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Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni. Compilazione di Gaetano Moroni romano"

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e  3  7JtL 


DIZIONARIO 

DI  ERUDIZIONE 

STORICO-ECCLESIASTICA 

DA  S.  PIETRO  SINO  AI  NOSTRI  GIORNI 

SPECIALMENTE      INTORNO 

AI  PRINCIPALI  SANTI,  BEATI,  MARTIRI,  PADKI,  AI  SOMMI  PONTEFICI,  CAIIDINAH 
E  PIÙ  CELEBRI  SCRITTORI  ECCLESIASTICI,  AI  VARII  GRADI  DELLA  GERARCHIA 
DELLA  CHIESA  CATTOLICA,  ALLE  CITTA  PATRIARCALI,  ARCIVESCOVILI  E 
VESCOVILI,  AGLI  SCISMI,  ALLE  ERESIE,  AI  CONCILII  ,  ALLE  FESTE  PIÙ  SOLENNI 
AI  RITI,  ALLE  CEREMONIE  SACRE,  ALLE  CAPPELLE  PAPALI,  CARDINALIZIE  E 
PRELATIZIE,  AGLI  ORDINI  RELIGIOSI,  MILITARI,  EQUESTRI  ED  OSPITALIERI,  NON 
CHE    ALLA    CORTE   E  CURIA  ROMANA     ED   ALLA   FAMIGLIA     PONTIFICIA,  EC.    EC.    EC. 

COMPILAZIONE 

DEL  CAVALIERE  GAETANO  MOROrsI  ROMANO 

.    PRIMO  AIUTANTE  DI  CAMERA  DI  SUA  SANTITÀ 

GREGORIO     XVI. 


I 


VOL.  XXIX. 


Iwiy&marvt,  Pop*  ' 


IN     VENEZIA 

DALLA      TIPOGRAFIA      EMILIANA 
MDCCCXLIV. 


DIZIONARIO 


DI  ERUDIZIONE 


STORlCO-ECCLESlASTlCA 


G 


GEN 


G. 


rENOVEFFA  o  GENEVEFFA 

(s.).  Nacque  da  un  Severo  e  da  una 
Geronzia,  verso  l'anno  4^2,  nel  vil- 
laggio  di    Nanterre,    due  leghe  da 
Parigi  distante.  Passando  per  colà  s. 
Germano  d'Auxerre  e    s.  Lupo  di 
Troyes,  che  andavano  a  combattere 
V  eresia  di   Pelagio  nella  gran  Bre- 
tagna, tra  la    folla  divota  che  do- 
mandava    la    loro    benedizione,    s. 
Germano    per    superna    ispirazione 
distinse  Genoveffa,  fanciulla  di  set- 
t'anni.    Fattasela     appressare     coi 
suoi  genitori,  predisse  loro  la  futu- 
ra grandezza  della  figliuola,  ed  aven- 
do inteso  da  lei  medesima  che  ar- 
dentemente   bramava  di    dedicarsi 
al    Signore    in  perpetua    virginità, 
la  benedisse  e    la  consagrò  a    Dio 
da   quell'istante.    Allora  Genoveffa 
riguardossi    come    affatto    separata 
dagli    uomini,    di    nuli' altro    occu- 
pandosi che  degli  esercizi  della  cri- 
stiana pietà  e  della  più  fervida  di- 
vozione. Giunta  all'età  di  quindici 
anni,  fu   presentata  al  vescovo  del 
paese    per    ricevere    il    sacro  velo 


GEN 

della  religione.  Perduti  i  genitori, 
ritirossi  a  Parigi  presso  una  signo- 
ra ch'era  sua  santola,  seco  recan- 
do lo  spirito  della  più  austera  pe- 
nitenza. Ella  non  mangiava  che  la 
domenica  e  il  giovedì,  e  non  ci- 
ba vasi  che  di  un  po' di  pane  e  di 
alcune  fave,  assolutamente  vietato- 
si r  uso  del  vino.  Seguitò  questo 
tenore  di  vita  fino  ai  cinquant'  an- 
ni, in  cui  alcuni  vescovi  la  costrin- 
sero ad  usare  d'un  po'  di  latte  e  di 
pesce.  A  tanta  mortificazione  accop- 
piava perfetta  purezza  ,  profonda 
umiltà,  viva  fede,  carità  ardentis- 
sima,  quasi  continua  orazione:  e 
n'era  ricompensata  con  quelle  in- 
terne sovrumane  consolazioni  che 
il  mondo  non  può  dare,  né  i  mon- 
dani comprendere.  Nullameno  era 
d' uopo  che  la  sua  virtù  fosse  pro- 
vata colla  tribolazione.  I  suoi  ne- 
mici, approfittando  della  sincerità 
con  cui  ella  parlava  dei  favori 
straordinari  che  lo  Spirito  Santo 
comunicavale,  la  spacciarono  per 
ipocrita  e  fantastica,  caricandola  di 


6  GEN 

odiose  e  disonorevoli  imputazioni. 
Ma  s.  Germano  che  passò  per  Pa- 
rigi, andando  la  seconda  volta  nel- 
la gran  Bretagna,  conosciutane  l'in- 
nocenza, prese  la  difesa  di  lei,  e 
fé' tacer  la  calunnia.  Nel  ^5o  mi- 
nacciando Attila  d'  invadere  la 
Francia  con  formidabile  esercito, 
sparse  in  Parigi  la  costernazione  e 
lo  spavento.  Genoveffa,  ripiena  di 
fiducia  iu  Dio,  promise  a'  parigini 
che  allontanerebbero  tanta  calami- 
tà se  ricorressero  ai  digiuni  e  alle 
orazioni.  Alcune  femmine  si  chiu- 
sero con  lei  nel  battisterio  pub- 
blico, e  vi  passarono  parecchi  gior- 
ni in  orazioni  e  penitenze.  Altri 
trattando  la  santa  da  falsa  profe- 
tessa, spinsero  il  loro  furore  a  se- 
gno che  sarebbe  corsa  pericolo  del- 
la vita,  se  non  giungeva  l'arcidia- 
cono d'Auxerre  portandole  delle 
eulogie  in  nome  di  s.  Germano, 
che  signiflcavale  con  ciò  la  sua 
stima.  Questa  circostanza  ispirò 
ne' persecutori  di  lei  sentimenti  piìi 
umani  e  religiosi ,  che  si  cangia- 
rono in  venerazione  allorché  mu- 
tando gli  unni  direzione  alla  loro 
marcia,  si  avverò  la  predizione  del- 
la santa.  Ella  ebbe  inoltre  il  do- 
no dei  miracoli,  e  ne  operò  di  stre- 
pitosi a  Parigi,  a  JMeaux,  a  Laon, 
a  Troyes,  ad  Orleans,  a  Tours, 
per  cui  dilatossi  la  fama  di  sua 
santità.  Nell'assedio  di  Parigi  fatto 
da  Childerico,  Genoveffa  si  pose  al- 
la testa  di  coloro  ch'erano  spediti 
a  cercar  viveri,  escoitatili  fino  ad 
Arcis-sur-Aube  ed  a  Troyes,  li  ri- 
condusse illesi  passando  fra  l'oste 
nemica.  Dopo  la  presa  della  città, 
Childerico,  benché  gentile ,  rese  o- 
maggio  alla  virtù  di  lei ,  ed  a  sua 
istanza  usò  molta  clemenza,  nel 
che  fu  imitato  da  suo  figlio  Clo- 
doveo.  Genoveffa    fece  erigere  una 


GEN 

chiesa  in  onore  di  s.  Dionigi  di 
Parigi,  pel  quale  avea  speciale  de- 
vozione. Contribuì  colle  sue  orazio- 
ni alla  conversione  del  re  Clodoveo. 
e  Io  impegnò  ad  innalzare  la  basi- 
lica de'ss.  apostoli  Pietro  e  Paolo, 
poi  compita  da  s.  Clotilde.  Final- 
mente morì  di  ottantanov'anni,  ri- 
piena di  meriti,  a'  3  gennaio  del 
5 12,  e  fu  sepolta  nel  l'ecinto  del- 
la nuova  chiesa  degli  apostoli  non 
ancor  terminata,  la  quale  in  segui- 
to prese  il  nome  di  lei  e  lo  porta 
tuttora.  Dell'abbazia,  canonichesse, 
e  canonici  di  s.  Genoveffa,  se  ne 
tratta  nel  seguente  articolo .  Il 
suo  culto  è  celebre  a  Parigi,  che 
la  onora  del  titolo  di  patrona, 
e  deve  alla  sua  intercessione  se- 
gnalati favori.  Neil'  anno  1129 
un  morbo  crudele  detto  l' ardente 
faceva  strage  de'  parigini;  e  dopo 
una  solenne  processione  in  cui  fu 
portata  alla  cattedrale  la  magnifi- 
ca cassa  di  s.  Genoveffa,  cessò  sul 
fatto  quel  tremendo  flagello.  Papa 
Innocenzo  II,  recatosi  in  Francia 
l'anno  seguente,  verificato  il  mira- 
colo, ordinò  che  se  ne  celebrasse 
ogni  anno  la  memoria  il  dì  26 
settembre;  la  festività  poi  solenne 
di  s.  Genoveffa  celebrasi  a'  3  di 
gennaio. 

GENOVEFFA  (s.).  Abbazia,  ca- 
nonichesse e  canonici  regolari.  P.  il 
voi.  VII,  pag.  235  e  271  del  Di- 
zionario. La  celebre  abbazia  di  s. 
Genoveffa  era  situata  a  Parigi  [Fe- 
di],  in  capo  alla  strada  detta  di 
s.  Genoveffa,  che  non  formava  an- 
cora parte  delia  città  quando  fu 
fondato  il  monistero.  In  questo  luo- 
go eravi  un  cimitero  ove  fu  sepol- 
to Prudenzio  vescovo  di  Parigi  ;  e 
s.  Geno'.'effa  (Fedi),  morta  ne'  pri- 
mi del  IV  secolo,  fu  ivi  pur  tumu- 
lata.   Scrivono   alcuni   che  sulla  di 


b 


GEN  GEN                        7 
lei  tomba  fu  eretto  un  oratorio  di  monistero,  vi  destinò  Eude  priore 
legno,  che  il  re  Clodoveo  I   ridus-  di  s.  Vittore    come    capo  della  x'i- 
se  a  forma  di  chiesa  sotto  l' invo-  forma,  con  dodici    suoi    confratelli 
cazione    de'  santi    Pietro  e    Paolo,  accordatigli    dall'  abbate    Gilduino. 
per    adempiere    il    voto   che    avea  Nel  1177   eletto  in  abbate  Stefano 
fatto  prima  delia  sua   partenza  da  di   Tournay  intraprese  la  restaura - 
Parigi   perla   guerra  contro  i   goti:  zione    del  monistero,    e    coprì    la 
la  cosa   però  non  andò  in  tal   mo-  chiesa  di  piombo,  come  ristabilì  in 
do,  giacché  è  noto  che  s.  Genovef-  vigore    la  disciplina,    facendovi    e- 
fa  mori  nel  5i2,  cinque  settimane  gualmente  fiorire  la  pietà  e  l'amo- 
dopo  la  morte  del   re,  e  fu  sepol-  re  delle  lettere  ,    ma  separando  la 
ta  presso    questo    principe    nel  re-  scuola  de'  religiosi  da  quella  degli 
cinto  delia  nuova  chiesa  da  lui  inco-  scolari.     Verso     quest'  epoca     ebbe 
minciata  per  luogo  di  sua  sepoltura,  principio  la  carica  di  cancelliere  di 
fuori  della  città,  sopra  una  collina  s.  Genoveffa  ,  il  quale  era  un   uffl- 
poco  distante  dal  suo  palazzo.  Quin-  ziale  nominato  dall'abbate,  che  ne 
di    Dio    operò  sì  gran    numero  di  facesse  le  veci  con  accordare  la  li- 
prodigi  per  l'intercessione  di  s.  Gè-  cenza    d'insegnare;    prima   il  can- 
noveffa    a    chi    ricorreva    alla    sua  celliere  nominava  i  dottori   e  i  pro- 
tomba, che  la  chiesa  prese  il  di  lei  fessori   di  tutte  le  facoltà,  poi  solo 
nome.  La  pia  regina  Clotilde  vedo-  potè  accordare  il  grarlo  di  maestro 
va    di    Clodoveo  I    la    terminò    ed  di  belle  lettere  e  filosofia.   Nel  1227 
abbellì    di  ricchi    ornamenti,  come  circa  il  Papa  Gregorio  IX  accordò 
quella    che    avea    indotto   il    re    a  all'abbate  l'uso  della   mitra  e  del- 
fabbricarla;  indi   la  scelse  per  luo-  l'anello,  e  Clemente  IV  la   facoltà 
go  di  sua  sepoltura,  come  avea  fat-  di  poter  conferire    la  tonsura    e  i 
to  il  marito    nel    mezzo  del  coro  ,  quattro  ordini   minori   a'  suoi  reli- 
e  la    regina     fu    deposta    presso    i  giosi ,  ed  alcuni   diritti   che  poi  ri- 
gradini dell'altare  maggiore,  poscia  nunzio  nel  1669:  conservò  però  la 
trasportata  dietro  il  coro,  pel  culto  prerogativa  di  assistere  alla  proces- 
che   i  francesi  le  tributarono.   Ter-  sione  della    cassa   di  s.  Genoveffa 
minato  il  tempio  fu  distrutto  l'o-  con  mitra  e  pastorale,  incedendo  a 
ratorio  di  legno  eretto  sul  sepolcro  destra  dell'arcivescovo  di  Parigi,  e  di 
di  s.  Genoveffa  ,    ed  il  corpo  della  dare  come  lui  la  benedizione  nelle 
santa    fu    trasferito    dietro  l'altare  contrade.  Siccome  s.  Genoveffa  è  ìa 
maggiore,  e  collocato   in   preziosa  protettrice  di  Parigi,  così  la  cassa 
cassa,  sostenuta  da  quattro  colon-  contenente  le  sue  reliquie,  d'ar^en- 
ne  di  bellissimo  marmo.  L'abbazia  to  dorato,  e  ricca  di  pietre  prezio- 
di    s.    Genoveffa    sino    all' 857    fu  se  donate  dai  re  e  dalle  regine  di 
amministrata    dai  monaci,  ma  es-  Francia,    portavasi    in    processione 
sendo  stata    bruciata    dai  norman-  nelle    grandi    calamità    pubbliche 
ni,    furonvi    sostituiti    de' canonici  tutto   il  clero  e  tutte  le    corti  su- 
secolari,  a'  quali  succedettero   quei  periori  della  città  assistevano  a  que- 
regolari    dell'  ordine    di  s.  Agostino  sta    processione  ;    i    religiosi    della 
nel  I  148.  Fu  allora  che  il  celebre  santa    procedevano    a  piedi    nudi 
abbate   Suger,  incaricato  dal  Pon-  alla  destra    del  capitolo    della   me- 
tefice    Eugenio  III    di    rifoimaie  il  tropolitana. 


8  GEN 

L'abbate  e  i  canonici  regolari  tli 
s.  Genoveda  liiiunziarono  a  diversi 
diritli  cbe  avevano  sulla  pari'occhia 
di  s.  Stefano  del  Monte,  e  su  diverse 
allre  chiese  di  Parigi  sino  dal  1202, 
dappoiché  la  chiesa  di  s.  Stefano 
era  contigua  a  quella  antica  di  s. 
Genoveffa,  il  cui  abbate  nominava 
a  reggerla  un  suo  religioso.  Inol- 
tre questo  abbate  era  il  conserva- 
tore dei  privilegi  apostolici  ,  e  de- 
putato dalla  santa  Sede  per  cono- 
scere e  giudicare  tutte  le  cause 
tra  persone  ecclesiastiche  :  la  sua 
camera  apostolica  aveva  anticamen- 
te molto  credito  ed  un  grandissi- 
mo potere;  le  appellazioni  porta- 
vansi  immediatamente  alla  santa 
Sede,  ma  gli  abusi  che  ne  deriva- 
rono ne  fecero  col  tempo  limitare 
la  giurisdizione.  Caduta  l' abbazia 
nel  rilassamento,  Luigi  XIII  dopo 
la  morte  dell'  abbate  Beniamino 
Brichanteau ,  eh'  era  pur  vescovo 
di  Laon,  la  diede  con  autorizzazio- 
ne di  Gregorio  XV  al  cardinal 
Francesco  de  la  Rochefoucault  ,  il 
quale  l'accettò  colla  condizione  di 
potervi  ristabilire  il  buon  ordine 
e  la  primitiva  regola.  In  fatti  do- 
po aver  stabiliti  a  s.  Genoveffa  do- 
dici canonici  regolari  della  nuova 
riforma  di  s.  Vincenzo  di  Senlis , 
a'  27  aprile  1624  scelse  uno  di 
essi  per  suo  coadiutore  nella  per- 
sona del  p.  Carlo  Faure  ;  indi  vi 
associò  altre  abbazie,  in  modo  che 
l'abbazia  di  s.  Genoveffa  divenne  il 
capo  d'  una  congregazione  del  suo 
nome,  di  cui  volle  che  il  superiore 
generale  ogni  triennio  fosse  pure 
abbate  di  s.  Genoveffa,  con  l'ap- 
provazione del  Papa  Urbano  Vili, 
e  del  re  Luigi  XIU. 

Nel  regno  di  Francia  la  congrega- 
zione di  s.  Genoveffa  giunse  ad  avere 
sessautasette  abbazie,  treni' otto  prio- 


GEN 

rati  conventuali,  due  prepositure  e 
tre  ospedali  :  nei  Paesi-Bassi  tre  ab- 
bazie,  tre  priorati,  oltre  un  gran- 
dissimo numero  di  parrocchie . 
Quanto  al  monistero  di  s.  Geno- 
veffa, r  interno  era  molto  ben  fab- 
bricato, e  da  per  tutto  appariva  la 
maggior  proprietà.  L'  abbazia  pos- 
sedè una  biblioteca  che  passava 
per  una  delle  migliori  di  Europa, 
sia  per  1'  edilizio,  che  per  la  qua- 
lità e  quantità  di  libri,  oltre  un 
gabinetto  d'antichità  descritto  dal 
p.  Molinet;  poi  si  aggiunse  la  col- 
lezione delle  medaglie  d'oro  che 
nel  1752  gli  lasciò  il  duca  d'Or- 
leans, che  ivi  erasi  ritiralo.  Dopo 
qualche  anno  si  fabbricò  una  nuo- 
va chiesa  a  s.  GenovefEi  maestosa, 
con  disegno  del  celebre  Sufflot, 
ed  il  re  Luigi  XV  vi  collocò  la 
prima  pietra  nel  settembre  del  i  764; 
ma  questo  superbo  monumento 
soggiacque  alle  vicende  della  re- 
pubblica francese ,  che  lo  destinò 
per  Pantheon  alla  sepoltura  degli 
uomini  illustri  della  patria,  sebbe- 
ne vi  furono  tumulati  anche  colo- 
ro che  si  lordarono  le  mani  del 
sangue  de'  propri  concittadini,  pro- 
fanatori della  religione  e  della  ca- 
sa del  Signore.  In  questa  triste  e 
fatale  occasione  si  cambiarono  mol- 
ti bassi- rilievi,  e  si  fecero  diverse 
mutazioni,  secondo  l'uso  cui  dovea 
servire.  Restituita  la  chiesa  di  s. 
Geno  vetta  nei  primi  anni  del  cor- 
rente secolo  alla  sua  precedente 
destinazione  religiosa,  nel  i83o  per 
le  note  vicende  politiche  nuova- 
mente fu  ridotta  ad  uso  di  Pan- 
theon. La  congregazione  di  s.  Ge- 
novelfa  lu  onorala  da  molti  perso- 
naggi con  la  loro  pietà  e  dottrina. 
V.  Gallici  Clirist.  noi'a  tom.  VII, 
p.  700;  Le  Fevre,  Calend.  storico 
di  Parigi  p.  5oo,  e  gennaio  3,  no- 


GEN 

vembre  26  ;  Piganiol,  Descrizione 
di  Parigi  tom.  V,  p.  loS;  e  Sainl- 
"Victor,  Tableau  historique  et  pitto- 
rescjue  de  Paris.  In  questa  città  e- 
ravi  pure  altra  antica  chiesa  dedi- 
cata a  s.  Genoveffa,  detta  la  Pic- 
cola s.  Genoveffa  ;  sorgeva  presso 
la  cattedrale ,  ed  alla  casa  ove  la 
santa  morì,  e  fu  demolita  nel  1747 
per  fabbricarvi  i'  ospedale  dei  fan- 
ciulli esposti. 

GENTILE  (b.).  Sorti  i  natali 
a  Matelica,  città  della  Marca  di 
Ancona,  dall'illustre  famiglia  Fi- 
naguerria,  e  giovane  ancora  entiò 
nella  l'eligione  di  s.  Francesco.  Con- 
sagrato sacerdote  ritirossi  sopra  il 
monte  Al  verno,  luogo  celebre  pel 
soggiorno  del  suo  santo  patriarca, 
e  si  rese  modello  di  perfezione  cri- 
stiana ,  e  fervido  contemplativo.  I 
religiosi  del  convento,  ammiratori 
delle  sue  virtù  e  de' suoi  meriti, 
lo  scelsero  due  volte  per  loro  su- 
periore. Predicatore  zelante  ed  elo- 
quente, ricondusse  sul  sentiero  del- 
la virtù  uomini  traviati.  Passò  a 
predicare  la  fede  nel  Levante,  scor- 
se le  frontiere  delT Egitto,  s'inol- 
trò nella  Persia.  11  Signore  avva- 
lorò la  sua  dottrina  col  dono  dei 
miracoli,  e  colla  scienza  dell'avve- 
nire; e  i  persiani  stupefatti  a  que- 
sti prodigi,  ricevettero  il  battesimo 
in  numero  di  diecimila.  11  nuovo 
apostolo  non  tralasciò  d'adoperarsi 
con  tutto  il  fervore  per  rassodare 
la  fede  de'  novelli  cristiani.  Si  uni 
al  veneto  ambasciatore  Marco  Cor- 
nare, poi  doge  di  Venezia,  ch'era- 
si  recato  in  Persia,  per  visitare  seco- 
lui  la  tomba  di  santa  Caterina  sul 
monte  Sina  nell'  Arabia.  Continuò 
poscia  in  quel  paese  le  sue  fati- 
che ;  ma  i  saraceni  adirati  pei 
trionfi  eh'  egli  riportava  sulla  set- 
ta di  Maometto,   gli    fecero  sofìii- 


GEN  9 

re  il  martirio  a  Toringia  nel  i34o. 
Le  sue  reliquie  furono  acquistate  a 
prezzo  d'  oro  da  un  Nicola  Quiri- 
ni  nobile  veneziano,  e  trasportate 
a  Venezia,  dove  riposano  in  un'ur- 
na marmorea  nella  chiesa  di  san- 
ta Maria  Gloriosa,  già  de' frati  mi- 
nori :  sotto  l'urna  avvi  dipinta  l'im- 
magine di  questo  servo  di  Dio,  di- 
nanzi alla  quale  arde  una  lampa- 
da. Il  di  lui  culto  fu  approvato  da 
Papa  Pio  VI,  il  quale  permise  all'or- 
dine di  s.  Francesco  ed  al  clero  di 
Matelica  di  celebrarne  la  festa  a'  5 
di  settembre,  giorno  in  cui  il  b. 
Gentile  ricevette  la  corona  del  mar- 
tirio. 

GENTILE.  Questa  parola  deri- 
va dall'  ebraico  Goiini  o  Gojini  o 
Gotim ,  dappoiché  con  tal  vocabolo 
gli  ebrei  appellavano  le  nazioni  e 
tutti  i  popoli  della  terra,  ed  ognu- 
no che  non  era  israelita.  In  origi- 
ne questo  vocabolo  non  significava 
nulla  di  spregevole ,  ma  in  pro- 
gresso i  medesimi  ebrei  vi  uniro- 
no un'  idea  svantaggiosa  a  motivo 
dell'  idolatria  e  dei  vizi,  da  cui  e- 
rano  infette  tutte  le  nazioni.  Quan- 
do gli  ebrei  furono  convertiti  alla 
fede  dell' evangelo,  continuarono  a 
chiamare  gentili,  gentes,  le  nazioni 
ed  i  popoli  che  non  erano  né  ebrei, 
né  cristiani.  San  Paolo  è  denomi- 
nato V apostolo  delle  genti,  ['apo- 
stolo dei  gentili  o  delle  nazioni , 
perchè  principalmente  si  occupò  al- 
la conversione  ed  alla  istruzione 
dei  gentili  ,  che  dislingue  talvolta 
anche  col  vocabolo  di  greci,  come 
abbiamo  neW  epist.  ad  Rovi.  I,  i^, 
I  6  ;  neir  epist.  ad  Corinth.  1 ,  22  , 
24;  e  neW  epistola  ad  Galat.  3, 
28.  Anche  s.  Luca  negli  atti  degli 
apostoli  6,  I ,  fa  uso  del  vocabolo 
graecus ,  nel  medesimo  significato. 
Molti    ebrei    superbi    dei    privilegi 


IO  GEN 

della  loro  nazione,  e  delle  promes- 
se che  Dio  avea  loro  fatto,  e  del- 
la legge  che  avea  loro  data,  si  sde- 
gnarono al  vedere  che  i  gentili  era- 
no ammessi  alla  fede,  senza  essere 
assoggettati  alle  cerimonie  del  giu- 
daismo. Fu    necessario   un  decreto 
degli    apostoli    riuniti    da  s.  Pietro 
in  concilio  a  Gerusalemme,  per  de- 
cidere che  bastava   credere  in  Ge- 
sù   Cristo  per    essere   salvi,  e  che 
non  si  dovessero  inquietare  i   gen- 
tili convertiti  alla  fede,   ma  si  scri- 
vesse ad  essi ,    che  solo  si  astenes- 
sero dalle  caini  immolate  agl'idoli, 
dalla  fornicazione,  e  dal  mangiare 
animali   soffocati,  né  il  sangue,  co- 
me si   ha   dagli    Alli  apost.   e.   i5, 
V.  5  e  seg.   Malgrado  però  di  que- 
sta decisione    molti    ebrei    perseve- 
rarono nel  loro  erroneo  sentimen- 
to, e  furono  chiamati  giudei  ebio- 
niti,  dall'eretico  Ebione  [T-^edì)  lo- 
ro capo.   Contro  gli  ebioniti  s.  Pao- 
lo scrisse  principalmente  la  sua  let- 
tera ai  galati.  I  profeti  che  avevano 
annunziato  la  conversione  e  la   fu- 
tura   salute    de'  gentili ,    in  nessun 
modo  aveano  sisrnificalo  che  sareb- 
bero  sottomessi   al  giudaismo  :  anzi 
avevano  predetto    che    alla  venuta 
del    Messia  vi  sarebbe    una  nuova 
alleanza,  come  si  espres'je   Geremia 
e.  3i;   una  nuova  fede  al  dire  d'I- 
saia e.  42,  V.  4  ;  *iQ   nuovo  sacer- 
dozio 5  e  nuovi    sacrifizi    come    di- 
chiarò Malachia  e.  &5,  v.  21,  e.  i, 
V.  io;  e  che  assolutamente     cesse- 
rebbero  quei  del   tempio  di  Geru- 
salemme,  lo  si     legge     in     Daniele 
cap.  9,  V.     27.    Dunque    per  par- 
te   de'  giudei,  osserva     il     Bergier, 
era    un'ostinazione    assai    mal   fon- 
data   il  pietendere  che  la  legge  di 
Mosè  fosse    stata  data    per   tutti  i 
popoli   e  per  sempre;    che    non  vi 
potesse  essere  salute  pei  gentili  sen- 


GEN 

za    l'osservanza   delle  cerimonie   le 
gali. 

]l   Rinaldi  negli  Annali  ecclesia- 
stici tratta  molti  punti  risguardan- 
ti   i  gentili,  dicendo  che  nei  primi 
tempi  i  discepoli   degli  apostoli  di- 
spersi, non  predicarono  ai  gentili, 
ma  ai  soli  ebrei  ;    che  s.  Pietro  a- 
prì  ai  gentili  la  via  per  venire  al- 
la Chiesa,  per  cui  fu  ripreso  dal- 
l'eretico  Cerinto ,    il    quale   voleva 
obbligare  i  gentili   di  recente  con- 
vertiti, alla  circoncisione  ed  alle  al- 
tre mosaiche    osservanze,    cui  ave- 
vano dispensato  di  seguire  gli  apo- 
stoli nel  terzo  concilio  di   Gerusa- 
lemme;    dice     quando    i    discepoli 
incominciarono  a  predicare  ai  gen- 
tili ,  e  dei  costumi    fieri    di  questi 
avanti  la  predicazione  salutifera  del 
vangelo,  ed  altri  punti  relativi  alle 
loro  usanze,  riti   ch'ebbero  in  co- 
mune coi  cristiani  e   con  gli  ebrei, 
delle  loro  superstizioni,  e  degl'  im- 
peratori che  permisero   o  vietarono 
loro  il    sacrificare ,    come   di  quelli 
che  li  protessero  o    repressero  col- 
r  inabilitarli     alla     milizia    ed    alle 
magistrature ,    onde    distruggere   le 
reliquie  dell'idolatria  ;   quindi  della 
conversione  dei  loro  templi  in  chie- 
se; che  i  cristiani  chiamarono  pa- 
gani gì'  idolatri  ,    ed    i  romani  ap- 
pellarono i  barbari  col  nome  o  co- 
me sinonimo   di   gentili,    alleati    o 
no  dell'impero,  nonché  con  quello 
di  stranieri,   in  opposizione  ai  pro- 
vinciali, cioè   gli  abitanti  delle  pro- 
vincie    dell'impero,     secondo    che 
s' insegna  nel  diritto  romano  e  nel 
rescritto    degl'  imperatori  ,    tit.    de 
nupt.   Geni.,  e.   Theod. 

IlMamachi  nei  Costumi  de  primiti- 
vi cristiani  principalmente  discorre 
come  i  gentili  conobbero  l' innocenza 
de'cristiani,  e  che  mossi  da  questa  e 
dalla  divina  grazia  abbracciarono  la 


loro  religione;  de'  nomi    obbrobrio- 
si co'  quali   i   gentili    chiamavano  i 
Cristiani  (P^edi),  come  a  quell'artico- 
lo  notammo  ;  delle  calunnie  dei  gen- 
tili inventate    dall'  odio  che  porta- 
vano al  nome  cristiano  ;  che  ne  ap- 
provavano   la    loro    conversazione , 
ma  siccome  superstiziosa  ne  ripro- 
vavano la  religione;  che  punivano 
i   cristiani  per  il  solo  nome,  sebbe- 
ne alcuni    di  loro  persuasi  dell'  in- 
nocenza de'  cristiani    abbracciarono 
la  religione  de'  medesimi  ;  dice  del- 
le testimonianze  degli  stessi  gentili, 
colle  quali    provasi    la  verità  della 
religione  cristiana;  del  loro   errore 
della  pluralità  degli  Dei,  e  per  qual 
motivo  loro    dispiacesse   che  i  cri- 
stiani  non  si  accostassero  ai  templi 
degli  Dei;  narra  le  persecuzioni  di 
essi    contro    i  cristiani,  e  viceversa 
r  amore  che  questi  avevano  pei  gen- 
tili, e  con  quanta  diligenza  ne  pro- 
curarono le  conversione.  Il   p.  Rui- 
nart     negli    ydui  sinceri   dei  primi 
martiri  della  Chiesa  cattolica,  par- 
la come  i  gentili    deridevano  i   ca- 
duti, delle  sevizie  brutali  che  face- 
vano contro  i  cadaveri  dei  martiri, 
e  che  dopo    la    morte  di   Giuliano 
r  Apostata  in    più  luoghi     si    leva- 
rono a  rumore,    ed   uccisero  molti 
cristiani  in  odio    della  fede.    Pom- 
peo Sarnelli  nelle  Lettere  ecclesia- 
stiche, rileva  vari   usi  dei  gentili,  e 
delle  non    poche    costumanze  puri- 
ficate e  santificate  nel  cristianesimo. 
Il  p.  Stefano   Menochio  nelle  Stila- 
re o  trattenimenti  eruditi,  tratta  mol- 
ti argomenti  analoghi  a' gentili,  fra' 
quali  ne  accenneremo  tre:  che    nei 
primi  tempi  del  cristianesimo  i  gen- 
tili non  distinguevano  i  cristiani  dai 
giudei;  delle  diligenze  e  sforzi  che  fe- 
ce Giuliano  l'Apostata  per  rimettere 
e  riformare  il   gentilesimo,  e  come 
contro   le    invenzioni    di   lui  si  an- 


GEN  II 

dassero  schernendo  i  cristiani;  e 
delle  industrie  usate  già  dai  genti- 
li per  sopprimere  nella  Giudea  le 
inemorie  e  la  venerazione  de' luo- 
ghi santi.  Il  Buonarroti  nelle  O^- 
servazioni  sui  medaglioni  e  vetri 
antichi,  nel  parlare  degli  avanzi  del- 
la gentilità  e  memorie  della  sua 
superstizione,  dice  ch'esse  dimostra- 
no la  potenza  della  nostra  religio- 
ne, e  sono  suoi  trofei  ;  ed  in  mol- 
ti luoghi  spiega  come  gli  scultori, 
i  mosaicisti  ed  altri  artisti  signifi- 
carono nelle  loro  opere  i  gentili , 
con  simboli  e  figure.  Finalmente 
Giovanni  Marangoni ,  Delle  cose 
gentilesche  e  profane  trasportate 
ad  uso  ed  ornamento  delle  chiese, 
copiosamente  discute  1'  argomento  , 
dichiarando  che  i  gentili  tolsero 
dai  sacri  libri  molte  storie,  riti  e 
dottrine,  indi  deformate  con  favole, 
e  che  dai  medesimi  ricercarono  le 
somiglianze  delle  figure  de'  loro  si- 
mulacri; che  bramarono  che  i  loro 
templi  fossero  convertiti  in  altri  usi, 
piuttosto  che  vederli  diroccati ,  e 
che  senza  saperlo  prepararono  i  ma^ 
leriali  più  sontuosi,  per  la  magni- 
ficenza delle  nostre  chiese. 

GENTILE  Partilo  da  Monte- 
fiore,  Cardinale.  Gentile  Partino 
nacque  in  Montefiore  nella  Marca, 
diocesi  di  Fermo,  in  età  giovanile 
in  detta  sua  patria  professò  nell'or- 
dine de'  minori,  fu  mandato  a  stu- 
diare nelle  celebri  scuole  della  cit- 
tà di  Parigi,  e  divenne  uomo  gra- 
vissimo, come  lo  chiama  il  Buon- 
fìnio  ,  siccome  dotato  di  straordi- 
naria virtù,  scienza  e  saviezza.  Es- 
sendo dottore  in  teologia,  perciò 
detto  il  dottore  parigino,  e  lettore 
del  sagro  palazzo  apostolico ,  dopo 
aver  egli  nelle  scuole  di  esso  dato 
saggio  di  sua  dottrina,  il  Pontefi- 
ce Bonifacio  Vili  ne  premiò  il  me- 


12  GEN 

rito  a' 4  (iicembie    1^98,    creando- 
lo cardinale    dell'  ordine   de'  preti  , 
conferendogli    per    titolo    la  chiesa 
di  s.  Martino  ai  Monti.   Inoltre  Bo- 
nifacio   Vili  lo  inviò  legato  in  Si- 
cilia, lo  incaricò   di  aiutare  i  cava- 
lieri gerosolimitani  per  la  ricupera 
di  Palestina,  e  gì' impose  di  com- 
primere gli  eretici  fraticelli.  Dopo 
la    morte    di  (|uel   Pontefice    inter- 
venne ai  conclavi  in  cui  furono  elet- 
ti  Benedetto  XI,  e  Clemente  V ,  il 
quale    nel  i3o5  gli    aflidò  la  cura 
e  l'amministrazione  della  chiesa  di 
s.  Prassede,  e  dichiarandolo  legato 
apostolico  con  ampie  facoltà  lo  spe- 
dì in  Ungheria,  munito  di  un  pon- 
tificio   breve    diretto    ai    popoli  di 
quel    regno  ,    non    che  a  quelli  di 
Polonia,    Dalmazia  e  Croazia,  nel 
quale  venivano    esortati  a  prestar- 
gli ubìjidienza.   Il  cardinale  condus- 
se in  Buda  Carlo  Bimberto  o  Ro- 
berto  ossia    Carlo    Martello     figlio 
di   Carlo   II    re    di    Sicilia,   ricono- 
sciuto e  confermato  dalla  santa  Se- 
de qual   re  d'  Ungheria,  e  siccome 
gli    ungheresi    avevano  ricusato    di 
prestargli  ubbidienza,  erano  stati  ful- 
minali colla  sentenza  dell'interdetto. 
In  Pesto  o  Pestino  il  cardinale  con- 
vocò una  generale  assemblea  degli 
stali  ,    ed  in  essa    coronò    solenne- 
mente Carlo  in  re  d'  Ungheria,  col 
nome    di    Carlo   I   Roberto.    Nella 
medesima  assemblea  il  cardinale  sta- 
bilì, che  se  Stanislao  o  Ladislao  vai- 
voda  non  avesse   restituito  la  corona 
delta  santa  dagli  ungheresi,  manda- 
ta già   dal   Papa   Silvestro   II  al    re 
s.  Stefano  I ,    nella    quale  essi   pre- 
tendevano essere  fondato  il  diritto 
reale,  si  tenesse  in  avvenire  in  con- 
to di  profana,    ed  un'altra  bene- 
delta    se  ne    dovesse    mandare  dal 
Pontefice  pel  nuovo   re;   in  tal  mo- 
do dopo  dieci    anni  di   discordie  e 


GEN 

sedizioni,  Carlo  I  cominciò  a  pien- 
dere  le  redini  del  governo.   Ad  on- 
ta di   tanta  solennità  con  la  quale 
erasi  coronato  il  principe,    avendo 
due  palatini  del  legno  reclamato  , 
e    preteso   d'intimare    una    nuova 
dieta,  dalla   quale    esigevano  fosse 
escluso    il    cardinal  legato,    questi 
fidminò  l'anatema  contro  tulli  quel- 
li che  avessero  ricusato  di   prestar 
omaggio   al    re  Carlo  I ,  e  special- 
mente contro  Matteo  Palatino  capo 
de'  ribelli,  e  reo  di  gravi  ed  enor- 
mi   delitti.    In    questa    legazione    il 
cardinale  confermò,  come  nana  il 
Panvinio,    l'ordine    de' monaci    di 
s.  Paolo  primo  eremita,    che  mili- 
tavano sotto  la  regola  di  s.  Agosti- 
stino.  Nella  cronaca   del  Wadingo, 
attribuita  al   b.  Odorico  da  Forlì  , 
e  riportata    dal    Baluzio    nelle   ag- 
giunte al  tom.  I  delle  Vile  de   Pa- 
pi d'Avignone  'p.  ì^i/ì,  viene  de- 
scritta   la    legazione    del  cardinale, 
con   tutte  le  più  minute  circostan- 
ze avvenute  ne'  ti-e  anni  che  durò, 
e  delle  costituzioni    da  lui  date  al 
regno    ungarico,    col    titolo:    Ada 
conventiis     Possoniensis .     Portatosi 
il  cardinale    in  Avignone,    ove  Cle- 
mente V  avea  stabilito  la  residen- 
za pontificia  ,  poscia    intervenne  al 
concilio  generale  di   Vienna,    in  cui 
con   invincibili   argomenti   teologici, 
e  di   diritto    canonico,  difese  valo- 
rosamente dalle  calunnie  il  cattoli- 
cismo,  la  legiltimità,   l'innocenra  e 
la  memoria  di  Bonifacio  Vili,   che 
il  re  di  Francia  Filippo  IV  di   lui 
fiero  nemico,  pretendeva  che  fosse 
esecrata  come  un  eretico,  mentre  il  re 
stesso  trova  vasi  presente  all'eloquente 
e  zelante  difesa.  Mossi  dal  suo  esem- 
pio, difesero  Bonifacio  Vili    anche  i 
celebri     cardinali    Giovanni     Minio 
da  Morrovalle,  Guglielmo  Longhi   e 
Riccardo  Pelroni.   Inoltre  il  cardi- 


GEN 

Mal  Gentile  per  mezro  di  sue  let- 
tere fece  noto  al  mondo,  aver  ter- 
minato Bonifacio  YIII  con  gran 
pietà  i  suoi  giorni.  Invialo  dal  Pa- 
pa in  Italia,  ebbe  ordine  di  tras- 
portare in  Avignone  il  denaro  esat- 
to dalla  città  di  Roma, e  dalle  pro- 
vincia di  Campagna  e  del  Patri- 
monio di  s.  Pietro,  nel  timore  che 
se  ne  impadronisse  Enrico  VII  che 
dovea  portarsi  in  Roma  a  prendere 
la  corona  imperiale.  Partito  il  car- 
dinale d'Avignone  per  1'  Italia  per 
prendere  detto  denaro,  che  valuta- 
Tasi  un  milione  di  fiorini  d' oro , 
indi  non  credendo  egli  sicuro  que- 
sto trasporto  a  motivo  delle  fazio- 
ni de'  guelfi  e  ghibellini ,  e  delle 
guerre  tra' genovesi  e  pisani,  che 
allora  desolavano  l' Italia ,  per  cui 
tutte  le  strade  erano  infestate  di 
assassini  ed  armati,  lo  lasciò  come 
in  sicuro  deposito  nella  sagrestia  di 
s.  Frediano  in  Lucca,  dove  si  dice 
che  in  breve  fosse  rapito  e  involato 
da  Castruccio  signore  di  quella  cit- 
tà, ovvero  da  Uguccione  signore  di 
Pisa,  quantunque  altri  opinano  di- 
versamente. Dopo  avere  come  le- 
gato apostolico  condannata  l'empia 
setta  dei  fraticelli,  vide  il  fine  dei 
suoi  giorni  nel  i3i2  in  Avignone, 
secondo  il  Giacconi  o,  Vitae  Pont, 
et  Card.,  ed  il  p.  Giovanni  da  Sa- 
lamanca, nella  Biblioteca  france- 
scana tom.  II,  p.  14.  11  citalo  Ba- 
luzio  a  p.  582  scrive  che  il  càrdi- 
naie  non  potè  proseguire  il  suo 
viaggio  per  esseie  stato  sorpreso 
in  Lucca  da  grave  malattia  ,  che 
gli  tolse  la  vita  in  quella  città , 
come  rilevasi  dalle  lettere  di  Gio- 
vanni XXII ,  immediato  successore 
di  Clemente  V  ;  e  però  soggiunge, 
sona  in  errore  coloro  che  pensano 
essere  morto  in  Avignone,  mentre 
le  memorale  lettere  ch'erano  nella 


GEN  i3 

Colberlina,  nel  codice  829,  dimo- 
strano il  contrario,  e  questa  fu  la 
cagione  per  cui  il  tesoro  rimase  in 
Lucca.  II  medesimo  Baluzio  rac- 
conta che  Odoardo  I  re  d'Inghil- 
terra assegnò  al  cardinale  l'annua 
pensione  di  cinquecento  lire  sterli- 
ne. Il  Novaes  Storia  de'  Pontefici 
tom.  IV,  p.  4I5  dice  che  il  tesoro 
poi  lo  ritirò  da  Lucca  Raimondo 
marchese  d'Ancona  nipote  del  Pa- 
pa, il  quale  venendo  sorpreso  dai 
modenesi,  fu  da  questi  ucciso  ru- 
bandogli il  tesoro,  per  cui  Clemen- 
te V  li  scomunicò.  11  Cardella  nel- 
le Memorie  storiche  de'  cardinali 
tom.  II,  p.  58  ,  narra  che  Gentile 
morì  dopo  quattordici  anni  di  car- 
dinalato ,  e  che  trasferito  il  cada- 
vere in  Asisi  fu  sepolto  nella  ba- 
silica di  s.  Fi'ancesco,  nella  cappel- 
la de'  ss.  Lodovico  e  Martino  da 
lui  fondata,  di  cui  tratta  il  p.  Bru- 
schelli  a  p.  i  o5  d'issisi  città  se- 
rafica. Giuseppe  Cohicci  nel  tom. 
XXV  delle  Antid.ità  picene  ,  ri- 
portando la  visita  triennale  del  Ci- 
valli,  e  parlando  a  pag.  28  di  IVIon- 
tefìore ,  dice  che  quel  convento 
de'  francescani  eretto  nel  1246,  fu 
illustrato  da  religioso  dal  Gentile, 
il  quale  nella  bella  contigua  chie- 
sa di  s.  Francesco  e  nella  cappella 
di  pietra  a  manca  dell'altare  mag- 
giore, ove  sono  sepolti  i  di  lui  ge- 
nilori,  a  questi  con  amor  figlia- 
le eresse  un  monunienlo,  consi- 
stente in  due  statue  di  pietra  gia- 
centi, con  questa  memoiia  :  Anno 
Domini  i3  io.  Dominus  Gentilis  de 
Monte  Floriun  Cardinalis  ord. 
min.  tempore  Bonifacii  Pili ,  ti- 
tuli  .V.  Martini  in  Montibus. 

GENTILI  o  GENTILE Y,  Genti- 
liaciim.  Luogo  di  Francia,  dipar- 
timento di  Senna,  lungi  una  lega 
da  Parigi,  sulla    riviera  di  Bievre, 


i4  GÈ  IV 

Si  chiama  qualche  volta  grande 
Gentilly  per  distinguerlo  dal  pic- 
colo ,  situato  pure  sulla  Bievie. 
Questo  villaggio  fu  la  residenza  dei 
re  di  Francia  della  prima  e  secon- 
da stirpe.  Pipino  vi  fece  costruire 
un  palazzo  di  cui  piìi  non  riman- 
gono che  le  vestigia ,  nel  quale  si 
tenne  una  corte  plenaria  nei  762. 
Dipoi  nell'anno  767,  o  secondo  al- 
tri nell'anno  796,  nel  giorno  di 
ÌNatale,  vi  fu  radunato  un  concilio 
nazionale  sul  mistero  della  ss.  Tri- 
nità, la  particola  Filioque  del  sim- 
bolo, ed  il  culto  delle  sacre  imma- 
gini. V  intervenne  il  re  Pipino 
accompagnato  dai  grandi  del  regno 
e  dalla  maggior  parte  dei  vescovi 
delle  Gallie  e  delia  Germania;  due 
legali  della  santa  Sede  inviati  dal 
Pontefice  Paolo  I ,  sei  patrizi  am- 
basciatori dell'  imperatore  Costan- 
tino Copronimo ,  con  molti  vesco- 
vi di  Grecia.  Questi  ultimi  agita- 
rono coi  legati  la  questione  sulla 
processione  dello  Spinto  Santo,  se 
proceda  dal  Figliuolo  come  dal  Pa- 
dre; e  rimproverarono  ai  Ialini  di 
aver  aggiunto  al  simbolo  di  Co- 
stantinopoli la  parola  Filioque.  Am- 
mettendosi la  presenza  nel  conci- 
lio del  re  Pipino  e  dei  legati  di 
Paolo  I,  conviene  dire  che  fu  ce- 
lebrato nell'anno  767.  Regia  tom. 
XVU  ;  Labbé  tom.  VI;  Arduino 
toni.  HI,  Diz.  de  concila  ;  Lenglet, 
Tavolette  cronolog.j  e  Manzi,  Sup- 
pleni.  de'concilii  t.  J,  col.  6^3  e  624 
GENTILI  Paolo,  Cardinale. 
Paolo  Gentili  da  Lucca  fu  da  Ur- 
bano IT  del  1088  creato  cardinale 
dell'ordine  de'  preti,  conferendogli 
per  titolo  la  chiesa  di  s.  Sisto. 
Sottoscrisse  al  concilio  di  Guastal- 
la convocato  da  Pasquale  II,  e  ven- 
ne incaricato  di  diverse  legazioni  in 
Oriente. 


GEN 

GENTILI  RIDOLFUCCt  Luca, 
Cardinale.  Luca  Gentili  Kidolfuc- 
ci  di  Camerino,  da  arcidiacono  e 
priore  di  quella  cattedrale,  Urbano 
V  nel  1869  lo  promosse  al  vesco- 
vato di  Nocera,  quindi  da  Grego- 
rio XI  fu  fatto  vicario  di  Roma, 
ed  il  Papa  Urbano  VI  a'  18  set- 
tembre 1378  lo  creò  cardinale 
prete,  assegnandogli  per  titolo  la 
chiesa  di  s.  Sisto.  Lo  dichiarò  le- 
gato dell'  Umbria,  dove  riconciliò 
tra  loro  i  cittadini  di  Todi,  fra  i 
quali  vertevano  gravi  e  funeste  di- 
scordie. Mori  in  Perugia  nel  1889, 
e  trasferito  il  cadavere  nella  cat- 
tedrale di  Camerino,  ivi  fu  sepol- 
to con  breve  elogio  in  versi,  po- 
stovi da  Venanzio  Ridolfucci  nel 
1619.  Su  questo  cardinale  va  let- 
ta l'erudita  nota  posta  nel  tom. 
II,  p.  643  del  Guarna^^cci,  alla  vita 
del  cardinal  Antonio  Saverio  Gen- 
tili. 11  Novaes  celebra  il  cardinal 
Luca,  illustre  per  dottrina  e  san- 
tità di   vita. 

GENTILI  AxTo>Mo  Saverio^  Car- 
dinale .  Antonio  Saverio  Gentili 
nacque  in  Roma  a'9  febbraio  1681, 
da  illustri  e  nobili  genitori  di  Ca- 
merino. Si  dedicò  con  tal  fervore 
allo  studio  della  giurisprudenza, 
che  neir  aprile  del  1699  meritò 
nell'archiginnasio  romano  le  inse- 
gne di  dottore.  Per  divenire  piìi 
profondo  in  questa  scienza  ,  istituì 
in  propria  casa  alcune  conferenze 
di  dotti  giovani,  nelle  quali  si  di- 
sputava intorno  alle  facoltà  legali, 
e  sopra  i  riti  ecclesiastici.  Il  Can- 
cellieri a  pag.  107  del  suo  Mer- 
cato, con  l'autorità  del  Valesio,  di- 
ce che  a'  1 3  gennaio  1 703  entrò 
in  prelatura  monsignor  Gentili,  il 
di  cui  padre  fu  cameriere  del  car- 
dinal Maidalchini  (nipote  di  d.  O- 
limpia    cognata    di    Innocenzo    X), 


rlie  iltoinarKio  alla  sua  patria 
Camerino,  per  buona  sorte  entrò 
al  servizio  del  vescovo  di  quella 
città  tQonsignor  Altieri^  il  quale 
essendo  fatto  cardinale  e  poi  Ponte- 
fice col  nonoe  di  Clemente  X  l'ar- 
ricchì, avendogli  anche  conceduto 
il  sito,  dov'era  una  piazza,  incon- 
tro a  s.  Nicola  in  Arcione,  dove 
fabbricò  un  bel  palazzo.  Su  questo 
ho  letto  altrove  che  per  gratitudi- 
ne pose  Tarme  di  Clemente  X.  Ma- 
rio Guarnacci  nelle  Vilae  Pont,  et 
Cardinnlium  t.  II,  p.  64 1,  dice  che 
Antonio  nacque  da  Teresa  Durso, 
e  da  Nicola  Gentili  qui  fuit  secre- 
(US  cubicularius  e  numero  parte- 
ciyantiuni  Clenientis  X,  parole  che 
possono  benissimo  convenire  agli 
aiutanti  di  camera  del  Pontefice, 
anzi  monsignor  Cecconi  vescovo  di 
Montai  lo  nella  sua  Storia  di  Pa- 
lestina, a  p.  184  riporta  un'anti- 
ca lapide  di  Saturninus  cubicula- 
rius, ed  a  p.  4' 3  soggiunge,  cu- 
biculario è  lo  stesso  che  aiutante 
di  camera.  In  quanto  agl'individui 
che  si  comprendono  nella  catego- 
ria de'  cubiculari  pontificii  ,  è  a 
vedersi  l'articolo  Cubicuxaeio.  Do- 
po aver  passato  lodevolmente  alcun 
tempo  nelle  minori  cariche  della 
curia,  fu  eletto  nel  1 7 1 3  da  Cle- 
mente XI  luogotenente  dell'uditore 
della  camera ,  nella  quale  carica 
acquistatasi  grande  riputazione,  fu 
da  Benedetto  XI li  nel  1727  consa- 
grato arcivescovo  di  Petra  in  par- 
tìbus,  e  nell'anno  seguente  dal  me- 
desimo promosso  a  segretario  del- 
la congregazione  del  concilio,  indi, 
passati  cinque  mesi,  a  segretaiio  di 
quella  de'vescovi  e  regolari,  con  la 
provista  d'un  canonicato  nella  ba- 
silica liberiana.  Nel  medesimo  an- 
no 1728  consagrò  la  chiesa  di  s. 
Nicola   in  Arcione  (della  quale  par- 


GEN  j5 

lammo  al  volume  XVI,  p.  i3o  e 
1 3 1  del  Dizionario  )  insieme  con 
tre  altari,  come  rilevasi  da  una 
lapide  ivi  collocata.  Nel  maggio 
1731  Clemente  Xll  lo  fece  data- 
rio, indi  a'  24  settembre  lo  creò 
cardinale  prete,  col  titolo  di  s.  Ste- 
fano al  monte  Celio,  ove  ebbe  la 
consolazione  religiosa  di  trovare  i 
corpi  de' ss.  martiri  Primo  e  Feli- 
ciano,  i  quali  con  solenne  proces- 
sione e  r  intervento  del  sacro  col- 
legio, e  della  prelatura  romana  ri- 
pose sotto  un  magnifico  altare  da 
lui  eretto  e  consacrato.  Clemente 
Xll  inoltre  lo  confermò  nella  da- 
taria col  titolo  di  prodatario,  e  nel 
1738  lo  dichiarò  prefetto  della 
mentovata  congregazione  del  con- 
cilio. Intervenne  all'elezione  di  Be- 
nedetto XIV  che  nel  1741  Io  de- 
putò visitatore  apostolico  dell'arci- 
spedale di  s.  Spirito,  di  cui  come 
dell'amministrazione  fu  benemeren- 
tissimo, oltre  l'edificazione  che  die- 
de nelle  frequenti  visite  diurne  e 
notturne  che  faceva  agi'  infermi, 
ministrando  loro  con  indefesso  zelo 
i  ss.  Sagramenti  ne'nove  anni  che 
restò  visitatore.  Dimesso  il  titolo 
passò  al  vescovato  suburbicaiio  di 
Palestrina  nel  174??  "^  visitò  la 
diocesi,  ed  esercitò  molti  atti  di  be- 
neficenza coi  poveri,  e  con  la  cat- 
tedrale. Appartenne  alle  congrega- 
zioni del  s.  offizio,  di  propaganda 
fide,  dell'immunità,  dei  riti  e  della 
consulta;  e  fu  protettore  de'monaci 
Olivetani,  de'religiosi  trinitari,  e  di 
qvielli  di  Betlemme  nell'  Indie  oc- 
cidentali. Mecenate  de'letlerali,  la 
sua  casa  fu  sempre  pei-  loro  aper- 
ta; dotto  e  profondamente  erudi- 
to, chiaro  divenne  nella  repubblica 
letteraria.  Il  Cancellieri  nella  loda- 
ta sua  opera,  a  pag.  228  e  seg., 
nel  riportare    erudite  notizie   delia 


iG  GEN 

celebre  accademia  degli  Infecondi, 
che  fu  la  ujadie  dell'illusile  e  co- 
spicua Arcadia,  dice  che  il  ctir- 
dinale  n'  era  il  protettole,  il  qua- 
le essendo  solito  sino  dai  giovanili 
suoi  anni,  in  tutti  i  giorni  delle  so- 
lennità della  Beata  Vergine  dare 
nella  propria  abitazione  un  di  voto 
ed  erudito  trattenimento  in  di  lei 
onore,  descrive  le  decorose  e  fre- 
quenti accademie  da  lui  date  nel 
proprio  palazzo,  con  numeroso  con- 
corso di  cardinali  ,  prelati,  nobili, 
letterati,  e  personaggi  distinti.  Fi- 
nalmente un  colpo  apopletico  tron- 
cò la  vita  di  questo  esimio  cardi- 
nale a'  i3  marzo  1753,  in  età  di 
scltanladue  anni ,  e  fu  sepolto  in 
Roma  nella  chiesa  di  s.  Venanzio 
de'camerinesi,  di  cui  tenni  propo- 
sito all' articolo  Camerino  {Fedi). 
Ivi  la  sua  nipote  marchesa  Costan- 
za Glori  Sparapani  gli  eresse  una 
marmorea  iscrizione,  con  distinto 
elogio. 

GENTILUOMO.  Uomo  nobile, 
!'?/■  nobilis,palricius.  Dicesi  ancora 
gentiluomo  a  qualunque  nobile  o 
di  civile  condizione  addetto  ad  of- 
ficio particolare  presso  la  persona 
di  un  principe,  di  un  cardinale,  di 
un  ambasciatore,  d' un  vescovo,  di 
un  prelato,  d'un  signore  ec.  Tra 
le  opinioni  sulla  derivazione  del 
vocabolo  gentiluomo,  havvi  quella 
forse  la  meglio  fondata,  e  prove- 
niente dal  latino  gentis  honiines,  che 
si  pretende  avere  significato  un 
tempo  le  persone  dedicate  al  ser- 
vigio dello  stato,  com'erano  una 
volta  tutti  i  franchi,  donde  venne 
almeno  in  Francia  la  prima  nobil- 
tà di  estrazione  o  sia  di  origine. 
Il  Pasquier  crede,  che  i  nomi  di 
gentili,  e  di  scudieri  passati  nella 
lingua  francese,  sieno  a  quella  na- 
zione   rimasti    come    eredità    della 


GEN 

romana  milizia,  perchè,  die' egli,  i 
principali  benefizi,  e  le  migliori 
j)Oizioni  de' terreni  che  si  davano 
per  ricompensa  ai  veterani  o  ad 
altri  soldati,  distribuiti  erano  sin- 
golarmente ai  gentili  ed  agli  scu- 
dieri, come  ai  più  valorosi  dell'eser- 
cito, del  che  sarebbe  assai  dilhcile  il 
trovare  le  prove  ne'migliori  scrittori 
latini.  Dice  lo  stesso  Pasquier  che  i 
galli  avendo  veduto,  durante  l'impe" 
ro  romano,  i  gentili  e  gli  scudieri 
ottenere  tra  gli  altri  soldati  le  più 
belle  porzioni  di  terreno  sulle  lo- 
ro frontiere,  cominciarono  a  chia- 
mare col  nome  di  gentiluomini  e 
di  scudieri  coloro  che  dai  primi 
le  franchi  videro  provveduti  di  si- 
mili benefizi.  Può  osservarsi  che 
assai  antico  era  in  Italia  l'addiet- 
tivo  di  gentile,  e  che  significava  di 
buona  gente,  come  epitelo  convenien- 
te a  chi  eia  di  buona  gente,  e  di 
nobile  schiatta.  Gentili,  secondo  il 
Boccaccio,  nominavansi  coloro  che 
la  virtù  seguitavano,  e  coloro  che 
pel  contrario  seguivano  i  loro  vizi, 
erano  non  gentili  riputati.  Quindi 
antichissimi  furono  in  Italia  i  vo- 
caboli di  getitiluomOj  e  di  gentil- 
donna, e  forse  dall'Italia  passarono 
quei  nomi  nella  lingua  francese. 
All'articolo  Famiglie  de'  cardinali 
e  de" prelati  si  tratta  dei  loro  gen- 
tiluomini. Dei  gentiluomini  de'prin- 
cipi,  ambasciatori,  ed  altri  signori, 
se  ne  discorre  agli  articoli  relativi 
agli  uffici  che  disimpegnano. 

GENUFLESSIONE,  Genujlexio, 
geniinrn  submissio.  La  genuflessione 
o  inginocchiazione  è  l' atto  di  pie- 
gare le  ginocchia  ;  è  questa  una 
maniera  di  umiliarsi  riverente,  o 
di  abbassarsi  in  presenza  di  alcuno 
per  onorarlo.  In  ogni  tempo  que- 
sto segno  di  vuniltà  fu  in  uso, 
massime    durante   la     preghiera    o 


GEN 

orazione,  dnppoichè  il  Gavanto  dice 
che  doppio  è  il  fine  della  genufles- 
sione, cioè  di  adorare  e  di  prega- 
re. Nella  consacrazione  e  dedica- 
zione del  tempio  di  Gerusalemme, 
il  re  Salomone  fece  la  sua  preghie- 
ra inginocchio,  e  con  le  mani  al- 
zale al  cielo  :  in  una  cerimonia 
eguale  il  re  Ezechia  ed  i  leviti  si 
misero  in  ginocchio  per  lodare  ed 
adorare  Iddio.  Un  ufficiale  di  Acab- 
bo  s'  inginocchiò  avanti  il  profeta 
Elia.  Gesìi  Cristo  fece  la  sua  pre- 
ghiera in  ginocchio  sul  monte  degli 
Ulivi.  S.  Paolo  nell'epistola  agli  e- 
fesini  disse  loro  ch'egli  piegava  le 
ginocchia  dinanzi  al  Padre  del  JVo- 
slro  Signore  Gesù  Cristo.  Il  Ma- 
cri  nella  Nolizia  de  vocaboli  eccle- 
siastici, verbo  Genujlexio,  dichiara 
che  la  genuflessione  fu  introdotta 
nella  Chiesa  per  istituto  apostolico^ 
che  s.  Stefano  protomartire  orò  ge- 
nuflesso pe'suoi  persecutori,  e  che 
questo  atto  significa  adorazione,  pe- 
nitenza, ed  umiltà,  perchè  colla  ge- 
nuflessione Vuoisi  denotare  la  cadu- 
ta del  nostro  padre  Adamo.  Laon- 
de non  deve  recar  meraviglia,  che 
questa  maniera  di  pregare  sia  sta- 
ta in  uso  fino  dai  primi  tempi 
della  Chiesa  cristiana.  Dunque,  co- 
me osserva  il  Bergier,  fuor  di  pro- 
posito gli  etiopi  od  abissini  si  guar- 
dano di  starsene  ginocchioni  in  tem- 
po della  liturgia,  e  pretendono  di 
conservare  in  esso  l'uso  antico.  I 
russi  considerano  come  un'indecen- 
za pregare  Dio  in  ginocchio;  e  gli 
ebrei  fanno  tutte  le  loro  preghiere 
in  piedi.  Sul  cominciare  dell'otta- 
TO  secolo  fuvvi  una  setta  di  ereti- 
ci detti  Agonicliti,  i  quali  sostene- 
vano essere  mia  superstizione  quel- 
la di  piegare  le  ginocchia  pregan- 
do, nel  qual  tempo  invoce  danza- 
vano,   ma    ebbero  pochi    proseliti. 

VOL.    XXIX. 


GEN  17 

Questo  era  un  manifesto  inganno, 
essendo  anzi  provato  il  contrario 
dalla  sacra  Scrittura,  come  dagli 
addotti  esempi    e  da  altri. 

Soggiunge  il  Bergier,  che  la  ge- 
nuflessione non  è  essenziale  alla  pre- 
ghiera, ma  non  si  deve  né  bia- 
simarla, ne  porsi  in  ima  positura 
differente  per  contraddire  l'usanza 
della  Chiesa;  che  in  generale  i  se- 
gni esterni  sono  indifferenti  in  sé 
stessi,  essendo  l'opinione  comune  e 
r  uso  quelli  che  ne  determinano  il 
significato.  E  siccome  noi  talvolta 
facciamo  uso  per  onorare  gli  uomi- 
ni, dei  medesimi  segni  di  cui  ci 
serviamo  per  onorare  Dio,  non  ne 
consegue  da  ciò  che  noi  tributia- 
mo loro  il  medesimo  culto  che  of- 
friamo a  Dio,  essendo  assai  diver- 
so l'atto  che  intendiamo  di  fare. 
In  fatti  il  meniorato  ofhziale  di 
Acabbo  che  si  mise  in  ginocchio 
davanti  il  profeta  Elia,  non  aveva 
certamente  intenzione  di  tributar- 
gli un  culto  divino.  Noi  pieghiamo 
le  ginocchia  davanti  le  immagini 
de'santi;  le  pieghiamo  pure  innan- 
zi al  sommo  Pontefice,  ai  cardina- 
li ed  ai  vescovi  talvolta,  e  pur  an- 
co in  qualche  circostanza  ai  princi- 
pi, e  con  chiunque  per  supplicare 
o  implorare  perdono.  Un  religioso  o 
altro  individuo  riceve  in  ginocchio  le 
ammonizioni  e  le  correzioni  del  suo 
superiore;  generalmente  i  figli  do- 
mandano in  ginocchio  la  benedizione 
dei  loro  genitori,  per  cui  è  eviden- 
te che  questi  segni  di  rispetto  cam- 
biano di  molto  il  significato,  secon- 
do le  circostanze  e  le  persone.  Non 
bisogna  imitare,  dice  il  Bergier, 
l'ostinazione  de'quaqueri,  i  quali 
si  farebbero  uno  scrupolo  di  levare 
il  loro  cappello  dal  capo*  per  salu- 
tare anche  il  più  distinto  personag- 
gio:    però    volendo    entrare    nelle 


i8  GEN 

chiese  de'  cattolici,  e  visitare  qual- 
che principe,  anche  ecclesiastico,  si 
tanno    da  altri    levare  il    cappello. 
Quindi    osserva    che    i    protestanti 
non  sono  naeno   ridicoli  quando  ci 
accusano  d' idolatria,  perchè  ci  po- 
niamo in  ginocchio  avanti   ad  una 
imraagine.Sopra  la  genuflessione  può 
vedersi   Agostino  Natlian  Hubnero, 
In  cxercilntìoìic    historico-ecclesia- 
slica  de  genii/Iexione,  Halae   17  1 1. 
Filippo  Buonarroti  nelle  sue  Osser- 
vazioni ìstorichc  sopra  alcuni  me- 
daglioni antichi,  parla  dei  ginocchi 
toccali  dai  supplichevoli,  e  da  quel- 
li che  adoravano  gli    dei,   dicendo 
a  p.   262   che  gli  antichi   solevano 
toccare  le  ginocchia  quando  essen- 
do stati  vinti  chiedevano  mercè  ai 
loro  vincitori,  come  si   cava  da  O- 
mero  e  da  Plinio,  quantunque  l'ab- 
bracciaie  i  piedi  fosse  parimenti  un 
gesto  de'suppIichevoli,e  di  onore  de- 
gli inferiori    verso  i  loro  maggiori, 
siccome  l'uno  e  l'altro  erano  segni 
di  adoiazione   come  osserva  Arno- 
bio,  onde  di  Paride    disse  Ovidio: 
Nunc    mihi   nil    superest ,    nisi   le 
formosa  precari,  Ampleclique  tuos 
pattare   pedes.  E  di    Creusa  disse 
Virgilio  :     Ecce     auteni    complcxa 
pedes    in  limine  conjux    haerebat. 
Properzio  scrisse,  Cuni  vix  tangen- 
dos  praebuil  illa  pedes,  cerimonia 
conservatasi  pure  ni  tempo  di  Dan- 
te, onde  parlando  dello  spirito  di 
Stazio,  che  voleva  onorar  Virgilio, 
disse  :  Già  si  chinava  ad  abbracciar 
li  piedi,  il  quale  atto  di  umiliazione 
conviene  grandemente  ad  un  vinto. 
Parlando  il  Rinaldi  delle  genufles- 
sioni solite  a    farsi   nelle  pubbliche 
preghiere,    racconta  all'anno   SgS, 
num.    100,  che  s.  Porfirio  vescovo 
di  Gaza  ,  per    la    siccità    comandò 
che  tutti  i   fedeli  si  radunassero  in 
chiesa  a  celebrarvi  le  vigilie,  i  qua- 


GEN 

li  in  tutta  la  notte  fecero  trenta 
volte  orazione,  ed  altrettante  s'in- 
ginocchiarono, oltre  ai  cori  ed  al- 
le lezioni,  e  che  portatisi  in  altra 
chiesa  tre  volte  orarono,  ed  altret- 
tante si  posero  genuflessi.  11  p. 
Mamachi,  De' costumi  de  primiti%'i 
cristiani  tom.  T,  p.  3!^8,  coli' auto- 
rità di  Tertulliano,  Della  corona 
del  soldato,  attesta  (he  gli  antichi 
cristiani  il  giorno  di  domenica,  e 
dal  di  solenne  della  Pasqua  sino 
alla  Pentecoste,  non  s'inginocchia- 
vano mai  in  chiesa,  ma  ritti  e  mo- 
desti porgevano  le  loro  preghiere 
a  Dio,  pel  seguente  motivo  tolto 
dalle  questioni  agli  ortodossi  attri- 
buite a  s.  Giustino.  »  Dobbiamo 
sempre  ricordarci  e  delle  nostre 
cadute  ne'peccati,  e  della  misericor- 
dia del  Signore,  per  cui  abbiamo 
avuto  la  grazia  di  risorgere  da'me- 
desimi.  Per  la  quale  cosa  flettiamo 
nei  sei  giorni  della  settimana  le 
ginocchia,  dando  così  segno  di 
essere  noi  miseramente  caduti;  e 
la  domenica,  e  tutto  il  tempo  pa- 
squale non  le  pieghiamo,  per  de- 
notare il  nostro  risorgimento.  On- 
de dai  tempi  apostolici  ha  avuto 
principio  questa  consuetudine,  co- 
me dice  s.  Ireneo  martire,  e  ve- 
scovo di  Lione  nel  suo  libro  cir- 
ca la  Pasqua,  in  cui  fa  menzione 
della  Pentecoste,  nella  qual  solen- 
nità non  s'inginocchiamo  ".  Pre- 
tesero alcuni  scrittori  che  il  pre- 
gare in  piedi  in  tal  tempo  per  me- 
moria della  risurrezione  di  Gesù 
Cristo,  fosse  stato  comandato  dal 
concilio  Niceno:  ma  nel  resto  del- 
l'anno è  certo  che  il  popolo  ed 
il  clero  si  mettevano  ginocchioni 
in  tempo  di  una  parte  del  divino 
oftizio.  Stando  i  fedeli  così  in  piedi 
o  tenevano  giunte  le  mani,  o  sten- 
devano le   braccia,  de'cpiali  usi   fa 


GEN 

menzione  il  medesimo  Tertulliano 
nel  suo  Apologetico  dicendo:  »  Co- 
lassi!  reggendo    i  cristiani,  mentre 
stanno  con   le  mani  distese,  perchè 
innocenti,     e    col     capo     scoperto, 
perchè  non  si    vergognano,  prega- 
no   il     loro    Creatore  ".     Ma    più 
ampiamente     parla     egli    di     que- 
sto argomento  nel   suo  celebre  li- 
bro intitolato  dell' Or/7Z7one.  »  Noi 
non    eleviamo    solamente    le    ma- 
ni, ma    le   stendiamo    ancora  ,    e 
orando  confessiamo  Ci'isto  ".   Non 
approva   però  Tertulliano,  che  al- 
cuni  fedeli,  incominciata  eh' è  l'o- 
razione,   si     mettessero    a    sedere  ; 
poiché  stimava  un'irriverenza  al  Si- 
gnore, se  uno  non  istava  inginocchio- 
ni,  o  ritto  in  chiesa,  e  con  modestia, 
e  colle  mani  moderatamente  elevate, 
e  col  capo  non  troppo  alzato.   Ag- 
giunge, che  con  voce  soave,  e  non 
troppo  forte  cantavano.  Somiglian- 
ti   cose  scrivono    s.  Cipriano,    nel 
suo  libro  òeW  Orazione  ^  p.    i5r, 
e    Minucio  Felice  nel    suo  celebre 
dialogo  intitolato  Ottavio  a  p.  288. 
Il    Baronio     osserva,    che    i     santi 
avevano  portato  tanto  innanzi  l'uso 
della    genuflessione,    che    taluni  a- 
vevano  logorato    il    pavimento    nel 
luogo  in  cui  dimoravano.   S.  Giro- 
lamo   ed    Eusebio    narrano   di    s. 
Giacomo     il    Minore,    vescovo    di 
Gerusalemme,  che    i  di  lui  ginoc- 
chi eransi  induriti  come  quelli  di 
un  cammello,     altrettanto  avvenne 
ad  altri  santi  e  servi  di  Dio.  Si  leg- 
ge  nelle  Decretali  lib.    11,    tit.  q, 
cap.   1  De  feriis^  che  il  Papa    Ales- 
sandro   III    rinnovò    l'antico    rito 
della  Chiesa  di  orare  in  piedi  nei* 
le    domeniche,    e    nel    tempo  pa- 
squale;    ma    oggidì    però  i    fedeli 
avrebbero  quasi  a    scandalo,  se  in 
pubblico  anche  nelle  accennate  fe- 
stività non  si  genuflettesse. 


GEN  19 

Le  genuflessioni  che  il    sacerdo- 
te fa  nella   messa   privata,  oltre   le 
ordinarie,  sono:    i."    quando  legge 
l'evangelio  di  s.  Giovanni,  alle  pa- 
role :    Ft   Verbitm    caro,    ec.     -a." 
Nell'evangelio    dell'Epifania,    di- 
cendo; et  proci  de  n  te  X  adoraverunt 
eiim.   3.°    In  quello  della  feria   IV 
dopo  la   quarta  domenica  di   qua- 
resima,  alle    parole  :  et   procidem; 
adoravii  euni.  4-"  Nella    domenica 
delle   Palme,  e  nelle  messe  de  Crii- 
ce,    nell'epistola     alle    parole:    In 
nomine  Jesii  omne  genti flectaturj  e 
nella  Passione  alle  parole:  Expira- 
vìt,   o  eniisit  spiritum.   5.°  Quando 
dirà    Flectamus  genita,  del    quale 
parlammo  nei  volumi  VIII,p.  3o6, 
e  XIV,  p.  243  del  Dizionario  :  solo 
qui  noteremo  che  nella  messa   del 
sabbato  santo  (come    notammo    al 
voi.  IX,  p.  5),  e  delle  quattro  tem- 
pora non  si  dice  Flectamus  genita 
dopo    l'ultima    orazione    in  cui  si 
parla  de'  ti'e  fanciulli,  per  denota- 
re la   forte  costanza  di  essi  nel  ri- 
fiutare   r  adorazione    della    statua 
di    Nabuccodonosorre;   e    lo  stesso 
si   fa   nel  venerdì  santo,  quando  si 
prega  prò  perfidi.'!  judaeis,  che  in 
quel  giorno    beffeggiando    Gesù   si 
inginocchiavano    dinanzi    ad     esso. 
Anticamente     non     rispondeva     il 
suddiacono  Levate,  ma  lo  faceva  il 
diacono  stesso  dopo    qualche  spa- 
zio di   tempo  impiegato    nella    ge- 
nuflessione, ed  in    un'orazione  se- 
greta,   laonde   il    diacono   pronun- 
ciava   l'una,   e  l'altra   parola,  co- 
me   distesamente  riporta    il  citato 
Macri.     6."  Genuflette    il    sacerdo- 
te   quando    nella    quaresima    dice 
nel  tratto  il    versetto  Adjuva    nos 
Deus,     e    in    tutte   le    messe    del-^ 
lo    Spirito    Santo,  dicendo  il  ver- 
setto:   Feni    Sancte    Spiritus.    7.° 
Quando    è    esposto    il    santissimo 


20  GEN 

Sagramento,  in  cui  il  sacerdo- 
te genuflette  tutte  le  volte  che 
passa  dinanzi  al  mezzo  dell'altare. 
8."  Genuflette  inoltre  il  sacerdote 
ogni  volta  che  ciò  viene  prescritto 
dai  riti.  I  circostanti  poi  genuflet- 
tono sempre  nelle  messe  private, 
eziandio  nel  tempo  pasquale,  tranne 
quando  si  legge  l'evangelio:  nel 
voi.  XXII,  p.  227  del  Dizionario 
citammo  un'opera  che  tratta  sul- 
l' alzarsi  in  piedi  alla  lettura  del- 
l' iTt'^  ngelio  (  P^edì) . 

Kella   messa  solenne  il  celebran- 
te   genuflette    in    tutte     le    dette 
circostanze     della     messa     privata , 
fuorché  al    Flectainus  genua,    per- 
chè rappresenta  la  persona  di  Cri- 
sto; al  versetto  Acìjiiva   nos  Deus, 
ed  a  quello,    Veni   Sancte  Spiritus. 
Nel  giorno  della  festa  della  ss.  An- 
nunziata,   e    nelle    tre     messe    del 
ss.    Natale,    quando     nel    Credo    si 
canta  dal  coro:   Et  incarnaliis  estj 
negli   altri  giorni  se  siede,  china  il 
capo     scoperto,    e    genuflette  se    si 
trova  in  piedi.  I  ministri  sacri  sem- 
pre    genuflettono    col    celebrante  , 
meno  il  suddiacono  che  tiene  il  li- 
bro del  vangelo,  e  gli  accoliti  soste- 
nitori de'candellieri:  quando  il  dia- 
cono cauta  le  parole  cui  si  deve  ge- 
nuflettere,  il  celebrante  lo  fa  verso 
il  libro,  gli  altri  verso  l'  altare.  In 
coro   si    genuflette    da    quelli    che 
non  sono  prelati  (come  gli  abbati, 
i  protonotari,  e  quelli   che  possono 
usare    il    rocchetto,  ed    i  canonici 
quando  sono  apparati)  alla  Confes- 
sione, ed  al  salmo  ludica  me  Deus. 
Nelle  messe  poi  delle  ferie  dell'av- 
vento, della  quaresima,  delle  quat- 
tro tempora,    delle    vigilie    in  cui 
si    digiuna,  e    nelle  messe    de'  de- 
funti tutti  genuflettono  anche  alle 
orayioni,  e  paiimenti   detto  dal  ce- 
lebrante il    Sanctus,  lino    al    Pax 


GEN 

Domini  (perchè  al  dire  d' Innocen- 
zo 111,  lib.   6,  cap.    4>  i'  bacio  di 
pace  essendo  simbolo  della  risurre- 
zione deve  riceversi  in  piedi),  e  alle 
orazioni  dopo  la  comunione,  e  sopra 
il  popolo,  eccettuate  le  vigilie  di  Pa- 
squa, della   Pentecoste,    del  ss.   Na- 
tale, e  le  tempora  della  Pentecoste. 
E  similmente  si  genuflette  da   tut- 
ti   quando     si    alza     il    ss.    Sagra- 
mento. Il  Gavanto  risponde  quando 
nei  detti  casi    si    debba    genuflelte- 
re  con  un  solo  ginocchio,  e  quando 
con   due.    Sulle  genuflessioni    nella 
reposizione  del  ss.   Sagramento,  se 
si  debbano  fare  con  uno  o  con  due 
ginocchia,  vedi  il  dotto  Dizionario 
sacro    liturgico  del    eh.  Diclich,  e 
sembra  che  il  solo  celebrante,  e  i 
sacri  ministri  sulla   predella    possa- 
no   farle    con    un    solo    ginocchio, 
anziché  con  due  ut  faci  li  us  et  coni- 
modìus    surgat  ;    gli    altri  in    pia- 
na terra  le  debbono  fare  con  due. 
Altre  erudizioni  sulle  genuflessio- 
ni   le    noteremo    coli'  autorità    del 
Macri.  Nelle  ore  canoniche  si  fan- 
no   le    genuflessioni    con   ambedue 
le  ginocchia,  pronunciandosi  le  pa- 
role: Adoranius^etprocidanius  etc. 
Te    ergo    quaesunius,  famulis  tuis 
subveid  etc,  A^'e  niaris  stella  etc, 
Veni   Creator  Spiritus  etc,  O  crux 
ave  spes  unica  etc.   Tantum  ergo 
Sacramentuni    eie ,     essendo    però 
esposto  il  ss.   Sacramento.    Nel  ce- 
rimoninle  de'  frati    minori    si    pre- 
scrive la  genuflessione  nell'inno  del 
ss.   Natale  alle  parole:   Nos  quoque 
qui  sanc.lo  tuo    redempli    sanguine 
sunius.  Inoltre  si  deve  genuflettere 
nella  vigilia  dello  stesso  ss.  Natale 
pronunciandosi   le  parole  del  mar- 
tirologio:  In  Béthlehem  Judae   etc. 
Dice  pure  il  JMacri  che  i  greci  non 
usano  genuflessioni  in    chiesa  ,    ma 
profondi  inchini,  tranne    il    giorno 


GEN 

della    Pentecoste    che    genuflettono 
nell'officio  mentre  si  recita  il  van- 
gelo ;  e  che  i  certosini    rare    volte 
fanno  genuflessioni,    anche    dinanzi 
al  6S.   Sagramento,  ma  profondi  in- 
chini, tanto  nella  celebrazione    del- 
la messa,  quanto   nelle    altre    fun- 
zioni.  Pompeo  Sarnelli   nelle    Let- 
tere ecclesiastiche  lom.  IV,  lett.  XIII, 
num.  4^5,  dice  che  all'antifona 
Adgramus    te    Christc  etc.    non    si 
genuflette,  come  non  lo  si  fa  al  ca- 
pitolo In  nomine  Jcsii  onine  genn- 
'fleciatur,  ed  al  versetto  del  respou- 
sorio,   Verhuni  caro  factum  est:  la 
ragione    è    pel    tenore  del  decreto 
della  congregazione  de'  riti,  de'  23 
marzo    1602.   Cani   praeintonantur 
anliphonae,  oinnes  ab  utroque  cho- 
ri  latere   surgere   dehent,    non   ob- 
stanle  contraria  consuetudine.    Ag- 
giunge, che  l'altra  ragione  per  cui 
alla  parola  Adoranius  non    si  ge- 
nuflette,   ma    sibbene    a    quella    di 
Procidanins^j     è     perchè     nell'  inno 
angelico  alle  parole    Adoramus    te 
si   ta  la  semplice    inchinazioiie    del 
capo,  e  così  nel    simbolo    alle   pa- 
role, cjui  cum  Palre,    et   Filio    si- 
mul    adoratur  ;  ma    dicendosi    nel 
vangelo  '  dell'Epifania     procidenles 
adoraverunt  euni,  allora  come  no- 
tammo si  genuflette.  E    nell'evan- 
gelio del  cieco  nato    illuminalo  da 
Cristo,  dicendosi  procidens    adora- 
ci euvi,  si  genuflette,  così  alle  pa- 
role del  salmo,  et  procidamus  an- 
te Deuni,  come  espressamente   no- 
ta il   Bauldry  par.  2,  cap.   3,  num. 
2,    duni    dicuntur    haec    verba,  et 
procidamus  ante  Deuni,  per  deno- 
tare che  queste  parole  richieggono 
la  genuflessione,  non  la   parola   A- 
doremus,  dappoiché  essendo  quelle 
parole,  Venite  adoremus  invitatorio, 
chi  invita  deve  stare  in  piedi,  ne  se- 
gnes  videamur  duni  alios  invitanius. 


GEN  21 

Il  Sarnelli  stesso  nel  tom.    VII, 
lelt.  LXII  :    Se    nella    venerazione 
dovuta  a  santi  sia  lecita  la  genu- 
flessione j  dopo  aver  distinto  il  cul- 
to di  latria  che  si  deve  a  Dio  so- 
lo, quello  di  dulia  che    si    tributa 
ai  santi,  e  quello  d' iperdulia   con 
che  si  onora   la  Beata    Vergine ,  e 
dichiarato    il    culto    esterno,    ed   il 
culto  interno,    de'  quali    argomenti 
parlammo  agli  articoli   Adorazione 
e  Culto,  conchiude    che    se  l'alto 
della    genuflessione    s' intende     per 
protestate    l' influita    eminenza     di 
Dio  sopra  tutte  le  creature,    e    la 
totale    nostra   dipendenza   da   quel- 
lo, sarà  atto  di  latriaj  ma  se  con 
la  genuflessione  intendiamo  rende- 
re il  culto  religioso  a  qualche  san- 
to, per   le  di    lui    virtù    o    gloria, 
sarà  atto  di  dulia.  Così  le    litanie 
che  chiamiamo  de'  santi,  si  dicono 
in   ginocchio,   ed  invocandosi  essi  e 
gli   angeli  il  culto  è  di  dulia;    in- 
vocandosi la  ss.   Trinità ,    il    culto 
è  di  latriaj  ed   invocandosi    Maria 
Vergine,  il  culto  è  d' iperdulia.  A- 
dunque    riflette,  che  il  venerare  i 
santi   con  la  genuflessione,  le  loro 
immagini     e    reliquie,    non    solo  è 
lecito,  ma   tah'olta    è  comandalo, 
giacché  il  culto  che  si  fa  ai   santi 

o 

è  principalmente  rivolto  a  Dio , 
celebrandosi  con  tale  atto  la  divi- 
na bontà  e  potenza,  che  fece  lo- 
ro riportare  vittoria  del  mondo:  in 
fatti  al  voi.  Vllf,  pag.  1 58  del 
Dizionario  riportammo  la  decisione 
del  punto  controverso  colla  quale  si 
prescrisse  che  tulli,  compreso  il  Pa- 
pa, passando  dinanzi  all'altare  mag- 
giore delle  basdiche  laterauense,  va- 
ticana ed  ostiense,  debbano  gena- 
fleltere,  venerandosi  nel  prinio  i 
capi  de'  ss.  Pietro  e  Paolo,  nei  se- 
condi i  loro  corpi  divisi.  E  perchè 
Maria  Madre  di  Dio    ha    maggior 


22  GEN  GEN 
culto  de' santi,  dicendosi  ^ve  ma-  dice  di  aver  veduto  fare  I"  istessa 
ris  stella,  si  deve  geiiulletteie,  ed  cerimonia  ai  cardinali,  mentre  sie- 
altrettanto  si  deve  fare  in  tutte  le  dono  i.ul  trono  delle  loro  chiese 
antifone  della  Beata  Vergine ,  che  titolari,  in  tempo  di  alcune  solen- 
si  dicono  in  fine  del  divino  offizio,  nità  che  ivi  celebrano,  ed  assisto- 
tranne  nelle  domeniche  dai  piimi  no;  ed  eguale  genuflessione  dice 
vesperi  del  sabbato,  perchè  si  fa  aver  veduto  fare  ai  cardinali  riu- 
commemorazione  della  Risurrezione,  niti,  in  sede  vacante.  Delle  genu- 
e  perciò  anche  in  lutto  il  tempo  flessioni  che  in  tale  tempo  si  fanno 
pasquale.  Nel  voi.  XVIII,  p.  238,  atre  ed  a  quattro  cardinali  riuniti, 
289  e  240  del  Dizionario,  nel  par-  ne  parlai  ai  volumi  XV,  p.  3i  1, 
lare  del  culto  al  ss.  legno  della  e  XVI,  pag.  290  del  Dizionario. 
Croce,  massime  di  quello  che  gli  Delle  genuflessioni  poi  che  nelle 
si  rende  con  trina  adorazione  d'am-  congregazioni  della  sede  vacante  si 
bo  le  ginocchia  nel  venerdì  sauto,  fanno  al  sagro  collegio ,  da  quelli 
trattai  di  alcune  erudizieni  sulle  che  ivi  si  ammettono  ad  udienza , 
diverse  genuflessioni  che  ad  esso  si  compresi  gli  ambasciatori,  e  i  pii- 
debbono  fare;  e  siccome  il  regnan-  mari  ministri  della  santa  Sede,  e 
te  Pontefice  Gi-egorio  XVI  ha  ri-  delle  relative  spiegazioni,  ne  parlai 
stabilito  nello  stesso  gioino  l'uso  al  detto  volume  XVI,  pag.  298, 
antico  dell'esposizione  della  vera  ed  in  piìi  luoghi  all'articolo  Cow- 
Croce,  ciò  che  si  fa  nella  cappella  clave.  Nel  volume  V,  pag.  61  del 
pontificia  Sistina  nel  momento  iucui  Dizionario  si  discorre  come  il  po- 
il  Papa  con  la  processione  di  tutti  polo  deve  genuflettere  incontrando 
quelli  che  hanno  luogo  in  cappel-  il  vescovo  per  riceverne  la  bene- 
la  (  i  quali  prima  di  partire  da  dizione,  spiegando  a  pag.  68  sul 
questa  fauno  alla  ci'oce,  che  si  è  suono  delle  campane  nel  passaggio 
adorata  e  collocata  suH'  altare,  la  de'  vescovi  per  le  città  e  campa- 
genuflessione  con  un  solo  ginocchio,  gne.  Delle  genuflessioni  che  si  fan- 
senza  farla  al  Papa  in  passare  in-  no  al  sommo  Pontefice  in  cappel- 
nanzi  di  lui  ),  sono  a  levare  il  se-  la  pontificia,  all'udienza,  iiel  rice- 
polcro  in  quella  chiamata  Paolina,  vere  l'apostolica  benedizione,  e  nel 
laonde  ritornando  nell'altra  non  baciargli  i  piedi,  vanno  letti  gii 
fanno  veruna  genuflessione  alla  ve-  articoli  Cappelle  Pontificie,  Udien- 
ra  Croce  che  trovano  esposta  sul-  za  de'  Papi,  Benedizione  del  Som- 
lallare,  rimossa  quella  adorata,  mo  Pontefice,  e  Bacio  de'  piedi. 
perchè  verso  il  termine  della  px'o-  Si  possono  anche  consultare,  Poli- 
cessione  si  porta  il  ss.  Sacramento  doro  Virgilio,  De  rerum  invenlori- 
del  sepolcro  dal  Papa,  o  in  sua  bus  lib.  IV,  e.  XV;  M.  Ant.  Maz- 
vece  dal  cardinale  celebrante.  zaroni,  De  tribus  coronis  Pont.  Ront. 
Dal  Caerein.  episcop.  lib.  I,  cap.  necnon  de  osculo  ss.  e/us  pedani, 
li,  si  ha,  che  il  vescovo  nella  sua  Romae  1609,  et  1788;  Michele 
diocesi,  mentre  siede  nel  trono,  gli  Angelo  Carmeli,  Sopra  l'uso  di 
si  fa  la  genuflessione  con  un  gi-  baciare  i  piedi  al  Papa,  nelle  sue 
nocchio  da  tutto  il  clero,  passan-  Dissert.  filologiche,  Roma  1768; 
dogli  davanti,  ma  ne  sono  esenti  i  Martino  Kempio ,  De  osculis  pe- 
cauònici  della  cattedrale.    Il  Macn  dani  Roin.   Pont.,  e  Matteo  Zimer- 


GEN 

jiiaiino,  in     Montibus  pitlalis  pag. 
373. 

Quando  ii  Papa  benedice  in  cap- 
pella pontificia,  lutti  debbono  ge- 
imllettere,  menu  i  cardinali,  però 
se  i  vescovi  ed  abbati  sono  vestiti 
co'  sagi'i  paramenti,  allora  restano 
in  piedi:  nella  medesima  cappella 
i  vescovi  che  sono  avanti  al  Papa 
devono  stare  col  capo  scoperto , 
così  i  cardinali  primo  prete,  e  i 
due  primi  diaconi  quando  sono  al 
trono.  11  patriarca,  arcivescovo,  o 
vescovo  assistente  al  soglio  nel  sor- 
reggere  al  Pontefice  il  libro  ,  sta 
genuflesso  o  in  piedi,  secondo  il 
maggior  comodo  che  fa  al  Papa 
nei  leggere.  Perchè  il  cardinale 
primo  prete  incensa  genuflesso  il 
Papa  sedente  in  trono,  lo  si  dice 
al  volume  Vili,  pag.  24^  ^  ^49- 
Quando  sull'altare  è  esposto  il  ss. 
Sacramento,  o  vi  è  senz'essere  es- 
posto, non  si  genuflette  al  Ponte- 
fice, anche  se  si  passa  dinanzi  a 
lui.  Non  essendovi  le  sagre  specie 
sagramentali,  entrando  od  uscendo 
dalla  cappella  o  chiesa  ov'  è  il 
Pontefice,  con  un  ginocchio  si  ge- 
nuflette alla  croce  dell'altare,  e  con 
una  girata  si  fa  altrettanto  col  Pa- 
pa. Nelle  cappelle  pontificie  clie 
hanno  luogo  fuori  del  palazzo  a- 
poì.tolico,  se  il  trono  papale  è  di- 
rimpetto all'altare,  nell'accesso  o  re- 
cesso non  si  fa  genuflessione  gira- 
ta, ma  prima  si  fa  all'altare,  e 
poi  distinta  al  Pontefice.  Nella  pro- 
cessione del  Corpus  Domini  quelli 
che  v'intervengono  per  rispetto  al 
ss.  Sagramento  che  precedono  ed 
accompagnano  ,  non  debbono  in- 
chinare il  cardinale  primo  diacono, 
ed  i  prelati  governatore,  e  mag- 
gioidomo  che  sono  presso  la  porta 
di  bronzo  all'  ingresso  della  galle- 
ria che  dal  colonnato  conduce  alla 


GEN  23 

scala  regia  da  dove  discende  la 
processione,  e  defila  innanzi  a  del- 
ti personaggi,  al  modo  che  dicem- 
mo al  volume  IX,  pag.  53  del  Di- 
zionario, altrettanto  si  deve  prati- 
care con  monsignor  vice -gerente 
che  attende  il  passaggio  del  clero 
fuori  del  colonnato  a  destra,  come 
dissi  a  pag.  56  del  citato  luogo. 
Dappoiché  è  noto  che  coloro  che 
fanno  parte  d'una  processione  ove 
si  porti  la  ss.  Eucaristia,  se  pas- 
sano avanti  ad  un  altare  ove  la 
medesima  sia  chiusa  nel  ciborio , 
o  innanzi  ad  un  altare  ove  si  ce- 
lebra la  messa  e  sieno  state  già 
consagrate  le  specie  sagramentali , 
ed  anche  nel  punto  della  eleva- 
zione d'ambedue,  non  si  deve  ge- 
nuflettere.  Delle  genuflessioni  nel- 
le sagre  funzioni  che  celebra ,  od 
assiste  il  Papa,  se  ne  tratta  ai 
rispettivi  articoli,  così  di  ogni  al- 
tro genere  di  genuflessioni ,  come 
nei  somministrare  l'acqua  alle  ma- 
ni, e  porgere  il  pannolino  per  a- 
sciugarle.  P'.  Lavanda  delle  ma- 
ni. Messa,  e  per  le  altre  genufles- 
sioni quegli  articoli  appartenenti  al- 
le rubriche  generali. 

GEN  UFLESSORIO  o  INGINOC- 
CHIATORO,  Sgabellum  ad  genua 
subniittenda  formatum  ,  sgabellum 
genuale,  sgabellum  flectendis,  vel 
ponendis  genibus  nalum,  come  lo 
dichiara  V Onomasticum  romanum 
di  Felice  Felici  gesuita,  dicendolo 
sgabello  per  uso  d'inginocchiarsi. 
L'inginocchia  toro  o  inginocchiatoio, 
nel  Dizionario  della  lingua  italia- 
na si  definisce,  arnese  di  legno  per 
uso  d'inginocchiarvisi.  L'inginoc- 
chiatoro  ordinariamente  è  di  legno 
di  noce,  naturale,  o  dipinto,  ov- 
vero coperto  di  drappo ,  con  due 
cuscini,  uno  posto  ove  si  piegano 
le  ginocchia,  l'allro  ove  si  riposano 


24  GEN 

i  gomiti.  Pei  cardinali,  prelati,  ed 
altri  personaggi  si  pone  l' inginoc- 
chiatoro  sopra  un  tappeto,  o  altro 
drappo;  ma  alla  presenza  dei  Pa- 
pa non  è  loro  permesso,  e  soltan- 
to i  cardinali  nel  venerare  col  Pon- 
tefice le  reliquie  maggiori  nella  ba- 
silica vaticana,  le  sagre  teste  nella 
basilica  lateranense  ,  e  nell'  inter- 
vento in  alcune  chiese  per  tridui , 
novene ,  benedizioni ,  e  nella  cap- 
pella Paolina  quando  si  ripone  o 
rimove  il  sepolcro,  o  nell'esposizio- 
ne delle  quarant'ore,  siccome  luo- 
ghi ove  non  sono  gli  stalli  cardina- 
lizi, ricevono  nei  banchi  coperti 
con  panni  loro  assegnati  dai  pro- 
pri decani  il  cuscino  per  slare  ge- 
nuflessi: questo  cuscino  è  di  pan- 
no rosso  o  paonazzo  secondo  i  tem- 
pi, guarnito  di  trina  di  seta  dello 
stesso  colore,  della  quale  sono  pure 
i  quattro  fiocchi  degli  angoli.  Nei 
mentovati  luoghi  i  soli  prelati  mag- 
giordomo ,  e  maestro  di  camera 
hanno  l'uso  d'un  piccolo  e  nudo 
sgabello  per  cadauno,  hi  cappella 
pontificia,  e  nelle  basiliche  o  chie- 
se, ove  il  Pontefice  si  reca  a  ce- 
lebrare od  assistere  alle  sagre  fun- 
zioni, per  inginocchiatoro  adopera 
un  ainese  in  forma  di  Faldistorio 
(Vecll)^  per  cui  viene  comunemen- 
te, sebbene  impropriamente,  chia- 
mato faldistorio.  Questo  inginoc- 
chiatoro o  genufiessorio  è  di  le- 
gno tornilo  ed  intagliato,  con  orna- 
ti eleganti,  ed  il  tutto  dorato:  ha 
quattro  piedi  ed  altrettanti  corri- 
spondenti assi  incrociati,  formato  a 
forbice,  onde  potersi  ripiegare  per 
il  suo  trasporto,  terminati  gli  assi 
con  teste  di  angeli,  o  con  palle. 
Nella  parte  supcriore  evvi  fissato 
un  solido  strato  di  velluto  rosso  con 
trinette  d'oro,  sul  quale  si  pone  un 
gran  cuscino  pel  riposo  delle  brac- 


GEN 

eia.  Avanti  all'  inginocchiatoro  si 
colloca  un  basso  e  piccolo  sgabel- 
lo foderato  di  seta,  con  cuscino  so- 
pra, sul  quale  il  Papa  sta  genu- 
flesso. Tanto  il  cuscino  grande  quan- 
to il  piccolo  sono  foderali  di  da- 
masco o  ganzo  d'argento  e  d'oro , 
con  fondo  bianco,  rosso,  o  paonaz- 
zo secondo  i  tempi,  e  sono  decorati 
di  trine  e  fiocchi  d'oro,  o  di  fioc- 
chi di  seta  ed  oro  :  il  cuscino  gran- 
de però  è  ordinariamente  ricamato 
in  oro.  Nel  mattutino  del  giovedì 
santo,  e  per  tutto  il  giorno  del 
venerdì  santo  i  cuscini  sono  fode- 
rati di  semplice  seta  paonazza.  Do- 
vendo il  Papa  nella  mattina  di  det- 
to giorno  recarsi  a  piedi  nudi  a 
fare  le  triplici  genuflessioni  per  l'a- 
dorazione della  croce  senza  cuscino, 
Pio  Vili,  essendo  a  ciò  impotente, 
usò  il  detto  piccolo  sgabello  col 
cuscino  paonazzo.  Quando  e  dove 
si  usa  dal  Papa  tale  inginocchia- 
toro, lo  si  dice  all'  articolo  Cap- 
pelle Pontificie.  Lo  collocano  al 
sito  cioè  innanzi  1'  altare,  ove  il 
Papa  vi  si  pone  genuflesso,  due 
chierici  della  cappella  pontificia, 
a'  quali  spetta  pure  rimoverlo,  e 
portarlo  presso  la  credenza  posta 
a  cornu  epistolae.  Stando  il  Pon- 
tefice genuflesso  sull' inginocchiato- 
ro, stanno  accanto  a  lui  inginoc- 
chioni  il  prefetto  delle  cerimonie 
pontificie  a  sinistra,  ed  il  secondo 
cerimoniere  a  destra  :  spetta  al  pri- 
mo ivi  levare  e  riporre  al  Pa- 
pa il  berrettino,  e  somministrar- 
gli alle  occorrenze  il  fazzoletto. 

Nel  voi.  IX,  p.  47  e  48  del  Di- 
zionario, parlammo  di  que' Ponte- 
fici che  nella  solenne  processione 
del  Corpus  Domini,  portarono  il 
ss.  Sagraraento  genuflessi  sull'ingi- 
nocchiatoio, stabilito  sulla  macchi- 
na chiamata  talamo.  Nel  prendere 


GEN 

il  Pontefice  possesso    della    basilica 
lateranense,   giunto    nel    portico  si 
pone  in  ginocchio  sopra   cuscino  di 
velluto  rosso,  guarnito    d'oro,  so- 
vrapposto a  ricco    e    nobile    strato 
O  tappeto,  ambedue    ivi    preparati 
dalla  floreria  del  sagro  palazzo.  Al- 
lora    il    Papa     essendosi    levato    il 
cappello,  si  scuopre  pure  del  ber- 
rettino bianco,   prima    usando    piii 
comunemente  il  camauro    rosso,  e 
bacia    divotamente    la    croce    d'ar- 
gento che  gli  presenta  il  cardinale 
arciprete   della    basilica,    mentre    i 
cantori  di  essa  cantano   il    mottet- 
to :  Ecce  sacerdos   magnus.    Nella 
relazione  del  possesso  preso  da  In- 
nocenzo X  nel  1644  si  legge;  "  et 
ingressus  porticum  (il  Papa),   amo- 
to     pileo  ,    et   bireto ,     genuflexus 
super  pulvino,    desuper    tapele  ac- 
comoda    a    floreriis ,    crucem    sibi 
oblatam  a  card.   Columna    praedi- 
ctae    bas.    archipresbytero ,     quam 
accepit    a    quadam    pelvi  argentea 
ei  praesentalam  a  suo  vicario,   re- 
verenter    osculatus    est.     Assurgens 
cardinalis    IMedices    biretum    (ante 
crucis  osculum   una    cum    pileo    a- 
motum   a  capite  Sanctitalis  Suae  a 
cardinalis    Ant.    Barberino)    capiti 
suo  restituit,  et  Sanctitatis,    suble- 
vantibus  firabrias  faidae   anteriores 
camerariis  assistentibus,  posteriores 
vero  caudatario,    suis    pedibus    ac- 
cessit ad   thronum    prò    Sanclitatis 
Suae  praeparatum  sub  eadem  por- 
licu  ".    I    due     cardinali    assistenti 
ei-ano  i  primi  diaconi  :    del    genu- 
flessorio  Se  ne  paria  pure  all'  arti- 
colo   Falda    (Fedi).    Allorché    il 
Papa  si  reca  nelle  basiliche  o  chie- 
se di  Roma  a  visitarle,    la    Flore- 
ria  apostolica  (Fedi),  pei   suoi  mi- 
nistri, ricuopre  il    genuflessorio    di 
legno  degli  altari  ove  si   venera  il 
ss.    Sacramento    esposto    o    chiuso 


GEN  25 

nel  cijjorio  ,  con  grande  lap[)eto 
di  velluto  in  seta  cremisi,  ornato 
di  frangia  e  trina  d'oro,  con  due 
cuscini  foderati  di  egual  drappo, 
ed  anch'  essi  ornali  di  trine  e  fioc- 
chi d'oro,  facendo  il  simile  cogli 
altri  genullessorii  degli  altari  che 
deve  o  vuole  visitare  il  Pontefice. 
Quando  questi  passa  semplicemen- 
te innanzi  all'altare  ove  è  riposta 
la  ss.  Eucaristia  ,  od  avanti  alle 
confessioni  degli  altari  papali  delle 
basiliche  laleranense,  vaticana,  ed 
ostiense,  il  cuscino  su  di  cui  genu- 
flette glielo  presenta  il  foriere  mag- 
giore, al  quale  lo  somministra  un 
ministro  di  detta  floreria  :  in  man- 
canza del  furiere,  supplisce  il  flo- 
ride. Nel  volume  ^  111,  pag.  273 
e  3  16,  si  dice  come  il  Papa  oran- 
do avanti  le  reliquie  maggiori  deU 
la  basilica  vaticana,  e  per  la  loro 
ostensione,  stando  sul  genuflessorio 
gli  viene  somministiato  dal  vicario 
della  basilica  la  tabella  delle  ora- 
zioni, sostenendo  un  canonico  la 
bugia  con  candela  accesa.  I  genu^ 
flessori i  poi  che  si  pongono  pei 
vesptri  pontificali,  e  per  le  messe 
pontificali  avanti  l' altare  del  ss. 
Sacramento  solennemente  esposto, 
allorquando  il  Papa  ii  celebra  o 
vi  assiste  si  ricoprono  con  tappe- 
to bianco  o  rosso  cremisi,  secondo 
i  tempi,  essendo  del  medesimo  co- 
lore i  due  cuscini.  Del  prezioso 
genuflessorio  fatto  a  forma  di  fal- 
distorio, e  donato  a  Pio  VII,  ne 
facemmo  memoria  al  voi.  XXIII, 
pag.  16  del  Dizionario.  La  pia  e 
regnante  regina  di  Francia  Maria 
Amalia,  in  seguo  di  particolare  ve- 
nerazione verso  il  Papa  che  regna, 
gli  donò  un  genuflessorio  nobilissi- 
mo, di  prezioso  legno  lavorato  con 
bellissimi  ornati  di  disegno  gotico, 
reso  più    gaio    con    decurazioui  di 


a6  GEN 

metallo  dorato,  e  ciò  eh  e  più  ri- 
levante con  ricchi  drappi  ricamati 
dalle  sue  regie  mani  con  isquisito 
gusto,  e  collocati  ove  si  piegano 
le  ginocchia,  ed  ove  si  riposano  le 
braccia,  nel  luogo  cioè  ove  si  pon- 
gono i  cuscini  di  cui  ne  fanno  le 
veci.    V.  Genuflessione. 

GENZANO  o  GENZIANO,  Gen- 
tianutn.  Città    della  diocesi  subur- 
bicaria    di    Albano  ,     sede   di    go- 
verno del   distretto  e    Comarca  di 
Roma,  abitata  da  circa  cinquemila 
individui .     Luogo    ameno    e   deli- 
zioso con  puro  clima,  posto  in  pia- 
no sopra  elevato  colle,  fornito    di 
decenti  fabbricati  :    non    ha    mura 
caitellane,  uè  porte,   ed   un  borgo 
costituisce     il    suo    ingresso.    Però 
Gemano    vecchio   ebbe    mura    ca- 
stellane, e  torri  di  opera  saracine- 
sca da   quelle  parti  da  cui  poteva 
essere  attaccata,    cioè  da  aquilone, 
ponente,  e   mezzodì  ;  mentre    dalla 
parte  orientale  era  invincibilmente 
difesa  dall'altissima  rupe  a  picco  del 
cratere    del  lago  JVemorese.    Molti 
avanzi  di  tali  mura,  ed  alcune  tor- 
ri sono  tuttora  in   piedi.   La  porta 
principale  di  Geuzano,    prima    che 
si  edificasse  il  palazzo  baronale,  a 
capo    agli    stradoni    era  nel    luogo 
del  portone    del    palazzo    Cesarini, 
come    lo    addimostra  il     p.  Eschi- 
nardi   nella    sua    Carla  topografica 
del  territorio  di  Frascati  e  sue  vi- 
cinanze,   data    alla  luce     nell'an- 
no   i685,  da    ciò    ebbe    origine  il 
diritto  antichissimo    di   passare  per 
l'odierno     portone,    per    gli     abi- 
tanti   di    Gemano    vecchio.    Innol- 
trandosi   fino    alla    pubblica    piazza 
si     presentano  quattro    strade     lar- 
ghe e  diritte,  senza  quella  che  uno 
ha    percorso    per    giungervi  e    che 
sta  alle  spalle.  Queste  sono  le  prin- 
cipah  delia  città,  almeno  di  quel- 


GEN 

la  pai'te  che  chiamasi  Gemano 
nuovo,  a  differenza  dell'altra  che 
dicesi  Genzano  vecchio,  che  ad  uso 
degli  antichi  castelli  è  mal  fabbri- 
cato con  strade  tortuose  ed  angu- 
ste. La  prima  di  dette  quattro 
strade,  incominciando  a  contare  da 
sinistra  a  destra,  guida  al  convento 
de'cappuccini,  ed  è  perciò  chiama- 
ta via  de'  Cappuccini,  restandone 
terminata  la  visuale  colla  facciata 
di  loro  chiesa;  la  seconda  viene 
detta  via  Sforza  ;  la  terza  viene 
denominata  via  Livia ,  che  guida 
al  COSI  detto  duomo  vecchio ,  la 
cui  facciata  chiude  all'occhio  la  via; 
V  ultima  è  la  via  delta  Corriera 
perchè  porta  a  Napoli.  La  posta 
in  addietro  passava  per  Marino,  e 
la  Paiola,  ma  nel  1780  essendo 
fatta  la  nuova  magnifica  strada  di 
Albano  e  di  Genzano,  fu  a  questi 
due  luoghi  trasferita.  Da  ultimo 
per  ordine  del  regnante  Pontefice 
Gregorio  XVI,  con  provvidenza  uti- 
lissima ai  viandanti  non  irieno  che 
agli  abitanti  di  Genzano  e  dintor- 
ni, è  stata  costruita  una  nuova  e 
bella  strada  che  dal  piazzale  di 
Galloro  conduce  al  piano  dell'ol- 
mata di  Genzano,  mediante  gran- 
dioso ponte  sostenuto  da  sei  solidi 
archi  :  ne  fu  direttore  dell'esecu- 
zione il  cav.  Cartolini  ingegnere 
in  capo,  cui  si  deve  pur  lode  per 
averla    ideata. 

La  città  di  Genzano  è  altresì 
uno  de'piìi  comodi  e  piacevoli  luo- 
ghi vicini  a  Roma  per  villeggiare, 
a  cagione  delle  sue  comode  e  deli- 
ziose passeggiate  ;  massime  di  quel- 
le delle  tre  lunghe  vie  laterali, 
decorate  con  due  lunghe  fila  di 
grandiosi  e  sempre  verdeggianti 
alberi  disposti  simmetricamente,  e 
tagliati  con  uniformità,  ed  uniti  in 
modo,  the  recano  sorpresa  in  guar- 


GEN 

darli  per  la  i^tupeudu  prospettiva, 
onde  SODO  rinomati  cotanto.  Gli  stra- 
doni olmati  partono  da  un  punto 
centrico,  e  divergendo,  quello  a  do 
slra  è  la  strada  corriera  che  gui- 
da alla  città,  quello  di  mezzo  il 
più  lungo  e  piano  conduce  al  pa- 
lazzo Cesarinì,  e  l'altro  a  manca 
porta  al  convento  de'cappuccini  ;  l'al- 
tro stradone  che  dalla  città  porta 
pure  ai  cappuccini  inters-jcando  lo 
stradone  di  mezzo,  è  quello  di  cui 
abbiamo  parlato  di  sopra.  Questi 
magnifici  stradoni,  divisi  iu  quatf 
tro  viali,  che  formano  la  delizia  e 
meraviglia  de'forestieri,  Furono  in- 
cominciati dal  duca  Giuliano  del- 
la nobilissima  famiglia  Cesarini  si- 
gnora di  Genzano,  circa  l'anno 
1643,  alla  quale  epoca  ebbe  prin- 
cipio la  quadruplice  piantagione  de- 
gli olmi  da  cui  sono  formati:  il 
più  lungo  di  questi  stradoni  non 
oltrepassa  tre  quarti  di  miglio,  e 
la  famiglia  Sforza  Cesarini  ne  cu- 
ra a  sue  spese  la  manutenzione,  for- 
mando essi  uno  de'più  belli  orna- 
menti di  Genzano.  A  capo  degli 
stradoni  eravi  allora  la  porta  del 
castello  sumorientovata:  e  l'antico  pa- 
lazzo baronale,  secondo  la  tradizio- 
ne de' vecchi  del  luogo,  è  il  palaz- 
zo detto  di  Moda,  fabbricato  sulle 
mura  castellane,  confinante  con  la 
chiesa  di  s.  Maria  della  Cima,  e 
con  un  antico  torrione  guardante 
a  mezzodì  la  marina.  Non  corri- 
spondendo poi  il  vecchio  palazzo  ba- 
ronale alla  magnificenza  degli  stra- 
doni, il  duca  Giuliano  ne  fabbri- 
cò uno  nuovo  con  maestosa  e  su- 
perba facciata  ricca  di  marmi,  on- 
de formasse  un  vago  ed  imponen- 
te prospetto  al  viale  di  mezzo:  ad 
esso  pure  si  deve  l' intiera  fabbri- 
ca  della    villa    baronale. 

Non  ha  guari  l'odierno  rispetlabi- 


GE^  ij 

le  e  Culto  duca  d.  Lorenzo  Sforza-!- 
Cesarinijsiccome  amante  del  soggior- 
no di  Genzano,  in  considerazione 
della  degna  duchessa  sua  sposa  d. 
Carolina  Shirley,  della  cui  nobiltà 
parlammo  all'articolo  Conli  (Fe- 
di), ad  uno  dei  lodati  viali  di  olmi, 
che  principia  avanti  il  di  lui  pa- 
lazzo, ha  dato  il  nome  di  Carolina, 
ciò  che  fu  sanzionato  dal  pubbli- 
co consiglio  della  città  ,  per  dar 
prova  allencomiato  duca  di  partico- 
lare affezione.  Inoltre  questo  duca  ha 
mobiliato  il  palazzo  con  decoro  e  gu- 
sto, e  lo  ha  abbellito  con  un  contiguo 
giardino  piantato  alla  foggia  inglese 
sulla  vicina  pendenza  del  lago  di 
Nemi,  per  essere  inglese  la  duches- 
sa :  il  giardino  lo  ha  piantato  so- 
pra alcuni  terreni  da  lui  acquistali 
appositamente  a  lato  dello  stra- 
done di  mezzo  ,  e  sulle  coste  del 
lago.  Altro  pregio  di  Genzano  è 
la  gran  quantità  di  acque  sorgenti 
di  cui  abbonda,  di  eccellente  quali- 
tà. Le  antiche  voglionsi  derivate  da 
Nemi,  ma  divenute  scarse  in  pro- 
cesso di  tempo,  il  duca  Giuliano  Cesa- 
rini giuniore,  ottenne  dai  Savelli  una 
porzione  dell'acqua  che  scaturisce  nel 
teriitorio  della  Riccia  al  sito  detto 
Quarto  dì  Galloro  nel  i65o.  Di 
poi  i  cappuccini  ottennero  dai  Co- 
lonna il  ritorno  dell'acqua  che  sor- 
ge nella  Faiola  nel  1721,  conce- 
dendo il  duca  Gaetano  Sfoi/a  le 
vecchie  forme  per  imboccarla  :  que- 
sta è  l'acqua  stessa  che  gitlava  dal- 
l' antica  fontana  in  strada  Livia , 
poi  trasportata  nella  vicina  piazza 
delle  carceri.  1  medesimi  cappuc- 
cini colla  protezione  di  Alessandro 
VII  rivendicarono  dai  Frangq)ane 
signori  di  Nemi,  l' acqua  che  per 
gli  antichi  ac(|uedotti  da  quel  feu- 
do veniva  a  Genzano.  Si  eressero 
quindi  due  fonti  di  marmo  iu  stra- 


28  GEN 

da  Livia,  ed  un'ullia  pi  li  glande 
vicino  alla  chiesa  di  s.  Selmstiaao 
.di  prospetto  a  detta  via  ,  ed  in 
quest'ullima  fu  posta  1'  arme  della 
comunità,  e  quelle  de'  Papi  sotto 
tle'  quali  si  fece  la  coiulultiira.  Le 
altre  due  hanno  corrispondenti  iscri- 
zioni e  stemmi.  In  quanto  alle 
chiese  e  conventi,  il  duca  Filippo, 
idlimo  dei  Cesarinij  nel  1677  edi- 
licò  la  vaga  e  comoda  chiesuola 
di  s.  Sebastiano,  unita  al  conser- 
vatorio delle  maestre  pie,  le  quali 
curano  l'educazione  delle  fanciulle. 
Le  maestre  pie  in  principio  non 
ebbeio  sede  (issa,  ma  nel  i  784  il 
cardinal  vescovo  Carafìa  le  stabilì 
ove  sono.  L'antica  chiesa  parroc- 
chiale, o  duomo  vecchio,  dedicata 
alla  Beata  Vergine  sotto  il  titolo 
di  s.  /Ilaria  delta  Cima,  forse  per- 
chè prima  l'immagine  sidla  cima 
d'un  albero  in  quel  sito  si  veneras- 
se ,  ovvero  per  essere  questo  la  ci- 
ma del  monte  Genzano,  fu  rifab- 
bricata dopo  il  i636,  ed  abbellita 
dal  duca  Giuliano,  avente  per  qua- 
dro l'altare  maggiore  la  Beata  Ver- 
gine col  Bambino,  sopia  un  grup- 
po di  nubi  e  di  angioletti,  con  ai 
piedi  il  principe  degli  apostoli  in 
atto  di  contemplarne  la  gloria,  pit- 
tura del  cav.  Cozza.  La  pia  e  be- 
nefica duchessa  Livia  vi  collocò 
nel  i6f)6  i  corpi  delle  sante  mar- 
tiri \  inceuza  e  Tigri,  rinvenuti  nel 
i68()  nel  cimiterio  di  s.  Elena 
inter  duos  lauros,  che  i  genzanesi 
elessero  a  loro  protettrici,  oltre  l'a- 
vere per  patrono  s.  Tommaso  di 
Villanova  sino  dal    i658  circa. 

La  vasta  e  principale  chiesa  de- 
dicata alla  ss.  Trinità,  decorata  del 
titolo  di  collegiata,  con  capitolo  di 
canonici  e  dignità  d'arciprete,  fu 
edificata  nei  primi  anni  del  corren- 
te secolo,  eoa  diseguo  dell'archilel- 


GEN 

to  Giulio  Camporesi;  è  della  for- 
ma di  quella  di  s.  Andrea  della 
Valle  di  Roma,  se  si  eccettui  la  cu- 
pola alla  quale  altra  se  n'è  sosti- 
tuita in  forma  di  catino.  La  fac- 
ciala esterna  è  ornata  di  due  ordi- 
ni di  colonne  ai  lati  dell' ingres- 
so^ quattro  grandi  che  servono  di 
basamento,  e  quattro  sopra  più 
piccole  che  sostengono  la  cimasa. 
Sopra  la  porta  vi  è  lo  stemma  del- 
la comune,  rappresentato  da  una 
colonna  con  una  mezza  luna  sopra; 
vuoisi  che  la  colonna  derivi  dagli 
antichi  Colonnesi  signori  dj  Gen- 
zano, e  la  mezza  luna  dalla  falsa 
tradizione,  che  ivi  fosse  venerata 
Diana  chiamata  anche  Cinzia  don- 
de il  castello  fu  detto  Cynthia- 
iiuni;  qui  inoltre  noteremo,  che  il 
medesimo  stemma  che  adorna  la 
mentovata  fonte,  ha  nella  colonna 
scolpite  all'  intorno  varie  viti  cari- 
che di  grappoli  d' uva,  per  indica- 
re il  principale  prodotto  di  Genza- 
no. L'interno  della  chiesa  ha  tre 
navi,  essendo  la  maggiore  quella  di 
mezzo  per  vastità  ,  oltre  la  nave 
traversa  che  dà  a  questo  interno 
la  forma  di  croce.  Sono  rimarche- 
voli le  cappelle  della  Beata  Vergi- 
ne, e  del  ss.  Crocefisso;  abbiamo  le 
Conslituliones  capilulares  eccltsiae 
Cynthiane,  llomae  i833.  Da  que- 
sto tempio  nelle  ore  pomeridiane 
del  giorno  dell'  ottava  della  festa 
del  Corpus  Domini  parte  la  solen- 
ne processione  che  il  concorso  ri- 
chiama di  tutti  i  paesi  convicini 
e  di  molli  romani  e  forestieri,  per 
la  singolarità  della  tanto  nota  in- 
forata,  celebrata  da  diversi  poeti. 
Questa  infiorata  consiste  nel  cuo- 
prire  le  vie  per  ove  passa  la  pro- 
cessione, ed  in  breve  tempo,  di 
verzure  e  di  ogni  specie  di  vaghis- 
simi fiori,    con  graziosi     e    variati 


GEN 

disegni ,  che    producono  un  clTelto 
meraviglioso.  La  sua  origine  si  de- 
ve alla    famiglia    Lcofreddi  genza- 
nese,  la    quale  nei  primi    anni  del 
pontificato  di   Pio  VI  cominciò  or- 
nare la    strada    con    piccoli    strati 
di  fiori     simmetricamente    disposti 
avanti    l'abitazione    dei    fratelli    d. 
Arcangelo    e   Nicola    Leofreddi  po- 
sta   alla    metà    della    \ia    Sforza  , 
addosso  alla  quale  essi  avevano  e- 
retto  anche  un  altare  decentemen- 
te ornato,  ove   si   fermava  la  pro- 
cessione   del  ss.    Sagramento.   Suc- 
cessivamente questo  ornamento    di 
fiori  nelle   strade  lungo  il  passag- 
gio   della    divota     pompa,    crebbe 
gradatamente  per  l'emulazione  re- 
ligiosa delle    altre  fimiglie    genza- 
nesi  proprietarie  delle    case  avanti 
le    quali    percorre    la    processione, 
ed  a  tal    segno ,    che    ormai  è  di- 
venuta per  così  dire  una   festa  eu- 
ropea stante  la    sua  celebrità,  che 
attrae    numerosi     ammiratori    del 
gusto    ed    industria    dei    genzanesi 
neir  adornare  i    piani    delle  strade 
con  lavori    di    fiori  d'ogni    colore, 
vagamente  disposti   a  disegno,  tut- 
ti variati    con  figure,    rabeschi  ed 
ornati  j  e  ciò    che    riesce  pi  ili  sor- 
prendente, ciò    fanno    con  somma 
celerità     e    facilità  ,    ricoprendo  la 
via  con  questi  naturali   tappeti    ed 
arazzi   estemporanei.   Gli  agostinia- 
ni della    congregazione    di   Genova 
ebbero  dal    comune  in  dono  l'an- 
tico ospedale  dell'Annunziata,    nel 
cui  sito  i  religiosi  eressero  il  pro- 
prio convento  nel    1612,  assumen- 
do l'obbligo    delle  pubbliche  scuo- 
le:  la  contigna  chiesa,  che  ha  sem- 
pre ritenuta  la  stessa    invocazione 
della  ss.    Annunziata,   fu  di  nuovo 
edificata   l'anno    1786.   I  cappucci- 
ni che  prima  stanziavano  in  Nemi, 
ebbero   in    Genzano  il  primo  con- 


GEN  29 

vento  sino  dal  iGSy  per  benefi- 
cenza del  comune  ;  ma  essendo  es- 
so in  sito  svantaggioso,  il  duca  Giu- 
liano Cesarini,  edificò  a  proprie 
spese  la  chiesa  e  convento  ove  tut- 
tora sono,  ed  a'  1 7  maggio  1 643 
il  cardinal  Alessandro  Cesarini  con- 
sacrò la  chiesa  in  onore  di  s.  Fran- 
cesco di  Assisi. 

I  miglioiaraenti  e  l'  ingrandi- 
mento di  Genzano  si  deve  ai  du- 
chi Cesarini  e  Sforza.  Le  lunghe 
e  sanguinose  guerre  intestine  tra 
i  baroni  romani,  e  i  principi  d'I- 
talia impedirono  che  quei  signori 
ch'ebbero  il  dominio  di  Genzano 
potessero  applicarsi  a  migliorare 
questo  loro  feudo,  pregevole  an- 
cora pel  suo  fertile  territorio,  pel 
suo  clima  salubre,  e  per  la  van- 
taggiosa esposizione.  Altro  ostacolo 
all'ingrandimento  di  Genzano  nei 
suoi  primi  secoli  fu  il  quasi  conti- 
nuo cambiar  padrone,  essendoché 
interrottamente  dominato  dai  mo- 
naci, dagli  Orsini,  dai  Savelli,  dal- 
la camera  apostolica ,  dai  Colon- 
nesi,  dai  Borgia,  dagli  Esloutevil- 
le  e  dai  Massimi,  laonde  alla  sola 
industria  degli  abitanti  sotto  tali 
signori,  Genzano  ripete  l'accresci- 
mento. Venuto  appena  nel  i564 
in  potere  di  Giuliano  Cesarini  si- 
gnore romano  fornito  di  rarissimi 
talenti,  e  di  una  magnificenza  più 
che  ordinaria,  il  castello  respirò 
dalle  passate  turbolenze,  e  potè  ri- 
sarcirsi dai  danni  sofferti  per  le 
nemiche  incursioni  de' vicini,  e  dei 
vantaggi  perduti  per  l' indolenza 
di  quelli  che  lo  avevano  domina- 
to. Fu  primo  pensiero  di  Giuliano 
di  riformare,  e  ridurre  in  miglio- 
re e  più  regolato  sistema  il  pub- 
blico statuto ,  che  fece  pubblicare 
nell'agosto  i565.  Gio.  Giorgio  suo 
figlio    che  lo  succedette  ,  fece  vari 


3o  GEX 

ncqnisti  in  terreni  con  idea  d'i  ri- 
durli a  delizia;   ed   il  duca   Giulia- 
no figlio  di  questi   ingrand'»  il   pa- 
lazzo baronale.  II  duca  Gio.  Gior- 
gio H  si  distinse  piìi  de'  suoi   ante- 
nati   in   migliorare    ed    abbellire  il 
fendo  coi   niemoiati    stradoni,  con 
riedificare   il  palazzo ,    b    chiesa  e 
convento  de'  cappuccini,  ed  ornare 
la    chiesa   parrocchiale.    Il    di     lui 
fratello  Filippo    eresse    la   chiesina 
di  s.  Sebastiano  :  sotto  questi   ulti- 
mi  due  duchi  cominciò  Genzano  a 
notabilmente    estendersi    fuori     del 
suo  antico  murato,  ed  ebbe  prin- 
cipio quello,  ch'ora  dicesi   Genzano 
ììHOi'o.   Il   merito  di   ridurre  questo 
a  quella  simmetria  e  bellezza   in  cui 
oggi   si    vede,   tanto   per  la   ben   in- 
tesa costruzione  delle  fabbriche,  che 
per  l'ampiezza  delle  sue  strade,  si 
deve  alla  duchessa    d.  Livia  Cesa- 
rini  erede    di   tutta    la  nobilissima 
famiglia,  ed  al  duca  Federico  Sfor- 
za di   lei   marito.   Sul  declinare  del 
secolo  XVII   e  nel  1674  la  duches- 
sa ordinò  l'apertura  di  nuova  ma- 
gnifica strada,  che  dalia  chiesa  par- 
rocchiale   direttamente     conducesse 
all'altra   di  s.  Sebastiano,  conceden- 
do i  siti  lungo  la  medesima  a  chiun- 
que  bramava    erigervi    nuove  abi- 
tazioni. Questa  contrada  che  prese 
e  ritiene  il  nome  di  Livia,  si   ornò 
di   fabbriche    regolari  ,    e  talmente 
divenne     pnpolos;i  ,     che     verso     il 
1707  fu   d'uopo  aprire  la  contigua 
strada  Sforza  dal  cognome  del  du- 
ca   Francesco.    Le    due    grandiose 
strade  furono    aperte    con  disegno 
di   Giovanni  Jacobini  in  allora   po- 
destà di   Genzano  e  geometra,  figlio 
di  Cristoforo    cavalleggero  pontifi- 
cio, autore  della    famiglia  Jacobini 
in    Genzano.    Sotto  i  duchi    susse- 
guenti   Genzano    si    andò    sempre 
più  dilatando  ver.so  il  piano,  onde 


GEN 
formossi    la  nobile    contrada    detta 
della  Po.sta. 

Delle  testimonianze  poi  di  alcu- 
ni  più  celebri  autori  sopra  Genza- 
no,  e  de' quali    poi  parleremo,  il 
Batti    ne    tratta    al  cap.  XI    della 
sua  Storia  di  Genzano,  mentre  nel 
cap.  X  discorre    de'  genzanesi  illu- 
.stri,  e  principalmente  di   Venanzio 
Sirny    generale   de'  vallombrosani , 
vescovo  di    Salamina    in  partihus; 
di  Tommaso    Scipioni   dotto  avvo- 
cato  ed   autore    di  una  Prassi  cri- 
minale ,    che  il   Bassani    con    com- 
menti   pubblicò    nel     177^;    e    di 
Gio.  Battista  Jacobini  fatto  vescovo 
di  Veioli  da  Clemente  XIII.   A'  no- 
stri  giorni   Pio  VII  fece  vescovo  di 
Bagnorea     monsignor    Gio.  Battista 
Jacobini.    Il   medesimo    Ratti    disse 
che  la  famiglia  Jacobini  è  origina- 
ria della  diocesi    di  Parma,  che  si 
stabifi  a  Genzano   verso  il  i632,e 
che  si  diiamò  in  otto  e  piìi  fami- 
glie;   a    pag.  4^    poi    palla    delle 
principali   famiglie  di   Genzano,  al- 
cune   delle    quali  ora    estinte.    Dei 
principali  prodotti  di  Genzano,  egli 
ne  parla    al  cap.  IX,  massime  del 
vino  che    forma    per   la    sua   eccel- 
lenza la  maggiore  ricchezza  del  pae- 
se, per  cui  dà  un  breve  saggio  del 
metodo  col    quale  i  genzanesi  col- 
tivano le  viti,  e  del  modo  che  ten- 
gono   nella    lavorazione    del    vino. 
Siccome    Genzano    è  capoluogo    di 
governo ,  co.sì   oltre   l'  appodiato  di 
Ardea,    comprende  nella    sua  giu- 
risdizione le  comuni  di   Nenii  e  di 
Civita-Lavinia,  luoghi  celebri  nella 
storia  degli  antichi   romani,  il   per- 
chè   premetteremo    un    cenno  alle 
compendiate  notizie  che  poi  ripor- 
teremo di  Genzano. 

Ardea  o  Ardia,  Ardua,  nella 
diocesi  di  Albano.  Oltre  quanto 
dici-inmo  sui   pregi  civili  ed  eccle- 


GEN 

siaslici    di    Ardea    al  suo    articolo, 
<|ual  marchesato  della  famiglia  Sfor- 
7a ,    aggiugneremo    queste  nozioni. 
Di     questa    metropoli     dei     rufnli 
si   fa  risalire     l'origine    i4oo    anni 
avanti  la  nostra  era,  da  una  colonia 
argiva ,  mentre    la  sua    etimologia 
secondo  le  diverse  opinioni  ,  in  un 
ai    suoi    fasti  si   legge    nel  tom.  I , 
p.  2i5  e  seg.  deW'yinalisi  de'  din- 
torni di  Roma  del  Nibby.  La  fer- 
tilità del  territorio    e  la  situazione 
marittima  ne  fecero  un  popolo  in- 
dustrioso, ricco  e  potente  a  segno 
di  spedir  colonie  perfino  nella  Spa- 
gna, dove  è  fama  che  uniti  ai  za- 
cinti    fondarono  la  famosa  Sagun- 
to,   oggi   Murviedro,    espugnata  da 
Annibale  cartaginese,  e  pretesto  piut- 
tosto della  seconda  guerra  punica. 
Alla  venula  nel   Lazio  del  troiano 
Enea,  questi  coi   latini   sostenne  ac- 
canita guerra  contro  Turno  re  dei 
rutuli  che  vi  peri  ucciso  da  Enea. 
I   primi    re  di  Pioma    non  dierono 
inquietezze  agli  ardeati,  ma   l'ulti- 
mo di  essiTarqiiinio  il  Superbo  alla 
città  pose   r  assedio  ;  mentre  questo 
facevasi  dai    romani    ebbe  luoijo   il 
nefando  delitto    di  Sesto  figlio  del 
re,  che  abusando    della    onestà  di 
Lucrezia,  produsse  la  di  lei  memo- 
rabile morte,  e  la  rivoluzione  che 
cangiò  di  tirannico  in  repubblicano 
il   governo  di  Roma,  che  per  sem- 
pre discacciò  dal  suo  territorio  Tar- 
quinio    e    tutta    la    sua    famiglia  : 
così  fu    tolto  r  assedio    di    Ardea , 
e    segnato    un    trattato    di    tregua 
vantaggioso     a  Roma.     E  sebbene 
presero    parte  nella    guerra    latina 
in    favore    dei    Tarquini ,    gli    ar- 
deati dopo  queir  epoca  non  appa- 
riscono in   guerra  coi  romani,  anzi 
in  tale    amicizia    vennero  con  essi, 
sino  a  chiamarli  arbitri  ne'  contra- 
sti con  gli  aricini.    Cadde  poi  Ar- 


GEN  3i 

dea,  sebbene  centro  di  civiltà,  nel- 
le   discordie   intestine  ,  che  il  con- 
sole Geganio  sopì  nell'anno  3  i  3  di 
Roma,  indi  vi   ih  esiliato  il  prode 
M.   Furio  Camillo,  che  liberò  non 
solo  gli  ardeati  dai  galli,  ma  que- 
sti   distrusse   liberando    Roma    dal 
loro  giogo.  Ardea  fu  una  delle  co- 
lonie, che  nella  seconda  guerra  pu- 
nica si  dichiarò    impotente  di  dare 
que'  soccorsi  eh'  esigevano  i  roma- 
ni ,  i  quali    più    tardi  l'esigettero. 
Siccome  piazza  forte  vi   mandaro- 
no   Minio     Cerrinio    Campano    in 
luogo  di  carcere  ;    ma  seguendo  il 
partito  di  Siila  contro  Mario  sog- 
giacque a  fiere  depredazioni  e  de- 
vastazioni che  cagionarono  poi  l'in- 
salubrità del  clima,    ed    influirono 
alla  sua  decadenza;    onde  Adriano 
rinforzò  questa  colonia,   e  venne  ad 
un   nuovo  cangiamento,  finché  nel 
secondo  secolo  dell'era  volsrare  di- 
venne  deserta.   L'abbandono  del  vi- 
cino Lavinio  ora  Palrica,  potè  do- 
po il  secolo  V  della  medesima  era 
ricondurre  una  qualche  popolazio- 
ne in   Ardea. 

Sul  declinare  del  secolo  XI  era 
Ardea  un  castello  con  rocca  e  tor- 
re ,  appartenendo  la  metà  al  mo- 
nistero  di  san  Paolo,  quindi  nel 
I  i3o  era  passata  in  sua  intera  pro- 
prietà con  nome  di  città.  Nella  me- 
tà del  secolo  XIII  Ardea  fu  occu- 
pata da  Nicolò  monaco  di  s.  Pao- 
lo, ma  Clemente  IV  la  ricuperò 
al  monistero.  Dipoi  l'antipapa  Cle- 
mente VII  la  donò  a  Giordano  Or- 
sini, mentre  il  Pontefice  Urbano  VI 
contemporaneamente  la  vendeva 
per  tredicimila  fiorini  d'oro  a  Ja- 
covello  Orsini ,  dal  figlio  del  qua- 
le col  rimborso  di  diecimila  fioii- 
ni  d'oro  fu  restituita  Ardea  al  mo- 
nistero di  s.  Paolo.  Nel  i4o5  In- 
nocenzo VII    la    riunì    alla    camera 


32  GEN 

apostolico,  quindi  venne  in  potere 
tli   RainioiKlo  Orsini,  a  cui  la  tolse 
Martino  V    che  la  die  al  suo  pa- 
rente   Giovanni    Andrea    Colonna, 
per  cui  divenne    feudo    de'  Colon- 
nesi ,    però  temporaneamente   con- 
fiscato da  Alessandro  Yl   in    favore 
di  Roderico  Borgia  d'Aragona  du- 
ca di  Bisello.  Nella  guerra  contro 
Paolo  IV  del   duca   d' Alba  fu  oc- 
cupata dalle  sue  genti,  e  nel  i564 
passò    in    proprietà     dei    Cesariui. 
Nel  secolo  XllI  vi  fu  eretta  la  chie- 
sa dedicata  a  s.  Pietro,    nel  decli- 
nare del    precedente    fu  fabbricata 
quella  di  santa  Marina  vergine,  la 
cui   porta  è  un    monumento    inte- 
ressante per  la  stoiia  dell'arte  :  di 
queste    chiese    il  Piazza    nella    sua 
Gerarchia   cardinalizia,  come  del- 
le notizie  diArdea,  ne  tratta  a  p. 
3 19  e  seg.,  parlando  della  diocesi 
d'Albano,  così  discorre  delle  chie- 
se di  s.  Maria    detta  di  Pescarella 
patronato  della    famiglia  Massimi , 
di  quella  di  s.  Lorenzo  e  di  quel- 
la di  s.  Antonio    abbate  fabbricata 
da  Giuseppe   Buccimazza  negli  ul- 
timi anni    del  secolo  XVII.    L'at- 
tuale   terra  di    Ardea    occupa    sol- 
tanto il  sito  della  cittadella  antica; 
la  porta    per    la  quale    si  entra  è 
opera    de'  Colonnesi    del    declinare 
del  secolo  XV,  come  pure  il  con- 
tiguo   palazzo    baronale.    Il    lodato 
Ratti  parla  d'Ardea  alle  p.  473  4^ 
e  106;   il  Theuli  a  p.  46    del  suo 
Teatro  islorico;  il  Ricchi  a  p.  2  34, 
lib.  I,  cap.  XLVI,  Ardea  o  Ardia  , 
clnamata  ancor  Troia  colonia  la- 
lina  XF I,  ove  dice  pure  delle  sue 
notizie  ecclesiastiche.   Lo  stesso  Ric- 
chi nel    Teatro    degli   nomini  illu- 
stri   de'  volsci   chiama    Ardea  fon- 
datrice della  reggia  dell'  istesso  no- 
me ,  ed  a  p.  So,    oltre  i  pregi  di 
Ardea,  discorre  de'  soggetti  illustri 


GEN 

(Iella  medesima,  fra' quali  oltre  il 
Papa  Leone  V  ,  da  noi  detto  al- 
l' articolo  Ardea,  dice  probabilmen- 
te comprendersi  anche  Marco  Fu- 
rio Camillo. 

Nenii,  Nemiu,  comune  della  dio- 
cesi di   Albano.   Il  suo  nome  deri- 
va dal   famoso  Nenins  o  bosco  sa- 
cro di  Diana,  foltissimo,  in    mezzo 
al    quale    era    il    suo    tempio    nel 
cratere    del  lago,    coronato  da  uu 
ciglio    continuato    de' monti.    Dalla 
Tauride    vuoisi    derivasse  il    culto 
di  Diana  Nemorense,    ed  il  simu- 
lacro finsero   i    poeti  essere  quello 
stesso  custodito  già  da  Ifigenia  so- 
rella di   Oreste,  ed  avanti  al  qua- 
le questi  uccise    Toante    re     della 
Tauride.  Sacerdote  di  questo  tem- 
pio, in  vigore  d'  un  costume  bar- 
barico   scitico ,    era  quello    che  di 
propria  mano  aveva  ucciso  il  pre- 
decessore, cioè  vm  fuggiasco  eh'  e- 
sponeva  la  propria    vita  per  dive- 
nirlo, e  che  sempre  trepidava  che 
gli   fosse  resa  la    pariglia,  per  cui 
procedeva  sempre   armato  di  spa- 
da sguainata,  dovendo  vigilare  al- 
le insidie  che  gli  si   tendevano.  So- 
leva   essere    anche   uno  schiavo    il 
ministro  di  questa  dea,  e   l'elezio- 
ne facevasi  mediante    un  singolare 
combattimento  di  due  schiavi,  ve- 
nendo dichiarato    sacerdote  quello 
che     uccideva    il     competitore.    11 
bosco  ebbe  pure  il  nome  di  Ege- 
ria come    la   fonte,    da   una    ninfa 
locale    (Ovidio    cantò    la     favolosa 
tradizione  che   la    ninfa  Egeria  fu 
sposata  da  Numa,  e  dopo  la  mor- 
te di  quel  re  ritiratasi  inconsolabi- 
le  nel  bosco  aricino    fu   da  Diana 
cangiata    in   una    fonte),  fonte  che 
si   vede  ancora  abbondante,  peren- 
ne e  limpida  sgorgare  sotto  il  vil- 
laggio odierno,  il   quale  anuicchia- 
lo  sopra  il  ripiano  d'una  rupe  al- 


GEN 

lissima  tagliala  a  picco,  è  suoce- 
dillo  al  tempio,  il  c(iiale  ebbe  denni- 
livo-lermine  nel  3qr,  allorqiiiiiido 
furono  pi'oibili  i  rili  de'pagaiii.  Ces- 
sato il  cullo  di  Diana,  il  bosco  sacro 
cosliliù  la  massa  Ncnius,  la  quale 
nel  secolo  IX  apparteneva  alla  ba- 
silica di  s.  Gio.  Battista  di  Alba- 
no, e  per  tradizione  dicesi  asse- 
gnata sino  da  Costantino ,  quan- 
do ancora  esisteva  il  culto  della 
dea.  Questa  terra  rimase  massa , 
cioè  una  proprietà  costituita  di 
molti  fondi  uniti,  fino  al  secolo  IX,  e 
per  la  sua  posizione  fortissima  e  se- 
gregata, nel  seguente  fu  occupata 
dai  conti  Tusculani,  di  cui  parlam- 
mo air  articolo  Frascati  [redi),  i 
quali  vi  formarono  un  Casirum  n 
terra  fortificata,  che  nel  1090  il 
conte  Agapito  assegnò  in  dote  al- 
la figlia  data  in  matrimonio  ad 
Oddone  Frangipane,  e  così  i  Fran- 
gipani divennero  signori  di  Nemi. 
Circa  il  II 53  il  Papa  Anastasio 
IV  concesse  Nemi  ai  monaci  ci- 
stcrciensi di  s.  Anastasio  ad  aquas 
Sah'ias,  ciò  che  confermò  nel  i  i83 
Lucio  III.  Il  Cecconi  nella  Storia 
di  Palestrina  a  p.  272,  dice  che 
Bonifacio  Vili  fece  assediare  il  ca- 
stello di  Kemi  difeso  da  Stefano 
Colonna  ;  veime  preso  per  fame, 
e  fu  concesso  ad  Orso  Orsini.  Più 
tardi  nel  iSyS  l'antipapa  Clemen- 
te VII  in  premio  de'  servigi  rice- 
vuti da  Giordano  Orsini  signore 
di  Marino,  gli  concedette  questo 
castello  insieme  con  altri,  forman- 
do un'enfiteusi  fino  a  terza  gene- 
razione. Da  un  istromento  del  i38g 
riportato  dall' Armanni  nel  Raccon- 
to della  famìglia  Capizucchi,  si 
rileva  che  ad  essa  i  terrazzani  di 
Nemi  portarono  fedeltà  e  vassal- 
laggio. 

La    fortezza    ed    il    castello    di 

VCL,    XXIX. 


GEN  33 

Nemi  fu  invaso  da  Tebaldo  de- 
gli Annibaldi  signore  della  Moia- 
ra,  ma  poscia  il  suo  figlio  Giovan- 
ni lo  resti tu\  all'abbate  di  s.  Ana- 
stasio nel  141^3  onde  l'abbate  lo 
die  in  affitto  a  Giordano  Colonna 
per  cincjuanta  o  settanta  fiorini 
d'oro,  alla  qual  famiglia  i  monaci 
con  beneplacito  apostolico  lo  ven- 
derono nel  14^8  con  Genzano,  e 
col  casale  di  Montagnano  per  (|uin- 
diciraila  fiorini  del  valore  di  ba- 
iocchi 47  l'uno.  Nel  i479  ^emi 
con  Genzano  furono  acquistati  pei- 
dodicimila  ducati  dal  cardinale  di 
Estouteville,  che  nel  1480  donò 
ambedue  i  luoghi  ad  Agostino  e 
Girolamo  figli  di  Girolaina  Tosti; 
e  dopo  tornarono  ai  Colonnesi. 
Però  nel  14B2  Nemi,  Ardea,  ed 
altri  luoghi  furono  confiscati  da 
Sisto  IV,  e  donali  ai  velletrani, 
come  si  legge  nel  Borgia,  Storia, 
di  Velletri  p.  38o:  questi  inoltre 
parla  de' suoi  confini  con  Velletri 
regolati  dal  cardinal  di  Roano, 
delle  posteriori  dilFerenze  sui  me- 
desimi sedate  nel  i5o5,  enei  i546 
dal  governatore  di  Mariltnna  e 
Campagna.  Nella  famosa  divisioiìe 
de' feudi  fatta  d' Alessandro  VI  nel 
i5oi  tra  i  figli  di  Lucrezia  Bor- 
gia, ed  inserita  dal  Ratti  a  pag. 
i55  della  Storia  di  Genzano,  con 
altri  documenti  riguardanti  Nemi, 
fu  assegnalo  dal  Papa  a  Roderico. 
Dopo  la  morie  di  Alessandro  VI 
il  castello  tornò  ai  Colonna,  ma 
Ascanio  nel  i55o  Io  vendè  a  Giu- 
liano Cesarini.  Il  quale  nel  i55g 
lo  rivendette  ai  Colonnesi,  che  nel 
i56o  io  venderono  a  Silverio  de 
Silveriis  Piccolomini  ;  quindi  nel 
1 566  venne  in  potere  di  France- 
sco Cenci,  che  ne!  1572  lo  vendè 
a  Muzio  Frangipani,  il  cui  figlio 
Mario  morendo  in  R.oma  l' aono 
3 


34  GEN 

1654,  cliiamò  alla  successione  i 
Frangipani  di  Cioazia,  e  poi  quel- 
li del  Friuli.  Dal  marcliese  Anti- 
gono Fiangipaui  fu  alienato  Nomi 
nel  1781,  pel  prezzo  di  scudi  no- 
vantaquattromila settecento  dodici, 
in  favore  di  d.  Luigi  Braschi  di 
Cesena,  il  cui  zio  Pio  VI  nel  1786 
eresse  il  feudo  in  ducato  pel  ni- 
pote d.  Luigi,  il  quale  restaurò  il 
palazzo  baronale,  e  lo  abbellì  con 
eccellenti  pitture  rappresentanti  la 
antica  storia  del  bosco  Aricino;  e 
togliendo  molte  selve  inutili,  fece 
piantare  molte  migliaia  di  piante 
d'olivo.  Il  di  lui  figlio  duca  d. 
Pio  nel  i835'  vendette  Nemi,  con 
patto  redimendi,  al  principe  Giulio 
Cesare  Piospigliosi,  e  poscia  in  fat- 
ti Io  riacquistò,  onde  attualmente 
n'è  tornato  al  duca  d.  Pio  Bi'a- 
schi  il  possesso. 

La    situazione    di    questa    ter- 
ra   è    pittoresca,    come    magnifica 
n  è    la     veduta    che     ivi    si    gode 
del    cratere  e    del  lago   sottoposto, 
che  somiglia  ad    uno  specchio  va- 
stissimo. 11  palazzo  baronale  accre- 
sciuto da  Mario  Frangipane  ultimo 
del    ramo  di    Roma,  ha    l'aspetto 
di    un  antico    castello    feudale,  ed 
in  un  alla  torre    rotonda  è  opera 
dei    Colonna.    Nel    tempo  che    A- 
£canio  Colonna  era  signore  di  Ne- 
mi, accolse    in  questo    territorio  i 
cappuccini,  i  quali  furono  destinati 
ad    abitare    un    sito    svantaggioso 
poco    distante    dalla    casa  dei  pe- 
scatori, a  lato  della  strada  che  da 
Nemi  passa  a  Genzano,  laonde  nel 
1687  passarono  in  Genzano  al  mo- 
do che  dicemmo  di  sopia.  Allora 
il  nominato  duca  IMario  Frangipa- 
ni, a  cui    Nemi  deve  lutto  quello 
che  ha  di  moderno  degno  di  con- 
.siderazione,    per    consolare    i    suoi 
vassalli    di    tale    perdita,    fabbricò 


GEN 

dai  fondamenti  in  un  sito  comodo 
un    nuovo  convento    pei  frali  mi- 
nori  osservanti  con  chiesa  annessa 
dedicata    a    Dio     in     onore     della 
Beata  Vergine  Maria  detta  di  Ver- 
sacarro ,  G  nel  164^  vi  furono  in- 
trodotti i  minori  osservanti.  L'im- 
magine   della  Madonna    che  ivi  si 
venera  sedente  col  divin  Figlio,  ed 
ai  lati  i  ss.  Pietro    e  Paolo,  il  po- 
polo di  Nemi  l'avea  collocala  nel- 
la chiesa   de' cappuccini,  i  quali  a- 
vendola    portata    in    Genzano     al- 
lorché   partirono,     ad    istanza  del 
comune     di    Nemi,    Urbano     Vili 
processionalmente  la    fece  restitui- 
re,   e  riposta    nella  chiesa    parroc- 
chiale,   fu  poi  tiasferita    in    quella 
degli    osservanti.   Dopo  alcuni  an- 
ni  essendo  slata  riposta  nell'altare 
maggiore    una  divolissima    imma- 
gine   di    legno  del    ss.    Crocefisso, 
lavorata    da  fr.   Vincenzo    da  Bas- 
siano  nei    soli  giorni    di    venerdì, 
ne' quali  macerando  il  proprio  cor- 
po con  pane  ed  acqua,  e  con  aspre 
discipline  ,     fervorosamente    prega- 
va  Gesù    Cristo   che    il    suo    lavo- 
ro   riuscisse   a  benefizio    de' fedeli, 
laonde    è    costante    tradizione    che 
trovasse  il  volto  perfettamente  com- 
pilo  da  mano  invisibile.   F'u  espo- 
sto   alla  pubblica    venerazione  nel 
1669,  e  subito  per  le  grazie  ricevu- 
te da   chi   ne  implorò  il  patrocinio, 
divenne  in  gran  divozione.   1    late- 
rali  a    fresco  sono  di  fr.   Felice  da 
N&poli  che  li  dipinse  nel  1675;  nel 
primo  espresse  Gesù  avanti  Caifas» 
so,  nell'altro  quando  porta  la  croce. 
Sulla  volta  colori  la  ss.   Trinità,  con 
la  \'eigine    coronata    dal  Figliuolo 
con  vaga  corona  di  fiori.  Due  altri 
suoi  dipinti  sono   in   questa  chiesa 
ai     due     altari     de' ss.     Francesco, 
Pasquale    e  Chiara,  e  di  s.   Anto- 
nio   di    Padova.    Lo    stesso    duca 


GEN 

ISIario  rifabbricò  la  chiesa  parroc- 
chiale di  s.  Maria  de  pitCeo,  dedi- 
candola a  Dio  in  onore  della  Con- 
cezione della  ss.  Vergine,  la  di  cui 
immagine  fece  porre  nell'altare 
maggiore,  lavorato  a  marmi  anti- 
chi con  due  vaghe  colonne.  Si 
crede  che  la  denominazione  de  pu- 
tto sia  derivata  da  una  apparizio- 
ne che  fece  la  Madre  di  Dio  ad 
alcune  donzelle,  eh'  eransi  portate 
ad  attingere  l'acqua  ad  un  pozzo 
situato  dentro  della  chiesa  vecchia. 
Il  p.  Casimiro  da  Roma,  nelle 
Memorie  istoriche  delle  chiese  e 
de'  cotwenti  de'  frati  minori  della 
provincia  romana,  non  solo  al  cap, 
XV  tratta  della  chiesa  e  conven- 
to di  s.  Maria  di  Versacarro  e 
delle  sue  reliquie,  ma  ancora  e  eoa 
la  nota  erudizione  delle  notizie  di 
Nemi,  delle  antichità  ivi  trovate, 
e  del  suo  lago,  non  che  della  no- 
bilissima famiglia  Frangipane.  Im- 
portanti notizie  di  JVemi  ci  dà  e- 
gualmente  il  Piazza  nella  Gerar- 
chia cardinalizia  da  lui  pubblica- 
ta nel  lyoS,  SI  profane  che  sacre, 
e  del  suo  lago  ed  amenità  del  luo- 
go, coriie  ancora  delle  chiese  di  s. 
Maria  del  Pozzo,  di  s.  Maria  del 
P\.appello  fondata  dalla  famiglia 
Gismondi,  di  s.  Nicolò  sulle  spon- 
de del  lago,  e  dell'oratorio  o  ro- 
mitorio di  s.  Michele.  Inoltre  in 
Nemi  vi  è  un  ospedale  per  gì'  in- 
fermi e  pellegrini  ben  dotato,  ed 
amministrato  dal  sodalizio  del  ss. 
Sagramento. 

Il  lago  di  Nemi  ,  piìi  comune- 
inente  detto  daglj  antichi  Nenio- 
rense,  è  come  quello  di  Albano  il 
prodotto  di  un  vulcano  estinto,  di 
che  fan  prova  le  materie  che  lo 
circondano  :  il  perimetro  è  di  circa 
cinque  miglia;  ed  il  livello  è  supe- 
riore   a    quello    di    Albano    ossia 


GEN  35 

Castel  Gandolfo  [Vedi],  sebbene 
nella  siccità  del  i683  il  lago  di  Ne- 
mi si  abbassò  notabilmente  meno 
di  quello  di  Albano.  Al  lago  vi  si 
può  discendere  per  varie  strade, 
e  fu  anche  chiamalo  Specchio  di 
Diana,  perchè  il  tempio  come  l'o- 
dierno paese  si  specchiava  nel  lago. 
Secondo  le  osservazioni  di  Schou, 
nella  sua  lettera  al  Brocchi  inse- 
rita nel  quaderno  di  giugno  1818 
della  Biblioteca  italiana,  il  lago  di 
Nemi  è  sopra  il  livello  del  mare 
mille  e  trentasei  piedi  parigini; 
la  profondità  del  lago  alcuni  la  fan- 
no ascendere  a  circa  settecento  cin- 
quanta palmi.  Avvi  un  emissario 
che  sbocca  nella  valle  dell'  Ariccia 
con  copioso  volume  d'acqua,  che 
fa  agire  un  molino  da  grano.  Al- 
cuni dicono  che  le  acque  del  lago 
Albano  col  giro  di  quattro  miglia 
si  uniscono  al  lago  di  Nemi,  altri 
che  le  acque  di  questo  invece  si 
immettono  nel  lago  Albano.  Cele- 
bre è  la  pretesa  nave,  come  la 
chiama  il  Nibby,  da  altri  detta  di 
Tiberio,  da  altri  di  Traiano,  esi- 
stente sotto  acqua,  della  quale  par- 
lano il  Biondo  nella  Roma  risi.  p. 
iio;  Leon  Battista  Alberti  nel 
Tratt.  dell' archit.  1.  V,  e.  12;  e  più 
particolarmente  Francesco  Marchi 
bolognese,  celebre  architetto  ed  in- 
gegnere militare  del  secolo  XVI, 
il  quale  vi  calò  nel  i535,  e  ne  fa 
un'esatta  descrizione  nel  lib.  II,  cap. 
82  della  sua  opera  intorno  l'archi- 
tettura militare  illusti'ata  dal  mar- 
chese Lui£ri  IMariiii.  Gio.  Girolamo 
nella  Lezione  accademica  ec.  intor- 
no l'origine  de'  due  laghi  Albano 
e  Nemorense,  nel  Giornale  de'lel- 
terati,  riporta  la  descrizione  della 
barca  antica  che  trovasi  affondata 
nel  lago  di  Nemi,  tratta  dall'ope- 
ra di    IMarchi.  11    Marchi  si   servi 


36  GEN 

neir  impresa  di  Guglielmo  di  Lo- 
rena valente  meccanico,  che  inven- 
tò un  istromento  per  andar  sotto 
acqua.  Prima  1'  avea  tentata  di- 
verse volte  il  cardinal  Prospero 
Colonna  a  mezzo  dei  nominato 
Alberti,  come  racconta  il  Ratti  a 
pag.  79  e  seg.  Narra  il  JVibby, 
neìì'/lnatisi  da'  dintorni  di  Roma, 
tom.  II,  p.  396,  che  nuove  ricer- 
che su  tal  proposito  si  fecero  ai 
giorni  nostri  (  da  Annesio  Fusconi 
nel  1827  con  una  macchina  fatta 
da  lui  costruire,  ossia  campana  di 
immersione,  e  col  permesso  del  si- 
gnore del  lago,  allora  il  duca  d. 
Pio  Braschi,  ripetendo  l'esperienze 
del  Marchi),  alle  quali  essendo  sta- 
to egli  presente  ed  avendo  attenta- 
mente esaminato  quanto  venne  e- 
stratto,  ed  udito  da  coloro  che  vi 
erano  calati  ciò  che  aveano  vedu- 
to^ gli  sembrò  potersi  opinare,  che 
la  pretesa  nave  altro  non  sia  che 
la  inteìaratura  de'fondamenti  di  un 
fabbricato;  che  i  travi  di  questa 
inteìaratura  sono  di  larice  e  di  a- 
bete  ;  che  i  chiodi  che  li  univano 
insieme  sono  di  metallo,  e  di  va- 
rie dimensioni;  che  il  pavimento, 
o  almeno  lo  strato  inferiore  di  es- 
so era  formato  di  grandissimi  te- 
goloni  posti  sopra  una  specie  di 
graticole  di  ferro  sopra  le  quali 
avvi  il  marchio  Caisar  in  lettere 
di  forma  assai  antica;  e  queste  gra- 
ticole, come  pure  i  tegoloni,  alcu- 
ni travi ,  ed  i  chiodi  possono  ve- 
dersi nella  biblioteca  vaticana. Quin- 
di soggiunge,  che  il  marchio  Caisar 
sembra  spiegar  l'uso  di  questa  fab- 
brica, imperciocché  racconta  Sve- 
tonio  nella  vita  di  Cesare  e.  XLVIj 
che  quel  dittatore  »  Villam  in 
»  Nemorensi  a  fundamentis  inchoa- 
»  tam,  magnoque  sumptu  absolu- 
"  tam,  quia  non  tota  ad  animum 


GEN 

»  ei  responderat,  totam  diruisse 
"  quamquam  leuuem  adhuc,  et 
»  obaeratum  ".  Cominciò  pertan- 
to Giulio  Cesare  una  villa  magni- 
fica e  sontuosa  nel  Nemorense  ,  e 
la  distrusse  dopo  averla  quasi  fini- 
ta, perchè  non  corrispondeva  intie- 
ramente alle  sue  idee,  e  questa 
villa  era  stata  fatta  con  grande  spe- 
sa, magnoque  siiniptii.  Riflette  dun- 
que il  JNibby  che  il  marchio  Cai- 
sar è  appunto  quello  di  Cesare, 
perchè  è  solo,  isolato,  non  accom- 
pagnato dal  prenome  Ti.  cioè  Ti- 
berius,  o  dal  cognome  Trajanus; 
e  peiciò  crede  che  la  pretesa  bar- 
ca altro  non  sia  che  il  fondamen- 
to di  questa  villa  medesima  fatto 
dentro  il  lago,  onde  dar  luogo  al 
fabbricato  superiore,  e  questo  es- 
sendo stato  distrutto  da  Cesare 
stesso,  il  fondamento  sott'acqua  ri- 
mase, come  pure  sott'acqua  si  tro- 
vano avanzi  sconvolti  della  fabbri- 
ca demolita,  11  punto  scelto  per 
questa  villa  era  opportuno,  essendo 
collocata  dirimpetto  al  tempio  del- 
la dea  in  riva  al  lago. 

Il  canonico  Emanuele  Lucidi 
nelle  Dlcmorie  istoriche  dell'  anli- 
chissinio  municipio  dell'  Ariccia,  e 
delle  sue  colonie  Geiiznno  e  IVemi, 
Roma  1796  per  i  Lazzarini,  a  p. 
74  e  seg.  parla  del  lago  Aricino, 
ora  di  Nemi,  dedicato  a  Diana;  del 
suo  circondario,  e  differenza  di  li- 
vello da  quello  di  Castel  Gandolfb; 
del  suo  emissario:  delle  due  gran- 
di navi  pensili  fatte  gettare  nel 
mezzo  del  lago  dall'imperatore  Ti- 
berio, sulle  quali  per  delizia  e  con 
spese  immense  edificò  un  palazzo 
con  giardino  pensile,  forse  per  go- 
dervi con  maggior  diletto  la  nau- 
machia o  combattimenti  navali  ; 
delle  sue  produzioni  vulcaniche,  pro- 
ducendo  anguille,  tinche,  bajbi ,  e 


GEN 

sopraltulto  lattarini  di  delicato  sa- 
pore, ed  il  Ratti  aggiunge  roviglio- 
ni,  scardafe^  anticoli  ed  altri;  dice 
inoltre  che  questo  lago  era  d'ogni 
intorno  anticamente  coperto  di  fab- 
bricati, specialmente  verso  il  mez- 
zogiorno, e  che  wt  Commentari  di 
Pio  II  ci  vengono  descritte  le  de- 
lizie di  questo  luogo.  Quindi  a  p. 
3i2  e  seg.  il  Lucidi  ci  dà  la  sto- 
ria dell'  origine  di  Nemi,  e  dei  di- 
versi suoi  signori ,  dicendo  che  fu 
chiamato  Nemorc,  Neme,  Nevio  e 
JVcmus  Arìcìnuin,  Il  Fea  nell'opu- 
scolo intitolato  Varietà  di  notizie 
economi  co -fisiche  antiquarie  sopra 
Castel  Gandolfo,  Albano,  Ariccia, 
Nemi,  loro  laghi  ed  emissari,  Ro- 
ma 1820  pel  Bourliè,  a  pag.  5  e 
seg.  parla  di  Nemi  e  suo  Iago,  ed 
a  pag.  26  e  seg.  ci  dà  la  relazio- 
ne architettonica  dell'emissario  del 
lago  di  Nemi.  Delle  antichità  rin- 
venute in  Nemi,  e  delle  sue  noti- 
zie ne  trattano  pure  il  p.  Kircher 
nel  suo  Latium  ;  il  Volpi  nel  Ve- 
tiis  Latium  tom.  VII;  il  R^icchi , 
nella  Reggia  de'  volsci  lib.  I^  cap. 
XXXIII,  Nemi;  e  Pio  II,  che  vi  si 
portò  a  visitarlo,  ne'suoi  Commen- 
tari lib.  II,  p.  565,  ed  altri  scritto- 
ri. Nel  1742  Ristampata  in  Vel- 
letri  la  Descrizione  del  boschetto 
del  marchese  Frangipane  nel  suo 
feudo  di  Nemi  ,  di  Gio.  Battista 
Parisotti.  Nel  lySy  furono  rinve- 
nute delle  antichità ,  anche  nella 
valle  detta  Noceto,  ove  esisteva 
una  chiesuola  sacra  a  s.  Andrea  a- 
postolo.  11  Cancellieri  nella  sua  Let- 
tera al  dottor  Korejf,  parla  eru- 
ditamente di  Nemi  come  della  no- 
bile famiglia  Frangipani,  della  qua- 
le riporta  molte  notizie  in  diverse 
sue  opere.  Su  di  essa  può  vedersi 
Benedetto  Pucci,  Genealogia  dei 
Frangipani  romani,  discesa  dall' an- 


GEN  37 

tichìssima  e  nobilissima  famiglia 
Anicia  de' Leoni,  Venezia  1622 
pel  Barezzi.  Il  Nerini,  De  tempio 
et  coenobio  ss.  Bonifacii  et  Alexii 
ec.  molte  notizie  riporta  de'Fran- 
gipani.  Francesco  Zazzera  scrisse 
delle  Famiglie  ec.  e  Frangipani  nel 
suo  trattato  della  Nobiltà  d'Italia. 
Oltre  Pio  II  INemi  fu  onorato 
dalla  presenza  di  diversi  Pontefici. 
Alessandro  VII  vi  si  recò  nel  mese 
di  maggio  i656,  e  fu  ricevuto  dal 
cardinal  Antonio  Barberini,  che  il 
duca  Mario  Frangipane  avea  isti- 
tuito erede  confidenziale:  visitò  la 
chiesa  parrocchiale,  e  fu  trattato  a 
lauto  pranzo  nel  palazzo  baronale, 
con  altri  cardinali  e  principi  che 
lo  seguivano.  Clemente  XI  vi  si 
portò  tre  volte,  cioè  a'  26  giugno 
I  7  I  I  ,  a'  2  I  giugno  I  7  I  2  ,  e  ai 
iH  ottobre  17 15:  la  prima  volta 
visitò  la  chiesa  parrocchiale,  ed  in 
tutte  e  Ile  quella  del  ss.  Crocefis- 
so de' minori  osservanti.  Dalla  vil- 
leggiatura di  Castel  Gandolfo,  co- 
me aveano  fatto  i  precedenti.  Be- 
nedetto XIV  recossi  a  Nemi  a'  20 
ottobre  1741  coll'accompagnamea- 
to  di  pili  di  cento  persone,  e  vi 
giunse  ad  ore  ventidue.  Visitò  la 
chiesa  del  ss.  Crocefisso,  e  nel  con- 
vento fu  servito  di  sontuoso  rinfre- 
sco dal  marchese  Pompeo  Frangi- 
pani, nel  modo  che  il  di  lui  fra- 
tello Mario  senatore  di  Roma,  avea 
praticato  verso  Clemente  XI  ;  indi 
il  Papa  si  portò  a  piedi  alla  chie- 
sa parrocchiale,  e  poscia  fece  ritor- 
no a  Castel  Gandolfo,  ove  giunse 
a  mezz'ora  di  notte,  servito  dalle 
torcie  per  la  strada ,  nella  quale 
trovò  squadronati  i  soldati  corsi, 
passando  per  la  macchia  della  Pa- 
iola. Nel  1763  Clemente  XIII,  gio- 
vedì 6  ottobre ,  dopo  avere  udito 
la  messa    in  Castel  Gandolfo ,    coi 


38  GEN 

cardinali  Cavalchini ,  e  Piezzonico 
suo  nipote,  e  cogli  altri  nipoti  e 
corteggio  si  portò  in  Nemi.  JNelia 
chiesa  de'  francescani  adorò  il  ss. 
Sagramenlo  ,  poi  venerò  l' imma- 
gine del  ss.  Crocefisso,  quindi  pas- 
sò nel  convento,  ammise  al  bacio 
del  piede  tutti  i  religiosi ,  a'  quali 
fece  distribuire  abbondante  limosi- 
na, in  un  all'arciprete  ed  altre  per- 
sone. Finalmente  si  condusse  ad 
osservare  il  palazzo  ed  il  boschet- 
to Frangipane.  Pio  VI  dopo  che  il 
nipote  d.  Luigi  acquistò  il  fèudo,  in 
occasione  che  si  portava  nellaprile 
e  maggio  a  Terracina  pel  prosciu- 
gamento delle  Paludi  Pontine,  più 
Tolte  nel  ritornare  a  Pvoma  onorò 
di  sua  presenza  Nemi;  e  leggo  nei 
Diari  di  Roma,  che  Pio  Vi  vi  fu 
giovedì  8  giugno  del  1788,  in  cui 
il  duca  Braschi  imbandì  alla  corte 
una  nobile  refezione;  e  che  vi  ri- 
tornò lunedi  i4  maggio  1787,  ri- 
cevuto dai  nipoti  cardinali  Romual- 
do, e  duca  d.  Luigi,  che  imban- 
dirono alla  famiglia  pontificia  allra 
refezione.  Anche  il  successore  Pio 
VII  onorò  ìVemi  di  sua  presenza, 
e  visitò  la  chiesa  de'  minori  osser- 
vanti, portandovisi  dalla  villeggia- 
tura di  Castel  Gandolfo.  Da  que- 
sta il  regnante  Pontefice  Gregorio 
XVI  si  recò  a  Nerai  agli  1 1  otto- 
bre i832,  ricevuto  tra  lo  sparo  dei 
mortari,  il  suono  delle  campane  e 
il  gaudio  degli  abitanti.  Visitò  k 
chiesa  principale,  ove  ricevè  la  be- 
nedizione del  ss.  Sagramento,  ed  in 
sagrestia  ammise  al  bacio  del  pie- 
de l'arciprete,  la  municipalità  ed 
altre  persone.  Passò  poi  alla  chie- 
sa de'  francescani  à  venerare  quel 
ss.  Crocefisso  miracoloso;  quindi 
sotto  il  trono  ammise  al  bacio  del 
piede  la  religiosa  comunità,  nel  re- 
fettorio prese  una  piccola  refezione, 


GEN 

e  recandosi  ad  osservare  il  delizioso 
lago,  partì  da  Nemi. 

Civita-LaK'iiiia,  Laninnum,  comu- 
ne della  diocesi  di  Albano.  Questa 
terra  corona  l'ultimo  scaglione,  o 
controfForte  della  lacina  sud-est  che 
discende  dal  ciglio,  o  cratere  del 
lago  JNemorense ,  ed  occupa  una 
parte  dell'antica  città  latina  di  La- 
nuviura  5  la  quale  per  analogia  si 
pronunzia  in  varie  lapidi  antiche 
de' tempi  imperiali,  perchè  così  in- 
dicata, col  nome  di  Laiiivium,  co- 
me ne'  fasti  tiionfali  capitolini  si 
legge  Lm'ineis  in  luogo  di  Lamivi- 
neis  allanno  ^\5  ^'i  Pioma.  Quindi 
ne'  tempi  della  decadenza  fu  detta 
Civitas  Lanivina,  e  nel  medio  evo 
Cii'itas  Lavina,  Civitas  Lahinia,  e 
per  corruzione  Civita  Nevina  ,  Ci- 
vita Innlvina,  come  ne'  tempi  mo- 
derni Civita  Laviiria, nome  col  qua- 
le oggi  si  conosce ,  e  cagione  del- 
l'equivoco preso  da  molti ,  ed  an- 
che contemporanei  scrittori,  che 
la  confusero  colla  città  di  Lavinia 
fondala  da  Enea  in  un  luogo  ben 
diverso  da  questa,  situato  verso  il 
mare,  corrispondente  con  la  moder- 
na borgata  di  Pratica.  Ne  prova  la 
posizione  di  Lanuvio  ove  è  al  pre- 
sente Civita  Lavinia,  il  Ndjby  nel 
tom.  II,  pag.  i68  e  seg.  Analisi 
de  dintorni  di  Roma;  e  le  rovine 
de'  molteplici  avanzi  di  antichità, 
ed  i  monumenti  esistenti  non  la- 
sciano luogo  ad  alcun  dubbio.  La- 
nuvium  fu  fondata  da  Diomede 
trasportato  su  questi  lidi  dai  flutti, 
dopo  la  distruzione  di  Troia;  ed  il 
culto  di  Giunone  Sospita  o  Salva- 
trice, che  ivi  osservavasi,  ed  il  cui 
tempio  era  nell'acropoli  lanuvina, 
e  vari  usi  furono  pei  romani  una 
dimostrazione  positiva  di  questo  fat- 
to narrato  da  Appiano  e  da  altri, 
mentre  è  noto  che  tutta  l'autichir 


GEN 

tà  riconobbe  aver  Diomede  gira- 
to attorno  alla  penisola  italica. 
La  deitèi  di  Giunone  nel  tempio 
rappresentavasi  ricoperta  il  capo  e 
le  spalle  d'una  pelle  caprina,  con 
lo  scudo  nella  sinislra,  la  lancia  con 
asta  nella  destra ,  i  calzari  con  i 
calcei  a  doppia  sola  aperta.  A  pie- 
di avea  un  serpe,  immagine  di  quel- 
lo che  riputavasi  essere  nascosto 
nella  caverna  situata  a  canto  del 
tempioj  ed  al  quale  con  strano  ri- 
to alcune  donzelle  vergini  doveva- 
tio  recare  ogni  anno  in  cibo  una 
focaccia.  Questo  tempio  fu  pur  det- 
to di  Giunone  Argolide  ,  presso  il 
quale  eravi  un  folto  bosco  sacro, 
con  grande  caverna,  tana  del  dra- 
gone ,  che  di  buon  grado  riceveva 
le  focaccie  se  le  donzelle  erano  ver- 
gini. Questa  fu  una  delle  tante  dia- 
boliche imposture  de'  pagani.  Am- 
messo che  Lanuvio  sia  fondato  da 
Diomede,  secondo  le  tavole  di  Petit 
Radei  questo  fatto  può  stabilirsi 
circa  l'anno  i23o  avanti  l'era  vol- 
gare, o  secondo  le  tavole  comuni 
circa  l'anno  1282.  Per  la  prima 
volta  dopo  la  fondazione  della  ter- 
ra i  lanuvini  compariscono  nella 
storia  circa  700  anni  dopo.  In  que- 
sto lungo  intervallo  osserva  il  Nib- 
by  che  forse  per  la  posizione  sua 
nell'ultimo  limite  del  territorio  la- 
tino e  volsco,  Lanuvio  restasse  in- 
dipendente, e  come  Ardea  fosse  un 
distretto  particolare,  il  quale  seppe 
conservare  la  sua  importanza  col 
mantenere  da  questa  parte  la  bi- 
lancia fra'  due  popoli  limitrofi.  I 
latini  specialmente  ,  considerando 
che  poteva  servire  loro  di  punta 
entro  l'agro  volsco,  da  paralizzare 
r  importanza  di  Corioli  e  di  Veli- 
tra,  accarezzarono  talmente  i  la- 
nuvini ,  che  questi  finalmente  en- 
trarono nella  lega  loro,  allorché  la 


GEN  39 

potenza  romana  andava  estenden- 
do le  sue  conquiste.  E  come  fede- 
rati latini  presero  le  armi  per  ri- 
mettere i  Tarquini  sul  trono,  ed 
insieme  cogli  altri  furono  rotti  nel- 
la battaglia  al  lago  Piegillo.  Con- 
chiusa dopo  queir  avvenimento  la 
pace  coi  romani ,  mantennero  la 
loro  indipendenza ,  conservando  a 
quelli  la  convenuta  concordia.  Però 
alle  insinuazioni  dei  volsci  nemici 
permanenti  di  Roma ,  i  lanuvini 
presero  con  essi  le  armi  contro  i 
romani  l'anno  3'j5.  L'esito  fu  pei 
volsci  infelice,  e  probabilmente  in- 
dusse i  lanuvini  ad  un  accomoda- 
mento, finché  nel  4 '7,  come  parte 
della  lega  Ialina  imironsi  ai  confe- 
derati, per  scuotere  la  supremazia 
de'  romani ,  e  furono  gli  ultimi  a 
deporre  le  armi ,  per  la  rotta  sof- 
ferta sul  fiume   Astura. 

Nella  pace  i  romani  trattarono 
con  riguardi  i  lanuvini,  gli  accor- 
darono la  cittadinanza  romana,  re- 
sero nazionali  le  loro  feste  ed  i  ri- 
ti sacri,  a  condizione  che  il  tem- 
pio ed  il  luco  di  Giunone  Sospita 
o  Lanuvina  fosse  comune  ai  due 
popoli.  Cosi  Lanuvio  colle  proprie 
leggi  municipali  pacificamente  si 
resse,  e  solo  dipendente  fu  da  Ro- 
ma nel  partecipare  ai  pesi  pubbli- 
ci, come  partecipe  era  degli  onori 
della  metropoli.  L'anno  543  nella 
mossa  di  Annibale  contro  Roma  fu 
invitata  a  preparare  vettovaglie,  ed 
a  presidiare  la  città.  Dipoi  Mario 
sapendo  che  Lanuvio  era  uno  dei 
luoghi  che  servivano  di  granaio  a 
Roma,  se  ne  impadronì  per  sor- 
presa, quindi  soggiacque  a  gravi 
disastri,  e  caduta  in  debolezza  gran- 
de fu  da  Cesare  colonizzala,  es- 
sendo allora  cinta  di  mura.  Poco 
prima  Cicerone  l'avca  qualificata, 
nel  fine    dell'orazione   a    favore  di 


4o  GEN 

Murena  lanuvino,  come  municipio 
onestissimo,  e    come    municipio    si 
rei^geva  prima  della  colonizzazione 
colle  pi-oprie  sue  leggi,  e  creava  il 
suo    magistrato    supremo    annuale 
col    nome    di    dittatore,    olHcio  di 
che  era   rivestito    Milone,  altro    la- 
nuvino difeso  pur  da  Cicerone.  Nel 
tempio    lanuvino    si     conservavano 
tesori,  ma  furono    tolti    da    Otta- 
viano,   nella    guerra    contro    Mar- 
cantonio ;     quindi     nella    divisione 
che  Ottaviano  fece  delle  terre,  as- 
segnò una  parte  dell'agro  lanuvino 
ai   veterani,  ed  un'altra  alle  vergi- 
ni  vestali  ;  divisione  che  fu  poscia 
abrogata  da   Adriano,  il  quale  re- 
stituì ai  coloni  le  terj-e  :    Svetonio 
dice  che  Augusto  frequentava    per 
suo  diporto  Lanuvio.  Ad  onta  del- 
la  vicende  la  città  per  la  sua  ele- 
vata   situazione,    e    pel   tempio  di 
Giunone  sempre  si  sostenne;  creb- 
be però  in  isplendore  dopo  che  An- 
tonino Pio   vi   avea    avuto   i   natali 
l'anno   86  dell'era    volgare,  e   po- 
scia pervenne  all'  imperio    per  l'a- 
dozione di    Adriano.   Quell'  otlimo 
augusto,   il  suo  figlio  adottivo  Mar- 
co Aurelio,  e  l'indegno  successore 
CommodOj  nato  anch'egli  presso  que- 
sta città,  ne    amarono    particolar- 
mente  il    soggiorno,    e    vi  ebbero 
una  magnifica  villa,    la  quale    nel 
secolo    passato    die    alla    luce  vari 
monumenti  insigni,  come  il    busto 
di   Elio    Cesare ,    quello    di   Ennio 
Vero,  quello  di   Commodo    giova- 
netto, la  statua  conosciuta  sotto  il 
nome    di    Zenone ,    il    gruppo     di 
A  more    e    Psiche ,    ce.  che  si  am- 
mirano nel  museo  Capitolino.  Coni- 
modo  vi  ebbe  il  nome    di    Ercole 
Piomano,  e  forse  vi  costrusse  l'an- 
fiteatro    ed    il    teatro.    La    caduta 
del     paganesimo     portò     un    colpo 
licro  a  Lanuvio,    poiché    chiuso  il 


GEN 

tempio  di  Giunone,  ch'era  uno 
de'  santuari  principali  del  Lazio, 
dispeisi  i  sacerdoti,  cessale  le  feste, 
terminò  ancora  il  concorso,  e  per 
conseguenza  la  sorgente  principale 
delle  sue  ricchezze.  Quindi  fu  suc- 
cessivamente rovinata  dalle  scorrerie 
de'  barbari,  da  quelle  de'  greci  e 
de'  goti  nel  VI  secolo,  da  quelle 
de'  saraceni  ne'  secoli  IX  e  X,  e 
da  quelle  de'  tiranni  che  sorsero 
da  tutte  le  parti  ne'  secoli  seguen- 
ti, che  facendosi  vicendevolmente 
la  guerra,  devastavano  le  possessio- 
ni usurpate.  Lanuvio  sembra  es- 
sere stata  abbandonata  nel  V  se- 
colo, e  restò  deserta  sino  al  XIII, 
non  esistendo  monumenti  in  con- 
trario. 

Dalle  antiche  fabbriche  superstiti 
di  opera  saracinesca,  si  deduce  che 
questa  terra  tornasse  a  risorgere 
nel  secolo  XIII,  e  che  gli  abitanti 
si  annidassero  sugli  avanzi  delle 
antiche  fabbriche,  che  coronavano 
il  colle  meridionale  della  città  an- 
tica. Il  Piatti  nella  Storia  di  Geii- 
zaiio,  pag.  4?  G  4*^5  narra  che  que- 
sta terra  nel  secolo  XIII  era  del 
monistero  e  monaci  dell'abbazia  di 
8.  Lorenzo  fuori  delle  mura  di  Ro- 
ma, e  siccome  Onorio  111  Savelli 
del  12  i6  molto  fece  per  quel  mo- 
nistero, restaurò  ed  abbellì  la  con- 
tigua patriarcale  basilica ,  quindi 
crede  il  Nibby  che  a  lui  si  debba 
il  ripopolamento  di  Lanuvio,  come 
pure  il  nome  attuale,  opinione  che 
egli  avvalora  pel  riflesso  delle  pre- 
tensioni eh'  ebbero  su  questa  ter- 
ra i  Savelli  nel  secolo  XIV,  i  qua- 
li sotto  la  condotta  di  Cristoforo 
la  occuparono  nel  iSyS,  come  si 
legge  nelle  Uleniorie  storiche  suc- 
citate del  p.  Casimiro  a  p.  igS. 
Prima  di  questo  tempo  e  da  un 
atto   riportato  dui  JN'crini,  De  lem- 


GEN 

pio  et  coenohio  pag.  5^6,  dell'anno 
i358,  si  trova  la  terra  chiamata 
col  nome  odierno  ,  ricordandosi 
Cencio  Palgiciae  de  civitatc  La- 
biniaej  e  nel  i  36o  in  un  altro  do- 
cumento riferito  pure  dal  Nerini , 
si  l'icorda  il  lenimentuni  cmtatis 
Lahiniae.  Nel  declinare  di  questo 
secolo ,  Eonifacio  IX  conservando 
sempre  il  diritto  del  monistero  di 
s.  Lorenzo  fuori  delle  mura,  lo 
concesse  a  Cecco  Durabile  del  rio- 
ne di  Trastevere  in  vicariato  ad 
beneplaciluni.  Giovanni  XXII [  con 
bolla  del  if\io  a  favore  di  Gio- 
vanni e  Nicolò  Colonna,  l' investi 
del  Castrum  civitalis  Laviniae  , 
ricordando  sempre  il  dominio  di- 
retto del  monistero,  come  si  legge 
nella  bolla  riportata  dal  Piatti  a 
pag.  124,  dalla  quale  pur  si  ap- 
prende che  il  dominio  della  terra 
apparteneva  in  commenda  ai  car- 
dinali Giordano  Orsini,  e  Oddone 
Colonna  che  fu  poi  Martino  V.  I 
Colonna  la  ritennero  tranquilla- 
mente sino  al  1436,  quando  fu 
presa  per  Eugenio  IV  dal  patriar- 
ca Vitelleschi  generale  di  s.  Chie- 
sa. Nella  guerra  sotto  il  pontificato 
di  Sisto  IV,  Civita  Laviuia  fu  as- 
sediata nel  1482,  e  presa  da  Al- 
fonso duca  di  Calabria  il  primo 
di  agosto,  che  tre  giorni  dopo  pre- 
se anche  la  rocca;  ma  dopo  la 
partenza  del  duca  fu  occupata  dalle 
genti  del  Papa,  quindi  nel  i485 
da  Innocenzo  Vili  data  agli  Or- 
sini. I  Colonnesi  si  piesentarono 
poco  dopo  sotto  la  terra ,  la  pre- 
sero con  grave  strage  de'  loro  av- 
versari, e  ritennero  sino  a' 19  feb- 
braio i486,  allorché  con  altra  fie- 
ra strage,  dopo  molta  fatica,  venne 
espugnata  dalle  milizie  pontificie, 
alle  quali  si  rese  a  discrezione.  Da 
quell'epoca  in  poi    comuni    furono 


GEN  41 

le  vicende  di  Civita  Lavinia ,  a 
quelle  di  Genzano  ed  Ardea.  Ri- 
masta la  terra  ai  Colonna,  fu  <jue- 
sta  venduta  da  Marc'  Antonio  a 
Giuliano  Cesarini  nel  i564,  i  quali 
ancora  la  ritengono,  e  vi  hanno  il 
palazzo  baronale.  Il  Ratti,  Della 
famiglia  Sforma  pnite  II,  pag.  262 
e  263,  nel  riportare  questo  acqui- 
sto, dice  che  Gio.  Giorgio  figlio  di 
Giuliano  istituì  pel  primo  una  per- 
petua primogenitura  nella  famiglia, 
a  favore  dell'unico  suo  figlio  Giu- 
liano II,  avuto  da  d.  Cleria  Faj-- 
nese  dama  commendabilissima  di 
quell'età;  quindi  raccomandò  il  fi- 
glio a  Sisto  V,  e  questi  quasi  pre- 
sago che  i  Cesarini  sarebbero  stati 
un  giorno  gli  eredi  della  casa  sua 
Peretti,  prese  special  cura  di  Giu- 
liano, eresse  in  ducato  il  suo  feu- 
do di  Civita  Nova,  ed  in  marche- 
sato Civita  Lavinia  nel  i586,  ti- 
toli e  signorie  che  tuttora  gode  la 
famiglia  Sforza.  Si  deve  però  no- 
tare che  il  Cancellieri  a  pag.  166 
delle  sue  Campane  riporta  l' indi- 
cazione di  alcuni  stromenti  notari- 
li, dai  quali  si  rileva  che  nel  1  480 
Oddo  Colonna  vendè  Civita  Lavi- 
nia a  Gabriello  Cesarini  ;  che  nel 
1481  Oddo  nel  prendere  denaro 
ad  impreslito  dal  cardinal  d'Estou- 
teville  detto  di  Roano  ,  nell'  istru- 
mento  viene  nominata  Civita  La- 
vinia, onde  sembra  che  il  Cesari- 
ni l'avesse  ceduta;  che  nel  i483 
il  cardinale  donò  a  Giiolamo  ed 
Agostino  fratelli,  avuti  con  altri  da 
Girolama  Tosti,  i  castelli  di  Fra- 
scati ,  Civita  Lavinia,  Genzano  e 
Nemi,  costituendo  per  tutori  i  car- 
dinali di  Porto  e  di  Novara  con 
l'incarico  di   prenderne  possesso. 

La  terra  attuale  è  cinta  di  mu- 
ra rifatte  dai  Colonnesi  nel  secolo 
XV,    ed    in  piìi  luoghi    si    mostra 


42  GEN 

ancora  il  loro  stemma  :  due  sono 
le  porte  che  indicano  i  luoghi  cui 
conducono,  cioè  una  si  chiama  Pio- 
mana,  l'altra  Nettuno.  La  sua  pian- 
ta è  quasi  un  quadrato  difeso  ne- 
gli angoli  da  quattro  torri  circo- 
lari, delle  quali  quella  che  difende 
l'angolo  orientale  è  più  grande  ed 
ha  una  torricella  sovrapposta,  che 
fu  la  rocca  occupala  dal  duca  di 
Calabria.  Dopo  il  casino  Dionigi, 
e  la  casa  con  portichetto  di  tempi 
bassi,  discendendo  prima  di  entra- 
re nella  terra,  e  di  fronte  alla  sua 
porta ,  evvi  a  destra  un  lungo  e 
bizzarro  fontanile,  lodata  opera  del 
cav.  Bernini  ;  il  fontanile  è  fatto  a 
guisa  di  rustica  grotta  con  grossi 
travertini,  e  vaga  tazza  semicirco- 
lare. La  costruzione  di  questo  fon- 
tanile servì  al  celebre  Bernini  per 
jstudio,  e  per  addestrarsi  all'artifi- 
zio del  taglio  della  composizione  e 
dell'effetto  delle  scogliere  ch'egli 
doveva  eseguire  in  Pioma,  come 
tnagislraimente  eseguì  nella  gran- 
diosa fontana  della  piazza  Agonale 
o  Navona. 

La  chiesa  principale  è  collegia- 
ta con  arciprete  e  sei  canonici  , 
sotto  il  titolo  di  s.  Maria  Maggio- 
re,  con  sette  altari  ,  il  primo  dei 
quali  è  dedicato  all'  Assunzione  di 
IMaria  Vergine,  titolare  della  chie- 
sa e  patrona  della  terra  ,  con 
parrocchia  ;  ivi  fiirono  canonica- 
piente  erette  le  confraternite  del 
ss.  Sagramento,  del  Rosario,  e  del 
Crocefisso.  Nel  1675  la  chiesa  fu 
rinnovata  dai  fondamenti  da  Fi- 
lippo Cesarini,  ultimo  stipite  di 
questa  illustre  casa  ,  la  quale  si 
continuò  in  Livia  maritatasi  a  Fe- 
derico Sforza  :  nella  cappella  del 
Crocefisso  si  conserva  un  dipinto 
molto  pregevole,  attribuito  a  Giu- 
lio  Romano,    e    rappresentante   la 


GEN 

Beata  Vergine ,    e    s.  Giovanni  e- 
vangelista    a    pie    della    croce.  La 
torre  delle  campane  fu  eretta  con 
disegno    del    Borromini.    Vi    è    un 
ospedale     per    gì'  infermi ,    ed    un 
monte  frumentario  che  vuoisi  isti- 
tuito prima  del  i4oo;   vi  sono  an- 
cora le   maestre  pie    ad    istruzione 
delle  donzelle,  e  le  scuole  pei  gio- 
vanetti.  Uscendo  dalla  porta    occi- 
dentale   si    ravvisa    a    sinistra     un 
piccolo  tratto  delle    mura    antiche 
costrutte    di    massi    parallelepipedi 
di    pietra    vulcanica,    come    quelle 
di  Ardea,  e  costeggiando  per  poco  le 
mura   si    giunge  alla   torre  angola- 
re di  costruzione   del    secolo    XV , 
alla   quale    è    attaccato    un   anello 
moderno  di   ferro,  che  dai    terraz- 
zani    si     mostra    ai    creduli    come 
quello    al     quale    Enea    sbarcando 
attaccò  la  nave,  come   se  Lanuvio 
e  Lavinio  fossero  una  stessa  cosa  , 
il  mare  giungesse  a  quell'epoca  su 
questa    altura,   e  l'anello  si    potesse 
essere  conservato  sino  a    noi,  sup- 
ponendo  antichi    esso    e    la   torre, 
che  d'altronde  sono  moderni.  Fer- 
tile è  il   territorio  di  Civita    Lavi- 
nia, e  squisito  n'è  il  vino.  Da  que- 
sto  luogo   si  godono    belli    e    deli- 
ziosi   punti    di    vista,  che  offre  la 
ridente    situazione,    onde    si  scuo- 
prono  non  solamente  le    vigne    ed 
oliveti  del  suo  territorio,  e  di  quel- 
li di   Genzano,   Velletri,  Cori,  Nor- 
ma ,     Ninfa  ,     Sermoneta  ,     e     Ci- 
sterna, ma  la  prospettiva  dei  mon- 
ti  Albano,     Artemisio    e    Corano, 
ai     quali     in     maggior      lontanan- 
za con  piacevole  variazione    succe- 
dono gli    altri    delle     provincia    di 
Marittima   e  Campagna;    come    le 
vastissime  pianure    dell'agro    Pon- 
tino, e  le  immense  foreste  e  cam- 
pagne di   Anxuic,  Monte    Circello, 
Ailura,  Anzio,  Laurento,  Ardea, 


GEN 

Oslia  Tiberina,  con  tutto  il  tratto 
al  eli  là  dell'  ira  bocca  tura  del  Te- 
vere sino  ai  monti  della  Tolfa.  Si 
scorgono  pure  a  colpo  d'occhio  il 
Lazio  non  solanierìte,  e  i  lidi  La- 
vini,  coU'anlica  sede  di  Turno  re 
de'rufuli,  ma  la  massima  parte  del 
littorale  pontificio  sul  mare  Tirre- 
no o  Mediterraneo,  e  le  isole  del 
regno  delle  due  Sicilie,  il  che  for- 
ma all'occhio  dello  spettatore  il 
più  gradevole  e  sorprendente  spet- 
tacolo. Degli  oggetti  rinvenuti  nei 
suoi  scavi ,  massime  in  quelli  dei 
nostri  tempi ,  delle  sue  iscrizioni , 
degli  avanzi  antichi  della  magnifi- 
cenza e  grandezza  di  Lanuvio,  co- 
me del  tempio  e  culto  di  Giuno- 
ne, ne  tratta  il  Nibby  citato.  Eru- 
dite notizie  antiche  ed  ecclesiasti- 
che si  leggono  pure  nel  Piazza , 
Gerarchia  cardinalizia,  p.  809  e 
seg.  11  Ricchi  nella  Reggia  dc\>olsci 
parla  di  Lanuvio  colonia  LXXXIII 
a  pag.  176  e  seg.,  de'  suoi  fosti,  e 
iscrizioni  che  riporta,  uomini  illu- 
stri ec,  e  dice  che  fu  la  prima 
città  romana  falibricata  nel  La- 
zio, secondo  M.  Varrone  ;  il  me- 
desimo Ricchi  nel  suo  Teatro  de- 
fili uomini  illustri  pag.  1^5,  parla 
di  quelli  di  Lanuvio  o  Civita  La- 
vinia, e  riporta  altre  interessanti 
nozioni.  Il  Theuii  nel  Teatro  isto- 
rico,  a  pag.  87,  dice  che  Lanuvio 
fu  annoverato  tra  le  città  volsche, 
e  che  fu  patria  degli  imperatori 
Antonino  Pio,  e  Commodo.  Da  ul- 
timo il  dottissimo  can.  Giannanto- 
nio  Meschini,  ci  diede  l'erudito  o- 
puscolo  intitolato  :  3Ionurnento  an- 
tico collegiale  scoperto  a  Civita 
Lavinia  U  anno  1816  illustrato , 
Venezia  coi  tipi  di  Giuseppe  An- 
tonelli  premiato  con  medaglia  d'o- 
ro, 1839.  Con  quest'opuscolo  il 
chiaro  autore    volle  supplire  all'il- 


GEN  43 

lustrazione  che  ne  aveva  fatta  Nic- 
cola  Ratti,  pubblicata  in  Roma  nel 
1825  dal  de  Romanis,  dicendoci 
che  in  modo  più  ragionato  la  ri- 
produsse il  eh.  Clemente  Cardinali, 
nei  Diplomi  imperiali  de'  privilegi 
accordati  a^  militari,  Velletri  i836. 
Inoltre  avverte  che  anche  il  eh.  ab. 
Girolamo  Amati  nel  Giornale  Ar- 
cadico f  89,  p.  224>  1  ha  in  parte 
illustrata.  Questo  monumento  con- 
siste in  una  interessante  latina  iscri- 
zione, divisa  in  due  colonne  di  ses- 
santa e  più  linee  scolpite  in  mar- 
mo con  bei  caratteri  romani,  dis- 
sotterrata in  fondo  di  proprietà 
della  famiglia  Frezza  di  Civita  La- 
vinia. Il  contenuto  tratta  dell'isti- 
tuzione di  un  collegio  chiamato 
Culloruni  Dianae  et  Jntìnoi^  e- 
retto  nel  tempio  dedicato  a  questo 
favorito  divinizzato,  sotto  il  conso- 
lato di  Mummio  Sisenna,  corrispon- 
dente ail'anno  XXVII  dell'impero 
d'Adriano,  e  i33  dell'era  cristia- 
na. Tal  prezioso  monumento  con- 
tiene inoltre  molte  cose  non  meno 
curiose  che  utili  ad  illustrare  la 
storia  dell'antico  Lanuvio,  ed  an- 
che di  Roma,  ed  a  somministrare 
l'idea  piìi  precisa  sull'indole  e  sullo 
spirito  di  tali  stabilimenti  ed  isti- 
tuzioni presso  la  gentilità.  Vi  si 
leggono  difatti  gli  statuti  del  pre- 
detto collegio  ,  specialmente  per 
la  parte  relativa  all'  ordine  delle 
cene  e  dei  funerali  ;  donde  scor- 
gesi  con  quanto  interesse  si  occu- 
passero di'l  funere  e  della  tumu- 
lazione de'  consoci  estinti,  quniorq 
non  si  fossero  procurata  volonta- 
riamente la  morte  ;  giacché  in  que- 
sto caso  si  prescrive,  che  ejus  ra- 
tio funeri s  non  habebitur,  tanto  era 
in  orrore  agli  stessi  gentili  il  sui- 
cidio: come  pure  si  proibisce  se- 
veramente il  menomo  atto  di   se- 


44  &EN 

dizione,  e  la  menoma  mancanza  di 
rispetto  in  riguardo  a  colui  che 
l'oilicio  sosteneva  di  quinquennale, 
che  forse  era  la  prima  carica  o  di- 
gnità, almeno  dopo  quella  del  dit- 
tatore municipale,  o  del  patrono 
del  collegio  medesimo. 

Tre  volte  il  regnante  Pontefice 
Gregorio  XVI  onorò  Civita  Lavi- 
nia, mentre  stava  alla  pontificia 
villeggiatura  di  Castel  GandoH'o. 
La  prima  fu  a'  17  ottobre  1^33 
che  vi  giunse  inaspettato;  pure  la 
popolazione  lo  ricevette  con  ogni 
dimostrazione  di  festa.  Smontò  al- 
la chiesa  di  santa  Maria  Maggio- 
re ricevuto  dal  capitolo,  ed  ivi  ri- 
cevè la  benedizione  col  ss.  Sagra- 
menlo,  da  monsignor  Soglia  arci- 
vescovo di  Efeso  ed  elemosiniere. 
Uscito  di  chiesa  il  Papa  osservò 
gli  avanzi  delie  mura  in  pietre 
quadrate,  un  residuo  di  maestosa 
fabbrica  antica  di  recente  disco- 
perta, che  sembra  avere  servito 
ad  uso  di  teatro,  e  i  nobili  sarco- 
fagi destinati  ora  ad  accoglieie  le 
acque  nelle  pub!)liche  fontane,  ed 
altri  avanzi  dell'  illustre  municipio. 
Quindi  avendo  contemplate  le  a- 
roene  e  magiche  prospettive  che 
ivi  si  godono,  supplicato  da  mon- 
signor Luigi  Frezza  arcivescovo  di 
Calcedonia  nativo  del  luogo  (  V. 
Frezza  Luigi,  Cardinal),  il  Papa 
si  degnò  ascendere  il  casino  di  sua 
famiglia,  ove  ammise  benignamente 
al  bacio  del  piede  il  clero,  i  prin- 
cipali cittadini,  e  gl'individui  del- 
la famiglia  Fiezza  ;  e  dalla  loggia 
deli"  appartamento  superiore  com- 
parti la  benedizione  all'  affollato 
pnpulu,  che  proruppe  in  acclama- 
zioni di  di  vota  esultanza.  Quivi  il 
Pontefice  gustò  di  leggere  la  me- 
morata iscrizione  rinvenuta  in  un 
fondo  dei   l'rezza  ,    a  diligenza  dei 


GEN 

quali  erano  stati  i-iuniti  i  molti 
pezzi  rotti,  ed  i  nipoti  del  lodato 
prelato  gli  offrirono  un  esemplare 
in  istampa  della  medesima.  Aggiun- 
se poi  il  Papa  la  degnazione  di 
gradire  un  lauto  trattamento,  dis- 
posto a  cura  dello  stesso  prelato, 
di  che  ne  fu  partecipe  il  corteggio 
pontificio.  La  seconda  volta  in  cui 
onorò  di  persona  Civita  Lavinia  fu 
a'  20  ottobre  i834-  Dopo  di  ave- 
re orato  alquanto  nella  chiesa  prin- 
cipale, osservò  le  amene  e  delizio- 
se vedute  che  in  questa  altura  si 
presentano,  e  per  meglio  goderle 
ascese  una  loggia  sopra  il  casamen- 
to di  Giovanni  Cassio  romano,  che 
coi  più  umili  sensi  ringraziò  l'au- 
gusto sovrano  del  compartitogli 
onore  (  di  questo  ha  fatto  ricono- 
scente e  distinta  menzione  il  di 
lui  figlio  Latino,  nella  dedicatoria 
al  medesimo  Papa  dell'  Oralio  de 
ChrisU  Domino  resurgcnlis  glorìa, 
pubblicata  colle  stampe ,  e  da  lui 
pronunziata  nella  cappella  Sistina 
nella  terza  festa  di  Pasqua  dei 
i844>  come  nobile  convittore  del 
collegio  Nazareno,  dicendo,  che 
tanto  beneficio,  et  marmare  inscid- 
pliun  immorlalitati  mandare  ).  In- 
di si  trasferì  col  cardinal  Odescal- 
chi,  che  l'avea  seguito  da  Castel 
Gandolfo,  e  con  monsignor  Frezza 
alla  casa  di  questi,  il  quale  fece 
osservare  al  primo  branco  di  scale 
al  Pontefice,  una  marmorea  me- 
moria eretta  per  eternare  la  de- 
gnazione con  cui  nel  decorso  anno 
avea  onorato  di  sua  venerata  pre- 
senza quel  luogo.  Quivi  il  Papa 
ammise  al  bacio  del  piede  la  ma- 
dre ed  i  parenti  del  prelato,  che 
fece  servire  di  rinfresco  la  nobile 
corte,  e  tutto  il  resto  della  fami- 
glia pontificia.  Finalmcjite  la  terza 
volta  che  Gregorio  XVI  recossi  a 


GEN 

Civita  Lavinia  fu  a'  19  ottobre 
i836,  col  maggior  tripudio  degli 
abitanti  per  la  esaltazione  al  car- 
dinalato del  concittadino  monsi- 
gnor Frezza,  che  ricevette  il  Papa: 
questo  dopo  aver  visitato  la  chiesa 
collegiata,  sali  nell'abitazione  del 
cardinale,  ove  ammise  al  bacio  del 
piede  la  sua  famiglia,  ed  altre  di- 
stinte persone,  benedl  il  popolo  dal 
balcone,  e  si  compiacque  gradire 
la  refezione  preparata  dal  medesi- 
mo porporato. 

Genzano  ripete  la  certa  sua  ori- 
gine nel  secolo  XIII,  e  già  esiste- 
va nel  1255,  come  rilevasi  da  due 
bolle  di  Alessandro  IV ,  la  prima 
pubblicata  dall' Ughelli,  Italia  sa- 
cra toni.  I,  p.  53  e  seg.  Congrua 
nos,  1  idus  januarii,  la  seconda  ri- 
portata dal  Piatti,  Storia  di  Gen- 
zano con  note  e  documenti,  Roma 
1797  pel  Saloraoni,  p,  102  e  seg. 
Regiilareni  vi t ani,  XII  kal.  marlii. 
In  tali  bolle  Genzano  è  notato  tra 
le  possidenze  de'  monaci  di  s.  Ana- 
stasio alle  acque  Salvie,  ossia  alle 
tre  fontane,  dei  quali  parlammo  al 
\ol.  XIII,  pag.  59  e  seg.  del  Di- 
zionario, i  diritti  de'  quali  su  di 
e.sse  ivi  di  nuovo  si  confermano. 
Kclla  prima  è  chiamato  funduni 
Genzani,  nella  seconda  col  nome 
di  Castello;  però  in  una  anterio- 
re bolla  di  Lucio  III,  Congrua  nos 
oportel  de'  2  aprile  11 83,  si  parla 
di  Monte  Genzano  e  sua  torre,  dai 
Gandolfì  eretta  sulla  cima  dello 
stesso  monte.  Cosine  montis,  qui  dici- 
tur  Genzano,  ridotto  a  coltura  per 
r  introduzione  dei  lavori  di  cana- 
pe, e  scavi  di  pietre,  coriispoudeo- 
te  alla  costa  settentrionale  de'mon- 
ti  che  circondano  il  lago  di  Nemi. 
Nel  discutere  il  Ratti  nel  capitolo 
II  le  notizie  del  territorio  di  Gen- 
zano,  e   dei  di    lui    possessori   iu^ 


GEN  45 

nanzi  la  fondazione  di  Genza- 
no, conchiude  che  il  fondo  di  Gen- 
zano, prima  che  ne  fossero  investi- 
ti i  monaci  di  s.  Anastasio,  avesse 
appartenuto  alla  famiglia  de'  Gan- 
doifi  ;  che  questa  nelle  civili  di- 
scordie tra  i  Papi  e  i  romani  sot- 
to gli  antecedenti  pontificali  ne 
fosse  privata  dai  Papi  stessi  per  a- 
desione  al  partito  ad  essi  loro  con- 
trario; e  finalmente  tli'essendcsene 
rimessi  in  possesso  al  tempo  di 
Alessandro  III  immediato  prede- 
cessore di  Lucio  HI,  avessero  allora 
preteso  di  rivendicare  i  loro  antichi 
diritti.  Passando  il  Ratti  nel  cap. 
Ili  a  parlare  dell'etimologia  di 
Genzano,  riporta  tutte  le  denomi- 
nazioni con  le  quali  fu  chiamato , 
ed  esclude  il  vocabolo  Cynthianum , 
non  derivando  da  Diana  o  Cinzia 
che  avea  famoso  tempio  e  bosco 
sul  lago  del  vicino  Nemi  ;  n)a  ri- 
flettendo che  in  tempo  della  re- 
pubblica romana  i  fondi  ebbeio  la 
loro  origine,  e  presero  il  nome  dai 
loro  padroni  o  famiglie,  ed  avendo 
fiorito  in  Roma  sotto  gl'imperato- 
ri vari  soggetti  di  cogncwise  Gen- 
zianì,  lutti  distinti  e  consolari,  dei 
quali  sino  al  terzo  secolo  ci  riman- 
gono molte  memorie,  gli  sembra 
probabile  che  il  territorio  genzanese 
fosse  un  fondo  di  qualcuno  degli  in- 
dicati personaggi,  e  che  dai  mede- 
simi assumesse  il  nome  di  Genzano, 
dai  quali  forse  passò  ai  Gandolfi,  che 
lo  ritennero  sino  dopo  la  metà  del 
secolo  XII  :  porta  quindi  opinione 
che  la  vera  appellazione  del  luogo 
è  Genzano  o  Genziano,  in  latino 
Genlianum.  Dai  monaci  dunque  di 
s.  Anastasio  possessori  di  altri  fon- 
di convicini  ,  la  terra  di  Genzano 
ebbe  il  suo  principio ,  e  siccome 
essi  aveano  fatto  diroccare  la  tor- 
re  de'  Gandolfi    per    cancellare    la 


46  GEN 

memoria  del  loro  dominio,  in  se- 
guilo si  T'idero  obbligati  erigere 
un  castello  sul  monte  Genzano  per 
difendere  le  loro  terre  nel  lato  set- 
tentrionale dalle  ostili  incursioni, 
tanto  più  che  la  parte  meridiona- 
le delle  loro  vaste  possessioni  era 
sunìcienlemente  guardata  dal  ca- 
stello e  rocca  di  Nemi.  Laonde 
Genzano  in  principio  non  fu  che 
un  castello,  o  piccola  fortezza,  per 
cui  venne  chiamato  Castrimi.  Del- 
la famiglia  Gandolfì  ne  dammo  un 
cenno  all' articolo  Castel  Gandolfo. 
Per  lo  spazio  di  più  d'  un  seco- 
lo pare  che  Genzano  non  cambias- 
se padrone,  mantenendosi  tranquil- 
lamente sotto  il  vassailaeisfio  feu- 
dale  de*  suoi  stessi  fondatori ,  be- 
nemeriti delle  lettere,  della  civiliz- 
zazione e  della  coltura  delle  terre. 
Dopo  aver  dimorato  sette  Ponte- 
fici in  Francia  ed  in  Avignone  dal 
i3o5  al  iSjG,  l'ultimo  di  essi 
Gregorio  XI  restituì  a  Roma  nel 
I  377  la  residenza  pontificia,  indi  mo- 
rì neir  anno  seguente.  Sebbene  fu 
canonicamente  eletto  Urbano  VI  in 
successore,  molti  cardinali  nel  me- 
desimo anno  si  ribellarono,  e  sotto 
la  protezione  di  Onorato  Caetani 
conte  di  Fondi  ,  in  questa  città  si 
imirono  in  conclave,  e  nel  palazzo 
del  conte,  detto  perciò  palazzo  pa- 
pale,  procedettero  all'  illegittima 
elezione  di  Clemente  VII  antipapa. 
Trovandosi  tra  i  baroni  romani  suoi 
fautori  principalmente  Giordano  Or- 
sini, lanlipapa  per  rimunerarlo,  con 
pseudo-bolla  data  in  Fondi  a*  1 
dicembre  1378,  Exitnie  dtvotionis 
sinceri las,  gli  concesse  a  terza  ge- 
iierazione  con  illegittima  investitura 
molli  castelli ,  tra  i  quali  fastra  Ne- 
mi,  et  Genciani  Àlbanen  dioecesis 
curii  casali,  (jnod  Monlangiaiio  vai- 
^ariler  nunciipalui\  ad moiiasteriuni 


GEN 

x.  Jnastasìi  extra  niuros  urhis  per- 
tineiitia.  Giordano  con  la  forza  se 
ne  mise  in  possesso,  che  per  altro 
fu  di  assai  corta  durata,  forse  ter- 
minò nel  1379.  Dappoiché,  ritirato- 
si l'antipapa  in  Avignone,  e  rico- 
nosciuto Urbano  VI  per  vero  Pa- 
pa dall'  Italia,  tranne  Giovanna  I  re- 
gina di  Napoli,  le  altrui  giurisdizio- 
ni invase  dai  seguaci  del  falso  Pon- 
tefice ,  si  ripristinarono  nei  loro 
primitivi  e  reali  padroni.  Tutta- 
volta  verso  il  i3g3  Nicola  Colon- 
na de'  signori  di  Palestrina  ,  pio- 
littando  del  lagrimevole  scisma  , 
colla  prepotenza  delle  armi  invase 
Genzano.  Però  nel  i3c)9  avendo 
discoperto  Bonifacio  IX  la  congiu- 
ra da  lui  tramata,  egli  per  sottrarsi 
al  castigo  fuggì,  lasciando  Genzano  a 
Buccio  Savelli  suo  compagno  nel- 
r  usurpazione.  Ambidue  governa- 
rono tirannicamente  Genzano,  ed 
il  secondo  allorché  restò  solo  por- 
tò all'eccesso  le  sue  avauie  ed  op- 
pressioni. Stanchi  i  genzanesi  di 
soUrire  siffatta  dominazione,  spedi- 
rono un'  ambasceria  a  Pietro  Pas- 
sarello  nobile  napolitano,  capitano 
di  Marino  per  la  Chiesa  romana  , 
ed  al  Papa  molto  accetto,  chieden- 
dogli la  sua  mediazione  con  Boni- 
facio IX,  per  essere  ricevuti  sotto 
r  immediata  dipendenza  e  prote- 
zione della  Sede  apostolica,  con  ri- 
conoscere a  un  tempo  stesso  l'uti- 
le dominio  dei  loro  antichi  padro- 
ni i  monaci  di  s.  Anastasio ,  per 
cui  la  spedizione  fu  fatta  di  pieno 
concerto  con  1'  abbate. 

Convenendo  il  Pontefice  dopo 
maliifo  esame  alle  istanze  de'  gen- 
zanesi ,  si  convennero  gli  articoli 
della  nuova  capitolazione,  confer- 
mati e  pubblicati  dai  Massari  di 
Genzano  nella  chiesa  parrocchiale 
alla    presenza  di    lutto   il    popolo. 


GEN 

del    castellano     Marino    Passareljo 
fratello     di     Pietro    e    procuratore 
della  santa  Sede,  dell'abbate  delle 
tre    fontane    e    di  altri    testimoni. 
Tutti  questi  atti  e  concessioni  Bo- 
nifacio IX    solennemente    approvò 
a'  i5    novembre   1899,  col    breve 
Iliimilibus    et    liontslis     sui'pUcuni 
votis,  nel  quale  lelteralmeiite  si  ri- 
portano gli  articoli  convenuti.   Cosi 
Ganzano  venne    restituito  all'utile 
dominio   de'  cisterciensi ,  o  piutto- 
sto leso  per  la  piiiaa  volta  imme- 
diatamente soggetto  alla  Sede  apo- 
stolica ,  che  vi  deputò  suoi   gover- 
natori i  due    Passarelli    nominali , 
forse    parenti  del  Papa^   staccando 
la  terra  di  Genzaiio  dalla  castelia- 
iiia  di   Lariano,    dalla    quale  avea 
dipenduto  sino  allora,  ed  unendola 
a  quella  di   Marino,  col  breve  J^t- 
si  ad  wiwersa  terra,    emanato  nel 
medesimo  giorno  dell'altro,  e  di- 
retto ai   due    Passarelli.   In  quanto 
al  castello  di  Lariano,  esso  sorge- 
va   nelle    vicinanze    di    Vellelri  ,  e 
formava  casteilania    dalla  quale  e- 
rano    dipendenti    vari    circonvicini 
paesi,  e   tra    questi    Genzano    e  la 
Riccia.    Era  feudo  dei  potenti   Sa- 
\elli,  e  questo  appunto  dovette  es- 
sere il   motivo,  per  cui  i  gcnzane- 
si  nel  sottrarsi  dal  dominio  di  Euc- 
cio domandarono  ancora  di   essere 
slaccali  dalla    giurisdizione    di  La- 
riano. Questo  castello  essendosi  di 
poi    ribellato    al    Papa    Alessandro 
VI,  fu  per  di  lui  ordine  distrutto 
dai  velleirani.   Varie  di  lui  notizie 
si  leggono  nelle   citate  Memorie  i- 
storiche  del   p.  Casimiro  a  p.  198; 
nel  p.   Esci] inardi.    Descrizione    di 
Roma  p.  2  83;  e  nel  Borgia,   Storia 
di   Velletrì  p.  355.    Lariano    terra 
de'  Coloiniesi    era    stata    già    presa 
e  distrutta  dai  velleirani  nel   pon- 
tificato  di    Eugenio  IV;    e  Pio  II, 


GEN  47 

come  si  legge  nel   Compendio  del- 
ia   storia    veliterna    del    sacerdote 
Banco,  Roma  1841  ,  fece  demolire 
la  fortezza    che    avea  fatto  riedifi- 
care il  cardinal  Colonna,  ed  a  quei 
tempi  inespugnabile.  Qui  noteremo 
che  il  mentovato  can.  Emanuele  Lu- 
cidi nelle  Memorie  storiche  dell'an- 
tichissimo municipio  dcll'Ariccia,  e 
delle  sue  colonie   Genzano  e  ISend, 
nel  capo  XXXI li  della  parte    pri- 
ma   liatta    di    Genzano ,    il  quale 
vuole  originato  dal  suolo  e  dal  mu- 
nicipio Aricino,    e  pel  concorso  dei 
popoli   al  tempio  di  Diana   Aricina, 
la  quale  fu  chiamata  anche  Luna, 
giustificando  così    la    denominazio- 
ne di  Cynthiae  Fammi  e    Cjnlhia- 
num  ,    e    lo  slemma    del     coni  ime. 
Queste  opinioni,  e  la   brevità  delle 
notizie  indussero  il  Ratti  a  scrive'- 
re  la  storia  di    Genzano  dedicando- 
la a   d.  Domenico   Jacobini ,    ed  a 
Tommaso    Truzzi,   la   cui    famiglia 
provenne  da    Bergamo    nel    1705, 
come     appartenenti     alle    primarie 
famiglie  genzanesi,  dicendo  il  dotto 
Gaetano    Marini ,    uno  de'  revisori 
deputati  a  tale  istoria  ,  che  l'illu- 
stre terra  di  Genzano  era  rimasta 
sino    allora    senza    una  particolare 
istoria  ,    per    cui    lo  stesso    Lucidi 
avea  sperato  che  il   Ratti    l' avesse 
eseguita.    Il   medesimo    Ratti ,    nei 
già  citato  cap.  XI  riporta   le  prin- 
cipali   testimonianze   di  alcuni  piìi 
celebri    autori     sopra     Genzano ,    i 
quali  però  caddero  in  gravi  equi- 
voci  rapporto    alla    storia    munici- 
pale, come  Biondo  da  Forlì  o  sia 
Biondo  Flavio,  nella  Roma  ristali- 
rata  et  Italia   illustrata  ,    tradotta 
da  Lucio  Fauno;  Pio  li   nel  lib.  Il 
de'  Commentari;    Raffaele  Volaler- 
rano,    in    Commentariorum    Urba- 
ncr.  lib.  VI;  Atanasio  Kircher,  La- 
tiuin  j    in   cui   fa  menzione    di  un 


48  GEN 

albero  portentoso  per  la  sua  mole, 
il  quale  Jsussisterebbe  ancora  se  le 
donne  gen/anesi  non  avessero  nel- 
la concavità  dell'albero,  che  loro 
serviva  di  comoda  stanza,  fatto 
bollire  a  fuoco  vivissimo  la  caldaia 
del  bucato,  per  cui  si  diseccarono 
a  poco  a  poco  le  radici  e  l' albe- 
ro stesso  ,  che  bisognò  tagliarlo 
a'  tempi  del  Ratti ,  il  quale  adér- 
ma  non  essere  esagerazione  dan- 
dogli molti  secoli  di  vita  ;  e  Giu- 
seppe Rocco  Volpi,  Fetiis  Lalium, 
Ioni.  \IL  Di  Genzano  ne  avea  e- 
ziandio  parlato  con  erudizione  An- 
tonio Ricchi  nel  lib.  I,  cap.  XXXX, 
della  Reggia,  de'  volsci,  chiaman- 
dolo Geiisano  o  Cinliano,  e  ripor- 
tando le  congetture  di  alcuni  che 
ivi  giacesse  l'antica  città  di  Bovil- 
fa,  e  che  vi  fosse  una  villa  di  Ce- 
sare Augusto,  sotto  il  quale  fu 
piantato  l'enorme  memorato  albe- 
ro nel  di  cui  vacuo  potevasi  rifu- 
giare venticinque  uomini.  E  per 
non  dire  di  altri ,  il  Piazza  nella 
Gerarchia  cardinalizia  p.  3 1 7  e 
seg.  interessanti  notizie  avea  scrit- 
te su  Nemi  e  Genzano  o  Cencia- 
no,  e  de'  loro  pregi;  nel  secondo 
parlando  delle  chiese  di  s.  Maria 
di  Cima  e  della  compagnia  del 
ss.  Sagramento,  aggregata  all'arci- 
confiaternita  di  s.  Lorenzo  in  Da- 
maso  di  Roma  ;  dell'  oratorio  del- 
la Concezione,  e  della  chiesa  dei 
ss.  Sebastiano  e  Filippo  Neri,  prov- 
vista splendidamente  dal  duca  Fi- 
lippo Cesarini.  II  Cancellieri  parla 
di  Genzano  nella  sua  Lettera  al 
dottor  Korejy  sopra  V  aria  di  Ro- 
ma ec. ,  ed  a  pag.  222  tratta  di 
alcuni  scrittori  su  Genzano. 

I  cistcrciensi  delle  tre  fontane 
furono  ben  contenti  della  disposi- 
zione di  Bonifacio  IX,  e  dell'  ope- 
rato dai  genzanesi,  non  essendo  essi 


GEN 

in  grado  di  difendere  Genzano  dal- 
le invasioni  doi  potenti  e  prepoten- 
ti [baroni  de  limitrofi  luoghi,  aven- 
do anteriormente  edificato  a  tale 
oggetto  sul  monte  Genzano  una 
gran  torre  a  guisa  di  fortezza,  di 
cui  parlammo  di  sopra,  1  avrebbe- 
ro resa  a  forma  di  cittadella  se  non 
gli  fosse  mancalo  il  danaro.  Nel 
i4o2  accadde  in  questa  terra  un 
orribile  incendio ,  che  la  inceneri 
nella  massima  parte;  onde  i  mo- 
naci per  salvare  il  restante,  essen- 
do impotenti  alle  indispensabili  e 
costose  riparazioni,  con  beneplacito 
apostolico  di  Boiiifacio  IX,  secondo 
il  suo  breve  Jiistis  ci  honestis  siip- 
plicuni  votis ,  dato  a'  28  gennaio 
1404,  divisarono  di  vendere  il  ca- 
stello di  Statua  di  loro  proprietà 
egualmente  rovinato,  detto  l'antico 
Jlsium  o  Tarres,  presso  Palo  nel- 
la diocesi  di  Porto.  Ma  il  Papa 
volendo  beneficare  con  nuovi  favo- 
ri i  monaci ,  ordinò  alla  camera 
apostolica  che  acquistasse  la  pro- 
prietà del  castello  di  Statua  o  Sta- 
tue, ed  in  vece  s' incaricasse  della 
spesa  in  compire  la  fabbrica  della 
torre  di  Genzano,  per  la  quale  Bo- 
nifacio IX  assegnò  seicento  fiorini 
d'oro  ;  per  il  di  più  furono  cedute 
ai  monaci  le  rendite  delle  due  col- 
legiate di  s.  Maria  e  di  s.  Pietro 
de  Arilia,  e  dell'altra  di  s.  Maria  di 
Petrola,  che  perciò  rimasero  sop- 
presse, ed  i  proventi  della  guardia- 
nia  di  Lariano,  come  si  legge  nel 
breve ,  Etsi  diffìcnltatibus ,  ema- 
nato da  Bonifacio  IX  il  primo  feb- 
braio i4o4-  Da  quel  tempo  Gen- 
zano fu  ridotto  a  perfetta  forma 
di  castello,  preso  nel  suo  proprio 
significato  di  fortezza  :  la  fertilità 
del  suo  territorio ,  quello  altresì 
de'  paesi  adiacenti  allettò  alla  di 
lui  coltivazione  molti  abitanti  del* 


GEN 

le  vicine  ed  anche  lontane  contra- 
de, a  stabilirvi  le  loro  famiglie,  at- 
tratte anche  dall'amenità  del  soggior- 
no. Ne!  i4to  Giovanni XXllI  ricon- 
ciliò con  la  Chiesa  i  ribelli  Giovan- 
ni e  Nicola  Colonna  soprannomi- 
nato ,  benché  questi  lo  era  anche 
stato  nel  i4oi  da  Bonifacio  IX,  e 
con  altri  feudi  l' investi  pure  del- 
la terra  di  Genzano  a  triennio , 
col  tenue  censo  di  un  sol  fiorino 
d' oro  da  pagarsi  al  detto  moni- 
stero  di  s.  Anastasio  il  giorno  di 
Natale,  o  nella  di  lui  ottava,  me- 
diante il  breve  Pia  Maler  Ecclesìa, 
de'  i8  luglio,  con  la  clausola  che 
spirato  il  triennio  avrebbe  dovuto 
ritornare  Genzano  ai  monaci.  Ma 
Antonello  Savello,  profittando  dello 
scisma  tuttora  vigente,  1'  occupò  e 
ritenne  sino  al  i^ij,  epoca  in  cui 
terminato  lo  scisma  con  l'elezione  di 
Martino  V  Colonna,  questi  ad  istanza 
dell'abbate  delle  tre  fontane  fecegli 
restituire  Genzano  e  Nemi  ancora 
da  Giovanni  Annibali  che  1'  occu- 
pava. Temendo  però  i  monaci  per 
le  potenti  fazioni ,  e  gran  pote- 
re de'  baroni  romani,  di  perdere  i 
feudi  di  Genzano  e  di  Nemi,  nel 
1423  li  dierono  in  alFitto  per  un 
triennio  a  Giordano  Colonna  fra- 
tello del  Papa,  con  dichiararlo  in- 
sieme governatore  di  ambedue,  con 
documento  che  si  legge  nel  Ratti 
a  p.  127.  L'obbligo  assunto  dal 
Colonna  fu  di  garantire  e  difen- 
dere i  castelli,  e  di  corrispondere 
all'abbazia  «  totum  vinuin,  e  to- 
>}  tum  granum  exigenda ,  perci- 
«  pienda,  et  habenda  ex  dicto  Ca- 
»  stro  Jensani,  tenumeuto  et  vi- 
«  neis  ejusdem  ad  curiam  dicti  Ca- 
«  stri  pertincntia,  et  florenos  quin- 
«  quaginta  in  alia  nianu  ex  fru- 
»  elibus  dicti  Castri  Nemi  ". 

Terminato  il  triennio  domandaro- 

YOL.    XXIX. 


GEN  49 

no  i  monaci  a  Martino  V  di  vendere 
i  castelli  di  Genzano  e  Nemi,  col  ca- 
sale annesso  di  Montagnano,  ai  Co- 
lonnesi  Antonio,  Prospero  e  Odoar- 
do  figli  di  Giordano,  ciò  che  dopo 
maturo  esame  il  Papa  accordò  il 
primo  novembre  col  breve  Ex  in- 
junclo  nohis ,  riportato  con  tutti 
gli  altri  documenti  dal  diligente  e 
dotto  Ratti.  11  prezzo  fu  di  quin- 
dicimila fiorini  da  bai.  4?  l'uno, 
coU'obbligo  ai  monaci  del  rinvesti- 
mento.  Un  mezzo  secolo  e  più  ri- 
mase Genzano  sotto  il  dominio  dei 
Colonna,  e  Martino  V  lo  arriccia 
di  privilegi ,  come  dell'  esenzione 
dalle  gabelle  del  sale  e  del  focati- 
co, come  avea  fatto  con  altri  feu- 
di di  sua  casa.  Narra  il  Lucidi  a  p. 
3 II,  che  mentre  Genzano  era  do- 
minato dai  Colonnesi,  ebbe  la  sor- 
te di  vedere  presso  le  sue  porte  il 
Pontefice  Pio  li  elevato  alla  catte- 
dra apostolica  nel  i458,  come  si  ha 
dal  lib.  II  de'  suoi  Commentari. 
Aggiunge,  che  salendo  il  Papa  dal 
lago  di  Nemi  incontrò  la  molti- 
tudine del  popolo,  e  molti  vecchi 
che  per  1'  allegrezza  si  abbracciava- 
no con  gli  occhi  pieni  di  lagrime, 
dicendosi  scambievolmente:  chi  mai 
creduto  avrebbe  di  vedere  prima 
della  nostra  morte  il  Pontefice  Ro- 
mano ?  Iddio  ci  ha  fatto  questa 
grazia.  Osserva  poi  che  non  entrò 
il  Papa  nel  castello  di  Genzano , 
ma  passò  vicino  alle  porte  di  quel- 
lo,  pei'chè  oltre  la  strettezza  del 
suo  circondario ,  erano  le  strade 
molto  incomode  e  scoscese ,  come 
si  vede  anche  a'  dì  nostri  in  quel 
luogo  che  chiamasi  Genzano  vec- 
chio. Il  passaggio  e  trattenimento, 
come  lo  chiama  il  Ratti,  del  Pon- 
tefice Pio  II  in  Genzano,  fu  un  av- 
venimento memorabile  per  questa 
terra ,    ed   a  tal  effetto   riporta    il 

4 


5o  GEiN 

brano  de'  Commentari ,  in  cui  lo 
stesso  Papa  ne  fa  la  descrizione. 
Il  protonotario  Giovanni  Colonna 
figlio  del  suddetto  Antonio,  nel 
i479  ^^^^^^  Genzano  al  cardinal 
Guglielmo  d' E^touteville  per  du- 
cati tredicimila  e  trecento  da  bai. 
77  l'uno,  con  patto  di  retrovendi- 
ta ;  quindi  il  cardinale  a'  io  ago- 
sto i4Si>  come  di  sopia  abbiamo 
accennato,  donò  i  due  castelli  di 
Genzano  e  Nemi  aGii-olamo  e  Ago- 
stino Tottavilla  suoi  figli  naturali, 
e  nel  i483  costituì  il  cardinal  Bor- 
gia vescovo  di  Porto  poi  Alessan- 
dro Yl,  ed  il  cardinal  A  rei  m  boi  di 
vescovo  di  JXovara,  in  suoi  procu- 
ratori a  prendere  possesso  di  Gen- 
zano e  Nemi,  come  pure  di  Civi- 
ta-Lavinia e  Frascati  donati  simil- 
mente ai  detti  figli,  che  aveva  fat- 
ti adottare  da  Pioberlo  suo  fratello. 
Ma  essendo  morto  nel  i483  stesso 
o  nel  i485  il  cardinale  d'Estoute- 
ville,  i  Colonnesi  colla  forza  e  con 
le  armi  si  rimisero  in  possesso  di 
Genzano  e  degli  allii  castelli  dei 
Tuttavilla,  o  per  il  patto  di  retro- 
vendita, o  per  le  inimicizie  insor- 
te tra  le  due  famiglie ,  essendo  i 
Tuttavilla  amici  degli  Orsini  fieri 
emuli  dei  Colonnesi,  avendo  Giro- 
lamo sposato  Ippolita  Orsini  :  on- 
de ebbero  luogo  guerre  accanite , 
sostenute  d'ambo  le  parli  con  l'a- 
iuto de'  propri  amici.  A  terminar 
tali  fazioni,  e  i  danni  gravi  che  ne 
derivavano  ai  sudditi  pontificii,  mas- 
.sime  de'  luoghi  conUvistati ,  s' in- 
terpose Innocenzo  Vili  ,  il  quale 
nel  concistoro  de'i4  luglio  i485 
(giacché  egli  fu  eletto  a'  26  agosto 
14B4),  stabilì  che  i  castelli  e  luo- 
ghi in  questione  fossero  depositati 
in  sue  inani,  e  tra  questi  le  sole 
terre  dei  Tuttavilla  furono  indivi- 
duate, e  singolarmente  Genzano. 


GEN 
In  tale  anno  adunque  inalberò 
Genzano  di  bel  nuovo  lo  stendardo 
della  Chiesa,  e  per  la  seconda  volta 
respirò,  benché  per  poco  tempo,  sot- 
to il  placido  di  lei  dominio.  Qui 
poi  noteremo  che  se  si  dovesse  sta- 
re all'  autorità  del  Beughemio,  Iii' 
cwiab.  typogr.  p.  1 4  ;  del  De  la 
Caille,  Hisloire  de  l'impriin.  p.  5o, 
e  deirOilandi,  Orìgini  p.  192,  bi- 
sognerebbe accordare  a  Genzano 
anche  il  pregio  di  avere  avuta  una 
tipografìa  nel  secolo  XV ,  che  fu 
quello  della  nascita  di  quest'  arte 
utilissima  ,  scrivendosi  dai  medesi- 
mi che  ivi  fu  stampato  il  seguen- 
te libro  :  Joannìs  Annii  ord.  Praed. 
De  futuri s  christianorum  triuni- 
phis  in  thut;cos  j  et  saracenos  ad 
Sixtum  Papa  IV,  et  reges ,  pria- 
cipes,  ac  senatus  christìanos.  Ge- 
nuae  tjpis  Baptislae  Cavali  ordi- 
nìs  Carmeli  S.  T.  M.  in  domo  s, 
M.  cruciferorwn  1480  in  4-  ^'- 
ì^nat.  foli,  duorum  ab  A.  ad  F. 
characl.  golii.  Il  primo  de'  citati 
scrittori  in  luogo  di  Gennae  legge 
Cenliae,  il  secondo  per  fare  a  suo 
modo  la  cosa  piìi  chiara,  Genzano, 
ed  il  terzo  riportando  ambedue  le 
lezioni  del  Beughemio  e  del  De  la 
Caille  così  soggiunge:  "  Quando 
Gentiae  sia  Gensano ,  egli  è  una 
terra  sullo  stato  di  Roma  ,  dalla 
quale  traile  altre  cose  si  cava  un 
vino  del  quale  in  Roma  se  ne  fa 
molta  slima".  Il  Ratti  dice  che 
chi  opinò  in  favore  di  Genzano , 
cadde  in  manifesto  errore.  Intanto 
la  pace  tra  la  fazione  Colonnese  e 
r  Orsina  ebbe  pieno  effello  nel  i486 
in  settembre  o  poco  dopo  ;  però 
Genzano  rimase  sotto  l'immediato 
dominio  della  Chiesa  circa  un  an- 
no, dopo  il  quale  sembra  non  es- 
sere ritornalo  ai  Tuttavilla ,  ma 
beuM  ai  Colonna,  ciò  che   sembra 


GEN 

confermarsi  dalla  bolla  tli  Alessan- 
dro VI,  con  cui  approvando  la  do- 
nazione di  Lucrezia  IJorgia  ai  due 
.suoi  figli  Roderico  e  Giovanni  di 
tutte  le  terre  a  lei  investite  dal 
Pontefice  padre,  e  prima  tolte  ai 
principali  baroni  romani  ,  il  solo 
Frascati  vi  si  nomina  come  feudo 
dei  Tuttavilla,  e  non  Genzano,  pa- 
rimente compreso  in  quella  dona- 
zione, forse  accaduta  nel  1498,  an- 
no in  cui  Lucrezia  sposò  in  secon- 
de nozze  Alfonso  d'Aragona  duca 
di  l'iselli  da  cui  ebbe  i  delti  figli. 
Morto  Alfonso  nel  i5oo,  Lucrezia 
avanti  di  maritarsi  col  duca  di  Fer- 
rara fece  ad  essi  la  riferita  dona- 
zione, confermata  e  consolidata  da 
Alessandro  VI  con  la  bolla  Code- 
slis  altitudinis  poteiiliac,  del  primo 
ottobre  i5oi.  Nella  divisione  Gen- 
zano toccò  a  Roderico,  che  succes- 
se alla  madre  nel  di  lui  dominio 
e  baronaggio;  ma  morto  il  Papa 
nell'agosto  i5o3,  venendo  i  Bor- 
gia spogliati  dei  domini!  da  lui 
dati,  ed  avendo  i  baroni  romani 
ripreso  ognuno  il  suo,  i  Colonnesi 
naturalmente  rientrarono  in  pos- 
sesso di  Genzano,  che  pacificamen- 
te conservarono  sino  al  1 563.  In 
cpiest'anno  a'  26  settembre  Marco 
Antonio  Colonna  di  poi  trionfato- 
le de'  turchi  a  Lepanto  ,  vendette 
Genzano  a  Fabrizio  de'  INIassimi 
per  il  prezzo  di  scudi  quindicimila 
duecento,  con  atto  che  il  Ratti  ri- 
porta a  p.  107,  dicendo  il  Lucidi, 
eccettuata  la  tenuta  di  Montagna- 
no  con  le  sue  mole.  A  fine  di  to- 
gliere ogni  eccezione  sulla  validità 
di  una  tal  vendila.  Pio  IV  con  suo 
moto-proprio  derogò  a  tutti  i  fi- 
decommissi  della  famiglia  Colonna, 
specificando  che  Marc'Antonio  era 
slato  necessitato  a  vendere  il  suo 
icudo  di  Genzano  per  i  debiti  che 


GEiN  ji 

aveva  dovuto  contrarre  a  causa  del- 
le doti  alle  proprie  sorelle.  Aggiun- 
ge il  Lucidi  che  vi  fu  prestato  il  con- 
senso da  Filippo  II  re  di  Spagna,  per 
sictn-ezza  dell'  obbligo  di  evizione 
sepia  i  beni  di  Marc'Antonio,  esi- 
stenti nel  regno  di  Napoli,  il  quale 
specialmente  obbligò  i  castelli  di 
Marino  ,  Nettuno,  Civita  Lavinia  e 
Ceccano. 

Effimero  fu  il  dominio  del  Mas- 
simi sopra  Genzano,  mentre  nell'an- 
no seguente  a'  2  ottobre  lo  riven- 
dette per  lo  stesso  prezzo  di  scu- 
di quindicimila  duecento  a  Giu- 
liano Cesarini  marchese  di  Civita- 
nova  nella  provincia  di  Macerala 
[Vedi),  al  quale  articolo  ne  parle- 
remo, essendo  tuttora  dei  duchi 
Sforza  Cesarini  con  titolo  di  du- 
cato. L'atto  di  vendita  il  Ratti  Io 
riporta  a  p.  162,  in  cui  si  legge 
compresa  nell'  acquisto  di  Giuliano 
la  tenuta  delle  due  Torri  a  po- 
nente e  in  poca  distanza  da  Gen- 
zano, e  prendeva  tal  nome  da  due 
torri  vecchie  eh'  erano  sopra  il 
colle  compreso  nella  medesima: 
oggi  solo  una  ne  resta  in  piedi,  e 
tutta  la  possessione  appartiene  ai 
carmelitani.  Eziandio  nella  vendita 
si  compresero  alcune  case  comprate 
dal  Massimi,  non  che  quei  migliora- 
menti da  lui  fatti  nel  feudo.  Da  quel 
tempo  Genzano  restò  nel  dominio 
Cesarini,  e  quindi  lo  è  ancora  negli 
Sforza  loro  eredi  e  successori,  che 
in  piìi  incontri  fecero  sperimenta- 
re ai  genzanesi  le  loro  beneficenze, 
molte  delle  quali  di  sopra  regi- 
strammo. L'  altro  duca  Giuliano 
Cesarini  facendo  lunga  e  frequen- 
te dimora  in  Genzano,  ivi  la  sua 
consorte  d.  Margherita  Savelli  par- 
tori  Alessandro,  Maria  Felice,  An- 
na Maria,  la  celebre  Cleria,  e 
Giulia,  non  restringendosi  la  slan- 


52  GEN 

zione  dei  nobili  coniugi  in  Gcnza- 
no  al  solo  (cnipo  di  villeggiatura. 
Sotto  questo  duca  Giuliano  il  feu- 
do fu  onorato  d'una  graziosa  vi- 
sita del  Pontefice  Alessandro  VII,  di 
che  fece  egli  menzione  nel  volume 
dedicato  a  quel  Papa  di  poesie  la- 
tine ed  italiane  dello  zio  dottissi- 
mo d.  Virginio,  pubblicato  nel 
i658  con  tipografico  lusso,  con  in- 
cisione stampata  in  rame  che  ri- 
corda la  visita  di  Alessandro  VII 
in  Genzano.  D.  Livia  figlia  di 
Giuliano  e  Margherita,  ed  il  ge- 
nero d.  Federico  amarono  pure  la 
dimora  di  Genzano,  ed  ivi  ebbe 
i  natali  il  primogenito  duca  Gae- 
tano seniore. 

AfTezionatissimi  i  duchi  Cesari- 
ni  e  Sforza  al  loro  Genzano,  vol- 
lero segnarne  i  fasti  anche  coi 
matrimoni  dei  propri  figli  il  du- 
ca Gaetano  mentovato,  e  d.  O- 
lirapia.  Questa  nella  parrocchiale 
di  Genzano  il  primo  luglio  del 
1699  sposò  d.  Scipione  principe 
di  Venafro,  il  fratello  a'  i.\  giugno 
lyoS  si  unì  in  matrimonio  a  d. 
Vittoria  Conti.  Inoltre  Genzano  più 
volte  fu  onorato  dalla  presenza 
de' sommi  Pontefici  che  vi  si  por- 
tarono da  Castel  Gandolfo,  e  da  al- 
tri nell'andata  e  ritorno  da  alcun 
luogo,  come  fece  Benedetto  XI li, 
quando  negli  anni  1727  e  1729 
si  portò  alla  sua  antica  chiesa  ar- 
civescovile di  Benevento;  così  di 
altri  Papi  che  recaronsi  a  Nemi. 
Clemente  XIII  agli  1  i  ottobre 
1764  si  portò  a  Genzano,  avendo 
seco  in  carrozza  il  cardinal  Caval- 
chini,  e  il  cardinal  Rezzonico  suo 
nipote.  Il  Papa  visitò  la  chiesa 
principale  ov'  era  esposta  una  sta- 
tua della  Beata  Vergine  del  Ro- 
sario i  poscia  andò  a  visitare  il 
cardinal  Giovanni  Costanzo  Carac- 


GEN 

ciolo  nel  suo  casino,  il  quale  ap- 
prestò un  magnifico  rinfresco.  Nel 
Diario  di  Roma  del  1773,  nume- 
ro 8344  si  legge,  che  avendo  Cle- 
mente XIV  permesso  al  duca  Gae- 
tano giuniore  Sforza  Cesarini  di 
poter  fare  eseguire  nel  suo  feudo 
di  Genzano  la  sentenza  di  morte 
di  un  reo  colpevole  di  piìi  delit- 
ti capitali,  il  duca  fece  trattare 
convenientemente  i  confrali  del- 
l'arciconfralernita  di  s.  Giovanni 
Decollato,  che  da  Roma  si  porta- 
rono ad  assistere  il  reo  che  fu  im- 
piccato. Il  Pontefice  Pio  VI  (]ììI 
1780  recandosi  ogni  anno  sino  al 
1796  inclusive,  tranne  gli  anni 
1782  e  1793,  a  Terracina  nell'a- 
prile e  nel  maggio  per  il  prosciu- 
gamento delle  paludi  Pontine,  o- 
norò  nel  passaggio  di  sua  presen- 
za Genzano.  Pio  VII  a'  18  otto- 
bre 1 8 1 4  si  portò  a  Genzano,  e 
dalla  loggia  del  palazzo  del  duca 
d.  Francesco  Sforza  Cesarini,  com- 
partì al  popolo  l'apostolica  bene- 
dizione; vi  ritornò  a' 2  i  ottobre 
i8i5_,  e  nella  chiesa  del  duomo 
nuovo  ricevette  la  benedizione  col 
ss.  Sagramento.  Il  successore  Leo- 
ne XII,  ineiitamente  a'^S  settem- 
bre 1828  dichiarò  Genzano  città, 
e  gli  concesse  le  relative  prero- 
gative. 

Il  Papa  che  più  di  ogni  altro 
ha  in  parlicolar  modo  onorato 
Genzano  con  le  frequenti  sue  visi- 
te, e  soggiorno  di  parecchie  ore, 
è  il  regnante  Gregorio  XVI,  ol- 
tre di  aver  dato  alla  città  a  mu- 
nifico protettore  il  cardinal  Anto- 
nio Tosti  romano,  che  segnalò  il 
possesso  solenne  che  decorosamen- 
te vi  prese  in  persona,  con  divei'- 
se  beneficenze  tutte  proprie  del 
suo  animo  generoso.  Nel  numero 
82  del  Diario  di  Roma  del   i83i 


GEN 

si  legge  che  a'  i  o  ottobre  recando- 
si dalla  villeggiatura  di  Castel  Gan- 
dolfo  il  Papa  Gregorio  XVI  a 
Velletri,  fu  acclamato  dai  genzane- 
si  con  ogni  venerazione,  cui  face- 
va eco  la  banda  dei  filarmoni- 
ci della  medesima  città.  Discese 
alla  chiesa  collegiata  in  mezzo  al- 
la guardia  civica,  essendo  ricevuto 
dal  clero  e  magistratura  governa- 
tiva e  comunale,  vestiti  delle  loro 
insegne.  Ivi  ricevette  la  benedi//io- 
ne  col  ss.  Sagramento  decorosa- 
mente esposto,  da  monsignor  So- 
glia arcivescovo  d'Efeso  ed  elemo- 
siniere; dopo  di  che  proseguì  il 
suo  viaggio  benedicendo  paterna- 
mente i  giubilanti  cittadini.  Nella 
seguente  mattina  reduce  il  Papa  da 
Velletri,  ad  istanza  de'genzanesi  di- 
scese alla  detta  chiesa ,  ove  dal 
nominato  prelato  fu  compartila  la 
benedizione  colla  ss.  Eucaristia  pre- 
cedentemente esposta;  quindi  in 
sagrestia  il  Pontefice  ammise  al 
bacio  del  piede  i  canonici,  il  go- 
vernatorCj  il  gonfaloniere  con  la 
civica  magistratura,  i  maestri  pub- 
blici, gli  individui  della  banda  fi- 
larmonica, e  molti  delle  principa- 
li famiglie.  Indi  tra  l'esultanza  re- 
ligiosa degli  abitanti,  Gregorio 
XVI  si  condusse  a  piedi  al  con- 
vento de' religiosi  cappuccini,  do- 
ve asceso  nuovamente  in  carrozza 
fece  ritorno  a  Castel  Gandolfo. 
Nel  numero  83  del  Diario  di  Ro- 
ma del  i832,  si  narra  che  agli 
1 1  oltobie  il  Papa  Gregorio  XVI 
visitò  la  chiesa  principale  di  Genza- 
no,  ricevuto  colle  consuete  onorifi- 
che dimostrazioni,  suono  delle  cam- 
pane e  della  banda,  sparo  de'mor- 
tari,  e  vive  acclamazioni.  Dopo  di 
aver  dato  monsignor  Soglia  la  be- 
nedizione col  ss.  Sagramento,  il 
Papa  ammise    in  sagrestia   al  ba- 


GEN  53 

ciò  dei  piede  il  capitolo,  le  ma- 
gistrature, i  filarmonici  ed  altri, 
e  fatto  un  tratto  di  strada  verso 
Nenii,  a  quel  castello  si  condusse  : 
ripassando  poi  per  Genzano  per 
restituirsi  a  Castel  Gandolfo,  gli 
abitanti  rinnovarono  i  loro  lieti 
auguri  ed  omaggi.  Nel  supplimen- 
lo  poi  di  detto  numero  del  Diario 
di  Roma,  sì  legge  che  ai  i5  otto- 
bre il  Papa  col  solito  accompa- 
gnamento si  è  recato  a  Genzano, 
e  smontando  alla  chiesa  dei  cap- 
puccini, trovò  la  truppa  ivi  schie- 
rata colla  banda  musicale  di  Vel- 
letri: in  chiesa  ricevette  la  benedi- 
zione col  ss.  Sagramento  da  mon- 
signor Soglia,  e  passando  nel  con- 
tiguo convento  visitò  la  libreria, 
passeggiò  nel  vasto  orto,  donde 
osservò  il  bel  lago  di  Nemi;  quin- 
di con  singolare  clemenza  non  so- 
lo volle  il  Pontefice  pranzare  nel 
refettorio,  ma  ammise  alla  sua  ta- 
vola oltre  il  cardinal  Mattei,  mon- 
signor Bontadosi  suo  viditore  pos- 
sidente di  Genzano,  l'arciprete  del- 
la collegiata,  e  la  nobile  sua  cor- 
te, anche  la  religiosa  famiglia.  Nel- 
l'ore pomeridiane  Gregorio  XVI 
si  degnò  portarsi  a  piedi  a  visita- 
re le  maestre  pie,  le  ammise  be- 
nignamente al  bacio  del  piede,  e 
poscia  tra  i  sinceri  evviva  de' ri- 
conoscenti genzanesi,  nuovamente 
benedetti  da  lui,  fece  ritorno  a 
Castel  Gandolfo. 

Nel  supplìinento  del  numero  84 
del  Diario  di  Roma  de'  1 9  ottobre 
i833,  è  riportato,  come  Gregorio 
XVI  da  Castel  Gandolfo  a'  1 7  di 
detto  mese  si  recò  a  Genzano,  in- 
contrato dalla  divota  popolazione 
con  ogni  maniera  ossequiosa.  Nel- 
la chiesa  collegiata  ricevette  da 
monsignor  Soglia  la  consueta  be- 
nedizione eoa  l'augustissimo  Sagra- 


54  GEN 

juento,  e  nel  solito  Irono  dell'an- 
nessa sagrestia  permise  che  gli  ba- 
ciassero il  piede  il  capitolo,  i  ma- 
gistrali, e  i  distinti  cittadini.  ludi 
il  Papa  andò  a  Civita  Lavinia,  e 
ritornando  a  Ganzano,  passò  nella 
chiesa  de' cappuccini,  ove  roonsi- 
giior  Soglia  tornò  a  dare  la  bene- 
dizione, e  nella  libreria  ammise  al 
bacio  del  piede  il  p.  guardiano  e 
la  comunità  religiosa.  Avendo  fat- 
to preparare  la  sua  mensa  nel  re- 
fettorio, vi  desinò  col  nobile  se- 
guito, coi  sacerdoti  cappuccini,  coi 
prelati  Bontadosi,  e  Frezza  di  Ci- 
vita Lavinia,  e  con  l'arciprete  di 
Genzano.  Dopo  il  pranzo  Gx'egorio 
XVI  passeggiò  neir  orto,  ove  fa 
bella  veduta  il  sottoposto  lago,  e 
le  adiacenti  campagne  e  colline, 
quindi  benedicendo  i  genzanesi,  e 
tra  i  loro  plausi  ritornò  a  Castel 
Gandolfo.  Nel  numero  4^  delle 
]S'olizie  del  giorno  del  i834  è  ri- 
portato, che  ai  20  ottobre  il  Pa- 
pa Gregorio  XVI  recossi  a  Gen- 
zano, nella  cui  collegiata  monsignor 
Tevoli  arcivescovo  di  Atene  ed  e- 
lemosiniere  compartì  l'eucaristica 
benedizione:  in  sagrestia  ammise  al 
bacio  del  piede  il  capitolo,  le  magi- 
strature ed  altri,  indi  si  portò  a  Ci- 
vita Lavinia,  Restituitosi  il  Papa 
a  Genzano,  nella  clùesa  de'  cappuc- 
cini ricevè  la  benedizione  col  ss. 
Sagramento,  da  monsignor  Soglia 
segretario  della  congregazione  dei 
vescovi  e  regolari,  e  nel  convento 
la  famiglia  religiosa  gli  baciò  il 
piede,  e  poi  venne  da  lui  ammes- 
sa alla  sua  pontificia  mensa,  coi 
cardinali  Falzacappa  vescovo  di 
Albano,  ed  O descalchi,  ed  i  pre- 
lati Frezza  e  Bontadosi,  il  conte 
Scbrcgondi  e  l'arciprete  di  Gen- 
zano. Nelle  ore  pomeridiane  il  Pon- 
lelice  festeggialo  dai  genzanesi  ri- 


GEN 

parli  per  Castel  Gandolfo.  Nel  nu- 
mero 86  del  Diario  di  Roma  del 
i836,  si  racconta  che  Gregorio 
XVI  a'  1 9  ottobre  andò  a  Genza- 
no,  dove  nella  chiesa  collegiata 
ricevè  da  monsignor  Soglia  patriar- 
ca di  Costantinopoli  la  benedizio- 
ne col  ss.  Sagramento,  ed  in  sa- 
grestia gli  baciarono  il  piede  il  ca- 
pitolo, i  magistrati,  i  filarmonici, 
ed  altre  persone.  Si  portò  poscia 
a  Civita  Lavinia,  e  nel  ritorno  do- 
po avere  ricevuta  la  benedizione 
col  Santissimo  nella  chiesa  de'cap- 
puccini,  nel  refettorio  del  conven- 
to, colla  consueta  benignità,  il  Pa- 
pa invitò  alla  propria  mensa  i 
religiosi,  i  cardinali  Falzacappa  e 
Odescalchi,  monsignor  Frezza  e  la 
nobile  corte  ;  poscia  nelle  ore  po- 
meridiane fece  ritorno  a  Castel 
Gandolfo  tra  gli  iterati  felici  voli 
dei   cittadini. 

Finalmente  nel  numero  19  del- 
le Notizie  del  giorno  del  1 843,  si 
legge  che  ritornando  Gregorio  XVI 
a  Roma,  dal  viaggio  fatto  nelle  Pro- 
vincie di  Marittima  e  Campagna, 
proveniente  da  Velletri  giunse  ai 
9  maggio  in  Genzano.  Fu  ricevu- 
to dal  cardinal  Pietro  Ostini  ve- 
scovo di  Albano  alia  testa  del  suo 
clero,  da  d.  Lorenzo  Sforza  Cesa- 
rini  duca  di  Genzano,  e  da  monsi- 
gnor Lucciardi  ,  presidente  della 
Comarca  ,  oltre  il  governatore,  e 
la  civica  magistratura  in  abito.  Nel- 
la collegiata  il  Papa  ricevè  la  be- 
nedizione col  Venerabile  ,  e  nella 
sagrestia  ammise  al  bacio  del  pie- 
de i  nominati  personaggi  ed  altri, 
con  r  assistenza  del  cardinale,  li 
Papa  dirigendosi  poi  a  piedi  verso 
il  convento  de'cappuccini,  gli  riuscì 
di  gradevole  sorpresa  il  ritrovare 
una  delle  lunghe  strade  che  divi- 
dono la  città  moderna  di  Genzano, 


GEN 

cioè  la  via  Sforza,  costiuita  iu  de- 
clivio tutta  ricoperta  nel  mez- 
zo di  un  vaghissimo  tappeto  di 
fiori  freschi  di  dilfeietili  specie, 
colori  ed  odori.  Con  questo  spet- 
tacolo il  popolo  geiizanese  voile 
dare  al  suo  amato  padre  e  sovra- 
no un  saggio  dell'  infiorala  che  o- 
gni  anno  eseguisce  per  solenniz- 
zare la  processione  dell'ottava  del 
Corpus  Domini.  Questi  fiori  di- 
sposti con  disegno  e  simmetria  in 
vari  compartimenti,  formavano  bel- 
lissimi ornati  tramezzati  da  diver- 
si stemmi  gentilizi ,  e  da  dieci  i- 
scrizioni  celebranti  le  virtù  del 
Papa,  l'onore  che  compartiva  a 
Genzano  in  tal  giorno ,  ed  altro 
relativo:  tanto  gli  stemmi,  come 
le  iscrizioni  erano  formate  di  fiori 
naturali.  In  capo  poi  della  strada 
Sforza  ,  leggevasi  in  un  cartello 
una  iscrizione  in  cui  si  esaltava  il 
sommo  ed  utile  benefizio  della 
nuova  portentosa  strada  dal  Papa 
ordinata  nel  clivio  di  Gallerò,  che 
conduce  a  Genzano,  con  immenso 
vantaggio  pubblico  :  autore  di  tut- 
te le  iscrizioni,  scritte  con  aurea 
latinità  fu  d.  Gaetano  LotFreddi  sa- 
cerdote genzanese.  Gli  stemmi  gen- 
tilizi erano,  quello  del  Pontefice,  cui 
succedevano  cjuelli  del  cardinal  O- 
stini  vescovo  diocesano,  del  cardi- 
nal Tosti  protettore  di  Genzano, 
del  cardinal  Lambruschini  segre- 
tario di  stato,  del  cardinal  Mattei 
segretario  per  gli  affari  di  stato 
interni,  di  d.  Lorenzo  Sforza  Ce- 
sarini  duca  di  Genzano  e  gonfa- 
loniere perpetuo  del  popolo  ro- 
mano, e  degli  stemmi  di  vari  altri 
personaggi  che  sono  a  capo  delle 
diverse  pubbliche  amministrazioni, 
con  le  quali  ha  relazione  la  città 
di  Genzano.  11  Papa  ammirando 
il    sorprendente    lavoro    e  il  niira- 


GEN  55 

bile  effetto  che  produceva  l'immen" 
sa  copia  de'  ben  disposti  fiori,  in- 
dugiava a  passarvi,  temendo  che 
si  stupendo  lavoro  di  tante  per- 
sone, non  venisse  in  un  momento 
guastato  dal  transito  del  suo  se- 
guito e  dal  popolo  accorso  anche 
dai  convicini  paesi  e  da  Roma. 
Invitato  il  Pontefice  a  passarvi  so- 
pra, poiché  solo  in  suo  onore  e- 
rasi  la  strada  in  tal  modo  abbel- 
lita, vi  ascese  e  la  percorse  tutta 
sino  alla  cima,  seguito  dal  corteg- 
gio, fra  le  acclamazioni  de'genzane- 
si  e  della  moltitudine,  che  l'ap- 
plaudiva anche  dalle  finestre  delle 
case  laterali  parate  a  festa  con 
drappi  di  variati  colori.  Giunto 
Gregorio  XYI  alla  cima  della  stra- 
da proseguì  a  camminare  per  la 
via  Carolina,  e  giunto  sulla  gran- 
de piazza  circolare  ove  s'incrocia- 
no i  quattro  superbi  viali  della 
rinomata  olmata,  ne  amraiiò  l'im- 
ponente prospettiva,  che  vi  si  pre- 
senta da  ogni  lato ,  fermandosi  a 
complimentare  la  duchessa  di  Gen- 
zano, d.  Carolina  Sfi^jrza  Shirlej, 
che  ivi  trovandosi  col  suo  figliuo- 
lo d.  Francesco  duca  di  Segni,  si 
prostrò  a  baciargli  i  piedi.  Arri- 
vato finalmente  il  Pontefice  alla 
chiesa  de'  cappuccini  per  ricevervi 
la  benedizicuie  col  Santissimo,  ed 
entrato  nel  contiguo  convento  am- 
mise al  bacio  del  piede  la  religio- 
sa famiglia,  che  volle  fosse  parte- 
cipe nel  refettorio  di  sua  mensa. 
A  questa  si  compiacque  ammetter- 
vi anche  il  duca  d.  Lorenzo  Sfor- 
za, il  p.  Luigi  da  Bagnala  predi- 
ca4ore  apostolico  ,  e  procuratore 
generale  de' cappuccini ,  l'arciprete 
della  collegiata,  il  governatore  ed 
il  gonfaloniere  di  Genzano.  Men- 
tre seguiva  il  pranzo  uno  scelto  con- 
certo di   trombe  della  valentissima 


56  GEN 

banda  romana  dei  dragoni  ponli- 
flcii,  in  una  stanza  contigua  esegui 
con  lieta  musica  di  cori  alcune 
strofTette  in  onore  del  supremo  Ge- 
rarca. Dopo  il  pranzo  il  Pontefice 
nel  coro  de*  cappuccini  nuovamen- 
te ammise  al  bacio  del  piede  il 
duca,  e  la  duchessa  di  Genzano, 
le  maestre  pie  della  città  ed  altre 
persone,  indi  ascese  in  carrozza,  e 
giunto  al  piazzale  di  Galloro  ne 
discese  per  osservare  la  nuova  strada 
che  per  sua  munificenza  andavasi 
ultimando  da  quel  punto  sino  al- 
l'olmata di  Genzano;  e  lodandone 
il  cav.  Giuseppe  Bartolini  autore 
e  direttore  della  medesima,  questi 
ebbe  l'onore  di  farne  rimarcare  i 
vantaggi,  le  superate  difficoltà,  e 
rispose  a  tutte  le  interrogazioni  che 
si  piacque  fargli  il  venerato  princi- 
pe. Dopo  averne  egli  percorso  un 
tratto  a  piedi,  retrocedette  per  mon- 
tare in  carrozza,  la  quale  fu  la  pri- 
ma a  passare  per  la  nuova  strada, 
seguitando  il  viaggio  per  Pioma. 
Ai  5  ottobre  del  medesimo  anno 
1843  Gregorio  XVI  da  Castel 
Gandolfo  ritornò  in  Genzano,  vi- 
sitò la  collegiata,  e  la  chiesa  dei 
cappuccini ,  nel  cui  refettorio  am- 
mise benignamente  alla  sua  tavola 
i  religiosi,  il  cardinal  Pacca  deca- 
no del  sacro  collegio,  il  cardinal 
Ostini  vescovo,  ed  oltre  la  sua  no- 
bile corte,  il  p.  abbate  Zuppani,  il 
governatore,  il  gonfaloniere  e  l'ar- 
ciprete di  Genzano. 

Da  ultimo  a' 2  ottobre  i844  il 
prefato  Pontefice  da  Castel  Gan- 
dolfo si  condusse  a  Genzano  per 
la  suddetta  strada,  che  in  un  al 
ponte  trovò  perfettamente  compi- 
ta, ed  a  memoria  del  benefizio  è 
stata  collocata  sul  ponte  stesso  a- 
naloga  marmorea  iscrizione,  sovra- 
stata dal  pontificio  stemma  di  tra- 


GEN 

vertino.  Giunto  in  città  fu  ricevu- 
to nella  chiesa  collegiata  dal  car- 
dinal Ostini  vescovo,  dal  capitolo, 
da  monsignor  Lucciardi  presidente 
della  Comarca,  dal  governatore,  e 
dal  gonfaloniere  ed  anziani,  lutti 
in  abito,  tra  il  suono  delle  cam- 
pane, gli  evviva  della  popolazione, 
lo  sparo  de'  mortari,  ed  il  suono 
della  banda  de' cacciatori.  11  Papa 
ricevè  da  monsignor  Castellani  sa- 
grista  la  benedizione  col  ss.  Sagra- 
mento  precedentemente  esposto  , 
quindi  volle  onorare  di  sua  pre- 
senza il  nuovo  palazzo  comunale 
in  via  Livia.  È  pertanto  a  sapersi 
ch'era  proprietario  di  un  ben  va- 
sto febbricato  in  Genzano  Giovan- 
ni Amerani,  ed  avendo  la  comune 
bisogno  d'un  locale  in  cui  potesse 
riunire  tutti  gli  uffici  pubblici,  nel 
terminare  del  1 843  acquistò  a  ta- 
le effetto  il  fabbricato.  Quindi  la 
comune  con  l'opera  e  direzione 
dell'egregio  architetto  romano  Lui- 
gi Agostini  lo  restaurò,  l'ampliò  e 
lo  ridusse  agli  usi  pei  quali  avea 
proceduto  alTacquisto,  laonde  sic- 
come perfettamente  compito,  il 
Pontefice  onorò  di  ascendere  al 
piano  superiore,  compartire  dall'or- 
nata loggia  l'apostolica  benedizione 
a  tutti  gli  abitanti,  e  nella  gran 
sala  in  decoroso  trono  di  ammet- 
tere al  bacio  del  piede  il  clero,  il 
governatore,  la  magistratura  civi- 
ca, ed  i  più  distinti  cittadini,  tut- 
ti lieti  di  vedere  distinto  il  muni- 
cipale edifizio  dalla  presenza  di 
Gregorio  XVI.  Passò  poscia  il  Pa- 
pa nella  chiesa  de' cappuccini,  e 
dopo  avervi  orato  si  recò  nel  con- 
tiguo convento ,  ove  in  refettorio 
ammise  alla  sua  mensa  i  cardinali 
Ostini  e  IMattei,  ed  oltre  la  pro- 
pria famiglia  nobile  e  quella  reli- 
giosa coi  pp.  Luigi  da  Baguaiq  gè- 


GEN 

ncrale,  ed  Andrea  d'  Arezzo  pro- 
curatore generale,  anche  il  prc- 
lulo  Lucciardi,  il  governatore  Ni- 
cola Mariani,  il  gonfaloniere  Paolo 
Marini,  l'arciprele  d.  Filippo  de 
Dominicis,  e  J' altro  distinto  gen- 
zanese  Gaetano  Jacopini.  La  men- 
sa fu  rallegrata  dalla  sullodata 
Landa  musicale,  dopo  la  quale  il 
Pontefice  ammise  nel  coro  al  ba- 
cio del  piede  le  maestre  pie,  ed  al- 
tre persone,  e  col  suo  seguito  par- 
tì tra  il  plauso  de'  genzanesi  per 
Galloro  e  per  Castel   Gandolfo. 

Oltre  quanto  si  è  detto  supe- 
riormente dell'antichissima  e  no- 
bilissima famiglia  romana  Cesarini, 
qui  accenneremo  alcuna  delle  tan- 
te cose  che  la  riguardano.  Essa  ha 
dato  al  sacro  collegio  quattro  car- 
dinali, cioè  Giuliano  del  1426  giu- 
«iore  ;  Giuliano  del  149^  senio- 
re; Alessandro  del  iSi'j  giuniore; 
Alessandro  del  1627  seniore:  le 
notizie  biografiche  de'  quali  sono 
riportale  ai  loro  articoli  e  luoghi 
relativi.  Il  cardinal  Giuliano  se- 
niore terminò  il  palazzo  Cesarini 
incominciato  da  monsignor  Giorgio, 
ed  ampliò  le  abitazioni  di  sua  fa- 
miglia, facendo  acquisto  di  un  al- 
tro palazzo  dirimpetto  al  primo, 
nel  quale  era  inclusa  la.  torre  Ar- 
gentina, ove  edificò  vaghi  e  sontuo- 
si portici:  presso  al  detto  palazzo 
è  la  chiesa  di  s.  Nicola  alle  Cal- 
care, detta  de' Cesarini  per  esserne 
stati  questi  i  patroni,  ed  ora  ap- 
partiene ai  somaschi.  Gabriele  Ce- 
sarini pel  primo  ottenne  la  cospi- 
cua carica  di  gonfaloniere  del  po- 
polo romano,  probabilmente  da 
Sisto  IV,  o  almeno  da  Innocenzo 
Vili,  sebbene  altri  dicono  averla  con- 
seguita da  Alessandro  VI  parente  di 
questa  famiglia,  per  la  quale  mostrò 
speciale  propensione,  e  ricolmò  di  fa- 


GEN  57 

vori  e  beneficenze.  Gabriele  nel 
i499  col  consenso  di  detto  Papa 
rassegnò  il  gonlalonierato  al  suo 
figlio  Gio.  Giorgio,  e  questi  fece 
poi  altrettanto  per  autorità  di  Giu- 
lio lì  col  proprio  figliuolo  Giulia- 
no. Clemente  VII  col  moto-pro- 
prio de' 23  marzo  i53o  perpetuò 
nella  famiglia  Cesarini  ,  e  rese  in 
essa  ereditaria  la  medesima  carica 
di  gonfaloniere  del  popolo  roma- 
no ;  anzi  è  da  notarsi  che  il  du- 
ca Filippo,  dopo  la  morte  di  Giu- 
liano suo  fratello,  succedendo  ai  di- 
ritti di  primogenitura,  chiese  di  es- 
sere messo  iu  possesso  anche  della 
carica  di  gonfaloniere  del  popolo 
romano,  e  degli  emolumenti  an- 
nessi alla  medesima:  incontrò  qual- 
che ostacolo  sotto  Alessandro  VII 
attesa  la  sua  passata  qualità  di 
chierico,  ma  pienamente  favorevole 
trovò  il  di  lui  successore  Clemen- 
te IX,  che  perciò  a'  23  maggio 
1668  emanò  relativo  moto-proprio. 
Dopo  la  sua  morte  nel  i685  ÌA 
sua  carica  fu  conferita  ad  altri,  ma 
nei  primi  del  secolo  seguente  ven- 
ne reintegrata  la  famiglia  Sforza 
Cesarini,  che  tuttora  ne  porta  il 
titolo  e  le  insegne  nella  propria 
arma  gentilizia.  /^.  Gonfalonie- 
re   DEL     SENATO     E     POPOLO    ROMANO. 

All'articolo  Carnevale  (Fedi),  ab- 
biamo detto  delle  splendide  feste 
date  in  Roma  nel  i5/^5  da  Giu- 
liano, co' famosi  giuochi  di  Agone 
e  di  Testacico  ;  egli  da  Giulio  HI 
fu  investito  di  Civita  Nova,  e  di 
Monte  Cosaro  con  titolo  di  mar- 
chese. Sisto  V  oltre  altre  singolari 
concessioni  a  questa  famiglia  ,  isti- 
tuì in  favore  del  duca  Giuliano  il 
monte  Cesarino  vacabile.  In  d.  Li- 
via Cesarini  si  riunì  l'eredità  di 
cpicsta  famiglia ,  insieme  a  <juel- 
Ic  dei  Savclli,  Perelti ,  Cabrerà,    e 


58  GEN 

Bovaclilla;  (jiiesla  duchessa  marita- 
tasi col  tinca  d.  Federico  Sforza, 
in  questa  nohilissiaia  famiglia  pas- 
sarono le  ricchezze  e  le  prerof^ati- 
de'Cesarini.  Dei  cardinali  Sforza  se 
ne  parla  alle  loro  biografie  :  della 
famiglia  Sforza  all'articolo  Milano 
di  cui  fu  sovrana.  Dei  singolari 
privilegi  concessi  da  Paolo  IH  alla 
famiglia  Sforza  ne  facemmo  cenno 
al  voi.  XI,  p.  12  del  Dizionario. 
Come  poi  si  riunirono  nella  fami- 
glia Sforza -Cesari ni  le  eredità,  ra- 
gioni e  privilegi  delle  cospicue,  an- 
tiche e  potenti  famiglie  Conti,  Sa- 
velli, e  Perelli,  lo  diciamo  a  quegli 
artìcoli.  Del  palazzo  Sforza-Cesari- 
ni;  attualmente  abitato  in  Roma 
dai  signori  di  questa  famiglia,  ne 
parlammo  al  voi.  VII^  p.  191  e 
192  del  Dizionario.  In  quanto  al 
teatro  di  Torre  Argentina,  che 
prende  tal  nome  da  una  vicina 
torretta  di  proprietà  di  questa  fa- 
miglia, è  a  vedersi  l'articolo  Tea- 
tri DI  Roma.  Il  dotto  Nicola  Ratti 
nella  sua  opera  intitolata  Della  fa- 
ìuiglia  Sforza,  con  autentici  docu- 
menti ci  ha  dato  le  notizie  delle 
famiglie  Sforza  ,  Conti,  Cesarini, 
Savelli,  Peretti  o  Monlalto,  Cabre- 
la,  eBovadilla;  della  loro  oi-igine, 
antichità,  lustro,  pregi;  dei  conside- 
rabili acquisti  da  esse  fatti,  feudi  e 
signorie;  dei  privilegi  ed  insigni  pre- 
rogative; e  degli  uomini  e  donne 
illustri  che  fiorirono  in  esse,  e  tra 
gli  uomini  quelli  che  in  gran  nu- 
mero si  distinsero  in  armi,  in  scien- 
ze ed  in  dignità  ecclesiastiche.  II 
Ratti  pubblicò  nel  1 794,  in  Ro- 
ma coi  tipi  del  Salomoni,  la  sua 
storia,  cioè  il  primo  volume,  men- 
tre il  secondo  lo  pubblicò  nel  •79'>, 
ed  ambedue  in  foglio  grande.  La 
dedicò  al  duca  Francesco  Sforza 
Cesarini,    padre   dell'odierno  duca, 


GEN 

con  questi  cognomi  e  titoli:  Savel- 
li, Peretti,  Montalto,  Cabrerà,  Bo- 
vadilla  ,  Conti,  principe  del  sacro 
romano  impero,  grande  di  Spagna 
di  prima  classe,  conte  di  Santa 
Fiora  XVIII,  del  senato  e  popolo 
romano  perpetuo  gonfaloniere  ec. 
ec.  Il  duca  Francesco  morì  di  an- 
ni 44  ^' '  ^  febbraio  18  16;  gli  fu- 
rono fatte  l'esequie  nella  patriarca- 
le basilica  di  s.  Maria  Maggiore 
nella  cappella  Sistina  sua  gentilizia, 
ed  ivi  tumulato:  della  detta  cap- 
pella ne  parlammo  all'articolo  Chie- 
sa DI  s.  Maria  Maggiore.  Gli  furo- 
no celebrati  altri  funerali  anche 
nella  chiesa  di  s.  Maria  in  Valli- 
cella,  qual  benefattore  di  essa,  co- 
me gli  altri  di  sua  famiglia,  loc- 
chè  si  può  leggere  all'articolo  Fi- 
lippini, in  cui  si  descrive  la  chie- 
sa pur  chiamata  Nuova. 

Dello  stemma  Cesarini,  e  delle  sue 
parti,  come  della  colonna  per  memo- 
ria di  Martino  V  benefittore  di  essi; 
dell'orso  un  tempo  sostituito  dal 
montone,  per  la  vittoria  riportata 
sugli  Orsini  non  ben  provata,  sopra 
un  monte  verde  in  campo  giallo 
forse  com' erede  dell'antica  e  no- 
bilissima famiglia  Montanara  da  cui 
vuoisi  derivata;  e  dell'aquila  im- 
periale concessa  insieme  ad  altri 
privilegi  dall'imperatore  Carlo  V, 
il  medesimo  Ratti  ne  tratta  al  tom. 
II,  p.  264  e  seg.  e  295.  Al  pre- 
sente lo  stemma  gentilizio  del  du- 
ca Sforza  consiste  nel  notissimo 
scudo  originario  Sforza,  ove  in  cam- 
po azzurro  si  vede  il  leone  d'oro 
rampante ,  colla  destra  branca  in 
atto  di  minacciare,  colla  sinistra  so- 
stenente un  ramo  di  cotogno  coi 
suoi  frutti  (sull'origine  e  particola- 
lità  di  (juest'arma  si  può  vedere 
il  eh.  conte  Litta  nell'  applaudita 
opera  sulle  Faniig^lic  illustri    Italia' 


GEN 

ne,  sul  principio  di  essa).  A  sinistra 
(li  qiicsla  insegna  entro  il  mede- 
simo scudo  è  la  già  descritta  ar- 
ma dc'Cesarini,  e  d'intorno  vi  so- 
no inquartati  in  bella  mostra  bla- 
sonica gli  stellimi  Savelli,  l'aquila 
scaccata  Conti,  l'ainie  Peietti-Mon- 
lalto,  e  quella  Cabrerà  -  Eovadilln. 
Tutto  lo  scudo  è  sormontato  dal- 
l'aquila bicipite,  segno  di  princi- 
pe del  sacro  romano  impero.  Sa- 
rebbe poi  troppo  lungo  il  dare  ra- 
gione d'ogni  endilema  di  ciascu- 
n'arme;  dirò  solo  dei  due  serpenti 
o  biscioni  che  come  sujiporti  stan- 
no ad  ambo  i  lati  dello  scudo. 
Questi  viscontei  colubii  sono  inse- 
gna nobilissima  quant'altra  mai  di 
Italia,  perchè  acquistata  da  perso- 
nale valore  eccitato  da  sentimento 
religioso  nella  prima  crociala.  Ne 
fa  menzione  Torquato  Tasso  nel 
piimo  canto,  stanza  55  ,  della  sua 
Gcriisalcininc y  nel  passare  a  rasse- 
gna i  più  valenti  fia  le  nobili  schic- 
re  degli    avventurieri. 

"    O  '/  forte  OUon  che  conquisto 

lo  scudo 
«   In  cui  dall'angue  esce    il  fan- 

ciullo  ignudo. 

La  storia  è  che  Ottone  Visconti 
a  singoiar  tenzone  uccidesse  un 
lìerissimo  gigantesco  saraceno  chia- 
mato Voluce,  che  per  distintivo  di 
superbia  aveva  questo  biscione  per 
cimiero,  e  sullo  scudo.  Ottone  tolse 
a  sua  iiupresa  la  riportata  spoglia 
del  vinto  nemico,  e  la  famiglia 
Viscontea  si  gloriò  di  adottarla  per 
sua  arma  ,  e  da  -essa  1'  ereditò  la 
Sforzesca,  la  ([uale  come  sola  ere- 
de del  ramo  dominante  dei  Viscon- 
ti, ha  sola  il  diritto,  o  lo  ha  mag- 
giore d'ogn' altro  di  fregiarne  la 
sua  gente,  e  ritenerla  per  propria. 


GEO  59 

Chi  volesse  rimontare  più  allo  tro- 
verebbe che  Voluce  in  quel  ser- 
pente, da  cui  esce  il  fanciullo  ignu- 
do (e  serva  di  disinganno  a  chi 
cred-e  che  il  serpente  ingoi  il  bam- 
bino )  disegnava  sé  discendenle  dal 
sangue  di  Alessandro  il  Grande, 
che  crcdevasi  uscito  da  Giove  ve- 
duto da  sua  madre  Olinq/ia  in 
forma  di  serpente  ec.  :  questo  è  il 
primitivo  significato  di  sì  nobilissi- 
mo stemma  ,  che  ora  trovasi  in- 
quartalo nell'arme  dell' in qierato- 
re  d'Austria,  come  re  di  Lombar- 
dia, perchè  Milano  e  il  suo  stato 
dominato  dai  Visconti  non  avea 
altra  arme  che  quella  de'  suoi  si- 
gnori, onde  Dante  ebbe  a  chia- 
marla »  la  vipera  eh' e'  Milanesi 
accampa".  Tornando  all'arma  Sfor- 
za, termineremo  col  dire,  che  so- 
pra il  fondo  del  manto  ducale  cam- 
peggiano le  bandiere  col  S.  P.  Q.  R. 
in  segno  del  gonfalonierato  perpe- 
tuo, e  due  chiavi  pendenti,  siccome 
parte  dello  stemma  de' Savelli  già 
custodi  e  marescialli  del  conclave. 
GElNZlANO  (s.),  martire.  F.  Fu- 

SCIANO    (s.). 

GEOFFROY  Giovanni,  Cardi- 
naie.  V.  Goffredi  Giovanni,  Car- 
di ti  ale. 

GEOGRAFIA.  Descrizione  di  tut- 
te le  parti  della  terra,  geographia, 
terraruni  descriptio.  La  geografia  è 
una  parola  formata  da  due  voca- 
boli che  significano  terra,  e  descri- 
zione. La  geografia  è  la  precisa 
scienza  della  posizione  de'  paesi  : 
essa  insegna  il  luogo  di  tutte  le 
regioni  terrestri,  le  une  rispetto  al- 
le altre,  e  riguardo  al  cielo,  con 
la  descrizione  di  ciò  che  contengo- 
no di  rimarchevole.  La  geografia 
antica  è  la  descrizione  della  terra 
secondo  le  cognizioni  degli  antichi, 
Iq   opere    de'  quali    ci    furono  tra- 


6o  GEO 

manclale,  ma  con  molli  errori  ed 
onimissioni.  La  geografia  astrono- 
mica è  la  descrizione  della  terra 
considerata  relativamente  al  cielo. 
La  geografia  commerciale  ha  per 
oggetto  di  far  conoscere  le  arti  , 
le  l'abbrithe,  e  le  naturali  produ- 
zioni di  ciascun  paese,  sidl' impor- 
tazione ed  esportazione  delle  quali 
i  popoli,  le  nazioni,  e  i  commer- 
cianti fondar  possono  le  loro  spe- 
culazioni :  mostra  anche  i  mari,  i 
fiumi,  i  canali,  e  le  strade  piìi  si- 
cure ,  comode  ed  economiche ,  i 
luoghi  di  conserva  e  deposizione, 
i  porli  migliori,  ec.  ec.  La  geogra- 
fìa ecclesiastica  antica  e  moderna, 
ha  per  base  la  ecclesiastica  gerar- 
chia :  le  opere  e  le  carte  geogra- 
lìche  danno  le  denominazioni,  di- 
\isioni  e  suddivisioni,  secondo  che 
j  paesi  sono  distribuiti,  anticamen- 
te in  diocesi ,  esarcati ,  vicariati , 
Provincie  ec. ,  al  presente  in  pa- 
triarcati ,  arcivescovati  ,  vescovati  , 
abbazie  nitllius  diocccsis,  ed  anche 
in  patriarcati,  arcivescovati,  e  ve- 
scovati titolari  in  partihus  infidc- 
liwn,  ec.  ec.  La  geografia  fisica  ù 
la  descrizione  della  terra  quanto 
alla  natura,  alla  sua  esteriore  ed 
interiore  struttura,  ed  alle  sue  na- 
turali divisioni.  La  geografia  isto- 
rica  comprende  i  limiti  dei  di- 
versi stati,  le  variazioni  che  pro- 
varono, le  loro  perdite,  i  loro  in- 
grandimenti, e  gl'isterici  progressi, 
che  risguaidaiio  l'emigrazioni  dei 
popoli,  la  formazione  e  caduta  de- 
gl'imperi, regni,  repubbliche,  i  can- 
giamenti di  dinastie,  ec.  ec.  La  geo- 
grafia matematica^  parte  della  geo- 
grafia, ha  per  oggetto  i  calcoli  co- 
me le  latitudini  e  le  longitudini, 
l'elevazione  dei  luoghi,  e  il  calcolo 
delie  maree,  ec.  ec.  La  geografia 
media  abbraccia  l' intervallo  scorso 


GEO 

dalla  decadenza  del  romano  impe- 
lo sino  al  risorgimento  delle  let- 
tere Geografia  moderna  chiamasi 
una  più  esatta  descrizione  della 
terra,  dalla  rinnovazione  delle  let- 
tere sino  al  presente,  perciò  la  più 
varia,  la  piti  interessante,  la  più 
istruttiva,  e  la  più  ricca  d'ogni  al- 
tra geografia.  Geografia  politica  è 
la  descrizione  della  terra  conside- 
rala in  confronto  ai  vari  stati  nei 
quali  è  divisa,  e  alla  loro  forma 
di  governo.  Geografia  statistica  è 
la  parte  della  geografia,  che  trat- 
ta dell'estensione  dei  paesi,  della 
loro  popolazione,  prodotti  naturali, 
rendite,  ec.  ec.  Lo  Spanhemio  aiu- 
tò la  geografia  colla  numismatica, 
e  per  mezzo  delle  monete  chiari 
molli  passi  osciu'i  ed  incerti  pres- 
so gli  scrittori. 

La  carta  geografica  poi  è  una 
figura  piana  che  rappresenta  la 
superficie  della  terra ,  o  di  una 
sua  parie,  che  mostra  la  configu- 
razione dei  paesi,  dei  mari,  del- 
le montagne  ;  la  situazione  del- 
le città ,  dei  fiumi,  delle  strade, 
ec.  ;  i  limiti  e  le  divisioni  de- 
gli stati,  e  le  denominazioni  gene- 
rali e  particolari  di  ciascuno  di  es- 
si. È  incerto  il  primo  inventore 
delle  carte  geografiche  :  Eustazio 
però  riferisce,  che  Sesostri  re  d'E- 
gilto,  facesse  disegnare  in  una  car- 
ta i  paesi  da  lui  trascorsi  :  questa 
sarebbe  la  carta  più  antica  che  si 
conoscesse.  La  carta  generale  rap- 
piesenta  o  il  globo  terracqueo,  o 
una  delle  sue  parti  principali;  la 
carta  idrografica  rappresenta  le  va- 
rie forme  del  mare,  le  coste,  e  i 
bassi  fondi,  ed  altri  oggetti  impor- 
tanti pei  navigatori,  marcandovisi 
pure  la  profondità  e  le  correnti, 
e  sotto  un  tal  riguardo  è  interes- 
santissima   per   la  fisica  geografia; 


GEO 

la  carta  itineraria  segna  le  sfrade 
e  i  principali  luoghi  per  uso  dei 
viaggiatori  ;  la  carta  muta  oflie  il 
piano  inciso  senza  lettere,  e  serve 
con  vantaggio  per  gli  studiosi  che 
acquistarono  le  prime  nozioni  geo- 
grafiche ;  carta  piatta  è  quella  ove 
r  effetto  della  prospettiva  o  roton- 
dità della  terra  è  nullo,  i  meri- 
diani ed  i  paralleli  vi  sono  rappre- 
sentati con  linee  dirette  e  paralle- 
le; finalmente  la  carta  topografi- 
ca offre  la  figura  di  un  luogo  par- 
ticolare, e  serve  in  ispecial  modo 
ai  militari  onde  dirigere  le  loro 
operazioni  ,  e  perciò  comprende 
tutti  i  fiumi,  le  strade,  ec,  rico- 
noscendosi facilmente  altresì  gli  og- 
getti appartenenti  alla  trigonome- 
tria, ch'è  la  nota  arte  di  misurare 
i  triangoli  rispetto  a'  loro  angoli  e 
lati. 

Sebbene  fino  da'  tempi  antichis- 
simi s'incominciasse  ad  avere  una 
qualche  idea  di  geografia ,  man- 
cando gli  antichi  dei  mezzi  neces- 
sari per  formarsi  un'esatta  idea 
del  globo  da  noi  abitato,  non  po- 
terono essi  poi  tar  questa  scienza  a 
quel  grado  di  perfezione  a  cui  giun- 
se per  lo  studio  de'  geografi  mo- 
derni. Tuttavia  le  opere  degli  an- 
tichi aprirono  la  via  a  coltivare  gli 
sludi  geografici,  e  lasciarono  noti- 
zie sull'origine  e  progressi  della 
geografia,  essendo  i  più  antichi,  Se- 
sostri  che  espose  alla  vista  del  po- 
polo delineate  in  carte  le  sue  con- 
quiste, e  Mosè  nella  divisione  delle 
dodici  tribìi  d' Israello  eseguita  da 
Giosuè,  su  di  che  va  letto  quanto 
ne  dice  il  Bergier,  nel  Dizionario 
enciclopedico,  all'articolo  Geografia 
sacra,  ed  il  Robert,  Geografia  sa- 
cra e  storica,  stampata  in  Parigi 
nel  '747-  Cooperarono  ai  progres- 
si della    geografia  eziandio  i  feni- 


GEO  Gì 

eli  con  la  loro  navigazione,  le  spe- 
dizioni marittime  di  Salomone,  e 
di  Necao  re  dell'Egitto  intorno  l'A- 
frica, i  greci  asiatici  massime  per 
le  osservazioni  astronomiche  d' A- 
ristotile  che  fissò  la  figura  sferica 
della  terra,  e  misurando  la  circon- 
ferenza del  globo,  ne  determinò  la 
grandezza:  anche  il  sublime  Ome- 
ro viene  riguardato  benemerito  del- 
la geografia  per  le  molte  città,  pei 
diversi  mari,  e  per  le  svariate  re- 
gioni da  lui  nominate  ne'  suoi  di- 
vini poemi.  Con  Alessandro  il  Gran- 
de viaggiavano  sempre  ingegneri, 
che  formavano  la  carta  de'  paesi 
ch'egli  attraversava  ,  o  soggiogava. 
Eratostene  si  meritò  in  questa  uti- 
lissima scienza  il  glorioso  nome  di 
cosmografo,  e  di  misuratore  dell'u- 
niverso, che  corretta  la  carta  geo- 
grafica d'Anassimandro  ne  diede 
altra  alla  luce  piìi  esatta;  le  suc- 
cessive dispute  sulle  opere  di  tali 
geografi,  contribuirono  a  perfezio- 
nare i  principii  della  scienza ,  che 
con  fervore  e  cura  studiavasi  nella 
Grecia.  L'amore  di  essa  passò  an- 
che presso  i  romani,  come  passa- 
rono le  altre  scienze  e  le  arti  al- 
lorché cominciarono  le  loro  estese 
conquiste  fuori  del f  Italia,  e  soprat- 
tutto nell'Africa.  Polibio  fu  spedi- 
to da  Scipione  Emiliano  a  ricono- 
scere le  coste  di  varie  regioni,  e  i 
luoghi  per  ove  era  passato  Anni- 
bale. Varrone,  De.  re  rustica,  fa 
menzione  della  carta  geografica  che 
rappresentava  l'Italia,  e  di  quella 
che  portavasi  dai  romani  ne'trion- 
fi  de'  vinti  paesi.  L'eccellente  astro- 
nomo Possidonio  amico  di  Pom- 
peo, misurò  la  circonferenza  della 
terra;  e  sotto  il  consolato  di  Giu- 
lio Cesare,  che  ne'  suoi  Comniea- 
tari  ci  die  la  descrizione  delle  Gal- 
lie,  e  delle  isole  Britanniche,  si  die- 


62  GEO  GEO 

de  mnno  nlla  grand'opeva  della  de-  trattato  di   geografia  ;   Co«nio    cgi- 
scrizioiie  |)iìi  esatta  dell'  imperio  ro-  ziaiio  nel    )36    compose  la  cosnio- 
mano:   Zeiiodossio  descrisse  l'oricn-  gra'ia  cristiana;  ed  Erode  pubhli- 
te,  Teodoro  il  settentrione,    e  Po-  d>  la  Notizia   fieli'  impero    di  Co- 
liclelo  il   mezzogiorno.  Sotto  Augii-  slnnlino  ^    e    nel    IX    secolo  o  piìi 
sto,  e   per    la    sua    protezione   alle  tardi  venne  scritta  l'opera  dell'ano- 
scieiize,  si  vide  condotta  a    compi-  nimo  geografo    ravennate.     Passale 
mento  la    descrizione    generale    del  le  scienze    dall'Europa    nell'Asia, 
mondo,  esposta  nel  mezzo    di  Pio-  gli  araldi   le  accolsero    e    coltivaro- 
ma  sotto  un  gran    portico    a    tale  no  in  un  alla  geografìa,  nella  quale 
oggetto  costrutto:  lavoro    in  cui   i  ci   diedero   diverse  opere:   la  Persia 
romani  affaticàronsi  quasi   per  due  ebbe  pure  i   suoi  geografi.   Nel  se- 
secoli   interi;  indi   Dionisio  Periege-  colo  XIII,  mediante  i  vinggi  di  ter- 
te  descrisse  la  terra  giusta    i   prin-  ra  e  di   mare,    il  gusto  della  geo- 
cipii  d'Eratostene,  e  dell'immortale  grafia  si  risvegliò  in  Europa  ,   me- 
Slrabone.   Fiorirono  successi vamen-  ritando   menzione  il   veneto  Marco 
te  tra  i  romani  geografi  Isidoro  di  Polo,  clie    reduce   da' suoi    viaggi 
Carace    autore    delia    Slazione  dei  nell'Asia  ci  porse  la  cognizione  geo- 
Parlij  Pomponio    IMela    die    pub-  grafica   della  Tartaria,   della   Cbina 
blicò  il  compendio  di   geografia  in-  e    la    vera    figura    dell' Afi-ica    per 
titolato  De  sita   orbisj  Plinio  il  vec-  mezzo    d'  un    planisferio    che    recò 
chio  che  impiegò  quattro  libri  del-  dalla    Cina.    Da  questo    planisferio 
la    sua    opera    delie    cose    naturali  si   prese  l' idea    di  quello    che  fece 
intorno  alla  geografia;   Martino  di  nel  i4^7  pei'  Alfonso  IV  redi  Por- 
Tiro  uno  de'  restauratori    dell' an-  togallo  fr.  Mauro    converso  camal- 
tica  geografia;  Ariano  di  Nicome-  dolese,  che    meritò  per    questo   di 
dia,  che  lasciò  due  peripli  sul  Pon-  essere  annoverato  fra  i  geografi  di 
te  Eussino,   e  sul  mar  Rosso  ;  Dio-  quel    secolo:     l'utilità     recata    alla 
rigi  di  Bisanzio  descrittore  del  Bos-  geografia  da  Marco  Polo   e  da  fr. 
foro    Tracio;    e    Pausania     che   in  Mauro,    venne     dottamente  dimo- 
dieci  libri  descrisse  la   Gi-ecia.  slrala    dal  p.  d.  Placido    Zuria  ca- 
Mentre    la    geografia    acquistava  maldolese  poi  cardinale.   Nel  decli- 
cultori   sotto  l'impero    di   Adriano  nare  del  secolo  XV   la  geografia  fu 
e  di  Marco  Aurelio,  comparve  To-  ampliala  dalla  scoperta  del   nuovo 
lomeo    ristauratore    e  padre    della  mondo  fatta   dall'  immortale  Cristo- 
geografia.  Dopo  questo  celebre  ma-  foro   Colombo,  scoperta  che  fu  se- 
tematico  Alipio  d'Antiochia  descris-  guita  da    tante  altre    con  immensi 
se  l'antico   mondo;  ed  il  cosmogra-  vantaggi   della  scienza  geografica.  Il 
fo  Elico   fece   l' itinerario  d'Antoni-  eh.  Andres,    Origine  d'ogni  lederà- 
no    o    Notizia    dell'  impero  ;    indi  tura,  t.  Ili,  par.  II,  p.  190,  osserva 
neir  impero    di   Teodosio    si  formò  che  da  tale  scoperta   tutte  le  scien- 
la  carta  itineraria  chiamata  Peutin-  ze    grandemente    ne    profittarono, 
geriana,  così   detta  dal  suo  posses-  ma   sopra   tutte  e  singolai-mente  la 
sore  Corrado   Pcutinger ,    la  quale  geografìa,  ed  ecco  come  si  esprime: 
ti'ovasi  al  presente  nella  biblioteca  •»  Più   mari    e    piìi  terre  si    assog- 
imperiale  di  Vienna.  Ne' secoli  bar-  getti)    in     pochi    anni    al    suo    do- 
barici  Mosè    Circnense    scrisse    un  minio,  che   non  aveva  potuto  con- 


GEO  GEO                     63 
quistare  in  tanti  secoli.  Ogni  anno  te  le  parti  d'Europa,  avendo  l'ac- 
venne    poscia    segnato    con    nuove  cacleniia  delle  scienze,  mercè  il  la- 
scoperte.    Ogni  giorno  si  acquista-  voro  de'  molti  suoi  membri,  influi- 
rono nuove  notizie  delle  slesse  ter-  to  considerabilmente  ai  rapidissimi 
re,    prima  scopette.    Il  globo  ter-  progressi  di  essa,  alla  «piale,  il  ri- 
racqueo  videsi  accresciuto  con  l'A-  peleremo,  concorsero  i  lunghi  viag- 
merica  da   un    nuovo    emisfero:    e  gì  fatti   da    tanti    oltramontani,   e 
le  ampie  provincie  fin   allora  vuo-  principalmente    da   Cook    che,    per 
te  e  deserte  nelle  mappe  geografi-  modo  di   dire,    si  fece  padrone  di 
che,  cominciarono  nel  seguente  se-  «Ine  emisferi,  e  che  alcuni   chiama- 
colo  a  comparire  piene  e  popolate,  rono    il     Colombo    dell'  Oceanica, 
ed    a  conoscersi    la    vera    forma  e  L'utilità  e  necessità    della    scienza 
reale     esistenza  ".     All'incremento  geografica  ben  dimostrano  i  molti- 
delia  geografia    contribuì    eziandio  plici  Dizionari  che  si  andarono  di 
dopo   tante  scoperte,  una   vasta  se-  tempo  in    tempo    pubblicando,    ed 
rie  d'illustri   viaggiatori.  Nel  seco-  il     cui  novero    si  legge    nel    bello 
lo  XVI   cominciò  a  prendere  mag-  e  dotto  discorso  preliminare  dell'e- 
gior  vigore  la   geografia,  sì  per  le  rudito    ed    applauditissimo    Nuovo 
accennate  scoperte,  sì  per  le  cogni-  Dizionario    geografico    universale  , 
zioni  de'  dotti  uomini  che  le  colti-  opeia   originale  italiana  di  mia  so- 
varono ,    come    ancora    per    l'arte  cietà  di  scienziati,    coi  celebri   tipi 
d' incidere ,    onde    col  moltiplicarsi  del  benemerito  ed  illustre  tipogra- 
ie carte  ,  andavansi    esse    perfezio-  fo  Giuseppe  Antonelli  editore,  pub- 
nando  ;  l'Alemagna  ,  l'Inghilterra,  blicato  in  Venezia  nell'anno  1826. 
l'Italia,  la  Spagna,    la  Svezia,   la  In    quanto    alla    geografia   sacra 
Piussia,  e  sopra  ogni  altra  nazione  ed  agli   autori  che  si  possono  con- 
ia Francia,  progressivamente  coni-  sultaie,  riporteremo  ciò  che   il  ce- 
parir  videro  grandi  e  stimate  ope-  lebre    Francesco   Antonio    Zaccaria 
re    di    geografia.    L'  Olanda    e    la  scrisse  nel   tom.  I,  p.   9  delle  Dis- 
Fiandra  acquistarono  pur  anco  del-  seriazioni    varie    italiane   a   storia 
la  rinomanza  pei  letterari   travagli  ecclesiastica     appartenenti ,     Roma 
de' loro     geografi.    Nell'Italia     fio-  1780.   Eusebio    ci    lasciò   in  greco 
rirono  Gio.  Antonio  Magini  di  Pa-  un  libro  de'  nomi   de'  luoghi  e  del- 
dova  per  la  geografia  antica  e  mo-  le  città  mentovati  nella  sacra  Scrit- 
derna;  il  p.  P».iccioli  gesuita  ferra-  tura,  traslato  in  latino  da  s.  Giro- 
rese,  non  che  gli    altri    gesuiti   pp.  lamo,  e  poi  emendato,  riordinato 
Le-Maire  e  Boschovich,  oltre  Do-  ed  illustrato  con  annotazioni   dal  p. 
menico  Cassini,    ed  il  p.   Coronelli  Iacopo    Confrerio   l'anno  i65q   nel 
cosmografo  della  repubblica  di  Ve-  suo   Onomastico/i    nrbium,  et  loco- 
nezia.  Nei  primi  del  secolo  decor-  rum  sacrae  Scripturae,  che  fu  ri- 
so in  Russia  s'incominciò    a  colti-  prodotto  in    Amsterdam    nel  1707 
vare  la  geografia  con  qualche  sue-  da  Giovanni  Clerc.   A  questo  si  ag- 
cesso.   11  cominciamento  del  passa-  giimgano  l'insigne  opeia  della  Geo- 
io  secolo  dev'essere  riguardato  sic-  grafia  sacra  di   Samuele    Ijocliart, 
come  l'epoca   precisa  di  una  gene-  la   Geografìa  sacra  di   Nicola  San- 
rale    rinnovazione    della    geografia  son     in    alcune    cose     corretta    da 
di   Francia,  e  per  così  dire  in  tut-  Agostino    Lubino    nelle    sue  tavole 


G4  GER 

Sacrac  grographine,  e  la  Palcslìna 
di    Adriaiio    Rclaiulo;    non    che     i 
primi  quattro  libri  delle  Anlicliìtà 
giudaiche  di  Benedetto  Arias  Mon- 
tano, i  commenti  di  Poste),  di  An- 
dricomico,  di   Yallalpando  ec.    Per 
conto  poi    della    geografia  ecclesia- 
stica   di  tutte    le    diocesi   dell'  uni- 
verso, antica  e  moderna,  si  posso- 
no   consultare    i  seguenti.    Michele 
le  Quien  religioso  domenicano,    O- 
riens  christianus  in  quatuor  patriar- 
chatus  di  gestii^,  quo  exhihenlur  ec- 
clesiae  patriarchne,  cacterisque  prae- 
sulci  totius  orientis,  Parisiis  ex  ty- 
pographia   regia  1740.   Biagio  Ter- 
zi di  Lauria,  Siria  sacra,  descrizio- 
ne storico-geografica-cronologìca-lo- 
pograjica  delle  due  chiese  patriar- 
cali Antiochia  e  Gerusalemme,  pri- 
mazie, metropoli  e  suffraganee ,  col- 
legi,   abbazie    e   monisteri.  JS'otizia 
de'  concili,  ordini  equestri,  e  di  tut- 
te  le    nazioni  cristiane   orientali  , 
con   due    trattati   delle  patriarcali 
di    Alessandria    e    Costantinopoli , 
de'  primati  di  Cartagine  e  d'  Etio- 
pia ec,  Roma  iGc)5    nella  stampe- 
ria del  Bernabò.     Stefano  Antonio 
Morcelli  gesuita    bresciano,    Africa 
Christiana    in    tres    partes    tributa, 
Brixiae  ex  oilìcina  Bettoniana  i8i6. 
Ferdinando  Ughelli  fiorentino    ab- 
bate cistcrciense,  Italia  sacra  sive 
de  epìscopis  Ilaliae,    et  insularuui 
adjacenlìuni,  rebusque  ab  iis  prae- 
clare  gestis,  deducta    serie  ad  no- 
stram  usque  aetalem.    Opus  singu- 
lare  proi'inciis   XX   distiuctum    in 
quo    ecclesiarum  origines ,    urbium 
condiliones  ,  principuni  donaliones  , 
recondita  monumenta  in  luceni  pro- 
feruntur.  Editio  secunda,  aucta  et 
emendata    cura    et    studio     Nicolai 
Coltli,  Vcnetiis    1717   apud  Seba- 
slianum     Coleli .     Agostino    Lubin 
degli  eremiti  di  s.  Agostino,  Abha- 


GER 

tiaruni  Ilaliae  hrevis  notitia  qua- 
rum  excisaruni  ,  quani  extantium, 
tilulus  ,  ordo  ,  dioecesis  fundalio  , 
mutaliones,  situs,  etc.  exactius  ex- 
primuntur,  Romae  1693  typis  Ro- 
marck.  Antonio  Felice  Mattei  mi- 
nore conventuale,  Sardinia  sacra 
seu  de  episcopis  sardis  hisloria,  Ro- 
mae 1758  ex  typografia  Zempel. 
P>.occo  Pirri  abbate,  Siciliae  sacrae 
disquisitionibus  et  notitiis  illustra' 
ta,  eie,  hiì^dun'ì  Batavorum  i63o. 
Francesco  Paolo  Sperandio  arcipre- 
te, Sabina  sacra  e  profana,  anti- 
ca e  moderna,  Roma  1790  nella 
stamperia  Zempel.  Sammartani , 
Gallia  Christiana  qua  series  o- 
viniuni  archiepiscopo  rum  ,  episco- 
porum  et  abbatuni  Franciae,  vici- 
narumquc  dilionum,  ah  origine  ec- 
clesiarum, ad  nostra  tempora,  Lu- 
tetiae  Parisiorum  i656  apud  du 
Mesnil.  Abb.  de  Conimanville,  Hi- 
stoire  de  toiis  les  archéveschez  et 
évescliez  de  V  univers,  Paris  1700 
chez  Delaulne.  Auberto  Mirco  ca- 
nonico, Notitia  episcopatuum  orbis 
chrisliani,  in  qua  christianae  reli- 
gionis  ampliludo  elucet,  Autuerpiae 
161 3  ex  officina  Plantiniana.  Il 
cardinal  Garampi,  come  dicemmo 
al  suo  articolo,  aveva  preparato  i 
materiali  per  un'opera  che  intito- 
lava   Orbis  christianus. 

GER.ACE  (Hieracen).  Città  con 
residenza  vescovile  della  Calabria 
ulteriore  prima  nel  regno  delle  due 
Sicilie,  capoluogo  di  distretto  e 
di  cantone ,  posta  su  d'  una  emi- 
nenza tra  i  due  fiumi  Novito  e  Me- 
rico presso  il  mar  Ionio,  all'  orien- 
te del  capo  Sparlivento.  Dopo  il 
terremoto  del  1783,  che  in  gran 
parte  distrusse  la  città,  non  vi  so- 
no edifizi  degni  di  speciale  men- 
zione, tranne  la  cattedrale,  alcune 
chiese ,  il  senanario  ,    1'  ospedale  e 


GER 

tliversi  conventi.  Ha  vicino  delle 
acque  minerali  che  sono  in  pregio, 
e  vi  si  fa  un  commercio  di  buon 
vino  detto  greco.  I  locresi  opunzi 
fuggiti  di  Grecia  fondarono  coli'as- 
sistenza  dei  siracusani  la  colonia  di 
Locri  presso  al  promontorio  Zefl- 
rio,  Zcphyriian,  oggi  capo  di  Stilo. 
Divenne  una  delle  fiorenti  repub- 
bliche italiane,  la  quale  per  la  sua 
potenza  si  acquistò  somma  gloria. 
Divenula  la  città  di  Locri  {Fedi), 
municipio  romano,  gli  abitanti  si 
trasferirono  sulle  falde  del  monte 
Esope,  ed  ivi  costruirono  la  nuova 
Locii  che  divenne  anche  sede  ve- 
scovile, dalle  rovine  della  quale  nel 
principio  del  secolo  IX  sorse  Ge- 
race;  e  si  vedono  ancora  nei  din- 
torni le  rovine  di  un  acquedotto, 
e  di  qualche  altro  antico  monu- 
mento. Neil'  anno  986  Gerace  fu 
saccheggiata  dai  saraceni ,  ed  in 
processo  di  tempo  soggiacque  a  di- 
versi infortunii.  Il  distretto  di  Ge- 
race è  diviso  negli  otto  cantoni  di 
Ardore,  Bianco- Vecchio,  Castel- Ve- 
tere,  Gerace,  Gioiosa,  Grotteria, 
Staiti  e  Stilo. 

Il  primo  vescovo  conosciuto  di 
Gerace  è  Basilio,  fiorito  verso  l'an- 
no 33o  al  dire  dell' Ughelli,  Italia 
sacra  tom.  IX,  p.  894;  ma  non 
sembra  conciliabile  tale  epoca  con 
la  sua  intervenzione  al  concilio  di 
Calcedonia  nel  pontificato  di  s.  Leo- 
ne I.  Dopo  di  Basilio  avvi  una  la- 
cuna fino  a  Leonzio,  eletto  e  con- 
fermato dal  Papa  Innocenzo  II  nel 
I  1 38.  Commanville  dice  che  nel 
VI  secolo  si  trasferì  la  sede  vesco- 
vile di  Locri  in  Gerace,  che  chia- 
ma santa  Ciriaca  :  sembra  dunque 
che  l'origine  di  Gerace  non  debba 
attribuirsi  al  IX  secolo  ,  ma  assai 
prima.  Fu  chiamato  ancora  Gem- 
ei, Gieracì,  Locres  e  Sancta  Hie- 

VCL.    XXIX. 


GER  6j 

rada.  Vi  si  celebrava  anticamente 
r  udizio  divino  secondo  il  rito  gre- 
co,  laonde  prima  di  parlare  dei 
successori  di  Leonzio  a  questa  se- 
de vescovile,  di  ciò  faremo  cenno, 
con  l'autorità  di  Pietro  Pompdio 
E.odotà,  Dell'  origine  e  progresso 
del  rito  greco  in  Italia,  tom.  I,  p. 
4i6  e  seg.  I  vescovi  della  città  di 
Gerace  contimiarono  dopo  il  seco- 
lo XI  a  fare  la  divina  oblazione 
nel  rito  greco.  Inutile  fu  l'opera 
de'  normanni,  e  indarno  si  adope- 
rarono i  romani  Pontefici  per  vin- 
cere la  loro  ostinazione,  e  per  ren- 
derli docili  al  rito  della  Chiesa  ro- 
mana. Fra  i  greci  prelati,  i  quali 
fecero  luminosa  comparsa,  merita 
di  essere  annoverato  Barlaamo  mo- 
naco basiliano  nato  in  Seminara, 
e  abbate  del  monistero  di  s.  Sal- 
vatore di  Costantinopoli,  assai  dot- 
to, il  quale  n'ebbe  il  governo  nel 
i34?.  :  l'imperatore  Andronico  lo 
spedì  suo  legato  al  Papa  Benedet- 
to XII,  innanzi  al  quale  recitò  al- 
cune orazioni,  sopra  l' unione  del- 
le chiese  greca  e  Ialina  ;  ma  poscia 
mosso  da  ambizione  per  acquistar 
credito  presso  gli  scismatici,,  abiurò 
la  cattolica  religione,  e  fece  aperta 
professione  della  scismatica,  scriven- 
do contro  i  dogmi  della  latina. 
Tuttavolta  ravvedutosi  dell'errore 
fu  riconciliato  con  la  santa  Sei\c, 
e  pel  zelo  ardente  che  prese  in  di- 
fenderla ,  si  meritò  l'affezione  di 
Clemente  VI,  il  quale  dimentican- 
do il  passato  lo  fece  vescovo  di 
Gerace;  quindi  Basilio  istituì  mol- 
li letterati  nelle  greche  discipline  ^ 
e  fu  maestro  del  Boccaccio,  del  Pe- 
trarca e  di  altri  illustri  personag- 
gi di  quel  secolo.  Dice  ancoia  il 
Rodotà ,  che  un  gran  numero  di 
vescovi  della  chiesa  greca  di  Ge- 
race furono  eletti    dall'ordine  ba- 

K 


G6  GER 

siliano:   r  uUimo  greco,   il   quale  la 
governò,  fu   Atanasio  Calceofilo   di 
Coslanlinopoli,  ornato  di  tulle  quel- 
le prerogative  che    si    possono  de- 
siderare   in    un    moderatore    della 
disciplina  regolare:  presiedette  nel- 
la dignità    di  abbate   al  monislero 
basiliano    di    s.  Maria    del    Patire; 
nel  concilio  di  Firenze  declamò  con- 
tro le  follie  e  scismatiche  frodi  dei 
greci,  e  risplendette  per  chiari  esem- 
pi di  molte  egregie  virtìi,  onde  la 
Chiesa  romana  lo  innalzò  alla  di- 
gnità di  vescovo  di  Gerace.  Temen- 
do forse  per  una  vana  e  leggieris- 
sima apprensione,  che  il  rito  greco, 
che  ivi   era  in  onore,  ridondasse  a 
danno  della  cattolica  religione,  o  per 
altri    motivi,    rivolse    tutte  le  cure 
per  ristabilirvi  il  latino.  Egli  dun- 
que tra  i  vescovi    di   Gerace  fu  il 
primo  a  cambiarlo  nel  1467,  ed  i 
suoi  successori    per  una    serie  mai 
interrotta  ,  1'  hanno    costantemente 
ritenuto.  Dice  in  ultimo  il  Rodotà, 
che  la  chiesa    sotto  il  titolo  di    s. 
Maria  de   Latinis  di  Gerace ,  cre- 
de   essere   stata  la   comune    madre 
de'  pochi  latini  che  vi   facevano  il 
loro  soggiorno,    nel  tempo  in  cui 
la    maggior    parte  della    città    era 
composta  di  greci. 

Il  successore  di  Leonzio  vesco- 
vo di  Gerace,  fu  Euslasio  tesorie- 
re della  cattedrale,  eletto  dai  ca- 
nonici e  confermato  nel  11 78  da 
Alessandro  III.  Nel  i  194  divenne 
Tescovo  il  greco  Nicola  ;  Bartonul- 
fo  greco  monaco  basiliano,  fu  in- 
truso dai  greci  verso  il  i25o;  a 
sua  vece  Innocenzo  IV  nel  i2?3 
vi  prepose  M.  Leone;  Alessandro 
IV  nel  1 260  fece  vescovo  Paolo 
Leone;  Giovanni  eletto  dal  clero, 
fu  confermato  nel  i3io  da  Cle- 
mente V,  ed  ottenne  dal  re  Ro- 
berto  vari   privilegi;  Clemente  VI 


GER 

non  approvando  l'elezione  del  ca- 
pitolo ,    trasferì    a    Gerace    Nicola 
vescovo   di    Dova  ;    fr.  Simeone  di 
Costantinopoli     fatto     vescovo    da 
Clemente  VI   nel    1 348,  celebrò   il 
sinodo;  Nicola  Mele  di  Gerace,  te- 
soriere della    cattedrale,  nel   i366 
fu   vescovo,  ma  seguì   le  parti  del- 
l'antipapa  Clemente    VII;   Angelo 
de  Tufo  del    i4oo,   fu    uno  degli 
ottimi  vescovi,  ed  ebbe  a  successo- 
re   Paolo    che    nel    14^9    divenne 
arcivescovo    di     Reggio;    Gregorio 
primicierio  della  cattedrale  nel  i444 
fu  elevalo     alla    dignità    vescovile; 
Troilo  Carafa  nel   i497  fu  fallo  ve- 
scovo di  Gerace,  e  governò  sette  an- 
ni. Dopo  di  lui   nel  i5o5   Giulio  II 
diede  in  commenda  questa  chiesa  al 
cardinal   Oliviero  Caraffa,  che  però 
la    rimmziò    nel    medesimo    anno , 
ed  il  Papa   lo  fece   succedere  dallo 
spagnuolo  Jacopo  Conchille,  al  qua- 
le nominò    successore    nel    i  Sog  il 
cardinal   Bandiuello  Sauli,  che  sot- 
to Leone    X  si   dimise    nel    i5i7. 
Quel  Papa  allora   aHidò    la  chiesa 
in  commenda    al   cardinal  France- 
sco  Armellini   perugino,  e  per  sua 
morie  fece  commendatore  della  me- 
desima nel    1 5 19  il    cardinal  Ales- 
sandro   Cesarini,    che    la    rassegnò 
nell'istesso  anno.    Ma   siccome  Gi- 
rolamo Planca   nobile  romano  da- 
togli  a  successore,  morì  nel    i  '^34, 
così    Clemenle     VII   commendò    la 
chiesa  di   nuovo    al  cardinal  Cesa- 
rini, clic  la  lasciò  nel  i536,  onde  fu 
fatto  vescovo  Tiberio    Muli    nobile 
romano.  Egregio  vescovo  fu  Otta- 
viano PaS(|ua   nominato  da  Grego- 
rio XIII   nel  \^~^\,  che  ebbe  a  suc- 
cessore nel    1^91    fr.  Vincenzo  Bo- 
nanli    rouiano,    maestro  del    sagro 
palazzo  apostolico,  ed  autore  d'  un 
fiallalo    della    viitù    degli    Jgims 
Da  bcncdcUi    Dopo  la  sua  morte, 


GER 
Clomcnle  Vili  nel  1601  dipliiarò 
vescovo  Orazio  Malici  nol>ile  ro- 
mano, cui  per  volere  di  Gregorio 
XV  successe  nel  1622  Alessandro 
Boschi  bolognese,  che  Urbano  Vili 
lece  vicegerente  di  Roma,  e  vica- 
rio apostolico  di  Parma.  Gio.  Ma- 
ria Belletti  di  Vercelli  fu  colloca- 
to in  questa  sede  nel  1625  da 
Urbano  Vili  ,  e  scrisse  un  uti- 
le libro  intitolato:  Disquisìliones 
clericoles.  L'Ughelli  termina  la  se- 
rie de' vescovi  di  Gerace  con  Lo- 
renzo Tramnilo,  ed  il  Coleti  con 
Domeniro  Diez  nobile  di  Aversa, 
fatto  XL  vescovo  nel  1689.  I  di 
lui  successori  si  leggono  nella  col- 
lezione delle  annuali  Notizie  di 
Roma;  ed  al  presente  è  vescovo 
di  Gerace  monsignor  Luigi  Perro- 
ne  di  Cosenza,  già  canonico  peni- 
tenziere della  cattedrale  di  sua  pa- 
tria,  preconizzato  dal  regnante 
Gregorio  XVI  nel  consigtoro  de' 19 
dicembre    i834. 

La  cattedrale  di  Gerace  è  de- 
dicata a  Dio,  in  onore  dell'Assun- 
zione in  cielo  della  Beata  Vergi- 
ne Maria,  essendo  la  diocesi  sulTra- 
ganea  dell'arcivescovo  di  Reggio 
nel  medesimo  regno  delle  due  Si- 
cilie. Avendo  ii  memorato  terre- 
moto rovinato  la  cattedrale  assai 
bella  e  di  gotica  architettura,  venne 
decorosamente  riedificata  dall'ulti- 
mo vescovo  defunto,  monsignor  Giu- 
seppe Maria  Pellicano  di  Gioiosa, 
diocesi  di  Gerace,  che  Pio  VII 
avea  fatto  vescovo  nel  18 18.  Il 
capitolo  si  compone  di  otto  digni- 
tà, essendo  la  prima  quella  del 
decano,  e  le  altre  sono  l'arcidia- 
cono, il  primicerio,  l'arciprete,  il 
protonota lio,  il  tesoriere,  il  canto- 
re ed  il  maestro  di  cerimonie.  I 
canonici  sono  sedici,  comprese  le 
prebende  di  penitenziere  e  di  teo- 


GER  ^7 

logo;  inoltre  fanno  parte  del  ca- 
pitolo i  mansionari,  ed  altri  preti 
e  chierici  addetti  al  servigio  ec- 
clesiastico. Nella  cattedrale  la  cura 
delle  anime  è  affidata  all'arcipre- 
te, quarta  dignità;  ivi  è  il  fonte 
battesimale  ,  e  molte  sacre  reliquie. 
Contiguo  alla  cattedrale  è  l'episco- 
pio, nella  maggior  parte  rifabbri- 
cato. Oltre  la  cattedrale  in  città 
si  enumerano  dodici  chiese  par- 
rocchiali tutte  munite  del  balti- 
slerio.  Vi  sono  pure  due  conven- 
ti di  religiosi,  ed  un  monistero 
di  moìiache,  non  che  diverse  con- 
fraternite, e  seminario  cogli  alun- 
ni .  Ad  ogni  nuovo  vescovo  la 
mensa  è  tassata  ne'  libri  della  ca- 
mera apostolica  in  fiorini  sessanta- 
due, verus  aulem  illonun  valor  est 
3ooo  circiter  dacalorutn  aeris  nen- 
polilanis  piihlicis  non  dcductis  one- 
ribiis,  siccome  si  legge  nella  propo- 
sitio   concistoriale. 

GERALDO  (s),  conte  di  Au- 
rillac  in  Alvergna,  nato  l'anno 
855,  ereditò  da' suoi  genitori  vivi 
sentimenti  di  virtìi  e  di  pietà.  A- 
vendolo  la  sua  mal  ferma  salute 
obbligato  di  abbandonare  i  guer- 
reschi esercizi,  ai  quali  la  nobile 
gioventù  usava  allora  dedicarsi  » 
prese  piacere  per  lo  studio,  per  l'o- 
razione, e  per  la  meditazione  del- 
la legge  divina,  e  gli  si  insinuò 
nel  cuore  il  desiderio  di  rinunzia- 
re al  mondo  per  sempre.  Morti  i 
suoi  genitori  dispensò  a' poveri  la 
maggior  parte  delle  sue  ricchezze, 
non  riserbandosi  che  quanto  gli 
era  necessario  per  vivere.  Condus- 
se vma  vita  esemplare  fra  le  pra- 
tiche di  divozione  e  la  penitenza, 
esortando  i  suoi  vassalli  alla  virtù, 
ed  agevolando  loro  i  mezzi  di  di- 
venire buoni  cristiani.  Per  ispirilo 
di    penitenza    fece    un  pcllegrinag- 


68  GER 

gio  a  Roma.  Ritornato  ad  Auril- 
lac  fondò  una  gran  chiesa  in  ono- 
re di  s.  PietiOj  nel  luogo  di  quel- 
la di  s.  Clemente  fatta  edificare 
da  suo  padre  con  un  monastero 
dell'ordine  di  s.  Benedetto.  Ar- 
ricchì considerabilmente  questo  mo- 
iiisterOj  e  si  prese  cura  che  vi  fos- 
se osservata  la  piìi  esalta  discipli- 
na,  per  cui  divenne  florido  e  repu- 
tato. Egli  si  sarebbe  ritirato  in 
questo  monistero,  ma  il  suo  con* 
fessore  lo  consigliò  di  continuare  a 
viver  nel  mondo  per  spargervi  i 
suoi  benefizi.  Egli  perseverò  adun- 
que nel  suo  fervore  avanzandosi 
ogni  dì  più  nella  perfezione.  Sette 
anni  prima  della  sua  morte  perdette 
la  vista,  e  morì  a  Cezeinac  nel  Quer- 
ci  a'i3  di  ottobre  del  909.  Fu 
seppellito  nel  monistero  di  Auril- 
lac,  e  diversi  miracoli  attestarono 
la  sua  santità.  Quell'abbazia  fu  se- 
colarizzata, e  cangiata  in  un  capi- 
tolo di  canonici  da  Pio  IV  nel  i562. 
Dipoi  vi  fu  noralDato  un  abbate 
commendatario  con  molti  privilegi. 
S.  Geraldo  è  patrono  dell'alta  Al- 
vergna,  ed  è  onorato  a'  i  3  d'ottobre, 
giorno  della  sua  morte.  Nella  chiesa 
collegiata  di  Aurillac  conservansi 
alcune  sue  reliquie  sottratte  al  fu- 
rore degli  ugonotti. 

GERALDO  (s.).  Inglese  di  na- 
scita, passò  in  Irlanda,  e  vi  prese 
abito  religioso  nel  monistero  di 
Megeo  o  Mayo,  fondato  da  Coiman 
di  Lindisfarne,i  n  favore  di  quelli 
d  Inghilterra  .  Divenne  successiva- 
mente abbate  e  vescovo.  Fondò 
egh  due  monisteri,  uno  di  uomi- 
ni e  l'altro  di  femmine,  del  qua- 
le diede  il  governo  a  sua  sorella, 
per  nome  Segrezia.  Questo  santo 
vescovo  cessò  di  vivere  nel  782,  e 
fu  sepolto  a  Mayo,  ove  ancora  si 
vede  una  chiesa    che  porta  il  suo 


GER 

nome,    e  la    sua   memoria    è  ono- 
rata a'  1  3   di   marzo. 

GERA-PETKA,  o  HIERA-PE- 
TRA,  o  HIEROPYDNA.  Sede  ve- 
scovile nella  costa  meridionale  del- 
l'isola  di  Creta,  presso  il  monte 
Ida,  chiamata  pure  Castello  di  Ce- 
ra -  Petra ,  essendo  frequentato  il 
luogo  a  motivo  del  suo  comodo 
porto.  Questo  vescovato  fu  eretto 
nel  quinto  secolo,  sotto  la  metro- 
poli di  Candia,  nella  diocesi  del- 
l'Illiria  orientale.  Eufronio  suo  ve- 
scovo sottoscrisse  la  lettera  della 
sua  provincia  all'  imperatore  Leo- 
ne, e  al  dire  di  Commanville,  nel 
secolo  XII  fu  unita  la  sede  a  quel- 
la di  Sittia.  Dopo  che  i  latini  oc- 
cuparono l'isola,  fu  sede  de' vesco- 
vi di  tal  rito,  e  Tommaso  ne  fu 
fatto  vescovo  dal  Pontefice  Giovan- 
ni XXII,  dandogli  poi  a  successo- 
re Gerardo  dell'ordine  de' minori. 
Urbano  V  nominò  vescovo  dome- 
nico;  e  Giuliano  forse  domenicano 
governò  pure  questa  chiesa.  Altro 
vescovo  fu  Francesco,  che  lo  diven- 
ne nel  1 390  circa.  Lo  furono  an- 
che Giovanni  Quirini  di  Venezia, 
de' frati  minori;  ed  Ippolito  Arri- 
vabene  di  Mantova  per  volere  di 
Paolo  III,  che  lo  dichiarò  nel  i534 
in  novembre:  questi  intervenne  al 
concilio  di  Trento  e  ne  sottoscris- 
se gli  atti  nel  1 563.  Oriens  christ. 
tom.  II,   p.   266. 

GERAPOLI,  GIERAPOLI,Zr/e. 
rapolis.  Città  vescovile  della  Fri- 
gia Salutare  prima,  dell'  esarcato 
d'Asia,  sotto  la  metropoli  di  Sin- 
nada,  la  cui  erezione  risale  al  IX 
secolo,  secondo  Commanville.  Nel 
primo  tomo  dell'  Oritns  christ., 
sotto  il  titolo  di  Gerapoli  della 
Frigia  Salutare,  si  trovano  nota- 
ti diversi  vescovi,  alcuni  de' quali 
sono    attribuiti    anche    a    Gerapoli 


GER 

della  Frigia  Paoaziana.  11  primo 
di  essi  è  il  greco  Heros,  il  r[uale 
da  gentile  ch'era,  si  mostrò  alFezio- 
nato  air  apostolo  s.  Filippo  che  lo 
salvò  dal  furore  del  popolo  quan- 
do voleva  lapidarlo,  nascondendo- 
lo nella  propria  casa  ;  quindi  fu 
dal  santo  convertito  alla  fede,  e 
Dio  per  le  sue  preghiere  risuscitò 
un  certo  Alessandro:  allora  s.  Fi- 
lippo l'ordinò  vescovo  di  Gera po- 
li. Ne  fu  pur  vescovo  Papia  con- 
temporaneo di  s,  Policarpo  e  di- 
scepolo di  s.  Giovanni  sacerdote, 
il  quale  era  stato  discepolo  di  Ge- 
sù Cristo:  non  avendo  ben  com- 
preso i  discorsi  degli  uomini  apo- 
stolici, insegnò  1'  errore  da  cui  eb- 
bero origine  i  millenari.  Dei  suoi 
successori  ne  tratta  il  p.  Le  Quien 
nel  citato  Ori'ens  chriit.  tomo  I, 
p.  832;  mentre  nel  tom.  Ili,  p. 
II23  sono  notati  otto  vescovi  la- 
tini che  occuparono  la  sede  di  Ge- 
rapoli  della  Frigia  Salutare,  il  pri- 
mo de'quali  fu  Giovanni,  dopo  la 
cui  morte  vacò  la  sede  sino  al  i  449> 
in  cui  il  Papa  Nicolò  V  nominò 
vescovo  Gerlac  Gildhevisen  dome- 
nicano, il  quale  nel  i4'>o  consa- 
crò la  chiesa  delle  monache  di 
Leida. 

GER.APOLI.  Sede  arcivescovile 
della  seconda  Frigia  Pacaziana  , 
nell'esarcato  d'Asia,  sul  IMeandio 
nella  Natòlia,  detta  anche  /Iphiont 
Carasar.  Da  principio  non  fu  che 
un  semplice  vescovato  suffraganeo 
di  Laodicea;  ma  in  seguito  Gera- 
poli  diventò  metropoli  della  secon- 
da Frigia  Pacaziana,  cioè  nel  quin- 
to secolo,  secondo  Commanville,  do- 
po la  divisione  della  Frigia  Paca- 
ziana io  due  Provincie,  prima  e 
seconda.  Otto  furono  i  vescovati 
sottoposti  a  questa  metropoli.  Me- 
tellopoli,  Autuda  o  Alludi,  Mosy- 


GER  69 

na,Dionisiopoli,  Anastasiopoli,  Gha- 
na, Feba  e  Zana.  Dei  suoi  vesco- 
vi è  a  vedersi  quanto  dicemmo  al- 
l' articolo  precedente,  e  l'  Orienf! 
clirist.  anche  nel  tom.  I,  in  ind. 
p.  1 3.  Gerapoli  ebbe  pure  alcuni 
vescovi  latini,  e  tali  furono  Anto- 
nio di  Alessandria  de'  frali  minori, 
nominato  da  Clemente  VI  nel  i346, 
indi  trasferito  a  Durazzo  nel  i348; 
e  Stefano  di  Larolo  del  medesi- 
mo ordine,  che  gli  successe  come 
si  legge  nel  detto  tomo  a  p.  978. 
In  questa  città  fu  tenuto  un  con- 
cilio, coìiciliuni  HìerapoliLanuni,  ver- 
so 1' anno  160,  o  170,  o  178;  da 
sani'  Apollinare  vescovo  del  luogo 
con  venlisei  altri  prelati,  contro 
Montano,  i  montanisti,  e  Teodoro 
il  Conciatore.  Montano  fu  reciso 
dalla  comunione  della  Chiesa,  per- 
chè contraffaceva  il  profeta,  e  di- 
ceva di  essere  lo  Spirito  Santo,  in 
certi  eccessi  di  furore,  che  gli  to- 
glievano il  libero  uso  della  ragio- 
ne :  costui  con  due  donne.  Prisca 
e  Massimilla,  formarono  la  setta  dei 
catafrigi.  Diz.  de  concilii,  e  Balu- 
zio,  ex  Euseh.   Fahricius. 

GERAPOLI.  Sede  arcivescovile 
della  provincia  Eufralena  nella  Si- 
ria, nel  patriarcato  d'Antiochia, 
che  nel  IV  secolo  fu  eretta  in  ve- 
scovato, e  nel  V  in  metropoli.  In 
lingua  siriaca  si  chiamò  Mabog, 
Maboug,  Membisc,  ed  anche  Mem- 
bigz,  che  i  greci  alterarono  col  no- 
me di  Bambyce,  o  Bombice.  Dipoi 
venne  chiamala  Gerapoli ,  cioè 
città  sacra,  dal  re  Seleuco,  perchè 
la  fabbricò  a  motivo  della  gran 
dea  di  Siria,  o  di  Atergatis,  che 
ivi  si  venerava  sotto  le  forme  di 
colomba  o  di  una  donna,  ciò  che 
le  dava  la  preminenza  su  tulle  le 
altre  di  questa  parte  della  Si- 
ria chiamata  Eufratense.  Ammiano 


70  GER 

Mai'ccUiiio    crede  sia    siala     anche 
appellata  IVìhus.  Qiiesla  cillà  fu  ca- 
pitale della  Comagcne    sotto  i  ro- 
mani,   e    siccome    la    Comagcne  è 
terminata  dall'Eufrate,  così  questa 
provincia    si    disse    Eiifratena.   Gli 
erano    snffraganei    sedici  vescovati, 
Ciro,  Germanicia,  e  Samosafa  che 
nel    XII    secolo    divennero    aicive- 
scovati,  e  Doliclie,  Zeugma,  Euro- 
po    o    Tamsaco,  Ncocesarea,    Ori- 
ma,  Sura,  Perle,  IMarianopoli,  Sce- 
narchia,  Santon,   Nicopoli,  Barha- 
lis,  e  Sergiopoli  che  nel  VI  secolo 
divenne  arcivescovato.    Si  conosco- 
no   dieci    vescovi    greci    di    questa 
città,  di  cui  il  primo  fu  Filolimo, 
che    trovossi  al    concilio  di   Nicea  ; 
Teodolo  suo  successore,  venne  or- 
dinato sotto  l'imperatore  Valente, 
da    Eusebio    di    Samosata,    e     nel 
38 1    intervenne  al  concilio  genera- 
le   di    Costantinopoli.  Indi    fu  ve- 
scovo   Alessandro,    zelante  difenso- 
re dell'eresiarca    Nestorio,  per  cui 
fu    dall'imperatore   cacciato    dalla 
sua    sede,    sostituendogli   Panolvio. 
L' idlimo  de' vescovi    greci   fu  Ste- 
fano II,  autore  degli  alti  del  mar- 
tirio di  san     Galanduch  persiano  , 
regnando    Cosroe     I.    Gerapoli    fu 
presa    dai    latini  nel    declinar    del 
secolo  XI  o  ne'  primi  del  seguen- 
te, e  vi  elessero  a  vescovo  del  lo- 
ro rito  Francesco   nel   ii36.  Gio- 
vanni   vescovo    armeno    si    mandò 
al  Papa  Gregorio  XIII  dal  catto- 
lico Azaria.  Narra    il  Baluzio    che 
nell'anno    44^   f"    'n  questa  città 
tenuto  un   concilio,  risguardante  il 
vescovo    di    Pcrre    o    Perri,    nella 
slessa    Siria.      Oriens   christ.    toni. 
T,    p.    1433,  lom.    II,   p.    926,  e 
lom.  Ili,  p.    iic)4.  11    Terzi  nella 
Siria    sacra  a    p.      io3  crede  che 
Gerapoli  d'Antiochia  sia  Aleppo. 
GERAPOLI.  Sede  vescovile  dcl- 


GER 

la  provincia  d'isauria,  nel  patriar- 
cato Antiocheno,  sotto  la  metro- 
poli di  Seleucia,  eretta  nel  quinto 
secolo.  Paolo  n'  era  vescovo  quan- 
do sottoscrisse  la  lettera  della  sua 
provincia  all'imperatore  Leone,  ri- 
guardante la  morte  di  Protero,  ed 
il  concilio  di  Calcedonia.  Oriens 
christ.  lom.   II,  p.    1026. 

GERAPOLI.  Sede  vescovile  del- 
la seconda  Arabia,  nel  p;itria reato 
di  Gerusalemme,  sotto  la  metro- 
poli  di   Bostra, 

GER  ARA  o  GF.RAR  .  Sede 
vescovile  della  Palestina  prima  , 
diocesi  di  Gerusahmme,  sotto  la 
metropoli  di  Cesarea ,  che  Com- 
nianville  chiama  Salton  Geraiticus, 
e  la  dice  eretta  nel  V  secolo:  Mar- 
ciano vescovo  di  Gerara  fu  al  con- 
cilio di  Calcedonia.  Gerara  al  tem- 
po di  Abramo  e  d'Isacco  avev;i  il 
suo  re  particolare  chiamato  Abime- 
lecco,  cui  dissero  per  salvar  la  vita 
allorché  vi  soggiornavano,  che  le  lo- 
ro mogli  erano  sorelle.  Appartene- 
va ai  filistei,  e  toccò  alla  tribù  di 
Simeone.  Cadde  Gerara  in  pote- 
re del  re  di  Etiopia,  di  cui  A  za 
re  di  Giuda ,  avendo  scondito  la 
grande  armata ,  devastò  tutto  il 
suo  territorio. 

GER.AE.CA,  Hìcrarchn ,  Jnti- 
stcs.  Nome  di  dignità:  capo,  supe- 
riore nella  Gerarchia  (Pedi);  dice- 
vasi  quindi  gerarca,  il  gran  gerarca, 
il  sommo  gerarca  ,  il  beatissimo 
gerarca,  il  supremo  gerarca,  il  som- 
mo Pontefice  romano.  Questi  fu 
chiamato  dai  santi  padri  e  dai 
coneilii,  cogli  epiteli  i  più  sublimi: 
s.  Agostino  nel  setm.  de  ver.  DO' 
tinnì  r3,  cp.  161,  lo  chiamò,  il  p. 
e  principe  della  pace;  s.  Ambrogio, 
Coni,  in  ep.  ad  Tliitnot. ,  cap.  3, 
e^iiidicc  celeste  del  foro  terreno;  s. 
Cirilloj    Schism.  don-,  rifugio   uni- 


GER 

versale  de  fedeli,  e  dìainank:  della 
fede;  s,  Bernardo  neWepist.  iSj, 
patriarca  ecumenico;  il  sesto  sino- 
do, primate  della  Chiesa;  il  sinodo 
di  Efoso,  presidente,  occhio,  base, 
e  colonna  della  cattolica  religione; 
e  s.  Gio.  Grisostoino,  neWiiomil. 
58  in  Matth.,  supremo  gerarca  dei 
gerarchi.  Dei  gloriosi  titoli  coi  qua- 
li è  chiamato  il  Papa,  se  ne  par- 
la ai  rispettivi  articoli. 

GERARCHIA  ECCLESIASTI- 
CA. Nome  che  si  dà  alTordine,  ed 
ai  diversi  gradi  dello  stato  eccle- 
siastico: havvi  la  gerarchia  ne' Co- 
ri de^li  angeli  [Vedi),  come  hav- 
vi la  gerarchia  militare,  cioè  l'or- 
dine delle  dignità,  e  gradi  di  un 
esercito  :  la  gerarchia  militare  è 
eguale  pressoché  in  tulli  gli  eser- 
citi deije  nazioni  civili,  variano  per 
altro  i  nomi  dei  gradi  e  delle  di- 
gnità secondo  i  luoghi.  Il  vocabo- 
lo Gerarchia  deriva  dal  greco, 
liieros,  cioè  sacro,  e  da  arche,  prin- 
cipato, significando  comando  di  co- 
se sacre  o  sacro  principato:  fu  que- 
sto vocabolo  applicato  alla  Chiesa 
cristiana,  ma  in  differenti  maniere, 
che  spiegano  i  trattatisti  di  tale 
argomento,  alcuni  de'  quali  citere- 
mo. 11  nome  di  gerarchia  è  anti- 
chissiinoj  dappoiché  trovasi  nelle  o- 
pere  attribuite  a  s.  Dionigi  l'Areo- 
pagita  che  fiori  nel  quinto  secolo, 
ma  che  sono  di  un  autore  del  quin- 
to secolo,  il  quale  compose  il  ce- 
lebre libro  della  Gerarchia  cele- 
ste ed  ecclesiastica,  perchè  come 
dice  il  Macri  nella  Notizia  de\o- 
caboli  ecclesiastici,  in  esso  si  trat- 
ta del  sacro  principato  degli  an- 
geli, e  della  Chiesa;  laonde  per  la 
medesima  l'agione  chiama  il  ve- 
scovo Gerarca  [Vedi),  cioè  princi- 
pe sacro.  La  gerarchia  è  un  potere 
ben  ordinato  per  gradi  di  persone 


GER  71 

sacre ,  le  quali  hanno  una  giusta 
superiorità  sui  loro  subordinati,  o 
soggetti.  E  un  potere,  perchè  non 
vi  è  principato  senza  potere  e  sen- 
za autorità  sopra  un  uomo  o  so- 
p»a  una  cosa.  La  gerarchia  eccle- 
siastica dunque  consiste  propria- 
mente e  principalmente  nell'ordine 
delle  persone,  le  quali  consacrate 
al  ministero  ecclesiastico,  ne  adem- 
piono le  funzioni,  ciascuno  al  po- 
sto che  l'è  confidato,  e  secondo  il 
grado  che  gli  venne  conferito.  An- 
che nella  società  civile  e  nelle  cor' 
ti  vi  sono  dilferenli  ordini  di  cit- 
tadini che  s' innalzano  gli  uni  so- 
pra gli  altri,  per  prerogative,  inse- 
gne, distinzioni,  titoli,  ec.  ,  propor- 
zionatamente ;  e  l'amministrazione 
particolare  e  generale  delle  cose  è 
distribuita  a  diverse  persone  o  clas- 
si, incominciando  dal  sovrano  che 
comanda,  fino  al  più  infimo  sud- 
dito che  obbedisce.  Nella  società 
ecclesiastica  l'amministrazione  delle 
cose  relative  allo  stato  medesimo 
è  divisa  in  egital  modo,  quelli  che 
comandano  cioè,  ed  insegnano  so- 
no nella  gerarchia,  e  quelli  che 
obbediscono  sono  sotto  la  gerarchia, 
qualunque  sia  la  dignità  che  occu- 
pano nella  società  civile,  tutti  essendo 
semplici  fedeli.  Quelli  poi  che  so- 
no nella  gerarchia,  e  che  la  com- 
pongono, sono  al  contrario  tutti 
ineguali,  secondo  l'anzianità,  l'isti- 
tuzione, l'importanza,  ed  il  potere 
attaccali  al  grado  che  occupano. 
Così  i  sommi  Pontefici,  i  cardina- 
li, i  patriarchi,  i  primati ,  gli  ar- 
civescovi ,  i  vescovi,  gli  abbati  mi- 
trati, i  sacerdoti,  i  diaconi,  suddia- 
coni ec,  sembrano  formare  quella 
scala  graduatoria ,  da  cui  risulta 
propriamente  la  gerarchia  eccle- 
siastica. E  di  fede  che  la  gerarchia 
è  composta   dei  vcscovi_,  dei  sacer» 


7i  GER  GER 
tioti,  e  dei  ministri,  essendone  su-  sa  del  re  della  gloria,  disse  nel  sal- 
piemo  Gerarca  il  Papa,  secondo  mo  48.  »  Astitit  regina  a  dextris 
la  definizione  del  concilio  di  Tren-  »  tui  in  vestitu  deauralo  circiimda- 
to:  venne  lasciato  indeciso  se  pei  »  la  varietale  ";  nel  qual  detto 
ministri  debbansi  intendere  i  chic-  slimò  il  dottissimo  Cajetano  con 
rici  inferiori  ,  e  molti  teologi  so-  molli  sacri  interpreti  doversi  in- 
slengono  che  i  suddiaconi  ed  i  tendere  la  Chiesa  militante  in  ter- 
chierici  inferiori  non  possono  ap-  ra,  mentre  a  tale  significazione  fa- 
partenere  alla  gerarchia ,  non  es-  vorisce  il  testo  letterale  della  pa- 
sendo  essi  d'istituzione  divina.  Al-  rola  astitit,  quasi  in  atto  di  com- 
l'articolo  Cappelle  ponlificie  (Fedi)  battere,  dove  che  alla  Chiesa  trion- 
si  e  trattato  delle  graduazioni  del-  fante  in  cielo  conviene  piti  la  pa- 
la gerarchia  ecclesiastica  innanzi  al  rola  assidere.  Ma  di  qualunque  si 
sommo  Gerarca  il  romano  Ponte-  voglia  intendere,  convengono  ambe- 
fice,  e  della  preminenza,  abiti  ed  due  nella  maestà  e  splendore  dei- 
insegne  di  tutti  quelli  che  Iaconi-  le  parli  che  le  compongono;  e  se 
pongono.  Ai  relativi  articoli  si  può  la  gerarchia  celeste  è  vaga  in  splcii- 
leggere  quanto  si  appartiene  indi-  doribus  sanctorwn,  cioè  degli  an- 
vidualmente  ai  personaggi  forman-  geli ,  aposteli ,  profeti ,  e  martiri, 
ti  la  gerarchia  ecclesiastica,  ed  in  tutte  stelle  luminose,  benché  una 
altri  al  complesso  della  medesima,  differisca  dall'altra  come  quelle  del 
che  lungo  sarebbe  il  citaili.  Si  di-  cielo  a  noi  visibile,  cosi  la  gerar- 
ce  poi  gerarchico,  tuttociò  che  ap-  chia  della  Chiesa  militante,  benché 
parliene,  ed  è  attenente  alla  gè-  una  per  l'unità  della  fede,  è  di- 
rarchia.  stinta  nella  varietà  dei  gradi  e 
Due  sono  le  gerarchie  delle  crea-  ministri,  nella  varietà  de'sacramen- 
ture  ragionevoli  fondale  dal  Re-  ti,  e  delle  vesti  a  ciascun  grado 
dentore  del  mondo,  una  visibile  deputate,  e  tutti  come  membri  bei- 
in  terra,  l'altra  invisibile  in  cielo,  lissimi  compongono  un  corpo,  il  di 
e  di  ambedue  egli  n'  è  il  capo,  fa-  cui  capo  è  Cristo,  onde  consideran- 
cendo  che  in  terra  eserciti  le  sue  dosi  tale  unità  da  s.  Bernardo,  nel 
veci  qual  suo  vicario  il  supremo  lib.  3  De  consideratìoiie,  cap.  4> 
Gerarca.  Differisce  una  dall'  altra,  scrisse.  "  Atque  corpus  (juod  tibi 
come  notò  s.  Agostino,  tract.  1 24  «  ipse  Paulus  suo  vero  apostolico 
in  Joan.  poiché  »  una  est  in  la-  »  figurans  eloquio ,  et  capiti  con- 
"  bore,  altera  in  requie,  una  in  -•'  venienlissime  aptans,  totum  ex 
•»  via,  altera  in  patria,  una  in  0-  »  eo  compaclum  perhibet,  et  con- 
"  pere  actionis,  altera  in  mercede  »  nexum  per  omnem  juncturam 
"  contcmplationis,  una  flagellatur  «  subministrationis  secundum  o- 
"  malis,  ne  exlcUatur  in  bonis,  «  perationem  in  mensiuam  unius 
"  altera  tanta  plenitudine  gratiae  »  cujusque  membri  argumentuni 
"  caret  omni  malo,  ut  sine  ulla  »  corporis  faciens  in  aedilìcationem 
"  tentatione  superbiae  adhaereat  »  sui  in  charitate  "  ;  e  poi  soggiun- 
"  suramo  bono  ".  Non  perciò  per-  se  nel  medesimo  libro:  »  INec  vi- 
de la  sua  bellezza  la  gerarchia  a  »  lem  reputes  formam  hanc  quia 
noi  visibile,  poiché  avendola  il  san-  «  in  terra  est"  perchè  »»  esemplar 
te  re  Daviddc  preveduta  come  spo-  «  habct    de    coelo  ;   ncque    euiiii 


GER 

»  fllius  facere  poterai  quicquani 
«  iiisi  quae  viderit  Patrem  facieii- 
«  tein  ,  praesertim  cum  ei  sub 
«  Moysi  nomine  dictum  sit,  vide, 
»  omnia  facies  secundum  exem- 
"  piar,  quod  libi  in  monte  mon- 
"  stratum  est.  Viderat  haec  qui 
"  dicebat.  Vidi  civitatem  saiictam 
»  Hyerusalem  descendentem  de  coe- 
"  lo  a  Deo  paratam.  Ego  enim 
"  proptersimilitudinem  dictum  reor 
>'  quod  sicut  illic  seraphin,  et  che- 
»»  rubili,  et  caeteri  quique  usque  ad 
»  angelos,  et  archangelos  ordinan- 
»»  tur  ab  uno  capite  Deo,  ita  hic 
M  quoque  sub  uno  summo  Ponti- 
>»  fìce  primates,  vel  patriarcbae,  ar- 
»  chiepiscopi,  episcopi,  presbyteri, 
»  vel  abbates,  et  reliqui  in  hunc 
>»  modum  non  est  paiui  penden- 
»  dum,  quod  et  Deum  babet  au- 
»  ctorem,  et  de  coelo  ducit  ori- 
»   ginem  ". 

La  gerarchia  ecclesiastica  in  ter- 
ra rimirata  solamente  nella  sua  e- 
sterna  apparenza  è  oggetto  sì  su- 
blime, che  con  grande  studio  ap- 
pena si  potrebbe  spiegarne  la  sem- 
plice descrizione  di  essa  in  molte 
membra  soggette  ad  un  capo,  a 
cui  ninno  può  paragonarsi  ;  e  sì 
pieno  di  misteri,  che  consideran- 
dosi a  parte  qualunque  cosa  che 
la  costituisce,  conviene  che  si  con- 
cluda essere  tutta  opera  dell'  arte- 
fice supremo,  alla  quale  lo  splen- 
dore e  maestà  di  tutte  le  monar- 
chie hanno  ceduto  il  luogo,  e  se 
per  qualche  tempo  risplendettero, 
presto  svanirono,  dove  che  la  ge- 
rarchia ecclesiastica  è  un  edifìzio 
fondato  supra  petrani,  come  disse 
Gesù  Cristo  a!  principe  degli  apo- 
stoli e  primo  Pontefice  s.  Pietro, 
e  pietra  stabile.  Tutto  saggiamen- 
te spiegò  il  dotto  Tommaso  Sla- 
plctonio ,    nella    conclusione    della 


GEPt  73 

sua  opera  scritta  sopra  la  dignità 
e  grandezza  della  romana  Chiesa, 
dicendo.  »  Et  haec  quidcm  vere 
»  adniiranda  de  Pvomanae  Eccle- 
»  siae  principatu  compendio  dixe- 
»  rimus,  quale  quantumque  illius 
»  regnum  si  prae  reliquis  mundi 
"  regiiis,  et  imperiis  sufficienter, 
»  cuique  ob  obulos  posuerim,  au- 
»  rea  illa  sint,  argentea  aenea  fer- 
»  rea,  terrena  tamen  sunt,  et  ca- 
»  duca  omnia,  ideoque  suae  po- 
»  tentiae  inoduni  habentia  ,  suis 
»  conclusa  limitibus  suis  tempo- 
»  ribus  definita;  haec  vero  nostru 
»  ortus  sui  principium  in  Deum 
»  ipsum  auctorem  refert,  ab  eo 
»  suscitatum  super  petram  aedifi- 
»  catum,  potestas  divina,  coelestis 
»  claves  regnum  coelorum  sorti- 
»  ta,  potestas  aeterna ,  quae  non 
«  auferetur,  et  cnjus  regnum  non 
»  corrumpetur  ,  ventorum  turbi- 
»  nesac  tempestatum  omnium  pro- 
55  cellas  immota  exceptans.  Laii- 
M  guescunt  itaque  alia  illa  omnia, 
»  sensimque  deficiunt,  regnum  ve- 
»  ro  hoc  regnum  omnium  saecu- 
»  lorum  est,  et  dominatus  ejiis  in 
»  omni  generatione  et  generatio- 
>5  nem.  Nec  mirum  cura  haec  po- 
»  testas  ab  ipso  Chrìsto,  qui  ascen- 
»  dens  in  coelum  aperte  profite- 
»  tur;  sibi  datam  a  Patre  omuem 
»   in  coelo,  et  in  terra  ". 

S.  Clemente  discepolo  del  princi- 
pe degli  apostoli,  e  contemporaneo  di 
s.  Ignazio,  nella  sua  prima  lettera  ai 
corintiani,  parla  sovente  de'  preti, 
ma  prepone  loro  quelli  che  gover- 
navano la  Chiesa;  quindi  nel  prin- 
cipio di  detta  epistola,  che  alcune 
chiese  annoverarono  tra  i  libri  ca- 
nonici avanti  il  concilio  di  Tren- 
to, insegna  che  i  cristiani  debbono 
vivere  soggetti  a'ioro  superiori,  e 
onorare  i  sacerdoti,  come  si  convie- 


74  GER 

ne,  ove  si  vede  la  differenza  che 
egli  fa  tra  i  sacerdoti  ed  i  vesco- 
vi. Altrove  il  medesimo  fa  espres- 
sa menzione  di  tre  ordini  della 
gerarchia  ecclesiastica,  dicendo.  »»  11 
supremo  sacerdote  (Tertulliano  chia- 
ma il  vescovo  sommo  sacerdote) 
ha  le  proprie  incumbenze,  i  sacer- 
doti hanno  il  posto  loro  assegna- 
to, e  i  leviti  (in  molti  concilii  cosi 
chiamansi  i  diaconi)  ancora  hanno 
il  loro  ministero;  i  laici  devono 
adempiere  ai  loro  doveri.  Ciascuno 
di  voi,  fratelli,  ringrazi  Dio  dello 
slato  in  cui  fu  posto,  procurando 
di  conservare  la  propria  coscienza 
senza  rimorso,  e  non  si  scosti  dal- 
la regola  che  seguir  deve  ".  Non 
poteva  questo  santo  piìi  chiaramen- 
te distinguere  i  tre  ranghi  dell'ec- 
clesiastica gerarchia  fra  di  loro,  e 
dal  comune  de'  fedeli.  Che  se  egli 
si  serve  di  espressioni  usate  dai 
giudei  ellenisti,  lo  fa  perchè  la  Chie- 
sa cristiana  imitò  in  tal  punto  la 
sinagoga  ,  nella  quale  Dio  aveva 
stabilito  tre  gradi  di  gerarchia  fra 
loro  subordinati  f  sotto  de'quali  e- 
lano  i  laici  ,  cioè  il  comune  degli 
ebrei,  che  non  avea  parte  nel  mi- 
nistero. Nella  gerarchia  degli  ebrei 
teneva  il  primo  luogo  il  sommo  sa- 
cerdote della  famiglia  di  Aron  della 
tribù  di  Levi;  nel  secondo  si  nume- 
ravano i  sacerdoti  inferiori  della 
medesima  famiglia  cui  apparteneva- 
no cinque  funzioni;  nel  terzo  erano 
quei  ministri  del  tabernacolo  chia- 
mati leviti,  custodi  de' vasi  sacri  e 
suppellettili  pel  divin  culto ,  in- 
caiicati  pure  di  portare  il  taber- 
nacolo, non  che  di  cantare  le  di- 
vine lodi.  Oltre  1'  ordine  de'  le- 
viti, vi  era  una  classe  di  mini- 
stri del  genere  de'gabaonili  ,  l' of- 
fìzio  de'  quali  era  il  somministra- 
re   le    legna    e    l'acqua    per    uso 


GER 

del  tempio  :  si  chiamavano  Nati- 
nei,  e  corrispondono  quasi  ai  nostri 
oblati  o  donati.  Si  numeravano 
anche  altre  persone  applicate  al 
servizio  divino,  cioè  i  nazareni;  ed 
i  scribi  e  farisei,  i  quali  non  cia- 
no ministri  del  tempio,  ma  spie- 
gavano la  sacra  Scrittura,  ed  inter- 
pretavano la  legge  data  da  Dio  a 
Mosè.  Pel  solo  sommo  sacerdote,  e 
per  gli  altri  sacerdoti  inferiori  Dio 
prescrisse  le  vesti  sacre;  i  leviti  l'eb- 
bero  più   tardi  da    Salomone. 

Fino  dai  primi  secoli  della  Chie- 
sa si  trovano  gli  ecclesiastici  ma- 
gistrati distribuiti  per  le  provincie, 
ad  imitazione  e  somiglianza  di  quel- 
li che  pei  romani  vi  esercitavano 
la  temporale  giurisdizione.  Impe- 
rocché, siccome  risiedeva  in  Roma 
il  capo  dell'impero,  cioè  l'impera- 
tore, COSI  Dio  volle  che  vi  fondas- 
se la  sua  sede  il  capo  della  Chie- 
sa, il  sommo  Pontefice  ;  e  perchè 
dopo  Roma  ninna  città  era  stima- 
ta nel  mondo  quanto  Alessandria 
in  Egitto,  e  dopo  questa,  Antio- 
chia nella  Soria,  il  vescovo  alessan- 
drino ed  il  vescovo  antiocheno  fu- 
rono detti  patriarchi,  perchè  esige- 
vano i  primi  onori  dopo  il  vesco- 
vo di  Roma,  vescovo  della  Chiesa 
universale,  ed  avevano  autorità 
grandissima  sopra  gli  altri  vescovi 
delle  citta  di  quelle  provincie  ;  co- 
me appunto  r  avevano  sui  prefetti 
delle  medesime  ipioconsoli  di  quel- 
le due  metropoli.  Tale  istituzione 
si  attribuisce  dal  Papa  s.  Anacleto 
agli  apostoli ,  come  si  può  vedere 
al  cap.  Proi'iiicia.1  óìsùn.  gg.  Così, 
giusta  la  divisione  del  romano  im- 
pero fatta  da  Elio  Adriano  e  da 
Flavio  Costantino  imperatori ,  e 
come  Cesare  faceva  i  prefetti  del 
pretorio,  a  cui  soggiacevano  i  vi- 
cari, ed   ai  vicari  subordiuavansi  i 


GER 

proconsoli ,  i  presidi ,  i  correllorl  ed 
i  prefelti,  che  a  minori  città  coman- 
davano; così  nella  stessa  guisa  il  ro- 
mano Pontefice  ed  i  patriarchi  crea- 
vano i  primati  a'qiiali    per    ordine 
di  geiarchia  subordinavansi  i  metro- 
politani, essendo  tale  in  quei  tem- 
pi il  titolo  che  davasi  a  que'  pre- 
lati, che  ora  diconsi  arcivescovi.  Vi 
furono  pure  gli  esarchi  che  presie- 
devano a  molte    proviucie,  i  quali 
erano  superiori  ai  metropolitani  o 
arcivescovi^  inferiori  ai  patriarchi  , 
essendo  corrispondente    la  loro  di- 
gnità a  quella  dei  primati.  A  schia- 
rimento di  questo  articolo,  sono  a 
vedersi  tutti  quelli  dei  nominati  ed 
altri  gradi  gerarchici.  11  patriarca  di 
Costantinopoli  ebbe  origine  più  tar- 
di ,  sebbene    a   cagione    della  città 
imperiale   volle  prendere  la  prima- 
zia   ai   patriarchi    alessandrino    ed 
antiocheno,    ciò    che  per    più    se- 
coli   gli    contrastarono    i   Papi  ;    il 
patriarcato  di   Gerusalemme    tu    i- 
stituito   nel  quinto  secolo,  e  ne'  se- 
coli   posteriori    gli    altri    patriarchi 
orientali,  ed  i  latini  di  Venezia,  del- 
le Indie    occidentali  e  di    Lisbona. 
In  conclusione,  quando    la  religio- 
ne cristiana  fu   ricevuta  nell'impe- 
ro ,  e  eh'  ebbe    la    libertà    del  suo 
culto,  spiegò  una  gerarchia  di  giu- 
risdizione   simile  a  quella    del  go- 
verno   civile.     I    governatori    delle 
città  erano  subordinati  a  quelli  del- 
le Provincie  ;    questi    ultimi  dipen- 
devano da    altri    officiali    superiori 
che  comandavano  a  molte  provin- 
cie.    Tutta  simile  di  questa   gerar- 
chia civile,  i  vescovi  delle  capitali 
delle  Provincie  diventarono  metro- 
politani ,    quelli    delle    prime    città 
diventarono    patriarchi ,    al    modo 
detto,  e  così    stabilissi  l'ordine  di 
superiorità  dal  metropolitano  al  ve- 
scovo, e  dal  patriarca  al  mctropo- 


GER  75 

litano.  L'influenza  del  patriarca  e 
del  metropolitano  non  diventò  im- 
portante, o  per  meglio  dire  non  si 
estese  ed  ingrandì  l' esercizio  della 
giurisdizione  e  potere,  se  non  quan- 
do cessò  il  frequente  uso  de'  conci- 
lii  provinciali  o  nazionali. 

Ma  ì  romani  Pontefici  sino  dal- 
la   loro    divina    istituzione    furono 
sempre,  e  sono  tuttora  gli  augusti 
e    venerandi    capi    della    gerarchia 
ecclesiastica  ,  sia    d'  ordine    che  di 
giurisdizione.     Nello    stato    attuale 
della    gerarchia  di  giurisdizione ,  i 
suoi  gradi  sono  dal  vescovo  al  me- 
tropolitano,   dal    metropolitano   al 
primate,    quando   il   metropolitano 
ne   riconosce    vmo ,   e   dal  primate 
al  Papa,  dappoiché  gli  antichi  pa- 
triarchi di  giurisdizione,  cioè  di  Co- 
stantinopoli, di  Alessandria,  di  An- 
tiochia  e  di  Gerusalemme  che  ave- 
vano il   patriarchio  in  Roma  pres- 
so   le    patriarcali    basiliche   di  sau 
Pietro ,    di   s.  Paolo ,    di   s.  Maria 
Maggiore  e  di   s,  Lorenzo    fuori  le 
mura  di  Roma,  da  molti  secoli  più 
non  esistono.  Vi  sono  tali  patriar- 
chi soltanto  titolari  e  di  onore,  in 
partihus ,  questi    ed  i  sunnominati 
patriarchi    orientali    e    latini    sono 
nominati  dal  sommo  Pontefice,  che 
gerarca   dei    gerarchi    crea    tutti  i 
vescovi  del  mondo  cattolico.    Nella 
cappella    pontificia    i  patriarchi    di 
giurisdizione    e  di  onore  prendono 
luogo  a  capo  degli  stalli  degli  arci- 
vescovi e  vescovi  assistenti  al  soglio 
pontificio,  e  sostengono  al  Papa  il 
libi'o    e    la    candela  col    capo  sco' 
perto:  lo  tiene  coperto  il  solo  pa» 
triarca    orientale  di  Antiochia    dei 
siri,  perchè  secondo  il  suo  rito,  è 
anzi  segno   di  rispetto ,  come  lo  è 
tra  altri    orientali.    Va   notato    che 
i  patriarchi  di   giurisdizione  prece- 
dono naturalmente  quelli  di  titolo. 


76  GEPt 

li  magnifico  spettacolo  della  gerar- 
chia ecclesiastica  riunita,  col  supre- 
mo suo  gerarca,  il  sommo   Ponte- 
fice, non    si   può    vedere    che  ncl- 
r.draa    Roma,    cenilo  della   mede- 
sima  gerarchia   e  del  cristianesimo, 
e    ben    lo    espresse    il    dotto    Papa 
Pio  II,  con  quelle  gravi  paiole  che 
riportammo    nel    volume    Vili,    p. 
125  del   Dizionario.  Ivi  nelle  saijie 
funzioni  si  ammira  in  tutta  la  magni- 
ficenza   la    gerarchia ,   con    pompa 
splendida,  decorosa  ed  ecclesiastica, 
per  maggior    esaltazione  della  glo- 
ria di  Gesù  Cristo  e  della  sua  Chie- 
sa.   Il   p.   Filippo    Bonanni    gesuita 
nel  1720  pubblicò  in  Roma  la  dot- 
ta opera    intitolata:    La   gerarchia 
ecclcsiasrica  considerala    nelle  vesti 
sacre  e  civili ^  usate  da  quelli  i  qua- 
li la  compongono,   apresse,  e  spie- 
gate  con    le    immagini   di    ciascun 
grado    della    medesima .    Parlando 
nel   proemio   della   geraichia  eccle- 
siastica, conchiude  così."  Siccome  la 
maestà    e  la    bellezza    della  gerar- 
chia   celeste  a  noi    si    addita    nella 
preziosità    delle  gemme,   nei    colo- 
ri  delle  pietre,  nella  preziosità  del- 
le  vesti    varie,    nell'oro   e   nell'ar- 
gento ,  come    dottamente    significò 
s.   Dionigi    I'  Areopagita    nel    libro 
della  celeste  gerarchia,  così   dispose 
Iddio,  che     la    gerarchia     militante 
apparisse  ornata    con  veste    di  vari 
colori,  e  in  tessute  con  oro,  arricchite 
di  getnme,  con   le  quali  assistessero 
alle  sacre  funzioni   i    ministri  degli 
altari    del    cristianesimo,    acciocché 
da  tali   pompose    ed  esterne  appa- 
renze si  arguisse  dall'umano  inten- 
dimento  la  sublime  dignità   di  cia- 
scuno ,    e  si  deducessero    li    diversi 
piofoiìdi    misteri    nascosti    nella  di 
lui   infinita   sapienza   nell'uso  delle 
medesime".  Oltre  quanto  si  dice  ai 
loro  articoli  su  tutti   gì'  indumenti 


GER 

ed  ornamenti  delle  dignità  eccle- 
siastiche, si  possono  leggere.  Digni- 
tà', Colori  ecclesiastici,  Gemma, 
e  Vesti   svcre. 

Stimo  a   proposito  riportare  qui 
un  brano  del  mio  proemio,  che  posi 
in    fronte  all'edizione  a   parte,  che 
feci   delle    mie   Cappelle    pontifìcie, 
cardinalizie  e  prelatizie,  tratte  da- 
gli articoli   di  questo   mio  Diziona- 
rio:  edizione  che  dedicai  al  cardi- 
nal   Bartolomeo  Pacca,    decano  ed 
ornamento  del  sacro  collegio:  «  Era 
ben    giusto    che    le    sacre    funzioni 
celebrate  dal  supremo  Gerarca,  dai 
cardinali  della  santa  Romana  Chie- 
sa, e  dalla   prelatura  della   Sede  a- 
postolica    fossero   accompagnate  da 
ecclesiastica  gravità,  magnificenza  e 
corrispondenti  cerimonie;  acciocché 
ove   ha  sede  il  venerabile    capo  del- 
la   Chiesa  risplendesse  vieppiù  l'e- 
sterna espressione  del  culto  religio- 
so  che   si   deve  alla  Divinità,  e  ve- 
nisse meglio   ravvivala   la  fede  ne- 
gli  assistenti.   Il  complesso  adunque 
de'  riti  e  delle  cerimonie  piene  dei 
piti    belli    e    misteriosi    significali  , 
rende  in  certo  modo  visibile  la  san- 
ta   religione     di     Cristo   ,    riempie 
l'animo  di    pietà  e  religiosa    com- 
mozione, e   lo  eleva  soavemente  al 
cielo:    mentre  il  corteggio  imponen- 
te del  sovrano  Pontefice,  si  fa  di- 
stinguere per  un  misto  di  sacerdo- 
tale, di  regio,  di   principesco  e  di 
sacro,  che  ispira   maestà  e  insieme 
veneraziorre  ;   tutto  essendo  augusto 
e  grande  per  l'intervento  del  sacro 
collegio,   della  prelatura   e  della  cu- 
ria  romana ,  corte  e  flimiglia   pon- 
tifìcia,  ricoperti  delle  insegne  della 
loro  dignità  e  grado;   e  però  in  ri- 
guardo alla  meravigliosa  graduazio- 
ne   ed    ordine,    sembra    una    vera 
immagine  della  celeste  Gerarchia". 
Una  parte  dell'opera    con  figure 


GER 
del  Iodato  p.  Bonanni ,  con  varie 
notizie  tratte  dal  cav.  Lunadoro , 
uella  Relazione  della  corte  di  Ro- 
ma, fu  pubblicata  nel  1828  in  Ma- 
cerata dall'abbate  Vittore  Falaschi, 
senza  critica  e  con  questo  titolo: 
La  gerarchia  ecclesiastica,  e  la 
famiglia  pontificia.  Nei  primi  del 
secolo  decorso  e  nell'anno  1708 
Carlo  Bartolomeo  Piazza  pubblicò 
in  Roma  la  dotta  opera  intitolata: 
La  gerarchia  cardinalizia,  in  cui 
dichiarando  l'antica  dignità  ,  disci- 
plina e  maestà  della  Chiesa  roma- 
na e  militante,  trattò  della  mistica 
gerarchia,  dell'eccellenza  e  sublimi- 
tà del  cardinalato,  ne'  tie  gradi  dei 
cardinali  vescovi  suburbicari  ch'egli 
paragona  all'ordine  de' serafini  ;  dei 
cardinali  preti  rappresentanti  l'or- 
dine de' cherubini;  e  del  terzo  gra- 
do de'  cardinali  diaconi ,  che  nel 
loro  ministero  assomiglia  ai  troni 
spiriti  angelici,  de' quali  lutti  è  ca- 
po, sommo  sacerdote  e  supremo  ge- 
rarca il  romano  Pontefice;  conchiu- 
dendo, che  dalla  celeste  e  trion- 
fante gerarchia  ha  preso  il  modello 
la  Chiesa  militante.  Divide  egli  i 
nove  gradi  della  gerarchia  celeste 
negli  angeli ,  arcangeli,  virtù,  tro- 
ni, principati,  podestà,  dominazioni, 
cherubini  e  serafini  ;  quelli  della 
gerarchia  ecclesiastica,  nei  cardina- 
li, patriarchi,  metropolitani  o  arci- 
vescovi, abbati  mitrati,  arcipreti, 
arcidiaconi,  archimandriti,  preposti, 
priori,  vicari ,  ed  altre  subordinate 
dignità. 

Sulla  gerarchia  ecclesiastica  tra 
gli  altri  scrissero:  Francesco  Hal- 
lier.  De  Hierarchia  ecclesiastica, 
Lutetiae  Parisiorum  i656.  Gatto- 
lae,  De  ecclesiasticae  Hierarchiae 
originìbus  dissertatio,  Mutinae  1  708. 
Nicolao,  Quaestio  TF,  De  Hierar- 
chia Ecclesiae    miliianlis,    Weapoli 


GER  77 

1 690.  Luigi  Cellot  ,  De  Hierar- 
chia et  hierarchìs ,  Rouen  174*  > 
opera  che  i  suoi  biografi  dicono 
contenere  proposizioni  non  gitiste. 
11  Lunadoro  dell'edizione  del  1646, 
nel  suo  libro  della  Relazione  del- 
la corte  di  Roma,  a  pag.  241  e  seg. 
tratta  dell'  ordine  delle  precedenze 
degli  ecclesiastici,  in  questo  modo. 
Monsignor  governatore  di  R.oma, 
njonsignor  uditore  della  camera , 
monsignor  tesoriere  generale,  mon- 
signor maggiordomo,  poi  i  mon- 
signori patriarchi,  cioè  prima  quel- 
lo di  Costantinopoli,  poi  quello  di 
Alessandria,  indi  quello  d'Antio- 
chia, quindi  quello  di  Gerusalem- 
me. Dopo  di  questi  antichi  registra 
i  patriarchi  meno  antichi ,  come 
d'  Aquileia,  Venezia,  e  delle  Indie; 
oppresso  gli  arcivescovi  e  i  vescovi 
che  tra  loro  precedono  per  anzia- 
nità di  promozione,  ciò  che  non 
si  pratica  coi  quattro  antichi  pa- 
triarchi, dovendosi  rispettare  1'  or- 
dine gerarchico  cui  furono  scritti. 
Dopo  vengono  i  protonotari  par- 
tecipanti, gli  uditori  di  rota,  i  chie- 
rici di  camera,  i  leferenciari,  i  pro- 
tonotari, i  quali,  se  fatti  dal  Papa, 
precedono  quelli  fatti  dai  cardi- 
nali legati  :  questi  protonotari  fuo- 
ri di  Roma  allora  incedevano  in 
abito  paonazzo  col  rocchetto,  ma 
in  Roma  con  abito  nero  e  senza 
rocchetto.  Tutti  i  prelati  che  por- 
tano rocchetto,  soggiunge  il  mede- 
simo Lunadoro  (giacché  prima  non 
era  così  comune  quale  al  presente 
l'uso  del  rocchetto),  precedono  gli 
ambasciatori  di  Malta,  di  Bologna 
e  di  Ferrara  ;  come  anche  prece- 
dono detti  ambasciatori  gli  udito- 
ri di  rota,  i  chierici  di  camera  : 
il  maestro  di  camera  del  Papa 
precede  a  tutti  i  prelati,  che  non 
portano  rocchetto;  i  generali  degli 


78                     GER                   ♦  GER 

ordini    religiosi    jMeccdono    i    refe-  iiivocandi  sanctos^  an  sit,  et  quale; 

rendari  ;  l'ambasciatore    dell'impe-  8.    de  rcfjuisitis  ,  ci  non  requisitis 

ratore  precede  il   senatore    di    Ro-  ad  lucrandas  indulgentias  j  9.    ap- 

mn;  il  senatore    precede  a  tutti  gli  pendix    apologetica    nd    praecedens 

altri   ambasciatori,  cioè  di  Spagna,  opusculum;    io.  de  unione  bencfi- 

Francia,  e  gli  altri.    Ordine    della  ciorum.    Il  celebre  cardinal  Gerdil 

precedenza  dei  re  cavato  dal  ceri-  ci  diede:  Opuscida  ad  Hierarchiam 

nioniale    di    Papa    Giulio  li    fatto  ecclesiae  constUutioneni    speclantia. 

l'anno    i5o4.    L'imperatore,    il  re  Parmae  1789. 

de' romani,  il  re  di   Francia,  il   re  GER.  A  RD 1  o  GER  AUDI  Pietro, 
di  Spagna,  il  re  d'Aragona,    il  re  Cardinale.    Pietro    Gcrardi   o  Ge- 
di  Portogallo,    il    re  d' Inghilterra,  raudi  o  Girard  nacque  nel  caslel- 
il  re  di    Sicilia,    il    re  d'Ungheria,  lo  di  s.  Sinforiano  nella    diocesi  di 
il  re    di  Cipro,    il    re    di  Boemia,  Lione,  licenziato    in  jus  canonico, 
il  re  di  Polonia,  il  re  di  Dacia.  arcidiacono    di   Bourges  ,    canonico 
Tra  i  migliori  trattatisti  di  questo  di  Autun  e  pieposlo  di   Marsiglia, 
grave   argomento,    vi  è    il  gesuita  nel  1877  Gregorio  XI   lo  fece  cliie- 
Andrea  Girolamo  Andreucci,   Hie-  rico  di  camera,  indi  lo  spedi  nelle 
rarchia  ecclesiastica  in  varias  suas  Fiandre   a  Guglielmo    visconte    di 
parles   distributa  et  canonico-theo-  Turrena,  e  poi   lo  promosse  a  ve- 
logice  exposiia,  Romae  1766,  typis  scovo  di  Lodeve,  ciò  che  altri  pro- 
ci sumptibus    Generosi    Salomoni ,  traggono    dopo  il  i382    per  opera 
in    due    tomi.    Nel    primo    tratta,  dell'antipapa  Clemente  VII.    Que- 
I.  de  episcopo  titidari;   2.  de    prò-  sii    inoltre    lo  nominò    vescovo    di 
tonotariis    partecipanlibus  ;     3.    de  Puy    nel  1884,    e    poi  lo    trasferì 
cpiscopis  cardinalibus  suburbicariis;  alla  mitra  d'Avignone  nel  i3o6,  e 
4.     de    cardinali    regulari    professo  nel    iSgo   lo  creò  cardinale,  colti- 
ex  ordine  militari  s.  Joannis  Jero'  tolo  di  s.  Pietro  in  Vincoli  ovvero 
solymitani  ;   5.    de  vicario  apostoli-  di   s.  Clemente,  e  penitenziere  mag- 
ro;   6.   de  vicariis    basilicarum   ur-  giore.   L'altro    antipapa  Benedetto 
bis;    7.    de  triplici  vicario,  genera*  XIII  lo  dichiarò  vescovo  tusculano, 
li,  capitulari ,     et    foraneo;    8.  de  divenendo  nel  i4o3  arcidiacono  di 
episcopi   officio,  et  potestatc:  9.  de  Rouen.     Abbandonato     quel     falso 
observandis  ab  episcopo  in  aulhen-  Pontefice,  nel  14^9  si  recò  al  con- 
ticandis    reliquiis  ;     io.  de    tuenda  cilio  di  Pisa,  ove  per  la  pace  dei- 
pace,  et  concordia  inter  episcopum  la  Chiesa  fu  ammesso  tra  i  cardi- 
ci   capilulum.    Nel    tomo    secondo  nali,  e  concorse  all'elezione  di   A- 
tratla  :     1.  de  patriarchis  in   gene-  lessandro  V ,  il  quale  lo  riconobbe 
re,    et    in    specie    de  patriarchalu  per  vero    cardinale  e  per  peniten- 
anliocheno  ;    2.  de  cardinalibus  in  ziere  maggiore,  carica  che  esercitò 
genere;    3,     de    rito    ambrosiano;  pure  sotto  Giovanni  XXIII,  dopo 

4.  de  patrimonio  ad  sacros  ordi-  essere  intervenuto  ai  di  lui  comizi, 
nes  hypolhecae  generalis  subjecto  ;  Piovveduto   di    trentadue    priorati 

5.  de  matrimonio  conscicntiae  ;  6.  per  sostenere  con  decoro  la  sua  di- 
de  privilegio  aliquorum  canonico-  gnità,  morì  in  Avignone  dopo  il 
rum,  quo  possunt  abesse  a  choro,  ì^i'J,  ed  ebbe  tempoianea  sepol- 
et  lucrari   liuclus.;   7.  de  praccepto  tura  nella  cattedrale,  o  nella  chie- 


GER 

sa  fli  s.  Maria  de'  Doni,  don  de  fu 
trasferito  nella  chiesa  di  s.  Sinfo- 
riano  a  tenore  di  sua  disposizione, 
nel  sepolcro  che  vivendo  crasi  co- 
struito. 

GERARDO  (s.),  abbate  di  Bro- 
gne.  Nacque  nella  contea  di  Na- 
mur,  ed  era  prossimo  parente  di 
Agauone  duca  della  bassa  Austra- 
sia,  il  quale  gli  diede  un  onorevole 
grado  nelle  truppe  di  Berengario 
conte  di  Namur.  Si  dimostrò  sem- 
pre affabile,  cortese,  generoso  coi 
poveri,  amante  dell'orazione.  Fece 
edificare  una  chiesa  a  Brogne  nel 
918,  e  vi  mise  de'  canonici  per  uf- 
fiziarla.  Il  conte  di  Nainur  avendo 
esperimentata  la  sua  capacità  in 
vari  impieghi ,  Io  mandò  alla  cor- 
te di  Francia  per  trattarvi  un  af- 
fare importante.  A  Parigi  visitan- 
do l'abbazia  di  s.  Dionigi,  restò 
tanto  edificato  del  fervore  di  quei 
monaci,  che  ottenutane  licenza  dal 
suo  sovrano,  e  regolati  i  propri  af- 
fari, pregò  d'esservi  ammesso.  IN'cI 
suo  noviziato  praticò  la  mortifica- 
zione per  morire  interamente  a  sé 
stesso,  e  dopo  la  professione  perfe- 
zionò ognor  piìx  le  sue  virtù.  Con 
pazienza  ed  assiduità  ricominciò  gli 
sludi,  e  cinqu'anni  appresso  fu  con- 
sagrato prete  ;  ma  dovelfero  i  suoi 
superiori  far  uso  della  loro  auto- 
rità per  persuadervelo,  stimandose- 
ne indegno.  Nel  93 1,  dieci  anni 
dopo  il  suo  ritiro,  fu  mandato  dal 
suo  abbate  a  fondare  un'  abbazia 
nella  di  Ini  terra  di  Brogne.  Com- 
piuta questa  fabbrica  si  rinchiuse 
in  una  piccola  cella,  edificata  pres- 
so la  chiesa  ,  per  vivervi  ritirato 
nella  preghiera.  Venne  tratto  pò 
di  colà  per  mettere  la  riforma  nel 
la  casa  dei  canonici  regolari  di  s 
Gisleno.  Quindi  gli  fu  data  l' ispe 
zione  generale  sopra  tutte  le  abba 


GER  79 

zie  di  Fiandra,  e  vi  rimise  la  di- 
sciplina. Altri  monistcri  di  Loren.i, 
di  Sciampagna  e  di  Picardia  ab- 
bracciarono la  sua  riforma,  di  ma- 
niera che  egli  è  onoiato  come  il 
ristauiatore  dell'ordine  di  s.  Bene- 
detto. Mori  a  Brogne  a'  3  d'otto- 
bre del  9^9,  al  qual  giorno  è  no- 
minato nel  martirologio  romano  e 
in  parecchi  altri.  Conservasi  anco- 
ra il  suo  corpo  nella  chiesa  di  Bro- 
gne che  porta  il  suo   nome. 

GERARDO  (s.),  vescovo  di  Toul. 
Nato  a  Colonia  da  nobili  genitori 
che  l'educarono  nella  virtù,  entrò 
fra' chierici  che  nffjziavano  quella 
cattedrale,  e  che  seguivano  la  re- 
gola dei  canonici  regolari.  Ebbe  ivi 
l'impiego  di  celleraio,  che  disim- 
pegnò con  molta  saggezza;  e  fu  as- 
sai stimato  alla  corte  dell'  impe- 
ratore. Nel  963  venne  eletto  ve- 
scovo di  Toul,  dignità  che  accettò 
per  obbedire  a'  suoi  superiori,  e 
che  esercitò  santamente.  Fece  rie- 
dificare la  cattedrale  di  Toul,  e  la 
arricchì  magnificamente;  il  moni- 
stero  di  s.  Apro,  quello  fondato 
da  s.  Gauslino  suo  predecessore,  e 
quello  di  s.  Martino  fabbricato  so- 
pia  la  Mosa,  piovarono  gli  effetti 
della  sua  liberalità.  Fondò  in  Toul 
uno  spedale  e  la  chiesa  di  s.  Gan- 
gulfo  ;  trasse  nella  sua  diocesi  dei 
monaci  greci  e  scozzesi  di  molto 
sapere  e  virtù  ,  i  quali  aprirono 
delle  scuole  che  produssero  degli 
uomini  grandi  ;  prolesse  gli  sludi, 
e  fece  fiorire  la  religione  e  la  pie- 
tà. Nel  98  f  andò  a  R.oma  in  pel- 
legrinaggio, e  al  suo  ritorno  trovò 
la  sua  diocesi  travagliata  dalla  fa- 
me e  dalla  peste.  Egli  consumò  i 
propri  fondi  per  soccorrere  gl'in- 
felici, e  provvide  paternamente  ai 
bisogni  sì  spirituali  che  corporali 
del  suo  gregge.  Io  mezzo    a  tante 


8o  GER 

occupazioni  non  trascurò  gli  eser- 
cizi della  vita  contemplativa,  e  ma- 
cerò il  suo  corpo  con  segrete  au- 
sterità. Mori  a'  23  aprile  del  994j 
e  s.  Leone  IX  lo  canonizzò  in  un 
concilio  tenuto  a  E.oma  nel  io5o. 
Questo  santo  Pontefice,  ch'era  sta- 
to vescovo  di  Toul,  essendosi  ivi 
recato  nello  stesso  anno,  fece  dis- 
sotterrare il  corpo  di  s.  Gerardo, 
e  deporlo  in  un'urna  il  d'i  3o 
d'ottobre.  La  sua  festività  è  fissa- 
ta a'  28  d'  aprile, 

GERARDO  Sagredo  (s.).  Usci- 
to dalla  nobile  famiglia  venezia- 
na di  questo  nome ,  circa  il  prin- 
cipio dell'undecimo  secolo,  abbrac- 
ciò lo  stato  monastico.  Parti  col- 
la licenza  de'  suoi  superiori  per 
andare  in  Gerusalemme  a  visita- 
re il  santo  sepolcro  ;  ma  passan- 
do per  l'Ungheria,  il  re  santo  Ste- 
fano ,  conosciutane  la  santità ,  lo 
trattenne  acciò  secolui  si  adope- 
rasse a  spegnere  l'idolatria  fra  gli 
ungheresi.  Gerardo  non  volendo 
abitare  in  corte ,  si  fabbricò  un 
piccolo  romitaggio  a  Beel,  ove  pas- 
sò sett'anni  nel  digiuno  e  nell'o- 
razione, con  un  compagno  noma- 
to iNIauro;  quindi  contro  sua  vo- 
glia fu  eletto  vescovo  di  Clionad. 
Gran  parte  de'  suoi  diocesani  gia- 
cevano nelle  tenebre  della  supersti- 
zione, e  quelli  che  pure  aveano  il 
nome  di  cristiani  erano  rozzi  e  fero- 
ci. Col  suo  instancabile  zelo,  colla 
pazienza  e  dolcezza  trasse  gli  uni 
dall'errore,  indirizzò  gli  altri  alla 
perfezione.  Scorse  la  sua  diocesi 
predicando  la  divina  parola,  met- 
tendo ovunque  in  vigore  la  più 
stretta  disciplina,  fabbricando  chie- 
se, facendo  saggi  regolamenti.  Do- 
po aver  passato  il  giorno  nelle  fa- 
tiche dell'  apostolato ,  spendea  la 
maggior  parte  della  notte   in  ora- 


GER 

zione,  in  opere  penose  e  dimesse, 
o  nel  servire  i  poveri,  curando 
perfino  i  leprosi  nella  propria  ca- 
mera; mentre  rigido  cou  sé  stesso 
portava  indosso  un  duro  cilicio,  cui 
soprappoueva  un  ruvido  vestito. 
Dopo  la  morte  del  re  s.  Stefano , 
soggiacque  Gerardo  a  dure  perse- 
cuzioni, nelle  vicende  che  agitaro- 
no quel  regno.  Finalmente  avendo 
saputo  che  Andrea  figlio  di  Ladi- 
slao e  germano  cugino  di  s.  Stefa- 
no, aveva  accettata  la  corona  a 
condizione  che  listabilirebbe  l'ido- 
latria, si  diresse  con  altri  tre  ve- 
scovi ad  Alba  Pieale  per  indur- 
re il  nuovo  re  a  rinunziare  alla 
sagrilega  promessa;  ma  mentre  sta- 
vano per  passare  il  Danubio  tra 
Buda  e  Colocza  una  masnada  di 
sicari  diretta  dal  duca  Vata,  fiero 
partigiano  dell'idolatria,  li  assalì  a 
colpi  di  pietre.  Gerardo  fu  tratto  dal 
suo  carro,  trascinato  per  terra,  lapi- 
dato ed  ucciso  da  un  colpo  di  lan- 
cia che  gli  trapassò  il  corpo;  al- 
tri due  vescovi,  Bezterdo  e  Fuldo, 
furono  compagni  del  suo  martirio; 
il  quarto,  ch'era  il  vescovo  di  Be- 
neta,  fu  liberato  dal  nuovo  re  che 
sopraggiunse,  il  quale  poi  si  di- 
chiarò contro  il  paganesimo  e  re- 
gnò con  molta  gloria.  Il  corpo  di 
s.  Gerardo  fu  sepolto  in  una  chie- 
sa ivi  appresso,  e  poscia  traspor- 
tato a  Chonad.  In  seguito  essen- 
do stato  dichiarato  martire  dal 
Papa,  le  sue  reliquie  furono  rin- 
chiuse in  un'urna,  sotto  il  regno 
di  Ladislao;  indi  i  veneziani  le  ot- 
tennero dal  re  d'  Ungheria  dopo 
molte  istanze,  e  solennemente  tras- 
portatele nella  loro  città,  le  depo- 
sero nella  chiesa  di  s.  Maria  As- 
sunta e  s.  Donato  nell'  isola  di 
M Ulano.  Nella  chiesa  di  s.  Fran- 
cesco alla  Vigna  evvi  una    cappel- 


GER 

la  dedicala  a  san  Gerardo  Sa- 
gredo  ,  ove  si  venera  la  reli- 
quia del  di  lui  femore  :  in  que- 
ta  chiesa  la  nobile  famiglia  Sa- 
gredo  concorre  ogni  anno  a  ce- 
lebrare la  festa  del  suo  santo 
congiunto,  eh'  è  assegnata  a'  24 
settembre,  giorno  in  cui  utU'anno 
1046  o  1048  avvenne  la  gloriosa 
sua  morte.  Egli  è  onoralo  nel  mar- 
tirologio romano  del  titolo  di  a- 
postolo  dell'  Ungheria,  e  fu  il  pri- 
mo che  illustrò  col  martirio  Ve- 
nezia sua  patria. 

GERARDO  (s.),  primo  abbate 
di  Selvamaggiore.  Nato  a  Gorbia 
in  Picardia  nell'  undecimo  secolo, 
ed  educato  in  quel  monistero  dai 
religiosi  di  s.  Benedetto  ,  n'  ebbe  , 
giovane  ancora,  la  carica  di  procu- 
latore.  Guanto  da  una  lunga  malat- 
tia, circa  il  1060  fece  il  pellegrinag- 
gio di  Terra  Santa,  e  fu  nominato 
abbate  del  monistero  di  s.  Vincenzo 
di  Laon,  da  dove  ritirossi  in  quello 
di  s.  IMedardo  di  Soissons,  sotto  la 
disciplina  dell'abbate  s.  Arnoldo. 
Avendo  questo  santo  rinunziato  la 
carica,  gli  successe  Gerardo ,  che 
però  fu  presto  scacciato  dalla  vio- 
lenza di  un  falso  monaco  chiama- 
to Ponzio.  Egli  allora  andò  a  sta- 
bilirsi a  sei  leghe  circa  da  Bor- 
deaux j  in  un  luogo  detto  Selva- 
maggiore;  ivi  ricevette  diversi  di- 
scepoli sotto  la  regola  di  s.  Bene- 
detto, e  visse  santamente  negli  e- 
sercizi  di  carità  e  di  penitenza. 
Morì  a'  5  d' aprile  i  ogS,  e  fu  ca- 
nonizzato da  Papa  Celestino  111  nel 
1  197.  La  sua  festa  è  assegnata  il 
giorno  5  d'aprile. 

GER. ARDO,  Cardinale.  Gerardo 
fu  creato  cardinale  prete  del  titolo 
di  s.  Prisca  da  Pasquale  Udel  1099; 
il  Ciacconio  lo  pose  fra  gli  elet- 
tori del    successore    Gelasio  II. 

VOL.     XXIX. 


GER  81 

GERARDO,  Cardinale.  Gerar- 
do fu  creato  prete  cardinale  del 
titolo  di  s.  Pudenziana  nel  marzo 
I  i54  da  Adriano  IV,  il  quale  poi 
nel  1 155  lo  mandò  legato  col  car- 
dinal Jacopo  de'  ss.  Gio,  e  Paolo, 
all'  imperatore  Federico  I. 

GERARDO,  Cardinale.  Gerar- 
do diacono  cardinale  di  s.  Lucia 
in  Septisolio,  creato  da  Calisto  II 
nel  1 1 19Ì  sottoscrisse  con  altri  ven- 
tisette cardinali  una  bolla  di  detto 
Papa,  diretta  al  vescovo  di  Geno- 
va ,  il  qual  Pontefice  lo  trasferì 
neir  ordine  de'  cardinali  preti  col 
titolo  delle  ss.  Aquila  e  Prisca;  in- 
di intervenne  all'elezione  di  Ono- 
rio II  nel    I  124. 

GERARDO,  Cardinale.  Gerar- 
do nel  concilio  di  Pisa  fu  da  In- 
nocenzo II  nel  II 34  creato  car- 
dinale diacono,  con  la  diaconia  di 
s.  Maria  in  Domnica.  Sottoscrisse 
varie  bolle  d' Innocenzo  II,  di  Ce- 
lestino II,  e  di  Lucio  II;  dopo  es- 
sere intervenuto  ai  comizi  dei  due 
ultimi,  morì  nel    i  i^5. 

GER.ARDO  Maffeo,  Cardinale. 
MaSco  Gerardo  nacque  in  Vene- 
zia, ove  professò  la  regola  mona- 
stica de'  camaldolesi,  nel  moniste- 
ro di  s.  Michele  di  Murano ,  nel 
quale  divenne  dotto,  pio,  e  mo- 
dello perfetto  di  tutte  le  virtù.  E- 
letto  prima  abbate  del  monistero, 
e  poi  generale  della  sua  congrega- 
zione, venne  nel  1^66  dal  veneto 
Paolo  II  promosso  alla  dignità  di 
patriarca  di  Venezia.  Innocenzo  Vili 
a'  9  marzo  1489  in  Roma,  ben- 
ché JNIafFeo  assente,  lo  creò  segre- 
tamente cardinale  prete,  col  titolo 
de'  santi  iSereo  ed  Achilleo,  senza 
pubblicarlo.  Morto  a'  26  luglio 
1492  il  Papa,  in  virtù  d'una  di 
lui  bolla  letta  e  notificata  a  tutti 
dal  sacro  collegio,  fu  riconosciuto 
6 


82  GER 

per  cardinale;  ed  invitato  al  con- 
clave in  cui  rimase^  eletto  Alessan- 
dro VI,  vi  fu  ricevuto  coi  soliti  ono- 
ri. Dopo  il  conclave,  mentre  il  car- 
dinale ritornava  iu  Venezia ,  mori 
piamente  in  Terni  nello  stesso  an- 
no i49^j  nell'età  di  otlantadue 
anni,  sebbene  il  Muratori  nell'  e- 
lenco  de'  patriarchi  di  Venezia  lo 
dice  morto  in  Foligno;  e  traspor- 
tato a  Venezia  il  suo  cadavere  eb- 
be sepoltura  nella  chiesa  patriar- 
cale di  s.  Pietro  con  breve  iscri- 
zione. Diversi  gravi  scrittori  smen- 
tirono quanto  contro  di  lui  disse 
il  mordace  Garimberti  nelle  File 
de'  Papi  e  cardinali. 

GERASA.  Sede  vescovile  nella 
seconda  provincia  di  Arabia,  nel 
patriarcato  di  Gerusalemme,  sotto 
la  metropoli  di  Bostra,  fu  eretta 
nel  quinto  secolo.  Questa  città  del- 
la Celisiria  fu  una  delle  quattor- 
dici principali  di  quella  regione , 
ed  era  il  confine  del  paese  de'  ca- 
nanei, essendo  posta  su  di  un  colle 
alle  sponde  orientali  del  mare  di 
Galilea.  Secondo  il  Terzi ,  Siria 
sacra  p.  107,  fu  edificata  da  Ger- 
geseo  quintogenito  di  Canaan,  laon- 
de gli  abitanti  furono  detti  gerge- 
sei,  eh'  espulsi  da  Giosuè  fu  data 
alla  tribù  di  Manasse ,  e  crebbe 
tanto,  che  Teodoro  tiranno  della 
provincia  vi  ripose  i  suoi  tesori , 
come  a  luogo  sicuro.  Ma  superata 
da  Alessandro  re  di  Giuda,  fu  ag- 
giunta al  suo  regno.  Gesù  Cristo 
la  santificò  di  sua  presenza,  e  vi 
liberò  due  ossessi.  Avanti  l'estremo 
eccidio  di  Gerusalemme,  gli  ebrei 
rovinarono  Gcrasa  perchè  non  ser- 
visse di  ritirata  ai  romani  ;  e  re- 
staurata dai  geraseni,  questi  genero- 
samente ricettarono  gli  ebrei  scam- 
pali da  Gerusalemme,  quindi  fu 
devastata    da    L.     Annio.    Quando 


GER 

Goffredo  passò  in  Palestina,  Bolde- 
quin  re  di  Damasco  ridusse  la 
parte  superiore  della  città  a  mu- 
nitissima  rocca,  con  doppio  ordine 
di  mura,  ma  il  valore  di  Baldovi- 
no la  spianò  dai  fondamenti.  Fu 
patria  di  Aristone  celebre  oratore, 
di  Gerico  sofista,  di  Nicomaco  mu- 
sico, e  di  Simone  famoso  capo  dei 
ladroni,  condotto  da  Tito  in  Roma 
nel  suo  trionfo.  In  quanto  ai  ve- 
scovi di  Cerasa,  Gerasen^  è  un  ti- 
tolo vescovile  in  parlibiis  che  con- 
ferisce la  santa  Sede,  dipendente 
dall'arcivescovato  pure  in  partihus 
di  Bostra.  Lo  fu  monsignor  Giu- 
seppe Antonio  Lodzinski,  cui  Leo- 
ne XII  nel  concistoro  de'  i5  di- 
cembre 1828  die  in  successore  il 
vivente  monsignor  Lorenzo  Gut- 
koAvski  della  diocesi  di  Plosko,  at- 
tuai sLifFraganeo  di  quel   vescovo. 

GERASIMO  (s.).  Ablnacciò  lo 
stato  monastico  nella  Licia,  di  cui 
era  oriundo,  poi  ritirossi  in  Pale- 
stina verso  la  metà  del  quinto  se- 
colo, allorché  vi  si  cominciavano  a 
spargere  gli  errori  di  Eutiche ,  e 
sventuratamente  vi  cadde  anch' e- 
gli  ;  ma  si  rimise  in  seguito  sulla 
retta  via  pei  consigli  di  s.  Euti- 
mio,  ed  espiò  il  suo  errore  colla 
più  rigorosa  penitenza.  Fece  fab- 
bricare ad  un  quarto  di  lega  dal 
Giordano  un  vasto  eremo  con  set- 
tanta celle  per  altrettanti  solitari , 
e  nel  mezzo  dell'eremo  un  moni- 
stero  per  i  cenobili.  I  solitari  era- 
no obbligati  al  più  rigoroso  silen- 
zio, non  mangiavano  che  pane  e 
datteri,  né  bevevano  che  acqua , 
eccettuati  il  sabato  e  la  domenica, 
in  cui  recavansi  alla  chiesa  per 
partecipare  a'  divini  n)isteri,  e  po- 
tevano mangiare  in  comune  qual- 
che cibo  cotto,  e  bere  un  po'  di 
vino,     Tutta    la   loro    suppellettile 


GER 
consisteva  in  una  brocca  d' acqua, 
una  stuoia  per  coricarsi,  e  una  me- 
schina coperta.  Gerasimo  spingeva 
anche  piti  oltre  la  sua  astinenza, 
e  s.  Eutimie  avea  tanta  venerazio- 
ne per  lui,  che  gli  dirigeva  quelli 
tra  i  suoi  discepoli  che  volea  met- 
tere in  una  eccellente  scuola  di 
virtù.  Morì  a'  5  di  marzo  del  47^j 
ed  è  menzionato  in  questo  giorno 
nel  martirologio  romano. 

GERDIL  Giacinto  Sigismondo, 
Cardinale .  Giacinto  Sigismondo 
Gerdil  nacque  in  Sarauen  diocesi 
di  Ginevra  ,  nella  Savoia,  a'  23 
giugno  1718.  La  sua  famiglia  com- 
mendabile per  onestà,  virtìi  mo- 
rali e  religiose,  era  di  mediocre 
condizione,  essendo  il  di  lui  padre 
notaio.  La  sua  educazione  fu  ac- 
curataj  e  fece  i  primi  suoi  studi 
a  Conneville,  indi  li  compi  ne'col- 
legi  de'  barnabiti  di  Thonon  e  di 
Annecy.  La  sua  molta  applicazio- 
ne, la  grande  perspicacia ,  la  sua 
felice  memoria,  e  principalmente 
r  eminente  sua  pietà  e  purità  di 
costumi,  determinarono  ben  volen- 
tieri i  barnabiti  ad  accettarlo  nel- 
la loro  congregazione.  Dopo  le  pro- 
ve del  noviziato  andò  a  studiate 
in  Bologna  la  teologia,  e  le  lin- 
gue antiche  e  moderne,  laonde  si 
perfezionò  nella  greca,  nella  latina, 
nella  francese,  e  nell'italiana  per 
la  quale  gli  die  lezione  il  celebre 
p.  Corlicelli  membro  dell'  accade- 
mia della  Crusca;  riuscì  quindi  a 
parlare  e  a  scrivere  in  tali  lingue 
con  purezza,  facilità  ed  eleganza. 
Indefesso  nel  lavoro,  con  una  suf- 
ficiente salute,  ed  animato  dal  più 
vivo  ardore  di  sapere,  divenne  pro- 
fondo nelle  discipline  filosofiche, 
matematiche,  fìsiche,  teologiche,  e 
stoiiche;  e  sopra  materie  così  dif- 
ferenti   scrisse    diverse   opere,    che 


GER  83 

gli  meritarono  i  suffragi  del  pub- 
blico, r  approvazione  de'  dotti,  ed 
un  nome  immortale.  Quantunque 
per  amore  alla  solitudine  ed  allo 
studio  vivesse  ritirato,  nondimeno 
fu  conosciuto  e  stimalo  dai  più 
valenti  scienziati  dell'istituto  di  Bo- 
logna, ed  i  suoi  talenti  furono  co- 
là grandemente  apprezzati  dal  car- 
dinal Lambertini  arcivescovo,  poi 
Benedetto  XIV.  Questi  l' incoraggi 
nella  letteraria  spinosa  carriera, 
e  si  valse  di  sua  penna  per  tra- 
durre dal  francese  in  latino  alcu- 
ni scritti  sopra  i  miracoli,  i  quali 
dovevano  far  parte  della  sua  bel- 
la opera,  Della  bealìficazione  e  ca- 
nonizzazione dt  santi.  Nel  lySy  i 
superiori  della  congregazione  onde 
produrlo,  avendo  egli  allora  diecinove 
anni,  lo  mandarono  a  Macerata  per 
insegnare  la  filosofìa,  non  nella  uni- 
versità come  alcuno  scrisse,  perchè 
i  barnabiti  solo  nel  1801  incomin- 
ciarono a  farne  parte,  ma  bensì 
ai  giovani  allievi  della  medesima 
congregazione  nel  collegio  di  san 
Paolo.  Dopo  di  ciò  fu  destinato 
subito  dopo  a  Casale,  dove  unì  al- 
l' uffizio  di  professore,  quello  di 
prefetto  del  collegio,  impieghi  che 
disimpegnò  come  avrebbe  fatto  un 
uomo  di  consumala  sperienza.  In 
quel  soggiorno  alcune  lesi  che  de- 
dicò al  duca  di  Savoia,  e  due  o- 
pere  di  metafisica  che  pubblicò 
contro  Locke,  attirata  avendo  su 
di  lui  l'attenzione  della  real  cor- 
te di  Torino,  gli  frullarono  nel 
1749  la  cattedra  di  filosofia  nel - 
r  università  della  città,  e  cinque 
anni  dopo  quella  della  teologia 
morale.  Intanto  la  sua  reputazio- 
ne saggia,  e  gli  scritti  solidi  falli  in 
favore  della  religione  gli  procac- 
ciarono gli  encomi  di  Benedetto 
XIY,  e  lo  fecero  chiamare  dall' ar- 


84  GER 

civescovo  di  Torino  a  far  parte 
del  consiglio  di  coscienza,  mentre 
la  sua  congregazione  lo  elesse  pro- 
vinciale de' collegi  di  Savoia  e  del 
Piemonte,  incarico  che  disimpegnò 
con  tanta  prudenza  e  moderazio- 
ne, che  si  pensò  dai  suoi  confra- 
telli di  eleggerlo  generale.  Men- 
tre egli  rifiutava  tal  dignità,  il  re 
di  Sardegna  Carlo  Emanuele  III, 
ad  insinuazione  di  Benedetto  XIV, 
lo  scelse  ad  istruire  il  suo  nipote 
principe  del  Piemonte  e  poi  piissi- 
mo re  col  nome  di  Carlo  Ema- 
nuele IV.  Gerdil  andò  alla  cor- 
te, ed  ivi  visse  come  prima  ritirato 
e  modesto,  e  tutto  dato  alle  cure 
del  suo  augusto  e  degno  discepolo, 
impiegando  il  resto  del  tempo  nel- 
la composizione  di  opere  utili  alla 
religione  o  ai  progressi  delle  scien- 
ze. La  corte  di  Torino  compensò 
le  attenzioni  del  p.  Gerdil  con 
i-icca  abbazia;  ma  egli  usò  delle 
rendite  di  tal  benefizio  titolare, 
come  quello  che  ben  conosceva  la 
destinazione  de' beni  ecclesiastici, 
profittando  dello  stretto  necessario, 
e  impiegando  il  resto  in  opere 
buone,  e  in  sollievo  de' parenti,  pei 
quali  non  sollecitò  né  impieghi,  né 
pensioni.  Clemente  XIV  ammira- 
tore degli  alti  suoi  meriti,  nel  con- 
cistoro de' 26  aprile  1773  lo  creò 
cardinale  riserbandolo  in  petto,  solo 
indicandolo  nell'allocuzione  al  sacro 
collegio,  con  le  parole  :  notus  orbi, 
vix  nolus  urbi.  La  morte  del  Papa 
ne  impedì  la  pubblicazione,  insie- 
me a  nove  altiù  riserbati  in  pe- 
ctore. Il  successore  Pio  \I  tratto 
dalla  fama  del  p.  Gerdil,  ad  in- 
sinuazione del  cardinal  delle  Lan- 
ze  lo  chiamò  in  Iioma,  lo  fece 
consultore  del  s.  oflizio ,  e  ve- 
scovo di  Dibona  in  partibiis  ;  mài 
a' 23  giugno  1777    lo  creò  cardi - 


GER 

naie  dell'ordine  de' preti  ,  e  nel 
concistoro  de'  i5  dicembre  lo  pub- 
blicò, conferendogli  poi  per  titolo 
la  chiesa  di  s.  Cecilia.  Inoltre  suc- 
cessivamente lo  annoverò  alle  con- 
gregazioni cardinalizie  del  s.  offi- 
cio, del  concilio,  dell'esame  de' ve- 
scovi, della  disciplina  regolare,  del- 
la correzione  de' libri  della  chiesa 
orientale,  e  di  propaganda  fide, 
della  quale  lo  fece  prefetto  gene- 
rale nel  1795.  Gli  concesse  anche 
le  protettone  del  collegio  ecclesia- 
stico a  Ponte  Sisto,  della  chiesa 
del  ss.  Sudario  de'  savoiardi,  del 
monistero  di  s.  Cecilia,  dell'acca- 
demia teologica,  del  collegio  dei 
maroniti,  dell'università  de' librari 
in  s.  Barbara,  e  di  s.  Omobono 
de' sartori.  Visse  ritirato  nella  ca- 
sa de' suoi  barnabiti  presso  s.  Car- 
lo a'  Catiuari,  impiegato  negli  af- 
fari più  ardui  della  santa  Sede, 
di  cui  ne  divenne  l'oracolo  in  lem- 
pi  tanto  procellosi.  Conservò  nello 
splendore  della  dignità  la  povertà 
religiosa,  in  un  modo  edificante  , 
e  trovossi  negli  ultimi  di  sua  vita 
in  qualche  bisogno  ;  anzi  quando 
nel  1798  dopo  l'invasione  fatta 
di  Roma  da' repubblicani  francesi, 
fu  obbligato  partirne,  si  trovò  co- 
stretto vendere  i  libri  per  vivere. 
Rispettato  dalle  potenze  gueneggian- 
ti,  ed  arrivato  a  Siena  presso  lo 
sventurato  Pio  VI,  non  avrebbe 
il  cardinale  potuto  recarsi  in  Pie- 
monte, in  cui  si  proponeva  cerca- 
re un  asilo,  se  non  fosse  accorsa 
la  generosità  del  cardinal  Loren- 
zana,  e  di  monsignor  Dcspuig  poi 
cardinale.  Rifiratosi  nel  seminario 
della  sua  abbazia  di  la  Clusa,  più 
volte  fu  in  procinto  di  essere  pri- 
vo di  tutto  :  tale  penosa  situazione 
non  alterò  mai  la  sua  rassegnazio- 
ne, né  scosse  il   suo  coraggio,  ri- 


GER 

mettendosi  alla  provvidenza,  che 
sovente  il  soccorse  con  mezzi  ina- 
spettati. Talvolta  si  trovò  in  gra- 
do di  sollevare  i  compagni  del  suo 
esilio,  e  quantunque  vivesse  di 
soccorsi,  faceva  distribuire  regolar- 
mente pane  e  denaro  a' poveri  del- 
la sua  abbazia  :  vide  in  tal  guisa 
scorrere  il  tempo  della  persecuzio- 
ne, diviso  tra  Io  studio  e  le  preci. 
Dopo  la  morte  di  Pio  VI  si  recò 
a  Venezia  pel  conclave  che  ivi  era 
stato  convocato.  Fino  dai  primi 
scrutini  i  cardinali  gli  fecero  omag- 
gio de' loro  voti  pel  pontificato. 
Nella  Storia  di  Pio  VII,  che  fu 
eletto,  del  dotto  cav.  Artaud,  si 
legge  che  due  volte  si  portarono 
dal  sacro  collegio  gli  sguardi  sul 
cardinal  Gerdil;  che  il  suo  grande 
ingegno,  la  sua  età  provetta,  le 
molle  sue  produzioni  facevano  cre- 
dere che  si  riuscirebbe  ad  innal- 
zarlo al  trono;  e  che  alcuni  car- 
dinali, avversi  alla  Francia,  fecero 
osservare  ch'egli  come  savoiardo 
poteva  considerarsi  francese,  quin- 
di il  cardinal  Hertzan  che  nell'in- 
terno del  conclave  rappresentava 
l'imperatore  di  Germania,  dichia- 
rò l'esclusione  formale  pel  cardi- 
nal Gerdil,  significando  al  sacro 
collegio,  che  il  suo  sovrano  non 
avrebbe  potuto  grad-re  quell'ele- 
zione. L'eminente  dottrina  del  car- 
dinale lo  fecero  aggregare  alle  so- 
cietà accademiche  piti  dotte  e  più 
celebri  di  Europa.  Piitornato  in 
Roma  il  cardinale  nel  1800,  la 
sua  salute  si  sosteneva  non  ostan- 
te la  sua  età  avanzata  e  le  sue 
faticose  occupazioni,  non  essendosi 
mai  servito  di  occhiali;  finché  cad- 
de infermo,  e  dopo  breve  malattia 
mori  a' I  •?,  agosto  1802,  in  età 
d'anni  84  passati,  con  dispiacere 
universale,  massime  del  Papa,  dei 


GER  85 

cardinali,  e  dei  letterati.  Secondo 
la  sua  testamentaria  disposizione 
fu  esposto  e  sepolto  nella  detta 
chiesa  di  s.  Carlo  di  sua  congre- 
gazione :  Pio  VII  intervenne  nelle 
solenni  esequie  con  venticinque 
cardinali,  celebrando  la  messa  il 
cardinal  Firrao.  Dotto  di  primo 
ordine  e  quasi  in  tutti  i  generi  , 
in  cui  siasi  esercitato  1'  ingegno 
umano  ,  prelato  degno  de'  primi 
secoli  della  Chiesa  ,  negli  ulti- 
mi tempi  fu  uno  di  quelli  che  fe- 
cero più  onore  alla  religione ,  e 
le  furono  più  utili.  La  maggior 
parte  delle  opere  a  difesa  della  re- 
ligione in  genere,  e  della  rivelazio- 
ne in  ispecie,  sono  state  da  esso 
composte  in  idioma  francese,  più 
acconcio  allora  a  rispondere  ai  li- 
bri dei  moderni  increduli,  e  a  com- 
battere i  loro  paradossi,  e  distrug- 
gere gli  empi  sofismi.  E  sopra  le 
altre  famosa  quella  con  cui  dimo- 
strò l'immaterialità  dell'anima  con- 
tro le  sottili  asserzioni  del  notissi- 
mo filosofo  inglese  Giovanni  Locke. 
Nelle  opere  di  questo  acutissimo 
e  profondo  ingegno  rifulge  parti- 
colarmente la  forza  del  razioci- 
nio unita  alla  saviezza  ed  alla 
moderazione  :  l'  egregio  autore  in- 
calza vivamente  gli  avversari  suoi; 
ma  niuna  cosa  offensiva  gli  sfug- 
ge contro  di  essi.  Cerca  egli  la 
verità,  di  cui  si  costituisce  di- 
fensore; l'errore  solo  perseguita,  e 
non  l'uomo.  Ordinariamente  dagli 
scritti  degli  avversari  prendeva  le 
armi,  onde  combatterli.  Il  cardi- 
nal Gerdil  possedeva  altresì  in  un 
grado  raro  la  calligrafia,  vantag- 
gio poco  comune  alla  maggior 
parte  degli  autori.  Una  medaglia 
coniata  venne  in  suo  onore.  Ab- 
biamo un  beli'  elogio  letterario 
del    cardinal     Gerdil,     scritto    dal 


86  GER 

suo  amico  e  degno  confialello  il 
p.  Fontana  Francesco  Luigi  [Fedi] 
poi  cardinale,  e  recitato  nell'adunan- 
za generale  degli  arcadi  di  Ronaa, 
cui  apparteneva  il  defunto,  che  si 
legge  nelle  di  Ini  opere  :  il  mede- 
'Mino  p.  Fontana,  altro  sublime 
personaggio  della  congregazione  dei 
barnabiti,  fu  l'autore  dell'epitaf- 
fio sepolcrale,  che  può  essere  cita- 
to come  modello  in  tale  genere  ; 
esso  è  riportato  déii  biografi  del 
cardinal  GerdiI,  e  dal  eh.  Renaz- 
2Ì  nella  Storia  dell'  università  ro- 
mana, che  nel  tom.  II,  p.  SiS  ne 
fa  i'elogio;,  ed  a  p.  4^9  ci  dà 
l'epitaffio.  L'Orazione  funebre  com- 
posta dal  p.  Fontana,  tradotta  dal- 
l'italiano  in  francese,  ed  arricchita 
di  note  tanto  preziose  quanto  estese, 
la  pubblicò  in  Roma  nel  1802  l'ab- 
bate d'Hesmivy  di  Auribeau.  In 
un  Elogio  letterario  poi  il  p.  Fon- 
tana vi  passò  a  rassegna  le  ope- 
re principali  del  cardinal  GerdiI, 
ed  il  p.  Grandi,  altro  di  lui  chia- 
ro confratello  ci  diede  un'  Orazio- 
ne funebre  in  italiano.  Le  opere 
del  cardinal  GerdiI  sono  numero- 
sissime, e  pai'ecchie  furono  stam- 
pate a  misura  che  venivano  com- 
poste: in  seguito  furono  raccolte 
a  Bologna  in  sei  volumi,  e  pubbli- 
cate per  cura  del  p.  Toselli  dal 
1784  al  1791.  Il  p.  Fontana  coa- 
diuvato dal  p.  Scati  ne  intraprese 
.una  nuova  edizione  divisa  in  venti 
volumi,  di  cui  i  primi  sei  volumi  ven- 
nero in  luce  in  Roma  coi  tipi  del 
Poggioli  nel  1 806.  Ecco  il  catalogo 
delle  opere  di  questo  gi-an  cardi- 
nale. I.  Introduzione  allo  studio 
della  religione,  con  la  confutazio- 
ne de' filosofi  antichi  e  moderni 
circa  l'Ente  supiemo,  ec,  2.  Dis- 
sertazione sopra  l'origine  del  sen- 
so morale,  sopra   resistenza  di  Dio, 


GER 

ce.  3.  Sposizionc  dei  caratteri  del- 
la vera  religione,  ec.  4-  Progetto 
per  la  formazione  di  un  semina- 
rio, ec.  5.  L' immaterialità  del- 
l'anima  dimostrata  contro  Locke, 
ec.  6.  Saggio  d'una  dimostrazione 
matematica  contro  la  esistenza  eter- 
na della  materia  e  del  molo,  ec. 
7.  Saggio  sopra  i  caratteri  distin- 
tivi dell'uomo,  e  degli  animali 
bruti,  ec.  8.  Memorie  sopra  l'in- 
finito assoluto,  considerato  nella 
grandezza  e  sopra  l'ordine  in  ge- 
nere del  vero  e  del  bello.  9.  In- 
compatibilità de'principii  di  Carte- 
sio e  di  Spinoza,  io.  Schiarimen- 
ti sopra  la  nozione  e  la  divisibili- 
tà dell'  estensione  geometrica  ,  in 
risposta  della  lettera  di  Dupuis.  1 1. 
Riflessioni  intorno  ad  una  memo- 
ria di  Beguelin,  concernente  il  prin- 
cipio della  ragione  sufficiente  e  la 
possibilità  o  il  sistema  del  caso. 
12.  Dissertazione  sopra  l'incompa- 
tibilità dell'attrazione,  ec.  i3.  Os- 
servazioni sopra  le  epoche  della 
natura  per  servire  di  continuazio- 
ne all'esame  dei  sistemi  sull'anti- 
chità del  mondo,  inserito  nel  sag- 
gio teologico.  i4-  Trattato  sui 
duelli.  i5.  Discorsi  filosofici  intor- 
no all'uomo,  ec.  16.  Della  natura 
e  degli  effetti  del  lusso,  ec.  17. 
Discorso  sopra  la  divinità  della 
religione  cristiana.  18.  Riflessioni 
intorno  alla  teoria  ed  alla  prati- 
ca delia  educazione,  contro  i  prin- 
cipii  di  G.  G.  Rousseau.  19.  Con- 
siderazioni sopra  l'imperatore  Giu- 
liano. 20.  Osservazioni  sopra  il  VI 
libro  della  storia  filosofica  e  politi- 
ca del  commercio  delle  due  Indie, 
dell'abbate  R.aynal.  21.  Orazione 
sulla  necessità  della  viriti  politica 
nel  governo  di  uno  stalo  qualun- 
que. 22.  Orazione  sulle  cause  del- 
le dispute  accademiche  di  teologia, 


GER 

in  cui  è  combattuto  lo  spìrito  del- 
le leggi.  23.  Dissertazione  sull'  u- 
nione  della  l'eligione  e  della  virtù 
politica.  24.  Saggio  di  elementi 
di  morale  prudenza  .  25,  Vari 
opuscoli  spettanti  la  costituzione 
gerarchica  della  Chiesa.  26.  Con- 
futazione di  due  libelli  di  Eybel 
contro  il  breve  di  Pio  VI,  Super 
soliditale.  27.  Osservazioni  sopra 
il  commentario  di  Febronio,  relati- 
vamente alla  sua  ritrattazione.  28. 
Osservazioni  sul  sinodo  di  Pistoia. 
20.  Esame  dei  motivi  dell'oppo- 
sizione del  vescovo  di  Noli  alla 
pubblicazione  della  bolla  che  con- 
danna alcune  proposizioni  del  si- 
nodo di  Pistoia.  3o.  Molte  lettere 
pastorali.  3i.  Compendio  di  un 
corso  d'istruzione  intorno  all'ori- 
gine, ai  doveri  ed  all'  esercizio  del 
potere  sovrano.  32.  Note  sopra  il 
poema  della  religione,  del  caidi- 
nal  de  Bernis. 

Altre  opere  riportate  ne' diversi 
volumi  dell'edizione  romana  sono 
le  seguenti.  Nel  volume  I.  Esame 
d'un  articolo  del  giornale  enciclo- 
pedico, concernente  le  riflessioni 
sopra  la  teoria  e  la  pratica  dell'e- 
ducazione contro  i  principi!  di  G, 
G.  Rousseau.  Francese.  Considera- 
zioni sopra  gli  studi  della  gioven- 
tù. Discorso  accademico.  Italiano. 
Piano  degli  studi  e  conto  renduto 
degli  studi  di  S.  A.  R.  il  princi- 
pe di  Piemonte,  con  un'addizione 
ec.  L'addizione  contiene  questi  o- 
puscoli:  Logicae  institiUionesj  Isto- 
ria delle  sette  de'  filosofi  ;  Pensieri 
de' doveri  sui  differenti  stali  della 
vita.  Nel  voi.  H.  Principii  metafi- 
sici della  murale  cristiana.  Francese. 
Nel  voi.  Ili.  Osservazioni  sul  modo 
di  spiegare  gli  atti  intellettuali 
della  mente  umana  per  mezzo  del- 
la sensibilità  fisica.    Italiano.  Con- 


GER  87 

siderazioni  sopra  i  lavori  accade- 
mici. Italiano.  Regole  e  statuti 
proposti  per  lo  stabilimento  di  una 
accademia  di  scienze.  Francese  . 
Nel  voi.  IV.  Difesa  del  sentimento 
del  p.  Malebranche  sulla  natura 
ed  origine  delle  idee  contro  l'esa- 
me   di  Locke.    Francese.  Nel   voi. 

V.  Esame  e  confutazione  dei  princi- 
pii della  filosofìa  Wolfiana  sopra 
la  nozione  dell'  esteso  e  della  for- 
za. Italiano.  Della  nozione  geome- 
trica, ec.  Italiano.  Schiarimento 
sopra  di  ciò  che  la  teoria  degl'in- 
commensurabili sembra  offrire  di  più 
misterioso .  Francese.  Dissertazio- 
ne sopra  i  tubi  capillari.  France- 
se. Memoria  sulla  causa  fisica 
della  coesione  degli  emisferi  di 
Magdebonrg.     Francese.     Nel    voi. 

VI.  Philosophìcae  instUul{ones,qui- 
bus  etilica  seu  philosophia  prn- 
clica  continclur.  Nel  voi.  VII.  Com- 
pendio delle  istituzioni  civili,  in 
latino.  Nel  voi.  Vili.  Tavola  istori- 
ca  dell'impero  romano  da  Cesai  e 
fino  alla  presa  di  Costantinopoli 
fatta  per  Maometto  II.  Francese. 
Istoria  del  tempo  di  Luigi  XV 
re  di  Fjancia  fino  alla  pace  di 
Parigi  e  di  flubersbourg.  Fran- 
cese. Regole  di  condotta  per  una 
sposa  principessa.  Francese.  Nel 
voi.  XI.  Dissertazioni  tre  dell'auto- 
re aggiunte  al  saggio  d'istruzione 
teologica,  cioè,  i  sui  modo  ec. 
Italiano.  Animad versioni  sul  pia- 
no proposto  da  alcuni  dottori  Sor- 
bonicl  per  la  riunione  alla  Chie- 
sa latina  de' greci  disuniti.  Italiano. 
De  sacri  reglminis,  oc  praeserliin 
Ponlìjìcii  primaUis  juie  proprio  , 
ac  singulaiì  in  onini  ecctesiasti- 
cac  potestà tis  communicandae  vallo- 
ne, adversus  Slevoglium.  In  Georgii 
Sigiiniundi  Lahics  praelvctiones  ca- 
nonica s  el  ìcgilirna,  eie.  aniniad\'vr- 


88  GER 

tiones.  Nel  voi.  XIII.  Analisi  che 
fa  l'autore  delle  Riflessioni  do- 
po Launojo  tra  li  padri  che  alla 
persona  di  s.  Pietro  applicarono 
le  parole  dettegli  da  Cristo:  et 
aupcr  liane  petram,  e  quelli  che 
le  hanno  applicate  alla  fede,  o 
confessione  di  s.  Pietro.  Italiano. 
Nota  bene,  l' anzidetta  opera  po- 
trebbe forse  essere  compresa  sotto 
il  titolo  :  Confutazione  di  due  li- 
belli, ec.  espresso  nel  catalogo. 
Apologia  compendiaria  del  breve 
Saper  solidilate.  Nel  voi.  XIV.  A- 
nimadversiones  in  uotas,  quas  CI. 
Feller,  etc.  Nel  voi.  XV.  De  Ponli- 
tificii  primatus  aucioritate  in  Pelri 
Caih.  etc.  Trattato  del  matrimo- 
nio. Italiano.  Calholici  dogmatis 
de  immuni  eccl.  auctorilate  in  san- 
ciendis  disciplinae  legib.  documen' 
ta  e  Trid.  Aecum.  syn.  petita.  Ri- 
sposta ad  un  quesito  intorno  ad 
una  proposizione  controversa  del 
p.  Gullifet  inserita  nell'opera  in- 
titolata ;  La  via  della  santità  mo- 
strata da  Gesìi.  Italiano.  Osserva- 
zioni e  note  suU'  opera  suddetta. 
Appendice  all'esame  de' motivi  ec. 
Italiano.  Responsio  ad  episc.  Ebrc- 
dunenseni  in  qua  errores  aliquot 
in  Iderarcliiani ,  et  jurisdictionem 
ecclesiasticani  refutantur.  Nei  voi. 
XVI,  XVII,  XVI li.  Theologiae  mo- 
ralis  ,  libri  tres.  Nel  voi.  XIX.  Ap- 
pendiccs  ad  tractatus  moralis  chri- 
stianae.  Nel  voi.  XX.  Che  la  Chiesa 
la  quale  forma  de'santi,  è  la  sola  Chie- 
sa di  G.  C,  discorso.  Francese.  Vita 
del  b.  Alessandro  Sauli  barnabita. 
Francese.  Sull'usura,  dissertazione 
contro  PuiFendorf  Francese.  Altre 
opere  rimasero  mss.  dopo  la  sua 
morte,  ed  altre  andarono  perdute 
negli  ultimi  tempi  di  sua  vita. 

GEREBERTO,  Cardinale.  Gere- 
berto  denominato  Musico,  monaco 


GER 

del  monistcro  Floraciense,  e  poi  ab- 
bate di  Bobio,  arcivescovo  di  Rcims 
e  cardinale,  divenne  Papa  col  nome 
di   Sih'eslro  li  [Fedi). 

GEREMARO  (s.  ).  Nacque  ad 
Angoulcme  sotto  il  dominio  de' vi- 
sigoti ;  fece  i  suoi  studi  a  Tolosa, 
e  le  sue  virtù  e  la  sua  dottrina  lo 
portarono  sulla  sedia  vescovile  di 
quella  città  verso  l'anno  5ii.  II 
re  Clodoveo  gli  diede  molte  pruo- 
ve  della  sua  stima  e  venerazione, 
e  fece  considerabili  regali  alla  sua 
chiesa.  Geremaro  occupossi  con  in- 
faticabile zelo  a  sradicare  i  vizi, 
r  idolatria  e  l'  eresia  ariana  dalla 
sua  diocesi,  aggiungendo  la  peniten- 
za alle  fatiche  pastorali,  e  mori  nel 
56o,  forse  il  d'i  i6  maggio,  in  cui 
è  nominato  nei   martirologi. 

GEREMEI  o  HIERAMEA  Ugo, 
Cardinale.  Ugo  Hieramea  o  Gere- 
mei  nacque  in  Bologna  da  nobile 
famiglia;  dal  suo  concittadino  O- 
norio  II ,  nelle  tempora  del  di- 
cembre II9.5,  fu  creato  cardina- 
le diacono,  assegnandogli  per  diaco- 
nia la  chiesa  di  s.  Teodoro;  indi 
sottoscrisse  a'a  i  luglio  i  126  a  fa- 
vore di  R.ogerio  arcivescovo  di  Pi- 
sa. L'Alidosi  dice  che  passò  all'or- 
dine de'  preti,  col  titolo  di  s.  Lo- 
renzo in  Lucina.  INIorì  il  cardina- 
le nel  pontificato  dello  stesso  Ono- 
rio II,  ch'ebbe  termine  a'  i4  f<^h- 
braio    i  i3o. 

GEREMIA  (s.) ,  uno  di  quelli 
che  sofTei-sero  il  martirio  con  s. 
Elia  (redi). 

GEPiIONE  (s.)  Ordine  equestre. 
Fu  fondato  nella  Palestina  dall'im- 
peratore Federico  I  verso  il  i  190, 
altri  l'attribuiscono  all'  imperatore 
Federico  II,  ed  all'anno  1229. 
Neil'  ordine  militare  de'  cavalieri 
di  san  Gerione  ,  i  soli  gentiluo- 
mini alemanni    vi    erano    ammessi, 


GER 

e  vuoisi  che  fosse  sotto  la  regola 
di  s.  Agostino,  o  di  s.  Basilio. 
Portavano  una  croce  piana  e  ne- 
ra sopra  un  abito  bianco;  ma  in- 
torno a  ciò  non  sono  concordi  gli 
autori.  Alcuni  danno  a  questi  ca- 
valieri per  insegna  della  dignità 
del  loro  ordine  una  croce  patriar- 
cale d'argento,  posta  sopra  tre  mon- 
tagne in  campo  vermiglio.  Altri 
pretendono  che  questi  cavalieri  por- 
tassero sopra  un  abito  bianco  rica- 
mata una  croce  nera  sopra  tre  mon- 
tagne di  Sinopia,  ed  altri  gli  as- 
segnano una  croce  di  forma  diversa. 
Il  Bonanni  ci  dà  la  figura  del  ca- 
valiere di  s.  Gerione,  e  parla  del- 
l'ordine ,  a  pag.  XXXXVII  del 
Catalogo  degli  ordini  equestri  e 
militari.  Il  p.  Heliot  dice  che  pro- 
babilmente i  cavalieri  di  s.  Gerio- 
ne sieno  slati  i  porta  croce  istitui- 
ti da  s.  Stefano  I  re  di  Ungheria, 
per  portare  innanzi  quella  croce 
che  gli  avea  mandato  in  dono  il 
Pontefice  Silvestro  II,  con  facoltà 
di  farsi  da  essa  precedere;  i  quali 
porta  croce  in  processo  di  tempo 
si  formarono  in  ordine  militare 
che  più  non  sussiste,  se  pure  ha 
esistito,  dappoiché  la  croce  fu  man- 
data a  s.  Stefano  I  verso  1'  anno 
looo,  e  gli  ordini  equestri  non 
hanno  cominciato  che  col  secolo 
XII. 

GERICO  o  JERICO.  Sede  vesco- 
vile della  prima  Palestina,  nel  pa- 
triarcato di  Gerusalemme,  solto  la 
metropoli  di  Cesarea,  eretta  nel  se- 
sto secolo.  Fu  questa  la  prima  cit- 
tà che  attaccarono  gì'  israeliti  quan- 
do ebbero  passato  il  Giordano,  da 
cui  era  distante  circa  olto  miglia  , 
fondata  in  campo  vasto  e  coronala 
di  colli  ;  ma  GiosefFo  la  colloca  al 
piede  d'  un  monte.  Giosuè  capitano 
e  duce  dell'esercito  israelitico,  selle 


GER  89 

volte  fece  passare  l'arca  del  Signo- 
re intorno  alle  solide  mura  di  Ge- 
rico, precedala  dai  sacerdoti  che 
suonavano  le  trombe,  e  le  mura  crol- 
larono prodigiosamente  dai  fonda- 
menti. Allora  penetrati  nella  città, 
gì'  israeliti  fecero  strage  degli  abi- 
tanti ,  e  rovinarono  ogni  edifizio 
tranne  la  casa  di  Rahab  in  pre- 
mio dell'  ospitalità  data  agli  esplo- 
ratori ivi  mandati  da  Mosè;  indi 
Giosuè  minacciò  dell'  ira  divina 
chiunque  ardisse  l'ifabbricare  Geri- 
co. Fu  data  alla  tribù  di  Beniami- 
no, venne  costituita  città  sacerdo- 
tale ed  asilo  degl'  israelili,  e  diven- 
ne poi  toparchia.  Dopo  diversi  se- 
coli ,  nel  regno  di  Achab ,  avendo 
r  idolatra  Hiele  beltelite  della  tribù 
d' Efraim  ivi  piantato  i  fondamenti 
per  una  nuova  città,  Dio  lo  punì 
colla  morte  del  primogenito  ;  ma 
volendo  proseguir  la  fabbrica  sino 
a  piantarvi  le  porte,  vide  morire 
r  ultimo  de'  suoi  figli.  In  seguito 
giunse  a  tanto  splendore,  che  il  re 
di  Babilonia  vi  edificò  un  palazzo 
superbissimo ,  ove  cuslodivasi  la 
clamide,  della  Stola  babilonica,  e 
Palliuni  SinJiar.  Decaduta  dalla  sua 
grandezza,  si  riebbe  nel  legno  di 
Giuda  Maccabeo,  ed  Erode  vi  e- 
resse  terme  e  teatri.  Rovinala  da 
Tito,  venne  ristorata  da  Adriano, 
che  per  renderla  più  ragguardevo- 
le vi  costituì  un  magistrato ,  che 
ministrava  la  giustizia  a  tutta  la 
provincia  ;  ma  distrutta  nel  XII  se- 
colo dai  saraceni,  mai  più  risor- 
se, essendo  ora  un  villaggio  della 
Turchia  asiatica  in  Siria,  chiamato 
Rah ,  Raha  0  Ridia.  Quivi  fu  il 
fonte  che  Eliseo  rendette  dolce  ; 
quivi  Gesù  Cristo  restituì  la  vista 
a  due  ciechi,  e  quivi  Zaccheo  per 
meglio  vederlo  ascese  sull'albero 
del  sicomoro,    e  poscia  fu  onorato 


90  GER 

dalla  divina  presenza  in  sua  casa, 
che  s.  Elena  convelli  in  chiesa. 
Nella  latina  dominazione  vi  fio- 
rirono tre  monisteri  di  religiosi, 
ed  il  tempio  della  calledrale  era 
dedicato  a  s.  Gio.  Battista.  Tra  i 
suoi  vescovi  si  conoscono  Gennaro 
che  intervenne  al  concilio  di  Nicea, 
Macro  che  fu  al  secondo  concilio 
generale  di  Costantinopoli  del  38  i, 
Eleuterio  che  si  portò  al  concilio 
di  Diospoli  nel  41^5  Giovanni  che 
sottoscrisse  la  lettera  sinodale  a 
Giovanni  di  Costantinopoli  contro 
r  eretico  Severo  usurpatore  nel 
5i8  della  sede  d'Antiochia,  Grego- 
rio che  approvò  nel  538  la  con- 
danna di  Antimo,  e  Basilio  tra- 
sferito alla  chiesa  di  Tiberiade  al 
fine  dell'ottavo  secolo.  Quivi  tro- 
vossi  al  tempo  dell'imperatore  Ca- 
racalla,  nel  217,  in  una  botte,  il 
quinto  esemplare  greco  del  vecchio 
lestamenlo  che  Origene  inserì  nei 
suoi  Essapli.  La  pianura  di  Geri- 
co è  fertile  in  cedri,  ed  in  balsa- 
mi preziosi  ;  abbonda  di  rose  che 
chiamansi  di  Gerico,  e  prima  an- 
che di  palme,  per  cui  fu  detta  Ci- 
vitas  palniarum.  Terzi,  Siria  sa- 
cra pag.  262  e  seg.,  ed  Oriens 
christ.  tom.  in,  p.  654.  Gerico, 
Je ricca ,  al  presente  è  un  titolo 
vescovile  in  partibus  che  si  confe- 
risce dal  sommo  Pontefice,  sotto  il 
patriarcato  pure  in  -partibus  di  Ge- 
rusalemme. Pio  VI  nel  concistoro 
del  primo  giugno  179?  fece  ve- 
scovo di  Gerico  e  suftraganeo  di 
Munster  monsignor  Gaspare  Rlas- 
similiano  de' baroni  de  Droste  Vi- 
schering,  il  quale  venendo  fatto 
vescovo  di  JMunster  nel  concistoro 
de' 19  dicembre  iSaS  da  Leone 
Xll,  questi  nel  concistoro  de'3  lu- 
glio 1826  dichiarò  vescovo  di  Ge- 
rico   in  partibus  monsignor    Bnna- 


GER 

ventura  Arias  della  diocesi  di  Me- 
rida,  della  quale  lo  fece  sufFraga- 
neo.  Dipoi  lo  stesso  prelato  dal  re- 
gnante Pontefice  Gregorio  XVI, 
fu  nominato  vicario  apostolico  del 
medesiuìo  vescovato. 

GERMA  o  TERMA.  Sede  ve- 
scovile dell'Ellesponto,  nell'esarcato 
d'Asia,  sotto  la  metropoli  di  Cizi- 
co,  la  cui  erezione  risale  al  quin- 
to secolo,  secondo  Coramanville,  di- 
venendo nel  nono  arcivescovato  o- 
norario.  Germa  fu  interamente  ro- 
vinata dal  terremoto  sotto  l'impe- 
ro di  Valente.  Furono  suoi  vesco- 
vi, Antonio  ucciso  dagli  eretici  nel 
4^9,  Timoteo  che  lo  successe  fu 
al  concilio  di  Efeso,  Epitinchiano 
nel  536  fu  al  concilio  di  Costanti- 
nopoli, Teodoro  intervenne  al  set- 
timo concilio  generale,  e  Stefano 
assistette  al  concilio  in  cui  fu  ri- 
stabilito Fozio. 

GERMANIA,  ALEMAGNA  o 
ALLEM AGNA,  Deulschland.  Gran- 
de e  popolosa  regione  dell'Europa 
centrale,  che  occupa  una  superficie 
di  11,755,  5f6  miglia  quadrate 
d'Alemagna,  cioè  circa  trentadue- 
mila seicento  cinquanlatre  leghe 
quadrate  di  Francia  ,  fra  i  gradi 
2  3,  87  longitudine  est,  e  fra  4^ 
e  5^  di  latitudine  nord.  I  suoi 
presenti  confini  sono  :  al  nord  il 
mare  del  Nord,  la  Danimarca ,  ed 
il  Baltico  ;  all'est  la  parte  occiden- 
tale della  Prussia,  il  territorio  di 
Cracovia,  la  Galiizia  ,  l'Ungheria  e 
la  Croazia  militare;  al  sud  l'Italia, 
il  mare  Adriatico  e  la  Svizzera; 
all'  ovest  la  Francia  ed  i  Paesi 
Bassi.  La  sua  lunghezza  è  di  due- 
centoquaranta  leghe,  e  la  sua  lar- 
ghezza di  duecentoventicinque.  Di- 
videsi  in  molti  stati  sovrani  e  in- 
dipendenti, ma  confiederali  insieme, 
avendo  avuto  per  lo  passalo  il  ti- 


GER 
lolo  (l'impero.  L'aspetto  della  Ger- 
mania   è    sovente    variato    per     la 
couiplicazione    delle    sue   montuose 
catene.  È  montuosa  al   sud  quanto 
al   nord,  offrendo  la  sua  superficie 
vaste  pianure,   macchie  e  lande,  e 
nel    suo    centro    fertili    valloni    ed 
immense    foreste.    La  catena    delle 
Siidetiche  ,  con    le  sue  diverse  ra- 
mificazioni ,     divide     questo     vasto 
paese  in    due  parti,    l' una    setten- 
trionale o  inferiore    al  nord,  l' al- 
tra    meridionale    o    superiore.    Le 
montagne  del  mezzo  dell'Alemagna 
fanno  paite  della   catena  delle  Al- 
pi,  partendo  dall'estremità  orienta- 
le del    paese  dei   giigioni,  ove  ter- 
minano le  Alpi  Pietiche.   Quel  gran- 
de ciglione  clie  divide  il  Tirolo  in 
due  parti,  prende  il  nome  di   Alpi 
Tirolesi,  diramandosi    in   due   tral- 
ci:   il  più  meridionale  di  essi   for- 
ma la  catena    delle  Alpi    Noriche, 
Gamiche    e    Giulie,  le    quali    dila- 
tate poi    all'est     ed    al    sud  est    si 
uniscono  alle  montagne  della  Croa- 
zia e    Dalmazia.    I    loro    rami  co- 
prono   la    Carniola  ,    1'  Istria  e     la 
Carintia   andando    a     congiungersi 
con  le  montagne  dell'Ungheria.  La 
seconda     ramificazione     delle    Alpi 
forma  al  nord  il    ramo  delle  Alpi 
di   Salisburgo,  che  si   prolunga     in 
Baviera,  ove  quasi  scomparendo  si 
abbassa;  al    nord-est  il  ramo  delle 
Alpi     della    Stiria ,  che     estenden- 
dosi  in     tutta     l'Austria ,  interseca 
in   molti    luoghi    il    corso    del  Da- 
nubio,    specialmente     rotto     il  no- 
me di   Wienerwald  eh' è  una  por- 
zione del  Rahlembecf.   Al  nord  del 
Danubio    la    ramificazione    la    più 
orientale,  cioè  la  Jworina  che  pren- 
de   in    seguito  il    nome  di  Kreutz- 
gebirge,    giunge  al   Kloknts;   questa 
catena    (he    scoi  re     paiallclaiiìenlc 
all'equatore  ,  conuuiica    all'  est   con 


GEH  91 

i  Carpazi,  e  all'ovest  con  le  Sude- 
tiche.  Queste  che  separano  la  Sle- 
sia dalla  Boemia  prendono  al  nord 
il  nome  di  n)onlagne  de'Giganti,  e 
unitamente  a  quelle  della  Lusazia, 
e  rErzgebirge,cougiungono  ilBoeh- 
mischwald  che  è  la  prolungazio- 
ne settentrionale  delle  montagne 
della  Moravia.  Quelle  partono  dal 
punto  in  cui  le  Sudetiche  toccano 
la  parte  orientale  della  Boemia,  di 
maniera  che  questo  paese  è  per 
intiero  accerchialo  da  sommità  che 
si  succedono  1'  una  all'  altra  senza 
interruzione. 

AH  ovest  della  Boemia  comincia  il 
Fichtelgebirge,  che  estendesi  al  nord 
sino  a  Thuringerwald,  catena  vicina 
all'  1  arlz  che  si  abbassa  al  nord 
sino  al  livello  delle  pianine,  dira- 
mando al  nord  est  il  Wesergebir- 
ge  e  il  Deulschburgerwald.  L'Harlz 
comincia  al  sud  con  il  Wester- 
wald,  che  copre  l'Assia  e  Nassau,  si- 
no alla  dritta  riva  del  E.eno.  Dal- 
l'altra parte  di  questo  fiume  s'in- 
nalza r  Hundsruck  che  al  sud  si 
riattacca  ai  vosgi,  montagne  della 
Francia,  ed  al  nord  va  a  confon- 
dersi con  le  Ardenne.  Le  ramifica- 
zioni selleiitrionali  del  Westerwald 
e  dell'Hnndsruck  racchiudono  degli 
estinti  vulcani  ,  trovandosene  pur 
anco  nel  Fichtelgebirge.  Nel  punto 
in  cui  le  Alpi  entrano  nel  Tirolo, 
il  ramo  ch'è  all'ovest  dell'Inn  occu- 
pa sotto  il  nome  di  Arlberg  tutto 
il  paese  sino  al  lago  di  Costanza, 
e  coir  x\lgan  le  sue  ramificazioni 
si  prolungano  al  nord  della  Bavie- 
ra, terminando  in  rialti ,  che  ri- 
scontransi  presso  il  Danubio  con 
quelli  di  Rauh-Alp,  prolungazione 
orientale  dello  SchA\a^^/^\  nld  o 
Foiesta  Neia.  Questa  catena  si  e- 
stende  al  sud  siiirt  alle  sponde  del 
Beno,    prcndiMido  allora  la    fcrma 


02                     GER  GER 

di   un    gomito.    Lo   SchTrartzwalcl  ra    ■vicino    a    Donavescliingen  ,  iti- 
si prolunga  al  nord  sino  allo  Spes-  comincia  ad  essere  navigabile  pres- 
sart  ai  nord- est    pel  ramo  di  Vo-  so  Ulma,  passa  per  Donavert,  iVeu- 
gels-Gcbirge,    con  il     Wester^ivald.  burg,  Ingolstadt,  E^atisbona,  Passa- 
Le  pili  alte    cime  della    Germania  via,  Lintz,  ed  a  Vienna,  e  \i  rice- 
stanno  nel    ciglione  delle  Alpi  del  ve  i  fiumi    Iller,  Lech,    Isar,    Imi 
Tirolo,  di   Salisburgo    e    di   Stiria,  colla  Saltza,   Traun,  Ems  ed  altri; 
molte  innalzandosi  al  di  là  di  mille  indi  passa  per  l'Ungheria,  dove  si 
tese  al  disopra  del    livello  del   ma-  unisce  con    gli    altri  fiumi  naviga- 
re. Pselle  altre    catene  le    piìi  alle  bili,    e     di    là    nella     Turchia    in 
sommità    non    giungono    a  più    di  Bessarabia,  dove    si    divide  in  vari 
seicento  cincpianta  tese,  e  per  con-  rami,  e  si  scarica  con  varie  bocche 
seguenza  non  trovansi  vere   ghiac-  nel    mar  JXero.     2.°  11     R.eno    che 
ciaie    se   non    nelle    montagne    del  nasce    nella  Svizzera,  entra  nel  la- 
Tirolo ,    e    del     Salisburghese.     La  go  di    Costanza,  e  di  là    sortendo 
maggior  parte    delle   montagne    di  forma  prima  i  confini   fra   la  Ger- 
questa    regione     è     coperta  di  bo-  mania    e  la  Francia,    e  scorre  po- 
schi,  abbondando  di  quercie  quelle  scia  soltanto   in  Geimania,  riceven- 
del  nord,  e  di    piìi  quelle  del  sud.  do  le  acque  dei  fiumi  Meno,  Rin- 
In    molte    di  esse ,  e    specialmente  zig,  JVecker,  Tauber,  Saale,  Mosella, 
nella  Carniola,  si  trovano  parecchie  Mosa,  ec.  Si   divide  sotto  Kleve  in 
caverne  e  grotte  formate  dalla  na-  due  rami,  dei   quali   quello  a  sini- 
tura.     Nel    regno  di    WiLitemberg  stra  prende  il  nome  di   Waal,  e  si 
vedesi  la  caverna  detta    Nebelloch  getta  nella    Mosa,  l'altro  si  divide 
ed  Erdloch,  e  in  poca  distanza  da  di  bel    nuovo    in  vari   rami,     che 
Blankenburg  vi  è  quella  famosa  ca-  prendono  differenti  nomi  e  si  get- 
verna  di  Daimiann  ove  si  osservano  tano  in  altre    acque.   Il  ramo  che 
molte  figure  rare    e    belle  di    sta-  ritiene  il  nome    di  Reno,  si  perde 
lattiti.  Entrammo  in  qualche  det-  sotto    Leyden,  presso  Cattwyk  nel- 
taglio  sulle  catene  delle  montagne  la    sabbia.     3."    Il    Weser    che     si 
di  Germania,  pel    riflesso  che  non  forma  presso  di  Minden  dalla  cou- 
essendovi  regione  in  Europa  che  sia  giunzione  del  fiume  Wera  e   Ful- 
composta  di    tanti  e  differenti  sta-  da,  passa   a    Meiningen  ed    a  Bre- 
Ij    indipendenti,    quanto  quella    di  ma,    e    mette    foce   nel    mare    del 
Germania  ,    ci    send)rò    opportuno  nord,  i^."  L'Elba  che  scaturisce  nel 
pei    relativi    articoli,    onde    meglio  Reisengebirge   in  Boemia,  e  lo  tra- 
conosceriie    i    confini;    ed  è  perciò  versa  dall'est     al     nordovest,   pas- 
che   altrettanto    faremo    coi  fiumi,  sa   a  Dresda,  a  Wittemberg,  Mag- 
altri   naturali  confini.  deburgo  ed  Amburgo,   e   riceve  nel 
Pochi    paesi    hanno  un  sì  gran  suo  corso  i  fiumi  I  Elster,  la   l\Iul- 
numero   di  fiumi    quanto   la    Ger-  da,  la  Saala,  con  venti  altri  fiumi, 
mania,     contandosene  cinquecento,  e  non  lunge  da  Amburgo  mette  fo- 
e  tra    questi  sessanta  che  sono  na-  ce  nel  mare  del  nord.   5.     L'Oder 
vigabili.    I    principali    e    navigabili  che  nasce  nella   Moravia  settentrio- 
del  tutto  sono:    i.°  Il  Danubio  al-  naie,  ed  è  navigabile  presso  Rati- 
tre  volle    detto  Danubius    o  Ister,  bor     pei     piccoli    legni,    e     presso 
litro,  che  scaturisce  nella  selva  Ne-  Breslavia    pei   grandi  ;  dopo    di  a- 


GER 
ver  passato  per  Francfort,  e  tra- 
versata la  Pomerania,  si  scarica  nel 
mar  Baltico  per  molte  bocche. 
Gli  altri  principali  fiumi  dopo  di 
questij  sono  il  Meno  che  vicino  a 
Magonza  si  scarica  nel  Reno;  la 
Trave  che  si'  getta  nel  Baltico; 
1'  Eyder  e  l'Ems  che  pure  si  sca- 
ricano nello  stesso  mare;  la  \isto- 
]a  che  ha  la  sua  origine  nella  Sle- 
sia austriaca  ,  traversa  la  Polonia 
e  la  Prussia,  e  sbocca  nel  mar 
Baltico  ;  r  Adige  finalmente  che 
passa  pel  Tirolo ,  e  scorre  in  Ita- 
lia. 11  numero  de' canali  in  Ger- 
mania non  è  proporzionato  all'e- 
stensione del  suolo  ,  o  ai  bisogni 
del  suo  commercio.  11  canale  il 
più  antico  è  quello  dei  tempi  di 
Carlo  Magno,  ma  non  è  ancor  fi- 
nito. Per  lo  passato  la  navigazione 
dei  gian  fiumi  eia  molto  incep- 
pata a  cagione  delle  tasse  eh'  esi- 
gevano i  diversi  principi  dei  terri- 
torii  sui  quali  scorievano.  Ma  ai 
nostri  giorni  il  congresso  di  Vien- 
na tolse  in  gran  parte  siila tti  o- 
stacoli  ,  e  stabili  che  nel  caso  in 
cui  dei  fiumi  navigabili  attraver- 
sassero gli  stati  dei  principi  diver- 
si, nominate  sarebbeio  delle  spe- 
ciali commissioni,  onde  regolare  de- 
finitivamente tuttociò  che  avesse 
rapporto  alla  navigazione  o  al  com- 
mercio. 

Molti  sono  i  laghi  della  Ger- 
mania, il  maggiore  de'quali  è  quel- 
lo di  Costanza  dotto  anche  Bo- 
densee  ,  che  da  una  parte  tocca 
i  confini  del  gran  ducato  di  Ba- 
den,  del  WCirtemberg,  della  Ba- 
viera, e  del  Vorarlberg,  e  dall'al- 
tra quello  della  Svizzera  a  cui  ap- 
partiene una  gran  parte.  Degni 
sono  di  essere  nominati  i  laghi  di 
Cheim,  Wurm,  Amer  ,  Fcder  nel 
regno  di  Baviera;  quelli  di  AVaren, 


GER  93 

PlaAve  e  Schwerin  nel  gron  du- 
cato di  INIecklenburg,  di  Trauu  e 
di  Ilalstad  in  Austria;  quelli  del 
nord  di  Stettiii,  Muritz,  e  R.atze- 
biug;  di  Diepholz  nell'Annover;  di 
Cirnitz  nella  Carniola;  quello  dol- 
ce e  salso  di  Seeburg  ;  il  grande 
e  piccolo  di  Pomeriana,  detti  Fri- 
sche-Haf,  ed  altri  ancora.  Le  sor- 
genti di  acque  termali  e  minerali 
sono  nella  Germania  numerosissi- 
me, trovandosene  in  quasi  tutti  gli 
stati  ;  come  pure  numerosi  li  ba- 
gni ed  assai  rinomati.  Più  cogniti 
sono  tra  gli  altri  in  Boemia  i  ba- 
gni di  Carlsbadj  Toeplitz,  ed  Egra 
con  acque  acidule  ;  nell'alta  Austria 
quei  d' Ischi,  presentemente  molto 
accreditati  ed  assai  frequentati;  nella 
Slesia  i  bagni  caldi  di  Warnibrunn, 
detti  anche  di  Hirshberg;  nel  Wùr- 
temberg  quelli  diWildbad;  rinoma- 
ti essendo  parimenti  quelli  di  Ems, 
Bade,  Salterà^  di  Aquisgrana,  e  le 
acque  acidule  di  Pyrmont,  altre  a 
tante  altre.  Il  clima  nella  Germa- 
nia è  assai  vario  :  nel  sud  le  mon- 
tagne e  le  ghiacciaie  rendono  l'a- 
ria fredda,  ma  nelle  valli  e  pianu- 
re si  gode  una  dolcissima  tempe- 
ratura. Nel  nord  al  contrario  l'a- 
ria è  fredda  assai,  traime  i  luoghi 
paludosi  che  si  avvicinano  al  mare 
del  nord.  I  terremoti  si  fanno  sen- 
tire di  rado,  non  essendo  mai  sta- 
ti dannosi.  La  Germania  è  uno 
de'  paesi  di  Europa  forse  il  piìi 
ricco  di  minerali:  vi  sono  moltis- 
sime qualità  di  marmi  e  di  pietre 
preziose;  e  l'oro  oltre  in  alcune 
miniere,  trovasi  nel  E.eno,  nell'Ey- 
der,  ed  in  qualche  altro  fiume.  Si 
trovano  altresì  perle  di  color  di 
argento  e  di  latte,  terre  da  por- 
cellane, ec. 

Dalla  sola  industria  commercia- 
le si    può    giudicare  della    potea- 


94 


CER 


za  (Iella  Germania  ,  in  cui  col 
mezzo  tli -ricca  nobiltà  si  dilJ<JiKU; 
raI)bon<kinza.  Le  gueire  che  la  de- 
soliuonoj  tolsero  molli  coltivatori 
alla  terra,  come  il  genio  degli  a- 
bitaiili  per  le  arti  meccaniche  li 
alloiìlanò  dai  travagli  campestri; 
tutta  volta  la  coltivazione  è  florida, 
produce  vini  eccellenti  ,  le  caccie 
sono  ricche  di  selvaggi  ti  me .  ed 
avvi  tultociò  che  occorre  ai  como- 
di della  vita.  I  mari  che  bagnano 
la  Germania,  i  suoi  fiumi  e  laghi 
somministrano  ogni  sorla  di  pesce. 
I  tedeschi  debbono  al  paziente  lo- 
ro ingegno,  ed  al  carattere  laborio- 
so i  luminosi  progressi  fatti  nelle 
arti  industriali,  di  cui  molte  ebbe- 
ro in  questo  suolo  l'origine  e  l'in- 
cremento :  hanno  essi  il  vantaggio 
di  godere  della  mano  d' opera  a 
modico  prezzo;  laonde  numerose 
sono  le  fìilibiiche  di  stolFe,  porcel- 
lane, maioliche,  cristalli  ,  specchi, 
chincaglierie,  utensili  d'ogni  specie, 
e  persino  de'  fanciulleschi  trastulli. 
Fornisce  eziandio  la  Germania  stru- 
menti di  matematica ,  di  fisica,  e 
specialmente  di  musica.  Anche  il 
commercio  de'iibri  è  animatissimo, 
e  la  fiera  di  Lipsia  forse  si  può 
dire  la  più  famosa  e  ricca  in  tal 
genere.  Le  città  pii^i  commercianti 
sono  Vienna,  Amburgo,  Lubecca, 
Crema,  Francfort  sul  Meno,  Cre- 
slavia,  Lipsia,  Augusta,  Norimber- 
ga, Slralsunda,   Stettino,  ec. 

Sebbene  la  Germania  sia  stata 
pressoché  in  ogni  tempo  il  teatro 
di  guerre,  pine  fu  sempre  nume- 
rosissima d'abitanti.  E  questo  un 
privilegio  del  quale  è  debitrice  al- 
la salubrità  del  suo  clima,  che  vi 
mantiene  il  vigore  del  corpo,  ed 
al  suo  fertile  territorio  che  sommi- 
stra  sussistenze  facili  a  procacciarsi. 
In   quanto  alla   presente  sua  popo- 


GER 

lozione    come    confederazione     ger- 
manica,   neir  /llinannch  de   Gotha 
patir  Uanncc  i844>   si  legge  ascen- 
dere a    trenlanove  milioni  cinque- 
cento ottantamila  abitanti.   Antica- 
mente non  si   trovavano  in  questa 
regione  né  città,  né  fortezze:  erano 
soliti    gli    abitanti    fabbricarvi  abi- 
tazioni   isolate  in    luoghi    comodi, 
che  per  lo  piìi  erano  capanne  co- 
perte   di   paglia,    e    intonacate     di 
loto;   le  loro  piazze  trincerate  sono 
più   antiche    delle  città.    I   romani 
furono  i  piimi  ad  innalzarvi  castel- 
li ;   parte  dei  germani   ne  imitò  l'e- 
sempio, e   parte    difesero   le  piazze 
loro  per  mezzo    di    fiumi ,   fosse  e 
siepi.   Siccome  i  contorni  del  Pteno 
furono   per    alcuni  secoli  il  campo 
dei  conflitti  fra  i  romani,  e  gli  a- 
bitanti    della     Germania,  ne    segui 
che  quivi    furono    fondate    le  loro 
prime  città    di  difesa,  come  quelle 
di   Magonza,  di  Treveri  ,    Colonia 
o  Bonna.  Tra  le  più  antiche  piaz- 
ze fortificate  contar  si  devono    E- 
resburg    e  Sigeburg ,  due    fortezze 
dei   sassoni.    In   tempi  degl'impera- 
tori  franchi   l'abbricaronsi  alla  ma- 
niera gotica  monasteri,    chiese,  ed 
altri  edifizi,  e  le  montagne    e  col- 
line   si    munirono    di    castelli.     Le 
guerre  cogli    unni  diedero  occasio- 
ne   al     re    Enrico    I   di     piantarvi 
città  e   fortezze,  e  da    quel   tempo 
l'architettura  civile  e  militare  si   è 
perfezionata    nella   Germania  ,  ove 
contansi  molte    città  belle,  grandi, 
ragguardevoli,  e  ben  fortificate.  Se- 
condo gli   storici   romani,  i  germa- 
ni erano  grandi,  ben  formati  e  ro- 
busti.  Gli  occhi  azzurri,  e   le  bion- 
de capigliature  li  distinguevano  da 
tutti     i    popoli     meridionali  :     una 
porzione  di    questi    originali   carat- 
teristiche ancora  esiste.  L'ingenui- 
tà ed    il    coraggio    tuttora    in  essi 


GER 

conservansi  ;  in  generale  il  tedesco 
è  grave,  riflessivo,  laborioso,  perse- 
verante e  franco.  Generalmente  il 
linguaggio  della  poesia,  e  l'amore 
per  le  arti  belle  è  coltivato.  Sem- 
brando il  tedesco  nato  per  la  guer- 
ra, i  suoi  esercizi,  i  giuochi,  e  per- 
fino la  musica  indicano  le  sue  in- 
clinazioni guerriere.  La  nobiltà  ger- 
manica è  gelosa  delle  sue  prero- 
gative, senza  essere  orgogliosa.  Al 
presente  tutti  i  cittadini  sono  li- 
beri, al  paro  dei  contadini,  eccet- 
tuatone però  il  Mecklenburghese,  e 
il  paese  dell'  Holstein.  La  servitù 
vera  ancora   esiste  nella  Lusazia. 

Due  razze  principali  esistono  in 
Germania,  i  germani    e    gli  slavi  : 
i  primi  abitano  tutta  la  parte  me- 
ridionale   ed    occidentale,  gli  slavi 
abitano  la   estremità  orientale  del- 
la  Germania  sino  all'Elba.  Eglino 
si  dividono  in  molli  rami,  dei  qua- 
li ciascuno  parla  un  particolare  dia- 
letto.   La    lingua  alemanna  è  una 
delle    lingue    madri  ,    essendo    sue 
principali    proprietà    l' abbondanza 
di   vocaboli,   l'energia  e  l'espressio- 
ne:  la    grammatica     pubblicata  da 
Gottsched  ne  ha  ripurgali  gli  ele- 
menti. Dicesi    che    la  lingua  tede- 
sca derivi  dall'antico  dialetto   teu- 
tonico,   che    succedette  al    celtico, 
suddiviso    poi  in    altri   dialetti.  Le 
due  principali  lingue  però  che  ora 
pailansi   in    Germania    sono    la  te- 
desca e  la   slava  schiavona.  La  pri- 
ma   si  divide  anch'essa  in  altri  due 
dialetti,    cioè  la  bassa  e  l'alta  ale- 
manna :    questa    è    la    lingua  della 
Chiesa,   delle  scienze,  dei  tribunali, 
e   delle   più  elevate  classi   della  so- 
cietà, parlandosi  nella  bassa  Sasso- 
nia,   Turingia,   Assia,  nelle  provin- 
ci e  del    Reno,  in    Isvevia,    Tirolo, 
Baviera,    Austria,  Boemia,  e  Slesia. 
La  bassa   alemanna  si  usa  iu  vece 


GER  95 

sulle  sponde  del  mare  del  noid,  nel- 
la Frisia,  nella  W  eslfalia,  alta  Sas- 
sonia, nel  Mecklenburghese,  Bian- 
deburghese,  e  nella  Pomeriana.  La 
lingua  slava  conta  tra  i  suoi  nu- 
merosi dialetti  il  polacco,  il  vende, 
il  croato,  il  servi  ano,  ed  altri  mol- 
ti. L'italiano  si  parla  sulle  frontie- 
re dell'  Italia.  11  friuicfse  adottato 
come  lingua  diplomatica,  è  altresì 
quella  delle  corti,  e  degli  alti  cir- 
coli: vuoisi  introdotta  in  Germania 
dopo  che  le  colonie  francesi  vi  e- 
migrarono  per  le  intestine  e  re- 
ligiose discordie  della  patria  loro 
nelle  pretese  riforme.  11  latino  è 
in  onore  specialmente  mila  corte 
imperiale,  e  nelle  classi  agiate;  si 
impiega  pure  in  qualche  opera  di 
erudizione  o  di  scienza.  I  tedeschi 
in  generale  hanno  gran  propensio- 
ne e  talento  per  imparare  le  lin- 
gue tanto  vive  che  morte.  La  let- 
teratura germanica  formossi  quasi 
da  se  stessa,  perchè  non  trovò  na- 
scendo grande  appoggio  in  |3arec- 
chi  governi  di  questo  paese,  gli 
autori  celebri  del  quale  tutto  de- 
vono a  loro  medesimi,  avendo  con 
zelo,  "pazienza  e  genio  tutto  pre- 
paralo da  loro  e  disposto;  e  quin- 
di appianando  ogni  ostacolo,  giun- 
sero al  maggior  perfezionamento. 
Sprovveduti  ne'  passali  secoli  di 
quelle  società  letterarie,  alle  quali 
si  spetta  di  porre  limite  all'entu- 
siasmo, trascorsero  senza  guida  né 
legole,  e  quindi  lunghi  e  penosi 
furono  i  loro  travagli,  non  cono- 
scendo per  leggi,  che  gli  slanci  del- 
la   loro  immaginazione. 

Anche  la  lingua  non  fu  dappri- 
ma coltivata  che  dai  monaci,  indi 
dai  cavalieri,  ed  in  fine  dai  sem- 
plici cittadini.  La  pretesa  riforma 
religiosa  per  le  grandi  ricerche  che 
fece  onde   sostenere    e    difendere  i 


96  GÈ  K 

suoi  errori,  e  calunuiare  l'illibato 
splendore  della  Chiesa  romana,  eb- 
be per  conseguenza  qualche  pro- 
gresso nelle  cognizioni,  alterato  dal- 
le successive  micidiali  guerre  poli- 
tiche e  religiose ,  per  cui  1'  epoca 
vera  dell'  incremento  della  lettera- 
tura germanica ,  \iene  assegnata 
dagli  storici  alla  metà  del  secolo 
decorso.  Allora  fu  la  lingua  depu- 
rata, e  le  arti  e  le  scienze  colti- 
vate con  vero  successo,  e  fu  so- 
prattutto nella  metafisica  ove  si  di- 
stinse lo  spirito  speculativo  dei  te- 
deschi. Coltivarono  egualmente  con 
molto  successo  la  medicina,  l'astro- 
nomia, le  matematiche,  e  in  gene- 
rale le  scienze  tutte  nelle  quali 
diede  la  Germania  queirimmenso 
numero  di  uomini  celebri,  clie  lun- 
go assai  sarebbe  qui  riportare.  So- 
lo nomineremo  almeno  i  principa- 
li. Fiorirono  nella  giurisprudenza, 
Piilter,  Funk,  Otto,  Leysero,  Gund- 
ling,  Wisenbach ,  Conring,  Lau- 
terbac,  Struvio,  IMlttei'meier,  Boeh- 
mer,  Heineccio,  Pulfendorf,  llau- 
boldt,  Biner,  e  Savigny;  nella  me- 
dicina, chirurgia,  chimica  ed  anato- 
mia, Sthal ,  Hoifmann,  Fianck, 
Ileistero ,  Rlargraf,  Wan-Svieten, 
Sprengel,  IVleckel ,  Soemering,  So- 
dar, Plenck,  Otto,  llichter,  Stork, 
Stoll,  Hu(èland;  nella  botanica,  Pii- 
vino,  Dillenio,  Wildenoi  ,  Wahl, 
Rohmer  ,  Vittmann  ,  Ti'evirano  , 
Schwarz,  Jaquin  ;  nella  materoali- 
ca  e  metafisica,  Leibnizio ,  Vie- 
])ekind,  Walf,  Spurzheim,  Euleio, 
Mendelson,  Kant,  Fichte ^  Schoel- 
ling,  e  Hegel;  nella  fisica,  Baugar- 
ten,  Mejer;  nella  storia,  MuUer, 
liitter,  Schmidt,  Heeren,  Herder, 
\oigt,  Luden,  ec. ;  nell'  antiquaria, 
Scopfiin,  Rcjero,  Riedesel,  Eckel, 
KolI  ;  neir  astronomia,  Copernico  , 
Iveplero,01bcrs,  Herschel,Bode,  Holt- 


GER 
mann,  Brandis,  Zich  ;  nella  biblio- 
grafia, Fabrizio,  Murr,  Harles,  Pan- 
zer; nella  geografia,  Cluverio,  Gat- 
terer,  Busching ,  Gaspari;  nella  fi- 
lologia, Ernesti ,  Schellhorn,  Ade- 
lung,  Heyne,  Herrmann,  Schneider, 
Beck;  nella  storia  naturale,  Alessan- 
dro Humboldt  insi£rne  in  osrni  scien- 
za,  Fischer,  Blumembach,  Buch  , 
Pallas;  nella  letteratura,  Humboldt 
il  fratello,  Meiners,  Schlegel,  Collin, 
E.ode,  Nicolai,  Winkelmann^  Klop- 
stock,  Bechmann,  Burger,  Voos, 
"NVieland  ,  Herder  ,  Goethe  ,  Zim- 
mermann,Gellert,  Hagerdorn,  Rleist, 
Meusel,  Hormajer  ,  Sultzer,  Ger- 
stenberg,  Meisner ,  ed  altri  tanti, 
dovendosi  ricordare  pur  anco  fra 
gli  uomini  famosi  di  Germania, 
Martino  Lutero,  Melantone,  Federi- 
co li  il  Grande,  filosofo  e  guerriero. 
Ma  disgraziatamente  a  molti  di  detti 
grandi  uomini  ad  onta  della  loro 
scienza  profonda,  gli  mancò  quel- 
la di  conoscere  l'errore  in  cui  e- 
rano  in  punto  religioso ,  e-  le  ve- 
lità  cattoliche  ;  o  conosciute,  per 
rispetti  umani  sacrificarono  ad  es- 
si la  propria  eterna  salute,  per  cui 
riempirono  le  loro  opere  dei  lo- 
ro erronei  pensamenti  sulla  prete- 
sa riforma ,  e  non  parlarono  con 
quella  imparzialità,  per  cui  tanto 
applauso  oggidì  ebbero  Giovanni 
Yoigt  nella  Storia  di  Papa  Gre- 
gorio VII,  e  de' suoi  contemporanei; 
e  Federico  Hurter  nella  Storia 
di  Papa  Innocenzo  III,  e  de'suoi 
contemporanei;  non  che  nell'opera 
intorno  alle  istituzioni  e  ai  costu- 
mi della  Chiesa  nel  medio  evo,  e 
particolarmente  nel  secolo  XllI  del 
medesimo  Hurter. 

JVclla  musica  ci  die  la  Germa- 
nia, Telemann,  Haeudel  ,  Graun, 
Bai;h,  Hasse,  Gluck,  Haydn,  Mo- 
zart,  Beethoven  ;    nella    pittura   e 


GER 

disegno ,  Alberto    Durcr  ,    Calker, 
Craiiach,  Ilolbein,  Sandrait,  Mcngs, 
e  la  Rauffmann  ;  nella  poesia,  Zac- 
caria,  Hagerdorn,  Ramler,  Kleist, 
Brentano,  Pyrker;  nel  teatro,  Schil- 
ler,   Lessing ,    Kotzebue  ,    Iffland, 
Werner;     fra   gì'  intagliatori,    Be- 
haim;   fra  gli  incisori  in  pietre,  Pi- 
chler;  fra   gli  scultori,  Daenecker  ; 
fra  i   fabbricatori  d' istrumeiiti  mu- 
sicali 5     Schanz    e     Biodmann  ;    fra 
i   fabbricatori     di  quelli     di  fisica , 
Reicliembacb;   senza    tacere     fra    i 
benefattori    dell'umanità,    oltre    a 
tanti  altri,  i  nomi  celebri  di   Son- 
nenfels  e  di  Rumford;  rinomati  so- 
no pure    Archenwald  e  Gatterer,  i 
creatori  della  statistica,  nella  qua- 
le  scienza    i    tedeschi    si    sono    di- 
stinti per  la  somma   loro  esattezza. 
Fra  le  tante  invenzioni  di  cui  sia- 
mo   debitori    a   questa    illustre  re- 
gione, annoverar    devesi  quella  di 
Gio.   Guttemberg  oriundo  di  Ma- 
gonza,  che  impresse  in  tavolette  di 
legno    caratteri    invece    di   figure, 
sullo  studio  delle  quali  Panfilo  Ca- 
staldi italiano    di  Feltre,  giurecon- 
sulto   e  poeta,    sostituì  i    caratteri 
mobili    della    stampa  agl'immobili 
calcografici   di  Guttemberg,  inven- 
zione portata  a  Magonza  da  Fau- 
sto  Comesburgo,  che  in  quella  cit- 
tà col   Guttemberg  diede  alla  luce 
il    Salterio,    primo  libro  stampato 
con    caratteri  mobili  in    legno  nel 
14517.    Altre    principali    invenzioni 
germaniche  sono,  quella  degli  oro- 
logi, e  nel    secolo  XIII    l'applica- 
zione della  polvere  da  cannone  ad 
uso  della  guerra.  Alla  propagazio- 
ne de' lumi,  ed  all'incremento  del- 
le   scienze    ed     arti    contribuirono 
non   poco  in  Germania,  oltre  alle 
celebri  sue  università,  le  moltipli- 
ci    scuole,    le  nobili    accademie,  le 
letterarie   società,  i   collegi,  i  gia- 

VOL.    XXIX. 


GER  97 

nasi,  i  musei,  le  pubbliche  biblio- 
teche, e  tutti  quegli  altri  scientifi- 
ci e  letterari  istituti  di  cui  essa 
abbonda.  Le  principali  sue  univer- 
sità ch'erano  in  numero  di  tren- 
tasette, ridotte  sono  al  presente  a 
venti,  e  fra  queste  dodici  sono  pro- 
testanti, cinque  cattoliche,  e  tre 
miste,  Le  prime  stabilite  sono  a 
Eidelberga  di  Baden,  Lipsia  di  Sas- 
sonia, Rostock  di  Mecklemburgo, 
Greifswalde  di  Prussia  ,  Marburg 
d' Assia,  Jena  di  Sassonia,  Giesen 
di  Assia,  Kiel  di  Danimarca,  Halle 
di  Prussia,  Gottinga  d'Anno  ver, 
Erlangen  di  Baviera,  e  Berlino  di 
Prussia.  Le  università  cattoliche 
sono  a  Praga  nella  Boemiaj  Vien- 
na in  Austria,  Wurtzburgo  o  Er- 
bipoli  di  Baviera ,  Landshut  di 
Baviera,  e  Fi'isburgo  di  Baden.  Le 
miste  stanno  a  Tubinga  di  Wiir- 
temberg ,  Breslavia  e  Bonna  del- 
la Prussia.  Altra  celebre  università 
fu  da  ultimo  istituita  in  Monaco 
capitale  della  Baviera,  ed  è  catto- 
lica. 

Nella  Germania  in  troppo  nu- 
mero furon  ben  anche  celebri  nel- 
l'arte militare,  e  gloriosi  sono  i  no- 
mi di  tanti  illustri  capitani  e  guer- 
rieri. Innumerabili  poi  sono  nella 
Chiesa  cattolica  germanica  i  santi, 
beati,  e  martiri  d'ambo  i  sessi; 
gli  arcivescovi,  vescovi,  ed  abbati 
illustri,  molti  de' quali  esercitarono 
eziandio  il  sovrano  potere,  oltre  i 
tre  elettori  ecclesiastici  di  Magon- 
za, Treveri,  e  Colonia;  così  innu- 
merabili sono  i  monaci,  canoni- 
ci regolari,  religiosi,  sacerdoti,  teo- 
logi, canonisti,  moralisti  che  ono- 
rarono grandemente  questa  rispet- 
tabile nazione,  ove  pur  fiorirono 
numerosi  monisteri  di  monache  e 
di  cauonichesse,  come  potrà  veder- 
si tutto  ai  rispettivi  articoli.  Cri- 
7 


98  GER 

stiano  Brower  ci  diede:  Sulera  il- 
luslriuin  et  sancloruvi  vivorum  qui 
Germaniam  geslis  rebus  ornantur, 
Moguntiae  1616.  Alcuni  scriltori, 
come  il  eh.  Costantino  Hocfler, 
nell'opera  intitolata  I  Papi  tede- 
schi, istoria  della  loro  vita  ec.,  in- 
cominciata a  pubblicare  in  Ratis- 
bona  nel  iSSg,  considerando  la 
Germania  secondo  l'antica  divisio- 
ne geografica,  dicono  che  otto  so- 
no i  sommi  Pontefici  tedeschi,  cioè 
Gregorio  V,  Clemente  II,  Damaso 
II,  s.  Leone  IX,  Vittore  II,  Ste- 
fano IX,  Nicolò  II,  ed  Adriano 
VI.  Il  Novaes  nella  Storia  dei 
sommi  Pontefici  da  s.  Pietro  fino 
a  Pio  VII,  ecco  quanto  scrive  su 
tali  otto  Papi.  Primieramente  in 
Stefano  Vili  detto  IX,  eletto  l' an- 
no 939,  lo  chiama  romano,  citan- 
do Pandolfo  da  Pisa  presso  il  Mu- 
ratori, Script,  rer.  Italie,  tom.  Ili, 
p.  327,  ma  educato  nella  Germa- 
nia, citando  il  Ciacconio,  in  Fila 
ec.;  e  che  Martino  Polono  lo  dice 
di  nazione  tedesco  in  Chron.  p. 
337,  e  così  comunemente  i  critici 
moderni.  Quindi  dice  che  nel  996 
fu  creato  Papa  il  cardinal  Brunone 
sassone,  elevato  a  tal  dignità  dal- 
immediato  predecessore  Giovanni 
XV  detto  XVI  del  985,  che  pre- 
se il  nome  di  Gregorio  V.  Dipoi 
nel  1046  fu  fatto  Pontefice  Rug- 
gero o  Svedero  di  Mayendorf  sas- 
sone, che  da  cinquant'anni  era 
cardinale  (dignità  che  altri  nega- 
no), siccome  creato  da  Gregorio  V, 
con  assumere  il  nome  di  Clemen- 
te II,  da  altri  chiamato  il  b.  Rudi- 
ger  di  Bamberga  di  cui  era  vescovo. 
In  sua  morte  gli  successe  nel  1048 
Poppo  o  Poppone  bavaro,  vescovo 
di  Bressanone,  che  prese  il  nome 
di  Damaso  II.  A  questi  fu  dato 
nel  1049  a  successore  Brunone  di 


GER 

Dapsburgo    vescovo  di    Toul,   che 
si   chiamò  Leone  IX,  venerandolo 
la  Chiesa  per  santo.  Dopo  una  lun- 
ga   sede  vacante    gli    successe    nel 
io55  Gebeardo  d' Inspruck  vesco- 
vo d'Eichstett,    col  nome  di   Vit- 
tore 11.  Alla  di  lui  morte  nel  io57 
fu  elevato  al  pontificato  Giuniano 
Federico  di  Lorena,  fatto  già  car- 
dinale da  s.  Leone  IX,  cui  fu  im- 
posto il  nome  di  Stefano,  e  perciò 
viene    appellato    Stefano   IX    detto 
X.  Nel    io58  fu  eletto   Papa  Ge- 
rardo di  Borgogna  vescovo  di  Fi- 
renze, che  chiamossi  Nicolò  II.  Fi- 
nalmente Adriano    Fiorenzo  di  U- 
trecht    in  Olanda,  fatto    cardinale 
nel    i5i7   da  Leone  X,  alla  mor- 
te di  questi  nel  i5ii  fu  eletto  Pa- 
pa,   e  non    volendosi    cambiare    il 
nome  si   chiamò  Adriano  VI.    Fin 
qui  il  Novaes,  nella  vita    dei  sud- 
detti otto   Papi.   Il  Sandini,    Vitae 
Ponlificuni    Romanorum,    nel  tom. 
II,  p,  776,  Pontifìcum  natio,  pone 
tra  i  galli  Leone  IX,    Stefano  IX, 
e  Nicolò  li,  e  tra  i  germani  Gre- 
gorio V,  Clemente  II  sassone,  Da- 
maso    II,     Vittore    li,    e    Adriano 
VI     baiavo.     Dalle     testimonianze 
dei   dotti  Novaes    e    Sandini,    non 
solo  si  può  rilevare  quanti  furono 
i    Pontefici  di  nazione    germanica, 
ma  il  come  gli  scrittori  li  dichiara- 
rono per  tali  a  seconda  dell'antica  di- 
visione geografica  della   Germania, 
che  poi    descriveremo.    In  quanto 
poi  ai    cardinali  tedeschi,    secondo 
i    computi    del  Cardella,   Memorie 
storiche  de' cardinali,  e  le  ricerche 
da  me  fatte    su  qualcuno    non  da 
lui  computato,  oltre  i  sunnomina- 
ti    sono    i    seguenti.    Arrivando  il 
Cardella    nella    storia    de' cardinali 
a  tutto  il  pontificato  di  Benedetto 
XIV,  i  posteriori  furono  egualmcu- 
te  da  me  aggiunti,   e  seguendo  il 


GER 

sistema  del  Cardella  non  vi  ho 
compreso  i  sei  cardinali  bavaresi, gli 
aiUeltanli  liamminglii,  oltre  il  vi- 
vente Engelberto  Sterckx  creato 
cardinale  nel  i838;  così  neppure 
vi  sono  compresi  i  quattro  cardi- 
nali sassoni,  parlandosi  di  tutti  a- 
gli  articoli  Baviera,  Fiandra,  e 
Sassonia,  Quanto  ai  cardinali  di 
altre  parti  anticamente  comprese 
nella  regione  germanica,  se  n*  par- 
la ai  rispettivi  articoli,  come  Boe- 
mia ,  ed  una  parte  della  Sviz- 
zera che  anticamente  appartene- 
vano alla  Germania  ,  oltre  altri 
luoghi.  Ai  seguenti  cardinali  tede- 
schi divisi  per  secoli,  pongo  cro- 
nologicamente l'anno  di  loro  crea- 
zione innanzi  al  nome  di  ognuno, 
e  tutti  hanno  la  loro  biografìa  in 
questo  Dizionario. 

Secolo   IX. 

844-  Fortunato  Amalario. 


GER 


Secolo  XIV. 


99 


i35o.  Matteo  Corozman  o  Contz- 
man. 

iSyi.  Roberto  de' conti  di  (Gine- 
vra, antipapa    Clemente  VII. 

l38r.  Adolfo  Nassau. 

i38i.  Arnaldo  Ilorne. 

i38i.  Federico  Saverdun. 

i38i.  Venceslao  Segna  o  Lignitz. 

i38i.  Conone  o  Simone  di  Fal- 
kensteia. 

Secolo  XV. 

i4o4-    Govanni  Egidi. 

i4ii-  Giorgio  Roseo. 

i43g.  Pietro  Schomberg  oSchowm- 

bergh. 
i44'^-   Nicolò  di  Cusa. 
i46o.  Weistriach  Borcardo  o  Bro- 

cardc. 
1462.  Giovanni   Aych. 
1477.  Giorgio  Kesler. 


Secolo  X. 

Secolo  XVI. 

946. 

Adi  maro. 

i5o3. 

Melchior  Copia  0  Meckau 

i5i  I. 

Matteo  Langio. 

Secolo  XI. 

i5i8. 

Alberto  di  Brandeburgo. 

l520. 

Erardo  Marck. 

10T2. 

Vernerò  0  Vernerio. 

i53o. 

Bernardo  desio  0  Closs. 

io48. 

Altowino  0  Adowino. 

.544. 

Ottone  Truchses. 

1037. 

Brunone  0  Bennone. 

i56i. 

Marco  Sittico  Altemps. 

1073, 

Deodato. 

1576. 

Andrea  d'  Austria. 

1088, 

,  Teodorico. 

1577. 

Alberto  d'Austria. 

i599- 

Francesco  Dietrichsteiu. 

Secolo   XII. 

Secolo  XVII. 

1 1 35.  Teodewino  o  Teodino. 
1 144-  Nicolò. 

Secolo  XIII. 

i2o5.  Ruggiero. 

1212.  Sigifrido  Eppenslain. 

i2i6.  Conone  d' Urrach. 


1619.  Ferdinando  d'Austria. 
162 1.  Itelio  Federico  Zolleren. 
1626.  Ernesto  Adalberto    d'  Har- 

rac. 
i652.  Federico  d'Assia. 
1G67,  Guidobaldo  de  Thunn. 


100  GER 

1 67 1 .  Bernardino  Gustavo    Adolfo 

di  Baden. 
1686.    Sigismondo  Kollonitz. 
1686.  Massimiliano  GandolfoKeim- 

burg. 
1686.  Guglielmo  Furslemberg. 
1 700.  Gianfìlippo  Lambergh. 

Secoxo  XVII I. 

1706.  Cristiano  Augusto  de' du- 
chi di  Sassonia-Zeilz. 

17 12.  Volfango  Annibale  Schrat- 
tenbach. 

1713.  Damiano  Ugo  de  Schonbron 
Buchain. 

1727.  Filippo  Giuseppe  Lodovico 
Sinzendorf. 

1727.  Leopoldo  Kollonitz. 

1737.  Giuseppe  Domenico  Lam- 
bergh. 

1747.  Armando  Trojer. 

1756.   Giuseppe  Trautsohn. 

1756.  Francesco  Con'ado  Casimi- 
ro de  Rodi. 

1761.  Francesco  Cristoforo  de 
Huten. 

1761.   Cristoforo  ]Migazzi, 

1772.  Leopoldo  Ernesto  Firmiau. 

1778.   Gio.  Enrico  Franckenberg. 

1778.  Giuseppe  de  Bathyan. 

1779.  Francesco  Herzan  de  Har- 
ras. 

1789.  Giuseppe  Fi'ancesco  di  Pao- 
la Aversperg. 

Secolo    XIX. 

i8o3.  Antonio  Teodoro  CoUoredo. 
i8i6.  Maria   Taddeo  Trautmans- 

dorf. 
1816.  Francesco  Saverio  Salm. 
1819.    Ridolfo    Giuseppe    Ranieri 

d'  Austria. 
1824.   Carlo  Gaetano  Gaysruck. 
1841-  Federico  Giuseppe  Schwar- 

zeiibcrg. 


GER 

Le  antiche  nazioni  tedesche  che 
professavano  il  gentilesimo,  aveva- 
no però  dei  principii  di  religione 
molto  più  consentanei  alla  ragione 
che  i  greci  ed  i  romani.  Qualche  lu- 
me del  cristianesimo  fu  poitato  verso 
la  fine  del  secolo  VII  da  Chiliano 
vescovo  irlandese,  da  Suidberto  ed 
Evvaldo  inglesi,  e  da  Roberto  di 
Wormazia,  che  fissò  la  sua  sede 
a  Salisburgo.  La  predicazione  del 
vangelo  in  Germania  continuossi 
nel  secolo  Vili  da  Corbiano  di 
Chartres,  e  con  successo  maggiore 
da  Vinfredo  inglese^  ordinato  in 
Roma,  come  meglio  diremo,  ve- 
scovo de'  tedeschi  di  là  del  R.eno 
verso  l'anno  723,  a  cui  fu  dato 
il  nome  di  Bonifacio.  Egli  si  af- 
faticò moltissimo  per  promovere 
insieme  con  la  cristiana  religione, 
anche  l'ubbidienza  alla  Chiesa  ro- 
mana, ed  alla  sua  liturgia.  Carlo 
Magno  verso  l' anno  800,  dopo 
aver  fatto  la  guerra  ai  sassoni  pel 
corso  di  trentanni,  e  averli  sog- 
giogati, ebbe  la  consolazione  di  ve- 
derli abbracciare  il  cristianesimo, 
massime  quando  il  re  loro  Wit- 
tekindo  si  fece  battezzare.  Car- 
lo Magno  fondò  molti  vescovati 
e  monisteri,  e  generosamente  li 
dotò.  Anche  Lodovico  I  il  Pio, 
figlio  di  Carlo  Magno,  arricchì  le 
chiese  cattedrali  ed  i  monisteri 
con  splendide  donazioni  d' interi 
paesi,  in  che  fu  imitato  da  altri 
principi.  La  rilassatezza  della  di- 
sciplina ecclesiastica  che  nei  tempi 
di  mezzo  si  era  introdotta  anche 
in  Germania^  precedette  al  princi- 
pio del  secolo  XVI  la  famosa  pre- 
tesa riforma  dell'ambizioso  Martino 
Lutero,  che  disgraziatamente  fu 
adottata  da  una  parte  della  nazio- 
ne, mentre  un'altra  seguì  quella 
egualmente  erronea  di   Calvino,  e 


GER 

ben  presto  la  Germania  fu  divisa 
in  Ire  culti,  cioè  nella  religione 
cattolica,  nell'evangelica  luterana, 
e  nell'evangelica  riformata  o  cal- 
vinista, divisione  introdotta  prima 
dal  preliminare  trattato  di  Passa- 
via, poi  dalla  pace  t'ormale  di  re- 
ligione fatta  solennemente  in  Au- 
gusta, e  quindi  sancita  con  alcune 
modificazioni  nella  pace  di  West- 
falia  l'anno  164B.  In  processo  di 
tempo  molte  sette  s' introdusse- 
ro, e  fra  queste  diverse  che  non 
aderivano  a  veruna  delle  tre  no- 
minate religioni,  ma  alle  quali, 
ciò  non  ostante,  accordavansi  in 
alcuni  luoghi  il  libero  esercizio  del 
culto  loro.  Diconsi  le  prime  quel- 
le degli  hernuti,  dei  gutelieni,  e 
dei  mennoniti:  al  presente  però 
le  sette  sono  pochissime.  Una  in- 
tiera libertà  di  coscienza,  o  a  me- 
glio esprimersi,  la  politica  tolleran- 
za di  religione,  nel  i8i5  pubbli- 
cossi  nel  congresso  di  Vienna,  co- 
me una  delle  prime  leggi  fonda- 
mentali della  presente  confedera- 
zione germanica.  I  cattolici  sono 
pili  numerosi  negli  stati  austriaci, 
in  Baviera,  nei  ducati  di  liaden  e 
<li  Luxeniburgo,  nelle  provincie  del 
Reno,  nel  Wiirtemberg,  nelle  due 
Assie,  e  nell'Annover.  Negli  al- 
tri stati  i  luterani  e  i  calvinisti 
hanno  una  assoluta  maggioranza. 
All'articolo  Europa  {^P'edi),  notam- 
mo le  forme  dei  diversi  governi  di 
Germania,  e  i  culti  che  in  ogni 
stato  si  professano,  e  quello  E- 
vangelico  lo  indicammo  pure  a 
quell'articolo.  Dividendo  quindi 
gli  abitanti  della  Germania  secon- 
do i  loro  culti  e  professioni  reli- 
giose, giusta  i  più  recenti  calcoli, 
sono  i  cattolici  quindici  milioni 
aovecenlomila;  i  luterani  dodici 
milioni    cinquecenlomila;   i    calvi- 


GER  ioi 

nisti  due  milioni;  gli  ussiti,  her- 
nuti ec.  venticinquemila;  i  greci 
quattordicimila;  i  mennoniti  due- 
mila cinquecento;  gli  ebrei  cinque- 
centomila,  sommando  il  totale  di 
tale  statistica  a  trenta  milioni,  no- 
vecento quarantunmila  e  cinque- 
cento abitanti,  piìi  o  meno  secon- 
do i  diversi  calcoli. 

Il  novero  degli  arcivescovati  e 
vescovati  di  Germania  è  riportato 
all'articolo  Diocesi.  I  principali  sta- 
ti, le  città  arcivescovili  e  vescovili 
antiche  ed  odierne,  e  tutti  i  luo- 
ghi in  cui  fu  tenuto  anche  un  so- 
lo concilio ,  di  questa  regione  di 
Germania,  hanno  articoli  nel  Di- 
zionario, ed  in  essi  naturalmente 
molto  si  parla  delle  cose  e  della 
storia  germanica,  civile  e  religiosa, 
e  di  tuttociò  che  vi  ha  relazione,  il 
che  forma  eziandio  argomento  di 
altri  articoli;  laonde  in  questo  accen- 
neremo compendiosamente  i  prin- 
cipali tratti  della  storia  germanica. 
In  quanto  alle  missioni  cattoliche 
negli  stati  della  confederazione  ger- 
manica, primieramente  diremo  che 
Ferdinando  Furstemberg  vescovo 
di  Paderbona  e  di  Munster ,  che 
fioriva  nel  1682^  volle  che  per- 
corressero ogni  parte  della  sua  va- 
sta diocesi  due  padri  della  compa- 
gnia di  Gesìi.  Ritraendo  da  ciò 
grandi  vantaggi  spirituali,  legò  la 
rispettabile  somma  di  cinquecento 
mila  imperiali  pel  mantenimento 
di  trentasei  religiosi  della  stessa 
compagnia  per  la  propagazione  del- 
la fede  nelle  parti  settentrionali  di 
Europa,  e  nelle  parti  orientali  del- 
l'Asia. Questa  è  l'origine  della  fon- 
dazione Ferdinandea,  da  cui  alme- 
no in  parte  trovano  da  inantenersi 
i  missionari  del  settentrione  della 
Germania;  nel  1802  fu  risoluto 
che  tutti  i  fruiti  di  quel  cospicuo 


102  GER 

capitale  fossero  impiegali  unica- 
mente per  le  missioni  settentriona- 
li. Esiste  in  Roma  il  celebre  Col- 
legio Germanico  [Vedi),  istituito 
in  principio  da  s.  Ignazio  e  da 
Giulio  111  ,  confermato  ed  arric- 
chito da  Gregorio  XII 1,  a  vantag- 
gio dei  paesi  settentrionali  germa- 
nici, al  quale  collegio  poco  dopo 
unì  r  Ungarico  dal  medesimo  Pa- 
pa fondato.  Si  trovano  in  Germa- 
nia tre  vicariati  apostolici,  dipen- 
denti come  le  missioni  dalla  car- 
dinalizia congregazione  di  propa- 
ganda fide,  nel  di  cui  Collegio  Ur- 
bano (Fedi),  talvolta  viene  am- 
messo per  alunno  qualche  tedesco. 
i  vicariati  sono  in  Osnabiuck,  in 
Dresda,  e  nei  ducati  Anhaltini. 

Il  vicariato  apostolico  di  Osna- 
Lruck  che  prima  esisteva  in  Pa- 
derbona,  è  ora  stabilito  in  Osna- 
bruck.  Al  presente  monsignor  Car- 
lo Antonio  Lupke,  fatto  dal  re- 
gnante Gregorio  XVI  vescovo  di 
Antedona  in  parlibus,  a'  26  feb- 
braio 1841,  è  amministratore  apo- 
stolico della  diocesi  di  Osnabruck, 
non  che  prò- vicario  apostolico  del 
vicariato  apostolico  delle  missioni 
settentrionali.  La  popolazione  cat- 
tolica del  regno  di  Anno  ver  di  cir- 
ca duecento  diecisette  mila,  nella 
maggior  parte  ritrovasi  nella  pro- 
vincia d' Osnabruck.  Le  missioni 
appartenenti  di  presente  al  vica- 
riato sono  Amburgo,  Altona,  Gluk- 
stadt,  Lubecca,  Bjema,  SchAverin, 
Ludwigslust,  e  le  altie  della  Da- 
nimarca. Nel  distretto  della  citlìi 
di  Amburgo  la  popolazione  catto- 
lica è  di  tremila  individui  ;  vi  è 
una  chiesa  ed  una  scuola  cattoli- 
ca. Sonovi  de*  cattolici  ne'  sobbor- 
ghi di  s.  Paolo  e  di  s.  Giorgio, 
nelle  città  di  Dergedorf  e  Yienan- 
den^  e  nel  baliaggio  di  Ritzebutel, 


GER 

dove  avvengono  frequenti  conver- 
sioni. Nel  distretto  di  Lubecca  ev- 
vi  una  cappella  con  più  di  due- 
cento cinquanta  comunicanti,  ed  al- 
tri in  più  luoghi  del  granducato 
di  Mecklemburgo-Strelitz  ,  e  nei 
ducati  di  Holstein  e  Lauenburgo. 
I  missionari  del  distretto  visitano 
i  cattolici  di  Lutin,  città  del  gran- 
ducato di  Oldemburgo,  ove  esiste 
un  oratorio.  In  Brema  vi  è  una 
chiesa  ed  una  scuola  cattolica.  A. 
questa  missione  sono  annessi  vari 
paesi  del  vicino  regno  d'  Annover, 
<h1  inoltre  Hamstede ,  Vegesack , 
Bremerhafen,  Brinkum,  Lillenlhal, 
Bremerike,  e  Rlosterleven:  il  nu- 
mero di  comunicanti  supera  i  due- 
mila. In  Schwerin  capitale  del  gran 
ducato  di  Mecklemburgo  -  Schwe- 
rin, vi  è  una  chiesa ,  una  scuola 
cattolica  e  duecento  cinquanta  co- 
municanti ;  i  missionari  visitano  i 
cattolici  alla  distanza  di  molte  mi- 
glia dalla  città,  come  anche  la  cit- 
tà di  Butzow  che  ha  venti  comu- 
nicanti, e  Rostoch  che  ne  ha  qua- 
ranta. In  Ludwigslust  vi  è  una 
missione  che  si  estende  alla  città 
di  Grabow,  Newstadt,  Parchim, 
Domitz,  ec.  :  vi  è  una  bella  chiesa 
fondata  a  spese  del  fu  granduca 
Federico  Francesco,  e  vi  sono  set- 
tantacinque comunicanti.  Antica- 
mente dipendevano  dal  vicario  a- 
postolico  delle  missioni  del  nord 
della  Germania  le  missioni  ancora 
situate  nel  regno  di  Prussia  ;  ma 
nel  1 821,  per  una  convenzione  tra 
la  santa  Sede  ed  il  re  di  Prussia, 
esse  furono  unite  alla  diocesi  di 
Breslavia,  per  cui  ne  faremo  breve 
menzione.  I  luoghi  delle  missioni 
di  Biandeburgo  erano  Berlino  , 
Postdam,  Spandau,  Francfort  sul- 
r  Oder,  Magdeburgo  ed  Halla,  eoa 
sci    chiese,   con    ventiquattro   mila 


GER 

settecento  cattolici.  I  luoghi  del- 
le missioni  della  Pomeriaua,  sono 
Stransulda,  Starrgarda,Stetlino,  Cos- 
lin  ;  vi  sono  cinque  chiese  o  cap- 
pelle, un  ospedale,  con  due  mila 
trecento  sessanta  cattolici. 

Il  vicariato  apostolico  di  Dresda 
nella  Sassonia,  comprende  tutto  il 
regno  di  Sassonia,  meno  l'alta  Lu- 
sazia  eh'  è  soggetta  al  decano  di 
Budissina.  Si  estende  anche  al  gran- 
ducato di  Saxen- Weimar,  e  ad  Al- 
temburgo  ,  con  trentamila  cento 
quattro  cattolici.  In  Dresda  i  catto- 
lici sono  cinquemila,  e  vi  hanno 
due  chiese,  in  Lipsia  vi  sono  sei- 
cento cattolici,  in  Hubertsburg  tren- 
ta, in  Annaburg  cento,  alcuni  in 
Freyberg,  e  nel  ducato  di  Altem- 
burg.  Ultimamente  ne  fu  eletto 
vicario  apostolico  monsignor  Fran- 
cesco Lorenzo  Mauvermann,  cano- 
nico di  Budissina  che  risiede  in 
Dresda.  La  famiglia  reale  di  Sas- 
sonia professa  la  religione  cattoli- 
ca, a  cui  ritoinò  fino  dal  1697. 
11  vicariato  apostolico  di  Anhalt, 
comprende  i  ducati  di  Anhalt-Coe- 
then,  Anhalt-Dessau,  e  di  Anhalt- 
Bernburg.  Monsignor  nunzio  apo- 
stolico di  Baviera  è  incaricato  del- 
la amministrazione  spirituale  del 
vicariato.  I  luoghi  della  missione 
sono,  Coethen  ove  è  una  parroc- 
chia eretta  da  Leone  XI  f,  ed  as- 
sistita da' gesuiti,  due  chiese,  una 
scuola,  ed  un  ospedale  servito  dai 
religiosi  di  s.  Giovanni  di  Dio; 
Dessau  che  ha  venticinque  cattoli- 
ci ;  e  Zerbst  e  Bernburg  che  ne 
hanno  cinquanta.  11  duca  Federico 
Ferdinando  di  Anhalt- Coethen,  col- 
la sua  consorte  Giulia  contessa  di 
Braudeburgo  sorella  del  re  di  Prus- 
sia, nel  1825  abbracciarono  la  re- 
ligione cattolica  dopo  aver  a'  24 
ottobre  abiurato    il   protestantismo 


GER  io3 

avanti  l'arcivescovo  di  Parigi;  al 
quale  duca  morto  senza  successore 
nel  i83o,  subentrò  il  fratello  pro- 
testante, che  si  mostra  favorevole 
ai  cattolici.  Leone  XII  al  duca  Fe- 
derico inviò  l'ordine  di  Cristo  eoa 
croce  gioiellala;  ed  il  regnante  Gre- 
gorio XVI  nel  soggiorno  che  ha 
fatto  in  Roma  la  serenissima  e  piis- 
sima  duchessa  gli  ha  dato  contras- 
segni del  suo  paterno  affetto  e  sti- 
ma ;  e  mentre  la  duchessa  era  a 
villeggiare  in  Frascati  nella  villa 
Montalto,  ora  del  collegio  Urbano, 
l'onorò  il  Papa  di  visita  in  recarsi 
all'eremo  de'  camaldolesi,  a'  i4  ot- 
tobre i83i.  La  Lusazia  inferiore, 
ed  una  gran  parte  della  superiore 
appartiene  alla  Prussia  :  la  Lusa- 
zia fece  parte  del  vescovato  di 
Misnia,  ma  questo  essendo  dive- 
nuto luterano,  la  chiesa  di  Budis- 
sina capitale  della  Lusazia,  ove  fi- 
no dal  121 3  era  stata  eretta  una 
collegiata  di  dieci  canonici ,  il  de- 
cano de'  quali  era  superiore  eccle- 
siaslico  di  tutta  la  Lusazia,  restò 
sempre  attaccata  alla  religione  cat- 
tolica. La  santa  Sede  gli  conferì 
l'autorità  e  giurisdizione  spirituale, 
la  quale  ancora  conserva ,  ed  il 
decano  eletto  dal  capitolo,  è  per 
lo  più  insignito  del  carattere  ve- 
scovile. Risiede  in  Budissina  con 
tre  canonici,  gli  altri  servono  le 
parrocchie  :  in  Neocelia  vi  sono 
due  chiese  ,  e  duemila  cattolici. 
Nel  granducato  di  Baden  i  catto- 
lici ascendono  ad  ottocentocinquan- 
taduemila  ottocento  ventiquattro. 
Vi  è  l'arcivescovato  di  Friburgo 
che  ha  tre  chiese  cattoliche,  tre 
conventi,  due  ospedali,  un  ospizio 
per  gli  esposti ,  ed  un  monte  di 
pietà.  Warmbac  è  residenza  di  un 
parroco.  Nel  regno  di  Wiirtemberg 
i  cattolici  ascendono  a  cinquecento 


io4  GER 

dodicimila  trecento  trentatre.  In 
Stuttgard  vi  è  una  chiesa  cattoli- 
ca j  come  anche  in  Rottemburgo  , 
Gravenek,  e  Lomberg  :  in  R^ottem- 
burgo  risiede  vm  vescovo  titolare, 
dappoiché  anche  il  reame  di  Wilr- 
temberg  ha  il  suo  vescovato  nel- 
la città  di  Rottemburgo,  eretto  da 
Pio  VII  colla  bolla  Provida  so- 
lersque  de'  i6  agosto  1821,  e  da 
Leone  XII  colla  bolla  Ad  Domi- 
nici gregis  degli  11  aprile  1827, 
mediante  le  quali  vennero  in  pari 
tempo  circoscritte  ed  erette  le  cin- 
que sedi  vescovili,  che  formano  la 
così  detta  provincia  ecclesiastica  i^^'- 
perioris  Rheni:  queste  sedie  sono 
quelle  di  Rottemburgo  nel  detto 
regno  di  Wiirtemberg,  di  Magon- 
za  nel  gi-anducato  di  Assia-Darm- 
stadt, di  Limburgo  nel  ducato  di 
Nassau,  di  Fulda  nell'Assia  eletto- 
rale, e  l'arcivescovato  di  Friburgo 
nel  granducato  di  Baden.  Le  det- 
te bolle  ti'ovansi  stampate  da  C. 
E.  Weiss,  nel  Corpus  j'iiris  eccle- 
siastici cntliolicorum  hodierni  quod 
per  Germaniam  ohtinet  ,  Gissae 
i833,  pag.  186  e  21 5.  Queste 
sono  le  più  recenti  notizie  sulle 
missioni  cattoliche  negli  stati  della 
confederazione  germanica. 

In  Roma  diversi  principi  sovra- 
ni di  detta  confederazione,  per  gli 
affari  ecclesiastici ,  tengono  presso 
il  sommo  Pontefice  i  loro  rappre- 
sentanti, cioè  r  imperatore  d'  Au- 
stria vi  tiene  un  ambasciatore ,  il 
re  di  Baviera  un  inviato  straordi- 
nario e  ministro  plenipotenziario  ; 
il  re  d'  Annover  un  ministro  resi- 
dente ;  il  re  di  Prussia  un  mini- 
stro residente;  ed  il  re  di  Wiir- 
temberg un  incaricato  d'affari.  Al 
presente  vaca  l'incaricato  d'affari 
del  granduca  di  Baden.  Oltre  a 
xiò    in    Roma    la    Prussia     ha    un 


GER 

console  generale  residente,  la  Sas- 
sonia un  agente  regio  residente,  e 
il  re  di  Wiirtemberg  un  console 
per  tutto  lo  stato  pontificio  resi- 
dente. La  santa  Sede  poi  tiene  in 
Germania  due  prelati  nunzi  apo- 
stolici con  carattei'e  arcivescovile , 
cioè  in  "Vienna  ed  in  IMonaco;  di 
che  si  parla  ai  loro  articoli,  men- 
tre a  quello  di  Colonia  si  è  detto 
dell'antica  nunziatura  di  Colonia. 
E  noto  che  i  nunzi  apostolici  han- 
no la  coudizione  e  il  carattere  di 
ambasciatore,  e  godono  la  prece- 
denza sugli  altri  ambasciatori,  sen- 
za eccezione  alcuna.  Nel  concresso  di 
Vienna  fu  confermata  la  precedenza 
de' nunzi,  e  fu  stabilito  che  nei  luo- 
ghi ove  interviene  il  corpo  diplo^ 
matico,  inclusivamente  alle  funzio- 
ni che  celebra  od  assiste  il  Papa, 
ciascun  membro  del  medesimo  pren- 
da il  posto  a  seconda  della  data 
della  presentazione  delle  sue  cre- 
denziali, senza  distinzione  alcuna 
tra  ministri  cattolici,  e  ministri  pro- 
testanti. Di  quanto  riguarda  gli  am- 
basciatori imperiali  antichi,  e  l'am- 
basciatore d'  Austria  presso  la  san- 
ta Sede,  se  ne  tratta  ai  rispettivi 
articoli  o  luoghi  del  Dizionario, 
Ambasciatori,  Ingressi  in  Roma, 
Udienza,  Conclave,  ec.  ec ,  ed  a 
quest'ultimo  articolo  è  riportata  la 
descrizione  del  cerimoniale  e  pom- 
pa, con  cui  si  portò  al  conclave 
per  morie  di  Leone  XII  l'odierno 
ambasciatore  dell'impero  d'Austria, 
il  saggio  e  religioso  conte  Rodolfo 
di  Lutzow,  che  lo  è  puie  del  gran- 
duca di  Toscana,  e  della  duchessa 
di  Parma.  Inoltre  in  Roma  avvi 
il  prelato  uditore  di  iota  per  l'im- 
pero austriaco.  L'uditorato  di  rota 
tedesco  è  antichissimo,  come  si  di- 
rà al  relativo  articolo,  trattandone 
il  Bernini  a  pag.  5o,  //  tribunale 


GER 

della  s.  rota  romana,  ove  pur  di- 
ce dell'uditore  di  rota  milanese, 
al  presente  non  più  esistente.  La 
Germania  ha  inoltre  in  Roma  il 
Chierico  nazionale  del  sacro  col- 
legio {  Vedi). 

La  nazione  germanica  ed  au- 
striaca ha  in  Roma  1'  imperiale 
e  regia  chiesa  di  s.  Maria  del- 
l'Anima, con  contiguo  ospizio.  Teo- 
doro Amydeno,  De  pietate  roma- 
na, a  pag.  IO,  ecco  come  descrive 
l'origine  della  chiesa  e  dello  spe- 
dale. »  Hinc  omnium  nationum 
ad  eam  concursus,  quae  propferea 
hospitia  iutroduxere  nationalia,  quo- 
rum primum  honoris  caussa  sii 
teulonicorum  sive  teutonum,  Vir- 
ginum  sub  titulo  de  Anima  dica- 
tum.  Originem  habuisse  ferunt  an- 
tiquam  satis  de  anno  videlicet  1 35o, 
sedente  Clemente  VI  et  imperante 
Caiolo  IV  ex  caussa  jubilaei,  a 
quibusdam  hujus  nationis  homini- 
bus  ;  qui  cum  prole  carerent  pro- 
prias  aedes  hospitalitati  peregrino- 
rum  qui  e  provinciis  imperio  sub- 
jectis  Romam  venirent  destina- 
l'unt,  templumque  licet,  non  valde 
amplum  Virgini  statuerunt;  con- 
ditione  apposita,  ut  iiiibi  prò  sa- 
lute animarum  suarum  apiid  Deum 
elTunderenlur,  a  suscipiendis  hospi- 
tibus  praeces;  et  inde  Beatae  Ma- 
riae  de  Anima  invenit  nomen.  Le- 
guntur  in  codice  nationali  in  eo- 
dem  ospitio  asservato.  Collata  plu- 
rium  teutonum  stipe,  quorum  no- 
nnina Henricus  Marwede  de  anno 
i463  in  pracfatum  codicem  retu- 
lit ,  sensim  hospitium  escrevit  ". 
In  fatti  negli  autori  che  scrissero 
la  storia  degli  anni  santi,  si  legge 
che  in  quello  fatto  celebrare  da 
Clemente  VI,  i  tedeschi  e  gli  un- 
gheri  si  portarono  a  Roma  per 
r  indulgenza  del  giubileo  in  greg- 


GER  io5 

gè  e  a  torme  grandissime,  e  che 
per  mancanza  di  alloggi  stavano  la 
notte  a  campo  aperto  stretti  in- 
sieme per  il  l'reddo,  aiutandosi  con 
grandi  fuochi. 

Carlo  Bartolomeo  Piazza  nel- 
V  Eusevologìo  romano  tratt.  II,  cap. 
XI,  Dello  spedale  dei  teutonici  al- 
l' Anima,  dice  che  per  teutonici 
s' intendono  tutti  i  popoli  soggetti 
al  sacro  romano  impero,  i  quali 
riconoscendo  la  dignità  ed  onore 
del  medesimo  impero  trasferito  dal- 
l' oriente  nella  Germania  dalla  san- 
ta Sede  apostolica,  a  questa  fu- 
rono sempre  devotissimi,  dacché 
ricevettero  il  lume  delia  fede,  e 
perciò  molti  abitanti  di  quelle  pro- 
vincie  costumarono  di  poitarsi  in 
Roma  alla  visita  de'  luoghi  santi 
con  gran  fervore  e  divozione.  Ag- 
giunge che  sino  dal  i^oo  per  be- 
nefìcio de'  medesimi  popoli  germa- 
ni o  teutonici,  nello  stesso  tempo 
che  fu  eretto  il  nobile  tempio  det- 
to dell'  Anima,  nel  rione  di  Pon- 
te, fu  aperto  un  ospedale  da  Gio- 
vanni di  Pietro  fiammingo,  e  da 
Caterina  sua  moglie  per  le  due 
razioni  fiamminga  e  tedesca,  do- 
nando a  tale  eifetto  tre  loro  case, 
e  molto  denaro.  Crescendo  poi  la 
divozione  di  tali  popoli  pel  pio 
luogo,  nell'ampliazione  della  chie- 
sa fu  anche  l'ospedale  od  ospizio 
accresciuto  di  fabbrica  e  di  ren- 
dite, massime  per  la  generosità  di 
Teodoro  Hiem  paderbonese,  cano- 
nico della  cattedrale  di  Maestricht, 
il  quale  però  volle  che  lo  spedale 
servisse  ancora  pei  popoli  della 
bassa  Germania,  cioè  del  Braban- 
te,  dell'Olanda,  della  Zelanda,  e 
della  Gueldria  ;  pia  disposizione 
che  si  dice  fatta  verso  l'anno  i5oo. 
Il  medesimo  Piazza  nel  tratt.  Vili, 
cap,  V  delia    Confraternita    nazio- 


io6  GER 

vale  (liiV Anima  de  teutonici,  dice 
che  nell'anno  santo  del  giubileo 
i5go,  celebi'ato  con  fervore  da  A- 
lessandro  VI,  risvegliossi  nella  na- 
zione germanica  o  teutonica  il  re- 
ligioso desiderio  di  erigere  nella 
chiesa  di  s.  Maria  dell'  Anima  ,  e 
sotto  questa  invocazione,  ma  senza 
sacchi,  una  confraternita,  la  quale 
nel  i5i4  provvide  la  chiesa  di  sa- 
gre suppellettili,  ed  altro  pel  di- 
vin  culto.  Stabilì  dodici  cappellani 
nazionali,  il  maestro  di  cappella, 
1'  organista  ,  il  sagrestano  ,  ed  un 
sufficiente  numero  di  chierici,  as- 
sumendo il  governo  del  contiguo 
ospedale,  in  cui  si  ricevevano  i  na- 
zionali bisognosi,  che  per  divozione 
recavansi  alla  capitale  del  cristia- 
nesimo. A  questi  il  sodalizio  dava 
ivi  l'alloggio  ed  il  mantenimento 
per  otto  o  dieci  giorni  ,  e  più  se- 
condo le  circostanze  ;  e  talvolta  a 
quelli  ch'erano  bramosi  di  stabilirsi 
in  Roma ,  procurava  impieghi  a 
tenore  della  loro  abilità  e  condi- 
zione. Se  poi  erano  infermi  si  oc- 
cupava la  confraternita  della  loro 
guarigione ,  con  esemplare  carità 
cristiana.  La  confraternita  assunse 
per  insegna  l'aquila  imperiale  con 
due  teste,  avente  in  petto  l'effigie 
di  IMaria  Vergine  col  divin  Fi- 
glio in  braccio,  e  due  figure  nude 
genuflesse  lateralmente,  con  le  ma- 
pi  giunte  e  gli  occhi  rivolti  alla 
Madre  di  Dio,  come  rappresentanti 
le  anime  de'  fedeli  rivolte  a  sup- 
plicarla, acciò  le  difenda,  protegga 
ed  aiuti  nel  punto  di  morte.  E  qui 
noteremo  che  il  Panciroli  ne'  Te- 
sori nascosti  di  Roma,  parlando  a 
pag.  463  della  chiesa  ed  ospizio  di 
s.  M;uia  dell'Anima  della  nazione 
tedesca,  dice  così  chiamarsi  per  una 
immagine  di  marmo  della  jNIadon- 
na  che  ivi  si  venerava,  con  alcune 


GER 

anime  in  forma  simbolica  di  fan- 
ciullelti  nudi  al  disotto,  ed  oranti. 
Ridolfìno  Venuti  nella  sua  Roma 
moder.ia  a  pag.  4^0  descrivendo 
la  chiesa  di  s.  Maria  dell'  Anima , 
e  l'ospedale  de'  teutonici,  narra  che 
fu  edificata  dal  suddetto  Giovanni, 
ed  ampliata  da  altri  nazionali  con 
pie  liinosine,  e  dedicata  alla  Beata 
Vergine  sotto  il  titolo  dell'Anima, 
per  essersi  trovato  in  questo  sito 
un'  antica  immagine  della  ss.  Ver- 
gine sedente  tra  due  figure  genu- 
flesse, rappresentanti  con  la  loro 
maniera  e  positura  due  anime  dei 
fedeli  ;  il  perchè  ne  fu  scolpita  co- 
pia in  marmo,  e  posta  sopra  la 
porta  della  chiesa,  ed  altra  in  pit- 
tura collocata  per  quadro  nell'al- 
tare maggiore. 

E.accoiita  ancora  il  Piazza  che 
anticamente  nella  medesima  chiesa 
furono  erette  due  confraternite  sot- 
to il  titolo  di  s.  Anna  e  di  s. 
Giacomo  apostolo,  nelle  cappelle  di 
s.  Caterina  vergine  e  martire,  e 
di  s.  Barbara.  Dice  pure  che  la 
principale  festa  del  sodalizio  è  quel- 
la della  Natività  di  Maria  che  ce- 
lebra solennemente,  e  che  nella  do- 
menica in  fra  l'ottava  del  Corpus 
Domini,  con  altrettanta  pompa  ec- 
clesiastica fa  la  processione  col  ss. 
Sagramento.  Di  questa  processione 
se  ne  riportano  le  particolarità  nei 
Diari  di  Roma  del  secolo  passato, 
ove  si  legge  che  il  luogo  per  ove 
passava  era  coperto  di  tende,  con 
intervento  di  cardinali  in  cappa 
invitati  dall'  ambasciatore  dell'  im- 
peratore, il  quale  con  toi'cia  pre- 
cedeva il  ss.  Sagramento,  ch'era 
seguito  dai  cardinali  pure  con  tor- 
cie.  11  Piazza  nell'edizione  del  1679 
delle  Opere  pie  di  Roma,  che  am- 
pliate nel  1698  pubblicò  col  titolo 
di  Eusevologio,  a  pag.     1 20    pai  la 


GER 

dello  Spedale  de'  teutonici  all'  À- 
nima,  ed  a  pag.  574  della  Con- 
fraternita dell' Anitna  de'  teutonici. 
Il  citato  Amydenio  aggiunge  che 
il  cardinal  Willelmo  o  Guglielmo 
Enchenvoer  d'Utrecht  "  priori  tem- 
pio solo  acquato,  alterius  capacio- 
ris,  et  angustioris  formae,  ut  nnnc 
videmus,  construendi  auctor  t'uit 
cui  inscriptio  : 

TEMPLUM    BEATAE    MARIAE    DE    ANIMA 
HOSPITAUS  TEUTONICORUM.  MDXIIII. 

Domum    deinde    quam    habitahat, 
nec  non  alias    adjacentes  e  qnibus 
quotannis  ,    non    spernendus    redit 
census  ;  hospitio  et  ecclesiae  testa- 
mento addixit;  ac  in  ea   ut  ex  se- 
pulchri  inscriptione  humari  voluit", 
che  riporta  a  pag.   2 1  ,  leggendosi 
nella  seguente   quella  che  pose  ad 
Adriano  VI    nella    delta  chiesa  al 
monumento    marmoreo    da    lui  e- 
rettogli     per     gratitudine.     Quindi 
continua  l' Amydenio  a   dire,  quan- 
to   il    cardinale    fu    magnifico    con 
la    chiesa    ed    ospizio  a    vantaggio 
degli  abitanti  della   Germania   infe- 
riore e    superiore,  e  del    luogo    e 
casa    separata    ove  si    alloggiavano 
ed    alimentavano    le  donne    di  tal 
nazione,  figlie  o    mogli  de'tedeschi 
ivi  ricettati  ;  che  molti   imitarono  il 
cardinale    nell'accrescere  le  rendite 
della  chiesa  e  dell'ospedale,  al  go- 
verno di  cui   fu  posta   una  compa- 
gnia di  dodici  o  quattordici   nazio- 
nali, per  regolarne  l'amministrazio- 
ne,   e  l'esercizio    dell' ospitalità  pei 
poveri  tedeschi;  e  che  gl'inservien- 
ti al  divin  culto  stabi lironsi  ad  nu- 
tum    congregationis ,     onde    potersi 
ri  movere    per     qualche    ragionevo- 
le causa. 

Il    Cardella     nella    biografìa    del 
cardinale  Enchenvoer,  dice  che  ol- 


GER  107 

tre    l'aver   fiuto   costruire    un    no- 
bile   e    splendido     mausoleo     nella 
chiesa  di  s.    Maria    dell'Anima  di 
Roma ,    ricco     di     superbe    scoltu- 
re ed    opere  di    rilievo,    gettata  a 
terra  l'antica    chiesa,    ne    fabbricò 
una    nuova    assai    magnifica   come 
si  vede  di  presente,  ed  a  cui  dont» 
la  casa  nella  quale  egli  medesimo 
abitava,  con  alcune  altre  convicine. 
Nella  Descrizione  del  viaggio  di  A- 
driano   VI    dalla    Spagna  fino    a 
Roma,  di    Biagio    Ortiz    suo  fami- 
gliare ,    si    descrivono    le  gesta    di 
questo    cardinale    chiamato    anche 
Incfort  ,    ed    Enckenvoirtio    come 
dicemmo    alla  sua    biografia,    già 
agente    in    Roma    del  cardinal   A- 
driano    prima    che  divenisse    Papa, 
ed  al  quale  portò  da  parte  di  Leo- 
ne X  il  cappello  carduializio  nella 
Spagna.   Fu    pure   procuratore     in 
Roma     dell'  imperatore    Carlo    V , 
concorrendo    questi    colle    di   lui   i- 
stanze,  fatte  a  mezzo  del  conte  di 
Cabra  oratore  cesareo  ad   Adriano 
VI,  a  crearlo    cardinale   tre  giorni 
prima  di   morire.  L'annotatore  del- 
rOrtiz  riporta   1'  iscrizione  posta  ai 
sepolcri   di  Adriano   VI,   e  del  car- 
dinale nella    chiesa  dell'  Anima,  in 
cui   dopo    alcun   tempo  fu  traspor- 
tato dalla   basilica  vaticana  il  pon- 
tificio cadavere    nel    i53o.  Diversi 
scrittori     notarono    avere     Adriano 
VI   riedificato  ed  abbellito  la  chie- 
sa dell'Anima  ,  fra' quali   Fioravan- 
te  Martinello,    nella  sua   Roma  ex 
elhnica  sacra,  pubblicata  nel  i653, 
nel  c[ual    tempo  1'  ospedale  era  al 
dir    suo  in     decadenza ,    notandolo 
a   p.  337,   nella    categoria   De  teni- 
plis  sanctorum  ohsok-iisj  a   p.  182 
riporta    un    epitaffio     eretto    nella 
chiesa  a  Clemente   II    natione  ger- 
mano de  gente  saxonum,   da    Gio, 
Godefredo   vescovo   di    Bambciga, 


I  o8  G  E  Pi 

e  legato  dell'imperatore  Mattia  al 
Pontefice  Paolo  V,  portante  l'epo- 
ca del  i6i3.  Ivi  pur  si  leggono 
due  altri  epitaffi  in  versi,  collocati 
nella  medesima  chiesa,  uno  di  Gio. 
JJiirckardus  d'  Argentina  maestro 
delle  cerimonie  pontificie,  morto 
nel  1 5o5,  eretto  nel  iSry;  l'al- 
tro di  Michele  IMnler  d'Offemburg, 
dotto  canonico  di  Bressanone,  morto 
nel  i479>  ^7  novembre.  Nelle  No- 
tizie istoriche  dell'  oratorio  della  ss. 
Comunione,  del  p.  IMemmi  gesuita, 
a  p.  2 1  e  seg.  si  legge  della  mis- 
sione fatta  nel  i6i3  nella  chiesa 
dell'Anima  dai  gesuiti,  essendo  su- 
periore della  chiesa  nazionale  mon- 
signor Manderò  ,  e  della  solenne 
comunione  generale  fatta  con  mol- 
ta  edificazione  dal  nominato  mon- 
signor di  Baniborga,  ambasciatore 
straordinario  per  rendere  ubbidien- 
za al  Pontefice  in  nome  dell'im- 
peratore Mattia  poc'  anzi  assunto 
al  trono.  Nei  Diari  di  Roma  so- 
no riportate  le  funzioni  fatte  in 
questa  chiesa  con  pompa  straordi- 
naria, e  quando  fu  visitata  dai  Pon- 
tefici, ed  il  modo  come  si  celebra 
la  festa  onomastica  degl'imperato- 
ri regnanti.  Dai  medesimi  Diari 
del  17 18,  abbiamo  analogamente 
diverse  notizie.  Nel  numero  52  e 
nell'aggiunta  riportasi  la  relazione 
del  battesimo  della  figlia  del  conte 
di  Gallas  ambasciatore  in  Roma 
dell'imperatore  Carlo  VI,  tenuta 
al  sagro  fonte  dal  Papa  Clemente 
XI,  e  dall'imperatrice.  Il  cardinal 
Albani  nipote  del  Pontefice  rappre- 
sentò lo  zio  recandosi  alla  chiesa 
di  s.  Maria  dell'Anima  col  corteg- 
gio di  ottantotto  prelati.  La  leva- 
trice colia  neonata  furono  portate 
in  nobile  sedia.  Monsignor  Stampa 
nunzio  di  Firenze,  supplendo  alle 
cerimonie    prescritte    dalla  Chiesa . 


GER 

clie  non  furono  eseguite  quando 
la  bambina  ebbe  l' acqua  partico- 
larmente, fece  la  funzione  secondo 
il  costume  de'graudi.  L'imperatrice 
venne  rappresentata  dalla  duches- 
sa di  Bracciano  che  vi  si  recò  eoa 
cinque  carrozze,  la  prima  coi  ca- 
valli guarniti  di  fiocchi  d'oro,  quel- 
li delle  due  seconde  con  fiocchi 
neri.  Il  cardinale  pose  al  collo  del- 
la bambina  una  ricca  croce  con  la 
reliquia  del  vivifico  legno;  ed  il 
cerimoniere  diede  in  nome  del  Pa- 
pa due  medaglie  d'oro  ed  una  di 
argento  alla  levatrice  ed  alla  ba- 
lia, le  quali  ebbero  ciascuna  una 
borsa  di  monete  dalla  duchessa. 
L'ambasciatore  fece  dispensare  ai 
poveri  trecento  scudi.  Nel  numero 
iy8  del  citato  Diario  avvi  la  de- 
scrizione della  conclusione  dedica- 
ta al  medesimo  ambasciatore  Ce- 
sareo in  questa  chiesa;  e  della  mes- 
sa solenne  ivi  cantata  da  un  arci- 
vescovo {>er  la  Natività  della  Bea- 
ta Vergine,  assistendovi  l'amba- 
sciatore nel  presbiterio  contornato 
da  quaranta  prelati  ;  altrettanti 
pielati  fecero  il  simile  nel  giorno 
onomastico  dell'imperatore,  quan- 
do r  ambasciatore  assistè  nel  pre- 
sbiterio alla  messa  j  come  leggesi 
nel  numero    ig. 

Nel  numero  18  del  Diario  di 
Roma  dell'anno  i832  si  raccon- 
ta come  nella  mattina  del  primo 
marzo,  nell'imperiale  e  regia  chie- 
sa nazionale  austriaca  di  s.  INIaria 
dell'  Anima,  si  celebrò  con  gran 
pompa  di  apparato  mi  solenne 
rendimento  di  grazie  all'Altissimo, 
in  commemorazione  del  quarante- 
simo anniversario  del  glorioso  re- 
gno di  Sua  Maestà  l' imperatore 
e  re  apostolico  Francesco  I;  che 
il  conte  Rodolfo  di  Lutzow  amba- 
sciatore straordinario  della  Maestà 


GÈ  II 

Sua  presso  la  santa  Sede,  recossi  a 
tale  effetto  accompagnato  da  tutta 
la  legazione  austriaca  alla  prefata 
chiesa,  dove  pure  intervennero  di- 
versi cardinali  e  prelati  ,  non  che 
tutta  la  romana  nobiltà,  che  per 
titoli  e  per  decorazioni  è  addetta 
alla  corte  d'  Austria.  Monsignor 
Matte!  patriarca  d'Antiochia  pon- 
tificò r incruento  sagrifizio,  termi- 
nato il  quale  il  regnante  Pontefi- 
ce Gregorio  XVI  giunse  in  chiesa 
ricevuto  dall'ambasciatore,  e  da 
monsignor  Ruspoli  uditore  di  ro- 
ta. Il  Papa  pieno  di  paterno  affet- 
to verso  un  si  benemerito  e  pio 
monarca,  assistette  al  solenne  Te 
Deiun  che  indi  fu  cantato.  Nel 
supplimento  poi  del  numero  32 
del  Diario  di  Roma  del  i844  si 
narra  come  avendo  questa  chiesa 
per  le  passate  vicende  diminuita 
la  splendidezza  de' suoi  ornati,  Fat- 
tuale ambasciatore  d'Austria  conte 
Rodolfo  di  Lutzow,  e  la  congrega- 
zione degli  imperiali  e  reali  sta- 
bilimenti nazionali  austriaci  in  Ro- 
ma deliberarono  ripararvi.  Miglio- 
rate le  cose  dell'  ospizio,  e  restau- 
rate le  case,  vennero  ripuliti  gli 
ornati,  i  marmi,  e  le  colonne  del- 
l'esterno ed  interno  del  tempio,  cui 
furono  aggiunte  nuove  dipinture. 
Furono  altresì  coloriti  a  guisa  di 
alabastro  i  pilastri  della  nave  mag- 
giore, e  quelli  delle  due  minori, 
coir  adornare  le  volte  di  colore 
azzurro  cosparso  di  stelle,  come  si 
vede  usato  in  varie  chiese  edifica- 
te ne' buoni  tempi  dell'arte.  Anche 
gli  avelli  e  le  tombe  ebbero  re- 
stauri. Fu  inoltre  costruita  una 
cantoria  nuova,  sulla  porta  prin- 
cipale d'ingresso,  con  superbo  or- 
gano appositamente  fabbricato  dai 
celebri  fratelli  Serassi  di  Bergamo, 
e  di  tutto  se  ne  fa  memoria  nella 


GER  109 

marmorea  iscrizione  collocata  sul- 
le pareti  dell'  ingresso  maggiore 
della  chiesa,  riportata  in  detto 
supplimento,  ove  sono  notati  ol- 
tre i  nomi  augusti  del  Pontefice 
Gregorio  XVI,  ed  imperatore  Fer- 
dinando I  regnanti,  quello  dell'amba- 
sciatore, e  dei  deputati  della  congre- 
gazione presieduta  da  monsig.  Pie- 
tro de'  Silvestri  uditore  di  rota  na- 
zionale e  reggente  della  chiesa;  e  sic- 
come tutti  i  l'istauri  ed  abbellimenti 
furono  diretti  dal  cav.  Giuseppe  Fa- 
bris  deputato  provvisore  e  fabbricie- 
re,  venne  poscia  nominato  dal  lo- 
dato icnperatore  cavaliere  dell'or- 
dine della  corona  di  ferro.  Final- 
mente la  chiesa  fu  riaperta  agli 
I  I  aprile  col  triduo  che  doveva 
celebraisi  per  la  festa  della  ss. 
Annunziata,  e  nel  terzo  giorno  fu 
onorata  dal  sommo  Pontefice,  che 
volle  assistere  al  triduo,  dopo  il 
quale  die  la  benedizione  col  ss. 
Sagramento  il  cardinal  Patrizi  vi- 
cario di  R,oma.  Il  Papa  fu  ringrazia- 
to dall'  ambasciatore  e  congrega- 
zione, esternando  la  sua  piena  sod- 
disfazione per  tutto  l'operato  col 
sacro  edifizio  a  maggior  decoro 
del  divin  culto.  In  quanto  al  con- 
tiguo ospizio  o  spedale,  in  esso  tut- 
tora si  ricevono  i  pellegrini  tede- 
schi, i  quali  se  a  caso  cadono 
infermi  vengono  curati  in  apposi- 
te stanze,  che  se  fossero  cronici 
si  manderebbero  negli  ospedali 
pubblici.  Passiamo  ora  a  descrive- 
re brevemente  l'edifizio  della  chiesa, 
e  le  sue  cose  principali. 

La  facciata  esterna  si  vuole  e- 
retta  coi  disegni  di  Giuliano  da 
Sangallo  nel  pontificato  di  Adria- 
no VI,  o  meglio  in  quello  di  Cle- 
mente VII  :  essa  è  assai  semplice, 
con  tre  porte  ornate  di  pregevo- 
li marmi,  e  colonne  di  pietre  mi- 


irò  GER 

hdiie;  la  sua  forma  quadra  ha  tre 
ordini,  tutti  e  tre  corinti,  e  tut- 
ti e  tre  di  pilastri.  L'architettura 
interna  da  taluni  si  crede  inco- 
luiuciata  dal  Bramante,  e  prose- 
guita poi  da  un  tedesco,  di  cui 
s'ignora  il  nome.  Ella  ha  tre  na- 
vi egualmente  alte,  ripartite  da  pi- 
loncini  che  tirano  su  fino  alla  vol- 
ta :  questi  pilouciiii  sono  ornati  di 
mezze  colonne  ben  alte,  con  qual- 
che abbozzo  di  capitelli  ;  le  cap- 
pelle laterali  sono  in  curvo,  di 
poco  sfondo,  ed  alte  al  pari  dei 
piloncini.  Questa  specie  di  archi- 
tettura non  gotica,  ha  unità  e 
grandiosità,  ma  il  santuario  è  di 
stile  moderno.  La  prima  cappel- 
la a  destra  di  chi  entra  è  sa- 
cra a  s.  Bennone  vescovo,  bel  di- 
pinto del  veneto  Carlo  Saraceni, 
il  quale  vi  espresse  il  miracolo  del 
pesce.  Nella  seconda  cappella  il 
quadro  dell'  altare  rappresenta  la 
sacra  Famiglia  con  s.  Anna,  ope- 
ra di  Giacinto  Gimignani:  qui 
giace  sepolto  il  cardinal  Gio.  Gual- 
tiero Slusio  fiammingo,  con  busto 
scolpito  da  Ercole  Ferrara;  le  pit- 
ture nel  di  sopra  sono  alFresclu 
del  bolognese  Francesco  Grimaldi. 
La  terza  cappella  del  ss.  Crocefis- 
so ha  delle  pitture  a  fresco  con 
istorie  della  Beata  Veisiine  del 
Sermoneta.  Nella  quarta  cappella 
vi  è  la  Pietà  in  marmo  bene  scol- 
pita dal  fiorentino  Nanni  di  Bac- 
cio Bigio,  il  quale  avea  divisato 
d'  imitar  quella  di  Michelangelo, 
Il  cappellone  dell'altare  maggiore 
fu  rinnovato  coi  disegni  di  l'aolo 
Posi:  la  volta  è  tutta  ornata  di 
stucchi  messi  a  oro,  con  due  pit- 
ture a  fresco  di  Lodovico  Stern, 
eseguite  ai  lati  delle  finestre  so- 
pra l'altare.  Il  quadro  di  esso,  a- 
durno    di  marmi  fìni^  ranprescula 


GER 
la  sacra  Famiglia,  di  Giulio  Roma- 
no, che  avendo  sofferto  per  le  ia- 
uoudazioni  del  Tevere,  fu  ritocca- 
to dal  Saraceni,  e  poi    con  mag- 
gior diligenza  ristorato.   Ai  lati  di 
questo  cappellone  sono  due  depo- 
siti nobilissimi.   Il  primo  è  del  Pa- 
pa Adriano  VI  d'  Utrecht,  edifica- 
to con  disegno   di  Baldassare    Pe- 
ruzzi;    è    tutto    di    marmo,    e   fu 
scolpito  dal    sanese    Michelangelo, 
e    dal    fiorentino  Nicolò    Tribolo. 
Consiste  in  quattro  colonnette  co- 
rintie; neir  intercolunnio  maggiore, 
eh' è  nel  mezzo,  evvi  un  arco  sot- 
to cui  giace  la    statua  del  Ponte- 
fice, disteso  sopra  un'  urna  fra  va- 
ri   ornamenti    di  scultura,    ed  un 
bassorilievo     rappresentante    il    di 
lui  solenne  ingresso  in  Roma  con 
formale    cavalcata.    Negli    interco- 
lunni  minori  sono  nicchiette  pro- 
fonde,   con    statuette    avanti  allu- 
denti alle  virtù  che  distinsero  quel 
Papa:  il  monumento  finisce  pira- 
midalmente con  statuetta  sulla  ci- 
ma.   L'altro    deposito    rirapetto  è 
quello  innalzato  a  Carlo   Federico 
duca    di  Julich,    Cleves  e  Bergh, 
che  morì  inR.oma  nel    iSyS,  ove 
erasi  portato  per    l' acquisto  delle 
indulgenze  dell'anno  santo:  in  esso 
si  vedono  molte  sculture  del  fiam- 
mingo   Egidio    da    Riviera,    e    di 
Nicolò  d'Arras;  il  bassorilievo  che 
rimaneva  di    sopra  rappresentante 
Gregorio  XIII  che  dà  al  duca  lo 
stocco    e  il    berrettone    benedetti, 
fu   trasferito  nell'andito  che  mette 
alla  sagrestia.   Vicino  alla  porta  di 
questa  è  il  monumento  sepolcrale 
di  Luca  Olstenio ,  celebre  lettera- 
to olandese,  erettogli  dal  cardinal 
Barberini.  Dall'  opposto  lato,  ove  al 
presente  è  una  memoria  sepolcrale, 
Gian-Francesco  Penni  detto  il  Fatto- 
re vi  avea  egregiamente  dipinto  a 


GER 

fVesco  un  s.  Cristoforo,  ed  un  ro- 
mito entro  una  grotta  con  lanter- 
na. Indi  la  prima  cappella  ha  per 
quadro  un  Cristo  morto  colle  tre 
Marie,  con  altre  pitture  e  stima- 
bili ornati,  il  tutto  eseguito  da 
Francesco  Salviati.  Nella  seconda 
cappella  le  storie  di  s.  Barbara, 
ed  il  ritratto  del  cardinal  Enchen- 
voer  sono  lavori  del  fiammingo 
Michele  Cockier,  il  quale  con  af- 
freschi adornò  la  seguente  cappel- 
la sacra  alla  Beata  Vergine  :  la 
Annunziata  però  fu  dipinta  da  Gi- 
rolamo Nanni  ,  la  Natività  e  la 
Circoncisione  dal  veronese  Marco 
Antonio  Bassetti.  Nella  quarta  ed 
ultima  cappella,  il  martirio  di  s. 
Lamberto  vescovo  di  Maestricht  è 
opera  del  Saraceni  encomialo;  gli 
affreschi  nella  volta  sono  di  Gio- 
vanni Miei  di  Anversa;  i  due  piccoli 
depositi  che  veggonsi  ne' pilastri,  il 
primo  è  di  Vander  d'Anversa,  il  se- 
condodi  Adriano  Uryburch  di  Aleko- 
nar,  belle  sculture  di  Francesco  Du- 
quesnoy  detto  il  Fiammingo.  11  mo- 
numento innalzato  al  cardinal  An- 
drea d'Austria,  posto  a  lato  della 
porta  maggiore,  è  opera  di  Egidio 
tla  Riviera;  all'opposto  lato  vi  è 
quello  del  cardinale  Enchenvoer, 
descritto  alla  sua  biografia,  bene- 
merito riedificatore  della  chiesa, 
leggendosi  nell'  iscrizione  sepolcra- 
le, ili  Ime  aede  cujus  construea- 
dam  et  ornand.  adjutor  fuit,  etc. 
Ultimamente  dalla  pietà  filiale  del 
consigliere  commendatore  Ferdi- 
nando d'Ohms,  è  stata  posta  in 
questa  chiesa  una  memoria  sepol- 
crale al  di  lui  genitore  defun- 
to Antonio  d'Ohms  cavaliere  del 
cesareo  ordine  di  Leopoldo,  ec, 
consistente  in  busto  di  marmo  , 
ritratto  del  medesimo,  collocato 
entro    un'edicola,  ornata    di  pila- 


GER  III 

stri  e  frontespizio,  ed  analoga  in- 
scrizione con  lo  stemma  gentilizio 
della  famiglia.  Nella  sagrestia  ar- 
chitettata da  Paolo  Marucelli  vi  so- 
no due  quadri  con  le  storie  di  Maria 
a  sinistra  dell'altare,  dipinte  dal 
Morandi;gli  altri  due  incontro,  uno 
è  di  Giovanni  Bonatti,  l'altro  è 
di  Egidio  Alet  di  Liegi;  l'Assunta 
nella  volta  fu  dipinta  a  fresco  dal 
Romanelli.  Sopra  la  porta  di  det- 
ta sagiestia  si  legge  un'iscrizione 
ove  si  dice  che  onorarono  di  loro 
presenza  questa  chiesa  l' imperatore 
Giuseppe  11,  ed  il  suo  fratello  Leo- 
poldo granduca  di  Toscana  poi  im- 
peratore Leopoldo  II.  Dalla  parte 
opposta  poi  havvi  un'altra  iscri- 
zione che  celebra  la  visita  fatta  a 
questa  chiesa  dall'imperatore  Fran- 
cesco I  edall'imperati'ice  Carolina  di 
Baviera  nel  1^19.  Il  campanile  di 
questa  chiesa  è  in  forma  piramidale, 
coperto  di  mattoni  diversamente  co- 
loriti, e  collocati  a  guisa  di  squam- 
ma  di  pesce.  La  chiesa  è  tuttora 
uffiziata  da  un  collegio  di  cap- 
pellani ,  ed  in  alcuni  tempi  del- 
l'anno vi  si  predica  in  lingua  te- 
desca. 

I  fiamminghi  ebbero  già  in  R.O- 
ma  chiesa,  ospizio  ed  ospedale,  co- 
me abbiamo  detto  al  voi.  XXIV, 
p.  2  38  del  Dizionario.  Al  presen- 
te vi  è  rimasta  la  chiesa,  possedu- 
ta dai  belgi,  dedicata  a  s.  Giuliano, 
mantenendo  il  luogo  pio  due  letti 
all'ospedale  de'benefratelli  pei  na- 
zionali infermi,  ed  inoltre  soccor- 
re con  limosine  i  pellegrini  nazio- 
nali. 

Altro  pio  stabilimento  germani- 
co in  R^oma  è  quello  dell'arcicon- 
fraternita  di  s.  Maria  della  pietà 
in  Campo  santo  ,  esistente  presso 
la  basilica  vaticana,  ove  era  anche 
un  ospizio  per  le  donne    teutoniche 


112  GER  GER 

pellegrine  ed  inferme.  Oltre  quan-  che  la  sua  compagnia  veste  di  sac- 
to  dicemmo  di  questo  sodalizio  e  co  nero,  usando  per  insegna  l'im- 
suc  anticlie  memorie  e  cimiterio  magine  della  ìMadouna  col  figlio 
annesso,  all'  articolo  Elemosiniere,  morto  in  braccio.  Parla  dello  ze- 
niassime  al  volume  XXI,  p.  i63  lo  con  cui  ivi  si  eseguiva  il  diviu 
e  seg.  del  Dizionario,  qui  aggiun-  culto,  della  solenne  processione  del 
geremo:  che  la  sua  chiesa  ha  bel-  Corpus  Domini,  che  faceva  dopo 
le  pitture,  dappoiché  nell'  altare  quella  del  Papa,  del  seppellire  col 
maggiore  la  deposizione  della  ero-  debito  funerale  gran  parte  de'po- 
ce  è  di  Polidoro  da  Caravaggio,  se  veri  della  regione  di  Jjorgo  o  Cil- 
pure  none  opera  più  antica.  Dai  la-  tà  Leonina,  ove  la  chiesa  trovasi, 
ti  i  quadri  grandi  con  l'istorie  della  di  altre  opere  di  carità  esercitate 
B.  Vergine  furono  dipinti  da  Già-  dai  confrati  alemanni,  fiamminghi, 
corno  dflase  d'Anversa,  il  sepolcro  e  svizzeri  della  pontificia  guardia 
del  quale  con  un  bellissimo  putti-  principalmente  ;  ed  anch'  egli  fa 
nodi  marmo  fu  scolpilo  dal  sud-  memoria  dell'elemosina  del  pane 
detto  Duquesnoy,  assai  valente  in  che  in  quattro  mesi  dell'anno  di- 
iscolpire  i  fanciulli,  e  si  vede  dal-  stribuivasi  alla  terza  parte  de'  po- 
la  parte  sinistra.  Nella  cappella  a  veri  di  R.oma,  e  del  pranzo  che 
manca  dell'altare  è  un  quadro  del  parimenti  in  questo  luogo  i  Pon- 
pistùiese  Giacinto  Gemignani,  che  tefici  facevano  dare  ogni  giorno  a 
■vi  effigiò  il  martirio  di  s.  Erasmo  tredici  pellegrini,  ed  ogni  venerdì 
vescovo  e  martire,  il  di  cui  piede  pane  e  vino  a  qualunque  povero, 
si  venera  in  questa  chiesa;  in  quel-  Ma  quello  eh'  è  più  importante, 
la  incontro  vedesi  1'  Epifania,  ope-  l'Alveri  riporta  tutte  le  iscrizioni  an- 
ra  del  ferrarese  Scarsellino.  Il  s.  che  di  pii  legati  esistenti  nella  chie- 
Carlo  Borromeo,  e  la  fuga  in  E-  sa  e  nel  cimitero,  non  che  le  se- 
gitto  neir  altro  altare ,  sono  del  polcrali,  fra  le  quali  ve  ne  sono 
fiammingo  Enrico,  ed  il  s.  Giovan-  anche  in  versi,  e  fa  parola  del- 
iii  Kepomuceno  sul  suo  altare  è  le  loro  arme;  molte  di  queste  i- 
pittura  di  Ignazio  Stern.  La  Con-  scrizioni  appartengono  ad  individui 
cezione  dell'oratorio  annesso  al  militi,  uffiziali  e  capitani  della  guar- 
cimiterio  venne  colorita  da  Luigi  dia  svizzera  pontificia,  a  molti  fa- 
Garzi.  Entro  il  medesimo  cimite-  migliari  de' Pontefici ,  agli  svizzeri, 
rio  si  vedono  in  giro  le  cappelli-  belgi,  fiamminghi,  germani,  teuto- 
ne  in  cui  sono  dipinte  le  storie  nici,  e  di  qualche  altra  nazione, 
della  passione  di  Gesù  Cristo,  e  come  polacchi,  spagnuoli,  italiani 
servono  per  la  divozione  della  /-Va  ec,  prelati,  ecclesiastici,  secolari  di 
Crucis  (  Vedi).  Gasparo  Alveri,  ambo  i  sessi,  e  personaggi  quali- 
Roma  in  ogni  sialo,  part.  2,  p.  ficati,  essendovi  i  precordi  del  car- 
223  e  seg.,  eruditamente  tratta  del-  dinal  Andrea  d'Austria.  Inoltre  lo 
le  antichità  della  chiesa  di  s.  Ma-  Alveri  descrive  le  pitture  della 
ria  della  Concezione  e  della  Pie-  chiesa,  e  confuta  Camillo  Fanucci 
tà  in  Campo  santo,  già  scuola  o  che  scrisse  avere  la  regina  di  Cipro 
collegio  de'longobardi  ,  detta  anche  Carlotta  istituita  la  limosina  di 
di  s.  Giustino,  finché  nel  i46o  pre-  Campo  santo,  mentre  essa  solo  de- 
se  il  nome  che  porta  ancora.  Dice  rivo  dalla    costante  e  pia  liberalità 


GER 
dei  Papi  verso  i  poveri,  come    an- 
cor noi  avvertimmo  al  luogo  citato, 
INella  stessa  Ciuà  Leonina  {Fedi), 
ti    furono   diverse  scuole  o    ospizi 
con    chiese,    come    de'  franchi,  dei 
sassoni,  de'  frisoni ,    de'  longobardi 
ec. ,  i  quali  abitavano  la  contrada 
e  vi    avevano    eiette  cliiese  nazio- 
nali,   ciò    che    dicemmo    parlando 
della  Chiesa  di  s.  Pietro  in   Fati- 
cano,   ed    altróve,    li    Pontefice   S. 
Leone  III,  ad  istanza  di  Carlo  Ma- 
gno, in  detta  regione  fabbricò  una 
chiesa,  nel  sito    ove    alcuni  soldati 
avendo    combattuto  contro  i  sara- 
ceni    valorosamente     in    difesa    di 
delta    basilica,    e    restando    uccisi 
furono  sepolti  nelle  grotte  dell'an- 
tico palazzo   di    Nerone,  onde  suf- 
fragarne le  loro  anime,  e  la  dedi- 
cò a  Dio    in  onore    di  s.    Michele 
arcangelo   difensore  della  Chiesa  u- 
nivcrsale.     Contiguo   olla    chiesa    i 
soldati  frisoni  vi   edificarono  un  o- 
spizio,  scuola  o  collegio,  dotandolo 
di  molte  annue  marche  di  argento 
perchè  si  pregasse    pei  soldati  nel- 
la   chiesa    sepolti ,  e  perchè  vi    si 
alloggiassero  i    pellegrini ,  che  dal- 
la Frisia  per  divoziorie    porta vansi 
in  Pi.oma,  per  cui  la  chiesa  fu  det- 
ta anche  s.  Michele  arcangelo  dei 
frisoni,  cui  poi  fu  aggiunto  il  no- 
me di  s.  Magno  per  le  sue  reliquie 
ivi  collocate ,   e    portate  in    Roma 
dai    soldati    di    Carlo   Magno.    Su 
queste  reliquie  va  consultalo    il  li- 
bro intitolato  Ada  passionis,  atquc 
translationis  s.  31agni  epiacnpi  Tia- 
ìiensi,  et  marlyris.  Della  Chiesa  dei 
ss.  Michela  e  piagno  [Vedi],  dem- 
mo un  cenno  a  quell'articolo;  così 
al  volume  II,  p.   3o5  del  Diziona- 
rio parlammo  dell'arciconfralernita 
elei  ss.  Sagramento  ivi  eretta. 

Il   Piazza    ci  dà   le   notizie    del- 
l' antico  ospedale  che  iu  Roma  ave- 


GER  ii3 

vano  i  fornari    tedeschi    a   s.    An- 
drea della  Valle,  e  dell'unita  con- 
fraternita di  s.   Elisabetta  :    dell'  o- 
spedale  ne  tratta    nell'  Eusevologio 
a  pag.    117   del     tratt.  II;  del   so- 
dalizio a  pag,  44  <^6l   tratt.  IX;  e 
di    ambedue    a    pag.     i4i    e  616 
delle   Opere  pie.  Egli  dunque  rac- 
conta, che  r  università    de'  fornari 
tedeschi  fino  dal    1487    sotto    In- 
nocenzo VIII  fabbricò  nel  rione  di 
s.  Eustachio  una  chiesa  dedicata  a 
Dio  in  onore  di  s.    Elisabetta,  vi- 
cino   a    quella    di  s.  Andrea  della 
Valle,  nella  piazza    detta  di    Siena 
dall'antico  palazzo  de'  Piccolomini; 
e  quivi  eressero    uno    spedale    per 
benefizio    degl'  infermi    fornari    di 
loro   nazione ,    con  dodici    letti ,  e 
celebrando  ai  1   luglio  solennemen- 
te la  festa  della    santa.    Lo    stesso 
Innocenzo  Vili  approvò  con  indul- 
genze   e    privilegi    la    confraternita 
che  i  fornari  istituirono  senza  sac- 
chi nella     chiesa    per   meglio  uffi- 
ziarla  :  in  seguito  però  il  sodalizio 
assunse  sacco  bianco  senza  raozzet- 
ta,  con  lo  stemma  di    s.    Elisabet- 
ta.   Il    Bernardini    che    nel     17^4 
pubblicò  la  Descrizione  del   nuoi^o 
ripartimento    de'  rioni    di    Roma  j 
pone  la  chiesa  in  quello  di  Parlo - 
ne;  ed  il  Venuti,   Roma   moderna, 
dell'edizione  del   1767,    in    questo 
modo    la  descrive.    Ov'era    prima 
vm  monistero  di  monachi   i  forna- 
ri tedeschi  ftdjbricarono  la  chiesa, 
mentre  già  in  quella  di  s.  Agosti- 
no in  un  altare  dedicato  a  questo 
santo,  nella  cappella  ad    essi  asse- 
gnata mantenevano  un  cappellano, 
che  a  tempo  del  Piazza   continua- 
vano a  tenervi.  La  chiesa  di  s.  E- 
lisabetta  minacciando  rovina,  in  un 
alla  facciata  fu    rinnovata    ed   ab- 
licllita    dalla    medesima    università 
uel   iG4^j  con  vago  disegno  di  Gi- 


YOL.    XXIX. 


ii4  GER 

roUitno  Rainaldi,  e  cou  lie  altari. 
Nell'altare  ^laggiore  eiavi  per  qua- 
dro la  Visitazione  che  fece  Maria 
Vergine  a  s.  Elisabetta  ,  diligente 
dipinto  di  Cric.  Enrico  Schenfeld 
tedesco  ;  le  pitture  a  fresco  nei  la- 
ti, e  per  di  fuori  l'eseguì  France- 
sco Cozza.  1  cpiadri  de'  due  altari 
laterali  li  dipinse  Ignazio  Stern; 
Alessandro  Saluzzi  colorì  le  cose 
che  si  vedevano  dal  cornicione  in 
su;  Giuseppe  Passeri  gli  evangeli- 
sti negli  angoli,  e  le  istorielle  di 
sotto,  come  ancora  quattro  santi 
greci;  e  Stefano  Polidori  fu  il  pit- 
tore del  Padre  Eterno,  e  delle  al- 
tre pitture  verso  la  porta.  Ma  i 
belli  quadri  della  chiesa,  e  l'ospe- 
dale perirono  nelle  vicende  repuh- 
Llicane  del  fine  del  passato  secolo, 
abitando  nel  contiguo  ospizio  il 
rettore  della  chiesa,  che  ne  ha  cura 
per  la  confraternita. 

Anche  i  boemi  ebbero  in  Roma 
un  pio  stabilimento  e  ospedale,  in- 
contro s.  Lucia  della  chiavica  ,  sta- 
bilito fino  dal  secolo  X,  come  nar- 
rano il  Fanucci  a  p.  82  nel  suo 
Trattalo  di  tulle  le  opere  pie  del- 
l'alma città  di  Roma;  e  l'Amyde- 
nio,  De  pietate  romana  p.  34  e 
seg.  Ecco  il  Piazza  quanto  ne  scris- 
se nell'  Eusevologio  a  p.  83.  Nel- 
l'anno 93 1 5  nel  pontificato  di  Ste- 
fano VÌI  detto  Vili,  Rorsivoglio 
X  duca  di  Boemia,  chiamato  pure 
Spironco  (altri  lo  chiamano  Corsi- 
vorgio,  o  Borsivoy  I  )  con  la  mo- 
glie Lumilla,  donna  santissima  e 
prudentissima,  per  le  persuasioni 
di  s.  Enrico  I  imperatore  di  Ger- 
mania si  convertì  alla  religione  cat- 
tolica con  tutti  i  suoi  sudditi,  e  fu 
battezzalo  da  s.  Metodio  arcivesco- 
vo di  Moravia.  Quindi  essendo  sta- 
to creato  re,  portossi  in  Roma  con 
molli  de'suoi  vassalli  pei'  visilaruc 


GER 
i  santi  luoghi,  e  quivi  fece  edifica- 
re nel  rione  Ponte  un  ospedale  di- 
rimpetto alla  chiesa  di  s.  Lucia 
della  chiavica,  per  quei  poveri  che 
dal  suo  regno  venissero  in  Roma, 
indi  lo  dotò  ed  arricchì  di  molte 
entrate,  dedicandolo  a  Dio  in  ono- 
re di  s.  Metodio.  Fu  poi  il  medesi- 
mo spedale  restaurato  da  Carlo  IV 
imperatore  e  re  di  Boemia,  il  qua- 
le nel  pontificato  di  Innocenzo  VI 
si  portò  in  Roma  nel  i355,  come 
dicemmo  all'articolo  Boemia,  par- 
lando di  questo  spedale  brevemen- 
te. In  processo  di  tempo,  1'  ospe- 
dale venendo  abbandonato,  e  per- 
ciò non  essendo  più  in  uso  pei 
boemi,  a  cagione  delle  politiche  e 
religiose  vicende,  servì  pei  poveri 
pellegrini  polacchi,  finché  fu  edifi- 
cato il  loro  spedale  nazionale,  ed 
allora  Innocenzo  X  l'unì  allo  spe- 
dale de'pellegrini,  con  la  condizio- 
ne che  le  rendite  si  dovessero  re- 
stituire ai  boemi,  quando  avessero 
voluto  ripristinare  l'  ospedale.  Nei 
primi  anni  del  secolo  XI,  s.  Ste- 
fano re  d'Ungheria  venuto  a  Ro- 
ma a  visitare  i  santi  luoghi,  eresse 
l'ospedale  pei  suoi  sudditi,  ora  non 
più  esistente,  di  cui  daremo  un  cen- 
no, oltre  quanto  si  disse  al  voi. 
XIV,  p.  161,  all'articolo  Ungheria 
{Fedi). 

Questi  sono  gli  stabilimenti  ger- 
manici in  Roma  che  esistevano, 
od  esistono  tuttora;  degli  altii  sta- 
bilimenti di  nazioni,  che  sono  com- 
prese neir  odierna  o  nell'  antica 
divisione  della  Germania  se  ne 
tratta  ai  rispettivi  articoli.  Inol- 
tre in  Roma  vi  sono  i  provvigio- 
nati  dell'imperiale  corte  d'Austiia, 
la  quale  intenta  a  senqire  più 
promuovere  nei  propri  sudditi  lo 
bludio  delle  arti  belle,  tiene  in 
detta  capitale  molti  giovani  ailisti 


GÈ  11 

approvvigionali,  acciocché  attendono 
tanto  alla  pittura,  quanto  alla  scol- 
tura ,  che  all'architettura.  Eglino 
vengono  sceUi  negli  stati  ereditari 
austriaci ,  e  nel  regno  lombardo- 
veneto  ,  e  sono  governali  da  un 
soprainlendcnte  ;  i  loro  studi  tro- 
vatisi nel  Palazzo  di  Venezia  {Ve- 
di)^ residenza  dell'  ambasciata  au- 
striaca, ove  per  lo  più  espongono 
le  loro  opere,  acciocché  il  pubbhco 
le  vegga. 

A  maggior  intelligenza  però  dei 
cenni  storici  che  riporteremo  sul- 
la Germania ,  premetteremo  prima 
le  notizie  suU'  antica  sua  divisio- 
ne geografica,  e  poscia  diremo  del 
suo  governamento  politico  ed  ec- 
clesiastico sino  all'  epoca  della  ri- 
voluzione francese.  I  posteriori  av- 
venimenti di  suddivisioni  geogra- 
fiche e  politiche,  e  l'istituzione  del- 
la confederazione  germanica,  come 
da  quali  stati  si  compone,  lo  trat- 
teremo in  fine  di  quest'articolo. 

Germania  è  nome  comune  alla 
Germania  propriamente  detta,  e  ad 
una  porzione  della  Germania  bel- 
gica. La  prima  fu  anche  chiamata 
Grande  Germania  e  Germania 
transrenana,  e  la  seconda  Germa- 
nia cisrenana.  Della  Germania  pri- 
ma o  superiore  poi,  e  della  Germa- 
nia seconda  o  inferiore,  due  pro- 
vincie  delle  Gallie,  se  ne  trattò  al- 
l' articolo  Galua.  La  Germania 
propriamente  detta,  o  gran  Germa- 
nia, era  un  vasto  paese  dell'Euro- 
pa, e  posto  nel  centro ,  che  però 
non  ebbe  sempre  gli  stessi  limiti, 
avendogli  gli  antichi  geografi  dato 
successivamente  più  o  meno  di 
estensione.  Formava  la  Germania 
la  maggior  parte  dell'antica  Cel- 
tica, ed  aveva  almeno  due  volte 
più  di  estensione  che  1'  Alemagna, 
o    Germania    moderna.    1    romani 


GER  ii5 

dopo  aver  conquistato  la  Grecia  e 
l'Italia,  paesi  doviziosi ,  non  pen- 
sarono al  certo  d' impadronirsi  di 
quelli  dei  germani,  ove  l'avidità 
loro  non  trovava  in  confronto  di 
che  soddisfarsi,  e  quindi  non  ten- 
tarono di  avanzarsi  in  una  contra- 
da allora  generalmente  miserabile, 
di  un  accesso  difficilissimo,  irrigata 
da  fiumi  e  riviere,  e  tutta  coper- 
ta di  boschi  e  paludi.  Essi  non 
penetrarono  dunque  nel  suo  inter- 
no, come  fatto  avevano  nell'Asia , 
e  temendo  i  suoi  popoli  formida- 
bili, si  contentarono  d'impadronir- 
si di  un'estremità  della  Germania, 
in  qualche  rapporto  con  la  Gallia. 
Una  o  due  vittorie  sui  confini  del 
paese  procurarono  il  nome  di  Ger- 
manico al  generale  che  le  avea  ri- 
portate. Conosciutasi  quindi  dai  ro- 
mani più  tardi  della  Gallia,  e  non 
molto  perfettaraente  ancora,  ne  de- 
rivò che  i  loro  primi  autori  par- 
larono della  Germania  in  maniera 
molto  inesatta.  Si  deve  a  Cesare 
la  prima  descrizione  di  essa ,  par- 
lando molto  de'  suoi  abitanti  nei 
di  lui  commentari.  Quantunque 
non  nomini  in  realtà  che  gli  sve- 
vi,  ch'erano  i  più  bellicosi  e  pos- 
senti, convien  credere  che  la  de- 
scrizione dei  loro  costumi  conve- 
nisse a  tutti  i  germani,  non  che  ai 
celti,  ed  ai  più  antichi  abitanti  del- 
l'Europa ;  mentre  i  costumi  sem- 
plici, guerrieri  e  feroci  ch'egli  di- 
pinge, furono  generali,  con  la  dif- 
ferenza che  i  germani  li  conserva- 
rono più  a  lungo  che  i  gaulesi  e 
gì'  italiani.  Lo  stesso  autore  osser- 
va che  gli  svevi  amavano  di  esse- 
re circondati  da  vaste  solitudini , 
cosa  che  si  osservò  pur  anoo  pres- 
so i  polacchi  ed  i  russi,  i  cui  pae- 
si sono  limitati  da  regioni  incolte 
dal  lato  della   Tartaria,    Dopo    la 


iiG  GER 

descrizione  di  .Gasare  ,  abbiamo 
quella  di  Stiabone,  che  visse  sotto 
Augusto  e  Tiberio,  i  quali  unita- 
mente a  Druso  e  Germanico  ave- 
\ano  portato  le  armi  loro  verso  la 
Germania,  non  combattendo  però 
che  i  soli  popoli  i  quali  trovavan- 
si  lungo  il  Reno,  dalla  sua  imboc- 
catura sino  alla  sorgente ,  e  non 
oltrepassando  la  parte  occidentale 
dell'Europa  sino  all'  Elba,  che  ta- 
gliava la  Germania  per  mezzo.  I- 
gnorandosi  perciò  al  di  là  di  que- 
sto limite  la  estensione  ed  i  con- 
fini di  questa  vasta  contrada,  non 
parla  che  confusamente  delle  na- 
zioni diverse  che  l'abitavano.  Il 
quadro  tracciato  da  Pomponio  Me- 
la ci  prova  che  non  se  ne  aveva- 
no maggiori  nozioni  né  sotto  Clau- 
dio, né  sotto  Nerone.  Egli  estende 
all'est  la  Germania  sino  alla  Sar- 
mazia,  e  al  nord  sino  all'Oceano; 
dipinge  i  suoi  abitanti  come  selvag- 
gi e  feroci,  poco  parlando  delle  lo- 
ro abitazioni.  Ciò  però  non  deve 
sorprendere,  trattandosi  allora  di 
un  paese  appena  conquistato ,  e 
Gonvenendo  quindi  attenersi  ai  rac- 
conti degli  abitanti  stessi. 

Plinio  posteriormente  scrisse  le 
guerre  dei  romani  in  Germania , 
ma  siccome  gli  era  più  facile  co- 
noscere gli  avvenimenti  accaduti 
sotto  i  suoi  occhi ,  che  la  giusta 
estensione  di  tutto  il  paese,  e  le 
sue  interne  divisioni,  così  quantun- 
que tratti  la  geografìa  della  Ger- 
mania con  maggior  metodo  ed  in- 
telligenza, fece  meglio  conoscere  i 
popoli  che  i  paesi.  Forse  gli  stessi 
germani  non  avevano  cognizioni 
locali  che  di  quelle  porzioni  di 
paese  che  abitavano.  La  loro  fe- 
rocia, e  la  barbarie  delle  loro  lin- 
gue erano  di  un  grande  ostacolo 
ad    ogni  specie    di    comunicazione 


GER 

fia  essi  ed  i  romani.  Plinio  divise 
gli  abitanti  di  Germania  in  cinque 
grandi  nazioni,  cioè  i  vindeli,  glÌQ- 
gcvoni,  gl'istevoni,  gli  ermioni  me- 
diterranei, ed  i  peucini;  ma  non 
specifica  in  quale  parte  della  Germa- 
nia abitasse  ciascuno  de'popoli  che 
assegna  alle  divisioni  predette.  Taci- 
to contemporaneo  di  Plinio,  ma  più 
giovane,  fu  impiegato  nella  Belgica 
sotto  Vespasiano.  Profittò  del  van- 
taggio del  suo  posto  per  procurarsi 
delle  nozioni  suU'  interno  della  Ger- 
mania, e  sui  costumi  dei  germani. 
Siccome  non  si  conoscevano  anco- 
ra in  quel  paese  le  divisioni  poli- 
tiche, l'autore  segna  piuttosto  quel- 
le della  natura  o  geografiche,  come 
le  montagne  ed  i  fiumi;  quanto  a! 
fisico  ne  forma  un  quadro  svan- 
taggioso. Tolomeo  fiorito  dappoi , 
scrisse  della  Germania  minutamen- 
te, con  dettagliate  divisioni  e  sud- 
divisioni :  parlando  del  paese  in 
generale,  dice  che  i  germani  non 
possedevano  alcuna  città,  non  con- 
servavano alcun' arte  di  comodo, 
non  solTiivano  che  le  loro  abitazioni 
fossero  vicine  le  une  alle  altre;  che 
nell'  inverno  vivevano  sotto  terra  , 
scavandosi  delle  caverne.  Secondo 
la  più  facile  e  più  ricevuta  opinio- 
ne, la  Germania  era  anticamente 
limitata  al  levante  dalla  Vistola, 
che  la  separava  dalla  Sarmazia 
europea  :  al  sud  dal  Danubio,  che 
la  divideva  dalla  Vindelicia  e  dal 
Norico  ;  il  Reno  la  bagnava  a  po- 
nente, e  la  distingueva  dalla  Gal- 
lia;  il  mare  detto  di  Germania,  col 
Baltico ,  la  limitava  verso  il  nord. 
Oltre  i  tre  gran  fiumi  che  le  ser- 
vivano di  confini ,  vi  si  conta  an- 
cora il  Viadro  o  Oder,  e  l'  Albis  o 
Elba.  Questo  paese  era  abitato  da 
un  gi-an  numero  di  popoli,  tutti 
compresi  iu  qutsli  tre  nomi  ;    iste- 


GER 

volli,  ermioni  e  vindeli.  Gl'istevoni 
stavano  al  mezzodì  occidentale,  si 
estendevano  fra  il  Reno  e  l'  Elba , 
dal  mare  di  Germania  sino  alle 
sorgenti  del  Danubio,  e  si  divide- 
\ano  in  altri  dodici  piccoli  popoli, 
fra  i  quali  si  distinguevano  i  frisi 
o  frisoni,  i  marsi,  i  sicambri.  Gli 
ermioni  erano  al  mezzodì  orientale 
del  Danubio,  sino  ai  vindeli,  i  quali 
occupavano  tutta  la  costa  del  ma- 
re Baltico,  e  la  Chersoneso  Cim- 
brica  :  anche  gli  ermioni  compren- 
devano sotto  di  essi  dodici  piccoli 
popoli,  i  più  conosciuti  de'  quali 
erano  i  cherusci ,  i  catti ,  gli  ale- 
manni od  alamani,  i  marcomanni, 
i  quadi.  I  vindeli  contenevano  ven- 
tuna  popolazioni,  delle  quali  le  piìi 
distinte  erano  quelle  degli  angli 
od  angili,  eruli  o  lemoni,  goti  o 
gothì,  longobardi,  burgundioni  o 
burgundi,  senoni,  sassoni,  cimbri  e 
teutoni. 

Non  deve  finalmente  ommettersi 
anche  un'  altra  divisione  generale 
della  Germania,  i.'  Germania  fra 
il  Reno  e  l'Elba,  inter  Renum  et 
Albini;  2.'  Germania  fra  l'Elba  e 
la  Vistola,  inter  Albini  et  Vista- 
lamj  3."  Germania  australe  fra  il 
Reno  e  il  Danubio,  Germania  Au- 
stralisj  4-*  Germania  al  di  là  del- 
la Vistola,  Germania  Transvistu- 
lana;  5.''  Germania  al  di  là  del 
mare  e  delle  isole  ,  Germania 
Transniarina  et  Insulae.  La  divi- 
sione antecedente  sembra  più  usi- 
tata  presso  gli  antichi.  La  Germa- 
nia aveva  delle  dipendenze  verso 
il  nord  e  verso  il  sud.  Gli  anti- 
chi posero  verso  il  nord  gì'  inge- 
\oni,  divisi  in  tre  parti  principali, 
come  dipendenze  della  Germania, 
cioè  la  Scaudia  ,  la  Feniusia,  e  le 
isole  del  Seuo-Godauo.  Le  Provin- 
cie verso    il   sud    dipcudcnli    dalla 


GER  117 

gran  Germania  erano  la  Elvezia, 
la  Rezia,  la  Vindelicia,  ed  il  No- 
rico.  Dal  fin  qui  detto  conviea 
conchiudere,  che  alcun  geografo  noa 
ci  diede  una  descrizione  esatta  del- 
la Germania,  per  la  ragione  che  i 
romani  non  penetrarono  mai  nel 
suo  interno.  Non  riuscendo  loro 
però  di  soggiogarla,  presero  il  par- 
tito di  formarsi  una  nuova  Gei-- 
mania  al  di  qua  del  Reno,  a  spe- 
se della  Belgica.  Svetonio  nella  vi- 
ta di  Tiberio  osserva  che  questo 
principe  durante  la  guerra  contro 
i  germani,  ne  condusse  nella  Gal- 
lia  da  circa  quarantamila  di  quelli 
che  gli  si  arresero,  assegnando  la 
dimora  loi'o  lungo  il  Reno.  L'  au- 
tore stesso  asserisce  che  Augusto 
facesse  questa  operazione,  collocan- 
do svevi  e  sicambri  nelle  terre  vi- 
cine al  Reno.  Perciò  i  romani  die- 
dero il  nome  di  Germania  ad  un 
cantone  della  Gallia,  vicino  alla 
gran  Germania,  il  solo  veramente 
da  essi  conquistato;  mentre  Varo 
avanzatosi  un  po'  troppo  nel  paese, 
oggi  chiamato  Westfalia,  vi  perì 
con  la  sua  armata.  Gli  ubii  al  di 
là  del  Reno  vennero  così  in  odio 
agli  altri  popoli  della  Germania , 
per  essersi  dati  ai  romanij  che  do- 
vettero trasmigrare  al  di  qua  del 
fiume.  Ciò  non  ostante  non  può 
dirsi  che  le  armate  romane  non 
soggiogassero  anche  qualche  popolo 
il  cui  paese  era  in  parte  al  di  là 
del  Reno,  come  i  nemeti  che  sta- 
vano nei  dintorni  di  Spira,  i  van- 
gioni  in  vicinanza  di  Worms ,  ed 
i  tribocci  nei  contorni  di  Magon- 
za.  Siccome  però  questi  popoli  era- 
no al  ponente  del  Reno,  e  quindi 
relativamente  alla  capitale  de' ro- 
mani nella  Gallia,  così  furono  posti 
sotto  quel  governo,  congiungeudo- 
li    alla  Belgica,    dal  che  uè  derivò 


ii8  GER 

che  una  parie  della  Belgica  unita 
ad  una  estremità  della  gran  Ger- 
mania, assunse  pui'  essa  il  nome 
di  Germania^  e  fu  divisa  in  Ger- 
mania superiore  ed  inferiore;  lo 
che  rende  viej)più  dimostrato  che 
la  Germania  non  ebbe  sempre  gli 
stessi  confini,  né  comprese  nel  suo 
seno  gli  stessi  popoli.  I  romani 
pertanto  nella  loro  Germania  non 
vi  compresero  la  parte  al  sud  del 
Danubio,  che  corrisponde  all'antica 
f^indelicia,  Noricum,  Pannonìa  e 
Baetia  :  essi  la  divisero  in  tre  par- 
ti, cioè  quella  fra  il  Reno  ed  il 
Weser,  abitata  dai  frisoni,  cauchi, 
sicambri ,  franchi,  ed  alemanni; 
quella  fra  il  Weser  e  l'Elba,  abi- 
tata dai  catti,  semnoni,  ermunde- 
ri,  boiani,  quadi  e  marcomanni  ;  e 
quella  fra  l'Elba  e  la  Vistola,  abi- 
tata dai  teutoni,  angli,  sassoni, 
borgognoni  e  longobardi.  Da  tut- 
tociò  si  conosce  chiaramente,  che 
la  moderna  Alemagna  o  Germania 
è  più  ristretta  dell'antica. 

In  quanto  al  governa  mento  po- 
litico ed  ecclesiastico  della  Germa- 
nia, e  per  rendere  l'amministrazio- 
ne più  facile  in  tutto  l'impeio, 
la  Germania  "venne  composta  di 
due  sorte  di  stati,  gli  uni  che  di- 
pendevano dall'impero,  gli  altri  che 
n'erano  indipendenti.  Quelli  che  di- 
pendevano furono  compresi  in  no- 
\e  comunità  o  provincie,  cui  fu 
dato  il  nome  di  circoli,  cioè  :  l'Au- 
stria,  la  Baviera,  e  la  Svevia  a 
mezzodì;  la  Franconia,  l'Alto  Re- 
no, ed  il  Basso  Reno  nel  mezzo; 
la  Westfalia,  l'Alta  Sassonia,  e  la 
Bassa  Sassonia  a  settentrione.  Gli 
stati  che  non  dipendevano  dall'im- 
pero, e  non  appartenenti  quindi  ad 
alcun  ciicolo,  erano  la  Boemia,  la 
Svizzera,  ed  i  Paesi  Bassi,  prote- 
stanti e  cattolici,  benché  tutti  com- 


GER 

presi  sotto  il  nome  di  Germania. 
Tale  fu  lo  stato  politico  sino  al 
secolo  corrente  ,  e  deve  avvertirsi 
che  vi  erano  diverse  limitazioni 
di  paesi,  o  posti  in  un  circolo,  e 
da  altro  dipendenti,  o  aventi  se- 
parata amministrazione ,  o  godenti 
di  speciali  privilegi.  Dopo  che  la 
dignità  imperiale  si  stabilì  nell'au- 
gusta casa  d'Austria,  la  storia  ale- 
manna o  germanica  si  confuse  con 
l'austriaca,  laonde  il  più  conside- 
rabile fra  i  principi  componenti  i 
nove  circoli  era  l' imperatore  di 
tal  famiglia.  Finché  non  veniva 
coronato  dal  Pontefice  chiamavasi 
re  de'  romani,  ma  in  seguito  sen- 
za tale  solennità  portarono  il  no- 
me d' imperatori  gli  eletti  a  tal 
sublime  grado.  La  residenza  ordi- 
naria dell'  imperatore  fu  ognora  in 
Vienna,  capitale  del  circolo  d'Au- 
stria. I  vescovi  che  non  erano  prin- 
cipi dell'  impero  venivano  quasi 
tutti  nominati  dall'imperatore.  Pos- 
sedeva egli  altresì  la  Boemia  e 
l'Ungheria,  ed  oltre  l'autorità  par- 
ticolare sugli  stati  a  lui  apparte- 
nenti, ne  aveva  una  generale  sui 
nove  circoli  ;  per  mezzo  quindi  del- 
le diete ,  eh'  egli  presiedeva  e  di 
cui  aveva  il  diritto  di  fare  osser- 
vare le  risoluzioni  giusta  le  costi- 
tuzioni dell'  impero,  eiane  egli  il 
capo  tanto  in  guerra  che  in  pace. 
Dopo  l'imperatore  venivano  i  prin- 
cipi Elettori  del  sacro  romano  im- 
pero {^Vedi),  tre  de'  quali  erano  ec- 
clesiastici. A  questi  aggiungansi 
molti  arcivescovi,  vescovi,  abbati, 
abbadesse,  principi,  duchi,  langra- 
vi, conti,  marchesi  ed  altri,  ch'e- 
rano sovrani  in  casa  loro  ,  e  che 
ciascuno  di  essi  aveva  diritto  di 
mandar  deputali  alle  diete.  Oltre 
i  suddetti  stati  secolari  ed  eccle- 
biaslici    compresi  nei    nove    circoli, 


GER 

cianvi  aiiclie  sessantatre  città  im- 
periali che  fijimavano  altrettan- 
te repubbliche,  ohre  quelle  città 
che  in  vari  tempi  si  sottiassero 
dall'  impero,  ed  erano  in  numero 
di  ottantasettc:  esse  formarono  in- 
di propri  territorii  indipendenti  , 
o  passarono  sotto  il  dominio  di 
altri  principi.  V.  PIi.  Kinpschild, 
Traclalus  polìtico  -  liistorico-juridi- 
ciis  de  cìvitaluni  iniperìaliiun  jiirì- 
bus  et  privilegiisj  Argentoiati  1740. 
Godevano  queste  di  tutte  le  loro 
imoiunità  e  dei  loro  privilegi,  e 
non  dipendevano  per  nulla  dai 
principi  nel  territorio  de'  quali  e- 
rano  esse  situale.  Tutti  questi  di- 
versi stati,  il  cui  numeio  ammon- 
tava a  trecento  circa,  erano  riu- 
niti per  gl'interessi  generali  sotto 
un  capo  elettivo,  che  portava  il 
titolo  d'  imperatore  di  Germania 
come  si  è  detto. 

I  nove  circoli  furono  divisi  Cmo 
al  secolo  XVI ,  per  lo  spirituale, 
in  Provincie  ecclesiastiche,  sotto  le 
metropoli  di  Magonza ,  Treveri, 
Colonia,  Salisburgo,  Drema  e  Mag- 
deburgo,  le  quali  avevano  sotto  di 
esse  circa  trenta  vescovati  suffra- 
ganei.  Questi  prelati  oltre  l' auto- 
rità spirituale  su  tutti  i  principali 
delle  loro  diocesi,  avevano  altresì 
un'autorità  temporale  sopra  un 
determinato  dominio  di  cui  ei'ano 
principi,  ed  aliuni  di  questi  do- 
minii  furono  della  estensione  di 
quelli  di  qualunque  altro  principe 
secolare.  Ma  i  principi  eretici  non 
si  contentarono  di  emanciparsi  per 
lo  spirituale,  tanto  dai  loro  pre- 
lati che  dal  sommo  Pontefice;  essi 
trovarono  ancora  il  mezzo  d'impa- 
dronirsi del  temporale  delle  diocesi 
che  loro  erano  le  più  vicine  :  ne 
soppressero  il  titolo  ecclesiastico , 
ed  avendo  mandato  de'  sorveclian- 


GER  119 

li  per  adempire  le  funzioni  epi- 
scopali ,  ne  riunirono  il  dominio 
e  le  rendite  ai  propri  stati  ;  ciò 
che  fu  sancito  nella  pace  di  Alun- 
ster  o  Osnabruck  nel  164H,  ad  on- 
ta dell'alta  disapprovazione  e  ripro- 
vazione d'  Innocenzo  X.  Così  non 
vi  furono  più  prelati  nelle  provin- 
cie  di  Brema  e  di  RIagdeburgo; 
Colonia  e  IMagonza  non  conserva- 
rono che  una  parte  dei  loro  suP- 
fi  aganei  ;  Salisburgo  e  Treveri  ten- 
nero lutti  i  loro.  Le  prelature  che 
restarono  in  Germania,  e  ch'erano 
principali  dell'  impero,  furono  elet- 
tive per  i  capitoli,  e  quando  na- 
scevano dei  dispareri,  la  nomina 
era  devoluta  al  Papa.  Vi  s\  nomi- 
navano spesse  volte  de'  principi,  i 
quali  non  cercavano  di  averne  che 
gli  onori  e  le  rendite,  senza  mai 
essere  investiti  del  carattere  epi- 
scopale, almeno  per  l'ordinario  ;  e 
sul  fine  del  passato  secolo,  e  sul 
principio  del  presente  ve  ne  furo- 
no alcuni  che  n'ebbero  fino  a  sei, 
sì  arcivescovati  che  vescovati  ;  al- 
tri li  possederono  lungo  tempo, 
senza  neppure  essere  sacerdoti.  Dis- 
impegnavano le  loro  funzioni  epi- 
scopali per  mezzo  de'  vescovi  in 
partibus,  che  essi  dichiaravano  suf- 
fraganei  con  beneplacito  pontificio, 
ovvero  per  mezzo  di  vicari  gene- 
lali.  Quanto  agli  stati  che  non  ap- 
partenevano all'impero,  vi  fu  par- 
ticolarmente la  Boemia,  la  quale 
ebbe  i  suoi  duchi ,  poscia  i  suoi 
re  fino  all'  imperatore  Ferdinando 
I,  il  quale  ne  sposò  l'erede  nel 
iSiG,  e  ne  trasmise  così  il  domi- 
nio agli  imperatori  di  casa  d"  Au- 
stria suoi  successori.  Già  abbiamo 
detto  al  suo  articolo  che  fu  Ja 
Boemia  convellila  alla  vera  fede 
nel  secolo  X.  Gli  ussiti  ne  perver- 
tirono una  parte  coi    loro    errori , 


120  GER 

in  seguito  i  luterani  vi  proclama- 
rono gli  erronei  principii  religiosi 
della  loro"  setta,  come  anche  gli 
anabattisti  :  la  sua  capitale  e  me- 
tropoli Praga  molto  ne  dovette 
sofl'rire,  unitamente  ai  suoi  vescovi, 
in  conseguenza  delle  dissensioni  e 
delle  guerre  di  religione  :  la  no- 
mina delle  sue  prelature  restò  al- 
l' imperatore. 

Anche  la  Svizzera  fu  già  per  la 
maggior  parte  sotto  il  dominio  del- 
la   casa    d'  Austria  ;     ma  nei  pri- 
mi anni  del  secolo  XIV ,   e   verso 
il    1 3o8  incominciò   essa    a   gover- 
narsi   colle    proprie    leggi  ;    formò 
una  repubblica   federativa    compo- 
sta di  tredici  cantoni ,   senza   con- 
tare gli  alleati,  e  molti  di  essi  so- 
no eccellenti  cattolici.  Gli  altri  ab- 
bracciarono la  sedicente  riforma  di 
Zuingho   e    di  Calvino  :    i   vescovi 
conservarono  il  loro  dominio  tem- 
porale,   malgrado    la    diversità  di 
religione,  e  vi  erano    elettivi.    Sul 
declinar  del  secolo  XVI li  le  guer- 
re desolarono    la    Svizzera,    finché 
nel    i8o3    essendosi    terminate    le 
dispute  tra  la  Francia  e  l'Austria, 
la  Svizzera  si  organizzò  in  im  nuo- 
vo governo  confederato,    composto 
di  diecinove  cantoni,  col   nome  di 
repubblica    o  confederazione   elve- 
tica. Kel    i8i5  unissi  in    una    no- 
vella   confederazione    composta    di 
ventidue    cantoni,    il    di    cui  alto 
federale  fu  sanzionato  a'  7   agosto, 
indi    approvato    dal     congresso     di 
Vienna.  La  santa  Sede  tiene  nella 
Svizzera  uri  nunzio    apostolico    re- 
sidente a  Lucerna,  e  la  confedera- 
zione elvetica  un  console    generale 
in  Pioma. 

I  Paesi  Bassi,  chiamati  anche 
Bassa  Germania ,  ebbero  i  loro 
principi  fino  al  principio  del  XVI 
secolo;    fjuindi  passarono    sotto  il 


GER 

dominio  del  re  di  Spagna  :  quan- 
to alla  religione    furono  essi  divi- 
si in  protestanti  ed  in  cattolici.  I 
Paes-  Bassi  protestanti  furono  quel- 
li che  si  chiamarono  comunemen- 
te Olanda  o    Provincie-Unite,  cli£ 
fu    già  potente    repubblica.  Ribel- 
lossi    r  Olanda  verso    la  metà  del 
secolo   XVI  contro    il  re    di   Spa- 
gna, abbracciò  la    pretesa  riforma 
di  Calvino,  e  soppresse  la  metropo- 
li di   Utrecht  ed    i  vescovati  eret- 
ti  dalla  santa    Sede,   massime   da 
Paolo  IV,  avendo    quindi  origine 
lo  scisma  della    chiesa  di  Utrecht 
che  tuttora    esiste.  Nondimeno    vi 
restarono  non   pochi   cattolici,  cui 
venne    accordato    il    permesso    di 
esercitare  la  loro  religione  in  pri- 
vato,   ed    i   quali  talvolta   ebbero 
anche  un  vescovo  titolare  col  gra- 
do di  vicario   apostolico,  e  di  su- 
periore   delle  missioni  di    Olanda, 
per  ordinare  i  loro  sacerdoti  e  per 
gli  affari  ecclesiastici.  I  Paesi  Bassi 
cattolici  restarono  alla  Spagna  do- 
po   la  rivoluzione    dell'Olanda,   e 
vi     erano    molti    vescovi  sotto    la 
metropoli    di    Malines  di    nomina 
regia.  In  seguito  vi  fu  un  gover- 
natore   a     nome     dell'  imperatore 
dopo  che  ne    divenne    il  sovrano, 
il  clero  fu   quasi  sempre  dotto,  il 
popolo  divoto  ed  attaccatissimo  al- 
la   religione.    Dipoi    i  Paesi    Bassi 
austriaci  si   ribellarono  all'impera- 
tore Giuseppe  II,  favoriti  dall'  O- 
laiida,  indi  furono  conquistati  dal- 
la Francia,  e  nel  i8i4  la  contra- 
da  dei  Paesi    Bassi    e  del    Belgio 
con    l'Olanda  costituirono   un  re- 
gno col  nome  di    Paesi  Bassi,  fin- 
ché per  la   rivoluzione   del     i83o 
il  Belgio  si    separò  dall'  Olanda  e 
costituissi  in  regno,  nella  cui  capitale 
Brusselles,  come  anticamente  la  san- 
ta Sede,  tiene  uu  nunzio  apostoli- 


GER 
co,  ed  il  re  del  Belgio  un  inviato 
straordinario  e  ministro  plenipo- 
tenziario in  Roma.  Il  re  di  Olan- 
da ritenne  il  titolo  di  re  de' Pae- 
si Rassi,  tiene  in  Roma  un  invia- 
to sti'aordinario  e  ministro  pleni- 
potenziario, mentre  il  Pontefice 
tiene  all'  Aja  capitale  del  regno 
un  incaricato  d'affari. 

In  quanto  ai  nomi  di  Germa- 
nia ed  Alemagna,  germani  ed  a- 
lemanni,  oltre  quanto  si  è  detto  ag- 
giungeremo, che  Germania  nell'an- 
tica lingua  germana  o  tedesca,  ger- 
iiian,  significa  uomo  di  guerra  o 
guerriero,  e  da  questo  i  latini  for- 
marono i  loro  vocaboli  di  genna- 
nia,  gerniannsj  e  germani,  che 
passarono  poi  nelle  altre  lingue 
derivate  dalia  latina.  Vuoisi  anco- 
ra che  i  germani  da  loro  stessi  si 
sieno  cos\  chiamati,  e  che  gar  o 
ger  significhi  robusto,  e  man  uomo. 
Il  nome  di  Alemagna  dato  in  ap- 
presso alla  Germania,  deriva  da 
un  popolo  particolare,  del  quale 
la  pi'ima  menzione  che  si  legge 
negli  antichi  storici,  non  risale  se 
non  che  al  principio  del  terzo  seco- 
lo, cioè  al  regno  di  Caracalla;  lo 
si  attribuì  primitivamente  ad  una 
riunione  di  uomini  svevi  e  di  al- 
tre tribù,  attirati  sulle  sponde  del 
Meno  per  l' avidità  del  bottino  ; 
altri  dicono  originali  gli  alemanni 
dai  gallesi,  che  protetti  dalle  guar- 
nigioni romane  andarono  ad  accan- 
tonarsi sulle  terre  che  separavano 
l'impero  dalla  Germania.  Si  chia- 
marono gli  alemanni  dcutschf,  e  il 
loro  paese  Deuts  ci  dauci ,  in  signifi- 
cato di  tulli  uomini,  che  indica  in 
pari  tempo  e  la  varia  loro  origi- 
ne e  il  loro  maschio  valore;  da 
principio  non  erano  che  un  grosso 
corpo  di  armati,  e  presto  diventa- 
rono   uo  popolo   iijniiidubilc  j    gli 


GER  lai 

alemanni  furono  pur  chiamati  al- 
Icniani,  alaniani,  alanibani,  ed  a- 
lahani,  cenni  e  calli.  Il  loro  go- 
verno era  monarchico,  ebbero  mol- 
ti re,  e  professarono  la  stessa  re- 
ligione che  i  germani.  I  franchi, 
altro  popolo  stabilito  lungo  il  Re- 
no ed  all'est  di  questo  fiume, 
essendosi  impadroniti  nel  secolo 
quinto  de' Paesi  Bassi  e  delle  Gal- 
lie ,  si  resero  altresì  signori  nei 
due  seguenti  secoli  di  una  gran 
porzione  dell' Alemagna.  Fra  le  na- 
zioni diverse  che  nei  l'emoti  tem- 
pi ad  abitar  vennero  questo  pae- 
se, contansi  gli  slavi  o  vandali  in 
principalità,  che  nel  detto  secolo 
egualmente  si  stabilirono  nella  par- 
te settentrionale  ed  orientale  del- 
l'Alemagna,  de'quali  ne  fanno  te- 
stimonianza le  località  che  termi- 
nano in  ilz,  wilzen,  Ithen  o  /e- 
wtn.  11  nome  di  tedeschi  deriva 
da  deutsche  o  leiilsche,  clie  significa 
thculoni  o  tentoni,  popoli  abitatori 
delle  isole  nel  vicinato  de' cimbri, 
e  che  famoso  rendettero  il  nome 
loro  avanti  l'era  cristiana,  essendo  il 
nume  loro  Teulono.  Armati  sempre 
e  pronti  a  combattere  ognora,  ed  a 
morire  per  la  conservazione  della 
indipendenza  e  dei  possessi  loro, 
essi  furono  sovente  attaccati,  qual- 
che volta  vinti,  ma  giammai  sog- 
gettati del  tutto,  potendosi  vanta- 
re d'essere  stato  il  solo  popolo 
che  non  abbia  obbedito  a  sovrani 
stranieri.  I  romani  non  li  conob- 
bero, se  non  quando  Giulio  Cesa- 
re passò  il  Reno.  Essi  fecero  sui 
germani  qualche  conquista,  ma  il 
loro  dominio  fu  vacillante  sempre, 
né  mai  annoverar  poterono  1'  A- 
lemagna  nel  numero  delle  tolte 
loro  Provincie. 

A  voler  accennare    le  cose    più 
auliche   lisguardanli  le    guaie,   il 


j  17,  G  ER 

culto,  il  governo,  e  1  costumi  del 
germani,  nome  generico  degli  abi- 
tanli  della  Germania,  essi  furono 
sconfitti  in  due  memorabili  e  san- 
guinose battaglie  da  Mario  ;  e  paS' 
sati  poscia  nella  Gallia,  Cesare  li 
trovò  sulla  sinistra  del  Reno,  usan- 
do i  germani  collegarsi  insieme 
nelle  loro  spedizioni,  per  cui  dai 
romani  furono  chiamati  fralelli, 
Jmtres  galloruin,  coi  quali  frater- 
nizzarono. La  prima  lega  cono- 
sciuta dai  romani  fu  quella  dei 
cimbri  e  dei  teutoni,  distrutta  da 
Mario,  e  la  seconda  volta  da  Ce- 
sare. Ariovisto  avea  riunito  i  ger- 
mani nelle  due  rive  del  Pieno.  In 
fine    la    terza    Ie"a  fu    disfatta   da 

o 

Druso.  I  primi  germani  ebbero 
una  religione,  un  culto,  e  dei  dog- 
mi, con  idee  vaghe  ed  indetermi- 
nate nei  tempi  piìi  antichi  ;  dap- 
poi ebbero  un  determinato  culto 
e  delle  immagini.  Intere  foreste, 
imponenti  per  la  loro  oscurità,  era- 
no consecrate  all'Essere  supremo; 
il  luogo  più  folto  n'  era  il  san- 
tuario, e  serviva  di  riunione  ge- 
nerale per  la  nazione,  ed  inviola- 
bile asilo  pel  delinquente  che  vi 
si  rifuggiva.  Allorché  in  progresso 
i  germani  incominciarono  a  fab- 
bricare in  onore  dei  loro  dei,  non 
innalzarono  da  principio  che  ca- 
panne, ed  i  loro  idoli  erano  pie- 
tre o  alberi  informi.  Dis^raziata- 
niente  i  loro  sacerdoti,  che  prese- 
io  sopra  di  essi  un  grande  ascen- 
dente, e  le  cui  peisone  erano  in- 
\iolabili,  non  avevano  ispirato  lo- 
ro l'orrore  pegli  umani  sagrifizi, 
V  (juindi  seguendo  un  costume  si 
barbaro,  ordinariamente  sacrifica- 
vano anche  i  prigionieri  di  guer- 
ra. Ciascun  giorno  della  settimana 
aveva  il  suo  Dio,  di  cui  portava 
il   nome.   Oltre  queste  divinità  ri- 


GER 

velile  dalla  generalità  della  nazio' 
ne,  ve  n'erano  altre  venerate  nelle 
diverse  parti  del  vasto  paese.  L' i- 
gnoranza  e  lo  spirito  superstizioso 
era  mantenuto  in  Germania  da 
alcune  donne  che  pretendevano  an- 
nunziar l'avvenire:  si  citano  tra 
le  altre  Velleda  che  servi  di  or- 
namento al  trionfo  di  Vespasiano, 
Grana  che  vivea  sotto  Diocleziano, 
e  lethra  che  fu  deificata  dai  boia- 
ni,  che  lei  vivente  gli  eressero  un 
tempio  sulle  rive  del  Necker,  e  le 
consacrarono  le  montagne  d' Hei- 
delberg. Il  sacerdozio  era  diviso 
in  grande  e  piccolo  ;  e  vuoisi  che 
quando  i  druidi  furono  cacciati  dal- 
le Gallie  da  Cesare,  si  ritirassero 
in  Germania,  ove  furono  divisi  in 
druidi  e  bardi.  Per  consultare  il 
destino  impiegavano  diversi  mezzi 
superstiziosi   e  ciarlatanerie. 

I  germani  formavano  sino  d'al- 
lora un  corpo  composto  di  diver- 
se parti,  ma  il  totale  non  era  re- 
golare. Il  paese  dividevasi  in  città^ 
specie  di  piccoli  stati,  ciascuno  dei 
quali  comprendeva  molti  villaggi, 
ed  aveva  un  capoluogo.  Di  que- 
ste città,  le  une  eleggevano  un  ca- 
po, le  altre  erano  governate  dal- 
la nobiltà,  altre  in  fine  dalla  ge- 
nerale assemblea  della  nazione.  E- 
rano  più  o  meno  considerabili,  se- 
condo il  numero  de' villaggi  che 
le  componevano,  non  avendo  cia- 
scun villaggio  meno  di  cento  fa- 
miglie ,  ognuna  delle  quali  era 
soggetta  al  più  seniore  o  vecchio. 
I  vecchi  riunendosi  formavano  una 
piccola  assemblea,  presieduta  dal 
più  avanzato  in  età,  che  si  chia- 
mava centenario;  questa  unione 
de' centenari  formava  l'assemblea 
generale,  e  costituiva  principal- 
mente la  città,  di  cui  le  famiglie 
tutte  erano  in  tal  modo  governa- 


GER 

le   colle    medesime  leggi    ed   usan- 
ze. Tutte  queste    città  erano    sog- 
gette ad  un  governo:  presso  i  mar- 
comanni      ed     i     quadi    eravi    un 
re;    presso  gli    usipeti,    i    teuctiri , 
ed    i     frisoni  ,    eravi     un    consiglio 
composto    della    nobiltà ,   e    presso 
gli  ubii  il  popolo  era  ammesso   nel 
senato .    Questa    suprema    autorità 
però,    e  soprattutto  quella    dei    re, 
era    bilanciata    dal    potere  genera- 
le della    nazione.    Nelle  piccole    as- 
semblee fi  giudicavano  gli  affari  dei 
particolari,    ed  i    principi    avevano 
il  diritto  di    presiederle.    Nelle    as- 
semblee   generali     si     pronunciava 
sui  delitti,  e  sopra    quanto    interes- 
sava   lo    stalo.    I    capi    o   duci    co- 
mandavano   durante    la    guerra:  il 
generale  eletto    nell'assemblea  del- 
la   nazione    era     posto     sopra    uno 
scudo,     e    portato    all'  intorno    on- 
de    farlo    riconoscere     anche    dal- 
le città    collegate.    Siccome    il    va- 
lore   sopra    tutto    decideva     di    ta- 
le   scelta  ,     si    disse    che     fra    lo- 
ro la  nascila  faceva  i  re,  e  la  vir- 
tù i  capitani;  questi   ultimi,   despo- 
ti durante    la   guerra,    fatta  la  pa- 
ce   rientravano      nella     classe     dei 
semplici  cittadini.  Questi   cittadini  o 
piuttosto  la  massa  totale  della  nazio- 
ne, si  divideva  in    nobili,  liberi,   li- 
berti   e   schiavi.    La    classe    prima, 
ciicoscritfa  nelle  famiglie  dei   capi, 
era  assai  rispettata.  I  liberi,  i  qua- 
li   non    formavano  che    una  classe 
unitamente  ai  liberti,  componevano 
la    milizia,    poiché    ogni    cittadino 
era  guerriero.  Allorché  un  giovane 
aveva  il  diritto  di  portare  le  armi, 
i  suoi  parenti   lo  presentavano  al- 
l'assemblea   generale^    ed    il    duce 
gli   dava    una  lancia    ed  uno   scu- 
do.   Da    tal  momento   il    suo  voto 
era    attivo    nell'assemblea,    ed  era 
contato  come  un  capo  di   famiglia 


GER  123 

nella  città.  Quanto  agli  schiavi,  che 
si  chiamavano  lazzi  o  lazzes,  e- 
rano  di  due  sorte:  gli  uni  aveva- 
no venduta  volontariamente  la  lo- 
ro libertà,  gli  altri  erano  stali 
presi  per  fare  la  guerra  ;  ma  sic- 
come i  germani  non  avevano  bi- 
sogno di  servi,  perchè  gli  uomini 
avevano  cura  delle  armi,  e  le  don- 
ne dell'interno  della  casa,  così  gli 
schiavi  erano  dispersi  sulle  terre, 
le  coltivavano ,  ne  raccoglievano 
il  prodotto,  e  non  lo  potevano  ab- 
bandonare senza  la  permissione  dei 
loro  padroni.  Tale  fu  il  principio 
del  governo  feudale. 

Riguardo  alle  leggi  era  probabi- 
]e,  che  in  mezzo  ad  un  popolo  che 
non  sapeva  scrivere,  essere  doves- 
sero molto  semplici  i  costumi,  e 
le  abitudini  ne  tenevano  il  luogo. 
Spesso  la  loro  ferocia  si  permette- 
va delle  particolari  vendette,  e  i 
delitti  che  interessavano  la  nazione 
o  le  famiglie  erano  giudicati  nel- 
le pubbliche  assemblee.  In  genera- 
le s'impiccavano  i  traditori,  e  si 
annegavano  i  vili;  gii  altri  delitti 
si  sconiavano  con  multe  pagabili 
in  cavalli,  bovi,  ec,  ed  il  prodotto 
era  diviso  tra  il  seniore  e  la  fa- 
miglia dell'offeso.  La  prima  virtù, 
era  tra  i  germani  il  coraggio,  ma 
non  essendo  esso  regolato  che  da 
false  nozioni  di  giustizia,  risguar- 
davano  bene  acquistato  tuttociò  che 
potevano  procurarsi  con  la  violen- 
za o  la  forza.  E  noto  che  avevano 
per  armi  la  lancia,  la  spada,  il  ci- 
miero e  la  corazza,  e  lanciavano 
frecce  e  giavellotti  ;  le  loro  truppe 
si  dividevano  in  fanleiia  e  cavalle- 
ria. Dietro  l'esercito  stavano  sopra 
carri  le  donne  ed  i  fanciulli,  che 
non  cessavano  di  eccitare  al  com- 
l)altimentO  con  grida  reiterate,  e 
le    donne     curavano    le    fiorite    con 


!24  GER 

parlicolar  premura.  Dal  romani  ap- 
presero i  germani  a  combattere  or- 
dinatamente ,  ed  a  seguire  una 
militare  disciplina.  I  germani  per 
lungo  tempo  non  conobbero  la  pro- 
prietà delle  terre;  ogni  anno  il 
principe  loro  distribuiva  quelle  che 
servir  dovevano  alla  sussistenza 
di  ciascuna  famiglia.  I  loro  ave- 
ri consistevano  principalmente  iu 
cavalli  e  bestiame,  come  bovi,  vac- 
che, porci,  pecore,  capre,  galline, 
oche,  anitre,  ec.  come  ai  presen- 
te. 11  cavallo  era  soprattutto  vene- 
ralo dai  ti^deschi  come  una  bestia 
sacra,  per  l'amore  che  portavano 
alla  guerra  ed  alla  caccia.  IN'iua 
paese  abbonda  tanto  di  selvaggiu- 
iiii  e  d' ogni  genere  come  la  Ger- 
mania, per  le  sue  grandi  selve  e 
montagne.  Gli  antichi  tedeschi  pe- 
rò non  avendo  moneta^  facevano 
il  commercio  col  cambio.  Lo  spo- 
so dava  per  dote  alla  moglie  un 
paio  di  bovi,  un  cavallo  bardato, 
e  delle  armi;  se  la  moglie  era  in- 
fedele, il  gastigo  lo  decretava  il  ma- 
rito; per  lo  piìi  i  germani  non  spo- 
savano vedove;  i  loro  fanciulli  an- 
davano nudi  sino  a  dodici  anni, 
gli  altri  nelle  loro  abitazioni  stava- 
no quasi  nudi.  La  loro  vita  priva- 
ta era  attivissima  anche  in  tempo 
di  pace;  semplici  negli  alimenti, 
quelli  dell'interno  del  paese  non 
conoscevano  il  vino,  che  molto  ne 
bevevano  gli  abitanti  delle  rive  del 
Pieno.  Sebbene  gelosi  della  propria 
libertà,  per  la  passione  del  giuoco 
talvolta  la  perdevano.  In  genera- 
le i  germani  furono  lodati  per  o- 
fepitalita;  e  le  cerimonie  funebri 
presentavano  lo  spettacolo  singola- 
re delle  lagrime  tributate  dalle 
donne  alla  perdita  del  morto,  e  dei 
cauti  di  vittoria  coi  quali  lo  ono- 
ravano gli  uoiniui;  perche  avrebbe- 


GER 

ro  creduto  avvilirsi  mostrando  al- 
cun segno  di  dolore.  S'invitava  la 
gioventù  ad  imitare  le  virtìi  guer- 
riere dell'estinto,  si  abbruciavano 
con  esso  il  suo  cavallo  e  le  sue 
armi,  e  s'innalzava  al  di  sopra  del 
luogo  in  cui  riposavano  le  sue  ce- 
neri un  monticello  di  terra  che  si 
copriva  di  zolle  erbose.  Queste  a- 
bitudiui  e  costumi  si  conservarono 
per  lungo  tempo  nell'interno  del 
paese;  ma  gli  abitanti  della  Ger- 
mania inferiore  al  di  qua  del  Re- 
no furono  i  primi  ad  abbandonar- 
li, condotti  forse  a  tal  cangiamento 
dalla  imitazione  e  dal  bisogno. 

Cenni  storici  civili  ed  ecclesiastici 
sul  regno  ed  impero  di  Germa- 
nia^ e  delle  relazioni  d' ambe- 
due con  la  santa  Sede. 

Sulle  prime  epoche  della  storia 
di  Germania  solo  si  sa,  che  nei 
remoti  secoli  ,  dopo  la  nascita 
di  Gesù  Cristo,  tro varasi  la  regio- 
ne divisa  in  molti  piccoli  stali, 
sotto  il  governo  di  un  capo  o  prin- 
cipe, il  cui  potere  era  assai  limi- 
tato, non  avendo  un  capo  comu- 
ne. Essendosi  troppo  moltiplicati 
per  poter  vivere  in  una  terra  che 
non  coltivavano,  molte  orde  di  es- 
si si  sparsero  sul  territorio  romano, 
ma  ivi  poscia  furono  disfatte.  Gli 
sforzi  di  Augusto  furono  vani  per 
conservarsi  la  conquista,  ed  ebbe  a 
piangere  le  sbaragliate  legioni  di 
Varo.  Le  incursioni  seguirono  fin- 
ché s'  impossessarono  della  metà 
dell'impero  .  iS'ell'  anno  2  34  S'' 
alemanni  si  resero  padroni  dei 
forti  sulle  sponde  del  Reno,  e  com- 
misero o"ni  sorta  di  eccessi  nel- 
le  Gallie.  Severo  marciava  con- 
tro di  essi  quando  fu  assassinato 
dai  proj)ri  soldati.  Wassimino,  suo 


GER 

successore,  entrò  in  Germanio,  po- 
nendo lutto  a  ferro  e  fuoco.  Il 
progresso  della  storia  dei  germani 
nei  primi  secoli  del  cristianesimo 
non  offre  che  una  serie  qunsi  con- 
tinua di  vittorie  e  di  sconfitte,  di 
incursioni  fatte  da  essi  sulle  terre 
dell'  impei'o,  e  di  attacchi  sofferti 
dai  romani.  Ciò  che  sorprender 
deve  sopra  tutto  si  è  la  loro  estre- 
ma popolazione,  malgrado  le  soste- 
nute moltissime  e  sanguinose  l)at- 
taglie.  INoa  tu  se  non  al  tempo  in 
cui  Giuliano  comandava  nelle  Gal- 
lie,  che  gli  alemanni  furono  total- 
mente scacciati  ;  però  dopo  la  sua 
morte  essi  fecero  qualche  altra  in- 
cursione nella  Gallia  e  nella  Re- 
zia  ,  finché  nel  388  si  sottomisero 
a  Massenzio.  Lungo  il  Danubio  ed 
il  Renoi  nelle  due  Rezie  e  nella 
Norica  nel  terzo  o  quarto  secolo 
incominciossi  a  spargere  la  fede 
di  Gesù  Cristo,  colla  salutifera  pre- 
dicazione del  vangelo  ,  onde  furo- 
no stabilite  metropoli  ecclesiastiche; 
ma  le  devastazioni  di  Attila  e  di 
altri  barbari  quasi  tutto  vi  distrus- 
sero nei  successivi  secoli  quinto  e 
sesto.  Nell'anno  4^9  con  Ermanri- 
co  ebbe  principio  il  regno  degli  sve- 
vi,  il  quale  ebbe  undici  successori 
sino  al  55S.  Sotto  l'impero  di  O- 
noi  io ,  una  colonia  di  alemanni 
ebbe  la  permissione  di  stabilirsi  in 
una  parte  della  Svizzera:  in  pro- 
gresso altri  fra  loro  si  resero  pa- 
droni del  paese  oggi  chiamato  Al- 
sazia ;  questi  secondati  da  quelli 
stabiliti  nell'Elvezia,  e  da  molti 
abitanti  della  Germania,  si  spar- 
sero in  seguito  nella  Germania  se- 
conda, portandovi  stragi  e  morte. 
Avendo  nel  4?^  Odoacre  re  degli 
eruli  fatto  terminale  in  Momillo 
Romolo  Augustolo  l'impero  d'occi- 
dente, le  incursioni  degeriuani  pro- 


GER  1^5 

seguirono  talmente,  che  giunsero 
ad  impo''Sessarsi  di  ciica  una  metà 
di  tale   impero. 

Dopo  la  rovina  dell'impero  occi- 
dentale la  Germania  fu  divisa  in 
sei  principali  nazioni,  cioè  svcvi  o 
alemanni ,  franchi ,  frisi ,  sassoni, 
turingi  e  bavari.  Intanto  i  franchi 
ed  i  borgognoni  passando  nelle  Gal- 
lio v'  innalzarono  il  trono  dei  Me- 
rovingi nel  ^5i;  e  gli  slavi  ed 
i  vandali  più  boreali  presero  stan- 
za nel  lato  orientale  dell'Alemagna. 
Quindi  i  franchi  sotto  la  condotta 
di  Clodoveo  I  re  di  Francia,  sog- 
giogarono la  Gallia,  e  di\ennero 
successivamente  padroni  di  altre 
nazioni  tedesche.  Dappoiché  Clo- 
doveo I  dimorante  nella  Gallia,  e 
Sigeberto  I  re  di  Austrasia,  riu- 
nite avendo  le  loro  truppe,  scon- 
fissero gli  alemanni  a  Tolbiac  col- 
la famosa  battaglia,  in  tal  mo- 
do solo  impedì  che  gli  alemanni- 
svevi  invadessero  ulteriormente  la 
Gallia  ;  ma  i  germani  di  Alsazia 
e  della  Svizzera  riconobbero  Clo- 
doveo I  per  loro  sovrano.  Altri  si 
rifugiarono  nella  Piezia  e  nel  No- 
rico ,  ove  Teodorico  re  d'Italia 
permise  loro  di  stabilirsi.  Da  quel 
tempo  i  germani  non  ebbero  più 
re  di  loro  nazione,  ed  il  loro  no- 
me estendendosi  nella  Gerniania , 
divenne  pei  franchi  un  nome  ge- 
nerico dato  a  tutti  gli  abitanti  della 
Germania,  che  chiamavano  Inaiseli' 
land.  Fu  questo  il  principio  del- 
l'ingrandimento de'franchi,  che  di- 
venuto sempre  maggiore  preparò 
la  via  al  novello  imperio  d' occi- 
dente da  un  alemanno  fondato, 
che  sul  franco  soglio  si  assise.  Egli 
è  il  figliuolo  di  Pipino,  il  glorioso 
Carlo  Magno ,  che  colle  vittorie 
riportate  sopra  i  sassoni ,  teraiinò 
il  conquisto   delia    Germania  dive- 


126                    GER  GER 
nuta  provincia  del  franco   imperio,  li  della  fede,  Onde  li  costrinse  a  vi- 
Prima   di    venire   all'istituzione    di  vere    confuruie    alle     massime    dei 
questo,  rammenteremo  di  aver  det-  viingclo.   Alfaticò   col    sauto    vesco- 
to,  come    verso    la  fine  del    secolo  vo     Willibrordo   per  lo     spazio  di 
VII    qualche    lume  del    crisliancsi-  tre  anni,  e  guadagnò  un  gran  nu- 
mo  fu  portato  in  diveise  parli  del-  mero  d'anime  a  Gesù  Cristo.  Nel- 
la  Germania  dal   vescovo  irlandese  l'uscire  dalla    Frisia  percorse  l'As- 
Chiliano,   da  Suidbeito  ed  Oìvaldo  sia,  ed    una  parte  della    Sassonia, 
inglesi,    e    da   s.   Roberto    vescovo  per   tutto  battezzando  i   pagani,  ed 
di    Worms    o    di   Wormazia ,  che  alzando  chiese  cristiane  sulle  rovine 
stabilì    la  sua    sede  in   Salisburgo;  dei    templi    degl'idoli.     Intanto  s. 
che    la    predicazione    del     vangelo  Bonifacio  informò  il  Papa  dell'esi- 
con     maggior    successo    continuossi  to  di  sua   missione  con  una  lette- 
in    Germania    nel   secolo    Vili   da  ra,  e  lo    consultò  sopra    parecchie 
Corbiano  di   Chartres,  e   principal-  difficoltà  che   trovava  nell'esercizio 
mente  da    s.    Bonifacio  poi  arcive-  del    suo    ministero.    San    Gregorio 
scovo  di  Magonza,  chiamato  Vapo-  II    rispose    a    tutto,    si    congratulò 
stolo  della   Germania.  Il  santo  ar-  vivamente    pei    felici  successi,  e  lo 
dendo    di     zelo    per    la    gloria     di  chiamò   in   Roma.   Il  servo  di   Dio 
Dio,  e    per  la    salute    delie    anime  prontamente  ubbidì,  couducendovi- 
di   fare   il  missionario,   onde  toglie-  si  nel  728:     allora    il  Pontefice  lo 
re  dalle  tenebre  dell'idolatria  tan-  consacrò  vescovo,  e  gli  cand^iò  Tan- 
ti popoli,    ottenne  dal  suo    abbate  tico    nome  di    Wmfrido  in    quello 
nel    716    il    permesso    di   promul-  di  Bonifacio,  se  pure  ciò  non  aves- 
gare    il    vangelo    agi'  infedeli  della  se  già  fatto.  11  santo  fece  giuramen- 
Frisia,  e  poscia   portatosi   in  Roma  to  di  mantenere  la  purità  della  fe- 
dal   Papa  s.    Gregorio    II   per  do-  de  e  l'unità  delia  Chiesa,  e  ne  lasciò 
mandargli  l'apostolica  benedizione,  una   copia  sulla  tomba  di    s.  Pietro 
e  corrispondenti  flicoltà,  fu  accolto  scritta  di     sua  mano.  Il     Papa  gli 
paternamente.     Il    Papa    pieno    di  diede  una  raccolta  di  canoni  scelti, 
stima  per  lui  gli    fece  grandissimo     i    quali    gli    servissero     di    regola  ; 
onore,    gli  accordò    ampio    potere     quindi   egli     ritornò    in    Germania 
di   predicar  l'evangelo  a  tutti   i  pò-     ove  fece  tutto  quello  che  narrammo 
poli  idolatri   di   Alemagna,  gli   do-     alla  sua    biografia.    Solo  qui  dire- 
nò molte   reliquie,    e  gli  consegnò     mo  ch'essendo  salito  sulla  cattedra 
diverse  commendatizie  pei   principi     apostolica     nel      78 1    s.     Gregorio 
cristiani  a  cui  s'incontrerebbe  lun-     III,  Bonifacio  lo  consultò  sopra  al- 
go  il  viaggio.                                           tri    dubbi,    ed    il     Papa    consegnò 
San     Bonifacio    partito     per    la     ai  suoi  deputati  un  pallio  da  usar- 
Germania,    nella    Baviera    e    nella     si  nella  celebrazione  dei  divini  mi- 
Turingia  esercitò  primieramente  il     steri,  e  nella  consacrazione  de'vesco- 
suo  zelo  e  le  sue  apostoliche   fati-     vi,  giacché  lo  dichiarò  arcivescovo 
che,  battezzandovi  gran  numero  di     e    primate    di    tutta    I'  Alemagna, 
persone:  e   in  quei   pochi    cristiani     con  ampio    potere     di   fondar    ve- 
che    vi     trovò,  a  cagione    del     lo-      scovati     in     qualunque     luogo     gli 
ro  commercio    cogl' idolatri,  erano     paresse  necessario.  Nel    788  s.  Bo- 
spenli  pressoché    tutti   i  sentimcn-     nificio  per    la    terza    volta  si  recò 


GER 
in    Roma    per  venerare    le   tombe 
de'ss.   Apostoli,  e  per  conferire  col 
Papa  intoi'no  alle  chiese  che  avea 
erette.  S.  Gregorio  III  gli  die  con- 
trassegni di  particolar  estimazione, 
e  lo  nominò  legato  della  saula  Se- 
de   in    Germania ,     ove     rilornato 
Bonifacio  fondò  i  vescovati  di  Fri- 
singa    e  Ratisbona,  confermati  dal 
Pontefice   nel   789 ,   perchè  in  Ba- 
viera   non     era  vi    che    il  solo    ve- 
scovato di  Passavia.  Indi  otabiii  tre 
novelli  vescovati,  l'uno    ad    Erfort 
per    la   Turingia,  l'altro  a    Wurtz- 
Jjurgo    per    la   Franconia,  il   terzo 
a  Baraburgo    trasferito  poi  a  Pa- 
derbona  per  l' Assia;  ne  aggiunse  un 
quarto  ad  Eichstett   pel  palatinato 
di  Baviera,    consacrando    Giovanni 
in   vescovo  di   Salisburgo,  sede  già 
eretta  da  s.  Roberto  di  Worms. 

Divenuto  nel  741  Pontefice  s. 
Zaccaria,  facendo  gran  conto  di  s. 
Bonifacio ,  approvò  quanto  aveva 
fatto  nella  chiesa  di  Germania,  il 
quale  ivi  celebrò  due  concili,  e 
presiedette  a  quello  di  Soissons,  o- 
ve  coronò  il  re  Pipino  il  Bi'eve  : 
questo  re  nominò  s.  Bonifacio  alla 
sede  di  IMagonza  ,  ed  il  Papa  nel 
75 1  eresse  tal  chiesa  nuovamente 
in  metropoli.  Stabilitasi  nelle  Gal- 
lie  la  religione  ciistiana,  il  gover- 
no ecclesiastico  formossi  in  genera- 
le sopra  il  governo  civile  :  il  ve- 
scovo della  metropoli  civile  diven- 
ne metropolitano  della  provincia 
ecclesiastica,  e  aveva  per  suffraga- 
iiei  i  vescovi  delle  città  che  com- 
ponevano la  provincia  nell'ordine 
politico.  Così  le  chiese  della  pri- 
mitiva Germania  furono  sino  dai 
primi  secoli  soggette  alla  metropoli 
di  Magonza ,  come  si  legge  nel 
Giandidier,  Islor.  della  chiesa  di 
Strasburgo  tom.  I,  p.  170  e  seg. 
Essendo    stata    distrutta     JMagonza 


GER.  I2iy 

nel  407  dalle  scorrerie  de' vandali, 
i   vescovati  che  n'erano  dipendenti 
furono   tolti    a    questa    metropoli  , 
per   essere    sottomessi  a   quella    di 
Tre  veri.  Nel    7^1     la  metropoli  di 
INIagonza    fu    ristabilita,  e    s.  Zac- 
caria gli  sottomise  le  sedi   vescovi- 
li  di    Colonia  ,  Tongres  ,    Utrecht, 
Augusta,  Coirà  ,     e     Costanza,  cioè 
quelle  che    con   autorità  apostolica 
erano  state  erette  da  s.   Bonifacio, 
e  quelle  che  innanzi  erano  già  suf- 
fraganee  alla  metropoli  di  Treveri, 
come  Strasburgo,  Spira,  e  Vorms; 
poco    appresso    Colonia  fu    elevata 
al    grado    arcivescovile.    Quindi    s. 
Bonifacio    per    istillare    nel     cuore 
dei  germani    quello  spirito  di  dol- 
cezza e  di  pietà  prescritto  dal  van- 
gelo,   chiamò    dall'Inghilterra    sua 
patria,   uomini    e    donne  ragguar- 
devoli  per    le    loro  virtù.   JXel   nu- 
mero degli   uomini    furono  i   santi 
Wigberto,  Burcardo  di  Wurtzbur- 
go,  Lullo,  e  Willibaldo  d'Eichstett. 
Si  annoverano  fra  le  donne  le  san- 
te Leobgila,  Tecla,  Valburga,  Ber- 
tigita,  e  Contiuda,  alle  quali  il  san- 
to affidò  il   governo    dei   monisleri 
eh'  egli  avea    fatto    edificare   nella 
Turingia,  nella  Baviera,  e  in  altri 
luoghi.   Fra  le  celebri  abbazie  fon- 
date in   Germania  da   s.  Bonifacio 
nomineremo     a     cagione     d'  onore 
quella  di  Fulda  :   inoltre  egli  este- 
se l'attivo  suo  zelo  a    molte  lonta- 
ne   contrade    fuori  dell'  Alemagna, 
e    dall'  Inghilterra    fece  venire  di- 
versi  utili  libri.    Usò  della   permis- 
sione datagli    da  s.  Zaccaria  di  e- 
leggersi  un  successore,  consagrando 
perciò    ai'civescovo    di   IMagonza    s. 
Lullo,  che  il  Papa  Stefano  II   det- 
to III    confermò;  il  quale    doveva 
andare     a     predicare    il    vangelo  a 
quei    popoli  d'  Alemagna  che    non 
avcano  ancora  abbracciato  la  fede. 


128  GER  GER 
Filialmente  essendo  ncccso  del  desi-  franchi,  come  porzione  óella  me- 
derio  di  versare  il  sangue  per  la  fede  ,  desima,  ed  è  perciò  cli^  le  notizie 
portandosi  a  predicar  il  vangelo  ai  di  Carlo  Magno  e  de*  successori 
popoli  barbari  che  abitavano  le  suoi  sono  riportate  all'articolo  Fran- 
piìi  rimote  coste  della  Frisia,  dopo  cia,  in  un  a  quanto  riguarda  le 
averne  convertito  un  gran  nume-  cose  principali  sulla  dominazione 
ro  fu  dagli  idolatri  tagliato  a  pez-  da  loro  esercitata  nella  Germania. 
2Ì  a'5  giugno  755.  Le  notizie  sul-  Frattanto  il  Pontefice  s.  Leone  III 
la  erezione  delle  altre  chiese  ger-  nel  giorno  di  Natale  dell'anno  800, 
maniche,  sono  riportate  ai  rispetti-  in  R.oma  nella  basilica  di  s.  Pie- 
vi articoli,  insieme  alla  propaga-  tro  solennemente  unse  e  coronò 
zione  del  cristianesimo.  imperatore  de'  romani  Carlo  Ma- 
I  successori  di  Clodoveo  I  re  dei  gno,  ripristinando  così  con  autori- 
franchi,  avendo  successivamente  sog-  tà  pontificia  il  sacro  romano  im- 
giogato  tutta  la  Gallia,  fecero  a  pero  d'occidente.  Fedi  Impero,  ed 
poco  a  poco  altrettanto  con  le  na-  iMrERATORE.  A  maggiore  intelligen- 
zioni  tedesche,  di  modo  che  al  za  qui  riporteremo  la  serie  degli 
tempo  di  Carlo  Magno,  che  diven-  imperatori  e  re  di  Germania  sino 
ne  re  l'anno  768,  tutta  la  Germa-  ad  Ottone  l  ;  e  la  successiva  in 
nia  era  unita  sotto  un  solo  scettro  progresso  della  narrazione  degli  av- 
dipendente    dalla    monarchia     dei  venimenti. 

Carlo  Magno  imperatore .  800  .  .  8i4 

Lodovico  I    il  Pio  imperatore 8i4  •  •  840 

Lotario  I  imperatore < 817   .  .  855 

Lodovico  li  imperatore 855  .  .  875 

Carlo  I  il   Calvo  imperatore  .  ,  » 875  .  .  877 

Lodovico  \[  Tedesco  primo  re  di  Germania.  817  .  .  876 

Lodovico  III    il    Sassone 876   .  .  882 

Carlomanno  re  di    Baviera 876  .  .  880 

Carlo  III  il   Grosso  re  di  Svevia  dall' 876, 

di  tutta  la  Germania 882  dep.  887  ra.  888 

Arnolfo    ........,; 887  .  .  899 

Zventiboldo  re    di  Lorena 895  .  .  900 

Luigi    IV   il  Fanciullo 899  .  .911 

Corrado    I    .4».» 912-  .918 

Enrico    I  V Uccellatore 919  •  •  9^6 

Ottone    I ;  .  .   .  936 

re  d'  Italia 961 

imperatore  il  2  febbraio  .......  962  .  .  975 

Le  nazioni  tedesche  ebbero  dap-  Diete    (Fedi),   usate   dai    germani 

prima  i  loro  duchi  ereditari,  e    le  sino  dai  tempi    remoti.  Durante  il 

loro  proprie  leggi,  ma  Carlo  Magno  suo  regno  comprendevansi  sotto  il 

gli  abolì  poscia,  governando  le  prò-  nome    di     Aleraagna    tutti  i    paesi 

vincie  per  mezzo  di  conti    e  coni-  situati  fra    il    Meno,    il  Reno,    il 

uiissari,    rimanendo    iu    vigore    le  Kticker,  ed  il  Danubio.  Dopo  trea- 


GER 
taire  anni  di  guerre,  nell'Soo  acqui- 
stò   la  memorata  e    rinnovata    di- 
gnilìi  d'imperatore  romano  per  sé 
e  per  la  sua  prole,  ma  non  accor- 
dò il  carattere    reale    al  suo  figlio 
Lodbvico   I,    senza    il    consenso    di 
tutti  gli  stati.  Questo  suo    succes- 
sore   divise     r  impero    tra    i    suoi 
figli ,   divisione    che    cagionò   molti 
disordini,  i   quali  non  si  tolsero  che 
neir843  col  mezzo  di  un  accordo 
slabililo  a  Verdun,  in  conseguenza 
della  battaglia    perduta    nell'anno 
precedente  da  Lotario  I  a  Fontenay, 
che  stabilì  i  destini  della  Germania. 
Il  di  lui  fratello  Lodovico  I   il  Te- 
desco o    il  Germanico,  terzogenito 
di   Lodovico  I  il  Pio,  che  sino  dal- 
l'Siy   era   redi  Baviera,  e  che  col 
fratello  Carlo    il    Calvo  avea   vinta 
tal  battaglia,  ottenne  la   Germania 
lino  al  Reno,  comprese   le  città   di 
Spira,  Worms    e  Magonza  ,  e  co- 
sì   videsi    essa  eretta  in  regno    di- 
stinto ed    indipendente,    divenendo 
il  principe  formidabile    ai  suoi  vi- 
cini. È  questa  l'epoca   in  cui  i  fran- 
chi   e  gli    alemanni  si    riguardano 
come  distinte  nazioni,  ed  ebbe  ori- 
gine il   loro  pubblico  diritto.  Inol- 
tre Lodovico  I   il  Tedesco  nell'  870 
unì  a  questo    reame    la  metà    del 
regno  lotaringico,  fu    uno  de'prin- 
cipi    pii-i    grandi    della    famiglia    di 
Carlo    IMagno ,     e    morì     a  Franc- 
fort     a' 28     agosto  dell'anno    876. 
Gli    successe    il   figlio  Lodovico  II 
detto  il  in,  e  venne  attaccato  dal- 
lo zio  Carlo  il  Calvo,  ch'egli  vinse 
vicino  ad  Andernach  gli  8  ottobre 
876:  questo  Lodovico    II  unì  alla 
Germania  nell' 879  l'altra  porzio- 
ne   della   Lotaringia.    Lodovico    II 
co'suoi  due    fratelli  fece  una  nuo- 
va divisione  del  regno  di  Germa- 
nia, talmente    che    Carlo   o  Carlo- 
manno  diventò  re  di  Baviera,  Lo- 

voi.    XXIX, 


GER  129 

dovico   re   de'  franchi   orientali,    e 
Carlo    111    il   Grosso  re    di  S  ve  via, 
ed    essendo    sopravvissuto    ai    suoi 
fratelli,  lo  divenne  di  tutta  la  Ger- 
mania. Luigi  li  morì  in  Francfort 
a'20  gennaio  dell'  882,  nel  tempo 
che  stava   formando  truppe  per  far 
fronte    ai  normanni.   Carlo  111  so- 
pravvisse ai  suoi   fratelli,  e  non  so- 
lo s'impadronì  dei    regni   loro,    ma 
riunì   sotto   il  suo  dominio  l'impe- 
ro, con  l'Italia  e  la  Francia,  ed  in 
tal  modo  fu    padrone   di    tutta  la 
monarchia    primiera     de'  franchi  ; 
ma  a  cagione  della    sua  debolezza 
di  corpo  e    di   spirito,  non  essen- 
do   a    dovere    amministrato  il  go- 
verno, gli  stati     tedeschi   alla    die- 
ta di  Tribur  lo  deposero  neir887, 
ed  elessero   Arnolfo,   figlio  natura- 
le di    Carlomanno    re    di  Baviera, 
e    nipote  in  conseguenza  di  Lodo- 
vico I  il  Germanico.  Arnolfo    do- 
vette sostenere  molte  guerre,  e  ri- 
mase quasi  sempre  vincitore:  disfe- 
ce i   normanni    nell'  892,  indi    nel 
seguente  anno  passò  in  Italia,  vin- 
se il  re  Guido  che  Stefano  VI  a- 
vea  coronato    imperatore,    che  gli 
disputava  la    sovranità  del    paese  , 
s'  impadronì    di  diverse  città,    e  si 
fece  coronare  re    d' Italia  a  Pavia. 
Poco     tempo     dopo    assistito   dagli 
ungheri   attaccò  Zwentiboldo  re  di 
Moravia,  al    quale    egli    avea   con- 
ferito il    ducato  di  Boemia,  e  che 
abusava  di    tal  favore  per  tentare 
di    farsi  indipendente,  Arnolfo  sfor- 
zò Zwentiboldo  a  sottomettersi  ed 
a  dichiararsi  suo  tributario. 

Nell'893  Ildegarda  cugina  d'Ar- 
nolfo cui  avea  aiutato  a  salire  sul 
contrastato  trono,  tentò  di  rovesciar- 
nelo:  tale  cospirazione  fu  scoperta, 
ed  Ildegarda  venne  esiliata.  Arnolfo 
ritornò  in  Italia,  penetrò  fino  a  Ro- 
ma iieir 89 5,  siccome  chiamatovi  dal 
9 


i3o 


GER 


Pontefice  Formoso,  per  reprimere 
la  fazione  che  gli  era  contraiia  di 
Lamberto  figlio  del  suddetto  Guido: 
Arnolfo  coi  consenso  del  Papa  prese 
la  città  che  i  soldati  saccheggiarono, 
indi  Formoso  lo  coronò  ed  unse  im- 
peratore ;  ma  la  sua  elezione  all'im- 
pero e  consacrazione  furono  annul- 
late nel  concilio  di  Pioma  dell'  898 
da  Giovanni  IX,  che  invece  riconob- 
be Lamberto.  Indi  Arnolfo  passò  ad 
assediare  la  rocca  di  Ferino  (  Fedi), 
ove  si  era  chiusa  Ageltrude  moglie 
di  Guido,  e  vuoisi  che  gli  propinasse 
una  sonnifera  bevanda,  che  gli  pro- 
dusse secondo  alcuni  la  morte  in  Ra- 
tisbona  a'  29  novembre  899.  Arnol- 
fo ebbe  due  legittimi  figli,  Gismuta 
o  Gismonda  che  fu  madre  di  Cor- 
rado I,  e  Lodovico  IV  il  quale  suc- 
cesse a  suo  padre.  Ebbe  altre- 
sì Ire  figli  naturali,  di  cui  il  mag- 
giore, nominato  Zwentiboldo,  fu  re 
di  Lorena.  Luigi  o  Lodovico  IV  il 
Fanciullo,  nato  ueir893,  successe  al 
genitore,  ed  essendo  perito  in  una 
sollevazione ,  il  fratello  naturale 
Zwentiboldo  riunì  la  Lorena  ai  suoi 
stati.  Nel  908  assunse  il  titolo  di 
imperatore,  ma  è  incerto  se  avesse 
la  consacrazioQe  ecclesiastica,  ceri- 
monia in  quei  tempi  giudicata  in- 
dispensabile. La  Germania  fu  de- 
vastata dagli  unni,  e  Luigi  IV  trop- 
po debole  per  impedir  le  loro  inva- 
sioni, li  pagò  perchè  retrocedessero. 
Poco  dopo  Ottone  duca  di  Sassonia 
e  di  Turingia,  e  Corrado  duca  di 
Franconia  cioè  del  paese  chiamato 
Francia  R.enana,  discendenti  per  li- 
nea femminile  da  Carlo  Magno,  si 
contesero  il  trono  germanico.  Luigi 
IV  sbigottito  fuggì  a  Ratisbona,  ove 
morì  a'  2  i  gennaio  9 1 2,  e  fu  l'ulti- 
mo  principe  della  stirpe  di  Carlo 
Magno  in  Germania.  A  quest'epo- 
ca   approfit-tando   dello    sconvolgi- 


GER 
mento  in  cui  trova  vasi  allora  l'im- 
pero, molti  signori  divenuti  possenti 
finirono  di  rendersi  indipendenti  e 
sovrani,  tale  essendo  in  realtà  1  o- 
rigine  primiliva  della  maggior  par- 
te dei  principi  che  regnano  al  pre- 
sente in  Alemagna.  Essa  compren- 
deva allora  piti  di  trecento  stati, 
fra  regni,  principati,  arcivescovati, 
vescovati,  abbazie,  signorie,  e  città 
libere  :  verso  questo  tempo  nacque- 
ro i  ducati  di  Svevia,  di  Franco- 
nia, e  di  Baviera.  Dopo  la  morte 
di  Luigi  IV  gli  stati  tedeschi  vole- 
vano eleggere  re  di  Germania  Ot- 
tone duca  di  Sassonia,  ma  ricusan- 
do questi  una  tal  dignità,  la  confe- 
rirono invece  nel  911  0912  eoa 
unanime  consenso  a  Corrado  nipo- 
te di  Ainoifo  come  figlio  di  Gis- 
monda, tranne  i  lorenesi,  che  si  die- 
rono  a  Carlo  III  il  Semplice  re  di 
Francia,  al  quale  per  ragione  ere- 
ditaria si  doveva  lo  scettro  germa- 
nico. Per  tale  rivoluzione,  che  can- 
giò la  corona  in  elettiva,  ebbero 
origine  le  perturbazioni  che  desola- 
rono il  regno.  Obliando  Corrado  I 
la  riconoscenza  che  doveva  ad  Ot- 
tone, volle  indebolire  la  potenza  di 
Enrico  suo  figlio,  conosciuto  più 
tardi  come  capo  dell'impero,  sotto 
il  nome  di  Enrico  I  X  Uccellatore, 
perchè  fu  trovalo  alla  caccia  quan- 
do gli  fu  recata  la  corona:  questo 
principe  era  nato  da  Luitgarda  fi- 
glia dell'imperatore  Arnolfo,  e  per- 
ciò nipote  dello  stesso  Corrado  I, 
il  quale  non  volle  accordargli  l' in- 
vestitura del  ducato  di  Sassonia,  e 
gli  negò  quella  del  ducato  di  Tu- 
ringia, cui  doveva  similmente  ere- 
ditare da  Ottone  suo  padre.  Eiiiico 
si  vendicò  di  Coriado  1,  lo  combat- 
tè, e  si  alleò  col  re  di  Francia 
Carlo  111,  il  quale  però  perde  l'  Al- 
sazia che  occupò  Corrado  I.  Intau- 


GER 

to  gli  ungheri  penetrarono  fino  al 
Reno,  bruciarono  Basilea,  e  feriro- 
no mortalmente  Corrado  I,  che  ve- 
dendo avvicinarsi  il  suo  fine,  si  rim- 
proverò le  sue  ingiustizie  verso  En- 
rico, Io  designò  per  successore,  rac- 
comandandolo agli  stati,  commise  a 
suo  fratello  Eberardo  di  portargli 
le  reali  insegne,  e  mori  senza  figli 
a' 23  dicembre  del  918.  Il  regno 
di  Enrico  I  contribuì  a  riunire  gli 
animi,  ed  a  sostenere  la  gloria  na- 
zionale; ricusò  agli  ungheri  ed  un- 
ni depredatori  il  tributo,  e  sosten- 
ne colle  armi  vittoriose  i  propri 
diritti  ;  per  lui  la  maggior  parte 
delle  città  vennero  cinte  di  mura 
e  fortificate  ;  egli  istituì  pel  primo 
le  regolari  milizie,  ed  a  lui  si  at- 
tribuisce r  invenzione  dei  tornei. 
Fece  inoltre  delle  leggi  savissime, 
ridusse  a  dovere  Arnolfo  il  Cattivo 
duca  di  Baviera,  vinse  i  boemi,  gli 
schiavoni  ed  i  danesi,  non  si  ar- 
rogò mai  il  titolo  d'  imperatore, 
benché  ne  avesse  la  piena  autori- 
tà. Morì  a' 2  luglio  del  gSG,  e  la- 
sciò tre  figli:  Ottone  I  che  gli  suc- 
cesse, Enrico  duca  di  Baviera,  e 
Brunone  arcivescovo  di  Colonia, 
Ottone  J,  che  si  meritò  il  sopran- 
nome di  Grande,  fece  rivivere  lo 
splendore  e  la  potenza  del  trono, 
aumentando  le  saggie  leggi  pro- 
mulgate dal  padre,  venendo  anche 
sotto  di  lui  edificate  e  fortificate 
molte  città.  Vinse  gli  ungheri,  i 
boemi,  e  quei  ribelli  che  avevano 
congiurato  contro  di  lui;  si  portò 
in  Italia  e  sconfisse  il  re  Beren- 
gario che  teneva  Adelaide  vedova 
di  Lotario  re  d'Italia  e  figlia  di 
B-odolfo  II  re  di  Borgogna  asse- 
diata nella  fortezza  di  Canosa.  Ot- 
tone I  prese  Pavia,  liberò  la  vir- 
tuosa ed  avvenente  Adelaide,  e  la 
sposò  nel  95 1  :  questo  principe  era 


GER  i3i 

amico  di  Papa  Stefano  IX  edu- 
cato in  Germania  ,  mentre  l' al- 
tro Pontefice  Agapito  lì  a  lui  ri- 
corse contro  Berengario,  perchè 
maltrattava  gli  ecclesiastici,  e  loro 
toglieva  per  forza  il  denaro.  Nel 
ritorno  in  Germania  Ottone  I  vin- 
se r  armata  del  suo  primogenito 
Ludolfo,  che  con  molti  principi 
avea  cospirato  contro  di  lui,  e  ripor- 
tò una  segnalata  vittoria  sugli  un- 
gheri nel  955,  restando  ucciso  il 
duca  di  Worras  con  due  principi 
tartari.  Indi  fece  coronare  nel  961 
in  Aquisgrana  Ottone  II  suo  fi- 
glio, chiamato  il  Sanguinario,  e  la 
Pallida  morte  de" saraceni,  nato  da 
Adelaide. 

Il  Pontefice  Giovanni  XII  trava- 
gliato da  Berengario,  e  dal  figlio 
di  lui  Adalberto,  chiamò  in  Roma 
Ottone  I,  acciocché  con  un  esercito 
lo  liberasse,  obbligandosi  prima 
con  giuramento  di  fare  restituire 
alla  Chiesa  romana  i  beni  che  gli 
erano  stati  tolti  dai  tiranni.  Quin- 
di Ottone  I  cacciò  dall'Italia  i  due 
principij  e  restituì  alla  santa  Sede 
ciò  che  gli  aveano  donato  Pipino 
e  Carlo  Magno,  laonde  il  Papa  per 
riconoscenza  lo  coronò  imperatore 
in  s.  Pietro  a'  1 3  febbraio  del 
962,  essendo  egli  il  primo  tedesco 
che  fu  ornato  della  corona  impe- 
riale dal  Papa,  e  Giovanni  XII  il 
primo  tra  i  romani  Pontefici  che 
passò  l'imperio  ai  tedeschi.  Mal- 
grado questa  concessione  il  Papa 
tornò  a  riconoscere  Adalberto,  ri- 
cevendolo in  R^oma;  onde  adira- 
tosi l'imperatore  Ottone  I  nel  g63 
si  recò  di  nuovo  in  Roma  con  e- 
sercito,  ed  obbligò  i  romani  a  giu- 
rargli di  non  eleggere  piìi  Ponte- 
fice alcuno,  senza  l'approvazione 
dell'  imperatore,  il  quale,  essendo 
fuggito  Giovanni  XII,  fece  aduna- 


i32  GER 

re  un  conciliabolo,  ed   iniqunmenfe 
degradato  il  Pontefice,  l'imperatore 
fece  eleggere  in  antipapa  Leone  Vili; 
ma  cacciato  questi    dai  romani   ri- 
pristinarono (riovanni  XII  che  nel 
concilio  del  r)f>4  condannò  l'augu- 
sto, ed   il  falso  pontefice.    Giovan- 
ni XII  morì    nel  maggio    di  detto 
anno,  e  senza  il  consenso  imperia- 
le fu  eletto  Benedetto  V.    Adirato 
Ottone  I  contro  i  romani  pel  vio- 
lato giuramento,  ritornò  in  Roma, 
e  vintala  con  la   fame,    portò  seco 
in  Germania  Benedetto   V  che  ri- 
legò in   Amburgo.    Dopo  la  morte 
di   Leone  VIII  nel  965    fu  creato 
canonicamente     Giovanni    XIII,    e 
dell'  intrusione    degli  imperatori  di 
Germania  nell'  Elezione   de/ Ponte- 
fici [Fedi),  se  ne  parla  a  quell'av- 
ticolo.   A    cagione    di    un    tumulto 
il  nuovo  Papa    si    ritirò  a  Capua, 
per  cui  Ottone  I  parti   per  Roma 
onde    restituirlo    alla    sua   sede;    i 
romani  impauriti  lo  richiamarono, 
ma  dodici  non  poterono  evitare  la 
morte  per    ordine  dell'imperatore. 
Questi  dopo  aver  vinto  Adalberto, 
restituì  a  Giovanni    XIII    le  terre 
della    Chiesa  nsui-pate  dai    Beren- 
gari,  e  per  gratitudine  il  Papa  gli 
coronò  imperatoi'e  il    di    lui  figlio 
Ottone  li,   nel  giorno  del  santo Na- 
tal  del    9G7.    Ottone  I    riunì    alla 
Germania    la  Lorena,    e    il    regno 
d'Italia    che    n'era    stato    separato 
dopo    la    morte  di    Carlo  Magno , 
rendendosi   anche  padrone    di  tut- 
ta  la   Boemia;  moiù  in  Magdebur- 
go  a' 7   maggio  del  973,  encomia- 
to siccome  uno  de'  piìi  grandi  im- 
peratori che  abbia    avuto    la  Ger- 
mania, amante  della  giustizia,  cle- 
mente   e  magnanimo,    qualità  che 
dimenlid)  nella  condotta  tenuta  col 
Pontefice.    Gli  successe    Ottone    II, 
che  prima  della  morte    del    padre 


GER 

nvea  sconfitto  i  greci  ed  i  sarace- 
ni, e  fece  sfare  a  dovere  Enrico 
di  Baviera  suo  cugino,  che  si  era 
fatto  proclamare  imperatore  in  Ra- 
tisbona.  Qualche  tempo  dopo  a- 
vendo  data  la  bassa  Loi  ena  a  Car- 
lo fratello  unico  di  Lotario,  con 
patto  che  gliene  facesse  omaggio, 
Lotario  di  ciò  sdegnato  gli  dichia- 
rò guerra,  e  solo  pacilicossi  nel 
980.  Indi  Ottone  II  mai'ciò  in  I- 
talia  contro  de' greci,  i  quali  essen- 
do soccorsi  dai  saraceni,  lo  scon- 
fìssero interamente  nel  982.  Egli 
prese  di  poi  Benevento,  e  lo  pose 
a  ferro  e  a  fuoco,  e  morì  in  Ro- 
ma di  cordoglio,  o  da  un  colpo  di 
freccia  avvelenata,  a' 7  dicembre  del 
983,  in  concetto  di  principe  cru- 
dele. Fu  sepolto  nell'atrio  della 
vecchia  basilica  vaticana,  e  quan- 
do fu  trasportato  nelle  sagre  grot- 
te, la  grand'urna  di  porfido  che 
ne  racchiudeva  le  ceneri,  fu  desti- 
nata per  fonte  battesimale  della 
stessa  basilica.  Ottone  III  detto  il 
Rosso,  od  il  miracolo  del  mondo 
successe  a  suo  padre  Ottone  II,  di 
circa  anni  dodici:  la  sua  minorità 
cagionò  delle  turbolenze  nell'  im- 
perio, ma  felicemente  si  sedarono, 
e  pervenuto  all'età  atta  a  gover- 
nare fece  vedere  eh'  era  degnissimo 
del  comando.  Il  Papa  Giovanni 
XV,  già  arcicancelliere  del  di  lui 
padre,  travagliato  da  Crescenzio 
Numentano  che  signoreggiava  Ro- 
ma, partì  per  la  Toscana,  e  ricor- 
se all'imperatore;  ma  i  romani 
che  ne  temevano  la  potenza  subito 
lo  richiamarono.  Nel  996  gli  suc- 
cesse nel  pontificato  Gregorio  V, 
il  primo  tedesco  che  sab  sulla  ve- 
neranda cattedra  di  s.  Pietro,  pa- 
rente di  Ottone  III,  che  nell'ulti- 
mo di  maggio  coronò  imperatore 
con  la  sua  moglie  Maria,  e  dichia- 


GER 

rò  protettore  della  Chiosa  :  i  criti- 
ci iiogano  die  l'imperatore  abbia 
preso  moglie.  Si  vuole  da  alcuni,  che 
il  Papa  iu  un  concilio  che  celebrò 
in  presenza  dell'  augusto,  abbia  i- 
sLituito  il  collegio  degli  Elellori  del 
sacro  romano  imperio,  di  che  se 
ne  tratta  a  quell'  articolo.  Tornato 
Ottone  IH  in  Gernjaiiia,  Crescen- 
zio si  arrogò  in  Roma  la  sovrana 
autorità,  cacciò  nel  997  Gregorio 
V,  e  gli  surrogò  l'antipapa  Gio- 
vanni XVII.  L'usurpatore  si  pre- 
parava in  Castel  ».  Angelo  ad  una 
vigorosa  difesa,  quando  intese  che 
l'imperatore  marciava  verso  Roma, 
per  cui  fu  costretto  ad  arrendersi 
con  l'antipapa:  questi  fu  dalla  ple- 
be frustato,  mutilato  ed  acceccato^ 
onde  mori,  e  Crescenzio  fu  decapi- 
tato. Poco  dopo  il  suo  ristabilimen- 
to Gregorio  V  terminò  di  vivere,  e 
con  r  influenza  di  Ottone  III  fu  e- 
lelto  il  suo  aulico  precettore  Sil- 
vestro II.  Essendo  ritornato  l' im- 
peratore iu  Germania,  i  romani 
nel  looi  si  sollevarono  non  vo- 
lendo dipendere  dai  tedeschi.  Fu 
lusingalo  Ottone  HI  che  la  sola 
sua  presenza  avrebbe  imposto;  ma 
giunto  in  Roma  fu  assediato  nel 
palazzo,  e  corse  grave  pericolo,  dal 
quale  lo  liberarono  Ugo  marchese 
di  Toscana,  ed  Enrico  duca  di 
Raviera,  che  tenendo  a  bada  il  po- 
polo con  trattative  agevolarono  la 
di  lui  fuga  e  quella  del  Papa.  Vi 
ritornò  con  l'esercito,  punì  i  ri- 
belli, e  morì  a  Paterno  a'  1 7  gen- 
naio 1002  di  veleno  datogli  dalla 
vedova  di  Crescenzio,  in  vendetta 
di  aver  abusato  di  lei  con  promes- 
sa di  sposarla. 

Enrico  H  divenne  re  di  Ger- 
mania, da  altri  detto  I  come  im- 
peratore: fu  chiamato  lo  Zoppo, 
1'  JposColo    ddl'  Ungheria    ed    il 


GER  i33 

Santo.  Era  della  casa  di  Sassonia, 
duca  di  Baviera,  e  nipote  di  Enri- 
co fratello  di  Ottone  I.  Fondò  il 
vescovato  di  Bamberga,  quietò  i 
tumulti  di  Germania,  scacciò  i 
greci  e  i  saraceni  dalla  Calabria, 
e  restituì  in  Roma  il  Pontefice 
Benedetto  Vili,  che  portandosi  in 
Germania  ne  avea  implorato  l'aiu- 
to contro  l'antipapa  Gregorio.  Be- 
nedetto Vili  ricevè  in  Roma  con 
grande  onorificenza  Enrico  II  col- 
la sua  sposa  s.  Cunegonda,  e  li  co» 
ronò  ambedue  in  s.  Pietro  con  la 
corona  imperiale  ai  i4  febbraio 
ioi4-  I»  questa  funzione  il  Papa 
donò  all'imperatore  lo  scettro,  e  il 
globo  imperiale  con  una  croce  dal- 
la parte  superiore,  ricco  di  gioie, 
Enrico  li  confermò  alla  Chiesa  ro- 
mana i  suoi  dominii  e  diritti,  rese 
libera  l'elezione  de'  Papi,  purché  a 
seconda  dei  decreti  di  Eugenio  H 
e  Leone  IV  la  consacrazione  pro- 
cedesse alla  presenza  degli  amba- 
sciatori imperiali,  per  evitare  i  tu- 
multi ;  indi  persuase  Benedetto  VHl 
che  iu  Roma  si  cantasse  il  simbo- 
lo Costautiuopolilauo,  il  quale  solo 
si  x'ecitava.  Nel  io  19  il  Papa  tor- 
nò in  Gei-mania,  per  domandare 
soccorso  all'  imperatore  contro  i  gre- 
ci che  occupavano  i  dominii  ec- 
clesiastici: fu  ricevuto  da  Enrico 
II  in  Bamberga,  che  fece  tributa- 
ria alla  santa  Sede,  e  partito  per 
l'Italia  col  Pontefice,  dopo  aver 
vinto  i  greci,  ambedue  si  ritrova- 
rono nel  inonistero  di  Monte  Cas- 
sino ,  dall'  imperatore  beneficato 
splendidamente.  Enrico  II  morì 
santamente  a' 1 5  luglio  del  1024, 
senza  lasciar  prole,  essendo  vissuto 
celibe  con  s.  Cunegonda,  veneran- 
doli ambedue  la  Chiesa  per  .santi. 
In  lui  si  estiuse  la  stirpe  mascoli- 
na   de'primi  re    ed    imperatori    di 


i34  GER 

Sassonia.  ìVel  medesimo  anno  fu 
eletto  in  aperta  campagna  sul  Re- 
no, Corrad»  II  detto  il  Salico,  a 
motivo  della  sua  alta  nascita,  co- 
me figlio  di  Ermanno  duca  di 
Wornis  e  di  P'ranconia,  il  quale 
riconosciuto  anche  dagli  stati  ita- 
liani, ottenne  V  imperiai  dignità, 
dopo  aver  sostenuto  una  lunga 
guerra  contro  i  principi  della  casa 
di  Sassonia,  e  dopo  aver  pacifica- 
to r  Ungheria  e  la  Polonia.  Cor- 
rado II  portandosi  in  Italia  nel 
1026,  il  Papa  Giovanni  XX  l'in- 
contrò a  fllilano  od  a  Como,  ove 
Io  coronò  re  di  Germania  o  d'Ita- 
lia; e  passali  in  Roma  nel  1027, 
a' 26  marzo,  giorno  di  Pasqua,  lo 
coronò  imperatore  d'occidente,  in 
presenza  di  Canuto  re  d' Inghilter- 
ra, e  di  Rodolfo  o  Raoul  re  di 
Borgogna.  Questo  Raoul  re  della 
Borgogna  Transjurana  lo  istituì 
suo  erede,  come  marito  di  Gisela 
sua  sorella  secondogenita  :  Eude 
conte  di  Sciampagna,  e  figlio  di 
Berta  sorella  primogenita,  gli  mos- 
se guerra,  e  vi  restò  ucciso.  Cor- 
rado II  fu  coronato  re    di    Boreo- 

o 

gna,  e  raccolse  pure  la  successione 
di  suo  cugino  Corrado,  duca  della 
Francia  Renana.  Le  perturbazioni 
d'  Italia  obbligarono  l'imperatore 
a  passarvi  nel  loSy:  a  Verona 
venne  incontrato  dal  Pontefice  Be- 
nedetto IX,  il  quale  fu  trattato 
con  ogni  onorificenza.  Deposto  poi 
il  Papa  dai  romani  per  la  sua  con- 
dotta, Corrado  II  si  recò  in  Roma 
nel  io38,  e  lo  restituì  alla  sua  se- 
de. Corrado  II  fece  mettere  al 
bando  dell'impero  Ernesto  II  du- 
ca di  Svevia  suo  genero,  il  quale 
si  era  posto  alla  direzione  della 
lega  teutonica  formata  contro  di 
lui  ;  questo  fu  il  primo  esempio  di 
tal  genere  di  proscrizione,    di    cui 


GER 

gì' imperatori  sposso  dipoi  abusaro- 
no. Le  leggi  e  le  ordinanze  che 
Corrado  li  fece  nell'impero,  mas- 
sime nella  dieta  di  Roncaglia,  l'han- 
no fatto  considerare  da  alcuni  scrit- 
tori come  autore  del  diritto  feu- 
dale scritto.  Dolce,  afiabile,  il  suo 
regno  fu  benefico  e  felice,  tranne 
alcune  guerre,  in  que' sciagurati 
tempi  inevitabili.  INIorì  in  Utrecht 
a' 4  giugno  io3g,  e  fu  sepolto  a 
Spira. 

Coi'rado   II  col   figlio,    altri    di- 
cono fratello,  Enrico  HI,  rium  al- 
l'impero   il    regno    di    Polonia,    e 
stabilì  di   nuovo  i  confini  dell'  im- 
pero tedesco  sul  fiume  Eidera,  do- 
po un  accordo  fatto  colla  Danimar- 
ca. Enrico   III  duca  di   Franconia, 
detto  il  Nero,  in  età  di  dodici  an- 
ni successe  al  padre  o   fratello,  ed 
i  boemi  credendo  profittare  di  sua 
gioventìi,  negarono  pagargli  il  soli- 
to   tributo,    ma    egli    li  sottomise. 
Anche  l'Ungheria  divenne  tributa- 
ria  all'impero    sotto    Enrico     III, 
dal    quale    distaccossi  nelle    turbo- 
lenze successive,  dappoiché  l'impe- 
ratore nel    1043  avea  riposto  il  re 
Pietro  sul    trono.    Nelle    tristi    vi- 
cende di  Benedetto  IX,    nel    io44 
simoniacamente  s'intrusero  nel  pon- 
tificato   Silvestro    III ,    e    Gregorio 
VI.   A  riparare  lo  scisma  nel  1046 
fu  tenuto  in   Sutri   un  concilio  al- 
la  presenza  di  Emico    III,    ed  ivi 
Gregorio  VI   rinunziò    la    dignità, 
che  poi  l'imperatore  ad  evitar  tur- 
bolenze condusse  in  Germania.  Quin- 
di  in  Roma   si    procedette   a    per- 
suasione di  Enrico  III,  con   unani- 
me consenso,  all' elezione  di  Clemen- 
te li    sassone    suo    cancelliere,    già 
canonico  di  Halberstadt,  e  vescovo 
di    Bamberga  :    fu    coronato   a'  i5 
dicembre,  nel  qual  giorno  di    Na- 
talo   il  Papa   coronò    in   s.    Pietro 


GER 

Enrico  UT  colla  stm  mog-Iie  Agne- 
se d' Aquitania.  IntU  Cleiiiciite  II 
e  1'  imperatore  partirono  per  la 
Puglia,  ove  l'imperatore  die  alcu- 
ne investiture  ai  principi  norman- 
ni, e  per  non  essere  stato  ricevuto 
dai  beneventani,  domandò  che  fos- 
sero scomunicati.  Continuando  il 
Pontefice  il  viaggio  per  la  Germa- 
nia, vi  canonizzò  s.  Viborada ,  e 
morì  dopo  nove  mesi  e  sette  gior- 
ni di  pontificato.  Il  clero  e  popo- 
lo romano  spedì  legati  in  Sassonia 
ad  Enrico  111  pel  successore,  e  que- 
sti gli  raccomandò  il  bavaro  Pop- 
pone  vescovo  di  Bressanone,  che 
il  clero  e  popolo  elessero  col  no- 
me di  Daaiaso  II,  ma  non  gover- 
nò che  ventitré  giorni.  Allora  l'im- 
peratore destinò  a  succedeilo  il 
proprio  parente  Brunone  di  Lore- 
na vescovo  di  Toul ,  che  di  mala 
voglia  acconsentì  col  patto  che  ne 
venisse  dal  clero  e  popolo  roma- 
no confermato,  né  l' elezione  del- 
l'imperatore fosse  stimata  più  che  u- 
na  semplice  raccomandazione.  Giun- 
to Brunone  in  Roma  nel  1049  ^^ 
eletto  con  generale  consenso ,  e 
prese  il  nome  di  Leone  IX,  vene- 
randolo la  Chiesa  per  santo.  Poco 
dopo  il  Papa  si  portò  in  Germa- 
nia, ed  in  IMagonza  celebrò  un 
concilio  alla  presenza  di  Cesare,  ed 
ivi  dichiarò  l' arcivescovo  di  ]Ma- 
gonza  legato  della  romana  Chiesa 
nelle  parti  di  Germania;  indi  col- 
r  imperatore  si  trasferì  a  Colonia. 
Leone  IX  tornò  in  Germania  nel 
io5i,  abboccandosi  in  Augusta  con 
Enrico  III;  per  la  terza  volta  vi 
ritornò  nel  loSa  per  pacificar  quel 
principe  col  re  d'Ungheria  Andrea 
I,  che  scomunicò  per  rifiutare  l'au- 
torità apostolica;  poscia  in  Wor- 
mazia  rivide  Enrico  III ,  il  quale 
cedette  al  Pontefice  quella  giurisdi- 


GER  ì35 

zl,one  che  gì'  imperatori  esercitava- 
no in  Benevento,  ed  in  vece  Leo- 
ne IX  liberò  la  città  di  Bamber- 
ga  dall'  esser  feudataria  della  Sede 
apostolica.  IMorì  il  Papa  nel  io54, 
e  r  imperatore  designò  a  succes- 
sore Gebeardo  d'Inspruck  vescovo 
di  Eichstett,  suo  parente,  ed  inti- 
mo consigliere;  portatosi  in  Roma 
Gebeardo  fu  eletto  dai  romani  ai 
quali  spettava,  e  prese  il  nome  di 
Vittore  lì.  Questi  passò  in  Firen- 
ze, ove  portatosi  Enrico  III,  alla 
sua  presenza  celebrò  un  concilio. 
Ritornato  in  Roma  il  Pontefice 
vietò  a  Ferdinando  II  re  di  Leo- 
ne e  di  Castiglia  di  usare  il  titolo 
d' imperatore. 

Enrico  III  dopo  aver  messo  a 
dovere  alcuni  piccoli  principi  d'I- 
talia, cacciò  i  conti  di  Olanda  e 
di  Frisia,  e  morì  a  Boenfeld  nella 
Sassonia  a'  5  ottobre  io56,  succe- 
dendogli in  età  di  cinque  anni  il 
figlio  Enrico  IV  detto  il  f^ecchio  ed 
il  Grande,  per  risoluzione  della  dieta, 
sotto  la  tutela  della  madre  Agnese, 
la  quale  governò  sino  al  »o63. 
Vittore  H  essendosi  portato  in  Ger- 
mania si  trovò  presente  alla  mor- 
te di  Enrico  III,  e  potè  pacificare 
il  figlio  con  alcuni  signori  contro 
di  lui  insorti  :  celebrò  in  Rati  sbo- 
na con  Enrico  IV  il  santo  Natale, 
e  nel  1007  si  restituì  in  Roma,  ove 
morì  a'  28  luglio.  Con  unanime 
consenso  fu  creato  Papa  col  nome 
di  Stefano  IX  detto  X,  Giuniano 
di  Lorena;  questi  inviò  all'impera- 
trice Agnese  suo  legato  il  cardinal 
Ildebrando  poi  Gregorio  VII ,  ed 
ottenne  prima  dai  vescovi,  clero, 
e  popolo  romano  la  promessa  di 
non  procedere  dopo  la  sua  morte 
all'elezione  del  successore,  prima 
del  di  lui  ritorno.  IMorì  circa  dopo 
otto    mesi    Stefano    X ,    ed  il  suo 


i36  GER 

nome  in  molli  martirologi  gode  il 
titolo  di  santo.  Per  la  potenza  di 
alcune  fazioni  s' intruse  l'antipapa 
13  jnedelto  X,  ma  i  romani  avendo 
chiesto  ad  Enrico  IV,  Gerardo  di 
Borgogna  vescovo  di  Firenze  per 
Pontefice,  l'augusto  di  buon  grado 
vi  convenne.  Tornato  in  Italia  Il- 
debrando concorse  all'  elezione  di 
Gerardo,  che  nel  gennaio  to58  fu 
intronizzato  col  nome  di  Nicolò  li. 
Morì  a' 22  luglio  1061  ;  ed  il  pri- 
mo ottobre  con  unanime  concor- 
dia i  sacri  elettori  sollevarono  al 
pontificato  Alessandro  li  :  in  que- 
sto Papa  terminò  l'abuso  di  aspet- 
tare l'approvazione  degl'imperato- 
ri tedeschi  nell'  elezione  de'  Ponte- 
fici, e  restò  la  santa  Sede  in  as- 
soluta indipendenza.  Giunta  la  no- 
tizia dell'esaltazione  di  Alessandro 
li  ad  Enrico  IV  e  ad  Agnese,  a- 
cremente  si  adirarono  perchè  ese- 
guita senza  la  loro  intervenzione , 
e  come  fatta  in  loro  disprezzo,  nel 
qual  sentimento  li  confermarono 
i  ministri  adulatori  di  loro  corte, 
laonde  in  opposizione  fecero  eleg- 
gere in  antipapa  Cadolao  Pallavi- 
cini col  nome  di  Onorio  II,  con 
tripudio  di  tutti  i  simoniaci  e  con- 
cubinari di  Lombardia.  Quindi  l'an- 
tipapa nell'anno  seguente  colle  trup- 
pe che  gli  dierono  Enrico  IV  ed 
Agnese ,  si  portò  in  Roma  per 
mettersi  in  posses'so  della  pretesa 
sua  dignitèi,  ma  venne  costretto  a 
fuggire  :  si  ritirò  nel  suo  vescova- 
to di  Parma ,  e  venne  deposto  e 
degradato  nel  1067  da  Alessandro 
11,  nel  concilio  tenuto  in  Manto- 
va, ove  intervenne  Annone  arcive- 
scovo di  Colonia,  principale  ammi- 
uislralore  dell'  imperatore  nelle  co- 
se di  Germania.  INel  loyS  diven- 
ne Pontefice  s.  Gregorio  VII,  che 
subito  die  avviso  ad  Eurico  IV  di 


GER 

sua  elezione,  non  per  aspettarne  la 
conferma,  ma  perchè  gli  procurata- 
se  rinunziare  la  dignità:  in  vece 
l'augusto  inviò  a  lui  Gregorio  ve- 
scovo di  Vercelli  cancelliere  d'Ita- 
lia, perchè  assistesse  alla  di  lui  con- 
sacrazione. Questi  fu  l'ultimo  Pa- 
pa che  significò  all'imperatore  l'as- 
sunzione al  pontificato  prima  della 
consacrazione  o  benedizione,  e  l'ul- 
timo ch'ebbe  assistenti  in  tali  fun- 
zioni i   legati   di  Cesare. 

Intanto  Enrico  IV  sottomise  la 
Sassonia,  e  si  rese  terribile  a  tutta 
l'Europa,  quindi  tra  lui  e  il  zelante 
Pontefice  principiò  la  famosa  con- 
troversia, che  tenne  diviso  il  sacer- 
dozio dall'imperio  lungamente,  a  ca- 
gione delle  Jnvestilure  ecclesiasti- 
che [f^cdi).  Ne  derivarono  funesti 
avvenimenti,  e  la  primaria  origine 
delle  tremende  fazioni  de'  Guelfi 
[Vedi),  e  de'  Ghibellini  [Vedi)  che 
desolaiono  per  diversi  secoli  l'Ita- 
lia e  la  Germania  ;  da[)poicliè  i  pri- 
mi seguirono  le  parti  de'  Pontefici, 
i  secóndi  quelle  degl'  imperatori. 
Portate  le  cose  agli  estremi  da  am- 
bedue le  parti,  uè  cessando  Enri- 
co IV  dalla  pretensione  d'investire 
de'  benefizi  ecclesiastici  i  vescovi 
e  gli  abbati,  col  bacolo  e  con  l'a- 
nello, non  risparmiò  il  buon  Pon- 
tefice ammonizioni  e  minacce,  e 
dichiarò  incorsi  nella  scomunica 
quelli  che  conferivano  tali  investi- 
ture, e  (jiielli  che  le  ricevevano.  I 
laufori  dell'imperatore  audacemen- 
te attentarono  alla  vita  di  s.  Gre- 
gorio VII,  mentre  celebrava  in  s. 
Maria  Maggiore;  ma  questi  dopo 
avere  esaurito  le  parti  di  padre  , 
in  un  concilio  del  107(3  scomuni- 
cò Enrico  IV;  e  siccome  gli  elet- 
tori dell'impero  a'i3  marzo  1077 
elessero  in  re  di  Germania  Rodol- 
fo tinca  di  Svcvia ,    Gregorio   VII 


GEN 

approvò  tale  atto,    e  gl'invio    una 
corona  reale,    coli' epigrafe  :    petra 

DEDIT    PETRO,      PETRUS     DIADEMA     RO- 

DULPHO.  La  Contessa  Matilde  [Ve- 
di)  prese  le  difese  della  Chiesa  col- 
le armi,  ed  insieme  ai  gran  signo- 
ri di  Germania  persuase  Enrico 
IV  a  farsi  assolvere  al  modo  che 
dicemmo  nel  citato  articolo  :  vesti- 
to di  sacco  con  finti  atti  di  peni- 
tenza, nel  castello  di  Canossa  pro- 
strato a'  piedi  del  Pontefice  venne 
sciolto  dalle  censure  e  benedetto, 
dopo  aver  promesso  quanto  gli  era 
stato  richiesto.  Passati  quindici  gior- 
ni, Eni  ico  IV  tornò  alle  sue  ini- 
quità, violò  le  promesse,  e  si  pre- 
parò alla  vendetta,  ed  all'abuso  di 
suo  forze.  11  Papa  tornò  a  scomu- 
nicarlo, ed  allora  Enrico  IV  adu- 
nato un  conciliabolo  in  Bressano- 
ne nel  1080,  vi  fece  eleggere  l'an- 
tipapa Clemente  III  ,  il  quale  fu 
pure  fulminalo  di  scomunica  da 
Gregorio  VII  :  da  questo  scisma 
ebbe  origine  l'eresia  degli  enrichia- 
iii,  condannati  nel  concilio  Quin- 
ti li  nebiu'gense,  i  quali  alfermavano 
che  l' imperatore  avea  sonima  au- 
torità sopra  l'elezione  de'  vescovi 
e  de^  Papi  ,  e  perciò  non  doveva 
riconoscersi  per  legittimo,  se  non 
r  eletto  dall'  imperatore  ,  o  dal  re 
della  Germania,  e  che  niiin  conto 
si  dovea  fare  della  scomunica  del 
Pontefice  contro  i  re.  Dalle  tur- 
bolenze nate  in  tempo  degli  Enri- 
chi IV  e  V  derivò  il  costume  nei 
principi  di  mandarsi  a  Roma  gli 
ambasciatori  di  ubbidienza.  Dopo 
vari  militari  successi ,  R.odoIfo  di 
Svevia  perde  la  vita  in  una  san- 
guinosa battaglia  a  Wolksheim  pres- 
so Gera,  li  i5  ottobre  1080,  e 
quando  fu  detto  all'  imperatore  che 
gli  si  preparava  un  sepolcro  ma- 
gnifico, rispose:  Vorrei  che  tutti  i 


GEN  iSy 

miei  nemici   fossero  così  magnifica- 
mente sepolti. 

Elmano  o  Ermanno  di  Luxem- 
burgo  conte  di  Salmes  fu  eletto 
imperatore  dai  nemici  di  Enrico 
IV,  e  dai  sassoni  :  dopo  aver  que- 
sti riportato  molti  vantaggi,  il  con- 
te mori  ignorato  nelle  sue  terre. 
Il  Papa  temendo  le  insidie  di  En- 
rico IV  si  ritirò  a  Salerno  nel 
1081,  mentre  1' imperatore  si  por- 
tò ad  assediare  Pioma ,  e  vi  ritor- 
nò nel  1082  inutilmente,  finche 
assediatala  per  la  terza  volta  quan- 
do il  Pontefice  eravi  ritornato,  ai 
22  marzo  1084  fece  intronizzare 
il  pseudo  Clemente  III.  In  questo 
tempo  in  aiuto  di  Gregorio  VII 
giunse  in  Roma  Roberto  Guiscar- 
do co'  suoi  normanni,  pose  in  fu- 
ga Enrico  IV,  saccheggiò  ed  in- 
cendiò parte  della  città  onde  me- 
glio liberare  il  Pontefice,  che  fatto 
ritorno  a  Salerno  vi  morì  a'  23 
maggio  io85.  Gli  successe  Vittore 
IH  che  subito  scomunicò  l'antipa- 
pa e  condannò  le  investiture  ec- 
clesiastiche date  illegittiuiamcnte  da- 
gl'imperatori, e  teruìinò  di  vivere 
nel  1087,  forse  dal  veleno  propi- 
natogli da  Enrico  IV.  Allora  fu 
innalzato  al  pontificato  Urbano  II, 
già  legato  di  s.  Gregorio  VII  in 
Germania  ed  in  Lombardia  all'im- 
peratore, che  gli  avea  fatto  atroci 
insulti.  Intanto  Enrico  IV  fu  tra- 
vagliato dal  figlio  Corrado,  ch'egli 
avea  lasciato  in  Italia  per  far  guer- 
ra alla  contessa  Matilde  difenditri- 
ce  della  santa  .Sede,  quando  si  fe- 
ce consecrare  re  d'Italia,  guada- 
gnandosi l'assistenza  di  Urbano  II. 
L'imperatore  avea  imprigionato  la 
moglie  Anna  di  Russia,  e  fece  di 
tutto  perchè  Corrado ,  e  diversi 
stranieri  la  violassero,  al  che  es- 
sendosi   ricusata,    il  marito    la  di- 


i38  GER 

cliiarb  adultera:  Adelaide  fuggì  se- 
gretamente, e  chiese  giustizia  con- 
tro di  lui  nel  concilio  di  Piacen- 
za tenuto  nel  logS  dal  Papa,  il 
quale  in  diversi  concilii  fulminò 
delle  censure  Enrico  IV,  l'anti- 
papa, le  investiture,  e  gli  eretici 
seguaci  di  Cesare.  Questi  nel  1097 
adunò  la  dieta  d'Aquisgrana,  ed  ac- 
cusando il  tradimento  di  Corrado, 
domandò  che  l'altro  figlio  Enrico 
V  detto  il  Giovane  fosse  eletto  re 
de'  romani.  A  quest'  epoca  le  cose 
ecclesiastiche  di  Germania  erano 
in  istato  deplorabile,  e  solo  i  quat- 
tro vescovi  di  \YLÌrtzburgo,  di  Pas- 
savia, di  ^\^orms ,  e  di  Costanza 
conservavano  la  cattolica  comunio- 
ne. Per  opporre  all'ostinazione  del- 
l'imperatore e  dell'antipapa  una 
forza  che  li  potesse  contenere,  Ur- 
bano II  esortò  la  contessa  Matil- 
de a  sposarsi  con  Voi  fon  e  V  du- 
ca di  Baviera ,  ciò  eh'  ella  eseguì 
nel  io8g.  Enrico  IV  sembrò  dis- 
posto a  riconciliarsi  col  Papa ,  e 
partile  per  la  crociata ,  ma  pro- 
crastinando senza  nulla  effettuare, 
ì  legati  pontificii  procurarono  gua- 
dagnare il  figlio  Enrico  V  che  as- 
solsero dalla  scomunica.  Nel  1099 
divenne  Pontefice  Pasquale  li,  e 
nel  iioi  mori  Corrado;  nell'anno 
seguente  Pasquale  li  condannò  l'im- 
peratore in  un  concilio,  e  si  ritirò 
in  Francia. 

Enrico  V  unitosi  col  marchese 
d'Austria,  e  col  duca  di  Boemia  si 
ribellò  al  padre:  questi  tentò  le  vie 
della  dolcezza,  e  convocò  la  dieta 
di  Magonza.  Suo  figlio  vi  si  portò 
a  chiedergli  perdono,  e  trattolo  con 
inganno  fuoii  della  città,  lo  fece 
arrestare,  e  chiudere  nel  castello  di 
Bingeuheim.  La  dieta  si  dichiarò 
in  favore  pel  perfido  figlio,  si  strap- 
parono al  padre  le    insegne    impe- 


GER 
riall,    delle  quali  si    rivesl"i  Enrico 
V  solennemente  in  Rlagonza,  pro- 
testando   colla    più    fina    ipocrisia, 
che  avrebbe  restituito  l'impero  al 
genitore    se  fosse    ritornato  all'ub- 
bidienza   del  Papa,    riconciliandosi 
con  la   Chiesa    romana.  Riuscì    ad 
Enrico  IV  fuggire    a  Liegi,  donde 
supplicò  il  figlio  a  lasciarlo   ivi  mo- 
rire in   pace;  ma  Enrico  V  fu  in- 
sensibile, e  mentre  insidiava  il  pa- 
dre,   questi  oppresso    dagli    alTanni 
mori    in   Liegi    a' 7    agosto     i  106, 
provocando    la    vendetta  del    cielo 
sul  capo  del  figlio    che  gli    succes- 
se. Il    suo  cadavere    per  ordine  di 
Enrico   V  fu  dissepollo,  e  portato  a 
Spira,    dove    giacque    due  anni  in 
una  cantina  come  scomunicato.  Co- 
si fini  Enrico  IV,  principe  valoroso, 
eh' erasi    trovato    vittorioso    a     ses- 
santasei combattimenti,  e  che  abban- 
donato   ai    piaceri  accordò    ti'oppa 
confidenza  ad  indegni  ministri   che 
abusarono  di  loro  autorità.   Secon- 
dando Pasquale  II  le  preghiere  dei 
vescovi    di    Germania    adunati    nel 
sinodo  di  Magonza,    si  parti    dalla 
Francia,    ed     a' -22    ottobre      1106 
nel  concilio    di   Guastalla    pubblicò 
decreti  contro    le    investiture    e    la 
simonia,  che  adontando     i  tedeschi 
meditarono    vendicarsene.      Venuto 
il  Papa     in  cognizione   di     ciò  ,  in 
vece    di     proseguire     il  viaggio     di 
Germania,    fece  ritorno     in    Fran- 
cia. Nel  1108  si  portò  a  Benevento 
e  vi   condannò  le    investiture,  indi 
passò  in   Roma,   Intanto  Enrico   V 
in  un  sinodo  composto  de' suoi  par- 
tigiani annullò  le  decisioni  dei  con- 
cilii   di     Guastalla     e    di    Chalons 
contro  le  investiture,  e  continuò  a 
conterire  i  benefizi  ecclesiastici.  Fe- 
ce    inutile    guerra    agli    ungheresi 
ed  ai  polacchi,  nel  i  i  1  i  sposò  Ma- 
tilde  d'Inghilterra,    e   ad    esempio 


GER 

de' suoi  predecessori  passò  in  Ita- 
lia per  essere  coronato  dalle  mani 
del  Papa,  facendosi  precedere  da 
ambasciatori  sostenuti  da  un  eser- 
cito. Pasquale  II  si  ricusò  di  co- 
ronarlo se  prima  non  desisteva  dal 
pretendere  il  conferimento  del  pos- 
sesso de'dominii  e  benefizi  ecclesia- 
stici per  investitura,  e  non  avesse 
effettuato  la  promessa  conferma  ai 
diritti  della  romana  Chiesa.  Adira- 
tosi l'imperatore  mentre  era  stato 
onorevolmente  accolto  da  Pasquale 
II,  con  riprovevole  prepotenza  fece 
nella  basilica  di  s.  Pietro  con  do- 
lo arrestare  il  Papa,  con  molti  car- 
dinali, vescovi  e  signori,  e  li  con- 
dusse tutti  prigioni  nella  Sabina 
sul  monte  Soratte,  nel  castello  di 
Tribico,  senza  che  verun  vescovo 
tedesco  disapprovasse  scorrendo  fat- 
to, fuorché  Corrado  arcivescovo  di 
Salisburgo.  I  romani  si  sollevaro- 
no ,  uccisero  molti  tedeschi  ,  ma 
questi  superiori  in  forze  regolari 
facilmente  superarono  gì'  insorti.  Do- 
po cinquantacinque  giorni  di  mi- 
sera schiavitìi,  mosso  Pasquale  II 
a  compassione  de' patimenti  altrui, 
fu  costretto  concedere  ad  Enrico 
V,  che  senza  obbligare  ad  alcun 
atto  di  simonia  ,  potesse  dare  ai 
vescovi  ed  abbali  del  suo  regno  la 
investitura;  indi  l'imperatore  con- 
dusse dopo  il  9  aprile  il  Papa  in 
Roma,  e  da  lui  fu  coronato  in  s. 
Pietro  a'i3  di  detto  mese.  Dopo 
tal  cerimonia  Enrico  V  si  gettò  ai 
piedi  di  Pasquale  II,  e  gli  chiese 
il  permesso  di  dare  sepoltura  al 
genitore,  facendo  ritorno  in  Ale- 
magna. 

Lotario  duca  di  Sassonia  ricu- 
sando pagare  il  tributo  al  fìsco  im- 
periale, prese  le  armi,  e  mentre 
l'imperatore  aiutato  dal  duca  di 
Svevia    si    moveva  contro   di    lui, 


GER  iSg 

Pasquale  II  pentito  della  violenta 
concessione,  pei  reclami  e  proteste 
de'  vescovi,  solennemente  condannò 
il  privilegio  dato  all'imperatore,  e 
tutta  la  Germania  si  sollevò  a  dì 
lui  danno,  massime  il  vescovo  di 
Wiirtzburgo,  e  l'arcivescovo  di 
Magonza:  in  Gerusalemme  fu  ce- 
lebiato  un  concilio,  ove  Enrico  V 
venne  scomunicato,  e  dichiarata 
nulla  l'estorta  concessione  delle  in- 
vestiture. Dopo  avere  Enrico  V  im- 
piegato due  anni  a  pacificare  i 
suoi  stati,  rivalicò  le  Alpi  nel  i  i  i6 
per  mettersi  in  possesso  delle  ter- 
re, che  la  contessa  Matilde  sua  pa- 
rente aveva  formalmente  donato 
alla  santa  Sede.  Entrò  in  R.oma  da 
vincitore,  costrinse  a  fuggire  nella 
Puglia  il  Papa,  ma  questi  vi  ri- 
tornò dopo  la  partenza  dell'impe- 
ratore, che  dopo  Clemente  III  gli 
avea  suscitati  contro  tre  altri  anti- 
papi. Morì  Pasquale  II  nel  i  i  1 8, 
e  gli  successe  Gelasio  II  che  subi- 
to fu  oltraggiato  dai  fautori  impe- 
riali, laonde  per  salvarsi  anche  da 
Cesare  ritornato  in  Roma  parti  per 
la  Francia.  Enrico  V  fece  antipa- 
pa Gregorio  Vili,  ed  entrambi 
vennero  scomunicati  da  Gelasio  li, 
che  mori  in  Cluny  a' 29  gennaio 
II 19.  Calisto  li  suo  successore  su- 
bito nel  concilio  di  Reims  colpi  di 
scomunica  l'imperatore,  e  il  falso 
Papa,  indi  entrò  iu  Roma  ai  3 
giugno  1120,  e  fece  imprigionare 
l'antipapa.  Mentre  tutto  sembrava 
progredire  ad  una  generale  pertur- 
bazione, Dio  toccò  il  cuore  alle  par- 
ti contendenti,  l'imperatore  temet- 
te di  morire  miseramente  come 
suo  padre,  rinunziò  alle  investitu- 
re, e  la  controversia  fu  aggiustata 
da  Calisto  II  con  Enrico  V,  al  mo- 
do che  dicemmo  al  voi.  XVI,  p.  • 
36    del  Dizionario;   indi  ratificala 


i4o  GER 

nel  concilio  generale  Lateranense  I, 
ove  il  Pontelice  canonizzò  s.  Cor- 
ratio  vescovo  ili  Costanza.  Nuove 
turbolenze  accadtlcro  in  Germania, 
ma  Enrico  V  per  tenere  occupati 
i  vassalli  fuori  di  essa,  ruppe  guer- 
ra con  la  Francia,  col  pretesto  di 
aver  accordato  asilo  ai  Papi  du- 
rante le  sue  vertenze  con  essi;  por- 
tatosi ad  Utrecht  morì  a' 2  2  mag- 
gio I  125,  restando  con  lui  estinta 
la  stirpe  femminina  de' franchi  im- 
peratori, e  la  casa  di  Franconia, 
perchè  senza  figliuoli.  Dal  regno 
di  questo  principe  incominciò  a 
consolidarsi  ne'  signori  de'  grandi 
feudi  il  diritto  di  sovranità:  figlio 
snaturato,  principe  ipocrita,  inquie- 
to vicino,  cattivo  padrone,  tale  fu 
Enrico  V.  A' 2f)  agosto  nella  dieta 
di  IMagonza  fu  eletto  imperatore 
Lotario  II  duca  di  Sassonia,  figlio 
di  Gebardo  conte  d'Arnsberg,  ove 
r  abbate  Suggero  vi  fece  esclu- 
dere Federico  duca  di  Svevia,  figlio 
di  Agnese  sorella  di  Enrico  V,  che 
insieme  a  Corrado  duca  di  Franco- 
nia della  casa  di  lluhenstausen,  e 
nipote  di  Enrico  IV,  furono  com- 
petitori di  Lotario  li,  che  fu  de- 
bitore del  suo  innalzamento  alla 
sua  divozione  verso  la  santa  Sede. 
Ambedue  gli  emoli  protestarono 
contro  questa  elezione,  e  Corrado 
111  si  fece  acclamare  imperatore  a 
Spira,  ed  incoronare  a  IMllano  dal- 
l' arcivescovo  Anselmo.  11  Papa  O- 
norio  II,  già  legato  in  Germania, 
confermò  l'elezione  di  Lotario  II, 
e  scomunicò  Federico  e  Corrado 
III,  che  colle  armi  gli  disputavano 
l'impero,  insieme  all'  arcivescovo 
Anselmo,  per  aver  osato  coronare 
il  secondo:  la  guerra  durò  dieci 
anni. 

Nel   1 1  3o  fu  sublimalo  al  ponti- 
ficato lunuceuio  II,  slato  auch'egli 


GER 

legato  in  Germania,  quando  insor- 
se il  potente  antipapa  Anacleto  li, 
che  il  costrinse  a  recarsi  in  Fian- 
cia.  Nel  ii3i  Innocenzo  li  si  por- 
tò in  Germania,  coronò  in  Liegi 
Lotario  11,  scomunicando  i  suoi 
competitori  e  l'antipapa:  il  Pon- 
tefice negò  con  fermezza  all'impe- 
ratore il  ristabilimento  delle  investi- 
ture, e  gli  promise  coronarlo  anche 
in  Roma,  se  giurava  difendere  la 
Chiesa.  Dipoi  Innocenzo  11  nel  1 1  82 
vicino  a  Piacenza  s'incontrò  con  Lo- 
tario II,  che  portavasi  a  Roma  per  la 
coronazione  alla  lesta  d'un  esercito, 
ed  in  compagnia  di  s.  Norberto.  A 
Viterbo  si  rividero,  e  giunti  ambe- 
due in  Roma,  essendo  la  basilica 
vaticana  occupata  dall'antipapa,  in 
quella  lateranense,  ed  a'  4  g'LJgno 
1 1 33  Innocenzo  II  solennemente 
coronò  Lotario  li,  e  sua  moglie 
Richeze  o  Richenza,  che  figlia  ed 
erede  di  Enrico  il  Grosso  aveva 
portato  in  dote  la  Sassonia.  Il  Pa- 
pa concesse  all'imperatore  l' usu- 
frullo  del  patrimonio  della  contes- 
sa Matilde,  compresa  la  Garfagna- 
na  [fateli)  con  annuo  censo  per 
feudo.  Lotario  II  grato  per  tante 
dimostrazioni  di  bontà,  giurò  difen- 
dere la  romana  Chiesa  e  i  suoi 
dominii,  e  ad  esenipio  di  altri  im- 
peratori si  prostrò  al  Papa,  gli  ba- 
ciò i  piedi,  e  condusse  secondo  il  ce- 
rimoniale per  la  briglia  la  sua  mu- 
la per  lo  spazio  di  alcuni  passi,  la 
segno  di  venerazione  al  supremo 
gerarca  della  Chiesa  universale  . 
Frattanto  i  livali  di  Lotario  lì, 
abbandonati  dai  loro  alleali,  chie- 
sero ed  ottennero  la  pace  a  buone 
coudizioni;  allora  l'imperatore  con- 
vocò in  Magdeburgo  una  dieta,  che 
vi  fu  celebrata  nel  11 35  con  gran 
numero  di  ambasciatori  che  vi  spe- 
dirono 1  principi    slruuicii,  e    che 


GER  OEll  i4r 
divenne  HnomRta  pei  decreti  fatti  nemerito  della  Chiesa,  e  ne  morì 
pel  buon  regolamento  del  governo  di  cordoglio.  Dalla  livalità  e  se- 
interno  della  Germania,  sino  a  «jiiel-  greta  gelosia  che  da  lungo  tempo 
l'epoca  in  preda  alla  piìi  grande  esisteva  tra  le  loto  famiglie  di  Ilo- 
confusione.  Nel  1187  Lotario  II  si  lienstausen  e  di  Baviera,  alcuni  sto- 
condusse  in  Italia  con  l'esercito  per  lici  pretesero  avere  avuto  origine 
difendere  Innocenzo  li  contro  Rug-  le  fazioni  de'gliibellini  e  de' guelfi, 
gero  re  di  Sicilia,  fautore  dell' an-  Alle  persuasioni  di  s. .  Bernardo , 
tipapa  Anacleto  II,  che  mediante  la  Corrado  III  partì  per  la  crociata, 
(lotta  de' pisani  costrinse  ritornare  ma  contrariato  dai  gelosi  greci,  Io 
in  Puglia,  e  gli  tolse  varie  città,  esercito  oppresso  dalle  fitiche  fu 
Celebrò  col  Papa  la  festa  della  taglialo  a  pezzi  dai  turchi,  ed  egli 
Pentecoste  in  Benevento;  ma  in  re^tò  ferito  da  due  frecce;  tutta- 
Avellino  ambedue  contrastarono  per  volta  proseguì  il  cammino  per  la 
trenta  giorni  sul  diritto  di  creare  Siria,  ed  all'assedio  di  Damasco  i'e- 
il  duca  di  Puglia,  che  finalmente  ce  prodigi  di  valore.  Tornato  in 
fu  aggiudicato  ad  Innocenzo  II.  Ri-  Europa  morì  dappoi  a' r5  febbra- 
tornando  l'imperatore  in  Germania  io  11 52  in  Bamberga,  e  fu  sepol- 
morì  a  Bretten  presso  a  Trento,  ai  to  nella  cattedrale.  Corrado  III 
4  dicembre  1 137,  senza  prole.  Gli  non  avendo  ricevuto  la  consacra- 
stali  adunati  in  Ratisbona  imposto  rione  imperiale,  si  faceva  scrupolo 
aveano  a  Lotaiio  II  varie  obbliga-  di  assumere  ne' suoi  diplomi  il  ti- 
zioni  :  dapprima  avevano  deciso  che  tolo  d'imperatore, nominandosi  sem- 
i  beni  de  proscritti  apparterrebbero  plicemente  re  da' rninanì,  solo  nel- 
agli  stati,  e  non  all'imperatore;  a  le  lettere  agli  imperatori  di  Co- 
questi  avevano  prescritto  continui  slantinopoli  si  chiamava  imperato- 
viaggi  nelle  varie  provincie,  interdetto  re,  per  trattare  in  parità  con  essi; 
la  facoltà  di  fabbricar  nuove  for-  ma  del  doversi  chiamare  re  riero- 
tezze,  e  finalmente  eransi  riserbati  mani  l'imperatore  sino  alla  sua  co- 
li diritto  di  fissare  le  imposizioni,  ronazione,  lo  si  dice  all'articolo 
non  che  quello  di  deliberare  sulla  Imperatore.  Essendo  morto  Emico 
pace  e  sulla  guerra:  tali  furono  le  suo  figlio,  gli  successe  Federico  I 
prime  costituzioni  dell'impero  ger-  suo  nipote,  soprannominato  Barba- 
manico.  rossa  a  cagione  de' suoi  belli  ca- 
Nella  dieta  di  Coblentz  nell'anno  pelli  color  d'oro,  figlio  di  Federi- 
I  I  38  fu  eletto  imperatore  Coirà-  co  duca  di  Svevia^  che  le  sue  gran- 
de III,  già  competitore  del  defunto,  di  qualità  l'avevano  reso  chiaro. 
in  presenza  e  per  l'influenza  di  Fu  eletto  diciassette  giorni  dopo 
Teodomiro  legato  della  Sede  apo-  la  morte  del  predecessore,  e  coro- 
stolica,  che  lo  coronò  in  Aquisgrana.  ronato  in  Acpiisgrana  a'(j  marzo 
Invano  cercò  opporvisi  ed  essere  e-  ìì5i:  sedò  le  turbolenze  d' Ale- 
letto  Enrico  il  Superbo  duca  di  magna,  accordò  al  duca  di  Sasso- 
Baviera,  siccome  genero  di  Lotario  nia  l'investitura  della  Baviera,  ob- 
li; fu  condannato  al  bando  del-  bligò  Canuto  a  cedere  al  suo  riva- 
r  impero  da  Corrado  III,  e  spoglia-  le  Svenone  la  Danimarca,  il  quale 
to  de'  propri  stati  senza  che  Inno-  per  riconoscenza  si  dichiarò  vas-^al- 
cenzo  li  vi  si  opponesse,  come  bc-  lo    dell'impelo.    Passalo    in    Italia 


i4a  GER 

con  l'esercito,  soltomise  le  città  che 
eiansi  rese  indipendenti,  e  si  fece 
coronare  re  di  Lombardia.  Deputò 
in  seguito  ambasciatori  ad  Adria- 
no IVj  per  pregarlo  che  l'incoro- 
nasse imperatore  in  Roma.  Il  Papa 
sentendo  che  veniva  con  numeroso 
esercito,  si  chiuse  nella  fortezza  di  Ci- 
vita Castellana,  gli  mandò  incontio 
tre  cardinali,  coi  capitoli  che  dovea 
approvare:  essi  trovarono  Federico 
1  a  s.  Quirico,  e  quivi  giurò  di- 
fendere e  conservare  i  diritti  dei 
romani  Pontefici,  e  della  santa  Se- 
de, dovendosi  uniformare  al  ceri- 
moniale sugli  atti  di  ossequio  suc- 
cennati,  soliti  prestarsi  ai  Papi.  A 
Sutri  r  incontrò  Adriano  IV,  ed 
ivi  ebbe  luogo  il  bacio  del  piede 
e  r  ufficio  di  staffiere,  e  siccome 
fallò  nel  sostenere  la  staffa,  si  nar- 
ra ch'egli  dicesse  non  aver  mai 
imparato  il  mestiere  di  palafreniere. 
Sebbene  il  Pontefice  avesse  fat- 
to occupare  dalle  truppe  cesaree  i 
dintorni  della  basilica  vaticana  e 
la  Città  Leonina,  a  cagione  delle 
fazioni  che  in  Roma  pretendevano 
sostenere  l'autorità  dell'antico  se- 
nato romano,  allorché  seguì  in  s. 
Pietro  la  coronazione  a'i8  giugno 
li 55,  il  popolo  commise  eccessi 
che  i  tedeschi  repressero  colle  armi. 
Tornato  in  Alemagna  Federico  I 
distrusse  i  castelli  di  molti  signo- 
ri, citò  in  una  dieta  il  conte  pa- 
latino, e  ripudiò  Adelaide  di  Woh- 
bourg  sotto  pretesto  di  parentela, 
sposando  poi  Beatrice  figlia  unica 
di  Rinaldo  III  conte  di  Borgogna, 
con  che  acquistò  i  diritti  sull'anti- 
co regno  d'Arles,  nella  qual  città 
si  fece  poi  coronare.  Nel  medesi- 
mo anno  ii  55  Adriano  IV  ornò 
Guglielmo  col  titolo  di  re  delle 
due  Sicilie,  ciocché  iriilò  l'impe- 
ratore,   donde    ebbe    principio    la 


GER 
lunga  dissensione  tra  i  Papi  e  l'im- 
pero. Altro  motivo  di  disgusto  per 
Federico  I,  si  fu  avere  il  Pontefi- 
ce chi.jmato  in  una  lettera  l'impe- 
jo  hentjlcinni  ,  in  significato  come 
di  feudo  dipendente  dalla  Sede  a- 
postolica  ;  e  si  narra  pure  che  il 
legato  invitato  a  dare  spiegazioni, 
dicesse  dover  riconoscere  l' impero 
dal  Papa,  il  quale  approvava  l'e- 
lezione degl'  imperatori,  li  consa- 
crava e  decorava  della  corona  ed 
insegne  reali ,  per  cui  solo  dopo 
tal  funzione  essi  prendevano  il  ti- 
tolo d' imperatori,  essendo  prima 
soltanto  re  de'  romani,  per  avere 
la  santa  Sede  ripristinato  l'impero 
d'occidente,  e  dato  poscia  ai  re  di 
Germania.  Nel  ii  58  Federico  I 
fece  ritorno  in  Italia,  per  esigere 
il  giuramento  di  fedeltà  dalle  dif- 
ferenti città,  le  quali  obbligate  a 
ciò  dalla  forza  delle  circostanze, 
poscia  si  ribellavano.  Mentre  asse- 
diava JMilano,  con  rapidi  trionfi  pa- 
cificò la  Boemia,  e  fece  tributaria 
la  Polonia;  indi  dichiarò  i  beni  dei 
milanesi  confiscati ,  e  le  loro  per- 
sone schiave,  punendo  col  saccheg- 
gio Crema  alleata  di  Milano.  Al- 
cuni adulatori  teologi  e  giurecon- 
sulti, dichiararono  a  lui  apparte- 
nersi l'impero  del  mondo.  Mentre 
l'imperatore  maturava  il  progetto 
di  ridurre  l'Italia  sotto  1'  assoluta 
sua  dipendenza,  mori  Adriano  IV 
nel  11^9,  e  fu  eletto  Alessandro 
III,  ch'essendo  stato  il  legato  del 
predecessore  a  Federico  I  ,  questi 
lo  avea  a  nemico.  Ne'  comizi  in- 
sorse l'antipapa  Vittore  IV,  già  le- 
gato a  Corrado  III  e  a  Federico 
I,  che  siccome  suo  partigiano  sos- 
tenne con  le  armi  e  riconobbe. 
Alessandro  III  costretto  a  ritirarsi 
da  Roma  in  Anagni,  scomunicò 
l'iuiperatore,  e  sciolse  i  di  lui  sud- 


GER 

cìi.ti  dal  giuramento  di  fedelth.  AU 
loit»  i  milanesi  profittando  dell'oc- 
casione, assalito  l'esercito  imperiale 
a  Lodi,  riportarono  luminosa  vit- 
toria ;  ma  Federico  I  assediando 
Milano  la  prese  per  fame,  ne  ra- 
se le  mura  e  gli  edifìzi,  tranne  le 
chiese,  e  seminò  il  sale  sulle  sue 
rovine.  Genova  spaventata  inviò 
deputati  a  fare  la  sommissione,  Bo- 
logna per  avere  resistito  venne 
smantellata,  laonde  tutta  l'Italia  a 
lui  si  sottomise,  ed  Alessandro  III 
prese  asilo  in  Francia. 

Nuove  turbolenze  seguirono  in 
Italia:  Roma,  Venezia,  ed  altre  città 
allearonsi  contro  l'imperatore,  che 
per  morte  dell'antipapa  fece  eleg- 
gere a  successore  Pasquale  III  ;  e 
nella  dieta  di  Wiirtzburgo,  prepo- 
tentemente chiese  ai  principi  e  ve- 
scovi di  giurare,  non  riconoscere 
mai  Alessandro  III,  ciò  che  aumentò 
il  numero  de'suoi  nemici,  ed  alla 
lega  delle  città  italiane  altre  se  ne 
aggiunsero.  Intanto  Alessandro  III 
per  le  suppliche  de'romani  fece  ri- 
torno in  Roma ,  ove  subito  nel 
1166  si  portò  ad  assediarlo  l'im- 
peratore ,  ed  il  costrinse  a  partir- 
ne neir  anno  seguente  per  Bene- 
vento, nella  qual  città  ricevette  gli 
ambasciatori  di  Emanuele  Comne- 
no  imperatore  di  Coslantinopoli  , 
che  si  oflriva  riunir  l,^  Chiesa  gre- 
ca alla  latina,  e  di  liberarlo  dalle 
molestie  di  Federico  I,  se  gli  con- 
cedeva r  imperio  d'  occidente.  Il 
Papa  si  mostrò  grato  alla  premu- 
ra che  E(nanuele  dimostravagli, 
ma  in  quanto  a  dargli  l' imperio 
occidentale,  gli  rispose  che  Dio  a- 
vealo  posto  nella  cattedra  aposto- 
lica per  procurar  la  pace,  non  per 
fomentar  la  discordia.  La  peste  de- 
cimò in  Roma  l'esercito  di  Fede- 
rico I,  che  ritirandosi  in  Germania, 


GER  143 

a  stento  ripassò    le  Alpi  depaupe- 
rato dalle  lunghe  guerre,  ed  abbat- 
tuto da   tante    disgrazie.    Allora  a- 
vanzò  pacifiche  proposizioni  al  Pon- 
tefice ,  che  le    rigettò  per    la  loro 
natura;   indi    nel     i  172    congregò 
una  dieta  a    Worms  per  chiedere 
soccorsi,  quindi  spedi  in  Italia  col- 
l'esercito    Cristiano    arcivescovo    di 
Magonza,  che   danneggiò  molti  luo- 
ghi della  santa  Sede  ;  mentre  egU 
medesimo  pertossi  ad  assediar  Ales- 
sandria che  le  città  collegate  aveva- 
no eretta  in  onore  del  Papa,  e  che 
per  derisione  i  seguaci  dell'impera- 
tore   chiamarono    della    Paglia,    e 
Federico  I  ne  fu  respinto  con  per- 
dita :    i   sassoni   lo    abbandonarono, 
i     milanesi    gli    distrussero    la    ca- 
valleria a' 29    maggio    1176,    e    il 
doge  di    Venezia    Ziani  disfece    ia 
mare  i  suoi  vascelli,  e  fece  prigio- 
ne il  di  lui  figlio    Ottone,    termi- 
nando in  tal    modo  l'imperiai  po- 
tenza in  Italia.   L'imperatore  si  ri- 
fugiò in  Pavia,  e  si  vide  costretto 
a  spedire  ambasciatori  ad  Alessan- 
dro HI  in  Anagni,  per  supplicarlo 
della   pace,  fissandone  il  Papa  stesso 
le  condizioni.  Sebbene  il  Pontefice 
poco    potesse  fidarsi    delle   sue  in- 
tenzioni, per  averlo  egli  sempre  per- 
seguitato ,  sostenendo  tre  antipapi, 
giacché  a  Pasquale  III  eia  succes- 
so   Calisto    III    ungaro,    luttavolta 
come  padre  comune,  per  conchiu- 
dere la  concordia  si  trasferì  a  Ve- 
nezia nel    II 77.    Quivi    finalmente 
portatosi    pure    Federico  I,    venne 
stabilita    la    sospirata    pace  tra    il 
sacerdozio    e    l'  impero,  colla    me- 
diazione de' veneziani    perciò  ricol- 
mali di  privilegi  dal  Pontefice,  che 
a'  24  luglio    avanti  le  porte    della 
basilica  di  s.   Marco  ricevette  pian- 
gente al  bacio  del   piede  l'impera- 
tore. Alessandro   III    intenerito  lo 


i44  GER 

alzò,  baciò  e  bencdl,  e  nel  dì  se- 
guente lo  comunicò  solennemente, 
e  gli  usò  diverse  distinzioni  in  se- 
gno di  sincera  pacificazione;  altret- 
tanto essendo  quella  di  Federico 
1,  il  quale  dal  canto  suo  fece  al 
Pontefice  i  consueti  ossequi  di  te- 
nergli la  staffa  nel  salire  a  cavallo, 
addestrar  questo  per  alcuni  passi, 
con  altri  segni  di  venerazione,  laon- 
de è  favola  quanto  diversaaieute 
si  è  a   proposito  narrato. 

Il  duca  di  Sassonia  Enrico  il 
Lione  prese  le  armi ,  e  per  due 
anni  tenne  agitata  l'Alemagna; 
fu  messo  al  bando  dell'impero,  co- 
me perturbatore  della  pace  pubblica, 
ed  i  suoi  stati  fin-ono  divisi  tra  il 
marcbese  di  Biandeburgo,  ed  Ot- 
tone di  Wittelbac.  Intanto  Fede- 
rico I  abolì  alcune  barbare  con- 
suetudinij  incoraggi  il  commercio, 
con  l'affrancamento  delle  città  mer- 
cantili, e  cercò  di  far  fiorire  le 
scienze  e  le  lettere,  mediante  i 
privilegi  che  accordò  a  quelli  clie 
ne  frequentavano  le  scuole.  Nel 
II 83  si  adunò  in  Costanza  un 
congresso  a'25  giugno,  dove  inter- 
venne l'imperatore  ,  e  i  commissa- 
ri deputati  delle  città  lombarde, 
per  sottoscrivere  un  trattato  che 
gTitaliani  considerarono  poi  come  il 
fondamento  del  loro  diritto  pubbli- 
co. Nel  I  184  in  Verona  si  abboccò 
con  l'imperatore  il  Pontefice  Lucio 
IH,  che  da  cardinale  era  stalo  a 
lui  inviato  per  legato  dal  prede- 
cessore Alessandro  III,  per  l'estir- 
pazione delle  eresie  che  laceravano 
la  Chiesa.  Nell'anno  seguente  ed  e- 
ziandio  in  Verona,  1'  altro  Papa 
Urbano  III  si  lamentò  con  Fede- 
rico I  perchè  riteneva  il  patrimo- 
nio della  contessa  Matilde,  di  ra- 
gione della  Chiesa  romana,  appli- 
cava  al    pubblico  i    beni  dc'vesco- 


GER 

vi  dcfimti,  ed  usurpavasi  le  rendi- 
le di  alcuni  tnonisteri,  scacciando- 
ne le  monache  col  pretesto  di  ri- 
formarle. Se  ne  moderò  l'augusto 
colla  speranza  che  Urbano  111  gli 
coronasse  imperatore  il  figlio  En- 
rico VI  il  StK'evo,  che  sino  dal  i  169 
in  età  di  qnattr'anni  era  stato  elet- 
to re  de'roniani;  ma  il  Papa  ricu- 
sò di  iàrlo  ad  esempio  di  Alessan- 
dro III,  se  egli  non  rinunziava  pri- 
ma la  corona  al  figlio,  non  essen- 
do più  tempo  di  vedere  due  im- 
peratori sul  soglio.  Nel  1189  Fe- 
derico I  partì  con  suo  figlio  Fede- 
rico duca  di  Svevia  per  la  crocia- 
ta, alla  testa  di  centomila  combat- 
tenti, e  ripoitati  alcuni  vantaggi, 
dopo  aver  valicato  il  monte  Tau- 
10  morì  a'  10  giugno  i  1 90,  per 
essersi  imprudentemente  bagnato 
nel  Cidno,  altri  dicono  annegato 
,nella  riviera  di  Salef  Suo  figlio 
Federico  fece  trasportare  le  sue 
ossa  a  Tiro,  ove  Guido  re  di  Ge- 
rusalemme le  fece  deporre  nella  cat- 
tedrale in  un  sepolcro  di  marmo, 
sebbene  dovevasi  tumulare  in  Ge- 
rusalemme. Federico  I  fu  uno  dei 
piìi  grandi  principi  che  sederono 
sul  trono  germanico ,  il  cui  impe- 
10  voleva  ritornare  allantico  splen- 
dore; ambizioso^  prode,  fermo  nelle 
avversità,  rese  ereditarie  le  grandi 
cariche  della  corona,  che  i  prede- 
cessori conferivano  a  loro  benepla- 
cito. Dal  suo  matrimonio  con  Bea- 
trice ebbe  Enrico  VI  che  gli  suc- 
cesse, Federico  duca  di  Svevia  che 
morì  all'assedio  di  Tolemaide,  Cor- 
rado duca  di  Svevia,  Filippo  du- 
ca di  Toscana  poi  imperatore  ,  e 
due  figlie. 

Enrico  VI  nel  1191  si  recò  in 
R.oma,  ove  il  Papa  Celestino  III  a'  i  5 
aprile  lo  coronò  insieme  all'impe- 
ratrice CostuDza.  Nei  medesimo  an- 


GER 

no  l' imperatore  confermò  l'ordino 
equestre  Teutonico  (Piceli),  istitui- 
to dalla  nazione  alemanna  che  a- 
Tca  servito  nelle  guerre  di  Terra 
Santa,  ed  il  Papa  l'approvò  con 
sua  bolla.  Cedette  Enrico  VI  alla 
santa  Sede  le  sue  ragioni  su  Fra- 
scati (Pedi)  ;  ed  essendo  morto 
il  nipote  di  Costanza  Guglielmo  li 
re  di  Sicilia,  in  questo  regno  con- 
dusse il  suo  esercito  per  far  va- 
lere i  suoi  diritti,  essendosene  im- 
padronito Tancredi  figlio  naturale 
del  defunto.  Occupò  molte  piazze, 
ma  gli  fallì  l' impresa  e  tornò  in 
Germania,  ove  tenne  prigione  Ric- 
cardo re  d'Inghilterra  reduce  dal- 
la crociata,  togliendolo  da  quella 
di  Leopoldo  VI  duca  d'  Austria. 
Invano  s'interposero  per  la  libera- 
zione vari  principi,  onde  il  Papa 
Celestino  III  nel  iigS  gli  lanciò 
la  scomunica  ;  solo  lasciò  Riccardo 
mediante  un  considerabile  riscatto, 
con  la  qual  somma  fece  altra  spe- 
dizione nel  regno  di  Napoli  e  di 
Sicilia,  venendo  coronato  in  Paler- 
mo a'  i5  ottobre  ii94}  o\e  gli 
ambasciatori  d'  Isacco  li  Angelo^ 
temendo  che  gli  alemanni,  per  a- 
ver  negato  il  passaggio  a  Federi- 
co I,  invadessero  Costantinopoli,  si 
assoggettarono  a  pagargli  tributi. 
Nella  dieta  di  Worms  Enrico  VI 
prese  la  croce,  predicò  la  sacra 
guerra,  e  partì  con  quarantamila 
uomini,  co'  quali  fermossi  in  Sici- 
lia per  compierne  il  conquisto,  e 
sparse  da  per  tutto  il  terrore  colle 
sue  crudeltà,  e  con  supplizi  da  lui 
stesso  inventati.  I  siciliani  si  ribel- 
larono. Costanza  fu  accusata  di  a- 
ver  avvelenato  V  imperatore,  che 
morì  in  Messina  a*  28  settembre 
1197.  Fu  d'indole  grave,  sol  pia- 
cendogli la  caccia;  volgeva  in  men- 
te di  rendere  la    corona   imperiale 

voi.    XXIX. 


GER  145 

ereditaria,  di  regnare  suU'Italiaj  è 
come  dicono  alcuni  d'indebolire  la 
autorità  dei  Papi.  Come  fu  morto, 
TAlemagna  fu  in  preda  a  turbo- 
lenze, e  gli  successe  il  figlio  Fede- 
rico II,  nato  a  Jesi  nel  ii94j  che 
il  padre  avea  fatto  dichiarare  re 
de'romani,  ed  associalo  all'impero, 
imponendogli  nel  testamento  che 
restituisse  la  somma  del  riscatto  al 
re  d' Inghilterra,  che  reintegrasse 
la  santa  Sede  de'suoi  diritti,  e  che 
se  morisse  senza  successione,  ad  es- 
sa ritornasse  il  regno  di  Sicilia, 
siccome  suprema  signora  di  esso  : 
il  Pontefice  non  acconsentì  che  fos- 
se sepolto  il  cadavere  d'Enrico  VI 
senza  il  permesso  del  re  d'Inghil- 
terra. Una  parte  degli  elettori  pro- 
clamò imperatore  Federico  II  iù. 
Arnheim  ;  altra,  ad  istanza  di  Ce- 
lestino IH,  in  Colonia  elesse  il  du- 
ca di  Zeringhen  Bertoldo,  e  per 
sua  rinunzia.  Ottone  di  Brunswick 
figlio  di  Enrico  di  Baviera  det- 
to il  Lione.  Filippo  duca  di  Svevia 
e  di  Toscana  si  fece  dichiarare  tu- 
tore del  fanciullo  nipote  Federica 
II,  e  col  pagamento  di  undici 
mila  marche  d'  argento,  da  alcuni 
elettori  si  fece  dichiarare  impera- 
tore in  Erfurt,  e  coronare  in  Ma- 
gonza  nel  1 1 98,  prendendo  il  no- 
me di  Filippo  II,  perchè  riguar- 
dandosi successore  degl'  imperatori 
romani,  contava  per  primo  Filip- 
po l'assassino  di  Gordiano  il  gio- 
vane. 

Alcuni  signori  tedeschi  malcon- 
tenti di  veder  il  trono  divenire  e- 
reditario  nella  casa  di  Svevia,  se- 
guirono le  parti  di  Ottone  IV, 
onde  r  Italia  e  la  Germania  si 
divisero  tra  i  due  competitori,  o- 
bliando  il  fanciullo  Federico  IL 
Intanto  il  nuovo  Pontefice  Inno- 
cenzo III  ricuperò  al  dominio  del- 
io 


i46  GER 

la  Chiesa  molte  città  che  avea  oc- 
cupato Enrico  VI,  e  costriuse  i 
senatori  ed  il  prefetto  di  Roma 
a  prestargli  il  giuramento  di  ub- 
bidienza e  fedeltà,  giacché  dopo  il 
ripristinamento  dell'antico  senato  il 
prefetto  prometteva  fedeltà  all'im- 
peraloi'e,  da  cui  riceveva  il  manto 
di  sua  dignità;  e  nel  1201  confer- 
mò l'elezione  di  Ottone  IV.  Indi 
Innocenzo  III  spedi  per  legato  in 
Sicilia  il  cardinal  Conti  ad  inve- 
stir di  quel  reame  V  imperatrice 
Costanza,  e  il  suo  figlio  Federico 
II,  con  annuo  censo,  e  personale 
giuramento  di  omaggio  ligio.  Fi- 
lippo II,  sostenuto  dalla  Francia^ 
riportò  alcuni  vantaggi  sul  suo 
rivale,  e  l'obbligò  ad  allontanarsi, 
venendo  assolto  dai  legati  pontifì- 
cii dalla  scomunica  fulminatagli 
da  Celestino  III.  Venne  riconosciu- 
to dal  duca  di  Brabante,  e  nel 
i2o5  si  fece  coronar  di  nuovo  in 
Aquisgrana.  Intanto  Ottone  IV  si 
guadagnò  l'aiuto  d'Innocenzo  111,  e 
del  re  d' Inghilterra  suo  parente, 
ma  perde  nel  1206  una  battaglia, 
per  cui  il  Papa  inclinava  allearsi 
con  Filippo  li,  quando  questi  fu 
assassinato  in  Bamberga  a'  2  3  giu- 
gno 1 208,  da  Ottone  di  Wittelsbach 
palatino  di  Baviera,  che  avea  ri- 
fiutato per  genero.  Ottone  fu  con- 
dannato al  bando  dell'impero,  ed 
alla  pena  di  morte.  Il  defunto  a- 
\eva  quattro  figlie,  una  delle  quali 
Beatrice  sposò  Ottone  IV,  che  in 
tal  modo  riuscì  unire  i  parliti  che 
laceravano  1'  Alemagna.  Confermò 
subito  alle  città  italiane  i  diritti 
che  godevano,  si  portò  in  Roma 
ove  Innocenzo  IH  nella  basilica 
■vaticana  a' 27  settembre  ,  o  a'  4 
ottobre  1 209  lo  coronò,  dopo  aver 
solennemente  giurato  di  conservare 
la  santa  Sede  in  tutte  le  sue  pos- 


GER 

sessioni.  In  onta  a  tale  atto  Otto- 
ne IV  s'impadronì  di  Viterbo,  di 
Orvieto,  e  di  Perugia,  volendo  fa- 
re altrettanto  della  Puglia,  unico 
retaggio  di  Federico  li.  Sì  perfido 
ed  ingrato  procedere  fu  punito  dal 
Papa  con  la  scomunica,  e  collo  scio- 
gliere dal  giuramento  d'ubbidienza 
i  di  lui  vassalli  e  sudditi;  il  perchè 
i  principi  dell'impero,  ed  i  signo- 
ri ancor  divoti  alla  casa  di  Svevia 
si  ribellarono,  e  nel  1 2  1 2  procla- 
marono imperatore  Federico  II. 
Questi  passò  in  Roma  ricevutovi 
dal  Papa  onorevolmente,  confermane 
do  alla  Chiesa  romana  le  contee 
di  Fondi,  ed  altre  baronie  che  gli 
avea  lasciate  B.iccardo  dell'Aquila: 
con  le  truppe  che  gli  avea  som- 
ministrato Innocenzo  III  ,  inse- 
guì r  avversario  che  avea  ripas- 
sato le  Alpi  ,  s' impadronì  del- 
l'Alsazia, e  si  fece  coronare  in  A- 
quisgrana.  Ma  Ottone  IV  soste- 
nuto dalllnghilterra,  convocò  una 
dieta  a  Norimberga,  trasse  nel  suo 
partito  il  duca  di  Lorena,  sposò 
Maria  figlia  del  duca  di  Brabante, 
aiutalo  dal  quale  resistè  a  tutta 
r  Alemagna  che  parteggiava  per 
l'  avversario.  Dipoi  Ottone  IV  si 
unì  a  Giovanni  Senza-lerra  per 
fare  la  guerra  alla  Francia;  ma  il 
suo  re  Filippo  Augusto  riportò  a 
Bouvines  nel  12  r3  memorabile 
vittoria  sui  centoventimila  combat- 
tenti impellali,  che  perderono  tut- 
ti i  tesori  e  il  carro  imperiale, 
che  il  re  mandò  a  Federico  II. 
Ottone  IV  corse  due  volte  perico- 
lo di  vita,  per  vergogna  si  ritirò 
nel  ducato  di  Brunswick ,  e  morì 
dopo  quattro  anni  obliato  nel  ca- 
stello di  Hartzburgo,  a' i  5  maggio 
12 18,  dopo  essersi  fatto  assolvere 
dalla  scomunica;  non  lasciò  figli 
dai  due    suoi    matrimoni,    e   Fé- 


GER 

clerico  II    gli    successe   senza    osta- 
colo. 

Sino  dalla  battaglia  di  Bouvi- 
nes  Federico  II  avea  consolidato 
il  suo  potere,  era  stato  riconosciu- 
to dalla  Germania,  si  era  alleato 
coi  danesi,  e  fatto  nuovamente  co- 
ronare nel  12 15  in  Aquisgrana. 
Indi  dopo  la  morte  di  Ottone  IV, 
Federico  II  convocò  una  dieta  a 
Francfort,  in  cui  fece  eleggere  re 
de'romani  Enrico  suo  f:glio,  com- 
partendo delle  concessioni  ai  ve- 
scovi che  facevano  dilìkoltà;  ed  in- 
vitato dal  Papa  alia  crociata,  si 
contentò  mandarvi  delle  truppe. 
Nel  I220  si  portò  Federico  II  in 
Roma  da  Onorio  III,  il  quale  per 
quattro  anni  era  stato  suo  aio,  ed 
a'  2  2  novembre  1'  unse  e  coronò 
imperatore,  avendo  fatto  i  consue- 
ti giuramenti  di  mantenere  i  di- 
ritti della  Sede  apostolica  ,  di  par- 
tire per  Terra  Santa,  e  di  restituire 
il  patrimonio  della  contessa  Ma- 
tilde, che  elfettuò  nel  i22t,  in  ma- 
no del  nunzio  apostolico,  insieme 
ad  altre  terre  di  ragione  della 
Chiesa.  Partito  per  Napoli,  ivi  sta- 
bilì la  capitale  del  suo  regno,  ab- 
bellì la  città  con  edifizi,  vi  fondò 
l'università,  dappoiché  sembra  che 
avesse  disegno  di  trasportar  la  sede 
dell'  impero  in  Italia,  dopo  averla 
sottomessa,  e  perciò  divisava  abbas- 
sare la  potenza  del  Papa,  e  quella 
delle  città  italiane  gelose  di  loro 
Idjertà,  ma  non  vi  riuscì.  Onorio 
III  vide  di  mal  occhio  soggiornare 
l'imperatore  in  Napoli,  e  non  man- 
tenere le  promesse  di  portarsi  alla 
crociata:  per  indurvelo  lo  fece  spo- 
sare a  Jolante  figlia  di  Giovanni 
di  Brienne  re  di  Gerusalemme , 
erede  di  questo  regno,  acciò  se  ne 
mettesse  in  possesso,  e  nel  1226  la 
coronò  con  le  insegne  imperiali.  Il 


GER  147 

Papa  in  Anagni,  a  Verona,  a  Fe- 
rentino ,  e  per  mezzo  di  nunzi 
provocò  l'imperatore  ad  effettuare 
la  sacra  guerra ,  il  quale  invece 
impiegava  le  forze  radunale  per 
quella  impresa,  contro  le  città  d'I- 
talia che  non  erano  del  suo  par- 
tito, senza  badare  alla  scomunica 
che  incorreva  per  l'inadempimento 
de'  giuramenti.  Convocò  Federi- 
co II  una  dieta  in  Cremona,  ma 
le  principali  città  d'  Italia  distolte 
dal  Papa  ricusarono  mandarvi  i 
deputati,  e  furono  poste  al  bando 
dell'impero;  quindi  per  l'interven- 
zione del  Pontefice  l' imperatore 
dimenticò  il  suo  risentimento.  Di- 
venuto Papa  nel  1227  Gregorio 
IX,  volendo  sbarazzar  l'Italia  d'un 
ospite  sì  pericoloso,  intimò  a  Fe- 
derico II  di  adempiere  la  promes- 
sa, e  partire  per  la  crociata,  ciò 
che  non  eseguendo,  in  Anagni  e  ia 
Roma  formalmente  lo  scomunicò  : 
l'imperatore  ribellò  alcuni  romani 
ed  i  Frangipani  contro  Gregorio 
IX,  che  fu  costretto  ritirarsi  in 
Perugia.  Finalmente  Federico  II 
partì  da  Brindisi  per  la  crociata, 
si  coronò  da  sé  in  Gerusalemme, 
e  tradì  gli  affari  de'  cattolici  al 
modo  narrato  nel  voi.  XVIII,  p. 
294  e  295  del  Dizionario.  Intan- 
to Gregorio  IX  si  collegò  coi  mi- 
lanesi per  torgli  il  regno  di  Na- 
poli, ed  affidò  un  esercito  al  suo- 
cero il  re  Giovanni,  che  l' impe- 
ratore ritornato  in  Italia  disfece  a 
Capua,  e  poscia  nel  i23o  si  pa- 
cificò col  Pontefice,  secondo  le  con- 
dizioni di  questi,  che  lo  assolvette 
dalla  scomunica  ;  in  tal  modo  le 
fazioni  de*  guelfi  e  ghibellini  che  si 
erano  riprodotte  con  furore,  per 
cui  alcuni  le  fecero  originate  sotto 
Federicoll,  restarono  in  inazione,  seb- 
bene sempre  pi'onte   a  combattere. 


i48  GER 

L'Alemagna  essendosi  sollevala 
conli'o  l' imperatore  ,  il  suo  figlio 
comandava  i  ribelli,  quando  Fede- 
rico II  dopo  l'assenza  di  quindici 
anni  vi  fece  ritorno.  Vinse  gì'  in- 
sorti, e  nella  dieta  di  Magonza  fe- 
ce condannare  Enrico  a  perpetua 
prigione.  Commise  ad  alcuni  de'suoi 
grandi  vassalli  di  far  la  guerra  ai 
duca  d'  Austria  che  persisteva  nel- 
la ribellione,  e  dopo  essersi  porta- 
to a  Vienna ,  e  di  averla  dichia- 
rata città  libera,  ripassò  in  Italia 
nel  1237  a  combattere  i  guelfi, 
avendo  prima  fatto  riconoscere  Cor- 
rado IV  suo  figlio  in  l'e  de'  roma- 
ni. Prese  Mantova,  disfece  i  guelfi, 
e  dichiarò  Enzio  suo  figlio  natu- 
role  re  di  Sardegna;  e  per  ie  ra- 
gioni che  su  queir  isola  avea  la 
santa  Sede,  Gregorio  IX  scomuni- 
cò nel  1238  nella  domenica  delle 
Palme,  e  nel  giovedì  santo  l'impe- 
ratore, il  quale  fece  dal  senatore 
Cenci  ordirgli  contro  una  congiura, 
cacciò  i  monaci  dalla  Sicilia  ,  e 
proibì  la  comunicazione  col  Papa. 
Questi  inviò  ai  principi  d'  Europa 
lettere  in  cui  descrisse  tutte  1'  em- 
pietà di  Federico  II  ,  e  fece  pro- 
mulgar contro  di  lui  la  crociala , 
oflrendo  il  trono  d' Alemagna  a 
Hoberto  d'Artois  fratello  di  s.  Lui- 
gi IX  re  di  Francia ,  che  ricusò 
accettarlo.  Allora  il  Pontefice  per 
farlo  deporre,  intimò  nel  1240  un 
concilio  generale  in  Roma ,  onde 
Federico  II,  Enzio  suo  figlio,  ed 
ì  pisani  imprigionarono  molti  car- 
dinali, vescovi  ed  ecclesiastici,  che 
su  galere  genovesi  si  portavano  al 
concilio,  e  parte  ne  affogarono  in 
mare.  Afflitto  Gregorio  IX  per  tan- 
ta crudeltà,  morì  di  pena  a'  2  i  ago- 
sto 1241,  e  gli  successe  Celestino 
IV  già  legato  all'  imperatore ,  che 
TÌsse   soli    diecisclfe    giorni  :    dopo 


GER 
circa  diecinove  mesi  di  sede  vacan- 
te, per  gl'impedimcnli  frapposti  da 
Federico  lì,  venne  eletto  Innocen- 
zo IV  Fiesco  di  Genova,  già  stret- 
to amico  dell'  imperatore.  Questi 
però  udendone  l' elezione  ,  disse  : 
Fiesco  era  mio  amico,  ina  il  Papa 
sarà  mio  nemico.  Così  fu,  perchè 
Innocenzo  IV  dovette  badare  iigli 
interessi  di  s.  Chiesa,  dall'  impera- 
tore ognor  più  insultata.  Innocenzo 
IV  incominciò  dall'ammonirlo,  per 
cui  Federico  li  spedì  a  Roma  una 
ambasceria  per  la  pace,  che  fu  giu- 
rata a'3i  marzo  i244>  con  pro- 
messa di  reintegrare  la  santa  Sede 
pei  danni  fatti,  di  riparare  le  of- 
fese esercitale  su  tanti  ecclesiastici, 
di  restituire  le  città  dello  slato  ec- 
clesiastico, di  fare  l'omaggio  pei 
regni  di  Napoli  e  di  Sicilia,  e  di 
ricevere  quella  correzione  che  dal 
Papa  venisse  imposta.  Non  andò 
guari  che  la  gioia  d'Innocenzo  IV 
si  dileguò,  dacché  Federico  II  ri- 
cusò di  elfettuare  il  giuralo  come 
a  lui  pregiudizievole;  tentò  il  Papa 
abboccarsi  con  lui  essendo  ne' din- 
torni di  Roma  dopo  essere  stato 
battuto  dai  milanesi;  ma  scuopren- 
do  gì'  inganni  ed  insidie  che  gli 
tendeva,  passò  in  Francia  per  porsi 
in  sicuro.  Ivi  convocò  il  concilio 
generale  di  Lione  I,  che  celebrò 
nel  1245,  alla  presenza  di  vari  so- 
vrani. 

Il  vescovo  di  Carinola  accusò 
r  imperatore  d'ateismo,  d'essere  in 
lega  coi  saraceni,  e  di  credere  che 
Gesù  Cristo  e  Maometto  fossero  siali 
due  impostori,  laonde  convinto  di 
sacrilegio  e  d'eresia,  non  riuscendo 
agli  ambasciatori  jnngaie  dall'impu- 
tazioni Federico  il,  nel  concilio  In- 
nocenzo IV  dichiaiollo  scomunica- 
to e  decaduto  dall'  impero,  mentre 
l' imperatore  essendo   allora  a  To- 


GER 

lino,  esclamò  nel  porsi  la  Corona 
in  capo,  che  per  torgliela  si  spar- 
gerebbe mollo  sangue.  QuinJi  il 
Papa  scrisse  agli  elettori  di  eleg- 
gere in  successore  Enrico  detto 
Kaspone  langravio  di  Turingia  , 
nipote  di  Ottone  di  AVittelsbach  , 
signore  d'Assia  e  del  palalinato  del 
lleiio,  valoroso  ed  ambizioso.  In 
Hocheim  presso  Wiirtzburg  alcuni 
elettori  ed  i  vescovi  lo  dichiararo- 
no re  de'  romani  a'  17  maggio 
1246;  ma  siccome  la  maggior  par- 
te de'  principi  ricusò  intervenirvi , 
fu  chiamato  il  re  de'  preti.  Enri- 
co marciò  contro  Corrado  IV  fi- 
glio di  Federico  II,  lo  battè  pres- 
so Francfort,  l'inseguì  in  Isvevia, 
ma  all'assedio  d'Ulma  ferito  da  una 
fieccia,  di  essa  e  dalle  fatiche  soste- 
nute mori  nei  primi  del  l'^^j-  11 
Papa  a*  29  settembre  fece  eleggere 
iu  successore  Guglielmo  conte  d'O- 
landa, che  presa  Aquisgrana  si  fece 
coronare  in  Colonia  dall'arcivesco- 
vo, mentre  l'Alemagna  si  divise 
ha  i  due  contendenti;  indi  battè 
Corrado  IV  ad  Oppenheim.  L'Ita- 
lia soggiacque  ai  furori  delle  fa- 
zioni, che  Federico  II  procurava 
con  rovesci  e  triste  vittorie  supe- 
rare. Per  sospetto  di  veleno  fece 
inorile  Pier  delle  Vigne  suo  can- 
celliere ed  amico,  e  licenziati  i  suoi 
antichi  uffiziali  e  guardie,  si  cir- 
condò di  maomettani,  finché  mori 
a  Firenzuola  o  Fiorentino  a'  4  di- 
cembre i25o;  venendo  assolto  dal- 
l'arcivescovo di  Palermo,  fu  poi  se- 
polto in  Monreale.  Gli  successe  suo 
figlio  Corrado  IV,  cui  ordinò  re- 
stituir alla  Chiesa  il  tolto;  e  nel 
regno  di  Napoli  IManfredi  uno  dei 
suoi  figli  naturali.  Federico  II  fu 
principe  di  gran  mente ,  coraggio- 
so ,  prudente ,  fiero  e  generoso  ; 
coltivò  con  successo  la  poesia,  pro- 


GER  149 

tesse  le  scienze  e  le  arti,  fece  un 
nuovo  ordine  di  legislazione  per 
r  impero,  scrisse  un  trattato  sulla 
caccia,  ec.  ;  colla  sua  morte  cessò 
tutta  l'autorità  dogi'  imperatori  te- 
deschi in  Italia.  11  Papa  e  Gugliel- 
mo nella  dieta  di  Francfort  fece- 
ro dichiarare  Corrado  IV  decadu- 
to dai  suoi  diritti  ;  egli  si  portò  in 
Napoli  con  sospetto  di  avere  av- 
velenato il  fratello,  mostrandosi  ap- 
parentemente soddisfatto  di  Manfre- 
di. Intanto  Innocenzo  IV  parfi  dal- 
la Francia  per  restituirsi  in  Roma, 
venendo  incontrato  per  viaggio  dal- 
l'imperatore Guglielmo.  Invano  Cor- 
rado IV  spedì  ambasciatori  al  Pon- 
tefice, che  in  vece  lo  citò  a  com- 
parire in  Roma  per  essersi  impos- 
sessato della  Puglia  e  della  Sicilia 
feudi  della  Chiesaj  poscia  lo  sco- 
municò due  volte;  e  morì  a*  27 
maggio  1254  presso  Lavello  nella 
Basilicata,  e  secondo  alcuni  di  ve- 
leno propinatogli  da  Manfredi.  Da 
Elisabetta  di  Baviera  ebbe  Corra- 
dino  che  lasciò  d' anni  tre ,  e  che 
lo  successe  nei  feudi  tedeschi  del- 
l' illustre  casa  di  Hoheristaullen,  di 
cui  era  l'ultimo  rampollo. 

Innocenzo  IV  si  portò  con  un 
esercito  alla  ricupera  del  regno  di 
Napoli,  ivi  morì,  ed  ivi  fu  eletto 
Alessandro  IV  a  successore.  Gu- 
glielmo quantunque  dotato  di  ta- 
lenti dovè  tornai-e  in  Olanda,  e  la 
guerra  coi  frisoni  gli  fu  funesta: 
essendosi  cacciato  il  suo  cavallo  in 
una  palude,  alcuni  contadini  ascosi 
tra  le  canne  l'uccisero  nel  i256, 
e  fu  poi  sepolto  in  Middelburgo. 
Allora  Alessandro  IV  ai  28  luglio 
intimò  agli  elettori  dell'impero,  sot- 
to pena  di  scomunica,  di  non  eleg- 
gere Corradino  l'ultimo  degli  svevi; 
laonde  gli  elettori  si  divisero  tra 
Riccardo    conte    di    Cornovaglia    e 


i5o  GEK 

di  Poitou,  secondogenito    di    Gio- 
vanni Senza-terra,   e  fratello  d'En- 
rico III  re    d'Inghilterra,    ch'eresi 
distinto  nelle  crociate  e  mostratosi 
divoto  alla  santa  Sede;  ed  Alfonso 
X    il  Savio  e    V  Astronomo    re  di 
Leone  e  di  Casliglia,  il  quale  non 
profittò  dell'elezione  in  imperatore, 
né  mai  si  portò  in  Germania.  R.ic- 
cardo  vi  si  recò,  e  con    Sanzia    di 
Provenza  sua  moglie,  si  fece  coro- 
nare in   Aquisgrana  a'  17    maggio 
1207:  ricompensò   splendidamente 
gli  elettori,  che  gli   aveano  dato  il 
voto,  onde  con  altre  liberalità   ac- 
crebbe   il    numero    de'  suoi    parti- 
giani. Nel    1260  tornò  in  Germa- 
nia con  nuovi  tesori,  convocò  una 
dieta  in  cui  fece  saggi    regolamen- 
ti, combinò  le  vertenze  tra  i  prin- 
cipi e  le  città,    compensando    con 
denaro  le  parti  lese  dalle    sue  de- 
cisioni ;    vi    ritornò    nel    1262   per 
dare    l'investitura    dell'Austria    e 
della  Stiria  ad  Ottocaro,  confermò 
i  privilegi  di  parecchie  cittàj  e  do- 
nò al     tesoro  d'Aquisgrana     coro- 
na, scettro    e    globo  -d'oro,  e  due 
abiti  imperiali.   Nel    1268    ritornò 
in  Germania,    soppresse    i   pedaggi 
onerosi  che    inceppavano    la    navi- 
gazione    del     E.eno ,     e     tenne     in 
\\  orms    la    dieta    cogli  elettori  di 
Magonza  e  Treveri,  parecchi    altri 
principi  e    vescovi    dell'impero,    e 
morì  a'  2   aprile    1272,    lasciando 
memoria  di  saggio,  valoroso,    pru- 
dente e  liberale.    La  Germania  sot- 
to   Riccardo     ed     Alfonso    X   sog- 
giacque ad  anarchia  equivalente  ad 
un  interregno,  siccome  lo   conside- 
rano gli  storici,  e  perciò  quasi  pri- 
va d' imperatore.   In  questa    epoca 
la  costituzione  d'Aleraagna    cangiò 
interamente  di  aspetto,  ed  i  prin- 
cipi, la  gran  nobiltà,    1'  alto  clero, 
e  le  città  libere,  i-esero  piìi   solide 


GEK 
le  loro  pretensioni.  Intanto  Coria- 
dino    era    slato     posto    dal    tuture 
margravio  d'IIochberg  sotto  la  pro- 
tezione della    santa    Sede,    mentre 
veniva  allevato  in  Baviera,    gover- 
nandosi in  suo  nome    il    regno  di 
Napoli,    mentre    di    fatto  n'era  re 
Manfredi,  che  si   fece  coronare  alla 
voce    di    sua    morte.    Ma    il  Papa 
Clemente  IV  avendo    investito    del 
regno    delle    due    Sicilie     Carlo     I 
d'Àngiò,  nella   pianura  di  Grandel- 
la  nel    1266  Manfredi    vi   perde   la 
vita ,  con  la  peggio   de'  ghibellini. 
Questi   allora  malcontenti  degli  an- 
gioini, rivolsero  gli  sguardi  a  Corra- 
dino,  che  alla  testa  di  poderoso  eser- 
cito portossi  in  Italia,  e  fu    disfat- 
to da    Carlo    I    vicino    al  lago  di 
Celano  a'  28  agosto    1268,  e  fatto 
prigione  venne    decapitato    pubbli- 
camente   in    Napoli    a'  26    ottobre 
1269,  nell'età  d'anni  dieciotto.  Cle- 
mente IV  aveagli  lasciato  il   titolo 
di  re  di  Gerusalemme,    e    vietato 
prender  quello  di   Sicilia  ,    per  cui 
pubblicò    contraria    sentenza.    Cos'i 
terminò  il   nobilissimo  lignaggio  de- 
gli   svevi,   e  con  lui   migliaia    d' il- 
lustri  vittime  sagrificate  in  seguito 
da    Carlo    I,  temendo    della  scossa 
sua  monarchia,  e  della  sua    stessa 
esistenza. 

E.odoHo  I  conte  di  Habsburg, 
castello  posto  tra  Basilea  e  Zuri- 
go, chiamato  il  Clemente,  fu  eletto 
imperatore  nell'ottobre  1278,  il 
primo  della  gloriosa  casa  d'Austria, 
ed  è  pei  ciò  che  d' ora  innanzi  per 
quanto  riguarda  agl'imperatori  di 
tale  stirpe  daremo  soltanto  qual- 
che cenno,  già  avendone  d'ognuno 
compendiosamente  trattato  alT  ar- 
ticolo Austria,  ed  agli  altri  relati- 
vi. Il  Papa  Gregorio  X  non  solo 
ne  approvò  l'elezione,  ma  indusse 
AKbnso    X  re  di  Leone    e    di  Ca- 


GER 

stiglia  a  rinunziare  il  nome  e  l'in- 
segne d'imperatore.  A'i8  ottobre 
J275  in  Losanna  si  abboccarono 
il  Papa  e  Rodolfo  I,  il  quale  giu- 
rò difendere  l'esarcato  di  Ravenna, 
e  le  altre  terre  della  Chiesa.  Men- 
tre il  re  dei  romani,  cosi  chiaman- 
dosi l'imperatore  prima  di  essere 
coronato  dal  Pontefice,  nel  1276 
recavasi  in  Italia,  Innocenzo  V  glie- 
lo vietò,  senza  essersi  prima  paci- 
ficato con  Carlo  J  re  di  Sicilia,  ac- 
ciocché i  guelfi  e  i  ghibellini  non 
riaccendessero  le  guerre  civili:  egual 
sollecitudine  ebbero  Adriano  V,  e 
Giovanni  XXI.  11  successore  del 
secondo,  Nicolò  III,  nel  1278  rice- 
vette da  Rodolfo  I  amplissimo  di- 
ploma d'approvazione  de' possedi- 
menti della  Chiesa,  confermatone  in 
pari  tempo  il  tenore  dal  collegio 
degli  elettoli.  Anche  Onorio  IV  e 
JNicolò  IV  si  adoprarono  per  com- 
j)orie  le  dilFerenze  tra  Rodolfo  I,  e 
Carlo  I  e  Carlo  11  re  di  Sicilia  e 
di  IN'apoli.  Dopo  la  morte  di  Ro- 
dolfo I,  in  concorrenza  del  suo  fi- 
glio Alberto  1,  fu  eletto  nel  1291 
ÌMi|)eratore  Adolfo  di  Nassau,  il 
quale  avendo  domandato  a  Filip- 
po IV  il  Dillo  re  di  Francia  la 
restituzione  del  regno  d'Arles,  ne 
ebbe  in  risposta  in  un  foglio  bian- 
co, queste  due  parole:  troppo  te- 
desco, che  denotavano  il  dis[)regio 
che  faceva  di  sua  persona  e  richie- 
sta ;  e  volendo  Adolfo  far  guerra 
alla  Francia,  il  Papa  Ronifacio 
VIII  lo  dissuase.  In  seguito  i  prin- 
cipi della  Germania  si  ribellarono 
ad  Adolfo,  lo  deposero  nel  1297, 
ed  elessero  in  vece  re  de'  romani 
Alberto  I  d'Austria,  che  diede  bat- 
taglia al  competitore,  e  l'uccise  a'2 
luglio  1298.  Bonifacio  Vili  perciò 
non  volle  approvarne  l'elezione, 
anzi  lo  citò  a  comparire  in  giudi- 


GER  IDI 

zio  a  giustificarsi  della  morte  di 
Adolfo  ;  dipoi  pacificatosi  con  lui, 
lo  confermò  nella  dignità,  e  nel 
i3o2  gli  diede  il  regno  di  Fran- 
cia per  l'interdetto  fulminato  al  re 
ed  al  reame,  ma  egli  si  ricusò  di 
accettare.  Sotto  di  lui  nel  1807 
gli  svizzeri  si  resero  liberi,  ed  egli 
morì  a'fo  maggio  iSoS,  ucciso  dai 
propri  nipoti.  Dopo  un  interregno  di 
sette  mesi  fu  eletto  imperatore  En- 
rico VII  figlio  maggiore  del  duca 
di  Luxemburgo,  a' 29  novembre 
i3o8,  ad  onta  che  vi  aspirava 
Carlo  di  Valois.  Punì  gli  uccisori 
del  predecessore,  fece  eleggere  re 
di  Boemia  Giovanni  suo  primoge- 
nito, che  dichiarò  pure  vicario  di 
Alemagna,  ed  alla  testa  d' un  eser- 
cito nel  i3ii  passò  in  Italia,  e  si 
fece  coronare  in  Milano  re  di  Lom- 
bardia, quindi  occupò  varie  città, 
favorito  dai  ghibellini,  e  contraria- 
to da  Roberto  re  di  Napoli.  Sino 
dal  i3o5  il  Papa  Clemente  V 
avea  stabilito  la  residenza  pontifi- 
cia in  Francia,  indi  fissandola  in 
Avignone,  ove  dimorarono  sei  suc- 
cessori. Volendo  Enrico  VII  pren- 
dere in  Roma  la  corona  imperiale, 
Clemente  V  deputò  i  cardinali  le- 
gati a  farne  le  sue  veci ,  e  per 
gl'impedimenti  frapposti  dal  re  di 
Napoli,  la  coronazione  ebbe  luogo 
nella  basilica  lateranense.  Qui  no- 
teremo che  agli  articoli  Coronazio- 
ne   DEGl'  IVIPERATORI,    e    CORONAZIONE 

DEt  RE  si  dice  delle  coronazioni  de- 
gl'  imperatori  in  che  modo  segui- 
rono, cosi  quelle  della  corona  di 
ferro. 

Enrico  VII  pose  al  bando  del- 
l'impero il  re  Roberto,  e  dopo 
aver  tentato  prendere  Firenze,  con 
le  galere  de' genovesi  e  de' pisani 
si  accingeva  alla  conquista  del  re- 
gno di   Napoli,    quando   la    morte 


i52                 GER  GER 

lo    sorprese  a    Bonconvento    presso  indurre  Lodovico  V  all'ubliidienza, 
Siena  a' 2 5  agosto   i3i3,  non  sen-  cloche  non  riuscendo,  confermo  le 
za  sospetto  di  veleno.  Dopo  un  in-  censure  come    usurpatore    dell'  iiii- 
terregno    di    quattordici    mesi,     la  pero;  avendo  poi  timore    che    nel- 
maggiorità  degli  elettori  innalzavo-  la  vacanza  dell'impero,   la   cui  am- 
no    all'impero  Lodovico  V  il  Ba-  ministrazione  per    questa  causa  gli 
varo,     figlio     di    Matilde     figliuola  apparteneva,  fosse  assalita  l'Italia  da 
di    Rodolfo  I,    capo    del  ramo    di  qualche  nemico,  nel    iSSg  costituì 
Baviera,    e   parte    Federico    III    il  alcuni   vicari  feudatari   della  Chiesa. 
Bello  duca  d'Austria,  figlio  di  Al-  Indi   Clemente  VI  nel  giovedì  san- 
berto    I,    sostenendo    ognuno    colle  to    i346  confermò    in  Avignone  la 
armi  le  loro  pretensioni.    Vedendo  sentenza  di   scomunica  data  da'suoi 
il  Papa  Giovanni  XXII  che  Lodo-  predecessori   al  Bavaro,  lo    dichiarò 
■vico  Y  si  trattava  come  imperato-  in  concistoro  contumace  alle  intima- 
re, senza  aspettare  la  consueta  con-  zioni  fattegli,  e  comandò  agli  elet- 
ferma    pontificia,    lo    pregò  a    per-  tori  dell'impero  che  in    vece  eleg- 
mettere    che  la    causa  di    sua  eie-  gesserò  imperatore  Carlo   IV  mar- 
zione  fosse  trattata  dalla  santa  Se-  chese  di   IMoravia  figlio  di  Giovan- 
de,   citando    i    due    pretendenti    a  ni    re  di    Boemia.    Cinque    elettori 
produrre  le  loro  ragioni.  Lungi  Lo-  agli    1 1   luglio  procederono  alla  sua 
dovico  V  dal  volersi  soggettare  al  elezione,     che    Cletnente     VI     con- 
giudizio del  Pontefice,    e  prenden-  fermò,    morendo    Lodovico  V   agli 
do  anzi    la  difesa    degli  eretici,  fu  11    ottobre  del    i347    per   una  ca- 
scomunicato,  ond'ebbero  luogo  quel-  duta  da  cavallo,    mentre  inseguiva 
le  gravi  vertenze  tra  ambedue,  che  un  orso  alla  caccia,  e  con    lui  ces- 
notammo    all'articolo    Baviera,  ed  sarono    finalmente  le    angustie   che 
ai  diversi  relativi  articoli.  Portato-  avea     cagionate    alla     Chiesa,    alla 
si  Lodovico  V  nel   i328  in  R.oma,  Germania,    ed    all'Italia.     Allora 
elesse    in    antipapa  Nicolò  V,    e  si  Carlo  IV    fu  riconosciuto    da  tutti 
kce  da  esso  coronare    in  s.  Pietro,  per  unanime  consenso,  e  per  la  di- 
11    Papa  ad    esempio    di    Clemente  vozione  che    ebbe  alla  santa    Sede 
V,   che    nella  vacanza    dell'impero  fu   detto  V imperatore  de' preti. 
avea    nominato   vicario    d'Italia   il  Nel    i355  Clemente  VI  dal  car- 
ré   Roberto,  dichiarò    vari    signori  dinal    legato  fece  coronare    in  Ro- 
vicari    imperiali    in    diversi    luoghi  ma  Carlo  IV,  e  la  sua  moglie  Aii- 
della  medesima    regione.    Lodovico  na;   indi    l'imperatore  si    portò  in 
V  disfece  Federico  d' Austria,  e  lo  Arles  a  prender  la    corona  del  re- 
ritenne   prigione    sino  al    i325,   in  gno  Arelatense  di  ragione  dell'im- 
eni   lo    fece  rinunziare    all'impero,  pero,  e    fu  l'ultimo  a    fare  questa 
ed  aumentò  le   sue  iniquità  contro  solennità.  Sino  a  Carlo  IV  gì'  im- 
il    Pontefice,    che    dall'  altro    canto  peratori    erano  eletti  dai    tre  ordi- 
raddoppiò    i  fulmini    della  Chiesa  :  ni    riuniti,  e    talvolta  dalle    assem- 
di  poi  Lodovico  V  fece    un  decre-  blee    di  tutti  i  principi    dell'impe- 
to,  che  all'elezione  dell'imperatore  ro.  I  primi  grandi  ulliziali  e  digni- 
non    eravi    bisogno    l'approvazione  tari  della  corona  essendo  pervenuti 
del    Papa.  Il  nuovo    Pontefice  Be-  a  rendere  le  loro    cariche  ereditn- 
nedelto    XII  nel    ij34  procurò  di  rie,  a  poco  a  poco  si  ulliraroup  il 


GER 

diiilto  dell'elezione.  Carlo  IV  piib- 
IjIìcò     nel    1 356     la    Bolla    iV  oro 
{^Vccli),  con  la  quale    sugli  antichi 
Elettori  {^Fedi),  si   stabilirono    for- 
malmente i   loro  diritti,  e  si   regolò 
del  pari  il  cerimoniale  dell'imperiai 
corte.  Questa  celebre  legge  fondamen- 
tale sull'elezione  degli  imperatori  fu 
fatta  in  Norimberga:   allora  il  cor- 
po politico  germanico  consisteva  in 
una  grande  confederazione,  compo- 
sta di  tutti  gli  stati  sovrani  sì  ec- 
clesiastici, che  secolari  d'  Alemagna, 
della  quale  l' imperatore  era  capo. 
Questo  monarca  elettivo    però  non 
possedeva  che  i  propri  slati  ereditari, 
ne    alcuna  rendita  era  annessa  alla 
sua  dignità,  uè  alcuna  città   per  tal 
titolo  gli  apparteneva.  Godeva  però 
di    somme    prerogative,    convocava 
da  se  solo  le  assemblee  generali,  ne 
sanzionava    le    decisioni,    disponeva 
de' fondi  devoluti  all'impero,  e  da- 
va   degli  altri    l'investitura,  conce- 
dendo    privilegi ,    titoli  ,     e     gradi 
onorifici.    Al     successore     designato 
all'impero  davasi  il  titolo  di  re  dei 
romani  ;  il  diritto    poi  di    eleggere 
1  imperatore  venne  riservato  ai  so- 
li elettori.    L'assemblea  generale  o 
dieta,  ministra  del  potere  legislati- 
vo,   era    composta    dei  tre    collegi, 
quello  cioè  degli  elettori    del  sacro 
romano  impero,    quello  de'  principi 
di    cui   formava    parte    l'altro    dei 
conti,  e  quello  delle  città  libere  o 
imperiali    che   ascendevano    a    ses- 
santatre, oltre  quelle  che   in    vari 
tempi     si    sottrassero     dall'impero, 
come    dicemmo     in    principio    del- 
l'articolo.   Tutti    i    principi  sovra- 
ni   avevano     un'  autorità     assoluta 
nei    loro     dominii,    ma     in    taluni 
casi    potevasi  dai  loro    giudizi    ap- 
pellare   alla    camera     imperiale    di 
Spira,    che    risiedeva    in     Vetzlur, 
nel   circolo    dell'alto  Reno,   ed    al 


GER  i53 

consiglio  aulico  che  radunavasi  ove 
r  imperatore  risiedeva.  La  città 
di  Franctbrt  sul  jMeno ,  era  il 
luogo  dell'elezione  degli  impera- 
tori, e  nell'altra  di  Ratisbona  si 
congregavano  le  diete.  In  tale  si- 
stema, variato  alquanto  come  di- 
remo da  Massimiliano  I  ,  proce- 
dette r  impero  germanico  sino  al 
secolo  presente.  Nel  iSSp  essendo 
stato  l'imperatore  Carlo  IV  indot- 
to da  malevoli  consiglieri  ad  oc- 
cupar le  rendite  di  alcuni  benefizi, 
e  violare  la  libertà  ecclesiastica, 
per  le  rimostranze  di  Papa  Inno- 
cenzo VI  ne  corresse  l'errore,  ed 
emanò  una  costituzione  in  difesa 
dei  diritti  ed  immunità  ecclesiasti- 
che, la  quale  fu  poi  confermata 
dai  Pontefici  Bonifacio  IX  e  Mar- 
tino V.  Insorta  grave  discordia  tra 
l'arcivescovo  di  Salisburgo,  e  Ro- 
dolfo duca  di  Baviera,  nella  quale 
stavano  per  prendere  parte  tutti  i 
principi  di  Germania,  lo  zelo  di 
Papa  Urbano  V  la  sopì.  Questi 
nel  i365  fu  visitato  in  Avignone 
da  Carlo  IV,  che  vestito  delle  in- 
segne imperiali  assistè  al  pontifica- 
le celebrato  dal  Papa. 

Crescendo  la  tracotanza  di  Ber- 
nabò Visconti,  e  vedendo  Urbano 
V  che  a  frenarlo  non  erano  state 
sufficienti  le  ammonizioni  e  le  pe- 
ne ecclesiastiche,  nel  i368  ricorse 
all'imperatore  come  difensore  del- 
la Chiesa,  invitandolo  a  recarsi  in 
Italia,  ed  esortando  i  fedeli  con 
premio  d'indulgenze  a  seguirne  gli 
stendardi.  Indi  l' imperatore  con 
diploma  solennemente  confermò  il 
dominio  temporale  della  Chiesa 
romana;  e  siccome  Urbano  V  era- 
si portato  in  Roma  nell'intendi- 
mento di  ristabilirvi  la  pontificia 
residenza,  l'imperatore  vi  si  recò  a 
visilaiio,  0   nel  dì    d'Ognissanti   d 


i54  GER 

Papa  coronò  l'altia  di  lui  mo- 
glie Elisabetta,  nella  quale  funzione 
l'imperatore  secondo  il  cerimoniale 
fece  alcune  funzioni  da  Diacono 
(^Fedi).  In  altri  incontri  l'impera- 
tore tenne  al  Papa  la  staffa  nel 
montare  a  cavallo,  che  gli  addestrò 
insieme  ad  Amadeo  VI  conte  di 
Savoia.  Tornato  Urbano  V  in  A- 
vignone  fece  pubblicare  la  crociata 
in  Germania  contro  i  nemici  del 
nome  cristiano,  e  morendo  nel 
iSyo  gli  successe  Gregorio  XI,  il 
quale  nel  1877  gloriosamente  re- 
stituì a  Roma  la  residenza  ponti- 
ficia, dandone  partecipazione  all'im- 
peratore e  ad  altri  sovrani.  Nel  se- 
guente anno  venne  canonicamente 
eletto  Urbano  VI,  il  quale  volendo 
correggere  i  difetti  de' cardinali  , 
la  maggior  parte  scismaticamente 
lo  deposero,  eleggendo  l'antipapa 
Roberto  di  Ginevra  che  assunse  il 
nome  di  Clemente  VII.  Questi  per 
compiacere  i  cardinali  francesi  ri- 
belli, che  amavano  le  delizie  di 
Provenza,  passò  in  Avignone  e  vi 
stabilì  una  cattedra  di  pestilenza 
in  cui  fu  erroneamente  riconosciu- 
to da  varie  nazioni,  restando  nel- 
l'ubbidienza di  Urbano  VI  e  succes- 
sori la  maggior  parte  di  esse,  com- 
j)resa  la  Germania,  la  Boemia,  la 
Ungheria,  la  Prussia,  la  Frisia,  ec. 
Siccome  pretesto  dello  scisma  fu 
ne' cardinali  insorti  la  non  legitti- 
ma elezione  di  Urbano  VI,  fra  le 
tante  testimonianze  contrarie,  evvi 
una  lettera  del  sacro  collegio  all'im- 
pera ture  Carlo  IV,  munita  col  sigillo 
imperiale,  e  con  quelli  di  quindi- 
ci baroni  dell'  impero,  poscia  pub- 
blicata da  Rniglon,  in  cui  si  dà 
a  lui  parte  della  seguita  canonica 
elezione.  Carlo  IV  essendo  vivente, 
dagli  elettoli  dell'impero  fece  eleg- 
gere pei-  suo  successore    il  pioprio 


GER 
figlio  Wenceslao,  e  ne  riportò  an- 
cora la  pontifìcia  approvazione.  Di 
Carlo  IV  si  disse,  che  rovinò  la 
sua  casa  per  acquistare  T impero, 
e  che  poi  rovinò  l'impero  per  rista- 
bilire la  sua  casa;  morì  a'29  novem- 
bre 1378  in  Praga,  capitale  della 
Boemia,  e  gli  successe  Wenceslao,  di 
cui  parlammo  all'articolo  Boemia, 
ove  dicemmo  pure  dell'imperatore 
Sigismondo  di  cui  andiamo  a  par- 
lare, e  di  quanto  fece  per  l'estin- 
zione del  grande  scisma  avignonese. 
Nel  i3c)0  Bonifacio  IX  celebrò 
r  universale  giubileo ,  e  concesse 
ad  alcune  città  di  Germania  di 
poterlo  acquistare,  con  la  visita  di 
alcune  chiese,  e  con  somministra- 
re il  denaro  che  gli  abitanti  avreb- 
bero speso  nel  viaggio,  per  la  re- 
staurazione delle  chiese  di  R.onia, 
rovinate  nella  lunga  assenza  de'  Pa- 
pi. Le  cattive  qualità  di  Wence- 
slao re  de'romani  provocarono  la 
di  lui  deposizione,  che  il  collegio 
degli  elettori  decretò  nel  1 4oo, 
ed  invece  elessero  per  successore 
Roberto  il  Piccolo,  duca  di  Bavie- 
ra, del  quale  trattammo  a  quell'ar- 
ticolo; e  Bonifacio  IX  nel  i4o3 
ne  approvò  l'elezione:  era  Rober- 
to anco  principe  palatino,  e  fu 
detto  ancora  il  Corto  ed  il  Alife. 
Mentre  in  Roma  regnava  Grego- 
rio XII,  ed  in  Francia  e  Spagna 
sosteneva  lo  scisma  l'antipapa  Be- 
nedetto XIII,  i  cardinali  d'entram- 
bi volendogli  dar  termine  si  riuni- 
rono in  concilio  a  Pisa  nel  i4"9 
con  gli  ambasciatori  de'  principi. 
Inutilmente  Gregorio  XII  spedì  a 
Roberto  re  de'romani  il  caidinal 
Antonio  vescovo  di  Porto  suo  ni- 
pote, quale  legato  apostolico,  per 
impegnarlo  ad  impedir  la  celebra- 
zione di  quel  concilio,  dappoiché 
nello  slesso  tempo  il  concilio  inviò 


GER  GER  i55 
in  Germania  il  cardinal  Landolfo  brava  incvitajjile  la  guerra  civile 
dì  S.Nicola  in  Carcere,  per  incita-  in  Gernìania,  quando  Josse  fu  col - 
re  i  popoli  a  ritirarsi  da  Gregorio  pito  dalla  morte  agli  8  gennaio 
XII.  Mentre  questi  si  recò  a  C/Vi-  1 4  '  i  j  t''^  mesi  dopo  la  sua  elezio- 
clale  (^Vecli)  a  celebrare  un  conci-  ne,  restando  senza  competitoii  alla 
lio,  in  Pisa  fu  deposto  insieme  al-  testa  dell'impero  Sigismondo.  ()ue' 
l'antipapa,  e  venne  eletto  invece  Ales-  sto  principe  bramoso  della  pace 
Sandro  V.  Allora  Gregorio  Xll  per  della  Chiesa,  e  di  porre  un  terini- 
terminare  lo  scisma  che  si  vedeva  ne  alle  eresie  e  guerre  degli  ussi- 
alimentato  ad  un  tempo  da  tre  ti,  indusse  Giovaimi  XXIII  a  cou- 
Papi,  deputò  il  re  Roberto,  Sigis-  vocare  nel  i4i4  ''  celebre  conci- 
mondo  re  d'  Ungheria,  e  Ladislao  lio  di  Costanza  [Fedi),  ove  inter- 
re di  Napoli,  perchè  coi  principi  \enne  insieme  agli  ambasciatori  dei 
della  parte  contiaria  stabilissero  il  principi,  al  conte  di  Cilley  padre 
luogo  per  celebrare  un  concilio  gè-  della  sua  sposa  Barbara,  a  Rodol- 
neraie  ;  ma  gli  unghen,  i  boemi,  fo  elettore  di  Sassonia,  a  Federico 
i  connazionali  veneti,  e  persino  il  langravio  di  Norindjerga  poi  elet- 
langravio  Ermanno  sino  allora  a  tore  di  Brandeburgo ,  a  Lodovico 
lui  attaccatissimo,  lo  abbandonaro-  conte  palatino  del  Reno  e  duca  di 
no.  Morto  Alessandro  V,  gli  sue-  Baviera,  a  Fedeiico  IV  duca  d'Au- 
cesse  Giovanni  XXllI,  il  quale  sen-  stria,  ed  all'elettore  di  Magonza. 
tendo  che  il  re  Roberto  era  morto  in  Nel  concilio  Gregorio  XII  rinun- 
Oppenheim  a'i8  maggio  i4  io,  spedì  zio,  Giovanni  XXllI  venne  deposto 
subito  nunzi  agli  elettori  dell' im-  ed  imprigionato,  e  Benedetto  XIII 
pero  acciò  gli  sostituissero  Sigis-  antipapa  scomunicato.  I  cardinali 
mondo  di  Luxemburgo  re  d'Un-  delle  tre  ubbidienze,  con  tienta  pre- 
gheria,  figlio  di  Carlo  IV,  fratello  lati  delle  sei  nazioni  accorse  al  con- 
dì Wenceslao  re  di  Boemia,  e  già  cilio,  compresa  la  tedesca,  canoni- 
imperatore,  siccome  benemerito  per  camente  elessero  supremo  Gerarca 
avere  pacificato  l'Ungheria:  fu  di  Martino  V  agli  ii  novembre  1 4' 7> 
fatti  eletto,  e  riuscì  uno  de'mag-  al  quale  l'imperatore  Sigismondo 
giori  princìpi  che  occupassero  il  nella  cavalcata  che  fece  per  Co- 
trono  imperiale,  liberale,  generoso,  stanza  gli  prestò  i  consueti  ossequi, 
amico  de' letterati,  e  di  bella  per-  che  poi  lipetè  in  Mantova, 
sona.  Josse  marchese  di  Moravia  Dopo  la  morte  di  Wenceslao, 
comprò  da  Wenceslao  il  ducato  di  accaduta  nel  i4'8j  •'  fratello  Si- 
Luxemburgo,  indi  lo  vendè  al  duca  gisaiondo  a  cagione  delle  guerre 
d'Orleans  fratello  di  Carlo  VI  re  di  non  potè  succederlo  in  quel  trono 
Francia.  Dopo  la  morte  del  re  Ro-  che  nel  i436.  Sino  dal  i^3i  era 
berto,  Josse  volle  disputare  il  trono  successo  a  Martino  V  il  Papa 
imperiale  a  Wenceslao  eh' era  rile-  Eugenio  IV,  il  quale  secondo  il 
gato  a  Praga,  ed  al  suo  fratello  concertato  nel  concilio  di  Costanza 
Sigismondo,  onde  la  Germania  eb-  convocò  altro  concilio  in  Basilea 
he  allora  tre  imperatori,  come  la  (Fedi),  che  fatalmente  divenne  con- 
cristianità tre  Papi:  una  parte  de-  ciliabolo;  nel  i433  coronò  in  Ro- 
gli  elettori  elesse  Josse  all'impero,  ma  imperatore  Sigismondo  col  so- 
e  l'altra  vi  elevò  Sigismondo.  Sem-  lito  cerimoniale,  avendo  questi   sul 


i56  GER 

ponto  s.  Angolo  creato  diversi  Cct- 
validi  (rrtli).  Dopo  aver  Sigismoa- 
do  sosteiuilo  parecchie  guerre  co- 
gli ussiti  mori  agli  8  dicembre  i438, 
e  gli  successe  nei  regni  di  Boemia 
ed  Ungheria  Alberto  V  duca  di 
Austria,  che  sino  dal  14^1  ne  a- 
vea  sposato  la  figlia  Elisajjctta  , 
dopo  aver  lottato  con  la  suocera 
Barbara  di  Cilley;  indi  gli  elettori 
dell'impero  lo  esaltarono  a  questo, 
prendendo  il  nome  di  Alberto  li, 
ed  in  tal  modo  la  corona  impe- 
riale restò  nella  sua  casa  d'Austria, 
laonde  ancor  qui  avvertiamo  che 
a  quell'articolo  si  parla  de'  succes- 
sori, e  qui  riporteremo  pochi  cenni. 
il  suo  avvenimento  all'impero,  per 
la  saggezza  e  fermezza  che  lo  di- 
stinguevano, riempì  di  giubilo  e  di 
speranze  la  Germania  tutta,  e  le 
prime  misure  ch'egli  prese  corri- 
sposero alla  generale  espettazione 
nelle  diete  di  Noiimberga  e  di 
JMagonzn,  pcgli  utili  provvedimenti 
da  lui  promossi.  La  condotta  ch'e- 
gli tenne  nelle  vertenze  insorte 
tra  Eugenio  IV,  e  i  padri  del  con- 
cilio di  Basilea  fu  moderata  e  pru- 
dente, però  fece  adottare  dalla  die- 
ta di  Magonza  le  risoluzioni  dei 
basilceii  circa  l'abolizione  delle  an- 
nate, delle  riserve,  e  delle  aspetta- 
tive, e  1'  universale  ristabilimento 
delle  canoniche  elezioni.  Finalmen- 
te nella  gucria  che  sosteneva  in 
Ungheria  contro  Amurat  II,  mori 
in  un  villaggio  a'27  ottobre  1429; 
e  dopo  cinque  mesi  nacque  dalla 
consorte  l'Elisabetta  Ladislao  detto 
perciò  il  PosUiiito,  nel  quale  termi- 
nò poi  la  linea  austriaca  Alber- 
tina, passandone  i  diritti  nella  li- 
nea stiriana  di  Federico  HI.  Alla 
morte  di  Ladislao  1'  Ungheria  e 
la  Boemia  già  unite  all'Austria  ne 
vcuucio    discioltc  ,  e    buio   ad  essa 


GER 

riunironsi  nel  iSiò  in  Ferdinando 
I,  e  meglio  nel  i6i5  sotto  T  im- 
peratore Ferdinando  II.  Alberto  II 
per  le  sue  belle  doti  fu  compianto, 
tuttavolta  viene  tacciato  di  estre- 
mo rigore,  e  di  tollerantismo  in 
materie  religiose,  non  perdonando- 
la però  agli  eretici  :  amò  tenera- 
mente la  sua  sposa.  L'impero  di- 
venne da  quest'  epoca  ereditario, 
senza  cessar  per  altro  di  essere  e- 
lettivo,  essendosi  abolito  il  segre- 
to giudizio,  stabilito  da  Carlo  Ma- 
gno, ma  non  fu  poi  interamente 
distrutto  se  non  dopo  sessanta  an- 
ni. Federico  HI  detto  il  Pacifico,  fi- 
glio di  Ernesto  duca  d'Austria,  fu 
eletto  imperatore,  dopo  la  morie 
del  suo  cugino  germano  Alber- 
to II. 

Nuove  turbolenze  furono  mosse 
nel  i44*^  contro  Eugenio  IV  nel- 
la Germania ,  per  la  deposizione 
ch'egli  avea  fatto  degli  arcivescovi 
di  Colonia  e  di  Treveri  partigiani 
del  concilio  di  Basilea  ,  e  perciò 
suoi  nemici;  ma  portatosi  in  Roma 
quale  ambasciatore  di  Federico  HI 
Enea  Silvio  Piccolomini,  poi  Pon- 
tefice Pio  II,  indusse  Eugenio  IV 
a  restituire  nel  grado  i  due  arci- 
vescovi elettori,  mentre  i  due  le- 
gali Carvajal  ,  e  Parentucelli  il 
quale  fu  poi  Psicolò  V,  pacifica- 
rono la  Germania,  estinsero  lo  sci- 
sma, e  ridussero  i  tedeschi  all'anti- 
ca ubbidienza  della  santa  Sede , 
non  avendo  però  mai  riconosciuto 
l'antipapa  Felice  V,  eletto  sino  dal 
1439  clal  conciliabolo  bas)le.ese.  In 
fatti  quando  nel  i447  s^^'  sulla, 
cattedra  di  s.  Pietro  Nicolò  V,  a- 
vendo  Federico  III  con  tutti  i 
principi  di  Germania  rinunziato  ad 
ogni  comunicazione  esortativa  con 
r  antipapa,  l' imperatore  ai  i  ago- 
sto tou    editto  couiuudò  a  tulli    i 


GER 

sudditi  dell'impero  di  riconoscere  per 
solo  e  vero  legittimo  Papa  Nico- 
lò V  successore  di  Eugenio  IV. 
Questa  determinazione  abbattè  i 
fautori  di  Felice  V,  il  quale  aman- 
do l'unità  cattolica  non  pensò  che 
ad  una  sincera  rinunzia,  effettuata 
dopo  il  congresso  di  Lione,  ove  in- 
tervennero gli  ambasciatori  de'prin- 
cipi,  e  quelli  degli  elettori  di  Ger- 
mania, avendo  luogo  la  formale 
rinunzia  di  Felice  V  a' 9  aprile 
i449'  Aveva  inoltre  Nicolò  V,  ap- 
pena eletto,  invialo  in  Germania 
alle  città  ed  a'  principi  tedeschi 
il  legato  cardinal  Giovanni  Carva- 
jal,  perchè  si  ritirassero  dal  par- 
teggiare pei  padri  basileesi,  su  di 
che  essendone  impegnatissimo  Fe- 
derico III,  costrinse  questi  la  città 
di  Basilea  a  cacciar  gli  scismatici 
onde  estinguere  ogni  reliquia  di 
scisma.  Il  medesimo  cardinal  Car- 
vajal  III  da  Nicolò  V  destinalo  a 
comporre  le  vertenze  tra  gli  un- 
gheresi e  l'imperatore,  ed  a  siste- 
mare gli  affari  ecclesiastici  di  Boe- 
mia, quindi  conchiuse  e  sottoscris- 
se il  celebre  Coiicordaio  gernia- 
nico  (f^edi),  riguardante  i  l.>enefì- 
zi  ecclesiastici  in  Germania,  che 
Nicolò  V  solennemente  conlèrmò 
con  bolla  de' 19  marzo  i44*^-  leg- 
gasi il  Guerra,  Epit.  Const.  Roin. 
Poiìtif.  toni,  II,  p.  81  ;  Branden, 
ColU'ctanea  super  Concordatis  In- 
ter sanctam  Sedcni  apostolicanif  et 
incUtaiii  nalionem  Germanicnm,  Co- 
loniac  17 16;  e  Nicolarts,  Com- 
pendiosa praxis  henejiciaria  ex 
Coneordalis  inclytae  nadonis  Ger- 
manirae,  regnoruin  Polonìue  ,  et 
Galliae ,  ciiiìi  s.  Sede  apostolica, 
Romae  lySr.  Nel  14^2  Nicolò 
V  ricevè  con  sommo  onore  in  Ro- 
ma Federico  HI,  ch'era  accompa- 
gnalo dal   suddetto  Ladislao  re  di 


GER  157 

Ungheria  e  di  Boemia  suo  nipote, 
da  Alberto  d'Austria  suo  fratello, 
dal  duca  di  Slesia,  e  da  nobile 
comitiva  sino  al  numero  di  seimi- 
la persone,  avendo  prima  fatto  in 
Siena  il  giuiamenlo  di  fedeltà  al 
Pontefice,  e  di  conferma  a  tutti  i 
diritti  della  romana  Chiesa.  Nico- 
lò V  a'  1 6  marzo  coronò  Fedei-ico 
III  qual  re  di  Lombardia,  benedi 
il  suo  sposalizio  con  Eleonora  di 
Portogallo,  e  ai  I  8  dello  stesso  me- 
se lo  coronò  insieme  con  la  spo- 
sa colle  insegne  imperiali,  donan- 
dogli la  Rosa  d'oro  benedetla  {Ve- 
di),  indi  il  Papa  concesse  all'im- 
peratore le  Preci  primarie  [Fedi), 
ossia  r  indulto  di  conferire  le  di- 
gnità ecclesiastiche,  vacanti  la  pri- 
ma volta  dopo  l'elezione  degl'im- 
peratori. Federico  HI  rese  al  Pon- 
tefice tutti  i  consueti  segni  di  ve- 
nerazione prescritti  dal  cerimoniale. 
Tornato  Federico  III  in  Ger- 
mania trovò  che  molti  l'odiavano 
perchè  ancora  teneva  presso  di  se 
Ladislao,  e  però  gli  mossero  guer- 
ra parte  degli  austriaci,  i  boemi  e 
gli  ungheri.  Nicolò  V  a  sopire 
queste  dissensioni,  deputò  il  cardi- 
nal di  Cusa  allora  legato  in  Ger- 
mania ,  ed  iu  qualità  di  nunzio 
Enea  Silvio  Piccolomini  con  pode- 
stà di  legato  a  lalere,  onde  venne 
conchiusa  la  pace.  In  segtiito  l'im- 
peratore fece  pubblicare  il  codice 
de'feudi;  nulla  ommise  per  dissipa- 
re le  fazioni  ne'suoi  stati,  ma  non 
potè  riuscirvi.  Nel  1453  ebbe  ter- 
mine l'impero  di  Oriente  fondato 
nel  33o,  cioè  i  I23  anni  prima,  per 
aver  Maometto  II  imperatore  de'tiu-- 
chi  presa  Coslantinopoli  (P  edi)  ai 
29  maggio;  così  dei  due  grandi  im- 
peri restò  solo  l'occidentale  germa- 
nico, chiamato  sacro  romano  impe- 
ro. Nel  r458  fu  esaltalo  al  triregno 


i58  GER 

Pio  IT  già  consigliere,  segretario 
ed  amljasciatore  di  Federico  IH, 
che  aveagli  ^predetto  il  pontillcato, 
quando  essendo  con  lui  sul  monte 
Cimino,  e  guardando  il  Lazio  gli 
disse:  '»  su  questi  luoghi  regnerai 
Enea,  e  noi  che  ora  vi  comandia- 
mo, un  tempo  saremo  da  voi  co- 
mandati". Nel  pontificato  di  Paolo 
II  l'imperatore  per  adempimento  di 
un  pio  voto  ritornò  in  Roma,  e 
fece  approvare  dal  Papa  l'ordine 
equestre  di  s.  Giorgio  da  lui  isti- 
tuito contro  gl'infedeli.  Per  fare  la 
guerra  a  questi  Sisto  IV  spedì  in 
Germania  ed  Ungheria  il  cardinal 
Bardo  legato;  indi  Innocenzo  Vili 
nel  i48'i  canonizzò  solennemente 
s.  Leopoldo  IV  detto  il  Pio,  mar- 
chese d'Austria,  ad  istanza  dell'im- 
peratore ede'principi  tedeschi,  men- 
tre la  Germania  era  lacerata  dal- 
le guerre,  onde  Mattia  re  di  Un- 
gheria prese  Vienna,  senza  che 
Federico  III  punto  se  ne  alteras- 
se. Nel  i486  a'i5  febbraio  Mas- 
similiano I  figlio  dell'  imperatore 
fu  eletto  re  de'  romani,  e  pel  suo 
sposalizio  con  IMaria  figlia  ed  e- 
rede  di  Carlo  il  Temerario  ultimo 
duca  di  Borgogna  ,  divenne  signo- 
re di  tal  ducato,  della  Franca  Con- 
tea e  del  Belgio,  per  cui  nel  1488 
il  di  lui  padre  passò  nelle  Fian- 
dre in  aiuto  alle  guerre  che  soste- 
neva. Dilatandosi  le  conquiste  de- 
gli ottomani  nella  Germania  e 
tiell  Italia,  Innocenzo  VIII  promul- 
gò la  sacra  guerra,  ne  fece  capo 
r  imperatore,  e  per  mezzo  del  ve- 
scovo d' Orle  suo  legato  in  Ger- 
mania, fece  caldamente  raccoman- 
dare la  spedizione  ai  principi  te- 
deschi; ma  essi  attenti  alle  private 
guerre  non  favorirono  l'impresa,  e 
Massimiliano  I  la  sosteneva  col  re 
di  Francia.    Federico    III    mori  ai 


GER 
7  settembre  ^^cfò,  e  gli  successe 
il  figlio:  con  questi  Alessandro  VI 
si  collegò  contro  Carlo  Vili  re  di 
Francia,  in  un  ad  altri  sovrani,  e 
spedì  il  cardinal  Bernardino  Car- 
vajal  a  coronarlo  con  la  corona  di 
ferro.  Per  frenare  l'ingrandimento 
della  potenza  ottomana  ,  Alessan- 
dro VI  nel  i5oi  armò  un  esercito, 
ma  non  gli  riuscì  indurvi  Massi- 
miliano I  a  prenderne  parte,  onde 
il  Pontefice  rivolse  le  sue  cure  a 
sopprimere  la  magia  che  in  Ger- 
mania ed  in  Boemia  faceva  pro- 
gressi. 

Ad  Alessandro  VI  nell'anno  i5o3 
successe  Pio  HI  nipote  di  Pio  II, 
già  legato  di  Paolo  II  alla  die- 
ta di  Ratisbona,  ove  in  favore  del- 
la religione  avea  perorato  alla  pre- 
senza di  Federico  III,  e  de'princi- 
pi  dell'impero.  Dopo  ventisei  gior- 
ni di  pontificato,  fu  creato  Giulio 
II,  che  adoperò  ogni  premura  per 
pacificare  Massimiliano  I  con  Lo- 
dovico XII  re  di  Francia,  invian- 
do al  primo  per  legato  il  nomi- 
nato cardinale  Carvajal  ,  ciò  che 
ottenne  nell'anno  i5o8,  non  com- 
prendendosi nel  trattato  i  veneti 
ch'eransi  impadroniti  di  Trieste  e 
della  contea  di  Gorizia.  Anzi  non 
avendo  Giulio  II  potuto  ottenere 
dalla  repubblica  di  Venezia  la  re- 
stituzione delle  terre  spettanti  alla 
Chiesa,  si  alleò  con  Massimiliano 
I  nella  lega  di  Cambray.  Dall'a- 
venimento  all'impero  di  Rodolfo  I 
di  Habsburg,  sino  al  regno  di  Mas- 
similiano I,  l'Alemagna  provò  pa- 
recchie calamità,  onde  questo  prin- 
cipe impiegò  diversi  mezzi  per  por- 
vi rimedio,  ed  il  consiglio  aulico,  e 
la  nuova  dieta  da  esso  fondati,  cui 
qualche  scrittore  fa  risalire  a  da- 
ta più  antica,  a  ridonar  pervenne- 
ro   al  suo    regno  qualche     vigore. 


GER 

Onde  rendere  più  facile  l'ammini- 
slrazione,  divise  nel   i5i2   l'impero 
in  nove    grandi   circoli,  di  cui   già 
facemmo  parola  ;    cioè  dell'  alla    e 
bassa    Sassonia,  di  Weslfalia,  Sve- 
via,    Baviera ,    ed  Austria  ,  allo    e 
Basso  Reno,  e  Franconia.  Per  que- 
sta   istituzione  i    principi  ,    preiati 
e  deputali,    riuniti    ad  epoche  de- 
terminate,  formarono   un'assemblea 
generale  o  dieta.   Oltre  ai   nomina- 
ti circoli,    altri    paesi     ancora  for- 
mavano parte    dell'impero    germa- 
nico, senza  essere  in   veruno  di  es- 
si compreso,     e  tali    erano    il  re- 
gno di    Baviera,    i   margraviati    di 
Moravia,  dell'alta    e  bassa   Lusazia, 
la  parte  austriaca   delia  Slesia,  al- 
cune    contee    e    signorie  immedia- 
te poste  nei  nove  circoli,  e  ciò  non 
pertanto  separate  da  essi  sotto  l'a- 
spetto politico,  come   le  signorie  di 
Jever ,  Kniphausen  ,  Rlieda,  Hom- 
berg,  ec.  ;  i    luoghi    di    Friedberg 
nella  Wetteravia,  Burg,   Gelnshau- 
sen  ec.  ;  piìi  i  tre  territori!  dei  ca- 
valieri    immediati     della    Svevia  , 
della    Fiancoiiia,   e  del   Reno.    Ag- 
gi ungansi     finalmente     a     questi    i 
così  detti  enclm'es  o  paesi  annessi, 
che  posti    erano   in   un  circolo  di- 
verso da  quello  cui     politicamente 
appartenevano  ,    come    1'  Erfbrd  e 
l'Eichfeld,  i  quali   paesi,   benché  si- 
tuati  nel  circolo  dell'alta   Sassonia, 
pure     dipendevano     da    quello    del 
basso    Reno.    Giulio   II    nel   i5i3 
si  collegò  con   Massimiliano  I  con- 
tro la  Francia,  e    poco  dopo    mo- 
ri dopo    avere  riempito    l' Europa 
del  possente  suo  nome;  gli  succes- 
se   Leone  X,    nella  quale    elezione 
aspirò  al    pciitifìcato    Massimiliano 
I  allora  vedovo ,  come  si     è  detto 
al  voi,  XV,  p.  285  del  Dizionario. 
Leone  X  si    mostrò    propenso  per 
Massimiliano  I  ;    ma    per  unirsi    a 


GER  1^9 

Francesco  I  re  di  Francia  si  riti- 
rò dall'  alleanza  che  avea  con  lui 
conchiusa:  questo  imperatore  morì 
a  Lens  a'i'j  gennaio  t5i9,  ama- 
tore delle  scienze  e  dei  dotti,  on- 
de compose  qualche  cosa  in  poe- 
sia ,  e  la  sua  vita.  Da  Maria  di 
Borgogna  ebbe  Filippo  che  sposò 
Giovanna  erede  delia  monarchia 
di  Spagna,  dai  quali  nacquero  Car- 
lo V  imperatore,  e  Feidinando  I: 
i  quali  matrimoni  formarono  la 
grandezza  e  potenza  della  casa  di 
Austria,  le  cui  due  linee  principa- 
li allora  furono  la  Carolina  o  spa- 
gnuola,  che  terminò  nel  re  Carlo 
li,  e  la  Ferdinandina  o  tedesca 
austriaca  che  gloriosamente  regna, 
trasfusa   in  quella  di   Lorena. 

Carlo    V    succede  agli    stati    di 
Borgogna,    ed  alla  corona  di   Spa- 
gna  nel    i5i6,   fu  eletto  a'28  giu- 
gno  imperatore  dopo  la  morte  del- 
l'avo  ÌMassimiliano   I,    divenne  uno 
de'  più  grandi   principi,  ed  ebbe  a 
competitore  Francesco  I  redii^/v7/z- 
cia  (^Fedi),  al  quale  articolo   ripor- 
tammo i  reciproci  avvenimenti.   Nel 
termine  del  regno  di  Mnssimiliano  I, 
e  nel   piincipio  di   quello  del  nipote 
ebbe  origine    la    fimesta    eresia    di 
Martino  Lutero,  per  cui   Leone    X 
ne  condannò  subito  i   perniciosissi- 
mi errori;  quindi   nel    1  Sa  t    il  Pa- 
pa permise    a    Carlo    V    di    poter 
ritenere    in    unione    all'  impero     il 
reame  di   Napoli,  con  accrescimen- 
to di  censo  alla  santa  Sede.  Dipoi 
Leone  X  si  collegò    col    medesimo 
imperatore  contro  Francesco  I,  on- 
de colle  loro  trujtpe  il  Papa  ricu- 
però alla   Chiesa   Parma  e  Piacen- 
za, e  Carlo  V  il  Milanese    che    si 
diede  a  Francesco    Sforza:    inoltre 
l'imperatore  prese    Arles,  Tournay, 
e  distaccò  dal  suo   emulo    il    mal- 
contento Carlo  contestabile  di  Bour- 


i6o  GER 

l)on   clic  fere  generalissimo  de'suoi 
eserciti.  Per  morte  di  Leone  X  ai 
f)  gennaio   ìS'ì'ì.   fu  eletto  Adriano 
VI   Fiorenzi  d'Utrecht,  assente  dal 
conclave  per  essere  in  Vittoria  qual 
governatore  della  Spagna  di  Carlo 
V  già  suo  discepolo  ;  i  sacri    elet- 
tori senza  conoscerlo  lo  esaltarono, 
rome  quello  che  potente  nella  cor- 
te cesarea,  più  di  ogni  altro  poteva 
ahbaltcre  la    pretesa    riforma    reli- 
giosa di  Lutero.  Nel    i5i3    Adria- 
no VI  separò  dalla  lega    coi    fran- 
cesi la  repubblica  di  Venezia,    che 
in  vece  collegò  contro  di    essi  con 
Carlo    V,    col    suo    fratello    Ferdi- 
nando   arciduca    d'  Austria ,    e  col 
duca  di  Milano;  lega  che  il  Papa 
pubblicamente  notificò  in  s.  Maria 
IMaggiore  a'  5  agosto,  in  difesa  del- 
l'Italia e  dello    stato    ecclesiastico; 
in  ahre  cose,  come  diremo  all'ar- 
ticolo Spagna  (^Vecli),   Adriano  VI 
favorì  Carlo  V,  e  mori    nel    i5i'ò. 
11  successore    Clemente    VII    spedì 
legato  in  Germania  il  cardinal  Cam- 
peggi, il  quale  nella  dieta    di    Pia- 
tisbona,  alla   presenza  di  vari  prin- 
cipi dell'  impero,  promulgò  una  ri- 
forma del  clero  compresa  in  tren- 
tacinque capi,  su  di  che  vanno  let- 
ti il     Bzovio    ad     an.    i5i^,  ed  il 
Pallavicini,    Storia  del    concilio  eli 
Trento,  par.  I,  lib.  Il,  cap.  II.  Ve- 
dendo Clemente   VII  divenire    piìi 
formidabile    la    possanza    di    Carlo 
V,  nel    iSnG  fece  una  lega  coi  re 
di  Francia  e  d'Inghilterra,  coi  ve- 
neziani,   fiorentini    e    svizzeri,  non 
che  col  duca  di  Milano,  lo  che  of- 
fese grandemente  l'imperatore    che 
tosto  pubblicò  la   guerra    al    Pon- 
tefice, che  fu  costretto    per    salvar 
la  vita  rifugiarsi  in   Castel  s.  An- 
gelo [Pedi):  indi  nel  iSi'j  si  por- 
tò all'assedio  di   Roma  il   contesta- 
bile di  lìouibou  con  quarantamila 


GER 
uomini,  quasi  tutti  fanatici  lutera- 
ni, che  a'  G  maggio  presero    l' in- 
difesa capitale  del  cristianesimo.  Vi 
perì  i'  contestabile,  onde  subentrò 
al  comando  di  quelle  feroci  turbe 
Filiberto  principe  d'Oranges    lute- 
rano :  per  due  mesi    seguì    il    piti 
orrendo  saccheggio,  nulla  fu  rispar- 
miato, né  chiese,  né    monisteri    di 
monache,  mentre  Clemente  VII  coi 
cardinali   fu  assediato    in    Castel  s. 
Angelo,  ove  restò  tra  le  privazioni 
sino  al  dicembre  ed  al  suo  riscat- 
to. Quando  l'imperatore    seppe    le 
inaudite  calamità  di  Roma  [P'cdi), 
colla    solita    sua     ipocrisia    sospese 
le  dimostrazioni  di  gioia  preparate 
per  la  nascita  del  suo  unico  figlio 
Filippo  II  ;  fece  vestire  la  corte  a 
lutto,  ed  ordinò  preghiere    e    pro- 
cessioni per  la  liberazione  del    Pa- 
pa ch'egli   teneva  prigione.  Intanto 
per  arrestare  i  progressi  dell'eresia 
celebrossi  nel    iSag  in    Spii-a    una 
dieta,  alla  quale  il    Papa    spedì    il 
suo  nunzio,  ed  ove   Ferdinando    I 
colla  maggior  parte    de'  principi  e 
delle  città  imperiali,    stabib    nella 
dieta    che    si    osservasse    il  decreto 
di   Carlo  V   pubblicato    a  Worms, 
che  obbligava    a    conformarsi    alla 
religione  della  Chiesa  romana;  ma 
diversi  principi  infetti  degli    errori 
di    Lutero,     con     quattordici    città 
protestarono  contro  il  decreto  della 
dieta  ,  appellandosi    all'  imperatore 
ed   al  futuro  concilio,  per  la  quale 
protesta  acquistarono   i    luterani  il 
nome  di   Protestanti  (Vedi). 

Pacificatosi  Clemente  VII  con 
Carlo  V,  si  convenne  di  abboccarsi 
nel  i529  in  Bologna,  ove  nell'an- 
no seguente  il  Papa  solennemente, 
e  con  quella  pompa  descritta  al- 
l'articolo Coronazione  degli  Impep-a- 
Tor.i,  dopo  averlo  coronato  con  la 
corona  di  ferro,  a   2\  febbraio  lo 


GER 
coronò  con  le  insegne  im[>eiinli,  e 
fu   l'ultimo    Papa    che    clic    (jueste 
ad   un  imperatore  germanico.  Car- 
lo V  tenne  la  staffa    al  Pontefice, 
e  gli  addestrò    il    cavallo  ;   e    Cle- 
mente VII  gli    concesse    la    riten- 
zione del  regno  di  JNapoli,  il  quale 
per  tutto  il   tempo  di  sua  vita  do- 
vesse restare  unito  all'impero.    La 
repubblica  di   Firenze  ebbe  fine,  e 
fu  costituita  in    ducato,    in    favore 
di   Alessandro  de'  Medici  nipote  del 
Papa.  Carlo  V  a'  3  i  ottobre  1 53  i 
confermò  Alessandro  nella  dignità, 
e  gli   die  in  isposa    la    propria    fi- 
glia naturale  INIaria.   In   detto  anno 
Ferdinando    I  re  d'  Ungheria,  fra- 
tello dell'  imperatore,  a  richiesta  di 
questi   fu   eletto    re    de'  romani  ,  e 
Clemente  \  II  a  cui  piacque  molto 
questa  scelta,  la  confeiinò,  com'e- 
gli  dice  nella  sua  bolla,   per  la  sa- 
lute della   repubblica  cristiana,  poi- 
ché avendo  gli  eretici  scompigliato 
ia   Germania  nel  tempo  che  Carlo 
V  pei  suoi   viaggi  e  guerre    n'  era 
assente,  era  d'uopo  che  la  presen- 
za d'  un  re  potente  ponesse    freno 
alla  loro  audacia.   L'imperatore  fe- 
ce levare  a  Solimano  II  l'assedio  di 
Vienna ,    e    ristabilì    Mulci   Hassan 
sul   trono  di  Tunisi.  JNel     i533    si 
trovò  nuovamente  in  Bologna  con 
Clemente  Ali,  quando  dalla    Ger- 
mania  tornava  nella  Spagna  ;  e  nel 
seguente    anno    morì    il    Papa    af- 
flitto per  l'ingrandimento  dell'  ere- 
sia  luterana,  e  per  l'orrendo  scisma 
fatto  da  Enrico  Vili  in  Inghilter- 
ra. Divenuto    Pontefice  Paolo    III, 
per  distruggere  il  numero    stermi- 
nato   di    eretici    e    di    errori ,  nel 
i535  inviò  ai    principi    cristiani  i 
suoi    nunzi,    per   avvisarli  di    aver 
risoluto  celebrare    un    concilio    ge- 
nerale, ed    acconsentendovi    poscia 
i  principi  di   Germania  s' incomin- 

VOL,    XXIX. 


GER  i6t 

ciò  nel    ì5^9.    in    Trento    (  Fedi). 
Nel    i536  Carlo  V  si  portò  a  tro- 
vare Paolo  III  in  Pioma,  ove   fece 
solenne  ingresso,  di  che  tratteremo 
all'articolo  Ingressi  in  RoMA;avendo 
detto  al  voi.  XII, p.  1 37  del   Dizio- 
nario  il    pericolo  di   vita    che  cor- 
se in   visitare    la    cupola    del  Pan- 
theon. Considerando  Paolo  III  quan- 
to   pregiudizievoli    riuscissero     alla 
religione  cattolica  le  guerre  che  si 
facevano  Carlo  V  e    Francesco    I, 
nel    i538  si  portò  a  Nizza  ad  un 
congresso  con  ambedue  ,    ma    non 
potè     ottenere    che    la    tregua     di 
dieci    anni.    Tornato     il     Papa    in 
Roma    apprese    da     Ferdinando  I, 
che  a  procurare  la  concordia  tra  i 
cattolici  e  i  protestanti  faceva  d'uo- 
po spedire    in    Germania    un    per- 
sonaggio d'un  merito  distinto  ;  Pao- 
lo HI    scelse    il    cardinal   Aleandri, 
ma  senza    successo,    perchè    deluso 
dai    raggiri    degli    eretici.     Intanto 
Carlo  V  dopo  aver  tenuto  prigio- 
ne in   Ispagna  Francesco    I,    e   da- 
togli in  moglie  la  sorella,  si  portò 
a  Parigi   ricevuto  con    la  piìi    son- 
tuosa magnificenza  ;  tuttavolta  nuo- 
ve guerre  tra  i  due  emuli  ebbero 
luogo  dappoi.   Nel    i54i     Carlo    V 
prima    di    partire    coli' esercito  per 
Algeri,  pregò  Paolo  III   portarsi   a 
Lucca ,  e  nei  sei  congressi  ch'ebbe 
con   lui  altro  non  potè  il  Papa  otte- 
nere, che  si  correggessero  quelle  co- 
se decretate  nella  dieta  di  Ratisbo- 
na,  non  con.formi    agli    antichi  ca- 
noni de'  santi  padri.  Nel  i5^3  Pao- 
lo III    ad    onta    dell'età    si  recò  a 
Brusseto    onde     rimuovere    l' impe- 
ratore dalla  guerra,  ma  inutilmen- 
te. I  protestanti  adottarono  la  Cofi- 
fessione  Augustana  [Fedi),    e     fe- 
cero   una    lega    offensiva    e    difen- 
siva in  Smalkalde,  con  cui  costrin- 
sero poi  Carlo  V  ad  accordar  loro 
1 1 


i62  GER 

la  libertà  di  coscienza.  Questo  piin- 
c:ipe  vinse  contro  di  essi  nel  i547 
la  battaglia  di  Mulberg,  ove  furo- 
no falli    prigionieri    Giovanni    Fe- 
derico elettore    di    Sassonia,  ed  il 
langravio    d'Assia.    Le    sette    degli 
anabattisti    e  dei  calvinisti    eljbero 
come    altri  eretici  origine    nel    le- 
gno di   Carlo  V,  e  tutte  insangui- 
iiaiono  con  ostinate  guerre  1' Ale- 
magna.  Ucciso  nel   iS^y  Pier  Lui- 
gi Francesco  duca  di  Parma  e  Pia- 
cenza ,  feudi  della   Chiesa ,  nacque 
disgusto  tra  il  Papa  e  l'imperato- 
re  che    pretendeva    le    dette    città 
essere  di   giurisdizione  del    Milane- 
se, e  perciò  al  suo    dominio    rica- 
dute :  ne  fu  conseguenza  la  sospen- 
sione del  concilio,  ed  animò  Carlo 
V  a  pubblicare  nel  i548  una  pro- 
fessione di  fede  in  augusta  (Fedì), 
con  la  quale  credendo  pacificar  le 
turbolenze  religiose   in    Germania , 
fece  peggio:  questa   formola  nociva 
alle  cattuliche    discipline ,    fu  chia- 
mata Interim,    perchè    doveva    os- 
servarsi nella  Germania ,  finché  il 
concilio  avesse  regolato  e  deciso  le 
(juestioni  insorte  sulla  fede. 

Nel  pontificato  di  Giulio  III  i 
principi  luterani  con  INIaurizio  e- 
leltore  di  Sassonia  ,  e  Gioachino 
elettore  di  Brandeburgo ,  avendo 
fatto  lega  con  Enrico  II  re  di 
Francia  contro  Carlo  V  nel  i55i, 
questi  fu  in  pericolo  d'essere  sorpre- 
so ad  Inspruck,  onde  calò  precipi- 
tosamente in  Carintia.  Quindi  nel 
i552  i  medesimi  principi  obbliga- 
rono r  imperatore  nella  dieta  di 
Passavia,  ad  acconsentire  alla  pace 
per  mezzo  d'un  solenne  trattato, 
col  quale  convenne  al  rilascio  dei 
prigionieri,  ed  alla  libertà  di  co- 
scienza od  evangelica  ai  luterani , 
trattato  che  viene  chiamato  la  pa- 
ce religiosa,  e  formò  parte  del  di- 


GER 

ritto    pubblico    dell'  impero.    Indi 
Carlo  V  con    poderosa    armala    si 
portò    ad    assediar    Metz ,    ma    fu 
costi'elio  a  ritirarsi  ;  nell'  anno    se- 
guente prese    e  distrusse   Terrova- 
ne,  né  altro  piìi  fece  degno  di  ri- 
marco.   Indi    in    Brusselles    dimise 
la  corona  di  Spagna  in    favore    di 
Filippo  II  suo  figlio,  nel   i555,  al 
qtiale  avendogli    già  ceduto   il    re- 
gno di  Napoli,  di  questo  n'ebbe  l'in- 
vestitura da  Giulio  III,  che  piìi  volte 
erasi  fitto  mediatore  tra  l'imperato- 
re ed  Enrico  II.  Annoiato  Carlo  V 
dell'esercizio     di  sua    gran  potenza, 
dopo  aver  riportato  quaranta   vitto- 
rie ,    fatto    eroiche  imprese,    intra- 
preso cinquanta   lunghi   viaggi,  cioè 
nove  in  Germania,  sei    nella    Spa- 
gna ,    sette    in    Italia,    dieci     nelle 
Fiandre,    quattro  in  Francia,  due 
in  Inghilterra,  due  nell'  Africa,  ot- 
to nel  Mediterraneo,  e  due  nell'O- 
ceano,   rinunziò    l'amministrazione 
dell'impero    a    Ferdinando    I    suo 
fratello,  Ritirossi    nel    convento    di 
S.  Giusto  nella  provincia   di  Estre- 
madura  àe  Girolaniini  di  Spagna^ 
esercitandosi    in    quelle     opere    ivi 
indicate,  ove  disteso  sulla    bara    si 
fece  celebrare    solenni    esequie ,  ed 
ivi  mori  a'  2  1   settembre  i558.  Di 
tali  esequie,  e  dei  magnifici    fune- 
rali   fattigli    celebrare    da     Filippo 
II,  se  ne  tratta  all'  articolo    Fune' 
rali  [Vedi).  Carlo  V  era  spiritoso, 
intraprendente  e  gran  politico:  avea 
del  coraggio ,  ed    un'  estrema    avi- 
dità di  gloria;  forse  avrebbesi  sot- 
tomessa   tutta    l'Europa,    se    noa 
avesse  avuto  per  ostacolo  un  Fran- 
cesco I.  E  da  notarsi,  che  il  Pon- 
tefice Paolo    IV    ricusò    di  appro- 
vare   l'elezione    di    Ferdinando   I, 
come    offensiva    dell'autorità    apo- 
stolica ,    dacché    né    la  rinunzia  di 
Carlo  V,    né    l'elezione  di  Feidi- 


GER 
n.-indo  I  si  potevano  ultimare  sen- 
za il  consenso   del    sommo    Ponte- 
fice; né  si    dovea    considerare    va- 
cante l'imperio,  se  non  che  per  la 
morte  di  Cesare.  Però  il   successo- 
re Pio  IV,  appena  eletto  nel  i55c), 
confermò    nella     dignità    imperiale 
Ferdinnndo    I ,    e    ricevette    i  suoi 
ambasciatori ,  perchè  essendo  mor- 
to il  fratello  era  cessato    l'impedi- 
mento. Ferdinando  I  erasi  sposato 
alla   figlia  di   Ladislao  VI  re  d'Un- 
gheria e  di  Boemia,  sorella  di  Lui- 
gi li  ì\  Giovane,  ucciso  nel    iS^G, 
per  cui  credendosi  aver  diritto  alla 
successione  si   fece  coronare    re    di 
Ungheria  e  di  Boemia,    ed    in    tal 
modo  l'està rono  i  due    regni   nella 
casa   d'Austria. 

Mentre  si  celebravano  le  sessio- 
ni del  concilio  di  Trento,  la  Fran- 
cia si  gravò  perchè  Pio  IV  in  una 
bolla  non  avea  nominato  il  re  quale 
primogenito  della  Chiesa,  titolo  che 
alcuni  dicono    avere  per    il    primo 
ricevuto    Costantino    il     Grande    e 
trasmesso  a'  successori.  Certo  è  che 
nel  cerimoniale  usato  dai  Pontefici 
nel  rito  di  coronare  gl'imperatori, 
evvi  quello  di  adottare  il  Papa  so- 
lennemente per    Figlinolo    (  J^^cdi  ) 
l'imperatore.  Terminato  finalmente 
il  concilio  di   Trento,  i  tedeschi  in- 
sisterono di  potersi   comunicare  sot- 
to ambedue  le  specie,  ciò  che  con 
alcune  condizioni  concesse    Pio  IV 
ad  istanza  dell'imperatore,  di  Alber- 
to di  Baviera,  e    di  Carlo    arciduca 
d'Austria  ;     ma  ciò  rivocarono  per 
giuste  ragioni  s.  Pio  V,  e  Gregorio 
Xlll.    P^.  CoMVSWSE.  Ferdinando  I 
confermò  anch'egli  con    giuramen- 
to   la    capitolazione ,    ed    eresse    il 
consiglio  imperiale  aulico  ;  fece  una 
tregua  di   oU'anni  coi    turchi  ,    ri- 
conciliò    molti     principi ,  diede   fi- 
ne alle  contese  fra  i  re    di    Dani- 


GER  r63 

marca    e  di  Svezia,  e  morì  a  Vien- 
na li  i5  luglio   i564.  Fu  principe 
dolce,  affabile,  amf\nte  delle  scien- 
ze,   e  protettore    de'  letterali.    Gli 
successe  il  primogenito  Massimilia- 
no II,  che  avea  fatto  eleggere  re  dei 
romani  a^  3o  novembre     i562,   e 
sposo  di   Maria  d'Austria    figlia    di 
Carlo    V.    Ad    onta   delle  proteste 
di  Massimiliano  li,  il  Papa   s.    Pio 
V  dichiarò    granduca ,    e    solenne- 
mente coronò     Cosimo    I    duca  di 
Toscana;    e    siccome    l'imperatore 
inclinava  a    permettere    la    confes- 
sione augustana    neh'  Austria  ,    per 
mezzo  del  cardinal  legato  Commen- 
done    il  Pontefice  lo  minacciò    de- 
porlo   dall'  imperio    se    ciò   avesse 
fatto,  onde  Massimiliano  II  negli  sta- 
ti ereditari  permise  l'esercizio  della 
sola    religione  romana,    ed    il  car- 
dinale si   limitò  a  riformare  il  cle- 
ro di  Germania.  Gregorio  XIII  per 
la  dilatazione  e  mantenimento  del- 
la  fede  diversi  collegi  fondò  in  Ger- 
mania, cioè  in    Vienna,    in    Gratz, 
a   Praga,  in  Olmiitz,    a    Brunslier- 
ga,  a  Dilinga  nella  Svevia,  a  Pont- 
a-Musson  nella  Lorena,  ed  in  Mi- 
lano per  la    nazione    elvetica.    Kel 
1-575  Gregorio  XIII  si  applicò  ad 
impedire    il    libero    esercizio    della 
confessione  auguslana    in    Boemia, 
ed  a  persuadere  Massimiliano  II  a 
coronarsi  in  Roma,  dappoiché  quan- 
do Paolo  IV   fece    le    narrate  pro- 
teste contro  l'elezione  di  Ferdinan- 
do I  e  rinunzia  del  fratello,  i  prin- 
cipi tedeschi  in  una    dieta    aveano 
dichiarato  non   necessaria    la    pon- 
tificia coronazione  del    nuovo    im- 
peratore. Massimiliano  linei  1573 
fece  coronare  re   d'Ungheria  il  pri- 
moaenito  Rodolfo  II,  non  che  prò- 
clamarlo  re  di  Boemia,  ed  a    27  ot- 
tobre 1575  lo  fece  eleggere  in  re  dei 
romani  ;  si  fece  prendere  Zighet  dai 


iG4  GER 

turchi,  pel  quale  eirore  non  fu 
eletlo  re  di  Polonia  non  ostante  l'im- 
pegno (li  Gregorio  XHI,  e  mori 
in  Uatisbona  a'  12  ottobre  ì'ì'j6. 
Gli  successe  Rodolfo  li  senza  do- 
mandare la  consueta  conferma  al 
Papa,  per  cui  Gregorio  XIII  gli 
rammentò  l'obbligo  che  di  ciò  gli 
correva ,  di  spedire  in  Roma  un 
ambasciatore  per  ottenere  la  con- 
ferma della  conseguita  imperiale 
dignità. 

Fra  le  scritture  dell'archivio  del- 
la santa  Sede,  ve  n'  era  una  au- 
tenticata dal  collegio  degli  elettori 
dell'  impero ,  nella  quale  ricono- 
scendo essi  l'autorità  di  eleggere 
r  miperatoie  dalla  Sede  apostolica, 
dichiaravano  essere  debito  loro,  e 
dell'eletto  imperatore  di  riconosce- 
re la  stessa  Sede  apostolica,  prestar- 
gli la  debita  ubbidienza,  soggezio- 
ne ed  onorificenza.  Tanto  aveano 
jn-aticato  Ottone  IV  con  Innocen- 
zo III,  Federico  II  con  Onorio  III, 
Rodolfo  I  con  Gregorio  X,  e  per 
non  dire  di  altri  Federico  HI  nel 
cui  nome  Enea  Silvio  Piccolomini 
fece  l'orazione  obbedienziale  a  Ca- 
listo III,  Carlo  V  a  Clemente  VII. 
Rodolfo  II  pertanto  a  persuasione 
di  alcuni  seguendo  le  orme  del  ge- 
nitore, non  avendo  mandato  in  Ro- 
ma r  ambasciatore  per  compiere 
l'atto,  alle  rimostranze  di  Grego- 
rio XIII  spedì  Giovanni  Zenner,  il 
quale  nell'orazione,  che  in  conci- 
storo pubblico  doveva  pronunciare, 
avea  cambiato  la  parola  obbedien- 
za in  ossequio.  Venuto  ciò  in  co- 
gnizione a  Gregorio  XIII,  dopo 
avere  ricevuto  l' ambasciatore  in 
privata  udienza,  spedì  un  corriere 
con  lettera  di  proprio  pugno  a  Ro- 
dolfo II,  nella  quale  si  lagnò  di 
allontanarsi  dal  praticato  dai  suoi 
maggiori.  Per  questa  lettera  ebbe- 


GER 
ro  luogo  varie  trattative   col    nun- 
zio di   Vienna,  e  quindi  l' impera- 
tore si  contentò  di    essere    piibbli- 
camenle  chiamato  nell'orazione  ob- 
hedientissimo  figliuolo  di  Sua  San- 
tità, ed  insieme  rimettere  ni  Papa 
il   decreto  di    sua    eie/ione,    egual- 
mente richiesto  da   Gregorio   XllI, 
il  quale  dopo  aver   confermata    la 
di     lui     assunzione     all'  impero    in 
pubblico  concistoro,   gli    mandò  la 
bolla   di  conferma    sottoscritta    dai 
cardinali.    Soffrendo    grandi    danni 
la  religione  cattolica  dai  protestanti 
nelle  provincie  di  Sliria    e    di   Ca- 
rintia,  a  cagione    dell'eccessiva    in- 
dulgenza dell'arciduca   Carlo,   d'al- 
tronde   pio    e    devoto    della  santa 
Sede,    questo    principe    esortato    a 
porre    un    riparo    a    sì    gravi  cose 
dall'arciduca  Ferdinando,  e  dal  suo- 
cero Alberto  duca  di    Baviera  ,    si 
rivolse  nel    i58o  a  Gregorio  XIII, 
implorando  perdono  alle    sue  pre- 
giudizievoli condiscendenze,  e  supplì-* 
candolo   inviargli   un   nunzio   di  re- 
sidenza,  col   mezzo    del    quale    po- 
tesse avere  i  consigli  necessari  (  in 
Vienna,  dopo  il  concilio  di    Tren- 
to, per  accomodare  ogni  controver- 
sia era  già  stala  istituita    la    nun- 
ziatura   apostolica).    Ed    è    perciò 
che  Gregorio  XIII  gii    mandò  per 
nunzio  Germanico    Malaspina    con 
opportune  istruzioni,  che  nella  die- 
ta di  Gralz  fecero  prevalere  la  buo- 
na causa  del  caltolicismo,  e  l'arci- 
duca    pubblicò    analoghi     decreti , 
onde  si  meritò  le  lodi    e  gli    aiuti 
del  Pontefice  contro  i  sudditi  con- 
tumaci ,    che    pure  avea  sommini- 
strato  per  alfari  religiosi  centomila 
scudi  a  Massimiliano  II ,  altrettanti 
all'arciduca   Carlo,  cinquantamila  a 
d.  Giovanni  d'Austria  figlio  naturale 
di  Carlo  V,  per  la   spedizione  delle 
Fiandre,  e  duecentomila   ad  Erne- 


GEP. 

sto  di  Baviera  per  l' impresa  del- 
i'elettorato  di  Colonia  (f^edi),  con- 
tro r  apostata  elettore  Gcbardo 
Truchses. 

Sisto  V  nel  1 586  invitò  l'arci- 
duca Carlo  ed  altri  principi  cat- 
tolici a  bandire  gli  eretici  da'  loro 
stati,  ed  a  non  permettervi  eserci- 
zio d'altra  religione  fuori  della  cat- 
tolica, e  fu  contentato.  S'interpose 
Sisto  V  col  re  di  Polonia  Sigis- 
mondo III,  che  da  un  anno  tene- 
va prigione  in  Lublino  1'  arciduca 
d'Austria  Massitniliano  per  le  ra- 
gioni che  avea  al  Irono  polacco 
onde  s'intitolava  re:  nel  i588 
spedì  per  legato  il  cardinal  Aldo- 
brandini  poi  Clemente  Vili,  il  qua- 
le ottenne  la  libertà  dell'arciduca, 
la  rinunzia  alle  sue  pretensioni,  e 
compose  le  turbolenze  de'  polacchi 
e  degli  austriaci.  Dedito  Rodolfo 
li  alle  scienze  astronomiche,  d'in- 
dole dolce,  trascurò  gli  affari,  come 
si  disse  al  citato  articolo  Austria, 
ove  sono  le  notizie  degli  imperatori 
di  questa  casa  :  fece  la  guerra  ai 
turchi  in  Ungheria  con  diverso 
successo,  e  fu  costretto  cedere  la 
Boemia  a  Mattia  suo  fratello  re 
d'Ungheria,  e  nelle  diltèrenze  fra  i 
due  fratelli ,  Paolo  V  esercitò  la 
sua  paterna  mediazione  per  mezzo 
del  legato  cardinal  Millini,  che  as- 
sistè alla  coronazione  di  Mattia  in 
Praga.  Rodolfo  li  mori  a'  20  gen- 
naio 16 12,  e  non  essendo  riuscito 
a  far  eleggere  il  proprio  figlio  in 
re  de'  romani,  lo  divenne  Mattia. 
Paolo  V  oltre  ai  poderosi  soccorsi 
somministiati  al  defunto  per  soste- 
nerlo contro  gli  otlouìani ,  gli  ce- 
lebrò i  funerali  nel  Vaticano ,  e 
tosto  deputò  il  nunzio  alla  dieta 
che  dovea  tenersi  in  Francfort  con 
istruzione  di  favorire  il  re  Mattia, 
che    a'  18    giuguo    fu    proclamato 


GER  i65 

imperatore,  ed  a*  24  colle  solite 
formalità  coronato.  Da  Praga  ove 
Rodolfo  II  aveva  fissata  la  sede 
imperiale,  Mattia  la  trasferì  a  Vien- 
na ,  alla  cui  capitolazione  fu  da 
lui  aggiunto  per  la  prima  volta , 
che  per  l'avvenire  gli  elettori  del- 
l'impero avessero  il  diritto  di  sce- 
gliere un  re  de'  romani ,  anche 
malgrado  la  ripugnanza  dell'impe- 
ratore. Kel  16 18  Paolo  V  pacifi- 
cò la  repubblica  di  Venezia  in 
guerra  con  Ferdinando  arciduca 
d' Austria ,  a  cagione  delle  inso- 
lenze che  gli  ussocchi  facevano  ai 
sudditi  veneti  di  Segna.  Mattia 
sostenne  la  guerra  co'  turchi ,  si 
pacificò  con  essi  mediante  una  tre- 
gua di  veni' anni,  e  morì  a  Vien- 
na li  IO  marzo  16 19.  Gli  succes- 
se il  cugino  germano  Ferdinando 
li,  figlio  di  Carlo  arciduca  di  Gratz, 
re  di  Boemia  nel  1617,  e  d'Un- 
gheria nel  1618,  il  quale  forzò  i 
protestanti  a  restituire  tutti  i  beni 
ecclesiastici,  ch'eglino  aveano  ac- 
quistato all'  ombra  del  famoso  trat- 
tato di  Passavia.  Ferdinando  II 
mandò  il  conte  di  Puquoi  contro 
Federico  V  conte  palatino  ed  eletto- 
re, che  dai  ribelli  era  stato  procla- 
mato re  de' boemi,  il  quale  dopo  a- 
Ter  minacciato  Vienna  e  la  fami- 
glia imperiale,  fu  vinto  nella  bat- 
taglia di  Praga  li  8  novembre 
1620,  ed  il  suo  elettorato  venne 
dato  a  Massimiliano  duca  di  Ba- 
viera. I  Pontefici  Paolo  V,  e  Gre- 
gorio XV  somministrarono  all'im- 
peratore copiosi  soccorsi,  con  mili- 
zie e  somme  di  denaro.  Ferdinan- 
do li  disfece  pure  nel  iGiS  Cri- 
stiano IV  re  di  Danimarca,  ma  i 
protestanti  si  unirono  contro  di 
lui,  e  furono  soccorsi  da  Luigi 
XIII  re  di  Francia,  e  da  Gustavo 
Adolfo    re  di    Svezia,   in    un  all'è- 


iC6                  GER  GEB. 
lettore   di    Sassonia,  con    immenso  di  Norllinga  nella  Svevia,  che  nel 
danno   della   religione    caltolica  ,    e  iG34  riportò  il  re  d'Ungheria  Fer- 
col  depredamento  de'sagii  templi  e  dlnaudo  III    figlio  dell'imperatore, 
luonisteri.  Urbano     VUI     assegnò     cinquanta 
Ferdinando  TI  inviò  ad  Urbano  mila    scudi    a  di    lui    rantaggio,    e 
Vili  il  cardinal  Patzman,  che  nar-  mezzo    milione    di    scudi    sui    beni 
lò   pateticamente    la  catastrofe    cui  ecclesiastici  al  re  di  Spagna,  allea- 
soggiaceva    la  Germania  :    il    Papa  to  di    Ferdinando  II;    spedì  legato 
sebbene  malcontento  dell'imperato-  il  cardinal  Ginnetti  per  la  pace,  ma 
i-e  per  la  guerra    di  Mantova,  nel  non  vi  riuscì:  tuttavoita  essa  ebbe 
i63i     con     la    bolla    Suprema  gli  eiretto    nel    i635    in  Praga,    e  nel 
accordò    per    soccorso    sei    decime  seguente  anno  l'imperatore  fece  di- 
sopra   i  beni    ecclesiastici    d'Italia,  chiarare  re  de' romani  Ferdinando 
Già  nel    1628  avea  concesso  all'im-  HI   suo  figlio;   morendo  dopo  ave- 
peralore  per  diecianni  i   frutti  dei  re    assicurato    l' ingraiidimeiito     di 
benefizi  del  palatinato,  ripresi  dal-  sua    casa,    li    8    febbraio     iGSy   ia 
le    mani  degli    eretici,  e  due   terze  \ienna.   Urbano   Vili   con    magni- 
parti  dei  fruiti  stessi  per  altri  due  fico    elogio    ne    die    l' annunzio    in 
anni.    Indi  con  la    bolla  /4lias  del  concistoro,  ed  ordinò  i  consueti  fu- 
primo  marzo  i63i    accordò  lame-  cerali.   11  nuovo    imperatore  ripor- 
ta   dei  frutti  medesimi,    per  soste-  tò  alcuni   vantaggi  sugli  svedesi  col 
nere    la    lega    caltolica    contro    gli  mezzo  di  Galasso  suo  generale;  ma 
cretini,  e    colla  successiva    DliUtati-  la    sua  armata  fu    poi  disfatta    da 
iis   gli    applicò    la    metà    de' frutti  Bernardo  di  Sassonia  duca  di  Wei- 
tle'  beni  ecclesiastici  tolti  agli  ereli-  mar,    sostenuto    dai     francesi     nel 
ci  iu  tutta  la  Germania.    Pel  feli-  1 638,  e  da    Giovanni  Bannier  ge- 
ce    successo    delle    armi     cattoliche  nerale  degli  svedesi  nel    1639,  an- 
Urbano  Vili  pubblicò  un    giubileo  zi  questo    ultimo  ebbe  coraggio  di 
di  tre  mesi,  prorogato  ad  altri  tre  assediare  E.atisbona,  ove  Fti'dinan- 
raesi,     indi    dichiarato    universale,  do  III  teneva  la  dieta.  Riportaro- 
prescrivendo    in  Roma  tre    solenni  no  i  francesi  diversi  vantaggi  sot- 
processioni ,    alla    chiesa    nazionale  to    la   condotta    del  maresciallo    di 
tedesca  di  s.  Maria  dell'Anima,  ed  Guebriant ,   del    duca    d'Enghieu, 
alle    basiliche    lateranense,     valica-  del  principe  di  Condè,  e  del  viscon- 
na,    e    liberiana.    Gustavo    riportò  le    di    Turrena  :     l'imperatore    fu 
una  celebre  vittoria  a    Lipsia  con-  tuttavoita   vincitore  nella    battaglia 
tro  Tilli  generalissimo  dell'impera-  di  Norllinga,  e  in  quella  di  Marieu- 
tore,  sottomise    due   terzi  dell'Ale-  dal  nella  Franconia. 
magna,    e    dopo    esserne    divenuto  Si    fece    la    pace    a    Munster    ai 
il    terrore     perde    la   vita,    benché  24  ottobre    1648,    delta    pure    di 
■vincitore,  alla    battaglia  di    Lutzen  Osnabruct  e  di  Weslfalia,  che  In- 
a'  IO  novembre  i632.  Però  i  suoi  nocenzo    X    trovandola     ingiuriosa 
generaU    aiutati  dalla  Francia    che  allo  stesso  impero,  cui  dava   nuo- 
■voleva    deprimere    ed  abbassare  la  va    forma,     e    perniciosa     alla    re- 
potenza  di    casa    d' Austria,  prose-  [lubblica    cristiana,    con  una   bolla 
guirono  le  conquiste,   il  corso    del-  la   riprovò  e  condannò  :   per  questa 
le  quali  fu  interrotto   dalla  vittoria  pace  che  dava   line  alla  guerra  di 


GER 

trenta  anni,  e  ridonava  all'Kuro- 
pa  la  calma,  Urbano  Vili  vi  avca 
spedito  per  nunzio  il  prelato  Chi- 
gi, poi  Alessandro  VII,  il  quale 
fu  benemerito  per  la  concordia  di 
molte  dilFerenze  che  non  danneg- 
giavano la  religione,  e  per  la  so- 
lenne protesta  che  interpose  con- 
tro i  danni  e  i  pregiudizi  arrecali 
tanto  alle  ragioni  temporali  della 
Chiesa,  che  ai  suoi  spirituali  dirit- 
ti. Mediante  tale  trattato,  la  liber- 
tà di  coscienza  fu  stabilita  in  tut- 
ta l'Aleinagna,  ed  i  beni  ecclesia- 
stici, situati  nei  suoi  stali,  conces- 
si furono  ai  principi  protestanti 
ereditari,  per  risarcirli  delle  spese 
della  guerra,  soffrendone  anco  gli 
ordini  teutonico  e  gerosolimitano. 
Vennero  assicurati  agli  elettori,  ai 
principi,  ed  agli  stati  dell'impero 
i  loro  diritti  territoriali,  e  la  loro 
libertà,  a  cui  erano  stali  dati  gra- 
vi colpi.  La  Svezia  acquistò  la  Po- 
meriana,  e  la  Francia  il  possesso 
dell'Alsazia  e  di  tre  vescovati  ;  fu- 
rono abolite  le  due  metropoli  di 
Magdeburgo  e  di  Brema  ,  oltre 
ad  altri  vescovati  ed  abbazie  se- 
colarizzate: sedici  fuiono  i  princi- 
pati, cioè  i  detti  due  arcivescovati 
e  quattordici  vescovati,  che  si  alie- 
narono a  favore  e  per  indennizzo 
de'  principi  ereditari;  finalmente 
il  governo  interiore  dell' Alemagna 
fu  stabilito  su  basi  più  solide.  Ju 
sostanza  nella  pace  di  Westfalia 
furono  ceduti  alla  Svezia  l' arcive- 
scovato di  Brema  ed  il  vesco- 
vato Verdense;  all'elettore  di  Bran- 
deburgo  i  vescovati  Halbersta- 
diense,  Mindano,  e  Camiense,  e 
l'arcivescovato  Magdeburgense  da 
conseguirsi  però  dopo  la  morte  del 
duca  di  Sassonia  a  cui  in  allora 
apparteneva;  al  duca  di  Mecklen- 
burgo  i  vescovati  Sveiiuense  e  Pv.a« 


GER  167 

zenbnrgense  ;  ai  duchi  di  Brun- 
swich  e  Luneburgo,  l'alternativa  al 
vescovato  Osnabrugense;  alla  casa 
di  Assia-Cassel  l'abbazia  Hirsch- 
feldense.  f^.  Bines,  Apparalus  o- 
mni^enae  eruclitionis  de  pace  fi  est- 
phaliae  par.  8,  pag.  Sqì  e  seg. 
Ferdinando  III  fece  eleggere  re  dei 
romani  suo  figlio  Ferdinando  IV, 
che  mori  nel  i654;  non  pensò  di 
far  passare  la  corona  imperiale  nel 
suo  secondogenito  Leopoldo  I,  e 
terminò  di  vivere  in  Vienna  nel 
1607  a' 2  aprile,  compianto  più 
del  di  lui  genitore.  Dopo  un  in- 
terregno di  alcuni  mesi,  a' 18  lu- 
glio i658  fu  eletto  Leopoldo  I, 
figlio  di  Maria  Anna  d'Austria, 
sorella  di  Filippo  IV  re  di  Spagna, 
e  perciò  cugino  di  Carlo  li  ultimo 
re  di  questa  dinastia,  già  re  d'Ua- 
gheria  e  di  Boemia,  ed  ebbe  a 
sostenere  delle  guerre  contro  Lui- 
gi XIV,  e  contro  la  Porta  ottoma- 
na, Leopoldo  I  non  volle  mai  ar- 
rischiarsi fra  le  armi,  né  mai  si 
ritrovò  a  verun  assedio,  né  ad  al- 
cuna battaglia,  né  mai  comparve 
alla  testa  di  alcune  truppe.  Non- 
dimeno sostenne  la  guerra  pei* 
mezzo  di  generali  in  tutto  il  tem- 
po del  suo  lungo  regno,  ed  ebbe 
la  sorte  di  vedei-e  una  gran  parte 
dell'Europa  unita  per  sostenerlo 
sul  trono,  ed  acquistargli  delle  pro- 
vincie.  Alessandro  VII,  che  per  di- 
mostrare il  suo  atfetto  rerso  la  na- 
zione germanica,  avea  annoverato 
tra  i  suoi  quattro  camerieri  segre- 
ti Ferdinando  di  Fustenberg,  mol- 
lo si  adoperò  per  mezzo  di  mon- 
signor Sanfelice  arcivescovo  di  Co- 
senza e  nunzio  al  E.eno,  affinchè 
fosse  esaltato  all'impero,  ed  in  fat- 
ti Leopoldo  I  subito  scrisse  al  Pa- 
pa con  gratitudine  per  la  valida 
di   lui  cooperazione  ;  quindi  il  Pa- 


i68  GER 

pa  lo  soccorse  dall'impeto  de' tur- 
chi, che  l'attaccavano  nella  Transil- 
■vania  e  nell'  Ungheria.  IMontccuc- 
coli  ,  uno  de' suoi  genei-ali  ,  gua- 
dagnò col  soccorso  de' francesi  la 
famosa  battaglia  di  s.  Gottardo 
contro  i  turchi,  li  26  luglio  i664- 
Nell'anno  precedente  incominciò 
la  dieta  ad  aprirsi  a  Ralishona, 
ed  il  giudizio  camerale  nel  1689 
da  Spira  trasferissi,  a  Wetzlar. 
Tre  anni  dopo  l'imperatore  fece  ta- 
ghare  la  testa  a  quattro  signori 
ungheresi  a  lui  ribelli  .  Clemente 
IX  nel  1668  approvò  l'ordine  del- 
le dame  della  Ciociera,  istituito 
dall'  imperatrice  Eleonora,  vedova 
di  Ferdinando  III. 

Nel  167 1  Leopoldo  I  domandò 
soccorso  agli  stati  generali  contro  la 
Francia,  il  che  produsse  un'ostmata 
guerra  sul  Reno,  nella  quale  le  trup- 
pe imperiali  furono  quasi  sempre 
battute  sino  al  tempo  della  morte 
del  gran  Turrena  nel  iGjS.  Dopo 
essere  stata  conchiusa  nel  1679  la 
pace  fra  la  Spagna,  la  Francia,  e 
l'impero,  gli  uugheri  avendo  chia- 
mato in  loro  aiuto  i  tmchi  nel  i683, 
il  gran  visir  entrò  in  Ungheria  alla 
testa  di  duecentoquarantamila  uomi- 
ni per  risarcirsi  delle  passate  sconfìt- 
te. Innocenzo  XI  a'3i  marzo  si  col- 
legò con  Leopoldo  I  e  con  Giovanni 
III  Sobiesli  re  di  Polonia  per  oppor- 
si ai  formidabili  turchi  :  (juiudi  or- 
dinò pubbliche  preci  in  Roma  per 
implorare  il  divino  aiuto,  e  pubbli- 
cò un  giubileo  per  tutta  la  Chiesa. 
Innocenzo  XI  impose  nella  Germa- 
nia ed  in  Polonia  tasse  sulla  deci- 
ina  parte  de' beni  ecclesiastici,  e  tre 
decime  sul  clero  d'Italia  ed  isole 
adiacenti,  il  tutto  per  aiuto  del- 
1  imperatore.  A  questi  mandò  cen- 
tomila scudi,  ed  altrettanti  al  re  di 
Polonia;  il  sagro  collegio   de'cardi- 


GER 
nali  contribuì    trentamila    scudi,  e 
d.   Livio  Odescalclii  iii[)ole  del  Pon- 
tefice ne  somministrò  diecimila.  L'e- 
sercito cattolico  composto  di  ottau- 
ta(ji!attromila    uomini,  sotto  il   co- 
mando di  Giovanni   IH,  e  di  Car- 
lo duca  di  Lorena,  di  Ernesto  con- 
te di  Stahremberg,  governatore  di 
Vienna,  di  Giovanni   111   elettore  di 
Sassonia,  di  INIassimiliano  Emanue- 
le duca  di  Baviera,  e  di    altri   va- 
lorosi, a'  12  settembre  attaccò  i  tur- 
chi che  sino  dai  i4  luglio  assediava- 
no strettamente  Vienna,  e    ne    fece 
macello.   Grato  il  Papa  alla  prote- 
zione implorata  di  Maria  istituì  la 
festa  del  suo  santissimo  nome,  e  ri- 
cevette   alcune    insegne     ottomane. 
Oltre    a    ciò    Innocenzo   XI    rimise 
altri  centomila  scudi  all'  imperato- 
re, ed  egual  somma  al   re    di    Po- 
lonia,   esortandoli  a    proseguire    sì 
gloriosa  guerra  al   nome    cristiano; 
fece   entrare   nella  lega  la   repubbli- 
ca di  Venezia,  e   nel  i685  sommi- 
nistrò altro  danaro.  Alla  liberazione 
di   Vienna  seguirono  altre  vittorie, 
e  gl'imperiali  ripigliarono    tutte   le 
città  deile  quali  eransi  impadroniti 
i   turchi.   Nel    1684  Leopoldo  I  ce- 
dette alla  Francia  Argentina,  il  forte 
di  Kell,  e   varie  altre    piazze;  indi 
nel    1686  fece   un  trattato  co' prin- 
cipi, e  cogli  slati   di    Transilvania, 
che  gli  servi  di    mezzo  per    impa- 
dronirsi   di   quel    paese.    Conchiuse 
li   9    luglio  dell'anno  medesimo  la 
famosa    lega    di    Augusta,    il    vero 
oggetto  della  quale  era  di  opprime- 
re la  Francia  e  dislaccare    da    essa 
r  Inghilterra,    la  quale    sino    allora 
pareva  troppo  congiunta  con  la  me- 
desima,   e  di  far  entrate   Giacomo 
II  in  questa  lega,  onde  riuscire  me- 
glio neir  umiliare   la    gran  potenza 
francese;   la  quale  lega  senza    dub- 
bio l'avrebbe  molto  pivi  prima  uic« 


GER 
nata  a  rovina.  Giuseppe  I  figlio 
dell'  imperatore,  nato  da  Maddale- 
na Teresa  principessa  palatina  sua 
terza  moglie,  fu  tatto  coronare  dai 
padre  re  d'  Ungheria  a' 9  dicembre 
1687,  ed  eleggere  re  de' romani  ai 
24  gennaio    1690. 

Innocenzo  XII  fu  nel  1691  as- 
sunto al  pontificato,  già  nunzio  di 
Clemente  IX  in  Vienna,  ove  fece  ar- 
restare l'eresiarca  Corri  che  in  Ger- 
mania recava  gravi  danni  all'  unità 
della  fede.  Nella  funzione  del  pos- 
sesso il  conte  di  Martinitz  amba- 
sciatore imperiale,  pretese  di  non 
andare  col  contestabile  Colonna,  co- 
me dicemmo  all'articolo  Ambascia- 
tori; ed  al  voi.  II,  p.  3o2  del  Dizio' 
Ilario  riportammo  le  altre  preten- 
sioni di  queir  altiero  ambasciatore 
nella  processione  del  Corpus  Domini, 
e  del  tumulto  di  cui  fu  cagione,  on- 
de Innocenzo  XII  vi  piese  severa 
provvidenza.  Per  vendicarsene  1'  am- 
basciatore attaccò  un  editto  al  suo 
palazzo,  con  il  quale  supponendo 
r  imperatore  possedere  in  Italia  mol- 
li liiutli  usurpali  da  altri,  invitava  i 
possessori  a  giustificarne  il  dominio 
e  prenderne  linfeudazione.  11  Papa 
fece  dichiarare  dal  cardinal  camer- 
lengo con  altro  editto  essere  di 
niun  valore  l'imperiale,  e  lesivo  dei 
bùvrani  diritti  della  santa  Sede, 
minacciando  gravi  pene  a  chi  l'ubbi- 
disse. Indi  con  lettera,  e  per  il  nun- 
zio si  querelò  con  Leopoldo  I  del 
turbolento  procedere  dell'  ambascia- 
tore, onde  l'imperatore  fece  scrive- 
re lettere  di  scusa.  Dipoi  per  al- 
tre violenze  usate  in  lionia  dall'am- 
basciatore, convinto  Leopoldo  I  dal- 
le rimostranze  del  Papa,  richiamò 
l'ambasciatore,  che  dovette  paitire 
da  Pioma  senza  aver  potuto  conse- 
guire la  udienza  dal  Pontefice,  e 
fu  rimpiazzato  dal    conte  di  Mans- 


GER  169 

feld.     Innocenzo    XII    somministrò 
copiosi    sussidii  all'  imperatore    che 
guerreggiava  coi  turchi,  su  de'  qua- 
li il  principe  Eugenio  di  Savoia  del- 
la casa  di  Soissons,  supremo  coman- 
dante imperiale,  agli    i  i    settembre 
1697  riportò  una  strepitosa  \itloria 
sulle  rive  del   fiume  Tibisco   pi'esso 
Zenta.  Erasi  acceso  di  bel  nuovo   il 
fuoco    della  guerra   in    Europa,    e 
dopo  vari  avvenimenti,  e  molto  san- 
gue  sparso  da  una  parte    e  dall'  al- 
tra, si  stabili  la  pace  a  Pviswick   li 
3o  ottobre    1697    tra  Leopoldo    I, 
ed  i  re  di-  Francia  e  di  Spagna,  ed 
altre  potenze,  per  la  quale   premu- 
rosamente erasi  adoperato  Innocen- 
zo XII.  In  vigore  di  questo   trattato 
Argentina  rimase  a  Luigi XIV,  ed  il 
Reno  servi  di  confine  tra    la  Ger- 
mania  e  la  Francia.   A'26  gennaio 
1699  poi  segui  la    pace   di    Carlo- 
wilz  nell'Ungheria  tra  l'imperato- 
ri, la  Porta  ottomana,  ed  altri  prin- 
cipi,   per  la     quale  Innocenzo    XII 
rese  solenni  grazie  a  Dio,   e  per  tre 
sere  per  tutto  lo  stalo  fece  fare  di- 
mostrazioni di    gioia.    Ma    siccome 
l'imperatore     avea    dichiarato     per 
nono  elettore  Ernesto  duca  di  Biun- 
sìvick  ed  Aniiover,  il  Papa  con  apo- 
stolica  libertà  riprovò  tale    elezione 
perchè  il  principe  era  acattolico.  Il 
primo  novembre    1700  morì  Carlo 
II   re  di   Spagna    e  delle  due  Sici- 
lie senza  prole,  e  con  lui  ebbe   fi- 
ne   la   linea  austriaca  di  Carlo  V  o 
Carolina.  Con  testamento  chiamò  a 
succederlo  il  duca  d'Angiò  figlio  del 
delfino  di  Francia,  e  nipote  di  Luigi 
XIV,  onde   fu  acclamato  re  di   Spa- 
gna col  nome  di  Filippo  V   in  Ma- 
drid  ed  a  Versailles.  Questi  subilo 
si  rivolse  al  nuovo  Pontefice    Cle- 
mente XI  perchè  gli   dassc    rinve- 
stitura delle  due  Sicilie,  mentre  fe- 
ce egual  domanda  l'iinperatore  per  le 


I  "jo  G  ER 

pretensioni  die  avea  alla  successio- 
ne di  Carlo  H,  a  cagione  di  più 
stretta  parentela.  Clemente  XI  co- 
me padre  comune  la  ricusò  ad  aoj- 
bedue,  né  volle  prendere  parte  al- 
le loro  ragioni:  ciò  non  impedì  che 
nella  guerra  della  successione  di 
Spagna ,  ancor  egli  ne  risentisse 
le  funeste  conseguenze. 

Avendo  l'imperatore  nel  1701  ri- 
conosciuto per  re  di  Prussia  Federico 
J,  elettore  di  Brandeburgo,  e  contè- 
litegli  le  insegne  reali  senza  il  con- 
senso della  santa  Sede,  dappoiché 
la  Prussia  apparteneva  anticamente 
all'  ordine  teutonico,  Clemente  XI 
disapprovò  con  brevi  apostolici  la 
concessione  ,  anche  per  essere  il 
principe  acattolico  ,  e  dall'  arcive- 
scovo elettore  di  Magonza  fece  re- 
gistrare nella  cancelleria  imperiale 
la  sua  protesta.  Nel  1702  recando- 
si Filippo  V  a  Napoli  inviò  ad  os- 
sequiare Clemente  XI  il  marchese 
di  Louville,  e  per  reciprocanza  il 
Papa  mandò  al  re  il  cardinal  Bar- 
berini legato  a  lacere.  Ciò  dis- 
piacque air  ambasciatore  imperiale 
Lamberg,  che  subito  parli  da  B^o- 
ma,  e  se  ne  olfese  pure  Leopol- 
do I,  il  quale  non  volle  ricevere 
monsignor  Spada  nunzio  straor- 
dinario, che  Clemente  XI  avea  de- 
stinato per  esortarlo  alla  pace,  co- 
me avea  fatto  coi  re  di  Fiancia 
G  di  Spagna  a  mezzo  di  altri  nunzi. 
Leopoldo  1  sostenne  le  sue  ra- 
gioni sulla  monarchia  spagnuola, 
collegandosi  con  l'Inghilterra,  con 
l'Olandaj  e  con  la  Savoia;  indi  in- 
sieme al  figlio  Giuseppe  I,  a'  12 
settembre  1702,  le  cedette  al  suo 
quintogenito  Carlo  arciduca  d'Au- 
stria, e  perciò  lo  fece  proclamare  nel 
1703  a  Vienna  qual  re  di  Spagna 
col  nome  di  Carlo  III.  A  questo 
principe  sino  dulia    fanciullezza  gli 


GER 

fu  ispiralo  zelo  per  la  religion* 
cattolica,  e  stima  particolare  per 
gli  ecclesiastici^  non  che  apprese 
una  sufllciente  cognizione  delle  lin- 
gue, delle  scienze,  e  degli  esercizi 
militari. 

Pel  sistema  di  neutralità,  Cle- 
mente XI  ricusò  di  dare  il  titolo 
di  re,  e  gli  onori  inerenti  all'ar- 
ciduca Carlo,  anzi  nell'anno  1 7o3 
proibì  che  il  suo  ritratto  fosse  e- 
sposto  rivestito  colle  insegne  reali, 
nella  chiesa  nazionale  di  s.  Maria 
dell'Anima  in  R.oma,  e  siccome  avea 
oidinato  a  monsignor  Davia  nun- 
7Ìo  ordinario  alla  corte  di  Vienna 
(li  non  intervenire  alla  solennità  di 
sua  proclamazione  in  re  di  Spa- 
gna, l'imperatore  credendo  che  il 
Papa  con  tali  prudenziali  atti  si 
mostrasse  favorevole  a  Filippo 
V,  licenziò  da  Vienna  il  nunzio, 
ed  ordinò  alle  sue  truppe  di  en- 
trare nella  provincia  di  Ferrara 
[Predi').  E  qui  va  avvertito,  che 
costante  Clemente  XI  all'  adottata 
neutralità,  quando  nella  consueta 
cappella  cardinalizia  per  la  festa 
di  s.  Carlo  Borromeo,  che  si  cele- 
bra in  Roma  nella  sua  chiesa  del- 
la nazione  milanese,  si  volevano 
esporre  i  ritratti  dell'arciduca  Car- 
lo, e  di  Filippo  V,  perchè  il  du- 
cato di  Milano  conquistato  dai  te- 
deschi faceva  parte  della  monar- 
chia spagnuola,  prese  il  ripiego  di 
tenervi  egli  stesso  cappella  papale, 
dacché  allora  non  si  espongono  i 
ritraiti  de' principi,  quindi  l'estò 
tale  onore  alla  chiesa,  come  me- 
glio dicemmo  al  voi.  IX,  p.  92 
del  Dizionario,  senza  che  il  Pon- 
tefice in  quella  emergenza  si  com- 
promettesse con  veruna  delle  par- 
ti contendenti.  Leopoldo  I  mori 
in  Vienna  a' 5  maggio  1705,  con 
fama   di    principe    retto,    di    savio 


GER 
discernimento,  e  di  un  caralfeie 
sempre  eguale:  sotto  di  lui  la  bat- 
taglia di  Luzara  fu  vinta  dai  fran- 
cesi ,  cosi  quelle  di  Fiidlinga  e 
di  Spira;  ma  nella  battaglia  di 
Hochstet  non  solo  gl'imperiali  ri- 
portarono vittoria,  ma  ricuperaro- 
no tutta  la  Baviera.  Giuseppe  I 
suo  figlio  gli  succes>;e,  adottando  i 
principii  e  le  massime  del  genito- 
re, impegnando  il  duca  di  Savoia, 
gli  olandesi  e  gì'  inglesi  f\  continua- 
re ne'suoi  interessi  contro  la  Fran- 
cia sostenitrice  di  Filippo  V,  e 
volle  fare  riconoscere  il  suo  fratel- 
lo Carlo  per  re  di   Spagna. 

Clemente    XI    si     condolse     col 
nuovo    imperatore     per    la    morte 
del  padre,   mentre  Giuseppe   I  av- 
visò coloro  che  in  Germania  avea- 
no  diritto  di  conferire  benefizi,  che 
non    dassero    i    vacanti    se  non    a 
chi  egli  avesse  raccomandato,  senza 
avere  domandato  le  preci  primarie 
al  Papa,  che    gliene    conferiva    lo 
indulto.  Ed  è  perciò  che  Clemen- 
te   XI  si  trovò  in    necessità  di  ri- 
provare   la    disposizione    imperiale, 
come  contraria  al    concordato  ger- 
manico:    veramente     l'imperatore 
avea    avanzato     la    supplica     delle 
preci  primarie,  ma  per  negligenza 
dell'ambasciatore  marchese  di  Prie 
non  era  mai  stata  presentata.  Nel- 
l'agosto    l'imperatore     licenziò     il 
nunzio  apostolico  da  Vienna,  onde 
Clemente    XI    si     diresse    con    un 
breve    al  re    di  Polonia  Stanislao, 
allora  mediatore    tra  il    sacerdozio 
e    l'impero,  lagnandosi    dell'ingiu- 
ria,   e    dello    scandalo    che    faceva 
tripudiare    gli    eretici;    altrettanto 
direttamente  fece  con  l'imperatore 
medesimo,  con  l'iaiperatrice,  e  eoa 
diversi     principi     di      Germania  , 
ma    senza  frutto   perchè   Giuseppe 
I  riteneva  che  il  Pontefice  llivoris- 


GEP».  171 

se  Filippo   V.  Continuando    i  dis- 
sapori tra  la    corte    cesarea,    e    la 
santa  Sede,  nel    1706  tornarono  i 
tedeschi  ad  assalire  le  provincie  di 
Bologna  e  di   Ferrara,  e  solo  nel- 
l'anno seguente  ne  ottenne  il  Pa- 
pa il  ri  tiramento  a  mezzo  del  prin- 
cipe Eugenio.  Passarono  le  truppe 
alla  conquista  del  regno  di  Napo- 
li,   e  poscia    ritornando  nei  domi- 
nii  ecclesiastici    sorpresero,  e  s'im- 
possessarono di    Coniacchio  (^f-^edi). 
Pfcl  detto  anno  lyofi  l'imperatore 
intimò  agli    elettori    di    Colonia    e 
di  Ba riera    il   bando    imperiale,    e 
dipoi  sottomise  i    ribelli  d'  Unghe- 
ria.   Tra    i     diversi    successi    della 
guerra    noteremo     che    nel     1 707 
alla  battaglia  d' Almanza,  l'eserci- 
to   di    Filippo    V    riportò    vittoria 
sopra     quello     dell' <.uci  duca     Carlo 
che  avea  preso  Lerida.  Quasi  tut- 
ti   i     soviani    cattolici     di    Europa 
furono  compresi  d'indignazione  per 
l'oppressione  dell'innocente  Ponte- 
fice, e  Luigi  XIV  gli  spedì  il  ma- 
resciallo   di  Tessi    per    invitarlo   a 
collegarsi  coi  principi  italiani  ;  que- 
sto progetto  mosse  l'imperatore  al- 
la pace,    sebbene  il  Papa    avea  ri- 
sposto, che  siccome  padre  comune 
de' fedeli,    non    gli     conveniva    fai* 
guerra  offensiva  contro  un  impera- 
tore  cattolico,    solo  doveva    difen- 
dere i  propri  stati.   Il  granduca  di 
Toscana,    ed    il    conte    palatino    si 
intromisero    per    la    pace,    per    la 
quale    Clemente    XI  ricorse    all'  a- 
iuto  divino,     con     solenni  proces- 
sioni, in    cui  si    portò     alla    basi- 
lica vaticana    la  prodigiosa  imma- 
gine del  ss.   Salvatore  dal  Latera- 
no;  quindi  il  marchese  di  Prie  sot- 
toscrisse in  E.oma    la  concordia  ai 
i5  gennaio  1709,  convenendo  Cle- 
mente XI  di  riconoscere  Carlo  111 
quale  re  titolare  di  Spagna,  con  la 


iy2  GER 

prote&ta  di  non  intendere  pregiu- 
dicare chi  avesse  ragioni  al  trono 
di  Spagna,  e  con  altre  prudenti  con- 
dizioni. Ad  onta  di  queste  Filippo 
Y  si  dichiarò  olìeso  dal  procedere 
di  Clemente  XI,  il  quale  con  ragio- 
nevoli argomenti,  con  analoghi  esem- 
pi, e  coir  attuale  della  Francia  che  ad 
un  tempo  riconosceva  per  re  di 
Inghilterra  Guglielmo  III  acatto- 
lico che  vi  regnava,  e  Giacomo 
III  cattolico  ramingo,  dimostrò  la 
leale  sua  condotta. 

JVel  medesimo  anno  1709  i  fran- 
cesi riportarono  alcuni  vantaggi 
sui  tedeschi  nell'Alta  Alsazia  ;  il 
principe  Eugenio  con  lord  IMarl- 
boroug  presero  Tournay,  e  dopo  la 
battaglia  vinta  a  caro  prezzo  dai 
tedeschi  a  Malplaquet,  s'impadro- 
nirono di  Mons.  Sebbene  Filippo  V 
avesse  fatto  in  Madrid  riconoscere 
dagli  stati  generali  il  principe  d'A- 
sturias  suo  figlio  per  erede  presunti- 
vo della  corona,  ed  Alicante  unico  ri- 
fugio di  Carlo  III  fosse  stata  presa 
dalle  sue  truppe,  nel  1710  l'eser- 
cito spagnuolo  venne  disfatto  presso 
Almenat,  ed  anche  presso  Sara- 
gozza, Filippo  V  fu  costretto  ab- 
bandonare la  capitale  Madrid,  ed 
in  questa  entrò  malgrado  la  ripu- 
gnanza degli  abitanti  Carlo  III  di 
Austria.  Però  verso  il  fine  di  det- 
to anno  Filippo  V  disfece  le  trup- 
pe degli  alleati  presso  Villaviciosa, 
essendo  il  loro  esercito  comandato 
dal  prode  principe  di  Stahremberg, 
e  con  questo  avvenimento  si  con- 
solidò nel  trono  di  Spagna,  anche 
pe' seguenti  vantaggi  riportati  dalle 
sue  milizie.  Carlo  III  abbandonò 
Madrid,  si  ritirò  in  Catalogna  ove 
ben  presto  tutto  perde,  tranne  Bar- 
cellona e  Tarragona.  Intanto  Giu- 
seppe I  morì  a' 1  7  aprile  17  11  non 
lasciando  che  due  principesse,  Maria 


GER 
Gioseffii,  e  Maria  Amalia,  avute 
da  Guglielmina  Amalia  di  Brun- 
swick, figlia  del  duca  d'Annover. 
(jli  successe  il  fratello  Carlo  VI, 
perciò  obbligato  lasciare  la  Spagna, 
nominandovi  reggente  la  consorte 
Elisabetta  Cristina  di  Brunswick- 
NYoKenbuttel,  ed  il  comando  del- 
l'armata al  nominato  Stahremberg. 
Arrivò  alla  dieta  quando  per  le 
cure  del  principe  Eugenio  era  star 
to  eletto  imperatore,  e  fu  corona- 
to a  Francfort  a' 22  dicembre,  e 
l'anno  successivo  a  Presburgo  re 
d'  Ungheria^  conservando  sempre  il 
vano  titolo  di  re  di  Spagna.  Cle- 
mente XI  dopo  aver  deplorato  in 
concistoro  la  perdita  di  Giuseppe 
I,  gli  celebrò  i  funerali,  cui  pre- 
stò assistenza,  indi  si  adoperò  per- 
chè fosse  eletto  il  fratello,  nella 
speranza  che  desistendo  dalle  pre- 
tensioni sulla  Spagna  si  ripristinas- 
se la  pace  d'Europa.  A  tale  effet- 
to uflìziò  gli  elettori,  e  die  relative 
istruzioni  a  monsignor  Annibale  Al- 
bani suo  nipote,  che  inviò  nunzio 
straordinario  alla  dieta  di  Franc- 
furt.  Dopo  l'elezione,  Clemente  XI 
mandò  a  Carlo  VI  per  legato  a 
lalcìv  il  cardinal  Imperiali;  e  nel 
dicembre  dichiarò  con  la  costitu- 
zione Reccplis,  che  per  tutti  gli 
atti  d'ossequio,  e  per  le  funzioni  so- 
lile praticarsi  dalla  Sede  apostoli- 
ca dopo  l'elezione  del  re  de' roma- 
ni, essa  non  si  approva  dal  Papa 
se  l'eletto  non  ottiene  la  conferma 
con  bulla  concistoriale.  Allora  Car- 
lo VI  fece  supplicare  Clemente 
XI  dall'ambasciatore  di  Prie  di 
sua  approvazione,  e  l'ebbe  con  la 
bolla  Romani  Ponli/icis  sottoscritta 
da  ventitre  cardinali  a'^G  febbra- 
io 17145  ''"J'  "^^  istanza  dello 
slesso  imperatore  a'  10  marzo  Cle- 
mente XI  gli  accordò  le  preci  pri- 


GER 

marie,  con  quelle  condizioni  con- 
tenute nella  bolla  Cam  post  fa- 
ctam. 

Malgrado  i  preliminari  frnffati 
di  pace  d' Utrecht,  di  Radslnd,  e 
di  Baden,  la  guerra  continuò  nella 
Spagna.  Nel  17 12  Clemente  XI 
riprovò  e  dichiarò  nulli  i  capitoli 
della  pace  conchiusa  nel  1707  da 
Giuseppe  1  coi  plenipotenziari  di 
Carlo  XII  re  di  Svezia  in  AUran- 
stad,  pei  gravi  danni  che  riceveva 
l'ecclesiastica  giurisdizione,  ed  esor- 
tò Carlo  VI  a  procurarne  l'ina- 
dempimento. Con  apostolica  fran- 
chezza il  Papa  invitò  l' imperatore 
a  resistere  ai  tentativi  dei  calvini- 
sti, i  quali  nella  dieta  di  Ratisbo- 
na,  e  nei  trattati  della  pace  d'U- 
trecht procuravano  che  nella  Sle- 
sia fosse  loro  concesso,  quanto  nel- 
la detta  pace  d'  Altranstad  era  sta- 
lo accordato  ai  luterani.  Nel  1714 
Clemente  XI  raccomandò  calda- 
mente all'imperatore  ed  al  re  di 
Francia  nella  pacificazione  della 
Spagna  che  si  trattava  a  Baden, 
fosse  cautelata  la  religione  cattoli- 
ca nella  Svizzera,  la  difesa  de'  suoi 
diritti,  e  la  restituzione  de'  beni  tol- 
ti al  mouistero  di  s.  Gallo.  Ren- 
dendosi insolenti  i  turchi  per  le 
ultime  vittorie  riportate,  ed  aven- 
do preso  di  mira  gli  stali  austriaci, 
e  la  repubblica  di  Venezia,  Cle- 
mente XI  implorato  il  divino  pa- 
trocinio si  rivolse  a  tutti  i  prin- 
cipi cristiani  per  formare  una  po- 
derosa lega,  ed  a  tal  fine  mandò 
legato  a  Intere  a  Vienna  il  cardi- 
nale Orsini.  Cario  VI  reslava  titu- 
bante, per  timore  che  il  re  Filip- 
po V  ne  protltasse  a  di  lui  danno, 
onde  il  Papa  ottenne  da  questo 
principe  solenne  promessa  che  non 
avrebbe  molestato  i  dominii  impe- 
riali durante  la  guerra  cogli  ollo- 


GER  173 

mani.  Sicuro  di  tale  prolesta  Cle- 
mente XI  ne  spedì  all'imperatore 
1.1  notizia,  il  quale  unito  ai  veneti  ' 
dichiarò  guerra  ai  turchi  a' 5  giu- 
gno i7iG;ed  il  Pontefice  per  aiu- 
tarlo gli  concesse  le  decime  eccle- 
siastiche per  tre  anni  negli  stati  au- 
striaci, nel  ducato  di  Milano,  e  nel 
regno  di  Napoli.  Mentre  in  Ro- 
ma Clemente  XI  innalzava  preghie- 
re a  Dio  e  faceva  processioni  di- 
vote per  la  prosperità  delle  armi 
imperiali,  queste  sotto  il  comando 
del  celebre  e  valoroso  principe  Eu- 
genio, riportarono  a' 5  agosto  pres- 
so Petcrvaradino  segnalata  vittoria; 
e  tale  fu  il  terrore  de' turchi,  che 
precipitosamente  levarono  l'assedio 
da  Corfìi;  indi  Clemente  XI  inviò 
ad  Eugenio,  come  principe  beneme- 
rito della  religione  cattolica,  lo 
Stocco  e  berrelloiie  benedetti  (  Ve- 
di). Questo  capitano  prese  poscia 
Temiswar,  Belgrado,  ed  altre  piaz- 
se,  per  cui  i  turchi  si  videro  co- 
stretti domandare  la  pace.  Frattan- 
to Filippo  V  mancando  alle  pro- 
messe, e  facendo  uso  del  soccorso, 
che  dal  Pontefice  eragli  stato  dato 
contro  il  turco,  ad  istigazione  del 
primo  ministro  cardinal  Alberoni, 
s'impadronì  dell'isola  di  Sardegna 
parte  della  monarchia  spagnuola,  già 
conquistata  dagl'imperiali.  A  tale 
notizia  Clemente  XI  ne  restò  af- 
flittissimo perchè  vede  vasi  esposto 
coir  imperatore,  che  aveva  assicu- 
rato dell'  inazione  di  Filippo  V, 
ed  a  questi  per  la  mancala  parola 
scrisse  con  grave  risentimento.  Dal- 
l'altro canto  Carlo  VI  dubitando 
della  sincera  condolta  del  Papa,  a 
sujjeestione  de' suoi   ministri   che  lo 

DO 

rappresentarono  qual  traditore,  si 
mostrò  sdegnato,  proibì  al  nunzio 
di  Vienna  di  accostarsi  a  corte, 
e  di    trattare    atfari   co' suoi    mini- 


174  <^ER 

stri  ;  fece  licenziar  da  Napoli  il 
nunzio  Vicentini,  e  sequestrò  le 
rendite  de'benelìzi  che  i  cardinali 
e  i  prelati  possedevano  ih  quel 
regno,  il  perchè  giuste  querimonie 
gli  scrisse  1'  innocente  e  bersaglia- 
to Clemente  XI.  Finalmente  l'im- 
peratore, e  Filippo  V,  persuasi  del- 
la probità  del  Papa,  restituirono 
ai  nunzi  la  loro  slima  e  fiducia, 
e  ritornarono  ad  un  contegno  pa- 
cifico. 

In  Passarowitz  nel  17 18  ebbe 
luogo  la  pace  co' turchi,  conservan- 
do l'imperatore  tutte  le  sue  con- 
quiste. In  quanto  all' Italia,  per  la 
invasione  memorata  della  Sarde- 
gna, venne  in  Londra  a' 2  agosto 
17 18  conchiusa  la  quadruplice  al- 
leanza tra  l'Inghilterra,  la  Fran- 
cia, l'imperatore,  e  gli  stati  gene- 
rali. Carlo  VI  si  obbligò  ricono- 
scere Filippo  V  in  re  di  Spagna, 
rinunziando  per  sempre  a  detto 
regno;  e  gli  alleati  si  obbligarono 
mantenere  l'imperatore  in  qualità 
d  arciduca  d'Austria  in  possesso 
de' suoi  stati,  ed  a  fargli  concede- 
le  la  Sicilia  in  luogo  della  Sarde- 
gna. Non  avendo  voluto  la  corte 
di  Spagna  aderire  a  questo  tratta- 
to, la  guerra  continuò;  gli  spagnuo- 
li  ebbero  vari  colpi  sinistri,  e  la 
Spagna  entrò  nella  quadruplice  al- 
leanza nel  1720,  e  così  terminò  la 
guerra.  E.iconosciuto  il  regno  di 
Sicilia  possesso  di  Carlo  VI,  a'  g 
giugno  1722  Innocenzo  XIII  glie 
ne  diede  la  solenne  investitura . 
L'  imperatore  s'impiegò  dipoi  a 
tutto  suo  potere  per  introdurre,  e 
per  rendere  stabile  da  per  tutto 
la  prammatica  sanzione  rispetto 
alla  successione  ne' suoi  stati,  eredi- 
tari, che  volle  restassero  sempre  in- 
divisi, cioè  che  in  mancanza  di  ma- 
schi della    sua  linea,    le  sue    figlie 


GER 

gli  sarebbero  succedute  in  tutta 
l'eredità,  in  preferenza  di  quelle 
dell'  impor;ilore  Giuseppe  I  suo 
fratello.  Dopo  di  averla  fatta  accet- 
farc  nella  maggior  parte  degli  stati 
dell' Aleriiagna,  ed  approvare  dagli 
elettori  di  Sassonia  e  di  Baviera 
mariti  delle  figlie  di  Giuseppe  I, 
conchiuse  un  trattato  a  Vienna  li 
3o  aprile  1725  colla  Spagna,  ia 
cui  andjedue  le  parti  rinunziarono 
a  tutti  i  regni  e  paesi  eh'  elleno 
possedevano  allora,  e  fu  guarentita 
la  successione  ereditaria  di  d.  Car- 
lo Borbone  agli  stati  di  Toscana 
e  di  Parma,  e  la  prammatica  san- 
zione d'Austria:  questa  allenza  fu 
chiamata  l'alleanza  di  Vienna.  Be- 
nedetto XIII  die  fine  alla  famosa 
controversia,  se  alla  camera  apo- 
stolica, ovvero  al  duca  di  Modena 
appartenesse  il  dominio  della  cit- 
tà e  contea  di  Comacchio  nel  du- 
cato di  Ferrara,  occupata  dall'im- 
peratore che  proteggeva  gli  Esten- 
si, enei  172?  ne  seguì  la  restitu- 
zione alla  santa  Sede,  vera  ed  an- 
tica sua  signora;  quindi  il  Papa 
accordò  a  Carlo  VI  le  decime  ec- 
clesiastiche in  tutti  i  dominii  au- 
striaci, condonandogli  tutte  le  ren- 
dile maturate;  e  siccome  Sinzen-» 
dorf  primo  ministro  avea  coopera- 
to a  questo  accomodamento,  creò 
cardinale  Filippo  di  lui  figlio.  Es- 
sendo morto  nel  1782  Augusto  II 
elettore  di  Sassonia  re  di  Polonia, 
r  imperatore  si  vide  ingolfato  in 
nuova  guerra.  La  Francia  voleva 
ristabilire  sul  trono  polacco  Stani- 
slao, e  Carlo  VI  per  lo  contrario 
fece  eleggete  il  figlio  del  defunto, 
che  prese  il  nome  di  Augusto  III. 
I  fiancesi  presero  RehI,  Treverij 
Tarbach,  Filisburgo,  e  guadagna- 
rono in  Italia  la  battaglia  di  Par- 
ma e  di  Guastalla.  D.  Carlo  Bor- 


GER  GER                   175 
bone    soccorso    dalle    armate    spa-  mente  ribellato,  ppiciò  scomunicato 
gnuole,    comandate     dal    duca     di  da    Clemente    XII,    come     incorso 
Montemar,  attaccò  il   regno  di  Na-  nelle  censure  della  bolla  in   Coena 
poli,  e  se  ne  fece  dichiarare  re  in  Domini,    per    aver   preso    le    armi 
Palermo    dopo  la  battaglia    di   Bi-  contro  l'imperatore   in  soccorso  dei 
tonto,  e  s'impadronì  pure  della  Si-  turchi    con     obbrobriosa     alleanza, 
cilia.  Clemente  XII   si    trovò  nella  Inoltre     Clemente    XII    in    diversi 
penosa  alternativa,  che  il  le   Cailo  modi  cercò  giovare   Carlo  VI.  Pub- 
e  l'imperatore  gliene     domandaro-  blicò  un  giubileo  per  tutta    l'Italia 
no  l'investitura,  che    credè  conce-  per  implorare  il   divino  patrocinio, 
dere  al  secondo.  e  concesse  all'imperatore  centoven- 
Altro  non    rimaneva    nel     lyS?  timila    fiorini     di    beni    ecclesiastici 
in   Italia    agl'imperiali  che  Manto-  dei  suoi    sfati,    centomila  scudi  del 
Ta;    ma    essendosi    portati    i    russi  tesoro  pontifìcio,  dodicimila  scudi  del 
ed  i  sassoni  a   rinforzare    Tarmata  suo  privato  peculio,  e  tientamila  scu- 
jmperiale    sul  Reno,    cessarono    le  di  oblazione  de' cardinali  e    jìrelati  di 
ostilità,  e  fu  fatta    la  pace.  Augu-  E.oma.  La  guerra  fu  infelice  allim- 
sto  III  rimase  re  di  Polonia,  il  re  pero,  per  cui   Carlo    VI  nel    lySq 
Stanislao  ebbe  i    ducati   di   Lorena  nel   trattato  di  pace  rilasciò  ai  tur- 
e  di  Bar,  con    patto  che    dopo    la  chi  Belgrado,  Zabach,  la  Servia,  e 
sua  morte  ritornerebbero  alla  Fran-  quanto  la  casa    d'Austria  possede- 
cia;  fujono  restituite  all'imperato-  Ta    nella  Vallachia.    A' 20    ottobre 
re  Parma    e  Piacenza,  ed  il  duca-  i'J^o    Carlo    VI  morì     a    Vienna, 
to  di    Milano;    la  Fiancia    garantì  dopo  aver  dato  al  duca  Francesco 
la    prammatica    sanzione;    il    duca  Stefano  in  isposa   la  sua  figlia  Ma- 
di    Lorena  Francesco    Stefano  de-  ria   Teresa,  avendolo    fatto  elegge- 
stinato  a  sposare  Maria  Teresa    fi-  re    re    de' romani,     laonde     questo 
glia  primogenita  ed  erede  di  Car-  principe    divenne    lo     stipite     della 
lo  VI,  in    compenso  della  cessione  nuova     casa     d'Austria,     chiamata 
a  Stanislao    dei  due    ducali,    ebbe  Austria-Lorena,  gloriosamente    re- 
in  cambio  il  granducato  di   Tosca-  gnante.    Benedetto  XIV    die  parte 
na  all'estinzione  del  granduca  Gio.  al  sacro  collegio  in  concistoro  dei- 
Gastone,  e  dalla  Francia  cinque  mi-  la  morte    di    Carlo    VI,    e    poscia 
lioni  e  mezzo  di  lire  all'anno,  finché  gli  celebrò  i  funerali.  Negli  stati    e- 
ne    fosse  entrato  in   possesso;  final-  reditari  essendo  premorto  al  padre 
mente  d.  Carlo  di  Borbone  tenne  il  l'arciduca    Leopoldo,    successe  Ma- 
regno  di  Napoli    e  la  Sicilia,  rice-  ria    Teresa,    che    si    trovò    esposta 
Tendone  l'investitura  da  Clemente  a   molte    guerre  e    pretensioni     al- 
XII.  Nel    1787    Carlo  VI   si   trovò  la   vasta   eredità;    e  la   prammatica 
costretto    guerreggiare    coi    turchi,  sanzione  riconosciuta   per  ventisette 
onde  si    rivolse  alla  benignità    del  anni,  ad    im   tratto  fu    considerata 
Papa  come    mediatore  della    sacra  come  non  fatta;  ma   Maria  Teresa 
alleanza   formata  da   Innocenzo  XI,  subito  si   mise  in   possesso  dell'Au- 
col  re    di    Polonia    ed    i    veneziani  stria,  dell'Ungheria  e  della  Boemia, 
contro    la  sublime    Porta,  che    in-  I    pretendenti  che    sorsero  a  di- 
\adeva  l'Ungheria,   ove  il  principe  sputale  a    Maria  Teresa    il  retag- 
trausilvauo  Ragotski    erasi    nuova-  gio  de' suoi    avi,    furono    l'elettore 


J76  GER 

di  Baviera,  quello  di  Sassonia,  Fi- 
lippo V,  il  re  di  Sardegna,  e  Fe- 
derico IF  rb  di  Prussia;  Luigi  XV 
re  di  Francia  non  si  valse  de'suoi 
titoli,  ma  volendo  abbassare  la  ca- 
sa d'Austria  sua  antica  rivale  coa- 
diuvò all'esaltazione  del  principe 
Ila  varo.  L'eleltoi'e  di  Baviera  Car- 
lo Alberto  figlio  di  Massimiliano,  e 
sposo  di  Maria  Amalia  figlia  di 
Giuseppe  I,  avendo  ricevuto  trup- 
pe dalla  Francia  s' impadronì  di 
Passavia,  prese  il  titolo  d'  arcidu- 
ca d'Austria,  andò  al  possesso  di 
Lintz,  s'impadrotù  ancora  della 
Boemia,  e  se  ne  fece  proclamare  re, 
dappoiché  crasi  protestato  contro  la 
convenuta  prammatica  sanzione,  e 
fatto  perciò  alleanza  col  cognato  e- 
letlore  di  Sassonia.  Indi  a'  i4  gen- 
raio  174"?'  fii  unanimemente  eletto 
re  de'  romani,  e  fece  il  suo  solen- 
re  ingresso  in  Francfort,  dove  l'e- 
lettore di  Colonia  suo  fratello  lo 
incoronò  imperatore,  prendendo  il 
nome  di  Carlo  VII!  Benedetto  XIV 
ne  approvò  l'elezione,  ed  egli  no- 
minò protettore  dell'impero  presso 
la  santa  Sede  il  cardinale  Borghe- 
se, mentre  a  di  lui  mezzo,  e  per 
quello  del  barone  Scarlatti  suo  mi- 
nistro in  Pioma  domandò  le  preci 
primarie,  la  spedizione  d'un  niuì- 
zio  apostolico,  e  la  giurisdizione 
della  chiesa  nazionale  di  s.  JMaria 
dell'Anima.  Appena  Benedetto  XiV 
intese  tutte  queste  istanze,  convocò 
una  congregazione  de' cardinali,  nel- 
la quale  fu  risoluto  di  digerire  il 
risultato  alle  due  prime  domande, 
e  di  non  far  novità  alla  terza,  per- 
chè i  deputati  di  detta  chiesa  vi 
aveano  innalzato  l'arme  della  re- 
gina Maria  Teresa,  credendo  chea 
questa  dovesse  appartenere  com'  e- 
rcde  uuiveisale  della  casa  d'Au- 
stria, e    non   mai  alla    nazione  te- 


GER 

desca    come    pretendeva    il    nuovo 
imperatore.    In    quanto    al  nunzio, 
trovandosi    ancoi'a   a  Vienna   mon- 
signor Doria   nunzio  straordinario, 
Benedetto    XIV  volle  che    vi  fòsse 
conservato;  ed  in  quanto  alle  pre- 
ci primarie,  siccome  queste    non  si 
accordavano    dai  Pontefici    ai    no- 
velli   imperatoli,  se  non  dopo  aver 
essi   per    mezzo    d'un    ambasciato- 
re reso  obbedienza    alla   santa  Se- 
de, cosi  appena  il  cardinal  Borghe- 
se ricevette  le  credenziali  di  amba- 
sciatore straordinario,  e  rese  solen- 
ne   obbedienza    a    nome   di    Carlo 
VII,  fece  la    supplica  per    le    preci 
primarie,  e  Benedetto  XIV  benigna- 
mente con  bolla  le  accordò.  La  re- 
gina  Maria   Teresa  protestò  contro 
l'elezione  di  Carlo  VII,  aiutata  prin- 
cipalmente dagli   ungheresi,   riprese 
Passavia,    Lintz,  l'alta    Austria:   le 
di  lei   truppe   comandate    dal   con- 
te di   Kevenhuller  entrarono  poscia 
in  Baviera,  s'impadronirono  di  Brau- 
nau,  di    Landshut,  di    Monaco  ,  e 
posero    quasi   tutto    l'elettorato    in 
contribuzione.    Carlo    VII  costretto 
ad  evacuare    la  Boemia,  e  spoglia- 
to de'suoi  stati  ereditari^  fu  ridot- 
to ad  errare  per  la  Germania  ;  ri- 
parò alla  fine  in  Francfort  ove  con- 
vocò   una    dieta    per    rimediare    i 
suoi    affari,  e  tentò    pacificarsi  con 
l'Austria.   Una  diversione  effettuata 
in     Boemia  dal    re  di    Prussia,  gli 
porse  r  occasione    di  ricuperare    la 
lìaviera,  onde  Carlo  VII  rientrò  in 
INIonaco    nel    novembre    17445   "la 
rifinito  dai  dispiaceri   e  dalle  infer- 
mità,   mori  ai     20  gennaio     ^7^^, 
mentre  gli   austriaci  rientravano  in 
Baviera,  nel  cui  elettorato  gli  suc- 
cesse il  figlio  Massimiliano. 

Benedetto  XIV  venendo  in  co- 
gnizione che  ne'  trattati  per  la  pa- 
ce si    volevano  secolarizzare  alcuni 


GER 

■vescovati  tli  Germania,  ò  dai  più 
ricchi  si  dovessero  diminuirne  le 
rendite;  per  impedire  tali  nocevo- 
ìi  innovazioni  scrisse  ai  principi 
tedeschi  perchè  non  lo  permettes- 
sero, ed  esortò  i  vescovi ,  median- 
te la  costituzione  Ui  priinuni,  ad 
opporsi  virilmente  a  sì  pregiudizie- 
voli secolarizzazioni.  Rilletteva  il 
Pontefice,  che  se  alcuni  principi  te- 
deschi anche  cattolici  spacciavano 
che  i  vescovi  non  dovevano  essere 
nello  stesso  tempo  principi  sovra- 
ni, dovevano  sapere  che  nella  Ger- 
mania conveniva  grandemente  che 
i  vescovi  fossero  ricchi  e  potenti 
per  resistere  agli  eretici,  e  mante- 
nere quelli  che  dall'eresia  si  con- 
vertivanoi  e  perciò  il  Papa  invitò 
i  vescovi  a  chiudere  la  bocca  a 
coloro  che  in  tal  modo  parlavano, 
facendo  buon  uso  delle  rendite  con 
generose  limosine.  Ai  1 3  settem- 
bre 1 745  Francesco  I  marito  del- 
la regina  Maria  Teresa  avendo  sta- 
bilito il  suo  quartiere  generale  ad 
JEidelberga  fu  acclamato  imperato- 
re, fece  il  suo  ingresso  in  Frane- 
fort,  dove  venne  coronato  a'  4  ot- 
tobre. Intanto  la  guerra  continuò, 
e  soltanto  nel  1 74^5  la  pace  d'  A- 
quisgrana  assicurò  a  Maria  Teresa 
la  possessione  della  maggior  parte 
de' suoi  stati  ereditari.  I  talenti  di 
questa  pi-incipessa  la  mettevano  in 
istato  di  governare  da  sé  stessa  ; 
associò  nondimeno  il  suo  sposo  al- 
le cure  dell'amministrazione,  e  re- 
gnò sempre  tra  loro  il  piìi  gran- 
de accordo  per  far  fiorire  la  mo- 
narchia austriaca,  e  per  mantene- 
re la  influenza  della  loro  casa  nel- 
l'impero germanico.  I  risultamen- 
ti  della  gran  lotta  che  disputò  i 
diritti  a  Maria  Teresa  si  furono: 
che  la  Prussia  conquistò  una  gran 
parte  della    Slesia,  e  la  contea    di 

VOL.    XXIX, 


GER  177 

Glatz;  una  porzione  del  Milanese 
fu  ceduta  al  duca  di  Savoia  dive- 
nuto re  di  Sardegna  nella  guerra 
di  successione  alla  monarchia  di 
Spagna;  ed  i  ducati  di  Parma  e 
Piacenza  furono  ceduti  ad  un  in- 
fante di  Spagna.  Nel  lySS  insor- 
se ima  differenza  tra  l'impero,  e 
Benedetto  XIV,  il  quale  volendo 
elevare  al  cardinalato  monsignor 
Stoppani  già  nunzio  di  Vienna  ed 
alla  dieta  di  Francfort,  ed  allora 
presidente  di  Urbino,  il  cardinal 
Millini  ministro  in  Roma  dell'im- 
peratrice Maria  Teresa,  in  nome  di 
questa  lo  voleva  escluso  dal  sacro 
collegio ,  perchè  nella  detta  dieta 
per  l'elezione  dell'imperatore  avea 
promosse  le  parti  della  casa  di 
Baviera,  e  perciò  non  favori  quel- 
le di  Francesco  I  e  dell'Austria. 
Considerando  Benedetto  XLV  che 
non  conveniva  dare  ascollo  a  tali 
istanze,  per  non  dare  esempi  ad  al- 
tre corti  di  pretensione  onde  esclu- 
dere qualche  individuo  dal  colle- 
gio cardinalizio,  come  l'impero,  la 
Francia  e  la  Spagna  pretendevano 
darla  al  pontificato  nel  conclave; 
e  considerando  pure  che  monsignor 
Stoppani  avea  servito  la  santa  Se- 
de con  riputazione  ,  ed  aveva  a- 
gito  secondo  le  istruzioni  della  me- 
desima, lo  creò  cardinale. 

Maria  Teresa  si  occupò  di  can- 
cellare le  tracce  della  guerra,  con 
animare  l'agricoltura,  far  fiorire  il 
commercio,  le  arti,  le  scienze,  mas- 
sime la  militare,  mediante  accade- 
mie e  collegi  da  lei  istituiti.  Mi- 
nacciata di  poi  da  Federico  II  re 
di  Prussia,  Maria  Teresa  si  procu- 
rò r  appoggio  della  Francia  a  mez- 
zo del  principe  di  Raunitz  che  go- 
deva la  sua  intima  confidenza,  e  fe- 
ce entrare  ne'  suoi  progetti  le  cor- 
ti di  Russia,  di    Svezia  e    di  Sas- 


lyS  GER 

Sonia.  Alcuni  prosperi  successi  ono- 
rarono le  armi  imperiali ,  come  la 
vittoria  di  Rollin  riportata  dal  ge- 
neral Daun,  e  la  pace  di  Huberst- 
burg  de'  i6  febbraio  17G3  termi- 
nò la  guerra  dei  sette  anni.  Poco 
dopo  Giuseppe  II  figlio  primogenito 
degli  imperiali  coniugi,  nel  1764 
fu  acclamato  re  de'  romani  ;  men- 
tre nel  precedente  anno  Francesco 
I  avea  assicurato  il  gran  ducato  di 
Toscana  al  secondo  figlio  Pietro 
Leopoldo.  Nel  1765  Francesco  I 
morì  ad  Inspruck  con  riputazione 
di  principe  saggio,  illuminato  e  be- 
nefico. Altri  suoi  figli  nati  da  Maria 
Teresa  furono  Ferdinando  chiama- 
to dal  suo  matrimonio  con  Maria 
Beatrice  d'Este  alla  successione  del 
ducato  di  Modena;  Massimiliano 
gran  maestro  dell' ordine  teutonico, 
arcivescovo  di  Colonia  e  vescovo 
di  Munster;  Maria  Cristina  marita- 
ta al  principe  Alberto  di  Sassonia, 
governatrice  de'  Paesi  Bassi,  e  prov- 
■visla  co'suoi  discendenti  dell'appan- 
naggio del  principato  di  Teschen;  Ma- 
ria Amalia  maritata  al  duca  di  Par- 
ma; Maria  Carolina  maritata  al  re 
di  Napoli;  Maria  Antonietta  maritata 
a  Luigi  XVI  re  di  Francia,  e  che  fu 
partecipe  delle  sciagure  del  consor- 
te, come  narrammo  a  quell'  artico- 
lo. Maria  Teresa  pianse  teneramen- 
te Francesco  I,  prese  lutto  auste- 
ro che  più  non  depose,  fondando  un 
capitolo  di  canonichesse  ad  In- 
spruck, delle  quali  si  parlò  al  voi. 
VII^p.  23  I  del  Dizionario,  con  l'ob- 
bligo di  pregare  per  l'anima  del 
consorte.  A'  18  agosto  1765  Giusep- 
pe li  divenne  imperatore,  continuan- 
do ad  essere  imperatrice  regina 
Maria  Teresa  sino  alla  morte.  A 
questa  Clemente  XIII,  come  regina 
d' Ungheria,  confermò  il  titolo  di 
maestà  apostolica,  e  con  poco  frutto 


GER 
a  lei  si  rivolse  per  salvare  la  mi- 
nacciata benemerita  compagnia  di 
Gesù.  Celebrandosi  il  Conclave  (^f'^^- 
fli)  per  di  lui  morte,  Giuseppe  li 
e  il  fratello  Pietro  Leopoldo  l'ono- 
rarono di  loro  presenza:  per  questo 
conclave  ebbero  luogo  due  amba- 
sciatori straordinari,  uno  di  Giusep- 
pe II,  l'altro  di  Maria  Teresa,  di- 
stinti con  doni  dall'  eletto  Clemen- 
te XIV.  Quando  stava  per  iscop- 
piare  la  guerra  tra  questa  principes- 
sa, e  Caterina  li  imperatrice  di  Rus- 
sia che  brillava  su  quel  trono,  se- 
guì nel  1772  il  primo  partaggio 
della  Polonia  tra  quella  potenza, 
la  Prussia,  e  Maria  Teresa  cui  toc- 
cò la  Galizia,  la  Lodomiria,  la  cit- 
tà di  Zyps^  e  poscia  la  Bukowina, 
ed  il  quartiere  dell'  Inn.  La  succes- 
sione di  Baviera  vacata  per  mor- 
te di  Massimiliano,  ultimo  elettore 
del  ramo  cadetto  di  Wittelsbach,  fu 
causa  di   nuova   guerra. 

Toccava  la  successione  di  diritto 
all'  elettore  palatino,  come  capo  del 
ramo  primogenito,  ma  Giuseppe  II 
persuase  la  madre  ad  invadere  la 
Baviera ,  mentre  per  rappresaglia 
la  Prussia  occupò  la  Boemia:  ben 
presto  terminò  la  guerra  nel  1779 
colla  pace  di  Teschen,  in  cui  l'Au- 
stria rinunziò  alle  sue  pretensioni. 
Maria  Teresa  moiì  a' 29  novembre 
1780,  col  titolo  glorioso  di  madre 
della  patria.  Gli  successe  Giusep- 
pe II,  il  quale  subito  occupossi  di 
consolidare  il  possesso  de'suoi  im- 
mensi dominii,  stabilendovi  un  si- 
stema di  amministrazione  regolare 
ed  uniforme.  Continuò  a  vivere 
fiugalmente,  e  senza  fasto  sovrano, 
col  quale  privato  sistema  avea  fat- 
to diversi  lunghi  viaggi,  per  acqui- 
stare cognizioni,  sino  nelle  più  ri- 
mote regioni ,  nell'intendimento  di 
farne    uso    in    vantaggio    de'popoli 


GER 
affidati  a  lui  dalla  provvidenza. 
Protesse  le  arti,  le  scienze,  il  com- 
mercio, ed  amò  le  milizie  con  le 
quali  visse  domesticamente,  ed  eb- 
be per  loro  la  più  tenera  solle- 
citudine. Troppo  però  fu  traspor- 
tato nello  spirito  di  riforma,  e  dis- 
graziatamente volle  semplicizzare 
ne' suoi  stati  la  cattolica  religione, 
ed  organizzare  il  sistema  del  cle- 
ro e  dei  claustrali  con  pregiudi- 
zievoli novità.  Vietò  primamente 
ai  religiosi  di  ubbidire  ai  loro  sii- 
peiiori  ,  soppresse  molti  conven- 
ti e  monisteri,  proibì  ad  altri  ri- 
cevere novizi,  e  di  altri  s'impa- 
dronì delle  rendite.  Ordinò  al  cle- 
ro di  dargli  un  catasto  de'suoi  be- 
ni; e  non  permise  più  cbe  si  ri- 
corresse al  Papa  per  le  dispense 
matrimoniali.  Prescrisse  ì\  placet 
imperiale  per  tutte  le  bolle,  brevi 
e  rescritti  provenienti  da  Roma, 
e  dalla  santa  Sede.  Vietò  ai  ve- 
scovi di  conferire  gli  ordini,  e  con 
un  seguito  perenne  di  regolamenti 
che  cambiavano  tutti  gli  antichi 
usi  praticati  dalla  Chiesa,  e  rove- 
sciavano la  sua  disciplina,  si  fece 
riformatore  eziandio  de' più  piccoli 
oggetti.  Soppresse  le  confraternite 
e  pie  congregazioni ,  abolì  le  di- 
vote processioni  di  religione,  pre- 
scrisse l'ordine  dei  divini  uffizi, 
regolò  le  sacre  cerimonie ,  il  nu- 
mero delle  messe,  la  maniera  del- 
le benedizioni ,  e  fino  la  quantità 
di  cerei ,  che  dovevano  ardere  nei 
medesimi  uffizi  divini,  per  le  qua- 
li minuzie  il  filosofo  Federico  II 
re  di  Prussia  j  lo  chiamava  mio 
fratello  il  sagrestano.  Questi  e 
molti  altri  decreti  eccitarono  lo 
zelo  di  parecchi  vescovi  ,  ma  le 
loro  rimostranze  non  furono  attese. 
Fra  gli  altri  il  cardinal  Bathyan 
primate  d'  Ungheria,  dimostrò  al- 


GER  179 

l'imperatore  quanto  i  suoi  decreti 
eccedessero  il  potere  dell'autorità 
civile,  massime  quello  de'  4  mag- 
gio 1781,  in  cui  a  favore  dei  gian- 
senisti s'  ordinava  un  assoluto  si- 
lenzio sulla  bolla  Vnigenitus  di 
Clemente  XI,  contro  la  quale  pe- 
rò seguitavano  a  scrivere  i  teologi 
della  corte,  ed  in  favore  dell'  ap- 
pello. Quell'intrepido  cardinale  fe- 
ce osservare  che  la  bolla  di  Cle- 
mente XI  era  un  giudizio  della 
Chiesa  universale,  com'erasi  dimo- 
strato dal  concilio  romano  nel 
1725  ;  dall'enciclica  di  Benedetto 
XIV  nel  1756,  e  dagli  atti  del 
clero  di  Francia  nel  1765.  Nulla 
potè  fermare  il  corso  delle  inno- 
vazioni religiose  di  Giuseppe  II, 
tanto  opposte  all'  antica  disciplina 
ecclesiastica ,  né  le  diverse  lettere 
amorevoli  del  Pontefice  Pio  VI, 
poterono  persuadere  V  imperatore 
a  cangiare  consiglio,  ed  ascoltar 
quello  del  padre  comune  de'  fe- 
deli. 

Per  dovere  del  suo  apostolico 
ministero,  stimò  Pio  VI  che  la  sua 
presenza  e  le  sue  parole  potessero 
avere  maggior  efficacia  presso  l'au- 
gusto, onde  risolvette  di  portarsi  a 
Vienna.  Partecipò  il  suo  divisa- 
mento  ai  cardinali  Albani  e  Ger- 
dil,  e  siccome  uno  di  essi  gli  ri- 
spose che  avrebbe  dovuto  molto 
combattere,  soggiunse  il  zelante  Pa- 
pa, combatteremo,  ma  colle  armi 
della  dolcezza  e  della  cristiana  ca- 
rità. Quindi  Pio  VI  avvisò  l'im- 
peratore con  lettera  de' 9  febbraio 
i78'2  della  prossima  partenza  per 
la  di  lui  capitale,  senza  indicargli 
i  molivi  del  viaggio.  Li  previde 
Giuseppe  II  dicendogli  nella  rispo- 
sta che  il  partito  da  lui  preso  nel- 
le riforme  religiose  era  irrevocabi- 
le, né  mai    avrebbe  ceduto.    A'  37 


i8o  GER 

febbraio  Pio  VI  partì  alla  volta  di 
Vienna  {J^cd'),  o  giunto  a  Ferra- 
ra ricevette  dall'imperatore  1'  av- 
viso che  l'avrebbe  alloggiato  nel 
palazzo  imperiale,  mentre  il  Papa 
divisava  abitare  in  quello  della  nun- 
ziatura. A'  i4  marzo  Pio  VI  arri- 
vò a  Gorizia  dove  il  conte  di  Co- 
bentzel  vicecancelliere  di  corte  lo 
complimentò  in  nome  dell'  impera- 
tore. A  Lubiana  ebbe  gli  omaggi 
dell'arciduchessa  Marianna  d' Au- 
stria, proveniente  colle  sue  dame 
da  Clangenfurt.  A' 2 2  marzo  due 
leghe  da  Neustadt  Giuseppe  II  col 
fratello  INIassimiliano  si  presentaro- 
no alla  carrozza  di  Pio  VI,  che  fu 
dall'  imperatore  aiutato  a  discen- 
derne dopo  aperto  da  lui  lo  spor- 
tello. Dopo  gli  scambievoli  atti  di 
cordialità,  Pio  VI  ascese  nella  car- 
rozza di  Giuseppe  II,  ed  insieme 
entrarono  in  Vienna ,  ove  venne 
trattalo  splendidamente  in  tutto  il 
tempo  che  vi  restò,  essendo  allora 
nunzio  apostolico  il  celebre  mon- 
signor Garampi.  Quindi  ebbero 
luogo  tra  il  Papa  e  l'imperatore 
soltanto  lunghi  e  continui  congres- 
si, mentre  tutta  l'Europa  teneva 
verso  di  loro  rivolta  la  sua  atten- 
7Ìone,  Intanto  le  riforme  ecclesia- 
stiche non  vennero  né  sospese  né 
modificate,  anzi  l'imperatore  mi- 
nacciò quelli  che  non  aveano  pub- 
blicato i  suoi  ordini  sulla  tolle- 
ranza dei  diversi  culti  religiosi  , 
tra'  quali  il  vescovo  di  Gorizia,  il 
conte  d'Elding,  e  l'intendente  del- 
la provincia  di  Carniola.  Dall'altro 
canto  Pio  VI,  sempre  costante  nel- 
la difesa  dei  diritti  della  santa  Se- 
de, in  Vienna  stessa  scrisse  un  bre- 
ve con  cui  pieno  di  apostolica  fer- 
mezza ripi'ese  un  vescovo  di  Mo- 
ravia perchè  avea  lasciato  uscire 
da  due  monasteri  le  monache,  che 


GER 
si  videro  erranti  cercando  ricove- 
ro, e  perchè  assolvette  i  religiosi 
massime  i  certosini  dall'osservanza 
di  loro  regola.  Del  risultato  sull'o- 
perato di  Pio  VI  a  Vienna,  poco 
se  ne  seppe:  certo  è  che  il  giura- 
mento prescritto  ai  vescovi  fu  sop- 
presso; permise  ancora  l'imperato- 
re, che  si  potesse  ricorrere  alla 
santa  Sede  nelle  dispense  matrimo- 
niali in  primo  e  secondo  grado;  il 
Papa  accordò  ai  vescovi  la  facoltà 
per  le  dispense  matrimoniali  iu 
terzo  e  quarto  grado,  ed  ancora 
in  parentela  più  prossima,  previo 
l'assenso  pontificio;  alcune  modifi- 
cazioni riguardo  ai  monasteri  di 
ambo  i  sessi,  e  sulla  tolleranza  del- 
le diverse  religioni  ;  soppressi  al- 
cuni monasteri  e  conventi  religiosi, 
furono  l'ispettati  però  i  loro  ordi- 
ni e  congregazioni  ;  1'  imperatore 
spiegando  il  suo  decreto  sulla  bol- 
la Unigeìiì'tus  vietò  disputarne  pub- 
blicamente, e  permise  ai  professori 
darne  nelle  scuole  una  conoscenza 
istorica;  il  medesimo  dichiarò  che 
il  placet  imperiale  non  si  estende- 
rebbe sulle  bolle  in  materia  dom- 
matica;  protestò  che  il  piano  adot- 
tato per  la  censura  de' libri,  non 
impediva  ai  vescovi  di  fare  le  loro 
rappresentanze  sopra  quelli  che 
avessero  riputati  nocivi.  Questi  fu- 
rono i  principali  punti  ove  Giu- 
seppe II  rallentò  la  sua  rigidezza, 
tenendolo  saldo  il  principe Kaunitz 
gran  cancelliere,  contro  le  zelanti 
sollecitudini  del  capo  della  Chiesa  : 
Pio  VI  in  una  parola  si  chiamò 
contento  del  suo  viaggio.  Prima 
di  partire  da  Vienna  ricevette  dal- 
l'imperatore  una  superba  carrozza 
da  viaggio,  ima  ricca  croce  di  bril- 
lanti, ed  un  pastorale  con  molte 
gioie  di  finissimo  lavoro  ,  i  quali 
doni  furono   sliraati    trecento    ciu- 


GER 
quantamila  fiorini.  Inoltre  l'impe- 
ratore fece  nobili  doni  ai  famiglia- 
ri del  Pontefice,  il  quale  fece  al- 
trettanto con  la  corte  imperiale. 
A'  23  aprile  Pio  VI  partì  da  Vien- 
na, seguito  da  monsignor  Garam- 
pi,  ed  in  carrozza  coli' imperatore, 
lasciandosi  entrambi  con  recipro- 
che dimostrazioni  di  rispetto  ed 
affetto  nella  strada  di  Baviera  al 
santuario  di  s.  Maria  Brunn.  Indi 
Pio  VI  passò  a  pernottare  nell'ab- 
bazia de' benedettini  di  Melck  po- 
co dopo  soppressa,  e  per  Lintz, 
Hag,  Monaco,  Augusta,  Inspruck  e 
Bressanone  usci  dai  dominii  au- 
striaci. 

Tornato  Pio  VI  in  Roma  l'im- 
peratore die  luogo  Q  nuovi  prov- 
vedimenti; egli  con  un  editto  si 
arrogò  la  nomina  dei  vescovi  di 
Lombardia  che  spettava  al  Papa 
da  tempo  immemorabile;  e  Pio 
VI  fu  condiscendente  in  cederla. 
Di  propria  autorità  Giuseppe  II 
formò  un  regolamento  sui  vesco- 
vati, aboh  i  seminari  diocesani  so- 
stituendovi dei  generali  in  cinque 
o  sei  città  solamente;  pubblicò  un 
decreto  per  togliere  alla  Chiesa  le 
sagre  immagini  ;  soppresse  gì'  im- 
pedimenti derimenti  de'  matrimoni, 
ne  formò  in  vece  de'nuovi,  e  per- 
mise il  divorzio  in  molti  casi.  In- 
tanto Eybel,  uno  de'  più  ardenti 
fautori  delle  riforme  imperiali,  nel 
1782  pubblicò  in  Vienna  un  li- 
bro intitolato:  Quid  est  Papa? 
il  quale  munito  del  sigillo  impe- 
riale si  sparse  con  profusione  tra- 
dotto in  piìi  lingue.  Per  lo  spirito 
velenoso  che  conteneva,  si  pretende- 
va che  il  Papa  non  avesse  altro 
diritto  che  di  avvertire  ed  esor- 
tare, così  i  vescovi  che  faceva  e- 
guali  nell'autorità.  Dipoi  Pio  VI 
con  decreto  de' 28  novembre  1786 


GER  i8i 

condannò  il  libro,  come  conteoen- 
te  proposizioni  ingiuriose,  false,  te- 
merarie, scismatiche,  erronee  ed  e- 
retiche,  già  condannate  dalla  Chie- 
sa. L'imperatore  persuaso  che  il 
pontificio  decreto  comparirebbe  nei 
suoi  dominii  de' Paesi  Bassi,  ne  or- 
dinò la  soppressione;  e  perchè  il 
nunzio  di  Brusselles  monsignor  Zon- 
dadari,  e  l'arcivescovo  di  Malines 
cardinale  Franckenberg  erano  ac- 
cusati di  aver  contribuito  a  farlo 
conoscere  nelle  Fiandre,  ordinò  al 
primo  di  partir  subito  da'  suoi  sta- 
ti, ed  al  secondo  di  portarsi  a 
Vienna  per  render  conto  di  sua 
condotta.  Mentre  Pio  VI  nel  1783 
attendeva  in  R.oma  Gustavo  III  re 
di  Svezia,  giunse  all'  improvviso 
l'imperatore  Giuseppe  II,  che  viag- 
giava al  solito  incognito,  il  quale 
dopo  aver  preso  breve  riposo  dal 
suo  ministro  cardinal  Herzan ,  si 
presentò  con  grata  sorpresa  al  Pon- 
tefice; e  poscia  col  re  di  Svezia  si 
trovò  presente  alle  funzioni  del 
santo  Natale.  Dopo  il  trattenimen- 
to in  Roma  di  sette  giorni,  l'im- 
peratore si  recò  a  Napoli,  e  ritor- 
nato che  fu  in  R.oraa,  a'  i4  feb- 
braio 1784  sottoscrisse  il  concor- 
dato col  quale  il  Papa  cedette  iu 
perpetuo  all'  imperatore  e  succes- 
sori il  diritto  alle  nomine  dei  ve- 
scovati ed  altri  benefizi  ecclesiasti- 
ci in  Lombardia,  come  duca  di  Mi- 
lano e  di  Mantova. 

Nel  1785  Pio  VI  cedendo  alle 
istanze  del  duca  Teodoro  palatino 
elettore  di  Baviera,  stabilì  nella 
capitale  Monaco  la  nunziatura  apo- 
stolica, la  quale  fu  subito  contesta- 
ta dagli  elettori  di  Magonza  e  di 
Colonia,  e  da  altri  prelati  protetti 
dall' imperatore,  il  quale  dimostran- 
dosi disgustato,  fece  sapere  al  nun- 
zio di  Vienna  monsignor  Caprara, 


i8a  GER 

che  risparmiasse  la  consueta  spesa 
pel  formale  suo  ingresso,  come  per 
l'avvenire  veaiva  dispensato  assiste- 
re alle  funzioni  sacre  della  corte, 
per  le  quali  era  stato  destinato 
farne  le  veci  il  parroco  dell'aulica 
chiesa  degli  agostiniani  scalzi.  Nel- 
lo stesso  tempo  si  accrebbe  il  ma- 
le umore  negli  elettori  ecclesiastici 
per  la  circolare  del  nunzio  di  Co- 
lonia sugi'  indulti  quinquennali,  di 
che  parlammo,  come  della  contra- 
stata nunziatura^  ai  relativi  artico- 
li, e  venne  celebrato  il  congresso 
o  conciliabolo  à'Etns  [Fedi),  pae- 
se non  della  casa  d'Altemps,  come 
scrivemmo  sull'autorità  altrui,  dap- 
poiché gli  Altemps  furono  signori 
dell'altro  Ems  nel  Vorarlberg,  pres- 
so il  lago  di  Costanza.  P^edi  l'opu- 
scolo intitolato:  VérUahle  état  dii 
dijférent  éicve  entre  le  nonce  apo- 
sbolique,  eL  les  trois  électeurs  ecclé- 
siasliques,  DusseldorfF  1787. 

Questa  riprovevole  adunanza 
fu  riguardata  da'  buoni  vescovi  e 
clero  di  Germania,  opposta  a  tut- 
te le  leggi  canoniche.  Pel  nuo- 
vo sistema  poi  di  ecclesiastica  di- 
sciplina, introdotto  anche  nel  Bel- 
gio da  Giuseppe  II,  nacquero  del- 
le insurrezioni  ,  per  cui  l' impera- 
tore s'irritò  col  nunzio  di  Brussel- 
les,  e  coi  vescovi.  Tali  turbolenze 
si  aumentarono  nel  1789,  veden- 
dosi i  popoli  de'  Paesi  Bassi  au- 
striaci privati  delle  loro  antiche 
prerogative,  spogliate  e  soppresse  le 
più  illustri  e  ricche  comunità  clau- 
strali ed  abbazie,  annichilita  la  be- 
nemerita società  degli  scrittori  bol- 
landisti  d' Anversa,  donde  si  erano 
fatti  trasportare  a  Vienna  tutti  i 
vasti  e  preziosi  materiali,  che  ser- 
vivano alla  continuazione  della  lo- 
ro immortale  opera  delle  vite  dei 
santi,  ed  inoltre   esposta  alla  pub- 


GER 

blìca  vendita  la  rinomata  biblio- 
teca di  Brusselles.  col  suo  impor- 
tante museo.  L'  imperatore  venne 
dichiarato  dai  brabanzoni  decaduto 
dai  suoi  sovrani  diritti,  e  privato 
degli  stali  delle  Fiandre  per  la  sol- 
levazione di  quelle  provincie.  Al- 
lora Giuseppe  li  si  rivolse  ad  im- 
plorare la  mediazione  di  Pio  VI, 
mentre  sino  allora  era  rimasto 
sordo  ai  replicati  suoi  paterni  in- 
viti  di  desistere  dalle  riforme  re- 
ligiose. L'  interposizione  del  Papa 
e  le  promesse  dell'imperatore  nou 
produssero  ne'  fiamminghi  il  de- 
siderato fine,  poiché  essi  già  ave- 
vano gustato  il  frutto  della  liber- 
tà, che  tanto  allora  ad  esempio 
della  Francia  fatalmente  si  dira- 
mava in  molte  nazioni.  Intanto 
Giuseppe  II  per  una  tosse  mal  cu- 
rata, e  pegli  strapazzi  e  disagi  sof- 
ferti al  campo  di  Bonnato,  mori  di 
consunzione  di  viscere  a'  20  feb- 
braio 1790.  Pio  VI  gli  celebrò  le 
solite  esequie  nella  cappella  pon- 
tificia, nelle  quali  monsignor  An- 
nibale della  Genga,  poi  Leone  XII, 
pronunziò  una  dotta  orazione  che 
fu  pubblicata  colle  stampe  in  R.o- 
ma,  In  funere  Josephi  II,  ec.  :  l'il- 
lusti'e  e  sagace  prelato,  animato 
da  queir  amore  costante  della  ve- 
rità, che  dev'  essere  1'  unico  scopo 
d'uno  storico,  nulla  detraendo  alle 
lodi  dovute  al  suo  eroe,  non  ne 
dissimulò  i  difetti,  aggiungendo  con 
ciò  maggior  fede  ai  meritati  elogi 
che  gli  comparti. 

Gli  successe  Leopoldo  II  Pietro 
Giuseppe  suo  fratello,  e  fu  deno- 
minato il  Pacifico.  Nel  1765  eia 
divenuto  granduca  di  Toscana,  spo- 
sò Maria  Luisa  di  Borbone  in- 
fante di  Spagna  ,  ed  a'  g  ottobre 
1790  ottenne  la  corona  imperiale. 
Tosto    che    fu    arrivato    nella   sua 


GER 

capitale  Vienna,  listabiri  con  mo- 
dificazioni la  forma  di  governo  che 
sussisteva  al  tempo  di  Maria  Te- 
resa ;  gli  ostacoli  che  vigevano  sul 
commercio  furono  levati,  ma  l' e- 
ditto  di  tolleranza  fu  conservato 
ed  anche  esteso,  ed  i  regolamenti 
ch'erano  slati  fatti  in  favore  degli 
ebrei  furono  perfezionati.  Colla  mor- 
te di  Giuseppe  li  niuna  lusinga 
concepì  Pio  VI  di  veder  cambiate 
nella  Germania  le  cagioni  che  tan- 
te amarezze  avevano  prodotte  nel 
suo  animo,  fino  a  spingerlo  ad  in- 
traprendere un  viaggio  disastroso 
alla  corte  di  Vienna ,  per  mettere 
riparo  alle  riforme  che  quell'im- 
peratore andava  operando  di  pro- 
pria autorità  nelle  materie  eccle- 
siastiche. Leopoldo  II  troppo  avea 
manifestato  nel  tempo  del  suo  go- 
verno della  Toscana  ,  di  essere  u- 
niforme  ai  sentimenti  dell'augusto 
suo  fratello,  col  quale  si  univa  in- 
teramente nelle  vertenze  col  Pon- 
tefice. Ma  troppo  più  lo  manifestò 
quando  per  la  sua  assunzione  al 
trono  imperiale,  benché  avesse  sa- 
puto il  pentimento  di  suo  fratello 
avanti  la  famiglia  imperiale  pale- 
salo nel  punto  di  sua  morte,  egli 
tuttavia  nel  giurare  in  Francfort 
la  costituzione  che  dal  collegio  de- 
gli elettori  gli  fu  presentala  pri- 
ma di  sua  coronazione,  non  volle 
unilormarsi  al  concordato  germa- 
nico di  Nicolò  V  e  Federico  111, 
che  anzi  deliberò  sul  punto  delle 
nunziature  si  dovesse  osservare  il 
decreto  di  Giuseppe  II  de' 4  ago- 
sto I  788;  e  dichiarò  che  per  l'av- 
venire il  diritto  di  conferire  i  be- 
nefizi ecclesiastici  nella  Gerjnania, 
spettar  dovesse  ai  soli  arcivescovi, 
vescovi,  capitoli,  ec.  esclusa  la  san- 
ta Sede,  alla  quale  vietò  ogni  ri- 
corso ed    appellazione  nelle    cause 


GER  i83 

ecclesiastiche.  Monsignor  Caprara 
che  in  qualità  di  nunzio  straordi- 
nario si  trovava  in  Francfort  pre- 
sente al  dello  giuramento,  fece  u- 
na  formale  protesta,  non  solo  per 
ciò  che  si  era  aggiunto  in  riguar- 
do ai  diritti  della  Sede  apostolica 
in  generale,  ma  ancora  in  ispecia- 
lità  contro  tutto  quello  che  ap- 
parteneva alle  materie  benefiziarle, 
e  le  appellazioni  nelle  cause  eccle- 
siastiche. Ma  né  la  protesta  del 
nunzio,  né  le  doglianze  di  Pio  VI 
avanzate  con  una  lettera  di  pro- 
prio pugno  all'imperatore,  produs- 
sero verun  cambiamento  sulle  cose 
predette,  né  moderata  fu  mai  in  al- 
cuna parte  la  costituzione  dell'im- 
peratore nella  forma  da  lui  giurata. 
Leopoldo  II  a  mezzo  del  prin- 
cipe Coburgo  l'iporlò  alcuni  van- 
taggi sui  turchi,  acconsenti  di  re- 
stituire ai  Paesi  Bassi  l'antica  loro 
costituzione ,  sotto  la  guarentigia 
clelle  potenze  alleate  ;  poscia  sot- 
toscrisse il  trattato  di  Sistove  a'  4 
agosto  1791,  e  a' 3  novembre  ven- 
ne coronalo  in  Presburgo  re  d'Un- 
gheria, cerimonia  .che  pei  succes- 
sori prescrisse  con  legge  doversi  ef- 
fettuare sei  mesi  dopo  la  loro  as- 
sunzione al  trono.  Indi  dovette  oc- 
cuparsi della  terribile  rivoluzione 
di  Francia,  ove  la  sua  sorella  Ma- 
ria Antonietta  moglie  di  Luigi 
XVI,  era  esposta  ad  ogni  sorte  di 
oltraggi.  La  sua  qualità  d'impera- 
tore gì'  imponeva  l'  obbligo  di  so- 
stenere i  diritti  di  que'principi  del- 
l' impero,  eh'  erano  lesi  dai  de- 
creti dell'  assemblea  nazionale  di 
Francia,  alla  quale  già  avea  falle 
le  sue  rimostranze  Giuseppe  II.  Il 
collegio  elettorale  pregò  allora  Giu- 
seppe II  di  fare  nuovi  passi,  onde 
r  assemblea  invitò  Luigi  XVI  a 
negoziare  coi    principi    proprieta)ii 


i84  GER 

una  rinunzia  ai  loro  diritti  me- 
diante un  compenso;  ma  essi  di- 
chiararono ^  che  uou  accetterebbero 
in  risarcimento  che  beni  territoriah. 
Non  combinandosi  le  cose,  i  prin- 
cipi dell'impero  invitarono  l'impe- 
ratore a  provvedervi,  e  reclamaro- 
no l'intervento  delle  potenze  mal- 
levadrici  del  trattato  di  Westfalia; 
ebbero  luogo  diversi  trattati  sul- 
l'Alsazia, che  pei  successivi  avve- 
nimenti non  ebbero  esecuzione.  Leo- 
poldo II  si  abboccò  in  Mantova 
col  conte  di  Artois  fratello  di  Lui- 
gi XVI  per  la  delibeiazioue  di 
questo,  per  il  che  si  fecero  vari 
progetti.  Lo  stato  deplorabile  in 
cui  la  famiglia  reale  di  Francia 
si  vide  ridotta  dopo  il  malaugu- 
rato viaggio  di  Varennes,  indusse 
l'imperatore  a  pubblicare  una  di- 
chiarazione, con  la  quale  invitò  le 
altre  potenze  a  protestare  che  si 
sarebbero  unite  per  vendicare  qua- 
lunque ingiuria  le  potesse  venir 
fatta,  e  per  punire  una  ribellione 
di  cui  r  esempio  metteva  in  com- 
promesso la  sicurezza  di  tutti  i  go- 
verni; e  poscia  sottoscrisse  una  va- 
ga dichiarazione  per  la  restaura- 
zione dell'autorità  del  re  in  Fran- 
cia, che  servì  di  pretesto  alle  invet- 
tive de' nemici  di  Luigi  XVI.  In- 
tanto benché  l'imperatore  pel  pri- 
mo avesse  accolto  ne'suoi  porti  la 
bandiera  tricolore,  1'  assemblea  le- 
gislativa tonava  minacce  contro 
l'impero,  che  finì  con  intimargli 
la  guerra.  Indi  Leopoldo  II  si  col- 
legò con  la  Prussia,  e  moiì  a'  2 
marzo  1792,  lasciando  quattordici 
figli,  quattro  femmine,  e  dieci  ma- 
schi, i  quali  sono  Francesco  il, 
Ferdinando  III  granduca  di  To- 
scana, Leopoldo,  Giuseppe  palatino, 
Carlo,  Giovanni,  Antonio,  Pianieri 
viceré  del    regno  lombardo  •  veue- 


GER 

lo,  Luigi,  e  Rodolfo  cardinale.  Gli 
successe  Francesco  II,  educato  sot- 
to lo  zio  Giuseppe  II,  ed  i  regni 
di  questi  e  del  genitore  fertili  di 
avvenimenti  gli  servirono  di  am- 
maestramento, onde  poscia  saggia- 
mente se  ne  giovò.  Inclinato  alla 
pace  ed  alle  antiche  istituzioni  del- 
la monarchia,  dovette  regnare  in 
guerra  per  molti  anni ,  ed  attor- 
niato da  innovazioni,  da  torbidi, 
e  da  rivoluzioni.  Pianse  teneramen- 
te la  morte  di  Giuseppe  II  che 
amava,  quantunque  approvar  non 
potesse  il  suo  sistema  di  governo, 
e  dopo  quella  del  padre  dichiarò 
che  ne  avrebbe  seguita  la  politica; 
fu  coronato  re  d'Ungheria  il  6  giu- 
gno, e  re  di  Boemia  il  5  agosto, 
essendo  stato  eletto  re  de'  romani 
il  7  del  precedente  luglio,  ed  ai 
i4  coronato. 

Incominciata  la  guerra  colla 
Francia,  lutto  il  peso  de'suoi  eser- 
citi piombò  sull'Austria,  allora  Fran- 
cesco II  ciò  consigli  del  vecchio 
principe  di  Kaunitz,  l'oracolo  del 
gabinetto  di  Vienna,  si  determinò 
di  fare  i  maggiori  sforzi  per  so- 
stenere la  terribile  e  lunga  lotta, 
nominando  generalissimo  il  princi- 
pe di  Sassonia- Coburgo.  Si  fecero 
alcune  conquiste,  quando  decapita- 
to l'infelice  Luigi  XVI  ,  la  regina 
IMaria  Antonietta,  e  madama  Elisa- 
betta sorella  di  detto  re,  tutta  la 
Francia  spinta  dalla  disperazione 
era  divenuta  invincibile  ,  mentre 
Thugut  successe  a  Kaunitz  nel  con- 
siglio dell'imperatore.  In  compagnia 
di  esso  Francesco  li  si  portò  nei 
Paesi  Bassi,  e  fu  coronato  in  Brus- 
selles  duca  del  Brabante;  ma  ben 
presto  dovè  abbandonarli.  Nel  i  795 
la  Prussia  si  ritirò  dall'  alleanza, 
e  concluse  a  Basilea  la  pace  con 
la  repubblica    francese:  la  Spagua, 


GER 

alcuni  siali  d'Italia  e  d'Aleraagna 
ne  seguirono  l'esempio,  onde  l'Au- 
stria si  trovò  sola  sul  campo  di 
battaglia  ;  tuttavia  i  suoi  eserciti 
sotto  gli  ordini  di  Clerfayl  e  del- 
l'arciduca Callo,  conseguirono  rag- 
guardevoli vantaggi,  ed  il  secondo 
fu  proclamato  il  salvatore  della 
Gerniania,  In  detto  anno  1795 
fu  aggiunta  alla  monarchia  au- 
striaca la  Galizia  occidentale,  in 
forza  della  seconda  divisione  della 
Polonia.  Nel  1796  comparve  il 
generale  Bonaparte  che  pose  in 
fuga  l'esercito  austriaco,  lo  separò 
dagli  alleati  piemontesi^  e  lo  scac- 
ciò dalla  Lombardia;  prese  la  for- 
tezza di  Mantova,  e  s'innoltrò  sot- 
to le  mura  di  Vienna.  Per  il  trat- 
talo di  Campo  Formio  de' 17  ot- 
tobre 1797,  l'Austria  rilasciò  il 
Belgio,  e  la  Lombardia,  cioè  tutti 
i  suoi  antichi  possessi  dell'  Italia, 
ricevendone  in  compenso  l'Istria, 
la  Dalmazia,  le  Bocche  di  Cattaro, 
le  isole  veneziane ,  e  Venezia  con 
quasi  tutto  lo  stato  veneto;  cede 
ancora  alla  Francia  la  fortezza  di 
Magonza,  baluardo  della  Germania. 
Coi  sussidii  dell'Inghilterra ,  e  gio- 
vandosi de'movi  menti  della  Piussia, 
l'Austria  ricuperò  tutti  i  suoi  sta- 
ti d'Italia;  ma  la  Russia  accorgen- 
dosi che  il  ristabilimento  della  mo- 
narchia francese  non  era  lo  scopo 
della  corte  di  Vienna,  si  ritirò  dal- 
l'alleanza, e  di  nuovo  l'Austria 
Irovossi  sola  contro  la  possanza  re- 
pubblicana. I  repubblicani  france- 
si avendo  occupato  tutto  lo  stato 
pontificio,  detronizzarono  nel  1798 
Pio  VI,  che  mori  loro  prigioniero 
in  Valenza  nell'agosto  del  seguen- 
te anno.  L'imperatore  oHn  ai  car- 
dinali la  città  di  Venezia  per  Te- 
lezione  del  successore,  onde  riuni- 
tosi ivi  in  conclave  il    sacro  coUe- 


GER  i85 

gio,  nel  monislero  de'  cassi  nesi  di 
s.  Giorgio  Maggiore  a'  i4  marzo 
1800  esaltò  al  pontificato  l'immor- 
tale Pio  VII.  La  vittoria  di  Ma- 
rengo riportata  da  Bonaparte  su 
IMelas  ,  costrinse  gli  austriaci  ad 
abbandonar  l'Italia;  e  la  marcia  di 
Moreau  sopra  Vienna  produsse  ai 
3  febbraio  1801  il  trattato  di  Lu- 
neville,  che  garanti  un  qualche  an- 
no di  riposo  al  pacifico  Francesco 
lì,  tranne  la  terza  guerra  che  du- 
rò tre  mesi,  fatta  da  Napoleone, 
insieme  con  Alessandro  I  impera- 
tore di  Russia  contro  l'Austria,  in 
cui  fu  presa  Vienna  a'i5  novem- 
bre, ed  ebbe  fine  con  la  pace  di 
Presburgo.  Per  questo  trattato  di 
Luneville  l'Austria  abbandonò  pa- 
recchie contrade  della  sinistra  riva 
del  Reno;  le  frontiere  della  nuo- 
va repubblica  Cisalpina  furono  am- 
pliale ;  l'  antica  costituzione  del- 
l'impero germanico  rovesciata,  ed 
i  duchi  di  Modena  e  di  Toscana, 
arciduchi  d'  Austria,  costretti  a  ri- 
nunziare ai  loro  stati.  Quasi  tutti 
gli  stati  ecclesiastici  alla  destra 
del  Reno  vennero  secolarizzati,  e 
furono  soppresse  tutte  le  città  im- 
periali ad  eccezione  di  sei,  cioè 
Amburgo,  Lubecca,  Brema,  Franc- 
fort  sul  Meno,  Augusta,  e  Norim- 
berga. Quei  paesi  accordaronsi  co- 
me indennizzazione  ai  principi  se- 
colari che  avevano  perduto  delle 
Provincie  alla  sinistra  riva  del  P».e« 
no.  Gli  elettori  di  Treveri  e  Co- 
lonia vennero  pure  soppressi,  e  ne 
furono  creati  quattro  nuovi,  quel- 
li cioè  di  Salisburgo,  VViirtemberg, 
Baden ,  e  Assia-  Cassel.  Ma  dello 
slato  infelice  della  chiesa  di  Ger- 
mania per  tali  indeiinizzazioni,  ed 
altro  che  riguarda  la  pace  di  Lu- 
neville e  gli  aflàri  ecclesiastici,  lo 
a  udiamo  a  narrare. 


i86  GER 

L'  iiiliero  ediflzio  della  Chiesa 
germanica,  ed  il  clero  già  s\  pos- 
sente e  ricca  spogliato  de'suoi  pos- 
sedimenti e  dell'autorità  sovrana, 
cangiò  alfalto  di  condizione,  con 
grave  detrimento  della  cristiana  re- 
ligione. L'articolo  VII  del  suddet- 
to trattato  avendo  stabilito  che  i 
principi  ereditari,  i  quali  o  in  tut- 
to o  in  parte  avessero  perduto  i 
loro  stati  per  la  cessione  fatta  alla 
repubblica  francese  de'  paesi  posti 
sulla  sponda  sinistra  del  Reno,  sa- 
rebbero indennizzati  con  altri  ter- 
ritorii  presi  nel  seno  dell'impero, 
per  cui  tale  indennizzazione  in  con- 
formità delle  decisioni  del  pre- 
cedente congresso  di  R.astadt,  non 
in  altro  modo  potè  effettuarsi 
che  colle  memorate  secolarizzazio- 
ni. L'esecuzione  di  questo  articolo 
avea  fatto  nascere  le  più  forti  ri- 
mostranze dal  canto  dei  principi 
ecclesiastici,  a  spese  de' quali  i  prin- 
cipi ereditari  si  dovevano  compen- 
sare delle  perdite  sofferte.  Già  era- 
si udito  il  voto  di  Spira  nella  die- 
ta di  Francfort,  che  fondava  per 
principio  essere  i  diritti  de' princi- 
pi ecclesiastici  tanto  sacri  quanto  lo 
sono  quelli  de'  principi  secolari,  e 
che  perciò  i  sagrifizi  per  indenniz- 
zarli dovevano  cadere  indistinta- 
mente su  tulli  gli  stati  dell'impe- 
ro ;  che  la  distinzione  che  far  si 
vorrebbe  a  pregiudizio  de'  principi 
e  degli  slati  ecclesiastici,  interessa- 
va essenzialmente  la  cattolica  re- 
ligione, senza  cui  le  comunità  cri- 
stiane non  potrebbero  lungamente 
godere  d'  un  tranquillo  riposo.  11 
voto  del  vescovo  eli  Costanza  ap- 
poggia vasi  agli  slessi  priiicipii,  ed  ag- 
giungeva essere  i  principi  ecclesia- 
stici meri  usufruttuari,  che  hanno 
contratta  l'obbligazione  inviolabile 
di  trasmettere    ai  loro  successori  i 


GER 

beni  della  Chiesa,  e  che  perciò  non 
potrebbero  giammai  acconsentire 
che  questi  beni  passassero  in  altre 
mani.  Concordava  negli  stessi  sen- 
timenti il  vescovo  di  Liegi,  il  qua- 
le trovavasi  nella  più  angustiosa 
situazione  ,  perchè  tutto  avendo 
perduto  sulla  riva  sinistra  del  Re- 
no, e  nulla  possedendo  sulla  dirit- 
ta, non  poteva  neppure  provvede- 
re alla  sussistenza  propria,  ed  a  quel- 
la de'  suoi  consiglieri ,  ministri  e 
domestici  ;  rifiutava  perciò  di  ac- 
consentire alla  cessione  fatta  alla 
Francia,  non  volendo  di  propria 
bocca  pronunziare  la  sentenza  che 
distruggere  doveva  un  vescovato 
che  da  mille  e  cento  anni  sussi- 
steva per  la  gloria  di  Dio,  della 
Chiesa,  e  della  religione  cattolica. 
Dalla  parte  poi  de'principi  eredi- 
tari le  opposizioni  d'interessi,  e  le 
gelosie  delle  reciproche  pretensio- 
ni impedivano  che  mai  si  venisse 
all'alto  di  flu'e  una  equa  partizio- 
ne de'territorii,  rimanendo  così  tut- 
to alla  lunga  sospeso,  e  sempre 
più  avviluppato  tra  mille  contrarie 
negoziazioni. 

Per  la  morte  dell'arciduca  Mas- 
similiano d'Austria  elettore  ed  ar- 
civescovo di  Colonia  ,  vescovo  di 
Munster  e  gran  maestro  dell'ordi- 
ne teutonico,  il  capitolo  di  Colo- 
nia passò  all'  elezione  d'  un  nuo- 
vo arcivescovo  nella  persona  del- 
l'aiciduca  Antonio  d'Austria.  Que- 
sto esempio  l' imitò  il  capitolo  di 
Munster,  che  scelse  il  medesimo 
personaggio  per  suo  principe  e  ve- 
scovo, venendo  destinato  al  ma- 
gistero dell'  ordine  teutonico  l'ar- 
ciduca Carlo.  L'operato  de'due  ca- 
pitoli fu  approvato  con  rescritto 
imperiale  de'  i4  ottobre  1801  da 
Francesco  II,  dichiarando  egli  che 
per  atlaccameuto    alla    costituzione 


GER 

germanica,  e  per  sua  propria  persua- 
sione insisteie  dovea  perchè  con- 
servali venissero  i  tre  elettorati  ec- 
clesiastici, senza  che  per  questo  l'e- 
lezioue  dell'  arciduca  influisse  pun- 
to sulla  condotta  dell'  imperatore, 
il  quale  non  avea  dato  il  suo  con- 
senso alle  istanze  del  capitolo  di 
Munster,  che  1'  arciduca  si  portasse 
al  suo  vescovato  per  prenderne  il 
possesso.  Ma  diversamente  la  Prussia 
con  grande  asprezza  avea  reclama- 
to dinanzi  alla  dieta  contro  la  de- 
liberazione presa  dal  capitolo  di 
Munster,  perchè  aspirando  al  pos- 
sesso di  quel  principato,  porzione 
ricca  de'compensi  promessi,  trovara 
illegale  l'elezione;  quando  veramente 
uè  il  trattato  di  Rastadt,  uè  quello 
di  Luneville  sospendevano  ue'capi- 
toli  questo  diritto.  Altra  sorte  di 
contrasto  nacque  poi  tra  la  corte 
d'Austria,  e  l'elettore  bavaro-pala- 
tino,  il  quale  mostravasi  impazien- 
te d'  impadronirsi  di  Passavia,  al- 
lorché alle  istanze  di  quel  princi- 
pe vescovo  venne  quella  città  oc- 
cupata dalle  truppe  imperiali  au- 
striache :  furono  questi  gli  ultimi 
aneliti  d'una  sovranità  ,  della  qua- 
le era  già  decretata  definitivamen- 
te l'abolizione.  Le  gare  insorte  tra 
i  principi  ereditari  dell'impero  ger- 
manico per  dividersi  le  spoglie  dei 
principi  ecclesiastici,  senza  giunge - 
le  mai  a  verun  accordo  fra  loro, 
parca  che  a  lungo  andare  compro- 
mettere potessero  la  pace  d'  Euro- 
pa, e  diedero  perciò  motivo  alla  di- 
chiarazione di  Napoleone  primo 
console  della  repubblica  francese,  fat- 
ta in  comune  colf  imperatore  del- 
le Piussie,  siccome  poteuze  entram- 
be disinteressate,  colla  quale  offe- 
ri  vasi  alla  dieta  imperiale  un  pia- 
no generale  d'indeniiizzazioni, compi- 
lato dietro  i  calcoli  della  piìi  scru- 


GER  187- 

polosa  imparzialità,  colla  duplice 
mira  non  solo  di  conìpensarc  le 
perdite,  ma  di  conservare  eziandio 
tra  le  primarie  case  di  Germania 
r  equilibrio  che  sussisteva  prima 
della  guerra.  Pertanto  la  prima 
seduta  della  deputazione  straordi- 
naria dell'impero,  incaricata  di  pro- 
nunziare giudizio  suH'ailare  dell'in- 
dennità, si  fece  ai  23  agosto  1802. 
Il  piano  proposto  dalle  due  po- 
tenze niediatiici  vi  ricevette  modi- 
ficazioni diverse  dietro  un'  infinità 
di  osservazioni,  domande  e  richia- 
mi; ma  finalmente  fu  mandata  ad 
effetto  dietro  il  Conclusurn  preso 
dalla  deputazione  dell'impero  nella 
seduta   de'2  i    ottobre. 

Nell'impero  germanico  contavan- 
si  quattro  arcivescovi  principi,  cioè 
i  tre  elettori  di  Magonza,  di  Tre- 
veri,  e  di  Colonia,  e  l'arcivescovo 
di  Salisburgo  ;  ventidue  erano  i  ve- 
scovi principi,  dieci  le  prepositure, 
od  abbazie  principesche,  ed  inoltre 
eranvi  anche  sei  abbadesse  princi- 
pesse. Già  il  primo  esempio  di  se- 
colarizzazione erasi  veduto  in  forza 
del  summeutovato  trattalo  di  West- 
falia  nel  1648.  Allora  sedici  prin- 
cipati ecclesiastici,  cioè  due  arci- 
vescovati e  quattordici  vescovati 
erano  stati  alienali  per  indenniz- 
zare i  principi  ereditari.  Col  me- 
morabile Conclusuni  de'2  i  ottobre 
1802  scomparvero  tutti  gli  altri, 
ad  eccezione  d'uno  solo  novi  j'urts, 
come  lo  chiamavano  ,  che  ancor 
sortì  momentanea  l'esistenza,  e  fu- 
rono alienate  tutte  le  prepositure 
ed  abbazie:  i  territorii  andarono 
ripartiti  tra  dieciotto  case  princi- 
pesche, che  aveano  diritto  ad  in- 
dennizzazione.  Tra  queste  ([uella  che 
venne  piti  largamente  compensa- 
la fu  la  casa  di  Brandeburgo  ; 
il  meno  di  tutte  fu  l'Austria,  dap- 


i88  GER 

poiché  pei-  rOrtenau  e  la  Brisgo- 
\'ìa  ceduta  al  tinca  di  Modena, 
ebbe  i  vescovati  di  Bressanone  e 
di  Trento.  Jl  granduca  di  Tosca- 
na ottenne  l'  arcivescovato  di  Sa- 
lisburgo, parte  del  vescovato  di 
Passavia,  e  quello  d'Eichstett.  La 
casa  di  Baviera  ricevette  i  vesco- 
vati di  Wiirlzburgo,  di  Banober- 
ga,  di  Frisiuga,  parte  di  quello  di 
Passavia ,  e  d'  Eiclistett,  oltre  la 
prepositura  di  Rempten,  e  dodici 
abbazie.  La  casa  di  Brandeburgo  , 
i  vescovati  d'Ilildesheim,  di  Pader- 
bona,  di  JMunster  oltre  varie  ab- 
bazie. Il  re  d'  Inghilterra  elettore 
d'Annover,  il  vescovato  d'Osnabruk. 
Al  duca  di  WiUteniberg  toccò  la 
prepositura  d'Ehvangeu  e  sette  ab- 
bazie. Al  margravio  di  Baden  il 
vescovato  di  Costanza  olire  qual- 
che prevostura  ed  abbazia  ;  altre 
abbazie,  brani  di  vescovati,  moni- 
steri  ,  ec.  si  diedero  al  langravio 
d' Assia  -  Cassel,  i  quali  tre  ultimi 
acquistaiono  inoltre,  come  dicem- 
mo,  la  dignità  di  elettori.  Dopo 
i  nominati,  in  proporzione  a  tutti 
gli  altri  principi  minori  dell'  im- 
pero furono  dati  gli  altri  avan- 
zi de'  beni  ecclesiastici,  ed  alla  re- 
pubblica svizzera  il  vescovato  di 
Coirà.  In  mezzo  a  queste  ecclesia- 
stiche rovine  un  solo  principe  ve- 
scovo fu  conservato,  perciò  per  l'ar- 
ticolo 25  del  piano  proposto  dalle 
potenze  mediatrici.,  la  sede  arci- 
vescovile di  Magonza  si  trasportò 
alla  chiesa  di  Ratisbona;  la  digni- 
tà di  principe  elettore  ed  arcican- 
celliere  dell'impero,  non  che  quella 
di  arcivescovo  metropolitano  e  pri- 
mate di  tutta  la  Germania  dovea- 
no  restare  unite  in  perpetuo.  Sta- 
bilito venne  che  la  sua  giurisdi- 
zione metropolitana,  si  dovesse  e- 
slcudcre  sulle  antiche  provincie  ec- 


GER 

clcsiaslìche  di  Magonza,  Colonia,  e 
Treveri ,  in  quanto  si  trovavano 
sulla  riva  diritta  del  Reno,  ec. , 
eccettuando  gli  stati  del  re  di  Prus- 
sia, e  la  parte  del  Salisburghese 
unito  alla  Baviera.  Quanto  al  tem- 
porale si  assegnò  per  dotazione  il 
principato  di  Aschaffenbui-go,  quel- 
lo di  Ratisbona,  la  contea  di  Wetz- 
lar ,  oltre  vari  capitoli,  abbazie, 
e  monasteri.  L'elettore  cancelliere 
doveva  continuare  ad  essere  eletto 
conformemente  agli  statuti  delia  sua 
antica  metropoli.  Le  città  di  Ra- 
tisbona e  di  Wetzlar  dovevano  go- 
dere d' una  neutralità  assoluta  in 
caso  di  guerra  anche  dell'  impero, 
attesoché  l'una  continuava  ad  esse- 
re la  residenza  della  dieta  generale, 
r  altra  la  residenza  della  camera 
imperiale.  L'antico  elettore  di  Ma- 
gonza  Carlo  Giuseppe  d'  Erthal 
mori  nel  medesimo  anno  iSo'z  ai 
i5  luglio,  e  gli  successe  il  suo  coa- 
diutore Carlo  Federico  barone  di 
Dalberg,  quello  cioè  che  nel  1797 
avea  chiamato  alle  armi  le  popo- 
lazioni della  Germania  meridiona- 
le per  opporsi  all'invasione  de'fran- 
cesi.  Ciò  nondimeno  Napoleone  ne 
appoggiò  la  promozione,  giudican- 
dolo personaggio  d'un  carattere  a 
lui  favorevole,  né  s' ingannò  nelle 
sue  speranze. 

Essendo  conforme  ai  doveri  di 
giustizia  e  di  umanità  il  pensare 
alla  sussistenza  di  tanti  principi 
e  corporazioni  ecclesiastiche  che  in 
tutto  o  in  parte  spogliati  rimane- 
vano de' loro  beni;  questo  appun- 
to fu  l'oggetto  del  Conclusnm  pre- 
so dalla  deputazione  dell'impero 
nella  seduta  de' 26  ottobre,  conside- 
rato dagli  statistici  siccome  un  ca- 
po-lavoro pe' modi  d'equità  coi 
(juali  cercò  di  appagare  le  parti 
danneggiate  j  e  di  «pieslo  il  merito 


GER 

fu  attribuito  al  barone  d'Albini, 
ministro  dell'elettore  di  Magonza. 
Inoltre  a  tenore  di  quel  Conclusimi 
le  diocesi  arcivescovili  e  vescovili 
restare  dovevano  nello  stato  attua- 
le, sino  a  che  venisse  fatta  una 
nuova  distribuzione  di  sedi  vescovi- 
li, da  cui  dipenderebbe  pure  lo 
stabilimento  de'nuovi  capitoli  delle 
cattedrali.  L'esercizio  della  religio- 
ne in  ciascun  paese  dovea  essere 
garantito  da  ogni  soppressione,  e 
da  qualunque  siasi  impedimento; 
ciascuna  religione  dovea  soprattutto 
essere  lasciata  libera,  in  conformi- 
la al  trattato  di  Westfalia,  nel  pa- 
cifico possesso  delle  sue  proprietà 
ecclesiastiche,  e  de'  fondi  applicati 
al  mantenimento  delle  scuole;  la- 
sciavasi  per  altro  in  libertà  il  nuo- 
vo sovrano  di  tollerare  altri  culti, 
e  loro  accordare  il  pieno  godimen- 
to de' diritti  civili.  La  premura  poi 
con  la  quale  le  due  potenze  me- 
diatrici, cioè  la  Francia  col  mezzo 
del  suo  ministro  alla  dieta  di  R.a- 
lisbona  il  cittadino  Laforet,  la  Russia 
col  mezzo  del  barone  di  Butler,  incal- 
zarono l'affare  delle  indennizzazioni, 
fece  sì  che  non  si  temporeggiò  que- 
sta volta  a  porre  in  esecuzione  il 
piano  stabilito;  ed  appunto  nella 
seduta  della  dieta,  che  segui  il 
giorno  IO  dicembre  dell'anno  stes- 
so 1802,  non  più  vi  comparve  al- 
cun ministro  degli  stati  ecclesiasti- 
ci. Rimase  in  tal  modo  distrutta 
per  sempre  l'opera  di  Ottone  I  il 
Grande,  e  cessò  quel  potere  sovra- 
no negli  ecclesiastici,  ch'egli  aveva 
stabilito,  riputandolo  non  che  alla 
religione,  utile  ai  popoli  della  Ger- 
mania. 

L'irreparabile  sventura  che  col- 
pì la  chiesa  germanica,  porzione 
cotanto  vasta  ed  illustre  del  greg- 
ge caltolico,  afflisse  vivamente  l'a- 


GER  189 

nimo  del  Pontefice  Pio  VII,  il  qua- 
1q  per  ovviare  a  mali  maggiori 
scrisse  all'elettore  principe  arcican- 
celliere  una  fervorosa  lettera,  in  cui 
gli  dichiarò  l'indescrivibile  sua  af- 
flizione per  quanto  era  stato  fatto  a 
favore  de' principi  secolari,  a  danno 
de' diritti  de' principi  ecclesiastici  e 
de' vescovi.  Espose  il  timore  grave 
per  le  conseguenze  che  derivereb- 
bero pregiudizievoli  nel  temporale 
alla  Chiesa,  come  nello  spirituale 
pel  cangiamento  di  cose;  quindi 
invocò  la  sua  autorevole  influenza 
a  favore  dell'angustiata  chiesa  a- 
Icmanna,  e  provvedere  agli  inte- 
ressi della  chiesa  medesima,  ed  al- 
la conservazione  di  sua  libertà, 
protestando  di  non  potere  appro- 
vare quanto  si  farebbe  contro  di 
essa.  Intanto  sinché  si  potessero 
riordinare  le  diocesi  di  Germania, 
l'elettore  già  arcivescovo  di  Ma- 
gonza,  la  cui  sede  doveasi  trasferi- 
re a  Ratisbona,  venne  dal  Papa 
incaricato  dell'amministrazione  spi- 
rituale del  vescovato  di  R.atisbona, 
il  quale  estendeva  la  sua  giurisdi- 
zione anche  sopra  una  parte  degli 
stati  che  componevano  l'elettorato 
di  Baviera,  ciò  che  1'  aicivescovo 
notificò  a' 17  ottobre  i8o3.  Né  so- 
lamente la  diocesi  di  Ratisbona 
prese  egli  a  governare,  ma  sicco- 
me era  il  solo  arcivescovo  ricono- 
sciuto, così  esercitò  la  sua  giurisdi- 
zione su  tutta  l'Alemagna  cattolica, 
ed  olire  a  ciò  disimpegnò  le  veci 
dei  vescovi  di  Costanza,  di  Worms, 
di  Spira,  di  Strasburgo,  di  Ba- 
silea, e  di  altre  porzioni  di  dioce- 
si esistenti  sulla  riva  dritta  del  Re- 
no, Quanto  i  cangiamenti  politici 
avvenuti  nell'impero  germanico  per 
cagione  delle  indennizzazioni,  e  de- 
gli altri  regolamenti  successivi  de- 
cretali   dalla  deputazione    dell'  im- 


KJO 


GER 


pero  slesso,  rendevano  necessario 
che  l'cdifi/io  della  (Uiiesa  cattolica 
in  quelle  contrade  vi  fosse  riordina- 
to e  di  nuovo  costrutto;  altrettan- 
to le  innovazioni  che  si  andavano 
vociferando,  tenevano  agitato  l'a- 
nimo di  Pio  VII,  temendo  che  ne 
ricevesse  qualche  profonda  ferita 
la  religione,  e  detrimento  l'autori- 
tà della  santa  Sede.  Andavasi  di- 
vulgando che  i  vescovi  ormai  non 
più  colleghi  ed  eguali  de' principi 
laici,  ma  divenuti  essendo  loro  pen- 
sionar!, dovevano  anche  cessare  da 
quella  indipendenza  di  cui  fino  al- 
lora aveano  goduto,  e  che  perciò 
la  nomina  di  essi  appartenere  do- 
Tea  in  seguito  ai  principi,  nei  cui 
territori!  i  vescovati  rimanevano 
compresi;  che  la  conferma  sarebbe 
domandata  al  Pontefice,  ma  esen- 
te da  qualunque  tassa  di  cancelle- 
ria apostolica;  che  ninna  bolla  o 
rescritto  del  Papa  in  appresso  avreb- 
be potuto  essere  pubblicato  ed  e- 
seguito,  senza  il  preventivo  consen- 
so de' principi. 

Volevasi  altresì  una  nuova  cir- 
coscrizione di  diocesi,  con  stabilire 
a  ciascuno  de'  grandi  stati  un  ve- 
scovo, alla  cui  giurisdizione  sa- 
rebbero soggetti  anche  i  cattolici 
de'  piccoli  slati  confinanti.  Si  que- 
stionava ancora  sulla  futura  elezio- 
ne del  principe  cancelliere  dell'im- 
pero; negavano  che  questa  pote- 
stà si  dovesse  accordare  al  capito- 
lo de' canonici,  come  per  lo  innan- 
zi, ed  in  vece  esigevano  che  ap- 
partenesse alla  dieta  della  quale 
l' arcivescovo  era  arcicancelliere  . 
Nuovi  contrasti  nacquero  per  l'e- 
sistenza dell'ordine  equestre  che 
non  voleva  perdere  la  sua  sovra- 
nità stata  riconosciuta  dai  principi 
vescovi,  e  per  ragione  de' così  det- 
ti voti  virili,    dappoiché  dopo  l'u- 


GER 

.scita  de'  principi  ecclesiastici,  secon» 
do    la    lista    presentata    alla    dieta, 
si    contavano    persino     ottantasette 
voti   nel    collegio    de'  principi   pro- 
testanti,   quando  in    quello  de' cat- 
tolici  non    se  ne  annoreravano  che 
soli   ventiquattro.   Volendo  Pio  VII. 
cercare  al  di  fuori  chi   tutelar  po- 
tesse   gl'interessi    de' cattolici   tede- 
schi,   ed  il    bene  della    chiesa  ger- 
manica, si   rivolse  a  Napoleone  pri- 
mo console  della   Francia,   uno  dei 
due    mediatori    nell' affare    dell' in- 
dennizzazione,  e  ne    richiese  il  pa- 
trocinio con  sua   lettera.  Questa  in 
copia    fu  dal    primo  console    a'  3o 
gennaio    i8o4,  col  mezzo  del  citta- 
dino Bacher  incaricato  d'affari,  co- 
municata   alla     dieta    dell'impero, 
colla  dichiarazione  ch'egli  non  avea 
potuto    esimersi    dal    soddisfare    ai 
voti  del  Papa,   quanto  ad  assume- 
re tale  mediazione,  eh'  esauriva  pre- 
murosamente,  ma    restò  inefìicace, 
e  si  compirono  le  soppressioni  sta- 
bilite;   ed  il   re  di    Prussia,    come 
elettore  di   Brandeburgo  ,   fece   con 
tanto    accorgimento     sopprimere    e 
confiscare  a    benefìzio  dell'  erario  i 
conventi    ricchissimi    della    città  di 
Westfalia,  del  ducato  di  Cleves,   e 
del  vescovato  di  Munster,  che  non 
si    seppe    l'ordine     mandato    dalla 
corte,    se    non    all'istante    medesi- 
mo nel  quale    si  eseguì.    Conservò 
solamente    una    precaria     esistenza 
r  ordine    teutonico,  la  cui  sede  era 
a    Merghenteim,  e    del    quale    era 
stato    creato    gran    maestro    l'arci- 
duca Antonio    nel  giorno    3o  giu- 
gno   i8o4,    a  cui  suo  fratello  l'ar- 
ciduca    Carlo    avea     rinunziato    la 
dignità.   Parimenti  sussisteva   vacil- 
lante il    gran  priorato    dell'ordine 
gerosolimitano,     la     cui    residenza 
continuava    ad   essere    Heitersheim 
in  Brisgovia.  11  primo  ordine  avea 


GER 

ricevuto  per  iodennizzazione  capi- 
toli, abbazie  e  monisteri  del  Vo- 
rarlberg  e  della  Svevia  austriaca; 
il  secondo  ricevette  la  contea  di 
Bondorf,  e  generalmente  tutti  i 
capitoli,  abbazie  e  monisteri  della 
Brisgovia.  L'articolo  26  del  piano 
generale  d'indennizzazione  diceva, 
che  questi  ordini  sottratti  venivano 
dalla  secolarizzazione  in  considera- 
zione de' servigi  militari  de' loro 
benemeriti   membri. 

L'atto  dell' indennizzazione,  chia- 
mato reces<!0  della  deputazione  im- 
periale, ebbe  effetto  nel  1 8o5  :  pa- 
recchi stati  da  immediati  ossia  so- 
vrani, divennero  mediali  o  media- 
tizzati,  ossia  dipendenti  ;  si  stabili- 
rono dieci  elettorati,  soppressi  co- 
me si  disse  i  tre  ecclesiastici,  cin- 
que de' quali  cattolici,  e  cinque  pro- 
testanti; i  cattolici  furono,  l'arci- 
vescovo di  Ratisbona  elettore  ed 
arcicancelliere  dell'impero,  il  duca 
di  Sassonia,  il  re  di  Boemia,  il  re 
di  Baviera,  il  principe  di  Salisburgo 
oSalzburgo;  i  protestanti  furono  il 
marchese  di  Brandeburgo,  il  duca 
di  Brunswick-Luneburgo,  il  re  di 
Wùrtemberg,  il  margravio  di  Ba- 
den,  ed  il  langravio  d'Assia-Cassel. 
Per  tali  modificazioni  la  dieta  im- 
periale si  trovò  a  quel  tempo  ridot- 
ta a  soli  centoquarantasette  voti, 
ripartiti  ne'  tre  seguenti  collegi  : 
i.°  il  collegio  elettorale,  com- 
posto di  dieci  elettori,  ognuno  dei 
quali  aveva  un  voto;  2.°  il  col- 
legio de'  prìncipi,  avente  centoven- 
tisette  voti,  inegualmente  divisi  fra 
la  Prussia,  la  Baviera,  l'Austria,  e  le 
case  di  Brunswick,  di  Sassonia,  di 
Assia,  di  Nassau,  di  Mecklenburgo, 
di  Wùrtemberg,  ed  altri  minori  ; 
ed  il  collegio  de' conti  con  quat- 
tro voti,  dei  conti  di  Weteravia, 
di  Svevia,  di  Franconia,  e  di  West- 


GER  igr 

falla  ;  3,"  il  collegio  delle  città  ini- 
perialij  che  in  numero  di  sei,  ognu- 
na aveva  un  solo  voto.  Intanto 
gravissimi  danni  continuava  a  sof- 
frire la  religione  cattolica  ne' diver- 
si slati  componenti  il  corpo  del  va- 
cillante impero  germanico.  I  memo- 
rati cambiamenti  di  teiritorii  e  di 
costituzione  ordinati  nel  recesso 
della  dieta  di  Ratisbona  n'  erano 
la  vera  causa.  Le  collisioni  poi 
delle  diverse  autorità,  e  de' poteri 
de' nuovi  pi  incipi  non  potevano  se 
non  che  ritardare  la  conclusione 
di  un  nuovo  concordato;  ed  il 
principe  arcivescovo  di  Ratisbona 
lagnavasi,  che  malgrado  tutte  le 
sue  premure  per  rioidinare  la  chie- 
sa di  Germania,  non  eragli  nep- 
pure riuscito  di  dare  un  regola- 
mento al  proprio  suo  capitolo  me- 
tropolitano ,  e  di  questo  disordine 
s'incolpava  ancora  la  santa  Sede, 
siccome  troppo  tenace  nel  voler 
conservare  gli  antichi  privilegi.  Que- 
sta già  ve  accusa  avea  pur  dato  a 
Pio  VII  con  lettera  Napoleone,  il 
quale  dopo  avere  eretto  la  Francia 
in  impero,  divenuto  imperatore, 
erasi  folto  coronare  in  Parigi  dal 
Pontefice. 

Vigili  erano  le  cure  di  Pio 
VII  per  la  chiesa  di  Germa- 
nia, ed  a  tale  effetto  nel  i8o5  in- 
viò in  nunzio  straordinario  alla 
dieta  di  Ratisbona  monsignor  An- 
nibale della  Genga  arcivescovo  di 
Tiro,  poi  Leone  XII,  con  breve  apo- 
stolico diretto  all'arcicancelliere  arci- 
vescovo di  Ratisbona,  ed  agli  altri 
principi  dell'impero  coi  piìi  magni- 
fici ed  alti  elogi  del  suo  rappresen- 
tante: dappoiché  fu  incaricato  il  nun- 
zio di  percorrere  la  Germania  ov'era 
conosciuto  per  le  nunziature  di 
Colonia  e  di  Baviera  da  lui  eserci- 
tate con  prudenza  e  zelo,  onde  rac- 


192  GER 

cogliere  le  querele  di  quelle  chiese, 
cui  alcuni  principi  protestanti  mo- 
lestavano incessantemente  con  sem- 
pre nuove  pretensioni  a  danno  del- 
le loro  prerogative.  Appena  monsi- 
gnor della  Genga  giunse  in  Ger- 
mania, con  sorpresa  universale  si 
seppe  che  l'arcicancelliere  dell'im- 
pero primate  della  Germania  a- 
■\ea  nominato  per  suo  coadiutore 
il  cardinale  Giuseppe  Fesch,  zio 
dell'imperatore  de' francesi  ed  arci- 
\escovo  di  Lione,  i  cui  antenati  sviz- 
zeri di  Basilea,  dicevasi  nella  nota 
presentata  alla  dieta,  ne' secoli  XV 
e  XYI  eransi  segnalati  con  servi- 
gi pubblici  per  l'impero  germani- 
co. Ma  in  Germania  questa  nomi- 
na, secondo  le  mire  opposte  delle 
diverse  corti  ,  fece  nascere  mille 
opposti  giudizi.  Ciò  non  ostante 
monsignor  della  Genga  comunicò 
in  Piatisbona  all'arcivescovo  arci- 
cancelliere  il  breve  pontificio,  affine 
di  cominciare  prontamente  l'opera 
di  ricostruire  l'  edilizio  della  chiesa 
germanica;  ma  le  zelanti  di  lui 
premure  urtarono  in  una  prima  diffi- 
coltà, perchè  il  contenuto  del  bre- 
ve dispiacque  ai  deputati  de'  prin- 
cipi protestanti  alla  dieta,  per  quel- 
lo che  essi  chiamavano  stile  della 
cancelleria  romana.  In  quanto  alla 
lunga  dimora  fatta  da  monsignor 
della  Genga  in  Germania,  e  degli 
affari  ecclesiastici  che  vi  trattò,  è 
a  vedersi  l'articolo  Genoa  Famiglia. 
Dopo  il  trattato  di  Luneville, 
Francesco  II  avea  gustato  un  po- 
co di  pace,  quando  essendosi  di 
nuovo  alleato  con  la  Prussia  e  con 
l'Inghilterra,  fece  eseguire  sotto  gli 
ordini  del  general  Mack  un'irruzio- 
ne nella  Baviera ,  e  provocò  così 
il  risentimento  dell'imperatore  Na- 
poleone, i  cui  elTelti  furono  non  meno 
pronti  che  funesti.  Dopo  le  disfai- 


GER 

le  di  Ulina  e  di  Austeilitz,  Fran- 
cesco II  separatosi  dalla  Russia  sot- 
toscrisse il  trattato  di  Presburgo  ai 
22  dicembre  i8o5,  pel  quale  per- 
dette Venezia,  il  Tirolo,  Trento, 
Bressanone,  la  Burgovia,  l' Orte- 
nau,  i  possessi  austriaci  nella  Sve- 
via,  acquistando  invece  Salisburgo 
e  Berchtoldzgaden;  e  ad  esempio 
di  Wurtemberg  e  della  Sassonia, 
la  Baviera  fu  eretta  in  regno.  Ri- 
dotta l'Austria  senza  forza  e  sen- 
za alleati,  videsi  costretta  a  deplo- 
rare in  silenzio  le  proprie  disgra- 
zie. Vedere  quelle  della  Prussia,  e 
1*  ingrandimento  formidabile  degli 
imperi  francese  e  russo.  Altra  con- 
seguenza di  questi  avvenimenti  fu 
il  discioglimento  dell'impero  ger- 
manicOj  l'annientamento  della  sua 
antica  costituzione,  e  l'istituzione 
della  confederazione  del  Reno  sot- 
to il  protettorato  del  re  de' france- 
si, formata  dagli  stati  dell'ovest  e 
del  sud-ovest  dell'  Alemagna,  che 
si  collegarono  insieme.  Già  sino  dai 
12  luglio  i8o6  i  re  di  Baviera  e 
di  Wurtemberg,  l'arcicancelliere  / 
primate,  il  duca  di  Baden  ed  fdtri 
principi  minori  eransi  separati  dal 
corpo  dell'impero  germanico,  assu- 
mendo il  titolo  di  Stali  confederali 
del  Reno,  e  stipulando  con  Napoleo- 
ne un  trattato  in  cui  esso  venne 
proclamato  Protettore  della  confe- 
derazione del  Reno;  in  tal  qualità 
alla  morte  del  principe  piimate  e 
del  suo  coadiutore,  acquistava  il 
diritto  di  nominare  il  successore. 
Coir  articolo  IV  si  stabilì,  che  l'e- 
lettore arcicancelliere,  avrebbe  prc 
so  i  titoli  di  priticipe  primate  della 
Germania,  e  di  altezza  eminentis- 
simaj  e  per  l'articolo  IX  la  dieta 
degli  stati  confederati  si  dovea  te- 
nere in  Francfort,  ed  avere  per 
suo    prcsideule  il  principe    primate 


GER 

stesso;  ed  allorquando  uno  de'col- 
legi  solamente  dovea  deliberare  so- 
pra qualche  oggetto,  il  principe  pri- 
mate avx'ebbe  presieduto  al  collegio 
dei  re,  e  il  duca  di  Nassau  al  colle- 
gio de' principi.  Quando  giunse  al- 
la   corte  di    Vienna  la  notizia  del 
trattato  concluso, incontanente  l'im- 
peratore    Francesco    11^    con     una 
circolare  segnata  li  6  agosto   1806 
diede  la  sua  abdicazione  alla  coro- 
na   germanica,    dichiarando  estinto 
r uffizio  e  la  dignità    d'imperatore 
del    sacro    romano    impero,    e    di 
capo  supremo    del  medesimo;  scio- 
gliendo sé    stesso  da  ogni  vincolo, 
che    lo     teneva    legato    all'  impero 
di  Germania,  siccome  disciolse  con- 
temporaneamente con  proclama  lut- 
ti i  principi  e    stati  da'  loro  dove- 
ri, e  sciolse    pure  gli    alemanni  da 
ogni  giuramento  su  tale  proposito 
■verso  di    lui,  legittimo    e  supremo 
loro  capo. 

Cessò  per  siffatto  modo  e  rinun- 
zia, dopo  1006  anni,  quell'impero 
che  per  autorità  apostolica  del  Pon- 
tefice s.  Leone  III,  nell'  800  con 
Carlo  Magno  avea  cominciato,  de- 
nominandosi anche  impero  d'occi- 
dente, ed  impero  de' romani.  Ne- 
gli ultimi  tempi  il  titolo  d'impe- 
ratore de' romani  erasi  ridotto  pres- 
soché ad  un  puro  titolo  di  digni- 
tà e  di  onore;  l'imperatore  era  ben- 
sì avvocato  della  Chiesa  romana 
in  senso  di  esserne  protettore  e  Di- 
fensore i^Vedi),  senza  che  ciò  dimi- 
nuisse minimamente  l'assoluta  indi- 
pendenza reale  ed  apparente  della 
santa  Sede  apostolica.  Disparve  per 
la  ragione  slessa  la  dieta  di  Ratis- 
bona,  la  quale  erasi  in  quella  cit- 
tà cominciata  a  tenere  stabilmente 
dall'anno  1666  in  poi,  e  che  ne- 
gli ultimi  anni  era  tacciata  dai  po- 
litici   di  non  occuparsi    che  di  po- 

VOL.    XXIX. 


GER  193 

chi  affari.    L' imperatore  Francesco 
II,    rinunciando  a    tale  corona    gli 
restò  quella  d'imperatore  d'Austria, 
per    avere  unito    in  un    sol  corpo 
politico  tutti    gli  stati  austriaci  te- 
deschi   con     titolo    d'impero,    che 
avea    eretto  con    patente  già    pub- 
blicata   in  Vienna    sino  dai    7   di- 
cembre   i8o4,  in  mezzo  all'esulta- 
zione    generale    de' sudditi,    e     con 
una    delle  più  magnifiche    feste  in 
rendimento    di  grazie    a  Dio    nella 
chiesa  metropolitana  di  s.   Stefano. 
Questo  gran    monarca    che    merita 
di    segnare    un'  epoca    nella    storia 
del    mondo,  cominciò  gloriosamen- 
te   sotto    il  nome  di    Francesco    I 
una  nuova  serie    d' imperatori.  Ri- 
marcano gli  storici,  che  questo  prin- 
cipe, per  una    specie    di     presenti- 
mento   dell' avvenii'e  ,  e    dopo  che 
la   Francia  si    converti    in  impero, 
assunse  il  titolo  d'imperatore  ere- 
ditario d'Austria,    ed  assicurò  con 
sì  fatta  precauzione  una  tal  digni- 
tà ed  un    tal  titolo  alla    sua  per- 
sona   ed  alla  sua  casa,    quando  in 
virtù    degli    avvenimenti    gli  fu  di 
mestieri      rinunciare    alla     corona 
d'imperatore  d'Alemagna    e  di  re 
de' romani. 

E  perciò  che  riguarda  alla  Con- 
federazione del  Reno  ,  a  mag- 
gior intelligenza  di  quanto  do- 
vremo accennare  sugli  avvenimen- 
ti riguardanti  la  Germania,  e  la 
nuova  attuale  Confederazione  Ger- 
manica,  diremo  che  in  forza  di 
un  tal  cambiamento  molti  principi 
indipendenti  divennero  sudditi  dei 
confederati  loro  limiti-ofi.  Questo 
corpo  politico  si  accrebbe  in  segui- 
to per  l'infelice  esito  della  guerra 
di  Prussia  ,  dopo  la  quale  tutta 
la  Germania,  ad  eccezione  degli 
slati  prussiani  ed  austriaci  ,  fe- 
ce parte  della  confederazione  Re- 
i3 


'94 


GER 


nana ,     a  cui    si    aggiunse    la    por- 
zione (li  Polonia   ceduta  dalla  Prus- 
sia col   trattato  di  Tilsit  nell'anno 
1807,  che  pose  termine  alla  quarta 
alleanza  contro  la  Francia,  e  quindi 
quella  ceduta   dall'Austria  col  trat- 
tato di  Vienna  nel  1809.  Nel  18 io 
però    cominciò     la     confederazione 
ad  essere    smembrata    da  Napoleo- 
ne, dappoiché  i  principati  di    Salm- 
Salm,    di   Salm-Ryrburg,   il  duca- 
lo d'Aremberg,  le  città  anseatiche 
di    Amburgo,    Brema    e    Lu becca , 
insieme    alla     parte    settentrionale 
dell'elettorato    d'Annover,    furono 
da  lui  riuniti    all'impero  francese, 
cui  fu  pure  incorporato  nel    181  i 
anche     il    ducato     d'  Oldemburgo, 
sebbene  entrasse  pur  esso  nella  con- 
federazione.   I     trentaquattro    stati 
componenti    la    confederazione    del 
Reno,     quando     la    medesima    nel 
1 8 1 3    si  sciolse    e  lasciò  di  esiste- 
re, dividevausi  in  due  collegi.  Il  col- 
legio   detto     dei  re    formavasi    dal 
principe  primate  divenuto    grandu- 
ca di  Francfort  presidente  ,  dai  re 
di  Baviera,     di    Sassonia  granduca 
di    Varsavia,    di    Wiirtemberg,    di 
Westfalia,  e  dai  granduchi  di   Ba- 
den,    di   Berg  e    Cleves,    di    Assia- 
Darmstadt,    e    di    W^iirtzburgo.    Il 
collegio     de     principi    componevasi 
dal    duca     di  Nassau -Usingen    pre- 
sidente,   e  dai  principi    di    Nassau- 
Weilburg,  di  Hohenzollern-IIeohin- 
gen  e  Sigmaringen,  di  Leyen,  d' I- 
semburg-Birstein,  di  Lichtenstein,  di 
Lippe-Detmold  e    Schauenburg,  di 
Reuss-Ebersdorf,  Greitz,  Lobenstein 
e  Schleitz,  di    Schwarzburg-R.udo!- 
stadt  e  Sondershausen,  dai  duchi  di 
Sassonia -Weimar,  Gotha,  Meiniu- 
gen  ,    Hildburghausen   e    Coburgo- 
Saalfeld,   di  Mecklenburg-Schwerin 
e  Strelitz,  di  Anhalt-Bcrnburg,  Des- 
sau  e  Coelhen. 


GER 

L'accrescimento    della    Russia  e 
qirello    della    Francia,  spaventando 
l'Austria,   vedendo  Francesco  I  nel 
princinio    del    1809  JQipegnato  Na- 
poleone   nella    sua  guerra    di  Spa- 
gna, pensò  essere  opportuno  il  mo- 
mento   di    scuotere    colle    armi    il 
giogo,    con    incominciare  dal    pub- 
blicar l'apologia  della  propria  con- 
dotta, i  torti   ricevuti    da   Napoleo- 
ne, col   quadro    esatto  della  politi- 
ca    europea    di  quell'epoca;    della 
forzata    sebbene    preveduta    rinun- 
zia   alla    corona    imperiale    d'  Ale- 
magna  ;     del     riconoscimento     im- 
perioso dei  re    stabiliti  col  trattato 
di    Tilsit,  cioè    d' Olanda,    di   Spa- 
gna, di  Westfalia  e  di  Napoli,  con- 
feriti  tutti    alla  famiglia    Bonaparle; 
delle  gravi   ferite  fatte   al  commer- 
cio, ec.  ec.   Ma  Napoleone    respinse 
l'esercito    austriaco   a  R^atisbona    e 
sul   Danubio,   per  la  seconda    volta 
prese  Vienna  a'i3   maggio,  e  vin- 
se la  celebre  battaglia  di  Wagrata 
a' 6  luglio,  che  portò  alla   pace  dei 
14    ottobre    1809  di    Schoenbrunu 
presso  Vienna,   in    forza  della  qua- 
le l'Austria  cedette  al  re  di   Bavie- 
ra il    paese  di    Salisburgo,  e  parte 
dell'alta    Austria;   alla    Francia    la 
contea  di    Gorizia,  Monfalcone  coi 
Friuli  austriaco,  la  Carniola,  Trie- 
ste, il  circolo  di    Villacco  in   Carin- 
tia,  porzione  d(;lla    Croazia,  Fiume 
ed  il  littorale,  l'Istria  austriaca  con 
le  isole  che  ne  dipendono,  la  Dal- 
mazia  con    Catturo,  e    qualche  di- 
stretto   dipendente    dalla    Boemia  ; 
al  re  di   Sassonia    tutta    la   Galizia 
occidentale  ed  il    circolo  di  Zamo- 
re;  ed    in  fine    alla  Russia    l'Au- 
stria cedette  un  territorio  di  quat- 
trocento mila    abitanti  nella    Gali- 
zia orientale.  Oltre  a  ciò  l'Austria 
dovette  acconsentire  ad  una  contri- 
buzione di  ottanta  milioni,  confer- 


GER 

mare  1'  aljbandono  di  Venezia  e 
del  Tirolo,  e  pel  detto  trattato  di 
Vienna  Francesco  I  fece  il  più  do- 
loroso de'  sagri fici,  come  padre  e 
come  sovrano,  rilasciando  l'arcidu- 
chessa Maria  Luigia  primogenita, 
per  l'interesse  il  più  sacro  dell'  u- 
manità,  in  matrimonio  all'impera- 
tore de' francesi  e  re  d'Italia  Na- 
poleone, per  allontanare  mali  in- 
calcolabili a  cagione  delle  critiche 
congiunture  d'allora,  come  pegno 
d'un  miglior  ordine  di  cose.  Indi 
Francesco  I  si  alleò  al  suo  genero 
Kapoleone,  e  vi  restò  unito  sino 
dopo  la  memoranda  campagna  di 
Russia  nel  1812.  Tali  convenzioni 
e  rassegnazione  del  monarca  au- 
striaco non  rimasero  senza  frutto, 
dappoiché  gli  stati  che  gli  rimasero 
godettero  un  po'  di  riposo,  tranne 
le  contribuzioni  di  guerra,  e  la  di- 
mora di  truppe  francesi  in  Germa- 
nia, non  restando  al  fortunato  con- 
quistatore che  soggiogare  l'impero 
russo,  mentre  che  persino  lo  stato 
della  Chiesa  era  stato  interamente 
da  lui  occupato,  coli' imprigiona- 
mento dell'inerme  Pontefice  Pio 
VII,  divenuto  spettacolo  al  mondo 
di  sacerdotale  eroismo. 

Intanto  diversi  paesi  della  con- 
finante Germania  trovaronsi  espo- 
sti a  maggiori  pericoli,  dappoiché 
sparsi  per  una  sì  ampia  regione 
ormai  contavansi  otto  vescovi  sola- 
mente ,  né  r  arcivescovo  primate 
fra  tanti  militari  sconvolgimenti  e- 
ra  riuscito  di  condurre  i  principi 
della  confederazione  del  Pieno  ad 
un  concordato,  eh'  essere  potesse 
approvato  dalla  santa  Sede.  Quin- 
di dove  ancora  sussistevano  ,  sop- 
primevansi  monisteri  e  conventi  , 
come  si  fece  in  Baviera  nel  1809, 
aggiungendovi  di  più  una  lata  li- 
bertà di    coscienza,  perchè    poteva 


GER  19? 

ciascuno  sino  all'età  di  vent'anni 
determinarsi  a  quella  religione  che 
più  gli  piacesse.  Pei  matrimoni  di 
sposi  appartenenti  a  comunioni  di- 
verse, si  decretava  doversi  stare  ai 
patti  dei  capitoli  matrimoniali  ;  i 
maschi  si  dovevano  educare  nella 
religione  del  padre,  le  femmine  in 
quella  della  madre,  e  gli  esposti 
nella  religione  di  quelli  che  assu- 
mevansi  la  cura  della  loro  educa- 
zione. In  alcune  provincie  della 
Germania  non  mancò  il  fatale  fo- 
colare delle  società  segrete,  essen- 
dovisi  insinuato  l'  illuminismo  di 
Weishaupt  :  predominando  alcune 
di  esse  nelle  università,  fomentaro- 
no nei  petti  giovanili  un  ardente 
fanatismo,  com'era  quello  della  co- 
sì detta  Tugendhund,  ossia  federa- 
zione della  i'irth.  Tali  società  era- 
no pressoché  tutte  egualmente  tan- 
to più  nemiche  della  religione  cat- 
tolica, in  quanto  che  impugnavano 
l'esistenza  d'  ogni  rivelazione.  Ben- 
sì a  que'  tempi  lo  scopo  palese, 
verso  cui  infiammavansi  le  fantasie 
de'giovani,  specialmente  negli  stati 
germanici  della  Prussia,  era  quel- 
lo di  liberare  la  patria  dal  giogo 
de'francesi  ;  e  quindi  il  loro  odio 
dirigevano  contro  la  persona  di 
Napoleone.  Ognuno  può  bene  im- 
maginarsi quanto  egli  dal  suo  can- 
to abborrisse  tal  sorte  di  dottrina 
eh'  «gli  denominava  Ideologia  ,  e 
tanto  più  perché  nel  1809  il  gio- 
vane Federico  Staps  figlio  di  un 
ministro  luterano ,  nel  mentre  egli 
attendeva  a  passare  in  rassegna  le 
truppe  a  Schoenbrunn ,  erasi  av- 
ventato contro  di  lui  con  un  pu- 
gnale, che  sapeva  bea  d'altro  che 
d'ideologia. 

Mentre  nell'anno  18  12  Pio  VII 
era  rilegato  a  Savona,  Napoleo- 
uc  pose  ad  cffello  l'idea  d' invade- 


196  GER  GER 
re  la  Russia ,  ed  immergersi  con  pò  austriaco  si  tenne  sulla  riserva 
tutti  i  suoi  eserciti  nei  deserti  del-  e  rientrò  ne' suoi  stati  nel  181 3, 
la  medesima.  Partì  da  Parigi  a'g  dopo,  la  disastrosa  disfatta  e  ri- 
marzo, fissò  alcuni  giorni  la  sua  tirata  de'fiancesi  dalla  Russia,  men- 
corte  a  Dresda,  dove  l' imperatore  tre  la  Confederazione  Renana  si 
d'Austria,  il  re  di  Prussia,  e  tut-  disciolse.  Allora  l'imperatore  Fran- 
ti i  sovrani  d'  Alemagna  vennero  cesco  I  si  trovò  nella  più  felice  po- 
ad  inchinarsi  avanti  la  sua  poten-  sizione,  perchè  avendo  preso  una 
za  e  fortuna.  Ivi  Francesco  I  gli  attitudine  di  neutralità  armata,  poi 
fece  le  più  vive  istanze  a  favore  mediatrice,  e  bramando  le  poten- 
del  supi'emo  capo  della  Chiesa,  ze  ave<lo  nella  loro  alleanza,  stet- 
per  cui  Napoleone  simulò  scakra-  te  per  divenire  1'  arbitro  dell'  Eii- 
niente  di  aderirvi.  Per  eseguir  ciò,  ropa,  e  tenere  nelle  sue  mani  la 
e  come  a  contemplazione  dell'au-  sorte  delle  nazioni.  Finalmente  l'Au- 
gusto intercessore,  diede  avviso  di  stria  si  alleò  con  la  Russia,  la  Prus- 
migliorare  la  sorte  del  venerabile  sia,  ec.  contro  Napoleone,  col  qua- 
prigionierOj  e  fecelo  trasferire  da  le  ricominciarono  le  ostilità,  ed  eb- 
iSavona  a  Fontainebleau.  Ciò  gene-  bero  luogo  le  battaglie  di  Dresda 
ralmente  apparve  di  buon  augurio  e  di  Lipsia,  quindi  gli  alleati  dopo 
per  la  Chiesa,  e  segnatamente  a  aver  fatto  a  Napoleone  inutilmen- 
coloro  che  ignoravano  la  vera  ca-  te  proposizioni  di  pace,  pubblica- 
gione  di  questa  improvvisa  trasla-  rono  una  specie  di  manifesto,  det- 
zione.  Opinossi  da  molti  temer  to  dichiarazione,  diretto  principal- 
Napoleone,  che  im  qualche  sbarco  mente  contro  la  persona  di  Napo- 
od  un  colpo  di  mano  involato  gli  leone  Bonaparte,  dimostrante  ch'e- 
avessero  Pio  VII  ;  altri  finalmente  glino  già  non  intendevano  di  far 
credè  che  stando  dappresso  ai  mi-  la  guerra  alla  Francia,  ma  ad  un 
nistri,  agenti,  ed  a  Napoleone  stes-  potente,  che  per  la  sventura  del- 
so,  ceduto  avrebbe  alle  istanze  da  l'Europa  e  della  stessa  Francia  a- 
cui  era  reiteratamente  sollecitato,  vea  troppo  diuturnamente  domina- 
Per  verità  il  Papa  titubante,  lon-  to.  L'  invasione  della  Francia  ten- 
tano, isolato,  dato  avrebbe  qualche  ne  dietro  alla  dichiarazione ,  e  le 
timore,  qualora  non  si  avesse  pò-  truppe  austriache,  formanti  la  si- 
tuto  per  certa  scienza  sapere,  che  nistra  degli  alleati,  occuparono  la 
i  tempi  incominciavano  a  stringe-  Franca  Contea  e  la  Borgogna,  se- 
re, e  la  fortuna  ad  abbandonare  guendone  i  movimenti  Francesco 
Napoleone.  I  accompagnato  dal  più  abile  dei 
Francesco  I  chiamato  a  Dresda  al-  suoi  ministri  il  conte  ora  principe 
la  mentovata  assemblea  di  re,  fu  di  Metternich ,  uno  degli  oracoli 
necessitato  aderire  al  trattato  di  al-  della  diplomazia  europea,  e  prese 
leanza  che  l'obbligò  di  aggiungere  parte  alle  trattative  degli  altri  so- 
trentamila  uomini  al  grande  e-  vrani  alleati.  Nell'ingresso  che  le 
sercito  di  Napoleone,  sotto  il  co-  loro  armi  vittoriose  fecero  in  Pà- 
mando  del  principe  di  Schwarzea-  rigia'3i  marzo  deli8i4j  France- 
berg,  e  probabilmente  con  la  se-  sco  I  restò  a  Dijon,  forse  per  non 
gi-eta  istruzione  di  non  compromet-  essere  testimonio  di  avvenimenti,  i 
tersi  minimamente.  In  fatti  il  cor-  quali  stavano  per  abbattere  il  tre- 


GER 

no  di  sua  figlia;  però  quando  fu 
ogni  cosa  consumata,  entrò  in  Pa- 
rigi a'  1 5  aprile,  e  vi  si  diportò  da 
saggio  principe.  Si  trasferì  parec- 
chie volte  a  Ranibouillet  per  ve- 
dervi la  figlia  Ilaria  Luigia,  e  sep- 
pe farle  accetttue  con  rassegnazione 
il  suo  nuovo  destino.  Con  la  pace 
di  Parigi  fu  all'arciduchessa  Maria 
Luigia  ed  al  Ogiio  suo  Francesco- 
Giuseppe- Carlo-Napoleone  poi  du- 
ca di  lleichstadt,  dato  il  ducato  di 
Parma  e  Piacenza  in  sovranità  e- 
rtditaria:  ma  qui  noteremo  che  il 
congresso  di  Vienna  confermò  si- 
mili accomodamenti,  però  togliendo 
all'aiciduchessa  ed  al  figlio  la  pro- 
prietà del  ducato,  e  lasciando  l'ar- 
ciduchessa sola  usufruttuaria  con 
libera  e  piena  sovranità  ;  e  nel 
1817  una  nuova  convenzione  ne 
stabili  la  reversabilità  in  favore 
dell'Austria  e  della  Sardegna,  pe- 
rò dopo  la  estinzione  della  linea 
Borbonica  di  Lodovico  I  ora  so- 
vrano di  Lucca,  al  quale  dopo  l'ar- 
ciduchessa deve  ricadere  il  ducato. 
Intanto  Pio  VII  a' 24  maggio 
rientrò  trionfalmente  in  Roma  sua 
sede  con  universale  tripudio  ;  e 
Napoleone  dopo  essere  stato  depo- 
sto a'2  aprile,  abdicò,  e  fu  man- 
dato all'isola  dell'Elba  che  gli  fu 
concessa  in  sovranità.  Non  essen- 
dosi potuto  combinare  in  Parigi 
gl'interessi  di  tante  potenze,  si  sta- 
bilì che  ogni  cosa  verrebbe  deci- 
sa con  un  congresso,  il  quale  si 
aprì  a  Vienna  il  i5  novembre. 
Tutte  le  potenze  europee  o  v'in- 
tervennero in  persona,  per  cui  for- 
marono un  senato  di  re,  o  v'in- 
viaiono  i  loro  rappresentanti  per 
decidere  de'politici  destini,  non  che 
dell'Europa,  del  mondo  intiero,  e 
particolarmente  vi  si  disputarono 
le  piìi  gravi  questioni,  come  quel- 


GER  197 

la  della  Polonia  che  la  Russia  vo- 
leva interamente  per  sé,  e  quella  del- 
la Sassonia  pretesa  egualmente  dalla 
Prussia.  Per  avverare  sì  fatti  due 
progetti,  Talleyrand  tentò  di  com- 
binare segretamente  un'alleanza  tra 
l'Austria,  la  Plancia,  e  l'Inghilter- 
ra. Tante  pretensioni ,  tanti  inte- 
ressi affatto  opposti  rendevano  viep- 
piìi  malagevole  l'andamento  degli 
affari,  e  non  erano  giunti  alla  più 
infima  soluzione,  allorché  Napoleo- 
ne fuggito  dall'isola  dell'Elba,  ven- 
ne di  bel  nuovo  a  cangiar  l'aspet- 
to del  mondo.  Allora  il  congresso 
con  una  dichiarazione  protestò,  che 
Napoleone  erasi  da  sé  stesso  esclu- 
so da  ogni  relazione  civile  e  so- 
ciale, e  quale  perturbatore  della 
pubblica  tranquillità  era  esposto  al- 
la pubblica  vendetta.  Tutti  gli  e- 
scrciti  stavano  ancora  in  armi,  ed 
i  sovrani  erano  uniti  dalle  stesse 
alleanze,  e  dai  medesimi  trattati, 
che  non  mancarono  eseguire.  Inva- 
no Napoleone  fece  parecchi  tenta- 
tivi per  separare  il  suocero  dalla 
grande  alleanza,  o  perchè  almeno 
Maria  Luigia  ,  ed  il  figlio  gli  fos- 
sero restituiti. 

L' Austria  ancora  pose  in  campa- 
gna le  sue  truppe,  e  Gioachino  Mu- 
rat  re  di  Napoli,  e  cognato  di  Napo- 
leone, sospettando  sinistramente  dei 
congresso  di  Vienna,  e  d'accordo  col 
cognato  tenta  d'impadronirsi  degli 
stati  che  in  Italia  avea  l'Austria, 
domandando  a  Pio  VII  il  passag- 
gio delle  sue  truppe  nello  stato 
ecclesiastico;  onde  il  Papa  pruden- 
temente si  ritirò  a  Genova,  men- 
tre il  celebre  cardinale  Ercole  Con- 
salvi ,  era  per  suo  ordine  al  con- 
gresso di  Vienna,  ove  trattavasi  la 
sistemazione  delle  cose  d' Europa, 
colla  qualifica  di  legato  apostolico. 
Le  spade  austriache  in  breve  tem- 


igS  GER 

pò  posero  fine  alla  baldanza  ed  al 
regno  di  Murai,  incalzato  da  Oc- 
chiobello  sino  a  Tolentino,  ed  ivi 
sconfitto  in  una  disperata  battaglia 
a'2  e  3  maggio  i8i5.  La  caduta  di 
Napoleone  ebbe  luogo  a  Vaterloo 
ai  i8  giugno,  e  gli  alleati  il  dì  7 
luglio  occuparono  di  nuovo  Pari- 
gi, ove  fece  ritorno  Francesco  I; 
e  Napoleone  fu  rilegato  all'isola  di 
s.  Elena  sulle  coste  dell'  Africa. 
Tanto  per  le  risoluzioni  del  con- 
gresso di  Vienna,  che  pel  prece- 
dente trattato  concluso  a  Parigi 
il  2  3  novembre  i8i4  ,  l'Austria 
conseguì  delle  immense  contribu- 
zioni, fu  rimessa  nel  possesso  del- 
la maggior  parte  degli  stati  ceduti 
coi  trattati  del  i8o5  e  del  1809; 
di  più  gli  venne  aggiunta  tutta 
la  Lombardia,  la  Valtellina,  Ra- 
gusi,  ed  il  territorio  alla  sinistra 
del  Po  presso  la  sua  imboccatura, 
eh' è  quanto  dire,  divenne  signora 
di  circa  tre  quarti  d' Italia,  com- 
presa la  Toscana  restituita  a  Fer- 
dinando III,  e  Parma  con  Piacen- 
za attribuita  all'arciduchessa  Maria 
Luigia.  Ottenne  ancora  l'Austria 
un  qualche  ingrandimento  in  Ger- 
mania ed  in  Polonia,  e  portò  la 
sua  popolazione  ed  il  suo  terri-to- 
rio  al  di  là  di  quanto  possedeva 
sotto  Carlo  V;  tale  si  è  la  gigan- 
tesca grandezza  in  cui  trovasi  tut- 
tora il  florido  impero  austriaco. 
Inoltre  nel  congresso  di  Vienna 
venne  definitivamente  decisa  la  sor- 
te di  tutti  i  paesi  che  compone- 
Tano  il  dominio  temporale  dei  tre 
elettori  ecclesiastici,  di  tanti  ve- 
scovati ed  abbazie,  restando  sparti- 
ti secondo  un  disegno  già  prima 
abbozzato  di  politico  equilibrio, 
tia  gli  stati  dei  re  di  Prussia,  di 
Baviera,  di  Wiirtemberg,  del  nuo- 
vo   regno     d'Annover    istituito    in 


GER 

quell'epoca,  e  di  alcuni  principi 
minori.  Rimase  decisamente  aboli- 
ta ogni  sovranità  del  principe  pri- 
mate, il  quale  ricevette  in  iscam- 
bio  una  rendita  vitalizia  di  cento- 
mila fiorini,  e  la  città  stessa  di 
Francfort  sul  Meno  fu  dichiarata 
libera,  in  cui  risiedere  dovea  la 
dieta  della  nuova  Confederazione 
Germanica,  e  tutti  gli  ambasciato- 
ri delle  potenze  estere  presso  il 
corpo  che  rappresenta  la  stessa 
confederazione.  Lo  scopo  della  nuo- 
va Confederazione  Germanica  fu 
ed  è  il  mantenimento  della  sicu- 
rezza interna  ed  esterna  della 
Germania  ,  della  indipendenza  ed. 
inviolabilità  degli  stati  confederati. 
In  forza  dell'atto  federale  tutti  i 
membri  sono  eguali  in  diritto;  tut- 
ti si  obbligano  egualmente  a  man- 
tenere nella  sua  integrità  l'atto  che 
costituisce  la  loro  unione,  quantun- 
que i  trentotto  stati  di  cui  si  com- 
pone siano  fra  loro  differentissi- 
mi  per  forza  ,  titolo,  e  religione. 
Gli  affari  della  confederazione  ven- 
gono confidati  ad  un'assemblea 
permanente,  chiamata  dieta  federa- 
tiva ordinaria,  nella  quale  tutti  i 
trentotto  membri  votano  per  mez- 
zo dei  loro  plenipotenziari,  sia  in- 
dividualmente, sia  collettivamente 
senza  pregiudizio  del  loro  rango. 
Allorché  si  delibera  sopra  una  leg- 
ge fondamentale  dell'alleanza,  e  so- 
pra materie  di  generale  interesse, 
la  dieta  in  tal  caso  si  costituisce  in 
assemblea  generale,  ed  allora  i  suoi 
membri  hanno  piti  o  meno  voti, 
secondo  la  maggiore  o  minore  e- 
stensione  de' loro  stati.  Quattro  es- 
sendo le  categorie  degli  stati ,  i 
primi  godono  di  quattro  voti,  i 
secondi  di  tre,  i  terzi  di  due,  ed 
i  quarti  d'uno.  Quando  al  contra- 
rio devesi  discutere  sopra  aftàri  or- 


G  ER 

dinari,  la  dieta  6i  coslitui'ìce  in  as- 
semblea particolare  non  avendo  al- 
lora, non  eccettuali  neppure  i  gran- 
di stati,  che  una  sol  voce,  e  que- 
sta, riguardo  ad  alcuni  piccoli  sta- 
ti, quando  sieno  riuniti  tra  di  essi. 
L'Austria  secondo  il  convenuto 
nel  giugno  i8i5  nel  congresso  di 
Vienna,  presiede  per  mezzo  d' un 
rappresentante  la  dieta  federativa  : 
assistendo  esso  ai  dibattimenti,  sta- 
bilisce anche  le  sessioni,  e  stende 
le  risoluzioni;  allorché  vi  sia  e- 
guaglianza  di  voci  in  una  delibera- 
zione, quella  del  presidente  decide 
della  maggioranza.  Ciascuno  stato 
della  confederazione  ha  il  dirit- 
to di  fare  delie  proposizioni,  e  co- 
lui il  quale  presiede  è  in  dovere 
di  metterle  in  deliberazione  entro 
uno  spazio  di  tempo  determinato. 
Gli  stati  della  confederazione  si 
obbligano  di  difendere  contro  qua- 
lunque attacco,  sia  tutta  la  Germa- 
nia, che  ciascuno  stato  particolare 
dell'unione,  e  si  guarentiscono  vi- 
cendevolmente tutti  i  possedimenti 
compiesi  nell'unione  medesima,  dap- 
poiché ritiene  la  confederazione  per 
suo  oggetto  principale  il  manteni- 
mento della  pace  interna  ed  e- 
sterna  dell' Alemagna.  Quantunque 
permanente,  può  essa  aggiornarsi, 
ma  non  per  più  di  quattro  mesi. 
Se  la  confederazione  dichiara  la 
guerra,  verun  membro  non  può 
avere  relazione  alcuna  con  l'inimi- 
co, non  può  restare  neutro,  ne 
concludere  separata  pace,  cume  del 
pari  non  può  contrarre  un'alleanza 
pregiudizievole  ad  un  altro,  né  far- 
gli separatamente  la  guerra.  Le 
differenze  insorte  sono  regolale  nel- 
la dieta  da  un  comitato  di  mem- 
bri scelti  dalle  parti  contendenti,  le 
cui  decisioni  sono  inappellabili.  Cia- 
scuno sialo  si  governa  con   le    sue 


GER 


»99 


leggi  particolari,  ma  tutti  però  aver 
devono  delle  assemblee  rappresen- 
tative. Quelli  la  di  cui  popolazio- 
ne è  al  di  sotto  di  trecentomila 
abitanti,  si  uniscono  ad  altri  pei* 
la  formazione  di  un  tribunale  di 
appello,  cosi  Anhalt  e  Schwarzburg 
dipendono  dal  tribinialedi  appello  di 
Zerbst;  i  principi  di  Waldeck,  Lip- 
pe, e  Brunswick  dipendono  da  quel- 
lo di  Wolfenbuttel  ;  i  due  Me- 
cklenburgdal  tribunale  diGustrow^;, 
i  quattro  ducati  di  Sassonia,  e  di 
Heuss  da  quello  di  Jena;  i  due 
Hohenzollern  da  quello  di  Nassau; 
Lichtenstein  dal  tribunale  austria- 
co d'Inspruck,  e  le  quattro  città  li- 
bere da  quello  di  Lubecca.  I  mem- 
bri dell'  antica  nobiltà  immediata 
conservarono  tulli  i  loro  diritti. 
Eglino  si  stabiliscono  ove  voglio- 
no, dispongono  dei  loro  beni  li- 
beramente, ed  hanno  l'esercizio 
della  giustizia  civile  e  criminale,  la 
polizia  nei  luoghi  dei  loro  possessi, 
e  la  sopraintendenza  del  clero  e 
dell'  istruzione;  ciò  non  pertanto 
essi  si  sottomettono  alle  leggi  de- 
gli stati  nei  quali  risiedono.  I  tre- 
centotremila quattrocento  novanta- 
tre uomini  componenti  l'armata 
della  confederazione  sono  sommini- 
strati da  ciascuno  stato  in  ragione 
di  un  uomo  per  ogni  cento.  Que- 
st'armata è  divisa  in  dieci  corpi, 
di  modo  che  le  principali  potenze 
formano  delle  divisioni  particola- 
ri ,  e  le  potenze  inferiori  in  abi- 
tanti si  uniscono  onde  formare  dei 
separati  contingenti  .  Il  generale 
in  capo  dell'armata  deve  esse- 
re eletto  dalla  confederazione,  cia- 
scuna volta  che  la  riunione  del- 
l'armata é  dalla  dieta  stabilita.  E- 
gli  presta  ad  essa  giuramento,  ed 
è  esclusivamente  soggetto  alla  sua 
autorità.  La  confederazione  ha  sei 


200  GER 

fortezze  che  si  chiamano  federali, 
perchè  il  presidio  loro  essere  deve 
formato  in  ^parte  dalle  truppe  del 
sovrano  cui  appartiene  la  fortezza, 
ed  in  parte  da  quelle  confederate. 
Queste  fortezze  sono  Lus.emburgo, 
appartenente  al  re  dei  Paesi  Bassi 
come  granduca  di  Luxeniburgo; 
Magonza  dipendente  dal  granduca 
d'Assia;  Landau,  Germeisheim  ,  e 
Homburg  che  spettano  al  re  di  Ba- 
viera ;  ed  Ulma  che  appartiene  al 
re  di  Wilrtembeig.  Qui  appresso 
riporteremo    la  nota  dei    trentotto 


GER 

stati  componenti  la  confederazione 
germanica,  notando  in  pari  tempo 
il  loro  rispettivo  rango,  la  divisio- 
ne cui  appartengono,  ed  il  nume- 
ro de'  voti  di  ciascuno  stato,  allora 
quando  la  dieta  si  forma  in  assem- 
blea generale  per  trattare  delle  leg- 
gi fondamentali  da  approvarsi,  ov- 
vero dei  cambiamenti  da  farsi  nelle 
leggi  medesime,  o  per  discutere  di 
un  interesse  comune,  o  per  pren- 
dere delle  misure  per  rapporto  al- 
l'atto federale  medesimo,  ec.  come 
abbiamo  detto  di  sopra. 


3. 

4- 
5. 
6. 

7- 
8. 

9- 

IO. 

1 1. 

12. 

i3. 

i4. 

i5. 
i6. 

17- 
i8. 

'9- 

20. 
21. 
22. 
23. 
24. 
25. 

26. 

27. 

28. 
29. 

3o. 
3i. 

32. 

33. 
34. 
35. 
36. 
37. 
38, 


STATI 


Austria  per  l'arciducato  d'Austria,  il 
ducato  di  Salisburgo,  la  contea  del 
Tirolo,  le  signorie  del  Vorarlberg,  il 
ducato  di  Stiria,  il  ducato  di  Garin 
tia  e  di  Carniola  ,  la  Boemia,  i 
margraviato  di  Moravia,  e  la  Slesia 

Prussia  per  le  provincia  di  Slesia,  Bran 
deburgo,  Pomerania,  Sassonia,  West 
falia,  Cleves-Berg  e  del  Basso  Reno 

Baviera,  regno 

Sassonia,  regno 

Annover,  regno 

Wiutemberg,  regno  .... 

Baden,  granducato      .... 

Assia-Cassel,  elettorato     . 

Assia-Darmstadt,  granducato 

Holstein  e  Lauenburg,  ducati   . 

Luxeraburgo,  granducato 

Brunswick,  ducato      .... 

Mecklenburg-Schwerin,  granducato 

Nassau,  ducato 

Sassonia-Weimar,  granducato    . 

Sassouia-Coburg- Gotha,  ducato 

Sassonia-Meiningen,  ducato 

Sassonia-AIteuburg,  ducato 


Mecklemburg-Strelitz,  granducato 
Oldeuburg  e  Kniph,  granducato 
Anhalt-Dessau,  ducato     . 
Anhalt-Bernburg,  ducato 
Anhalt-Coethen,  ducato  . 
Schwarzburg-Sondershausen ,    princif 
Schwarzburg-Rudolstadt,  principato 
Hohenzollern-Hechiugen,  principato 
Lichtenstein,  principato  .... 
Hohenzollern-Sigmaringen  principato 
Waldech,  principato       .... 
Reuss  (ramo  primogenito)  principato 
Reuss  (ramo  cadetto)  principato 
Lippe-Schauenburg,  principato . 
Lippe-Detmold,  principato  . 
Assia-Homburg,  langraviato 

Lubecca ^     •     • 

Francfort  sul  Meno   .     {      Città 


Brema     . 
Amburgo 


libere 


DIVISIONE 

CUI 

APPARTENGONO 


i-m 


IV-VI 

VII 

IX 

X 

vili 
vili 

IX 

vili 

X 
IX 

X 

X 

IX 

Divisioni 

di 

riserva 

X 
X 


NUIW. 
DEI 
VOTI 


Divisioni 

di 
riserva 


X 

Divis.  di  ris 

X 

X 


li 
III 
IV 

V 

VI 

VII 

vili 

IX 

X 

XI 

xm 

XIV 
XIII 

XII 

XIV 


XV 


XVI 

(IX) 
XVII 


202  GER 

Gli  stati  lutti  poi  che  compon- 
gono in  oggi  l'impero  austriaco,  già 
appartenenti^  all'impero  germanico, 
sono  :  tutto  il  circolo  d'Austria  colie 
sue  dipendenze  nell'  Istria  e  nel- 
r  Italia;  parte  del  circolo  di  Ba- 
viera, cioè  quasi  tutto  l'arcivesco- 
vato di  Salisburgo,  e  tutta  la  par- 
ie della  Baviera  situata  alla  destra 
deU'Inn,  dopo  il  suo  confluente  col- 
la Saltza  ;  la  Boemia,  la  ìMoravia, 
parte  dell'alta  Slesia  ed  il  ducato 
di  Auschwitz,  il  quale  benché  for- 
mante parte  della  Galizia  viene 
considerato  come  compreso  nell'an- 
tico impero  germanico.  In  Italia 
l'impero  d'Austi-ia  possiede  il  ter- 
ritorio dell'  antica  repubblica  di 
Venezia,  quello  dell'  antica  Lom- 
bardia austriaca,  col  ducato  di  Man- 
tova; la  Valtellina,  i  passi  di  Bor- 
mio e  Chiavenna  ,  altre  volte  sog- 
getti al  cantone  svizzero  dei  gri- 
gioni  ec.  ec.  Aggiungansi  a  questi 
stati  il  regno  d'  Ungheria  con  gli 
annessi  regni  di  Schiavonia  e  di 
Croazia,  il  gran  principato  di  Tran- 
silvania,  ed  i  confini  militari,  i  pae- 
si veneti  della  Dalmazia  e  dell'Al- 
bania, e  l'ex-repubblica  di  Ragusi. 
Quindi  in  Polonia  il  regno  di  Ga- 
lizia, ed  una  piccola  parte  di  quel- 
lo della  Lodomiria;  e  nella  Tur- 
chia europea  la  parte  nord  -  o- 
vest  della  IMoldavia  ,  detta  Bu- 
kowina  e  riunita  alla  Galizia.  Co- 
sì colla  distruzione  della  politica 
associazione  della  confederazione 
renana,  avendo  l'Alemagna  riac- 
quistate le  Provincie  della  sinistra 
riva  del  Reno,  un'altra  tosto  ne 
nacque  sotto  il  titolo  di  confede- 
razione germanica  ,  della  quale 
appunto  il  celebre  congresso  di 
Vienna  determinò  definitivamente 
le  basi.  Erasi  inoltre  presentata 
al    congresso    un'  istanza  ,    benché 


GER 
senza  il  bramato  efTetto,  in  nome 
del  commendatore  fr.  Andrea-y- 
Centelles,  luogotenente  del  magi- 
stero dell'ordine  gerosolimitano  in 
Catania,  a  fine  di  ottenere  qual- 
che isola  nel  mare  Jonio  in  com- 
penso di  quella  di  Malta,  metten- 
do innanzi  la  considerazione  di  set- 
tecento anni  di  servigi  resi  da  quel- 
l'ordine a  tutta  la  cristianità,  e  di 
lina  gloria  suggellata  col  sangue 
delle  piìi  nobili  famiglie  d  Europa. 
Il  cardinal  Consalvi  presentò  anche 
egli  al  congresso,  con  zelo  ed  energia 
le  ragioni  della  santa  Sede  sopra  le 
antiche  sue  provincie  italiane  e  di 
Provenza;  e  vide  in  quanto  alle 
prime  coronata  la  sua  avveduta 
negoziazione  ,  e  quell'alta  e  ben 
giusta  riputazione  in  cui  era  pres- 
so tutte  le  potenze,  con  l'articolo 
io3,  col  quale  furono  restituite  al- 
la santa  Sede  le  marche  con  Came- 
rino e  sue  dipendenze,  il  ducato  di 
Benevento,  il  principato  diPontecor- 
vo,  e  le  legazioni  di  Ravenna,  Bo- 
logna e  Ferrara,  ad  eccezione  del- 
la parte  del  Ferrarese  situata  sulla 
riva  sinistra  del  Po.  AH'  impera- 
tore d'Austria  ed  ai  suoi  succes- 
sori il  congresso  concesse  il  diritto 
di  tenere  guarnigione  nelle  fortez- 
ze di  Ferrara  e  di  Comacchio.  In- 
oltre il  congresso  statuì,  che  tut- 
ti gli  acquisti  fatti  da  persone  pri- 
vate in  virtìi  di  un  titolo  rico- 
nosciuto legittimo  dalle  leggi  pre- 
sentemente vigenti,  saranno  man- 
tenuti; e  le  disposizioni  per  la  ga- 
ranzia del  debito  dello  stato,  e  del- 
la paga  delle  pensioni,  saranno  sta- 
bilite da  una  commissione  specia- 
le fra  le  corti  di  Roma  e  di  Vien- 
na, laonde  poscia  ebbe  luogo  quel- 
la convenzione  ,  che  diede  origine 
al  console  generale  pontificio  pel 
regno    lombardo  veneto ,    con    tu- 


GER 
ratiere  dì  rappresentante  diplonna- 
tico,  di  che  si  discorre  al  voi.  XV If, 
p.  43'  e  seg.  del  Dizionario.  Ma 
doppio  era  lo  scopo  al  quale  si  do- 
•vea  occupare  il  cardinal  Consalvi 
nel  congresso  di  Vienna,  la  ricu- 
perazione cioè  dello  stato  tempo- 
rale della  santa  Seòe,  e  la  restau- 
razione della  chiesa  germanica.  Il 
principe  primate,  arcivescovo  di 
Ratisbona  non  erasi  veramente  re- 
cato in  persona  a  Vienna  per  trat- 
tare di  un  affare  di  tanto  rilievo; 
■vi  erano  andati  bens\  l' abbate  di 
Wolsbood  decano  dei  capitoli  di 
W-^orms  e  di  Spira,  e  monsignor 
d'Hellerich  canonico  della  cattedra- 
le di  Spira  ,  insieme  con  altri  ec- 
clesiastici di  altri  capitoli,  presen- 
tando uno  scritto,  che  dimostrava 
la  trista  situazione  della  chiesa  a- 
lemanna  privata  de'suoi  beni  e  dei 
suoi  pastori. 

I  principali  capi  a  cui  si  ridu- 
cevano le  loro  domande,  erano 
questi:  i.°  il  ristabilimento  delle 
sedi  episcopali,  e  il  diritto  deli'  e- 
lezione  conservato  ne' capitoli.  2." 
La  restituzione  de'beni  ecclesiastici 
per  tutto  dove  tale  restituzione  far 
si  poteva  senza  inconvenienti,  od  una 
indennizzazione  proporzionata  per 
tutto  ciò  eh'  esser  non  poteva  re- 
stituito. Sembra  che  in  sulle  prime 
la  commissione,  che  nel  congresso 
separatamente  tenea  l'incarico  de- 
gli affari  della  Germania,  inclinas- 
se ad  un  concordato  generale  : 
quando  venne  deciso  li  2  genna- 
io 18 15  che  solamente  le  basi 
generali  per  la  riordinazione  del- 
la chiesa  germanica  si  porrebbero 
nel  congresso,  e  che  i  diversi  prin- 
cipi poi  in  particolare  conclude- 
rebbero col  sommo  Pontefice  i  con- 
cordati. Posta  la  quale  risoluzione 
che  in    lutto    dipendeva  dalla  vo- 


GER  20^ 

lontà  dei  principi  delia  confedera- 
zione, non  si  vede  con  qual  fon- 
dametito  Heeren,  Manuel  hixtor. 
da  syst.  polii,  des  élats  d'Europe, 
osi  incolpare  Pio  VII  di  avere 
al  congresso  di  Vienna  posposti  gli 
affari  della  religione,  e  trascurato 
il  ristabilimento  della  chiesa  «jer- 
manica.  I  concordati  conclusi  da 
Pio  VII  con  la  Baviera,  con  l'An- 
nover,  ec;  le  bolle  Dei  ac  Domi- 
ni nostri  Jesu  Chris  ti;  De  salute  a- 
niniarum;  Provida  solersque  Ro- 
manorum  Pontijicuni  ;  Ecclesias 
quae  anliqnitates  ;  ed  altre  con  le 
quali  Pio  VII  fece  diverse  circo- 
scrizioni di  diocesi,  alcune  soppres- 
se, altre  eresse,  unendovi  nelle  dio- 
cesi le  antiche  chiese  di  abbazie  e 
monisteri  ,  sono  la  più  valida  ri- 
sposta a  smentire  una  calunnia 
nata  dagli  antichi  pregiudizi  dei 
quali  sono  imbevuti  gli  acattolici 
contro  la  santa  Sede.  Inoltre  a 
confutare  tali  assertive  va  ricor- 
dato che  il  cardinal  legalo  Consal- 
vi riguardo  alle  cose  ecclesiastiche 
della  Germania,  ad  esse  si  rivolse 
sino  dal  principio  del  congresso 
con  tutto  il  suo  impegno  e  pre- 
mura; e  tostochè  venne  stabilita 
una  commissione  incaricata  di  oc- 
cuparsi particolarmente  degli  afla- 
ri  della  Germania,  composta  dei 
ministri  dei  principi  di  quella  na- 
zione ,  indirizzò  alla  medesima  u- 
na  nota^  nella  quale  racchiuse  tut- 
ti i  reclami,  enumerò  particolar- 
mente i  danni  arrecati  tanto  ai  di- 
ritti spirituali  della  Chiesa,  quanto 
ai  suoi  temporali  interessi ,  ed  i- 
stantissimaraente  domandò,  che  dal- 
la saviezza  de'  principi  venisse  po- 
sto un  opportuno  rimedio  a  tali 
danni,  dimodoché  a  seconda  dei 
voti  formati  da  tanto  tempo  da 
tutti  i    buoni,  e  delle    paterne  cu- 


ao4  GER  GER 
re  del  Potilefice,  potesse  tl'accoido  salvezza  delle  anime,  come  anche 
coi  principi  medesimi  provvedere  ai  diritti  della  santa  lìede  aposlo- 
a  tanta  netessilìi  delle  chiese.  A-  hca,  rispettali  per  il  corso  di  tan- 
vendo  però  veduto  il  cardinale,  clie  ti  secoli  dagl'  im|)uratori,  e  dagli 
il  congresso  di  Vienna  si  andava  altri  principi  dell'impero.  Durante 
a  disciogliere  j  senza  che  si  fosse  il  lungo  corso  delle  sue  calamità, 
stabilita  alcuna  cosa  relativamente  il  santo  Padre  prosteso  innanzi  a 
agli  affari  spettanti  alla  Chiesa  Dio,  ed  implorando  con  ferventi 
cattolica,  in  quello  stesso  giorno  preghiere  lo  spirito  della  pace  e  del- 
nel  quale  diede  corso  alla  prote-  la  concordia  per  tutti  i  monarchi 
sta  sugli  altari  temporali  della  san-  e  popoli  cristiani,  ha  tatto  sempre 
ta  Sede,  che  poi  riporteremo,  al-  i  voti  piìi  ardenti,  afUnchè  il  suo 
tra  ne  trasmise  in  una  sua  nota  pontitìcato  che  dai  primi  moraea- 
ai  ministii  dei  principi,  riguardan-  ti  è  stato  per  la  sua  persona  una 
le  i  diritti  tanto  spirituali  quanto  feconda  sorgente  delle  pili  amare 
temporali  delle  chiese  di  Germa-  vicende,  fosse  al  ritorno  dell'ordi- 
nia,  del  seguente  tenore.  ne,  e  all'occasione  della  pace  ge- 
J3  11  cardinal  sottoscritto  segre-  nerale  la  fortunata  epoca  del  Irioa- 
tario  di  stato  di  Sua  Santità  Papa  fo  della  religione,  e  della  reinte- 
Pio  VII,  e  suo  plenipotenziario  al  grazioue  della  Chiesa  in  tuttociò 
congresso  di  Vienna,  confurmemen-  di  cui  era  stata  spogliala.  A.  tal 
te  agli  ordini  ricevuti  da  Sua  San-  fine  il  sottoscritto  in  esecuzione  de- 
lità  non  ha  mancato  nella  nota  in  gli  ordini  del  santo  Padre  non  la- 
data  dei  17  novembre  181 4  hi-  sciò  di  unire  ai  suoi  reclami  le 
dirizzata  a  S.  A.  il  principe  di  più  vive  preghiere  per  ottenere  un 
Melternich  presidente  della  cora-  conveniente  riparo  a'  mali  che  con 
missione  destinata  per  gli  aliali  la  nota  qui  sopra  enunciata  erano 
della  Germania,  di  esporre  i  recla-  stati  posti  sotto  gli  occhi  della 
mi  del  santo  Padre  intorno  alle  commissione  germanica,  a  cui  do- 
perdite  e  danni  sofferti  dalle  chic-  veva  essere  comunicata  ". 
se  germaniche,  sia  nei  loro  diritti  »  Per  ciò  che  riguarda  i  di- 
e  prerogative,  sia  nei  loro  possedi-  ritti  e  le  prerogative  delle  chiese 
menti.  Sua  Santità  avea  fatto  co-  della  Germania,  diritti  e  preroga- 
noscere  per  mezzo  di  atti  pub-  live  una  parte  delle  quali  intrin- 
blici  il  vivo  dolore  che  provò  al-  secamente  appartiene  alla  costitu- 
lorchè  vide  sanzionare  da  vari  trat-  zione  generale  della  Chiesa,  e  l'ai- 
tati, e  segnatamente  da  quello  di  tra  è  fondata  sopra  il  legittimo 
Ratisbona  dell'anno  i8o3,  ed  e-  e  canonico  possesso  delle  chiese  ger- 
seguire  tanti  e  sì  gravi  cangiamen-  maniche,  Sua  Santità  in  seguito  dei 
ti  a  danno  delle  chiese,  dei  ve-  piincipi  che  governano  la  Germa- 
scovati,  dei  capitoli,  de'  monisteri  nia  ha  motivo  di  sperare  che  questi 
e  di  altre  istituzioni  ecclesiastiche  stessi  principi  magnanimi  vorrau- 
della  Germania,  e  a  danno  anche  no  apprestare  lutto  il  loro  concor- 
dello  stesso  romano  impero;  cangia-  so  ed  appoggio  ad  una  sistema- 
mento  da  cui  sono  risultati  gli  ef-  zione  degli  affari  ecclesiastici  di 
fetti  più  funesti  agi'  interesbi  spiri-  quella  illustre  nazione  conforme  al- 
tuali  e  temporali  della  Chiesa,  alla  le    leggi    della    Chiesa.  Ma    perciò 


GER 

che  rignnrda  i  possedimenti  delle 
chiese  di  Germania,  diverse  dispo- 
sizioni, che  il  congresso  di  Vienna 
ha  creduto  dover  lasciare  sussiste- 
re o  stabilire,  non  possono  essere 
che  un  oggetto  di  dolore  pel  san- 
to Padre.  1  principi  ecclesiastici,  che 
sono  stati  distrutti  dalla  violenza 
rivoluzionaria,  in  favore  dei  quali 
parlavano  (almeno  egualmente)  i 
principii  ei  diritti  medesimi  ammes- 
si in  favore  di  tanti  principi  secolari 
ristabiliti  nei  loro  dominii,  non  sono 
stali  reintegrali,  e  sono  stati  asse- 
gnati a  vari  principi  cattolici  e 
non  cattolici.  I  beni  ecclesiastici, 
patrimonio  sacro  di  tante  chiese  sì 
antiche  e  sì  illustri,  beni  necessa- 
ri al  culto  divino,  e  al  sostenta- 
mento del  sacerdozio,  che  formano 
anche  la  dote  di  stabilimenti  in- 
dispensabili ,  o  infinitamente  utili 
al  clero  secolare  e  regolare  del- 
l'uno e  dell'altro  sesso,  sono  stali 
in  parte  lasciali  ai  nuovi  posses- 
sori senza  alcun  concorso  della  le- 
gittima autorità,  o  restano  distrat- 
ti dalle  loro  rispettive  destinazioni. 
Il  sacro  impero  romano  centro  del- 
l'unità politica,  opera  veneranda 
dell'antichità,  consagrata  dall'  au- 
gusto carattere  della  religione,  la 
cui  distruzione  è  stato  uno  dei 
rovesciamenti  più  funesti  della  ri- 
voluzione, non  è  ancora  risorto 
dalle  sue  rovine.  I  doveri  inerenti 
alla  qualità  di  capo  visibile  della 
Chiesa,  ed  i  solenni  giuramenti  pro- 
nunziati dal  santo  Padre  all'  epoca 
del  suo  innalzamento  al  supremo 
apostolato,  gli  tracciano  la  condot- 
ta che  deve  tenere  in  questa  dif- 
ficile circostanza.  Egli  ha  altresì 
innanzi  agli  occhi  l'esempio  di  tan- 
ti illustri  suoi  predecessori,  che  an- 
che in  casi  di  minore  importanza 
ebbero    la    più    gran   premura    di 


GER  2o5 

provvedere  ai  diritti  della  religio- 
ne e  della  .santa  Sede.  Così  per 
non  citare  una  serie  di  fatti  più 
antichi,  Innocenzo  X  dopo  il  con- 
gresso e  la  pace  di  Westfalia  nel 
1649,  Clemente  XI  dopo  il  trat- 
tato di  Rastadt  nel  1707,  e  di 
Baden  nel  1714,6  Benedetto  XIV 
nel  1 744;  come  anche  i  loro  rap- 
presentanti nei  congressi  suddetti, 
protestaronsi  contro  tutte  le  inno- 
vazioni pregiudizievoli  alla  Chiesa 
ed  ai  diritti  della  santa  Sede,  con- 
tenute in  quei  trattati.  Il  santo 
Padre  responsabile  a  Dio,  alla  Chie- 
sa, ed  ai  fedeli,  non  potrebbe  sen- 
za mancare  ai  suoi  doveri  essen- 
ziali, osservare  il  silenzio  intorno 
a  risoluzioni  di  questa  sorta.  In 
conseguenza  il  cardinale  sottoscrit- 
to conformemente  agli  ordini  di 
Sua  Santità,  e  ad  esempio  dei  legati 
della  santa  Sede  inviati  a  diversi 
congressi,  e  segnatamente  del  vesco- 
vo di  Nardo  Fabio  Chigi  al  congres- 
so di  Westfalia,  ha  l'onore  di  rimet- 
tere a  Sua  Eccellenza  il  signor.  . .  . 
la  protesta  qui  unita  contro  la  ri- 
soluzione, ed  ogni  altro  atto  pre- 
giudizievole agli  interessi  della  re- 
ligione cattolica,  e  contrario  ai  di- 
ritti della  santa  Chiesa  e  della  san- 
ta Sede,  che  sono  stati  o  mante- 
nuti in  vigore,  o  emanati  dal  con- 
gresso di  Vienna  "  . 

»  Il  sottoscritto  prega  ,  che  la 
sua  protesta  sia  inserita  nel  pro- 
tocollo del   congresso". 

»  Egli  ha  l'onore  di  rinnovare 
a  Sua  Eccellenza,  1'  assicurazione 
della   sua  alta  considerazione  ". 

«   Vienna  li    i4  g'Li§no    181 5. 

»3   Ercole  cardinal  Consalvi. 

Protesta  fatta  a  nome  di  Sua 
Santità  Papa  Pio  VII,  e  della  san- 


2o6  GER 

la  Sede  apostolica  contro  tutte  le 
disposizioni  che  furono  stabilite  e 
mantenute; nel  congresso  di  Vien- 
na in  pregiudizio  dei  diritti  e  de- 
gli interessi  delle  chiese  gerniani- 
che,  ed   anche  della   santa  Sede. 

«  Io  Ercole  della  santa  romana 
Chiesa  cardinal  Consalvi  diacono 
di  s.  Agata  alla  Suburra,  segreta- 
rio di  stato  di  Sua  Santità  Papa 
Pio  VII,  e  suo  ministro  plenipo- 
teriziario  al  congresso  di  Vienna 
per  la  ricupera  dei  dominii  della 
santa  Sede  apostolica,  che  mi  ha 
ancora  ordinato  di  attendere  e  d'in- 
vigilare con  ogni  diligenza,  affin- 
chè all'occasione  del  ristabilimento 
della  pace  generale ,  e  della  siste- 
mazione degli  affari  dell'Europa,  le 
chiese  germaniche,  e  la  Sede  apo- 
stolica non  ricevessero  alcun  danno 
nei  loro  diritti,  immunità,  privilegi, 
beni,  e  principalmente  in  ciò  che  ap- 
partiene al  culto  divino,  ed  alla  sal- 
vezza delle  anime;  anzi  di  porre 
ogni  premura,  acciocché  venissero 
riparati  quei  danni,  che  tanto  nel- 
le cose  spirituali  quanto  nelle  tem- 
porali avca  nella  Germania  soffer- 
to la  Chiesa  nelle  vicende  de'  pas- 
sati tempi.  Per  soddisfare  ad  un 
tale  incarico ,  tosto  che  venne  a 
mia  notizia,  che  per  autorità  dei 
supremi  principi  dimoranti  in  que- 
sta imperiale  e  reale  città,  erasi 
stabilita  una  particolare  commissio- 
ne incaricata  di  prender  cognizio- 
ne, stabilire,  e  deliberare  sugli  af- 
fari della  Germania,  posi  sotto  gli 
occhi  di  Sua  Altezza  il  principe  di 
Metternich  presidente  di  questa  com- 
missione i  reclami  di  Sua  Santità, 
in  una  nota  da  presentarsi  alla 
commissione  suddetta,  datata  il  gior- 
no 17  novembre  dell'anno  scorso 
iSi4.  In  questa  io  mi  duolsi  di 
tutte  quelle    innovazioni,    che    con 


GER 

disapprovazione  di  nostro  Signore 
(come  attestano  i  pubblici  docu- 
menti) furono  fatte  in  Germania 
negli  anni  scorsi,  e  molte  delle 
quali  furono  anche  sanzionate  con 
vari  trattati,  e  principalmente  con 
quello  di  Ratisbona  dell'anno  i8o3, 
in  pregiudizio  delle  chiese  e  dei 
vescovati,  dei  capitoli,  dei  moni- 
steri,  e  di  altri  luoghi  ed  istituzio- 
ni pie,  e  finanche  dello  stesso  ro- 
mano impero,  donde  risultarono 
danni  tanto  funesti  agli  interessi 
spirituali  della  Chiesa,  e  alla  sal- 
vezza delle  anime,  e  donde  deri- 
vò alcun  grave  pregiudizio  ai  di- 
ritti della  Sede  apostolica,  diritti 
che  pel  lasso  di  tanti  secoli  erano 
stati  riconosciuti  dagl'  imperatori 
stessi,  e  dagli  altri  principi  dell'im- 
pero. Dopo  avere  esposto  tali  co- 
se io  pregai  a  nome  di  Sua  San- 
tità i  gloriosi  principi,  affinchè  eoa 
la  loro  giustizia  e  saviezza  pones- 
sero rimedio  a  tanti  disastri.  Fi- 
nalmente non  mancai  di  pregare 
i  ministri  dei  principi  medesimi,  af- 
finchè nella  ripristinazione  delle  co- 
se di  Germania,  alla  quale  erano 
per  applicarsi,  volessero  avere  spe- 
ciale riguardo  alla  religione  catto- 
lica, alla  salvezza  delle  anime,  ai 
diritti  delle  chiese  germaniche,  e 
della  Sede  apostolica  ". 

«  In  quanto  poi  a  ciò  che  ri- 
guarda gli  affari  ecclesiastici,  la  fa- 
vorevole disposizione  de'  principi 
che  governano  la  Germania  spesso 
manifestata,  mi  dà  luogo  a  spera- 
re che  quanto  prima  potranno  es- 
sere sistemati  a  norma  delle  leggi 
della  Chiesa.  In  quanto  però  a  ciò 
che  appartiene  ai  beni  temporali 
delle  chiese  della  Germania,  molte 
cose  sono  state  o  stabilite  nel  con- 
gresso, o  mantenute  in  vigore,  che 
arrecano  gian  dolore  all'  animo  di 


GER 

Sua  Santità.  I  principati  tempo- 
rali de'  quali  era  stata  spogliata 
la  Chiesa  nella  Germania,  non  si 
sono  ad  essa  per  anco  restituiti  ; 
anzi  sono  stati  concessi  a  principi 
secolari  cattolici  e  non  cattolici  : 
parte  dei  beni  e  delle  rendite  del 
clero  tanto  secolare,  che  regolare 
dell'uno  e  dell'altro  sesso,  quali 
sono  patrimonio  della  Chiesa  ,  è 
stata  rilasciata  ai  loro  nuovi  pos- 
sessori, senza  che  venisse  ciò  san- 
zionato da  alcuna  autorità  legitti- 
ma ;  parte  si  fa  rimanere  distratta 
e  deviata  da  quegli  usi  pei  quali 
erano  stati  stabiliti.  In  ultimo  luo- 
go, lo  stesso  romano  impe.o,  con 
ragione  riguardalo  come  centro  del- 
l' unità  politica,  e  consacrato  dalla 
santità  della  religione,  non  è  anco- 
ra ristabilito  ". 

«  Poiché  adunque  la  Santità  di 
Nostro  Signore  animata  dalla  sol- 
lecitudinCj  che  deve  avere  del  greg- 
ge del  Signore  e  di  tutte  le  chie- 
se, e  legato  dai  giuramenti  prestati 
air  occasione  del  suo  innalzamento 
al  supremo  pontificato ,  non  solo 
non  può  passare  sotto  silenzio  tali 
pregiudizi  recati  agi'  interessi  tem- 
porali delle  chiese  germaniche,  o 
lasciati  sussistere,  dai  quali  inoltre 
più  gravi  danni  risultano  alla  re- 
ligione cattolica,  e  molti  e  grandi 
aiuti  ad  essa  vengono  tolti,  non 
solo,  dico,  non  li  può  passare  sotto 
silenzio,  affinchè  non  sembri  col 
tollerarli,  ch'egli  li  approvi;  ma 
sull'  esempio  anche  de'  suoi  prede- 
cessori ,  che  contro  pregiudizi  di 
minore  importanza  fatti  alla  Chie- 
sa non  om misero  di  far  sentire  la 
loro  apostolica  voce,  è  costretto  a 
difendere  ed  a  conservare  intatti 
per  quanto  esso  può,  i  diritti  e  le 
ragioni  della  Chiesa.  Io  che  adem- 
pio le  sue  parti  in  questo  congres- 


GER  207 

so,  appoggiato  agli  esempi  di  altri 
legati  della  santa  Sede ,  e  special- 
mente di  Fabio  Chigi  vescovo  di 
Nardo,  nunzio  apostolico  presso  dei 
celeberrimo  congresso  tenuto  in 
Westfalia,  a  nome  della  santa  Se- 
de apostolica,  e  del  santissimo  Pa- 
dre nostro  Signore  Pio  VII  per 
divina  provvidenza  Papa,  per  mezzo 
di  queste  lettere  apertamente,  ed  in 
ogni  miglior  modo,  via  ,  causa  e 
forma  a  cui  per  mio  officio  sono 
tenuto,  protesto,  mi  oppongo,  e 
contraddico  a  tutte  quelle  disposi- 
zioni, le  quali  sono  state  stabilite 
o  mantenute  in  vigore  in  questo 
congresso  di  Vienna ,  e  che  arre- 
cano pregiudizio  ai  diritti  ed  in- 
teressi della  chiesa  di  Germania , 
e  della  santa  Sede,  ed  a  tutti  quei 
danni  che  da  tali  disposizioni  de- 
rivano al  culto  divino,  e  alla  sal- 
vezza delle  anime,  danni,  quali  io 
per  quanto  a  me  si  appartiene  ho 
fatto  ogni  sforzo  per  impedire;  e 
per  assicurare  anche  presso  gli  as- 
senti ed  i  posteri  più  estesa  la 
notizia  di  tali  atti,  ho  sottoscritto 
di  mia  mano  questa  protesta,  l'ho 
firmata  col  mio  sigillo,  e  dimando 
che  venga  formalmente  inserita  nel 
protocollo  degli  atti  di  questo  con- 
gresso. Dato  a  Vienna  dal  palazzo 
della  nunziatura  apostolica  il  gior- 
no  i4  giugno  dell'anno    181 5". 

»   Ercole  cardinal  Consalvi. 

Quindi  il  Pontefice  Pio  VII  adu- 
nò a' 4  settembre  18 15  il  sacro 
collegio  de'  cardinali  in  concistoro, 
e  con  analoga  allocuzione  pubbli- 
cò la  restituzione  fatta  alla  santa 
Sede  delle  summeutovate  provin- 
cie,  con  sensi  di  riconoscenza  verso 
quei  sovrani  che  vi  avevano  coo- 
perato, indi  passò  a  descrivere  tutti 


2o8  GER 

gli  atti  perciò  fatti  nel  congresso 
di  Vienna  ckl  cardinal  Consalvi 
legato,  e  primieramente  quello  in 
cui  si  provvide  al  decoro  della 
santa  Sede,  nel  confermarsi  le  pre- 
rogative de' suoi  rappresentanti.  Im- 
perocché essendosi  incominciato  a 
trattare  di  rimovere  per  sempre  le 
questioni  bene  spesso  insorte  sulla 
precedenza  dei  ministri  delle  di- 
verse corti,  il  cardinale  prese  par- 
ticolar  cura,  acciò  anche  in  tal 
congiuntura  rimanesse  salva  la  di- 
gnità della  Sede  apostolica,  alla  qua- 
le si  era  avuto  il  più  gran  riguar- 
do; laonde!  principi,  compresi  quelli 
che  non  sono  uniti  in  comunione 
con  la  cattedra  di  s.  Pietro,  de- 
cretarono, che  ninna  innovazione 
si  facesse  intorno  ai  legati  ed  ai 
nunzi  apostolici,  che  fino  allora 
avevano  occupato  il  primo  posto 
fra  tutti  i  rappresentanti  degli  al- 
tri sovrani,  ludi  il  Papa  lesse  la 
protesta  fatta  dal  cardinal  Consal- 
vi, agli  otto  principali  ministri  del- 
le alte  potenze  che  sottoscrissero 
il  trattato  di  Parigi  de'  3o  maggio 
i8i4,  compito  con  quello  di  Vien- 
na de'  9  giugno  i8i5.  In  questa 
protesta  dichiaratasi  dal  cardinale 
la  gratitudine  del  Papa  per  la 
reintegrazione  de'suoi  dominii  tem- 
porali, non  avendo  esso  avuto  il 
ripromesso  compenso  per  le  pro- 
Tincle  à'  Avignone  e  Venaissìno 
[f^edi)  in  Provenza,  protestò  sui 
relativi  diritti,  come  protestò  sulla 
porzione  della  legazione  ferrarese 
situata  sulla  riva  sinistra  del  Po, 
per  gli  opportuni  indennizzi.  In 
quanto  alle  guarnigioni  austriache 
stabilite  nelle  piazze  di  Ferrara  e 
di  Comacchio,  questa  misura  es- 
sendo totalmente  contraria  alla  li- 
bertà ,  ed  indipendente  sovranità 
della  santa  Sede,  ed  al    suo    siste- 


GER 

ma  di  neutralità,  potendo  espoila  a 
delle  ostilità,  portando  pregiudizio 
ai  suoi  diritti ,  ed  intralciandone 
l' esercizio ,  il  cardinale  eziandio 
protestò  formalmente  anche  su  que- 
st'articolo, portando  l'atto  la  data 
de'  i4  giugno  i8i5.  Continuando 
Pio  VII  la  sua  allocuzione,  gran- 
demente lodò  l'impegno  mostrato 
nel  congresso  dall'imperatore  Fran- 
cesco I ,  dai  re  di  Francia  e  di 
Spagna ,  dal  principe  del  Brasile 
reggente  di  Portogallo,  ed  anche  da 
altri  principi  che  non  appartengo- 
no alla  Chiesa  l'omana,  ed  a  fa- 
vore della  santa  Sede,  massime 
dell'  imperatore  di  Russia  Alessan- 
dro I,  che  con  autorità  e  potere 
sostenne  gì'  interessi  della  medesi- 
ma. Lodò  ancora  i  re  di  Prussia 
e  di  Svezia  che  pure  concorsero 
nelle  cose  spettanti  alla  romana 
Chiesa,  in  unione  al  principe  reg- 
gente d'  Inghilterra,  altro  sostegno 
del  cardinal  legato  nel  congresso  di 
Vienna  ;  e  si  dimostrò  grato  ai 
primari  ministri  ch'ebbero  parte 
nell'esito  felice  degli  affari.  Confer- 
mò Pio  VII  le  proteste  suU'  Avi- 
gnonese  e  Venaissino,  come  sulla 
parte  della  provincia  ferrarese  po- 
sta sulla  riva  sinistra  del  Po,  ac- 
ciò si  restituiscano  alla  santa  Sede, 
o  ad  essa  diasi  equivalente  com- 
penso, siccome  terre  appartenenti  a 
s.  Pietro  ;  ne  mancò  protestare 
contro  le  guarnigioni  di  Comacchio 
e  Ferrara.  In  seguito  parlò  delle 
cose  ecclesiastiche  della  Germania, 
e  lesse  le  due  analoghe  proteste 
che  riportammo  di  sopra.  Ne  ap- 
provò il  Papa  tutto  il  contenuto  , 
sperando  nell'  impegno  de'  principi 
di  essere  posto  in  grado  di  siste- 
mare al  più  presto  le  cose  eccle- 
siastiche della  Germania.  Per  ul- 
timo Pio  VII   rese  luminosi  e  giù- 


GER 

stì  elogi  alla  legazione  del  cardinal 
Consalvi,  dichiarandolo  grandemen- 
te benemerito  della  Sede  aposto- 
lica. 

A' 26  settembre  i8i5  ebbe  luo- 
go la  santa  alleanza  pel  manteni- 
mento della  pace  d'Europa,  tra 
r  Austria,  la  Russia,  e  la  Prussia. 
Avendo  l'imperatore  Francesco  I 
con  le  Provincie  conquistate  in  Ita- 
lia costituito  il  regno  lombardo-ve- 
neto, ed  il  regno  illirico,  nel  1816 
domandò  a  Pio  VII  il  privilegio  di 
nomina  per  tutte  le  chiese  degli 
stati  già  posseduti  dalle  repubbli- 
che di  Venezia  e  di  R.agusi,  e  che 
facevano  parte  de'  suoi  dominii  ; 
laonde  concesse  il  Papa  con  bolla 
quanto  erasi  domandato  dall'impe- 
ratore, non  che  ai  di  lui  successo- 
ri cattolici,  il  privilegio  cioè  di  no- 
minare a  tutte  le  suddette  chiese; 
mentre  sulla  circoscrizione  delle  dio- 
cesi di  alcuna,  può  leggersi  la  bol- 
la :  De  salute  Dominici  gregis  cu- 
rae  nostrae  del  1818.  Indi  si  ten- 
ne il  congresso  d' Aquisgrana  per 
il  quale  si  ritirò  dalla  Francia  la 
armata  d'occupazione  inglese-prus- 
siana-austro- tedesca;  in  questo  con- 
gresso si  ebbe  un  po'  per  un  ver- 
so, un  po' per  l'altro  diffidenza  con- 
tro le  università,  e  contro  lo  spi- 
rito del  popolo  tedesco.  Tale  dif- 
fidenza derivò  da  particolari  abusi 
della  libertà  della  stampa,  e  dalla 
immaginazione  esaltata  della  gio- 
Tentìx  fanatica  di  volersi  ingerire 
di  politica  in  modo  tale  che  in- 
dusse poi  i  governi  a  prender  re- 
lative misure.  Dopo  il  congresso 
d' Aquisgrana  l'imperatore  France- 
sco I  coir  augusta  sua  consorte  nel 
1819  si  recarono  in  Roma  splen- 
didamente accolti,  trattati  e  festeg- 
giali da  Pio  VII,  i  cui  particolari  si 
leggono  nei  Diari  di  Roma  di  quel- 

VOL.    XXIX. 


GER.  209 

l'epoca.  Francesco  I  non  si  recò  ai 
congressi  di  Troppau,  di  Verona,  e 
di  Lubiana,  adunati  per  reprimere 
dei  torbidi  e  delle  ribellioni,  e  per 
ristabilire  nella  Spagna,  a  Napoli  e 
nel  Piemonte  l'autorità  reale;  ma 
interessato  più  di  qualunque  altro 
al  mantenimento  dell'ordine  nella 
penisola,  pigliò  l'incarico  di  far 
marciare  delle  truppe  contro  gl'in- 
sorgenti di  Napoli  e  del  Piemonte, 
sotto  il  comando  de'  prodi  genera- 
li Frimont  e  Bubna,  e  fu  l'ultima 
guerra  ch'egli  sostenne.  Si  consacro 
poscia  interamente  alla  felicità  dei 
suoi  sudditi,  ed  alle  sue  inclinazioni 
pacifiche;  e  con  la  sua  bontà,  bene- 
ficenza, fermezza  di  carattere,  ret- 
titudine di  criterio,  riscosse  l' uni- 
Tersale  venerazione.  Nato  in  Italia 
ne  conservò  gradevole  reminiscen- 
za. Conservò  sempre  divozione  ver- 
so la  cattedra  di  s.  Pietro,  ed  a 
quelli  che  in  essa  sedettero,  come 
Pio  VII,  Leone  XII,  Pio  Vili,  e 
Gregorio  XVI  regnante,  nei  pri- 
mordi del  cui  pontificato  coi  suoi 
eserciti  represse  l'insurrezione  av- 
venuta in  sede  vacante  in  alcune 
Provincie  pontificie,  come  dicemmo 
al  voi.  XXIV,  p.  169  e  seg.;  ed 
al  voi.  XXV,  p.  290  e  seg.  del 
Dizionario. 

L'imperatore  Francesco  I,  com- 
pianto da  tutti,  morì  a  Vienna 
li  2  marzo  dell'anno  i835,  e  gli 
successe  il  primogenito  regnante 
imperatore  Ferdinando  I.  Il  Pon- 
tefice che  regna,  dopo  aver  an- 
nunziato al  sacro  collegio  nel  con- 
cistoro dei  6  aprile  sì  grave  perdi- 
ta, stabilì  la  mattina  degli  1 1  del- 
lo stesso  mese  il  funerale  nella  cap- 
pella Sistina,  onde  suffragarne  l'a- 
nima; vi  pontificò  il  cardinal  Ode- 
scalchi,  e  monsignor  Alessandro 
principe   Ruspoli,  uditore    generale 

i4 


2  IO  GER 

della  camera  apostolica,  encomiò 
l'augusto  defunto  eoa  eloquente 
orazione,  terminata  la  quale  il 
Pontefice  dal  trono  compiè  il  sacro 
rito  dell'assoluzione.  Del  ristabili- 
mento de' gesuiti  nell'impero  au- 
striaco operato  da  Francesco  I,  di 
altre  sue  gesta,  delle  mogli  ch'eb- 
be, degli  ordini  cavallereschi  dell'im- 
pero austriaco,  dell'imperatrice  ve- 
dova, dell'imperatore  ed  imperatri- 
ce regnanti,  se  ne  parla  al  voi.  Ili, 
p.  142  e  seg.  del  Dizionario.  In 
questo  si  tratta  eziandio  dei  regnan- 
ti imperiali  coniugi,  cioè  nel  voi. 
XXI li,  p.  i3o,  delle  fascie  benedet- 
te mandate  all'  imperatore  da  Pio 
VI  essendo  bambino;  nel  voi.  IV, 
p.  2  1  3  della  nascita  seguita  in  Pio- 
raa  dell'imperatrice  Maria  Anna,  e 
del  battesimo  che  ricevette  da  Pio 
VII;  e  qui  noteremo,  come  altro- 
ve, che  appena  eletto  Papa  Gre- 
gorio XVI ,  il  primo  atto  di  sua 
pontificia  autorità  si  fu  la  dispen- 
sa matrimoniale  concessa  pegli  im- 
periali coniugi,  donando  poscia  al- 
l'imperatrice nel  i832  la  Rosa  d'o- 
ro benedttta.  Della  descrizione  poi 
della  coronazione  di  Ferdinando  I 
colla  corona  di  ferro,  e  del  succes- 
sivo solenne  convito,  ne  parlammo 
al  voi,  XVII,  p.  99  e  seg,  e  280 
e  seg. 

11  medesimo  regnante  Pontefice 
Gregorio  XVI  nel  i835,  come  di- 
cemmo all'  articolo  Ermesiani  (Ve- 
di), condannò  e  riprovò  con  de- 
creto le  opere  di  Giorgio  Ermes, 
nato  nel  principato  di  Munster,  dap- 
poiché la  sua  dottrina  agitava  e 
teneva  in  dissensione  diverse  pro- 
vincie  della  Prussia,  e  specialmen- 
te la  VVestfalia.  In  quanto  agli  af- 
fari e  vertenze  sull'arcivescovo  di 
Colonia  Clemente  Augusto  libero 
barone    di    Droste    e     Vischering , 


GER 

ora  coadiuvato  dall'arcivescovo    di 
Iconio  in  partihiis  monsignor  Gio- 
vanni Geissel,  tra  la  santa  Sede  e 
la    Prussia,  quindi  accomodate,  so- 
no a  vedersi  gli  articoli   Colonia  e 
Prussia.     Sebbene    poi    tuttora    si 
debba     deplorare     la     perdita     dei 
principati,  delle  abbazie,  raonisteri, 
ec,  e  delle    cospicue  rendite,    fatta 
dal  clero  nei  memorati  avvenimen- 
ti,   abbiamo     però    un     motivo    di 
consolazione    religiosa,  nel    rilevare 
dal  confronto  degli    anteriori   tem- 
pi coi  nostri  il  risvegliamento  del- 
lo  spirito    ecclesiastico,    ed  il  riac- 
ceso   zelo  nel    clero  germanico,    e 
ne' suoi    illustri    pastori.   Può  dun- 
que sperarsi  in   un  miglior  avviinire 
un  clero  meno    dovizioso,  ma  piìi 
istruito  e   piìi  edificante  nella  con- 
dotta, essendo  noto  come  prima  si 
procedeva  nella  nomina  de' canoni- 
ci e  delle  dignità    de' capitoli  delle 
cattedrali^  menti'e    ora  e  poscia  si 
potrà    aver    piìi    considerazione  al 
merito,  che  a  qualunque  altro  ri- 
guardo.   Laonde    minore    ostacolo 
ancora  si   troverà  al  ritorno  del  cat- 
tolicismo  di  alcuni  membri  delle  va- 
rie sette  che  esistono  in  Germania,  e 
pili  facilmente  molti  potranno  ritor- 
nare al  seno  della  Chiesa  cattolica. 
L'autore    della    vita    d'Innocenzo 
III,  dell'opera  sulla  storia  del  me- 
dio evo,  e    di   quella  ultimamente 
pubblicata    sulle    recenti    questioni 
religiose  nella  Svizzera,    sciitta  in 
un  senso  veramente  cattolico,   cioè 
il  dottor  Federico  cav.   Hurler  di 
Sciadusa,  è  divenuto  pubblicamente 
cattolico,    per    l'abiura    che    a'  16 
giugno  1844  emise  in  Roma    nel- 
le mani  del  cardinal  Pietro    Osti- 
ni, già  nunzio  apostolico  di  Vien- 
na. Tale  celebre  scrittore    era  già 
cattolico    per    intima    convinzione, 
dappoiché  la  divina  grazia  da  gran 


GER 

Jcrapo  operò  nel  suo  onore  per 
r  invocato  patrocinio  di  Maria 
Vergine,  per  cui  si  addusse  a  Ro- 
ma centro  del  cattolicismo,  nell'in- 
tendimento di  farne  nelle  prescrit- 
te forme  solenne  professione.  Quin- 
di nel  giorno  sacro  a  s.  Luigi 
Gonzaga  ricevette  il  sacramento 
della  confermazione  nella  stessa 
cappella  del  collegio  romano,  ove 
molti  anni  innanzi  lo  stesso  car- 
dinale aveva  ricevuto  l' abiura  del 
rinomato  e  distinto  pittore  Over- 
bcck;  poscia  fu  ammesso  alla  men- 
sa eucaristica  nella  chiesa  di  s.  I- 
gnazio.  La  conversione  di  Hurter 
debbe  riputarsi  una  delle  più  lu- 
minose della  Germania,  e  porsi 
nel  rango  di  quelle  già  avvenute 
nelle  famigerate  persone  di  Stoll- 
berg,  di  Haller,  di  Werner,  di 
Schlosser,  di  Overbeck,  di  Tarke, 
e  di  Philipps.  E  per  ripetere  le 
gravi  parole  d'un  moderno  ed  il- 
luminato scrittore,  diremo  che 
nella  Germania  vi  sono  ora  vari 
principati  e  governi  che  si  deno- 
minano ancora  protestanti  ;  ma  in 
certo  modo  e  rigorosamente  par- 
lando l'antico  protestantismo  più 
non  esiste;  e  ciò  che  previdero 
gli  apologisti  della  religione  catto- 
lica nel  secolo  XVI,  si  è  ormai 
pienamente  verificato.  Ogni  pro- 
testante si  è  fatto  interprete  delle 
divine  scritture,  a  poco  a  poco  so- 
no spariti  tutti  que'dommi  cattolici 
ch'erano  ancora  rimasti  alla  pre- 
tesa riforma,  e  si  cadde  in  mi  pu- 
ro deismo.  Le  società  scerete  poi, 
e  le  rivoluzioni  politiche  diedero 
l'ultimo  crollo  alle  idee  religiose, 
onde  rimane  il  solo  nome  di  pro- 
testanti, anche  per  le  variazioni 
infinite  delle  loro  sette  e  credenze. 
Quantunque  esista  nella  Germa- 
nia una  ffi'an  diversità  fra  i  mol- 


GER  2M 

tiplici  idiomi  parlati  da  tanti  dif- 
ferenti popoli  riuniti  sotto  l'auto- 
rità di  un  solo  sovrano,  si  può 
nullameno  formar  di  essi  tre  gran 
divisioni:  i."  la  gotica  antica  ger- 
manica, lingua  dei  primi  abitanti 
del  paese;  2.°  la  schiavona  parla- 
ta principalmente  dai  galiziani,  da 
una  gran  parte  dell'Ungheria,  e 
dai  popoli  dell'  Illiria  e  della  Dal- 
mazia, aggiungendovi  anche  l'an- 
tico linguaggio  usi  tato  nella  Boe- 
mia e  Moravia;  3.°  in  fine  la  un- 
gherese propria,  che  devesi  riguar- 
dare come  un  ramo  della  filande- 
se.  L' italiano  è  il  linguaggio  do- 
minante negli  stati  d'Italia  sotto- 
messi all'  Austria,  ed  il  tirolese  è 
un  mescuglio  d'italiano  e  di  te- 
desco. 

Concila  di  Germania  o  Alemagna. 

Il  primo  fu  riunito  nell'anno 
742,  ignorandosene  il  preciso  luo- 
go, da  Carlomanno  duca  de' fran- 
cesi a' 2 1  aprile.  Questo  principe, 
nell'atto  della  convocazione,  disse: 
che  per  consiglio  de'  servi  di  Dio, 
e  de' signori  della  sua  corte,  avea 
rannate  i  vescovi  del  suo  regno 
coi  loro  preti,  per  imparare  da 
essi  come  si  potesse  ottenere  di 
far  osservare  la  legge  di  Dio,  e 
ristabilire  la  disciplina  ecclesiasti- 
ca ch'era  molto  decaduta.  Que- 
sto concilio  si  compose  di  sei  ve- 
scovi, cioè  di  Colonia,  Amburgo, 
Wùrtzburgo,  Utrecht,  Strasburgo, 
ed  Eichstett.  Vi  si  fecero  sei  ca- 
noni risguardanti  1'  ordinazione  dei 
vescovi,  la  condotta  dei  sacerdoti, 
dei  diaconi,  dei  chierici,  ec.  S.  Bo- 
nifacio, r  apostolo  delia  Germania, 
vi  presiedette  in  nome  del  sommo 
Pontefice  s.  Zaccaria,  e  scrisse  a 
Curberlo    arcivescovo     di    Cautor- 


212  GER 

bery,  ciò  clie  nel  concilio  si  fece  ;  e 
querelandosi  degli  ostacoli  che  in- 
contravano ■  i  buoni  pastori,  si  e- 
spresse  nelle  seguenti  rimarchevoli 
parole.  »  Combattiamo  per  il  Si- 
»  gnore,  imperciocché  siamo  noi 
»  in  tempi  difficili  e  assai  raole- 
f>  sti  :  si  muoia,  se  fa  d'uopo,  per 
M  le  sante  leggi  de'  nostri  padri, 
w  affine  di  possedere  con  essi  la 
M  eredità  della  eterna  vita.  Non 
M  siamo  cani  muti,  sentinelle  ad- 
M  dormentate,  ovvero  mercenari 
«  che  fuggono  in  vista  del  lu- 
»  pò  ;  siamo  pastori  zelanti  e  vi- 
V  gilanti,  e  predichiamo  la  verità 
M  ai  grandi  e  ai  piccoli  ".  11  san- 
to vescovo  aveva  per  mira  in  que- 
sto concilio,  di  creare  i  mezzi  di 
rimettere  in  osservanza  la  legge 
di  Dio  e  la  disciplina  ecclesiastica, 
decadute  sotto  i  principi  preceden- 
ti, e  impedire  che  il  popolo  fedele 
non  fosse  ingannato  dai  falsi  pre- 
ti, come  per  il  passato.  Dizionario 
de'conciliij  e  Lengiet,  Tavolette 
cronolog.,  il  quale  crede  che  il  con- 
cilio si  celebrasse  in  Colonia. 

Il  secondo  concilio  fu  tenuto 
nel  744  o  74^9  egualmente  sotto 
Carlomanno;  vi  presiedette  il  san- 
to vescovo  Bonifacio  quale  legato 
della  santa  Sede,  e  fu  nominato 
arcivescovo  di  Magonza  invece  di 
GewilianOj  deposto  come  omicida. 
Aldeberto  e  Clemente,  ambedue 
eretici,  vi  furono  condannati,  come 
ancora  furono  esaminati  i  chierici 
da  loro  sedotti.  Diz.  de'  conci  Hi  j 
Regia  tom.  X\  li;  Labbé  tom.  Vlj 
Arduino  tom.   HI. 

Il  terzo  venne  convocato  l'anno 
747  per  ordine  di  Carlomanno,  ed 
avanti  il  suo  ritiro.  Presieduto  da 
s.  Bonifacio,  in  esso  furono  ricevu- 
ti i  quattro  concilii  generali. 

Il  quarto   fu  adunato  nel   739: 


GER 
in  esso  Otmaro  abbate  di  s.  Gallo 
venne  calunniosamente  accusato  di 
impudicizia,  ed  in  conseguenza  del- 
la fal?a  accusa  fu  condannato  in 
prigione,  dove  morì  di  fame;  tut- 
tociò  a  motivo  del  suo  zelo  con- 
tro Varino  e  Ruitaido,  usurpato- 
ri dei  beni  della  Chiesa.  Labbé 
tom.  VI;  Regia  tom.  XVII;  Ardui- 
no tom.  III. 

Il  quinto  fu  tenuto  nell'anno 
1225  ai  9  dicembre  dal  cardinal 
Corrado  vescovo  di  Porto,  legato 
della  Sede  apostolica  :  in  questo 
concilio  si  trattò  particolarmente 
della  continenza  degli  ecclesiastici, 
e  contro  la  simonia.  Labbé  tom. 
XI;  Arduino  tom.  VII. 

GERM.\N1A.  Sede  vescovile  di 
Numidia  nell'  Africa  occidentale , 
che  trovasi  rammentata  nella  No- 
tizia  al  N.  97.  N'è  pure  fatta  men- 
zione nella  conferenza  di  Cartagi- 
ne, alla  quale  assistette  Innocenzo, 
uno  de' suoi  vescovi,  i  quali  erano 
sutFraganei  della  metropoli  di  Cir- 
ta  Giulia.  Nella  provincia  Bizace- 
na,  egualmente  neir  Africa,  e  sotto 
la  metropoli  di  Adramito,  vi  fu 
una  sede  episcopale  dello  stesso  no- 
me di   Germania. 

GERMANICIA.  Città  vescovile 
della  provincia  Eufratena  nella  dio- 
cesi e  patriarcato  d' Antiochia,  sot- 
to la  metropoli  di  Gerapoli  Mem- 
bisc,  eretta  nel  quarto  secolo,  e 
dichiarata  arcivescovato  nel  duode- 
cimo, onde  al  dire  del  Terzi,  Sì- 
ria sacra  p.  142,  divenne  metro- 
poli di  Comagena.  Tolomeo  la  po- 
ne vicino  al  monte  Aman  sui  con- 
fini della  Siria  e  delia  Cappado- 
cia.  Seldeno  la  chiamò  Cesarea 
Germanicia,  nome  dedotto  già  da 
Vespasiano,  che  vi  piantò  una  co- 
lonia. Essa  fu  patria  di  Eudosio 
ariano,   patriarca    prima    d'Aulio- 


GER 

chia  e  poi  di  Costantinopoli,  e  di 
Nestorio  empio  eresiarca,  il  quale 
diede  motivo  ai  molti  vescovi  pro- 
vinciali di  radunarvi  quindi  un  si- 
nodo ,  per  impugnare  e  condan- 
narvi i  suoi  errori.  Gerraanicia  eb- 
be i  seguenti  vescovi.  Salomone 
che  intervenne  ai  concilii  di  iXicea, 
Andra,  e  Neocesarea;  Eudossio  di 
Arabissa  discepolo  del  martire  Lu- 
ciano, fatto  vescovo  dagli  aiiani  ; 
Stefano  che  unitosi  a  Giovanni  di 
Apamea  per  difendere  la  fede,  eb- 
be la  ventura  di  purgare  la  dio- 
cesi dall'eresia  ariana;  Giovanni 
che  si  astenne  di  portarsi  al  con- 
cilio d'Efeso  per  riguardo  dell'e- 
resiarca Nestorio,  fu  però  a  quello 
di  Calcedonia,  sottoscrisse  i  suoi 
decreti,  e  pronunziò  l'anatema 
contro  Nestorio;  firmò  pure  il  de- 
creto sinodale  di  Gennadio  di  Co- 
stantinopoli risguardaiite  i  simonia- 
ci del  4^9-  Altro  vescovo  di  Ger- 
raanicia fu  Tommaso,  cacciato  dal- 
la sua  sede  dall'  imperatore  Giu- 
stino I,  per  essere  attaccato  all'e- 
resia di  Severo.  Germanicia  fu  pu- 
re la  sede  di  un  vescovo  giacobi- 
ta,  che  aveva  cura  anco  della 
chiesa  di  Mabuga:  tra  i  vescovi 
giacobiti  noteremo  Tommaso  d'E- 
raclea, che  fiori  nel  6 1 6,  e  sedeva 
tanto  in  Germanicia,  che  a  Mabu- 
ga; Giovanni  I  che  assistette  all'e- 
lezione di  Dionigi  nell'8i8;  Gio- 
vanni II  nel  910  ordinò  il  patriar- 
ca Giovanni  IV;  Dionigi  nominato 
dal  patriarca  Atanasio  Vili,  chia- 
mato prima  Giosuè  Barchettre,  di- 
venne vescovo  nel  ii3g,  e  poscia 
fu  trasferito  ad  Amida  ove  morì 
nel  1171.  Nelle  notizie  de' latini, 
si  legge  che  Germanicia  fu  loro 
arcivescovato  onorario.  Al  presen- 
te Germanicia  è  un  titolo  vescovi- 
le   in   parùbus,   che   conferisce    la 


GER  2i3 

santa  Sede,  ed  il  regnante  Grego- 
rio XVI,  a'i3  febbraio  1887,  di- 
chiarò vescovo  di  Germanicia,  e 
vicario  apostolico  del  distretto  set- 
tentrionale di  Scozia  monsignor 
Giacomo  Francesco  Kyle. 

GERMANICIANA  .  Patrimonio 
della  santa  Sede,  uno  dei  ventitre 
che  possedeva  a  tempo  di  s,  Gre- 
gorio I  Magno,  creato  nel  5go:  in 
ordine  era  il  XXII,  ed  avea  distin- 
to amministratore  o  rettore,  chia- 
mato eziandio  difensore,  che  sole- 
va essere  uno  de' primari  chierici 
della  Chiesa  romana,  f-'edi  Patri- 
moni DELLA  SANTA  Sede.  Io  Afri- 
ca vi  fu  una  città  col  nome  di 
Germaniciana,  posta  sulla  strada 
da  Theveste  a  Tusdrura,  fra  Aquae 
Rfgiae  ed  Elices. 

GERMANICOPOLI.  Città  ve- 
scovile dell' Isauria,  nella  diocesi  e 
patriarcato  d'Antiochia,  sotto  la 
metropoli  di  Seleucia,  la  cui  ere- 
zione risale  al  IV  secolo.  Di  que- 
sta Sede  se  ne  trova  menzione  in 
tutte  le  notizie,  e  la  fa  pure  Co- 
stantino Porfirogenito.  De'  suoi  ve- 
scovi si  conoscono  i  seguenti  :  Ti- 
ranno che  fu  al  concilio  di  Calce- 
donia; Teodoco  che  intervenne  al 
settimo  generale;  e  Basilio  che  si 
trovò  presente  al  concilio  di  Fozio 
sotto  il  Papa  Giovanni  VIII.  Ger- 
manicopoli,  Gennanìcopolitan,  città 
della  Cilicia  nell'Asia  minore,  al 
presente  è  un  titolo  vescovile  in 
parlibus,  che  conferiscono  i  roma- 
ni Pontefici,  ed  è  pure  sotto  l'ar- 
civescovato in  parlibus  di  Seleucia. 
Gli  ultimi  vescovi  titolari  sono 
monsignor  Gio.  Michele  Sailer,  e 
monsignor  Emmanuele  Giuseppe 
Pardio  della  diocesi  di  Jucatau 
neir  America  settentrionale,  fatto 
dal  regnante  Gregorio  XVI  nel 
concistoro  de' 27  aprile   1840,  con 


2f4  OER 

facoltà  (li  esercitare  i  pontificali  in 
detta  diocesi. 

GERMANO  (s.),  vescovo  d'Au- 
xerre.  Nacque  in  Auxerre  da  no- 
bilissimi genitori  che  lo  fecero  e- 
ducare  con  molta  cura  nelle  scien- 
ze umane.  Andò  a  Roma  a  per- 
fezionarsi nello  studio  della  giuris- 
prudenza, e  passò  per  uno  de'pri- 
mi  oratori  del  suo  tempo.  Impal- 
mò una  illustre  gentildonna  di  no- 
me Eustachia,  e  l'imperatore  Ono- 
rio innalzollo  a  dignità  onorevolis- 
sime; avuta  in  fine  quella  di  du- 
ca o  generale  delle  truppe  della 
sua  provincia,  fece  ritorno  ad  Au- 
xerre.  Germano  amava  perduta- 
mente la  caccia,  e  quando  gli  ve- 
niva fatto  di  uccidere  qualche  fie- 
l'a,  ne  facea  appendere  la  testa  ad 
un  albero  eh'  era  in  mezzo  della 
città.  Il  santo  vescovo  Amatore  a- 
vendolo  piìj  volte  ammonito  inu- 
tilmente per  questa  azione  che  sem- 
brava richiamare  gli  antichi  usi 
dell'idolatria,  fece  tagliare  l'albero, 
mentre  il  duca  era  assente,  ciò  che 
lo  fece  molto  adirare.  Calmossi  pe- 
rò in  seguito,  e  ricevette  gli  ordi- 
ni sacri  dalle  mani  del  santo  ve- 
scovo, che  dopo  poco  tempo  mo- 
rì. I  voti  del  clero  e  del  popolo 
si  riunirono  tutti  in  favore  di  Ger- 
mano, e  a'y  di  luglio  del  4i8  e- 
gli  fu  consacrato  vescovo  di  Au- 
xerre.  Volte  allora  le  spalle  a  tut- 
te le  vanità  del  mondo,  non  con- 
siderò più  sua  moglie  che  come 
una  sorella,  dispensò  tutti  i  suoi 
averi  a'poveri  ed  alle  chiese,  ab- 
bracciò la  più  rigida  penitenza  , 
e  s'infiammò  di  santo  zelo  pel  cul- 
to del  Signore  e  per  la  felicità 
del  suo  popolo.  Fondò  un  moni- 
stero  sotto  l'invocazione  de'ss.  Co- 
sma e  Damiano,  dirimpetto  ad  Au- 
xcrre;  scoprì    la  tomba  di  diversi 


GER 

martiri  che  avevano  sofferto  con 
s.  Prisco,  e  fabbricò  in  loro  onore 
una  chiesa  ed  un  monistero.  Fe- 
ce due  viaggi  in  bighilterra  per 
combattere  i  pelagiani:  il  primo 
con  s.  Lupo  vescovo  di  Troyes, 
nel  4^9»  ed  il  secondo  nel  44^ 
con  Severo  arcivescovo  di  Treveri. 
L' anno  seguente  andò  a  trovare 
l'imperatore  Valenliniano  111,  che 
era  a  Ravenna,  per  pacificarlo  coi 
popoli  dell'Aimorica,  i  quali  essen- 
doglisi  ribellati,  stavano  per  soflri- 
re  la  pena  che  aveano  meritata. 
Fu  accolto  con  grande  allegrezza 
dal  popolo  e  da  s.  Pier  Grisologo, 
come  anche  dall'imperatore  e  da 
sua  moglie  Placidia,  ed  ottenne 
la  grazia.  Mentre  soggiornò  a  Ra- 
venna fu  sempre  accompagnato  da 
sei  vescovi ,  che  lo  videro  operare 
diversi  miracoli,  fra  cui  il  risor- 
gimento di  un  morto.  Molti  altri 
miracoli  egli  aveva  altrove  opera- 
to. Ammalatosi  in  quella  città,  ivi 
morì  ai  3i  di  luglio  del  44^>  ^ 
tutti  gli  abitanti  ne  rimasero  com- 
mossi. Il  prefetto  della  camera  del- 
l'imperatore che  andavagli  debito- 
re della  guarigione  di  un  suo  fa- 
migliare, fece  imbalsamare  il  suo 
corpo;  l'imperatrice  lo  fé'  rivestire 
di  abiti  preziosi,  e  rinchiudere  in 
un'arca  di  legno  di  cipresso;  l'im- 
peratore poi  ordinò  che  a  sue  spe- 
se, e  con  magnifica  pompa  fosse 
accompagnato  sino  al  passo  delle  Al- 
pi, ove  il  clero  di  Auxerre  era  ve- 
nuto a  prendere  la  spoglia  mor- 
tale del  suo  pastore.  Quivi  fu  per 
sei  giorni  esposto  alla  pubblica  ve- 
nerazione, e  poi  fu  sepolto  al  pri- 
mo d'  ottobre  neh'  oratorio  di  s. 
Maurizio  ch'egli  aveva  fondato,  e 
che  divenne  in  seguilo  una  celebre 
badia  di  benedettini  col  nome  di 
s.  Germano.    Il  suo    corpo  fu  ab- 


GER 

bruciato  dìigli  ugonotti  nel  secolo 
XVI,  ma  ne  fu  tono  però  salvate 
alcune  reliquie.  La  sua  festa  prin- 
cipale si  celebra  a'3i    di   luglio. 

GERMANO  (s.),  martire.  Figlio 
di  un  signore  scozzese  per  nome 
Audino,  il  quale  fu  convertito  con 
sua  moglie  da  s.  Germano  d'  Au- 
xerre  eh'  erasi  recato  nella  gran 
Bretagna  per  combattervi  Teresia 
dei  pclagiani.  11  santo  vescovo  in- 
vaghito della  dolce  fisonomia  di 
questo  fanciullo  volle  essergli  pa- 
drino, e  gì' impose  il  suo  nome. 
Cresciuto  nelle  cristiane  virtù,  si 
consacrò  all'apostolico  ministero,  e 
abbandonata  la  patria  andò  a  pre- 
dicare nelle  Gallie.  Le  sponde  del- 
la Mosella  furono  il  primo  teatro 
del  suo  zelo,  ove  la  sua  predica- 
zione, avvalorata  dai  miracoli,  o- 
però  gran  numero  di  conversioni. 
Consagrato  vescovo  regionario  fece 
un  viaggio  a  Roma  per  visitarvi 
le  tombe  degli  apostoli,  ed  otte- 
nere colla  loro  intercessione  la  gra- 
zia di  poter  imitare  il  loro  zelo. 
Di  là  passò  nella  Spagna,  indi  nel- 
la sua  patria  ,  facendo  ovunque 
nuove  conquiste  al  vangelo.  Tor- 
nato nelle  Gallie,  recossi  in  Nor- 
mandia, e  dopo  avervi  aimunzia- 
to  Gesù  Cristo  nel  territorio  di 
Coutaiices  e  di  Bayeux,  entrò  nel- 
la Picardia,  dove  sulle  sponde  del- 
la Brele,  fra  Aumale  e  Senarpont, 
sofferse  il  martirio,  verso  il  finire 
del  quinto  secolo.  Sopra  il  luogo 
della  sua  sepoltura  fu  eretta  una 
chiesa,  ove  si  conservarono  le  sue 
reliquie  sino  al  nono  secolo,  in  cui 
per  timoi'e  dei  barbari  furono  tra- 
sportate a  Ribcmont,  nella  diocesi 
di  Laon.  Yerso  la  metà  del  seco- 
lo XVII,  la  chiesa  parrocchiale  di 
Amiens  a  lui  dedicata  n'ebbe  una 
considerabile  porzione.  Egli  è  pro- 


GER  2i5 

lettore  di  molte  parrocchie  in  Pi- 
cardia  e  in  Normandia,  e  la  sua 
festa  si  celebra  a'2  di  maggio,  gior- 
no in  cui  riportò  la  palma  del 
martirio. 

GERMANO  (s.),  vescovo  di  Pa^ 
rigi.  Nacque  nel  territorio  d'Autun 
verso  il  49^3  appartenne  al  clero 
di  quella  città,  fu  abbate  del  mo- 
nFstero  di  s.  Sinforiano,  che  go- 
vernò cojj  regolarità  e  saviezza,  e 
verso  il  555  fu  innalzato  alla  sede 
vescovile  di  Parigi.  Questa  nuova 
dignità  non  porlo  alcun  cambia- 
mento nella  sua  maniera  di  vive- 
re :  fu  sempre  semplice,  frugale, 
modesto,  penitente.  Verso  le  no- 
ve ore  della  sera  recavasi  in  chie- 
sa, e  vi  rimaneva  in  orazione  fin 
dopo  mattutino.  Una  folla  d'infe- 
lici cui  tenea  luogo  di  padre  at- 
torniava la  di  lui  casa,  e  sempre 
avea  molti  poveri  alla  sua  mensa. 
Fu  pei  suoi  discorsi  che  il  re  Chil- 
deberto  riformò  la  propria  vita, 
sbandi  tutti  i  disordini  dalla  sua 
corte,  e  impiegò  considerevoli  som- 
me in  pie  fondazioni  e  in  sollievo 
de'miseri,  facendolo  dispensatore  e- 
gli  stesso  delle  sue  largizioni.  Mor- 
to questo  re  a'  2  3  dicembre  del 
558,  il  santo  vescovo  consacrò  nel 
medesimo  giorno  la  magnifica  chie- 
sa che  quegli  avea  fatto  fabbrica- 
re ed  avea  adottata  per  luogo 
di  sua  sepoltura;  poi  riempi  l'an- 
nesso nuovo  monistero  di  religiosi, 
a'quali  diede  per  primo  abbate  s. 
Drottoveo  o  Drotteo  suo  discepolo. 
Nel  556  scomunicò  il  re  Cariber- 
to  per  motivo  d'incesto;  ed  avendo 
questi  lasciato,  morendo,  i  suoi 
stati  da  dividersi  fra  i  suoi  tre  fra- 
telli, fu  motivo  di  ostilità  e  di- 
scordie, per  cui  s.  Germano  ebbe 
d' uopo  d'  impiegare  tutta  la  sua 
prudenza  e  il  suo  zelo  per  procu- 


2i6  GER 

rare  la  pace  e  ben  governare  il 
suo  gregge  in  mezzo  a  s\  differen- 
ti interessi,  ^  Egli  fece  di  sé  lumi- 
nosa mostra  nel  concilio  tenuto  a 
Parigi  nel  55'j,  e  fu  il  principale 
autore  dei  canoni  che  vi  furono 
formati.  Compose  un'eccellente  o- 
pera  intitolata  Spies;azione  della 
liturgia.  Pieno  di  meriti  e  di  gloria 
morì  ottuagenario  a'  28  di  mag- 
gio dell'  anno  576.  Le  sue  reli- 
quie riposano  in  un'  arca  prezio- 
sa nella  chiesa  di  san  Vincenzo 
detta  presentemente  s.  Germano 
dei  Prati ,  meno  un  braccio  che 
veneravasi  nella  chiesa  di  s.  Ger- 
mano il  Vecchio;  e  molti  miracoli 
dimostrarono  l' efficacia  della  sua 
intercessione.  Il  giorno  28  maggio 
è  sacro  alla  sua  ricordanza. 

GERMANO  (s.),  vescovo  di  Ca- 
puaj  mandato  dal  Papa  s.  Ormisda 
in  uffizio  di  legato  all'  imperatore 
Giustino  I,  l'anno  5 19,  collo  sco- 
po di  por  fine  allo  scisma  che  du- 
rava in  oriente  da  quarant'  anni. 
La  condotta  del  santo  vescovo  fu 
coronata  del  più  felice  successo  : 
furono  condannati  gli  eretici,  e  lo 
scisma  estinto;  ma  si  trovò  espo- 
sto più  volte  al  furore  degli  ere- 
tici, insieme  con  quelli  che  lo  ave- 
vano accompagnato.  Ritornato  alla 
sua  diocesi,  la  governò  santamente 
sino  alla  sua  morte  che  si  colloca 
circa  l'anno  54o ,  nel  giorno  3o 
d'ottobre,   in  cui  è  onorato. 

GERMANO  (s.),  martire.  Figlio 
d'un  senatore  di  Treveri,  fu  edu- 
cato sotto  gli  occhi  del  vescovo  di 
quella  città  Modoaldo,  e  in  età  di 
diecisette  anni  donò  a'  poveri  tut- 
te le  sue  ricchezze  per  ritirarsi  in 
un  deserto  della  Lorena  sotto  la 
condotta  di  s.  Arnolfo  di  Metz. 
Gustando  sempre  più  le  spirituali 
dolcezze,  persuase  suo  fratello  Nu- 


GER 
merlano  ad  abbracciare  la  stessa 
vita,  e  passò  con  lui  nel  novello 
monistero  di  s.  Romarico,  poscia 
in  quello  di  Lusseuil,  allora  go- 
vernato da  s.  Walberto,  il  quale 
conosciutone  il  merito,  lo  fece  ca- 
po de'religiosi  che  mandò  nel 
monistero  di  Granfel  fondato  dal 
duca  Gondon.  Germano  governò 
quel  monistero  con  tanta  saggezza 
e  pietà,  che  venne  incaricato  anche 
della  direzione  di  altri  due,  cioè 
di  s.  Uisits  e  di  s.  Paolo  Zuvert 
ovvero  dell'Isola.  Mosso  da  caritate- 
vole zelo  ebbe  il  coraggio  di  fare 
delle  rimostranze  al  duca  Rouifa- 
cio,  successo  a  Gondon,  per  le  ves- 
sazioni che  faceva  solhire  a'mona- 
ci  ed  ai  poveri  di  que'luoghi.  Que- 
sta libertà  costogli  la  vita,  poiché 
mentre  ritornava  al  suo  convento 
fu  ucciso  a  colpi  di  lancia  da'sol- 
dati  del  duca,  in  un  col  beato 
Randoalbo  suo  compagno.  Ciò  av- 
venne verso  l'anno  666,  a' 2 1  di 
febbraio,  e  in  questo  giorno  sono 
ambedue  ricordati  come  martiri. 

GER.MANO  (s.),  patriarca  di 
Costantinopoli.  Figlio  del  patrizio 
Giustiniano,  nato  circa  l'anno  638, 
entrò  nel  clero  di  Costantinopoli, 
e  meritò  d'essere  innalzato  alla  se- 
de vescovile  di  Cizico,  poscia  alla 
patriarcale  di  Costantinopoli  nel 
71.5.  Difese  coraggiosamente  il  cul- 
to delle  immagini,  e  ricusò  di  ob- 
bedire al  decreto  promulgato  nel 
725  dall'imperatore  Leone  l'Isau- 
rico,  che  ne  ordinava  l'estirpazio- 
ne, per  cui  ebbe  a  soffrire  gli  ef- 
fetti dello  sdegno  imperiale,  e  nel 
780  fu  sforzato  ad  abbandonar  la 
sua  chiesa.  R.itirossi  a  gemere  a 
Platanio  nella  casa  de'suoi  padri, 
e  mori  a' 12  di  maggio  del  783. 
La  Chiesa  lo  onora  come  il  primo 
difensore  delle  sacre  immagini,  ed  è 


GER 

considerato  come  illustre  scnttore. 
Abbiamo  tre  lettere  di  lui  clie  pren- 
dono di  mira  gli  errori  degli  ico- 
noclasti; e  diversi  altri  scritti  gli 
vengono  attribuiti.  Fozio  stima  mol- 
to il  suo  stile,  e  loda  soprattutto 
l'apologia  di  s.  Gregorio  di  Nissa 
contro  gli  origenisti. 

GERMANO,  Cardinale.  Germa- 
no cardinale  dell'ordine  de'  preti, 
e  del  titolo  de' ss,  Gio.  e  Paolo, 
intervenne  al  sinodo  celebrato  in 
Rouia  dal  Pontefice  Giovanni  Vili 
neir  872. 

GERMERO  (s.).  Nacque  a  War- 
de  sulla  Epte,  ai  confini  della  dio- 
cesi di  R^ouea  e  di  Beauvais ,  e  i 
suoi  genitori,  nobili  e  ri  celi  i ,  Io 
fecero  educare  nelle  scienze  e  nella 
pietà.  Il  raro  suo  merito  lo  fece 
invitare  alla  corte  del  re  Dagober- 
to  I ,  nella  quale  seppe  mante- 
nere la  sua  innocenza.  Sposò  una 
donna  virtuosa  e  degna  di  lui,  per 
nome  Domania,  e  n'ebbe  un  figlio 
e  due  figlie.  Regolandosi  sempre 
co'  consigli  di  s.  Audoeno  vescovo 
di  Rouen,  fondò  presso  Warde  il 
nionistero  dell'  Isola,  che  durò  fino 
ai  guasti  de'  normanni,  e  col  con- 
senso di  sua  moglie  e  di  Clodoveo 
li,  abbandonò  la  corte  e  ritirossi 
nel  monislero  di  Pentale.  Non  pas- 
sò molto  tempo  che  s.  Audoeno 
gliene  affidò  la  direzione  ,  e  Ger- 
luero  divenne  modello  di  virtù  ai 
suoi  fratelli.  Alcuni  falsi  religiosi, 
cui  non  piaceva  la  sua  regolarità, 
giunsero  ad  insidiargli  la  vita;  per- 
ciò nel  649  andò  a  rinchiudersi  in 
una  grotta  che  chiamavasi  di  s. 
Sansone ,  e  non  ne  sortì  che  nel 
654  per  assistere  ai  funerali  di  suo 
figlio  Amalberto.  Lo  fece  seppel- 
lire nel  suo  monistero  dell'  Isola, 
e  ne  dotò  riccamente  la  chiesa  ; 
indi  fondò  nella  sua  terra  di  Elay 


GER  217 

un  altro  monistero,  che  divenuto 
assai  celebre  chiamossi  dal  suo  no- 
me s.  Gennero  di  Flay,  e  lo  go^ 
vernò  con  molta  riputazione  fino 
air  anno  65h,  in  cui  mori  a'  24 
di  settembre.  La  sua  santità  fu 
confermata  da  molli  miracoli,  e  le 
sue  reliquie  sono  custodite  nella 
cattedrale  di  Reauvais,  ove  è  ono- 
rato come  uno  dei  protettori  della 
città,  celebrandosene  la  festa  il  gior-^ 
no  della  sua  morte. 

GERMI  o  SEGERMI.  Sede  ve- 
scovile nella  provincia  Rizacena  nel- 
1'  Africa  occidentale ,  sotto  la  me- 
tropoli d'Adramilo  :  Municipiuvi 
Segerinìs.  Si  conoscono  quattro  ve- 
scovi ,  cioè;  Nicomede  del  255; 
Felice  I  del  3 11,  il  quale  sotto- 
scrisse nel  secondo  concilio  latera- 
nense  nel  pontificato  di  s.  INIarlino 
I,  alla  lettera  sinodale  de'  vescovi 
di  sua  provincia;  Restituto  del  4*^4» 
esilialo  da  Lnnerico  re  dei  vanda- 
li; e  Felice  II  che  sottoscrisse  alla 
lettera  del  concilio  Rizaceno,  man- 
data a  Costantino  Augusto  figlio 
di  Eraclio  nell'anno  G41. 

GERMIA.  Sede  vescovile  della 
seconda  provincia  di  Galazia,  nella 
diocesi  di  Ponto,  sotto  la  metro- 
poli di  Pessinonte,  che  nel  secolo 
nono  divenne  arcivescovato.  Teo- 
fane dice  eh' ere»,  chiamata  anche 
Myriangelos.  Eravi  una  bella  chie- 
sa fabbricata  in  onore  di  s.  Mi- 
chele, e  degli  altri  santi  Angeli,  ed 
ebbe  i  seguenti  vescovi  :  Menna 
che  fu  al  quinto  concilio  generale; 
Emiliano  di  cui  si  parla  nella  vita 
di  s.  Teodoro  Siccola  ;  Pietro  in- 
tervenuto al  concilio  generale  set- 
timo; e  Niceta  che  fu  a  quello  di 
Fozio  sotto  Giovanni,  e  che  sedet- 
te  tra  i   metropolilaui. 

GERMI GNY,  Gcnniidacwn.huo- 
jro  della  diocesi  e  territorio  d  Or- 


2i8  GER 

leans,  vicino  a  Fleuiy  sulla  Loìi-aj 
vi  si  tennero  due  concilii:  il  primo 
nell'anno  842,  sopra  i  bisogni  del- 
la Chiesa  e  dello  stato  ,  Lenglet, 
Tavolflle  cronologiche;  il  secondo 
ncir  843,  presso  il  jMabillon,  Sue- 
cui.  IF  Bentdict.  part.  2,  tt  de  re 
Diplomai. 

GERAIOCOLONIA.  Sede  vesco- 
vile della  seconda  provincia  di  Ga- 
lazia,  sotto  la  metropoli  di  Pessi- 
nonte,  il  cui  vescovo  Eustazio  as- 
sistette al  concilio  di  Costantino- 
poli pel  ristabilimento  di  Fozio, 
dopo  la  morte  di  s.   Ignazio. 

GEROCESAREA  o  JEROCE- 
SAREA,  Ilierocaesarca.  Sede  ve- 
scovile di  Lidia,  nella  diocesi  ed 
esarcato  d'Asia,  sottoposta  alla  me- 
tropoli di  Sardia  :  Commanville  di- 
ce, che  fu  eretta  nel  quinto  secolo, 
e  che  si  chiamò  pure  Hicrocastel- 
luni.  Ivi  onora  vasi  Diana  di  Per- 
sia, e  Pausania  e  Tolomeo  ne  fau- 
no menzione.  I  suoi  vescovi  cono- 
sciuti sono:  Cossinio  che  assistette 
al  concilio  di  Costantinopoli  sotto 
Flaviano,  e  tre  anni  dopo  a  quel- 
lo di  Calcedouia:  sottoscrisse  pure 
la  lettera  della  sua  provincia  al- 
1  imperatore  Leone;  Zaccaria  che 
fu  al  settimo  concilio  generale  ;  e 
Teodoro  che  trovossi  al  sinodo  di 
Fozio .  Oricns  Clirist.  tom.  I,  p. 
889.  Al  presente  Gerocesarea,  Hie- 
rocaesarien,  e  un  titolo  vescovile  in 
pardhiis,  sotto  l'arcivescovato  pure 
in  parùbus  di  Sardia,  che  conferi- 
sce il  sommo  Pontefice,  ed  il  re- 
gnante Gregorio  XVI  a'  3  giugno 
i833  Io  die  a  monsignor  Giovan- 
ni Polding  della  congregazione  an- 
glo-benedettina ,  vicario  apostolico 
della  Nuova  Olanda  nell'Oceania, 
prima  cioè  che  il  medesimo  Papa 
dividesse  tal  vicarialo  apostolico  iu 
tre  vescovati. 


GER 

GEROFILACE  ,  Hierophylax. 
Sacrista  o  custode  delle  cose  sacre , 
voce  derivante  dal  greco.  11  Macri 
nella  Notizia  de'  vocaboli  ecclesia- 
stici,  dice  che  il  Hierophylax  in 
alcune  cattedrali  si  enumerava  tra 
le  dignità  del  capitolo  col  nome  di 
tesoriere  o  cimiliarca.  I  greci  chia- 
marono geroforo,  Hicrophorus ^(\v\t\- 
r  olìiziale  ecclesiastico  incaricato  di 
portare  le  cose  sacre. 

GEROMNEMONI,  Hieromnemo' 
nes.  Soprastanti  alle  cose  sagre,  of- 
fìziali  della  chiesa  costantinopolitana. 
Con  tal  nome  iu  quella  chiesa  di- 
ceansi  quelli  che  corrispondono  ai 
nostri  maestri  delle  cerimonie  sa- 
cre: aiutavano  il  patriarca  mentre 
si  vestiva  degli  abiti  sacri,  lo  as- 
sistevano nel  sacrifizio  suggerendo- 
gli e  trovandogli  le  preci  che  do- 
vea  recitaj'e.  Appartenevano  essi 
all'ordine  dei  diaconi,  talvolta  pe- 
rò erano  sacerdoti ,  ed  in  allora 
non  assistevano  il  patriarca  nel  ve- 
stirsi. Veniva  ai  geromnemoni  af- 
fidala la  custodia  dei  libri  liturgi- 
ci ;  tenevano  il  denaro  del  patriar- 
ca, ed  in  assenza  di  lui  dedicava- 
no la  chiesa  nuova  col  segno  del- 
la croce,  ed  istituivano  i  lettori. 
Era  la  settima  dignità  della  me- 
tropolitana. Macri,  Notizia  de' vo- 
caboli eccl. 

GEROSOLIMITANO,  sacro  mi- 
LiTARE  ORDINE.  Questo  antico,  cele- 
bre, benemerito  e  sovrano  ordine 
equestre  ed  ospitalario ,  fu  chia- 
mato pure,  per  le  ragioni  che  di- 
remo, di  s.  Giovanni,  di  Rodi,  di 
Malta,  così  i  suoi  illustri  cavalieri. 
Esso  ebbe  origine  verso  l'anno 
1048  da  alcuni  mercanti  della  cit- 
tà di  Amalfi  del  regno  di  Napoli, 
che  trafficavano  iu  Soria,  ed  or- 
dinariamente visitavano  i  santi  luo- 
ghi di    Gerusalemme,   i    quali    de- 


GER 
siderarono    di  avere    nella  medesi- 
nia  città  una  chiesa,  in   cui  si  cele- 
Ijiassero  i  divini  uflìzi  secondo  il  ri- 
to della  Chiesa  romana;   impercioc- 
ché   le  chiese     degli   altri    cristiani 
erano    quivi   ulTiziate    dai    greci,    e 
dalle    dillerenti    sette  che    trovansi 
ancora  oggidì  in  Levante.  Con  de- 
strezza quindi  e  con  donativi,  altri 
dicono  col   pagamento  d'annuo  tri- 
buto,  ottennero  dal  califfo  d'Egit- 
to Piomensoro  Moustesaph,  il  per- 
messo di    fabbricare  una  chiesa   in 
Gerusalemme,  nel  quartiere  de'cri- 
stiani,  presso    il  santo    sepolcro  ed 
il    tempio  dedicato  alia  Risurrezio- 
ne di  Gesù  Cristo,  che  dedicarono 
a  Dio  in  onore  della  Beala   Vergi- 
ne Maria,   e  del  precursore  s.   Gio- 
vanni   Battista,    e    dove  fondarono 
altresì  un    monistero  di  monaci  be- 
nedettini, i  quali  avessero  cura    di 
ricevere  i  pellegrini.    La  chiesa   fu 
intitolata    s.  Maria  della    Latina, 
per    distinguerla   dalle  altre    chiese 
che    non  seguivano    il  rito    latino. 
Aumentatosi     in    seguito  il    nume- 
ro de' pellegrini,    e  giungendo    essi 
il  più    delle  volte  a  Gerusalemme 
oppressi   da  miserie  e  da   malattie, 
pei    disastri  sofferti    nella  lunga    e 
penosa  peregrinazione,  e  per  i  cat- 
tivi  trattamenti   e  violenze  degl'in- 
fedeli, venne   fabbricato  vicino  alla 
chiesa  di   s.  Maria  della  Latina   un 
ospedale    egualmente    in    onore    di 
Gesù    Cristo,  della   Beata   Vergine, 
e  di  s.    Gio.  Battista,   per  alloggiar- 
vi  gli   uomini   tanto  sani  che  infer- 
mi, sotto    la  direzione  e    vigilanza 
di  un  maestro  o  rettore,  che  dove- 
va   essere  nominato    dall'abbate  di 
s.  Maria,  ed  ivi  fuwi  fondata  una 
cappella  sacra  a  s.  Giovanni  Batti- 
sta,   non    che    un    altro    ospizio  o 
monistero    per  le  donne,  intitolalo 
a  s.  Maria  Maddalena,  sotto  il  go- 


GER  2i() 

verno  di  saggia  malrona.  Dipoi  la 
cappella  di  s.  Giovanni  si  convertì 
in  magnifico  tempio,  l'ospizio  si 
costruì  più  grandioso,  e  si  suddi- 
vise  in    molti   quartieri. 

11    b.    Gerardo    soprannominato 
Tum  o  Tunc,  nativo  di  Marliguesin 
Provenza,    fu    il  primo    cui    venne 
aOidata     la  direzione    dell'ospedale 
con   titolo  di     rettore.     Alcuni    an- 
ni dopo  essendosi    Goffredo  di   Bu- 
glione con   la    prima    Crociata  [f^e- 
di  )     impadronito     di     Gerusalem- 
me nel  luglio    1099,    ed  acclamato 
re,    liberò  dalla    prigione  Gerardo, 
ed   Agnese   matrona   romana  e  pri- 
ma   abbadessa    del   monistero,    che 
amministravano  lo  spedale  de' due 
sessi,    e  ch'erano    slati   imprigiona- 
ti   dai    saraceni;    quindi    restò    co- 
sì    edificalo     della     esemplare    ca- 
rità che     esercitavasi     nello   speda- 
le    di     santa   Maria     della   Latina , 
ove  eransi  ricevuti   e    curati   gli  in- 
fermi e  feriti    crociati,  che  gli    do- 
nò alcuni   dominii    da   lui   possedu- 
ti   in    Francia  e    nel  Brabante,    e 
gli  accordò  grandi  privilegi.   Aven- 
do   poi  altre    persone  in     Asia    ed 
Europa  imitata  la  liberalità  di  quel 
pio    principe,    ed    essendosi    perciò 
accresciute  le  rendite  dell'ospedale, 
il  zelante  Gerardo    che  ne  avea   la 
amministrazione  giudicò  d'accordo 
coi  suoi   frati    ospitalari,    che    con- 
veniva separarsi    dall' abljazia  e  dai 
monaci  del   monistero    di  s.    Maria 
della  Latina,  e  formare  invece  una 
congregazione     religiosa     separata  , 
sotto  la  protezione  ed  in  onore  di 
s.    Giovanni    Battista,    e    ciò    anco 
perchè    il   numero    degli    spedalieri 
erasi    accresciuto    con  molti    illustri 
guerrieri  crociati,  che  dalle  file  del- 
l'esercito passarono   al  servigio  reli- 
gioso e    caritatevole.    Fu    questo  il 
motivo  per  cui  i  membri  della  con 


220  GER 

grogazione  cliiamaronsi  poscia  spe- 
dalieri  o  frali  dell'  ospedale  di  s. 
Giovanni  ^Battista  di  Gerusalemme. 
Ottenne  a  questo  effetto  Gerardo 
dal  Pontefice  Pasquale  li  la  con- 
ferma delle  donazioni  fatte  all'  o- 
spedale,  con  bolla  del  iii3,  con 
la  quale  il  Papa  concesse  diversi 
privilegi  all'ordine,  lo  liberò  da  de- 
cime e  da  qualunque  aggravio,  di- 
chiarandolo esente;  pose  sotto  l'im- 
jViCdiata  e  speciale  protezione  della 
santa  Sede  lo  spedale  medesimo 
con  gli  ospitalari,  ed  ordinò  che 
dopo  la  morte  di  Gerardo  i  retto- 
ri fossero  eletti  dai  fiati  spedai  ieri. 
La  medesima  bolla  decretò  che  i 
diversi  ospedali  fondati  sotto  la  di- 
pendenza di  Gerardo,  come  a  Saint- 
Gilles  in  Provenza,  ad  Asti,  Pisa, 
Bari,  Otranto,  Taranto,  Messina, 
ec.  fossero  tutti  a  lui  soggetti.  Tra 
i  primi  benefattori  dell'ordine  sono 
pure  a  nominarsi  Gunzeliu  conte  di 
Schwerin,  ed  Enrico  suo  fratello 
dell'illustre  casa  di  Mecklemburg , 
che  trovandosi  in  Terra  Santa  do- 
narono all'ospedale  diversi  beni  iu 
Alemagna, 

Gerardo  persuase  i  suoi  frati  a 
prendere  un  abito  religioso,  on- 
de dalle  mani  del  patriarca  di  Ge- 
rusalemme ricevettero  un  man- 
tello nero,  con  una  croce  ad  otto 
punte,  facendo  i  voti  a  pie  del 
sauto  sepolcro.  Con  tanto  aumen- 
to di  mezzi  sempre  piìi  si  fondaro- 
no nell'occidente  ospedali  filiali,  ove 
i  pellegrini  si  accogliessero  per  via, 
ed  ecco  l'origine  delle  commende 
dell'ordine,  essendo  state  le  prime 
(luelle  de' luoghi  nonùnati,  quella 
di  Siviglia  ed  altre.  Intanto  l'ordi- 
ne fattosi  adulto  nella  medesima 
infanzia,  si  stipò  intorno  ai  troni 
dei  re  latini  di  Gerusalemme,  co- 
me  uuu  siepe  di  ferro,  e    prese  a 


GER 

guarentirlo  da  ogni  ostile  attentato, 
con  una  fedeltà  non  minore  all'e- 
roico zelo  ond'  ei'a  concordemente 
animato.  Però  non  deve  tacersi  che 
il  Paoli  nell'istoria  dell'ordine  è 
di  sentimento,  che  questa  società 
ecclesiastico-militare  avesse  solò  ori- 
gine nel  1099  alla  presa  che  fece- 
ro i  crociati  di  Gerusalemme.  Dice 
inoltre  che  a  sua  imitazione  se 
ne  istituirono  molti  ,  e  special- 
mente i  due  più  antichi  de'  tem- 
plari e  de' teutonici,  e  che  fu  sem- 
pre indipendente  da  ogni  altra  so- 
cietà, costante  nel  militare  fino  dai 
primi  giorni  di  sua  fondazione  sot- 
to il  patrocinio  del  precursore  s. 
Gio.  Battista,  ed  invariabile  nel 
professare  la  regola  di  s.  Agostino. 
Inoltre  soggiunge  il  Paoli,  che  re- 
ca stupore  come  gì' istorici  abbiano 
potuto  confondere  il  termine  di  o- 
spitalario,  con  quello  di  spedaliere, 
e  d'una  religione  nata  colle  armi 
alla  mano,  impugnate  per  difesa 
de' poveri,  de' pellegrini  e  della  fe- 
de, ne  abbiano  fatto  una  società 
destinata  ne'suoi  principii  al  servi- 
zio vuiicamente  degli  infermi;  ope- 
ra non  può  negarsi  di  somma  ca- 
rità, ma  non  paragonabile  a  quel- 
la molto  piìi  generosa,  che  animò 
Io  spirito  de' primi  fondatori  di  que- 
sto nobilissimo  ordine,  e  che  san- 
tificò le  prime  imprese  di  que' ser- 
vi di  Dio  che  lo  formarono,  perchè 
impegnati  non  solo  a  soccoriere  i 
poveri,  a  sollevare  gl'infermi,  a 
consolare  gli  afflitti  colle  opere  del- 
la misericordia,  ma  a  spargere  ben 
anche  il  sangue,  e  a  dare  per  li 
medesimi  la  vita,  nel  che  sta  si- 
tuato l'ultimo  e  più  perfetto  gra- 
do d'una  cristiana  ed  eroica  ca- 
rità. 

Nel    ir 20    o  1121    mori   Gerar- 
do col   bel  titolo  di    padre  de' pò- 


GER 

veri,  ed  il  suo  corpo  fu  trasferito 
successivamente  a  Piodi,  a  Cipro,  a 
Malta,  ed  in  fine  in  Provenza  nel- 
l'anno II 34;  e  venne  deposto  il 
suo  cadavere  nella  cappella  del  bor- 
go di  Manosca,  ch'era  una  com- 
menda dell'ordine.  Sì  narra  clie  una 
volta  le  pietre  nel  suo  seno  si  can- 
giarono in  pane;  non  però  tutti  gli 
scrittori  lo  chiamano  beato.  Gli 
successe  Raimondo  du  Puy,  della 
casa  du  Puy-Montbrun  nel  Delfina- 
to,  e  fu  il  primo  che  prendesse  il 
titolo  di  maestro  o  gran  maestro, 
la  cui  serie  riporteremo  in  progres- 
so dell'articolo.  Ecco  come  Rai- 
mondo s'intitolò  nelle  sue  lettere^ 
diplomi  ed  atti:  Serviix  pauperuni 
Chnsti,  et  custos  hospilalis  Jerusa- 
lemj  o  Raimundus,  Dei  grada, 
Christì  pauperuin  servus  humilis,  et 
sancii  hospilalis  cuslos,  etc.  Non 
avevano  fino  allora  avuta  gli  spe- 
dalieri  alcuna  regola  scritta,  sebbe- 
ne il  b.  Gerardo  nel  dare  stabilità 
al  pio  luogo  avea  prescritto  alcuni 
regolamenti;  ma  Raimondo  ne  die- 
de loro  una  colla  quale  obbligolli 
a  fare  i  tre  solenni  voti  di  pover- 
tà, castità  ed  ubbidienza,  ed  ordi- 
nando che  tutti  i  frali  portassero 
la  croce  di  tela  bianca  a  otto  pun- 
te dalla  parte  del  cuore,  e  cucita 
sopra  il  loro  abito  e  mantello  ne- 
ro; questo  manto  vuoisi  che  ricor- 
di il  vestimento  usato  da  s.  Gio. 
Battista  nel  deserto  di  pelle  di  ca- 
mello; le  otto  punte  della  croce 
ottangolare,  le  otto  beatitudini.  La 
croce  fu  da  Raimondo  collocala  verso 
il  cuore,  perchè  i  cavalieri  devono 
amare  il  salutifero  segno  con  tutto 
il  cuore.  Fu  la  detta  regola  appro- 
vata dal  Pontefice  Calisto  II  nel 
ir 20,  e  confermala  quindi  da  O- 
norio  II,  Innocenzo  li,  Eugenio 
111,  Lucio  111,  Clemente  111,  Inno- 


GER  221 

cenzo  IH,  Bonifacio  VIII,  ce.  L'a- 
vere poi  Raimondo  du  Puy  inseri- 
to in  questa  regola  alcune  cose  trat- 
te dalla  regola  di  s.  Agostino,  fu  ca- 
gione, che  siasi  sempre  l'ordine  di  s. 
Giovanni  di  Gerusalemme  annovera- 
to tra  gli  ordini  che  seguono  la  re- 
gola di  s.  Agostino.  E.aimondo  pre- 
scrisse nella  regola  ai  frati  di  uscire 
per  la  città  e  borghi  in  compagnia, 
non  soli;  che  tanto  i  sacerdoti  che  i 
laici  dovessero  elemosinare  pei  po- 
veri ;  se  alcuno  di  essi  cadesse  in 
colpa,  stabifi  proporzionate  pene, 
comprensivamente  alla  espulsione 
dall'ordine;  li  costrinse  all'astinen- 
za delle  carni  nei  mercoledì  e  ve- 
nerdì, ed  in  tutta  la  seltuagcsima, 
oltre  molte  penitenze,  e  pratiche  di 
divozione. 

Vedendo  Raimondo,  che  l'en- 
trate dello  spedale  di  Gerusa- 
lemme abbondantemente  soprav- 
vanzavano  al  mantenimento  de'po- 
veri  pellegrini  ed  infermi,  credette 
di  non  potere  in  miglior  modo  u- 
sare  di  quegli  avanzi,  che  impie- 
gandoli nella  guerra  che  facevasi 
nella  Palestina  contro  gl'infedeli. 
L'assistenza  ch'eglino  prestavano  ai 
pellegrini,  si  era  estesa  sino  a  pren- 
dere pensiero  de' loro  viaggi,  assicu- 
rando la  libertà  delle  strade,  e  al- 
lontanando le  scorrerie  de'  saraceni, 
assistendo  e  tutelando  anco  i  navigan- 
ti. A  questo  oggetto  fu  d'uopo  im- 
brandire le  armi,  e  divenir  guerrieri; 
questo  sistema  piacque  a  molti  nobili, 
e  cangiò  gli  ospitalari  ospedalieri  in 
cavalieri,  e  la  congregazione  in  ordi- 
ne militare:  s'impegnarono  con  un 
quarto  voto  di  difendere  dagli  in- 
sulti de'saraceni  i  cristiani  che  anda- 
vano a  Terra  Santa,  laonde  il  pro- 
ponimento degli  spedalieri  fu  sem- 
pre fino  d'allora  di  fare  una  guer- 
ra costanle  coi  nemici  della  fede  e 


111  G  E  R 

«lei  nomo  cristiano,  per  cui  in  Pa- 
lestina contribuirono  alle  con<|uiste 
e  tlifesa  dei  re  di  Gerusalemme, 
e  dei  crocesignati.  In  tal  modo 
a  difesa  di  Terra  Santa  fu  formata 
una  specie  di  crociata  perpetua, 
che  servì  d'  antemurale,  e  di  so- 
sleijno  al  piccolo  e  bersagliato  re- 
gno di  Gerusalemme,  come  si  è 
detto.  Quindi  Raimondo  si  otì'rì  coi 
suoi  spedalieri  al  re  di  Gerusalem- 
me Baldovino  I  per  combattere 
contro  i  saraceni,  dividendo  gli  spe- 
dalieri medesimi  ,  che  prima  non 
erano  che  ecclesiastici  e  laici,  in  tre 
classi  :  la  prima  dei  nobili,  desti- 
nati al  maneggio  delle  armi  in  di- 
fesa della  fede,  ed  in  soccorso  dei 
pellegrini;  la  seconda  dei  sacerdoti 
o  cappellani,  ai  quali  correva  uni- 
camente r  obbligo  di  amministrare 
i  sagramenti,  e  disimpegnare  il  di- 
vino uflìzio  nella  chiesa  conven- 
tuale; e  la  terza  dei  frati  serventi 
che  non  erano  nobili,  ed  i  quali 
pure  furono  destinati  a  portar  le 
armi.  Componendosi  1'  ordine  di 
diverse  nazioni  ,  fu  diviso  se- 
condo le  lingue  che  parlavano , 
per  cui  i  provenzali  si  dissero  ap- 
partenere alla  lingua  di  Provenza, 
e  gì'  italiani  alla  lingua  d'  Italia, 
così  delle  altre  nazioni,  sino  al  nu- 
mero di  sette,  che  furono  oltre  le 
dette,  quelle  di  Alvernia,  di  Fran- 
cia, d'Aragona  cui  poi  si  unirono 
le  lingue  di  Casliglia  e  di  Porto- 
gallo, di  Alemagna,  e  d'Inghilterra 
la  quale  terminò  poi  nello  scisma 
di  quel  regno.  R.ai mondo  co'  suoi 
religiosi  concorse  alle  vittorie  ri- 
portate dai  latini  su  Antiochia , 
Giaffa,  Tiro,  Damasco,  Eersabea , 
Ascalona,  ec. ,  alle  quali  vittorie 
cooperarono  più  volte  i  veneziani 
fulminando  in  mare  le  lunate  in- 
segne, che  la  spada  di  Raimondo 


GER 

disperdeva  per  terra.  Nella  mede- 
sima circostanza  secondo  alcuni  si 
introdusse  la  maniera  di  ricevere 
i  cavalieri  con  particolari  cerimonie, 
e  ciò  venne  approvato  nel  ii3o 
dal  Papa  Innocenzo  II,  il  quale  con- 
fermando r  ordine  e  grado  di  ca- 
valleria nella  religione  gerosoli- 
mitana, ordinò  che  i  cavalieri  aves- 
sero per  insegna  militare  una  cro- 
ce bianca  in  campo  rosso,  la  quale 
anch'oggi  forma  l'arma  dell'or- 
dine. 

Veramente  gli  ospedalieri  ge- 
rosolimitani ritennero  tal  nome,  e 
non  fu  dato  loro  propriamente 
quello  di  cavalieri  se  non  dopo 
ch'ebbero  conquistato  l'isola  di  Ro- 
di. Anastasio  IV  nel  ii54  conces- 
se all'ordine  di  possedere  pacifica- 
mente tutto  quello  che  ad  esso 
fosse  dato,  o  si  darebbe  pel  man- 
tenimento dei  pellegrini  agli  ospe- 
dalieri. Nel  1 1 59  Augero  di  Bal- 
ben  divenne  terzo  gran  maestro, 
il  quale  fece  riconoscere  in  Pale- 
stina l'autorità  di  Alessandro  III 
contro  l'antipapa  Vittore  IV.  Nel- 
l'anno Il 63  gli  successe  Arnaldo 
de  Comps,  ed  a  questi  nel  i  168 
Gerberto  o  Gilberto  d'Assalit  o  di 
Assaly,  ed  alcuni  dicono  che  fosse 
pel  primo  chiamato  Magnus  Ma- 
gi ster.  Gerberto  si  associò  al  re  di 
Gerusalemme  contro  il  soldano  di 
Egitto,  e  del  suo  bellicoso  animo 
fanno  ampia  testimonianza  la  scon- 
fitta d'un  esercito  nemico,  e  l'es- 
pugnazione di  Pelusio.  De  Gast 
nel  1169  fu  capo  dell'ordine,  e 
nel  1170  Joubert  fu  eletto  per 
morte  di  questi  al  governo  dei  ge- 
rosolimitani. In  assenza  del  re  di 
Gerusalemme  governò  saggiamente 
il  regno,  fiaccò  più  di  una  volta 
l'orgoglio  mussulmano,  e  sgombrò 
il    paese    di   stranieri    invasori   coi 


GER 
prodi  dell'ordine.  Eglino  per  la 
rovina  delle  cose  de'cristiani  in 
oriente  furono  costretti  ad  usci- 
re da  Gerusalemme,  dopo  che  i 
saraceni  l'ebbero  ripresa  nel  1187 
con  Saladino  califfo  di  Siria  e  di 
Egitto;  però  l'ordine  dal  luogo  di 
sua  origine  ritenne,  ed  ancora  con- 
serva il  titolo  di  gerosolimitano, 
anzi  ha  prevalso  a  tutti  gli  altri 
posteriori. 

Si  ritirarono  gli  spedalieri  nel- 
la fortezza  di  ftlargat  o  Mer- 
cad  tra  la  Fenicia  e  la  Giudea, 
presso  la  cittèi  di  Valania  ,  che 
l'ordine  dopo  il  1177  aveva  ac- 
quistata da  certo  Renaud  sotto  Jou- 
bert,  e  per  la  natura  del  sito  e 
per  le  fortificazioni  che  vi  fecero 
gli  spedalieri  divenne  la  piazza  ris- 
pettabile ed  inespugnabile  in  modo, 
che  Saladino  non  osò  attaccarla;  ma 
nel  II 84  Mansour  sultano  d'Egitto 
se  ne  impadronì  a  viva  forza,  es- 
sendo capo  dell'ordine  Ruggero  di 
Moulins  normanno,  eletto  dopo  il 
1177,  che  fu  il  primo  a  qualifi- 
carsi nei  diplomi  col  titolo  di  gran 
maestro.  Ruggero  uniti  i  suoi  ai 
templari  affrontò  in  campo  il  fi- 
glio di  Saladino,  attorniato  da  set- 
temila cavalieri,  e  fattone  orrendo 
macello,  cadde  esangue  su  monti 
di  turcomani  e  saraceni  cadaveri, 
ed  ebbe  a  Tolemaide  quegli  onori 
funebri  che  si  convenivano  a  chi 
con  tanto  onore  aveva  spesa  la 
vita.  In  processo  di  tempo  ven- 
nero istituiti  i  baliaggi,  i  priorati 
i  quali  come  le  commende  furono 
da  principio  comuni  ai  cavalieri 
tutti,  ma  dipoi  vennero  accordate 
le  dignità  in  particolare  ai  membri 
di  ciascuna  sezione:  nel  1187  Gar- 
nier  di  Siria  divenne  gran  maestro. 
Quindi  nel  mese  d'agosto  ii8q  il 
gran     maestro    Garnier    si    stabilì 


GER  223 

presso  la  città  di  s.  Giovani  d'Acri 
(^edi),  l'antica  Tolemaide,  di  cui 
parlammo  ancora  al  citato  articolo 
Crociate,  rinomato  porto  di  mare 
della  Palestina.  Nel  1191  i  crocia- 
ti ripresero  Acri,  ed  essendosi  l'or- 
dine gerosolimitano  coperto  di  glo- 
ria nei  diversi  combattimenti,  ebbe 
un  quartiere  della  città  con  chie- 
sa ed  ospedale,  e  vi  trasferì  il  suo 
convento,  per  cui  dal  nome  di  det- 
ta città  gli  spedalieri  furono  anche 
detti  Cavalitri  di  s.  Giovanni  d'A- 
cri. 

Dopo  la  morte  di  Garnier,  nel- 
l'anno iiqs  fu  fatto  gran  maestro 
Ermengardo  d'Aps,  il  quale  ebbe 
in  successori  neh'  istesso  anno  Go- 
defroi  de  Duisson,  che  ricorse  ad 
Innocenzo  HI  per  le  gravi  dide- 
renze  che  continuavano  coi  cava- 
lieri templari;  nel  1202  Alfonso 
di  Portogallo,  che  pel  suo  rigore 
fu  costretto  dimettersi  dalla  digni- 
tà nel  i2o4;  e  Geoffroy  le  Rath 
che  a  sua  vece  fu  esaltato,  venne 
pregato  dal  Papa  ad  aiutare  A- 
mahico  re  di  Cipro  e  Gerusalem- 
me per  la  ricupera  di  questo  re- 
gno, e  morì  nel  1 207  ,  dopo  che 
Innocenzo  III  terminò  le  dissen- 
sioni coi  templari  :  questo  Papa 
concesse  all'ordine  diversi  privilegi. 
Indi  furono  gran  maestri,  Guerin 
de  Montagu  francese,  che  in  u- 
nione  al  gran  maestro  de'  tem- 
plari ricusò  riconoscere  Federico 
II  che  si  portò  in  Palestina  a 
prender  possesso  di  Gerusalemme, 
come  scomunicato  da  Gregorio  IX; 
quanto  Guerin  fu  formidabile  in 
guerra  contro  Damiata  ed  Antio- 
chia, altrettanto  esemplare  per  le 
opere  di  carità  esercitate  negli  o- 
spedali  di  Acri,  si  guadagnò  l'am- 
mirazione di  Andrea  II  re  d'Un- 
gheria, che  perciò    divenne   uiuni- 


224  GER 

fico  Ijenefaftore  e  fedele  alleato 
deirorJine.  Sotto  Guerin  il  Papa 
Onorio  m  accoi'dò  al  gran  priore 
della  chiesa  conventuale  tutte  le 
insegne  e  distintivi  vescovili,  come 
narra  il  citato  Paoli  nel  cap.  XIV, 
§  I,  dcW Origine  ed  islitiito  del  sa- 
cro in  ili  la  re  ordine  di  s.  Giovanni 
^Ballista  Gerosolimitano.  Furono 
successivamente  gran  maestri  nel 
1 2 3o  Bertrando  de  Texis,  nel  i23i 
Guerin,  nel  1237  Bertrando  de 
Comps  ,  nel  11^1  il  valoroso  Pie- 
tro de  Villebride,  sotto  del  quale  fiori 
il  b.  Gherardo  Mecatti  di  Villania- 
gna  seivente  dell'ordine;  e  nel  1249 
il  prode  Guglielmo  di  Chateauneuf: 
sotto  di  lui  e  nel  pontificalo  di 
Alessandro  IV  fu  distinto  il  ve- 
stiario de'cavalieri  armali,  da  quel- 
lo de'  serventi.  Questo  Pontefice 
concesse  agli  ospitalieri,  che  non 
fossero  tenuti  pagar  decime  0  pri- 
mizie dei  beni  ne' luoghi  convicini 
al  loro  castello  di  Crac,  situato  nel 
contado  di  Tripoli ,  ove  tenevano 
sempre  un  presidio;  ma  dipoi  fu 
loro  tolto  dal  soldano  IMelecdaer 
nel  1270.  Stando  i  cavalieri  spaia- 
si in  vari  luoghi,  battagliarono  so- 
vente contro  i  mori  di  Spagna,  con- 
tro gli  albigesi  ed  allri  eretici,  ma 
fu  loro  vietato  intromettersi  nelle 
guerre   tra'  principii  cristiani. 

I  cavalieri  sotto  il  magistero  severo 
di  Chateauneuf  ottennero  dal  Papa 
Innocenzo  IV  di  poter  parlare  in 
refettorio,  quando  avessero  a  mensa 
de' signori  stranieri.  iS'el  1259  fu 
eletto  meritamente  ventesimo  gran 
maestro  Ugo  de  Revel,  sotto  il  qua- 
le i  gerosolimitani  si  distinsero  con 
nuove  prove  di  valore,  ed  il  Papa 
Clemente  IV  con  breve  de'  i  S  no- 
vembre 1 267  lo  chiamò  pel  pri- 
mo col  nome  di  gran  maestro.  In- 
di furono    gran  maestri  nel    1278 


GER 

Nicola  Lorgue,  e  nel  1289  Gio- 
vanni de  Villiers  francese  di  Beau- 
vais.  Nel  1290  la  città  d'Acri,  se- 
de principale  dell'ordine,  fu  asse- 
diata da  Ascraf  o  Seraf  sultano  di 
Egitto,  ed  i  gerosolimitani  insie- 
me coi  templari,  e  coi  teutonici 
fecero  prodigi  di  valore,  e  dopo 
una  rigorosissima  resistenza  capi- 
tolarono nel  1291.  In  tal  modo 
r  illustre  ordine  dopo  aver  bagnato 
del  proprio  sangue  la  Siria  per  con- 
servarne il  dominio,  e  dopo  aver 
signoreggiato  in  Acri,  in  IMargat,  in 
Bersabea,  ed  in  Dan,  dovette  ab- 
bandonare la  Palestina  ch'era  sta- 
ta per  lui  campo  di  gloriose  im- 
presCj  i  cui  avvenimenti  si  leggo- 
no negli  storici  dell'istesso  ordine,  a- 
vendo  i  Papi  raccomandato  loro 
più  volte  i  re  di  Cipro,  di  Arme- 
nia, di  Gerusalemme  nella  quale 
l'ordine  con  quello  dei  templari 
vi  esercitò  assoluto  governo ,  ed 
altri  principi.  Rimasta  Acri  in  po- 
tere de'turchi,  gli  spedalieri  di  s. 
Giovanni  con  il  loro  gran  maestro 
Giovanni  de  \illiers,  ritiraronsi 
nell'isola  di  Cipro  (Fedi),  dove  il 
re  Enrico  II  di  Lusignano,  come 
re  titolare  di  Gerusalemme,  accor- 
dò loro  la  città  di  Limisso  o  Li- 
masol  nella  costa  meridionale,  di 
amenissimo  aspetto,  con  buona  ra- 
da: i  teutonici  si  ritirarono  in  Prus- 
sia ed  in  Livonia,  ed  i  templa- 
ri si  rifugiarono  anch'essi  in  Li- 
misso .  11  territorio  di  Limisso 
non  la  cede  ai  migliori  dell'isola, 
per  la  fertilità  e  varietà  de'  suoi 
prodotti.  Sopra  una  piccola  collina 
all'est  della  città,  nel  luogo  chia- 
mato il  vecchio  Limasol,  si  vedo- 
no rovine  credute  quelle  dell'anti- 
ca Amatunta,  famosa  pel  suo  cul- 
to di  Venere.  Ivi  il  gran  maestro 
convocò  il    capitolo    generale    per 


GER 

provvedere  all'urgenza,  e  si  stabi- 
lì un  formidabile  armamento  ma- 
rittimo per  essere  nel  Mediterraneo 
alle  prese  coi  turcbi,  dopo  l'espul- 
sione totale  de'  cristiani  dalla  Pa- 
lestina. Incominciò  per  altro  a  ri- 
lassarsi fra  i  cavalieri  la  primi- 
tiva disciplina,  e  s'  introdusse  tra 
loro  la  mollezza  ed  il  lusso,  pro- 
pri del  clima  di  Cipro.  II  re  s'in- 
gelosì di  loro,  per  cui  ricorsero  a 
Eonifacio  Vili,  anco  contro  i  re 
d'Inghilterra  e  di  Portogallo,  che  a- 
veano  sequestrato  i  loro  beni. 

Nel  I  2q7  in  Limisso  fu  elevato  al 
magistero  Odone  de  Pins  di  Catalo- 
gna, che  nel    i3oo  ebbe  a  succes- 
sore Guglielmo  de  Villaret  :   questi 
ristabilì  la  disciplina,  ridestò   negli 
ospitalari  l'ardore  che  aveano   ere- 
ditato dai    predecessori,  visitò  tutti 
gli  stabilimenti  dell'ordine  in  Fran- 
cia, ove  l'istituto  aveva  diverse  ca- 
se di  canonichesse,    sottomesse    al- 
l'autorità del    gran  priore.  Essen- 
dosi perduti    i  primitivi   statuti  di 
Raimondo  du    Puy,  Guglielmo   si 
portò  in  Roma,  e  ne  rinvenne  un 
esemplare  nel    Vaticano,  che  rice- 
vette in  dono  dal  Papa.   Morì  nel 
i3o6j  e  gli  successe  Folco  di  Vil- 
laret suo  fratello.    I  gerosolimitani 
dimorarono  in  Limisso  circa  dieci- 
nove anni,  cioè  fino  al    i3io,  nel 
qual    anno  Folco  de  Villaret  mal- 
contento    del    modo    cui    trattava 
l'ordine  il  re  di  Cipro^  e  volendo 
1'  ordine  determinarsi  a  cercare  un 
asilo    indipendente,  stabilì    conqui- 
stare l'isola  di  Bodi  [Vedi),  la  cui 
città  vuoisi  fondata  407  anni  avanti 
la  nascila  di  Gesù  Cristo,   eh'  era 
allora    occupata  dai   greci  rivoltosi 
ed  avventurieri,  e  dai  corsari  mus- 
sulmani   signoreggiati    dal  principe 
Guella  greco,  che  d'accordo  coll'im- 
peratore  Andronico  fece  negare  al- 

VOL.    XXIX, 


GER  11^ 

l'ordine  l'investitura  dell'isola,  per- 
chè   ritenuta  la    chiave    dell'  Asia. 
Ma  il    Bosio   dice   che  Andronico 
la  cedette    all'ordine,  ed  altrettan- 
to   fece    Clemente  V,  con    facoltà 
di  nominai'e  l'arcivescovo  ogni  vol- 
ta  che    vacasse.    A    tale  effetto     il 
gran  maestro    si    portò  a    Poitiers 
ove    si    trovava   il    Pontefice    Cle- 
mente V,  che    avea  stabilita    sino 
dal    1 3o5  la  pontificia  residenza  in 
Francia,  insieme  al  re  Filippo  IV 
il  Bello ,  dai    quali  ottenne    consi- 
derabili soccorsi  per  armare  i  suoi; 
il  Papa  dichiarò  crociata  tal  guer- 
ra, i  genovesi    e  i  siciliani  lo  for- 
nirono di  vascelli,  e  molti  signori 
coi  loro  vassalli  si  unirono  all'im- 
presa. L'entusiasmo  fu    sì    grande, 
che  le  stesse  dame  offrirono  le  lo- 
ro gioie  per  contribuire  a    sì    no- 
bile spedizione. 

Il  gran  maestro  Folco  con  una  flot- 
ta di  venticinque  galere  si  presen- 
tò avanti  Rodi,  e  dopo  aver  ten- 
tato diversi  assalti,  in  quello  più 
vigoroso  de'i5  agosto  i3io,  gior- 
no sacro  all'  Assunzione  di  Maria 
Vergine,  i  saraceni,  i  turchi,  ed  i 
greci  furono  obbligati  alla  resa,  e 
lo  stendardo  gerosolimitano  fu  pian- 
tato in  tutti  i  forti  dell'  isola.  Fu- 
rono salvate  le  vite  de' cristiani,  e 
gl'infedeli  vennero  passati  a  fil  di 
spada;  in  meno  di  quattro  anni 
l'intera  isola  di  Rodi,  e  le  sette  i- 
solette  circostanti  divennero  pieno 
dominio  dell'ordine  gerosolimitano. 
Rodi  diventò  capoluogo  dell'ordi- 
ne, e  residenza  del  gran  maestro 
nel  convento  a  ciò  destinato:  da 
quest'epoca  gli  ospitalari  o  speda- 
lieri  gerosolimitani  assunsero  il  no- 
me di  Cavalieri  di  Rodi,  continua- 
rono a  mantenersi  sempre  fedeli 
alla  legge  che  seguivano  di  vince- 
re o  di  morire  per  la  causa  di 
i5 


226  GER 

Cristo ,  e  presero  ad  esercitare  una 
potente  e    benefica  protezione    sul- 
la navigazione    dell'Arcipelago.   In- 
tanto nel  concilio  generale  di  Vienna 
del  Delfinato,  Clemente  V  nell'an- 
no   i3i2   soppresse  il   celebre  ordi- 
ne equestre  de'  Templari  [Vedi),  già 
emuli  dell'ordine  gerosolimitano,  e 
parte  delle  loro  immense  ricchezze 
furono  concesse  ai  cavalieri  di  E.o- 
di    ed     ordine    gerosolimitano    con 
bolla    de' 2   maggio,  tranne  i    beni 
di  Castiglia,  Aragona  e  Portogallo, 
i  quali  furono  rilasciati  ai  rispetti- 
vi    sovrani,     per    impiegarli     nelle 
guerre     eh'  essi  facevano   ai  nemici 
del  nome  cristiano;  ed  i  beni  mo- 
bili   furono  concessi  nella    maggior 
parte  al  re  di  Francia  Filippo  IV, 
nemico     acerrimo     de' templari,     e 
provocatore  di  loro  estinzione.  Ac- 
cresciuti   per  tal    maniera  i  mezzi, 
l'ordine  insigne  degli  spedalieri  sor- 
se pili  che  mai   formidabile,  e  potè 
alzare    il  braccio   robusto  a    difesa 
dell'intiera     cristianità,     contro     le 
invasioni,    le  piraterie    e    le  barba- 
rie   degl'infedeli.   Non    andò    guari 
che  Olhman    o    Ottomano  sultano 
dei   turchi,  ingelosito  del  conquisto 
di  Ixodi,  e    della  crescente  potenza 
dell'ordine  gerosolimitano,  nel  i3i5 
si    presentò  avanti  l'isola  con  una 
flotta  considerabile;  ma  la  bravura 
ed  il  valore  de' cavalieri,  dopo  aver 
sostenuto  diversi    assalti  costrinsero 
il  sultano    alla  ritirata. 

Narrano  ilBosio  ed  alcuni  storici, 
che  per  avere  Amadeo  V  conte  di 
Savoia,  detto  il  Grande,  nel  i3i5e 
non  prima,  condotto  in  persona  dei 
soccorsi  ai  cavalieri  contro  tale  ag- 
gressione, pel  felice  successo  del  ri- 
sultato egli  prese  per  divisa,  che  tras- 
mise ai  principi  suoi  discendenti, 
queste  quattro  lettere:  Fert,  che 
punteggiate   cosi  F.    E.    R.  T.  si- 


GER 

gnlficano  :    Foriitudo   ej'us  Rhodum 
tcnidt,  secondo  l'interpretazione  che 
se    ne  diede  come    iniziali    di    tale 
elogio    Su  questo  motto  si  osserva 
che  Luigi  di  Savoia  barone  di  Vaud 
sino    dal    i3oi     lo    avea    impresso 
nelle   sue    monete  ;     e    nella    tom- 
ba di  Tommaso    di    Savoia    padre 
di   Amadeo  V,  vedeasi  scolpilo  un 
cane,  cinto  il  collo  da     una   colla- 
na, ove  era   inciso  il  medesimo  mot- 
to latino  Fert.  Così  pure  la  croce 
bianca  in  campo  rosso,  gloriosa  im- 
presa della  religione,  surrogata  al- 
l'aquila nelle  armi    di   Savoia,  era 
già    nello    scudo    dei    principi    del 
Piemonte,  e  lo  stesso  "Tommaso  ne 
usava  il    sigillo.  Picspinto    da  Rodi 
Othman,  il  gran    maestro  si  occu- 
pò di  atten-are  le  vecchie  muraglie 
di   Rodi,  e  munirla  di  solide  forti- 
ficazioni. Ne  apri    il  porto  a  tutte 
le    nazioni,    e    ben    presto    si    vide 
sorgere  una    popolazione    commer- 
ciante e   guerriera  di  greci  e  latini, 
che  specialmente  dalla  perduta  Ter- 
ra   Santa  vi    affluirono    all'ombra 
dello   stendardo    gerosolimitano    di 
s.  Giovanni.  Anche  il  sobborgo  del- 
la marina  fu  dipoi  cinto  di   mura, 
costruito    il  nuovo  molo    per  sicu- 
rezza delle  flotte,  e  dilatato  il  gri- 
do della    rodiana    potenza,  sino  ad 
essere    i  cavalieri  ricercati    dell'al- 
leanza   dal  re    di   Armenia  contro 
il    soldano  d'Egitto.    Dopo   tale  e- 
poca  il    gran   maestro    per    la    sua 
mollezza,  lusso  e  dispotismo,   fu  dai 
cavalieri  deposto,  nominando  in  sua 
vece  Maurizio  de   Pagnac.  Il    gran 
maestro    ricorse  al    Papa  Giovanni 
XXII,  il  quale  dichiarò  Gerardo  de 
Pins  vicario  generale  e  luogotenen- 
te del  gran    maestro  Villaret,  per- 
sonaggio    valoroso     e     benemerito 
dell'ordine.  Indi  nel  iSig  Villaret 
diede  la  sua  dimissione  nelle  mani 


GER 
del    Pontefice,  che  gli    assegnò  per 
suo  appannaggio  il  priorato  di  Ca- 
pila ;  ma   passando  in  Francia  mo- 
rì nel  1327,  e  fu  sepolto  nella  chie- 
sa   di  s.    Giovanni  di    Montpellier. 
Nel  detto  anno  i3iq  ebbe  luogo 
in  Avignone    l'assemblea  dell'ordi- 
ne, ove  facevano    residenza  i  Papi, 
e    fu  elevato  alla    dignità  di    gran 
maestro  d'unanime  consenso  Helioa 
de    Villeneuve,    raccomandato     da 
Giovanni  XXII,  e  fu  il  ventesimo- 
sesto  gran  maestro,  a  cui  il  capito- 
lo generale  concesse  di  conferire  ot- 
to gran  croci;  fu  chiamato  il  retto- 
re felice.    Dopo    la  sua    morte  gli 
successe  Diodato  de  Gozon  di  Rouer- 
gue .    11    Pontefice    Clemente     VI 
nel     1 346    scrisse    al    nuovo    gran 
maestro    de    Gozon,    approvandone 
l'elezione,  quindi  per  le  sue  infer- 
mità supplicò  il  Papa  a  permetter- 
gli di  rinunziare.  Il  medesimo  Cle- 
mente   VI    per    frenare    l'orgoglio 
de'  turchi,    indusse    il    re  di   Cipro, 
i  veneziani,    i  genovesi,  ed  i    cava- 
lieri di  Rodi,  a  mantenere  nel  por- 
to di  Smirne  un  numero  di  galere 
sempre  armate,  per  accorrere  a  qua- 
lunque    bisogno    della     repubblica 
cristiana;  ed  il  successore  Innocen- 
zo VI  nel    i356  ordinò  a  detti  ca- 
valieri di  osservare  il  decretato  da 
Clemente  VI.  Nel   i354    fu  eletto 
gran  maestro  Pietro  de  Corneillan, 
che  osservante  degli  statuti  dell'ordi- 
ne fu  chiamato  correttore  de  costu- 
mi: morì  nell'anno  seguente,  e  fu 
eletto  E-uggero  de  Pins,  già  luogo- 
tenente del  magistero.  Pieno  di  ze- 
lo e    di  carila    fu    chiamato  l' eie- 
mosiniero.  Nel  i365  Raimondo  de 
Beranger  gli  successe,  il  quale  man- 
dò   con    parere    del    consiglio    due 
oratori  e    ambasciatori  ad    Urbano 
V  in  Avignone,   per    notificargli  la 
morte    del    predecessore,   e  la    sua 


GEPc  27.7 

elezione,  e  per  rendergli  e  giurar- 
gli fedeltà  ed  ubbidienza,  sì  in  no- 
me proprio,  che  della  religione.  In 
pari  tempo  il  gran  maestro  ordinò 
che  gli  ambasciatori  acquistassero 
alcune  gioie  e  le  presentassero  al 
Papa,  secondo  il  costume  di  quei 
tempi. 

I    cavalieri    di  Rodi    dopo    aver 
tolto  al   soldano  di  Egitto  Alessan- 
dretta,  essendo  gran    maestro  Rai- 
mondo de  Berenger    nel    i365i  ir- 
ruppero sino  ad  Alessandria,  donde 
per     tre     giorni  caricarono     i     piìi 
ricchi    tesori,  trasportandoli  a  Rodi 
ad  onta  dei  potenti  infedeli:  saccheg- 
giarono, bruciarono  la  città,  e  poi 
l'abbandonarono.   Il  soldano  giurò 
■vendetta,    e    minacciò    l'ordine,  in 
unione    de'  saraceni  di   Soria   e  di 
Babilonia    suoi    alleati;  per  cui    il 
Papa  Urbano  V  scrisse  premurose 
lettere  nell'anno    i366  a  tutti  i  so- 
vrani dell'Europa,  acciò  porgessero 
validi  soccorsi  alle  isole    di    Cipro 
e  di  Rodi  minacciate  dai  turchi.  In- 
fatti   il  soldano    di    Egitto  con  ar- 
mata   navale    investì  Rodi,    sbarcò 
nell'isola    le  sue  truppe,  e    strinse 
l'assedio;    ma    la  strage    immensa 
de' suoi  l'obbligò  a  prendere  dopo 
quaranta  giorni  la  fuga,  e  volgen- 
do   a  miglior    consiglio    la    mente, 
intavolò  trattative  di  pace  che  pili 
tardi  ebbero  efletto.  Nel  medesimo 
tempo  avendo    i    saraceni  scacciati 
gli  armeni  dalla  loro  patria,  la  re- 
ligione con    carità  li    ricevette,    gli 
assegnò    per    abitazione   l' isola    di 
Langò,  gli  die  mezzi  per  vivere,  e 
chiesa    per  esercitarvi    il  loro  rito. 
Frattanto  Urbano  V  avendo  determi- 
nato di  restituire  a  Roma  la  residen- 
za pontificia,  nel  i  SGy   partì  d'Avi- 
gnone, ed  approdando  in Ge«oi'^  (^e- 
^/), prese  alloggio  nel  convento  de'ca- 
valieri  gerosolimitani,  nella  cui  chie- 


528  GER 

sa  celebrò  solennemente  la  messa 
nel  dì  dell'  Ascensione.  Le  guerre 
che  tuttora  proseguivano  tra  vari 
principi  indussero  Urbano  V  a  tor- 
nare nel  1870  in  Avignone,  ove 
poco  dopo  morì.  Intanto  a  Rober- 
to de  Julliac  di  Linguadoca  suc- 
cesse nel  magistero  Giovanni  Fer- 
dinando de  Hei-edia  gran  priore 
d' Aragona,  già  protetto  da  Inno- 
cenzo VI,  per  cui  il  gran  maestro 
mandò  ad  Avignone  tre  ambascia- 
tori, dichiarando  Giovanni  suo  luo- 
gotenente di  qua  del  mare.  Grego- 
rio XI  che  successe  nel  1374, 
die  in  governo  alla  religione  gero- 
solimitana la  città  di  Smirne  con 
mero  e  misto  impero,  e  con  l'aiu- 
to di  tremila  fiorini  d'oro  da  pa- 
garglisi  ogni  anno  dalla  camera 
apostolica,  sopra  le  decime  del  re- 
gno di  Cipro;  ma  Tamerlano  glie- 
la tolse  nell'anno  1899.  Dipoi  Gre- 
gorio XI  considerando  non  essere 
Avignone  la  residenza  propria  dei 
sommi  Pontefici,  volle  definitiva- 
mente ristabilire  la  dimora  de' Pa- 
pi in  Pv.oma;  partito  da  Avignone 
nel  1876,  a' 12  ottobre  s'imbarcò 
a  Marsiglia  accompagnato  da  tren- 
ta galere.  Egli  montò  sulla  capita- 
na de' cavalieri  di  Rodi,  al  timone 
della  quale  era  il  gran  maestro 
Gio.  Ferdinando  de  Heredia,  che 
colla  sua  bravura  salvò  il  Papa  da 
un  imminente  naufragio  sulle  coste 
di  Provenza  :  per  Genova  e  Livor- 
no approdarono  a  Piombino  a  ca- 
gione della  tempesta,  e  dopo  una 
continua  burrasca  per  tutta  la  na- 
■vigazione  giunse  Gregorio  XI  a 
Corneto,  donde  nel  gennaio  1377 
si  rimise  in  mare  sulla  capitana 
d' Heredia,  che  per  Ostia  e  pel  Te- 
vere condusse  il  Pontefice  a  s.  Pao- 
lo, da  dove  entrò  trionfante  in  Ro- 
ma, accolto  coi  maggiori  onori. 


GEU 
Nell'anno  seguente  morì,  e  gli 
successe  Urbano  VI,  contro  del  qua- 
le insorse  l'antipapa  Clemente  VII, 
che  portandosi  cogli  scismatici  car- 
dinali suoi  fautori  in  Avignone,  fu 
causa  del  lungo  e  lacrimevole  sci- 
sma che  divise  i  fedeli  nell'ubbidien- 
za. Ritornando  il  gran  maestro  a 
Rodi  fu  preso  dai  turchi,  e  con- 
dotto prigione  a  Corinto  ove  restò 
sino  al  i38i,  in  cui  si  restituì  a 
R.odi,  ma  dichiarossi  per  l'antipa- 
pa Clemente  VII.  Allora  Urbano 
Vi  scomunicò  e  depose  Heredia,  e 
nominò  gran  maestro  Riccardo  Ca- 
raccioli,  che  fu  riconosciuto  dalle 
lingue  d'  Italia  e  d'Inghilterra,  non 
però  dalle  altre,  né  dal  convento 
di  Rodi;  indi  morì  in  Roma  nel 
]  395,  e  fu  sepolto  fuori  la  chiesa 
del  priorato  di  R.oma,  mentre  in 
Avignone  nell'  anno  appresso  ter- 
minò pure  di  vivere  Heredia,  il 
quale  ebbe  a  successore  Filiberto 
de  Naillac  o  jXalac  gran  priore  di 
Aquitania.  In  Roma  però  Innocen- 
zo VII  nominò  luogotenente  del 
magistero  fr.  Nicolò  Orsini  priore 
di  Venezia,  dopo  la  morie  di  Bar> 
tolomeo  Carafa  nel  i^o5,  che  lo 
era.  Nel  1897  la  religione  acqui- 
stò da  Teodoro  Porfìrogenita  il 
despotato  di  Morea,  il  capitanato 
di  Corinto,  e  la  città  di  Spaita. 
Prima  di  questo  tempo  e  nel  i  384 
essendo  morto  il  cardinal  di  Man- 
des,  ch'era  uno  de'quattro  prolet- 
tori della  religione  presso  la  santa 
Sede,  l'ordine  elesse  in  suo  luogo 
il  cardinal  Nicolò  Brancacci  di  s. 
Maria  in  Trastevere,  con  trecento 
fiorini  l'anno  di  riconoscenza  come 
era  solito,  ed  il  gran  maestro  de 
Heredia,  seguace  dell'  antipapa  Cle- 
mente VII,  gliene  fece  spedire  la 
bolla,  data  in  Avignone  a'  io  giu- 
gno  i385;  ma  dipoi  nel   iSgSes- 


GER 

sendosi  il  cardinale  male  diportalo 
nelle  cose  delia  religione,  fr.  Here- 
dia  gli  rivocò  la  bolla  del  suo  pro- 
tettorato. 

Lo    scisma     della     chiesa     veni- 
va    proseguito     dal     falso     Ponte- 
fice   Benedetto  XIII,    mentre  nella 
ubbidienza  di    Roma  era  venerato 
Gregorio  XII.  Però  alcuni  cardina- 
li di  questi,  con  quelli  dell'antipa- 
pa nel    1409  portaronsi  a  Pisa,  ed 
ivi    convocarono    un    concilio,    per 
deporli  ambedue,  siccome  fecero,  ed 
eleggere  un  terzo.   Al    concilio,  ol- 
tre  molti    prelati,    vi  si    portarono 
gli    ambasciatori    de'principij   e    vi 
si    condusse  il  gran    maestro  Nail- 
lac,  accompagnato  da  sei  commen- 
datori,   venendo  dal  concilio  ricevu- 
ti onorevolmente.    I  cardinali  delle 
due   ubbidienze  per  procedere   alla 
elezione  di  un  nuovo  Pontefice,  ai 
1 5  giugno  si  rinchiusero  in  concla- 
ve nel  palazzo  vescovile,  affidando- 
ne la  custodia  al  gran  maestro,  ed 
a' 20   di  detto  mese  fu  eletto  Ales- 
sandro V,  il  quale  riconobbe  Fili- 
berto   de  Naillac    solo    e    legittimo 
gran     maestro     de' cavalieri    di  san 
Giovanni    di    Gerusalemme,    man- 
dò    un     nunzio     in   Rodi     al     luo- 
gotente,  ed  al  convento  per  parte- 
cipargli la  sua    esaltazione  al  pon- 
tificato,   dopo    di  che    confermò    i 
privilegi  della  religione,  e  concedet- 
te   molte   indulgenze    a  quelli    che 
l'avessero    soccorsa.  Lusingavansi  i 
fedeli    di    vedere  in  tal  guisa    ter- 
minalo lo  scisma,  ma  dovettero  ram- 
maricarsi di  nuovo,  mentre  in  luo- 
go d'un  solo  che  si  voleva,  tre  Ponte- 
fici ad  un  tempo  rimasero,  trattando- 
si ciascuno  come  tale.  Anzi  morendo 
dopo  dieci  mesi  Alessandro  V,  gli  fu 
dato  a  successore  Giovanni  XXIII. 
Ad  estinguere  il  perniciosissimo  sci- 
sma fu  convocato  il  concilio  di  Co- 


GER  229 

stanza,  che  riuscì  il  principale  avve- 
nimento del  secolo  XV,  coli' inter- 
vento di  quasi  mille  padri,  diversi 
sovrani,  e  gli  ambasciatori  di  tutti 
i  principi  europei.    In    esso    rinun- 
ziò   Gregorio    XII,    venne    deposto 
Giovanni  XXIII,  degradato    e  sco- 
municato   Benedetto    XIII;   quindi 
venendosi  all'elezione  di  un  nuovo 
Papa,    furono    fatti    guardiani    del 
conclave  Lodovico  de    la  Palìi  ve- 
scovo di    Morienna,  Federico  mar- 
chese di    Brandeburgo,     Guglielmo 
conte    d'Enneberg,    Brunoro   della 
Scala  signor  di  Verona,  con  altri  si- 
gnori sino  al  numero  di  ventiquattro, 
tra'quali  il  gran  maestro  Naillac   fi- 
gurò pel    primo,    e    non    partì  mai 
da    questa    custodia,    cioè  dagli    8 
novembre    i^ij    sino    agli    11     di 
detto  mese  in  cui  restò  eletto  Mar- 
tino V  eh' estinse  lo  scisma. 

Siccome  per  questa  elezione,  ai  car- 
dinali furono  aggiunti  trenta  prelati 
presi  dalle  cinque  nazioni  che  forma- 
vano l'augusta  assemblea,  fr.Gualtieri 
di  Grassi»  priore  della  chiesa  di  s. 
Giovanni  Gei'osolimitano,  entrò  per 
elettore  del  nuovo  Papa  in  concla- 
ve. L'imperatore  Sigismondo  che 
coi  custodi  del  conclave  avea  giu- 
rato difendere  l' integrità,  appena 
eletto  Martino  V,  col  volto  bagna- 
to di  lagrime  pel  primo  gli  baciò 
i  piedi;  il  secondo  fu  il  gran  mae- 
stro Naillac.  Indi  il  gran  maestro 
si  occupò  degli  affari  del  suo  ordi- 
ne in  tutte  le  provincie  d'  Europa, 
e  verso  il  14^9  pi'esiedette  all'as- 
semblea de' cavalieri  tenuta  in  An- 
cona pei  regolamenti  disciplinari. 
L'ordine  ottenne  d'introdurre  a 
Gerusalemme  sei  cavalieri  esenti 
da  qualunque  tributo,  per  ricevere 
nella  loro  casa  i  propri  confratel- 
li e  i  pellegrini  che  si  portasse- 
ro alla  visita  del    santo    sepolcro: 


23o  GER 

i  medesimi  ebbero  incarico  di  occu- 
parsi della  redenzione  degli  schia- 
vi, e  di  tpigiiorare  la  condizione 
de' prigionieri.  In  pari  tempo  si 
stabilirono  dai  gerosolimitani  dei 
consoli  in  Gerusalemme,  in  Ales- 
sandria d'Egitto,  ed  in  Roma,  on- 
de proteggere  i  pellegrini.  Nel  1^21 
Antonio  Fluvian  fu  esaltato  al  ma- 
gistero dell'  ordine  con  uniformi 
suffragi:  fece  eccellenti  i-egolamenti 
per  la  disciplina  dell'ordine,  e  per 
l'amministrazione  delle  finanze;  mo- 
vi nel    1437  ed    ebbe  a  successore 

Giovanni  de  Lastic  d'Auver^ne.  In 

o 

questo  tempo  al  procuratore  gene- 
rale della  religione  in  R.oma,  the 
avea  quattrocento  ducati  annui  di 
provvisione,  il  capitolo  oltre  a  tal 
somma  gli  assegnò  un  ducato  al 
giorno,  eoa  amplissima  autorità  e 
giurisdizione.  E  qui  noteremo  che 
l'assegno  del  1459  fu  di  trecento 
cinquanta  ducati  papali  d'oro,  con 
condizione  che  dovesse  abitare  ca- 
sa decente,  e  tenere  almeno  quat- 
tro   cavalli. 

Essendo  gran  maestro  Giovanni 
de  Lastic,  il  sultano  di  Egitto 
si  propose  di  cacciar  da  Rodi  i  ca- 
valieri, presentandosi  avanti  l'iso- 
la con  una  flotta  a' 2 5  settembre 
del  i44oi  ma  con  bella  difesa  fu 
respinto.  Allora  il  gran  maestro  si 
rivolse  a  domandar  soccorso  ai  prin- 
cipi europei,  ed  a  mezzo  del  com- 
mendatore d' Aubusson,  ottenne  da 
Carlo  VII  re  di  Francia  trecento- 
mila franchi.  Nel  i446  dodici  mi- 
la turchi  con  numerosa  flotta,  for- 
marono nell'agosto  l'assedio  della 
capitale  dell'  isola  ,  e  dopo  aver 
sofferto  molte  perdite,  si  rilira- 
l'ono;  il  consiglio  dell' ordine  per  o- 
norare  la  saggezza  ed  il  valore  del 
gran  maestro,  gli  accordò  una  più  am- 
pia latitudine  nclf  esercizio    del  pò- 


GER 

Icre,  e  l'invesfi  d'una  specie  di  dit- 
tatura. Eugenio    IV,  successore    di 
Martino    V,    a  difesa    dell'isola    di 
Rodi  contro  le    violenze  de' turchi, 
gli    mandò    alcune    galere    armate, 
indi  approvò  l'elezione  di  fr.  Gio- 
vanni   ftlorelli    priore    della   chiesa 
in    arcivescovo  di    Rodi,    conforme 
al  privilegio  che  godeva  nominato 
dal  capitolo  generale.  Dipoi  fu  sta- 
tuito   che    del  metropolitano  greco 
di     Rodi    appartenesse     la    nomina 
al  gran  maestro,  da  confermarsi  dal- 
l'arcivescovo   di    Rodi   Ialino,    qual 
delegalo  della  Sede  apostolica.  Il  giu- 
ramento che  il  metropolitano  greco 
di    R-odi  faceva  ai  latino^    si  legge 
nel  Bosio,  Istoria  t.   I,    par.   Il,  p. 
277.  Indi  Nicolò  Va' 29  di  luglio 
1447    nominò    Andrea  arcivescovo 
di  Nicosia,  legato  apostolico  nell'i- 
sola di  Rodi,  per  restaurare  la  di- 
sciplina ecclesiastica.  Dipoi  a'  4  ot- 
tobre 14^0  scrisse  al  gran  maestro 
Lastic,  che  nel  tornare  dall'oriente 
r  armata    vincitrice    d'  Alfonso    V 
re  di  Aragona,  andata  a  combatte- 
re   i  saraceni,  se    approdasse  all'i- 
sola   di  Rodi    la   ricevesse   ospital- 
mente. Due  giorni   dopo  Nicolò  V 
concesse   al    medesimo    Alfonso    V 
l'isola  di  Castel-Rosso  appartenente 
all'ordine  gerosolimitano,  ma  spes- 
so rovinata  dai    turchi  e    saraceni, 
imponendo  al    re  la    condizione  di 
fabbricarvi   una    fortezza,    per  pro- 
pugnacolo contro  i  nemici  del  no- 
me cristiano.    Mal  volentieri    soffrì 
r  ordine  siffatta  donazione,  a  cui  il 
Pontefice  a'  6    ottobre  approvò    le 
costituzioni,  e  poscia  proibì  ai  co- 
mandanti di  Alfonso  V    di  fabbri- 
care nell'isola,  prendendo  i  cavalie- 
ri la    cura  di    ristaurarla  e   fortifi- 
carla. 

Con  dolore  del  Pontefice  Nicolò 
V  ai  29  maggio  i/^53  Maometto  li 


GER 
imperatore  de'turchi  prese  Coslanll- 
iiopoli,  e    s'impadronì  dell'impero 
d'oriente,  per  lo  che  il  gran  mae- 
stro   in  nome   della  cristianità    in- 
viò il  commendatore  d'  Aubusson  a 
reclamare  ai  sovrani    d'Europa    a- 
iuti  contro    la   formidabile    potenza 
ottomana,  giacché  allora    i  cavalieri 
divennero  più   che  mai  il  baloardo 
della  cristianità.   Nel  i4^4  Giacomo 
de  Milly  fu  eletto   in  gran  maestro 
per  morte  del  gran   maestro  Lastic, 
il  quale,  come  osserva  il  Bosio,   fu 
propriamente  il  primo  gran  maestro 
che  comunemente  fu  da   tutti  chia- 
mato grande.  Papa  Calisto  III  spedì 
in  oriente   un'armata  di  sedici  gale- 
re, sotto  il  comando  del  prode  cardi- 
nale Scarampi,  che  fece  alcune  con- 
quiste, e   difese  l'isola  di  Rodi.   Al- 
tra ne  mandò  sotto  il  comando  di 
Pietro    arcivescovo    di    Tarragona, 
capitano  generale  delle  galere  pon- 
tificie, ch'entralo  nel  porto  di  Ro- 
di  colla  sua  flotta  si  fece  impresta- 
re   una    somma    dal   gran    maestro 
onde  pagai-e  i  soldi.  Pio  H  premu- 
roso anch' egli  di  abbattere  l'orgo- 
glio   del    nemico    de' fedeli,    istituì 
l'ordine    militare    di    s.    Maria    di 
Betlemme,  acciò  come  i  cavalieri  di 
Rodi    facesse    scorrerie  sui    turchi, 
e  difendesse  l'isole  del  mare  Egeo; 
indi    nel      i^5g    nel    congresso    di 
Mantova  deliberò  la  guerra  contro 
gli  ottomani,  per  la  quale  l'ordine 
gerosolimitano  promise  concorrervi. 
Ma    nell'atto  che  il  Papa    partiva 
alla  testa  d'una  crociata  navale,  mo- 
rì in   Ancona. 

Sotto  il  gran  maestro  Giacomo 
de  Milly  la  peste  fece  strage  nel- 
1  isola  di  Rodi,  ove  accolse  in  a- 
silo  l'infelice  regina  di  Cipro  Car- 
lotta di  Lusignano,  detronizzata 
dal  suo  fratello  naturale  Giacomo 
II;  ma  i    veneti    che  dato    aveano 


GER  23i 

in  isposa  a  questo  principe  Cateri- 
na Cornaro,  per   acquistar  pretesti 
a  dilatare  i    dominii  della  repub- 
blica, n'ebbero  rancore.  Indi  essen- 
do avvenuto  poco  dopo  per  parte 
de'cavaheri  la  rappresaglia  di   due 
galere  veneziane    cariche  di  merci 
pei  saraceni,  mentre  il    sultano  di 
Egitto  riteneva    prigione  contro  il 
diritto    delle  genti    1'  ambasciatore 
dell'  ordine,    e    taluni  rodiani  ;    la 
flotta     veneta    operò    un'ostile    di- 
scesa nell'isola  di  Rodi,  e  la  stra- 
ge ed    il    saccheggio  ne'  luoghi  a- 
perti  ne  furono  la  conseguenza.  E- 
seguì  poscia  uno  stretto  blocco,    e 
minacciò    la     città ,    ma    in    pieno 
consiglio  j     sebbene    molti     fossero 
d'avviso  di    sfidare  in  quell'incon- 
tro la  veneta  potenza,  prevalse  l'o- 
pinione   di    acquistare  la  pace  col- 
la   restituzione    de'  pochi    saraceni 
prigionieri.    Prima  di  questi  avve- 
nimenti    il     gran    maestro    Pietro 
Raimondo  Zacosta,  eletto  nell'ago- 
sto 1461,  pel  primo  ottenne  il  ti- 
tolo di  eccellentissimo,  indi  essendo 
eletto  il  nuovo  Papa  col  nome  di 
Paolo  li,  da  Rodi  furono  mandati 
cinque  ambasciatori    gran  croci  iu 
Roma  per  rendere  la    solita  obbe- 
dienza al   novello    Pontefice ,  nelUi 
persona  dell'ammiraglio  fr.  Sergio 
Seripando     luogotenente    del    gran 
maestro  in  Italia^  fr.  Gio.  Battista 
Orsini  gran    priore    di  Roma,  fr. 
Antonio  di  Faslobaldi  priore  di  Pi- 
sa, fr.   Pietro  Cases  priore  di  Mes- 
sina, e  fr.    Cencio  Orsino  bali    di 
Venosa,  e  con  essi   fu  deputato  fr. 
Melchiorre  Bandini  procuratore  ge- 
nerale nella    corte  di  Roma,    per- 
chè dovesse  fare  la  solita  orazione. 
Giunti    gli     ambasciatori  in    detta 
città,  fecero    l'entrata  solenne,  fu- 
rono con  ogni  onore  ricevuti,  e  vi 
morì  fr.  Sergio  uel   1 4^5,  che  con 


232  GER 

grande  onorificenza  fu  sepolto  fuo- 
ri della  chiesa  del  priorato  sul 
monte  Aventino,  accanto  al  gran 
maestro  fr.  Riccardo  Caracciolo,  in 
un  sepolcro  di  marmo,  rappresen- 
tante il  defunto  una  statua  giacente 
col  manto. 

In  progresso    di    tempo   mentre 
le    dissensioni    interne     dell'  ordine 
presero  un  carattere  grave,  per  cui 
Paolo    II    nell'anno     14^7    convo- 
cò in    Roma,     nel    palazzo    valica- 
no, un  capitolo  generale  composto 
di  più    di    cento    dignitari,  e    pre- 
sieduto dallo  stesso  Pontefice,  onde 
discutervi  le  accuse  fatte   contro  il 
gran  maestro,     il  quale    però   fece 
trionfare  la  sua  innocenza.     Allora 
il  Papa    lo    ricolmò  di    onori,    ed 
essendo  morto  in  Roma,  con  gran 
pompa  lo  fece  tumulare  nella  ba- 
silica vaticana,  dinanzi  la  cappella 
di  s.  Gregorio  Papa.  Il   Bosio,  che 
tutto  descrive  colla  nota  accuratez- 
za, riporta  le  particolarità    dell'  a- 
pertura  del    capitolo  generale,  ove 
il  Papa  sedette  in  trono  in  mezzo 
a  cinque   cardinali;    cinque  prelati 
deputati    sederono    sopra    il    terzo 
gradino    del    trono  a  sinistra,  e  a 
destra  il  gran  maestro,  e  i  capito- 
lanti su  di  alcuni  sgabelli  bassi  in- 
torno. La    rinunzia     poi  delle    di- 
gnità. Paolo  II  la  ricevette  vestito 
pontificalmente  alla  presenza  di  tut- 
to il  sacro   collegio,    nella   cappella 
maggiore  del  palazzo   vaticano.  Di- 
poi e  sotto   gli  occhi  di    Paolo  II, 
a'4  marzo    14^7    f^-^  eletto  in  Ro- 
ma in   gran  maestro  Gio.  Battista 
Orsini  romano,  gran  priore  di  Ro- 
ma, che    subito    recandosi  a  Rodi 
si  preparò  a    difendersi  dai   turchi 
con  nuove  fortificazioni,  e  con  tre 
torri  che    fece    costruire.   Morì  nel 
1476,  e  fu    tumulato  nella  chiesa 
dell'ospedale,   e  gli  successe  Pietro 


GER 

d'Aubusson.  Nel  i479  ^'^^'C  luogo 
l'unione  alla  religione  gerosolimi- 
tana, di  quella  del  santo  Sepolcro,  e 
dell'altra  di  s.  Lazzaro  di  Betlena 
e  Nazaret,  chiamata  pure  gerosoli- 
mitana. A  Paolo  II  successe  Sisto 
IV,  e  come  il  predecessore  rivol- 
gendo le  sue  cure  a  reprimere  la 
crescente  potenza  ottomana,  nomi- 
nò cinque  legati  a  diversi  principi 
d'Europa  per  eccitarli  alla  guerra 
contro  il  comune  nemico,  e  dichia- 
rò il  cardinal  Caraffa  comandante 
della  flotta,  che  prese  e  saccheggiò 
Smirne.  Sotto  Sisto  IV  il  duca  di 
Milano  olteime  da  lui  che  la  com- 
menda di  Milano  fosse  priorato,  e 
capo  della  religione  in  Lombardia. 
Nel  1480  il  terribile  Maometto  II, 
che  si  qualificava  espugnatore  di  due 
imperi,  di  dodici  regni,  e  di  due- 
cento città,  adontato  che  i  cava- 
lieri di  Piodi  ricusassero  pagargli 
un  tributo,  e  profittando  della  di- 
scordia de'principi  cristiani  che  Si- 
sto IV  inutilmente  procurò  paci- 
ficare, si  propose  di  sottometterli, 
ed  annientare  la  religione  gerosoli- 
mitana. L'  irruzione  fu  tremenda, 
giacché  i  turchi  da  lui  mandati 
nell'isola,  posto  piede  a  terra,  pre- 
sero posizione  nella  collina  di  s. 
Stefano,  ed  inlimarono  alla  città 
d'arrendersi.  Quindi  ebbero  luogo 
sanguinosi  fatti  d'armi,  ed  il  tra- 
dimento del  generale  Paleologo,  e 
del  comandante  del  genio;  qualche 
galera  napolitana  esegui  alcuna  van- 
taggiosa diversione  ,  ma  di  poco 
momento.  Tuttavolta  bastò  per  tre 
mesi  il  valore  del  gran  maestro 
Pietro  d'Aubusson,  e  de' cavalieri  a 
difendere  Rodi  da  s"i  feroce  nemi- 
co, di  gran  lunga  superiore  alle 
loro  forze,  il  perchè  la  liberazione 
fu  attribuita  a  celeste  prodigio, 
onde  il  gran  maestro  che  avea  ri- 


GER 

portato  cinque  ferite,  per  gratitu- 
dine all'  invocato  patrocinio  della 
Beata  Vergine  gli  eresse  una  ma- 
gnifica cappella  o  chiesa  sotto  il 
titolo  di  Madonna  della  Vittoria. 
A'26  luglio  fu  data  una  fiera  bat- 
taglia che  durò  due  ore,  onde 
i  turchi  furono  costretti  a  cedere, 
e  ad  abbandonarsi  a  precipito- 
sa fuga ,  con  grave  loro  perdita. 
Il  pascià  turco  partì  con  vergogna, 
laonde  Maometto  li  meditava  a- 
spra  vendetta,  e  ne  dava  frequen- 
ti contrassegni  con  inviar  cox'sari 
a  danneggiar  le  coste,  e  ad  infe- 
stare i  mari;  decise  finalmente  di 
andare  in  persona  con  duecento 
galere,  e  trecentomila  armati  al- 
l'assalto, ma  la  morte  di  Mao- 
metto II  per  fortuna  de'rodiani  il 
.prevenne,  ed  il  solo  pensiero  di 
tale  intrapresa  fu  creduto  l'elogio 
migliore  che  si  potesse  iscrivere 
sulla  sua  tomba:  Meiis  eraL  expu- 
gnare  Rodhiim,  bellare  siiperbani 
Italiani. 

I  suoi  due  figliuoli  Baiazet- 
te  II  ,  e  Zizimo  si  disputaro- 
no il  trono  ottomano,  sostenuti 
ambedue  da  un  partito:  prevalse 
il  primo,  ed  il  secondo  si  rifugiò 
a  Rodi,  onde  l'avveduto  gran  mae- 
stro, dopo  breve  asilo  conceduto 
per  umanità  e  per  politica  procurò 
che  seguissero  degli  accordi,  previo 
il  consenso  della  santa  Sede,  e  dei 
principi  cristiani,  tra  Baiazette  If, 
e  la  religione  gerosolimitana,  cui 
per  sempre  più  impegnarla  a  cu- 
stodirgli il  temuto  fratello,  gli  do- 
nò la  mano  di  s.  Giovanni  Batti- 
sta, che  i  turchi  riconoscevano  per 
profeta,  uomo  giusto  e  santo.  I- 
noltre  Baiazette  II  si  obbligò  pa- 
gare quarantacinquemila  ducati  d'o- 
ro alla  religione;  ed  il  gran  raae- 
sto  dispose  a  maggior   cautela    nel 


GER  a33 

1482,  che  accompagnato  dai  ca- 
valieri e  da  Blanchetòrt,  fosse  tra- 
sferito Zizimo  in  Francia,  anco  per 
contentare  quel  principe,  in  una 
commenda  posta  nel  confine  del 
Poitou,  sotto  la  guardia  del  com- 
mendatore de  Bourgneuf,  finché  il 
re  Carlo  Vili  ad  istanza  del  gran 
maestro  lo  mandò  al  Papa  Inno- 
cenzo Vili,  che  lo  avea  desidera- 
to, perchè  lo  custodisse.  Baiazette 
Il  per  tal  custodia  assegnò  al  Pon- 
tefice quarantamila  ducati  d'  oro 
all'anno,  e  gli  mandò  in  dono  la 
preziosa  reliquia  della  sacra  lan- 
cia che  trafisse  il  costato  di  Gesù 
Cristo.  Innocenzo  VIII  grato  alla 
religione  gerosolimitana  per  tali 
vantaggi,  con  bolla  concistoriale 
gli  concesse  il  privilegio  che  né 
egli  né  i  suoi  successori  giammai 
conferirebbero  i  beni  dell'ordine  in 
qualsivoglia  modo  vacanti,  ed  a- 
bilitò  il  priore  della  chiesa  dell'or- 
dine ad  assolvere  i  religiosi  da 
qualunque  caso  riservato.  Questo 
contegno  del  gran  maestro  pro- 
curò ali'  ordine  una  temporanea 
pace  coi  turchi  e  cogli  egiziani 
ch'erano  i  due  possenti  nemici,  1 
quali  contra  questo  baloardo  della 
cristianità  alternavano  le  percosse. 
Nel  solenne  possesso  che  Inno- 
cenzo VI1.I  prese  della  basilica  late- 
ranense,  nella  solenne  cavalcata  in- 
tervenne l'oratore  e  procuratore 
dell'ordine  in  R.oma,  come  riporta 
il  Cancellieri  a  pag.  4?  della  SlO' 
ria  de  possessi.  »  Turchopellerius 
E^hodianus,  magni  magistri  ordi- 
nis  s.  Joh.  Hierosolymitani  orator 
in  armis ,  ut  alii  quatuor  prae- 
dicti  (  fra  i  quali  il  procuratore 
teutonico)  supravestera  habens  de 
taffetà  rubeo  cum  cruce  alba  per 
medium,  ante,  et  retro,  portans 
vexillum   ordinis    praedicti ,    videli- 


234 


GER 


cet  loliim  rubcum  cura  magna 
Cince  alba  per  medium  ,  equum 
bardatutn  ,equitans  ;  supravestem 
ex  simili  ta(Feta  ciim  cince  haben- 
tem,  apud  se  habens  quatuor  fa- 
miliares  pedestres  mantelliuis  debuc- 
caccino  riibeo  cum  cruce  alba  ante, 
et  retro  indutos".  Quegli  amba- 
sciatori che  si  portarono  in  Pioma 
all'ubbidienza  d'Innocenzo  Vili  gli 
presentarono  un  ricco  baiaselo,  mol- 
ti aromi,  ed  un  vaso  pieno  di  bal- 
samo puro.  Dipoi  il  Papa  mandò 
a  Rodi  uno  stendardo  con  l'imma- 
gine del  ss.  Crocefisso  arricchito  di 
indulgenze.  Volendo  Innocenzo  Vili 
premiare  lo  zelo,  il  valore  e  la 
pietà  del  gran  maestro  d'Aubusson 
chiamato  il  Salvatore  di  Rodi,  per 
ricompensare  i  servigi  da  lui  resi 
alla  santa  Sede,  e  tra  gli  altri  per 
avergli  rimesso  Zizimo  ,  impegna- 
to il  sultano  di  Egitto  a  collegar- 
si coi  principi  cristiani,  ed  anche 
per  le  premure  del  re  Luigi  XII, 
lo  creò  cardinale  dell'  ordine  dei 
diaconi,  e  tre  anni  dopo  lo  pubblicò 
nel  concistoro  de' I  4  marzo  i489> 
assegnandogli  per  diaconia  la  chie- 
sa di  s.  Adriano.  Inoltre  lo  dichiarò 
legato  a  Intere  di  tutta  1'  Asia  ,  e 
per  singoiar  distinzione  gli  mandò 
per  un  ambasciatore  a  Pvodi  il  cap- 
pello cardinalizio  ,  che  fu  da  lui 
ricevuto  con  solenne  pompa  nel 
tempio  di  s.  Giovanni  Battista  del 
Collacchio  della  città  di  B.odi,  nel- 
la festa  dei  ss.  apostoli  Pietro  e 
Paolo,  figurando  questo  gran  mae- 
stro egregiamente  sì  da  prelato  come 
da  eroe  pel  novero  delle  sue  pre- 
clare virtù,  e  luminose  azioni.  Il 
medesimo  Innocenzo  Vili  confermò 
la  riunione  all'ordine  gerosolimita- 
no dei  due  ordini  del  santo  Sepol- 
cro, e  di  s.  Lazzaro  di  Gerusalem- 
me.   Qui    però    noteremo    che   di- 


GER 

poi,  nel  i5i73,  seguì  l'unione  delle 
due  milizie  di  s.  Maurizio  e  di  s. 
Lazzaro,  per  accordo  stabilito  tra 
Emanuele  Filiberto  duca  di  Sa- 
voia, e  Giannotto  Castiglione  gran 
maestro  della  religione  di  s.  Laz- 
zaro, col  consenso  ed  approvazione 
del  Papa,  intitolandosi  il  duca  gran 
maestro  dell'  una  e  dell'  altra  re- 
ligione, e  quindi  volendo  egli  ri- 
cuperare tutti  i  beni  della  religio- 
ne di  s.  Lazzaro,  l'ordine  gerosoli- 
mitano fu  disturbato  possedendo- 
ne buona  parte,  per  l'unione  fatta 
da  Innocenzo  Vili;  ma  1'  unione 
tra  le  religioni  di  s.  Maurizio  e 
di  s.  Lazzaro  fu  rivocata  da  s.  Pio 
V.  In  quanto  al  titolo  di  grati 
maestro  del  santo  Sepolcro,  con- 
fermato al  gran  maestro  di  Malta 
dai  Papi,  nel  consiglio  del  i6i6 
fu  stabilito  che  il  gran  maestro 
dovesse  usarlo. 

Eletto  Alessandro  VI,  fra  gli 
ambasciatori  che  la  religione  spe- 
di per  rendergli  ubbidienza  ,  vi 
fu  l'arcivescovo  di  Rodi.  Dipoi  il 
soldano  d'  Egitto  mandò  un  am- 
basciatore  al  Papa  ad  insinuazio- 
ne del  gran  maestro  per  far  lega 
contro  i  turchi,  per  cui  Inno- 
cenzo Vili  spedì  al  soldano  per 
nunzio  o  ambasciatore  Filippo  de 
Canouii,  ma  si  regolò  con  poca  av- 
vedutezza. Ad  Innocenzo  Vili  nel 
1492  successe  Alessandro  VI  Bor- 
gia, che  sino  dal  i4B3  era  protet- 
tore della  religione.  ÌXel  i5oi  A- 
lessandro  VI  pubblicò  una  lega 
contro    i    turchi ,  ed   in  concistoro 

creò  suo  legato  e  comandante  del- 

o 

l'esercito  cristiano  il  cardinale  gran 
maestro  di  Rodi;  ma  le  divisioni 
dei  sovrani  non  effettuarono  l'im- 
presa. Nel  i5o3,  mentre  reggeva 
1'  isola  di  Rodi  il  cardinal  gran 
maestro  d'Aubusson,  a'  9  gennaio 


GER 

fu  piochanalo    il  decreto    che  or- 
dinò a  lutti  gli    obici  ivi  stanziati 
di    partirne,    ed   imbarcarsi  dentro 
quaranta    giorni  per    Nizza,    senza 
potersi  fermare  in    lUri  luoghi  del 
Levante,    e    permettendo     soltanto 
di  vendere  in  quel  perentorio    ter- 
mine   i  loro     beni     sotto  pena    di 
confisca  .     Lo     stesso     decreto     of- 
fi-i    piena     libertà     a      tutti     quelli 
che  abbracciassero  la  religione  cri- 
stiana ,     e    fondandosi     sullo     stato 
di  servitù  degli  ebrei,    che  ritene- 
va   privi    della    patria    potestà,  co- 
mandò    amministrarsi    agi'  infanti 
il  battesimo,  malgrado  la  ripugnan- 
za de'genitori;  ma   i  teologi  fecero  ri- 
chiamare quest'ultima  disposizione, 
e    la    sola    espulsione    ebbe    luogo 
per  tutti    gl'israeliti.  Questo    gran 
maestro  fece    fare    un    reliquiario, 
o  tabernacolo    d'  oro  con  perle    e 
gioie,  per    ri  porvi  la    mano    di  s. 
Giovanni  Battista,  che,  secondo  l'i- 
storia riportala  dal  Bosio,  s.  Luca 
evangelista    tolse    dal    braccio    de- 
stro nella  città  di  Sebaste,  e  la  por- 
tò in  Antiochia,  da  dove  il  diacono 
Giob  la  prese  per  donarla    all'im- 
peratore  Costantino  II,   il  quale   la 
collocò  nella   chiesa    di  s.   Giovan- 
ni di    Pietra    in    Costantinopoli,  e 
dipoi  da  Baiazette  li,  come  dicem- 
mo, fu  regalata  al  medesimo  gran 
maestro  d'Aubusson. 

Afflitto  il  cardinal  gran  maestro 
d'Aubusson,  che  la  stabilita  cro- 
ciata, con  grave  danno  dell'Euro- 
pa non  si  efifettuava,  mori  a'  1 3  lu- 
glio i5o3  coi  gloriosi  nomi  di 
scudo  della  Chiesa,  e  di  liberalore 
della  crisdanilà,  di  anni  ottanta. 
Ebbe  sepoltura  nella  chiesa  di  s. 
Gio.  Battista  di  Rodi,  dove  per 
ordine  del  capitolo  tenutosi  dopo 
la  sua  morte,  gli  fu  innalzato  un 
sontuoso  juausoleo,   in    cui   furono 


GER  a35 

elegantemente  scolpite  le  più  illu- 
stri azioni  di  sua  vita.    11   Ciacco- 
nio  descrive  minutamente  la  pom- 
pa del  solenne  funerale  che  gli  fu 
celebrato.  11  maestro    di    casa    del 
cardinal  gran  maestro,   fr.  Deside- 
rio di  Santa    Jalla,    ruppe    il    suo 
bastone  sopra  la  di    lui    sepoltura, 
ed  il  cavallerizzo   fr.  Diego  Suarez 
spezzò  su  di  essa  gli  speroni.  Gli  suc- 
cesse nel  magistero  Emerico  d'Am- 
boise,  il  quale  ebbe  in  dono  dal  re  di 
Francia    un  pezzo    della  vei'a  cro- 
ce, e  la  spada  di  s.  Luigi  IX.  E- 
merico  continuò  la  difesa  dell'isola 
di  Rodi  ;  morì  nel    i  o  i  2,  ed  ebbe 
a  successori   Guy    de    Blanchefort  ; 
nel    i5i3  Fabrizio  del  Carretto  li- 
gure,  che  fece  alleanza  col    re    di 
Persia  contro  Selim    1    imperatore 
de'  turchi,  e  terminò  di  vivere  a' io 
gennaio    i5ii,  essendo    il  quaran- 
tesimo secondo  gran  maestro.  Que- 
sto gran  maestro  essendo  nel  i5i2 
procuratore  generale  della    religio- 
ne in  Roma,  fu  deputato  dal  con- 
vento di  Roma  luogotenente  e  ca- 
pitano   delle    guardie    del    concilio 
generale  lateranense  V,  adunato  da 
Giulio  li,    il  quale    avea    richiesto 
all'ordine  che  a'  cavalieri    di  Rodi 
ne    affidasse    la    custodia.    Il    gran 
priore    di    Francia    fr.    Filippo  de 
Villiers-l'Isle-Adam    a'  22   gennaio 
i52i    fu  eletto  gran  maestro    del- 
l'ordine, mentre  Solimano    11    im- 
peratore   de'  turchi    faceva    prepa- 
rativi per    impadronirsi    dell'  isola 
di  Rodi,  per  liberare  con  religiosa 
guerra  da  ogni  ostacolo  la  via  ma- 
rittima della  Mecca,  ov' è  il  corpo 
di  Maometto  il    sedicente    profeta. 
Nel  recarsi  il  nuovo  gran  maestro 
a  Rodi    si    occupò    delle    fortifica- 
zioni, delle  provvigioni,  e  della  di- 
fesa dell'  isola. 

Nel  i52  3  Solimano  II  fece  parli- 


236  GER 

re  per  Rodi  duecentomila  o  trecento- 
mila  combaltenli,  altri  dicono  qua- 
rantamila, oltre  sessantamila  servia- 
ni  e  vallacliij  con  quattrocento  basti- 
n.enti  di  diflerenti  grandezze;  questi 
ertraiono  nel  porto,  quelli  si  spar- 
sero per  r  isola  :  può  darsi    che  il 
numero    maggiore    sia    quello   dei 
turchi   impiegati  nel  lungo   assedio, 
ed  il  minore  quello   che    operò    il 
primo  sbarco.    La  guarnigione  dei 
cavalieri  componevasi  di  circa  cin- 
quemila soldati  delle    varie    lingue 
dell'  ordine.    Le    prime    operazioni 
de'  turchi   furono  lente,  e  la  difesa 
degli    assediati    valorosa  ;    ma    so- 
praggiunto in   Rodi    Solimano    II, 
ispirò    coraggio     alle    sue    truppe. 
Niun    soccorso    apparve    per  parte 
de' principi  cristiani,  sebbene  all'im- 
presa eccitati  ;  ed  il  Papa  Adriano 
VI    mandò    ai     cavalieri    tre    navi 
ben  provvedute,  ma  ritardate    dai 
venti  contrari.  Però  il  suo   storico 
e  famigliare  Ortiz  afferma  che  non 
spedì   verun  soccoi'so,    e  di  ciò  lo 
scusa  con  diverse  ragioni ,  essendo 
esausto  il  tesoro  pontificio    per    le 
precedenti  guerre  di  Leone  X.   In 
quattro  assalti  generali    l' oste    ne- 
mica fu  respinta    col    più    sangui- 
noso macello;  ed    uno  strale    scoc- 
cato privò     di    un    occhio     il    co- 
mandante   del  genio,  il    valorosis- 
simo e  prode  fr.   Gabriele    Tadino 
di  Rlartinengo ,   eh'  era  accorso  da 
Candia.  Quando  i  turchi  erano  qua- 
si disposti  a  levare    l'assedio,  per 
la  brava  e  vigorosa  resistenza    dei 
cavalieri,  il  cancelliere    dell'ordine 
Andrea  d'Amarai  portoghese,  irri- 
tato nell'ambizione  per  essergli  sta- 
to preferito  nel  gran  magistero  fr. 
Filippo,  avendo  detto  ch'egli  sareb- 
be stato   l'ultimo  cui  Rodi    preste- 
rebbe   ubbidienza ,    per    mezzo   di 
un    servo    che    lanciava    le   lettere 


GER 

con  una  balestra  nel  campo  otto- 
mano, avvisò  i  turchi  del  bisogno 
estremo  in  cui  si  trovava  la  piaz- 
za. Questo  bastò  perchè  Solimano 
Il  si  ostinasse  a  dcbcllaila  :  la  brec- 
cia era  aperta  per  ogni  lato,  l'inon- 
da/ione  de'  furenti  turchi  era  pros- 
sima, allorché  dopo  sei  mesi  d'as- 
sedio si  concluse  un  momentaneo 
armistizio.  Volevasi  tentare  di  per- 
suadere Solimano  li  a  rispettare  i 
trattati  di  Baiazette  H,  ma  quello 
montò  in  gran  furore,  giacché  no- 
vantamila turchi  erano  periti  quan- 
do si  ordinò  l'estiemo  assalto.  In 
questo  frangente  il  gran  maestro 
fece  spiegare  la  bandiera  di  pace, 
e  fu  consentita  onorevole  capito- 
lazione con  vantaggiose  condizioni 
a'  20  dicembre. 

Vennero  guarentite  le  chiese  cat- 
toliche,   vietato    il    rapimento    dei 
fanciulli   per   farli  giannizzeri,  con- 
ceduta  la   libertà  al  cattolico  culto, 
esentati  i  cattolici  rodiani    da    tri- 
buto per  cinque  anni,  dato  il  per- 
messo di  emigrare  alle  famiglie  con 
le  loro  proprietà   nel   termine  d'tni 
triennio,  accordati  dodici   giorni  al 
gran  maestro,  ed  ai  cavalieri  e  re- 
ligiosi    dell'ordine    per     prepararsi 
alla  partenza,  ed    apprestate    delle 
navi   turche,    ove    le    rodiane    non 
bastassero,  per  trasferire  gli  assenti 
sino  a   Candia,  in   un   cogli    efletti, 
e  coU'artiglieria  del  navile    di  Ro- 
di.  Il  sultano  entrò  in  Rodi  trion- 
fante nel  giorno  del  santo    Natale. 
Intanto  furono  consegnate    a  Soli- 
mano II  le  isole  minori,  fu  allarga- 
to il  campo  turco,  si  diedero  ven- 
ticinque cavalieri    in    ostaggio ,    ed 
altrettanti  cittadini ,  mentre  un  ca- 
pitano turco,  con  quattrocento  gian- 
nizzeri dovea  prendere  il    possesso 
della  città.  In  questo   tempo  giun- 
se un  corpo  di  quindicimila    gian« 


GER 

uizzeri  asiatici  indisciplinati,  il  qua- 
le incidente  dimostrò  con  quanto 
senno  erasi  accelerata  la  conclu- 
sione del  trattato.  L'animo  grande 
di  Solimano  II  si  manifestò  nel  ri- 
cevimento del  gran  maestro,  a  cui 
diresse  parole  di  contòrto  e  di  lo- 
de, e  nel  dargli  comiato  si  rivolse 
a'  suoi  capitani,  e  disse  che  il  con- 
tento della  conseguita  vittoria  era- 
gli amareggiato  per  la  umiliazione 
di  cavalieri  s\  valorosi.  Il  traditore 
Amarai  voleva  pur  presentarsi  al 
sultano,  ma  questi  gli  fece  dire 
scherzosamente,  che  volendosi  egli 
vestire  con  pelle  mussulmana,  do- 
•vea  della  pelle  cristiana  prima  di- 
spogliarsi ;  uè  bene  comprendendo 
egli  il  senso  delle  parole,  glielo  fe- 
ce'intendere  coir  ordine  dato,  che 
fosse  subito  scorticato  vivo.  Altri 
narrano  che  l'Amarai,  già  era  sta- 
to punito  col  servitore  dal  gran 
maestro,  decapitato  e  squartato.  Ma 
i  giannizzeri  nel  quinto  giorno  do- 
po la  capitolazione,  rotto  ogni  fie- 
no penetrarono  disordinatamente  in 
Rodi,  ove  commisero  violenze,  sac- 
cheggi ,  ed  altre  iniquità ,  e  non 
tardarono  a  convertire  in  moschee 
i   migliori   templi. 

IVel  primo  giorno  dell'  anno 
i52  3  partì  il  gran  maestro  con 
cinquemila  de'  suoi  ,  che  felice- 
mente con  cinquanta  bastimenti 
approdarono  all'  isola  di  Candia , 
portando  seco  le  reliquie  che  pos- 
sedeva r  ordine ,  cioè  una  parte 
della  vera  croce,  la  sacra  spina, 
la  mano  destia  e  parte  del  capo 
di  s.  Gio.  Battista,  il  corpo  di  s. 
Eufemia,  ed  altre  sagre  ed  insigni 
reliquie.  In  tal  modo  l'ordine  per- 
de la  nobile  isola  e  città  di  Rodi, 
chiamata  lo  scudo  ed  il  bastione 
della  repubblica  cristiana.  Poco  do- 
po partirono  tutti  i  latini  col  loro 


GER  237 

arcivescovo  di  Rodi,  de'  quali    So- 
limano Il  dimostrava  diftidare,  ac- 
cordando ai  soli    greci    orientali    il 
suo  patrocinio  ;  ed  il  corsaro  Cur- 
togli  venne  creato    governatore    di 
Rodi.  L' infelice    Amurat    figliuolo 
di    Zizirao,  eh' educato  nella  cristia- 
na religione  viveva  occulto  in   Ro- 
di con  la  famiglia,    fu    fatalmente 
riconosciuto,  e  confessando   la  fede 
perì  strangolato  co'  suoi    figli,    ri- 
serbandosi le  sue  femmine  per  V ha- 
rem del    sultano.    Nello    spazio    di 
duecento  tredici  anni,  dieciiiove  gran 
maestri  esercitarono  in  Rodi   il  so- 
viano  dominio.  La  storia  di    que- 
sta guerra,  e  delle  cose  che  la  se- 
guirono fu  scritta  in  latino  da  Gia- 
como Fontana,  che  allora  era  giu- 
dice delle  appellazioni    in    Rodi,  e 
si  legge  nello  Scardio,  Oper.  Histor. 
delle  guerre  di  Rodi  tom.  II  ;  in  fran- 
cese dal  cavaliere  fr.    Giacomo    di 
Borbon,  soldato  valoroso  nella  stes- 
sa guerra,  e    da  Paolo  Boissat.    Si 
ha    pure ,    De    bello    Rhodio    (  an. 
i522)   Clementi  VII  dedicati,  Ro- 
mae     i5i^    dello    stesso    Giacomo 
Fontana.  Del  medesimo   abbiamo, 
Della  guerra  di  Rodi,    descrizione 
dell'  isola    di    3Ialta    concessa     ai 
cai'alieri  di  Rodi,  dettata   da.  Gio. 
Quintino,  con  un  commentario  del- 
Visola,  e  dell'  ordine   de"  cm^alieri, 
scritto    da  Adamo    Teodorio,   tra- 
duzione   del     Sansovino ,     Venezia 
1545.   Il  Bosio  ne    tratta    al  tom. 
III,  lib.    18,    19,   20     della    Storia 
della  religione   di  Malta.    Gugliel- 
mo Caoursin   nel  i536  pubblicò  in 
Ulma,   Descriptio    obsidionis    urbis 
Rhodiae  a  Mahometo  II,  an.   1 53o. 
Coronelli    e    Parisotti,    Y  Isola    di 
Rodi  geograjica,  storica,  antica    e 
moderna,  colle  altre  adiacenti,  già 
possedute  dai  cai'alieri    di  s.   Gio- 
vanni   di    Gerusalemme,    tom.   I, 


238  GER 

dell'  Arcipelago,     Venezia    i  f)88    e 

,69'?. 

Il  gran  qpaestro  co'  cavalieri  pas- 
sò il  resto  dell'  inverno    a  Candia, 
allora    dei    veneziani ,    quindi  fece 
vela  col  suo    navilio    per    l' Italia , 
quando  i  venti  contrari  l'  obbliga- 
rono a  riparare  in  Messina,    dove 
trovò  cavalieri  di  differenti    lingue 
ch'erano  diretti  a  Rodi  con  prov- 
vigioni da  guerra,  cui  il  gran   mae- 
stro fece    prendere    i    loro    ranghi 
nell'ordine.  La  peste  obbligò  i  ca- 
valieri a  stabilirsi    presso    il    golfo 
di  Baia  e    le  rovine  di    Cuma    in 
un  campo,  per  salvarsi  dal    conta- 
gio. Intanto  il  gran  maestro  de  Viì- 
liers  impaziente  di  conoscere  le  in- 
tenzioni della  santa  Sede  riguardo 
all'ordine,  appena  la  stagione  il  per- 
mise, ricominciò    la    navigazione,  e 
prese    porto    a    Civitavecchia     con 
tutti    i  suoi    bastimenti.    Facevano 
principale   e    numerosa     parte    del 
.seguito  gl'isolani  rodiani  che  pre- 
ferirono al  giogo    turchesco    seguir 
la    sorte    de'  cavalieri  ,    i    quali  in 
questo  tempo  pellegrinavano  vestiti 
a  lutto,  veleggiando  con  galere  co- 
perte di  nere    gramaglie.    Adriano 
YI  lo  fece  incontrare  dalle  sue  ga- 
lere, e  rendergli  tutti  gli  onori  in 
Civitavecchia,  facendo  sapere  al  gran 
maestro     che    dovesse     riguardarla 
come  propria.  Quindi  il  gran  mae- 
stro fece  sapere  al  Pontefice  Adria- 
no VI  il  suo  arrivo,  e  gli  diman- 
dò udienza  ;  ma  il  Papa  che    a'  5 
agosto    voleva    pubblicare    la    lega 
conchiusa  con  Carlo  V  imperatore 
contro  la  Francia,  nella  basilica  di 
s.   Maria   Maggiore,  né    piacendogli 
che  vi    fosse  presente  il  gran  mae- 
stro, ordinò  che  si  provvedesse    di 
tutte  le  cose  necessarie,    volle    che 
il  suo  maestro  di  casa    Diego    ve- 
scovo di  Cuenca  lo   visitasse,    ma 


GER 
gli    fece    rispondere    che    si   tratte- 
nesse a  Civitavecchia    sino   al    ter- 
mine dei  calori  estivi.  Questi  pas- 
sati, il  gran  maestro  ottenne  il  per- 
messo di  recarsi    in    Roma,  laonde 
pel  Tevere  sbarcò  a  s.  Paolo  li  3  r 
agosto  :    ivi  pernottò,    e  nel  giorno 
seguente  fece  la  sua    entrata    nella 
città,  essendo  incontralo    dalle    fa- 
miglie de'  cardinali.    Con  decorosa 
cavalcata  si   portò  al  Vaticano,  ove 
Adriano  VI  gli  aveva  fatto  prepa- 
rare   l'alloggio.     Indi     fu    ricevuto 
dal  Papa  con  tutti  i   riguardi    do- 
vuti al  suo  valore,  alle  sue  disgra- 
zie, ed  alla  benemerenza  dell'ordi- 
ne colla  cristianità.   Il  Papa  lo  ri- 
cevette in  una  sala  alla  presenza  di 
molti  cardinali,   l'incontrò   per    al- 
cuni passi,  e    lo    salutò  gran   cam- 
pione di   Cristo,  e  fortissimo  difen- 
sore della  fede  cattolica,  facendolo 
sedere  tra   i  cardinali.    Poco    dopo 
a'  i4    settembre     i52  3    la    morte 
troncò  la  vita  ad  Adriano  VI,  sen- 
za ch'egli  potesse  realizzare  le  pro- 
messe di  protezione  fatte    all'  ordi- 
ne.   JNel    primo    ottobre    trentatie 
cardinali  entrarono  in  conclave,  la 
custodia    del    quale    fu    affidata  al 
gran     maestro    Villiers-l' Isle-Adam 
ed  a'  suoi  cavalieri,    concedendogli 
il  sacro  collegio  suprema    autorità 
sopra  tutti  gli  altri  corpi  del  sacro 
palazzo.   A   tale  elfetto  il  gran  mae- 
stro, oltre  i   soldati    della    guardia 
ordinaria  del   Papa,    cioè    i    caval- 
leggieri  e  gli  svizzeri,  coi  denari  della 
camera  apostolica  assoldò    duemila 
fanti,  a  cagione  delle  guerre  d'Ita- 
lia,   e    de'  tumulti    della    sede  va- 
cante.  Il  gran  maestro  finché  durò 
il  conclave  fece  continuamente  cu- 
stodire la  porta    dai    cavalieri    ar- 
mati, con  le  loro  sopravveste  mili- 
tari di  seta  vermiglia,  con  le  croci 
bianche  sopra  ;  e  con  gran  tripu- 


GER 

dio  della  religione  gerosolimitana 
quindi  a'  i8  novembre  fu  eletto 
Papa  il  cardinal  Giulio  de'  Medici 
fiorentino,  che  prese  il  nome  di 
Clemente  VII ,  il  primo  tra  i  ro- 
mani Pontefici,  che  all'  ordine  ge- 
rosolimitano    appartenesse. 

Giulio  de'  Medici  d'anni  dieciotto 
erasi  arruolato  tra  i  cavalieri  di  Ro- 
di, tra'quali  fece  professione  e  diven- 
ne priore  di  Capua.  Giulio  II  nel 
i5io  lo  avea  fatto  arcivescovo 
d'Ambrun,  e  Leone  X  suo  cugino 
nel  prendere  il  solenne  possesso  fu 
corteggiato  da  Giulio,  che  monta- 
to sopra  un  bel  cavallo,  e  vestito  di 
bianche  armi,  con  sopravveste  rossa, 
portò  lo  stendardo  o  vessillo  della 
sacra  religione  gerosolimitana  ,  nel 
luogo  secondo  il  costume  più  ono- 
rato, facendo  qual  sostituto  le  veci 
del  procuratore  gerosolimitano.  Nel 
medesimo  giorno  Leone  X  fece  il 
cugino  Giulio  arcivescovo  della  co- 
mune patria,  ed  a'  i4  dicembre 
1 5i  3  lo  creò  cardinale,  e  poscia  ven- 
ne fatto  protettole  dell'ordine  ge- 
rosolimitano. Il  gran  maestro  come 
custode  del  conclave  essendo  stato  il 
pi  imo  ad  aprirlo,  fu  pure  il  primo  a 
baciare  al  nuovo  Papa  il  piede. 
Tenendo  ricevuto  con  amorevoli  ab- 
bracciamenti, ed  insieme  ai  cardi- 
nali ringraziato  per  la  diligenza  e 
prudenza  con  cui  erasi  diportato  nella 
custodia  del  conclave.  Il  gran  mae- 
stro accompagnò  Clemente  VII  alla 
basilica  vaticana  nella  sua  corona- 
zione, e  poi  fece  altrettanto  nella 
cavalcata  che  fece  il  Papa  al  La- 
terano  pel  possesso ,  nel  quale  fu 
dato  il  più  onorato  luogo  allo  sten- 
dardo gerosolimitano  ,  portato  dal 
priore  di  Capua  fr.  Giuliano  lii- 
dolfì,  come  ambasciatore  e  procu- 
ratore generale  dell'ordine  in  Ro- 
ma. A    consiglio  del  Papa,   la   re- 


GER  239 

ligìone  dichiarò  suo  prolettore  presso 
la  santa  Sede  il  cardinal  Alessandro 
Cesarini.  Dipoi  a' 18  dicembre  e  in 
pubblico  concistoro    Clemente  VII, 
alla  presenza  del  sacro    collegio    e 
di    tulli    gli    ambasciatori,  ammise 
ali  ubbidienza   il  gran   maestro  con 
tutti  i  priori,  bah  ,   commendatori 
e  cavalieri ,   facendo    1'  orazione  fr. 
Tommaso  Guicardo  rodioto.    Nelle 
feste  del  seguente    Natale,   il  Papa 
fece  assegnare  al  gran  maestro  pei* 
posto  in  cappella,  per    evitare    di- 
versi puntigli,  di  seder  solo  nel  pri- 
mo gradino  dal  lato  destro  del  so- 
glio pontificio,  che  allora  era  il  luo- 
go più  onorato  e  degno.  Veramente 
secondo  l' antico  uso    il  gran  mae- 
stro   dovea  sedere     dopo    il  primo 
cardinale  diacono,  come    principe, 
primo  barone  e  conservatore  della 
regia  corona  del  regno  gerosolimi- 
tano,   despota    di    Morea,    principe 
d'Acaia   per  l'acquisto  che  ne  avea 
fatto  la  religione  ,    di   Corinto  ,  di 
Sparta,  e  signore  di  Rodi    che    fu 
ne'  tempi    antichi  potente  e  famo- 
sa   repubblica.     Devesi   però    osser- 
vare che  mentre  i  principi  assisten- 
ti al  soglio  dovevano  restare  sem- 
pre in  piedi,  al   gran     maestro    fu 
concesso  sedere  quando  i   cardinali 
sedevano  ;    mentre  l' incenso     e    la 
pace  gli  fu  data  dopo  gli  aici vesco- 
vi assistenti  al  soglio,  e  prima  del 
governatore    di    R.oma     vicecamer- 
lengo.   Recandosi    poi    il    Papa    in 
cappella,  o  per  la  città,  fu  stabilito 
che  il  gran    maestro    dovesse    pre- 
cederlo.   Clemente    VII    si    mostrò 
impegnatissimo  pel  suo  ordine,  che 
riguardò  quale   una  seconda  sua  ca- 
sa, e  gli  assegnò  per    residenza    la 
città  di    Viterbo  [Fedi),  con  la  sua 
rocca    in  imprestito,    con    mero  e 
misto  impero,    ove    furono    i    gran 
dignitari    accolli   amorevolmenle  e 


9.4o  GER 

con  distinzione  dal  vescoTO  cardi- 
nal Egidio  Canisio  :  furono  ricettali 
in  di  versi  i  luoghi  col  sacro  con- 
vento, e  presero  in  affitto  la  chie- 
sa de'  ss.  Faustino  e  Giovila,  dove 
restarono  piii  di  quattr'anni  in  prov- 
visoria stanza,  ivi  continuando  il 
gran  maestro  come  a  Rodi  a  servire 
tredici  poveri  a  mensa,  in  onore  di 
Gesù  Cristo  e  degli  apostoli.  Altra 
parte  dell'  errante  milizia,  e  de'  ro- 
diani  che  in  numero  di  circa  quat- 
tromila combattenti  li  avevano  se- 
guiti ,  senza  contare  i  vecchi ,  le 
donne  e  i  fanciulli,  coi  loro  navi- 
gli restarono  in  ritiro  nel  porto  di 
Villa  -  Franca,  asilo  benignamente 
concessogli  dal  pio  Carlo  III  duca 
di  Savoia,  acciocché  fossero  in  si- 
tuazione più  opportuna  per  nego- 
ziare coir  imperatore  Carlo  V,  coi 
re  di  Francia  e  d' Inghilterra,  e  con 
altri  principi  potenti,  onde  li  for- 
nissero di  mezzi  atti  a  sorprendere 
Rodi,  nella  qual  città  avevano  fe- 
deli intelligenze  per  ricuperare  il 
perduto  dominio. 

Ma  per  le  guerre  e  disastri  so- 
pravvenuti a  cagione  delle  discordie 
de' principi  della  cristianità,  del- 
la prigionia  di  Clemente  VII,  e  fu- 
nesto saccheggio  di  Roma,  vani 
tornarono  i  desideri  de' cavalieri,  e 
ne  perdettero  ogni  speranza,  per  la 
persuasione  che  sebbene  riacquista- 
ta, non  potrebbe  l'isola  di  Rodi 
conservarsi  contro  le  forze  ottoma- 
ne. E  da  notarsi,  che  quando  Cle- 
mente VII  si  trovò  nel  1527  as- 
sediato in  Castel  s.  Angelo,  rispet- 
tando la  saggia  neutralità  che  i 
cavalieri  di  Rodi  avevano  sempre 
usata  nelle  differenze  tra  principi 
cristiani,  ciò  che  costantemente  con- 
tinuarono ad  osservare  anche  dipoi, 
si  fece  un  riguardo  di  profittare  del- 
la loro  vicinanza  in  Viterbo,  onde 


GER 

essere  alutalo  in  tanto  grave  caso, 
e  solo  ricevette  alcune  polveri  e 
munizioni  per  la  difesa  di  Castel 
s.  Angelo.  Da  questo  luogo  Cle- 
mente VII  scrisse  un  breve  al  gran 
maestro,  acciò  consegnasse  la  roc- 
ca di  Viterbo  al  cardinal  di  s.  Vi- 
to legato  del  Patrimonio,  ciò  che 
subito  fu  eseguito.  Fino  da  quan- 
do i  gerosolimitani  erano  in  Pale- 
stina, si  guardarono  di  prender 
parie  per  alcun  principe  cristiano 
a  danno  di  altro,  perchè  le  loro 
leggi  e  professione  glielo  vietavano, 
non  dovendo  impiegar  le  armi  e 
le  pi'oprie  forze  se  non  che  con- 
tro gl'infedeli  in  prolezione  ed  au- 
mento della  santa  fede,  e  per  di- 
fesa loro  propria.  Il  contestabile 
poi  di  Borbone,  comandante  dell'ar- 
mala contro  R^oma,  non  solo  scris- 
se a  Viterbo  al  gran  maestro,  che 
non  avrebbe  a  suo  riguardo  mole- 
stato la  città,  ma  effettuò  puntual- 
mente la  promessa.  Coltivando  l'or- 
dine l'idea  dell'impresa  di  Rodi, 
col  sacro  convento  nell'islesso  an- 
no iSay  si  portò  a  Coraeto,  che 
per  la  peste  dovette  abbandonare, 
passando  con  annuenza  del  suddetto 
Carlo  III  in  Villafranca,  ov' erano 
le  sue  milizie  ed  i  seguaci  rodioti; 
indi  si  trasferirono  a  Nizza,  ove  re- 
starono sino  al  i52g,  passando  per 
im  tempo  anche  ad  Augusta  di  Si- 
cilia. Fr.  Antonio  Bosio  cameriere 
segreto  favorito  di  Clemente  VII, 
da  lui  fatto  "ran  croce  dell'  ordine 
col  baliaggio  di  s.  Stefano,  si  espo- 
se a  molti  pericoli  in  recarsi  a  Ro- 
di per  annodare  le  segrete  intelli- 
genze, e  prendere  ragguagli  dai  ri- 
masti amici  sullo  stato  delle  cose. 
Venuto  l'ordine  in  chiaro,  dopo 
circa  sei  anni  di  trattative,  essere 
inutile  qualunque  tentativo,  ed  an- 
che il  tenere  più  a  lungo  sotto  le 


GER 
armi  i  soldati,  o  i  fedeli  rammin- 
ghi  seguaci,  di  necessità  prese  altre 
risoluzioni,  e  cercò  altra  più  sicura 
e  certa  stanza.  Fu  perciò  risoluto 
nel  generale  capitolo  o  consiglio  dei 
cavalieri,  che  sarebbe  a  proposito 
e  di  sicurezza  loro  ridursi  all'  isola 
di  Malia  [Fedì),  già  chiesta  da 
essi  in  dono  all'  imperatore  Carlo 
V,  quando  pure  viveva  il  di  lui 
maestro  Adriano  VI;  poscia  anco- 
ra ridomandata  per  le  fervide  i- 
stanze  di  Clemente  VII,  a  cui  era 
tanto  a  cuore  il  ben  essere  e  sta- 
bile collocamento  della  religione 
gerosolimitana,  che  servigi  impor- 
tanti avea  resi  in  tanti  secoli  al 
cristianesimo;  e  cos'i  trovare  buon 
mezzo  di  metterla  in  istato  di  con- 
tinuare a  farsi  forte  contro  i  ne- 
mici della  fede.  L'ultimo  negoziato 
che  da  Carlo  V  nel  i53o  fu  con- 
cluso in  Bologna,  dopo  esservi  sta- 
to solennemente  coronato  da  Cle- 
mente VII,  fu  appunto  il  dono  che 
egli  fece  d'uno  stato  indipendente 
e  decoroso  alla  sacra  militare  reli- 
gione, qual  era  l' isola  di  Malta, 
parte  integrante  del  regno  di  Si- 
cilia. 

Per  conciliare  in  bene  tale  ne- 
gozio ed  indurre  l'imperatore  a 
donare  ai  cavalieri  l'isola  di  Mal- 
ta, furono  inviati  a  Bologna  due 
di  essi  de'più  rispettabili  ed  influenti 
alla  causa  loro,  cioè  il  nominato 
Bosio,  e  Luigi  Tintavilla.  Ambedue 
si  presentarono  a  Clemente  Vii  con 
lettere  credenziali,  e  con  ampia  fa- 
coltà di  trattare  in  nome  della  mi- 
litare religione  quanto  fosse  utile  e 
decoroso  in  tale  emergenza.  11  per- 
chè i  due  cavalieri  in  unione  ad 
altri  compagni  residenti  in  Bolo- 
gna, o  provenienti  dalle  vicinanze, 
supplicarono  il  Papa  a  volersi  de- 
gnare colla  valevole  sua  mediazione 

VOL.    XXIX. 


GER  24r 

di  passare  officio  favorevole  a  prò 
della  religione  rodiana  all'impera- 
tore Carlo  V  per  l'adempimento  di 
loro  brame;  e  che  nel  concedere 
il  possesso  dell'isola  si  piacesse  quel 
monarca  farne  atto  di  dono  in 
perpetuo  e  libero,  con  mero  e  mi- 
sto impero,,  senza  riservarsi  egli 
giurisdizione  alcuna ,  come  a  di- 
re appellazioni  o  altro  inerente 
al  suo  ceduto  dominio.  Il  Pontefi- 
ce volentieri  s'intei'pose  col  massi- 
mo impegno:  mediante  i  suoi  mi- 
nistri fece  introdurre  i  due  cavalie- 
ri nella  corte  cesarea  per  le  relati- 
ve pratiche,  specialmente  con  il  car- 
dinal Galtinara  gran  cancelliere 
dell'imperatore,  che  avea  il  nipote 
Signorino  cavaliere  gerosolimitano; 
perchè  si  trovasse  modo  certo  di 
venir  a  capo  con  qualche  trattato 
e  conclusione,  onde  fare  risolvere 
l'imperatore  ad  accordare  il  do- 
mandato, anche  pel  riflesso  che  in 
tal  modo  si  metterebbe  al  coperto 
il  regno  di  Sicilia  dai  turchi.  Otte- 
nuta che  fu  tale  risoluzione  dal  bea 
disposto  animo  di  Carlo  V,  per  un 
diploma  imperiale  con  pubblico  atto 
dato  in  Castello  Franco  die  XXIII 
mensis  martii  i53o,  fu  dichiarato 
che  l'augusto  Carlo  V  donava  li- 
beramente alla  religione  dell'  ordine 
militare  di  s.  Giovanni  l'isola  di 
Malta  e  Gozo,  con  Tripoli  di  Bar- 
baria,  e  prescriveva  che  per  siffat- 
to dono  i  cavalieri  gerosolimitani 
dovessero  obbligarsi,  in  annuo  tri- 
buto, mandare  un  uccello  falcone  o 
sparviero  al  viceré  di  Sicilia  ,  ed 
aver  obbligo  di  prender  nuova  in- 
vestitura, con  giuramento  di  non 
tollerare  mai  che  si  facesse  alcun 
danno  ai  regni  e  stati  del  re  di 
Sicilia  ;  e  perciò  cacciare  qualunque 
vassallo  siciliano  si  fosse  renduto 
colpevole  di  delitto  capitale,  ed  an- 
i6 


242  GER 

the  mandare  al  medesimo  viceré  i 
riconosciuti  rei  di  lesa  maestà  o  in- 
colpati di  el'esia.  Il  falcone  non  nella 
festa  di  s.  Giovanni,  o  d'Ognissanti 
si  ofìfiiva,  come  scrissero  alcuni,  ma 
sibbene  quando  tornava  più  como- 
do all'ordine,  e  quasi  sempre  nella 
buona  stagione,  in  cui  erano  solite 
le  galere  a  navigare.  Inoltre  venne 
dichiarato  che  il  vescovo  di  Malta 
rimaner  dovesse  in  giuspatronato 
all'imperatore,  ed  ai  futuri  sovra- 
ni di  Sicilia  ,  nominando  però  il 
sacro  militare  ordine  tre  religiosi 
suoi  in  ogni  caso  di  vacanza,  dei 
quali  almeno  uno  fosse  scelto  dai 
vassalli  di  sua  maestà;  che  il  più 
idoneo  eleggerebbe,  e  darebbegli  la 
gran  croce,  con  titolo,  voto,  pre- 
minenza, e  luogo  tra  i  ballivi.  Per 
ultimo  che  l'ammiraglio  di  essi  ca- 
valieri, o  chi  di  loro  avesse  a  sos- 
tenere il  grado  dell'ammiragliato, 
abbia  ad  essere  persona  non  sospet- 
ta alla  maestà  sua,  ed  ai  reguanti 
in  avvenire  di  Sicilia.  I  cavalieri 
fecero  molti  tentativi  per  rifiutare 
Tripoli,  città  conquistala  da  Carlo 
V,  che  ai  cavalieri  la  rinunziava, 
perchè  siccome  sagace  prevedeva 
non  poter  egli  possederla,  per  esse- 
re quella  città  diffìcile  a  conservar- 
si contro  gli  sforzi  de'mori  e  barba- 
reschi. 

Stabilite  essendo  queste  condizio- 
ni con  iscrittura,  restava  a  fissarsi 
dall'imperatore  il  giorno  di  sotto- 
scriverla, e  i  due  prenominati  ca- 
valieri, che  quali  mandatari  della 
religione  gerosolimitana  s'erano  a- 
doperati  e  furono  presenti  all'atto 
della  donazione,  non  mancarono  to- 
sto di  avvertire  il  gian  maestro  de 
Villiers,  affinchè  da  lui  fusse  con- 
vocato il  generale  capitolo  o  consi- 
glio per  accettare  ordiualamenle 
quell'atto,  ed  approvare  le  ingiunte 


GER 

coudizioni;  avvisando  di  quanto  fa- 
vore era  stato  al  buon  esito  delle 
cose  loro  il  sommo  Pontefice,  che 
era  dispostissimo  a  confermare  con 
sua  bolla  l'imperiale  sanzionata  in- 
vestitura. Il  gran  maestro  pure  fece 
alcune  difficoltà  di  accettare  Tripoli, 
essendogli  slato  olferto  Rodi  duAch- 
met  genero  di  Solimano  II,  colla 
coudizione  che  non  dovesse  essere 
soggetto  all'Egitto:  il  gran  maestro 
avea  fatto  anche  delle  pratiche  per 
occupare  Modone  nella  Moiea,  od 
ottenere  dalla  repubblica  di  Venezia 
qualche  isola  del  mare  Ionio  ;  tutta- 
volta  la  convenzione  con  Carlo  V  fu 
segnata  a'iS  aprile  dal  gran  maestro 
e  dai  primari  dell'  ordine,  dopo  es- 
sersi superata  la  quistione  sul  gius  di 
battere  moneta  all'  ordine,  e  consul- 
tati i  principi  cristiani,  nelle  terre 
de' quali  l'ordine  aveva  delle  pos- 
sessioni. L'ordine  in  tutti  i  luoghi 
ov'era  stato,  avea  sempre  battuto 
moneta,  e  siccome  il  priore  d' Ale- 
magna  per  ragione  dello  stato  che 
in  essa  godeva,  era  principe  dell'im- 
pero con  la  prerogativa  di  battere 
moneta  con  particolare  sua  zecca, 
tanto  maggiormente  doveva  conser- 
varsi al  gran  maestro  ed  al  supre- 
mo convento  della  religione  simile 
autorità,  già  confermata  dal  Papa 
Clemente  VII. 

In  tal  modo  Malta  venne  in- 
nalzata a  nuovi  e  più  alti  de- 
stini ,  accogliendo  i  difensori  del- 
la cristianità,  i  quali  però  prote- 
starono che  se  Rodi  si  fosse  ricu- 
perato, ivi  si  dovrebbe  ristabilire 
la  residenza  principale  dell'ordine. 
Partendo  Carlo  V  da  Bologna  si 
fermò  a  Castel-Franco  nel  Bologne- 
se, ove  nel  memoralo  giorno  sotto- 
scrisse e  sigillò  il  diploma  imperia- 
le della  cessione  di  Malta,  Gozo,  e 
Tripoli  all'ordine  gerosolimitano,  a 


GER 
compimento   della    donazione    fatta 
in  Bologna.  Vedi  la  BiiUa  Clemen- 
tis  Pont.  Max.  FU  (cjuae  con  linei) 
Confirmado  inftudalionis  insiilarum 
Tripolis,  Mdilae,  et  terrae  Gaudi- 
sii  a    Carolo  romanoruin   impera- 
tore, liospitali   s.  Joannis  Hieroso- 
lyniitani  concessurum.  Datum  Ro- 
rnae  apud    s.  Pelrum    anno   i53o, 
kal.    maii ,    presso    il    Bull.    Roin. 
lom,  IV,  par.  I,  pag.  90  e  seg.  11 
gian  maestro  inviò  alcutii  commis- 
sari a  Malta  per  prenderne  con  le 
sue  adiacenze,  con    Gozo    e  Corni- 
no il  possesso,    ripararne  le  forti- 
ficazioni, non  che  i  bastimenti  che 
\i    dovevano    trasportare  l'ordine. 
Veggasi  r  Or  alio    corani    Clemente 
VII  prò  Hierosolymilana  religione, 
R.omae  1 534,  di  Tommaso  Guicher- 
do.  Candidati  alla  nuova  sede  ve- 
scovile   di    Malta    si     presentarono 
monsignor  Tommaso  Bosio,  e  mon- 
signor   Girolamo    Ghinucci   sanese, 
mentre  Carlo  V  piopose  il  reveren- 
do Baldassare  Waltkirk   consigliere 
e    cancelliere    imperiale.    Aveva    il 
gran    maestro  presentalo    all'impe- 
ratore tre  soggetti,  tra'  quali  il  Bo- 
sio cavaliere  gerosolimitano,  perchè 
a    seconda     de' patti    scegliesse    chi 
credeva  per  vescovo  di  Malta;  ma 
avendo  Carlo  V  lasciato  tiascorrere 
alla  nomina  il  tempo  assegnato  al- 
le canoniche  leggi ,    Clemente    VII 
nominò     Ghinucci  ,    il  quale    dopo 
diuturna    lite,    ad     insinuazione    di 
Paolo    111    che    lo    creò    cardinale, 
jier   mezzo   di  rispettosa  lettera  ri- 
mise l'affare  all'arbitrio  dell'impe- 
ratore, che  con  beneplacito  aposto- 
lico assegnò  al  cardinale  una   pen- 
sione di  novemila     lire  sulla  men- 
sa episcopale  di  Malta,  e   in  questa 
maniera     nell'  anno     i536    il    Bo- 
sio ottenne  le   bolle  pel    vescovato, 
prese   pacifico    possesso,  e    divenne 


GER  243 

il  primo  vescovo  di  Malta  dopo  Io 
stabilimento  in  essa  dell'ordine  ge- 
rosolimitano. 

Fr.  Filippo  de  Villiers-l'Isle-Adam 
dopo    l'accettazione    di  Malta,    per 
essa  s'imbarcò    co' suoi   cavalieri,  e 
suo  consiglio,  e  partendo  da  Sara- 
gozza ove  risiedeva    col  sacro  con- 
vento, vi  giunse  a'  26  ottobre  dello 
stesso  anno,  prese  formalmente  pos- 
sesso dell'  isola,   e  da  quel  tempo  i 
cavalieri  di  Rodi  chiaraaronsi  cai>a- 
lieri  di  Malta,  e  l'ordine  religione 
di  Malta,  così    il  gran  maestro  fu 
detto  di  Malta.  Nel  i533fr.  Filip- 
po adunò  il  capitolo  generale  per  la 
revisione  degli    antichi  statuti,   che 
furono  corretti  ed  ampliati  secondo 
i  bisogni  de' tempi.  Nell'istesso  an- 
no fu  edificata  in  Malta  l'inferme- 
ria, dandosi  ad  essa    principio    con 
solenne  pompa  ecclesiastica,  dappoi- 
ché la  sacra    milizia,   siccome    or- 
dine ospitalario,    si    gloriò    sempre 
di     particolarmente     professare    as- 
sistenza e  cura  agl'infermi,  riguar- 
dandoli come  signori  e  padroni  dei 
cavalieri;     onorandosi     eziandio     il 
gran  maestro  di  non  portare  altro 
titolo,    che  d'umile    maestro   dello 
spedale  di  Gerusalemme,  e  custode 
de' poveri    di     Gesù    Cristo.    Verso 
questo  tempo  cessò  la  lingua  d'In- 
ghilterra, per  lo  scisma  del  re  En- 
rico Vili,  che  prima    come  i  suoi 
predecessori  chiamava  il  gran  mae- 
stro Eniinentissime    princeps,    con- 
sanguine,  et  aniice  noster  carissime. 
11  celebre  Barbarossa  capo  de' cor- 
sari africani    sembrava     minacciare 
Malta    con    ottaatadue    galere,   ma 
il    gran    maestro  si    pose    in  grado 
di  aCfrontarlo,   li  gran   maestro  Vil- 
liers  carico  d'anni  e  di   gloria  mo- 
ri in   IMalta  a' 22   agosto,  e  meritò 
che  gli  si  scolpisse  sulla   tomba  que- 
bto  elogio  :  Ilio  j'acet  victrix    For- 


a44  <^ER 

tunae  Virlus:  il  di  lai  luogotenen- 
te comandò,  sinché  non  fu  eletto 
il  luogotenente  del  magistero,  sino 
all'  elezione  del  nuovo  gran  mae- 
stro. Gli  successe  Pietro  du  Pont 
nel  magistero,  sotto  il  quale  si  vi- 
de verificato  quanto  i  cavalieri  ave- 
Tano  preveduto,  cioè  di  non  poter- 
si sostenere  in  Tripoli  senza  valide 
fortificazioni,  e  numerosa  guarnigio- 
ne. Avendo  Barbarossa  occupato 
Tunisi,  si  rivolse  alla  conquista  di 
Tripoli,  e  ad  onta  che  il  gran  mae- 
stro vi  mandasse  molti  soccorsi,  e 
Carlo  V  avesse  radunato  una  flot- 
ta a  Cagliari,  Barbarossa  s'impa- 
dronì della  città  nel  i535,  sebbene 
altri  attribuiscono  tal  conquisto  al- 
l'altro famoso  ammiraglio  Dragut, 
cui  la  cedette  Gasparo  Valier  ma- 
resciallo dell'ordine  per  capitolazio- 
ne nel  i55i.  A  Du  Pont  successe 
Didier  de  Saint- Jaille,  ch'ebbe  a 
luogotenente  Giacomo  de  Pelloquin, 
e  morì  nel  i536.  Nel  magistero 
di  fr.  Giovanni  d'Omeda,  di  lui 
successore,  i  cavalieri  nel  i54i  pre- 
sero parte  nella  spedizione  della 
flotta  di  Carlo  V  contro  Algeri, 
ma  a  danno  dell'ordine  ai  nemici 
si  congiunsero  le  tempeste,  e  la 
spedizione  ebbe  infelice  esito. 

L'anno  seguente  avendo  Paolo 
III  fatto  lega  coli' imperatoi'e  contro 
ì  turchi,  e  fatto  istanza  alla  religio- 
ne di  mandar  le  sue  galere  per  u- 
nirsi  alle  pontificie,  il  gran  mae- 
stro si  scusò  perchè  con  le  turche- 
sche  andavano  unite  le  francesi,  os- 
servando così  la  consueta  neutralità 
che  per  tutti  i  titoli  conveniva  ad 
un  ordine  religioso  che  solo  guer- 
reggiava coi  nemici  del  nome  cri- 
stiano, ed  anco  perchè  composto  di 
tante  nazioni.  Quando  Paolo  III  si 
portò  a  JNizza  per  abboccarsi  con 
l'imperatore,    navigò     sulle    galere 


GER 
gerosolimitane,    Ranuccio     Farnese 
nipote   di  Paolo  III,  priore  di    Ve- 
nezia,   fu  fatto    ambasciatore    della 
religione  in  Roma;  si  mostrò  buo- 
nissimo  religioso,  onde    lo    zio    gli 
conferì  pure  il  priorato  di    Pisa,  e 
Io  creò  cardinale.    Nel    i546    l'im- 
peratore   Carlo    V     nella    dieta    di 
Ratisbona     accordò     la    dignità    di 
principe    del  sacro    romano  impero 
al  gran  priore  dell'ordine  di  Mal- 
ta in  Alemagna.  Nel   i553   fu  ele- 
vato   in  Malta    al    gran    magistero 
Claudio  de  la  Sangle  ambasciatore 
dell'ordine    presso     la    santa    Sede 
mentre    trovavasi    in    Roma,    onde 
notificò  subito  la  sua  esaltazione  al 
Papa    Giulio    III,  a    mezzo    di    fr. 
Pietro  del  Monte  castellano  di   Ca- 
stel s.  Angelo,  e  cugino  del  Ponte- 
fice. Nella  sera  ed  in  quella  seguen- 
te in  detto  castello,  in  segno  d'al- 
legrezza   furono    fatti  molti    fuochi 
artificiali,    con    girandola,    e    sparo 
di  tutte  le  artiglierie.  Il  nuovo  gran 
maestro    abitando    nell'antica    casa 
della  religione    posta  nel    rione  di 
s.    Eustachio,  fra  la  dogana  vecchia 
e  la  IMinerva  dietro  la  E,otonda,  non 
cambiò  abitazione,    servendosi  però 
di  due   o    tre    altre    case    contigue, 
rompendo  il  muro  di  comunicazio- 
ne, ed    ove    ricevette  le    visite    dei 
cardinali,    di  tutti    gli  ambasciatori, 
de'prelati,  della  romana  nobiltà,  ec. 
Agli    1 1  ottobre  in  cavalcata  si  con- 
dusse da  Giulio  III,  il  quale  lo  ri- 
cevette in  concistoro  segreto,  facen- 
do l'orazione  il    commendatore    fr. 
Antonio  Geuffrè.  Rispose  all'  orazio- 
ne   obbedienziale    monsignor  Paolo 
Sadoleto    vescovo  di    Carpentrasso. 
11  Papa  fece  rimanere  seco  a  pran- 
zo il  gran  maestro,  insieme  a  mol- 
ti   cardinali,    e    gli    concesse  molte 
grazie  e  privilegi.   Portatosi  a  Mal- 
ta  il  gran  maestro,  dovette  soffrire 


GER 

le  conseguenze  di  alcune  dissensio- 
ni, niH  per  la  sua  saggezza  flo- 
l'ido  e  pacifico  divenne  il  suo  go- 
verno. 

In  questo  tempo  guerreggiando 
l'imperatore  ed  il  re  di  Francia, 
concessero  il  privilegio  di  neutra- 
lità alla  religione.  Sotto  il  gran  mae- 
stro la  Sangle  l' ordine  prosegui 
la  guerra  contro  i  turchi,  e  con- 
tro il  corsaro  Dragut,  che  con  Si- 
nan  pascià  aveva  tentato  nel  i55i 
d'impadronirsi  di  Malta,  occupando 
l'isola  di  Gozo.  Dopo  essere  pas- 
sato per  tutte  le  dignità  dell'or- 
dine, con  unanime  consenso  fu 
creato  nel  iJSy  gran  maestro  Gio- 
vanni de  la  Yallette-Parisot,  per- 
sonaggio chiaro  per  virtù,  pru- 
denza e  coraggio,  che  ottenne  da 
Cosimo  I  duca  di  Toscana  nel 
i563  la  conferma  de'privilegi  che 
godeva  l'ordine  ne'suoi  stati.  Sot- 
to di  lui  ,  e  nel  1 562  essendo 
insorta  in  Roma  questione  di  pre- 
cedenza tra  r  ambasciatore  della 
città  di  Bologna,  ed  il  gerosolimi- 
tano. Pio  IV  testimonio  delia  pre- 
tensione ordinò  che  l'ambasciatore 
dell'  ordine  precedesse  quello  di 
Bologna,  ciò  che  intese  con  piace- 
re la  Vallette.  L'  ambasciatore  poi 
delia  religione  al  concilio  di  Tren- 
to, essendo  frate  cappellano  e  sacer- 
dote, prese  luogo  fra  gli  amba- 
sciatori de'  principi  ecclesiastici.  11 
concilio  non  altei'ò  né  gli  statuti, 
né  le  consuetudini,  né  i  privilegi. 
Solo  restrinse  quelli  circa  la  cura 
dell'anime  e  l'amministrazione  dei 
sagramenti  ;  ed  il  cardinal  di  Lo- 
rena pronunziò  un'orazione  in  lo- 
de della  religione,  che  la  dichiarò 
tra  le  militari  la  più  utile,  neces- 
saria e  benemerita.  Alla  morte  di 
Carlo  V,  la  religione  gli  fece  ce- 
lebrare in    Malta   solenni  funerali. 


GER  245; 

Avendo  la  Vallette  in  meno  di 
cinque  anni  preso  ai  turchi  cin- 
quanta vascelli,  irritò  talmente  So- 
limano II,  che  profittando  delle 
rivoluzioni  e  guerre  cagionate  in 
Europa  dall'  eresia  luterana,  inviò 
all'  assedio  di  Malta  il  pascià  di 
Buda  Mustafa,  il  più  sperimentato 
de'suoi  pascià,  con  Dragut  ,  Lou- 
chiali,  e  Piali  ammiraglio  o  capi- 
tano pascià.  Nel  i565  parti  la 
flotta  turca  per  impadronirsi  del- 
l'isola, composta  di  cento  cinquan- 
ta vascelli,  e  di  trentamila  uomi- 
ni, numero  che  altri  accrescono 
come  quello  de' vascelli;  e  sbarcan- 
do avanti  il  forte  di  s.  Elmo  a'20 
maggio,  strinsero  l'isola  di  assedio 
per  quattro  mesi,  ne'quali  i  cava- 
lieri fecero  prodigi  di  valore.  Stan- 
do sommamente  a  cuore  del  Pon- 
tefice Pio  IV  la  conservazione  di 
Malta  nelle  mani  dell'ordine  ge- 
rosolimitano ,  indusse  Filippo  li 
re  di  Spagna  e  di  Sicilia  a  spedire 
da  questa  in  aiuto  de'cavalieri  un 
corpo  di  seimila  soldati  comanda- 
ti dal  viceré  Garzia  di  Toledo; 
laonde  con  questo  rinforzo  il  ge- 
nerale Mustafà  fu  costretto  abban- 
donare l'impresa,  dopo  avervi  per- 
duto il  corsaro  Dragut,  trentamila 
combattenti,  ottomila  marinari,  e 
gettate  indarno  settant'otto  mila 
palle  di  grosso  calibro.  L'  ordine 
decretò  che  in  ogni  anno  in  tutte 
le  chiese  della  religione  si  dovesse 
celebrare  solennemente  la  festa  del- 
la Natività  di  Maria  Vergine,  con 
commemorazione  della  liberazione 
di  Malta  dall'assedio,  e  che  in  que- 
sta città  si  dassero  sei  doti  ad  al- 
trettante povere  vergini. 

Atllnché  poi  Filippo  li  potesse 
mantenere  settanta  galere  armate 
contro  il  comune  nemico.  Pio  IV 
gli  concesse  settantamila  ducati  d'o- 


246  GER 

ro  sopra  i  benefizi  ecclesiastici  tli 
Spagna;  e  per  soccorrere  l'impera- 
tore Ferdinapdo  I  contro  gli  stessi 
turchi,  impose  il  Papa  sopra  i  di 
lui  sudditi  un  tributo  di  quattro- 
centomila scudi  d'oro;  quindi  inviò 
a  IMalta  per  la  sua  restaurazione 
Francesco  Laparelli  da  Cortona , 
celebre  ingegnere.  Lo  stesso  Pio 
IV  concesse  all'ordine  un  giubileo 
amplissimo  con  indulgenza  plena- 
ria, a  tutti  quelli  che  avessero  con- 
tribuito alla  fabbrica  della  nuova 
città  che  si  proponeva  di  edifica- 
re il  gran  naaestro,  che  prese  po- 
scia il  suo  nome.  Il  giubileo  fu 
pubblicato  in  molte  delle  princi- 
pali città  d'Italia,  e  se  ne  ricava- 
rono copiose  somme  di  denaro; 
dipoi  fu  prorogato  e  confermato 
dal  di  lui  successore,  in  modo  che 
furono  sospese  le  indulgenze  solite 
del  venerdì  santo,  e  sabbato  santo. 
Dopo  la  liberazione  di  Malta  Pio 
IV  rese  a  Dio  pubbliclie  e  solenni 
azioni  di  grazia ,  indi  fece  sapere 
al  gran  maestro  che  in  rimunera- 
zione de'grandi  suoi  meriti  lo  vo- 
leva creare  cardinale  :  la  Vallette 
si  mostrò  commosso  da  tanta  de- 
gnazione, ma  supplicò  di  essere  di- 
spensato siccome  invecchiato  nelle 
armi,  pregando  invece  vivamente 
Pio  IV  a  voler  conferire  tal  di- 
gnità al  suo  fratello  vescovo  di 
Vabres,  che  allora  trovavasi  in  Ro- 
ma; ma  quando  ivi  giunse  tal  ri- 
sposta il  Papa   era  già  morto. 

Nella  pili  deploi'abile  miseria  ri- 
mase l'isola  di  Malta  per  il  sofferto 
assedio;  a  questa  rovinasi  aggiunge- 
va ne'  cavalieri  il  certo  timore  che 
Solimano  H  piombasse  vendicativo 
su  di  loro  in  persona  e  con  nuo- 
va flotta  che  stava  apparecchian- 
do, per  lo  che  pensavano  di  ab- 
bandonare l'isola,  unico  propugna- 


GER 

colo  dell'Italia  contro  gì'  infedeli, 
e  trasferirsi  in  Sicilia.  Al  nuovo 
Pontefice  s.  Pio  V  tali  notizie  riu- 
scirono di  somma  afflizione,  e  per 
levare  al  gran  maestro  il  pensiero 
della  ritirata,  gli  spedi  subito  tre- 
mila bravi  soldati  a  sue  spese,  più 
quindicimila  scudi  d'oro  con  pro- 
messa di  pagargliene  altri  trenta- 
cinquemila in  rate  nel  periodo 
di  sette  mesi,  autorizzando  gli  ar- 
tisti a  lavorare  anche  nelle  feste. 
A  maggiormente  animare  il  gran 
maestro,  nel  breve  che  gl'indirizzo 
a'22  marzo  dell'anno  i566  pro- 
testò il  Papa  che  non  avrebbe 
risparmiato  il  proprio  sangue  per 
l'onore  di  Dio,  e  per  la  conserva- 
zione de'  cavalieri  in  Malta.  Nello 
stesso  tempo  propose  amplissime 
indulgenze  ai  fedeli  che  aiutassero 
l'ordine  gerosolimitano,  sia  col  pre- 
gare Dio  di  sua  protezione,  sia  con 
oblazioni  di  denaro,  laonde  ricavò 
somme  considerabili  a  di  lui  van- 
taggio dalla  Francia  e  dall'Italia, 
alle  quali  il  generoso  e  zelante 
Pontefice  ne  aggiunse  altra  di 
quarantaquatlromila  scudi  d'  oro , 
raccolti  dalle  molte  imposte  su  al- 
cuni ministri  delia  camera  aposto- 
lica ,  per  averne  con  frode  am- 
ministrate le  rendite;  indi  ve  ne 
aggiunse  altri  quindicimila  ricavati 
dal  prezzo  di  tante  gioie  vendute. 
Permise  ai  cavalieri  di  prendere 
sopra  i  fondi  delle  loro  commende 
di  Francia  e  di  Spagna  l' impre- 
stito di  centocinquantamila  scudi 
d'oro;  impose  tre  decime  sul  clero 
di  Napoli,  dalle  quali  si  ebbero 
trentadue  mila  scudi,  e  colla  spe- 
dizione di  diversi  nunzi  implorò 
il  soccorso  degli  altri  principi,  col 
quale  in  un  alle  summentovate 
somme,  fu  dato  principio  a'  38 
marzo      i566    alla     fabbrica    della 


GER 

nuova  città,  che  dal  cognome  del 
gran  maestro  che  in  tal  giorno 
pose  la  prima  pietra  ,  e  vi  gittò 
medaglie  d'oro  e  d'argento  coU'e- 
pigrafe  MtlìLa  renascens ,  si  disse 
poi  Valletta  ,  e  riuscì  la  fortezza 
meglio    fortificata   dell'Europa. 

Intanto  mentre  Solimano  li  asse- 
diava Sighet  ai  confini  della  Croazia, 
mori  a'4  settembre    i  566.  Il  gran 
maestro  pel  primo  ne  spedì   la  no- 
tizia a  s.   Pio   V,  e  questi  la  fece 
sapere  subito  all'  imperatore.    Nel- 
l'anno seguente  essendosi  l'isola  di 
Corsica  ribellata  ai  genovesi,  i  cor- 
si si  volevano    sottoporre  al  domi- 
nio dell'  ordine   gerosolimitano  ,   il 
quale  per  consiglio  del  Papa  si  ri- 
cusò di  accettare.   11  gran  maestro 
nel    iSGj  per    l'ambaciatore  Cam- 
biano   donò    a     s.   Pio    V    diverse 
cose,  massime  un  orologio  in  forma 
di  sontuoso  tempio,  che  sonava  le 
ore  italiane  ,  mostrava  le  ore  pla- 
netarie, il  corso  della  luna,  le  fe- 
ste   immobili    dell'anno,  con   molte 
statue,  che  al  suonar  delle  ore  fa- 
cevano bellissimi  movimenti  ;  laon- 
de   riuscì  al  Papa  gratissimo.    Per 
le   benemerenze    di    questo    ordine 
con  la  cristianità,  i  cavalieii   aveva- 
no ottenuto  singolarissimi   privilegi 
dai  sommi  Pontefici,  fra' quali  Leo- 
ne X,    Clemente    VII,     Paolo  III 
e  Paolo    IV ,  il    perchè  s.  Pio   V, 
volendo    beneficare    anco    con    essi 
il     cospicuo     ordine,    coli'  autorità 
della  costituzione  Etii  cuncta,  ema- 
nata a'ig  novembre  i568,  gli  con- 
fermò tulle    le    grazie    e    preroga- 
tive che  godeva,  e    principalmente 
l'esenzione  dalle    decime,  che  fece 
comune    ai  loro  famigliari,   vassal- 
li e  coloni,  così   d'ogni  altro  gra- 
vame   o   pagamento,    dichiarando 
il  Papa  nello  slesso    tempo,  che  i 
vescovi  non  avevano  alcun  diritto 


GER  247 

di  recare  su  di  ciò  molestia  veru- 
na ai  cavalieri  sul  pretesto  del 
contenuto  dei  decreti  del  concilio 
di  Trento,  sess.  XXIII,  cap.  XVIII, 
a'  quali  bisognando,  volle  s.  Pio  V 
che  s' intendesse  derogato.  V.  Vin- 
cenzo Castellani,  Historia  de  hello 
i\Jelitensi,  Pisauri  i566;  e  Pietro 
Gentile  Vendome,  Isiorìa  di  Mal- 
ta, e  successo  della  guerra  tra  i 
cavalieri  e  Solimano  sultano,  con 
la  descrizione  deW  isola  ce,  Ro- 
ma i565,  e  Bologna  1^66.  Gio. 
Antonio  Viperano  nel  iSGy  stam- 
pò in  Perugia,  De  hello  Melilensi 
historia. 

Il  gran  maestro  la  Vallette  non 
corrispose  con  la  dovuta  riconoscen- 
za ai  tanti  magnanimi  benefizi  fat- 
ti da  s.  Pio  V  all'ordine  equestre. 
Aveva  il  Papa  fatto  camerlengo  il 
nipote  cardinal  Michele  Bonelli  pro- 
tettore dell'ordine  di  Malta  presso 
la  Sede  apostolica,  quindi  a  di  lui 
insinuazione  rinunziò  la  carica  di 
camerlengo  al  cardinal  Cornaro,  per 
settantamila  scudi,  che  dal  Pontefi- 
ce furono  impiegati  nella  guerra  con- 
tro i  turchi  ;  ed  in  ricompensa  al 
degno  nipote,  s.  Pio  V  gli  conferì 
l'abbazia  di  s.  Michele  di  Chiusi,  ed 
in  commenda  il  priorato  della  reli- 
gione di  Malta  in  Roma,  vacato  per 
morte  del  cardinal  Salviati,  che 
l'avea  conseguilo  da  Clemente  VII. 
Per  tal  collazione,  che  sembra  se- 
guita nel  i568,  il  gran  maestro  a- 
vanzò  al  Papa  le  sue  querele,  come 
scrive  il  p.  Tournon  nel  lom.  IV 
degli  Uomini  illustri  dell'ordine  dei 
predicatori  a  p.  702,  al  quale  era 
appartenuto  il  Pontefice  ed  il  ni- 
pote, dicendo  che  la  santa  Sede  si 
attribuiva  una  nomina  che  non  gli 
spettava,  giacché  anche  Leone  X 
avea  ciò  praticato.  Il  cardinal  Bo- 
nelli con  la  stessa    facilità  con    cui 


248  GER 

rinunziato  aveva  l'imporlante  cari- 
ca di  camerlengo  di  santa  romana 
Chiesa,  era< dispostissimo  a  cedere  il 
priorato;  e  forse  s.  Pio  V  vi  sareb- 
be condisceso,  se  Cambiano  amba- 
sciatore di  Rialta  in  Roma,  poco  con- 
tento di  aver  parlato  più  alto  di 
quello  che  conveniva,  non  avesse 
avuto  anche  l'imprudenza  di  spar- 
gere per  Roma  le  lettere  poeo  mi- 
surate, che  riceveva  dal  gran  mae- 
stro. Allora  s.  Pio  V  giustamente 
sdegnato  cacciò  dalla  città  l'amba- 
sciatore, che  non  osando  ritornare 
a  Malta,  si  ritirò  nelle  sue  terre  di 
Piemonte  ;  ed  il  gran  maestro  fu  pre- 
so da  tal  malinconia  che  colpito  da  un 
accidente  mentre  recavasi  ad  udire 
la  messa  nella  cappella  magistrale, 
morì  a'  21  agosto,  col  soprannome 
di  padre  de  soldati  :  gli  successe  nel 
magistero  Pietro  del  Monte  de  Gui- 
dalotti  priore  di  Capua,  il  cui  zio 
fu  Giulio  III. 

Questo  gran  maestro  nell'  an- 
no 1571  voleva  rinunziare  alla  di- 
gnità, ma  il  Papa  gli  scrisse  una  let- 
tera di  proprio  pugno  consolando- 
lo, ed  esortandolo  virilmente  a  per- 
severare nel  grado  in  cui  Dio  l'avea 
posto.  Quindi  il  medesimo  Papa,  ad 
onta  de'  memorati  affronti,  non  la- 
sciò di  aiutare  e  soccorrere  quest'  or- 
dine contro  gli  sforzi  del  eomune  ne- 
mico; e  nel  i  Sy  i  stesso,  per  diverti- 
re le  forze  turchesche  che  ne  me- 
ditavano la  distruzione,  dichiarò  il 
cardinal  Bonelli  legato  a  lalere,  per 
conchiudere  l'alleanza  della  santa 
Sede,  con  la  Spagna  e  con  la  re- 
pubblica di  Venezia,  ch'ebbe  per 
conseguenza  la  strepitosa  battaglia 
navale  di  Lepanto  con  danno  im- 
menso de'  turchi  :  la  fiotta  spagnuo- 
la  fu  comandata  da  d.  Giovanni 
d'Austria  figlio  naturale  di  Carlo 
y,  e  perciò  fratello  naturale  di  Fi- 


GER 

lippo  II,  e  cavaliere  gerosolimitano, 
il  cui  ordine  ingrossò  le  sue  galere 
con  quel  numero  che  gli  sommi- 
nistrò, e  molti  cavalieri  si  distinse- 
ro per  il  loro  valore  e  bravura. 
Nel  1572  fu  eletto  gran  maestro 
Giovanni  l'Evéque  de  la  Cassiere, 
cui  nel  consiglio  di  stato  fu  con- 
ceduto il  principato  dell'isola  di  Mal- 
ta e  di  Gozo,  nella  forma  usata  col 
suo  predecessore,  con  tutte  le  giu- 
risdizioni ed  emolumenti:  sotto  di 
questo  gran  maestro  molti  principi 
si  attribuirono  il  diritto  di  nominare 
i  gran  priori  ne' loro  stati.  Egual- 
mente sotto  il  di  lui  magistero  fu 
stabilito  in  Malta  il  tribunale  del- 
l'inquisizione, per  cui  la  santa  Sede 
inviò  costantemente  a  Malta  sino 
al  declinar  del  secolo  passato,  di- 
stinti prelati  per  inquisitori  e  visi- 
tatori apostolici,  per  cui  reputiamo 
opportuno  qui  riportarne  la  serie, 
coiranno  di  loro  destinazione,  e  nu- 
mero d'ordine  de' sessantadue  inqui- 
sitori e  visitatori  apostolici  di  Malta. 

iS'j^.  I.  Pietro  Dozzina  bresciano, 
primo  inquisitore  per  dispo- 
sizione di  Gregorio   XIII. 

1575.  II.  Piersanti  fiumani,  poi 
assessore  del  s.  offizio. 

1577.  III.  Rinaldo  Corso  di  Cor- 
reggio, indi  vescovo  di  Strou- 
goli. 

1579.  IV.  Domenico  Petrucci  di 
Terni,  poi  vescovo  di  Strongoli, 
indi  di  Bisignano. 

i58o.  V.  Federico  Cefalatto,  sotto 
di  cui  andò  a  Malta  monsi- 
gnor Visconti  delegato  aposto- 
lico per  la  carcerazione  del 
gran   maestro. 

i583.  VI.  Pier  Francesco  Costa  di 
Albegna,  fatto  successivamen- 
te vescovo  di  Savona  da  Sisto 
V,  nunzio  di  Savoia  da  Pao- 


GER 

Io  V,  e  vescovo  di  sua  patria 
da  Urbano  Vili. 

i583.  VII.  Ascanio  Liberiani  da 
Castel-Baichi  nella  diocesi  di 
Fano,  poi  assessore  del  s.  ofli- 
zio,  e  da  Innocenzo  IX  fatto 
vescovo  di   Cagli. 

1587.  Vili.  Gio.  Battista  Petrala- 
ta  di  Camerino,  vescovo  di 
s.  Angelo  de'  Lombardi,  in- 
viato da  Sisto  V,  e  morto  nello 
stesso  giorno  che  arrivò  a 
Malta. 

1587.  IX.  Paolo  Bellarditi  sicilia- 
no di  Lentini,  poi  cameriere 
segreto  di  Gregorio  XI V,  e 
vescovo  di   Linares. 

i.^go.  X.  Angelo  Gennai  fiorentino. 

iSgo.  XI.  Paolo  Bellarditi,  di  nuo- 
vo, morto  poscia  in  Malta. 

1592.  XII.  Gian  Lodovico  dell'Ar- 
mi bolognese. 

1595.  XIII.  Innocenzo  del  Bufalo, 
poi  cardinale  nel    i6o4- 

1598,  XIV.  Antonio  Ortensi  mi- 
lanese, poi  segretario  de*  ve- 
scovi e  regolari. 

1600.  XV.  Fabrizio  Veralli  di  Co- 
ri nobile  romano,  indi  cardi- 
nale nel    1608. 

i6o5.  XVI.  Ettore  Diolallevi  di 
Rimini,  poi  nunzio  in  Polo- 
nia, vescovo  prima  di  s.  Agata 
de'  goti,  poi  di  Fano. 

1607.  XVII.  Leonardo  della  Cor- 
bara  romano, 

1608.  XVIII.  Evangelista  Carbo- 
nesi  bolognese. 

161 4-  XIX.  Fabio  Delagonessa  na- 
poletanOj  poi  consultore  del 
s.  offizio,  fatto  arcivescovo  di 
Gonza  da  Gregorio  XV,  man- 
dato in  Spagna  da  Urbano  Vili 
per  datario  del  cardinal  Bar- 
berini legato,  indi  nunzio  in 
Fiandra,  morto  patriai-ca  di 
Antiochia. 


GER  a49 

1619.  XX.  Antonio  Tornlello  di 
Novara,  poi  vicegerente  di  Ro- 
ma, segretario  de'  vescovi  e 
regolari,  da  Urbano  Vili  pro- 
mosso al  vescovato  di  Novara. 
1621.  XXI.  Paolo  Tòretto  di  Par- 
ma, da  Urbano  Vili  dichia- 
rato arcivescovo  di  Rossano, 
indi  collettore  degli  spogli  in 
Portogallo. 

1623.  XXII.  Carlo  Bovio  bologne- 
se vescovo  di  Bagnorea,  don- 
de Urbano  VIII  lo  trasferì  a 
Sarsina. 

1624.  XXIII.  Onorato  Visconti 
milanese,  poi  governatore  del- 
la marca  d'Ancona,  e  nunzio 
in   Polonia. 

1627.  XXIV.  Nicolò  Herrera  ro- 
mano ,  poscia  nunzio  di  Na- 
poli. 

i63o.  XXV.  Lodovico  Serristori 
fiorentino,  poi  consultore  del 
s.  offizio,  commissario  dell'  e- 
sercito  ecclesiastico,  e  vescovo 
di   Cortona. 

i63i.  XXVI.  Martino  Alfieri  mi- 
lanese, poi  vescovo  d'Isola, 
nunzio  di  Colonia,  ed  arcive- 
scovo di   Cosenza. 

1634.  XXVII.  Fabio  Chigi  sanese, 
poi  Papa   Alessandro    VII. 

1639.  XXVIII.  Gio.  Battista  Gori 
Pannilini  sanese,  poi  amba- 
sciatore del  granduca  Ferdi- 
nando II  al  re  di  Spagna  Fi- 
lippo IV,  e  finalmente  vesco- 
vo di  Grosseto. 

1646.  XXIX.  Antonio  Pignatlelli 
napoletano,  poi  Pontefice  In- 
nocenzo XII. 

1649-  XXX.  Carlo  Cavalletti  no- 
bile romano,  morto  in  Malta 
nel    1632   d'anni  trentasette. 

i653.  XXXI.  Federico  Borromei 
milanese,  poi  cardinale  nel 
1670. 


2;To  GER 

i65d.  XXXII.  Guido   degli    Oddi 

perugino,  poi    governatore    di 

Norcia,,  ove   morì  nel    1666. 
i658.  XXXIII.    Girolamo  Casana- 

ta,  poi  cardinale  nel    167 3. 
i663.  XXXIV.  Galeazzo  Mariscol- 

ti  romano,  poscia  cardinale  nel 

1675. 

1667,  XXXV.  Angelo  Ranuzzi  bo- 
lognese, poi  cardinale  nel  1686. 

1668.  XXXVI.  Carlo  Bichi  sanese, 
dipoi  cardinale  nel    i6r)o. 

1670.  XXXVII.  Giovanni  Tempi 
fiorentino. 

1672.  XXXVIII.  Ranuccio  Palla- 
vicini di  Parma,  poi  cardinale 
nel    1706. 

1677.  XXXIX.  Ercole  Visconti  mi- 
lanese, poi  nunzio  di  Firenze, 
indi  di  Colonia,  maggiordomo 
di  Alessandro  Vili  e  di  Inno- 
cenzo XII,  sotto  il  quale  ri- 
nunziò  e  si  ritirò  a   Milano. 

1678.  XL.  Giacomo  Cantelmi  napo- 
letano, poi  cardinale  nel  1690. 

i683.  XLI.  Innico  Caracciolo  na- 
poletano, poscia  cardinale  nel 
17  i5. 

1686.  XLII.  Tommaso  Vidoni  cre- 
monese, poi  nunzio  in  Firen- 
ze, chierico  di  camera,  indi 
rinunziò  per  ripatriare. 

i6go.  XLI II.  Francesco  A crpia vi- 
va napoletano,  quindi  cardina- 
le nel    1706. 

1694.  XLIV.  Tommaso  Ruffo  na- 
poletano, quindi  cardinale  nel 
1706. 

1698.  XLV.  Filiberto  Fcrreri  prin- 
cipe di  Masserano,  poi  gover- 
natore di  Peiugia. 

1703.  XLVI.  Giorgio  Spinola 
genovese,    indi    cardinale    nel 

1706.  XLVII.  Giacomo  Caraccio- 
lo napoletano,  nunzio  agli  sviz- 
zeri nel   1710,  morto  uditore 


GER 

generale  della  camera  aposto- 
lica. 
1711.  XLVIII.  Ranieri    Delci    sa- 
nese, poi  cardinale  nel   1738. 
1718.  XLIX.     Lazzaro    Pallavicini 
genovese,    poi  governatore  di 
■Spoleto  e  di  Ancona  ,  nunzio 
di  Firenze,  poi  maestro  di  ca- 
mera di   Clemente  XII. 
1720.    L.   Antonio  Rulpj  napoleta- 
no,   indi   cardinale  nel    1743. 
1728.  LI.  Fabrizio  Serbelloni  mi- 
lanese, poi  cardinale  nel  1753. 
1731.  LII.    Gio.    Francesco    Stop- 
pani  milanese,  indi    cardinale 
nel    1753. 
1735.  LUI.   Carlo  Francesco    Bu- 
rini milanese,  poscia  cardinale 
nel    1753. 
1739.   LIV.   Lodovico  Gualtieri  di 
Orvieto,  poi  cardinale  nel  1 759. 
1743.    LV.  Paolo  Passionei  di  Fos- 
sombrone,  indi   vice  legato    in 
Avignone,  chierico  di  camera, 
e  presidente  delle  strade,  nel- 
la qual  carica   morì. 
1754.   LVI.  Gregorio  Salviati    fio- 
rentino, poi  cardinale  nel  1777. 
1760.   LVII.   Angelo  Burini    mila- 
nese,  indi  cardinale  nel  1776. 
1766.  LVIII.  Ottavio  Manciforte  di 
Ancona,  poi  cardinale  nel  i  777. 
1771.  LIX.   Antonio  Laute  roma- 
no, da  governatore    di    Bene- 
vento fatto  inquisitore,  poi  di 
Macerata,    chierico    di  came- 
ra ,  e  presidente   della  zecca , 
cardinale  nel    18  17. 
1777.  LX.  Antonio  Felice  Zonda- 
dari  sanese,  da  govei'uatore  di 
Rieti,  e  poi  di  Benevento,  fat- 
to inquisitore;  dipoi  nel  1785 
fu  nunzio    di    Brusselles ,    nel 
1 790  segretario  di  propagan- 
da fide,  arcivescovo  di  Siena, 
e  cardinale  nel    180 1. 
1785.  LXL  Filippo  Gallerati-Scotti 


GER 

milanese,  da  ponente  di  con- 
sulta fatto  inquisitore  ,  nel 
1792  nunzio  di  Firenze,  indi 
di  Venezia,  e  nel  1801  car- 
dinale. 
1792,  LXII.  Giulio  Carpegna  ro- 
mano, da  ponente  del  buon- 
governo, fatto  da  Pio  VI  in- 
quisitore e  visitatore  aposto- 
lico di  Malta,  da  dove  parti 
nel  1798,  poco  prima  che  fos- 
se presa  dai  francesi. 

Nel  iSyS  nella  processione  del 
Corpus  Domini  che  fece  in  Pioma 
Gregorio  XIII  fu  chiamato  l'am- 
basciatore della  religione,  insieme 
con  gli  altri  ambasciatori  delle  co- 
rone, a  sostenere  una  delle  quattro 
aste  del  baldacchino,  sotto  del  quale 
il  Papa  portò  il  ss.  Sagramcnto , 
essendosi  riconosciuto  ne'  diari  dei 
cerimoniali  pontificii,  che  in  tutte 
le  solennità  e  funzioni  del  Ponte- 
fice, gli  ambasciatori  della  religio- 
ne gerosolimitana  erano  interve- 
nuti co'  trattamenti  pari  agli  altri 
ambasciatori  regi,  come  di  molte 
occasioni  Giacon)o  Bosio  ne  fa  te- 
stimonianza nella  sua  istoria.  Nel 
i577  in  Malta  avvenne  l'assassinio 
del  cavalier  Correa  portoghese,  ese- 
guito da  sei  cavalieri  suoi  conna- 
zionali, che  travestiti  s'introdussero 
in  sua  casa.  Riconosciuti  dipoi,  e 
consegnati  al  braccio  secolare,  furo- 
no condannati  ad  essere  chiusi  en- 
tro d'un  sacco,  e  gittati  al  mare. 
Nel  capitolo  del  1578  fu  stabilito 
che  i  promossi  alla  dignità  di  gran 
croce,  oltre  il  solito  giuramento,  do- 
vessero fare  pubblica  professione  di 
fede,  secondo  il  decretato  dal  con- 
cilio di  Trento,  ed  il  breve  aposto- 
lico emanato  dal  Pontefice  Grego- 
rio XIll.  Anche  la  vita  del  gran 
maestro    Giovanni   l'Evcque    de  la 


GER  35 1 

Cassiere  fu  in  grave  pericolo  per 
una  congiura  ordita  nel  i58o,  e 
scoppiata  nell'anno  seguente  contro 
di  lui  in  aperta  rivolta;  la  princi- 
pale causa  restò  misteriosa,  e  solo 
si  narra,  che  non  essendosi  regolato 
nell'amministrazione  della  giustizia, 
e  nelle  riforme  con  le  quali  volle 
reprimere  il  vivere  licenzioso  di 
molti  cavalieri,  con  quella  destrez- 
za e  sagaci tà,  che  la  qualità  degli 
a(f;ui,  e  la  nobiltà  de' sudditi  richie- 
deva, venne  in  odio  ad  una  gran 
parte  dei  cavalieri,  i  quali  dopo 
molte  e  segrete  conferenze  si  ri- 
solvettero di  supplicare  il  Papa  Gre- 
gorio XIII,  perchè  attesa  l'ottua- 
genaria età  del  gran  maestro,  vo- 
lesse creare  un  luogotenente  nel 
magistero  dell'ordine.  Sembrò  al 
Pontefice  imprudente  la  domanda, 
e  ne  die  costante  ripulsa,  con  dire 
che  al  de  la  Cassiere  non  manca- 
vano forza  e  robustezza  per  fun- 
gere il  supremo  magistero  dell'or- 
dine. Non  passò  molto  tempo  che 
i  cavalieri  malcontenti,  con  prete- 
sto di  altri  affari  convocarono  il 
consiglio  di  stato,  dove  trovaronsi 
molti  di  loro  fazione,  che  prevalen- 
do coi  loro  voti,  dichiararono  luo- 
gotenente del  magistero  il  guascone 
Maturino  Lesini  detto  Pv.omegas 
priore  di  Tolosa  ed  Irlanda,  capo 
de' congiurati,  generale  delle  galere 
e  uomo  di  guerra  e  di  spirito. 
Quindi  temendo  l'impeto  del  graa 
maestro  lo  arrestarono,  e  dal  pa- 
lazzo da  lui  edificato  lo  condusse- 
ro nel  castello  denominato  s.  An- 
gelo, destinato  per  carcere  dei  rei, 
ponendolo  sotto  stretta  custodia; 
dopo  essere  stato  segno  agl'insulti 
del  popolo,  e  specialmente  delle 
prostitute  che  aveva  voluto  bandi- 
re dall'isola.  Il  generale  delle  ga- 
lere maltesi   Chabrillan  sbarcò  per 


a5i  GER 

sostenere  il  gran  maestro,  ma  il 
buon  vecchio  lungi  dall' eccitar  la 
guerra  civile,  volle  piuttosto  atten- 
dere il  giudizio  del  Papa,  qiial  su- 
periore primario  dell'ordine.  Intan- 
to gì'  insorti  spedirono  a  Roma  per 
giustificare  la  loro  condotta  tre  am- 
Lasciatorij  Lodovico  Saccanvilla  fran- 
cese, Cosimo  de  Luna  spagnuolo,  e 
Bernardo  Capece  italiano  ;  ed  il 
gran  maestro  inviò  al  Papa  per 
ambasciatori  Francesco  de  Gusman 
spagnuolo,  e  Seljascia  francese  che 
vigorosamente  lo  difesero  contro 
le  accuse  di  Romegas  e  de'  suoi 
partigiani. 

Gregorio  XIII  prontamente  spe- 
dì colle  sue  galere  a  Malta  mon- 
signor Gaspare  Visconti  uditore 
di  rota  milanese,  con  la  qualifica 
di  nunzio  e  vicario  apostolico , 
a  prendere  conescenza  deiraffare. 
Giunse  agli  8  settembre,  convocò 
r  assemblea  generale ,  presentò  i 
brevi  pontificii,  che  intimarono  al 
gran  maestro  ed  al  luogotenente 
di  recarsi  ai  sacri  limini  degli  a- 
postoli.  Quindi  pose  subito  in  li- 
bertà la  Cassiere,  lo  restituì  al 
suo  palazzo,  fece  preparare  quattro 
galere,  tre  pel  gran  maestro,  ed 
una  per  il  luogotenente,  indi  in- 
cominciò a  formare  di  tutto  ac- 
curato processo.  Il  gran  maestro 
partì  col  seguito  di  duecento  ca- 
valieri di  tutte  le  lingue  e  di- 
gnità, e  con  una  comitiva  di  circa 
ottocento  persone.  IN'el  viaggio  ri- 
cevette onori  regi,  massime  in  JVa- 
poli  ed  in  Roma,  ove  fu  incon- 
trato da  ottocento  persone  a  caval- 
lo a  guisa  di  trionfo.  Egli  co'ca- 
valieri  e  col  seguito  alloggiò  dal 
cardinal  Luigi  d' Este  protettore 
della  Francia,  nel  palazzo  a  Mon- 
te Giord.mo,  ove  lo  trattò  splen- 
didamente:  il  suo  arrivo  in  Roma 


GER 

fu  dopo  la  metà  di  ottol)re,  così 
quello  di  Romegas.  A'28  di  detto 
mese,  Gregorio  XIII  alla  presenza 
di  dodici  cardinali,  ricevette  ono- 
revolmente ad  udienza  pubblica 
e  con  benevolenza  il  gran  maestro, 
che  baciali  i  di  lui  piedi  fece  un 
discorso  al  Papa.  liingraziò  Dio  di 
averlo  condotto  innanzi  al  suo  vi- 
cario, per  umiliare  la  sua  l'iveren- 
za  ed  ubbidienza,  e  giustificarsi 
dalle  false  accuse.  Chiamò  Dio  in 
testimonio  del  modo  con  cui  avea 
governato  l'ordine  in  un  decennio, 
e  protestò  di  aver  sempre  e  ia 
tutte  le  dignità  professata  sommis- 
sione alla  Chiesa  ed  ai  Papi,  e  ri- 
petendo le  parole  di  Simeone  : 
Niinc  dìiìultis,  ec,  dichiarò  la  sua 
indicibile  contentezza.  Gregorio  Xlil 
lo  confortò  con  assicurarlo  di  non 
credere  alle  incolpazioni  de'  nemi- 
ci, lo  fece  levare  in  piedi  e  sede- 
re sopra  quattro  cardmali,  secondo 
i  continuatori  del  Platina.  11  Poz- 
zo a  p.  201,  tom.  I  della  sua  i- 
storia,  narra  che  il  gran  maestro 
si  portò  all'  udienza  di  Gregorio 
XIII  al  Vaticano,  con  la  comitiva 
di  sessanta  carrozze,  dopo  essere 
stato  visitato  dal  sacro  collegio, 
dai  principi  romani,  e  dagli  am- 
basciatori residenti  in  Roma  ;  es- 
sendo incontralo  sulla  piazza  di  s. 
Pietro  da  molti  personaggi  di  qua- 
lità ,  e  dalla  guardia  svizzera.  E 
che  il  Papa  lo  fece  sedere  fra  i 
cardinali,  dandogli  il  luogo  con- 
sueto, fra  r  ultimo  prete  e  il  pri- 
mo diacono. 

Frattanto  monsignor  Viscon- 
ti proseguiva  il  processo ,  quan- 
do Romegas  sopraffallo  da  me- 
stizia non  vedendosi  in  Roma  cu- 
rato, né  alloggiato  da  veruno,  do- 
ve che  in  altri  incontri  era  sta- 
to onorato  da  ogni  ceto  di  perso- 


GER 
naggi  ;  quindi    obbligato  dal  Papa 
ad  umiliarsi  a  la  Cassiere,  visitar- 
lo, e  riconoscerlo  per  suo  legittimo 
superiore,    mentre  pendeva  la  con- 
troversia,    mori  di    dolore  a' 4  no- 
vembre, e  con    pompa  funebre  fu 
seppellito  nella  chiesa  della  ss.  Tri- 
nità de'Monti   al    Pincio,  con  epi- 
taffio,   ed    i  turchi    da     lui     tante 
volte  vinti,    fecero    pubbliche  alle- 
grezze.  Poco  dopo  assalito  il  gran 
maestro  da  grave  puntura  pel  trop- 
po   sangue   cavatogli,    terminò    di 
vivere  a' 21   dicembre   senza  poter 
godere    del    suo    ristabilimento.    11 
dotto    Moreti   pronunziò  l'orazione 
funebre    nelle    solenni    esequie,     le 
quali  furono  descritte  dal    Mucan- 
zio.   Il    di  lui  corpo    fu    portato  a 
Malta,  ed    il    cuore  con  onorevole 
iscrizione  fu    deposto    nella    chiesa 
di  s.    Luigi    de'  francesi  di  Roma. 
11  prudente  Gregorio  XIII  a   prov- 
vedere   alla    fama    del  defunto     la 
Cassiere,  ed  a  preservare  la  religio- 
ne di   Malta  da   somiglianti    disor- 
dini, nel    i583  a'3  settembre  pub- 
blicò una  bolla  con  la  quale  rein- 
tegrò l'onore  e  l'innocenza  del  de- 
funto gran  maestro,  e  tolse  ai  ca- 
valieri   il     privilegio,    in  viitù    del 
quale    pretendevano    di    potere    in 
certi  casi  procedere  contro  la  per- 
sona del    loro   supremo    superiore, 
come  avevano  fatto  con  la  Cassie- 
re,   e  molto    prima    con    Villaret, 
dichiarando  il  Papa  nella  bolla  che 
il    solo    romano     Pontefice    poteva 
nell'avvenire    giudicare  delle  azio- 
ni de' gran  maestri  di  Malta, 

Gregorio  XIII  avendo  posto  fine 
alle  contese  dell'  ordine  col  perdo- 
nare i  rei  de'passati  tumulti,  e  per 
evitare  qualunque  evenienza  nell'e- 
lezione del  nuovo  gran  maestro^  ad 
insinuazione  di  Enrico  HI  re  di 
Francia    nominò  tre  cavalieri    per 


GER  253 

candidati,  sui  quali  l'ordine  doves- 
se   scegliere    il    gran     maestro.   Ai 
12   gennaio   i58i    il  capitolo   pre- 
scelse  da   questa  terna  fr.   Ugo  de 
Loubens  de  Yerdalle    gran  priore 
di   Tolosa,  generale    di   artiglieria, 
e  già  ambasciatore  di  Malta  in  Ro- 
ma, che  di  comun  consenso  fu  sol- 
levalo   alla    dignità  di    gran  mae- 
stro.    Questo  gran   maestro    intro- 
dusse    una     novità     nello    stemma 
gentilizio,    che     al    solito  inquartò 
con  quello  della  religione.  Dappoi- 
ché i  suoi  predecessori  non  aven- 
do mai  usato    portarvi  corona  al- 
cuna   di    principe,    ma     solamente 
intorno  allo  scudo    quei  pater  no- 
ster    di     corallo,    che    denotano    il 
colore    ed    ordine    di   religiosa  ca- 
valleria,   come    spiega  il  Pozzo    a 
p,  2rQ,  egli  vi  fece  allora  aggiun- 
gere   una    corona    all'  uso  ducale. 
Riferisce  il  Bosio,   parte  5,  p.  2f)5, 
che   Verdalle   fu  a  ciò  indotto  per 
impulso    de'  consiglieri ,    allegando 
l'espresso     comando  del    Pontefice, 
il  quale  per  onorare  il  defunto  la 
Cassiere  come  vero  principe   e  gran 
maestro,  ordinò  al  cardinal   d'Està 
che    ne'  panni    funebri,    nel     letto 
funebre,    e     nel    deposito,    facesse 
dipingere,  ricamare  e    scolpire  so- 
pra le    di   lui    armi    la  corona    di 
principe.  Dipoi    Sisto   V  per  rego- 
lare meglio  le    cose  dell'ordine,  lo 
chiamò  in  Roma,  ed  egli   vi  si  recò 
accompagnato    da    olto  gran  croci 
e    da    trecento  cavalieri  ,    venendo 
ricevuto  colle  debite   onorificenze  e 
distinzioni  nel  solenne  ingresso  che 
fece  nella    città  :     il  Papa    lo  rice- 
vette   iu     pubblico  concistoro    con 
trent'otto    cardinali,    ove   gli   bnciò 
il  piede    e  la  mano,   e  fu  da  Sisto 
V  ammesso  all'amplesso,  collocando 
il  cerimoniere  il  gran  maestro  nel 
solito   sito    fra   1'  ultimo    cardinale 


254  GER 

prete,  ed  il  primo  cartliuale  tlia- 
coiio.  Venne  alloggiato  nel  palaz- 
zo valicaiio,  nell'appartamento  a- 
bilato  dall'iniperaloie  Carlo  V,  e 
da  Cosimo  1  quando  s.  Pio  V  lo 
coronò  granduca.  Indi  Sisto  V, 
perchè  fosse  più  rispettato  e  per 
imporre  silenzio  ai  cavalieri  mal- 
contenti, nel  concistoro  de' 18  di- 
cembre iSSy  lo  creò  cardinale  del- 
l'ordine de'  diaconi,  assegnandogli 
per  diaconia  la  chiesa  di  s.  Maria 
ra  Portico ,  non  che  lo  fece  pre- 
fetto delle  pontifìcie  gaieie. 

Ciò  non  produsse  l'eiretto  che  si 
sperava,  aumentandosi  ogni  giorno 
le  vertenze  tra  lui  ed  i  ca\alieri, 
anche  pei"  aver  ridotto  a  miglior 
forma  gli  statuti  dell'ordine.  Forti- 
ficò l'isola  di  Malta  col  castello 
Bosqnet,  v'introdusse  i  cappuccini, 
ridusse  in  miglior  forma  gli  statu- 
ti dell'ordine  arricchendoli  delle  ef- 
fìgie e  delle  notizie  dei  gran  mae- 
stri ;  .sotto  di  lui  e  nel  1 584  '^ 
repubblica  di  Venezia^  per  alcune 
vertenze,  pose  il  sequestro  sopra 
tutte  le  commende  dell'orciine  e- 
sislenti  ne' suoi  stati  ,  togliendo  il 
soldo  ai  cavalieri  ch'erano  agli  sti- 
pendi della  repubblica,  dillerenze 
che  aggiustò  il  re  di  Spagna.  In- 
oltre il  cardinale  gran  maeslio 
fece  scrivere  in  italiano  la  storia 
dell'  ordine  da  Jacopo  Bosio  zio 
del  celebre  antiquario  Antonio  a- 
gente  in  Roma  dell'ordine,  autore 
insigne  della  Roma  solterranea. 
Dopo  aver  pagato  il  cardinal  gran 
maestro  Verdalle  duecentomila  scu- 
di di  debito,  fu  accusato  a  Cle- 
mente Vili  come  dilapidatore  del 
pubblico  erario ,  onde  per  pur- 
garsi di  tal  nera  calunnia,  fu  ob- 
bligato mandare  a  Roma  il  pro- 
prio nipote,  e  pieno  di  gloria  con- 
tro i    nemici    del    nome    cristiano 


GER 

morì  nel  1 5f)5  a' 1 2  maggio,  alla 
Valletta,  e  fu  sepolto  in  magniii- 
co  avello  nella  chiesa  di  s.  Gio- 
vanni Battista.  Sotto  di  lui  il  ve- 
scovo Gargallo  stabilì  i  gesuiti 
nell'isola  di  Malta.  Indi  venne  e- 
saltato  al  magistero  Martino  Gar- 
ges  d'  Aragona  ,  che  difese  1'  Un- 
gheria dai  turchi;  mori  nel  iGoi, 
e  gli  successe  Alof  de  Yignacoiut 
di  Picardia  ,  sotto  il  quale  Cle- 
mente Vili  confermò  all'  ordine 
i  suoi  privilegi,  esortò  la  religione 
a  mandar  soccorsi  all'  imperatore, 
e  cercò  di  rifurmare  il  metodo 
dell'elezione  del  gran  maestro.  An- 
che Enrico  IV  re  di  Francia  con- 
fermò alla  religione  i  privilegi  che 
godeva  nel  suo  regno,  e  nel  1612 
fece  altrettanto  Francesco  duca  di 
Mantova,  ad  esempio  del  genitore. 
Paolo  V  nel  1606  emanò  un  bre- 
ve per  r  osservanza  dello  statuto 
V  dell'elezione,  cioè  che  nelle  pro- 
mozioni a  gran  croce  il  merito 
prevalesse  all'anzianità. 

Kel  magistero  di  Wignacourt  l'or- 
dine ii|)ortò  brillanti  vantaggi  sui 
turchi;  nel  i6i6ordinò  il  gran  mae- 
stro nuove  fortificazioni  a  Malta  ed 
a  Gozo,  e  fece  costruire  ad  uso  ro- 
mano un  magnifico  acquedotto  per 
condurre  l'  acqua  alla  nuova  ci  Uà 
ossia  alla  Valletta:  difese  i  pri- 
vilegi dell'ordine,  che  vari  principi 
volevano  deteriorare,  ottenne  dal- 
l'imperatore Ferdinando  II  il  tito- 
lo di  Altezza  serenissima^  la  con- 
ferma de'  privilegi  dell'  ordine  ,  e 
mori  nel  1622.  Gli  successe  Lui- 
gi Meudes  de  Vasconcellos  porto- 
ghese, antico  ambasciatore  dell'or- 
dine in  Francia;  ma  essendo  mor- 
to neir  anno  seguente,  ne  occupò 
la  dignità  Antonio  di  Paola  di  To- 
losa, gran  priore  de  Saint  -  Gilles, 
sotto  il    quale    Gregorio  XV,  con 


GER 
breve  de'22  febbiaio  \6iiy  gli  con- 
fermò i  privilegi  che  godeva  la 
religione  gerosolimitana,  della  qua- 
le l'ordine  fece  prolettore  il  car- 
dinal Lodovico  Ludovisi  nipote  del 
Papa,  essendo  solito  nominare  in 
protettore  il  cardinale  più  stretto 
parente,  o  favorito  del  Pontefice 
regnante.  Mentre  era  gran  maestro 
Antonio  di  Paola,  l'ordine  si  volle 
opporre  alla  profusione  con  cui 
Urbano  Vili  Barberini  concede- 
va le  commende  del  medesimo  ai 
propri  parenti  :  Urbano  Vili  nel 
1623  confermò  all'ordine  tutti  i 
suoi  privilegi.  Avendo  questo  Pon- 
tefice in  grande  estimazione  la  di- 
gnità cardinalizia,  a'  io  giugno 
i63o  pubblicò  un  decreto  col 
quale  gli  accrebbe  le  preeminen- 
ze, ed  in  perpetuo  gli  assegnò  il 
tìtolo  di  Eminenza,  e  di  Eniinai- 
tissinio  (Fedi),  che  pure  concesse  ai 
tre  elettori  ecclesiastici,  ed  al  gran 
maestro  dell'ordine  gerosolimitano, 
onde  il  primo  ad  esserne  insignito 
fu  il  detto  Antonio  di  Paola,  che 
però    neir  accettarlo    per    compia- 


GER  255 

cere  al  Papa  rinunziò  il  titolo  di 
Altezza.  Il  re  di  Francia  nello  scri- 
vere chiamava  i  cavalieri  dell'ordi- 
ne, Trcs-chers  aniis,  ed  il  gran  mae- 
stro TrcS'cher  et  trcs-ainié  cousin. 
Sotto  di  lui  l'ordine  ebbe  in  do- 
no dal  lodato  Giacomo  Bosio  un 
palazzo  in  E.oina  per  abitazione 
del  suo  ambasciatore  nella  via  Con- 
dotti, nel  rione  IV  Cau)po  Marzo, 
marcato  del  numero  68.  11  Poz- 
zo nella  storia  dell'ordine  tom.  I, 
p.  779,  dice  che  il  palazzo  eoa 
altri  beni  lo  lasciò  alla  religione 
Antonio  Bosio  nipote  di  Giaco- 
mo, quando  mori  nel  1629.  Al 
presente  vi  risiede  il  luogotenente 
del  magistero  ,  con  la  cancelleria 
dell'ordine,  e  si  chiama  sacro  con- 
vento :  nel  suo  interno  vi  sono 
due  cappelle  private.  Neil'  angolo 
sud-ovest  si  legge  scolpita  in  mar- 
mo la  seguente  onorevole  memo- 
ria, sovrastata  dall'arme,  pur  di 
marmo,  della  religione  gerosolimita- 
na in  bassorilievo  colle  sue  inse- 
gue ed  emblemi. 


OEDO    .    MILITVM    .    HOSPlTALIS    .    S    .    JOANNIS    .    HIEROSOLYMITANI 

JACOBVM     .    BOSIVM 

SVAE    .    HISTORIAE    .    SCRIPTOREM 

IPSIVS       .      REX       .      AGENTEM       .       IN       .      \REE 

HAERES        .        EX        .        ASSE 

HISCE    .     IN    .    AEDIBVS 

VBI    .    HOSPITAVERVNT     .    VIVENTES 

VIVERE    .    3VSSIT    .    IMMORTALEM 

CAROLO    .    ALDOBRANDINI    .    COMMENDATARIO 

PRAEDICTI    .    ORDINIS    .    APVD    .    VRBANVM    .    Vili    .    ORATOR 

ANNO     .    MDCXXXI 


Antonio  di  Paola  agli  i  i    maggio  gione  gerosolimitana    stimando    su- 

i63i    convocò  il  capitolo  generale,  perfluo  tenere  un  agente  in  Roma 

nel  quule  furono  rinnovati  gli  statuti  dove  risiedeva  il  suo  ambasciatore, 

dell'ordine,  nel    modo  che    tuttora  ne  abolì  l'offizio,  quando  però  cessas- 

sono  in  vigore,  e  mori  a'    16  giù-  se  di   esercitarlo  Lorenzo  Rosa  che 

gao   i636,  nel  quale  anno  la  reli-  era  successo  nell'agenzia   ad   Anto- 


:i5G  GER 

nio  Cosio;  ed  in  suo  luogo  la  reli- 
gione   deputò  un    segretario  d'am- 
basciata, il  \  quale    fosse    cappellano 
conventuale,    o  altro  religioso    pro- 
fesso conventuale,    soggetto   all'  am- 
basciatore, da  durare  tre  anni.  Avea 
Urbano  YIII   sino  dal    i634    man- 
dato inquisitore  a  Malta  il  prelato 
Fabio  Chigi,  il  quale  col  suo  accor- 
gimento  e  prudenza  seppe  compor- 
le  le  discordie  insorte    fia  i    cava- 
lieri per  r  elezione    del  gran    mae- 
stro, e  gli  riuscì  ottenere  dalla   re- 
ligione   di   Malta,  che  annullato    il 
modo  dell'antico  scrutinio  si  accet- 
tasse   quello    prescritto    da    Urbano 
\1I[,  in    vigore    del    quale    ai     i3 
giugno  iG36  fu  eletto  il  gran    mae- 
stro Giovanni  Lascaris  Castellar,  di- 
scendente dagli    antichi    imperatori 
di  Costantinopoli;  nell'anno  seguen- 
te il  nuovo  imperatore  Ferdinando  HI 
confermò  i  privilegi    della   religione 
di   Malta    nella   più    ampia    forma. 
Male  informata  la  repubblica  di  V  e- 
nezia  nel    i64i     sull'operato    delle 
galere  della  religione  di  Malta,  se- 
questrò  il  priorato  e  le  commende 
di  essa,  esistenti    ne' suoi    dominii; 
ma  conosciuta  meglio  la  cosa,  dipoi 
reintegrò  T ordine,    togliendo   il    se- 
questro, rs'el  1642  Urbano  Vili  do- 
mandò ed  ottenne  l'aiuto    di  alcu- 
ne galere  della  religione,  delle  quali 
per    altro  non    si  servi.    Mentre    il 
Chigi  era  in  Malta,  Urbano  \I1I  lo 
fece  vescovo    di   Nardo,  per  cui   fu 
consagrato  dal  vescovo  dell'isola  nel- 
la chiesa  de' gesuiti,  con  l'assisten- 
za  di  due  persone  costituite  in  di- 
gnità ecclesiastica  per  difetto  di  al- 
tri   vescovi,    funzione  che    ivi    mai 
erasi  veduta. 

Correndo  l'anno  1648,  Inno- 
cenzo X  conferì  i  privilegi  del- 
la religione  gerosolimitana  .  Nel 
i65G     ammalatosi    gravemente     il 


GEPt 
gran  maestro  Lascaris,  un  cavalie- 
re de'piìi  riputati  ed  antichi  fece 
molte  pratiche  per  essergli  succes- 
sore, fino  a  promettere  simoniaca- 
mente,  e  patteggiare  per  comprar 
voti.  Riavutosi  dal  male  il  gran 
maestro,  ne  fece  in  Malta  gran  ru- 
more coi  cavalieri  ,  ed  in  Roma 
con  Papa  Alessandro  VII,  già  in- 
quisitore e  visitatore  apostolico  di 
Malta.  Questi  che  con  la  bolla  di 
Urbano  Vili  nella  sua  inquisizione 
avea  fatto  condannare  sì  riprove- 
voli contrattazioni,  rispose  con  un 
breve  al  gran  maestro,  prometten- 
dogli di  frenare  l'ardire  de'cavalie- 
ri  ;  quindi  tenuto  consiglio  coi  car- 
dinali e  prelati  sugli  alTari  di 
Malta,  mandò  altro  breve  a  mon- 
signor Giulio  degli  Oddi  inquisi- 
tore, in  cui  gli  ordinò  di  esclude- 
re come  indegni  ed  inabili  all'  e- 
lezione,  chiunque,  vivente  il  gran 
maestio ,  movesse  trattato  di  suc- 
cedergli ,  o  dopo  la  morte  sotto 
qualunque  pretesto  facesse  brighe 
per  acquistar  voci.  Il  gran  mae- 
stro Lascaris  sostenne  diverse  guer- 
re coi  turchi,  e  nel  ponlilicato  di 
Innocenzo  X  si  vuiì  alle  galere 
pontificie  in  aiuto  de' veneziani,  che 
sostenevano  contro  gli  ottomani  la 
guerra  di  Caudia  ;  soccorso  che 
rinnovò  nel  pontificato  d'Alessan- 
dro VII,  mediante  sette  galere  mal- 
tesi bene  fornite.  Inoltre  il  gran 
maestro  Lascaris  nel  i652  comprò 
dai  francesi  l' isola  di  s.  Cristoforo 
nelle  Antille,  insieme  alle  altre  mi- 
nori di  s.  Bartolomeo,  s.  Martino 
e  s.  Croce,  coli'  annuenza  del  re 
Luigi  XIV;  ma  dopo  tredici  anni, 
riuscendo  di  discapito  tale  acquisto, 
nel  i665  il  commendatore  de 
Poincy  la  rivendette  ad  una  com- 
pagnia mercantile  francese,  che  vi 
formò    un    ricco  stabilimento.    Nel 


GER 

iGT-i  r  ambasciatore  del  granduca 
di  Toscana,  pretese  invano  la  pre- 
cedenza su  quello  di  Malta  in  Ma- 
drid, il  quale  da  tempo  immemo- 
rabile la  godeva  su  tutti  gli  amba- 
sciatori che  sono  di  cappella.  Po- 
scia nel  i546  fu  stabilito  che  il 
capitano  generale  delle  galere  a- 
vesse  dai  religiosi  il  titolo  di  ec- 
cellenza, e  fu  introdotto  nel  con- 
siglio il  bussolo  del  sì,  del  no,  e 
del  neutro.  Lascaris  dopo  aver  fon- 
dalo una  biblioteca  pubblica  a  IMal- 
ta,  morì  a'i4  agosto  16^7.  11  suc- 
cessore Martino  de  Redin ,  oppor- 
tunamente fece  costruire  di  distan- 
za in  disianza  delle  torri  su  tutta 
la  costa  per  la  difesa  dell'isola. 
jVel  1 658  Alessandro  VII  emanò 
una  costituzione  sopra  la  rinun- 
zia e  concessione  de'  titoli  de'prio- 
rati  e  baliaggi,  onde  evitare  gli 
abusi  introdotti  nella  rinunzia  di 
tali   titoli  con  riserve. 

INel  1660  divenne  cin(|uantesimo 
ottavo  gran  maestro  Anna  de  Cler- 
mont-Chatte-Gessans  de  Clermont- 
Tonnerre  francese,  bali  di  Lione,  che 
pel  valore  e  condotta  meritò  l'afTezio- 
ne  e  la  stima  de'  cavalieri.  Nel 
magistero  di  Raffaele  Co  toner,  che 
gli  successe  nel  medesimo  anno 
1660,  la  repubblica  di  Venezia, 
grata  all'  ordine  pei  soccorsi  rice- 
vuti nel  blocco  di  Candia,  con  spe- 
ciale decreto  permise  che  ne'  suoi 
dominii  potessero  i  cavalieii  della 
religione  portare  l'armi  da  fuoco 
per  tutto ,  transitando  le  città  e 
terre  murate,  ciò  che  avea  nega- 
to a  tutte  le  nazioni.  Nicola  Co- 
toner  successo  al  fratello  nel  1 663 
pegli  unanimi  suffragi  de'cavalieri 
elettori,  continuò  a  soccorrere  i  ve- 
neziani, e  fece  costruire  formida- 
bili fortificazioni  a  Malia,  onde  il 
doge  Nicolò  Sagredo  nel   1675  ap- 

VOI..    XXIX. 


GER  257 

provò  i  privilegi  che  la  religione 
godeva  negli  stati  della  repubblica. 
Cotoner  con  dolore  vide  Malta 
afflitta  dalla  fame  e  dalla  peste; 
morì  nel  1680,  e  gli  successe 
Gregorio  Caraffe  napoletano,  prio- 
re della  Rocella.  Nel  magistero  del 
Cotoner  fu  tolto  l'abuso  a  quei  ca- 
valieri che  procuravano  di  essere 
conclavisti  dei  cardinali ,  o  loro 
scalchi,  o  dapiferi  per  conseguire 
la  facoltà  di  testare,  e  di  essere 
esenti  dagli  spogli,  venendogli  però 
conservati  gli  altri  privilegi.  Nel 
i685  sotto  il  magistero  di  Gre- 
gorio Caraffa  le  galere  di  Malta 
disfecero  la  flotta  d'Algeri,  prati- 
carono delle  scorrerie  sulle  coste 
di  Barbarla,  ed  unite  a  quelle  dei 
veneti  e  del  Papa,  presero  d'  as- 
salto Corone,  quindi  Navarino,  Mo- 
done,  ec.  rendendo  1'  impero  sul- 
l'Adriatico ai  veneti.  Innocenzo  XI 
felicitò  il  gran  maestro,  per  sì  bril- 
lanti vittorie.  Indi  nel  1688  il 
gran  maestro  ed  il  consiglio  ordi- 
narono che  gli  avvocati  che  trat^ 
lavano  le  cause  in  consiglio  non 
potessero  parlare  ognuno  più  di 
mezz'ora  nelle  loro  dispute,  e  solo 
un  quarto  nelle  repliche.  In  detto 
anno  la  congregazione  de'  riti,  ad 
istanza  del  gran  maestro,  concesse 
che  i  fratelli  e  le  monache  del- 
l'ordine, i  cappellani  ed  i  ministri 
destinati  al  servigio  delle  sue  chie- 
se, i  quali  sono  tenuti  recitare  le 
ore  canoniche,  in  ciascuna  quarta 
feria  non  impedita  dalla  festa  di 
nove  lezioni,  eccetto  il  tempo  del- 
l'avvento, della  quaresima,  e  delle 
quattro  tempora,  possano  recitare 
r  offìzio  di  s,  Giovanni  Battista, 
sotto  il  rito  semplice. 

Adriano    de    Wignacourt    eletto 
gran   maestro    nel    1690,    e  nipote 
di  Alofj  fece  fabbricare  un  magui- 
17 


2 '58  GER 

fico  arsenale  per  la  costruzione 
delle  galere  a  Malta,  la  quale  fu 
danneggiata  negli  edifizi  per  1'  or- 
ribile terremoto  de'  1 2  gennaio 
iGpS:  il  gran  maestro  donò  tulto 
quello  che  aveva  per  riparare  ai 
gravi  danni,  mentre  il  conte  di 
Thum  ammiraglio  dell'ordine,  nel 
l6q6  s'impadronì  di  Scio.  Adria- 
no terminò  la  differenza  che  da 
quarant'anni  era  con  la  repubblica 
di  (Venova,  sull'ammissione  de'  ge- 
novesi neir  ordine  gerosolimitano. 
Glorioso  fu  il  magistero  di  Rai- 
mondo Perellos,  eletto  nell'anno 
1697  ,  pei  molti  ed  importanti 
vantaggi  riportati  sui  turchi,  onde 
la  sua  corte  si  vide  risplendere  di 
cinquecento  valorosi  cavalieri  d'o- 
gni nazione,  e  il  commendatore 
de  Langon  meritò  il  titolo  di  ter- 
rore dcgV  infedeli.  Clemente  XI 
nel  1704  concesse  ai  fr.  cappellani 
della  religione  di  Malta  di  poter 
portare  il  rocchetto,  e  la  mezzetta 
paonazza  filettala  di  rosso ,  nelle 
funzioni  ecclesiastiche.  Inoltre  i  me- 
desimi conventuali  usavano  dalla 
festa  d'Ognissanti  sino  al  snbbato 
santo  inclusive,  cioè  al  punto  del 
Gloria,  la  cappa  formata  di  lanet- 
ta o  ciambellotto  rosso,  con  ar- 
niellino,  la  quale  si  teneva  sciolta 
in  coro  al  modo  che  usano  i  car- 
dinali nelle  cappelle  pontificie.  E 
qui  noteremo  che  il  gran  priore 
della  maggior  chiesa  conventuale 
di  Malta,  cioè  superiore  generale 
in  spirilualibiis  di  tulto  1'  ordine 
gerosolimitano  ,  adoperava  ovun- 
que l'abito  prelatizio  ed  anche  in 
lioma.  Dei  flabelli  che  usava  il 
detto  gran  priore  conventuale  di 
Malta  nelle  solenni  funzioni,  lo  di- 
cemmo al  voi  XXV,  p.  90  del 
Dizionario.  JNello  stesso  anno  1704 
in     Bologna    Aldighiero     Fontana 


GER 

pubblicò  con  le  stampe  V  Origine 
della  sacra  ed  eniinentissirna.  re- 
ligione  gerosolimilana,  con  la  serie 
de"  suoi  gran  maestri  e  di  Rodi 
e  di  Malta ,  e  delle  imprese  pili 
segnalale  de' cavalieri. 

Alla  religione  gerosolimitana  ave- 
vano Pio  IV,  e  Sisto  V  concesso  la 
facoltà  di  usare  gli  altari  portatili  nel- 
le navigazioni  annuali  o  carovane 
contro  gl'infedeli,  allorché  prendeva- 
no terra,  per  cui  Clemente  XI  nel 
170G  accorilo  alla  medesima  di 
poter  far  celebrare  la  messa  anche 
sui  bastimenti  in  mare,  ad  esem- 
pio del  conceduto  dn  Innocenzo 
Vili.  Nel  1708  si  trattò  in  Roma 
la  causa  del  bali  Bertoni,  il  perchè 
Clemente  XI  di  proprio  pugno 
scrisse  al  gran  maestro  Perellos 
di  avere  avuto  tutti  i  riguardi  al- 
la dignità  magistiale,  e  però  lo  e- 
sortò  ad  applicarsi  con  diligenza 
nel  ristabilire  nel  sacro  ordine  la 
disciplina  de'  costumi,  estirpandone 
i  vizi,  ed  esercitando  i  cavalieri 
negli  esercizi  cavallereschi  e  mili- 
tari, massime  di  matematica  e  di 
nautica,  ed  altro  che  potesse  con- 
venire al  loro  istituto,  e  secondo  le 
leggi  della  giustizia,  come  supremo 
superiore,  punisse  i  cattivi  e  pre- 
miasse i  buoni.  Temendosi  nel  tem- 
po istesso,  che  l'apparecchio  mili- 
tare de'tiu'clii  fosse  diretto  contro 
Malta,  Clemente  XI  spedi  al  gran 
maestro  quattro  galere  ben  corre- 
date con  quattrocento  soldati,  sot- 
to il  comando  del  cavaliere  Fran- 
cesco Ferretti  gran  priore  d*  In- 
ghilterra, oltre  altre  galere  che  gli 
prociuò  dalla  repubblica  di  Geno- 
va, dai  re  di  Spagna  e  di  Porto- 
gallo, e  dal  granduca  di  Tosca- 
na. Avvisò  poi  il  gran  maestro, 
che  se  i  turchi  attaccavano  qualche 
altro  principe    cattolico,  tali    forze 


GER 
unite  a  quelle  dell'ordine  si  doves- 
sero unire  contro  il  comune  nemi- 
co. Per  questi  ed  altri  marittimi 
aiuti  ,  e  per  altre  cinque  galere 
che  prese  a  nolo  e  consegnò  ai  ca- 
Talieri  di  Malta,  Clemente  XI  con- 
trasse un  debito  di  trecentomila 
scudi,  che  doveva  soddisfare  la 
congregazione  della  fabbrica  di  s. 
Pietro.  Oltre  a  ciò,  il  Papa  in- 
dusse l'imperatore  alla  guerra  con- 
tro il  turco,  sul  quale  riportò  poi 
la  celebre  vittoria  presso  PeterAra- 
radino  nel  17  i6,  onde  gli  ottoma- 
ni tolsero  l'assedio  da  Corfù,  avendo 
l'ordine  in  ciò  potentemente  secon- 
dato la  repubblica  di  Venezia. 
In  questo  tempo,  e  nel  1709,  Gio. 
Battista  Brancadori  Perini  pubbli- 
cò a  Roma  la  Cronologia  de'gran 
inaesirì  dell'ordine  di  Malia  con 
le  loro  vite,  e  con  i  riiratù  slam- 
pali. 

Al  Perellos  nel  gennaio  1720 
successe  Marc' Antonio  Zondadari 
sanese,  antico  an)basciatore  dell'  or- 
dine presso  la  santa  Sede;  i  cava- 
lieri continuarono  a  purgare  il  ma- 
re dai  turchi,  dagli  algerini,  tuni- 
sini, e  tripolini,  e  da  altri  corsari. 
A' 2 3  di  maggio  1721,  avendo  i 
cavalieri  gerosolimitani  vinto  tre 
vascelli  di  Tunisi,  il  gran  maestro 
mandò  il  gran  stendardo  navale  di 
essi  ad  Innocenzo  XIII  eletto  in 
quel  mese;  e  questi  qual  trofeo  di 
religione  lo  mandò  alla  basilica  di 
s.  Giovanni  in  Laterano,  con  quel- 
le particolarità  che  si  leggono  nel 
Cancellieri,  Storia  de' possessi  p. 
355.  Mori  il  gran  maestro  a'  16 
luglio  1722,  e  fu  eletto  Antonio 
Emanuele  de  Vilheiia  portoghese, 
il  quale  vedendo  che  due  squadre 
turche  si  raggiravano  nelle  vicinan- 
ze di  Malta,  ricorse  all'aiuto  d'In- 
nocenzo XIII.  Il  Papa  primieramcn- 


GER.  2^9 

te  invocò  il  divino  aiuto  con  un  giu- 
bileo straordinario,  quindi  si  rivolse 
ai  principi    cristiani  acciò   si  colle- 
gassero coi  cavalieri,    e  nel    conci- 
storo   de'  16  settembre    esortò    con 
efficacia  i  cardinali  ad  aiutarli  an- 
ch'essi con  denaro,    essendo  egli  il 
primo    a    darne    l'esempio  col    ri- 
mettergli ventimila    scudi,  la  metà 
de'quali  contribuì    col  suo  peculio. 
I  cardinali  Scotti,  Corradini,  Tolo- 
mei,  Belluga,  e  i    due  Spinola  som- 
ministrarono cinquecento   scudi  per 
cadauno,  e  doppia   somma  i  cardi- 
nali  Pamphilj ,    Imperiali,  e    Sacri- 
panti.   Il  gesuita    cardinal    Salerno, 
siccome  poco  provvisto,  offri  la  cro- 
ce di  brillanti  donatagli    dal  re  di 
Polonia,   dalla  quale    si  ricavarono 
mille  doppie  d'  oro  di  Spagna.  Con 
questa  generosa  pietà  romana  giun- 
sero   nelle  mani    del  gran  maestro 
più   di    centomila  scudij  che  per  al- 
tro non  fu  d'uopo  impiegarli   contro 
il  turco,  per  non  aver  mosso  guerra 
a    veruno.   Nell'aggiunta    al  nume- 
ro   730  del    Diario  di   Roma    del 
1722,    si    legge  la    relazione    della 
udienza    data    da     Innocenzo    XIII 
in  concistoro    semipubblico    all'am- 
basciatore   straordinario    della  reli- 
gione di  Malta  fr.  Giovanni  Batti- 
sta Spinola;  il    discorso  che  recitò, 
e  la   risposta  che  a    nome  del  Pa- 
pa   pronunziò    monsignor  Scaglioni 
segretario    de' brevi    ai  principi.    M. 
de    Saint- Allais,  V ordre  de  Blalte, 
dice    a     pag.     89 ,    che    Benedetto 
XIII  volle  onorare  i  cavalieri  nella 
persona  del  gran  maestro  Vilhena, 
collo  spedirgli  in  dono  lo  Stocco  e 
herrellone  benedetti    (f^cdi),  insegne 
colle    quali    i  romani    Pontefici   ri- 
munerarono   i   principi  e  personag- 
gi benemeriti  del  cristianesimo. 

Nel  magistero  di  fr.  Zondadari,  nel 
1724  ^"    stampato  in  Roma  il  Bui- 


26o  GER 

lariiini  Ordinìs  Hoapìtalarù  .<;.  Joan- 
nis  de  Jerusalem.  Nei  numeri  21  i6 
e    2  125  dei    Diari    di    Roma    del 
lySi  è  riportata  la  descrizione   del- 
l' ingresso   in  Roma  fatto  con  solen- 
ne cavalcata    dal  barone  di  Schade 
ambasciatore     dell'ordine    gerosoli- 
mitano a    Clemente   XII,   l'udienza 
pubblica    ch'ebbe  in    concistoro,    e 
le    allocu2Ìoni    che   furono  recitate. 
Morto  tal  gran  maestro  nel    17 36, 
fu  dato  a  successore    fr.   Raimondo 
Despuig    di     I\Iontenegre,    già    tre 
volte    luogotenente  del    magistero; 
indi  nel    i74'    fu  eletto  gran  mae- 
stro Emanuele     Pinto    de  Fonseca 
porlogliese.  JN'el  1742   il  gran  mae- 
stro spedì  in  Roma  per  ambascia- 
tore a  Benedetto    XIV,   il    bah   fr. 
Guerin  de  Tencin,   che  fece  il  suo 
solenne  ingresso   con  quella   pompa 
che  descrivemmo  al  voi.   X,  p.  3io 
e  seg.   del   Dizionario.    A  di  lui  i- 
slanza  Benedetto  XIV  a'  16  dicem- 
bre 1743,  con  la  costituzione   Quo- 
mani,  concesse  parecchie  indulgen- 
ze,   e  molti    privilegi    nella    forma 
della  Bolla  della   Crociata  (Fedi), 
tanto  ai  religiosi    cavalieri   di  que- 
sto ordine,  quanto    ai  sudditi  abi- 
tanti  nelle  isole   di  Malta  e  Gozo, 
i    quali     somministrassero    qualche 
somma  di  denaro    o  altro  soccorso 
all'ordine    nella     guerra     perpetua 
ch'egli   faceva  agl'infedeli:   la  bolla 
della  Crociata  nel    i SgS    Clemente 
Vili  l'avea  concessa   all'ordine  per 
le  fortificazioni   dell'isola.    Xel  me- 
desimo anno    i  743  Benedetto  XIV 
con  la   costituzione    Inter    illuslria, 
data  a' 12    maggio,    presso    il    suo 
Bollario  tom.  IV,    p.  74?    confer- 
mò nella   massima  ampiezza  tutti  i 
privilegi   accordati  a  questo  ordine 
ospitalaiio  dai   Pontefici    suoi  pre- 
decessori, ma  volle  in  qualche  mo- 
do assoggettare   alla  sanzione  apo- 


G  E  n 
stolica  anche    i  contralti    di   affitto 
a   limga    diuata.    Lo  stesso    Ponte- 
fice nell'anno  l'^/fj   dichiarò    che  i 
cardii.ali  cavalieri    professi  dell'or- 
dine gerosolimitano  potessero  porta- 
le sulla  mozzetta  hi   croce  dell'  or- 
dine   al   modo    che  narrammo    nel 
voi.   XV  III,  p.   26  j   del  Dizionario. 
A'  eggasi   r  Andreucci ,  De  Hierarchia 
ecclesiastica    tom.    I,    lib.     IV     De 
cardinali   regulari  professo    ex  or- 
dine militari  s.  Joannis  Jerosolynii- 
tani.  Nel    1747  Benedetto  XIV  per 
mezzo  di  monsignor  Luigi   Valenti 
suo    cameriere  segreto,    trasmise    a 
Blalta  al  gran  maestro  Pinto,  il  do- 
nativo delio  stocco   e  berrettone  da 
lui    benedetti.    Nell'anno    seguente 
si    scoprì    in    Malta    una    terribile 
congiura   tramata    da  ìMustafà    pa- 
scià di  E.odi,  e  prigioniere  di   guer- 
ra de'cavaliei'i,  il    quale  d'accordo 
col  sultano  gran   somme  di  denaro 
spese  pel  pravo  fine:  il  gran  mae- 
stro doveva  essere  assassinato,  e  l'i- 
sola   interamente     aveano     divisato 
occuparla   i   turchi.   Il   pascià  fu  ri- 
legato   in  una  provincia    dell'Asia, 
e  gli  altri  infami  suoi   fautori     pa- 
garono  con    l'estremo  supplizio    il 
tradimento.   Il  Bercaslel,  Storia  del 
cristianesimo     voi.    XXXI,    a    pag. 
2i5    e  seg.    riporta    le    descrizioni 
di  questa  congiura,  e  della  solenne 
festa    istituita  in    memoria  di    tale 
avvenimento  ,    consistente     in    una 
perpetua  processione  a' 6  giugno  al- 
la chiesa    di  s.    Gio.  Battista,    con 
r  intervento    di   tutto  il  clero,  e  di 
tutti  gli    ordini  della  città,  in   rin- 
graziamento   a  Dio  dello  scampato 
pericolo. 

La  riputazione  del  gran  maestro 
Pinto  indusse  i  corsi  ribelli  de'ge- 
novesi,  ad  offrire  all'  ordine  la  so- 
vranità dell'  isola  di  Corsica,  ciò 
che  non  fu  accettato  per  opposizio- 


GER 

ne  della  Francia;  e  Federico  II  re 
di  Prussia,  dopo  aver  conquistato 
la  Slesia,  conservò  benché  acatto- 
lico le  commende  che  vi  possedeva 
l'ordine.  Ottenne  detto  gran  mae- 
stro da  diversi  sovrani  d'Europa, 
che  gli  ambasciatori  dell'  ordine 
godessero  le  medesime  prerogative 
ed  onori  che  godevano  gli  amba- 
sciatori delle  altre  potenze.  Bene- 
detio  XIV  fino  dal  l'J^'J  accordò 
gli  onori  di  ambasciatore  regio 
all'andjasciatore  di  Malta  presso  la 
santa  Sede,  come  si  legge  nel  nu- 
mero 465o  del  Diario  di  Roma  di 
quell'anno.  Il  titolo  di  altezza  E- 
minentissinia  in  riconosciuto  com- 
petere al  gran  maestro  da  tutti  i 
sovrani,  dappoiché  prima  alcuni  gli 
davano  il  solo  titolo  di  Eminenza.  11 
medesimo  Finto  fu  il  primo  gran 
maestro  che  decorò  I'  arme  del  gran 
maestro  d'  una  corona  come  gli  al- 
tri sovrani.  Politico,  abile,  eccellen- 
te nell'amministrazione  della  giu- 
stizia, abbellì  Malta  di  edilizi,  ed 
aumentò  grandemente  la  pubblica 
biblioteca,  per  la  quale  dipoi  or- 
dinò Luigi  XVI  che  vi  sarebbe 
mandata  una  copia  di  tutte  le  o- 
pere  impresse  nella  tipogialia  reale. 
Dipoi  nel  1781  Francesco  Paolo 
de  Sminter  pubblicò  il  Catalogo 
della  biblioteca  del  S.  M.  ordine 
di  s.  Giovanni  Gerosolimitano.  Sot- 
to il  magistero  di  Pinto  accadde  una 
vertenza  con  la  corte  di  Napoli,  ri- 
guardante la  giurisdizione  del  ve- 
scovo, che  andiamo  ad  accennare. 
Sussistendo  la  convenuta  nomina 
del  vescovo  di  Malta  per  parte  del 
re  di  Napoli  in  conseguenza  della 
terna  che  presentava  il  gran  mae- 
stro, il  vescovo  era  sulfraganeo  del- 
la metropolitana  di  Palermo,  quan- 
do nel  17.53  il  redi  Napoli  Carlo 
di    Borbone  ordmò    al    vescovo    di 


GER  261 

Siracusa  che  si  portasse  nell'isola 
a  farvi  la  visita  pastorale.  Gli  abi- 
tanti s' irritarono  per  tale  misura, 
e  costrinsero  il  vescovo  a  tornare 
indietro,  onde  il  gran  maestro  die 
subilo  avviso  di  siffatto  attentato  a 
Benedetto  XIV,  e  alle  potenze  a- 
miche;  indi  spedì  a  Napoli  il  bali 
Duegos  per  rappresentare  le  ragio- 
ni che  l'ordine  di  Malta  sottopo- 
neva alla  corte  siciliana,  confidan- 
do nell'uso  contrario  osservato  da 
pili  di  cento  anni.  Benedetto  XIV 
dopo  un  congresso  tenuto  con  car- 
dinali e  prelati  scrisse  al  re  Carlo 
in  modo  persuasivo,  invitandolo 
paternamente  a  desistere  da  tale 
impegno.  Il  re  fece  anzi  avvisare  i 
maltesi  che  se  ricusassero  ancora  di 
ricevere  il  visitatore,  avrebbe  fatto 
sequestrare  le  rendite  che  i  cavalieri 
godevano  ne' suoi  stati.  Il  gran  mae- 
stro all'opposto  dichiarò,  che  avreb- 
be fatto  altrettanto  sulle  rendite  che 
altrove  godevano  i  commendatori 
napoletani  e  siciliani,  e  richiamò  ji 
ball  Duegos.  Allora  il  re  proibì  ai 
propri  sudditi  ogni  commercio  coi 
maltesi,  e  mise  il  sequestro  alle 
commende  gerosolimitane  de' suoi 
stati,  come  altresì  fece  il  gran  mae- 
stro con  quelle  che  i  cavalieri  na- 
poletani e  siciliani  godevano  in  al- 
tri paesi.  Indi  il  gran  maestro  pre- 
gò le  corti  di  Portogallo,  di  Vien- 
na, di  Parigi  e  di  INIadrid  affinchè 
impegnassero  il  re  di  Napoli  a  me- 
glio ponderare  il  fondo  della  ra- 
gione, sulla  quale  il  vescovo  di  Mal- 
ta stabiliva  la  sua  indipendenza 
dall'arcivescovo  di  Palermo.  Impe- 
gnossi  particolarmente  il  Pontefice 
su  questo  aliare  per  modo,  che  nel- 
l'anno  seguente  ottenne  che  am- 
bedue le  parti  dissidenti  si  com- 
promettessero nella  sua  imparziale 
decisione.    Fu    dunque     conchiuso. 


263  GER 

che  Benedetto  XIV  iu  qualità  di 
sommo  Pontefice  pregasse  con  let- 
tera il  re  di, Napoli  a  lasciar  le  cose 
nello  stato  in  cui  erano  per  riguar- 
do alla  visita  pastorale;  che  fosse 
ristabilito  il  reciproco  commercio, 
e  si  togliesse  dalle  parti  il  seque- 
stro alle  commende.  Il  re  Carlo 
a' 27  dicembre  1754  l'ispose  alla 
lettera  pontificia,  con  piena  adesio- 
ne di  tulio. 

Dopo  la  morte  del  gran  maestro 
Finto  a' 28  gennaio  1778  fu  elet- 
to successore  fr.  Francesco  Ximenes 
de  Texada  di  Navarra,  a  cui  Cle- 
mente XIV  nell'anno  seguente,  per 
mezzo  di  monsignor  Girolamo  Bo- 
nanni  de' principi  della  Cattolica, 
mandò  lo  stocco  e  berrettone  be- 
nedetti: l'eminentissimo  gran  mae- 
stro regalò  l'ablegato  del  suo  ri- 
tratto contornato  di  brillanti  del 
valore  di  scudi  tre  mila,  una  su- 
perba croce  dell'ordine,  un'annua 
pensione  di  scudi  trecento ,  oltre 
altri  distinti  regali.  Mentre  le  squa- 
dre dell'ordine  con  le  truppe  spa- 
gnuole  formavano  l'assedio  di  Al- 
geri, ebbe  luogo  in  Alalia  una  ri- 
bellione, che  descrive  il  citato  Ber- 
castel  nel  voi.  XXXIV,  p.  164  e 
seg.  Alcuni  ecclesiastici  di  concerto 
con  due  disgraziati,  uno  de' quali 
era  caporale  nel  castello  di  s.  El- 
mo, e  l'altro  un  uomo  licenziato 
dal  servizio  militare,  tentarono  un 
colpo  quanto  temerario  altrettanto 
indegno  del  loro  carattere.  A'  9 
settembre  1775  a  mezza  notte  tro- 
varono il  modo  d'impadronirsi  del 
castello,  occuparono  i  posti  più  im- 
portanti onde  rendersi  padroni  del- 
la città  propriamente  denominata 
la  Valletta,  e  v'  inalberarono  una 
bandiera  di  nuova  foggia.  Venuto 
ciò  in  cognizione  del  gran  maestro, 
fece  chiudere    le  porte   della    città 


GEPv 
e  del  palazzo  magistrale,  mise  la 
armi  più  gente  che  potè,  fornen- 
dogli l'ambasciatore  di  Francia 
centoventi  francesi,  e  tutti  furono 
messi  sotto  il  comando  del  princi- 
pe di  Piohan-Polduc,  generale  del- 
l' ordine.  I  ribelli  uccisero  il  cava- 
liere INIarcellino  Corio,  minacciaro- 
no spianar  la  Valletta,  e  dar  fuo- 
co alla  polveriera.  S'interpose  il  vi- 
cario generale  del  vescovo,  ma  con 
poco  successo,  quando  il  maggiore 
del  castello  essendo  uscito  di  pri- 
gione, con  due  cavalieri  ed  un  pu- 
gno di  gente  ivi  detenuta,  con  som- 
mo valore  ed  inaudito  ardire  po- 
terono superare  i  pochi  ribelli,  e 
rendersi  padroni  del  castello,  con 
che  restituirono  la  libertà  e  la  quie- 
te alla  Valletta.  I  principali  auto- 
ri della  rivolta  pagarono  la  meri- 
tata pena  col  capestro,  e  tra  que- 
sti il  sacerdote  Gaetano  Mannari- 
no già  zelante  missionario  e  pre- 
dicatore, sedotto  ad  impresa  sì  te- 
nieraria  ed  iniqua. 

Intanto  la  discordia  tra  il  ve- 
scovo di  Malta  fr.  Carmine  Gio- 
vanni Pellerano  già  cappellano  del- 
l'ordine, ed  il  gran  maestro,  si 
aumentò  in  modo,  che  il  prela- 
to fu  costretto  abbandonar  la  sua 
chiesa  e  portarsi  in  E.oma,  Pio 
VI  per  porre  riparo  allo  scandalo 
di  alcuni  cattivi  ecclesiastici,  ed  ot- 
tenere una  salutare  e  rigorosa  ri- 
forma di  essi,  ordinò  con  suo  bre- 
ve che  ninno  nell'isola  di  Malta 
potesse  promoversi  alla  tonsura  se 
non  a  titolo  di  benefizio  o  cappeU 
lania  perpetua,  né  agli  ordini  mi- 
nori prima  d'anni  dieciotto  di  età, 
e  che  l'ordinando  fosse  già  stato 
almeno  per  tre  anni  in  seminario, 
e  se  ne  avesse  certificato  di  sua  buo- 
na condotta.  Afflitto  il  gran  mae- 
stro   da    questi    avvenimenti,    mort 


GER 

agli  II  novembre  dell'anno  1773, 
e  pei  sulìVagi  unanimi  degli  elet- 
tori fu  esallato  al  magistero  fr. 
Francesco  Maria  Emanuele  de  Ro- 
Jian-Poldiic,  generale  delle  gale- 
re dell' online,  il  quale  convocò  un 
capitolo  generale  nell'anno  seguen- 
te, ciò  che  non  erasi  più  fatto  do- 
po il  i63r,  per  provvedere  ai  bi- 
sogni dell'ordine,  che  in  Polonia 
vide  istituirsi  un  nuovo  gran  prio- 
rato. Nel  1777  Pio  VI  compi  la 
totale  unione  dell'ordine  de' cano- 
nici regolari  di  s.  Antonio  detto 
deìjìwco,  che  dal  predecessore  Cle- 
mente XIV  era  stato  soppresso,  con 
l'ordine  gerosolimitano,  per  secon- 
dare le  istanze  di  diverse  potenze 
cattoliche,  ed  allora  il  gran  mae- 
stro di  Malta  prese  eziandio  il  ti- 
tolo di  gran  n)aestro  di  s.  Anto- 
nio. Dell'  ordine  di  sant'  Anto- 
nio, e  della  chiesa  ed  ospedale  che 
aveva  in  Roma,  se  ne  parla  in  va- 
ri luoghi  di  questo  Dizionario,  mas- 
sime ai  voi.  VI,  p.  3o7  ;  e  VII, 
p.  117  e  261.  Anticamente  nello 
spedale  di  Antonio  si  curavano  gli 
infermi  attaccati  da  un  male  detto 
il  fuoco  di  s.  Antonio,  ma  siccome 
tal  malattia  non  sempre  afflisse  la 
umanità,  in  progresso  di  tempo  vi 
si  ricevettero  le  persone  offese  dal 
fuoco,  per  cui  Pio  VI  dopo  la  nar- 
rata disposizione,  ordinò  che  gli 
scoltati  si  ricevessero  nell'arcispe- 
dale del  ss.  Salvatore  ad  Sanata 
Santoruni,  come  fa  fede  un'iscrizio- 
ne marmorea  in  esso  esistente. 

Nel  1778  Pio  VI  si  fece  media- 
tore Ira  il  gran  maestro  ed  il  ve- 
scovo di  Malta,  onde  per  le  sue 
persuasive  ed  autorità,  riunì  l'esu- 
le pastore  al  suo  gregge  ed  al  suo 
sovrano;  quindi  nel  1781  il  me- 
desimo Papa  per  le  istanze  del- 
l'eletlore  palatino  di  Baviera  Car- 


GER  263 

10  Teodoro,  gli  accordò  la  facoltà 
di  fondare  nella  Baviera  una  nuo- 
va lingua  dell'ordine  gerosolimita- 
no, ed  incaricò  monsignor  Bellisomi 
nunzio  di  Colonia  di  trasferirsi  in 
quell'elettorato,  per  concertare  lo 
smembramento  di  vari  beni  dei 
regolari  per  la  sotnma  di  settecen- 
to mila  fiorini,  e  fondare  due  gran 
priorati,  e  trenta  commende.  Il 
gran  maestro  de  Rohan  si  occupò 
d'un  nuovo  codice  più  conforme 
agli  usi  degli  abitanti  di  Malta, 
con  utili  riforme,  operazione  che 
avea  incominciata  il  gran  maestro 
Vilhcna.  IMentre  la  pace  che  go- 
deva l'ordine  sembrava  preparargli 
giorni  gloriosi,  la  rivoluzione  fran- 
cese gli  portò  il  colpo  più  funesto. 

11  gran  maestro  de  Rohan  si  di- 
portò saggiamente,  ricusò  coUegarsi 
con  altre  potenze,  e  si  dimostrò 
neutrale;  mn  il  decreto  della  con- 
venzione di  Parigi  de'  19  settembre 
1792,  con  sopprimere  tutti  gli  or- 
dini religiosi  in  Francia  trafisse  l'a- 
nimo del  gran  maestro,  per  cui  a 
lui  fu  attribuito  un  manifesto  con- 
tro la  Francia,  in  data  io  ottobre 
dell'anno  1793,  mentre  in  vece 
usò  di  tutta  l'ospitalità  coi  ■vascelli 
francesi,  somministrando  loro  il  de- 
naro e  le  vettovaglie,  di  cui  ave- 
vano bisogno.  Intanto  nel  1795  il 
gran  maestro  spedì  l'ambasciatore 
bali  Lilla,  all'imperatrice  di  R.us- 
sia  Calterina  li,  per  ottenere  dalla 
sua  giustizia  la  conservazione  dei 
beni  dell'ordine  in  quella  parte  di 
Polonia,  ch'era  divenuta  suo  do- 
minio. L'imperatrice  accolse  beni- 
gnamente il  bali,  e  nel  succedergli 
nel  1796  Paolo  I  suo  figlio,  si  di- 
chiarò protettore  dell'ordine,  ordinò 
che  i  suoi  beni  sarebbero  aumen- 
tati in  Polonia,  e  che  sarebbe  eret- 
to un  priorato  in  Russia.  L' impe- 


264  GER 

ratore  desiderò  di  essere  annovera- 
to nell'ordine,  ne  ricevette  la  gran 
croce  per  lui  e  pei  suoi  figli,  che 
pure  ebbero  il  conte  Besborodsko 
gran  cancelliere  dell'impero,  ed  il 
principe  Kourakin  vice-cancellieie. 
L'atto  di  protezione  dell'  ordine 
gerosolimitano  1'  imperatore  lo  se- 
gnò a'i5  gennaio  1797.  Il  gran 
maestro  de  Rohan  offn  Malta  in 
asilo  ai  cavalieri  perseguitali  dal 
governo  della  repubblica  francese, 
senza  badare  a  spesa:  dopo  aver 
fatto  costruire  alcuni  pubblici  edi- 
fizi,  ed  un  magnifico  osservatorio, 
dichiarò  suoi  esecutori  testamentari 
i  cavalieri  de  Greische-de-Jallau- 
court  suo  cameriere  maggiore,  e 
Miari  ;  designò  per  suo  luogotenen- 
te il  bah  Vacon  de  Belmont,  e  mo- 
ri a'  i3  luglio  1797.  A'  17  detto 
fu  eletto  Ferdinando  de  Hompesch 
tedesco,  già  ambasciatore  dell'ordi- 
ne a  Viennaj  e  gran  bah  di  Bran- 
deburgo.  Il  trattato  di  Leoben  con- 
chiuso a' 18  del  precedente  apri- 
le, avea  spogliato  l'ordine  di  tutti 
j  possedimenti  che  avea  nei  domi- 
nii  di  Francia,  ed  in  quelli  da  lei 
conquistati.  Minacciati  i  sovrani  nei 
loro  stati,  ninno  potè  proteggere 
l'ordine,  tranne  l'imperatore  Fran- 
cesco II,  che  dimostrò  efficace  pre- 
mura. 

I  funesti  effetti  della  rivoluzione 
francese  ,  e  la  sua  iiifluenza  ben 
presto  penetrarono  neh'  isola  di 
Malta,  per  cui  diversi  abitanti  di 
essa,  dimentichi  di  quanto  doveva- 
no ai  cavalieri,  divennero  impazien- 
ti di  sottrarsi  al  loro  dominio ,  e 
si  posero  in  corrispondenza  col  di- 
rclloi-io  parigino.  La  maggior  parte 
degl"  istorici  che  hanno  scritto  sì 
deplorabile  avvenimento  si  sono 
mostrati  parziali  alla  Francia  ,  e 
gemici  all'ordine,  procurandone  l'av- 


GER 
vilimento.   In  fatti  essi  pubblicaro- 
no, che  l'indolenza     e  l'incapacità 
del  gran  maestro    eccitò    ne'  cava- 
lieri  viva  inquietudine,  che  voleva- 
no   difendere    l'ordine   e  sostenere 
l'integrità  del  loro  territorio;   men- 
tre altri   ascritti    alle  società  segre- 
te, d'intelligenza  coll'avvocalo    Re- 
gnault  de  s.  Jean  d'Angely,  e  per 
le   mene    dei  commendatori  Bosre- 
don  segretario  del   tesoro,  e  Dolo- 
mieu  ne  minavano  1'  esistenza,  co- 
me si  legge  nella   Relazione    della 
occupazione,   di  Malta  di  Michaud 
de    Villette.    Personaggi    testimoni 
oculari    dell'accaduto,    e    ch'erano 
interessati  nel  lustro    dell'ordine,  in 
vece    raccontano    quanto     diciamo- 
Dopo    che    la    repubblica    francese 
spogliò  l'ordine  di  tutti   i  suoi  be- 
ni, così  in  Francia,  come  nei  paesi 
conquistati,   passò  ad    impadronirsi 
dell'isola  di   Malta,   e  per  fare   ciò 
con    sicurezza    adoprò    seduzioni    e 
tradimenti.  Inviò  in   Malta    a    tale 
eOfetto  e  sotto    vari    pretesti    buon 
numero  di  satelliti,  e  costoro  uni- 
rono in  società  segiete    i    cittadini 
delle  classi   medie,  e  due  o  tre  ca- 
valieri della   loro  nazione  :   fra  que- 
sti  satelliti   vi   fu  il  francese  Pierre 
vestito  in   abito  greco,  e  certo  Pos- 
selgue  parente  d'un  banchiere  sta- 
bilito   in    Malta;    ed    il    nominato 
Dolomieu  venne  di  Francia  con  la 
flotta.   In  tutto  il   tempo  della   ri- 
voluzione r  ordine   si   mostrò    neu- 
trale, e  perciò  non    era    preparato 
a  sostenere  alcuna  invasione,  e  non 
la   poteva  supporre,  pei  servigi  resi 
ai    suddetti    vascelli    provenienti  da 
Egitto.   Ad  onta  di  ciò  la  loro  im- 
presa forse  sarebbe  andata  a  vuoto, 
senza  il  tradimento  di    gran  parte 
della  nazione.  Intanto  il  direttorio 
fiancese  gonfio   per  le  riportate  vit- 
torie ,    uiinacciando  uno  sbarco  iu 


GER 

Inghilterra,  adìdò  al  generale  Na- 
poleone Bonaparte  un  esercito  di 
trentamila  veterani,  imbarcati  so- 
pra una  flotta  di  cinquecento  ba- 
stimenti da  tiasportOj  quattordici 
vascelli  da  guerra,  varie  fregate,  e 
molti  legni  minori ,  e  perciò  una 
delle  più  poderose  flotte  che  aves- 
sero solcato  il  Mediterraneo,  essen- 
done ammiraglio  Broeys.  La  flotta 
salpò  da  Tolone  il  dì  19  maggio 
1798,  e  quantunque  si  denominas- 
se l'ala  sinistra  dell'armata  d'In- 
ghilterra, nel  giorno  20  o  21  giu- 
gno gettossi  in  vece  sopra  Malta 
che  trovò  senza  militare  apparato. 
Pretese  il  comandante  Croeys  l'in- 
gresso nel  porto,  ma  gli  fu  negato 
per  le  leggi  della  neutralità.  Nella 
notte  dei  28  giugno  l'armala  fran- 
cese vi  eseguì  Io  sbarco  in  sette 
diversi  punti,  ed  occupò  con  de- 
bolissima resistenza  le  piìi  impor- 
tanti posizioni,  contando  come  di- 
cemmo, dei  partigiani  fra  i  detti 
cavalieri,  e  fra  i  maltesi,  che  ser- 
virono all'audace  nemico  di  guida, 
mentre  che  per  difendere  tutto  il 
liltorale  non  sarebbero  bastati  tren- 
tamila uomini.  Il  bali  Tommasi  in- 
dusse gli  animi  di  molti  a  difen- 
dersi entro  la  Valletta,  ma  dopo 
ventiquattro  me  fu  sospeso  il  fuoco, 
ed  il  commendatore  Candida,  al  pre- 
sente luogotenente  ,  incaricato  del- 
la custodia  degli  schiavi  e  forzati, 
avendo  saputo  che  in  un  magazzino 
della  marina  di  proprietà  del  fran- 
cese Agnau  vi  erano  nascosti  più 
centinaia  di  satelliti  venuti  qualche 
giorno  prima  della  squadra  sud- 
detta ,  sopra  bastimenti  con  ban- 
diera ragusea,  ne  diede  subito  av- 
viso alla  piazza,  e  molti  del  popolo 
unitisi  alla  forza  colà  inviata,  inva- 
sero il  magazzino,  ed  allora  parte 
dei    nascosti    riuscirono   di    fuggi- 


GER.  265 

re,  molti   furono  presi,  e  molli   uc- 
cisi. 

La  congiura  era  ordita  in  maniera 
che  alla  prima  esplosione  di  bom- 
ba, che  avesse  Bonapaite  ordinato, 
i  cavalieri  dovevano  essere  truci- 
d.'.ti,  e  ciò  facilmente  poteva  ese- 
guirsi, mentre  dispersi  in  vari  punti 
dell'isola  che  dovevano  difendere, 
non  potevano  garantirsi.  In  tale 
stato  di  confusione  comparve  al 
palazzo  una  deputazione  di  distinti 
maltesi,  e  numerosa  perchè  formata 
di  più  di  cento  ;  gliene  fu  negato 
l'accesso,  e  solo  venne  accordato  a 
dodici  di  essa  di  presentarsi  al  gran 
maestro  Hompesch  e  consiglio.  Con 
sommo  ardire  i  deputati  piegarono 
il  gran  maestro  di  capitolare,  mi- 
nacciandolo, che  s' egli  non  lo  fa- 
ceva, l'avrebbero  fatto  da  per  loro. 
In  tali  circostanze  essendo  l'ordine 
senza  tutti  i  mezzi  di  difesa,  fu  co- 
stretto domandare  la  capitolazione; 
dappoiché  il  gran  maestro  e  consiglio 
che  appena  comparsa  la  flotta  si 
erano  uniti  in  seduta  permanente, 
e  davano  gli  ordini  per  fare  un'e- 
nergica dilesa,  essi  non  erano  ese- 
guili, e  i  maltesi  entrati  in  dilìi- 
denza,  non  ubbidivano  più  ai  loro 
comandanti,  e  vari  cavalieri  francesi 
furono  trucidali  come  supposti  tradi- 
tori. Venne  pertanto  sospeso  il  fuo- 
co che  facevano  le  fortezze,  s'in- 
viarono dei  deputati  a  bordo  del- 
l' Oriente  ove  sr  trovava  Napoleo- 
ne, il  quale  sicuro  del  suo  potere, 
dettò  come  gli  piacque  gli  articoli 
della  capitolazione,  senza  calcolare 
le  rimostranze  dei  deputati.  Altri 
scrissero  che  il  gran  maestro  d'Hom- 
pesch  convocò  l'assemblea,  che  seb- 
bene incompleta,  pattuì  la  dedi- 
zione dell'isola  sotto  la  garanzia  e 
mediazione  della  Spagna  rappre- 
sentala dal  cav.  Amat,  suo  incari- 


a66  OER 

calo  daCfiiri  a  Malta,  ed  avendo  il 
general  Marmont  impiegato  tutti  i 
niezzi  di  coiv'uzione.  Cosi  terminò 
dopo  duecento  sessanl'  otto  anni  il 
j^ldiioso  dominio  che  l' inclito  or- 
dine gerosolimitano  avea  esercitalo 
sull'isola  di  ]\Jalta,  ed  ai  congiv- 
lali  riuscì  carpire  dal  consiglio, 
senza  che  neppure  fosse  cominciato 
l'assedio  nelle  forme,  la  più  igno- 
miniosa capitolazione  ne'  seguenti 
otto  articoli,  sottoscritti  a'  12  giu- 
gno. 

I.  I  cavalieri  dell'ordine  di  s. 
Giovanni  gerosolimitano  rimette- 
ranno all'armata  francese  la  cit- 
tà ed  i  forti  di  Malia,  rinuncian- 
do in  favore  della  repubblica  fran- 
cese i  diritti  di  proprietà  e  di  so- 
vranità. 

II.  La  repubblica  francese  im- 
piegherà la  sua  influenza  al  con- 
gresso di  Rastadt,  per  procurare  al 
gran  maestro,  sua  vita  naturale  du- 
rante, un  principato  equivalente  a 
quello  che  perde.  Si  obbliga  in- 
tanto di  pagargli  un'annua  pen- 
sione di  trecentomila  franchi,  oltre 
all'importare  di  due  annate  di  pen- 
sione, a  titolo  d'  indennità  de'  mo- 
bili. Durante  il  suo  soggiorno  in 
Malta  continuerà  egli  ad  avere  gli 
onori  militari,  di  cui  godeva. 

III.  I  francesi  cavalieri  attual- 
mente residenti  in  Malta,  che  ver- 
ranno riconosciuti  tali  dal  genera- 
le in  capo,  potranno  rientrare  nel- 
la loro  patria,  e  il  loro  soggiorno 
in  Malta  verrà  considerato  come 
vm  soggiorno  fatto  in  Francia.  Ciò 
deve  essere  dichiarato  comune  an- 
che ai  cavalieri  delle  quattro  re- 
pubbliche alleate  della  Francia. 

IV.  La  repubblica  francese  fis- 
serà una  pensione  vitalizia  di  set- 
tecento franchi  ai  cavalieri  di  Mal- 
ta francesi,  che  attualmente    risie- 


GER 

dono  in  Malta,  e  di  mille  franchi 
a'  cavalieri ,  che  hanno  od  oltre- 
passano i  sessanta  anni.  Ciò  pure 
dev'essere  accordalo  dalle  rispetti- 
ve quattro  repubbliche  alleale  ,  ai 
cavalieri  della   loro  nazione. 

\.  Lare-pubblica  francese  si  ado- 
pererà presso  le  altre  potenze  d'Eu- 
ropa, affinchè  conservino  a'  cava- 
lieri della  loro  nazione  l'esercizio 
de' loro  diritti  sui  beni  dell'ordine 
di   Malta  ch'esistono  ne' loro   stati. 

\  I.  Riterranno  i  cavalieri  le  lo- 
ro pioprietà  private. 

VII.  I  cittadini  delle  isole  di 
Rialta  e  Gozo  continueranno  ad  a- 
vere,  come  per  lo  passalo,  il  libe- 
ro esercizio  della  religione  cattoli- 
ca, apostolica,  romana,  e  serberan- 
no intatte  le  loro  proprietà  e  pri- 
vilegi, e  non  soggiaceranno  ad  al- 
cuna contribu/Jone  straordinaria. 

Vili.  Tulli  gli  atti  civili  fatti 
sotto  il  governo  dell'ordine,  saran- 
no riconosciuti,  ed  avranno  piena 
esecuzione. 

Bonaparte  e  i  deputati  sottoscris- 
sero la  convenzione,  che  per  altro 
il  gran  maestro  non  segnò,  anzi  si 
rilìutò  di  recarsi  co'  suoi  cavalieri 
a  rendergli  omaggio,  ad  onta  del 
convenuto.  I  francesi  con  le  ripor- 
tate condizioni,  che  nulla  accorda- 
vano, e  tutto  toglievano,  senza  ti- 
rare un  solo  colpo  di  cannone, 
divennero  padroni  d'una  fortezza 
inespugnabile,  che  forse  avrebbero 
durato  piìi  fatica  se  vuota  d'abi- 
tanti avessero  dovuto  aprirne  le 
porte.  ]Vè  questa  si  dovette  conside- 
rare soltanto  una  perdita  irreparabi- 
le all'ordine,  ma  bensì  a  tutta  la 
cristianità.  I  francesi  trovarono  nel- 
l'isola millecinquecento  cannoni, 
mille  de' quali  in  bronzo,  trentacin- 
quemila fucili,  duecento  barili  di 
polvere^  provvisioni    d'ogni   specie, 


GEPt 

nloltl    vascelli    e    galere,    e    copiosi 
elletti  d'oro  e    d'argento    appaite- 
neiiti  al   tesoro  di  s.   Giovanni,  al- 
l'ospedale, ed  all'ordine,  pel  valore 
di  tre  milioni  di  pezzi  dmi,    e  di 
tutto    s'   impossessarono     al    suono 
delle  parole    libertà  ed    eguaglian- 
za. Napoleone  a'  i3  giugno  fece  il 
suo  ingresso  in  Malta,  ove  si    trat- 
tenne cinque   o  sei  giorni.  Le  trup- 
pe dell'ordine  aumentarono  le  fran- 
cesi    per     l'invasione     dell'Egitto, 
dappoiché  Napoleone  comandò  una 
leva     generale,  che  s'  imbarcassero 
sulla  flotta  francese    tutti    i    mari- 
nari dell'isola,  le  guardie  del  graa 
maestro,  tutti    i  soldati    di    truppa 
regolare,    e  persino    i    piìi    giovani 
cavalieri,  con  che  aumentò    di   tre 
mila  uomini    le   sue    forze.     S'  im- 
padronirono i  francesi  dell'archivio, 
e  tranne  diversi  processi     che  bru- 
ciarono, esso  tuttora  si  conserva  in 
Malta.   Il  generale  Reynier  occupò 
Gozo;     il    generale    Vaubois    restò 
nell  isole    con  quattromila     uomini 
di  guarnigione,  ed  il  governo  prov- 
visorio fu   retto    dal  nominalo  Re- 
gnault  commissario,  essendone  pre- 
sidente   r  ex-commendatore   Bosre- 
don,  e  membri    coloro    che    eransi 
mostrali     piìi    zelanti    delle    nuove 
massime  democratiche.  Tulli  i   ca- 
valieri non  aderenti    a    queste  no- 
vità,   furono    dispersi    ed    esiliati, 
non  esclusi  quelli  di  nazione  fran- 
cese che  vennero  trasportati   in  An- 
tibo.   Venne  espulso  dalla  chiesa  di 
S.  Giovanni   il  priore  coi    canonici 
conventuali,  la  chiesa    fu  dichiaia- 
ta  cattedrale  dell'isola,  e  il  vesco- 
vo della  città    vecchia   co' suoi    ca- 
nonici, tutti  in  mitra,  dovette  can- 
tare con     solennità     il     Te  Deiim, 
sotto  quel  baldacchino  stesso    dove 
era  solito  starvi    il    gran  maestro. 
Napoleone  parti  con  la  flotta  per 


GER  267 

la  spedizione    di  Egitto,   e    con  la 
fregata  Sensibile  mandò    in    Fran- 
cia    i  principali    frutti    della    con- 
quista,  che  però    fu  catturata    da- 
gl'inglesi. Qui  noteremo,  che  dopo 
la  disfatta    della  flotta    francese  in 
Ahoukir,  provocati   i    maltesi    dal- 
l'Inghilterra, si    sollevarono  contro 
la   guarnigione  francese,  che    ridot- 
ta a  duemila    uomini    si   rinchiuse 
nella   Valletta.  Alcune  navi    o  fre- 
gate    portoghesi     cominciarono     il 
blocco,  che    fu    poi    proseguito    da 
Nelson,  reduce  dalla  battaglia  vinta 
in  Egitto,  che   vi  sbarcò   truppe  di 
terra:    tanto     scrissero    alcuni,    ma 
l'assedio  per  terra  fu  sostenuto  dai 
maltesi  e  dai   napoletani.     Vaubois 
per  due  anni    intrepidamente    sos- 
tenne l'assedio,  e  fu   obbligato  a'ò^ 
o  7  settembre    1800  segnare    ono- 
revole   capitolazione,    accordandosi 
ai   maltesi   intera   amnistia;  e  le  ar- 
mi  inglesi  per  signoreggiare  il  Me- 
diterraneo occuparono  si  importan- 
te posizione.  Per  la  pace  d'  Amiens 
del     25    marzo      1802,    gl'inglesi 
ebbero  colla   mediazione    di  Bona- 
parte    le    isole    di    Ceylan  e    della 
Trinità,  ma  dovevano  secondo  l'ar- 
ticolo X  in  compenso  restituire  l'i- 
sola   di    Malta    indipendente,    con 
Gozo  e    Cornino    all'ordine  gero- 
solimitano, una  giunta    del    quale 
avea  fatto  all'  universo  le  sue  pro- 
teste sino  dal  momento  dell'occu- 
pazione.   L'  Inghilterra    si    prese    i 
compensi^  ma  Malta  sempre  riten- 
ne, e  dopo  la  caduta  dell'  impero 
francese    in    forza    del    trattato  di 
Parigi    del     i8i4j    »e    assicurò  il 
possesso  e  perpetuò  il  suo  dominio. 
Sull'isola    di    Malta,    e   sue  adia- 
cenze, oltre  quanto  diremo  al  già 
citato  suo  articolo,  si   possono  con- 
sultare i  seguenti  suoi  storici.   Gio- 
vanni Eduo  Quintino,  Insulae  Me- 


^68  GER 

litae  (ìescriptio,  Lugdiini  i536:  fu 
tradotta  dal  Sansovino  con  questo 
titolo,  Descrizione  di  Malta  e  del 
suo  governo,  Venezia  1545.  Paolo 
del  Rosso,  Volgarizzaiìiento  degli 
slatuli  della  religione  di  Malta  con 
lina  nuova  descrizione  dell'  isola, 
Firenze  loyo.  Girolamo  Borg,  Bre- 
ve descrizione  dell'isola  di  Malta 
con  tutti  li  successi  che  per  lo  spazio 
di  tre  mesi  avvennero,  mentre  s.  Pao- 
lo dimorò  in  essa,  ed  altre  partico- 
larità, R.oma  1600.  Gio.  Francesco 
A  bela,  Della  descrizione  di  31  alta, 
sue  antichità  ed  altre  notizie,  Malta 
1647-  Fr.  Geronimo  Manelli,  Pi- 
te  dei  gran  maestri  della  sacra  re- 
ligione di  s:  Giovanni  Gerosnlimi- 
tano  di  Malta,  Napoli  iSyG;  e 
Memorie  de'  gran  maestri  del  mi- 
litare ordine  gerosolindtano ,  Par- 
ma 1780.  Burcardo  ÌN'iderstet, 
3Ialta  vctus  et  nova,  adornata,  au- 
spiciis  et  jussu  Cristophori  Gaspa- 
rise  Blu/nenthal,llc\nìe^ladù  iGgo. 
Onorato  Gres ,  Malta  antica  illu- 
strata co'  monumenti  e  coll'istoria, 
Roma    1 8 1 6. 

Il  "overno  de'  cavalieri   di    Mal- 

o 

ta  in  quest'isola,  era  in  parte  mo- 
narchico ,  ed  in  parte  aristocrati- 
co. Era  monarchico  rispetto  al  gran 
maestro,  in  ciò  che  risguardava 
gli  abitatori  dell'  isola  di  Malta,  e 
delle  sue  dipendenze; ,  sopra  delle 
quali  esercitava  un'autorilìi  sovrana: 
tutti  i  cavalieri  dell'  ordine  dove- 
vano a  lui  ubbidire  in  ogni  cosa 
che  non  fosse  contraria  alla  rego- 
la ed  agli  statuti  della  religione  ; 
il  gran  maestro  faceva  coniar  mo- 
neta, concedeva  giazie  d'ogni  spe- 
cie, conferendo  priorie,  baliaggi , 
commende,  benefizi  ec.  Aveva  poi 
dell'aristocrazia,  mentre  ue'piìi  im- 
portanti affari  risguardanti  i  ca- 
valieri e  la  religione,  il  gran  mae- 


GER 

stro  ed  il  consiglio  esercitavano  in- 
sieme un'  assoluta  autorità  ,  ed  il 
gran  maestro  vi  aveva  due  soli 
voli  come  capo.  Il  consiglio  era 
di  due  sorta ,  1'  ordinario ,  ed  il 
completo;  al  consiglio  ordioario  as- 
sistevano il  gran  maestro  come 
capo,  il  suo  luogotenente  ,  ed  i 
gran  croci  ,  eh'  erano  il  vesco- 
vo di  Malta,  il  priore  della  chie- 
sa conventuale,  che  può  essere  di 
qualunque  lingua,  tutti  i  priori  e 
bah  conventuali,  i  gran  croci  ed 
i  ball  capitolari  e  titolari,  il  gran 
tesoriere,  e  il  gran  siniscalco  del 
gran  maestro^  che  però  non  dava 
voto.  Il  consiglio  completo  era  com- 
posto dei  gran  croci,  e  dei  più  an- 
ziani cavalieri  di  ciascuna  lingua, 
cioè  due  per  cadauna.  Chiamavansi 
lingue  le  dilFerenti  nazioni ,  delle 
quali  l'ordine  era  ed  è  composto: 
queste  lingue,  come  dicemmo  di 
sopra,  furono  in  origine  otto,  cioè 
Provenza,  Alvernia,  Francia,  Italia, 
Aragona,  Alemagna  ,  Castiglia,  od 
Inghilterra  la  quale  dopo  lo  sci- 
sma essendo  esclusa,  le  lingue  re- 
starono a  sette,  e  tornarono  poi 
ad  otto  neir  istituzione  della  lin- 
gua di  Baviera.  Ciascuna  lingua  a- 
veva  il  suo  capo  a  Malta,  chia- 
mato pillerò,  o  balio,  o  bailo  con- 
ventuale, e  da  ciascuna  di  esse  di- 
pendevano molte  gran  priorie  ,  e 
diversi  baliaggi  capitolari  ,  eccet- 
tuato il  priorato  della  chiesa  del- 
l'ordine, e  la  commenda  di  Cipro, 
ambedue  baliaggi  capitolai-i ,  che 
erano  comuni,  e  perciò  soggetti  a 
tutte     le    lingue. 

Il  pillare  della  lingua  provenzale, 
aveva  il  grado  di  gran  commenda- 
tore, presidente  del  tesoro,  avente  in 
Cina  tutte  l'entrate  della  religione 
e  delle  vettovaglie  ,  e  sotto  a  lui  era- 
no i  priori  di  s.  Gilles  e  di  Tolosa,  e 


GER 

il  ban  di  Malvasca:  dopo  il  gran 
maestro  veniva  il  gran  commen- 
datore, essendo  la  lingua  proven- 
zale la  prima  deirordine  in  osse- 
quio del  fondatore  del  medesimo 
Gerardo  di  Provenza.  La  lingua 
dell' Àh'ernìa  aveva  il  grati  inare- 
sciaìlo,  che  presiedeva  alla  giusti- 
zia; il  priore  di  Alvernia  era  il  ba- 
n  di  Lione.  11  gran  maresciallo 
eleggeva  l'alfiere  coll'approvazione 
del  gran  maestro  e  del  consiglio. 
La  lingua  di  Francia  aveva  il 
grande  spedaliere,  titolo  in  prima 
del  gran  maestro;  era  sopra  l'in- 
fermeria, ed  eleggeva  l'infermiere 
che  doveva  essere  della  lingua  di 
Francia;  erano  sotto  di  esso  i  prio- 
ri di  Francia,  di  Aquitania  ,  di 
Sciampagna,  il  bali  di  Morea,  e  il 
gran  tesoriere.  La  lingua  d'Italia 
aveva  il  grande  aniniiraglio  ,  che 
presiedeva  all'arsenale  ed  alle  ga- 
lere; ed  i  priori  di  Pioma,  di  Lom- 
bardia, di  Venezia  ,  di  Pisa,  di 
Balletta,  di  Messina,  di  Capua; 
i  bali  di  s.  Eufemia,  di  s.  Stefa- 
no, di  Venosa  ,  di  Napoli,  di  To- 
rino di  s.  Sebastiano ,  di  Roma. 
Il  grande  ammiraglio  eleggeva  il 
generale  delle  galere  coll'approva- 
zione similmente  del  gran  maestro 
e  del  consiglio.  La  lingua  d'Ara- 
gona aveva  il  gran  consen'a/ore 
detto  anticamente  drappiere,  ch'e- 
ia per  la  conservatoria,  il  castel- 
lano di  Emposta  ,  i  priori  di  Na- 
varra  e  di  Catalogna ,  il  bali  di 
Negroponte,  ch'era  pur  comune 
con  la  lingua  di  Castiglia,  il  bali 
di  Majorica,  e  quello  di  Caspe.  La 
lingua  d' Aleniagna  aveva  il  gran 
ball,  che  avea  la  cura  di  governa- 
tore del  Castel  s.  Pietro,  poi  delle 
fortezze,  sotto  di  lui  erano  i  prio- 
ri d'Alemagna,  di  Boemia,  d'Un- 
gheria, di    D,  .  .  ,    e    il    ball   di 


GER  269 

Brandebiu'go.  La  lingua  di  Ca- 
stiglia e  dì  Portogallo  aveva  il 
gran  cancelliere ,  ed  inoltre  i  prio- 
li  di  Castiglia,  di  Portogallo,  i  ba- 
li di  Lorca  ,  del  s.  Sepolcro ,  di 
Toro,  di  Lessa,  di  Acri  e  di  No- 
veville,  non  che  il  bali  d'Armenia 
comune  a  tutte  le  lingue,  e  il  gran 
commendatore  di  Cipro.  La  lingua 
d'Inghillerra ,  che  aveva  il  priore 
d'Inghilterra,  il  priore  d'  Ibernia 
ed  il  bali  d'Aquila.  Questa  lingua 
aveva  per  capo  il  tuicopoliere ,  o 
sia  generale  della  cavalleria  e  fan- 
teria, dignità  che  dopo  la  soppres- 
sione della  lingua  fu  riunita  da 
Gregorio  XllI  al  magistero;  quin- 
di tale  uflìzio  si  esercitò  da  ogni 
lingua  con  altro  titolo,  ad  elezio- 
ne del  gran  maestro,  coli'  appro- 
vazione del  consiglio. 

L' abitazione  o  palazzo  di  cia- 
scuna lingua  chiama  vasi  albergo, 
perchè  vi  andavano  a  mangiale  i 
cavalieri  dipendenti  da  quella  lin- 
gua ,  ed  in  esso  ordinariamente 
radunavansi.  Dai  regolamenti  spet- 
tanti la  maniera  con  cui  dovevano 
i  cavalieri  comportarsi  in  quegli 
alberghi,  apparisce  che  vivevano 
essi  in  un'esattissima  osservanza  re- 
golare. In  ogni  gran  priorato  di 
dette  lingue  eravi  un  certo  nu- 
mero di  commende  come  negli  o 
dierni,  alcune  destinate  ai  cavalie- 
ri di  giustizia,  altre  ai  cappellani 
ed  ai  serventi  d'  armi.  Talune  di 
siffatte  commende  si  dissero  mae- 
strali, come  quelle  ch'erano  annes- 
se alla  dignità  di  gran  maestro, 
che  ne  disponeva  a  suo  piacere; 
tali  altre  furono  dette  di  giustizia, 
perchè  si  conferivano  ai  cavalieri 
per  merito  di  anzianità  di  servi- 
gio; ed  alcune  finalmente  ebbero 
nome  di  commende  di  grazia,  per- 
chè    il    gran    maestro    ed    i   grau 


270  GER  GER 
priori  solevano  darle  a  chi  meglio  dare  a  quel  fratello  die  sarà  di 
slimavano,  dicendosi  di  grazia  ma-  suo  piacere,  di  qualunque  ordine 
gislrale  quelle  concesse  dal  gran  ch'egli  sia,  ciò  essendo  arbitrario 
maestro:  cose  tutte  che  sono  an-  quando  la  commenda  è  di  grazia. 
Cora  in  vigoie.  Conviene  iiolare  JNcUa  Valletta  risiedeva  il  gover- 
che  le  commende  di  grazia  o  di  no  dell'ordine:  qui  si  trovavano  la 
gmstizia  si  chiamano  così  secondo  chiesa  e  il  priorato  magnifico  e 
il  m.odo  col  quiiie  si  ottengono,  ricco  di  s.  Giovanni;  l'ospedale,  del 
pure  si  dicono  di  giustizia  quelle  quale  altro  appena  in  tutta  l'Eu- 
commende  che  si  posseggono  per  ropa  avevavi  più  ampio,  ed  in  esso 
diritto  d'antichità,  o  per  migliora-  si  licevevano  i  pellegrini  ammalati 
mento.  L'  antichità  si  conta  dal  di  tutte  le  nazioni,  ch'erano  assisti- 
tempo  dell' accettazione  nell'ordine;  ti  secondo  il  primitivo  istituto  ospi- 
ma  bisogna  inoltre  che  chi  aspira  talarìo  dell'ordine,  dai  giovani  ca- 
ad  una  commenda  abbia  fatto  valieri ,  e  nel  giorno  di  venerdì 
cinque  anni  di  residenza  ove  ri-  dallo  stesso  gran  maestro,  e  dai 
siede  l'ordine,  o  quattro  carovane  cavalieri  gran  croci.  Stava  a  par- 
o  sia  viaggi  in  mare,  ovvero  i  ciii-  te  nn'  infermeria  pegli  ammalati 
que  anni  di  servizio  che  il  cava-  maomettani  ,  trattati  pure  con  e- 
liere  fa  alla  religione  possono  con-  guale  spirito  di  carità  cristiana  . 
sistere  in  due  anni  di  corso  sopra  Ì)alla  fortezza  e  città  della  Vallet- 
le  galere  o  vascelli  della  religione,  la  è  distante  circa  sei  miglia  Mal- 
e  tre  anni  dimorando  nel  conven-  ta  o  città  vecchia,  dove  sorge  Tin- 
to ove  risiede  l' ordine,  laonde  il  signe  cattedrale  dell'  apostolo  s. 
detto  servigio  di  cinque  anni  ap-  Paolo,  sopra  la  quale  i  cavalieri 
pellasi  appunto  carovane;  fuori  di  non  avevano  alcun  diritto,  ma  di- 
questi  cinque  anni  i  cavalieri  possono  pendeva  e  dipende  dal  solo  vesco- 
stare  dove  loro  piace,  fuorché  nel  vo  co'  suoi  canonici  mitrati.  Le 
caso  che  siano  chiamati  dal  gran  rendite  dell'ordine  erano  assai  ric- 
tnaestro,  ciocché  soleva  essere  quan-  che,  provenienti  dalle  varie  com- 
do  temevasi  che  Rodi  o  Pvlalta  mende,  priorati,  baliaggi  sparsi  nei 
fossero  assaltate,  o  per  altro  affa-  diversi  paesi  della  cristianità.  Di 
re.  11  miglioramento  è  allorquan-  queste  commende  se  ne  contavano 
do  dopo  aver  fatto  de'  vantaggi  sino  a  duecento  settantuua  ne'di- 
ad  una  commenda  diesi  possiede,  partimenti  francesi.  Malta  quando 
se  ne  prenda  una  di  maggior  reu-  fu  ceduta  all'ordine  gerosolimitano 
dita.  non  contava  se  non  cinquemila 
Il  gran  maestro  oltie  la  com-  abitanti,  laddove  ne  conteneva  cen- 
menda  che  appellasi  magistrale  ,  tornila  quando  fu  loro  tolta.  I 
ha  diritto  di  dare  una  commenda  residenti  dell'ordine  gerosolimitano 
di  cinque  in  cinque  anni  in  eia-  presso  le  coiti  avevano  il  grado 
.scun  gran  priorato.  Ogni  gran  di  ambasciatori  di  Malta,  e  quello 
priore  ha  lo  stesso  diritto;  né  si  che  faceva  la  sua  residenza  in  Ro- 
ba riguardo  se  la  commenda  va-  ma  aggiungeva  a  questa  qualità 
cante  sia  di  quelle  che  apparten-  quella  di  procuratore  generale  nel- 
gono  ai  serventi  d'arme,  ed  il  gran  la  corte  romana, 
maestro,  od  il  gran   priore  !a  può  Tre    giorni    dopo     la    suddetta 


GER 

capitolazione  il  gran  maeslro  Hom- 
pescli,  ed  i  cavalieri  ricevetteio  l'or- 
dine di  abbandonare  l'isola  di  Mal- 
ta, e  scortati  da  una  fregata  fran- 
cese furono  condotti  a  Trieste.  Ivi 
sbarcando  1'  infelice  gran  maestro 
divenne  oggetto  di  derisione,  dap- 
poiché quando  l'ignominiosa  cessio- 
ne dell'isola  si  apprese  in  Germa- 
nia, in  Ungheria ,  ed  in  Polonia, 
fremettero  que'  cavalieii  d'indigna- 
zione, e  si  ritirarono  dalla  sua  ub- 
bidienza; portatisi  quindi  molti  di 
essi  a  Pietroburgo  vi  proclamaro- 
no il  27  ottobre  1798  in  seltan- 
tesimoprimo  gran  maestro  Pao- 
lo I  imperatore  delle  Piussie,  già 
protettore  dell'  ordine.  E  da  sa- 
persi che  la  corte  di  Vienna  con- 
siderando che  r  isola  di  Malta 
in  mano  della  Russia  divenuta  sa- 
rebbe un  baluardo  inespugnabile 
contro  i  francesi,  indusse  il  gran 
maestro  Hompesch  ad  abdicare  la 
dignità,  e  si  dice  che  il  Papa  ap- 
provasse tal  progetto,  benché  Pao- 
lo I  fosse  del  rito  greco  scisma- 
tico, a  cagione  delle  circostanze  dei 
tempi.  Hompesch  dopo  la  linun- 
zia  si  ritirò  a  Montpellier,  ove 
poi  mori  a' 1 2  maggio  i8o5.  I  ca- 
valieri dell'  ordine  nel  medesimo 
anno  1798  riconobbero  Paolo  I 
per  loro  gran  maestro,  ed  il  bali 
Lilla  gli  presentò  in  Pietroburgo 
le  insegne  sovrane  dell'ordine  ge- 
rosolimitano. Indi  l'imperatore  ai 
i3  novembre  significò  a  tutte  le 
corti  straniere  la  sua  assunzione 
al  gian  magistero  dell'ordine  ge- 
rosolimitano ,  dicendo  di  volerlo 
proleggere  ne' suoi  privilegi  e  di- 
ritti. Dopo  l'atto  solenne  di  accet- 
tazione Paolo  I  prese  possesso  del- 
la dignità  ,  col  cerimoniale  che 
praticavasi  prima  in  Rodi,  e  poscia 
a  Malia,  ed    in    quel  giorno  con- 


GER  271 

ferì  la  gran  croce  di  commendato- 
re al  conte  CobentzeI,  ambascialo- 
re  dell'imperatore  di  Germania,  e 
creò  venti  cavalieri  tutti  pensiona- 
ti sulle  commende  esistenti  nelle 
Provincie  polacco-russe. 

Inoltre  Paolo  I  nel  suo  atto  di  ac- 
cettazione temporaneamente  trasferì 
la  residenza  dell'ordine  a  Pietrobur- 
go, assicurando  della  conservazione 
dell'  esercizio  della  religione  cattoli- 
ca romana,  con  le  più  solenni  assi- 
curazioni  di  operare  per  quanto  fos- 
.se  in  suo  potere,  anìncbè  l'ordine 
ricuperasse  Malta,  e  tutti  que'beni 
e  diritti,  de'quali  era  stato  iogiu- 
stamente  spogliato.  E  venendo  in 
cognizione  che  gl'inglesi  nel  settem- 
bre 1800  si  erano  impadroniti  del- 
l' isola  di  Malta,  Paolo  I  fece  le 
più  vive  istanze  perchè  gli  fosse 
restituita,  avendo  nominato  al  co- 
mando di  essa  il  principe  di  Wol- 
hoTvisk  crealo  primo  cavaliere  del- 
l'ordine, e  destinalo  i  reggimenti 
che  dovevano  presidiarla.  Divenu- 
to Napoleone  primo  console  della 
repubblica,  mostrando  di  seconda- 
re r  imperatore  acciò  dichiarasse 
la  guerra  agi'  inglesi,  gli  inviò  ia 
dono  la  spada  del  gran  maestro  la 
Vallette;  ma  la  morte  di  Paolo  I, 
avvenuta  a'25  marzo  1801,  tolse 
all'ordine  un  valido  e  potente  so- 
stegno. Più  tardi  il  di  lui  figlio  e 
successore  Alessandro  1,  non  aven- 
do credulo  succederlo  nel  gran 
magistero,  per  mezzo  di  un  am- 
basciatore rimise  all'oidine  gero- 
solimitano le  insegne  niagistrali  u- 
sate  dal  genitore ,  e  consistenti  ia 
un  berretto  di  velluto  nero,  con 
corona  impellale  d'oro  dal  defun- 
to aggiunta,  sovrastata  da  una  cro- 
ce di  smalto  bianco;  uno  stocco  eoa 
manico  coperto  di  velluto  l'osso 
eoa    arabeschi  d'  oro ,    con   grossa 


272  GER 

lama  d'acciaio  in  forma  di  fron- 
da d'  olivo;  il  gran  sigillo  che  u- 
.sava  ne'  4'P'f>mi  >  rappresentante 
l'imperiale  aquila  russa,  avente  in 
petto  la  croce  dell'ordine  gerosoli- 
mitano; ed  una  grandiosa  bandie- 
ra rossa,  con  la  croce  bianca  del- 
l'ordine  in  mezzo,  con  in  cima 
dell'asta  la  croce  di  metallo  dora- 
to a  smalto  bianco,  e  decorata  di 
due  grossi  cordoni  e  fiocchi'  di  se- 
ta rossa  e  oro.  Queste  insegne 
l'ordine  gerosolimitano  tuttora  cu- 
stodisce a  memoria  del  magistero 
di  Paolo  I. 

Nella  pace  d'Amiens  de' 25  mar- 
zo 1802,  essendosi  statuito,  come 
dicemmo,  la  restituzione  dell'  isola 
di  Malta  all'ordine  gerosolimitano, 
il  quale  dovrebbe  regolarsi  coi  pre- 
cedenti statuti,  si  dichiarò  pure  che 
per  quella  volta  il  regnante  Ponte- 
fice Pio  VII  avrebbe  eletto  il  gran 
maestro,  scegliendolo  dai  soggetti 
che  gli  avrebbei'o  presentati  i  gran 
priori,  e  ciò  per  un  particolare  ac- 
cordo tra  gl'imperatori  di  Germa- 
nia e  di  Russia,  cui  accedettero  la 
Francia  e  l'  Inghilterra.  Laonde 
Pio  VII,  con  breve  de' 16  settem- 
bre 1802,  nominò  gran  maestro  il 
bali  fr.  Bartolomeo  Ruspoli  prin- 
cipe romano  ,  generale  delle  ga- 
lere dell'ordine  ,  dichiarando  nel 
breve,  che  a  cagione  degli  avveni- 
menti essendo  impossibile  che  i 
membri  di  esso  potessero  in  tutto 
osservare  gli  statuti  e  le  regole,  l'in- 
vitava a  rivolgersi  a  lui,  che  qual 
capo  supremo  di  tutto  l'ordine,  e 
per  la  pienezza  di  sua  autorità  apo- 
stolica, avrebbe  dato  le  opportune 
dispense.  Ma  il  baPi  Ruspoli  rinun- 
ziò al  magistero,  inviando  l' atto 
relativo  al  Pontefice,  sottoscritto 
per  mano  di  notare.  Allora  fu  fatto 
luogotenente    del  magistero    il  bali 


GER 

Caraccioli,  quindi  Pio  VII  con  breve 
dei  9  febbraio  i8o3  dichiarò  gian 
maestro  fr.  Gio.  Battista  Tonimasi 
di  Cortona,  raccomandato  dall'im- 
peratore di  Russia,  e  dal  re  di  jNa- 
poli,  valoroso  personaggio  che  avea 
esercitato  diverse  dignità  nell'ordi- 
ne. Fu  incaricato  il  commendatore 
fra  Nicola  Enzi  di  Vellelri,  diverso 
da  quel  cavaliere  Bussi,  che  poi 
per  diversi  anni  rappresentò  l'ordi- 
ne in  R.onia,  con  la  diplomatica 
qualifica  di  brigadiere  bali,  incari- 
calo d'affari  ,  a  recare  al  nuovo 
gran  maestro  il  menzionato  breve 
del  seguente   tenore. 

•»  Al  diletto  figlio  Gio.  Battista 
Tommasi  gran  maestro  dello  spe- 
dale di  s.  Giovanni  di  Gerusalem- 
me, Pio  PP.  VII,  salute  ed  aposto- 
lica benedizione. 

»  Avendoci  risposto  il  diletto 
figlio  Bartolomeo  K.uspoli  (il  quale 
nello  scorso  anno,  per  tutte  quelle 
ragioni,  che  già  dovete  aver  cono- 
sciuto nel  nostro  breve  a  lui  scrit- 
to, e  pubblicato  li  16  settembre, 
era  stato  destinato  da  noi  in  gran 
maestro  dell'ordine  gerosolimitano) 
eh'  egli  nelle  sue  circostanze  non  si 
stima  idoneo  a  sostenere  un  si  gra- 
ve incarico,  e  fatta  la  rinunzia  del- 
la dignità  del  magistero,  ed  inviati 
a  noi  gli  atti  di  tal  sua  rinunzia 
sottoscritti  per  mano  del  notaro, 
avendoci  istantemente  supplicato  di 
non  volerlo  foi'zare  a  sottoporsi  ad 
un  tal  peso;  noi  considerando  di 
quale  importanza  sia  il  dar  più 
sollecitamente  che  sia  possibile  il 
suo  capo  ad  un  ordine  che  ci  è  ca- 
rissimo, e  per  richiamare  il  quale 
al  suo  primiero  splendore  ci  occu- 
piamo colla  maggiore  sollecitudine, 
lasciato  a  parte  ogni  indugio,  an- 
nuendo alle  di  lui  suppliche,  abbia- 
mo subilo   rivolto  i    nostri  occhi  a 


GER 
■voi,  o  diletto  figlio,  giacche  ci  è 
noto  che  voi  pure  siete  un  sogget- 
to per  •virtù,  e  per  le  cariche  sos- 
tenute uell'orcline  gerosolimitano  as- 
sai distinto,  e  degno  perciò  di  es- 
sere stato  annoverato  tra  quei  sog- 
getti, a' quali  pressoché  tutti  i  prio- 
rati dell'ordine  nel  richiederci  un 
nuovo  gran  maestro  diedero  una 
onorevole  testimonianza  della  loro 
virtìi.  Acciocché  adunque  più  a 
lungo  non  si  protragga  questa  ele- 
zione, e  sia  provveduto  quanto  pri- 
ma all'ordine,  e  per  dare  a  voi 
un  luminoso  attestato  delia  nostra 
benevolenza,  della  slima  che  abbia- 
mo dei  vostri  distinti  meriti,  ripu- 
tandovi degnissimo  di  questa  amplis- 
sima dignità,  coll'assolvervi  ed  avervi 
per  assoluto,  secondo  il  consueto,  ed 
in  virtù  della  presente,  da  qualsivo- 
glia vincolo  di  scomunica,  di  sos- 
pensione e  d'interdetto,  e  d'ogni 
altra  ecclesiastica  sentenza,  censura, 
e  pena  inflitta  dal  diritto  o  dal 
giudice  per  qualsivoglia  occasione 
o  causa,  se,  e  in  qualunque  modo 
che  ciò  possa  essere,  ne  siate  av- 
vinto, soltanto  acciò  abbia  effetto 
la  presente  nostra  disposizione,  vi 
eleggiamo  e  nominiamo  in  gran 
maestro  dell'ordine  gerosolimitano 
con  tutti  gli  obblighi  e  gli  onori, 
conformemente  agli  statuti  dell'or- 
dine, e  alle  costituzioni  apostoliche, 
e  con  tutti  gli  onori,  grazie  e  pri- 
vilegi de' quali  hanno  goduto  gli 
altri  vostri  predecessori,  come  se 
foste  stato  eletto  nel  capitolo  di 
Malta  alla  forma  delle  ordinazioni 
prescritte  nelle  lettere  apostoliche 
del  nostro  predecessore  Urbano  Vili, 
in  data  de' 21  ottobre  i634,  in- 
giungendo perciò  a  ciascheduno  dei 
cavalieri  di  tutto  l' ordine,  ai  cap- 
pellani, e  gli  altri  ministri  ed  in- 
servienti,   di    prestarvi     la     dovuta 

TOL.     XXIX. 


GER  273 

obbedienza,  e  di  onorarvi  e  rispet- 
tarvi come  gran  maestro  e  princi- 
pe. Per  quello  poi  che  concerne  le 
cose  che  da  voi  dovranno  farsi  dopo 
aver  assunto  il  ministero,  vi  tras- 
mettiamo un  esemplare  del  breve, 
che  da  noi  fu  scritto  al  medesimo 
figlio  Bartolomeo,  e  quelle  stesse 
cose,  che  a  lui  furono  da  noi  pre- 
scritte, sappiate  che  vengono  egual- 
mente prescritte  a  voi.  Le  quali 
non  dubitando  da  noi,  che  saranno 
religiosamente  in  ogni  parte  da  voi 
eseguite  per  effetto  del  vostro  os- 
sequio verso  di  noi,  preghiamo  Id- 
dio ottimo,  massimo,  che  vi  ricol- 
mi d'  ogni  prosperità  nel  dar  prin- 
cipio al  vostro  magistero,  e  vi  dia- 
mo affettuosamente  l'apostoHca  be- 
nedizione ". 

IMentre  si  agitava  la  controversia 
sulla  restituzione  di  Malta,  il  mi- 
nistro inglese  residente  in  quell'i- 
sola fece  intendere  al  nuovo  gran 
maestro,  che  gli  conveniva  meglio 
recarsi  intanto  a  Messina,  all'  oppo- 
sto il  ministro  francese  lo  invitò 
trasferirsi  in  Malta  ;  ma  il  gran 
maestro  essendosi  portato  coi  ca- 
valieri dell'ordine  in  Messina  (Ve- 
di), a'  27  giugno  li  convocò  nella 
chiesa  priorale  di  Novaluce  dell'or- 
dine, e  fece  leggere  dall'avvocato 
Brest  il  breve  apostolico  di  sua  e- 
lezione  al  supremo  magistero.  Quin- 
di il  gran  maestro  si  alzò  dal  suo 
trono,  ed  inginocchiatosi  prestò  al 
bafi  Trotti,  come  anziano,  il  con- 
sueto giuramento  ;  dopo  di  che  si 
assise  sul  trono,  ammise  all'abbrac- 
cio i  due  bah  Trotti  e  Caraccioli, 
ed  al  bacio  della  mano  i  cavalieri, 
e  i  maltesi  eh'  ivi  trovaronsi  pre- 
senti. Ciò  eseguito,  il  gran  mae- 
stro fece  pubblicare  la  nota  dei 
rappresentanti  dell'ordine,  e  delle 
cariche  conferite,  indi  ricevette  il 
18 


■^7! 


GEFi 


giuramento  consueto  dal  consiglio 
dell'ordine.  Assiso  poscia  sul  trono 
vi  recitò  un'allocuzione,  in  cui  tra 
le  altre  cose  disse.  »  Lungi  dal  ri- 
chiamare alla  memoria,  o  dilettis- 
simi fratelli,  i  dolorosi  eventi,  e  le 
funeste  cagioni  che  gettarono  l'or- 
dine in  un  mare  di  guai,  da  cui  Io 
trasse  la  robusta  mano  del  virtuo- 
so monarca,  a  cui  dobbiamo  una 
immortale  riconoscenza;  solo  ragio- 
nar dobbiamo  de' mezzi  salutari, 
che  guidar  ci  possono  all'alta  glo- 
ria di  condurre  all'antico  splendore 
un  ordine  che  per  lo  spazio  di  qua- 
si sette  secoli  meritossi  il  benefico 
sguardo  delle  potenze,  e  la  stima 
delle  nazioni.  Voi,  dilettissimi  fra- 
telli anziani,  che  meco  uniti  com- 
ponete il  sacro  consiglio  dell'ordi- 
ne, rammentate  in  ogni  vostra  de- 
liberazione i  doveri  a'  quali  vi  a- 
stringe  il  giuramento  or  ora  pre- 
stato in  mano  mia,  ed  alla  presen- 
za di  quel  Dio,  che  lutto  vede, 
pensa  ,  premia  e  punisce.  Voi  siete 
quelli,  ai  quali  è  toccata  la  bella 
sorte  di  rannodare  i  sacri  legami 
della  nostra  istituzione,  legami  che 
dalla  religione  e  dall'onore  soltan- 
to acquistar  possono  una  durevole 
solidità.  Questi  legami  sono  l'inte- 
ro obblio  del  personale  interesse, 
ed  il  fermo  pensiero  dell'interesse 
pubblico,  distruttore  il  primo ,  e 
sostegno  il  secondo  d' ogni  società; 
sono  l'ubbidienza  agli  statuti,  l'in- 
violabilità delle  Itggi,  l'armonia  fra 
di  noi,  la  rettitudine,  il  coraggio, 
la  costanza  ".  Ed  allora  rendeansi 
necessarie  più  che  mai  le  virtù  in- 
culcate dal  gran  maestro,  perchè 
sempre  più  venivano  allontanati 
dalla  speranza  di  ricuperare  Malia, 
essendo  divenuta  l'isola  funesto 
pomo  di  discoidia  giltato  tra  la 
Francia  e  l'Inghilteiia,    quale  era 


GER 

stata  un  tempo  la  Sicilia,   tra  Ro- 
ma e  Cartagine. 

Volendo  quindi  il  gran  maestro 
trasportare  la  sede  dell'ordine  in 
Corfù,  per  alcune  difficoltà  gli  con- 
venne trasferirla  in  Catania  (Fedi), 
e  coi  cavalieri ,  la  cancelleria  e 
l'archivio  nuovo  dell'ordine,  dap- 
poiché l'antico,  come  dicemmo,  re- 
stò a  Malta,  vi  si  recò  a' 23  gen- 
naio 1804.  Già  nella  pace  di  Lu- 
neville  segnata  li  9  febbraio  1801 
tra  la  Francia,  l'imperatore  Fran- 
cesco li,  ed  i  principi  dell'  impero, 
erasi  stabilito,  che  i  principi  ere- 
ditari tedeschi  venissero  reintegrali 
nei  dominii  perdati,  con  quelli  che 
possedevano  i  vescovi  e  gli  ordini 
regolari,  per  cui  il  gran  priorato 
gerosolimitano  che  risiedeva  in  Hei- 
tersheim  nella  Brisgovia,  ebbe  in 
tenue  compenso  la  contea  di  Bon- 
dorf  Quindi  ebbe  fatalmente  luo- 
go la  soppressione  di  varie  lingue 
dell'ordine.  Il  re  di  Spagna,  due 
mesi  prima  che  si  fosse  sottoscritto 
il  trattato  d'Amiens,  avea  promul- 
galo un  decreto  col  quale  ùicor- 
porò  alla  sua  reale  corona  le  lin- 
gue dette  di  Aragona  e  di  Casti- 
glia,  dichiarandosi  egli  stesso  gran 
maestro  di  quest'  ordine  ne'  suoi 
dominii,  e  lasciando  ciò  che  ri- 
guardava il  governo  spirituale  e 
religioso  alla  Chiesa  ed  all' autori  là 
del  Papa.  L'elettore  di  Baviera, 
che  soltanto  ad  istanza  dell'impe- 
ratore Paolo  I  erasi  indotto  a 
restituire  nel  1797  la  lingua  ba- 
varese, avea  ottenuto  finalmente 
il  consenso  dell'imperatore  Ales- 
sandro I  di  lui  figlio,  per  la  sop- 
pressione di  questa  lingua  ne' suoi 
stati,  e  ciò  per  compensarsi  d'una 
parte  del  vescovato  di  Eichstett, 
che  avea  ceduto  quando  fu  posto  in 
esecuzione  il  piano  dell'indennizza- 


GER 
zione  ai  principi  ereditari  tedeschi. 
La  lingua  d'Italia  parimenti  non 
sussisteva  che  in  parte,  dappoiché 
dipendevano  dal  dominio  francese 
il  Piemonte,  e  i  ducati  di  Parma 
e  Piacenza.  Perciò  di  tutte  le  ot- 
to lingue  che  componevano  l'or- 
dine, non  rimaneva  se  non  che 
parte  della  lingua  d'Italia,  e  le 
lingue  di  Germania,,  e  di  Russia. 
Quest'ultima  era  composta  di  due 
priorati,  già  compresi  nell'antica 
Polonia,  i  quali  stabilito  avevano 
il  loro  consiglio  a  Pietroburgo;  e 
questi  appena  udirono  l'elezione 
del  nuovo  gran  maestro,  inviaro- 
no una  deputazione,  della  quale 
era  capo  il  commendatore  Reczin- 
ky,  per  rendere  omaggio  al  Tom- 
masij  e  per  trattare  degli  affari 
dell'ordine  dentro  le  provincie  del- 
l' impero  russo.  Intanto  la  soppres- 
sione delle  lingue  di  Spagna,  che  diede 
l'esempio  imitato  da  altre  nazioni, 
fu  un  colpo  fatale  all'ordine  intie- 
ro, perchè  fece  nascere  dei  forti 
sospetti  nel  ministero  inglese,  che 
rifiutò  di  restituire  Malta,  allegan- 
do per  uno  de'  motivi,  che  davasi 
a  divedere  che  si  voleva  togliere 
al  gran  maestro  «  ogni  minima  om- 
bra di  sovranità  e  d'indipenden- 
za ,  quando  con  lo  spoglio  delle 
commende  se  gli  toglievano  i  mez- 
zi di  sussistere  decorosamente ,  e 
mantenersi  nell'immediata  sovra- 
nità dell'  isola  ,  restituita  al  suo 
ordine  sotto  la  garanzia  e  l' ap- 
provazione di  tutte  le  potenze  le 
più  cospicue  di  Europa  ". 

Il  nuovo  gran  maestro  nel  i8o3 
incaricò  il  commendatore  fr.  Nico- 
la Buzi  di  Velletri,  di  recarsi  a 
Malta,  ed  in  forza  del  trattato  di 
Amiens,  e  della  qualifica  di  suo 
luogotenente ,  di  riceverla  in  con- 
segna dalla  guarnigione  inglese.  E- 


GER  275 

gli  vi  approdò  l'ultimo  di  febbra- 
io con  un  corpo  di  soldati  fornito 
dal  re  di  Napoli,  che  doveano  ser- 
vire di  temporaneo  presidio  ;  ma 
in  vece  dal  ministro  inglese  a'a 
marzo  ricevette  un  formale  rifiuto, 
sotto  diversi  pretesti,  fra  i  quali 
quello  della  soppressione  di  varie 
lingue,  e  la  mancanza  delle  gua- 
rentigie che  dar  dovevano  le  di- 
verse potenze  segnatane  del  trat- 
tato d' Amiens.  Il  commendatore  fe- 
ce ricorso  al  ministro  plenipo- 
tenziario della  repubblica  france- 
se presso  l'ordine,  e  l'isola  di  Mal- 
ta, il  quale  insistette  a  tenore  del- 
l'articolo X  di  detto  trattato,  di- 
mostrando la  frivolezza  dei  prete- 
sti; per  cui  il  commendatore  do- 
vette partire  all'  istante,  per  non 
compromettere  la  sua  persona.  La 
negativa  per  parte  dell'Inghilterra 
era  principalmente  per  timore  che 
Napoleone  insaziabile  di  conquiste, 
non  togliesse  ben  presto  l'impor- 
tantissimo punto  di  Malta  alle  de- 
boli forze  dell'  ordine.  Finalmente 
irritata  l' Inghilterra  dalle  esigenze 
di  Napoleone,  che  voleva  l' imme- 
diato abbandono  dell'isola  di  Mal- 
ta, senza  ch'egli  volesse  cedere  nul- 
la di  quanto  avea  usurpato ,  fu 
spinta  a'  18  maggio  i8o5  a  di- 
chiarare alla  Francia  quella  me- 
morabile guerra  ,  che  porse  per 
nove  anni  continui  al  genio  del 
suo  formidabile  avversario  occasio- 
ne di  trionfi  sul  continente,  ma 
trassero  al  fine  il  di  lui  eccidio. 
Il  gran  maestro  Tommasi  afflitto, 
e  vedendo  senza  risultati  le  prote- 
ste emesse  dal  commendatore  Bu- 
zi sulla  ritenzione  dell'isola  di  Mal- 
ta, mori  in  Catania  a'  i3  giugno 
i8o5,  essendo  stato  l'ultimo  gran 
maestro  dell'  ordine  gerosolimitano, 
e  per  ordine  cronologico  il  LXXII. 


276  GER 

Nella  cattedrale  della  sua  patria 
Cortona,  gli  fu  eretto  dalla  sua  fa- 
miglia un  rriarmoreo  cenotafio,  che 
rappresenta  il  gran  maestro  in  pie- 
di in  atto  di  comando.  I  di  lui 
successori  fino  ad  ora  non  furono 
che  luogotenenti  del  magistero  del 
medesimo  ordine.  Fu  eletto  luo- 
gotenente nella  chiesa  conventuale 
a'i5  giugno  il  bah  fr.  Innico  Ma- 
ria Guevara  Suardo  napoletano  , 
ammiragho  delie  galere  dell'ordi- 
ne; indi  tre  deputati  dell'  ordine 
da  Catania  portaronsi  in  Roma 
da  Pio  VII,  che  ne  confermò  l'e- 
lezione, e  riuscì  personaggio  pru- 
dente e  saggio .  Inutilmente  fece 
tentativi  per  la  ricupera  di  Malta: 
nel  1808  il  principe  reale  di  Fran- 
cia Luigi  Carlo  d' Orleans,  conte 
de  Beaujolais,  e  fratello  del  regnan- 
te re  de'  francesi ,  si  recò  per  sa- 
lute in  Malta,  e  vi  morì  a'  3  giu- 
gno, venendo  sepolto  nella  cappel- 
la di  s.  Paolo,  nella  tomba  dei 
gran  maestri  e  dei  bali  della  lin- 
gua di  Francia.  Il  re  fratello  gli 
eresse  un  decoroso  monumento  , 
presso  quelli  dei  gran  maestri  A- 
lof  de  Wignacourt ,  ed  Emanuele 
de  Rohan.  Dipoi  a'  2  3  gennaio 
181 1  il  re  di  Prussia  Federico 
Guglielmo  III  dichiarò  estinto  e 
disciolto  il  baliaggio  di  Brande- 
burgo  dell'ordine  gerosolimitano, 
ed  invece  istituì  l'oidi  ne  di  Prus- 
sia di  s.  Giovanni,  di  cui  il  re  si 
intitolò  protettore  ,  nominandone 
il  gran  maestro  e  i  cavalieri. 

11  luogotenente  Guevara  morì  in 
Catania  a'2 5  aprile  18143  e  fu  sepol- 
to nella  chiesa  conventuale.  Si  con- 
■vocò  il  sacro  consiglio  a'26  aprile 
e  sotto  la  presidenza  del  veneran- 
do fr.  Girolomo  Lapparelli  gran 
priore  d'  Inghilterra  residente  in 
Catania,  venne  eletto  luogotenente 


GER 

del  magistero  il  commendatore  fr. 
Andx'ea  di  Giovanni-y-Centelles  di 
Messina,  e  Pio  VII  con  breve  dei 
25  gipgno  181 4  ne  confermò  l'e- 
lezione. Nel  trattato  di  Parigi  dei 
3o  del  seguente  maggio,  contro  il 
decretato  di  quello  d'Amiens,  die 
in  proprietà  e  sovranità  l'isola  di 
Malta  e  sue  adiacenze  all'  Inghil- 
terra, disponendo  le  potenze  d'un 
territorio  che  non  gli  apparteneva 
contro  il  pubblico  diritto.  Con  u- 
na  spogliazione  vennero  trattati  gli 
antichi  e  benemeriti  protettori  del- 
la navigazione  del  Mediterraneo 
contro  i  turchi  e  barbereschi.  Per 
conservare  le  relazioni  dell'ordine 
colle  potenze  d'  Europa,  e  reclamar 
le  sue  proprietà  e  prerogative,  il 
luogotenente  Centelles  nominò  i 
seguenti  inviati  diplomatici.  Il  bali 
Bonaccorsi  a  E.oma;  il  maresciallo 
Colloredo  gran  priore  di  Boemia, 
ambasciatore  a  Vienna;  il  bali  Mi^- 
ri  ministro  plenipotenziario  a  Vien- 
na ;  il  bali  de  Ferret  a  Parigi  ; 
il  duca  di  Serra  Capriola  a  Pie- 
troburgo ;  il  commendatore  Paes  a 
Madrid;  il  commendatore  Cedro- 
nio  a  Napoli  ;  il  bali  de  Carvalho 
in  Portogallo  ;  ed  il  commendato- 
re di  Thuisy  incaricato  d'affari  a 
Londra.  Inoltre  il  luogotenente  da 
Catania  delegò  al  congresso  di 
Vienna  diversi  commendatori  e 
cavalieri  francesi ,  per  ottenere  ai 
reclami  dell'ordine,  favore  ed  e- 
quità,  ma  senza  risultato,  come  de- 
scrivemmo al  fine  dell'  articolo 
Germania  [Vedi)  ,  parlando  del 
celebre  congresso  di  Vienna.  I  me- 
desimi sforzi  e  reclami  il  luogo- 
tenente Centelles  fece  rinnovare  nel 
18 18  al  congresso  di  Aix  la  Cha- 
peile,  ove  furono  abolite  l'infame 
tratta  de'negri,  e  la  ladroneccia  pi- 
rateria. Dispiacente  il  luogotenente 


GER 

di  tanti  infortuni ,  morì  a'  i  o  giu- 
gno 1821  ,  ed  il  sacro  consiglio  u- 
nito  in  Catani£\  nel  mese  di  giugno 
elesse  per  nuovo  luogotenente  fr. 
Antonio  Busca  milanese  bali  d'Ar- 
menia, che  immediatamente  fu  con- 
fermato dal  Pontefice  Pio  VII. 
Nel  settembre  1822  ebbe  luogo 
in  Verona  un  congresso  di  sovra- 
ni: a  questo  il  luogotenente  Bu- 
sca fece  rinnovare  i  reclami  del- 
l'ordine, ma  non  ottenne  neppure 
equivalenti  compensi  al  perduto. 
Intanto  per  l' incamerazione  delle 
commende  di  Sicilia,  e  per  malin- 
tesi corsi  tra  il  governo  del  re 
delle  due  Sicilie,  e  l'ordine  geroso- 
limitano, e  perchè  fosse  più  a  por- 
tata l'ordine  di  essere  in  piìi  fa- 
cile comunicazione  colle  potenze 
d'Europa,  il  luogotenente  col  con- 
siglio risolvettero  di  trasferire  la 
residenza  magistrale  dell'ordine  da 
Catania  nello  stato  pontificio  .  A 
quest'effetto  il  luogotenente  otten- 
ne da  Leone  XII  un  breve  apo- 
stolico, dato  a'  12  maggio  1826, 
con  l'autorità  del  quale,  per  con- 
servare il  lustro  dell'ordine  gero- 
solimitano, il  Papa  permise  che  la 
sua  residenza  fosse  trasferita  a 
Ferrara  (ì^edi),  concedendo  a  ta- 
le oggetto  la  chiesa  e  il  moniste- 
ro  de'celestini,  belli  edifizi. 

In  tal  modo  si  riapri  la  casa 
conventuale  de'cavalieri  gerosolimi- 
tani in  Ferrara,  ed  ivi  nell'agosto 
di  detto  anno  si  trasferirono  il 
luogotenente,  i  cavalieri,  la  can- 
celleria e  r  archivio  dell'ordine.  I 
dignitari  dell'ordine  nel  1829  sot- 
to la  luogotenenza  del  venerando 
fr.  Antonio  Busca,  erano  i  seguenti: 
I."  luogotenente  del  gran  com- 
mendatore ,  e  del  maresciallo  del 
grande  spedaliere,  il  commendato- 
re fr.    Amabile  Velia  vice  -  cancel- 


GER  477 

liere  dell'ordine,  segretario  del  ma- 
gistero rappresentante  le  tre  lin- 
gue di  Francia;  1."  luogotenente 
dell'ammiraglio,  il  commendatore 
fr.  Fulvio  Alfonso  Rangoni,  procu- 
ratore del  venerando  tesoro;  3." 
luogotenente  del  gran  conservato- 
re, il  commendatore  fr.  Alessandro 
Ghislieri,  conservatore  conventuale; 
4.°  luogotenente  del  gran  bali,  il 
commendatore  fr.  Cesare  Borgia, 
procuratore  del  tesoro,  che  dimo- 
rando in  Catania ,  fondò  l'accade- 
mia Gioenia,  ne  fu  presidente  pel 
primo  triennio,  e  poi  presidente 
perpetuo  ad  honoremj  5.°  luogote- 
nente del  turcopoliere,  il  cavaliere 
fr.  Scipione  Sessi;  6."  luogotenen- 
te del  gran  cancelliere,  il  commen- 
datore ora  bali  fr.  Alessandro  Bor- 
gia. Il  luogotenente  Busca  ottenne 
dal  Papa  Pio  VII,  con  breve  dei 
5  agosto  1822  la  riduzione  dei 
membri  del  consiglio  della  came- 
ra da  otto,  che  prima  erano,  ai 
seinominati;  e  quindi  dal  regnante 
Gregorio  XVI  la  pontificia  au- 
torizzazione di  chiudere  il  conven- 
to di  Ferraraj  venendo  dal  Papa 
in  lui  riunite  tutte  le  autorità  del- 
la camera  del  consiglio  dei  tribu- 
nali dell'ordine  ,  coll'obbligo  però 
negli  affari  importanti  di  sentire 
il  parere  di  un  probo  e  capace 
religioso  dell'ordine,  come  si  rileva 
dal  breve  del  20  dicembre  i83r. 
Indi  nel  pontificato  dello  stesso 
Gregorio  XVI  il  convento  ossia  la 
sede  della  luogotenenza  del  magi- 
stero fu  trasferita  provvisoriamente 
in  Roma  nel  suddetto  palazzo  del- 
l' ordine  in  -via  Condotti,  mentre 
il  luogotenente  Busca  mori  in  Mi- 
lano li  19  maggio  1834  ;  fu  l'o- 
dierno luogotenente  bali  Candida, 
che  in  tale  anno  trasportò  da  Fer- 
rara   in    Pvoma  il    convento.  Allo- 


278  GER 

va  il  Pontefice  Gregorio  XVI  con 
breve  de' 2  3  di  detto  mese  elevò 
alla  dignità  (li  bali  e  di  luogote- 
nente del  magistero,  con  l'autori- 
tà, prerogative  e  facoltà  concesse 
dalla  santa  Sede  al  defunto,  il  ve- 
nerando fr.  Carlo  Candida  di  Lu- 
cerà, ricevuto  nell'ordine  a' 17  set- 
tembre 1787,  già  priore  di  Capua, 
capitano  della  galera  capitana  a 
Malta,  e  ricevitore  del  priorato  di 
Roma,  di  Barletta,  e  di  Capua, 
che  al  presente  con  indefesso  zelo 
degnamente  governa  l'ordine,  sot- 
to i  faustissimi  auspici  del  lodato 
Pontefice,  gran  benefattore  e  pro- 
teggitore  dell'ordine,  i  cui  lumino- 
si esempi  servirono  di  emulazione 
e  nobile  eccitamento  ad  altri  so- 
vrani, in  fare  rifiorire  l'ordine  nei 
loro  dominii.  Inviato  straordina- 
rio e  ministro  plenipotenziario  del- 
l'ordine presso  l'imperiai  corte  di 
Vienna  è  il  conte  Francesco  de 
Klievenhuller  ciambellano  dell'im- 
peratore, e  generale  maggiore  del- 
le sue  armi. 

Premuroso  il  luogotenente  Can- 
dida di  proseguire  le  recezioni,  ed 
ammettere  alia  professione  religio- 
sa per  l'incremento  dell'ordine  nuo- 
vi individui,  nei  primi  del  i835 
implorò  dal  Papa  ,  che  in  man- 
canza di  ospedale  ,  di  una  chiesa 
conventuale,  e  delle  navi  per  fare 
le  carovane  prescritte  dagli  statuti 
gerosolimitani ,  per  quindi  al  ter- 
mine del  noviziato  professare  i  ri- 
cevuti di  giustizia  del  priorato 
di  Roma  ,  venissero  ammessi  i 
nuovi  cavalieri  a  servire  gli  am- 
malati in  un  ospedale  dell'alma 
città  pegli  anni  del  noviziato,  e 
che  potessero  servire  per  il  cor- 
so di  quattr'anni  nelle  guardie  no- 
bili pontificie,  in  vece  delle  quat- 
tro carovane.  A  tali  invocate  com- 


GER 
mutazioni  Gregorio  XVI  con  bre- 
ve de'  i4  gennaio  dell'anno  i835, 
ammise  nella  sua  anticamera  se- 
greta un  cavaliere  novizio,  al  mo- 
do che  descrivemmo  al  voi.  VII, 
p.  4'  6  4^  del  Dizionario.  Quin- 
di sulle  istanze  promosse  dal  me- 
desimo bali  luogotenente  5  il  Pon- 
tefice con  analogo  breve  de'  29 
maggio  i835  donò  all'ordine  ge- 
rosolimitano la  chiesa  di  s.  Fran- 
cesco d'Assisi,  e  l'annesso  edifizio, 
comunemente  detto  l'Ospizio  dei 
cento  preti,  con  tutte  le  rendile  ap- 
partenenti a  quello  stabilimento . 
Memore  il  luogotenente  e  i  cava- 
lieri gerosolimitani  vissere  l'ospitali- 
tà uno  de'primari  loro  doveri,  con 
tanta  celebrità  esercitata  nei  tem- 
pi trasandati,  come  in  Gerusalem- 
me, in  Rodi,  ed  in  Malta,  ivi  a- 
prirono  un  ospìzio  per  gli  eccle- 
siastici infermi  ,  onde  coordinare 
l'antica  e  la  nuova  destinazione 
di  quel  locale,  di  cui  qui  appres- 
so daremo  un  cenno.  Fu  stabilito 
che  l'ospizio  sarebbe  sotto  l'imme- 
diata cura  dell'  ordine,  così  la  di- 
rezione ed  assistenza  a  norma  del- 
lo statuto.  Con  questo  ulteriore 
beneficio  del  Pontefice,  fu  da  lui 
pur  commutato  ai  cavalieri  novizi 
l'obbligo  delle  carovane  con  altre 
occupazioni  analoghe,  che  hanno 
luogo  prima  della  professione  re- 
ligiosa ,  e  gli  abilita  ad  aspirare 
alle  cooiinende  e  ad  altri  benefi- 
zi, giusta  il  grado  dell'anzianità. 

Ridolfino  Venuti  nella  sua  Ro- 
ma moderna  p.  542,  tratta  della 
Chiesa  di  s.  Francesco  d' Assisi  a 
ponte  Sisto,  e  dell'ospedale  dei 
poveri  sacerdoti,  e  narra,  che  aven- 
do Gregorio  XIII  comandato  che 
la  compagnia  della  ss.  Trinità  u- 
iiisse  tutti  gl'invalidi  e  vagabon- 
di,   anche    per  forza ,    m    qualche 


GER 

luogo  dove  si  mantenessero  con  li- 
mosine,  per  levare,  come  dice  il 
Panciroli  a  p.  3i4  de'  Tesori  na- 
scosti, l'occasione  ai  poveri  di  an- 
dare gridando  per  le  strade  e  per 
le  chiese  turbando  quei  che  face- 
vano orazione,  abuso  che  avevano 
già  procurato  rimuoveje  s.  Pio  V, 
e  s.  Carlo  Borromeo,  per  l'irrive- 
renza che  cagionava  ai  sacri  tem- 
pli, servendo  di  fomite  al  vizio 
ed  all'indolenza.  Trovandosi  dispo- 
nibile il  convento  presso  la  chiesa 
titolare  di  s.  Sisto  Papa  nella  via 
Appia,  vi  furono  condotti  in  esso, 
e  processionalmente  sino  ad  otto- 
cènto cinquanta  poveri.  Essendo 
però  il  locale  poco  frequentato,  ed 
incomodo  per  la  sua  distanza  ai 
fratelli  della  compagnia ,  questa 
trasportò  poscia  i  poveri  in  alcu- 
ne case  vicino  alla  propria  chiesa. 
In  progresso  di  tempo  trovandosi 
la  compagnia  molto  aggravata  dal 
ricevimento  de' pellegrini  e  conva- 
lescenti, supplicò  Sisto  V  acciò  si 
degnasse  sgravarla  di  questo  nuovo 
peso.  Allora  Sisto  V  nel  rione  Re- 
gola, in  fine  della  strada  Giulia  e 
presso  il  ponte  Aurelio  o  Giani- 
colense,  chiamato  Sisto  per  essere 
stato  riedificato  da  Sisto  IV  nel- 
l'anno 1587,  con  la  spesa  di  trentun 
mila  cinquecento  settantadue  scu- 
di, nel  sito  ove  acquistò  certe  ca- 
se, con  disegno  del  cav.  Domenico 
Fontana  fabbricò  un  ospizio  con 
contigua  chiesa  sotto  l'invocazione 
di  s.  Francesco  d' Assisi,  come  u- 
mile  e  povero,  e  per  averne  egli 
professato  l' istituto.  Vi  fece  orato- 
rii,  refettori!,  dormitorii,  orti,  ca- 
mere, officine,  e  tutti  i  comodi  op- 
portuni di  spezieria  fornitissima , 
non  che  un  bell'orologio  dalla  parte 
del  Tevere.  Per  rendite  assegnò 
all'ospizio    r  antica    gabella    delle 


GER  270 

barche,  navi,  e  navicelli  che  na- 
vigano pel  Tevere  tirati  dai  bufali, 
e  della  legna  da  fuoco,  che  a  tale 
effetto  impose,  formandogli  una 
rendita  di  annui  novemila  scudi, 
la  quale  si  accrebbe  per  diverse 
pie  lascile;  e  al  dire  del  Venuti 
ampliarono  e  restaurarono  il  lo- 
cale la  famiglia  Laute,  e  il  cardi- 
nal Renato  Imperiali.  Gli  concesse 
vari  privilegi,  lo  esentò  da  ogni 
giurisdizione  di  giudici,  governa- 
tori, senatori,  ec,  da  ogni  gabel- 
la e  decima:  quindi  autorizzò  gli 
amministratori  dello  spedale  di  po- 
ter punire  quei  poveri  che  accat- 
tavano per  Roma.  Il  prelato  teso- 
riere, ed  il  commissario  generale 
della  camera  ebbero  una  certa  in- 
gerenza neir  amministrazione  dello 
stabilimento,  a  causa  della  quali- 
tà delle  sue  rendite.  Sisto  V  ezian- 
dio collocò  in  luogo  separato  le 
donne  bisognose,  e  volle  che  ivi  i 
pellegrini  si  alimentassero  per  tre 
giorni;  e  dispose  che  l'amministra- 
zione del  pio  luogo  si  esercitasse 
annualmente  da  quattro  persone 
ecclesiastiche  o  laiche,  due  nomina- 
te dal  magistrato  del  popolo  ro- 
mano, e  due  dalla  confraternita 
della  ss.  Trinità  de' pellegrini.  Veg- 
gansi  le  costituzioni  Quanivis  in- 
firma, degli  I  I  maggio  iSSy,  Bull. 
Rom.  tom.  IV,  par.  IV,  p.  3o4; 
e  Poslulat  ratio,  de'  6  settembre 
1087,  Bull.  Rovi.  tom.  V,  par.  I, 
p.  2  r ,  con  la  quale  Sisto  V  nel 
divisamento  di  liberare  Roma  da- 
gl'importuni questuanti,  accrebbe 
d'annui  ottocento  scudi  le  rendile 
dello  spedale,  ov' erasi  raccolta  gran 
numero  di  poveraglia,  ricavati  da 
diversi  piccoli  benefizi  soppressi. 
Inoltre  il  magnanimo  Pontefice  as- 
segnò allo  stabilimento  cinquecen- 
to  scudi   per    quindici    anni,   che 


28o  GER 

dovea  somministrare  l' ebreo  vene- 
ziano Gabriele  Magin  ;  scudi  quat- 
tromila rica<vato  di  un  nuovo  da- 
zio imposto  sulle  carte  da  giuoco; 
scudi  mille  per  l'altra  gabella  im- 
posta sugli  stracci  ;  scudi  duecento 
cinquanta  sopra  alcuni  affitti  del- 
la piazza  Giudea,  e  la  rendita  di 
una  mola  del  vicino  ponte,  oltre 
il  sale  che  senza  pagamento  do- 
veva somministrare  la  camera  a- 
postolica. 

Morto  però  Sisto  V  l'opera  pia 
deteriorò  grandemente  ,  e  la  cit- 
tà fu  di  nuovo  inondata  di  pe- 
tulanti poveri  ;  indi  nel  Pontifi- 
cato di  Paolo  V  fu  eretta  la  ma- 
gnifica fonte  che  resta  da  un  lato 
del  prospetto  esterno  dell'  edifizio, 
Ja  quale  descrivemmo  nel  voi. 
XXV,  p.  17.3  del  Dizionario.  Ve- 
di Ponte  Sisto.  Divenuto  Papa  In- 
nocenzo XII,  volendo  effettuare  l'u- 
tile divisamento  di  Sisto  V,  stabi- 
lì un  Ospizio  apostolico  de'po^'crl 
invalidi,  divisi  in  tre  luoghi.  Nel- 
r  ospizio  Sistino  a  ponte  Sisto  po- 
se i  vecchi  e  le  vecchie  ,  dopo 
averlo  nel  1692  riunito  sAV Ospi- 
zio apostolico,  ed  il  Piazza  di- 
ce che  nell'anno  1698  ve  n'erano 
quattrocento;  nell'  ospizio  di  san 
Michele  vi  raccolse  duecento  ses- 
santa fanciulli;  e  nel  palazzo  late- 
ranense  collocò  le  zitelle.  Da  que- 
sto stabilimento  ebbe  origine  il 
grandioso  Ospizio  apostolico  di  s. 
Dlichele  a  Ripa  (Fedi),  nel  quale 
Innocenzo  XII  concentrò  gran  par- 
te delle  rendite  dello  spedale  de- 
gl'invalidi o  mendici  fondato  da 
Sisto  V.  Il  p.  Bouanni  nella  par- 
te III  del  Catalogo  degli  ordini 
religiosi,  discorre  del  povero  inva- 
lido di  Sisto,  e  ce  ne  dà  la  figu- 
ra come  vestiva.  Il  Piazza  nel  suo 
Eusevologio  rowjawo,  trat.  1,  e.  XIX, 


GER 
parla  dello  spedale  di  s.  Sisto  dei 
poveri  invalidi.  Al  precedente  cap. 
XIV  tratta  dello  spedale  de' sa- 
cerdoti infermi  a  s.  Lucia  della 
chiavica,  di  cui  fa  d'uopo  darne 
un  cenno,  perchè  desso  si  unì  al- 
l'ospizio Sistino  de' poveri  invalidi: 
prima  però  noteremo  che  Clemen- 
te XI  successore  d'Innocenzo  XII, 
considerando  che  i  poveri  dell'  O- 
spizio  apostolico,  divisi  nei  tre  me- 
morati locali  ,  per  migliore  vi- 
gilanza e  governo  era  bene  riu- 
nirli, incominciò  la  gran  fabbrica 
di  s.  Michele  a  Ripa,  e  pei  primi 
vi  trasportò  nel  1714  i  vecchi  e 
le  vecchie  dell'  ospizio  Sistino,  per 
cui  in  questo  luogo  surse  il  men- 
tovato spedale  de' sacerdoti,  o  col- 
legio ecclesiastico. 

Gio.  Antonio  Vestri  speziale,  re- 
candosi all'arcispedale  di  s.  Spiri- 
to ad  esercitarsi  in  opere  di  ca- 
rità, discoprì  fra  gì'  infermi  un  sa- 
cerdote suo  amico  che  di  lui  ver- 
gognavasi ,  laonde  divisò  fondare 
un  particolar  luogo  pei  sacerdoti 
infermi,  e  l'effettuò  presso  la  pro- 
pria abitazione  a  s.  Lucia  della 
chiavica,  con  l'acquisto  di  alcune 
casuccie.  Morì  nel  1 65o,  quando 
già  avea  riunito  dieci  letti,  ove  cu- 
rava ed  alimentava  i  sacerdoti  ma- 
lati, lasciandone  la  direzione,  e  1'  am- 
ministrazione delle  rendite  di  cui 
avea  dotato  il  piccolo  spedale,  alla 
Congregazione  de' cento  preti  e  ven- 
ti chierici,  quella  stessa  che  diede 
il  nome  di  Convitto  de' cento  preti 
all'edifizio  a  ponte  Sisto  quando 
ivi  si  stabilì.  Tale  nome  fece  cre- 
dere ad  alcuni  che  nell'  ospizio  e 
spedale  Sistino  fosse  eretto  uno  spe- 
dale per  cento  preti,  ciocché  non  è 
mai  stato,  essendo  ben  diversa  l'  o- 
pera  di  detta  congregazione  isti- 
tuita l'anno   i63i   nella  chiesa  dei 


GER 

ss.  Michele  e  Magno  in  Borgo,  ad 
esempio  di  altre  che  fiorirono  in 
Roma,  come  si  legge  in  alcune  i- 
scrizioni  delle  chiese  de'  ss.  Cosma 
e  Damiano,  e  de'  ss.  Gio.  e  Paolo. 
Essa  è  una  congiegazione  pura- 
mente spirituale,  che  ha  per  fine 
suiTragare  le  anime  de' con  frati  alla 
medesima  ascritti ,  dappoiché  alla 
morte  di  alcuno  di  essi  sacerdoti 
o  chierici,  recita  l' uffizio  de^  de- 
funti ,  celebra  una  messa  solenne 
di  requie,  ed  i  preti  sono  tenuti 
dire  una  messa  per  l' anima  del 
liapassato,  ed  i  chierici  di  fare  la 
santa  comunione;  e  perchè  non 
manchi  il  numero  completo  delle 
cento  messe,  e  delle  "venti  comu- 
nioni, il  nuovo  aggregato  deve  su- 
bito applicare  una  messa  se  sa- 
cerdote, ed  una  comunione  se  chie- 
rico in  suffiagio  dell'  individuo  nel 
cui  luogo  è  stato  ammesso.  Nel 
1674  Clemente  X  approvò  l'isti- 
tuzione del  Vestri,  concedendogli  i 
privilegi  degli  altri  luoghi  pii  di 
Roma;   indi    nel     1681     Innocenzo 

XI  gli  accordò  grazie  spirituali  ed 
indulgenze.    Nel     1699     Innocenzo 

XII  con  la  bolla  Ecclesìae  Catlio- 
lìcae,  trasferì  1  ospedale  de'  sacer- 
doti da  s.  Lucia,  ad  un  palazzo  in 
borgo  dei  Colonnesi.  In  seguito 
l'ospedale  si  unì  al  collegio  eccle- 
siastico de'  cento  preti  e  venti  chie- 
rici, ch'erasi  stabilito  nella  chiea 
di  s.  Francesco  d'Assisi,  e  fu  diret- 
to da  un  cardinale,  e  da  quattro 
deputati,  fra'quali  aveva  sempre 
iuogo  il  canonico  decano  del  ca- 
pitolo di  s.  Pietro,  che  lo  gover- 
narono a  mezzo  dei  padri  delle 
scuole  pie;  ma  quell'unione  a  poco 
a  poco  modificò  ambedue    le   isti- 


GER  281 

tuzioni,  e  ne  surse  finalmente  un 
ricovero  per  que'  poveri  preti  che 
logori  dalle  fatiche  del  ministero, 
avessero  bisogno  d'assistenza  e  ripo- 
so, dicendoci  il  Viale  nel  suo  lii- 
nerario  di  Roma,  pag.  4^6 ,  che 
ivi  vivevano  preti  in  comunità,  ed 
il  Venuti  che  l'edifizio  ad  un  tem- 
po fu  abitato  da  preti,  che  in  con- 
vitto riuniti  pagavano  la  dozzina, 
e  dai  sacerdoti  infermi.  A'  nostri 
giorni  vi  dimoravano  dieci  sacer- 
doti, che  avevano  stanza  nell'edifi- 
zio  Sistino,  e  baiocchi  quindici  al 
giorno ,  onde  quando  esso  fu  ce- 
duto all'ordine  gerosolimitano,  que- 
sto assunse  di  somministrare  tale 
sussidio  a  dieci  sacerdoti  a  nomi- 
na del  cardinal  vicario.  Dappoiché 
a' 29  agosto  i835  venne  stipulata 
una  convenzione  fra  il  cardinal  vi- 
cario di  Roma,  e  il  luogotenente 
del  magistero,  cioè  di  ricoverare 
l'ordine  gerosolimitano  otto  sacer- 
doti, e  di  somministrar  loro  ba- 
iocchi quindici  per  ciascuno  in  o- 
gni  giorno,  e  di  pagare  altrettan- 
to a  due  sacerdoti  dimoranti  nell'o- 
spizio di  Tata  Giovanni.  Dopo  que- 
sta convenzione  fu  dal  Papa  regnan- 
te concesso  il  locale,  al  modo  che 
narrammo  più  sopra.  In  pari  tem- 
po la  congregazione  decente  pre- 
ti e  venti  chierici  ritornò  nella 
chiesa  de'  santi  Michele  e  Magno 
in  Borgo,  partendo  da  quella  di  s. 
Francesco  d'Assisi.  Grato  l'ordine 
gerosolimitano  al  donativo  di  detta 
chiesa  e  contiguo  edilizio,  a  pe- 
renne memoria  ivi  eresse  il  busto 
in  marmo  del  Papa  regnante,  sot- 
to del  quale  collocò  la  seguente 
marmorea  iscrizione  ; 


28: 


GER  GER 

GREGORIO   .  XVI  .   PONT  .  MAX. 

ANTECESSORVM   .   MVNIFICENTIAM  .   AEMVLATO 

QVOD 

XENODOCHIO   .   SIELITENSI 

MANV    .   HOSTILI   .   TANDIV   .  DISJECTO 

ECCLESIA  .    AEDITIBVSQ  .   DONATIS 

HAS   .    AEDES  .   SVFFECERIT 

EQVITES    .    HIEROSOLYMITANI 

ET 

BAJVLIWS   .   CAROLVS   .   CANDIDA   .  ORDIXIS   .   MODERATOR 

GRATI    .  ANIMI   .   ERGO   .   REIQVE   .   MEMORIAE 

ANNO  .   MDCCCXXXV 


La  chiesa  ha  tre  altari,  il  mag- 
giore è  dedicato  al  titolare  s.  Fran- 
cesco d'  Assisi,  il  quale  ivi  si  vede 
egregiamente  espresso  dal  cav.  Ga- 
spare Celio  romano ,  ed  è  rimar- 
chevole l'immagine  di  Sisto  V  in 
alto  di  orare;  nel  secondo  oltre 
il  quadro  dell'altare  si  venera  una 
divota  immagine  di  Maria  Vergi- 
ne sotto  il  titolo  Rifugio  dei  pecca- 
tori, donata  nell'anno  i832  a  que- 
sta chiesa  da  monsignor  Alessandro 
Spada,  allora  decano  della  rota,  poi 
cardinale  :  tal  nome  glielo  pose  il 
cardinal  Zurla  vicario  di  Roma,  il 
quale  commise  la  benedizione  della 
sacra  immagine  a  monsignor  Giu- 
seppe Vespignani  arcivescovo  di 
Tiana,  ora  vescovo  d'Orvieto,  ed  il 
popolo  appena  fu  essa  esposta  nel 
i833  alla  pubblica  venerazione,  di- 
mostrò verso  r  immagine  partico- 
lare divozione,  sia  nel  pio  eserci- 
zio del  mese  Mariano,  che  in  altri. 
11  quadro  poi  dell'altare  rappre- 
senta il  beato  Gerardo  da  Villa- 
magna  frate  servente  d'armi,  il  cui 
culto  immemorabile  è  stato  rico- 
nosciuto dal  Papa  che  regna.  Nel 
terzo  altare  vi  è  un  quadro  rap- 
presentante s.  Gio.  Battista  patro- 
no principale  dell'ordine  gerosoli- 
mitano, li  soffitto  è  di  legno  guar- 
nito a  cassettoni  cou  entro    rosoni 


rilevati,  con  dorature  :  nel  centro 
di  esso  eravi  una  statua  di  legno 
rappresentante  s.  Francesco,  alla 
quale  è  stato  sostituito  lo  stemma 
dell'ordine  gerosolimitano  in  pittu- 
ra. 11  ball  Candida  prepose  alla 
cura  della  chiesa  un  sacerdote,  col 
titolo  di  rettore  del  ven.  ospizio  ec- 
clesiastico, e  fece  restaurare  oltre 
l'annesso  edifizio  iì  tempio,  con  de- 
corosi abbellimenti,  per  cui  ne  fu 
fatto  solenne  apertura  nel  giorno 
del  santo  Natale  del  1 835,  cou  mes- 
sa cantata  ed  accompagnata  da  scel- 
ta musica.  Ad  essa  ast,istettero  il 
venerando  luogotenente  cou  l'abito 
di  formalità,  i  cavalicii  professi  e 
di  giustizia,  e  molti  altri  di  recen- 
te ricevuti.  Nel  primo  giorno  poi 
del  nuovo  anno  i836,  dopo  avere 
in  detta  chiesa  adempiti  agh  ob- 
blighi di  religione,  il  luogotenente 
unitamente  ai  suddetti  cavalieri,  si 
trasferì  con  nobile  treno  all'  udien- 
za del  regnante  Pontefice  per  tri- 
butargli in  nome  di  tutto  l' ordine 
i  più  doverosi  omaggi,  ed  esternar- 
gli nella  ricorrenza  del  nuovo  an- 
no il  vivo  desiderio  per  la  lunga 
e  felice  di  lui  conservazione.  11  no- 
bile drappello  vestito  coll'uniforme, 
fu  accolto  da  Gregorio  XVI  con 
sensi  di  speciale  benevolenza,  confer- 
mandogli la  continuazione  della  sua 


GER 

protezione  e  tutela  ad  incremento 
e  lustro  dell'inclito  ordine.  Nel  pri- 
mo giorno  d'  ogn'  anno  il  luogote- 
nente coi  cavalieri  rinnova  tali  omag- 
gi, che  prima  pure  praticava.  Quin- 
di il  medesimo  Papa  a'  1 1  del  seguen- 
te febbraio  si  degnò  fare  una  gra- 
ziosa visita  a  questa  chiesa  ed  ospi- 
zio, ricevuto  alla  porta  della  chie- 
sa dal  luogotenente,  e  da  tutti  i 
cavalieri  tanto  professi  quanto  no- 
vizi in  uniforme.  Il  Pontefice  dopo 
avere  oiato  nella  chiesa,  e  veduti 
i  miglioramenti  eseguiti,  si  recò  ad 
osservare  il  vasto  contiguo  locale  da 
lui  donato,  ed  in  ispecie  l'ospedale 
ivi  stabilito,  esprimendo  al  luogo- 
tenente ed  ai  cavalieri  la  sua  piena 
soddisfazione.  A  ricordanza  di  tal 
visita  il  luogotenente  eresse  nel  luo- 
go la  seguente  marmorea  iscrizione: 

l'immortale  .   GREGORIO  .  XVI  .  P  .  M. 

ONORÒ  .  DI  .   SVA  .   PRESENZA 

NEI,  .  GIORNO  .  Xn  .  FEBR  ARO.  MDCCCXXXVI 

QVESTO  .  LOCALE  .  CHE  .  GENEROSAMENTE 

HA   .  DONATO   .   AL  .  S  .   M  .   O  .  G. 

In  questa  chiesa  il  luogotenente 
coi  cavalieri  si  portano  nel  dì  del- 
la Pasqua  di  Risuri'ezione  ad  adem- 
piere il  precetto  pasquale,  e  nel  di 
della  festa  della  natività  del  pre- 
cursore s.  Giovanni  Battista  a  rice- 
vervi egualmente  la  santa  comunio- 
ne dal  cardinale  gran  priore  di  Ro- 
ma, ed  ordinariamente  dal  cardi- 
nal piotettore  dell'ordine  nella  mes- 
sa che  suole  celebrare,  la  cui  festa 
dall'ordine  si  solennizza  con  divota 
pompa.  11  venerando  luogotenente 
vi  si  porta  coi  commendatori  con- 
ventuali, e  cavalieri  professi  e  no- 
vizi in  nobile  treno  ,  intervenendovi 
anche  i  commendatori  e  cavalieri 
di  divozione,  ed  i  cappellani  con- 
ventuali :  fra  l'illustre  drappello,  e 
con  le  insegne    dell'ordine  ha  vohi- 


GER  283 

fo  prendere  luogo  talvolta  anche 
d.  Michele  I  di  Portogallo,  come 
talora  hanno  assistito  alla  (unzione 
il  cardinal  gran  priore  di  Roma,  e 
la  principessa  Maria  Luigia  Carlot- 
ta duchessa  vedova  di  Sassonia,  an- 
ch'essa insignita  della  gran  croce  del- 
l'ordine.  Le  altre  comunioni  che  i 
mentovati  personaggi  per  legge  del- 
l'ordine fanno  annualmente  in  det- 
ta chiesa,  hanno  luogo  nei  giorni  di 
Pentecoste,  dell'Immacolata  Conce- 
zione di  Maria  Vergine,  e  del  san- 
to Natale.  Le  altre  pratiche  religio- 
se prescritte  dallo  statuto  sotto  il 
titolo  della  chiesa,  attese  le  varie 
vicende  dell'ordine,  e  lo  scarso  nu- 
mero de'  religiosi,  sono  al  presen- 
te tralasciate,  tranne  la  messa  con- 
ventuale, cui  in  tutte  le  domeniche 
nell'istessa  chiesa  assiste  il  corpo 
dell'ordine  residente  in  Roma.  In 
questa  chiesa  nell'ottava  del  Cor- 
pus Domini,  vi  si  celebra  con  de- 
coro la  processione  del  ss.  Sagra- 
mento.  Nella  domenica  in  Albis  dei 
io  aprile  i836  nella  medesima  eb- 
be luogo  la  solenne  professione  del 
commendatore  Gio.  Antonio  Cap- 
pellari  della  Colomba  di  Belluno, 
nipote  del  regnante  Sommo  Pon- 
tefice, già  ricevuto  cavaliere  di  giu- 
stizia nel  priorato  di  Roma.  A  tale 
edetto  il  ball  Candida  luogotenen- 
te del  magistero  si  trasferì  con 
nobile  treno  in  compagnia  del  no- 
vello candidato,  e  di  tutti  i  ca- 
valieri professi  e  novizi  alla  chie- 
sa di  s.  Francesco.  Ivi  assisterono 
al  santo  sagrifizio,  che  venne  cele- 
brato da  monsignor  de  Cupis  u- 
ditore  di  rota ,  e  cavaliere  geroso- 
limitano. Letta  l'epistola  principiò 
il  sacro  rito  della  professione,  che 
fu  riassunto  e  terminalo  dopo  la 
messa,  giusta  le  cerimonie  prescrit- 
te dagli  statuti  dell'ordine.   Questa 


^84 


GER 


lelisiosa  funzione  riuscì  corumo- 
vente,  ed  altreraodo  decorosa.  Vi 
iutervenuerp  la  primaria  nobiltà, 
e  molti  ragguardevoli  personaggi, 
i  quali  ascesero  dopo  nelle  sale  su- 
periori dell'  ospizio  per  congratu- 
larsi col  cavaliere  di  recente  pro- 
fesso, e  furono  tutti  trattati  di 
lauto  rinfresco ,  ed  un  concerto 
musicale  eseguiva  ad  intervalli  i 
più  scelti  pezzi  di  musica.  L'esul- 
tanza di  un  giorno  cosi  segnalato 
pei  cavalieri  di  s.  Giovanni  si  re- 
se vieppiii  memorabile  per  i'  alto 
onore  loro  compartito  da  Grego- 
rio XVI,  il  quale  volle  che  l'in- 
tiero corpo  de'  cavalieri,  ed  altri 
scelti  personaggi ,  non  che  la  sua 
nobile  corte,  sedessero  secolui  a 
mensa,  imbandita  nel  nobile  casino 
di  Pio  IV  del  giardino  vaticano  ; 
ammettendo  alla  sua  destra  il  car- 
dinale Emanuele  de  Gregorio  pro- 
tettore dell'ordine,  ed  alla  sini- 
stra il  ball  Candida.  Finalmente  a 
voler  far  menzione  di  altre  solen- 
ni funzioni  celebrate  nella  chiesa 
di  s.  Francesco,  diremo  che  ai  18 
giugno  1837  il  cardinal  Odescal- 
chi  vicario  di  Pvonia  ,  vi  battezzò 
l'israelita  Isacco  liiuto  d'Algeri, 
imponendogli  il  nome  di  Carlo 
Leganori,  essendone  padrino  il  lo- 
dato luogotenente  del  magistero  : 
vi  assisterono  il  corpo  de'cavalieri 
gerosolimitani  ,  e  la  più  distinta 
nobiltà.  A' 2  3  aprile  poi  del  1841 
nella  stessa  chiesa  veunero  con  fu- 
nebre divota  pompa  celebrate  l'e- 
sequie del  marchese  d.  Giovanni 
d'Andrea,  bali  e  gran  priore  di 
Barletta,  e  del  bah  fr.  Francesco 
Porzio  gran  priore  delle  due  Sici- 
lie, ambedue  defunti  in  Napoli. 
Assistettero  alla  cerimonia  il  luo- 
gotenente ,  e  i  cavalieri  professi  , 
novizi,    e    di  divozione,   tulli    rico- 


GER 

rioscenti  verso  i  due  trapassati, 
per  l'impegno  dimostrato  nel  ri- 
sorgimento dell'  ordine  nelle  due 
Sicilie,  del  quale  poi  parleremo. 

Ed  eccoci  all'  epoca  fausta  per 
l'ordine  gerosolimitano,  della  fon- 
dazione e  riaprimento  solenne  del 
gran  priorato  pel  regno  Lombar- 
do-Veneto nella  casa  professa  di  s. 
Gio.  Battista  di  Venezia,  nella  par- 
rocchia di  s.  Francesco  della  Vi- 
gna. Aveva  il  glorioso  imperatore 
Francesco  I  lasciato  la  cura  al 
suo  degno  figlio  successore,  il  re- 
gnante imperatore  Ferdinando  I, 
di  proteggere  e  sostenere  possibil- 
mente il  sacro  ordine  cavalleresco 
di  s.  Giovanni  di  Gerusalemme, 
il  quale  come  abbiamo  veduto 
tanto  bene  meritò  di  una  gran 
parte  di  Europa  pel  corso  della 
sua  lunga  durata,  e  tanto  softer- 
se  per  le  vicende  de'tempi.  Laon- 
de con  sovrana  risoluzione  de'  i5 
gennaio  i83g,  e  con  imperiale  pa- 
tente de'  5  gennaio  1841,  Ferdi- 
nando I  decretò  la  fondazione  di 
un  priorato  nel  regno  Lombardo- 
Veneto  per  r  adempimento  delle 
sopraindicate  intenzioni  del  suo  au- 
gusto genitore,  e  per  utile  della 
nobiltà  del  suo  regno,  non  che  di 
quella  di  Parma  ,  Lucca  e  Mode- 
na, di  cui  si  dirà,  che  a  questo 
nuovo  gran  priorato  associaronsi  ; 
quindi  l'imperatore  volendo  dare 
un  nuovo  decoro  all'illustre  città 
di  Venezia,  anziché  in  qualunque 
altra  parte  del  regno,  vi  fissò  la 
sede  piimaria.  A  contemplazione 
poi  di  specchiata  prudenza,  di  e- 
sperienza  molteplice  negli  affari,  e 
di  egregie  doti  dell'animo,  il  ve- 
nerando luogotenente  del  magiste- 
ro, a'2C)  maggio  1839  nominò  ba- 
li<j  e  priore  pel  regno  Lombardo- 
A'eucto    il    suliodalo  fr.  Gio.    An- 


GER 
tonio  Cappellari  della  Colomba , 
prescelto  eziandio  a  sì  cospicua  di- 
gnità dall'  imperatore  e  re  Ferdi- 
nando I,  con  sovrana  risoluzione. 
Non  rimanendo  che  affrettare  al- 
l' illustre  città  di  Venezia  il  lieto 
istante  di  vedersi  arricchita,  per 
la  munificente  grazia  dell'impera- 
tore, dì  un  nuovo  fregio,  nell'esse- 
re elevata  al  grado  di  perpetua 
residenza  del  gran  priorato  dell'or- 
dine pel  regno  Lombardo- Veneto, 
non  che  pei  ducati  di  Parma,  Mo- 
dena e  Lucca  ,  e  di  vedere  cos\ 
riapeita  quella  commenda,  le  cui 
fabbriche  erano  pervenute  all'or- 
dine fino  dal  i3i2,  e  dopo  il  ca- 
dere della  celebratissima  e  pos- 
sente repubblica  erano  rimaste  so- 
litarie e  diserte;  e  questo  fortuna- 
to istante  spuntò  coli' aurora  del 
5.4  giugno  1843,  giorno  sacro  al- 
la solennità  di  s.  Gio.  Battista 
proteggitore  dell'ordine  gerosolimi- 
tano. La  chiesa  e  le  fabbriche  del- 
la commenda  in  detto  giorno  si 
riaprirono  al  pubblico,  e  si  mo- 
strarono in  quella  proprietà  e  de- 
coro cui  erano  stale  predisposte, 
la  mercè  di  assidue  ed  intelligen- 
ti cure  del  nuovo  gran  priore,  e 
di  grandioso  dispendio  dell'  ordine 
che  vi  spese  circa  diecisette  mila 
scudi.  La  chiesa  specialmente  qua- 
si fatta  di  nuovo ,  presentavasi 
col  carattere  di  quella  dignitosa 
semplicità,  che  distinguendola  dal- 
la idea  di  chiesa  parrocchiale  od 
oratorio  privato  ,  la  indicava  per 
chiesa  al  tutto  propria  del  cospi- 
cuo ordine  ,  cui  si  riapriva.  La 
croce  della  commenda  ne  ornò  le 
pareli,  messe  a  candido  lucente 
stucco;  due  altari  nobili  fuiono  e- 
retti,  quello  a  destra  coirimmagi- 
ne  del  beato  Gherardo  primo  fon- 
datore dell'ordine,   1'  altro  a    sini- 


GER  28? 

stra  con  quella  della  Beata  Ver- 
gine Immacolata,  ed  intorno  furo- 
no stabiliti  sedili  di  noce.  In  fon- 
do alla  chiesa  fu  collocato  il  mi- 
rabile altare,  opera  impareggiabile 
del  Sansovino,  già  appartenente  al- 
la demolita  chiesa  di  s.  Geminia- 
no,  ch'era  rimpetto  alla  basilica 
di  s.  Marco.  Fmalmente  sulla  por- 
ta della  chiesa  fu  posto  un  nuo- 
vo organo,  opera  egregia  dell'A- 
gostini   padovano. 

Radunatisi  i  cavalieri  anticipa- 
tamente nelle  stanze  del  priorato, 
procedettero  coli'  ordine  del  loro 
rango  ad  incontrare  il  gran  prio- 
re al  momento  del  di  lui  arrivo, 
e  collo  stesso  ordine  preceduti  dal 
facente  funzione  di  cancelliere  e 
di  cerimoniere  vestito  di  nero,  en- 
trarono a  suo  tempo  in  chiesa  mu- 
nita di  granatieri.  Al  suono  della 
banda  dell'imperiale  regia  marina, 
ed  alle  ore  dieci  antimeridiane, 
entrò  in  chiesa  per  la  porta  mag- 
giore il  drappello  di  dieciotto  ca- 
valieri in  pieno  uniforme,  cui  te- 
neva dietro  il  venerando  gran  prio- 
re, che  aveva  a  lato  il  nuovo  cap- 
pellano conventuale  dell'ordine, 
l'abbate  mitrato  monsignor  Pietro 
dottor  Pianton  prelato  domestico 
e  protonotario  apostolico,  che  ve- 
stito in  abito  prelatizio  a  lui  porse 
l'acqua  santa.  Due  dame  dell'or- 
dine avevano  già  preso  posto  in 
chiesa  a  mano  destra  entrando, 
presso  i  gradini  del  presbiterio,  in 
cui  alla  parte  del  vangelo  sedette- 
ro il  gran  priore,  ed  i  commen- 
datori e  cavalieri  professi  e  di 
giustizia;  ed  a  quella  dell'epistola 
i  commendatori  titolari  e  cavalie- 
ri di  onore.  In  linea  della  cappel- 
la, e  dal  lato  priorale  condecora- 
vano la  solennità  sua  altezza  im- 
periale il  serenissimo  arciduca  Fé- 


286  GER 

clerico,  e  gli  imperiali  regi  consi- 
glieri intimi  di  stato  ;  e  dal  lato 
opposto  l'ipperial  regio  vice  presi- 
dente di  governo  conte  Sebregon- 
di,  in  assenza  del  conte  governato- 
re, gl'imperiali  regi  consiglieri  au- 
lici residenti  in  Venezia,  le  due 
primarie  dignità  del  canonicale  ca- 
pitolo patriarcale,  gl'imperiali  re- 
gi presidenti  dei  tribunali,  gì'  im- 
periali regi  colonnelli  della  guarni- 
gione e  della  marina,  e  finalmen- 
te il  console  pontificio,  tutti  in  a- 
bito  di  rispettivo  loro  uniforme. 
Il  rimanente  della  chiesa  era  sta- 
to riserbato  all'accesso  del  fiore 
della  nobiltà,  e  delle  più  distinte 
persone.  Avvicinandosi  alla  chiesa 
il  cardinal  Jacopo  Menico  patriar- 
ca di  Venezia,  due  cavalieri  per 
ordine  del  gran  priore  l'incontra- 
rono, ed  entrato  per  la  porta  mag- 
giore, monsignor  Pianton  gli  offrì 
l'acqua  benedetta.  Dopo  breve  o- 
razione ,  il  cardinale  intuonò  il 
Feni  Creator  Spiritus,  che  fu  pro- 
seguito dai  cantori  in  musica,  e 
col  quale  ebbe  principio  la  funzio- 
ne. Quindi  il  cardinale  prese  po- 
sto al  lato  dell'altare  presso  il 
gran  priore,  il  quale  erasi  vestito 
di  toga  nera  di  seta,  ornata  di 
croce  bianca  sulla  spalla  sinistra, 
distintivo  del  religioso  suo  mini- 
stero. Poscia  vennero  lette  dal  fa- 
cente funzione  di  cancelliere:  i ." 
la  sovrana  patente  con  cui  fu  de- 
cretata l'istituzione  del  gran  priora- 
to Lombardo- Veneto  ;  2.°  la  bol- 
la con  cui  dal  venerando  luogote- 
nente fu  nominato  gran  priore  il 
venerando  bali  fr.  Gio.  Antonio  Cap- 
pellari  della  Colomba;  3.°  l'approva- 
zione imperiale  di  tal  nomina.  Pro- 
clamala così  solennemente  in  faccia 
alle  maggiori  dignità  ed  al  ceto  no- 
bile tale  istituzione  del  gran  prio- 


GER 

rato  e  del  gran  priore,  il  cardinnle 
pas.sò  in  sagrestia  per  assumervi  i 
paramenti  per  la  messa  :  ed  i  com- 
mendatori e  cavalieri  in  ordine 
di  rango,  si  presentarono  al  gran 
priore  uno  ad  uno  a  prestargli  o- 
maggio,  ed  a  ricevere  l'abbraccia- 
mento di  regola  dal  nuovo  loro  su- 
periore. 

La  messa  del  cardinale  fu  in  fn- 
ma  privata,  servita  da  due  cano- 
nici, ed  accompagnala  dal  suono 
dell'organo,  e  dal  canto  di  qual- 
che mollelto.  Terminato  il  divino 
sagrificio,  fu  collocato  il  faldisto- 
rio in  mezzo  al  piano  del  gradino 
dell'altare,  dove  il  cardinale  si  as- 
sise, con  mitra  preziosa  in  capo, 
essendogli  innanzi  genuflessi  due 
chierici,  sostenenti  uno  la  candela 
accesa,  l'altro  il  libro  con  fodera 
di  velluto  rosso,  su  cui  lesse  la 
sua  gratulatoria  orazione,  con  di- 
gnità ed  espressione  analoga  all'e- 
levato argomento,  che  sommamen- 
te intenerì  e  commosse  gli  uditori. 
Data  egli  un'idea  dell'ordine  ge- 
rosolimitano, della  sua  origine  e 
del  suo  scopo  di  difendere  cioè  la 
cristianità  dal  furore  saraceno,  e 
di  assistere  gì'  infermi,  essendo  ca- 
rità e  valore  il  compendio  de' suoi 
statuti;  non  che  avendo  dato  un 
sunto  importante  della  storia  fecon- 
da di  splendidi  fasti,  ne  celebrò  le 
glorie  ricordandone  alcune  delle  piìi 
sublimi  azioni,  ed  encomiando  ad 
un  tempo  gli  eroi,  ed  i  gran  mae- 
stri da  cui  vennero  operate,  dicen- 
do che  tali  ferventi  religiosi,  ed 
intrepidi  eroi,  armati  di  ferro  e  di 
fede,  alternarono  con  gli  esercizi 
di  pietà  le  gueiresche  azioni.  Ram- 
mentò che  i  campi  della  Palesti- 
na e  della  Siria  ,  Rodi  e  Malta 
furono  spesso  gloriosi  teatri  di  lo- 
ro vittorie;  che  i  mari   si  squarcia- 


GER 

10110  in  tutti  i  versi  sotto  i  loio  va- 
scelli; che  i  loro  stendardi  svento- 
larono temuti  sulle  isole  dell'Arci- 
pelago, ed  in  altri  luoghi;  che  i 
pirati  barbaresclii  si  dileguarono 
dinanzi  alle  ioio  galere;  e  che  le 
coste  dell'  Africa  tremarono  più 
volte  sotto  il  piede  trionfante  di 
questi  formidabili  propugnatori  del 
nome  cristiano.  Parlò  delle  varie 
sedi  dell'ordine,  delle  diverse  sue 
vicende,  e  limarcando  che  nell'ul- 
timo funesto  sovvertimento,  che 
fu  l'eccidio  di  tante  ottime  istitu- 
zioni, avea  l'ordine  gerosolimitano 
conservalo  sempre  un  notlo  ^i  e- 
sistenza,  e  che  ora  sotto  i  poten- 
tissimi auspici  di  Gregorio  XVI,  e 
di  Ferdinando  I,  andava  mirabil- 
mente acquistando  vita,  estensione 
e  decoro.  Quindi  il  cardinale  disse 
che  dopo  nove  lustri  veniva  ridonato 
a  Venezia  uno  de' suoi  maggiori 
ornamenti,  e  che  nella  nobilissima 
e  celebre  città  1'  ordine  gerosoli- 
mitano riprendeva  il  posto,  che 
gli  conveniva  fra  quelle  istituzioni, 
che  si  resero  più  benemerite  della 
religione,  dell'umanità,  e  della  ci- 
vile coltura.  Si  congratulò  per  si- 
no colle  mura  per  tanti  anni  mu- 
te e  deserte  della  chiesa  e  del- 
l' ospizio,  che  gli  sembrarono  esul- 
tanti insuperbirsi  nell' accogliere  in 
seno  gli  antichi  padroni,  i  quali 
con  abbellirle  già  aveangli  fatto 
sperimentare  gli  effetti  del  ricupe- 
rato dominio.  Si  congratulò  anco- 
ra solennemente  con  il  zelante  luo- 
gotenente Candida  per  le  sue  lun- 
ghe e  infaticabili  cure  coronate 
da  felici  e  moltiplici  successi,  con 
il  nuovo  gran  priore  Cappellani 
degnamente  elevato  a  s"i  alto  gra- 
do, col  novello  cappellano  dell'or- 
dine Pianton  di  cui  pure  ne  fece 
r  elogio,  e  si  congratulò  coi  com- 


GER  287 

mendatori,  cavalieri,  e  dame  del- 
l'ordine per  l'incremento  di  que- 
sto. Finalmente  encomiò  ed  animò 
lo  zelo  de'cavalieri,  e  confortò  le 
speranze  e  i  lunghi  voti  della  cri- 
stianità, di  vedere  quest'ordine 
ristabilito  negli  antichi  suoi  uffici 
adempiere  al  nobilissimo  fine  del- 
la di  lui  fondazione,  e  terminò 
con  implorargli  fervorosamente  lo 
appoggio  valido  del  santo  suo  pro- 
tettore. Finita  la  dotta,  erudita, 
elegante,  ed  eloquentissima  orazio- 
ne, tra  r  entusiasmo,  il  plauso,  e 
la  commozione  del  nobilissimo  con- 
sesso, il  cardinale  iutuonò  il  Te 
Deuin,  che  fu  cantato  con  l'ac- 
compagnamento dell'organo,  e  con 
ciò  ebbe  termine  tanta  solennità. 
Allora  il  gran  priore,  i  cavalieri,  e 
le  dame  dell'ordine,  entrarono  per 
la  sacrestia  nella  scala  interna,  ed 
ascesero  nelle  sale  superiori.  Da 
queste  si  avviarono  ad  incontrare 
il  cardinal  patriarca,  che  con  l'ar- 
ciduca, i  consiglieri  intimi,  e  per- 
sonaggi invitati,  passando  per  la 
galleria,  cortile,  e  scala  maggiore, 
si  recarono  nella  gran  sala  e  stan- 
ze priorali,  decorate  dei  ritratti 
di  Gregorio  XVI,  di  Ferdinando 
I,  dell'arciduca  principe  viceré  Pia- 
nieri,  e  del  benemerito  quanto  il- 
lustre luogotenente  del  magistero 
bab  fr.  Carlo  Candida.  Lieto  il 
gran  priore  della  felice  riuscita 
della  funzione,  e  di  sua  installa- 
zione nel  gran  priorato,  offri  agli 
invitati  un  nobile  e  splendido  rin- 
fresco, ravvivato  dal  frequente  suo- 
no della  banda  militare.  Noteremo 
per  ultimo,  che  recandosi  in  Ro- 
ma nel  1844  il  nobile  Taddeo 
Scarella  di  Venezia ,  cavaliere  e 
segretario  capitolare  del  gran  prio- 
rato Lombardo- Veneto,  e  dal  re- 
gnante Gregorio  XVI  decorato  delle 


288  GER 

croci  di  commendatore  degli  ordi- 
ni di  s.  Gregorio,  e  dello  sperone 
d'oio  volgjirmeiite  ora  chiama- 
lo di  san  Silvestro,  il  medesimo 
Papa  gli  consegnò  un  bellissimo 
calice  con  patena  tutto  d'oro  col 
pontificio  stemma  ,  per  offrirlo 
alla  detta  chiesa  gran  priorale  di 
Venezia ,  come  si  legge  nella  i- 
scrizione  che  fece  incidere  sot- 
to la  base.  Non  ha  guari  si  è 
pubblicato  la  suddetta  orazione  con 
questo  titolo:  Per  la  fondazione 
del  gran  priorato  di  Malta  in  Fé- 
uezia,  discorso  letto  da  sua  Emi- 
nenza il  cardinale  patriarca  nel 
eh  XXIV  giugno  MDCCCXLIII. 
In  Venezia  presso  la  tipografìa  E- 
miliana  MDCCCXLIV. 

Gii  esempi  luminosi  di  Gregorio 
XVI,  e  di  Ferdinando  I  dell'alta  pro- 
tezione a  vantaggio  del  sacro  mili- 
tare ordine  gerosolimitano,  non  po- 
tevano non  eccitare  una  generosa 
emulazione,  il  perchè  Ferdinando 
li  re  delle  due  Sicilie,  e  l'arcidu- 
chessa d'Austria  Maria  Luigia  du- 
chessa di  Parma,  Piacenza  e  Gua- 
stalla lo  ammisero  nuovamente  nei 
i84o  nei  loro  stati.  Quindi  nel 
medesimo  anno,  e  con  decreto  dei 
12  giugno  il  duca  di  Lucca  Car- 
lo Lodovico,  per  dimostrare  la  sua 
stima  e  la  sua  benevolenza  verso 
un  ordine  che  per  l'attaccamento 
alla  causa  de' troni  sostener  dovet- 
te il  peso  delle  passate  vicende, 
ordinò  il  suo  ripristinamento  nel 
suo  stato.  Dopo  avere  l' encomia- 
ta arciduchessa  ripristinato  1'  ordi- 
ne dotandolo  di  tre  commende, 
eccitossi  nelle  cospicue  famiglie  del 
suo  ducato  il  desiderio  di  appar- 
tenervi, e  ne' cavalieri  già  ricevuti 
colà  dimoranti  lo  zelo  di  professar- 
ne il  religioso  istituto,  fra'  quali 
noajiucremo  il   marchese  Ricorda- 


GER 
no  Malaspina  di  Parma,  che  tra- 
sferitosi in  Roma  ,  emise  nella 
chiesa  di  san  Francesco  la  sua 
solenne  professione  a'  3  i  gennaio 
i84i,  facendo  i  voti  nelle  mani 
del  luogotenente  del  magistero. 
Questi  nel  recarsi  in  detta  chiesa 
nel  medesimo  anno  a  solennizzare 
la  festa  di  s.  Gio.  Battista,  dopo 
avere  ricevuto  coi  cavalieri  profes' 
si  e  novizi,  di  divozione  e  cappel- 
lani conventuali  il  pane  eucaristi- 
co dal  cardinale  gran  priore  di 
Roma,  pubblicò  il  seguente  decre- 
to, che  nella  vigilia  del  santo  avea 
ricevuto. 

"  Francesco  IV,  per  la  grazia 
di  Dio,  duca  di  Modena,  Reggio, 
Mirandola,  Massa  e  Carrara  ec.  ec. 
arciduca  d'Austria,  principe  reale 
d'Ungheria  e  di  Boemia." 

»  Disposti  a  secondare  le  do- 
mande a  noi  avanzate  dal  bali 
Candida  attuale  luogotenente  del 
gran  magistero  dell'ordine  di  s. 
Giovanni  di  Gerusalemme,  ordinia- 
mo quanto  segue.  " 

«  Art.  I.  L'ordine  di  s.  Gio- 
vanni di  Gerusalemme  è  ammesso 
nei  nostri  stati.  " 

»  II.  I  nostri  sudditi  potranno, 
previa  la  nostra  approvazione  nei 
singoli  casi,  essere  ricevuti  cavalie- 
ri, e  fondare  commende  tanto  di 
giustizia,  quanto  di  giuspatronato, 
nei  modi  da  concertarsi  coi  supe- 
riori  dell'ordine.  " 

w  III.  Assegniamo  all'ordine  due 
commende  di  giustizia  del  reddito 
di  duecento  zecchini  ciascuna,  par- 
te in  terre,  e  parte  in  cartelle  sul- 
lo stato,  da  fondarsi  l'una  nella 
provincia  di  Modena,  e  l'altra  nel- 
la provincia  di  Reggio,  e  da  con- 
ferirsi per  la  prima  volta  a  nomi- 
na nostra,  e  in  seguito  dall'ordi- 
ne a'  nostri  sudditi,  aventi  le  qua- 


GER 

iitìi  da  riconoscersi  dall'ordine  per 
essere  cavalieri  professi  di  giusti- 
zia, riservando  per  noi  e  nostri 
successori  l'approvazione  della  scel- 
ta dei  nuovi  commendatori,  non 
che  la  reversione  delle  suddette  ter- 
re e  cartelle,  se  mai  per  impre- 
vedibili casi  venisse  a  cessare  l'or- 
dine." 

«  IV.  Anche  le  commende  fon- 
date dai  privati  nei  nostri  stati, 
quando  per  estinzione  di  famiglia 
passino  all'ordine,  dovranno  essere 
conferite  ai  nostri  sudditi  e  colla 
nostia  approvazione.  " 

»  Tutte  le  suddette  commende 
saranno  riunite  al  priorato  Lom- 
bardo-Veneto; ma  i  nostri  sudditi 
non  potranno  aspirare  ad  altre 
commende,  fuori  di  quelle  superior- 
mente accennate.  " 

"  Dato  in  Modena  dal  nostro 
ducale  palazzo  questo  giorno  i5 
giugno    1841." 

«  Francesco. 
»  Gaetano  Gamorra 
>>  Segretario  di  gabinetto. 
Nel  medesimo  anno  il  regnante 
Gregorio  XVI  affidò  all'ordine 
gerosolimitano  la  direzione  dello 
spedale  pei  militari  pontifìcii  d'o- 
gni arma,  che  si  apri  nel  locale 
dell'  ordine  a  ponte  Sisto,  dappoi- 
ché l'accrescimento  de' malati  nei 
pubblici  arcispedali  di  Roma,  e  lo 
aumenta  della  guarnigione  milita- 
re in  qu&sta  città  fece  conoscere 
al  superiore  governo  la  convenien- 
za di  avervi  un  ricovero  speciale 
pei  soldati  infermi.  Dopo  avere  il 
Pontefice  richiamato  a  vita  l'or- 
dine gerosolimitano,  nel  momento 
appunto  eh'  era  moribondo,  lo  col- 
mò di  beneficenze  ,  fra  le  quali 
il  memorato  donativo  del  vastissi- 
mo locale  con  chiesa  e  rendita, 
posto  a  ponte  Sisto,  ad  oggetto  che 

VOL.     X.X1X. 


GER  289 

ivi    potessero  i    cavalieri  esercitare 
le  loro  religiose   funzioni  ;  ed  istan- 
cabile  il    benefico  Papa    nel   voler 
sempre    piìi     migliorare     la    sorte 
dell'ordine,  e  volendo  che  si  eser- 
citasse   nel  primitivo    suo    istituto 
ospitalario,    si    degnò     invitarlo    a 
ciò  con  affidargli  esclusivamente  in 
Roma    l'ospedale     militare    per    le 
sue  milizie  d'  ogni  arma,  ove  si  ri- 
cevessero    e     curassero     gì'  infermi 
delle  medesime  milizie  di  Pioma  e 
della  Comarca.  Le  parti  convenne- 
ro mediante  il  contenuto  di   quan- 
to fu  stipulato  con  particolare  con- 
venzione    nel     1840     a'  19    otto- 
bre, tra  il  commendatore  ora   ba- 
Ti  fr.  Alessandro  Borgia^    per   l'or- 
dine   gerosolimitano,  e    monsignor 
Giacomo  Amadori  Piccolomini  pre- 
sidente delle     armi ,     pel     governo 
pontificio.     Appena     il     vigilantissi- 
mo balio    Candida    apprese    il  so- 
vrano    desiderio,   e     ravvisando    il 
duplice  scopo  che    racchiudeva,  si 
accinse  a    fare    ridurre    i    locali  a 
ponte  Sisto,   già  da  lui  ricevuti  in 
dono,    senza    risparmio  di    fatiche, 
né    di    spese,    riunendo    le    poche 
forze  e  mezzi  di  cui  poteva  dispor- 
re la  religione  gerosolimitana  nel- 
r  attuale  suo  stato    di  ristrettezza  ; 
sicché    colla  spesa  di    circa  trenta- 
mila scudi  lo    approntò  in  brevis- 
simo   tempo  per  1'  uso  indicato,  e 
lo  forni  d'ogni  necessario  corredo 
per    ricevervi     in     quattordici     sa- 
le,   e   curarvi    fino    a    cinquecento 
militari   inferrai,    per  ciascuno  dei 
quali  il    governo  pontificio    si   ob- 
bligò pagare  all'ordine    paoli   due 
per  ogni   giornata  di   presenza  d'in- 
feimo,   cioè  per    ogni   trattamento, 
mentre  prima    si  pagava    diversa- 
mente per  cadaun  militare    mala- 
to, secondo    gli    ospedali   civili     in 
cui  erano  ricevuti.  Quindi  il  vene- 
'9 


290  GER 

rabile     luogolenente    Candida    pel 
j-egolare    ordiuamento   dell'ospeda- 
le, come  su'premo  ed  indipendente 
superiore  di   esso,  foimò  un  rego- 
lamento   organico    disciplinare     in 
settantasette  articoli,   che  dopo  a- 
verlo    approvato    e    sottoscritto    ai 
20    maggio   i84ij  fece    pubblicare 
in  un  opuscolo  con    questo  titolo: 
Regolamento  per  lo  spedale  del  S. 
III.  ordine  gerosoliniiiano  sotto    la 
suprema  direzione  di  S.  E.  il  sig. 
luogolenente  balio  Candida,  Piotna 
dalla    tipografia    Gismondi     i84'- 
Vedendosi    il    venerando    luogole- 
nente al  punto  di  essere  in  grado 
di  aprire  lo  stabilimento,    siccome 
condotto  al  suo    termine,  supplicò 
il  Pontefice  Gregorio  XVI  di  vo- 
lersi degnare  di    visltailo    e  bene- 
dirlo anticipatamente.  Annuendo  a 
ciò  il  Papa,   a' 16  agosto    1841    si 
portò    colla    sua  nobile    corte  allo 
spedale    militare  gerosolimitano    a 
ponte  Sisto,  ricevuto  dal  balio  luo- 
gotenente, e  da  tutti   i  cavalieri  sì 
professi,  che   novizi    e    di  divozio- 
ne. Ascese  alle  diverse  sale  e   cor- 
sie superiori,  nelle  quali   ripartita- 
mente  trovò  collocati    cinquecento 
letti,  corredati  di    tutte  le  suppel- 
lettili   ed  arnesi    necessari   per  al- 
trettanti individui.    Visitò   le  varie 
officine,    ed    ogni   parte    del   vasto 
locale    a  seconda    della  sua    desli- 
uazioue;    e  da    per  tutto    ammirò 
il  buon  ordine  e    la  regolare    dis- 
posizione.   11    Pontefice    esternò    al 
luogolenente   la  sua  soddisfazione  e 
gradimento,  e  degnossi  in  pari  tem- 
po di  couiparlire  la  sua  benedizio- 
ne alle  varie  sale  destinate  per  gli 
infermi  ,     sanzionando     1'  apertura 
dell'    ospedale     pel    dì    primo    del 
seguente    settembre,    siccome    ebbe 
effetto.  ]Ma    dipoi    il    bali   luogote- 
nente avendo  dovuto  conoscere  co- 


GER 
me  gravoso  a  sostenersi  dal  suo 
ordine  questo  peso,  sì  pel  numero 
de'malati,  la  cifra  media  de'  quali 
(■  ascesa  al  numero  2^0,  sì  per  le 
gravi  e  molteplici  cure  che  richie- 
deva il  delicato  impegno  da  esso 
assunto,  si  determinò  di  umiliare 
al  santo  Padre  ripetute  istanze 
perchè  si  degnasse  di  accettale  la 
rinunzia  dell'ospedale  militai'e,  e  di 
dichiarare  risoluto  il  contralto  sti- 
pulato a  questo  oggetto.  Sua  San- 
tità si  degnò  di  benignamente  an- 
nuire alle  istanze  del  venerando 
luogolenente,  e  negli  ultimi  tre 
giorni  del  mese  di  ottobre  iH44 
fu  evacualo  l'ospedale  gerosolimi- 
tano, ed  i  militari  infermi,  meno 
alcuni  pochi  gravemente  malati,  i 
quali  rimasero  nel  medesimo  ospe- 
dale, furono  tutti  trasportati  nel- 
l'arcispedale di  s.  Spirilo  in  Sassia, 
e  collocati  nel  magnifico  braccio 
detto  di  s.  Carlo,  fabbricato  sotto 
il  pontificato  di  Pio  VI. 

A  voler  far  menzione  delle  co- 
se principali  riguardanti  1'  ordina- 
mento dell' ospedale,  a  seconda  dei 
regolamenti  mentovati,  diremo  che 
ciò  che  spettava  all'interna  disci- 
plina ,  essa  in  molte  parti  era 
diversa  da  quella  che  praticasi  ne- 
gli spedali  civili  di  Roma.  In  que- 
sto spedale  erano  curati  e  ritenuti 
fino  al  termine  della  loro  conva- 
lescenza i  soldati  pontificii  di  qua- 
lunque arma  ,  stanziati  in  Roma 
o  nella  provincia  romana  della  Co- 
marca,  i  quali  si  ritrovassero  af- 
fetti da  qualsiasi  malattia.  I  ma- 
lati di  cura  medica  erano  divisi 
da  quei  di  cura  chirurgica  ;  i  con- 
tagiosi e  gli  affetti  da  scabia  o  da 
tisi  avevano  sale  pailicolari.  Una 
camera  munita  d'inferiiate,  custo- 
diva i  soldati  infermi  sotto  pro- 
cesso. Sebbene    nell'ospedale  si  ri- 


GER 
cevessero  i  soldati  dal  sargente 
in  giù,  vi  erano  luoghi  destinati 
agli  ufiiziali,  ed  altri  impiegati  mi- 
litari, clie  avessero  voluto  esservi  cu- 
rati. Vi  erano  delle  sale  pei  con- 
valescenti, i  quali  prima  manda- 
vansi  alla  ss.  Trinità  de' pellegrini: 
vi  furono  fatti  i  bagni  tanto  ad 
acqua  die  di  vapore,  la  spezieria,  e 
tutlociò  che  abbisogna  a  simili  i- 
slituti.  L'ospedale  aveva  un  com- 
mendatore dell'  ordine  superiore 
locale,  un  vice  -  superiore  per  la 
disciplina,  un  cavaliere  prodorao 
per  l'amministrazione,  diversi  ca- 
valieri per  l'assistenza,  un  sacerdo- 
te priore,  un  vice-priore,  ambedue 
scelti  fra  i  cappellani  conventuali 
deir ordine,  per  le  cose  spirituali, 
cui  erano  aggiunti  a  loro  due  cap- 
pellani. II  servizio  sanitario  poi  e- 
ra  disimpegnato  da  tre  professori 
consulenti  uffìziali  sanitari  superio- 
ri, da  due  medici,  e  da  due  chi- 
rurghi primari,  da  due  astanti  me- 
dici e  due  chirurghi,  da  quattro 
flebotomi  ec.  I  primari  e  gli  a- 
stanti,  non  che  i  flebotomi  veniva- 
no accresciuti  nell'  ospedale  secon- 
do l'aumento  de' malati.  Inoltie  e- 
ranvi  il  maestro  di  casa,  due  com- 
putisti, il  guardaroba ,  dodici  in- 
fermieri che  aumentavansi  secondo 
il  bisogno ,  il  portinaio ,  il  cuoco 
co' suoi  aiutanti,  ed  altri  inservien- 
ti. Tutti  questi  individui  che  com- 
ponevano la  famiglia  dell'  ospedale 
erano  nominati  dal  luogotenente 
generale  dell'  ordine.  Ogni  mattina 
vi  era  la  messa  nelle  sale,  essen- 
dovi due  altari  nei  due  diversi 
piani,  oltre  di  che  vi  era  la  mes- 
sa eziandio  ogni  mattina  nella  chie- 
sa annessa,  pei  convalescenti;  cia- 
.scun  infermo  doveva  confessarsi  nei 
primi  due  giorni  del  suo  ingres- 
so, ed  a  questo  fine    oltre  i    coa- 


GER  291 

fessori  del  luogo  si  ammettevano 
quei  religiosi  o  sacerdoti  secolari 
che  sogliono  visitare  i  malati  ne- 
gli altri  spedali  civili,  e  prestar  lo- 
ro spirituale  assistenza .  1  cadaveri 
erano  trasportati  dopo  ventiquat- 
tro ore  dalla  morte,  coli' accompa- 
gno di  un  sacerdote,  al  cimitene 
di  s.  Spirito.  Gli  astanti  in  eserci- 
zio ed  i  flebotomi  vestivano  con 
un  soprabito  di  panno  turchino, 
colla  croce  bianca  dal  lato  sinistro 
del  petto:  però  i  primi  al  soprabito 
avevano  aggiunte  le  code,  ossia  ma- 
niche finte.  Gli  infermieri  se  erano 
militari  ritenevano  il  loro  imifor- 
me,  e  per  distintivo  avvolgevano 
in  un  braccio  un  pezzo  di  panno 
rosso  con  sopra  una  croce  bianca. 
La  famiglia  di  qualunque  specie 
aveva  i  suoi  convenienti  salari, 
tutta  alloggiava  nel  pio  luogo,  e- 
sclusi  i  medici  primari  ed  i  con- 
sulenti, non  che  il  maestro  di  ca- 
sa e  i  computisti;  ma  non  il  vit- 
to, perchè  tutto  ciò  che  usciva 
dalla  cucina  doveva  essere  pegli 
infermi,  per  evitare  a  loro  pregiu- 
dizio qualunque  abuso.  Le  opera- 
zioni di  alta  chirurgia  erano  ese- 
guile dopo  un  consulto,  da  uno 
de' chirurghi  consulenti,  o  de'pri- 
mari.  Nello  spedale  erano  di  guar- 
dia alternativamente  un  medico 
astante,  un  astante  chirurgo,  un  fle- 
bolomo,e  non  meno  di  tre  infermieri. 
I  medici  ed  i  chiiurghi  primari  visi- 
tavano gl'infermi  due  volte  al  gior- 
no, e  i  consulenti  quattro  volte  la 
settimana.  Una  volta  il  mese  tene- 
vano col  luogotenente  del  magiste- 
ro, col  commendatore  superiore,  e 
col  direttore  generale  della  sanità 
militare  ,  un  congresso  su  tutto- 
ciò  che  riguardava  l'ospedale,  e  i 
miglioramenti  da  introdursi.  Si  te- 
nevano   inoltre   tre    congressi   per 


■y.Cf'ì.  GER 

settiinaDa  col  cotnmendatore  supe- 
riore, cavalj,er  piodomo,  priore,  e 
consuleDti  ;  ed  uua  volta  la  setti- 
mana, coi  medici  e  chirurghi  pri- 
mari, e  gli  astanti.  I  corpi  milita- 
ri ohe  in  questo  ospedale  avevano 
ricetto,  erano  i  carabinieri,  e  i 
bersaglieri  sì  a  piedi  che  a  caval- 
lo, gli  artiglieri,  i  veterani,  i  gra- 
natieri, i  fucilieri,  gli  ausiliari  di 
riserva,  i  cacciatori  a  piedi  ed  a 
cavallo,  i  dragoni  ed  i  finanzieri. 
Tutti  gli  ufficiali  militari  poteva- 
no ispezionare  1'  ospedale:  ve  ne 
era  uno  addetto  particolarmente  a 
questo  incarico,  oltre  l'ispezione 
che  facevano  il  direttore  generale 
delia  sanità  militare,  e  gli  altri  in- 
dividui alla  medesima  appartenen- 
ti. Ogni  anno  si  pubblicava  con 
le  stampe  la  statistica  de'  militari 
infermi  curati  nell'ospedale,  colle 
rispettive  distinzioni;  l'ultima  che 
è  dal  primo  settembre  1 842  a  tut- 
to dicembre  i843,  porta  questo 
confronto.  Militari  restati  in  cura 
ai  3i  agosto  1842  numero  486. 
Malati  entrati  dal  primo  settem- 
bre 1842  a  tutto  dicembre  i843 
ìiumero  /^^iSi:  totale  de'malati 
4668.  Guariti  numero  4262;  mor- 
ti i53;  restati  nell'ospedale  tra 
convalescenti  e  malati  i53.  Nel 
•1844  coi  tipi  della  tipografia  ca- 
merale, il  dottore  Fortunato  Ru- 
de), che  fu  medico  assistente  nel 
medesimo  ospedale,  ha  pubblicato 
in  Roma  un  opuscolo,  dedicato  al 
balio  fr.  Carlo  Candida,  che  porta 
questo  titolo:  Esposizione  delle  ma- 
lattie mediche  curate  nell'anno 
j  843  nello  spedale  nnlilare  del 
S.  M.    O.   Gerosolimitano. 

Ne!  .'843  in  Pioma  dalla  tipo- 
grafia delle  Belle  Arti,  si  pubblicò 
V  opuscolo  che  porta  per  titolo  : 
Riiplo    delll    cavalieri^   cappellani 


GER 

com'entunli,  e  serventi  d'anni  ri' 
cevutl  nella  veneranda  lìngua  d'I- 
talia del  sovrano  ordine  gerosoli- 
mitano, e  delli  cavalieri,  delle  da- 
me di  divozione  ,  cappellani  d' ob- 
bedienza, e  donati,  nei  limiti  di 
ciascun  venerando  gran  priorato. 
L'ordine  gerosolimitano  al  presen- 
te ha  due  sole  lingue,  l'alemanna 
con  un  priorato,  e  1'  italiana  con 
tre  priorati.  Il  priorato  di  Boemia 
fa  parte  della  lingua  d'Alemngna. 
Dopo  la  soppressione  del  priorato 
d'AIemagna  in  tempo  del  governo 
francese  ,  le  commende  sparse  nei 
vali  domiuii  tedeschi  furono  de- 
maniate,  e  rimaste  solo  quelle  del- 
l'imperiai casa  d'  Austria,  esistenti 
nel  circolo  di  Boemia.  Questo  si 
compone  d'un  gran  priorato,  e  di 
varie  commende  che  si  conferisco- 
no ai  cavalieri  professi,  la  cui 
amministrazione  è  soggetta  al  luo- 
gotenente del  magistero  residente 
in  Roma,  come  gli  altri  priorati. 
Coli' autorità  di  detto  Ruolo  dare- 
mo qui  un  cenno  statistico  degl'in- 
dividui componenti  ciascuno  dei  tre 
priorati  della  lingua  italiana,  che 
sono  quello  di  Roma,  il  Lombar- 
do-Veneto, e  delle  due  Sicilie,  pre- 
mettendo un  cenno  storico  del  gran 
priorato  di  Boemia,  oltre  quanto 
di   sopra  si    è  detto. 

L' imperatore  Carlo  V  nell'an- 
no 1546  conferì  al  gran  prio- 
re della  lingua  alemanna  la  di- 
gnità di  principe  dell'impero,  con- 
cedendogli un  seggio  nella  dieta 
germanica  nel  banco  de'  principi 
ecclesiastici,  e  luogo  negli  stati  del 
circolo  dell'  alto  Reno.  In  seguito 
a  norma  delle  disposizioni  favore- 
voli contenute  nel  rescritto  della 
dieta  dell'impero  del  i8o3,  pro- 
vocato principalmente  da  Paolo  I 
imperatore    di    R.ussia,    allora  prò- 


GER 

tettore  e  gran  maestro  dell'ordine, 
i  beni  del  gran  priorato  non  fu- 
rono secolarizzali ,  e  in  cambio  di 
quelli  ch'erano  situali  sulla  riva 
suiistra  del  Reno,  undici  miglia 
quadrate,  19,800  abitanti,  1 43, 000 
fiorini  di  rendita,  gli  furono  as- 
segnate r  abbazia  de'  benedettini 
di  san  Biagio ,  e  le  abbazie  di 
Trudpert,  Schuttern,  s.  Pietro,  e 
Tennenbac,  dieci  miglia  e  mezzo 
quadrate,  3O5800  abitanti,  1545OOO 
fiorini  di  rendita,  a  patto  che  pa- 
gasse i  debiti  che  i  principi  ve- 
scovi di  Basilea  e  di  Liegi  aveva- 
no contratto  nelle  politiche  vicen- 
de, quando  eransi  allontanali  dalla 
Francia  e  dalla  Russia.  La  resi- 
denza del  gran  priore,  a  quell'e- 
poca fr.  Ignazio  Baldassare  barone 
di  Rinck  di  Baldenstein,  era  Hei- 
tersheim  in  Brisgovia.  La  pace 
conchiusa  in  Presburgo  a' 7.5  de- 
cembre  i8o5  diede  la  contea  di 
Bondoif,  già  proprietà  dell'abbazia 
di  s.  Biagio  al  regno  di  Wiirtem- 
berg,  novellamente  creato  da  Na- 
poleone. L'  atto  della  confedera- 
zione del  Reno,  con  l'articolo  XIX, 
diede  il  principato  di  Heitersheim 
al  granducato  di  Baden  ;  il  trat- 
talo de' 25  settembre  180G  diede 
al  granducato  di  Wiirzburg  tutti  i 
beni  dell'ordine,  il  quale  fu  sop- 
presso con  editto  degli  8  setlem- 
bre  1808  in  Baviera,  il  cui  re 
aveva  nel  180-2  istituito  un  prio- 
rato pei  beni  dell'  ordine  in  quel 
paese,  e  aveva  assicurato  esso  ordi- 
ne della  sua  particolare  prote- 
zione in  una  convenzione  fatta  col 
gran  priore  li  28  gennaio  dell'anno 
1806.  Un  decreto  del  re  di  West- 
falia  de' 16  febbraio  1810  lo  sop- 
presse anche  in  quel  regno  di  no- 
vella fondazione;  i  beni  di  esso  fu- 
rono assegnati    come  rendita    della 


GER  293 

corona  di  Westfalia.  Nel  Wiirtem- 
berg  colle  rendite  delle  commende 
dell'ordine  gerosolimitano  nel  18  io 
si  formò  la  dotazione  dell'  ordine 
del  mei-ito  militare.  Il  re  di  Prus- 
sia a'23  gennaio  181 1  con  edit- 
to dichiarò  soppresso  l'ordine  ge- 
rosolimitano nel  territorio  di  Bran- 
deburgo  e  di  Sonnenburgo  j  in- 
di istituì  r  ordine  di  s.  Giovanni 
di  Prussia  [Pedi).  Al  presente  l'Au- 
stria possiede  la  corte  dei  cavalie- 
ri di  s.  Giovanni  nella  città  libe- 
ra di  Francoforte:  essa  n'è  assolu- 
ta sovrana  ,  a  seconda  di  quanto 
rimase  stabilito  di  comune  con- 
sentimento delle  potenze  europee, 
e  conforme  risulta  dall'articolo  5t 
dell'  atto  del  congresso  di  Vienna. 
11  conte  Edmondo  di  Coudenhove 
cavaliere  professo  di  s.  Giovanni  ne 
gode  l'usufrutto.  L'ordine  geroso- 
limitano non  ha  conservato  altro 
in  Germania  se  non  che  il  gran 
priorato  in  Boemia,  con  più  delle 
commende  in  Austria,  in  Moi'avia 
e  nella  Slesia  prussiana. 

Gran  priorato  di  Roma,  i  cava- 
lieri di  giustizia  sono  venticinque, 
fra'quali  due  gran  priori,  compre- 
so il  cardinale  ;  due  bah;  cinque 
commendatori  ,  quattro  de'  quali 
professi.  II  priorato  di  Roma  ha 
il  baliaggio  di  s.  Sebastiano  isti- 
tuito da  Urbano  Vili  per  la  sua 
famiglia  Barberini  ,  con  ventotto 
commende,  compresi  otto  commen- 
datori di  giuspatronato,  e  sono:  di 
s.  Croce  e  s.  Benedetto  di  Mugna- 
no  camera  magistrale;  di  città  di 
Castello ,  ossia  s.  Giovanni  di  Ri- 
gnaldello;  di  s.  Giustino  di  Peru- 
gia ;  di  Bettona  e  Ferrentino  ;  di 
s.  Croce  e  san  Cassiano  di  Peru- 
gia; di  s.  Filippo  d'Osimo;  di  s. 
Cristoforo  del  Chiusi  ;  di  s.  Luca 
di  Perugia;  di  s.   Giacomo  di  Nov- 


394  GER 

eia,  e  di  s.  Apollinare  di  Todi  ; 
di  Sassoferrato  e  s.  Marco  di  Fa- 
no ;  di  Carbonara,  con  i  membri 
di  s.  Luca 'di  Viterbo,  e  s.  Ba- 
silio di  Rieti;  di  s.  Magno  di  Grado- 
li;  d'Acquasparta;  di  s.  Maria  di 
Colleraodia,  ossia  della  ss.  Annun- 
ziata; di  Fiorucci;  di  Santinelli  ; 
di  Toma  Portocarrero;  di  s.  Gio. 
d'Orvieto;  di  Grillo  Mondragone; 
di  Borgia;  di  Torlonia;  di  s.  Maria 
di  Brufa,  ossia  Bracceschi  ;  Cico- 
gnara;  Podaliri;  Romagnoli;  Caccia; 
e  Taaffe.  I  cappellani  conventuali 
sono  sette,  cinque  de'quali  professi. 
Le  commende  destinate  pei  cap- 
pellani e  pei  serventi  d'armi,  sono 
tre,  cioè:  di  s.  Maria  delle  Grazie 
di  Castel-Araldo;  di  s.  Pietro  di 
Marta  di  Castel- Araldo;  e  di  s. 
Giovanni  Pre  di  Genova.  I  gran 
croci  di  disozione  sono  due:  il  prin- 
cipe d.  Francesco  Barberini,  titola- 
re del  baliaggio  di  s.  Sebastiano, 
fatto  con  bolla  de' 5  agosto  1822, 
ed  il  cardinal  Giacomo  Filippo 
Fransoni,  dichiarato  con  bolla  dei 
22  mar/o  1843,  come  protettore 
del  medesimo  sacro  militare  ordi- 
ne gerosolimitano.  I  cavalieri  di  di- 
vozione sono  quarantaquattro,  tra  i 
quali  i  cardinali  Ferretti,  Vanni- 
celli,  e  Mattei,  i  principi  Orsini 
senatore  di  Roma,  R.uspoli  maestro 
del  sacro  ospizio,  Boria,  ed  Al- 
tieri, ec.  ec.  Le  dame  decorate 
della  croce  di  divozione  sono  nove. 
I  cavalieri  ricevuti  nell'ordine,  che 
sono  passati  ad  altro  stato ,  uno. 
Finalmente  i  cavalieri  di  giustizia 
e  cappellani  conventuali,  morti  do- 
po l'impressione  del  ruolo  del  1823, 
sono  diecisette.  In  considerazione 
che  il  priorato  di  Roma  ha  sede 
nella  capitale  del  cristianesimo,  re- 
sidenza del  sommo  Pontefice,  e 
che    il    gran  priore  è    sempre    un 


GER 

cardinale,  ci  permetteremo  sul  me- 
desimo priorato  alcuna   notizia. 

Nel  rione  XII  R.ipa,  sul  monte 
Aventino,  e  nell'estrema  sua  parte 
al  sud  ovest,  vi  è  la  chiesa  di  s. 
Maria  del  Priorato^  Aventinay  o 
Aventtnese,  ed  Avenlinense ,  cosi 
detta  per  appartenere  al  gran  prio- 
rato di  R.oraa  dell'ordine  gerosoli* 
mitano,  e  per  essere  situata  nel 
detto  celebre  monte.  Essa  è  fon- 
data sopra  alquante  rovine  anti- 
che, che  da  alcuni  scrittori,  come 
dal  Panciroli  ne  Tesori  nascosti,  a 
p.  4"7>  erroneamente  sono  credute 
quelle  del  tempio  della  buona  Dea 
sorella  di  Fauno,  ei-etto  dalla  ve- 
stale Claudia,  alla  quale  come  di- 
ce Fioravante  Martinelli  ,  Roma 
ricercata,  p.  72,  sagrificavano  solo 
le  donne,  essendo  agii  uomini  proi- 
bito Tingresso  nel  tempio.  Alcuni 
chiamano  questa  chiesa  col  nome  di 
S.Basilio  al  monte  Aventino,  perchè 
in  origine  dedicata  a  quel  patriarca 
de'monaci  d'oriente,  ed  altri,  e  me- 
glio, di  s.  Maria  Aventinense  e  s.  Ba- 
silio. Dell'  antichissima  sua  origine 
se  ne  ignorano  positive  notizie  ; 
qualcuna  di  poca  importanza  se  ne 
legge  nel  Nerini,  De  tempio  et 
coenobio  ss.  Bonifacii  et  Alexii. 
11  p.  Mabillon,  Ann.  Ben.  tom.  IV, 
lib.  58,  n."  61,  scrive:  »  Quod  at- 
tinet  ad  monasterium  Beatae  Ma- 
ria© in  Aventino,  ubi  Hildebran- 
diis  (che  fu  poi  s.  Gregorio  V II, 
Vedi)  sub  Avunculi  abbatis  disci- 
plina monasticon  professus  vide- 
tur,  obscura  est  ejus  origo ,  quod 
modo  redactum  est  in  prioratus 
militum  hierosolymitanorum  ".  E 
indubitato  che  la  chiesa  fu  abbazia 
con  monistero  di  monaci  basiliani, 
anzi  fu  una  delle  venti  antiche 
abbazie  privilegiate  di  Roma,  i  cui 
abbati  assistevano  il  sommo  Ponte- 


GER  GEP.                   295 

fice,  quando  celebrava  nella  basili-  pistole.  Però  Fiora van te  Martinel- 
ca  iateranense,  quando  visitava  le  li  nella  Roma  ex  ethnica  sacra, 
stazioni,  ed  in  alcune  solenni  prò-  che  pubblicò  nel  i653,  a  pagi- 
cessioni.  Per  tale  si  legge  la  chiesa  na  186  narra  che  a  destra  dei- 
di  s.  Maria  in  Aventino  nel  cala-  1'  ingresso  del  tempio  vi  era  un'ur- 
logo  delle  abbazie  di  Pionia  di  Pie-  na,  con  questa  iscrizione.  +  Hic 
tro  Mallio,  presso  il  detto  p.  Ma-  recondilnni  est  caput  s.  Savìni 
billon ,  nel  DIus.  Italie,  tom.  II,  Spolelini  episc.  et  mnrt.  et  costa 
p.  160;  in  Giovanni  Diacono,  che  s.  Caesarei  mart.  et  sanguis  s. 
dice  inoltre  riposarvi  il  corpo  di  Sfhastiani  mart.  -{-  et  reliquiae  ss. 
s.  Savino  vescovo  ;  nel  catalogo  Quadraginta.  Il  quadro  dell'altare 
del  cardinal  Baronio,  ed  in  altri  maggiore  rappresentava  anticamente 
autori.  Già  nel  i32o  apparteneva  la  Beala  Vergine IMaria,  Gesù  bara- 
all'ordine  gerosolimitano,  con  con-  bino,  e  s.  Gio.  Battista,  dipinto  di 
tiguo  convento,  e  dignità  di  prio-  Andrea  Sacchi:  al  presente  in  detto 
rato  di  Roma,  della  lingua  ita-  unico  altare  vi  è  la  figura  di  stucco 
liana,  con  pingui  rendite.  Il  più  di  s.  Basilio  sostenuta  dagli  angeli  in 
antico  restauro  ed  abbellimento  atto  di  portarlo  in  cielo;  avvi  pure 
fatto  alla  chiesa  che  si  conosca  in  un  ovato,  e  di  stucco,  l'iramagi- 
è  del  Papa  s.  Pio  V,  il  quale  fé-  ne  della  Beata  Vergine,  con  Gesù 
ce  pure  riedificare  l'abitazione  an-  bambino,  e  s.  Giovanni  Battista, 
ressa  ov'erano  buoni  quadri.  In  se-  11  ciborio  è  di  marmo,  con  la  cu- 
guito  ne  curarono  1'  edifizio  con  stodia,  ove  si  ripone  il  ss.  Sagra- 
restauri  ed  ornati  diversi  gran  mento,  di  metallo  dorato.  La  chie- 
priori  ,  e  particolarmente  i  cardi-  sa  è  ad  una  sola  nave,  ripiena  di 
nali  Benedetto  Pamphily,  Bartolo-  stucchi  con  bassorilievi  ed  ovati, 
meo  R.uspoli ,  e  Girolamo  Colon-  con  le  figure  dei  dodici  apostoli , 
na,  il  quale  vi  operò  magnifici  mi-  con  la  volta  pure  ricca  di  ornati, 
glioramenti.  Nel  1765  il  cardinal  con  l'immagine  di  s.  Gio.  Battista 
Gio.  Battista  Rezzonico  la  ridusse  protettore  della  religione  gerosoli- 
poi  nello  stato  in  cui  oggi  si  ve-  mitana.  In  questa  chiesa  si  osser- 
de,  valendosi  dell'  opera  dell'archi-  va  la  sepoltura  del  nominato  ar- 
tetto  cav.  Gio.  Battista  Piranesi,  chitetlo  Piranesi,  artista  assai  rino- 
che  la  sopraccaricò  d'ornamenti  di  mato  per  le  sue  molte  e  preziose 
ogni  sorta,  e  di  stucchi,  sì  nell'in-  incisioni  in  prospettiva  delle  anti- 
terno, che  neir  esterno.  Ridolfino  chità  romane,  i  di  cui  rami  origi- 
Venuti  nella  Roma  moderna  a  p.  nali  sono  al  presente  nella  calco- 
884,  dice  che  ne'restauri  del  car-  grafia  camerale.  La  di  lui  statua 
dinal  Rezzonico,  fu  trovata  sotto  di  marmo  bianco  vestita  alla  fog- 
li piano  della  chiesa  un'urna  con  già  degli  antichi,  è  lodata  scultura 
antica  iscrizione,  conlenente  le  re-  di  Giuseppe  Angelini  romano,  che 
liquie  di  s.  Abbondio  e  di  s.  Sa-  rappresentollo  con  la  pianta  della 
vino,  del  qual  santo  s.  Gregorio  medesima  chiesa  in  mano.  Alla 
I  mandò  alcune  reliquie,  cioè  del-  dritta  di  chi  entra  nella  chiesa  in- 
le  fascie  che  avevano  toccato  il  di  contrasi  il  monumento  sepolcrale 
lui  corpo ,  al  vescovo  di  Fermo  del  vescovo  Spinelli,  il  cui  cadave- 
Passivo,  come    leggesi  nelle  sue  e-  re  è  racchiuso   entro   un  sarcofago 


296  GER 

antico,  in  cui  vcdesi  scolpila  la  dea 
^fine^va  con  le  nove  muse,  e  l'effigie 
di  quello  al  ^quale  il  sarcofago  ap- 
partenne, con  un  volume  in  ma- 
no, perchè  forse  poeta.  Nelle  fian- 
cate vi  sono  sedenti  Pitagora  in 
atto  di  osservare  il  globo  celeste  , 
come  nelle  medaglie  di  Samo,  ed 
Omero  co'  suoi  poemi  espressi  sim- 
bolicamente. Entro  le  altre  nicchie 
stanno  collocati  i  depositi  di  alcuni 
gran  maestri  e  gran  priori  di  Ro- 
ma, di  cui  facemmo  superiormen- 
te menzione,  e  dei  cavalieri  gero- 
solimitani, alcuni  con  figure,  di  Fa- 
brizio Garafa  principe  di  Rocella,  di 
Giovanni  Diedo  patrizio  veneto,  di 
certo  Serpando,  di  Aldobrandino 
Aldobrandini  romano  gran  priore, 
e  del  cardinal  Gioachino  Ferdi- 
nando Portocarrero  gran  priore  di 
Roma  e  vescovo  di  Sabina,  con 
deposito  di  marmo,  con  due  putti 
che  sostengono  il  suo  ritratto  in 
quadro  tondo,  ed  eseguito  in  mo- 
saico. Dice  il  Panciroli  che  antica- 
mente in  questa  chiesa  per  la  fe- 
sta dell'Assunzione,  festa  titolare  di 
essa,  vi  concorreva  molto  popolo. 

Il  sito  per  la  sua  eminenza  è 
delizioso,  domina  il  Tevere  dalla 
parte  delle  Marmorate,  luogo  ove 
si  scaricano  i  marmi,  si  gode  la 
vista  tanto  di  Roma  antica  che 
della  moderna,  appartenendo  al 
priorato  l'annesso  ameno  giardino. 

Serie  dei  gran  priori  di  Roma 
dell'ordine  gerosolimitano  ,  con- 
ferendosi anticamente  dall'  ordine 
ai  soli  cavalieri  professi,  prima 
che  i  Papi  concedestero  il  prio- 
rato in  commenda  al  cardinali, 
le  biografie  de' quali  sono  ripor- 
tate ai  loro  articoli. 

i32o.  Fr.  Pietro  da    Imola  beato. 


GER 
segretario  dell'imperatore  Lo- 
dovico di   Baviera. 

I  346.  Fr.  Giovanni  di  Rivara  pie- 
montese, gran  priore  ad  un 
tempo  di  Roma,  di  Pisa,  e 
di   Venezia. 

j365.  Fr.  Bartolomeo  del  Benino 
fiorentino. 

1373.   Fr.  Gherardo  Rudini. 

1379.  Fr.  Roberto  Diana  seniore 
di   Messina. 

i384.  Fr.  Pietro  Pignate  :  nella 
iscrizione  del  suo  sepolcro  è- 
sistente  nella  chiesa  priorale, 
egli  è  chiamato  fr.  Bartolomeo 
Carafa  priore  di  Roma  e  di 
Ungheria,  maestro  di  casa  di 
Innocenzo  VII,  luogotenente 
del  magistero,  e  senatore  di 
Roma  sotto  Bonifacio  IX,  mor- 
to nel    1 4o5. 

i4i6.   Fr.   Stefano  Gaetano. 

i434-  Fr.  Faentino  Quirini  vene- 
ziano, gran  priore  di  Roma 
e  di   Venezia. 

i434-  Fr.  Lorenzo  Orlandi  gran 
priore  di  Roma,  dignità  che 
godè  pochi  giorni  come  il  pre- 
cedente. 

1439.  Fr.  Roberto  di  Diana  giunio- 
re  di  Messina,  ch'essendo  in- 
fermo, fu  fatto  governatore  del 
priorato  fr.  Battista  Orsino. 

1446-  F^'-  Giovanni  Battista  Orsi- 
ni romano,  dei  conti  di  Gra- 
vina, gran  priore  di  Roma, 
poi   divenne  gran   maestro. 

1457.  Fr.  Cencio  Orsini  romano, 
gran  priore  di  Roma  e  di 
Capua,  e  commendatore  della 
gran  commenda  di  Cipro,  e 
di  quella  di  Verona.  Stabili 
una  lega  tra  il  re  di  Napoli, 
la  signoria  di  Venezia,  e  la 
religione  gerosolimitana ,  nel 
portarsi  in  pellegrinaggio  a  s. 
Giacomo  di  Galizia,    e    poscia 


GER 

fu    fatto    ambfisciatore  e    luo- 
gotente    del  gran    maestro    in 
Italia. 
j5o4.  Fr.  Sisto  Gara  della  Rovere 
di  Lucca,  gran   priore  di   Ro- 
ma,   fatto  cardinale    nel    i5o8 
dallo  zio  Giulio  II. 
iSoy.    Fr.  Carlo  Gesualdo  napole- 
tano. 
j^iy.   Fr.   Pietro  Salviati     fiorenti- 
no, parente    di  Leone    X  che 
fu  il  primo    Papa  che  conferì 
il   priorato  di    Roma  per  bre- 
ve apostolico. 
|525.    Fr.    Bernardo    Salviati    fio- 
rentino,   nipote     di     Clemente 
VII,    gran     priore    di     Roma, 
ambasciatore  e  procuratore  ge- 
nerale   dell'ordine    gerosolimi- 
tano presso  la  Sede  apostolica, 
generale  delle  galere   pontificie 
e    di    quelle  di    sua    religione 
per  l'impresa  di  Modone,  e  poi 
ambasciatore   della    medesima 
per  rendere  ubbidienza  al  nuo- 
vo   Pontefice    Paolo   111.     Nel 
i56i  Pio  IV  lo  creò  cardinale. 
l568.    Cardinale     Michele     Bonelli 
del  Bosco  di   Alessandria,  del- 
l'ordine   de' predicatori,    fatto 
gran  priore  dallo  7Ìo  s.  Pio  V. 
1598.     Fr.    Silvestro    Aldobrandini 
fiorentino,   pronipote    di    Cle- 
mente VIII,  il  quale  lo  dichia- 
rò gran  priore,  e  poi  nel  i6o3 
lo  creò  cardinale. 
16 12.   Fr.  Aldobrandino  Aldobran- 
dini romano,  oriondo  fiorenti- 
no,   cavaliere    professo,  proni- 
pote di   Clemente    Vili,  gran 
priore  di  Roma,  generale  del- 
le galere  di    sua   religione,  ed 
ambasciatore  di   essa  presso  la 
santa  Sede. 
1623.   Cardinale  Antonio  Barberini 
fiorentino,    fatto    gran     priore 
dallo  zio  Urbano  Vili. 


GER  297 

l6?8.  Fr.  Sigismondo  Chigi  sane» 
se,  dallo  zio  Alessandro  VII 
dichiarato  gran  priore,  indi 
creato  cardinale  nel  1667  da 
Clemente   IX. 

1678.  Abbate  Benedetto  Pamphilj  ; 
romano,  pronipote  d'Innocen- 
zo X,  fatto  gran  priore  da  In- 
nocenzo XI,  che  poi  nel  i68c 
Io  creò  cardinale. 

1780.  Cardinale  Camillo  Cibo  dei 
principi  di  Massa  e  Carrara, 
pronipote  d'Innocenzo  X,  fat- 
to gran  priore  da  Benedet- 
to XIII,  che  nell'anno  prece- 
dente l'avea  esaltato  al  cardi- 
nalato. 

1734.  Cardinale  Bartolomeo  Ru- 
spoli  romano,  per  linunzia  do! 
precedente,  Clemente  XII  gli 
conferì  il  gran  priorato  di 
Roma. 

1743.  Cardinale  Girolamo  Colonna 
romano,  dichiarato  gran  prio- 
re da  Benedetto  XIV,  che 
nell'istesso  anno  l'avea  anno- 
verato nel   sacro  collegio. 

1763.  Monsignor  Gio.  Battista  Rez- 
zonico  veneziano ,  nipote  di 
Clemente  XIII,  e  suo  maggior- 
domo: lo  zio  lo  promosse  al 
gran  priorato,  e  nel  1770 
Clemente  XIV  lo  creò  cardi- 
nale. 

1784-  Monsignor  Romualdo  Bra- 
schi  Onesti  di  Cesena,  mag- 
giordomo delio  zio  Pio  VI, 
che  lo  nominò  gran  priore,  e 
nel    1786  lo  creò  cardinale. 

181  7.  Cardinale  Fabrizio  Ruffo  na- 
poletano, fatto  gran  priore  da 
Pio  VII  agli  II  tnaggio  1817. 
5828.  Giorgio  Doria  Pamphilj  ro- 
mano, fatto  gran  priore  da 
Leone  XII  ai  4  agosto  1828. 
Essendo  esso  morto  a'  16  no- 
vembre   1887  j    il     venerabile 


598  OER 

haTi  fi'.  Carlo  Candida  luo- 
gotenente del  magistero,  coi 
cavalieri  dell'ordine,  a  me7.20 
del  cardinal  segretario  di  sta- 
to avanzarono  supplica  al  Pa- 
pa Gregorio  XVI,  perchè  si 
degnasse  conferire  il  vacalo 
gran  priorato,  al  di  lui  de- 
gno nipote  fr.  Gio.  Antonio 
Cappellari  della  Colomba  bel- 
lunese, cavaliere  professo  della 
religione.  Ma  il  Pontefice  fece 
rispondere  parole  di  gradimen- 
to per  tale  desiderio,  e  di  non 
volere  ftre  innovazione  alla 
consuetudine  di  nominare  al 
gran   priorato  un  cardinale. 

i838.  Cardinale  Carlo  Odescalchi 
romano,  fatto  gran  prioie  dal 
regnante  Gregorio  XVI.  jXel 
numero  5o  del  Diario  di  Fo- 
nia si  legge  quanto  segue  : 
M  Dalla  sovrana  clemenza  del 
regnante  Pontefice  Gregorio 
XVI  onorato  1'  eminentissimo 
signor  cardinale  Carlo  Ode- 
scalchi  vescovo  di  Sabina,  vi- 
cario della  prelodata  Santità 
Sua,  ed  arciprete  della  Libe- 
riana basilica,  del  gran  prio- 
rato della  religione  ed  ordi- 
ne gerosolimitano,  nella  do- 
menica de'  IO  giugno  i838, 
giorno  sacro  alla  ss.  Trinità, 
determinatasi  l'eminenza  sua 
di  prendere  il  pubblico  posses- 
so dell'anzidetto  gran  priora- 
to, dopo  aver  fatto  conoscere 
a  sua  eccellenza  il  signor  ba- 
li fr.  Carlo  Candida,  luogo- 
tenente del  magistero  del  di  - 
visato  inclito  ordine,  tal  sua 
determinazione,  col  suo  nobi- 
le treno  nella  mentovata  do- 
menica si  recò  alla  chiesa  di 
detto  gran  priorato,  dedicata 
al    glorioso     s.    Basilio,   eretta 


GER 

sul  monte  Aventino,  avendo 
seco  i  due  monsignori  Gio. 
Battista  jVardi-Valentini  uno 
de'protonotari  apostolici  par- 
tecipanti, e  Francesco  Pentini 
uno  de'  chierici  di  camera. 
Ivi  giunto  r eminentissimo  car- 
dinale gran  priore  fu  ricevuto 
alla  porta  del  tempio  dal  pre- 
lodato signor  bah  Candida  nel- 
la rappresentanza  di  luogote- 
nente del  magistero,  dai  com- 
mendatori, dai  cavalieri,  e  dai 
fra  cappellani  del  sacro  ordine. 
Assuntasi  da  sua  eminenza  la 
cappa,  sua  eccellenya  il  sig.  baPi 
le  si  fece  allora  innanzi,  ed  a 
proprio  nome  e  degli  indivi- 
dui tutti  dell'inclito  ordine  e- 
sternò  i  sentimenti  di  gratitudi- 
ne verso  il  sommo  Pontefice  per 
la  degnazione  avuta  di  dare  in 
gran  priore  dell'  ordine  in  Ro- 
ma, un  SI  commendato  e  ri- 
spettabile personaggio ,  e  di 
giubilo  per  l' accettazione  fat- 
ta da  sua  eminenza  della  so- 
vrana grazia,  assumendo  il  no- 
bile incarico  di  gran  priore  in 
bene  e  sempre  maggior  lustro 
dell'ordine  medesimo.  Colloca- 
tasi sua  eccellenza  il  signor 
luogotenente  Candida  nella  sua 
sedia,  ed  i  commendatori,  i 
cavalieri,  ed  i  fra  cappellani 
nelle  rispettive  loro  panche, 
r  eminentissimo  signor  cardi- 
nale orò  innanzi  l'altare  ado- 
rando la  ss.  Croce  :  ascese 
quindi  al  trono,  e  seduto  con- 
segnò le  bolle  apostoliche  al 
suo  monsignore  cerimoniere, 
il  quale  le  passò  al  cancellie- 
re del  gran  priorato  che  ne 
lesse  il  transunto.  Tale  lettu- 
ra ultimata,  sua  eccellenza  il 
signor    bah    Candida    pertossi 


GER 

al  trono,  e  fu  unitaraente  ai 
commendatori  ed  ai  [xofessi 
ammesso  all'amplesso  dell' e- 
minenlissimo  gran  priore.  I 
cavalieri  dell'ordine,  e  quindi 
i  fra  cappellani  verniero  am- 
messi al  bacio  dell'anello.  Da 
uno  dei  fra  cappellani  venne 
poscia  intuonato  l'inno  Am- 
brogiano  proseguito  col  canto 
dagli  alunni  del  seminario  ro- 
mano. Deposta  quindi  sua  e- 
minenza  la  cappa  ,  ed  assunta 
la  niozzelta,  sopra  Ja  quale 
vedevasi  la  gran  croce  dell'or- 
dine, venerato  il  glorioso  s.  Ba- 
silio, recossi  al  suo  apparta- 
mento, ove  si  trattenne  per 
qualche  tempo  con  esso  si- 
gnor bali,  coi  commendatori 
e  coi  cavalieri,  dando  loro  u- 
na  testimonianza  del  suo  gra- 
dimento per  l'assistenza  da 
essi  prestata  al  suo  possesso". 
Nel  medesimo  anno,  e  nel  con- 
cistoro de'  3o  novembre,  il 
Pontefice  accettò  la  rinunzia 
del  cardinalato  e  di  tutte  le 
dignità  dal  cardinal  Carlo  O- 
descalchi,  il  quale  con  univer- 
sale e  tenera  ammirazione  en- 
ti'ò  religioso  nella  compagnia 
di  Gesù,  ove  santamente  morì. 
1839.  Cardinale  Luigi  Lambru- 
schini  genovese,  vescovo  sub- 
urbicario  di  Sabina,  segreta- 
rio di  stato,  e  bibliotecario  di 
s.  Chiesa,  fatto  gran  priore 
dal  regnante  Gregorio  XVI. 
IVel  numero  4?  ^1^'  Diario 
di  Roma  di  tale  anno  si  leg- 
ge quanto  segue.  "  Sua  e- 
minenza  reverendissima  il  si- 
gnor cardinal  Lambruschini, 
non  ha  guari  eletto  in  gran 
priore  di  Roma  del  sacro  mili- 
tare ordine  gerosolimitano  dal- 


GER  agg 

la  Santità  di  nostro  Signore  Pa- 
pa Gregorio  XVI,  nel  giorno 
9  giugno  1889,  alle  ore  ven- 
tidue, si  trasferì  con  nobile 
treno  alla  propria  chiesa  di  s. 
Basilio  sul  monte  Aventino. 
Al  limitare  del  sacro  tempio 
fu  ricevuto  da  sua  eccellenza 
il  venerando  bali  fra  Carlo 
Candida  luogotenente  del  ma- 
gistero, dai  dignitari,  e  dal- 
l'intero corpo  del  sacro  ordi- 
ne, composto  di  molti  cava- 
lieri professi ,  novizi  e  con- 
ventuali. Il  venerando  luogo- 
tenente nell'accogliere  il  nuo- 
vo titolare  diresse  al  medesi- 
mo una  elegante  e  com- 
movente allocuzione  ,  mani- 
festando il  giubilo  e  gradi- 
mento sommo  della  sua  re- 
ligione e  confratelli  nell'  an- 
noverare fra  loro  un  perso- 
naggio tanto  distinto  per  rari 
talenti  ed  esimie  virtù,  e  che 
per  l'indefesso  e  singolare  at- 
taccamento verso  l'ordine  stes- 
so lo  rendono  impareggiabile. 
Quindi  la  lodata  eminenza 
sua  proferì  un  eloquente  ed 
erudito  discorso  allusivo  alla 
circostanza,  che  riscosse  meri- 
tamente gli  applausi  e  l'ammi- 
razione di  quel  ragguardevole 
e  colto  consesso.  Lette  in  se- 
guito le  lettere  apostoliche,  e 
redatto  dal  cancelliere  priora- 
le  l'atto  di  possesso,  si  diede 
termine  alla  cerimonia  con 
l'inno  Ambrogiano;  quale  ter- 
minato, l'eminenlissiino  gran 
priore  ammise  all'abbraccio  il 
venerando  luogotenente,  i  di- 
gnitari, ed  i  cavalieri  dell'or- 
dine   ivi    concorsi.    Distinsrue- 

o 
■vansi  tra  questi  sua  eccellenza 

il  signor    ball  fr.  Gio.    Aulo- 


3oo  GER 

nio  Cappellai'!   nipote  di   Sua 
^Santità  ,    e    gran    priore     del 
prioratct    Lombardo  -  Veneto  , 
recentemente  istituito  per  mu- 
nificenza    dell'  angusto   Ferdi- 
nando  I  imperatore  d'Austria, 
e.     sua     eccellenza      il     signor 
principe    d.  Francesco  Barbe- 
rini  venerando   bali  di  s.   Se- 
bastiano,   baliaggio  di    patro- 
nato della  famiglia.  Assistettero 
anche    molti   prelati,    ed  altri 
.  distinti  personaggi,  che  resero 
■vieppiù  decorosa  la  sacra  fun- 
zione,   dopo    la  quale  sua    e- 
minenza    ascese      nel    palazzo 
priora  le    attiguo     alla    chiesa, 
e    trattò  tutti    con    lautissimo 
rinfresco.   11   luogotenente  ed   i 
cavalieri  gei'osolimitani  riguar- 
dano cotesta  elezione  come  un 
beneficio  singolare  della  prov- 
videnza, ed   un   tratto  ulterio- 
re delle    magnanime  cure    ed 
alta   protezione  del  Santo   Pa- 
dre  verso  l'ordine,  e  si   ripro- 
mettono, mercè  i   lumi  e   su- 
blime    impegno  dell' erainen- 
tissimo  gran    priore,  di    vede- 
re sempre   più    risorgere  l'in- 
clito   loro  ordine,  e  giungere 
alla  desiata  universale  e  com- 
pleta   ristaurazione   ".   Il  car- 
dinale Lambruschini,  come  se- 
gretario de'  brevi   pontificii,  è 
gran    cancelliere   degli     ordini 
equestri    pontificii. 
Gran   priorato    Lombardo-  Ve- 
neto ,   i  cavalieri    di    giustizia    sono 
\enticinque,    le  dignità    sono  ven- 
tiquattro,   cioè  il    gran   priore    ve- 
nerando  fr.    Gio.    Antonio  Cappel- 
lari  della  (Colomba,  e  ventitré  com- 
mende,    sedici   delle  quali   di   gius- 
padronato  .    La    prima    commenda 
è  sulle   rendite    del   tesoro  dell'or- 
dine, come   la   seconda  e    la  terza. 


GER 

Parma  ha  tie  commende.  Le  altie 
commende  sono  del  Serraglio  Fi- 
nale di  Modena  ;  di  Villa  Rio  di 
Reggio;  di  Lochis  :  di  Melzi  ;  di 
Greppi;  di  Nava;  d'Adda;  di  Zur- 
la-Rovei-eto;  di  Taverna  ;  di  Gio- 
vannelli;  di  Cappellari  della  Co- 
lomba maggiore,  di  Cappellari  del- 
la Colomba  minore,  ambedue  fon- 
date dal  regnante  Papa  pei  no- 
bili nipoti,  e  loro  discendenze  fr. 
Gio.  Antonio,  e  Bartolommeo;  di 
Cicogna;  di  Raimondi;  di  Vigodar- 
zere;  di  Corbelli  Ferrari;  e  di  Ta- 
verna. Uno  è  il  cappellano  con- 
ventuale, e  due  le  commende  de- 
stinate pei  cappellani  conventuali, 
cioè  di  Poldi  Pepoli,  e  della  .ss. 
Trinità  di  Reggio,  la  quale  è  padro- 
nato. Tre  sono  i  gran  croci  di  divo- 
zione, vale  a  dire  sua  altezza  reale  il 
regnante  duca  di  Lucca  Carlo  Lo- 
dovico di  Borbone  ;  sua  altezza  im- 
periale il  principe  Ferdinando  Car- 
lo Borbone  ,  duca  ereditario  di 
Lucca;  e  sua  altezza  reale  France- 
sco principe  ereditario  di  Modena. 
Le  dame  decorate  della  gran  cro- 
ce di  divozione ,  secondo  la  data 
della  loro  bolla,  sono  sua  altezza 
reale  Maria  Luigia  Carlotta  Bor- 
bone di  Lucca;  e  sua  maestà  l'ar- 
eiduchessa  duchessa  di  Parma,  Pia- 
cenza e  Guastalla  Maria  Luigia 
regnante.  I  cavalieri  di  divozione 
sono  cinquantadue,  e  le  altre  da- 
me decorate  della  gran  croce  di 
divozione  sono  sei,  compresa  sua 
altezza  serenissima  la  principessa 
Giulia   Gonzaga   nata   Cavriani. 

Gran  priorato  delle  due  Sicilie, 
i  cavalieri  di  giustizia  sono  trenta- 
quattro, fra'  quali  l'odierno  luogo- 
tenente del  magistero  dell'  ordine 
gerosolimitano,  ed  il  gran  priore 
venerando  fr.  Gio.  Giacomo  Sal- 
vatore Borgia  di  Siracusa.    Le   di' 


GER 

gnilà  sono  tredici  comprese  nel 
detto  priorato,  e  in  dodici  commen- 
de, la  prima  delle  quali  appartie- 
ne al  nominato  luogotenente ,  tre 
essendo  di  giuspatrunato.  Il  nome 
delle  commende  sono  di  s.  Gio- 
vanni di  Tavorriiina;  di  s.  Stefa- 
no di  Schialtina,  e  s.  Antonio  d'Al- 
bigiana  di  Palermo;  de'  ss.  Gio. 
Battista  e  Giacomo  della  Saracena 
di  Caltagirone  e  Bonanno  ;  di  Viz- 
zini  ;  di  Calli;  di  s.  Silvestro  della 
Cagnara  ;  prima  commenda  smem- 
brata dalia  commenda  di  Beneven- 
to; seconda  commenda  smembrata 
dalla  commenda  di  Benevento;  di 
Mayo  ;  di  Forcella  ;  e  di  Zanibra. 
Se^te  sono  i  cappellani  conventua- 
li, e  serventi  d'armi ,  essendo  la 
commenda  destinata  per  loio  quel- 
la detta  le  Granché  di  Benevento, 
smembrala  dalla  commenda  di  Be- 
nevento. J  gran  croci  di  divozione 
sono  sette,  fra'  quali  l'arcivescovo 
di  Patrasso.  Una  è  la  dama  deco- 
rata della  gran  croce  di  divozione. 
I  cavalieri  di  divozione  sono  cento 
dieciuove.  Le  altre  dame  decorate 
della  croce  di  divozione  sono  cin- 
que; i  cap[iellani  d'ubbidienza  uno; 
ed  i  donati  quattro,  essendone  sta- 
to fino  ai  nostri  giorni  il  primo, 
percliè  ammesso  agli  i  i  settem- 
bre 1809  ,  Saverio  Camilleri  di 
Malta,  segretario  di  cancelleria  dei 
luogotenente  generale  del  magiste- 
ro, da  ultimo  defunto  con  dispia- 
cere di  tutti  pel  suo  zelo,  cogni- 
zioni  e  qualità. 

Notizie  generali  del  governo  del- 
l'ordine gerosolimilano,  conside- 
rato come  esistesse  iti  tutta  la  sua 
integrità,  col  suo  gran  maestro;  e 
delle  divisioni-,  (Qualità  e  diversità 
dei  cavalieri,  loro  prerogative  e 
privilegi.  Novizia  lo  j  professione. 


GER  3o! 

e  vesti    de'  cavalierij  cenni  sulle 
monache  gerosolimitane. 

L'  ordine  gerosolimitano  è  nei 
medesimo  tempo  ospitalario,  reli' 
gioso,  militare,  aristocratico  e  mo- 
narchico. Ospitalario  perchè  fon- 
dato per  ricevere  nell'  ospedale  di 
Gerusalemme  i  pellegrini  che  ivi 
si  recavano  per  sciogliere  i  loro 
voti ,  chiamati  i  poveri  di  Gesù 
Cristo,  non  che  gì'  infermi  d' ogni 
nazione,  senza  distinzione  di  cul- 
to ,  per  essere  assistiti  dagli  in- 
dividui dell'ordine.  Religioso  per- 
chè i  suoi  membri  fanno  i  vo- 
ti di  castità,  d'obbedienza  e  di 
povertà.  Militare  perchè  tutti  quelli 
che  ne  fanno  parte  debbono  far 
guerra  agli  infedeli  per  proteggere 
i  cristiani.  Monarchico  perchè  alla 
testa  ha  uii  capo  inamovibile,  in- 
vestilo del  potere  sovrano  sui  sog- 
getti del  luogo  appartenente  in  so- 
vranità all'ordine.  Aristocratico  per- 
chè negli  affari  più  importanti  il 
gran  maestro  ed  il  consiglio  eser- 
citano insieme  un'assoluta  autorità; 
del  consiglio  supremo  o  ordinario, 
di  quello  completo,  come  delle  di- 
gnità dell'ordine  e  delle  otto  lin- 
gue, ne  parlammo  di  sopra.  Avvi 
pure  il  consiglio  secreto  o  crimi- 
nale, in  cui  si  trattano  gli  afìari 
straordinari,  e  ch'esigono  una  pron- 
ta deliberazione,  il  quale  si  pre- 
siede dal  gran  maestro,  e  dal  suo 
luogotenente,  come  avvi  il  consi- 
glio chiamato  della  veneranda  ca- 
mera del  tesoro,  del  quale  è  pre- 
sidente il  gran  commendatore,  pri- 
ma dignità  della  religione.  In  tutti 
i  tempi  l'ordine  si  compose  dei  no- 
bili di  tutta  la  cristianità,  ma  sem- 
pre geloso  di  conservare  la  sua  in- 
dividuale indipendenza,  coi  prov- 
vedimenti delle  costituzioni   e   sia.- 


3o2  GER 

tuli ,  non  lasciò  al  suo  capo  che 
l'autorità  necessaria  pel  governamen- 
to,  consicìeiandolo  eguale  agli  al- 
tri, et  primus  ì/ì[erpares,}pevcu\  al- 
cuni storici  qualificarono  il  gover- 
no dell'  ordine  per  repubblicano  : 
però  i  cavalieri  Io  rispettavano  e 
gli  erano  ubbidienti  secondo  le 
costituzioni,  e  giammai  si  copriva- 
no il  capo  alla  presenza  del  gran 
maestro.  Lo  stendardo  della  reli- 
gione ebbe  sempre  la  preeminenza 
sugli  altri  religiosi  o  pontifìcii;  ed 
il  gran  maestro  Raimondo  dicliia- 
lò  che  se  alcuno  de'  cavalieri  lo 
avessero  abbandonalo  nelle  batta- 
glie, fossero  privati  dell'  abito  ge- 
rosolimitano. I  Papi  però,  ricono- 
sciuti capi  supremi  dell'ordine,  vi 
esercitarono  pienissima  autorità,  di 
cui  molli  esempi  liportammo  su- 
periormente, non  che  confermando 
la  convocazione  de'  capitoli  gene- 
rali, annullandoli  per  giuste  ragio- 
ni, approvando  gli  statuti,  crean- 
do moltissimi  gran  croci  adhonores, 
ad  onta  della  ripugnanza  del  con- 
siglio conventuale  dell'  ordine ,  e 
tenendo  presso  il  gran  maestro  ed 
il  consiglio  un  prelato  inquisitore 
e  vicario  apostolico  per  gli  alfari 
ecclesiastici. 

11  gran  maestro  ha  il  dirit- 
to di  convocare  il  capitolo  ge- 
nerale ,  di  nominare  un  luogote- 
nente ed  i  gran  croci  che  ne'  con- 
sigli gli  procurano  la  maggiorità 
nelle  discussioni.  Tranne  le  urgen- 
ze, i  capitoli  generali  regolarmente 
si  convocano  ogni  cinque  anni,  ed 
anche  ogni  tre  anni.  1  capitoli  ge- 
nerali si  sono  tenuti  in  Gerusaleuì- 
me,  a  Rodi,  in  Malta,  ed  altrove. 
S'  incominciano  con  la  celebrazione 
d' una  messa  solenne  allo  Spirito 
Santo,  col  gran  maestro  sedente 
in  trono,  vestito    delle    inseirne    di 


GER 

.sua  dignità,  come  i  capitolari;  que- 
sti erano  cinquantaquattro  prima 
della  soppressione  della  lingua  d'in- 
ghilteiTa,  componendosi  del  vesco- 
vo di  Malta  (  quando  l'ordine  era 
in  quell'isola)  o  del  gran  priore 
conventuale  di  s.  Giovanni,  del  gran 
commendatore,  del  gran  marescial- 
lo, del  gran  spedaliere,  del  gran- 
d' ammiraglio  ,  del  gran  conser- 
vatore ,  del  gran  bah,  del  gran 
cancelliere,  e  dei  gran  priori  di 
Saint-Gilles,  d'Auvergne,  di  Fran- 
cia, d'Aquitania,  di  Champagne,  di 
Tolosa  ,  di  Roma  ,  di  Lombardia , 
di  Venezia,  di  Pisa,  di  Barletta, 
di  Messina,  e  di  Capua;  del  castel- 
lano d'Emposta,  o  gran  priore  di 
Aragona,  e  dei  gran  priori  di  Pi'a- 
to  in  Portogallo,  d'  Inghilterra,  di 
JVa varrà,  d'Alemagna,  d'Irlanda,  di 
Boemia,  d  Ungheria;  del  bah  di  s. 
Eufemia,  del  gran  priore  di  Cata- 
logna, e  dei  bali  di  Negroponte, 
di  Morea,  di  Venosa,  di  s.  Stefa- 
no, di  Maiorica,  di  s.  Gio.  di  Ge- 
rusalemme, di  Lione,  di  Manosca, 
di  Brandeburgo,  di  Caspe,  di  Lo- 
ra,  d'Aigle,  di  Largo  e  di  Leza , 
del  santo  Sepolcro,  e  di  Cremona  ; 
del  gran  tesoriere,  e  dei  bah  di 
Nenevillas  ,  d'  Acri  ,  della  Rocella  , 
d'Armenia,  di  Carlostadt,  e  di  s. 
Sebastiano  di  Roma.  La  facoltà  poi 
di  oliare  nella  lingua  d'Italia  ad 
altre  dignità,    fu    tolta    nel     i594> 

In  quanto  ai  priori  coH'autorità  del 
Compendio  del  codice  gerosolitnila- 
110,  pubblicato  colle  stampe  in  Mal- 
ta nel  1783,  daremo  qui  un  cen- 
no di  quanto  li  riguarda,  preroga- 
tive, doveri,  ed  altro. 

La  elezione  dei  priori  spetta  al 
consiglio  ordinario, salva  la  nomina- 
zione della  lingua.  I  priori  sono  esenti 
dall'obbedienza  al  maresciallo,  an- 
che ueir esercizio  delle  armi.  Parten- 


GER  GER  3o3 

dosi  dai  priorati  devono  deputare  un  possono  però  dispensarli  dall'obbli- 
luogotenente,  ma  essendo  presenti,  go  di  risiedere  nella  loro  cura  , 
e  non  intervenendo  nei  capitoli,  eccettuato  il  priore  di  Casliglia , 
presiede  il  baglivo  che  vi  si  tro-  che  può  ritenere  uno  al  suo  ser- 
vasse, o  il  fratello  piìi  anziano.  Sta  vigio,  e  due  per  le  segreterie  delle 
in  libertà  portarsi  al  capitolo,  ma  ricette  di  quel  regno.  Hanno  la 
in  ogni  caso  sempre  quello  si  tiene  collazione,  o  presentazione  dei  be- 
a  spese  da'  medesimi.  Col  capitolo  nefizi  ecclesiastici ,  dipendenti  dai 
o  assemblea  hanno  giurisdizione  ci-  loro  priorati,  come  anche  dalle  di- 
vile e  criminale,  e  regolare  correzio-  gnità  e  commende  del  loro  piio- 
ne  sopra  tutti  i  tialelli,  che  abita-  rato  in  tempo  del  loro  mortorio, 
no,  o  si  trovano  nei  limiti  dei  lo-  e  vacante,  se  i  provvisti  dal  cou- 
ro  priorati,  compresivi  pure  i  baPi  ;  vento  non  avessero  preso  possesso, 
ma  non  possono  dar  sentenza  di  o  provvisto  d'un  suftlciente  procu- 
privazione  d'abito,  commende,  mem-  ratore  per  provvedere  simili  bene- 
bri,  benefizi,  anzianità,  o  di  car-  fizi.  Devono  fare  matricola  dei  cap- 
cere  perpetua,  ma  trovando  che  pellani  d'obbedienza  ricevuti  fuori 
alcuno  sia  incorso  in  dette  pene,  di  convento  per  servizio  delle  chie- 
devono  formare  il  processo,  e  ri-  se  e  cappelle  dell'ordine  nei  limiti 
metterlo  al  gran  maestro  e  consi-  del  loro  priorato.  Possono  unire 
glio.  In  dubbio,  se  il  caso  sia  prò-  due  commende  di  tenue  entrata, 
vato,  ed  in  conseguenza  se  il  fra-  e  due  membri  lontani  dal  capo, 
tello  sia  incorso  nelle  suddette  pe-  Rivedono  i  conti  dei  ricevitori  coi 
ne,  la  dichiarazione  spetta  al  con-  capitoli  provinciali  ,  ed  esaminano 
sigilo.  Col  capitolo  danno  in  Ale-  e  verificano  accuratamente  le  giu- 
magna  licenza  ai  commendatori  di  stifìcazioni  delle  spese  ed  esiti  por- 
potere  con  legittima  ragione  con-  tati  in  tali  conti  ,  con  rimetterne 
trarre  debiti,  che  non  possano  pe-  però  il  saldo  alla  camera  dei  conti. 
rò  ridondare  in  danno  della  reli-  Finito  il  capitolo  devono  avvisare 
gione.  Possono  conferire  commen-  il  convento  dei  conti  presentati  al 
de  di  loro  grazia,  e  ritenerne  una  capitolo  dai  ricevitori,  e  mandare 
per  loro  quinta  camera.  Possono  alle  rispettive  lingue  e  priorati  no- 
nei  loro  priorati ,  non  essendovi  ta  de'  commendatori,  che  senza  le- 
presente  il  priore  della  chiesa,  eser-  gittimo  motivo  non  iulerveiuiero 
citare  giurisdizione  sui  cappellani  nel  capitolo,  aflinchè  le  lingue  la 
d'obbedienza,  come  sopra  i  cava-  passino  al  tesoro,  per  darne  debito 
lieri  e  serventi,  secondo  la  forma  a  tali  contumaci.  I  priori  non  pos- 
degli  statuti,  cioè  di  non  poter  pri-  sono  godere  delle  loro  prei'ogative, 
vare  dell'abito  ec.  I  piioii  che  bau-  se  non  fanno  constare  delle  dili- 
no giurisdizione  ecclesiastica  pos-  genze  usate  per  aver  il  possesso  dei 
sono  deputare  visitatori ,  e  vicari  priorati.  Devono  far  due  registri 
ecclesiastici.  Ricevono  le  sorelle  del-  del  valore  delle  commende,  ed  al- 
l'ordine, visitano  i  loro  moniste-  tri  beni  dei  loro  priorati,  rimetteu- 
li;  provvedono  col  capitolo  ai  be-  done  uno  al  gran  maestro  e  con- 
neficiati  deputati  al  governo  delle  vento,  e  l'altro  ritenendo  appr.sso 
chiese,  che  non  hanno  euti-ate  ba-  di  sé.  A  questi  registri  si  supplisce 
stanti  pel  loro  mantenimento.  Non  col  libro  delle    visite.    Devono  fare 


3o4  GEil 

un  archivio  del  priorato  a  spese 
loro  e  dei  comniendatori,  nel  quale 
conservino  ,le  scritture  del  priorato 
e  delle  commende,  con  ritenere  essi 
le  chiavi,  ed  in  loro  assenza  i  luo- 
gotenenti. Avuta  notizia  che  alcu- 
no dell'ordine  sai'à  stato  licenzialo 
dal  servizio  militare  di  qualche  so- 
vrano per  mancanze  da  lui  com- 
messe, devono  fui-mare  col  capito- 
lo o  assemblea  provinciale  il  pro- 
cesso informativo,  e  rimetterlo  col 
reo  in  convento  per  essere  punito. 
Devono  invigilare  che  i  minori 
non  portino  la  croce  d'oro,  prima 
che  siano  state  accettate  le  loro 
prove.  Devono  indagare  se  nei  li- 
miti del  loro  priorato  gì' insigniti 
della  croce  di  divozione  s' impie- 
gano in  servizio  domestico  di  al- 
tri che  dell'imperatore,  re,  sovra- 
ni, o  principi  del  loro  sangue,  e 
ritrovando  qualche  contravventore 
lo  ammoniscano,  e  non  correggen- 
dosi diano  parte  al  gran  maestro. 
Devono  invigilare  che  i  fratelli  non 
assumino  tutela  o  curazìa  di  chic- 
chessia senza  licenza  del  gran  mae- 
stro spedita  dalla  cancelleria.  Se 
alcun  secolare  volesse  dare  alle 
stampe  qualche  storia  deli'  ordine, 
commento  sopra  le  sue  leggi  o  pri- 
vilegi, o  altra  qualunque  opei*a  re- 
lativa all'ordine,  che  non  sia  stata 
approvata  dal  consiglio ,  devono 
cooperare  perchè  non  se  ne  permet- 
ta r  impressione.  Devono  esegui- 
re a  loro  spese  gli  ordini  del  con- 
vento ad  essi  diretti  per  il  ser- 
vigio pubblico  dell'ordine,  e  si  di- 
rigono ai  ricevitori ,  i  quali  devono 
jjrenderne  cura  di  esibirglieli ,  e 
procui'arne  1'  esecuzione.  Sono  te- 
nuti a  migliorare  i  priorati,  e  rin- 
novare i  cabrei  o  catasti ,  sotto 
pena  di  pagare  doppie  responsioni. 
Devono  visitare  le    commende    pò- 


GÉR 

5te  nei  limiti  dei  loro  priorati,  ed 
il  priore  di  Alemagna  nel  visitarle 
deve  far  processo  de'debiti  dei  com* 
mendatori  di  gran  somma  con  dar- 
ne l'avviso  al  convento.  Devono  far 
visitare  le  loro  quattro  camere  prio- 
lali  ;  presentare  alla  chiesa  una 
gioia  un  anno  e  mezzo  dopo  esse- 
re entrati  in  rendita  ;  provvedere 
che  le  chiese  delle  commende  nei 
limiti  dei  loro  priorati  siano  de- 
centemente ornate  e  restaurate,  e 
ripaiare  i  castelli  e  case  fjrti  per 
la  custodia  dei  vassalli  delinquen- 
ti ;  trovarsi  nei  capitoli  provinciali, 
ma  non  volendo  intervenirvi  de- 
vono sempre  fornire  le  spese ,  e 
farvi  leggere  la  regola  e  gli  statuti 
contro  i  debitori  del  tesoro.  De- 
vono invitare  alla  celebrazione  dei 
capitoli  e  assemblee  provinciali  i 
fratelli  capaci,  non  commendatori, 
colà  residenti ,  e  nel  priorato  di 
\  euezia  sotto  pena  della  nullità 
del  capitolo,  e  di  quanto  si  sarà 
in  quello  trattato,  si  devono  inti- 
mare i  religiosi  residenti  ne'  luo- 
ghi circonvicini.  Devono  assistere 
ai  ricevitori  contro  i  debitori  del 
tesoro,  ed  impedendo  mai  ai  rice- 
vitori il  possesso,  o  r  esazione  dei 
diritti  del  tesoro,  si  privano  dei 
priorati.  Devono  procedere  contro 
i  mali  amministratori  de'  beni  del- 
la religione  ;  scacciare  gli  occupa- 
tori  delle  commende;  astringere  i 
ricevitori  a  restituire  quello  che 
hanno  tolto  dello  stato  delle  com- 
mende, ed  uso  delle  case.  Sotto 
pena  d'essere  puniti  come  disub- 
bidienti non  possono  prendere  né 
palesemente,  né  sotto  nome  di  al- 
tri in  affitto  le  dignità  e  commen- 
de per  il  tempo  del  mortorio  e 
vacante.  Ti  e  priori,  secondo  l'ordi- 
ne col  quale  furono  chiamati,  sono 
tenuti  di  fare  residenza   in  convea- 


GER 

to.  Due  priorati  nello  stesso  tempo 
nessuno  può  tenere,  né  ver  un  bene 
in  altro  priorato;  anzi  i  nuovi  elet- 
ti priori  sono  tenuti  lasciar  tutte 
le  commende  che  prima  teneva- 
no, eccettuate  le  camere  magistrali, 
le  commende  ricuperate  dai  seco- 
lari, e  le  conseguite  per  la  priva- 
zione d'alcuno  debitore  del  tesoro, 
di  cui  avessero  pagato  il  debito. 
Possono  anche  ritenere  le  pensioni 
sulle  camere  magistrali,  si  eccet- 
tuano bensì  quei  priori ,  che  se- 
condo i  diversi  concordati  delle 
loro  rispettive  lingue,  possono  ri- 
tenere le  commende  ed  altri  beni 
coi  priorati.  Dei  priorati  sono  in- 
capaci i  concubinari,  ed  avendoli 
devono  esserne  privati. 

I  cavalieri  gerosolimitani  vengo- 
no accettati  nell'ordine  facendo  tut- 
te le  prove  richieste  dagli  statuti,  o 
con  qualche  dispensa.  Si  ottiene 
questa  dispensa  dal  Papa  mediante 
breve,  o  dal  capitolo  general-e  del- 
l'ordine, ed  iu  seguito  viene  ciò 
ratificato  dal  sacro  consiglio.  Le 
dispense  ordinariamente  si  conce- 
dono per  qualche  quarto  che  man- 
ca di  nobiltà,  principalmente  dal 
lato  materno,  dappoiché  gli  aspi- 
ranti debbono  provare  quattro  ge- 
nerazioni di  nobiltà ,  per  maniera 
però,  che  né  quello  che  si  è  fatto 
nobile,  né  suo  figlio,  eh' è  sempli- 
cemente nobile,  né  il  suo  nipote 
eh'  é  gentiluomo ,  ma  soltanto  il 
pronipote,  eh'  é  riputato  primo  gen- 
tiluomo di  nome  e  d'  arme  ,  può 
contare  per  prima  generazione  o 
primo  grado  dei  quattro.  Lo  stesso 
è  pure  dal  lato  di  madre,  pel  qua- 
le però  si  accordano,  come  dicem- 
mo, le  opportune  dispense,  ma  non 
mai  per  quello  di  padre,  tranne 
un  qualche  caso  particolare.  I  ca- 
valieri vengono  ricevuti    uell'  ordi- 

VOL.    XXIX. 


GER  3o5 

ne,  in  età  o  in  minorità.  L' età 
richiesta  dagli  statuti  è  d'  anni  se- 
dici compiti,  per  entrai'e  in  novi- 
ziato di  diecisette,  e  far  professio- 
ne di  dieciotto.  Chi  brama  essere 
ammesso  all'ordine,  deve  presen- 
tarsi personalmente  al  capitolo  o 
assemblea  provinciale  del  gran  prio- 
rato, nella  cui  estensione  egli  è 
nato.  Il  presentato  deve  recare  la 
sua  fede  del  battesimo  iu  forma 
autentica,  e  legalizzata  dal  vescovo, 
o  dal  suo  vicario;  di  più  il  pro- 
cesso delle  sue  prove ,  contenente 
gli  estratti  dei  titoli  che  giustifica- 
no la  legittimazione  e  la  nobiltà 
del  presentato,  e  di  quattro  fami- 
glie per  parte  paterna  e  materna, 
vale  a  dire  di  padre  e  madre,  avoli 
e  bisavoli.  Devono  queste  prove 
oltrepassare  i  duecent'anni,  quindi 
qualche  volta  conviene  rimontare 
fino  ai  terzavoli  e  quartavoli.  Ol- 
tre le  suddette  cose  bisogna  pre- 
sentare il  blasone,  e  le  arme  della 
famiglia  ,  co'  suoi  smalti  e  colori 
sopra  la  pergamena.  Allorché  il 
presentato  è  stato  ammesso,  gli  vie- 
ne consegnata  la  commissione  per 
fare  le  sue  prove  dal  cancelliere 
del  gran  priorato.  Se  il  padre  o 
la  madre,  o  alcuno  degli  antenati 
é  nato  in  altro  gran  priorato ,  il 
capitolo  dà  una  commissione  ro- 
gatoria, per  farvi  le  prove  neces- 
sarie. Le  prove  della  nobiltà  si  fan- 
no col  mezzo  di  titoli  e  contrat- 
ti, con  testimoni ,  con  epitafiì,  ed 
altri  monumenti.  I  commissari  o 
maestri  de'  novizi  richiedono  pure 
se  i  parenti  del  presentato  abbia- 
no mai  derogato  alla  loro  nobiltà 
col  commercio,  traffico,  o  banco. 
Nondimeno  avvi  un  privilegio  pei 
gentiluomini  delle  città  di  Genova, 
Firenze,  Siena  e  Lucca ,  ai  quali 
non  nuoce    punto    l'esercizio    della 

20 


3o(Ì  GER  GER 
mercatura  all'  ingrosso.  Tutte  le  servigio  prestato  alla  religione,  e  si 
prove  che  i  commissari  hanno  prò-  dicono  comraendecli  giazia.  Comune- 
eurate,  le  portano  al  capitolo  o  al-  mente  pagasi  il  passaggio  al  ricevito- 
l'assemblea.  Sevengono  riconosciu-  re  dell' ordine  nel  gran  priorato.  Le 
te  per  buone  e  valide  si  spedisco-  prove  vengono  qualche  volta  rigetta- 
no alla  sede  dell'ordine  sotto  il  si-  te  dall'ordine:  in  tal  caso  per  i'ad- 
gillo  del  gran  priorato.  dietro  restituivasi  il  denaro  di  già 
Quando  il  presentato  è  giunto  pagato,  ma  dipoi  con  nuovi  decreti 
alla  sede  dell'  ordine,  le  sue  prove  fu  stabilito  che  resterebbe  a  bene- 
vengono  esaminate  nell'assemblea  ficio  del  tesoro  dell'ordine.  Il  no- 
delle  lingue  di  quel  gran  priorato,  vello  cavaliere  paga  altresì  il  di- 
a  cui  egli  si  presentò;  e  se  olten-  ritto  della  lingua.  Questo  dirit- 
gono  l'approvazione,  egli  viene  ac-  to  è  in  propoizione  del  grado  o 
Gettato  cavaliere,  e  la  sua  anzianità  sia  rango  che  il  presentalo  ha  ot- 
incomincia  in  quel  giorno,  purché  tenuto.  Quelli  che  si  presentano  in 
abbia  pagato  il  suo  passaggio,  il  minorità,  vale  a  dire  al  disotto  di 
quale  importa  duecento  cinquanta  sedici  anni,  sono  aciinessi  in  vigo- 
scudi  d'oro,  e  subito  dopo  il  novi-  re  d'una  bolla  del  gran  maestro, 
ziato  abbia  fatto  professione;  altri-  ch'egli  accorda  secondo  la  facoltà 
menti  s' incomincia  a  contare  la  sua  avutane  dal  Papa,  o  dal  capitolo 
anzianità  soltanto  dal  giorno  della  generale.  Ordinariamente  vengono 
.sua  professione,  se  attendere  voglia-  ammessi  all'età  di  sei  anni,  e  qual- 
si  agU  statuti  e  regolamenti  dell' oi-  che  volta  per  grazia  speciale  ai  elu- 
dine; ma  la  pratica  è,  che  la  dila-  que,  ai  quattro,  e  anche  in  età  di 
zione  e  ritardo  della  professione  un  anno:  l'uso  di  ricevere  i  cava- 
punto  non  nuoce  all'anzianità.  Non-  beri  di  minorità  ebbe  oiiginc  dal 
dimeno  non  si  può  ottenere  veruna  capitolo  generale  del  i63i.  La  lo- 
coramenda  senza  aver  fatto  prò-  ro  anzianità  corre  dal  giorno  se- 
fessione,  essendo  proibito  a  tenore  guato  nella  bolla  di  minorità,  pur- 
degli  ultimi  statuti  di  affidare  l'am-  che  il  passaggio  venga  pagato  un 
ministrazione  dei  beni  dell'ordine  anno  dopo.  Dapprima  si  ottiene  il 
ad  individui  non  professi.  E  qui  no-  breve  dal  Papa,  poi  si  sollecita  la 
teremo  che  la  prima  commenda  spedizione  della  bolla  aiagistra- 
die  conseguisce  il  cavaliere  protèsso  le;  e  il  tutto  costa  circa  quin- 
si  chiama  di  Cabiniento  ;  passati  dici  doppie  d'oro.  Il  passaggio  è 
cinque  anni,  concorrendo  ad  altra,  di  mille  scudi  d'oro  per  il  teso- 
si dice  d'\piirno  miglioramento  ;  tra-  ro,  e  di  cinquanta  scudi  parimenti 
scorso  altrettanto  tempo,  concorren-  d'oro  per  la  lingua,  cioè  quasi  quat- 
do  ad  altra  commenda,  si  appella  tremila  lire.  Queste  non  si  resti- 
di  secondo  miglioramento^  e  quindi  tuiscono  in  nessun  caso,  sia  che  le 
vi  sono  quelle  di  terzo  e  di  qiiar-  prove  vengano  rigettale,  sia  che  il 
to  miglioramento  ec.  Notammo  già  presentato  prenda  altra  risoluzione, 
che  le  commende  che  si  consegui-  sia  ch'egli  muoia  prima  di  essere 
scono  per  anzianità  diconsi  di  giù-  accettato.  Il  privilegio  del  presenla- 
slizia,  e  sono  componibili  o  compa-  to  in  minorità,  e  ch'egli  può  do- 
tibili  con  un'altia  di  quelle  che  mandare  un'  assemblea  straordinaria 
SI  danno  per  ricompensare  qualche  per  ottenervi   una  commis.'jiune,  ai- 


GER 

fine  (li  fare  le  sue  prove,  onde  pre- 
sentarle senza  aspettare  il  capitolo  o 
l'assemblea  provinciale.  Può  egli 
portarsi  alla  sede  dell'  ordine  in  età 
di  quindici  anni  per  incominciarvi 
il  suo  noviziato,  e  professare  dipoi 
agli  anni  sedici  ;  ma  non  è  obbli- 
gato d'esservi  se  non  agli  anni 
venticinque,  per  professare  al  più 
tardi  d'anni  ventisei,  nel  che  s'e- 
gli mancasse,  perderebbe  la  sua  an- 
zianità, la  quale  incorai ncierebbe 
dal  giorno  della  sua  professione. 
Dacché  le  sue  prove  sono  ammes- 
se, egli  può  portare  la  croce  d'oro, 
la  quale  non  può  portarsi  dagli  altri 
se  uon  dopo   fatti  i  voti. 

I  cavalieri  ricevuti  dai  dodici  ai 
quindici  anni  si  dicono  paggi  :  il 
gran  maestro  di  tali  paggi  ne  tie- 
ne sedici,  i  quali  lo  servono  ap- 
punto da'  dodici  ai  quindici  an- 
pi  ,  e  a  misura  eh'  escono  dal 
servigio,  altri  li  rimpiazzano.  Do- 
po aver  ottenuto  dal  gran  mae- 
stro le  lettere  di  paggi,  devono  pre- 
sentarsi al  capitolo,  o  all'assemblea 
provinciale  per  ottenere  commissio- 
ne di  fare  le  prove  loro  all'  età 
di  undici  anni.  Fatte  le  prove  si 
portano  alla  sede  dell'  ordine  per 
entrare  al  servigio  dopo  il  loro 
anno  duodecimo,  sino  al  quindice- 
simo compito.  All'  anno  quindicesi- 
mo incominciano  il  loro  noviziato 
per  fare  la  professione  all'anno  se- 
dicesimo. 11  loro  passaggio  costa 
duecento  cinquanta  scudi  d'oro,  e 
se  le  prove  vengono  rigettate  dal- 
l'ordine, questo  denaro  uon  si  re- 
stituisce, siccome  abbiamo  detto  co- 
sì praticarsi  cogli  altri  cavalieri.  Cor- 
re la  loro  anzianità  dal  giorno  in 
cui  entrano  al  servigio.  Se  gl'im- 
pieghi di  paggi  fossero  già  occupa- 
ti, in  guisa  che  non  potessero  en- 
trarvi, perderebbero  il  loro  privile- 


GER 


307 


gio,  e  la  loro  anzianità  incomincie- 
rebbe  soltanto  agli  anni  sedici  com- 
piti. I  cavalieri  di  pura  grazia  e 
di  divozione  sono  que' nobili  che 
furono  ammessi  nell'  ordine  per 
qualche  considerabile  servizio  pre- 
stato all'ordine,  e  per  altri  motivi. 
Cavalieri  di  grazia  talvolta  furono 
fatti  individui  non  nobili,  che  si 
meritarono  tale  onore  per  qualche 
segnalata  e  valorosa  impresa.  I  ca- 
valieri suddetti  prendono  luogo  im- 
mediatamente dopo  i  sacerdoti  con- 
ventuali, che  formano  il  secondo  gra- 
do dell'ordine.  Quelli  che  vengono 
ammessi  per  cappellani  e  chierici  con- 
ventuali, o  serventi  d'armi,  sono  qual- 
che volta  gentiluomini;  ma  se  non 
sono  nobili  di  quattro  gradi  per  par- 
te di  padre  e  di  madre,  non  possono 
essere  ammessi  nel  rango  dei  cava- 
lieri. Si  possono  vedere  due  cugini, 
oppure  uno  zio  e  un  nipote,  l'uno 
cavaliere,  e  l'altro  servente  d' ai-mi; 
e  ciò  perchè  l' uno  de'  due  fratelli 
avrà  incontrato  un  matrimonio  dis- 
uguale. Un  gentiluomo  anche  di 
quattro  gradi,  il  quale  avrà  tutte 
le  qualità  richieste  per  essere  cava- 
liere, se  vuole  essere  ecclesiastico,  e 
ricevere  gli  ordini  non  può  essere 
che  nel  rango  dei  cappellani  con- 
ventuali, perchè  tutti  i  cavalieri 
devono  portare  l'armi  contro  gl'in- 
fedeli. Gli  ecclesiastici,  i  quali  for- 
mano il  secondo  rango  dell'  ordine 
gerosolimitano,  sono  ricevuti  ordi- 
nariamente Diacos  o  chierici  con- 
ventuali per  servire  nella  chiesa 
dell'ordine,  dagli  anni  dieci  sino 
ai  quindici;  a  quest'oggetto  otten- 
gono una  lettera  dal  gran  maestro. 
La  loro  presentazione  si  fa  agli 
anni  nove,  e  il  presentato  deve  re- 
care la  sua  fede  battesimale  lega- 
lizzata, la  sua  lettera  di  Diacos,  ed 
il  buo   memoriale  contenente  gli  e- 


3o8  G  E  R 

stralli,  e  le  date  dei  titoli  che  giu- 
stificano la  sua  legittimazione,  la 
qualità  di  siio  padre,  e  de' suoi  a- 
vi  paterni  e  materni.  Non  vi  è  bi- 
sogno del  blasone,  eccetto  il  caso 
in  cui  il  presentato  essendo  gentil- 
uomo volesse  mostrare  la  sua  ar- 
me. Le  sue  prove  devono  dimo- 
strarlo nato  da  parenti  rispettabili, 
e  che  esercitato  non  abbiano  arte 
o  professione  meccanica  o  vile.  So- 
no ammessi  a  questo  rango  i  figliuo- 
li dei  dottori  in  legge,  degli  avvo- 
cati, dei  medici,  dei  procuratori, 
dei  notari,  dei  banchieri,  dei  mer- 
canti all'ingrosso  abitanti  nelle  città, 
dei  coltivatori  delle  proprie  terre 
che  vivono  civilmente,  ed  altre  per- 
sone che  vivono  al  di  sopra  del 
comun  popolo.  La  loro  anzianità 
corre  dal  giorno  della  loro  accetta- 
zione nella  sede  dell'ordine:  costa 
il  loro  passaggio  cento  scudi  d'oro. 
Ouelli  che  oltrepassano  gli  anni 
quindici,  e  bramano  essere  ricevuti 
cappellani  conventuali,  devono  otte- 
nere un  breve  dal  Papa,  passato  o 
confermato  dalla  sede  dell'  ordine, 
e  dipoi  devono  presentarsi  per  fare 
le  loro  prove.  11  loro  passaggio  è 
di  duecento  scudi  d'oro,  oltre  il 
diritto  della  lingua. 

I  serventi  d'armi  fanno  le  lo- 
ro prove  come  i  cappellani.  L'età 
per  presentarsi  è  di  sedici  anni  com- 
piti, e  il  passaggio  costa  duecento 
scudi  d'oro,  oltre  il  diritto  della 
lingua.  La  quarta  specie  di  cava- 
lieri sono  i  preti  o  frati  d'ubbi- 
dienza, i  quali  vengono  accettati  sen- 
za prove  e  senza  portarsi  alla  sede  del- 
l'ordine. Vengono  cos'i  chiamati  per- 
chè ubbidiscono  al  gran  priore  o  al 
commendatore  che  li  riceve  per  ser- 
vire nei  priorati,  o  nelle  parrocchie 
o  chiese  di  giurisdizione  dell'ordine, 
obbligandosi  all'osservanza  de' voti. 


GER 
Portano  la  croce  bianca  sopra  il 
mantello,  e  godono  dei  privilegi 
della  religione.  In  questo  numero 
vi  sono  dei  gentiluomini,  dappoiché 
l'ordinanza  53  dello  statuto  XXIII, 
Del  ricevimento,  prescrive  che  i  cap- 
pellani d'Italia  provino  non  già  che 
le  loro  famiglie  fossero  nobili,  ma 
bensì  che  il  loro  padre  e  li  due 
avi  paterno  e  materno  vissero  no- 
bilmente, cioè  senza  aver  mai  eser- 
citata verun'  arte  o  mestiere  ,  ma 
professioni  liberali  escluse  le  mec- 
caniche, o  viventi  colle  loro  rendi- 
te, e  di  buona  ed  antica  cittadinan- 
za, per  tale  riputata  dal  paese.  Vi 
sono  dei  Donati  detti  semi-croci  o 
mezze-croci,  i  quali  sono  ammoglia- 
ti, e  portano  una  croce  non  intera 
ma  di  soU  tre  rami,  e  di  tela  bian- 
ca dalla  parte  sinistra  dell'abito: 
con  speciale  permesso  portano  an- 
co una  croce  d'oro  a  tre  rami, 
detta  m^r/e/Zef/^,  e  smaltata  di  bian- 
co ;  quella  d'oro  de'cavalieri  smaltata 
di  bianco  ne  ha  quattro,  ed  eguale  è 
quella  dei  cappellani.  I  serventi  di 
armi  usano  la  croce  dei  donati.  I 
donati  vengono  impiegati  nel  con- 
vento e  nell'ospedale:  per  la  festa 
di  s.  Gio.  Batfista  offrono  qualche 
tributo.  Fu  il  capitolo  generale  del 
i583  che  prescrisse  la  croce  di  te- 
la bianca  ai  frati  serventi  d'arme, 
non  più  grande  di  mezzo  palmo 
di  Sicilia,  ed  ai  frati  di  staggio  non 
piìi  grande  della  quarta  parte,  e  che 
ninno  di  loro  potesse  portare  quel- 
la d'oro.  I  serventi  d'ufììcio  erano 
impiegati  al  servigio  dell'  ospedale 
ed  a  simili  funzioni.  Tutti  i  cavalie- 
ri e  fratelli  di  qualunque  rango,  qua- 
lità o  dignità  sieno,  sono  tenuti  im- 
mediatamente dopo  fatti  i  loro  voti, 
di  portare  sul  mantello  o  sopra  l'a- 
bito dalla  parte  sinistra  una  croce 
ettagona,  o  sia  a  otto  punte,  di  tela 


GER  GER  3o9 
bianca  cerata,  e  questa  è  la  ve-  dine;  quella  sul  petto  è  più  gran- 
la  insegna  ed  abito  dell'  ordine  de  delle  croci  usate  dai  cavalieri, 
e  della  loro  professione,  non  es-  In  capo  porla  un  berrettone  nero, 
sendo  la  croce  d'oro  che  un  or-  della  forma  che  riporta  il  Bonan- 
iiamento  esteriore:  va  però  notato  ni,  che  ci  dà  la  figura  del  gran 
che  la  croce  della  professione  si  è  maestro  vestito  nel  descritto  modo 
da  moltissimi  anni  usata  di  argen-  a  pag.  LX  del  Catalogo  degli  or- 
lo, o  di  altro  metallo.  Allorché  i  dini  equestri  e  militari .  Il  gran 
cavalieri,  tanto  novizi,  che  professi,  maestro  in  abito  di  cerimonia  ve- 
vanno  a  combattere  contro  gl'infe-  ste  la  doccia  con  larghe  maniche, 
deli,  portano  sopra  il  loro  ahi-  ed  una  sottoveste  lunga  e  chiusa, 
to  una  sopravveste  rossa  in  for-  con  spada  al  fianco  sinistro.  Usa 
ma  di  pazienza  o  dalmatica ,  or-  inoltre  il  manto  a  becca,  quello  stes- 
nata  s'i  davanti,  che  di  dietro  di  so  che  si  dà  ai  cavalieri  nell'atto 
una  gran  croce  bianca,  piena,  sen-  della  professione.  E  nero,  avendo 
za  punte,  essendo,  come  si  è  det-  attaccato  al  collo  il  cordone  dell'or- 
to,  questa  l'arme  della  religione,  dine  formato  di  seta  bianca  e  ne- 
Fr.  Raimondo  du  Puy  prescris-  ra,  in  cui  per  decreto  del  gran  mae- 
se  che  l'abito  si  dovesse  portare  stro  Cotoner  sono  rappresentati 
non  solo  nell'esercizio  dell'ospitali-  quindici  segni,  o  misteri  della  pas- 
ta, ma  in  quello  ancora  della  mi-  sione  di  Gesìi  Cristo,  frammisti  ad 
lizia  per  la  difesa  della  santa  fede,  alcuni  Castellini,  i  quali  servono  a 
acciò  il  segno  della  croce  li  ammo-  denotare  la  carità  che  i  cavalieri 
nisse  all'  esercizio  delle  virtìi,  e  si  gerosolimitani  devono  sempre  eser- 
accendessero  a  seguire  il  salutevole  citare  coi  poveri.  Tale  manto  ha 
esempio  dei  santi  martiri  e  dei  due  maniche  lunghe  forse  un  brac- 
Maccabei.  ciò,  e  larghe  alla  loro  sommità 
L'abito  ordinario  del  gran  mae-  circa  mezzo  piede,  terminate  a  pun- 
slro  è  una  specie  di  corta  toga,  ta,  e  ciò  perchè  anticamente  le  get- 
o  sottana,  nell'estate  di  tabi  o  di  lavano  dietro  le  spalle,  stringendo- 
tatletà  ondato,  e  di  lana  nell'inver-  sele  poi  ai  reni.  11  p.  Heliot  osser- 
no,  aperta  nel  davanti,  stretta  ai  va,  che  da  una  medaglia  d'oro  del 
fianchi  perch'è  legala  con  una  cin-  gran  maestro  de  Gozon,  e  dal  si- 
tura,  donde  pende  una  grossa  bor-  gillo  del  gran  maestro  Naillac,  am- 
sa  per  indicare  la  carità  verso  i  bedue  fioriti  nel  XIV  secolo,  si  ve- 
poveri,  secondo  l'istituzione  di  que-  de  che  a  que' tempi  al  manto  a 
st' ordine.  Sopra  di  questo  abito  becca  eravi  attaccato  un  lungo  cap- 
egli  porta  una  lunga   veste  di   vel-  puccio. 

luto  con  maniche  larghe,  e  dietro  Della  veste  croccia  o  doccia  , 
a  questa  pende  un  mantello  con  come  si  tumulavano  i  cadaveri  dei 
lungo  cappuccio,  quando  egli  va  al-  gran  maestri  secondo  il  Macri,  al- 
la chiesa  ne'giorni  solenni.  Sul  da-  l'articolo  Croccia  (Fedi),  veste  u- 
vanti  della  sottana  sopra  il  petto,  sala  dai  cardinali  in  conclave,  fa- 
6  sopra  la  veste  verso  la  manica  cemmo  menzione  del  gran  maestro 
sinistra  vi  è  una  croce  di  tela  bian-  fr.  Riccardo  Caracciolo,  morto  nel 
ca  a  otto  punte,  come  sono  tutte  iSgS,  e  rappresentato  con  essa  nel 
le  croci  che  portano  quelli  dell'or-  suo  sepolcro  nella    chiesa  dd  prio- 


3io  GER  GER 
rato  cìi  Roma,  che  al  diie  dello  mero  di  questi  cavalieii  ecclesiiisti- 
stesso  maltese  Macri,  allora  chiama-  ci  si  suole  eleggere  con  pluralità 
vasi  di  s.  Giovanni.  Qui  avvertiremo  di  voti  uno  chiamato  il  priore  dei- 
che  nel  1572  il  gran  maestro  la  la  chiesa  di  s.  Giovanni,  il  quale 
Cassiere,  sembrandogli  poco  deco-  come  narra  il  Cancellieri  ne'  suoi 
roso  che  i  consiglieri  intervenissero  Possessi  a  p.  air,  ha  il  privilegio 
ne' consigli  senza  i  loro  manti  sena-  di  portare  il  berrettino  del  colore 
torii,  con  antico  vocabolo  chiamati  della  pianeta,  rosso,  verde,  e  bian- 
cloccie,  e  posti  in  disuso  ancorché  co  ,  secondo  i  tempi.  I  cavalieri 
nell'ultimo  capitolo  generale  fosse  cappellani  e  serventi  portano  la 
ordinato  che  ciascuno  li  assumesse,  croce  di  tela  sul  mantello,  l'offizio 
fece  rinnovarne  il  decreto.  Questa  de' quali  già  descrivemmo,  dovendo 
doccia  è  pur  l'abito  dei  gran  ero-  assistere  nello  spirituale  gl'infermi 
ci  allorché  assistono  in  chiesa  alle  dell'ospedale,  accompagnare  i  cava- 
sacre  funzioni;  è  nera,  aperta  di-  lieri  ne' viaggi  di  mare  per  aminini- 
nanzi,  con  due  grandi  maniche,  a-  strare  loro  i  sacramenti,  ec.  A.lessan- 
vente  sulla  parte  sinistra  che  guar-  dro  VII  nel  i658  concesse  all'ordine 
da  il  petto,  e  su  quella  corrispon-  la  facoltà  di  ammettere  tra  i  frati 
dente  alla  spalla  sinistra  la  croce  cappellani  conventuali,  senza  obbli- 
deir  ordine  col  nuovo  gran  cordo-  go  di  pagare  il  passaggio,  persone 
ne  di  cui  parleremo,  ed  al  loro  dotte  e  laureate  in  teologia  o  nel- 
fianco  pende  la  spada.  Ma  la  cloc-  le  leggi  canoniche  e  civili,  dappoi- 
cia  che  i  gran  croci  usano  in  con-  che  dal  ceto  dei  cappellani  si  tleve 
siglio  pure  nera,  è  chiusa  nel  da-  scegliere  al  modo  detto  il  priore 
vanti,  e  fregiata  soltanto  sul  petto  della  chiesa  conventuale,  e  sceglier- 
con  la  gran  croce,  non  portando  né  si  dal  gran  maestro  tre  individui 
spada,  né  cordone.  La  cintura  che  per  proporli  al  Pontefice,  acciò  ile 
sostiene  la  spada  significa  la  virtù  elegga  uno  per  la  dignità  vescovi- 
delia  castità  inculcata  ai  cavalieri,  le.  Tali  cappellani  letterati  furono 
allorché  sono  annoverati  nell'ordi-  giudicati  necessari,  onde  nei  consi- 
ne,  come  dice  il  p.  Bonanni  a  pag.  gli  con  le  loro  cognizioni  dare  gli 
LXI,  ove  riporta  la  figura  di  un  opportuni  pareri, 
cavaliere  gran  croce  in  abito  di  L'  elezione  del  gran  maestro  si 
funzione  solenne.  Nella  seguente  è  fatta  in  diverse  maniere,  e  sic- 
immagine  ci  dà  quella  del  cavalle-  come  anticamente  la  facevano  quat- 
re  gerosolimitano  ecclesiastico,  ve-  tordici  religiosi,  senza  badarsi  a 
slito  di  sottana  nera,  rocchetto,  e  quali  lingue  appartenessero  ,  fu 
mozzetta  violacea  filettata  di  rosso,  stabilito  ed  ordinato  nell'  anno 
con  croce  bianca  sul  lato  sinistro  iSyS,  che  dovessero  procedere  al- 
della  mozzetta.  Prima  che  Clemen-  l'elezione  del  gran  maestro  due 
te  XI  concedesse  il  rocchetto,  eia  per  ogni  lingua,  oltre  l' infermiere, 
mozzetta  paonazza,  i  cavalieri  sa-  Il  Bosio  nel  t.  il,  p.  r55,'riporta  la 
cerdoti  usavano  la  cotta  sopra  to-  descrizione  dell'elezione  del  gran 
ga  nera,  con  mozzetta  pure  nera  maestio  Laslic,  fatta  ad  Eugenio  IV 
fregiata  con  la  croce  dell'ordine,  dagli  ambasciatori  dell'ordine.  Secon- 
secondo  il  decretato  dal  capitolo  do  poi  il  summentovato  stabilimento 
dell'ordine  nell'anno  1612.  Dal  nu-  di    Urbano   Vili     l'elezione     si   fis- 


GER 

so  nel  modo  che  segue.  Morto  il 
gran  maeslro  si  rompono  nel  con- 
siglio i  sigilli,  eil  eleggesi  un  luo- 
gotenente. Questi  intima  1'  adu- 
nanza di  ogni  lingua  per  eleggere  i 
procuratori,  e  ognuna  prima  n'  e- 
leggeva  uno  solo,  ora  ne  elegge  Ire, 
sicché  gli  eletti  sono  a  seconda  del 
numero  delle  lingue.  Questi  eleggo- 
no tre  altri  di  lingue  differenti  pa- 
la lingua  d'Inghiileria,  e  per  quel- 
le lingue  non  ripiistinate  si  fa  al- 
trettanto. Da  questi  si  fa  l'elezione 
di  un  cavaliere,  che  dicesi  presidente 
ed  anche  cavaliere  dell'elezione,  e 
di  altri  tre  di  lingue  differenti 
e  di  differenti  classi,  cioè  di  un  ca- 
valiere, di  un  cappellano,  e  d'un 
servente.  Al  presidente  rinunzia  il 
luogotenente  l'uffizio,  come  pure  i 
pioLuralori.  I  tre  eletti,  cioè  il  ca- 
valiere, il  cappellano  e  il  servente, 
dopo  i  soliti  giuramenti  eleggono 
un  quarto,  indi  questi  quattro  un 
quinto,  e  cos'j  sino  ad  otto  di  dif- 
ferenti lingue,  eccettuati  i  due  per 
la  lingua  d' Inghilterra,  ch'eleggere 
si  possono  di  ogni  lingua.  Di  que- 
sti sedici,  tre  debbono  esseie  cap- 
pellani, tre  serventi,  e  gli  altri  ca- 
valieri, e  da  questi  viene  eletto  a 
pluralità  di  voti  il  gran  maestro, 
che  solo  può  essere  della  classe  dei 
cavalieri.  Se  questi  fosse  lontano,  si 
elegge  dagli  elettori  medesimi  un 
luogotenente  che  governa  sino  al 
suo  arrivo:  tutta  l'elezione  dee  far- 
si  in   ventiquattro  ore. 

In  quanto  agli  onori  funebri  che 
si  fanno  ai  gran  maestri  defunti, 
oltre  ciò  che  analogamente  dicem- 
mo in  progresso  dell'articolo,  ripor- 
teremo qui  le  cerimonie  ch'ebbero 
luogo  in  morte  del  gran  maeslro 
fr.  Emmanuele  de  Rohan.  Dopo 
la  sua  morte  il  di  lui  cadavere 
fu  imbalsamato,    e  quindi  esposto 


GER  3it 

in  una  gran  sala,  sopra  un  letto 
alla  reale,  con  coltre  di  velluto  ne- 
ro guarnita  di  trine  d'oro.  Si  e- 
ressero  vari  altari ,  dove  si  cele- 
brarono un  gran  numero  di  mes- 
se, e  molti  frati  recitarono  l'offi- 
cio de'defunti,  come  si  pratica  pei 
gran  personaggi.  Intorno  al  detto 
letto  mortuario  si  collocarono  se- 
dici cavalieri ,  due  per  lingua,  e 
questi  cambiandosi  ogni  tre  ore 
assistevano  al  feretro,  facendo  ia 
modo  che  quattro  fossero  sempre 
presenti.  Erano  vestiti  in  gran 
lutto ,  e  portavano  un  manto  ne- 
ro molto  largo  con  cappuccio  co- 
me i  frati,  ed  una  coda  estrema- 
mente lunga.  Passati  tre  giorni 
si  portò  il  cadavere  con  gran  pom- 
pa nella  chiesa  di  s.  Giovanni,  o- 
ve  si  seppellivano  i  gran  maestri 
in  luogo  distinto  da  quello  de' ca- 
valieri. Tutto  il  clero  secolare  e 
regolare  precedette  il  cadavere , 
che  sopra  un  letto  alla  reale  ven- 
ne portato  da  un  gran  numero 
di  cavalieri  ,  agevolandone  il  tras- 
porto molli  facchini,  che  inceden- 
do sotto  la  bara,  e  questa  essen- 
do coperta  di  panno  nero,  niuno 
li  vedeva.  Giunta  in  chiesa  la  pom- 
pa funebre,  si  collocò  il  cadavere 
sul  catafalco,  ed  ebbe  luogo  la  cele- 
brazione di  una  messa  solenne  con 
gran  musica.  Dopo  il  Requiescat 
in  pace,  si  alzò  il  maresciallo,  di- 
gnità della  lingua  di  Alvernia,  e 
spezzato  il  bastone  del  comando, 
lo  gettò  a  piedi  del  feretro,  dicen- 
do: il  gran  maeslro  mio  signore  e 
morto.  Indi  il  cadavere  venne  tu- 
mulato, eia  chiesa  prontamente  sba- 
razzata, onde  dare  principio  alla 
elezione  del  nuovo  gran   maeslro. 

In  quanto  alla  professione  reli- 
giosa de'  nuovi  cavalieri  gerosoli- 
mitani,    questa  si   fa  dopo    il    no- 


3i2  GER 

vizialo  ossia  le  carovane,  che    du- 
rano quattro  anni,  e  per  diminuir- 
ne il    lasso  .di  tempo   occorre    un 
breve  pontificio,  col  quale  si  suole 
prescrivere  un  anno  di    noviziato. 
La    professione    quindi     ha    luogo 
colle  seguenti  solenni  cerimonie,  tut- 
te  con    mistici    e   belli   significati. 
Il    cavaliere     novello    si    reca    alla 
chiesa  conventuale  dell'ordine,  ve- 
stito prima   di  abito   lungo    nero, 
ed  al  presente  con  1'  uniforme  ge- 
rosolimitana,   ed    inginocchiatosi  a 
pie  dell'altare,    tiene    in  mano  un 
toi'chio  acceso,  che  denota  la  cari- 
tà di    cui  dev'  essere    fornito.    Indi 
il  cavaliere  fa  istanza  di  essere  ri- 
cevuto   nell'ordine,  a  chi  è  depu- 
tato per  tal  funzione,  cioè  al  cava- 
liere ricevitore.  Un  cappellano  con- 
ventuale benedice  la  di  lui  spada, 
ed  il    ricevitore  nel  cingergliela  al 
fianco  lo    ammonisce    di  non  ser- 
virsene che  in  difesa  della  fede  cat- 
tolica, e    contro  i  nemici  di    essa, 
a  costo  di  perdervi  la  vita,  signi- 
ficando r  armacollo  la    castità  che 
deve  osservare.  Quindi  dal  cappel- 
lano s'  incomincia  la  messa,  e  pri- 
ma   dell'evangelio    il    detto  ricevi- 
tore   fa  al    cavaliere  alcune    inter- 
rogazioni,   e    gli    dà    diversi    altri 
avvertimenti,  invitandolo  a  dovere 
aspirare   sempre    alla  vera    gloria. 
Allora  il  ricevitore   fa  sfoderare  la 
spada  al  novizio,  gliela  fa  brandire, 
tre  volte  percuote  colla  slessa  spa- 
da la    di    lui     spalla     sinistra,  per 
fargli  intendere  doversi  sottomette- 
re a'  patimenti    per  amore  di  Ge- 
sù Cristo.   II  novizio  nel  ferire  l'a- 
ria tre  volte,  intende  di  provocare 
in  nome  della  ss.  Trinità    i  nemi- 
ci della  fede,   imitando  lo  zelo  dei 
Maccabei,  che  nella  legge  antica  e- 
sponevano    le    loro  vite  per  la  di- 
fesa del   popolo  di  Dio,  ed  ancor- 


GER 

che  fossero  in   poco  numero,  com- 
battendo   per  sì  santo  fine,    vinse- 
ro  poderosi    eserciti.    11   ricevitore 
ordina  al  novizio  di  riporre  la  spa- 
da nel  fodero,  quindi  due  cavalieri 
gli  pongono   due  speroni  d'oro,  in 
significato     di  stimolarlo    ad  azioni 
lodevoli,  ed  a  conculcare  l'oro    co- 
me il  fango    a  tenore  delle  analo- 
ghe parole  che  gli  dice  il  ricevito- 
re. 11    novizio   riprende  il    torchio 
acceso,  e   continua    ad  ascoltare  la 
messa.  Questa  terminata  il  novizio 
richiede  d' essere    ammesso  nell'or- 
dine, il  ricevitore  gli  fa  alcune  do- 
mande   a  cui     esso  risponde   colle 
solite    formole,  e  pronunzia  la  so- 
lenne professione  de' voli  con   que- 
sta formola  :  Io    N.  faccio  volo,  e 
prometto   a  Dio   onnipotente,  alla 
Beala  Man  a    sempre  vergine  ma' 
dre  di  Dio,  ed  a  s.   Giovanni  Bat- 
tista,   d'  osservare    perpetuamente 
con  l'aiuto  di  Dio,  vera    obbedien- 
za a  qualunque  superiore,  che  mi 
sarà  dato  da  Dio,  e  dalla  nostra 
religione  ,    e    di   più  vivere    senza, 
proprio,  ed  osservare  la  castità.  La 
formola  antica  il  Bosio  la    riporta 
nella  sua  Istoria  a  p.    i3  del  t.  I. 
Dopo  di  che  il  novizio  tocca  gli  e- 
vangeli  sul  messale  posto  sulle  ginoc- 
chia del  ricevitore.  Ciò  fatto,  il  rice- 
vitore presenta  al  novizio  il  sudde- 
scrillo    manto   a     becca,  gliene    fa 
baciare   la  croce',  la  cui  bianchez- 
za significa  il  candore  che  deve  os- 
servare,  e   le    otto  punte    le    otto 
beatitudini  da  conseguirsi  dopo  a- 
ver    combattuto  ;  finalmente  il  ca- 
valiere accettante  gli  adatta  indos- 
so l'abito,   pronunzia  un  breve  di- 
scorso alludente    agli    emessi    voti, 
ed    all'abito  di  cui  lo  ha  rivestito, 
imponendogli  il     suddetto  cordone 
sulla  spalla  sinistra,  e  spiegandogli 
uno  ad  uno  gl'isliomenti  della  pas- 


GER 

sioiie  di  Gesù  Ciislo  espressi  nel 
medesimo,  essendo  il  cordone  figu- 
ra del  giogo  cui  il  candidalo  si  sot- 
topone. Per  ultimo  il  sacerdote  re- 
cita sul  professo  alcune  preci,  il 
ricevitore  chiama  a  sé  il  professo, 
gli  presenta  un  piatto  contenente 
un  pane,  un  bicchiero  d'acqua  ed 
un  poco  di  sale,  invitandolo  a  ci- 
barsene ,  ed  avvertendolo  essere 
quello  il  compenso  di  sue  fatiche; 
per  ultimo  il  professo  passa  ad 
abbracciare  tutti  i  cavalieri ,  che 
hanno  assistito  alla  funzione.  Quan- 
do l'ordine  risiedeva  a  Malta,  gli 
speroni  li  mettevano  i  paggi;  com- 
pinta la  funzione  della  professione 
il  cavaliere  si  portava  all'albergo 
della  propria  nazione,  ove  faceva 
l'ubbidienza  con  pane,  acqua,  sale 
ec.  Le  simboliche  spiegazioni  qui 
narrate  sono  di  Antonio  Posse- 
vino,  riportate  dal  citato  padre  Bo- 
nanni  a  pag.  LXIIl  ,  in  cui  pro- 
duce l'immagine  del  cavaliere  ge- 
rosolimitano con  abito  militare  nel- 
le carovane  o  campagne  in  mare 
contro  i  corsari  ed  i  turchi,  essen- 
do il  grido  di  guerra:  s.  Gioi-aii- 
Ili,  s.   Giovanili. 

L'uniforme  dell'ordine  gerosolimi- 
tano in  generale  è  di  panno  color 
scarlatto,  con  bottoni  dorati  in  cui 
è  impressa  la  croce  dell'  ordine.  I 
cavalieri  di  giustizia  di  qualunque 
rango  portano  presentemente  sopra 
la  medesima  petti ,  paramani  e 
colletto  dj  panno  bianco.  Quelli 
di  divozione  in  luogo  dell'indicato 
bianco  sostituiscono  il  velluto  nero. 
All'uno  ed  all'  altro  viene  ora  n- 
dotlato  il  pantalone,  o  calzoni  lun- 
ghi bianchi.  In  quanto  alle  deco- 
lazioni  di  ogni  grado,  sono  le  se- 
guenti. I  bali  gran  croci  fascia  di 
seta  nera  ondata  a  tracolla  caden- 
te sul  fianco  sinistro  con  croce  ot- 


GER  3i3 

tngona  di  tela  bianca  cucita  alla 
estremità  della  medesima  ;  croce 
pettorale  d'oro  appesa  al  collo;  due 
spalline  a  granoni  d'oro;  fiocco  si- 
mile alla  spada,  e  cappello  il  qua- 
le è  bordato  con  nastro  ondato 
di  seta  nera  ,  e  penna  bianca  ,  a- 
vente  la  coccarda  dell'ordine  bian- 
ca e  rossa.  I  commendatori  meno 
la  fascia  a  tracolla,  e  la  penna  bian- 
ca del  cappello,  sostituita  da  altra 
nera,  il  resto  tutto  simile  come  so- 
pra. I  carovanisti  ed  i  novizi  altret- 
tanto come  i  commendatori,  me- 
no la  penna  nera  al  cappello,  do- 
vendo portare  la  croce  piccola  al 
lato  sinistro  del  petto,  in  luogo 
della  pettorale.  I  donati  hanno 
per  loro  un'uniforme  rossa,  con 
petti,  paramani  e  collo  di  vellu- 
to verde  ;  una  spallina  e  mezza 
con  frangie  d'  oro,  piccola  croce 
mancante  il  quarto  superiore,  e 
simile  di  tela  cucita  al  lato  sini- 
stro del  petto.  I  commendatori  di 
giuspalronato  indossano  1'  unifor- 
me con  tutti  i  distintivi  come  i 
commendatoli  di  giustizia ,  sosti- 
tuendo ai  petti,  paramani,  e  collo 
bianco,  il  velluto  nero.  I  cavalieri 
di  divozione  l' uniforme  come  i 
commendatori  del  loro  rango,  me- 
no la  croce  pettorale,  la  penna  al 
cappello,  ed  una  spallina  e  mez- 
za soltanto  d'oro.  I  gran  priori,  i 
bali,  ed  i  commendatori  portano 
la  croce  d'oro  smaltata,  sovrastata 
da  emblemi  militari,  appesa  ad  u- 
na  fettuccia  di  seta  nera  al  collo; 
gli  altri  la  portano  semplicemente 
ed  in  forma  più  piccola  sulla  par- 
te sinistra  del  petto.  Qui  noteiemo 
che  prima  i  bali  ed  i  gran  croci , 
invece  del  suddetto  cordone  o  fa- 
scia di  seta  nera  ondata  a  tracol- 
la, portavano  in  mezzo  al  petto 
una  gran    croce  di    tela   bi.uica,   e 


3 14  GER 

cucila;  ma  a'  giorni  noslri,  siccome 
i  bali  e  grati  croci  tedeschi  del 
priorato  di  Boemia  sogliono  por- 
tare l'uniforme  chiuso,  la  gran  cro- 
ce di  tela  bianca  del  corpetto  o 
sottoveste,  resta iido  occiilta,  si  ri- 
■volsero  all'odierno  luogotenente  de! 
magistero  per  un  temperamento. 
Dopo  maturo  esame,  il  venerando 
luogotenente  stabiPi,  che  in  luogo 
di  tal  croce  sulla  sottoveste,  i  bali 
e  gran  priori  userebbero  il  descrit- 
to cordone  o  fascia  attraverso 
dalla  spalla  dritta  al  fianco  si- 
nistro. 

I  cavalieri  professi  dell'  ordine 
gerosolimitano  essendo  veri  religio- 
si pei  tre  voti  che  fanno,  non  pos- 
sono né  ammogliarsi  validamente, 
né  possedere  niente  di  proprio,  né 
succedere,  sia  in  proprietà,  sia  in 
usufruito,  né  lasciare  per  testamen- 
to ima  parte  qualunque  del  loro 
peculio,  il  quale  appartiene  di  di- 
ritto all'ordine  dopo  la  loro  mor- 
te; cosi  dicasi  dei  mobili,  e  di  tut- 
lociò  che  lasciano  morendo.  Posso- 
no essi  dispone  solamente  d'  un 
quinto,  in  caso  di  ultima  volontà, 
ma  sempre  con  1'  autorizzazione 
del  gran  uiaesitro,  secondo  l'indulto 
di  Gregorio  XII.  Possono  altresì 
godere  dell'usufrutto  delle  loro  com- 
mende, e  disporne  a  loro  piacere, 
nel  che  differiscono  dagli  altri  re- 
ligiosi. Nel  1624  r  ordine  ricorse 
ad  Urbano  Vili,  per  le  licenze  dan- 
nose al  tesoro  gerosolimitano,  che 
per  via  di  composizioni  facilmente 
la  santa  Sede  concedeva  a  diversi 
religiosi  ,  autorizzandoli  a  testare 
somme  rilevantissime,  dacché  il  di- 
ritto dello  spoglio  era  per  l'ordine 
la  rendita  più  essenziale.  I  cava- 
lieri dell  ordine  gerosolimitano  so- 
no esenti  dalla  giurisdizione  ordi- 
naria    de' vescovi ,     in    forza    delle 


GER 

bolle  de'Pontefici,  e  principalmente 
di  Adriano  IV,  Clemente  VII,  Pao- 
lo III,  e  s.  Pio  V.  E  loro  proibi- 
to di  confessarsi  da  altri  fuorché  dal 
priore,  o  da  un  cappellano  del  me- 
desimo ordine  ;  a  meno  che  non 
abbiano  una  permissione  espressa 
del  medesimo  priore,  o  in  di  lui 
assenza  del  superiore  legittimo. 
Non  sono  per  conseguenza  obbli- 
gati fare  la  loro  confessione  an- 
nuale, e  la  loro  comunione  pa- 
squale alla  parrocchia  nella  quale 
essi  ordinariamente  risiedono,  non 
essendo  il  curato  di  quella  par- 
rocchia il  proprio  parroco.  In  ca- 
so che  un  cavaliere  commetta  un 
delitto,  tutti  i  membri  dell'ordine 
devono  essere  giudicati  dai  giudici 
reali  per  il  caso  privilegiato,  e  dal- 
l'uffiziale  per  il  delitto  comune,  I 
benefizi  dell'  ordine  non  possono 
essere  posseduti  se  non  da  coloro 
che  appartengono  all'ordine,  a  nor- 
ma di  quanto  venne  ordinato  dal- 
la bolla  Circiimspccla,  emanala  da 
Pio  IV  il  primo  luglio  1 56o.  I 
gran  maestri  non  possono  dare  a- 
spettative  sopra  commende;  tal- 
volta i  Papi  le  hanno  concesse, 
ma  l'ordine  n' è  stato  dispiacente. 
Benché  i  cavalieri  gerosolimitani 
siano  esenti  dalla  giurisdizione  degli 
ordinari ,  i  vescovi  diocesani  però 
hanno  du'itto  di  far  la  visita  delle 
chiese  e  dei  benefizi  dipendenti 
dall'ordine,  purché  facciano  la  visi- 
ta in  persona  e  senza  Gsigere  al- 
cun diritto. 

Regolaineido  ed  istruzioni  per  la 
fondazione  di  un  balia ggi o ,  o 
d'una  commenda  di  ginspa fra- 
nato. 

Il  nobile  che  desideia  fonda- 
re alcuna  commenda,  deve  scri- 
vere al    maiiistero  dell'oidine    tale 


GER 

brama  per  la  particolare  divozio- 
ne che  ha  sempre  nutrito,  verso 
il  sacro   ordine  gerosoliinilano,  ec. 

ec. 

I.  Sì  olFriranno  in  dote  tanti  fon- 
di liberi  di  canone  ed  iscrizio- 
ni ipotecarie  non  minori  di  scudi 
diecimila. 

1.  La  commenda  porterà  il  nome 
del  fondatore,  o  quello  che  gli 
piacerà,  e  sarà  di  giuspatro- 
nato  attivo  e  passivo  del  fon- 
datore, e  della  linea  mascolina 
del  medesimo,  da  primogenito  iti 
primogenito  sino  alla  sua  estinzio- 
ne, escluse  sempre  le  femmine,  ed  i 
loro  discendenti  maschi;  all'estin- 
zione della  linea  mascolina  del 
fondatore ,  la  commenda  anderà 
alla  religione,  e  si  smutirà  a  fa- 
vore dei  cavalieri  di  giustizia  di 
quel  priorato  a  cui  sarà  asse- 
gnata  la  commenda. 

3.  Il  fondatore  sarà  di  diritto  ca- 
valiere di  divozione  del  sacro 
ordine,  per  godere  di  tutti  gli  o- 
nori,  distinzioni,  prerogative,  che 
dagli  statuti  dell'ordine  sono  ac- 
cordati ai  cavalieri  investiti  di 
commenda  di  giuspatronato,  col 
libero  godimento  di  tutti  i  frut- 
ti dei  beni  assegnati  alla  com- 
menda vita  sua  naturale  duran- 
te, anche  nel  caso  di  passaggio 
in  prime  ed  ulteriori  nozze,  col 
solo  obbligo  dell'  annua  corre- 
sponsione di   cui  abbasso. 

4-  Il  fondatore  soggiacerà  a  tutte 
le  spese  che  possono  occorrere 
per  la  fondazione  di  detta  com- 
menda ,  comprese  quelle  della 
cancelleria  per  la  spedizione  de- 
gli atti. 

5.  il  discendente  maschio  del  fon- 
datore sarà  di  diritto  cavaliere 
di   divozione    dell'ordine,   e   non 


GER  3i:> 

sarà  tenuto  di  somministnue 
alcuna  prova  della  nobiltà  pa- 
terna, ma  soltanto  di  giustifica- 
re la  nobiltà  della  madre,  se- 
condo gli   statuti  gerosolimitani. 

6.  Il  fondatore  pagherà  annual- 
mente la  somma  di  scudi  ro- 
mani sedici  per  cento  sulla  ren- 
dita della  commenda,  per  re- 
sponsioni ed  imposizioni  di  cui 
sono  gravate  le  commende  del- 
l' ordine,  ed  egual  somma  pa- 
gheranno i  suoi  discendenti,  pu- 
re annualmente  per  lo  stesso 
titolo. 

7.  La  commenda  dopo  la  morte 
del  titolare  di  giuspatronato  sa- 
rà amministrata  dal  successore, 
dopo  che  questi  avrà  ottenuto 
dalla  cancelleria  dell'  ordine  la 
bolla  della   medesima. 

8.  11  nuovo  titolare  pagherà  a  ti- 
tolo di  mortorio  e  vacante  due 
annualità  della  rendita  dei  beni 
formanti  la  dotazione  della  com- 
menda :  la  prima  dopo  la  fine 
del  primo  anno  ,  la  seconda 
dopo  la  scadenza  dell'anno  suc- 
cessivo, e  questa  corresponsione 
deve  essere  libera  a  favore  del- 
l'ordine. 

9.  Lo  stesso  nuovo  titoinre  sarà 
obbligato  al  pagamento  col  det- 
to mortorio  e  vacante  di  tutte 
le  somme,  che  il  suo  predeces- 
sore fosse  rimasto  debitore  ver- 
so il  venerando  comune  tesoro 
dell'  ordine  per  responsioni  e 
qualunque  altro  titolo ,  salvo  a 
lui  il  regresso  verso  il  detto  pre- 
decessore e  suoi  eredi  per  la 
ripetizione  della  somma  stessa. 

10.  Mancando  il  nuovo  titolare  a 
questi  pagamenti,  la  religione,  e 
per  essa  il  priorato  o  suo  rap- 
presentante farà  ipso  jure  se- 
questrare   I.;    commenda    a   ter- 


3i6  GER 

mini  (lei  gerosolimilani  statuti, 
e  ne  riterrà  l' amministrazione 
fincliè  coi  prodotti  di  questa  sa- 
rà stata  saldata  la  somma  di 
cui  risultava  creditore  per  l'og- 
getto indicato, 
1  I.  Se  fra  sei  mesi  dopo  la  va- 
canza della  commenda  il  suc- 
cessore non  proverà  la  nobiltà 
«egli  articoli  di  sopra  contem- 
plali, e  perciò  non  avrà  otte- 
nuta la  bolla,  la  commenda  si 
prenderà  in  amministrazione  del- 
l'ordine,  il  quale  ne  avrà  il 
godimento  finché  il  nuovo  chia- 
mato abbia  adempito  al  suo  ob- 
bligo, e  non  potendolo  adem- 
pire, finché  altro  dei  chiamati 
al  giuspalronato  si  trovi  nel  caso 
di  poterlo  adempire. 

12.  Ogni  commendatore  sarà  ob- 
bligato al  cabreo,  ai  migliora- 
menti ,  ed  all'adempimento  dei 
precetti  della  visita  priorale,  giu- 
sta la  forma  degli  statuti  del- 
l'ordine, ed  a  quanto  in  essi  si 
prescrive  per  la  sicurezza  dei 
beni  costituenti  la  dotazione.  Qui 
noteremo,  che  per  cabreo  s'in- 
tende il  catasto  d'ogni  commen- 
da, il  quale  si  rinnova  ogni  ven- 
ticinque anni  da  quel  titolare 
che  gode  la  commenda  in  quel- 
r  anno,  e  ciò  per  mantenersi 
sempre  nella  giusta  proprietà , 
ed  evitare  usurpazioni,  o  smem- 
bramenti  arbitrari. 

1 3.  I  titolari  saranno  nel  rango 
de' cavalieri  di  divozione,  esenti 
dal  diritto  del  passaggio,  a  me- 
no che  non  vogliano  farsi  rice- 
vere di  giustizia  del  sacro  or- 
dine ,  nel  qual  caso  dovranno 
produrre  le  prove  di  nobiltà 
per  i  quattro  quarti,  secondo  la 
torma  degli  statuti,  pagando  il 
passaggio  al  tesoro    dell'  ordine 


GER 
dì  maggior  età,  o  di  minor  età, 
secondo  vorranno  farsi  ricevere, 
ed  i  diritti  della  lingua  a  cui  ap- 
parterranno. Comunque  poi  i 
commendatori  siano  nel  grado 
di  cavalieri  di  divozione,  o  di 
giustizia,  se  si  faranno  ricevere 
come  tali  avranno  però  sempre 
il  titolo,  gli  onori  e  distinzioni 
di  commendatori  del  S.  M.  O. 
gerosolimitano. 
i4-  Il  fondatore  e  dopo  di  lui  i 
suoi  discendenti  conserveranno 
il  patronato  della  detta  commen- 
da ,  e  quindi  in  caso  di  avoca- 
zione dei  beni  dell'ordine  allo 
stato,  dovranno  quelli  costituenti 
la  dotazione  della  commenda  ri- 
manere, e  dovranno  ove  occorra 
ritornare  nella  libera  disponibili- 
tà del  fondatore  stesso ,  e  dei 
suoi  discendenti,  e  ciò  in  qua- 
lunque tempo  e  circostanza  si 
verifichi  il  caso,  ritenendosi  come 
condizione  indispensabile  della 
dotazione  l'obbligo  di  reversione 
dei  beni  assegnati,  nel  caso  di 
cessazione  della  commenda,  in 
favore  del  fondatore  e  de'  suoi 
discendenti. 
i5.  In  contemplazione  dell'esenzio- 
ne del  pagamento  del  passaggio 
per  tutti  i  discendenti  titolari,  il 
fondatore  offre  per  una  sol  vol- 
ta al  tesoro  dell'  ordine  scudi 
romani  quattrocent'ottanta. 
Va  notato,  che  presentemente  qua- 
lunque istituzione  di  commenda  oba- 
liaggio  viene  regolata  dalle  leggi  spe- 
ciali dei  governi  che  li  permettono. 

Istruzioni  per  ottenere  la  croce  di 
divozione  del  S.  M.  O.  Gero- 
solimitano. 

L'  individuo  che  aspira  a  tale 
onore  può  essere  nubile  o  ammo- 
gliato, deve  provare  la  nobiltà  della 


GER 

linea  paterna  ed  ava  paterna  per 
lo  spazio  non  interrotto  di  anni 
duecento,  e  nello  stesso  modo  per 
la  materna;  deve  produrre  la  fede 
di  battesimo,  e  la  fede  della  sua 
buona  condotta  morale  e  politica. 
Inoltre  deve  sborsare  il  pagamen- 
to del  passaggio  al  tesoro  in  scu- 
di romani  quattrocento  cinquanta. 
Più  deve  soddisfare  al  pagamen- 
to dei  diritti  di  cancelleria ,  e  pel 
permesso  dell'uniforme,  in  scudi 
romani  trentasette,  e  baj.  3o. 

Monache  dell'ordine  gerosoli- 
mitano. 

Le  monache  ospitalarie  dell'or- 
dine di  s.  Giovanni  di  Gerusalem- 
me sono  antiche  quanto  i  cava- 
lieri, dappoiché  la  loro  origine  ri- 
sale con  quella  dell'ordine.  Dicem- 
mo in  principio,  che  nel  medesimo 
tempo  in  cui  fu  fabbricato  in  Ge- 
rusalemme lo  spedale  vicino  alla 
chiesa  di  s.  Maria  Latina,  che  fu 
destinato  per  gli  uomini,  fabbri- 
cossene  un  altro  per  le  donne  ac- 
canto la  medesima  chiesa,  dedicalo 
a  s.  Maria  Maddalena;  in  esso  si 
osservavano  l'istesse  regole  che  pra- 
ticavansi  in  quello  degli  uominij 
adottandosi  la  regola  de'  canonici 
regolari  di  s.  Agostino,  ed  Agnese 
ne  fu  la  prima  abbadessa.  Il  pa- 
triarca di  Gerusalemme  nella  chie- 
sa del  santo  Sepolcro  ricevette  i 
voti  delle  religiose:  le  monache 
assunsero  l'abito  come  gli  uomini, 
cioè  di  drappo  nero,  con  la  croce 
di  tela  bianca,  insegna  dell'ordine, 
che  posero  sulla  parte  del  cuore; 
l'abito  fu  una  tonaca  ed  uno  sca- 
polare. Nelle  funzioni  del  coro  ag- 
giunsero un  manto  parimenti  ne- 
ro, fregiato  nella  parte  sinistra  con 
la    croce    bianca    ottangolare .     Il 


GER  3 17 

manto  benché  lungo  essendo  ripie- 
gato non  toccava  la  terra.  Al  me- 
desimo aggiunsero  un  cordone  tri- 
plicato con  fiocchi  di  seta  nera  e 
bianca;  ed  a  tal  cordone  altro  ne 
univano  coi  misteri  e  simboli  del- 
la passione  di  Gesù  Cristo,  scol- 
piti in  legno,  e  coperti  di  seta  ne- 
ra e  bianca,  ed  ambedue  le  re- 
ligiose sostenevanli  col  braccio  si- 
nistro,  come  rappresenta  la  figura 
che  ci  dà  il  sum mentovato  p.  Bo- 
nanni  a  pag.  CXXVI,  Monache 
dell'  ordine  equestre  di  Malia.  S. 
Toscana  veronese,  morta  nel  1 1 00, 
o  più  tardi  come  osserva  il  Bosio, 
fu  ospitalaria  o  monaca  gerosoli- 
mitana. Dopo  che  Saladino  prese 
Gerusalemme  nel  1187,  le  mona- 
che si  rifugiarono  in  vari  luoghi. 
In  Inghilterra  il  re  Enrico  II  le 
riunì  nel  monistero  di  Baukland, 
ove  dimorarono  sino  allo  scisma  di 
Enrico  Vili.  Nell'anno  seguente  la 
regina  Sancia  moglie  di  Alfonso 
li  re  di  Aragona  detto  il  Casto,  e 
madre  di  Pietro  II,  fondò  a  Sixe- 
na  un  monistero  in  onore  di  s. 
Maria  o  Nostra  Signora  di  Sixena, 
nella  diocesi  di  Lerida,  tra  questa 
città  e  Saragozza,  per  le  povere  da- 
migelle, le  quali  vi  dovevano  esse- 
re ricevute  senza  dote,  dovendo 
però  provare  la  loro  nobiltà  come 
i  cavalieri.  Ivi  fece  erigere  una 
magnifica  fabbrica,  che  fu  termi- 
nata nel  1190,  e  le  religiose  del- 
l'ordine gerosolimitano  vi  ricevet- 
tero la  regola  degli  ospitalari  del- 
l'ordine, che  approvò  Celestino  III, 
e  poi  confermarono  s.  Pio  V  ,  e 
Gregorio  XIII.  Dotò  la  regina  il 
monistero  di  feudi  e  terre,  e  lo 
ricolmò  di  altre  beneficenze.  Dive- 
nuta vedova  la  regina  si  ritirò  con 
la  figlia  nel  monistero ,  e  ne  ve- 
stirono   l'abito,  ciò  che  pur    fece 


3i8  GER 

Bianca  sua  nipote,  figlia  di  Giaco- 
mo li.  La  superiora  di  questo 
monistero  assisteva  ai  capitoli  pro- 
vinciali dell  ordine  in  Aragona,  ed 
avea  voto  nelle  deliberazioni  del 
castellano  d'Emposta,  ch'era  la  pri- 
maria dignità  dell'ordine  in  tal 
regno.  La  priora  conferiva  i  be- 
nefizi posti  nelle  sue  terre,  e  dava 
l'abito  ai  preti  d'ubbidienza;  al- 
trettanto faceva  la  priora  delle  mo- 
nache di  Catalogna  :  le  monache 
di  questi  due  monisleri  recavansi 
in  coro,  tenendo  in  mano  uno  scet- 
tro d'argento.  Queste  monache  es- 
sendo soggette  al  gran  maestro  , 
sotto  la  Cassiere,  questi  concesse  la 
sua  luogotenenza  alia  priora  del 
regio  monistero  d.  Caterina  Torel- 
las,  con  facoltà  di  dar  licenza  alle 
monache  di  uscir  dal  monistero  [)er 
curarsi  in  caso  d'infermità,  o  per 
altra  grave  urgenza,  in  conformità 
della  bolla  di  Gregorio  XIII,  data 
a'i4  dicembre  iSyS,  ed  in  pari 
tempo  diede  commissione  al  castel- 
lano d'Emposta  fr.  Lorenzo  de  Ta- 
lavera,  di  visitare  come  suo  dele- 
gato il  monistero. 

Ad  esempio  di  questo  monistero 
di  Sixena  si  fecero  molte  altre  fon- 
dazioni in  diversi  paesi.  Verso  il 
1  200  fu  eretto  quello  di  s.  Giovanni 
del  Tempio  di  Carraia  nella  città  di 
Pisa,  ove  fu  monaca  s.  Ubalda  o 
Ubaldesca,  che  morì  nel  1206.  Sot- 
to il  regno  di  Giacomo  II  re  d'Ara- 
gona enei  1212  fu  fondato  in  Ca- 
talogna il  monistero  di  s.  Giovan- 
ni gerosolimitano  di  Nostra  Signo- 
ra d'Alguaira,  dalle  matrone  Sau- 
rina de  Jorba,  ed  Elfa  de  Segar- 
dia;  e  le  religiose  che  vi  si  ammet- 
tevano dovevano  fare  le  prove  di 
nobiltà.  In  Genova  fu  fondalo  al- 
tro monistero  nel  i23o,  forse  quel- 
lo  di   s.    Caterina    vergine  e   mar- 


GER 
tire,  eretto    dall'arci ve5covo    di   Ge- 
nova   Ottone ,     di     patria     alessan- 
drino. 

Le  monache  di  Beanlieu  furono 
fondate  nel  Quercy,  in  un  ospeda- 
le istituito  nel  1220  dai  signori  di 
Themines,  pei  pellegrini  che  reca- 
vansi in  Terra  Santa,  dal  gran  mae- 
stro de  Villaret,  per  le  povere  in- 
ferme e  pellegrine,  onde  le  religiose 
si  formarono  in  tie  gradi  :  di  suore 
di  giustizia,  che  facevano  le  prove  di 
nobiltà  coDie  i  cavalieri  gerosolimita- 
ni; di  suore  di  officio,  e  di  suo- 
re converse:  tra  di  esse  fiorì  s. 
Flora  che  morì  santamente  nel 
1299.  Il  priore  di  Beaulieu  era 
gran  priore  perpetuo  di  tutte  le  fi- 
glie dell'ordine  in  Fiancia.  Il  me- 
desimo gran  maestro  Villaret  nel 
1292  diede  forma  e  regola  ad  al- 
tro monistero  del  Quercy  nella  dio- 
cesi di  Cahors,  come  quello  di  Beau- 
lieu, chiamato  della  Selva  di  Fieux. 
In  progresso  di  tempo  le  monache 
vivendo  senza  clausura,  si  erano  al- 
quanto rilassate,  quando  suor  Ga- 
leotta di  Vaillac,  che  prima  era 
coadiutora  del  monistero  di  .Beau- 
lieu, essendo  priora  di  quello  di 
Fieux  si  pose  in  pensiero  di  riuni- 
re i  due  moni  steri,  con  fine  d' in- 
trodurvi conveniente  riforma.  Col 
consenso  del  gran  maestro  e  del 
convento,  e  mediante  una  bolla 
pontifìcia,  nel  1621  eseguì  l'unio- 
ne non  senza  superare  difficoltà,  e 
vi  stabilì  ottime  regole.  Il  gran 
maestro  Wignacourt  fece  visitare 
ambedue  i  monisteri  per  espressi 
visitatori  e  correttori;  e  siccome 
dopo  la  morte  della  benemerita 
Vaillac  erano  nate  differenze  sul 
governo  de' due  monisteri,  nel  1624 
il  re  di  Francia  le  sottopose  all'an- 
tica potestà  e  giurisdizione  dell'  or- 
dine.  Allora    fu    trasferito  il  moni- 


GER 

stero  (li  Beaulieu  in  altro  edificato  a 
Tolosa. 

Il  monistero  di  s.  Marco  della 
città  di  Marlel,  pure  nella  diocesi 
di  Caliors,  è  quasi  coetaneo  del  pre- 
cedente, esistendo  già  nel  1 269, 
ov' erano  le  sorelle  dello  spedale  di 
s.  Marco  di  Maitel.  JN'el  i4o7  "'e- 
la  priora  la  dama  Delfina  di  Bosq, 
e  nel  1 586  Bartolomea  di  Cha- 
brignac  che  abbracciando  gli  erro- 
ri di  Calvino  si  maritò,  e  vendè 
il  monistero  ai  consoli  della  città. 
Nel  i652  a  cagione  della  peste  che 
infierì  a  Tolosa,  le  monache  di  s. 
Giovanni  con  la  priora  dama  Mi- 
randol  si  trasferirono  nel  Quercy,  e 
la  di  lei  nipote  suor  Francesca,  con 
la  protezione  del  re,  ricuperò  il 
monistero  di  Martel,  non  senza  gra- 
vi difficoltà,  come  narra  il  Pozzo 
nel  toni.  I,  p.  677  e  seg.  ;  quindi  lo 
ristabilì,  ne  ricuperò  le  rendite,  e 
nel  1686  il  gran  maestro  ed  il 
consiglio  approvarono  le  regole  a 
nórma  di  quelle  di  s.  Giovanni  di 
Tolosa.  La  comunità  l'eligiosa  di 
Martel  fu  divisa  in  più  classi,  cioè 
di  suore  canonichesse  di  giustizia, 
di  suore  d' ufficio,  di  suore  conver- 
se, e  di  donale,  non  che  di  fratel- 
li donati,  che  venivano  ricevuti  al- 
l'età di  quaranta  anni  sotto  l'ub- 
bidienza della  gran  priora.  Le  suo- 
re di  giustizia  facevano  le  stesse 
prove  di  nobiltà  che  i  cavalieri, 
ed  erano  decorate  con  la  croce  di 
tela  bianca  sul  cuore,  d' una  croce 
d'  010  sullo  stomaco,  e  di  un  anel- 
lo d' oro  con  piccola  croce  geroso- 
limitana con  smalto  nero  e  bianco. 
Nelle  solenni  funzioni  assumevano 
il  manto  a  becco,  col  cordone  del- 
l'ordine fregiato  dei  simboli  della 
passione  di  Gesù  Cristo.  Tutte  le 
monache  facevano  i  voti  di  pover- 
tà, castità  ed  obbedienza,  e  di  os- 


GER  319 

servare  gli  statuti  dell'ordine.  La 
gran  priora  veniva  eletta  dalle  suo- 
re di  giustizia,  e  confermavasi  con 
bolla  dal  gran  maestro.  Portava  in 
petto  la  gran  croce,  che  riceveva 
nel  giorno  di  sua  installazione  da 
un  cavaliere  deputato  dal  gran 
maestro.  Inoltre  la  gran  priora  nel- 
le solennità  usava  la  doccia,  veste 
che  descrivemmo  di  sopra. 

Le  monache  di  s.  Giovannino  di 
Firenze  nel  iSqi  le  fondò  il  gian 
maestro  fr.  Francesco  Caracciolo, 
dando  loro  l'  ospedale  di  s.  Nicola 
coi  suoi  beni  e  diritti.  Ne  fu  pri- 
ma abbadessa  e  commendalrice  Pe- 
retta Andrea  Viviani.  Dopo  aver 
vissuto  l'abbadessa  e  le  monache  per 
più  di  duecento  anni  coi  buoni  e- 
sempi  lasciati  dalle  loro  antecesso- 
re, nel  1589,  per  ordine  del  com- 
mendatore fr.  Antonio  Martelli  luo- 
gotenente del  priore  di  Pisa,  for- 
n^arono  le  regole  e  costituzioni  per 
proprio  governo,  e  pel  regime  del 
monistero ,  le  quali  a'  20  maggio 
dell'anno  stesso  furono  approvate 
dal  gran  maestro  cardinale  fr.  Ver- 
dalla,  e  dal  consiglio  dell'ordine. 

Il  monistero  di  Caspe  nella  Spa- 
gna lo  fondò  il  gran  maestro  Gio. 
Ferdinando  de  Heredia  ;  quello  di 
Siviglia  Isabella  di  Leon  nel  149^^) 
detto  delle  Cordigliere,  sotto  la  re- 
gola e  con  l'abito  di  s.  Giovanni 
di  Gerusalemme,  con  autorizzazio- 
ne del  cardinale  gran  maestro 
d'Aubusson,  e  fu  nominata  priora 
del  medesimo  monistero.  Altro  ne 
fu  stabilito  in  Portogallo  nella  cit- 
tà di  Evora  da  Isabella  Fernan- 
des  nel  i5o9.  L'infante  d.  Luigi, 
perpetuo  amministratore  del  gran 
priorato  di  Portogallo,  n'eresse  u- 
no  a  FIor-de-Roses  nella  città  di 
Ex-tremos.  In  città  di  Penna  il 
priore   di    Capua   fr.    Giuliano  Ri- 


3?.o  GER 

dolfi,  nel  1 526,  fondò  un  monistei'o 
di  gerosolimitane. 

Le    monache    del    monistero    di 
Tolosa    furono    istituite    nel     16 12 
dal  gran  maestro  di  Paola,  che  le 
approvò    nel     162 5,  quindi    fuiono 
lilbrmate  da  suor  Gourdon  de  Ge- 
novillac,  superiora  del  monistero  di 
Beaulieu.   Il  gran  maestro  fondato- 
re   se  ne  dichiarò  superiore,    men- 
tre   gli  altri    monisteri     dell'  ordi- 
ne avevano    per    superiore    il   giaa 
priore.     Nel     i644     ''    g'^"    mae- 
stro Lascaris  approvò  i  regolamen- 
ti  delie  monache,   i  quali   prescrive- 
vano dover  durare  la  superiora  tre 
anni,    dividendo    le  suore   in  suore 
di    giustizia    che    dovevano    far    le 
prove  di  nobiltà  come    i    cavalieri, 
e    pagavano  per  diritto    di   passag- 
gia  tremila     franchi  ;  in  suore  ser- 
venti   d'officio,    le    quali    erano  te- 
nule    fare    le  medesime    prove    dei 
fr.    serventi     d'armi,    e    pagavano 
pel  passaggio  millecinquecento  fran- 
chi; e  le  suore  converse  pei  servi- 
gi interni  del  monistero.   Il  loro  ve- 
stiario era  come  quello  delle  altre 
monache  gerosolimitane.  Il  capitolo 
e  la  superiora  erano  autorizzate  di 
dare  la  piccola  croce  ai  fratelli  do- 
nati, dopo  l'età  di  trenta  anni.  Del 
resto  altii  monisteri  dell'ordine  e- 
sistcrono  in  Verona,  in   Venezia,  ed 
in  altii  luoghi.    Sebbene,    secondo 
l'istituzione  fatta  in  Gerusalemme, 
le  monache  dovessero  portare  abi- 
ti  di   lana   neri,  in  alcuni   moniste- 
ri  l'abito  fu  di  lana  rossa,  il  man- 
tello nero  ornato  della  consueta  cro- 
ce di    tela    bianca    ad    otto   punte. 
Narra    il  Pozzo    tom.    I,    p.    708, 
che  il  consiglio  dell'ordine  nel  1622 
con  decreto  approvò  il  divisamento 
di   madama  Carlotta  de  Cluis  abba- 
dessa  di  Nostra  Donna  la  reale  de 
Lis,  badia    dell'  ordine  cistcrciense, 


GER 

di  fondare  in  Fontainebleau  un  mo- 
nistero di  monache  gentildonne,  con 
l'abito  ed  istituto  gerosolimitano,  sot- 
to l'obbedienza  del  priore  di  Fran- 
cia, Sdiva  però  la  superiorità  dei 
gran  maestri,  ma  questa  fondazione 
non  sortì  il  suo  elFetto. 

In  Malta  vi    erano    le    monaclie 
di   s.  Pietro,  e  di  s.   Scolastica,  che 
nel    1574  il    vescovo  Roias  per  si- 
curezza fece     trasferire    dalla    città 
Notabile    alla     Vittoriosa,    per    gli 
armamenti  che  faceva  il  turco  con- 
tro l'isola.    L'origine  delle    mona- 
che   di  s.   Orsola,    delle  Vergini    e 
Ripentite    di    s.    Maria    Maddalena 
risale  al  i58i,  ed  al  gran  maestro 
la  Cassiere.  Dipoi  nel    159^   le  mo- 
nache  di  s.   Orsola  per    migliorare 
stanza   vennero   trasferite    alla  Val- 
letta, fabbricandosi  il  monistero  so- 
pra   il   porto   maggiore:    in  seguito 
nel    1634  il  gran  maestro  di   Pao- 
la riedillcò  la  chiesa  in  forma  mi- 
gliore, e  poscia   il  gran  maestro  Co- 
toner  rifabbricò  sontuosamente  tut- 
to il    monistero.    Ma    il    monistero 
delle    Vergini   e   Ripentite    essendo 
stalo  disgiunto  da  quello  di   s.  Or- 
sola, e  trasferito  nella  parte    verso 
s.   Ermo,  ebbe  rendite  separate  pel 
suo  sostentamento,  fra   le  quali  al- 
cune gabelle,  ed  il  quinto  dei  beni 
delle     meretrici,     ch'erano     tenute 
contribuire  per  la    validità  de' loro 
testamenti.    Nel      1606     poi     nella 
Valletta    fu    istituito    il    monistero 
della   Piesentazione  della  Madonna 
e  di  s.  Caterina,   per  le  vergini   fi- 
glie di  donne  scandalose,  perchè  a 
suo    tempo    potessero    onestamente 
maritarsi,  o  monacarsi. 

Per  conoscere  le  gloriose  ed  in- 
numerabili guerresche  imprese  del 
nobilissimo,  potente  e  benemerito 
ordine  gerosolimitano,  principalmen- 
te   quelle    in    cui    si    segnalò    nel- 


GER 

la  silfi  dimora  in  Palestina,  sicco- 
me valido  sostegno  dei  re  di  Ge- 
rusalemme, di  lutti  i  principi  cri- 
stiani di  oriente,  e  delle  crociate, 
come  pel  dettaglio  di  sua  impor- 
tantissima istoria,  si  possono  consul- 
tare i  seguenti  autori,  oltre  quelli 
die  trattarono  degli  ordini  milita- 
ri ed  equestri  come  il  Giustiniani, 
il  p.  Heliot,  ec.  ec.  :  Privilegia  or- 
flinis  s.  Joannis  Hierosolymilani,etc., 
Romae  i568  et  i586,  in  folio. 
Henricus  Pantaleonis,  Hijtoria  mi- 
litaris  ordinis  Joliamnilanini  Rko- 
dioriim  ac  Melitensiuni  et  ec/uituni 
et  rerum  memorabiliuin  ad an.  i58i 
fortiter  geslarum  hislorìa  nova  con- 
scripta,  Basileae  i58i.  Giacomo 
Bosio,  La  corona  del  cavaliere  gè- 
rosolimilano ,  Roma  i588.  Istoria 
della  religione  di  Blatta,  Roma 
\5o,\,  i6ii,  i632,  i633;  Napoli 
i684;  Venezia  169?.  Privilegi  con- 
cessi dai  Papi  alla  sacra  religio- 
ne di  s.  Giovanni  Gerosolimitano, 
con  indice  del  Bosio,  Roma  1589. 
P.  Roissat,  Hisloire  des  chevaliers 
de  l'ordre  de  VHópital  de  s.  Jean 
de  Jérusaleni,  ou  de  Malte ,  Lyon 
16 12.  Brissat,  Histoire  des  cheva- 
liers de  l'ordre  de  VHópital  de 
s.  Jean  de  Jcr usa  leni  de  Mal- 
te, Lyon  16 12.  Domenico  Maria 
Curione,  Il  glorioso  trionfo  della 
religione  militare  de'  cavalieri  di 
v.  Gio.  Gerosolimitano,  detti  pri- 
ma ospedalieri,  poi  di  Rodi,  ed  ul- 
timamente di  Malta,  MWatio  1617. 
Don  Juan  Agostin  de  Funes  Fray, 
Cronica  de  la  sa  grada  r  eligio  n  de 
san  Juan  Battista  de  Jernsalem, 
en  Valencia  i6?.6.  Bosio,  Le  im- 
magini de'beati  e  santi  della  sa- 
cra religione  di  s.  Giovanni  Ge- 
rosolimitano ed  altri,  con  le  loro 
vite,  Roma  i633.  Matihieu  Gous- 
saucourt.  Le  martyrologe  des  che- 

VOL.    XXIX. 


GER  32  1 

valiers  de  Malte,  Paris  i643.  Na- 
berat,  Histoire  des  chevaliers  de 
Malte  par  Baudoin,  avec  les  clo- 
ges  des  grands-maitres,  etc.  et  som- 
mai j-es  des  privile  gè  s  octroyés  à 
l'ordre  de  s.  Jean,  Paris  i643. 
J.  Baudoin,  Histoire  des  chevaliers 
de  l'ordre  de  s.  Jean  de  Jtrusa- 
lem,  avec  les  statuts  et  les  ordon- 
nances  de  l'ordre,  Paris  iG^g.  D. 
Ferdinando  Escanno,  Propugnacu- 
lum  Hierosolymitanum ,  sive  reli- 
gionis  miliiaris  s.  Joannis  Hiero- 
solymitani  compendium  ,  Hispali 
1663.  Carlo  Macri  ,  Il  valore  mi- 
litare maltese  difeso  contro  le  ca- 
lunnie del  Brusoni,  Roma  1667. 
Conte  commendatore  Bartolomeo 
Pozzo,  Historia  della  sacra  religio- 
ne militare  di  s.  Gio.  Gerosolimi- 
tano delta  di  Malta,  che  prose- 
guisce  quella  di  Giacomo  Bosio, 
Verona  1703,  Venezia  1715.  Ruo- 
lo generale  de'  cavalieri  gerosoli- 
mitani dell'anno  1689,  e  continua- 
to da  fr.  Roberto  Solaro  di  Go- 
rone  all'anno  171 3,  Torino  1714- 
avvertimenti  necessari  a  chi  legge 
V  istoria  de'  cavalieri  di  Malta  del 
commendatore  dal  Pozzo,  Colonia 
1705.  S.  P.  Caiavita,  Compendio 
alfabetico  della  s.  religione  geroso- 
limitana. Borgo  Nuovo  1 7 1 8.  Trat- 
tato della  povertà  de'  cavalieri  di 
Malta,  Borgo  Nuovo  17  18.  Seba- 
stiano Pauli ,  Codice  diplomatico 
del  S.  AI.  ordine  gerosolimitano 
oggi  di  Malta,  ec.  raccolto  da  va- 
ri documenti  di  quell'archivio,  Luc- 
ca tom.  I,  1733,  tom.  Il,  1737. 
René  Vertot,  Histoire  des  cheva- 
liers hospitaliers  de  s.  Jean  de  Jé- 
rusalem,  Paris  1726.  Histoire  des 
chevaliers  de  Rhodes  et  au/ourdui 
de  Malte,  Parigi  1778.  Antonio 
Paolo  Pauli,  Dell'origine  ed  istitu- 
to del  sacro  militare  ordine   gero- 

21 


286016 


322  GER 

solimitano,  Roma  1784.  Pietro  de- 
gli Onofii,  Succinto  ragguaglio  del- 
Vorigine,  progresso,  e  stabilimento 
del  sacro  militare  ordine  gerosoU- 
vìitano,  con  un  ristretto  delle  vite 
de'  gran  maestri  per  istruzione  dei 
giovani  cavalieri  che  vorranno  a' 
scriversi  a  sì  rispettabile  ordine, 
Napoli  1791.  Caiìo  YeiTì,  Epìlogo 
dell'  istoria  dell'ordine  di  s.  Gio- 
vanni di  Gerusalemme,  detto  l'or- 
dine di  Malta.  Como  i8i4-  Ana- 
stasio di  Figueiredo,  Nova  histo- 
ria  da  militar  ordem  de  Malta, 
e  dos  senhores  grao  priores  del- 
la, em  Portugal,  Lisboa  1800.  Con- 
te Vincenzo  Cicognara,  /  cavalieri 
dell'  ordine  di  s.  Giovanni  di  Ge- 
rusalemme detti  di  Malta,  Ferra- 
ra 1827.  M.  de  Saint-Allais,  L'or- 
■  dre  de  Malte,  ses  grands  maitres 
et  ses  chevaliers ,  Paris  1839:  in 
fine  sono  riportali  gli  stemmi  gen- 
tilizi di  tutti  i  gran  maestri  e  luo- 
gotenenti del  magistero,  inclusivo 
a    quello    del    venerando    bali    fr. 


GER 

Carlo  Candida,    ^^archese    di    Vil- 
larosa  cavaliere  gerosolimitano.  No- 
tizie dì  alcuni  cavalieri  del  sacro 
ordine   gerosolimitano    illustri    per 
le  lettere  e  per  belle  arti,    Napoli 
i84i.  Nelle  note  della  prefazione  è 
riportata  una  biblioteca  degli  scrit- 
tori dell'ordine.  In  quanto  agli  sta- 
tuti di  esso  abbiamo  :  Statuta    sa- 
crac  religionis  Rhodianae  et  Meli- 
tae,  Ulmae   iSqS,  Romae    Blando 
i556.    Statuta    hospitalis    Jerusa- 
lem  etc,  Romae  i588.  Statuta  ho- 
spitalis Jerusalem,  sive   ordinis   e- 
quitum  s.  Joannis  Hierosolymitano- 
runi,   i538.  Statuti  della  sacra  re- 
ligione di  s.   Giovanni   Gerosolimi- 
tano, con  le  ordinanze  del  capitolo 
generale    celebrato    nel     1 63 1  ;    di 
nuovo    ristampali   con    le  loro  ta- 
vole   e    postille    in    Borgo    Nuovo 
1674    e    17 18.    La    più  completa 
edizione  di  tali  statuti,  è  l' ultima 
pubblicata  nel  magistero    del  gran 
maestro  de  Rohan. 


FINE    DEL    VOLUME    VIGESLMONONO. 
O 


BX   841    .[167   1840 

sncR 

Moroni ,  Gaetano, 

1802-1883. 
Dizionario  di  erudizione 

storico-ecclesiastica 
AFK-9455  (awsk)