflessione s'intende per 
protestare l'infinita eminenza di 
Dio sopra tutte le creature, e la 
totale nostra dipendenza da quel- 
lo, sarà atto di latriaj ma se con 
la genuflessione intendiamo rende- 
re il culto religioso a qualche san- 
to, per le di lui virtù o gloria, 
sarà atto di dulia. Così le litanie 
che chiamiamo de' santi, si dicono 
in ginocchio, ed invocandosi essi e 
gli angeli il culto è di dulia; in- 
vocandosi la ss. Trinità, il culto 
è di latriaj ed invocandosi Maria 
Vergine, il culto é d' iperduUa. A- 
dunque riflette, che il venerare i 
santi con la genuflessione, le loro 
immagini e reliquie, non solo é 
lecito, ma talvolta è comandato, 
giacché il culto che si fa ai santi 
é principalmente rivolto a Dio, 
celebrandosi con tale atto la divi- 
na bontà e potenza, che fece lo- 
ro riportare vittoria del mondo: in 
fatti al voi. VIII, pag. i58 del 
Dizionario riportammo la decisione 
del punto controverso colla quale si 
prescrisse che tutti, compreso il Pa- 
pa, passando dinanzi all'altare mag- 
giore delle basiliche lateranense, va- 
ticana ed ostiense, debbano genu- 
flettere, venerandosi nel primo i 
capi de' ss. Pietro e Paolo, nei se- 
condi i loro corpi divisi. E perchè 
Maria Madre di Dio ha maggior 



H2 



GEN 



culto de' iantì, dicendosi Ave ma* 
Hs stella, si dev6 geuuflettere, ed 
altrettanto si deve Èire in tutte le 
antifone della Beata Vergine , ohe 
si dicono in (ine del divino ofSzio, 
tranne nelle domeniche dai primi 
vesperì del sabbato, perchè si fa 
commemorazione della Risurrezione, 
e perciò anche in tutto il tempo 
pasquale. Nel voi. XVIU^ p. a 38, 
289 e 240 del Dizionario^ nel par- 
lare dei culto al ss. legno della 
Croce, massime di quello che gli 
ti rende con trina adorazione d'am* 
bo le ginocchia nel venerdì santo, 
trattai di alcuùe erudizieni sulle 
diverse genuflessioni ohe ad esso si 
debbono fare; e siccome il regnan- 
te Pontefice Gregorio XVI ha ri* 
stabilito nello stesso giorno l'uso 
antico dell'esposizione della Tera 
Croce, dò che si fii nella cappella 
pontificia Sistina nel momento in cui 
il Papa con la processione di tutti 
quelli che hanno luogo in cappel- 
la (i quali prima di partire da 
questa fknno alla croce, che si è 
adorata e collocata sull'altare, la 
genuflessione con un solo ginocdiio, 
senza farla al Papa in passare in- 
nanzi di lui), sono a levare il se- 
polcro in quella chiamata Paolina, 
laonde ritornando nell'altra non 
fanno verufna genuflessione alla ve- 
ra Croce che trovano esposta sul- 
l'altare, rimossa quella adorata, 
perchè verso il termine della pro- 
cessione si porta il ss. Sacramento 
del sepolcro dal Papa, o in sua 
vece dal cardinale celebrante. 

Dal Caerem. episcop. lib. I, cap. 
H, si ha, che il vescovo nella sua 
diocesi, mentre siede nel trono, gli 
si fa la genuflessione con un gi- 
nocchio da tutto il clero, passan- 
dogli davanti, ma ne sono esenti i 
canonici della cattedrale. Il Alacri 



GEN 

dice di aver veduto fkre V istessa 
cerimonia ai cardinali, mentre sie- 
dono sul trono delle loro chiese 
titolari, in tempo di alcune solen- 
nità che ivi celd^rano, ed assisto- 
no; ed eguale genuflessione dice 
aver veduto fere ai cardinali riu- 
niti, in sede vacante. Delie genu- 
flessioni che in tale tempo si fenno 
a tre ed a quattro cardinali riuniti, 
Ae parlai ai volumi XV, p, 3 1 1 , 
e XVI, pag. 290 del Dizionario. 
Delle genuflessioni poi che nelle 
congregazioni della sede vacante si 
fanno al sagro collegio, da quelli 
che ivi si ammettono ad udienza, 
compresi gli ambasciatori, e i pri- 
mari ministri della santa Sede, e 
delle relative spiegazioni, ne parlai 
al detto volume XVI, pag. 293, 
ed in piU luoghi all'articolo Coir- 
cLAVE. Nel volume V, pag. 61 del 
Dizionario si discorre come il po- 
polo deve genuflettere incontrando 
il vescovo per riceverne la bene- 
dizione, spiegando a pag, 68 sul 
suono delle campane nel passaggio 
de' vescovi per le città e campa- 
gne. Delle genuflessioni che si fan- 
no al sommo Pontefice in cappel- 
la pontificia, all'udienza, nel rice- 
vere l'apostolica benedizione, e nel 
baciargli i piedi» vanno letti gii 
articoli CAPPBI.LB Pontificie, Udie»- 
E A de' Papi, Benedizione del Som- 
mo Pontefice, e Bacio de' piedi. 
Si possono anche consultare, Poli- 
doro Virgilio, De rerum inventori" 
bus lib. IV, 0. XV; M. Ant, Maz-^ 
zaroni. De tribus coroms Pont Rom, 
neonon de osculo ss, e/us pedum^ 
Romae 1609, et 1788; Michele 
Angelo Carmeli, Sopra l'uso di 
baciare i piedi al Papa, nelle sue 
Dissert, filologiche, Roma 1 768 ; 
Martino Kempio, De osculis pe- 
dum Rom. Pont., e Matteo Zimer- 



GEN 

manno, in Montìbus pietatis pag. 
373. 

Qua odo il Papa benedice ìa cap- 
pelia ponlificia, tutti debbono ge- 
nuflettere, meno i cai*dinali, però 
se i vesooTi ed abbati sono vestiti 
co sagri paramenti, allora restano 
in piedi: nella medesima cappella 
i fescovi che sono avanti al Papa 
devono stare col capo scoperto, 
così i cai'dinali primo prete» e i 
due primi diaconi quando sono al 
tit>no. 11 patiiaix», arcivescovo, o 
vescovo assistente al soglio nel sor^ 
reggere al Pontefice il libra , sta 
genuflesso o in piedi, secondo il 
maggior comodo che fa al Papa 
nel leggere. Perché il cardinale 
primo prete incensa genuflesso il 
Papa sedente in trono, lo si dice 
al volume Vili, pag. ^4^ e 249* 
Quando sull'altare é esposto il ss. 
Sacramento, o vi è senz'essere es- 
posto, non si genuflette al Ponte- 
fice, anche se si passa dinanzi a 
lui. Non essendovi le sagre specie 
sagramentali, entrando od uscendo 
dalla cappella o chiesa ov'é il 
Pontefice, con un ginocchio si ge- 
nuflette alla croce dell'altare, e con 
una girata si fe altrettanto col Pa- 
pa. Nelle cappelle pontificie che 
hanno luogo fuori del palazzo a- 
postolico, se il trono papale é di- 
rimpetto all'altare, nell'accesso o re- 
cesso non si fe genuflessione gira* 
ta, ma prima si Ùl all'altare, a 
poi distinta al Pontefice. Nella pro- 
cessione del Corpus Domini quelli 
che v'intervengono per rispetto al 
ss. Sagramento che precedono ed 
accompagnano , non debbono in- 
chinare il cardinale primo diacono, 
ed i prelati governatore, e mag- 
giordomo che sono presso la porta 
di bronzo all' ingresso della galle- 
rìa che dal colonnato conduce alla 



GEN 33 

scala regia da dove discende la 
prooessioìie, e defila innanzi a det- 
ti personaggi, al «odo ohe dicem- 
mo al volume IX, pag. 53 del Di* 
zionario^ alti'ettanto si deve prati- 
cata con monsignor vice -gerente 
che attende il passaggio del clero 
fuori del colonnato a desti*a, come 
dissi a pag. 56 del citato luogo. 
Dappoiché é noto che coloro che 
fanno parte d'una prooelsione ove 
si porti la ss. Eucaristia, se pas- 
sano avanti ad un altare ove la 
medesima sia chiosa nel ciborio, 
o innanzi ad un altare ove si ce- 
lebra la messa e sieno state già 
consagrate le specie sagramentali , 
ed anche nel punto della eleva- 
zione d'ambedue, non si deve ge- 
nuflettere. Delle genuflessioni nel- 
le sagre fimzioni che celebra, od 
assiste il Papa, sé ne tratta ai 
rispettivi articoli > così di ogni aU 
tro genere di genuflessìbnt , come 
nel som ministra i« l'acqua alle ma- 
ni, e porgere il pannolino per a- 
sciugarle. F. Lavìinda delle ma- 
iri, Messa, e per le altre genufles- 
sioni quegli articoli appartenenti al- 
le rubriche generali. 

GENUFLESSORIO o INGINOC 
CHIATOHO, Sgabellum ad genua 
submiUtnda formatum ^ sgabellum 
genualcf sgabellum flectendis^ vei 
ponendis genibus natum^ come lo 
dichiara VOnomasticum romanum 
di Felice Felici gesuita, dicendolo 
sgabello per uso d'inginocchiarsi. 
L'inginocchiatoi*o o inginocchiatoio, 
nel Dizionario della lingua itaUa» 
na si definisce, arnese di legno per 
uso d' inginocchiarvisi. L' inginoc- 
chia toro ordinariamente é di legno 
di noce, naturale, o dipinto, ov- 
ireix) coperto di drappo , con due 
cuscini, uno posto ove si piegano 
le ginocdiia, l'altro ove si riposano 



24 OEN 

i goiniti. Pei cardinali, prelati, ed 
altri pertonaggi ti pone i'inginoc* 
chiatoro sopra un tappeto, o altro 
drappo; ma alla presenza del Pa« 
pa non è loro permesso, e soltan* 
io i caixlinali nel. venerare col Pon- 
tefice le reliquie maggiori nella ba- 
silica vaticana, le sagre. teste nella 
basilica lateranense, e nel!' inter- 
vento in alcune chiese per tridui , 
novene, benedizioni, e nella cap- 
pella Paolina quando si ripone o 
rimove il sepolcro, o nell'esposizio-^ 
ne delle quarant'oi^, siccome luo- 
ghi ove non sono gli stalli cardina* 
lizi, ricevono nei banchi coperti 
con panni loro assegnati dai pro- 
pri decani il cuscino per stare gè? 
nuflessi: questo cuscino è di pan- 
no rosso o paonazzo secondo i tem- 
pi, guaiTiito di trina di seta dello 
stesso colore, della quale sono pure 
i quattro fiocchi degli angoli. Nei 
mentovati luoghi i soli, prelati mag- 
giordomo, e maestro di camera 
hanno Tuso d'un piccolo e nudo 
sgabello per cadauno. In cappella 
pontificia, e nelle basiliche o chie- 
se, ove il Pontefice si reca a ce- 
lebrare od assistere alle sagre fun- 
zioni, per inginocchiatoro adopera 
un arnese in forma di Faldistoriù 
(Predi'), per cui viene comunemen- 
te, sebbene impropriamente, chia- 
mato faldistorio. Questo inginoc- 
chiatoro o genuflessorio é di le- 
gno tornito ed intagliato, con orna- 
ti eleganti, ed il tutto dorato: ha 
quattro piedi ed altrettanti corri- 
spondenti assi incrociati, formato a 
forbice, onde potersi ripiegare per 
il suo trasporto, terminati gli assi 
con teste di angeli, o con palle. 
Nella parte superiore eyvi fissato 
un solido strato di velluto rosso con 
trinette d'oro, sul quale si pone un 
gran cuscino pel riposo delle brac* 



GEN 

eia. Avanti all' inginocchiatoro si 
colloca un basso e piccolo sgabel- 
lo foderato di seta, cbn cuscino so- 
pra, sul quale il Papa sta genu- 
flesso. Tanto il cuscino grande quan- 
to il piccolo sono foderati di da- 
masco o ganzo d'argento e d'oro, 
con fondo bianco, rosso, o paonaz- 
zo secondo i tempi, e sono decorati 
di trine e fiocchi d'oro, o di fioc- 
chi di seta ed oro : il cuscino gran- 
de però é ordinariamente ricamato 
in oro. Nel mattutino del giovedì 
santo, e per tutto il giorao del 
venerdì santo i cuscini sono fode- 
rati di semplice seta paonazza. Do- 
vendo il Papa nella mattina di det- 
to giorno recai*si a piedi nudi a 
fare le triplici genuflessioni per l'a- 
dorazione della croce senza cuscino, 
Pio Vili, essendo a ciò impotente, 
usò il detto piccolo sgabello col 
cuscino paonazzo. Quando e dove 
si usa dal Papa tale inginocchia- 
toro, lo si dice all'articolo Cap- 
pelle Pontificie. Lo collocano al 
sito cioè innanzi 1' altare, ove il 
Papa vi si pone genuflesso, due 
chierici della cappella pontificia , 
a' quali spetta pure rimoverlo, e 
portarlo presso la credenza posta 
a corna epistolae^ Stando il Pon- 
tefice genuflesso sull'inginocchiato- 
ro, stanno accanto a lui inginoc- 
chioni il prefetto delle cerimonie 
pontificie a ministra, ed il secondo 
cerimoniere a destra : spetta al pri- 
mo ivi levare e riporre al Pa- 
pa il berrettino, e somministrar- 
gli alle occorrenze il fazzoletto. 

Nel voi. IX, p. 47 e 48 del Di- 
zionario^ parlammo di que' Ponte- 
fici che nella solenne processione 
del Corpus Domini^ portarono il 
ss. Sagramento genuflessi sull'ingi- 
nocchiatpio, stabilito sulla macchi- 
na chiamata talamo. Nel prendere 



GEN 

il Pontefice possesso della basìlica 
lateranense, giunto nel portico si 
pone in ginocchio sopra cuscino di 
velluto rosso, guarnito d'oro, so- 
vrapposto a ricco e nobile strato 
o tappeto, ambedue ivi preparati 
dalla iloreria del sagro palazzo. Al- 
lora il Papa essendosi levato il 
cappello, si scuopre pure del ber- 
rettino bianco, prima usando più 
comunemente il camauro rosso, e 
bacìa divotamiente la croce d'ar- 
gento che gli pi^esenta il cardinale 
arciprete della basilica, mentre i 
cantori di essa cantano il mottet- 
to: Ecce sacerdos magnus, ^ella 
relazione del possesso preso da In- 
nocenzo X nel 1644 si legge: >» et 
ingressus porticum (il Papa), amo- 
to pileo , et bircio, genuflexus 
super pulvino, desuper tapete ac- 
comoda a florerìis, crucem sibi 
oblatam a catti. Columna praedi- 
ctae bas. archipresbytero , quam 
accepit a quadam pelvi argentea 
ei praesentatam a suo vicario, re- 
vei'enter osculatus est. Assurgens 
cardinalis Medices biretum (ante 
cruds osculum una cura pileo a- 
motum a capite Sanctitatis Suae a 
cardinalis Ant. Barberino) capiti 
suo restituii, et Sanctitatis, suble- 
vantibus fimbrias fuidae anteriores 
camei*ariis assistentibus, posteriores 
Tero caudatario, suis pedibus ac- 
cessit ad thronum pi*o Sanctitatis 
Suae praeparatum sub eadem por- 
ticu ". I due cardinali assistenti 
erano i primi diaconi 2 del genu- 
flessorio se ne parla pure all'arti- 
colo Falda (kedi). Allorché il 
Papa si reca nelle basiUche o chie- 
se di Roma a visitarle, la Flore- 
ria apostolica (Vedi), pei suoi mi- 
nistri, ricuopre il genuflessorio di 
legno degli altari ove si venera il 
ss. Saaamento esposto ò chiuso 



GEN a5 

nel ciborio , con grande tappeto 
di velluto in seta cremisi , ornato 
di frangia e ti'ina d'otx), con due 
cuscini foderati di egual drappo, 
ed anch' essi ornati di ti*ine e fioc- 
chi d'oro, facendo il simile cogli 
altri genuflessorii degli altari che 
deve o vuole visitare il Pontefice. 
Quando questi passa semplicemen* 
te innanzi all'altare ove è liposta 
la ss. Eucaristia, od avanti alle 
confessioni degli altari papali delle 
basiliche lateranense, vaticana, ed 
ostiense, il cuscino su di cui genu- 
flette glielo presenta il foriere mag- 
giore, al quale lo somministra un 
ministro di detta floreria : in man- 
canza del foriere, supplisce il fio* 
riere. Nel volume Vili, pag. 278 
e 3 16, si dice come il Papa oran- 
do avanti le reliquie maggiori del* 
la basilica vaticana, e per la loro 
ostensione, stando sul genuflessorìo 
gli viene somministrato dal vicario 
della basilica la tabella delle ora- 
zioni, sostenendo un canonico la 
.bugia con candela accesa. I genu- 
■flessorii poi che si pongono pei 
vesperi pontificali, e per le messe 
pontificali avanti l'altare del ss. 
Sacramento solennemente esposto, 
allorquando il Papa li celebra o 
.vi assiste si ricoprono con tappe- 
to bianco o rosso cremisi, secondo 
i tempi, essendo dei medesimo co- 
lore i due cuscini. Del prezioso 
genuflessorio fatto a forma di fal- 
distorio, e donato a Pio VII, ne 
^cemmo memoria al voi. XXI II, 
pag. 16 del Dizionario, La pia e 
regnante regina di Francia Maiia 
Amalia, in segno di particolare ve- 
nerazione verso il Papa che regna, 
gli donò un genuflessorio nobilissi- 
mo, di prezioso legno lavorato con 
bellissimi ornati di disegno gotico, 
reso più gaio . con decorazioni .di 



36 



GEN 



metallo dorato, e ciò che più ri- 
levante con ricchi drappi ricamaU 
dalle sue i^ie mani con isquisito 
gusto, e collocati ove si piegano 
le ginocchia, ed ove si riposano le 
braccia, nei luogo cioè ove si pon- 
gono i cuscini di cui ne £auuio le 
veci. V, Geruflessionb. 

GENZANO o GENZIÀNO, Gai- 
iianuni. Città della diocesi subur- 
bicaria di Albano , sede di go- 
verno del distretto e Comarca di 
Roma, abitata da cii*ca cinquemila 
individui . Luogo ameno e deli- 
zioso con puro dima, posto in pia- 
no sopra elevato colle, fornito di 
decenti fiibbrìcati: non ha mura 
cartellane, né porte, ed un boigo 
costituisce il suo ingresso. Però 
Gemano vecchio ebbe mura ca-^ 
stellane, e torri di opera saracine- 
sca da quelle pai*ti da cui poteva 
essere attaccala, cioè da aquilone, 
ponente, e meiunfi: mentre dalla 
parte orientale era invincibilmente 
difesa dall'altissima rupe a picco del 
€i*atere del lago JVemorese. Molti 
avanzi di tali mura, ed alcune tor- 
ri sono tuttora in piedi. La porta 
principale di Genzano, prima che 
si edificasse il palazzo baronale, a 
capo agli stradoni era nel luogo 
dei portone del palazzo Gesarinì, 
come lo addimostra il p. Eschi- 
nardi nella sua Caria iopogrqfica 
del ierri torio di Frascati e sue vi- 
cinanze^ data alla luce neli' an- 
no i685, da ciò ebbe origine il 
diritto antichissimo di passare per 
r odierno portone, per gli abi- 
tanti di Genzano vecchio. Innol- 
trandosi fino alla pubblica piazza 
si presentano quattro strade lar- 
ghe e diritte, senza quella che uno 
ha peitx>rso per giungervi e che 
sta alle spalle. Queste sono le prin- 
cipali della città^ almeno di quel- 



GEN 

la parte che chiamasi Genzano 
nuoyOf a differenza dell'altra che 
dicesi ' Genzano vecchio^ che ad uso 
degli antichi castelli è mal fiibbri- 
cato con strade tortuose ed angu- 
ste. La prima di dette quattt*o 
strade, incominciando a contare da 
sinistra a desti*a, guida al convento 
de'cappuccinì, ed è perciò chiama- 
ta via de' Cappuccini, l'estandone 
terminata la visuale colla fiiociata 
di loro chiesa; la seconda viene 
detta via Sfoi*za; la terza viene 
denominata via Livia, che guida 
al COSI detto duomo vecchio, la 
cui facciata chiude all'occhio la via; 
r ultima è la via delta Cornerà 
peixhè porta a Napoli. La posta 
in addieti*o passava per Marino, e 
la Faiola, ma nel 1780 essendo 
latta la nuova magni fìca strada di 
Albano e di Genzano, fu a questi 
due luoghi trasferita. Da ultimo 
per ordine del regnante Pontefice 
Gregorio XVI, con provvidenza uti- 
lissima ai viandanti non meno che 
agli abitanti di Genzano e dintor- 
ni, è stata costruita una nuova e 
bella sti'ada che dal piazzale di 
Galloro conduce ai piano dell'ol- 
mata di Genzano, mediante gran- 
dioso ponte sostenuto da sei solidi 
archi: ne fu dirattore dell'esecu- 
zione il cav. Bartolini ingegnere 
in capo, cui si deve pur lode per 
averla ideata. 

La città di Genzano è altresì 
uno de'piii comodi e piacevoli luo- 
ghi vicini a Roma per villeggiare, 
a cagione delle sue comode e deli- 
ziose passeggiate ; massime di quel- 
le delle tre lunghe vie laterali, 
decorate con due lunghe fila di 
grandiosi e sempre vet*deggianti 
alberi disposti simmetricamente, e 
tagliati con uniformità, ed uniti iu 
modo^ che recano sorpresa in guar- 



darli pei* la stupenda pruspettiva» 
^ode sono i*ìiioinati cotanto. Gli stra- 
doni olmati partono da un punto 
centrico, e divergendo, quello a de- 
stra è la strada Gorrìei*a che gui- 
da alla città, quello di mezzo il 
più lungo e piano conduce al pa* 
lazzo Cesariui, e Taltin) a manca 
porta al convento de'cappuccini : l'al- 
tro stradone che dalla città porta 
pure ai cappuccini intersecando lo 
stradone di mezzo, è quello di cui 
abbiamo parlato di sopra. Questi 
magnifici stradoni, divisi in quat* 
tvo viali, che 'formano la delizia e 
uieraviglia de'foi*estiet*i, furano in* 
cominciati dai duca Giuliano del- 
la nobilissima famiglia Cesàrini si- 
gnora di GenzanOy circa l'anno 
1643, alla quale epoca ebbe prin<* 
cipio la quadruplice piantagione de- 
gli olmi da cui sono formati: il 
più lungo di questi stradoni non 
oltrepassa tre quarti di miglio, e 
la famiglia Sforza Cesàrini ne cu- 
ra a sue spese la manutenzione, for*- 
mando essi uno de'più belli orna* 
menti di Genzano. A capo degli 
«tradoni eravi allora la porta del 
castello summentovata: e l'antico pa- 
lazzo baronale, secondo la tradizio- 
ne de' vecchi del luogo, é il palaz- 
zo detto di Moda, fabbricato sulle 
mura castellane^ confinante con la 
chiesa di s. Maria della Cima, e 
con un antico torrione guardante 
a mezzodì la marina. Non corrì'^ 
spondendo poi il vecchio palazzo ba- 
ronale alla magnificenza degli stra- 
doni, il duca Giuliano ne fìibbri- 
cò uno nuovo eoo maestosa e su- 
perba facciata ricca di marmi, on- 
de formasse un vago ed imponen- 
te prospetto al viale di mezzo: ad 
esso pure si deve l'intiera fabbri- 
ca della villa baronale. 

Non ha guari Todiei^no rispettabi- 



G£N 27 

le e colto duca d. Lorenzo Sforza- 
Cesarinij siccome amante del soggior- 
no di Genzano, in considerazione 
della degna duchessa sua sposa d. 
Carolina Shirley, della cui nobiltà 
|)arlammo all'articolo Conti (Ft^ 
di), ad uno dei lodati viali di olmi, 
che prìncipia avanti il di lui pa- 
lazzo, ha dato il nome di Carolina, 
ciò che fu sanzionato dal pubbli- 
co consiglio della città , per dar 
fu'ova allencomiato duca di paitico- 
are affezione. Inoltre questo duca ha 
mobiliato il palazzo con decoro e gu- 
sto, e lo ha abbellito con un contiguo 
giai*dino piantato alla foggia inglese 
sulla vicina pendenza del lago di 
Nemi, per essere inglese la duches- 
sa: il giardino lo ha piantato so- 
pra alcuni terreni da lui acquistali 
appositamente a lato dello stra- 
done di mezzo , e sulle coste del 
lago. Altro pregio di Genzano é 
la gran quantità di acque sorgenti 
di cui abbonda, di eccellente quali- 
tà. Le antiche voglionsi derivate da 
Nemi, ma divenute scarse in pro- 
cesso di tempo, il duca Giuliano Cesa- 
rmi giuniore, ottenne dai Savelli una 
porzione dell'acqua che scaturìsce nel 
territorio della Riccia al sito detto 
Quarto di Gallerò nel i65o. Di 
poi i cappuccini ottennero dai Co- 
lonna il ritorno dell'acqua che sor- 
ge nella Paiola nel i ^tx i , conce- 
dendo il duca Gaetano Sforza le 
vecchie foi*me per imboccarla : que- 
sta é l'acqua stessa che gittava dal- 
l' antica lontana in strada Livia , 
poi trasportata nella vicina piazza 
delle carceri. I medesimi cappuc- 
cini colla protezione di Alessandro 
VII rivendicarono dai Frangipane 
signori di Nemi, l'acqua che per 
gli antichi acquedotti da quel feu- 
do veniva a Genzano. Si eressero 
quindi due fonti di mai*mo in stra- 



38 G£N 

da Livia, ed ua'allra più grande 
vicino alla chiesa di 8. SebastiaDO 
di prospetto^ a ; detta via , ed io 
quest'ultima fu posta l'arme della 
comunità^ e quelle de' Papi sotto 
de' quali si fece la conduttura. Le 
altre due hanno corrispondenti iscri- 
zioni e stemmir In quanto alle 
chiese e conventi, il duca Filippo, 
ultimo dei Cesarini^ nel 1677 edi- 
ficò la vaga e comoda chiesuola 
di s. Sebastiano, unita al conser- 
vatorio delle maestre pie, le quali 
curano l'educazione delle fanciulle. 
Le maestre pie in principio non 
ebbero sede fissa, ma nel 1784 il 
cardinal vescovo Caraffa le stabilì 
ove sono. L'antica chiesa parroc- 
chiale, o duomo vecchio, dedicata 
alla Beata Vergine sotto il tiJtolo 
di s. Maria della Cimay forse per- 
chè prima l'immagine sulla cima 
d'un albero in quel sito, si veneras* 
se , ovvero per essere questo la ci- 
ma del monte Genzano, fu rifab* 
bricata dopo il i636, ed abbellita 
dal duca Giuliano, avente per qua- 
dro Taltare maggiore la Beata Ver- 
gine col Bambino, sopra un grup* 
pò di nubi e di angioletti, con ai 
piedi il principe degli apostoli in 
atto di contemplarne la gloria, pit- 
tura del cay. Cozza. La pia e be- 
nefica duchessa Livia vi collocò 
nel 1696,1 corpi delle sante mar- 
tiri Vincenza e Tigri, rinvenuti nel 
1689 nel cimiterio di s. Elena 
iiUer duos laurosy che i genzanesi 
elessero a loro protettrici, oltre l'a- 
vere per patrono s. Tommaso di 
Villanova sino dal i658 circa. 

La vasta e principale chiesa de- 
dicata alla ss. Trinità, decorata del 
titolo di collegiata, con capitolo di 
canonici e dignità d'arciprete, fu 
edificata nei primi anni del corren- 
te secolo» con disegno dell' architet< 



GEN 

to Giulio Camporesi; è della for- 
ma di quella di s. Aiidi*ea della. 
Valle di Roma, se si eccettui la cu- 
pola alla quale altra se n'è sosti- 
tuita in forma di catino. La fac- 
ciata esterna é ornata di due ordi- 
ni di colonne ai lati dell'ingres- 
so^ quattro grandi che servono di 
basamento, e quattro sopra più 
piccole che sostengono la cimasa. 
Sopra la porta vi è lo stemma del- 
la comune, rappresentato da una 
colonna con una mezza luna sopra; 
vuoisi che la colonna derivi dagli 
antichi Colonnesi signori di Gen- 
zano, e la mezza luna dalla . folsa 
tradizione, che ivi fosse venerata 
Diana chiamata anche Cinzia don- 
de il castello fu detto Cynthia- 
num; qui inoltre noteremo, che il 
medesimo stemma che adorna la 
mentovata fonte, ha nella colonna 
scolpite all'intorno varie viti cari- 
che di grappoli d'uva, per indica- 
re il principale prodotto di Genza- 
no. L'interno della chiesa ha tre 
navi, essendo la maggiore quella di 
mezzo per vastità , oltre la nave 
traversa che dà a questo interno 
la forma di croce. Sono rimarche- 
voli le cappelle della Beata Vergi- 
ne, e del ss. Ci*ocefisso; abbiamo le 
Constiiuliones capUulares ecclesiae 
Qynthiane, Eomae i833. Da que- 
sto tempio nelle ore pomeridiane 
del giorno dell' ottava della festa 
del Corpus Domini parte la solen- 
ne processione che il concorso ri- 
chiama di. tutti i paesi convicini 
e di molti romani e forestieri, per 
la singolarità della tanto nota in- 
fiorata, celebrata da diversi poeti. 
Questa infiorata consiste nel cuo- 
prire le vie per ove passa la pro- 
cessione, ed in breve tempo, di 
verzure e di ogni specie di vaghis- 
simi fiori, con graziosi e variati 



GEN 

disegni, che producono un effetto 
meraviglioso. La sua origine si de- 
ve alla famiglia Leofreddi genza- 
nese, la quale nei primi anni del 
pontificato di Pio VI cominciò or- 
nare la strada con piccoli strati 
di fiorì simmetricamente disposti 
avanti l'abitazione dei fratelli d. 
Arcangelo e Nicola Leofreddi po- 
sta alla metà della via Sforza , 
addosso alla quale essi avevano e- 
retto anche un altare decentemen- 
te ornato, ove si fermava la pro- 
cessione del ss. Sagramento. Suc- 
cessivamente questo ornamento di 
fiori nelle strade lungo il passag- 
gio della divota pompa, ci*ebbe 
gradatamente per Temulazione re- 
ligiosa delle alti*e famiglie genza- 
nesi proprietarie delle case avanti 
le quali percorre la processione, 
ed a tal segno, che ormai è di- 
venuta pei* così dire una festa eu- 
i*opea stante la sua celebrìtà, che 
attrae numerosi ammiratori del 
gusto ed industria dei genzanesi 
nell' adornare i piani delle strade 
con lavori di fiori d'ogni colore, 
vagamente disposti a disegno, tut- 
ti variati con figure, rabeschi ed 
ornati ; e ciò che riesce più sor- 
prendente, ciò fanno con somma 
celerità e facilità , ricoprendo la 
via con questi naturali tappeti ed 
arazzi estemporanei. Gli agostinia- 
ni della congregazione di Genova 
ebbero dal comune in dono l'an- 
tico ospedale dell' Annunziata, nel 
cui sito i religiosi eressero il pro- 
prio convento nel 1612, assumen- 
do l'obbligo delle pubbliche scuo- 
le: la contigua chiesa, che ha sem- 
pre ritenuta la stessa invocazione 
della ss. Annunziata, fu di nuovo 
edificata l'anno 1786. I cappucci- 
ni che prima stanziavano in Nemi , 
ebbero in Genzano il primo con- 



GEN ag 

vento sino dal \63j per benefi- 
cenza del comune ; ma essendo es- 
so io sito svantaggioso, il duca Giu- 
liano Gesarini, edificò a proprìe 
spese la chiesa e convento ove tut- 
tora sono, ed a' 17 maggio i643 
il caitlìnal Alessandro Cedrini con- 
sacrò la chiesa in onore di s. Fran* 
cesco di Assisi. 

I miglioramenti er l' ingrandi-^ 
mento di Genzano si deve ai du- 
chi Cesari ni e Sforza. Le lunghe 
e sanguinose guerre intestine tra 
i baroni romani, e i principi d'I- 
talia impedirono che quei signori 
ch'ebbero il dominio di Genzano 
potessei'O applicarsi a migliorare 
questo loro feudo, pregevole an- 
cora pel suo fertile tem torio, pel 
suo clima salubre, e per la van- 
taggiosa- esposizione. Altro ostacolo 
all'ingrandimento di Genzano nei 
suoi primi secoli fu il quasi conti- 
nuo cambiar padrone, essendoché 
interrottamente dominato dai mo- 
naci, dagli Orsini, dai Savelli, dal- 
la camera apostolica 5 dai Colon- 
nesi, dai Borgia, dagli Estoutevil- 
le e dai Massimi, laonde alla sola 
industria degli abitanti sotto tali 
sfgnorì , Genzano ripete l' accresci- 
mento. Venuto appena nel i564 
in potere di Giuliano Gesarini si- 
gnore romano fornito di rarissimi 
talenti, e di una magnificenza piti 
che ordinaria, il castello respirò 
dalle passate turbolenze, e potè ri- 
sarcirsi dai danni sofferti per le 
tiemiche incui*sioni de' vicini, e dei 
vantaggi perduti per l'indolenza 
di quelli che lo avevano domina- 
to. Fu primo pensiero di Giuliano 
di riformare, e ridurra in miglio- 
re e più regolato sistema il pub- 
blico statuto , che fece pubblicare 
nell'agosto i565. Gio. Giorgio suo 
figlio .che lo succedette, fece vari 



3o 



GEN 



ncquÌKti in terreni con idea di ri- 
durli a delizia; ed il duca Giulia- 
no figlio dì questi ingrandì il pa- 
lazzo baronale. Il duca Gio. Gior- 
gio Il 8i distinse piii de' suoi ante- 
nati in migliorare ed abbellire il 
feudo coi memorati stradoni, con 
riedificare il palazzo, la chiesa e 
convento de' cappuccini, ed ornare 
la chiesa parrocchiale. 11 di lui 
fratello Filippo eresse la chiesina 
di s. Sebastiano : sotto questi ulti- 
mi due duchi cominciò Genzano a 
notabilmente estendersi fuori del 
suo antico murato, ed ebbe pnn- 
cipio quello, eh' ora dicesi Genzano 
nuow), 11 mento di ridurre questo 
a quella simmetria e bellezza in cui 
oggi si veóe, tanto per la ben in- 
tesa costruzione delle fabbriche, che 
per r ampiezza delle sue strade, si 
deve alla duchessa d. Livia Ccsa- 
rioi erede di tutta la nobilissima 
famiglia, ed al duca Federico Sfor- 
za di lei marito. Sul declinare del 
secolo XVII e nel 1674 la duclies^ 
sa ordinò l'apertura di nuova ma- 
gnifica strada, che dalla chiesa par- 
rocchiale direttamente conducesse 
all'altra di s. Sebastiano, conceden- 
do i siti lungo la medesima a chiun- 
que bramava erigervi nnove abi- 
tazioni. Questa contrada che prese 
e ritiene il nome di Livia, si ornò 
di fabbriche i^golari , e talmente 
divenne popolosa , che verso il 
1707 fu d'uopo aprire la contigua 
strada Sforza dal cognome del du- 
ca Francesco. Le due grandiose 
strade furono aperte con disegno 
di Giovanni Jacobini in allora po- 
destà di Genzano e geometra, figlio 
di Cristoforo cavalleggero pontifì- 
cio, autore della famiglia Jacobini 
in Genzano. Sotto i duchi susse* 
guenti Genzano si andò sempre 
piii dilatando verso il piano, onde 



GEN 

formossì la nobile contrada detta 
della Posta. 

Delle testimoniansre poi di alcu- 
ni più celebri auton sopra Genza- 
no , e de' quali poi parleremo , il 
Batti ne tratta al cap.>XI della 
sua Storia di Genzano^ mentre nel 
cap. X discorre de' genzanesi illu- 
stri, e principalmente di Venanzio 
Sirny generale de' vallombrosani , 
vescovo di Sala mina iVi partUfUs; 
di Tommaso Scipioui dotto avvo- 
cato ed autore di una Prassi cri' 
minale y the il Bassani con com- 
menti pubblicò nel 1775; e di 
Gio. Battista Jacobini fatto vescovo 
di Veroli da Clemente XIII. A' no- 
stri giorni Pio VII fece vescovo di 
Bagnorea monsignor Gio. Battista 
Jacobini. Il medesimo Ratti disse 
che la famiglia Jacobini è origina- 
ria della diocesi di Parma, che si. 
stabilì a Genzano verso il i632,e 
che si diramò in otto e piii fami- 
glie; a pag. 4^ poi parla delle 
principali famiglie di Genzano, al- 
cune delle quali ora estinte. Dei 
principali prodotti di Genzano, egli 
ne parla al cap. IX, massime del 
vino che forma per la sua eccel- 
lenza la maggiora ricchezza del pae- 
se, per cui dà un breve saggio del 
metodo col quale i genzanesi col- 
tivano le viti, e del modo che ten- 
gono nella lavorazione del vino. 
Siccome Genzano è capoluogo di 
governo , così oltre l' appodiato di 
Ardea^ comprende nella sua giu- 
risdizione le comuni di Nemi e di 
Civita» Lavinia y luoghi celebri nella 
stoina degli antichi romani, il per- 
chè premetteremo un cenno alle 
compendiate notizie che pm ripor- 
teremo di Genzano. 

Ardea o Ardia^ Ardua ^ nella 
diocesi di Albano. Oltre quanto 
dicemmo sui pregi civili ed eccle- 



GEN 

siastici di Ardea al suo artksolóy 
qual marchesato della famiglia Sfor- 
^ » aggiùgneremo queste nozioni. 
Di questa metropoli dei rutuli 
si fa risalire Forigine i4oo anni 
avanti la nostra era, da una colonia 
ai^va , mentre la sua etimologia 
secondo le tliverse opinioni , in un 
ai suoi fasti si legge nel tom. I , 
p. 235 e seg. óe\Vj4nalìsi de* din" 
tomi di Roma del JNibby. La fer- 
tilità del territorio e la situazione 
marittima ne fecero un popolo in- 
dustrioso, ricco e potente a segno 
di spedir colonie perfino nella Spa- 
gna, dove è fama che uniti ai za* 
cinti fondarono la famosa Sagun* 
^Oy oggi Murviedro^ espugnata da 
Annibale cartaginese, e pretesto piut- 
tosto della seconda guerra punica. 
Alla Tenuta nel Lazio del troiano 
Enea, questi coi latini sostenne ac- 
canita guerra contro Turno re dei 
rutuli che vi perì ucciso da Enea. 
1 primi re di Roma non dierono 
inquietezze agli ardeati, ma l'ulti- 
mo di essi Tarquinio il Superbo alla 
città pose r assedio ; mentre questo 
facevasi dai i*omani ebbe luogo il 
nefando delitto di Sesto figlio del 
re, che abusando della onestà di 
Lucrezia, produsse la di lei memo- 
rabile moi*te, e la rivoluzione che 
cangiò di tirannico in repubblicano 
il governo di Roma, che per sem- 
pre discaccio dal suo territorio Tar- 
quinio e tutta la sua famiglia : 
così fu tolto l'assedio di Ardea, 
e segnato un trattato di tregua 
vantaggioso a Roma. E sebbìene 
presero parte nella guerra latina 
in fisivore dei Tarquini , gli ar- 
deati dopo queir epoca non appa» 
riscono in guerra coi romani, anzi 
in tale amicizia vennero con essi, 
sino a chiamarli arbitri ne' contra- 
sti con gli aricini. Cadde poi Ar- 



GEN 3i 

dea, sebbene centro di civiltà, nel- 
le discoi-die intestine, che il con- 
sole Geganio sopì nell'anno 3 1 3 dì 
Roma, indi vi fb esiliato il prode 
M. Funo Camillo, che Ubei*ò non 
solo gli ardeati dai galli, ma que- 
sti distrusse liberando Roma dal 
loro giogo. Ardea fu una delle co- 
lonie, che nella seconda guerra pu- 
nica si dichiarò impotente di dare 
que' soccorsi eh' esigevano i roma- 
ni , i quali più tardi l' esigettero. 
Siccome piazza forte vi mandaro- 
no Minio Cernnio Campano in 
ììiofp} di carcere; ma seguendo il 
partito di Siila contro Mario sog- 
giacque a fiere depredazioni e de- 
vastazioni che cagionarono poi l'in- 
salubrità del clima, ed influirono 
alla sua decadenza; onde Adriano 
rinforzò questa colonia, e venne ad 
un nuovo cangiamento, finché nel 
secondo secolo dell' era volgare di- 
venne deserta. L'abbandono del vi- 
cino Lavinio ora Patrica, potè do- 
po il secolo V della medesima era 
ricondurre una qualche popolazio- 
ne in Ardea. 

Sul declinare del secolo XI era 
Ardea un castello con itn^a e tor- 
re, appartenendo la metà al mo- 
nistero di san Paolo, quindi nel 
1 1 3o era passata in sua intera pro- 
prietà con nome di città. Nella me- 
tà del secolo XII I Ardea fu occu- 
pata da Nicolò monaco di s. Pao- 
lo, ma Clemente IV la ricuperò 
al monistero. Dipoi l'antipnpa C\e* 
mente VII la donò a Giordano Or-* 
sini, mentre il Pontefice Urbano VI 
contemporanea niente ki vendeva 
per tredicimila fiorini d'oro a Ja« 
eovello Oi^sini, dal figlio del qua<* 
le col rimborso di diecimila fiori- 
ni d' oro fu restituita Ardea al mo- 
nistero di s. Paolo. Nel i4o5 In- 
nocenzo VII la riunì alla camera 



32 



GEN 



apostolica, quindi Tenne in potere 
di Raimondo Orsini/ a cui la tolse 
Martino V che la die al sua pa-* 
rente Giovanni Andrea Colonna, 
per cui divenne fèudo de' Colon- 
nesi ; però temporaneamente con- 
fiscato da Alessandro VI in favore 
di Roderico Borgia d'Aragona du- 
ca di Biseilo« Nella guerra contro 
Paolo IV del duca d'Alba fu oc- 
cupata dalle sue genti, e nel 1 564 
passò in proprietà dei Cesarìni. 
Nel secolo XI li vi fu eretta la chie- 
sa dedicata a s. Pietro, nel decli- 
nare del precedente fu fabbricata 
quella di santa Marina vergine, la 
cui porta e un monumento inte- 
i*essante per la storia dell'arte : di 
queste chiese il Piazza nella sua 
Gerarchia cardinalizia^ come del- 
le notizie di Ardea^ ne tratta a p. 
3 19 e seg., parlando della diocesi 
d'Albano, così discoiTe delle chie- 
se di s. Maria detta di Pescarella 
patronato della Simiglia Massimi , 
di quella di s. Lorenzo e di quel- 
la di s. Antonio abbate fabbricata 
da Giuseppe Buccimazza negli ul- 
timi anni del secolo XVII. L' at- 
tuale terra di Ardea occupa sol- 
tanto il sito della cittadella antica ; 
la pòrta per la quale si entra è 
opera de' G)lonnesi del declinare 
del secolo XV, come pure il con- 
tiguo palazzo baronale. Il lodato 
Ratti parla d' Ardea alle p. 4? 5 4^ 
e 106; il Theuli a p. 46 del suo 
Teatro istorico; il Ricchi a p. 234, 
lib. I, cap. XLVI, Ardea o Ardia , 
chiamata ancor Troia colonia Ut' 
lina XVI^ ove dice pure delle sue 
notizie ecclesiastiche. Lo stesso Rio- 
chi nel Teatro degli uomini illu- 
stri de* volsci chiama Ardea fon- 
datrice della reggia dell' is tesso no- 
me, ed a p. 3o, oltre i pregi di 
Ardea, discorre de' soggetti . illustri 



GEN 

della medesima, fra' quali oltre il 
Papa Leone V , da noi detto al- 
l' articolo Ardea, dice probabilmen- 
te comprendei'si anche Marco Fu- 
rio Camillo. 

Nemii iVentUf /comune della dio- 
cesi di Albano. Il suo nome deri- 
va dal famoso Nemus o bosco sa- 
cro di Diana, foltissimo, in mezzo 
al quale era il suo tempio nel 
cratere del lago, coronato da un 
ciglio continuato de' monti. Dalla 
Tauride vuoisi derivasse il culto 
di Diana Nemorense, ed il simu- 
laci*o finsero i poeti essere quello 
stesso custodito già da Ifigenia so- 
rella di Oreste, ed avanti al qua- 
le questi uccise Toante re della 
Tauride. Sacerdote di questo tem- 
pio, in vigore d' un costume bar- 
barico scitico, era quello che di 
propria mano aveva ucciso il pre- 
decessore, cioè un fuggiasco ch'e- 
sponeva la propria vita per dive- 
nirlo, e che sempre trepidava che 
gli fosse resa la pariglia, per cui 
procedeva sempre armato di spa- 
da sguainata, dovendo vigilare al- 
le insidie che gli si tendevano. So* 
leva essere anche uno schiavo il 
ministro di questa dea, e l'elezio- 
ne facevasi mediante un singolare 
combattimento di due schiavi, ve- 
nendo dichiarato sacerdote quello 
che uccideva il competitore. Il 
bosco ebbe pure il nome di Ege- 
ria come la fonte, da una ninfa 
locale (Ovidio cantò la favolosa 
tradizione che la ninfa Egeria fu 
sposata da Numa, e dopo la mor- 
te di quel re ritiratasi inconsolabi- 
le nel bosco aricino fu da Diana 
cangiata in una fonte), fonte che 
si vede ancora abbondante, peren- 
ne e limpida sgorgare sotto il vil- 
laggio odierno, il quale annicchia- 
to sopra il ripiano d'una rupe al- 



GEN 

tissima tagliata a picco, è succe- 
duto altempio, il quale ebbe defini- 
tivo termine nel 391, allorquando 
furono proibiti i riti de'pagani. Ces- 
sato il culto di Diana, il bosco sacro 
costituì la massa Nemus, la quale 
nel secolo IX apparteneva alla ba- 
silica di s. Gio. Battista di Àlba- 
nOy e per tradizione dicesi asse- 
gnata sino da Costantino , quan- 
do ancora esisteva il culto della 
dea. Questa terra rimase massa , 
cioè ' una proprietà costituita di 
molli fondi uniti, fino al secolo IX, e 
per la sua posizione fortissima e se- 
gregata, nel seguente fu occupata 
dai conti Tusculani, di cui parlam- 
mo air articolo Frascati (P^edi), ì 
quali vi formarono un Castrum o 
teiTa fortificata, che nel logo il 
conte Agapito assegnò in dote al- 
la figlia data in matrimonio ad 
Oddone Frangipane, e così i Fran- 
gipani divennero signori di Nemi. 
Cii*ca il 1 1 53 il Papa Anastasio 
IV concesse Nemi ai monaci ci- 
stcrciensi di s. Anastasio fid aquas 
Salviasy ciò che confermò nel 1 183 
Lucio III. Il Cecconi nella Storia 
di Palestrina a p. 272, dice che 
Bonifacio Vili fece assediare il ca- 
stello di Nemi difeso da Stefano 
Colonna; venne preso per fame, 
e fu concesso ad Orso Orsini. Piit 
tardi nel 1378 l'antipapa Clemen- 
te VII in premio de' servigi rice- 
vuti da Giordano Orsini signore 
di Marino, gli concedette questo 
castello insieme con altri, forman- 
do un'enfiteusi fino a teraa gene- 
razione. Da un istromento del 1389 
riportato dall' Armanni nel Raccon- 
to della famiglia Capizucchi^ si 
rileva che ad essa i terrazzani di 
Nemi portarono fedeltà e vassal- 
laggio. 
' La fortezza ed il castello di 

VOI. XXIX. 



GEN 



33 



Nemi fu invaso da Tebaldo de» 
gU Annibaldi signore della Mola* 
ra, ma poscia il suo figlio Giovan* 
ni lo restituì all'abbate di s. Ana- 
stasio nel 141^9 onde l'abbate lo 
die in affitto a Gioi*dano Colonna 
per cinquanta o settanta fiorini 
d'oro, alla qual famiglia i monaci 
con beneplacito apostolico lo ven- 
derono nel 14^8 con Genzano, e 
col casale di Montagnano per quin- 
dicimila fiorini del valore di ba- 
iocchi 47 l'uno. Nel i479 ^^oìì 
con Genzano furono acquistati per 
dodicimila ducati dal cardinale di 
Estouteville, che nel 1480 donò 
ambedue i luoghi ad Agostino e 
Girolamo figli di Girolama To$ti( 
e dopo tornarono ai Colonnesi. 
Però nel 1482 Nemi^ Ardea, ed 
altri luoghi furono confiscati da 
Sisto IV, e donati ai velletrani^ 
come si legge nel Borgia, Storia 
di Felletri p. 38o: questi inoltre 
parla de' suoi confini con Velletri 
regolati dal cardinal di Roano» 
delle posteriori differenze sui me* 
desimi sedate nel i5o5, enei i546 
dal governatore di Marittima e 
Campagna. Nella famosa divisione 
de' feudi fetta d' Alessandro VI nel 
i5oi tra i figli di Lucrezia Bor- 
gia, ed inserita dal Ratti a pag* 
I SS della Storia di Genzano^ con 
altri documenti riguardanti Nemi, 
fu assegnato dal Papa a Roderico. 
Dopo la morte di Alessandro VI 
il castello tornò ai Colonna, ma 
Ascanio nel iSSo lo vendè a Giu- 
liano Cesarini. Il quale nel iSSg^ 
Io rivendette ai Colonnesi, che nel 
i56o lo venderono a Silverio de 
' Silveriis Piccolomini; quindi nel 
i566 venne in potere di France- 
sco Cenci) che nel 1573 lo vendè 
a Muzio Frangipani^ il cui figlio 
Mario morendo in Roma l'anno 

3 



34 GEN 

i6j»4) chiamò alla successione i 
Frangipani di Croazia, e poi quel- 
li del Friuli. Dal marchese Anti- 
gono Frangipani fu alienato Nemi 
nel 1781, pel prezzo di scudi no- 
vantaquattromila settecento dodici, 
in favore di d. Luigi Bmschi di 
Cesena, il cui zio Pio VI nel 1786 
eresse il feudo in ducato pel ni- 
pote d. Luigi, il quale restaurò il 
palazzo baronale, e lo abbelfi con 
eccellenti pitture rappresentanti la 
antica storia del bosco Aricino; e 
togliendo molte selve inutili, fece 
piantare molte migliaia di piante 
d'oHvo. Il di lui figlio duca d. 
Pio nel i835 vendette Nemi, con 
patto redimendi, al principe Giulio 
Cesare Rospigliosi, e poscia in fat- 
ti lo riacquistò, onde attualmente 
n'è tornato al duca d. Pio Bra- 
8chi il possesso. 

La situazione di questa ter- 
ra è pittoresca, come magnifica 
n'é la veduta che ivi si gode 
del cratere e del lago sottoposto, 
che somiglia ad uno specchio va- 
stissimo. 11 palazzo baronale accre- 
sciuto da Mario Frangipane ultimo 
del ramo di Roma, ha l'aspetto 
di un antico castello feudale, ed 
in un alla torre rotonda è opera 
dei Colonna. Nel tempo che A- 
Scanio Colonna era signore di Ne- 
mi, accolse in questo territorio i 
cappuccini, i quali furono destinati 
ad abitare un sito svantaggioso 
poco distante dalla casa dei pe- 
scatori, a lato della strada che da 
Nemi passa a Genzano, laonde nel 
1687 passarono in Genzano al mo- 
do che dicemmo di sopra. Allora 
Il nominato duca Mario Frangipa- 
ni, a cui Nemi deve tutto quello 
che ha di moderno degno di con- 
siderazione^ per consolare i suoi 
vassalli di tale perdita, fabbricò 



GEN 

dai fondamenti in un sito comodo 
un nuovo convento pei frati mi* 
nori osservanti con chiesa annessa 
dedicata a Dio in onore della 
Beata Vergine Maria detta di j^er- 
sacarrOf e nel i645 vi furono in- 
trodotti i minori osservanti. L'im- 
magine della Madonna che ivi si 
venera sedente col divin Figlio, ed 
ai lati i ss. Pietro e Paolo, il po- 
polo di Nemi Tavea collocala nel- 
la chiesa de' cappuccini, i quali a>- 
vendola portata in Genzano al- 
lorché partirono, ad istanza del 
comune di Nemi, Urbano Vili 
processionalmente la fece restitui- 
re, e riposta nella chiesa parroc- 
chiale, fu poi trasferita in quella 
degli osservanti. Dopo alcuni an« 
ni essendo stata riposta nell'altare 
maggiore una divotissima imma- 
gine di legno del ss. Crocefisso, 
lavorata da fr. Vincenzo da Bas- 
siano nei soli giorni di venerdì, 
ne' quali macerando il proprio cor- 
po con pane ed acqua, e con aspre 
discipline , fervorosamente prega- 
va Gesù- Cristo che il suo lava* 
ro riuscisse a benefizio de' fedeli, 
laonde è costante tradizione che 
trovasse il volto perfettamente com* 
pito da mano invisibile. Fu espo- 
sto alla pubblica vener/izione nel 
1669, e subito per le grazie ricevu- 
te da chi ne implorò il patrocinio, 
divenne in gran divozione. I late- 
rali a fìesco sono di fr. Felice da 
Napoli che li dipinse nel 1675; nel 
primo espresse Gesù avanti Caifas« 
so, nell'allix) quando porta la croce. 
Sulla volta colorì la ss. Trinità, eoo 
la Vergine coronata dal Figliuolo 
con vaga corona di fiori. Due altri 
suoi dipinti sono in questa chiesa 
ai due altari de' ss. Francesco, 
Pasquale e Chiara, e di s. Anto- 
nio di Padova. Lo stesso duca 



GEN 

Mario rifabbricò la chiesa parroc- 
chiale di s. Maria de puteo^ dedi- 
candola a Dio in onore della Con- 
cezione della ss. Vergi ne, la di cut 
immagine fece porre nell'altare 
maggiore» lavorato a marmi anti- 
chi con due vaghe colonne. Si 
crede che la denominazione de pu* 
teo sia derÌTata da una apparizio- 
ne che fece la Madre di Dio ad 
alcune donzelle, eh' eransi portate 
ad attingere l'acqua ad un pozzo 
situato dentro della chiesa \ecchia. 
Il p. Casimiro da Roma, nelle 
Memorie istoriche delle chiese e 
de* conventi de* frati minori della 
provincia romana, non solo al cap. 
Xy tratta della chiesa e conven- 
to di s. Maria di Versacarro e 
delle sue reliquie, ma ancora e con 
la nota erudizione delle notizie di 
Nemi, delle antichità ivi trovate, 
e del suo lago, non ehe della no- 
bilissima famiglia Frangipane. Im- 
portanti notizie di Nemi ci dà e- 
gualmente il Piazza nella Gerar* 
chia cardinalizia da lui pubblica- 
ta nel 1703, s\ profane che sacre, 
e del suo lago ed amenità del luo- 
go, come ancora delle chiese di s. 
Maria del Pozzo, di s. Maria del 
Rappello fondata dalla famiglia 
Gismondi, di s. Nicolò sulle spon- 
de del lago, e dell'oratorio o ro- 
mitorìo di s. Michele. Inoltre iu 
Nemi vi è un ospedale per gl'in- 
fermi e pellegrini ben dotato, ed 
amministrato dal sodalizio del ss. 
Sagramento. 

Il lago di Nemi , pi^ comune- 
mente detto dagli antichi Nemo* 
rensfy è come quello di Albano il 
prodotto di un vulcano estinto, di 
che fan prova le, materie che lo 
eircondano : il perimetro è di circa 
cinque miglia ; ed il livello è supe- 
riore a quello di Albano ossia 



GEN 



35 



Castel Gandolfo {Fedi), sebbene 
nella siccità del i683 il lago di Ne- 
mi si abbassò notabilmente meno 
di quello di Albano. Ai lago vi si 
può discendere per varie strade, 
e fu anche chiamato Specchio di 
Diana, perché il tempio come l'o- 
dierno paese si specchiava nel lago» 
Secondo le osservazioni di Schon, 
nella sua lettera al Brocchi inse- 
rita nel quaderno di giugno 18 18 
della Biblioteca italiana^ il lago di 
Nemi è sopra il livello del mare 
mille e trentasei piedi parigini; 
la profondità del lago alcuni la fan* 
no ascendere a circa settecento cin- 
quanta palmi. Avvi un emissarìo 
che sbocca nella valle dell' Ariccia 
con copioso volume d'acqua, che 
fa agire un molino da grano. Al- 
cuni dicono che le acque del lago 
Albano col giro di quattro miglia 
si uniscono al lago di Nemi, altri 
che le acque di questo invece si 
immettono nel lago Albano. Cele- 
bre è la pretesa nave, come la 
chiama il Nibby, da altri detta di 
Tiberio, da altri di Traiano, esi- 
stente sotto acqua, della quale par- 
lano il Biondo nella Roma rist, p. 
no; Leon Battista Alberti nel 
Tratt. deWarchit, 1. V, e. 1 2; e piti 
particolarmente Francesco Marchi 
bolognese, celebre architetto ed in- 
gegnere militare del secolo XVJ, 
il quale vi calò nel 1 535, e ne fa 
un'esatta descrizione nel lib. II, cap. 
8 a della sua opera intorno l'archi- 
tettura militare illustrata dal mar- 
chese Luigi Marìiii. Gio. Girolamo 
nella Lezione accademica ec. i/itor- 
no V origine de' due lagìU Albano 
e NemorensCy nel Giornale de^let" 
terati^ riporta la descrizione della 
barca antica che trovasi affondata 
nel lago di Nemi, tratta dall'ope- 
ra di Marchi. Il Marchi si seivl 



36 GEN 

nell'impresa di Guglielmo di Lo- 
reaa Taiente meccanico, che inven* 
tò un istromento per andar sotto 
acqua» Prima V avea tentata di- 
verse volte il cardinal Prospero 
Colonna a mezzo del nominato 
Alberti, come racconta il Ratti a 
pag. 79 e seg. Narra il Nibby, 
tifW Analisi de* dintorni di Roma, 
tom. JI, p. 3g6, che nuove ricer- 
che su tal proposito si fecero ai 
giorni nostri (da Annesio Fusconi 
nel i8a7 con una macchina fatta 
da lui costruire,, ossìa campana di 
immersione, e col permesso del si- 
gnore del lago, allora il duca d. 
Pio Braschi, ripetendo l'esperienze 
del Marchi), alle quali essendo sta- 
to egli presente ed avendo attenta- 
mente esaminato quanto venne e- 
stratto, ed udito da coloro che vi 
erano calati ciò che aveano vedu* 
tOj gli sembrò potersi opinare, che 
]a pretesa nave altro non sia che 
la intelaratura de'fondamenti di un 
fabbricato; che i travi di questa 
intelaratura sono di larice e di a- 
bete; che i chiodi che li univano 
insieme SQno di metallo, e di va- 
rie dimensioni; che il pavimento, 
o almeno lo strato inferiore di es- 
so era formato di grandissimi te- 
goloni posti sopra una specie di 
graticole di ferro sopra ie quali 
livvi il marchio Caisar in lettere 
di forma assai antica ; e queste gra- 
ticole, come pure i tegoloni, alcu- 
ni travi , ed i chiodi possono ve- 
dersi nella biblioteca vaticana. Quin- 
di soggiunge, che il marchio Caisar 
sembra spiegar Tuso di questa fab- 
brica, imperciocché racconta Sve- 
tonio nella vita di Cesare e. XLVJ, 
che quel dittatore *» Villam in 
•• Nemorensi a fundamentis inchoa- 
M tam, magnoque sumptu absolu- 
f« tam, quia non tota ad animum 



GEN 

M ei responderat, totam diruissè 
» quamquam teuuem adhuc, et 
M obaeratum ". Cominciò pertan* 
to Giulio Cesare una vili» magni- 
fica e sontuosa nel Nemorense , e 
la distrusse dopo averla quasi fini- 
ta, perchè non corrispondeva intie- 
ramente alle sue idee, e questa 
villa era stata fatta con grande spe- 
sa, magnoque sumptu. Riflette dun- 
que il Nibby che il marchio Cai" 
sar è appunto quello di Cesare, 
perchè è solo, isolato, non accom- 
pagnato dal prenome Ti, cioè 7T- 
berius, o dal cognome Trafanus; 
e perciò crede che la pretesa bar- 
ca altro non sia che il fondamen- 
to di questa villa medesima fatto 
dentro il lago, onde dar luogo al 
fiibbricato superiore, e questo es- 
sendo stato distrutto da Cesare 
stesso, il fondamento sott'acqua ri- 
mase, come pure sott'acqua si tro- 
vano avanzi sconvolti della i&bbri- 
ca demolita, li punto scelto per 
questa villa era opportuno, essendo 
collocata dirimpetto al tempio del- 
la dea in riva al lago. 

Il canonico Emanuele Lucidi 
nelle Memorie istoriche delT anti» 
chissimo municipio dell' A riccia, e 
delle sue colonie Gemano e Nemi^ 
Roma 1796 per i Lazzarini, a p. 
74 e seg. parla del lago A ricino, 
ora di Nemi, dedicato a Diana ; del 
suo circondario, e differenza di li- 
vello da quello di Castel Gandolfo; 
del suo emissario; delle due gran- 
di navi pensili fatte gettare nel 
Diezzo del lago dall'imperatore Ti- 
berio, sulle quali per* delizia e con 
spese immense edificò un palazzo 
con giardino pensile, foiose per go- 
dervi con maggior diletto la nau- 
machia o combattimenti navali ; 
delle sue produzioni vulcaniche, pro- 
ducendo anguille^ tin^he^ b^bi) e 



GEN 

soprattutto lattàrini dì delicato sa- 
pore, ed il Baiti aggiunge rofiglio* 
ni, scardafe^ anticoli ed altri; dice 
inoltre che questo lago era d'ognr 
intorno anticamente coperto di fab- 
bricati, specialmente verso il mez- 
zogiorno, e che ne' Commentari di 
Pio II ci vengono descritte le de- 
lìzie di questo luogo. Quindi a p. 
3 1 2 e seg. il Lucidi ci dà la sto- 
ria dell'origine di Nemi, e dei di- 
versi suoi signori , dicendo che fu 
chiamato Nemore^ Neme^ Nemo e 
Nemus Arieìnum. Il Fea nell'opu* 
scolo intitolato Varìeià di notizie 
economicO'fisiche antiquarie sopra 
Castel Gandolfoy Albano^ A riccia^ 
Némiy loro laghi ed emissari y Ro- 
ma 1820 pel Bourliè, a pag. 5 e 
seg. parla di Nemi e suo lago, ed 
a pag. 26 e seg. ci dà la relazio- 
ne architettonica dell'emissario del 
lago di Némì. Delle antichità rin- 
venute in Nemi, e delle sue noti- 
zìe ne trattano pure il p. Kircher 
nel suo Latium ; il Volpi nel Ve- 
tus Latium tom. VII; il Ricchi, 
nella Reggia de volsci lib. I^ cap. 
XXXHI, Nemi ; e Pio II, che vi si 
portò a visitarlo, ne'suoi Commen^ 
tari lib. II, p. 565, ed altri scritto- 
ri. Nel 174^ fu stampata in Vel- 
letri la Descrizione del boschetto 
del marchese Frangipane nel suo 
feudo di Nemi , di Gio. Battista 
Parisotti. Nel 1787 furono rinve- 
nute delie antichità , anche nella 
valle detta Noceto ^ ove esisteva 
una chiesuola sacra a s. Andrea a- 
postolo. Il Cancellieri nella sua Let* 
tera al dottor Koreff^ parla eru- 
ditamente di Nemi come della no- 
bile famìglia Frangipani, della qua- 
le riporta molte notizie in diverse 
sue opere. Su di essa può vedersi 
Benedetto Pucci, Genealogia dei 
Frangipani romani ^ discesa dalCan* 



GEN 37 

tichissima e nobilissima famì^id 
Anicia de* Leoni ^ Venezia 1622 
pel Barezzi. Il Nerini, De tempio 
et coenobio ss, Bonifacii et Alexii 
ec. molte notizie riporta de'Fran- 
gipani. Francesco Zazzera scrìsse 
delle Famiglie ec. e Frangipani nel 
suo trattato della Nobiltà d'Italia. 
Oltre Pio II Nemi fu onorato 
dalla presenza di diversi Pontefici. 
Alessandro VII vi si recò nel mese 
di maggio 1 656, e fu ricevuto dal 
cardinal Antonio Barberini, che il 
duca Mario Frangipane avea isti- 
tuito erede confidenziale: visitò la 
chiesa parrocchiale, e fu trattato a 
lauto pranzo nel palazzo baronale, 
con altri cardinali e principi che 
lo seguivano. Clemente XI vi si' 
portò tre volte, cioè a' 26 giugno 
171 1, a' 21 giugno 17 12, e ai- 
18 ottobre 1715: la prima volta 
visitò la chiesa parrocchiale, ed in 
tutte e tre quella del ss. Crocefis- 
so de' minori osservanti. Dalla vii-' 
leggìatura di Castel Gandolfo, co- 
me aveano fatto i precedenti, Be-' 
nedetto XIV recossi a Nemi a' 20 
ottobre 1741 coU'accompagnamen- 
to di piti di cento persone, e vi- 
giunse ad ore ventidue. Visitò la 
chiesa del ss. Crocefisso, e nel con- 
vento fu servito di sontuoso rinfre- 
sco dal marchese Pompeo Frangi- 
pani, nel modo che il di lui fra- 
tello Mario senatore di Roma, avea 
praticato verso Clemente XI; indi 
il Papa si portò a piedi alla chie-' 
sa parrocchiale, e poscia fece ritor- 
no a Castel Gandolfo, ove giunse 
a mezz'ora di notte , servito dalle* 
torcie per la strada, nella quale 
trovò squadronati i soldati corsi, 
passando per la macchia della Fa^ 
iola. Nel 1763 Clemente XIII, gio- 
vedì 6 ottobre, dopo avere udito 
la messa in Castel Gandolfo» coi 



38 



GEN 



cardinali Cavalchini , e Rezzonico 
suo nipote^ e cogli altri nipoti e 
corteggio si portò in Nemi. Nella 
chiesa de' francescani adorò il ss. 
Sagramento , poi venerò V imma- 
gine del ss. Crocefisso^ quindi pas- 
sò nel convento» ammise al bacio 
del piede tutti i religiosi , a* quali 
fece distribuire abbondante limosi- 
na, in un all'arciprete ed altre per- 
sone. Finalmente si condusse ad 
osservare il palazzo ed il boschet- 
to Frangipane. Pio VI dopo che il 
nipote d. Luigi acquistò il feudo, in 
occasione che si portava nell'aprile 
Q maggio a Terracina pel prosciu- 
gamento delle Paludi Pontine, piU 
Tolte nel ritornare a Roma onorò 
di sua presenza Nemi; e leggo nei 
Diari di Roma, che Pio VI vi fu 
giovedì 8 giugno del 1783, in cui 
il duca Braschi imbandì alla corte 
una nobile refezione; e che vi ri- 
tornò lunedì i4 maggio 1787, ri* 
cevuto dai nipoti cardinali RomuaU 
do, e duca d. Luigi, che imban- 
dirono alla famiglia pontificia altra 
refezione. Anche il successore Pio 
VII onorò Nemi di sua presehza, 
e visitò la chiesa de' minori osser- 
vanti, portandovisi dalla villeggia- 
tura di Castel Gandolfo. Da que- 
sta il regnante Pontefice Gregorio 
XVI si recò a Nemi agli 1 1 otto- 
bre i832, ricevuto tra lo sparo dei 
mortari, il suono delle campane e 
il gaudio degli abitanti, Visitò la 
chiesa principale, ove ricevè la be- 
nedizione del ss. Sagramento, ed in 
(sagrestia ammise al bacio del pie- 
de l'arciprete, la municipalità ed 
altre persone. Passò poi alla chie- 
s^ de' francescani a venerare quel 
ss. Crocefisso miracoloso; quindi 
sotto il trono ammise al bacio del 
piede la religiosa comunità, nel re- 
iGsttorio prese una piccola refezione. 



GEN 

e recandosi ad osservare il delizioso 
lago, partì da Nemi. 

Civita'Laviniaj Lanuvium^ comu- 
ne della diocesi di Albano. Questa 
terra corona l'ultimo scaglione, o 
controfforte della lacina sud-est che 
discende dal ciglio ^ o cratere del 
lago Nemorense, ed occupa una 
parte dell'antica città latina di La- 
nuvium , la quale per analogia si 
pronunzia in varie lapidi antiche 
de' tempi imperiali, perché così in- 
dicata, col nome di Lanivium^ co- 
me ne' fasti ti*ionfali capitolini si 
legge Lavineis in luogo di Lanuvi- 
neis allanno ^i5 dì Roma. Quindi 
ne' tempi della decadenza fu detta 
Civitas Lanivina^ e nel medio evo 
Civitas Lavina ^ Civitas Lahinia^ e 
per corruzione Civita Nevina , Ci- 
vila Innivinay come ne' tempi mo- 
derni Civita Lavirua^ nome col qua- 
le oggi si conosce^ e cagione del- 
l'equivoco preso da molti , ed an- 
che contemporanei scrittori, che 
la confusero colla città di Lavinio 
fondata da Enea in un luogo ben 
diverso da questo, situato verso il 
mare, corrispondente con la moder- 
na borgata di Pratica. Ne prova la 
posizione di Lanuvio ove è al pre- 
sente Civita Lavinia, il Nibby nel 
tom. II, pag. 168 e seg. Analisi 
de dintorni di Roma; e le rovine 
de' molteplici avanzi di antichità, 
ed i monumenti esistenti non la^ 
sciano luogo ad alcun dubbio. La- 
nuvium fu fondata da Diomede 
trasportato su questi lidi dai flutti, 
dopo la distruzione di Troia; ed il 
culto di Giunone Sospita o Salva" 
trice^ che ivi osserva vasi, ed il cui 
tempio era nell'acropoli lanuvina, 
e vari usi furano pei romani una 
dimostrazione positiva di questo fat- 
to narrato da Appiano e da altri, 
mentre è noto che tutta rantichi^? 



GEN 

Ik riconobbe aver Diomede gira- 
to attorno alla penisola italica. 
La deità di Giunone nel tempio 
rappresentavasi ricoperta il capo e 
le spalle d'una pelle caprina , con 
lo scudo nella sinistra» la lancia con 
asta nella destra , t calzari con i 
calcei a doppia sola aperta. A pie* 
di avea un serpe, immagine di quel- 
lo che ri pu lavasi essere nascosto 
nella cavei*na situata a canto del 
tempio^ ed al quale con strano ri* 
to alcune donzelle vergini doveva- 
no recare ogni anno in cibo una 
focaccia. Questo tempio fu pur det- 
to di Giunone Argolide , presso il 
quale era vi un folto bosco saci*0| 
con grande caverna, tana del dra- 
gone , che di buon grado riceveva 
le focaccie se le donzelle erano ver- 
gini. Questa fu una delle tante dia- 
boliche imposture de' pagani. Am« 
messo che Lanuvio sia fondato da 
Diomede, secondo le tavole di Petit 
Radei questo fatto pub stabilirsi 
circa l'anno 1280 avanti l'era vol- 
gare, o secondo le tavole comuni 
circa l'anno 1282. Per la prima 
tolta dopo la fondazione della ter- 
ra i ianuvini compariscono nella 
.storia cii*ca 700 anni dopo. In que- 
sto lungo intervallo osserva il Nib- 
by che forse per la posizione sua 
nell'ultimo limite del territorio la* 
tino e volsco, Lanuvio restasse in- 
dipendente, e come Ardea fosse un 
distretto particolare, il quale seppe 
conservare la sua importanza col 
mantenere da questa parte la bi- 
lancia fra' due popoli limitrofi. I 
latini specialmente , considerando 
che poteva servire loro di punta 
entro l'agro volsco, da paralizzare 
l'importanza di Corioli e di Yeli- 
tra, accarezzarono talmente i Ia- 
nuvini, che questi finalmente en- 
trarono nella lega loro» allorché la 



GEM 3g 

potenza romana andava estenden- 
do le sue conquiste. E come fede- 
rati latini presei*o le armi per ri- 
mettere i Tarquini sul trono, ed 
insieme cogli altri fiirano rotti nel- 
la battaglia al lago Regillo. Con- 
chiusa dopo quell'avvenimento la 
pace coi romani, mantennero la 
loro indipendenza, conservando a 
quelli la convenuta concordia. Però 
alle insinuazioni dei volsci nemici 
permanenti di Roma, i Ianuvini 
presero con essi le armi contro i 
romani l'anno 3jS. L'esito fu pei 
Tolsci infelice, e probabilmente in- 
dusse i Ianuvini ad un accomoda- 
mento, finché nel 417» come parte 
della lega latina unironsi ai confe* 
derati, per scuotere la supremazia 
de' romani , e furono gli ultimi a 
deporre le armi, per la rotta sol^ 
ferta sul fiume Astura. 

Nella pace i romani trattarono 
con riguardi i Ianuvini, gli aoooiv 
darono la cittadinanza romana, re^ 
sero nazionali le loro fèste ed i ri- 
ti sacri, a condizione che il tem« 
pio ed il luco di Giunone Sóspiia 
o Lanimna fosse comune ai due 
popoli. Cosi Lanuvio colle proprìe 
leggi municipali pacificamente si 
resse, e solo dipendente fu da Ro- 
ma nel partecipare ai pesi pubbli- 
ci, come partecipe era degli onoii 
della metropoli. L'anno 543 nella 
mossa di Annibale contro Roma fu 
invitata a preparare vettovaglie, ed 
a presidiare la città. Dipoi Mario 
sapendo che Lanuvio era uno dei 
luoghi che servivano di granaio a 
Roma, se ne impadronì per sor- 
presa, quindi soggiacque a gravi 
disastri, e caduta in debolezza gran- 
de fu da Cesare colonizzata, es- 
sendo allora cinta di mura. Poco 
prima Cicerone l'avea qualificata, 
nel fine dell'orazione a favore dt 



4o GEN 

Murena lanuTÌno, come muDÌcipio 
onestassi mo, e come municipio si 
reggeva prima della colonizzazione 
colie proprie sue leggi, e creava il 
suo magistrato supremo annuale 
col nome di dittatore, officio di 
che era rivestito Milone, altro la- 
nuvino difeso pur da Cicerone. Nel 
tempio lanuvino si conservavano 
tesori, ma furono tolti da Otta* 
Viano, nella guerra contro Mar- 
cantonio; quindi nella divisione 
che Ottaviano fece delle terre, as* 
segnh una parte dell agro lanuvino 
ai veterani, ed un'altra alle vergi- 
ni vestali ; divisione che fu poscia 
abrogata da Adriano, il quale re- 
stituì ai coloni le teri'e: Svetonio 
dice che Augusto frequentava per 
suo diporto Lanuvio. Ad onta- del- 
la vicende la città per la sua ele- 
vata situazione, e pel tempio di 
Giunone sempre si sostenne; creb- 
be però in isplendore dopo che An- 
tonino Pio vi avea avuto i natali 
Tanno 86 dell'era volgare, e po- 
scia pervenne all'imperio per l'a- 
dozione di Adriano. QuelT ottimo 
augusto, il suo figlio adottivo Mar- 
co Aurelio, e l'indegno successore 
Commodo, nato anch'egli presso que- 
sta città, ne amarono particolar- 
mente il soggiorno, e vi ebbero 
una magnifica villa, la quale nel 
secolo passato die alla luce vari 
monumenti insigni, come il busto 
di Elio Cesare, quello di Ennio 
Vero, quello di Commodo giova- 
netto, la statua conosciuta sotto il 
nome di Zenone, il gruppo di 
Amore e Psiche, eo. che si am- 
mirano nel museo Capitolino. Com- 
modo vi ebbe il nome di Ercole 
Romano, e forse vi costiHisse l'an- 
fiteatro ed il teatro. La caduta 
del paganesimo portò un colpo 
fiero a Lanuvio, poiché chiuso il 



GEN 

tempio di Giunone, ch'era uno 
de' santuaiì principali del Lazio, 
dispei*si i sacerdoti, cessate le feste, 
terminò ancora il concorso^ e per 
conseguenza la sorgente principale 
delle sue ricchezze. Quindi fu suc- 
cessivamente rovinata dalle scorrerie 
de' barbari, da quelle de' greci e 
de' goti nel VI secolo, da quelle 
de' saraceni ne' secoli IX e X, e 
da quelle de' tiranni che sorsero 
da tutte le parti ne' secoli seguen* 
ti, che facendosi vicendevolmente 
la guerra, devastavano le possessio- 
ni usurpate. Lanuvio sembra es- 
sere stata abbandonata nel V se- 
colo, e restò deserta sino al XIII, 
non esistendo monumenti in con- 
trario. 

Dalle antiche &bbriche superstiti 
di opera saracinesca, si deduce che 
questa terra tornasse a risorgere 
nel secolo XIII, e che gli abitanti 
si annidassero sugli avanzi delle 
antiche fabbriche, che coronavano 
il colle meridionale della città an- 
tica. Il Ratti nella Scoria di Geti' 
zanOy pag. 4? e 4^9 narra che que- 
sta terra nel secolo XIII era del 
monistero e monaci dell'abbazia di 
s. Lorenzo fuori delle mura di Ro- 
ma, e siccome Onorio HI Savelli 
del 1 2 1 6 molto fece per quel mo- 
nistero, restaurò ed abbellì la con- 
tigua patriarcale basilica , quindi 
crede il Nibby che a lui si debba 
il ripopolamento di Lanuvio, come 
pure il nome attuale, opinione che 
egli avvalora pel riflesso delle pre- 
tensioni eh' ebbero su questa teie- 
ra i Savelli nel secolo XIV, i qua- 
li sotto la condotta di Cristoforo 
la occuparono nel 1378, come si 
legge nelle Memorie storiche suc- 
citate del p. Casimiro a p. 193. 
Prima di questo tempo e da un 
atto riportato dal Nenni> De tem^ 



GEN 

pio et coenohio pag. 526, dell'anno 
i358, si trova la terra chiamata 
Gol nome odierno , riooi*dandoti 
Cendo Palgiciae de civilate La» 
biniate e nel 1 36o in un allro do- 
cumento nferito pure dal JNerini, 
si ricorda il (enimentum civitatis 
Labiniae, Nel declinare di questo 
secolo 9 Bonifacio IX conservando 
sempre il diritto del monistero di 
s. Lorenzo fuori delle mura, lo 
concesse a Cecco Durabile del rio- 
ne di Trastevere in vicariato ad 
beneplackum. Giovanni XXII ( con 
bolla del i4io a favore di Gio- 
vanni e Nicolò Colonna, l'investì 
del Castrum cwitatis Laviniae , 
ricordando sempre il dominio di- 
retto del monistero, come si legge 
nella bolla riportata dal Ratti a 
'pag. ia4i à?\\dL quale pur si ap- 
prende che il dominio della terra 
apparteneva in commenda ai car- 
dinali Giordano Orsini, e Oddone 
Colonna che fu poi Martino V. I 
Colonna la ritennero tranquilla- 
mente sino al 1436, quando fu 
presa per Eugenio IV dal patriar- 
ca Vitelleschi generale di s. Chie- 
sa. Nella guerra sotto il pontificato 
di Sisto IV, Civita Lavinia fu as- 
sediata nel 148^) e presa da Al- 
fonso duca di Calabria il primo 
di agosto, che tre giorni dopo pre- 
se anche la rocca; ma dopo la 
partenza del duca fu occupata dalle 
genti del Papa, quindi nel i485 
da Innocenzo Vili data agli Or- 
sini. I Colonnesi si presentarono 
poco dopo sotto la terra, la pre- 
sero con grave strage de' loro av- 
versari, e ritennero sino a' 19 feb- 
braio i486, allorché con alti*a fie- 
ra strage, dopo molta fatica, venne 
espugnata dalle milizie pontificie, 
alle quali si rese a discrezione. Da 
quell'epoca in poi comuni , furono 



GEN 4f 

le vicende di Civita Lavinia , a 
quelle di Genzano ed Ardea. Ri- 
masta la terra ai Colonna, fu que- 
sta venduta da Mai*c' Antonio a 
Giuliano Cesarini nel i564) i quali 
ancora la ritengono, e vi hanno il 
palazzo baronale. Il Ratti, Della 
famiglia Sforza parte II, pag. 262 
e a63, nel riportare questo acqui- 
sto, dice che Gio. Giorgio figlio di 
Giuliano istituì pel primo una per- 
petua primogenitura nella famiglia, 
a fòvore dell'unico suo figlio Giu- 
liano li, avuto da d. Cleria Far- 
nese dama commendabilissima di 
quell'età; quindi raccomandò il fi- 
glio a Sisto V, e questi quasi pre- 
sago che i Cesarini sarebbero stati 
un giorno gli eredi della casa sua 
Peretti, prese special cui-a di Giu- 
liano, eresse in ducato il suo feu- 
do di Civita Nova, ed in marche- 
sato Civita Lavinia nel i586, ti- 
toli e signorie che tuttora gode la 
famiglia Sforza. Si deve però no- 
tare che il Cancellieri a pag. 166 
delle sue Campane riporta l'indi- 
cazione di alcuni stromenti notari- 
li, dai quali si rileva che nel 1480 
Oddo Colonna vendè Civita Lavi- 
nia a Gabriello Cesarini ; che nel 
1481 Oddo nel prendere denaro 
ad imprestito dal cai*dinal d'Estou- 
teville detto di Roano , nell' istru- 
mento viene nominata Civita La^ 
vinia, onde sembra che il Cesari- 
ni l'avesse ceduta ; che nel 1 483 
il cardinale donò a Girolamo ed 
Agostino fratelli, avuti con altri da 
Girolama Tosti, i castelli di Fra- 
scati , Civita Lavinia, Genzano e 
Nemi, costituendo per tutori i car- 
dinali di Porto e di Novara con 
l'incarico di prenderne possesso. 

La terra attuale e cinta di mu- 
ra rifatte dai Colonnesi nel secolo 
XV, ed in piii luoghi si mosti-a 



42 GEN 

ancora il loro stemma : due sono 
le ^orte che indicano ì luoghi cui 
conducono, cioè una si chiama Ro* 
mana, l'altra Nettuno. La sua pian- 
ta è quasi un quadrato difeso ne- 
gli angoli da quattro torri circo- 
lari, delle quali quella che difende 
Fangolo orientale è più grande ed 
ha una torricella sovrapposta, che 
fii la rocca occupata dal duca di 
Calabria. Dopo il casino Dionigi, 
e la casa con portichetto di tempi 
bassi, discendendo prima di en tra- 
ile nella terra, e di fronte alla sua 
porta, evTi a destra un lungo e 
bizzarro fontanile, lodata opera del 
cav. Bernini : il fontanile è fatto a 
guisa di rustica grotta con grossi 
travertini^ e vaga tazza semicirco- 
lare. La costruzione di questo fon- 
tanile servi al celebre Bernini per 
ìstudio, e per addestrarsi all'arti fi- 
zio' del taglio della composizione e 
dell' effetto delle scogliere ch'egli 
doveva eseguire in Roma, come 
magistralmente esegui nella gran- 
diosa fontana della piazza Agonale 
{Savona. 

La chiesa principale è collegia- 
ta con arciprete e sei canonici , 
«otto il titolo di s. Maria Maggio* 
i*e, con sette altari , il primo dei 
quali è dedicato all'Assunzione di 
Maria Vergine, titolare della chie- 
sa e patrona della terra , con 
parrocchia; ivi furono canonica- 
lmente erette le confraternite dei 
fs. Sagramento, del Rosario, e dei 
Crocefisso. Nel 1675 la chiesa fu 
rinnovata dai fondamenti da Fi- 
lippo Cesarini, ultimo stipite di 
questa illustre casa , la quale si 
continuò in Livia maritatasi a Fe- 
derico Sforza: nella cappella del 
Crocefisso si conserva un dipinto 
molto pregevole, attribuito a Giu- 
lio Romanoi e rappresentante la 



GEN 

Beata Vergine, e s. Giovanni e- 
vangelista a pie della croce. La 
torre delle campane fu eretta con 
disegno del Borromini. Vi è un 
ospedale per gì' infermi , ed un 
monte frumentario che vuoisi isti- 
tuito prima del i4oo; vi sono an- 
cora le maestre pie ad istruzione 
delle donzelle, e le scuole pei gio- 
vanetti. Uscendo dalla porta occi- 
dentale si ravvisa a sinistra un 
piccolo tratto delle mura antiche 
costrutte di massi parallelepipedi 
di pietra vulcanica, come quelle 
di Ardea, e costeggiando per poco le 
mura si giunge alla torre angola- 
re di costruzione del secolo XV, 
alla quale è attaccato un anello 
moderno di ferro, che dai terraz- 
zani si mostra ai creduli come 
quello al quale Enea sbarcando 
attaccò la nave, come se Lanuvio 
e Lavinio fossero una stessa cosa , 
il mare giungesse a quell'epoca su 
questa altura, e l'anello si potesse 
essere conservato sino a noi, sup- 
ponendo antichi esso e la torre , 
che d'altronde sono moderni. Fer- 
tile é il territorio di Civita Lavi- 
nia, e squisito n'é il vino. Da que- 
sto luogo si godono belli e deli-» 
ziosi punti di vista, che offre la 
ridente situazione, onde si scuo- 
prono non solamente le vigne ed 
oliveti del suo territorio, e di quel- 
li di Genzano, Velletri, Cori, Nor- 
ma , Ninfa , Sermoneta , e Ci- 
sterna, ma la prospettiva dei mon- 
ti Albano , Artemisio e Corano , 
ai quali in maggior lontanan- 
za con piacevole variazione succe- 
dono gli altri delle provi ncie di 
Marittima e Campagna; come le 
vastissime pianure deiragro Pon- 
tino, e le immense foreste e cam- 
pagne di Anxure, Monte Circello, 
Astura 9 Anzio , Laurento, Ardea, 



GEIf 

Ostia Tiberina, con tutto il tratto 
al di là deli* imboccatura del Te- 
vere sino ai monti della Tolfa. Si 
scorgono pure a colpo d'occhio il 
Lazio non solamente, e i lidi La- 
vini, coll'antica sede di Turno re 
de'rutuli, ma la massima parte del 
littorale pontificio sul mare Tirre- 
no o Mediterraneo, e le isole del 
regno delle due Sicilie, il che for^ 
ma all'occhio dello spettatore il 
più gradevole e sorprendente spet- 
tacolo. Degli oggetti rinvenuti nei 
suoi scavi , massime in quelli dei 
nostri tempi , delle sue iscrizioni , 
degli avanzi antichi della magnifi- 
cenza e grandezza di Lanuvio, co- 
me del tempio e culto di Giuno* 
ne, ne tratta il Nìbby citato. Eru- 
dite notizie antiche ed ecclesiasti- 
che si leggono pure nel Piazza, 
Gerarchia cardinalizia^ p. 809 e 
seg. Il Ricchi nella Reggia de'volsci 
parla di Lanuvio colonia LXXXIII 
a pag. 176 e seg., de' suoi fasti, e 
iscrizioni che riporta, uomini illu- 
stri ec, e dice che fu la prima 
città romana fabbricata nel La- 
zio, secondo M. Yarrone; il me* 
desimo Ricchi nel suo Teatro de^' 
gli uomini illustri pag. i^Sy parla 
di quelli di Lanuvio o Civita La- 
vinia, e riporta altre interessanti 
nozioni. Il Theuli nel Teatro isto* 
fico 3 a pag. 37, dice che Lanuvio 
fu annoverato tra le città volsche, 
e che fu patria degli imperatori 
Antonino Pio, e Gommodo, Da ul- 
timo il dottissimo can. Giannanto- 
nio Moschini, ci diede l'erudito o- 
puscolo intitolato ; Monumento an* 
tico collegiale scoperto a Civita 
Lavinia L'anno 1816 illustrato ^ 
Venezia coi tipi di Giuseppe An- 
tonelli premialo con medaglia d'o- 
ro, 1839. Con quest'opuscolo il 
chiaro autore volle supplire all'il- 



GEN 43 

lustrazione che ne aveva fatta Nio- 
cola Ratti, pubblicata in Roma nel 
1825 dal de Romanis, dicendoci 
che in modo più ragionato la ri- 
produsse il eh. Gemente Cardinali, 
nei Diplomi imperiali de privilegi 
accordati a* militari, Velletri i836. 
Inoltre avverte che anche il eh. ab. 
Girolamo Amati nel Giornale Ar* 
cadico f. 39, p. 324) l'hs >n parte 
illustrata. Questo monumento con- 
siste in una interessante latina iscri- 
zione, divisa in due colonne di ses- 
santa e più linee scolpite in mar- 
mo con bei caratteri romani, dis- 
sotterrata in fondo di proprietà 
della famiglia Frezza di Civita La- 
vinia. Il contenuto tratta dell'isti- 
tuzione di un collegio chiamato 
Cultorum Dianae et Antinoi^ e- 
retto nel tempio dedicato a questo 
favorito divinizzato, sotto il conso- 
lato di Mummio Sisenna, corrispon<» 
dente all'anno XXVII dell'impera 
d'Adriano, e i33 dell'era cristia-» 
na. Tal prezioso monumento con-* 
tiene inoltre molte cose non meno 
curiose che utili ad illustrare la 
storia dell'antico Lanuvio, ed an- 
che di Roma, ed a somministrare 
l'idea più precisa sull'indole e sullo 
spirito di tali stabilimenti ed isti- 
tuzioni presso la gentilità. Vi si 
leggono difatti gli statuti del pre-^ 
detto collegio , specialmente per 
la parte relativa ali* ordine della 
cene e dei funerali; donde scor-» 
gesi con quanto interesse si occU"» 
passero del funere e della tumu* 
fazione de' consoci estinti, qualora 
non si fossero procurata volontà^ 
riamente la morte ; giacché in qua* 
sto caso si prescrive, che ejus ra-» 
ùo funeris non habebitur, tanto erd 
in orrore agli stessi gentili il sui-r 
cidio: come pure si proibisce se^ 
veramente il menomo atto di se-^ 



44 GEN 

dizione, e la menoma mancanza di 
rispetto in riguardo a colui che 
l'officio sosteneva di quinquennale, 
cbe forse era la prima canea o di- 
gnità, almeno dopo quella del dit- 
tatore municipale, o del patrono 
d»t collegio medesimo. 

Tre volte il regnante Pontefice 
Gregorio XVI onorò Civita Lavi- 
nia, mentre stava alla pontificia 
ìcilleggiatura di Castel Gandolfo. 
La prima fu a' 17 ottobre i833 
che vi giunse inaspettato; pure la 
popolazione lo ricevette con ogni 
dimostrazione di festa. Smontò al- 
la chiesa di santa Maria Maggk>- 
re ricevuto dal capitolo, ed ivi ri- 
cevè la benedizione col ss. Sagra- 
mento, da monsignor Soglia arci- 
vescovo di Efeso ed elemosiniere. 
Uscito di chiesa il Papa osservò 
gli avanzi delle mura in pietre 
quadrate, un residuo di maestosa 
fabbrica antica di recente disco- 
perta, che sembra avere servito 
ad uso di teatro, e i nobili sarco- 
fògi destinati ora ad accogliere le 
acque nelle pubbliche fontane, ed 
altri avanzi dell' illustre municìpio. 
Quindi avendo contemplate le a* 
mene e magiche prospettive che 
ivi si godono, supplicato da mon* 
signor Luigi Frezza arcivescovo dì 
Calcedonia nativo del luogo ( /^. 
Frezza Luigi, Cardinale^, il Papa 
si degnò ascendere il casino di sua 
famiglia, ove ammise benignamente 
al bacio del piede il clero, i prin- 
cipali cittadini, e gl'individui del- 
la famiglia Frezza; e dalla loggia 
deir appartamento superiore com- 
partì la benedizione ' all' affollato 
popolo, che proruppe in acclama- 
zioni di divota esultanza. Quivi il 
Pontefice gustò di leggere la me- 
morata iscrizione rinvenuta in un 
fenda dei Frezza, a diligenza dei 



GEN 

quali erano stati riuniti i molti 
pezzi rotti, ed i nipoti del Iodato 
prelato gli offrirono un esemplare 
in istampa della medesima. Aggiun- 
se poi il Papa la degnazione di 
gradire un lauto trattamento, dis- 
posto a cura dello stesso prelato, 
di che ne fu partecipe il corteggio 
pontificio. La seconda volta in cui 
onorò di persona Civita Lavinia fu 
a' 20 ottobre i834* Bopo di ave- 
re orato alquanto nella chiesa prin- 
cipale, osservò le amene e delizio- 
se vedute che in questa altura si 
presentano, e per m^lio goderle 
ascese una loggia sopra il <»sa men- 
to di Giovanni Cassio romano, che 
coi più umili sensi ringraziò l'au- 
gusto sovrano del conópartitogli 
onore (di questo ha fatto ricono- 
scente e distinta menzione il di 
lui figlio Latibo, nella dedicatoria 
al medesimo Papa dell' Oratio de 
Christi Domino resurgentis gloria, 
pubblicata colle stampe , e da lui 
pronunziata nella cappella Sistina 
nella terza festa di Pasqua del 
i844> come nobile convittore del 
collegio Nazareno, dicendo, che 
tanto beneficio, et marmore iiiscul^ 
ptuni immortalitati mandare). In- 
di si trasferì col cardinal Odescal- 
chi, che Tavea seguito da Castel 
Gandglfo, e con monsignor Frezza 
alla casa di questi, il quale fece 
osservare al primo branco di scale 
al Pontefice, una marmorea me- 
moria eretta per eternare la de- 
gnazione con cui nel decorso anno 
avea onorato di sua venerata pre- 
senza quel luogo. Quivi il Papa 
ammise al bacio del piede la ma- 
dre ed i parenti del prelato, che 
fece servire di rinfresco la nobile 
corte, e tutto il resto della fami- 
glia pontificia. Finalmente la terza 
volta che Gregorio XVi i*ecossi a 



GEN 

Civita Lavinia fu a' 19 ottobre 
i836> col maggior tripudio degli 
abitanti per la esaltazione ai car- 
dinalato dei concittadino monsi- 
gnor Frezza, che ricevette il Papa : 
questo dopo aver visitato la chiesa 
collegiata, safi neir abitazione dei 
cardinale, ove ammise al bacio del 
piede la sua famiglia, ed altre di- 
stinte persone, I)enedi il popolo dal 
balcone, e si compiacque gradire 
la refezione preparata dal medesi- 
mo porporato. 

Genzano ripete la certa sua ori- 
gine nel secolo XIII, e già esiste- 
va nel 1355, come rilevasi da due 
bolle di Alessandro ly, la prima 
pubblicata dall' Ugheili, ItaUa sa- 
cra tom. I, p. 53 e seg. Corifea 
nosj 2 idus januarii, la seconda ri* 
portata dal Ratti, Storia di Gen- 
zano con noie e documenti, Roma 
1797 pel Salomoni, p. 103 e seg. 
Regularem vitam, XII kal. martii. 
In tali bolle Genzano è notato tra 
le possidenze de' monaci di s. Ana- 
stasio alle acque Salvie, ossia alle 
tre fontane, dei quali parlammo al 
voi. XII 1, pag. 59 e seg. del Di- 
zionan'o, i diritti de' quali su di 
esse ivi di nuovo si confermano. 
Isella prima è chiamato fundum 
Genzaniy nella seconda col nome 
di Castello; però in una anterio- 
re bolla di Lucio III, Congrua nos 
oportel de' 2 aprile 1 1 83, si parla 
di Monte Genzano e sua torre, dai 
Gandolfi eretta sulla cima dello 
stesso moQte, Costae montisy qui dici* 
tur Gemano, indotto a coltura per 
r introduzione dei lavori di cana- 
pe, e scavi di pietre, corrisponden- 
te alla costa settentrionale de'mon- 
tì che circondano il lago di Nemi. 
Nel discutere il Ratti nel capitoio 
JI le notizie del territorio di Gen- 
zano, e .dei di. lui. possessori ini 



GEpr 45 

nanzi la fondazione di Genza- 
no, conchiude che il fondo di Gen- 
zano, prima die ne fossero investi- 
ti i monaci di s. Anastasio, avesse 
appartenuto alla famìglia de' Gan- 
dolfi; che questa nelle civili di- 
scordie tra i Papi e i romani sot-^ 
to gli antecedenti pontificati ne 
fosse privata dai Papi stessi per a- 
desione al partito ad essi loro con- 
trario; e finalmente ch'essendosene 
rimessi in possesso al tempo di 
Alessandro HI immediato prede- 
cessore di Lucio III, avessero allora 
preteso di rivendicare i loro antichi 
diritti. Passando il Ratti nel cap. 
Ili a parlare dell'etimologia di 
Genzano, riporta tutte le denomi- 
nazioni con le quali fu chiamato 5 
ed esclude il vocabolo C^nthiamtm, 
non derivando da Diana o Cinzia 
che avea famoso tempio e bosco 
sul lago dei vicino Nemi ; ma ri- 
flettendo che in tempo della re- 
pubblica romana i fondi ebbero la 
loro origine, e presero il nome dai 
loro padroni o famiglie, ed avendo 
fiorito in Roma sotto gl'imperato- 
ri vari soggetti di cognome Ge/t- 
zìani, tutti distinti e consolari, dei 
quali sino al terzo secolo ci riman- 
gono molte memorie, gli sembi'a 
probabile che il territorio genzanese 
fosse un fondo di qualcuno degli in- 
dicati personaggi, e che dai mede- 
simi assumesse il nome di Genzano, 
dai quali forse passò ai Gandolfi, che 
Io ritennero sino dopo la metà del 
secolo XII : porta quindi opinione 
che la vera appellazione del luogo 
è Genzano o Genziano, in latino 
Gentianum, Dai monaci dunque di 
8. Anastasio possessori di altri fon- 
di convicini , la terra di Genzano 
ebbe il suo principio, e siccome 
essi aveano fòtto diroccare la tor- 
re, de' Gandolfi, per caDceilare la 



46 GEN 

memoria del loro dominio, in se- 
guito si videro obbligati erigere 
un castello sul monte Genzano per 
difendere le loro terre nel lato set- 
tentrionale dalle ostili incursioni, 
tanto più che la parte meridiona- 
le delle loro vaste possessioni era 
sufficientemente guardata dai ca- 
stello e i*occa di Nemi. Laonde 
Genzano in principio non fu che 
un castello, o piccola fortezza, per 
cui venne chiamato Castrum. Del- 
la famiglia Gandolfi ne dammo un 
cenno all'articolo Castel Gandolfo, 
Per lo spazio di più d'un seco- 
lo pare che Genzano non cambias- 
se padrone, mantenendosi tranquil- 
lamente sotto il vassallaggio feu- 
dale de' suoi stessi fondatoli, be- 
nemeriti delle lettere^ della civiliz- 
Eazione e della coltura delle terre. 
Dopo aver dimorato sette Ponte- 
fici in Francia ed in Avignone dal 
i3o5 al 1376, l'ultimo di essi 
Gregorio XI restituì a Roma nel 
1 377 la residenza pontificia, indi mo- 
ri nell'anno seguente. Sebbene fu 
canonicamente eletto Urbano VI in 
successore, molti cardinali nel me- 
desimo anno si ribellarono, e sotto 
la protezione di Onorato Caetani 
conte di Fondi , in questa città si 
unirono in conclave, e nel palazzo 
del conte, detto perciò palazzo pa- 
pale, procedettero all' illegittima 
elezione di Clemente VII antipapa. 
Trovandosi tra i baroni romani suoi 
fautori principalmente Giordano Or^ 
sini, l'antipapa per rimunerarlo, con 
pseudo-bolla data in Fondi a' 3 
dicembre 1378^ Esimie devotionis 
9Ìnceritasy gli concesse a tei'za ge- 
nerazione con illegittima investitura 
molti castelli , tra i quali castra Ne^ 
miy et Gtnciani Albanen dioecesis 
€umcasab\ quod Montangiano vul» 
gai iter nuncupattir^admonasterium 



GEN 

s. Anastasii extra muros urbis per- 
tinentia. Giordano con la forza se 
ne mise in possesso, che per altro 
fu di assai corta durata, forse ter- 
minò nel 1379. Dappoiché, ritirato- 
si l'antipapa in Avignone, e rico- 
nosciuto Urbano VI per vero Pa- 
pa dall' Italia, tranne Giovanna I re- 
gina di Napoli, le altrui giurisdizio- 
ni invase dai seguaci del falso Pon- 
tefice, si rìpristinarono nei loro 
primitivi e reali padroni. Tutta- 
volta vei^so il 1393 Nicola Colon- 
na de' signori di Palestrina , pro- 
fittando del lagrime vole scisma , 
colla prepotenza delle armi invase 
•Genzano. Però nel 1399 avendo 
discoperto Bonifacio IX la congiu- 
ra da lui tramata, egli per sottrarsi 
al castigo fuggì, lasciando Genzano a 
Buccio Sa velli suo compagno nel- 
l' usurpazione. Ambidue governa- 
rono tirannicamente Genzano, ed 
il secondo allorohè restò solo por- 
tò all'eccesso le sue avanie ed op- 
pressioni. Stanchi i genzanesi di 
soffrire siffatta dominazione, spedi- 
rono un' ambasceria a Pietro Pas- 
sarello nobile napolitano, capitano 
di Marino per la Chiesa romana j 
ed al Papa molto accetto, chieden- 
dogli la sua mediazione con Boni- 
facio IX, per essere ricevuti sotto 
l'immediata dipendenza e prote- 
zione della Sede apostolica^ con n- 
conoscere a un tempo stesso l'uti- 
le dominio dei loro antichi padro- 
ni i monaci di s. Anastasio, per 
cui la spedizione fu fatta di pieno 
concerio con 1' abbate. 

Convenendo il Pontefice dopo 
maturo esame alle istanze de' gen- 
zanesi , si convennero gli articoli 
della nuova capitolazione, confer- 
mati e pubblicati dai Massari di 
Genzano nella chiesa parrocchiale 
alla presenza di tutto il popolo. 



GEN 

del castellano Marino Passarello 
fratello di Pietro e procuratore 
della santa Sede, dell'abbate delle 
tre fontane e di altri testimoni. 
Tutti questi atti e concessioni Bo* 
nifacio IX solennemente approvò 
a' i5 novembre iSgg, col breve 
HumiUbus et honestis sitpplicum 
votisy nel quale letteralmente si ri- 
portano gli artìcoli convenuti. Così 
Genzano venne restituito all' utile 
dominio de' cistcrciensi , o piutto* 
sto reso per la piima volta imme- 
diatamente soggetto alla Sede apo- 
stolica, che vi deputò suoi gover- 
natori i due Passarelli nominati, 
forse parenti del Papa^ staccando 
la terra di Genzano dalla castella- 
nia di Lariano, dalla quale avea 
dipenduto sino allora, ed unendola 
a quella di Marino, col breve Et* 
si €id universa terra, emanato nel 
medesimo giorno dell'altro, e di- 
retto ai due Passarelli. In quanto 
al castello di Lariano, esso sorge- 
va nelle vicinanze di Vellelri , e 
formava castellania dalla quale e- 
rano dipendenti vari circonvicini 
paesi, e tra questi Genzano e la 
Riccia. Era feudo dei potenti Sa- 
celli, e questo appunto dovette es- 
sere il motivo, per cui i genzane- 
si nel sottrarsi dal dominio di Buc- 
cio domandarono ancora di essere 
staccati dalla giurisdizione di La- 
riano. Questo castello essendosi di 
poi ribellato al Papa Alessandro 
VI, fu per di lui ordine distrutto 
dai velletrani. Varie di lui notizie 
si leggono nelle citate Memorie i» 
storiche del p. Casimiro a p. igS; 
nel p. Eschinardi, Descrizione di 
Roma p. a 8 3; e nel Borgia, Storia 
di Velletri p. 355. Lariano terra 
de' Colonnesi era stata già presa 
e disti'utta dai velletrani nel pon- 
tificato di Eugenio IV; e Pio II ^ 



GEN 47 

come si legge nel Compendio del- 
la storia yeliterna del sacerdote 
Banco, Roma 1841 , fece demolire 
la fortezza che avea fatto riedifi- 
care il cardinal Colonna, ed a quei 
tempi inespugnabile. Qui noteremo 
che il mentovato can. Emanuele Lu- 
cidi nelle Memorie storiche deltan- 
tichissimo municipio dell' j4 riccia , e 
delle sue colonie Genzano e JSenù^ 
nel capo XXXllI della parte prì- 
ma tratta di Genzano ^ il quale 
vuole originato dal suolo e dal mu- 
nicipio A ricino, e pel concorso dei 
popoli al tempio di Diana Aricina, 
la quale fu chiamata anche Luna, 
giustificando così la denominazio- 
ne di Cynthiae Fanum e C^nthia^ 
num , e lo stemma del comune. 
Queste opinioni, e la brevità delle 
notizie indussero il Ratti a scrive- 
re la storia di Genzano dedicando- 
la a d. Domenico Jacobiui , ed a 
Tommaso Truzzi, la cui famiglia 
provenne da pergamo nel 1705, 
come appartenenti alle primarie 
famiglie genzanesi, dicendo il dotto 
Gaetano Marini , uno de' revisori 
deputati a tale istoria, che l'illu- 
stre terra di Genzano era rimasta 
sino allora senza una particolare 
istoria , per cui lo stesso Lucidi 
avea sperato che il Ratti V avesse 
eseguita. Il medesimo Ratti , nel 
già citato cap. XI riporta le prin- 
cipali testimonianze di alcuni più 
celebri autori sopra Genzano, i 
quali però caddero in gravi equih 
voci rapporto alla storia naunicì-' 
pale, come Biondo da Forlì o sia 
Biondo Flavio, nella Roma ristai»» 
rata et Italia illustrata , tradotta 
da Lucio Fauno; Pio li nel lib. II 
de' Commentari; Raffaele VolatcF* 
rano, in Commentario rum Urha* 
nor, lib. VI; Atanasio Kircher, La* 
tium, in cui fa menzione di un 



48 GEN 

albero portentoso per la sua mole, 
il quale sussisterebbe ancora se le 
donne genzanesi non avessero nel- 
la concavità dell'albero, che loro 
serviva di comoda stanza, fatto 
bollire a fuoco vivissimo la caldaia 
del bucato, per cui si diseccarono 
a poco a poco le i*adici e l'albe- 
ro stesso , che bisognò tagliarlo 
a' tempi del Ratti , il quale affer- 
ma non essere esagerazione dan- 
dogli molti secoli di vita ; e Giu- 
seppe Rocco Volpi, Fetus Lalium^ 
tom. VII. Di Genzano ne avea e- 
ziandio parlato con erudizione An- 
tonio Ricchi nel lib. I, cap. XXXX, 
della Reggia de* volsci, chiaman- 
dolo Gensano o Gridano^ e ripor- 
tando le congetture di alcuni che 
ivi giacesse l'antica città di Bovil- 
ja, e che vi fosse una villa di Ce- 
sare Augusto, sotto il quale fu 
piantato l'enorme memorato albe- 
ro nel di cui vacuo potevasi rifu- 
giare venticinque uomini. £ per 
non dire di altri, il Piazza nella 
Gerarchia cardinalizia p. 817 e 
seg. interessanti notizie aved scrit- 
te su Nemi e Genzano o Cenciai 
nOy e de' loro pregi; nel secondo 
parlando delle chiese di s. Maria 
di Cima e della compagnia del 
ss. Sagramento, aggregata all' arci- 
confraternita di s. Lorenzo in Da- 
maso di Roma; dell'oratorio del- 
la Concezione, e della chiesa dei 
ss. Sebastiano e Filippo Neri, prov- 
vista splendidamente dal duca Fi- 
lippo Cesarini. II Cancellieii parla 
di Genzano nella sua Lettera al 
dottor Koreff sopra Varia di Ro' 
ma ec. , ed a pag. 222 tratta di 
alcuni scrittori su Genzano. 

I cistcrciensi delle tre fontane 
furono ben contenti della disposi- 
zione di Boni&cio IX^ e dell'ope- 
rato dai genzanesi, non essendo essi 



GEN 

in grado di difendere Genzano daU 
le invasioni dei potenti e prepoten- 
ti baroni de' limitrofi luoghi, aven- 
do anteriormente edificato a tale 
oggetto sul monte Genzano una 
gran torre a guisa di fortezza, di 
cui parlammo di sopra, l'avrebbe- 
ro resa a forma di cittadella se noa 
gli fosse mancato il danaro. Nel 
i4o2 accadde in questa terra un 
orribile incendio , che la inceneri 
nella massima parte; onde i mo- 
naci per salvare il restante, essen- 
do impotenti alle indispensabili e 
costose riparazioni, con beneplacito 
apostolico di Bonifacio IX, secondo 
il suo breve Justis et honestis sitp* 
plicum votis , dato a' 28 gennaio 
i4o4» divisarono di vendere il ca- 
stello di Statua di loro proprietà 
egualmente rovinato, detto l'antico 
Alsium o Turresy presso Palo nel- 
la diocesi di Porto. Ma il Papa 
volendo beneficare con nuovi divo- 
ri i monaci, ordinò alla camera 
apostolica che acquistasse la pro- 
prietà del castello di Statua o Sta* 
tue, ed in vece s'incaricasse della 
spesa in compire la fòbbrica della 
torre di Genzano, per la quale Bo- 
nifacio IX assegnò seicento fiorini 
d'oro ; per il di più furono cedute 
ai monaci le rendite delle due col- 
legiate di s. Maria e di s. Pietro 
deAritia, e dell'altra di s. Maria di 
Petrola, che perciò rimasero sop- 
presse, ed i proventi della guardia- 
nia di Lariano, come si legge nel 
bi*eve, Eisi difficultatìbus , ema- 
nato da Bonifòcio IX il primo feb- 
braio i4o4* Da quel tempo Gen- 
zano fu ridotto a perfètta forma 
di castello, pi*eso nel suo proprio 
significato di fortezza : la fertilità 
del suo territorio, quello altresì 
de' paesi adiacenti allettò alla di 
lui coltivazione molti abitanti del- 



GEN 

le. vicine ed anche lontane contra- 
ile, a stabilirvi le loro famiglie, at- 
tratte anche dall'amenità del soggior- 
no. Nel 1 4 1 o Giovanni XXIII rìcon- 
dliò con la Chiesa i ribelli Giovan- 
ni e Nicola Colonna soprannomi- 
nato, benché questi lo era anche 
stato nel i4oi da Bonifacio IX, e 
con altri feudi V investi pure del- 
la terra di Genzano a triennio , 
col tenue censo di un sol fiorino 
d'oro da pagarsi al detto moni- 
stero di s. Anastasio il giorno di 
Natale, o nella di lui. ottava, me- 
diante il breve Pia Mater Ecclesia^ 
de' i8 luglio, con la clausola che 
girato il triennio avrebbe dovuto 
ritornare Genzano ai monaci. Ma 
Antonello Savello, profittando dello 
scisma tuttora vìgente, 1' occupò e 
ritenne sino al i4i7> epoca in cui 
terminato lo scisma con l'elezione di 
Martino V Colonna, questi ad istanza 
dell'abbate delie tre fontane fecegli 
restituire Genzano e Nemi ancora 
da Giovanni AnnibaH che T occu- 
pava. Temendo però i monaci per 
le potenti fazioni, e gran pote- 
re de' baroni romani, di perdere i 
feudi di Genzano e di Nemi, nel 
14^3 lì dierono in affitto per un 
trìennio a Giordano Colonna fra- 
tello del Papa, con dichiararlo in- 
sieme governatore di ambedue, con 
documento che si legge nel Ratti 
a p. 127. L'obbligo assunto dal 
Colonna fu di garantire e difeù* 
dere i castelli, e di corrispondere 
all' abbazia m totum vìnum , e to- 
M tum granum exigendà, perci- 
M pienda, et habenda ex dicto Ca- 
M stro Jensani^ tenumento et vi- 
M neis ejusdem ad curia m dicti Ca- 
M stri pertiuentia, et florenos quin- 
»» quaginta in alia manu ex fru- 
99 ctibus dicti Castri Nemi*'. 
Terminato il triennio domandaro- 

VOI. XXIX. 



GEN 4^ 

no i monaci a Martino V di vendere 
i castelli di Genzano e Nemi, col ca- 
sale annesso di Montagnano, ai Ccn 
lonnesi Antonio, Prospero e Odoar* 
do figli di Giordano, dò che dopo 
maturo esame il Papa accordò il 
primo novembre col breve Ex ù^ 
juncto nobis ^ riportato con tutti 
gli altri documenti dal dih'gente e 
dotto Ratti. 11 prezzo fu di quin* 
dicimila fiorini da bai. 4? l'uno^ 
coli'obbligo ai monaci del rinvesti- 
mento. Un mezzo secolo e piii rì-> 
mase Genzano sotto il dominio dei 
Colonna, e Martino V lo arricchì 
di privilegi , com^ dell' esenzione 
dalle gabelle del sale e del focati- 
co, come avea fatto con altri feu* 
di di sua casa. Narra il Lucidi a p^ 
3 11^ che mentre Genzano era do* 
minato dai Colonnesi, ebbe la sor- 
te di vedere presso le sue porte il 
Pontefice Pio li elevato alla catte- 
dra apostolica nel i458, come si ha 
dal lib. II de' suoi ComntenlarL 
Aggiunge, che salendo il Papa dal 
lago di Nemi incontrò la molti*» 
tudine del popolo, e molti vecchi 
che per l' allegrezza si abbracciava- 
no con gli occhi pieni di lagrime» 
dicendosi scambievolmente : chi mai 
creduto avrebbe di vedere prima 
della nostra morte il Pontefice Ro* 
mano? Iddio ci ha fatto questa 
grazia. Osserva poi che non enti^ 
il Papa nel castello di Genzano 1 
ma passò vicino alle porte di quel- 
lo, perdiè oltre la strettezza del 
suo circondario , erano le strade 
molto incomode e scoscese, come 
si vede anche a' dì nostri in quel 
luogo che chiamasi Genzano vec» 
chio. Il passaggio e trattenimento, 
come lo chiama il Ratti, del Pon- 
tefice Pio II in Genzano, fu un av- 
venimento memorabile per questa 
terrai ed a tal effetto riporta il 

4 



So GEN 

forano de' Commentari y in cui Io 
stesso Papa ne fa la descrizione. 
Il pratonoiario Giovanni Colonna 
figlio del suddetto Antonio, nel 
t479 ^^^^^ Gentano al cardinal 
Guglielmo d' EstoutevilJe per du- 
cati tredioimila e trecento da bai. 
fj Tutto 3 con patto di i^etrovendi- 
la; quindi il cardinale a' io ago- 
sto 14S19 come di sopra abbiamo 
accennato 5 donò i due castelli di 
Genoano e Nemi a Girolamo e Ago* 
stino Tuttavilla suoi figli naturali, 
e nel i4B3 costituì il cardinal Bor- 
gia vescovo di Porto poi Alessan- 
dro yi, ed il cardinal Àrcimboldi 
vescovo di Novara, in suoi procu- 
mtori a prendere possesso di Gen- 
sano e Nemi, come pure di Givi- 
ta'-Lavinia e Frascati donati siroil- 
Metite ai detti figli, che aveva fat- 
ti «adottare da Roberto suo fratello. 
Ma essendo morto nel i4B3 stesso 
o nel i4B5 il cardinale d'Estoute- 
ville, i Coloìinesi colla forza e con 
le armi si lìmisero in possesso di 
Geneanò e degli altri castelli dei 
Tuttavilla, o per il patto di retro- 
vendita, o per le inimicizie insor* 
te tra te due famiglie, essendo i 
Tultavilla emici degli Orsini fièri 
èmuli dei Colonnesi, avendo Giro- 
lamo sposato Ippolita Orsini; on^ 
de ebbero luogo gueri*e accanite, 
sostenute d'ambo le parti con l'a- 
iuto de' propri amici. A terminar 
tali fazioni, e i danni gravi che ne 
derivavano ai sudditi pontifìcii, mas- 
isime de^ luoghi contrastali , s' in- 
tei*pòse Innocenzo Vili , il quale 
Del concistoiY) de'i4 luglio i485 
(giacché egli fu eletto a' 26 agosto 
i484), stabifì che i castelli e ìuo-' 
Ighi in questione fossero depositati 
in sue mani, e tra questi le sole 
tei*re dei Tuttavilla furono indivi- 
duate^ e singolaiinente Genzano. 



GEN 

In tale anno adunque inalberò 
Genzano di bel nuovo lo stendardo 
della Chiesa, e per la seconda volta 
respirò, benché per poco tempo, sot- 
to il placido di lei dominio. Qui 
poi noteremo che se si dovesse staf- 
fe air autorità del Beughemio, In» 
ciinab, typogr, p. i4; del De la 
Calile, Hìstoire de l'imprim. p. 5o, 
e dell'Orlandi, Origini p. 192, bi- 
sognerebbe accordare a Genzano 
anche il pregio di avere avuta una 
tipografia nel secolo XV , che fu 
quello della nascita di quest' arte 
utilissima , scrivendosi dai medesi- 
mi che ivi fu stampato il seguen- 
te libro: Joannis Annii ord, Praed, 
De futuri s christianorum trium^ 
phis in thuf^cos , et saracenos ad 
Sixtum Papa lì^^ et reges y prin^ 
cipesy ac senatus christianos, Ge- 
nuae typis Baptistae Cai^ali ordì' 
nis Carmeli S, T. M. in domo s. 
M. cruciferorum 1480 in 4- <Si' 
gnat. foU, duorum ah A, ad F. 
charact. goth. Il primo de' citati 
scrittori in luogo di Genuae legge 
Centiaey il secondo per fai*e a suo 
modo la cosa più chiara, Genzano^ 
ed il terzo riportando ambedue le 
lezioni del Beughemio e del De la 
Caille così soggiunge: » Quando 
Gentiae sia Gensano, egli é una 
terra sullo stato di Roma , dalla 
quale traile altre cose si cava un 
vino del quale in Roma se ne fa 
molta stima". Il Ratti dice che 
chi opinò in fiivore di Genzano , 
cadde in manifesto errore. Intanto 
la pace tra la fazione Colonnese e 
l'Orsina ebbe pieno effetto nel i486 
in settembre o poco dopo ; però 
Genzano rimase sotto l'immediato 
dominio della Chiesa circa un an- 
no, dopo il quale sembra non es- 
sere ritornato ai Tuttavilla^ ma 
bensì ai Colonna^ ciò che sembra 



GEN 

confei^marsi dalla bolla di Ale^san^ 
dro VI, con cui approvando la do- 
ttatione di Lucrezia Borgia ai due 
suoi tìgli Rodenco e Giovanni di 
tutte Té tetn-e a lei investite dal 
Pontefice padre , e prima tolte ai 
principali baroni romani , il solo 
Frascati vi si nomina come feudo 
dei Tuttavilla^ e non Genoano, pat- 
ri mente compreso in quella dona^ 
zioQe, forse accaduta nel 1498, an^ 
no in cui Lucrezia sposò in secon- 
de nozte Alfonso d'Aragona duca 
di Biselli da cui ebbe i detti figli. 
Morto Alfonso nel i5oo, Lucrezia 
avanti di maritarsi col duca di Fer- 
rara fece ad essi la riferita dona- 
zione, confermata e consolidata da 
Alessandro VI con la bolla Code' 
stis aWtudinis poteniiae, del primo 
ottobi*e i5oi. Nella divisione Gen- 
zano toccò a Roderico, che succes- 
te alla madre nel di luì dominio 
e baronaggio; ma morto il Papa 
neir agosto 1 5o3 , venendo i Sor» 
già spogliati dei domi ni i da lui 
dati, ed avendo i baroni romani 
ripreso ognuno il suo, i Colonnesi 
naturalmente rientrarono in pos* 
sesso di Genzano, che pacificamen- 
te conservarono sino al i563. In 
quest'anno a' 26 settembre Marco 
Antonio Colonna di poi trionfato- 
re de' turchi a Lepanto ^ vendette 
Genzano a Fabrizio de' Massimi 
per il prezzo di scudi quindicimila 
duecento, con atto che il Ratti ri- 
porta a p. iS'/y dicendo il Lucidi, 
eccettuata la tenuta di Montagna- 
nò con le sue mole. A fine di to- 
gliere ogni eccezione sulla validità 
di una tal vendita. Pio IV con suo 
moto-proprio derogò a tutti i &• 
decommissi della famiglia Colonna, 
specificando che Marc' Antonio era 
stato necessitato a vendere il suo 
feudo di Genzano per i debiti cha 



GEN 5i 

aveva dovuto contrarre a causa del- 
le doti alle propHe sorelle. Aggiun- 
ge il Lucidi che vi fu prestato il con- 
senso da Filippo II re di Spagna, per 
sicurezza dell'obbligo di evizione 
sopra i beni di Marc'Antotiio, esi- 
stenti nel regno di Napoli, il quale 
specialmente obbligò i castelli di 
Marino , Nettuno, Civita Lavinia e 
Cecca no. 

Effimero fu il dominio del Mas- 
simi sopra Genzano, mentile nell'an- 
no seguente a' 2 ottobre lo riven- 
dette pei* lo stesso prezzo di scii*^ 
di quindicimila duecento a Giu- 
liano Cesarini marchese di Civita- 
nova nella provincia di Macerata 
[P^edi)^ al quale articolo ne parle- 
remo, essendo tuttora dei duchi 
Sforza Cesarini con titolo di du- 
cato. L'atto di vendita il Ratti lo 
riporta a p. 162, In cui si legge 
compresa nell' acquisto di Giuliano 
la tenuta delle due Torri a po- 
nente e in poca distanza da Gen- 
zano, e prendeva tal nome da due 
torri vecchie eh' erano sopra il 
colle compreso nella medesima: 
oggi solo una ne resta in piedi, e 
tutta la possessione appartiene ai 
carmelitani. Eziandio nella vendita 
si compresero alcune case comprate 
dal Massimi, non che quei migliora- 
menti da lui fatti nel feudo. Da quél 
tempo Genzano restò nel dominio 
Cesarini, e quindi lo è ancora negli 
Sforza loro eredi e Successori, che 
in più incontri fecero sperimenta- 
re ai genzànesi le loro beneficenze, 
molte delle quali di sopra regi- 
strammo. L' altro duca Giuliano 
Cesarini facendo lunga e frequen- 
te dimora in Genzano, ivi la sua 
consorte d. Margherita Savelli par- 
torì Alestondro, Maria Felice, An^ 
na Maria, la celebre Clerìa, e 
Giulia^ non restringendosi la fttaa* 



52 



GEN 



zione dei nobili coniugi in Genza- 
no al solo tempo di villeggiatura. 
Sotto questo duca Giuliano il feu- 
do fu onorato d'una graziosa vi- 
sita del ^^ontefice Alessandro VII, di 
che fece egli menzione nel volume 
dedicato a quel Papa di poesie la- 
tine ed italiane dello zio dottissi- 
mo d. Virginio, pubblicato nel 
1 658 con tipografico lusso^ con in- 
cisione stampata in rame che ri- 
corda la visita di Alessandro VII 
in Genzano. D. Livia figlia di 
Giuliano e Margherita, ed il ge- 
nero d. Federico amarono pure la 
.dimora di Genzano, ed ivi ebbe 
i natali il primogenito duca Gae- 
tano seniore. 

Affezionatissimi i duchi Cesari - 
ni e Sforza al loro Genzano^ vol- 
lero segnarne i fasti anche coi 
matrimoni dei propri figli il du- 
ca Gaetano mentovato, e d. O- 
limpia. Questa nella parrocchiale 
di Genzano il primo luglio del 
1699 sposò d. Scipione prìncipe 
di Venafro, il fì*ateilo a' 24 giugno 
1703 si unì in matrimonio a d. 
•Vittoria Conti. Inoltre Genzano più 
volte fu onorato dalla presenza 
de' sommi Pontefici che vi si por- 
tarono da Castel Gandolfo, e da al- 
tri nell'andata e ritorno da alcun 
luogo, come fece Benedetto XIII^ 
quando negli anni 1727 e 1729 
si portò alla sua antica chiesa ar- 
civescovile di Benevento; cosi di 
altri Papi che recaronsi a Nemi. 
, Clemente XIII agli 11 ottobre 
1764 si portò a Genzano, avendo 
seco in carrozza il cardinal Caval- 
ehìni, e il cardinal Rezzonico suo 
nipote. Il Papa visitò la chiesa 
principale ov'era esposta una sta- 
tua delia Beata Vergine del Ro- 
sario; poscia andò a visitare il 
4»rdinal Giovanni Costanzo Carac- 



GEN 

ciolo nel suo casino, il quale ap* 
prestò un magnifico rinfresco. Nel 
Diario di Roma del 1773, nume- 
ro 8344 si legge, che avendo Cle-» 
mente XIV permesso ai duca Gae- 
tano giuniore Sfoi*za Cesarini di 
poter fare eseguire nel suo feudo 
di Genzano la sentenza di morte 
di un reo colpevole di più delit- 
ti capitali, il duca fece trattare 
convenientemente i confrati del- 
l' arciconfraternita di s. Giovanni 
Decollato, che ^ da Roma si porta- 
rono ad assistere il reo che fu im- 
piccato. Il Pontefice Pio VI dal 
1780 recandosi ogni anno sino al 
1796 inclusi?e, tranne gli anni 
1782 e 1793, a Terradna nell'a- 
prile e nel maggio per il prosciu- 
gamento delle paludi Pontine, o- 
porò nel passaggio di sua presen- 
za Genzano. Pio VII a' 18 otto- 
bre 181 4 si portò a Genzano, e 
dalla loggia del palazzo del duca 
d. Francesco Sforza Cesarini, com- 
partì al popolo l'apostolica bene- 
dizione; vi ritornò a' 21 ottobre 
i8iSj, e nella chiesa del duomo 
jQuovo ricevette la benedizione col 
ss. Sagramento. Il successore Leo- 
ne XII, meritamente a' 23 settem- 
bre 1828 dichiarò Genzano ci ttà^ 
e gli concesse le relative prero- 
gative. 

Il Papa che piò di ogni altro 
ha in particolar modo onorato 
Genzano con le fi^equenti sue visi- 
te, e soggiorno di parecchie ore, 
è il regnante Gregorio XVI, ol- 
ti*e di aver dato alla città a mu- 
nifico protettore il cardinal Anto- 
nio Tosti romano, che sanalo il 
possesso solenne che decorosamen- 
te vi prese in persona, con diver- 
se beneficenze tutte proprie del 
suo animo generoso. Nel numera 
82 del Di(irio di Roma del i83i 



<1EN 

sì legge che a' io ottobre recando- 
si dalla iril leggi atura di Castel Gan- 
dolfo il Papa Gregorio XVI a 
Velletriy fu acclamato dai genzane- 
si con ogni venerazione, cui face- 
va eco la banda dei filarmoni- 
ci della medesima città. Discese 
alla chiesa collegiata in mezzo al- 
la guardia civica, essendo ricevuto 
dal clero e magistratura governa- 
tiva e comunale, vestiti delle loro 
insegne. Ivi ricevette la benedizio- 
ne col ss. Sagra mento decorosa- 
mente esposto, da monsignor So- 
glia arcivescovo d'Efeso ed elemo- 
siniere; dopo di che proseguì il 
suo viaggio benedicendo paterna- 
mente i giubilanti cittadini. Nella 
seguente mattina reduce il Papa da 
Velletri, ad istanza de'genzanesi di- 
scese alla detta chiesa , ove dal 
Dominato prelato fu compartita la 
benedizione colla ss. Eucaristia pre- 
cedentemente esposta; quindi in 
sagrestia il Pontefice ammise al 
bacio del piede i cfinonici, il go- 
vei'oatore^ il gonfaloniere con la 
civica magistratura, i maestri pub- 
blici, gli individui della banda fi- 
larmonica, e molti delle principa- 
li famiglie. Indi tra V esultanza re- 
ligiosa degli abitanti, Gregorio 
XVI si condusse a piedi al con- 
vento de' religiosi cappuccini, do- 
ve asceso nuovamente in carrozza 
fece ritorno a Castel • Gandolfo. 
JNel numero 83 del Diario di /2o- 
ma del i832, si narra che agli 
1 1 ottobre il Papa Gregorio XVI 
visitò la chiesa principale di Genza- 
DO, ricevuto colle consuete onorifi- 
che dimostrazioni, suono delle cam- 
pane e della banda, sparo de'mor- 
tari, e vive acclamazioni. Dopo di 
aver dato monsignor Soglia la be- 
nedizione col ss. Sagramento, il 
Papa ammise in sagrestia al ba- 



GEN 



53 



ciò del piede il capitolo, le ma- 
gistrature, i filarmonici ed altri, ^ 
e fiitto un tratto di strada vei*so 
Nemi, a quel castello si condusse: 
ripassando poi per Genzano per 
restituirsi a Castel Gandolfo, gli 
abitanti rinnovarono i loro lieti 
auguri ed omaggi. Nel supplimen» 
to poi di detto numero del Diario 
di Roma^ si legge che ai 1 5 otto- 
bre il Papa col solito accompa* 
gnamento si é recato a Genzano, 
e smontando alla chiesa dei cap- 
puccini, trovò la ti'uppa ivi schie* 
rata colla banda musicale di Vel- 
letri: in chiesa ricevette la benedi- 
zione col ss. Sagramento da mon- 
signor Soglia, e passando nel con- 
tiguo convento visitò la libreria, 
passeggiò nel vasto orto, donde 
osservò il bel lago di Nemi; quin- 
di con singolare clemenza non so- 
lo volle il Pontefice pranzare nel 
refettorio, ma ammise alla sua ta- 
vola olti*e il cardinal Mattei, mon- 
signor Bontadosi suo uditore pos- 
sidente di Genzano, l'arcipi^ete del- 
la collegiata, e la nobile sua cor- 
te, anche la religiosa ^miglia. Nel- 
l'ore pomeridiane Gregorio XVI 
si degnò portarsi a piedi a visita- 
re le maestre pie, le ammise be- 
nignamente al bacio del piede, e 
poscia tra i sinceri evviva de' ri- 
conoscenti genzanesi, nuovamente 
benedetti da lui, fece rìtorno a 
Castel Gandolfo. 

Nel supplìmento del numero 84 
del Diario di Roma de' 1 9 ottobre 
i833, è riportato, come Gregorio 
XVI da Castel Gandolfo a' 1 7 di 
detto mese si recò a Genzano, in- 
contrato dalla divota popolazione 
con ogni maniera ossequiosa. Nel- 
la chiesa collegiata ricevette da 
monsignor Soglia la consueta be- 
nedizione con l'augustissimo Sagra- 



54 GEN 

mento, e nel solito tifono dell'an- 
nessa sagrestia permise che gli ba- 
ciassero il piede il capitolo, ì ma- 
gistrati, e i distìnti cittadini. Indi 
il Papa andò a Civita Lavinia, e 
ritornando a Genzano, passò nella 
chiesa de' cappuccini, ove monsi- 
-gnor Soglia tornò a dare la bene- 
dizione, e nella libi*eria ammise al 
bacia del piede il p. guardiano e 
la comunità religiosa. Avendo fat« 
to preparare la sua mensa nel re- 
fettorio, vi desinò col nobile se- 
guilo, coi sacerdoti cappuccini, coi 
prelati Bontadosi, e Frezza di Ci- 
vita Lavinia, e con l'arciprete di 
Genzano, Dopo il pranzo Gregorio 
XVI passeggiò neìl' orto, ove fa 
bella veduta il sottoposto kgo, e 
le adiacenti campagne e colline, 
quindi benedicendo i genzanesi, e 
tra i loro plausi rìtornò a Castel 
Gandolfo. Nel numero 4^ de\\e 
Notìzie del giorno del i834 i ri- 
portato, che ai io ottobre il Pa- 
pa Gregorio XVI reoossi a Gen- 
oano, nella cui cdlegiata monsignor 
Te voli arcivescovo di Atene ed e- 
lemoslniere compartì l' eucaristica 
benedizione: in sagrestia ammise al 
bado del piede il capitolo, le magi- 
strature ed altri, indi si portò a Ci- 
vita Lavinia. Restituitosi il Papa 
a Genzano, nella chiesa de' cappuc- 
cini ricevè la benedizione col ss. 
Sagramenlo, da monsignor Soglia 
segretario delia congregazione dei 
vescovi e regolari, e nel convento 
la ^miglia i*eligiosa gli baciò il 
piede, e p(H venne da lui ammes- 
sa alla sua pontificia mensa, coi 
cardinali Falzacappa vescovo di 
Albano, ed Odescalchi, ed i pre- 
lati Frezza e Bontadosi, il conte 
Sebregondi e rarcifM'ete di Gen» 
zano. Nelle ore pomerìdiane il Pon- 
tefice festeggiato dai genianesi ri- 



GEN 

partì per Castel Gandolfo. Nel nu- 
mero 86 del Diario di Roma del 
i836, si racconta che Gregorio 
XVI a' 1 9 ottobre andò a Genza- 
no, dove nella chiesa collegiata 
ricevè da monsignor Soglia patriar- 
ca di Costantinopoli la benedizio- 
ne col ss. Sagramento, ed^ in sa- 
grestia gli baciarono il piede il ca- 
pitolo, i magistrati, i filarinonici, 
ed altre persone. Si portò poscia 
a Civita Lavinia, e nel ritorno do- 
po avere ricevuta la benedizione 
col Santìssimo nella chiesa de'cap- 
puccini, nel refettorio del conven- 
to, colla consueta benignità, il Pa- 
pa invitò alla propria mensa i 
religiosi, i cardinali Falzacappa e 
Odescalchi, monsignor Frezza e la 
nobile corte; poscia nelle ore po^- 
meridiane fece ritorno a Castel 
Gandolfo tra gli iterati felici voti 
dei cittadini. 

Finalmente nel numero 19 del- 
le Notizie del giorno dei i843, si 
legge che ritornando Gregorio XVI 
a Roma, dal viaggio &tto nelle Pro- 
vincie di Marittima e Campagna, 
proveniente da Velletri giunse ai 
9 maggio in Genzano. Fu ricevu- 
to dal cai*dinal Pietro Ostini ve- 
scovo di Albano alla testa del suo 
clero, da d. Lorenzo Sforza Cesa- 
rini duca di Genzano, e da monsi- 
gnor Lucciardi , presidente della 
Comarca , oltre il governatore, e 
la civica magistratura in abito. Nel- 
la collegiata il Papa ricevè la be- 
nedizione col Venerabile , e nella 
sagrestia ammise al bacio del pie- 
de i nominati pei*sonaggi ed altri, 
con i' assistenza del cardinale. Il 
Papa dirigendosi poi a piedi verso 
il convento de'cappuccinì, gli riuscì 
di gradevole sorpresa il ritrovare 
una delle lunghe strade che divi- 
dono ht città moderna di Genzano, 



GEN 

doe la via Sfoiia, costruita in de- 
€lÌ¥Ìo tutta ricoperta nel mex- 
20 di UQ vaghissimo tappeto di 
fiori freschi di differenti specie ,. 
colori ed odori. Con questo spet- 
tacolo il popolo genzanese volle 
dare al suo amato padre e sovra- 
no un saggio déV ùt/iorala che o- 
gni anno eseguisce per solenniz* 
zare la processione dell'ottava del 
Corpus Domini. Questi fiori di« 
sposti con disegno e simmetria in 
van compartimenti, formavano bel- 
lissimi ornati tramezzati da diver- 
si stemmi gentilizi , e da dieci i- 
scrizioni celebranti le virtù del 
Papa, l'onore che compartiva a 
Genzano in tal giorno, ed altro 
relativo: tanto gli stemmi, come 
le iscrizioni erano formt^te jdi fiori 
naturali. In capo poi delia strada 
Sforza , leggevasi in un cartello 
una iscrizione in cui si esaltava il 
sommo ed utile benefizio della 
nuova portentosa strada dal Papa 
ordinata nel clivio diGalloro, che 
conduce a Genzano, con immenso 
vantaggio pubblico: autore di tut- 
te le iscrizioni, scritte con aurea 
latinità fu d. Gaetano Loffì*eddi sa- 
cerdote genzanese. Gli stemmi gen- 
tilizi erano, quello del Pontefice, cui 
succedevano quelli del cardinal O- 
stini vescovo diocesano, del cardi- 
nal Tosti protettore di Genzano, 
del cardinal Lambruschini segre- 
tario di stato, del cardinal Mattei 
segretario per gli affari di stato 
interni, di d. Lorenzo Sforza Ce- 
sarini duca di Genzano e gonfa* 
loniere perpetuo del popolo ro- 
mano, e degli stemmi di vari altri 
personaggi che sono a capo delle 
diverse pubbliche amministrazioni, 
con le quali ha relazione la città 
di Genzano. 11 Papa ammirando 
il sorprendente lavoro e il mira- 



GEN SS 

bile efletto che produceva Timmea* 
sa còpia de' ben disposti fiori, in- 
dugiava a passarvi, temendo che 
sì stupendo lavoro di tante per- 
sone, non venisse in un momento 
guastato dal transito del suo se- 
guito e dal popolo accorso anche 
dai con vicini paesi e da Boma. 
Invitato il Pontefice a passarvi 80« 
pra, poiché solo in suo onore e- 
rasi la strada in tal modo abbel- 
lita, vi ascese e la percorse tutta 
sino alla cima, seguito dal corteg- 
gio, fra le acclamazioni de'genzane- 
si e della moltitudine, che l'ap- 
plaudiva anche dalle finestre delle 
case laterali parate a festa con 
drappi di variati colori. Giunto 
Gregorio XVI alla cima della stra- 
da proseguì a camminare per la 
via Carolina, e giunto sulla gran- 
de piazza circolare ove s'incrocia- 
no i quattro superbi viali della 
rinomata olmata, ne ammirò l'im- 
ponente prospettiva, che vi si pre- 
senta da ogni lato, fermandosi a 
complimentare la duchessa di Gen- 
zano, d. Carolina Sforza Shirley, 
che ivi trovandosi col suo figliuo- 
lo d. Francesco duca di Segni, si 
prostrò a baciargli i piedi. Arri- 
vato finalmente il Pontefice alla 
chiesa de' cappuccini per ricevei'vi 
la benedizione col Santissimo, ed 
entrato nel contiguo convento ara- 
mise al bacio del piede la religio- 
sa famiglia, che volle fosse parte- 
cipe nel refettorio di sua mensa. 
A questa si compiacque ammetter- 
vi anche il duca d. Lorenzo Sfor- 
za, il p. Luigi da Bagnaia predi- 
catore apostolico , e procuratore 
generale de' cappuccini , T arciprete 
della collegiata, il governatore ed 
il gonfaloniere di Genzano. Men- 
tre seguiva il pranzo uno scelto conr 
certo di trombe della valentissima 



.56 



GEN 



banda romana dei dragoni ponti- 
ficii, in una stanza contigua eseguì 
con lieta musica di cori alcune 
strofTette in onore del supremo Ge- 
rarca. Dopo il pranzo il Pontefice 
nel coro de' cappuccini nuovamen- 
te ammise al bacio del piede il 
duca, e la duchessa di Genzano, 
le maestre pie della città ed altre 
persone, indi ascese in carrozza, e 
giunto al piazzale di Galloro ne 
discese per osservare la nuova strada 
che per sua munificenza andavasi 
ultimando da quel punto sino al- 
l' olmata di Genzano; e lodandone 
il cav. Giuseppe Bartolini autore 
e direttore della medesima, questi 
ebbe l'onore di farne rimarcare i 
vantaggi, le superate difficoltà, e 
rispose 8' tutte le interrogazioni che 
si piacque fargli il venerato princi- 
pe. Dopo averne egli percorso un 
tratto a piedi, retrocedette per moni- 
tare in carrozza, la quale fu la pri- 
ma a passare per la nuova strada, 
seguitando il viaggio per Roma. 
Ai 5 ottobre del medesimo anno 
1843 Gregorio XVI da Castel 
Gandolfo ritornò in Genzano, vi- 
sitò la collegiata, e la chiesa dei 
cappuccini , nel cui refettorio am- 
mise benignamente alla sua tavola 
i religiosi, il cardinal Pacca deca^* 
no del sacro collegio, il cardinal 
Ostini vescovo, ed oltre la sua no- 
bile corte, il p. abbate Zuppani, il 
governatore, il gonfaloniere e lar- 
ciprete di Genzano. 

Da ultimo a' 2 ottobre 1844 il 
prefato Pontefice da Castel Gan- 
dolfo si condusse a Genzano per 
la suddetta strada, che in un al 
ponte ti*ovò perfettamente compi- 
ta, ed a memoria del benefizio è 
stata collocata sul ponte stesso a- 
naloga marmorea iscrizione, sovra- 
sUita dal pontificio stemma di tra- 



CEPr 

vertino. Giunto in città fu ricevu- 
to nella chiesa collegiata dal car- 
dinal Ostini vescovo, dal capitolo, 
da monsignor Lucciardi pi*esidente 
della Comarca, dal governatore, e 
dal gonfaloniere ed anziani, tutti 
in abito, tra il suono delle cam- 
pane, gli evviva della popolazione, 
lo sparo de' mortari, ed il suono 
della banda de' cacciatori. Il Papa 
ricevè da monsignor Castellani sa- 
grista la benedizione col ss. Sagra- 
mento precedentemente esposto , 
quindi voile onorare di sua pre- 
senza il nuovo palazzo comunale 
in via Livia. £ pei*tanto a sapersi 
ch'era proprietario di un ben va- 
sto fabbricato in Genzano Giovan- 
ni Amerani, ed avendo la comune 
bisogno d'un locale in cui potesse 
riunire tutti gli uffici pubblici, nel 
terminare del i843 acquistò a ta- 
le effetto il fabbricato. Quindi la 
comune con l'opera e direzione 
dell'egregio architetto romano Lui- 
gi Agostini lo restaurò, l'ampliò e 
lo ridusse agli usi pei quali avea 
proceduto all'acquisto, laonde sic- 
come perfettamente compito, il 
Pontefice onorò di ascendere al 
piano superiore, compartire dall'or- 
nata loggia l'apostolica benedizione 
a tutti gii abitanti, e nella gran 
sala in decoroso trono di ammet- 
tere al bacio del piede il clero, il 
governatore, la magistratura civi- 
ca, ed i più distinti cittadini, tut- 
ti lieti di vedere distinto il muni- 
cipale edifizio dalia presenza di 
Gregorio XVI. Passò poscia il Pa- 
pa nella chiesa de' cappuccini, e 
dopo avervi orato si recò nel con- 
tiguo convento, ove in refettorio 
ammise alla sua mensa i cardinali 
Ostini e Mattei, ed oltre la pro- 
pria famiglia nobile e quella reii- 
gios£| coi pp. Luigi da Bagnala gè- 



GEN 

na^le, ed Andrea d'Arezzo prò* 
caratore generale, anche il pi*e- 
lato Luodaitli, il gOTernatore Ni- 
cola Mariani, il gonfaloniere Paolo 
Marìni, l'arci prele d. Filippo de 
Dominicis, e l'altro distinto gen- 
zanese Gaetano Jacopini. La men- 
sa fu rallegrata dalla suUodata 
banda musicale, dopo la quale il 
Pontefice ammise nel coro al ba- 
cio del piede le maestre pie, ed al- 
tre pei*8one, e col suo seguito par- 
tì tra il plauso de'genzanesi per 
Galloro e per Castel Gandolfo. 
- Oltre quanto si é detto supe- 
riormente dell'antichissima e no- 
bilissima famiglia romana Cesarini, 
qui accenneremo alcuna delle tan- 
te cose die la riguai*dano. Essa ha 
dato al sacro collegio quattro car- 
dinali^ doé Giuliano del 14^6 giu- 
niore; Giuliano del i49^ senio- 
l'e; Alessandi*o del iSiy giuniore; 
Alessandit) del 1-627 seniore: le 
notizie biografiche de' quali sono 
riportate ai loro articoli e luoghi 
l'elativi. Il cardinal Giuliano se- 
niore terminò il palazzo Cesarini 
incominciato da monsignor Giorgio, 
ed amphò le abitazioni di sua fa- 
miglia, facendo acquisto di un al- 
tro palazzo dirimpetto al primo, 
nel quale era inclusa la torre Ar- 
gentina, ove edificò vaghi e sontuo- 
si portici: presso al detto palazzo 
è la chiesa di s. Nicola alle Cai* 
carCy detta de' Cesarini per esserne 
stati questi i patroni, ed ora ap- 
partiene ai somaschi. Gabriele Ce- 
sarini pel prìmp ottenne la cospi- 
cua carica di gonfaloniere del po- 
polo romano, probabilmente da 
Sisto IV, o almeno da Innocenzo 
Vili, sebbene altrì dicono averla con- 
seguita da Alessandro VI parente di 
questa ^miglia, per la quale mostrò 
speciale propensione^ e ricolmò di fa** 



GEN 57 

yori e beneficenze. Gabriele nel 
1499 col consenso di detto Pupa 
rassegnò il gonfalonierato al suo 
figlio Gio. Giorgio, e questi fece 
poi alti^eltanto per autorità di Giu- 
lio II col proprio figliuolo Giulia* 
no. Clemente VII col moto-pro- 
prio de' 23 marzo i53o perpetuò 
nella famiglia Cesarini , e rese in 
essa ereditaria la medesima carica 
di gonfaloniere del popolo roma«> 
no; anzi è da notarsi- che il du- 
ca Filippo, dopo la morte di Giu- 
liano suo fratello, succedendo ai di- 
ritti di primogenitura, chiese di es- 
sere messo iu possesso anche della 
carica di gonfaloniei*e del popolo 
romano, e degli emolumenti an- 
nessi alla medesima: incontrò qual- 
che ostacolo sotto Alessandro VII 
attesa la sua passata qualità di 
chierico, ma pienamente favorevole 
trovò il di lui successore Clemen- 
te IX, che perciò a' 23 maggio 
1668 emanò relativo molo-proprìo. 
Dopo la sua morte nel i685 la 
sua carica fu conferita ad altri, ma 
nei primi del secolo seguente ven- 
ne reintegrata la famiglia Sforza 
Cesarini, che tuttora ne porta il 
titolo e le insegne nella pi*opvia 
arma gentilizia. P^. Gonfalonie- 
re DEL SENATO E POPOLO ROMANO. 

All'articolo Carnevale (Fedi)y ab- 
biamo detto delle splendide feste 
date in Roma nel i545 da Giu- 
liano, co' famosi giuochi di Agone 
e di Testacico ; egli da Giulio IH 
fu investito di Civita Nova, e di 
Monte Cosaro con titolo di mar- 
chese. Sisto V oltre altre singolari 
concessioni a questa famiglia y isti- 
tuì in favore del duca Giuliano il 
monte Cesarino vacabile. In d. Li- 
via Cesarini si riunì T eredità di 
questa famiglia , insieme a quel* 
le dei Savelli^ Perelti > Gabreiu, e 



58 GEN 

Bovadlila; questa dueliessa marita- 
tasi col duca d. Federico Sfoi*za, 
in questa Dobilissioia famiglia pas- 
sarono le ricchezze e le prerogati - 
de'Cesarini. Dei cardinali Sforza se 
ne parla alle loro biografie: della 
famiglia Sfoi*za all'articolo Milano 
di cui fu sovrana. Dei singolaii 
pnvilegi concessi da Paolo III alla 
famiglia Sforza ne facemmo cenno 
al voi. XF, p. 12 del Dizionario. 
Come poi si riunirono nella fami- 
glia Sforza -Cesa ri ni le eredità, ra- 
gioni e privilegi delle cospicue, an- 
tiche e potenti famiglie Conti ^ Sa- 
velli, e PerelUy lo diciamo a quegli 
artìcoli. Del palazzo Sforza-Cesari- 
ni, attualmente abitato in Roma 
dai signori di questa famiglia, ne 
parlammo al voi. YII^ p. 191 e 
192 del Dizionario. In quanto al 
teatft) di Torre Argentina, che 
prende tal nome da una vicina 
torretta di proprietà di questa fa- 
miglia, è a vedersi l'articolo Tea*- 
TBi DI Roma. Il dotto ^'icola Ratti 
nella sua opera intitolata Della fa» 
miglia Sforza, con autentici docu- 
menti ci ha dato le notizie delle 
famiglie Sforza , Conti, Cesarini, 
Si^veili, Peretti o Montalto, Cabre-* 
ra, eBovadilla; della loro origine, 
antichità, lustro, pregi; dei conside- 
rabili acquisti da esse fatti, feudi e 
signorie; dei privilegi ed insigni pre- 
rogative; e degli uomini e donne 
illustri che fiorirono in esse, e tra 
gli uomini quelli che in gran nu- 
mero si distinsero in armi, in scien- 
ze ed in dignità ecclesiastiche. Il 
Ratti pubblicò nel 17949 i" Ro- 
ma coi tipi del Salomoni, la sua 
storia, cioè il primo volume, men- 
tre il secondo lo pubblicò nel 1 795, 
ed ambedue in foglio grande. La 
dedicò al duca Francesco Sforza 
Cesarini, padre deirodierno duca, 



GEN 

con questi cognomi e titoli: SaveU 
li, Peretti, Montalto, Cabrerà, Bo- 
vadilla , Conti, principe 'del sacro 
romano impero, grande di Spagna 
di prima classe, conte di Santa 
Fiora XVIII, del senato e popolo 
romano perpetuo gonfaloniere ec. 
ec. Il duca Francesco morì di an- 
ni 44 a' 1 6 febbraio 18 16; gli fu- 
rono fatte l'esequie nella patriarca- 
le basilica di s. Maria Maggioi*e 
nella cappella Sistina sua gentilizia, 
od ivi tumulato: della delta cap- 
pella ne parlammo all'articolo Chie- 
sa DI s. Maria Maggiobe. Gli furo- 
no celebrati altri funerali anche 
nella chiesa di s. Maria in Valli- 
cella, qual bene&ttore di essa, co- 
me gli altri di sua famiglia, loc*- 
chè si può leggere all'articolo Fi- 
lippini, in cui si descrive la chie- 
sa pur chiamata Nuova. 

Dello stemo^a Cesarini, e delle sue 
parti, come della colonna per memo- 
ria di Martino Y benefattore di essi; 
dell'oi^so un tempo sostituito dal 
montone, per la vittoria riportata 
sugli Orsini non ben provata, sopra 
un monte verde in campo giallo 
forse com' erede dell'antica e no- 
bilissima famiglia Montanara da cui 
vuoisi derivata; e dell'aquila im» 
periale concessa insieme ad altri 
privilegi dall'imperatore Carlo V^ 
il medesimo Ratti ne tratta al tom. 
II, p. 264 e se^. e 295. Al pre- 
sente lo stemma gentilizio del du- 
ca Sforza consiste nel notissimo 
scudo originario Sforza, ove in cam- 
po azzurro si vede il leone d'oro 
rampante, colla destra branca in 
atto di minacciare, colla sinistra so- 
stenente un ramo di cotogno coi 
suoi frutti (sulFongine e particola- 
rità di quest'arma si può vedere 
il eh. conte Litta neil' applaudita 
opera sulle Famiglie illustri ilalia^^ 



GEN 

ne, sul pnDcipio di essa). A sinistra 
dì questa insegna entro il mede* 
amo scudo è la già descritta ar- 
ma de'Cesarini, e d'intorno vi so- 
no inquartati in bella mostra bla- 
sonica gli stemmi SaTelli, l'aquila 
scacca ta Conti, Tarme Peretti-Moa* 
tallo, e quella Cabrerà - Bovadilla. 
Tutto lo scudo é sormontato dal- 
laquila bicipite» segno di pi'inci* 
pe del sacro romano impero. Sa- 
i^bbe poi troppo lungo il dare ra- 
gione d' ogni emblema di ciascu- 
n'arme; dirò solo dei due serpenti 
o biscioni che come supporti stan- 
no ad ambo i lati dello scudo. 
Questi viscontei colubri sono inse- 
gna nobilissima quant'altra mai di 
Italia, perchè acquistala da perso- 
nale valore eccitato da sentimento 
religioso nella prima crociala. Ne 
fii menzione Torquato Tasso nel 
piimo canto, stanza 55, della sua 
Gerusalemme , nel passare a rasse- 
gna i più valenti fra le nobili schie- 
re degli avventurieri. 

»» 0*i forte OUon che conquisa 

lo scudo 
M In cui daìV angue esce il fan" 

cìuUo ignudo. 

La storia é che Ottone Visconti 
a singoiar tenzone uccidesse un 
fierissimo gigantesco saraceno chia- 
mato Voiuoe, die per distintivo di 
superbia aveva questo biscione per 
cimiero, e sullo scudo. Ottone tolse 
a sua impresa la riportata spoglia 
del vinto nemico, e la famiglia 
Viscontea si gloriò di adottarla per 
sua arma , e da essa V ereditò la 
Sforzesca, la quale come sola ere- 
de del ramo dominante dei Viscon- 
ti, ha sola il diritto, o lo ha mag- 
giore d'ogn' altro di fregiarne la 
sua gente^ e ritenerla per propria^ 



GEO Sg 

Chi volesse rimontare più alto ti*o- 
vei*ebbe che Voluce in quel ser- 
pente, da cui esoe il fìmciullo ignu- 
do (e serva di disinganno a chi 
a*ede che il serpente ingoi il bam- 
bino) disegnava sé discendente dal 
sangue di Alessandro il Grande, 
che crede vasi uscito da Giove ve- 
duto da sua madre Olimpia in 
forma di serpente ec: questo è il 
primitivo significato di sì nobilissi- 
mo stemma , che ora trovasi in- 
quartato nell'arme dell'imperato- 
re d'Austria, come re di Lombar- 
dia, perchè Milano e il suo stato 
dominato dai Visconti non avea 
altra arme die quella de' suoi si- 
gnori, onde Dante ebbe a chia- 
marla M la vipera eh' e' Milanesi 
accampa". Tornando all'arma Sfor- 
za, termineremo col dire, che so- 
pra il fondo del manto ducale cam- 
peggiano le bandiere col S, P, Q, R. 
in segno del gonfalonierato perpe- 
tuo, e due chiavi pendenti, siccome 
parte dello stemma de' Savelli già 
custodi e marescialli del conclave. 
GENZIANO (s.), martire. F. Fu- 

SCIANO (S.). 

GEOFFKOY GiovAnifc, CardU 
naie, V, Goffrboi Giovauni, Car'^ 
dinaie» 

GEOGRAFIA. Descrizione di tut- 
te le parti della terra, geographia^ 
terraruni descripdo. La geografia è 
una parola formata da due voca- 
boli che significano terra,' e descri- 
zione. La geografia è la precisa 
sdenza della posizione de' paesi : 
essa insegna il luogo di tutte le 
regioni terrestri, le une rispetto al- 
le altre, e riguardo al cielo, con 
la descrizione di ciò che contengo- 
no di rimarchevole. La geografia 
antica è la descrizione della terra 
secondo le cognizioni degli antichi, 
le opere de' quali ci furono tra- 



6o GEO 

inandate, ma con molti errori ed 
om missioni. La geografia astronO" 
mica è la descrizione della terra 
considerata relativamente al cielo. 
La geografia commerciale ha per 
oggetto di far conoscere le arti ^ 
le fabbriche, e le naturali produ* 
zioni di ciascun paese, suU'impor- 
tazione ed esportazione delle quali 
i popoli, le nazioni, e i commer- 
cianti fondar possono le loro spe- 
culazioni : mostra anche i mari, i 
fiumi, i canali, e le strade piti si- 
cure , comode ed economiche , i 
luoghi di conserva e deposizione, 
i porti migliori, ec. ec. La geogra- 
fia ecclesiastica antica e moderna, 
ha per base la ecclesiastica gerar- 
chia: le opere e le carte geogra- 
fiche danno le denominazioni, di- 
visioni e suddivisioni, secondo che 
i paesi sono distribuiti, anticamen- 
te in diocesi, esarcati, vicariati^ 
Provincie ec. , al presente in pa- 
ti*iarcati , arcivescovati , vescovati , 
abbazie nullius dioecesis^ ed anche 
in patriarcati, arcivescovati, e ve- 
scovati titolari in partibus infide' 
lìutHj ec. ec. La geografia ^^/ca è 
la descrizione della terra quanto 
alla natura, alla sua esteriore ed 
interiore struttura, ed alle sue na- 
turali divisioni. La geografia isto* 
rica comprende i limiti dei di-- 
versi stati, le variazioni che pro- 
varono, le loro perdite, i loro in- 
grandimenti, e gì' istorici progressi, 
che risguardano T emigrazioni dei 
popoli, la formazione e caduta de- 
grimperì, regni, repubbliche, i can- 
giamenti di dinastie, ec ec. La geo- 
grafia matematica, parte della geo- 
grafia, ha per oggetto i calcoli cor 
me le latitudini e le longitudini, 
l'elevazione dei luoghi, e il calcolo 
delle maree, ec. ec. La geografia 
media abbraccia l' intervallo scorso 



GEO 

dalla decadenza del romano impe- 
ro sino al risorgimento delle let- 
tere. Geografia moderna chiamasi 
una piii esatta descrizione della 
terra, dalla rinnovazione delle let- 
tere sino al pi^esente^ perciò la piti 
varia, la piti interessante, la più 
istruttiva, e la più ricca d'ogni al- 
tra geografia. Geografia politica è 
la desGiùzione della terra conside- 
rata in confronto ai vari stati nei 
quali è divisa, e alla loro forma 
di governo. Geografia statistica è 
la parte della geografia, che trat- 
ta dell'estensione dei paesi, della 
loro popolazione, prodotti naturali, 
rendite, ec. ec. Lo Spanhemio aiu- 
tò la geografia colla numismatica, 
e per mezzo delle monete chiarì 
molti passi oscuri ed incerti pres* 
so gli iBcrittori. 

La carta geografica poi è una 
figura piana che rappresenta la 
superficie della terra, o di una 
sua parte, che mostra la configu« 
razione dei paesi, dei mari, del- 
le montagne ; la situazione del- 
le città, dei fiumi, delle strade, 
ec. ; i limiti e le divisioni de- 
gli stati, e le denominazioni gene- 
rali e particolari di ciascuno di es- 
si. È incerto il primo inventore 
delle carte geografiche : Eustazio 
però riferisce, che Sesostri re d'E- 
gitto, facesse disegnare in una car- 
ta i paesi da lui trascorsi : questa 
sarebbe la carta più antica che si 
conoscesse. La carta generale rap- 
presenta o il globo terracqueo, o 
una delle sue parti principali; la 
carta idrografica rappresentarle va- 
rie forme del mare, le coste, e i 
bassi fondi, ed altri oggetti impor- 
tanti pei navigatori, marcandovisi 
pure la profondità e le correnti, 
e sotto un tal riguardo è interes- 
santissima per la fisica geografia; 



GEO 

la carta itineraria segna le strade 
e i principali luoghi per uso dei 
TÌaggiatori ; la caria muta offre il 
piano inciso senza lettere, e serve 
con vantaggio per gli studiosi che 
acquistarono le prime nozioni geo- 
grafiche ; carta piatta è quella ove 
l'effetto della prospettiva o roton- 
dità della terra è nullo, i meri- 
diani ed i paralleli vi sono rappre- 
sentati con linee dirette e paralle- 
le; finalmente la carta topografi' 
ca offi*e la figura di un luogo par- 
ticolare, e serve in ispecial modo 
ai militari onde dirigere. le loit) 
operazioni , e perciò comprende 
tutti i fiumi, le strade, ec., rico- 
noscendosi facilmente altresì gli og- 
getti appartenenti alla trigonome- 
trìa, ch'è la nota arte di misurare 
ì triangoli rispetto a' loro angoli e 
lati. 

Sebbene fino da' tempi antichis- 
simi s'incominciasse ad avere una 
qualche idea di geografia , man- 
cando gli antichi dei mezzi neces- 
sari per formarsi un'esatta idea 
dei globo da noi abitato, non po- 
terono essi portar questa scienza a 
quel grado di perfezione a cui giun- 
se per lo studio de' geografi mo- 
derni. Tuttavia le opere degli an- 
tichi aprirono la via a coltivare gli 
studi geografici, e lasciarono noti- 
zie sull'orìgine e progressi della 
geografia, essendo i più antichi, Se- 
sostri che espose alla vista del po- 
polo delineate in carte le sue con- 
quiste, e Mosè nella divisione delle 
dodici tribù d'israello eseguita da 
Giosuè, su dì che va letto quanto 
ne dice il Bergier, nel Dizionario 
enciclopedico y airarlicolo Geografia 
sacra, ed il Robert, Geografia sa* 
era e storica^ stampata in Parigi 
nel 1747* Cooperarono ai progres- 
si della geografia eziandio i ifeni- 



GEO 6f 

eli con la loro navigazione, le spe- 
dizioni marittime di Salomone, e 
di Necao re dell'Egitto intorno l'A- 
frica, i greci asiatici massime per 
le osservazioni astronomiche d'A* 
ristotile che fissò la figura sferica 
della terra, e misurando la circon- 
ferenza del globo, ne determinò la 
grandezza: anche il sublime Ome- 
ro viene riguardato benemerito del- 
la geografia per le molte città, pei 
diversi mari, e per le svariate re- 
gioni da lui nominate ne' suoi di- 
vini poemi. Con Alessandro il Gran- 
de viaggiavano sempre ingegnen» 
che formavano la carta de' paesi 
ch'egli attravei*sava , o soggiogava. 
Eratostene si meritò in questa uti- 
lissima scienza il glorioso nome di 
cosmografo, e di misuratore dell'u- 
niverso, che corretta la carta geo- 
grafica d' Anassimandro ne diede 
altra alla luce più esatta; le suc- 
cessive dispute sulle opere di tali 
geografi, contribuirono a perfèzto^ 
nare i princìpii della scienza, che 
con fervore e cura studiavasi nella 
Grecia. L'amore di essa passò an- 
che presso i romani, come passa- 
rono le alti*e scienze e le arti al- 
lorché cominciarono le loro estese 
conquiste fuori delfltalia, e soprat- 
tutto nell'Africa. Polibio fu spedi- 
to da Scipione Emiliano a ricono- 
scere le coste di varie regioni, e i 
luoghi per ove era passato Anni- 
bale. Varrone, De re rustica^ fa 
menzione della carta geografica che 
rappresentava l'Italia, e di quella 
che portavasi dai romani ne'trion- 
fi de' vinti paesi. L'eccellente astro- 
nomo Possidonio amico di Pom- 
peo, misurò la circonferenza della 
terra; e sotto il consolato di Giu- 
lio Cesare, che ne' suoi Commert' 
tari ci die la descrizione delle Gal- 
lie, e delle isole Britanniche, si die- 



6% GEO 

de mano alla gi^and'opera della de* 
scrizione piil esatta dell' imperio ix)*- 
mano: Zenodossio descrisse ronen- 
te, Teodoro il settentrione, e Pò* 
licleto il mezzogiorno. Sotto Augu> 
sto, e per la sua protezione alle 
scienze, si vide condotta a compi* 
mento la descrizione generale del 
mondo, esposta nel mezzo di Ro* 
ma sotto un gran portico a tale 
oggetto costrutto: lavoro in cui i 
romani affiiticaronsi quasi per due 
secoli interi; indi Dionisio Periege- 
te descrisse la ten*a giusta i prin- 
cipii d'£rato$tene, e dell'immortale 
Stiiibone. Fiorirono successi vamen« 
te tra i romani geografi Isidoro di 
Carace autore della Stazione dei 
Partij Pomponio Mela che pub- 
blicò il compendio di geografia in- 
titolato De sita orbisj Plinio il vec- 
chio che impiegò quattro libri del- 
la sua opera delle cose naturali 
intorno alla geografia; Martino di 
Tiro uno de' restauratori dell'an- 
tica geografia; Ariano di Nicome- 
dia, che lasciò due peripli sul Pon- 
te Bussino, e sul mar Rosso ; Dio- 
nigi di Bisanzio descrittore del Bos*» 
foro Tracio; e Pausania che in 
dieci libri descrisse la Grecia. 

Mentre la geografia acquistava 
cultori sotto r impero di Adriano 
e di Marco Amelio, comparve To- 
lomeo ristauratore e padre della 
geografia. Dopo questo celebre ma- 
tematico Alipio d'Antiochia descrìs- 
se l'antico mondo; ed il cosmogra- 
fo Etico fece l'itinerario d'Antoni- 
no o Notizia deW impéro ; indi 
nell'impero di Teodosio si formò 
la carta itineraria chiamata Peutin'- 
gerianay così detta dal suo posses- 
sore Corrado Peutinger, la quale 
trovasi al presente nella biblioteca 
imperiale di Vienna. Ne' secoli bar- 
barici Mosé Cirenense scrìsse un 



GEO 

trattato di geografia; Cosmo egi- 
ziano nel 536 compose la cosmo- 
grafia cristiana; ed Erode pubbli- 
cò la Notizia dell' impero di Co- 
stantino , e nel IX secolo o pia 
tardi venne scritta l'opera dell'ano- 
nimo geografo ravennate. Passate 
le scienze dall'Europa nell'Asia, 
gli arabi le accolsero e coltivaro- 
no in un alla geografia, nella quale 
ci diedero diverse opere: la Persia 
ebbe pure i suoi geografi. Nel se- 
colo XIII, mediante i viaggi di ter- 
ra e di mare, il gusto della geo- 
grafia si risvegliò in Eut*opa , me^ 
ritando menzione il veneto Marco 
Polo , che reduce da' suoi viaggi 
nell'Asia ci porse la cognizione geo- 
grafica della Tartaria, della China 
e la vera figura dell'Africa per 
mezzo d' un planìsferìo che recò 
dalla Cina. Da questo planisferio 
si prese l' idea di quello che fece 
nel 1 4^7 per Alfonso IV re di Por- 
togallo fr. Mauro convei*so camal- 
dolese, che meritò pel* questo di 
essere annoverato fra i geografi di 
quel secolo: l'utilità recata alla 
geografia da Marco Polo e da fr. 
Mauro, venne dottamente dimo- 
strata dal p. d. Placido ZuHa ca- 
maldolese poi caidinale. Nel decli- 
nare del secolo XV la geografia fu 
ampliata dalla scoperta del nuovo 
mondo fatta dall' immortale Cristo- 
foro Colombo, scoperta che fu se- 
guita da tante altre con immensi 
vantaggi della scienza geografica. Il 
eh. Andres, Origine d^ ogni lettera- 
turay t. IH, par. II, p. igo, osserva 
che da tale scoperta tutte le scien- 
ze grandemente ne profittarono, 
ma sopra tutte e singolarmente la 
geografia, ed ecco come si esprime: 
•* Più mari e piò terre si assog- 
gettò in pochi anni al suo do- 
minio, che non aveva potuto con- 



GEO 

quistare in tanti secoli. Ogni anno 
▼enne poscia segnato con nuove 
scoperte. Ogni giorno si acquista- 
rono nuove notizie delle stesse tetv 
re, prima scoperte. Il globo tei*« 
racqueo videsì accresciuto con TA- 
merica da un nuovo emisfero: e 
le ampie provincie fin allora vuo- 
te e deserte nelle mappe geografi- 
che, cominciarono nel seguente se- 
colo a comparire piene e popolate, 
ed a conoscersi la vera forma e 
reale esistenza " . Ali' incremento 
della geografìa contribuì eziandio 
dopo tante scoperte, una vasta se- 
rie d'illustri viaggiatori. Nel seco- 
lo XVI cominciò a prendere mag- 
gior vigore la geografia, sì per le 
accennate scoperte, sì per le cogni- 
zioni de' dotti uomini che le colti- 
irarono, come ancora per Tarte 
d'incidere, onde col moltiplicarsi 
le carte, andavansi esse perfezio- 
nando ; l'Alemagna , i' Inghilterra , 
r Italia , la Spagna , la Svezia , la 
Russia, e sopra ogni altra nazione 
la Francia, progressivamente com- 
parìr videro grandi e stimate ope- 
1^ dì geografia. L' Olanda e la 
Fiandra acquistarono pur anco del- 
la rinomanza pei letterari travagli 
de' loro geografi. Neil' Italia fio- 
inrono Gio. Antonio Magini di Pa- 
dova per la geografia antica e mo- 
derna; il p. Riccioli gesuita ferra- 
rese, non che gli altri gesuiti pp. 
•Le-Maire e Boschovich, oltre Do- 
menico Cassini, ed il p. Coroneili 
cosmografo della repubblica di Ve- 
nezia. Nei primi del secolo decor- 
so in Russia s' incominciò a colti- 
vare la geografia con qualche suc- 
cesso. Il comincia mento del passa- 
to secolo dev'essei*e riguardato sic- 
come l'epoca precisa di una gene- 
i*aie rinnovazione della geografia 
di Francia, e per così dire in tul^ 



GEO 63 

te le parti d'Europa, avendo l'ac- 
cademia delle scienze, mei*cè il la- 
voro de' molti suoi membri, influi- 
to considerabilmente ai rapidissimi 
progressi di essa, alla quale, il ri- 
peteremo, concorsero i lunghi viag- 
gi fatti da tanti oltramontani , e 
principalmente da Cook che, per 
modo di dire, si fece padrone di 
due emisferi, e che alcuni chiama- 
rono il Colombo deli' Oceanica. 
L'utilità e necessità della scienza 
geografica ben dimostrano i moltr- 
plici Dizionari che si andarono di 
tempo in tempo pubblicando, ed 
il cui novera si legge nei bello 
e dotto discorso preliminare dell'e- 
rudito ed applauditissimo Nuovo 
Dizionario geografico universale , 
opera originale italiana di una so- 
cietà di scienziati, coi celebri tipi 
del benemerito ed illustre tipogra- 
fo Giuseppe Antonelli editore, pub- 
blicato in Venezia nell'anno 1826. 
In quanto alla geografia sacra 
ed agli autori che si possono con- 
sultare, riporteremo ciò che il ce- 
lebre Francesco Antonio Zaccaria 
scrisse nel tom. I, p. 9 delle Dis- 
sertazioni varie italiane a storia 
ecclesiastica appartenenti , Roma 
1780. Eusebio ci lasciò in greco 
un libro de' nomi de' luoghi e del- 
le città mentovati nella sacra Scrit- 
tura, traslato in latino da s. Giro- 
lamo, e poi emendato, riordinato 
ed illustrato con annotazioni dal p. 
Iacopo fionfrerio l'anno i65g nel 
suo Onomasticon urbium^ et loco- 
rum sacrae Scripturae, che fu ri- 
prodotto in Amsterdam nel 1707 
da Giovanni Clerc. A questo si ag- 
giungano l'insigne opera della Geo- 
grafia sacra di Samuele Bochart, 
la Geografia sacra di Nicola San- 
son in alcune cose concetta da 
Agostino Lubino nelle sue tavole 



64 GER 

Sacrae geographiae, è la Palestina 
di Adriano Retando; non che i 
pnmi quattro libri delle Antichità 
giudaiciie di Benedetto Arias Mon- 
tano> i commenti di Postel, di An- 
drìcomico, di Yallalpando ec. Per 
conto poi della geografia ecclesia- 
stica di tutte le diocesi dell'uni- 
"verso, antica e moderna, si posso- 
no consultare i seguenti. Michele 
le Quien religioso domenicano, O- 
riens christianus in quatuor patriar- 
chatus digestus, quo exhibentur eC' 
clesiae patriarchae, caeterisque prae- 
sules totius on'entisy Parisiis ex ty- 
pographia regia 1740. Biagio Ter- 
zi di Lauria, Siria sacra^ descrizio^ 
ne storico- geografica-cronologica- to» 
pogrnfica delle due chiese patriar- 
cali Antiochia e Gerusalemme^ pri' 
mazie, metropoli e sitffraganee^ col' 
legiy abbazie e monisteri. Notizia 
de* concili, ordini equestri, e di tut' 
te le nazioni cristiane orientali , 
con due trattati delle patriarcali 
di Alessandria e Costantinopoli y 
de* primati di Cartagine e d* Etio- 
pia ec, Roma 1695 nella stampe- 
ria del Bernabò. Stefano Antonio 
Morcelli gesuita bresciano. Africa 
Christiana in tres partes tributa^ 
Brixiae ex o£Gcina Bettoniana 18 16. 
Ferdinando Ughelii fiorentino ab- 
bate cistcrciense, ItaUa sacra sive 
de episcopis Italiae, et insularum 
adjacentìum^ rebusque ab iis prae- 
dare gestisy deducta serie ad no- 
stram usque aetatem. Opus singu- 
lare provinciis XX distinctum in 
quo ecclesiarum origines, urbium 
conditiones , principum donationes , 
recondita monumenta in lucem prò- 
feruntur. Editio secunda, aucta et 
emendata cura et studio Nicolai 
Coletif Veneliis 17 17 apud Seba- 
slianum Goleti. Agostino Lubin 
degli eremiti di s. Agostino, Abba- 



GER 

tiaruni Italiae brevis notitia qua'- 
rum excisarum , quani extandum, 
titulus y ordo , dioecesis fundatio , 
mutationeSy situsy etc. exactius ex- 
primuntur, Romae 1693 typis Ko- 
marck. Antonio Felice Mattei mi- 
nore conventuale, Sardinia sacra 
seu de episcopis sardis historia, Ro- 
mae 1758 ex typografia Zempel. 
Rocco Pirri abbate, Siciliae sacrae 
disquisiiionibus et notitiis illustra» 
^5 e/c, Lugduni Batavorum i63o. 
Francesco Paolo Sperandio arcipre- 
te, Sabina sacra e profana, anti- 
ca e moderna, Roma 1790 nella 
stamperia Zempel. Sammartanì , 
Gallia Christiana qua series o- 
mnium archiepiscoporum , episco- 
porum et abbatum Franciae, vici- 
narumque ditionum, ab origine ec- 
clesiarum, ad nostra tempora, Lu- 
tetiae Parisiorum i656 apud du 
Mesnil. Abb. de Commanville, Hi- 
stoire de tous les archéveschez et 
éveschez de t univers, Paris 1700 
chez Delaulne. Auberto Mirco ca» 
nonico, Notitia episcopatuuni orbis 
christiani, in qua christianae reU- 
gionis amplitudo elucet, Autuerpiae 
1 6 1 3 ex officina Plantiniana. Il 
cardinal Garampi, come dicemmo 
al suo articolo, aveva preparato i 
materiali per un'opera che intito- 
lava Orbis christianus. 

GERACE (Hieracen). Città con 
residenza vescovile della Calabria 
ulteriore prima nel regno delle due 
Sicilie, capoluogo di distretto e 
di cantone , posta su d' una emi- 
nenza tra i due fiumi Novito e Me- 
rico presso il mar Ionio> all' orien- 
te del capo Spartivento. Dopo il 
terremoto del 1783, che in gran 
parte distrusse la città, non vi so- 
no edifizi degni di speciale men- 
zione, tranne la cattedrale, alcune 
chiese; il seminario , l'ospedale e. 



G£& 

diversi contenti. Ha vicino delle 
acque minerali che sono in pregio, 
e vi si & un commercio di buon 
tino detto gi*eco. I loa*esi opunzi 
fuggiti di Grecia fondarono collas- 
sistcnza dei siracusani la colonia di 
Locri presso al promontorio Zefi- 
rio, Zephyriunij oggi capo di Stilo. 
Divenne una delle fiorenti repub- 
bliche italiane, la quale per la sua 
potenza si acquistò somma gloria. 
Divenuta la città di Locri (Fedi)y 
municipio romano , gli abitanti si 
trasferirono sulle falde del monte 
Esope, ed ivi costruirono la nuova 
Locri che divenne anche sede ve- 
scovile, dalle rovine della quale nel 
principio de! secolo IX soi'se Ge- 
race; e si vedono ancora nei din- 
torni le rovine di un acquedotto, 
e di qualche altro antico monu- 
mento. Nell'anno 986 Gerace fu 
saccheggiata dai saraceni , ed in 
processo di tempo soggiacque a di- 
versi infortuni!. Il distretto di Ge- 
race è diviso negli otto cantoni di 
Ardore, Bianco- Vecchio, Castel- Ve- 
tere, Gerace 5 Gioiosa, Grotteria, 
Staiti e Stilo. 

Il primo vescovo conosciuto di 
Gerace è Basilio, fiorito verso Tan- 
no 33o al dire deli' Ugheili, Italia 
sacra tom. IX, p. 894; nia non 
sembra conciliabile tale epoca con 
la sua intervenzione al concilio di 
Calcedonìa nel pontificato di s. Leo- 
ne I. Dopo di Basilio avvi una la- 
cuna fino a Leonzio, eletto e con- 
fermato dal Papa Innocenzo II nel 
1 1 38. Commanville dice che nel 
VI secolo si trasfeiì la sede vesco- 
vile di Locri in Gerace, che chia-. 
ma santa Ciriaca: sembra dunque 
che l'origine di Gerace non debba 
attribuirsi al IX secolo , ma assai 
prima. Fu chiamato ancora Gera» 
vi, Giemcif Locres e Sancta Hic* 

/ VOL. XXIX. 



GER 65 

racia. Vi si celebrava anticamente 
r uffizio divino secondo il rito gre- 
co, laonde prima di parlare dei 
successori di Leonzio a questa se- 
de vescovile, di ciò faremo cenno, 
con l'autorità di Pietro Pompilio 
Rodotà, DeW origine e progresso 
del rito greco in Italia^ tom. I, p. 
4i6 e seg. I vescovi della città di 
Gerace continuarono dopo il seco- 
lo XI a fare la divina oblazione 
nel rito greco. Inutile fu l'opera 
de' normanni, e indarno si adope- 
rarono i romani Pontefici per vin- 
cere la loro ostinazione, e per ren- 
derli docili al rito della Chiesa ro- 
mana. Fra i greci prelati, i quali 
fecero luminosa comparsa, merita 
di essere annoverato Barlaamo mo- 
naco basiliano nato in Seminara, 
e abbate dei monistero di s. Sal- 
vatore di Costantinopoli, assai dot- 
to, il quale n*ebbe il governo nel 
1 34^ : T imperatore Andronico lo 
spedì suo legato al Papa Benedet- 
to XII, innanzi al quale recitò al- 
cune orazioni, sopra l' unione del- 
le chiese greca e latina ; ma poscia 
mosso da ambizione per acquistar 
credito presso gli scismatici, abiurò 
la cattolica religione, e fece aperta 
professione della scismatica, scriven- 
do contro i dogmi della latina. 
Tutta volta ravvedutosi dell'errore 
fu riconciliato con la santa Sede, 
e pel sxlo ardente che prese in di- 
fenderla , si meritò V afièzione di 
Clemente VI, il quale dimentican- 
do il passato lo fece vescovo di 
Gerace; quindi Baglio istituì mol- 
ti letterati nelle gi*eche discipline, 
e fu maestro del Boccaccio, del Pe- 
trarca e di altri illustri personag- 
gi di quel secolo. Dice ancora il 
Rodotà, che uri gran numero di 
vescovi della chiesa greca di Ge- 
race furono eletti dall'ordine ba« 

5 



66 



GER 



siliano : r ultimo greco, il quale la 
governò, Ai Atanasio. Calceofilo di 
G>stantinopoli, ornato di tutte quel- 
le prerogative che si possono de- 
siderare in un moderatore della 
disciplina regolare : presiedette nel- 
la dignità di abbate al monistcìt) 
basiliano di s. Maria del Patire; 
nel concilio di Firenze declamò con> 
tro le follie e scismatiche frodi dei 
greci) e risplendette per chiari esem- 
pi di molte egregie virtù, onde la 
Chiesa romana lo innalzò alla di- 
gnità di vescovo di Gerace. Temen- 
do forse per una vana e leggieris- 
sima apprensione, che il rito greco, 
the ivi era in onore, ridondasse a 
danno della cattolica religione, o per 
dltrl motivi, rivolse tutte le cure 
per ristabilirvi il latino. Egli dun- 
que tra i vescovi di Gerace fu il 
primo a cambiarlo nel 1467} ed i 
suoi successori per una serie mai 
interrotta , Y hanno costantemente 
ritenuto. Didg in ultimò il Rodotà, 
die la chiesa sotto il titolo di s. 
Maria de Latinis di Gei*ace, ci*e- 
de essere stata la comune madre 
de' pochi latini che vi facevano il 
loro soggiorno, nel tempo in cui 
la maggior parte della città era 
composta di greci.. 

Il successore di Leonzio vesco- 
vo di Gerace, fu Eustasìo tesorie- 
re della cattedrale, eletto dai ca- 
nonici e confermato nel 1 1 78 da 
Alessandro III. Nel 1 194 divenne 
Tescovo il greco Nicola ; Bartonul- 
fo greco monaco basiliano, fu in- 
truso dai greci verso il i25o; a 
sua vece Innocenzo IV nel i253 
Ti prepose M. Leone; Alessandro 
IV nel 1160 fece vescovo Paolo 
LeOtie; Giovanni eletto dal clero, 
fil' confermato nel 1 3 io da Cle- 
ùente V, ed ottenne dal re Ro- 
berto vari privilegi; Qemente VI 



GER 

non approvando Y elezione del ca- 
pitolo, trasferi a Gerace Nicola 
▼escovo di Bova; fr. Simeone di 
Costantinopoli fatto vescovo da 
Clemente VI nel i348, celebrò il 
sinodo; Nicola Mele di Gerace, te- 
soriere della cattedrale, nel i366 
fu vescovo, ma segui le parti del* 
l'antipapa Clemente VII; Angelo 
de Tufo del i4oo, fu uno degli 
ottimi vescovi, ed ebbe a successo- 
re Paolo che nel i4^9 divenne 
arcivescovo di Reggio; Gregorio 
primicierio della cattedrale nel i444 
fu elevato alla dignità vescovile; 
Trailo Carafa nel 1497 Tu fatto ve- 
scovo di Gerace, e governò sette an-» 
ni. Dopo di lui nel 1 5o5 Giulio II 
diede in commenda questa chiesa al 
cardinal Oliviero Caraffa, che però 
la rinunziò nel medesimo anno , 
ed il Papa lo fece succedere dallo 
spagnuolo Jacopo Conchille, al qua- 
le nominò successore nel i5og il 
cardinal fiandinello Sauli, che sot- 
to Leone X si dimise nel i5\f. 
Quel Papa allora affidò la chiesa 
in commenda al cardinal France- 
sco Armellini perugino, e per sua 
morte fece commendatore della me- 
desima nel 1 5 19 il cardinal Ales- 
sandro Cesarini, che la rassegnò 
nell'istesso anno. Ma siccome Gi- 
rolamo Planca nobile romano da- 
togli a successore, mori nel i534) 
cosi Clemeinte VII commendò la 
chiesa di nuovo al cai*dinal Cesa- 
rini, che la lasciò nel 1 536, onde fu 
fatto vescovo Tiberio Muti nobile 
romano. Egregio vescovo fu Otta- 
viano Pasqua nominato da Grego- 
rio XIII nel i574> ch^ ebbe a suc- 
cessore nel iSgi fr. Vincenzo Bo- 
nal*di romano, maestix) del sagro 
palazzo apostolico, ed autore d'un 
trattato della virtù degli Agnus 
Dei benedetti. Dopo la sua morte, 



GER 

Clcmejìie Vili nel i6ot dichiarb 
Vescovo Orazio Matteì nobile ro* 
manOy cui per volere di Gregorio 
XV successe nel 1622 Alessandro 
Boschi bolognese, che Urbano Vili 
fece vicegerente di Roma, e vica* 
rio apostolico di Parma. Gio. Ma» 
ria Belletti di Vercelli fu colloca» 
to in questa sede nel iGiS dii 
Urbano Vili , e scrisse un uti« 
le libro intitolato: Disquìsìtìones 
elencales, L'Ughelli iei^na la se* 
rie de' vescovi di Gerace con Lo* 
remo Tramutio, ed il Coleti eoa 
DomenioD Diez nobile di Aversa, 
fatto XL vescovo nel i68g. I dì 
lui successori si leggono nella col- 
lezione delle annuali Notìzie di 
Roma ; ed al pre^nte è vescovo' 
di Gerace monsignor Luigi Ferro* 
ne di 'GMenza, già eanonico peni* 
tensiere della cattedrale di sua pa^ 
trìa, preconizzato dal regnante 
Gregorio XVI nel consistoro de'19 
dicembre i834* 

La cattedrale di Gerace è de- 
dicata a Dio, in onore dell' Assun- 
zione in cielo della Beata Vergi* 
ne Maria, essendo la diocesi sufTra* 
ganea dell'arcivescovo di Reggio 
nel medesimo regno delle due Si* 
cilie. Avendo il memoi*ato terre- 
moto rovinato la cattedrale assai 
bella e di gotica architettura, venne 
decorosamente riedificata dall'ulti* 
mo vescovo defunto, monsignor Giu- 
seppe Maria Pellicano di Gioiosa, 
diocesi di Gerace, che Pio VII 
avea fatto vescovo nel 1818. H 
capitolo si compone di otto digni* 
fa, essendo la prima ^quella del 
decano, e le aline sono T arcidia- 
cono, il primicerio, l'arciprete, il 
protonotario, il tesoriere,' il canto^ 
re ed i4 maestro di cerimonie, i 
canonici sono sedici, comprese le 
prebende di penitenziere e di teo- 



GER 67 

logo; inoltre fanno parte del ca- 
pitolo i mansionari, ed alti*i preti 
e chierici addetti al servigio ec- 
clesiastico. Nella cattedrale la cura 
delle anime è affidata all'arcipre- 
te, quarta dignità; ivi è il fonte 
battesimale , e molte sacre reliquie. 
G)ntiguo alla cattedrale é l'episco- 
pio, nella maggior parte rifabbri- 
cato. Oltre la cattedrale in città 
si enumerano dodici chiese par- 
ixxxhiali tutte munite del iMtti- 
sterio. Vi sono pure due conven- 
ti di religiosi, ed un monistero 
di monache, non che diverse con- 
fraternite, e seminario cogli alun>- 
ni . Ad ogni nuovo vescovo la 
mensa è tassata ne' libri della ca- 
mera apostòlica in fiorini sessanta- 
due, verus aiuem illorum valor est 
3 000 circiler ducatorum aeris nea» 
politanis puhlìcis non deductis one^ 
ribus^ siccome si legge nella propo* 
sitio concistoriale. 

GERALDO (s.), conte di Au- 
rillac in Alvergna, nato Tanno 
855, ereditò da' suoi genitori vivi 
sentimenti di virtù e di pietà. A- 
vendolo la sua mal ferma salute 
obbligato di abbandonare i guer- 
resdii esercizi, ai quali la nobile 
gioventil usava allora dedicarsi, 
prese piacere per lo studio, per To^ 
razione, e per la meditazione del- 
la legge divina, e gli si insinuò 
nel cuore il desiderio di rinunzia- 
re al mondo per sempre. Morti i 
suoi genitori dispensò a' poveri la 
maggior parte delle sue ricchezze, 
non riserbandosi che quanto gli 
.era necessario per vivere. Gmdus- 
se una vita esemplare fra le pra- 
tiche di divozione e la penitenza, 
esortando i suoi vassalli alla virtù, 
ed agevolando loro i mezzi di di- 
venire buoni cristiani. Per ispirilo 
di penitenza fece un pellegi-iaag- 



68 GER 

gio a Roma. Ritornato ad Auril- 
lao fondò una gran chiesa in ono- 
re di s. Pietro^ nel luogo di quel- 
la di s. Clemente fatta edifìcare 
da suo padre con un monastero 
dell'ordine di s. Benedetto. Ar- 
ricchì considerabilmenle questo roo- 
•nistei-o, e si prese cura che vi fos- 
se osservata la piii esatta discipli- 
na, per cui divenne florido e repu- 
tato. Egli si sarebbe ritirato in 
questo monistero, ma il suo con* 
fessore lo consigliò di continuare a 
'^iver nel mondo per spargervi i 
suoi benefizi. Egli perseverò adun- 
que nel suo fervore avanzandosi 
ogni dì più nella perfezione. Sette 
anni prima della sua morte perdette 
la vista, e morì a Gezeinac nel Quer- 
ci a' 1 3 di ottobre del 909. Fu 
seppellito nel monistero di Auril- 
lac, e diversi miracoli attestarono 
la sua santità. Quell'abbazia fu se- 
iX)larìzzata, e cangiata in un capi- 
tolo di canonici da PioIY nel i562. 
Dipoi vi fu nominato un. abbate 
commendatario con molti privilegi. 
S. Geraldo è patrono dell'alta Al- 
irergna, ed è onoralo a' 1 3 d'ottobre, 
giorno delia sua morte. Nella chiesa 
collegiata di Aurillac conservansi 
alcune sue reliquie sottratte al fu- 
rore degli ugonotti. 

GERALDO (s.). Inglese dì na- 
scita, passò in Irlanda, e vi prese 
abito religioso nel monistero di 
Megeo o Mayo, fondato da Colraan 
rdi Lindisfarne,i n favore di quelli 
d'Inghilterra. Divenne successiva- 
mente abbate e vescovo. Fondò 
egli due monisteri, uno di uomi- 
Jii e l'altix) di femmine, del qua- 
le diede il governo a sua sorella, 
per nome Segrezia. Questo santo 
Tescovo cessò di vivere nel 732, e 
fu -^ sepolto a Mayo, ove ancora si 
vede una chiesa che porta il suo 



GER 

nome, e la sua memoria è ono- 
rata a' 1 3 di mai*zo. 

GERA-PETRA, o HIERA-PE- 
TRA, o HIEROPYDNA. Sede ve- 
scovile nella costa meridionale del- 
l' isola di Creta, presso il monte 
Ida, chiamata pure Castello di Ge- 
ra - Petra , essendo frequentato il 
luogo a motivo del suo comodo 
porto. Questo vescovato fu eretto 
nel quinto secolo, sotto la metro- 
poli di Candia, nella diocesi del- 
l' llliria orientale. Eufronio suo ve- 
scovo sottoscrisse la lettera della 
sua provincia all' imperatore Leo- 
ne, e al dire di Commanville, nel 
secolo XII fu unita la sede a quel- 
la di Sittia. Dopo che i latini oc- 
cuparono l'isola, fu sede de' vesco- 
vi di tal rito, e Tommaso ne fu 
fatto vescovo dal Pontefice Giovan- 
ni XXII, dandogli poi a successo- 
re Gerardo dell'ordine de' minori. 
Urbano V ' nominò vescovo dome- 
nico; e Giuliano forse domenicano 
governò pure questa chiesa. Altro 
vescovo fu Francesco, che lo diven- 
ne nel 1390 cin». Lo furono an- 
che Giovanni Quirini di Venezia, 
de' frati minori; ed Ippolito Arri- 
vabene di Mantova per volere di 
Paolo III, che lo dichiarò nel i534 
in novembre: questi intervenne al 
concilio di Trento e ne sottoscris- 
se gli atti nel 1 563. Oriens christ» 
tom. II, p. 266. 

GERAPOLI, GIERAPOLI,£r/e. 
rapolis. Città vescovile della Fri- 
gia Salutare prima, dell' esarcato 
d'Asia, sotto la metropoli di Sin- 
nada, la cui erezione risale al IX 
secolo, secondo Commanville. Nel 
primo tomo dell' Oriens christ.y 
sotto il titolo di Gerapoli della 
Fr>gia Salutare, si trovano nota- 
ti diversi vescovi, alcuni de' quali 
sono attribuiti anche a Gerapoli 



GER 

delist Frigia Paoez'mna. Il primo 
di essi è il greco Heros, il quale 
da gentile ch'era, si mostrò alì^io- 
nato all'apostolo s. Filippo che lo 
salvò dal furore del popolo quan- 
do voleva lapidarlo, nascondendo- 
lo nella propria casa ; quindi fu 
dal santo convertito alla fede, e 
Dio per le sue preghiere risuscitò 
un certo Alessandro: allotta s. Fi- 
lippo l'ordinò vescovo di Gerapo- 
li. Ne fu pur vescovo Papia con- 
temporaneo di s. Policarpo e di- 
scepolo di 8. Giovanni sacerdote, 
il quale era stato . discepolo di Ge- 
sù Cristo: non avendo ben com- 
preso i discorsi degli uomini apo- 
stolici, insegnò l'errore da cui eb- 
bero origine i millenari. Dei suoi 
successori ne tratta il p. Le Quien 
nel citato Oriens christ, tomo I, 
p. 832; mentre nel tom. Ili, p. 
1123 sono notati otto vescovi la- 
tini che occuparono la sede di Gè* 
rapoli della Frigia Salutare, il pri- 
mo de' quali fu Giovanni, dopo la 
ciii morte vacò la sede sino al 1 449» 
in cui il Papa Nicolò V nominò 
"vescovo Gerlac Gildhevisen dome- 
nicano, il quale nel i45o consa- 
crò la chiesa delle monache di 
Leida. 

GERAPOLT. Sede arcivescovile 
della seconda Frigia Pacaziana , 
nell'esarcato d'Asia, sul Meandro 
nella Natòlia, detta anche Aphiom 
Carasar. Da principio non fu che 
un semplice vescovato suffraganeo 
di Laodicea; ma in seguito Gera- 
poli diventò metropoli della secon- 
da Frigia Pacaziana, cioè nel quin- 
to secolo, secondo Commanviile, do- 
po la divisione della Frigia Paca- 
2dana in due provincie, prima e 
seconda. Otto furono i vescovati 
sottoposti a questa metropoli. Me- 
idlppolij Autuda o Attudi, Mosy- 



GER 69 

na, Dionisiopoli, Anastasiopoli, Gha- 
na, Feba e Zana. Dei suoi vesco- 
vi é a vedersi quanto dicemmo al- 
l' articola precedente, e V Oriens 
christ, anche nel tom. I, in ind. 
p. i3. Gerapoli ebbe pure alcuni 
vescovi latini, e tali furono Anto<* 
nio di Alessandria de' frati minori, 
nominato da Clemente VI nel i346» 
indi trasferito a Durazzo nel i348; 
e Stefano di Larolo del medesi- 
mo ordine, che gli successe come 
si legge nel detto tomo a p. 978. 
In questa città fu tenuto un con- 
cilio, co^ci7{<i/7i^ier^z^o//VA/2{i/7i, ver- 
so 1' anno 160, o 170, o 173; da 
sant' Apollinare vescovo del luogo 
con ventisei altri prelati, contro 
Montano, i mon lanisti, e Teodoro 
il Conciatore. Montano fu reciso 
dalla comunione della Chiesa, per- 
chè contraffiiceva il profeta, e di- 
ceva di essere lo Spirito Santo, in 
certi eccessi di furore, che gli to- 
glievano il libero uso della ragio- 
ne: costui con due dònne. Prisca 
e Massimilla, formarono la setta dei 
catafrigi. Diz, deconcilii, e Balu- 
zio, ex Euseb, Fabricius. 

GERAPOLI. Sede arcivescovile 
della provincia Eufratena nella Si- 
ria, nel patriarcato d'Antiochia, 
che nel IV secolo fu eretta in ve- 
scovato, e nel V in. metropoli. In 
lingua siriaca si chiamò Mabog, 
Maboug, Meiqbisc, ed anche Mem- 
bigz, che i giteci alterarono col no- 
me di Bambyce, o Bombice. Dipoi 
venne chiamata Gerapoli, cioè 
città sacra, dal i^e Seleuco, perdiè 
la fabbricò a motivo della gran 
dea di Siria, o di Atergatìs, che 
ivi si venerava sotto le forme di 
colomba o di una donna, ciò che 
le dava la preminenza su tutte le 
altre di questa parte della Si- 
ria chiamata Eufratense. Ammiano 



70 GER 

Marcellino crede sia stata anche 
appellata Ninus. Questa città fu ca« 
pitale della Comagene sotto i ro* 
roani} e siccome la Cooiagene è 
terminata dall'Eufrate, così questa 
provincia si disse Eufratena. Gli 
«rano suffragane! sedici vescovati, 
Cii*o, Germanicia, e Samosata che 
nel XII secolo divennero ai-cive- 
scovati, e Doliche^ Zeugma, Euro- 
po o Tamsaco, Neocesarea, Ori* 
ma, Sura, Perte, Marianopoli, Sce* 
narchia, Sanlon, Nicopoli, Barba- 
lis, e Sergiopoli che nel VI secolo 
divenne arcivescovato. Si conosco- 
no dieci vescovi greci di questa 
dttà, di cui il primo fu Filolimo, 
che trovossi al concilio di Nioea ; 
Teodoto suo successore, venne or- 
dinato sotto l'imperatore Valente, 
da Eusebio di Samosata, e nel 
38 1 intervenne al concilio genera-* 
le di Costantinopoli. Indi fu ve- 
scovo Alessandro, zelante difenso* 
re dell'eresiarca Nestorio, per cui 
fu dall'imperatore cacciato dalla 
sua sede, sostituendogli Panolvio. 
L'ultimo de' vescovi greci fu Ste- 
rno II, autore degli alti del mar- 
tirio di san Galanduch persiano , 
regnando Cosroe I. Gerapoli fu 
pi*esa dai latini nel declinar del 
secolo XI o ne' primi del seguen* 
le, e vi elessero a vescovo del lo- 
•ro rito Francesco nel ii36, Gio- 
Tanni vescovo armeno si mandò 
al Papa Gregorio XIII dal catto- 
lico Azaria. Narra il Baluzio che 
peli' anno 44^ ^u in questa città 
tenuto un concilio, risguardante il 
ircscovo di Perre o Perri, nella 
stessa Siria. Oriens chrisC. tom. 
I, p. 1433, toni. II, p. 9^6, e 
lom. Ili, p. H94. Il Tei-zi nella 
ilR'ria sacra a p. !o3 crede che 
Gerapoli d'Antiochia sia Aleppo. 
GERAPOLI. Sede vescovile del- 



GER 

la provincia d'Isa uria, nel pati*iar- 
calo Antiocheno, sotto la metro-* 
poli di Seleucia, eretta nel quinto 
secolo. Paolo n' era vescovo quan- 
do sottoscrisse la lettera della sua 
provincia all'imperatore Leone, ri- 
guaixlante la morte di Protero, ed 
il concilio di Calcedonia. Oriens 
chrisi, tom. II, p. ioa6. 

GERAPOLL Sede vescovile del- 
la seconda Arabia, nel patiìa reato 
di Gerusalemme, sotto la metro- 
poli di Bostra. 

GEEIARA o GERAR . Sede 
vescovile della Palestina prima , 
diocesi di Gerusalemme, sotto la 
metropoli di Cesarea, che Com- 
mauville chiama Salton Geraiticus, 
e la dice eretta nei V secolo: Mar- 
ciano vescovo di Gerara fu al con- 
cilio di Calcedonia. Gerara al tem- 
po di Abramo e d'Isacco aveva il 
suo re particolare chiamato Abime- 
lecco, cui dissero per salvar la vila 
allorché vi soggiornavano, che le lo- 
ro mogli erano sorelle. Appartene- 
va ai filistei, e toccò alla tribli di 
Simeone. Cadde Gerara in pote- 
re del re di Etiopia, di cui A za 
re di Giuda, avendo sconfitto la 
grande armata, devastò tutto il 
suo territorio, 

GERARCA, Hierarcha, AnU- 
stes. Nome di dignità: capo, supe- 
riore nella Gerarcìda (Fedi); dice- 
vasi quindi gerarca, il gran gerarca, 
Il sommo gerai*ca , il beatissimo 
gerarca, il supremo gerarca, il som- 
mo Pontefice romano. Questi fu 
chiamato dai santi padri e dai 
oonciiii, cogli epiteti i più sublimi: 
8. Agostino nel serm. de ver. Dq-» 
mini i3, ep. i6f, lo chiamò, il p. 
e principe della pace; s. Ambrogio, 
Coni, in ep, ad Tliiniot,^ cap. 3, 
giudice celeste del foro terreno; s. 
Chillo^ Schism, don., rijitgio uni^ 



GER 

versale dcfedeU^ e diamanle della 
fede; s. Bernardo neìVepisi, i57^ 
patriarca ecumenico; il sesto sino- 
dOy primate della Chiesa', il sinodo 
di Efeso, presidente^ occhio^ base, 
e cotonila della cattolica religione; 
e s. Gio. Gi'isostomo, neWhomiL 
58 in Matth., supremo gerarca dei 
gerarchi. Dei gloriosi titoli coi qua- 
li è chiamato il Papa, se ne par- 
ia ai rispettivi articoli. 

GERAfìCHU ECCLESIASTI- 
CA. Nome che si dà all'ordine, ed 
ai diversi gradi dello stato eccle- 
siastico: havvi la gera4*qhia xìqCo'» 
ri degli angeli (Vedi), come hav- 
iri la gerarchia militare, cioè l'or- 
dine delle dignità, e gradi di un 
esercito : la gerarchia militare è 
eguale pressoché in tutti gli eser- 
citi delle nazioni civili, variano per 
altro i nomi dei gradi e delle di- 
gnità secondo i luoghi. Il vocabo- 
lo Cerar cìiia deriva dal greco, 
hierosy cioè sacro, e da arche, prin- 
cipato, significando, comando di co- 
se sacre o sacro principato: fu que- 
sto vocabolo applicato alla Chiesa 
cristiana, ma in differenti maniere, 
che spiegano i trattatisti di tale 
argomento, alcuni de' quali citere- 
mo. Il nome di gerarchia è anti- 
chissimoj dappoiché trovasi nelle o- 
pere attiibuite a s. Dionigi l'Areo- 
pagitcì che fiorì nel quinto secolo, 
ma che sono di un autore del quin- 
to secolo, il quale compose il ce- 
lebre libro della Gerarchia cele* 
ste ed ecclesiastica, perché come 
dice il Macri nella Notizia de* va- 
caboti ecclesiastiei, id esso si trat- 
ta del sacro principato degli an- 
geli, e della Chiesa ', laonde per là 
medesima ragione chiama il ve- 
scovo Gerarca (Vedi), cioè princi- 
pe sacro. La gerarcliia é un potere 
t><^Q ordinato per gradi di persone 



GER yi 

sacre , le quali hanno una giusta 
superiorità sui loro subordinati, o 
soggetti. E un potere, pefrchè non 
vi è principato senza potere e sen- 
za autorità sopra un uomo o so- 
pra una cosa. La gerarchia eccle- 
siastica dunque consiste propria- 
mente e principalmente nell'ordine 
delle persone, le quali consacrate 
al ministero ecclesiastico, ne adem- 
piono le funzioni, ciascuno al po- 
sto che ré confidato, e secondo il 
grado che gli venne conferito. An- 
che nella società civile e nelle cor^ 
ti vi sono di&renti ordini dì cit- 
tadini che s' innalzano gli uni so- 
pra gli altri, per prerogative, inse- 
gne, distinzioni, titoli, ec. , propor- 
zionatamente ; e r amministrazione 
particolare e generale delle cose é 
distribuita a diverse persone o clas- 
si, incominciando dal sovrano che 
comanda, fino al più infimo sud- 
dito che obbedisce. Nella società 
ecclesiastica l'amministrazione delle 
cose relative allo stato medesimo 
é divisa in egual modo, quelli che 
comandano cioè, ed insegnano so- 
no nella gerarchia, e quelli che 
obbediscono sono sotto la gerarchia, 
qualunque sia la dignità che occu- 
pano nella società civile, tutti esseudp 
semplici fedeli. Quelli poi che so- 
no nella gerarchia, e che la com- 
pongono, sono al contrario tutti 
ineguali, secondo l'anzianità, Tisti- 
tuzione, l'importanza, ed il potere 
attaccati al grado che occupano. 
Così i sommi Pontefici, i cardina- 
li, i patriarchi, i primati, gli ar- 
civescovi , i vescovi, gli abbati mi- 
trati, i sacerdoti, i diaconi, suddia- 
coni ec.^ sembrano formare quella 
scala graduatoria , da cui risulta 
propriamente la gerarchia eccle- 
siastica. E di fede che la gerarchia 
è composta dei vescovi^ dei sacer* 



7^ GER 

doti^ e dei ministri, essendone su- 
pi^emo Gerarca il Papa, secondo 
la definizione del concilio di Tren- 
to: venne lasciato indeciso se pei 
ministri debbansi intendere i chie- 
rici inferiori , e molti teologi so- 
stengono che i suddiaconi ed i 
chierici inferiori non possono ap- 
partenere alla geraixhia , non es- 
sendo essi d'istituzione divina. Al- 
l'articolo Cappelle pontificie (Fedi) 
si è trattato delle graduazioni del- 
la geraix;hia ecclesiastica innanzi al 
sommo Gerarca il romano Ponte- 
fice, e della preminenza, abiti ed 
insegne di tutti quelli che la com- 
pongono. Ai relativi articoli si può 
leggere quanto si appartiene indi- 
vidualmente ai personaggi forman- 
ti la gerarchia ecclesiastica, ed in 
altri al complesso della medesima, 
che lungo sarebbe il citarli. Sì di- 
ce poi gerarchico^ tuttociò che ap- 
partiene, ed è attenente alla ge- 
rarchia. 

Due sono le gerarchie delle crea- 
ture ragionevoli fondate dal Re- 
dentore del mondo, una visibile 
in terra, l'altra invisibile in cielo, 
e di ambedue egli n' è il capo, fa- 
cendo che in terra eserciti le sue 
veci qual suo vicario il supremo 
Gerarca. Differisce una dall'altra, 
come notò s. Agostino, tract, 124 
in Joan, poiché »» una est in la- 
M bore, altera in requie, una in 
M via, altera in patria, una in o- 
» pere actionis, altera in mercede 
M contemplationis, una flagellatur 
» malis, ne ex.tollatur in bonis, 
»> altera tanta plenitudine gratiae 
M caret omni malo, ut sine ulla 
M tentatione superbiae edhaei^at 
« summo bono ". Non perciò per- 
de la sua bellezza la gerarchia a 
noi visibile, poiché avendola il san- 
to re Davidde preveduta come spo- 



6ER 

sa del re della gloria, disse nel sal- 
mo 4^. M Asti ti t regina a dextrrs 
>* tui in vestitu deaurato circurada- 
» ta varietate "; nel qual detto 
stimò il dottissimo Cajetano con 
molti sacri interpreti doversi in- 
tendere la Chiesa militante in ter- 
ra, mentre a tale significazione fa- 
vorisce il testo letterale della pa- 
rola astitìty quasi in atto di com- 
battere, dove che alla Chiesa trion- 
fante in cielo conviene più la pa- 
rola assidere. Ma di qualunque si 
voglia intendere, convengono ambe- 
due nella maestà e splendore del- 
le parti che le compongono.; e se 
la gerarchia celeste é vaga in splen- 
doribus sanctorum^ cioè degli an- 
geli , apostoli , profeti , e martiri, 
tutte stelle luminose,' benché una 
differisca dall'altra come quelle del 
cielo a noi visibile, così la gerar- 
chia della Chiesa militante, benché 
una per l'unità della fede» é di- 
stinta nella varietà dei gradi e 
ministri, nella varietà de' sacramen- 
ti, e delle vesti a ciascun grado 
deputate, e tutti come meniibri bel- 
lissimi compongono un corpo, il di 
cui capo é Cristo, onde consideran- 
dosi tale unità da s. Bernardo, nel 
lib. 3 De consideratione-^ cap. 4i 
scrisse. » Atque corpus quod tibi 
M ipse Paulus suo vero apostolico 
*> figurans eloquio , et capiti con- 
M vjenientissime aptans, totum ex 
M eo compactum perhibet, et con- 
» nexum per omnem juncturam 
M subministrationis secundum o- 
M perationem in mensuram unius 
M cujusque membri argumentum 
M corporis fàciens in aedificationem 
M sui in charitate " ;e poi soggiun- 
se nel medesimo libro: »> Mec vi- 
M lem reputes formam hanc quia 
» in terra est" perchè »> exemplar 
» habet et ooelo ; ncque entin 



GER 

M fili US facere poterai quicquam 
M nisì quae viderit Patrem faden- 
9» lem y praesertìm cum ei sub 
»> Moysi nomine dictum sit, vide, 
9i omnia facies secundum exern^ 
M piar, quod libi in monte mon- 
9» stratum est. Yiderat baec qui 
99 dicebat. Viài civitatem sanctam 
99 Hyerusalem descendentem de eoe- 
99 lo a Deo paratam. Ego enim 
99 proptersimiiitudinem dictum reor 
M quod sicut illic seraphin, et che- 
M rubin, et caeteri quique usque ad 
M angelos, et archangelos ordinan- 
99 tur ab uno capite Deo, ita hic 
99 quoque sub uno summo Ponti- 
99 flce primates, Tel patriarchae, ar- 
9f chiepiscopi, episcopi, presbyteri, 
>9 vel abbates, et i*eliqui in hunc 
M roodum non est parui penden- 
99 dum, quod et Deum habet au- 
» ctorem, et de coelo ducit ori- 
M ginem ". 

La gerarchia ecclesiastica in ter- 
ra rimirata solamente nella sua e- 
sterna apparenza è oggetto sì su- 
blime, che con grande studio ap- 
pena si potrebbe spiegarne la sem- 
plice descrizione di essa in molte 
membra soggette ad un capo, a 
cui ninno può paragonarsi ; e sì 
pieno di misteri, che consideran- 
dosi a parte qualunque cosa che 
la costituisce, conviene che si con- 
cluda essere tutta opera dell'arte- 
fice supremo, alla quale lo splen- 
dore e maestà di tutte le monar- 
chie hanno ceduto il luogo, e se 
per qualche tempo risplendettero,, 
presto svanirono, dove che la ge- 
rarchia ecclesiastica è un edifìzio 
fondato supra petraniy come disse 
Gesù Cristo al principe degli apo- 
stoli e primo Pontefice s. Pietro, 
e pietra stabile. Tutto saggiamen- 
te spiegò il dotto Tommaso Sta- 
pletonio, nelAi conclusione della 



GER 73 

sua opera sciatta sopra la dignità 
e grandezza della romana Chiesa, 
dicendo, m Et haec quidem vei*e 
M admìranda de Romanae Eccle- 
99 siae principatu compendio dixe- 
*> rimus, quale . quantumque illius 
M regnum sì prae reliquis mundi 
M regnis, et imperiis sufficienter, 
M cuique ob obulos posuerim, au- 
99 rea. illa sint, argentea aenea fer- 
99 rea, terrena tamen sunt, et ca- 
99 duc4 omnia, ideoque suae po- 
99 tentiae modum habentia , suis 
*> conclusa limitibus suis tempo- 
99 ribus definita; haec vero nostru 
M ortus sui principium in Deum 
M ipsum auctorem refert, ab eo 
99 suscitatum super petram aedifi- 
M catum, potestas divina, coelestis 
M claves regnum coelorum soi*ti- 
M ta, potestas aeterna, quae non 
99 auferetur, et cujus regnum non 
M corrumpetur , ventorum turbì- 
f9 nesac tempestatum omnium pro- 
M cellas immota exceptans. Lan- 
H guescunt itaque alia illa omnia, 
M sensimque deficiunt, regnum ve- 
99 ro hoc regnum omnium saecu- 
99 lorum est, et dominatus ejus in 
99 omnì generatione et generatìo- 
» nem. Nec mirum cum haec po- 
99 testas ab ipso Christo, qui ascen- 
M deus in coelum aperte profite- 
M tur; sibi datam a Patre omnem 
M in coelo, et in terra '\ 

S. Clemente discepolo del princi- 
pe degli apostoli, e contemporaneo di 
8. Ignazio, nella sua prima lettera ai 
corintìani, parla sovente de' preti, 
ma prepone loro quelli che gover- 
navano la Chiesa; quindi nel prin- 
cipio di detta epistola, che alcune 
chiese annoverarono tra i libri ca- 
nonici avanti il concìlio di Tren- 
to, insegna che i cristiani debbono 
vivci'e soggetti a'ioro superiori, e 
onorare, i sacerdoti, come, ài convie- 



74 GER 

ne» ove si v^e la diflèrenza che 
•gli fa tra i sacerdoti ed i vesco- 
vi. Altrove il medesimo fa espres- 
sa menzione di tre ordini della 
gei*archia ecclesiastica, dicendo. *» 11 
supremo sacerdote (Tertulliano chia- 
ma il vescovo sommo sacerdote) 
ha le proprte incumbenze , i sacer- 
doti hanno il posto loro assegna- 
to, e i leviti (in molti conci lii così 
chiamaosi i diaconi) ancora hanno 
il loro ministeix); ì laici devono 
adempiere ai loro doveri. Ciascuno 
di voi, fratelli, ringi-azi Dio dello 
stato in cui fu posto, procurando 
di conservare la propria coscienza 
senza rimorso, e non si scosti dal- 
la regola che seguir deve ". Non 
poteva questo santo piii chiaramen- 
te ^distinguere i tre ranghi dell'ec- 
clesiastica gerarchia fra di loro, e 
dal comune de' fedeli. Che se egli 
si ierve di espressioni usate dai 
giudei ellenisti, lo fa perché la Chie- 
.sa cristiana imitò in tal punto la 
sinagoga , nella quale Dio aveva 
stabilito tre gradi di gerarchia fra 
loro subordinati , sotto de'quali e- 
rano i laici , cioè il comune degli 
ebrei, che non avea parte nel mi- 
nistero. Nella geraixhia degli ebrei 
teneva il primo lUogo il sommo sa- 
cerdote della famiglia, di Aron della 
fnbii di Levi; nel secondo si nume- 
ravano i sacerdoti inferiori della 
medesima famiglia cui apparteneva- 
no cinque funzioni ; nel terzo erano 
quei ministri del tabernacolo chia- 
mati leviti, custodi de' vasi saoii e 
suppellettili pel divin culto, in- 
caiicati pure di portare il taber- 
nacolo^ non che di cantare le di- 
vine lodi. Oltre V ordine de' le- 
viti, vi era una classe di mini- 
stri del genere de'gabaoniti , l' of- 
iìzio de'quali era il somministra- 
re le legua e i'aoqua per uso 



GER 

del tempio: si chiamavano Nati- 
nei, e oon*ispondono quasi ai nosti i 
oblati o donati. Si numeravano 
anche altre persone applicate al 
servizio divino, cioè i nazareni; ed 
i scribi e farisei, t quali non era- 
no ministri del tempio, ma Spie- 
gavano la sacra Scrittura, ed inter- 
pretavano la legge data da Dio a 
Mosè. Pel solo sommo sacerdote, e 
per gli altri sacerdoti inferiori Dìo 
prescrisse le vesti sacre; i leviti l'eb- 
bero più tardi d^ Salomone. 

Fino dai primi secoli della Chie- 
sa si trovano gli ecclesiastici ma- 
gistrati distribuiti per le provìncie, 
ad imitazione e somiglianza di quel- 
li che pei romani vi esercitavano 
la temporale giurisdizione. Impe- 
rocché, siccome risiedeva in Roma 
il capo dell'impero, cioè l'impera- 
tore, così Dio volle che vi fondas- 
se la sua sede il capo della Chie- 
sa, il sommo Pontefice; e perchè 
dopo Roma ninna città era slima- 
ta nel mondo quanto Alessandria 
in Egitto, e dopo questa, Antio- 
chia nella Soria, il vescovo alessan- 
drino ed il vescovo antiocheno fu- 
rono detti patriarchi, perchè esige- 
vano i primi onori dopo il vesco- 
vo di Roma, vescovo della Chiesa 
universale, ed avevano autorità 
grandissima sopra gli altri vescovi 
delle città di quelle provincie ; co- 
me appunto l'avevano sui prefètti 
delle medesime i proconsoli di quel- 
le due metropoli. Tale istituzione 
si attribuisce dal Papa s. Anacleto 
agli apostoli , come si può vedere 
al cap. Proidncias distin. 99. Così, 
giusta la divisione del romano im- 
pero fatta da Elio Adriano e da 
Flavio Costantino imperatori, e 
come Cesare faceva i prefetti del 
pretorio, a cui soggiacevano i vi- 
cari, ed ai vicari sid)oi'din9vansi i 



GER 

proconsoli, i presidi,! correttori ed 
i prefetti, che a minori città coman* 
davano ; così nella stessa guisa il ro- 
mano Pontefice ed i patriarchi crea* 
fano i primati a'quali per ordine 
di gerai*chia subordinavansi i meti*o- 
politani, essendo tale in quei tem- 
pi il titolo che davasi a que' pre- 
lati, che ora diconsi arcivescovi. Vi 
furono pure gli esarchi che presie- 
devano a molte provincie, i quali 
erano superiori ai metropolitani o 
aii:ivescovi, inferiori ai patriarchi , 
essendo corrispondente la loro di- 
gnità a quella dei primati. A schia- 
rimento di questo articolo, sono a 
Tedem tutti quelli dei nominati ed 
alti*i gradi gerarchici. 11 patriarca di 
Costantinopoli ebbe orìgine piii tar- 
di , sebbene a cagione della città 
ìmpet*iale volle prendei*e la pt*ima- 
zia ai patriarchi alessandrino ed 
antiocheno, ciò che per più se* 
coli gli contrastarono i Papi; il 
patriarcato di Gerusalemme fu i- 
stituito nel quinto secolo, e ne' se- 
coli posteriori gli altri patriarchi 
orientalr,ed i latini di Venezia, del- 
le Indie occidentali e di Lisbona. 
In conclusione,* quando la religio- 
ne cristiana fu ricevuta nell'impe- 
ro, e ch'ej^be la libertà del suo 
culto, spiegò una gerarchia di giu- 
risdizione simile a quella del go- 
'verno civile. I governatori delle 
città erano subordinati a quelli del- 
le Provincie ; questi . ultimi dipen- 
devano da altri officiali superiori 
che comandavano a molte provin- 
cie. Tutta simile di questa gerar- 
chia civile, i vescovi delle capitali 
delle Provincie diventarono metro- 
politani, quelli delle prime città 
diventarono patriardii, al modo 
: detto ) e COSI stabilissi l'ordine di 
superìorita dal metropolitano al ve- 
moyo, e dal patriai'ca al inetiopo* 



GER 75 

titano. L'influenza del patriaix^a e 
del metrapolitano non diventò im- 
portante , o per meglio dire non si 
estese ed ingrandì l'esercizio della 
giurisdizione e potere, se non quan- 
do cessò il fi^equente uso de' conci- 
lii provinciali o nazionali. 

Ma i romani Pontefici sino dal- 
la loro divina istituzione furono 
sempre, e sono tuttora gli augusti 
e venerandi capi della gerarchia 
ecclesiastica, sia d'ordine che di 
giurisdizione. Nello stato attuale 
della gerarchia di giurisdizione, i 
suoi gradi sono dal vescovo al me- 
tropolitano, dal metropolitano al 
piimate, quando il metropolitano 
ne riconosce uno, e dal primate 
al Papa, dappoiché gli antichi pa- 
ti'iarchi di giurisdizione, cioè di Co- 
stantinopoli, di Alessandria, di An- 
tiochia e di Gerusalemme che ave- 
vano il patriarchio in Roma pres- 
so le patriarcali basiliche di san 
Pieti'O , di s. Paolo , di s. Maria 
Maggiore e di s. Lorenzo fuori le 
mura di Roma, da molti secoli più 
non esistono. Vi sono tali patriar- 
chi soltanto titolari e di onore, in 
partibus , questi ed i sunnominati 
patriarchi orientali e latini sono 
nominati dal sommo Pontefice, che 
gerarca dei gerarchi crea tutti i 
vescovi del mondo cattolico. Nella 
cappella pontificia i patiìarcbi di 
giurisdizione e di onore prendono 
luogo a capo degli stalli degli arci- 
vescovi e vescovi assistenti al soglio 
pontificio, e sostengono al Papa il 
libro e la candela col capo sco- 
perto: lo tiene coperto il solo pa^ 
triarca' orientale di Antiochia dei 
siri, peixhé secondo il suo rito, è 
anzi segno di rispetto, come lo è 
tra altri orientali. Va notato che 
i patriarchi di giurisdizione prece*» 
dono niituralmente quelli di titolo. 






76 GER 

11 magnifico spettacolo della gerar- 
chia ecclesiastica riunita, col supre- 
mo suo gerarca, il sommo Ponte- 
fice, non si può vedere che nel- 
l'alma Roma , centro della mede- 
sima gerarchia e del cristianesimo, 
e ben lo espresse il dotto Papa 
Pio II, con quelle gravi parole che 
riportammo nel volume Vili, p. 
1 25 del Dizionario, Ivi nelle sagre 
funzioni si ammira in tutta la magni- 
ficenza la gerarchia , con pompa 
splendida, decorosa ed ecclesiastica, 
per maggior esaltazione della glo« 
ria di Gesù Cristo e della sua Chie- 
sa. Il p. Filippo Bonanni gesuita 
nel 1720 pubblicò in Roma la dot- 
ta opera intitolata: La gerarchia 
ecclesiastica considerala nelle vesti 
^acre e civili^ usate da quelli i qua- 
li la compongono f espresse, e spìe- 
gate con le immàgini di ciascun 
grado della medesima. Parlando 
nel proemio della gerarchia eccle- 
siastica, conchiude così. >> Siccome la 
maestà e la bellezza della gerar- 
chia celeste a noi si addita nella 
preziosità delle gemme, nei colo- 
ri delle pietre, nella preziosità del- 
le vesti varie , nell' oro e nell' ar- 
gento , come dottamente significò 
s. Dionigi r Areopagita nel ■ libro 
ddla celeste gerarchia^ cos\ dispose 
Iddio, che la gerarchia militante 
apparisse ornata con veste di vari 
colori, e intessute con oro, arricchite 
di gemme, con le quali assistessero 
alle sacre funzioni i ministri degli 
altari del cristianesimo, acciocché 
da tali pompose ed esterne appa- 
renze si arguisse dall' umano inten- 
dimento la sublime dignità .di cia- 
scuno, e si deducessei*o Ji diversi 
profondi misteri nascosti nella di 
lui. infinita sapienza nell'uso delle 
medesime". Oltre quanto si dice ai 
loAX) articoli su tutti grindumenti 



GER 

ed ornamenti delle dignità eccle- 
siastiche, si possono leggere, Digni- 
tà', Colori ecclesiastici ', Gemma, 
e Vesti sacre. 

Stimo a proposito riportare qui 
un brano del mio proemio, che posi 
in fronte all'edizione a parte, che 
feci delle mie Cappelle pontificie, 
cardinalizie e prelatizie^ tratte da^ 
gli articoli di questo mio DizionOr 
rio; edizione che dedicai al cardi- 
nal Bartolomeo' Pacca , decano ed 
ornamento del sacro collegio: *> £i*a 
ben giusto che le saa*e funzioni 
celebrate dal supremo Gerarca, dai 
cardinali della santa Romana Chie- 
sa, e dalla prelatura della Sede a- 
postolica fossero accompagnate da 
ecclesiastica gravità, iqagnificenza e 
corrispondenti cerimonie; acciocché 
ove ha sede il venerabile capo del- 
la Chiesa risplendesse vieppiù Te- 
sterna espressione del culto religio- 
so che si deve alla Divinità, e ve- 
nisse meglio ravvivata la fede ne- 
gli assistenti. Il complesso adunque 
de' riti e delle cerimonie piene dei 
più belli e misteiMOsi significali , 
rende in certo modo visibile la san- 
ta religione di Cristo , riempie 
Tanitno di pietà e religiosa com- 
mozione, e lo eleva soavemente al 
cielo: mentre il corteggio imponen- 
te del sovrano . Pontefice, si fa di- 
stinguere per un misto di sacerdo- 
tale, di regio, di principesco e di 
sacro, che ispira maestà e insieme 
venerazione ; tutto essendo augusto 
e grande per l'intervento del sacro 
collegio, della prelatura e della cu- 
ria romana, corte e famiglia pon- 
tificia, ricoperti delle insegne della 
loro dignità e^iado; e però. in ri- 
guardo alla meravigliosa graduazio- 
ne ed oi*dine, sembra una vera 
immagine della celeste Gerarchia". 
Uoa parte ddl^ppera .con figure 



dèi lodato ' p. Bonanni , con varie 
notizie tratte dal cav. Lunadoro, 
nella Relazione della corte di Ro- 
ma, fu pubblicata nel 1828 in Ma- 
cerata dall'abbate Vittore Falaschi, 
senza critica e con questo titolo: 
La gerarchia ecclesiastica ^ e la 
famiglia pontificia» Nei primi del 
secolo decorso e nell'anno 1708 
Carlo Bartolomeo Piazza pubblicò 
in Roma la dotta opei*a intitolata: 
La gerarchia cardinalizia, in cui 
dichiarando l'antica dignità , disci- 
plina e maestà della Chiesa roma- 
na e militante, trattò della mistica 
gerarchia, dell'eccellenza e sublimi- 
tà del cardinalato^ ne' tre gradi dei 
cardinali vescovi suburbicari ch'egli 
paragona all'ordine de' serafini ; dei 
cardinali preti rappresentanti l'or- 
dine de' cherubini; e del tei*zp gra- 
do de' cardinali diaconi , che nel 
Joro ministero assomiglia ai troni 
spiriti angelici, de' quali tutti è ca- 
po, sommo sacerdote e supremo ge- 
i*arca il romano Pontefice; conchiu- 
^endo^ che dalla celeste e trion- 
fante gerarchia ha preso il modello 
la Chiesa militante. Divide egli i 
J30ve gradi della gerarchia celeste 
negli angeli, ai*cangeli, virtii, tro- 
ni, principati, podestà, dominazioni, 
cherubini e serafini; quelli della 
gerarchia ecclesiastica, nei cardina- 
li, patriarchi, metropolitani o arci- 
vescovi, abbati mitrati, arcipreti, 
arcidiaconi, archimandriti, preposti, 
-priori, vicari , ed altre suboixlinate 
dignità. 

Sulla gerarchia ecclesiastica tra 
gli altri scrissero: Francesco Hal- 
lier. De Hierarchia ecclesiastica, 
Lutetiae Parisiorum i656. Gatto- 
Jae, De ecclesiasticae Hierarchiae 
originibus dissertatio, Mutinae 1 708. 
JSficolao, Quaestio IF, De Hierar- 
chia Eccksiae mililantìs, Nespoli 



GER 77 

1690. Luigi Cellot ^ De Hierar^ 
chia et hierarchis , Rouen 174I) 
opera che i suoi biografi dicono 
contenere proposizioni non giuste. 
11 Lunadoro dell'edizione del 1646, 
nel suo libro della Relazione del' 
la corte di Roma, a pag. 241 e seg. 
tratta dell'orarne deUe precedenze 
de^i ecclesiastici, in questo modo. 
Monsignor governatore di Roma, 
monsignor uditore della camera, 
monsignor tesoriere generale, mon- 
signor maggiordomo, poi i mon- 
signori patriarchi, cioè prima quel- 
lo di Costantinopoli, poi quello di 
Alessandria, indi quello d'Antio- 
chia, quindi quello di Gerusalem* 
me. Dopo di questi antichi registra 
i patriarchi meno antichi , come 
d' Aquileia, Venezia, e delle Indie; 
appresso gli arcivescovi e i vescovi 
che tra loro precedono per anzia- 
nità di promozione, ciò che non 
si pratica coi quatti*o antichi pa- 
triarchi, dovendosi rispettare l'or- 
dine gerarchico cui furono scritti. 
Dopo vengono i protonotari par- 
tecipanti, gli uditori di vota, i chie- 
rici di camera, i referendari, i pro- 
tonotari, i quali, se fatti dal Papa, 
precedono quelli fatti dai cardi- 
nali legati : questi protonotari fuo- 
ri di Roma allora incedevano in 
abito paonazzo col rocchetto, ma 
in Roma con abito nero e senza 
rocchetto. Tutti i prelati che por- 
tano rocchetto, soggiunge il mede- 
simo Lunadoro ( giacche prima non 
era così comune quale al presente 
Tuso del rocchetto), precedono gli 
ambasciatori di Malta, di Bologna 
e di Ferrara ; come anche prece- 
dono detti ambasciatori gli udito- 
ri di rota, i chierici di camera: 
il maesti*o di camera del Papa 
precede a tutti i prelati, che non 
portano rocchetto; i genei*ali degli 



78 GER 

ordini religiosi precedono i relSs- 
rendari; rambascìatore dell' impe' 
latore precede il senatore di Ra- 
ma; il senatore precede a tutti gli 
nitrì ambasciatone cioè di Spagna, 
Francia, e gli altri. Ordine della 
precedenza dei re cavato dal cerì* 
rooniale di Papa Giulio li fatto 
Tanno i5o4. L'imperatore, il re 
de' romani, il re di Francia, il re 
di Spagna, il re d'Aragona, il re 
di Portogallo, il re d' Inghilterra, 
il re di Sicilia, il re d'Ungherìa, 
il re di Cipro, il re di Boemia, 
il re di Polonia, il i*e di Dacia. 

Tra i migliori trattatisti di questo 
grave argomento , vi è il gesuita 
Andrea Girolamo Andreucci, Hie^ 
rarchìa eccleiiastica in varias suas 
paries distributa et canonico'theo" 
logice exposiuZf Romae 1766, typis 
et sumptibus Generosi Salomoni^ 
in due tomi. Nel primo tratta, 
I. de episcopo titularì; 2. de pro> 
tonotariis pai*tecipantibus ; 3. de 
epìscopis cai'dinalibus suburbicariis; 
4^ de cardinali regulari professo 
ex ordine militari s. Joannis Jero* 
solymitani; 5. de vicario apostoli- 
00 ; 6. de vicanis bastlicarum ur- 
bis; 7. de triplici vicario, genera* 
li , capitolari , et foraneo ; 8. de 
episcopi officio, et potestate: 9. de 
observandis ab episcopo in authen- 
ticandis reliquiis; io. de tuenda 
pace, et concordia inter episcopum 
et capitulum. Nel tomo secondò 
tratta: i. de patrìai'chis in gene* 
re, et in specie de patrìarcfaatu 
antiocheno ; ) ai de cardinalibus in 
genei^; 3. de rito ambrosiano; 
4* de patrimonio ad sacros ordi* 
nes Irypothecae generalis subjeofo; 
5. de matrimonio conscientiae ; & 
de privilegio aliquorum canonico* 
inim, quo possunt abesse a dioro, 
et lucrarì fruct^is; 7. de praecepto 



GER 

invocandi sanctos^ an sit, et quale; 
8. de re(|uisitis , et non requisì tis 
ad lucrandas indulgentias; 9. ap- 
pendix apologetica ad praeoedens 
opusculum; io. de unione benefi*" 
ciorum. Il celebre cardinal Gerdil 
ci diede: Opuscula ad Hierarchiam 
ecdesiae constitutionem speciantia. 
Parmae 1789. 

GERABDI o GERAUDI Pibtro, 
Cardinale, Pietro Gerardi o Gè- 
raudt o Girard nacque nel castel- 
lo di s. Sinforiano nella diocesi di 
Lione, licenziato in jus canonico, 
arcidiacono di Boui^ , canonico 
di Autun e preposto di Mamgiia, 
nel 1877 Gregorio XI lo fece chie- 
rico di camera, indi lo spedi nelle 
Fiandra a Guglielmo visconte di 
Turrena, e poi lo pi*oroosse a ve- 
scovo di Lodeve^ dò che altri pro- 
traggono dopo il i38a per opera 
dell' antipapa Clemente VII. Q"^* 
sti inoltra lo nominò vescovo di 
Puy nel 1 384 9 ^ poi lo trasferì 
alla mitra d'Avignone nel i386,e 
nel 1 390 io creò cardinale, col ti- 
tolo di 8. Pietro in Vincoli ovvero 
di s. Clemente, e penitenziera mag- 
giore. L'altro antipapa Benedetto 
XIII lo dichiarò vescovo tusculano, 
divenendo nel i4o3 arcidiacono di 
Bouen. Abbandonato quel falso 
Pontefice, nel 14^9 si recò al con- 
cilio di Pisa, ove per la pace del- 
la Chiesa fu ammesso tra i cardi- 
nali, e concorse all' elesione di A* 
lessandro V , il quale lo riconobbe 
per vero cardinale e per peniten- 
ciere maggiore, carica che esercitò 
pure sotto Giovanni XXIII, dopo 
essere intervenuto ai di lui comizi. 
Provveduto di trentadue priorati 
per sostenei^e con decoro la sua di- 
gnità, morì in Avignone dopo ìt 
i4i7> ed ebbe temporanea sepol- 
lura nella oat^drale, o nella ehie* 



GER 

sa di 9. Maria de' Doni, donde fd 
trasferito nella chiesa di s. Sinfo'* 
riano a tenore di sua disposizione, 
nei sepdoro che vivendo erasi co* 
struito. 

GERARDO (s.), abbate di Bro- 
gne. Nacque nella contea di Na- 
mur, ed era prossimo parente di 
Aganone duca della bassa Austra* 
sia^ il quale gli diede un onorevole 
grado nelle truppe di Berengario 
conte di Namur. Si dimostrò sem* 
pre afiabile, cortese , generoso coi 
poveri, amante dell orazione. Fece 
edificare una chiesa a Brogne nel 
g 1 8, e vi mise de' canonici per uf* 
fiziarla. Il conte di Namur avendo 
esperimentata la sua capacità in 
vari impieghi, lo mandò alla òor*> 
te di Francia per. trattarvi un af- 
tàre importante. A Parigi visitan- 
do l'abbazia di s. Dionigi, restò 
tanto edificato del fervore di quei 
monaci, che ottenutane licenza^ dal 
suo sovrano, e regolati i propri af" 
lari, pregò d'esservi ammesso. Nel 
suo noviziato praticò la mortifica- 
zione per morire interamente a sé 
stesso, e dopo la professione perfe- 
zionò ognor pili le sue virtù. G)n 
paziènza ed assiduità ricominciò gli 
studi, e cinqu'anni appresso fu con- 
sagrato prete ; ma dovettero i suoi 
supei'iori far uso della loro auto- 
rità per persuadervelo, stimandose- 
ne indegno. Nel gSi, dieci anni 
dopo il suo ritiro, fu mandato dal 
suo abbate a fondare un'abbazia 
nella di lui terra di Brogne. Com- 
piuta questa fabbrica si rinchiuse 
In una piccola cella, edificata pres- 
so la chiesa , per vivervi ritirato 
nella pi^eghiera. Venne tratto poi 
di colà per mettere la riforma nel- 
la casa dei canonici regolari di s. 
Gisleno. Quindi gli fu data T ispe- 
zione generale sopra tutte le abba« 



GER 79 

zie di Firindra, e vi rimise la di- 
sciplina. Altri roonisteri di Lorena, 
di Sciampagna e di Picardia ab- 
bracciarono la sua riforma, di ma- 
niera che egli è onorato come il 
ristauratore dell'ordine di s. Bene- 
detto. Mori a Brogne a' 3 d'otto- 
bre del ^Sg, al qual giorno è no- 
minato nel martirologio romano e 
in parecchi altri. Conservasi anco- 
ra il suo corpo nella chiesa di Bro« 
gne che porta il suo nome. 

GERARDO (s.), vescovo di Toni. 
Nato a Colonia da nobili genitori 
che l'educarono nella vìrtti, entrò 
fra' chierici che uffiziavano qnella 
cattedrale, e che seguivano la i^^ 
gola dei canonici regolari. Ebbe ivi 
r impiego di celleraio, clie disim- 
pegno con molta saggezza; e fu as* 
sai stimato alla corte dell' impe- 
ratore. Nel 963 venne eletto ve- 
scovo di Toul, dignità che accettò 
per obbedire a' suoi superiori, e 
che esercitò santamente. Fece rie^ 
dtficare la cattedrale di Toul, e la 
arricchì magnificamente; il moni- 
stero di 8. Apro, quello fondato 
da s. Gauslino suo predecessore, e 
quello di s. Martino fabbi*icato so- 
pra la Mosa, provarono gli eflfelti 
della sua liberalità. Fondò in Toul 
uno spedale e la chiesa di s. Gan- 
gulfo; trasse nella sua diocesi dei 
monaci greci e scozzesi di molto 
sapere e vìrtti , i quali aprirono 
delle scuole che produssero degli 
uotnini grandi; protesse gli studi, 
e fi3ce fiorire la religione e la pie- 
tà. Nel 981 andò a Roma in pel- 
legrinaggio, e al suo ritorno trovò 
la sua diocesi travagliata dalla fa- 
me e dalla peste. Egli consumò i 
propri fondi per soccorrere gl'in- 
felici, e provvide paternamente ai 
bisogni sì spirituali che corporali 
del suo gregge. In mezzo a tante 



8o GER 

occupaziotii non trascurò gli eser- 
cizi della vita contemplativa, e ma- 
cerò il suo corpo con segrete au- 
sterità. Morì a' 23 aprile del 994» 
e s. Leone IX lo canonizzò in un 
concilio tenuto a Roma nel io5o. 
Questo santo Pontefice, ch'era sta- 
to vescovo di Toul, essendosi ivi 
recato nello stesso anno, fece dis- 
sotterrare il corpo di s. Gerardo, 
e deporlo in un'urna il dì 3o 
d'ottobre. La sua festività è fissa- 
ta a' 28 d'aprile. 

GERARDO Sagredo (s.). Usci- 
to dalla nobile famiglia venezia- 
na di questo nome, circa il prin- 
cipio deirundecimo secolo, abbrac- 
ciò lo stato monastico. Partì col- 
la licenza de' suoi superiori per 
andare in Gerusalemme a visita- 
re il santo sepola^o; ma passan- 
do per l'Ungheria, il re santo Ste- 
fano , conosciutane la santità , lo 
trattenne acciò secolui si adope- 
rasse a spegnere l'idolatria fra gli 
ungheresi. Gerardo non volendo 
abitare in corte , si fabbricò un 
piccolo romitaggio a Beel, ove pas- 
sò sett'anni nel digiuno e nell'o- 
razione, con un compagno noma- 
to Mauro; quindi contro sua vo- 
glia fu eletto vescovo di Chonad. 
Gran parte de' suoi diocesani gia- 
cevano nelle tenebre della supersti- 
zione, e quelli che pure aveano il 
nome di cristiani erano rozzi e fero- 
ci. Gol suo instancabile zelo^ colla 
pazienza e dolcezza trasse gli uni 
dall'errore, indirizzò gli altri alla 
perfezione. àScorse la sua diocesi 
predicando la divina parola, met- 
tendo ovunque in vigore .la più 
stretta disciplina, fabbricando chie- 
se, facendo saggi regolamenti. Do- 
po aver passato il giorno nelle fa- 
tiche dell'apostolato, spendea la 
maggior parte della notte in ora- 



GER 

zione, in opere penose e dimesse^ 
o nel servire i poveri, curando 
perfino i leprosi nella propria ca- 
mera ; mentile rigido con se stesso 
portava indosso un duro cilicio, cui 
soprapponeva un ruvido vestito; 
Dopo la morte del re s. Sterno, 
soggiacque Gerardo a dure perse- 
cuzioni, nelle vicende che agitaro- 
no quei regno. Finalmente avendo 
saputo che Andrea figlio di Ladi- 
slao e germano cugino di s. Ster- 
no, aveva accettata la corona a 
condizione che ristabilirebbe l'ido- 
latria, -si diresse con altri tre ve- 
scovi ad Alba Reale per indur- 
re il nuovo re a rinunziare alla 
sagrilega promessa; ma mentre. sta- 
vano per passare il Danubio tra 
Buda e Colocza una masnada di 
sicari diretta dal duca Vata, fiero 
partigiano dell'idolatria, li assalì a 
colpi di pietre. Gerardo fu tratto dal 
suo carro, trascinato per terra, lapi- 
dato ed ucciso da un colpo di lan- 
cia che gli trapassò il corpo; al- 
tri due vescovi, . Bezterdo e Fuldo, 
furono compagni del suo martirio; 
il quarto, ch'era il vescovo di Be- 
neta, fu liberato dal nuovo re che 
sopraggiunse, il quale poi si di- 
chiarò contro il paganesimo e re- 
gnò con molta glotia. Il corpo di 
s. Gerardo fu sepolto in una chie- 
sa ivi appresso, e poscia traspor- 
tato a Chonad. In seguito essen- 
do stato dichiarato màrtire dal 
Papa, le sue reliquie furono rin- 
chiuse in un'urna, sotto il regno 
di Ladislao; indi i veneziani le ot- 
tennero dal re d' Ungheria dopo 
molte istanze, e solennemente tras- 
portatele nella loro città, le depo- 
sero nella chiesa di s. Maria As- 
sunta e s. Donato nell' isola di 
Murano. Nella chiesa di s. Fran- 
cesco alla Vigna evvi una cappel- 



GER 

la dedicata a san Gerardo Sa- 
gredo , OTC si . venera la reli- 
quia del di lui femore: in que- 
ta chiesa la nobile famiglia Sa- 
gredo concorre | ogni anno a ce- 
lebrare la festa del suo santo 
congiunto^ eh' è assegnata a' 24 
settembre, giorno in cui nell'anno 
1046 o 1048 avvenne la gloriosa 
sua morte. Egli è onorato nel mar- 
tirologio romano del titolo di a- 
postolo dell'Ungheria, e fu il pri- 
mo che illustrò col martirio Ve- 
nezia sua patria. 

GERARDO (s.), primo abbate 
di Selvamaggiore. Nato a Gorbia 
in Picardia neli' undecimo secolo, 
ed educato in quel monistero dai 
religiosi di s. Benedetto , n' ebbe , 
giovane ancora, la carica di procu- 
ratore. Guarito da una lunga malat- 
tia, circa il 1060 fece il pellegrinag- 
gio di Terra Santa, e fu nominato 
abbate del monistero di S.Vincenzo 
di Laon, da dove ritirossi in quello 
di s. Medardo di Soissons, sotto la 
disciplina deìT abbate s. Arnoldo. 
Avendo questo santo rinunziato la 
carica, gli successe Gerardo , che 
però fu presto scacciato dalla vio- 
lenza di un falso monaco chiama- 
to Ponzio. Egli allora andò a sta- 
bilirsi a sei leghe circa da Bor- 
deaux, in un luogo detto Selva- 
maggiore; ivi ricevette diversi di- 
scepoli sotto la regola di s. Bene- 
detto, e visse santamente negli e- 
sei'cìzi di carità e di penitenza. 
Morì a* 5 d'aprile lOgS, e fu ca- 
nonizzato da Papa Celestino III nel 
1 1 97. La sua festa è assegnata il 
giorno 5 d'aprile. 

GERARDO, Cardinale. Gerardo 
fu creato cardinale prete del titolo 
di s. Prisca da Pasquale II del 1099: 
il Ciacconio lo pose fra gli elet- 
tori del successore Gelasio II. 

VOL. XXIX. 



GER 81 

GERARDO, Cardinale. Gerar- 
do fu creato prete cardinale del 
titolo di s. Pudenziana nel marzo 
1 1 54 da Adriano IV, il quale poi 
nel 1 1 55 lo mandò legato col car- 
dinal Jacopo de' ss. Gio. e Paolo j 
all'imperatore Federico I. 

GERARDO, Cardinale. Gerar- 
do diacono cardinale di s. Lucia 
in Septisolio, creato da Calisto II 
nel 1 1 1 9; sottoscrìsse con altri ven- 
tisette cardinali una bolla di detto 
Papa, diretta al vescovo di Geno- 
va , il qual Pontefice lo trasfei^ 
neir ordine de' cardinali preti col 
titolo delle ss. Aquila e Prisca; in- 
di intervenne all'eiezione di Ono- 
rio II nel 1124* 

GERARDO, Cardinale. Gerar- 
do nel concilio di Pisa fu da In- 
nocenzo II nei 1 1 34 creato car- 
dinale diacono, con la diaconia di 
s. Maria in Domnica. Sottoscrisse 
varie bolle d' Innocenzo II, di Ce- 
lestino II, e di Lucio II; dopo es- 
sere intervenuto ai comizi dei due 
ultimi, mori nel 1 1 45. 

GERARDO Maffeo, Cardinale. 
Maffeo Gerardo nacque in Vene- 
zia, ove professò la regola mona- 
stica de' camaldolesi, nel moniste- 
ro di s. Michele di Murano, nel 
quale divenne dotto, pio, e mor 
dello perfetto di tutte le vìrtti. fi- 
letto prima abbate del monistero^ 
e poi generale della sua congrega- 
zione, venne nel 1466 dal veneto 
Paolo II promosso alla dignità di 
patriarca di Venezia. Innocenzo Vili 
a' 9 marzo 1489 in Roma, ben- 
ché Maffeo assente, lo creò segre- 
tamente cardinale prete, col titolo 
de' santi Nereo ed Achilleo, senza 
pubblicarlo. Morto a' 26 luglio 
1492 il Papa, in virtti d'una di 
lui bolla letta e notificata a tutti 
dal sacro collegio, fu riconosciuto 

6 



i8i GER 

per cardinale ; ed invitato al con- 
clave in cui rimase' eletto Àlessan- 
dix>YI, vi fu ricevuto coi soliti ono- 
ri. Dopo il conclave, mentre il car* 
dinaie ritornava in Venezia , morì 
piamente in Terni nello stesso an» 
no 149^9 nell'età di ottantadue 
anni, sebbene il Muratori nell'e- 
lenco de' patriarchi di Venezia lo 
dice morto in Foligno; e traspor- 
tato a Venezia il suo cadavere eb- 
be sepoltura nella chiesa patriar- 
cale di s. Pietro con breve iscri- 
zione. Diversi gravi scrittori smen- 
tirono quanto contro di lui disse 
il mordace Garimbei^ti nelle Vite 
de* Papi e cardinali» 

CERASA. Sede vescovile nella 
seconda provìncia di Arabia, nel 
patriarcato di Gerusalemme, sotto 
la metropoli di Bostra, fu eretta 
nel quinto secolo. Questa città del- 
la Celisiria fu una delle quattor- 
dici principali di quella regione, 
ed era il confine del paese de' ca- 
nanei, essendo posta su di un colle 
alle sponde orientali del mare di 
Galilea. Secondo il Terzi 5 Siria 
sacra p. 107, fu edificata da Ger- 
geseo quintogenito di Canaan, laon- 
de gli abitanti furono detti gerge- 
sei, eh' espulsi da Giosuè fu data 
alla tribù di Manasse, e crebbe 
tanto, che Teodoro tiranno della 
provincia vi rìpose i suoi tesori , 
come a luogo sicuro. Ma superata 
da Alessandro re di Giuda, fu ag- 
giunta al suo regno. Gesù Cristo 
la santificò di sua presenza, e vi 
libei*ò due ossessi. Avanti l'estremo 
eccìdio di Gerusalemme, gli ebrei 
Irovinarono Gerasa perchè non ser- 
Irisse di ritirata ai romani; e re» 
8taui*ata dai geraseni, questi genero- 
samente ricettarono gli ebrei scam- 
pati da Gerusalemme, quindi fu 
devastata da L. Annro. Quando 



GER 

Goffredo passò in Palestina, Bolde- 
quin re di Damasco ridusse la 
parte superiore della città a mu- 
nitissima rocca, con doppio ordine 
di mura, ma il valore di Baldovi- 
no la spianò dai fondamenti. Fu 
patria di Aristone celebre oratore, 
di Cerico sofista, di Nicomaco mu- 
sico, e di Simone famoso capo dei 
ladroni, condotto da Tito in Roma 
nel suo trionfo. In quanto ai ve- 
scovi di Gerasa, Gerasen^ è un ti- 
tolo vescovile in partibus che con- 
ferisce la santa Sede, dipendente 
dall'arcivescovato pure in partibus 
di Bostra. Lo fu monsignor Giu- 
seppe Antonio Lodzinski, cui Leo- 
ne XII nel concistoro de' i5 di- 
cembre 1828 die in successore il 
vivente monsignor Lorenzo Gut- 
kowskì della diocesi di Plosko, at- 
tuai suffraganeo di quel vescovo. 

GERASIMO (s.). Abbracciò lo 
stato monastico nella Licia, di cui 
era oriundo, poi ritirassi in Pale- 
stina verso la metà del quinto se- 
colo, allorché vi si cominciavano a 
spargere gli erroii di Eutiche, e 
sventuratamente vi cadde anch' e- 
gli; ma si rimise in seguito sulla 
retta via pei consigli dj s. Euti- 
mio, ed espiò il suo errore colla 
più rigorosa penitenza. Fece fab- 
bricare ad un quarto di lega .dal 
Gioi*dano un vasto eremo con set- 
tanta celle per altrettanti solitari , 
e nel mezzo dell'eremo un moni- 
stero per i cenobiti. I solitari era- 
no obbligati al più rigoroso silen- 
zio, non mangiavano che pane e 
datteri, né bevevano che acqua, 
eccettuati il sabato e la domenica, 
in cui recavansi alla chiesa per 
partecipare a' divini mi stetti, e po- 
tevano mangiare in comune qual- 
che cibo cotto, e bere un po' di 
vino. Tutta la loro suppellettile 



GER 

consisteva in una brooca d'acquo, 
una stuoia per coricarsi, e una me- 
schina coperta. Gerasimo spingeva 
anche più oltre la sua astinenza, 
e s. Eutimio avea tanta venerazio- 
ne per lui, che gli dirigeva quelli 
tra i suoi discepoli che volea met- 
tere in una eccellente scuola di 
virtù. Morì a' 5 di marzo del 47 ^> 
ed è menzionato in questo giorno 
nel martirologio romano. 

GERDIL Giacinto Sigismoivbo, 
Cardinale . Giacinto Sigismondo 
Gerdil nacque in Samoen diocesi 
di Ginevra , nella Savoia, a' 23 
giugno 1718. La sua famiglia com- 
mendabile per onestà, virtù mo- 
rali e religiose, era di mediocre 
condizione, essendo il di lui padre 
notaio. La sua educazione fu ac- 
curata^ e fece i primi suoi studi 
a Bonneville, indi li compì ne'col- 
legi de' barnabiti di Thonon e di 
Annecy. La sua molta applicazio- 
ne, la grande perspicacia, la sua 
felice memoria, e principalmente 
l'eminente sua pietà e purità di 
costumi, determinarono ben volen* 
tieri i barnabiti ad accettarlo nel- 
la loro congregazione. Dopo le pro- 
ve del noviziato andò a studiare 
in Bologna la teologia, e le lin- 
gue antiche e moderne^ laonde si 
perfezionò nella greca, nella latina, 
nella francese, e nell'italiana per 
la quale gli die lezione il celebre 
p. Gorticelli membro dell'accade- 
mia della Crusca; riuscì quindi a 
parlare e a scrivere in tali lingue 
con purezza, facilità ed eleganza. 
Indefesso nel lavoro, con una suf- 
ficiente salute, ed animato dal più 
vivo ardore di sapere, divenne pro- 
fondo nelle discipline filosofiche, 
matematiche, fisiche, teologiche, e 
storiche; e sopra materie così dif- 
ferenti scrisse diverse opere, che 



GER 83 

gli meritarono i suffragi del pub« 
blico, l'approvazione de' dotti, ed 
un nome immortale. Quantunque 
pei* amore alla solitudine ed allo 
studio vivesse ritirato, nondimeno 
fu conosciuto e stimato dai più 
valenti scienziati dell'istituto di Bo- 
logna, ed i suoi talenti furono co^ 
là grandemente apprezzati dal car- 
dinal Lam ber tini arcivescovo, poi 
Benedetto XIV. Questi l'incoraggi 
nella letteraria spinosa carriera^ 
e si valse di sua penna per tra- 
durre dal francese in latino alcu- 
ni scritti sopra i miracoli, i quali 
dovevano far parte della sua bel- 
la opera. Della bealificazione e ca* 
nonizzazione dtsand. Nel 1737 i 
superiori della congregazione ondei 
produrlo, avendo egli allora diecioove 
anni, lo mandarono a Macerata per 
insegnare la filosofia, non nella uni-^ 
versità come alcuno scrisse, perché 
i barnabiti solo nel 1801 incomin- 
ciarono a farne ^ parte, ma bensì 
ai giovani allievi della medesima 
congregazione nel collegio di san 
Paolo. Dopo di ciò fu destinato 
subito dopo a Casale, dove unì al- 
l' uffìzio di professore, quello di 
prefetto del collegio, impieghi che 
disimpegnò come avrebbe fatto un 
uomo di consumata sperienza. In 
quel soggiorno alcune tesi che de- 
dicò al duca di Savoia, e due o- 
pere di metafisica che pubblicò 
contro Locke, attirata avendo su 
di lui l'attenzione della real cor- 
te di Torino, gli fruttarono nel 
1 749 la cattedra di filosofia nel- 
r università della città, e cinque 
anni dopo quella della teologia 
morale. Intanto la sua reputazio- 
ne saggia, e gli scritti solidi fatti in 
favore della religione gli procac- 
ciarono gli encomi di Benedetto 
XI Vj e lo fecero chiamare dall' ar- 



84 GER 

civescovo di Torino a far parte 
del consiglio di coscienza, maitre 
la sua congregazione lo elesse pro- 
vinciale de' collegi di Savoia e del 
Piemonte, incarico che disimpegnò 
con tanta prudenza e moderazio- 
ne, che si pensò dai suoi confra- 
telli di eleggerlo generale. Men- 
tre egli rifiutava tal dignità, il re 
di Sardegna Carlo Emanuele IH, 
ad insinuazione di Benedetto XIV, 
lo scelse ad istruire il suo nipote 
principe del Piemonte e poi piissi- 
mo re col nome di Carlo Ema- 
nuele IV. GerdiI andò alla cor- 
te, ed ivi visse come prima ritirato 
e modesto, e tutto dato alle cure 
del suo augusto e degno discepolo, 
impiegando il resto del tempo nel- 
la composizione di opere utili alla 
i*eligione o ai progressi delie scìen- 
ze. La corte di Torino compensò 
le attenzioni del p. GerdiI con 
ricca abbazia; ma egli usò delle 
rendite di tal benefizio titolare, 
come quello che ben conosceva la 
destinazione de' beni ecclesiastici , 
profittando dello stretto necessario, 
e impiegando il resto i« opere 
buone, e in sollievo de' parenti, pei 
quali non sollecitò né impieghi, né 
pensioni. Clemente XIV ammira- 
tore degli alti suoi mei'iti, nel con- 
cistoro de' 26 aprile 1778 lo creò 
cardinale riserbandolo in petto, solo 
indicandolo nell'allocuzione al sacro 
collegio, con le parole : notus orbiy 
vix notus urbi. La morte del Papa 
He impedì la pubblicazione, insie- 
me a nove altri riserbati in pe- 
ctore. Il successore Pio VI tratto 
dalla &ma del p. GerdiI, ad in- 
sinuazione del cardinal delle Lan- 
tA io chiamò in Roma, lo fece 
consultore del 8. offizio, e ve- 
scovo di Dibona in parlibus\ indi 
a' 23 giugno 1777 ^^ ci'eò cardi- 



GER 

naie dell'ordine de' preti, e nel 
concistoro de' 1 5 dicembre lo pub- 
blicò, conferendogli poi per titolo 
la chiesa di s. Cecilia. Inoltre suc- 
cessivamente lo annoverò alle con- 
gregazioni cai*dinalizie del s. offi- 
cio, del concilio, dell'esame de' ve- 
scovi, della disciplina regolare, del- 
la correzione de' libri della chiesa 
orientale^ e di propaganda fide^ 
della quale lo fece prefetto gene- 
rale nel 1 795. Gli concesse anche 
le protettorie del collegio ecclesia- 
stico a Ponte Sisto, della chiesa 
del ss. Sudario de' savoiardi, del 
monistero di s. Cecilia, dell'acca- 
demia teologica, del collegio dei 
maroniti, dell'università de' librari 
in s. Barbara, e di s. Omobono 
de' sartori. Visse ritirato nella ca- 
sa de' suoi barnabiti presso s. Car- 
lo a' Catinari, impiegato negli af- 
fari più ardui della santa Sede, 
di cui ne divenne l'oracolo in tem- 
pi tanto procellosi. Conservò nello 
splendore della dignità la povertà 
religiosa, in un modo edificante , 
e trovossi negli ultimi di sua vita 
in qualche bisogno; anzi quando 
nel 1798 dopo l'invasione fatta 
di Roma da' repubblicani francesi, 
fu obbligato partirne, si trovò co- 
stretto vendere i libri per vivere. 
Rispettato dalle potenze guerreggian- 
ti, ed arrivato a Siena presso lo 
sventurato Pio VI, non avrebbe 
il cardinale potuto recarsi in Pie- 
monte, in cui si proponeva cerca- 
re un asilo, se non fosse accorsa 
la generosità del cardinal Loren- 
zana^ e di monsignor Despuig poi 
cardinale. Ritiratosi nel seminario 
della sua abbazia di la CI usa, più 
volte fu in procinto di essere pn- 
vo di tutto : tale penosa situazione 
non alterò mai la sua rassegnazio- 
ne^ né scosse il suo coraggio, ri- 



GER 

mettendosi alla provvidenza, che 
sovente il soccorse con mezzi ina* 
spettati. Talvolta si trovò in gra- 
do di sollevare i compagni del suo 
esilio, e quantunque vivesse di 
soccorsi, fòceva distribuire regolar- 
mente pane e denaro a' poveri del- 
la sua abbazia : vide in tal guisa 
correre il tempo della persecuzio- 
ne, diviso tra lo studio e le preci. 
Dopo la morte di Pio VI si recò 
a Venezia pel conclave che ivi era 
stato convocato. Fino dai primi 
scrutini i cardinali gli fecero omag- 
gio de' loro voti pel pontificato. 
Nella Storia di Pio VII, che fu 
eletto^ del dotto cav. Artaud, si 
legge che due volle si portarono 
dal sacro collegio gli sguardi sul 
cardinal Gerdil; che il suo grande 
ingegno, la sua età provetta, le 
molte sue produzioni facevano cre- 
dere che si riuscirebbe ad innal- 
zarlo al trono; e che alcuni car- 
dinali, avversi alla Francia, fecero 
osservare ch'egli come savoiardo 
poteva considerarsi francese, quin- 
di il cardinal Hertzan che nell'in- 
terno del conclave rappresentava 
l'imperatore di Germania, dichia- 
rò l'esclusione formale pel cardi- 
nal Gerdil, significando al sacro 
collegio, che il suo sovrano non 
avrebbe potuto gradire quell'ele- 
zione. L'eminente dottrina del car- 
dinale lo fecero aggregare alle so- 
cietà accademiche più dotte e piìi 
•celebri di Europa.. Ritornato in 
Roma il cardinale nel 1800, la 
sua salute sì sosteneva non ostan- 
te la sua età avanzata e le sue 
faticose occupazioni, non essendosi 
mai servito di occhiali ; finché cad- 
de infermo, e dopo breve malattia 
morì a' 12 agosto 1802, in età 
d'anni 84 passati, con dispiacere 
universale, massime del Papa, dei 



GER 85 

cardinali, e dei letterati. Secondo 
la sua testamentaria disposizione 
fu esposto e sepolto nella detta 
chiesa di s. Carlo di sua congre- 
gazione: Pio VII intervenne nelle 
solenni esequie con venticinque 
cardinali, celebrando la messa il 
cardinal FiiTao. Dotto di primo 
ordine e quasi in tutti i generi ^ 
in cui siasi esercitato 1' ingegno 
umano , prelato degno de' primi 
secoli della Chiesa , negli ulti- 
mi tempi fu uno di quelli che fe- 
cero più onore alla religione , e 
le furono più utili. La maggior 
parte delle opere a difesa della re- 
ligione in genere, e della rivelazio- 
ne in ispecie, sono state da esso 
composte in idioma francese, più 
acconcio allora a rispondere ai li- 
bri dei moderni increduli, e a com- 
battere i loro paradossi, e distrug- 
gere gli empi sofismi. È sopra le 
altre famosa quella con cui dimo- 
strò l'immaterialità dell'anima con- 
tro le sottili asserzioni del notissi- 
mo filosofo inglese Giovanni Locke. 
Nelle opere di questo acutissimo 
e profondo ingegno rifulge parti- 
colarmente la forza del razioci- 
nio unita alla saviezza ed alla 
moderazione : l' egregio autore in- 
calza vivamente gli avversari suoi; 
/ma ninna cosa offensiva gli sfug- 
ge contro di essi. Cerca egli la 
verità, di cui si costituisce di- 
fensore; l'errore solo perseguita, e 
non l'uomo. Ordinariamente dagli 
scritti degli avversari prendeva le 
armi, onde combatterli. Il cardi- 
nal Gerdil possedeva altresì in un 
grado raro la calligrafia, vantag- 
gio poco comune alla maggior 
parte degli autori. Una medaglia 
coniata venne in suo onore. Ab- 
biamo un beli' elogio letterario 
del cardinal Gerdil, scritto dal 



86 GÈ a 

. suo amico e degno confratello il 
p. Fbntana Francesco Luigi {P^edi) 
poi cardinale, e recitato nei!' adunan- 
za generale degli arcadi di Roma, 
pui apparteneva il defunto, che si 
legge nelle di lui opere: il mede- 
simo p. Fontana, altro sublime 
personaggio della congregazione dei 
barnabiti, ft| l'autore delF epitaf- 
fio sepolcrale, che può essere cita** 
to come modello in tale genere ; 
lesso è riportato dai biografi del 
cardinal Geixlil, e dal eh. Eenaz- 
fti nella Storia delV unhersità ro^ 
mana, che nel tom. II, p. 328 ne 
fa l'elogio, ed a p. 4^9 c' ^^ 
l'epitaffio, h* Orazione Jiinebre com- 
posta dal p. Fontana, tradotta dal- 
l'italiano in francese, ed arricchita 
di note tanto preziose quanto estese, 
la pubblicò in Roma nel 1802 l'ab- 
bate d'Hesmivy di Auribeau. Fn 

^ |in Elogio letterario poi il p. Fon- 
tana vi passò a rassegna le ope* 
re principali del cardinal GerdiI, 
ed il p. Grandi, altro di lui chia- 
ro confratello ci diede un'Orazio- 
ne fiinebre in italiano. Le opere 
del cardinal GerdiI sono numero- 
sissime, e parecchie furono stam- 
pate Q misura che "venivano com- 
poste: in seguito furono raccolte 
a Bologna in sei volumi, e pubbli- 
cate per cura del p. Toselli dal 
1784 al 1791. Il p. Fontana coa- 
diuvato dal p. Scati ne intraprese 
una nuova edizione divisa in venti 
volumi, di cui i primi sei volumi ven- 
nero in luce in Roma coi tipi del 
Poggioli nel 1 806. Ecco il catalogo 
delle opere di questo gran cardi- 
nale. I. Introduzione elio studio 
della religione, con la confutazio- 
ne de' filosofi antichi e moderni 
circa l'Ente supremo, ec. 2. Dis- 
sertazione sopra l'ongine del sen- 
so moi-ale, sopra l'esistenza di Dio, 



GER 

ec. 3. Sposizione dei caratteri de^- 
la Tera i^ligione, ec. 4- Progetto 
per la formazione di un semina- 
rio, ec. 5. L' immaterialità del- 
l' anima dimostrata contro Locke, 
ec. 6. Saggio d'una dimostrazione 
matematica contro la esistenza eter- 
na della materia e del moto, ec. 
7. Saggio sopra i caratteri distin- 
tivi dell' uomo , e degli animali 
bruti, ec. 8. Memorie sopra l'in- 
finito assoluto, considerato nella 
grandezza e sopra l'ordine in ge- 
nere del vero e del bello. 9. In- 
compatibilità de'principii di Carte- 
sio e di Spinoza, io. Schiarimen- 
ti sopra la nozione e la divisibili- 
tà dell'estensione geometrica, in 
risposta della lettera di Dupuis. 1 1 . 
Riflessioni intorao ad una memo- 
ria di Beguelin, concernente il prin- 
cipio della ragione sufficiente e la 
possibilità o il sistema del caso. 
12. Dissertazione sopra l'incompa- 
tibilità dell'attrazione, ec. i3. Os- 
servazioni sopra le epoche della 
natura per servire di continuazio- 
ne all'esame dei sistemi sull'anti- 
chità del mondo, inserito nel sag- 
gio teològico. \/\. Trattato sui 
duelli. i5. Discorsi filosofici intor- 
no all'uomo, ec. 16. Della natura 
e degli effetti del lusso, ec. 17. 
Discorso sopra la divinità della 
l'eligione cristiana. 18. Riflessioni 
intorno alla teoria ed alla prati- 
ca della educazione, contro i prin- 
cipii di G. G. Rousseau. 19. Con- 
siderazioni sopra l'imperatore Giu- 
liano. 20. Osservazioni sopra il VI 
libro della storia filosofica e politi- 
ca del commercio delle due Indie, 
dell'abbate Raynal. 21. Orazione 
sulla necessità della virtù politica 
nel governo di uno stato qualun- 
que. 22. Orazione sulle cause del- 
le dispute accademiche di teologia. 



GER 

in cui « combaltuto lo spirito del- 
le leggi. 23. Dissertazione su II' u- 
nione della religione e della virtù 
politica. 24* Saggio di elementi 
di morale prudenza . 25. Vari 
opuscoli spettanti la costituzione 
gerarchica della Chiesa. 26. Con- 
futazione di due libelli di Eybel 
contro il breve di Pio VI, Super 
soUditate, 27. Osservazioni sopra 
il commentario di Febronio, relati- 
vamente alla sua ritrattazione. 28. 
Osservazioni sul sinodo di Pistoia. 
29. Esame dei motivi dell'oppo- 
sizione del vescovo di Noli alla 
pubblicazione della bolla che con- 
danna alcune proposizioni del si- 
nodo di Pistoia. 3o. Molte lettere 
pastorali. 3i. Compendio di un 
corso d'istruzione intorno all'ori- 
gine, ai doveri ed all' esercizio del 
potei'e sovrano . 32. Note sopra il 
poema della religione, del cardi- 
nal de Bernis. 

Altre opere riportate ne' diversi 
volumi dell'edizione romana sono 
le seguenti. Nel volume I. Esame 
d*un articolo del giornale enciclo- 
pedico, conceiiiente le riflessioni 
sopra la teoria e la pratica dell'e- 
ducazione contro i principii di G. 
G. Rousseau. Francese. Considera- 
zioni sopra gli studi della gioven- 
tù. Discorso accademico. Italiano. 
Piano degli studi e conto renduto 
degli studi di S. A. R. il princi- 
pe di Piemonte, con un'addizione 
ec. L'addizione contiene questi o- 
puscoli: Logicae instìtutionesj Isto- 
ria delle sette de^ filosofi; Pensieri 
de' doveri sui dififerenti stati della 
vita. Nel voi. II. Principii metafi- 
sici della morale cristiana. Francese. 
Nel voi. III. Osservazioni sul modo 
di spiegare gli atti intellettuali 
della mente umana per mezzo del- 
la sensibilità fisica. Italiano.. Con- 



GER 87 

siderazioni sopra 1 lavori accade- 
mici. Italiano . Regole e statuti 
proposti per lo stabilimento di una 
accademia di scienze. Francese . 
Nel voi. IV. Difesa del sentimento 
del p. Malebranche sulla nalui*|i 
ed origine delle idee contro Tesa* 
me di Locke. Francese. Nel voi. 

V. Esame e confutazione dei princi- 
pii della filosofia Wolfiana sopra 
la nozióne dell'esteso e della for- 
za. Italiano. Della nozione geome- 
trica, ec. Italiano. Schiarimento 
sopra di ciò che la teoria degl'in* 
commensurabili sembra offrire di più 
misterioso . Francese. Dissertazio- 
ne sopra i tubi capillarì. France- 
se. Memoria sulla causa fisica 
della coesione degli emisferi di 
Magdebourg. Francese. Nel voi. 

VI. Phìlosophicae institutiones^ijui'' 
bus elìaca seu philosophia pra* 
etica conlinelur. Nel voi. Vllf Com- 
pendio delle istituzioni civili, ia 
latino. Nel voi. Vili. Tavola isteri- 
ca dell'impero romano da Cesare 
fino alla presa di Costantinopoli 
fatta per Maometto li. Francese. 
Istoria del tempo di Luigi XV 
re di Francia fino alla pace di 
Parigi e di Hubersbourg. Fran- 
cese. Regole di condotta per una 
sposa principessa. Francese. Nel 
voi. XI. Dissertazioni tre dell'auto- 
re aggiunte al saggio d'istruzione 
teologica, cioè, i sui modo ec. 
Italiano. Anìmad versioni sul pia- 
nò proposto da alcuni dottori Sor- 
boni ci per la riunione alla Chie- 
sa latina de' greci disuniti. Italiano. 
De sacri regiminiSy ac praesertim 
Pontificii primatus jure proprio , 
ac singulari in omni ecclesiasti- 
cae potestatis comniunicandae ratio' 
ncy adversus Slevcglìum» In Georgii 
Sigismundi Lakics praelecliones ca- 
nonicas et legitima, eie» animadver^ 



88 GER 

tiones. Nel toI. XI IT. Analisi che 
fa l'autore delle Riflessioni do- 
po Launojo tra li padri che alla 
persona di s. Pietro applicarono 
le parole dettegli da Cristo: et 
super hanc petram, e quelli che 
le hanno applicate alia fede, o 
•confessione di s. Pietro. Italiano. 
Nota bene, l'anzidetta opera po- 
trebbe forse essere comprésa sotto 
il titolo: Confutazione di due li" 
belli f ec. espresso nel catalogo. 
Apologia compendiaria del breve 
Super soUditate, Nel voi. XIV. A- 
nimadversiones in notas, quas CI, 
Feller^ etc. Nel voi. XV. De Pomi- 
ù'ficii primatus auctorìtate in Petri 
Cath, etc. Trattato del matiùmo- 
nio. Italiano. CathoUci dogmatis 
de immuni eccL auctorilate in san* 
ciendis disciplinae legib. documen* 
ta e Trid. Aecum, syn. petita. Ri- 
sposta ad un quesito intorno ad 
una proposizione controversa del 
. p. Gullifet inserita nell'opera in- 
titolata: La via della santità mo» 
strata da Gesù. Italiano. Osserva- 
zioni e note sull'opera suddetta. 
Appendice all'esame de' motivi ec. 
Italiano. Responsio ad episc, Ebre- 
dunensem in qua èrrores aliquot 
in hierarchiamy et jurisdictionem 
ecclesiasticam rejutantur. Nei voi. 
XVI, XVII, XVIII. Theologiae mo- 
ralis y libri tres. Nel voi. XIX. Ap- 
pendices ad tractatus moralis chri- 
stianae. Nel voi. XX. Che la Chiesa 
la ^uale forma de'santi, é la sola Chie- 
sa di G. C, discoi*so. Francese. Vita 
del b. Alessandro Sauli barnabita^ 
Francese. Sull'usura, dissertazione 
contro Pufièndorf. Francese. Alti^ 
opere rimasero mss. dopo la sua 
morte, ed altre andarono perdute 
negh ultimi tempi di sua vita. 

GEREBERTO, Cardinale. Gere- 
berto denominato Musico, monaco 



GER 

dei monistero Floraciènse, e poi ab- 
bate di Bobio, arcivescovo di Reims 
e cardinale, divenne Papa col nome 
di^ Silvestro II {Fediy 

GEREMARO (s.). Nacque ad 
Angouléme sotto il dominio de' vi- 
sigoti; fece i suoi studi a Tolosa, 
e le sue virtù e la sua dottrina lo 
portarono sulla sedia vescovile di 
quella città verso l'anno 5ii..U 
re Clodoveo gli diede molte pruo- 
ve della sua stima e venerazione, 
e fece considerabili regali alla sua 
chiesa. Geremaro occupossi con in- 
faticabile zelo a sradicare i vizi, 
r idolatria e 1' eresia ariana dalla 
sua diocesi, aggiungendo la peniten- 
za alle fatiche pastorali, e mori nel 
56o, forse il dì i6 maggio, in cui 
è nominato nei martirològi. 

GEREMEI o HIERAMEA Ugo, 
Cardinale. Ugo Hieramea o Gere- 
mei nacque in Bologna da nobile 
famiglia; dal suo concittadino O- 
norio II, nelle tempora del di- 
cembre II25, fu creato cardina- 
le diacono, assegnandogli per diaco- 
nia la chiesa di s. Teodoro; indi 
sottoscrisse a'21 luglio 1126 a fa- 
vore di Rogerio arcivescovo di Pi- 
sa. L'Alidosi dice che passò all'or- 
dine de' preti, col titolo di s. Lo- 
renzo in Lucina. Morì il cardina- 
le nel pontificato dello stesso Ono- 
rio II, ch'ebbe termine a' i4 feb- 
braio ii3o. 

GEREMIA (s.), uno di quelli 
che soffersero il martirio con s. 
Elia (Fedi). 

GERIONE (s.) Ordine equestre. 
Fu fondato nella Palestina dall'im- 
peratore Fedeiùcol verso il 1190, 
altri l'attribuiscono all' imperatore 
Federico II, ed all'anno 1229. 
Nell'ordine militare de' cavalieri 
di san Gerione , i soli gentiluo- 
mini alemanni vi erano ammessi, 



GER 

e vuoisi che fosse sotto la regola 
di s. Agostino, o di g. Basilio. 
Portavano una croce piana e ne- 
ra sopra un abito bianco ; ma in* 
torno a ciò non sono concordi gli 
autori. Alcuni danno a questi ca- 
valieri per insegna della dignità 
del loro ordine una croce patriar- 
cale d'argento, posta sopra tre mon- 
tagne in campo vermiglio. Altri 
pretendono che questi cavalieri por- 
tassero sopra un abito bianco rica- 
mata una croce nera sopra tre mon- 
tagne dì Sinopia, ed altri gli as- 
segnano una croce di forma diversa. 
11 Conanni ci dà la figura del ca- 
valiere di s. Gerione, e parla del- 
l'ordine , a pag. XXXXVII del 
Catalogo degli ordini equestri e 
militari. Il p. Heliot dice che pro- 
babilmente i cavalieri di s. Gerio- 
ne sieno stati i porta croce istitui- 
ti da 5. Stefano I re di Ungheria, 
per portare innanzi quella croce 
che gli avea mandato in dono il 
Pontefice Silvestro li, con facoltà 
di farsi da essa precedere; i quali 
porta croce in processo di tempo 
si formarono in ordine militare 
che più non sussiste, se pure ha 
esistito, dappoiché la crace fu man- 
data a s. Stefano I verso V anno 
1000, e gli ordini equestri non 
hanno cominciato che col secolo 
XII. 

GERICO o JERICO. Sede vesco- 
vile della prima Palestina, nel pa- 
triarcato di Gerusalemme, sotto la 
metropoli di Cesarea, eretta nel se- 
sto secolo. Fu questa la prima cit- 
tà che attaccarono gì' israeliti quan- 
do ebbero passato il Giordano, da 
cui era distante circa otto miglia , 
fondata in campo vasto e coronata 
di colli ; ma GioseSb la colloca al 
piede d' un monte. Giosuè capitano 
e duce deiresercito israelitico, sette 



GER 89 

volte fece passare l'arca del Signo- 
re intorno alle solide mura di Ge- 
rico, preceduta dai sacerdoti che 
suonavano le trombe, e le mura a'ol- 
larono prodigiosamente dai fonda- 
menti. Allora penetrati nella città, 
gì' israeliti fecero strage degli abi- 
tanti, e rovinarono ogni edifizio 
tranne la casa di Rahab in pre- 
mio dell' ospitalità data agli esplo- 
ratori ivi mandati da Mosé; indi 
Giosuè minacciò dell' ira divina 
chiunque ardisse rifabbricare Geri- 
co. Fu data alla tribù di Beniami- 
no, venne costituita città sacerdo- 
tale ed asilo degl' israeliti, e diven- 
ne poi 'toparchia. Dopo diversi se- 
coli , nel regno di Achab , avendo 
r idolatra Hiele bettelite della tribù 
d'Efraim ivi piantato i fondamenti 
per una nuova città, Dio lo punì 
colla morte del primogenito; ma 
volendo proseguir la fabbrica sino 
a piantarvi le porte, vide morire 
r ultimo de' suoi figli. In seguito 
giunse a tanto splendore, che il re 
di Babilonia vi edificò un palazzo 
superbissimo , ove custodi vasi la 
clamide, detta Stola babilonica ^ e 
Palliuni Sinhar, Decaduta dalla sua 
grandezza, si riebbe nel regno di 
Giuda Maccabeo, ed Erode vi e- 
resse terme e teatri. Rovinata da 
Tito, venne ristorata da Adriano, 
che per renderla più ragguardevo- 
le vi costituì un magistrato 5 che 
ministrava la giustizia a tutta la 
provincia ; ma distrutta nel XII se- 
colo dai saraceni, mai più risor- 
se, essendo ora un villaggio della 
Turchia asiatica in Siria, chiamato 
Rahy Raha o Ricìia, Quivi fu il 
fonte che Eliseo rendette dolce; 
quivi Gesù Cristo restituì la vista 
a due ciechi, e quivi Zaccheo per 
meglio vederlo ascese sull'albero 
del sicomoro 9 e poscia fu onoralo 



90 GER 

dalla divina presenza in sua casa, 
che s. Elena convertì in chiesa. 
Nella latina dominazione vi fìo- 
rirono tre monisleri di religiosi, 
ed il tempio delia cattedrale era 
dedicato a s. Gio. Battista. Tra i 
suoi vescovi si conoscono Gennaro 
che intervenne al concilio di Nicea, 
Macro che fu al secondo concilio 
generale di Costantinopoli del 38 1, 
ÈIeuterìo che si portò al concilio 
di Diospoli nel 4^^^» Giovanni che 
sottos^urisse la lettera sinodale a 
Giovanni di Costantinopoli contro 
r eretico Severo usurpatore nel 
5i8 della sede d'Antiochia, Grego- 
rio che approvò nel 538 la con- 
danna di Antimo, e Basilio tra- 
sferito alia chiesa di Tiberiade al 
fine dell'ottavo secolo. Quivi Iro- 
vossi al tempo dell'imperatore Ca- 
racalla, nel 217, in una botte, il 
quinto esemplare greco del vecchio 
testamento che Origene inserì nei 
suoi Essapli. La pianura di Geri- 
co é fertile in cedri, ed in balsa- 
mi preziosi ; abbonda di rose che 
chiamansi di Gerico, e prima an- 
che di palme, per cui fu detta Ci' 
vitas palnianim. Terzi, Siria sa- 
cra pag. Si 6 2 e seg., ed Oriens 
christ, tom. IH, p. 654» Gerico, 
Jtricen , al presente è un titolo 
vescovile in partibus che si confe- 
]*isce dal sommo Pontefice, sotto il 
patriarcato pure in partibus di Ge« 
rusalemme. Pio Yi nel concistoro 
del primo giugno 179^ fece ve- 
scovo di Gerico e suffi-aganeo di 
Munster monsignor Gaspare Mas- 
similiano de' baroni de Droste Vi- 
schering, il quale venendo fatto 
vescovo di Munster nel concistoro 
de' 19 dicembre 18^5 da Leone 
XII, questi nel concistoro de'3 lu- 
glio 1826 dichiarò vescovo dì Ge- 
nco in parùbus monsignor Bona- 



GER 

ventura Arias della diocesi di Me- 
rida, della quale lo fece sulTraga- 
neo. Dipoi lo stesso prelato dal re- 
gnante Pontefice Gregorio XVI, 
fu nominato vicario apostolico del 
medesimo vescovato. 

GERMA o TERMA. Sede ve- 
scovile dell'Ellesponto, nell'esarcato 
d'Asia, sotto la metropoli di Cizi- 
co, la cui erezione rìsale al quin- 
to secolo, secondo Commanville, di- 
venendo nel nono arcivescovato o- 
norario. Germa fu interamente ro- 
vinata dal terremoto sotto l'impe- 
ro di Valente. Furono suoi vesco- 
vi, Antonio ucciso dagli eretici nel 
4^9, Timoteo che lo successe fu 
al concilio di Efeso, Epitinchiano 
nel 536 fu al concilio di Costanti- 
nopoli, Teodoro intervenne al set- 
timo concilio generale, e Stefano 
assistette al concilio in cui fu ri- 
stabilito Fozio. 

GERMANIA, ALEMAGNA o 
AlAJEMkG^ÈL.Deutschland. Gran- 
de e popolosa regione deirEuix)pa 
centrale, che occupa una Superficie 
di 11^755, 5f6 miglia quadrate 
d'Alemagna, cioè circa trentadue- 
mila seicento cinquantatre leghe 
quadrate di Francia , fra i gradi 
2 3, 37 longitudine est, e fra 4^ 
e 55 di latitudine nord. I suoi 
presenti confini sono : al nord il 
mare del Nord, la Danimarca, ed 
il Baltico ; all'est la parte occiden- 
tale della Prussia, il territorio di 
Cracovia, la Gallizia, l'Ungheria e 
la Croazia militare; al sud l'Italia, 
il mare Adriatico e la Svizzera; 
all'ovest la Francia ed i Paesi 
Bassi. La sua lunghezza è di due- 
centoquaranta leghe, e la sua lar- 
ghezza di duecento venticinque. Di- 
videsi in molti stati sovrani e in- 
dipendenti, ma confederati insieme, 
avendo avuto per lo passato il ti- 



GER 

tolo d'impero. L'aspetto della Ger* 
manìa è sovente variato per la 
complicazione delle sue montuose 
catene. È montuosa al sud quanto 
al nord, offrendo la sua superficie 
vaste pianure, macchie e lande, e 
nel suo centro fertili valloni ed 
immense foreste. La catena delle 
Sudètiche , con le sue diverse ra* 
miflcazioni , divide questo vasto 
paese in due partì, V una setten- 
trionale o inferiore al nord, l'al- 
tra meridionale o superiore. Le 
montagne del mezzo dell'Alemagna 
fanno parte della catena delle Al- 
pi, partendo dall'estremità orienta- 
le del paese dei grigioni, ove ter- 
minano le Alpi Retìche. Quel gran- 
de ciglione che divide il Tirolo in 
due parti, prende il nome di Alpi 
Tirolesi, diramandosi in due tral- 
ci: il piii meridionale di essi for<> 
ma la catena delle Alpi Noriche, 
Gamiche e Giulie, le quali dila- 
tate poi all'est ed al sud-est si 
uniscono alle montagne della Croa- 
zia e Dalmazia. I loro rami co- 
prono la Carniola , l' Istria e la 
Carintia andando a congiungersi 
con le montagne dell'Ungheria. La 
seconda ramificazione delle Alpi 
forma al nord il ramo delle Alpi 
di Salisburgo, che si prolunga in 
Baviera, ove quasi scomparendo si 
abbassa; al nord-est il ramo delle 
Alpi della Stiria, che estenden- 
dosi in tutta l'Austria , interseca 
in molti luoghi il corso del Da- 
nubio, specialmente sotto il no* 
me di Wienerwald eh' è una por- 
zione del Kahlembeg. Al nord del 
Danubio la ramificazione la piti 
orientale, cioè la Jworina che pren- 
de in seguito il nome di Kreutz- 
gebirge, giunge al Klokats; questa 
catena che scorre parallelamente 
all'equatore , comunica all' est con 



GER 91 

i Carpazi, e all'ovest con le Sudè- 
tiche. Queste che separano la Sle- 
sia dalla Boemia prendono al nord 
il nome di montagne de'Giganti, e 
unitamente a quelle della Lusazia, 
er£i*zgebirge,congìungono ilBoeh- 
mischwald che è la prolungazio- 
ne settentrionale delle montagne 
della Moravia. Quelle partono dal 
punto in cui le Sudètiche toccano 
la parte orientale della Boemia, di 
maniera che questo paese è per 
iutiero accerchiato da sommità che 
si succedono 1' una all' altra senza 
interruzione. 

All'ovest della Boemia comincia il 
Fichtelgebirge, che estendesi al nord 
sino a Thuringervrald, catena vicina 
ali' l'artz che si abbassa al nord 
sino al livello delle pianure, dira- 
mando al nord- est il Wesergebir- 
ge e il Deutschburger^ald. L'Hartz 
comincia al sud con il Wester- 
wald, che copre l'Assia e Nassau, si- 
no alla dritta riva del Reno. Dal- 
l'altra parte di questo fiume s'in- 
nalza l'Hundsruck che al sud si 
riattacca ai vosgi, montagne della 
Francia, ed al nord va a confon- 
dersi con le Ardenne. Le ramifica- 
zioni settentrionali del Westei*wald 
e dell'Hundsruck racchiudono degli 
estinti vulcani , trovandosene pur 
anco nel Fichtelgebirge. Nel punto 
in cui le Alpi entrano nel Tirolo, 
il ramo ch'è alFovest dell'Inn occu- 
pa sotto il nome di Arlberg tutto 
il paese sino al lago di Costanza, 
e coir Algan le sue ramificazioni 
si prolungano al nord della Bavie- 
ra, terminando in rialti , che ri- 
scontransì presso il Danubio con 
quelli di Rauh-Alp, prolungazione 
orientale dello Schwnrtzwald o 
Foresta Nera. Questa catena si e- 
stende al sud sino alle sponde del 
Reno, prendendo allora la forma 



93 GER 

di un gomito. Lo Schwartzwald 
si prolunga al nord sino allo Spes- 
sart al nord -est pel ramo di Vo- 
gels-Gebirge, con il Westerwald. 
Le piti alte cime della Germania 
stanno nel ciglione delle Alpi del 
Tirolo, di Salisburgo e di Stiria, 
molte innalzandosi al di là di mille 
tese al disopra del livello del ma- 
re. Nelle altre catene le più alte 
sommità non giungono a più di 
seicento cinquanta tese, e per con- 
s^uenza non trovansi vei*e ghiac- 
ciaie se non nelle montagne del 
Tirolo, e del Salisburghese. La 
maggior paiie delle montagne di 
questa regione è coperta di bo- 
schi, abbondando di quercie quelle 
del nord, e di più quelle del sud. 
In molte di esse, e specialmente 
nella Carniola, si trovano parecchie 
caverne e grotte formate dalla na- 
tura. Nel regno di Wiirtemberg 
Tedesi la caverna detta Nebelloch 
ed Erdloch, e in poca distanza da 
Blankenburg vi è quella famosa ca- 
verna di Bauraann ove sì osservano 
molte figure rare e belle di sta- 
lattiti. Entrammo in qualche det- 
taglio sulle catene delle montagne 
di Germania, pel riflesso che non 
essendovi regione in Europa che sia 
composta di tanti e difierenti sta- 
ti indipendenti, quanto quella di 
Germania, ci sembrò opportuno 
-pei relativi articoli, onde meglio 
conoscerne i confini; ed è perciò 
che altrettanto faremo coi fiumi, 
altri naturali confini. 

Pochi paesi hanno un sì gran 
numero di fiumi quanto la Ger- 
mania, contandosene cinquecento, 
e tra questi sessanta che sono na- 
vigabili. I principali e navigabili 
del tutto sono: i." Il Danubio al- 
tre volte detto Danubius o Ister, 
Istroy che scaturisce nella selva Ne- 



GER 

ra vicino a Donaveschingen , in- 
comincia ad essere navigabile pres- 
so Ulma, passa pei* Donavert, Neu- 
burg, Ingolstadt, Ratisbona, Passa- 
via, Lintz, ed aVienna^ e vi rice- 
ve i fiumi Iller, Lecb, Isar, Ina 
colla Saltza, Traun, Ems ed altri; 
indi passa per l'Ungheria, dove si 
unisce con gli altri fiumi naviga- 
bili, e di là nella Turchia in 
Bessarabia, dove si divide in vari 
rami, e si scarica con varie bocche 
nel mar Nero. 2.° Il Reno^ che 
nasce nella Svizzera, entra nel la- 
go di Gostanza, e di là soi*tendo 
forma prima i confini fra la Ger- 
mania e la Francia, e scorre po- 
scia soltanto in Germania, riceven- 
do le acque dei fiumi Meno, Kin- 
zig, Necker, Tauber, Saale, Mosella, 
Mosa, ec. Si divide sotto Kleve in 
due rami, dei quali quello a sini- 
stra prende il nome di Waal, e si 
getta nella Mosa, l'altro si divide 
di bel nuovo in vari rami, che 
prendono differenti nomi e si get- 
tano in altre acque. Il ramo che 
ritiene il nome di Reno, si perde 
sotto Leyden, presso Cattwyk nel- 
la sabbia. 3.° Il Weser che si 
forma presso di Minden dalla con- 
giunzione del fiume Wera e Ful- 
da, passa a Meiningen ed a Bre- 
ma, e mette foce nel mare del 
nord. 4*° L'Elba che scaturisce nel 
Reisengebirge in Boemia, e lo tra- 
versa dall'est al nord-ovest, pas- 
sa a Dresda, a Wittemberg, Mag- 
deburgo ed Amburgo^ e riceve nei 
suo corso i fiumi l'Elster, la Mul* 
da, la Saala, con venti altri fiumi, 
e non lunge da Amburgo mette fo- 
ce nel mare del nord. 5.** L'Oder 
che nasce nella Moravia settentrio- 
nale, ed è navigabile presso Rati- 
bor pei piccoli legni, e pi*esso 
Breslavia pei grandi; dopo di a- 



GER 

ver- passato per Francfort, e tra- 
versata la Pomerania, si scarica nel 
mar Baltico per molte bocche. 
Gli altri principali fiumi dopo di 
questi^ sono il Meno che vicino a 
Magonza si scarica nel Reno; la 
Trave che si getta nel Baltico; 
r Eyder e TEms che pure si sca- 
rìcano nello stesso mare; la Visto- 
la che ha la sua origine nella Sle- 
sia austriaca , traversa la Polonia 
e la Prussia, e sbocca nel mar 
Baltico; V Adige finalmente che 
passa pel Tirolo, e scorre in Ita- 
lia. Il numero de' canali in Ger- 
mania non è proporzionato all'e- 
stensione del suolo , o ai bisogni 
del suo commercio. Il canale il 
più antico è quello dei tempi di 
Carlo Magno, ma non è ancor fi- 
nito. Per lo passato la navigazione 
dei gran fiumi era molto incep- 
pata a cagione delle tasse ch'esi- 
gevano i diversi princìpi dei terri- 
torii sui quali scorrevano. Ma ai 
nostri giorni il congresso di Vien- 
na tolse in gran parte siffatti ' o- 
stacoli , e stabiFi che nel caso in 
cui dei fiumi navigabili attraver- 
sassero gji stati dei principi diver- 
si, nominate sarebbero delle spe- 
ciali commissioni, onde regolare de- 
finitivamente tuttociò che avesse 
i*apporto alla navigazione o al com- 
mercio. 

Molti sono i laghi della Ger- 
mania, il maggiore de'quali é quel- 
lo di Costanza detto anche Bo- 
densee , che da una parte tocca 
i confini del gran ducato di Ba- 
den, del Wiirlemberg, della Ba- 
viera, e del Vorarlberg, e dall'al- 
tra quello della Svizzera a cui ap- 
partiene una gran parte. Degni 
sono di essere nominati i laghi di 
Cheim, Wurm, Amer , Feder nel 
regno di Baviera; quelli di Waren, 



GER 93 

Plawe e Schwerin nel gran du- 
cato di Mecklenburg, di Tra un e 
di lialstad in Austria; quelli del 
nord di Stettin, Muritz, e Ratze- 
burg; di Diepholz nell'Annover; di 
Cirnìtz nella Carniola; quello dol- 
ce e salso di Seeburg; il grande 
e piccolo di Pomeriana, detti Fri- 
sche-Haf^ ed altri ancora. Le sor- 
genti di acque termali e minerali 
sono nella Germania numerosissi- 
me, trovandosene in quasi tutti gli 
stati; come pure numerosi li ba- 
gni ed assai rinomati. Più cogniti 
sono tra gli altri in Boemia i ba- 
gni di Carlsbad, Toeplitz, ed Egra 
con acque acidule ; nell'alta Austria 
quei d' Ischi, presentemente molto 
accreditati ed assai fi*equentati; nella 
Slesia i bagni caldi di Warmbrunn, 
detti anche di Hirshberg; nel Wiir- 
temberg quelli diWildbad; rinoma- 
ti essendo parimenti quelli di Ems, 
Bade, Salterà^ di Aquisgrana^ e le 
acque acidule di Pyrmont, altre a 
tante altre. Il clima nella Germa- 
nia è assai vario : nel sud h mon- 
tagne e le ghiacciaie rendono l'a- 
ria fredda, ma nelle valli e pianu- 
re si gode una dolcissima tempe- 
ratura. Nel nord al contrario l'a- 
ria é fì^edda assai, tranne i luoghi 
paludosi che si avvicinano al mare 
del nord. I terremoti si fanno sen- 
tire di rado, non essendo mai sta- 
ti dannosi. La Germania è uno 
de' paesi di Europa forse il più 
ricco di minerali: vi sono moltis- 
sime qualità di marmi e di pietre 
preziose ; e T oro oltre in alcune 
miniere, trovasi nel Reno, nell'Ey- 
der, ed in qualche altro fiume. Si 
trovano altresì perle di color di 
argento e di latte, terre da por- 
cellane, ec. 

Dalla sola industria commercia- 
le si può giudicare della polen- 



94 , GER 

sa della Germania , in cui co! 
mezzo di ricca nobiltà si difiR)nde 
l'abbondanza. Le guerre che la de- 
solarono, tolsero oìolti colli vatorì 
alla terra, come il genio degli a- 
bitantì per le arti meccaniche li 
allontanò dai travagli campestri; 
tutta volta la coltivazione è florida, 
produce vini eccellenti , le caccie 
sono ricche di selvaggiume , ed 
avvi tuttociò che occorre ai como- 
di della vita. I mari che bagnano 
la Germania, i suoi fiumi e laghi 
somministrano ogni sorla di pesce. 
I tedeschi debbono al paziente lo- 
ro ingegno, ed al carattere laborio- 
so i luminosi progressi fatti nelle 
arti industriali, di cui molte ebbe- 
ro in questo suolo Torigine e l'in- 
cremento : hanno essi il vantaggio 
di godere della mano d'opera a 
modico prezzo; laonde numerose 
sono le fabbriche di stoffe, porcel- 
lane, maioliche, cristalli , specchi, 
chincaglierìe, utensili d'ogni specie, 
e persino de' fanciulleschi trastulli. 
Fornisce eziandio la Germtinia stru- 
menti di matematica, dì fisica, e 
specialmente di musica. Anche il 
commercio deMibri è animatissimo, 
e la fiera di Lipsia forse si può 
dire la più famosa e ricca in tal 
genere. Le città più commercianti 
sono Vienna , Amburgo, Lubecca, 
Bi*ema, Francfort sul Meno, Bre- 
slavia, Lipsia, Augusta, Norimber- 
ga, Stralsunda, Stettino, ec. 

Sebbene la Germania sia stata 
pressoché in ogni tempo il teatro 
di guerre, pure fu sempre nume- 
rosissima d'abitanti. E questo un 
privilegio del quale è debitrice al- 
la salubrità del suo clima, che vi 
mantiene il vigore del corpo, ed 
al suo ferliie territorio che sommi- 
«ti'a sussistenze facili a procacciarsi. 
-In quanto alla presente sua popò** 



GER 

lazione come confederazione gei^ 
manica, neh' Almanach de Gotha 
pour Vannée i844i ^^ '^gS^ ascen- 
dere a trentanove milioni dnque- 
cento ottantamila abitanti. Antica* 
mente non si trovavano in questa 
regione né cittàj né fortezze: erano 
soliti gli abitanti fabbricarvi abi- 
tazioni isolate in luoghi comodi, 
che per lo più erano capanne co* 
pelle di paglia, e intonacate di 
loto; le Ioi*o piazze trincerate sono 
più antiche delle città. I romani 
furono i primi ad innalzarvi castel- 
li ; parte dei germani ne imitò Te- 
sempio, e parte difesero le piazze 
loro per mezzo di fiumi , fosse e 
siepi. Siccome i contorni del Reno 
furono per alcuni secoli il campo 
dei conflitti fi*a i romani, e gli a- 
bitanti della Germania, ne seguì 
che quivi furono fondate le loro 
prime città di difesa, come quelle 
di Magonza, di Treveri , Colonia 
o Bonna. Tra le più antiche piaz- 
ze fortificate contar si devono £• 
resburg e Sigeburg, due fortezze 
dei sassoni. In tempi degl'impera- 
tori franchi fabbricaronsi alla ma- 
niera gotica monasteri, chiese, ed 
altri edifizi, e le montagne e coU 
line si munirono di castelli. Le 
guerre cogli unni diedero occasio- 
ne al re Enrico 1 di piantarvi 
città e fortezze, e da quel tempo 
Tarchitettura civile e militare si é 
perfezionata nella Germania , ove 
contansi molte città belle, grandi, 
ragguardevoli, e ben fortificate. Se- 
condo gli storici romani, i germa- 
ni erano grandi, ben formati e ro- 
busti. Gli occhi azzurri, e le bion- 
de capigliature li distinguevano da 
tutti i popoli meridionali: una 
porzione di questi originali carat- 
teristiche ancora esiste. L'ingenui- 
tà ed il coraggio tuttora in essi 



GER 

coDservansi; in generale il tedesco 
é grave, riflessivo, laboriaso, perse- 
vei^ante e franco. Generalmente il 
linguaggio della poesia, e Tamora 
per le arti belle é coltivato.. Sem- 
brando il tedesco nato per la guer- 
ra, i suoi esercizi, i giuochi, e per- 
fino la musica indicano le sue in- 
clinazioni guerriere. La nobiltà ger- 
manica è gelosa delle sue prero- 
gative, senza essere orgogliosa. Al 
presente tutti i cittadini sono li- 
beri, al paro dei contadini, eccet- 
tuatone però il Mecklenburghese, e 
il paese dell' Holsteìn. La servitù 
vera ancora esiste nella Lusazia. 

Due razze principali esìstono in 
Germania, i germani e gli slavi : 
i primi abitano tutta la parte me- 
ridionale ed occidentale, gli slavi 
abitano la estremità orientale del- 
la Germania sino all'Elba. Eglino 
«i dividono in molti rami, dei qua- 
li ciascuno parla un particolare dia- 
letto. La lingua alemanna è una 
delle lingue madri , essendo sue 
principali proprietà V abbondanza 
di vocaboli, l'energia e l'espressio- 
ne: la grammatica pubblicata da 
Gottsched ne ha ripurgati gli ele- 
menti. Dicesi che la lingua tede- 
sca derivi dall'antico dialetto teu- 
tonico, che succedette al celtico, 
suddiviso poi in altri dialetti. Le 
due principali lingue però che ora 
parlansi in Germania sono la te- 
desca e la slava schiavona. La pri- 
ma si divide anch'essa in altri due 
dialetti, cioè la bassa e l'alta ale- 
manna : questa è la lingua della 
Chiesa, delle scienze, dei tribunali, 
e delle più elevate classi della so- 
cietà, parlandosi nella bassa Sasso- 
nia, Tuiingia, Assia, nelle provin- 
cie del Reno, in Isvevia, Tirolo, 
Baviera, Austria, Boemia, e Slesia. 
La bassa alemanna si usa in vece 



GER 95 

snlle sponde del mare del nord, nel- 
la Frisia, nella Westfàlia, alta Sas- 
sonia, nel Mecklenburghese, Bran- 
debui^hese, e nella Pomeriana. La 
lingua slava conta tra i suoi nu- 
merosi dialetti il polacco, il vende, 
il croato, il servi ano, ed altri mol- 
ti. L'italiano si parla sulle frontie- 
re dell' Italia. Il francese adottato 
come lingua diplomatica^ è altresì 
quella delle corti, e degli alti cir- 
coli : vuoisi introdotta in Germania 
dopo che le colonie francesi vi e- 
migrarono per le intestine e re- 
ligiose discordie della patria loro 
nelle pretese riforme. Il latino è 
in onore specialmente nella corte 
imperiale, e nelle classi agiate; si 
impiega pure in qualche opera di 
erudizione o di scienza. I tedeschi 
in generale hanno gran propensio- 
ne e talento per imparare le lin- 
gue tanto vive che morte. La let- 
teratura germanica formossi quasi 
da se stessa, perchè non trovò na- 
scendo grande appoggio in parec- 
chi governi di questo paese, gli 
autori celebri del quale tutto de- 
vono a loro medesimi, avendo eoa 
zelo, pazienza e genio tutto pre- 
parato da loro e disposto; e quin- 
di appianando ogni ostacolo, giun- 
sero al maggior perfezionamento. 
Sprovveduti ne' passati secoli di 
quelle società letterarie, alle quali 
si spelta di porre limite all'entu- 
siasmo, trascorsero senza guida ne 
regole^ e quindi lunghi e penosi 
furono i loro travagli, non cono- 
scendo per leggi, che gli slanci del- 
la loro immaginazione. 

Anche la lingua non fu dappri- 
ma coltivata che dai monaci, indi 
dai cavalieri, ed in fine dai sem- 
plici cittadini. La pretesa riforma 
religiosa per le grandi ricerche che 
fece onde sostenere e difendere i 



96 GER 

suoi erroi'i, e calunniare l'illibato 
splendore della Chiesa romana, eb- 
be per conseguenza qualche pro- 
gresso nelle cognizioni, alterato daU 
le successive micidiali guerre poli- 
tiche e religiose , per cui V epoca 
▼era dell* incremento della lettera- 
tura germanica , viene assegnata 
dagli storici alla metà del secolo 
decorso. Allora fu la lingua depu- 
rata, e le arti e le scienze colti- 
Tate con vero successo, e fu so- 
prattutto nella metafisica ove si di- 
stinse lo spirito speculativo dei te- 
deschi. Coltivarono egualmente con 
molto successo la medicina, l'astro- 
nomia, le matematiche, e in gene- 
rale le scienze tutte nelle quali 
diede la Germania quell'immenso 
numero di uomini celebri, che lun- 
go assai sarebbe qui riportare. So- 
lo nomineremo almeno i principa- 
li. Fiorirono nella giurisprudenza, 
Bitter, Funk, Otto, Leysero, Gund- 
ling, Wisenbach , Conring, Lau- 
terbac, Struvio, Mittermeier, Boeh- 
mer, Heineccio, Pufiendorf, Hau- 
boldt, Biner, e Savigny; nella me- 
dicina, chirurgia, chimica ed anato- 
mia, Sthal , HofFraann, 'Franck, 
Heistero, Margraf, Wan-Svieten, 
Sprengel, Meckel, Soemering, So- 
dar, PJenck, Otto, Richler, Stork, 
Stoll, Hufelaud; nella botanica, Ki- 
vino, Dillenio , Wildenoi , Wahl, 
Rohmer , Vittmann , Trevirano , 
Schwarz, Jaquin ; nella matemati- 
ca e metafisica, Leibnizio , Yie- 
bekind, Walf, Spurzheim, Eulero, 
Mendelson, Kant, Fichte ^ Schoel- 
ling, e Hegel; nella fisica, Baugar- 
ten, Mejer; nella storia, MuUer, 
Ritter, Schmidt, Heeren, Herder, 
Voigt, Luden, ec; nelF antiquaria, 
Scopflin, Rejero, Riedesel, Exkel, 
Koel ; neir astronomia, Copernico , 
Replero,01bers, Herschel,Bode,Holt- 



GER 

mann, Brandis, Zich ; nella biblio- 
grafia, Fabrizio, Murr, Harles, Pan- 
zer; nella geografia, Cluverìo, Gat- 
terer, Busching, Gaspari; nella fi- 
lologia. Emesti, Schellhom, Ade- 
lung, Heyne, Herrmann, Schneìder, 
Beck; nella storia naturale, Alessan- 
dro Humboldt insigne in ogni scien- 
za, Fischer, Blumembach, Buch , 
Pallas; nella letteratura, Humboldt 
il fi'atello, Meiners, Schlegel, Collin, 
Rode, Nicolai, Winkelmann^ Klop- 
stock, Bechmann, Burger, Voo9, 
Wieland, Herder, Goethe, Zim- 
mermann,Gellert, Hagerdorn, Kleist, 
Meusel, Hormayer , Sultzer, Ger- 
stenberg, Meisner, ed aitici tanti» 
dovendosi ricordare pur anco fì*a 
gli uomini famosi di Germania, 
Martino Lutero, Melantone, Federi- 
co 11 il Grande^ filosofo e guerriero. 
Ma disgraziatamente a molti di detti 
grandi uomini ad onta della loro 
scienza profonda, gli mancò quel- 
la di conoscere l'errore in cui e- 
rano in punto religioso, e le ve- 
rità cattoliche; o conosciute, per 
rispetti umani sacrificarono ad es- 
si la propria eterna salute, per cui 
riempirono le loro opere dei lo- 
ro erronei pensamenti sulla prete- 
sa riforma, e non parlarono con 
quella imparzialità, per cui tanto 
applauso oggidì ebbero Giovanni 
Voigt nella Storia di Papa Gre^ 
gorio Vlly e de suoi contemporanei; 
e Federico Hurter nella Storia 
di Papa Innocenzo III^ e d^'suoi 
contemporanei; non che nell'opera 
intorno alle istituzioni e ai costu- 
mi della Chiesa nel medio evo, e 
particolarmente nel secolo XIII del 
medesimo Hurter. 

Nella musica ci die la Germa- 
nia, Telemann," Haendel , Graun, 
Bach, Hasse, Gluck, Haydn, Mo- 
zart, Beethoven } nella pittura e : 



GER 

disegno » Alberto Durer , Calker, 
Crauach, Holbein, Sandrart, Mengs, 
e la KauffmaoD ; nella poesia, Zac- 
caria , Hagerdorn , Ramler , Klei st, 
Brentano, Pyrker; nel teatro, Schil- 
ler , Lessing , Kotzebue , Iffland , 
Werner; fi'a gì* intagliatori, Be- 
haim ; fra gli incisori in pietre, Pi- 
chler; fra gli scultori, Daenecker; 
fra i fabbricatori d'istrumenti mu- 
sicali , Schanz e Brodmann ; fra 
i fabbricatori di quelli di fisica, 
Behclieoibach; senza tacere fra i 
benefattori dell' umanità, oltre a 
tanti altri, i nomi celebri di Son- 
nenfels e di Eumford; rinomati so- 
no pure Archenwald e Gatterer, i 
creatori della statistica, nella qua- 
le scienza i tedeschi si sono di- 
stinti per la somma loro esattezza. 
Fra le tante invenzioni di cui sia- 
mo debitori a questa illustre re- 
gione, annoverar devesi quella di 
Gio. Guttemberg oriundo di Ma- 
gonza, che impresse in tavolette di 
legno caratteri invece di figure, 
sullo studio delle quali Panfilo Ca- 
staldi italiano di Feltre, giurecon-. 
sulto e poeta, sostituì i caratteri 
mobili della stampa agl'immobili 
calcografici di Guttemberg, inven- 
zione portata a Magonza da Fau- 
sto Comesburgo, che in quella cit- 
tà col Guttemberg diede alla luce 
il Salterio i primo libro stampato 
con caratteri mobili in legno nel 
1457. Altre principali invenzioni 
germaniche sono, quella degli oro- 
logi, e nel secolo XIII T applica- 
zione della polvere da cannone ad 
uso della guerra. Alla propagazio- 
ne de' lumi, ed all' incremento del- 
le scienze ed arti contribuirono 
non poco in Germania, oltre alle 
celebri sue università, le moltìpli- 
ci scuole, le nobili accademie, le 
letterarie società, i collegi^ i gia- 

VOI.. XXIX. 



GER 97 

nasi, i musei, le pubbliche biblio- 
teche, e tutti quegli altri scientifi- 
ci e letterari istituti di cui essa 
abbonda. Le principali sue univer- 
sità ch'erano in numero di tren- 
tasette, ridotte sono al presente a 
venti, e fra queste dodici sono pro- 
testanti, cinque cattoliche, e tre 
miste. Le prime stabilite sono a 
Eidelberga di Baden, Lipsia di Sas- 
sonia, Rostock di Mecklemburgo, 
Greifswalde di Prussia , Marburg 
d'Assia, Jena di Sassonia, Giesen 
di Assia, Kiel di Danimarca, Halle 
di Prussia, Gottinga d'Annover, 
Erlangen di Baviera, e Berlino di 
Prussia. Le università cattoliche 
sono a Praga nella Boemia^ Vien- 
na in Austria, Wurtzburgo o Er- 
bipoli di Baviera , Landshut di 
Baviera, e Frisburgo di Baden. Le 
miste stanno a Tubinga di Wiir* 
temberg , Breslavia e Bonna del- 
la Prussia. Altra celebre università 
fu da ultimo istituita in Monaco 
capitale della Baviera, ed è catto- 
lica. 

Nella Germania in troppo nu- 
mero furon ben anche celebri nel- 
l'arte militare, e gloriosi sono i no- 
mi di tanti illustri capitani e guer- 
rieri. Innumerabili poi sono nella 
Chiesa cattolica germanica i santi, 
beati, e martiri d*ambo i sessi; 
gli arcivescovi, vescovi, ed abbati 
illustri, molti de' quali esercitarono 
eziandio il sovrano potere, oltre i 
tre elettori ecclesiastici di Magon- 
za, Treveri, e Colonia; così innu- 
merabili sono i monaci, canoni- 
ci regolari, religiosi, sacerdoti, teo- 
logi, canonisti, moralisti che ono- 
rarono grandemente questa rispet- 
tabile nazione, ove pur fiorirono 
numerosi monisteri di monache e 
di canonichesse, come potrà veder-^ ' 
si tutto ai rispettivi articoli. Gì- 

7 



98 GER 

stiano Brower ci diede: Siderà il» 
luslrìum et sanclonim i^ìvorum qui 
Germanìam gestìs rebus ornantur, 
Moguntiae 1616. Alcuni scrìltori, 
come il cb. Costantino Hoefler, 
nell'opera intitolata / Papi tede» 
schij istoria della loro vita ec, in- 
cominciata a pubblicare in B.atis- 
bona nel 1839, considerando la 
Germania secondo l'antica divisio- 
ne geografica, dicono cbe otto so- 
no i sommi Pontefici tedeschi, cioè 
Gi^gorio y, Clemente II, Damaso 
II, s. Leone IX, Vittore II, S te- 
Ano IX, Nicolò II, ed Adriano 
VI. Il Novaes nella Storia dei 
9ommi Pontefici da s. Pietro /ino 
a Pio Vlly ecco quanto scrive su 
tali otto Papi. Primieramente in 
Stefano Vili detto IX, eletto l'an* 
no 989, lo chiama romano, citan* 
do Pandolfo da Pisa presso il Mu* 
ratori, Script, rer, Italie, tom, III, 
p. 327, ma educato nella Germa- 
nia^ citando il Ciacconio, in Vita 
ec.; e che Martino Polono lo dice 
di nazione tedesco in Chron. p. 
337, e così comunemente i critici 
moderni. Quindi dice che nel 996 
fu creato Papa il cardinal Brunone 
sassone, elevato a tal dignità dal- 
immediato predecessore Giovanni 
XV detto XVI del 985, che pre- 
ée il nome di Gregorio V. Dipoi 
nel 1046 fu fatto Pontefice Rug« 
gero o Svedero di Mayendorf sas- 
sone, che da cinquant'anni era 
cardinale (dignità che altri nega« 
no), siccome creato da Gregorio V, 
con assumere il nome di Clemen- 
te II, da altri chiamato il b. Rudi- 
ger di Bamberga di cui era vescovo, 
in sua morte gli successe nfel 1048 
Poppo o Poppone ha varo, vescovo 
di Bressanone, che prese il nome 
dì Damaso II. A questi fu dato 
nel 1049 a successore Biimone di 



GER 

Dapsburgo vescovo di Toul, che 
si chiamò Leone IX, venerandolo 
la Chiesa per santo. Dopo una luu* 
ga sede vacante gli successe nel 
I o55 Gebeardo d' Inspruck vesco- 
vo d*£ichstett, col nome di Vit* 
tore 11. Alla di lui morte nel io57 
fu elevato al pontificato Giuniano 
Federico di Lorena, fatto già car- 
dinale da 8. Leone IX, cui fu im- 
posto Jl nome di Stefano, e perciò 
viene appellato Stefano IX detto 
X. Nel io58 fu eletto Papa Ge- 
rardo di Borgogna vescovo di Fi- 
renze, che chiamossi Nicolò II. Fi- 
nalmente Adriano Fiorenzo di U- 
trecht in Olanda, fatto cardinale 
nel i5i7 da Leone X, alla mor- 
te di questi nel 1S22 fu eletto Pa- 
pa, e non volendosi cambiare il 
nome si chiamò Adriano VI. Fin 
qui il Novaes, nella vita dei sud- 
detti otto Papi. Il Sandinì, Fitae 
Pontificum Romanoruniy nel tom. 
II, p. 776, Pontificum natio^ pone 
tra i galli Leone IX, Stefano IX, 
e Nicolò II, e tra i germani Gre- 
gorio V, Clemente II sassone, Da- 
maso II, Vittore II, e Adriano 
VI batavo. Dalle testimonianze 
dei dotti Novaes e Sandini, non 
solo si può rilevare quanti furono 
i Pontefici di nazione germanica, 
ma il come gli scrittori li dichiara- 
rono per tali a seconda dell'antica di- 
visione geogiafica della Germania, 
che poi descriveremo. In quanto 
poi ai cardinali tedeschi, secondo 
i computi del Cardella, Memorie 
storiche de^ cardinali, e le ricerche 
da me fatte su qualcuno non da 
lui computato, oltre t sunnomina- 
ti sono 1 seguenti. Arrivando il 
Cardella neNa storia de' cardinali 
a tutto il pontificato di Benedetto 
XIV, i posteriori furono egualmen- 
te da me aggiunti, e seguendo il 



GER 

sistema del Cardella non vi ho 
compreso i sei cardinali bavaresi, gU 
altrettanti fiamminghi^ oltre il vi- 
vente Engelberto Stei*ckx creato 
cardinale nel i838; così Aeppure 
vi sono compresi i quattro cardi- 
nali sassoni, parlandosi di tutti a- 
gli articoli Baviera, Fiandha, e 
Sassonia. Quanto ai cardinali di 
altre parti anticamente comprese 
nella regione germanica, se ne par- 
la ai rispettivi articoli, come Boe- 
mia , ed una parte della Svìz* 
zera che anticamente appartene- 
vano alla Germania , oltra altri 
luoghi. Ai seguenti caixlinali tede- 
schi divisi per secoli, pongo a*o- 
Dologìca mente l'anno di loro crea- 
zione innanzi al nome di ognuno, 
e tutti hanno la loro biografia in 
questo Dizionario. 



GER 
Secolo XIV. 



99 



i35o. Matteo Corozman o Contt- 
man. 

1371. Roberto de' conti di Gine- 
vra, antipapa Clemente VIL 

i38i. Adolfo Nassau. 

t38i. Arnaldo Home. 

i38i. Federico Saverdun. 

i38i. Venceslao Segna o Lignitz. 

i38i. Gonone o Simone di Fal- 
Lenstein. 

Secolo XV. 

i4o4* Govanni Egidio 

1 4 1 1 • Giorgio Roseo. 

1 43 g. Pietro Schomberg o SchoWm- 

bergh. 
i44S- Nicolò di Cusa. 
1460. Weistriac^ Boixardo o Bro- 



Secolo IX. 


cardo. 




1462. 


Giovanni Aych. 


844* Fortunato Amalario. 


i477- 


Giorgio Kesler. 


Secolo X. 




Secolo XVI. 


946. Àdimaro. 


i5o3. 


Melchior Copis Meckau, 




i5i I. 


Matteo Langio. 


Segolo XI. 


i5i8. 


Alberto di Brandeburgo. 




l520. 


Erardo Marck. 


1012. Vernerò Vemerio. 


i53o. 


Bernardo Clesio Closs. 


1048. Altowino Adorino. 


i544. 


Ottone Truchses. 


1057. Brunone Bennone. 


i56i. 


Marco Sittico Altemps. 


1073. Deodato. 


1576. 


Andrea d'Austria. 


108 3. Teodorico. 


1577. 


Alberto d'Austria. 




1599. 


Francesco Dieti'ichstein. 


Secolo XIL 


•^ ^^ 


Secolo XV II. 



1 1 35. Tèodewino o Teodino. 
1 144. Nicolòw 

Secolo XIII. 

i2o5. Ruggiero. 

1212. Sigìfrìdo Eppenstain. 

I2i6. Conone d' Urrach.^ 



1619. Ferdinando d'Austria. 
1621. Itelio Federico ZoUeren. 
1626. Ernesto Adalberto d' Har< 

rac. 
i652. Federico d'Assia. 
1667. Guidobaldo de Tbuiin. 



100 GER 

1671. Bernardino Gustavo Adolfo 

di Baden. 
1686. Sigismondo KoUonitz. 
1 686. Massimiliano Gandolfo Keim- 

burg. 
1686. Guglielmo Fui^temberg. 
1700. Gianiìlippo Lambergh. 

Segolo XVIII. 

1 706. Cristiano Augusto de' du- 
chi di Sassonia-Zeilz. 

1 7 1 2. Volfango * Annibale Sclii*at- 
tenbach. 

1 7 1 3. Damiano Ugo de Schonbron 
Buchain. 

1727. Filippo Giuseppe Lodovico 
Sinzendorf. 

1727. Leopoldo KoUonitz. 

1787. Giuseppe Domenico Lam- 
bergh. 

1747. Armando Trojer. 

1756. Giuseppe Trautsohn. 

1756. Francesco Corrado Casimi- 
ro de Rodi. 

1761. Francesco Cristoforo de 
Huten. 

1761. Cristoforo Migazzi. 

1772. Leopoldo Ernesto Firmian. 

1778. Gio. Enrico Franckenberg. 

1778. Giuseppe de Bathyan. 

1779. Francesco Herzan de Har- 
ras. 

1789. Giuseppe Francesco di Pao- 
la Aversperg. 

Segolo XIX. 

i8o3. Antonio Teodoro Colloredo. 
18 16. Maria Taddeo Trautraans- 

dorf. 
1816. Francesco Saverio Salm. 
1819. Ridolfo Giuseppe Ranieri 

d' Austria. 
1824. Carlo Gaetano Gaysruck. 
1 84 1 • Federico Giuseppe Schwar* 

seaberg. 



GER 

Le antiche nazioni tedesche che 
professavano il gentilesimo, aveva- 
no però dei principi! di religione 
molto pih consentanei alla ragione 
che i greci ed i romani. Qualche lu- 
me del cristianesimo fu portato verso 
la fine del secolo VII da Chiliano 
vescovo irlandese, da Suidberto ed 
Ewaldo inglesi, e da Roberto di 
Wormazia, che fissò la sua sede 
a Salisburgo. La predicazione del 
Vangelo in Germania continuossi 
nel secolo Vili da Corbiano di 
Chartres, e con successo maggiore 
da Vinfredo inglese^ ordinato in 
Roma, come meglio diremo, ve- 
scovo de' tedeschi di là del Reno 
verso Tanno 728, a cui fu dato 
il nome di Bonifacio. Egli si af- 
faticò moltissimo per promovere 
insieme con la cristiana religione, 
anche l'ubbidienza alla Chiesa ro- 
mana, ed alla sua liturgia. Carlo 
Magno verso Tanno 800, dopo 
aver fatto la guerra ai sassoni pel 
corso di trent'anni, e averli sog- 
giogati, ebbe la consolazione di ve- 
derli abbracciare il cristianesimo, 
massime quando il re loro Wit- 
tekindo si fece battezzare. Car- 
lo Magno fondò molti vescovati 
e monisteri, e generosamente li 
dotò. Anche Lodovico 1 il Pio, 
figlio di Carlo Magno, arricchì le 
chiese cattedrali ed i monisteri 
con splendide donazioni d'interi 
paesi, in che fu imitato da altri 
principi. La rilassatezza della di- 
sciplina ecclesiastica che nei tempi 
di mezzo si era introdotta anche 
in Germania^ precedette al princi^ 
pio del secolo XVI la famosa pre- 
tesa riforma dell'ambizioso Martino 
Lutero, che disgraziatamente fu 
adottata da una parte della nazio^ 
ne, mentre un'altra seguì quella 
egualmente en*oiiea di Calvino, e 



GER 

ben presto la Germania fu divisa 
in tre culti, cioè nella religione 
cattolica, nel r evangelica luterana, 
e nell'evangelica riformata o cal- 
vinista, divisione introdotta prima 
dal preliminare trattato di Passa- 
via, poi dalla pace formale dì re- 
ligione fatta solennemente in Au- 
gusta, e quindi sancita con alcune 
modificazioni nella pace di West- 
falia l'anno 1648. In processo di 
tempo molte sette s' introdusse- 
ro, e fra queste diverse che non 
aderivano a veruna delle tre no- 
minate religioni, ^ma alle quali, 
ciò non ostante, accordavansi in 
alcuni luoghi il libero esercizio del 
culto loro. Diconsi le prime quel- 
le degli hernuti, dei gutelieni, e 
dei mennoniti: al presente però 
Je sette sono pochissime. Una in- 
tiera libertà di coscienza, o a me* 
glio esprimersi, la politica tolleran- 
za di religione, nel i8i5 pubbli- 
cossi nel congresso di Vienna, co- 
me una delle prime leggi fonda- 
mentali della presente confedera- 
zione germanica. I cattolici sono 
più numerosi negli .stati austriaci, 
in Baviera, nei ducati di Baden e 
di Luxemburgo, nelle provincie del 
Reno, nel Wiirtemberg, nelle due 
Assie, e nell'Annover. Negli al- 
tri stati i luterani e i calvinisti 
hanno una assoluta maggioranza. 
All'articolo Europa {Fedi), notam- 
mo le forme dei diversi governi di . 
Germania, e i culti che in ogni 
stato si professano, e quello E- 
^angelico lo indicammo pure a 
quell'articolo. Dividendo quindi 
gli abitanti della Germania secon- 
do i loro culti e professioni reli- 
giose, giusta i più recenti calcoli, 
sono i cattolici quindici milioni 
noveceutomila ; i luterani dodici 
milioni cinquecentomila; i calvi- 



GER lot 

nisti due milioni; gli ussiti, ber' 
nuti ec. venticinquemila; i greci 
quattordicimila; i mennoniti due- 
mila cinquecento; gli ebrei cinque- 
centomila, sommando il totale di 
tale statistica a trenta milioni, no- 
vecento quarantunmila e cinque- 
cento abitanti, più o meno secon- 
do i diversi calcoli. 

Il novero degli arcivescovati e 
vescovati di Germania è riportato 
all'articolo Diocesi. I principali sta- 
ti, le città arcivescovili e vescovili 
antiche ed odierne, e tutti i luo- 
ghi in cui fu tenuto anche un so- 
lo concilio , di questa regione di 
Germania, hanno articoli nel Dì- 
zionariOf ed in essi naturalmente 
molto si parla delle cose e della 
storia germanica, civile e religiosa, 
e di tuttociò che vi ha relazione, il 
che forma eziandio argomento dt 
altri articoli; laonde in questo accen- 
neremo compendiosamente i prin- 
cipali tratti della storia germanica. 
In quanto alle missioni cattoliche 
negli stati della confederazione ger- 
manica, primieramente diremo che 
Ferdinando Furstemberg vescovo 
di Paderbona e di Munster, che 
fioriva nel 1682^ volle che pei*« 
corressero ogni parte della sua va- 
sta diocesi due padri della compa- 
gnia di Gesù. Ritraendo da ciò 
grandi vantaggi spirituali, legò la 
rispettabile somma di cinquecento 
mila imperiali pel mantenimento 
di trentasei religiosi Isella stessa 
compagnia per la propagazione del- 
la fede nelle parti settentrionali di 
Europa, e nelle parti orientali del- 
l'Asia. Questa è l'origine della fon- 
dazione Ferdinandea, da cui alme- 
no in parte trovano da mantenersi 
i missionari del settentrione della 
Germania; nel 1802 fu risoluto 
che tutti i frutti di quel cospicuo 



102 GER 

capitale fossero impiegati unica- 
inente per le missioni settentriona- 
li. Esiste in Roma il celebre Col- 
legio Germanico (Fedi)^ istituito 
in principio da s. Ignazio e da 
Giulio III , conferqaato ed arric- 
chito da Gregorio XIII, a vantag- 
gio dei paesi settentrionali germa- 
nici, al quale collegio poco dopo' 
uni r Ungarico dal medesimo Pa- 
pa fondato. Sì trovano in Germa- 
nia tre vicariati apostolici, dipen- 
denti come le missioni dalla car- 
dinalizia congregazione di propa- 
ganda fide, nel di cui Collegio Ur> 
bano (Fedi), talvolta viene am- 
inesso per alunno qualche tedesco, 
I vicariati sono in Osnabmck, io 
presda, e nei ducati Anhaltini. 

Il vicariato apostolico di Osna-f 
bruck che prima esìsteva in Pa- 
derbona, è ora stabilito in Osna^ 
brucL A} presente monsignor Car- 
lo Antonio LupLe, fatto dal re- 
gnante Gregorio XVI vescovo di 
Antedona m parlibusg a' ;^6 feb- 
braio i84r, è amministratore apo- 
Utolico della diocesi di Osnabruck, 
non che pro-vicario apostolico del 
vicariato apostolico delle missioni 
lOettentHonali. La popolazione cat- 
tolica del regno di Annover di cir- 
ca duecento diecisette mila, nella 
inaggior parte ritrovasi nella prò- 
'Vincia d' Osnabruck. lue missioni 
appartenenti di presente al vica- 
liato sono Amburgo, Altona, Gluk- 
Stadt, Lubecca, Brema, iSchweriq, 
Xiudwigsiust, e le altre della Da- 
nimarca. Nel distretto della città 
di Amburgo la popolazione catto- 
lica è di tremila individui ; vi è 
lina chiesa ed una scuola cattoli- 
ca. Sonovi de' cattolici ne' sobbor- 
ghi di s. Paolo e di s. Giorgio, 
nelle città di Bergedorf e Vienan- 
deD^ e nel baliaggio di Ritzebutel, 



GER 

dove avvengono frequenti conver- 
sioni. Nel distretto di Lubecca ev- 
vi una cappella con più di due- 
cento cinquanta coo^unicanti, ed al- 
tri in più luoghi del granducato 
di Mecklemburgo - Strelitz , e nei 
ducati di Holstein e Lauenburgo. 
I missionari del distretto visitano 
i cattolici di Lutin, città del gran- 
ducato di Oldemburgo, ove esiste 
un oratorio. In Brema vi è una 
chiesa ed una scuola cattolica. A. 
questa missione sono annessi vari 
paesi del vicino regno d' Annover, 
ed inoltre Hamstede, Vegesack, 
Bremerhafen, Brinkum, Lillenthal, 
^remerlke, e Klosterleven : il nu- 
mero di comunicanti supera i due- 
mila. In Schvrerin capitale del gran 
ducato di Mecklemburgo • Schwe- 
rin, vi è una chiesa , una scuola 
cattolica e duecento cinquanta co- 
municanti ; i missionari visitano i 
cattolici alla distanza di molte mi- 
glia dalla città, come anche la cit- 
tà di Putzow che ha venti comu- 
nicanti, e Rostoch che ne ha qua- 
ranta. In Ludwìgsiust vi è una 
missione che sì estende alla città 
di Qrabovr, Nevrstadt, Parchim, 
Domitz, ec. ; vi i una bella chiesa 
fondata a spese del fu granduca 
Federico Francesco, e vi sono set- 
taqtacinque comunicanti. Antica- 
mente dipendevano dal vicario a- 
postolico delle missioni del nord 
della Germania le missioni ancora 
situate nel regno di Prussia; ma 
nel i8ai, per una convenzione tra 
la santa Sede ed il re di Prussia, 
esse furono unite alla diocesi di 
Breslavia, per cui ne faremo breve 
menzione. I luoghi delle missioni 
di Brandeburgo erano Berlino , 
Posldam, Spandau, Francfort sul- 
r Oder, Magdeburgo ed Ralla, coq 
sei chiese 9 eoa ventiquattro mìls^ 



GER 

settecento cattolici. I luoghi del- 
ìe missioni della Pomeriaua, sono 
Stransulda, Starrgarda,Steltìno, G)s- 
lin ; yi sono cinque chiese o cap- 
pelle, uà ospedale, con due mila 
trecento sessanta cattolici. 

Il iricariato apostolico di Dresda 
nella Sassonia, comprende tutto il 
regno di Sassonia, meno l'alta Lu- 
sazia eh' é soggetta al decano di 
Budissina. Si estende anche al gran- 
ducato di Saxen*Weimar, e ad Al- 
temburgo , con trentamila cento 
quattro cattolici. In Dresda i catto- 
lici sono cinquemila, e vi hanno 
due chiese,, in Lipsia vi sono sei- 
cento cattolici, in Hubertsburg tren- 
ta, in Ànnaburg cento, alcuni in 
Freyberg, e nel ducato di Altem- 
burg. Ultimamente ne fu eletto 
\icario apostolico monsignor Fran- 
cesco Lorenzo Mauvermann, cano- 
nico di Budissina che risiede in 
Dresda. La famiglia reale di Sas- 
sonia professa la religione cattoli- 
ca, a cui ritornò fino dal 1697. 
11 vicariato apostolico di Anhalt, 
comprende i ducati di Anhalt-Coe« 
then, Anhalt-Dessau, e di Anhalt- 
Beruburg. Monsignor nunzio a pò* 
stolico di Baviera è incaricato del- 
la amministrazione spirituale del 
vicariato. I luoghi della missione 
sono, Coethen ove è una parroc- 
chia eretta da Leone XII, ed as- 
sistita da' gesuiti, due chiese, una 
scuola, ed un ospedale servito dai 
religiosi di s. Giovanni di Dio; 
Dessau che ha venticinque cattoli- 
ci ; e Zerbst e Bernburg che ne 
hanno cinquanta. 11 duca Federico 
Ferdinando di Anhalt- Coethen, col- 
la sua consorte Giulia contessa di 
Brandeburgo sorella del re di Prus- 
sia, nel 1825 abbracciarono la re- 
ligione cattolica dopo aver a' 24 
ottobre abiurato il protestantismo 



GER io3 

avanti l'arcivescovo di Parigi ; al 
quale duca morto senza successore 
nel i83o, subentrò il fratello pro- 
testante, che si mostra favorevole 
ai cattolici. Leone XII al duca Fe- 
derico inviò l'ordine di Cristo eoa 
croce gioiellata ; ed il regnante Gre* 
gorio XYI nel soggiorno che ha 
fatto in Roma la serenissima e piis* . 
sima duchessa gli ha dato contras- 
segni del suo paterno afifetto e sti- 
ma ; e mentre la duchessa era a 
villeggiare in Frascati nella villa 
Montai to, ora del collegio Urbano, 
l'onorò il Papa di visita in recarsi 
all'eremo de' camaldolesi, a' i4 ot- 
tobre i83[. La Lusazia inferiore, 
ed una gran parte della superiore 
appartiene alla Prussia : la Lusa* 
zia fece parte del vescovato dì 
Misnia, ma questo essendo dive- 
nuto luterano, la chiesa di Budis- 
sina capitale della Lusazia, ove fi* 
no dal 121 3 era stata eretta una 
collegiata di dieci canonici , il de- 
cano de' quali era superiore eccle- 
siastico di tutta la Lusazia, restò 
sempre attaccata alla religione cat- 
tolica. La santa Sede gli conferì 
l'autorità e giurisdizione spirituale, 
la quale ancora conserva, ed il 
decano eletto dal capitolo, è pei* 
lo più insignito del carattere ve- 
scovile. Risiede in Budissina con 
tre canonici, gli altri servono le 
parrocchie: iu Neocelia vi sono 
due chiese , e duemila cattolici. 
Nel granducato di Baden i catto- 
lici ascendono ad ottocentocinquan- 
taduemila ottocento ventiquattro. 
Vi è r arcivescovato di Friburgo 
che ha tre chiese cattoliche, tre 
conventi, due ospedali, un ospizio 
per gli esposti , ed un monte di 
pietà. Warmbac è residenza di un 
parroco. Nel regno di Wiirtemberg 
i cattolici ascendono a cinquecento 



io4 GER 

dodicimila trecento trentatre. In 
Stuttgard vi è una chiesa cattoli- 
ca , come anche in Bottemburgo , 
Gravenek, e Loroberg : in Rotlem- 
burgo risiede un vescovo titolare, 
dappoiché anche il reame di Wìir- 
temberg ha il suo vescovato nel- 
la città di Rottemburgo, eretto da 
Pio VII colla bolla Provida so- 
lersque de' i6 agosto 1821, e da 
Leone XII colla bolla Ad Domi- 
nici gregis degli II aprile 1827, 
mediante le quali vennero in pari 
tempo circoscritte ed erette le cin- 
que sedi vescovili, che formano la 
COSI detta provincia ecclesiastica Su- 
perioris Rkeni: queste sedie sono 
quelle di Rottemburgo nel detto 
regno di Wiirtemberg, di Magon- 
za nel granducato di Assia-Darm- 
stadt, di Limburgo nel ducato di 
Nassau, di Fulda nell'Assia eletto- 
rale , e r arcivescovato di Friburgo 
nel granducato di Baden. Le det- 
te bolle trovansi stampate da C. 
E. Weiss, nel Corpus juris cecie* 
siastici cathoUcorum hodierni quod 
per Germaniam obtinet , Gissae 
i833, pag. 186 e ai 5. Queste 
sono le piti recenti notizie sulle 
missioni cattoliche negli stati della 
confederazione germanica. 

In Roma diversi principi sovra- 
ni di detta confederazione, per gli 
affari ecclesiastici , tengono presso 
il sommo Pontefice i loro rappre- 
sentanti, cioè r imperatore d' Au- 
stria vi tiene un ambasciatore , il 
i*e di Baviera un inviato straordi- 
nario e ministro plenipotenziario ; 
il re d' Annover un ministro resi- 
dente; il re di Prussia un mini- 
stro residente; ed il re di Wiir- 
temberg un incaricato d'a£&ri. Al 
presente vaca V incaricato d' affari 
del granduca di Baden. Oltre a 
ciò in Roma la Prussia ha un 



GER 

console generale residente, la Sas- 
sonia un agente regio residente, e 
il re di Wurtemberg un console 
per tutto lo stato pontificio resi- 
dente. La santa Sede poi tiene in 
Germania due prelati nunzi apo- 
stolici con carattere arcivescovile , 
cioè in Vienna ed in Monaco; di 
che si parla ai loro articoli, men- 
tre a quello di Colonia si è detto 
dell'antica nunziatura di Colonia. 
E noto che i nunzi apostolici han- 
no la condizione e il carattere di 
ambasciatore, e godono la prece- 
denza sugli altri ambasciatori, sen- 
za eccezione alcuna. INel congresso di 
Vienna fu confermata la precedenza 
de' nunzi, e fu stabilito che nei luo- 
ghi ove interviene il corpo diplo^ 
matico, inclusivamente alle funzio- 
ni che celebra od assiste il Papa, 
ciascun membro del medesimo pren- 
da il posto a seconda della data 
della presentazione delle sue cre- 
denziali, senza distinzione alcuna 
tra ministri cattolici, e ministri pro- 
testanti. Di quanto riguarda gli am- 
basciatori imperiali antichi, e l'am- 
basciatore d' Austria presso la san- 
ta Sede, se ne tratta ai rispettivi 
articoli o luoghi del Dizionario^ 
Ambasciatori, Ingressi in Bomi , 
Udienza, Conclave, ec. ec., ed a 
quest' ultimo articolo è riportata la 
descrizione del cerimoniale e pom- 
pa, con cui si portò al conclave 
per morte di Leone XII Fodierno 
ambasciatore dell'impero d'Austria, 
il saggio e religioso conte Rodolfo 
di Lutzow, che lo è pure del gran- 
duca di Toscana, e della duchessa 
dì Parma. Inoltre in Roma avvi 
il prelato uditore di rota per l'im- 
pero austriaco. L'uditorato di rota 
tedesco è antichissimo, come si di- 
rà al relativo articolo, trattandone 
il Bernini a pag. 5o, // tribunal 



CER 

della s. rota romana, ove pur di- 
oe dell'uditore di rota milanese, 
al presente non più esistente. La 
Germania ha inoltre in Roma il 
Chierico nazionale del sacro col- 
legio ( F^edi). 

La nazione germanica ed au- 
striaca ha in Roma l' imperiale 
e regia chiesa di s. Maria del- 
l' Anima, con contiguo ospizio. Teo- 
doro Amydeno, De pietate roma* 
na, a pag. io, ecco come descrive 
l'origine della chiesa e dello spe- 
dale. » Hinc omnium nationum 
ad eam concursus, quae propterea 
hospitia introduxere nationalia, quo- 
rum primum honoris caussa sit 
teulonicorum sive teutonum, Vir- 
ginum sub titulo de Anima dica- 
turo. Originem habuisse fèrunt an- 
tiquam satis de anno videlicet 1 35o, 
sedente Clemente VI et imperante 
Carolo l'V ex caussa jubilaei, a 
quìbusdam hujus nationis- homini- 
bus; qui cum prole carerent pro- 
prias aedes hospìtalitati peregrino- 
rum qui e provinciis imperio sub- 
jectis Romam venirent destìna- 
runt, templumque licet, non valde 
amplum Virgini statuerunt; con- 
ditone apposita, ut inibi prò sa- 
lute animarum suaruro apud Deum 
effunderentur, a suscipiendis hospi- 
tìbus praeces; et inde Beatae Ma*. 
riae de Anima invenìt nomen. Le- 
guntur in codice nationaii in eo- 
dem ospitio asservato. Collata plu- 
rium teutonum stipe, quorum no- 
mina Henricus Marwede de anno 
i463 in praefatum codicem retu- 
lit , sensim hospitium excrevit ". 
In fatti negli autori che scrìssero 
In storia degli anni santi, si legge 
che in quello fatto celebrare da 
Clemente VI, i tedeschi e gli un- 
p;heri si portarono a Roma per 
l'indulgenza del giubileo in grog- 



GER io5 

gè e a torme grandissime, e che 
per mancanza di alloggi stavano la 
notte a campo aperto stretti in- 
sieme per il freddo, aiutandosi con 
gi*andi fuochi. 

Carlo Bartolomeo Piazza nel- 
YEusevologio romano tratt. II, cap. 
XI, Dello spedale dei teutonici al' 
V Anima^ dice che per teutonici 
s' intendono tutti i popoli soggetti 
al sacro romano impero, i quali 
riconoscendo la dignità ed onore 
del medesimo impero trasferito dal- 
l' oriente nella Germania dalla san- 
ta Sede apostolica, a questa fu- 
rono sempre devotissimi, dacché 
ricevettero il lume della fede, e 
perciò molti abitanti di quelle pro- 
vincie costumarono di portarsi in 
Roma alla visita de' luoghi santi 
con gran fervore e divozione. Ag* 
giunge che sino dal i4oo per be- 
neficio de' medesimi popoli germa- 
ni o teutonici, nello stesso tempo 
che fu eretto il nobile tempio det- 
to dell' Anima, nel rione di Pon- 
te, fu aperto un ospedale da Gio- 
vanni di Pietro fiammingo, e da 
Caterina sua moglie per le due 
nazioni fiamminga e tedesca, do- 
nando a tale effetto tre loro case, 
e molto denaro. Crescendo poi la 
divozione di tali popoli pel pio 
luogo, nellampliazione della chie- 
sa fu anche l'ospedale od ospizio 
accresciuto di fabbrica e dì ren- 
dite, massime per la generosità di 
Teodoro Hiem paderbonesc, cano- 
nico della cattedrale di Maestricht, 
il quale però volle che lo spedale 
servisse ancora pei popoli della 
bassa Germania, cioè del Braban- 
te, dell'Olanda, della Zelanda, e 
della Gucldrìa ; pia disposizione 
che si dice fatta verso l'anno 1 5oo. 
Il medesimo Piazza nel trall. Vili, 
cap. V della Confraternita nazio- 



io6 OER 

naie dell* Anima de taitonici, dice 
che neiraoDo santo del giubileo 
1 5oo, celebrato con fervore da Af 
lessandro VI, risvegììossi nella na- 
zione germanica o teutonica il re- 
ligioso desiderio di erigere Della 
chiesa di s. Maria dell' Anima , e 
sotto questa invocazione, ma senza 
sacchi, una confraternita, la quale 
nel i5i4 provvide la chiesa di sa- 
gre suppellettili, ed altro pel di- 
Tin.culto. Stabilì dodici cappellani 
nazionali, il maestro di cappella, 
r organista , il sagrestano , ed un 
sufficiente numero di chierici, as- 
sumendo il governo del contiguo 
ospedale, in cui si ricevevano i nar 
rionali bisognosi, che per divozione 
recavansi alla capitale del cristia- 
nesimo. A questi il sodalizio dava 
ivi l'alloggio ed il mantenimento 
per otto o dieci giorni , e piii se- 
condo le circostanze; e talvolta a 
quelli ch'erano bramosi di stabilirsi 
in Roma, procurava impieghi a 
tenore della loro abilità e condi- 
zione. Se poi erano infermi si oc- 
cupava la confraternita della loro 
guarigione, con esemplare carità 
cristiana. La confraternita assunse 
per insegna l'aquila imperiale con 
due teste, avente in petto l'effigie 
(di Maria Vergine col divin Fif 
glio in braccio, e due figure nude 
genuflesse lateralmente, con le ma- 
ni giunte e gli occhi rivolti alla 
]lfadre di Dio, come rappresentanti 
le anime de' fedeli rivolte a sup- 
plicarla, acciò le difenda, protegga 
^ aiuti nel punto di morte. £ qui 
poteremo che il Panciroli ne' Te^ 
fori nascosti di Roma, parlando a 
pag. 463 della chiesa ed ospizio di 
s. Maria dell'Anima della nazione 
tedesca, dice così chiamatasi per una 
immagine di marmo della Madon- 
|ia che ivi si venerava^ con alcune 



6ER 

anime in forma simbolica di fan- 
ciulletti nudi al disotto, ed oranti. 
Ridolfino Venuti nella sua Roma 
moderna a pag. 4^^ descrivendo 
la chiesa di s. Maria dell' Anima , 
e l'ospedale de' teutonici, narra che 
fu edificata dal suddetto Giovanni, 
ed ampliata da altri nazionali con 
pie limosine, e dedicata alla Beata 
Vergine sotto il titolo dell'Anima, 
per essersi trovato in questo sito 
un'antica immagine della ss. Ver- 
gine sedente tra due figure genu- 
flesse, rappresentanti con la loro 
maniera e positura due anime dei 
fedeli ; il perchè ne fu scolpita co- 
pia in marmo, e posta sopra la 
porta della chiesa, ed altra in pit- 
tura collocata per quadro nell'al- 
tare maggiore. 

Racconta ancora il Piazza che 
anticamente nella medesima chiesa 
furono erette due confraternite sot- 
to il titolo di s. Anna e di s. 
Giacomo apostolo, nelle cappelle di 
8. Caterina vergine e martire, e 
di s. Barbara. Dice pure che la 
principale festa del sodalizio è quel- 
la della Natività di Maria che ce- 
lebra solennemente, e che nella do- 
menica in fra l'ottava del Corpus 
Domìni, con altrettanta pompa ec- 
clesiastica fìi la processione col ss. 
Sagramento. Di questa processione 
se ne riportano le particolarità nei 
Diari di Roma del secolo passato, 
ove si legge che il luogo per ove 
passava era coperto di tende, con 
intervento di cardinali in cappa 
invitati dall' ambasciatore dell' im- 
peratore, il quale con torcia pre- 
cedeva il ss. Sagramento, ch'era 
seguito dai cardinali pure con tor- 
cie. 11 Piazza nell'edizione del 1679 
delle Opere pie di Roma, che am- 
pliate nel 1698 pubblicò col titolo 
di Eusevologio^ a pag. lao parla 



GER 

dello Spedale de teutonici alt A" 
nima, ed a pag. 574 della Con* 
fraternità deW Anima de* teutonici. 
11 citato Amydenio aggiunge che 
il cardinal Willelmo o Guglielmo 
Enchenvoer d'Utrecht »> priori teoa- 
pio solo acquato, alterius capacio* 
riSy et augustioris formae, ut nunc 
videmus, construendi auctor fuit 
cui inscrìptio: 

TEMPLUM BEATAE M ABI AB DB AlflMi 
HOSriTALIS TEUTOiriCOBUM. MDXIIII. 

Domum deìnde quam habitabat, 
nec non alias adjacentes e quibus 
quotannis , non spernendus redit 
census; hospitio et ecclesiae testa- 
mento addici t; ao in ea ut ex se- 
pulchri inscriptione bumari voluit", 
che riporta a pag. 1 1 , leggendosi 
nella seguente quella che pose ad 
Adriano VI nella detta chiesa al 
monumento marmoreo da lui cr 
rettogli per gratitudine. Quindi 
continua rAnriydenio a dire, quan- 
to il cardinale fu magnifìco con 
la chiesa ed ospizio a vantaggio 
degli abitanti della Germania infe- 
riore e superiore, e del luogo e 
casa separata ove si alloggiavano 
^d alimentavano le donne di tal 
nazione, figlie o mogli de' tedeschi 
ivi ricettati ; che molti imitarono il 
cardinale neiraccrescere le rendite 
della chiesa e dell'ospedale, al go- 
verno di cui fu posta una compa- 
gnia di dodici o quattordici nazio- 
nali, per regolarae l'amministrazio- 
ne, e l'esercizio dell' ospitalità pei 
poveri tedeschi; e che gl'inservien- 
ti al divin culto stabilironsi ad nu- 
tum congregationis, onde potersi 
rimovere per qualche ragionevo- 
le causa. 

11 Cardella nella biografia del 
cat'dinfile Eochenyo^v» dice che ol- 



GER 107 

tre l'aver fiitto costnifre un no- 
bile e splendido mausoleo nella 
chiesa di s. Maria dell'Anima di 
Roma, ricco di superbe scoltu- 
re ed opere di rilievo, gettata a 
terra l'antica chiesa, ne fabbricò 
una nuova assai magnìfica come 
si vede di presente, ed a cui donò 
la casa nella quale egli medesimo 
abitava, con alcune altre convicine. 
Nella Descrizione del viaggio di A* 
driano VI dalla Spagna fino a 
fioma^ di Biagio Ortiz suo fòmi- 
gliare , si descrivono le gesta di 
questo cardinale chiamato anche 
Incfort , ed Enckenvoirtio come 
dicemmo alla sua biografia, già 
agente in Roma del cardinal A- 
driano prima che divenisse Papa, 
ed al quale portò da parte di Leo- 
ne X il cappello cardinalizio nella 
Spagna. Fu pure procuratore ii| 
Roma dell* imperatore Carlo V , 
concorrendo questi colle di lui i- 
stanze, fatte a mezzo del conte di 
Cabra oratore cesareo ad Adriano 
yi, a ciccarlo cardinale tre giorni 
prima di morire. L'annotatore deU 
rOrtiz riporta 1' iscrizione posta ai 
sepolcri di Adriano VI, e del car- 
dinale nella chiesa dell'' Anima, ia 
cui dopo alcun tempo fu traspof^ 
tato dalla basilica vaticana il pon-» 
tificio cadavere nel i53o. Diversi 
scrittori notarono avere Adriano 
VI riedificato ed abbellito la chie^ 
sa dell'Anima , fva* quali Fioravan- 
te Martinello, nella sua Roma ejp 
ethnica sacra, pubblicata nel 1653, 
nel qual tempo V ospedale era al 
dir suo in decadenza , notandola^ 
a p. 337, nella categoria De tem-^ 
plis sanctorum obsoleùsj a p. 183 
riporta un epitaffio eretto nella 
chiesa a Clemente II natione ger- 
mano de gente saxonum, da Gio. 
Godefi*edo vescovo di Bamberga^^ 



io8 GER 

e legato deirimperalore Mattia al 
Pontefice Paolo V, portante l'epo- 
ca del i6i3. Ivi pur si leggono 
due altri epìtafTl in versi, collocati 
nella medesima chiesa, uno di Gio. 
Burckardus d' Argentina maestro 
delle cerimonie pontificie, morto 
nel 1 5o5, eretto nel 1 5 r 7 ; Tal- 
. tro di Michele Muler d'Offemburg, 
dotto canonico di Bressanone, morto 
nel 1479» ^7 novembre. Nelle No- 
tizie isioriche deW oratorio della ss. 
Comunione, del p. Memmi gesuita, 
a p. t2 1 e seg. si legge della mis- 
sione fatta nel 161 3 nella chiesa 
deir Anima dai gesuiti, essendo su- 
periore della chiesa nazionale mon- 
signor Manderò , e della solenne 
comunione generale fatta con mol- 
ta edificazione d^il nominato mon- 
signor di Bambcrga, ambasciatore 
straordinario per rendere ubbidien- 
za al Pontefice in nome dell'im- 
peratore Mattia poc'anzi assunto 
al trono. Nei Diari di Roma so- 
no riportate le funzioni fatte in 
questa chiesa con pompa straordi- 
naria, e quando fu visitata dai Pon- 
tefici, ed «il modo come si celebra 
la festa onomastica degrimperalo- 
ri regnanti. Dai medesimi Diari 
del 1 7 1 8 , abbiamo analogamente 
diverse notizie. Nel numero Si e 
nell'aggiunta riportasi la relazione 
del battesimo della figlia del conte 
di Gallas ambasciatore in Roma 
dell'imperatore Carlo VI, tenuta 
al sagro fonte dal Papa Clemente 
XI, e dall'imperatrice. Il cardinal 
Albani nipote del Pontefice rappre- 
sentò lo zio recandosi alla chiesa 
di s. Maria dell'Anima col corteg- 
gio di ottantotto prelati. La leva- 
trice colla neonata furono portate 
in nobile sedia. Monsignor Stampa 
nunzio di Firenze, supplendo alle 
cerimonie prescritte dalla Chiesa , 



GER 

che non furono eseguite quando 
hi bambina ebbe l' acqua partico- 
larmente, fece la funzione secondo 
il costume de'grandi. L'imperatrice 
venne rappresentata dalla duches- 
sa di Bracciano che ti si recò con 
cinque carrozze, la prima coi ca- 
valli guarniti di fiocchi d'oro, quel- 
li delle due seconde con fiocchi 
neri. Il cardinale pose al collo del- 
la bambina una ricca croce con la 
reliquia del vivifico legno; ed il 
cerimoniere diede in nome del Pa- 
pa due medaglie d'oro ed una di 
argento alla levatrice ed alla ba- 
lia, le quali ebbero ciascuna una 
borsa di monete dalia duchessa. 
L'ambasciatore fece dispensare ai 
poveri trecento scudi. Nel numero 
198 del citato Diario avvi la de- 
scrizione della conclusione dedica- 
ta al medesimo ambasciatore Ce- 
sareo in questa chiesa; e della mes- 
sa solenne ivi cantata da un arci- 
vescovo per la Natività della Bea- 
ta Vergine, assistendovi l'amba- 
sciatore nel presbiterio contornato 
da quaranta prelati ; altrettanti 
prelati fecero il simile nel giorno 
onomastico dell'imperatore, quan- 
do r ambasciatore assistè nel pre- 
sbiterio alla messa ^ come leggesi 
nel numero ig. 

Nel numero 18 del Diario di 
Roma dell'anno 1882 si raccon- 
ta come nella mattina del primo 
marzo, nell'imperiale e regia chie- 
sa nazionale austriaca di s. Maria 
dell' Anima, si celebrò con gran 
pompa di apparato un solenne 
rendimento di grazie all'Altissimo^ 
in commemorazione del quarante- 
simo anniversario del glorioso re- 
gno di Sua Maestà l'imperatore 
e re apostolico Francesco I; che 
il conte Rodolfo di Lutzow amba- 
sciatore straoi'diaario della Maestà 



GER 

Sua presso la santa Sede, recossi a 
tale effetto accompagnato da tutta 
la legazione austriaca alla prefata 
chiesa, dove pure intervennero di- 
versi cardinali e prelati , non che 
tutta la romana nobiltà, che per 
titoh e per decorazioni è addetta 
alla corte d' Austria. Monsignor 
Mattei patriarca d'Antiochia pon- 
tificò r incruento sagrifizio, termi- 
nato il quale il regnante Pontefi- 
ce Gregorio XVI giunse in chiesa 
ricevuto dall'ambasciatore, e da 
monsignor Ruspoli uditore di ro« 
ta. Il Papa pieno di paterno affet- 
to verso un si benemerito e pio 
monarca, assistette al solenne Te 
Deum che indi fii cantato. Nel 
su ppli mento poi del numero 32 
del Diario di Roma del i844 si 
narra come avendo questa chiesa 
per le passate vicende diminuita 
la splendidezza de' suoi ornati, l'at- 
tuale ambasciatore d'Austria conte 
Rodolfo di Lutzow, e la congrega- 
zione degli imperiali e reali sta- 
bilimenti nazionali austriaci in Ro- 
ma deliberarono ripararvi. Miglio- 
rate le cose dell'ospizio, e restau- 
rate le case, vennero ripuliti gli 
ornati, i marmi, e le colonne del- 
l'esterno ed interno del tempio, cui 
furono aggiunte nuove dipinture. 
Furono altresì coloriti a guisa di 
alabasti'o i pilastri della nave mag- 
giore, e quelli delle due minori, 
coir adornare le volte di colore 
azzurro cosparso di stelle, come si 
vede usato in varie chiese edifica- 
te ne' buoni tempi dell'arte. Anche 
gli avelli e le tombe ebbero re- 
stauri. Fu inoltre costruita una 
cantoria nuova, sulla porta prin- 
cipale d' ingresso, con superbo or- 
gano appositamente fabbricato dai 
celebri fratelli Serassi di Bergamo, 
e di tutto se ne fa memoria nella 



GER 109 

marmorea isci*izione collocata suU 
le pareti dell' ingresso maggiore 
della chiesa, riportata in detto 
supplimento, ove sono notati ol- 
tre i nomi augusti del Pontefice 
Gregorio XVI, ed imperatore Fer- 
dinando I regnanti, quello dell'amba- 
sciatore, e dei deputati della congre- 
gazione presieduta da monsig. Pie- 
tro de' Silvestri uditore di rota na- 
zionale e reggente della chiesa; e sic- 
come tutti i ristauri ed abbellimenti 
furono diretti dal cav. Giuseppe Fa- 
bris deputato provvisore e fabbricie- 
re, venne poscia nominato dal lo- 
dato imperatore cavaliere dell'or- 
dine della corona di ferro. Final- 
mente la chiesa fu riaperta agli 
1 ( aprile col triduo che doveva 
celebrarsi per la festa della ss. 
Annunziata, e nel terzo giorno fu 
onorata dal sommo Pontefice, che 
volle assistere al triduo, dopo il 
quale die la benedizione col ss. 
Sagramento il cardinal Patrizi vi- 
cario di Roma. Il Papa fu ringrazia- 
to dall' ambasciatore e congrega- 
zione, esternando la sua piena sod- 
disfazione per tutto l'operato coi 
sacro edifizio a maggior decoro 
del divin culto. In quanto al con- 
tiguo ospizio o spedale, in esso tut- 
tora si ricevono i pellegrini tede- 
schi, i quali se a caso cadono 
infermi vengono curati in apposi- 
te stanze, che se fossero cronici 
si manderebbero negli ospedali 
pubbhci. Passiamo ora a descrive- 
re brevemente l'edifizio della chiesa, 
e le sue cose principali. 

La facciata esterna si vuole e- 
retta coi disegni di Giuliano da 
Sangallo nel pontificato di Adria- 
no VI, o meglio in quello di Cle- 
mente VII: essa è assai semplice, 
con tre porte ornate di pregevo- 
li marmi, e colonne di pietre mi- 



fio GER 

sdiie; la sua forma quadra ha M 
ordini, tutti e tre corinti, e tut- 
ti e tre di pilastri. L'architettura 
interna da taluni si crede inco- 
minciata dal Braonante, e prose* 
guita poi da un tedesco, di cui 
s'ignora il nome. Ella ha tre na- 
\i egualmente alte, ripartite da pi* 
loncini che tirano su fino alla vol- 
ta: questi piloncini sono ornati di 
mezze colonne ben alte, con qual- 
che abbozzo dì capitelli ; le cap- 
pelle laterali sono in curiro, di 
poco sfondo, ed alte al pari dei 
piloncini. Questa specie di archi- 
tettura non gotica, ha unità e 
grandiosità, ma il santuario è di 
stile moderno. La prima cappel- 
la a destra di chi entra è sa- 
cra a s. Bennone tcscoyo, bel di- 
pinto del veneto Carlo Saraceni, 
il quale vi espresse il miracolo del 
pesce. Nella seconda cappella il 
quadro dell'altare rappresenta la 
sacra Famìglia con s. Anna, ope- 
]*a di Giacinto Gimìgnani: qui 
giace sepolto il cardinal Gio. Gual- 
tiero 8lusio fiammingo, con busto 
scolpito da Ercole Ferrara; le pit- 
ture nel di sopra sono affreschi 
del bolognese Francesco Grimaldi. 
La terza cappella del ss. Crocefis- 
so ha delle pitture a fresco con 
istorie della Beata Yergiiie del 
Sermoneta. Nella quarta cappella 
vi é la Pietà in marmo bene scol- 
pita dal fiorentino Nanni di Bac- 
cio Bigio, il quale avea divisato 
d' imitar quella di Michclatigelo. 
11 cappellone dell'altare maggiore 
fu rinnovato coi disegni dì l'aolo 
Posi: la volta è tutta ornata di 
stucchi messi a oro, con due pit- 
ture a fresco di Lodovico Stern, 
eseguite ai lati delle finestre so- 
pra l'altare. Il quadro di esso, a- 
dorno di marmi fini^ ra|>pre$enta 



GER 

la sacra Famiglia, di Giulio Roma- 
no, che avendo sofferto per le in- 
nòndazioni del Tevere, fu ritocca- 
to dal Saraceni, e poi con mag- 
gior diligenza ristorato. Ai lati di 
questo cappellone sono due depo- 
siti nobilissimi. Il primo è del Pa- 
pa Adriano VI d' Utrecht, edifica- 
to con disegno di Baldassare Pe- 
ruzzi; è tutto di marmo, e fu 
scolpito dal sanese Michelangelo, 
e dal fiorentino Nicolò Tribolo. 
Consiste in quattro colonnette co- 
rintie; nell'intercolunnio maggiore, 
eh' è nel mezzo, eVvi un arco sot- 
to cui giace la statua del Ponte- 
fice, disteso sopra un'urna fra va- 
ri ornamenti di scultura, ed un 
bassorilievo rappresentante il di 
lui solenne ingresso in Roma con 
formale cavalcata. Negli interco- 
lunni minori sono nicchiette pro- 
fonde, con statuette avanti allu- 
denti alle virtù che distinsero quel 
Papa: il monumento finisce pira- 
midalmente con statuetta sulla ci- 
ma. L'altro deposito rimpetto è 
quello innalzato a Carlo Federico 
duca di Julich, Cleves e Bergb, 
che morì in Roma nel iSyS, ove 
erasi portato per l'acquisto delle 
indulgenze dell'anno santo: in esso 
si vedono molte sculture del fiam- 
mingo Egidio da Riviera, e di 
Nicolò d'Arras; il bassorilievo che 
rimaneva di sopra rappresentante 
Gregorio XIII che dà al duca lo 
stocco e il berrettóne benedetti, 
fu trasfétìto beli' atidito che mette 
alla sagrestia. Vicino alla porta di 
questa è il inonUmento sepolcrale 
di Luca Olstenio, celebre lettei*a- 
to olandese, erettogli dal cardinal 
Barberini. Dall' opposto lato, ove al 
presente è una memoria Sepolcrale, 
Gian- Francesco Penni detto il Fatto- 
re vi avea egregiamente dipinto a 



GER 

fi*esoo un s. Cristofoix), ed nd ro- 
mito entro una grotta con lanter- 
na. Indi la prima cappella ha per 
quadro un Cristo morto colle tre 
Marie^ con altre pitture e slìmié- 
bili ornati, il tutto eseguito da 
Francesco Salviati. Nella seconda 
cappella le storie di s. Barbara, 
ed il ritratto del cardinal Enchen- 
voier sono laTori del fiammingo 
Michele G)ckier, il quale con af- 
freschi adornò la seguente cappel- 
la sacra alla Beata Vergine : la 
Annunziala però fu dipinta da Gi- 
rolamo Nanni, la Natività e la 
Circoncisione dal veronese Marco 
Antonio Bassetti. Nella quarta ed 
ultima cappella, il martirio di s. 
Lamberto vescovo di Maestricht é 
opera del Saraceni encomiato; gli 
affreschi nella volta sono di Gio- 
Tanni Miei di Anversa; i due piccoli 
depositi che veggonsi ne' pilastri, il 
primo è di Vander d'Anversa, il se- 
condodi Adriano Uiyburch di Aleko- 
nar, belle sculture di Francesco Du- 
quesnoy detto il Fiammingo. Il mo- 
numento innalzato al cardinal An- 
drea d* Austria, posto a lato della 
porta maggiore, è opera di Egidio 
da Riviera; all'opposto lato vi è 
quello del cardinale Enchen voer, 
descrìtto alla sua biografia, bene- 
merito riedificatore della chiesa, 
leggendosi ueir isscrizione sepolcra- 
le, in hac aedc cujus construefi" 
dam et oiiiand. adjutor fuit^ etc. 
Ultimaniente dalla pietà filiale del 
consigliere Commeudatore Ferdi- 
nando d'Ohrnsy è Stata posta in 
questa chiesa una memoria sepol- 
crale al di lui genitore defun- 
to Antonio d'Ohms cavaliere del 
cesareo ordine di Leopoldo, ec., 
consistente in busto di marmo , 
ritratto del medesimo, collocato 
eutro un'edicola, ornata di pila- 



GER MI 

stri e fronte^izio, ed analoga in- 
scrizione con lo stemma gentilizio 
della famiglia. Nella sagrestia ar- 
chitettata da Paolo Marucellì vi se* 
no due quadri con le storie di Maria 
a sinistra dell' altare, dipinte dal 
Morandi;gli altri due incontro, uno 
è di Giovanni Bonatti, l'altro é 
di Egidio Alet di Liegi; l'Assunta 
nella volta fu dipinta a fresco dal 
Romanelli. Sopra la porta di det- 
ta sagrestia si legge un'iscrizione 
ove si dice che onorarono di loro 
presenza questa chiesa Y imperatore 
Giuseppe li, ed il suo fratello Leo<^ 
poldo granduca di Toscatia poi im- 
peratore Leopoldo li. Dalla parte 
opposta poi havvi un'altra iscri- 
zione che celebra la visita fatta a 
questa chiesa dall'imperatore Fran- 
cesco I e dall'imperatrice Carolina di 
Baviera nel 1819. Il campanile di 
questa chiesa è in forma piramidale, 
coperto di mattoni diversamente co- 
loriti, e collocati a guisa di squam-* 
ma di pesce. La chiesa è tuttora 
uffiziata da un collegio di cap- 
pellani, ed in alcuni tempi del- 
l'anno vi si predica in lingua te- 
desca. 

I fiamminghi ebbero già in Ro- 
Ina chiesa, ospizio ed ospedale, co- 
inè abbiamo detto al voi. XXI V, 
p. 238 del Dizionario, Al presen- 
te vi è rimasta la chiesa, possedu* 
ta dai belgi, dedicata d s. Giuliano, 
mantenendo il luogo pio due letti 
all'Ospedale de'benefratdlli pei na- 
zionali ihferini, ed inoltre soccor- 
re con limosiue ì pellegritli nazio- 
nali. 

Altro piò stabilimento germani- 
co id Ronia è quello deirarcicon- 
fra terni ta di s. Maria della pietà 
in Campo santo. , esistente presso 
la basilica vaticana, ove era anche 
un ospizio per le donne teutoniche 



i<2 GER 

pellegrine ed inferme. Oltre quan- 
to dicemmo di questo sodalizio e 
sue antiche memorie e cimiterio 
annesso, air articolo Elemosiniere, 
massime al volume XXI, p. i63 
e seg. del Dizionario^ qui aggiun- 
geremo : che la sua chiesa ha bel- 
le pitture, dappoiché nell* altare 
maggiore la deposizione della cro- 
ce è di Polidoro da Caravaggio, se 
pure non è opera più antica. Dai la- 
ti i quadri grandi con Tistorie della 
B. Vergine furono dipinti da Gia- 
como d'Hase d'Anversa, il sepolcro 
dei quale con un bellissimo putti- 
no di marmo fu scolpito dal sud- 
detto Duquesnoy, assai valente in 
iscolpire i fanciulli, e si vede dal- 
la parte sinistra. Nella cappella a 
manca dell'altare è un quadro del 
pistoiese Giacinto Gemignani, che 
vi effigiò il martirio di s. Erasmo 
vescovo e martire, il di cui piede 
si venera in questa chiesa; in quel- 
la incontro vedesi Y Epifanìa, ope- 
ra del ferrarese Scarsellino. Il s. 
Carlo Borromeo, e la fuga in E- 
gitto neli' altro altare , sono del 
fiammingo Enrico, ed il s. Giovan- 
ni JNepomuceno sul suo altare è 
pittura di Ignazio Stern. La Con- 
cezione dell' oratorio annesso al 
cimiterio venne colorita da Luigi 
Garzi. Entro il medesimo cimite- 
rio si vedono in giro le cappelli- 
ne in cui sono dipinte le storie 
della passione di Gesù Cristo, e 
servono per la divozione della Fia 
Crucis ( Vedi ). Gasparo Alveri, 
Roma in ogni stalo^ part. 2, p. 
223 e seg., eruditamente tratta del- 
le antichità della chiesa di s. Ma- 
ria della Concezione e della Pie- 
tà in Campo santo, già scuola o 
collegio de'Iongobardi , detta anche 
di s. Giustino, finche nel 1460 pre- 
se il nome che porta ancora. Dice 



GER 

che la sua compagnia veste di sac- 
co nerOy usando per insegna l'im- 
magine della Madonna col figlio 
morto in braccio. Parla dello ze- 
lo con cui ivi si eseguiva il di vi a 
culto, della solenne processione del 
Corpus Domini^ che faceva dopo 
quella del Papa, del seppellire col 
debito funerale gran parte de' po- 
veri della regione di Borgo oCit> 
tà Leonina, ove la chiesa trovasi, 
di altre opere di carità esercitate 
dai confrati alemanni, fiamminghi, 
e svizzeri della pontifìcia guardia 
principalmente ; ed anch' egli fa 
memoria dell' elemosina del pane 
che in quattro mesi dell'anno di- 
stribuivasi alla terza parte de' po- 
veri di Roma, e del pranzo che 
parimenti in questo luogo i Pon- 
tefici facevano dare ogni giorno a 
tredici pellegrini, ed ogni venerdì 
pane e vino a qualunque povero. 
Ma quello ci/ è più importante, 
l'Alveri riporta tutte le iscrizioni an- 
che di pii legati esistenti nella chie- 
sa e nel cimitero, non che le se- 
polcrali, fi*a le quali ve ne sono 
anche in versi, e & parola del- 
le loro arme; molte di queste i- 
' scrizioni appartengono ad individui 
militi, .uffizialie capitani della guar- 
dia svizzera pontificia, a molti fa- 
migliari de' Pontefici, agli svizzeri, 
belgi, fiamminghi, germani, teuto- 
nici, e di qualche altra nazione, 
come polacchi, spagnuoli, italiani 
ec, prelati, ecclesiastici, secolari di 
ambo i sessi, e personaggi quali- 
ficati, essendovi i precordi del car- 
dinal Andrea d'Austria. Inoltre lo 
Alveri descrive le pitture della 
chiesa, e confuta Camillo Fanucci 
che scrisse avere la regina di Cipro 
Carlotta istituita la limosina di 
Campo santo, mentre essa solo de- 
rivò dalla costante e pia libeialità 



GER 

dei Papi Terso i poveri, come an- 
cor noi avverlimmo al luogo citata 
pfella stessa Citlà Leonina (Vedi)^ 
TI fbrono diverse scuole o ospizi 
con chiese^ come de' franchi, dei 
sassoni, de* frisoni , de' longobardi 
ec.^ i quali abitavano la contrada 
e vi avevano ei.*ette chiese nazio- 
nali, ciò che dicemmo parlando 
della Chiesa di s. Pitti o in Fati- 
canOy ed altrove. Il Pontefice s. 
Leone III, ad istanza di Carlo Ma- 
gno, in detta regione fabbricò una 
chiesa, nel sito ove alcuni soldati 
avendo combattuto contro i sara- 
ceni valorosamente in difesa di 
detta basilica ^ e restando uccisi 
furono sepolti nelle grotte dell'an- 
tico palazzo di Nerone, onde suf- 
fragaiTie le loro, anime, e la dedi- 
cò a Dio in onore di s. Michele 
arcangelo difensore della Chiesa u- 
ni versale. Contiguo alla chiesa i 
soldati frisoni vi edificarono un o- 
spizio, scuola o collegio, dotandolo 
di molte annue marche di argento 
perchè si pregasse pei soldati nel- 
la chiesa sepolti, e perchè vi si 
alloggiassero i pellegrini, che dal- 
la Frisia per divozic^ne porta vansi 
in Homa, per cui la chiesa fu det- 
ta anche s. Michele arcangelo dei 
frisoni, cui poi fu aggiunto il no- 
me di s. Magno per le sue reliquie 
ivi collocate, e portate in Roma 
dai soldati di Carlo Magno. Su 
queste reliquie va consultato il li- 
bro intitolato Acta passionisi atqiie 
translationis s. Magni episcopi Tra- 
nensi, et martyris. Della Chiesa dei 
ss. Michele e Magno (Vedi)^ dem- 
mo un cenno a quell'articolo; così 
al volume II, p. 3o5 del Diziona* 
rio parlammo deirarcioonfraternita 
del ss. Sagramento ivi eretta. 

Il Piazza ci dà le notizie del* 
l'antico ospedale che in Roma ave- 
YOL. xxi:l. 



GER ti3 

vano i fomari tedeschi a s. An- 
drea della Valle, e dell'unita con- 
fraternita di s. Elisabetta: dell'o- 
spedale ne tratta tiàX Eusevologio 
a pag. 117 del tratt. II; del so- 
dalizio a pag. 44 ^^^ tratt. IX; e 
di ambedue a pag. i4i e 616 
delle Opere pie. Egli dunque rac- 
conta, che l'università de' fomari 
tedeschi fino dal 1487 sotto In- 
nocenzo Vili fabbricò nel rione di 
s. Eustachio una chiesa dedicata a 
Dìo in onore di s. Elisabetta, vi- 
cino a quella di s. Andrea della 
Valle^ nella piazza détta di Siena 
dall'antico palazzo de' Piccolomini; 
e quivi eressero uno spedale per 
benefizio degl'infermi fornari di 
loro nazione , con dodici letti , e 
celebrando ai 2 luglio solennemen- 
te la festa delW santa. Lo stesso 
Innocenzo Vili approvò con indul- 
genze e privilegi la confraternita 
che i fornari istituirono senza sac- 
chi nella chiesa per meglio uffi- 
KÌarla: in seguito però il sodalizio 
assunse sacco bianco senza mozzet- 
ta^ con lo stemma di s. Elisabet- 
ta. Il Bernardini che nel 1754 
pubblicò la Descrizione del nuovo 
ripartimento de* rioni di Roma , 
pone la chiesa in quello di Pario- 
ne; ed il Venuti, Roma moderna^ 
dell'edizione del 1767, in questo 
modo la descrive. O v'era prima 
un monistero di monachi i forna- 
ri tedeschi fabbricarono la chiesa, 
mentre già in quella di s. Agosti- 
no id un altare dedicato a questo 
santo, nella cappella ad essi asse- 
gnata mantenevano un cappellano^ 
che a tempo del Piazza continua- 
vano a tenervi. La chiesa di s. E- 
lisabetta minacciando rovina, in un 
alla facciata fu rinnovata ed ab- 
bellita dalla medesima università 
nel i64^^ con vago disegno di Gi- 

8 



ii4 GER 

rolamo Hainaldi, e con tre altari. 
Nell'altare maggiore eravi per qua- 
dro la Visitazione che fece Maria 
Vergine a •. Elisabetta, diligente 
dipinto di Giù. Enrico Schenfeld 
tedesco ; le pitture a fresco nei la- 
ti, e per di fuoii l'esegui France- 
ÈCO Cozza. 1 quadri de' due altari 
laterali li dipinse Ignazio Stern; 
AlessaDdi*o Sai uzzi colori le cose 
che si vedevano dal cornicione in 
su; Giuseppe Passeri gli evangeli- 
iti negli angoli, e le istorielle di 
sotto^ come ancora quattro santi 
greci; e Stefano Polidoi'i fu il pit- 
tore del Padre Eterno, e delle al* 
tre pitture verso la porta. Ma i 
belli quadri della chiesa, e l'ospe- 
dale perirono nelle vicende repub- 
blicane del fine del passato secolo, 
abitando nel contiguo ospizio il 
i^ttoi^ della chiesa, che ne ha cura 
per la confraternita. 

Anche i boemi ebbero in Roma 
un pio stabilimento e ospedale, in- 
contro s. Lucia della chiaviai, sta- 
bilito fino dal secolo X, come nar- 
rano il Fanucci a p. 82 nel suo 
Trattato di tutte le opere pie del* 
t aitila città di Roma ; e l'Amyde- 
nio, De pietate romana p. 34 e 
seg. Ecco il Piazza quanto ne scris- 
se neìV Eusevologio a p. 83. Nel- 
l'anno 931, nel pontificato di Ste- 
rno VII detto Vili, Borsivoglio 
X duca di Boemia, chiamato pure 
Spironco (altri lo chiamano Borsi- 
Torgio, o Boi'sivoy I ) con la mo- 
glie Lumilla, donna santìssima e 
prudenttssima, per le pei*suasìoni 
•di s. Eorico I imperatore di Ger- 
mania si converti alla religione cat- 
tolica con tutti i suoi sudditi, e fu 
battezzato da s. Metodio arcivesco- 
vo di Moravia. Quindi essendo sta- 
to creato re, portossi in Roma con 
molti de'sttoi vassalli per visitarne 



GER 

i santi luoghi, e quivi fisce edifica- 
re nel rione Ponte un ospedale di- 
rimpetto alla chiesa di •. Lucia 
della chiavica, per quei poveri che 
dal suo r^no venissero in Roma, 
indi lo dotò ed arricchì di molte 
entrate, dedicandolo a Dio in ono- 
re di s. Metodio. Fu poi il medesi- 
mo spedale restaurato da Carlo IV 
imperatola re i*e di Boemia, il qua- 
le nel pontificato di Innocenzo VI 
si portò in Roma nel 1 355, come 
dicemmo all'articolo Boemia, par- 
lando di questo spedale brevemen- 
te. In processo dì tempo, 1' ospe- 
dale venendo abbandonato, e per- 
ciò non essendo più in uso pei 
boemi, a cagione delle politiche e 
religiose vicende, servì pei poveii 
pell^'ini polacchi, finche fu edifi- 
cato il loro spedale nazionale, ed 
allora Innocenzo X l'unì allo spe- 
dale de'pellegrini, con la condizio- 
ne che le rendite si dovessero re- 
stituire ai boemi, quando avessero 
voluto ripristinai*e 1' ospedale. Nei 
primi anni del secolo XI, s. Ste- 
fano re d'Ungheria venuto a Ro- 
ma a visitare i santi luoghi, eresse 
l'ospedale pei suoi sudditi, ora non 
pili esistente, di cui daremo un cen- 
no, oltre quanto si disse al voi. 
XIV, p. 161, all'articolo lineria 
(Fedi). 

Questi sono gli stabilimenti ger- 
manici in Roma che esistevano, 
od esistono tuttora; degli altri sta- 
bilimenti di nazioni, che sono com- 
prese neir odierna o nell' antica 
divisione della Germania se ne 
tratta ai rispettivi ai*ticóli. Inol- 
tre in Roma vi sono i provvigio- 
nati dell'imperiale corte d'Austria, 
la quale intenta a sempre più 
promuovere nei propri sudditi lo 
studio delle arti belle, tiene in 
detta capitale molti giovani artisti 



GER 

opproTvigionati, acciocché attendano 
tanto alla pittura, quanto alla «col- 
tura f che all'architettura. Eglino 
¥engono scelti negli stati ereditari 
oustriady e nel regno lombardo- 
veneto > e sono governati da un 
sopraìntendente ; i loro studi tro'» 
valisi nel Palazzo di Venezia (Fe^ 
dt\ residenza dell'ambasciata au* 
stt'iaca, ove per lo più espongono 
le loro opere» acciocché il pubblico 
le vegga. 

A maggior intelligenza pei*^ dei 
cenni storici che riporteremo sul-* 
la Germania, premettei*emo prima 
le notizie suir antica sua divisio- 
ne geografica, e poscia diremo del 
suo governamento politico ed ec- 
clesiastico sino air epoca della ri» 
voluzione francese. I posteriori av- 
venimenti di suddivisioni geogra- 
fiche e politiche, e l'istituzione del- 
la confederazione germanica, come 
da quali stati si compone, lo trat- 
teremo in fine di quest'articolo. 

Germania è nome comune alla 
Germania propriamente detta, e ad 
una pozione della Germania bel- 
gica. La pi'ima fu anche chiamata 
Grande Germania e Germania 
iransrenana^ e la seconda GermO' 
nla cisrenana. Della Germania pri* 
ma o superiore poi, e della Germa- 
nia seconda o inferiore^ due pro- 
vincie delle Gallie, se ne trattò al- 
l' articolo Gallia. La Germania 
propriamente detta, o gran Germa- 
nia, era un vasto paese dell'Euro- 
pa, e posto nel centro, che però 
non ebbe sempre gli stessi limiti, 
avendogli gli antichi geografi dato 
successivamente più o meno di 
estensione. Foiifnava la Germania 
la maggior parte dell'antica Cel- 
tica, ed aveva almeno due volte 
più di estensione che l' Àlemagna, 
o Germania moderna. 1 romani 



GER ii5 

dopo aver conquistato la Grecia e 
l'Italia» paesi doviziosi, non pen« 
iaix>no al certo d'impadronirsi di 
quelli dei germani, ove l'avidità 
loro non trovava in confronto di 
che soddisfarsi, e quindi non ten- 
tarono di avanzarsi in una contra- 
da allora generalmente miserabile, 
di un accesso difficilissimo, irrigata 
da fiumi e riviere, e tutta coper- 
ta di boschi e paludi. Essi non 
penetrai*ono dunque nel suo inter- 
no, come fatto avevano nell'Asia, 
e temendo i suoi popoli formida- 
bili, si contentarono d'impadronir- 
si di un*esti*emità della Germania, 
in qualche rapporto con la Gallia. 
Una o due vittorie sui confini del 
paese procurarono il nome di Ger^ 
manico al generale che le avea ri- 
portate. Conosciutasi quindi dai ro- 
mani più tardi della Gallia, e non 
molto perfettamente ancora, ne de- 
rivò che i loix) primi autori par- 
larono della Germania in maniei*a 
molto inesatta. Si deve a Cesare 
la prima descrizione di essa, par- 
lando mollo de' suoi abitanti nei 
di lui commentari. Quantunque 
non nomini in realtà che gii sve- 
vi, ch'erano i più bellicosi e pos- 
senti, convien credera che la de- 
scrizione dei loro costumi conve- 
nisse a tutti i germani, non che ai 
celti, ed ai più antichi abitanti del- 
l'Europa ; mentre i costumi sem- 
plici, guerrieri e feroci ch'egli di- 
pinge, furono generali, con la dif- 
ferenza che i germani li conserva* 
rono più a hingo che i gaulesi e 
gl'italiani. Lo stesso autore osser- 
va che gli svevi amavano di esse- 
re circondati da vaste solitudini, 
cosa che si osservò pur anco pres- 
so i polacchi ed i russi, i cui pae- 
si sono limitati da regioni incolte 
dal lato della Tai*taria. Dopo la 



ii6 GER 

descrizione ài Cesare , abbiamo 
quella di StraboDe^ che visse sotto 
Augusto e Tiberio, i quali unita- 
mente a Druso e Germanico ave- 
Tano portato le armi loro verso la 
Germania, non combattendo però 
che i soli popoli i quali trovavan- 
si lungo il HenOy dalla sua imboc- 
catura sino alla sorgente, e non 
oltrepassando la parte occidentale 
dell'Europa sino all'Elba, che ta* 
gliava la Germania per mezzo. I- 
gnorandosi perciò al di là di que- 
sto limite la estensióne ed i con- 
fini dì questa vasta contrada, non 
parla che confusamente delle na- 
zioni diverse che V abitavano. Il 
quadro tracciato da Pomponio Me- 
la ci prova che non se ne aveva- 
no maggiori nozioni ne sotto Clau- 
dio, ne sotto Nerone. Egli estende 
all'est la Germania sino alla Sar- 
mazìa^ e ai nord sino all'Oceano; 
dipinge i suoi abitanti come selvag- 
gi e feroci, poco parlando delle lo- 
ro abitazioni. Ciò però non deve 
sorprendere, trattandosi allora di 
un paese appena conquistato ^ e 
oonvenendo quindi attenersi ai rac- 
conti degli abitanti stessi. 

Plinio posteriormente scrisse le 
guerre dei romani in Germania, 
ma siccome gli era piii facile co- 
noscere gli avvenimenti accaduti 
sotto i suoi occhi , che la giusta 
estensione di tutto il paese, e le 
sue interne divisioni, così quantun- 
que tratti la geografia della Ger- 
mania con maggior metodo ed in- 
telligenza, fece meglio conoscere i 
popoli che i paesi. Forse gli stessi 
germani non avevano cognizioni 
locali che di quelle porzioni di 
paese che abitavano. La loro fe- 
rocia, e la barbarie delle loro lin- 
gue erano di un grande ostacolo 
ad ógni specie di comunicazione 



GER 

fra essi ed i romani. PKnfo divise 
gli abitanti di Germania in cinque 
grandi nazioni ^ cioè i vindeli, gl'in- 
gevonì, gl'istevoni, gli ermioni me-^ 
diterranei, ed i peucini; ma non 
specifica in quale parte della Germa- 
nia abitasse ciascuno de^popoli che 
assegna alle divisioni predette. Taci- 
to contemporaneo di Plinio, ma pi ili 
giovane, fu impiegato nella Belgica 
sotto Vespasiano. Profittò del van** 
taggio del suo posto per procurarsi 
delle nozioni suli' interno della Ger- 
mania, e sui costumi dei germani. 
Siccome non si conoscevano anco- 
ra in quei paese le divisioni poli- 
tiche, l'autore segna piuttosto quel- 
le della natura o geografiche, come 
le montagne ed i fiumi ; quanto al 
fisico ne forma un quadro svan- 
taggioso. Tolomeo fiorito dappoi, 
scrisse della Germania minutamen- 
te, con dettagliate divisioni e sud- 
divisioni : parlando del paese in 
generale, dice che i germani non 
possedevano alcuna città, non con- 
servavano alcun' arte di comodo, 
non sofiiìvano che le loro abitazioni 
fossero vicine le une alle altre; che 
nell' inverno vivevano sotto terra , 
scavandosi delle caverne. Secondo 
la più facile e pìii ricevuta opinio- 
ne, la Germania era anticamente 
limitata al levante dalia Vistola, 
che la separava dalla Sarmazia 
europea ; al sud dai Danubio, che 
la divideva dalla Vindelicia e dal 
Norico ; il Reno la bagnava a po- 
nente, e la distingueva dalla Gal- 
lia; il mare detto di Germania, col 
Baltico , la limitava verso il nord. 
Oltre i tre gran fiumi che le ser- 
vivano di confini, vi si conta an- 
cora il Viadro o Oder, e l' Albis o 
Ell)a. Questo paese ei*a abitato da 
un gran numero di popoli, tutti 
compresi in questi tie nomi : iste- 



GER 

¥oni, ermioDÌ e yindeli» Gl'istevoni 
stavano al mezzodì occidentale, si 
estendevano fra il Reno e V Elba , 
dal. mare di Germania sino alle 
sorgenti del Danubio^ e si divide- 
vano in altri dodici piccoli popoli, 
fra i quali si distinguevano i frisi 
o frisoni, i marsi, i sicambri. Gli 
ermioni erano al mezzodì orientale 
del Danubio, sino ai vindeli, i quali 
occupavano tutta la costa del ma^ 
re Baltico, e la Chersoneso Cìm- 
brica : anche gli ermioni compren- 
devano sotto di essi dodici piccoli 
popoli, i piti conosciuti de' quali 
erano i cherusci , i catti , gli ale- 
manni od atamani, i marcomanni, 
i quadi. I vindelì contenevano ven- 
tuna popolazioni, delle quali le più 
distìnte erano quelle degli angli 
od angili, eruli o lemoni, goti o 
gothi, longobardi, burgundioni o 
burgundi, senoni, sassoni, cimbri e 
teutoni. 

Non deve finalmente ommettersi 
anche un'altra divisione generale 
della Germania, i.* Germania fra 
il Reno e l'Elba, inter Renum et 
Alhìm; 2.' Geimania fra l'Elba e 
la Vistola, inter Albini et Fistu- 
lamj 3." Germania australe fra il 
Reno e il Danubio, Germania Au' 
stralisj 4.* Germania al di là del- 
la Vistola, Germania Trans^^istu-» 
lana; 5." Germania al di là del 
mare e delle isole , Germania 
Transmanna et Insulae, La divi- 
sione antecedente sembra più usi- 
tata presso gli antichi. La Germa- 
nia aveva delle dipendenze verso 
il nord e verso il sud. Gli anti- 
chi posero verso il nord gl'inge- 
voni, divisi in tre parli principali, 
come dipendenze della Germania, 
cioè la Scandia , la Fcninsia, e le 
isole del Seno-Godano. Le Provin- 
cie verso il sud dipendenti dalla 



GER 117 

gran Gei*mania erano la Elvezia, 
la Rezia, la Vindelicla, ed il No- 
rico. Dal fin qui detto convien 
Gonchiudere, che alcun geografo non 
ci diede una descrizione esatta del- 
la Germania, per la ragione che i 
romani non penetrarono mai nel 
suo interno. Non riuscendo loro 
però di soggiogarla, presero il par- 
tito di formarsi una nuova Ger- 
mania al di qua del Reno, a spe- 
se della Belgica. Svetonio nella vi- 
ta di Tiberio osserva che questo 
principe durante la guerra contro 
i germani, ne condusse nella Gal- 
lia da circa quarantamila di quelli 
che gli si arresero, assegnando la 
dimora loro lupgo il Reno. L'au- 
tore stesso asserisce che Augusto 
facesse questa operazione, collocan- 
do svevi e sicambri nello terre vi- 
cine al Reno. Perciò i romani die- 
dero il nome di Germania ad un 
cantone della Gallia, vicino alla 
gran Germania, il solo veramente 
da essi conquistato; mentre Varo 
avanzatosi un po' troppo nel paese, 
oggi chiamato Westfaiia, vi perì 
con la sua armata. Gli ubii al di 
là del Reno vennero così in odio 
agli altri popoli della Germania , 
per essersi dati ai romani^ che do- 
vettero trasmigrare al di qua del 
fiume. Ciò non ostante non può 
dirsi che le armate romane non 
s^ogiog^ssjero anche qualche popolo 
il cui paese era in parte al di là 
del Reno, come i nemeti che sta- 
vano nei dintorni di Spira, i van- 
gioni in vicinanza di Worms, ed 
i tribocci nei contorni di Magon- 
za. Siccome però questi popoli era- 
no al ponente del Reno, e quindi 
relativamente alla capitale de' ro- 
mani nella Gallia, così furono posti 
sotto quel govei*no, congiungcndo- 
li alla Belgica, dai che ne derivò 



ii6 GER 

cbd utia pdrte della Belgica unita 
ad una eslremità della gran Oev" 
mania, assunse pur essa il nome 
di Germania^ e fu divisa in Ger- 
mania superiore ed inferioi*e; lo 
che rende vteppìti dimostrato che 
la Germania non ebbe sempre gli 
stessi confini, né comprese nel suo 
seno gli stessi popoli, I romani 
pertanto nella loro Germania non 
▼i compresero la parte al sud del 
Danubio, che corrisponde all'antica 
VindeUciai Noricum^ Pannonia e 
Baetia : essi la divisero in tre par- 
ti, cioè quella fra il Reno ed il 
Weser, abitata dai frisoni, cauchi, 
sicambri, franchi, ed alemanni; 
<juella fra il Weser e l'Elba, abi- 
tata dai catti, semnoni, ermunde» 
ri, boiani, quadi e maixomanni ; e 
quella ùa l'Elba e la Vistola, abi^ 
lata dai teutoni, angli, sassoni, 
borgognoni e longobardi. Da tut- 
tocicr si conosce chiaramente , che 
la moderna Alemagna o Germania 
è piti ristretta dell'antica. 

In quanto al governamento pò* 
litico ed ecclesiastico della Germa- 
nia^ e per rendera ramministrazio«> 
ne più facile in tutto l'impero, 
la Germania venne composta di 
due sorte di stati^ gli uni che di* 
pendevano dall'impero, gli altri che 
n'erano indipendenti. Quelli che di- 
pendevano furono compresi in no- 
ne comunità o provincie, cui fu 
dato il nome di circoli, cioè : l'Au- 
stria, la Baviera, e la Svevia a 
mezzodì; la Franconia, l'Alto Re- 
no, ed il Basso Reno nel mezzo; 
la Westfalia^ l'Alta Sassonia, e la 
Bassa Sassonia a settentrione. Gli 
stati che non dipendevano dall'im- 
pero, e non appartenenti quindi ad 
alcun circolo, erano la Boemia, la 
Svizzera, ed i Paesi Bassi, prote- 
stanti e cattolici, benché tutti com- 



6ER 

presi sotto il nome di Germania. 
Tale fu lo stato politico sino al 
secolo corrente, e deve avvertirsi 
che vi erano diverse limitazioni 
di paesi, o posti in un circolo, e 
da altro dipendenti, o aventi se- 
parata amministrazione, o godenti 
di speciali privilegi. Dopo che la 
dignità imperiale si stabilì nell'au- 
gusta casa d'Austria, la storia ale- 
manna o germanica si confuse con 
l'austriaca, laonde il più conside- 
rabile fra i principi componenti i 
nove cireoli era V imperatore di 
tal famiglia. Finché non veniva 
coronato dal Pontefice chiamavasi 
re de' romani, ma in seguito sen- 
za tale solennità portarono il no<- 
roe d'imperatori gli eletti a tal 
sublime grado. La residenza ordi^ 
naria dell' imperatore fu ognora in 
Vienna, capitale del circolo d'Au* 
strìa. I vescovi che non erano prin- 
cipi dell' impero venivano quasi 
tutti nominati dall'imperatore. Pos- 
sedeva egli altresì la Boemia e 
l'Ungheria, ed. oltre l'autorità par- 
ticolare sugli stati à lui apparte- 
nenti, ne aveva una generale sui 
nove circoli ; per mezzo quindi del- 
le diete, ch'egli presiedeva e di 
cui aveva il diritto di fare osser- 
vare le risoluzioni giusta le costi- 
tuzioni dell' impere, erane egli il 
capo tanto in guerra che in pace. 
Dopo l'imperatore venivano i prin- 
cipi Elettori del sacro romano iw- 
pero (Fedi), tre de' quali erano ec- 
clesiastici. A questi agginngansi 
molti arcivescovi, vescovi, abbati, 
abbadesse, principi, duchi, langra- 
vi, conti, marchesi ed altri, ch'e- 
rano sovrani in casa loro , e che 
ciascuno di essi aveva diritto di 
mandar deputati alle diete. Oltre 
i suddetti stati secolari ed eccle- 
siastici compresi nei nove circoli, 



GE& 

eraniu andie lessantatre città im- 
pellali che formavano alti^ettan- 
te repubbliche, oltre quelle città 
che in vari tempi si sottrassero 
dall' impera^ ed erano in numero 
di ottantasette: esse formarono in- 
di propri territprii indipendenti , 
o passarono sotto il dominio di 
nitri principi. V, Ph. Kinpsthild, 
Tractatus politico - histoncO'juridi' 
€us de dviiatum imperialium jiiH^ 
bus et privilegìis, Argentorati 17404 
Godevano queste di tutte le loro 
immunità e dei loi*o privilegi, e 
non dipendevano per nulla dai 
principi nel territorio de' quali e» 
rano esse situate. Tutti questi di- 
versi stati, il cui numero ammon- 
tava a trecento circa, erano riu- 
niti per gl'inteiessì generali sotto 
un capo elettivo, che portava il 
titolo d' imperatore di Geitnania 
come si é detto. 

I nove circoli furono divisi fino 
al secolo XYI , per lo spirituale, 
in Provincie ecclesiastiche, sotto le 
metropoli di Magonza , Treveri, 
Colonia, Salisburgo, Brema e Mag- 
deburgo, le quali avevano sotto di 
esse circa ti-enta vescovati suffra- 
ganei. Questi prelati oltre l'auto- 
rità spirituale su tutti i principati 
delle loro diocesi, avevano altresì 
un'autorità temporale sopra un 
determinato dominio di cui erano 
prìncipi, ed alcuni di questi do- 
minii furono della estensione di 
quelli di qualunque altro principe 
secolare. Ma ì principi eretici non 
si contentarono di emanciparsi pei* 
lo f^piriluale, tanto dai loro pre- 
lati che dal sommo Pontefice; essi 
trovarono ancora il mezzo d'impa- 
dronirsi del temporale delle diocesi 
che loro erano le piti vicine : ne 
soppressero il titolo ecclesiastico , 
ed avendo mandato de' sorvegiian* 



GER 119 

ti per adempire le funrioni epi- 
scopali, ne riunirono il dominio 
e le rendite ai propiì «tati; cib 
che fu sancito nella pace di Muh^ 
ster o Osnabruci nel 1648, ad on- 
ta dell'aita disapprovazione e rìpro* 
vazione d'Innocenzo X. Così non 
vi furono più prelati nelle pit)vin- 
cie di Brema e di Magdeburgo; 
Colonia e Magonza non conserva- 
rono che una parte dei loit> su& 
fraganei ; Salisburgo e Treveri ten- 
nero tutti i loro. Le prelature che 
restarono in Germania, e ch'erano 
principati dell' impero, fhrono elet- 
tive per i capitoli, e quando na- 
scevano dei dispareri, la nominn 
era devoluta al Papa« Vi si nomi« 
navano spesse volte de' prìncipi, i 
quali non cercavano dì averne che 
gli onori e le i*endite, senza mai 
essere investiti dei carattere epi- 
scopale, almeno per l'ordinario; e 
sul fine del passato secolo > e siil 
principio del presente ve ne luro- 
no alcuni che n'ebbero fino a sei, 
sì arcivescovati che vescovati ; al- 
tri li possedeit>no lungo tempo, 
senza neppure essere sacerdoti. Dis- 
impegnavano le loro funzioni epi- 
scopali per mezzo de' vescovi iti 
pariìbnsy che essi dichiaravano suP- 
fiaganei con beneplacito pontificio, 
ovvero per mezzo di vicari gene- 
mli. Quanto agli stati che non ap- 
partenevano all'impero, vi fu par- 
ticolarmente la Boemia, la quale 
ebbe i suoi duchi, poscia i suoi 
re fino all'imperatore Ferdinando 
I, il quale ne sposò l'erede nel 
1526, e ne trasmise così il domi- 
nio agli imperatori di casa d'Au- ^ 
stria suoi successori. Già abbiamo 
detto al suo articolo che fu la 
Boemia convertita alla vera fede 
nel secolo X. Gli ussiti ne perver- 
tii-ono una parte coi loro eri*oi*iy 



120 GEH 

in seguito i luterani vi proclama- 
i*ono gli erronei princìpii religiosi 
d^Ila loro setta, pome anche gli 
anabattisti: la sua capitale e me- 
tropoli Praga molto ne dovette 
soffiare, upitamente ai suoi vescovi, 
in conseguepza delle dissensioni e 
delle guerre di religione: la no- 
mila delle sue prelature restò al- 
l' imperatore. 

Anche la Svizzera fu già per la 
maggior parte sotto il dominio del- 
la casa d' Austria ; ma nei pri- 
mi apni del secolo XIV, e verso 
il i3o8 incominciò essa a gover- 
narsi (Colle proprie leggi; formò 
una repubblica federativa compo- 
sta di tredici cantoni , senza con- 
tare gli alleati, e molti di essi so- 
no eccellenti cattolici. Gli altri ab- 
bracciarono la sedicente riforma di 
Zuinglio e di Calvino : i vescovi 
conservarono il loro dominio tem- 
porale, malgrado la diversità di 
religione, e vi erano elettivi. Sul 
declinar del secolo XYIII le guer- 
re desolarono la Svizzera, finché 
nel i8q3 essendosi terminate le 
dispute tra la Francia e l'Austria, 
la Svizzera si organizzò in un nuo- 
vo governo confederato, composto 
di diecinove cantoni, col nome di 
i^pubblica o confederazione elve- 
tica. Nel ]8i5 unissi in una no- 
vella confederazione composta di 
yentidue cantoni, il di cui atto 
federale fu sanzionato a' 7 agosto, 
indi approvato dal congresso di 
Vienpa. I^ santa Sede tiene nella 
Svizzera un nunzio apostolico re- 
sidente a Lucerna, e la confedera- 
zione elvetica un console generale 
in Roma; 

I Paesi Bassi, chiamati anche 
Bassa Germania, ebbero i loro 
principi fino al principio del XVI 
secolo; quindi passarono sotto il 



GBR 

domìnio del re di Spagna: quan< 
to alla religione furono essi divi- 
si in protestanti ed in cattolici. I 
Paesi Bassi protestanti furono quel- 
li che si chiamarono comunemen- 
te Olanda o Provincie-Unite, che 
fu già potente repubblica. Ribel- 
lossi l'Olanda verso la metà del 
secolo XVI contro il i*e di Spa- 
gna, abbracciò la pretesa riforma 
di Calvino, e soppresse la metropo*- 
li di Utrecht ed i vescovati eret- 
ti dalla santa Sede, massime da 
P90I0 IV, avendo quindi origine 

10 scisma della chiesa di Utrecht 
che tuttora esiste. Nondimeno vi 
restarono non pochi cattolici, cui 
venne accordato il permesso di 
esercitare la loro religione in pri- 
vato, ed i quali talvolta ebbero 
anche un vescovo titolare col gra- 
do di vicario apostolico, e di su- 
periore delle missioni di Olanda, 
per ordinare i loro sacerdoti e per 
gli affari ecclesiastici. I Paesi Bassi 
cattolici restarono alla Spagna do- 
po la rivoluzione dell'Olanda, e 
vi erano molti vescovi sotto la 
metropoli di Malines di nomina 
regia. In seguito vi fu un gover- 
natore a nome dell'imperatore 
dopo che ne divenne il sovrano.' 

11 clero fu quasi sempre dotto, il 
popolo divoto ed attaccatissimo al- 
la religione. Dipoi i Paesi Bassi 
austrieici si ribellarono all'impera- 
tore Giuseppe II, favoriti dall' O- 
landa, indi furono conquistati dal- 
la Francia, e nel i8i4 la contra- 
da dei Paesi Bassi e del Belgio 
con l'Olanda costituirono uu re- 
gno col nome di Paesi Bassi, fin- 
che per la rivoluzione del i83o 
il Belgip si separò dall' Olanda e 
costituissi in regno, nella cui capitale 
Brusselles, come anticamente la san- 
ta Sede, tiene un uunzio apostoli- 



GER 

€0, ed il re del Belgio un inviato 
straordinario e ministro plenipo- 
tenziario in Roma, II re di Olan- 
da ritenne il titolo di re de' Pae- 
si Bassi, tiene in Roma un invia- 
to straordinario e ministro pleni- 
potenziario, mentre il Pontefice 
tiene all'Aja capitale del regno 
un incaricato d'affari. 

In quanto ai nomi di Germa- 
nia ed Alemagna, germani ed a- 
lemanni, oltre quanto si è detto ag- 
giungeremo, che Germania nell'an- 
tica lingua germana o tedesca, ger» 
maiiy significa uomo di guerra o 
guerriero, e da questo i latini for- 
marono i loro vocaboli di germa- 
nia, gemianuSj e germani^ che 
passarono poi nelle altre lingue 
derivate dalla latina. Vuoisi anco- 
ra che i germani da loro stessi si 
sieno cosi chiamati, e ohe gar o 
ger significhi robusto, e man uomo. 
11 nome di Alemagna dato in ap- 
presso alla Germania, deriva da 
un popolo particolare, del quale 
la prima menzione che si legge 
negli antichi storici, non risale se 
non che al principio del tei*zo seco- 
lo, cioè al regno di Caracalla: lo 
si attinbuì primitivamente ad una 
riunione di uomini svevi e di al- 
tre tribù, attirati sulle sponde del 
Meno per l'avidità del bottino; 
altri dicono originati gli alemanni 
dai gallesi, che protetti dalle guar- 
nigioni romane andarono ad accan- 
tonarsi sulle terre che separavano 
l'impero dalla Germania. Sì chia- 
marono gli alemanni deutschfy e il 
loro paese Deutschland/m signifi- 
cato di tutti uomini^ che indica in 
pari tempo e la varia loro origi- 
ne e il loro maschio valore; da 
principio non erano che un grosso 
corpo di armati, e presto diventa* 
rono un popolo formidabile; gli 



GER i!»i 

alemanni furono pur cliiamati a/- 
lemani, alamaniy akunbaniy ed a<» 
labaniy cenni e catti. Il loro go- 
verno era monarchico, ebbero mol- 
ti re, e professarono la stessa re<> 
ligione che i germani. I franchi, 
altro popolo stabilito lungo il Re- 
no ed all'est di questo fiume, 
essendosi impadroniti nel secolo 
quinto de' Paesi Bassi e delle Gal- 
lie, si resero altresì signori nei 
due seguenti secoli di una gran 
porzione dell' Alemagna. Fra le na- 
zioni diverse che nei remoti tem- 
pi ad abitar venneit) questo pae* 
se, contansi gli slavi o vandali in 
principalità, che nel detto secolo 
egualmente si stabilirono nella par- 
te settentrionale ed orientale del- 
l' Alemagna, de'quali ne fanno te- 
stimonianza le località che termi-* 
nano in i/z, witzen, leben o /e- 
4ve/t. Il nome di tedeschi deriva 
da deutsche o teutsche^ che significa 
tkeutoni o teutoni^ popoli abitatori 
delle isole nel vicinato de' cimbri, 
e che famoso rendettero il nome 
loro avanti l'era cristiana, essendo il 
nume loro Teutono, Armati sempre 
e pronti a combattere ognora, ed a 
moi*ire per la conservazione della 
indipendenza e dei possessi loro, 
essi furono sovente attaccati, qual- 
che volta vinti, ma giammai sog- 
gettati del tutto, potendosi vanta- 
re d'essere stato il solo popolo 
che non abbia obbedito a sovrani 
stranieri. I romani non li conob- 
bero, se non quando Giulia Cesa- 
re passò il Reno. Essi fecero sui 
germani qualche conquista, ma il 
loro dominio fu vacillante sempre, 
ne mai annoverar poterono l' A- 
lemagna nel numero delle tolte 
loro Provincie. 

A voler accennare le cose più 
antiche risguardantì le guerre, il 



Ili GER 

culto^ il governo^ e i costumi dei 
germani, nome generico degli abi- 
tanti della Germania, essi furono 
sconfitti in due memorabili e san- 
guinose battaglie da Mario ; e pas* 
seti pascià nella Gallia, Cesare li 
trovò sulla sinistra del Reno, usan- 
do i germani coIlegai*si insieme 
nelle loro spedizioni, per cui dai 
romani furono chiamati fratelli^ 
Jratres gallorum, coi quali frater- 
nizzarono. La prima lega cono- 
sciuta dai romani fu quella dei 
cimbri e dei teutoni, distrutta da 
Mario, e la seconda volta da Ce- 
sare. Ariovìsto avea riunito i ger* 
mani nelle due rìve dei Reno. In 
fine la tei'za lega fu disfatta da 
Druso. I primi germani ebbero 
una religione, un culto, e dei. dog- 
mi, con idee yaghe ed indetermi- 
nate nei tempi pid antichi ; dap- 
poi ebbero un dctei*minato culto 
e delle immagini. Intere foreste^ 
imponenti per la loro oscurità, era- 
no consecrate all'Essere supremo; 
il luogo più folto n' era il san- 
tuario, e serviva di riunione ge- 
nerale per la nazione, ed inviola- 
bile asilo pel delinquente che vi 
si rifuggiva. Allorché in progresso 
i gerniMui incominciarono a fab- 
bricare in onore dei loro dei, non 
innalzarono da principio che ca- 
panne, ed i loro idoli erano pie- 

. tre o alberi informi. Disgraziata- 
mente i loro sacerdoti, che prese- 
la) sopra di essi un grande ascen- 

' dente, e le cui persone erano in* 
violabili, non avevano ispirato lo- 
ro l'orrore pegli umani sagrifìzi, 
e quindi seguendo un costume sì 
barbaro, ordinariamente sacrifica- 
vano anche i prigionierì di guer- 
ra. Ciascun giorno della settimana 
aveva il suo Dio, di cui portava 
il nome. Oltre queste divinità ri- 



GER 

verite dalla generalità delia nazio- 
ne, ve n'erano altre venei*ate nelle 
diverse parti del vasto paese. L' i- 
gnoranza e lo spirito superstizioso 
era mantenuto in Germania da 
alcune don^e Che pretendevano an- 
nunziar r avvenire: si citano tra 
le altre Yelleda che servi di or- 
namento al trionfo di Vespasiano, 
Grana che vivea sotto Diocleziano, 
e lethra che fu deificata dai boia- 
ni, che lei vivente gli eressero un 
tempio sulle rive dei Necker, e le 
consaa*arono le montagne d'Hei- 
delberg. Il sacerdozio era divìso 
in grande e piccolo ; e vuoisi che 
quando i druidi furono cacciati dal- 
le Gal He da Cesare, si ritirassero 
in Germania, ove furono divisi in 
druidi e bardi. Per consultale il 
destino impiegavano diversi mezzi 
superstiziosi e ciarlatanerie. 

1 germani formavano sino d'al- 
lora un corpo composto di diver- 
se parti, ma il totale non era re- 
golare. Il paese divideva si in città^ 
specie di piccoli stati, ciascuno dei 
quali comprendeva molti villaggi, 
ed aveva un capoluogo. Di que- 
ste città, le une eleggevano un ca- 
po, le altre erano governate dal- 
la nobiltà, altre in fine dalla ge« 
nerale assemblea della nazione. E* 
rano più o meno considerabili, se- 
condo il numero de' villaggi che 
le componevano, non avendo eia» 
scun villaggio meno di cento fa- 
miglie, ognuna delle quali era 
soggetta al più seniore o vecchio. 
I vecchi riunendosi formavano una 
piccola assemblea, presieduta dal 
più avanzato in età, che si chia- 
mava centenario; questa unione 
de' centenari formava l'assemblea 
generale , e costituiva principal- 
mente la città, di cui le famiglie 
tutte erano in tal modo governa- 



GER 

te colle medesime leggi ed usaa» 
ze. Tutte queste città erano sog- 
gette ad un governo: pi-esso i mar- 
comanni ed i quadi eravi un 
vei presso gli usi peti, i teuctiri^ 
ed i frisoni , eravi un consiglio 
composto della nobiltà , e presso 
gli ubii il popolo ei*a ammesso nel 
senato • Questa suprema autorità 
però, e soprattutto quella dei re, 
era bilanciata dal potei*e genera* 
le della nazione. Nelle piccole as- 
semblee si giudicavano gli affari dei 
particolari, ed i principi avevano 
il diritto di presiederle. Nelle as- 
semblee generali si pronunciava 
sui delitti, e sopra quanto interes- 
sava lo stato. I capi o duci co^ 
mandavano durante la guerra; il 
generale eletto nell'assemblea del- 
la nazione era posto sopra uno 
scudo, e portato all'intorno on- 
de farlo riconosceiv anche dal- 
le città collegate. Siccome il va- 
lore sopra tutto decideva di ta- 
le scelta , si disse die fia lo- 
1*0 la nascita faceva i re, e la vii*w 
tu i capitani; questi ultimi, despo- 
ti durante la guerra, fetta la pa- 
ce rientravano nella classe dei 
semplici cittadini. Questi cittadini o 
piuttosto la massa totale della nazio- 
ne, si divideva in nobili, liberi, li- 
berti e schiavi. La classe prima, 
circoscritta nelle famiglie dei capi, 
era assai rispettata. I liberi, i qua- 
li non formavano che una classe 
unitamente ai liberti, componevano 
la milizia, poiché ogni cittadino 
era guerriero» Alloi*chè un giovane 
aveva il diritto di portare le armi, 
i suoi parenti lo presentavano a1>- 
r assemblea generale, ed il duce 
gli dava una lancia ed uno scu- 
do. Da tal momento il suo voto 
era attivo nell'assemblea, ed era 
contato oome un capo di famiglia 



GER ii3 

nella città. Quanto agli schiavi, che 
si chiamavano lazzi o Inzzes^ e* 
rano di due sorte: gli uni aveva- 
no venduta volontariamente la lo- 
ro libertà, gli altri erano stati 
presi per fere la guerra; ma sic- 
come i germani non avevano bi- 
sogno di servi, peix:hè gli uomini 
avevano cura delle armi, e le don- 
ne dell'interno della casa, così gli 
schiavi erano dispersi sulle terre, 
le coltivavano , ne raccoglievano 
il prodotto, e non lo potevano ab- 
bandonare senza la permissione dei 
loro padroni. Tale fu il princìpio 
del governo feudale. 

Riguaixlo alle leggi era probabi- 
le^ che in mezzo ad un popolo che 
non sapeva scrivere, essere doves- 
sero molto semplici ì costumi, e 
le abitudini ne tenevano il luogo. 
Spesso la lóro ferocia si permette- 
va delle particolari vendette, e i 
delitti che interessavano la nazione 
o le famiglie erano giudicati nel- 
le pubbliche assemblee. In genei*a- 
le s'impiccavano i traditori, e sì 
annegavano i vili; gli altri delitti 
si scontavano con multe pagabili 
in cavalli, bovi, ec, ed il prodotto 
era diviso tra il seniore e la fa» 
miglia dell'offeso. La prima virtii 
era tra ì germani il coraggio, ma 
non essendo esso regolato che da 
false nozioni di giustizia, risguar- 
davano bene acquistato tuttociò che 
potevano procurai*si con la violen- 
za o la foi*za. E noto che avevano 
per armi la lancia, la spada, il ci- 
miero e la coi*azza^ e lanciavano 
frecce e giavellotti ; le loro truppe 
si dividevano in fanteria e cavalle- 
ria. Dieti*o l'esercito stavano sopra 
carri le donne ed i fanciulli, che 
non cessavano di eccitare ni com- 
battimento con grida reiterate, e 
le donne curavano le ferite con 



Ii4 GER 

particolar premura. Dai romani ap- 
presero i germani a combattere or- 
dinatamente y ed a seguire una 
militare disciplina. I germani per 
lungo tempo non conobbero la pi*o- 
prietà delie terre; ogni anno il 
principe loro distribuiva quelle che 
servir dovevano alla sussistenza 
di ciascuna famiglia. I loro ave- 
ri consistevano principalmente in 
cavalli e bestiame, come bovi, vac- 
che, porci, pecore, capre, galline, 
oche, anitre, ec come ai presen- 
te, li cavallo era soprattutto Tene- 
rato dai tedeschi come una bestia 
sacra, per l'amore che portavano 
alia guerra ed alla caccia. Niun 
paese abbonda tanto di selvaggiu- 
mi e d'ogni genere come la Ger- 
mania, per le sue grandi selve e 
montagne. Gli antichi tedeschi pe- 
rò non avendo moneta, facevano 
il commercio col cambio. Lo spo- 
so dava per dote alla moglie un 
paio di bovi, un cavallo bardato, 
e delle armi; se la moglie era in- 
fedele, il^astigo lo decretava il ma- 
rito; per lo più i germani non spos- 
savano vedove; i loro fanciulli an- 
davano nudi sino a dodici anni, 
gli altri nelle loro abitazioni stava- 
no quasi nudi. La loro vita priva- 
ta era attivissima anche in tempo 
di pace; semplici negli alimenti, 
quelli dell'interno del paese non 
conoscevano il vino, che molto ne 
bevevano gli abitanti delle rive del 
Beno, . Sebbene gelosi della propria 
libertà, per la passione dei giuoco 
talvolta la perdevano. In genera- 
le i germani furono lodati per o- 
spitalità; e le cerimonie funebri 
presentavano lo spettacolo singola- 
re delle lagrime tributate dalle 
donne alla perdita del morto, e dei 
canti di vittoria coi quali lo ono- 
ravano gli uomini, perchè avrebbe- 



GER 

ro creduto avvilirsi mostrando al- 
cun segno di dolore. S'invitava la 
gioventù ad imitare le virtù guer- 
riere dell'estinto, si abbruciavano 
con esso il suo cavallo e le sue 
armi, e s' innalzava al di sopra del 
luogo in cui riposavano le sue ce- 
neri un monticello di terra che si 
copriva di zolle erbose. Queste a- 
bitudinì e costumi si conservarono 
per lungo tempo nell'interao del 
paese; ma gli abitanti della Ger- 
mania inferìore al di qua del Re- 
no furono i primi ad abbandonar- 
li, condotti forse a tal cangiamento 
dalla imitazione e dal bisogno. 

Cenni storici civili ed ecclesiastici 
sul regno ed impero di Germa^ 
nia^ e delle relazioni d'ambe» 
due con la santa Sede, 

Sulle prime epoche della storia 
di Germania solo si sa, che nei 
remoti secoli , dopo la nascita 
di Gesù Cristo, trovavasi la i^egio- 
ne divisa in molti piccoli stati, 
sotto il governo di un capo o prin- 
cipe, il cui potere era assai limi- 
tato, non avendo un capo comu- 
ne. Essendosi trojppo moltiplicati 
per poter vivere in una terra che 
non coltivavano, molte orde di es- 
si si sparsero sul territorio romano, 
ma ivi poscia furono disfatte. Gli 
sforzi di Augusto furono vani per 
conservarsi la conquista, ed ebbe a 
piangere le sbaragliate legioni di 
Varo. Le incursioni seguirono fin- 
ché s' impossessarono della metà 
dell'impero . Neil' anno a 34 gli 
alemanni si resero padroni dei 
forti sulle sponde del Reno, e com- 
misero ogni sorta di eccessi nel- 
le Gallie. Severo marciava con- 
tilo di essi quando fu assassinato 
dai propri soldati. Massimino, suo 



GER 

successore, entrò in Germania, po- 
nendo tutto a ferro e fuoco. Il 
progresso della storia dei germani 
nei primi secoli dei cristianesimo 
non offre che una serie quasi con- 
tìnua di vittorie e di sconfitte, di 
incursioni fatte da essi sulle terre 
dell'impero, e di attacchi sofferti 
dai romani. Ciò che sorprender 
deve sopra tutto si è la loro estre- 
ma popolazione, malgrado le soste- 
nute moltissime e sanguinose l)at- 
taglie. Non fìi se non al tempo in 
cui Giuliano comandava nelle Gal- 
lie, che gli alemanni furono total- 
mente scacciati ; però dopo la sua 
morte essi fecero qualche altra in- 
cursione nella Gallia e nella Re- 
zìa , finché nel 388 si sottomisero 
a Massenzio. Lungo il Danubio ed 
il Reno; nelle due Rezie e nella 
Norica nel tei*zo o quarto secolo 
incorni ncìossi a spargere la fede 
di Gesù Cristo, colla salutifera pre- 
dicazione del vangelo , onde furo- 
no stabilite metropoli ecclesiastiche ; 
ma le devastazioni di Attila e di 
altri barbari quasi tutto vi distrus- 
sero nei successivi secoli quinto e 
sesto. Nell'anno 4^9 con Ermanri- 
co ebbe principio il regno degli sve- 
vi, il quale ebbe undici successori 
sino al 558* Sotto l'impero di O- 
norio, una colonia di alemanni 
ebbe la permissione di stabilirsi in 
una parte della Svìzzera: in pro- 
gresso altri fra loro si resero pa- 
droni del paese oggi chiamato Al- 
sazia ; questi secondati da quelli 
stabiliti nell'Elvezia, e da molti 
abitanti della Germania, si spar- 
sero in seguito iiella Germania se- 
conda, portandovi stragi e morte. 
Avendo nel ^jS Odoacre re degli 
eruli fatto terminare in Momillo 
Romolo Augustolo l'impero d'occi- 
iÌQuie, le incursioni de'germani pro- 



GER 



iti^S 



seguirono talmente, che giunsero 
ad impossessarsi di circa una metà 
di tale impero. 

Dopo la rovina dell'impero occi- 
dentale la Germania fu divisa in 
sei principali nazioni, cioè svevi o 
alemanni , franchi , frisi , sassoni^ 
turingi e bavari. Intanto i franchi 
ed i borgognoni passando nelle Gal- 
lie v'innalzarono il trono dei Me- 
rovingi nel 4^ I ; e gli slavi ed 
i vandali più boreali presero stan- 
za nel lato orientale dell'Alemagna. 
Quindi i franchi sotto la condotta 
di Clodoveo I re di Francia, sog'- 
giogarono la Gallia, e divennero 
successivamente padroni di altre 
nazioni tedesche. Dappoiché Clo- 
doveo I dimorante nella Gallia, e 
Sigeberto I re di Austrasia, riu- 
nite avendo le loro ti'uppe, scon^ 
fissero gli alemanni a Tolbiac col- 
la famosa battaglia, in tal mo- 
do solo impedì che gli alemanni- 
svevi invadessero ulteriormente la 
Gallia; ma i germani di Alsazia 
e della Svizzera riconobbero Clo- 
doveo I per loro sovrano. Altri si 
rifugiarono nella Rezia e nel No- 
rico, ove Teodorico re d'Italia 
permise loro di stabilirsi. Da quel 
tempo i germani non ebbero più 
re di loro nazione, ed il loro no- 
me estendendosi nella Germania , 
divenne pei franchi un nome ge- 
nerico dato a tutti gli abitanti della 
Germania, che chiamavano Taisch' 
land. Fu questo il principio del- 
l'ingrandimento de'franchi, che di- 
venuto sempre maggiore preparò 
la via al novello imperio d' occi- 
dente da un alemanno fondato, 
che sul franco soglio si assise. Egli 
é il figliuolo di Pipino, il glorioso 
Carlo Magno, che colle vittorie 
riportate sopra i sassoni , terminò 
il conquisto della Germania dive- 



ia6 GER 

nula provincia del franco imperio. 
Prima di venire air istiUizione di 
questo, rammenteremo di aver det- 
toy come verso la fine del secolo 
YH qualche lume del cristianesi- 
mo fu portato in diverse parti del- 
la Germania dal vescovo irlandese 
Chiliano, da Suidberto ed Owaldo 
inglesi, e da 8. Roberto vescovo 
di Worms o di Wormazia, che 
Stabilì la sua sede in Salisburgo; 
cbe la predicazione del vangelo 
con maggior successo continuossi 
in Germania nel secolo Vili da 
Corbiano di Charti*es, e principal- 
mente da s« Bonifacio poi arcive- 
scovo di Magonza, chiamato Vapo- 
stalo delta Germania, Il santo ar- 
dendo di zelo per la gloria di 
Dio, e per la salute delle anime 
di fare il missionario, onde toglie- 
re dalle tenebre dell'idolatria tan- 
ti popoli, ottenne dal suo abbate 
nel 716 il permesso di promul- 
gare il vangelo agi' infedeli della 
Frisia, e poscia portatosi in Roma 
dal Papa s. Gregono II per do- 
mandargli l'apostolica benedizione, 
e corrispondenti facoltà, fu accolto 
paternamente. Il Papa pieno di 
stima per lui gli fece grandissimo 
onore, gli accordò ampio potere 
di predicar l'è vangelo a tutti i po- 
poli idolatri di Alemagna, gli do- 
nò molte reliquie, e gli consegnò 
divei'se commendatizie' pei principi 
cristiani a cui s'incontrerebbe lun- 
go il viaggio. 

San Bonifacio partito per la 
Germania, nella Baviera e nella 
Turingia esercitò primieramente il 
suo zelo e le sue apostoliche fati- 
che, battezzandovi gran numero di 
pei»sone; e in quei pochi cristiani 
che vi trovò, a cagione del lo- 
ro commercio cogl' idolatri, erano 
spenti pressoché tutti i sentimen- 



GER 

ti della fede, onde li costrinse a vi- 
vere conforme alle massime del 
vangelo. Affaticò col santo vesco- 
vo Willibrordo per lo spazio dì 
ti*e anni, e guadagnò un gran nu- 
mei*o d'anime a Gesii Cristo. Nel- 
rusGÌi*e dalla Frisia percorse l'As- 
sia, ed una parte della Sassonia, 
per tutto battezzando i pagani, ed 
alzando chiese cristiane sulle rovine 
dei templi degl' idoli. Intanto s. 
Bonifecio informò il Papa dell'esi- 
to di sua missione con una lette- 
ra, e lo consultò sopra parecchie 
difficoltà che trovava nell'esercizio 
del suo ministero. San Gregorio 
II rispose a tutto, si congratulò 
vivamente pei felici successi, e lo 
chiamò in Roma. Il servo di Dio 
prontamente ubbidì, conducendovi- 
si nel 728: allora il Pontefice lo 
consacrò vescovo, e gli cambiò l'an- 
tico nome di Winfrido in quello 
di Bonifacio , se pure ciò non aves- 
se già fatto. Il santo fece giuramen- 
to di mantenere la purità della fe- 
de e l'unità della Chiesa, e ne lasciò 
una copia sulla tomba di s. Pietro 
scritta di sua mano. Il Papa gli 
diede una raccolta di canoni scelti, 
i quali gli servissero di regola ; 
quindi egli ritornò in Germania 
ove fece tutto quello che narrammo 
alla sua biografia. Solo qui dire- 
mo ch'essendo salito sulla cattedra 
apostolica nel 781 s. Gregorio 
III, Bonifacio lo consultò sopra al* 
tri dubbi, ed il Papa consegnò 
ai suoi deputati un pallio da usar- 
si nella celebrazione dei divini mi- 
steri, e nella consacrazione de' vesco- 
vi, giacché lo dichiarò arcivescovo 
e primate di tutta T Alemagna, 
con ampio potere di fondar ve- 
scovati in qualunque luogo gli 
paresse necessario. Nel 788 s. Bo- 
nifacio per la terza volta si recò 



GER 

in Roma per yenerai*e le tombe 
de'ss. A postoli I e per conferire eoi 
Papa intorno alle chiese che avea 
civette. S. Gregorio III gli die con* 
trassegni di particolar estimazione, 
e lo nominò legato della santa Se- 
de in Germania y ove ritornato 
Bonifacio fundò i vescovati di Fri- 
singa e Ratisbona/ confermati dal 
Pontefice nel 789 , perchè in Ba- 
viera non era vi che il solo ve- 
scovato di Passavìa* Indi stabilì tre 
novelli yescovati, l*uno ad Erfort 
per la Turingia, TalliX) a Wiirtz- 
burgo per la Franconia, il terzo 
a Baraburgo trasferito poi a Pa- 
derbona per l' Assia; ne aggiunse un 
quarto ad Eichstett pel palatinato 
di Baviera, consacrando Giovanni 
in vescovo di Salisburgo, sede già 
eretta da s. Roberto di Worms. 

Divenuto nel 741 Pontefice s. 
Zaccaria, facendo gran conto di s. 
Bonifacio, approvò quanto aveva 
fatto nella chiesa di Germania, il 
quale ivi celebrò due concili, e 
presiedette a quello di Soissons, o- 
ve coronò il re Pipino il Bi*eve : 
questo re nominò s. Boni&cio alla 
sede di Magonza , ed il Papa nel 
75 1 eresse tal chiesa nuovamente 
in metropoli. Stabilitasi nelle Gal- 
lie la religione cristiana, il gover- 
no ecclesiastico formossi in genera- 
le sopra il govei*no civile: il ve- 
scovo della metropoli civile diven- 
ne metropolitano della provincia 
ecclesiastica, e aveva per suffraga- 
nei i vescovi delle città che com- 
ponevano la provincia nell'ordine 
politico. Cosi le chiese della pri- 
mitiva Germania furono sino dai 
primi secoli soggette alla metropoli 
di Magonza, come si legge nel 
Grandidier, Istor. della chiesa di 
Strasburgo tom. I, p. 170 e seg. 
Essendo stata distrutta Magonza 



GER 1-17 

nel 4<>7 cl^l^c scorrerie demandali, 
i vescovati che n'erano dipendenti 
furono tolti a questa metropoli , 
per essei*e sottomessi a quella di 
Tre veri. Nel 75 1 la metropoli di 
Magonza fu ristabilita, e s. Zac- 
caria gli sottomise le sedi vescovi- 
li di Colonia , Toiigi*es , Utrecht, 
Augusta, Coira , e Costanza, cioè 
quelle che con autorità apostolica 
erano state erette da s. Bonifacio, 
e quelle che innanzi erano già suf^ 
fraganee alla metropoli di Treveri, 
come Strasburgo, Spira, e Vorms; 
poco appresso Colonia fu elevata 
al grado arcivescovile. Quindi 9. 
Bonifacio pei* istillare nel cuore 
dèi germani quello spirito di dol- 
cezza e di pietà prescritto dal van- 
gelo, chiamò dall' Inghilterra sua 
patria, uomini e donne ragguar- 
devoli per le loro virtù. Nel nu- 
mero degli uomini furono i santi 
Wigberto, Burcardo di Wurtzbur- 
go^ Lullo, e Willibaldo d'Eichstett. 
Si annoverano fra le donne le san- 
te Leobgita, Tecla, Valburga, Ber- 
tigita, e Contruda, alle quali il san* 
to affidò il governo dei monisteri 
eh' egli avea &tto edificare nella 
Turingia, nella Baviei*a, e in altri 
luoghi. Fra le celebri abbazie fon- 
date in Germania da s. Bonifacio 
nomineremo a cagione d' onore 
quella di Fulda : inoltre egli este- 
se l'attivo suo zelo a molte lonta- 
ne contrade fuori dell' Alemagna, 
e dall' Inghilterra fece venire di- 
versi utili libri. Usò della permis- 
sione datagli da s. Zaccaria di e- 
leggersi un successore, consagrando 
perciò arcivescovo di Magonza s. 
Lullo, che il Papa Stefano li det- 
to HI confermò; il quale doveva 
andare a predicare il vangelo a 
quei popoli d' Alemagna che non 
aveano ancora abbracciato la fede. 



ia8 GER OER 

Finalmente essendo acceso del desi- franchi^ come porzione della me» 
dei'io di versare il sangue per la fede ^ desima, ed è perciò che le notizie 
portandosi a predicar il vangelo ai di Carlo Magno e de' successori 
popoli barbari che abitavano le suoi sono riportate all'ailicolo Fran- 
più rimote coste della Frisia, dopo cu, in un a quanto riguarda le 
averne convertito un gran nume- cose principali sulla dominazione 
ro fu dagli idolatri tagliato a pez- da loro esercitata nella Germania, 
zi a'5 giugno 755. Le notizie sul- Frattanto il Pontefice s. Leone IH 
la erezione delle altre chiese ger- nel giorno di Natale dell'anno 800, 
maniche, sono riportate ai rispetti- in Roma nella basilica di s. Pie- 
vi articoli, insieme alla propaga- tro solennemente unse e coronò 
zione del cristianesimo. imperatore de' romani Carlo Ma- 
I successori di Clodoveo I re dei gno, ripristinando cosi con autori- 
franchi, avendo successivamente sog- tà pontificia il sacro romano im- 
giogato tutta la Gallia, fecero a pero d*occidente. P^edi Impero, ed 
poco a poco altrettanto con le na- Imperatore. A maggiore intelligen- 
zioni tedesche, di modo che al za qui riporteremo la serie degli 
tempo di Carlo Magno, che diven- imperatori e re di Germania sino 
ne re l'anno 768, tutta la Germa- ad Ottone I ; e la successiva in 
nia era unita sotto un solo scettro progresso della narrazione degli av- 
dipendente dalla monarchia dei venimenti. 

Carlo Magno imperatore . . * * ; 800 . . 8i4 

Lodovico I il Pio imperatore ..814. • 840 

Lotario I imperatore . . 4 . • 4 . . . . . . 817 . . 855 

Lodovico II imperatore i t 4 . . . 855 . .875 

Carlo I il Caligo imperatore •(•«.«.. 875 * . 877 
Lodovico il Tedesco primo re di Germania. 817 1 ,876 

Lodovico IH il Sassone 876 » . 882 

Carlomanno re di Baviera 4 « . • 876 . . 880 

Carlo IH il Grosso re di Svevia dall' 876, 

di tuttala Germania i < . 882 dep. 887 m. 888 

Arnolfo * * . 4 .... 1 i » 887 . . 899 

Zventiboldo re di Lorena * 895 • . 900 

Luigi IV il Fanciullo .... * * 899 . .911 

Corrado I .*»•».», 912 • . 918 

Enrico I YUcceìlalore 919 . . 986 

Ottone I * . . . 936 

re d' Italia * .... 961 

imperatore il 2 febbraio 962 . «975 

Le nazioni tedesche ebbero dap- Diete (Fedi) 5 usate dai germani 

prima i loro duchi ereditari, e le sino dai tèmpi remoti. Durante il 

loro proprie leggi, ma Carlo Magno suo regno comprendevansi sotto il 

gli abofi poscia, governando le prò- nome di Alemagna tutti i paesi 

vincie per mezzo di conti e com- situati fra il Meno, il Reno, il 

missari, rimanendo in vigore le Necker, ed il Danubio. Dopo tren- 



GER 

taire anni di guerre, nell*8oo acqui* 
sto la memorata e rinnovata di- 
gnità d'imperatore romano per sé 
e per la sua prole, ma non accor- 
dò il carattere reale al "suo figlio 
Lodo ti co I, senza il consenso di 
tutti gli stati. Questo suo succes- 
sore divise r impello tra i suoi 
figli y divisione che cagionò molti 
disordini, i quali non si tolsero che 
neir843 «u)l mezzo di un adcordo 
stabilito a Verdun, in conseguenza 
della battaglia perduta nell'anno 
precedente da Lotario I a Fontenay, 
che stablPi i destini della Germania. 
Il di lui fratello Lodovico I il Te- 
desco o il Germanico, terzogenito 
di Lodovico I il Pio, che sino dal- 
rS 1 7 era re di Baviera, e che col 
fratello Carlo il Calvo avea vinta 
tal battaglia, ottenne la Germania 
fino al Reno, comprese le città di 
Spira, Worms e Magonza, e co- 
sì videsi essa eretta in regno di- 
stinto ed indipendente, divenendo 
il principe formidabile oi suoi vi- 
cini. È questa l'epoca in cui i fran- 
chi e gli alemanni si riguardano 
come distinte nazioni, ed ebbe ori- 
gine il loro pubblico diritto. Inol- 
tre Lodovico I il Tedesco neAV 870 
unì a questo reame la metà del 
regno lotaringico, fu uno de'prin- 
cipì pili grandi della famiglia di 
Carlo Magno, e morì a Franc- 
fort a' 28 agosto dell'anno 876. 
Gli successe il figlio Lodovico II 
detto il IH, e venne attaccato dal- 
lo zio Carlo il Calvo, ch'egli vinse 
vicino ad Àndernach gli 8 ottobre 
876: questo Lodovico II unì alla 
Germania neir879 T altra porzio-? 
ne della Lotaringia« Lodovico II 
co'suoi due fratelli fece una nuo- 
va divisione del regno di Germa- 
nia, talknente che Carlo o Carlo- 
manno diventò re di Baviera > Lo- 

VOI». XXIX. 



GER 129 

dovico re de' franchi orientali, e 
Carlo III il Grosso re di Svevia, 
ed essendo sopravvissuto ai suoi 
fratelli, lo divenne di tutta la Ger- 
mania. Luigi II morì in Francfort 
a'io gennaio dell' 882, nel tempo 
che stava forviando truppe per far 
fronte ai normanni. Carlo ìli so- 
pravvisse ai suoi fratelli, e non so- 
lo s'impadronì dei regni loro, ma 
riunì sotto il suo dominio T impe- 
ro, con l'Italia e la Francia, ed in 
tal modo fu padrone di tutta la 
monarchia primiera de' franchi ; 
ma a cagione della sua debolezza 
di corpo e di spirito, npn essen- 
do a dovere amministrato il go- 
verno, gli stati tedeschi alla die- 
ta di Tribur lo deposero neir887, 
ed elessero Arnolfo, figlio natura- 
le di Carlomanno re di Baviera, 
e nipote in conseguenza di Lodo- 
vico I il Germanico. Arnolfo do- 
vette sostenere molte guerre, e ri- 
mase quasi sempre vincitore: disfe- 
ce i normanni neir 892, indi nel 
seguente anno passò in Italia, vin- 
se il re Guido che Stefano VI a- 
vea coronato imperatx)re, che gli 
disputava la sovranità del paese , 
s' impadronì di diverse città, e si 
fece coronare 1^ d'Italia a Pavia. 
Poco tempo dopo assistito dagli 
ungheri attaccò Zvrentiboldo re di 
Moravia, al quale egli avea con- 
ferito il ducato di Boemia, e che 
abusava di tal favore per tentare 
di farsi indipendente. Arnolfo sfor- 
zò Zwentiboldo a sottomettersi ed 
a dichiararsi suo tributario. 

Nèir893 Ildegarda cugina d'Ar- 
nolfo cui avea aiutato a salire sul 
contrastato trono, tentò di rovesciar- 
selo : tale cospirazione fu scoperta, 
ed Ildegarda venne esiliata. Arnolfo 
ritornò in Italia, penetrò fino a Ro- 
ma nell'SgS, siccome chiamatpyi dal 

9 



i3o 



GER 



Pontefice Formoso, per reprimere 
la fazione che gli era contraria di' 
luamberto figlio del suddetto Guido: 
Arnolio col consenso del Papa prese 
la città che i acJdati saccbeggiaronoi 
indi Formoso lo coronò ed unse im- 
peratore; ma la sua elezione all'im- 
pero Q consacrazione furono annul- 
late nel concilio dì Roma dell' 898 
da GioTanni IX, che invece ricpnob* 
be L4amberto. Indi Arnolfo passò ad 
assediare la rocoa di Férma ,( Fedi), 
QTe si era chiusa Ageltrude moglie 
di Guido, e tuqIsì che gli propinasse 
una sonnifera bcTanda, che gli prò* 
dusse secondo alcuni la morte in Ra« 
tisbona a' a 9 novembre 899. Arnol* 
fo ebbe due legittimi figli, Gismuta 
o Gismonda che fu madre di Cor* 
rado I, e Lodovico IV il quale suc- 
cesse a suo padre. Ebbe altre- 
sì tre figli naturali, di cui il mag- 
giore, nominato Zwentiboldo, fu re 
di Lorena. Luigi o Lodovico IV il 
Fanciuihf nato neir893, successe al 
genitore^ ed essendo perito in una 
sollevazione» il fratello naturale 
Zwentiboldo riunì la Lorena ai suoi 
sjfiBktu Nel 908 assunse il titolo di 
imperatore, ma è incerto se avesse 
lei consacraiione ecclesiastica, ceri- 
monia in quei tempi giudicata in- 
dispensabile. La Germania fu de«> 
Inastata dagli unni, e Luigi IV trop* 
pò ddbole per impedir le loro inva- 
sioni^; li pagò perchè retrocedessero. 
Pooo dopo Ottone duca di Sassonia 
e di Tunogia» e G)rrado duca di 
FranooQÌa cioè del paese chiamato 
Francia Renana, discendenti per l»* 
nea femminile da Carlo IVfagno^ si 
eo«itestei*Q il trono germanico. Luigi 
IV sbigottito fuggì a Ratishona, ove 
morì a' 2 1 gennaio 91!», e fu Tulti- 
mo principe della stirpe di Carlo 
Magno in Germania. A quest'epos 
CU approfittando deBo soonvolgùi 



GER 

mento in cui trovavasi allora l'im- 
pero, molti signori divenuti possenti 
finirono di rendersi indipendenti e 
sovi*ani, tale essendo in realtà 1* o- 
rìgine primitiva della maggior par- 
te dei principi che regnano al pre- 
sente in Alemagna. Essa compren- 
deva allora piU di trecento stati, 
fra regni, principati^ arcivescovati, 
Tescovati, abbazie, signorie, e città 
libere*: vei*so questo tempo nacque- 
ro i ducati di Svevia, di Franco- 
nia, e di Baviera. Dopo la morte 
di Luigi IV gli stati tedeschi vole- 
vano eleggere re di Germania Ot- 
tone duca di Sassonia, ma ricusan- 
do questi una tal dignità, la confe- 
rirono invece nel 911 o 912 con 
unanime consenso a Corrado nipo- 
te di Arnolfo come figlio di Gis- 
monda, tranne i lorenesi, che si die- 
rono a Carlo III il Semplice re di 
Francia, al quale per ragione ero- 
di taria si doveva lo scettro germa- 
nico. Per tale rivoluzione, che can- 
giò la corona in elettiva, ebbero 
origine le perturbazioni che desola- 
rono il regno. Obliando Corrado I 
la riconoscenza che doveva ad Ot- 
tone, volle indebolire la potenza di 
Enrico suo figlio, conosciuto più 
tardi come capo dell'impero, sotto 
il nome dj Enrico I V Uccellatore, 
perchè fu trovato alla caccia quan- 
do gli fu recata la corona: questo 
principe era nato da Luitgarda fi- 
glia dell' imper^toi'e Arnolfo, e per- 
ciò nipote dello stesso Corrado J, 
il quale non volle accordargli V in- 
vestitura del ducato di Sassonia, e 
gli negò quella del ducato di Tu- 
ringia, cui doveva similmente ere- 
ditare da Ottone suo padre. Enrico 
si vendicò di Corrado I, lo combat- 
tè, e si alleò col re di Francia 
Carlo III, il quale però perde 1' Al- 
sazia cb(B occupò Corrado L Intan- 



GER 

io gli ungheri penetrarono fino al 
Reno, bruciarono Basilea, e feriro- 
no mortalmente Corrado J, che ve- 
dendo avvicinarsi il suo fine, si rim- 
proverò le sue ingiustizie verso En- 
rico, Io designò per successore, rac« 
comandandolo agli stati, commise a 
suo fi*atello Eberardo di portargli 
le reali insegne, e morì senca figli 
a' 23 dicembre del 918. Il regno 
di Enrico I contribuì a riunire gli 
animi, ed a sostenere la gloria na-* 
zionale; ricusò agli ungheri ed un^ 
ni depredatori il tributo, e sosten-* 
ne colle armi vittoriose i propri 
diritti; per lui la maggior parte 
delle città vennero cinte di mura 
e fortificate; egli istituì pel primo 
le regolari milizie, ed a lui si at« 
tiMbuisce r invenzione dei toi*nei. 
Fece inoltre delie leggi savissime, 
ridusse a dovere Arnolfo il Cattivo 
duca di Baviera, vinse i boemi, gli 
schiavoni ed i danesi, non si ar« 
rogò mai il titolo d* imperatore, 
benché ne avesse la piena autori* 
tà. Morì a* 2 luglio del 986, e la- 
sciò tre figli: Ottone I che gli suc- 
cesse, Enrico duca di Baviera, e 
Brunone arcivescovo di Colonia. 
Ottone T, che si meritò il sopran- 
nome di Grande^ fece rivivere Io 
splendore e la potenza del trono, 
aumentando le saggie i«ggt pro- 
mulgate dal padre, venendo anche 
sotto di lui edificate e fortificate 
molte città. Vinse gli ungheri, i 
boemi, e quei ribelli che avevano 
congiurato contro di lui; si portò 
in Italia e sconfisse il re fierea- 
gario che teneva Adelaide vedova 
di Lotario re d'Italia e figlia di 
Rodolfo II re di Borgogna asse- 
diata nella foltezza di Canosa. Ot- 
tone I pi^sc Pavia, liberò la vir- 
tuosa ed avvenente Adelaide, e ìa 
sposò nel 95 1 : questo principe/ era 



GER i3i 

amico di Papa Stefano IX edu^ 
cato in Germania , mentre l' aU 
tro Pontefice Agapito li a lui ri- 
corse contro Berengario, perchè 
maltrattava gli ecclesiastici, e loro 
toglieva per forza il denaro. Nel 
ritorno in Germania Ottone I vin« 
se l'armata del suo primogenito 
Ludolfo, che con molti principi 
avea cospirato contro di lui, e ripor- 
tò una segnalata vittoria sugli un- 
gheri nel 955, restando ucciso il 
duca di Worms con due principi 
tartari. Indi fece coronare nel 961 
in Aquisgrana Ottone II suo fi- 
glio, chiamato il Sanguinano, e la 
Pallida morte de saraceni^ nato da 
Adelaide. 

Il Pontefice Giovanni XII trava- 
gliato da Berengario, e dal figlio 
di lui Adalbei'to, chiamò in Roma 
Ottone I, acciocché con un esercito 
lo liberasse, obbligandosi prima 
con giuramento di fiire restituire 
alla Chiesa romana i beni che gli 
erano stati tolti dai tiranni. Quin- 
di Ottone I cacciò dall'Italia i due 
pritìcipi^ e restituì alla santa Sede 
ciò che gli aveano donato* Pipino 
e Carlo Magno, laonde il Papa per 
riconoscenza lo coronò imperatore 
in 6. Pietro a' t3 febbraio del 
962, essendo egli il primo tedesco 
èie fu ornato della corona impe- 
riale dal Papa, e Giovanni Xii il 
primo tra i romani Pontefici che 
passò l'imperio ai tedeschi. Mal- 
grado questa concessione il Papa 
tornò a riconoscere Adalberto, ri- 
cevendolo in Roma; onde adira- 
tosi l'imperatore Ottone I nel 963 
si reoò di nuovo in Roma con e- 
sercito, ed obbligò i romani a giu- 
rargli di non eleggere piii Ponte- 
fice alcuno, eeaza l'approvazione 
dell'imperatore, il quale, essendo 
liiggiib Oiovaooi Xit^ fi^ adunai-* 



i32 GER 

re ìin conciliabolo, ed iniquamente 
degradato il Pontefice, l'imperatove 
fece eleggere in antipapa Leone Vili ; 
raa cacciato questi dai romani ri- 
pristinarono Giovanni XII che nel 
concilio del 964 condannò l'augu- 
sto, ed il falso pontefice. Giovan- 
ni XII mori nel maggio di detto 
anno, e senza il consenso imperia* 
le fu eletto Benedetto V. Adirato 
Ottone I contro i romani pel vio- 
lato giuramento, ritornò in Roma, 
e vintala con la fame, portò seco 
in Germania Benedetto V che ri- 
legò in Amburgo. Dopo là morte 
di Leone Vili nel 965 fu creato 
canonicamente Giovanni XIII, e 
deli' intrusione degli imperatori di 
Germania neil' Elezione dePonte^ 
fici (F'edi)y se ne parla a quell'ar- 
ticolo. A cagione di un tumulto^ 
il nuovo Papa si ritirò a Capua, 
per cui Ottone I partì per Roma 
onde restituirlo alla sua sede; i 
romani impauriti lo richiamarono, 
ma dodici non poterono evitare la 
morte per ordine dell'imperatore. 
Questi dopo aver vinto Adalberto, 
restituita Giovanni XI II le terre 
della Chiesa usurpate dai Beren- 
gari, e per gratitudine il Papa gli 
coi'^nò imperatore il di luì figlio 
Ottone II, nel giorno del santo Na- 
ta! del 967. Ottone I riunì alla 
Germania la Lorena, e il regno 
d'Italia che n'era stato separato 
dopo la morte di Carlo Magno, 
rendendosi anche padrone di tut- 
ta la Boemia; morì in Magdebur- 
go a' 7 maggio del 978, encomia- 
to siccome uno de' piti grandi im- 
peratori che abbia avuto la Ger- 
mania, amante della giustizia, cle- 
mente e magnanimo, qualità che 
dimenticò nella condotta tenuta col 
Pontefice. Gli successe Ottone II, 
che prima della moite del padre 



GER 

aivea sconfitto i greci ed i «arace-'' 
ni, e fece stare a dovere Enrico 
di Baviera suo cugino, che si era 
fatto proclamare imperatore in Ra- 
tisbona. Qualche tempo dopo a- 
vendo data la bassa Lorena a Car- 
lo fratello unico di Lotario, con 
patto che gliene facesse omaggiata 
Lotario di ciò sdegnalo gli dichia- 
rò guerra, e solo pacificossi nel 
980. Indi Ottone II marciò in I- 
talia contro de' greci, i quali essen- 
do soccorsi dai saraceni, lo scon- 
fissero interamente nel 982. Egli 
prese di poi Benevento, e lo pose 
a ferro e a fuoco, e morì in Ro- 
ma di cordoglio, o da un colpo dì 
freccia avvelenatti, a' 7 dicembre del 
983, in concetto di principe cru- 
dele. Fu sepolto nell'atrio della 
vecchia basilica vaticana, e quan- 
do fu trasportato nelle sagre grot- 
te, la grand*urna di porfido che 
ne racchiudeva le ceneri, fu desti- 
nata per fonte battesimale della 
stessa basilica. Ottone III detto il 
Rosso, od il miracolo del mondo 
successe a suo padre Ottone II, di 
circa anni dodici: la sua minorità 
cagionò delle turbolenze nell'im- 
perio, ma felicemente si sedarono, 
e pervenuto all'età atta a gover- 
nare fece vedere eh' era degnissimo 
del comando. Il Papa Giovanni 
XV, già arcicancellière del di lui 
padre, travagliato da Crescenzio 
Ngmentano che signoreggiava Ro- 
ma, partì per la Toscana, e ricor- 
se all'imperatore; ma i romani 
che ne temevano la potenza subito 
lo richiamarono. Nel 996 gli suc- 
cesse nel pontificato Gregorio V, 
il primo tedesco che salì sulla ve- 
neranda cattedra di s. Pietro, pa- 
rente di Ottone III, che nell'ulti- 
mo di maggio coronò imperatore 
con la sua moglie Maria, e dichia- 



GER 

•i-ò protettore della Chiesa: i criti- 
ci negano che l'imperatore abbia 
•preso moglie. Si vuole da alcuni, che 
il Papa iu un concilio che celebrò 
•in presenza dell' augusto, Nabbia i- 
^tuito il collegio degli Elettori del 
'Sacro romano imperio^ di che se 
ne tratta a queir artìcolo. Tornato 
Ottone III in Germania, Crescen- 
zio si arrogò in Roma la sovrana 
autorità, cacciò nel 997 Gregorio 
V, e gli surrogò Tanti papa Gio- 
vanni XVII. L'usurpatore si pre- 
pai-ava in Castel s. Angelo ad una 
vigorosa difesa, quando intese che 
l'imperatore marciava verso Roma, 
per cui fu costretto ad arrendersi 
con l'antipapa: questi fu dalla ple- 
he frustato, mutilato ed acceccato, 
onde mori, e Crescenzio fu decapi- 
tato. Poco dopo il suo ristabilimen- 
to Gregorio y terminò di vivere, e 
con l' influenza di Ottone HI fu e- 
letto il suo antico precettore Sii- 
vesti'O II. Essendo ritornato l'im- 
peratore in Germania, i romani 
nel 1001 si sollevarono non vo- 
lendo dipendere dai tedeschi. Fu 
lusingato Ottone III che la sola 
sua presenza avrebbe imposto; ma 
giunto in Roma fu assediato nel 
palazzo, e corse grave pericolo, dal 
quale lo liberarono Ugo marchese 
di Toscana, ed Enrico duca di 
Baviera, che tenendo a bada il po- 
polo con trattative agevolarono la 
di lui fuga e quella del Papa. Vi 
ritornò con l'esercito, punì i ri- 
belli, e morì a Paterno a' 17 gen- 
naio 1002 di veleno datogli dalla 
vedova di Crescenzio, in vendetta 
di aver abusato di lei con promes- 
sa di sposarla. 

Eurico II divenne re di Ger- 
. mania, da altri detto I come im- 
peratore: fu chiamato lo Zoppo^ 
y Jpostoh deW Ungheria ed il 



GER i33 

Santo. Era della casa di Sassonia, 
duca di Baviera, e nipote di Enri- 
co fratello di Ottone I. Fondò il 
vescovato di Bamberga, quietò,! 
tumulti di Germania, scacciò i 
greci e i saraceni dalla Calabria, 
e restituì in Roma il Pontefice 
Benedetto Vili, che portandosi in 
Germania ne avea implorato l'aiu- 
to contro l'antipapa Gregorio. Be- 
nedetto Vili ricevè in Roma eoa 
grande onorificenza Enrico II col« 
la sua sposa s. Cunegonda, e li co- 
ronò ambedue in s. Pietro con la 
corona imperiale ai i4 febbraio 
ioi4> Iq questa funzione il Papa 
donò all'imperatore lo scettro, e il 
globo imperiale con uua croce dal- 
la parte superiore, ricco di gioie. 
Enrico II confermò alla Chiesa ro- 
mana i suoi domi ni i e diiitti, rese 
libera l'elezione de' Papi, purché a 
seconda dei decreti di Eugenio lì 
e Leone IV la consacrazione pro- 
cedesse alla presenza degli amba- 
sciatori imperiali, per evitare i tu- 
multi ; indi persuase Benedetto Vili 
che in Roma si cantasse il simbo- 
lo Costantinopolitano, il quale solo 
si recitava. Nel 1019 il Papa tor- 
nò iu Germania, per domandare 
soccorso all' imperatore contro i gre- 
ci che occupavano i domini! ec- 
clesiastici: fu ricevuto da Enrico 
II in Bamberga, che fece tributa- 
ria alla santa Sede, e partito per 
l'Italia col Pontefice, dopo, aver 
vinto i greci, ambedue si ritrova-- 
rono nel monistero di Monte Cas- 
sino , dall' imperatore beneficato 
splendidamente. Enrico II morì 
santamente a' i5 luglio del 1024, 
senza lasciar prole, essendo vissuto 
celibe con s. Cunegonda, veneran- 
doli ambedue la Chiesa per santi. 
In lui si estinse la stirpe mascoli- 
na de'primi re ed imperatori di 



i34 tJER 

Sassonia. Nel medesimo anno fu 
eletto in aperta campagna sul Re- 
no, Corrado II detto li Sàiico, a 
motivo della sua alta nascita, co* 
^ me figlio di Eimànno duca di 
Worms e di Franconia, il quale 
riconosciuto anche dagli stati ita- 
liani, ottenne V imperiai dignità, 
dopo ater sostenuto una lunga 
guerra contro i principi delia casa 
di Sassonia, e dopo aver pacifica- 
to l'Ungheria e la Polonia. Cor- 
}*ado II portandosi in Italia nel 
1026, il Papa Giovanni XX l'in- 
contrò a Milano od a Como, ove 
lo coronò re di Germania o d'Ita- 
lia; e passati in Roma nel 1027, 
a' 26 marzo, giorno di Pasqua, lo 
coronò imperatore d'occidente, io 
presenza di Canuto i*e d' Inghilter- 
ra, e di Rodolfo o Raoul re di 
Borgogna, Questo Raoul re della 
Borgogna Trans] urana lo istituì 
suo erede, come marito dì Gisela 
sua sorella secondogenita: Bude 
conte di Sciampagna, e figlio di 
Berta soi*elIa primogenita, gli mos- 
se guerra, e vi restò ucciso. Cor- 
rado II fu coronato re di Borgo- 
gna, e raccolse pui'e la successione 
di suo cugino Corrado, duca della 
Francia Renana. Le perturbazioni 
d' Italia obbligarono l'imperatore 
d passarvi nel loS^: a Verona 
▼enne incontrato dal Pontefice Be- 
nedetto IX, il quale fu trattato 
con ogni onorificenza. Deposto poi 
il Papa dai romani per la sua con- 
dotta, Corrado II si recò in Roma 
nel f o38, e lo restituì alia sua se- 
de. Corrado II fece mettere al 
bando dell'impero Eraesto II du- 
0Èi di Svevia suo genero, il quale 
si eia posto alla direzione della 
tega teutonica formata contilo di 
Jùi ; questo fu il primo esempio di 
'tati genere di proscrizione, di cui 



6ER 

gì' imperatori spesso dipoi abusaro- 
no. Le leggi e le ordinanze che 
Corrado li fece neli' impera, mas- 
sime nella dieta di Roncaglia,, l'han- 
no fatto considerare da alcuni scrit- 
tori come autore del diritto feu- 
dale scritto. Dolce, afibibile» il suo 
r^no fu benefico e felice, tranne 
alcune guerra, in que' sciagurati 
tempi inevitabili. Morì in Utrecht 
a' 4 giugno 1089, e fu sepolto a 
Spira. 

Corrado II col figlio, altri di- 
cx>no fratello, Enrica III, riunì al- 
l'impero il regno di Polonia, e 
stabilì di nuovo i confini dell' im- 
pero tedesco sul fiume EiJera, do- 
po un accordo fatto colla Danimat^ 
ca. Enrico III duca di Franconia, 
detto il Nero, in età di dodici an- 
ni successe al padre o fratello, ed 
i boemi credendo profittare di sua 
gioventù, negarono pagargli il soli- 
to tributo, ma egli li sottomise. 
Anche l'Ungheria divenne tributa- 
ria air impero sotto Enrico III , 
dal quale distaccossi nelle turbo- 
lenze successive, dappoiché l'impe- 
ratore nel 1 043 atea riposto il re 
Pietro sul trono. Nelle . tristi vi- 
cende di Benedetto IX, nel io44 
simoniacamente s'intrusero nel pon- 
tificato Silvestro III, e Gregorio 
Vi. A riparara lo scisma nel 1046 
fu tenuto in Sutri un concilio al- 
la presenza di Enrico IH, ed ivi 
Gregorio VI rinunziò la dignità, 
che poi l'imperatore ad evitar tur- 
bolenze condusse in Germania. Quin- 
di in Roma si procedette a per- 
suasione di Enrico III, con unani- 
me consenso, air elezione di Clemeui* 
te II sassone suo cancelliere, già 
canonico di Halberstadt, e vescovo 
di Bamberga : fu coronato a* 25 
dicembra, nel qual giorno di Na- 
tale il Papa coronò in St Pietro 



GER 

Enrico III oolla sua moglie Agne- 
se d'Aquìtania. Indi Gemente H 
e r imperatore partirono per la 
Puglia, ove l'imperatore die alcu- 
ne investiture ai principi norman- 
ni, e per non essere stato ricevuto 
dai beneventani, domandò che fos- 
sero scomunicati. Continuando il 
Pontefice il viaggio per la Germa* 
lìia, vi canonizzò 8. Viborada, e 
morì dopo nove mesi e sette gior- 
ni di pontificato. 11 clero e popo- 
lo romano spedì legati in Sassonia 
ad Enrico III pel successore, e que- 
sti gli raccomandò il bavaro Pop- 
pone vescovo di Bressanone, cbe 
il clero e popolo elessero col no- 
me di Damaso II, ma non gover- 
nò che ventitre giorni. Allora l'im- 
peratore destinò a succederlo il 
pix)prio parente Brunone di Lore- 
na vescovo di Toul, che di mala 
voglia acconsentì col patto che ne 
venisse dal clero e popolo roma- 
no confermato, ne V elezione del- 
l'imperatore fosse stimata più che u- 
na semplice raccomandazione. Giun- 
to Brunone in Roma nel 1049 lu 
eletto con generale consenso , e 
prese il nome di Leone IX, vene- 
randolo la Chiesa pei* santo. Poco 
dopo il Papa si portò in Germa- 
nia, ed in Magonza celebrò un 
concilio alla presenza di Cesare, ed 
ivi dichiarò V arcivescovo di Ma- 
gonza legato della romana Chiesa 
nelle parti di Germania; indi coU 
r imperatore si trasferì a Colonia. 
Leone IX tornò in Germania nel 
io5i, abboccandosi in Augusta con 
£nrico 111; per la teraa volta vi 
intorno nel io52 per pacificar quel 
principe col re d'Ungheria Andrea 
I, che scomunicò per rifiutare l'au- 
torità apostolica; poscia in Wor- 
mazia rivide Enrico III , il quale 
cedette al Pontefice quella giurisdi- 



GER 



i35 



ztone che gl'imperatori esercitava* 
no in Benevento, ed in vece Leo- 
ne IX liberò la città di Bamber- 
ga dall' esser feudataria della Sede 
apostolica. Morì il Papa nel i o54> 
e l' imperatore designò a succes- 
sore Gebeardo d'Inspruck vescovo 
di Eichstett» suo parente, ed inti- 
mo consigliere: portatosi in Roma 
Gebeardo fu eletto dai romani ai 
quali spettava, e prese il nome di 
Vittore il. Questi passò in Firen- 
se, ove portatosi Enrico III, alla 
sua pi*eseuza celebix> un concilio. 
Ritornato in Roma il Pontefice 
vietò a Ferdinando II re di Leo- 
ne e di Castiglia di usare il titolo 
d' imperatore. 

Enrico III dopo aver messo a 
dovere alcuni piccoli principi d'I- 
talia, cacciò i conti di Olanda e 
di Frisia, e morì a Boenfeld nella 
Sassonia a' 5 ottobre io56, succe- 
dendogli in età di cinque anni il 
figlio Enrico lY detto il Secchio ed 
il Grande^ per risoluzione della dieta> 
sotto la tutela della madre Agnese, 
la quale governò sino al 1062. 
Vittore li essendosi portato in Ger- 
mania si trov^ò presente alla mor- 
te di Enrìco III, e potè pacificare 
il figlio con alcuni signori contro 
di lui insorti : celebrò in Ratisboi- 
na cou Enrico lY il santo Natale, 
e nel 1057 si restituì iu Roma, ove 
morì a' 28 luglio. Con unanime 
consenso fu creato Papa col nome 
di Stefano IX detto X, Giuniano 
di Lorena ; questi inviò all'impera- 
trice Agnese suo legato il cardinal 
Ildebrando poi Gregorio Vl'> ed 
ottenne prima dai vesco"*» clero, 
e popolo roma iO la promessa di 
non procedere dopo la sua morte 
all'elezione del iuccessorc, prima 
del di lui ritorno. Morì circa dopo 
otto mesi Stefano X, ed il sim^ 



i36 GER 

nome in molti martirologi gode il 
titolo di santo. Per la potenza di 
alcune fazioni s' intruse l'antipapa 
Benedetto X, ma i romani avendo 
chiesto ad Enrìco IV, Geraixlo di 
Borgogna vescovo di Firenze per 
Pontefice, l'augusto di buon grado 
vi convenne. Tornato in Italia Il- 
debrando concorse all' elezione di 
Gerardo, che nel gennaio i o58 fu 
inti*onizzato col nome di Nicolò li. 
Mori a' 22 luglio 1061 ; ed il pri- 
mo ottobre con unanime concor- 
dia i sacri elettori sollevarono al 
pontificato Alessandro II : in que- 
sto Papa terminò l'abuso di aspet- 
tare l'approvazione degl'imperato- 
ri tedeschi nell' elezione de' Ponte- 
fici, e restò la santa Sede in as- 
soluta indipendenza. Giunta la no- 
tizia dell'esaltazione di Alessandro 
II ad Enrico IV e ad Agnese, a- 
cremente si adirarono perchè ese- 
guita senza la loro intervenzione, 
e come fatta in loro disprezzo, nel 
qual sentimento li confermarono 
i ministri adulatori di loro corte, 
laonde in opposizione fecero eleg- 
gere in antipapa Cadolao Pallavi- 
cini col nome di Onorio II, con 
tripudio di tutti i simoniaci e con- 
cubinari di Lombardia. Quindi l'an- 
tipapa nell'anno seguente colle trup- 
pe che gli djerono Enrìco IV ed 
Agnese, si portò in Roma per 
mettersi in possesso della pretesa 
sua dignità, ma venne costretto a 
fuggire: si ritirò nel suo vescova- 
to di Parma, e venne deposto e 
^gradato nel 1067 da Alessandro 
II9 ^.1 concilio tenuto in Manto- 
va, ove intervenne Annone arcive- 
scovo di Ctonia, principale ammi- 
nistratore delr imperatore nelle co- 
se di Germania. Nel 1078 diven- 
ne Pontefice s. Gregorio VII, che 
subito die avviso ad Earico IV di 



GER 

sua elezione, non per aipé(tai*ne la 
conferma, ma perchè gli procuras- 
se rinunziare la dignità: in vece 
l'augusto inviò a lui Gregorio ve- 
scovo di Vercelli cancelliere d'Ita* 
lia, perchè assistesse alla di lui con- 
sacrazione. Questi fu l'ultimo Pa- 
pa che significò all'imperatore l'as- 
sunzione al pontificato prima della 
consacrazione o benedizione, e l'ul- 
timo ch'ebbe assistenti in tali fun- 
zioni i legati di Cesare. 

Intanto Enrico IV sottomise la 
Sassonia, e si rese terribile a tutta 
l'Europa, quindi tra lui e il zelante 
Pontefice principiò la fómosa con- 
troversia, che tenne diviso il sacer- 
dozio dall'imperio lungamente, a ca- 
gione delle Investiture ecclesiasti^ 
che (Vedi), Ne derivarono funesti 
avvenimenti, e la primaria origine 
delle tremende fazioni de' Guelfi 
{Vedi), e de' Ghibellini (Vedi) che 
desolarono per diversi secoli l'Ita- 
lia e la Germania ; dappoiché i pri- 
mi seguirono le parti de' Pontefici, 
i secondi quelle degl' imperatori. 
Portate le cose agli estremi da am- 
bedue le parti, né cessando Enri- 
co IV dalla pretensione d' investire 
de' benefizi ecclesiastici i vescovi 
e gli abbati, col bacolo e con l'a- 
nello, non risparmiò il buon Pon- 
tefice ammonizioni e minacce, e 
dichiarò incorsi nella scomunica 
quelli che conferivano tali investi- 
ture, e quelli che le ricevevano. I 
fautori dell'imperatore audacemen- 
te attentarono alla vita di s. Gre- 
gorio VII, méntre celebrava in s. 
Maria Maggiore ; ma questi . dopo 
avere esaurito le parti di padre , 
in un concilio del 1076 scomuni- 
cò Enrico IV; e siccome gli elet- 
tori dell'impero a' 1 3 marzo 1077 
elessero io re di Germania Rodol- 
fo duca di Svevia, Gregorio VII 



GEN 

approvò tale atto, e gl'invìo una 
corona reale, coir epigrafe : petba 

DEBIT FBTRO, PETRUS DIADEMA RO- 

DU£PBO. La Contessa Matilde (Fé* 
di) prese le difese della Chiesa col- 
le armi, ed Insieme ai gran signo- 
li di Germania persuase Enrico 
IV a farsi assolvere al modo che 
dicemmo nel citato articolo : vesti- 
to di sacco con finti atti di peni- 
tenza, nel castello di Canossa pro- 
strato a' piedi del Pontefice venne 
sciolto dalle censure e benedetto, 
dopo aver promesso quanto gli era 
stato richiesto. Passati quindici gior- 
ni, Enrico IV tornò alle sue ini- 
quità, violò le promesse, e si pre- 
para alla vendetta, ed all'abuso di 
sue foi*ze. Il Papa tornò a scomu- 
nicarlo, ed allora Enrico IV adu- 
nato un conciliabolo in Bressano- 
ne nel 1080, vi fece eleggere lan- 
tipapa Clemente III , il quale fu 
pure fulminato di scomunica da 
Gregorio VII: da questo scisma 
ebbe origine l'eresia degli enrichia- 
ni, condannati nel concilio Quin- 
ti li neburgense, i quali afferma vano 
che l'imperatore avea somma au- 
torità sopra l'elezione de' vescovi 
e de' Papi , e perciò non doveva 
riconoscersi per legittimo, se non 
r eletto dall' imperatore , o dal re 
della Germania, e che niun conto 
sì dovea fare della scomunica del 
Pontefice contro i re. Dalle tur- 
bolenze nate in tempo degli Enri- 
chi IV e V derivò -il costume nei 
principi di mandarsi a Roma gli 
ambasciatori di ubbidienza. Dopo 
vari militari successi^ Rodolfo di 
Svevia perde la vita in una san- 
guinosa battaglia a Wolksheim pres- 
so Gera , li 1 5 ottobre 1 080 , e 
quando fìi detto all' imperatore che 
gli si preparava un sepolcro ma- 
gnifico, lispose: Vorm che tutti i 



GEN 187 

inìei nemici fossero così magnìfica- 
mente sepolti^ 

Etmano o Ermanno di Luxem- 
burgo conte di Salmes fu eletto 
imperatore dai nemici di Enrico 
IV, e dai sassoni : dopo aver que- 
sti riportato molti vantaggi, il con- 
te mori ignorato nelle sue ten*e. 
Il Papa temendo le insidie di En- 
rico IV si ritirò a Salerno nel 
1 08 1 , mentre l' imperatore si por- 
tò ad assediare Roma, e vi ritor- 
nò nel io8a inutilmente, finche 
assediatala per la ter/a volta quan- 
do il Pontefice eravi ritornato, ai 

II marzo 1084 fece intronizzare 
il pseudo Clemente III. In questo 
tempo in aiuto di Gregorio VII 
giunse in Roma Roberto Guiscar- 
do co' suoi normanni^ pose in fu- 
ga Enrico IV, saccheggiò ed in- 
cendiò parte della città onde me- 
glio liberare il Pontefice, che fatto 
ri tomo a Salerno vi mori a' 25 
maggio io85. Gli successe Vittore 

III che subito scomunicò l'antipa- 
pa e condannò le investiture ec- 
clesiastiche date illegittimamente da- 
gl' imperatori, e terminò di vivere 
nel 1087, ^^*'*® ^^^ veleno propi- 
natogli da Enrico IV. Allora fu 
innalzato al pontificato Urbano II, 
già legato di s. Gregorio VII in 
Germania ed in Lombardia all'im- 
peratore, che gli avea fatto atroci 
insulti. Intanto Enrico IV fu tra- 
vagliato dal figlio Corrado, ch'egli 
avea lasciato in Italia per far guer- 
ra alla contessa Matilde difenditri- 
ce della santa Sede, quando si fe- 
ce consecrare re d' Italia , guada- 
gnandosi l'assistenza di Urbano li. 
L'imperatore avea imprigionato la 
moglie Anna di Russiti, e fece di 
tutto perchè Corrado, e diversi 
stranieri la violassero, al che es- 
sendosi ricusata, il marito la di- 



i38 GEB 

chiaro adultera : Adelaide ftjggì se- 
gretamente, e chiese giustizia con- 
tro di lui nel concilio di Piacen- 
tsà tenuto nel logS dal Papa^ il 
quale in diversi conciiìi fulminò 
delle censure Enrico IV, Tanti- 
papa, le investiture, e gii eretici 
seguaci di Cesare. Questi nel 1097 
adunò la dieta d*Aquisgrana, ed ac« 
cusando il tradimento di Corrado, 
domandò che l'altro figlio Enrico 
V detto il Gioitane fosse eletto re 
de' i*omani. A quest' epoca le cose 
ecclesiastiche di Germania erano 
MI istato deplorabile, e solo i quat-* 
Irò vescovi di Wurtzburgo, di Pas- 
«avia, di Worms , e di Costanza 
conservavano la cattolica comunio- 
ne. Per opporre all'ostinazione del- 
l'imperatore e dell'antipapa una 
Ibrza che li potesse contenere, Ur- 
bano II esortò la contessa Matil- 
de a sposarsi con Volfone V du- 
ca di Baviera, ciò ch'ella esegui 
nel 1089. Enrico IV sembrò dis- 
posto a ricoociliarsi col Papa , e 
partire per la crociata, ma pro- 
crastinando senza nulla effettuare, 
i legati pontifìcii procurarono gua- 
dagnare il figlio Enrico V che as- 
solsero dalla scomunica. Nel 1099 
divenne Pontefice Pasquale li , e 
nel iioi morì Corrado; nell'anno 
seguente Pasquale 11 condannò l'im- 
peratore ia un concilio,, e si ritirò 
io Francia. 

Enrico V unitosi col marchese 
d'Austria, e col duca di Boemia si 
ribellò al padre: questi tentò le vie 
della dolcezza, e convocò la dieta 
di Magonza. Suo figlio vi si portò 
a chiedergli perdono, e trattolo con 
inganno fuori della città, lo fece 
arrestare, e chiudei*e nel castello di 
Bingenheim. La dieta si dichiarò 
in favore pel perfido figlio, si strap- 
parono al padre le insegne im'pe- 



GER 

fiali, delle quali si rivestì Enrico 
V solennemente in Magonza, pro- 
testando colla più fina ipoaisia, 
che avrebbe restituito l'impero ai 
genitore se fosse ritornato all'ub- 
bidienza del Papa, riconciliandosi 
con la Chiesa romana. Riuscì ad 
Enrico iV fuggire a Liegi, donde 
supplicò il figlio a lasciarlo ivi mo- 
rire in pace; ma Enrico V fu in- 
sensibile, e mentre insidiava il pa- 
dra, questi oppresso dagli afiànni 
morì in Liegi a' 7 agosto 1106, 
provocando la vendetta del cielo 
sul capo del figlio che gli succes- 
se. Il suo cadavere per oi'dine di 
Enrico V fu diss<3polto, e portato a 
Spira, dove giacque due anni in 
una cantina come scomunicato. Co- 
sì finì Enrico IV, principe valoroso, 
eh' erasi trovato vittorioso a ses- 
santasei combattimenti, e che abban- 
donato ai piaceri accordò troppa 
confidenza ad indegni ministri che 
abusarono di loro autorità. Secon- 
dando Pasquale II le preghiere dei 
vescovi di Germania adunati nel 
sinodo di Magonza, si partì dalla 
Francia, ed a' 22 ottobre 1106 
nel concilio di Guastalla pubblicò 
decreti contro le investiture e la 
simonia, che adontando i tedeschi 
meditarono vendicarsene. «Venuto 
il Papa in cognizione di ciò , in 
vece di proseguire il viaggio di 
Germauia , fece ritorno in Fran- 
cia. Nel I f 08 si portò a Benevento 
e vi condannò le investiture, indi 
passò in Roma. Intanto Enrico V 
in un sinodo composto de' suoi par- 
tigiani annullò le decisioni dei con- 
ciiii di Guastalla e di Chalons 
contro le investiture, e continuò a 
conferire i benefizi ecclesiastici. Fe- 
ce inutile guerra agli ungheresi 
ed ai polacchi, nel mi sposò Ma- 
tilde d'Inghilterra^ e ad esempio 



GER 

de* suoi predecessori passò in Ita-* 
lia per essere coronato dalle mani 
del Papa, facendosi precedere da 
ambasciatori sostenuti da un eser- 
cito. Pasquale II si ricusò di co* 
ronarlo se prima non desisteva dal 
pretendere il conferimento del pos« 
sesso de'dominii e benefìzi ecclesia* 
stici per investitura, e non avesse 
effettuato la promessa conferma ai 
diritti della romana Chiesa. Adira- 
tosi l'imperatore mentre era stato 
onorevolmente accolto da Pasquale 
II, con riprovevole prepotenza fece 
nella basilica dì s. Pietro con do- 
lo arrestare il Papa, con molti car- 
dinali, vescovi e signori, e li con- 
dusse tutti prigioni nella Sabina 
sul monte Soratte, nel castello di 
Tribico, senza che vei*un vescovo 
tedesco disapprovasse sì orrendo fat- 
to, fuorché Corrado ai*civescovo di 
Salisburgo. I romani si sollevaro- 
no y uccisero molti tedeschi , ma 
questi superiori in forze regolari 
facilmente superarono gì' insorti. Do- 
po cinquantacinque giorni di mi- 
sera schiavitù, mosso Pasquale II 
a compassione de' patimenti altrui, 
fu costretto concedere ad Enrico 
Y, che senza obbligare ad alcun 
atto di simonia , potesse dare ai 
vescovi ed abbati del suo regno la 
investitura; indi l'imperatore con- 
dusse dopo il 9 aprile il Papa in 
Roma, e da lui fu coronato iu s« 
Pietro a' 1 3 di detto mese. Dopo 
tal cerimonia Enrico V si gettò ai 
piedi di Pasquale II, e gli chiese 
il permesso di dare sepoltura al 
genitore, facendo ritorno in Ale- 
inagna. 

Lotario duca dì Sassonia ricu- 
sando pagare il tributo al fisco im- 
periale, prese le armi, e mentre 
l'imperatore aiutato dal duca di 
Svevia si moveva coutro di lui, 



GER iSg 

Pasquale II pentito della violenta 
concessione, pei reclami e proteste 
de' vescovi, solennemente condannò 
il privilegio dato all' imperatore, e 
tutta la Germania si sollevò a di 
lui danno, massime il vescovo di 
Wiirtzburgo, e l'arcivescovo di 
Magonza: in Gerusalemme fu ce« 
lebrato un concilio, ove Enrico V 
venne scomunicato, e dichiarata 
nulla l'estorta concessione delle in- 
vestiture. Dopo avere Enrico V im- 
piegato due anni a pacificare i 
suoi stati, rivalicò le Alpi nel 1 1 16 
per mettersi in possesso delle ter- 
re, che la contessa Matilde sua pa- 
rente aveva formalmente donato 
alla santa Sede. Entrò in Roma da 
vincitore, costrinse a fuggire nella 
Puglia il Papa, ma questi vi ri- 
tornò dopo la partenza dell'impe- 
ratore, che dopo Clemente HI gli 
avea suscitati contro tre altri anti- 
papi. Morì Pasquale lì nel 11 18, 
e gli successe Gelasio li che subi- 
to fu oltraggiato dai fautori impe- 
riali, laonde per salvarsi anche da 
Cesare ritornato in Roma partì per 
la Francia. Enrico Y fece antipa- 
pa Gregorio YIII, ed entrambi 
vennero scomunicati da Gelasio II, 
che morì in Cluny a' 29 gennaio 
mg. Calisto li suo successore su- 
bito nel concilio di Reims colpì di 
scomunica l'imperatore, e il falso 
Papa, indi entrò in Roma ai a 
giugno 1120, e fece imprigionare 
l'antipapa. Mentre tutto sembrava 
progredire ad una generale pertur- 
bazione, Dìo toccò il cuore alle par- 
ti contendenti, l' imperatore temet- 
te di morire miseramente come 
suo padre, rinunziò alle investitu- 
1^ e la controversia fu aggiustata 
da Calisto II con Enrico V, al mo- 
do che dicemmo al voi. XVI, p. 
36 del Dizionario; indi ratificaCa 



i4o GER 

nel concilio generale Lateranense J, 
ove il PonteOce canonizzò s. Cor- 
rado vescovo dì Costanza. Nuove 
turbolenze accaddero in Germania, 
ma Enrico V per tenere occupati 
ì vassalli fuori di essa^ ruppe guer* 
ra con la Francia, coi pretesto di 
aver accordato asilo ai Papi du- 
i*ante le sue vertenze con essi; por* 
tatosi ad Utrecht morì a' 2 2 mag- 
gio 1 135, restando con l^i estinta 
la stirpe femminina de' franchi im- 
peratori, e la casa di Franconia, 
perchè senza figliuoli. Dal regno 
di questo principe incominciò a 
consolidarsi ne' signori de' grandi 
feudi il diritto di sovranità: figlio 
snaturato, principe ipocrita, inquie- 
to vicino, cattivo padrone, tale fu 
Enrico V. A' 29 agosto nella dieta 
di Ma gonza fu eletto imperatore 
Lotario li duca di Sassonia, figlio 
di Gebardo conte d'Arnsberg, ove 
r abbate Suggero vi fece esclu- 
dere Federico duca di Svevia, figlio 
di Agnese sorella di Enrico V, che 
insieme a Corrado duca di Franco- 
nia della casa di Hohenstausen, e 
nipote di Enrico IV, furono com- 
petitori di Lotario li, che fu de- 
bitore dei suo innalzamento alla 
sua divozione verso la santa Sede. 
Ambedue gli emoli protestarono 
contro questa elezione, e Corrado 
HI si fece acclamare imperatore a 
Spira, ed incoronare a Milano dal- 
l' arcivescovo Anselmo. Il Papa O- 
norio II, già legato in Germania, 
confermò l'elezione di Lotario li, 
e scomunicò Federico e Corrado 
III, che colle armi gli disputavano 
l'impero, insieme ali' arcivescovo 
Anselmo, per aver osato coronare 
il secondo: la guerra durò dieci 
anni. 

Nel 1 1 3o fu sublimato al ponti- 
ficato Innocenzo II, stato auch'egli 



GER 

legato in Germania, quando insor- 
se il potente antipapa Anacleto II, 
che il costrinse a recai*si in Fran- 
cia. Nel 1 1 3 1 Innocenzo II si por- 
tò iu Germania, coi'onò in Liegi 
Lotario li, scomunicando i suoi 
competitori e l'antipapa: il Pon- 
tefice negò con fei'mezza all'impe- 
ratore il ristabilimento delle investi- 
ture, e gli promise coronarlo anche 
in Roma, se giurava difendere la 
Chiesa. Dipoi Innocenzo II nel 1 1 32 
vicino a P iacenza s'incontrò con Lo- 
tario II, che portavasi a Roma per la 
coronazione alla testa d'un esercito, 
ed in compagnia di s. Norlierto. A 
Viterbo si rividero, e giunti ambe- 
due in Roma, essendo la basilica 
vaticana occupata dall'antipapa, in 
quella lateranense, ed a' 4 giugno 
Il 33 Innocenzo II solennemente 
coronò Lotario II, e sua moglie 
Rìcheze o Richenza, che figlia ed 
erede di Enrico il Grosso aveva 
portato in dote la Sassonia. Il Pa- 
pa concesse all'imperatore l'usu- 
frutto del patrimonio delia contes- 
sa Matilde, compresa la Garfagna-^ 
na (Fedì) con annuo censo per 
feudo. Lotario li grato per tante 
dimostrazioni di bontà, giurò difen- 
dere la romana Chiesa e i suoi 
dominii, e ad esempio di altri im- 
peratori si prostrò al Papa, gli ha* 
ciò i piedi, e condusse secondo il ce- 
rimoniale per la briglia la sua mu- 
la per lo spazio di alcuni passi, in 
segno di venerazione al supremo 
gerarca della Chiesa universale . 
Frattanto i rivali di Lotario II, 
abbandonati dai loro alleati, chie- 
sero ed ottennero la pace a buone 
condizioni ; allora l' imperatore con- 
vocò iu Magdeburgo una dieta, che 
vi fu celebrata nei 11 35 con gran 
numero di ambasciatori che vi spe- 
dii'ouo i principi sti'auieri^ e che 



OER 

divenne rinomata pei decreti fatti 
pel buon regolamento del governo 
interno della Germania, sino a quel- 
l'epoca in preda alla più grande 
confusione. Nel 1187 Lotario II si 
condusse in Italia con T esercito per 
difendere Innocenzo II contro Rug- 
gero re di Sicilia, fautore dell' an- 
tipapa Anacleto II, che mediante la 
flotta de' pisani costrinse ritornare 
in Puglia, e gli tolse varie città. 
Celebrò col Papa la festa della 
Pentecoste in Benevento; ma in. 
Avellino ambedue contrastarono per 
trenta giorni sul diritto di creare 
il duca di Puglia, che finalmente 
fu aggiudicato ad Innocenzo II. Ri- 
tornando Timpeititore in Germania 
mori a Bretten presso a Trento, ai 
4 dicembre 1 1 87 , senza prole. Gli 
stati adunati in Ratisbona imposto 
aveano a Lotario II varie obbliga- 
zioni : dapprima avevano deciso che 
i beni de proscritti apparterrebbero 
agli stati, e non all'imperatore; a 
questi avevano prescritto continui 
viaggi nelle varie provincie, interdetto 
la facoltà di fabbricar nuove for- 
tezze, e finalmente eransi riserbati 
il diritto di fissare le imposizioni, 
non che quello di deliberare sulla 
pace e sulla guerra : tali furono le 
prime costituzioni dell'impero ger- 
manico. 

Nella dieta di Coblentz nell'anno 
1 1 38 fu eletto imperatore Conta- 
do III, già competitore del defunto, 
in presenza e per l'influenza di 
Teodomiro legato della Sede apo- 
stolica, che lo corone in Aquisgrana. 
Invano cercò opporvisi ed essere e- 
lelto Enrico il Superbo duca di 
Baviera, siccome genero di Lotario 
II; fu condannato al bando del- 
l' impero da Corrado HI, e spoglia- 
to de' propri stati senza che Inno- 
cenzo Il vi si opponesse^ come be- 



GER i4f 

nemerlto della Chiesa, e ne morì 
di cordoglio. Dalla rivalità e se- 
gi*eta gelosia che da lungo tempo 
esisteva tra le loro famiglie di Ho^ 
lienstausen e di Baviera, alcuni sto^ 
rici pretesero avere avuto origine 
le fazioni de' ghibellini e de' guelfi. 
Alle persuasioni di s. Bernardo, 
Corrado III partì per la crociata, 
ma contrariato dai gelosi gi^ci, lo 
esercito oppresso dalle f^jtiche fu 
tagliato a pezzi dai turchi, ed egli 
restò ferito da due frecce; tutta* 
volta pix)segin il cammino per la 
Siria, ed all'assedio di Damasco fé* 
ce pmdigi di valore. Tornato in 
Europa morì dappoi a'i5 febbra- 
io 1 1 52 in Bamberga, e fu sepol- 
to nella cattedrale. Corrado III 
non avendo ricevuto la consacra- 
zione -imperiale, si faceva sni»upolo 
dì assumere ne' suoi diplomi il ti- 
tolo d'imperatore, nominandosi sem- 
plicemente re de' romani, solo nel- 
le lettere agli imperatori di Co- 
stantinopoli si chiamava imperato- 
re, per trattare in parità con essi ; 
ma del doversi chiamare re de'rO' 
mani l'imperatore sino alla sua co- 
ronazione, lo si dice all'articolo 
Imperatore. Essendo morto Enrico 
suo figlio , gli successe Federico I 
suo nipote, soprannominato Barba' 
rossa «a cagione de' suoi belli ca- 
pelli color d'oro, figlio di Federi- 
co duca di Svevia^ che le sue gran- 
di qualità l' ayevano reso chiaro. 
Fu eletto diciassette giorni dopo 
la morte del predecessore, e coro- 
ronato in Aquisgrana a' 9 marzo 
lì Si: sedò le turbolenze d' Ale- 
magna, accordò al duca di Sasso- 
nia r investitura della Baviera, ob- 
bligò Canuto a cedere al suo riva- 
le Svenone la Danimarca, il quale 
per riconoscenza si dichiarò vassal- 
lo deirimperp. Passato in Italia 



i42 GER 

con Tesercito, sottomise le città che 
eransi i^ese indipendenti, e sì fece 
corollare re di Lombardia. Deputò 
in séguito ambasciatori ad Adria- 
no IV» per pregarlo che l'incoro- 
nasse imperatore in Roma. Il Papa 
sentendo che veniva con numeroso 
esercito, si chiuse nella fortezza di Ci- 
"vita Castellana, gli mandò incontro 
tre, cardinali, coi capitoli che doveà 
approvare: essi trovarono Federico 
I a s. Quirico, e quivi giurò di- 
fèndei*e e conservare ì diritti dei 
romani Pontefici, e della santa Se- 
de, dovendosi uniformare al ceri- 
moniale sugli atti di ossequio suc- 
cennatì, soliti prestarsi ai Papi. A 
Sulri l'incontrò Adriano IV, ed 
ivi ebbe luogo il bacio del piede 
e i'ulGcio di staffiere, e siccome 
fallò -nel sostenere la staila, si nar- 
ra ch'egli dicesse non aver mai 
imparato il mestiere di palafreniere. 
Sebbene il Pontefice avesse fat- 
to occupare dalle truppe cesaree i 
dintorni della basilica vaticana e 
la Città Leonina, a cagione delle 
fazioni che in Roma pretendevano 
sostenere l'autorità dell'antico se- 
nato romano, allorché segni in s. 
Pietro la coronazione a'i8 giugno 
ii55, il popolo commise eccessi 
che i tedeschi repressero colle armi. 
Tornato in Alemagna Federico I 
distrusse i castelli di molti signo- 
ri, citò in una dieta il conte pa- 
latino, e ripudiò Adelaide di Woh- 
bourg sotto pretesto di parentela, 
sposando poi Beatrice figlia unica 
di Rinaldo ITI conte di Borgogna, 
con che acquistò i diritti sull'anti- 
co regno d'Arles, nella qual città 
si fece poi coronare. Nel medesi- 
mo anno ii 55 Adriano IV ornò 
Guglielmo col titolo di re delle 
due Sicilie, ciocche ini lo l'impe- 
ratore^ donde ebbe principio la 



GER 

lunga dissensione tra i Papi e l'im* 
pet*o. Altro motivo d| disgusto per 
Federico I, si fu avere il Pontefi- 
ce chiamato in una lettera l'impe- 
ro benefmum , in significato come 
di feudo dipendente dalla Sede a-» 
postolica ; e si narra pure che il 
legato invitato a dare spiegazioni, 
dicesse dover riconoscere l'impero 
dal Papa, il quale approvava l'e- 
lezione degl' imperatori, li consa- 
crava e decorava della corona ed 
insegne reali, per cui solo dopo 
tal funzione essi prendevano il ti- 
tolo d'imperatori, essendo prima 
soltanto re de' romani, per avere 
la santa Sede ripristinato l'impero 
d'occidente, e dato poscia ai re di 
Germania. Nel 1 1 58 Federico I 
fece ritorno in Italia, per esigere 
il giuramento di fedeltà dalle dif- 
ferenti città, le quali obbligate a 
ciò dalla forza delle circostanze, 
poscia si ribellavano. Mentre asse- 
diava Milano, con rapidi trionfi pa- 
cificò la Boemia, e fece tributaria 
la Polonia; indi dichiarò i beni dei 
milanesi confiscati , e le loro per- 
sone schiave, punendo col saccheg- 
gio Crema alleata di Milano. Al- 
cuni adulatori teologi e giureeon- 
fiulti, dichiararono a lui appai'te- 
nersi l'impero del mondo. Mentre 
l'imperatore maturava il progetto 
di ridurre l'Italia sotto 1' assoluta 
sua dipendenza, morì Adriano IV 
nel II 59, e fu eletto Alessandra 
III, ch'essendo stato il legato del 
predecessore a Federico I , questi 
lo avea a nemico. Ne' comizi in- 
sorse l'antipapa Vittore IV, già le- 
gato a Corrado IH e a Federico 
I, che Siccome suo partigiano sos- 
tenne con le armi e riconobbe. 
Alessandro III costretto a ritirarsi 
da Roma in Anagni , scomunicò 
l'imperatore, e sciolse i di lui sud* 



GER 

diti dal giuramento di fedeltà. Al- 
lora i milanesi profittando deiroo 
casione, assalito l'esercito imperiale 
a Lodi, riportarono luminosa Tin- 
toria; ma Federico I assediando 
Milano la prese per fame^ ne rat 
se le mura e gli edifizi, tranne le 
chiese, e seminò il sale sulle sue 
rovine. Genova spaventala inviò 
deputati a fare la sommissione, Bo- 
logna per avere resistito venne 
smantellata, laonde tutta Tltalia a 
lui si sottomise, ed Alessandro III 
prese asilo in Francia. 

Nuove turbolenze seguirono in 
Italia: Roma, Venezia, ed altre città 
allearonsi contro 1* imperatore, che 
per morte dell'antipapa fece eleg- 
gere a successore Pasquale III ; e 
nella dieta di Wiirtzburgo, prepo- 
tentemente chiese ai principi e ve- 
scovi di giurare, non riconoscete 
mai Alessandro III, ciò che aumentò 
H numero de'suoi nemici, ed alla 
lega delle città italiane altre se ne 
aggiunsero. Intanto Alessandro III 
per le suppliche de'romani fece ri- 
torno in Roma , ove subito nel 
] 1 66 si portò ad assediarlo Tim- 
pei'atore, ed il costrinse a partir- 
ne nelF anno seguente per Bene* 
vento, nella qua! città ricevette gli 
ambasciatori di Emanuele Comne- 
no imperatore di Costantinopoli , 
che si offiMva riunir la Chiesa gre- 
ca alla latina, e di liberarlo dalle 
molestie di Federico I, se gli con- 
cedeva r imperio d' occidente. Il 
Papa si mostrò grato alla premu- 
ra che Emanuele dimostravagli, 
ma in quanto a dargli Y imperio 
occidentale, gli rispose che Dio a- 
vealo posto nella cattedra aposto- 
lica per procurar la pace, non per 
fomentar la discordia. La peste de- 
cimò in Roma Tcsercito di Fede- 
rico I, che ritirandosi in Germania^ 



GER 143 

a stento ripassò le Alpi depaupe- 
rato dalle lunghe guerre, ed abbat- 
tuto da tante disgrazie. Allora a- 
vanzò pacifiche proposizioni al Pon- 
tefice, che le rigettò per la loro 
natura; indi nel 1172 congregò 
una dieta a Worms per chiedere 
soccorsi, quindi spedi in Italia col- 
Tesercito Cristiano arcivescovo dt 
Magonza, che danneggiò molti luo- 
ghi della santa Sede; mentre egli 
medesimo por tossì ad assediar Ales- 
sandria che le città cpUegate aveva- 
no eretta in onore del Papa, e che 
per derisione ì seguaci dell'impera- 
tore chiamarono elella Paglia, e 
Federico I ne fu l'espinto con per- 
dita: i sassoni lo abbandonarono, 
i milanesi gli distrussero la ca- 
valleria a' 29 maggio 1 1 76,^ e il 
doge di Venezia Ziani disfece in 
mare i suoi vascelli, e fece prigio- 
ne il di lui figlio Ottone, termi- 
nando in tal modo l'imperiai po- 
tenza in Italia. L'imperatore si ri- 
fugiò in Pavia, e si vide costretto 
a spedire ambasciatori ad Alessan- 
dro IH in Anagni, per supplicarlo 
della pace, fissandone il Papa stesso 
le condizioni. Sebbene il Pontefice 
poco potesse fidarsi delle sue in- 
tenzioni, per averlo egli sempre per- 
seguitato, sostenendo tre antipapi, 
giacché a Pasquale III era succes- 
so Calisto III ungaro, tutta volta 
come padre comune, per conchìu- 
dere la concordia si trasferì a Ve- 
nezia nel II77. Q^ì^i finalmente 
portatosi pure Federico I, venne 
stabilita la sospirata pace tra il 
sacerdpzio e V impero, colla me- 
diazione de' veneziani perciò ricol- 
mati di privilegi dal Pontefice, che 
a' 24 luglio avanti le porte della 
basilica di s. Marco ricevette pianr 
gente al bacìo del piede l'impera- 
tore. Alessandro III intenerito lo 



i44 GER 

alzò, baciò e benedi, e nel di se« 
guente lo comunicò solennemente, 
e gli usò diverse distinzioni in se- 
gno di sincera pacificazione; altret- 
tanto essendo quella di Federico 
I, il quale dal canto suo fece al 
Pontefice i consueti ossequi^ di te- 
nergli la staffa nel salire a cavallo, 
addestrar questo per alcuni passi, 
con altri segni di venerazione, laon- 
de é ÙLVoìa. quanto diversamente 
si è a proposito narrato. 

li duca di Sassonia Enrico il 
Lione prese le armi , e per due 
anni tenne agitata V Alemagna ; 
fu messo al bando dell'impero, co- 
me perturbatore della pace pubblica, 
ed i suoi stati furono divisi tra il 
marchese di Brandeburgo, ed Ot- 
tone di Wittelbac. Intanto Fede- 
rico I abolì alcune barbare con- 
suetudini^ incoraggi il commercio, 
con l'affrancamento delle città mer- 
cantili, e cercò di far fiorire le 
scienze e le lettere, mediante i 
privilegi che accordò a quelli che 
ne frequentavano le scuole. Nel 
II 83 si adunò in G)stanza un 
congresso a'aS giugno, dove inter- 
venne l'imperatore , e i commissa- 
ri deputati delie città lombarde, 
per sottoscrivere un trattato che 
gl'italiani considerarono poi come il 
fondamento del loro diritto pubbli- 
co. Nel 1 1 84 in Verona si abboccò 
con l'imperatore il Pontefice Lucio 
III, che da cardinale era stato a 
lui inviato per legato dal prede- 
cessore Alessandro III , per l'estir- 
pazione delle ei*esie che laceravano 
la Chiesa. Nell'anno seguentje ed e- 
ziandio in Verona, l' altro Papa 
Urbano III si lamentò con Fede- 
rico I perchè riteneva il patrimo- 
nio della contessa Matilde, di ra- 
gione della Chiesa romana, appli- 
cava al pubblico i beni de'vesco- 



GER 

vi defunti, ed usurpovasi le rendi- 
te di alcuni raonisteri, scacciando- 
ne le monache col pretesto di ri- 
formarle. Se ne moderò l'augusto 
colla speranza che Urbano III gli 
coronasse imperatore il figlio En- 
rico VI il Severo, che sino dal 1 169 
in età di quattr'annì era stato elet- 
to re deVomani; ma il Papa ricu- 
sò di farlo ad esempio di Alessan- 
dro III, se egli non rinunzia va pri- 
ma la corona al figlio, non essen- 
do più tempo di vedere due im- 
peratori sul soglio. Nel 1 1 89 Fe- 
derico I partì con suo figlio' Fede- 
rico duca di Svevia per la crocia- 
ta, alla testa di centomila combat- 
tenti, e riportati alcuni vantaggi, 
dopo aver valicato il monte Tau- 
ro morì a' io giugno 11 90, per 
essei^i imprudentemente bagnato 
nel Cidno, altri dicono annegato 
nella riviera dì Salef. Suo figlio 
Federico fece trasportare le sue 
ossa a Tiro, ove Guido re di Ge- 
rusalemme le fece deporre nella cat- 
tedrale in un sepolcro di marmo , 
sebbene dovevasi tumulare in Ge- 
rusalemme. Federico I fu uno dei 
piii grandi principi che sederono 
sul trono germanico, il cui impe- 
ro voleva ritornare all'antico splen- 
dore; ambizioso^ prode, fermo nelle 
avversità, rese ereditarie le grandi 
cariche della corona, che i prede- 
cessori conferivano a loro benepla- 
cito. Dal suo matrimonio con Bea- 
trice ebbe Enrico VI che gli suc- 
cesse. Federico duca di Svevia che 
morì all'assedio di Tolemaide, Cor- 
rado duca di Svevia, Filippo du- 
ca di Toscana poi imperatore , e 
due figlie. 

Enrico VI nel 119 1 si recò in 
Roma, ove il Papa Celestino III a' 1 5 
aprile lo coronò insieme all'impe- 
ratrice Gostanza. Nel medesimo an- 



GER 

no r imperatoi'e confermò lordine 
equestre Teutonico (F'edi)^ istitui- 
to dalla nazione alemanna che a- 
▼ea sex*vito nelle guerre di Terra 
Santa, ed il Papa l'approvò con 
flua bolla. Cedette Enrico VI alla 
santa Sede le sue ragioni su Fra- 
^cad (Vedi) ; ed essendo morto 
il nipote di Costanza Guglielmo li 
re di Sicilia, in questo regno con- 
dusse il suo esercito per far va- 
lere i suoi diritti, essendosene im- 
padronito Tancredi figlio naturale 
del defunto. Occupò molte piazze, 
ma gli fallì V impresa e tornò in 
Germania, ove tenne prigione Rio- 
cardo re d'Inghilterm reduce dal- 
la crociata, togliendolo da quella 
di Leopoldo VI duca d' Austria. 
Invano s'interposero per la libera- 
zione vari principi, onde il Papa 
Celestino Ili nel iiqS gli lanciò 
la scomunica; solo lasciò Riccardo 
mediante un considerabile riscatto^ 
con la qual somma fece altra spe- 
dizione nel regno di Napoli e di 
Sicilia, venendo coronato in Paler- 
mo a' i5 ottobre 1194» ove gli 
ambasciatori d' Isacco li Angelo^ 
temendo che gli alemanni^ per a* 
Ter negato il passaggio a Federi- 
co I, invadessero Costantinopoli , si 
assoggettarono a pagargli tributi. 
Nella dieta di Worms Enrico VI 
prese la croce, predicò la sacra 
guerra, e parti con quarantamila 
uomini, co' quali fermossi iVì Sici- 
lia per compierne il conquisto, e 
sparse da per tutto il terrore colle 
sue crudeltà, e con supplizi da lui 
stesso inventati. I siciliani si ribel- 
laronOj Costanza fu accusata di a- 
Tcr avvelenato V imperatore, che 
mori in Messina a' 28 settembre 
1197. Fu d'indole grave, sol pia- 
cendogli la caccia; volgeva in men- 
te di rendere la corgna imperiate 

VOI. XXIX. 



GER 145 

ereditaria, di i*egnare sull'Italia^ e 
come dicono alcuni d'indebolire la 
autoiìtà dei Papi. Come fu morto, 
TAlemagna fu in preda a turbo- 
lenze, e gli successe il figlio Fede- 
rico II, nato a Jesi nel 1194» che 
il padre avea fatto dichiarare re 
de'romani, ed associato all'impero , 
imponendogli nel testamento che 
restituisse la somma del riscatto al 
re d' Inghilterra, che reintegrasse 
la santa Sede de'suoi diritti, e che 
se morisse senza successione^ ad es- 
sa ritornasse il regno di Sicilia, 
siccome suprema signora di esso : 
il Pontefice non acconsenti che fos- 
se sepolto il cadavere d'Enrico VI 
senza il permesso del re d'Inghil- 
terra* Una parte degli elettori pro^* 
clamò imperatore Federico II in 
Aniheim; altra, ad istanza di Ce** 
lestino 111, in Colonia elesse il du<^ 
ca di Zerìnghen Bertoldo, e pet* 
sua rinunzia^ Ottone di Brunswick 
figlio di Enrico di Baviera det- 
to il Lione, Filippo duca di Svevia 
e di Toscana si fece dichiarare tu-^ 
tore del fanciullo nipote Federìco 
II, e col pagamento di undici 
mila marche d'argento^ da alcuni 
elettori si fece dichiarare impera-^ 
tore in Erfui^t, e coit)nare in Msl* 
gonza nel 1 1 98, prendendo il no*^ 
me di Filippo II, perchè riguar- 
dandosi successore degl'imperatori 
romani, contava per primo Filip« 
pò l'assassino di Gordiano il gio-^ 
vane. 

Alcuni signori tedeschi malcon^ 
tenti di veder il trono divenire e- 
reditario nella casa di Svevia, se- 
guirono le parti di Ottone IV, 
onde r Italia 6 la Germania si 
divisero tra i due competitori, o** 
bliando il fanciullo ' Federico IL 
Intanto il nuovo Pontefice Inno- 
cenzo III jcicuperò al dominio del-. 

10 



i46 GER 

la Chiesa molte città che avea oo* 
cupato Enrico VI» e costiùnse i 
senatori ed il prefetto di Roma 
a piotargli il giuramento di ub- 
bidienza e fedeltà, giacche dopo il 
ripristinamento dell'antico senato il 
prefetto prometteva fedeltà all'im- 
peratore, da cui riceveva il manto 
di sua dignità; e nel 1 20 1 confer- 
mò l'elezione di Ottone IV. Indi 
Innocenzo III spedi per legato in 
Sicilia il cardinal Conti ad inve- 
stir di quel reame 1' imperatrice 
Costanza, e il suo figlio Federìco 
II, con annuo censo, e pei*sonale 
giuramento di omaggio ligio. Fi** 
lippo II, sostenuto dalla Francia^ 
rìportò alcuni vantaggi sul suo 
rivale, e l'obbligò ad allontanarsi, 
venendo assolto dai legati pontifi- 
cii dalla scomunica fulminatagli 
da Celestino III. Venne riconosciu- 
to dal duca di Brabante, e nel 
i2o5 si fece coronar di nuovo in 
Aquisgrana. Intanto Ottone IV si 
guadagnò Taiuto d'Innocenzo III, e 
del re d'Inghilterra suo parente, 
ma perde nel r2o6 una battaglia, 
per cui il Papa inclinava allearsi 
con Filippo li, quando questi (a 
assassinato in Bamberga a' 23 giu- 
gno 1 206, da Ottone di Wittekbach 
palatino di Baviera, che avea rì* 
fiutato per genero. Ottone fu con- 
dannato al bando dell'impero, ed 
alla pena di morte. Il defunto a- 
veva quattro figlie, una delle quali 
Beatrice sposò Ottone IV, che in 
tal modo riuscì unire i partiti che 
laceravano V Alemagna. Confermò 
subito alle città italiane i diritti 
che godevano, si portò in Roma 
ove Innocenzo III nella basilica 
Taticana a' 2 7 settembre , o a' 4 
ottobre 1209 lo coronò, dopo aver 
solennemente giurato di conservare 
la santa Sede in tutte le sue pos- 



GER 

sessioni. In onta a tale atto Otto«^ 
ne IV s'impadronì di Viterbo, di 
Orvieto, e di Perugia, volendo fa- 
re altrettanto della Puglia, unico 
retaggio di Federico IL Sì perfido 
ed ingrato procedere fu punito dal 
Papa con la scomunica, e collo scio- 
gliere dal giuramento d'ubbidienza 
i di lui vassalli e sudditi; il perché 
i principi dell'impero, ed i signo- 
ri ancor divoti alla casa di Svevia 
si ribellarono, e nel 12 12 procla- 
marono imperatore Federico IL 
Questi passò in Roma ricevutovi 
dal Papa onorevolmente, conferman- 
do alla Chiesa romana le contee 
di Fondi, ed altt*e baronie che gli 
iavea lasciate Riccardo dell'Aquila: 
con le truppe che gli avea som- 
ministrato Innocenzo III , inse- 
guì r avversario che avea ripas- 
sato le Alpi , s' impadronì del- 
l'Alsazia, e si fece coronare in A- 
quisgrana. Ma Ottone IV soste- 
nuto dall'Inghilterra, convocò una 
dieta a Norimberga, trasse nel suo 
partito il duca di Lorena, sposò 
Maria figlia del duca di Brabante, 
aiutato dal quale resistè a tutta 
1' Alemagna che parteggiava per 
r avversario. Dipoi Ottone IV si 
unì a Giovanni Senza^terra per 
fere la guerra alla Francia; ma il 
suo i*e Filippo Augusto riportò a 
Bouvines nel 12 13 memorabile 
vittoria sui centoventimila combat- 
tenti imperiali, che perderono tut- 
ti i tesori e il cari*o imperiale, 
che il re mandò a Federico IL 
Ottone IV corse due volte perico- 
lo di vita, per vergogna si ritirò 
nel ducato di Brunswick, e morì 
dopo quattro anni obliato nel ca- 
stello di Hartzburgo, a'i5 maggio 
12 18, dopo essersi fatto assolvere 
dalla scomunica; non lasciò figli 
dai di;ie suoi matrimoni, e Fé- 



GER 

derico II gli successe senza osta- 
colo. 

Sino dalla battaglia di Bouvi- 
nes Federico II avea consolidato 
il suo potere, era stato riconoscili* 
io dalla Germania, si et*a alleato 
coi danesi, e fatto nuovamente co- 
ronare nel 12 15 in Aquisgrana* 
Indi dopo la morte di Ottone IV, 
Federico II convocò una dieta a 
Francfort, in cui fece eleggere re 
deVomani Enrico suo figlio, com- 
partendo delle concessioni ai ve- 
scovi che facevano difficoltà; ed in- 
vitato dal Papa alla crociata , si 
contentò mandarvi delle truppe» 
Nel I220 si portò Federico II in 
Roma da Onorio HI, il quale per 
quattro anni era stato suo aio, ed 
B* 'ZI novembre 1' unse e coronò 
imperatore, avendo fatto i consue- 
ti giuramenti dì mantenere i di- 
ritti della Sede apostolica , di par- 
tire per Terra Santa, e di restituire 
il patrimonio della contessa Ma- 
tilde, che effettuò nel lasi, in ma- 
no del nunzio apostolico, insieme 
ad altre terre di ragione della 
Chiesa. Partito per Napoli, ivi sta- 
bili la capitale del suo regno, ab- 
bellì la città con edifizi, vi fondò 
l'università, dappoiché sembra che 
avesse disegno di trasportar la sede 
dell'impero in Italia, dopo averla 
sottomessa, e perciò divisava abbas- 
sare la potenza del Papa, e quella 
delle città italiane gelose di loro 
]ibet*tà, ma non vi riuscì. Onorio 
ili vide di mal occhio soggiornare 
l'imperatore in Napoli, e non man- 
tenere le promesse di portarsi alla 
crociata: per indurvelo lo fece spo- 
sare a Jolante figlia di Giovanni 
di firienne re di Gerusalemme, 
erede di questo regno, acciò se ne 
mettesse in possesso, e nel 1226 la 
coronò con le insegne imperiali. Il 



GER ìif 

Papa in Anagni, a Verona, a Fe- 
rentino, e per mezzo di nunzi 
provocò l'imperatore ad effettuare 
la saci*a guerra, il quale invece 
impiegava le forze radunate per 
quella impresa, contro le città d'I- 
talia che non erano del suo par- 
tito, senza badare alla scomunica 
che incorreva per l'inadempimento 
de' giuramentii Convocò Federi- 
co II una dieta in Cremona, ma 
le principali città d' Italia distolte 
dal Papa ricusarono mandarvi i 
deputati^ e furono poste al bando 
dell'impero} quindi per l'interven- 
zione del Pontefice l'imperatore 
dimenticò il suo risentimento. Di- 
venuto Papa nel 122^ Gregorio 
IX, volendo sbarazzar 1 Italia d'un 
ospite sì pericoloso, intimò a Fe- 
derico II di adempiere la promes- 
8a> e partire per la crociata^ ciò 
che non eseguendo, in Anagni e in 
Roma formalmente lo scomunicò! 
l'imperatore ribellò alcuni romani 
ed 1 Frangipani contro Gregorio 
IX, che fu costretto ritirarsi in 
Perugia. Finalmente Federico II 
partì da Brindisi per la Crociata, 
si coronò da sé In Gerusalemme, 
e tradì gli affiiri de' cattolici al 
modo narrato nel voi. XVIII, p. 
294 e 29S del Dizionario, Intan- 
to Gregorio IX si collegò coi mi- 
lanesi per torgli il regno di Na- 
poli, ed affidò un esercito al suo- 
cero il re Giovanni, che l'impe- 
ratore ritornato in Italia disfece a 
Capua, e poscia nel i23o si pa- 
cificò col Pontefice, secondo le con- 
dizioni di questi, che lo assolvette 
dalla scomunica; in tal modo le 
fazioni de' guelfi e ghibellini che si 
erano riprodotte con furore, per 
cui alcuni le fecero originate sotto 
FedericoII, restarono in inazione, seb- 
bene sempre pronte a combattere. 



i48 GER 

L'Alemagna essendosi sollevata 
contro r imperatore, il suo figlio 
oomandaTa i ribelli, quando Fede* 
rico II dopo l'assenza di quindici 
anni Vi fece rìtomo. Vinse gl'In* 
sorti, e nella dieta di Magonza fe- 
ce condannare Enrico a perpetua 
prigione. Gjmmìse ad alcuni de'suoi 
grandi vassalli di fer la guerra al 
duca d'Austria che persisteva nel- 
la ribellione, e dopo essersi porta- 
to a Vienna, e di avei*la dichia- 
rata città libera, ripassò in Italia 
nel 1237 a combattere i guelfi, 
avendo prima fatto rìconoscere Cor- 
rado IV suo figlio in re de' roma- 
ni. Prese Mantova, disfece i guelfi, 
e dichiarò Enzio suo figlio natu- 
role re di Sardegna; e per le ra- 
gioni che su queir isola avea la 
santa Sede, Gregorio IX scomuni- 
cò nel 1238 nella domenica delle 
Palme, e nel giovedì santo l'impe- 
ratore, il quale fece dal senatore 
Cenci ordirgli contro una congiura, 
cacciò i monaci dalla Sicilia ^ e 
proibì la comunicazione coi Papa. 
Questi inviò ai principi d'Europa 
lettere in cui descrisse tutte l'em- 
pietà di Federico II , e fece pro- 
mulgar contro di lui la cix>ciata^ 
offrendo il trono d'Alemagna a 
Roberto d'Artois fratello di s. Lui- 
gi IX re di Francia, che ricusò 
accettarlo. Allora il Pontefice per 
farlo deporre, intimò nei 124^ un 
concilio generale in Roma , onde 
Federico II, Enzio suo figlio, ed 
i pisani imprigionarono molti car* 
dinali, vescovi ed ecclesiastici, che 
su galere genovesi si portavano al 
concilio, e parte ne affogarono in 
mare. Afflitto Gregorio IX per tan- 
ta crudeltà, mori di pena a' 2 1 ago- 
sto 12419 e gli successe Celestino 
IV già legato ali' imperatore , che 
visse soli diecisette giorni: dopo 



GER 

circa diecinove mesi dr sede vacan-* 
te, per gl'impedimenti frapposti da 
Federico II, venne eletto Innocen- 
zo IV Fiesco di Genova, già stret- 
to amico dell'imperatore. Questi 
però udendone l'elezione, disse: 
Fiesco era mio amico, ma il Papa 
sarà mio nemico. Così fu, perché 
Innocenzo IV dovette badare agli 
interessi di s» Chiesa, dall'impera- 
tore ognor più insultata. Innocenzo 
IV incominciò dall'ammonirlo, per 
cui Federico II spedì a Roma una 
ambasceria per la pace, che fu giu- 
rata a'3i marzo 1244} ^^ P^'<>* 
messa di reintegrare la santa Sede 
pei danni fatti, di riparare le of- 
fese esercitate su tanti ecclesiastici, 
di restituire le città dello stato ec- 
clesiastico, di fare l'omaggio pei 
regni di Napoli e di Sicilia, e di 
ricevere quella correzione che dal 
Papa venisse imposta. Non andò 
guari che la gioia d'Innocenzo IV 
si dileguò, dacché Federico II ri- 
cusò di effettuare il giurato come 
a lui pregiudizievole; tentò il Papa 
abboccarsi con lui essendo ne' din- 
torni di Roma dopo essere stato 
battuto dai milanesi) ma scuopren- 
do gl'inganni ed insidie che gli 
tendeva, passò in Francia per porsi 
in sicuro. Ivi convocò il concilio 
generale di Lione I, che celebrò 
nel i24^i alla presenza di vari so- 
vrani. 

Il vescovo di Carinola accusò 
r imperatore d ateismo, d'essere in 
lega coi saraceni, e dì credere die 
Gesò Cristo e Maometto fossero stali 
due impostori, laonde convinto di 
sacrilegio e d'eresia, non riuscendo 
agli ambasciatori purgare dali'impu* 
tazioni Federico lì, nel concilio In- 
nocenzo IV dichiarollo scomunica- 
to e decaduto dall' impero, mentre 
l'imperatore essendo allora a To- 



GER 

rìno, esclamò nel porsi la corona 
in capo, che per torgliela si spar- 
gerebbe molto sangue. Quindi il 
Papa scrisse agli elettori di eleg- 
gere in successore Enrico detto 
Raspane langravio di Turingia , 
nipote di Ottone di Wittelsbach , 
signore d'Assia e dei palatinato del 
Reno^ valoroso ed ambizioso. In 
Hocheim presso WUrtzburg alcuni 
elettori ed i vescovi lo dichiararo- 
no re de' romani a' 17 maggio 
1 2/^6 ; ma siccome la maggior par- 
te de' principi ricusò intervenirvi , 
fu chiamato il re de' preti. Enri- 
co marciò contro Corrado IV fi- 
glio di Federico II, lo battè pres- 
so Francfort, l'inseguì in Isvevia, 
ma all'assedio d'Ulma ferito da una 
freccia, di essa e dalle fatiche soste^ 
nute mori nei primi del 1247. Il 
Papa a' 29 settembre fece eleggere 
in successore Guglielmo conte d'O- 
landa, che presa A qui sgrana si fece 
coronare in G)lonia dall'arci vesco- 
vo, mentre l'Alemagna si divise 
tra i due contendenti; indi battè 
Corrado IV ad Oppenheim. L'Ita- 
lia soggiacque ai furori delle fa- 
zioni, che Federico II procurava 
con rovesci e triste vittorie supe- 
rare: Per sospetto di yeleno fece 
morire Pier delle Vigne suo can- 
celliere ed amico, e licenziati i suoi 
antichi uflìziali e guardie, si cir- 
condò di maomettani, finché mori 
a Firenzuola o Fiorentino a' 4 <li* 
cembre i25o; venendo assolto dal- 
l'arcivescovo di Palermo, fu poi se- 
polto in Monreale. Gli successe suo 
figlio Corrado ÌV, cui ordinò re- 
stituir alla Chiesa il tolto; e nel 
regno di Napoli Manfredi uno dei 
suoi figli naturali. Federico II fu 
principe di gran mente , coraggio- 
so , prudente , fiero e generoso ; 
coltivò con successo la poesia^ prò- 



GER 149 

tesse le scienze e le arti, fece un 
nuovo ordine di legislazione per 
r impero, scrisse un trattato sulla 
caccia, ec; colla sua morte cessò 
tutta l'autorità degl' imperatori te- 
deschi in Italia. Il Papa e Gugliel- 
mo nella dieta di Francfort fece- 
ro dichiarare Corrado IV decadu- 
to dai suoi diritti ; egli si portò in 
Napoli con sospetto di avere aT«. 
Telenato il fratello, mostrandosi ap- 
parentemente soddisfatto di Manfre- 
di. Intanto Innocenzo IV parti dal- 
la Francia per restituirsi in Roma, 
venendo incontrato per viaggio dal- 
l'imperatore Guglielmo. Invano Cor- 
rado IV spedì ambasciatori al Pon- 
tefice, che in vece lo citò a com« 
parire in Roma per essersi impos- 
sessato della Puglia e della Sicilia 
fèudi della Chiesa^ poscia lo sco- 
municò due volte; e morì a' 27 
maggio 1254 presso Lavello nella 
Basilicata, e secondo alcuni di ve- 
leno propinatogli' da Manfredi. Da 
Elisabetta di Baviera ebbe Corra- 
di no che lasciò d'anni tre, e che 
lo successe nei feudi tedeschi del- 
l' illustre casa di Hoheristauffen, di 
cui era l'ultimo rampollo. 

Innocenzo IV si portò con un 
esercito alla ricupera del regno di 
Napoli, ivi morì, ed ivi fu eletto 
Alessandro IV a successore. Gu- 
glielmo quantunque dotato di tal- 
lenti dovjè tornare in Olanda, e la 
guerra coi frisoni gli fu funesta: 
essendosi cacciato il suo cavallo in 
una palude, alcuni contadini ascosi 
tra le canne l'uccisero nel i256, 
e fu poi sepolto in Middelburgo. 
Allora Alessandro IV ai 28 luglio 
intimò agli elettori dell'impero, sot- 
to pena di scomunica, di non eleg- 
gere Corradino l'ultimo degli svevi ; 
laonde gli elettori si divisero tra 
Riccardo conte di Gomovaglia e 



i5o GEft 

di Poitou, seoondogenito di Gio- 
-vaimi Sènza'terray e fratello d'Ea- 
rioo III re d'Inghilterra, eh' erasi 
distinto nelle crociate e mostratosi 
divoto alla santa Sede; ed Alfonso 
X il Savio e Y Astronomo ve di 
Leone e di Castigliai il quale non 
profittò dell'elezione in imperatore, 
uà mai si portò in Germania, Ric- 
cardo vi si recò, e con Sanzia di 
Provenza sua moglie, si fece coro- 
nare in Aquisgrana a' 17 maggio 
1257: ricompensò splendidamente 
gli elettori, che gli aveano dato il 
voto, onde con altre liberalità ac- 
crebbe il numero de' suoi parti* 
giani. Nel 1260 toi*QÒ io Germa- 
nia con nuovi tesori, convocò una 
dieta in cui fece saggi regolamen- 
ti, combinò le vertenze tra i prin* 
dpi e le città, compensando con 
denaro le parti lese dalle sue de- 
cisioni; vi ritornò nel 1262 per 
dare l' investitura dell' Austria e 
della Stiria ad Ottocaro, confermò 
ì privilegi di parecchie città, e do- 
nò al tesoro d'Aquisgi-ana coro- 
na» scettro e globo [d'oro, e due 
abiti imperiali. Nel 1268 ritornò 
in Geimania, soppresse i pedaggi 
onerosi che inceppavano la navi- 
gazione del Reno, e tenne in 
Worms la dieta cogli elettori di 
Magonza e Treveri, parecchi altri 
principi e vescovi dell'impero, e 
mon a' 2 aprile 1272, lasciando 
memoria di saggio, valoroso, pru- 
dente e liberale, l^a Germania sot- 
to Riccardo ed Alfonso X sog- 
giacque ad anarchia equivalente ad 
un interregno, siccome lo conside- 
rano gli storici, e perciò quasi pri- 
va d'imperatore. In questa epoca 
la costituzione d'Alemagna cangiò 
interamente di aspetto, ed i prin- 
cipi, la gran nobiltà, l'alto clero, 
e le città libere, resero più solide 



GEE 

le loro 'pretensioni. Intanto G)rra- 
dino era slato posto dal tutore 
margravio d'Hochberg sotto la pro- 
tezione della santa Sede, mentre 
veniva allevalo in Baviera, gover- 
nandosi in suo nome il regno di 
Napoli, mentre di fatto n'era re 
Manfredi, che si fece coronare alla 
voce di sua morte. Ma il Papa 
Clemente IV avendo investito del 
regno delle due Sicilie Carlo I 
d'Angiò, nella pianura di Grandel- 
la nel 1266 Manfredi vi perde la 
vita, con la peggio de' ghibellini. 
Questi allora malcontenti degli an- 
gioini, rivolsero gli sguardi a Corra- 
dino, che alla testa di poderoso eser- 
cito portossi in Italia, e fu disfat- 
to da Carlo I vicino al lago di 
Celano a' 23 agosto 1268, e fatto 
prigione venne decapitato pubbli- 
camente in Napoli a' 26 ottobre 
1 269, nell'età d'anni dieciotto. Cle- 
mente IV aveagli lasciato il titolo 
di re di Gerusalemme, e vietato 
prender quello di Sicilia, per cui 
pubblicò contraria sentenza. Così 
terminò il nobilissimo lignaggio de- 
gli svevi, e con lui migliaia d' il- 
lustri vittime sagrificate in seguito 
da Carlo I, temendo della scossa 
sua monarchia, e della sua stessa 
esistenza. 

Rodolfo I conte di Habsburg, 
castello posto tra Basilea e Zuri- 
go, chiamato il Clemente^ fu eletto 
imperatore nell'ottobre 1278, il 
primo della gloriosa casa d'Austria, 
ed è perciò che d'ora innanzi per 
quanto riguarda agl'imperatori di 
tale stirpe daremo soltanto qual- 
che cenno, già avendone d'ognuno 
compendiosamente trattato all'ar- 
ticolo Austria, ed agli altri relati- 
vi. Il Papa Gregorio X non solo 
ne approvò l'elezione, ma indusse 
Alfonso X re di Leone e di Ca- 



G£R 

stiglia a rìnuniuare il nome e Yìn» 
segue d'imperatore. À'i8 ottobre 
1375 in Losanna si abboccarono 
il Papa e Rodolfo I, il quale giu- 
rò difendere l'esarcato di Ravenna, 
e le alti*e terre della Chiesa. Men- 
tre il re dei romani, così chiaman- 
dosi r imperatore prima di essere 
coronato dal Pontefice, nel 1276 
i*ecavasi in Italia, Innocenzo V glie- 
lo TÌetò, senza essersi prima paci- 
ficato con Carlo I re di Sicilia, ac- 
ciocché i guelfi e i ghibellini non 
riaccendessero le guerre civili: egual 
sollecitudine ebbero Adriano Y, e 
Giovanni XXI. Il successore del 
secondo, Nicolò III, nel 1278 rice- 
vette da Rodolfo I amplissimo di- 
ploma d'approvazione de' possedi- 
menti della Chiesa, confermatone in 
pari tempo il tenore dal collegio 
degli elettori. Anche Onorio IV e 
Nicolò IV si adoprarono per com- 
porre le dìf&renze ti*a Rodolfo I, e 
Carlo I e Carlo II re di Sicilia e 
di Napoli. Dopo la morte di Ro- 
dolfo I, in concoirenza del suo fi- 
glio Alberto I, fu eletto nel 1291 
imperatore Adolfo di Nassau^ il 
quale avendo domandato a Filip- 
po IV il Bello re di Francia la 
restituzione del regno d'Arles, ne 
ebbe in rìsposta in un foglio bian- 
co, queste due parole: troppo te- 
descOy che denotavano il dispregio 
che fòceva di sua persona e richie- 
sta; e volendo Adolfo far guerra 
alla Francia, il Papa Bonifacio 
Vili lo dissuase. In seguito i prin- 
cìpi della Germania si ribellarono 
ad Adolfo^ lo deposero nel 1297, 
ed elessero in vece re de' romani 
Alberto I d'Austria, che diede bat- 
taglia al competitore, e l'uccise a'a 
luglio 1298. Bonifacio Vili perciò 
non volle approvarne l'elezione, 
anzi lo citò a comparire in giudi- 



GER i5i 

zia a giustificarsi della morte di ■ 
Adolfo; dipoi pacificatosi con lai, 
lo confermò nella dignità, e nel 
i3o2 gli diede il regno di Fran- 
cia per l'interdetto fulminato al re 
ed al reame, ma egli si ricusò di 
accettare. Sotto di lui nel 1807 
gli svizzeri si resero liberi, ed egli 
morì a' IO maggio i3o8, ucciso dai 
propri nipoti. Dopo un interregno di 
sette mesi fu eletto imperatore En* 
rico VII figlio maggiore del duca 
di Luxemburgo, a' 29 novembre 
i3o8, ad onta che vi aspirava 
Carlo di Valois. Punì gli uccisori 
del predecessore, fece eleggere re 
di Boemia Giovanni suo primoge- 
nito, che dichiarò pure vicario di 
Alemagna, ed alla testa d' un eser- 
cito nel 1 3 1 1 passò in Italia, e si 
fece coronare in Milano re di Lom- 
bardia, quindi occupò varie città, 
favorito dai ghibellini, e contraria- 
to da Roberto re di Napoli. Sino 
dal i3o5 il Papa Clemente V 
avea stabilito la residenza pontifi- 
cia in Francia, indi fissandola in 
Avignone, ove dimorarono sei suc- 
cessori. Volendo Enrico VII pren- 
dere in Roma la corona imperiale. 
Clemente V deputò i cardinali le- ^ 
gati a farne le sue veci , e per 
gl'impedimenti frapposti dal re di 
Napoli, la coronazione ebbe luogo 
nella basilica lateranense. Qui no- 
teremo che agli articoU Coròrazio- 

IfB degl'imperatori, e CORONAZIONB 

PEI RE si dice delle coronazioni de- 
gl' imperatori in che modo segui- 
rono, così quelle della corona di 
ferro. 

Enrico VII pose al bando del- 
l'impero il re Roberto, e dopo 
aver tentato prendere Fii^enze , con 
le galere de' genovesi e de' pisani 
si accingeva alla conquista del re- 
gno di Napoli, quando la morte 



iSi 



GER 



lo sorprese a BonconTento presso 
Siena a'a5 agosto i3i3, non sen- 
za sospetto di veleno. t>opo un in« 
ten^egno di quattordioi me^ii la 
maggiorità degli elettori innalzaro- 
no all'impero Lodovico V il Ba^ 
varo, figlio di Matilde figliuola 
di Rodolfo I, capo del ramo di 
Baviera, e parte Federico III il 
BeUo duca d'Austria, figlio di Al- 
berto I, sostenendo ognuno colle 
armi le loro pretensioni. Vedendo 
il Papa Giovanni XXII che Lodo- 
vico y si trattava come imperato- 
re, senza aspettare la consueta con- 
ferma pontificia, lo pregò a per- 
mettere che la causa di sua ele- 
zione fosse trattata dalla santa Se- 
de, citando i due pretendenti a 
produrre le loro ragioni. Lungi Lo- 
dovico V dal volersi soggettare al 
giudizio del Pontefice, e prenden- 
do anzi la difesa degli eretici, fu 
scomunicato, ond'ebbero luogo quel- 
le gravi vertenze tra ambedue, die 
notammo all'articolo Baviera, ed 
ai diversi relativi articoli. Portato- 
si Lodovico V nel iSiS in Roma, 
elesse in antipapa Nicolò V, e si 
fece da esso coronare in s. Pietro. 
Il Papa ad esempio di Clemente 
y, che nella vacanza dell' imperq 
avea nominato vicario d'Italia il 
re Roberto, dichiarò vari signori 
vicari imperiali in divei*si luoghi 
della medesima regione. Lodovico 
y disfece Federico d'Austria, e lo 
ritenne prigione sino al iSsS, in 
cui lo fece rinunziare all'impero, 
ed aumentò Ip sue iniquità contro 
il Pontefice, che dall' altro canto 
raddoppiò i fulmini della Chiesa : 
di poi Lodovico y fece un decre- 
to, che all'elezione dell'imperatore 
non eravi bisogno l'approvazione 
del Papa. Il nu«vo Pontefice Be- 
nedetto ^I nel i334 procuiò di 



GER 

indurre Lodovico y all'ubbidienza. 
Cloche non riuscendo, confermò le 
censure come usurpatore dell' im- 
pero; avendo poi timore che nel- 
la vacanza dell'impero, la cui am- 
ministrazione per questa causa gli 
apparteneva, fosse assalita l'Italia da 
qualche nemico, nel i339 costituì 
alcuni vicari feudatari della Chiesa. 
Indi Clemente VI nel giovedì san- 
to i346 confermò in Avignone la 
sentenza di scomunica data da'suoi 
predecessori al Bavaro, Iq dichiai*ò 
in concistoro contumace alle intima- 
zioni fattegli, e comandò agli elet- 
tori dell'impero che in vece eleg- 
gessero imperatore Carlo ly mar- 
chese di Moravia figlio di Giovan- 
ni re di Boemia. Cinque elettori 
agli 1 1 luglio procederono alla sua 
elezione, che Clemente yi con- 
fermò, morendo Lodovico y agli 
1 1 ottobre del x 347 P^^* ^^^ ^^' 
duta da cavallo, mentre inseguiva 
un orso alla caccia, e con lui ces- 
sarono finalmente le angustie che 
avea cagionate alla Chiesa, alla 
Orermania, ed all' Italia . Allora 
Carlo ly fu riconosciuto da tutti 
per unanime consenso, e per la di- 
vozione che ebbe alla santa Sede 
fa detto r imperatore de* preti. 

Nel 1 355 Clemente yi dal car- 
dinal legato fece coronare in Ro- 
ma Carlo IV, e la sua moglie An- 
na; ipdi l'imperatore si portò in 
Arles a prender la coix>na del re- 
gno Arelatense di ragione dell' im- 
pero, e fu l'ultimo a fare questa 
solennità. Sino a Carlo IV gl'im- 
peratori erano eletti dai tre oixli*^ 
ni riuniti, e talvolta dalle assem- 
blee di tutti i principi dell'impe- 
ro. I primi grandi uffiziali e digni- 
tari della corona essendo pervenuti 
a rendere le loro cariche eredi ta- 
m, sf poco a poco si attiraionp il 



GER 

diritto dell'elezione. Carlo IV pub- 
blicò nel 1 356 la Bolla a oro 
(yedi)y con la quale sugli antichi 
Eteltori (f^edi)y si stabilirono for- 
malmente i loro diritti, e si regolò 
del pari il cerimoniale dell' imperiai 
corte. Questa celebre Jegge fondamen- 
tale sull'elezione degli imperatori fu 
fatta in Norimberga: allora il cor- 
po politico germanico consisteva in 
una grande confederazione, compo- 
sta di tutti gli stati sovrani sì ec- 
clesiastici, che secolari d' Alemagna, 
della quale l' imperatore era capo. 
Questo monarca elettivo però non 
possedeva che i propri stati ereditali, 
né alcuna rendita era annessa alla 
sua dignità, ne alcuna città per tal 
titolo gli apparteneva. Godeva però 
di somme prerogative, convocava 
da sé solo le assemblee generali, ne 
sanzionava le decisioni, disponeva 
de' fondi devoluti all'impero, e da- 
va degli altri l'investitura, conce- 
dendo privilegi, titoli , e gradi 
onorìfici. Al successore designato 
all'impero davasi il titolo di re dei 
romani; il diritto poi di eleggere 
l'imperatore venne riservato ai so- 
li elettori. L'assemblea generale o 
dieta, ministra del potere legislati- 
vo, era composta dei. tre collegi, 
quello cioè degli elettori del sacro 
romano impero, quello de' principi 
di cui formava parte l'altro dei 
conti, e quello delle città libere o 
imperiali che ascendevano a ses- 
santatre, oltre quelle che in varì 
tempi si sottrassero dall'impero, 
come dicemmo in principio del- 
l'articolo. Tutti i principi sovra- 
ni avevano un' autorità assoluta 
nei loro dominii> ma in taluni 
casi potevasi dai loro giudizi ap- 
pellare alla camera imperiale di 
Spira, che risiedeva in Vetzlar, 
nel circolo <leU'alto Keno^ ed al 



GER i53 

consiglio aulico che radunavasi ove 
r imperatore risiedeva. La città 
di Franofbrt sul Meno, era il 
luogo dell'elezione degli impera- 
tori, e nell'altra di Ratisbona si 
congregavano le diete. In tale si- 
stema, variato alquanto come di- 
remo da Massimiliano I , proce- 
dette l'impello germanico sino al 
secolo presente. Nel iSSg essendo 
stato l'imperatore Carlo IV indot- 
to da malevoli consiglieri ad oc-' 
cupar le rendite di alcuni benefizi, 
e violare la libertà ecclesiastica, 
per le rimostranze di Papa Inno- 
cenzo VI ne corresse l'errore, ed 
emanò una costituzione in difesa 
dei diritti ed immunità ecclesiasti- 
che, la quale fu poi confermata 
dai Pontefici Bonifacio IX e Mar- 
tino V. Insorta grave discordia tra 
l'arcivescovo di Salisburgo, e Ro- 
dolfo duca di Baviera, nella quale 
stavano per pi*endere parte tutti i 
principi di Germania, lo zelo di 
Papa Urbano Y la sopì. Questi 
nel i365 fli visitato in Avignone 
da Carlo IV, ohe vestito delle in- 
segne imperiali assistè al pontifica- 
le celebrato dal Papa. 

Crescendo la tracotanza di Ber- 
nabò Visconti, e vedendo Urbano 
V ohe a frenarlo non erano state 
sufficienti le ammonizioni e le pe- 
ne ecclesiastiche, nel i368 ricoi*se 
all'imperatore come difensore del- 
la Chiesa, invitandolo a recarsi in 
Italia, ed esortando i fedeli con 
premio d'indulgenze a seguirne gli 
stendardi. Indi l'imperatore con 
diploma solennemente confermò il 
dominio temporale della Chiesa 
ramana; e siccome Urbano V era- 
si portato in Roma nell'intendi- 
mento di ristabilirvi la pontificia 
residenza, l' imperatore vi si recò a 
visitarlo^ e nel dì d'Ognissanti il 



iH GER 

Papa coronò l'altra di lui mo- 
glie Elisabetta, nella quale funzione 
l'imperatore secondo il cerimoniale 
fece alcune funzioni da Diacono 
(Fedi). In altri incontri l'impera- 
tore tenne al Papa la 8tafi& nel 
montare a cavallo, che gli addestrò 
insieme ad Amadeo VI conte di 
Savoia. Tornato Urbano Y in A- 
vignone fece pubblicare la crociata 
in Germania contro i nemici del 
nome cristiano, e morendo nel 
1870 gli successe Gi*egorio XI, il 
quale nel 1877 gloriosamente re- 
stituì a Roma la residenza ponti- 
ficia, dandone partecipazione all'im- 
peratore e ad altri sovrani. Nel se- 
guente anno venne canonicamente 
eletto Urbano VI, il quale volendo 
cori'eggere i difetti de' cardinali , 
la maggior parte scismaticamente 
lo deposero, eleggendo l'antipapa 
Roberto di Ginevra che assunse il 
nome di Clemente VII. Questi per 
compiacere i cardinali fì*ancesi ri- 
belli, che amavano le delizie di 
Provenza, passò in Avignone e vi 
stabin una cattedra di pestilenza 
in cui fu erroneamente riconosciu- 
to da varie nazioni, restando nel- 
l'ubbidienza di Urbano VI e succes- 
sori la maggior parte di esse, com- 
presa la Germania, la Boemia, la 
Ungheria, la Prussia, la Frisia, ec. 
Siccome pretesto dello scisma fu 
ne' cardinali insorti la non legitti- 
ma elezione di Urbano VI, fra le 
tante testimonianze contrarie, evvi 
una lettera del sacro collegio all'im- 
pei*atore Carlo IV, munita col sigillo 
imperiale, e con quelli di quindi- 
ci baroni dell'impero, poscia pub- 
blicata da Knigton, in cui si dà 
a lui parte della seguita canonica 
elezione. Carlo IV essendo vivente, 
dagli elettori dell'impero fece eleg- 
gei'e per suo successore il proprio 



GER 

figlio Wenceslao, e ne riportò an- 
cora la pontificia approvazione. Di 
Carlo IV si disse, che rovinò la 
sua casa per acquistare l'impero, 
e che poi rovinò l'impero per rista- 
bilire la sua casa; morì a'29 novem- 
bre 1878 in Praga, capitale della 
Boemia, e gli successe Wenceslao, di 
cui parlammo all'articolo Boemia, 
ove dicemmo pure dell' impei*atore 
Sigismondo di cui andiamo a par- 
lare, e di quanto fece per l'estin- 
zione del grande scisma avignonese. 
Nel iSgo Bonifacio IX celebrò 
r universale giubileo, e concesse 
ad alcune città di Germania di 
poterlo acquistare, con la visita di 
alcune chiese, e con somministra- 
re il denaro che gli abitanti avreb- 
bero speso nel viaggio, per la re- 
staurazione delle chiese di Roma, 
rovinate nella lunga assenza de' Pa- 
pi. Le cattive qualità di Wence- 
slao re de'romani provocarono la 
di lui deposizione, che il collegio 
degli elettori decretò nel i4oo, 
ed invece elessero per successore 
Roberto il Piccolo, duca di Bavie- 
ra, del quale trattammo a quell'ar- 
ticolo; e Bonifacio IX nel i4o3 
ne approvò l'elezione: era Rober- 
to anco principe palatino, e fu 
detto ancora il Corto ed il Mite. 
Mentre in Roma regnava Grego- 
rio XII, ed in Francia e Spagna 
sosteneva Io scisma l'antipapa Be- 
nedetto XIII, i cardinali d'entram- 
bi volendogli dar termine si riuni- 
rono in concilio a Pisa nel 14^9 
con gli ambasciatori de' principi. 
Inutilmente Gregorio XII spedì a 
Roberto re de'romani il cardinal 
Antonio vescovo di Porlo suo ni- 
pote, quale legato apostolico, per 
impegnarlo ad impedir la celebra- 
zione di quel concilio, dappoiché 
nello stesso tempo il concilio inviò 



GER 

in Germania il cardinal Landolfo 
di s. Nicola in Carcere, per incita- 
re i popoli a ritirarsi da Gregoiùo 
XII. Mentre questi si recò a Civi» 
date (Vedi) a celebrare un conci - 
IÌO9 in Pisa fu deposto insieme al- 
rantipapa, e venne eletto invece Ales- 
sandro y. Allora Gregorio XII per 
terminare Io scisma che si vedeva 
alimentato ad un tempo da tre 
Papi^ deputò il re Roberto, Sigis- 
mondo re d' Ungheria, e Ladislao 
re di Napoli, perché coi principi 
della parte contraria stabilissero il 
luogo per celebrare un concilio ge- 
nerale; ma gli ungheri, i boemi, 
i connazionali veneti, e persino il 
langravio Ermanno sino allora a 
lui attaccatissimo. Io abbaudonaro- 
no. Morto Alessandro V, gli suc- 
cesse Giovanni XXII 1, il quale sen- 
tendo che il re Roberto era morto in 
Oppenheim a' 1 8 maggio 1 4 ' o, spedi 
subito nunzi agli elettori dell' im- 
pero acciò gli sostituissero Sigis- 
mondo di Luxemburgo re d'Un- 
gheria, figlio di Carlo IV, fratello 
di Wenceslao re di Boemia, e già 
imperatore» siccome benemerito per 
avere pacificato l'Ungheria: fu di 
fatti eletto, e riuscì uno de' mag- 
giori principi che ocoupassei*o il 
trono imperiale, liberale, generoso, 
amico de' letterati, e di bella per- 
sona. Josse marchese di Moravia 
comprò da Weaceslao il ducato di 
Luxemburgo, indi lo vendè al duca 
d'Orleans fratello di Carlo VI re di 
Francia. Dopo la morte del re Ro< 
berto, Josse volle disputare il trono 
imperiale a Wenceslao eh' era rile- 
gato a Praga, ed al suo fratello 
Sigismondo, onde la Germania eb« 
be allora tre imperatori, come la 
cristianità ti'e Papi: una parte de- 
gli elettori elesse Josse all'impero, 
e l'altra vi elevò Sigismondo. Sem* 



GER i55 

brava inevitabile la guerra civile 
in Germania, quando Josse fu col- 
pito dalla morte agli 8 gennaio 
1 4 1 1 1 tre mesi dopo la sua elezio- 
ne, restando senza competitori alla 
testa dell'impero Sigismondo. Que* 
sto principe bramoso della pace 
della Chiesa, e di porre un termi- 
ne alle eresie e guerre degli ussi- 
ti, indusse Giovanni XXIII a con- 
vocare nel i4i4 i^ celebre conci*' 
Ilo di Costanza (Vedi), ove inter- 
venne insieme agli ambasciatori dei 
principi, al conte di Cilley padi*e 
della sua sposa Barbara, a Rodol- 
fo elettore di Sassonia, a Federico 
langravio di Norimberga poi elet- 
tore di Brandeburgo, a Lodovico 
conte palatino del Reno e duca di 
Baviera, a Federico IV duca d'Au- 
stria, ed all'elettore di Magonza. 
Nei concilio Gregorio XII rinun- 
ziò, Giovanni XXIII venne deposto 
ed imprigionato, e Benedetto XIII 
ai^ipapa scomunicato. I cardinali 
delle tre ubbidienze, con trenta pre- 
lati delle sei nazioni accorse al con- 
cilio, compresa la tedesca, canoni- 
camente elessero supremo Gerarca 
Martino V agli 1 1 novembre 1417» 
al quale l'imperatore Sigismondo 
nella cavalcata che fece per Co- 
stanza gli prestò i consueti ossequii 
che poi ripetè in Mantova. 

Dopo la morte di Wenceslao,- 
accaduta nel i4i8, il fratello Sì* 
gismondo a cagione delle guerre 
non potè succederlo in quel trono 
che nel i436. Sino dal i43i era 
successo a Martino V il Papa 
Eugenio IV, il quale secondo it 
concertato nel concilio di Costanza 
convocò altro concilio in Basilea 
(Vedi), che fatalmente divenne con- 
ciliabolo; nei 1433 coronò in Ro- 
ma imperatore Sigismondo col so- 
lito cerimoniale, avendo questi sul 



ì56 GER 

ponte s. Angelo creato diversi Ca» 
i^alieri (Fedi). Dopo aver Sigisnaon- 
do sostenuto parecchie guerre co- 
gli ussiti mori agli 8 dicembre 1 438, 
e gli successe nei regni di Boemia 
ed Ungheria Alberto V duca di 
Austria, che sino dal 14^1 ne a- 
vea sposato la figlia Elisabetta , 
dopo aver lottato con la suocera 
Bai4)ara di Cilley; ìndi gli elettori 
dell'impero lo esaltarono a questo, 
pi*endendo il nome di Alberto II, 
ed^in tal modo la corona impe- 
riale restò nella sua casa d'Austria, 
laonde ancor qui avvertiamo che 
a quell'articolo si parla de' succes- 
sori, e qui riporteremo pochi cenni. 
Il suo avvenimento all'impero, per 
la saggezza e fermezza che lo di- 
stinguevano, riempi di giubilo e di 
speranze la Germania tutta, e le 
prime misure ch'egli prese corri- 
sposero alla generale espettazione 
nelle diete di Norimberga e di 
Magonza, pegli utili provvedimenti 
da lui promossi. La condotta ch'e- 
gli tenne nelle vertenze insorte 
tra Eugenio IV, e i padri del con- 
cilio di Basilea fu moderata e pru- 
dente, però fece adottare dalla die- 
ta di Magonza le risoluzioni dei 
basileesi circa l'abolizione delle an- 
nate, delle riserve, e delie aspetta- 
tive, e r universale ristabilimento 
delle canoniche elezbni. Finalmen- 
te nella guerra che sosteneva in 
Ungheria contro Amurat II, moti 
in un villaggio a'ay ottobre 14^9; 
e dopo cinque mesi nacque dalla 
consorte Elisabetta Ladislao detto 
perciò il Postumo^ nel quale termi- 
nò poi la linea austriaca Alber- 
tina, passandone i diritti nella li- 
nea stiriana di Federica III. Alla 
morte di Ladislao l' Ungheria e 
la Boemia già unite all'Austria ne 
Tennero disciolte , e solo ad essa 



GER 

riuntronsi nel i5%Q in Ferdinando 
I, e meglio nel 1625 sotto l' im- 
peratore Ferdinando II. Alberto II 
per le sue belle doti fu compianto, 
tuttavolta viene tacciato di estre- 
mo rigore, e di tollerantismo in 
materie religiose, non perdonando- 
la però agli eretici ; amò tenera- 
mente la sua sposa. L'impero di- 
venne da quest' epoca ereditario, 
senza cessar per altro di essere e- 
lettivo, essendosi abolito il segre- 
to giudizio, stabilito da Carlo Ma- 
gno, ma non fU poi interamente 
distrutto se non dopo sessanta an- 
ni. Federico III detto il Pacifico^ fi- 
glio di Ernesto duca d'Austria, fu 
eletto imperatore, dopo la morte 
del suo cugino germano Alber- 
to II. 

Nuove turbolenze furono mosse 
nel 1446 contro Eugenio IV nel- 
la Germania, per la deposizione 
ch'egli avea fatto degli arcivescovi 
di Colonia e di Treveri partigiani 
del concilio di Basilea , e perciò 
suoi nemici; ma portatosi in Roma 
quale ambasciatore di Federico III 
Enea Silvio Piccolomini, poi Pon- 
tefice Pio II, indusse Eugenio IV 
a resti tuii*e nel grado i due arci- 
vescovi elettori, mentre i due le- 
gati Carvajal, e Parentucelli il 
quale fu poi Nicolò V, pacifica- 
rono la Germania, estinsero lo sci- 
sma, condussero i tedeschi all'anti- 
ca ubbidienza della santa Sede, 
non avendo però mai riconosciuto 
l'antipapa Felice V, eletto sino dal 
1439 dal conciliabolo basileese. In 
fatti quando nel i447 ^^^^ s\jX\a, 
cattedra di s. Pietro Nicolò V, a- 
vendo Federico III con tutti i 
principi di Germania rinunziato ad 
ogni comunicazione esortativa con 
l'antipapa, l'imperatore a' 21 ago- 
sto con editto comandò a tutti i 



GER 

sudditi dell'impero di riconoscere per 
solo e vero legìttimo Papa P^ico* 
16 V successore di Eugenio IV* 
Questa determinazione abbattè i 
fautori dì Felice V» il quale aman- 
do Tunità cattolica non pensò che 
ad una sincera rinunzia, effettuata 
dopo il congresso di Lione, ove in« 
tervennero gli ambasciatori de'prin- 
cipi, e quelli degli elettori di Ger- 
mania, avendo luogo la formale 
rinunzia di Felice V a' 9 aprile 
i449' Aveva inoltre Nicolò V, ap- 
pena eletto, inviato in Germania 
alle città ed a' principi tedeschi 
il legato cardinal Giovanni Garva- 
jal, perchè si ritirassero dal par- 
teggiare pei padri basileesì, su di 
che essendone impegnatissimo Fe- 
derico III, costrinse questi la città 
di Basilea a cacciar gli scismatici 
onde estìnguere ogni reliquia di 
scisma. 11 medesimo cardinal Car- 
vajal fu da Nicolò V destinato a 
comporre le vertenze tra gli un- 
gheresi e l'imperatore, ed a siste- 
mare gli affari ecclesiastici di Boe- 
mia, quindi conchiuse e sottoscris- 
se il celebre Concordato germa^ 
nico (Fedi), riguardante i benefit 
zi ecclesiastici in Germania, che 
Nicolò V solennemente confermò 
con bolla de' 19 marzo i44^* Veg- 
gasi il Guerra, Epit» Const. Rom, 
Pontìf, tom. II , p. 8 1 ; Branden, 
Collectanea super Concordatis tri' 
ter sanctam Sedem apostolicam^ et 
inclitani nationem Germanicam, Co- 
loniae 1716; e Nicolarls, Conp- 
pendiosa praxis beneficiaria ex 
Concordatis inclytae nationisGer^ 
manicae, regnorum Poloniae , et 
Galliae y cum s. Sede apostolica^ 
Komae 1731. Nel i452 Nicolò 
V ricevè con sommo onore in Ro- 
ma Federico III, ch'era accompa- 
gnato dal suddetto Ladislao re di 



GER 157 

Ungheria e di Boemia suo nipote, 
da Alberto d'Austria suo fratelloi 
dal duca di Slesia, e da nobile 
comitiva sino al numero di seimi- 
la persone, avendo prima fatto in 
Siena il giuramento di fedeltà al 
Pontefice, e di conferma a tutti i 
diritti della romana Chiesa. Nico- 
lò y a' 16 marzo coronò Federico 
III qual re. di Lombardia, benedì 
il suo sposalizio con Eleonora di 
Portogallo, e ai 1 8 dello stesso me- 
se lo coronò insieme con la spo- 
sa colle insegne imperiali, donan- 
dogli la Rosa dUoro benedetta (Fe- 
di) ^ indi il * Papa concesse all'im- 
peratore le Preci primarie {Fedi), 
ossia r indulto di conferire le di- 
gnità ecQlesiastiche, vacanti la pri- 
ma volta dopo l'elezione degl'im- 
peratori. Federico III rese al Pon- 
tefice tutti i consueti segni di ve- 
nerazione prescritti dal cerimoniale. 
Tornato Federico III in Ger- 
mania trovò ^ehe molti l'odiavano 
perchè ancora teneva presso di se 
Ladislao, e però gli mossero guer- 
.ra parte degli austriaci, i boemi e 
gli ungheri. Nicolò V a sopire 
queste dissensioni, deputò il cardi- 
nal di Gusa allora legato in Ger- 
mania ) ed in qualità di nunzio 
Enea Silvio Piccolominì con pode- 
stà di legato a lalere, onde venne 
conchiusa la pace. In seguito l'im- 
peratore fece pubblicare il codice 
de'feudi; nulla ommise per dissipa- 
re le fazioni ne'suoi stati, ma non 
potè riuscirvi. Nel i45>3 ebbe ter- 
mine l'impero di Oriente fondato 
nel33o, cioè ti 23 anni prima, per 
aver Maometto II imperatore de'tur- 
chi presa Costantinopoli (Fedi) ai 
29 maggio; così dei due grandi im- 
peri restò solo l'occidentale germa- 
nico, chiamato sacro romano impe- 
ro. Nel 1^58 fu esaltato al triregno 



i58 GER 

Pio II già consigliere, «egrelario 
ed ambasciatore di Federico IH, 
che aveagli predetto il pontificato, 
quando essendo con lui sul monte 
Cimino, e guardando il Lazio gli 
disse: >» su questi luoghi regnerai 
Enea, e noi che ora vi comandia- 
mo, un tempo saremo da voi co- 
mandati". Nel pontificato di Paolo 
II l'imperatore per adempimento di 
un pio voto ritornò in Roma, e 
fece approvare dal Papa l'ordine 
equestre di s. Giorgio da lui isti- 
tuito contro grinfedeli. Per fare la 
guerra a questi Sisto IV spedi in 
Germania ed Ungheria il cardinal 
Bardo legato; indi Innocenzo Vili 
nel i485 canonizzò solennemente 
s. Leopoldo IV detto il Pio, mar- 
chese d'Austria, ad istanza delfim- 
peratore e de'principi tedeschi, men- 
tre la Germania era lacerata dal- 
le guerre, onde Mattia re di Un- 
gheria prese Vienna , senza che 
Federico IH punto se ne alteras- 
se. Nel i486 a'i5 febbraio Mas- 
similiano I figlio dell' imperatore 
fu eletto re de' romani, e pel suo 
sposalizio con Maria figlia ed e- 
rede di Carlo il Temerario ultimo 
-duca di Borgogna , divenne signo- 
re di tal ducato, della Franca Con- 
tea e del Belgio, per cui nel 1488 
il di lui padre passò nelle Fian- 
dre in aiuto alle guerre che soste- 
neva. Dilatandosi le conquiste de- 
gli ottomani nella Germania e 
Yieiritalia, Innocenzo VIII promul- 
gò la sacra guerra, ne fece capo 
l'imperatore, e per mezzo del ve- 
scovo d'Orte suo legato in Ger- 
mania, fece caldamente raccoman- 
dare la spedizione ai principi te- 
deschi; ma essi attenti alle private 
gueiTe non favorìrono l'impresa, e 
Massimiliano I la sosteneva col re 
"di Francia. Federico III mori ai 



GER 

7 settembre 149^9 ^ g'^ successe 
il figlio: con questi Alessandro VI 
si collegò contro Carlo Vili i*e di 
Francia, in un ad altri sovrani, e 
spedi il cardinal Bernardino Car- 
vajal a coronarlo con la corona di 
ferro. Per frenare l'ingrandimento 
della potenza ottomana, Alessan- 
dro VI nel i5oi armò un esercito, 
ma non gli riuscì indurvi Massi- 
miliano I a prenderne parte, onde 
il Pontefice rivolse le sue cure a 
sopprimere la magia che in Ger- 
mania ed in Boemia diceva pro- 
gressi. 

Ad Alessandro VI nell'anno 1 5o3 
successe Pio III nipote di Pio II, 
già legato di Paolo II alla die- 
ta dì Ratisbona, ove in favore del- 
la religione avea perorato alla pre- 
senza di Federico III, e de'princi- 
pi dell'impero. Dopo ventisei gior- 
ni di pontificato, fu creato Giulio 
il, che adoperò ogni premura per 
pacificare Massimiliano I con Lo- 
dovico XII re di Francia, invian- 
do al primo per legato il nomi- 
nato cardinale Carvajal , ciò che 
ottenne nell'anno i5o8, non com- 
prendendosi nel trattato i veneti 
ch'eransi impadroniti di Trieste e 
della contea di Gorizia* Anzi non 
avendo Giulio II potuto ottenere 
dalla repubblica di Venezia la re- 
stituzione delle terre spettanti alla 
Chiesa, si alleò con Massimiliano 
I nella lega di Cambray. Dall'a- 
veni mento all'impero di Rodolfo I 
di Habsburg, sino al regno di Mas- 
similiano I, l'Alemagna provò pa- 
recchie calamità, onde questo prin- 
cipe impiegò diversi mezzi per por- 
vi rimedio, ed il consiglio aulico, e 
la nuova dieta da esso fondati, cui 
qualche scrittore fa risalire a da- 
ta più antica, a ridonar pervenne* 
ro al suo regno qualche vigore. 



GER 

Onde rendere più facile l'ammini- 
strazione, divise nel i5i2 Timpero 
in nove grandi circoli, di cui già 
facemmo parola; cioè dell' alta e 
bassa Sassonia, di Westfalia, Sve- 
via, Baviera , ed Austria , alto e 
Basso Reno, e Franconia. Per que- 
sta istituzione i principi , prelati 
e deputati, riuniti ad epoche de- 
terminate, formarono un'assemblea 
generale o dieta. Oltre ai nomina- 
ti circoli, altri paesi ancora for* 
roavano parte dell'impero germa- 
nico, senza essere in veruno di es- 
si compreso, e tali erano il re- 
gno di Baviera, i margraviati di 
Moravia, dell'alta e bassa Lusazia, 
la parte austriaca della Slesia, al- 
cune contee e signorie immedia- 
te poste nei nove circoli, e ciò non 
pertanto separate da essi sotto l'a- 
spetto politico, come le signorie di 
Jever, Kniphausen, Rheda, Hom- 
berg, ec. ; i luoghi di Friedberg 
nella Wetteravia, Burg, Geinshau- 
6en ec. ; più i tre territori! dei ca- 
valieri immediati della Svevia ,' 
della Franconia, e del Reno. Ag- 
giungansi finalmente a questi i 
così detti enclaves o paesi annessi^ 
che posti erano in un circolo di- 
verso da quello cui politicamente 
appartenevano , come Y Erford e 
FEichfeld, i quali paesi, benché si- 
tuati nel circolo dell'alta Sassonia, 
pure dipendevano da quello del 
basso Reno. Giulio II nel i5i3 
si collegò con Massimiliano I con- 
tro la Francia, e poco dopo mo- 
rì dopo avere riempito l'Europa 
del possente suo nome; gli succes- 
se Leone X, nella quale elezione 
aspirò al pontificato Massimiliano 
I allora vedovo, come sì è detto 
al voi. XV, p. 285 del Dizionario. 
Leone X si mostrò propenso per 
Massimiliano I; ma per unirsi a 



GER iSg 

Francesco I re di Francia si riti- 
rò dall'alleanza che avea con lui 
conchiusa: questo imperatore mori 
a Lens a'ia gennaio i5f9, ama- 
tore delle scienze e dei dotti, on- 
de compose qualche cosa in poe- 
sia , e la sua vita. Da Maria di 
Borgogna ebbe Filippo che sposò 
Giovanna erede della monarchia 
di Spagna, dai quali nacquero Car- 
lo V imperatore, e Ferdinando I: 
i quali matrimoni formarono la 
grandezza e potenza della casa di 
Austria, le cui due linee principa- 
li allora furono la Carolina o spa- 
gnuola, che terminò nel re Carlo 
II, e la Ferdinandina O' tedesca 
austriaca che glorìosamente regna, 
trasfusa in quella di Lorena. 

Carlo y succede agli stati di 
Borgogna, ed alla corona di Spa- 
gna nel i5f6, fu eletto a' 28 giu- 
gno imperatore dopo la morte del- 
l'avo Massimiliano I, divenne uno 
de' più grandi principi, ed ebbe a 
competitore Francesco I rediFr^xit- 
da (Fedi)^ al quale articolo ripor- 
tammo i reciproci avvenimenti. Nel 
termine del regno di Massimiliano I» 
e nel principio di quello del nipote 
ebbe origine la funesta eresia di 
Martino Lutero, per cui Leone X 
ne condannò subito i perniciosissi- 
mi errori; quindi nel i52i il Pa- 
pa permise a Carlo Y di poter 
ritenere in unione all' impero il 
reame di Napoli, con accrescimen- 
to di censo alla santa Sede. Dipoi 
Leone X si collegò col medesimo 
imperatore contro Francesco I, on- 
de colle loro truppe il Papa ricu- 
però alla Chiesa Parma e Piacen- 
za, e Cario V il Milanese che si 
diede a Francesco Sfoi*za: inoltre 
l'imperatore prese Arles, Toumay, 
e distaccò dal suo emulo il mal- 
contento Carlo contestabile di Boui*- 



i6o 



GER 



bon che feoe generalissimo de'suoi 
eseitsiti. Per morte di Leone X ai 
g gennaio i522 fu eletto Adriano 
VI Florenzi d'Utrecht, assente dal 
conclave per essere in Vittoria qua! 
governatore della Spagna di Carlo 
V già suo discepolo; i sacri elet« 
tori senza conoscerlo lo esaltarono, 
come quello che potente nella cora- 
te cesarea, più di ogni altro poteva 
abbattere la pretesa riforma reli- 
giosa di Lutero. Nel i5i3 Adria- 
no VI separò dalla lega coi fran- 
cesi la repubblica di Venezia, che 
in vece collegò contro di essi con 
Carlo V, col suo fratello Ferdi- 
nando arciduca d' Austria , e col 
duca di Milano; lega che il Papa 
pubblicamente notificò in s. Maria 
Maggiore a' 5 agosto, in difesa del- 
l'Italia e dello stato ecclesiastico; 
in altre cose, come diremo alFar- 
ticolo Spagna (Fedi), Adriano VI 
favorì Carlo V, e mori nel i5a3. 
Il successore Clemente VII spedi 
legato in Germania il cardinal Cam- 
peggi, il quale nella dieta di Ra- 
tisbona, alla presenza di vari prin- 
cipi dell'impero, promulgò una ri- 
forma del clero compresa in tren* 
tacinque capi, su di che vanno Iet- 
ti il Bzovio ad an. i524> ^^ ì' 
Pallavicini, Storia del concilio di 
Trento y par. I, lib. II, cap. II. Ve-* 
dendo Clemente VII divenii*e più 
formidabile la possanza di Carlo 
V, nel i526 fece una lega coi re 
di Francia e d'Inghilterra, coi ve- 
neziani, fiorentini e svìzzeri, non 
che col duca di Milano, lo che of- 
fese grandemente l'imperatore che 
tosto pubblicò la guerra al Pon- 
tefice, che fu costretto per salvar 
la vita rifugiarsi in Castel s, An." 
gelo (Fedi); indi nel 1527 si por- 
tò all'assedio di Roma il contesta- 
bile di Bourbon eoa quaraptanùla 



GER 

uonìini, quasi tutti fanàtici luterà* 
ni, che a' 6 maggio presero l' in- 
difesa capitale del crbtianesimOé Vi 
peri il contestabile, onde subentrò 
al comando di quelle feroci turbe 
Filiberto pnndpe d' Grange» lute- 
rano : per due mesi segui il più 
orrendo saccheggio^ nulla fu rispar- 
miato, né chiese, ne monisteri di 
monache, mentre Clemente VII coi 
cardinali fu assediato in Castel s. 
Angelo, ove restò tra le privazioni 
sino al dicembre ed al suo riscat- 
to. Quando l'imperatore seppe le 
inaudite calamità di Roma (Fedi), 
colla solita sua ipocrisia sospese 
le dimostrazioni di gioia preparate 
per la nascita del suo unico figlio 
Filippo II; fece vestire la corte a 
lutto, ed ordinò preghiere e pro- 
cessioni per la liberazione del Pa- 
pa ch'egli teneva prigione. Intanto 
per arrestare i progressi dell'eresia 
celebrossi nel iSi^ in Spira una 
dieta, alla quale il Papa spedì il 
suo nunzio, ed ove Ferdinando I 
colla maggior parte de' principi e 
delle città imperiali, stabilì nella 
dieta che si osservasse il decreta 
di Carlo V pubblicato a Worms, 
che obbligava a conformarsi alla 
religione della Chiesa romana; ma 
diversi principi infetti degli errori 
di Lutero, con quattordici città 
protestarono contro il decreto della 
dieta , appellandosi all' imperatore 
ed al futuro concìlio, per la quale 
protesta acquistarono i luterani il 
nome di Protestanti (Vedi). 

Pacificatosi Clemente VII con 
Carlo V, si convenne di abboccarsi 
nel i529 in Bologna, ove nell'an- 
no seguente il Papa solennemente» 
e con quella pompa descritta al- 
l'articolo COBONiZIONE DEGLI IMPERA- 
TORI, dopo averlo coronato con la 
corona di ferro^ a' %\ febbraio 1q 



GER 

coronò con le insegne imperiali, e 
fu rultimo Papa che dìo queste 
ad un imperatore germanico. Car- 
lo y tenne la staffa al Pontefice, 
e gli addestrò il cavallo ; e Cle- 
mente VII gli concesse la ri ten- 
done del regno di Napoli, il quale 
per tutto il tempo di sua vita do- 
vesse restare unito all' impero. La 
repubblica di Firenze ebbe fine, è 
fu costituita in ducato, in favore 
di Alessandro de' Medici nipote del 
Papa. Carlo V a* 3i ottobre i53i 
confermò Alessandro nella dignità, 
e gii die in isposa la propria fi- 
glia naturale Maria. In detto anno 
Ferdinando I re d'Ungheria, fra- 
tello dell' imperatore, a richiesta di 
questi fu eletto re de' romani , e 
Clemente VII a cui piacque molto 
questa scelta, la confermò, com' e- 
gli dice nella sua bolla, per la sa- 
lute della repubblica cristiana, poi- 
ché avendo gli eretici scompigliato 
la Germania nel tempo che Carlo 
V pei suoi viaggi e guerre n' era 
assente, era d'uopo che la presen- 
za d' un re potente ponesse freno 
alla loro audacia. L'imperatore fe- 
ce levare a Solimano II l'assedio di 
Vienna, e ristabiPi Mulci Hassan 
sul trono di Tunisi. Nel i533 si 
trovò nuovamente in Bologna con 
Clemente VII, quando dalla Ger- 
mania tornava nella Spagna ; e nel 
seguente anno mori il Papa af- 
flitto per l'ingrandimento dell'ere- 
sia luterana, e per l'orrendo scisma 
fatto da Enrico VIII in Inghilter- 
ra. Divenuto Pontefice Paolo III, 
per distruggere il numero stermi- 
nato di eretici e di errori , nel 
i535 inviò ai principi cristiani i 
suoi nunzi, per avvisarli di aver 
risoluto celebrare un concìlio ge- 
nei*ale, ed acconsentendovi poscia 
i principi di Germania s' incomin* 

VOI. XXIX. 



GER x6i 

ciò nel i5^i in Trento ( Fedi). 
Nel 1 536 Carlo V si portò a tro- 
vare Paolo III in Roma, ove fece 
solenne ingresso, di che tratteremo 
all'articolo Ingressi in Roma; avendo 
detto al voi. Xll,p. i37 del DiziO' 
nano il pericolo di vita che cor- 
se in visitare la cupola del Pan- 
theon. Considerando Paolo III quan- 
to pregiudizievoli riuscissero alla 
religione cattolica le guerre che si 
facevano Carlo V e Francesco I, 
nel i538 si portò a Nizza ad un 
congresso con ambedue , ma non 
potè ottenere che la tregua di 
dieci anni. Tornato il Papa in 
Roma apprese da Ferdinando T, 
che a procurare la concordia tra i 
cattolici e ì protestanti faceva d'uo- 
po spedire in Germania un per- 
sonaggio d'un merito distinto ; Pao- 
lo III scelse il cardinal Aleandri, 
ma senza successo, perchè deluso 
dai raggiri degli eretici. InJ;anto 
Carlo V dopo aver tenuto prigio- 
ne in Ispagna Francesco I, e da- 
togli in moglie la sorella, si portò 
a Parigi ricevuto con la più son- 
tuosa magnificenza ; tutta volta nuo- 
ve guerre tra i due emuli ebbero 
luogo dappoi. Nel i54i Carlo V 
prima di partire coli' esercito per 
Algeri, pregò Paolo III portarsi a 
Lucca, e nei sei congressi ch'ebbe 
con lui altro non potè il Papa otte- 
nere, che si correggessero quelle co- 
se decretate nella dieta di Ratisbo- 
na, non conformi agli antichi ca- 
noni de' santi padri. Nel 1 543 Pao- 
lo III ad onta dell'età si recò a 
Brusseto onde rimuovere l'impe- 
ratore dalla guerra, ma inutilmen- 
te.! protestanti adottarono la Coìi' 
fessione Augustana (Vedi), e fe- 
cero una leg^ offensiva e difen- 
siva in Smalkalde, con cui costrin- 
i*o p(ù Carlo y ad accordar loro 

II 



iGs 



GER 



la libertà di coscienza. Questo pi*iii- 
cìpe vinse contro di essi nel iS^j 
la battaglia di Mulberg, ove furo- 
no fatti prigionieri Giovanni Fe« 
derico elettore di Sasisonia, ed il 
langravio d'Assia. Le sette degli 
anabattisti e dei calvinisti ebbero 
come altri eretici origine nel i*e- 
gno di Carlo V» e tutte insangui- 
narono con ostinate guerre 1' Ale- 
magna. Ucciso nel i547 Pier Lui- 
gi Francesco duca di Parma e Pia- 
cenza y feudi della Cbiesa , nacque 
disgusto tra il Papa e T imperato- 
ire cbe pretendeva le dette città 
cissere di giurisdizione del Milane- 
se, e perciò al suo dominio rica- 
dute : ne fu conseguenza là sospen- 
sione del concilio, ed animò Carlo 
V a pubblicare nel i548 una pro- 
fessione di fede in Augusta (Fedi)^ 
con la quale credendo pacificar le 
^ui1x>Ienze religiose in Germania, 
'fece peggio: questa formola nociva 
alle cattoliche discipline , fu cbia- 
-mata Interim^ perchè doveva os- 
servarsi nella Germania^ finché il 
•concilio avesse regolato e deciso le 
questioni insorte sulla fede. 

Nel pontificato di Giulio III i 
principi luterani con Maurizio e- 
lettore di Sassonia , e Gioachino 
elettore di Brandeburgo , avendo 
fatto lega con Enrico II re di 
Francia contro Carlo V nel i55i, 
-questi fu in pericolo d essere sorpre- 
so -ad InsprucL, onde calò precipi- 
tosamente in Carintia. Quindi nel 
ì5S% i medesimi principi obbliga- 
•rono l'imperatoi'e nella dieta di 
Passavia, ad acconsentire alla pace 
per mezzo d'un solenne trattato , 
-col quale convenne al Hiascio dei 
-prigionieri, ed alla libertà di co- 
-scienza od evangelica ai luterani, 
trattato che viene chiamato la pa* 
ce reUffosa, e formò parte del dì* 



GER 

ritto pubblico dell' impero. Indi 
Carlo y con poderosa armala si 
portò ad assediar Metz, ma fu 
costretto a ritirarsi; nell'amio se* 
guente prese e distrusse Terrova- 
ne, né altro più fece degno di ri- 
maiTO. Indi in Brusselles dimise 
la corona di Spagna in &vore di 
Filippo II suo figlio, nel i555, al 
quale avendogli già ceduto il re- 
gno di Napoli, di questo n'ebbe l'in- 
vestitura da Giulio III, che piò volte 
erasi fatto mediatore tra l'imperato- 
re ed Enrico lì. Annoiato Carlo V 
dell'esercizio di sua gran potenza, 
dopo aver riportato quaranta vitto- 
rie, fatto eroiche imprese, inti^- 
preso cinquanta lunghi viaggi,^ cioè 
nove in Germania, sei nella Spa- 
gna , sette in Italia, dieci nelle 
Fiandre, quattro in Francia, due 
in Inghilterra, due nell' Africa, ot- 
to nel Mediterraneo, e due nell'O- 
ceano, rinunziò l'amministrazione 
dell'impero a Ferdinando I suo 
fratello. Ritirossi nel convento di 
^ Giusto nella provincia di Estre- 
madura óe* Giroianùni di Spagna^ 
esercitandosi in quelle opere ivi 
indicate, ove disteso sulla bara si 
fece celebrare solenni esequie, ed 
ivi mori a' 2 1 settembre 1 558. Di 
tali esequie, e dei magnifici fune- 
rali fattigli celebrare da Filippo 
II, se ne tratta all'articolo Fune* 
rali (Vedi). Carlo V era spiritoso, 
intraprendente e gran politico: avea 
del coraggio, ed un'estrema avi- 
dità di gloiùa; forse a vi'cbbesi sot- 
tomessa tutta l'Europa, se non 
avesse avuto per ostacolo un Fran- 
cesco I. É da notatasi, che W Pon- 
tefice Paolo IV ricusò «di appt*o- 
▼ai^ l'elezione di Ferdinando I, 
come offensiva dell'autorità apo- 
stolica, dacché né la rinunzia di 
•Canio V| né T elezione di Ferdi- 



GER 

nando I si poteTano ultimare sen> 
za il consenso del sommo Ponte- 
fice; ne si doTea oonsiderai^e ca- 
cante rimperio, se non che per la 
morte di Cesare. Però il successo- 
re Pio IVy appena eletto nel i55g, 
confermò nella dignità imperiale 
Ferdinando I, e ricevette i suoi 
ambasciatori , perchè essendo mor- 
to il fratello era cessato T impedi- 
mento. Ferdinando I erasi sposato 
alia figlia di Ladislao VI re d'Un- 
gheria e di Boemia, sorella di Lui* 
gi II il Giovane^ ucciso nel iSsG, 
per cui credendosi aver diritto alla 
successione si fece coronare re di 
Ungheria e di Boemia, ed in tal 
modo restarono i due regni nella 
casa d'Austria. 

Mentre si celebravano le sessio- 
ni del concilio di Trento, la Fran<» 
eia si gravò perchè Pio lY in una 
bolla non avea nominato il re quale 
primogenito della Chiesa, titolo che 
alcuni dicono avere per il primo 
ricevuto Costantino il Grande e 
trasmesso a' successori. Certo è che 
nel cerimoniale usato dai Pontefici 
nel rito di coronala gl'imperatori, 
evvi quello di adottare il Papa so* 
lennemente per Figliuolo ( F'edi ) 
l'imperatore. Terminato finalmente 
il concilio di Trento, i tedeschi in- 
sisterono di potersi comunicare sot* 
to ambedue le specie, ciò che con 
alcune condizioni concesse Pio IV 
ad istanza dell' impei*atore, di Alber** 
to di Baviera, e di Carlo arciduca 
d'Austria; ma dò rivocarono per 
giuste ragioni s. Pio V, e Gi*egot*ìo 
XIII. P^. CoMvmoRE. Ferdinando I 
confermò anch'egli con giuramene 
to la capitolazione, ed eresse il 
consiglio imperiale aulico ; fece ima 
tregua di ott'anni coi tuixhi , ri» 
conciliò molti principi , diede fi- 
ne alle contese fra i l'è di Dani- 



GER 



i63 



marca e di Svezia, e morì a Vien* 
na li 25 luglio i564. Fu principe 
dolce, affabile, amante delle scien- 
ze , e protettore .de' letterati. Gli 
successe il primogenito Massimilia*» 
no II, che avea fatto eleggere re dei 
romani a' 3o novembre i562, e 
sposo di Maria d'Austria figlia di 
Carlo V. Ad onta delle proteste 
di Massimiliano li, il Papa s. Pio 
V dichiarò granduca , e solenne- 
mente coronò Cosimo I duca di 
Toscana; e siccome l'imperatore 
inclinava a permettere la confes- 
sione augustana nell' Austria , per 
mezzo del cardinal legato Commen*^ 
done il Pontefice lo minacciò de» 
porlo dall' imperio se ciò avesse 
fatto, onde Massimiliano II negli sta* 
ti ereditari permise l'esercizio della 
sola religione romana, ed il car- 
dinalg si limitò a riformare il cle- 
ro di Germania. Gregorio XIII per 
la dilatazione e mantenimento del*^ 
la fede diversi collegi fondò in Ger» 
mania, cioè in Vienna, in Gratz^ 
a Praga, in Olmiitz, a Brunsbeiv 
ga, a Dilingsi nella Svevia, a Pontt 
a-Musson nella Lorena, ed in Mi^ 
lano per la nazione elvetica. Nel 
1575 Gregorio XIII si applicò ad 
impedire il libero esercizio delln 
confessione augustana in Boemia» 
ed a persuadere Massimiliano II i| 
coronarsi in Boma, dappoiché quan^ 
do Paolo IV fece le naiTate prò* 
teste contro l'elezione di FerdinaO" 
do I e rinunzia del fratello, i pvìft* 
cipi tedeschi in un^ dieta aveapp 
dichiarato non necessaria la po^ 
tificia coronazione del nuovo ìm^ 
peratore. Massimiliano linei i57;| 
fece coronare re d'Ungheria il prir 
mogenito Rodolfo II, non che fror 
clamarlo re di Boemia, «d a' 27 otr 
tobre iSySIofece eleggere io re diei 
romani ; si fece pi*endere Zighet daji 



i64 



GER 



GEll 



tui^chi , pel quale errore non fu ' 1*0 luogo Varie trattative col nun- 



eletto re di Polonia non ostante rim- 
pegno di Gregorio XIII, e morì 
in Hatisbona a' 12 ottobre 1576. 
Gli successe Rodolfo II senza do- 
mandare la consueta conferma al 
Papa, per cui Gregorio XIII gli 
rammentò l'obbligo che di ciò gli 
correva , di spedire in Roma un 
ambasciatore per ottenere la con- 
ferma della conseguita imperiale 
dignità. 

Fra le scritture deirarchivio del- 
la santa Sede, ve n' era una au- 
tenticata dal collegio degli elettori 
dell'impero, nella quale rìcono- 
scendo essi l'autorità di eleggere 
i' impera toi*e dalla Sede apostolica, 
dichiaravano essei*e debito loro, e 
dell'eletto impei-atore dì riconosce- 
re la stessa Sede apostolica, prestar- 
gli la debita ubbidienza, soggezio- 
ne ed onorificenza. Tanto aveano 
praticato Ottone IV con Innocen- 
zo III, Federico II con Onorio IH, 
Rodolfo I con Gregorio X, e per 
non dire di altri Federico MI nel 
cui nome Enea Silvio Piccolomini 
fece l'orazione obbedienziale a Ca- 
listo III, Carlo V a Clemente VII. 
Rodolfo II pertanto a persuasione 
di alcuni seguendo le orme del ge- 
nitore, non avendo mandato in Ro- 
ma I' ambasciatore per compiere 
l'atto, alle rimostranze di Grego- 
rio XIII spedi Giovanni Zenner, il 
quale nell'orazione, che in conci- 
storo pubblico doveva pronunciare, 
uvea cambiato la parola obbedien- 
za in ossequio. Venuto ciò in co- 
gnizione a Gregorio XIII , c^^po 
avere ricevuto l'ambasciatore in 
privata udienza, spedì un corriere 
x>on lettera di proprio pugno a Ro- 
dolfo II , nella quale si lagnò di 
allontanarsi dal praticato dai suoi 
maggiori. Per questa lettera ebbe* 



zio di Vienna, e quindi l' impera- 
tore si contentò di essere pubbli- 
camente chiamato nell'orazione ob» 
hedientissimo figliuolo di Sua San- 
tità, ed insieme rimettere al Papa 
il decreto di sua elezione, egual- 
mente richiesto da Gregorio XIII, 
il quale dopo aver confermata la 
di lui assunzione all' impero in 
pubblico concistoro, gli mandò la 
bolla di conferma sottoscritta dai 
cardinali. Soffrendo grandi danni 
la religione cattolica dai protestanti 
nelle provincie di Stiria e di Ca- 
rintia, a cagione dell'eccessiva in- 
dulgenza dell'arciduca Carlo, d'al- 
tronde pio e devoto della santa 
Sede, questo principe esortato a 
poiTe un riparo a sì gravi cose 
dall'arciduca Ferdinando, e dal suo- 
cero Alberto duca dì Baviera , si 
rivolse nel i58o a Gregorio XIII, 
implorando perdono alle sue pre- 
giudizievoli condiscendenze, e suppli- 
candolo inviargli un nunzio di re- 
sidenza, col mezzo del quale po- 
tesse avere i consigli necessari ( in 
Vienna, dopo il concilio di Tren- 
to, per accomodare ogni controver- 
sia era già stata istituita la nun- 
ziatura apostolica). Ed é perciò 
che Gregorio XIII gli mandò per 
nunzio Germanico Malaspina con 
opportune istruzioni» che nella die- 
ta di Gratz fecero prevalere la buo- 
na causa del cattolicismo, e l'arci- 
duca pubblicò analoghi decreti , 
onde si meritò le lodi e gli aiuti 
del Pontefice contro i sudditi con- 
tumaci , che pure avea sommini- 
strato per affari religiosi centomila 
scudi a Massimiliano II , altrettanti 
all'arciduca Carlo, cinquantamila a 
d. Giovanni d'Austria figlio naturale 
di Carlo V> per la spedizione delle 
Fiandre, e duecentomila ad £rne^ 



GER 

sto di Baviera per V impresa dèi- 
i'elettorato di Colonia (F^edi)^ con- 
tro l' apostata elettore Gebardo 
Truchses. 

Sisto V nel i586 invitò Tarn- 
duca Carlo ed altri principi cat- 
tolici a bandire gli eretici da' loro 
stati, ed a non permettervi eserci- 
zio d'altra religione fuori della cat- 
tolica, e fu contentato. S'interpose 
Sisto V coi re di Polonia Sigis- 
mondo in, die da un anno tene- 
va prigione in Lublino V arciduca 
d'Austria Massimiliano per le ra- 
gioni che avea al trono polacco 
onde s'intitolava re: nel i588 
spedì per legato il cardinal Àldo- 
brandini poi Clemente Vili, il qua- 
le ottenne la libertà dell'arciduca, 
la rinunzia alle sue pretensioni, e 
compose le turbolenze de' polacchi 
e degli austriaci. Dedito Rodolfo 
il alle scienze astronomiche, d'in- 
dole dolce, ti'ascurò gli affari, come 
si disse al citato articolo Austria, 
ove sono le notizie degli imperatori 
dì questa casa: fece la guerra ai 
turchi in Ungheria con diverso 
successo, e fu costretto cedere la 
Boemia a Mattia suo fratello re 
d'Ungheria, e nelle differenze fra i 
due fratelli , Paolo V esercitò la 
sua paterna mediazione per mezzo 
del legato cardinal Millini, che as- 
sistè alla coronazione di Mattia in 
Praga. Rodolfo li morì a' io gen- 
naio 1612, e non essendo riuscito 
a far eleggere il proprio figlio in 
re de' romani^ lo divenne Mattia. 
Paolo V oltre ai poderosi soccorsi 
somministrali al defunto per soste- 
nerlo contro gli ottomani , gli ce- 
lebrò i funerali nel Vaticano , e 
tosto deputò il nunzio alla dieta 
che dovea tenersi in Francfort con 
istruzione di favorire il re Mattia, 
che a' 18 giugno fu proclamato 



GER i65 

imperatore, ed a' ^4 colle solite 
formalità coronato. Da Praga ove 
Rodolfo il aveva fissata la sede 
imperiale, Mattia la trasferì a Vien- 
na , alla cui capitolazione fu da 
lui aggiunto per la prima volta, 
che per l'avvenire gli elettori del- 
l' impero avessero il diritto di sce- 
gliere un re de' romani , anche 
malgrado la ripugnanza dell'impe- 
ratore. Nel 16 18 Paolo V pacifi- 
cò la repubblica di Venezia in ' 
guerra con Ferdinando arciduca 
d' Austria , a cagione delle inso- 
lenze che gli ussocchi facevano ai 
sudditi veneti di Segna. Mattia 
sostenne la guerra co' turchi , si 
pacificò con essi mediante una tre- 
gua di vent' anni , e morì a Vien- 
na li IO marzo 16 19. Gli succes- 
se il cugino germano Ferdinando 
II, figlio di Carlo arciduca di Gratz, 
re di Boemia nel 1617, e d'Un» 
gheria nel 161 8, il quale forzò i 
protestanti a restituire tutti i beni 
ecclesiastici, ch'eglino aveano ac- 
quistato all' oiùbra del famoso trat- 
tato di Passavia. Ferdinando II 
mandò il conte di Puquoi contro 
Federico V conte palatino ed eletto- 
re, che dai ribelli era stato procla- 
mato re de' boemi, il quale dopo a- 
ver minacciato Vienna e la fami- 
glia imperiale, fu vinto nella bat- 
taglia di Praga li 8 novembre 
1620, ed il suo elettorato venne 
dato a Massimiliano duca di Ba- 
viera. I Pontefici Paolo V, e Gre- 
gorio XV somministrarono all'im- 
peratore copiosi soccorsi, con mili- 
zie e somme di denaro. Ferdinand 
do II disfece pure nel 1625 Cri- 
stiano IV re di Danimarca, ma i 
protestanti si unirono contro di 
lui, e furono soccorsi da Luigi 
XI II re dì Francia, e da Gustavo 
Adolfo re di Svezia, in un all'è- 



i66 CER 

lettore dì Sassonia, con immenso 
danno della religione cattolica , e 
col depredamento de'sagii templi e 
monisteri. « 

Ferdinando II inviò ad Urbano 
Vili il cardinal Patzman, che nar- 
rò pateticamente la catastrofe cui 
soggiaceTa la Germania : il Papa 
sebbene malcontento dell'imperato- 
re per la guerra di Mantova, nel 
i63i con la bolla Suprema gli 
accordò per soccorso sei decime 
sopra i beni ecclesiastici d'Italia. 
Già nel 1 628 avea concesso airiro- 
peratoi*e per dieci anni i frutti dei 
benefizi del palatinato, ripresi dal- 
le mani degli eretici, e due terze 
' parti dei frutti stessi per altri due 
finni. Indi con la bolla Alias del 
primo marao 1 63 1 accordò la m^ 
là dei frutti medesimi, per soste- 
nere la lega cattolica contro gli 
eretici, e colla successiva Militari* 
tis gli applicò la metà de' frutti 
de' beni ecclesiastici tolti agli ereti- 
ca in tutta la Germania. Pel feli- 
ce successo delle armi cattoliche 
Urbano Vili pubblicò un giubileo 
eli tre mesi, prorogato ad altri tre 
mesi, indi dichiarato universale, 
prescrivendo in Roma tre solenni 
processioni , alla chiesa . nazionale 
tedesca di s. Maria dell' Anima, ed 
alle basìliche lateranense, vatica- 
na, e liberiana. Gustavo riportò 
una celebre vittoria a Lipsia con- 
ti*o Tilli generalissimo dell'impera* 
tore, sottomise due terzi dell' Àie- 
magna, e dopo esseime divenuto 
il terrore perde la vita, benché 
vincitore, alla battaglia di Lutzen 
a' IO noYembi*e iGSa. Però i suoi 
generali aiutati dalla Francia che 
ìToleva deprimere ed abbassare la 
potenza di casa d'Austria, prose- 
guirono le conquiste, il corso del- 
k quali fu interrotto dalla vittoria 



GER 

di Noi*tlinga nella Svevia, che nel 
1634 riportò il re d' Ungheria Fer- 
dinando III figlio dell'imperatore. 
Urbano Vili assegnò cinquanta 
mila scudi a di lui vantaggioi e 
mezzo milione di scudi sui beni 
ecclesiastici al re di Spagna, allea- 
to di Ferdinando II; spedi legato 
il cardinal Ginnetti per la pace, ma 
Don vi riuscì: tutta volta essa ebbe • 
effetto nel i635 in Praga, e nel 
seguente anno l'imperatore fece di- 
chiarare re de' romani Ferdinando 
111 suo figlio; morendo dopo ave- 
re assicurato l'ingrandimento di 
sua casa, li 8 febbraio 1637 in 
Vienna. Urbano Vili con magni- 
fico elogio ne die V annunzio in 
concistoro, ed ordinò i consueti hi- 
serali. Il nuovo imperatore ripor- 
tò alcuni vantaggi sugli svedesi col 
mezzo di Galasso suo generale; ma 
la sua armata fu poi disfatta da 
Bernardo di Sassonia duca di Wei- 
mar, sostenuto dai francesi nel 
i638, e da Giovanni Bannier ge- 
nerale degli svedesi nel 1639, an- 
zi questo ultimo ebbe coraggio di 
assediare Ratisbona, ove Ferdinan- 
do III teneva la dieta. Riportaro- 
no i francesi diversi vantaggi sot- 
to la condotta del maresciallo di 
Guebriant , del duca d' Enghien , 
del principe di Condè, e del viscon- 
te di Turrena: l'imperatore fu 
tuttavolta vincitore nella battaglia 
di JVorllinga, e in quella di Manca- 
dal nella Francouia. 

Si fece la pace a Munster ai 
24 ottobre 1648, detta pure di 
Osnabruck e di Westfalia, che In- 
nocenzo X trovandola ingiuriosa 
allo stesso impero, cui dava nuo- 
va forma, e perniciosa alla re- 
pubblica cristiana, con una bolla 
la riprovò e condannò: per questa 
pace che dava fine alla guerra dì 



GER 

trenta anni, e ridonava all'Euro- 
pa la calma, Urbano Vili vi avea 
spedito per nunzio il prelato Cbi- 
gi, poi Alessandro VH> il quale 
fu beaemerito per la concordia di 
molte differenze cbe non danneg- 
giavano la religione, e per la so- 
lenne protesta che interpose con- 
tro i danni e i pregiudizi arrecati 
tanto alle ragioni temporali della 
Chiesa, che ai suoi spirituali dirit- 
ti. Mediante tale trattato, la liber- 
tà di coscienza fu stabilita in tut- 
ta TAlemagna, ed i beni ecclesia- 
stici, situati nei suoi stati, conces- 
si furono ai principi protestanti 
ereditari, per nsarcirli delle spese 
della guerra, soffi*endone anco gli 
ordini teutonico e gei^osol imitano. 
Vennero assicurati agli elettori, ai 
principi, ed agli stati dell' impero 
ì loro diritti territoriali, e la loro 
libertà, a cui erano stati dati gra- 
vi colpi. La Svezia acquistò la Po- 
meriana, e la Francia il possesso 
deir Alsazia e di tre vescovati; fu- 
rono abolite le due metropoli di 
Magdeburgo e di Brema , oltre 
ad altri vescovati ed abbazie se- 
colarizzate: sedici furono i princi- 
pati, cioè i detti due arcivescovati 
e quattordici vescovati, che si alie» 
narono a favore e per indennizzo 
de' principi ereditari; finalmente 
il governo interiore dell' Alemagna 
fu stabilito su basi più solide. In 
sostanza nella pace di Westfalia 
furono ceduti alla Svezia l'arcive- 
scovato di Brema ed il vesco- 
vato Verdense; all'elettore di Bran- 
deburgo i vescovati Halbersta- 
diense, Mindano, e Camiense, e 
l'arcivescovato Magdeburgense da 
conseguirsi però dopo la morte del 
duca di Sassonia a cui in allora 
apparteneva; al duca di Mecklen- 
burgo i vescovati Sverinense e Ka- 



GER 167 

zenburgense; ai duchi di Brun» 
swich e Luneburgo, l'alternativa al 
vescovato Osnabrugense ; alla casa 
di Assia<CasseI l'abbazia Hirsch- 
feldense. V, Bines, jépparatiis o- 
mnigenae eruditìonis de pace WesU 
phaliae par. 8, pag. SgS e seg. 
Ferdinando III fece eleggere re dei 
romani suo figlio Ferdinando IV, 
che mori nel 1 654 » ^^^ pensò di 
&r passare la corona imperiale nel 
suo secondogenito Leopoldo f, e 
terminò di vivei*e in Vienna nel 
i&S'j a' a aprile, compianto più. 
del di lui genitore. Dopo un in- 
terregno di alcuni mesi, a' 1 8 lu- 
glio i658 fu eletto Leopoldo I,. 
figlio di Maria Anna d'Austria» 
sorella di Filippo IV i*e di Spagna» 
e perciò cugino di Carlo li ultimo^ 
re di questa dinastia, già re d'Un- 
gheria e di Boemia, ed ebbe a^ 
sostenere delle guerre contro Lui* 
gi XIV, e contro la Porta ottoma- 
na. Leopoldo I non volle mai ar* 
rischiarsi fra le armi, ne mai sL. 
ritrovò a verun assedio, né ad al- 
cuna battaglia, ne mai comparve 
alla testa di alcune truppe. Non- 
dimeno sostenne la guerra per 
mezzo di generali in tutto il tem* 
pò del suo lungo regno, ed ebba- 
la sorte di vedere una gran parte 
dell'Europa unita per sostenerlo 
sul trono, ed acquistargli delle Pro- 
vincie. Alessandro VII, che per di- 
mostrare il suo affetto vei'so la na« 
zione germanica, avea annoverato 
tra i suoi quattro camerieri segi*e- 
ti Ferdinando di Fustenberg, mol- 
to si adoperò per mezzo di mon- 
signor San felice arcivescovo di Co- 
senza e nunzio al Reno, affinchè 
fosse esaltato all' impero, ed in fat- 
ti Leopoldo 1 subito scriss«s al Pa« 
pa con gratitudine per la valida 
di lui cooperazione; quindi il Pa- 



i68 GER 

pa lo soccorse dall'impeto de* tur- 
chi, che l'attaccavano nella Transil- 
\ania e nell' Ungheria. Montecuc- 
coli , uno de' suoi generali, gua- 
dagnò col soccorso de' francesi la 
famosa battaglia di s. Gottardo 
contro i turchi, li 26 luglio i664< 
Neil' anno precedente incominciò 
la dieta ad aprirsi a Ratisbona, 
ed il giudizio camerale nel 1689 
da Spira ti^asferissi a Wetzlar. 
Tre anni dopo l'imperatore fece ta« 
^liare la testa a quattro signori 
ungheresi a lui ribelli . Clemente 
IX nel 1668 approvò l'ordine del- 
le dame della Crociera, istituito 
dall' imperatrice Eleonora, vedova 
di Ferdinando III. 

Nel 167K Leopoldo I domandò 
soccorso agli stati generali contro la 
Francia, il che produsse un'ostinata 
guerra sul Reno, nella quale le trup- 
pe imperiali furono quasi sempre 
battute sino al tempo della morte 
del gran Turrena nel 1675. Dopo 
essere stata conchiusa nel 1679 la 
pace fra la Spagna, la Francia, e 
l'impero, gli ungheri avendo chia- 
mato in loro aiuto i turchi nel i683, 
il gran visir entrò in Ungheria alla 
lesta di duecentoquarantamila uomi- 
ni per risarcirsi delle passate sconfit- 
te. Innocenzo XI a'3i marzosicol- 
legò con Leopoldo I e con Giovanni 
III Sobieski re di Polonia per oppor- 
si ai formidabili turchi : quindi or- 
dinò pubbliche preci in Roma per 
implorare il divino aiuto, e pubbli- 
cò un giubileo per tutta la Chiesa. 
Innocenzo XI impose nella Germa- 
i)Ì£i ed in Polonia tasse sulla deci- 
ma parte de' beni ecclesiastici, e tre 
decime sul clero d'Italia ed isole 
adiacenti, il tutto per aiuto del" 
l'imperatore. A questi mandò cen- 
tomila scudi, ed altrettanti al re di 
Polonia; il sagro collegio de'cardi- 



GER 

nali contribuì trentamila scudi, e 
d. Livio Odescalchi nipote del Pon- 
tefice ne somministrò diecimila. L'e- 
sercito cattolico composto di ottati- 
taqualtromila uomini, sotto il co- 
mando di Giovanni HI, e di Car- 
lo duca di Lorena, di Ernesto con- 
te di Stahremberg, governatore di 
Vienna, di Giovanni 111 elettore di 
Sassonia, di Massimiliano Emanue- 
le duca di Baviera, e di altri va- 
lorosi, a' 11 settembre attaccò i tur- 
chi che sino dai i4 luglio assediava- 
no strettamente Vienna, e ne fece 
macello. Grato il Papa alla prote- 
zione implorata di Maria istituì la 
festa del suo santissimo nome, e ri- 
cevette alcune insegne ottomane. 
Oltre a ciò Innocenzo XI rimise 
altri centomila scudi all'imperato- 
re, ed egual somma al re di Po-. 
Ionia, esortandoli a proseguire si 
gloriosa guerra al nome cristiano; 
fece entrare nella lega la repubbli- 
ca di Venezia, e nel i685 sommi- 
nistrò altro danaro. Alla liberazione 
di Vienna seguirono altre vittorie, 
e gl'imperiali ripigliarono tutte le 
città delle quali eransi impadroniti 
i turchi. Nel 1684 Leopoldo I ce- 
dette alla Francia Argentina, il forte 
dì Kell, e varie altre piazze; indi 
nel 1686 fece un trattato co* prin- 
cipi, e cogli stati di Transilvania, 
che gli servì di mezzo per impa- 
dronirsi di quel paese. Conchiuse 
li 9 luglio dell'anno medesimo la 
famosa lega di Augusta, il vero 
oggetto della quale era di opprime- 
re la Francia e distaccare da essa 
r Inghilterra, la quale sino allora 
pareva troppo congiunta con la me- 
desima, e di far entrare Giacomo 
II in questa lega, onde riuscire me- 
glio neir umiliare la gran potenza 
francese; la quale lega senza dub- 
bio l'avrebbe molto più prima Qie« 



GER 

nata a rovina. Giuseppe I figlio 
dell' imperatore, nato da Maddaie- 
na Teresa principessa palatina sua 
terza moglie, fu fatto coronare, dai 
padi-e re d'Ungheria a' 9 dicembre 
1687, ed eleggere re de' romani ai 
24 gennaio 1690. 

Innocenzo XIl fu nel 1691 as- 
sunto al poutifìcato, già nunzio di 
Clemente IX in Vienna, ove fece ar- 
restare i' eresiarca Borri che in Ger- 
mania recava gravi danni all' unità 
della fede. Nella funzione del pos- 
sesso il conte di Martinitz amba- 
sciatore imperiale^ pretese di non 
andare col contestabile Colonna, co- 
me dicemmo all' articolo Ambascia- 
tori; ed al voi. II, p. 3o2 del Dizio* 
nario riportammo le altre preten- 
sioni di quell'altiero ambasciatore 
nella processione del Corpus Domini^ 
e del tumulto di cui fu cagione, on^ 
de Innocenzo XII vi prese severa 
provvidenza. Per vendicarsene l' am- 
basciatore attaccò un editto al suo 
palazzo, con il quale supponendo 
r imperatore possedere in Italia mol- 
ti feudi usurpati da altri, invitava i 
possessori a giustificarne il dominio 
e prenderne l'infeudazione. 11 Papa 
fece dichiarare dal cardinal camer- 
lengo con altro editto essere di 
niuu valore l'imperiale, e lesivo dei 
sovrani diritti della santa Sede, 
minacciando gravi pene a chi l'ubbi- 
disse. Indi con lettera, e per il nun- 
zio si querelò con Leopoldo I del 
turbolento procedere dell' ambascia- 
tore, onde l'imperatore fece scrive- 
re lettere di scusa. Dipoi per al- 
tre violenze usate in Roma dall'am- 
basciatore, convinto Leopoldo I dal- 
le rimostranze del Papa, richiamò 
l'ambasciatore, che dovette partire 
da Roma senza aver potuto conse- 
guire la udienza dal Pontefice, « 
fu rimpiazzato dal conte di Mans- 



GER 169 

fèld. Innocenzo XII somministrò 
copiosi sussidi! air imperatore che 
guerreggiava coi turchi, su de' qua- 
li il principe Eugenio di Savoia del- 
la casa di Soissons, supremo coman- 
dante imperiale, agli 1 1 settembre 
1697 riportò una strepitosa vittoria 
sulle rive del fiume Tibisco presso 
Zenta. E rasi acceso di bel nuovo il 
fuoco della guerra in Europa, e 
dopo vari avvenimenti, e molto san- 
gue sparso da una parte e dall' al- 
tra, si stabili la pace a Riswick li 
3o ottobre 1697 tra Leopoldo I, 
ed i re di Francia e di Spagna, ed 
altre potenze, per la quale premu- 
rosamente erasi adoperato Innocen- 
zo XIJ. In vigore di questo trattato 
Argentina rimase a Luigi XIV, ed il 
Reno servì di confine tra la Ger- 
mania e la Francia. A' 2 6 gennaio 
1699 poi seguì la pace di Carlo- 
witz neir Ungheria tra V imperato- 
ri , la Porta ottomana, ed altri prin- 
cipi, per la quale Innocenzo XII 
rese solenni grazie a Dio, e per tre 
sere per tutto lo stato fece fare di- 
mostrazioni di gioia. Ma siccome 
l'imperatore avea dichiarato per 
nono elettore Ernesto duca di Brun- 
swick ed Anno ver, il Papa con apo- 
stolica libertà riprovò tale elezione 
perchè il principe era acattolico. Il 
primo novembre 1700 morì Carlo 
II re di Spagna e delle due Sici- 
lie senza prole, e con lui ebbe fi- 
ne la linea austriaca di Carlo V o 
Carolina. Con testamento chiamò a 
succederlo il duca d' Angiò figlio del 
delfino di Francia, e nipote di Luigi 
XIV, onde fu acclamato re di S(yi- 
gna col nome di Filippo V in Ma- 
drid ed a Versailles. Questi subito 
si rivolse al nuovo Pontefice Cle- 
mente XI perchè gli dasse l'inve** 
stitura delle due Sicilie, mentre fe- 
ce egual domanda l'imperatore per 1^ 



170 GER 

pretensioni che a?ea alla successio- 
ne di Carlo IF, a cagione di piìi 
stretta parentela. Cleoiente XI co- 
me padre comune la ricusò ad am* 
bedue^ né volle prendere parte al- 
le loro ragioni : ciò non impedì che 
nella guerra della successione di 
Spagna , ancor egli ne risentisse 
le funeste conseguenze. 

Avendo l'imperatore nel 1701 ri- 
conosciuto per re di Prussia Federico 
I, eiettore di Brandeburgo, e confe- 
l'itegli le insegne reali senza il con- 
senso della santa Sede, dappoiché 
la Prussia apparteneva anticamente 
air ordine teutonico, Clemente XI 
disapprovò con brevi apostolici la 
concessione , anche per essere il 
principe acattolico , e dall' arcive- 
scovo elettore di Magonza fece re- 
gistrare nella cancelleria imperiale 
la sua pi'otesta. Nel 1702 recando- 
si Filippo y a Napoli inviò ad os« 
sequiare Clemente XI il marchese 
di Louville, e per reciprocanza il 
Papa mandò al re il cardinal Bar- 
berini legato a lacere, Ciò^ dis- 
piacque all'ambasciatore imperiale 
Lamberg, che subito parti da Ro- 
ma, e se ne offese pure Leopol- 
do J, il quale non volle ricevere 
monsignor Spada nunzio straor- 
dinario, che Clemente XI avea de- 
stinato per esortarlo alla pace, co- 
me avea fatto coi re di Francia 
e di Spagna a mezzo di altri nunzi. 
Leopoldo I sostenne le sue ra- 
gioni sulla monarchia spagnuola, 
collegandosi con l'Inghilterra, con 
rOlanda^ e con la Savoia; indi in- 
side al figlio Giuseppe I, a' 12 
settembre 1702, le cedette al suo 
quintogenito Carlo arciduca d'Au- 
stria, e perciò lo fece proclamare nel 
I703 a Vienna qual re di Spagna 
col nome di Carlo III. A questo 
principe sino dalla fandullezza gli 



GER 

fu ispirato zelo per la religione 
cattolica, e stima particolare per 
gli ecclesiastici^ non che apprese 
una sufficiente cognizione delle lin- 
gue, delle scienze, e degli esercizi 
militari. 

Pel sistema di neutralità. Cle- 
mente XI ricusò di dare il titolo 
di re, e gli onori inerenti all'ar- 
ciduca Carlo, anzi nell'anno 1708 
proibì die il suo ritratto fosse e* 
sposto rivestito colle insegne reali> 
nella chiesa nazionale di s. Maria 
dell'Anima in Roma, e siccome avea 
ordinato a monsignor Da via nun« 
zio ordinario alla corte di Vienna 
di non intervenire alla solennità di 
sua proclamazione in re di Spa« 
gna, l'imperatore credendo che il 
Papa con tali prudenziali atti si 
mostrasse favorevole a Filippo 
V, licenziò da Vienna il nunzio, 
ed • ordinò alle sue truppe di en- 
trare nella provincia di Ferrara 
{Vedi), E qui va avvertito, che 
costante Clemente XI all' adottata 
neutralità, quando nella consueta 
cappella cardinalizia per la festa 
di s. Carlo Borromeo, che si cele- 
bra in Roma nella sua chiesa del^ 
la nazione milanese, si volevano 
esporre i ritratti dell'arciduca Car- 
lo, e di Filippo V, perchè il du- 
cato di Milano conquistato dai te- 
deschi faceva parte della monar- 
chia spagnuola, prese il ripiego di 
tenervi egli stesso cappella papale, 
dacché allora non si espongono i 
ritratti de' principi, quindi restò 
tale onore alla chiesa, come me- 
glio dicemmo al voi. IX, p. 92 
del Dizionario, senza che il Pon- 
tefice in quella emergenza si com- 
promettesse con veruna delle par- 
ti contendenti. Leopoldo I morì 
in Vienna a' 5 maggio 1705, con 
fama di principe retto, di savio 



GER 

discernimento, e di un carattere 
sempre eguale: sotto di lui la bat- 
taglia di Luzara fu vinta dai fran- 
cesi, COSI quelle di Fridlinga a 
di Spira; ma nella battaglia di 
Hochstet non solo gl'imperiali ri* 
portarono vittoria^ ma ricuperaro* 
no tutta la Baviera. Giuseppe I 
suo figlio gli successe, adottando i 
prìncìpii e le massime dei genito- 
re, impegnando il duca di Savoia, 
gli olandesi e gì' inglesi a continua- 
re ne'suoi interessi contro la Fran- 
cia sostenitrice di Filippo V, e 
volle fare riconoscere il suo fratel- 
lo Carlo per i*e di Spagna. 

Clemente XI si condolse col 
nuovo imperatore per la morte 
del padre, mentre Giuseppe I av« 
viso coloro che in Germania avea- 
no diritto di conferire benefizi, che 
non dassero i vacanti se non a 
chi egli avesse raccomandato, senza 
avere domandato le preci primarie 
al Papa, che gliene conferiva lo 
indulto. Ed e perciò che Clemen- 
te XI si trovò in necessità di ri- 
provare la disposizione imperiale, 
come contraria al concordato ger- 
manico: veramente l'imperatore 
avea avanzato la supplica delle 
preci primarie, ma per negligenza 
dell'ambasciatore marchese di Prie 
non era mai stata presentata. Nel- 
l'agosto l'imperatore licenziò il 
nunzio apostolico da Vienna^ onde 
Clemente XI si diresse con un 
breve al re di Polonia Stanislao, 
allora mediatore tra il sacerdozio 
e rimpero, lagnandosi dell'ingiu- 
ria, e dello scandalo che faceva 
tripudiare gli eretici; altrettanto 
direttamente fece con l'imperatore 
medesimo, con l'imperatrice, e con 
diversi principi di Germania , 
.ma senza frutto perchè Giuseppe 
I riteneva che il Pontefice favoris- 



GER 171 

se Filippo V. Continuando i dis* 
sapori tra la corte cesarea, e la 
santa Sede, nel 1706 tornarono 1 
tedeschi ad assalire le provincie di 
Bologna e di Ferrara, e solo nel- 
l'anno seguente ne ottenne il Pa- 
pa il ri tiramento a mezzo del prin* 
cipe Eugenio. Passarono le truppe 
alla conquista del regno di Napo- 
li, e poscia ritornando nei domi* 
nii ecclesiastici sorpresero, e s'im- 
possessarono di Comacchio (f^edi), 
Nel detto anno 170G l'imperatore 
intimò agli elettori di Colonia e 
di Baviera il bando imperiale, e 
dipoi sottomise i ribelli d'Unghe* 
ria. Tra i diversi successi della 
gueiTa noteremo che nel 1707 
alla battaglia d' Almanza, \* eserci* 
to di Filippo V riportò vittoria 
sopra quello dell'arciduca Carlo 
che avea preso Lerìda. Quasi tut* 
ti i sovrani cattolici di Europa 
furono comprosi d' indignazione per 
l'oppressione dell'innocente Ponte- 
fice, e Luigi XIV gli spedì il ma- 
resciallo di Tessi per invitarlo a 
collegai*si coi principi italiani ; que« 
sto progetto mosse l'imperatoro al* 
la pace, sebbene il Papa avea ri- 
sposto, che siccome padre comune 
de' fedeli, non gli conveiùva far 
guerra offensiva contro un impera- 
tore cattolico, solo doveva difen- 
dere i propri stati. Il granduca di 
Toscana, ed il conte palatino si 
intromisero per la pace^ per la 
quale Clemente XI ricorse all'a- 
iuto divino, con solenni proces- 
sioni, in cui si portò alla basi* 
lica vaticana la prodigiosa imma* 
gìne del ss. Salvatore dal Latera- 
no ; quindi il marchese di Prie sot- 
toscrìsse in Roma la ooncoidia ai 
i5 gennaio 1709, convenendo Cle- 
mente XI di riconoscei*e Carlo 111 
quale ^e titolare di Spagna^ con la 



17^ GER 

protesta di non intendere pregiu- 
dicare chi avesse ragioni al trono 
di Spagna, e con altre prudenti con- 
dizioni. Ad onta di queste Filippo 
Y si dichiarò offeso dal procedere 
di Clemente XI, il quale con ragio- 
nevoli argomenti, con analoghi esem* 
pi, e coli' attuale delia Francia che ad 
un tempo riconosceva per re di 
Inghilterra Guglielmo HI acatto- 
lico che vi regnava, e Giacomo 
III cattolico ramingo, dimostrò la 
leale sua condotta. 

Nel medesimo anno 1709 i fì*an- 
cesi riportarono alcuni vantaggi 
sui tedeschi nell'Alta Alsazia; il 
principe Eugenio con lord Marl- 
boroug presero Tournay, e dopo la 
battaglia vinta a caro prezzo dai 
tedeschi a Malplaquet, s'impadro- 
nirono di Mons. Sebbene Filippo V 
avesse fatto in Madrid riconoscere 
dagli stati generali il principe d'A- 
sturias suo figlio per erede presunti- 
vo della corona, edAIicante unico ri- 
fugio di Girlo IH fosse stata presa 
dalle sue truppe, nel 1710 T eser- 
cito spagnuolo venne disfatto presso 
Almenat, ed anche presso Sara- 
gozza, Filippo V fu costretto ab» 
bandonare la capitale Madrid, ed 
in questa entrò malgrado la ripu- 
gnanza degli abitanti Carlo III di 
Austria. Però verso il fine di det- 
to anno Filippo V disfece le trup- 
pe degli alleati presso Villaviciosa, 
essendo il loro esercito comandato 
dal prode principe di Stahremberg, 
e con questo avvenimento si con- 
solidò nel trono di Spagna, anche 
pe' seguenti vantaggi riportati dalle 
sue milizie. Carlo IH abbandonò 
Madrid, si ritirò in Catalogna ove 
ben presto tutto perde, tranne Bar- 
cellona e Tarragona. Intanto Giu- 
seppe I mori a' 1 7 aprile 17 11 non 
lasciandcrche due principesse. Maria 



GER 

Giosef]^, e Maria Amalia, avute 
da Guglielmi na Amalia di Brun- 
swick, figlia del duca d'Annover. 
Gli successe il fratello Carlo VI, 
perciò obbligato lasciai^e la Spagna, 
nominandovi reggente la consorte 
Elisabetta Cristina di Brunswick- 
Wolfenbuttei^ ed il comando dei- 
Tarmata al nominato Stahremberg. 
Arrivò alla dieta quando per le 
cure del principe Eugenio era sta- 
to eletto imperatore, e fu corona- 
to a Francfort a' 23 dicembre, e 
l'anno successivo a Presburgo re 
d' Ungheria^ conservando sempre il 
vano titolo di re di Spagna. Cle- 
mente XI dopo aver deplorato in 
concistoro la perdita di Giuseppe 
I, gii celebrò i funerali, cui pre- 
stò assistenza, indi si adoperò per- 
chè fosse eletto il fratello, nella 
speranza che desistendo dalle pre- 
tensioni sulla Spagna si ripristinas- 
se la pace d'Europa. A tale effet- 
to uffizio gli elettori, e die relative 
istruzioni a monsignor Annibale Al- 
bani suo nipote, che inviò nunzio 
straordinario alla dieta di Franc- 
fort. Dopo l'elezione, Clemente XI 
mandò a Carlo VI per legato a 
latere il cardinal Imperiali; e nel 
dicembre dichiarò con la costitu- 
zione Receplis, che per tutti gli 
atti d'ossequio, e per le funzioni so- 
lite praticarsi dalla Sede apostoli- 
ca dopo l'elezione del re de' roma- 
ni, essa non si approva dal Papa 
se l'eletto non ottiene la conferma 
con bolla concistoriale. Allora Car- 
lo VI fece supplicare Clemente 
XI dall'ambasciatore di Prie di 
sua approvazione, e l'ebbe con la 
bolla Romani Poiujficis sottoscritta 
da ventitre cardinali a' 26 febbra- 
io 1714» i^^i B^ istanza dello 
stesso imperatore a' i o marzo Cle- 
mente XI gli accordò le preci pri- 



GER 

marie, con quelle condizioni con- 
tenute nella bolla Cum post fa* 
ctam. 

Malgrado i preliminari trattati 
di pace d'Utrecht, di Radstad, e 
idi Baden, la guerra continuò nella 
Spagna. Nel 17 12 Clemente* XI 
l'iproYÒ e dichiarò nulli i capitoli 
della pace conchiusa nel 1707 da 
Giuseppe I coi plenipotenziari di 
Carlo XII re di Svezia in Altran- 
stad, pei gravi danni che riceveva 
l'ecclesiastica giurisdizione^ ed esor- 
tò Carlo VI a procurarne l'ina- 
dempimento. Con apostolica fran- 
chezza il Papa invitò l'imperatore 
a resistere ai tentativi dei calvini- 
sti, i quali nella dieta di Ratisbo- 
na, e nei trattati della pace d'U- 
trecht procuravano che nella Sle- 
sia fosse loro concesso, quanto nel- 
la detta pace d' Altranstad era sta- 
to accordato ai luterani* JVel 17 14 
Clemente XI raccomandò calda- 
mente air imperatore ed al re di 
Francia nella pacificazione della 
Spagna che si trattava a Baden, 
fosse cautelata la religione cattoli- 
ca nella Svizzera, la difesa de' suoi 
diritti, e la restituzione de' beni tol- 
ti al monistero di s. Gallo. Ren- 
dendosi insolenti i turchi per le 
ultime vittorie riportate, ed aven- 
do preso di mira gli stati austriaci, 
e la repubblica di Venezia, Cle- 
mente XI implorato il divino pa- 
trocinio si rivolse a tutti i prin- 
cipi cristiani per formare una po- 
derosa lega, ed a tal fine mandò 
legato a Intere a Vienna il cardi- 
nale Orsini. Carlo VI restava titu- 
bante, per timore che il re Filip- 
po V ne profitasse a di lui danno, 
onde il Papa ottenne da questo 
principe solenne promessa che non 
avrebbe molestato i dominii impe- 
riali durante la gueira cogli otto- 



GER 173 

mani. Sicuro di tale protesta Cle- 
mente XI ne spedì all'imperatore 
In notizia, il quale unito ai veneti 
dichiarò guerra ai turchi a' 5 giù** 
gno 1716; ed il Pontefice per aiu- 
tarlo gli concesse le decime eccle- 
siastiche per tre anni negli stati au- 
striaci, nel ducato di Milano, e nel 
regno di Napoli. Mentre in Ro- 
ma Clemente XI innalzava pi^ghie- 
re a Dio e faceva processioni di- 
vote per la prosperità delle armi 
imperiali, queste sotto il comando 
del celebre e valoroso principe Eu- 
genio, riportarono a' 5 agosto pi'cs- 
so Peter varad ino segnalata vittoria; 
e tale fu il terrore de^ turchi, che 
precipitosamente levarono l'assedio 
da Corfu; indi Clemente XI inviò 
ad Eugenio, come principe beneme- 
rito della religione cattolica, lo 
Stocco e berrettone benedetti ( f^S' 
di). Questo capitano prese poscia 
Temiswar, Belgrado^ ed altre piaz^ 
se, per cui i turchi si videro co- 
stretti domandare la pace. Frattan- 
to Filippo V mancando alle pro- 
messe, e facendo uso del soccorso, 
che dal Pontefice eragli stato dato 
contro il turco, ad istigazióne del 
primo ministro cardinal Alberoni, 
s'impadronì dell'isola di Sardegna 
parte della monarchia spagnuola, già 
conquistata dagl'imperiali. A tale 
notizia Clemente XI ne restò af- 
flittissimo perchè vedevasi esposto 
coir imperatore, che aveva assicu- 
rato dell' inazione di Filippo V, 
ed a questi per la mancata parola 
scrisse con grave risentimento. Dal- 
l'altro canto Carlo VI dubitandp 
della sincera condotta del Papa, a 
suggestione de' suoi ministri che Io 
rappresentarono qual traditore, si 
mostrò sdegnato, proibì al nunzio 
di Vienna di accostarsi a corte, 
e di ti*attare afiGari co' suoi mink- 



174 &ER 

stri; feee lioennar da Napoli il 
nunzio Vicentini, e sequestrò le 
rendite de' benefizi che i cardinali 
e i prelati possedevano in quel 
regno, il perché giuste querimonie 
gli scrisse V innocente e bersaglia- 
to Clemente XI. Finalmente Tim- 
peratore, e Filippo V, persuasi dei- 
la probità del Papa, restituirono 
ai nunzi la loro stima e fiducia, 
e ritornarono ad un contegno pa- 
cifico. 

In Passarowitz nel 171 8 ebbe 
luogo la pace co' turchi, conservan- 
do l'imperatore tutte le sue con- 
quiste. In quanto all'Italia, per la 
invasione memorata delia Sai*de- 
gna, venne in Londra a' 2 agosto 
1718 conchiusa la quadruplice al- 
leanza tra r Inghilterra, la Fran- 
cia, l'imperatore, e gli stati gene- 
rali. Carlo VI si obbligò ricono- 
scere Filippo V in re di Spagna, 
rinunziando per sempre a detto 
regno; e gli alleati si' obbligarono 
mantenere l'imperatore in qualità 
d' arciduca d'Austria in possesso 
de' suoi stati, ed a fargli concede- 
i*e la Sicilia in luogo della Sarde* 
gna. Non avendo voluto la corte 
di Spagna aderire a questo tratta- 
to, la guerra continuò; gli spagnuo- 
li ebbero vari colpi sinistri, e la 
Spagna entrò nella quadruplice al- 
leanza nel 1720, e così terminò la 
guerra. Riconosciuto il regno di 
Sicilia possesso di Carlo VI, a'g 
giugno 1722 Innocenzo XIII glie 
ne diede la solenne investi tui*a . 
L' imperatore s'impiegò dipoi a 
tutto suo potere pei* introdurre, e 
per rendere stabile da per tutto 
la prammatica sanzione rispetto 
alla successione ne' suoi stati eredi- 
tari, che volle restassero sempra in- 
divìsi, cioè che in mancanza di ma- 
schi della sua linea, le sue figlie 



GER 

gli sarebbero succedute in tutta 
l'eredità, in preferenza di quelle 
deir imperatore Giuseppe I suo 
fratello. Dopo di averla fiitta accet- 
tai nella maggior parte degli stati 
dell' Alemagna, ed approvare dagC 
elettori di Sassonia e di Baviera 
mariti delle figlie di Giuseppe I, 
condiiuse un trattato a Vienna li 
3o aprile 1725 colla Spagna, in 
cui ambedue le parti rinunziarono 
a tutti i regni e paesi eh' elleno 
possedevano allora, e fu guarentita 
la successione ei*editarìa di d. Car- 
lo Borbone agli stati di Toscana 
e di Parma, e la prammatica san- 
zione d'Austria: questa allenza fu 
chiamata l'alleanza di Vienna. Be- 
nedetto XIII die fine alla fiunosa 
controversia, se alla camera apo^ 
stolica, ovvero al duca di Modena 
appartenesse il dominio della cit- 
tà e contea di Conaacchio nel du^ 
cato di FeiTara, occupata dall'ini- 
peratore die proteggeva gli Esten- 
si, e nel 1725 ne seguì la restitui- 
zione alla santa Sede, vera ed an» 
tica sua signora; quindi il Papa 
accordò a Carlo VI le deàme ec- 
clesiastiche in tutti i dominii ao- 
striaci^ condonandogli tutte le ren- 
dite maturate; e siccome Sinsen- 
dorf primo ministi*o avea coopera- 
to a questo accomodamento, creò 
cardinale Filippo di lui figlio. Es- 
sendo morto nel 1782 Augusto II 
elettore di Sassonia re di Polonia, 
l'imperatore si vide ingolfato in 
nuova guerra. La Francia voleva 
ristabilire sul trono polacco Stani- 
slao, e Carlo VI per lo contrario 
fece eleggere il figlio del defunto, 
che prese il nome di Augusto III. 
I francesi presero Kelil, Treverij 
Tarbach, Filisburgo, e guadagna- 
rono in Italia la battoglìa àk Par- 
ma e di Guastalla, D. Carlo B(nr« 



GER 

bone soccorso dalle armate spa- 
gnuole, comandate dai duca di 
Montemar, attaccò il regno di Na- 
poli, e se ne fece dichiarare re in 
Palermo dopo la battaglia di Bi- 
tonto^ e s'impadronì pure della Si- 
oilia. Clemente XII si trovò nella 
penosa alteraativa, che il re Carlo 
e rimperatoi'e gliene domandaro- 
no rinvestitura, che credè conce* 
dere al secondo. 

Altro non rimaneva nel lySS 
in Italia agi' imperiali che Manto- 
va; ma essendosi portati i russi 
ed i sassoni a rinforzare Tarmata 
imperiale sul Reno, cessarono le 
ostilità, e fu fatta la pace. Augu* 
sto III rimase re di Polonia, il re 
Stanislao ebbe i ducati di Loi*ena 
e di Bar, con patto che dopo la 
sua morte ritornerebbero alla Fran- 
cia; furono restituite all'imperato* 
re Parma e Piacenza, ed il duca- 
to di Milano; la Francia garantì 
la prammatica sanzione; il duca 
di Lorena Francesco Stefano de- 
stinato a sposare Maria Teresa fi« 
«glia primogenita ed ei*ede di Car* 
lo VI, in compenso della cessione 
a Stanislao dei due ducati, el^ 
in cambio il granducato di Tosca- 
na all'estinzione del granduca Gio. 
Gastone, e dalla Francia cinque mi- 
lioni e mezzo di lire all'anno, finché 
ne fosse entrato in possesso; final- 
mente d. Carlo di Boi*bone tenne il 
regno di Napoli e la Sicilia, rice- 
vendone l'investitura da Clemente 
XII. JVel 1737 Carlo VI si trovò 
costretto gueitneggiare coi turclii, 
onde si rivolse alla benignità del 
Papa come inedia tore della sacra 
alleanza limata da Innocenzo XI, 
col re <di Polonia ed i veneziani 
-contro ila sarbiime Porta, che in* 
cadeva l' Ungerla, ove il prindpe 
transilvano ìÈUigstsU erasi nuova- 



GER 175 

mente ribellato, perciò scomunicato 
da Clemente XII, come incorso 
nelle censure della bolla in Coena 
Domìni y per aver preso le armi 
contro l'imperatore in soccorso ddi 
turchi con obbrobriosa alleanza. 
Incitile Clemente XII in diversi 
modi cercò giovare Carlo VI. Pub- 
blicò un giubileo per tutta l'Italia 
per implorai il divino patrocinio, 
e concesse all' imperatore centoven- 
timila fiorini di beni ecclesiastiei 
dei suoi stati, centomila scudi del 
tesoro pontificio, dodicimila scudi del 
suo privato peculio, e trentamila scu- 
di oblazione de' cardinali e prelati di 
Roma. La guerra fu infelice all'im- 
pero, per cui Carlo VI nel 1739 
nel trattato di pace rilasciò ai tur- 
chi Belgrado, Zabach, la Servìa, e 
quanto la casa d'Austria possede- 
va nella Vallachia. A' 20 ottobne 
1740 Carlo VI morì a Vienna, 
dopo aver dato al duca Francesco 
Stefano in isposa la sua figlia Ma- 
ria Teresa, avendolo fatto elegge- 
re re de' romani, laonde questo 
principe divenne Io stìpite della 
nuova casa -d'Austria, chiamata 
Austria- Lorenay gloriosamente ra- 
gnante. Benedetto XIV die parte 
al sacro collegio in concistoix> del- 
la morte di Cai*lo VI, e poscia 
gli celebrò i funerali. Negli stati e- 
reditari essendo premorto al padra 
l'arciduca Leopoldo, successe Ma- 
ria Teresa, che si trovò esposta 
a molte guerra « pretensioni al- 
la «vasta eredità; e la pramnatica 
sanzione riconosciuta per ventisette 
anni, ad un tratto lìi considerata 
«onf>e non fatta; ma Maria Teresa 
-subito 81 mise in possesso dell'Au- 
«tria, dell'Ungheria e della Boemia. 
I pretendenti che sorsero a di- 
sputare a Maria Teresa il l'etag- 
gfo de' suoi avi, furono Telettoi^e 



ì*?6 GER 

di Baviera, quello di Sasitonia, Fi- 
lippo V, il re di Sardegna, e Fe- 
derico II re di Prussia; Luigi XV 
re di Francia non si ralse de'suoi 
titoli, ma volendo abbassare la ca* 
sa ti' Austria sua antica rivale coa- 
diuvò air esaltazione del principe 
bavaro. L'elettóre di Baviera Car- 
lo Alberto figlio di Massimiliano, e 
sposo di Maria Amalia figlia di 
Giuseppe I, avendo ricevuto trup- 
pe dalla Francia s'impadronì di 
Passavia, prese il titolo d' arcidu- 
ca d' Austria, andò al possesso di 
Lintz, s'impadronì ancora della 
Boemia, e se ne fece proclamare re, 
dappoiché erasi protestato contro la 
convenuta prammatica sanzione, e 
fatto perciò alleanza col cognato e- 
lettore di Sassonia. Indi a' i4 gen- 
naio 1742 fu unanimemente eletto 
re de' romani, e fece il suo solen- 
ne ingresso in Francfort, dove Te- 
lettore di Colonia suo fratello lo 
incoronò imperatore, prendendo il 
nome di Carlo VII. Benedetto XIV 
ne approvò l'elezione, ed egli no- 
minò protettore dell'impero presso 
la santa Sede il cardinale Borghe- 
se, mentre a di lui mezzo, e per 
quello del barone Scarlatti suo mi- 
nistro in Roma domandò le pi*eci 
primarie, la spedizione d'un nun- 
zio apostolico, e la giurisdizione 
della chiesa nazionale di s. Maria 
dell'Anima. Appena Benedetto XIV 
intese tutte queste istanze, convocò 
una congregazione de' cardinali, nel- 
•la quale fu risoluto di differire il 
risultato alle due prime domande, 
e di non far novità alla terza, per- 
chè i deputati di detta chiesa vi 
aveano innalzato Tarme della re- 
gina Maria Teresa, credendo che a 
questa dovesse appartenere com'e- 
rede universale della casa d'Au- 
stria, e non mai alla nazione te- 



GER 

désca come pretendeva il nuovo 
imperatore. In quanto al nunzio, 
trovandosi ancora a Vienna mon- 
signor Dorìa nunzio straordinario. 
Benedetto XIV volle che vi fosse 
conservato; ed in quanto alle pre- 
ci primarie, siccome queste non si 
accordavano dai Pontefici ai no- 
velli imperatori, se non dopo aVer 
essi per mezzo d'un ambasciato- 
re reso obbedienza alla santa Se- 
de, così appena il cardinal Borghe- 
se ricevette le credenziali di amba- 
sciatore straordinario, e rese solen- 
ne obbedienza a nome di Carlo 
VII, fece la supplica per le preci 
primarie, e Benedetto XIV benigna- 
mente con bolla le accordò. La re- 
gina Maria Teresa protestò contro 
reiezione di Carlo VII, aiutata prin- 
cipalmente dagli ungheresi, riprese 
Passavia, Lintz, Talta Austria: le 
di lei truppe comandate dal con- 
te di KevenhuUer entrarono poscia 
in Baviera, s'impadronirono di Brau- 
nau, di Landshut , di Monaco , e 
posero quasi tutto l'elettorato in 
contribuzione. Carlo VII costratto 
ad evacuare la Boemia, e spoglia- 
to de' suoi stati ereditari^ fu ridot- 
to ad errare per la Germania ; ri- 
parò alla fine in Francfort ove con- 
vocò una dieta per rimediare i 
suoi affari, e tentò pacificarsi con 
l'Austria. Una diversione effettuata 
in Boemia dal re di Prussia, gii 
porse T occasione di ricuperare la 
Baviera, onde Cario VII rientrò in 
Monaco nel novembre i744> ^^ 
rifinito dai dispiaceri e dalle infer- 
mità, moli ai 20 gennaio 174^9 
mentre gli austriaci rientravano in 
Baviera, nel cui elettorato gli suc- 
cesse il figlio Massimiliano. 

Benedetto XIV venendo in co- 
gnizione che ne' trattati per la pa- 
ce si volevano secolarizzare alcuni 



GER 

Tescovati di Germania, o dai piti 
ricchi si dovessero diminuirne le 
rendite; per impedire tali nocevo- 
li innovazioni scrisse ai principi 
tedeschi perchè non lo permettes- 
serO) ed esortò i vescovi , median* 
te la costituzione Ut primum^ ad 
opporsi virilmente a sì pregiudizie- 
Toli secolarizzazioni. Rifletteva il 
Pontefice, che se alcuni principi te- 
deschi anche cattolici spacciavano 
che i vescovi non dovevano essere 
nello stesso tempo principi sovra- 
ni, dovevano sapere che nella Ger- 
mania conveniva grandemente che 
i vescovi fossero ricchi e potenti 
per resistere agli eretici, e mante- 
nere quelli che dall'eresia si con- 
Tertivano) e perciò il Papa invitò 
ì vescovi a chiudere la bocca a 
coloro che in tal modo parlavano^ 
facendo buon uso delle rendite con 
generose limosino. Ai i3 settem- 
bre 174^ Francesco I marito del- 
la regina Maria Teresa avendo sta- 
bilito il suo quartiere generale ad 
Eidelberga fu acclamato imperato? 
re, fece il suo ingresso in Franc« 
fort, dove venne coronato a' 4 ot- 
tobre. Intanto la guerra continuò^ 
e soltanto nel 1 74B la pace d' A- 
quìsgrana assicurò a Maria Tei'esa 
la possessione della maggior parte 
de' suoi stati ereditaria I talenti di 
questa principessa la mettevano in 
istato di governare da sé stessa; 
associò nondimeno il suo sposo al- 
le cure deir amministrazione, e re- 
gnò sempre tra loro il più gran- 
de accordo per far fiorire la mo- 
narchia austriaca, e per mantene- 
re la influenza della loro casa nel- 
l'impero germanico. I risultamen- 
ti della gran lotta che disputò i 
diritti a Maria Teresa si fuix)no} 
che la Prussia conquistò una gran 
^rte della Slesia, e la contea di 

TOL. IXIl. 



GER 177 

Glatz; una porzione del Milanese 
fu ceduta al duca di Savoia dive- 
nuto re di Sardegtia nella gueri*a 
di successione alla monarchia di 
Spagna; ed i dudati di Parma e 
Piacenza furono ceduti ad un in- 
fante di Spagna. Nel 1753 insor- 
se una ditferenza tra l'impero, e 
Benedetto XIV^ il quale volendo 
elevare al cardinalato monsignor 
Stoppani già nunzio di Vienna ed 
alla dieta di Francfort, ed allora 
presidente di Urbino^ il cardinal 
Millini ministro in Roma dell'im- 
peratrice Maria Teresa, in nome di 
questa lo Toleva escluso dal sacro 
collegio, perché nella detta dietd 
per l'elezione dell'imperatore avea 
promosse le parti della casa di 
Baviera, e perciò non favorì quel- 
le di Francesco I e dell'Austria. 
Considerando Benedetto X(V che 
non conveniva dare ascolto a tali 
istanze, per non dare esempi ad al- 
tre corti di pretensione onde esclu- 
dere qualche individuo dal colle- 
gio cardinalizio, come l'impero, la 
Francia e la Spagna pretendevano 
darla al pontificato nel conclave; 
e considerando pure che monsignor 
Stoppani avea servito la santa Se- 
de con riputazione , ed aveva a- 
gito secondo le istruzioni della mef« 
desimaj lo creò cardinale^ 

Maria Teresa si occupò di Can-^ 
celiare le tracce della guefrra^ con 
animare l'agricoltura, far fiorire il 
commercio, lef arti, le scienze, mas- 
^me la militare, mediante accade- 
mie e collegi da lei istituiti. Mi* 
nacciata di poi da Federico II re 
di Prussia, Maria Teresa si procu- 
rò l' appoggio della Francia a mez- 
to del principe di Kannit^ che go»> 
deva la sua intima confidenza, e le- 
ce entrare ne' suoi progetti le eor- 
ti di Russia, di Svezia e di Sas-, 



178 GER 

tODÌa. Alcuni prosperì successi ono- 
rarono le armi imperiali, come la 
Tittoria di Kollin importata dal ge« 
neral Daun, e la pace di Huberst- 
burg de' 16 febbraio 1763 termi- 
nò la guerra dei sette anni. Poco 
dopo Giuseppe II figlio primogenito 
degli imperiali coniugi, nei 1764 
fu acclamato re de' romani; men- 
tre nel precedente anno Francesco 
I avea assicurato il gran ducato dì 
Toscana al secondo figlio Pietio 
Leopoldo. Nel 1765 Francesco I 
mori ad Inspruck con riputazione 
di principe saggio, illuminato e be- 
nefico. Altri suoi figli nati da Maria 
Tei'esa furono Ferdinando chiama- 
to dal suo matrimonio con Maria 
Beatrice d'Elste alla successione del 
ducato di Modena; Massimiliano 
gi*an maestro djeir oixline teutonico, 
am vescovo di Colonia e vescovo 
di Munster; Maria Cristina marita- 
ta al prìncipe Alberto di Sassonia, 
goveraatrìoe de' Paesi Bassi, e prov* 
^ista co'suoi discendenti dell'appan- 
naggio del principato di Teschen; Ma- 
ria Amalia maritata al duca di Par- 
ma; Maina Cai*dlina maritata al re 
di Napoli; Maria Antonietta maritata 
a Luigi XVI re di Francia, e che fu 
])artecipe delle sciagure del consor- 
te, come nan'ammo a quell' artico- 
lo. Maria Teresa pianse tenemmen- 
te Francesco I, prese lutto auste- 
ro che piti non depose, fondando un 
capitolo di canonichesse ad In- 
spruck, delle quali si parlò al voi. 
VIIj p. 23 1 del Dizionario, con l'ob- 
bligo di pregare |>er l'anima del 
consorte. A' 18 agosto 1765 Giusep- 
pe lì divenne imperatore, continuan- 
do ad essere imperatrice regina 
Maria Teresa sino alla morte. A 
questa Clemente XIII, come regina 
d'Ungheria, confermò il titolo di 
maestà apostolica^ ^aon poco fratto 



GER 

a lei si involse per salvare la mi- 
nacciata benemerita compagnia dì 
Gesù. Celebrandosi il Conclave {^J^C' 
di) per di lui morte, Giuseppe II 
e il fratello Pietro Leopoldo l'ono- 
rarono di lora presenza : per questo 
conclave ebbero luogo due amba- 
sciatori straordinari, uno di Giusep- 
pe II, r altro di Maria Teresa, di- 
stinti con doni dall' eletto Clemen- 
te XIY. Quando stava per iscop- 
piare la guerra tra questa principes- 
sa, e Caterina II impera trìce di Rus- 
sia che brillava su quel trono, se- 
gui nel 1772 il primo parteggio 
della Polonia tra quella potenza, 
la Prussia, e Maria Teresa cui toc- 
cò la Galizia, la Lodomiria, la cit- 
tà di Zyps, e poscia la Bukowina, 
ed il quartiere dell' Inn. La succes- 
sione di Baviera vacata per mor- 
te di Massimiliano, ultimo elettore 
del ramo cadetto di Wittelsbach^ fu 
causa di nuova guerra. 

Toccava la successione di dirìtto 
all' elettore palatino, come capo del 
ramo primogenito, ma Giuseppe II 
persuase la madre ad invadere la 
Baviera, mentre per rapprasaglia 
la Prussia occupò la Boemia: ben 
pi*esto terminò la guerra nel 1779 
colla pace di Teschen, in cui l'Au- 
stria rinunziò alle sue pretensioni. 
Maria Teresa morì a' 29 novembre 
1780, col titolo glorioso di madre 
della patria. Gli successe Giusep- 
pe 11, il quale subito occupossi di 
consolidare il possesso de'suoi im- 
mensi dominii, stabilendovi un si- 
stema di amministrazione regolare 
ed uniforme. Continuò a vivere 
frugalmente, e senza fasto sovrano^ 
col quale privato sistema avea fat- 
to diversi lunghi viaggi, per acqui- 
stare cognizioni, sino nelle più rì- 
mote regioni , nell'intendimento di 
fai*ne uso in vantaggio de'popoli 



GER 

affidali a luì dalla provvidenza. 
Protesse le arti, le scienze, il com» 
mercio, ed amò le milizie con le 
quali visse domesticamente, ed eh* 
be per loro la più tenera solle- 
citudine. Tix)ppo però fu traspor* 
tato nello spirito di riforma, e dis« 
graziatamente volle semplicizzare 
ne' suoi stati la cattolica religione^ 
ed organizzare il sistema del cle- 
ro e dei claustrali con pi*egiudi« 
zievoli novità. Vietò primamente 
ai religiosi di ubbidii'e ai loro su- 
periori , soppi*esse inolti oonTen- 
ti e monisteri, pi*oibì ad altri ri- 
cevere novizi, e di altrì s' impa- 
dronì delle rendite. Oi*dinò al cle^ 
ro di dargli un catasto de'suoi be- 
ni; e non permise più che si in- 
corresse al Papa per le dispense 
matrimoniali. Prescrisse il placet 
imperiale per tutte le bolle, brevi 
e rescritti provenienti da Roma, 
e dalla santa Sede. Vietò ai ve- 
scovi di conferire gli ordini, e con 
un seguito perenne di i*egolamenti 
che cambiavano tutti gli antichi 
usi praticati dalla Chiesa, e rove- 
sciavano la sua disciplina, si fece 
riformatore eziandio de' più piccoli 
oggetti. Soppresse le confraternite 
e pie congregazioni, abolì le di- 
vote pi*ocessioni di religione, pre- 
scrisse l'ordine dei divini uffizi, 
regolò le sacre cerimonie, il nu- 
mero delle messe, la maniera del- 
le benedizioni , e fino la quantità 
di cerei , che dovevano ardere nei 
medesimi uffizi divini, per le qua- 
li minuzie il filosofo Federico II 
re di Prussia j lo chiamava mio 
fratello il sagrestano. Questi e 
molti altri decreti eccitai*ono lo 
zelo di parecchi vescovi , ma le 
loro rimostranze non furono attese. 
Fra gli altrì il cardinal Bathyaa 
primate d'Ungheria, dimostrò al- 



GER 179 

l'imperatore quanto i suoi decreti 
eccedessero il potere dell'autorità 
civile» massime quello de' 4 mag- 
gio 1781, in cui a &vore dei gian* 
senisti s' ordinava un assoluto si- 
lenzio sulla bolla Vmgenitus di 
Clemente XI, contro la quale pe- 
li» seguitavano a scrivere i teologi 
della corte, ed in fìivore dell' ap^ 
pello. Quell'intrepido cardinale fe«i 
ce osservai che la bolla di Cle* 
mente XI era tin giudizio della 
Chiesa universale^ com'erasi dimo- 
strato dal concilio ttMnano nel 
1^25; dall'enciclica di Bèdedettò 
XIV nel 1756, e dagli atti del 
clero di Francia nel l'^éS. Nulla 
potè fbrmai*e il corso delle inno- 
vazioni religióse di Giuseppe II ^ 
tanto opposte all' antica disciplina 
ecclesiastica, uè le divei^ lettere 
amorevoli del Pontefice Pio VI, 
poterono persuadei'e 1' imperatore 
a cangiare consiglio^ ed ascoltar 
quello del padre coinùtie de'fe^ 
deli. 

Per dovere del suo apostolico 
ministero^ stimò Pio VI che la sua 
presenza e le Sue pai'ole potessero 
avere maggior efficacia presso l'au- 
gusto, onde risolvette di poi*tarsi a 
Vienna. Partecipò il suo divisa» 
mento ai cardinali Albani e Ger* 
dil| e siccome uno di essi gli ri- 
spose che avrebbe dovuto molto 
combattere, soggiunse il zelatìte Pa- 
pa, combatteremo, ma colle armi 
della dolcezza e della cristiana ca- 
rità. Quindi Pio VI avvisò l'im- 
pei*atore con lettera de' 9 feltraio 
1782 della prossima partenza per 
la di lui capitale, senza indicargli 
i motivi del viaggio. Li previde 
Giuseppe 11 dicendogli nella rispo- 
sta che il partito da lui preso mà^ 
le riforme religiose era irrevocabi- 
le, né mai avrebbe ceduta A' 27 



i8o 



GER 



febbraio Pio VI partì alla volta di 
Fìenna {Vedi)^ e giunto a Ferra- 
ra ricévette dall'imperatore V av^ 
viso che l'avrebbe alloggiato nel 
palazzo imperiale, mentre il Papa 
divisava abitare in quello della nun- 
ziatura. A' i4 marzo Pio VI arri- 
vò a Gorizia dove il conte di Go- 
bentzel vicecancelliere di corte lo 
complimentò in nome dell' impera- 
tore. A Lubiana ebbe gli omaggi 
dell'arciduchessa Marianna d' Au- 
stria, proveniente colle sue dame 
da Glangenfurt. A' 2 2 marzo due 
I^he da Neustadt Giuseppe II col 
fratello Massimiliano si presentaro- 
no alla can*ozza di Pio VI> che fu 
dall'imperatore aiutato a discen- 
derne dopo aperto da lui lo spor- 
tello. Dopo gii scambievoli atti di 
cordialità, Pio VI ascese nella car- 
rozza di Giuseppe II, ed insieme 
entrarono in Vienna , ove venne 
ti*attato splendidamente in tutto il 
tempo che vi restò, essendo allora 
nunzio apostolico il celebre mon- 
signor Garampi. Quindi ebbero 
luogo tra il Papa e l'imperatore 
soltanto lunghi e continui congres- 
si, mentre tutta l'Europa teneva 
verso di loro rivolta la sua atten- 
zione. Intanto le riforme ecclesia-^ 
stiche non vennero né sospese né 
modificate, anzi l'imperatore mi- 
nacciò quelli che non aveano pub- 
blicato i suoi ordini sulla tolle- 
ranza dei diversi culti religiosi , 
tra' quali il vescovo di Gorizia, il 
conte d'Elding, e l'intendente del- 
la provincia di Carniola. Dall'altro 
canto Pio VI, sempre costante nel- 
la difesa dei diritti della santa Se- 
de, in Vienna stessa scrisse un bre- 
ve con cui pieno di apostolica fer- 
mezza riprese un vescovo di Mo- 
ravia perché avea lasciato uscire 
da due monasteri le monache, che 



GER 

si videro erranti cercatfdo ricove-» 
ro, e perchè assolvette i religiosi 
massime i certosini dall'osservanza 
di loro regola* Del insultato sull'o- 
perato di Pio VI a Vienna, poco 
se ne seppe: certo è che il giura- 
mento prescritto ai vescovi fu sop- 
presso; permise ancora l' imperato- 
re, che si potesse ricorrere alla 
santa Sede nelle dispense matrimo- 
niali in primo e secondo grado; il 
Papa accordò ai vescovi la facoltà 
per le dispense matrimoniali in 
terzo e quarto grado, ed ancora 
in parentela più prossima, previo 
l'assenso pontificio; alcune modifi- 
cazioni riguardo ai monasteri di 
ambo i sessi, e sulla tolleranza del- 
le diverse religioni ; soppressi al- 
cuni monasteri e conventi religiosi, 
furono rispettati però i loro ordi- 
ni e congregazioni; 1' imperatore 
spiegando il suo decreto sulla bol- 
la Vnìgenitus vietò disputarne pub- 
blicamente, e permise ai professori 
darne nelle scuole una conoscenza 
istorica; il medesimo dichiarò che 
il placet imperiale non si estende- 
rebbe sulle bolle in materia dom- 
matica; protestò che il piano adot- 
tato* per la censura de' libri, non 
impediva ai vescovi di fare le loro 
rappresentanze sopra quelli che 
avessero riputati nocivi. Questi fu- 
rono i principali punti ove Giu- 
seppe II rallentò la sua rigidezza, 
tenendolo saldo il principe Kaunitz 
gran cancelliere, contro le zelanti 
sollecitudini del capo -della Chiesa : 
Pio VI in una parola si chiamò 
contento del suo viaggio. Prima 
di partire da Vienna ricevette dal- 
l' imperatore una superba carrozza 
da viaggio, una ricca croce di bril- 
lanti, ed ui^ pastorale con molte 
gioie di finissimo lavoro , i quali 
doni furono stimati . trecento eia* 



GER 

qukntamilà fiorini. Inoltre T impe- 
ratore fece nobili doni ai famìglia- 
ri del Pontefice^ il quale fece al- 
trettanto con la corte imperiale. 
A* 23 aprile Pio VI parli da Vien- 
na, seguito da monsignor Garam- 
pi, ed in carrozza coli' imperatore, 
lasciandosi entrambi con recipro- 
che dimostrazioni di rispetto ed 
affetto nella strada di Baviera al 
santuario di s. Maria Brunn. Indi 
Pio VI passò a pernottare nell'ab- 
bazia de' benedettini di Melck po- 
co dopo soppressa, e per Lintz, 
Hag, Monaco, Augusta, Inspruck e 
Bressanone uscì dai dominii au- 
striaci. 

Tornato Pio VI in Roma l'im- 
peratore die luogo a nuovi prov- 
vedimenti; egli con un editto si 
arrogò la nomina dei vescovi di 
Lombardia che spettava al Papa 
da tempo immemorabile; e Pio 
VI fu condiscendente in cederla. 
Di propria autorità Giuseppe II 
formò un regolamento sui vesco- 
vati, aboPi i seminari diocesani so- 
stituendovi dei generali in cinque 
o sei città solamente; pubblicò un 
decreto per togliere alla Chiesa le 
sagre immagini; soppresse gl'im- 
pedimenti derimentr de' matrimoni, 
ne formò in vece de'nuovi, e per- 
mise il divorzio in molti casi. In- 
tanto Eybel, uno de' più ardenti 
fautori delle riforme imperiali, nel 
1782 pubblicò in Vienna un li- 
bro intitolato: Quid est Papa? 
il quale munito del sigillo impe- 
riale si sparse con profusione, tra- 
dotte in più lingue. Per lo spirito 
velenoso che conteneva^, si pretende- 
va che il Papa non avesse altro 
diritto che di avvertire ed esor- 
tare, così i vescovi che faceva e- 
guali nell'autorità. Dipoi Pio VI 
con decreto de' 28 novembre 1786 



GER 181 

condannò il libro, come contenen- 
te proposizioni ingiuriose, false, te- 
merarie, scismatiche^ erronee ed e- 
retiche, già condannate dalla Chie- 
sa. L'imperatore persuaso che il 
pontifìcio decreto comparirebbe nei 
suoi dominii de' Paesi Bassi, ne or* 
di nò la soppressione; e perchè il 
nunzio di Brusselles monsignor Zon- 
dadari, e l'arcivescovo di Malines 
cardinale Franckenberg erano ac- 
cusati di aver contribuito a farlo 
conoscere nelle Fiandre, ordinò al 
primo di partir subito da' suoi sta- 
ti, ed al secondo di portarsi a 
Vienna per render conto di sua 
condotta. Mentre Pio VI nel 1 783 
attendeva in Roma Gustavo III re 
di Svezia^ giunse all' improvviso 
l'imperatore Giuseppe li, che viag- 
giava al solito incognito, il quale 
dopo aver preso breve riposo dal 
suo ministro cardinal Herzan, si 
presentò con grata sorpresa al Pon- 
tefice; e poscia col re di Svezia si 
trovò presente alle funzioni del 
santo Natale. Dopo il trattenimen- 
to in Roma di sette giorni, l'im- 
peratore si recò a Napoli, e ritor- 
nato che fu in Roma, a' i4 feb- 
braio 1784 sottoscrisse il concor- 
dato col quale il Papa cedette in 
perpetuo all' imperatore e succes- 
sori il diritto alle nomine dei ve- 
scovati ed altri benefizi ecclesiasti- 
ci in Lombardia, come duca di Mi* 
lano e di Mantova. 

Nel 1785 Pio VI cedendo alle 
istanze del duca Teodoro palatino 
elettore di Baviera, stabilì nella 
capitale Monaco la nunziatura apo- 
stolica, la quale fu subito contesta- 
ta dagli elettori di Magonza e di 
Colonia, e da altri prelati protetti 
dall' imperatore, il quale dimostran- 
dosi disgustato, fece sapere al nun- 
zio di Vienna monsignor Caprara, 



iS% 



CER 



che risparmiatte la concueta spesa 
pel formale suo ingresso, come per 
l'avveoire veniva dispensato assiste* 
re alle funzioni sacre della corte» 
per le quali era stato destinato 
ferne le veci il parroco dell'aulica 
chiesa di^li agostiniani scalzi. Nel- 
lo stesso tempo si accrebbe il ma- 
le umore negli elettori ecclesiastici 
.per la circolare del nunzio di Co- 
lonia sugl'indulti quinquennali, di 
phe parlammo, come della coqtra* 
$tata nunziatura^ ai alativi artico- 
li, e venne celebrato il congresso 
p conciliabolo àìEms {Vedi\ pae- 
9e non della casa 4' A.ltemps, come 
avemmo ^ull-autorità altrui, dap« 
poiché gli Altemps furono signori 
lieil'altro Eqas nel Vorarlberg, pres- 
so il lago di Q>stanza. Vedi l'opu- 
scolo intitolato: Véritahle état du 
fljjfferenl élève entre le nonce apo» 
stolique, et ìes trois éUcteurs ecclé' 
MastiijfueSy Dusseldorff 1787. 

Questa riprovevole adunanza 
fu liguardata da- buoni vescovi e 
clero dì Germania, opposta a tut- 
|e le leggi canoniche. Pel nuo- 
TO sistema poi di ecclesiastica di- 
^iplina, introdotto anche nel Bel- 
gio da Giuseppe II, nacquero del- 
le insurrezioni , per cui V impera- 
tore s'irritò col nunzio di Brussel- 
les, e coi Teseo vi. Tali turbolenze 
9i aumentarono nel 1789, veden- 
ti i popoli de' Paesi Bassi au- 
striaci priyati delle loro antiche 
prerogative, spogliate e soppresse le 
più illusti'i e rìoche comunità clau- 
strali ed abbazie, annichilita la be- 
nemerita società degli saittori bol- 
landisti d'Anversa, donde si erano 
fatti trasportare a Vienna tutti i 
Tasti e preziosi materiali, che ser- 
Tivano alla continuazione della lo- 
ro immortale opera delle vite dei 
santi, ed inoltre esposta alla pub- 



GER 

biica vendita la rinomata biblio- 
teca di Brusselles col suo impor- 
tante musea L' imperatore venne 
dichiarato dai bi*abanzoni decaduto 
dai suoi sovrani diritti, e privato 
degli stati delle Fiandre per la sol- 
levazione di quelle proviqcie. Al- 
lora Giuseppe II si rivolse ad im- 
plorare la mediazione di Pio VI, 
mentre sino allora era riniasto 
sordo ai replicati suoi paterni in- 
viti di desistere dalle riforme i*e- 
ligiose. L' interposizione del Papa 
e le pramesse dell'imperatore non 
produssero qe' fiamminghi il de- 
siderato fine, poiché essi già ave- 
Tano gustato il finitto della liber- 
tà, che tanto allora ad esempio 
della Francia fatalmente si dira- 
mava in molte nazioni. Intanto 
Giuseppe II per una tosse mal cu- 
rata, e pegli strapazzi e disagi so^ 
fertì al campo di Bonnato, mori di 
consunzione di viscere a' 20 feb- 
braio 1790. Pio VI gli celebrò le 
solite esequie nella cappella pon- 
tificia, nelle quali monsignor An- 
nibale della Genga, poi Leone XII, 
pronuuMÒ una dotta orazione che 
fu pubblicata colle stampe in Ro- 
ma, In funere Josephi Ilf ec. : l'il- 
lustre e sagace prelato, animato 
da queir amofe costante della ve- 
rità, che dev' essere l' unico scopo 
d^uno storico, nulla detraendo alle 
lodi dovute al suo eroe, non ne 
dissimulò i difetti, aggiungendo con 
ciò maggior fede ai meritati elogi 
che gli compartì. 

Gli successe Leopoldo II Pieti*o 
Giuseppe suo fratello, e fu deno- 
minato il Pacifico, Nel 1765 era 
divenuto granduca di Toscana, spo- 
sò Maria Luisa di Borbone in- 
fante di Spagna , ed a' 9 ottobre 
1790 ottenne la corona imperiale. 
Tosto che fu arrivato nella sua 



GER 

capitale Vienna, rìstabilì con mo- 
dificazioni la forma di governo cbe 
sussisteva al tempo di Maria Te- 
resa ; gli ostacoli che vigevano sul 
commercio furono levati, ma V e* 
ditto di tolleranza fu conservato 
ed anche esteso, ed i regolamenti 
ch'erano stati fatti in favore degli 
ebi^i furono perfezionati. Golia mor- 
te di Giuseppe II niuna lusinga 
concepì Pio VI di veder cambiate 
nella Germania le cagioni che tan* 
te amarezze avevano prodotte nel 
suo animo, fino a spingerlo ad in- 
traprendere un viaggio disastroso 
alla corte di Vienna, per mettere 
riparo alle riforme che quell'im- 
peratore andava operando di pro- 
pria autorità nelle materie eccle- 
siastiche. Leopoldo II troppo avea 
manifestato nel tempo del suo go- 
verno della Toscana , di essere u- 
niforme ai sentimenti dell'augusto 
suo fratello, col quale si univa in- 
teramente nelle vertenze col Pon- 
tefice. Ma troppo più Io manifestò 
quando per la sua assunzione al 
trono imperiale, benché avesse sa- 
puto il pentimento di suo fratello 
avanti la famiglia imperiale pale- 
sato nel punto di sua morte^ egli 
tuttavia nel giurare in Francfort 
la costituzione che dal collegio de- 
gli elettori gli fu presentata pri- 
ma di sua coronazione, non volle 
uniformarsi al concordato germa- 
nico di Nicolò V e Federico III, 
che anzi deliberò sul punto delle 
nunziature si dovesse osservare il 
decreto di Giuseppe II de' 4 ^g^' 
sto 1788; e dichiarò che per l'av- 
venire il diritto di conferire i be- 
nefizi ecclesiastici nella Germania, 
spettar dovesse ai soli arcivescovi, 
vescovi, capitoli, ec. esclusa la san- 
ta Sede, alla quale vietò ogni ri- 
corso ed appellazione nelle cause 



GER i83 

ecclesiastidie. Monsignor Caprara 
che in qualità di nunzio straordi- 
nario si trovava in Francfort pre- 
sente al detto giuramento, fece u* 
na formale protesta, non solo per 
ciò che si ei*a aggiunto in riguar^ 
do ai diritti della Sede apostolica 
in generale, ma ancora in ispecia- 
lità contro tutto quello che ap- 
parteneva alle materie benefiziane, 
e le appellazioni nelle cause eccle- 
siastiche. Ma né la protesta del 
nunzio, né le doglianze di Pio VI 
avanzate con una lettei*a di pro- 
prio pugno all'imperatore, produs- 
sero verun cambiamento sulle cose 
predette, né moderata fu mai in al- 
cuna parte la costituzione dell'im- 
peratore nella forma da lui giurata* 
Leopoldo II a mezzo del prin- 
cipe Coburgo riportò alcuni van- 
taggi sui turchi, acconsentì di re* 
stituire ai Paesi Bassi l'antica loro 
costituzione, sotto la guarentigia 
delle potenze alleate; poscia sot- 
toscrisse il trattato di Sistove a' 4 
agosto 17919 e a' 3 novembre ven- 
ne coronato in Presburgo re d'Un- 
gheria, cerimonia che pei succes- 
sori prescrisse con legge doversi ef- 
fettuare sei mesi dopo la loro as- 
sunzione al ti*ono. Indi dovette oc- 
cuparsi clella terribile rivoluzione 
di Francia, ove la sua sorella Ma- 
ria Antonietta moglie di Luigi 
XVI, era esposta ad ogni sorte di 
oltraggi. La sua qualità d'impera- 
tore gì' imponeva 1' obbligo di so- 
stenere i diritti di que'principi del- 
l' impero, eh' erano lesi dai de- 
creti dell' assemblea nazionale di 
Francia, alla quale già avea fatte 
le sue rimostranze Giuseppe II. II 
collegio elettorale pregò allora Giu- 
seppe II di fare nuovi passi, onde 
l'assemblea invitò Luigi XVI a 
negoziara coi principi proprietaiìi 



i84 



GER 



una rinunzia ai loro diritti me- 
diante un compenso; ma essi di- 
chiararono cbe non accetterebbero 
in risarcimento che beni temtoriali. 
Non combinandosi ie cose, i prin« 
cipi delFimpero incitarono l'impe- 
ratore a prorrederviy e reclamaro- 
no l'intervento delle potenze mal* 
levadrìci del trattato di Westfalia; 
ebbero luogo dÌTersi trattati sul- 
l'Alsazia, che pei successivi avve- 
nimenti non ebbero esecuzione. Leo- 
poldo II si abboccò in Mantova 
col conte di Ai'tois fratello di Lui- 
gi XVI per la deliberazione di 
questo, per il che si fecero vari 
progetti. Lo «tato deplorabile in 
cui la femiglia reale di Francia 
si vide ridotta dopo il malaugu- 
rato viaggio di Yarennes, indusse 
l'imperatore a pubblicare una di- 
chiarazione, con la quale invitò le 
alti*e potenze a protestare che si 
sarebbero unite per vendicare qua- 
lunque ingiuria le potesse venir 
fatta, e per punire una ribellione 
di cui r esempio metteva in com- 
promesso la sicurezza di tutti i go- 
verni; e poscia sottoscrisse una va- 
ga dichiarazione per la restaura- 
zione dell'autorità del re in Fran- 
cia, che servì di pretesto alle invet- 
tive de' nemici di Luigi XVI. In- 
tanto benché l'imperatore pel pri- 
mo avesse accolto ne'suoi porti la 
bandiera tricolore, I' assemblea le- 
gislativa tonava minacce contro 
l'impero, che fini con intimargli 
la guerra. Indi Leopoldo II si col- 
legò con la Prussia, e morì a' 2 
marzo 1793, lasciando quattordici 
figli, quattro femmine, e dieci ma- 
schi, i quali sono Francesco II, 
Ferdinando III granduca di To- 
scana, Leopoldo, Giuseppe palatino, 
Carlo, Giovanni, Antonio, Ranieri 
viceré ^el regno lombardo * vene* 



GER 

to, Luigi, é Rodolfo cardinale. GH 
successe Francesco II, educato sot- 
to lo zio Giuseppe II, ed i regni 
di questi e del genitore fertili di 
avvenimenti gli servirono di am- 
maestramento, onde poscia saggia- 
mente se ne giovò. Inclinato alla 
pace ed alle antiche istituzioni del- 
la monarchia, dovette regnare in 
guer]ra per molti anni, ed attor- 
niato da innovazioni, da torbidi, 
e da rivoluzioni. Pianse tenei^men- 
te Ja morte di Giuseppe II che 
amava, quantunque approvar non 
potesse il suo sistema di governo, 
e dopo quella del padre dichiarò 
che ne avrebbe seguita la politica; 
fu coronato re d'Ungheria il 6 giu- 
gno, e re di Boemia il 5 agosto, 
essendo $tato eletto re de' i*omani 
il 7 del precedente luglio, ed ai 
i4 coronato. 

Incominciata la guerra colla 
Francia, tutto il peso de'suoi eser- 
citi piombò sull'Austria, allora Fran- 
cesco II ciò consigli del vecchio 
principe di Kaunitz, l'oracolo del 
gabinetto di Vienna, si determinò 
di fare i maggiori sforzi per so- 
stenere la terribile e lunga lotta, 
nominando generalissimo il princi- 
pe di Sassonia -Coburgo. Sì fecero 
alcune conquiste, quando decapita- 
to l'infelice Luigi XVI ^ la regina 
Maria Antonietta, e madama Elisa- 
betta sorella di detto re, tutta la 
Francia spinta dalla disperazione 
era divenuta invincibile , mentre 
Thugut successe a Kaunitz nel con- 
siglio dell'imperatore. In compagnia 
di esso Francesco li sì portò nei 
Paesi Bassi, e fu coronato in Brus- 
selles duca del Brabante; ma ben 
presto dovè abbandonarli. Nel 179? 
la Prussia si ritirò dall' alleanza, 
e concluse a Basilea la pace con 
la repubblica f|:auces^; la Spagna, 



GER 

alcuni stati d'Italia e d'AIemngna 
ne seguirono l'esempio, onde TAu- 
stria si troyò sola sul campo di 
battaglia ; tuttavìa i suoi esei*citi 
sotto gli ordini di Clerfayt e del- 
l'arciduca Carlo, conseguirono rag* 
guardevoli vantaggi, ed il secondo 
fu proclamato il salvatore della 
Germania» In detto anno 1795 
fu aggiunta alla monarchia au- 
strìaca la Galizia occidentale, in 
forza della seconda divisione della 
Polonia. Nel 1796 comparve il 
generale Bonaparte che pose in 
fuga Teserei lo austriaco, Io separò 
dagli alleati piemontesi^ e Io scac- 
ciò dalla Lombardia; prese la for- 
tezza di Mantova, e s'innoltrà sot- 
to le mura di Vienna. Per il trat- 
tato di Campo Formio de' 17 ot- 
tobre 1797, r Austria rilasciò il 
Belgio, e la Lombardia, cioè tutti 
i suoi antichi possessi dell' Italia, 
ricevendone in compenso l'Istria, 
la Dalmazia, le Bocche di Cattaro, 
le isole veneziane, e Venezia con 
quasi tutto lo stato veneto; cede 
ancora alla Francia la fortezza di 
Magonza, baluardo della Germania. 
Coi sussìdii dell'Inghilterra , e gio- 
vandosi de'mo vi menti della Russia, 
l'Austria ricuperò tutti i suoi sta- 
ti d'Italia; ma la Russia accorgen- 
dosi che il ristabilimento della mo- 
narchia francese non era lo scopo 
della corte di Vienna, si ritirò dal- 
l' alleanza , e di nuovo 1' Austria 
trovossi sola contro la possanza re« 
pubblicana. I repubblicani france- 
si avendo occupato tutto lo stato 
pontificio, detronizzarono nel 1798 
Pio VI, che mori loro prigioniero 
in Valenza nell'agosto del seguen- 
te anno. L'imperatore offrì ai car- 
dinali la città di Venezia per l'e- 
lezione del successore, onde riuni- 
tosi ivi in conclave il sacro colle*' 



GER ìSS 

gio, nel monistero de' cassinesi di 
8. Giorgio Maggiore a' i4 marao 
1 800 esaltò al pontificato l'immor- 
tale Pio VII. La vittoria di Ma* 
rengo riportata da Bonaparte su 
Melas , costrinse gli austriaci ad 
abbandonar l'Italia; e la marcia di 
Moreau sopra Vienna produsse ai 
3 febbraio 1 80 1 il trattato di Lu<- 
neville, che garantì un qualche an- 
no di riposo al pacifico Francesco 
II, tranne la terza guerra che du- 
rò tre mesi, fatta da Napoleone, 
insieme con Alessandro I impera- 
tore di Russia contro l'Austria, in 
cui fu presa Vienna a'i5 novem- 
bre, ed ebbe fine con la pace di 
Presburgo. Per questo trattato di 
Lune ville l'Austria abbandonò pa- 
recchie contrade della sinistra riva 
del Reno; le frontiere della nuo- 
va repubblica Cisalpina furono* am- 
pliale ; V antica costituzione del- 
l'impero germanico rovesciata, ed 
i duchi di Modena e di Toscana, 
arciduchi d' Austria, costretti a ri- 
nunziare ai loro stati. Quasi tutti 
gli stati ecclesiastici alla destra 
del Reno vennero secolarizzati, e 
furono soppresse tutte le citta im- 
periali ad eccezione di sei, cioè 
Amburgo, Lubecca, Brema, Franc- 
fort sul Meno, Augusta, e Norim- 
berga. Quei paesi accoixlaronsì co- 
me indennizzazione ai principi se* 
colari che avevano peixluto delle 
Provincie alla sinistra riva del Re* 
no. Gli elettori di Treveri e Co- 
lonia vennei'o pure soppressi, e ne 
furono creati quattro nuovi, quel- 
li cioè di Salisburgo, Wiirtemberg, 
Baden , e Assia- Cassel. Ma dello 
stato infelice della chiesa di Ger- 
mania per tali indennizzazioni, ed 
altro che riguarda la pace di Lu- 
neville e gli affari ecclesiastici, lo 
andiamo a narrare. 



t86 GER 

V intiero edifizio della Chiesa 
germanica, ed il clero già sì pos» 
sente e ricco spogliato de'suoì pos- 
sedimenti e dell'autorità sovrana, 
cangiò af&tto di condizione, eoa 
grave detrimento della cristiana re- 
ligione. L'articolo VII del suddet- 
to trattato avendo stabilito che i 
principi ereditari, i quali o in tut- 
to o in parte avessero perduto i 
loro stati per la cessione fatta alla 
repubblica francese de' paesi posti 
sulla sponda sinistra del Reno, sa- 
rebbero indennizzati con altri ter- 
vìtorii presi nel seno dell'impero, 
per cui tale indennizzazione in con- 
formità delle decisioni del pre- 
cedente congresso di Rastadt, noQ 
ÌQ altro modo potè effettuarsi 
che colle memorate secolarizzazio- 
ni. L'esecuzione di questo articolo 
avea fatto nascere le piti forti ri- 
mostranze dal canto dei principi 
ecclesiastici, a spese de' quali ì prin- 
cìpi ereditari si dovevano compen- 
sare delle pei*dite sofferte. Già era- 
si udito il voto di Spira nella die- 
ta di Francfort, che fondava per 
principio essere i diritti de' princi- 
pi ecclesiastici tanto sacri quanto lo 
sono quelli de' principi secolari, e 
che perciò i sagrifizi per indenniz- 
zarli dovevano cadere indistinta- 
mente su tutti gli stati dell'impe- 
ro; che la distinzione che far si 
vorrebbe a pregiudizio de* principi 
e degli stati ecclesiastici, interessa- 
va essenzialmente la cattolica re- 
ligione, senza cui le comunità cri- 
stiane non potrebbero lungamente 
godere d' un tranquillo riposo. Il 
voto del vescovo di Costanza ap- 
poggiavasi agli stessi principii, ed ag- 
giungeva essere i prìncipi ecclesia- 
stici meri usufruttuari, che hanno 
contratta l'obbligazione inviolabile 
di trasmettere ai loro successori i 



GER 

beni delh Chiesa, e che perciò non 
potrebbero giammai acconsentire 
che questi beni passassero in altre 
mani. Concordava negli stessi sen- 
timenti il vescovo di Liegi, il qua- 
le trovavasi nella piCi angustiosa 
situazione , perché tutto avendo 
peixluto sulla riva sinistra del Re- 
no, e nulla possedendo sulla dirit- 
ta, non poteva neppure provvede- 
re alla sussistenza propria, ed a quel- 
la de' suoi consiglieri, ministri e 
domestici; rifiutava perciò di ac- 
consentire alla cessione fatta alla 
Francia, non volendo di propria 
bocca pronunziare la sentenza che 
distruggere doveva un vescovato 
che da mille e cento anni sussi- 
steva per la gloria di Dio, della 
Chiesa, e della religione cattolica. 
Dalla parte poi de'principi eredi- 
tari le opposizioni d'interessi, e le 
gelosie delie recìproche pretensio- 
ni impedivano che mai si venisse 
all'alto di £ire una equa partizio- 
ne de'territorii, rimanendo così tut- 
to alla lunga sospeso, e sempre 
più avviluppato tra mille contrarie 
negoziazioni. 

Per la morte dell'arciduca Mas- 
similiano d'Austria elettore ed ar- 
civescovo di Colonia , vescovo di 
Munster e gran maestro dell'oixiir 
ne teutonico, il capitolo di Colo- 
nia passò all' elezione d' un nuo- 
vo arcivescovo nella persona del- 
l'arciduca Antonio d'Austria. Que- 
sto esempio l' imitò il capitolo di 
Munster, che scelse il medesimo 
personaggio per suo principe e ve- 
scovo, venendo destinato al ma- 
gistero deir ordine teutonico l'ar- 
ciduca Carlo. L'operato de'due ca- 
pitoli fu approvato con rescritto 
imperiale de' i4 ottobre 1801 da 
Francesco II, dichiarando egli che 
per attaccamento alla costituzione 



GER 

germanica, e per sua propria persua* 
sione insistere dovea perchè con- 
sei*vali venissero i tre elettorati ec- 
clesiastici» senza che per questo l'e- 
lezione deli' arciduca influisse pun- 
to sulla condotta dell' imperatore, 
il quale non avea dato il suo con«- 
seni»o alle istanze del capitolo di 
Munster, che V arciduca si portasse 
al suo vescovato per prenderne il 
possesso. Ma diversamente la Prussia 
con grande asprezza avea reclama- 
to dinanzi alla dieta contro la de- 
liberazione presa dal capitolo di 
Munster, perchè aspirando al pos- 
sesso di quel principato, poi^ione 
ricca de'compensi promessi, trovava 
illegale l'elezione; quando veramente 
né il trattato di Rastadt, né quello 
di Luneville sospendevano ne'capi- 
toli questo diritto. Altra sorte di 
contrasto nacque poi tra la corte 
d'Austria, e l'elettore bavaro-pala- 
tino, il quale mostravasi impazien- 
te d' impadronirsi di Passavia, al- 
lorché alle istanze di quel princi- 
pe vescovo venne quella citta oc- 
cupata dalle truppe imperiali au- 
striache : furono questi gli ultimi 
anelici d'una sovranità , della qua- 
le era già decretata definitivamen- 
te l'abolizione. Le gare insorte tra 
i principi ereditari dell'impero ger- 
manico per dividersi le spoglie dei 
principi ecclesiastici, senza giunge- 
re mai a verun accordo fra loro, 
parea che a lungo andare compro- 
mettere potessero la pace d' Euro- 
pa, e diedero perciò motivo alla di- 
chiarazione di Napoleone primo 
console della repubblica francese, fat- 
ta in comune coli* imperatore del- 
le Russie, siccome potenze entram- 
be disinteressate, colla quale offe- 
rivasi alla dieta imperiale un pia- 
no generale d'indennizzazioni, compi- 
lato dietro i calcoli della più scru* 



GER 187 

polosa imparzialità, colla duplice 
mira non solo di compensare le 
perdite, ma di conservare eziandio 
tra le primarie case di Germania 
r equilibrio che sussisteva prima 
della guerra. Pertanto la prima 
seduta della deputazione straordi- 
naria dell'impero, incaricata di pro- 
nunziare giudizio sull'afifare dell'in- 
dennità, si fece ai 28 agosto 1802. 
Il piano proposto dalle due po- 
tenze mediatrici vi^ ricevette modi- 
ficazioni diverse dietro un' infinità 
di osservazioni, domande e richia- 
mi; ma finalmente fu mandata ad 
effetto dietro il Conclusuni preso 
dalla deputazione dell'impero nella 
seduta de'3 i ottobi^e. 

Nell'impero germanico contavan- 
si quattro arcivescovi principi, cioè 
i tre elettori di Magonza, di Tre- 
veri, e di Colonia, e Tarci vescovo 
di Salisburgo ; ventidue erano i ve- 
scovi principi, dieci le prepositure, 
od abbazie principesche, ed inoltre 
eranvi anche sei abbadesse princi- 
pesse. Già il primo esempio di se- 
colarizzazione erasi veduto in forza 
del summentovato trattato di West- 
falia nel 1648. Allora sedici prin- 
cipati ecclesiastici, cioè due arci- 
vescovati e quattordici vescovati 
erano stati alienati per indenniz- 
zare i pnni.ipi ereditari. Col me- 
morabile Conclusum de'2 1 ottobre 
1802 scomparvero tutti gli altri, 
ad eccezione d'uno solo novi/uris, 
come lo chiamavano , che ancor 
sorti momentanea, l'esistenza, e fu- 
rono alienate tutte le prepositure 
ed abbazie: i ter ri tori i andarono 
ripartiti tra dieciotto case princi- 
pesche, che aveano diritto ad in- 
dennizzazìone. Tra queste quella che 
venne piti largamente compensa- 
ta . fu la casa di Brandeburgo ; 
il meno di tutte fu l'Austria, dap- 



i88 GER 

poiché per rOrlenau e la Brisgo- 
via ceduta al duca di Modena, 
ebbe ì vescoTati di Bressanone e 
dì Tienlo. Il granduca di Tosca- 
na ottenne 1' ai*ci vescovato di Sa- 
lisburgo, parte del vescovato di 
Passavia, e quello d'Eichstett. La 
casa di Baviera ricevette i vesco- 
vati di Wttitzbui^o, di Bamber- 
ga, di Frisinga, parte di quello di 
Passavia , e d' Eichstett, oltre la 
prepositura di Kempten, e dodici 
abbazìe. La casa di Brandeburgo , 
i vescovati d'Hildesheim, di Pader- 
boua, di Munster oltre varie ab- 
bazie. Il re d' Inghilterra elettore 
d'Annover, il vescovato d*OsnabruL 
Al duca di Wiirtemberg toccò la 
preposltura d'Elwangen e sette ab- 
bazìe. Al margravio di Baden il 
vescovato di Costanza oltre qual- 
che prevostura ed abbazia ; alti*e 
abbazie, brani di vescovati, moni- 
steri , ec. si diedero al langravio 
ó* Assia - Casse!, i quali tre ultimi 
acquistarono inoltre, come dicem- 
mo, la dignità di elettori. Dopo 
i nominati, iu proporzione a tutti 
gli altri principi minori òeW im- 
pero furono dati gli altri avan- 
zi de' beni ecclesiastici, ed alla re- 
pubblica svizzera il vescovato di 
Coii^. In mezzo a queste ecclesia- 
stiche rovine un solo prìncipe ve- 
scovo fu conservato, perciò per Taiv 
tìcolo 25 del piano proposto dalle 
potenze mediatrici , la sede arci» 
vescovile di Magonza si trasportò 
alla chiesa di Ratisbona; la digni- 
tà di principe elettore ed arcican- 
celliere deirimpero, non che quella 
di arcivescovo metropolitano e pri- 
mate di tutta la Germania dovea- 
no restare unite in perpetuo. Sta- 
bilito venne che la sua giurisdi- 
zione metropolitana, si dovesse e- 
steudei*e sulle antiche provincie ec- 



GER 

clesiastiche di Magonza, Colonia, e 
Ti*everi , in quanto si trovavano 
sulla riva diritta del Reno, ec. , 
eccettuando gli stati del re di Prus- 
sia, e la parte del Salisburghese 
unito alla Baviera. Quanto al tem- 
porale si assegnò per dotazione il 
principato di Ascbafifenburgo, quel- 
lo di Ratisbona, la contea di Wetz- 
lar, olti*e vari capitoli, abbazie^ 
e monasteri. L'elettore cancelliere 
doveva continuare ad essere eletto 
conformemente agli statuti della sua 
antica metropoli. Le città dì Ra- 
tisbona e di Wetzìar dovevano go- 
dere d' una neutralità assoluta in 
caso di guerra anche dell' impero» 
attesoché l'una continuava ad esse- 
re la residenza della dieta generale, 
r altra la residenza della camera 
imperiale. L'antico elettore di Ma- 
gonza Carlo Giuseppe d' Ertbal 
mori nel medesimo anno 1802 ai 
i5 luglio, e gli successe il suo coa- 
diutore Carlo Federico barone di 
Dalberg, quello cioè che nel 1 797 
avea chiamato alle armi le popo- 
lazioni della Germania meridiona- 
le per opporsi airinvasione de'fran- 
cesi. Ciò nondimeno Napoleone ne 
appoggiò la promozione, giudican- 
dolo personaggio d'un carattere a 
luì favorevole, né s' ingannò nelle 
sue speranze. 

Essendo conforme ai doveri di 
giustizia e dì umanità il pensare 
alla sussistenza dì tanti principi 
e corporazioni ecclesiastiche che in 
tutto o in parte spogliati rimane- 
vano de' loro beni; questo appun- 
to fu l'oggetto del Conclusum pre- 
so dalla deputazione dell'impero 
nella seduta de' 26 ottobre, conside- 
rato dagli statistici siccome un ca- 
po-lavoro pe' modi d' equità coi 
quali cercò di appagare le parti 
danneggiate; e dì questo il merito 



GER 

fu attribuito al barone d'Albini, 
ministro dell'elettore di Magonza. 
Inoltre a tenore di quel Conclusum 
le diocesi arcivescovili e vescovili 
restare dovevano nello stato attua- 
le, sino a che venisse fatta una 
nuova distribuzione di sedi vescovi- 
li, da cui dipenderebbe pure lo 
stabilimento de' nuovi capitoli delle 
cattedrali. L'esercizio della religio* 
ne in ciascun paese dovea essere 
garantito da ogni soppressione, e 
da qualunque siasi impedimento; 
ciascuna religione dovea soprattutto 
essere lasciata libera, in conformi- 
tà al trattato di Westfalia, nel pa- 
cifico possesso delle sue proprietà 
ecclesiastiche, e de' fondi applicati 
al mantenimento delle scuole; la- 
sciavasi per altro in libertà il nuo- 
vo sovrano di tollerare altri culti, 
e loro accoixlare il pieno godimen- 
to de' diritti civili. La premura poi 
con la quale le due potenze me- 
diatrici, cioè la Francia col mezzo 
de! suo ministro alla dieta di Ra* 
tisbona il cittadino Laforet, la Russia 
col mezzo del barone di Butler,incal« 
zarono l'affiire delle indennizzazioni, 
fece sì che non si temporeggiò que- 
sta volta a porre in esecuzione il 
piano stabilito; ed appunto nella 
seduta della dieta, che seguì il 
giorno IO dicembre dell'anno stes- 
so 1802, non più vi comparve al* 
Gun ministro degli stati ecclesiasti- 
ci. Rimase in tal modo distrutta 
per sempre l'opera di Ottone I il 
Grande^ e cessò quel potere sovra- 
no negli ecclesiastici, ch'egli aveva 
stabilito, riputandolo non che alla 
religione, utile ai popoli della Ger- 



mania. 



L irreparabile sventura che col- 
pi la chiesa germanica, porzione 
cotanto vasta ed illustre del greg- 
ge cattolico, afflisse vivamente l'a- 



GER 189 

nimo del IH>ntefice Pio VII, il qua- 
le per ovviare a mali maggiori 
scrisse all'elettore principe arcican* 
celliere una fervorosa lettera, in cui 
gli dichiarò l'indescrivibile sua af- 
flizione per quanto era stato fatto a 
fòvore de' principi secolari, a danno 
de' diritti de' principi ecclesiastici e 
de' vescovi. Espose il timore grave 
per le conseguenze che derivereb- 
bero pregiudizievoli nel temporale 
alla Chiesa, come nello spirituale 
pel cangiamento di cose; quindi 
invocò la sua autorevole influenza 
a favore dell'angustiata chiesa a- 
lemanna, e provvedere agli inte- 
ressi della chiesa medesima, ed al- 
la conservazione di sua libertà, 
protestando di non potere appro- 
vare quanto si farebbe contro di 
essa. Intanto sinché si potessero 
riordinare le diocesi di Germania, 
l'elettore già arcivescovo di Ma- 
gonza, la cui sede doveasi trasferi- 
re a Ratisbona, venne dal Papa 
incaricato dell'amministrazione spi- 
rituale del vescovato di Ratisbona, 
il quale estendeva la sua giurisdi- 
zione anche sopra una parte degli 
stati che componevano l'elettorato 
di Baviera, ciò che l' arcivescovo 
notificò a' 17 ottobre i8o3. Né so- 
lamente la diocesi di Ratisbona 
prese egli a governare, ma sicco- 
me era il solo arcivescovo ricono- 
sciuto, così esercitò la sua giurisdi- 
zione su tutta l'Alemagna cattolica, 
ed oltre a ciò disimpegno le veci 
dei vescovi di Gostanza, di Worms, 
di Spira, di Strasburgo, di Ba- 
silea, e di altre porzioni di dioce- 
si esistenti sulla riva dritta del Re- 
no. Quanto i cangiamenti polìtici 
avvenuti nell'impero germanico per 
cagione delle indennizzazioni, e de- 
gli altri regolamenti successivi de- 
cretali dalla deputazione dell' im* 



igo GER 

pero stesso, i^endevano neoessario 
che Tedifizìo della Chiesa cattolica 
in quelle contrade vi fosse i*iordina* 
lo e di nuoTO costrutto; altrettan* 
lo le innovazioni che si andavano 
vociferando, tenevano agitato l'a- 
nimo dì Pio VII, temendo che ne 
ricevesse qualche profonda ferita 
b religione, e detrimento l' autori- 
tà della santa Sede. Andavasi di- 
vulgando che i vescovi ormai non 
più colleghi ed eguali de' principi 
laici, ma divenuti essendo loro pen- 
sionari, dovevano anche cessare da 
quella indipendenza di cui fino al- 
lora aveano goduto, e che perciò 
la nomina di essi appartenere do- 
vea in seguito ai principi, nei cui 
territorii i vescovati rìmanevano 
compresi; che la conferma sarebbe 
domandata al Pontefice, ma esen- 
te da qualunque tassa di cancelle- 
rìa apostolica; che ninna bolla o 
rescritto del Papa in appresso avreb- 
be potuto essere pubblicato ed e* 
seguito, senza il preventivo consen- 
so de' principi. 

Volevasi altresì una nuova cir- 
coscrizione di diocesi, con stabilire 
a ciascuno de' grandi stati un ve- 
scovo, alla cui giurisdizione sa- 
i*ebbero soggetti anche i cattolici 
de' piccoli stati confinanti. Si que- 
stionava ancora sulla futura elezio- 
ne del principe cancelliere dell'im- 
pero; negavano che questa pote- 
stà si dovesse accordare al capìto- 
lo de' canonici, come per lo innan- 
zi, ed in vece esìgevano che ap- 
partenesse alla dieta della quale 
l'arcivescovo era arcicancelliere . 
Nuovi contrasti nacquero per l'e- 
sistenza dell'ordine equestre che 
non voleva pei*dere la sua sovi*a- 
nilà stata rìconoscìuta dai principi 
vescovi, e per ragione de' cosi det- 
ti voti virili^ dappoiché dopo l'u- 



GER 

scita de' prìncipi ecclesiastici, secon- 
do la lista presentata alla dieta, 
si contavano persino ottantasette 
voti nel collegio de' principi pro- 
testanti, quando in quello de' cat- 
tolici non se ne annoveravano che 
soli ventiquattro. Volendo Pio VII 
cercare al di fuori chi tutelar po- 
tesse gl'interessi de' cattolici tede- 
schi, ed il bene della chiesa ger- 
manica, si rivolse a Napoleone pri- 
mo console della Francia, uno dei 
due mediatori nell'afiàra dell' in- 
dennizzazione, e ne richiese il pa- 
trocinio con sua lettera. Questa in 
copia fu dal primo console a' 3o 
gennaio 1804, col mezzo del citta- 
dino Bacher incaricato d' a£&ri, co- 
municata alla dieta dell'impero, 
colla dichiarazione ch'egli non avea 
potuto esimersi dal soddisfare ai 
voti del Papa, quanto ad assume- 
re tale mediazione, eh' esauriva pre- 
murosamente^ ma restò inefficace, 
e si compirono le soppressioni sta- 
bilite; ed il re di Prussia, come 
elettore di Brandeburgo, fece con 
tanto accorgimento sopprìmere e 
confiscare a benefizio dell'erario ì 
conventi ricchissimi della città di 
Westfalia, del ducato di Cleves, e 
del vescovato di Munster, che non 
si seppe l'ordine mandato dalla 
oorte , se non all'istante medesi- 
mo nel quale si eseguì. Conservò 
solamente una pracaria esistenza 
r ordine teutonico^ la cui sede ei*a 
a Merghenteim, e del quale era 
stato creato gran maesti^o l'arci- 
duca Antonio nel giorno 3o giu- 
gno 1804, a cui suo fratello l'ar- 
ciduca Carlo avea rinunziato la 
dignità. Parimenti sussisteva vacil- 
lante il gran prìorato dell'ordine 
gerosolimitano, la cui residenza 
continuava ad essera Heitersheim 
in Brìsgovia. Il primo ordine aveà 



GER 

rioevuto per iadennizzazione capi- 
toli, abbazie e monisterì del Yo« 
rarlberg e della Svevia austriaca; 
il secondo ricevette la contea di 
Bondorf, e generalmente tutti i 
capitoli, abbazie e monisterì della 
Brisgovia. L'articolo a 6 del piano 
generale d* indennizzazioue diccTa, 
che questi ordini sottratti venivano 
dalla secolarizzazione in considera- 
zione de' servigi militari de'loi*o 
benemeriti membri. 

L'atto dell' indennizzazione, chia- 
mato recesso della deputazione im- 
periale, ebbe effetto nel i8o5: pa- 
recchi stati da immediati ossia so- 
vi*ani, divennero mediati o media- 
lizzati, ossia dipendenti ; si stabili- 
rono dieci elettorati, soppressi co- 
me si disse i tre ecclesiastici, cin- 
que de' quali cattolici, e cinque prò* 
testanti; i cattolici furono T arci- 
vescovo di Ratisbona elettore ed 
ai*cicancelliere dell'impero, il duca 
di Sassonia, il re di Boemia, il re 
di Baviera, il principe di Salisburgo 
oSalzburgo; i protestanti furono il 
marchese dì Brandeburgo, il duca 
di Brunswick -Luneburgo, il re di 
Wiirtemberg, il margravio di Ba* 
den, ed il langravio d'Assi a- Cassel. 
Per tali modificazioni la dieta im- 
periale si trovò a quel tempo ridot- 
ta a soli centoquarantasette voti, 
ripartiti ne' tre seguenti collegi : 
i.** il collegio elettorale , com- 
posto di dieci elettori, ognuno dei 
quali aveva un voto; 2.° il col' 
legio de' prìncipi, avente centoven- 
tisette voti, inegualmente divisi fra 
la Prussia, la Baviera, l'Austria, e le 
case di Brunswick, di Sassonia, di 
Assia, di Nassau, di Mecklenburgo, 
di Wiirtemberg, ed altri minori; 
ed il collegio de' conti con quat- 
tro voti, dèi conti di Weteravia, 
di Svevia, di Franconia, e di West- 



GER igt 

falla ; 3/ il collegio delle città iin^ 
perialij che in numero di sei, ognu- 
na aveva un solo voto. Intanto 
gravissimi danni continuava a sof- 
frire la religione cattolica ne'divei-^ 
si stati componenti il corpo del va- 
cillante impero germanico. I memo- 
rati cambiamenti di teivitorii e di 
costituzione ordinati nel recesso 
della dieta di Ratisbona n' erano 
la vera causa. Le collisioni poi 
delle divei*se autorità, e de' poteri 
de' nuovi principi non potevano sé 
non che ritardare la conclusione 
di un nuovo concordato; ed il 
principe arcivescovo di Ratisbona 
ìagnavasi, che malgrado tutte le 
sue premure per riordinare la chie- 
sa di Germania, non eragli nep- 
pura riuscito di dare un regola- 
mento al proprio suo capìtolo me- 
tropolitano , e di questo disordine 
s'incolpava ancora la santa Sede, 
siccome troppo tenace nel voler 
conservare gli antichi privilegi. Que- 
sta grave accusa avea pur dato a 
Pio VII con lettera Napoleone, il 
quale dopo avere eretto la Francia 
in impero, divenuto imperatoi*e, 
erasi fatto coronare in Parigi dal 
Pontefice. 

Vigili erano le cure di Pio 
VII per la chiesa di Germa- 
nia, ed a tale effetto nel i8o5 in- 
viò in nunzio straordinario alla 
dieta di Ratisbona monsignor An- 
nibale della Genga arcivescovo di 
Tiro, poi Leone XII, con breve apo- 
stolico diretto all'arcicancelliere arci- 
vescovo di Ratisbona, ed agli altrr 
principi dell'impela coi più magni- 
fici ed alti elogi del suo rappresen- 
tante: dappoiché fu incaricato il nun- 
zio di peix3orrare la Germania ov'era 
conosciuto per le nunziature di 
Colonia e di Baviera da lui eserci- 
tate con pruidenza e zelo, onde rac« 



19^ GER 

cogliere le querele di quelle chiese^ 
cui alcuni principi protestanti mo- 
lestaTano incessantemente con sem- 
pre nuove pretensioni a danno del* 
L loro prerogative. Appena monsi- 
gnor della Genga giunse in Ger- 
mania, con sorpresa universale si 
seppe che l'areica ncelliere dell' im- 
pero primate della Germania a- 
vea nominato per suo coadiutore 
il cardinale Giuseppe Fesch, zio 
deir imperatore de' francesi ed arci- 
trescovo di Lione, i cui antenati sviz- 
zeri di Basilea, dicevasi nella nota 
presentata alla dieta, ne' secoli XV 
e XYI eransi segnalati con servi- 
gi pubblici per l'impero germani- 
co. Ma in Germania questa nomi- 
na, secondo le mire opposte delle 
diverse corti , fece nascere mille 
opposti giudizi. Ciò non ostante 
monsignoi* della Genga comunicò 
in Ratisbona all'arcivescovo arci- 
cancelliere il breve pontificio, affine 
di cominciare prontamente l'opera 
di ricostruire l' edifizio della chiesa 
germanica; ma le zelanti di lui 
premure urtarono in una prima diffi- 
coltà, perchè il contenuto del bre- 
ve dispiacque ai deputati de' prin- 
cipi protestanti alla dieta, per quel- 
lo che essi chiamavano stile della 
cancelleria romana. In quanto alla 
lunga dimora fatta da monsignor 
della Genga in Germania, e degli 
affari ecclesiastici che vi trattò, è 
a vedersi l'articolo Genga Famiglia. 
Dopo il trattato di Luneville, 
Francesco II avea gustato un po- 
co di pace, quando essendosi di 
nuovo alleato con la Russia e con 
r Inghilterra, fece eseguire sotto gli 
ordini del general Mack un'irruzio- 
ne nella Baviera , e provocò cosi 
il risentimento dell'imperatore Na- 
poleone, i cui effelli furono non meno 
pronti che funesti. Dopo le disfat- 



GER 

te di Ulma e di Austerlitz, Fran- 
cesco li separatosi dalla Russia sot- 
toscrisse il trattato di Presburgo ai 
23 dicembre i8o5, pel quale per- 
dette Venezia, il Tirolo, Trento, 
Bressanone, la Burgovia, TOrte- 
nau, i possessi austriaci nella Sve- 
zia , acquistando invece Salisburgo 
e Berchtoldzgaden; e ad esempio 
di Wùrtemberg e della Sassonia, 
la Baviera fu* eretta in regno. Ri- 
dotta l'Austria senza forza e sen- 
za alleati, vìdesi costretta a deplo- 
rare in silenzio le proprie disgra- 
zie, Vedere quelle della Prussia, e 
r ingrandimento formidabile degli 
imperi francese e russo. Altra con- 
seguenza di questi avvenimenti fu 
il discioglimento dell'impero ger- 
manico^ l'annientamento della sua 
antica costituzione, e l'istituzione 
della confederazione del Reno sot- 
to il protettorato del re de' france- 
si, formata dagli stati dell'ovest e 
del sud-ovest dell' Alemagna, che 
si collegarono insieme. Già sino dai 
12 luglio i8o6 i re di Baviei*a e 
di Wiirtemberg, l'arcicancelliere 
primate, il duca di Baden ed altri 
principi minori eransi separati dal 
corpo dell'impero germanico, assu- 
mendo il titolo di Stali confederati 
del RenOy e stipulando con Napoleo- 
ne un trattato in cui esso venne 
proclamato Protettore della confè' 
derazione del Reno; in tal qualità 
alla morte del principe primate e 
del suo coadiutore, acquistava il 
diritto di nominare il successore. 
Coir articolo IV si stabili, che l'e- 
lettore arcicancelliere, avrebbe pre« 
so i titoli di principe primate deUa 
Germania^ e di altezza eminentis^ 
simaj e per l'articolo IX la dieta 
degli stati confederati si dovea te-* 
nere in P^'ancfort, ed avere per 
suo presidente il principe primate 



GER 

stesso; ed allorquando uno de^tìol- 
kgi solamente dovea deliberare so* 
pra qualche oggetto, il principe pri- 
mate avrebbe presieduto al collegio 
dei re^ e il duca di Nassau al colle- 
gio de' prìncipi. Quando giunse al- 
la corte di Vienna la notizia del 
trattato concluso, incontanente T im- 
peratore Francesco 11^ con una 
circolare segnata li 6 agosto 1806 
diede la sua abdicazione alla coro- 
na germanica, dichiarando estinto 
r uffizio e la dignità d'imperatore 
del sacro romano impero, e di 
capo supremo del medesimo; scio- 
gliendo sé stesso da ogni vincolo, 
che lo teneva legato all' impero 
di Germania, siccome disciolse con* 
temporaneamente con proclama lut- 
ti i principi e stati da' loro dove- 
ri, e sciolse pure gli alemanni da 
ogni giuramento su tale proposito 
verso di lui, legittimo e supremo 
loro capo. 

Cessò per sifl&tto modo e rinun- 
zia, dopo 1006 anni^ quell'impero 
che per autorità apostolica del Pon- 
tefice s. Leone III, nell' 800 con 
Carlo Magno avea cominciato, de- 
nominandosi anche impero d'occi- 
dente, ed impero de' romani. Ne- 
gli ultimi tempi il titolo d'impe- 
ratore de' romani erasi ridotto pres- 
soché ad un puro titolo di digni- 
tà e di onore; l'imperatore era ben- 
fiì avvocato della Chiesa romana 
in senso di esserne protettore e Di* 
fensore (Vedi)^ senza che ciò dimi- 
nuisse minimamente l' assoluta indi- 
pendenza reale ed apparente della 
santa Sede apostolica. Disparve per 
la ragione stessa la dieta di Ratis- 
bona, la quale erasi in quella cit- 
tà cominciata a tenere stabilmente 
dall'anno 1666 in poi^ e che ne- 
gli ultimi anni era tacciata dai po- 
litici di non occuparsi che di po-« 

VOI, IXII. 



GER 193 

chi affiiH. L'imperatore Francesco 
II, rinunciando a tale corona gli 
restò quella d' imperatore d'Austria^ 
per avere unito in un sol corpo 
politico tutti gli stati austriaci te*" 
deschi con titolo d'impero^ che 
avea eretto con patente già pub« 
blicata in Vienna sin'o dai 7 di*^ 
cembre 1804, in mezzo all'esulta- 
zione generale de' sudditi, e con 
una delle più magnifiche feste in 
rendimento di grazie a Dio nella 
chiesa metropolitana di s. Ste&no. 
Questo gran monarca che merita 
di segnare un'epoca nella storia 
del mondo, cominciò gloriosamen- 
te sotto il nome di Francesco I 
una nuova serie d'imperatori. Ri* 
marcano gli storìci, che questo prin* 
cipe, per «na. specie di presenti- 
mento dell'avvenire , e dopo che 
la Francia si convertì in impero^ 
assunse il titolo d'imperatore ere- 
ditario d'Austria^ ed assicurò con 
sì fatta precauzione una tal digni-* 
tà ed un tal titolo alla sua per- 
sona ed alla sua casa, quando in 
virtù degli' avvenimenti gli fu di 
mestieri rinunciare alla corona 
d'imperatore d'Alemagna e di re 
de' romani. 

£ perciò che riguarda alla Con*' 
federazione del Reno ^ a mag-» 
gior intelligenza di quanto do* 
vremo accennare sugli avvenimen- 
ti riguardanti la Germania, e la 
nuova attuale Confederazione Ger* 
manica, diremo che in forza di 
un tal cambiamento molti principi 
indipendenti divennero sudditi dei 
confederati loro limitrofi. Questo 
corpo politico si accrebbe in segui* 
to pei* l'infelice esito della guen*a 
di Prussia ^ dopo la quale tutta 
la Germania, ad eccezione degli 
slati prussiani ed austriaci , fe- 
ce parte della confederazione Re« 

i3 



194 GER 

nana, a cui si aggiunse la por- 
zione di Polonia ceduta dalla Prus- 
sia col trattato di Tilsit nell'anno 
1807, che pose termine alla quarta 
alleanza contro la Francia, e quindi 
quella ceduta dall' Austria col trat- 
tato di Vienna nel 1809. Nel 1810 
però cominciò la confederazione 
ad essere smembrata da Napoleo- 
ne, dappoiché i principati di Salm- 
Salm, di Salm-Kyrburg, il duca- 
to d'Aremberg» le città anseatiche 
di Amburgo, Brema e Lubecca, 
insieme alia parte settentrionale 
dell'elettorato d'Annover, furono 
da lui riuniti all'impero francese, 
cui fu pure incorporato nel 1 8 1 1 
anche il ducato d' Oldemburgo, 
sebbene entrasse pur esso nella con- 
federazione. I trentaquattro stati 
componenti la confederazione del 
Beno, quando la medesima nel 
181 3 si sciolse e lasciò di esiste- 
re, dividevansi in due collegi. Il col» 
ìegio detto dei re formavasi dal 
principe primate divenuto grandu« 
ca di Francfort presidente , dai re 
di Baviera, di Sassonia granduca 
di Varsavia, di Wiirtemberg, di 
Weslfalia, e dai granduchi dì Ba* 
den, di Berg e Cleves, di Assia- 
Darmstadt, e di Wiirtzburgo. Il 
collegio de' principi componevasi 
dal duca di Nassau «Usingen pre* 
Bidente, e dai principi di Nassan- 
Weilburg, di HohenzoUern-Hechin* 
gen e Sigmaringen, di Leyen, d' I- 
aemburg-Birstein, di Lichtenstein, di 
Lippe-Detmold e Schauenburg, di 
Reuss-Ebersdorf, Greitz, Lobensteia 
e Schleitz, di Schwarzburg-Rudol- 
atadt e Sondershauten, dai duchi di 
Sassonia -Weimar, Gotha, Meinin- 
gen , Hildburghausen e Coburgo- 
Saalfeld, di MecLlenbui*g-Schwerin 
e $trelitz, di Anluilt*Bernburg, Des* 
jau e Coethen. 



6ER 

L'accrescimento della Russia e 
quello della Francia spaventando 
l'Austria, vedendo Francesco I nel 
prìncipio del 1809 impanato Na- 
poleone nella sua guerra di Spa- 
gna, pensò essere opportuno il mo- 
mento di scuotere colle armi il 
giogo, con incominciare dal pub- 
blicar l'apologia della propria con- 
dotta, i torti ricevuti da Napoleo- 
ne, còl quadro esatto della politi* 
ca europea di quali' epo<:a; della 
forzata sebbene preveduta rinun- 
zia alla corona imperiale d' Ale- 
magna; del riconoscimento im- 
perioso dei re stabiliti col trattato 
di Tilsit, cioè d' Olanda, di Spa- 
gna, di Westfalia e di Napoli, con- 
feriti tutti alla famiglia BonapartQ 
delie gravi ferite fatte al commer- 
cio, ec. ec. Ma Napoleone respinse 
l'esercito austriaco a Ratisbooa e 
sul Danubio, per la seconda volta 
prese Vienna a' 1 3 maggio^ e vìn- 
se la celebre battaglia di Wagram 
a' 6 luglio, che portò alla pace dei 
i4 ottobre 1809 di Schoenbruna 
presso Vienna, in forza della qua- 
le r Austria cedette al re dì Bavie- 
ra il paese di Salisburgo, e parte 
dell'alta Austria; alla Francia la 
contea di Gorizia, Monfàlcone col 
Friuli austriaco, la Garniola, Trie« 
ste, il circolo di Villacco in Carin- 
tia, porzione della Croazia, Fiume 
ed il littorale, V Istria austriaca con 
le isole che ne dipendono, la Dal- 
mazia con Cattaro, e qualche di- 
sti-etto dipendente dalla Boemia; 
al re di Sassonia tutta la Galizia 
occidentale ed il circolo di Za mo- 
re; ed in fine alla Russia l'Au- 
stria cedette un territorio di quat- 
trocento mila abitanti nella Gali- 
zia orientale. Oltre a ciò l'Austria 
dovette acconsentire ad una contri- 
buzione di ottanta milioni, confer- 




GER 

In^re Y abbandono di Venezia e 
del Tìrolo, e pel delto trattato di 
Vienna Francesco I fece il più do- 
loroso de' sagrifici, come padre e 
come sovrano^ rilasciando l'arcidu- 
cbessa Maria Luigia primogenita, 
per l'interesse il piti sacro dell' u* 
^pn matrimonio all'impera* 
francesi e re d'Italia Na- 
"poleone, per allontanare mali in- 
calcolabili a cagione delle mtiche 
congiunture d'allora, come pegno 
d'un miglior ordine di cose. Indi 
Francesco I si alleò al suo genero 
Napoleone, e yi restò unito sino 
dopo la memoranda campagna di 
Russia nel 1812. Tali convenzioni 
e rassegnazione del monarca au- 
striaco non rimasero senza frutto, 
dappoiché gli stati che gli rimasero 
godettero un po' di riposo, tranne 
le contribuzioni di guerra, e la di- 
mora di truppe francesi in Germa- 
nia, non restando al fortunato con- 
quistatore che soggiogare l'impero 
russo, mentile che persino lo stato 
della Chiesa era stato interamente 
da lui occupato, coli' imprigiona- 
mento dell'inerme Pontefice Pio 
VII, divenuto spettacolo al mondo 
di sacerdotale eroismo. 

Intanto diversi paesi della con- 
finante Germania trovaronsi espo- 
sti a maggiori pericoli, dappoiché 
sparsi per una sì ampia regione 
ormai contavansi otto vescovi sola- 
mente, né r arcivescovo primate 
fra tanti militari sconvolgimenti e- 
ra riuscito di condurre i principi 
della confederazione del Reno ad 
un concordato, eh' essere potesse 
approvato dalla santa Sede. Quin- 
di dove ancora sussistevano , sop* 
primevansi monisteri e conventi ^ 
come si fece in Baviera nel 1809, 
aggiungendovi di più una lata li- 
bertà di coscienza, perché poteva 



GER igS 

ciascuno sino all'età di vent'anni 
determinai*si a quella religione che 
più gli piacesse. Pei matrimoni di 
sposi appartenenti a comunioni di- 
verse, si decretava doversi stare ai 
patti dei capitoli mati*imoniali ; i 
maschi si dovevano educare nella 
religione dei padre, le femmine in 
quella della madre, e gli esposti 
nella religione di quelli che assu- 
mevansi la cura della loro educa- 
zione. In alcune provincie della 
Germania non mancò il fatale fo- 
colare delle società segrete, essen- 
do visi insinuato 1' illuminismo di 
Weìshaupt : predominando alcune 
di esse nelle università, fomentaro- 
no nei petti giovanili un ardente 
fanatismo, com'era quello della co^ 
sì detta Tugendbundy ossia federa' 
zione della virtù. Tali società era- 
no pressoché tutte egualmente tan- 
to più nemiche della religione cat- 
tolica, in quanto che impugnavano 
l'esistenza d' ogni livelazione. Ben- 
sì a que' tempi lo scopo palese, 
verso cui infiammavansi le fantasie 
de'giovani, specialmente negli stati 
germanici della Prussia, era quel- 
lo di liberare la patria dal giogo 
de'francesi; e quindi il loro odio 
dirigevano contro la persona di 
Napoleone. Ognuno può bene im*- 
maginarsi quanto egli dal suo can« 
to abborrisse tal sorte di dottrina 
eh' egli denominava Ideologia , e 
tanto più perchè nel 1 809 il gio- 
vane Federico Staps figlio di un 
ministro luterano, nel mentre egli 
attendeva a passare in rassegna le 
truppe a Schoenbrunn , erasi av- 
ventato contro di lui con un pu- 
gnale, che sapeva ben d'altro che 
d'ideologia. 

Mentre nell'anno 1812 Pio VII 
era rilegato a Savona > Napoleo- 
ne pose ad effètto l'idea d' invade- 



196 GER 

re la Russia , ed immergersi con 
tutti i suoi eserciti nei deserti del- 
la medesima. Partì da Parigi a'9 
marzo, fissò alcuni giorni la sua 
corte a Dresda, doTe l'imperatore 
d'Austria, il re di Prussia, e tut* 
ti i sovrani d' Alemagna vennero 
ad inchinarsi avanti la sua poten- 
za e fortuna. Ivi Francesco I gli 
fece le piti vive istanze a favore 
del supremo capo della Chiesa, 
per cui Napoleone simulò scakra- 
mente di aderirvi. Per eseguir ciò, 
e come a contemplazione dell'au- 
gusto intercessore, diede avviso di 
migliorare la sorte del venerabile 
prigioniero, e fecelo trasferire da 
Savona a Fontainebleau. Ciò gene- 
ralmente apparve di buon augurio 
per la Chiesa, e segnatamente a 
coloro che ignoravano la vera ca- 
gione di questa improvvisa trasla- 
zione. Opinossi da molti temer 
Napoleone, che un qualche sbarco 
od un colpo di mano involato gli 
avessero Pio VII ; altri finalmente 
credè che stando dappresso ai mi- 
nistri, agenti, ed a Napoleone stes- 
so, ceduto avrebbe alle istanze da 
cui era reiteratamente sollecitato. 
Per verità il Papa titubante, lon- 
tano, isolato, dato avrebbe qualche 
timore, qualora non si avesse po- 
tuto per certa scienza sapere, che 
ì tempi incominciavano a stringe- 
l*e, e la fortuna ad abbandonare 
Napoleone. 

Francesco I chiamato a Dresda al- 
la mentovata assemblea di re, fu 
necessitato aderire al trattato di al- 
leanza che l'obbligò di aggiungere 
trentamila uomini al grande e- 
sercito di Napoleone, sotto il co- 
mando del principe di Schvrarzen- 
berg, e probabilmente con la se- 
greta istruzione di non compromet- 
tersi minimamente. In ùlUì il cor- 



GER 

pò austriaco si tenne sulla riserva 
*e rientrò ne' suoi stali nel 181 3, 
dopo la disastrosa disfatta e ri- 
tirata de' francesi dalla Russia, men- 
tre la Confederazione Renana si 
disciolse. Allora l'imperatore Fran- 
cesco I si trovò nella piìi felice po- 
sizione, perchè avendo preso una 
attitudine di neutralità armata, poi 
mediatrice, e bramando le poten- 
ze averlo nella loro alleanza, stet- 
te per divenire 1' arbitro dell' Eu- 
ropa, e tenere nelle sue mani la 
sorte delle nazioni. Finalmente l'Au- 
stria si alleò con la Russia, la Prus- 
sia, ec. contro Napoleone, col qua- 
le ricominciarono le ostilità, ed eb- 
bero luogo le battaglie di Dresda 
e di Lipsia, quindi gli alleati dopo 
aver fatto a Napoleone inutilmen- 
te proposizioni di pace, pubblica- 
rono una specie di manifesto, det- 
to dichiarazione^ diretto principal- 
mente contro la persona di Napo- 
leone Bona parte, dimostrante ch'e- 
glino già non intendevano di far 
la guerra alla Francia, ma ad un 
potente, che per la sventura del- 
l'Europa e della stessa Francia a- 
vea troppo diuturnamente domina- 
to. L' invasione della Francia ten- 
ne dietro alla dichiarazione, e le 
truppe austriache, formanti la si- 
nistra degli alleati, occuparono la 
Franca Contea e la Borgogna, se- 
guendone i movimenti Francesco 
I accompagnato dal piò abile dei 
suoi ministri il conte ora principe 
di Metternich, uno degli oracoli 
della diplomazia europea, e prese 
parte alle trattative degli altri so- 
vrani alleati. Nell'ingresso che le 
loro armi vittoriose fecero in Pa- 
rigi a'3i marzo del 18149 France- 
sco I restò a Dijon, forse per non 
essere testimonio di avvenimenti, i 
quali stavano per abbattere il tro» 



GER 

no di sua figlia; però quando fu 
ogni cosa consumata, entrò in Pa- 
rigi a'i5 aprile, e vi si diportò da 
saggio principe. 5i trasferì parec- 
chie volte a Rambouiilet per ve- 
dervi la figlia Maria Luigia, e sep- 
pe farle accettare con rassegnazione 
il suo nuovo destino. Con la pace 
di Pai'igi fu all'arciduchessa Maria 
Luigia ed al figlio suo Francesco- 
Giuseppe- Carlo-Napoleone poi du- 
ca di Reichstadt, dato il ducato di 
Parma e Piacenza in sovranità e- 
redi tarla: ma qui noteremo che il 
congresso di Vienna confermò si- 
mili accomodamenti, però togliendo 
all'arciduchessa ed al figlio la pro- 
prietà del ducato, e lasciando Tar- 
cìduchessa sola usufruttuaria con 
libera e piena sovranità ; e nel 
1817 una nuova convenzione ne 
slabiPi la reversabilità in favore 
deirAustria e della Sardegna, pe- 
rò dopo la estinzione della linea 
Borbonica di Lodovico I ora so- 
vrano di Lucca^ al quale dopo Tar- 
ciduchessa deve ricadere il ducato. 
Intanto Pio VII a' 24 maggio 
rientrò trionfalmente in Roma sua 
sede con universale tripudio ; e 
Napoleone dopo essere stato depo- 
sto a' 2 aprile, abdicò, e fu man- 
dato all'isola dell'Elba che gli fu 
concessa in sovranità. Non essen- 
dosi potuto combinare in Parigi 
gl'interessi di tante potenze, si sta- 
bili che ogni cosa verrebbe deci- 
sa con un congresso, il quale si 
aprì a Vienna il 25 novembre. 
Tutte le potenze europee o v'in- 
tervennero in persona, per cui for- 
marono un senato di re, o v'in- 
viarono i loro rappresentanti pei» 
decidere de'politici destini, non che 
dell'Europa, del mondo intiero, e 
particolarmente vi si disputarono 
le più gravi questioni, come quei- 



GER 197 

la della Polonia che la Russia vo- 
leva interamente per sé, e quella del- 
la Sassonia pretesa egualmente dalla 
Prussia. Per avverare sì fatti due 
progetti, Talleyrand tentò di com- 
binare segretamente un'alleanza tra 
l'Austria, la Francia, e l'Inghilter- 
ra. Tante pretensioni , tanti inte- 
ressi affatto opposti rendevano viep- 
più malagevole l'andamento degli 
affari, e non erano giunti alla più 
infima soluzione, allorché Napoleo- 
ne fuggito dall'isola dell'Elba, ven- 
ne di bel nuovo a cangiar l'aspet- 
to del mondo. Allora il congresso 
con una dichiarazione protestò, che 
Napoleone erasi da sé stesso esclu- 
so da ogni relazione civile e so- 
ciale, e quale perturbatore della 
pubblica tranquillità era esposto al- 
la pubblica vendetta. Tutti gli e- 
scrciti stavano ancora in armi, ed 
i sovrani erano uniti dalle stesse 
alleanze, e dai medesimi trattati^ 
che non mancarono eseguire. Inva- 
no Napoleone fece parecchi tenta- 
tivi per separare il suocero dalla 
gmnde alleanza, o perchè almeno 
Maria Luigia , ed il figlio gli fos- 
sero restituiti. 

L'Austria ancora pose in campa- 
gna le sue truppe, e Gioachino Mu- 
rat re dì Napoli, e cognato di Napo- 
leone, sospettando sinistramente del 
congresso di Vienna, e d'accordo col 
cognato tentè d'impadronirsi degli 
stati che in Italia avea l'Austria^ 
domandando a Pio VII il passag- 
gio delle sue truppe nello stato 
ecclesiastico; onde il Papa pruden- 
temente si ritirò a Genova, men- 
tre il celebre cardinale Ercole Con- 
salvi , era per suo ordine al con- 
gresso di Vienna, ove tratta vasi la 
sistemazione delle cose d'Europa, 
colla qualifica di legato apostolico. 
Le spade austriache in breve tem- 



198 GER 

pò posero fine alla baldanza ed al 
regno di Murat, incalzato da Oc- 
chiobello sino a Tolentino, ed ivi 
sconfitto in una disperata battaglia 
a'2 e 3 maggio 1 8 1 5. La caduta di 
Napoleone ebbe luc^o a Yaterloo 
ai 1 8 giugno, e gli alleati il dì 7 
luglio occuparono di nuovo Pari- 
gi, ove fece ritorqo Francesco I; 
e Napoleone fu rilegato all'isola di 
8. Elena sulle coste dell' Africa. 
Tanto per le risoluzioni del con- 
gresso di Vienna, che pei prece- 
dente trattato concluso a Parigi 
il a 3 novembre i8i4 , l'Austria 
cpns^uì delle immense contribu- 
»oni, fu rimesca nel possesso del- 
la maggior parte degli stati ceduti 
coi trattati del i8o5 e del ^809; 
di più gli venne aggiunta tutta 
la Lombardia, la Valtellina^ Ra- 
gusi, ed il territorio alla sinistra 
del Po presso la sua imboccatura, 
ch'é quanto dire, divenne signora 
di circa tre quarti d' Italia, com- 
presa la Toscana restituita a Fer- 
dinando III, e Parma con Piacen- 
za attribuita all'arciduchessa Maria 
Luigia. Ottenne ancora l'Austria 
un qualche ingrandimento^ in Ger- 
mania ed in Polonia, e portò la 
sua popolazione ed il suo teirito- 
rìo al di là di quanto possedevsi 
sotto Carlo V; tale si è la gigan- 
tesca grandezza in cui trovasi tut- 
tora il florido impero austriaco. 
Inoltre nel congresso di Vienna 
Tenne definitivamente decisa la sor- 
te di tutti i paesi che compóne- 
Tano il dominio temporale dei tre 
elettori ecclesiastici, di tanti ve- 
scovati ed abbazie, restando sparti- 
ti secondo un disegno già prima 
abbozzato di politico equilibrio, 
tra gli stati dei re di Prussia, di 
Baviera, di Wurtemberg, del nuo- 
vo regno d'Annover istituito in 



GER 

quell'epoca, e di alcuni principi 
minori. Rimase decisamente aboli- 
ta ogni sovranità del principe pri- 
mate, il quale ricevette in iscam- 
bio una rendita vitalizia di cento- 
mila fiorini, e la città stessa di 
Francfort sul Meno fu dichiarata 
libera, in cui risiedere dovea la 
dieta delia nuova Confederazione 
Germanica^ e tutti gli ambasciato- 
ri delle potenze estere presso il 
corpo che rappresenta la stessa 
confederazione. Lo scopo della nuo- 
va Confederazione Germanica fa 
ed è il mantenimento della sicu- 
rezza interna ed esterna della 
Germania , della indipendenza ed 
inviolabilità degli stati confederati. 
In forza dell'atto federale tutti i 
membri sono eguali in diritto; tut- 
ti si obbligano egualmente a man- 
tenere nella sua integrità l'atto che 
costituiscje la loro unione, quantun- 
que i trentotto stati di cui si com- 
pone siano fra loro differentissi- 
|ni per forza , titolo, e religione. 
Gli afiari della confederazione ven- 
gono confidati ad un'assemblea 
permanente, chiamata dieta federa- 
tiva ordinaria, nella quale tutti i 
trentotto membri votano per mez- 
zo dei loro plenipotenziari, sia in- 
dividualmente, sia collettivamente 
senza pregiudizio del lorq rango. 
Allorché si delibera sopra una leg- 
ge fondamentale delF alleanza, e so- 
pra materie di generale interesse, 
la dieta in tal caso si costituisce in 
assemblea generale, ed allora i suoi 
membri hanno più o meno voti, 
secondo la maggiore o minore e- 
stensione de' loro stati. Quattro es? 
sendo le categorie degli stati , i 
primi godono di quattro voti, ì 
secondi di tre, i terzi di due, ed 
i quarti d'uno. Quando al contra- 
rio devesi discutere sopra affari or- 



GER 

dioariy la dieta si costituìsos in as« 
semblea particolai'e non avendo al- 
lora, non eccettuati neppure i gran- 
di stati, che una sol voce, e que- 
sta, riguardo ad alcuni piccoli sta* 
ti, quando sieno riuniti tra di essi, 
L'Austria secondo il convenuto 
nel giugno i8i5 nel congresso di 
Vienna, presiede per mezzo d*un 
rappresentante la dieta fed&*ativa; 
assistendo esso ai dibattimenti, sta* 
bilisce anche le sessioni, e stende 
le risoluzioni; allorché vi sìa e- 
guaglianza di voci in una delibera- 
zione, quella del presidente decide 
della maggioranza. Ciascuno stato 
della confederazione ha il dirit- 
to di fare delle proposizioni, e co- 
lui il quale presiede è in dovere 
di metterle in deliberazione entro 
uno spazio di tempo determinato. 
Gli stati della confederazione si 
obbligano di difendere contro qua- 
lunque attacco, sia tutta la Germa- 
nia, che ciascuno stato particolare 
dell'unione, e si guarentiscono vi- 
cendevolmente tutti i possedimenti 
compresi neirunìone medesima, dap- 
poiché ritiene la confederazione per 
suo oggetto principale il manteni- 
mento della pace interna ed e* 
sterna dell' Alemagna. Quantunque 
permanente, può essa aggiornarsi, 
ma nou per piti di quattro mesi. 
Se la confederazione dichiara la 
guerra, verun membro non può 
avere relazione alcuna con T inimi- 
co, non può restare neutro, né 
concludere separata pace, come del 
pari non può contrarre un' alleanza 
pregiudizievole ad un altro, né far- 
gli separatamente la guerra. Le 
differenze insorte sono regolate nel- 
la dieta da un comitato di mem- 
bri scelti dalle parti contendenti, le 
cui decisioni sono inappellabili. Cia- 
scuno stato si governa con le sue 



GER 199 

leggi partioolari, ma tutti però aver 
devono delle assemblee rappresen- 
tative. Quelli la di cui popolazio- 
ne é al di sotto di trecentomila 
abitanti, si uniscono ad altri per 
la formazione di un tribunale di 
appello, così Anhalt e Schwarzburg 
dipendono dal tribunale di appello di 
Zerbst; i principi di Waldeck, Lip- 
pe, e Brunswick dipendono da quel- 
lo di Wolfenbuttel ; i due Me- 
cklenburgdal tribunale diGustrow; 
i quattro ducati di Sassonia, e di 
Reuss da quello di Jena; i due 
Hohenzollern da quello di Nassau; 
Lichtenstein dal tribunale austrìa- 
co d' Inspruck, e le quattro città li- 
bere da quello di Lubecca. I mem- 
bri dell'antica nobiltà immediata 
conservarono tutti i loro diritti. 
Eglino si stabiliscono ove voglio- 
no, dispongono dei loro beni li- 
beramente, ed hanno l'esercizio 
della giustizia cibile e criminale, la 
polizia nei luoghi dei loro possessi^ 
e la sopraintendenza del clero e 
dell' istruzione; ciò non pertanto 
essi si sottomettono alle leggi de- 
gli stati nei quali risiedono. I tre- 
centotremiia quattrocento novanta- 
tre uomini componenti l'armata 
della confederazione sono sommini- 
strati da ciascuno stato in ragione 
di un uomo per ogni cento. Que- 
st'armata é divisa in dieci corpi» 
di modo che le principali potenze 
formano delle divisioni particola- 
ri , e le potenze inferiori in abi- 
tanti si uniscono onde formare dei 
separati contingenti . Il generale 
in capo dell'armata deve esse- 
re eletto dalla confederazione, cia- 
scuna volta che la riunione del- 
l'armata é dalla dieta stabilita. £- 
gli presta ad essa giuramento, ed 
e esclusivamente soggetto alla sua 
autorità. La confederazione ha sei 



aoo 



GER 



fortezze che si chiamano federali^ 
perchè il presidio loro essere deve 
formato in parte dalle truppe del 
sovrano cui appartiene la fortezza, 
ed in parte da quelle confederate. 
Queste fortezze sono Luxemburgo, 
appartenente al re dei Paesi Bassi 
come granduca di Luxemburgo; 
Magonza dipendente dal granduca 
d'Assia; Landau, Germersheim , e 
Homburg che spettano al re di Ba- 
viera; ed Ulma che appartiene al 
1*6 di Wiiilemberg. Qui appresso 
riporteremo la nota dei trentotto 



GER 

stati componenti la confederazione 
germanica, notando in pari tempo 
il loro rispettivo rango, la divisio- 
ne cui appartengono, ed il nume- 
ro de' voti di ciascuno stato, allora 
quando la dieta si forma in assem- 
blea genemie per trattare delle leg- 
gi fondamentali da approvarsi, ov- 
vero dei cambiamenti da farsi nelle 
leggi medesime, o per discutere dì 
un interesse comune, o per pren- 
dere delle misure per rapporto ai- 
Tatto federale medesimo, ec« come 
abbiamo detto di sopra^ 



STATI 



DIVISIONE 
GUI 
APPABTENGONO 



1. Austria per l'arciducato d'Austria, il 

ducato di Salisburgo, la contea del 
Tirolo, le signorie del Vorarlberg, il 
ducato di Stiria, il ducato di Carin- 
tia e di Carniola , la Boemia, il 
margraviato di Moravia, e la Slesia . 

2. Prussia per le provincie di Slesia, Bran- 

deburgo, Pomerania, Sassonia, West- 
falia, Cleves-Berg e del Basso Reno . 

3. Baviera, regno ; 

4- Sassonia, regno ........ 

5. Annover, regno 

6. Wiirtemberg, regno .* 

7. Baden, granducato 

8. Assia-Cassei, elettorato 

9. Assia-Darmstadt, granducato . . . 

10. Holstein e Lauenburg, ducati . . . 

1 1 . Luxemburgo, granducato .... 

12. Brunswick, ducato 

i3. Mecklenburg-Schwerin, granducato . 
i4* Nassau, ducato 

1 5. Sassonia- Weimar, granducato . . . 

16. Sassonia-Coburg-Gotha, ducato 

17. Sassonia-Meiningen, ducato . . 

18. Sassonia- Altenburg, ducato . . . 

19. Mecklemburg-Strelitz, granducato. . 

20. Oldenburg e Kniph, granducato . . 

21. Anhalt-Dessau, ducato 

22. Anhalt-Bernburg, ducato . . . . 

28. Anbalt-Coethen, ducato 

24* Sobwai*zbui'g-Sonderslinusen , princip. 

25. Schwarzburg-Rudolstadt, principato . 

26. Hobenzollern-Hechingen, principato . 

27. Licbtenstein, principato 

28. Hohenzollern-Sigmaringen principato . 

29. Waldech, principato 

30. Reuss (ramo primogenito) principato 
3i. Reuss (ramo cadetto) principato. . 

32. Lippe-Schaueuburg, principato. 

33. Lìppe-Detmold, principato . . . . 
34* Assia- ]iomburg, langraviato . . . 

35. Lubecca ^ . . . . 

36. Francfort sul Meno . { Città . . 

37. Brema C libere . 

38. Amburgo ....;•' • 



MIl 



IV-VI 

VII 

IX 

X 

vili 
vili 

IX 

vili 

X 

IX 

X 

X 

IX 

Divisioni 

di 

riserva 

X 
X 




&AKGO 



Division 

di 

riserva 



«... * 
..... 
• . • . . 
. . . . • 

X 
Divis. di ris. 

X 

X 



4 
4 
4 
4 

4 

3 
3 
3 
3 
3 
2 
2 
2 



I 



I 



li 
III 
IV 

v 

VI 

VII 

VIII 

IX 
X 

XI 
XIII 
XIV 
Xlll 

XII 

XIV 



XV 



XVI 




202 CER 

Gli stati tutti poi che compon- 
gono in oggi Timpero austriaco, già 
appartenenti airimpei*o germanico, 
sono : tutto il circolo d'Austria colle 
sue dipendenze neU' Istria e nel- 
r Italia; parte del circolo di Ba- 
"viera^ cioè quasi tutto l'arcivesco- 
"vate di Salisburgo, e tutta la par- 
te della Baviera situata alla dèstra 
deirinn, dopo il suo confluente col- 
Ja Saltza ; la Boemia, la Moravia, 
parte dell'alta Slesia ed il ducato 
dì Auschwitz, il quale benché for- 
mante parte della Galizia viene 
considerato come compreso nelTan- 
tico impero germanico. In Italia 
l'impero d'Austria possiede il ter- 
ntorio dell' antica repubblica di 
Venezia, quello dell' antica Lom- 
bardia austriaca, col ducato di Man- 
tova; la Valtellina, i passi di Bor- 
mio e Chìavenna , altre volte sog- 
getti al cantone svizzero dei gri- 
gioni ec. ec. Aggiungansi a questi 
stati il regno d' Ungheria con gli 
annessi regni di Schiavonia e di 
Croazia, il gran principato di Tran- 
silvania, ed i confini militari, i pae- 
si veneti della Dalmazia e dell'Al- 
bania, e l'ex-repubblica di Ragusi. 
Quindi in Polonia il regno di Ga- 
lizia, ed una piccola parte di quel- 
lo della Lodomiria; e nella Tur- 
chia europea la parte nord - o- 
vest della Moldavia , detta Bu- 
kowina e riunita alla Galizia. Co- 
si colla distruzione della politica 
associazione della confederazione 
renana, avendo TAlemagna riac- 
quistate le Provincie della sinistra 
riva del Beno, un'altra tosto ne 
nacque sotto il titolo di confede- 
razione germanica , della quale 
appunto il celebre congresso di 
Vienna determinò definitivamente 
le basi. Erasi inoltre presentata 
al congresso un' istanza , benché 



GER 

senza il bramato effetto, io nome 
del commendatore fr. Aodrea-y- 
Centelles, luogotenente del magi- 
stero deirordioe gerosolimitano ia 
Catania, a fine di ottenere qual- 
che isola nel mare Jonio in com- 
penso di quella di Malta, metten- 
do innanzi la considerazione di set- 
tecento anni di servigi resi da quel- 
Fordine a tutta la cristianità, e di 
una gloria suggellata' col sangue 
delle più nobih famiglie d'Europa. 
11 cardinal Consalvi presentò anche 
egli al congresso, con zelo ed energia 
le ragioni della santa Sede sopra le 
antiche* sue provincie italiane e di 
Provenza; e vide in quanto alle 
prime coronata la sua avveduta 
negoziazione , e quell'alta e ben 
giusta riputazione in cui era pres- 
so tutte le potenze, con l'articolo 
io3, col quale furono restituite al- 
la santa Sede le marche con Came- 
rino e sue dipendenze, il ducato di 
Benevento, il principato di Pontecor- 
YO, e le legazioni di Ravenna, Bo- 
logna e Ferrara, ad eccezione del- 
la parte del Ferrarese situata sulla 
riva sinistra del Po. AH' impera- 
tore d'Austria ed ai suoi succes- 
soli il congresso concesse il diritto 
di tenere guarnigione nelle fortez- 
ze di Ferrara e di Comacchio. In- 
oltre il- congresso statuì, che tut- 
ti gli acquisti fatti da persone pri- 
vate in virtù di un titolo rico- 
nosciuto legittinlo dalle leggi pre- 
sentemente vigenti, saranno man- 
tenuti; e le disposizioni per la ga- 
ranzia del debito dello stato, e del- 
la paga delle pensioni, saranno sta- 
bilite da una commissione specia- 
le fra le corti di Roma e di Vien- 
na, laonde poscia ebbe luogo quel- 
la convenzione , che diede origine 
al console generale pontificio pel 
regno lombardo- veneto, eoa ca- 



GER 

ratiere di rappresentante diploma- 
tico, di che 8Ì discorre al voi. XVI f, 
p. 4^ e seg. del Dizionario, Ma 
doppio era lo scopo al quale si do« 
Tea occupare il cardinal Gonsalvi 
nel congresso di Vienna, la ricu- 
perazione cioè dello stato tempo- 
rale della santa S%de, e la restau- 
razione della chiesa germanica. Il 
principe primate, arcivescovo dì 
Batìsbona non erasi veramente re- 
cato in persona a Vienna per trat- 
tare di un affare di tanto rilievo; 
vi erano andati bensì T abbate di 
Wolsbood decano dei capitoli di 
Worms e di Spira, e monsignor 
d'Hellerich canonico della cattedra- 
le di Spira, insieme con altri ec- 
clesiastici di altri capitoli, presen- 
tando uno scritto, che dimostrava 
la trista situazione della chiesa a- 
lemanna privata de'suoi beni e dei 
suoi pastori. 

I principali capi a cui si ridu- 
cevano le loro domande, erano 
questi: i/ il ristabilimento delie 
sedi episcopali, e il diritto dell' e- 
lezione conservato ne' capitoli. 2.® 
La restituzione de'beni ecclesiastici 
per tutto dove tale restituzione far 
si poteva senza inconvenienti, od una 
ìndennizzazione proporzionata per 
tutto ciò eh' esser non poteva re- 
stituito. Sembra che in sulle prime 
la commissione, che nel congresso 
separatamente tenea Tincarico de- 
gli afiàri della Germania, inclinas- 
se ad un concordato generale: 
quando venne deciso li 2 genna- 
io 181 5 che solamente le basi 
generali per la riordinazioiie del- 
la chiesa germanica si porrebbei*o 
nel congresso, e che i diversi prin- 
cipi poi in particolare conclude- 
rebbero col sommo Pontefice i con- 
cordati. Posta la quale risoluzione 
che in tutto dipendeva dalla vo- 



G£R ao3 

lontà dei principi della confedera- 
zione, non si vede con qual fon- 
damento Heeren, Manuel histor. 
du sysL polii, des élats d'Europe^ 
osi incolpare Pio VII di avere 
al congresso di Vienna posposti gli 
affari della religione, e trascurato 
il ristabilimento della chiesa ger- 
manica. I concordati conclusi da 
Pio VII con la Baviera, con TAn- 
nover, ce.; le bolle Dei ac Domi- 
ni nostri Jesu Christi; De salute a* 
nimarum; Provida solersque Ro- 
manorum Pontiftcum ; Ecclesias 
quae antùjuitates ; ed altre con le 
quali Pio VII fece diverse circo- 
scrizioni di diocesi, alcune soppres- 
se, aitile eresse, unendovi nelle dio- 
cesi le antiche chiese di abbazie e 
monisteri , sono la più valida ri- 
sposta a smentire una calunnia 
nata dagli antichi pregiudizi dei 
quali sono imbevuti gli acattolici 
contro la santa Sede. Inolti*e a 
confutare tali assertive va ricor- 
dato che il cardinal legato Consai- 
vi riguardo alle cose ecclesiastiche 
della Germania, ad esse si rivolse 
sino dal principio del congresso 
con tutto il suo impegno e pi*e- 
mura; e tostochè venne stabilita 
una commissione incaricata di oc- 
cuparsi particolarmente degli affii« 
ri della Germania, composta dei 
ministri dei principi di quella na- 
zione, indirizzò alla medesima u- 
na nota^ nella quale racchiuse tut- 
ti i reclami, enumerò particolar- 
mente i danni arrecati tanto ai di- ' 
ritti spirituali della Chiesa, quanto 
ai suoi temporali interessi, ed i- 
stantissimamente domandò, che dal- 
la saviezza de' principi venisse po- 
sto un opportuno rimedio a tali 
danni, dimodoché a seconda dei 
voti formati da tanto tempo da 
tutti i buoni, e delle paterne cu- 



2o4 GER 

re del Pontefice, potesse d'accordo 
coi principi niedesimi provvedere 
a tanta necessità delle chiese. A- 
vendo però veduto il cardinale, che 
il congresso di Vienna si andava 
a disciogiiere, senza che si fosse 
stabilita alcuna cosa relativamente 
agli affari spettanti alla Chiesa 
cattolica, in quello stesso giorno 
nei quale diede corso alla prote- 
sta sugli affari temporali della san- 
ta Sede, che poi riporteremo, al- 
tra ne trasmise in una sua nota 
ai ministri dei principi, riguardan- 
te i diritti tanto spirituali quanto 
temporali delle chiese di Germa- 
nia, del seguente tenore. 

» li cardinal sottoscritto segre- 
tario di stato di Sua Santità Papa 
Pio VII, e suo plenipotenziario ai 
congresso di Vienna, conformemen- 
te agli ordini ricevuti da Sua San- 
tità non ha mancato nella nota in 
data dei 17 novembre 181 4 ii^- 
dirizzata a S. A. il principe, di 
Melternich presidente della com* 
missione destinata per gli affari 
della Germania, di esporre i recla- 
mi dei santo Padre intorno alle 
perdite e danni sofferti dalle chie- 
se germaniche, sia nei loro diritti 
e prerogative, sia nei loro possedi- 
menti. Sua Santità avea fatto co- 
noscere per mezzo di atti pub- 
blici il vivo dolore che provò al- 
lorché vide sanzionare da vari trat- 
tati, e segnatamente da quello di 
Ratisbona deli* anno 1 8o3 , ed e- 
seguire tanti e sì gravi cangiamen- 
ti a danno delle chiese, dei ve- 
scovati, dei capitoli, de' monisteri 
e di altre istituzioni ecclesiasticlie 
della Germania, e a danno anche 
dello stesso romano impero; cangia- 
mento da cui sono risultati gii ef- 
fetti più funesti agl'interessi spiri- 
tuuh e temporali della Chiesa, alia 



GER 

salvezza delle anime, come anche 
ai diritti della santa Sede aposto- 
lica, rispettati per il corso di tan- 
ti secoli dagl' imperatori, e dagli 
altri principi dell'impero. Durante 
il lungo corso delle sue calamità,- 
il santo Padre prosteso innanzi a 
Dio, ed implorando con ferventi 
preghiere lo spirilo della pace e dei- 
la concordia per tutti i monarchi 
e popoli cristiani, ha fatto sempre 
i voti più ardenti, affinchè il suo 
pontificato che dai primi momen- 
ti è stato per la sua persona una 
feconda sorgente delle più amare 
vicende, fosse ai ritorno dell'ordi- 
ne, e all'occasione della pace ge- 
nerale la fortunata epoca del trion- 
fo della religione, e della reinte- 
grazione della Chiesa in tuttociò 
di cui era stata spogliata. A tal 
fine il sottoscritto in esecuzione de- 
gli ordini del santo Padre non la- 
sciò di unire ai suoi reclami le 
più vive pregiiìere per ottenere un 
conveniente riparo a' mali die con 
la nota qui sopra enunciata erano 
stati posti sotto gii occhi della 
commissione germanica, a cui do- 
veva essere comunicata *\ 

» Per ciò che riguarda i di- 
ritti e le prerogative delie chiese 
della Germania, diritti e preroga- 
tive una parte, delle quali intrin- 
secamente appartiene alla costitu- 
zione generale della Chiesa, e l'al- 
tra è fondata sopra il * legittimo 
e canonico possesso delle chiese gei"- 
maniche. Sua Santità iu seguito dei 
prìncipi che governano la Germa- 
nia ha motivo di sperare che questi 
stessi principi magnanimi vorran- 
no apprestare tutto il loro concola 
so ed appoggio ad una sistema- 
zione degli affari ecclesiastici di 
quella illustre nazione conforme al- 
le leggi della Chiesa. Ma perciò 



GER 

che riguarda ì possedimenti delle 
chiese di Germania, diverse dispo- 
sizioni, che il congresso di Vienna 
ha creduto dover lasciare sussiste- 
re o stabilire, non possono essere 
che un oggetto di dolore pel san- 
to Padre. 1 principi ecclesiastici, che 
sono stati distrutti dalia violenza 
rivoluzionarla, in favore dei quali 
parlavano (almeno egualmente) i 
principìi ei diritti medesimi ammes- 
si in favore di tanti principi secolari 
ristabiliti nei loro dominii, non sono 
stali reintegrati, e sono stati asse- 
gnati a vari principi cattolici e 
non cattolici. I beni ecclesiastici, 
patrimonio sacro di tante chiese sì 
antiche e sì illustri, beni necessa- 
ri al culto divino, e al sostenta- 
mento del sacerdozio, che formano 
anche la dote di stabilimenti in- 
dispensabili , o infinitamente utili 
al clero secolare e regolare del- 
l'uno e dell'altro sesso, sono stali 
in parte lasciati ai nuovi posses- 
sori senza alcun concorso della le- 
gittima autorità, o restano distrat- 
ti dalle loro rispettive destinazioni. 
Il sacro impero romano centro del- 
l' unità politica, opera veneranda 
dell'antichità, consagrata dall' au- 
gusto carattere della religione, la 
cui distruzione è stato uno dei 
rovesciamenti più funesti della ri- 
voluzione, non è ancora risorto 
dalle sue rovine. I doveri inerenti 
alla qualità di capo visibile della 
Chiesa, ed i solenni giuramenti pro- 
nunziati dal santo Padre all' epoca 
del suo innalzamento al suprenK) 
apostolato, gli tracciano la condot- 
ta che deve tenere in questa dif- 
ficile circostanza^ Egli ha altresì 
innanzi agli occhi l'esempio di tan- 
ti illustri suoi predecessori, che an- 
che in casi dì minore importanza 
ebbero la più gran premura di 



GER 2o5 

proTvedere ai diritti della religio- 
ne e della santa Sede. Così per 
non citare una serie di j&tti più 
antichi, Innocenzo X dopo il con- 
gresso e la pace di Westfalia nel 
1649, ^Icn^ci^^c XI dopo il trat- 
tato di Rastadt nel 1707, e di 
Baden nel 1714)6 Benedetto XI V 
nel 1 744) come anche i loro rap- 
presentanti nei congressi suddetti, 
protestaronsi contro tutte le inno- 
vazioni pregiudizievoli alla Chiesa 
ed ai diritti della santa Sede, con- 
tenute in quei trattati. Il santo 
Padre responsabile a Dio, alla Chie- 
sa, ed ai fedeli, non potrebbe sen- 
za mancare ai suoi doveri essen- 
ziali, osservare il silenzio intorno 
a risoluzioni di questa sorta. In 
conseguenza il cardinale sottoscrit- 
to conformemente agli ordini di 
Sua Santità, e ad esempio dei legati 
della santa Sede inviati a divei'si 
congressi, e segnatamente del vesco- 
vo di Nardo Fabio Chigi al congres- 
so di Westfalia, ha l'onore di rimet- 
tere a Sua Eccellenza il signor .... 
la protesta qui unita contro la ri- 
soluzione, ed ogni altro atto pre- 
giudizievole agli interessi della re- 
ligione cattolica, e contrario ai di- 
ritti della santa Chiesa e della san- 
ta Sede, che sono stati o mante- 
nuti in vigore, o emanati dal con- 
gresso di Vienna " . 

M II sottoscritto prega , che la 
sua protesta sia inserita nel pro- 
tocollo del congresso'*. 

« Egli ha l'onore di rinnovai*e 
a Sua Eccellenza, 1' assicurazione 
della sua alta considerazione". 

» Vienna li i4 giugno 181 5. 

» Ercole cardinal Consalvi « 

Protesta fatta a nome di Sua 
Santità Papa Pio VII, e della ^u- 



2o6 GJBR 

ta Sede apostolica contro tutte le 
disposizioni che furono stabilite e 
mantenute nel congresso di Vien- 
na in pregiudizio dei diritti e de- 
gli interessi delle chiese germani- 
chC) ed anclie della santa Sede. 

H Io Ercole della santa romana 
Chiesa cardinal Consaivi diacono 
di s. Àgata alla Suburra, segreta- 
rio di stato di Sua Santità Papa 
Pio Vlf^ e suo ministro plenipo- 
tenziario al congresso di Vienna 
per la ricupera dei dominii della 
santa Sede apostolica, che mi ha 
ancora ordinato di attendere e d'in- 
vigilare con ogni diligenza, affin- 
chè all'occasione del ristabilimento 
della pace generale, e della siste- 
mazione degli afl&ri dell'Europa, le 
chiese germaniche, e la Sede apo- 
stolica non ricevessero alcun danno 
nei loro diritti, immunità, privilegi, 
beni, e principalmente in ciò che ap- 
partiene al culto divino, ed alla sal- 
vezza delle anime; anzi di porre 
ogni premura, acciocché venissero 
riparati quei danni, che tanto nel- 
le cose spirituali quanto nelle tem- 
porali avea nella Germania soffer- 
to la Chiesa nelle vicende de' pas- 
sati tempi. Per soddisfare ad un 
tale incarico, tosto che venne a 
mia notizia, che per autorìtà dei 
supremi principi dimoranti in que« 
sta imperiale e reale città, erasi 
stabilita una particolare commissio- 
ne incaricata di prender cognizio- 
ne, stabilire, e deliberare sugli af- 
fari della Germania, posi sotto gli 
occhi di Sua Altezza il principe di 
Metternich presidente di questa com? 
missione i reclami di Sua Santità, 
in una nota da presentarsi alla 
commissione suddetta, datata il gior- 
no 17 novembre dell'anno scorso 
1814. In questa io mi duolsi di 
tutte quelle innovazioni, che con 



GER 

disapprovazione di nostro Sigoore 
(come attestano i pubblici docu- 
menti) furono fatte in Germania 
negli * anni scorsi , e molte delle 
quali furono anche sanzionate con 
vari trattati, e principalmente con 
quello di Ratisbona dell'anno 1 8o3^ 
in pregiudizio delle chiese e dei 
vescovati, dei capitoli, dei moni- 
steri, e di altri luoghi ed istituzio- 
ni pie, e finanche dello stesso ro- 
mano impero, donde insultarono 
danni tanto funesti agli interessi 
spirìtuali della Chiesa, e alla sal- 
vezza delle anime, e donde deri- 
vò alcun grave pregiudizio ai di- 
ritti della Sede apostolica, diritti 
che pel lasso di tanti secoli erano 
stati riconosciuti dagl' imperatori 
stessi, e dagli altri principi dell'im- 
pero. Dopo avere esposto tali co- 
se io pregai a nome di Sua San- 
tità i gloriosi prìncipi, affinchè con 
la loro giustizia e saviezza pones- 
sero rimedio a tanti disastri. Fi* 
nal mente non mancai di pregare 
i ministri dei principi medesimi, af- 
finchè nella ripristinazione delle co- 
se di Germania, alla quale erano 
per applicarsi, volessero avere spe- 
ciale riguardo alla religione catto- 
lica, alla salvezza delle anime, ai 
diritti delle chiese germaniche, e 
della Sede apostolica ". 

M In quanto poi a ciò che ri- 
guarda gliafl&ri ecclesiastici, la &« 
vorevole disposizione de' prìncipi 
che governano la Germania spesso 
manifestata, mi dà luogo a spera- 
re che quanto prima potranno es- 
sere sistemati a norma delle leggi 
della Chiesa. In quanto però a ciò 
che appartiene ai beni temporali 
delle chiese della Germania, molte 
cose sono state o stabilite nel con- 
gresso, o mantenute in vigore, che 
aiTCcano gran dolore all'animo di 



GER 

Sua Santità. I principati tempo- 
rali de' quali era stata spogliata 
la Chiesa nella Germania, non si 
sono ad essa per anco restituiti; 
anzi sono stati concessi a principi 
secolarì cattolici e non cattolici: 
parte dei beni e delle rendite del 
clero tanto secolare, die regolare 
dell'uno e dell'altro sesso, quali 
sono patrimonio della Chiesa , è 
stata rilasciata ai loro nuovi pos- 
sessori, senza che venisse ciò san- 
zionato da alcuna autorità legitti- 
ma; parte si fa rimanere distratta 
e deviata da quegli usi pei quali 
erano stati stabiliti. In ultinao luo- 
go, lo stesso romano impero, con 
ragione riguardato come centro del- 
l' unità politica, e consacrato dalla 
santità della religione, non é anco- 
ra ristabilito ". 

M Poiché adunque la Santità di 
Nostro Signore animata dalla sol- 
lecitudine^ che deve avere del gi*eg- 
ge del Signore e di tutte le chie- 
se, e legato dai giuramenti p^^estati 
all'occasione del suo innalzamento 
al supremo pontificato, non solo 
non può passare sotto silenzio tali 
pregiudiù recati agi' interessi tem- 
porali delle chiese germaniche, o 
lasciati sussistere, dai quali inoltre 
più gravi danni risultano alla i*e- 
lìgione cattolica, e molti e grandi 
aiuti ad essa vengono tolti, non 
solo, dico, non li può passare sotto 
silenzio, affinchè non sembri col 
tollerarli , eh' egli li approvi ; ma 
suir esempio anche de' suoi prede- 
c:essori , che contro pregiudizi di 
minore importanza fatti alla Chie- 
sa non om misero di far sentire la 
loro apostolica voce, è costretto a 
difendere ed a conservare intatti 
per quanto esso può, i diritti e le 
ragioni della Chiesa. Io che adem- 
pio le sue parti in questo congres- 



GER 207 

so, appoggiato agli esempi di altri 
legati della santa Sede, e special- 
mente di Fabio Chigi vescovo di 
Nardo, nunzio apostolico presso del 
celeberrimo Gongi*esso tenuto in 
Westfalia, a nome della santa Se- 
de apostolica, e del santissimo Pa- 
dre nostro Signore Pio VII per 
divina provvidenza Papa, per mezzo 
di queste lettere apertamente, ed in 
ogni miglior modo, via , causa e 
forma a cui per mio officio sono 
tenuto , protesto , mi oppongo , e 
contraddico a tutte quelle disposi* 
zioui, le quali sono state stabilite 
o mantenute in rigore in questo 
congresso di Vienna, e che an*e- 
cano pi*egiudizio ai diritti ed in- 
tei*essi della chiesa di Germania 4 
e della santa Sede, ed a tutti quei 
danni che da tali disposizioni de* 
ri vano al culto divino, e alla sal- 
vezza delle anime, danni, quali io 
per quanto a me si appartiene ho 
fatto ogni sforzo per impedire; e 
per assicurare anche presso gli as- 
senti ed i posteri più estesa la 
notizia di tali atti, ho sottoscritto 
di mia mano questa protesta, l'ho 
firmata col mio sigillo, e dimando 
che venga formalmente inserita nel 
protocollo degli atti di questo con- 
gresso. Dato a Vienna dal palazzo 
della nunziatura apostolica il gior- 
no i4 giugno dell'anno 181 5". 

M Ercole cardinal Consalvi. 

Quindi il Pontefice Pio VII adu- 
nò a' 4 settembre i8i5 il sacro 
collegio de' cardinali in concistoro, 
e con analoga allocuzione pubbli- 
cò la restituzione fatta alla santa 
Sede delle summentovate provin- 
eie, con sensi di riconoscenza verso 
quei sovrani che vi avevano coo- 
perato, indi passò a descrivere tutti 



2o8 GER 

gli atti perciò fòtti nel congresso 
di Vienna dal cardinal Consalvi 
legato, e primieramente quello in 
cui si provvide al decoro delta 
santa Sede, nel confermarsi le pre- 
rogative de' suoi rappresentanti. Im- 
perocché essendosi incominciato a 
trattare di rimovere per sempre le 
questioni bene spesso insorte sulla 
precedenza dei mìnisti'i delle di- 
verse corti, il cardinale prese par- 
ticolar cura, acciò anche in tal 
congiuntura rimanesse salva la di- 
gnità della Sede apostolica, alla qua- 
le si era avuto il piti gran riguar- 
do; laonde i principi, compresi quelli 
che non sono uniti in comunione 
con la cattedra di s. Pietro, de- 
cretarono, che niuna innovazione 
si facesse intorno ai legati ed ai 
nunzi apostolici, che fino allora 
avevand occupato il primo posto 
fra tutti i rappresentanti degli al- 
tri sovrani. Indi il Papa lesse la 
protesta fatta dal cardinal Consal- 
iri, agli otto principali ministri del- 
le alte potenze che sottoscrissero 
il trattato di Parigi de' 3o maggio 
i8i4, compito con quello di Vien- 
na de' g giugno i8i5. In questa 
protesta dichiaratasi dal cardinale 
la gratitudine del Papa per la 
reintegrazione de'suoi dominii tem- 
porali, non avendo esso avuto il 
ripromesso compenso per le pro- 
vinci e Òl* Avignone e Venaissino 
( Vedi) in Provenza , protestò sui 
relativi diritti, come protestò sulla 
porzione della legazione ferrarese 
situata sulla riva sinistra del Po, 
per gli opportuni indennizzi. In 
quanto alle guarnigioni austriache 
stabilite nelle piazze di Ferrara e 
di Comacchio, questa misura es- 
sendo totalmente contraria alla li- 
bcrtìi , ed indipendente sovranità 
della santa Sede, ed al suq siste- 



GER 

ma di neutralità, potendo esporla a 
delle ostilità, portando pregiudizio 
ai suoi diritti , ed intralciandone 
r esercizio , il cardinale eziandio 
protestò formalmente anche su que« 
st articolo, portando latto la data 
de' i4 giugno i8i5. Continuando 
Pio VII la sua allocuzione, gran- 
demente lodò r impegno mostrato 
nel congresso dall' imperatore Fran- 
cesco I, dai re di Francia e di 
Spagna, dal principe del Brasile 
reggente di Portogallo, ed anche da 
altri principi che non appartengo- 
no alia Chiesa romana, ed a fa- 
vore della santa Sede, massime 
dell'imperatore di Russia Alessan- 
dro I, che con autorità e potere 
sostenne gì' interessi della medesi- 
ma. Lodò ancora i re di Prussia 
e di Svezia che pure concorsero 
nelle cose spettanti alla romana 
Chiesa, in unione al principe reg- 
gente d' Inghilterra, altro sostegno 
del cardinal legato nel congresso di 
Vienna ; e si dimostrò grato ai 
primari ministri ch'ebbero parte 
nell'esito felice degli affari. Confer- 
mò Pio VII le proteste sull'Avi- 
gnonese e Venaissino, come sulla 
parte delta provincia ferrarese po- 
sta sulla riva sinistra del Po, ac- 
ciò si restituiscano alla santa Sede, 
o ad essa diasi equivalente com- 
penso, siccome terre appartenenti a 
8. Pietro; ne mancò protestare 
contro le guarnigioni di Comacchio 
e Ferrara. In seguito parlò delle 
cose ecclesiastiche della Germania, 
e • lesse le due analoghe proteste 
che riportammo di sopra. Ne ap- 
provò il Papa tutto il contenuto, 
sperando nell* impegno de' principi 
di essere posto in grado di siste- 
mare al piti presto le cose eccle- 
siastiche della Germania. Per ul- 
timo Pio VII rese luminosi e giù- 



GER 

stì elogi alla legazione del cardinal 
GonsaWi, dichiarandolo grandemen- 
te benemerito della Sede aposto- 
lica. 

A' 26 settembre 181^ ebbe luo- 
go la santa alleanza pel manteni- 
mento della pace d'Europa, tra 
r Austria, la Russia, e la Prussia. 
Avendo r imperatore Francesco I 
con le Provincie conquistate in Ita- 
lia costituito il regno lombardo-ve- 
neto, ed il regno illirico,, nel 1816 
dotnaqdò a Piò VII il privilegio di 
nomina pet tutte le chiese degli 
stati già posseduti dalle repubbli- 
che di Venezia e di Ragusi^ e che 
facevano parte de' suoi dominii ; 
laonde concesse il Papa con bolla 
quanto erasi domandato dall'impe- 
ratore, non che ai di lui successo^ 
ri cattolici, il privilegio cioè dì no- 
minare a tutte le suddette chiese; 
mentre sulla circoscrizione delle dio- 
cesi di alcuna, può leggersi la boi- 
la : De salute Dominici gregis cU" 
rae nostrae del 1818. Indi si ten- 
ne il congresso d'Aquisgrana pei* 
il quale si ritirò dalla Francia la 
armata d* occupazione inglese-prus- 
siana -austro- tedesca; in questo con- 
gresso si ebbe un po' per un ver- 
so, un po' per l'altro diffidenza con- 
tro le università, e contro lo spi- 
rito del popolo tedesco. Tale dif- 
fidenza derivò da particolari abusi 
della libertà della stampa, e dalla 
immaginazione esaltata della gio- 
ventti fanatica di volersi ingerire 
di politica in modo tale che in- 
dusse poi i governi a prender re- 
lative misure. Dopo il congresso 
d'Aquisgrana l'imperatore France- 
sco I coir augusta sua consorte nel 
18 ig si recarono in Roma splen- 
didamente accolti, trattati e festeg- 
giati da Pio VII, i cui particolari si 
leggono nei Diari di Roma di quel- 

YOL. XXIX. 



GER 209 

l'epoca. Francesco I non si recò ai 
congressi di Troppau, di Verona, e 
di Lubiana, adunati per reprimei'é 
dei torbidi e delle ribellioni, e per 
ristabilire nella Spagna^ a Napoli e 
ilei Piemonte l'autorità reale; ma 
interessato piti di qualunque altro 
al mantenimento dell'ordine nella 
penisola, pigliò l'incarico di far 
marciare delle truppe contro gl'in- 
sorgenti di Napoli e del Piemonte, 
sotto il comando de' prodi genera- 
li Frimont e Bubna, e fu l' ultima 
guerra ch'egli sostennCé Sì consacrò 
poscia interamente alla felicità dei 
suoi sudditi, ed alle sue inclinazioni 
pacifiche; e con la sua bontà, bene- 
ficenza, fermezza di carattere, ret* 
titudine di criterio, riscosse l'uni- 
versale venerazione. Nato in Italia 
ne conservò gradevole reminiscen- 
za ^ Conservò sempre divozione ver"" 
so la cattedra di s. Pietro, ed a 
quelli che in essa sedettero, come 
Pio VII, Leone XIÌ, Pio Vili, é 
Gregorio XVt regnante, nei pri- 
mordi del cui pontificato coi suoi 
eserciti represse l'insurrezione av- 
venuta in sede vacante in alcune 
Provincie pontificie, come dicemmo 
al voi. XXIV, p. 169 e seg.; ed 
ai voi. XXV, p. 290 e seg. del 
Dizionario. 

L'imperatore Francesco I, com-^ 
pianto da tutti, morì a Vienna 
li 2 marzo dell'anno i835, e gli 
successe il primogenito regnante 
imperatore Ferdinando l. Il Pon- 
tefice che regna, dopo aver an- 
nunziato ai sacro collegio nel con- 
cistoro dei 6 aprile sì grave perdi- 
ta, stabili la mattina degli 1 1 del- 
lo stesso [mese il funerale nella cap- 
pella Sistina, oììde suffiragarne l'a- 
nima; vi pontificò il cardinal Ode- 
scalchi, e monsignor Alessandro 
principe Ruspoli, uditore generale 

i4 



aio GER 

della camera apostolica^ encomiò 
l'augusto defunto con eloquente 
orazione, terminata la quale il 
Pontefice dal trono compiè il sacro 
rito dell'assoluzione. Del ristabili- 
mento de' gesuiti nell'impero au- 
striaco operato da Francesco I, di. 
altre sue gesta, ddle mogli ch'eb- 
be, degli ordini cavallereschi dell'im- 
pero austriaco, dell'imperatrice ve- 
dova, dell'imperatore ed imperatri- 
ce regnanti, se ne parla al voi. Ili, 
p. 142 e seg. del Dizionario, In 
questo si tratta eziandio dei regnan- 
ti imperiali coniugi, cioè nel voi. 
XXIII, p. 23o, delle fascie benedet- 
te mandate all'imperatore da Pio 
VI essendo bambino; nel voi. IV, 
p. 2i3 della nascita seguita in Ro- 
ma dell'imperatrice Maria Anna,, e 
del battesimo che ricevette da Pio 
VII; e qui noteremo, come altro- 
ve, che appena eletto Papa Gre* 
gorio XVI, il primo atto di sua 
pontificia autorità si fu la dispen- 
sa matrimoniale concessa pegli im- 
periali coniugi, donando poscia al- 
l'imperatrìce nel i832 la Rosa d'o- 
ro benedetta. Bella descrizione poi 
della coronazione di Ferdinando I 
colla corona di ferro, e del succes- 
sivo solenne convito, ne parlammo 
al voi. XVII, p*99 e seg., e 280 
e seg. 

Il medesimo regnante Pontefice 
Gregorio XVI nel i835, come di- 
cemmo all' articolo Errtiesìani (Fé- 
di)y condannò e riprovò con de- 
creto le opere di Giorgio Ermes, 
nato n^l principato di Munster, dap- 
jpoichè la sua dottrina agitava e 
teneva in dissensione diverse Pro- 
vincie della Prussia, e specialmen- 
te la Westfalìa. In quanto agli af- 
fari e vertenze sull'arcivescovo di 
Colonia Clemente Augusto libero 
barone di Droste e Vischeringi 



GER 

ora coadiuvato dall'arcivescovo di 
Iconio in partibus monsignor Gio- 
vanni Geissel, tra la santa Sede e 
la Prussia, quindi accomodate, so- 
no a vedem gli articoli Colonia e 
Prussia, Sebbene poi tuttora si 
debba deplorare la perdita dei 
principati, delie abbazie, monisteri, 
ec, e delle cospicue rendite, fatta 
dal clero nei memorati avvenimen- 
ti, abbiamo però un motivo di 
consolazione religiosa, nel rilevare 
dal confronto degli anteriori tem- 
pi coi nostri il risvegliamento del- 
lo spirito ecclesiastico, ed il riac- 
ceso zelo nel clero germanico, e 
ne' suoi illustri pastori. Può dun- 
que sperarsi in un miglior avvenire 
un clero meno dovizioso, ma più 
istruito e piìi edificante nella con- 
dotta, essendo noto come prima si 
procedeva nella nomina de' canoni- 
ci e delle dignità de' capitoli delle 
cattedrali^ mentre ora e poscia si 
potrà aver piti considerazione al 
merito, che a qualunque altro ri- 
guardo. Laonde minore ostacolo 
ancora si troverà al ritorno del cat- 
tolicismo di alcuni membri delle va- 
rie sette che esistono in Germania, e 
piti facilmente molti potranno ritor- 
nare al seno della Chiesa cattolica. 
L'autore della vita d'Innocenzo 
III, dell'opera sulla storia del me- 
dio evo, e di quella ultimamente 
pubblicata sulle recenti questioni 
religiose nella Svizzera, scritta in 
un senso veramente cattolico, cfoè 
il dottor Federico cav. Hurter di 
Scìafiusa, e divenuto pubblicamente 
cattolico, per l'abiura che a' 16 
giugno 1844 emise in Roma nel- 
le mani del cardinal Pietro Osti- 
ni, già nunzio apostolico di Vien- 
na. Tale celebre scrittore era già 
cattolico per intima convinzione, 
dappoiché la divina grazia da gran 



GER 

. tempo operò nel suo cuore per 
V invocato pati*ocinio di Maria 
Vergine, per cui si addusse a Ro- 
nfia centro del cattolicismo, nell'in- 
tendi mento di farne nelle prescrit- 
te forme solenne professione. Quin- 
di nel giorno sacro a s. Luigi 
Gonzaga ricevette il sacramento 
della confermazione nella stessa 
cappella del collegio romano, ove 
molti anni innanzi lo stesso car- 
dinale aveva ricevuto T abiura del 
rinomato e distìnto pittore Over- 
beck; poscia fu ammesso alla men- 
sa eucaristica nella chiesa di s. I« 
gnazio. La conversione di Hurter 
debbe riputarsi una delle più lu- 
minose della Germania, e porsi 
nel rango di quelle già avvenute 
nelle famigerate persone dì StoU- 
berg, di Haller, di Werner, di 
Schlosser, di Overbeck, di Tarke, 
e di Philipps. E per ripetere le 
gravi parole d* un moderno ed il- 
luminato scrittore, diremo che 
nella Germania vi sono ora vari 
principati e governi che si deno- 
minano ancora protestanti ; ma in 
certo modo e rigorosamente par- 
lando r antico protestantismo più 
non esiste; e ciò che previdero 
gli apologisti della religione catto- 
lica nel secolo XYI, si è ormai 
pienamente verificato. Ogni pro- 
testante si è fatto interprete delle 
divine scritture, a poco a poco so- 
no spariti tutti que*dommi cattolici 
ch^ erano ancora rimasti alla pre- 
tesa riforma, e si cadde in un pu* 
ro deismo. Le società scerete poi, 
e le rivoluzioni politiche diedero 
l'ultimo crollo alle idee religiose, 
onde rimane il solo nome di prò* 
testanti, anche per le variazioni 
infinite delle loro sette e credenze. 
Quantunque esista nella Germa- 
nia una gran diversità fra ì mol- 



GER 211 

tiplici idiomi parlati da tanti dif- 
ferenti popoli riuniti sotto l'auto- 
rità di un solo sovrano, si pub 
nulla meno formar di essi tre gran 
divisioni: i.^ la gotica antica ger- 
manica, lingua dei primi abitanti 
del paese; a.^ la schiavona parla- 
ta principalmente dai galiziani, da 
una gran parte dell'Ungheria, e 
dai popoli dell' Illiria e della Dal- 
mazia, aggiungendovi anche l'an- 
tico linguaggio usi tato nella Boe- 
mia e Moravia; 3.^ in fine la un- 
gherese propria, che devesi riguar- 
dare come un ramo della filande* 
se. L'italiano é il linguaggio do- 
minante negli stati d'Italia sotto* 
messi all'Austria, ed il tirolese è 
un mescuglio d'italiano e di te^» 
desco. 

Concini di Germania o Alemagna, 

Il primo fu riunito nell'anno 
74^9 ignorandosene il preciso luo* 
go, da Carlomanno duca de' fran- 
cesi a' 21 aprile. Questo principe^ 
nell'atto della convocazione, dissei 
che per consiglio de' servi di Dio, 
e de' signori della sua corte, avea 
raunato i vescovi del suo regno 
coi loro preti, per imparare da 
essi come si potesse ottenere di 
far osservare la legge di Dio, e 
ristabilire la disciplina eGclesiasti-" 
ca ch'era molto decaduta. Quel* 
sto concilio si compose di sei ve- 
scovi, cioè di Colonia, Amburgo» 
Wiirtzburgo, Utrecht, Sti'asburgo» 
ed Eichstett. Vi si fecero sei ca- 
noni risguardanti I' ordinazione dei 
vescovi, la condotta dei saceixloti» 
dei diaconi, dei chierici, ec. S. Bo- 
nifacio, r apostolo della Germania» 
vi presiedette in nome del sommo 
Pontefice s. Zaccaria, e scrisse a 
Curberlo ar^si vescovo di Cantor- 



212 GER 

beiy, ciò che nel concìlio si fece ; e 
querelandosi degli ostacoli che in- 
contravano i buoni pastori, sì e* 
spresse nelle seguenti rimarchevoli 
parole. »» G)mbattiamo per il Si- 
M gnore, imperciocché siamo noi 
M in tempi difficili e assai mole- 
n sti : si muoia, se fa d'uopo, per 
9» le sante leggi de' nostri padri, 
H affine di possedere con essi la 
M eredità della eterna vita. Non 
M siamo cani muti, sentinelle ad- 
M dormentate, ovvero mercenari 
M che fuggono in vista del lu- 
M pò; siamo pastori zelanti e vi- 
M gìlanti, e predichiamo la verità 
9t ai grandi e ai piccoli ". Il san- 
to vescovo aveva per mira in que- 
sto concilio, di creare i mezzi di 
rimettere in osservanza la legge 
di Dio e la disciplina ecclesiastica, 
decadute sotto i principi preceden- 
ti, e impedire che il popolo fedele 
non fosse ingannato dai falsi pre- 
ti, come per il passato. Dizionario 
da' concila j e Lenglet, Tavolette 
cronolog.» il quale crede che il con- 
cilio si celebrasse in Colonia. 

Il secondo concilio fu tenuto 
nel 744 ^ 74^9 egualmente sotto 
Garlomanno; vi presiedette il san- 
to vescovo Bonifacio quale legato 
della santa Sede, e fu nominato 
arcivescovo di Magonza invece di 
Gewiliàno, deposto come omicida. 
Àldeberto e Clemente, ambedue 
eretici^ vi furono condannati, come 
ancora furono esaminati i chierici 
da loro sedotti « Diz, de concila j 
Regia tom. XYII; Labbé tom. VI; 
Arduino tom. III. 

Il terzo venne convocato Tanno 
747 per ordine di Carlomanno, ed 
avanti il suo ritiro. Presieduto da 
8. Bonifacio, in esso furono ricevu- 
ti i quattro eoncilii generali. 

Il quarto fu adunato nel 759: 



GER 

in esso Otmaro abbate di s. Gallo • 
venne calunniosamente accusato di 
impudicizia, ed in conseguenza del-^ 
la falsa accusa fu condannato ia 
prigione^ dove mori di fame; tut- 
tociò a motivo del suo zelo con- 
tro Varino e Ruitardo, usurpato- 
ri dei beni della Chiesa. Labbé 
tom. VI; Regia tom. XVII; Ardui- 
no tom. III. 

Il quinto fu tenuto nell'anno 
1225 ai 9 dicembre dal cardinal 
CoiTado vescovo di Porto, legato 
della Sede apostolica : in questo 
concilio si trattò particolarmente 
della continenza degli ecclesiastici, 
e contro la simonia. Labbé tom. 
XI; Arduino tom. VII. 

GERMANIA. Sede vescovile di 
Numidia nell* Africa occidentale , 
che trovasi rammentata nella iVb- 
tizia al N. 97. N'è pure fatta men- 
zione nella conferenza di Cartagi- 
ne, alla quale assistette Innocenzo, 
uno de' suoi vescovi, i quali erano 
suffi*aganei della metropoli di Gir- 
ta Giulia. Nella provincia Bizace- 
na, egualmente nell'Africa, e sotto 
la metropoli di Adramito, vi fu 
una sede episcopale dello stesso no- 
me di Germania. 

GERMANICIA. Città vescovile 
della provincia Eufratena nella dio- 
cesi e patriarcato d'Antiochia, sot- 
to la metropoli di Gerapoli Mem- 
Ifisc, eretta nel quarto secolo, e 
dichiarata arcivescovato nel duode- 
cimo, onde al dire del Terzi, Si- 
ria sacra p. 14^5 divenne metro- 
poli di Comagena. Tolomeo la po- 
ne vicino al monte Aman sui con- 
fini della Siria e della Cappado- 
cia. Seldeno la chiamò Cesarea 
Germanicia^ nome dedotto già da 
Vespasiano, che vi piantò una co- 
lonia. Esisa fu patria di ^udosio 
ariano^ patriarca prima d'Antio- 



GER 

chia e poi di G)StaDti]iopoli, e di 
Nestorio empio eresiarca, il quale 
diede motivo ai molti vescovi pro- 
vinciali di radunarvi quindi un si- 
nodo , per impugnare e condan- 
narvi i suoi errori. Germanicia eb- 
be i seguenti vescovi. Salomone 
che intervenne ai concilii di Nicea, 
Andra, e Neocesarea; Eudossio di 
Arabissa discepolo del martire Lu- 
ciano, fatto vescovo dagli ariani; 
Stefano che unitosi a Giovanni di 
Apamea per difendere la fede, eb- 
be la ventura di purgare la dio- 
cesi dall'eresia ariana; Giovanni 
che si astenne di portarsi al con- 
cilio d'Efeso per riguardo dell'e- 
resiarca Nestorio, fu però a quello 
di Calcedonia, sottoscrisse i suoi 
decreti , e pronunziò l' anatema 
contro Nestorio; firmò pure il de- 
creto sinodale di Gennadio di Co- 
stantinopoli risguardante i simonia- 
ci del 4^9' Altro vescovo di Ger- 
manicia fu Tommaso, cacciato dal- 
la sua sede dall* imperatore Giu- 
stino I, per essere attaccato all'e- 
resia di Severo. Germanicia fu pu- 
re la sede di un vescovo giacobi- 
ta, che aveva cura anco della 
chiesa di Mabuga: tra i vescovi 
giacobiti noteremo Tommaso d'E- 
raclea, che fiori nel 616, e sedeva 
tanto in Germanicia, che a Mabu- 
ga; Giovanni I che assistette all'e- 
lezione di Dionigi neli'8i8; Gio- 
vanni II nel 910 ordinò il patriar- 
ca Giovanni IV; Dionigi nominato 
dal patriarca Atanasio Vili, chia- 
mato prima Giosuè Barchettre, di- 
venne vescovo nel 1 1 89, e poscia 
fu trasferito ad Amìda ove morì 
nel 1 1 7 1 . Nelle notizie de' latini, 
si legge che Germanicia fu loro 
arcivescovato onorario. Al presen- 
te Germanicia è un titolo vescovi-» 
le in parUbus^ che conferisce la 



GÈR 2i3 

santa Sede, ed il regnante Grego- 
rio XVI, a'i3 febbraio 1837, di- 
chiarò vescovo di Germanicia^ e 
vicario apostolico del distretto set- 
tentrionale di Scozia monsignor 
Giacomo Francesco Kyle. 

GERMANICIANA . Patrimonio 
della santa Sede, uno dei ventitre 
che possedeva a tempo di s. Gre- 
gorio I Magno, creato nel 590: in 
ordine era il XXII, ed avea distin- 
to amministratore o rettore, chia- 
mato eziandio difensorej che sole- 
va essere uno de' primari chierici 
della Chiesa romana, yedi Patri- 
moni DELLA SANTA Sede. In Afri- 
ca vi fu una città col nome di 
Germanicìana, posta sulla strada 
da Theveste a Tusdrum, fra Aquac 
Regine ed EUces. 

GERMANICOPOLI. Città ve- 
scovile dell' Isauria, nella diocesi e 
patriarcato d'Antiochia, sotto la 
metropoli di Seleucia, la cui ere- 
zione risale al IV secolo. Di que- 
sta Sede se ne trova menzione in 
tutte le notizie, e la fa pure Co- 
stantino Porfirogenito. De' suoi ve« 
scovi si conoscono i seguenti: Ti- 
ranno che fu al concilio di Calce- 
donia; Teodoco che intervenne al 
settimo generale; e Basilio che si 
trovò presente al concìlio di Fozio 
sotto il Papa Giovanni VIII. Ger- 
manicopoli, GermanicopoUtariy città 
della Cilicia nell'Asia minore, al 
presente è un titolo vescovile in 
partibusy che conferiscono i roma- 
ni Pontefici, ^d è pure sotto l' ar- 
civescovato in partibus di Seleucia. 
Gli ultimi vescovi titolari sonò 
monsignor Gio. Michele Sailer, e 
monsignor Emmanuele Giuseppe 
Pardio della diocesi di Jucataa 
neir America settentrionale, fatto 
dal regnante Gregorio XVI nel 
concistoro de' 27 aprile 1840 9 con 



ai4 GER 

facoltà di esercitare i pontificali ia 

detta diocesi, 

GERMANO (s.), vescovo d'Au- 
xerre. Nacque in Auxerre da no- 
biiissimi genitori che lo fecero e- 
ducare con molta cura nelle scien- 
ee umane. Andò a Roma a per- 
fezionarsi nello studio della giuris- 
prudenza, e passò per uno de'prl- 
tni oratori del suo tempo. Impal- 
mò una illustre gentildonna di no- 
me Eustachia, e l'imperatore Ono- 
rio innalzollo a dignità onorevolis'- 
8ime; avuta in fine quella di du- 
I» o generale delle truppe della 
«uà provincia, fece ritorno ad Au- 
xerre. Germano amava perduta- 
mente la caccia, e quando gli ve- 
Idiva fatto di uccidere qualche fie- 
19, ne facea appendere la testa ad 
«m albero eh' era in mezzo della 
città. Il santo vescovo Amatore a- 
"^endolo più volte ammonito inu- 
tilmente per questa adone che sem- 
brava richiamare gli antichi usi 
dell'idolatria, fece tagliare l'albero, 
mentre il duca era assente, ciò che 
Io fece molto adirare. Calmossi pe- 
rò in seguito, e ricevette gli ordi- 
ni sacrì dalle mani del santo ve- 
scovo, che dopo poco tempo mo- 
rì* I voti del clero e del popolo 
si riunirono tutti in favore di Ger- 
mano, e a'7 di luglio del 4i8 e- 
gli fu consacrato vescovo [dì Au- 
xerra. Volte allora le spalle a tut- 
te le vanità del mondo, non con- 
siderò più sua moglie che come 
una sorella, dispensò tutti i suoi 
averi a'poveri ed alle chiese, ab- 
bracciò la più rigida penitenza , 
e s'infiammò di santo zelo pel cul- 
to del Signore e per la felicità 
del suo popolo. Fondò un moni- 
stero sotto l'invocazione de'ss. Co- 
sma e Damiano, dirimpetto ad Au- 
xerre; scoprì la tomba di diversi 



GER 

martiri che avevano sofferto con 
s. Prisco, e fòbbricò in loro onore 
una chiesa ed un monistero. Fe- 
ce due viaggi in Inghilterra per. 
combattere i pelagiani: il primo 
con s. Lupo vescovo di Troyes, 
nel 4^9» ed il secondo nel 44^ 
con Severo arcivescovo di Tieveri. 
L'anno seguente andò a trovare 
r imperatore Yalentiniano III, che 
era a Ravenna, per pacificarlo coi 
popoli dell'Arraorica, i quali essen- 
doglisi ribellati, stavano per soSln- 
re la pena che aveano meritata. 
Fu accolto con grande allegrezza 
dal popolo e da s. Pier Grisologo, 
come anche dall'imperatore e da 
sua moglie Placidia, ed ottenne 
la grazia. Mentile soggiornò a Ra- 
venna fu sempre accompagnato da 
sei vescovi, che lo videro operare 
diversi miracoli, fra cui il risor- 
gimento di un morto. Molti altri 
miracoli egli aveva altrove opera- 
to. Ammalatosi in quella città, ivi 
morì ai 3t di luglio del 44^> ^ 
tutti gli abitanti ne rimasero com- 
mossi. Il prefetto della camera del- 
l'imperatore che anda vagli debito- 
re della guarigione di un suo fa- 
migliare, fece imbalsamare il suo 
corpo; l'imperatrice lo fé' rivestire 
di abiti preziosi, e rinchiudere in 
un'arca di legno di cipresso; l'im- 
peratore poi ordinò che a sue spe- 
se, e con magnifica pompa fosse 
accompagnato sino al passo delle Al- 
pi, ove il clero di Auxerre era ve- 
nuto a prendere la spoglia mor- 
tale del suo pastore. Quivi fu per 
sei giorni esposto alla pubblica ve- 
nerazione, e poi fu sepolto al pri- 
mo d' ottobre' nell' oratorio di s. 
Maurizio ch'egli aveva fondato, e 
che divenne in seguito una celebre 
badia di benedettini col nome di 
8. Germano. 11 suo corpo fu ab- 



GER 

bruciato dagli ugonotti nel secolo 
XVI^ ma ne furono però salvate 
alcune reliqui.e. La sua festa prin- 
cipale si celebra a'3i dì luglio. 

GERMANO (s.), martire. Figlio 
di un signore scozzese per nome 
Audino, il quale fu convertito con 
sua moglie da s. Germano d' Au- 
xerre eh' erasi recato nella gran 
Bretagna per combattervi Teresia 
dei pelagiani. 11 santo vescovo in- 
vaghito della dolce fisonomia di 
questo uncinilo volle essergli pa- 
drino, e gr impose il suo nome. 
Cresciuto nelle cristiane virtù, si 
consacrò all'apostolico ministero, e 
abbandonata la patria andò a pre- 
dicare nelle Gallie. Le sponde del- 
la Mosella furono il primo teatro 
del suo zelo, ove la sua predica- 
zione, avvalorata dai miracoli, o- 
però gran numero di conversioni. 
Consagrato vescovo regionario fece 
un viaggio a Roma per visitarvi 
le tombe degli apostoli, ed otte- 
nere colla loro intercessione la gra- 
zia di poter imitare il loro zelo. 
Di là pas:>ò nella Spagna, indi nel- 
la sua patria , facendo ovunque 
nuove conquiste al vangelo. Tor- 
nato nelle Gallie, recossi in Nor- 
mandia, e dopo avervi annunzia- 
to Gesù Cristo nel territorio dì 
Coutances e di Bayeux, entrò nel- 
la Picardia, dove sulle sponde del- 
la Brele, fra Aumale e Senarpont, 
sofferse il martirio, verso il finire 
del quinto secolo. Sopra il luogo 
della sua sepoltura fu eretta una 
chiesa, ove sì conservarono le sue 
reliquie sino al nono secolo, in cui 
per timore dei barbari furono tra- 
sportate a Ribcmont, nella diocesi 
di Laon. Verso la metà del seco- 
lo XVII, la chiesa parrocchiale di 
Amiens a lui dedicata n'ebbe una 
considerabile poi*zione. Egli è pro- 



GER 2iS 

tettore dì molte parrocchie in Pi- 
cardia e in Normandia, e la sua 
festa si celebra a'2 di maggio, gior- 
no in cui riportò la palina del 
martirio. 

GERMANO (s.), vescovo di Pa- 
rigi. Nacque nel territorio d'Autun 
verso il 4969 appartenne al clero 
di quella città, fu abbate del mo- 
nistero di 5. Sinforiano, che go- 
vernò con regolarità e saviezza, e 
verso il 555 fu innalzato alla sede 
vescovile di Parigi. Questa nuova 
dignità non portò alcun cambia- 
mento nella sua maniera di vive- 
re : fu sempre semplice, frugale, 
modesto, penitente. Verso le no- 
ve ore della sera recavasi in chie- 
sa, e vi rimaneva in orazione fin 
dopo mattutino. Una folla d'infe* 
liei cui tenea luogo di padre at- 
torniava la di luì casa, e sempre 
avea molti poveri alla sua mensa. 
Fu pei suoi discorsi che il re Giil- 
deberto riformò la propria vita^ 
sbandi tutti i disordini dalla sua 
corte, e impiegò considerevoli som- 
me in pie fondazioni e in sollievo 
de'miseri, facendolo dispensatore e- 
gli stesso delle sue largizioni. Mor- 
to questo re a' 28 dicembre del 
558, il santo vescovo consaa*ò nel 
medesimo giorno la magnifica chie* 
sa che quegli avea fatto fabbrica- 
re ed avea adottata per luogo 
di sua sepoltura; poi riempi l'an- 
nesso nuovo monistero dì religiosi, 
a'qtiali diede per primo abbate s. 
Drottoveo o Brotteo suo discepolo. 
Nel 556 scomunicò il re Cariber- 
to per motivo d'incesto; ed avendo 
questi lasciato, morendo, i suoi 
stati da dividersi fra i suoi tre fra- 
telli, fu motivo dì ostilità e di- 
scordie, per cui s. Germano ebbe 
d' uopo d' impiegare tutta la sua 
prudenza e il suo zelo per procu- 



ai6 GER 

rare la pace e ben governare il 
suo gregge ia mezzo a sì dififeren- 
ti interessi. Egli fece di sé Ii^mi- 
nosa mostra nel concilio tenuto a 
Parigi nel 557/ ^ ^^ ^' prinpìpale 
autore dei canoni che tì furono 
formati; G)mpo8e un'eccellente o- 
pera intitolata Spiegazione della 
liturgia. Pieno di meriti e di gloria 
mori ottuagenario a' 28 di mag- 
gio dell'anno 576. Le sue reli- 
quie riposano in un'arca prezio- 
sa nella chiesa di san Vincenzo 
detts^ presentemente s. Germano 
dei Pròti 9 meno un braccio che 
Teneravasi nella chiesa di s. Ger- 
mano il Vecchio; e molti miracoli 
dimostrarono l'efficacia della sua 
intercessione. Il giorno 28 maggio 
è sacro alla sua ricordanza. 

GERMANO (s.), vescovo di Ca- 
pua^ mandato dal Papa s. Ormisda 
in ufllzio di legato all'imperatore 
Giustino I^ l'anno 519^ collo sco- 
po di por fine allo scisma che du- 
rava in oriente da quarant- anni. 
La condotta del santo vescovo fu 
coronata del pih felice successo : 
furono condannati gli eretici, e lo 
scisma estinto; ma si trovò espo- 
sto più volte al furore degli ere- 
tici, insieme con quelli che lo ave- 
vano accompagnato. Ritornato alla 
sua diocesi, la governò santamente 
sino alla sua morte che si colloca 
circa l'anno 54o, nel giorno 3o 
d'ottobre, in cui è onorato. 

GERMANO (s.), martire. FigUo 
d'un senatore di Treveri, fu edu- 
cato sotto gli occhi del vescovo di 
quella città Modoaldo, e in et^ di 
diecisette anni donò a' poveri tut- 
te le sue ricchezze per ritirarsi in 
un deserto della Lorena sotto la 
condotta di s. Arnolfo di Metz. 
Gustando sempre più le spirituali 
dolcezze^ persuase suo fratello Nu- 



GER 

merlano ad abbracciare la stessa 
vita, e passò con lui nel novello 
monistero di s. Romarico, poscia 
in quello di Lusseuil, allora gor 
¥ei*nato da s. Walberto, il quale 
conosciutone il merito, lo fece ca- 
po de' religiosi che mandò nel 
monistero di Granfel fondato dal 
duca Gondon. Germano governò 
quel monistero con tanta saggezza 
è pietà, che venne incaricato anche 
della direzione di altri due, cioè 
di 8. Ursits e di s. Paolo Zuvert 
ovvero dell'Isola. Mosso da canta ta- 
vole zelo ebbe il coraggio di fave 
delle rimostranze al duca Bonifa- 
cio, successo a Gondon, per le ves- 
sazioni che faceva sofinre a'mona- 
ci ed ai poveri di que'luoghi. Que- 
sta libertà costogli la vita, poiché 
mentre ritornava al suo convento 
fu ucciso a colpi di lancia da'sol- 
dati del duca, in un col beato 
Randoalbo suo compagno. Ciò av- 
venne verso l' anno 666, a' 2 1 di 
febbraio, e in questo giorno sono 
ambedue ricordati come martiri. 

GERMANO (s.), patriarca di 
Costantinopoli. Figlio del patrizio 
Giustiniano, nato circa l'anno 638, 
entrò nel clero di Costantinopoli, 
e meritò d'essere innalzato alla se- 
de vescovile di Cizico^ poscia alla 
patriarcale di Costantinopoli nel 
7 1 5. Difese coraggiosamente il cul- 
to delle immagini, e ricusò di ob- 
bedire al decreto promulgato nel 
725 dall'imperatore Leone l'Isau- 
rico, che ne ordinava Testirpazio- 
ne, per cui ebbe a so&ire gli ef- 
fetti dello sdegno imperiale, e nel 
780 fu sforzato ad abbandonar la 
sua chiesa. Ritirossi a gemere a 
Platanio nella casa de'suoi padri, 
e morì a' 12 di maggio del 733. 
La Chiesa lo onora come il primo 
difensore delle sacre immagini^ ed è 



GER 

considerato come illustre scrittore. 
Abbiamo tre lettere di lui che pren- 
dono di mira gli errori degli ico- 
noclasti ; e diversi altin scritti gli 
vengono attribuiti. Fozio stima mol- 
to il suo stile, e loda soprattutto 
l'apologia di s. Gregorìo di Kissa. 
contro gli origenisti. 

GERMANO, Cardinale, Germa- 
no cardinale dell'ordine de' preti, 
e del titolo dp' ss. Gio. e Paolo, 
intervenne al sinodo celebrato in 
Roma dal Pontefice Giovanni YUI 
neir872. 

GERMERO (s.). Nacque a War- 
de sulla Epte, ai confini della dio* 
cesi di Rouen e di Beauvais, e t 
suoi genitori , nobili e ricchi , lo 
fecero educare nelle scienze e nella 
pietà. Il varo suo merito lo fece 
invitare alla corte del re Dagober- 
to I, nella quale seppe mante- 
nere la sua innocenza. Sposò una 
donna virtuosa e degna di lui, per 
nome Domania, e n'ebbe un figlio 
e due figlie. Regolandosi sempre 
co' consigli di St Audoeno vescovo 
di Rouen, fondò plesso Warde il 
monistero dell' Isola, che durò fino 
ai guasti de' normanni, e col con- 
senso di sua moglie e di Clodoveo 
II, abbandonò la corte e ritirossi 
nel monistero di Pentale. Non pas- 
sò molto tempo che s. Audoeno 
gliene affidò la direzione , e Ger- 
mero divenne modello di virth ai 
suoi fratelli. Alcuni falsi religiosi, 
cui non piaceva la sua regolarità, 
giunsero ad insidiargli la vita ; per- 
ciò nel 649 andò a rinchiudersi in 
una grotta che chiama vasi di s. 
Sansone, e non ne sortì che nel 
654 per assistere ai funerali di suo 
figlio Amalberto. Lo fece seppel- 
lire nel suo monistero dell' Isola, 
e ne dotò riccamente la chiesa; 
indi fondò nella sua terra di Flay 



GER mj 

un akro monistero, che divenuto 
assai celebre chiamossi dal suo no- 
me s. Germero di Flay, e io go« 
vernò con molta riputazione fino 
all' anno 658, in cui morì a' 24 
di settembre. La sua santità fu 
confermata da molti miracoli, e le 
sue reliquie sono custodite nella 
cattedrale di Beauvais, ove è ono- 
rato come uno dei protettori della 
città, celebrandosene la festa il gior-^ 
no della sua morte. 

GERMI o SEGERML Sede ve- 
scovile nella provincia Bizaoeua nelr 
l'Africa occidentale, sotto la me- 
tropoli d'Adramito : Municipium 
Segermis, Sì conoscono quattro ve- 
scovi , cioè : Nicomede del !a5Si 
Felice I del 3 11, il quale sotto- 
scrisse nel secondo concilio latera- 
nense nel pontificato di s. Martino 
I, alla lettera sinodale de' vescovi 
di sua pi*ovincia ; Reslituto del 4^4» 
esiliato da Unnerico re dei vanda- 
li; e Felice li che sottoscrisse alla 
lettera del concilio Bizaceno, man- 
data a Costantino Augusto figlio 
di Eraclio nell'anno 641. 

GERMI A. Sede vescovile della 
seconda provincia di Galazia, nella 
diocesi di Ponto, sotto la metro- 
poli di Pessinonte, che nel secolo 
nono divenne arcivescovato. Teo- 
fane dice eh' era chiamata anche 
Myriangelos. Eravi una bella chie- 
sa fabbricata in onore di s. Mi- 
chele, e degli altri santi Angeli, ed 
ebbe i seguenti vescovi: Menna 
ohe fu al quinto concilio generale; 
Emiliano di cui si parla nella vita 
di s. T^èodoro Siccota ; Pietro in- 
tervenuto al concilio generale set- 
timo ; e Niceta che fu a quello di 
Fozio sotto Giovanni, e che sedett 
te tra i metropolitani. 

GERMI GNY, Germiniacum.LuO' 
go della diocesi e territorio d'Or- 



2i8 G£R 

leans, vicino a Fleury sulla Loira; 
vi si tenaero due conctiii: il primo 
nell'anno 8^2, sopra i bisogni del- 
la Chiesa e dello stato , Lenglet, 
Tavolette cronologiche; il secondo 
neir 843, presso il Mabiilon, Sae^ 
cui, IF Beiiedict. part. 2, et de re 
Diploììiat. 

GERMOCOLONIA. Sede vesco- 
vile della seconda provincia di Ga- 
lazia, sotto la metropoli di Pessi- 
nonte, il cui vescovo Eustazio as- 
sistette al concilio di Costantino- 
poli pel ristabilimento di Eozio, 
dopo la morte di s. Ignazio. 

GEROCESAREA o JEROCE- 
SAREA, Hierocaesarea, Sede ve- 
scovile di Lidia, nella diocesi ed 
esarcato d'Asia, sottoposta alla me- 
ti*opoli di Sardia : Commanville di- 
ce, che fu eretta nel quinto secolo, 
e che si chiamò pure Hierocastelr 
luni. Ivi onoravasi Diana di Per- 
sia, e Pausania e Tolomeo ne fan- 
no menzione. I suoi vescovi cono- 
sciuti sono: Cossinio che assistette 
al concilio di Costantinopoli sotto 
Flaviano, e tre anni dopo a quel- 
lo di Calcedonìa: sottoscrisse pure 
la lettera della sua provincia al- 
l' imperatore Leone ; Zaccaria che 
fu al settimo concilio generale; e 
Teodoro che trovossi al sinodo di 
Fozio. Onens Christ, tom. I, p. 
889. Al presente Gerocesarea, Hie- 
rocaesarieriy è un tìtolo vescovile in 
partibus, sotto l'arcivescovato pure 
in partibus di Sardia, che conferi- 
sce il sommo Pontefice, ed il re- 
gnante Gregorio XVI a' 3 giugno 
i833 lo die a monsignor Giovan- 
ni Polding della congregazione an- 
glo-benedettina , vicario apostolico 
della Nuova Olanda nelfOceania, 
prima cioè che il medesimo Papa 
dividesse tal vicariato apostoHco iu 
ti*e vescovati. 



GER 

GEROFILACE, Hierophylax. 
Sacrista o custode delle cose sacre , 
voce derivante dal greco. Il Macri 
nella Notizia de' vocaboli ecclesia^ 
siici ^ dice che il Hierophylax in 
alcune cattedrali si enumerava tra 
le dignità del capitolo col nome di 
tesoriere o cimiliarca. I greci chia- 
marono» geroforo, Hierophorus^queì- 
l'offiziale ecclesiastico incaricato di 
portare le cose sacrq. 

GEROMNEMONI, Hieromnemo- 
nes. Soprastanti alle cose sagA*e, of- 
fiziali della chiesa costantinopolitana. 
Con tal nome in quella chiesa di- 
ceansi quelli che corrispondono ai 
nostri maestri delle cerimonie sa- 
cre: aiutavano il patriarca mentre 
si vestiva degli abiti sacri, lo as- 
sistevano nel sacrifizio suggerendo- 
gli e trovandogli le preci che do- 
vea recitare. Appartenevano essi 
all'ordine dei diaconi, talvolta pe- 
rò erano sacerdoti, ed in allora 
non assistevano il patriarca nel ve- 
stirsi. Veniva ai geromnemoni af- 
fidala la custodia dei libri liturgi- 
ci ; tenevano il denaro del patriar- 
ca, ed in assenza di lui dedicava- 
no la chiesa nuova col segno del- 
la cfoce, ed istituivano i lettori. 
Era la settima dignità della me- 
tropolitana. Macri, Notizia devo- 
caholi eccL 

GEROSOLIMITANO, sacro mi- 
litare ORDINE. Questo antico, cele- 
bre, benemerito e sovrano ordine 
equestre ed ospitalario, fu chia- 
mato pui*e, per le ragioni che di- 
remo, di s. Giovanni, di Rodi, dì 
Malta, cosi i suoi illustri cavalieri. 
Esso ebbe origine verso l'anno 
1048 da alcuni mercanti della cit- 
tà di Amalfi del regno di Napoli, 
che trafficavano in Soria, ed or- 
dinariamente visitavano i santi luo- 
ghi di Gerusalemme^ i quali de- 



GEB 

sìdei'arono di avere nella medesi- 
ma città una chiesa, in cui si cele- 
brassero i divini ufiizi secondo il ri- 
to delia Chiesa romana ; impercioc- 
ché le chiese degli altri cristiani 
erano quivi uSiziate dai greci^ e 
dalle dilFerenti sette che trovansi 
- ancora oggidì in Levante. Con de- 
strezza quindi e con donativi, altri 
dicono col pagamento d'annuo tri- 
buto, ottennero dal califfo d'Egit- 
to Romensoro Moustesaph, il per- 
messo di fabbricare una chiesa in 
Gerusalemme, nel quartiere de'cri- 
stiani, presso il santo sepolcro ed 
il tempio dedicato alla Risurrezio- 
ne di Gesii Cristo, che dedicarono 
a Dio in onore della Beata Vergi- 
ne Maria, e del precursore s. Gio- 
vanni Battista, e dove fondarono 
altresì un monistero di monaci be- 
nedettini, i quali avessero cura di 
ricevere i pellegrini. La chiesa fu 
intitolata s. Maria della Latina ^ 
per distinguerla dalle altre chiese 
che non seguivano il rito latino. 
Aumentatosi in seguito il nume- 
ro de' pellegrini, e giungendo essi 
il più delle volte a Gerusalemme 
oppressi da miserie e da malattie, 
pei disastri sofferti nella lunga e 
penosa peregrinazione, e per ì cat- 
tivi trattamenti e violenze degl'in- 
fedeli, venne fabbricato vicino alla 
chiesa di s. Maria d^lla Latina un 
ospedale egualmente in onore di 
Gesù Cristo, della Beata Vergine, 
edi's. Gio. Battista, per alloggiar- 
vi gli uomini tanto sani che infèt^ 
mi, sotto la direzione e vigilanza 
di un maestro o rettore, che dove- 
va essere nominato dall'abbate di 
s. Maria, ed ivi fuvvi fondata una 
cappella sacra a s. Giovanni Batti- 
sta, non che un altro ospizio o 
monistero per le donne, intitolato 
a s. Maria Maddalena, sotto il go- 



GER 219 

verno di saggia matrona. Dipoi la 
cappella di s. Giovanni si convertì 
in magnifico tempio, l'ospizio si 
costruì più grandioso, e si suddi- 
vise in molti quartieri. 

Il b. Gerardo soprannominato 
Tum o Tunc, nativo di Martigues in 
Provenza, fu il primo cui venne 
allìdata la direzione dell'ospedale 
con titolo di rettore. Alcuni an- 
ni dopo essendosi Goffredo di Bu- 
glione con la prima Crociata (/^e- 
di ) impadronito di Gerusalem- 
me nel luglio 1099, ed acclamato 
re, liberò dalla prigione Gerai*do, 
ed Agnese matrona romana e pri- 
ma abbadessa del monistero, che 
amministravano lo spedale, de' due 
sessi, e ch'erano stati imprigiona- 
ti dai saraceni ; quindi restò co- 
sì edificato della esemplare ca- 
rità che esercita vasi nello speda- 
le di santa Maria della Latina, 
ove eransi ricevuti e curati gli in- 
fermi e feriti crociati, che gli do- 
nò alcuni dominii da lui possedu- 
ti in Francia e nel Brabante, e 
gli accordò grandi privilegi. Aven- 
do poi altre persone in Asia ed 
Europa imitata la liberalità di quel 
pio principe, ed essendosi perciò 
accresciute le rendite dell' ospedale, 
il zelante Gerardo che ne avea la 
amministrazione giudicò d'accordo 
coi suoi frati ospitalari, che con- 
veniva separatasi dall'abbazia e dai 
monaci del monisteit) di s. Maria 
della Latina, e formare invece una 
congregazione religiosa separata , 
sotto la protezione ed in onore di 
s. Giovanni Battista, e ciò anco 
perché il numero degli spedalieri 
erasi accresciuto con molti illustri 
guerrieri crociati, che dalle file del- 
l'esercito passarono al servigio reli- 
gioso e caritatevole. Fu questo il 
motivo per cui i membri della con* 



aio GER 

gregazione cliiamaronsi poscia spe^ 
dal/eri o frati deW ospedale di s. 
Giovanni Battista di Gerusalemme. 
Ottenne a questo effetto Gerardo 
dal Pontence Pasquale li la con- 
ferma delle donazioni fatte all' o- 
spedale, con bolla del 1 1 1 3, con 
la quale il Papa concesse diversi 
privilegi air ordine, lo liberò da de- 
cime e da qualunque aggravio, di- 
chiai^ndolo esente; pose sotto Tira- 
mediata e speciale protezione della 
santa Sede lo spedale medesimo 
con gli ospitalari, ed ordinò che 
(dopo la morte di Gerardo i retto- 
ri fosseix) eletti dai frati spedalieri. 
La medesima bolla decretò che i 
diversi ospedali fondati sotto la di- 
pendenza di Gerardo, come a Saint- 
Gilles in Provenza, ad Asti, Pisa, 
Bari, Otranto, Taranto, Messina, 
ce. fossero tutti a lui soggetti. Tra 
i primi benefattori dell'ordine sono 
pure a. nominarsi Gunzelin conte di 
Schwerin, ed Enrico suo fratello 
dell' illustre casa di Mecklemburg , 
che trovandosi in Terra Santa do- 
iiaix>no SI ir ospedale diversi beni io 
Alemagna. 

Gerardo persuase i suol frati a 
prendere un abito religioso, on- 
de dalle mani del patriarca di Ge- 
rusalemme ricevettero un man- 
tello nero, con una croce ad otto 
punte, facendo i TOti a pie del 
santo sepolcro. Con tanto aumen- 
to di mezzi sempre più si fondaro- 
no neiroccidente ospedali filiali, ove 
i pellegrini si {accogliessero per via, 
ed ecco T origine delle commende 
dell'ordine, essendo state le prime 
quelle de' luoghi nominati, quella 
di Siviglia ed altre. Intanto l'ordi- 
ne fattosi adulto nella medesima 
infanzia, si stipò intorno ai troni 
dei re latini di Gerusalemme, co- 
me una siepe di feno^ e prese a 



GER 

guarentirlo da ogni ostile attentato^ 
con una fedeltà non minore all'e- 
roico zelo ond' era concordemente 
animato. Però non deve tacersi che 
il Paoli nell'istoria dell'oidine è 
di sentimento, che questa società 
ecclesiastico -mi li tare avesse solo ori- 
gine nel 1099 alla presa che fece- 
ro i crociati di Gerusalemme. Dice 
inoltre che a sua imitazione se 
ne istituirono molti , e special- 
mente i due più antichi de' tem- 
plari e de' teutonici, e ohe fu sem- 
pre indipendente da ogni altra so- 
cietà, costante nel militare fino dai 
primi giorni di sua fondazione sot- 
to il patrocinio del precursore s. 
Gio. Battista, ed invariabile nel 
professare la regola di s. Agostino* 
Inoltre soggiunge il Paoli, che re- 
ca stupore come gì' istorici abbiano 
potuto confondere il termine di o- 
spitalario, con quello di spedaliere, 
e d'una religione nata colle armi 
alla mano, impugnate per difesa 
de' poveri, de' pellegrini e della fe- 
de, ne abbiano fatto una società 
destinata ne' suoi principii al servi- 
zio unicamente degli infermi; ope- 
ra non può negarsi di' somma ca- 
rità, ma non paragonabile a quel- 
la molto più generosa, che animò 
lo spirito de' primi fondatori di que- 
sto nobilissimo ordine, e che san- 
tificò le prime imprese di que' ser- 
vi di Dio che lo formarono, perchè 
impegnati non solo a soccorrere i 
poveri, a sollevare gl'infermi, a 
consolare gli afflitti colle opere del- 
la misericordia, ma a spargere ben 
anche il sangue, e a dare per li 
medesimi la vita, nel che sta si- 
tuato l'ultimo e più perfetto gra- 
do d'una cristiana ed eroica ca- 
rità. 

Nel 1 1 20, o 1 1 2 1 morì Gerar- 
jào col bel titolo di padie de' pò- 



GER 

veri, ed il suo corpo fu trasferito 
successivamente a Rodi, a Cipro^ a 
Malta, ed in fine in Provenza nel- 
Tanuo ii34; e venne deposto il 
suo cadavere nella cappella del bor* 
go di Manosca, ch'era una com- 
menda dell'ordine. Si narra che una 
volta le pietre nel suo seno sì can- 
giarono in pane; non però tutti gli 
scrittori lo chiamano beato. Gli 
successe Raimondo du Puy, della 
casa du Puy-Montbrun nel Delfina- 
io, e fu il primo che prendesse il 
titolo di maestro o gi'an maestro, 
la cui serie riporteremo in progres- 
so dell'articolo. Ecco come Rai- 
mondo s'intitolò nelle sue lettere^ 
diplomi ed alti: Servus pauperum 
Christif et custòs hospitcdis Jerusa* 
lemj o Raimundasy Dei grada y 
Chrìstì pauperum servus humilis, et 
sancii hospitdlis custoSy etc. Non 
avevano fino allora avuta gli spe- 
dalieri alcuna regola scritta^ sebbe* 
ne il b. Gerardo nel dare stabilità 
al pio luogo avea prescritto alcuni 
regolamenti; ma Raimondo ne die- 
de loro una colla quale/ obbligolli 
a fare i tre solenni voti di pover- 
tà, castità ed ubbidienza, ed ordi- 
nando che tutti i frati portassero 
la croce di tela bianca a otto pun- 
te dalla parte del cuore^ e cucita 
sopra il loro abito e mantello ne- 
ro; questo manto vuoisi che ricor* 
di il vestimento usato da s. Gio. 
Battista nel deserto di pelle di ca- 
mello; le otto punte della croce 
ottangolare, le otto beatitudini. La 
croce fu da Raimondo collocata verso 
il cuore, perchè i cavalieri devono 
amare il salutifero segno con tutto 
il cuore. Fu la detta regola appro- 
vata dal Pontefice Calisto II nel 
1120, e confermata quindi da O- 
norio li, Innocenzo II, Eugenio 
III, Lucio IH, Clemente III, Inno- 



GER a2i 

cenzo III, Bonifacio Villi ec. L'a- 
vere poi Raimondo du Puy inseri- 
to in questa regola alcune cose trat- 
te dalla regola di s. Agostino, fu ca- 
gione, che siasi sempre l'ordine di s« 
Giovanni di Gerusalemme annovera- 
to tra gli ordini che seguono la re-^ 
gola di s. Agostino. Raimondo pre- 
scrisse nella regola ai frali di uscire 
per la città e borghi in compagnia^ 
non soli; che tanto i sacerdoti che i 
laici dovessero elemosinare pei po- 
veri; se alcuno di essi cadesse in 
colpa, stabili proporzionate pene^ 
comprensivamente alla espulsione 
dall'ordine; li costrinse all'astinen- 
za delle carni nei mercoledì e ve- 
nerdì, ed in tutta la seltuagesìmai 
oltre molte penitenze, e pratiche di 
divozione. 

Vedendo Raimondo, che l'en* 
trate dello spedale di Gerusa- 
lemme abbondantemente sopra v- 
tanzavano al mantenimento de'po- 
veri pellegrini ed infermi, credette 
di non potere in miglior modo u- 
sare di quegli avanzi, che impie- 
gandoli nella guerra che facevast 
nella Palestina contro gl'infedeli. 
L'assistenza ch'eglino prestavano ai 
pellegrini, si. era eslesa sino a pren- 
dere pensiero de' loro viaggi, assicu- 
rando la libertà delle strade, e al- 
lontanando le scorrerie de' saraceni, 
assistendo e tutelando anco i navigan- 
ti. A questo Oggetto fu d'uopo im- 
brandire le armi, e divenir guerrieri; 
questo sistema piacque a molti nobili, 
e cangiò gli ospitalari ospedalieri in 
cavalieri, eia congregazione in oi'dir 
ne militare: s*impegnarono con un 
quarto voto di difendere dagli in- 
sulti de'saraceni i cristiani che anda- 
vano a Terra Santa, laonde il pi*o- 
ponimento degli spedalieri fu sem- 
pre fino d' allora di fare una guer- 
ra eostante coi nemici della fede e 



a22 GER 

dei nome cristiano, per cui in Pa- 
lestina contribuirono olle conquiste 
e difesa dei re di Gei'usalemme, 
e dei crocesignati. In tal modo 
a difesa di Terra Santa fu formata 
una specie di crociata perpetua, 
che servì d' antemurale, e di so- 
stegno al piccolo e bersagliato re- 
gno di Gerusalemme, come si è 
detto. Quindi Raimondo si offrì coi 
suoi spedalieri al re di Gerusalem- 
me Baldovino I per combattere 
contro i saraceni, dividendo gli spe- 
dalieri medesimi , che prima non 
erano che ecclesiastici e laici, in tre 
classi : la prima dei nobili, desti- 
nati al maneggio delle armi in di- 
fesa della fede, ed in soccorso dei 
pellegrini; la seconda dei sacerdoti 
o cappellani, ai quali correva uni- 
camente r obbligo di amministrare 
i sagramenti, e disimpegnare il di- 
vino uffizio nella chiesa conven- 
tuale; e la tei*za dei frati serventi 
che non erano nobili, ed i quali 
pure furono destinati a portar le 
armi. Componendosi V ordine di 
diverse nazioni , fu divìso se- 
condo le lingue che parlavano, 
per cut i provenzali si dissero ap- 
partenere alla lingua di Provenza, 
e gl'italiani alla lingua d' Italia, 
così delle altre nazioni, sino ai nu- 
mero di sette, che furono oltre le 
dette, quelle di Alvernia, di Fran- 
cia, d'Aragona cui poi si unirono 
le lingue di Castiglia e di Porto- 
gallo, di Alemagna, e d'Inghilterra 
la quale terminò poi n^Uo scisma 
di quel regno. Raimondo co' suoi 
religiosi concorse alle vittorie ri- 
portate dai ' latini su Antiochia , 
Giaffii, Tiro, Damasco, Bersabea, 
Ascalona, ec, alle quali vittorie 
cooperarono piìi volte i veneziani 
fulminando in mare le lunate in- 
segne, che la spada di Raimondo 



GER 

disperdeva per terra. Nella mede- 
sima circostanza secondo alcuni si 
introdusse la maniera di rìcevere 
i cavalieri con par ticolarì cerimonie, 
e ciò venne approvato nel 1 1 3o 
dal Papa Innocenzo II, il quale con- 
fermando r ordine e gi*ado di ca- 
valleria nella religione gerosoli- 
mitana, ordinò che i cavalieri aves- 
sero per insegna militare una cro- 
ce bianca in campo rosso, la quale 
anch'oggi forma l'arma dell'or- 
dine. 

Veramente gli ospedalieri ge- 
rosolimitani ritennero tal nome, e 
non fu dato loro propriamente 
quello di cavalieri se non dopo 
ch'ebbero conquistalo l'isola di Ro- 
di. Anastasio IV nel ii54 conces- 
se all'ordine di possedere pacifica- 
mente tutto quello che ad esso 
fosse dato, o si darebbe pel man- 
tenimento dei pellegrini agli ospe- 
dalieri. Nel II 59 Augero di Bal- 
ben divenne terzo gran maestro, 
il quale fece riconoscere in Pale- 
stina l'autorità di Alessandro III 
contro l'antipapa Vittore IV. Nel- 
l'anno li 63 gli successe Arnaldo 
de Comps, ed a questi nel 1 1 68 
Gerberto o Gilberto d'Assai it o di 
Assaly, ed alcuni dicono che fosse 
pel primo chiamato Magnus Ma-- 
gister. Gerberto si associò al re di 
Gerusalemme contro il soldano di 
Egitto, e del suo bellicoso animo 
fanno ampia testimonianza la scon- 
fitta d'un esercito nemico, e l'es- 
pugnazione di Pelusio. De Gast 
nel 1 1 69 fu capo dell' ordine, e 
nel 1170 Joubert fu eletto per 
morte di questi al governo dei ge- 
rosolimitani. In assenza del re di 
Gerusalemme governò saggiamente 
il regno, fiaccò piti di una volta 
l'orgoglio mussulmano, e sgombrò 
il paese di stranieri invasori coi 



GER 

prodi dell'ordine. Eglino per la 
rovina delle cose de'cristiani in 
oriente furono costretti ad usci- 
re da Gerusalemme, dopo che i 
saraceni l'ebbero ripresa nel 1 1 87 
con Saladino califfo di Siria e di 
Egitto; però l'ordine dal luogo di 
sua origine ritenne, ed ancora con- 
serva il titolo di gerosolimitano, 
anzi ha prevalso a tutti gli altri 
posteriori. 

Si ritirarono gli spedalieri nel- 
la fortezza di Margat o Mer- 
cad tra la Fenicia e la Giudea, 
presso la città di Valania , che 
l'ordine dopo il 11 77 aveva ac- 
quistata da certo Renaud sotto Jou- 
bert, e per la natura del sito e 
per le fortificazioni che vi fecero 
gli spedalieri divenne la piazza ris- 
pettabile ed inespugnabile in modo, 
che Saladino non osò attaccarla; ma 
nel II 84 Ma nsour sultano d'Egitto 
se ne impadronì a viva forza, es- 
sendo capo dell'ordine Ruggero di 
Moulins normanno, eletto dopo il 
1177, che fu il primo a qualifi- 
carsi nei diplomi col titolo di gran 
maestro. Ruggero uniti i suoi ai 
templari affrontò in campo il fi- 
glio di Saladino, attorniato da set- 
temila cavalieri, e fattone orrendo 
macello, cadde esangue su monti 
di turcomanì e saraceni cadaveri, 
ed ebbe .a Tolemaide quegli onori 
funebri che si convenivano a chi 
con tanto onore aveva spesa la 
vita. In processo di tempo ven- 
nero istituiti i baliaggi, i priorati 
i quali come le commende furono 
da principio comuni ai cavalieri 
tutti, ma dipoi vennero accordate 
le dignità in particolare ai membri 
di ciascuna sezione: nel 1187 Gar- 
nier di Siria divenne gran maestro. 
Quindi nel mese d'agosto 1189 il 
gran maestro Garnier si stabilì 



GER 2a3 

presso la città di s. Giovani SAcri 
(Vedi)^ l'antica Tolemaide, di cui 
parlammo ancora al citato articolo 
Cbociate, rinomato porto di mare 
della Palestina, ^el 1 1 9 1 i crocia- 
ti ripresero Acri, ed essendosi l'or- 
dine gerosolimitano coperto di glo- 
ria nei diversi combattimenti, ebbe 
un quartiere della città con chie- 
sa ed ospedale, e vi trasferì il suo 
convento, per cui dal nome di det- 
ta città gli spedalieri furono anche 
detti Cavalieri di s, Giovanni d'A^ 
cri. 

Dopo la morte di Garnier, nel- 
l'anno 11 92 fu fatto gran maestro 
Ermengardo d'Àps, il quale ebbe 
in successori nell'istesso anno Go- 
defroi de Duisson, che ricorse ad 
Innocenzo 111 per le gravi diffe- 
renze che continuavano coi cava- 
lieri templari; nel 1202 Alfonso 
di Portogallo, che pel suo rigore 
fu costretto dimettersi dalla digni- 
tà nel i2o4; e Geoffroy le Rath 
che a sua vece fu esaltato, venne 
pregato dal Papa ad aiutare A- 
malrico re di Cipro e Gerusalem- 
me per la ricupera di questo re- 
gno, e morì nel 1 207 , dopo che 
Innocenzo III terminò le dissen- 
sioni coi templari: questo Papa 
concesse alfordine diversi privilegi. 
Indi furono gran maestri, Guerin 
de Montagu francese, che in u- 
nione al gran maestro de' tem- 
plari ricusò riconoscere Federico 
lì che si portò m Palestina a 
prender possesso di Gerusalemme, 
come scomunicato da Gregorio IX; 
quanto Guerin fu formidabile in 
guerra contro Damiata ed Antio^ 
chia, altrettanto esemplare per le 
opere di carità esercitate negli o- 
spedali di Acri, si guadagnò l'am- 
mirazione di Andrea II re d'Un- 
gheria, che peixiò divenne munì- 



224 GER 

fico benefattore e fedele alleato 
dell'ordine. Sotto Guerin il Papa 
Onorio III accordò al gran priore 
della chiesa conventuale tutte le 
insegne e distintivi vescovili^ come 
narra il citato Paoli nel cap. XI V, 
§ I, deW Orìgine ed istituto del sa- 
cro militare ordine di s, Giovanni 
Battista Gerosolimitano, Furono 
successivamente gran maestri nel 
1 23o Bertrando de Texis, nel 1281 
Guerin^ nel 1287 Bertrando de 
Comps, nel 1241 il valoroso Pie- 
tro de Villebride, sotto del quale fiorì 
il b. Gherardo Mecatti di Yillama- 
gna servente deirordine; e nel 1249 
il prode Guglielmo di Chàteauneuf : 
sotto di lui e nel pontificato di 
Alessandro IV fu distinto il ve- 
stiario de'cavalieri armati, da quel- 
lo de' serventi.. Questo Pontefice 
concesse agli ospitalieri, che non 
fossero tenuti pagar decime o pri- 
mizie dei beni ne' luoghi convicini 
al loro castello di Crac^ situato nel 
contado di Tripoli , ove tenevano 
sempre un presidio; ma dipoi fu 
loro tolto dal soldano Melecdaer 
nel 1270. Stando i cavalieri spar- 
si in vari luoghi, battagliarono so- 
vente contro i mori di Spagna, con- 
tro gli albigesi ed altri eretici, ma 
fu loro vietato intromettersi nelle 
guerre tra' princìpi cristiani. 

I cavalieri sotto il magistero severo 
di Chàteauneuf ottennero dal Papa 
Innocenzo IV di poter parlare in 
refettorio, quando avessero a mensa 
de' signori stranieri. Nel 1 259 fu 
eletto meritamente ventesimo gran 
maestro Ugo de Revel, sotto il qua- 
le i gerosolimitani si distinsero con 
nuove prove di valore, ed il Papa 
Clemente IV con breve de' 18 no- 
vembre 1267 lo chiamò pel pri- 
mo col nome di gran maestro. In- 
di furono gran maestri nel 1278 



GER 

Nicola Lorgue, e nel 1289 Gio- 
vanni de Villiers francese di Beau- 
vais. Nel 1290 la città d'Acri, se- 
de principale dell'ordine, fu asse- 
diata da Ascraf o Seraf sultano di 
Egitto j ed i gerosolimitani insie- 
me coi templari, e coi teutonici 
fecero prodigi di valore, e dopo 
una' rigorosissima v^sistenza capi- 
tolarono nel .1291. In tal modo 
r illustre ordine dopo aver bagnato 
del proprio sangue la Siria per cpn- 
servarne il dominio, e dopo aver 
signoreggiato in Acri, in Margat, in 
Bersabea, ed in Dan, dovette ab- 
bandonare la Palestina ch'era sta- 
ta per lui campo di gloriose im- 
prese, i cui avvenimenti si, leggo- 
no negli storici dell'istesso ordine, a- 
vendo i Papi raccomandato loro 
piti volte i re di ' Cipro^ di Arme- 
nia, di Gerusalemme nella quale 
l'ordine con quello dei templari 
vi esercitò assoluto governo, ed 
altri principi. Rimasta Acri io po- 
tere de'turchi, gli spedalieri di 9. 
Giovanni con il loro gran maestro 
Giovanni de Villiers, ritiraronsi 
nell'isola di Cipro (Fedi), dove il 
re Enrico II di LusignsTho, come 
re titolare di Gerusalemme, accor- 
dò loro la città di Limisso o Li- 
masol nella costa meridionale, di 
amenissimo aspetto, con buona ra- 
da: i teutonici si ritirarono in Prus- 
sia ed in Livonia, ed i templa- 
ri si rifugiarono anch'essi in Li- 
misso . Il territorio di Limisso 
non la cede ai migliori dell'isola, 
per la fertilità e varietà de' suoi 
prodotti. Sopra una piccola collina 
all'est della città, nel luogo chia- 
mato il vecchio Limasol, si vedo- 
no rovine credute quelle dell'anti- 
ca Amatunta, famosa pel suo cui- ' 
to di Venere. Ivi il gran maestro 
convocò il capitolo generale per 



GER 

provvedere all'urgenza, e si stabi- 
li un formidabile armamento ma- 
-rittimo per essere nel MediteiTaneo 
tille prese coi turchi, dopo Tespul- 
sione totale de' cristiani dalla Pa- 
iéstina. Incominciò per altro a ri* 
lassarsi fra i cavalieri la primi- 
tiva disciplina, e s' introdusse tra 
loro la mollezza ed il lusso, prò* 
pri del clima di Cipro. Il re s'in- 
gelosì di loro, per cui ri(X>rsero a 
Bonifacio Vili, anco contro i re 
d'Inghilterra e di PoHogalk), che a« 
veano sequestrato i loro beni. 

Nel 1 297 in Limisso fu elevato al 
magistero Odone de Pins dì Catalo- 
gna, che nel i3oo ebbe a succes- 
sore Guglielmo de Yillaret : questi 
ristabilì la disciplina, ridestò negli 
Dspi talari l'ardore che a veano ere- 
ditato dai predecessori, visitò tutti 
gli stabilimenti dell'ordine in Fran- 
cia, ove l'istituto aveva diverse ca- 
se di canonichesse, sottomesse al- 
l'autorità del gran priore. Essen- 
dosi perduti i primitivi statuti di 
Raimondo du Puy, Guglielmo si 
portò in Roma, e ne rìn venne un 
■esemplare nel Vaticano, che rice- 
vette in dono dal Papa. Morì nel 
i3o6^ e gli successe Folco di Yil- 
laret suo fratello. I gerosolimitani 
dimorarono in Limisso circa dìed- 
nove anni, cioè fino al i3io, nel 
qual anno Folco de Yillaret mal- 
contento del modo cui trattava 
l'ordine il re di CiprOj e volendo 
r ordine determinarsi a cercare un 
asilo indipendente, stabifi conqui- 
stare l'isola dì Bodi(Ved£)y la cui 
città vuoisi fondata 407 anni avanti 
la nascila di Gesù Cristo, eh' era 
allora occupata dai greci rivoltosi 
ed awenturìeri, e dai coi^sarì mus- 
sulmani signoreggiati dal principe 
Guella greco, che d'accordo coll'im- 
peratore Andronico fece negare aU 

VOL. XXIX. 



GER ia5 

l'ordine l'investitura dell'isola, per- 
chè ritenuta la chiave dell'Asia. 
Ma il Bosio dice che Andronico 
la cedette all'ordine, ed altrettan- 
to fece Clemente Y, con fiicoltà 
di nominare l'arcivescovo ogni vol- 
ta che vacasse. A tale effetto il 
gran maestro si portò a Poitiers 
ove si trovava il Pontefice Cle- 
mente Y, che avea stabilita sino 
dal i3o5 la pontificia residenza in 
Francia, insieme al i*e Filippo IV 
il Bello , dai quali ottenne consi- 
derabili soccorsi per armare i suoi; 
il Papa dichiarò crociata tal guer- 
ra, i genovesi e i siciliani lo for- 
nirono di vascelli, e molti signori 
coi loro vassalli si unirono all'im- 
presa. L'entusiasmo fu sì grande, 
che le stesse dame offrirono le lo- 
ro gioie per contribnire a sì no- 
bile spedizione. 

Il gran maestro Folco con una flot- 
ta di venticinque galere si presen- 
tò avanti Rodi, e dopo aver ten- 
tato diversi assalti, in quello più 
vigoroso de'i5 agosto i3io, gioi*- 
no sacro all'Assunzione di Maria 
Vergine, i saraceni, i turchi, ed i 
greci furono obbligati alla resa, e 
lo stendardo gerosolimitano fu pian* 
tato in tutti i forti dell'isola. Fu- 
rono salvate le vite de'crìstiani, e 
gl'infedeli vennero passati a fil di 
spada: in meno di quattro anni 
l'intera isola di Rodi, e le sette i- 
solette circostanti divennero pieno 
dominio dell'ordine gerosolimitano. 
Rodi diventò capoluogo dell'ordi- 
ne, e residenza del gran maestro 
nel convento a ciò destinato: da 
quest'epoca gli ospitalari o speda- 
lieri gerosolimitani assunsero il no« 
me di Cavalierì di Rodi^ continua- 
rono a mantenersi sempre fedeli 
alla legge che seguivano di vince- 
re o di morire per la causa di 

i5 



226 GER 

Cristo , e presero ad esercitare una 
potente e benefica protezione sal- 
ili navigazione dell' Aixn pelago. In- 
tanto nei concìlio generale di Vienna 
del Delfinato, Clemente V nell'an- 
no i3i2 soppresse il celebre ordi- 
ne equestre de' Templari (Fedi)^ già 
emuli dell'ordine gerosolimitano, e 
parte delle loro immense ricchezze 
furono concesse ai cavalieri di Ro- 
di ed ordine gerosolimitano con 
bolla de' 2 maggio, tiranne i beni 
di Castiglia, Aragona e Portogallo, 
i quali furono rilasciati ai rispetti- 
ci sovi*ani, per impiegarli nelle 
guerre ch'essi fòcevano ai nemici 
del nome cristiano; ed i beni mo- 
bili furono concessi nella maggior 
parte al re di Francia Filippo IV, 
nemico acerrimo de' templari, e 
provocatoi^e di loro estinzione. Ac- 
cresciuti per tal maniera i mezzi, 
L'ordine insigne degli spedalieri sor- 
se più che mai formidabile, e potè 
alzare il bi*accio robusto a dìf(^ 
dell'intiera cristianità, contro le 
invasioni, le piraterie e le barba- 
rie degl'infedeli. Non andò guari 
qhe Othman o Ottomano sultano 
dei turchi, ingelasito del conquisto 
di Rodi, e della crescente potenza 
dell'ordine gerosolimitano, nei 1 3 1 5 
si presentò avanti l'isola con una 
flotta considerabile; ma la bravura 
ed il valore de'cavaliei'i, dopo aver 
sostenuto diversi assalti costrinsero 
il sultano alia ritirata. 

Narrano ilBosio ed alcuni storici, 
che per avere Amadeo V conte di 
Savoia, detto il Grande^ nei 1 3 1 5 e 
i»on prima, condotto in persona dei 
soccorsi ai cavalieri contro tale ag- 
gressione, pel felice successo del ri- 
sultato egli prese per divisa^ che tras- 
mise ai principi suoi discendenti, 
queste quatti'O lettere: Fert^ che 
punteggiate così F« £• R. T. «• 



GER 

gnificano: Forti ludo ejus Rhodum 
tenuity secondo l'interpretazione che 
se ne diede come iniziali di tale 
elogio. Su questo motto^ si osserva 
che Luigi di Savoia barone di Vaud' 
sino dal i3oi lo avea impresso 
nelle sue monete ; e nella tom- 
ba di Tommaso di Savoia padi'e 
di Amadeo V, vedeasi scolpito un 
cane, cinto il collo da una colla- 
na, ove era inciso il medesimo mot- 
to latino Fert, Così pure la croce 
bianca in campo rosso, gloriosa im- 
presa della religione, surrogata al- 
l'aquila nelle armi di Savoia, era 
già nello scudo dei prìncipi del 
Piemonte, e lo stesso Tommaso ne 
usava il sigillo. Respinto da Rodi 
Othman, il gran maestro si occu- 
pò di atterrare le vecchie mui*agli« 
di Rodi, e munirla di solide forti- 
ficazioni. Ne apri il porto a tutte 
le nazioni, e ben presto si vide 
sorgere una popolazione commer- 
ciante e guerriera di greci e latini, 
che specialmente dalla perduta Ter- 
ra Santa vi affluirono all'ombra 
dello stendardo gerosolimitano di 
s. Giovanni. Anche il sobborgo del- 
la marina fu dipoi cinto di mura^ 
costruito il nuovo molo per sicu- 
rezza delle flotte, e dilatato il gri- 
do della rodiana potenza, sino ad 
essere i cavalieri ricercati dell'al- 
leanza dai re di Armenia contro 
il soldano d'Egitto. Dopo tale e- 
poca il gran maestro per la sua 
mollezza, lusso e dispotismo, fu dai 
cavalieri deposto, nominando in sua 
vece Maurizio de Pagnac. Il graa 
maestro ricorse al Papa Giovanni 
XXII, il quale dichiarò Geraixlo de 
Pins vicario generale e luogotenen- 
te del gran maestro Viilaret, per- 
sonaggio valoroso e benemerito 
dell'ordine. Indi nel i3ig Viilaret 
diede la sua dimissione nelle maai 



GER 

del Pontefice, che gli assegnò per 
suo appannaggio il priorato di Ca- 
pua ; ma passando in Francia mo« 
ri nei 1827, e fu sepolto nella chie- 
sa di s. Giovanni di Montpellier. 
Nel detto anno iSig ebbe luogo 
in Avignone l'assemblea dell'ordi* 
ne, ove fòcevano residenza i Papi, 
e fu elevato alla dignità di gran 
maestro d' unanime consenso Helion 
de Villeneuve, raccomandato da 
Giovanni XXII, e fu il ventesimo- 
sesto gran maestro, a cui il capito- 
lo generale concesse di conferire ot- 
to gran croci; fu chiamato il retto* 
re felice. Dopo la sua morte gli 
successe Diodato de Gozon di Rouer- 
gue. Il Pontefice Clemente VI 
nel 1346 scrisse al nuovo gran 
maestro de Gozon, approvandone 
l'elezione, quindi per le sue infer- 
mità supplicò il Papa a permetter- 
gli di rinunziare. Il medesimo Cle- 
mente VI per frenare l'orgoglio 
de' turchi, indusse il re di Cipro, 
i veneziani, i genovesi, ed i cava- 
lien di Rodi, a mantenere nel por- 
to di Smirne un numero di galere 
sempre armate, per accorrere a qua- 
lunque bisogno della repubblica 
cnstìana ; ed il successore Innocen- 
zo VI nel 1 356 ordinò a detti ca- 
valieri di osservare il decretato da 
Clemente VI. Nel i354 fu eletto 
gran maestro Pietro de Corneillan, 
che osservante degli statuti dell'ordi- 
ne fu chiamato correttore de'costU" 
mi: morì nell'anno seguente, e fu 
eletto Ruggero dePins, già luogo- 
tenente del magistero. Pieno di ze- 
lo e di carità fu chiamato V eie- 
mosiniero. Nel i365 Raimondo de 
Beran'ger gli successe, il quale man- 
dò con parere del consiglio due 
oratori e ambasciatori ad Urbano 
V in Avignone, per notificargli la 
morte dei predecessoi*e^ e la sua 



GER 217 

elezione, e per rendergli e giurar* 
gli fedeltà ed ubbidienza^ sì in no« 
me proprio, che della religione. In 
pari tempo il gran maestro ordinò 
che gli ambasciatori acquistassero 
alcune gioie e le pi*esentassero al 
Papa, secondo il costume di quei 
tempi. 

1 cavalieri di Rodi dopo aver 
tolto al soldano di Egitto Alessan« 
dretta, essendo gran maestro Rai<« 
mondo de Berenger nel i365 ir- 
ruppero sino ad Alessandria, donde 
per tre giorni caricarono i piti 
ricchi tesori, trasportandoli a Rodi 
ad onta dei potenti infedeli: saccheg*» 
giarono, bruciarono la città, e poi 
l'abbandonarono. 11 soldano giurò 
vendetta, e minacciò l'Ordine, va 
unione de' saraceni di Soria e di 
Babilonia suoi alleati; per cui il 
Papa Urbano V salisse premurose 
lettere nell'anno 1 366 a tutti i so- 
vrani dell'Europa, acciò porgessero 
validi soccorsi alle isole di Cipro 
e di Rodi minacciate dai turchi. In- 
fatti il soldano di Egitto con ar-* 
mata navale investì Rodi, sbarcò 
nell'isola le sue truppe, e strinse 
l'assedio; ma la strage immensa: 
de' suoi l'obbligò a prendere dopo 
quaranta giorai la fuga, e volgeu" 
do a miglior consiglio la mente, 
intaVolò trattative di pace che piti 
tardi ebbero effetto. Nel medesimo 
tempo avendo i saraceni scacciati 
gli armeni dalla loro patria, la re-' 
ligione con carità li ricevette, gli 
assegnò per abitazione l'isola di 
Langò, gli die mezzi per vivere, e 
chiesa per eseixri larvi il loro rito. 
Frattanto Urbano V avendo determi- 
nato di restituire a Roma la residen- 
za pontificia, nel f 367 partì d'Avi- 
gnone, ed approdandoinGe/iòva {Vt* 
^i), prese alloggio nel convento de'ca- 
valicri gei*osolimitaniy nella cui cbie* 



)a8 



GER 



ta celebrò solennemente la messa 
nel dì dell'Ascensione. Le guerre 
che tuttora proseguivano tra vari 
principi indussero Urbano V a tor- 
nare nel 1870 in Avignone, ove 
poco dopo morì. Intanto a Rober- 
to de Julliac di Linguadoca suc- 
cesse nel magistero Giovanni. Fer- 
dinando de Heredia gran priore 
d'Aragona, già protetto da Inno- 
cenzo VI, per cui il gran maestro 
mandò ad Avignone tre ambascia- 
tori, dichiarando Giovanni suo luo- 
gotenente di qua del mare. Grego- 
rio XI che successe nel 1374) 
die in governo alla religione gero- 
solimitana la città di Smirne con 
mero e misto impero, e con l'aiu- 
to di tremila fiorini d'oro da pa- 
garglìsi ogni anno dalla camera 
apostolica, sopra le decime del re- 
gno di Cipro; ma Tamerlano glie- 
la tolse nell'anno iSgg. Dipoi Gre- 
gorio XI considerando non essere 
Avignone la residenza propria dei 
sommi Pontefici, volle definitiva- 
mente ristabilire la dimora de' Pa- 
pi in Roma; partito da Avignone 
nel 1376, a' 12 ottobre s'imbarcò 
a Marsiglia accompagnalo da tren- 
ta galere. Egli montò sulla capita- 
na de' cavalieri di Rodi, al timone 
della quale era il gran maestro 
Gio. Ferdinando de Heredia, che 
colla sua bravura salvò il Papa da 
un imminente naufragio sulle coste 
di Provenza : per Genova e Livor- 
no appi-òdarono a Piombino a ca- 
gione della tempesta, e dopo una 
continua burrasca per tutta la na- 
vigazione giunse Gregorio XI a 
Corneto, donde nel gennaio 1877 
si rimise in mare sulla capitana 
d' Heredia, che per Ostia e pel Te- 
Tere condusse il Pontefice a s. Pao- 
lo, da dove entrò trion&nte in Ro- 
I9ib accolto coi maggiori onoii. 



GER 

Nell'anno seguente morì, e gfi 
successe Urbano VI, contro del qua* 
le insorse l'antipapa Clemente VII, 
che portandosi cogli scismatici car- 
dinali suoi fautorì in Avignone , fu 
causa del lungo e lacrimevole sci- 
sma che divise i fedeli nell'ubbidien- 
za. Ritornando il gran maestro a 
Rodi fu preso dai turchi, e con- 
dotto prigione a Corinto ove restò 
sino al i38i, in cui si restituì a 
Rodi, ma dichiarossi per l'antipa- 
pa Clemente VII. ' Allora Urbano 
VI scomunicò e depose Heredia, e 
nominò gran maestro Riccai*do Ca- 
raccioli, che fu riconosciuto dalle 
lingue d'Italia e d'Inghilterra, non 
però dalle altre, né dal convento 
di Rodi; indi mon in Roma nel 
1 3g5, e fu sepolto fuori la chiesa 
del priorato di Roma, mentre in 
Avignone nell' anno appresso ter- 
minò pure di vivere Heredia, il 
quale ebbe a successore . Filiberto 
de Naillac o Naiac gran priore di 
Aquitania. In Roma però Innocen- 
zo VII nominò luogotenente del 
magistero fr. Nicolò Orsini priore 
di Venezia, dopo la morte di Bar* 
tolomeo Carafa nel i4o5, che lo 
era. Nel 1397 la religione acqui- 
stò da Teodoro Porfirogenita il 
despotato di Morea, il capitanato 
di Corinto, e la città di Sparta. 
Prima di questo tempo e nel 1 384 
essendo morto il cardinal di Man- 
des, ch'era uno de' quattro protet- 
tori della religione presso la santa 
Sede, l'ordine elesse in suo luogo 
il cardinal Nicolò Brancacci di s. 
Maria in Trastevere, con trecento 
fioi'ini l'anno di riconoscenza come 
era solito, ed il gran maestro de 
Heredia, seguace deli' antinapa Cle- 
mente VII, gliene fece spedire la 
bolla, data in Avignone a' 10 giù* 
gno i385; ma dipoi nel 139$ e»* 



GER 

setklosì li cardinale male diportato 
nelle cose della religione, fr. Here? 
dia gli ri VOGÒ la bolla del suo pro- 
tettorato. 

Lo scisma della chiesa veni- 
Ta proseguito dal falso Ponte- 
fice Benedetto XIII, mentre nella 
ubbidienza di Roma era venerato 
Gregorio XII. Però alcuni cardina- 
li di questi, con quelli dell'antipa- 
pa nel 1409 portaronsi a Pisa, ed 
ivi convocarono un concilio, per 
deporli ambedue, siccome fecero, ed 
eleggere un tet*zo. Al concilio, ol- 
tre molti prelati, vi si portarono 
gli ambasciatori de'princìpij e vi 
si condusse il gran maestro Nail- 
lac, accompagnato da sei commen- 
datori, venendo dal concilio ricevu- 
ti onorevolmente. I cardinali delle 
due ubbidienze per procedere alia 
elezione di un nuovo Pontefice, ai 
i5 giugno si rinchiusero in concla- 
ve nel palazzo vescovile, affidando- 
ne la custodia al gran maestro, ed 
a' 25 di detto mese fu eletto Ales- 
sandro y, il quale riconobbe Fili- 
berto de Naillac solo e legittimo 
gran maestro de' cavalieri di san 
Giovanni di Gerusalemme, man- 
dò un nunzio in Rodi ai luo- 
gotente, ed al convento per parte- 
cipargli la sua esaltazione al pon- 
tificato, dopo di che confermò i 
privilegi della religione, e concedet- 
te molte indulgenze a quelli che 
l'avessero soccorsa. Lusinga vausi i 
fedeli di vedere in tal guisa ter- 
minato io scisma, ma dovettero ram- 
maricarsi di nuovo, mentre in luo- 
go d'un solo che si voleva, tre Ponte- 
fici ad un tempo rimasero, trattando- 
si ciascuno come tale. Anzi morendo 
dopo dieci mesi Alessandro V, gli fu 
dato a successore Giovanni XXIU. 
Ad estinguere il peraiciosissimo tci- 
sma fu convocato il concilio di Co- 



GER 339 

stanza, che riuscì il principale avve- 
nimento del secolo XV, coli' inter- 
vento di quasi mille padn, divem 
sovrani, e gli ambasciatori di tutti 
i principi europei. In esso rinun- 
ziò Gregorio XII, venne deposto 
Giovanni XXIII, degi'adato e sco- 
municato Benedetto XIII; quindi 
venendosi all'elezione di un nuovo 
Papa, furono fatti guardiani del 
conclave Lodovico de la Palti ve- 
scovo di Morienna, Federico mar- 
chese di Brandeburgo, Guglielmo 
conte d'Enneberg, Brunoro della 
Scala signor di Verona, con altri si- 
gnori sino al numero di ventiquattroi 
tra'quali il gran maestro Naillac fi- 
gurò pel primo, e non partì mai 
da questa, custodia, cioè dagli 8 
novembre 1417 sino agli 11 di 
detto mese in cui restò eletto Mar- 
tino y eh' estinse lo scisma. 

Siccome per questa elezione, ai car- 
dinali furono aggiunti trenta prelati 
presi dalle cinque nazioni che forma- 
vano l'augusta assemblea, fr.Gualtieri 
di Grassis priore della chiesa di s. 
Giovanni Gerosolimitano, entrò per 
elettore dei nuovo Papa in concia* 
ve. L'imperatore Sigismondo che 
coi custodi del conclave avea giu- 
rato difendere V integrità, appena 
eletto Martino V, col volto bagna- 
to di lagrime pel primo gli baciò 
i piedi ; il secondo fu il gran mae- 
stro Naillac. Indi il gran maestro 
si occupò degli a&ri del suo ordi- 
ne in tutte le provincie d' Eurapa, 
e v«i*so il 14^9 presiedette all'as- 
semblea de' cavalieri tenuta in An- 
cona pei regolamenti disciplinari. 
L'ordine ottenne d'introdurre a- 
Gerusalemme sei cavalieri esenti: 
da qualunque tributo, per ricevere 
nella loro casa i propri confratel- 
li e ì pellegrini che si portasse- 
ro alla visita dei santo sepolcro; 



a3o 



GER 



i medesimi ebbero incarico di occu- 
pai-si della redenzione degli schia- 
ri, e di migliorare la condizione 
de'prigioniéi*i. In pari tempo si 
stabilirono dai gerosolimitani dei 
consoli in Gerusalemme, in Ales- 
sandria d'Egitto, ed in Roma, on- 
de proteggere i pellegrini. Nel i4^i 
Antonio Fluvian fu esaltato al ma- 
gistero dell'ordine con uniformi 
silffragi: fece eccellenti regolamenti 

Fer la «disciplina dell'ordine, e per 
amministrazione delle finanze; mo- 
rì nel 1437 ed ebbe a successore 
Giovanni deLastiq d'Auvergne. In 
questo tempo al procuratore gene- 
irale della religione in Roma, che 
gvea c[uattrocento ducati annui di 
provvisione, il capitolo oltre a tal 
somma gli assegnò un ducato al 
giorno, con amplissima autorità e 
giurisdizione, E qui noteremo che 
l'assegno del i4^9 fu di trecento 
cinquanta ducati papali d'oro, con 
«condizione che dovesse abitare ca- 
sa decente, e tenere almeno quat- 
tro cavalli. 

Essendo gran maestro Giovanni 
i» Lastic, il sultano di Egitto 
si propose di cacciar da Rodi i ca- 
valieri, presentandosi avanti l'iso- 
la con una flotta a' 25 settembre 
del i44<'« nsa con bella difesa fu 
respinto. Allora il gran maestro si 
rivolse a domandar soccorso ai prìn- 
(BÌpi europei, ed a mezzo del com- 
mendatore d'Aubusson, ottenne da 
Carlo VII re di Francia trecento- 
mila f|*anchi. Nel i446 dodici mi- 
la turchi con numerosa flotta, for- 
marono nell'agosto l'assedio della 
capitale dell' isola , e dopo aver 
sofferto molte perdite, si ritira- 
i»no; il consiglio deU' ordine per o- 
|iorai-e la saggezza ed il valore del 
gi-an maestro, gli accordò una più am- 
pl^ laiti^ndine nell' eserdzio del po« 



^GER 

tere, e l'investì d'una specie di dit- 
tatura. Eugenio IV, successore di 
Martino V, a difesa dell'isola di 
Rodi contro le violenze de'tuixhi, 
gli mandò alcune galere armate, 
indi approvò l'elezione di fr. Gio- 
vanni Morelli priore della chiesa 
in arcivescovo di Rodi, conforme 
al privilegio che godeva nomi nato 
dal capitolo generale. Dipoi fu sta- 
tuito che del metropolitano greco 
di Rodi appartenesse la nomina 
al gran maestro, da confermai*si dal- 
l'arcivescovo di Rodi latino, qual 
delegato della Sede apostolica. 11 giu- 
ramento che il metropolitano greco 
di Rodi faceva al latino^ si legge 
nel Bosio, Istoria t. I, par. H, p. 
277. Indi Nicolò Va' 29 di luglio 
144? nominò Andrea arcivescovo 
di Nicosia, legato apostolico nell'i- 
sola di Rodi, per restaurare la di- 
sciplina ecclesiastica. Dipoi a' 4 ot^ 
tobre 14S0 scrisse al gran maestro 
Lastic, che nel toraare dall'oriente 
r armata vincitrice d' Alfonso V 
re di Aragona, andata a combatte- 
tte i saraceni, se approdasse all'i- 
sola di Rodi la ricevesse ospital- 
mente. Due giorni dopo Nicolò V 
concesse al medesimo Alfonso V 
l'isola di Castel-Rosso appartenente 
all'ordine gerosolimitano, ma spes- 
so rovinata dai turchi e saraceni, 
imponendo al re la condizione di 
fabbricarvi una fortezza, per pro- 
pugnacolo contro i nemici del no- 
me cristiano. Mal volentieri soffrì 
r ordine siffatta donazione, a cui il 
Pontefice a' 6 ottobre approvò |e 
costituzioni, e poscia proibì ai co- 
mandanti di Alfonso V di fabbri- 
care nell'isola, prendendo i cavalie- 
ri la cura di rìstaurarla e fortifi- 
carla. 

Con dolore del Pontefice Nicolò 
V ài 29 maggio i453 Maometto U 



CEtt 

imperatore de'turchi prese Costanti- 
nopoli, e s' impadronì dell'impero 
d'oriente, per lo che il gi^an mae- 
stro in nome della cristianità in- 
TÌò il commendatore d' Àubusson a 
i^clamare ai soprani d'Europa a- 
iuti contro la formidabile potenza 
ottomana, giacché allora i cavalieri 
divennero più che mai il baloardo 
della cristianità. Nel i4^4 Giacomo 
de Milly fu eletto in gran maestro 
per morte del gran maestro Lastic, 
il quale, come osserva il Bosio, ' fu 
propriamente il primo gttin maestro 
che comunemente fu da tutti chia- 
mato grande. Papa Calisto IH spedì 
in oriente un'armata di sedici gale- 
re, sotto il comando del prode cardi- 
nale Scara mpì, che fece alcune con- 
quiste, e difese l'isola di Rodi. Al- 
tra ne mandò sotto il comando di 
Pietro arcivescovo di Tarragona, 
capitano generale delle galere pon- 
tificie, ch'entralo nel porto dì Ro- 
di colla sua flotta si fece impresta- 
l'è una somma dal gran maestro 
onde pagare i soldi. Pio 11 premu- 
i*oso anch' egli di abbattere l'orgo- 
glio del nemico de' fedeli, istituì 
r ordine militare di s. Maria di 
Betlemme, acciò come i cavalieri di 
Rodi facesse scorrerie sui turchi, 
e difendesse l'isole del mare Egeo; 
indi nel i4^9 ^^^ congresso di 
Mantova deliberò la guerra contro 
gli ottomani, per la quale l'ordine 
gerosolimitano promise concorrervi. 
Ma nell'atto che il Papa partiva 
alla testa d'una crociata navale, mo- 
rì in Ancona. 

Sotto il gran maestro Giacomo 
de Milly la peste fece strage nel- 
l'isola di Rodi, ove accolse in a« 
£Ìlo rinfelice regina di Cipro Car- 
lotta di Lusignano, detronizzata 
dal suo fratello naturale Giacomo 
II) ma i veneti che dato ayeano 



GER 23f 

in isposa a questo principe Cateri- 
na Cornaro, per acquistar pretesti 
a dilatare i domini! della repub- 
blica, n'ebbero rancore. Indi essen- 
do avvenuto poco dopo per parte 
de'cavalieri la rappresaglia di due 
galere veneziane cariche di merci 
pei saraceni, mentre il sultano di 
Egitto riteneva prigione contro il 
diritto delle genti 1' ambasciatore 
dell' ordine, e taluni i*odiani ; la 
flotta veneta operò un'ostile di- 
scesa nell'isola di Rodi, e la stra* 
gè ed il saccheggio ne' luoghi a- 
perti ne furono la conseguenza. & 
seguì poscia uno stretto blocco, e 
minacciò la città, ma in pieno 
consiglio j sebbene molti fossei*o 
d'avviso di sfidare in quell'incon- 
tro la veneta potenza, prevalse l'o* 
pinione di acquistare la pace col- 
la restituzione de' pochi saraceni 
prigionieri. Prima di questi avve- 
nimenti il gran maestro Pietro 
Raimondo Zacosta, eletto nell'ago- 
sto i46i, pel primo ottenne il ti- 
tolo di eccellentissimo, indi essendo 
eletto il nuovo Papa col nome di 
Paolo li, da Rodi furono mandati 
cinque ambasciatori gran croci ia 
Roma per rendere la. solita obbe- 
dienza al novello Pontefice , nella 
persona dell'ammiraglio fr. Sergio 
Seripando luogotenente del graa 
maestro in Italia^ fr. Gio. Battista 
Orsini gran priore di Roma, fr* 
Antonio di Fastobaldi priore di Pi- 
sa, fr. Pietro Cases priore di Mes* 
Sina, e fr. Cencio Orsino bah di 
Venosa, e con essi fu deputato fn 
Melchiorre Bandini procuratore ge- 
nerale nella corte di Roma, per# 
che dovesse Bure la solita orazione. 
Giunti gli ambasciatori in dettQ 
città, fecero l' entrata solenne, fu- 
ix)no con ogni onore ricevuti, e vi 
morì fr. Sergio nel i465, che con 



a3' 



GER 



grande onorificenza fu sepolto Aio- 
ri della chiesa del priorato sul 
monte A Tentino^ accanto al gran, 
maestro fr. Riccardo Caracciolo, in 
un sepolcro di marmo, rappresen- 
tante il defunto una statua giacente 
col manto. 

In progresso di tempo mentre 
le dissensioni interne dell' ordine 
presero un carattere grave, per cui 
Paolo II nell'anno i^Sy convo- 
cò in Roma, nel palazzo vatica- 
no, un capitolo generale composto 
di pia di cento dignitari, e pre- 
sieduto dallo stesso Pontefice, onde 
discutervi le accuse fatte contro il 
gran maestro, il quale però fece 
tiùonfare la sua innocenza. >AIloi*a 
il Papa lo ricolmò di onori, ed 
essendo morto in Roma, con gran 
pompa lo fece tumulare nella ba- 
silica Taticana, dinanzi la cappella 
di s. Gregorio Papa. Il Bosio, che 
tutto descrive colla nota accuratez- 
za, riporta le particolarità dell'a- 
pertura del capitolo generale, ove 
il Papa sedette in trono ip mezzo 
a cinque cardinali; cinque prelati 
deputati sederono sopra il terzo 
gradino del trono a sinistra, e a 
destila il gran maestro, e i capito- 
lanti su di alcuni sgabelli bassi in- 
torno. La rinunzia poi delle di- 
gnità. Paolo II la ricevette vestito 
pontificalmente alla presenza di tut- 
to il sacro collegio, nella cappella 
maggiore del palazzo vaticano. Di- 
poi e sotto gli occhi di Paolo II, 
a'4 mano 1467 fu eletto in Ro- 
ma in gran maestro Gio. Battista 
Oi^sini ramano, gran priore di Ro- 
ma, che subito recandosi a Rodi 
si preparò a difendersi dai turchi 
con nuove fortificazioni, e con tra 
torri che fece costruire. Morì nel 
1476, e fu tumulato nella chiesa 
dell'ospedale, e gli successe Pietro 



QER 

d'Aubusson. Nel i479 ^^^ luogo: 
l'unione alla, religione gerosolimi- 
tana, di quella del santo Sepolcro, e » 
dell'altra di s. Lazzaro di Betlem 
e Nazaret, chiamata pure gei*osoli« 
mitana. A Paolo li successe Sisto 
IV, e come il predecessore rivol- 
gendo le sue cure a reprimere la 
crescente potenza ottomana, nomi-, 
nò cinque legati a diversi principi 
d'Europa per eccitarli alla guerra 
contro il comune nemipo, e dichia- 
rò il cardinal Caraffa comandante, 
della flotta, che prese e saccheggiò 
Smirne. Sotto Sisto IV il duca di 
Milano ottenne da lui che la com- ^ 
menda di Milano fosse priorato, e 
capo della religione in Lombardia. 
Nel 1480 il terribile Maometto II, 
che si qualificava espugnatore di due 
imperi, di dodici regni, e di due- 
cento città, adontato che i cava- 
lieri di Rodi ricusassero pagargli, 
un tributo, e profittando della di- 
scordia de'principi cristiani che Si- 
sto IV inutilmente procurò paci- 
ficare, si propose di sottometterli, 
ed annientare la religione gerosoli- 
mitana. L' irruzione fu tremenda^ 
giacché i turchi da lui mandati 
nell'isola, posto piede a terra, pre- . 
sero posizione nella collina di s. 
Stefano, ed intimarono alla città, 
d'arrendersi. Quindi ebbero luogo 
sanguinosi fatti d'armi, ed il tra*, 
di mento del generale Paleologo, e 
del comandante del genio; qualche 
galera napolitana eseguì alcuna van- 
taggiosa diversione , ma di poco 
momento. Tuttavolta bastò per tre 
mesi il valore del gran maestro 
Pietro d'Aubusson, e de'cavalieri a 
difendere Rodi da s\ feroce nemi- 
co, di gran lunga superiore alle 
loro forze, il perché la liberazione 
fu attribuita a celeste prodigio, 
onde il gran maestro che avea ri- 



GER 

portato cinque ferite, per gratitu- 
dine ali' invocato patrocinio della 
Beata Vergine gli eresse una ma- 
gnifica cappella o chiesa sotto il 
titolo di Madonna della Vittoria'. 
A'26 luglio fu data una fiera bat- 
taglia che durò due ore, onde 
i turchi furono costretti a cedere, 
e ad abbandonarsi a precipito- 
sa fuga , con grave loro pei*dita. 
11 pascià turco partì con vergogna-, 
laonde Maometto 11 meditava a- 
spra vendetta, e ne dava fi:equen- 
ti contrassegni con inviar corsari 
a danneggiar le coste, e ad infe- 
stare i mari; decise finalmente di' 
andare in persona con duecento 
galere, e trecentomila armati al- 
lassalto, ma la morte di Mao- 
metto 11 per fortuna de'rodiani il 
prevenne, ed il solo pensiero di 
tale intrapresa fu creduto l'elogio 
migliore che si potesse iscrivere 
sulla sua tomba: Mens crai expu- 
gnare Rodhum, bellare superbam 
Italiani. 

1 suoi due figliuoli Baiazet- 
te li , e Zizimo si disputaro- 
no il trono ottomano, sostenuti 
ambedue da un partito: prevalse 
il primo, ed il secondo si rifugiò 
a Bodi, onde l'avveduto gran mae- 
stro, dopo breve asilo conceduto 
per umanità e per politica procurò 
che seguissero degli accordi, previo 
il consenso della santa Sede, e dei 
principi cristiani, tra Baiazette II, 
e la religione gerosolimitana, cui 
per sempre più impegnarla a cu- 
stodirgli il temuto fratello, gli do- 
nò la mano di s. Giovanni Batti- 
sta, che i turchi riconoscevano per 
profeta, , uomo giusto e santo. I- 
noltre Baiazette 11 si obbligò pa- 
gare quarantacinquemila ducati d'o- 
ro alla religione; ed il gran mae- 
8to dispose a maggior cautela nel : 



GER a33 

1481; che accompaglnato dai ca- 
valieri e da Blanchefòii^ fosse tra- 
sferito Zizimo in Francia, anco per 
contentare quel principe, in una 
commenda posta nel confine del 
Poitou, sotto la guardia del com-* 
menda tore de Bourgneuf, finché il 
re Carlo Vili ad istanza^ del graa 
maestro lo mandò al Papa Inno- 
cenzo Vili,- che lo avea desidera- 
to, perché lo custodisse. Baiazette 
Il per tal custodia assegnò al Pon- 
tefice quarantamila ducati d' oro 
all'anno, e gli mandò in dono la 
preziosa reliquia della sacra lan- 
cia che trafisse il costato di Gesti 
Cristo. Innocenzo Vili grato alla 
religione gerosolimitana per tali 
vantaggi, con bolla concistoriale 
gli concesse il privilegio che né 
egli né i suoi successori giammai 
conferirebbero i beni dell'ordine ia 
qualsivoglia modo vacanti, ed a- 
bilttò il priore della chiesa dell'or- 
dine ad assolvere i religiosi da 
qualunque caso riservato. Questo 
contegno del gran maestro pro- 
curò air ordine una temporanea 
pace coi turchi e cogli egiziani, 
ch'erano i due possenti nemici, i 
quali centra questo baloardo della 
cristianità alternavano le percosse. 
Nel solenne possesso che Inno- 
cenzo Vili prese della basilica late- 
ranense, nella solenne cavalcata in-, 
ter venne l'oratore e procuratore 
dell'ordine in Roma, come riporta 
il Cancellieri a pag. 47 àtW^ Sta" 
Ha depossessL » Turchopellerius 
Rhodianus, magni magistri ordir 
nis s. Job. Hierosoiymitani orator, 
in armis , ut alii quatuor . prae-. 
dicti ( fra i quali il procuratore 
teutonico) supravestem babens de 
taflèta rubeo cum cruce alba per 
medium, ante, et retro, po^'tans 
vexillum ordinis praedicti, yideli- 



^34 GE& 

cet toturn rubeum cum magna 
ci'uoe alba per medium , equura 
bardatum equitans ; supravestem 
ex simili taffetà cum a'uce baben- 
lem, apud se habens quatuor fa- 
miliares pedestres mantelliais debuc- 
caocino rubeo cum cruce alba ante, 
et retro indutos". Quegli amba- 
sciatori che si portarono in Roma 
all'ubbidienza d'Innocenzo Vili gli 
presentarono un ricco baiaselo, mol- 
ti aix>mi, ed un Taso pieno di bal- 
samo puro. Dipoi il Papa mandò 
a Rodi uno stendardo con l'imma- 
gine del ss. Crocefisso arricchito di 
indulgenze. Volendo Innocenzo Vili 
premiare lo zelo, il valore e la 
pietà del gran maestro d'Aubusson 
chiamato il Salvatore di Rodt^ per 
ricompensai*e i servigi da lui resi 
alla santa Sede, e tra gli altri per 
avergli rimesso Zizimo , impegna- 
lo il sultano di Egitto a col legar « 
si coi principi cristiani, ed anche 
per. le premure del re Luigi XII, 
lo creò cardinale dell' ordine dei 
diaconi, e tre anni dopo lo pubblicò 
nel concistoro de' 1 4 marzo 1489, 
assegnandogli per diaconia la chie- 
sa di s. Adriano. Inoltre lo dichiarò 
legato a latere di tutta 1' Asia , e 
per singoiar distinzione gli mandò 
per un ambasciatore a Rodi il cap- 
pello cardinalizio , che fu da lui 
ricevuto con solenne pompa nel 
tempio di s. Giovanni Battista del 
CoUacchio della città di Rodi, nel- 
la festa dei ss. apostoli Pietro e 
Paolo, figurando questo gi'an mae- 
stro egregiamente si da prelato come 
da eroe pel novero delle sue pre- 
clare virtù, e luminose azioni. 11 
medesimo Innocenzo VIH confermò 
la riunione all'ordine gerosolimita- 
no del due ordini del santo Sepol- 
cro, e di s. Lazzaro di Gerusalem- 
me. Qui però noteremo che di- 



GER 

poi, nel 1 573, seguì Tunioiie delle 
due milizie di s. Maurizio e di s. 
Lazzaro, per accordo stabilito tra 
Emanuele Filiberto duca di Sa- 
voia, e Giannotto Castiglione graa 
maestro della i*eligione di s. Laz- 
zaro, col consenso ed approvazione 
del Papa, intitolandosi il duca graa 
maestro dell' una e dell' altra re- 
ligione^ e quindi volendo egli ri- 
cuperare tutti i beni della religio- 
ne di s. Lazzaro, l'ordine gerosoli- 
mitano fu disturbato possedendo- 
ne buona parte, per l'unione fatta 
da Innocenzo Vili; ma l'unione 
tra le religioni di s. Maurizio e 
di s. Lazzaro fu rivocata da s. Pio 
V. In quanto al titolo di gi*au 
maestro del santo Sepolcro, con- 
fermato al gran maestro di Malta 
dai Papi, nel consiglio del 1616 
fu stabilito che il gran maestro 
dovesse usarlo. 

Eletto Alessandro Vf^ fra gli 
ambasciatori che la religione spe- 
di pei* rendergli ubbidienza , vi 
fu l'arcivescovo di Rodi. Dipoi il 
soldano d' Egitto mandò un am- 
basciatore al Papa ad insinuazio- 
ne del gran maestro per far lega 
contro i turchi, per cui Inno- 
cenzo Vili spedì al soldano per 
nunzio o ambasciatore Filippo de 
Ganouii, ma si regolò con poca av- 
vedutezza. Ad Innocenzo VII! nei 
1492 successe Alessandro VI Bor- 
gia, che sino dal i483 era protet- 
tore della religione. Nel i5oi A- 
lessandro VI pubblicò una lega 
contro i turchi , ed in concistoro 
croò suo legato e comandante del- 
l'esercito cristiano il cardinale gran 
maestro di Rodi; ma le divisioni 
dei sovrani non effettuarono l'im- 
presa. Nel i5o3, mentre reggeva 
1' isola di Rodi il cardinal gran 
maestro d'Aubusson^ a' 9 gennaio 



GER 

fu proclamato il decreto che or- 
dinò a tutti gli ebrei ivi stanziati 
di partirne, ed imbarcarsi dentro 
quaranta giorni per Nizza, senza 
potersi fermare in altri luoghi del 
Levante^ e permettendo soltanto 
di vendere in quei perentorio ter- 
mine i loro beni sotto pena di 
confisca . Lo stesso decreto of- 
frì piena libertà a tutti quelli 
che abbracciassero la religione cri- 
stiana » e fondandosi sullo stato 
di servitti degli ebrei, che ritene- 
va privi della patria potestà, co- 
mandò amministrarsi agi' infanti 
il battesimo, malgrado la ripugnan- 
za de*genitori; ma i teologi fecero ri- 
chiamare quest'ultima disposizione, 
e la sola espulsione ebbe luogo 
per tutti gl'israeliti. Questo gran 
maestro fece fare un reliquiario, 
o tabernacolo d' oro con perle e 
gioie^ per ri porvi la mano di s. 
Giovanni Battista» che, secondo l'i- 
storia riportata dal Bosio, s. Luca 
evangelista tolse dal braccio de- 
stro nella città di Sebaste, e la por- 
tò in Antiochia, da dove il diacono 
Giob la prese per donarla all'im- 
peratore Costantino 11, il quale la 
collocò nella chiesa di s. Giovan- 
ni di Pietra in Costantinopoli, e 
dipoi da Baiazette II, come dicem- 
mo, fu regalata al medesimo gran 
maestro d'Aubusson. 

Afflitto il cardinal gran maestro 
d' Aubusson , che la stabilita cro- 
ciata, con grave danno dell'Euro- 
pa non si effettuava, morì a' 1 3 lu- 
glio i5o3 coi gloriosi nomi di 
scudo della Chiesa^ e di liberatore 
della crisdanitày di anni ottanta, 
Ebbe sepoltura nella chiesa di s, 
Gio. Battista di Rodi, dove per 
ordine del capitolo tenutosi dopo 
la sua morte, gli fu innalzato un 
sontuoso mausoleo^ in cui furono 



GER i35 

elegantemente scolpite le più illu- 
stri azioni di sua vita. 11 Ciacco- 
nio descrive minutamente la pom- 
pa del solenne funerale che gli fu 
celebrato. Il maestro di casa del 
cardinal gran maestro, fr. Deside- 
rio di Santa Jalla, ruppe il suo 
bastone sopra la di lui sepoltura, 
ed il cavallerizzo fr. Diego Suarez 
spezzò su di essa gli speroni. Gli suc- 
cesse nel magistero Emerico d'Am- 
bolse, il quale ebbe in dono dal re di 
Francia un pezzo della vera cro- 
ce, e la spada di s. Luigi IX. E- 
merico continuò la difesa dell'isola 
di Rodi; morì nel i5i2, ed ebbe 
a successori Guy de Blanchefort; 
nel 1 5 1 3 Fabrizio del Carretto li- 
gure, che fece alleanza col re di 
Persia contro Selim I imperatore 
de' turchi, e terminò di vivere a' io 
gennaio i52i, essendo il quaran- 
tesimo secondo gran maestro. Que- 
sto' gran maestro essendo nel i5i2 
procuratore generale della religio-* 
ne in Roma, fu deputato dal con- 
vento di Roma luogotenente e ca* 
pitano delle guardie del concilio 
generale lateranense V, adunato da 
Giulio 11, il quale avea richiesto 
all'ordine che a' cavalieri di Rodi 
ne affidasse la custodia. 11 gran 
priore di Francia fr. Filippo de 
Villiers-l'Isle-Adam a' 22 gennaio 
i52i fu eletto gran maestro del- 
l'ordine^ mentre Solimano lì im- 
peratore de' turchi faceva prepa- 
rativi per impadronirsi dell' isola 
di Rodi, per liberare con religiosa 
guerra da ogni ostacolo la via ma-' 
inttima delia Mecca, ov' è il corpo 
di Maometto il sedicente profeta. 
Nel recarsi il nuovo gran maestro 
a Rodi si occupò delle fortifica- 
zioni, delle provvigioni^ e della di-^ 
fesa dell' isola. 

I^d i522 Solimano II fece parti^ 



!i36 GER 

re per Rodi duecentomila o trecento*, 
mila combattenti, altri dicono qua- 
rantamila, oltre sessantamila servia- 
ni e yallachi, con quattrocento basti* 
menti di difièrenti grandezze; questi 
entrarono nel porto, quelli si spar- 
sero per r isola : può datasi che il 
numero maggiore sia quello dei 
turchi impiegati nei lungo assedio, 
ed il minore quello che operò il 
primo sbarco. La guarnigione dei 
cavalieri componevasi di circa cin- 
quemila soldati delle vane lingue 
deir ordine. Le priine operazioni 
de' turchi furono lente, e la difesa 
degli assediati valorosa ; ma so- 
praggiunto in Rodi Solimauo li, 
ispirò coraggio alle sue truppe. 
Ni un soccorso apparve per parte 
de' principi cristiani, sebbene all'im- 
presa eccitati; ed il Papa Adriano 
VI mandò ai cavalieri tre navi 
ben provvedute, ma ritardate dai 
venti contrari. Però il suo stoi^co 
e ^migliare Ortiz afferma che non 
spedì verun soccorso, e di ciò lo 
scusa con divei*se ragioni , essendo 
esausto il tesoro pontificio per le 
precedenti guerre di Leone X. In 
quattro assalti generali Toste ne- 
mica fu respinta col piò sangui- 
noso macello; ed uno strale scoc- 
cato privò di un occhio il co- 
mandante del genio, il valorosis* 
Simo e prode fr. Gabriele Tadino 
di Martinengo, ch'era accorso da 
Candia. Quando i turchi erano qua- 
si disposti a levare l'assedio, per 
la brava e vigorosa resistenza dei 
cavalieri, il cancelliere dell'ordine 
Andrea d'Amarai portoghese, irri- 
tato nell'ambizione per essergli sta- 
to preferito nel gran magistero fr. 
Filippo, avendo detto ch'egli sareb- 
be stato l'ultimo cui Rodi preste- 
rebbe ubbidienza , per mezzo di 
un servo che lanciava le. lettere 



GER 

con uria balestra nel campo otto^. 
mano, avvisò i turchi del Usogno 
estremo in cui si trovava la piaz- 
za. Questo bastò perchè Solimano 
II si ostinasse a debellarla : la brec- 
cia era aperta per ogni lato, l'inon- 
dazione de' furenti turchi era pros- 
sima, allorché dopo sei mesi d'as- 
sedio si concluse un momentaneo 
armistizio. Volevasi tentai*e di per*, 
suadere Solimano II a rispettai^ i 
trattati di Baiazette li, ma quello 
montò in gran furore, giacché no- 
vantamila turchi erano periti quan- 
do si ordinò l'estremo assalto. la 
questo frangente il gran maestro 
fece spiegare la bandiera di pace, 
e fu consentita onorevole capito-, 
lazione con vantaggiose condizioni 
a' 20 dicembre. 

• Vennero guarentite le chiese cat- 
toliche, vietato il rapimento dei. 
fanciulli per farli giannizzeri, con- 
ceduta la libertà al cattolico culto, 
esentati i cattolici rodiani da tri-, 
buto per cinque anni, dato il per-, 
messo di emigrare alle famiglie con 
le loro proprietà nel termine d'un 
triennio, accordati dodici giorni al 
gran maestro, ed ai cavalieri e re- 
ligiosi dell'ordine per prepararsi 
alla partenza, ed apprestate delle 
navi turche, ove le rodiane non 
bastassero, per trasferire gli assenti 
sino a Candia, in un cogli effetti, 
e coU'artiglierìa del navile di Ro- 
di. 11 sultano entrò in Rodi trìon- 
fante nel giorno del santo Natale. 
Intanto furono consegnate a Soli- 
mano II le isole minori, fu allai'ga*' 
to il campo turco, si diedero ven- 
ticinque cavalieri in ostaggio, ed 
altrettanti cittadini, mentre un ca- 
pitano turco, con quattrocento gian- 
nizzeri dovea prendere il possesso 
della città. In questo tempo giun-. 
se un corpo di quindicimila gian«; 



OER 

nizzeri asiatici indisciplinati,* il qua-i 
le incidente dinoostrò con quanto 
senno erasi* accelerata la conclu- 
sione del trattato. L'animo grande 
di Solimano II si manifestò nel ri* 
cevimento del gran maestro, a cui 
diresse parole di conforto e di lo- 
de, e nel dargli comiato si rivolse 
a' suoi capitani, e disse che il con- 
tento della conseguita Tittoria era- 
gli amareggiato per la umiliazione 
di cavalieri sì valorosi. II traditore 
Amarai voleva pur presentarsi al 
sultano, ma questi gli fece dire 
scheraosamente, che volendosi egli 
Testii*e con pelle mussulmana, do-^ 
Tea della pelle crìstiana prima di* 
spogliarsi ; uè bene comprendendo 
egli il senso delle parole, glielo fe- 
ce intendere coli' ordine dato, che 
fosse subito scorticato vivo. Altri 
narrano che l'Amarai, già era sta- 
t^ punito col servitore dal gran 
maestro, decapitato e squartato. Ma 
i giannìzzeri nel quinto giorno do- 
po la capitolazione, rotto ogni fre^ 
no penetrarono disordinatamente in 
Rodi, ove commisero violenze, sac^ 
cheggi, ed altre iniquità, e nou 
tardarono a convertire in moschee 
i migliori templi. 

Nel primo giorno deli' anno 
i523 partì il gran maestro con 
cinquemila de' suoi , che felice-* 
mente con cinquanta bastimenti 
approdarono all'isola di Candia, 
portando seco le reliquie che pos- 
sedeva r ordine , cioè una parte 
della vera croce, la sacra spina^ 
la mano destra e parte del capo 
di s. Gio. Battista^ il corpo di s. 
Eufemia, ed altre sagre ed insigni 
reliquie. In tal modo l'ordine per- 
de la nobile isola e città di Rodi, 
chiamata lo scudo ed il bastione 
della repubblica cristiana. Poco do- 
po partirono tutti i latini col loro 



CER i37 

arcivescovo di Rodi, de' quali So- 
limano li dimostrava diffidare, ac- 
cordando ai soli greci orientali il 
suo patrocinio; ed il corsaro Gur- 
togli venne creato governatore di 
Rodi. L'infelice Amurat figliuolo 
di Zizirao, eh' educato nella crìstia- 
na religione viveva occulto in Ro- 
di con la famiglia, fu fatalmente 
riconosci uto, e confessando la fède 
peri strangolato - co' suoi figli, ri- 
serbandosi le sue femmine per Vha^ 
rem del sultano. Nello spazio di 
duecento tredici anni, diecìnove gran 
maestri esercitarono in Rodi il so- 
vrano dominio. La storia di que-' 
sta guerra, e delle cose che la se- 
guirono fu scritta in latino da Gia- 
como Fontana, che allora era giu- 
dice delle appellazioni in Rodi, e 
si legge nello Scardio, Oper. Histor. 
delle guerre di Rodi tom. II ; in fran- 
cese dal cavaliere fr. Giacomo di 
Borbon, soldato valoroso nella stes- 
sa guerra, e da Paolo Boìssat. Si 
ha pure, De bello Rliodio (an. 
i5aa) Clementi FU dedicati y Ro- 
mae i5i\ dello stesso Giacomo 
Fontana. Del medesimo abbiamo, 
Della guerra di Rodiy descrizione 
deW isola di Malta concèssa ai 
cavalieri di Rodi, dettata da Gio. 
Quintino, con un commentario del' 
tisoUtj e dell'ordine de^ cavalieri^ 
scritto ^ da Adamo Teodorio, tra- 
duzione del Sansovino, Venezia 
1545. Il Bosio ne tratta al tom. 
Ili, lib. 18, ig, 10 della Storia 
della religione di Malta. Gugliel- 
mo Gaoursin nel i536 pubblicò in 
Ulma, Descriptio obsidionis urbis 
Rhodiae a Mahometo 11^ an. i53o. 
Goronelli e Parisotti, Y Isola di 
Rodi geografica y storica^ antica e 
moderna^ colle altre adiacenti^ già 
possedute dai cavalieri di s. GiO' 
vanni di Gerusalemme^ lom. V 



238 GER 

òeW Arcipelago, Venezia 1688 e 
i6g5. 

Il gran maestro co' cavalieri pas« 
so il resto dell' inverno a Candia, 
allora dei veneziani , quindi fece 
Tela col suo navilio per l' Italia , 
quando i venti contrari l'obbliga* 
rono a riparare in Messina, dove 
trovò cavalieri di differenti lingue 
ch'erano diretti a Rodi con prov- 
vigioni da guerra, cui il gran mae- 
stro fece prendere i loro ranghi 
nell'ordine. La peste obbligò i ca- 
valieri a stabilirsi presso il golfo 
di Baia e le rovine di Cuma in 
un campo, per salvarsi dal conta- 
gio. Intanto il gran maestro de Vii- 
liers impaziente di conoscere le in- 
tenzioni della santa Sede riguardo 
all'ordine, appena la stagione il per- 
mise, ricominciò la navigazione, e 
prese porto a Civitavecchia con, 
tutti i suoi bastimenti. Facevano 
principale e numerosa parte del 
seguito gl'isolani rodiani che pre- 
ferirono al giogo turchesco seguir 
la .sorte de' cavalieri , i quali in 
questo tempo pellegrinavano vestiti 
a lutto, veleggiando con galere co- 
perte di nere gramaglie. Adriano 
VI lo fece incontrare dalle sue ga- 
lere, e rendergli tutti gli onori in 
Civitavecchia, facendo sapere al gran 
inaestro che dovesse riguardarla 
come propria. Quindi il gran mae<^ 
stro fece sapere al Pontefice Adria- 
no VI il suo arrivo, e gli diman- 
dò udienza ; ma il Papa che a' 5 
agosto voleva pubblicare la lega 
Gonchìusa con Carlo V imperatore 
contro la Francia, nella basilica di 
s. Maria Maggiore, nò piacendogli 
che vi fosse pi*esente il gran mae- 
stro, ordinò che si provvedesse di 
tutte le cose necessarie, volle che 
il suo maestro di casa Diego ve- 
scovo di Cuenca lo visitasse , ma 



GER 

gli fece rispondere che si tratte^ 
nesse a Civitavecchia sino al ter- 
mine dei calori estivi. Questi pas- 
sati, il gran maestra ottenne il per- 
messo di recarsi in Roma, laonde 
pel Tevere sbarcò a s. Paolo li 3 e 
agosto: ivi pernottò, e nel giorno 
seguente fece la sua entrata nella 
città, essendo incontrato dalle fa- 
miglie de' cardinali. Con decorosa 
cavalcata si portò al Vaticano, ove 
Adriano VI gli aveva fatto prepa- 
rare l'alloggio. Indi fu ricevuto 
dal Papa con tutti i riguardi do- 
vuti al suo valore, alle sue disgra- 
zie, ed alla benemerenza dell'oixli- 
ne colla cristianità. Il Papa lo ri- 
cevette in una sala alla presenza di 
molti cardinali, l'incontrò per al- 
cuni passi, e lo salutò gran cam- 
pione di Cristo, e fortissimo difen- 
sore della fede cattolica, facendolo 
sedere tra i cardinali. Poco dopo 
a' i4 settembre i523 la morte 
troncò la vita ad Adriano VI, sen- 
za eh' egli potesse realizzare le pro- 
messe di protezione fatte all'ordi- 
ne. Nel primo ottobre trentatre 
caixlinali entrarono in conclave, la 
custodia del quale fu affidata al 
gran maestro Villiers-risle-Adam 
ed a' suoi cavalieri, concedendogli 
il sacro collegio suprema autorità 
sopra tutti gli altri corpi del sacro 
palazzo. A tale efiètto il gran mae- 
stro, oltre i soldati della guardia 
ordinaria del Papa, cioè i caval- 
leggieri e gli svizzeri, coi denari della 
camera apostolica assoldò duemila 
fanti, a cagione delle guerre d'Ita- 
lia, e de' tumulti della sede va- 
cante. Il gran maestro finché dorò 
il conclave fece continuamente cu- 
stodire la porta dai cavalieri ar- 
mati, con le loi^o sopravveste mili- 
tari di seta vermiglia, con le croci 
bianche sopra ; e con gran tripu* 



GEH 

dio della religione gerosolimitana 
quindi a' i8, novembre fu eletto 
Papa il cardinal Giulio de' Medici 
fiorentino I che prese il nome di 
Clemente VII, il primo tra i ro* 
mani Pontefici, che all'ordine ge- 
rosolimitano appartenesse. 

Giulio de' Medici d'anni dieciotto 
érasi arruolato tra i cavalieri di Ro- 
di, tra 'quali fece professione e diven- 
ne priore di Capua. Giulio II nel 
iS IO lo avea fatto arcivescovo 
d'Ambrun, e Leone X suo cugino 
nel prendere il solenne possesso fu 
corteggialo da Giulio, che monta- 
to sopra un bel cavallo, e vestito di 
bianche armi, con sopravveste rossa, 
portò lo stendardo o vessillo della 
sacra religione gerosolimitana , nel 
luogo ^secondo il costume più ono- 
rato, Scendo qual sostituto le veci 
del procuratore gerosolimitano. Nel 
medesimo giorno Leone X fece il 
cugino Giulio arcÌTescovo della co- 
mune patria, ed a' i4 dicembre 
1 5 1 3 lo creò cardinale, e poscia ven^ 
ne fatto protettore dell'ordine gè-* 
rosoli mitano. Il gran maesti*o come 
custode del conclave essendo stato il 
primo ad aprirlo, fu pure il primo a 
baciare al nuovo Papa il piede, 
-venendo ricevuto con amorevoli ab- 
bracciamenti, ed insieme ai cardi- 
nali ringraziato per la diligenza e 
prudenza con cui erasi diportato nella 
custodia del conclave. 11 grau mae^ 
stro accompagnò Clemente VII alla 
basìlica vaticana nella sua corona* 
zione, e poi fece altrettanto nella 
cavalcata che fece il Papa al La- 
terano pel possesso,, nel quale fu 
dato il più onorato luogo allo sten* 
dardo gerosolimitano, portato dal 
priore di Capua fr. Giuliano Ri- 
dolfi, come ambasciatore e procu- 
ratore generale dell'ordine in Ro- 
ma. A consiglio del Papa, la re* 



GER a39 

ligione dichiarò suo protettore presso 
la santa Sede il cardinal Alessandro 
Cesarini. Dipoi a' 1 8 dicembre e in 
pubblico concistoro Clemente VII, 
alla presenza del sacro collegio e 
di lutti gli ambasciatori, ammise 
all'ubbidienza il gran maestro con 
tutti i priori, bafi , commendatori 
e cavalieri , facendo V orazione fr. 
Tommaso Guicardo rodioto. Nelle 
feste del seguente Natale, il Papa 
fece assegnare al gran maestro per 
posto in cappella, per evitare di- 
versi puntigli, di seder solo nel pri- 
mo gradino dal lato desti'o del so- 
glio pontificio, che allora era il luo- 
go più onorato e degno. Veramente 
secondo l'antico uso il gran mae^ 
stro dovea sedere dopo il primo 
cardinale diacono , come principe , 
primo barone e conservatore della 
regia corona del regno gerosolimi- 
tano, despota di Morea, principe 
d'Acaia per l'acquisto che ne aveat 
fatta la religione, di Coinnto, di 
Sparta, e signore di Rodi che fu 
ne' tempi antichi potente e famo- 
sa repubblica. Devesi però osser- 
vare che mentre i principi assisten- 
ti al soglio dovevano restare sem-* 
pre in piedi, al gran maestro fu 
concesso sedere quando i cardinali 
sedevano ; mentre l' incenso e la 
pace gli fu data dopo gli arcivesco- 
vi assistenti al soglio, e prima del 
governatore di Roma TÌcecamer- 
lengo. Recandosi poi il Papa tu 
cappella, o per la città, fu stabilito 
che il gran maestro dovesse pre-* 
cederlo. Clemente VII si mostra 
impegnatissimo pel suo ordine, che 
riguardò quale una seconda sua ca^ 
sa, e gli assegnò per residenza la 
città di Fiterbo {Fedi)^ con la sua 
rocca in imprestito , con^ mero e 
misto impero, ove furono i gran 
dignitari accolti amorerolmente è 



s4o OER 

con disliDzìokie dal vesooTO cardi- 
nal Egidio Canisio : furono ricettati 
in diversi luoghi col saci*o con* 
Tento, e presero in affitto la chie* 
sa de' ss. Faustino e Giovita, dove 
restarono più di quattr anni in prov* 
visoria stanza, ivi continuando il 
gran maestro come a Rodi a servire 
tredici poveri a mensa, in onore di 
Gesù Cristo e degli apostoli. Altra 
parte deir errante milizia, e de'ro- 
diani che in numero di circa quat- 
tromila combattenti li avevano se- 
guiti , senza contare i vecchi , le 
donne e i fanciulli, coi loro navi- 
gli restarono in ritiro nel porto di 
Villa -Franca, asilo benignamente 
concessogli dal pio Carlo IH duca 
di Savoia, acciocohé fossera in si- 
tuazione più opportuna per nego- 
tiare coir imperatoi*e Carlo V, coi 
re di Francia e dMtghilterra, e con 
altri principi potenti, onde li for- 
nissero di mezzi atti a sorprendei*e 
Rodi, nella qual .città avevano fe- 
deli intelligenze per ricuperare il 
perduto dominio. 

Ma per le guerre e disastri so- 
pravvenuti a cagione delle discordie 
de' principi della cristianità , del- 
la pngionia di Clemente VII, e fu- 
nesto saccheggio di Roma, vani 
tornarono i desideri de' cavalieri, e 
ne pei'dettero ogni speranza, per la 
persuasione che sebbene riacquista- 
ta, non potrebbe l'isola di Rodi 
conservarsi contro le forze ottoma- 
ne. E da notarsi, che quando Cle* 
niente VII si trovò nel 1527 as- 
sediato in Castel s. Angelo, rispet- 
tando la saggia neutralità che i 
cavalieri di Rodi avevano sempre 
usata nelle diffisrenze tra prìncipi 
cristiani, ciò die costantemente con- 
tinuarono ad osservare anche dipoi, 
si fece un riguardo di profittare del- 
la loro vicinanza in Viterbo, onde 



GER 

essere aiutato in tanto grave duo, 
€ solo ricevette alcune polveri e 
munizioni per la difesa di Castel 
s. Angelo. Da questo luogo Cle- 
mente VII scrìsse un breve al gran 
maestro, acciò consegnasse la roc- 
ca di Viterbo al cardinal di s. Vi- 
to legato del Patrimonio, ciò che 
subito fu eseguito. Fino da quan- 
do i gerosolimitani erano in Pale- 
stina, si guardarono dì prender 
parte per alcun prìncipe cristiano 
a danno di altro, perchè le loro 
leggi e professione glielo vietavano, 
non dovendo impiegar le armi e 
le proprìe foi-ze se non che con> 
tro gl'infedeli in protezione ed au- 
mento della santa fede, e per di- 
fesa loro propria. Il contestabile 
poi di Borbone, comandante dell'ar- 
mata contro Roma, non solo scris- 
se a Viterbo al gran maestro, che 
non avrebbe a suo riguardo mole- 
stato la città, ma efifettuò puntual- 
mente la promessa. Coltivando l'or- 
dine l'idea deir impresa di Rodi, 
col sacro convento nell'istesso an- 
no i527 si portò a Cometo, che 
per la peste dovette abbandonare, 
passando con annuenza del suddetto 
Carlo III in Villafranca, o v'erano 
le sue milizie ed i seguaci rodioti; 
indi si trasferirono a Nizza, ove re- 
starono sino al 1 529, passando per 
un tempo anche ad Augusta di Si- 
cilia. Fr. Antonio Bosio cameriere 
segreto favorito di Clemente VII, 
da lui fatto gran. croce dell'ordine 
col baliaggio di s. Stefano, à espo- 
se a molti perìcoli in recarsi a Ro* 
di per annodare' le segrete intelli- 
genze, e prendere ragguagli dai rì- 
masti amici sullo stato delle cose. 
Venuto l'ordine in chiaro, dopo 
circa sei anni di trattative, essere 
inutile qualunque tentativo, ed an- 
che il tenere più a lungo, sotto k 



GER 

li i soldati, o i fedeli ramroin- 
ghi seguaci, di necessità prese altre 
risoluzioni, e cercò altra più sicura 
e certa stanza. Fu perciò risoluto 
nel generale capitolo o consiglio dei 
cavalieri, che sarebbe a proposito 
e di sicurezza loro ridursi all'isola 
di Malta [Fedi)^ già chiesta da 
essi in dono ali' imperatore Carlo 
y, quando pure viveva il di lui 
maestro Adriano VI; poscia anco- 
ra ridomandata per le fervide i- 
stanze di Clemente VII, a cui era 
tanto a cuore il ben essere e sta* 
bile collocamento della religione 
gerosolimitana, che servigi impor- 
tanti avea resi in tanti secoli al 
cristianesimo; e così trovare buon 
mezzo di metterla in istato di con- 
tinuare a farsi forte contro i ne- 
mici della fede. L' ultimo negoziato 
che da Carlo V nel i53o fu con* 
eluso in Bologna, dopo esservi sta- 
to solennemente coronato da Cle- 
mente VII, fu appunto il dono che 
egli fece d'uno stato indipendente 
e decoroso alla sacra militare reli- 
gione, qual era l'isola di Maltai 
parte integrante del regno di Si- 
cilia. 

Per conciliare in bene tale ne- 
gozio ed indurre l'imperatore a 
donare ai cavalieri l'isola di Mal- 
ta, furono inviati a Bologna due 
di essi de'più rispettabili ed influenti 
alla causa loro, cioè il nominato 
Bosio, e Luigi Tinta villa. Ambedue 
si presentarono a Clemente VII con 
lettere credenziali, e con ampia fa- 
coltà di trattare in nome della mi- 
litare religione quanto fosse utile e 
decoroso in tale emergenza. Il per- 
chè i due cavalieri in unione ad 
altri compagni residenti in Bolo- 
gna, o provenienti dalle vicinanze, 
supplicarono il Papa a volersi de- 
gnare colla valevole sua mediazione 

V04. XXIX. 



GER 24i 

di passare officio favorevole a prò 
della religione ix>diana all'impera- 
tore Carlo V per l'adempimento di 
loro brame; e che nel concedere 
il possesso dell' isola si piacesse quel 
monarca farne atto di dono in 
perpetuo e libero, con mero e mi- 
sto impero^ senza riservarsi egli 
giurisdizione alcuna, come a di- 
re appellazioni o altro inerente 
al $uo ceduto dominio. Il Pontefi- 
ce volentieri s'interpose col massi- 
mo impegno: mediante i suoi mi- 
nistri fece introduri^e i due cavalie- 
ri nella corte Cesarea per le relati- 
ve pratiche, specialmente con il car- 
dinal Galtinara gran cancelliere 
dell'imperatore, che avea il nipote 
Signorino cavaliere gerosolimitano; 
perchè si trovasse modo certo di 
venir a capo con qualche trattato 
e conclusioue, onde fare risolvere 
l'imperatore ad accordare il do- 
mandato, anche pel riflesso che in 
tal modo si metterebbe al coperto 
il regno di Sicilia dai turchi. Otte- 
nuta che fu tale risoluzione dal bea 
disposto animo di Carlo V, per un 
diploma imperiale con pubblico atto 
dato in Castello Franco die XXIII 
mensis maitii i53o, fu dichiarato 
che l'augusto Carlo V donava li-- 
beramente alla religione dell' ordine 
militare di s. Giovanni l'isola di 
Malta e Gozo, con Tripoli di Bar- 
baria, e prescriveva che per siffat- 
to dono i cavalieri gerosolimitani 
dovessero obbligarsi, in annuo tri- 
buto, mandare un uccello falcone o 
sparviero al viceré di Sicilia , ed 
aver obbligo di prender nuova in- 
vestitura, con giuramento di noa 
tollerare mai che si facesse alcun 
danno ai regni e stati del re di 
Sicilia ; e perciò cacciare qualunque^ 
vassallo siciliano si fosse renduto- 
colpevole di delitto capitale, ed asH 

i6 



2Ì2 GER 

cbt maDdare al medesimo viceré i 
rìcoooseiuti rei di lesa maestà o in- 
colpati di eresia. Il falcone non nella 
fesUi di f. Giovanni, o d'Ognissanti 
ti offiÌTa, come scrissero alcuni,' ma 
tibbene quando tornava più como- 
do all'ordine, e quasi* sempre nella 
buona stagione, in cui erano solite 
le galere a navigare. Inoltre venne 
dichiarato che il vescovo di Malta 
rimaner dovesse in giuspatronato 
all'imperatore, ed ai futuri sovra- 
ni di Sicilia , nominando però il 
sacro militai*e ordine tre religiosi 
tuoi in ogni caso di vacanza, dei 
quali almeno uno fosse scelto dai 
vassalli di sua maestà; che il piit 
idoneo eleggerebbe, e darebbegli la 
gran croce, con titolo, voto, pre- 
minenza, e luogo tra i bai li vi. Per 
ultimo che l'ammiraglio di essi ca- 
valieri, o chi di loro avesse a sos- 
tenei*e il grado dell'ammiragliato, 
abbia ad essere persona non sospet«> 
la aUa maestà sua, ed ai regnanti 
in avvenire di Sicilia. I cavalieri 
becero molti tentativi per rifiutare 
Trìpoli, città conquistata da Carlo 
V, che ai cavalieri la rinunziava, 
perché siccome sagace prevedeva 
non poter egli possederla, per esse- 
re quella città difficile a conservar- 
si contro gli sforzi de'mori e barba- 
reschi. 

Stabilite essendo queste condì zio-* 
ni con iscrittura, restava a fissarsi 
dall'imperatore il giorno di sotto- 
scriverla, e i due prenominati ca- 
valieri, che quali mandatari della 
religione gerosolimitana s' erano a- 
doperati e furono presenti all'atto 
della donazione, non mancarono to- 
tto di avvertire il gran maestro de 
Villiers, affinchè da lui fosse con- 
vocato il generale capitolo o consi- 
glio per accettare ordinatamente 
quell'atto, ed approvare le ingiunte 



GER 

condizioni; avvisando di quanto £à* 
vore era stato al buon esito delle 
cose loro il sommo Pontefice, che 
era dispostissimo a confermare con 
sua bolla l'imperiale sanzionata in* 
vestitura. Il gran maestro pure fece 
alcune difficoltà di accettai*e Tripoli^ 
essendogli stato offerto Rodi da Ach- 
met genero di Solimano II, colla 
condizione che non dovesse essere 
soggetto all'Egitto: il gran maestro 
avea fiuto anche delle pratiche per 
occupare Modone nella Morea, od 
ottenere dalla repubblica di Venezia 
qualche isola del mare Ionio ; tutta- 
volta la convenzione con Carlo V fu 
segnata a'aS aprile dal gi*an maestro 
e dai primari dell' ordine, dopo es- 
sersi superata la qnistione sul gius di 
battere moneta ali' ordine, e consul- 
tati i principi cristiani, nelle terre 
de' quali l'ordine aveva delle pò»* 
sessioni. L'ordine in tutti i luoghi 
ov'era stato, avea sempre battuto 
moneta, e siccome il priore d' Ale- 
magna per ragione dello stato che 
in essa godeva, era principe dell'im- 
pero con la prerogativa di battere 
moneta con particolare tua zecca, 
tanto maggiormente doveva conser- 
vai*si al gran maestro ed al supre- 
mo convento della religione simile 
autorità, già confermata dal Papa 
Clemente VII. 

In tal modo Malta venne in- 
nalzata a nuovi e pi il alti de- 
stini , accogliendo ì difensori del- 
la cristianità, i quali però pi^ote- 
starono che se Rodi si fosse ricu- 
perato, ivi si dovrebbe ristabilire 
la residenza principale dell'ordine. 
Partendo Carlo V da Bologna si 
fermò a Castel-Franco nel Bologne- 
se, ove nel memorato giorno sotto- 
scrisse e sigillò il diploma imperia- 
le della cessione d'i IVtalta, Gozo, e 
Tripoli all'ordine gerosolimitano, ^ 



GER 

txHDpi mento della donazione fatta 
in Bologna. Vedi la Bulla Ckmen* 
iis Pont Max. FU (quae continet) 
Confinnatio infeudadonis insutanim 
Tripolis^ Meìitae^ et terme Gandi- 
sii a Carolo romanorum impera» 
tare, hospitali s. Joannis Hieroso» 
fymitani concessurum, Datum Ro- 
inae apud s. Petrum anno iSSo, 
kal. mail, presso il Bulk Rem, 
tom. IV, par. I, pag. go e seg. Il 
gran maesti*o inviò alcuni commis- 
sari a Malta per pi^nderne con le 
sue adiacenze, con Gozo e Corni- 
no il possesso, ripararne le forti- 
ficazioni, non che i bastimenti che 
vi dovevano trasportare l'ordine. 
Veggasi V Orath coram Clemente 
VII prò Hierosolymitana religione^ 
Romae 1 534, di Tommaso Guicher- 
do. Candidati alla nuova sede ve- 
scovile di Malta si presentarono 
monsignor Tommaso Bosio, e mon- 
signor Girolamo Ghinucci sanese, 
mentre Carlo Y propose il reverèn- 
do Baldassare Waltkirk consigliere 
e cancelliere imperiale. Aveva il 
gran maestro presentato all' impe- 
ratore ti*e soggetti, tra' quali il Bo- 
sio cavaliere gerosolimitano, perchè 
a seconda de' patti scegliesse chi 
credeva per vescovo di Malta; ma 
avendo Carlo V lasciato trascorrere 
alla nomina il tempo assegnato al- 
le canoniche leggi. Clemente VII 
nominò Ghinucci , il quale dopo 
diuturna lite, ad insinuazione di 
Paolo III che lo ci*eò cardinale, 
per mezzo di rispettosa lettera ri- 
mise r affare all' arbitrio dell'impe- 
ratore, che con beneplacito aposto- 
lico assegnò al cardinale una pen- 
sione di novemila lire sulla men- 
sa episcopale di Malta, e in questa 
maniera neil' anno i536 il Bo- 
sio ottenne le bolle pel vescovato, 
prese padfico possesso, e divenne 



GER 243 

il primo vescovo di Malta dopo lo 
stabilimento in essa dell'ordine ge- 
rosolimitano. 

Fr. Filippo de Villiers-l'IsIe-Àdam 
dopo l'accettazione di Malta, per 
essa s'imbarcò co' suoi cavalieri, t 
suo consiglio, e partendo da Sarai* 
gozza ove risiedeva col sacro con- 
vento, vi giunse a' 26 ottobre dello 
stesso anno, prese formalmente pos* 
sesso dell' Isola, e da quel tempo i 
cavalieri di Rodi chiamaronsi cavà-^ 
Iteri di Malta f e l'ordine reUgionà 
di Malta, cosi il gran maestro fìl 
detto di Malta. Nel i533 fr. Filip- 
po adunò il capitolo generale per la 
revisione degli antichi statuti, che 
furono corretti ed ampliati secondo 
i bisogni de' tempi. Nell'istesso an<* 
no fu edificata in Malta l'inferme- 
ria, dandosi ad essa principio con 
solenne pompa ecclesiastica, dappoi- 
ché la sacra milizia, siccome or« 
dine ospitalario, si gloriò sempre 
di particolarmente professare as- 
sistenza e cura agl'infermi, rrguais 
dandoli come signori e padroni dei 
cavalieri; onorandosi eziandio il 
gran maestro di non portare alti^ 
tìtolo, che d'umile maestro dello 
spedale di Gerusalemme, e custode 
de' poveri di Gesti Cristo. Verso 
questo tempo cessò la lingua d' In- 
ghilterra, per lo scisma del re En- 
rico Vili, che prima come i suoi 
pi*edecessori chiamava il gran mae- 
stro Eminentissime princeps, con» 
sanguiney et amice noster carissime* 
Il celebre Barbarossa capo de' cor- 
sali africaui sembrava minacciare 
Malta con ottantadue galere, ma 
il gran maestro si pose in grado 
di affrontarlo^ 11 gran mae&tro Vil^ 
liers carico d'anni e di gloria mo« 
ri in Malta a' 22 agosto, e meritò 
che gli si scolpisse sulla tomba que^ 
sto elogio : Hic jacet ì^ictrix Fàr^ 



a44 GEff 

tunae Vtrtus: il di lui luogotenen- 
te comandò, sinché non fu eletto 
il luogotenente del magistero, sino 
air elezione del nuoTo gran mae- 
stro. Gli successe Pietro du Pont 
nel magistero, sotto il quale si vi- 
de verificato quanto i cavalieri ave- 
"vano preveduto, cioè dì non poter- 
si sostenere in Tripoli senza valide 
fortificazioni, e numerosa guarnigio- 
ne. Avendo Barba rossa occupato 
Tunisi, si rivolse alla conquista di 
Trìpoli, e ad onta che il gran mae- 
stro vi mandasse molti soccorsi, e 
Carlo y avesse radunato una flot- 
ta a Cagliari, Barbarossa s'impa- 
dronì della città nel i535, sebbene 
altri attribuiscono. ta( conquisto al- 
l'altro famoso ammiraglio Dragut, 
cui la cèdette Gasparo Valier ma- 
resciallo dell'ordine per capitolazio- 
ne nel i55i. A Du Pont successe 
Didier de Saint- Jaille, ch'ebbe a 
luogotenente Giacomo de Pelloquin, 
e morì nel i536. Nel magistero 
di fr. Giovanni d'Omeda, di lui 
successore^ i cavalieri nel i54i pre- 
sero parte nella spedizione della 
flotta di Carlo V contro Algerì, 
ma a danno dell'ordine ai nemici 
si congiunsero le tempeste, e la 
spedizione ebbe infelice esito. 

L'anno segueiite avendo Paolo 
III fiitto lega coir imperatore contro 
i turchi, e fatto istanza alla religio- 
ne di mandar le sue galere per u- 
nirsi alle pontificie, il gran mae- 
stro si scusò perchè con le turche<- 
sche andavano unite le francesi, os- 
servando così la consueta neutralità 
che per tutti i titoli conveniva ad 
un ordine religioso che solo guer^ 
reggiava coi nemici del nome cri- 
stiano, ed anco perchè composto di 
tante nazioni. Quando Paolo III si 
portò a Nizza per abboccai*si con 
l'imperatore^ navigò sulle galere 



GER 

gerosolimitane. Ranuccio Farnese 
nipote di Paolo III, priore di Ve- 
nezia, fu fatto ambasciatore della 
religione in Roma; si mostrò buo- 
nissimo i*eligioso, onde lo zio gli 
conferì pure il prìorato di Pisa, e 
lo a*eò cardinale. Nel \5£fi l'im- 
peratore Carlo y nella dieta di 
Ratisbona accordò la dignità di 
principe del sacro rom9no impero 
al gran priore dell'ordine di Mal- 
ta in Alemagna. Nei i553 fu ele- 
vato in Malta al gran magistero 
Claudio de la Sangle ambasciatore 
dell'ordine prèsso la santa Sede 
mentre trovavasi in Roma, onde 
notificò subito la sua esaltazione al 
Papa Giulio III, a mezzo di fr. 
Pietro del Monte castellano di Ca- 
stel s. Angelo, e cugino del Ponte- 
fice. Nella sera ed in quella seguen- 
te in detto castello, in segno d'al- 
legrezza furono fatti molti fuochi 
artificiali, con girandola, e sparo 
di tutte le artiglierie. Il nuovo gran 
maestro abitando nell'antica casa 
della religione posta nel rione di 
s. Eustachio, fra la dogana vecchia 
e la Minerva dietro la Rotonda, non 
cambiò abitazione, servendosi però 
di due o tre altre case contigue, 
rompendo il muro di comunicazio- 
ne, ed ove ricevette le visite dei 
cardinali, di tutti gli ambasciatori, 
de'prelati, dèlia romana nobiltà, ec. 
Agli 1 1 ottobre in cavalcata si con- 
dusse da Giulio III, il quale lo ri- 
cevette in concistoro segreto, facen- 
do l'orazione il commendatore fr. 
Antonio Geuflfrè. Rispose all' orazio- 
ne obbedienziale monsignor Paob 
Sadoieto vescovo di Carpentrasso. 
Il Papa fece rimanere seco a pran- 
zo il gran maestro, insieme a mol- 
ti cardinali, e gli concesse molte 
grazie e privilegi. Portatosi a Mal- 
ta il gran maestroi dovette so&ire 



GER 

le conseguenze di alcUne dissensio- 
ni, ma per la sua saggezza flo- 
rido e pacifico divenne il suo go- 
Terno. 

In questo tempo guerreggiando 
l'imperatore ed il re di Francia, 
concessero il privilegio di neutra- 
lità alla religione. Sotto il gran mae- 
stro la Sangle l'ordine proseguì 
la guerra contro i turchi, e con- 
tro il corsara Dragut, che con Si- 
nan pascià aveva tentato nel i55i 
d'impadronirsi di Malta, occupando 
l'isola di Gozo. Dopo essere pas- 
sato per tutte le dignità dell' or- 
dine, con unanime consenso fu 
creato nel 1 557 8^*^^ maestro Gio- 
vanni de la Vallette-Parisot, per- 
sonaggio chiaro per virtil, pru- 
denza e coraggio, che ottenne da 
Cosimo I duca di Toscana nel 
i563 la conferma de'privilegi che 
godeva l'ordine ne'suoi stati. Sot- 
to di lui , e nel i562 essendo 
insorta in Roma questione di pre- 
cedenza tra r ambasciatore della 
città di Bologna, ed il gerosolimi- 
tano. Pio IV testimonio della pre- 
tensione ordina che l'ambasciatore 
dell' ordine prec^diesse quello di 
Bologna, ciò che intese con piace- 
re la Vallette. L' ambasciatore poi 
della religione al concilio di Tren- 
to, essendo frate cappellano e sacer- 
dote, prese luogo fra gli amba- 
sciatori de' princìpi ecclesiastici. Il 
concilio non alterò né gli statuti, 
ne le consuetudini, ne i privilegi. 
Solo restrinse quelli circa la cura 
dell'anime e l'amministrazione dei 
sagramenti ; ed il cardinal di Lo- 
rena pronunziò un'orazione in lo- 
de della religione, che la dichiarò 
tra le militari la più utile, neces- 
saria e benemerita. Alla morte di 
Carlo V, la religione gli fece ce- 
lebrare in Malta solenni funerali. 



GER 20 

Avendo la Vallette in meno di 
cinque anni preso ai turchi cin- 
quanta vascelli, irritò talmente So- 
limano lì, che profittando delle 
rivoluzioni e guerre cagionate in 
Europa dall' eresia luterana, inviò 
all'assedio di Malta il pascià di 
Buda Mustafà, il piti sperimentato 
de'suoi pascià, con Dragut , Lou- 
chiali, e Piali ammiraglio o capi- 
tano pascià. Nel i565 parti la 
flotta turca per impadronirsi del- 
l'isola, compo'sta di cento cinquan- 
ta vascelli, e di trentamila uomi- 
ni, numero che altri accrescono 
come quello de' vascelli; e sbarcan- 
do avanti il forte di s. Elmo a'20 
maggio, strinsero l'isola di assedio 
per quattro mesi, ne'quali i cava- 
lieri fecero prodigi di valore. Stan- 
do sommamente a cuore del Pon- 
tefice Pio IV la conservazione di 
Malta nelle mani dell'ordine ge- 
rosolimitano , indusse Filippo II 
re di Spagna e di Sicilia a spedire 
da questa in aiuto de'cavalieri un 
corpo di seimila soldati comanda- 
ti dal viceré Garzia di Toledo; 
laonde con questo rinforzo il ge- 
nerale Mustafà fu costretto abban- 
donare l'impresa, dopo avervi per- 
duto il corsaro Dragut, trentamila 
combattenti, ottomila marinari, e 
gettate indarno settant^otto mila 
palle di grosso calibro. L' ordine 
decretò che in ogni anno in tutte 
le chiese della religione si dovesse 
celebrare solennemente la festa del- 
la Natività di Maria Vergine, con 
commemorazione della liberazione 
di Malta dall'assedio, e che in que- 
sta città si dassero sei doti ad al- 
trettante povere vergini. 

Affinché poi Filippo II potesse 
mantenere settanta galere armate 
contro il comune nemico, Pio IV 
gli concesse settantaniila ducati d'o-; 



346 G£A 

ro sopra i benefizi ecclesiastici di 
Spagna; e per soccorrere l'impera- 
tore Ferdinando I contro gli stessi 
turchi, impose il Papa sopra i di 
lui sudditi un tributo di quattro* 
centomila scudi d oro; quindi inviò 
a Malta per la sua restaurazione 
Francesco Laparelli da Cortona, 
celebre ingegnere. Lo stesso Pio 
IV concesse all'ordine un giubileo 
amplissimo con indulgenza piena* 
ria, a tutti quelli che avessero con- 
tiibuito alla fabbrica della nuova 
città che si proponeva di edifica- 
re ti gran maestro, che prese po- 
scia il suo nome. Il giubileo fu 
pubblicato in molte delle princi< 
pali città d'Italia, e se ne ricava* 
fono copiose somme di denaro: 
4ipoi fu ptx)rogato e confermato 
dal di lui suooessoi'e, in modo che 
furono sospese le indulgenze solite 
del venerdì santo, e sabbato santo. 
Dopo la liberazione di Malta Pio 
IV rese a Dio pubbliche e solenni 
azioni di grazia , ìndi fece sapet*e 
al gran maestro che in rimunera- 
zione de' grandi suoi meriti lo vo- 
leva creare cardinale: la Vallette 
si mostrò commosso da tanta de- 
gnazione, ma supplicò di essere di* 
apensato siccome invecchiato nelle 
armi, pregando invece vivanoente 
Pio IV a voler conferire tal di- 
gnità al suo fratello vescovo di 
Vabres, che allora trovavasi in Ro- 
ma; ma quando ivi giunse tal n- 
sposta il Papa ei*a già morto. 

Nella più deplorabile miseria rì- 
mase l'isola di Malta per il sofferto 
assedio; a questa rovina si aggiunge- 
va ne' cavalieri il certo timore che 
Solimano I( piombasse vendicativo 
9u di lora in persona e con nuo- 
ya flotta che stava apparecchian- 
do, per lo che pensavano di ab- 
bandonai^ risola, unico propugna- 



G£R 

colo deli'ltaha contro gì' infedeli, 
e trasferirsi in Sicilia. Al nuovo 
Pontefice s. Pio V tali notizie riu- 
scirono di somma afflizione, e per 
levare al gran maestro il pensiero 
della ritirata, gli spedì subito tre* 
mila bravi soldati a sue spese, più 
quindicimila scudi d'oro con pro- 
messa di pagargliene altri trenta- 
cinquemila in rate nel periodo 
di sette mesi, autorizzando gli ar- 
tisti a lavorare anche nelle feste. 
A maggiormente animare il gran 
maestro, nel breve che gl'indirizsò 
a'22 marzo dell'anno i566 pro- 
testò il Papa che non avrebbe 
risparmiato il proprio sangue per 
l'onore di Dio, e per la conserva- 
zione de' cavalieri in Malta. Nello 
stesso tempo propose amplissime 
indulgenze ai fedeli die aiutassero 
l'ordine gerosolimitano, sia col pre- 
gare Dio di sua protezione, sia con 
oblazioni di denaro, laonde rìcavò 
somme considerabili a di lui van- 
taggio dalla Francia e dall'Italia, 
alle quali il generoso e zelante 
Pontefice ne aggiunse altra di 
quarantaquat tremi la scudi d' oro, 
raccolti dalle qciolte imposte su al- 
cuni ministri della camera aposto- 
lica, per averne con frode am- 
ministrate le rendite; indi ve ne 
aggiunse altri quindicimila ricavati 
dal prezzo di tante gioie vendute. 
Permise ai cavalieri di prendere 
sopra i fondi delle loro commende 
di Francia e di Spagna l' impre- 
stito di centocinquantamila scudi 
d'oro; impose tre decime sul clero 
di Napoli, dalle quali si ebbero 
trentadtie mila scudi, e colla spe- 
dizione di diversi nunzi implorò 
il soccorso degli altri principi, col 
quale in un alle summentovattf 
somme, fu dato principio a' a8 
marzo 1 566 alla iàbbrica della' 



GER 

nuova cittìi, che dal cognome del 
gran maestro che in tal giorno 
pose la prìma pietia , e yì ^ttò 
medaglie d'oro e d'argento coU'e- 
pigrafe Melila yenascens^ si di5se 
por Valletta ^ e riuscì la fortezza 
meglio fortificata dell'Europa. 

Intanto mentre Solimano II asse- 
diava Sighet ai confini della Croazia, 
mori a'4 setterabi^ i566. Il gran 
maestro pel primo ne spedì la no- 
tizia a s. Pio V, e questi la fece 
sapere subito all' imperatore. Nei- 
l'anno seguente essendosi l'isola dì 
Corsica ribellata ai genovesi, i cor^ 
si sì volevano sottoporre al domi- 
nio dell' órdine geixisolimitano , il 
quale per consiglio del Papa si ri- 
cusò di accettare. 11 gran maestro 
nel i567 per l'ambaciatore Cam- 
biano donò a s. Pio V diverse 
cose, massime un orologio in forma 
di sontuoso tempio, cbe sonaVa le 
ore italiane , mostrava le ore pia» 
netarie, il corso della luna, le fe- 
ste immobili dell'anno, con molte 
statue, che al suonar delle ore di- 
cevano bellissimi movioienti ; laon<- 
de riuscì al Papa gratissimo. Per 
le bencQiei'enze di questo ordine 
con la cristianità, i cavariei'i aveva- 
no ottenuto singolarissimi privilegi 
dai sommi Pontefici, fra' quali Leop 
ne X, Clemente VII, Paolo IH 
e Paolo IV, il perchè s* Pio V, 
volendo beneficare anco con essi 
il cospicuo ordine, coli' autorità 
della costituzione Etsi ciincta^ ema- 
nata a' 19 novembre i568, gli con- 
fermò tutte le grazie e preroga- 
tive che godeva, e principalmente 
l'esenzione dalle decime, die fece 
comune ai loro famigliari, vassal- 
li e coloni, così d'ogni altro grat 
vame o pagamento, dichiarando 
il Papa nello stesso tempo, che i 
vescovi non avevano alcun diritto 



OER a47 

di recare su di ciò molestia veru- 
na ai cavalieri sul pi^lesto del 
contenuto dei decreti del concilio 
di Trento, sess. XXIII, cap. XVIII, 
a' quali bisognando, volle a. Pio Y 
che s* intendesse derogato. F. Vin- 
cenzo Castellani, Historia de bello 
MeUtenfi^ Pisauri i566; e Pietro 
Gentile Vendome, Istoria di Mal" 
ta^ e successo della guerra tra i 
cavalieri e Solimano sultano^ con 
la descrizione deli* isola ec., Ro- 
ma i565, e Bologna i566. Gio. 
Antonio Viperano nel 1567 stam- 
pò in Peiugia, De bello Melitensi 
ìnstoria. 

Il gran maestro la Vallette non 
cori'ispose con la dovuta ricoao6oen*> 
za ai tanti magnanimi benefizi fat- 
ti da s. Pio V all'ordine equestre. 
Aveva il Papa fatto Gamet*lengo il 
nipote cardinal Michele Bonelii pro- 
tettore dell'ordine di Malta presso 
la Sede apostolica, quindi a di lui 
insinuazione rinunziò la carica di 
camerlengo al cardinal Coitiaro, per 
settantamila scudi, che dal Pontefi- 
ce furono impiegati nella guerra con- 
tro i tui'chi ; ed in ricompensa al 
degno nipote, a. Pio V gli conferì 
l'abbazia di s. Michele di Chiusi, ed 
in commenda il priorato delia reli^ 
gione di Malta in Roma, vacato per 
morte del cardinal Salviati, che 
l'avea conseguito da Clemente VIL 
Per tal collazione, che sembra set 
guita nel 1 568, il gran maestro a* 
vanzò al Papa le sue querele, come 
scrive il p. Tournon nel tom. IV 
degli Uomini illustri dell'ordine dei 
predicatori a p. 702, al quale eri;i 
appartenuto il Pontefice ed il ni- 
pote, dicendo die la santa Sede si 
attribuiva una nomina che npn gli 
spettava, giacché anche Leone X 
aveà ciò praticato. Il cardinal Bo^ 
nelli con la stessa fiicilità con cui 



348 GER 

rinunziato aveva l'importante cari* 
c^ di camerlengo di santa romana 
Chiesa, era dispostissimo a cedere il 
priorato ; e forse s. Pio V vi sareb- 
be condisceso, se Cambiano amba- 
sciatore di Malta in Roma, poco con- 
tento di aver parlato più alto di 
quello che conveniva, non avesse 
avuto anche l'imprudenza di spar- 
gere per Roma le lettere poco mi- 
surate, che riceveva dal gran mae- 
6ti*o. Allora s. Pio V giustamente 
sdegnato cacciò dalla città Tamba- 
sciatore, che non osando ritornare 
a Malta, si ritirò nelle sue terre di 
Piemonte; ed il gran maestro fu pre- 
so da tal malinconia che colpito da un 
accidente mentre recavasi ad udire 
la messa nella cappella magisti*aie, 
morì a' 2 1 agosto, col soprannome 
di padre de* soldati: gli successe nel 
magistero Pietro del Monte de Gui- 
dalotti prìore di Capua, il cui zio 
fu Giulio HI. 

Questo gran maestro nell' an- 
no 1571 voleva rinunziare alla di- 
gnità, ma il Papa gli scrisse una let- 
tera di proprio pugno consolando- 
lo, ed esortandolo virilmente a per- 
severare nel grado in cui Dio Tavea 
posto. Quindi il medesimo Papa, ad 
onta de' memorati affronti, noìi la- 
sciò di aiutare e soccorrere quest' or- 
dine contro gli sforzi del comune ne- 
mico; e nel 1 Sj i stesso, per diverti- 
re le forze turchesche che ne me- 
ditavano la distruzione, dichiarò il 
cardinal Bonelli legato a latere, per 
conchiudere Talleanza della santa 
Sede, con la Spagna e con la re- 
pubblica di Venezia, ch'ebbe per 
conseguenza la strepitosa battaglia 
navale di Lepanto con danno . im- 
menso de' turchi : la flotta spagnuo- 
la fu comandata da d. Giovanni 
d'Austria figlio naturale di Carlo 
V, e perciò fratello natuialc di Fi« 



GER 

lippo IT, e cavaliere gerosolimitano, 
il cui ordine ingrossò le sue galere 
con quel numero che gli sommi- 
nistrò, e molti cavalieri si distinse- 
ro per il loro valore e bravura. 
Nel 1572 fu eletto gran maesti*o 
Giovanni l'Evéque de la Cassiere, 
cui nel consiglio di stato fu con- 
ceduto il principato dell'isola di Mal- 
ta e di Gdzo, nella forma usata col 
suo predecessore, con tutte le giu- 
risdizioni ed emolumenti: sotto di 
questo gran maestro molti principi 
si attribuirono il diritto di nominare 
i gran priori ne' loro stati. Egual- 
mente sotto il di lui magistero fu 
stabilito in Malta il tribunale del- 
l'inquisizione, per cui la santa Sede 
inviò costantemente a Malta sino 
al declinar del secolo passato, di- 
stinti prelati per inquisitori e visi- 
tatori apostolici, per cui reputiamo 
opportuno qui riportarne la sene, 
coU'anno di loro destinazione, e nu- 
mero d'ordine de' sessantadue inqui- 
sitori e visitatori apostolici di Malta. 

1574. I. Pietro Dozzina bresciano, 
primo inquisitore per dispo- 
sizione di Gregorio XIII. 

1575. II. Piersanti Humani, poi 
assessore del s. offizio. 

1577. III. Rinaldo Corso di Cor- 
reggio, indi vescovo di Stron- 
goli. 

1579. IV. Domenico Petrucci di 
Terni, poi vescovo di Sti'ongoli, 
indi di Bisignano. 

1 580. y. Federico Cefàlatto, sotto 
di cui andò a Malta monsi- 
gnor Visconti delegato aposto- 
lico per la carcerazione del 
gran maestro. 

i583. VI. Pier Francesco Costa di 
Albegna, fatto successivamen- 
te vescovo di Savona da Sisto 
V; nunzio di Savoia da Pao- 



GER 

Io V> e vescovo di sua patria 
da Urbano Vili. 

i583. VII. Ascanio Liberiani da 
Castel-Barchi nella diocesi di 
Fano, poi assessore del s. offi- 
zio, e da Innocenzo IX fatto 
vescovo di Cagli. 

1587. VIII. Gio. Battista Pelrala- 
ta di Camerino, vescovo di 
s. Angelo de' Lombardi, in- 
viato da Sisto V, e morto nello 
stesso giorno che arrivò a 
Malta. 

1587. IX. Paolo Bellarditi sicilia- 
no di Lentini, poi cameriere 
segreto di Gregorio XIV, e 
vescovo di Linares. 

1590. X. Angelo Gennai fiorentino. 

1 5go. XI. Paolo Bellarditi, di nuo- 
vo, morto poscia in Malta. 

i5q2, XII. Gian Lodovico dell'Ar- 
mi bolognese* 

i5q5. XIII. Innocenzo del Bufalo, 
poi cardinale nel 1604* 

1598. XIV. Antonio Ortensi mi- 
lanese, poi segretario de' ve- 
scovi e regolari. . 

1600. XV. Fabrizio Veralli di Co- 
ri nobile romano, indi cardi- 
naie nel 160 8. 

i6o5. XVI. Ettore Diotallevi di 
Kimini, poi nunzio in Polo- 
nia, vescovo prima di s. Agata 
de' goti, poi di Fano. 

1607. XVII. Leonardo della Cor- 
bara romano. 

1608. XVIII. Evangelista Carbo- 
nesi bolognese. 

1614. XIX. Fabio Delagonessa na- 
poletano^ poi consultore del 
s. offizio, fatto arcivescovo di 
Conza da Gregorio XV, man- 
dato in Spagna da Urbano VIII 
per datario del cardinal Bar- 
berini legato, indi nunzio in 
Fiandra, morto patiiai'ca di 
Antiochia. 



GER 249 

16 19. XX. Antonio Torniello dt 
Novara, poi vicegerente di Ro- 
ma, segretario de' vescovi e 
regolari, da Urbano VIII pro- 
mosso al vescovato di Novara. 

1621. XXI. Paolo Toretto di Par- 
ma, da Urbano Vili dichia- 
rato arcivescovo di Rossano, 
indi collettore degli spogli in 
Portogallo. 

1623. XXII. Carlo Bovio bologne* 
se vescovo di Bagnorea, don- 
de Urbano Vili lo trasferì a 
Sarsina. 

1624- XXIII. Onorato Visconti 
milanese, poi governatore del» 
la marca d'Ancona, e nunzio 
in Polonia. 

1627, XXIV. Nicolò Herrera ro- 
mano, poscia nunzio di Na- 
poli. 

i63o. XXV. Lodovico Serristori 
fiorentino, poi consultore del 
s. offìzio, commissario dell'e- 
sercito ecclesiastico, e vescovo 
di Cortona. 

i63i. XXVI. Martino Alfieri mi- 
lanese, poi vescovo d'Isola, 
nunzio di Colonia, ed arcive- 
scovo di Cosenza. 

1634* XXVII. Fabio Chigi sanese, 
poi Papa Alessandro VII. 

1639. XXVIII. Gio. Battista Gori 
Pannilini sanese, poi amba- 
sciatore del granduca Ferdi- 
nando II al re di Spagna Fi- 
lippo IV, e finalmente vesco- 
vo di Grosseto. 

1646. XXIX. Antonio Pignattelli 
napoletano, poi Pontefice In- 
nocenzo XII. 

1649. XXX. Carlo Cavalletti no- 
bile romano, morto in Malta 
nel i652 d'anni trentasette. 

i653. XXXI. Federico Borromei 
milanese, poi cardinale, nel 
1670. 



25o GER 

i655. XXXII. Guido degli Oddi 
perugino, poi governatore di 
Norcia, ove morì nel 1666. 

l658. XXXIII. Girolamo Casana- 
ta, poi cai*dinale nel 1673. 

i663. XXXIV. Galeazzo Mariscot- 
ti romano, poscia cardinale nel 
1675. 

1667. XXXV. Angelo Reuiuzzì bo- 
lognese, poi cardinale nel 1 686. 

1668. XXXVL Carlo Bichi sanese, 
dipoi cardinale nel 1690. 

1670. XXXVII. Giovanni Tempi 
iBorentino. 

1672. XXXVIII. Ranuccio Palla- 
vicini di Parma, poi cardinale 
nel 1706. 

1677. XXXIX. Ercole Visconti mi- 
lanese,: poi nunzio di Firenze, 
indi di Colonia, maggiordomo 
di Alessandro VIII e di Inno- 
cenzo XII, sotto il quale ri- 
nunziò e si ritirò a Milano. 

1678. XL. Giacomo Cantelmi napo- 
letano, poi cardinale nel i6go. 

i683. XLI. Innico Caracciolo na- 
poletano, poscia cardinale nel 
1715. 

1686. XLII. Tommaso Vidoni cre- 
monese, poi nunzio in Firen- 
ze, chierico di camera, indi 
rinunziò per ripatriare. 

1690. XLI II. Francesco Acquavi* 
va napoletano, quindi cardina- 
le nel 1706. 

1694. XLIV. Tommaso Ruffo na- 
poletano, quindi cardinale nel 
1706. 

1698. XLV. Filiberto Ferreri prin» 
cipe di Masserano, poi gover- 
natore di Perugia. 

1703. XLVI. Giorgio Spinola 
genovese, indi cardinale nel 

1706. XLVII. Giacomo Caraccio- 
lo napoletano, nunzio agli sviz- 
zeri nel 17 IO, morto uditore 



GER 

generale della camera aposto- 
li 



ica. 



17 II. XLVIII. Ranieri Delci sa- 
nese, poi cardinale nel 1738. 

1718. XLIX. Lazzaro Pallavicini 
genovese, poi governatore di 
Spoleto e di Ancona, nunzio 
di Firenze, poi maestro di ca- 
mera di Clemente XII. 

1720. L. Antonio Ruffo napoleta- 
no, indi cardinale nel 1743. 

1728. LI. Fabrizio Serbelloni mi- 
lanese, poi cardinale nel 1753. 

1731. LII. Gio. Francesco Stop- 
pani milanese, indi cardinale 
nel 1753. 

1735. LUI. Carlo Francesco Du- 
rini milanese, poscia cardinale 
nel 1753. 

1739. LIV. Lodovico Gualtieri di 
Oi*vieto, poi cardinale nel 1 759. 

1743. LV. Paolo Passione! di Fos- 
sombrone, indi vi ce- legato in 
Avignone, chierico di camera, 
e presidente delle strade, nel- 
la qual carica morì. 

1754* LVI. Gregorio Salviati fio- 
rentino, poi cardinale nel 1777. 

1760. LVII. Angelo Durini mila- 
nese, indi cardinale nel 1776. 

1766. LVIII. Ottavio Manciforte di 
Ancona, poi cardinale nel 1777. 

1^71. LIX. Antonio Laute roma- 
no, da governatore di Bene- 
vento &tto inquisitola, poi di 
• Macerata, chierico di came- 
ra, e presidente della zecca, 
cardinale nel 18 17. 

1777. LX. Antonio Felice Zonda- 
darì sanese, da governatore di 
Rieti, e poi di Benevento, fat- 
to inquisitore; dipoi nel 1785 
fu nunzio di Brusselles , nel 
1790 segretario di pi*opagan- 
ìa fide^ arcivescovo di Siena, 
e cardinale nel 1801. 

J785. LXL Filippo Gallerà ti-Scotli 



GER 

milanese, da ponente di con- 
sulta folto inquisitore >, nel 
i7g!X nunzio di Firenze, indi 
dì Venezia, e nel 1801 cai"- 
dinaie. 
I79!x. LXII. Giulio Garpegna ro- 
mano, da ponente del buon- 
governo, fatto da Pio VI in- 
quisitore e visitatola aposto- 
lico di Malta, da dove parti 
nel 1798, poco prìma che fos- 
se presa dai francesi. 

Nel 1573 nella processione del 
Corpus Domini che fece in Roma 
Gregorio XIII fu chiamato T am- 
basciatore della religione, insieme 
con gli altii ambasciatori delle co- 
rone, a sostenere una delle quattro 
aste del baldacchino, sotto del quale 
il Papa portò il ss. Sagràmento, 
essendosi riconosciuto ne' diari dei 
cerimoniali pontificii, che in tutte 
le solennità e funzioni del Ponte- 
fice, gli ambasciatori della religio- 
ne gerosolimitana erano interve- 
nuti co' trattamenti pari agli altin 
ambasciatori regi, come di molte 
occasioni Giacomo Sosio ne fa te- 
stimonianza nella sua istoria. Nel 
i577 in Malta 'avvenne Tassassinio 
del cavalier Coirea portoghese, ese- 
guito da sei cavalierì suoi conna- 
zionali, che travestiti s'introdussero 
in sua casa. Riconosciuti dipoi, e 
consegnati al braccio secolare, furo- 
no condannati ad essere chiusi en- 
tro d'un sacco, e gittati al mare. 
Nel capitolo del 1578 fu stabilito 
che i promossi alla dignità di gran 
croce, oltre il solito giuramento, do- 
vessero fare pubblica professione di 
fede, secondo il decretato dal con- 
cilio di Trento, ed il breve aposto- 
lico emanato dal Pontefice Grego- 
rio XIII. Anche la vita del gran 
maestro Giovanni TEvèque de la 



GER aSt 

Cassiere fu in grave pericolo per 
una congiui'a ordita nel i58o, e 
scoppiata nell'anno seguente contro 
di lui in aperta rivolta; la prìnci- 
pale causa restò misteriosa, e solo 
si narra, che non essendosi regolato 
nell'amministrazione della giustizia, 
e nelle riforme con le quali volle 
reprimere il vivere licenzioso di 
molti cavalieri, con quella destrez- 
ea e sagaci là, che la qualità degli 
affari, e la nobiltà de' sudditi richie- 
deva, venne in odio ad una gran 
parte dei cavalieri, i quali dopo 
molte e segrete conferenze si ri- 
solvettero di supplicare il Papa Gi*e- 
gorio XIII, perchè attesa l'ottua- 
genaria età del gi*an maestro, vo- 
lesse creare un luogotenente nel 
magistero dell^ ordine. Sembrò al 
Pontefice imprudente la domanda, 
e ne die costante ripulsa, con dire 
che al de la Cassiere non manca- 
vano forza e robustezza per fun- 
gere H supremo magistero dell'or- 
dine. Non passò molto tempo che 
i cavalieri malcontenti, con prete- 
sto di altii affari convocarono il 
consiglio di «tato, dove trovaronsi 
molti di loro fazione, che prevalen- 
do coi loro voti, dichiararono luo- 
gotenente del magistero il guascone 
Maturino Leshu detto Romegaf 
priore di Tolosa ed Irlanda^ capo 
de' congiurati, generale delle galere 
e uomo di guerra e di spirito. 
Quindi temendo l'impeto del gran 
maestro lo arrestarono, e dal pa- 
lazzo da lui edificato lo condusse- 
ro nel castello denominato s. An- 
gelo, destinato pei* carcere dei rei, 
ponendolo sotto stretta custodia; 
dopo essere stato segno agl'insulti 
del popolo, e specialmente delle 
prostitute che aveva voluto bandi- 
re dall'isola. Il generale delle ga- 
lere maltesi Chabrillan sbarcò per 



iSa 



GER 



sostenere il gran maestro, ma il 
buon Tecchio lungi dall' eccitar la 
guerra civile, volle piuttosto atten- 
dere il giudizio del Papa, qual su- 
.periore primario dell'ordine. Intan- 
to gr insorti spedirono a Roma per 
giustificare la loro condotta tre am- 
basciatori, Lodovico Saccanvilla fran- 
cese, Cosimo de Luna spagnuolo, e 
Bernardo Capece italiano ; ed il 
gran maestro inviò al Papa per 
ambasciatori Francesco de Gusman 
$pagnuolo, e Sebascìa francese che 
vigorosamente lo difesero contro 
le accuse di Romegas e de' suoi 
partigiani. 

Gi'egorio XIII prontamente spe- 
dì colle sue galere a Malta mon- 
signor Gaspare Visconti uditore 
di rota milanese, con la qualifica 
,di nunzio e vicario, apostolico, 
a prendere conoscenza dell^affare. 
Giunse agli 8 settembre, convocò 
r assemblea generale , presentò i 
brevi pontificii, che intimarono al 
gran maestro ed al luogotenente 
di recarsi ai sacri limini degli ai- 
postoli. Quindi pose subito in li- 
bei*tà la Cassiere, lo restituì al 
6U0 palazzo, fece prepai*are quattro 
galere, tre pel gran maestro, ed 
una per il luogotenente, indi in- 
. cominciò a formare di tutto ac- 
curato processo. Il gran maestro 
partì col seguito di duecento ca- 
valieri di tutte le lingue e di- 
gnità, e con una comitiva di circa 
ottocento persone. Nel viaggio ri- 
cevette onori regi, massime in Na« 
poli ed in Roma, ove fu incoui- 
.trato da ottocento persone a caval- 
. lo a guisa di trionfo. Egli co'ca- 
valieri e col seguito, alloggiò dal 
cardinal Luigi d' Este protettore 
della Francia, nel palazzo a Mon- 
te Giordano, ove lo trattò splen- 
didamente; il suo arrivo in Roma 



GER 

fu dopo la metà di ottobre, così 
quello di Romegas. A'28 di detto 
mese, Gregorio XIII alla presenza 
di dodici cardinali, ricevette ono- 
revolmente ad udienza pubblica 
e con benevolenza il gran maestro, 
che baciati i di lui piedi fece un 
discorso al Papa. Ringraziò Dio di 
averlo condotto innanzi al suo vi- 
cario, per umiliare la sua riveren- 
za . ed ubbidienza, e giustificarsi 
dalle false accuse. Chiamò Dio in 
testimonio del modo con cui avea 
governato l'ordine in un decennio, 
e protestò di aver sempre e in 
tutte le dignità professata somrais* 
sione alili Chiesa ed ai Papi, e fì- 
petendo le parole di Simeone: 
Nunc dimiitisy ec, dichiarò la sua 
indicibile contentezza. Gregorio XIII 
lo confortò con assicurarlo di non 
credere alle incolpazioni de' nemi- 
ci, lo . fece levare in piedi e sede- 
re sopra quattro cardinali, secondo 
i continuatori del Platina, Il Poz- 
zo a p. 201, tom. I della sua i- 
storia^ narra che il gran maestro 
si portò all' udienza di Gregorio 
XIII al Vaticano, con la comitiva 
di sessanta carrozze, dopo essere 
stato visitato dal - sacro collegio, 
dai principi romani, e dagli am- 
basciatori residenti in Roma ; es- 
sendo incontrato sulla piazza di s. 
Pietro da molti personaggi di qua- 
lità , e dalla guardia svizzera. E 
che il Papa lo fece sedere fra i 
cardinali, dandogli il luogo con- 
sueto, fra r ultimo prete e il pri- 
mo diacono. 

Frattanto monsignor Viscon- 
ti proseguiva il processo, quan- 
do Romegas sopraffatto da me- 
stizia non vedendosi in Roma cu- 
rato, ne alloggiato da veruno, do- 
ve che in altri incontri era sta- 
to onorato da ogni ceto di perso- 



GER 

naggi; quindi obbligato dal Papa 
ad umiliarsi a la Cassiere, visitar- 
lo, e rìconoscerlo per suo legittimo 
superiore, mentre pendeva la con- 
troversia, mori di dolore a' 4 no- 
vembre, e con pompa funebre fu 
seppellito nella chiesa della ss. Tri- 
nità de'Monti al Pincio, con epi- 
taffio, ed i turchi da luì tante 
volte vinti, fecero pubbliche alle* 
grezze. Poco dopo assalito il gran 
maestro da grave puntura pel trop- 
pò sangue cavatogli, terminò di 
vivere a' 21 dicembre senza poter 
godere del suo ristabilimento. Il 
dotto Moreti pronunziò Forazione 
funebre nelle solenni esequie, le 
quali furono descritte dal Mucan- 
KÌo. Il di lai corpo fu portato a 
Malta, ed il cuore con onorevole 
iscrizione fu deposto nella chiesa 
di s. Luigi de' francesi di Roma* 
11 prudente Gregorio XIII a prov- 
vedere alla fama del defunto la 
Cassiere, ed a preservare la religio* 
ne di Malta da somiglianti disor- 
dini, nel i583 a'3 settembre pub- 
blicò una bolla con la quale rein- 
tegrò Tonore e l'innocenza del de- 
funto gran maestro, e tolse ai ca- 
valieri il privilegio, in virtù del 
quale pretendevano di potere in 
certi casi procedere contro la per- 
sona del loro supremo superiore, 
come avevano fatto con la Cassie- 
re, e molto prima con Yillaret, 
dichiarando il Papa nella bolla che 
il solo romano Pontefice poteva 
nell'avvenire giudicare delle azio- 
ni de' gran maestri di Malta. 

Gregorio XIII avendo posto fine 
alle contese deli' ordine col perdo- 
nare i rei de'passati tumulti, e per 
evitare qualunque evenienza nell'e- 
iezione del nuovo gran maestro^ ad 
insinuazione dì Enrico III re di 
Francia nominò tre cavalieri per 



GER 253 

candidati, sui quali l'ordine doves- 
se scegliere il gran maestro. Ai 
12 gennaio i582 il capitolo pre- 
scelse da questa terna fr. Ugo de 
Loubens de Yerdalle gran priore 
di Tolosa, generale di artiglieria, 
e già ambasciatore di Malta in Ro- 
ma, che di comun consenso ìh sol- 
levato alla dignità di gran mae- 
stro. Questo gran maestro intro- 
dusse una novità nello stemma 
gentilizio, che al solito inquartò 
con quello della religione. Dappoi- 
ché i suoi predecessori non aven-: 
do mai usato portarvi corona al- 
cuna di principe, ma solamenter 
intorno allo scudo quei pater no-, 
ster di corallo, che denotano il 
colore ed ordine di religiosa ca- 
valleria, come spiega il Pozzo a 
p. 219, egli vi fece allora aggiun- 
gere una corona all' uso ducale. 
Riferisce il Bosio, parte 5, p. 295, 
che Yerdalle fu a ciò indotto per 
impulso de' consiglieri, allegando 
l'espresso comando del Pontefice, 
il quale per onorare il defunto la 
Cassiere come vero principe e gran 
maestro, ordinò al cardinal d*£ste 
che ne' panni funebri, nel letto 
funebre, e nel deposito, facesse 
dipingere, ricamare e scolpire so- 
pra le di lui armi la corona di 
prìncipe. Dipoi Sisto V per rego- 
lare meglio le cose dell'oixiine. Io 
chiamò in Roma, ed egli vi sì recò 
accompagnato da otto gran croci 
e da trecento cavalieri , venendo 
ricevuto colle debite onorificenze e 
distinzioni nel solenne ingresso che 
fece nella città; il Papa lo rice- 
vette in pubblico concistoro con 
trent'otto cardinali, ove gli baciò 
il piede e la mano, e fu da Sisto 
Y ammesso all'amplesso, collocando 
il cerimoniere il gran maestro nel 
solito sito Ha r ultimo cardinale 



254' 6^^ 

prete, ed il primo cardinale dta- 
cono. Venne alloggiato nel palaz- 
so vaticano, neirappaiiamento a- 
bitato dairimperatoi-e Carlo Y, e 
da Cosimo I quando s. Pio V lo 
coronò granduca. Indi Sisto V, 
perchè fosse più rispettato e per 
imporre silenzio ai cavalieii mal- 
contenti^ nel concistoro de' i8 di- 
cembt*e 1587 lo creò cardinale deU 
l'ordine de' diaconi, assegnandogli 
per diaconia la chiesa di s. Maria 
in Portico, non che lo fece pre- 
fètto delle pontificie galere. 

Ciò non produsse l'effetto che si 
tperava, aumentandosi ogni giorno 
le verteoze tra lui ed i cavalieri, 
anche per aver ridotto a miglior 
ibrma gli statuti dell'ordine. Forti- 
ficò l'isola di Malta col castello 
Bosquet, y' inti^odusse i cappuccini, 
ridusse in miglior forma gli statu- 
ti dell'oi'dine arricchendoli delle ef- 
figie e delle notìzie dei gran mae* 
stri ; sotto di lui e nel 1 584 ~ ^^ 
repubblica di Venezia^ pei* alcune 
vertenze, pose il sequestro sopra 
tutte le commende dellordine e- 
sistenti ne' suoi stati , togliendo il 
soldo ai cavalieri ch'erano agli sti*' 
pendi della repubblica, diffei*enze 
che aggiustò il re di Spagna. In- 
oltre il cardinale gran maestro 
fece scrivere in italiano la storia 
dell' ordine da Jacopo Bosio zio 
del celebi*e antiquario Antonio a- 
gente in Roma dell'ordine, autore 
insigne della Roma sotterranea. 
Dopo aver pagato il cardinal gran 
maestro Yerdalle duecentomila scu- 
di di debito^ fu accusato a Cle- 
mente Vili come dilapidatore del 
pubblico erario, onde per pur- 
gaci di tal nera calunnia, fu ob«- 
bligato mandara a Roma il pro- 
prio nipote, e pieno di gloria con- 
tado ì nemici del nome aistiano 



GER 

morì nel iSgS a' 12 màggio, alla 
Valletta, e fu sepolto in magnifi- 
co avello nella chiesa di s. Gio- 
vanni Battista. Sotto di lui il ve- 
scovo Gargallo stabili i gesuiti 
nell'isola di Malta. Indi venne e- 
saltato al magistero Martino Gar- 
ges d' Aragona , che difese V Un- 
gheria dai turchi; mori nel 1601, 
e gli successe Alof de Vignacourt 
di Picardia , sotto il quale Cle- 
mente Vili confermò all' ordine 
i suoi privilegi, esortò la religione 
a mandar soccorsi all' imperatoi'e, 
e cercò di riformare il metodo 
dell'elezione del gran maestro. An- 
che Enrico IV re di Francia con- 
fermò alla religione i privilegi che 
godeva nel suo regno, e nel 1612 
fece altrettanto Francesco duca di 
Mantova, ad esempio del genitore. 
Paolo V nel 1606 emanò un bre- 
ve per l'osservanza delio statuto 
V dell'elezione, cioè che nelle prò* 
mozioni a gran croce il merito 
prevalesse all'anzianità. 

Nel magistero di Wignacourt l'or- 
dine nportò bnllanti vantaggi sui 
turchi; nel 16 16 ordinò il gran mae* 
stro nuove forti fìcazioni a Malta ed 
a Gozo, e fece costruire ad uso ro- 
mano un magnifico acquedotto per 
condurre l' acqua alla nuova città 
ossia alla Valletta: difese i pri- 
vilegi dell'ordine, che vari principi 
volevano deteriorare, ottenne dal- 
l'imperatore Ferdinando li il tito- 
lo di Altezza serenissima^ la con- 
ferma de' privilegi dell'ordine , e 
mori nel 1622. Gli successe Lui- 
gi Mendes de Vasconcellos porto- 
ghese, antico ambasciatore dell'or- 
dine in Francia; ma essendo mor- 
to nell'anno seguente, ne occupò 
la dignità Antonio di Paola di To- 
losa, gran «priore de Saint - Gilles, 
sotto il quale Gregorio XV, con 



GER 

breve de'aa febbraio i6ai, glioooo 
fermò i privilegi che godeva la 
religione gerosolimitana, della qua* 
le l'ordine fece protettore il car« 
dinal Lodovico Ludovisi nipote del 
Papa, essendo solito nominare in 
protettore il cardinale piti stretto 
parente, o &vorito dei Pontefice 
regnante. Mentre era gran maestro 
Antonio di Paola, l'ordine si volle 
opporre alla profusione con cui 
Urbano Vili Barberini concede- 
va le commende del medesimo ai 
propri parenti: Urbano Vili nel 
i6a3 confermò all' ordine tutti i 
suoi privilegi. Avendo questo Pon- 
tefice in gi'ande estimazione la di- 
gnità cardinalizia, a' io giugno 
i63o pubblicò un decreto col 
quale gli accrebbe le preeminen- 
ze, ed in perpetuo gli assegnò il 
titolo di Eminenza^ e di Eminen' 
tissinio (Fedi), che pure concesse ai 
tre elettori ecclesiastici, ed al gran 
maestro dell'ordine gerosolimitano, 
onde il primo ad esserne insignito 
fu il detto Antonio di Paola, che 
però^ neir accettarlo per compia- 



GER 



aSS 



oere al Papa rinunziò il titolo di 
Altezza. 11 re di Francia nello scri- 
vere chiamava i cavalieri dell'ordi- 
ne, Tr^s-chers aniU, ed il gran mae- 
stro Tres'cher et très-airné cousùt. 
Sotto di lui l'ordine ebbe in do- 
no dal lodato Giacomo Bosio un 
palazzo in Roma per abitazione 
del suo ambasciatore nella via Coa- 
dotti, nel rione IV Campo Marzo, 
marcato del numero 68. Il Poz- 
zo nella storia dell'ordine tom. I, 
p. 779 > dice che il palazzo con 
altri beni lo lasciò alla religione 
Antonio Bosio nipote di Giaco- 
mo, quando morì nel 1639. Al 
presente vi risiede il luogotenente 
del magistero , con la cancelleria 
dell'ordine, e si chiama* sacro con- 
irento: nel suo intemo vi sono 
due cappelle private. Neil' angolo 
sud-ovest si legge scolpita in mar- 
mo la seguente onoi*evole memo- 
na, sovrastata dall'arme, pur di 
marmo, della religione gerosolimita- 
na in bassorilievo colle sue inse- 
gne ed emblemi. 



ORDO . MILITYM . HOSPITAL» . S . JOANRIS . HIEROSOLYMITANI 

JACOBVM . BOSIYM 

SYAB • HISTOBIAB . SCRIPTOREM 

IFSIYS . REX • AGENTEM . IIT . VARE 

HAERES . EX . ASSE 

BISCE . m . AEDIBVS 

VRI . HOSPITAVERVHT . VIVEHTES 

VIVERE . JVSSIT . IMMORTALEM 

CAROLO . ALDOBRARDINI . GOMBIENDATARIO 

FRAEDICTI • ORDUnS . APVD . TRBAICVM . VI» . ORATOR 

ANNO . MDCXXXI 



Antonio di Paola agli 1 1 maggio 
j63i convocò il capitolò generale^ 
nel quale furono rinnovati gli statuti 
dell'ordine, nel modo che tuttora 
sono in vigore, e morì a' 16 giu- 
gno i636, nel quale anno la reli- 



gione gerosolimitana stimando su- 
perfluo tenere un agente in Roma 
dove risiedeva il suo ambasciatore* 
ne aboPi l'offizio, quando però cessas- 
se di esercitarlo Lorenzo Rosa che 
ei*a successo nelF agenzia ad Anto- 



256 



GER 



DIO Bosio; ed in suo luogo la reli- 
gione deputò un segretario d'am- 
basciata, il quale fosse cappellano 
oonventuale, o altro religioso pro- 
fesso conventuale, soggetto airam- 
basciatoi*e, da durare tre anni. Avea 
Urbano Vili sino dal i634 man- 
dato inquisitore a Malta il prelato 
Fabio Chigi, il quale col suo accor- 
gimento e prudenza seppe compor- 
i*e le discordie insorte, fra i cava- 
lieri per l'elezione del gran maer 
stro, e gli riuscì ottenere dalla re- 
ligione di Malta, che annullato il 
modo delFantico sci'utinio si accet- 
tasse quello prescritto da Urbano 
Vili, in vigore del quale ai i3 
giugno i636 fu eletto il gran mae- 
stro Giovanni Lascaris Castellar, di- 
scendente dagli antichi imperatori 
di Costantinopoli; nell'anno seguea- 
te il nuovo imperatore Ferdinando 111 
confermò i privilegi della religione 
di Malta nella più ampia forma. 
Male informata la repubblica di Ve- 
nezia nel i64i sull'operato delle 
galere della religione di Malta, se- 
questrò il priorato e le commende 
di essa, esistenti ne' suoi dominii; 
ma conosciuta meglio la cosa, dipoi 
reintegrò l'ordine, togliendo il se- 
questro. Nel 1642 Urbano Vili do- 
mandò ed ottenne l'aiuto di alcu- 
ne galere della religione, delle quali 
per altro non si servì. Mentre il 
Chigi era in Malta, Urbano Vili Io 
fece vescovo di Nardo, per cui fu 
consagrato dal vescovo dell'isola nel- 
la chiesa de' gesuiti, con l'assisten- 
za di due persone costituite in di- 
gnità ecclesiastica per difetto di al- 
tri vescovi, funzione che ivi mai 
erasi veduta. 

Correndo Tanno 1648, Inno- 
cenzo X conferì i privilegi del- 
la religione gerosolimitana . . Nel 
i656 ammalatosi gravemente il 



GER 

gran maestro Lascaris, un cavalie- 
re de'piti riputati ed antichi lece 
molte pratiche per essergli succes- 
sore, fino a promettere simoniaca- 
mente, e patteggiare per comprar 
yoti. Riavutosi dal male il gran 
maestro, ne fece in Malta gran ru- 
more coi cavalieri , ed in Roma 
con Papa Alessandro VII, già in- 
quisitore e visitatore apostolico di 
Malta. Questi che con la bolla di 
Urbano VIII nella sua inquisizione 
avea fatto condannare sì riprove- 
voli contrattazioni, rispose con un 
breve al gran maestro, prometten- 
dogli di frenare l'ardire de'cavalie- 
ri ; quindi tenuto consiglio coi car- 
dinali e prelati sugli affari di 
JMalta, mandò altro breve a mon- 
signor Giulio degli Oddi, inquisi- 
tore, in cui gli ordinò di esclude- 
re come indegni ed inabili all' e* 
lezione, chiunque, vivente il gran 
maestro, movesse trattato di suc- 
cedergli, o dopo la morte sotto 
qualunque pretesto facesse brighe 
per acquistar voci. Il gran mae- 
stro Lascaris sostenne diverge guer- 
re coi turchi, e nel pontificato di 
Innocenzo X si unì alle galere 
pontificie in aiuto de' veneziani, che 
sostenevano contro gli ottomani la 
guerra di .Candia; soccorso che 
rinnovò nel pontificato d'Alessan- 
dro VII, mediante sette galere mal- 
tesi bene fornite. Inoltre il gran 
maestro Lascaris nel i652 comprò 
dai francesi l'isola di s. Cristoforo 
nelle Antille, insieme alle altre mi- 
nori di s. Bartolomeo, s. Martino 
e s. Cit)ce, coir annuenza del re 
Luigi XIV; ma dopo tredici anni, 
riuscendo di discapito tale acquisto, 
nel i665 il commendatore de 
Poincy la rivendette ad una com- 
pagnia mercantile francese, che vi 
igrmò uu ricco stabilimento. Nel 



GER 

ìd^^ Y ambasciatoi'e del granduca 
di Toscana, pretese invano la pi*e- 
cedenxa su quello di Malta in Ma* 
drid, il quale da tempo immemo- 
rabile la godeva su tutti gli amba- 
sciatori che sono di cappella. Po* 
scia nel i546 fu stabilito che il 
capitano* generale delle galere a* 
Tesse dai religiosi il titolo di ec- 
cellenza, e fu introdotto nel con- 
siglio il bussolo del sì, dei no, e 
del neutro. Lascaris dopo aver fon- 
dato una biblioteca pubblica a Mal- 
ta, morì a'i4 agosto 1657. Il suc- 
cessore Martino de Redin, oppor- 
tunamente fece costruire di distan- 
za in distanza delle torri su tutta 
la costa per la difesa dell'isola. 
Nel i658 Alessandro VI! emanò 
una costituzione sopra la rinun- 
zia e concessione de' titoli de'prio- 
rati e baliaggi, onde evitare gli 
abusi introdotti nella rinunzia di 
tali titoli con riserve. 

Nel 1660 divenne cinquantesimo 
ottavo gran maestro Anna de Cler- 
noont-Cbatte-Gessans de Clei*mont- 
Tonnerre fi*ancese, bali di Lione, che 
pel valore e condotta meritò l'affezio- 
ne e la stima de' cavalieri. Nel 
magistero di Raffaele Co toner ^ che 
gli successe nel medesimo anno 
1660, la repubblica di Venezia, 
grata all' ordine pei soccorsi rice- 
vuti nel blocco di Gindia, con spe- 
ciale decreto permise che ne' suoi 
domimi potessei*o i cavalieri della 
religione portare l'armi da fuoco 
per tutto, transitando le città e 
terre^ murate, ciò che avea nega- 
to a tutte le nazioni. Nicola Co- 
toner successo al fratello nel i663 
pegli unanimi suffragi de'cavalieri 
elettori, continuò a soccorrere i ve- 
neziani, e fece costruire formida- 
bili fortificazioni a A^aita, onde ii 
doge Nicolò Sagredó nei 1675 ap- 

VOl. XXÌX, 



GER aSf 

provò i privilegi che la religione 
godeva negli stati della repubblica. 
Cotoner con dolore vide Malta' 
afflitta dalla fiime e dalla peste; 
morì nel 1680^ e gli successe 
Gregono Caraflh napoletano, prìo* 
i*e della Rocella. Nel magistero del 
Cotoner fu tolto l'abuso a quei ca- 
valieri che procuravano di essere 
conclavisti dei cardinali, o loro- 
scalchi, o dapiferi per conseguire 
la facoltà di testare, e di essere 
esenti dagli spogli, venendogli però 
conservati gli altri privilegi. Nel 
i685 sotto il magistero di Gre* 
gorio Caraffa le galere di Malia 
disfecero la flotta d'Algeri, prati- 
carono delle scorrerie sulle coste 
di Barbarla, ed unite a quelle dei 
veneti e del Papa, presero d' as- 
salto Corone, quindi Navarino, Mo- 
done, ec. rendendo 1' impero sul* 
l'Adriatico ai veneti. Innocenzo XI 
felicitò il gran maestro, per sì bril- 
lanti vittorie. Indi nel 1688 il 
gran maestro ed il consiglio ordi- 
narono che gli avvocati che trat- 
tavano le cause in consiglio non 
potessero parlare ognuno più di 
mezz'ora nelle loro dispute, e solo 
un quarto nelle repliche. In detto 
anno la congregazione de' riti, ad 
istanza del gran maestro, concesse 
che i fratelli e le monache del- 
l'ordine, i cappellani ed i ministri 
destinati al servigio delle sue chie- 
se, i quali sono tenuti recitare le 
ore canoniche, in ciascuna quarta 
ferìa non impedita dalla festa di 
nove lezioni, eccetto il tempo del- 
TavventOs della quaresima, e delle 
quattro tempora, possano recitare 
l'offizio di s. Giovanni Battista, 
sotto il rito semplice. 

Adriano de Wignacourt eletto 
gran maestro nel 1690, e nipote 
di Aioli fece fabbricare un magni- 

17 



»5a 



GER 



fico arsenale per la costruzione 
delle galei*e a Malta, la quale fu 
danneggiata negli ediGzi per 1' or* 
ribile teiTemoto de' 12 gennaio 
1698: il gi*an maestro donò tulio 
quello che aveva per riparare ai 
gravi danni, nienti'e il conte di 
Thum ammiraglio deirordine, nel 

1696 s'impadronì di Scio. Adriar 
no terminò la differenza che . da 
quarant^anni era con la repubblica 
di Genova, sul l'am missione de' ge« 

Dovesi nell^ oi*dine gerosolimitano,. 
Glorioso fu il magistero di Rait 
mondo Perellos, eletto neli' anno 

1697 y pei molti ed importanti 
Vantaggi riportati sui turchi, onde 
la sua corte si vide risplendere di 
cinquecento valorosi cavalieri d'o* 
gni nazione > e il commendatoi^e 
de Langon meritò il titolo di ter* 
rore degl* infedeli. Clemente XI 
nel 1704 concesse ai fr. cappellani 
della religione di Malta di poter 
portare il rocchetto^ e la mozzetta 
{paonazza filettata di rosso, nelle 
{Unzioni ecclesiastiche. Inoltre i me- 
desimi conventuali usavano dalla 
festa d'Ognissanti sino al sabbato 
ianto inclusive, cioè al punto del 
Glorìay la cappa formata di lanet- 
ta o ciambellotto rosso, con ar* 
melitno, la quale si teneva sciolta 
in coro al ntodo che usano i cor* 
dìnaii nelle cappelle pontifìcie. £ 
qui noteremo che ii gran prioi^ 
della maggior chiesa conventuale 
di Malta, cioè supenoi*e generale 
in spiritualihus di tutto Y oi^dine 
gerosolimitano , adoperava ovun- 
que Tabìto prelatizio ed anche in 
Koma. Dei flabelli che usava il 
detto gran priore conventuale di 
Malta nelle solenni funzioni^ lo di* 
Gemmo al voi XXY, p. 90 del 
Dizionario, Nello stesso anno 1704 
in Bologna Aldigbiero Fontana 



GER 

pubblicò con le stampe V Orìgine 
della sacra ed eminentissima re<* 
ligione gerosolimiiana^ con la serie 
de^ suoi gran maestri e di Rodi 
e di Malta ^ e delle imprese più 
segnalale de'cavalieri» 

Alla religione gerosolimitana aTep* 
vano Pio IV, e Sisto V concesso la 
facoltà di usare gli altari portatili nel- 
le navigazioni annuali o carovane 
contro grinfedeli, allorché prendeva- 
no terra, per cui Clemente XI nel 
1706 accordò alla medesima di 
poter far celebrare la messa anche 
sui bastimenti in mare, ad esem- 
pio del conceduto da Innocenzo 
Vili. Nel 1708 si trattò in Roma 
la causa del bali Bertoni, il perchè 
Clemente XI di proprio pugno 
scrisse al gt*an maestro Perellos 
di avere avuto tutti i riguardi al- 
la dignità magistrale, e però lo e- 
sortò ad applicarsi con diligenza 
nel ristabilire nel sacra ordine la 
disciplina de' costumi, estirpandone 
i vizi, ed eseixitando i cavalieri 
negli esercizi cavallei^schi e mili- 
tari, massime di matematica e di 
nautica, ed altro che potesse con- 
venire al loit) istituto, e secondo le 
leggi della giustizia, come supremo 
superiore, punisse i cattivi e pre- 
miasse i buoni. Temendosi nel tem- 
po istesso> che l'apparecchio mili- 
tare de^ turchi fosse diretto contro 
Malta, Clemente XI spedi al gran 
maestro quattro galere ben corre» 
date con quattrocento soldati , sot- 
to il comando del cavaliere Fran- 
cesco Ferretti gran priore d* In** 
ghil terra, oltre altre galere che gli 
procui*ò dalla repubblica di Geno- 
va, dai re di Spagna e di Porto* 
gallo, e dal granduca di Tosca» 
na. Avvisò poi il gran maestro, 
che se i turchi attaccavano qualche 
altix) principe cattolico^ tali forza 



GER 

unite a quelle dell'ordine si dotes* 
aei*o unii*e contilo il comune nemi- 
cò. Per questi ed altri marittimi 
aiuti 9 e per altre cinque galere 
che prese a nolo e consegnò ai ca- 
valieri di Malta, Clemente XI con- 
trasse im debito di trecentomila 
scudi, che doveva soddisfare la 
congregazione della fabbrica di s. 
Pietro. Oltre a ciò, il Papa in- 
dusse l'imperatore alla guerra con- 
tilo il turco, sul quale riportò poi 
la celebre vittoria presso Peterwa- 
radino nel 1 7 1 6, onde gli ottoma- 
ni tolsero l'assedio da Cor ftk, avendo 
l'ordine in ciò potentemente secon- 
dato la i*epubblica di Venezia. 
In questo tempo, e nel 1709, Già 
Battista Brancadori Perini pubbli- 
cò a Roma la Cronologia de gran 
maeslri dell'ordine di Malta con 
le loro vite^ e con i rilratd slam* 
pati. 

Al Perellos nel gennaio. 1720 
successe Marc' Antonio Zondadari 
sanese, antico ambasciatore dell' or* 
dine presso la santa Sede; i cava- 
lieri continuarono a purgare il ma- 
re dai turchi, dagli algerini, tuni- 
sini, e tripolini, e da alti-i corsari. 
A' 2 3 di maggio 1721, avendo ì 
cavalieri gerosolimitani vinto ti*e 
vascelli di Tunisi, il gran noaestro 
mandò il gran stendardo navale di 
essi ad Innocenzo XIII eletto in 
quel mese; e questi qual trofèo di 
religione lo mandò alla basilica di 
s. Giovanni in Laterano, con quel- 
le particolarità che si leggono nel 
CanceDieri, Storia de' possessi p. 
355. Mofi il gran maestro a' 16 
luglio 1722, e fu eletto Antonio 
Emanuele de Vilhena portoghese, 
il quale vedendo che due squadre 
turche si raggiravano nelle vicinan- 
ze di Malta, ricorse all'aiuto d'In- 
xiocenzo XIU. 11 Papa primieramen- 



GER aSfg. 

te invocò il divino aiuto con un giù*, 
bileo straoi*dinarìo, quindi si rivolse 
ai principi cristiani acciò si colle- 
gassero coi cavalieri, e nel conci- 
storo de' 16 settembre esortò con 
efficacia i cardinali ad aiutarli an- 
ch'essi con denaro, essendo egli il 
primo a darne l'esempio col vìn 
mettergli ventimila scudi, la metà 
de' quali contribuì col suo peculio^ 
1 cardinali Scotti, Corredini, Tolo* 
mei, Belluga, e i due Spinola som^ 
ministrarono cinquecento scudi peip 
cadauno, e doppia somma i cardi- 
nali Pamphilj , Imperiali, e Sacri- 
panti. 11 gesuita cardinal Salcigno, 
siccome poco provvisto, offri la cro- 
ce di brillanti donatagli dal re di 
Polonia, dalla quale si ricavarono 
mille doppie d' oro di Spagna. Con 
questa generosa pietà romana giun* 
sero nelle mani del gran maestro 
più di . centomila scudi^ che per al- 
tro non fu d'uopo impiegarli conti*o 
il turco, per non aver mosso guerra 
a veruno. Nell'aggiunta al nume- 
ro 730 del Diario di Roma del 
1722, si legge la relazione della 
udienza data da Innocenzo XIII 
in concistoro semipubblico all'am- 
basciatore straordinario della reli- 
gione di .Malta fr. Giovanni Battif 
sta Spinola; il discorso che recitò^ 
e la risposta che a nome del Pa« 
pa pronunziò monsignor Scaglioni 
segretario de' brevi ai principi. M^ 
de Saint- Allais, Vordre de Malte^ 
dice a pag. 89, che Benedetto 
XIII volle onorare i cavalieri nella 
persona del gran maestro Vilhenai 
collo spedirgli in dono lo Stocco t 
berrettone benedetti (Fedi), insegne 
colle quali i romani Pontefici rir 
munerarono i principi e personag- 
gi benemeriti del cristianesimo. 

Nel magistero di fr. Zondadari, nel 
1724 fu stampato in Roipa il ^tl* 



a6o 



GER 



iarium Ordinii Hospitalaris Jt. Joan- 
t^h dt Jerusaìem. Net numeri 3i i6 
e aii5 dei Diari di Roma dd 
1731 è riportata la desa*izione del- 
l' ingresso in Roma fatto con solen- 
ne caTalcata dal barone di Schade 
ambasciatore dell' ordine gerosoli- 
mitano a Clemente XII, l'udienza 
pubblica ch'ebbe in concistoro, e 
le allocuzioni che furono recitate. 
Blorto tal gran maestro nel 1736, 
fu dato a successore fr. Raimondo 
Despuig di Montenegre, già tre 
Tolle luogotenente del magistero; 
ìndi nel 1741 fu eletto gran mae- 
stro Emanuele Finto de Fonseca 
portoghese. Nel 174^ il gran mae- 
stro spedi in Roma per ambascia- 
tore a Benedetto XIV, il bah fi*. 
Guerin de Tencin, che fece il suo 
solenne ingresso con quella pompa 
che descrivemmo al toI. X, p. 3 io 
e seg. del Dizionario. A di lui i- 
stanza Benedetto XIV a' 16 dicem- 
bre 1 743, con la costituzione QuO' 
niariiy concesse parecchie indulgen* 
te, e molti privilegi nella forma 
della Bolla dtlia Crociata (Fedi), 
tanto ai i*eIigìosi cavalieri di que- 
sto ordine, quanto ai sudditi abi- 
tanti nelle isole di Malta e Gozo, 
i quali somministrassero- qualche 
somma di denaro o altro soccorso 
all'oi^dine nella guerra perpetua 
ch'egli faceva agF infedeli: la bolla 
della Crociata nel iSgS Clemente 
Vili Tavea concessa all'ordine per 
le fortificazioni dell'isola. Nel me- 
desimo anno 1 743 Benedetto XIV 
con la costituzione Inter illustria, 
data a' 1 2 maggio, presso il suo 
Bollano tom. IV, p. 74» confer- 
mò nella massima ampiezza tutti i 
privilegi accordati a questo ordine 
ospita la rio dai Pontefici suoi pre- 
decessori, ma volle in qualche mo- 
do assoggettaro alla sanzione apo* 



GER 

stolica anche i contratti di affitto 
a lunga durata. Lo stesso Ponte- 
fice nell'anno 174^ dichiarò che i 
cardinali cavaliei'i professi dell'or- 
dine gerosolimitano potessero porta- 
re sulla mozzetta la cixMse dell' or- 
dine al modo die narrammo nel 
voi. XVIII, p. 265 del Dizionario. 
Veggasi l'Andreucci, DeHierarchìa 
ecclesiastica tom. I, lib. IV De 
cardinali regulari professo ex or- 
dine militari s, Joannis Jerosolynd" 
tani. Nel 1747 Benedetto XIV per 
mezzo di monsignor Luigi Valenti 
suo cameriere segreto, tiBsmise a 
Malta al gran maestro Pìnto, il do- 
nativo dello stocco e berrettone da 
lui benedetti. Nell'anno seguente 
si scopiì in Malta una terribile 
congiura tramata da Mustafa pa- 
scià di Rodi, e prigioniere di guer- 
ra de' cavalieri, il quale d'accordo 
col sultano gran somme di denaro 
spese pel pravo fine: il gran mae- 
stro doveva essere assassiuato, e l'i- 
sola- interamente aveano divisato 
occupatala i turchi. Il pascià fu ri- 
legato in una provincia dell'Asia, 
e gli altri infami suoi fautori pa- 
garono con l'estremo supplizio il 
tradimento. 11 Bercastel, Storia del 
cristianesimo voi. XXXI, a pag« 
2i5 e seg. riporta le desa*izioni 
di questa congiura, e della solenne 
fèsta istituita in memoria di tale 
avvenimento , consistente in una 
perpetua processione a' 6 giugno al- 
la chiesa di s/ Gio. Battista, eoa 
l'intervento di tutto il clero, e di 
tutti gli ordini della città, in rin- 
graziamento a Dio dello scampato 
pericolo. 

La riputazione del gran maestro 
Finto indusse i corsi ribelli de'ge- 
novesi, ad offrire all'ordine la so- 
vranità dell' isola di Corsica, ciò 
che non fu accettato per opposiùo*. 



GER 

fie della Francia; e Federico II re 
di Prussia, dopo aver conquistato 
la Slesia, conservò benché acatto- 
lico le commende che vi possedeva 
l'ordine. Ottenne detto gran mae* 
stro da diversi sovraoi d'Europa, 
che gli ambasciatori deli' Ofdine 
godessero le medesime prerogative 
ed onori che godevano gli amba- 
sciatori delle altre potenze. Bene- 
detto XIV fino dal 174? accordò 
gli onori di ambasciatore regio 
all'ambasciatore di Malta presso la 
santa Sede, come si legge nei nu- 
mero 465o del Diario di Roma <li 
quell'anno, li titolo di Altezza E- 
minentìssima fu riconosciuto com- 
petere al gran maestro da tutti i 
sovrani, dappoiché prima alcuni gli 
davano il solo titolo di Eminenza. Il 
medesimo Finto fu il primo gran 
maestro che decorò l' arme dei gran 
maestro d'una corona come gli al- 
tri sovrani. Politico, abile, eccellen- 
te neir amministrazione della giu- 
stizia, abbellì Malta di edifizi, ed 
aumentò grandemente la pubblica 
biblioteca, per la quale dipoi or- 
dinò Luigi XVI che vi sarchile 
mandata una copia di tutte le o- 
pere impresse nella tipografìa reale. 
Dipoi nel 1781 Fi*^cesco Paolo 
de Sminter pubblicò il Catalogo 
della biblioteca del S. M. ordine 
di s. Giovanni Gerosolimitano. Sot- 
to il magistero di Finto accadde una 
vertenza con la corte di Napoli, ri- 
guardante la giurisdizione del ve- 
scovo, che andiamo ad accennare. 
Sussistendo la convenuta nomina 
del vescovo di Malta per parte del 
re di Napoli in conseguenza della 
terna che presentava il gran mae- 
stro, il vescovo era suffraganeo del- 
la metropolitana di Palermo, quan- 
do nel 1 753 il re di Napoli Carlo 
di JBorbone ordinò ai vescovo di 



GER ji6i 

Siracusa che si portasse nell'isola 
a fiirvi la visita pastorale. Gii abi- 
tanti s'irritarono per tale misura^ 
e costrinsero il vescovo a tornare 
indietro, onde il gran maestro die 
subito avviso di siffatto attentato a 
Benedetto XIV, e alle potenze a- 
miche; indi spedi a Napoli il baPi 
Duegos per rappresentare le ragio- 
ni che l'ordine di Malta sottopo- 
neva alla corte siciliana, confidali- 
do nell'uso contrario osservato da 
più di cento anni. Benedetto XIV 
dopo un congi*esso tenuto con car- 
dinali e prelati sctìsse al re Cario 
in modo pei*suasivo, invitandolo 
paternamente a desistere da tale 
impegno. Il re fece anzi avvisare i 
maltesi che se ricusassero ancora di 
ricevere il visitatore, avrebbe fatto 
sequestrare le rendite che i cavalieri 
godevano ne' suoi stati. Il gran mae- 
stro all'opposto dichiarò, che avreb- 
be fatto altrettanto sulle rendite che 
altrove godevano i commendatori 
napoletani e siciliani, e richiamò il 
bah Duegos. Allora il re proibì ai 
propri sudditi ogni commercio coi 
maltesi, e mise il sequestro alle 
commende gerosolimitane de' suoi 
stati, come altrasi fece il gran mae- 
stro con quelle che i cavalieri na- 
poletani e siciliani godevano in al- 
tri paesi. Indi il gran maestro pre- 
gò le corti di Portogallo, di Vien- 
na, di Parigi e di Madrid aflSnchi 
impegnassero il re di Napoli a me- 
glio ponderare il fondo della ra- 
gione, sulla quale il vescovo di Mal- 
ta stabiliva la sua indipendenza 
dall' arcivescoTO di Palermo. Impe* 
gnossi particolarmente il Pontefice 
su questo aliare per modo, che nel- 
l'anno seguente ottenne che am- 
bedue le parti dissidenti si com- 
promettessero nella sua impai'ziaie 
decisione. Fu dunque conchiusoj 



!i6a GER 

die Benedetto XIV in qualità di 
sommo Pontefice pregasse con let- 
tera il re di Napoli a lasciar le cose 
nello stato in cui erano per riguar- 
do alla visita pastorale; che fosse 
ristabilito il reciproco commercio^ 
e si togliesse daUe parti il seque- 
stro alle commende. Il re Carlo 
a' 27 dicembre 1754 rispose alla 
lettera pontificia, con piena adesio- 
ne di tutto. 

Dopo la morte del gran maestro 
Finto a' 28 gennaio 1778 fu elet- 
to successore fr. Francesco Ximenes 
de Texada di Na varrà, a cui Cle- 
mente XIV nell'anno seguente, per 
ineszo di monsignor Girolamo Bo- 
nanni de' principi della Cattolica, 
mandò lo stocco e berrettone be- 
nedetti: r eminentissimo gran mae- 
stro regalò Tablegato del suo ri- 
tratto contornato di brillanti del 
valore di scudi tre mila, una su- 
perba croce dell'ordine, un'annua 
pensione di scudi trecento, oltre 
altri distinti regali. Mentre le squar 
dre dell'ordine con le truppe spa- 
gnuole formavano l'assedio di Air 
geri, ebbe luogo in Malta una ri- 
bel lìoqe, che descrìve il citato Ber- 
caslel nel voi. XXXIV, p. 164 e 
seg. Alcuni ecclesiastici di concerto 
con due disgraziati, uno de' quali 
^va caporale nel castello di s. El- 
mo, e l'altro un uomo licenziato 
tdal servizio militare, tentarono un 
colpo quanto temerario altrettanto 
indegno del loro carattere. A' 9 
settembre 1775 a mezza notte tro- 
varono il modo d'impadronirsi del 
fcasteilo, occuparono i posti più im- 
portanti onde rendersi padroni del- 
la città propriamente denominata 
la Valletta, e v'inalberarono una 
bandiera di nuova foggia. Venuto 
ciò in cognizione del gran maestro, 
face chiudere le porte della città 



GER 

e del palazzo magistrale^ mise in 
armi più gente che potè, fornea- 
dogli l'ambasciatore di Francia 
centoventi francesi, e tutti furono 
messi sotto il comando del prind- 
pe di Rohan-Polduc, generale del- 
l' ordine. I ribelli uccisero il cava- 
liei*e Marcellino Corio, minacciaro- 
no spianar la Valletta, e dar fuo- 
co alla polveriera. S'interpose il vi- 
cario generale del vescovo, ma con 
poco successo, quando il maggiore 
del castello essendo uscito di pri- 
gione, con due cavalieri ed un pu- 
gno di gente ivi detenuta, con som- 
mo valore ed inaudito ardire po- 
terono superai^ i pochi ribelli, e 
rendersi padroni del castello, con 
che restituirono la libertà e la quie- 
te alla Valletta. I principali auto- 
ri della rivolta pagarono la meri- 
tata pena col capestro, e tra que- 
sti il sacerdote Gaetano Mannari- 
no già zelante missionario e pre- 
dicatore, sedotto ad impresa si te- 
pieraria ed iniqua. 

Intanto la discordia tra il ve- 
scovo di Malta fr.. Carmine Gio- 
vanni Pellerano già cappellano del- 
l' oixline, ed il gran maestro, si 
aumentò in modo, che il prela- 
to fu costretto abbandonar la sua 
chiesa e portarsi in Roma. Pio 
VI per porre riparo allo scandalo 
di alcuni cattivi ecclesiastici, ed ot- 
tenere una salutare e rigorosa ri- 
forma di essi, ordinò con suo bre- 
ve che ninno nell'isola di Malta 
potesse promoversi alla tonsura se 
non a titolo di benefizio o cappel- 
lania perpetua, né agli ordini mi- 
nori prima d'anni dieciotto di età, 
e che l'ordinando fosse già, stato 
almeno per tre anni in seminario, 
e se ne avesse certificato di sua buo- 
na condotta. Afflìtto il gran mae- 
stro da questi avvenimenti, moi'i 



GER 

agli II novembre dell'anno 177?, 
e pei suffi-agi unanimi degli elet- 
tori fu esaltato ai magistero (r, 
Francesco Maria Emanuele de Ro- 
hau-PoIduc, generale delle gale- 
re dell'ordine, il quale convoca un 
capìtolo generale nell'anno seguen- 
te, ciò che non erasi più fatto do* 
pò il i63t, per provvedere ai bi- 
sogni deir ordine, che in Polonia 
vide istituirsi un nuovo gran prió* 
rato. Nel 1777 Pio VI compi la 
totale unione dell' ordine de' cano- 
nici regolari di $, Antonio detto 
deìfuocoy che dal predecessore Cle- 
mente XIV era stato soppresso, con 
l'ordine gerosolimitano, per secon- 
dare le istanze di diverse potenze 
cattoliche, ed allora il gran mae- 
stro di Malta prese eziandio il ti- 
tolo di gran maestro di s. Anto- 
nio. Dell' ordine di sant' Anto- 
nio, e della chiesa ed ospedale che 
aveva in Roma, se ne parla in va- 
ri luoghi di questo Dizionario, mas- 
sime ai voi. VI, p. 807; e VII, 
p. 117 e 261. Anticamente nello 
spedale di Antonio si curavano gli 
infermi attaccati da un male detto 
ilfiioco di s. Antonio, ma siccome 
tal malattia non sempre afflisse la 
umanità, in progresso di tempo vi 
si ricevettero le persone ofièse dal 
fuoco, per cui Pio VI dopo la nar» 
rata disposizione, ordinò che gli 
scottati si ricevessero nell'arcispe- 
dale del ss. Salvatore ad Sancta 
Santorum, come fa fede un'iscrizio- 
ne marmorea in esso esistente. 

Nei 1778 Pio VI si fece media- 
tore tra il gran maestro ed il ve- 
scovo di Malta^ onde per le sue 
persuasive ed autorità, riunì l'esu- 
le pastore al suo gregge ed al suo 
sovrano; quindi nel 1781 il me- 
desimo Papa per le istanze del- 
F elettore palatino di Baviera Car* 



GER 263 

10 Teodoro, gli accordò la facoltà 
di fondare nella Baviera una nuo* 
va lingua dell'ordine gerosolimita- 
no, ed incaricò monsignor Bellisoml 
nunzio di Colonia di trasferirsi ia 
quell'elettorato, per concertare lo 
smembramento di vari beni dei 
regolari per la somma di settecen- 
to mila fiorini, e fondare due graa 
priorati, e trenta commende. Il 
gran maestro de Roban si occupò 
d'un nuovo codice più conforme 
agli usi degli abitanti di Malta, 
con utili riforme, operazione che 
avea incominciata il gran maestro 
Vilhena. Mentre la pace che go- 
deva i' ordine sembrava preparargli 
giorni gloriosi, la rivoluzione fran» 
cese gli portò il colpo più funesto. 

11 gran niaestro de Rohan si di- 
portò saggiamente, ricusò coUegarst 
con altre potenze, e si dimostrò 
neutrale; ma il decreto della con- 
venzione di Parigi de' 19 settembre 
1 792, con sopprimere tutti gli or- 
dini religiosi in Francia trafisse i'd- 
nimo del gran maestro, per cui a 
lui fu attribuito un manifesto con- 
tro la Francia, in data io ottobre 
dell' anno 1798, mentre in vece 
usò di tutta l'ospitalità coi vascelli 
francesi, somministrando loro il de- 
naro e le vettovaglie, di cui ave- 
vano bisogno. Intanto nel 1795 il 
gran maestro spedii l'ambasciatore 
bafi Litta, all'imperatrice di Rus- 
sia Catterina li, per ottenere dalla 
sua giustizia la conservazione dei 
beni dell'ordine in quella parte di 
Polonia, ch'era divenuta suo do* 
minio. L'imperatrice accolse beni- 
gnamente il baPi, e nel succedergli 
nel 1796 Paolo I suo figlio, si^« 
chiaro protettore dell'ordine, ordinò 
che i suoi beni sarebbero aumen- 
tati in Polonia, e che sarebbe eret- 
to un priorato ia Russia. L'impe- 



ti64 GER 

ratore desiderò di essere annoTera- 
to neir ordine, ne ricevette la gran 
croce per lui e pei suoi figli, che 
pure ebbero il conte Besborodsko 
gran cancelliere dell'impero, ed il 
principe Kourakin vice- cancelliere. 
L'atto di protezione dell' ordine 
gerosolimitano V imperatore lo se- 
gnò a'i5 gennaio 1797. 11 gran 
maestro de Rohan offrì Malta in 
asilo ai cavalieii pei*seguitati dal 
go>verno della repubblica francese, 
senza badare a spesa: dopo aver 
fatto costruire alcuni pubblici edi- 
fizi, ed un magnifico osservatorio, 
dichiarò suoi esecutori testamentari 
i cavalieri de Greische-de-Jallau- 
court suo cameriere maggiore, e 
M iari ; designò per suo luogotenen- 
te il baPi Vacon de Belmont, e mo- 
rì a' i3 luglio 1797. A' 17. detto 
fu eletto Ferdinando de Hompesch 
tedesco, già ambasciatore dell' ordi- 
ne a Vienna^ e gran bali di Bran- 
deburgo. Il trattato di Leoben con- 
chiuso a' 18 del precedente apri* 
le, avea spogliato l'ordine di tutti 
i possedimenti che avea nei domi- 
ni! di Francia, ed in quelli da lei 
conquistati. Minacciati i sovrani nei 
loro stati, ninno potè proteggere 
l'ordine, tranne l'imperatore Fran- 
cesco II, che dimostrò efficace pre- 
mura. 

I funesti effetti della rivoluzione 
francese , e la sua influenza ben 
presto penetrarono neil* isola di 
Malta, per cui diversi abitanti di 
essa, dimentichi di quanto doveva- 
no ai cavalieri, divennero impazien- 
ti di sottrarsi al loro dominio, e 
si posero in corrispondenza col di- 
rettorìo parigino. La maggior parte 
degl' istorici che hanno scritto si 
deplorabile avvenimento si sono 
mostrati parziali alla Francia ,. e 
nemici all'ordine,' procurandone l'av- 



GER 

vilimento. In fatti essi pubUicaro* 
no, che l' indolenza e .l' incapacità 
del gran maestro eccitò ne^ cava*: 
lieri viva inquietudine, che voleva- 
no difendere l'ordine e sostenei^e 
l'integrità del loro territorio; men- 
tre altri ascritti alle società segre* 
te, d'intelligenza collavvocato Re- 
gnault de s. Jean d'Àngely, e per 
le mene dei commendatori Bosre- 
don segretario del . tesoro, e Dolo* 
mieu ne minavano l' esistenza, co- 
me si legge nella Relazione delUt 
occupazione di Malta di Miehaud 
de Villette. Personaggi testimoni 
oculari dell' accaduto, e ch'erano 
interessati nel lustro dell'ordine, in 
vece raccontano quanto diciamo* 
Dopo che la repubblica francese 
spogliò l'ordine di tutti i suoi be- 
ni, così in Francia, come nei paesi 
conquistati, passò ad impadi*onii*si 
dell'isola di Malta, e per fare ciò 
con sicurezza adoprò seduzioni e 
ti*adÌBienti. Inviò in Malta a tale 
effetto e sotto vaiì pretesti buon 
numero dì satelliti, e costoro uni* 
rono in società segrete, i cittadini 
delle classi medie, e due o tre ca- 
valieri delle^ loro nazione : fra que- 
sti satelliti VI fu il francese Pierre 
vestito in abito greco, e certo Po&- 
selgue parente d'un banchiere sta- 
bilito in Malta; ed il nominato 
Dolomieu venne di Francia con la 
flotta. In tutto il tempo della ri- 
voluzione l'ordine si mostrò neu- 
trale, e perciò hjòvl era preparato 
a sostenere al^na invasione, e non 
la poteva supporre^ pei servigi resi 
ai suddetti vascelli provenienti da 
Egitto. Ad ipnta di ciò la loro im- 
presa forse sarebbe andata a vuoto^ 
senza il tradimento di gran parte 
della nazione. Intanto il direttorio 
francese gonfio per le riportate vit- 
torie , n^inacciando uno sbarco ia 



GER ' 

Inghilterra, affidò ai generale Na- 
poleone Bonapai'te un esercito di 
trentamila veterani, imbarcati so- 
pra una flotta di cinquecento ba- 
stimenti da trasporto, quattordici 
vascelli da guerra, varie fregate, e 
molti legni minori, e perciò una 
delle più poderose flotte che aves<' 
sero solcato il Mediterraneo, essen- 
done ammiraglio Broeys. La flotta 
salpò da Tolone il dì 19 maggio 
1798, e quantunque si denominas- 
se Tata sinistra dell'armata d'In- 
ghilterra, nel giorno 20 o 21 giu- 
gno gettossi in vece sopra Malta 
che trovò senza militare apparato. 
Pretese il comandante Broeys l'in- 
gresso nel porto, ma gli fu negato 
per le leggi della neutralità. Nella 
notte dei 23 giugno l'armata fran- 
cese vi eseguì lo sbarco in sette 
diversi punti , ed occupò con de- 
bolissima resistenza le piii impor- 
tanti posizioni, contando come di- 
cemmo, dei partigiani fra i delti 
cavalieri, e fra i maltesi, che ser- 
virono all'audace nemico di guida, 
mentre che per difendere tutto il 
littorale non sarebbero bastati tren- 
tamila uomini. Il bali Tommasi in- 
dusse gli animi di molti a difen- 
dersi entro la Valletta, ma dopo 
ventiquattro ore fu sospeso il fuoco, 
ed il commendatore Candid», al pre- 
sente luogotenente , incaricato del- 
la custodia degli schiavi e forzati, 
avendo saputo che in un magazzino 
della marina di proprietà del fran- 
cese Àgnau vi erano nascosti più 
centinaia di satelliti venuti qualche 
giorno prima della squadra sud- 
delta , sopra bastimenti con ban- 
diera ragusea, ne diede subito av- 
viso alla piazza, e molti del popolo 
unitisi alla forza cola inviata, inva- 
sero il magazzino, ed allora parte 
dei nascosti riuscirono di fuggi- 



GER 



26J: 



i*e, molti furono presi, e molti uc* 



cisi. 



La congiura era ordita in maniera 
che alla prima esplosione di bom- 
ba, che avesse Bonaparte ordinato, 
i cavalieri dovevano essère truci'^ 
dati, e ciò facilmente poteva ese- 
guirsi, mentre dispersi in vari punti 
dell'isola che dovevano difendere, 
non potevano garantirsi. In tale 
stato di confusione comparve al 
palazzo una deputazione di distinti 
maltesi, e numerosa perchè formata 
di più di cento ; gliene fu negato 
l'accesso, e solo venne accordato a 
dodici di essa di presentatasi al gran 
maestro Hompesch e consìglio. Con 
sommo ardire i deputati pregarono 
il gran maestro di capitolare, mi- 
nacciandolo, che s'egli non Io fa- 
ceva, l'avrebbero fatto da per loro. 
In tali circostanze essendo l'ordine 
senza tutti i mezzi di difesa, fu co- 
stretto domandare la capitolazione; 
dappoiché il gran maestra e consiglio 
che appena comparsa la flotta si 
erano uniti in seduta permanente^ 
e da Vano gli ordini per fere un'e«-. 
nergica difesa, essi non erano ese- 
guili, e i maltesi entrati in diffi- 
denza, non ubbidivano più ai loro 
comandanti, e vari cavalieri francesi 
furono trucidati come supposti t|*adi- 
tori. Venne pertanto sospeso il fuo«> 
co che facevano le fortezze, s'in- 
viarono dei deputati a bordo del- 
l' Oriente ove si trovava Napoleo- 
ne, il quale sicuro del suo potere, 
dettò come gli piacque gli articoli 
della capitolazione, senza calcolare 
le rimostranze dei deputati. Altri 
scrissero che il gran maestro d'Homr 
pesch convocò l'assemblea, che seb- 
bene incompleta, pattuì la dedi- 
zione deli' isola sotto la garanzia « 
mediazione della Spagna rappre- 
sentata 4al Cav. Amat, suo incari- 



q66 GER 

calo d'affari a Malta, ed avendo il 
general Marmont impiegato tutti i 
mezzi di corruzione. Cosi terminò 
dopo duecento sessant'otto anni il 
glorioso dominio che V inclito or- 
dine gerosolimitano avea esercitato 
sull'isola di Malta, ed ai congiu- 
rati riuscì carpire dal consiglio, 
senza che neppure fosse cominciato 
l'assedio nelle forme, la più igno- 
miniosa capitolazione ne' seguenti 
otto articoli, sottoscritti a* 12 giu- 
gno. 

I. 1 cavalieri dell'ordine dì s. 
Giovanni gerosolimitano rimette- 
ranno all'armata francese la cit- 
tà ed i forti di Malia, rinuncian- 
do in favore della repubblica fran- 
cese i diritti di proprietà e di so- 
vranità. 

II. La repubblica francese im- 
piegherà la sua influenza al con- 
gresso di Rastadt, per procurare al 
gran maestro, sua vita naturale du- 
rante, un principato equivalente a 
quello che perde. Si obbliga in- 
tanto di pagargli un' annua pen- 
sione di trecentomila franchi, oltre 
all'importare di due annate di pen- 
sione, a titolo d' indennità de* mo- 
bili. Durante il suo soggiorno in 
Malta continuerà egli ad avere gli 
onori militari, di cui godeva. 

UT. i francesi cavalieri attual- 
mente residenti in Malta, che ver- 
ranno riconosciuti tali dal genera- 
le in capo, potranno rientrare nel- 
la loro patria, e il loro soggiornp 
in Malta verrà considerato come 
un soggiorno fatto in Francia. Ciò 
deve essere dichiarato comune an- 
che ai cavalieri delle quattro re- 
pubbliche alleate della Francia. 

lY. La repubblica francese fis« 
sera una pensione vitalìzia di set- 
tecento franchi ai cavalieri di Mal- 
ta francesi, che attualmente risie- 



GER 

dono in Malta, e di mille franchi 
a' cavalieri , che hanno od oltre- 
passano t sessanta anni. Ciò pure 
dev'essere accoixlato dalle nspetti- 
ve quattro repubbliche alleate , ai 
cavalieri della loro nazione. 

V. La repubblica francese sì ado- 
pererà presso le altre potenze d'Eu- 
ropa, affinché conservino a' cava- 
lieri della loro nazione l'esercizio 
de' loro diritti sui beni dell'ordine 
di* Malta ch'esistono ne' loro stati, 

VI. Riterranno i cavalieri le lo- 
ro proprietà private. 

VII. I cittadini delle isole di 
Malta e Gozo continueranno ad a- 
vere, come per lo passato, il libe- 
ro esercizio della religione cattoli- 
ca, apostolica, romana, e serberan- 
no intatte le loro proprietà e pri- 
vilegi, e non soggiaceranno ad al- 
cuna contribuzione straordinaria. 

VllL Tutti gli atti civili fatti 
sotto il governo dell'ordine, saran- 
no riconosciuti, ed avranno piena 
esecuzione. 

Bonaparte e i deputati sottoscris- 
sero la convenzione, che per altro 
il gran maestro non segnò, anzi si 
rifiutò di recarsi co^ suoi cavalieri 
a rendergli omaggio, ad onta del 
convenuto. I francesi con le ripor- 
tate condizioni, che nulla accorda- 
vano, e tutto toglievano, senza ti- 
rare un solo colpo di cannone, 
divennero padroni d'una fortezza 
inespugnabile, ch6 forse avrebbero 
durato più fatica se vuota d'abi- 
tanti avessero dovuto aprirne le 
porte. Né questa si dovette conside- 
rare soltanto una perdita irreparabi- 
le all'ordine, ma bensì a tutta la 
cristianità. I francesi trovarono nel- 
r isola millecinquecento cannoni, 
mille de' quali in bronzo, trentacin- 
quemila fucili, duecento barili di 
polvere^ provvisioni d'ogni specie, 



gi:r 

molti Tascelli e galere, e copiosi 
effetti d'oro e d'argento apparte- 
nenti al tesoro di s. Giovanni, al- 
l'ospedale, ed all'ordine, pel valore 
di tre milioni di pezzi duri, e di 
tutto s' impossessarono al suono 
delle parole libertà ed egtitfglian'^ 
za, Napoleone a' i3 giugno fece il 
suo ingresso in Malta, ove si ti^at- 
tenne cinque o seigiorni. Le trup- 
pe dell'ordine aumentarono le fran- 
cesi per l'invasione dell'Egitto, 
dappoiché Napoleone comandò una 
leva generale, che s' imbarcassero 
sulla flotta francese tutti i mari- 
nari dell'isola, le guardie del gran 
maestro, tutti i soldati di truppa 
regolare, e persino i più giovani 
cavalieri, con che aumentò di tre 
mila uomini le sue foi*ze. S'im- 
padronirono i francesi dell'archivio, 
e tranne diversi processi che bru- 
ciarono, esso tuttora si conserva in 
Malta. Il generale Reynier occupò 
Gozo; il generale Yaubois restò 
nell'isole con quattromila uomini 
di guarnigione, ed il governo prov- 
visorio fu l'etto dal nominato Re- 
gnault commissario, essendone pre- 
sidente r ex-commendatore Bosre- 
don, e membri coloro che eransi 
mostrati più zelanti delle nuove 
massime democratiche. Tutti i ca- 
valieri non adei*enti a queste no- 
vità , furono dispem ed esiliati , 
non esclusi quelli di nazione fran- 
cese che vennero trasportati in An- 
tibo. Venne espulso dalla chiesa di 
s. Giovanni il priore coi canonici 
conventuali, la chiesa fu dichiarn^ 
ta cattedrale dell'isola, e il vesco- 
vo della città vecchia co' suoi ca- 
nonici, tutti in mitra, dovette can- 
tare con solenni là il Te Deum, 
sotto quel baldacchino stesso dove 
era solito starvi il gran maestro; 
,NapoleoQe partì con la flotta pet 



GER 167 

la spedizione di Egitto, e con la 
fregata Sensìbile mandò in Fran- 
cia i principali frutti della con- 
quista, che però fu catturata' da- 
gr inglesi. Qui noteremo, che dopo 
la disfatta della flotta francese in 
Aboukir, provocati i maltesi dal- 
l'Inghilterra, si sollevarono contro 
la guarnigione francese, che ridot- 
ta a duemila uomini si rinchiuse 
nella Valletta. Alcune navi o fre- 
gate portoghesi cominciarono il 
blocco, che fu poi proseguito da 
Nelson, reduce dalla battaglia vinta 
in Egitto, che vi sbarcò truppe di 
terra: tanto scrissero alcuni, ma 
l'assedio per terra fu sostenuto dai 
maltesi e dai napoletani. Vaubois 
per due anni intrepidamente sos- 
tenne Fassedit), e fu obbligato a* 5 
o 7 settembre 1800 segnare ono- 
revole capitolazione , accordandosi 
ai maltesi intera amnistia; e le ar- 
mi inglesi per signoreggiare il Me- 
diterraneo occuparono si importan- 
te posizione. Per la pace d' Amiens 
del 25 marzo 1802, gì' inglesi 
ebbero colla mediazione di Bona- 
parte le isole di Ceylan e della 
Trinità, ma dovevano secondo l'ar- 
ticolo X in compenso restituire l'i- 
sola di Malta indipendente, con 
Gozo e Cornino all'ordine gero- 
solimitano, una giunta del quale 
avea fatto all' universo le sue pro- 
teste sino dal momento dell'occu- 
pazione. L' Inghilterra si prese i 
compensi^ ma Malta sempre riten- 
ne, e dopo la caduta deli' impero 
francese in forza del trattato di 
Parigi del i8i4> ne assicurò it 
possesso e perpetuò il suo dominio. 
Sull'isola di Malta, e sue adia- 
cenze, oltre quanto diremo al già 
citato suo articolo, si possono con- 
sultare i seguenti suoi storici. Gio« 
vanni Eduo Quintino^ Insulae Me* 



1^68 GEK 

iitae descrìpdoy Lugdunl i536: fu 
tradotta dal Sansovino con questo 
titolo, Descrizione di Malta e del 
sito governo^ Venezia 1 545. Paolo 
del Rosso, Volgarizzamento degli 
statuti della religione di Malta con 
una nuova descrizione deW isola y 
Firenze 1570. Girolamo Borg, Bre- 
ve descrizione delusola di Malta 
con tutti li successi che per lo spazio 
di tre mesi avvennero y mentre s. Pao* 
lo dimorò in essa, ed altre partico- 
laritàf Roma 1600. Gio. Francesco 
A bela, Della descrizione di Malta^ 
sue antidata ed altre notizie. Malta 
1647. Fr. Geronimo Manelli, Vi- 
te dei gran maestri della sacra re- 
ligione di s. Giovanni Gerosolimi~ 
tono di Malta s Napoli 1676; e 
Memorie de' gran maestri del mi" 
Utare ordine gerosolimitano , Par* 
ma 1780. Burcardo Nideretet, 
Malta vetus et nova^ adomata, au- 
spiciis et jussu Cristophori Gaspa- 
rise Blumenthal,He\me&isLd\ì i6g5. 
Onorato Bres, Malta antica illii' 
strata co* monumenti e coWistoria^ 
Roma 18 16. 

Il governo de' cavalieri di Mal- 
ta in quest'isola, era in parte mo- 
narchico, ed in parte arìstocrati- 
co. Era monarchico rispetto al gran 
maesiix), in ciò che risguardava 
gli abitatori dell' isola di Malta, e 
delle sue dipendenze, sopra delle 
quali esercitava un'autorità sovrana: 
tutti i cavalieri dell' ordine dove- 
vano a lui ubbììlire in ogni cosa 
che non fosse contraria alla rego- 
la ed agli statuti della religione; 
il gian maestro faceva coniar mo- 
seta, concedeva grazie d'ogni spe- 
cie, conferendo priorie, baliaggi, 
commende, benefizi ec. Aveva poi 
deirariatocrazia, mentre ne'piiì im- 
portanti affiiri lìsguardanti i ca- 
valieri e la religione^ il gran mae? 



GER 

stro ed il consiglio esercitavano in* 
sieme un' assoluta autorità , ed il 
gran maestro vi aveva due soli 
voti come capo. Il consiglio era 
di due sorta , V ordinario , ed il 
completo; al consiglio ordinario as- 
sistevano il gran maestro come 
capo, il suo luogotenente , ed i 
gran croci , eh' erano il vesco- 
vo di Malta, il priore della chie- 
sa conventuale, che può essere di 
qualunque lingua, tutti i priori e 
bah conventuali, i gran croci ed 
i ha fi capitolari e titolari, il gran 
tesoriere, e il gran siniscalco del 
gran maestro^ che però non dava 
voto. Il consiglio completo era com- 
posto dei gran croci, e dei più an- 
ziani cavalieri di ciascuna lingua, 
cioè due per cadauna. Chiamavansi 
lingue le differenti nazioni , delle 
quali l'ordine ei^ ed é composto: 
queste lingue, come dicemmo di 
sopra, furono in origine otto, cioè 
Provenza, Alvernia, Francia, Italia, 
Aragona, Alemagna , Castiglia, ed 
Inghilterra la quale dopo lo sci- 
sma essendo esclusa, le lingue re- 
starono a sette, e tornarono poi 
ad otto neir istituzione della lin- 
gua di Baviera. Ciascuna lingua a- 
veva il suo capo a Malta, chia- 
mato piliero, o balio, o bailo con-' 
ventuale, e da ciascuna di esse di* 
pendevano molte gran priorie , e 
diversi baliaggi capitolari , eccet- 
tuato il priorato della chiesa del* 
l'ordine, e la commenda di Cipro-, 
ambedue baliaggi capitolari , dw 
erano comuni, e perciò soggoli a 
tutte le lingue. 

Il piliere della lingua provenzale^ 
aveva il grado di gran commenda" 
tore, presidente del tesoro, avente in 
cura tutte l'entrate della religione 
e delle vettovaglie, e sotto a lui era- 
no ì priori di 8. Gilles e di Tolosa, e 



GEtl 

U bali di MaWasca: dopo il gran 
maestro veniva il gran commen- 
datore, essendo la lingua proven- 
zale la prima dell'ordine in osse- 
quio del fondatore del medesimo 
Gerardo di Provenza. La lìngua 
deWAhernia aveva il gran mare' 
sct'alio, che presiedeva alla giusti- 
zìa; il priore di Àlvernia era il ba- 
li di Lione. II gran maresciallo 
eleggeva l'alfiere coU'approvazione 
del gran maestro e del consiglio. 
La lingua di Francia aveva il 
grande spedaliere, titolo in prima 
del gran maestro; era sopra 1* in- 
fermeria, ed eleggeva l'infermiere 
che doveva essere della lìngua di 
Francia; erano sotto di esso i prio- 
li di Francia , di Àquitania , di 
«Sciampagna, il bali dì IVIorea^ e il 
gran tesoriere. La lingua d'Italia 
aveva il grande ammiraglio , che 
presiedeva all'arsenale ed alle ga- 
lere; ed i priori di Roma, di Loin- 
bai*dìa, di Venezia , di Pisa, di 
Bai-letta, di Messina, di Capua; 
i baPi di s. Eufemia, di s. Stefa* 
no, dì Venosa , di Napoli, di To- 
rino dì 5. Sebastiano, di Roma. 
II grande ammiraglio eleggeva il 
generale delle galere coU'approya- 
zìone similmente del gran maestro 
e del oonsiglios La lingua d'Ara- 
gona aveva il gran conservatore 
detto anticamente drappiere^ di'e- 
)*a per la conservatoria, il castel- 
lano di Emposta , i priori di Na- 
varrà e dì Catalogna, il bali di 
Negropontc;, eh' era pur comune 
con la lingua di Castiglia, il bali 
di Majorica, e quello di Gispe. La 
lingua d'Alemagna aveva il gran 
bati^ che avea la cura di governa- 
tore del Castel s. Pietro, poi delle 
fortezze, sotto di lui erano ì pHo- 
ri d'Alemagna, di Boemia, d'Un- 
gberia^ di D. . . . e il bali di 



GER 169 

Brandeburgo. La lingua di Ca* 
stiglia e di Portogallo aveva il 
gran cancelliere , ed inoltre i prio- 
ri di Castiglia, di Portogallo, i ba- 
li di Lorca , del s. Sepolcro, di 
Toro, di Lessa, di Acri e di No- 
ve vi Ile, non che il bali d'Armenia 
comune a tutte le lìngue, e il gran 
commendatore di Cipro. La lingua 
d'Inghilterra , che aveva il priore 
d'Inghilterra,- il priore d' Ibernia 
ed il bafi d'Aquila. Questa lingua 
aveva per capo il turcopoliere y o 
sia generale della cavalleria e fan- 
terìa, dignità che dopo la soppi'es- 
sione della lingua fu riunita da 
Gregorio XIII al magistero; quin- 
di tale uffizio sì esercitò da ogni 
lingua con altro titolo, ad elezjo- 
ne del gran maestro, coli' appro- 
vazione del consiglio. 

L'abitazione o palazzo dì cia- 
scuna lingua chiama vasi albergo^ 
perchè vi andavano a mangiare i 
cavalieri dipendenti da quella lin- 
gua , ed in esso ordinariamente 
radunavansi. Dai regolamenti spet- 
tanti la maniera con cui dovevano 
i cavalieri comportarsi in quegli 
alberghi, apparisce che vivevano 
essi in un'esattissima osservanza re- 
golare. In ogni gran priorato di 
dette lingue era vi un certo nu- 
mero di commende come negli t>- 
dierni, alcune destinate ai cavalie- 
ri di giustizia, altre ai cappellani 
ed ai serventi d' armi. Talune di 
siflàtte commende si dissero mae- 
8ti*alì, come quelle ch'erano annes- 
se alla dignità di gran maestro, 
che ne disponeva a suo piacer^ 
tali alti*e furono dette dì giustizia, 
perchè si conferivano ai cavalieii 
per merito di anzianità di servi- 
gio; ed alcune finalmente ebbero 
nome di commende di grazia, per- 
chè il gran maestix) ed ì gran 



27© GER 

priori soIeTano darle a chi meglio 
stimavano, dicendosi di grazia ma- 
gistrale quelle concesse dal gran 
maestro; cose tutte che sono an- 
cora in vigore. Conviene notare 
che le commende di grazia o di 
giustizia si chiamano così secondo 
il modo col quale si ottengono, 
pure si dicono di giustizia quelle 
commende che si posseggono per 
diritto d'antichità, o per migliora- 
mento. L' antichità si conta dal 
tempo dell'accettazione neirordine; 
ma bisogna inoltre che chi aspira 
ad una commenda abbia fatto 
cinque anni di residenza ove ri- 
siede l'ordine, o quattro carovane 
o sia viaggi in mare, ovvero i cin- 
que anni di servizio che il cava- 
liere fa alla religione possono con- 
sistere in due anni di corso sopra 
le galere o vascelli della religione, 
e tre anni dimorando nel conven- 
to ove risiede V ordine, laonde il 
detto servigio di cinque anni ap- 
pellasi appunto carovane; fuori di 
questi cinque anni i cavalieri possono 
stare dove loro piace, fuorché nel 
caso che siano chiamati dal gran 
maestro, ciocché soleva essere quan- 
do temevasi che Rodi o Malta 
fossero assaltate, o per altro affa- 
ire. 11 miglioramento è allorquan- 
do dopo aver fatto de' vantaggi 
ad una commenda che si possiede, 
se ne prenda una di maggior rea- 
dita. 

Il gran maestro oltre la com- 
menda che appellasi magistrale , 
ha diritto di dare una commenda 
di cinque in cinque anni in eia* 
scun gran priorato. Ogni gran 
priore ha lo stesso diritto; né si 
ha riguardo se la commenda va- 
cante sia di quelle che apparten- 
gono ai serventi d'arme, ed il gran 
maestro, od il gran priore la può 



GER 

dare a quel fratello che sarà dì 
suo piacere, di qualunque ordine 
ch'egli sia, ciò essendo arbitrario 
quando la commenda é di grazia. 
Nella Valletta rìsiedeva il gover- 
no dell'ordine: qui si trovavano la 
chiesa e il priorato magnifico e 
ricco di s. Giovanni; l'ospedale, del 
quale altro appena in tutta l'Eu- 
ropa avevavi più ampio, ed in esso 
si ricevevano i pellegrini ammalati 
di tutte le nazioni, ch'erano assisti- 
ti secondo il primitivo istituto ospi- 
tala rio dell'ordine, dai giovani ca- 
valieri, e nel giorno di venerdì 
dallo stesso gran maestro, e dai 
cavalieri gran croci. Stava a par- 
te un' infermeria pegli ammalati 
maomettani , trattati pure con e- 
guale spirito di carità cristiana . 
Dalla fortezza e città della Vallet- 
ta é distante circa sei miglia Mal- 
ta o città vecchia, dove sorge l'in- 
signe cattedrale dell' apostolo s. 
Paolo, sopra la quale i cavalieri 
non avevano alcun diritto, ma di- 
pendeva e dipende dal solo vesco- 
vo co' suoi canonici mitrati. Le 
rendite dell'ordine erano assai ric- 
che, provenienti dalle varie com- 
mende, priorati, baliaggi spaiai nei 
diversi paesi della cristianità. Di 
queste commende s.e ne contavano 
sino a duecento setta ntuna ne'di- 
partimenti francesi. Malta quando* 
fu ceduta all'ordine gerosolimitano 
non contava se non cinquemila 
abitanti, laddove ne conteneva cen- 
tomila quando fu loro tolta. I 
residenti dell'ordine gerasolimitano 
pi*esso le corti avevano il grado 
di ambasciatori di Malta, e quello 
che faceva la sua residenza in Ro- 
ma aggiungeva a questa qualità 
quella di procuratore generale nel- 
la corte romana. 

Tre giorni dopo la suddetta 



GER 

capitolazione il gran maestro Hom« 
pesch, ed i cavalieri ricevettero l'or- 
dine di abbandonare Tisota di Mal- 
ta, e scortati da una fregata fran"* 
cese furono condotti a Trieste. I?i 
sbarcando V infelice gran maestro 
divenne oggetto di derisione, dap- 
poiché quando Tignominiosa cessio- 
ne dell'isola si apprese in Germa- 
nia, in IJngheria , ed in Polonia, 
fremettero que' cavalieri d'indigna- 
zionej e si ritirarono dalla sua ub- 
bidienza; portatisi quindi molti di 
essi a Pietroburgo vi proclamaro- 
no il :27 ottobre 1798 in settan- 
tesimoprimo gran maestro Pao* 
lo I imperatore delle Russie, già 
protettore dell' ordine. É da sa- 
persi che la corte di Vienna con- 
siderando che r isola di Malta 
in mano della Russia divenuta sa- 
rebbe un baluardo inespugnabile 
contro i francesi, indusse il gran 
maestro Hom pesch ad abdicare la 
dignità, e si dice che il Papa ap« 
provasse tal progetto, benché Pao- 
la I fosse del rito greco scisma- 
tico, a cagione delle circostanze dei 
tempi. Hompesch dopo la rinun- 
zia si ritirò a Montpellier, ove 
poi mori a' 12 maggio i8o5. I ca- 
valieri deir ordine nel medesimo 
anno 179B riconobbero Paolo I 
per loro gran maestro, ed il bali 
Litta gli presentò in Pietroburgo 
le insegne sovrane dell'ordine ge- 
rosolimitano. Indi l'imperatore ai 
i3 novembre significò a tutte le 
corti straniere la sua assunzione 
al gran magistero dell'ordine ge- 
rosolimitano , dicendo di volerlo 
proteggere ne' suoi privilegi e di- 
ritti. Dopo Tatto solenne di accet- 
tazione Paolo I prese possesso del- 
la dignità , coL cerimoniale che 
praticavasi prima in Rodi, e poscia 
a Malta, ed in quel giorno con- 



GER 271 

ferì la gran ci*oce di commendato- 
re al conte Gobentzel, ambasciato- 
re dell'imperatore di Germania, e 
creò venti cavalieri tutti pensiona- 
ti sulle commende esistenti nelle 
Provincie polacco-russe. 

Inoltre Paolo I nel suo atto di ac- 
cettazione temporaneamente trasferii 
la residenza dell'ordine a Pietrobur- 
go , assicurando della conservazione 
dell' esercizio della religione cattoli* 
ca romana, con le più solenni assi- 
curazioni di operare per quanto fos- 
se in suo .potere, aftinché l'ordine 
ricuperasse Malta, e tutti que'beni 
e diritti, de'quali era stato ingiu- 
stamente spogliato. £ venendo in 
cognizione che gl'inglesi nel settem- 
bre 1800 si erano impadroniti del- 
l' isola di Malta,. Paolo I fece le 
più vive istanze perché gli fosse 
restituita, avendo nominato al co- 
mando di essa il principe di Wol- 
howisk creato primo cavaliere del- 
l'ordine, e destinato i reggimenti 
che dovevano presidiarla. Divenu* 
to Napoleone primo console della 
repubblica, mostrando di seconda* 
re r imperatore acciò dichiarasse 
la guerra agi' inglesi, gli inviò in 
dono la spada del gran maestro la 
Vallette; ma la morte di Paolo f, 
avvenuta a'sS marzo 180 r, tolse 
all'ordine un valido e potente so- 
stegno. Più tardi il di lui figlio e 
successore Alessandro I, non aven- 
do ci*edulo succederlo nel gran 
magistero, per mezzo di un am- 
basciatore rimise all' ordine gero- 
solimitano le insegne magistrali u-» 
sate dal genitore , e consistenti in 
un berretto di velluto nero, con 
corona imperiale d'oro dal defun- 
to aggiunta, sovrastata da una ci*o« 
ce di smalto bianco; uno stocco eoa 
mànico coperto di velluto rosso 
con arabeschi d' oro , con grosse^ 



27^ 6ER 

lama d'acciaio in forma di fron- 
da d' olivo; il gran sigillo che u- 
iava ne' diplomi 9 rappresentante 
l'imperiale aquila i*ussa, avente in 
petto la croce dell'ordine gerosoli- 
mitano; ed una gi*andiosa bandie- 
ra rossa, con la croce bianca del- 
l' ordine in mezzo , con iu cima 
dell'asta la croce di metallo dora- 
to a smalto bianco, e decorata di 
due grossi cordoni e fiocchi di se- 
ta rossa e oro. Queste insegne 
l'oixline gerosolimitano tuttora cu- 
stodisce a memoria del magistero 
di Paolo I. 

Nella pace d'Amiens de' 25 mar- 
co 1802, essendosi statuito, come 
dicemmo, la restituzione dell' isola 
di Malta all'ordine gerosolimitano, 
il quale dovrebbe regolarsi coi pre- 
cedenti statuti, si dichiarò pure che 
per quella volta il regnante Ponte- 
fice Pio VI! avrebbe eletto il gran 
maestro^ scegliendolo dai soggetti 
che gli avrebbero pi*esentati i gran 
priori, e ciò per un particolare ac- 
cordo tra gl'imperatori di Germa- 
nia e di Russia, cui accedettero la 
Francia e l' Inghilterra. Laonde 
Pio VII, con breve de' 16 settem- 
bre 1802, nominò gran maestro il 
bali fr. Bartolomeo Ruspoli prin- 
cipe romano , generale delle ga- 
lere dell'ordine , dichiarando nel 
breve, che a cagione degli avveni- 
menti essendo impossibile che i 
membri di esso potessero in tutto 
osservare gli statuti e le regole, l'in- 
citava a rivolgersi a lui, che qual 
capo supramo di tutto l'ordine, e 
per la pienezza di sua autorità apo- 
stolica, avrebbe dato le opportune 
dispense. Ma il bali Ruspoli rinun- 
ziò al magistero, inviando l'atto 
relativo al Pontefice, sottoscritto 
per mano di notaro. Allora fu fatto 
luogotenente del magistero il bali 



GER 

Caraccioli, quindi Pio VII con bre^'e 
dei 9 febbraio i8o3 dichiarò gran 
maestro fr. Gio. Battista Tom masi 
di Cortona, raccomandato dall' im- 
peratore di Russia, e dal ve di Na- 
poli, valoroso personaggio che avea 
esercitato diverse dignità nell* ordi- 
ne. Fu incaricato il commendatore 
fra Nicola Btizi di Velletri, divei-so 
da quel cavaliere Bussi, che poi 
per diversi anni rappresentò Tordi- 
ne in Roma, con la diplomatica 
qualifica di brigadìera bali, incari- 
cato d'affari, a recare al nuovo 
gran maèstro il menzionato bi*eve 
del seguente tenoi'e. 

•* Al diletto figlio Gio. Battista 
Tommasi gran maestro dello spe- 
dale di s. Giovanni di Gerusalem- 
me, Pio PP. VII, salute ed aposto- 
lica benedizione. 

M Avendoci risposto il diletto 
figlio Bai*tolomeo Ruspoli (il quale 
nello scoi*so anno, per tutte quelle 
ragioni, che già dovete aver cono- 
sciuto nel nostro breve a lui scrit- 
to, e pubblicalo li 16 settembra, 
era stato destinato da noi in gran 
maestro dell'ordine gerosolimitano) 
eh' egli nelle sue circostanze non si 
stima idoneo a sostenere un si gra- 
ve incarico, e fatta la rinunzia deU 
la dignità del magistero, ed inviati 
a noi gli atti di tal sua rinunzia 
sottoscritti per mano del notaro, 
avendoci istantemente supplicato di 
non volerlo forzare a sottoporsi ad 
un tal peso; noi considerando di 
quale importanza sia il dar più 
sollecitamente che sìa possibile il 
suo capo ad un ordine che ci è ca- 
rissimo, e per richiamare il quale 
al suo primiero splendore ci occu- 
piamo colla maggiore sollecitudine, 
lasciato a parte ogni indugio, an- 
nuendo alle di lui suppliche, abbia- 
mo subito rivolto i. nostri .^^cchi a 



GER 

f oi, o diletto figlio, giacche ci è 
noto che voi pure siete un sogget- 
to per viilù, e per le cariche sos- 
tenute nell'ordine gerosolimitano as- 
sai distinto, e degno perciò di es- 
sere stato annoverato tra quei sog- 
getti, a' quali pressoché tutti i prio- 
rati dell'ordine nel richiederci un 
nuovo gran maestro diedero un^ 
onorevole testimonianza della loro 
virtù. Acciocché adunque più a 
lungo non si protragga questa ele- 
zione, e sia profveduto quanto pri- 
ma all'ordine, e per dare a voi 
un luminoso attestato della nostra 
benevolenza, della stima che abbia- 
mo dei vostri distinti meriti, ripu- 
tandovi degnissimo di questa amplìs- 
sima dignità, coU'assolvervi ed avervi 
per assoluto^ secondo il consueto, ed 
in virtù della presente, da qualsivo- 
glia vincolo di scomunica, di sos- 
pensione e d'interdetto, e d'ogni 
altra ecclesiastica sentenza, censura^ 
e pena inflitta dal diritto o dal 
giudice per qualsivoglia occasione 
o causa, se, e in qualunque modo 
che ciò possa essere, ne siate av- 
vinto, soltanto acciò abbia effetto 
la presente nostra disposizione, vi 
eleggiamo e nominiamo in gran 
maestro dell'ordine gerosolimitano 
con tutti gli obblighi e gli onorì^ 
conformemente agli statuti dell'or- 
dine, e alle costituzioni apostoliche^ 
e con tutti gli onori, grazie e pri- 
vilegi de' quali hanno goduto gli 
altri vostri predecessori, come se 
foste stato eletto nel capitolo di 
Malta alla forma delle ordioazioni 
prescritte nelle lettere apostoliche 
del nostit) predecessore Urbano Vili, 
in data de' 21 ottobre i634, in* 
giungendo perciò a ciascheduno dei 
cavalieri di tutto l'ordine, ai cap- 
pellani, e gli altri ministri ed in- 
servienti, di prestarvi la dovuta 

VOL. XXXI. 



GER %'j3 

obbedienza, e di onorarvi e rispet- 
tarvi come gran maestro e princi* 
pe. Per quello poi che concerne le 
cose che da voi dovranno farsi dopo 
aver assunto il ministero, vi tras* 
mettiamo un esemplare del breve, 
che da noi fu scritto al medesimo 
figlio Bartolom^, e quelle stesse 
cose, che a lui fÌH*ono da noi pre^ 
scritte, sappiate che vengono egual* 
mente prescritte a voi. Le quali 
non dubitando da noi, che saranno 
religiosamente in ogni parte da voi 
eseguite per effetto del vostro os* 
sequio verso di noi, preghiamo Id- 
dio ottimo, massimo, che vi ricol- 
mi d' ogni prosperità nel dar prin- 
cipio al vostro magistero, e vi dia- 
mo affettuosamente l' apostolica be'* 
nedizione ". 

Mentre si agitava la controversia 
sulla restituzione di Malta, il mi- 
nistro inglese residente in quell'i- 
sola fece intendere al nuovo gi*an 
maestro, che gli conveniva meglio 
recarsi intanto a Messina, all' oppo* 
sto il ministro francese lo invitò 
trasferìrsi in Malta; ma il gran 
maestro essendosi portato coi ca-« 
valieri deir ordine in Messina (P^e^ 
di), a' 27 giugno li convocò nella 
chiesa priorale di Nova luce dell'or- 
dine, e fece leggere dall'avvocato 
Brest il breve apostolico di sua e- 
lezione al supremo magistero. Quin- 
di il gran maestro si alzò dal suo 
trono, ed inginocchiatosi prestò al 
bali Trotti, come anziano, il con^ 
sueto giuramento ; dopo di che si 
assise sul trono, ammise all'abbi'ac- 
cio i due baPi Trotti e Caraccioli, 
ed al bacio della mano i cavalieri, 
e i maltesi ch'ivi trovaronsi pre- 
senti. Ciò eseguito, il gran mae- 
stro fece pubblicare la nota dei 
rappresentanti dell'ordine, e dell<? 
cariche conferite, indi ricevette il 

18 



374 GER 

giuramento consueto dal consiglio 
dell'ordine. Assiso poscia sul trono 
y'ì recitò un'allocuzione, in cui tm 
le altre cose disse. » Lungi dal ri- 
chiamare alla memoria, o dilettis- 
simi fratelli, i dolorosi eventi, e le 
funeste cagioni che gettarono l'or- 
dine in un mare di guai, da cui lo 
trasse la robusta mano del virtuo- 
so monarca, a cui dobbiamo una 
immortale riconoscenza; solo ragio- 
nar dobbiamo de' mezzi salutari, 
che guidar ci possono all'alta glo- 
ria di condurre all'antico splendore 
un ordine che per lo spazio di qua» 
si sette secoli meritossi il benefico 
sguardo delle potenze, e la stima 
delle nazioni. Voi, dilettissimi fra- 
telli anziani, che meco uniti com- 
ponete il sacro consiglio dell'ordi- 
ne, rammentate in ogni vostra de- 
liberazione i doveri a' quali vi a* 
stringe il giuramento or ora pre- 
stato in mano mia, ed alla presen- 
za di quel Dio, che tutto vede, 
pensa , premia e punisce. Voi siete 
quelli, ai quali è toccata la bella 
sorte di rannodare i sacri legami 
della nostra istituzione, legami che 
dalla religione e dall'onore soltan* 
to acquistar possono una durevole 
solidità. Questi legami sono l'inte- 
ro obblio del personale interesse, 
ed il fermo pensiero dell'interesse 
pubblico, distruttore il primo, e 
sostegno il secondo d'ogni società; 
sono l'ubbidienza agli statuti, Tin- 
Vjolabilità delle leggi, l'armonia fra 
di noi, la rettitudine, il coraggio, 
la costanza ". Ed allora rendeansi 
necessarie pili che mai le virtù in- 
culcate dai gran maestro, perchè 
sempre più venivano allontanati 
dalla speranza dì ricuperare Malta, 
essendo divenuta l'isola funesto 
pomo di discordia giUato tra la 
Francia e l'Inghilterra, quale era 



GER 

stata un tempo la Sicilia, tra Ro« 
ma e Cartagine. 

Volendo quindi il gran maestro 
trasportare la sede dell' ordine ia 
G)rfù, per alcune difficoltà gli con- 
venne trasferirla in Catania (Vedi), 
e coi cavalieri, la cancelleria e 
l'archivio nuovo delfordine, dap- 
poiché l'antico, come dicemmo, re- 
stò a Malta, vi si recò a' 28 gen- 
naio i8o4- ^ià nella pace di Lu- 
ne ville segnata li g febbraio 1801 
tra la Francia, l'imperatore Fran- 
cesco II, ed i principi dell' impero, 
erasi stabilito, che i principi ere- 
ditari tedeschi venissero reintegrali 
nei dominìi perduti, con quelli che 
possedevano i vescovi e gli ordini 
regolari, per cui il gran priorato 
gerosolimitano che risiedeva inHei- 
tersheim nella Brisgovia, ebbe in 
tenue compenso la contea di Bon- 
dorf Quindi ebbe fatalmente luo- 
go la soppressione di varie lingue 
dell'ordine. Il re di Spagna, due 
mesi prima che si fosse sottoscritto 
il trattato d'Amiens, avea pi*omul- 
gata un decreto col quale incor- 
porò alla sua reale corona le lin- 
gue dette di Aragona e di Casti- 
glia, dichiarandosi egli stesso gran 
maestro di que&t' ordine ne' suoi 
dominii, e lasciando ciò che ri- 
guaixlava il governo spirituale e 
religioso alla Chiesa ed all'autorità 
del Papa. L'elettore di Baviera, 
che soltanto ad istanza dell'impe- 
ratore Paolo 1 erasi indotto a 
i*estituire nel 1797 la lingua ba- 
varese, avea ottenuto finalmente 
il consenso dell'imperatore Ales- 
sandro I di lui figlio, per la sop- 
pressione di questa lingua ne' suoi 
stati, e ciò per compensarsi d' una 
parte del vescovato di Eichstett, 
che avea ceduto quando fu posto in 
esecuzione il piano dell'indennizza- 



GER 

zione ai princìpi ereditari tedeschi. 
La lingua d'Italia parimenti non 
sussisteva che in parte, dappoiché 
dipendevano dal dominio francese 
il Piemonte, e i ducati di Parma 
e Piacenza. Perciò di tutte le ot- 
to lingue che componevano l'or- 
dine, non rimaneva se non che 
parte della lingua d'Italia, e le 
lingue di Germania^ e di Russia. 
Quest'ultima era composta di due 
priorati, già compresi nell'antica 
Polonia, i quali stabilito avevano 
il loro consiglio a Pietroburgo; e 
questi appena udirono l'elezione 
del nuovo gran maestro, inviaro- 
no una deputazione, della quale 
era capo il commendatore Reczin- 
ky, per rendere omaggio al Tom- 
masij e per trattare degli affari 
dell' ordine dentro le provincie del- 
l' impero russo. Intanto la soppres- 
sione delle lingue di Spagna, che diede 
l'esempio imitato da altre nazioni, 
fu un colpo fatale all'ordine intie- 
ro, perchè fece nascere dei forti 
sospetti nel ministero inglese, che 
rifiutò di restituire Malta, allegan- 
do per uno de' motivi, che davasi 
a divedere che si voleva togliere 
al gran maestro » ogni minima om- 
bra di sovranità e d'indipenden- 
za , quando con Io spoglio delle 
commende se gli toglievano i mez- 
zi dì sussistere decorosamente , e 
mantenersi nell'immediata sovra- 
nità deir isola , restituita al suo 
ordine sotto la garanzia e l'ap- 
provazione di tutte le potenze le 
più cospicue di Europa ". 

11 nuovo gran maestro nel i8o3 
incaricò il commendatore fr. Nico- 
la Buzi di Yelletri, di recarsi a 
Malta, ed in forza del trattato di 
Amiens, e della qualifica dì suo 
luogotenente , di riceverla in con- 
segna dalla guarnigione inglese. £• 



GER 275 

gli vi approdò l'ultimo di febbra- 
io con un corpo di soldati fornito 
dal re di Napoli, che doveano ser* 
vire di temporaneo presidio; ma 
in vece dal ministro inglese a'a 
marzo ricevette un formale rifiuto, 
sotto diversi pretesti, fra i quali 
quello della soppressione di varie 
lingue, e la mancanza delle gua* 
rentigie che dar dovevano le di- 
verse potenze segnatane del trat- 
tato d' Amiens. Il commendatore fe- 
ce ricorso al ministro plenipo- 
tenziario della repubblica france- 
se presso l'ordine, e l'isola di Mal- 
ta, il quale insistette a tenore del- 
l'articolo X di detto trattato, di- 
mostrando la frivolezza dei prete- 
sti; per cui il commendatore do- 
vette partire all' istante, per non 
compromettere la sua persona. La 
negativa per parte dell'Inghilterra 
era principalmente per timore che 
Napoleone insaziabile di conquiste, 
non togliesse ben presto l'impor- 
tantissimo punto di Malta alle de- 
boli forze dell' ordine. Finalmente 
irritata V Inghilterra dalle esigenze 
di Napoleone, che voleva V imme- 
dialo abbandono dell'isola di Mal- 
ta, senza ch'egPi volesse cedere nul- 
la di quanto avea usurpato , fu 
spinta a' 18 maggio i8o5 a di- 
chiarare alla Francia quella me- 
morabile guerra , che porse per 
nove anni continui al genio del 
suo formidabile avversario occasio- 
ne di trionfi sul continente, ma 
ti assero al fine il di lui eccidio. 
Il grau maestro Tom masi afflitto, 
e vedendo senza risultati le prote- 
ste emesse dai commendatore Bu- 
zi sulla ritenzione dell'isola di Mal- 
ta, mori in Catania a' i3 giugno 
180 5, essendo stato l'ultimo gran 
maestro dell' ordine gerosolimitano, 
e per ordine cronologico il LXXII. 



3176 GER 

Nella cattedrale della sua patria 
G>rlODa, gli fu eretto dalla sua fa- 
miglia un marmoreo cenotafio^ che 
rappresenta il gran maestro in pie- 
di in atto di comando. I di lui 
successori fino ad ora non furono 
che luogotenenti del magistero del 
medesimo ordine. Fu eletto luo- 
gotenente nella chiesa conventuale 
a*i5 giugno il bah fr. Ionico Ma« 
ria Guevara Suardo napoletano , 
ammiraglio delle galere dellordi- 
ne; indi tre deputati dell' oi^ine 
da Catania portaronsi in Roma 
da Pio VII, che ne confermò Te- 
lezione, e riuscì personaggio pru- 
dente e saggio . Inutilmente fece 
tentativi per la ricupera di Malta: 
nel 1 808 il principe reale di Fi'an- 
eia Luigi Carlo d'Orleans, conte 
de Beaujolais, e fratello del regnan- 
te re de' francesi , si recò per sa- 
lute in Malta, e vi morì a' 3 giu- 
gno, venendo sepolto nella cappel- 
la di s. Paolo, nella tomba dei 
gran maestri e dei bah della Un- 
gua di Francia. Il re fratello gli 
eresse un decoroso monumento , 
presso quelli dei gran maestri A- 
lof de Wignacourt , ed Emanuele 
de Rohan. Dipoi a' 23 gennaio 
1 8 1 1 il re di Prussia Federico 
Guglielmo III dichiarò estinto e 
disciolto il baliaggio di Brande- 
burgo dell'ordine gerosolimitano, 
ed invece istituì l'ordine di Prus- 
sia di s. Giovanni, di cui il re si 
intitolò protettore , nominandone 
il gran maesti*o e i cavalierì. 

Il luogotenente Guevara mori in 
Catania a'25 aprile 18 14> e fu sepol- 
to nella chiesa conventuale. Si con- 
vocò il sacro consiglio a'26 aprile 
e sotto la presidenza del veneran- 
do fr. Girolomo Lapparelli gran 
priore d' Inghilteira residente in 
Catania^ venne eletto luogotenente 



GER 

del magistero il commendatore fi\ 
Andrea di Giovanni-y-Centelles di 
Messina, e Pio VII con breve dei 
25 giugno 181 4 ne confermò l'è* 
lezione. Nel trattato di Parigi dei 
3o del seguente maggio, contro il 
decretato di quello d'Amiens, die 
in proprietà e sovranità l'isola di 
Malta e sue adiacenze all'Inghil- 
terra, disponendo (le potenze d'un 
territorio che non gli apparteneva 
contro il pubblico diritto. Con u- 
na spogliazione vennero trattati gli 
antichi e benemeriti protettori del- 
la navigazione del Mediterraneo 
contro i turchi e barbereschi. Per 
conservare le relazioni dell'ordine 
colle potenze d' Europa, e reclamar 
le sue proprietà e prerogative, il 
luogotenente Centelles nominò i 
seguenti inviati diplomatici. Il baPi 
Bonaccorsi a Roma; il maresciallo 
Colloredo gran priore di Boemia, 
ambasciatore a Vienna; il bali Mia- 
ri ministro plenipotenziario a Vien- 
na; il bali de Ferret a Parigi; 
il duca di Serra Capriola a Pie- 
troburgo ; il commendatore Paes a 
Madrid; il commendatore Cedro* 
nio a Napoli ; il bali de Carvalho 
in Portogallo; ed il commendato- 
re di Thuisy incaricato d'af&ri a 
Londra. Inoltre il luogotenente da 
Catania delegò al congresso di 
Vienna diversi commendatori e 
cavalieri fì*ancesi, per ottenere ai 
reclami dell'ordine, fòvore ed e- 
quità^ ma senza risultato, come de* 
scrivemmo al fine dell' articolo 
Germania (Vedi) , parlando del 
celebre congresso di Vienna. I me- 
desimi sfom e reclami il luogo- 
tenente Centelles fece rinnovare nel 
18 18 al congresso di Aix la Cha* 
pelle, ove furono abolite l'infame 
tratta de'negri, e la ladroneccia pi- 
ratei'ia. Dispiacente il luogotenente 



GER 

4IÌ tanti infortuni, mori a' io giu- 
gno 1 8a I , ed il sacro consìglio u- 
nìto in Gitania nel mese di giugno 
elesse per nuovo luogotenente fr. 
Antonio Busca milanese bafi d'Ar- 
menia, che immediatamente fu con- 
fermato dal Pontefice Pio VII. 
Mei settembre 1822 ebbe luogo 
in Verona un congresso di sovra» 
ni: a questo il luogotenente Bu- 
sca fece rinnovare i reclami deU 
l'ordine, ma non ottenne neppure 
equivalenti compensi al perduto. 
Intanto per V incamerazione delle 
.commende di Sicilia, e per malin- 
tesi corsi tra il governo del re 
delle due Sicilie, e l'ordine geroso- 
limitano, e perchè fosse più a por- 
tata l'ordine di essere in piti fo- 
cile comunicazione colle potenze 
d'Europa, il luogotenente col con- 
siglio risolvettero di trasferire la 
residenza magbtrale dell'ordine da 
Catania nello stato pontificio . A 
quest'effetto il luogotenente otten- 
ne da Leone XII un breve apo- 
stolico, dato a' 12 maggio 1826, 
con l'autorità del quale, per con- 
servare il lustro dell'ordine gero- 
solimitano, il Papa permise che la 
sua residenza fosse trasferita a 
Ferrara (Vedi)^ concedendo a ta- 
le oggetto la chiesa e il moniste- 
ro de'ceiestini, belli edifizi. 

In tal modo si riaprì la casa 
conventuale de'cavalieri gerosolimi- 
tani in Ferrara, ed ivi nell'agosto 
di detto anno si trasferirono il 
luogotenente, i cavalieri, la can- 
celleria e l'archivio dell'ordine. I 
dignitari dell'ordine nel 1829 sot< 
to la luogotenenza del venerando 
fr. 'Antonio Busca, erano i seguenti: 
i.** luogotenente del gran com- 
mendatore, e del maresciallo del 
grande spedaliere, il commendato- 
re fi\ Amabile Velia vice-cancel- 



GER 277 

liere delFordine, segretario del ma- 
gistero rappresentante le tre lin- 
gue di Francia; 2.° luogotenente 
dell'ammiraglio, il commendatore 
fr. Fulvio Alfonso Rangoni, procu- 
ratore del venerando tesoro; 3/ 
luogotenente del gran conservato- 
re, il commendatore fr. Alessandro 
Ghislieri, conservatore conventuale; 
4>^ luogotenente del gran bafi, il 
commendatore fr. Cesare Borgia, 
procuratore del tesoro, che dimo- 
rando in Catania, fondò l'accade- 
mia Gioenia, ne fu presidente pel 
primo triennio, e poi 'presidente 
perpetuo ad honorem j 5.° luogote- 
nente del turcopoliere, il cavaliere 
fr. Scipione Sessi; 6.° luogotenen* 
te del gran cancelliere, il commen- 
datore ora bali fi*. Alessandro Bor- 
gia. II. luogoteiienle Busca ottenne 
dal Papa Pio VII, con breve dei 
5 agosto 1822 la riduzione dei 
membri del consiglio della came- 
ra da otto, che prima erano, ai 
seinominati; e quindi dal regnante 
Gregorio XVI la pontificia au- 
torizzazione di chiudere il conven- 
to di Ferrara, venendo dal Papa 
in lui riunite tutte le autorità del- 
la camera del consiglio dei tribu- 
nali dell'ordine , coU'obbligo però 
negli affari importanti di sentire 
il parere di un probo e capace 
i*e1igioso dell'ordine, come si rileva 
dal breve del 20 dicembre i83f. 
Indi nel pontificato dello stesso 
Gregorio XVI il convento ossìa la 
sede della luogotenenza del magi- 
stero fu trasferita provvisoriamente 
in Roma nel suddetto palazzo del- 
l' ordine in via Condotti, mentre 
il luogotenente Busca morì in Mi- 
lano li 19 maggio 1834» fii l'o- 
dierno luogotenente bali Candida, 
che in tale anno trasportò da Fer- 
rara in Roma il convento. Allo- 



978 CER 

ra il Pontefice Gregorio XVI con 
breve de* 2 3 di dello mese elevò 
alla dignilà di bali e di luogole- 
nenle del magistero, con l'autori- 
tà, prerogative e {acoltù concesse 
dalla sanla Sede al defunto, il ve- 
nerando fr. Carlo Candida di Lu- 
cerà, ricevuto nell'ordine a* 17 set* 
tembre 1787, già priore di Capua, 
capitano della galera capitana a 
Malta, e ricevitore del priorato di 
Aoma, di Barletta, e di Capua, 
qhe al presente con indefesso zelo 
degnamente governa l'ordine, sot- 
to i faustissimi auspici del lodato 
Pontefice, gran benefattore e prò- 
leggitore dell'ordine, i cui lumino- 
si esempi servirono di emulazione 
e nobile eccitamento ad altri so- 
vrani, in fare rifiorire l'ordine nei 
loro dominii. Inviato straordina- 
rio e ministro plenipotenziario del- 
l'ordine presso l'imperiai corte di 
Vienna è il conte Francesco de 
Khevenhuller ciambellano dell'i m- 

Sieratore, e generale maggiore del- 
e sue armi. 

Premuroso il luogotenente Canp 
dida di proseguire le recezioni, ed 
lammetlere alla professione religio- 
sa per l'incremento dell'ordine nuo- 
vi individui, nei primi del i835 
implorò dal Papa , che in man^ 
canza di ospedale , dì una chiesa 
conventuale, e delle navi per fare 
le carovane prescritte dagli statuti 
gerosolimitani, per quindi al ter- 
mine del noviziato professare i ri- 
cevuti di giustizia del priorato 
di Roma , venissero ammessi i 
nuovi cavalieri a servire gli am- 
malati in un ospedale dell'alma 
città pegli anni del noviziato, e 
che potessero servire per il cor- 
so di quallr'anni nelle guardie no- 
bili pontificie, in vece delle quat- 
tro cai'ovane. A tali invocate com- 



GER 

mutazioni Gregorio XVI con bve-' 
ve de' i4 gennaio dell'anno i835, 
ammise nella sua anticamera se- 
greta un cavaliere novizio, al mo- 
do che descrivemmo al voi. VH, 
p. 4i 6 4'^ ^^^ Dizionario. Qnin* 
di sulle istanze promosse dal me* 
desimo baPi luogotenente, il Pon- 
tefice con analogo breve de' 29 
maggio i835 donò all'ordine gè* 
rosolimitario la chiesa di s* Fran- 
cesco d'Assisi, e l'annesso edifizio, 
comunemente detto V Ospizio dei 
cento preti f con tutte le rendite ap- 
partenenti a quello stabilimento. 
Memore il luogotenente e i cava- 
lieri gerosolimitani essere l'ospitali- 
tà uno de'primari loro doveri, con 
tanta celebrità esercitata nei tem- 
pi trasandati, come in Gerusalem- 
me, in Rodi, ed in Malta, ivi a- 
prirono un ospizio per gli eccle* 
siaslici infermi , onde coordinare 
l'antica e la nuova destinazione 
di qtiel locale, di cui qui appres- 
so daremo un cenno. Fu stabilito 
che l'ospizio sarebbe sotto l'imme- 
diata cura dell' ordine, così la di- 
rezione ed assistenza a norma del- 
lo statuto. Con questo ulteriore 
beneficio del Pontefice, fu da lui 
pur commutato ai cavalieri novizi 
l'obbligo delle carovane con altre 
occupazioni analoghe, che hanno 
luogo prima della professione re- 
ligiosa , e gli abilita ad aspirare 
alle commende e ad altri benefi- 
zi, giusta il grado dell'anziani tà. 

Ridolfino Venuti nella sua Ro' 
ma moderna p. 5^iy tratta della 
Chiesa di s, Francesco cF Assisi a 
ponte Sisto, e dell! ospedale dei 
poveri sacerdoti, e narra, che aven- 
do Gregorio XIII comandato che 
la compagnia della ss. Trinità u- 
nisse tutti gl'invalidi e vagabon- 
di, anche per forza, in qualche 



GER 

luogo dove si maDteoessero con lì- 
mosine, per levare, come dice il 
Panciroli a p. 3 1 4 de' Tesori na- 
scosti, r occasione ai poveri di an- 
dare gridando per le strade e per 
le chiese turbando quei che face- 
vano orazione, abuso che avevano 
già procurato rimuovere s. Pio V, 
e s. Carlo Borromeo, per T irrive- 
renza che cagionava ai sacri tem- 
pli, servendo di fomite al vizio 
ed all'indolenza. Trovandosi dispo- 
nibile il convento presso la chiesa 
titolare di s. Sisto Papa nella via 
Appia, vi furono condotti in esso, 
e processionalmente sino ad otto- 
cento cinquanta poveri. Essendo 
però il locale poco frequentato, ed 
incomodo per la sua distanza ai 
fratelli della compagnia , questa 
trasportò poscia i poveri in alcu- 
ne case vicino alla propria chiesa. 
In progresso di tempo trovandosi 
la compagnia molto aggravata dal 
ricevimento de' pellegiùni e conva» 
lescenti, supplicò Sisto V acciò si 
degnasse sgravarla di questo nuovo 
peso. Allora Sisto V nel rione Re- 
gola, in fine della strada Giulia e 
presso il ponte Am*elio o Giani- 
colense, chiamato Sisto per essere 
stato riedificato da Sisto IV nel- 
l'anno 1587, conia spesa di trentun 
mila cinquecento settantadue scu- 
di, nel sito ove acquistò certe ca- 
se, con disegno del cav. Domenico 
Fontana fabbricò un ospizio con 
contigua chiesa sotto l'invocazione 
di s. Francesco d' Assisi, come u- 
inile e povero, e per averne egli 
professato V istituto. Vi fece orato- 
ri!, refettorii, dormitorii, orti, ca- 
mere, ofi&cine, e tutti i comodi op- 
portuni di spezieria fornitissima, 
non che un bell'orologio dalla parte 
del Tevere. Per rendite assegnò 
all'ospizio r antica gabella ideile 



GER 279 

barche, navi, e navicelli che na- 
vigano pel Tevere tirati dai bufati, 
e della legna da fuoco, che a tale 
effetto impose, formandogli una 
rendita di annui novemila scudi, 
la quale si accrebbe per diverse 
pie Uscite; e al dire del Venuti 
ampliarono e restaurarono il lo- 
cale la famiglia Laute, e il cardi- 
nal Renato Imperiali. Gli concesse 
vari privilegi, lo esentò da ogni 
giurisdizione di giudici, governa- 
tori, senatori, ec., da ogni gabel- 
la e decima : quindi autorizzò gli 
amministratori dello spedale di po- 
ter punire quei poveri che accat- 
tavano per Roma. Il prelato tesor 
riere, ed il commissario generale 
della camera ebbero una certa in- 
gerenza neir amministrazione dello 
stabilimento, a causa della quali- 
tà delle sue i^ndite. Sisto V ezian- 
dio collocò in luogo separato le 
donne bisognose, e volle che ivi i 
pellegrini si alimentassero per tre 
giorni; e dispose che l' amministra- 
* zione del pio luogo si esercitasse 
annualmente da quattro persone 
ecclesiastiche o laiche, due nomina- 
te dal magistrato del popolo ro- 
mano, e due dalla confraternita 
della ss. Trinità de' pellegrini. Veg- 
gansi le costituzioni Quamvis in- 
firma^ degli 1 1 maggio 1587, BulL 
Rom. tom. IV, par. IV, p. 3o4; 
e FosUdat ratio ^ de' 6 settembre 
i587, BulL Rom, tom. V, par. I, 
p. 12 1 , con la quale Sisto V nel 
divisamento di hberare Roma da- 
gl'importuni questuanti, accrebbe 
d' annui ottocento scudi le rendite 
dello spedale, ov' erasi raccolta gran 
numero di poveraglia, ricavati da 
diversi piccoli benefizi soppressi. 
Inoltre il magnanimo Pontefice as- 
segnò allo stabilimento cinquecen- 
to scodi per quindici anni, che 



*i8o 



GER 



dovea somministrare V ebreo Tene- 
ziano Gabriele Magio; scudi quat- 
tromila ricavato di uà nuovo da- 
zio imposto sulle carte da giuoco; 
scudi mille per l'altra gabella im- 
posta sugli stracci; scudi duecento 
cinquanta sopra alcuni affitti del- 
la piazza Giudea, e la rendila di 
una mola del vicino ponte, oIti*e 
il sale che senza pagamento do- 
veva somministrare la camera a- 
postolica. 

Morto peli) Sisto V l'opera pia 
deteriorò grandemente , e la cit- 
tà fu di nuovo inondata di pe- 
tulanti poveri; indi nel Pontifi- 
cato di Paolo V fu eretta la ma- 
gnifica fonte che resta da un lato 
del prospetto esterno dell' edifìzio, 
la quale descrivemmo nel voi. 
XXV, p. 173 del Dizionario, Ve- 
di Ponte Sisto. Divenuto Papa In- 
nocenzo XII, volendo effettuare l'u- 
tile divisamento di Sisto V, stabi- 
fi un Ospizio apostolico de'poven 
invalidi^ divisi in tre luoghi. Nel- 
r ospizio Si stino a ponte Sisto po- 
se i vecchi e le vecchie , dopo 
averlo nel 1692 riunito MOspi^ 
zio apostolico j ed il Piazza di- 
ce che nell'anno 1698 ve n'erano 
quattrocento; nell' ospizio di san 
Michele vi raccolse duecento ses- 
santa fanciuHi; e nel palazzo late- 
ranense collocò le zitelle. Da que- 
sto stabilimento ebbe origine il 
grandioso Ospizio apostolico di s. 
Michele a Ripa (Fedi)^ nel qual^ 
Innocenzo XII concentrò gran par- 
te delle rendite dello spedale de- 
gl'invalidi o mendici fondato da 
Sisto V. Il p. Bonanni nella par- 
te III del Catalogo degli ordini 
religiosi, óìscorie del povero inva- 
lido di Sisto, e ce ne dà la figu- 
ra come vestiva^ Il Piazza nei suo 
Eusevologio romano, trat. I, e XIX, 



GER 

parla dello spedale di s, Sisto dei 
poveri invalidi. Al precedente cap. 
Xiy tratta deUo spedale de* sa- 
cerdoti infermi a s. Lucia della 
chiavica, di cui fa d'uopo darne 
un cenno, perchè desso si unì al- 
l'ospizio Sistino de' poveri invalidi: 
prima però noteremo che Clemen- 
te XI successore d'Innocenzo XII, 
considerando che i poveri dell' O- 
spizio apostolico, divisi nei tre me- 
morati locali , per migliore vi- 
gilanza e governo era bene riu- 
nirli, incominciò la gran fabbrica 
di s. Michele a Ripa, e pei primi 
vi trasportò .nel 1714 ^ vecchi e 
le vècchie dell'ospizio Sistino, per 
cui in questo luogo surse il men- 
tovato spedale de' sacerdoti, o col* 
legio ecclesiastico. 

Gio. Antonio Vestri speziale, re- 
<»ndosi all'arcispedale di s. Spiri- 
to ad esercitarsi in opere di ca- 
rità, discoprì fra gì' infermi un sa- 
cerdote suo amico che di lui ver- 
gogna vasi , laonde divisò fondare 
un particolar luogo pei sacerdoti 
infermi, e l'effettuò presso la pro- 
pria abitazione a s. Lucia della 
chiavica, con l'acquisto di alcune 
casuccie. Morì nel i65o, quando 
già avea riunito dieci letti, ove cu* 
rava ed alimentava i sacerdoti ma- 
lati, lasciandone ja direzione, e l' am- 
ministrazione delle rendite di cui 
avea dotato il piccolo spedale, alla 
Congregazione de* cento preti e ven- 
ti chierici^ quella stessa che diede 
il nome di Convitto de cento preti 
all'edifizio a ponte Sisto quando 
ivi si stabi Pi. Tale nome fece ci*e- 
dere ad alcuni che nell'ospizio e 
spedale Sistino fosse eretto uno spe- 
dale per cento preti, ciocche non è 
mai stato, essendo ben diversa V o- 
pera di detta congregazione isli- 
tuiU Tanno i63i nella chiesa dei 



GER 

ss. Michele e Magno in Borgo, ad 
esempio di altre che fiorirono in 
Roma, come si legge in alcune i- 
scrizioni delle chiese de' ss. Cosma 
e Damiano, e de' ss. Gio. e Paolo. 
Essa è una congregazione pura- 
mente spirituale, che ha per fine 
suffragare le anime de' confrati alla 
medesima ascritti , dappoiché alla 
morte di alcuno di essi sacerdoti 
o chierici, recita T uffizio de** de- 
funti , celebra una messa solenne 
di requie, ed ì preti sono tenuti 
dire una messa per l'anima del 
trapassato, ed i chierìci di fare la 
santa comunione; e perchè non 
manchi il numero completo delle 
cento messe, e delle venti comu- 
nioni, il nuovo aggregato deve su-' 
bito applicare una messa se sa- 
cerdote, ed una comunione se chie- 
rico in suffragio deli' individuo nel 
cui luogo è stato ammesso. Nel 
1 674 Clemente X approvò V isti- 
tuzione del Vestrì, concedendogli i 
privilegi degli altri luoghi pii di 
Roma; indi nel 1681 Innocenzo 

XI gli accoixiò grazie spirituali ed 
indulgenze. Nel 1699 Innocenzo 

XII con la bolla Ecclesiae CathO' 
licae^ trasferì V ospedale de' sacer- 
doti da s. Lucia, ad un palazzo in 
borgo dei Colonnesi. In seguito 
Tospedale si uni al collegio eccle- 
siastico de' cento preti e venti chie- 
rìci, eh 'erasi stabilito nella chiea 
di s. Francesco d'Assisi, e fu diret- 
to da un cardinale, e da quattro 
deputati^ fra'quali aveva sempi*e 
/uogo il canonico decano del ca- 
pitolo di s. Pietro, che lo gover- 
narono a mezzo dei padri delle 
scuole pie; ma quell'unione a poco 
a poco modificò ambedue le isti* 



GER *fc8i 

tuzioni, e ne surse finalmente un 
ricovero per que' poveri preti che 
logori dalle fatiche del ministero, 
avessero bisogno d'assistenza e ripo- 
so, dicendoci il Viale nel suo lii' 
nerario di Roma, pag. 4^6 9 che 
ivi vivevano preti in comunità, ed 
il Venuti che i'edifizio ad un tem- 
po fu abitato da preti, che in con- 
vitto riuniti pagavano la dozzina, 
e dai sacerdoti infermi. A' nostri 
giorni vi dimoravano dieci sacer- 
doti, che avevano stanza nell'edifi- 
zio Sistino, e baiocchi quindici al 
giorno, onde quando esso fu ce- 
duto all'ordine gerasolimitano, que* 
sto assunse di somministrare tale 
sussidio a dieci sacerdoti a nomi- 
na del cardinal vicario. Dappoiché 
a' 29 agosto i835 venne stipulata 
una convenzione fra il cardinal vi- 
cario di Roma, e il luogotenente 
del niagistero, cioè di ricoverare 
l'ordine gerosolimitano otto sacer- 
doti, e di somministrar loro ba- 
iocchi quindici per ciascuno in o- 
gni giorno, e di pagare altrettan- 
to a due sacerdoti dimoranti nell'o* 
spizio di Tata Giovanni. Dopo que- 
sta convenzione fu dal Papa regnan- 
te concesso il locale, al mod^ che 
narrammo più sopra. In pari tem- 
po la congregazione de'cento pre- 
ti e venti chierici ritornò nella 
chiesa de' santi Michele e Magno 
in Borgo, partendo da quella di s. 
Fr&ncesco d'Assisi. Grato l'ordine 
gerosohmitano al donativo di detta 
chiesa e contiguo edifizio, a pe- 
renne memona ivi eresse il busto 
in marmo del Papa regnante, sot- 
to del quale collocò la seguente 
marmorea iscrizione; 



382 



GER 



GER 



GBEGOBIO . XVI . PCUTT . MAX. 
lilTECESSORVM . MVHIFICEirnAM . AEMYLATO 

QTOD 

XEVODOCmO . lin.ITE5SI 

MAHT . BOSTILI . TAKDIT . DISJECTO 

ECCLESU . AEDITIBVSQ . DOKATIS 

HA8 . AEDES . 8VFFECER1T 

EQVITES . B1EROSOLYII1TA5I 

ET 

BAJVLIWS . CAROLVS . CAHDIDA . ORDCTIS . MODERATOR 

GRATI . AKIMl . ERGO . REIQVE . MEMORIAE 

AKHO . MDCCCXXXV 



La chiesa ha tre altari, il mag- 
giore è dedicato al titolare s. Fran- 
cesco d* Assisi, il quale ivi si vede 
Regiamente espresso dal cav. Ga- 
spare Celio romano, ed è rimar- 
chevole l'immagine di Sisto V in 
aito di orare; nel secondo oltre 
il quadro dell'altare si venera una 
divota immagine di Maria Vergi- 
ne sotto il titolo Rifugio dei pecca' 
ion\ donata nell'anno i832 a que- 
sta chiesa da monsignor Alessandro 
Spada, allora decano della rota, poi 
cardinale : tal nome glielo pose il 
cardinal Zurla. vicario di Roma, il 
quale commise la benedizione della 
sacra immagine a monsignor Giu- 
seppe Vespignani arcivescovo di 
Tiana, ora vescovo d'Orvieto, ed il 
popolo appena fu essa esposta nel 
i833 alla pubblica venerazione, di- 
mostrò verso l'immagine partico- 
lare divozione, sia nel pio eserci- 
zio del mese Mariano, che in altri. 
Il quadro poi dell'altare rappre- 
senta il beato Gerai*do da Villa- 
magna frale servente d'armi, il cui 
culto immemorabile è stato rico- 
Aosciulo dal Papa che regna. Nel 
terzo altare vi è un quadro rap- 
presentante s. Gio. Battista patro- 
no principale dell'ordine gerosoli- 
mitano. 11 soffitto è di legno guar- 
nito a cassettoni con entro rosoni 



rilevati, con dorature: nel centro 
di esso eravi una statua di legno 
rappresentante s. Francesco, alla 
quale é stato sostituito lo stemma 
dell'ordine gerosolimitano in pittu- 
ra. 11 bafi Candida prepose alla 
cura della chiesa un sacerdote, col 
titolo di rettore del ven. ospizio ec- 
clesiastico, e fece restaurare oltre 
l'annesso ediGzio il tempio, con de- 
corosi abbellimenti, per cui ne fu 
fatta solenne apertura nel giorno 
del santo Natale del 1 835, con mes- 
sa cantata ed accompagnata da scel- 
ta musica. Ad e^a assistettero il 
venerando luogotenente con l'abito 
di formalità, i cavalieri professi e 
dì giustizia, e molti altri di recen- 
te ricevuti. Nel primo giorno poi 
del nuovo anno i836, dopo avere 
in detta chiesa adempiti agli ob- 
blighi di religione, il luogotenente 
unitamente ai suddetti cavalieri, si 
trasferì con nobile treno all'udien- 
za del regnante Pontefice per tri- 
butargli in nome di^ tutto l' ordine 
i più doverosi omaggi, ed esternar- 
gli: nella ricorrenza del nuovo an- 
no il vivo desiderio per la lunga 
e felice di lui conservazione. Il no- 
bile drappello vestito coll'uniforme, 
fu accolto da Gregorio XVI con 
sensi di speciale benevolenza, confer- 
mandogli la continuazione della sua 



GER 

protezione e tutela' ad nicremento 
e lustro deir inclito ordine. Mei prt- 
ino giorno d* ogn' anno il luogote- 
nente coi cavalieri rinnova tali omag- 
gi, che prima pure praticava. Quin- 
di il medesimo Papa a' 1 1 del seguen- 
te febbraio si degnò fare una gra- 
ziosa visita a questa chiesa ed ospi- 
zio*, ricevuto alla porta della chie- 
sa* dal luogotenente, e da tu Iti i 
cavalieri tanto professi quanto no- 
"vizi in uniforme. Il Pontefice dopo 
avere orato nella chiesa, e veduti 
ì miglioramenti eseguiti, si recò ad 
osservare il vasto contiguo locale da 
lui donato, ed in ispecie l'ospedale 
ivi stabilito, esprìmendo al luogo- 
tenente ed ai cavalieri la sua piena 
soddisfazione. A ricordanza di tal 
visita il luogotenente eresse nel luo- 
go la seguente marmorea iscrizione: 

l' immortale . GREGORIO . XVI . P . M. 

' ONORÒ . DI . SVA . PRESENZA 
NEL . GIORNO . IH . FEDR ARO. MDCCCXXXVI 
QVESTO . LOCALE . CHE . GENEROSAMENTE 
HA . DONATO . AL . S . M . O . G. 

In questa chiesa il luogotenente 
coi cavalieri si portano nel di del- 
la Pasqua di Risurrezione ad adem- 
piere il precetto pasquale, e nel di 
della festa della natività del pre- 
cursore s. Giovanni Battista a rice- 
vervi egualmente la santa comunio- 
ne dal cardinale gran priore di Ro- 
ma, ed ordinariamente dal cardi- 
nal protettore dell' ordine nella mes- 
sa che suole celebrare, la cui festa 
dall'ordine si solennizza con divota 
pompa, li venerando luogotenente 
vi si porta coi commendatori con- 
ventuali, e cavalieri professi e no- 
vizi in nobile treno , intervenendovi 
anche i commendatori e cavalieri 
di divozione, ed i cappellani con- 
ventuali : fra l' illustre drappello, e 
con le insegne dell'ordine ha volu- 



GER aSa 

to prendere luogo talvolta anche 
d. Michele I di Portogallo, come 
talora hanno assistito alla funzione 
ìì cardinal gran priore di Roma, e 
la principessa Maria Luigia Carlot- 
ta duchessa vedova di Sassonia, an- 
ch'essa insignita della gran croce del- 
l'ordine. Le altre comunioni che i 
mentovati personaggi per legge del- 
l'ordine fanno annualmente in det- 
ta chiesa, hanno luogo nei giorni di 
Pentecoste, dell'Immacolata Conce- 
zione di Maria Vergine, e del san- 
to Natale. Le altre pratiche religio- 
se prescrìtte dallo statuto sotto il 
titolo della chiesa, attese le varie 
vicende dell'ordine, e lo scarso nu- 
mero de' religiosi, sono al presen- 
te tralasciate, tranne la messa con- 
ventuale, cui in tutte le domeniche 
nell'istessa chiesa assiste il corpo 
dell'ordine residente in Roma. In 
questa chiesa nell'ottava del Cor^ 
pus Dominiy vi si celebra con de- 
coro la processione del ss. Sagra- 
rocnto. Nella domenica in Albis dei 
IO aprile i836 nella medesima eb- 
be luogo la solenne professione del 
commendatore Gio. Antonio Cap- 
pellari della Colomba di Belluno, 
nipote del regnante Sommo Pon- 
tefice, già ricevuto cavaliere di giu- 
stizia nel priorato di Roma. A tale 
effetto il bali Candida luogotenen- 
te del magistero si trasferì con 
nobile treno in compagnia del no- 
vello candidato, e di tutti i ca- 
valieri professi e novizi alla chie- 
da di s. Francesco. Ivi assisterono 
al santo sagrifizio, che venne cele- 
brato da monsignor de Cupis u- 
ditore di rota, e cavaliere geroso- 
limitano. Letta l'epistola prìncipiò 
il sacro rito della professione, che 
fu riassunto e terminato dopo la 
messa, giusta le cenmonie prescrit- 
te dagli statuti dell'ordine. Questa 



ikH GER 

religiosa funzione riuscì commo- 
vente, ed altremodo decorosa. Vi 
intervennero la primaria nobiltà, 
€ molti ragguardevoli personaggi, 
i quali ascesero dopo nelle sale su« 
periori dell' ospizio per congi*atu- 
larsi col cavaliere di recente prò- 
fesso, e furono tutti ti*altatì di 
lauto rinfresco, ed un concerto 
musicale eseguiva ad intervalli i 
più scelti pezzi di musica. L'esul- 
tanza di un giorno così segnalato 
pei cavalieri di s. Giovanni si re- 
se vieppiù memorabile per 1' alto 
onore loro compartito da Grego- 
rio XVI, il quale volle che l'in- 
tiero corpo de' cavalieri, ed altri 
scelti personaggi , non che la sua 
nobile corte, sedessero secolui a 
mensa, imbandita nel nobile, casino 
di Pio IV del giardino vaticano ; 
ammettendo alla sua destra il car* 
•dinaie Emanuele de Gregorio pro- 
tettoia dell'ordine, ed alla sini- 
stra il bali Candida. Finalmente a 
"voler far menzione di altre solen- 
ni funzioni celebrate nella chiesa 
di s. Francesco, diremo che ai 18 
f;tugno 1837 il cardinal Odescal- 
chi vicario di Roma^ vi battezza» 
l'israelita Isacco Bici to d'Algeri, 
imponendogli il nome di Carlo 
Leganori, essendone padrino il lo- 
dato luogotenente del magistero : 
vi assisterono il corpo de'cavalierì 
gerosolimitani , e la più distinta 
nobiltà. A' 23 apiile poi del 1841 
nella stessa chiesa vennero con fu- 
nebre divota pompa celebrate l'e- 
sèquie del marchese d. Giovanni 
d'Andrea 9 bali e gran priore di 
Barletta, € del bali fr. Francesco 
Porzio gran priore delie due Sici- 
he, ambedue defunti in Napoli. 
Assistettero alla cerimonia il luo- 
gotenente , e i cavalieri professi , 
novizij e di divozione, tutti rico- 



GEB 

noscenti verso i due trapassati, 
per l'impegno dimostrato nel ri- 
sorgimento dell' ordine nelle due 
Sicilie, del quale poi parleremo. 

Ed eccoci all' epoca fausta per 
l'ordine gerosolimitano, della fon- 
dazione e riaprimento solenne del 
gi^n priorato pel regno Lombar- 
do-Veneto nella casa professa di s. 
Gio. Battista di Venezia, nella par- 
rocchia di s. Francesco della Vi- 
gna. Aveva il glorioso imperatore 
Francesco I lasciato la cura al 
suo degtio figlio successore, il re- 
gnante imperatore Ferdinando I, 
di proteggere e sostenere possibil- 
mente il sacro ordine cavalleresco 
di s. Giovanni di Gerusalemme, 
il quale come abbiamo veduto 
tanto bene meritò di una gran 
parte di Europa pel corso della 
sua lunga duiata, e tanto soffer- 
se per le vicende de'tempì. Laon- 
de con sovrana risoluzione de' i5 
gennaio 1839, e con imperiale pa- 
tente de' 5 gennaio 1841, Ferdi- 
nando I decretò la fondazióne di 
Mn priorato nel i*egno Lonabaido- 
Veneto per V adempimento delle 
sopraindicate intenzioni del suo au- 
gusto genitore, e per utile della 
nobiltà del suo regno, non che di 
quella di Parma, Lucca e Mode- 
na, di cui si dirà, che a questo 
nuovo gran priorato associai'onsi ; 
quindi l'imperatore volendo dare 
un nuovo decoro all'illustre città 
di Venezia, anziché in qualunque 
altra parte del regno, vi fissò la 
sede primaria. A contemplazione 
poi di specchiata prudenza, di e- 
sperienza molteplice negli a&ri, e 
di egi*egie doti dell'animo, il ve- 
nerando luogotenente del magiste- 
ro, a'ag maggio 1839 nominò ba- 
lio e priore pel regno Lombardo- 
Veneto il sidlodato tk\ Gio. . An-« 



GER 

Ionio Cappellai! della Colomba, 
prescelto eziandio a sì cospicua di* 
gnità dall' imperatore e re Perdi* 
nando I, con sovrana risoluzione. 
Non rimanendo che affi*ettare al* 
r illustre città di Venezia il lieto 
istante di vedersi arricchita, per 
la munificente grazia dell'impera- 
tore, di un nuovo fregio, nell'esse* 
re elevata al gi*ado di perpetua 
residenza del gran priorato dell'or- 
dine pel regno Lombai^o- Veneto, 
non che pei ducati di Parma, Mo- 
dena e Lucca , e di vedere così 
riaperta quella commenda, le cui 
fabbriche erano pervenute all'or- 
dine fino dal i3i2, e dopo il ca- 
dere della celebratissima e pos- 
sente repubblica erano rimaste so- 
litarie e diserte; e questo fortuna- 
to istante spuntò coli' aurora del 
24 giugno 1843, giorno sacro al- 
la solennità di s. Gio. Battista 
proteggitore dell'ordine gerosolimi- 
tano. La chiesa e le fabbriche del- 
la commenda in detto giorno si 
riaprirono al pubblico, e si mo- 
strarono in quella proprietà e de- 
coro cui erano state predisposte, 
la mercè di assidue ed intelligen- 
ti cure del nuovo gran priore, e 
di grandioso dispendio dell'ordine 
che vi spese circa diecisette mila 
scudi. La chiesa specialmente qua- 
si fatta di nuovo, presentavasi 
col carattere di quella dignitosa 
semplicità, che distinguendola dal- 
la idea di chiesa parrocchiale od 
oratorio privato , la indicava per 
chiesa al tutto propria del cospi- 
cuo ordine , cui si riapriva. La 
croce della commenda ne ornò le 
pareti, messe a candido lucente 
stucco; due altari nobili furono e- 
retti, quello a destra coU'immagi- 
ne del beato Gherardo primo fon- 
datore deirordìne, l'altro a sini-t 



GER 



285 



stra con quella della Beata Ver- 
gine Immacolata, ed intorno furo- 
no stabiliti sedili di noce. In fon- 
do alla chiesa fu collocato il mi- 
rabile altare, opera impareggiabile 
del Sansovino, già appartenente al- 
la demolita chiesa di s. Geminia- 
no, ch'era rimpetto alla basilica 
di s. Marco. Finalmente sulla por- 
ta della chiesa fu posto un nuo- 
vo organo, opera egregia dell'A- 
gostini padovano. 

Radunatisi i cavalieri anticipa- 
tamente nelle stanze del priorato, 
procedettero coli' ordine del loro 
rango ad incontrare il gran.prio* 
i*e al momento del di lui arrivo, 
e collo stesso ordine preceduti dal 
facente funzione di cancelliero e 
di cei*imoniere vestito di nero, en« 
trarono a suo tempo in chiesa mu« 
nita di granatieri. Al suono della 
banda dell'imperiale regia marina, 
ed alle ore dieci antimeridiane, 
entrò in chiesa per la porta mag- 
giore il drappello di dieciotto ca- 
valieri in pieno uniforme, cui te- 
neva dìeti*o il venerando gran prio- 
re, che aveva a lato il nuovo cap* 
pellano conventuale dell' ordine , 
l'abbate mitrato monsignor Pietro 
dottor Pianton prelato domestico 
e protonotario apostolico, che ve- 
stito in abito prelatizio a lui porse 
l'acqua santa. Due dame dell'or- 
dine avevano' già preso posto in 
chiesa a mano destra entrando, 
presso i gradini del prosbiterio, in 
cui alla parte del vangelo sedette- 
ro il gran priore, ed i commen- 
datori e cavalieri professi e di 
giustizia; ed a quella dell'epistola 
i commendatori titolari e cavalie- 
ri di onore. In linea della cappel- 
la, e dal lato priorale condecora- 
vano la solennità sua altezza im- 
periale il serenissimo aixiduca Fé*' 



1 



286 GER 

clerico, e gli imperiali regi consi- 
glieri intimi di stato ; e dal lato 
opposto r imperiai regio ^ice presi* 
dente di governo conte Sebi«goo« 
di, in assenza del conte governato- 
re, gl'imperiali regi consiglieri au« 
liei residenti in Venezia, le due 
primarie dignità del canonicale ca« 
pitolo patriarcale, gF imperiali re- 
gi presidenti dei tribunali, gì' im- 
periali regi colonnelli della guarni- 
gione e della marina, e finalmen- 
te il console pontifìcio, tutti in a- 
bito di rispettivo loro uniforme. 
Il rimanente della chiesa era sta- 
to riserbato all'accesso del fiore 
della nobiltà, e delle più distinte 
persone. Avvicinandosi alla chiesa 
il cardinal Jacopo Monico patriar« 
ca di Venezia, due cavalieri per 
ordine del gran priore T incontra • 
rono, ed entrato per la porta mag- 
giore, monsignor Pianton gli offrì 
l'acqua benedetta. Dopo breve o- 
razione, il cardinale intuonò il 
P^eni Creator SpirituSy che fu pro- 
seguito dai cantori in musica, e 
coi quale ebbe principio la funzio- 
ne. Quindi il cardinale prese po- 
sto al lato dell'altare presso il 
gran priore, il quale erasi vestito 
di toga nera di seta, ornata di 
croce bianca sulla spalla sinistra, 
distintivo del religioso suo mini« 
stero. Poscia vennero lette dal fa- 
cente funzione di cancelliere: i.° 
la sovrana patente coiv cui fu de- 
ci'etata l'istituzione del gran priora- 
to Lombardo- Veneto ; 2.** la bol- 
la con cui dal venerando luogote- 
nente fu nominato gran priore il 
Venerando bali fr. Gio. Antonio Gap- 
pellari della Colomba^ 3.° l'approva- 
zione imperiale di tal nomina. Pro- 
clamala così solennemente in faccia 
alle maggiori dignità ed al ceto no^' 
bile tale istituzione del gran prio- 



GER 

rato e del gran priore, il cardinale 
passò in sagrestia per assumervi i 
paramenti per la messa ; ed i com- 
mendatori e cavalieri in ordine 
di rango, si presentarono al gran 
priore uno ad uno a prestargli o- 
maggio, ed a ricevette Tabbracda- 
mento di regola dalnuovo loro su* 
periore. 

La messa del cardinale fu in for- 
ma privata, servita da due cano- 
nici, ed accompagnata dal suono 
dell'organo, e dal canto di qual- 
che mottetto. Terminato il divino 
sagriflcio, fu collocato il faldisto- 
rio in mezzo al piano del gradino 
dell'altare^ dove il cardinale si as- 
sise, con mitra preziosa in capo, 
essendogli innanzi genuflessi due 
chierici, sostenenti uno la candela 
accesa, l'altro il libro con fodera 
di velluto rosso, su cui lesse la 
sua gratulatoria orazione, con di- 
gnità ed espressione analoga all'e- 
levato argomento, che sommamen- 
te intenerì e commosse gli uditorì. 
Data egli un'idea dell'ordine ge- 
rosolimitano, . della sua origine e 
del suo scopo di difendere cioè la 
cristianità dal furore saraceno, e 
di assistere gì' infermi, essendo ca- 
rità e valore il compendio de' suoi 
statuti; non che avendo dato un 
sunto importante della storia fecon- 
da di splendidi fasti, ne celebrò le 
glorie ricordandone alcune delle più 
sublimi azioni, ed encomiando ad 
un tempo gli eroi, ed i gran mae- 
stri da cui vennero operate, dicen- 
do che tali ferventi religiosi, ed 
intrepidi eroi, armati di ferio e di 
fede, alternarono con gli esercìzi 
di pietà le guerr-esche azioni. Ram- 
mentò che i campi della Palesti- 
na e della Siria , Rodi e Malta 
fìirono spesso gloriosi teatri di lo- 
ro vittorie; che i mari si squarcia- 



GER 

rono in tutti i versi sotto i loro va- 
scelli; che i loro stendardi svento- 
larono temuti sulle isole dell'Arci- 
pelago, ed in altri luoghi; che i 
pirati barbareschi si dileguarono 
dinanzi alle loro galere; e che le 
coste deir Africa tremarono più 
volte sotto il piede trionfante di 
questi formidabili propugnatorr del 
nome cristiano. Parlò delie vari^ 
sedi dell'ordine, delle diverse sdé 
vicende, e rimarcando che nell'ul- 
timo funesto sovvertimento, che 
fu l'eccidio di tante ottime istitu- 
zioni, avea l'ordine gerosolimitano 
conservato sempre un nodo di e- 
sistenza, e che ora sotto i poten- 
tissimi auspici di Gregorio XVI, e 
di Ferdinando I, andava mirabil- 
mente acquistando vita, estensione 
e decoro. Quindi il cardinale disse 
che dopo nove lustri veniva ridonato 
a Venezia uno de' suoi maggiori 
ornamenti, e che nella nobilissima 
e celebre città 1' ordine gerosoli- 
mitano riprendeva il posto, che 
gli conveniva fra quelle istituzioni, 
che si resero più benemerite della 
religione, dell'umanità, e della ci- 
vile coltura. Sì congratulò per si- 
no colle mura per tanti anni mu- 
te e deserte della chiesa e del- 
l'ospizio, che gli sembrarono esul- 
tanti insuperbirsi qell' accogliere in 
seno gli antichi padroni, i quali 
con abbellirle già aveangli fatto 
sperimentare gli effetti del ricupe- 
rato dominio. Si congratulò anco- 
ra solennemente con il zelante luo- 
gotenente Candida per le sue lun- 
ghe e infaticabili cure coronate 
da felici e moltiplici successi, con 
il nuovo gran priore Gappellari 
degnamente elevato a sì alto gra- 
do , col novello cappellano dell' or- 
dine Pianton di cui pure ne fece 
l'elogio, e si congratulò coi com- 



GER 287 

roendatorì, cavalieri, e dame del- 
l'ordine per l'incremento di que- 
sto. Finalmente encomiò ed animò 
Io zelo de' cavalieri, e confortò le 
speranze e i lunghi voti della cri- 
stianità, di vedere quest'ordine 
ristabilito negli antichi suoi uffici 
adempiere al nobilissimo fine del- 
la di lui fondazione, e terminò 
con implorargli fervorosamente lo 
appoggio valido del santo suo pro- 
tettore. Finita la dotta, erudita, 
elegante, ed eloquenlissima orazio- 
ne, tra l'entusiasmo^ il plauso, e 
la commozione del nobilissimo con- 
sesso, il cardinale intuouò il Te 
Deuni^ che fu cantato con l'ac- 
compagnamento dell'organo, e con 
ciò ebbe termine tanta solennità. 
Allora il gran priore, ì cavalieri, e 
le dame dell' oi*dJne, entrarono per 
la sacrestia nella scala interna, ed 
ascesero nelle sale superiori. Da 
queste si avviarono ad incontrare 
il cardinal patriarca, che con l'ar- 
ciduca, i consiglieri intimi, e per- 
sonaggi invitati, passando per la 
galleria, cortile, e scala maggiore, 
si recarono nella gran sala e stan- 
ze priorali, decorate dei ritratti 
di Gregorio XVI, di Ferdinando 
I, dell'arciduca principe viceré Ra« 
nieri, e del benemerito quanto il- 
lustre luogotenente del magistero 
bali fr. Carlo Candida. Lieto il 
gran priore della felice riuscita 
della funzione, e di sua installa- 
zione nel gran priorato, offri agli 
invitati un nobile e splendido rin« 
fresco, ravvivato dal frequente suo- 
no della banda militare. Noteremo 
per ultimo, che recandosi in Ro- 
ma nel 1844 il nobile Taddeo 
Scarella di Venezia , cavaliere e 
segretarìo capitolare del gran prio- 
rato Lombardo -Veneto, e dal re« 
gnante Gregorio XVI decorato delle 



288 GER 

croci di commendatore degli ordi- 
ni di s. Gregorio, e dello sperone 
d'oro volgarmente ora chiama- 
to di san Silvestro , il medesimo 
Papa gli consegnò un bellissimo 
calice con patena tutto d'oro col 
pontificio stemma , per offrirlo 
alla detta chiesa gran priorale di 
Venezia , come si legge nella i- 
scrizione che fece incidere sot- 
to la base. Non ha guari si è 
pubblicato la suddetta orazione con 
questo titolo: Per la fondazione 
del gran priorato di Malta in Ve- 
nezia^ discorso letto da sua Emi» 
nenza il cardinale patriarca nel 
dì XXIV giugno MDCCCXLIIL 
In Venezia presso la tipografia E- 
iniliana MDCCCXLIV. 

Gli esempi luminosi di Gregorio 
XVI, e di Ferdinando I delPalta prò* 
lezione a vantaggio del sacro mili- 
tare ordine gerosolimitano, non po- 
tevano^ non eccitare una generosa 
emulazione, il perchè Ferdinando 
II re delle due Sicilie, e T arcidu- 
chessa d' Austria Maria Luigia du- 
chessa di Parma, Piacenza e Gua- 
stalla lo ammisero nuovamente nel 
i84o nei loro stati. Quindi nel 
medesimo anno, e con decreto dei 
13 giugno il duca di Lucca Car- 
lo Lodovico, per dimostrare la sua 
stima e la sua benevolenza verso 
un ordine che per l'attaccamento 
alla causa de' troni sostener dovet- 
te il peso delle passate vicende, 
ordinò il suo ripristinamento nel 
suo stato. Dopo avere l'encomia- 
ta arciduchessa ripristinato 1' ordi- 
ne dotandolo di tre commende, 
eccitossi nelle cospicue tlamiglie del 
suo ducato il desiderio di appar- 
tenervi, e ne*cavalien già ricevuti 
colà dimoranti lo zelo di professar- 
ne il religioso istituto, fra' quali 
nomineremo il marchese Ricorda- 



GER 

no Malaspìna di Parma, che tra* 
sferitosi in Roma , emise nella 
chiesa di san Francesco la sua 
solenne professione a'3i gennaio 
i84i) facendo i voti nelle raani. 
del luogotenente del magistero. 
Questi nel recarsi in detta chiesa 
nel medesimo anno a solennizzare 
la festa di s. Gio. Battista, dopo 
avere ricevuto coi cavalieri profes^ 
si e novizi, di divozione e cappel- 
lani conventuali il pane eucaristi- 
co dal cardinale gran priore di 
Roma, pubblicò il seguente decre- 
to, che nella vigilia del santo avea 
ricevuto. 

» Francesco IV, per la grazia 
di Dio, duca di Modena, Reggio, 
Mirandola, Massa e Carrara ec. ec 
arciduca d' Austria, principe reale 
d'Ungheria e di Boemia." 

M Disposti a secondare le do- 
mande a noi avanzate dal baPi 
Candida attuale luogotenente del 
gran magistero dell'ordine di s. 
Giovanni di Gerusalemme, ordinia- 
mo quanto segue." 

M Art. I. L'ordine di s. Gio- 
vanni di Gerusalemme è ammesso 
nei nostri stati." 

» II. I nostri sudditi potranno, 
previa la nostra approvazione nei 
singoli casi, essere ricevuti cavalie- 
ri, e fondare commende tanto di 
giustizia, quanto di giuspatrooato, 
nei modi da concertarsi coi supe- 
riori dell'ordine. " 

M III. Assegniamo all'ordine due 
commende di giustizia del reddito 
di duecento zecchini ciascuna, par- 
te in terre, e parte in cartelle sul- 
lo stato, da fondarsi l'una nella 
provincia di Modena, e l'altra nel- 
la provincia di Reggio, e da con- 
ferirsi per la prima volta a nomi- 
na nostra, e in seguito dall'ordi- 
ne a' uosli'i sudditi^ a.venti le qua^ 



GEK 

lijtà da riconoscersi dall'ordine per 
essere cavalieri professi di giusti- 
zia, riservando per noi e nostri 
successori l'approvazione della scel- 
ta dei nuovi commendatori, non 
che la reversione delle suddette ter- 
re e cartelle, se mai per impre- 
vedibili casi venisse a cessare l'or- 
dine." 

M IV. Anche le commende fon- 
date dai privati nei nostri stati, 
quando per estinzione di famiglia 
passino all'ordine, dovranno essere 
conferite ai nostri sudditi e colla 
nostra approvazione. " 

M Tutte le suddette commende 
saranno riunite al priorato Lom- 
bardo-Veneto; ma i nostri sudditi 
non potranno aspirata ad altre 
commende, fuori di quelle superior- 
mente accennate. " 

» Dato in Modena dal nostro 
ducale palazzo questo giorno i5 
giugno i84i.'* 

M Francesco. 
M Gaetano Camorra 
M Segretario di gabinetto. 

Nel medesimo anno il regnante 
Gregorio XVI affidò all'ordine 
gerosolimitano la direzione dello 
spedale pei militari pontificii d'o- 
gni arma, che si aprì nel locale 
deir ordine a ponte Sisto, dappoi- 
ché l'accrescimento de' malati nei 
pubblici arcispedali di Roma, e lo 
aumenta della guarnigione milita- 
re in questa città fece conoscere 
al superiore governo la convenien- 
za di avervi un ricovero speciale 
pei soldati infermi. Dopo avere il 
Pontefice richiamato a vita l'or- 
dine gerosolimitano, nel momento 
appunto eh' era moribondo, lo col- 
mò di beneficenze , fra le quali 
il memorato donativo del vastissi- 
mo locale con chiesa e i*endita, 
posto a ponte Sisto, ad oggetto che 

VOL. XXIX 



GER 289 

ivi potessero i cavalieri esercitare 
le loro religiose funzioni ; ed istan- 
cabile il benefico Papa nel voler 
sempre più migliorare la sorte 
dell' oixline, e volendo che si eser- 
citasse nel primitivo suo istituto 
ospitalario, si degnò invitarlo a 
ciò con affidargli esclusivamente in 
Roma l'ospedale militare per le 
sue milizie d' ogni arma, ove si ri- 
cevessero e curassero gì' infermi 
delle medesime milizie di Roma e 
della Comarca. Le parti convenne- 
ro mediante il contenuto di quan- 
to fu stipulato con particolare con- 
venzione nel 1840 a' 19 otto- 
bre, tra il commendatore ora ba- 
n fr. Alessandit) Borgia^ per l'or- 
dine gerosolimitano, e monsignor 
Giacomo Aqiadori Piccolomini pre- 
sidente delle armi, pel governo 
pontificio. Appena il vigilantissi- 
mo balio Candida apprese il so- 
vrano desiderio, e ravvisando il 
duplice scopo che racchiudeva, si 
accinse a fare ridurre i locali a 
ponte Sisto, già da lui ricevuti in 
dono, senza risparmio di fatiche, 
né di spese > riunendo le poche 
forze e mezzi di cui poteva dispor- 
re la religione gerosolimitana nel- 
r attuale suo stato di ristrettezza ; 
sicché colla spesa di circa trenta- 
mila scudi lo approntò in bi'evis- 
simo tempo per V uso indicato, e 
io fornì d'ogni necessario corredo 
per ricevervi in quattordici sa- 
le, e curarvi fino a cinquecento 
militari infermi, per ciascuno dei 
quali il governo pontificio si ob- 
bligò pagare all'ordine paoli due 
per ogni giornata di presenza d'in- 
fermo, cioè per ogni trattamento, 
mentre prima si pagava diversa- 
mente per ;cadaun militare mala- 
to, secondo gli ospedali civili in 
cui erano ricevuti. Quindi il vene- 

'9 



2go G£R 

rabile luogotenente Candida pel 
regolare ordinamento dell' ospeda- 
le, come supremo ed indipendente 
superiore di esso, formò un rego- 
lamento organico disciplinare in 
settantasette articoli, che dopo a- 
Ycrlo approvato e sottoscritto ai 
ao maggio i84i> fece pubblicare 
in un opuscolo con questo titolo: 
Regolamento per lo spedale del S, 
M, ordine gerosolimitano sotto la 
suprema direzione di S, E, il sig. 
luogotenente balio Candida^ Roma 
dalla tipografia Gismondi 1841. 
Vedendosi il venerando luogole* 
nente al punto di essere in gi*ado 
di aprire lo stabilimento, siccome 
condotto al suo termine, supplicò 
il Pontefice Gregorio XVI di vo- 
lersi degnare di visitarlo e bene- 
dirlo anticipatamente. Annuendo a 
ciò il Papa, ti 16 agosto 1841 sì 
portò colla sua nobile corte allo 
spedale militare gerosolimitano a 
ponte Sisto, ricevuto dal balio luo- 
gotenente, e da tutti i cavalieri si 
professi, che novizi e di divozio- 
ne. Ascese alle diverse sale e cor- 
sie superiori, nelle quali ripartita* 
mente trovò collocati cinquecento 
letti, corredati di tutte le suppel- 
lettili ed arnesi necessari per al- 
trettanti individui. Visitò le varie 
officine, ed ogni parte del vasto 
locale a seconda della sua desti- 
nazione; e da per tutto ammirò 
il buon ordine e la regolare dis- 
posizione. Il Pontefice esternò al 
luogotenente la sua soddisfazione e 
gradimento, e degnossi in pari tem- 
po di compartii'e la sua benedizio- 
ne alle varie sale destinate per gli 
infermi , sanzionando V apertura 
deir ospedale pel dì primo del 
seguente settembre, siccome ebbe 
effetto. Ma dipoi il bali luogote- 
nente ayendo dovuto conoscere 00- 



GER 

me gravoso a sostenersi dal suo 
ordine questo peso, sì pel numero 
de'malati, la cifra media de' quali 
è ascesa al numero uSo, sì per le 
gravi e molteplici cure che richie- 
deva il delicato impegno da esso 
assunto, si determinò di umiliare 
al santo Padre ripetute istanze 
perchè si degnasse di accettare la 
rinunzia dell'ospedale militai*e, e di 
dichiarare risoluto il contratto sti- 
pulato a questo oggetto. Sua San- 
tità si degnò di benignamente an- 
nuire alle istanze del venerando 
luogotenente, e negli ultimi tre 
giorni del mese di ottobre i844 
fu evacuato l'ospedale gerosolimi- 
tano, ed i militari infermi, meno 
alcuni pochi gravemente malati, i 
quali rimasero nel medesimo ospe- 
dale, furono tutti trasportati nel- 
l'arcispedale di s. Spirito in Sàssia, 
e collocati nel magnifico braccio 
detto di s. Carlo, fabbricato sotto 
il pontificato di Pio VI. 

A voler far menzione delle co- 
se principali riguaidanti l'ordina- 
mento dell'ospedale, a seconda dei 
regolamenti mentovati, diremo che 
ciò che spettava all'interna disci- 
plina , essa in molte parti era 
diversa da quella che praticasi ne- 
gli spedali civili di Roma. In que-^ 
sto spedale erano curati e ritenuti 
fino al termine della loro conva- 
lescenza i soldati pontificii di qua- 
lunque arma, stanziati in Roma 
o nella provincia romana della Co* 
marca, i quali si ritrovassero af- 
fetti da qualsiasi malattia. I ma- 
lati di cura medica erano divisi 
da quei di cura chirurgica ; i con- 
tagiosi e gli affetti da scabia o da 
tisi avevano sale particolari. Una 
camera munita d'inferriate, custo- 
diva i soldati infermi sotto pro- 
cesso. Sebbene nell'ospedale si q- 



GER 

cevessero i soldati dal sergente 
in giù, Vi erano luoghi destinati 
agli uffizìaii, ed altri impiegati mi- 
litari, che avessero voluto esservi co* 
rati. Yi erano delle sale pei con- 
valescenti, i quali prima manda- 
vansi alla ss. Trinità de' pellegrini : 
vi furono fatti i bagni tanto ad 
acqua che di vapore, la spezieria, e 
tuttociò che abbisogna a simili i- 
stìtuti. L'ospedale aveva un com- 
mendatore dell' ordine superiore 
locale, un vice - superiore per la 
disciplina, un cavaliere prodomo 
per l'amministrazione, diversi ca- 
valieri per Tassislenza, un sacerdo- 
te priore, un vice-priore, ambedue 
scelti fra i cappellani conventuali 
dell'ordine, per le cose spirituali^ 
cui erano aggiunti a lol*o due cap- 
pellani. Il servizio sanitarìo poi e- 
ra disimpegnato da ti*e professori 
consulenti uffiziali sanitari superio- 
ri, da due medici, e da due chi- 
rurghi primari, da due astanti me- 
dici e due chirurghi, da quattro 
flebotomi ec. I primari e gli a- 
stanti, non che ì flebotomi veniva- 
no accresciuti nell'ospedale secon- 
do r aumento de' malati. Inoltre e- 
ranvi il maestro di casa, due com- 
putisti, il guardaroba, dodici in- 
fermieri che aumentavansi secondo 
il bisogno, il portinaio 5 il cuoco 
co' suoi aiutanti 5 ed altri inservien- 
ti. Tutti questi individui che com- 
ponevano la famiglia dell'ospedale 
erano nominati dal luogotenente 
generale dell' ordine. Ogni mattina 
vi era la messa nelle sale, essen- 
dovi due altari nei due diversi 
piani, oltre di che vi era la mes- 
sa eziandio ogni mattina nella chic-. 
sa annessa, pei convalescenti; cia- 
scun infermo doveva confessarsi nei 
primi due giorni del suo ingres- 
so, ed a questo fine oltre i con- 



GER agi 

fessori del luogo si ammettevano 
quei religiosi o sacerdoti secolari 
che sogliono visitare i malati ne- 
gli altri spedali civili, e prestar lo- 
ro spirituale assistenza. I cadaveri 
erano trasportati dopo ventiquat- 
tro ore dalla mprte, coli' accompa- 
gno di un sacerdote, al cimiterio 
di s. Spirito. Gli astanti in eserci- 
zio ed i flebotomi vestivano con 
un soprabito di panno turchino» 
colla croce bianca dal lato sinistro 
del petto : però i primi al soprabito 
avevano aggiunte le code, ossia ma- 
niche finte. Gli infermieri se erano 
militari ritenevano il loro unifor- 
me, e per distintivo avvolgevano 
in un braccio un pezzo di panno 
rosso con sopra una croce bianca. 
La famiglia di qualunque specie 
aveva i suoi convenienti salali^ 
tutta alloggiava nel pio luogo, e- 
sclusi i medici primari ed i con- 
sulenti, non che il maestro di ca- 
sa e i computisti; ma non il vit- 
to^ perchè tutto ciò che usciva 
dalla cucina doveva essere pegli 
infermi, per evitare a loro pregiu- 
dizio qualunque abuso. Le opera- 
zioni di alta chirurgia erano ese- 
guite dopo un consulto, da uno 
de' chirurghi consulenti, o de'pri<* 
mari. Nello spedale erano di guar- 
dia alternativamente un medico 
astante, un astante chirurgo, un fle- 
botomo,e non meno di tre infermieri. 
I medici ed i chirurghi primari visi- 
tavano gl'infermi due volte al gìor*» 
no, e i consulenti quattro volte la 
settimana. Una volta il mese tene- 
vano col luogotenente del magiste- 
1*0, col commendatore superiore, e 
col direttoi'e generale della sanità 
militai*e , un congresso su tutto- 
ciò che riguardava l'ospedale, e i 
miglioramenti da introdursi. Si te- 
nevano inoltre tre congressi per 



settiinaua col commendatore supe- 
riore, cavalier prodomo, priore, e 
consulenti; ed una volta la setti^ 
mana, coi medici e chirurghi pri- 
mari, e gli astanti. I corpi milita- 
ri che in questo ospedale avevano 
ricetto, erano ì carabinieri, e i 
bersaglieri sì a piedi che a caval- 
lo, gli artiglieri, i veterani, i gra- 
natieri, i fucilieri, gli ausiliari di 
riserva, i cacciatori a piedi ed a 
cavallo, i dragoni ed i finanzierì. 
Tutti gli ufficiali militari poteva- 
no ispezionare V ospedale: ve ne 
era uno addetto particolarmente a 
questo incarico, oltre T ispezione 
die facevano il direttore generale 
della sanità militare, e gli altri in- 
dividui alla medesima appartenen- 
ti. Ogni anno si pubblicava con 
le stampe la statistica de' militari 
infermi curati nell'ospedale, colle 
rispettive distinzioni; l'ultima che 
è dal primo settembre 1842 a tut- 
to dicembre i843, pòrta questo 
confronto. Militari restati in cura 
al 3i agosto 1842 numero 486. 
Malati entrati dal primo settem- 
bre 1842 a tutto dicembre i843 
numero /[iS^: totale de' malati 
4668. Guariti numero 436a; mor- 
ti i53; restati nell'ospedale tra 
convalescenti e malati i53. Nel 
1844 coi tipi della tipografia ca- 
merale, il dottore Fortunato Ru- 
del, che fu medico assistente nel 
medesimo ospedale, ha pubblicato 
in Roma un opuscolo, dedicato al 
balio fr. Carlo Candida, che porta 
questo titolo: Esposizione delle ma* 
lailie mediche curate neW anno 
1843 neUo spedale miUiare del 
S, M. O. Gerósolimiuino. 

Nel 1843 in Roma dalla tipo- 
grafa delle Belle Arti, si pubblica 
r opuscolo che porta per titolo : 
Ruolo delU cavalieri^ cappellani 



GER 

conven(uab\ e serxfenti d'anni ri' 
cevuU nella veneranda lìngua d!I^ 
taìia del sovrano ordine gerosoli" 
mìtanoy e deUi cavalieri^ delle da- 
me di divozione y cappellani itob- 
bedienza^ e donati, nei lìmiti di 
ciascun venerando gran priorato. 
L'ordine gerosolimitano al presen- 
te ha due sole lingue, l'alemanna 
con un priorato, e 1' italiana con 
tre priorati. Il priorato di Boemia 
fa parte della lingua d'Alemagna. 
Dopo la soppressione del priorato 
d'Alemagna in tempo del governo 
francese , le commende sparse nei 
vari dominii tedeschi furono de- 
mani ate, e rimaste solo quelle del- 
l'imperiai casa d' Austria, esistenti 
nel circolo di Boemia. Questo sì 
compone d'un gran priorato, e di 
varie commende che si conferisco- 
no ai cavalieri professi, la cui 
amministrazione è soggetta al luo- 
gotenente del magistero residente 
in Roma, come gli altri priorati. 
Coir autorità di detto Risolo dare- 
mo qui un cenno statistico degl'in- 
dividui componenti ciascuno dei tre 
priorati della lingua italiana, che 
sono quello di Roma, il Lombar- 
do-Veneto, e delle due Sicilie, pre- 
mettendo un cenno stoiMco del gran 
priorato di Boemia,. oltre quanto 
di sopra si è detto. 

L'imperatore Carlo V nell'an- 
no 1546 conferì al gran prio- 
re della lingua alemanna la di- 
gnità di principe dell'impero, con- 
cedendogli un seggio nella dieta 
germanica nel banco de' principi 
ecclesiastici, e luogo negli stati del 
circolo dell'alto Reno. In seguito 
a norma delle disposizioni &vore- 
voli contenute nel rescritto della 
dieta dell'impero del 180 3, pro- 
vocato principalmente da Paolo I 
imperatore di Russia, allora prò- 



GER 

lettore e gran maestro delKordìne, 
i beni del gran priorato non fu- 
ix)no secolarizzati , e in cambio di 
quelli ch'erano situati sulla rìva 
sinistra del Reno, undici miglia 
quadrate^ 19,800 abitanti, i43,ooo 
fiorini di rendita, gli furono as- 
segnate r abbazia de' benedettini 
di san Biagio, e le abbazie di 
Tiiidpert, Schuttern, s. Pietro, e 
Tennenbac, dieci miglia e mezzo 
quadrate, 3o,8oo abitanti, 154^000 
fiorini di rendita, a patto che pa- 
gasse i debiti che i principi ve- 
scovi di Basilea e di Liegi aveva- 
no contratto nelle politiche vicen- 
de, quando eransi allontanati dalla 
Francia e dalla Russia. La resi- 
denza del gran priore, a quell'e- 
poca fr. Ignazio Baldassare barone 
di Rinck di Baldenstein, era Hei- 
tersheim in Brisgovia. La pace 
conchiusa in Presburgo a' 25 de- 
cembre i8o5 diede la contea di 
Bondorf, già proprietà dell'abbazia 
di s. Biagio al regno di Wiirtem- 
berg, novellamente creato da Na- 
poleone. L' atto della confedera- 
zione del Reno, con l'articolo XIX, 
diede il principato di Heitec$heim 
al granducato di Baden ; il trat- 
tato de' 25 settembre 1806 diede 
al granducato di Wiiraburg tutti i 
beni dellWdine, il quale fu sop- 
presso con editto degli 8 settem- 
bre 1808 in Baviera, il cui re 
aveva nel 1802 istituito un prio- 
rato pei beni dell' ordine in quel 
paese, e aveva assicurato esso ordi- 
ne della sua particolare prote- 
zione in una convenzione fetta col 
gran priore li 28 gennaio dell'anno 
1 806. Un decreto del re di West- 
falia de' 16 febbraio 1810 lo sop- 
presse anche in quel regno di no- 
vella fondazione; i beni di esso fu- 
rono assegnati come rendita della 



GER 293 

corona di Westfiilia. Nel Wiirtem- 
berg colle rendite delle commende 
dell'ordine gerosolimitano nel 18 (o 
si formò la dotazione dell' ordine 
del merito militare. 11 re di Prus- 
sia a'23 gennaio 181 1 con edit- 
to dichiarò soppresso l'ordine ge- 
rosolimitano nel territorio di Bran- 
deburgo e di Sonnenburgo ^ in- 
di istituì r ordine di s. Giovanni 
di Prussia {Fedi), Al presente l'Au- 
stria possiede la corte dei cavalie- 
ri di s. Giovanni nella città libe- 
ra di Francoforte: essa n'è assolu- 
ta sovrana , a seconda di quanto 
rimase stabilito di comune con- 
sentimento delle potenze europee, 
e conforme risulta dall'articolo 5i 
dell'atto del congresso di Vienna. 
Il conte Edmondo di Coudenhove 
cavaliere professo di s. Giovanni ne 
gode r usufrutto. L' ordine geroso- 
limitano non ha conservato altro 
in Germania se non che il gran 
priorato in Boemia, con più delle 
commende in Austria, in Moravia 
e nella Slesia prussiana. 

Gran priorato di Roma^ \ cava- 
lieri di giustizia sono venticinque, 
fra 'quali due gran priori, compre- 
so il cardinale ; due bali; cinque 
commendatori , quattro de' quali 
professi. Il priorato di Roma ha 
il baliaggio di s. Sebastiano isti- 
tuito da Urbano VIII per la sua 
famìglia Barberini , con ventotto 
commende, compresi otto commen- 
datori di giuspatronato, e sono: di 
s. Croce e s. Benedetto di Mugna- 
no camera magistrale; di città di 
Castello 5 ossia s. Giovanni di Ri- 
gnaldello; di s. Giustino di Peru- 
gia ; di Bettona e Ferrentino ; di 
s. Croce e san Cassiano di Peru- 
gia; di s. Filippo d'Osimo; di s. 
Cristoforo del Chiusi; di s. Luca 
di Perugia; di s. Giacomo di Nor- 



^94 



GER 



eia, e di s. Apollinare di Todi ; 
di Sassoferrato e s. Marco di Fa- 
no ; di Carbonara , con i membri 
di s. Luca di Viterbo, e s. Ba- 
silio di Rieti; di s. Magno di Grado- 
li; d'Acquasparta; di s. Maria di 
Collemodia, ossia della ss. Annun- 
ziata ; di Fioruoci ; di Santinelìi ; 
di Toma Portocarrero; di s. Gto. 
d'Orvieto; di Grillo Mondragone; 
di Borgia; di Torlonia; di s. Maria 
di Brufe, ossia Bracceschi ; Cico- 
gnara; Podaliri; Romagnoli; Caccia; 
e Taafife. I cappellani conventuali 
sono sette, cinque de'quali professi. 
Le commende destinate pei cap- 
pellani e pei serventi d'armi, sono 
tre, cioè: di s. Maria delle Grazie 
di Castel- Araldo; di s. Pietro di 
Marta di Castel- Araldo; e di s. 
Giovanpi Pre di Genova. I gran 
croci di divozione sono due: il prin- 
cipe d. Francesco Barberini, titola- 
re del baliaggio di s. Sebastiano, 
faltQ con bolla de' 5 agosto 1822, 
ed il cardinal Giacomo Filippo 
Fransoni, dichiarata con bolla dei 
22 mai*7o 1843, come protettore 
del medesimo sacix> militare ordi- 
ne gerosolimitano. I cavalieri di di- 
vozione sono quarantaquattro, tra i 
quali i cardinali Ferretti, Vanni- 
celli, e Mattei, i prìncipi Orsini 
senatore di Roma, Ruspoli maestro 
dei sacro ospizio. Boria, ed Al- 
tieri, ec. ec. Le dame decorate 
della croce di divozione sono nove. 
I cavalieri ricevuti nell'ordine, che 
sono passati ad altro stato, uno. 
Finalmente i cavaliei*i di giustizia 
e cappellani conventuali, morti do- 
po l'impressione del ruolo del 1825, 
sono diecisette. In considerazione 
che il priorato di Roma ha sede 
nella capitale del cristianesimo, re« 
sidenza del sommo Pontefice, e 
iphe il gi-an priore è sempre un 



GER 

cardinale, ci permetteremo sul me- 
desimo priorato alcuna notizia. 

Nel rione XII Ripa, sul monte 
Aventino, e nell'estrema sua parte 
al sud-ovest, vi è la chiesa di s. 
Maria del Priorato^ Avendna^ o 
AventinesCy ed Aveniinense, così 
detta per appartenere al gran prio- 
rato di Roma dell'ordine gerosoli- 
mitano, e per essere situata nel 
detto celebre monte. "Essa è fon- 
data sopra alquante ravine anti- 
che, che da alcuni scrittori, come 
dal Panciroli ne Tesori nascosti y a 
p. 477» erroneamente sono credute 
quelle del tempio della buona Dea 
sorella di Fauno, elmetto dalla ve- 
stale Claudia, alla quale come di- 
ce Fioravante Martinelli , Roma 
ricercatay p. 72, sagrificavano solo 
le donne, essendo agli uomini proi- 
bito Tingresso nel tempio. Alcuni 
chiamano questa chiesa col nome di 
s, Basilio al monte Aventino, perchè 
in orìgine dedicata a quei patriarca 
de'monaci d'oriente, ed altri| e me- 
glio, di s. Maria Aventinense e s. Ba- 
silio. Dell'antichissima sua origine 
se ne ignorano positive notizie ; 
qualcuna di poca importanza se ne 
legge nei Nerinì, De tempio et 
coenobio ss» Bonifacii et Alexii, 
Il p. Mabillon, Aim, Ben, tom. IV, 
lib. 58, n.** 61, scrive: » Quod at- 
tinet ad monasterìum Beatae M^- 
rìae in Aventino, ubi Hildebran- 
dus (che fu poi s, Gregorio VII^ 
Vedi) sub Avunculi abbatis disci- 
plina monasticon professus vide- 
tur, obscura est ejus origo, quod 
modo redactum est in prioratus 
militum hierosolymitanorum ". È 
indubitato che la chiesa fu abL)azia 
con monistero di monaci basiliani, 
anzi fu una delle venti antiche 
abbazie privilegiate di Roma, i cui 
abbati assistevano il sommo Ponte? 



GER 

fice, quando celebrava nella basìli- 
ca laleranense, quando visitava le 
slazioni, ed in alcune solenni pro- 
cessioni. Per tale si legge la chiesa 
di s. Maria in Aventino nel cata- 
logo delle abbazie di Roma di Pie- 
tro Ma ilio, presso il detto p. Ma- 
billon , nel Mus. Italie, tom. II, 
p. i6o; in Giovanni Diacono, che 
dice inoltre riposarvi il corpo di 
s. Savino vescovo ; nel catalogo 
del cardinal Baronio, ed in altri 
autori. Già nel i32o apparteneva 
all'ordine gerosolimitano, con con- 
tiguo convento, e dignità di prio- 
rato di Roma, della lingua ita- 
liana, con pingui rendite. Il piti 
antico restauro ed abbellimento 
fatto alla chiesa che si conosca 
è del Papa s. Pio V, il quale fe- 
ce pure riedificare l'abitazione an- 
nessa ov'erano buoni quadri. In se- 
guito ne curai*ono T cdifizio con 
restauri ed ornati diversi gran 
priori , e particolarmente i cardii- 
nali Benedetto Pamphily, Bartolo- 
meo Ruspoli, e Girolamo Colon- 
na, il quale vi operò magnifici mi- 
glioramenti. Nel 1765 il cardinal 
Gio. Battista Rezzonico la ridusse 
poi nello stato in cui oggi si ve- 
de, valendosi dell'opera dell'archi- 
tetto cav. Gio. Battista Pirànesi, 
che la sopraccaricò d'ornamenti di 
ogni sorta, e di stucchi, sì nell'in- 
terno, che nell' esterno. Ridolfino 
Venuti nella Roma moderna a p. 
884, dice che ne'restauri del car- 
dinal Rezzonico, fu ti^ovata sotto 
il piano della chiesa un' urna con 
antica iscrizione, contenente le re- 
liquie di s, Abbondio e di s. Sa- 
vino, del qual santo s. Gregorio 
1 mandò alcune reliquie, cioè deU 
le fascie che avevano toccato il di 
lui corpo, al vescovo di Fermo 
PassivOj come ieggesi nelle sue e- 



GER iìgS 

pistole^ Però Fiora van tè Martinel- 
li nella Roma ex ethnica sacra ^ 
che pubblicò nel i653, a pagi* 
na 186 narra che a destra del- 
l' ingi*esso del tempio vi era un'ur- 
na, con questa iscrizione, -j- Hic 
reconditum est caput s, Savini 
Spolelìni episc, et mart, et costa 
s, Caesarei mart. et sanguis s, 
Sebastiani mart. -f et reUquiae ss, 
Quadraginta, li quadro dell'altare 
maggiore rappresentava anticamente 
la Beata Vei*gine Maria, Gesù bam- 
bino, e s. Gio. Battista, dipinto di 
Andrea Sacchi: al presente in detto 
unico altare vi è la figura di stucco 
dì s. Basilio sostenuta dagli angeli in 
atto di portarlo in cielo; avvi pure 
in un ovato, e di stucco, l'immagi- 
ne della Beata Vergine, con Gesti 
bambino, e s. Giovanni Battista. 
Il <:i borio è di marmo, con la cu- 
stodia, ove si ripone il ss. Sagra-* 
mento, di metallo dottato. La chie- 
sa è ad una sola nave, ripiena di 
stucchi con bassorilievi ed ovati, 
con le figure dei dodici apostoli, 
con la volta pure ricca di ornati, 
con l'immagine di s. Gio. Battista 
protettore della religione gerosoli- 
mitana. In questa chiesa si osser- 
va la sepoltura del nominato ar- 
chitetto Piranesi, artista assai rino- 
mato per le sue molte e preziose 
incisioni in prospettiva delle anti- 
chità romane, i di cui rami origi* 
nali sono aV presente nella calco- 
grafia camerale. La di lui statua 
di marmo bianco vestita alla fog- 
gia degli antichi, è lodata scultura 
di Giuseppe Angelini romano, che 
rappresentoUo con la pianta della 
medesima chiesa in mano. Alla 
dritta dì chi entra nella chiesa in- 
contrasi il monumento sepolcrale 
del vescovo Spinelli, il cui cadave- 
re è racchiuso entro un sarcofago 



\ •• 



196 GER 

antico, io cui vedesi scolpila la dea 
Minerva con le nove muse, e Tefiìgie 
di quello al quale il sarcofago ap- 
partenne, con un volume in ma- 
no, perchè forse poeta. Nelle fian- 
cate vi sono sedenti Pitagora in 
atto di osservare il globo celeste , 
come nelle medaglie di Samo, ed 
Omero co' suoi poemi espressi sim- 
bolicamente. Entro le altre nicchie 
stanno collocati i depositi di alcuni 
gran maestri e gran priori di Ro- 
ma, di cut facemmo superiormen- 
te menzione, e dei cavalieri gero- 
solimitani, alcuni con figure, di Fa- 
brizio Carafa principe di Rocella, di 
Giovanni Dìedo patrizio veneto, di 
certo Serpando, di Aldobrandino 
Aldobrandini romano gran priore, 
e del cardinal Gioachino Ferdi- 
nando Portocarrero gran priore di 
Roma e vescovo di Sabina, con 
deposito di marmo, con due putti 
che sostengono il suo ritratto in 
quadro tondo, ed eseguito in mo- 
saico. Dice il Panciroli che antica- 
mente in questa chiesa per la fe- 
sta dell'Assunzione, festa titolare di 
e^sa, vi concorreva molto popolo. 

Il sito per la sua eminenza è 
delizioso, domina il Tevere dalla 
parte delle Marmorate, luogo ove 
si scaricano ì marmi, si gode la 
vista tanto di Roma antica che 
della moderna, appartenendo al 
priorato 1* annesso ameno giardino. 

Serie dei gran priori di Roma 
deWordine gerosoUniitnno , con- 
ferendosi anticamente daW ordine 
ai soli cavalieri professi^ prima 
■ che i Papi concedessero il prio- 
rato in commenda ai cardinali, 
le biografie de' quali sono ripor- 
late ai loro articoli, 

iSio. Fr. Pietro da Imola beato^ 



GER 

segretario dell' imperatore Lo- 
dovico di Baviera. 

1346. Fr. Giovanni di Rivara pie- 
montese, gran priore ad un 
tempo di Roma, di Pisa, e 
di Venezia. 

i365. Fr. Bartolomeo del EU^nino 
fiorentino. 

iSyS. Fr. Gherardo Ruffini. 

1379. Fr. Roberto Diana seniore 
di Messina. 

i384. Fr. Pietro Pigoate: nella 
iscrizione del suo sepolcro e- 
sistente nella chiesa priorale, 
egli è chiamato fr. Bartolomeo 
Carafa prioi*e di Roma e di 
Ungheria, maestro di casa di 
Innocenzo VII, luogotenente 
del magistero, e senatore di 
Roma sotto Bonifacio IX, mor- 
to nel i4o5. 

i4i6. Fr. Stefano Gaetano. 

1434* Fr. Faentino Quirini vene- 
ziano, gran priore di Roma 
e di Venezia. 

1434* Fr. Lorenzo Orlandi gran 
priore di Roma, dignità che 
godè pochi giorni come il pre- 
cedente. 

1 439. Fr. Roberto di Diana giunio- 
re di Messina, ch'essendo in- 
fermo, fu fatto governatore del 
priorato fr. Battista Orsino. 

1446- ^^' Giovanni Battista Orsi- 
• ni romano, dei conti di Gra- 
vina, gran priore di Roma, 
poi divenne gran maestro. 

i4^7* Fr. Cencio Orsini romano, 
gran priore di Roma e di 
Capua, e commendatore della 
gran commenda di Cipro, e 
di quella di Verona. Stabilì 
una lega ti*a il re di Napoli, 
la signoria di Venezia, e la 
religione gerosolimitana , nel 
portarsi in pellegrinaggio a s. 
Giacomo di Galizia^ e poscia 



GER 

fu fatto ambasciatore e luo- 
gotente del gran maestro in 
Italia. 
i5o4. Fr. Sisto Gara della Rovere 
di Lucca, gran priore di Ro- 
ma, fatto cardinale nel i5o8 
dallo zio Giulio II. 
i5o7. Fr. Carlo Gesualdo napole- 
tano. 
i5i7. Fr, Pietro SaWiati fiorenti- 
no, parente di Leone X che 
fu il primo Papa che conferì 
il priorato di Roma per bre- 
ve apostolico. 
iSiS. Fr. Bernardo Salviati fio- 
rentino, nipote di Clemente 
VII, gran priore di Roma, 
ambasciatore e procuratore ge- 
nerale deir ordine gerosolimi- 
tano presso la Sede apostolica, 
generale delle galere pontifìcie 
e di quelle di sua religione 
per l' impresa di Modone, e poi 
ambasciatore della medesima 
per rendere ubbidienza al nuo- 
vo Pontefice Paolo III. Nel 
1 56 1 Pio IV lo creò cardinale. 
i568. Cardinale Michele Bonelii 
del Bosco di Alessandria, del- 
l'ordine de' pred i ca tori , fa t to 
gran priore dallo zio s. Pio V. 
iSgS. Fr. Silvestro Àldobrandini 
fiorentino, pronipote di Cle- 
mente VIII, il quale lo dichia- 
rò gran priore, e poi nel i6o3 
. lo creò cardinale. 
1612. Fr. Aldobrandino Àldobran- 
dini romano, oriondo fiorenti- 
no, cavaliere professo, proni- 
pote di Clemente Vili, gran 
priore di Roma, generale del- 
le galere di sua religione, ed 
ambasciatore di essa presso la 
santa Sede.^ 
1623. Cai*dinale Antonio Barberini 
fiorentino, fatto gran priore 
dallo zio Urbano Vili. 



GER ^97 

i65i8. Fr. Sigismondo Chigi sane- 
se, dallo zio Alessandro VII 
dichiarato gran priore, indi 
creato cardinale nel 1667 da 
Clemente IX. 
1678. Abbate Benedetto Pamphilj; 
romano, pronipote d'Innocen- 
zo X, fatto gran priore da In- 
nocenzo XI, che poi nel 1 68 1 
lo creò cardinale. 
1780. Cardinale Camillo Cibo dei 
principi di Massa e Carrara, 
pronipote d'Innocenzo X, fat- 
to gi-an priore da Benedet- 
to XIIl, che nell'anno prece- 
dente l'avea esaltato al cardi- 
nalato. 
1734. Cardinale Bartolomeo Ru- 
spoli romano, per rinunzia del 
precedente, Clemente XII gli 
conferì il gran priorato di 
Roma. 
1743. Cardinale Girolamo Colonna 
romano, dichiarato gran prio- 
re da Benedetto XIV, che 
tiell'istesso anno l'avea anno- 
verato nel sacro collegio. 
1763. Monsignor Gio. Battista Rez- 
zonico veneziano, nipote di 
Clemente XIII, e suo maggior- 
domo: lo zio lo promosse al 
gran priorato, e nel 1770 
Clemente XIV lo creò cardi- 
nale. 
1784* Monsignor Romualdo Bra<- 
schi Onesti di Cesena, mag- 
giordomo dello zio Pio VI, 
che lo nominò gran priore, e 
nel 1786 lo creò cardinale. 
181 7. Cardinale Fabrizio Ruffo na- 
poletano, fatto gran prioi^e da 
Pio VII agli II maggio 18 17. 
1828. Giorgio Doria Pamphilj ro- 
mano, fatto gran priore da 
. Leone XII ai 4 agosto 1828. 
Essendo esso morto a' 16 no- 
vembre 1837 , il venerabile 



298 GER 

bafi fr. Carlo Gindida luo- 
gotenente del magistero, coi 
cavalieri dell'ordine, a mezzo 
del caixlinal segretario di sta- 
to avanzarono supplica al Pa- 
pa Gregorio XVf, perché sì 
degnasse conferire il vacato 
gran priorato, al di lui de- 
gno nipote fr. Gio. Antonio 
Cappellari della Colomba bel* 
lunese, cavaliere professo della 
religione. Ma il Pontefice fece 
rispondere parole di gradimen- 
to per tale desiderio, e di non 
▼olere fare innovazione alla 
consuetudine di nominare al 
gran priorato un cardinale. 
i838. Cardinale Carlo Odescalchi 
romano, fatto gran priore dal 
regnante Gregorio XVI. Nel 
numero So del Diario di Ro- 
ma si legge quanto segue: 
M Dalla sovrana clemenza del 
regnante Pontefice Gregorio 
XVI onorato l' eminentissimo 
signor cardinale Carlo Ode- 
scalchi vescovo di Sabina, vi- 
cario della prelodata Santità 
Sua, ed arciprete della Libe- 
riana basilica, del gran prio- 
rato della religione ed ordi- 
ne gerosolimitano, nella do- 
menica de' IO giugno i838, 
giorno sacro alla ss. Trinità, 
determinatasi V eminenza sua 
di pi*endere il pubblico posses- 
so dell'anzidetto gran priora- 
to, dopo aver fetto conoscere 
a sua eccellenza il signor ba- 
n fr. Carlo Candida, luogo- 
tenente del magistero del di- 
visato inclito ordine^ tal sua 
determinazione, col suo nobi- 
le treno nella mentovata do- 
menica si recò alla chiesa di 
detto gran prìorato, dedicata 
al glorioso s. Basilio, eretta 



GER 

sul monte Aventino, atendo 
seco i due monsignori Gio. 
Battista Nardi -Vaien tini uno 
de' protonotari apostolici par- 
tecipanti, e Francesco Pentini 
uno de' chierici di camera. 
Ivi giunto r eminentissimo car- 
dinale gran priore fu ricevuto 
alla porta del tempio dal pre* 
lodato signor bafi Candida nel- 
la rappresentanza di luogote- 
nehte del magistero, dai com- 
mendatori, dai cavalieri, e dai 
fra cappellani del sacro ordine. 
Assuntasi da sua eminenza la 
cappa, sua eccellenza il sig. baPi 
le si fece- a^ora innanzi, ed a 
proprio nome e degli indivi- 
dui tutti dell'inclito ordine e- 
sternò i sentimenti di gratitudi- 
ne vei*so il sommo Pontefice per 
la degnazione avuta di dai*e in 
gran priore dell' ordine in Ro- 
ma, un sì commendato e ri- 
spettabile pei*sonaggio , e di 
giubilo per l'accettazione fat- 
ta da sua eminenza della so- 
vrana grazia, assumendo il no- 
bile incarico di gran priore in 
bene e sempre maggior lustro 
dell'ordine medesimo. Colloca- 
tasi sua eccellenza il signor 
luogotenente Candida nella sua 
sedia, ed i commendatori, i 
cavalieri, ed i fi*a cappellani 
nelle rispettive loix> panche, 
r eminentissimo signor cardi- 
nale orò innanzi l'altare ado- 
rando la ss. Ci*oce: ascese 
quindi al trono, e seduto con- 
segnò le bolle apostoliche al 
suo monsignore cerimoniere, 
il quale le passò al cancellie- 
re del gran priorato che ne 
lesse il ti^ansunto. Tale lettu- 
ra ultimata, sua eccellenza il 
signor baPi Candida portossi 



GER 

al trotìo, e fu unitamente ai 
commendatori ed ai professi 
ammesso all'amplesso dell' e- 
minentissimo gran prìoi^e. I 
cavalieri dell'ordine, e quindi 
i fra cappellani vennero am- 
messi al bacio dell'anello. Da 
uno dei fra cappellani venne 
poscia intuonato l'inno Am- 
brogiano proseguito col canto 
dagli alunni del seminario ro- 
mano. Deposta quindi sua e- 
minenza la cappa , ed assunta 
la mozzetta, sopra la quale 
vedevasì la gran croce dell'or- 
dine> venerato il glorioso s. Ba- 
silio, recossi al suo apparta- 
mento, ove si trattenne per 
qualche tempo con esso si- 
gnor baPj, coi commendatori 
e coi cavalieri, dando loro u- 
na testimonianza del suo gra- 
dimento per l'assistenza da 
essi prestata al suo possesso". 
Nel medesimo anno, e nei con- 
cistoro de' 3o novembre, il 
Pontefice accettò la rinunzia 
del cardinalato e di tutte le 
dignità dal cardinal Carlo O- 
descalchi, il quale con univer- 
sale e tenera ammirazione en- 
trò religioso nella compagnia 
di Gesù, ove santamente mori. 
1839. Cardinale Luigi Lambru- 
schini genovese, vescovo sub- 
urbicarìo di Sabina, segreta- 
rio di stato, e bibliotecario di 
s. Chiesa, fòtto gran priore 
dal regnante Gregorio XVI. 
Nel numero 4? ^^l Diario 
di Roma di tale anno si leg- 
ge quanto segue. » Sua e- 
minenza reverendissima il si- 
gnor cardinal Lambruschinì, 
non ha guari eletto in gran 
priore di Roma del sacro mili- 
tare ordine gerosolimitano dal- 



GER 299 

la Santità di nostro Signore Pa- 
pa Gi'egorio XVI, nel giorno 
9 giugno 1839, alle ore ven- 
tidue, si trasferì con nobile 
treno alla propria chiesa di s. 
Basilio sul monte Aventino. 
Al limitare del sacro tempio 
fu ricevuto da sua eccellenza 
il venerando bah fra Carlo 
Candida luogotenente del ma- 
gistero, dai dignitari, e dal- 
l'intero corpo del sacro ordi- 
ne, composto di molti cava- 
lieri professi, novizi e con- 
ventuali. Il venerando luogo- 
tenente nell'accogliere il nuo- 
vo titolai^ diresse al medesi- 
mo una elegante e com- 
movente allocuzione , mani- 
festando il giubilo e gradi- 
mento sommo della sua re- 
ligione e confratelli nell' an- 
noverare fìra loro un perso- 
naggio tanto distinto per rari 
talenti ed esimie virtù, e che 
per l'indefesso e singolare at- 
taccamento verso l'ordine stes- 
so lo rendono impareggiabile. 
Quindi la lodata eminenza 
sua proferì un eloquente ed 
erudito discorso allusivo alla 
circostanza, che riscosse meri- 
tamente gli applausi e l'ammi- 
razione di quel ragguardevole 
e colto consessa Lette in se- 
guito le lettere apostoliche, e 
redatto dal cancelliere priora- 
le l'atto di possesso, si diede 
termine alla cerimonia con 
l'inno Ambrogiano; quale ter- 
minato, l'eminentissimo gran 
priore ammise all'abbraccio il 
venerando luogotenente, i di- 
gnitaHy ed i cavalieri dell'or- 
dine ' ivi concorsi. Distingue- 
▼ansi tra questi sua eccellenza 
il signor bab fr. Gio. Anto- 



3oo GER 

DÌO Cappellari nipote di Sua 
Santità , e gran priore del 
priorato Lombai*do - Veneto y 
recentemente istituito per mu- 
nificenza dell' augusto Ferdi- 
nando f imperatore d'Austria, 
e sua eccellenza il signor 
principe d. Francesco Barbe- 
rini venerando bali di s. Se- 
bastiano, baliaggio di patro- 
nato della famiglia. Assistettero 
anche molti prelati, ed altri 
distinti personaggi, che i*esero 
vieppiù decorosa la sacra fun- 
zione, dopo la quale sua e- 
minenza ascese nel palazzo 
priorale attiguo alla chiesa, 
e trattò tutti con lautissimo 
rinfresco. Il luogotenente ed ì 
cavalieri gerosolimitani riguar- 
dano cotesta elezione come un 
beneficio singolare della prov- 
videnza, ed un tratto ulterio- 
re delle magnanime cure ed 
alta protezione del Santo Pa- 
dre verso l'ordine, e si ripro- 
mettono, mercè i lumi e su- 
blime impegno deli'eminen- 
tissimo gran priore, di vede- 
re sempre più risorgere l'in- 
clito loro ordine, e giungere 
alla desiata universale e com- 
pleta ristaurazione ". Il car- 
dinale Lambruschini, come se- 
gretario de' brevi pontificii, è 
gran cancelliere degli oi*dini 
equestri pontificii. 
Gran priorato Lombardo' Ve^ 
neto , i cavalieri di giustizia sono 
venticinque, le dignità sono ven- 
tiquattro, cioè il gran priore ve- 
nerando fr. Gio. Antonio Cappel- 
lari della Colomba, e ventitre com- 
mende, sedici delle quali di gius- 
padronato . La prima commenda 
è sulle i^endite del tesoro dell'or- 
dine, come la seconda e la terza. 



GER 

Parma ha tre commende. Le altre 
commende sono del Serraglio Fi- 
nale di Modena; di Villa Rio di 
Reggio; di Lochis; di Melzì ; dì 
Greppi; di Nava; d'Adda; di Zur- 
la-Rovereto; di Taverna; di Gio- 
vannelli; di Cappellari della Co- 
lomba maggiore, di Cappellari del- 
la Colomba minore, ambedue fon- 
date dal regnante Papa pei no- 
bili nipoti, e loro discendenze fr. 
Gio. Antonio, e Bartolommeo; di 
Cicogna; di Raimondi; di Vigodar- 
zere; di Corbelli Ferrari; e di Ta- 
verna. Uno è il cappellano con- 
ventuale, e due le commende de- 
stinate pei cappellani conventuali, 
cioè di Poldi Pepoli, e della ss. 
Trinità di Reggio, la quale è padro- 
nato. Tre sono i gran croci di divo- 
zione, vale a dire sua altezza reale il 
regnante duca di Lucca Carlo Lo- 
dovico di Borbone ; sua altezza im- 
periale il principe Ferdinando Car- 
lo Borbone , duca ei*editario di 
Lucca; e sua altezza reale France- 
sco principe ereditario di Modena. 
Le dame decorate della gran cro- 
ce di divozione , secondo la data 
della loro bolla, sono sua altezza 
reale Maria Luigia Carlotta Bor- 
bone di Lucca; e sua maestà l'ar- 
ciduchessa duchessa di Parma^ Pia- 
cenza e Guastalla Maria Luigia 
regnante. I cavalieri di divozione 
sono cinquantadue, e le altre da- 
me decorate della gran croce di 
divozione sono sei, compresa sua 
altezza serenissima la principessa 
Giulia Gonzaga nata Cavriani. 

Gran priorato delle due Sicilie, 
ì cavalieri di giustizia sono trenta- 
quattro, fra' quali l'odierno luogo- 
tenente del magistero dell'ordine 
gerosolimitano, ed il gran prìore 
venerando fr. Gio. Giacomo Sal- 
vatore Borgia di Siracusa. Le di- 



GER 

gnìtà sono ti^edici comprese nel 
detto priorato, e in dodici commen- 
de, la prima delle quali appartie- 
ne al nominato luogotenente, tre 
essendo di giuspatronato. Il nome 
delle commende sono di s. Gio- 
vanni di Tavormina; di s. Stefa- 
no dì Schialtina, e s. Antonio d'Ai- 
bigiana dì Palermo; de' ss. Gio. 
Battista e Giacomo della Saracena 
di Caltagirone e Bonanno ; di Viz<- 
zini ; di Calli ; di s. Silvestro della 
Bagnara ; prima commenda smem- 
brata dalla commenda di Beneven- 
to; seconda commenda smembrata 
dalla commenda di Benevento; di 
Mayo; di Forcella; e di Zambra. 
Sette sono i cappellani conventua- 
li, e serventi d'armi , essendo la 
commenda destinata per loro quel- 
la detta le Granché di Benevento, 
smembrata dalla commenda di Be- 
nevento. I gran croci di divozione 
sono sette, fra' quali l'arcivescovo 
di Patrasso. Una è la dama deco- 
rata della gran croce di divozione. 
1 cavalieri di divozione sono cento 
dieciuove. Le altre dame decorate 
della croce di divozione sono cin- 
que; i cappellani d'ubbidienza uno; 
ed i donati quattro, essendone sta- 
to fino ai nostri giorni il primo, 
perchè ammesso agli 1 1 settem- 
bre 1809, Saverio Camilleri di 
Malta, segretario di cancelleria del 
luogotenente generale del magiste- 
ro, da ultimo defunto con dispia- 
cere di tutti pel suo zelo, cogni- 
zioni e qualità. 

Notizie generali del governo del- 
l'ordine gerosolimitano^ conside» 
rato come esistesse in tutta la sua 
integrità^ col suo gran maestro; e 
delle divisioni j qualità e diversità 
dei cavalieri^ loro prerogative e 
. privilegi. Noviziato, professione. 



GER 3or 

e vesti de* cavalieri j cenni sulle 
monache gerosolimitane, 

là' ordine gerosolimitano è nel 
medesimo tempo ospitalario^ reli- 
gioso, militare, aristocratico e mo- 
narchico. Ospitalario perchè fon- 
dato per ricevette nell'ospedale di 
Gerusalemme i pellegrini che ivi 
sì recavano per sciogliere i loro 
voti , chiamati i poveri di Gesti 
Cristo, non che gì' infermi d' ogni 
nazione, senza distinzione di cul- 
to , per essere assistiti dagli in- 
dividui dell'ordine. Religioso per- 
chè i suoi membri fanno i vo- 
ti di castità, d'obbedienza e di 
povertà. Militare perchè tutti quelli 
che ne fanno parte debbono far 
guerra agli infedeli per proteggere 
i cristiani. Monarchico perchè alla 
testa ha un capo inamovibile, in- 
vestito del potere sovrano sui sog- 
getti del luogo appartenente in so- 
vranità all'ordine. Aristocratico per- 
chè negli afi&ri piti importanti il 
gran maestro ed il consiglio eser- 
citano insieme un'assoluta autorìtà: 
del consiglio supremo o ordinario, 
di quello completo, come delle di- 
gnità dell'ordine e delle otto lin- 
gue, ne parlammo di sopra. Avvi 
pure il consiglio secreto o crimi- 
nale, in cui si trattano gli aflari 
straordinari, e ch'esigono una pron- 
ta deliberazione, il quale si pre- 
siede dal gran maestro, e dal suo 
luogotenente, come avvi il consi- 
glio chiamato della veneranda ca- 
mera del tesoro, del quale è pre- 
sidente il gran commendatore, pri- 
ma dignità della religione. In lutti 
i tempi l'ordine si compose dei no- 
bili di tutta la cristianità, ma sem- 
pre geloso di conservare la sua in- 
dividuale indipendenza, coi prov- 
vedimenti delle costituzioni e sta- 



3o2 G£R 

luti, non lasciò ai suo capo che 
rautorìtà necessaria pel governamen- 
to, consideitindolo eguale agii al- 
tri, et primus inlerpares^ per cui al- 
cuni storici qualificarono il gover- 
no dell'ordine per repubblicano: 
pei*ò i cavalieri lo rispettavano 6 
gli erano ubbidienti secondo le 
costituzioni, e giammai si copriva- 
no il capo alla presenza del gran 
maestro. Lo stendardo della reli- 
gione tebbe sempre la pi*eeminenza 
sugli altri religiosi o pontificii; ed 
il gran maestro Raimondo dichia- 
rò che se alcuno de' cavalieri lo 
avessero abbandonalo nelle batta- 
glie, fosseix) privati dell' abito ge- 
rosolimitano. I Papi però, ricono- 
sciuti capi supremi dell'ordine, tì 
esercitarono pienissima autorità, di 
cui molti esempi riportammo su- 
periormente, non che confermando 
la convocazione de' capitoli gene- 
rali, annullandoli per giuste ragio- 
ni, approvando gli statuti, crean- 
do moltissimi gran croci adhonoresj 
ad onta della ripugnanza del con- 
siglio conventuale dell' ordine, e 
tenendo presso il gran maestro ed 
il consiglio un prelato inquisitore 
e vicario apostolico per gli a&ri 
ecclesiastici. 

Il gran maestro ha il dirit- 
to di convocare il capitolo ge- 
nerale, di nominare un luogote- 
nente ed i gran a*oci che ne' con- 
sigli gli procurano la maggiorità 
nelle discussioni. Tranne le urgen- 
ze, i capitoli generali regolarmente 
si convocano ogni cinque anni, ed 
anche ogni tré anni. 1 capitoli ge- 
nerali si sono tenuti in Gerusalem- 
me, a Rodi, in Malta, ed altrove. 
S* incominciano con la celebrazione 
d' una messa solenne allo Spirito 
Santo, col gran maestro sedente 
in trono, vestilo delle insegne di 



GER 

sua dignità, come i capitolari; qùe<» 
sii erano cinquantaquattro prima 
della soppressione della lingua d'In- 
ghilterra, componendosi del vesco- 
vo di Malta (quando l'ordine era 
in quell'isola) o del gran priore 
conventuale di s. Giovanni, del gran 
commendatore, del gran marescial<> 
lo, del gran spedaliere, del gran- 
d'ammiraglio , del gran couser- 
valore, del gran bah, del gran 
cancelliere, e dei gran priori di 
Saint-Gilles, d'Auvergne, di Fran- 
cia, d'Aquitania, di Champagne, di 
Tolosa , di Roma , di Lombardia , 
di Venezia, di Pisa, di Barletta, 
di Messina, e di Capua ; del castet* 
lano d'£m posta, o gran priore di 
Aragona, e dei gran pri(H:i di Pra- 
to in Portogallo, d' Inghilterra, di 
Navarra, d'Alemagna, d'Irlanda, di 
Boemia, d'Ungheria ; del bafi di s. 
Eufemia, del gran priore di Cata- 
logna, e dei bali di NegropontCì 
di Morea, di Venosa, di s. Stefa- 
no, di Maiorica, di s. Gio. di Gè** 
rusalemme, di Lione, di Manosca» 
di Brandeburgo, di Caspe, di Lo- 
ra, d'Aigle, di Largo e di Leza, 
del santo Sepolcro, e di Cremona; 
del gran tesoriera, e dei baPi di 
Nenevillas , d' Acri , della Rooella | 
d'Armenia, di Carlostadt, e di s; 
Sebastiano di Roma. La facoltà poi 
di ottare nella lingua d'Italia ad 
altre dignità, fu tolta nel i594« 

In quanto ai priori coll'autorità del 
Compendio del codice gerosoUmita*' 
nOj pubblicato colle stampe in Mal- 
ta nel 1783, daremo qui un cen- 
no, di quanto li riguarda, pi*eroga- 
tive, doveri, ed altro. 

La elezione dei priori spetta al 
consiglio ordinario, salva la nomina- 
zione della lingua. I priori sono esenti 
dall'obbedienza al maresciallo, an- 
che ueir esercizio delle armi. Parten- 



GER 

dosi dai priorati devono deputare un 
luogotenente, ma essendo presenti, 
e non intervenendo nei capitoli, 
presiede il baglivo che vi si tro- 
vasse, o il fratello più anziano. Sta 
in libertà portatasi al capitolo, ma 
in ogni caso sempre quello si tiene 
a spese de' medesimi. Col capitolo 
o assemblea hanno giurisdizione ci- 
vile e criminale,, e regolare correzio- 
ne sopra tutti i fratelli, cbe abita- 
no, o si trovano nei limiti dei lo- 
ro priorati, compitesi vi pure i bali ; 
ma non possono dar sentenza di 
privazione d'abito, commende, mem- 
bri, benefizi, anzianità, o di car- 
cere perpetua, ma trovando che 
alcuno sia incorso in dette pene, 
devono formare il processo, e ri- 
metterlo al gran maestro e consi* 
glio. In dubbio, se il caso sia pro- 
vato, ed in conseguenza se il fi*a- 
tello sia incorso nelle suddette pe- 
ne, la dichiarazione spelta al con- 
siglio. Col capitolo danno in Ale- 
magna licenza ai commendatori di 
potere con legittima ragione con* 
trarre debiti, che non possano pe- 
rò rìdondare in danno della reU- 
gìone. Possono conferire oommen-» 
de di loro grazia, e n tenerne una 
per loro quinta camera. Possono 
nei loro priorati, non essendovi 
presente il priore della chiesa, eser- 
citare giurisdizione sui cappellani 
d'obbedienza, come sopra i cava- 
lieri e serventi, secondo la forma 
degli statuti, cioè di non poter pri* 
vare dell'abito ec. I priori che han* 
no giurisdizione ecclesiastica pos- 
sono deputare visitatori , e vicari 
ecclesiastici. Ricevono le soi^elle del- 
l'ordine, visitano i loro moniste- 
ri; provvedono col capitolo ai he*' 
neficiati deputati al governo delle 
chiese, che non hanno entrate ba- 
stanti pel loix) mantenimento. Non 



GER 3o3 

possono però dispensarli dall'obblt- 
go di risiedere nella loro cura , 
eccettuato il priore di Castiglia, 
che può ritenere uno al suo ser- 
vigio, e due per le segi*elerie delle 
ricette di quel regno. Hanno la 
collazione, o presentazione dei be- 
nefizi ecclesiastici, dipendenti dai 
loro priorati, come anche dalle di- 
gnità e commende del loro pno- 
l*ato in tempo del loro mortorio, 
e vacante, se i provvisti dal con- 
vento non avessero preso possesso, 
o provvisto d'un sufficiente procu- 
ratore per provvedere simili bene- 
fizi. Devono lare matricola dei cap- 
pellani d'obbedienza rìcevuti fuori 
di convento per servizio delle chie- 
se e cappelle dell'ordine nei limiti 
del loro priorato. Possono unire 
due commende di tenue entrata^ 
e due membri lontani dal capo. 
Rivedono i conti dei ricevitori coi 
capitoli provinciali , ed esaminano 
e verificano accuratamente le giu- 
stificazioni delle spese ed esiti por- 
tati in tali conti , con rimetterne 
però il saldo alla camera dei conti; 
Finito il capitolo devono avvisare 
il convento dei conti presentati al 
capitolo dai ricevitori, e mandare 
alle rispettive lingue e priorati no- 
ta de' commendatori, che senza le- 
gittimo motivo non intervennero 
nel capitolo, affinchè le lingue la 
passino al tesoro, per darne debito 
a tali contumaci. 1 priori non pos» 
sono godere delle loi*o prerogative, 
se non fònno constare delle dili- 
genze usate per aver il possesso dei 
priorati. Devono fòr due registri 
del valore delle commende, ed al- 
tri beni dei loro priorati, rimetten* 
done uno al gran maestro e con* 
vento, e l'altro ritenendo appresso 
di sé. A questi registri si supplisce 
col U1m*<) ^cUc visite. Devono fare 



3o4 GER 

un archivio dei priorato a spese 
loro e dei commendatori, nel quale 
conservino le scritture dei priorato 
e delle commende, con ritenei*e essi 
le chiavi, ed in loro assenza i luo- 
gotenenti. Avuta notizia che alcu- 
no dell'ordine sarà stato licenziato 
dal servizio militare di qualche so- 
prano per mancanze da lui com- 
messe, devono formare col capito- 
lo o assemblea provinciale il pro- 
cesso informativo, e rimetterlo coi 
reo in convento per essei*e punito. 
Bevono invigilare che i minori 
non portino la croce d*oro, prima 
che siano state accettate le loro 
prove. Devono indagare se nei li- 
miti del 'loro priorato gì' insigniti 
della croce di divozione s* impie- 
gano in servìzio domestico di ai- 
tici che dell'imperatore, re, sovra- 
ni, o principi del loro sangue, e 
ritrovando qualche contravventore 
lo ammoniscano, e non correggen- 
dosi diano parte al gran maestro. 
Devono invigilai*e che i fratelli non 
assumino tutela o curazìa . di chic- 
chessia senza licenza del gran mae- 
stro spedita dalla cancelleria. Se 
alcun secolare volesse dare alle 
stampe qualche storia dell'ordine, 
commento sopra le sue leggi o pri- 
vilegi, o altra qualunque opera re- 
lativa all'ordine, che non sia stata 
approvata dal consiglio, devono 
cooperare perche non se ne permet- 
ta l'impressione. Devono esegui- 
re a loro spese gli ordini dei con- 
vento ad essi diretti per il ser- 
vigio pubblico deir ordine, e si di- 
rigono ai ricevitori , i quali devono 
prenderne cura di esibirglieli , e 
procurarne V esecuzione. Sono te- 
nuti a migliorare i priorati, e rin- 
novare i cabrei o catasti , sotto 
pena di pagare doppie responsioni. 
Devono visitare le commende, pò- 



GER 

ste nei limiti dei loro priorati, ed 
il priore di Alemagna nei visitarle 
deve far processo de' debiti dei com- 
mendatori di gran somitia con dar- 
ne l'avviso al convento. Devono far 
visitare le loro quattro camere prio« 
rali; pr&<ientare alla chiesa una 
gioia un anno e mezzo dopo esse- 
i*e entrati in rendita; provvedere 
che le chiese delle commende nei 
limiti dei loro priorati siano de- 
centemente ornate e restaurate, e 
riparare i castelli e case Fjrli per 
la custodia dei vassalli delinquen- 
ti; ti*ovarsi nei capitoli provinciali» 
ma non volendo' intervenirvi de* 
vono sempre fornire le spese, e 
farvi leggere la regola e gli statuti 
contro i debitori del tesoro. De- 
vono invitare alla celebrazione dei 
capitoli e assemblee provinciali i 
fratelli capaci, non commendatori, 
colà residenti , e nel priorato di 
Venezia sotto pena della nullità 
dei capitolo, e di quanto si sarà 
in quello trattato, si devono inti- 
mare i religiosi residenti ne' luo- 
ghi drconvicini. Devono assistere 
ai ricevitori -contro i debitori del 
tesoro, ed impedendo* mai ai rice- 
vitori il possesso, o l'esazione dei 
diritti del tesoro, si privano dei 
priorati. Devono procedere contro 
i mali amministi'atori de' beni del- 
la religione; scacciare gli occupa- 
tori delle commende; astringere i 
ricevitori a restituire quello die 
hanno tolto dello stato delle com- 
mende, ed uso delle case. Sotto 
pena d'essere puniti come disul>* 
bidienti non possono prendere ne 
palesemente, ne sotto nome dì al- 
tri in affitto le dignità e commen- 
de per il tempo del mortorio e 
vacante. Tre priori, secondo l'ordi- 
ne col quale furono chiamati, sono 
tenuti di fiu*e residenza in coiivea* 



GER 

lo. Due priorati nello stesso tempo 
nessuno può tenere, ne verun bene 
in altro priorato ; anzi i nuovi elet- 
ti priori sono tenuti lasciar tutte 
le commende che prima teneva- 
no, eccettuate le camere magistrali, 
le commende ricuperate dai seco- 
lari, e le-conseguile per la priva- 
zione d'alcuno debitore dei tesoro, 
"di cui avessero pagato il debito. 
Possono anche ritenere le pensioni 
sulle camere magistrali, si eccet- 
'tuano bens'i quei priori , che se- 
condo i diversi concordati delle 
loro rispettive lingue, possono ri- 
tenere le commende ed altri beni 
coi priorati. Dei priorati sono in- 
capaci i concubinari, ed avendoli 
devono esserne privati. 

I cavalieri gerosolimitani vengo- 
no accettati nell'ordine facendo tut- 
te le prove richieste dagli statuti, o 
con qualche dispensa. Si ottiene 
questa dispensa dal Papa mediante 
breve, o dal capitolo generale del- 
l'ordine, ed in seguito viene ciò 
ratiOcato dal sacro consiglio. Le 
dispense ordinariamente si conce- 
dono per qualche quarto che man- 
ca di nobiltà, principalmente dal 
lato materno, dappoiché gli aspi- 
ranti debbono provare quattro ge- 
nerazioni di nobiltà , per maniera 
però, che ne quello che si è fatto 
nobile, né suo figlio, eh' è sempli- 
cemente nobile, né il suo nipote 
•eh' é gentiluomo , ma soltanto il 
pronipote, eh' é riputato primo gen- 
tiluomo di nome e d' arme , può 
contare per prima generazione o 
primo grado dei quattro. Lo stesso 
é pure dal lato di madre, pel qua- 
le però si accordano, come dicem- 
mo, le opportune dispense, ma non 
mai per quello di padre, tranne 
un qualche caso particolare. I ca- 
'•'valieri vengono ricevuti nell' ordi- 
vo!. XXIX. 



GER 3o5 

ne, in età o in minorità. L'età 
richiesta dagli statuti é d' anni se- 
dici compiti, per entrare in novi- 
ziato di diecìsette, e far professio- 
ne di dieciotto. Chi brama essera 
ammesso all'ordine, deve presen- 
tarsi personalmente al capitolo o 
assemblea provinciale del gran prìo- 
, rato, nella cui estensione egli è 
nato. Il presentato deve recare la 
sua fede del battesimo in forma 
autentica, e legalizzata dal vescovo, 
o dal suo vicario; di piti il pro- 
cesso delle sue prove , contenente 
gli estratti dei' titoli che giustifica- 
no la legittimazione e la nobiltà 
del presentato, e di quattro fami- 
glie per parte paterna e materna, 
vale a dire di padre e madre, avoli 
e bisavoli. Devono queste prove 
oUrepassare i duecent' anni, quindi 
qualche volta conviene rimontare 
fino ai terzavoli e quarta voli. Ol- 
tre le suddette cose bisogna pre- 
sentare il blasone, e le arme della 
famiglia , co' suoi smalti e colori 
sopra la pergamena. Allorché il 
presentato é stato ammesso, gli vie- 
ne consegnata la commissione per 
fare le sue prove dal cancelliere 
del gran priorato. Se il padre o 
la madre, o alcuno degli antenati 
é nato in altro gran priorato , il 
capitolo dà una commissione ro- 
gatoria, per farvi le prove neces- 
sarie. Le prove della nobiltà si fan- 
no col mezzo di titoli e contrat- 
ti, con testimoni , con epitaffi, ed 
altri monumenti. I commissari o 
maestri de' novizi richiedono pure 
se i parenti del presentato abbia- 
no mai derogato alla loro nobiltà 
col commercio, traffico, o banco. 
Nondimeno avvi un privilegio pei 
gentiluomini delle città di Genova , 
Firenze, Siena e Lucca , ai quali 
non nuoce punto l'esercizio della 

20 



3o6 GER 

mercatura all' ingrosso. Tutte le 
prove che i commissari hamio pro- 
curate, le portano al capitolo o al* 
l'assemblea. Se Tengono riconosciu- 
te per buone e valide si spediseo* 
no alla sede dell'ordine sotto il si- 
gillo del gran priorato. 

Quando il presentato è giunto 
alla sede dell' ordine, le sue prove 
vengono esaminate nell' assemblea 
delle lingue di quel gran priorato, 
a cui egli si presentò; e se otten- 
gono l'approvazione, egli viene ac- 
cettato cavaliere, e la sua anzianità 
incomincia in quel giorno, purché 
abbia pagato il suo passaggio, il 
quale importa duecento cinquanta 
scudi d'oro, e subito dopo il novi- 
siato abbia fatto professione; altri- 
menti s' incomincia a contare la sua 
anzianità soltanto dal giorno della 
sua professione, se attendere voglia* 
ti agii statuti e regolamenti dell' or- 
dine; ma la pratica e, che la diia- 
sione e ritardo della professione 
punto non nuoce all'anzianità. Non- 
dimeno non si può ottenere veruna 
commenda senza aver fatto pix>- 
fcssione, essendo proibito a tenore 
degli ultimi statuti di affidare l'am- 
ministrazione dei beni dell'ordine 
ad individui non professi. E qui no- 
teremo che la prima commenda 
die conseguisce il cavaliere professo 
ti chiama di Cabimento; passati 
cinque anni, concorrendo ad altra, 
ti dice di primo migHorafnenlo ; tra- 
scorso altrettanto tempo, concorren- 
do ad altra commenda, si appella 
di secondo miglioramento, e quindi 
vi sono quelle di terzo e di quar^ 
to miglioramento ec. Notammo già 
che le commende che si consegui- 
aoono per anzianità diconsi m giu- 
stizia, e sono componibili o compa- 
tibili con un'altra di quelle che 
ti danno per ricompensare qualche 



GER 

servigio prestato alla religione, e si 
dicono commende di grazia. Comuife- 
mente pagasi il passaggio al ricevito- 
re deli' ordine nel gran priorato. Le 
prove vengono qualche volta rigetta- 
te dall'ordine: in tal caso per l' ad- 
dietro restituì vasi il denaro di già 
pagato, ma dipoi con nuovi dea*eti 
fu stabilito che i*esterebbe a bene* 
ficio del tesoro dell'ordine. Il no- 
vello cavaliera paga altresì il di- 
ritto della lingua. Questo dirit- 
to è in proporzione del grado o 
sia rango che il presentato ha ot» 
tenuto. Quelli che si presentano in 
minorità, vale a dire al disotto di 
sedici anni, sono ammessi in TÌgo- 
re d'una bolla del gran maestro, 
eh' egli accorda secondo la facoltà 
avutane dal Papa, o dal capitolo 
generale. Ordinariamente vengono 
ammessi all' età di sei anni, e qual- 
che volta per grazia speciale ai da- 
que, ai quatti*o, e anche in età di 
un anno: l'uso di ricevere i cava- 
lieri di minorità ebbe origine dal 
capitolo generale del i63i. La lo- 
ro anzianità corre dal giorno se» 
gnato nella bolla di minorità, pur- 
ché il passaggio venga pagato un 
anno dopo. Dapprima si ottiene il 
breve dal Papa, poi si sollecita la 
spedizione della bolla magisti*a- 
le; e il tutto costa circa quin- 
dici doppie d'oro, 11 passaggio é 
di mille scudi d'oro pei* il teso- 
ro, e di cinquanta scudi parimenti 
d'oro per la lingua, cioè quasi quat- 
tromila lire. Queste non ti resti- 
tuiscono in nessun caso, sia che le 
prove vengano rigettate, sia che il 
pi*esentalo prenda altra risoluzione, 
sia ch'egli muoia prima di essere 
accettato. Il privilegio del presenta- 
to in minorità, é ch'egli può do- 
mandare un' assemblea straordinaria 
pei* ottenervi una commissiouei ni- 



G£R 

fine dì fare le sue prove, onde pre- 
sentarle senza aspettare il capitolo o 
l'assemblea provinciale. (Può egli 
portarsi alla sede dell' ordine in età 
di quindici anni per incominciarvi 
il suo noviziato, e professare dipoi 
agli anni sedici; ma non è obbli- 
gato d'esservi se non agli anni 
venticinque, per professare al piii 
tardi d'anni ventisei, nel che s'e*> 
gli mancasse, perderebbe la sua an- 
zianità, la quale incomincierebbe 
dal giorno della sua professione* 
Dacché le sue prove sono ammes- 
se, ^li può portare la croce d'oro, 
la quale non può portai*si dagli altri 
Sfi noli dopo fatti i voti. 

I cavalieri ricevuti dai dodici ai 
quindici anni si dicono paggi: il 
gran maestro di tali paggi ne tie- 
ne 9edici, i quali lo servono ap- 
punto da' dodici ai quindici an- 
ni , e a misura eh' escono dal 
servigio^ altri li rimpiazzano. Do* 
pò aver ottenuto dal gran mae- 
stro le lettere di paggi, devono pre* 
sentarsi al capitolo, o all'assemblea 
provinciale per ottenere commissio- 
ne di fare le prove loro all' età 
di undici anni. Fatte le prove si 
portano alla sede dell'ordine per 
entrare al servigio dopo il loro 
anno duodecimo, sino ai quindice<» 
Simo compito. Ali' ani\o quindicesi- 
mo incominciano il loro noviziato 
per fare la professione all' anno se- 
dicesimo. Il loro passaggio costa 
duecento cinquanta scudi d'oro, e 
se le prove vengono rigettate daU 
J'ordine^ questo denaro non si re- 
stituisce, siccome abbiamo detto co* 
sì praticarsi cogli altri cavalieri. Cor- 
re la loro anzianità dal giorno in 
cui entrano al servigio. Se gl'im** 
pieghi di paggi fossero già occupa^t 
ti, in guisa che non potessero en- 
trai*.vi, perderebbero il loi*o privile* 



GER 3o^ 

gto, e la loro anzianità inoomincie« 
rebbe soltanto agli aqni sedici com- 
piti» I cavalieri di pura grazia e 
di divozione sono que' nobili che 
furono ammessi nell' ordine per 
qualche considerabile servizio pre» 
stato all' ordine, e per altri motivi i 
Cavalieri di grazia talvolta furono 
&tti individui non nobili, che si 
meritarono tale onore per qualche 
segnalata e valorosa impresa, I ca« 
vai ieri suddetti prendono luogo im* 
mediatamente dopo i sacerdoti con- 
ventuali, che formano il secondo gra^ 
do dell'ordine. Quelli che vengono 
ammessi per cappellani e chierici con- 
ventuali, o serventi d'armi, sono qual<» 
che volta gentiluomini; ma se non 
sono nobili di quattro gradi pei* par« 
te di padre e di madre, non possono 
essere ammessi nel rango dtì cava-* 
lieri. Si possono vedere due cugini^ 
oppure uno zio e un nipote, l'uno 
cavaliere, e l'altro servente d'armi} 
e ciò perchè l'uno de' due fratelli 
avrà incontrato un matrimonio dis* 
uguale. Un gentiluomo anche di 
quattro gradi, il quale avrà tutte 
le qualità richieste per essere cava» 
liere, se vuole essere ecclesiastico, €$ 
ricevere gli ordini non può essece 
che nel rango dei cappellani con^ 
veutualì, perchè tutti i cavalieri 
devono portare l'armi contro gl'ina 
fedeli. Gli ecclesiastici, i quali for^ 
mano il secondo rango dell'ordine 
gerosolimitano, sono ricevuti ordi- 
nariamente Diacos o chierici con* 
ventuali per servire nella chiesa 
dell'ordine, dagli anni dieci sino 
ai quindici; a quest'oggetto otten^- 
gono una lettera dal gran naaestro^ 
La loro presentazione si fa: agli 
anni nove, e il pt^esentato deve ,i*er 
care la sua fede battesimale lega- 
lizzata, la sua lettera di Diaco»^ ed 
il suo memoriale contenente gli q» 



3o8 GER 

stratti, e le date dei titoli che giu« 
stificano la sua legittimazione, la 
qualità di suo padre, e de' suoi a- 
vi patemi e materni. Non vi è bi- 
sogno del blasone, eccetto il caso 
in cui il presentato essendo gentil- 
uomo Tolesse mostrare la sua ar- 
me. Le sue prove devono dimo- 
strarlo nato da parenti rispettabili, 
e che esercitato non abbiano arte 
o professione meccanica o vile. So- 
no ammessi a questo rango i figliuo- 
li dei dottori in legge, degli avvo- 
cati, dei medici, dei procuratori, 
dei notari, dei banchieri, dei mer- 
canti airingrosso abitanti nelle città, 
dei coltivatori delle proprie terre 
che vivono civilmente, ed altre per- 
sone che vivono al di sopra del 
comun popolo. La loro anzianità 
corre dal giórno della loro accetta- 
zione nella sede dell'ordine : costa 
il loro passaggio cento scudi d'oro. 
Quelli che oltrepassano gli anni 
quindici, e bramano essere ricevuti 
cappellani conventuali, devono otte- 
nere un breve dal Papa, passato o 
confermato dalia sede dell' ordine, 
e dipoi devono presentarsi per fare 
le loro prove. Il loro passaggio è 
di duecento scudi d'oro, oltre il 
diritto della lingua. 

I serventi d'armi fanno le lo- 
ro prove come i cappellani. L'età 
per presentarsi è di sedici anni com- 
piti, e il passaggio costa duecento 
scudi d'oro, oltre il diritto della 
lingua. La quarta specie di cava- 
lieri sono i preti o frati d'ubbi- 
dienza, i quali vengono accettati sen- 
za prove e senza portarsi alla sede del- 
l'ordine. Vengono così chiamati per- 
chè ubbidiscono al gran priore o al 
commendatore che li riceve per ser- 
TJre nei priorati, o nelle parrocchie 
4p chiese di giunsdizione dell'ordine, 
IliiUigaadosi all'osservanza de' voti. 



Portano la croce bianca sopra \ì 
mantello, e godono dei privila 
della religione. In questo numero 
Ti sono dei gentiluomini, dappoiché 
l'ordinanza 53 dello statuto XXIII, 
Del ricevimento, presa-ive che i cap- 
pellani d'Italia provino non già che 
le loro famiglie fossero nobili, ma 
bensì che il loro padre e li due 
avi paterno e materno vissero no- 
bilmente, cioè senza aver mai eser- 
citata vei*un'arte o mestiere, ma 
professioni liberali escluse le mec- 
caniche, o viventi colle loro rendi- 
te, e di buona ed antica cittadinan- 
za, per tale riputata dal paese. Vi 
sono dei Donati detti semi-croci o 
mezze-croci, i quali sono ammoglia- 
ti, e portano una croce non intera 
ma di soli tre rami, e di tela bian- 
ca dalla parte sinistra deli-abito: 
con speciale permesso portano an- 
co una croce d'oro a tre rami, 
detta martelletta, e smaltata di bian- 
co ; quella d'oro de'cavalieri smaltata 
di bianco ne ha quattro, ed eguale è 
quella dei cappellani. I serventi di 
armi usano la croce dei donati. I 
donati vengono impiegati nei con- 
vento e nell'ospedale: per la festa 
di s. Gio. Battista offrono qualche 
tributo. Fu il capitolo generale del 
i583 che prescrisse la croce di te- 
la bianca ai frati serventi d'arme 
non più grande di mezzo palmo 
di Sicilia, ed ai frati di staggio non 
più grande della quarta parte, e che 
ninno di loro potesse portare quel- 
la d'oro. I serventi d'ufficio erano 
impiegati al servigio dell'ospedale 
ed a simili funzioni. Tutti i cavalie- 
ri e fratelli di qualunque rango, qua- 
lità o dignità sieno, sono tenuti im- 
mediatamente dopo fatti i loro voti, 
di portare sul mantello o sopra l'a- 
bito dalla parte sinistra una croce 
ottagoQa^ sia a otto punte^ di tela 



GER 

bianca cerata, e questa è la ve* 
ra insegna ed abito dell' oixline 
e della loro professione, non es- 
sendo la croce d'oro che un or- 
namento esteriore: va però notato 
che la croce della professione si è 
da moltissimi anni usata di argen- 
to^ o di altro metallo. Allorché i 
cavalieri, tanto novizi, che professi, 
vanno a combattere contro gl'infe- 
deli, portano sopra il loro abi- 
to una sopravveste rossa in for- 
ma di pazienza o dalmatica, or- 
nata sì davanti, che di dietro di 
una gran croce bianca, piena, sen- 
za punte, essendo, come si è det- 
to, questa l'arme della religione, 
Fr. Raimondo du Puy prescris- 
se che l'abito si dovesse portare 
non solo nell'esercizio dell'ospitali- 
tà, ma in quello ancora della mi- 
lizia per la difesa della santa fede, 
acciò il segno della ci*oce li ammo- 
nisse all' esercizio delle virtù, e si 
accendessero a seguire il salutevole 
esempio dei santi martiri e dei 
Maccabei. 

L'abito ordinario del gran mae- 
stro e una specie di corta toga, 
o sottana, nell'estate di tabi o di 
taffetà ondato, e di lana nell'inver- 
no, aperta nel davanti, stretta ai 
fianchi perch'è legata con una cin- 
tura, donde pende una grossa bor- 
sa per indicare la carità verso i 
poveri, secondo l'istituzione di que- 
st'ordine. Sopra di questo abito 
egli porta una lunga veste di vel- 
luto con maniche larghe, e dietro 
a questa pende un mantello con 
lungo cappuccio, quando egli va al- 
la chiesa ne'giornì solenni. Sul da- 
vanti della sottana sopra il petto, 
e sopra la veste verso la manica 
sinistra vi è una croce di tela bian- 
ca a otto punte, come sono tutte 
le croci che portano quelli dell'or- 



GEft. 3o^ 

dine; quella sul petto è più gran^* 
de delle croci usate dai cavalierìv 
In capo porta un berrettone nero, 
della forma che riporta il Bonan- 
ni, che ci dà la figura del gran 
maestro vestito nel descritto modo 
a pag. LX del Catalogo degU or^ 
dini equestri e militari. Il gran 
maestro in abito di cerimonia ve- 
ste la doccia con larghe maniche^ 
ed una sottoveste lunga e chiusa» 
con spada al fianco sinistro. Usa 
inoltre il manto a becca^ quello stes« 
so che si dà ai cavalieri nell'atto 
della professione. È nero, avendo 
attaccato al collo il cordone dell'or- 
dine formato di seta bianca e ne- 
ra, in cui per decreto del gran mae- 
stro Cotoner sono rappresentati 
quindici segni, o misteri della pas- 
sione di Gesù Cristo, frammisti ad 
alcuni Castellini, i quali servono a 
denotare la carità che i cavalieri 
gerosolimitani devono sempre eser- 
citare coi poveri. Tale manto ha 
due maniche lunghe forse un brac- 
cio, e larghe alla loro sommità 
circa mezzo piede, terminate a pun- 
ta, e ciò perchè anticamente le get- 
tavano dietro le spalle, stringendo- 
sele poi ai reni. Ilp. Heliot osser- 
va, che da una medaglia d'oro del 
gran maestro de Gozon, e dal si- 
gillo del gran maestro Naillac, am- 
bedue fioriti nel XIV secolo, si ve- 
de che a que' tempi al manto a 
becca eravi attaccato un lungo cap- 
puccio. 

Della veste croccia o doccia , 
come si tumulavano i cadaveri dei 
gran maestri secondo il Macri, al- 
l' articolo Croccia (Fedi), veste ù- 
sata dai cardinali in conclave, fa- 
cemmo menzione del gran maestro 
fr. Riccardo Caracciolo, morto nel 
I SgS, e rappresentato con essa nel 
suo sepolcro ndla chiesa del pri<>* 



3iò 



GEK 



rato di Roma, che al dire dello 
itesso maltese Macri, allora chiama- 
vasi di s. Giovanni. Qui avvertii'emo 
ohe nel 1572 il gran maestro la 
Cassiere^ sembrandogli poco deco- 
roso che i consiglieri intervenissero 
Ile' consìgli senza i loro manti seoa- 
torii, con antico vocabolo chiamati 
doccie, e posti in disuso ancorché 
peir ultimo capitolo generale fosse 
ordinato die ciascuno li assumesse, 
fece rinnovarne il decreto. Questa 
doccia é pur l'abito dei gran cro- 
ci allorché assistono in chiesa alle 
«acre funzioni; é nera, aperta di- 
nanzi, con due grandi maniche, a- 
vente sulla parte sinistra che guar- 
da il petto, e su quella corrispon- 
dente alla spalla sinistra la croce 
dell* ordine col nuovo gran cordo- 
fue dì cui parleremo, ed al loro 
jBanco pende la spada. Ma la doc- 
cia che i gran croci usano in con- 
siglio pure nera, è chiusa nel da- 
manti, e fregiata soltanto sul petto 
|K)n la gran croce, non portando ne 
fpada, né cordone. La cintura che 
i^ostiene la spada significa la virtil 
ilella castità inculcata ai cavalieri, 
allorché sono annoverati nell'orcli- 
pe, come dice il p. Bonanni a pag. 
LXf, ove riporta la figura di un 
xavaliere gran croce in abito di 
unzione soleni^e. Nella seguente 
immagine d dà quella del cavalie- 
re gerosolimitano ecclesiastico, ve- 
stito di sottana nera, rocchetto, e 
mozzetta violacea filettata di rosso^ 
con croce bianca su} lato sinistro 
della mezzetta. Prima che Clemen- 
te XI concedesse il rocchetto, e Ic^ 
IDozzetfa paonazza, i cavalieri sa- 
cerdoti usavano la cotta sopra tp- 
f;à nera, con mozzetta pure nera 
regiata con la croce dell'ordine, 
secondo il decretato dal capitolo 
deir ordine ndranno i6t3. Dal na- 



OEU 

mero di questi cavalieri ecclesiasti- 
ci si suole eleggere con pluralità 
di voti uno chiamato il prìore del- 
la chiesa di s. Giovanni, il quale 
come narra il Cancellieri ne* suoi 
Possessi a p. aii,ha il privilegio 
di portare il berrettino del colore 
della pianeta, rosso, verde, e bian- 
co , secondo ì tempi. I cavalieri 
cappellani e serventi portano la 
croce di tela sul mantello, l'offizio 
de' quali già descrivemmo, dovendo 
assistere nello spirituale gl'infermi 
dell'ospedale, accompagnare i cava- 
lieri ne' viaggi di mare per 9mminì- 
strare loro i sacramenti, ec. Alessan- 
dro VII nel 1 658 concesse all'ordine 
la fecoltà di ammettere ti'a i fi*ati 
cappellani conventuali, senza obbli- 
go di pagare il passaggio, persone 
dotte e laureate in teologia o nel- 
le leggi canoniche e dvili, dappoi- 
ché dal ceto dei cappellani si deve 
scegliere al modo detto il prìore 
della chiesa conventuale, e sceglier- 
ai dal gran maestro ti*e individui 
per proporli al Pontefice, acciò ne 
d^ga uno per la dignità vescovi- 
le. Tali cappellani letterati fm'ono 
giu(|icati necessari, onde nei consi- 
gli con le loro cognizioni dare gli 
opportuni pareri. 

L- elezione del gran maestro si 
è latta in diverse nianiere, e sic- 
come anticamente la facevano quat- 
tordid religiosi, senza badarsi a 
quali lingue appartenessero , fu 
stabilito ed ordinato nell' anno 
1873, che dovessero procedere al- 
l'elezione del gran maestro due 
per ogni lingua, oltro l' infernaiere. 
llBosio nelt. H, p. (^S^^porta la 
descrizione dell'elezione del gran 
maestro Lastic, &tta ad Eaigentp IV 
dagli ambasciatori ddl'ordine. Secon- 
do poi il summentovato stabilimento 
di Urbano VII! l'etezicoe ai fin 



•b nel modo che segue. Morto il 
gran maestro si rompono nel con- 
siglio i sigilli, ed eleggesi un tuo* 
gotenente. Questi intima 1' adu« 
nanza di ogni lingua per eleggere i 
procuratori, e ognuna prima n' e- 
leggeva uno solo, ora ne elegge tre, 
sicché gli eletti sono a seconda del 
numero delle lingue. Questi eleggo- 
no tre altri di lingue differenti per 
la lingua d'Inghilterra, e per quel- 
le lingue non ripristinate si fa aU 
trettanto. Da questi si fa l'elezione 
di un cavaliere, che dicesi presidente 
ed anche cavaliere dell'elezione, e 
di altri ti*e di lingue differenti 
e di differenti classi, cioè di un ca- 
valiere, di un cappellano, e d'uà 
servente. Al presidente rinunzia il 
luogotenente l'u£Szio, come pure i 
procuratori. I tre eletti, cioè il ca- 
valiere, il cappellano e il servente, 
dopo i soliti giuramenti eleggono 
un quarto, indi questi quattro un 
quinto, e così sino ad otto di dif- 
fei*enti lingue, eccettuati i due per 
la lingua d'Inghilterra, ch'eleggere 
si possono di ogni lingua. Di que- 
sti sedici, tre debbono essei*e cap- 
pellani, tre serventi, e gli altri ca- 
valieri, e da questi viene eletto a 
pluralità di voti il gran maestro, 
che solo può essere della classe dei 
cavalieri. Se questi fosse lontano, si 
elegge dagli elettori medesimi un 
luogotenente che governa sino al 
suo all'ivo: tutta l'elezione dee far- 
si in ventiquattro ore. 

In quanto agli onorì funebn che 
si fanno ai gran maestrì defunti, 
oltre ciò che analogamente dicem- 
mo in progresso dell'articolo, ripor- 
teremo qui le cerimonie ch'ebbeix) 
luogo in morte del gran maestfb 
fr. Emmanuele de Rohan. Dopo 
la sua morte il di lui cadavere 
fu imbalsamato, e quindi esposto 



in una gran sala, sopra un letica 
alla reale, con coltre di velluto nt^ 
ro guarnita di trine d oro. Si e- 
resseix> vari altari, dove si cele- 
brarono un gran numero di mes- 
se, e molti frati recitarono l'ofE- 
ciò de'defunti, come si pratica pel 
gran personaggi. Intorno al detto 
letto mortuario si collocarono se- 
dici cavalieri , due per lingua, e 
questi cambiandosi ogni tre ore 
assistevano al feretro, fiicendo m 
modo che quattro fossero sempre 
presenti. Erano vestiti in graa 
lutto, e portavano un manto ne- 
ro molto largo con cappuccio co- 
me i frati, ed una coda estrema- 
mente lunga. Passati tre giorni 
si portò il cadavere con gran pom- 
pa nella chiesa di s. Giovanni, o^ 
ve si seppellivano i gran maestri 
in luogo distinto da quello de' ca- 
valieri. Tutto il clero secolare e 
regolare precedette il cadavere, 
che sopra un letto alla reale ven- 
ne portato da un gran numero 
di cavalieri , agevolandone il tras- 
porto molti facchini, che inceden- 
do sotto la bara, e questa essen- 
do coperta di panno nero, niuno 
li vedeva. Giunta in chiesa la pom- 
pa funebre, si collocò il cadavere 
sul catafalco, ed ebbe luogo la cele- 
brazione di una messa solenne con 
gran musica. Dopo il Requiescat 
in pacCy si alzò il maresciallo, di- 
gnità della lingua di Alvernia, e 
spezzato il bastone del comando} 
lo gettò a piedi del feretro, dicen- 
do: il gran maestro mio signore h 
morto. Indi il cadavere venne tu- 
mulato, e la chiesa prontamente sba- 
razzata, onde dare principio alla 
elezione del nuovo gran maestro. 

In quanto alla professione l'eli- 
giosa de' nuovi cavalieri gerosoli- 
mitani, questa si fa dopo il no* 



3 12 GER 

'viziato ossia le carovane, che du^ 
rano quattro anni, e per diminuir- 
ne il lasso di tempo occorre un 
breve pontificio, col quale si suole 
prescrivere un anno di noviziato. 
La professione quindi ha luogo 
colle seguenti solenni cerimonie, tut- 
te con mistici e belli significati. 
Il cavaliere novello si reca alla 
chiesa conventuale dell'ordine, ve- 
stito prima di abito lungo nero, 
ed al presente con V uniforme ge- 
rosolimitana, ed inginocchiatosi a 
pie dell'altare, tiene in mano un 
torchio acceso, che denota la cari- 
tà di cui dev' essere fornito. Indi 
il cavaliere fa istanza di essere ri- 
cevuto nell'ordine, a chi è depu- 
tato per tal funzione, cioè al cava- 
liere ricevitore. Un cappellano con- 
'ventuale benedice la di lui spada, 
ed il ricevitore nel cingergliela al 
fianco lo ammonisce di non ser- 
-virsene che in difesa della fede cat- 
tolica, e contro i nemici di essa, 
a costo di perdervi la vita, signi- 
ficando r armacollo la castità che 
deve osservare. Quindi dal cappel- 
lano s' incomincia la messa, e pri- 
ma dell'evangelio il detto ricevi- 
tore fa al cavaliere alcune inter- 
rogazioni, e gli dà diversi altri 
avvertimenti, invitandolo a dovere 
aspirare sempre alla vera gloria. 
Allora il ricevitore fa sfoderare la 
spada al novizio, gliela fa brandire, 
tre volte percuote colla stessa spa- 
da la di lui spalla sinistra, per 
fargli intendere doversi sottomette- 
re a' patimenti per amore di Ge- 
sù Cristo. Il novizio nel ferire l'a- 
ria tre volte, intende di provocare 
in nome della ss. Trinità i nemi- 
ci della fede, imitando lo zelo dei 
Maccabei, che nella legge antica e- 
sponevano le loro vite per la di- 
lìga del popolo di Dio^ ed ancor? 



GEH 

che fossero in poco numero, com- 
battendo per sì santo fine, vinse- 
ro poderosi eserciti. Il ricevitore, 
ordina al novizio di riporre la spa- 
da nel fodero, quindi due caTaheri- 
gli pongono due speroni d'oro, in- 
significato di stimolarlo ad azioni, 
lodevoli, ed a conculcare Toro co- 
me il fango a tenore delle analo-- 
ghe parole che gli dice il ricevito- 
re. Il novizio riprende il torchio 
acceso, e continua ad ascoltare la 
messa. Questa terminata il novizio 
richiede d'essere ammesso nell'or- 
dine, il ricevitore gli fa : alcune do- 
mande a cui esso risponde colie 
solite formole, e pronunzia la so- 
lenne professione de' voti con que- 
sta formola : Io N, faccio volo, e 
prometto a Dio onnipotente y alla 
Beala Maria sempre vergine ma" 
dre di Dio, ed a s, Giovanni Bat- 
iista, d^ osservare perpetuamenle^ 
con V aiuto di Dio, vera obbedien- 
za a qualunque superiore^ che mi 
sarà dato da Dio, e dalla nostra 
religione , e di piìi vivere senza 
proprioy ed osservare la castità. La 
formola antica il Bosio la riporta 
nella sua Istoria a p. i3 del t. I. 
Dopo di che il novizio tocca gli e-^ 
vangeli sul messale posto sulle ginoc- 
chia del ricevitore. Ciò fatto, il rice- 
vitore presenta al novizio il sudde- 
scritto manto a becca, gliene fa 
baciare la croce , la cui bianchez- 
za significa il candore che deve osr 
servare, e le otto punte le otto, 
beatitudini da conseguirsi dopo a- 
ver combattuto ; finalmente il ca- 
valiere accettante gli adatta indos- 
so l'abito, pronunzia un breve di- 
scorso alludente agli emessi voti, 
ed all'abito di cui Io ha rivestito, 
imponendogli il suddetto cordone 
sulla spalla sinistra, e spiegandogli 
uno ad uno gl'istromenti della pas; 



GEfe 

tione di Gesb. Cristo espressi nel 
medesimo, essendo il cordone figu- 
ra del giogo cui il candidato si sot- 
topone. Per ultimo il sacerdote re- 
cita sul professo alcune preci, il 
ricevitore chiama a sé il professo, 
gli presenta un piatto con lenente 
un pane, un bicchiero d'acqua ed 
un poco di sale, invitandolo a ci- 
barsene , ed avvertendolo essere 
quello il compenso di sue fatiche; 
per ultimo il professo passa ad 
abbracciare tutti i cavalieri , che 
hanno assistito alla funzione. Quan- 
do, l'ordine risiedeva a Malta, gli 
speroni li mettevano i paggi; com- 
piuta la funzione della professione 
il cavaliere si portava all'albergo 
della proprìa nazione, ove faceva 
l'ubbidienza con pane, acqua, sale 
ec. Le simboliche spiegazioni qui 
narrate sono di Antonio Posse- 
vino, riportate dal citato padre Bo- 
nanni a pag. LXIH , in cui pro- 
duce l'immagine del cavaliere ge- 
rosolimitano con abito militare nel- 
le carovane o campagne in mare 
contro i corsari ed i turchi, essen- 
do il grido di guerra : s. Gioi'an- 
niy s. Giovanni, 

L'uniforme dell'ordine gerosolimi- 
tano in generale e di panno color 
scarlatto, con bottoni dorati in cui 
è impressa la croce dell' ordine. I 
cavalieri di giustizia di qualunque 
rango portano presentemente sopra 
la medesima petti , paramani e 
colletto di panno bianco. Quelli 
di divozione in luogo dell'indicato 
bianco sostituiscono il velluto nero. 
All'uno ed all' altro viene ora a- 
dottato il pantalone, o calzoni lun- 
ghi bianchi. In quanto alle deco- 
razioni di ogni grado, sono le se- 
guenti. I bah gran croci fascia di 
«età nera ondata a tracolla caden- 
te sul fianco sinistro con croce otr 



GER 313" 

tàgonà di tela bianca cucita alla 
estremità della medesima*; a*oce 
pettorale d'oro appesa al collo; due 
spalline a granoni d*oro; fiocco sir. 
milealla spada, e cappello il qu»*; 
le è bordato con nastro ondata 
di seta nera , e penna bianca , a- 
vente la coccarda dell'ordine bian-- 
ca e rossa. I commendatori menc- 
ia fàscia a tracolla, e la penna bian- 
ca del cappello, sostituita da altra 
nera, il resto tutto simile come so- 
pra. I carovanisti ed i novizi altret-* 
tanto come i. commendatori, me-* 
no la penna nera al cappello, doc 
vendo portare la croce piccola al 
lato sinistro del petto, in luogo 
della pettorale. I donati hanno, 
per loro un' uniforme rossa, con 
petti, paramani e collo di vellu- 
to verde ; una spallina e mezza 
con frangie d' oro, piccola croce 
mancante il quarto superiore, e 
simile di tela cucita al lato sini- 
stro del petto. I commendatori di 
gìuspatronato indossano T unifor- 
me con tutti i distintivi come i 
commendatori di giustizia , sosti- 
tuendo ai petti, paramani, e collo 
bianco, il velluto nero. 1 cavalieri 
di divozione l' uniforme come i 
commendatori del loro rango, me- 
no la croce pettorale, la penna al 
cappello, ed una spallina e mez- 
za soltanto d'oro. 1 gran priori, i 
ball, ed ì commendatori portano 
la croce d'oro smaltata, sovrastata 
da emblemi militari, appesa ad u- 
na fettuccia di seta nera al collo; 
gli altri la portano semplicemente 
ed in forma più piccola sulla par- 
te sinistra del petto. Qui noteremo 
che prima i bali ed i gran croci , . 
invece del suddetto cordone o fa- 
scia di seta nera ondata a tracol- 
la, portavano in mezzo al petto 
una gran croce di tela bianca^ ^ 



3i4 GÈ A 

cucita; ma aggiorni nostrì, ficcome 
i baFi e gran croci tedeschi del 
priorato di Boemia sogliono por- 
tare runi&nrme chiuso, la gran cro- 
ce di tela bianca del corpetto o 
tottoTeste, restando occulta, si ri- 
"volsero all'odiei'oo luogotenente del 
magistero per un temperamento. 
Dopo maturo esame, il venerando 
luogotenente stabilì, che in luogo 
di tal croce sulla sottoveste, i bali 
e gi*an priori userebbero il descrìt- 
to cordone o fascia attraverso 
dalla spalla dritta al fianco si- 
nistro. 

I cavalieri professi dell' ordine 
gerosolimitano essendo veri religio- 
si pei tre voti che fanno, non pos- 
sono né ammogliaci validamente, 
né possedere niente di proprio, né 
succedere, sia in proprietà, sia in 
usufrutto, né lasciare per testamen- 
to una parte qualunque del loro 
peculio, il quale appartiene di di- 
ritto all'ordine dopo la loro mjar« 
te; cosi dicasi dei mobìli, e d^ tut- 
tociò che lasciano morendo. Posso- 
no essi disporre solamente d' un 
quinto, in caso di ultima volontà, 
ma sempre con 1' autorizzazione 
del gran maestro, secondo Tindullo 
di Gregorio Xll. Possono altresì 
godere dell'usufrutto delle loix> com- 
mende, e dispome a loro piacere, 
nel che differiscono dagli altri re- 
ligiosi. Nel i6a4 1' ordine ricorse 
ad Urbano Vili, per le licenze dan- 
nose al tesoro gerosolimitano, che 
per via di composizioni facilmente 
la santa Sede concedeva a diversi 
religiosi , autorizzandoli a testare 
somme rilevantissime, dacché il di- 
ritto dello spoglio era per l'ordine 
la rendita più essenziale. I cava- 
lieri dell'ordine gerpsolimitano so- 
no esenti dalla giurisdizione ordi- 
naria de' vescovi, in forza delle 



GER 

bolle de'Pontefid, e principalmente 
di Adriano IV, Clemente VII, Pao- 
lo III, e 8. Pio V. È loro proibi- 
to di confessarsi da altri fuorché dal 
priore, o da un cappellano del me- 
desimo ordine ; a meno che non 
abbiano una permissione espressa 
del medesimo priore, o in di lui 
assenza del superiore legittimo. 
Non sono per conseguenza obbli- 
gati fare la loro confessione an- 
nuale, e la loro comunione pa- 
squale alla parrocchia nella qpale 
essi ordinariamente risiedono, non 
essendo il curato di quella par- 
rocchia il proprio parroco. In ca- 
so che un cavaliere commetta un 
delitto, tutti i membri dell'ordine, 
devono essere giudicati dai giudici 
reali per il caso privilegiato, e dal- 
l'ufBziale per il delitto comune. I 
benefizi dell' ordine non possono 
es8ei*e posseduti se non da coloro 
che appartengono all'ordine, a nor- 
ma di quanto venne ordinato dal- 
la bolla Circumspecta^ emanata da 
Pio IV il primo luglio i56o. I 
gran maestri non possono dare a- 
spettative sopra commende; tal- 
volta i Papi le hanno concesse, 
ma l'ordine n'é stato dispiacente. 
Benché i cavalieri gerosolimitani 
siano esenti dalla giurisdizione degli 
ordinari, i vescovi diocesani però 
hanno diritto di far la visita delle 
chiese e dei benefizi dipendenti 
dall'ordine, purché facciano la visi- 
ta in pei'sona e senza esigei*e al- 
cun diritto. 

jRegolamento ed istruzioni per la 
fondazione di un baliaggio^ o 
duna commenda di giuspatro- 
nato. 

Il nobile che desidera fonda- 
re alcuna commenda, deve scri- 
vere al magistero dell'ordine tale 



É£ft 

brama per la pai^colare divozio- 
ne che ha sempre nutrìto, verso 
il sacro ordine gerosolimitano, ec. 
ec* 

I. Si offriranno in dote tanti fon- 
di liberi di canone ed iscrizio- 
ni ipotecarie non minori di scudi 
diecimila. 

a. La commenda porterà il nome 
del rondatoi*e, o quello che gli 
piacerà, e sarà di giuspatro- 
nato attivo e passivo del fon- 
datore, e della lìnea mascolina 
del medesimo, da primogenito in 
primogenito sino alia sua estinzio- 

' ne, escluse sempre le femmine, ed i 
loro discendenti maschi ; airestin- 
zione delia linea mascolina del 
fondatore, la commenda anderà 
alla religione, e sì smutirà a fa- 
vore dei cavalieri di giustìzia di 
quel priorato a cui sarà asse- 
gnata la commenda* 

3. 11 fondatore sarà di diritto ca- 
valiere di divozione dei saa*o 
ordine, per godere di tutti gli o- 
nori, distinzioni, prerogative, che 
dagli statuti dell'ordine sono ac- 
cordati ai cavalieri investiti di 
commenda di giuspatronalo, col 
libello godimento di tutti i frut« 
ti dei beni assegnati alla com- 
menda vita sua naturale duran- 
te, anche nel caso di passaggio 
in prime ed ulteriori nozze, col 
solo obbligo deir annua corre- 
sponsione di cui abl)as80. 

4* 11 fondatore soggiacerà a tutte 
le spese che possono occorrere 
per la fondazione di detta com- 
menda, comprese quelle della 
cancelleria j^er la spedizione de- 
gli atti. 

5. Il discendente maschio del fon- 
datore sarà di diritto cavaliere 
di divozione dell'ordine, e non 



GER 3iS 

sarà tenuto di somministrare 
alcuna prova della nobiltà pa- 
tema, ma soltanto di giustifica- 
re la nobiltà della madre, se- 
condo gli statuti gerosolimitani. 

6. 11 fondatore pagherà annual- 
mente la somma dì scudi ro- 
mani sedici per cento sulla ren- 
dita della commenda, per re- 
sponsioni ed imposizioni di cui 
sono gravate le commende del- 
l' ordine, ed egual somma pa- 
gheranno i suoi discendenti, pu- 
re annualmente per lo stesso 
titolo. 

7. La commenda dopo la morte 
del titolare di giuspatronato sa- 
rà amministrata dal successore, 
dopo clie questi avrà ottenuto 
dalla cancelleria dell' ordine la 
bolla della medesima. 

8. 11 nuòvo titolare pagherà a ti- 
tolo di mortorio e vacante due 
annualità della rendita dei beni 
formanti la dotazione della com- 
menda : la prima dopo la fine 
del primo anno , la seconda 
dopo la scadenza dell'anno suc« 
cessi vo, e questa corresponsione 
deve essere libera a favore del- 
l'ordine. 

g. Lo stesso nuovo titolare sarà 
obbligato al pagamento col det- 
to mortorio e vacante di tutte 
le somme, che il suo predeces- 
sore fosse rimasto debitore ver- 
so il venerando comune tesoro 
deli' ordine per responsioni e 
qualunque altro titolo , salvo a 
lui il regresso verso il detto pre- 
decessore e suoi eredi per la 
ripetizione della somma stessa. . 

IO. Mancando il nuovo titolare a 
questi pagamenti, la religione, e 
per essa il priorato o suo rap- 
presentante fiirà ipso jure se- 
questrare U commenda a ter- 



3i6 GER 

mini dei gerósolìmitaDÌ statuti, 
e ne riterrà T amministrazione 
finché coi prodotti di questa sa- 
rà stata saldata la somma di 
cui risultava creditore per Tog- 
getto indicato. 

1 1 . Se fì*a sei mesi dopo la va- 
canza della commenda il suc- 
cessore non proverà la nobiltà 
negli articoli di sopra contem- 
plati , e perciò non avrà otte- 
nuta la bolla, la commenda si 
prenderà in amministrazione del- 
l' ordine , il quale ne avrà il 
godimento finché il nuovo chia- 
mato abbia adempito al suo ob- 
bligo, e non potendolo adem- 
pire, finché altro dei chiamati 
al giuspatronato si trovi nel caso 
di poterlo adempire. 

12. Ogni commendatore sarà ob- 
bligato al cabreo, ai migliora- 
menti , ed alTadempimento dei 
precetti della visita priorale, giu- 
sta la forma degli statuti del- 
Tordine, ed a quanto in essi si 
prescrive per la sicurezza dei 
beni costituenti la dotazione. Qui 
noteremo, che per cabreo s'in- 
tende il catasto d'ogni commen- 
da, il quale si rinnova ogni ven- 
ticinque anni da quel titolare 
che gode la commenda in quel- 
r anno, e ciò per mantenersi 
sempre nella giusta proprietà , 
ed evitare usurpazioni, o smem- 
bramenti arbitrari. 

i3. I titolari saranno nel rango 
de' cavalieri di divozione, esenti 
dat diritto del passaggio, a me- 
no che non vogliano farsi rice- 
vere di giustizia del sacro or- 
dine, nel qual caso dovranno 
produrre le prove di nobiltà 
per i quattro quarti, secondo la 
forma degU statuti, pagando il 
passaggio al tesoro dell' ordine 



&ER 

di maggior età, o di minor età,' 
secondo vorranno farsi ricevere, 
ed i diritti della lingua a cui ap* 
parterranno. Comunque poi i 
commendatori siano nel grado 
di cavalieri di divozione, o di 
giustizia, se si faranno ricevere 
come tali avranno però sempre 
il titolo, gli onoii e distinzioni 
di commendatori del S. M. O. 
gerosolimitano. 
i4* Il fondatore e dopo di lui i 
suoi discendenti conserveranno 
il pati^onato della detta commen- 
da , e quindi in caso di avoca- 
zione dei beni dell'ordine allo 
stato, dovranno quelli costituenti 
la dotazione della commenda ri- 
manere, e dovranno ove occorra 
ritornare nella libera disponibili- 
tà del fondatore stesso, e dei 
suoi discendenti, e ciò in qua- 
lunque tempo e circostanza si 
verifichi il. caso, ritenendosi come 
condizione indispensabile della 
dotazbne l'obbligo di reversione 
dei beni assegnati, nel caso di 
cessazione della commenda, in 
favore del fondatore e de' suoi 
discendenti. 
i5. In contemplazione dell'esenzio* 
ne del pagamento del passaggio 
per tutti i discendenti titolari, il 
fondatore offre per una sol vol- 
ta al tesoro dell' ordine scudi 
. romani quattrocent'ottanta. 
Va notato, che presentemente qua- 
lunque istituzione di commenda oba- 
liaggio viene regolata dalle leggi spe- 
ciali dei governi che li permettono. 

Istruzioni per ottenere la- croce di 
divozione del S, M. O, GerO' 
solimitano, 

L' individuo che aspira a tale 
onore può essere nubile o ammo- 
gliato, deve provare la nobiltà della 



GER 

linea paterna ed ava patema per 
lo spazio non interrotto di anni 
duecento, e nello stesso modo per 
la materna; deve produrre la fede 
di battesimo', e la fede della sua 
buona condotta morale e politica. 
Inoltre deve sborsare il pagamen- 
to del passaggio al tesoro in scu- 
di romani quattrocento cinquanta. 
Piti deve soddisfare al pagamen- 
to dei diritti di cancelleria, e pel 
permesso dell' uniforme, in scudi 
romani ti*entasette, e baj. 3o. 

Monache delVordine gerosoli- 
mitano. 

Le monache ospitalarie delPor- 
dine di s. Giovanni di Gerusalem- 
me sono antiche quanto i cava- 
lieri, dappoiché la loro origine ri- 
sale con quella dell'ordine. Dicem- 
mo in principio, che nel medesimo 
• tempo in cui fu fabbricato in Ge- 
rusalemme lo spedale vicino alla 
chiesa di s. Maria Latina, che fu 
destinato per gli uomini, fabbri- 
cossene un altro per le donne ac- 
canto la medesima chiesa, dedicato 
a s. Maria Maddalena; in esso si 
osservavano ristesse regole che pra- 
tica vansi in quello degli uomini^ 
adottandosi la regola de' canonici 
regolari di s. Agostino, ed Agnese 
•ne fu la prima abbadessa. Il pa- 
triarca di Gerusalemme nella chie- 
sa del santo Sepolcro ricevette i 
voti delle religiose: le monache 
assunsero l'abito come gli uomini, 
cioè di drappo nero, con la croce 
di tela bianca, insegna dell'ordine, 
che posero sulla parte del cuore; 
l'abito fu una tonaca ed uno sca- 
polare. !Nelle funzioni del coro ag- 
giunsero un manto parimenti ne- 
ro, fregiato nella parte sinistra con 
la croce bianca ottangolare. Il 



GER 3i7 

manto benché lungo essendo ripie- 
gato non toccava la terra. Al me- 
desimo aggiunsero un cordone tri- 
plicato con fiocchi di seta nera e 
bianca; ed a tal cordone altro ne 
univano coi misteri e simboli del- 
la passione di Gesti Cristo, scol- 
piti in legno, e coperti di seta ne- 
ra e bianca, ed ambedue le re- 
ligiose sostene vanii col braccio si- 
nistro, come rappresenta la figura 
che ci dà il sum mentovato p. Bo- 
nanni a pag. CXXVI, Monache 
dell' ordine equestre di Malta. S. 
Toscana veronese, morta nel 1 1 oo^ 
o piti tardi come osserva il Bosio^ 
fu ospitalarìa o monaca gerosoli- 
mitana. Dopo che Saladino prese 
Gerusalemme nel 1187, le mona- 
che si rifugiarono in vari luoghi. 
In Inghilterra il re Enrico II le 
riunì nel monistero di Baukland, 
ove dimorarono sino allo scisma di 
Enrico Vili. Nell'anno seguente la 
regina Sancia moglie di Alfonso 
II re di Aragona detto il Casto, e 
madre di Pietro II, fondò a Sixe- 
na un monistero in onore di s. 
Maria o Nostra Signora di Sixena, 
nella diocesi di Lerida, tra questa 
città e Saragozza, per le povere da- 
migelle, le quali vi dovevano esse- 
re ricevute senza dote, dovendo 
però provare la loro nobiltà come 
i cavalieri. Ivi fece erigere una 
magnifica fabbrica, che fu termi- 
nata nel 1 1 90, e le religiose del- 
l'ordine gerosolimitano vi ricevet- 
tero la regola degli ospi talari del- 
l'ordine, che approvò Celestino III, 
e poi confermarono s. Pio V , e 
Gregorio Xlll. Dotò la regina il 
monistero di feudi e terre, e lo 
ricolmò di altre beneficenze. Dive- 
nuta vedova la regina sì ritirò con 
la figlia nel monistero , e ne ve-* 
stirono l'abito^ ciò che pur fece. 



3i8 GER 

Bianca sua nipote, figlia di Griaco- 
mo li. La superìora di questo 
monistero assisteva ai capitoli pro- 
irindali dell'ordine in Aragona, ed 
avea voto nelle deliberazioni del 
castellano d'Emposta, ch'era la pii- 
maria dignità dell'ordine in tal 
regno. La priora conferiva i be- 
nefizi posti nelle sue terre, e dava 
l'abito ai preti d'ubbidienza; al- 
ti*ettanto fòceva la priora delle mo- 
nache di Catalogna : le monache 
ài questi due monisteri i*ecavansi 
in coro, tenendo in roano uno scet- 
tro d'argento. Queste monache es- 
sendo soggette al gran maestro , 
sotto la Cassiere, questi concesse la 
sua luogotenenza alia priora del 
regio monistero d. Caterina Torel- 
las, con Ricolta di dar licenza alle 
monache di uscir dal monistero per 
curarsi in caso d'infermità, o per 
altra grave urgenza, in conformità 
della bolla di Gregorio XIII, datfi 
a'i4 dicembre iSyS, ed in pari 
tempo diede commissione al castel- 
lano d'Em posta fr. Lorenzo de Ta- 
laverà, di visita l'è come suo dele- 
gato il monistero. 
. Ad esempio di questo monistero 
di Sixena si fecero molte altre fon* 
dazioni in diversi paesi. Verso il 
1 200 fu eretto quello di s. Giovanni 
del Tempio di Cairaia nella città di 
Pisa, -ove fu monaca s. Ubalda o 
Ubaldesca, che mori nel iao6. Sot- 
to il regno di Giacomo II re d'Ara- 
gona e nel laia fu fondato in Ca- 
talogna il monistero di s. Giovan« 
ni gerosohmitano di Nostra Signo- 
ra d'Alguaira, dalle matrone Sau- 
rina de Jorba, ed Elfa de Segar- 
dia; e le religiose che vi si ammet-* 
tevano dovevano fare le prove di 
nobiltà. In Genova fu fondato al* 
ti'O monistero nel laSo, foi*se quel- 
lo, di s. Caterina vergine e mar^ 



GER 

tire, eretto dall'arcivescovo di Gè* 
nova Ottone, di patiia alessan- 
drino. 

Le monache di Beaulieu furono 
fondate nel Quercy, in un ospeda- 
le istituito nel 1220 dai signori di 
Themines, pei pellegrìni che reca- 
vansi in Terra Santa, dal gran mae- 
stro de Villaret, per le povei*e in- 
ferme e pell^rine, onde le religiose 
si formarono in tre gradi : di suore 
di giustizia, che &cevano le prove di 
nobiltà come i cavalieri gerosolinnita* 
ni; di suore di officio, e di suo- 
re converse: tra di esse fion s. 
Flora che morì santamente nel 
1299. Il priore di Beaulieu era 
gran piiore perpetuo di tutte le fi« 
glie dell'ordine in Francia. 11 me- 
desimo gran maestro Villaret nel 
1292 diede forma e regola ad al- 
tro monistero del Quercy nella dio- 
cesi di Cahors, come quello di Beau- 
lieu, chiamato della Selva di Fieux. 
In progresso di tempo le monache 
vivendo senza clausura, si erano al- 
quanto rilassate, quando suor Ga- 
leotta di Vaillac, che prima era 
coadiutora del monistero di Beau- 
lieu, essendo priora di quello di 
Fieux si pose in pensiero di riuni- 
i*e i due monisteri, con fine d' in- 
trodurvi conveniente riforma. Col 
consenso del gran maestro e del 
convento, e mediante una bolla 
pontificia, nel 1621 eseguì l'unio- 
ne non senza superara difficoltà, e 
yiì stabifì ottime regole. II gran 
maestro Wignacourt fece Tisi tara 
ambedue i monisteii per espressi 
visitatori e corrattorì; e nccome 
dopo la morte della benemerita 
Vaillac erano nate differanze sul 
governo de' due monisteri, nel 1624 
il re di Francia le sottopose all'an* 
tica potestà e giurisdizione dell' or- 
dine.. Allora fu trasferito il moaie> 



GER 

•tero di Beaulieu io altro edificato a 
Tolosa. 

Il roonistero di s. Marco della 
dttà di Martel, pure nella diocesi 
di Cahors, è quasi coetaneo del pre- 
cedente, esistendo già nel 1269, 
oV erano le sorelle dello spedale di 
s. Marco di Martel. Nel 14^7 n'e- 
ra priora la dama Delfina di Bosq, 
e nel 1SS6 Bartolomea di Cha- 
brignac che abbracciando gli erro- 
ri di Calvino si maritò, e irendè 
il monistero ai consoli della città. 
Nel i652 a cagione della peste che 
infierì a Tolosa, le monache di s. 
Giovanni con la priora dama Mi- 
randol si trasferirono nel Quercy, e 
la di lei nipote suor Francesca, con 
la protezione del re, ricuperò il 
monistero di Martel, non senza gra- 
vi difficoltà, come narra il Pozzo 
nel tom. I, p. 677 e seg. ; quindi lo 
ristabilì, ne ricuperò le rendite, e 
nel 1686 il gran maestro ed il 
consiglio approvarono le regole a 
nórma di quelle di s. Giovanni di 
Tolosa. La comunità religiosa di 
Martel fu divisa in piti classi, cioè 
di suore canonichesse di giustizia, 
di suore d* ufficio, di suore conver- 
se, e di donate, non che di fratel- 
li donati, che venivano ricevuti al- 
l'età di quaranta anni sotto l'ub- 
bidienza della gran priora. Le suo- 
re di giustizia facevano le stesse 
prove di nobiltà che i cavalieri, 
ed erano decorate con la croce di 
tela bianca sul cuore, d'una croce 
d' ot*o sullo stomaco, e di un anel- 
lo d' oro con piccola croce geroso- 
limitana con smalto nero e bianco. 
Nelle solenni funzioni assumevano 
il manto a becco, col cordone del- 
l' ordine fregiato dei simboli della 
passione di Gesù Cristo. Tutte le 
monache facevano i voti di pover- 
tà, castità ed obbedienza, e di os<i 



GER 319 

servare gli statuti dell' oi*dine. La 
gran priora veniva' eletta dalle suo- 
re di giustizia, e conferma vasi con 
bolla dal gran maestro. Portava in 
petto la gran croce, che riceveva 
nel giorno di sua installazione da 
un cavaliere deputato dal gran 
maestro. Inoltre la gran priora nel- 
'le solennità usava la doccia^ veste 
che descrivemmo di sopra. 

Le monache di s. Giovannino di 
Fìi'enze nel iBgt le fondò il gran 
maestro fr. Francesco Caracciolo, 
dando loro l'ospedale di s. Nicola 
coi suoi beni e diritti. Ne fu pri- 
ma abbadessa e commendatrice Pe- 
retta Andrea Viviani. Dopo aver 
"vissuto l'abbadessa e le monache per 
più di duecento anni coi buoni e- 
sempi lasciati dalle loro antecesso- 
re, nel 1 589, per ordine del com- 
mendatore fr. Antonio Maiielli luo- 
gotenente del priore di Pisa, for- 
marono le regole e costituzioni per 
proprio governo, e pel regime del 
monistero, le quali a' 20 maggio 
dell'anno stesso furono approvate 
dal gran maesti'o cardinale fr. Ver- 
dalla, e dal consiglio dell'ordine. 

Il monistero di Caspe - nella Spa- 
gna Io fondò il gran maestro Gio. 
Ferdinando de Heredia ; Quello di 
Siviglia Isabella di Leon nel 149O9 
detto delle Cordigliere, sotto la re- 
gola e con l'abito di s. Gioiranni 
di Gerusalemme, con autorizzazio- 
ne del cardinale gran maestro 
d'Aubusson, e fu nominata priora 
del medesimo monistero. Altro na 
fu stabilito in Portogallo nella cit- 
tà di Evora da Isabella Fernan- 
des nel iSog. L'infante d. Luigi, 
perpetuo amministratore del gran 
priorato di Portogallo^ n'eresse u- 
no a Flor-de-Roses nella città di 
Extremos. In città di Peana il 
priore di Capua fr. Giuliano Ri* 



320 GER 

dolG, nel i526, fondò un monistero 
di gerosolimitane. 

Le monache del monistero di 
Tolosa furono istituite nel 1612 
-dal gran maestro di Paola, che le 
approvò nel iSiS, quindi furono 
riformate da suor Gourdon de Gè- 
novillac, superiora del monistero di 
Beaulieu. Il gran maestro fondato- 
re se ne dichiarò superiore, men- 
tre gii altri monisteri dell' ordi- 
ne avevano per superiore il gran 
priore. Nel 1644 >! g^'^in mae- 
stro Lascaris approvò i regolamen- 
ti delle monache, i quali prescrive- 
vano dover durare la superiora tre 
anni, dividendo le suore in suore 
di giustizia che dovevano far le 
prove di nobiltà come i cavalieri, 
e pagavano per diritto di passeg- 
gia tremila franchi; in suore ser- 
venti d*o/Iicio, le quali erano te- 
nute fare le medesime prove dei 
fr. serventi d'armi, e pagavano 
pel passaggio mille cinquecento fran- 
chi; e le suore converse pei servi- 
gi interni del monistero. Il loro ve- 
stiario era come quello delle altre 
monache gerosolimitane. Il capitolo 
e la superiora erano autorizzate di 
dare la piccola croce ai fratelli do- 
nati, dopo Tetà di trenta anni. Del 
rresto altri monisteri dell'ordine e- 
sisterono in Verona, in Venezia, ed 
in altri luoghi. Sebbene, secondo 
l'istituzione fatta in Gerusalemme, 
le monache dovessero portare abi- 
ti di lana neri, in alcuni moniste- 
ri l'abito fu di lana rossa, il man- 
tello nero ornato della consueta cro- 
ce di tela bianca ad otto punte. 
Narra il Pozzo tom. I, p. 708, 
che il consiglio dell' ordine nel 1622 
con decreto approvò il divisamente 
di madanna Carlotta de Cluis abba- 
dessa di Nostra Donna la reale de 
Lis^ badia dell' ordiae cìstercieose^ 



GER 

di fondare in Fontainébieau un mo- 
nistero di monache gentildonne, eoa 
l'abito ed istituto gerosolimitano, sot- 
to l'obbedienza del priore di Fran- 
cia, salva però la superiorità dei 
gran maestri, ma questa fondazione 
non sorti il suo effetto. 

In Malta vi erano le monache 
di s. Pietro, e di s. Scolastica, che 
nel 1574 il vescovo Roias per si- 
curezza fece trasferire dalla città 
Notabile alla Vittoriosa^ per gli 
armamenti che faceva il turco coa- 
tro r isola. L' origine delle mona« 
che di s. Orsola, delle Vergini e 
Ripentite di s. Maria Maddalena 
risale al i58i, ed al gran maestro 
la Cassiere. Dipoi nel i59$ le mo- 
nache di s. Orsola per migliorare 
stanza vennero trasferite alla Val- 
letta, fabbricandosi il monistero so- 
pra il porlo maggiore: in seguito 
nel 1634 il gran maestro di Pao- 
la riedificò la chiesa in forma mi- 
gliore, e poscia il gran maestro Co- 
toner rifabbricò sontuosamente tut- 
to il monistero. Ma il monistero 
delle Vergini e Ripentite essendo 
stato disgiunto da quello di "s. Or- 
sola, e trasferito nella parte verso 
s. Ermo, ebbe rendite separate pel 
suo sostentamento, fra le quali al- 
cune gabelle, ed il quinto dei beni 
delle meretrici, ch'erano tenute 
contribuire per la validità de' loro 
testamenti. Nel 1606 poi nella 
Valletta fu istituito il monistero 
della Presentazione della Madonna 
e di s. Caterina, per le vergini fi- 
glie di donne scandalose, perché a 
suo tempo potessero onestamente 
maritarsi, o monacarsi. 

Per conoscere le gloriose ed in- 
numerabili guerresche imprese del 
nobilissimo, potente e benemerito 
ordine gerosolimitano, principalmen- 
te qxielle in cui si segnalò nelr 



G£R 

la sua dimora in Palestina , sicco- 
me valido sostegno dei re dì Gè*- 
rusalerame, di tutti i prìncipi cri- 
stiani di orìente, e delle crociate, 
come pel dettaglio di sua impor- 
tantissima istoria^ sì possono consul- 
tare i s^uentì autori, oltre quelli 
che trattai*ono degli ordini militari 
ed equestri come il Giustiniani, il 
p. Heliot, ec ec. : Privitela ordì' 
fiìs s, Joannis Rierosofymitani^ etc, 
Romae i568 et i586, in folio. 
Henricus Pantaleonis, Historìa mi'^ 
Iharis ordinis Johamnitarum Rko* 
diorum àc Melitensium et equitum 
et rerum memorahilium ad an. 1 58 1 
fordter gestarum historìa nova coii" 
scripta y Basileae 1 58 1 . Giacomo 
Bosio, La corona del cavaliere gè*» 
rosoUmitanOy Roma i588. Istoria 
della religione di Malta ^ Roma 
i594, 1611, 1682, i633; Napoli 
i684; Venezia 1695. Privilegi con* 
cessi dai Papi alla sacra religio* 
ne di s. Giovanni Gerosolimitano, 
con indice del Bosio^ Roma 1 589. 
P. fioissat, Histoire des chevaliers 
de tordre de tHópilal de s, Jean 
de Jérusalem^ ou de Malte^ Lyon 
1612. Brìssat, Histoire des cheva- 
liers de Fordre de tHópital de 
s, Jean dei JérusaUm de Mal- 
te , Lyon 161 2. Domenico Maria 
Curione, // glorioso trionfo della 
religione militare de' cavalieri di 
s. Gio, Gerosolimitano, detti pri- 
ìna ospedalieri, poi di Rodi, ed ul- 
timamente di Malta, Milano 1617. 
Don Juan Agostin de Funes Fray, 
Cronica de la sagrada reUgion de 
san Juan Battista de Jerusalem, 
en Valencia 1626. Bosio, Le im- 
magini de' beati e santi della sa- 
cra religione di s, Giovanni Ge- 
rosolimitano ed altri, con le loro 
vite^ Roma i633. Matthieu Gous- 
sanoourt, Le martyrologe des che- 

YOL. XXIX. 



GER 321 

valiers de Malte, Paris i643. Na- 
berat, Histoire des chevaliers de 
Malte par Baudoin, avec les élo» 
ges des grands mattres^ etc. et som- 
maires des priviléges octroyés à 
Vordre de s, Jean, Paris i643* 
J. Baudoin, Histoire des chevalien 
de tordre de s, Jean de Jérusa* 
lem, avec les statuts et les ordon* 
nances de Vordre, Paris 1659. D; 
Ferdinando Escanno, Propugnacu- 
htm Hierosofymitanum , sive reli* 
gionis militaris s. Joannis Hiero* 
solymitani compendium , Hispali 
i663. Carlo Macri, // valore mi- 
litare maltese difeso contro le ca* 
lunnie del Brusoni, Roma 1667. 
Conte commendatore Bartolomeo 
Pozzo, Historia delia sacra reUgio* 
ne militare di s, Gio, Gerosolimi- 
tano detta di Malta, che prose- 
guisce quella di Giacomo Bosio, 
Verona i7o3, Venezia 1715. Ruo- 
lo generale de' cavalieri gerosoli- 
mitani ddVanno 1689, e continua* 
io da fr. Roberto Solaro di Go* 
rone alTanno 1 7 1 3, Torino 1 7 1 4» 
Avvertimenti necessari a chi legge 
V istoria de* cavalieri di Malta del 
commendatore dal Pozzo ^ Colonia 
1705. S. P. Caravita, Compendio 
alfabetico della s. religione geroso- 
limitana, Boi:go Nuovo 17 18. Trat- 
tato della povertà de* cavalieri di 
Malta, Borgo Nuovo 1718. Seba- 
stiano Pauli, Codice diplomatico 
del S, M, ordine gerosolimitano 
oggi di Malta, ec. raccolto da vari 
documenti di quell'archivio, Luc- 
ca tom. I, 1733, tom. II, 1737. 
René Vertot, Histoire des cheva- 
liers hospitaliers de s, Jean de Jé- 
rusalem, Paris 1726. Histoire des 
chevaliers de Rhodes et aujourdtti 
de Malte, Parigi 1778. Antonio 
Paolo Pauli, Dell'origine ed istitu- 
to del sacro militare ordine gero- 

21 



3l2 



GER 



soUmitOfiOy Roma 1784* Pietro de- 
gli Onofrì, Succinto ragguaglio del- 
rorìgincy progresso, e stabilimento 
del sacro militare ordine gerosoW- 
mitanOy con un ristretto delle vite 
de* gran maestri per istruzione dei 
giovani cavalieri, che vorranno a- 
scriversi a sì rispettabile ordine^ 
Napoli 1791. Carlo VeiTi, Epilogo 
dell' istoria dell' ordine di s. GiO' 
vanni di Gerusalemme, detto tor* 
dine di Malta, Como ì8i4* Ana- 
stasio di Figueiredo, Nova histo* 
ria da militar ordem de Malta, 
e dos senhores, grao pHores del' 
la, em Portugal, Lisboa 1800. Con- 
te Vincenzo Cicognara, / cavalieri 
dell'ordine di s, Giovanni di Ge^ 
rusalemme detti di Malta, Ferra- 
ra 1827. M. de Saint-Àliais, L'or- 
dire de Malte, ses grands maitres 
et ses chevaliers, Paris i83g: in 
fine sono riportati gli stemmi gen- 
tilizi di tutti i gran maestri e luo- 
gotenenti del magistero , inclusivo 
a quello del venerando bali &. 



GER 

Carlo Candida. Marchese di Yil- 
larosa cavaliere gerosolimitano, No- 
tizie di alcuni cavalieri del sacro 
ordine gerosolimitano illustri per 
le lettere e per belle arti, Napoli 
1 84 1 • Nelle note della prefazione è 
riportata una biblioteca degli scrit- 
tori dell'ordine. In quanto agli sta- 
tuti di esso abbiamo : Statata sa- 
crae religionis Bhodianae et Meli' 
tae, Ulruae i5g6, Romae Blando 
i556. Statuta kospitalis Jerusa- 
lem eie,, Romae 1 588. Statuta ho* 
spitalis Jerusalem, sive ordinis e- 
(jfuitum s, Joannis HierosolymitanO" 
rum, 1 538. Statuti della sacra re- 
ligione di s, Giovanni Gerosolimi' 
tano, con le ordinanze del capitolo 
generale celebrato nel 1 63 1 ; di 
nuovo ristampati con le loro ta- 
vole e postille in Borgo Nuovo 
1674 e 17 18. La piti completa 
edizione di tali 'statuti^ è Y ultima 
pubblicata nel magistero del grao 
maestro de Rohan. 



FINE DEL VOLUME YIGESIMONONO. 



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