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Full text of "Il milione di Marco Polo; testo di lingua del socolo decimoterzo ora per la prima volta pubblicato ed illustrato dal conte Gio. Batt. Baldelli Boni"

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J 


IL  MILIONE 


DI 


MESSER  MARCO  POLO 


V INIZI  ANO 


SECONDO  LA  LEZIONE  RAMUSIANA 


ILLUSTRATO  E  COMENT ATO 


DAL  CONTE 


GIO.  BATT.  BALDELLI  BONI 


Tomo  Secondo 


FIRENZE 

DA'  TOROII  DI  GIUSEPPE  PAGA» 

MDCCCXxrrr. 


J   ,    . 


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eammeAtaia  Proemio^  ed  anche  per  riconoscenza  pe'diiè  illustri 
JTmkeii:  imperocché  iloro  sorprendenti  y^ia^gi  ^  aprirono  la  \>ia 
ai^unùnosi  scoprimenti  detjìglio  »  Infatti  ammirabile  fu  il 
loro  ardimento^  la  loro  costanza y  di  trai^ersare  pressoché  tutta 
r  Asia^  commettendo  la  sicurezza  delle  loro  persone  agli  effe-^ 
rati  Tartari^ 

Narra  il  figlio  y  che  i  due  Poii  seniori  ^^  recaronsi  in  Co- 
stantinopoli pe  loro  traffici  ^  e  dimx)rati{^i  un  tempo  passarono' 
in  Soldadia  y  o  Sudak  ^a)  •  Js^i  dimx)rati  un  tempo  risolsero 
recarsi  alla  corte  di  Barka  ^  a  Bereke  Con  (b) ,  che  risedeva 
in  BolgarUy  ed  in  Assara^  che  secondo  la  costumanza  tartari^ 
cay  as^es^a  cioé^  due  residenze^  V  iemale  e  Vestiva^  Bolgari  que*^ 
stUy  Sarai  sulVActuha  quella  (e) .  /  Poli  nel  recarsi  a  Bolgariy 
sicQome  il  figlio  dice  che  f/i  andarono  per  terra  y  doverono  tra- 
versare ta  penisola  di  Orimeay  e  T  ismo  che  la  congiunge  alla 
Piccola  Tartariay  detta  allora  Qazariay  odi  li  prenderla 
volta  del  Don  y  e  lungo  il  detto  fiumCy  ed  il  F^olgOy  recarsi  'a 
Bolgari  y  facendo  parte  detta  via  medesima  de^  viaggiatori 
Gmlin  e  Lepchin  y  per  Cutoriy  Zaplavay  Zarizin^ Zaratof  ^ 
Le  rovine  di  qudV antica  dominantCy  veggonsi  tuttora  novanta 
verst  a  trafnontana  di  Simbirsk  y  in  fàccia  alV  imboccatura 
della  Caìna  nel  Volga  (d) . 

IH  li  risolsero  i  Peli  tornare  in  patria  y  ma  a  riprenderai^ 
la  diritta  via  y  era  loro  d  ostacolo  la  guerra  accesasi  fra  Barca 
e  Ulitgu  y  signore  dei  Tartari  di  Levante  ^  o  della  Persia  ^ 
Perciò  i  due  viaggiatori  furof io  consigliati  d^andar  tanto  alla 
volta  di  levante y,  che  circondassero  il  regno  di  Barca.  Essi  si 
giovarono  del  salutare  aivsnso  y  e-  giunsero  ad  una  città  detta 
Uchacay  cioè  Okak  sul  Volga  y  a  meziawafra  Bolgari  e  Sa- 
rai (e)  y,  che  ai  tempi  di  Ahulfeda  era  confine  della  signoria 
dei  Tartari  del  Captchac  y  e  di  li  si  recarono  a  Boccara .  Ma 
il  cenno  che  dà  il  figlio  nd  Proemioy  non  basterebbe  a  dichia- 
rare la  via  che  tennero  per  recarvisi  /  se  circuirono  i  litorali 

* 

(a)  T.ii.not.4.    (b)  Ikid.  noU  5*.    (e)  Ibid;  iiol.;6»^    (d)  DecowerUdet^Riutes.. 
t..  1.  p.  473u.    (e)  t*  IL  IIOL..8.. 


hccidehtali  è  mendiomUi  del  Caspio  ^  q  que  di  tramontana  K 
^  lessante .  Che  seguiuero  quest"  ultima  direzione  io  Vopinaiy 
^tMt^  dotte  parole  del  Jiglioz  che  ì  due  fralelli  pensarono 
più  ffiiuiDei  aodareyi  per  U  via  di  levante,  e  che  giunsero  a  Boc* 
càra.j(d)L.*  e  di  ^^ueftgt  mia  conghi^tura  Jece  parala  il  Ckia- 
m*  Cardinale  Zùrla  (b)  «  Ma  oggi  pubblicato  il  Testo  Pof- 
rigiao  dèi  .Milione^  la  cosa  è  positiva  e  non  congetturale • 
Ipì  è  detto  eie  alla  guerra  fra  Berekè  e  Ulagu  diede  occasior 
me  il  possesso  d^  un  principato ,  che  sembra  essere  quello  di 
Schirvmiif  che  Ulugu  s^avanzò  colf  esercito  in  inasta  pianura: 
qui  est  enire  les  portes  dou  Fer,  e  le  mer  de  Sarain:  cioè  Jrd 
Derhend  e  il  Mar  di  Saraiy  che  pare  che  posi  appellasse  quella 
parte  del  Mar  Caspio^  che  s^olges^a  s^erso  quella  città^  distrutta 
^gidi  (e)*  Dunque  è  evidente  chei  due  fratelli  per  isf uggire 
i  pericoli  di  quella  guerra ,  doverono  circuire  il  Caspio  a  tror 
moìktanOf  e  ad  oriente .  Cosi  ebbero  occasione  di  passare  alcune 
delie  gramli fumane,  che  sboccano  a  tramontana  di  quel  ma- 
fe^.e  Marco  j  a  loro  relazione  parlò  del  Volga ,  e  del  Yaik , 
e  potè  dare  un  assai  esatta  contezza  di  quel  celebre  marein^ 
terno  (d)  -  Presa  i  Poli  quella  volta  ^  cavalcarono  pe  deserti  , 
che  sonofral  Caspio  e  F  Arai ,  e  passato  il  Ghion ,  che  male 
appropodto  il  figlio  chiama  il  Tigri ,  erróre  che  molti  illuse^ 
per  rintracciare  la  vera  direzione  del  camino  fatto  dai  Poli  (e), 
passato  H  detto fiume^dopo  diciassette  giornate  di  viaggio  giun- 
sero a  Baccarà.  Fece  parte  di  quella  via  V  Inglese  viaggiatore 
Jenkinson^  che  nel  l558  partì  da  Mosca  per  Boccara  per 
iscoprire  V  ignòta  via  del  Catajo  (f). 

Marco  Polo  non  dà  veru^  cenno  della  via  che  tenne  il 
podre^  colf  ratei  suOjper  recarsi  da  Boccara  a  Chemenfu  in  Tar- 
tarla  ^  residenza  estiva  di  Cablai  Can  (g) .  ^avverte  però  che 
camnunarono  alla  volta  di  greco  e  tramontana^  e  che  trovarono 
molte  case  mirabili  e  grandi^  delle  quali  tace  nel  Proemio^  per- 

(a)  Proenk  1 1.  p*  9«  (b)  Dissertasi  attor,  ad  Illast  Viagg*  Venei.  t.  u  Appetì- 
aie.  (e)  Teil.  Parig.  L  oap,  cxau^.  fdj  Toau  ii.  not.  £4^  (é)  Ilrid.  not  9.  (  f)  Ibid. 
(g)  IkkL  Mt  ai. 


òhe  da  tui  sono  scritte  per  ordine  nel  seguente  liiro  (a) .  Nek 
Parigino  primo  è  detto:  le  ìquali  cose  qoq  Vi  raccenieèemd  ^ilì^ 
perché  messer  Marco^  Ggiiadt  niesser  Niccolò,  che  tutte  queete  eotP^ 
Tidde  adcora^  ve  le  racconterà  in  questo  libro  ionansi  nperlamem* 
le*(b).  Dee  (ts^vertirsi  cKei  intende  le  cose  s?eduie  dai  Poli  da 
Boccara  in  poi .  Due  sono,  le  Qie  per  recarci  ai  Catajo  da  i/uesia 
cittày  che  furono  indicate  alf  lonson^  altro  inglese  iHuggiatora 
che  collo  stesso  disnsamento  del  lenkinsonfu  a  Boccerà ^le  tpuièi 
fanno  capo  a  Caschgcur  :  Vuna  passa  per  Samarcanda^  f  altra 
per  Taschkendy  e  che  secondo  il  rammentato  saggiatore  si  di^ 
rigono  a  Yerkend^  a  Soiree  hi k  (  So-tcheu^j  a  Chamchick  (  Kan- 
tcheu  y  Ma  che  i  Poli  seguissero  la  \^ia  di  Samarccuìday  e  di 
Cogend  nel  recarsi  al  Catajòi^nofp  cade  dubbio^  (e),  perchè  il  fa- 
glio descrisse  la  rammentata  cittày  Ca^chgaryeYerkendyC  non 
fa  mòtto  di  Taschkend  y  eh'  era  la  celebre  Turri$  Lapidea  degli 
Antichi^  Io  opinai  nel  commentare  il MUioneycKe  le  yie battute 
prima  da  Niccolò  e  Majfìo ,  indi  da  essi  con  3 Jàreo^  facessero 
topo  a  Yerkend  (d) ,  perchè  F  ultimo  {tenendo  da  BadagshoHp 
doi^esmfareunapiccola  deviazione  dal  retto  camino  per  passare 
da  Cashgat .  Ma  rammentandomi ,  che  gli  amlxisciatori  di 
Schah  Rbckh  y  e  Vinfelice  Padre  Goez ,  che  batterono  parte 
del  camino  dei  Poli,,  toccarono  Caschgar^  osf e s^ univano  le  cur 
rodane  a  comodo  dei  Mandanti  ^  inchina  a  credere  che  airocca^ 
sione  dei  due  s^iaggi  de  Poti ,  in  questa  città  le  due  vie  s^ anno- 
dassero fnfatti  Marcofatta  menzione  di  quella  terra  net  prima 
libro  ,  come  as^s^ertiremo  a  suo  luogo  y  retrocede,  per  descrivete 
Samarcanda.  Per  V allegata  autorità  del  Testo  Parigino^  sce- 
rebbe da  inferire ,.  che  anche  HfgliOy  quando  che  fossCj  wsi" 
tasse  Samarcanda;  corrobora  tale  opinione  net  cedersi  segnata 
nella  Carta  del  Scdone  dello  Scudo  ^  dèe  contiene  gV  itineraria 
dei  Pcliy  una  s^ia  che  di  Tartaria  conébtce  adetia  città.  Ma 
se  ciòfùy  ciò  non  as^s^erme*  airbccasione  di  questo  suo  i^i^ggio^  ma 
forse  speditoci  posteriormente  pe  sers?igi  del  Gran  Can  (e)  Può 

(a)  t  II.  p  9.    (b)  Ptrig.  I.  Ghap.  t-   (c)  t  u.  not.  179^    (i^  Ibid.   '(^  Cirtt* 
B^^ Opera  dei  GarcLZurL  io  calct  U.k  .      / 


/ 


uncke  essereà^enutOi  cke')Marc&  cansAlàrMs^  il  camino  daSis^: 
itnm^anda  a\  Cuschgàf^  di  coUpocòfwsfmentù^  hdeaiiHÙnente'aRà 
'  lunghezza  sterminata  'del  suo*  irià^^o  ^  'da  non  rfieriiate  parti*: 
colare  eccezitme.  Ma  le  paride  di  Marea  da  nei  aUegoie  di^ 
hhiàrano^  che  la  wa  tenuta  dai  P^di  Seniori  per  recarsi  dc^'^Cà'* 
schgttr  a  Chemenfu\fu  quella  stessa^  chejecéro  posteriormeràe 
concesso.  '•■^"  '•  *  ^  ■'"    •'    '^^  /•  - '** 

t^  Perciò  e  era  da  trattare^e^  snajggi' di  Mupùo  ^  tdlòrcM 
recossi  la  prima  volta  al  Catajoj  che  descrii^e  7Ìel  priOèó'liòro 
del  Milione  .  Ed  è  qui  da  av^s^erìirej  che^pissndendc^ per  guida 
fedele  il  Proemio^  mm  vi  A  argomentb-dl  dubbiez  za  per^'là  prima 
parte  del  viaggio .  Marco  narra ,  che  partitosi  da  y-eri^ezià  coi 
suoi  maggióri  per  recarsi  ai  Gr€gn  (Uin^per  le  faccende' che  ave- 
va loro  commesse  j  fecer  vela'  per  Acri  y  che  di'  li  paisaron»  a 
Gerusalemme,  pe fi  prenderviycome  Cuoiai  ne  H  a^va  richiesti  r 
delVoliò  delleiliànpmae j,  *chè  ardènoàttometil'^Santo  Sepolcri. 
Che  dalladttà  Santa^  ternati  ih  Aeri  fecero  p^per  hs  Giaz%a 
(  Layas )  \  porto  ddV:  jAnienia' MÌTwre  (a^  ; '  6he^ di  U furori» 
riùkiàmiOtiin  Acriper léleziene' Ul Papaia  di 'TÉfialde^f^iseenti 
Legato  PtirUi/Scia  in  Palestina  y  e  che  il  novello^  Pontefice  date 
toro  lettere  per  ^Cuhlai  Cady  eduemissionari^peratcompagnarii 
in  Tartarea  y  tijrnarorio^  alia  Giaz^  ^^  e  che  di  llprendéron  In 
^ta delta  residenza  del  Gram  C'aw{k^'^ *  i  '         '  • 

Ma  innanzi  di  diehitxrare  i  viaggi  di  Marce  per  recarsi  a 
Chemen/^y.è  duopa  aver  presènte  ché^  ttdè  eraia  fretta  dei  suoi 
maggiori  di  giungere*  aUà  corte  del  Grran^Can^' chela  prima 
volta  sipartironoda  Acri  senza  aspettare  cheelezione  di  Papa  si 
fiscesie  (e) .  E  quando  vi^bmarono  richiamati  dall'  èlettoPapa^ 
ripassati  nel  Armenia  Minore ,  non  atterrirono  i  viaggiatori  i 
pericoli  deir  atroce  guerra  che  Bundocdaiire  ^  o  Bibàrs  fiwes^a 
'  id  monarca  della  contrada:  peìicoli  che  recuroiwi due  frati  loro- 
compagni  j.  a  tornareindi^ro  ^malgrado  le  impcpanti  commi^ 
si om  date  loro  dal  Pontefice,,  e  che  non  trattennero  i  Polida- 
,%  '  ■         .      .    -  .  .  .    , 

(lO  t  i:.  wt.i&    (b)  t  H..iMig.  i3i<r3».God.  Parigli,  p.  8.    (e)  t.i.  pg.4^         i 


parsi ' in. ùominà. per  C&emenfu^  redéU^aestìwik  dd  Gran 
C^mijk^  •  Ciò  dicÀiam  mmn(fegMmeniè  cAe  pr&nderona  la  vim 
0ii  brwe  per  giungerai  ^  E  lo  ai^vmie  H  figlio  dicendo  che  ■.  am 
darono:  sempre  alla  volta  dì  grèoo  e  di  4ramontaoa  (b).  TaU 
che  non  dowronu  dilungare  dal  diritto  camiino^  eke  fuanto  il 
rfchifidesHmo  i  naturali  ostaeali^oke  §i jfrappongano  ai  viaggia^, 
tori ,  di  laghi  ,  dijlumi^  di  catene  di  monti^  perciò  dwenmn 
seguire  le,  vie^hottute  dalle,  éaroi^ane.  Esaita  è  poi  la  direnane 
ridaìUs^a  del  iwggio ,  infuantpchè  Sis  ^  ohe  esso  appella  Seha^ 
stiiSy  capitale  dell' jirmenià  Minore^  £  ónde  si  partirono  (e) ,  è 
allalatitwlinedi  37/  55/  eCheioeuiìi  o  .Cbantu  4^.^  3i/  alla 
Volta  di  Grecò. 

Nel  prologo  Marco  dà  un  cm%ho  delle  regioni  che  tra^: 
f^ersò  nel  reùdr^isir  preodete  questo  libro,  e  trotereie  le  graodia* 
$imé  e  di  verse  còse  delfó  Ghiadi  Erinniiaye  dt.Benm^^edi  Taf« 
{aria  come  Messer  Marco  Polo  Viniziatio  ^  gmeooÈÀHiyaecaédo  die 
«Ut  vide  eoo  gli  occbi  suoi  (d)*  QuamimlÈfaieMtokilàltri  paesi  d 
visitasse^  (fkelfre^raf^rjk^  de(  ^yiaggi^^ 

pencbé  piii  ìitnifihniign/^  ^VWe^M^vn^ViwcCtf  IkróK 

versare  i  ds^^  p^dim  .fmkm\i^'^mdan  e^:.ritirkò)llnTattaHa^ 
4f  ;/Ì3Efy/ /^.^  'S^rlanCnn^^  £hè  vosi 

fivQCgdfiissA  f^iViis^^  4èlMUione\ 

iàt  vi  ho  contalo  il  Prologo  dcd  li biv  idi ^Misaer. Ma  òbo 

aoiirioeM qui  av'di^iKi'i^  d^lie  prorJTO  «gK  fu  (e), 

'^ni$ysegtmntpompit^\  ttaita'  deW  Jhmema^  Minore  ^  della 
ìdfyffgiore  (.£)  ^adèlla-P^^sik  (j^ .  :  Nel  primo  reame  rammenta^ 
k^ttà  di  hayai  e  di  Sis\^o\^e  eèjk  (hi).  Ma  allafnana  intel^ 
UgeH^a  del  ^i^gio  è  ti'  ostacolo  ^  /'  aih^ertito  suo  divisamento 
di  raccontaire  oltre  a  ciò  che  ifide^  anche  ciò  che  intese  da  said 
uomini.  Infatti  ^ogto  interpola  nella  relazione  delwaggioy  la 
deècriziòne  d^  altre  contrade .  E  dalV  Armenia  Minore  col  di^ 
4ò(ftrso  retrocedere  parla  della  TurconumiajO  delF  Imperio  Tur- 
jgontanp  d^ Iconio ^  ch\era  a  schiena  del  suo  camino ^  ove  ram/^ 

(a)  T.  il.  not.  ai.    (b)  Ibid.  p.i5.    (e)  t.  ii.  not  37.    (d}  1 1.  p.  i.    (e)  t.  2.p.to. 
(r)cap.iT.    (g)  cap.vi.    (h)  L  ti.  not  57.  .  ) 


menta  Cagni  o  Iconio  (i) ,  Caissaria  a  Cesarea  (h)  e  Seòaste 
di  Cappadocia  (i  )  ,  e  non  rientra  in  pia  che  al  capo  terzo  ^  oi^ 
tratta  dell'  Jr/nenia  Maggiore.. 

A  questo  luogo  occasione  di  grande  oscurità  è^  che  nefpar^ 

lare  della  contrada^  e  posteriornsente  della  Persia^  descrisse  alla 

rinfusa  I  luoghi  che  vide  all'andata  e  al  ritorno  della  Cina,  e 

per  non  ismarrire  il  suo  camino  non  avvi  ultra  guida  che  iè 

suo  Proemio.  Cresce  ìoscurità^  il  ragionar  che  fa  d'altripaesi^ 

di  cui  ebbe  relazione  da  altri.  Infatti  è  d'uopo  che  il  leggitore 

abbia  sempre  presente^  che  il  Polo  ebbe  Valto  disnsamento  ^treil 

dare  la  nuda  relaziun  del  suo  snaggio,  di  comprendere  nel  Mi-*- 

lione  un  compiuto  raggw:^lio  di  tutte  le  tèrre  asiatiche  edaffri^ 

cane^  poco  note^  o  sconosciute  ai  Latini  ^  e  di  dime  quanto  ei 

né  appara  y  come  lo  dichiara  nella  conclusione  air  opera:  Bve^ 

te  ioleéo  lutti  i  fatti  dei  Tartari  e  dei  Saracioi^  quanto  se  oe  può . 

^ire,  e  di  lor  ooftiumì^  e  degFi  altri  paesi^obe  sono  per  lo  mondo , 

quanto  se  ne  può  cercare  e  sapere^salvoche  del  Mar  Maggiore  (^ilei 

Morsero)  non  né  abbianoo  parlalo  né  detto  nulla,  nèdelle  prcH 

i^incie  che  gii  sonodl^otornO)  avegnaciiè  no»  il  cerchiamo  ben  tntto^ 

perciò  lascio  a  dire  quello  che  non  sia  bisogno  né  utile  •  e  quello 

che  altri  sa  tutto  dì  (éy.  Anzi  nel  Parigino  I.  elèe  ha  indole 

di  prima  dettatura^  dice  voler  descrivere  la  Mer  Gregnoi  r  y  (  il 

-Mar  Maggior  )  ,  e  poscia  come  pentito ,  soggiunge  non  Jorio 

per  V  aRegéta  ragione  (e)  •  Cosi  ei  non  toccò  della  Palestina^ 

della  Scria ,  dell' BgittOy  ne  di  quella  parte  dell' y^ sia  Minora 

rimasta  ai  Greci  ^  che  i  trafficanti  Latini  y  i  Crocesignati  vi-- 

sitavano^  ^oì^naìm/ente  .  La  dettatura  del  Milione  dichiiara^^ 

quanto  a  questo  divisamente  s'attenesse  Jedelmente .  Infatti  ei 

'descrisse  deir  jisia^  quanto  ne  comprendono  il  Mar  Ghiaoeiat&y 

-T  Oceano  Orientale  ^  T  Indico^  e  l'Etiopico  .  JS'è  pagqdi  tle- 

scrivere  il  continente  y  parla  delle  isole  piìi  famose  di  quei 

mari ..  Indi  tratta  di  tutte  le  scoperte  degli  Arabi  mila  costa 

dell' jdffricOy  regione  che  per  le  incerte  cognizioni  gee^ 


»  • 

|i)  T.  lu  »ot4f ..    (b)  Ibid.iiot»4ia.    (a}  IBidaiot.43;    (d)  t.j.]^aa7.  (e)p.a74r 


grafiche  dei  tempi  d  comprendeva  i^elVIruUe\  La  relazione  di 
UmtQ  contrade  distribui  ndVvrdine  seguente  :  nel  primo  libro 
comprese  guanto  ei  s^ide  dell\Ana  aJlT  andata  y  e  al  ritorno , 
colle pros^incie  che  erano  sulla  diritta^  e  sulla , sinistra  della 
sua  wa^  fino  al  cùnfifie-  deW  Indie.  Nel  secondo  libico  trattò . 
dei  paesi  y  che  visitò  alT  occasione  delle  sue  legazioni  p^  serr 
Wgi  del  Gran  Can^ ,  con  altre  regioni  alla  diritta  e  alla  sini*^^ 
stra  del  camino  che  fece  nelT  andata  e  ritorno  da  Caraxan  e. 
da  Mienj  o  dal  Pegu:  infine  quanto  inde  del  Catajo^  e  del 
paese,  de  Mangi  (a)^  s  cioè  della  Cina  d  oggidì ,  sia  air  occeh. 
sione  delle,  sue  legazioni  ^  o  nel .  restituirsi  in  patria  «  Infatti 
dà  tèrmine  al  libro, secondo  colla  descrizione  del  Porto  di , 
2kdtumy.  e  di  Si^enr-tcheu  (b) ,  os^  s'imbarcò  per  la  Pa^ia 
colla.  Principessa,^  destinata  sposa  ad  Argun.  La  parte  geogra- 
fica  del  terza  libi^ ,  incomincia  odia  sua  partenza  da  Siver^ 
tfiheu  per  Ormus^  ove  sbarcò  :  descrisse  i  sud  waggi  nel  Mar 
delT Indie  ^  e  discorre  di  altre  celebm  contrade  di  detta  migio* 
ne^  per  relazione  d'altrui  «  Ma  per  lo  più  \Marco^  quando  si  dir 
lunga  dalla,  sua  sna^  per  desai^ei^e  paesi  che^non.i^isitòy  ne  dà 
alcun  cenno»  Tali^olta  lo  as^s^erte  fiacendo  sentire:^  come. di  ^ 
Sa>nareanda^  eh' è  città  nelV opposta  direzione  del  suoMibggio^ 
tals^olta  come  a^s^ienedi  Balaxiam  o.  Bjfulagshau  (e),,  e  di 
iCofnpitÌQn^&  Cantcheu^<terra  o\fefiaie  lui^ga  dimora  ^  si  parte 
/UH  per  desoris^ere  altre  regioni^  e  li  riconduce  il  leggitore 
per.prQsèguire  la  relazione  del.  suo  viaggio  m  )à  cagióne  d' er 
-SfmpiOy  giunto  à  Jialaxiam^  di  li  devia  per  desd^is^ere  ipHor 
,9Ì;di)3astian.)e  Mi  \Che$imur(i()^. e  soggiunge:  se  io  voleasi 
lAiidaf^s^gueodaUcUrhu.via^eiiU'ereì  oeiHadia^  oia  ho  deliberato 
.«Giimrla  Mtl  t/arzò .libro^  e  per  lanio  torno  alla  provincia,  di  Ba- 
kxiafD^jner,  la. quale  sì  dicizsailcamiopA^rao  il^Catap,  tra^l^er, 
Taotd  e  GrecQ^tratiaodo^  cooie  si  è  iQeoTuiqeialo  desila  contrae 
vche.sobo  nel  viaggio^  e  delie  al(re.ch0.:vi.  scino  auofQQA  destra  ^ 
e  a.^ifitra,  coofiuanti  con  quelle:  passo  che  coìjfermf^  min 
mente  quanto  asserimmo  di  sopra  . 

'tW  *•  i.f.'ia9.  (b) ^  II.  «ot, 6Ó3*  <c)t.«.ib'79.  (d)Ìbii  i       *  ••• 


,  DalV esposto  resulta  che  fu  a  Sis  ,  a  Badagshan  alFartr 
^ata^  e' perciò  sono  luoghi  di  riconoscimento  per  determinar 
la  via  j  cÀ'  ei  tenne ,  nel  recarsi  a  Chemenfu  y  ma  altri  inr- 
termedi  j  non  men  sicuri  ne  agei^olano  il  conoscimento.  Uno 
di  questi  è  Tebriz^  o  Taurisio^  eh' è  tanto  più  importante^ 
irufuantochè  iid  s^  incrociarono  le  strade  cVeifece  alVandatay 
e  al  ritorno^  DescTis^e  questa  città  nel  primo  libro  (a),  oi^e 
tratta  del  suo  primo  silaggio ,  €  per  quxmto  non  la,  nomini  di 
nuovo ,  si  riconosce ,  che  ivi  si  recò  alla  torihota  colla  sposa 
destinata  ad  Argun^  percliè  dice  nel  Proemio^  che  condotta 
la  Principessa  ed  paese  di  questo  Be ( cioè  alla  sua  reiidenza^ 
trovò  ch^  ei  era  morioy  e  che  erasi  usurpata  la  signoria,  della 
Pèrsiu  iJhiacato^  iL  quale  gii  ordinò  di  condurla  ^  cu  Cazan^ 
che  era  nelle  parti  delVArhor  Secco  (b) .  Allora  i  signori  della 
Persia  avevano  due  residenze  Tebriz ,  e  Sultània  (e  ) ,  nia  il 
Polo  descrive  m^inUtamente  Tebriz ,  tace  di  Sultània ,  talcìiè 
non  cade  dubbio ,  che  ivi  si  recasse  colla  Principessa  • 

Altro  luogo  di  riconoscimento  è  il  rammentato  Arbor 
Secco  y  detto  con  miglior  -lezione  a  mio  avviso  in  altri  Testi' 
VAlbor  Solo  {fi)  ^talvolta  V  Arbor  del  Sole  {).  Di  questo  luogo 
ne  ragiona  anche  nel  pi  imo  libro  (  (  ) ,  cdlorcJiè  dopo  aver  de- 
viato dal  suo  camino  per  condurre  il  leggitore  fino  a  Ormus^ 
retrocede  per  ricondurlo  sulla  via  che  fece  alV  andata  ^  e  di  li 
incomincia  a  descriverla  ordinatamente ,  ne  se  ne  discosta  al- 
cun tratto  ^  che  per  parlare  del  Castello  d'Alamut ,  .che  era  a 
poca  distanza  sulla . sinistra  del  suo  camino.  V  Arbor  Solo 
ùA^verlà  essere  nella  Provincia  di  Tirnochaim  ^  cK  è  a  tramonr 
taha  sul  confine  della  Persia  (g)  ;  or  rettamente  notò  il  Chior 
ris.  Marsden\  che  questo  paese  è  quello  di  Damagan  (h).  Dun- 
que air  Arbor  Solo  fiu.  all^  andata  e  al  ritorno ,  quando  con^ 
<lusse  la  sposa  a  Cazan,  il  quale  con  poderoso  esercito  era  in 
i/uelle  parti  alla  custodia  di  certi  passi^  che  si  riconoscono  es- 
sere le  strette  di  Khomar  o  Kovar\  che  dal  Mazarideran  dan- 

(a)  CRp.  IX.     (h)  l.  II.  p.  19)    (e)  Kioner  p.  11%,     (d)  Cod.  Parig.  i.  pag.  3o. 
(e)  t.  II.  p.  61.    (f  )  cap.  XX.    (gj  t  u.  lib.  I.  cap.  xi.    (h)  .IbicL  not.. 90. 
Marc.  Poi.  T.  n.  a 


Xtl 


no  ingressanella  Persia  (si) .  Dunque  VArbor  Solo  e  fra  Càz^in^, 
e  J/ainagan ,  presso  le  strette  di  Ko^mr^  os^e  erano  sbaste  pia- 
nure  secondo  Marco,  che  sono  segnate  nella  carta  della  P ere- 
sia del  Kinner . 

Altro  luogo  di  riconoscimento  è  Baie ,  o  Balac  ^  come  ei 
V  appella  j  città  osre  narra  che  Alessandro  sposò  la  figlia  di 
Dario r  selon  que  lor  disoit  de  tóeue  ciuè  (b);j  e  soggiunge  che 
isn  sonai  confini  della  Persia  intra  Greco  e  Levante,  che  k 
V ofi^s^ertita  generai  direzione  del  suo  camino . 

Perciò  la  Giazza,  Sis,  TaurisiOy  V  Arhor  SoÌo,  Balc^ 
Badagshan,  segnano  la:  v>ia  cKei  tenne  cdC  andata.  Dei  punti 
intermedi ,  ne  danno  U  indicazione  le  sne  di  caros^ana  che  con- 
ducono dair  uno  all'altro  di  detti  luoghi  y  le  quali  per  im^ete- 
rata  consuetudine  ^  che  trae  /òndamento  da  geologiche  neces-- 
t  à ,  seguono  in  Asia  sempre  le  medesime  strade .  Ciò  sviene 
mirabilmente  confermato  dalP autorità  del  Polo  stesso  ^  it  qjua- 
le  descrii^e  nel  Milione  alcune  delle  città  intermedie .  Lo  con^ 
ferma  V  as^i>ertita  direzione  generale  della  pia  \^erso  greco  e 
tramontana  y  il  notare  che  fa  il  Poloy  che  nell'Asia  Media  la 
respettis^a  situazione  dei  luoglii  era  a  greco  e  lavante ,  infatti 
piùf  a  quella  scolta ,  che  a  tramontana  s^olges^a  allora  il  suo  ca^ 
mino  (e).  Partendosi  adunque  il  Polo  da  Sis^  dos^è  passare  per 
Malatia ,  Diarbekr ,  Argisch  ,  Tàurisio ,  Cazs^in^  Teheran  y. 
Damagany  Merve  o  Meru^  Balc^  Taicanj  Scassem-j  e  Ba- 
dagshan .. 

Con  la  scorta  di  tali  considerazioni  y  il  Polo  che  lascianp^ 
mo  Tieir Armenia  Minore  ^  seguiremo  ne'  suoi  waggi^  e  nelle- 
escursioni  che  fa  ^  per  relazione  di  altri.. 

Il  Capo  quarto  del  Milione  tratta  delV Armenia  Mag^ 
giorcj  e  Marco  vi  rammentale  città  d'  Argiron  o  Erzerum  ^ 
di  ArziziyO  Argish  (jJ).  Questa  ultima'  città  trasverso»  alV and» 
ta  e  al  ritorno^  quando  dalV  Arhor  Solo^  passato  a  Tehriz  per- 
restituirsi  in  patria^  si  recò  a  Trebisonda  (e).*  e  alV occasione  di 

(a)  T.  II.  Dot  3t.    (b)  Cod.  Parig.  I.  p.  4^.    (e).  t..ii.  p.  28.  e  p-3^- 
(d)  t..ii.  iiot*.47-  e  48*    (e)  t..u.  p.  %o* 


XllI 

ffuel  ^io^ioju  ad  Mrzerum ,  wde  il  Monte  Ararat^  ehe  ap^ 
pella  il  Monte  dell'Arca  (a),  dietro  le  tradizioni  popolari  della 
contrada  :  passò  dal  castello  di  Caipurt^o  di  Paipurt(h^^  che  è 
sulla  wa  che  conduce  da  Tehriz  a  Trebisonda(cy  Talché  questo 
capo  contiene  la  relazione  del  suo  viaggio  dcdT  una  all'  altra 
città^  fatto  alla  tornata  . 

Di  grande  oscurità  è  occasione  j  il  desvrii^ere  nel  capo  se^ 
guente  la  Giorgiania ,  quando  si  dimentichi  la  sua  a\^\^ertenzaj 
che  la  contrada  è  a  settentrione  dell'  Armenia^  e  perciò  Jìwri 
del  suo  camino  ((i)  .  Sembra  soffermarsi  in  Armenia  per  descri- 
vere  lepros^incie  che  as^es^a  a  corine:  a  les^aMe parla  di  quelle  di 
Mosul  e  di  Meridin^  delle  quali  si  dirà  di  sotto j  soggiunge:  ève 
ne  sono  inoltre  altre,  che  sarìa  lungo  a  raccontarle.  La  prossimità 
della  Giorgiania  lo  conduce  a  parlare  del  Caspio  y  di  quel  ina- 
re  interno^  che  air  uso  di  Persia  €ppella  Mar  di  Baku  (e),  e  fa 
copia  delle  notizie^  che  attinsero  il  padre ^  e  lo  zio  alV occasione 
dd  loro  primo  i^iaggio  •  lìsce  nuo\?amente  di  wa  j  ma  ne  as^ 
verte  il  leggitore:  {XMcbe  si  è  detto  dei  coqìÌiiì  dell' Erminia  verso 
tramoqtana^  or  diremo  de^li  altri,  che  sono  verso  mezzodì  e  levan- 
te (f  ) ,;  e  prendendo  la  i^lta  del  mezzodi^parla  come  il  promeS'^ 
se  del  reame  di  Moxul^  de  Curdi  (g),  indi  di  Baldacca^  della 
distruzione  del  Califfato^  e  trasporta  il  leggitore  fino  a  Bassora 
portò  del  Seno  Persico  ^  e  a  Kisj  o  Chisi^  celebre  isola  ed  emporio 
di  traffico  alla  bocca  di  detto  mare  .  Questa  parte  della,  rela- 
zi<me  è  assai  confusa  nella  lezione  ramusiana  (h) .-  molto  più 
chiara  è  la  lezione  del  Parigino  L  che  traslatiamo  per  agevo  • 
larne  fintelligenza  (  i  ).  Baadac  è  una  grandissiriia  città .  •  ^  e 
pel  mezzo  della  città  passa  un  fiume  molto  grande,  e  per  questa 
può  andarsi  nel  Mar  dell'  Indie.  E  qui  vengono,  e  vanno  i  mer- 
catanti colle  loro  merci.  E  sappfate  che  la  lunghezza  del  fiume 
di  Baudac  al  MardelPIndie  è  didicioito  giornate.  I  mercatanti 
che  vogliono  andare  in  India,  vanno  fìno  ad  una  città,  chea  nome 

(•)  T.  II.  not  Sa,    (b)  t  ii.  not.  5o-    (e)  ibid.  p.  a5-    (d)  ibid.  p.  a6.    (e)  t.  ti. 
noi.  57-    (f  )  t  11.  p.  3i-  Cod.  Piirig.  L  p.  19,    (g)  t  ii-  not-  70.    (h)  t.  11.  not  78. 
(i)  P^.  ao- 


-^1 


/ 


XJV 

Ctìisi ,  e  di  lì  èniranu  nel  Mar  delT  lodia .  £  ancor  v i  d  ico,  che  io 
qtresio  fiume  tra  Baudac  e  Chisi ,  è  una  oitià  che  ha  nome  Baserà, 
Giunto  per  quella  s^ia  alla  bocca  del  Mar  dell'  Indie ,  regione 
che  non  s^uol  descrixrere  che  nel  terza  libro ,  bruscamente  retro^ 
cede  a  tramontana  ^  descrisse  Taurisio  (ci),  città  sul  sua  camino^ 
ed  aywrte  che  da  Taaris  in  Persia  sono  dodici  giornaie  (b).  Nei 
nostro  l^esto  si  /eg*§ne,lascianirdi  Toris^e  di^ìanadi  Persia  (e).-  at- 
torna  alla  quale  dà  alòum  generali  cenni ^  ne  enumera  gli  otto 
reamiy  neqwdia  mente  sua  era  dis^isa.  Rammenta  primo^  quel- 
lo di  Casibin^  o  Cazbin  (H),  che  incontrò  in  via.  Parla  poscia  deh 
la  città  di  lasdi  o  Yezd  (e)  ctm  tedi  particolari y.  che  dichiartmo 
cKei  vi  fu.  Ma  occasione  di  oscurità  nel  3Jilione  è  il  far  men- 
zione a  questo  luogo  di  detta  cittày  imperocché  ei  non  si  recò  a 
Yezd  neir  andare  al  CcUajOy  ma  alla  tornata  ^  e  la  città  èap^ 
punto  sulla  via  che  conduce-  da  Ormus  a  Taurisio  •  Dichiara 
che  ivifuyil  notare  cheeifa  le  distanz&iiinerarie  per  giunger^ 
viy  e  r  accurata  descrizione  del  cainina  che'  conduce  da  Yezd 
a  Ormus ,  come-  il  Polo  suole  praticare  sulle  vie  ch'ei  percorse  • 
Dice  infatti  che  cavalcando  otto  giornate  da  Yezd  si  giunge 
nel  reama^  di  Kermen  (f  ),e  chela  via  per  recarsi  a  Ormus  passa 
per  Camandu ,  e  per  la  regione  di  Reobarle  ,  ove  a  stento  si  • 
salvò>  dagli  aguati  dei  malandrini  y  indi  per  Consalmi  (3).  Ma^ 
e  da  avvertire y  che  d" intoppo  cdla  retta  intelligenza  del  testo^  è 
il  descrivere  che  ei  fail  viaggio  dalla  città  di  Kermen  a  O^mus, 
e  non  da  Ormus  a  Kermen^  direzione  nella  qutzle  viaggiò  alla 
sua  tormita  colla  Principessa  destinata  €id  Argun.  Di  ciò  dà 
un  sola  cenno  nel  terzo  libro ^  ove  compiuta,  la  relazione  della 
sua  navigazione  pel  Mar  delV  Indie  j,  e  ricondotto  il  leggitore 
a  Ormus  j  soggiunge:  di  ({pesto  or  noti  diremo  altro,  perchè  di 
sopra  abbi.im>  pnrkto  di  /Gbisi,  ChermaSn  (h)  .  Anche  il  libro 
prima^  contiene  un  cenno  prezioso  per  V intelligènza  di  questa 
parte  cosi  oscura  del  Milione .  Ivi  descritto  Ormus^  dopo  aver 
detto  voler  lasciar  stare  di  parlar  delV  India ,  la  quale  sarà 

(a)  Lib.  L  cap.  n.    (b)  1 11.  p.  40.    (e)  t.  x.  p.  16.    (d)  tu.  p*4'-    (^}  ^'  ii*iiot.97& 
(f  )  t  II.  p.  46-    (g)  t.  u*  Lib.  I.  cap.  XIV.  e  not.  relatW.    (h)  t..iL  oot.  i^i^. 


scritta  in  un  libro  particolare^,  il  l^esto  da  noi  pubblicato  sog^ 
giunge:  or  loroeremoper  iiMmon4an(*,per  contare  eli  quelle  prò- 
vi:)<  ie,  e  torneremo  pep  ira  altra  via  alla  città  di  Crema  (  di  Ker^. 
men)  Lì  quale  v'ho  conlato/  perciocché  eli  quelle  contrade,  che  io 
Vdglio  contare,  non  vi  s\  può  andare  se  non  da  Crema  (a).  Etoc^ 
ca  i\^i  di  questa  sna^che  passa  per  Cremosu ,  che  io  conghietturo 
essere  la  costiera  lungo  il  Seno  Persico  detta  Guermesir  (b) . 

Ricondotto  il  leggitore-  a  Kermen^  descri\^e  ordinatamente 
parte  del  ^^^ggio  che  fece  alla  tornatUy  nel  recarsi  a  Tebriz ,  e 
segna  accuratamente  le  distanze  itinerarie  dei  luoghi ^  e  come 
da  'Kermen  partendosi^  allorché  si  è  cas^alcato  tre  giornate^  si 
giunge  ad  un  deserto-  di  sette  giornate^  che  conduce  a  Cobi-- 
nam .  Questa  ferra  Ebn  Auckal  appella  Kubeis^  Jihebis  il  mo^ 
derno  saggiatore  Pottinger  (e) .  jET  un  luoga  amenissimOy  co- 
me altre  scolte  Pabnira^  perchè  irrigato  in  mezzo  al  deserto  y 
tn^e  si  refocillano  gratamente  i  riandanti ,  e  si  apparecchiano 
a  {valicare  con  minor  disagio  i  sbasti  deserti^  che  sono  a  tramon- 
tana^ e  ad  occidente  di  detto  luogo.  Marco  dà  un  cenno  di  quel- 
lo che  si  estende Jino  alla  provincia  di  Timocaim^odiDamagan^ 
che  era  sul  sua  camino  nell'andare  ^  e  che  rammentò  Jra'  rea- 
mi di  Persia. 

Molto  incerta  potrebbe  essere  la  wa^  che  tenne  da  Cobinam 
a  Tebriz^  se  non  avesse  descritta  la  città  di  Yezd^  alla  cui 
polt a  dirigendosi  bres^e  è  U  deserto.  E  sembra  naturalcyche  do- 
sbendo  condurre  la  donna  al  signor  della  Persia^  scegliesse  la 
%Ha  più  agiata .  Z)a  cdtro  preziosa  cenno  si  riles^Uy  che  per  an- 
dare a  Tebriz^  da  Vezdsi  recò  a  Kasan,  a  Kom^  a  Saba  ^  che 
è  la  s^ia  di  carovanUy  segnata  nella  carta  del  Kinner.  CK  ei 
fosse  a^Sàba  lo  affernm^  mentre  nel  riportare  unfasH>loso  roncone 
to  che  udi  intorno  ai  Me  Magiy  che  non  leggesinel  Testo  JRor 
inastano^  ma  nel  Parigino  e-  nel  nostro^  soggiunge:  M^sser 
Marco  dimandò  piti  volte  in  questa  città  (  Saba  )  di  quesii  tre  Re^ 
cioè  dei  Magi  (d) . 

Ch'  ei  fosse  alV  andata  nel  paese  di  Damagan ,  air  Jrbor 

•  « 

(•)  T.  u  p.  a3..  (B)  t..iu not.  8o,    (e)  t.  ii.  not  124.    (d)  1 1.  p.  17.  Par.I.p.a7. 


XVI 


Sdo  a  settentrion  della  Persia^  we  ìm  ricondotto  il  leggitore , 
lo  dichiara  anche  il  notare^  che  in  quel  paese  ;  le  donne,  a  suo 
giudicio,  sono  le  più  belle  d^l  OQOodo  (/).  Ma  tosto  sospende  la 
descrizione  del  suo  camino^imperocchè  la  prossimità  dei  luoghi 
oi^eray  al  castello  d^AlamuA^  poco  lontcow  da  Cazbin^  e  da  A- 
molylo  trasse  a  dire  del  f^eglio  della  Montagna^  o  delVAl  Ger 
bai ,  che  in  quel  Castel  risiedes^a^  del  suo  palagio  j  de' suoi  inr 
fanteiH}li  giardini^  e  delle  sue  ree  frodi.  Appella  MuLehet 
secondo  il  Ramusiano^  Mele  te  secondo  il  Parigino  (\;Ì)  la  ugno- 
ria  del  f^eglió^  dando  il  nome  dei  Settari^  detti  Malebed,  alla 
Contrada  (e)* 

Di  li  procede  la  relazione^come  il  viaggio  di  Marco.Ramr 
menta  una  fertile  campagna^  indi  un  desertOy  che  è  quello  che 
dis^ide  il  Corassan  dalla  Persia^  e  che  si  congiunge  a  tnezzodi 
alle  solitudini  del  Kermen .  Secondo  la  lezione  Ramusiana  ^ 
a  questo  luogo  manchewle^  ha  il  deserto  quaranta^  a  cinquanta 
miglia  di  lunghezza  (d),  asserzione  contraria  al  s^ero ,  mentre 
il  deserto  troppo  è  più  €unpio  da  quel  lato  :  più  esatta  è  la  le* 
zione  del  testo  nostro:is?i  si  legge^  che  dopo  sette  giorrtate  difer^ 
til  contrada:  trova  l'uomo  deserti  di  cinquanta  e  sessanta  miglia^ 
ne'  quali  non  si  trova  acqua  (e).*  Ordinatamente  procede  la  relor 
zione  del  s^iaggio  per  Sapurgan(i)  ^per  Balch  (g) ,  pel  Castel^ 
lo  di  Thaican  (\\\per  Scassem  (  i),  terre  che  il  Polo  traversò  nd 
recarsi  a  Bqlaxiam ,  o  Badagshan  (k).  Esso  accenna  che  sino  a 
Balch  durano  i  con/ini  della  Persia  fra  greco  e  lessante ,  av-r 
vertita  direzion  del  suo  waggio  (  I  ) .  Può  recar  meras^iglia  il 
suo  silenzio  sulla  città  di  NisJidpur ,  che  dos^è  incontrare  in 
9Ìa .  Ma  innanzi  la  sua  andata^  questa  celebre  metropoli  delVOr 
riente ,  proi^ò  la  trista  sorte  di  Meru^fu  dai  Mogolli  distrutta. 

Infermatosi  Marco  a  Badagshan^   dos^è  dimoranti  un 

anno ,  e  is?i  apparò  molte  cose  delle  adiacenti  conb^ade^  di  cui 

fa  copia.  Prendendo  la  incita  del  mezzodì^  parla  di  Bastian 

(a)  t.  II.  p.  Ga,    (b)  p.  327.    (e)  t  ii.  not.3i.    (d)  L  lu  p.  67-     (e)  1. 1.  p.  ay. 
(f)  t.  II.  not.  137.    (g)  ìbid.  not.  i38.    (h)  ibid.  not  i43.     (  i)  Ibid.  not,  144. 
(kj  ibid..  not  i48.    (  1)  t.  u.  p.  68. 


XVII 

o  del  Baltistan ,  e  del  Hdentissimo  paese  di  Caschmir  (o) ,  Poi 
avverte  non  voler  prose  giure  per  non  entrare  nélV  Indie  ^  e  co^ 
me  lo  notammo  di  sopra^  riconduce  il  leggitore  a  Badagshan^, 
è  sulla  diritta  sua  via  del  Catajo .  Nel  partirsi  da  questa  cit-- 
tà  avverte ,  che  prende  la  \v>lta  di  greco ,  e  narra  che  per  una 
via  lungQ  un  fiume  y  si  giunge  a  V^ocan  (b).  Da  conto  di  aver 
valicata  r  altissima  catena  del  Belurtag  (e) ,  e  passati  i  monti 
descrive  il  paese  di  Cashgar  -  Di  qui  come  notammo  retroce-' 
dcj  per  parlare  di  Samarcanda  ^  ma  lo  ai^vertej  perchè  dice 
che  è  c(mtrada  verso  maestro ,  respettivamente  a  Cashgar  (d). 
Dichiara^  dopo  a\^er  divagato  fino  a  Samarcanda ,  che  rientra 
tfella sua  via:  or  (asciamo  di  (|uesto^  e  aDdi«iraa  innanzi^  e  vi 
racconteremo  d'  una  provincia  che  è  chiamata  Yercan  (e),  e  tor- 
na a  far  mxMo  delle  distanze  itinerarie .  Prosegue  ordinata- 
mente la  relazione ,  come  il  suo  viaggio  per  Cotam^  o  Kho^ 
tèn  (f  ) ,  Peym  (g) ,  Ciarciamf  (h)  fino  alla  città  di  Lop ,  che 
credesi  oggi  distrutta .  Descrive  il  vasto  deserto  di  Cobi ,  o- 
Chamo ,  cui  dà  il  nome  di  questa  città  ^  E  procedendo  per  il 
paese  di  Tangut,  o  il  regno  di  Mia  dei  Cinesi,  giunge  a  Sa^ 
ehion  y  o  Sosion  (  i  ) ,  che  è  la  città  di  Sò-tcheu ,  ali  uscita  del 
deserto  (k)  :  e  per  questa  città  vedesi  segnata  la  via  dei  Poli 
nella  Carta  del  Salone  dello  Scudo.  Gdunta  ivi,  avverte  j  che 
fa  una  delle  consuete  escursioni^  avendo  detto  di  questa  (  di 
Sachion^y  dirassi  delle  altre  città,  che  sono  verso  maestro,  appresa 
so  al  capo  del  Deserto  (I),  si  noti  chela  direzione  di  maestro 
e  V  opposta  a  quella  del  suo  camino .  Parla  di  Chamul ,  di 
Chingitalas  (wì^je  racconta  come  ivi  si  fili  Vamianto,  ma  per  rè^ 
tazionedi  un  Turco  suo  compagnesche  vi  fu  (u^;ciò  che  dichiara 
che  non  visitò^  quella  contrada .  Rientra  sul  suo  camino  dopo^ 
aver  parlato  di  Siiccuir.  Or  ci  partiremo  di  qui,  e  diremo  di 
Campion  (o) ,  o  Campicion  (p)  cke  è  la  città  di  Can-tcheu  (q), 

(it)  tiLDot.  1576  iSg»     (b)  t.  II.  not  i68..    (e)  ib!d.Qot  174*    (i  d)  Li.p. Sa. Parigi i^ 
(e)  God.  Parig..  i.pi  5o.    (f)  t.  ii..not.  (86.    (g)  ibid.not.187.    (h)  ibid.  not.  190. 
(i)    Giff.  Pàrig.  I  p.  54»    (k)  1. 11.  not.  1 59.    (I)  t'iLp-gg.    (01)  tii.not  aot.e  ao3»- 
(n)  t*  I.  pb4o-    (o)  Lex-Rama»..    (p)  Lex.  del.Test^Oit..    (({}  t  ii.noU  306.. 


ovd  dimorò  pressoché  un  anno^  forse  per  aspettare  il  permesso 
di  Cablai  Can  di  entrare  neW Imperio^  e  os^e  il  Gìan^Can 
probabilmente  spedi  ad  incontrare  i  Poli  come  ei  lo  narra  (a^ . 
.  Non  cade  dubbio  eìiisi  per  recarsi  a  Chemenfu  prendesse 
la  via  di  Tartaria^e  non  della  Cina ^  perchè  procedendo  dipoi 
a  dare  la  relazione  del  suo  silaggio  ^giunto  a  JErginul  ^  Oi^i^erte 
nel  partirsene^  che  per  isciroccQ  si  può  andare  al  Catajo^  e  alla 
città  di  Singui(\ì).  Ma  per  la  lunga  sua  dimora  a  Cantcheu 
istruitosi  di  molte  cose ,  ne  fa  copia  y  parla  d'  £zina  che  dice 
a  dodici  giornate  da  quella  città  (e) .  Di  qui  con  rapido  corso 
si  tra^portfi  fino  a  Caracorum^  antica  residenza  dei  Gengisca- 
nidi  y  quaranta  giornate  distante  da  Ezina  per  lo  deserto  * 
Se  mai  ei  fu  a  Caracorum^come  accenna  V  itinerario  della 
Carta  del  Sidone  dello  Scudo ,  \^i  sarà  stato  per  ispecial  com- 
missione del  Gran  Can^  ma  non  già  aiV occasione  delUxindata^ 
perchè  di  troppo  daziato  avrebbe  dal  retto  camino .  Il  parlare 
di  Caracorum  gli  è  occasione  di  tessere  la  storia  dei  Gengisca- 
nidi  j  e  del  feroce  promotore  della  loro  grandezza^  indi  di 
trattare  delle  costumanze  dei  Tartari^  Da  Caracorum  sinol- 
tra  fino  alle  estreme  terre  deW  AsiajbagnMe  dal  Mar  Ghiaccia- 
to (il),  e  indi  as^s^erte  di  rientrare  in  cfimmino:  or  avendo  delio 
delle. Provincie  che  sono  verso  la  irainontana,  fino  al  Mar  Oeea- 
qo^  direnu)  delle  proviocle  verso  il  Gran  Can  (  alla  cui  i^olta 
ei  si  recwa^  e  tornerenno  alla  provincia  detta  Gampion^la  quale 
di  sopra  è  descrìtta  {e).  Dice  nel  capo  seguente  come:  partendosi 
dalla  Pioviucia  dì  Campiou,  si  va  per  cinque  giornate  per  un  de- 
serto e  giungesi  a  Erginrjul^  luogo  ignoto^  indi  a  Bgrigaia^  a 
Calatia^  o  Calata^  segnato  nella  carta  de'  Gesuiti  (f);  e  dipoi 
toccando  le  terre  già  possedute  dal  cosi  distto  Prete  Gianni^  o 
Ung-Cariy  7?e  trae  occasione  di  parlare  di  sup  s^icende^  e  della 
sua  descendenza^  e  delle  usanze  della  contrada^indi  rientrain 
via^  e  per  Sindici n ,  per  Cianganor^  o  Tchahanor  {o\  ^  giunge 
a  Chemenfu^  o  Chantu  meta  del  suo  lunghissimo  i^iaggio  (h)  • 

(a)  t.  if.  not.  2IO.    (b)  t.  ii.  not  257.    (e)  t.  n.  noi*  ai  i..    (d)  Lib.  L  e  urx. 
(•)tii.p.  129.  Qot.a53    (f)  ibi(Lnot.a65.  (g)Lib.  I.cap.34.  (h)  1. 11.  001.270,  a{ri, 27 5, 


XìX 

'Narra  ipel  Proemio  che  esso  Marco  ^  piacque  tanto  ai 
Gran^Can^  che  lo  inviò  in  una  terra  per  suo  messaggio  >,  ove 
penò  ad  andare  sei  niesi^  e  che  tanto  bene^  e  soi^iamente  disse 
r  ambasciata ,  è  tanto  piacque  al  suo  signore ,  eh'  ei  lo  chiamò 
su  tutte  le  sue  ambasciate^  e  che  molto  ai  suoi  servigi  s^iag^- 
giò  (a).  Trattò  perciò  nel  secondo  librò  dei  paesi  in  quella, 
stia  prima  legazione  visitati  ,  ma  non  delle  Indie  ^  e  secondo 
V' usato  descrisse  ancorale  contrade^  che  erano  sulla  diritta  e 
sulla  sinistra  del  suo  camino^  tanto  alV andata^  che  al  ritorno. 
Ma  la  parte  geograjìcà  di  questo  libro  si  ravvolge  attorno  ai 
paesi ,  che  ei  visitò  nella  Cina  y  inconiincia  dal   descrivere 
Cambalii^o  Pekinó:  capo(^oomeei  dice)  della  proviocia  del  Ca- 
la jo  verso  greco  (ìp^y  Innanzi  la  conquista  dei  Mugolìi ^da  lunga 
stagione   èra  divisa  la  Cina  in  due  imperi ,  il  settentrionale 
4^  he  possederono  i  Kit  ani ^  indi  i  Kin ,  principato^  che  ad  esempio 
di  molti  popoli  asiatici  ei  appellò  Catajofi  che  ebbe  per  naturai 
confine  il  corso  del  Tche-Kiang^  V Imperio  Meridionale^  o  di 
là  dal  Jiwne ,  rimase  ai  natii ,  signoreggiati  dai  Song ,  Jìnchè 
non  fu  dai  Mogolli  distrutto^  e  quella  parie  della  Cina  appellò 
il  Pelo  il  paese  de'  Mangi^  o  Manzi  alla  foggia  tartarica  {e): 
i>he  alla  descrizione  di  quei  due  imperi^  fosse  specialmente  ri- 
volto il  secondo  libro^lo  dichiara  innanzi  di  trattare  dell  India: 
car  bieo  voz  avons  cooiè  dou  Mangile t  dòn  Caiaio,et  de'rnaiQies  au- 
ires  provences  («  l) .  Ma  dei  viaggi  fatti  dal  Polo  cdV  occasione 
delle  sue  legazioni  trattammo  in  discorso  a  parte  (e).  Pei  ciò  in 
questo  toccheremo  soltanto  della  via  chefece^  iinbarcatosi  per 
la  Persia  con  la  sposa  d' Argun^  d'onde  poi  tornò  in  patria  • 
Per  r  intelli senza  del  terzo  libro  del  Milione  è  da  recoì^e 
le  parole  stesse  deir  Autore  (f).   Ma  |)OÌcué  non   è  ancora  vpf^i- 
pitiio  quanto  Me»ser  Marco  ha  deliberalo  di  scrivere,  sì   infilerà 
fi.ie  a  questo  seconl'j  libro,  e  si  còniiiìoeràa  p<iriar  dei  pae^i  , 
città,  e  (>rovihci«  dell'India  Maggiore,  Minore,  e  Mezzana  ^  oell^ 
parti  delle  quali   è  slato,   quando  si  trovava  ai  servizj  del  G^aa 

(a)  t  1.  p.  7.     (b)Lib.  ti.  p.  168.  not,    Sii.    (o)    t.  t.  p.   129».  npt.    (d)  God. 
Parig.  L  p.  180.    (e)t.  n.  p.  347*     (fyLib*  1.-.  cap.  77*. 

Marc.  Poi.  T.  n.  e 


bhn ,  mandalo  da  quello  per  diverse  faccende^  e  da  poi  quando  Ti 
tinae  eoa  la  regioa  del    re  Argan^  consao  jxìdre  e  btrbji^  e  ri- 
tornò alla  patria.  Kqui  osserveremo^  che  conducendo  urucreina- 
ed  lo  sposo j  non  dos>è  dilungarsi  dalla  diritta  via  ^  òhe  quanto . 
iì  rióhièdxìi^àno  imperiose  occasioni^  o»  la  sfcurezMi^del  sduggio^ . 
6  i  venti  contrari  ,  o  allorché  per  la  sanità  delta  Principessa* 
fu  obbligata  a  sbarcare.  Ma  malagesroleè  il  (ti visure  in  quanti 
luoghi  approdasse^  quali  snsitassealV occasione  delle  sue  lega-^, 
zioni y  quali  navigando  colla  sposa SArgun.  Tutta  uolta^  in- 
quanto  siaci  dato^^,  cercheremo  d  illustrare  questa  parte  tantum 
importante  dei  suoi  inaggi  - 

JVòn  cade  dubbio^  che  il  Polo  partendo  perla  Persia,  da 
Oantbalu  seguisse  V itinerario^  che  incomincia  a  desarii^ere 
ài  quàrantanoi^esimo  capo  del  libro  secondo^  Tsn  seguenda 
à  dar  ragguaglio  della  sfia  che  tenne  al  ritorno  da  Carazan  ^ 
giunto  a  Sìndafu ,  as^erte  ,  che  di  li  cas^alcando  per  sèssarUa 
giornate  per  un  paese  nel  quale  /iì  già  Q  cUV andata  ) ,  che  poi 
trescasi  Giugni^  o  Giogui  ope  già  fummo  (aj.  K  incomincia  di 
li  a  descrivere  bruscamente  altra  s^ia  in  direzione  totalmente 
dii^ersa^  di  che  non  dà  che  un  sol  cenno  ^  cioè  che- le  terre  fino 
a  Giogui  respettis^amente  a  donde  s^enis^a^  erano  ^erso  lessante  r 
e  da  Giogui  prendendo  la  scolta  di  Pazanfu ,  che  dee  credersi 
Pao-ting  nel  Pe  tche-lt  (b)y.apwrfe  chedetta  terra  è  f^erso  mez-^ 
zodij  e  detta  pros^incia  del  CaJtajo ,  ritornando  per  V  altraparte 
della  provincia  (e)  :  cosi  leggesi  anche  nel  Parigino  L  (d)  .•  m» 
ivi  come  nel  nostro  Testo  appella  quella  città  Cacianfu .  Or 
Giogui  dimiostrammo  essere  T'so-tcheu  nel  Pìe-^cheM  ;  e  nelle 
vicinanze  di  quella  città  si  diramano  infatti  due  vìe  ^  una  che 
si  dirige  verso  il  Se-tchuen  eil  Vunan,  donde  veniva  il  Polo 
nel  tornare  da  Carazan  ,  e  V  altra  volge  verso  Quinsai  e  il 
Fàkien  (e) .  Ei  parlando  di  Cianghi  e  delle  altre  terre  ^  delle 
contrade  da  lui  visitate^secondorusato^nota  le  relative  distanze 
itinerarie  y  e  descrive  ordinatamente  la  via  f  no  al  passo  del 

(a)  Godi  Pttrig.  I.p48*  t.  ii.apt.  5c8.  e  Sig,    (b>  tu.  noi.  cit.4    (e)  t.ii.  p  ag^. 
(à)  p.  148.    (e)  t.  II. notSiS. 


'( 


ycAe-JSTfl/ig'  (n) .  Una  sol  9ólta  d^i^ia^  wc  parla  di  Sajqfu^  di 
'^ui  ag£{H>ldrmta  F espugnas^ione  i  suoi  maggiori^  conmacckiM 
di  iiOto  invenzione  (b} .         ^  *  , 

,  'Mu  rièi$trà  nel  suo  camino  a  Singui^  innanzi  il  passo  del 
{rchB-Kiang^e)^eU9ì^erté  cheSingui  è  a  sciroccp relativamente 
0i  paeù  di»^e  Mehis^a .  P>%^edon9  ordinatamenl»  la  r^lazio^, 
ne^^il  sua  viaggiale  condkde  il  leggitore  a  Qèowai^  o  Ma^gr 
icheujgià  residènza  dei  Song  (d),  e  dopo  a\^er  descritta  quella 
yoMOsa^Uà^  prosegue  U  ^iaggipper  TapinzuyQheavwrte  es- 
sere a  scirocco  (e).  Entra  nel  reamfi  di  Concaio  net  JFok,ieni^(\y^ 
te  descritta  la  àUà  diJFò^tckeu^  capo  della  firovifida^  termina 
a  ìibrè^Ma  relaxiàne  di  Zaitwn^  o  del  porto  celebre  di  Sii^enir 

Moi^  cóme  è  detto  nel  seguente  discorso^  opiniamo  (h)  che 
•il  Polo  isH  si  recasse  nelT  imbarcarsi  per  V  India  ^  perche  non 
patdà  degli  altri  porti  celebri  di  quella  parte  della  costiera  deh- 
4a  Cinàj  cioè  di  Hanmy^  e  diOapton,  E  d  uopo  credere  ^  che 
f^Sùttd^  recentissima  l»  conquista  J^aita  dai  Mogolli  d^W  Imh 
^pericdéi  Song^  mólte  ddkèrpròjH-ncie  id$l  mezzodì  della  Ci-^f 
-na  nM^Jbssero  aiicoraben  sóttonietò*^.  Occorrevano  infatti  fon-  .-^ 
-ti  ^Ogioni  per  imbarcarsi  piuttosto  d  Swén^heu^che  a.  G^ntom    '^ 

'per  le  Indie  ^imperocché  partetUqH  dal  priìno  dei  detti  porU^^ 
si  allunga  il  wàggio^  ed  è  du(^ .  eipprsi  .alla  perigliosa  ^na^ir 
^àisiòhe delGolfo  di J^aimin.^         :  . 

'  Come  promessp ,  Jiel  terzo  libro  ^  de^rive  V  India  V^.  di* 
vide  4/t  Maggiore^  Minofèj  ò  in.Penis(da  di  quà^  e:dijlà  dal 
'Gange.  Intende  per  india  Mezzana  l^jibifsimà;^  le  4/  litwaie 
affrii^anò^  bagnatjo  dola-  Oceano  JS^iopivo  >^i)^  Ma, innanzi  di 
-scioglier  le  uelje  da  Zaitum  p^r  reoat^din  Persia  colla  sposa 
d'^rgun^éscriw  là  toaìùeradi 'na\^i^ Vfdlefqhalisisolcan qiisi 
*jnàri\  fCago^  poscia  dijìir^epià  xu  dkutim  de{  dumi  geogr^Std 
^acquiUati'y  innanzi  d'^in^preAderetta  rolaaionAdél^suQp^^ 

■  ■  .     .      •  ,  ^  .  ,  ,  .  .  .,.,;, 

^11}  i  I.  p.  lay.  iidt    (b)  t  !!•  Bot  5St.  e  562.    \c)  i  iu  tib.  h.  eap.'  63. 
(k)~t.u.p.  149.    (^)L^k.«lkc«p•^8..•^  7  .V  .  .  n  J  ^'i.  .  •' -  - -'J  •••  •'  :,  *    'I 


Tfm 

parla  deir isola  di  Zipnngu^  o  del  Giappone ,  la  cui  decantata 
ricchezza  ^  solleticò  la  cupidità  europea  nel  secolo  xf'^  e  die 
occasione  di  amplissimi  scoprimenti  (a) .  Cosi  ebbe  occasione 
di  narrare  V  infelice  tentativi  Jatto  da  Cublai  Cun  per  sog- 
giogare queir  isola .  Al  capo  quarto  di  questo  libro  y  incomin-- 
eia  il  corso-  della  sua  navigazione  pel -Mar  diCin^o  della  Cina^ 
unica  fiata  nella  quale  rammentò  la  contrada  cól  suo  s^ero  nor 
me  (b).  Prosegue  ordinatamente  la  na^/igazione  pel  Golfo  di 
Jlainan  (e),  ma  di  li  divaga  nel  paese  di  TsiampUy  che  visitò 
'in  precedente  leg-azione  (<!)•. 

I}a  Tsiampafa  una  escursione  alla  GiuK^Oy  ove  fu  non  colla 
Principessa^  ma  precedentemente  ai  servigi  del  Gran  Can  (e):. 
Insuperabile  difficoltà  qui  si  frappone  alla  retta  intelligenza 
del  Milione ,  perciò  cKei  soggiunge  /  cioè  che  partendosi  dalla 
Gias^a  si  ruts^igano  settecento  miglia  a  mezzodì  egarbin^o  li- 
beccio^ e  si  tro\>ano  dite  isole  Sondur  e  Condur  ^  le  quali  non 
sono  respetti  imamente  alla  Gia^^a^  nella  posizione  che  loro  asse^ 
gna^  ma  nell'opposta^  cioè  a  tramontana^  Verun  testo  a  penna y 
nemmena  il  Parigino  I.  raddirizza  la  lezione^  tutti  essendo 
concordi  nelV errore  (  f  ).  Merita  di  essere  qui  referita  la  lezio- 
ne del  Parigino  IL  perchè  è  una  conferma  di  ciò  che  dicem- 
mo nella  nota  sopracitata ,  cioè  che  da  Giava  fa  retrocedere 
colla  relazione  a  Pulo  Condor^  per  indi  drizzar  le  vele\  4dlp 
stretto  di  Malaca ,  che  s^alicò  colla  Principessa .  Infatti  ivi  sji 
legge  :  Qaando  ^uiem  homorecedit  de  lava^et  vadit  ioter  meri- 
diem  et  garbinam  septingenta  mi4iam^  ÌDveuitdttasio&ulas^uàain 
magaaiDy  et  aììam  parvam^  quae  vocatuur  Soodus  et  Coudus..  Et 
bine  reoedit  homo,  et  vadit  per  siioehum  quin^nta  miliaria^et  ibi 
invenit  unam-  proviociam^  quae  vocatur  Locheac  (g).  J^  ^  asn^er- 
tire ,  che  secondo  questa  lezione j  mutata  la  direzione  erronea 
coìne  dicemmo ,  tutto  sta  a  dos^ere .  Secondo  V  altra  lezione 
se  ins^ece  di  dire  :  partendo  da  Già  va  ^  as^esse  detto }  parteado 
da  Tsiampii,  d  onde  dissuga  per  descris^ere  queir  isole^  anche 

(«)  t  ii.not  68<K    (b)  t  L  p.. iSS.Bott  ii.  noi.  699^    (e)  t,n.  noi  705.    (d)  U  ii. 
p.  i5o.     (e)  !•  II.  p,  i5o.    (f  )  t  it..  not  yaS..   (g)  p.  ^%. 


xjcni 

allora  la  relazione  procedereòbe  ordinatamente .  Perchè  da 
Tsiampa  parèeìidosij  s' incontra  V  isola  di  Pulo  Coridor  luipg» 
di  riconoscimento  per  tutti  i  nawganti  di  quei  mari  i  fi  ckf 
dovè ricon&scer  eiper  recarsi  a  Loc/iac^cìiè la coetierM. di  Camr 
hoja  (a).  Ma\\  comunque  fésse  non  nuoce  alla  reputazione  del 
Pelouse  non  .soccorso  dalla  memoria  erra  undfiatt^^perchè  no^ 
è  da  sperare  opera  di  mortale  senza  errori  - 

^Descrive  pòscia  V  isola  di  PentORi^  ò  Bantaìi  alla  bocca 
dello  diretto  di  Mbdaca  j  ràmnventa  questa  contrada  Col  suo 
vero  nome  di  Mdlajur  (li)  ^e  prosegue  la  relazióne  cofne  il  viag^ 
-giOyper  là  Glassa  Minxjre^oSumatra^alla  fui  costiera  orientale^ 
'passando  per  '  lo  stretto  della  Sonda  y  precedentemente -<si  recò 
J»  servigi  del  Gran  Con  (<;).  In  questàhola^.narra  neL Proe- 
mio y  essersi  colla  Principessa  Jennata^  e  che  penò  tre  mesi  a 
-giungersn  dal  Fokien  (d).  I\>i  afferrò  terra  nel  Remne^x  di  Sa- 
-mora ,  per  aver  numcato  il  ìnozionjas^orei^olè"^  e  dos^è  fermar- 
wsi  cinque  mesi  (e}'.  Sciogliendo  le  vele  da  Sàmara  ^  traversò- 
il  Gclfa  di  Bengala^  e  riconobbe  le  isole  di  Nicobaìf^  e  di  An- 
^cmtan  (^iy.Ifon  cade  dubbioi^che- gettasse: V ancora suI  C&ylavf^ 
ed  io  opino  che  isn  fosse  anche  innanzi  ^  quando  Cubica^  vi  spe- 
di sue  geAti  collo  speziosotitolodi  trattar  cól  jRcdélla  contrada' 
dell'  acquisto  d-  un  preziosi^  rubino.  (^^È  anche  da'  notare  che 
r  due  jSate  toma  a  parlar- eli  questa  isola  famosa:  è  probabile 

che  preludesse, pòrto  aotU  PrÌHcipe,s^perpro<:^eMerista,Vr 
efaracqua\  ed  anche  perche  nel  modo  timido  di\na/^g0r  di 
quei  tempi  y  fnen  che  potwano  faeevun  eanale  ^  e  "quanto-  pii^ 
'prestG^pcOwanò  nttvigf^^aswper  costa^pèr  essereVicMÙa  luogjii 
di  ricofwscinmntd ^  e  ow  poter  rip^irarsi  in  occasione  di  for- 
tuna. JS"  probabile  che  gettasse  l- ancora  nella  rada  di  Trin^ 
quènìale  ;  j&'^  dice  che  nel  nas^igar  il  Mar  delVIndie^  consumò* 
diciotto  mesi  y  ciò  dicJdara  che  prese  terra  in  varie  jìarti  fa- 
-  cendo  camino  (h)  - 

•  '     .  •  :    . 

(a),  t  u»  noU799.    (b)  ibiif.  not738;    (e)  tii.Bot  738.    (d)  Co4  Parie.  I.p.rC« 

'  •  •  •  • 

(e)  tiMiot758.    (f)  tom.ii.  Lib..iii.  cap<  17.6  i8.    (g^  tu.  p.4o5.    ^h)  tu.p«  78 


Il 


DcdCeylan  tUi^aga per  ttescrwere U Maàbar^ eke'cmsi iq^ 
pelhoio  gli  Arabi  la  costiera  detta  da  noi  Gopotì$and9l  (a).  '  lA^ 
lezione  ranumana  portando  ins^ce  di  MuaboTy  Mééabar.j  à 
frasaioli  non  pochi  dalla  retta  intelligensa  di  fuestm  parte  dei 
Milione.  In  ipiesta  escursione^  Marcodeserdvie  la  vostièrndei 
^ùròmandel^  dal  capo  Camarino^no  al  Bengala,  dSra  ^llorèg 
la  regione  dis^isa  in  due  potenti  reami j^ke  ei  rammenta  yHjwdlé 
>d'  Orissdj  ohe  ap)peUa  di  Murphilì^  é  deW  Asrorio^  e  quello  di 
'Norsingaj  che  tanto  nel  nostro  Testo  (b) ,  quanto  <nel  Parigi^ 
-Ho  lì.  (cf)  /  è  detto  regna  di . /^r  ^  '  >  Questuo  ai  tempi  del  vit^^ 
tgiatùhd  era  fra  pia  ^stelli  di%fi^ , «  Marco^  rammenta  ÀÉkliéh- 
^puri^  dita  yeneratapsr^  I^'tomba\deir Apostol  Tommaso^  JSfef 
nostro  Testù^  net  Parigino  L{)ày parla  dipei  del paés^di\Lmij 
^o  pik  accuratamente  di  Jar^  OK^e  afferma  oìwr  askita  eu^à  im 
"setta  Bràmanica  (e)«  Jtiparlq  del  Cejrlan^  dande  m  parti^col  dir 
' sborsò^  pet*  deScriì^ì^e  le  rammentate  oantrade^usandocomexn^ 
'primo^ libro  di  Heàndurre  il  leggitore  al  Juggo  donde  usci  di 
camino.  Che  non  fosse  net-  reame  di  Muvphili^  pare  ohe  lo 
.'dichiari  notando:  che  f u  ,dU)UQ  al  prefato  M.  Marco^  che  U 
'stale  è  gràndissnrio  odldò^,  e  n©»  spiove  (f)^    .  ^ 

Sciogliendo  le  •  \>ele  dal  Cèylan^  procede  la  relazione^  co- 
me il  viaggio:  Parla  di  Caely  terra  che  dow  ricenascerey  e  che 
'è  i^ersoia  pùnta  del  Ì)ecun  (g),  e  incomincia  m  trattare  della 
'  cc^èiero^  Mùlùibari&0  d^l^app  CamorinOy  odiOumari^  come 
ei  io  appetta  ^^\  indi ^discofrre  del  r^amedi^e^:,  p  di  Cali-- 
^  CHt\  éd^a  G^sta'PiMtioa  (^i}.  Seguei^do  gUjlnt^col  nome 
di:k]ktldiàrd^  dé^pìsesi  di  Canata^  e  di  'dmmn^  che  sono 

al  Qisn/ltèe  dèl^Gutèrat^  p^^nisola  che  poscia  daónv^(^...  Ivi 
-^Yàntmenta  la  dittai  di  fZ'tìAa^^^),  i  rea^nd  di  Cambaet^  o.Cxsn^ 
"^òaJa^mXe  di  Sumefiatj  e  facendo  cornino  alla  inUtadd  Sena 
''Peì^eoTàmmehta'-il  CheSnmcoraH  ^  secondo  taJezion^  ràmu- 
siana ,  o  come  più,  correttamente  si  legge  nel\Pjarigino  /.  ilpae- 

J[a)  t  IT.  not  7^.    (b)  1. 1.  p.  iG^.  t.  ii«  not.  7;^  ;  (e)  p.  43i.    (d)  p.  aoS. 

;<e)''t.  II.  not.é54.    (f)  ti  il.  j:49[4-    (gy  t-^»-  Hb-iìi.  <jip.  a5.    (ìi)  t  1.  pi  169,  ìwt  K 
'tt)-iii;lio(Ìè97.    <b)  lib.  ittica]^, a8.    (l)t.  |t;iiot9VÌ    tm)«lM«LiDdt  91S/ 


iMa€Òram{è)^o\ilMecranjehe  do\^  cosi^ggiare  iik  quel- 
la mwigaziane.  È  da  awertire^  che  la  lezione  del  Parigino  ff.^ 
porta  RésffMOorOfChe  giustijica  la  sagace  c^hg^tura^du  noi  ^ 

dliro  luogo  riferita  (f>)  del  celebro  Maltébmii ,  òhe  ùdn  tanto  ♦ 

danno  dèlie  scienze  geogrìt/iche,  di  recente  petdè  la  repuhMicà-: 

letteraria.  Dai  Mekran  il  Veneto  wtge  il  discorso  ad  aècu- 

ne  regioni  delV Etiopia r  che  noi-  chiamiamo  (a/  dióe^  (n«lì* 

MézZiftia  (i^ydiefto  le  notizie  che  he  attinse  da^i  Arabi  ;  e  con 

troppa  credulità^  narra  ancora  alcune  delle  loro/m^e^  di  tat 

natura  è  quella  dèir Isole  Mascola  e  Femmina  ^  i).  Nel  \^ofgere 

la  relazione  atV  Affrica ,  fa  parola  delle  isole  celebH  di  Soà-^^ 

cotera^  e  del  Madagascar^  che  il:  celebre  Barrofv;  i^uóle  eh*  e/ • 

visitasse,^  malgrado  che  ei  afferndil  contrario  (f^).  Descrisse  il 

litorale  affhicano  dalla  bocca  del  Seno  Arabico  ^  fino  ed  Capo 

delle  Correnti  ^passato  Sòfida^  paese  che  appella  Zenzibat^o  co^ 

'mepòttànO'  i  testi  più  antichi  Z^achibar^  contrada  che  dice  es^ 

àéretsóla  ^  M  siccome  là  descriw  come  V  estrèma  terra  affrica^ 

ykt  amJbzzodty,  si  deduce  che  seppe  dagli  Arabi  esservi  aperta 

comunicazione  fra  V Oceano  Etiopico ,  e  V Atlantico  (f)  •  "^ 

Non  dimentica  V Abascia^o  secondo  il  Parigino  L  VAbOr 
sce ,  che  è  T  Rabesóh  degli  Arabi ^  paese  che  noi  appelliamo 
Abissinia  (^J.DalVAbasce^  riprende  la  volta  d'oriente^  per  de^ 
scrivere  la  costiera  meridionale  dell' Arabia^  e  riconduce  il  leg^ 
gitore  cosi  sul  suo  cammino  alla  bocca  del  Seno  Persico.  Parla 
di  Aden  sulla  costa  meridionale  £  Arabia ,  e  ne  trae-  occa- 
sione di  descrivere  lavia^  che  tenevano  le  indiche  merci  per 
giungere  in  Alessandria  (b) .  Rammenta  altri  sopii  di  quei  Ut- 
torali:  Escier  o  Siger  {\  ), DufaryO  Dqfar  (y)yCalaiati^  o  Co- 
latu  sulla  costiera  del  Oman  {\\e  compiuta  cosi  la  descrizio^ 
ne  del  periplo  dell  Eritreo^  conduce  il  leggitore  a  OrmuSy  per 
ove  drizzava  le  vele  dal  Mecran  colla  sposa  d'Argun  •- 

(a)  p.  ia8-    (^}  t  II.  qot.  919.    (e)  t  ti.  p.  474*    (^)  L^^*  l'i*  c^P-  33.     (e)  t.  i. 
p.  197.  Dot.  c«     (f)  t  II.  not  94a*  69  j.3.    (g)  1 11.  not  959.    (h)  L  I.p.  ao4*ttot. 
(i)  L  II.  Qot.  988.     (k)  ibid.  nut  997.      (1  )ibid«  not»  1002. 


xxyi 


R  toccata  alcuna:  cosa  refatwa  ^a  ifuelf  empùrio  celAr^ 
dei  trajj^ci  delVOriente^  ai^ucrìe  che  non  ne  dice  altro:  p^^rchè . 
disopra  nel  libro,  abbiam  parlalo  di  Chiai,e  di  KevmenQà^  luoghi 
che  s^ide  nel  recarsi  a  Tebriz.  E  ciò  mirabilmente  conferma 
fjfuanto  asserimmo^  che  nel  libro  primo  comprese  anche  la^  relor 
zion  del  s^idggio  chejeùt  alla  tornata^  per  recarsi  daOrmus  a 
Tebriz ,  e  di  li  a  Trebisonda 

Termina  questo  capo  la  relazione  dei  suoi  silàggi ,  ma 
esso  ai^^erte  che  ai^endo  bastantemente  parlato  deir  India ,  e 
dell'Etiopia^  innanzi  di  dare  fine  al  libro ,  tornerà  a  pa<tlare 
di  alcune  regioni  ^  che  sono  wcine  alla  tramontana ,  delle 
quali  lasciò  di  dire  ne  libri  di  sopra  (h).  E  incomincia  a  dis- 
sertare della  Gran  Turchia^  e  delle  guerre  di  Caidu  (  che  is^i 
irnperas^a  )  contro  Cablai  Can .  Indi  parla  delle  Terre  Po- 
lari^ che  appella  come  gli  Àrabi  Region  delle  Tenebre  (o)  •, 
Poscia  nel  nostro  testo  rammenta  il  reame  di  Lacca^  o  Leu: 
fecondo  il  Testo  Parigino  I.  che  è  la  Polonia  (d),  e  con  un 
Ireste  cenno  della  Russia^  termina  il  Milione  secondo  la  /e* 
zione  ramusiana. 

(a)  t-  tupu  474*    (b)  ^  n.  p«  474*     (e)  ^  "*  ^^^  i<>^9*     (^)  1 1.  p.  la 


•      » 


-    —    -    ^fc' 


4      ^ 


TESTO   RAMUSIANO 


DEL 


MILIONE  DI  MARCO  POLO. 


9f  \  < 


PROEMIO 

SOPRA  IL  LIBRO  DI  M.  MARCO  POLO 

* 

lATTO  DA.  FRA  FRANCESCO  PIPINO  BOLOGNESE  DELL* ORDINE  De' FRATI 
PREDICATORI,  QUALE  LO  TRADUSSE  IN  LINGUA  LATINA, 

E  ABBREVIÒ  DEL  MCCCXX. 

jLet  prieghì  di  molti  res^erendi  padri  miei  signori^  io  tra- 
durrò in  lingua   latina   dalla  {volgare  il  libro  del  nobile  ^ 
sas^io^  e  onorato  M.  Mirco  Polo  gentil'  uomo  di  Venezia j 
delle  condizioni ^  e  usanze  delle  regioni^  e  paesi  delt Orien^ 
te .  Dilettandosi   ora  i  prefati  miei  signori ,  più  di  leggerlo 
in  lingua  latina  j  che  nella  i^olgare .    E  acciò  che  la  fatica 
di  questo  tradurre  non  paia  vana ,  e  inutile  y  ho  considerato , 
cìie  pel  leggere  -di  questo  libro  ^  che  per  me  sarà  fatto  latino  y 
i fedeli  uomini  j  che  son  fuori  d' Italia  ^  possano  rices^er  me* 
rito  da  Dio  di  molte  grazie  •  Perocché  essi  vedendo  le  muravi- 
'  gliose  operazioni  d^ Iddio ,  si  potranno  molto  mara\^igliare 
della  sua  virtù ,  e  sapienza .  E  considerando  j  <:he  tanti  po- 
poli pagani  sono  pieni  di  tanta  cecità  ^  e  orbe  zza  ^  e  di  tan-^ 
te   sporcizie  j   li  cristiani    r ingrazieranno   Iddio  ^    il  quale 
illuminando  i  suoi  fedeli  di  luce  di  verità ,  si  è  degnato  di 
voler  cavarli  da  cosi  pericolose  tenebre  ^  menandoli  nel  suo 
maraviglioso  lume  di  gloria ^  o  che  qué*  cristiani  avendo  com^ 
passione ,  e  cordoglio  deW  ignoranza  de  detti  pagani  ^  pre- 
gheranno Iddio  per  V illuminazione  de  cuori  di  quelli  ^  o  che 
per  questo  libro  ^  la  durezza  ^  e  ostinazione  de"  non  devoti 
cristiani  si  confonderà  ^  vedendo  gV  infedeli  popoli  più  pron- 
ti ad  adorare  gV  idoli  falsi ,  che  molti  cristiani  il  Dio  vero . 
O  forse  ^  che  alcuni  religiosi  per  amplificare  la  fede  cristiana^ 
i^edendoj  che  il  nome  del  nostro  Signore  dolcissimo  è  inco- 
gnito in  tanta  moltitudine  di  popoli  j  si  commoveranno  ad 
andare  in  quei  luoghi  per  illuminare  quelle  accecate  nationi 
degt  infedeli .  Nel  qual  luogo  secondo  che  dice  V  Evangelio 
è    molta  biada ^  e  pochi  lavoratori.  E  acciocché  le  cose^  che 
noi  non  usiamo  j  né  avemo  udite  ^  le  quali  sono  scritte  in 
molte  parti  di  questo  libro  y   non  paiano  incredibili   a  tutti 
quelli  y  che  le  leggeranno  ^   si  dinota  e  fa  manifesto  ^  che  il 


4 

sopradettò  M.  Marco  rapportator  di  queste  cosi  maras^igliose 
cose ,  Jìt  uomo  sas^io  j  fedele  ,  denoto ,  e  adornato  d*  onesti 
costumi^  ascendo  buona  testimonianza  da  tutti  quelli ,  che  lo 
conosces^ano  :  (a)  sicché  per  il  merito  di  molte  sue  virtìi ,  questo 
suo  rapportamento  è  degno  di  fede  :  e  M.  Niccolò  suo  pa- 
dre  5  uom^o  di  tanta  sapienza  similmente  le  confermarla ,  e 
M.  MaJJio  suo  barba ,  (  del  quale  questo  libro  fa  menzione  ) 
come  i^ecchio  des^oto  e  savio ,  essendo  sul  punto  della  morte 
familiarmente  parlando ,  affermò  al  suo  confessore  sopra  la 
coscienza  sua^  che  questo  libro  in  tutte  le  cose  conteneva  la 
verità .  //  che  avendo  io  inteso  da  quelli^  che  gli  hanno  cono- 
sciuti più  sicuramente  ,  e  piìi  volentieri  m^ affaticherò  a  tra- 
s lutarlo  per  consolazione  di  quelli  che  lo  leggeranno  :  e  a  lande 
del  Signor  nostro  Gesìc  Cristo  creatore  di  tutte  le  cose  visi- 
bili e  invisibili .  Qual  libro ,  fu  scritto  per  il  detto  M.  Marco 
del  MCCXCVIIL  trovandosi  prigione  nella  città  di  Geno- 
va^ si  parte  in  tre  libri  ^  i  quali  si  distinguono  per  propri 
capitoli . 

(a)  Secondo  qae«ta  lezione  sembrerebbe  che  IDIiirco  Polo  allorché 
fa  traslatatoil  Milione  da  Fra  Pipino  foMe  morto,  ma  il  Prologo  pre* 
detto  secondo  la  lezione  del  testo  a  penna  Riccardiano  dice  così  9,  Nec 
autem  inaudita  multa  ,  atqne  nobis  insolita ,  quae  in  libro  hoc  io  locis 
plurimis  referuntur  incxperto  lectori  incredibilia  vidcantnr.  Cunctis 
ineolegentibus  innotcscat,  praefatum  Dominom  Marclinm  horom  mi- 
la rabiliom  relatorem  ^  virum  esse  prodenfcem  9  (idelem  et  dcvotuDi,  aef|ue 
„  honestis  moribus  adorna tum  9  a  cunctis  sibi  domesticis  testimonium  bo- 
fi  num  habentero  ,  ut  multiplicis  virtutibus  ejus,  merito  sife  imius  reUtio 
39  fide  digna .  :^ 


99 

53 


•5 

LIBRO    PRIMO 

PROEMIO  DELL'AUTORE  Gap.  I. 

JJoveie  adunque  sapere,  che  nel  tempo  di  Balduino  *  Imperatore 
di  Gonstantinopoli  (  dove  allora  soleva  stare  un  Potestà  di  Vene- 
zia, *  per  nome  di  Messer  lo  Dose)  correndo  gl'anni  di  N.  S.  i  aSo. 
M.  Niccolò  Polo  padre  di  M.  Marco ,  e  M.  Maffio  Polo  fratello 
del  detto  M.  Niccolò  nobili,  onorati  e  savi  di  Venezia,  trovan- 
dosi in  Gonstantinopoli,  con  molte  loro  grandi  mercanzie,  ebbe- 
ro insieme  molti  i^agionamenti .  £  fnialmente  deliberarono  di  an- 
dare nel  Mar  Maggiore ,  ^  per  vedere  se  potevano  accrescere  il 
loro  capitale,  e  comprate  molte  bellissime  gioie,  e  di  gran  prez« 
zo ,  partendqsi  di  Gonstantinopoli ,  navigarono  per  il  detto  Mar 
Maggiore,  ad  un  porto  detto  Soldadia,  *  dal  quale  poi  presero  il 
cammino  per  terra ,  alla  coiie  d  un  gran  signor  de'Tartari  Occi- 
dentali, detto  Barcha,  ^  che  dimorava. nelle  città  di  Bolgara,  o 


X  •  11  Balduino  di  cui  qui  fassi  menxione  è  Balduino  secondo ,  figlio  di  Pietro 
ée  Curtenax  Imperatore  Latino  di  Costantinopoli ,  che  incominciò  a  regnare  Tan- 
no 1228.  Michele  Paleologo  prese  Costantinopoli  Tanno  12Ò1.  e  Balduino  si  re- 
fugiò  a  I^egroponte  :  d'ivi  passò  in  Italia  oye  muri  nel  1275.  11  Ramusio  con  un 
estesa  esposizione  ha  comentato  questo  passo  del  Polo.  (  Nar.  T.  IL  pag.  9.  ) 

2.  Nel  Codice  Soranzo  rien  nominato  il  Veneto  Potesti  che  risiedeva  allora 
in  Costantinopoli,  che  era  uno  della  Casa  da  Ponte .  (Zur).  Dissert  T.  1.  pag.  44*) 

3.  Mar  Maggiore  cosi  appellarono  gTItaliani  il  Mar  Nero  nei  secdi  di  mezze 
e  ciò  comparativamente  agli  altri  mari  che  unisconlo  al  Mediterraneo. 

4.  Soldadia.  Avverti  il  Ramusio  essere  Sogdai  nella  penisola  di  Crimea.  (Pref. 
al  Milion.  p.  4.  )  Albufeda  Tappella  Sudak  (Geograph.  pag.  264.)  e  cosi  la  descrive  : 
)t>  est  in  pede  montis  in  solo  saxoso  :  urbs  cinta  muro ,  Moslemis  infesta ,  ad  litus 
i>  Maris  Krimensis;  emporium  mercatorum.  Fere  aequat  Cafa  » .  Conferma  la  va- 
stità dei  suoi  traffici  Rubriquis  che  visitoUa  »  e  dice  che  era  frequentatissima  da 
mercatanti  che  di  Turchia  andavano  verso  settentrione  1  e  dai  Ausai  che  passavano 
in  Turchia.  I principali  traffici  erano  in  pelli,  in  telerie,  in  cotonine ,  drappi  di  seta 
e  spezierie.(Conect.  de  Berg.  T«  L  pag.  1.).  La  Crimea  appellavasi  allora  Gazarla. 
(  T.  L  pag.  223.  not.  6.  ) 

•  5.  Barca  detto  Barcah  anche  da  Abulfaragio  (  Hist.  Dinast.  pag.  5o5.  )  secondo 
Albufeda  era  figlio  di  Sajer^Can  figlio  di  Duschi^  figlio  di  Gengis-Can.  Alcuni 
scrittori  dicono  questa  Barcka  o  Bereké  figlio  di  Bota,  ma  si  ravvisa  da  Aìni  7  Ga- 
:d  che  Batu  e  Sajèr  eran  due  nomi  di  un  medesimo  personaggio  in  effetto  ei  lo  ap- 
pella BatU'Sagier^Can.{AXh\x\Ì.  Annal.  Muslem.  T.  V.  not.  9.)  Buschi  fi^ìo  diletto 
del  terribile  Gengiscan  soggiogo  il  Kiptchak,  che  cosi  appellarono  gli  Arabi  le  con- 


6 

Assara,  ^eera  re[>utdtouQO  de* più  liberali ,  e  cortesi  signori,  che 
mai  fosse  slato  fra  Tartari .  Costai  delia  venuta  di  questi  fratelli , 
ebbe  grandissimo  piacere ,  e  fece  loro  grande  onore ,  quali  aven- 
do mostrate  le  gioie  portate  seco,  vedendo,  che  gli  piace  va  n(>, 
gliele  donarono  liberamente  .  La  cortesìa  così  grande ,  usata  con 
tanto  animo,  di  questi  due  fratelli,  fece  molto  maravigliare  detto 
signore  .  Quale  non  volendo  essere  da  loro  vinto  di  liberalità , 
fece  a  loro  donare  il  doppio  della  valuta  di  quelle ,  e  appresso 
grandissimi,  e  ricchissimi  doni.  Essendo  stati  un  anno  nel  paese 


trade  a  Settentrione  del  Caspio,  (  Ebn.  Haukal  Geograp.  i56  )  e  fondò  un  Impero 
che  con  tale  nome  fu  conosciuto  dagli  Orientali  colla  conquista  delle  terre  dei 
Slavi ^  degli  Alani ,  dei  Russi  e  de*  Bulgari  (  Ahuif.  Ann.  Muslem.  T.  V.  pag.  ai.  ) 
Batu^Can  suo  figlio  conquistò  quasi  tutto  Timpero  Russo,  saccheggiò  la  Polonia  ,  la 
Moravia,  la  Dalmazia  e  mor£  nel  12^6.  allorché  d'Ungheria  si  muoveva  per  assedia.- 
re  Costantinopoli.  (  Petit  de  la  Croix  llisL  de  Genghiz.can  ).Deguignes  pretende  eh*  ei 
morisse  nel  i255.  Secondo  Plano  Carpini  risiedeva  alle  rive  del  Volga.  (  Ram.  Nav. 
T.  II.  pag.  238.£  )  Il  menzionato  Barca^  o  Bar-  Can ,  o  Bereke^Can  che  a  lui  succede 
fu  reputato  un  buon  legislatore  ,  alla  sua  corte  trasferi  vansi  i  dotti  di  lontani  paesi 
che  onorava  e  ricompensava.  Esso  €ecesi  maomettano.  Ebbe  sanguinosa  guerra  con 
Uiauo  Ulagu  signore  della  Persia.  Saccheggiò  le  terre  dei  Greci  e  moii  nel  1266. 
(  Petit  de  la  Croix.  HisL  de  Genguiz.  L.  IV.  pag.  539.  ) 

6.  Bùlgara^  e  Assara.  Era  errore,  della  Lezione  il  dire  che  dimorava  nella 
città  di  Bolgara  e  Assara  dovendo  dire  nelle  citti.  Aveano  i  Can  del  Kiptchak  come 
-tutti  i  Tartari  imperanti  due  residenze,  l'  estiva  eh'  era  Bolgari  e  V  iemale  eh'  era 
Sarai.  Della  prima  cosi  discorre  Abulfeda  »  Bolar^  Arabibus  Bolgar  dieta  ,  urbs  in 
)^  extrema  (  terra  )  septentrìonalì ,  haud  procul  a  ripa  Atoli ,  in  continenti  septen- 
»  trionali  orientali,  et  eadem  cum  Sortii  a  quo  distat  plus  viginti  dietas  .  Est  in  so^ 
»  lo  humili ,  abest  a  monte  nondum  ìntegro  diei  itinere  tria .    Ibi  aunt  balnea . 
y  incolae  sunt  Moslemi  Hamfitici .  Ncque  fructus  ibi  sunt  horrei ,  ncque   arbo* 
»  res  eis  proferendis  ,  ob  nimium  frigus  ,  parìter  nullae  ibi  extant  urae.  »  (  Abulf. 
».  Geogra]ph.  )  Delle  rovine  di  Bolgari  luogo  detto  oggidì  Briae  KhimqfìiA  data  la 
descrizione  il  celebre  viaggiatore  Pallas  (  Voy.  de  Russie  t.  1.  p.  2i5.  ).  Vi  si  vedono 
rovinedi moschee,  iscrizioni  arabe ,  tombe  di  negozianti  di  Schamakie  e  di  Schinn^an. 
Detto  luogo  è  a  90.  werat  a  tramontana  di  SimlUrfk  in  faccia  all'imboccatura  della 
Coma  nel  F'olga.  Rettamente  avverte  il  Forater  (Decouv.  du  Nord  t.  i.  pag.  196.) 
che  Assara  é  Sarai^  di  cui  vedonsi  le  rovine  vicino  a  Zarizin .  Il  Polo  come  sovente 
accade  riunendo  al. nome  1'  articolo  appellplla  Assara .  Esisteva  ai  tempi  d'  Abulfe- 
da e  fu  distrutU  da   lUmur  Bec  o  Tamerlano .  -Il  Geografo  Arabo   cosi  la  de- 
scrive :  (  Geograp.  p.  365.  )  »  Sarai  urbs  magna ,  sedes  Tartarorum  regia ,  re- 
»  gum  nempe  Tartarìae  Septentrionalis  qui  sunt  nostro  tempore  Uzbekenses^  est  in 
»  solo  plano .  Distat  a  mare  Caspio  fere  bidui  iter ,  et  habet  illud  mare  Caspium 
»  ab  oriente  ,  et  austro  suo .  Apud  eam  fluit  fluvias  Atol  (  il  Volga  )  a  septentrìo- 
»  ne ,  et  occidente ,  ad  orientem  et  austnim ,  donec  infìmdatur  in  mare  Caspio. 
»  Adejus  ripam  septentrionalem  orientalem  est  illa  urba  Sarai t  etest  emporìum 
•»  magnum  pi^  mereatorìbus  et  muncipiis  Turdeis  j>  . 


9 

del  detto  signore,  volendo  ritornare  a  Venezia ,  subitamente  na- 
cque guerra  tra  il  predetto  Barca,  e  un'altro  nominato  Alau,  si- 
gnore dei  Tartari  Orientali  ;  gli  eserciti  dei  quali  avendo  combattu- 
to insieme ,  Alaii  ebbe  la  vittoria ,  ?  e  l'esercito  di  Barca  n'ebbe 
grandissima  sconfitta  :  per  la  qual  cagione  non  essendo  sicure  le 
vie ,  non  poterono  ritornar  a  casa ,  per  la  strada ,  che  erano  ve«- 
nuti  •  £  avendo  dimandato  y  come  essi  potessero  ritornar  a  Co- 
stantinopoli,  furono  consigliati  d'andar  tanto  alla  volta  di  le- 
vante , .  che  circondassero  il  reame  di  Barca  per  vie  incognite ,  e 
cosi  vennero  ad  una  città  detta  Ouchaca ,  ^  qual'  è  nel  fine  del 
regno  di  questo  signore  de  Tartari  di  Ponente.  E  partendosi  da 
quel  luogo,  e  andando  più  oltre,  passarono  il  fiume  Tigris,  ^che 


7.  Questa  battaglia  decrivela  al  cap.  181.  del  testo  da  noi  pubblicato  e  come 
accaduta  nel  1261.  Vlagu  o  Alau  come  ei  lo  appella  regnava  sui  MogoUi  di  Persia 
che  il  Polo  chiama  Tartari  Orientali  per  distinguerli  da  quei  di  Kiptchak  che  chia* 
ma  Occidentali»  Deguignes  tratta  di  questi  nel  Libro  XVÌl»  della  sua  Storia  Generala 
degli  Unni  • 

8.  Ouchaca»  Abulfeda  cosi  ne  ragiona  »  O^aAr  est  urbecula  in  Latere  Àtholi 
»  occidentali  inter  Sarai  et  Bolar  (ave  BolgarJ  media  propemodum  via.  Aequaliter 
»  ab  utriusque  distat  quindecim  fere  dietas  •  Usque  ad  Okak  perlingit  Imperium 
»  j4rdu  Regia  Tartarorum  Berkah ,  neque  ultra.  » .  (  Geograph.  Lat  Mundi  Septent 
p.  365.).  Anche  il  nostro  viaggiatore  dice  che  quella  piccola  città  era  confine  delia 
dominazione  di  Barca  .  Okak  col  nome  anche  d*  Uwjek  è  segnala  nella  Carta  delia 
parte  media  dell'Asia  di  Forster ,  che  va  aggiunta  aU'  opera  testé  citata . 

9.  //  Tigri,  La  particolarità  narrata  da  Marco  che  il  padre  suo  e  lo  zio  ppr 
recarsi  da  O^aA^a  ^occm-a  traversarono  il  fiume  77gr»  è  la  primiera  cagione  a  mio 
avviso ,  per  cui  molti  hanno  fallata  la  vera  direttone  del  loro  cammino  •  Se  esM  aves- 
sero traversato  il  vero  Tigri  dovevano  retrocedere  per  la  riva  occidentale  del  Caspio 
e  per  la  via  fatta  posteriormente  dal  figlio  dirigersi  verso  il  Cwassan^  ma  si  sarebbero 
imbattuti  appunto  nelle  schiere  nemiche,  nei  tumltì  di  guerra,  cose  che  volendo  essi 
evitare  fece  duopo  loro  tanto  deviare  dal  retto  camino  di  Costantmopoli ,  ove  erano 
neir  intenzione  di  dirigersi.  Oltre  a  tale  particolarità  che  dimostra. che  essi  non  pas- 
aaronoil  Tigri  tyyi  l'altra  che  essi  narrano  che  passato  il  fiume  dopo  diciasette 
giornate  giunsero  a  Soccara.  Ora  il  Tigri  nel  luogo  ove  più  s' avvicina  a  detta  città 
B'è  discosto  18.'  che  possono  valutarsi  7^.  giornate  di  carovana  .  Ma  il  fiume  che  il 
Polo  chiama  il  Tigri  è  il  Ghion  ,  Amu  appellato  dai  Tartari ,  Osso  dagli  AnfSthi . 
Sembrò  che  desse  moto  ali*  errore  V  avere  udito  i  Poli  che  questo  fiume  era  uno  dei 
quattro  del  Paradiso  Terrestre.  Il  Testo  biblico  appella  questi  qiMttro  fiumi  Fisott ,. 
Ghion f  Hiddekelf  e  Frat.  Questo  passo  quanti  commentatori  a  esercitali  appo  noi, 
altrettanti  in  Oriente.  Ghion  significa  puramente  fiume,  ma  gli  Orientali  che  ìma- 
ginarono  esservi  stati  quattro  Paradisi  Terrestri,  crederono  che  uno  di  essi  fosse- 
la  Valle  del  Sogd ,  è  perciò  il  Ghion o  fiume  che  la  bagna  dissello  uno  dei  quattro 
del  Paradiso  Terrestre  (Herbel.  BibKoth.  Orient.  vox  Sogd.  ).  Aliene  Armeno  di*. 
C€^  che.  la.  Persia  si  divide  in  dUe  partii, e  che  la  prima  comincia  ad  Oriente  attet^ 


\ 


/ 


8 

-e  UDO  'de'  quaiu^o  fìumi  del  Paradiso  :  e  poi  un  deserto  di  dicia  - 
sette  giornate,  non  trovando  città,  cartello,  ovvero  altra  fortez- 
za, se  non  Tartari  che  vivono  alla  campagna  in  alcune  tènde,  con 
i  loro  bestiami .  Passato  il  deserto  giunsero  ad  una  buona  città 
detta  Bocara^  '^  e  la  provincia  similmente  Bocara,  nella  regione 
di  Persia ,  la  ^quale  signoreggiava  un  Re  chiamato  Barach ,  "  nel 
qual  luogo  essi  dimorarono  tre  anni ,  che  non  poterono  ritornare 
indietro ,  ne  andare  avanti ,  per  la  guerra  grande  ,  che  era  fra  i 
Tartari .  In  questo  tem}K>  un  uomo  dotalo  di  molta  sapienza , 


frontiere  del  Turkestan  e  che  si  stende  verso  occidente  fino  «1  Phison  eh*  è  il  primo 
dei  quattro  fiumi  del  Paradiso  Terrestre  (Cap.  VH.).  VHiddekel  fu  credutoli  Tigrii 
gli  Orientali  appellanlo  Dejleh  (Ebn.  Auk.  p.  162.) .  Né  i  Poli  furono  i  soli  ad  appellar 
'JTigri  un  fiume  diverso  dal  vero  di  cotal  nome  .  Giosafa  Barbaro  in  tempi  assai  po- 
steriori dice  che  nelle  vicinanze  di  Merdin  passa  il  fiume  Set^  già  detto  Tigri  >  e  in 
ciò  a  ragione.  (Ram.  Nav.  t  II.  p.  lot.  D)  Ma  in  altro  luogo  (ibid.  p.98.  E)  parlando 
di  Tèflis  capitale  della  Giorgia  dice  che  dinanzi  a  quella  città  passa  il  Tigri  pren- 
dendo il  Kur  per  detto  ^ume,  ohe  a  tutt'  altra  origine  «  direzione .  Anche  il  signor 
Marsden  congettura  che  i  Poli  seguissero  per  recarsi  a  Baccarà  la  riva  settentrionale 
del' Caspio  (  Introduz./p.  III.  ).  L' Inglese  Jenkison  che  part(  da  Mosca  nel  iSStt.  per 
{scoprire  la  via  del  Catajo  s'imbarcò  sul  Volga  e  traversato  il  Caspio  sbarcò  a  Mar» 
guslave  e  di  H  passò  a  Urghenz  indi  a  Baccarà.  Esso  per  recarsi  da  questa  nella  pre« 
cedente  città  al  suo  ritorno  v'  impiegò,  diciassette  giorni  (  Hist.   Gen.  des  Voy. 
t.  VII.  p.  409*  )•  E  se  i  Poli  passarono  il  Ghion  ad  una  giornata  da  Urghen»  y'  im- 
piegarono anche  essi  pari  numero  di  giorni.  In  Asia  infatti  di  rado  occorrono  4:am« 
biamenti  intomo  alle  direzioni  e  stazioni  delk  Carovane.  Trovarono  i  Poli  quelle 
contrade  desolate  dai  Tartari.  Il  terri  bile  Gan^i^Can  secondo  gli  Arabi  Scrittori  prese 
Urghenznéi  laaa.  e  vi  passò  a  fil  di  spada  centomila  abitanti  (Herbel.  vox  Gangis-Kan). 
Il  deserto  di  cui  parla  il  Polo  innanzi  di  giungere  a  Baccarà  è  quello  di  Casna  segnato 
nella  Carta  di  Macdonald  Kinner^  che  dal  Ghion  distcndesi  «piasi  fino  alla  citti. 

IO.  Baccarà  ctLpiìBÌt  della  contrada  detta  dagli  Arabi  Mounier alnahar^  che  tanto 
suona  quanto  Transoxiana  degli  Antichi  perchè  significa  in  Arabo  paese  di  la  dal 
fiume,  (Ebn.  Auckal  p.  236.)  dagli  Europei  vien  detto  impropriamente  Gran  Bucharia* 
Secondo  Ebn  "Auckal  il  territorio  di  Baccarà  è  uno  dei  più  ridenti  dell'Asia  ,  ed  è 
oggidì  posseduto  dai  Tartari  Usòechensi  •  In  questa  contrada  mautennesi  non  poca 
cultura  nei  secoli  di  mèzzo  sino  ali'  epoca  della  conquista  fattane  dai  MogoUi.  Geo* 
gis^Kan  prese  la  città  che  rimase  incenerita  nel  1220.  (  Herbel.  vox  Bakharah  ) 

it.  ^OTiic&'SacondoJUerbelot  (  vox  Barak- kan  )  era  figlio  di  Baissur,  figlio  di 
Manucca  figlio  di  Gengis^Can.  Secondo  Deguignes  ertf  figlio  di  JasantUf  figlio  di  Gia^ 
^a/oi  figlio  di  Afutuganf  figlio  di  Zagataj^  figlio  di  Genguis^Can»  Esso  si  stabili  in 
quella  parte  media  dell'Alia  che  fu  detto  il  paese  di  Zugaiai  perchè  esso  ne  ebbe  il 
possedimento.  Barrak  fu  ivi  spedito  da  Cablai  Con  per  discacciarne  Caidu  figgilo  di 
Oktai  Kanj  che  erasi  impadronito  di  quel  reame.  Barrak  fecesi  Maomettano  (DeguigD. 
t.iy.p.  3i  1.)  Secondo  Petit  de  la  Croix  niorl  nel  1260,  ma  avverte  saviamente  il  Si* 
jgaor  Marsden  che  è  un  errore  (Travels  of  Polo  p*  9-  )  •  In  quest*  anno  recaronai  i  Poli 
iJla  9ua  corte  co;ne  abbiiamo  in  altro  luopo  avvertito  •  , 


9 
fa  mandato  per  ambasciatore  dal  «opraddeilo  Signor  Alan ,  ^ 
<iran  Can ,  che  è  il  maggior  re  di  tatti  i  1  artari  j  quale  sta  ne' 
<!oniini  della  terra  fra  Greco ,  e,  Lievan^e ,  (detto  Gublai  Can ,  "^ 
il  quaU  essendo  giunto  ia  Bocara  j  e  trovando  i  sopradetti  due 
fratelli ,  i  quali  già  pienamente  avevano  imparalo  il  linguaggio 
tartarésco ,  fu  allegro  smisuratamente ,  però  che  egli  non  aveva 
veduto  altre  vòlte  uomini  Latini,  e  desiderava  molto  di*  vederli, 
e  avendo  con  loro  per  molti  giorni  parlato  ^  ed  avuto  compagnia , 
vedendo  i. graziosi,  e  buoni  costumi  loro,  gli   confortò,  che 
andassero  seco  insieme  al  maggior  re  de'Tartari  ^  clxe  gli  vedrebbe 
molto  volentieri ,  per  non  esservi  mai  stato  alcun  Latino,  promet- 
tendo loro ,  che  riceverebbero  da  lui  grandissimo  onore ,  e  molti 
benefici .  1  quali  vedendo,  che  non  poteano  ritornare  a  casa,  sen- 
za  grandissimo  pericolo ,  raccomandandosi  a  Dio ,  furono  contenti 
d'andarvi .  E  così  cominciarono  a  camminare  col  detto  ambascia- 
tore ,  alla  volta  di  Greco ,  e  Tramontana ,  avepdo  seco  molti  serr 
vitori  cristiani ,  che  aveano  menati  da  Venezia»  £  un  anno  intie-^ 
ro  stettero  ad  aggiungere  alla  cprte  del  preiato  maggior  re  de' 
Tartari.  £  la  cagione  perchè  indugiassero ,  e  stettero  tanto  tem- 
po in  questo  viaggio ,  fu  per  le  nevi ,  e  per  le  acque  de'  fiumi  y 
che  erano  molto   cresciute.  Sicché  camminando,  bisognò,  che 
asjìettassero  fino  a  tanto,  che  le  nevi  $i  disfacessero»^  e  le  ^que 
che  «discrescessero  e  trovarono  molte  co^te  nurat^li,  e  gracidi  del* 
le  quali  al  presente ,  noa  si  fa  meiìone ,,  perchè  sono    scritte 
per  ordine  da  M.  Marco  figliuolo,  di  M.  Niccolò  in  questo  libro 
seguente*  *^  I  quali  M.  Niccolò,  e  M.  .Maffìo  essendo  venuti 
davanti  il  prefato  GranCau,  ilqual'era  molto  benigno,  gli  ri- 
-Gavette  allegrapiente ,  e  fece  grandissimo  Qnor/e,,  e.  festa  della 
loro  venuta,  perciocché  m<ai  in  quelle  parti  erano  stati  uomini 
Latini,  e  cominciolli  a  dimandare  delle  parti  di  Ponente,  e  dell'lm- 


HK  Cubloi^Can.  Di  caso  si  traUerà  in  altro  luogo,  appellalo  ii  maggior  re 
di  tutti  i  Tartari,  perchè  per  quanto^e  la  dinastia  del  Kiptchak^  e  quella  di 
Persia ,  e  quella  di  Zagatdì'  avesse*  scossa  la  soggezione*  della  dinastia  che  re* 
gnavain  Tariaria  ed  in  Cina  ,  dayatto  a  queajta  sMipre'  grandi  dimostratloni  di 
l'i  spetto  e  di  deferenza  • 

1 5 .  Fa  d'  uopo  per  ben  distinguere  qual  fosse  la  via  tennta  dai  Poli  vecchi, 
indi  dal  tiglio,  notare  che  ei  avverte  che  nel  libro  seguente  parlerà  delle  cose  che 
^59Ì  '  videro ,  non  menp  clM;di  qualle  da  «lui  vedute  i  e  occorre  nofn  poca  sagacità 
per  distinguere  i  luoghi.  vÌAlteti  o  da  eMÌ  oel  primo  viaggio,  ù  da. itti  nel  secondo, 
di  cui  pcurla  pQsterknaente.iiUe  rinfumt. 


IO 

peratore  de'  Komani ,  e  degli  altri  re ,  e  principi  cristiaDi ,  e 
della  grandezza ,  costnmi ,  e  possanza  loro  ^  e  come  nei  suoi 
reami,  e  signorìe  osservavano  giustizia,  e  come  si  portavano 
nelle  cose  della  guerra.  £  sopratutto  gli  domandò  diligente-* 
mente  del  Papa  de'cristiani ,  delle  cose  deHa  chiesa ,  e  del  culto 
^ella  fede  cristiana .  E  M.  Niccolò ,  e  M .  MaiBo  come  uomini 
savi  y  e  prudenti ,  gli  esposero  la  verità ,  parlandoli  sempre  bene^ 
«  ordinatamente  d'c^ni  cosa  in  lingua  tartara ,  che  sapevano  be- 
nissimo .  Per  il  che  spesse  volte  detto  Gran  Can  comandava ,  che 
venissero  a  lui ,  e  erano  molto  grati  avanti  gli  occhi  di  quello. 

Avendo  adunque  il  Gran  Gan  inteso  tutte  le  cose  de'Latini, 
come  li  detti  due  fratelli  gli  avevano  saviamente  esposto ,  si  era 
molto  soddisfatto ,  e  proponendo  nell'  animo  suo  di  volerli  man- 
dar'-ambasciatori  al  Papa ,  volse  aver  prima  il  consiglio  sopra  di 
questo  de'  suoi  baroni  ;  e  dopo  chiamati  a  se  i  detti  due  fratelli , 
gli  pregò,  che  per  amor  suo  volessero  andar  al  Papa  de'  Roma-» 
ni ,  con  uno  de'  suoi  baroni ,  che  si  domandava  Ghogatal ,  a  pre- 
garlo ,  che  gli  piacesse  di  mandargli  cento  uomini  savi ,  e  bene 
istrutti  della  fede  cristiana ,  e  di  tutte  le  fette  arti ,  i  quali  sapes- 
sero mostrare  a  suoi  saVi ,  con  ragioni  vere ,  e  probabili ,  che  la 
fede  de'cristiani  era  la  migliore,  e  più  vera  di  tutte  l'altre.  E 
che  li  ilei  dC'Tartari ,  e  li  suoi  idoli ,  quali  adorano  nelle  loro 
case  erano  demoni ,  e  che  egli ,  e  gU  altri  d' Oriente  erano  in- 
gannati nell'  adorare  de'  suoi  dei  ;  e  oltre  di  questo  conunisse 
a  detti  fratelli,  che  nel  ritomo  li  portassero  di  Gierusalemme 
dell'  olio  della  lampada ,  che  arde  sopra  il  sepolcro  del  nostro 
Signor  M.  Gesù  Gristo ,  nel  quale  aveva  grandissima  devozione , 
e  teneva  miello  essere  vero  Iddio,  avendolo  in  somma,  venera- 
zione .  M.  jNicolò ,  e  M.  Maffio  udito  quanto  gli  veniva  coman- 
dato, umilmente  inginocchiati  dinanzi  al  Gran  Gan,  dissero, 
eh'  erano  pronti ,  e  apparecchiati  di  far  tutto  ciò  che  gli  piace- 
va .  Qual  li  fece  scriver  lettere  in  lingua  tartaresca ,  al  Papa 
di  Roma ,  e  gliele  diede .  E  ancora  comandò ,  che  li  foss^  data 
una  taviola  d!  oro ,  '^  nella  qual'  era  scolpito  il  segno  reale ,  fe- 
condo l' usanza  ddla  sua  grandezza  :  e  qualunque  persona ,  che 


]4«  L' uso  di  «crirere  in  lame  d'oro  ordini  importanti ,  mautiensi  tuttora  ìa 
Oriente .  Nella  R.  Biblioteca  di  Dresda  evvi  una  lettera  in  caratteri  Malesi  scritla 
da  un  Raja  al  ^rematore  Olandese  di  BaUvia  aopra  uoa  lana  d' oro  • 


mmi'^imti 


II 

fonai  detta  tavola,  deve  essei^  menata,  e  condotta  di  luc^o  a  Tuo^ 
go  da  tutti  i  rettori  ddie  terre  sottoposte  all'  Imperio  j  sicora  con 
tutta  la  compagnia ,  e  per  il  tempo,  che  vuole  dimorar  in  alcuna 
città  ^  fortezza  «  o  castello ,  o  viua ,  a  lei ,  e  a  tutti  i  suoi  gli  vien 
provisto,  e  fatte  le  spese,  e  date  tutte  l'altre  cose  necessarie. 
Ora  essendo  essi  dispacciati  così  onoratamente^  pigliata  licenza 
dal  Gran  Gan ,  cominciorno  a  camminare ,  portando  con  esso  lo- 
ro le  lettere ,  e  la  tavola  d'oro:  e  avendo  cavalcato  insieme  venti 
giornate ,  il  barone  sopradetto ,  s' ammalò  gravemente ,  per  volon- 
tà del  quale,  e  per  consiglio  di  molti  lasciandolo,  seguirono 
il  loro  viaggio ,  e  per  la  tavola  d' oro  che  avevano ,  eran  in 
ogni  parte  ricevuti  con  grandissimo  favore,,  e  Éitboli  le  spese 
e  datoli  le  scorte ,  e  per  i  gran  freddi ,.  nevi ,  e  giazze ,  e  per 
V  acque  de'  fiumi ,.  che  trovomo  molto  cresciute  in  molti  luoghi^ 
fu  necessario  di  ritardare  il  lor  viaggio,  nel  quale  stettero  tre 
anni ,  avanti  che  potessero  venire  ad  un  porto  dell'  Armenia 
^linore  detto  la  Giazza;  dalla  quale  dipartendosi  per  mare,  ven- 
nero in  Acre  del  mese  d' Aprile ,  nell'  anno  1269,.  ^^^^ti ,  che 
furono  in  Acre,  e  inteso,  che  Clemente  Papa  Quarto  nuova^ 
mente  er^  morto ,  '^  si  contristorao  fortemente .  Era  in  Acre 
allora  Legato  di  quel  Papa  uno  nominato  M.  Tebaldo  de'  Vi- 
sconti di  Piacenza ,  al  qual  essi  dissero  tutto  ciò ,  che  teneva- 
no d^  ordine  del  Gran  Gan .  Costui  gli  consigliò ,  che  al  tutto 
aspettassero  l' elezione  del  Papa ,  e  che  poi  eseguissero  la  loro 
ambasceria.  Li  quali  fratelli  vedendo,  che  questo  era  il  me- 
glio ^  dissero  che  cosi  farebbero ,,  e  che  fra  questo  mezzo  vo- 
levano-andar  a  Venezia  a  veder  casa  sua  :  e  partiti  d'  Acre  con 
Hna  nave,  vennero  a  Negroponte,  e  di  lì  a  Venezia-,  dove 
giunti ,  M.  Niccolò  trovò ,.  che  sua  moglie  era  morta,  la  quale 
nella  sua  partita  aveva  partorito  un  figliuolo  •  Al  quale  avevano 
posto  nome  Marco,  il  qiiale era^à  di  anni  ig;  Questo  è  quel 
Marco,  che  ordinò  questo  Ubro,  il  quale  manifesterà  in  esso, 
tutte  quelle  cose,  le  quali  egli  vidde.  In  questo  mezzo  la  ele- 
zione del  Papa  si  iadugiò  tanto,,  che  essi  stettero  in  Venezia 
due  auDL continuamente  aspettandola.  Quali  essendo  passati,  M. 
Nio(^>  e  Mi  Maffiio  temendo,  che  il  Gran  Can;  non  si  sdegnas- 


^ 


ìS.  QoMto  Ftootefioe  morf  w  Viterbo  U  aS  di  Novembre  dd  1268  (  Mtu[«it; 
d'IUlìa). 


se  per  la  tròppo  dimoranza  foro ,  ovvéro  credesse ,  che  nòa  do^ 
vessino  tornar  più  da  lai,  rìtoniai^ono  in  Acre',  menando  seco- 
M areo  sopradetto ,  e  con  parola  del  prefato  Legato ,  andorno 
in  Gremsalemme  a  visitar  il  sepolcro  di  M.  Gesà  Cristo ,  dove 
tolsero  deir  olio  della  lampada ,  st  come  dal  Gran  Can  gli  era 
stato  comandato  ;  e  pigliando  le  '  lettere  del  detto  Legato ,  di- 
rizzate al  gran  Can,  rielle  quali,  si  conteneva  come  essi  aveva- 
no fatto  r  nfiicio  fedelmente ,  e-  che  ancora  non  era  eletto  il 
Papa  de*  cristiani  j  andorno  alla  volta  del  porto  della  Giazza .  "^ 
Nel  medesima  tempo ,  che  -costóro  si  partirono  di  Acre ,  il 
]>refato  Legalo ,  ebbe  messi  d'Italia  da'  Cardinali  com'egli  era 
stato  eletto  Papa,  e  si  misse  nome  Gregorio  decimo  ;  ''quale 
considerando ,  che  al  presente ,  che  egli  era  fatto  Papa ,  po- 
teva ampiamente  sodisfar  alle  domande  del  Gran  Can ,  spacciò 
immediate  sue  lettere*  al  Re  d*  Armenia ,  dandoli  nuova  della 
sua  elezione ,  e  pregandolo  :  che  se  gli  due  ambasciatori  che  an- 
davano al  Gran  Can,  non  fossero  partili;  gli  facesse  ritornare 
a  lui .  Queste  lettere  j  gli  trovorno  ancora  in  Armenia  «  li  quali 
con  grandissima  allegrezza  volsero  toi^nar  in  Acre ,  e  per  il  detto- 
re  gli  fu  dau  una  galea  ,  e  uno  ambasciatore ,  che  si  rallegras- 
se con  il  Sommo  Pontéfice .  Alla  pirésénza  del  quale  giunti ,  fur 


i&.  La  Giazza  che  è  Vlssus  degli  Antichi,  luogo  celebre  per  la  rotta  data  a. 
Dario  da  Alessandro  /  vien  detto  da  Turchi  Ajazza  è  un  porto  sul  confine  del- 
la Cilicia  e  della  Sorìa .  Nella  Carta  d'  Asia  dell'  Anville  è  notato  col  nome 
d*  Ajàs.  Nel  Codice  da  noi  pubblicato  è  appellato  Layas  (  pag.  5  ).  Abulfeda- 
scrìve  »  Alaja  parva  urbecula  ad  sinum  Maris  Mediterranei ,  unum  de  emporìit. 
»  illarum  terrarum .  »  (  Geogr.  p.  5oa  ) . 

17.  Intorno  a  detta  elezione  cosi  discorre  il  Muratori.  (  Annali  d*  Ital.  an. 
1271.)  »  Fecero  essi  (  tutti  i  Caniinali  e  il  Sacro  Collegio  )  adunque  un  com^ 
»  promesso  nel  d{  primo  di  Settembre  in  sei  Cardinali ,  i  quali  senza  perder 
»  tempo  nominarono  Papa ,  Tedaldo  »  appellato  ancora  Tebaldo ,  della  nobile 
y  casa  dei  Visconti  di  Piacenz^a  ,  non.  cardinale, ncm  vescovo,  ma  solamente  ar- 
»  cidiacono  di  Liegi ,  personaggio  non  dimeno  di  santi  costumi ,  che  si  ritrova» 
»  va  allora  in  Accon  «  ossia  in  Acri  di  Sorla  dove  faticava  in  servigio  della 
/(l^  „  *  Cnstianicà  .  Parve  maravìgliosa  questa  elezione,  perchè  egli  neppure  era  cono- 

T^'  sciuto  da  alcuno  dei  Cardinali  ,  eppur  tutti  consentirono  in  lui»  e  se  ne  ap* 
»  plaudirono  bene  a  suo  tempo  :  cosi  bella  riuscita  fece  questa  degnissimo  suo- 
»  cessore  di  S.  Pietro .  Spedi  il  Sacro  Collegio  Ambasciatori  ad  Aceon  a  notìfi- 
»  Carli  la  sua  promozione .  Accettò  egli  1'  elezione,  e  prese  dipoi  il  nome  di 
»  Gregorio  X.  )».  Anche  il  Cod.  Rice,  dicelo  éel  Visconti  di  .Piaccviza  (  T. 
I«  p.  4-  )  '  * 


li 

TOT»  da  quello  ricevuti  con  grande  onore ,  e  da  poi  espediti  con 
lettere  jiapali ,  con  i  quali  volse  mandar  due  frati  dell'  ordine 
de' Predicatori ,  che  erano  gran  teologi,  e  molto  letterati,  e 
savi ,  e  allora  si  trovavano  in  Acre ,  de'  quali  uno  era  detto  Fra 
Niocolò  da  Vincenza  ^  V  altro  Fra  Guielmo  da  Trijx)li ,  '®  e  a 
questi  dette  lettere  ,  e  privil^j ,  ed  autorità  di  ordinare  preti , 
e  vescovi ,  e  di  far  ogai  assoluzione ,  come  la  sua  persona  pro- 
pria; e  appresso  gli  dette  presenti  di  grandissima  valuta,  e  mol- 
ti belli  vasi  di  cristallai  per  appresentare  al  Gran  Gan ,  e  con 
la  sua  benedizione  si.  partirono,  e  navigorno  alla  diritta,  al 
jx)rto  della  Giazza  y  e  di  li  per  terra  in  Armenia ,  dove  inte- 
sero, che  il  Soldan  di  Babilonia,  '®  detto  Benhochdare^  ^^ 
er^  venuto  con  grande  esercito,  e  ayea scorso,  ed  abbruciato 
cran  paese  dell'  Armenia  ^  della  qual  cosa  impauriti  i  due  frati%, 
dubitando  della  vita  loro,  non  volsero  andar  più  avanti:  ma 
consegnate  tutte  le  lettere  ^  e  i  presentì  avuti  dal  Papa ,  alti 
prefati  M.  ^Nicolò ,  e  M«  MafBo  y  rimasero  col  Maestro  del  tem- 
pio ,  con  il  quale ,  si  tornomo  indietro .  M.  Nicolò ,  e  M.  Maf- 
no ,  e  M.  Marco ,  partiti  d'Armenia ,  si  missero  in  viaggio  verso 
it  Gran  Gan  ,  non  stimando  pericolo,  ò  travaglio  alcuno .  E  at- 
traversando  deserti  di  lunghezza  di  molte  giornate ,  e  molti  mali 
passi ,  andorno  tanto  avanti  sempre  alla  volta  di  Greco ,  e  Tra- 
montana, che  intesero  il  Gran  Gan  essere  in  una  grande,  e  no- 
bil  città,  detta  Giemenfùj  ^'  ad  arrivare  alla  quale  stettero  anni 


]8«  Questi  fu  Guglielmo  da  Tripoli  deH*  Ordine  dei  Predicatori  e  del  Con- 
▼enU>  d'Acri.  Scrisse  nel  1370.  il  libro  che  ha  per  titolo  r  De  Statu  Saraceno* 
»  rum ,  et  de  Mahometo  Pseudopropheta  eorum  ,  et  de  ipsa  gente  ,  et  eorum. 
»  lege,  et  fide  »  l'Opera  dedicata  al  Legato  Tebaldo.  Si  dice  che  ei  scrivesse 
la  descrizione  della  Battaglia  di  Damiata  accaduta  nell*  Anno  1249*  (  ^^^'  ^'^' 
Med.  et  Inf.  Lat  ) . 

19.  Babilonia  f  e  BanAellonia  copi  era  appellato  il  Cairo  a  tempo  dei  Sol- 
dani  e  delle  Crociate.  »    Et  haec  mea  sententia ,  ex.  Babjlonia    Aegyti  compor- 
s^  tantur:  Caimnt  appellant  »  (Aloysi  Cadam.  nav.  nov.  orb.  Grynaei  p.  Sy  ). 

jio.  Più  correttamente  porta  il  Cod.  Pucciano  Bondocdaire  {  T.  I.  p.  5.  )  o 
Bundoedaire  come  appellalo  Abulfaragio  detto  ancora  Bibar  •  Esso  recò  la  guer- 
ra in  Armenia  nel    1272.    dopo   aver  battuti   i  Mogolli   (    Abulfarag.    pag.    550  < 
Deguign.  t  y.  p.  148  )• 

31.  Clemenfuf  Chemensu  (  Cod.  Pucc.  )  (  t.  i.  p.  6.  )  o  pid  correttamen- 
te Chemen^Ju .  Il  non  essere  stato  ravvisato  qual  fosse  questa  città  rammentata, 
dal  Pelo  a  traviati  dal  retto  cammino  di  lui  tutti  i  suoi  commentatori.  Fad'uo- 
]po  notare   eh' ei  dice  che  partitosi    col  padre  e  collo  zio   d'Armenia    andaron# 


i4 

tre  e  nrezzo  j  perocché  nell'  inverno ,  per  le  nevi  grandi,  e  per- 
ii molto  crescere  dell^  acque ,  e  per  i  grandissimi  freddi ,  pocoii 
potevan  caminare .  11  Gran  Gan ,  avendo  presentita  la  venuta' 
di  costoro  ^  e  come  erano  molta  travagliati ,  per  quai^anta  gioraa-- 
te  gli  mandò  ad  incontrare ,  fecegli  preparare  in  ogni  luogo  clò> 
che  gli  facea  bisogno ,  di  modo ,  che  con.  1'  ajuto  d' Iddio ,  si 
condussero  alla  fine  alla  sua  corte  *.  ^^  Dove  giunti ,  gli  accettò^ 


tanto.  «raDti  sempre  alta  volu  di  Greco  e  Tramontana  che  intesero  il  gran  €aa 
essere  in  questa  città.  Dunque  la  direzione  generale  del  loro  viaggio  fu  sempre. 
alla  volta   di  Greco  e  Tramontana,  e    ciò  fa  comprendere  non    avere  deviato  i 
Poli  da  quella  direzione  cbe  quanto  comportavala  1*  andamento  generale  dei  lóro 
camino  .  Il  testo  che  abbiam  pubblicato^  dice  che  ivi  giunti  andarono'  al  Maestro 
Palagio,  che  tanto  suona  quanto  palazzo  di  residenza  (  t  I;  p.  6  )  .  Questa,  cit- 
tà é  quella  che  fabbricossi  per  sua  capitale   estiva  in  Tartarìa   KubUd-^an   nei. 
ia56  a  700  Li  0^70  leghe  di  distanza  da.PekinOf  che  ei  appellò   Kei'-pim^à  e 
cui  diede  anche  il  titolo    di  Cham^tuo  di  suprema  Reale  città  (Visdelou  Sup- 
plem  a  Herb.  p.  9  )*•  Ne  vide  le  rovine  ih  padre  Gerbillon   allorché  si  recò  in. 
Tartarìa  coli'  Imperadore  nel  1691^  lungo  il*  fiume  di  tal  nome  ,  ed-  ei  pure  av» 
verte  che  i  regnanti  delia  famiglia  degli  YveUf  o  i  MogoUi»  ivi  facevano  la  loro- 
estiva  residenza  (  Da  Hald..  t.  LV.  p.  a58  )  .  Tanto  pid.  irrefragabile  è  la  nostra 
assercione  in  quanto  che  il  Polo  rammentala  anche  col  nome  di  Ciaudu  o  Chan» 
tu  (Cod.Ricc.t.  I  .p.59.)  e  qu<  s'avverte  per  sempre  cìLeWCke^iXCkeuo  Tcheu  delle 
voci  orientali  va  sempre  pronunziatoatta^ft'ancese  comese-lbsse  scritto  Cie^  o  Cieu. 
o  Tcheu f  (Cod.  Rice.  t».I.  p.  69).  Il  Polo  narra  ehe  edìficoUa  il*  gran  Con  Ciubai^. 
e  ne  descrìve  il  superbo  palagio^e  con  tale  articolo  termina  il  primo  libro  9  il  quale 
comprende  tutti  i  paesr  non.  meno  da.e8S0  che  dal  padre  e  dallo  zio  visitati  per  re- 
carsi al  GranffCan^.  £  vittorìosamente  convalid^o  la  nostra  asserzione  i  nuovi  lumi 
recati  alla  repubblica  delle  lettere  dal  Chiaria.  Padre  Zurla,  che  ci  da  notizia  delUu 
Carta  Geografica  della  Sala*  delio  Scudo  ch!è  net  Palazzo  Ducale  di  Venezia  espri* 
mente  i  Viaggi  dei  Boli.  »  In  vero  (,ei  dice  )  vi  si  osservano  delle  alterazioni  pro«^ 
»  gredendo  all'  est». atteso  lo  stato  lacero  della  tavola  antecedente ^. da  cui.  que»- 
»  sta  fu>  ricopiata ,  ma.  ad  ogni  modo   si  marca  la  via.  per  Camhalu  »   la  quale 
kr  passa  per  Campion,f  Tenduc^  Ciangonw  e  Xandu.  (  o  Ciandu  )  come  porta  Isr 
»  serie  degli  scrìtti  di  Marco  »  (  Di  Marc.  Polo  p.  i5i  ).    Ed    in  fatti  il  Pok^ 
nel  prìmo  capo»  del  bibra  secondo^ parla  di  Cuoiai  Coty^^  e  dei>suoi  fatti t  e  iodi 
tratta  della,  città  di  Cam Wi^/ d*  onde  si  parte  per  descrìvere  nel  libiH>   secondo  i 
viaggi  fatti  nelle  sue  legazioni  al  servigi  del  Can  .  Non  recherà  meraviglia  ch'eL 
non  rammenti,  veruna  intermedia  città  fra  Ciandu>e  CamlmUt  percorrendosi  un 
tratto  di  Ihetarìa^  ove  nulla,  avvi  meritevole  d'  attenzione  ,    coaie    ciascuno  puòii 
accertarsene  nel  gioinale  del  Padce  Gerbillon.  {^  Du.Hald.  Le.)- 

22.  Congetturo  che  il  Gran  Can  inviasse  a  cercare  i.suoi  ospiti^sioo  a# 
Campioa-e  meglio. Can^ition  (CodiUcc.) t>  a  Can-ieUeu  perchè  ei  dice:  »  che  in^ 
sè  questa  città  M.  Marco  Polo  dimorò  con  suo  padre  e  barba  per  sue  faccende^ 
aw  circa  un  anno  »  .  E  sembra  vero  simile  che  ivi  si  fermassero  per  dare  av4riso . 
dd.  loro  arrivo  a  CuUairCau.9  e  che  ivi.  esso  inviasse,  a.  riscontrarli.^ 


45 

con  la  presenza  di  tatti  i  suoi  baroni ,  con  grandissima  onorifi* 
^enzia  ^  e  carezze  «  M.  Niccolò ,  M.  Maffio ,  e  M.  Marco  ^  come 
Tidero  il  Gran  Can ,  s'inginocchiarono  ^  distendendosi  per  terra  ^ 
ma  lui  gii  comandò ,  che  si  levassero  ,•  e  stessero  in  piedi ,  e  che 
gli  narrassero ,  come  erano  stati  in  quel  viaggio ,  e  tuttociò  che 
avevano  fatto  con  la  Santità  del  Papa  .  I  quali  avendogli  detto  il 
tutto  :  e  con  grand'  ordine  ,  ed  eloquenza  ^  fìirono  ascoltati  con 
sommo  silenzio.  Dopo  gli  diedero  le  lettere,  e  li  presenti  di 
Papa  Gregorio .  Quau  udite ,  che  ebbe  il  Gran  Can ,  lodò  molto 
la  fedel  sollecitudine,  e  diligenza  de' 'detti  ambasciatori,  e  rive^ 
rentemente  ricevendo  Y  olio  della  lampada  dea  sepolcro  del  no- 
stro Signor  Gesù  Cristo ,  comandò ,  che  fosse  governato  con 
grandissimo  onore,  e  riverenza.  Dopo,  dimandando  il  Gran 
Can ,  di  Marco ,  chi  egli  era ,  e  rispodendoli  M.  Nicolò ,  ch'ali 
era  servo  di  sua  maestà ,  ma  suo  figliuolo ,  l'ebbe  molto  a  grato 
^  fecelo  scrivere  tra  gli  altri  suoi  famigliari  onorati .  Per  la  qual 
cosa  ,  da  tutti  quelli  della  corte  era  tenuto  in  gran  conto,  ed  esi* 
stimazione,  e  m  poco  tempo  imparò  i  cosmmi  de' tartari,  4 
quattro  linguaggi  variati  e  diversi,  che  egli  sapeva  scrivere ,  e 
leggere  in  ciascuno  •  ^  Dove  che  il  Gran  Can  volendo  provar 
la  sapienza,  del  detto  M.  Marco,  mandoUo  per  ima  facenda 
importante  del  suo  reame ,  ad  una  città  detta  Garazan  j  nA 
camminare,  alla  qual  consumò  sei  mesi  *^  Quivi,  si  portò  tanto 
saviamente,  e  prudeptemente ^  in  tutto  Ciò,  che  ^li  era  stato 


a5.  Congettura  il  Sig.  Maradeo  che  queate  farelle  foaaaero  il  Mogotlù  »  Vtguff 
il  Mancete  «  e  il  Cinese  (  Not  44*  )  •  ^^  riputerei  che  foaaero  r  Arabo  che  ebbe 
agio  d' apparare  nella  aua  dimora  in  Armenia^  e  in  Palesiinoi  infatti  rarria^iraaai 
nd  commentario  deir  opera  eh'  ei  molto  ai  ràht  delle  notizie  geografiche  degli 
Arabi  per  l' iUualrauone  del  viaggio ,  e  che  V  ortografia  delie  voci  geografiche 
di  lui  è  aaaal  conforme  ali*  Arabeaca  .  La  seconda  favella  dee  eaaere  stata  il  Tlif^ 
éketco  che  potè  imparare  mentre  dimorò  in  Badeg^kan  tre  anni.  Non  avvi  dub- 
bio essere  la  terza  il  Tartare$co ,  o  Mogollo  .  Potrebbe  congetturarsi  che  la 
quarta  fosse  la  Cinese  per  quanto  malagevole  essa  sia  a  scriversi  da  uno  stra« 
niero  /  ciò  può  desumersi  daU'  autoriti  del  testo  nostro,  perchè  ove  ei  discorre 
delle  entrate  di  Quinsai  ,  soggiunge  :  e  che  di  tutte  cose  si  paga  gabella  »  delia 
»  seta  ai  da  dieci  per  cento  ,  sicché  io  Marco  Polo  che  ho  veduto ,  e  stato  sono 

»  a  fiir  la  ragione V  .  (  Gap.  i5o.  )  Talché  sembra  avere  ivi  occupato 

«n  posto  di  finanza  »  lo  che  non  avrebbe  potuto  fare  sensa  avere  almeno  super- 
ficialmente apparate  quella  favella  •  ' 

a4«  IK  fucate  aua  legazione  Iratterassi  nel  libro  secondo. 


i6 

'#omme$so,  che  il  Gran  Gan,  l'ebbe  molto  accetto.  £  perchè 
Lai  si  dilettava  molto  di  udir  cose  nuove,  e  de' costumi,  e 
dell'  usanze  degli  uomini ,  e  condizioni  delle  terre ,  M •  Marco 
per  ciascuna  parte  che  egli  andava  ,  cercava  d' esser  informa- 
to con  diligenza ,  e  facendo  un  memoriale  di  tutto  ciò  ,  che 
intendeva,  e  vedeva,  per  {K>ter  compiacere  alla  volontà  del 
detto  Gran  Can .  E  in  ventisei  anni ,  che  egl^  steue  suo  fa- 
miliare ,  ^^  fu  si  grato  a  quello ,  che  conti  nova  mente  veniva 
mandato,  per  tutti  i  suoi  reami,  e  signorìe  per  ambasciatore, 
per  f^tti  del  Gran  Can ,  ^  alcune  volte  per  cose  particolari  dì 
esso  M.  Marco,  ma  di  volontà,  e  ordine  del  Gran  Can. Que- 
sta adunque  è  la  ragione  ^  che  il  prefato  M.  Marco  imparò,  e 
vidde  tante  cose  nuove  delle .  parti  d'  oriente ,  le  quali  diligen- 
temente ,  e  ordinatamente  si  scriveranno  qui  disotto . 

Messer  Nicolò ,  Ma  ffio ,  e  Marco  essendo  stati  molti  anni 
in  questa  corte ,  trovandosi  molti  ricchi  di  gioie  di  gran  valuta , 
^  d  oro ,  un*  estremo  desiderio  di  rivedere  la  sua  patria  di  con- 
tinuo era  lor  jSsso  nell'  animo  ^  e  ancor  che  fossero  onorati , 
■e  accarezzati ,  nondimeno ,  non  pensavan  mai  ad  altro,  che  a  que- 
sto 9  e  vedendo  il  Gran  Can  esser  molto  vecchio ,  dubitavan ,  che 
se  morisse  avanti  il  loro  partire,  che  per  la  lunghezza  del  cammino, 
e  infiniti  perìcoli ,  che  li  sopraslavano ,  ma  più  potessino  tornare 
à  casa  •  Il  che  vivendo  lui  speravan  di  poter  fare .  £  per  tanto , 
M.  Niccolò  un  giorno,  tolta  occasione,  vedendo  il  Gran  Can  esser 
molto  allccìTO  ,  inginocchiatosi  j  per  nome  di  tutti  tre ,  gli  diman- 
dò licenza  di  partirsi .  Alla,  qual  parola  si  turbò  tutto ,  e  gli 
disse ,  che  causa  gli  moveva  à  voler  mettersi  à  così  lungo ,  e  pe- 
ricdloso  cammino ,  nelqual  facilmente potriano  morire , e  s  era 
per  causa  di  ròba ,  ò  d'altro  gli  voleva  dare  il  doppio  di  quello, 
che  aveano  a  casa ,  e  accrescerli  in  quanti  onori ,  che  loro  vo- 
lessero ,  e  per  l'amor  grande  che  li  portava ,  li  denegò  in  tulio 
il  partirsi . 


25.  Due  sono  le  lezioni  le  più  gcnerahuente  seguite  dai  teati  «  {>eDna  o  dai 
stampati.  Alcuni,  come  qui,  portano  26.  opni  altri  come  il  IMf^liabechiapo  secondo 
e  il  Rjccardiano  17  anni  (  t..  I  p.  7.  )  non  meno  che  altri  testi  citati  dai  Mar* 
.sden  (  not.  47.  )  .  La  seconda  lezione  sembra  esatta  menJLrt  {  Poli  non  ripartirono 
dhW Armenia  minore  per  la  Tartaria  che  nel  1272.  {Not..  20)  e  impiegarono 
per  giungere  a  Kei  -pim  -fu  tre  anni,  o  tre  anni  e  mezzo  secondo  ii  Cod.Ricc. 
{  t.  f .  p.  6.  )  talché  vi  giunsero  nel  1275  ,  e  sembra  probabile  che  ripartissero 
dalla  Cina  per  tornaj^e  in  patria  nel  i2j^ 


^7 
In  questo  tempo  accadette ,  che  morse  una  gran  Regina  dett« 
Bolgana ,  moglie  del  Re  Argon ,  ^  neìV  Indie  Orientali ,  ^^  la  quale 
nel  punto  della  sua  moile ,  dimandò  di  grazia  al  re ,  e  così  fece 
scriver  nel  suo  testamento,  che  alcuna  donna  non  sentasse. nella  sua 
sedia ,  ne  fosse  moglie  di  quello ,  se  non  era. della  stirpe  sua  ,  la 
qual  si  trovava  al  Gataio ,  aove  regnava  il  Gran  Gan  •  Per  la  qual 
cosa ,  il  Re  Argon  elesse  tre  savj  suoi  baroni ,  un  de'  quali  '  si 
domandava  Ylatay ,  l' altro  Apusca ,  il  terzo  Goza ,  e  li  mandò 
con  gran  compagnia ,  per  ambasciatori  al  Gran  Gan ,  dimandandoli 
una  donzella  della  progenie  della  Regina  Bolgana .  Il  Gran  Gan 
ricevutili  allegramente ,  e  fatta  trovare  una  giovane  di  anni  dicias- 
sette detta  Gogatin  ^^ ,  del  parentado  della  detta  Regina ,  che  era 
molto  bella^  e  graziosa,  la  fece  mostrar'ai  detti  ambasciatori^  la  qual 
piacque  loro  sommamente  ^  e  essendo  siate  preparate  tutte  le 
cose  necessarie ,  e  una  gran  brigata ,  per  accompagnar  con  ono- 
rificenza questa  novella  sposa  al  Re  Argon ,  gU  ambasciatori  do- 
po tolta  grata  licenza  dal  Gran  Gan,  si  partirono  cavalcando 
per  spazio  di  mtesi  otto ,  per  quella  medesima  via ,  eh'  erano  ve- 
nuti, e  nel  cammino  trovarono,  che  per  guerra  nuovamente 
mossa  fra**alcuni  re  •  de*  Tartari ,  le  strade  erano  serrate  y  e  non 
I>otendo  andar  avanti ,  coutra  1  loro  volere  furono  .  astretti 
di  ritornar  di  nuovo  alla  corte  del  Gran  Gan  ^  al  qual  raccontJà- 
rono  tutto  ciò ,  che  era  loro  intravenuto .  In  questo  tempo  M. 
Marco  ,  eh'  era  ritornato  dalle  parti  d' India ,  dove  era  3tato  epa 
alcune  navi ,  disse  al  Gran  Gan  ,  molte  nuove  di  quelli  paesi  j ,  e 
del  viaggio ,  che  egli  avea  fatto ,  e  fra  V  akre ,  che  molto  sicura- 
mente si  navigavano  que'  mari  ;  le  qual  parole  essendo  venute  {il- 
r  orecchie  degli  aml)asciatori  de  Re  Argon ,  desiderosi  di  tor- 
narsene a  casa ,  dalla  quale  erano  passati  anni  tre ,  che  si  trova- 
vano assenti ,  andoroo  à  parlar  con  li  delti,  M.  Nicolò  ,Matfio  , 


26.  Di  ArgOD  il  Polo  discorre  lungamente  nel  Codice  da  noi  pubblicato.  Si 
pud  per  esser  istruijtMnlorno  ad  esso  leggere  il  detto  capo  e  le  nwte    apposteTÌ. 

27.  Nel  testo  òtiimo  mancano  le  parole  nelle  Indie  Orientali ,  pare  dunque 
che  debba  ìntende/si  che  la  Heina  mori  in  quella  contrada . 

a8.  Marsdèri  ^not.  54-  )  cita  una  delln  «mogli  di  Ulagu  che  avca  nome  Kw- 
Sai  -  Khaiun.  E  corhizione  di  Ul  nome  sembra,  qi^ello  di  Kogatin.  Il  titolo  di  /CAa- 
tuna  in  tartaresco  significa  signora  e  vedesi  usato  frequentemente.  Il'  padre  Zur- 
la  corregge  l'  errore  del  Tiraboschi  che  credea  la  Principessa  Cogaiin  ,  Ao  -  /C# 
4:hin  veéoM  del  fifflio  dì  CttbltU  d^tto  Ckeng-kin  (p.  62.  }. 

3 


i8 

e  Marco,  i  quali  similmente  irovorao  desideroaiasimi  di  riveder 
la  loro  patria ,  e  posto  fra  loro  ordiae ,  che  detti  ire  ambaaeia* 
lori ,  COR  ia  Regiaa  aodassero  al  Gran  Can ,  e  dicessero  ^  ^b»  po- 
tendosi andar  per  mare  siciirameDte  fiao  al  paese  del  Re  Afgoa 
manco  spesa  si  faria  per  mare ,  e  il  viaggio  saiia  più  corto ,  si  co- 
me]^I.MarcaarTea  detto^he  ayea  navigato  inque^paesi^sna  maestà^s- 
sé  coQtenta  di£irli  qaesta  grazia^die  aodassero  per  mare,  e  che  qiiesd 
tre  Latini ,  cioè  Mk.  Nicolò,  Maffio ,  e  Marco ,  che  avevano  pratica 
dd  navigare  detti  mari ,  dovessero  accompagnarli  fino  al  paese  del 
Re  Argon  .  H  Gran  Can  udendo  qaesta  loro  dimanda ,  dimosti*ava 
gran  dispiacere  nel  volto ,  perciò  che  non  voleva ,  che  questi  tre 
Latini  si  partissero ,  nondimeno ,  non  jK>teudo  fare  altrimenti  con- 
sentì à  quanto  li  richieseix) ,  e  se  non  era  causa  cosi  grande  y  e 
potente  che  l' astringesse ,  mai  li  detti  Latini  si  partivano  •  Per- 
tanto fece  venire  alla  sua  presenza  M.  Nicolò ,  MafHo ,  e  Marco , 
e  gli  disse  molte  graziose  parole  dell'  amor  grande  ^  che  gli  mr- 
tava ,  e  che  gli  promettessero ,  che  stati  ^  che  fossero  qi^iatcbe 
tempo  in  terra  di  cristiani  ^  e  à  casa  sua ,  vedessero  ritornare  a  lui , 
e  gli  fece  dare  una  tavola  d' oro ,  dove  era  scritto  un  comanda- 
mento ,  che  fossero  liberi ,  e  siciuri  per  tutto  il  suo  paese ,  e  che 
in  ogni  hiogo ,  fossero  fatte  le  spese  a  loro ,  e  alla  sua  famiglia,  e 
datagli  scolta ,  che  sicuramente  potessero  passare ,  ordinando  che 
fossero  suoi  ambasciatori  al  Papa,  re  di  Francia  di  Spagna  e  altri  re 
cristiani .  Poi  fece  prepar^^r  quattordici  navi ,  ciascima  delle  quali 
avea  quattro  arborì,e  potevano  navigar  con  nove  vele,le  quali  come  fos- 
sero iatte^si  potila  dire,ma  per  esser  materia  lui:^a,si  lascia  al  presente. 
Fra  le  dette  navi ,  ve  ne  erano  almeno  quattro,  o  cinque ,  che  ave* 
vano  da  dugento  cinquanta ,  in  dugento  sessanta  marinari  •  Sopra 
queste  navi  montorno  gli  ambasciatori ,  la  Regina ,  e  M.  Nicolò^ 
MafBo ,  e  Marco ,  tolta  prima  licenza  dal  Gran  Can ,  qual  gli  fece 
dare  molti  rubini ,  e  altre  gioie  finissime ,  e  di  grandissima  va- 
luta ,  ed  appresso  la  spesa ,  che  gli  bastasse  per  due  anni .  Costo- 
ro avendo  navigato  circa  tre  mesi ,  vennero  ad  un  isola  verso 
mezzodì ,  nominata  lava  ^ ,  nella  quale  sono  molte  cose  mirabili, 
che  si  diranno  nel  processo  del  libro  ;  e  i)artiu  dalla  detta  Isola , 
navigarono  per  il  mare  d'Iodia  mesi  diciotto  ^  avanu  che  potes- 
sero arrivare  al  paese  del  Re  Argon  dove  andavano ,  e  in  questo 
viaggio    viddero    diverse  e  varie     cose,     che    saranno   similv 


29.  La  Java  di  cui  qui  ar  ragìaoft  &  Sumatrm  o#a^  dmipo  a  am  ioos» 


ft  > 


«9 

«ìeBté  narrale  ki  detto  libro .  E  sappiate^  che  dal  di  ^  che  emror * 
no  in  maro  y  fino  al  giuoger  suo ,  nKKirono  fra  marioarì  j  e  altri 
che  ermo  m  dette  oavi,  da  seicento  persone;  e  de'  tre  ambascia* 
tori  y  non  rimase  se  non  uno,  che  aveva  nome  Goza  :  e  di  tut- 
te le  donne ,  e  donz^e ,  non  mori  se  non  una  •  Giunti  al  paese 
d^  Re  Argon ,  trovomo  eh'  egli  era  morto  y  e  che  uno  nomina- 
to Ghiacato  ^  governava  il  suo  reame  per  nome  del  figliuolo, 
che  era  giovane ,  al  quale  parve  di  mandare  a  dire ,  come  di 
ordine  ddl  Re  Argon  avendo  condotta  quella  Regina ,  quel  che 
gli  parea ,  che  si  facesse .  Costui  gli  fece  rispondere  y  che  la  do* 
vesserò  dare  a  Gasan  figliuolo  del  Re  Argon.  Il  quale  allora 
si  trovava  nelle  parti  dell'  Arbore  Secco  ^'  ne  confini  della  Per- 
sia con  sessantamila  |)ersone ,  per  custodia  di  certi  passi ,  ac- 
ciocché non  vi  entrassero  certe  genti  nemiche  a  depredare  il 
suo  paese.  £  cosi  loro  fecero.  Il  che  fornito,  M.  Niccolò,  Mafiio, 
m  Marco  tornarono  a  Ghiacato  ;  perciocché  di  li  doveva  essere  il 
suo  cammino ,  e  qmvi  dimorarono  nove  mesi  ^^ .  Dapoi  avendo 
tolu  licenza ,  Ghiacato  gli  fece  dare  quattro  uvole  d  oro ,  ciascu- 
na delto  quali  era  lunga  un  cubito ,  e  larga  cinque  dita ,  e  erano 


So.  Chiaeaio  che  successe  ad  Argon  era  suo  Zio  .  Il  suo  vero  nome  era 
Kandgiatu:  fu  ucciso  nel  lagS.  Intorno  ad  esso  e  h  Casan ,  di  cui  posterìormen- 
l€  si  &  menxioiie   vedasi  (  L  i.  p.  217.  not  ) . 

5i*  Ia  strette  di  cui  qui  ragiona  sono  quelle  che  diconsi  di  Khovyar 
voce  che  in  Persiano  significa  valle  fra  due  montagne  .  Questo  passo 
è  al  confine  del  gran  Deserto  Salino,  e  cinquanta  miglia  disUnte  dalle  rovine  di 
Rex  :  É  otto  miglia  lungo  e  generalmente  sessanU  braccia  largo  (  Marsd.  not- 
69-  )  .  Il  Sig.  Morier  descrive  quelle  strette  nel  suo  recente  viaggio  (Nouv.Voy. 
en  Peri,  t  IL  p.  55i.  Par.i8i8.)  appettale  di  Khoyyar  anch'  esso .  Ei  dice  che  di 
li  si  staccano  parecchie  strade  alcune  delle  quali  conducono  nel  Semnan  e  nel 
J04mgan  ,  LSmboccatura  della  vaMe  è  a  io.  Parasaoghe  da  Rejr  ed  ei  opina  che 
quelle  siano  le  Caspia  Pilae  di  cui  parlano  Arriano  (  lib.  III.  e.  7.  )  «  6»J»™- 
chi.  Questo  passo  è  segnato  neUa  bella  carta  di  Kinnef^  col  nome  di  Kobat 
Khomar  ed  è  neUa  catena  di  monti  che  separano  il  Matanderan  dalla  Persia 
E-  importantissima  questa  posizione  poiché  nella  prossimità  di  quel  passo  era  a 
paese  ch'ei  appella  ùéì' Arbor  Secco  di  cui  i discorreremo^  (lib.  1.  cap.  Ali..} 
quando  rammenUlo  nuovamente ,  perchè  in  quella  contrada  s' incrociarono  le  vie 
ch'ei  fece  neU' andare  e  nel  tornare  daUa  Cina.  . 

5a.  Seoondo  Herbelot ,  Dcguignes  e  gli  altri  scrittori  della  dinastia  dei  J^o- 
falli  di  Perùa  la  medesima  avea  per  capitale  Tebriz  ,  e  ciò  conferma  mdl- 
rettamente  il  Polo  dicendo  che  tornali  indietro  da  Argon  Wi  si  restUuirono  ^ 
perdio  di  li  dùvea  essere  il  suo  cammino.  Infatti  era  sulU  dintia  via  per  recarsi 
a  Trebisonda  ove  s' imbarcarono  , 


-J 


90 

d' oro ,  di  peso  di  tré ,  o  (|uaUro  marche  V  una  ;  'e  era  scritto  ia 
quelle^  che  in  virtù  dell'eterno  Iddio,  il  nome  del  Gran  Gan  fosse 
onorato,  e  laudato  per  molti  anni ,  e  ciascuno ,  che  non  obbedirà , 
8Ìa  fatto  morire  ,  e  confiscati  i  suoi  beni .  Dopo  si  conteneva ,  che 
quei  tre  ambasciatori  ,  fossero  onorati  ^  e  serviti  per  tutte  le  ten^e, 
e  paesi ,  si  come  fosse  la  propria  sua  persona;  e  che  gli  fòsse  fatta 
le  spese ,  dati  cavalli ,  e  le  scorte ,  come  fosse  necessario .  Il  ohe 
fu  àmpiamente  eseguito ,  perciocché  ebbero ,  e.  spese ,  e  cavalli , 
e  tutto  ciò  ch^  gli  era  di  bisogna,  e  moke  volte  avevano  dugento 
cavalli ,  più  e  manco,  secondo  che  accadeva.,  ne  si  poteva  Jar'  al^ 
tramente ,  perchè  questa  Ghiacato  non  aveva  riputazione ,  e  gli 
popoli  si  mettevan  a  far  molti  mali ,  e  insulti  «  Il  che ,  non  averian 
avuto  ardire  di  fare ,  se  fassero  stati  sotto  un  suo  vero,  e  proprio 
signore  .  Facendo  M.  Nicolò,  Maf&o,  e  Marco  questa  viaggio^ 
intesero  come  il  Gran  Gan  era  mancato  di  questa*  vita  ^  il  che  gli 
tolse  del  tuttoda  speranza  ,  di  poter  più  tornar  in*  quelle  parti ,  e 
cavalcarono  tanto  per  le  sue  giornate-,  che  vennero^  in:Trabison- 
da^^^  e  di' li  a  Gostantimopolle  poi  a  Negro{)onte^e  finalmente  sani^ 
e  salvi  con  molte  ricchezze  giunseixr  a. Venezia^  ingraziando  Idr 
dio ,  che  gli  aveva  liberati  da  tante  fatiche  ,  e  preservati  da  infi- 
niti pericoli:  e  qiiesto  fadell'aana  1295.^*  E  le  cose  di  sopra. nar- 


mmm 


53.  Trebt sonda  che  i  Turchi  chiamano  T^rabezan-  fu  detta  dàgU  antichi 
Tìrapezus  (  Arrian  Peripli  Blancard.  p.  i^g)  perdhé  sporgeva  in-  mare  a  guisa 
di  Trapezio  •  Era  colonia  greca  di  Sinope.  Ivi  fecer  capo  i  dieci  mila  nella  loro  rìf- 
tirata .  Ed  ebbe  gran  celebriti  neU*  eti  di  mezzo  pe*  aui  traffici  ,  e  per  esser* 
visi  ritirati  ì  Commneni  allorché  i  Latini  tolsero  loro  Costantinopoli .  Divenne  ca<» 
pitale  d'  un  piccolp  stato  y  cui  diessi  posterrormeute  il  nome  d'Impero  (  Hait. 
Hist.  Orien.  cXIIF.)  che  recto  ai  Commnen^  sinché  la  città  non  cadde  in  potere 
di  Maometto.  Il  Tournefbrt  l'ha  descritta,  e  ne  ha  dato  il  disegno  (  Yoyages 
Lyon  1727.  t.  ni.  p.  78)  É  fabbricata  a  pie.'d'  una  collina  scoscesa  ,  E'  gran- 
de cittiy  assai .  mal  popolata  con  un  castello  quasi  in  rovina  .  Il  suo  porta  che  ^  fu 
restaurato  da  Adriano  è  oggidì  incapace  di  grossi  bastimenti  •  Questa  fa  una 
delle  ùltime  citta  greche  che  die  cuna  a  uomini  illustri:  ivi -Miccpiero  Giorgia,  di 
Trebisonda  e  il  Cardinale  Bessarione. 

34*  Il  Pòlo  naxxa  di  avere  impiegati  mesi  tre  daU' epoca' del  suo  imbarco  a 
Zeitun  per  giungere  a  Sumatra-.  Narra  d'  essersi  ivi  fermate  cinque  mesi  per 
i  mali  tempi  flib.  UL  e.  i5.  )òii,  Sumatra  per  giungere  a  •  Omiiz  dice  avervi 
impiegato  18.  mesi  di  navigazione  .  Giunto  a  Teòriz-  9Lnd^  verso  V  Arbor  sec^ 
co  per  condurre  la  sposa,  ad  Argon  e  in  quella  stessa  citti  si  tesdtui  e  vi  ai 
Ibrmd  per  lo  spazio  di- 9.  mesi .  Rende  conto  in  tal  guisa  di  35.  mesi  impie- 
gati in  quel  viasrgio  .  Che  se  a  ciò  si  aggiunga  il  tempo  occorsoli 'per  recarsi 
da  Ormuz  ik   7tf6r/s,  e  da.  7i?^nz.  per.restitisrai  in  Venezia,   circa   tre.  a  uni    e 


ai 

rate  sona  state  seritte  in  liic^  di  Proeniio,  che  si  suol  fare  a  cias« 
euQ  librò ,  acciò  che ,  chi  lo  l^gerà  y  conosca*,  e  sappia  ^  che  M. 
Marco. Polo  puote  sapere,  e  intendere  tutte  queste  cose  in  anni 
yentisei ,  che  1  dimorò  nell^  parti  d' Oriente  • 

e  A  P.    IL 

Dell'Armenia  Minote  ^  e  del  porto  della  Giazza  ^  e  delle 
mercanzie  che  9Ì  san.  condotte ,  e  dei  congni  di  detta 
provincia . 

Pei  dar  principu)  a  narrar  delle  proviacie  che  M.  Marco  Polo 
ha  viste  neir  Asia^  e  delle  cose  degne  di  notizia ,  che.  in  quelle 
ha  ritrovate  ;  dico ,  che  sono  due  Armenie ,  una  detta  Minore ,  e 
V  altra  Maggiore  ^^  ;  del  reame  dell'  Armenia  Minore  è  signore 
un  Re  ^  che  abita  in  una  città  dèlta  Sebastoz  ^7 ,  il  qual  osserva 
giusiizìa  in  tutto  il  suo  paese ,  e  vi  sono  molte  città  ,  fortezze ,  e 
castelli ,  e  d'^ogni  cosa  è  molte  ablx>ndevole ,  e  di  sollazzo  y  e 
molte  cacciagioni  di  bestie ,  e  d' uccelli  ;  e  ben  vero  che  non  vi  è 


mezzo  dee  yaiiitarsì^  il  tempo  da  lui  impiegato  per  giungere  dàlia  Ciaa  netla 
Bua    patria  ;  ciò    conferma  la  sua  partenza  da    quel!'  Impero  come  accaduta 
nel  129X  ed  essere  ei  restato  ai  servigi  dei  Can  17.  anni,  e  a6.  anni  circa  nelle  contra- 
de Orientai  ,  con  che  si   dimostrano  esatte  le  due  rammentate  (  n.  25  )  lezioni . 

55.  Anche  Mosé  di  Chorene  celebre*  Storico  e  Geografo  Armeno  divide 
V  Armenia:  in  Maggiore  e  in  Minore  »  (  HisL  Armem  p.  367.  )  e  dice-  com- 
prendere la  prima  quindici  provincie  •  Aitone  Armeno  trattando  del  Regno  di 
Siria  numera  per  quarta  provincia  la  Cilicia-»  ove  è  la  Città  inespugnabile  di 
»  Tarso  nella  quale  nacque  S.  Paolo  .  Ma  è  detto  oggidì  la  piccola  Armenia 
»  Imperocché  da  che  i  nemici  della  fede  ebber  tolto  quel  paerte  ai  Greci  9 
gli  Armeni  fecero  ogni  sforzo  per-  scacciarne  i  pagani  ,  e  ai  suoi  t^mpi  il  Re 
d'  Armenia  n'era  divenuto  signore  (  Hist.  Orient  cap.  XIV.  )  Il  Geografo  Nu- 
.bìense  diee  essere  due  le  Armenie  T  interna  »  e  esterna  (Geograph.- (k  241*  ) 
Il  Polo  traversò  la  pìccola  nell'  andare  alla-  Cina ,  la  grande  .al  ritorno  allorché 
da  Tebriz  si  recò   a  Trebisonda  ove    imbarcossi .  • 

36.  Narra  Peguignes  (  Hist  dea  Huns.  t  i.p.  4^2.  )  che  sotto  il  Regno  di  AIei«* 
aio  Comneno  un  signore  di  quel  p^ese  detto  Kaghic  dell*  Ulustre  famiglia  dei  Pa- 
cratidi  intraprese  il  ristabilimento  del  regno  della  piccola  Armenia  .  Prese  il 
titob  di  Re  e  conquisto  la  Cilicia  con  parte  della  Cappadocia  ;  da  esso  disce- 
sero i  Regi  deir  Armenia  Minore,  la  cui  capitale  era  Sis*  Regpava  quando 
.  il  Polo   fu  ivi   Leone  o  Livone  II. 

^      67.     Osserva    Marsden    (  Not.     82.  )    che    questa    capitale    deir  Armenia 
Minore,  che  il  Polo  chiama  Sebastos^  che  sappiamo,  che   era  Sis  e  che  é  segna-*. 


(i^pd  buMi'  aere .  I  gentil'  uomiiii  di  Àrmenit  mtieaitteiue  sole^ 
vati'  essere  rùcAio  baoni  combattitori ,  e  valenti  con  rannein  numo^ 
Ora  son  divenuti  gran  bevitori,  e  ])auro^,  e  vili.  Sopra  il  mare  è  aria 
Città  detta  la  Giazza  ^,  terra  di  gran  traffico.  Al  suo  porto  vengono 
molti  mercanti  da  Venezia,  da  Genova,  e  da  molt' altre  regioni ,  con 
molte  mercanzie  di  diverse  specierie,  panni  di  seta  e  di  lana,  e  di 
altre  preziose  ricchezze ,  e  anco  quelli  che  voglion  entrare  più 
dentro  nelle  terre  di  Levante ,  vanno  primieramente  al  detto  porto 
della  Giazza .  I  confini  deli'  Armenia  Minore  son  questi  ^  ?  verso 
mezzo  di  è  la  Terra  di  Promissione,  che  vien  tenuta  dalli  Sanceni'. 
Da  tramontana  i  Turcomani ,  che  si  chiamano  Garamani  ;  e  da 
greco  levante  Gayssaria ,  e  Sevasta  e  molte  altre  città  tutte  suddito 
ài  Tanari  ;  verso  ponente  vi  è  Mare ,  per  il  qual  si  naviga  alle  par* 
ti  dei  Cristiani . 

GAP.    III. 

Della  provincia  detta  Turcomania ,  dove  sono  le  città  di  Co- 
gno y  Cayssaria y  e  Sevasta^  e  delle  mercanzie ^  che  vi 
si  trovano. 

Nella  Turcomania  sono  tre  sorti  di  genti ,  cioè  Turcomani  4^, 
i  quali  adorano  Macometto ,  e  tengono  la  sua  legge  :  sono  genti  sera* 


ta  beDa  carta  d'  Asia  di  AnviUe  a  poca  diatanta  a  Greco  di  Adóne  *  (osse 
fkbbricata  sui  posto  d'altra  antica  città  delia  aitrerolle  Sebastos .  Ma  può  es- 
sere avvenuto  ,  che  come  capitale  della  piccola  Armenia  a  titolo  d'  onore  fosse 
appeData   Sebaste  o  Augusta  . 

58.  Della  Giazza  si  è  parlato  alla  nota  i5. 

59.  Preziosa  é  la  notizia  che  ei  ci  da  qui  dei  confini  dell'  Aryienia  Mino- 
re che  ce  ne  fanno  ravvisare  r  «stensione . 

40.  Turconumia  •  Seljuc   diede  nome  a  quella  dinastia  di   Turca    origine , 
che  progredì  colle  sue  conquiste  verso  la  parte  occidentale   dall'  Asia  ed  ebbe 
stati   neir /rofi  e  neir  ifT^rm^n .   Solimano  uno  dei  suoi  discendenti  invase  l'A- 
aia  Minore  detta  oggidi  Natòlia  che  significa  paese   di  levante ,  e  ciò  relativa- 
mente alla  Grecia  (  Edourd  .  PockoL  Yoy  t.  v.  pag.  a.  ).    Ei  tolse  agU  Impera- 
dori  di  Costantinopoli  Nicea  ,  che  fece  sua  capitale .  Alessio  Comneno   tratta 
aeco  lui  9  f  gli  cede  gran  parte  dell'Asia  Minore,  talché  estese  la  sua  dominazione 
dall' J3fa//H>ii/o  sino  aLeodicea.1  TurchiSeljuchidi  che  furono  detti  dagli  Storici  Arabi 
di  Roum  perché  imperarono  sulla  contrada  che  avea  appartenuto  ai  Romani  9  so- 
stennero varie  guerre  coi  Greci  e  coi  Crocesignati .  Si  mantennero  più  o  me* 
no   poteiiti  in  quel  paese  e  da  loro   ebbe  ori^e  la  potenza  Ottomanna .   Eb-* 
bero  per  capitali  /conto  »  •  Sivas*^  Ai  tempi  4el  Polo  soggiogati  dai  Tarta- 


{JlcTy  e  di  grosso  iutelletto,  abitano  ndle  montagne,  e  luoghi 
inaccessibili ,  dove  sanno  esser  buoni  pascoli  :  perchè  vivono 
solamente  di  animali  ,  e  ivi  nascono  buoni  cavalli  detti 
turcomani,  e  buoni  muli,  che  sono  di  gran  valuta:  e  l'altre 
genti  sono  Armeni ,  e  Greci,  che  stanno  nelle  città ,  e  castelli ,  e  vi- 
vono di  mercanzie ,  e  arti ,  e  qui  si  lavorano  tappeti  ottimi ,  e  li  più 
belli  del  mondo ,  e  eziandio  panni  di  seta  cremesina  ^  e  d' altri 
colori  belli  e  ricchi,  e  vi  sono  fra  l'altre  città  Gogno^',Gayssaria  ** , 
e  Seuasta  ^^ ,  dove  il  gloiìoso  messer  San  Biagio  pati  il  martino  ^  • 


ri  vive  ratio  ia  qualche  iadipendeoza  rìPugiatt  nelle  montagne  delia  Caramania 
che  formano  parte  della  catena  del  Tauro  (  Deguig.  t  x.  p.  a45.  )•  Queste 
genti  sono  quelle  dette  dai  Polo  Turoomani  .  Oggidi  appellasi  TurcomMio  un 
popolo  pastore  e  salvatico  y  d'orìgine  Tartara  die  abita  la  parte  Alpiaa  ddila 
Natòlia  dedito  al  ladroneccio  (  Tournefort.  Yoy.  au  Levant  t.  HI.  p,  Soy.  )  • 
Discorre  lungamente  dei  Turcomani ,  e  delle  loro  costumante  semplici  e  agre- 
sti il  Sig.  Morìes  ,  (  Nouv.  Voj.  en  Perse  t  II.  p.  S77.  ) 

4t«  Cagno  è  la  Citti  detta  dagli  antichi  Jconium  oggidì  Konie  nella!  parta  mén* 
tuosa  ddla  Karamania  .  Abulfeda  (Geugr.p.5o3.)  »  Cumfah  èst  urbs  Celebris.  Habet 
»  ab  Austro  montem  a  quo  defluii  amnis  qui  Cuniaoi  ab  occidente  subit  •  Ha* 
y  bel  hortos  a  plaga  mentis  ad  tres^  ferme  parasangas  .  In  ejus  arce  est  Plato* 
9  lus  Philosophi  monumantum  . .  .  Solthani  sedes  .  Fluvius  ejus  • .  •  rigat  hortos 

#  deinde  evadit  in  lacum  pratis  cintum  .  » 

42.  Kayssarie  è  V  antica  Cesarea  di  Cappàdoàa  f  capitale  di  détta  )>r4>« 
vincia  posta  aUe  falde  <fel  monte  Argeo  •  (  Clut.  Int  ad  Gfeégf:  pag.  570.) 
£  segnata  nella  carta  d'  Asia  d^  Anville  .  Abulfeda  (  Geogr.  p.  SoS.  )  »  Kaisa- 
»  rijha  est  urbs  magna  harboribus  ,  et  hortis'  et  fructibas  dSv^s  ef  fontibus 
»  qui  eam  allabuntur  •  Intra  se  habet  afcem  munitani  Solthani  sedém.  A  Cap- 
9  sare  nomen  habet .  »  Ha  descritta  Cesarea  il  Pochodkid  (  P.  III.  Asi.  Minói*. 
Ub.  II.  cap.  XlV.  )  Ne  pone  la"  situazione  et  undici  miglia  a  ponente  libeccio 
d' Angora .  I  Turchi  V  appellano  ^aii^  anche  oggidì .  A  oento  octaiitaL  iftò|« 
chee  ,  un  Convento  G-reco   a  tre  Armehi .  Sonòvi  tuttorai  dei  mótktùtfént! . 

43.  Scì^aita ,  o  Sebaste  dì  qappadocia  fu  una  dette  tante  dttk  eh'  ebbero 
il  nome  d*  Augusta  nelT  Impero  Aomaiio  .  A  questa  città  dìèilo  in  ouòré  di 
Augusto  una  regina  vedova  di  Polemone  Re  di  Ponto  ;  Giace  nella  vi<iinanza 
del  fiume  Halys  (  At^vil.  Geo]{raph.  Ancien,  t.  IL  p.  6j^  )  oggidì  chiamasi 
Siyas .  (  Abulf.  Geogr.  p.  SoS.  )  »  Sivas  est  urbs  mag^a  muro  cincia'  »  cum 
p  arce  parva ,  fbnlibus  et  paucis  erbòrìbus  :  dìmidia  fere  pariasanga  abest  a 
p    magno  suo  fluvio  SiO^as .   Alt    saidl  fìBus ,  est  intér  metropoìes    celebres  è»> 

#  pud  mercatore^  in  plano».  Fu  «frudehnente  trattata  da  l^mur  che  ne  distrus- 
se  le  fortificazioni  > 

44.  S.  Biagio^  Vescovo  dt  Sebaste  soffri  il  martirio  fiiAf  aùnio  $ao  tfottb  Li- 
cinio mentre  governava  quella  {Provincia  Agrìcola  •  FuronfjK  lacefàte  \fi  etimi  co» 
pettini  di  ferro  »  e  dopo  altri  toriifenti  fu  docilpUato.  (  FleUr.  Ist.  Eccteé.  OenoV. 
1761^  I.  n.  p:  146.  ) 


24 

1?utii  sono  sudditi  al  Gran'Can  Imperatore  de'Tartàri  Orientali ,  il 
quale  gli  manda  rettori.  Poi  che  abbiamo  detto  di  questa  provincia , 
diciamo  della  Grande  Armenia . 

CAP.  rv. 

DelV  Armenia  Maggiore  j  dos^e  son  le  città  di    Arcingan , 
Argiron ,    Darzizi ,    del   Castel  Paipurth  ,  e    del   monte 
delV  Arca  di  Noè ,  dei  confini  di  detta   provincia  e  del 
fonte  delt  olio . 

U  Armenia  maggiore  *^  è  una  gran  provincia  ,  che  comincia 
da  una  città  nominata  Arcingan  ^^  nella  quale  si  lavorano  bellissimi 
bocassini  di  bambagio ,  e  vi  si  fanno  molte  altre  arti ,  che  à  bar- 
rarle saria  lungo,  e  hanno  li  più  belli,  e  migliori  bagni  d'acque  calde 
che  scaturisconOjChe  trovar  si  possano.  Sono  le  genti  per  la  maggior 
parte  Armeni ,  ma  sottoposte  a  Tartari .  In  questa  provincia  sono 
molte  citt«\ ,  e  castelli ,  e  la  più  nobile  città  è  Arcingan,  la  qude  ha 
Arcivescovo  .    L' altre    sono   Argiron  *' ,  e  Darziz  *•  ;  è    molto 


45.  V  Armenia  maggiore  nel  nostro  testo  detta  Erminia  dal  modo  Arabesco 
di  scrivere  detto*  nome  (  Ernùnjah  )  ai  tempi  di  Mosè  di  Chorene  di  vide  vasi  in 
dieci  Provincie  (  Geogr;  p.  358.  )  .•  a  quelli  d' Aitone  comprendeva  quattro  regni 
(  e.  IX.  )  Estendevasi  da  oriente  ad  occidente  daUa  Persia  al  paese  dei  Turchi. 
Da  settentrione  a  mtzzx}  di  dallo  stretto  di  Mirai  o  di  JBacu  (  compreso  fral  monte 
Cocas  e  il  Mare)  sino  alla  Media.  La  più  considerabile  città  ai  tempi  di 
Aitone  era  Tauris  o  Tebrit . 

46.  Arcinga  nel  nostro  Arzinga  detta  da  Nessir  Etluseo  Arzanjaa  (Gcog.  Min. 
t.  III.  p.  95.  )  è  posta  in  dette  tavole  alla  lung.  74'.  lat  Sg*.  40.'  Abulfeda 
r  appella  Arzancam  e  pone  quella  città  nel  paese  Al  Roum  o  terre  dei  Greci  (Geog. 
p.  309.  )  dicela  40  Parasanghe  distante  da  Arzan  .  Secondo  Harbelot  fu  presa  dai 
Mogolli  nel  i24si*  dopo  che  ebber  disfatto  Kai  Khosrou  il  Selgiucbìda  .  Questa  città 
è  fra  Sivas  e  Erzerum  • 

47-  Argiron  e  più  correttamente  il  nostro  testo  Arziron  (  p.  11)  poiché  secon- 
do il  Tournefortil  vero  nome  della  città  (  Yoj  tlll.  p.  io5.  )  è  ÀrzeruiPf  o  Erze- 
ron  attualmente  capitale  dell'  Armenia  •  L' Herbelot  (  vox  Arzeroum  )  dice  che  il 
Dome  della  citti  deriva  dalla  voce  composta  Arzalroum  che  significa  in 
Arabo  terra  dei  Romani  o  dei  Greci .  Tournefort  a  dato  il  disegno  e  un*  ampia 
descrizione  di  detta  citti .  La  medesima  e  fabbricata  ia  un  bel  piano  alla  pendi- 
ce d'  una  catena  di  monti  cinque  giornate  distante  dal  mar  Nero  e  dieci  dai  con- 
fini della  Persia.  £  paese  freddissimo  e  la  raccolta  delle  biade  vi  si  fa  in  Settembre. 
I^a  popolazione  della  città  ai  tempi  del  viaggiatore  era  valutata  dioiottomila 
Turchi,  sei  mila  Armeni ,  e  quattrocento  Greci.  (  Tom.  Ili*  p*  io6.  e  «eg.J  ' 

48.    Darziz  è  più  correttamente  il  nostro  Testo  (  p.  11.  )  Arzizi  e   Argis 


a5 

gran  provìncia,  e  in  qùeHà  nell'estate  sta  una  parte  dell' eser* 
cito  di  Tartari  di  levante  ^  perchè  vi  trovano  buoni  pascoli  per 
le  loro  bestie  :  ma  l'inverno  non  vi  stanno  per  il  gran  freddo,  e 
neve ,  perchè  vi  nevica  oltre  modo ,  e  le  bestie  non  vi  possono 
vivere  ^  •  E  però  li  Tartari  si  partono  l'inverno ,  e  vanno  verso 
mezzodì  per  il  caldo ,  per  causa  di  pascoli ,  e  erbe  per  le  sue 
bestie.  £  in  un  castello ,  che  si  chiama  Paipurth  ^  è  una  ricchis- 
sima minerà  d'argento ,  ^'  e  trovasi  questo  castello  andando  da 
Trebisonda  in  Tauris.  £  nel  mezzo  dell' Armenia  Maggiore  è 
un  grandissimo ,  e  altissimo  monte ,  sopra  il  quale  si  dice  essersi 
fermata  l'arcadi  Noè;  e  per  questa  causa  si  chiama  il  monte  deli' 
arca  di  Noè ,  ^^  ed  è  così  largo ,  e  lungo ,  che  non  si  potria  cir- 


9ul  lago  di  Fan.  Argii  per  la  pronuncia  reneta  doventa  Arti*  •  I  Yenexiani 
danno  al  ^  il  suono  delia  «•  Secondo  Abulfeda  é  piccola  città  senza  mura  fra 
il  monte  e  il  piano ,  a  due  giornate  di  distanza  da  Challtuu  che  restagli  ad 
oriente  . 

49*  Del  freddo  rigoroso  dell'  Armenia  parla  Tournefort  (  Voy.  t.  IIL-  p. 
io6  )  .  Fu  asserito  al  Viaggiatore  che  nella  catena  dei  monti  yicino  a  Erzerum 
avea  nevicato  ai  primi  di  Giugno .  LucuUo  trovò  i  campi  spogliati  a  mezza  sta. 
te  9  e  i  diacci  aU'  equinozio  autunnale  .  L'  acque  fredde  della  contrada  facevano 
morire  i  suoi  cavalli  •  L'Armata  d'Alessandro  Severo  ripassando  per  V  Armmda 
fu  tanto  maltrattata  dal  freddo  che  furono  tagliate  non  poche  mani  e  gambe 
agghiacciate  ai  soldati . 

5o.  Caipurt.  Questo  Castello  incontrò  il  Polo  allorché  da  Tinrrii  andò  per 
Er%erufn  a  Trebisonda .  Tornando  indietro  dalla  Cina  s' imbarcò  in  quel  porto 
por  Venezia  perciò  ei  saviamente  avverte  eh' è  su  quella  strada.  Questo  luo* 
go  col  nome  di  Baipurt  è  segnato  nella  carta  d*  Asia  deli'  Anville  nella  loca- 
lità indi(;ata  dal  Polo .  Il  Sig.  Marsden  avverte  che  puri  in  Lingua  Armena 
significa  Castello.  Descrìve  detto  luogo  Giosafa  Barbaro  (  Ram.  Nav.  t*  IL 
p.  108).  Ei  dice  che  da  Trebisonda  per  andare  a  Tauris  t  caminando  per 
yy  {scirocco  si  trovano  molte  ville  ecastelUicci ,.  vassi  eziandio  per  monti  e  per 
»  boschi  disabitati^  li  primo  luogo  notabile  cti^  ^  trova,  è  un  castello  in  pia- 
»  no  in  una  valle  d'  ogni  intorno  circondata  di  neofiti ,  nominato  Baiburt  caste! 
»  forte  e  murato,  di  territorio  molto  fruttifero  ;  può  fare  da  basso  del  Ca- 
»  stello  i5oo  fuochi  t  .  Secondo  il  Viaggiatore  è  a  cinque  giornate  da  Arzin^an 
e  a  (lue  miglia  dalV  Eufrate  che  passagli  tra  levante  e  scirocco  •  Tournefort 
che  fece  la  stessa  via  del  Polo  da  Trebisonda  a  Ernerum  (  Voy.  t  HI.  p*  96  ) 
dice  =:  Baibout  est  une  petite  ville  trcs- forte  par  sa  situation,  sur  une  roche 
=  fori  escarpée  =  •  Crede  che  fosse  r antico  Leoniopoli ,  e  Giustinianopoli» 

5i .    Intorno   a    queste   Argentiere   rammentate   dal  Polo    redasi   Marsden 
(  not.   5oo  )  • 

Sa.  Qui  parla  del  Monte  Ararat  che  incontrò  pure   nell* avvertito  viaggio 
da    lebriz  a  Trebizanda .   Secondo  Mosè    di  Chorene  ebbe  nome  il  paese,  dal. 

4 


26 

coire  in  due  giorni,  e  nella  sommità  di  quello,  vi  si  trova 
continuo  tant'  alta  la  neve  >  che  niuno  vi  può  ascendere ,  perchè 
la  neve  non  si  liquefa  in  tutto  ^  ma  sempre  una  casca  sopra  Tal- 
tra,  e  cosi  accresce  ^^ .  Ma  nel  discendere  verso  la  pianura,  per 
l'umidità  della  neve ,  la  quale  .liquefatta  scorre  giù ,  talmente  il 
monte  è  grasso ,  e  abbondante  d'erbe ,  che  nell*  estate  tutte  le 
bestie  dalla  lunga,  circostanti,  si  riducono  a  stanziarvi,  uè  mai  vi 
mancano  :  e  anco  per  il  discorrere  della  neve  si  fa  gran  fango  sopra 
il  monte .  Ne'  confìni  veramente  dell'Armenia  verso  levante ,  so- 
no queste  provincie,  Mosul,  Meridin,  delie  quali  si  dii*à  di  sot- 
to,  e  ve  ne  sono  molte  altre ,  che  sana  lungo  a  raccontarle .  Ma 
verso  la  tramontana  è  Zorzania^  ne' confini  della  quale  è  una  fon- 
te ,  dalla  quale  nasce  olio  in  tanta  quantità ,  che  mola  camelli 
vi  si  potrebbero  caricare ,  e  non  è  buono  da  mangiare ,  ma  da 
ungere  gli  uomini ,  e  gli  animali  per  la  rogna ,  e  per  molte  in- 
fermità, e  anco  per  bruciare  ^^.  Vengono  da  parti  lontane  molti 
a  pigliare  quest'  olio  ,  e  le  contrade  vicine  non  bruciano  di 
altra  sorte .  Avendo  detto  dell'  Armenia  Maggiore ,  ora  diciamo 
di  Zorzania. 


re  d'  Armenia  Area  che  alle  falde  del  monte  rimase,  ucoiio  ia  un  comlMitti- 
mento  contro  Semiracpide  (  Hist  p.  4>  )'  ^be  nome  di  Araraiia  la  decima 
quinu  provincia  d'  Armenia  (  ibid.  p.  358  )  .  Secondo  Tayemier  gli  Armeni 
chiamano  quel  monte  Masesusar  che  significa  Monte  dell'  Arca  ^  Voj.  1679. 
in  la  p.  4^  ).  Questa  tradizione  e  assai  antica.  Leggansi  in  Toumefert  va- 
ri popolari  racconti  degli  Armeni  intorno  a  ciò,  (  t.  III.  p.  aoS  ) .  Aitone  dice 
che  niuno  osa  salire  sino  alla  cima  di  questo  monte ,  ch'ei  chiama  Arath  (  e. 
IX  ) ,  stante  le  nevi ,  ma  che  vi  si  scorge  in  cima  alcuna  cosa  di  nero  ,  che  si 
chiama  volgarmente  r  Arca .  Vedasi  la  forma  di  detto  monte  isolato  a  due 
punte  e  solo,  in  mezzo  a  vastissima  pianura  nel  viaggio  di  Toumefbrt  (  t. 
Ili  p.  188  ).  Esso  visitò  Sichmiadzin  o  il  Borgo  detto  delle  TVv  Chiese  che 
è  alla  pendice  del  medesimo,  ove  risiede  il  patriarca  Armeno  in  un  vasto 
convento  •  Tournefort  fece  un  escursione  su  detto  monte  che  è  tutto  spogUato 
e  senza  abitazioni  •  In  due  giorni  non  potè  giungere  alla  zona  del  monte  ove 
le  perpetue  nevi  lo  cuoprouo  senza  interrusione  .  Solo  pervenne  ad  una 
piazzau  ove  potè  raccoglierne  per  dissetarsi  •  Il  viaggio  fu  penoso  e  sterile 
di  notizie  (  p.  aiS.  e  seg.  ) 

Sì.  Queste  perpetue  nevi  déff  Ararat  conferma  Tournefort. 

54.  Mare  di  Bachu.  Giosafa  Barbaro:  (  Ram.  Nav.  t  II.  p.  109.  C)  »  sul 
>  mare  da  questa  parte  è  uà  altra  citti  oh'  é  nominata  Bacha  (  Bachu  )  dalla 
»  quale  è  detto  il  mare  di  Bacha  (  di  Bachu  ) ,  appresso  la  quale  è  una 
»  montagna  che  butta  olio  negro  di  gran  puzza  »  quella  sostanza  bitumino- 
sa  detto   petrolio    t    il    quale    si    adopera  ad    uso  di    lucerna    la  netto  »  e 


37 

GAP.  V. 

Della  provìncia  di  Zorznnia,  e  de' suoi  confini  sopra  il  Mar 
maggiore ,  e  sopra  il  Mare  Ircano  ^  ora  detto  di  Abaccu  ^ 
dove  è  quel  passo  stretto ,  sopra  il  quale  Alessandro  faly* 
hricò  le  porte  di  ferro ,  e  del  miracolo  della  fontana  del 
monastero  di  San  Lunardo  ^  della  città  di  Tiflis . 

In  Zorzania  ^^  è  un  Re ,  che  in  ogni  tempo  si  chiama  David 
Melich  ^,  che  in  lingua  nostra  si  dice  Re  David;  una  parte  del- 
la qual  provincia  è  soggetta  al  re  de* Tartari,  e  Taltra  parte  (per 
le  fortezze  che  F  ha  )  al  re  David .  In  questa  provincia ,  tutti  i 
boschi  sono  di  legni  di  bosso ^  e  guarda  due  mari,  uno  de'quali 
si  chiama  il  Mar  Maggiore ,  quale  è  dalla  banda  di  tramontana  : 
Faltro  di  Abaccù  ^^  verso  loriente ,  che  dura  nel  suo  circuito  per 
duemila  e  ottocento  miglia ,  ed  è  come  un  lago ,  perchè  non  si 
mischia  con  alcun*  altro  mare ,  e  in  quello  sono  molle  isole  con 


»  «d  unzione  di  carnei!  due  volte  T  annot  perché  non  gli  ungendo  diventane 
»  ecabiofti .  » 

55.  Zonumia  e  più  rettamente  il  Tetto  da  nei  pubblicato  Giorgtes  o 
Giorgia  detta  dai  Persiani  Gurgisian  (  Tournefort  t  HI.  p.  i53  ).  Secondo 
Aitone  (  Gap.  X.  )  fu  detta  ancora  Atonia .  I .  suoi  confini  a  Settentrione  e- 
raoo  una  parte  della  Turchia  ed  eatenderani  in  lunghezza  sino  al  mar  mag- 
giore :  a  mezzo  giorno  fino  all'  Armenia  •  DivideTasi  il  paese  in  due  regni  di 
Georgia  «  e  di  Abeas  il  primo  suddito  del   Tartaro ,  r  altro  indipendente  . 

56.  Secondo  Costantino  Porfirogenito  (Deguig.  t.  I.  p.  433)  questi  Re  pretende- 
vano discendere  dalla  moglie  d' Urte ,  rapita  da  David .  Un  principe  di  quella 
discendenta  detto  David,  da  Gerusalemme  si  rectf  nell'  Iberia  e  vi  fondò  queU 
la  dinast£a,  ma  ciascun  ravvisa  quanto  meriti  poca  fede  tale  narrazione.  Dà 
la  tavola  dei  re  di  Georgia  Deguignes  (  1.  e.  )  '  1'  ^'^^^^  ^^  questi  re- 
gi è  Mepè  e  non  Melik  come  dice  il  Polo ,  quantunque  Melik  significa  re . 
Raccontano  infatti  gli  orientali  che  gli  Afghani  andarono  a  visitare  Maometto  coi 
loro  capi  ,  e  che  ei  accolsegli  graziosamente  e  disse  loro  venite  Moluk  cioè 
regi  e  che  da  indi  in  poi  essi  portano  dettò  titolo  (  Recherch.  Asiat.  t.  11. 
p.  117  Par.  i8o5  in  4  )  •  Sembra  che  ai  tempi  di  cui  parla  il  Polo  regnas- 
se  David  VII. 

67 .  Il  Mare  di  Aòhacu  U  mar  Caspio  detto  dagli  OrienUli  Khozr  (  Ebn. 
Auck  p.  163  )•  E  dai  Persiani  mare  di  BacLu  (  Marsd.  not  108  ) .  Lo  ap- 
pellò con  tale  denominazione  anche  Giosafa  Barbaro  (  Not.  54*  )  •  Secondo 
Pinkerton  il  mar  Caspio  ha  600  miglia  di  luaghessa  e  di  larghezza  dalle  86 
alle    i;i  • 


belle  città  ^  e  castelli ,  parte  delle  quali  sono  abitate  dalle  geati 
che  fuggirono  dalla  faccia  del  gran  Taftaro,  quando  l'andava  cer- 
cando pel  regno ,  ovvero  per  la  provincia  di  Persia  (  qual  città 
e  terre  si  reggevano  per  comune  )  per  volerle  distrùggere ,  e  le 
genti  fuggendo  si  ridussero  a  queste  isole ,  e  ai  monti  dove  ere- 
devono  star  più  sicuri,  ve  ne  sono  anche  di  deserte  di  dette 
isole.  Detto  mare  produce  molti  pesci,  e  specialmente/ storioni, 
salmoni  alle  bocche  de' fiumi,  e  altri  gran  pesci.  ^Mi  fu  detio 
clje  anticamente  ttitii  i  re  di  quella  provincia  nascevano  con  cer- 
to segno  dell'  aquila  sopra  là  spalla  destra ,  e  sono  in  quella 
belle  genti,  e  valorose  nel  mare,  e  buoni  arcieri,  e  franchi 
combattitori  in  battaglia  y  e  sono  Cristiani  che  osservano  la  legge 
de'  Greci ,  e  portano  i  capelli  corti  a  guisa  di  chierici  di  po- 
nente .  Questa  è  quella  provincia ,  nella  quale  il  Re  Alessandro 
non  potè  mai  entrare ,  quando  volse  andare  alle  parti  di  Tra- 
montana ,  perchè  la  via  é  stretta ,  e  dijOTtcile ,  e  da  una  banda 
balte  il  mare ,  dall'  altra  sono  monti  alti ,  e  boschi ,  che  non  vi 
sì  può  passar  a  cavallo ,  ed  è  molto  stretta  intra  il  mare ,  e  i 
monti ,  di  lunghezza  di  quattro  miglia ,  e  }K>chissimi  uomini  si 
difenderebbero  contro  tutto  il  mondo.  ^^  £  per  questo  Alessandro 


58.  Descrìve  Pallas  le  pesche  del  Casjiio  (Yojr.  t  III.  p.  456).  Ei  dice 
che  vi  si  fanno  cinque  pesche  di  pesci  grossi,  e  altre  piccole  di  pesci  minori: 
soggiunge  =    On  ne  fait  cas  dans  ces  villages  des   poissons  de  petite  espece  qu* 

t  on  peche  dans  |e  Jaick  el  le  F'olga On  ne  peehe  sur  les  borda  de  la  mer  que 

»  l' Ichtyiolle  9  l'Esturgeon  ordinaire  ,  le  Glarìs  ,  que  les  pecheurs  nomment  Somi 
(  che  sembra  quello  che  il  Polo  chiama  Salmoni  )  »  et  le  Barbeau  qu*  ila  appelent 
»  Szazan  »  .  E'  anche  da  notare  V  esattezza  del^  Polo  che  dice  che  si  pescano 
alle  bocche  dei  fiumi  ;  lo  che  vi  en  confermato  dal  Pallas  che  la  pesca  abbondante 
é  ove  si  mescalano  le  acque  dolci  alle  salse .  Si  fa  gran  traffico  di  Caviale»  o  d'ova 
salate  di  quei  gran  pesci . 

59.  Le  strette  che  qui  descrive  son  quelle  di  Dtrbend  nella  Provincia  di  Shiìvan 
che  significa  in  Persiano  Barriera  (Ma'rsden  n.  1 15).  Gli  antichi  le  appellarono  Portae 
Raspine  e  Portae  Caucasiae.  Plinio  sembra  dare  a  Derbend  il  nome  di  Cumania 
(Lib.VT.c.  1 1).  Abulfeda  chiama  quelle  strette  Bedol'Ab^yah  ,  o  la  porta  delle  porte. 
Secondoil  Geografo  quelle  formavano  il  confine  dei  Tartan  settentiionali  detti  da  esso 
'Baet'Borcah  o  casa  di  Barca,  e  i  Tartari  merìdionali  detti  Baei  Holaku  (  p.  5i6  ) 
E  ciò  conferma  che  i  Poli,  per  recarsi  al  Catajo^  non  poterono  venendo  da  Sarai 
per  evitare  la  guerra  accesasi  fra  quelle  due  generazioni  di  Tart€iri  prendere  la  via 
che  segue  la  riva  occidentale  e  meridionale  del  Caspio.  Gmelàn  fìi  a  Derbend  ciìlk 
fabbricata  sulle  rive  del  CaspiO)  e  che  chiude  lo  stretto  passaggio  che  separa  quel 
mare  da  un  monte  che  appartiene  alla  catena  dei  monti  Usmein .  Evvi  a  Derbend 
un  castello  fortissimo .  Le  mura  della  città  sono  fabbricale  sul  sasso .  Una  graa 


appresso  a  quel  passo  fece  fabricar  muri  ,  e  gran  fortezze  y. 
acciocché  quelli  che  abitano  più  oltre  non  gli  potessero  venire 
a  far  danoo^  onde  il  nome  di  quel  passo  dipoi  «i  chiamò  Por- 
ta di  ferro ,  ^  e  per  questo  vien  detto  Alessandro  aver  serrato 
i  Tartari  fra  due  monti .  Ma  non  è  vero  che  siano  stati  Tartari  ^ 
perchè  a  quel  tempo  non  erano,  anzi  fu  una  gente  chiamata 
Gumani ,  ^'  e  di  altre  generazioni ,  e  sorti  •  Sono  ancora  in  detta 
provincia  molte  città  y  e  castelli ,  le  quali  abbondano  di  seta ,  e 
di  tutte  le  cose  necessarie  :  quivi  si  lavorano  panni  di  seta ,  e  di 
oro ,  e  vi  sono  Astori  nobilissimi ,  che  si  chiamano  Arigi .  ^*  Gli 
abitatori  di  questa  regione  vivono  di  mercanzie ,  e  delle  sue  f^t-- 
tichej  per  tutta  la  provincia  sono  monti,  e  passi  forti,  e  strettì^ 
di  modo  che  i  Tartari  non  gli  hanno  mai  potuti  dominare  del 
tutto .  Qui  é  un  monastero  intitolato  di  San  Lunardo  di  mona- 
chi, dove  vien  detto  esser  questo  miracolo,  che  essendo  la  chie- 
sa sopra  un  laeo  salso,  che  circonda  da  quattro  giornate  di  cam- 
mino, in  quello  per  tutto  Tanno  non  appareno  pesci,  salvo  dal 
primo  giorno  di  quaresima ,  fino  alla  vigilia  di  Pasqua  della  Re- 
surrezione del  Signore,  che  ve  ne  è  abbondanza  grandissima,  e 
fatto  il  giorno  di  Pasqua,  più  non  appariscono,  e  chiamasi  il 
lago  Geluchalat.  ^^  In  questo  mare  di  ALaccu  mettono  capo  Her- 


y 


nuraglia  staccasi  dal  CasteUo,Ghe  pretendono  gli  abitanti  che  si  prolungasse  altra  voU 
ta  sino  al  marNero.Dalle  royine  di  questo  muro  rilevasi  ch'era  fiancheggiato  di  torri 
(  Ilecouver.  des  Russ.  t  H.  p.  189  )•  Gmelin  e  Oleario  raccontano  (  1. 1.  p.  376  )  che 
i  Persiani  credono  quelle  mura  costruzione  di  Alessandro  Magno.  Ma  secondo  Abul- 
feda  furono  fabbricate  d»  Anuschirwan  fattala  pace  coi  Chazari^che  vi  fece  fare- 
te porte  di  ferro  (  p.  179  ).  Tamerlano  rovinò  il  muro  .  Safferdin  dice  che  hanno  3oo 
cubiti  d'altezza  che  le  &bbricò  il  detto  re  decimosettìmo  dopo  Alessandro  (  Vie 
de  Nadir  Chah  p.  216  )  • 

60.  I  Turchi  appellano  le  Porte  Caspie  Demir^Capi  ossia  porte  di  ferro. 

61 .  Intorno  ai  Cumani  vedasi  la  NoU  (  1. 1.  p.  2^5  ).  Dietro  l'osservazione 
che  Plinio  Ci/f7uirua.chiama  Derbènd ,  non  sembra  tanto  destitula  di  fondamento 
l'asserzione  che  ivi  anticamente  abitassero  quei  popoli  come  lo  asserisce  il  Polo. 

62.  Arigi  il  nostro  testo  porta  soltanto  Astori . 

65.  Lago  di  Gelucbalai  .  Come  dichiara  il  Rarausiò  è  quello  d"  Argis  non  in 
Giorgia  ma  in  Armenia  (  Dichiar.  p.  i4  t*  )  -  Questo  lago  è  detto  anche  di  F^an 
dalla  citti  di  tal  nome  eh'  è  sulla  riva .  Tolomeo  le  appellò  Arsisia  Palus  .  Ha  cento 
sessantotto  miglia  di  giro  secondo  Màcdonald  Kinner  (Geograph.  Mem.  of  the  Perse. 
Emp.  p.  SaS  )  è  salmastro ,  ha  quattro  isole  in  una  delle  quali  eyri  un  Monastero 
che  contiene  5oo  Monaci  Armeni .  Dalla  città  di  Chelat  segnata  nella  carta  d'Ahvìl- 
U  Achalai  ad  oriente  d' Argis^  che  Abulfeda  ajyptlla  Challatu  sembra  il  Pelo  aver. 


■o 


3o 

dtl,  Geichon ,  e  Gur ,  e  Araz .  ^^  e  niolti  altri  grandissimi  fiumi. 
£  circondato  da  monti ,  e  nuovamente  i  mercatanti  Genovesi  ban 
cominciato  a  navigare  per  quello,  ^^,  edi  qui  si  portala  seta 
detta  ghellie .  ^  In  questa  provincia  e  una  bella  città  detta  Ti- 
flis  y  ^7  circa  la  quale  sono  molti  castelli ,  e  borghi ,  e  in  quella 


dedotto  il  nome  del  lago.  U  Geografo  Arabo  narra  che  nel  «uddettolago  il  pesce  dettn 
Tarnag  è  molto  ricercato .  Marsden  dice  esaere  una  specie  d'  Aringa  (Not.  lao). 
£  tuttavia  una  particolariti  degna  di  osservazione  che. nella  Carta  aggiunta  a  Muse 
di  Chorene  il  lago  d'  Erivan  porti  il  nome  di  Gelacunius  che  somiglia ,  a  Ge/ic- 
ehelat  del  Polo . 

64-  Rammenta  il  Polo  i  quattro  fiumi  più  celebri  che  credeva  metter  foce  nel 
Caspio  cioè  Herdil ,  Gheicon  t  Cur ,  Araz.  VErdil  é  1'  Edel  di  Jenkinson  che  cosi 
chiamano  ì  Tartari  il  Rha  o  il  F'olga.  11  Gheicon  è  Vlaik  o  Gaick .  Gli  altri  due 
sono  il  Cur  o  Cirus  degli  antichi  e  V Arasse  .  Abulfeda  rammenta  tre  di  detti  fiu- 
mi coi  nomi  d*  Atol  ^  di  Kor  e  di  Bassi  (Geograf.  p.  171  ).  Secondo  Ebn  Auckal- 
V  Aiel  è  un  fiume  che  viene  dalle  terre  dei  Russi  e  dei  Bulgari  (  Geog.  p.  i85  )  . 
Nasce  infatti  il  Folga  nel  circolo  di  Tei^er  da  alcuni  laghi ,  bagna  Novogorod  , 
Castui  e  volgendosi  a  scirocco  passato  Astracan  sbocca  nel  Caspio .  Il  Jaick  detto 
•ggidi  Ural  (  Pallas  Voy.  t.  II.  p.  548  )  nasce  nel  governo  d*Orenhurg  e  sbocca  nella 
riva  settentrionale  del  detto  mare .  L' Araz  ha  origine  alle  falde  del  monte  Ararai 
e  sboccca  non  già  nel  mare  come  lo  afferma  il  Polo  ma  nel  Cur  a  Tuvat .  Ciò  prò» 
va  che  il  nostro  viaggiatore  non  viaggiò  lungo  la  riva  occidentale  del  Caspio  non 
meno  che  il  padre  suo  e  lo  zio,  ma  che  ne  favellò  per  sentito  dire.Il  Gheicon  credono 
alcuni  (  Marsden.  not.  lai  )  che  sia  il  Sjhun  o  fiume  Osso ,  ma  questo  fiume  nom 
sbocca  nel  Caspio  ma  nel  mare  d' Arai .  Il  Cur  nasce  nel  Caucaso  ai  confini  della 
Mingrelia  traversa  la  Giorgia ,  bagna  Tefiis ,  ed  entra  nel  Caspio  in  faccia 
all'  Isola  di  Cura ,  Cjrrus  fu  detto  da  Tolomeo  e  formava  il  confine  dell'  Armefft 
e  dell'  Iberia  .  £  rapidissimo  nel  suo  corso,  (  GmeL  Decou.  des  Russes  t  IL 
p.  235  ) . 

65  •  La  notizia  che  i  Genovesi  navigavano  sul  Caspio  in  quella  età  di« 
mostra  la  loro  arditezza  e  vastità  di  traffico .  Ebbero  agevolezza  per  quelle  intra* 
prese  stante  i  loro  stabilimenti  in  Crimea  . 

66 .  Gmlin  parla  della  seta  che  si  raccoglie  alle  rive*  occidentali  del  Caspio  • 
Schaniakie  deve  celebrità  e  ricchezza  alla  seta  di  Kahalla  (  Decouv.  Des  Russes 
t.  II.  p.  a3i  ) .  Sallian  produce  anche  il  cotone  (  p.  a36  ) .  E  cosa  lacrimevole  Io 
squallore  attuale  di  quelle  contrade  floride  anche  ai  tempi  del  Polo .  Intorno  alla 
seu  detta  Ghellie  ,  o  Ghele  vedasi  (  1 1.  p.  i5  not.  ) . 

67.  Tefiis.  Molti  hanno  descrìtta  la  città  di  Teflis  capitale  della  Giorgia:  cosi 
ne  parla  Tournefort  che  ne  ha  dato  il  disegno  (  t.  III.  p.  168  )  .  Tefiis  è  una  citti 
grande  e  molto  bene  popolata,  le  case  sono  bas^e  ,  poco  chiare  ,  e  ordinariamente 
fabbricate  di  mattoni  é  di  fango  .  Ha  mura  assai  basse  :  le  strade  sono  male  la-' 
stricate.  Evvi  una  bella'piazza  vicino  al  Castello  che  risiede  sulla  sommità  della  città. 
Era  abitata  quando  visitolla  Tournefort  da  14000  Armeni  »  5ooo  Maomettani , 
Moo  Giorgiani  e  5oo  cattolici  Romani .  Passata  la  città  sotto  il  dominio  Russo , 
non  ha  oggidì  che  iSooo  abitanti.  (  Macdonal  Kinn.  Memoir.  p.  344)- 


3i 

Cristiani,  Armeni ,  Giorgiani,  e  alcuni  Saraceni,  e  Giu- 
dei ,  ma  pochi  ;  qui  si  lavorano  panni  di  seta ,  e  di  molte  altre , 
€  diverse  sorti,  gli  uomini  vivono  dell'arte  loro,  e  sono  sog- 
getti al  gran  re  de'Tartari  :  ed  è  da  sapere  che  noi  solamente  scri- 
viamo delle  princij)ali  città  delle  provincie ,  due  o  tre  :  ma  ve 
ne  sono  di  molte  altre  che  saria  lungo  seri verle  per  ordine ,  se  non 
avessero  qualche  special  cosa  maravigliosa  ;  ma  di  quelle  che 
abbiam  pretermesse  che  si  ritruovano  ne^uoghi  preaetti,  piii 
pienamente  di  sotto  si  dichiarano .  Poiché  a'  ha  detto  de'coniini 
dell'  Armenia  verso  tramontana  :  ora  diciamo  degli  altri ,  che 
sono  verso  mezzodì ,  e  levante . 

GAP.    VI- 

Della  prosai ncia  di  Moxul^  e  della  sorte  di  abitanti  j  e  popoli 
Curdi  j  e  mercanzìe  che  si  Janna. 

« 

Moxul  ^  è  una  provincia  nella  qual  abitano  molte  sorti 

.*  1      11  1*  1  1^  M*  1     •  «Al* 


ti ,  e  Armeni,  e  hanno  un  Patriarca  che  chiamano  lacolit ,  ^  il 
qual  ordina  Arcivescovi,  Vescovi^  e  Abbati,  madandoli  per 
tutte  le  parti  d' India ,  e  al  Cairo ,  e  in  Baldach ,  e  per  tutte  le 


fi6.  ilfoAil  dice  Maodonald  Kinner  con  un  piccolo  territorio  forma  un  indipen* 
dente  gevemo  sotto  un  Basta  a  due  code.  É  sulla  riva  occidentale  del  Tigri  :  la  sua 
Latitudine  36.*  ai."  soggiunge  come  la  città  é  in  un  grandissimo  squallore  stante 
le  sue  vicende  •  Fu  assediata  da  Saladino  :  indi  presa  dai  Mogolli,  tre  anni  dopo 
la  presa  di  Baldaeca  •  Fu  di  poi  rovinaU  da  Tìmur  ,  e  superata  da  Nadir  Shah 
Del  1743:  le  migliori  fabbriche  sono  cadute  in  rovina  •  F4  tuttora  SSooo  anime 
TLrcU  ,  Kurdi ,  Giudei ,  Armeni ,  Neatarianii  e  Arabi.  Nell'opposta  riva^  e  a  tre 
quarti  di  miglio ,  nel  Villaggio  di  RurUa  è  a  qualche  dicono  il  sepolcro  di  Giona  : 
ivi  credesi  che  fosse  fabbricata  Ninive  •  Fu  eretta  una  nuova  Ninive  dopo  la  di- 
struzione dell'  antica ,  di  cui  veggonsi  alcune  rovine  che  consistono  in  un  muro 
non  più  alto  di  ao  piedii  ed  una  fossa.  (  MacdonaL  Kinn.  p.  aSj  )  • 

69  •  Nesiorini  e  JacopitU  intomo  ad  essi  e  al  loro  Catolico  che  corrotta* 
mente  il  Polo  chiamò  Jacolit  o  Jaoolic  seguendo  il  modo  di  pronunziare  detta  voce 
degK  Arabi,  che  lo  appellano  Jailik  (Renaudout  Àncien-Relat  des  Ind.et  de  la  Chin. 
p.  aSg  )  vedasi  V  introduzione  (  Lib.  IV.  e.  7  ).  Ma  ir  titolo  di  Catolico  è  esclusi- 
vo oggidì  del  capo  della  setta  Nestoriana,  mentre  i  Jacopini  o  Giacobiii  in  odio 
ddl'  altra  hanno  dato  alloro  capo  il  titolo  di  Mofriati  (  Renaud.  Le.) 


/^ 


3a 

bande  dove  abitano  Gristiani ,  come  fa  il  Papa  Romano  ;  e  tutti 
i  panni  d' oro,  e  di  seti  y  che  si  chiamano  MossuUni ,  si  lavorano 
in  Moxul  ;  e  cmeili  gran  mercatanti  che  si  chiamano  Mossulini , 
che  portano  di  tutte  le  spézierie  in  ^ran  quantità ,  sono  di  que- 
sta provincia ,  Ne**  monti  della  quale  abitano  alcune  genti ,  che  si 
chiamano  Curdi ,  '^  che  sono  in  parte  Cristiani ,  e  Nestorini ,  e 
lacopid  y  e  in  parte  Saraceni  ^  che  adorano  M acometto .  Sono 
uomini  cattivi,  e  di  mala  sorte  ^  e  rubano  volentieri  ai  merca- 
tanti .  Appresso  questa  provìncia  ve  n^  e  un  altra  che  si  chiama 
Mus,  ^  Meridin^  7'  neUa  quale  nasce  iofìiiito  bambagio,  del 


70 .  I  Curdi  conosciuti  tino  dalle  più  remota  antichiti  col  nome  di  Carduchi 
•ono  rammentati  da  Senofonte  e  da  Strabone  •  Continuano  a  pòBaedere  la  regione 
alpina  fra  V  jirmenia  e  la  Media  detta  perciò  Kurdistan .  Essi  sembrano  un  pò* 
polo  che  senza  mescolamento  discenda  dagli  antichi  abitatori  della  cotrada.  La  fa« 
miglia  di  Saladino  era  d'origine  Curda  (  Deguign.  L  I.  p.  4<6  )  .  Volnej  dice  che  le 
tribd  di  queUe  genti  sonosi  molto  estese  da  cento  anni  in  poi  neU'  Asia  inferiore  t 
e  Mprìes  i^e  incontrò  un  gran  numera  che  malcontenti  del  governo  Turco  andavano 
a'stabilhvi  a  Erivan  sotto  il  governo  Persiano  [  Yoy.  t  II.  p.  41&  )•  Sono  iftati  quasi 
sempre  indipendenti  e  a  tempo  degli  antichi  Persiani  9  e  sotto  i  (J^uliffi»  ed  anche 
tuttora    per  quanto  apparentemente  tributar)  degli   Ottomanni .  Crede   Niebuhr 
che  'i^stesse  presso  di  loro  una  specie  di  governo  feudale.  Qgni  borg&ta'a  u^  capo  : 
e  sono  alti  estimatori  della  nobiltà .  Le  civili  dissensioni  hanno  obbligate  ^alcune 
tribù  di  quelle  genti  a  darsi   alla  vita  errante  e  vagabonda,  e  sonosi  sparse  nel 
Diarbekr,  nelle  pianure  di  Erierum^  di  Erivan^  di  SivaSf  di  Aleppo^e  di  Damasco  • 
Essi  passano  per  esser  dediti  al  ladroneccio.  Si  dicono  Maomettani,ma  non  sembrano 
attaccati  a  veruna  credenza.  Pretendesi  che  sussista  presso  di  loro  una  setta  che  ado« 
ra  il  maligno  spirito,  lo  che  sembra  un  avanzo  delle  abominazioni  di  Canaan,  Parlano 
tre  dialetti  differenti  ;  non  hanno  le  aspirasieni  deUa  favella  Araba,  ma  il  loro*  lin- 
guaggio somiglia  al  Persiano  (  Volney  Voy.  en  Siry.et  en  Aegipt.  t.  I.  p.  340  ).  Secon- 
de Macdonald  'Kiutier  i  Curdi  sono  robusti ,  valorosi  4.  e  temperanti^  e  vivono  lun« 
gamente  •  (  Geograpb.  Mem.  p.  i4a  )  •  Dice  il  Polo  che  alcuni  di  essi  sono  Cristiani 
delle    diverse  sette ,  è  può  darsi  che  ciò  accadesse   ai  tempi  delle  Crociate  : 
non  è  cosi  oggidì . 

71 .  ^us  e  Musch  e  Meridin  sono  due  cittì ,  capitali  forse  allora  di  alcuna 
provincia.   La  prima  ài  dette  città  e  segnata  neHa  Carto  d'AnviUe  a  occidente 
d'  Argish  e  a  mezsodi   deH'  Eufrate  ;  di  Merdin  ha  parlato  Macdonald  Kìnner  •  É 
alle  rive<lel  Tigri  addossata  ad  un  monte  con    un  castello/  forte  città  per  si- 
tuazione. Secondo  esso  occupa  il  locale  dell',  accampamento  Romano  di  Jlfari/^  a 
consèrva  tuttóra  aparenza  di  Romana  città,  fa  oggidf  ùndicimila  anime  fra  Armeni  , 
Ebrei ,  1\irchi ,  Arabi ,  e  Curdi  .  La  città  è  disUnte  46  Parasanghe  da  Àfossul^  di- 
ciotto  da  Didrbekr  (  p.  264  ) .  Le  escursioni  rapidissime  che  fa  il  Polo  nelle  sue  re- 
lazioni si  ravvisano  dà  questo  capo .  Esso  dall'  Armenia  Minore  conduce  il  leggitore . 
sino  alla  riva  settentrionale  del  Caspio^  indi  lo  riconduce,  sino  a  Mos^l:  di   1 
lo  fa  risalire  sino  a  Merdia^  indi  retrocede  sino  a  Btddacca  :  di  là  lo  riconduce  a 


33 

<|ual  si  fa  gran  quaniità  di  boccaMini,  e  di  molti  altri  lavori 
Vi  souo  artefici  ^  e  mercatanti ,  e  tutti  sono  sottoposti  al  Ae  dei* 
Tartari.  Avendosi  detto  della  Provincia  di  MoxuL  ora  narreremo 
della  ^aa  città  di  Baldacli . 

GAP.  VIL 

• 

Sella  gran  città  di  Baldach ,  Wi^ero  Bagddet ,  che  a  ntica- 
mente ,  si  chiamas^a  Babilonia ,  e  come  da  quella  si  na^ 
viga  alla  Balsara  sopra  il  Mare  ,  che  chiamano  d"  India  j 
ancor  che  sia  il  Seno  Persico  y  e  del  studio ,  che  è  in  quella 
di  diverse  scienze  •        . 

Baldach  ^^  è  una  città  grande,  nella  quale  era  il  Califa, 
«ioè  il  Pontefice  di  tutti  gli  Saraceni  ^  siccome  il  Papa  di  tutti  i 


Tauris.  Ma  occorre  rammentarsi  che  ei  dice  che  la  direzione  generale  del 
Èlio  Viaggio  era  verso  Greco  Levante  nel  recarsi  al  Gran  Can ,  talché  fa  duo- 
pò  rigettare,  per  ravvisare  il  suo  vero  camino,  le  citta  che  sono  fuori  di  det* 
ta  linea  generale  di  direaione . 

ya  .  Béddacca  cobì  appellarono  Bagdad  gjC  Italiani  nei  secoli  di  mezzo  per  di* 
iftinguere  detta  città  dai  Cairo ,  che  appellarono  Babellonia  come  avvertimmo  di 
•opra  .  Infatti  cosi  V  spellò  il  Petrarca 

Sdo  ima  fé  de ,  e  quella  Jia  in  Baldacco . 

Part.  I.  Son.  CVI. 
Ed  ei  disse  Baldacco  sforzato  dalla  rima  .  Questa  città  fu  fatta  edificare  dai  Calìfle 
Alamansor  FAnno   i45  dell' Egira,  che  corrisponde  aU'Anno  762  dell*  Era  Cri* 
atiana  .  Dicesi  che  labbricassela  in  un  verde  prato  ove  era  un  abituro  di  un  soli* 
tario  detto  Dadf  e  che  perciò  la  città  ebbe  il  nome  dì  Bagdad  .  Oa  Alamansor  fu 
detta  MedinatO'Sàlami  o  città  della  pace  ,  (  Elmac.  Hist.  Sarac.  p.   loa  )  .  Dicesi 
che  fosse  ricostruita  sulle  rovine  di   Ciesifonie.  Abu-Jafer  Mansur  o  Almansor 
fabbrico  il  quartiere  della  città  che  è  a  occidente  del  Tigri  .  Divenuta  popolosa  il 
suo  successore  Mohdi  accampavasi  sull'  altra  riva  e  ivi  incomin9Ìossi  a  fabbricare  « 
e  perciò  si  distese  la  città  sulle  due  rive  del  fiume  (  Ebn.   AuckaL  Gepgr»  p.  66  )• 
U  fabbricato  deUa  citti  ai  tempi  del  Geografo  estende  vasi  dai  due  lati  luogu  il  fiume 
circa  cinque  parasanghe  e  comunicavano  i  due  quartieri  della  città  per  mezzo  di  un 
ponte  di  barche  .  Crebbe  ogni  di  in  opulenza,  abbellita  dai  Califfi  che  ne  fecero  la 
loro  residenza  sinché  non  cadde  in  potere  dei  Tartari  •  Abulfeda  dice  che  il  Palaz» 
ao  del  Califfo  occupava  un  terzo  della  città  ,  ma  era  più  tosto  un  quartiere  della 
medesima  abitato  anche  dal  popolo  e  cinto  di  mura  (  Geogfaf.  p.  a55  )  .   Questa 
città  disputata  dal  Perso  e  daU'Ottomanno,  sotto  la  ferrea  dominazione   dell'ultimo 
è  oggidì    in  grande  decadimento   (  Macdon.  p.  i!f6  J  per  quanto    sia    assai 
bene  fortificata  e  &bbricata.  Poche  vi  rimangono  dcUe  antiche  fabbriche  :  debbesi 


Gristiàbi^  e  i^t  mézzo-  di'  <{tteUa  cotte  un  grab  ftUme,  ^^  lì 
qaàlé  li  Met-catatìti  vatìfto  è*  vengono  con  le  lor  mercanzie  dal 
Mare  dell'India;  e  la  sua  lunghezza  dalla  città  di  Baldàcb ,  (ino 
al  detto  ^mare  si  computa,  comunemente ,  secondo  il  corso  dell' 
acque  diciasette  giornate  ;  i  mercatanti  y  che  vogliono  andare  alle 
parli  dell'  India  navigano  per  detto  fiume  ad  una  città  detta.  Ghisi  ^^ 
e  di  li  partendosi  entrano  in  mare;  e  avanti  ^  che  si  perven- 
ga da  Baldacb  h:  Chisi ,  si  trova  una  città  detta*  Bàlsara ,  7*  in- 
torno la  quale  nascono  per  li  boschi ,  li  miglior  dattoli,  che  si 
trovino  al  nlondo  ;  e  in  Baldach ,  si  trovano  molti  panni  d*  oro 
e  di  seta  ;  e  lavoransì  quivi  damaschi,,  e-  velluti  con  figure  di 
varj ,  e  diversi  animali:  e  tutte  le  perle,,  che  dall'  India  sono 
portate  nella  Cristianità  per  la  maggior  parte  si  forano  in  Baldach . 
In  questa  rfttà  si  studia  nella  legge  di  Macometto ,  in  TVegromaur 
fcia,  Fisica,  Astronomia,  Geomatitia,  e  Fisionomia;  '^  essa  è 
la  più  nobile,  e  la  maggior  città.,  che  trovar  si  possa  in  tutte- 
quelle  parti .. 


f|iWtto  deeadfwciìtò^!  tWrtJjTo,  fe  a!  bMtfcio  ffishJttòré-délT^co.'E  tuttora  gratid'ém- 
fK)Ho  delie  mtrfci  che  da  Basiora  pel  T^gri  traTspartanslper  carovana  é  Tbchat-^  a- 
Costantinopoli  f  a  Aleppo  f  9l  Damasco  t   e   neUa  parte  occidentale  della  Persia 
(  Mkcdonal  I.  e.  )  . 

73 .  Sodò  Bùldacda  cótiftùì^toitiò  11  ftgrì  e  V  Eafrate  presso  Ktr/fta  cinquanta 
miglia  a  settentrione  di  Bassora  ed  in  allora  il  ftume  prende  il  nome  di  Shat^uUArab^ 
Secondo    Macdonald     Kinneìr-   (  p.    I92  )   con    au    bu»a    Vento    sceodesi    da 
Bagdad  a  detta   eitti  in  sei   giorni;  e  ordinaria  mente  in  otto  o  dieci  (  p.  io). 
Di  Chigi  parleremo  posteriormente  tkia  fpti  è  da  avvertire  che  il  dire  )»  che  i 
!^  Mercatanti  navigano,  per  questo  fiume  ad  \jxtk  città  detta  'Chisi  t  non  significa 
T^e  per  giubgérvi  seguano  sempre  il  l^oi'So  iftel  'fittine  *   mentre  ChhL  è  città  in^ 
vAì.  isola  del  Setio  Persico  .  M;i  il  t^c^to  YiarraVa  qtteste  cost  di  questa. via  per  udito . 
dire,  e  non  grà  {iier  esservi  stato. 

^l^.Balsa^ùn  e  mèglio  Htiòsìrb  Cbidice  Betstira  wi<txitre   Mac6onald-Rinner 
tfsserva  che  U  òtttl  d^tu  da  fibì  Bùsit3tà  pitmcinciittidone  torr^tt^rmettte  fi  nome  dee 
appellarsi  Basra  e  cosi  appts^fbila  ì^à  Autk^l    (  p.  tfii  •)  ai  tempi  tie)  quale  era  in . 
-floriditaimo  statto .  E  una  citÈ&  fbndaita  da  Omar  4'  anno  di  G.  C  636 4]  Lat  m^'^o) 
iàulla  riva  oòctd^ntale  del  Shìu^ul-Aroh  Isettainta  miglta  distante  'dafr  imboccatura  di 
^i^ùel  nobliisìiimo  fiume  .  Le  mura  della  chtà  girano  tHrca  'sètte  ttiigflia .  £  una  delle 
)iiù  tti^te  citt^  del  Mondb  Con  strade  Strette .   £  Bozttt  0   mercati   sono    pieni  di . 
rióthé  metti»  ma  sono  mì^erabflmedte  fkbbricati .   F^  tttttoi^. sessanta  mila  anime 
«i  tmtè  le  tìa'zfcM  delf 'Orrentfe.  GH  Ambì  vi  predominano,  sono  fti  plccoi  numero  i . 
<*urctó  alghbri  laellfe  feiltà  *(  ÌVlacdOitad.  Wn.  p.  a!»  ) .  I  suoi  famoBÌ  boschi  di . 
'Dàttevi  Wno  bommend^i  iiaì  Hue  ramm^titati  Sctktori. 

75.  Gelebre  per  gliatuSTiè^Utu  Balàacoà  sede  Un  df  dei  Califfi  e  del  aapef^- 
^egU  Arabi ,  Ma  le  pretese -acierae  tfi  cui  qor  paiMa  "il  MoappartetievaQO  alta  ftisiu 


S5 


CAP.  vin. 


Come  il  Céùifa  Signor  di  BcUdach ,  fu  preso  ^  e  morte  ,  e 
del  mircicolo  ^  che  intra^eime  del  muover  di  uno  monte . 

Dowte  sapere  9  che  detto  Galifa  Signor  di  Baldach  7^  si  tro- 
vava il  maggior  tesoro  ^  che  si  sappia  avere  avuto  uoaio  alcuoo^ 
quale  perse  misereuiente  in  questo  modo.  Nel  tempo  che  i  a- 
jgooride  Tartari  comiaciorno  a  domioare,  erano  quattro  fratelli  ^ 
il  maggiore  de'  quali  nominato  Moagù  regnava  nella  Sedia .  e 
avendo  a  quel  tempo,  per  la  g^ran  potenza  loro  sottoposto  al  snp 
dominio  il  Cattayo,   e  altri  paesi  circostanti,  pon  contenti  di 


Arte  divinatoria.  Infatti  la  negronìanzia  era  r  indovinamento  per  via  dei  morti: 
la  ftstca  potea  essere  la  scienza  delle  cose  naturali;  ma  per  astìx)iK>mia^,  non  cre- 
do già  di'  ei  intendesse  la  scienza  che  insegna  tutto  r  ordinamento  dei  cielo  e  il 
corso  degli  astri,  ma  lo  studio  di  consultare  in  fuei  corpi  celesti  le  40ir,ti .  La 
geomanzia  era  r  arte  di  trarle  dai  corpi  terrestri .  La  fisionomia  lo  studiosi!  cono- 
scere la  natura  dell'  uomo  dalle  fattezze  e  dai  lineamenti  f  e  dall*  aria  del  Toito 
studio  tornato  alla  moda  ai  nostri  tempi . 

76.  Questo  CsdUBb  apf«Uavaai  Mosurnsem  principe  jndoliente  e  pfosHfnato. 
Ulagu  era  irritato  contro  di  esso  perché  non  avealo  soccorso  nella  guerra  eh'  ei 
fece  a  Roknedin  re  degli  Assassini .  La  città  era  in  preda  a  guerra  intestine,  e  a 
fazioni  eccitate  dai  scismi,  per  la  questione  se  creato  o  increato  era  1'  Alcorano  * 
Ma  maggior  turl^mento  eccitavano  nelle  cktà  i  Sunniti ,  e  gli  Scili .  I  Califfi  nel 
molle  lor  serraglicr  non  gode^ranoche  uà  ombra  d'autorità  che  era  passatoi  ai  Yisìri,  p 
agli  Emiri  loro  ministri .  Ahuifeda  alla  vendetta  del  .Visir  di  Mostaasem  attribui- 
sce gì*  infortunj  del  Califfo  .  Gii  Sciti  vinsero  i  Sunniti  «  incoraggiati  dal  figlio  del 
Califfo  abusarono  della  vittoria  col  disonorare  le  «ionpe  dei  loro  nemici .  Il  Visir  in- 
vitò i  l^artarì  a  pórre  l'assedio  alla  città  (Abuhf.  fitst.  Muslem.  t.  IV.  p.  522  e  seg.). 
Ulagu  accostovvisi  con  potente  esercito,  ila  .ctpcaiwalló  4:on  fossa  e  muro.  'F«ce  uso 
deHe^  macchine,  preparo  il  fuoco  Greco  e  Hiè  l'a'stfako.  fu  occupata  uns^  t9rre  e  par- 
te della  muraglia.  Vaoameixte  avendo  trattato  il  Califfo  col  Can  dei.  Tartari,  secondo 
Abulfeda  ad  istigazione  del  Visir  si  die  in  manu  di  esso.  Superata  la  città  e  il  pa- 
lazzo del  Califfo  ne  furono  passati  a  fil  di  spada  gh  abitanti ,  e  fu  abbando- 
nata al  sacchéggio.  Finalmente  i<  Tartari  dissetati  di  sangue  l'araldo  promulgò 
pace  e  sicurezza .  Furono  fatte  uscire  'dal  serraglio  del  Califfo  700  dcm- 
ne  o  sue  o  dei  figli,  e  Sooeunchi.  £  incerto  come  ei  fosse  ucciso  :  alcuni  dico- 
no strangolato,  altri  che  fosse  chiuso  in  un  sacco  e  accoppato  ,  altri  gittato  nel  J^igti 
(Deguig.  t.  ly.  p.  i3i  e  seg.  ) .  Aitpne  Ar.rpeno  concorda  cpl  Polo  mtorno  ai  parti- 
colari della  sua  morte  (  Ram.  t.  II.  p.  58  ).  Incpminció  a  regnare  ,  ,1'  An.  1243  mo^- 
ri  nel  i9i5^  e  fu  1*  %iltimo  dei  CalifiEL  Abassidi  la  cui  d  basti  a  durò  524  Anni^ 
(  Abuifarag.  llist.  Dinast.  p.  55q  ). 


36 

questi ,  ma  desiderando  aver  molto  più  j  sì  proposero  di  soggio- 
gare tutto  l'universo  mondo  ^  e  però  lo  divisero  in  quattro  parti^ 
cioè  che  uno  andasse  alia  volta  aell' Oriente ^  un'altro  alla  banda 
del   Mezzodì  per  acquistare  paesi,  e  gli  altri  alle  altre  due  par- 
ti .  Ad  uno  di  loro  nominato  Ylaù  venne  per  sorte  la  parte  di 
Mezzodì.    Costui  ragunato  un  grandissimo   esercito,  primo  di 
tutti ,  cominciò  a  conquistar  virilmente  quelle  provincie ,  e  se  n». 
venne  alla  città  di  Baldach  del  i^^So,  ^^e  sapendo  la  gran  fortezza 
di  quella  ^  per  la  gran  moltitudine  del  popolo  che  vi  era ,  pensò 
con  ingegno  piuttosto,  che  con  forze  di  pigliarla.  Avendo- egli 
adtmque  da  centomila  cavalli  sen^a  ì  pedoni  :  acciocché  sì  CaliTa  ^ 
e  alle  sue  genti^,  che  ei*ano  dentro  delta  città,  paressero  pochi, 
avanti  che  sìippressasse  alla  città  ^  pose  occultamente  da  un  lato 
di  quella,  parte  delle  sue  genti ,  e  dalF  altro  ne'boschi  un'  altra 
parte ,  e  col  resto  andò  correndo  (ino  sopra  le  porte .  IL  Galifa 
vedendo  quello  sforzo  essere  di  poca  gente,  e  non  ne  Hacendo- 
alaiA  conto ,  confidandosi  scemante  nel  segno  di  Manometto  y  si 
pensò  del  tutto  distruggerla ,  e  senza  indugio  eoo  la  sua  genie 
uscì  della  città .  La  qual  cosa  veduta  da  Ylaù ,  fingendo  di  fug- 
gire ,  lo  trasse  fino  oltre  gli  arboii  ^  e  chiusure  di  boschi  dove  la 
gente  s*era  nascosta;  e  qui  serratoli  tu  mezzo  gli  rup]>e,  e  il  Car 
Ufà  fu  preso  insieme  con  la  città  ;  dopo  la  presa  del  quale ,  fu^ 
trovata  una  torre  piena  d'oro  :  il  che  fece  mollo  maravigliare  Vlaù. 
Dove  che  fatto  venire  alla  sua  presenza  il  Califa ,  lo  riprese  gran- 
demente. Perciocché^  sapendo  della  gran  guerra ,  qhe  gli  veniva 
addosso ,  non  avesse  voluto  spendere  del  detto^  tesoro  io  soldati , 
che  lo  difèndessero  ;  e  però  ordinò ,  che  fosse  serralo  in  detta  tor- 
re senza  datali  altro  da  vìvere  j  e  così  il  misero  Galifa  se  ne  mori 
fra  il  detto  tesoro».  la  giudico.,  che  il  nostra  Signor  Messer  Gesù 
Grlsto  volesse  far  vendetta  de'  suoi  fedeli  Gristiaoi  dal  detto  Galir 
fa  tanto  odiati.  Imperocché  del   i^aS  stando  in  Baldach  deno 
Galila ,  non  jìensava  mai  altro  ogni  giorno  ;  se  non  con  che  mo- 
do,  e  forma  potesse  far  convenire  alla  sua  legge  gli  Gristiàni  alii- 
lauti»  nel  suo  paese,  ovvero  non  volendo.,  di  lai^li.  morire.  £  dir 


77 .  La  d^ta  dèìU  presa  di  BlJdùcca  varia  nei'  varj  codici .  Il'Riccardìano  pofv 
la  come  questo  ran<  laSo.  Il  nostro  I255.   Ma  Abulfeda  (  Hist  MaseL  t  IV.  p. 
S54  )  in  ciò  seguito  dal  Degnignes,  e  dalT  Aite  di  verificare  le  Date  ]^t  queii'avva^ 
«iiuento  coBae  accaduto  nei  ia58. 


^7        . 

«nfandàndó  sopra  di  ciò  ii  consiglio  de'  savj ,  fo  trovato  un  puoto* 
deUa  scrittura  nelF  Evangelio,  che  dice  cosi .  Se  alcuno  Cristiano 
avesse  tanta  fede  quanto  è  un  grano  df  senapa ,  porgisndo  i  suol 
preghi  alla  Divina  Maestà  ,  fària  muover  i  monti  dal  suo  luogo  ^ 
del  qual  punto  rallegratosi ,.  non  credendo  per  aleun  modo  que« 
sto  essere  mai  possibile  y  mandò  a  chiamare  tutti  i  Cristiani  Ne- 
storini ,  e  lacopiti ,   che  abitavano  in  Baldach ,  eh'  erano*  in  gran 
quantità  ,  e  disse  loro;  è  vero  tutto  quello ,  che  il  testo  del  vo- 
stro  Evangelio  dice  ?    A  cui  risposero  ;  è  vero .  Disse  loro  il 
Cali  fa  :  ecco  che  s'egli  è  vero,  qui  si  proverà  la  vostra  fede  «. 
Certamente  se  tra  voi  tutti  non  è' almeno  uno ,  il  qual  sia  fedele 
Tèrso  il  suo  Signore  m  cosi  poco  di  fede ,  quant'  è  un  grana  di 
sennpa ,  allora  vi  riputerò  iniqui ,  reprobi ,  e  infedeHssum .  Per 
il  che  vi  assegno^  dieci-  giorni ,  fra  i  quali  y  o  che  ve»  per  virtùi 
del  vostso  Dio  farete  muovere  i  monti  qui  astanti ,  ovvero  tor*^ 
rete  la  legge  di  Macometto^  nostro^  profeta ,  e  sarete  salvi ,  ovve- 
ro non  volendo ,  /arovvi  tutti  cioidelmente  morire .  Quando  i  Cri-r 
sliani  udirono  tali  parole,  sapendo  la  sua  crudel  natura  j  che  solo 
faceva    questo    per  spogliargli  delle    loro  sostanze ,  dubitarono 
grandemente  della  morte  ;  nondimeno  confidatosi  nel  suo  Reden^^ 
tore,  che  gli  libereria,   si  congregarono  tutti  insieme,  ed  eb- 
bero fra  loro  diligente  consiglio  :  ne  trovorno  rimedio  alcuno ,  se 
non  pregare  la  Maestà  Divina ,  che  gli  porgesse  Y  a)uto  della  sua 
iniserìcordia .  Per  la  qual  cosa  tutti ,  così  pìccdii  come  grandi , 
giorno  e  notte  prostrati  ia  lerra  eon  grandissime  lacrime ,  non  atr 
tendevano  ad  altra,  che  a  far  orazioni  al  Signore  ;  e-  così  perseve- 
rando per  otto  giorni ,  ad  un  vescovo  di  santa  vita ,  fu  divinamente 
rivelato  in  sogno ,  che  andasseroi  a  trovar  un  calzolaio ,  il  quale 
avea  solamente  un  occhio,  (il  cui  nome  non  si  sa)  che  lui  comandasse 
al  mo!ite^,che  per  la  divina  virtù  dovesse  moversi.  Mandato  adun- 
que per  il  calzolajo,  narratoli  la  divina  rivelazione  ^  gli  rispose 
che  lui  non  era.  degno  di  quest'  impresa^  perchè  i  meriti  Suoi 
non  ricercavano  il  premio  di  tanta  grazia  :  non  dimeno  facendo- 
li di  ciò  grande  istanza  i  poveri  Cristiani ,  il  calzolajo  assentì  : 
e  sappiatevi  che  egli: era  uomo  di  buona  vita,  e  di  onesta  con- 
versa zione,piiro  e  fedele  vereoil  nostroSìgnor'Iddio,frequentando  le 
rnesse,e  i  divini  offici^attendeva  con  un  gran  fervore  alle  limosine,e 
adigiuni;  al  qualintravenne, che  essendo  andata  a  lui  una  bella  gio- 
vine,per  compr;irsi  un  pajo  di  scarpe,  e  mostraod*  il  piede  per  pruo- 
var  quelle ,  si  alzò  i  panni  per  modo  che  gli  vide  la  gamba ,  per  beU 


3f 

IfèttA  delk  qnalé,c&  odmmvMsè  indiaaQMdpeQneri^mii  subito  rìforat* 
M  iti  66  itiuMlò  via  la  domia,  a  considerata  ia  parola  deli'  £vaiig«* 
Ilo,  che  dice  ;  «e  V  occhio  tuo  ti  scandalizza ,  cavatelo ,  e  getta- 
lo via  <la  le ,  perchè  è  meglio  andar  eoa  aa'  occhio  in  Paradiso , 
che  con  due  nell'inferno,  immediate  con  una  delle  stecche,  che 
adoprava  in  bottega,  si  cavò  l'ocdiio  destro,  la  qual  cosa  dimos- 
trò manilestaniente  la  grandezza  deUa  sua  costante  fede .  Venu- 
to il  giorno  determinalo ,  Ja  mattina  a  1>uoq  era  celebrati  i  divi- 
tn  officj ,  con  grandissima  devozione  andarono  alla  pianura  , 
dove  era  il  monte  ^  portando  avanti  la  croce  del  nostro  Signore. 
11  Califa  ,  similmeiMe  credendo  essere  una  cosa  vana ,  che  i  Cri- 
stiani potessero  mandar  queste  cose  ad  effetto ,  volse  ancor  lui 
esser  presente  con  gran  sforzo  di  gente  per  distruggerli ,  e  man- 
darli in  perdizione,  e  quivi  il  calzolaio  levate  le  mani  al  cielo  , 
slarido  avanti  la  croce,  in  ginoocliioni ,  umilmente  pregò  il  suo 
Creatore,  che  pietosamente  riguardando  in  terra,  a  laude,  ed 
eccellenza  del  nome  suo ,  e  a  fermezza ,  e  corroborazione  della 
fede  Cristiana ,  volesse  porgere  ajuto  al  popolo  suo ,  circa  il  co- 
ttandannento  a  loro  ingiunto ,  e  dimostrasse  la  virtù  ,  e  potenza 
ai  detrattori  deHa  sua  fede  :  e  finita  l' orazione ,  con  voce  alia 
disse  •  [n  dome  del  Padre ,  e  del  Figliuolo ,  e  dello  S|>iriio  San- 
to ,  ooma^do  à  te  monte ,  che  ti  debbi  muovere .  Per  le  qii?! 
parole ,  H  monte  n  naosse  con  mirabil  ^  e  spauroso  tremor  della 
terra  :  e  il  Califa  ^  e  tutti  i  ciroestauti  con  grandissimo  spa veato 
rimasero  afClontti ,  ^  stupefatti ,  e  molti  di  loro  si  fecero  cristia- 
ni,  e  il  Califa  in  occulto  confessò  esser  Cristiano ,  e  }X)rtò  senir 
^>re  la  croce  nascosa  sotto  i  panni ,  la  qual  dopo  morto  trovata- 
li addosso ,  fu  causa ,  dhe  non  fosse  sepolto  nell'  arca  de'  suOi 
predecessK»ri  ;  e  pei*  questa  singular  gi*azia ,  concessali  da  Iddio, 
tutti  i  Cristiani ,  NesiorÌDÌ ,  e  Jacopiti ,  da  quel  tempo  in  qua 
celebrano  solennemente  il  ^orno  che  tal  miracolo  iutraveane, 
digiunando  la  sua  vigilia .  7» 


;8 .  H  nostro  viaggiatóre  abbnndooftta  r  Armenia  ,  trasportò  il  Mtore  lungo  fl 
^orso  del  Tì^ri  sino  ai  Golfo  P^rsieo^  e  tutto  a  un  tratto  ora  ricondocèlo  àlauris  o 
Tebriz  che  «  nel  suo  voro  cammino  del  Catajo .  Nel  Testo  da  noi  pubblicalo  pare 
che  avverta  di  questa  lunga 'retrocessione ,  col  dire.  »  Non  diremo  {>iù  di  Baudat 
»  perché  sarabbe  lunga  mena,  e  diremo  della  nobile  x:ittà  di  7bm .  je»  (  p-  i4  }  • 


39 
€AP.    l£ 

Della  nobil  città  di    Tauri s  ^  ph^-  è  nella  provincia  di 
Ifirachj  e  dalli ^  mercatanti ^  a  abitanti  in  quella. - 

T»iris  è  una  città  grande ,  ^;  situtu  iow  uiu  proyiacia  po^ 
minata  Hiraoh,  nella  quale  sono  molte  altre  città,  e  cartelli f 
ma  TaarÌ6  è  la  più  nobile ,  e  più  popolata  y  gU  abitatori  vivo- 
no delle  mercanzie,  e  arti  loro,  perchè  vi  si  lavora  di  diverse 
sotti  di  panni  d*  oro ,  e  di  seta  di  gran  valuta  ;  ed  è  posta  que*. 


79.  Txatris  .  n  Pòlo  pone  Ttfftris  nelk  Provincia  dotte  /roc-^^  .quoAtuQfue 
sia  la  Capitale  deir  Àderbijan^  (  Abulfod.  Hiat  Mulen».  t  Vf.  p«  17  }  •  JMa  qiieKt 
emende  guerre  aveano  alterate  tutte  le  confinajiojii  degli  atati  •  Cbar(]|ÌKì  (  t*  L 
p.  a54  )  deaeri  ve  queata  bella  città,  che  era  ai  suoi  tempi  la  fteconda  della  Persia 
per  grandezza,  ricchezza ,  commercio ,  e  popolazione  cV  ei  valutava  di  5oo,ooo 
anime,  per  quanto  venisse  asserito  al  viaggiatore  che  contenovane  il  doppio  •  £ 
posta  ili  piano  alla  pendice  d'un  «onte:  é  di  forsia  regolare  e  .senM  mura  •  P>%>' 
fiumi  traversaoo  la  citti ,  I  Bazar  'O  Mercati  ^  i  Caravanserai ,  le  Mo/(chep  ^MU> 
ai  tempi  del  viaggiatore  magnifiche  •  La  piazza  era  una  delle  pid  vaste  d^l  mondo; 
conteneva  due  SpadaB  capaci  di  5ooqo  persone  •  Pfei  giardini  si  aòllazzavanó  i 
suoi  abitanti  la  sera,  nei  quali  intervenivano  giocolieri ,.  buffoni ,  saltatori  ;  ^  si 
davano  combattimenti  di  tori,  e  di  castrati ,  vi  si  declamava  in  niM  f  j»  9^^ 
aa ,  il  balla  del  lupo  era  un  divertimento  gustato  assai .  X^ncprr/e,vanvi  atranjf> 
ri  d'ogni  contrada:  trafficava  con  la  Turchia,  la  Moscovia  ,  la  Tartaria  ^  l'India^. 
il  Mar  Nero.  £  vi  si  fabbricavano  i  più  bei  turbanti  di  Persia  »e  da  6000  balle  di- 
tetene .  L*  aria  di  Thòriz  è  asciutta  e  salubre  ma  il  freddo  è  assai  rigido .  Il  Ca- 
*  spio  da  cui  è  distante  40  leghe  fornisceli  ^il  pesce.  Nella  prossi  miti  della  città  so- 
novi  cave  d'alabastro.  É  una  ooaa  degna  4' osaerva^iocie  quantp  ^  Ob^rijìn  in. 
poi  sia  decaduta  .  La  cilti  attuale  AO0«oca|ipa  jl  dAetmo  adatta •s«w.flfisaa4#>ffttf»<9P'* 
ne,  e  non  ha  ire  miglia  e  «Mzao.di  gioo(  Moriaa  i.iLfi.  S8^«  fa  ao^UuaP  ItreaM 
mila  abitanti  qnantunqi^  aia  di  nuovo  la  capkafe  della  Ptrsift  <  Af a«A>p»  J^Ull^ 
p.  i5i  )  (  Lat.  56'' IO*  luRg«  46*5f  )  .CaedAiio  alount  4otli  cdeaiaX  AtlMa  ^f^^^ 
na  per  quanto  il  consenso  dei  pili  orada  JCho  Sùk^ana  aialaflMdeisia*Qklft  àìN0^ 
madan  .  D'  Aitville  opina  che  Tsòpit  loato  J*  antica  QmaMiO  CàùaMm*m»  £Ì0Offl#r 
pose  i  tesori  di  Creso.  I.  Peraianì  credono  «he  la  fondaste  Hobèida  iMgljfe  di 
l/orii/i^/./biicAid  neU' anno  i65deir£gÌMi(Macdon.  l^iqn.  p^  i&i  >  li  atUiatogi» 
del  sua  nome  che  sembra  la  piti  probabile  a. Chardin  è  che  derivi' dalie  due  voci 
Toh  la  febbre  e  n^  che  significa  espellente  (  MorieS'  I.  e.  )  cioè  luogo  che  caccia 
le  febbre.  Ula^u  la  fece  la  capicale dell'linpero  PerWco-Tìsrmro^ da  lui  fondato 
(Deguign.  t.  I.  p*.  282).  Continuarono^»  risedervi  i  suoi  successori,  o  da.  quella  città 
passò  il  Polo  nell'andare  al  Catajo^  e  ivr  condusse  la  Principessa  Cógatin  ai  ritorno, 
2»  strada  seguita  dal  Polo  pare  che  da  Sis  fosse  per  Di€urbekir^  di  cui  non  fa  men#- 
wme  ger  Mush ,  per  Argise  indi  a  Tebriz^» 


4o 

SU  città  in  tal  parte ,  che  dalU  India ,  da  Baldach ,  da  Moxut , 
da  Cremessor ,  ^  e  dalle  parti  de'  Cristiani ,  i  mercatanti  vengo- 
no per  comprare  ,  e  vender  diverse  mercanzie .  Quivi  si  trova- 
no eziandio  pietre  preziose,  «  perle  abbondantemente^  quivi 
gli  mercatanti  fot  estieri  fanno  gran  guad;igno ,  ma  gli  abitatori  sono 
generalmente  poveri ,  e  mescolati  di  diverse  generazioni ,  cioè 
Nestorìni ,  Armeni  j  Jacopiti  ^  '  Giorgiani ,  e  Persi ,  e  le  genti 
dhe  adorano  Macometto  è  il  popolo  della  città,  che  si  chia- 
mano Taurisini ,  e  hanno  il  parlar  diverso  fra  loro  :  la  città 
è  circondala  di  giardini  molto  dilettevoli,  che  producono 
ottimi  frutti ,  e  i  Saraceni  di  Tauris  sono  perfidi ,  e  mali  uomi- 
ni ,  e  hanno  per  la  legge  di  Macometto ,  che  tutto  quello ,  che 
tolgono ,  e  rubano  alle  genti ,  che  non  sono  della  sua  legge ,  sia 
ben  tolto ,  ne  gli  sia  imputato  ad  alcun  peccato ,  e  se  i  Cristiani 
gli  ammazzassero,  o  gU  facessero  qualche  niàle^  sono  riputati 
Martiri:  e  per  questa  causa  se  non  fossero  proibiti,  e  ritenuti 
per  il  suo  Signore ,  che  governa  ,  commetterebbono  molti  mali  : 
e  questa  legge  osservano  tutti  i  Saraceni  ;  e  in  fine  della  vita  va  a  lo- 
ro il  sacerdote ,  e  dimandali  se  credono ,  che  Macometto ,  sia 
stato  vero  nunzio  di  Dio  ,  e  se  rispondono  ,  che  lo  credono , 
sono  salvi  ;  e  per  questa  facilità  di  assoluzione ,  che  gli  concede 
il  campo  largo  a  commettere  ogni  sceleraggine ,  hanno  converti- 
te una  gran  parte  de'  Tartari  alla  sua  legge  ^  per  la  quale  non 
gli  è  proibito  alcun  peccato ,  Da  Tauris  in  Persia  sono  dodici 
giornate . 


So.  Maraden  crede  che  Cremes»or  sia  Mormuz  (  not.  146  )•  Io  ^<A  crederei  per- 
chè di  Hormus  parla  poateriormente,  appellandolo  col  suo  vero  nome  di  Ormus  (  e 
XL  ) .  Ongetturerei  che  intendesse  di  parlare  del  paese  di  Guermsyr  che  e  il  Ulte* 
rale  del  golfo  Persico  che  si  stende  dalie  bocche  del  Chai^Ml^Ar^  sino  al  Larisia» 
di  cui  parlasi  {  n.  4  io  ) .  In  fatti  gli  sarà  sUto  narralo  che  inviaransi  i  cavalli  ai 
paese  caldo  o  al  Guermsjrr  per  imbarcargli  .per  r  India  come  noi  diciamo  che  in- 
viamo le  merci  alia  Marina ,  anzi  il  Geografo  Nubiense  fra  te  città  della  Corame- 
ma  pone  Czennasin  tre  suzioni  lontano  da  Hormo*  (  p-  i  »9  )  che  sembra  essere  ii 
Crmmunr  del  Palo  nella  provincia  predetta . 


4^ 

••  •  •  "         ,  . 

CAP.    X. 

Del  Monastero  del  beato  Bar  santo  j  che  e  ne^  confini 

di  Tauris^ 

Né*  confini  di  Tauris  e  un  Monastero  intitolato  il  tcato  Bar- 
samo,  '»  santo  molto  devoto.  Quivi  è  un  Abate ,  con  molti  mona-' 
ci,  i  quali  portano  V  abito  a  ^uisa  di  Carmelitani  ;  e  questi 
per  non  darai  all' ozio,  lavorano  continuamente  cintale  di  tana ^ 
le  quaH  poi  mettono  sopra  V  altare  del  beato  Carsamo,  quando  sì 
celebrano  gli  officj ,  e  quando  vanno  per  le  provincie  cercando 
(còme  i  frati  di  San  Spinto)  donano  di  quelle  ai  loro  amici,  ed 
agli  uomini  nobili ,  perchè  sono  buone  a  rimuovere  il  dolore  ,  che 
alcun  avesse  nel  cor]K>,  e  per  questo,  ognuno  ne  vuol^  avere 
per  devozione  ^ 

GAP.    XI. 

iJeì  nome  di  otto  regni  ^  che  sono  nella  provincia  dì 
Persia,  e  della  sorte  di  cas^alli^  e  asini ,  che  p^ì  sì 
trescano  •  ^* 

Nella  Persia ,  quaP  è  una  provincia  molto  grande ,  vi  sono 
molli  regni ,  i  nomi  dedali  sono  gU  sottocrittì .  Il  primo  regno  , 
il    quale  è   in  princfpio  ,   si  <^àma   Casibin  .   ^*  11   secondo 


8i.  Crede  il  Marrden  queato  B.  Bartamo  sìa  &  Barsinco  Vcacovo  A*Edessa 
dhc  fiori  nel  secolo  secondo  della  Chiesa  (  not  i55  ). 

82 .  Nel  testo  d'a  noi  pubblicato  è  preceduto  questo  Capo  da  un  ftivoloso  rac* 
«Olito  intorno  ai  tve  Magi  che  udì  in  Persia,  (  e.  ly  )  eh*  ei  soppresse  saviamente 
ìici  ritoccare  iliV^Ailione  come  si  legge  nella  Ramusiana  Lezione.  Tuttavia  quel  ca- 
po contiene  uiva  preziosa  notizia,  che  il  Polo  era  stato  alla  città  di  Saba  o  Sava 
che  è  sulla  stwida  che  da  Ormuz  conduce  a  Casvin  ft  eh'  ci  fece  al  suo  ritorno  dal 
Catajo  ,  e  che  ne  determinala  vera  direzione . 

85.  lì  l'àko  seguendo  la  Strada  che  da  Tebriz  conduce  al  Caiajo^  dovè  giorgcre 
a  C^zvin  o  Casbin ,  e  da  quesu  citti  ove  fece  capo  nell'  andare  e  alla  tornata  si 
parte  per  descriver  la  Persia ,  di'  ei  divide  in  otto  Reami ,  o  per  meglio  dire  provin- 
eie,  aU^ e  quali  sovente  da  il  nome . di  alcune  deUc  citti principali  di  quel  reame . 
Scegli#;remo  fra  le  molte  varianti  date  nel  primo  volume ,  le  più  analoghe  agli  attuai* 
M  Tioira ,  di  quei  luoghi  o  provinole.  £i  dice  che  il  primo  regno  il  quale  in  principio 

6 


4» 

qaal'  è  verso  mezzodì,  si  chiama  Gnrdistan  ^  ^^  H  terzo ,  Lor,^ 
verso  Tranwntana .  Il  quarto ,  Souliston  ^ .  H  quinto ,  Spaan ,  ^ 
H  sesto ,  Siras  ^ .  FI  setximo ,  Soncara  ^  L'ottavo ,  Timocaim ,  ^ 


^  Casibin^  o  Casrin  leoondoU  Lezione  del  Magliabechiano  II.  ch'e  il  paese  di  Cas^nm 
con  città  di  Ul  Qogie  o^di  ia  i?oviaa  ,  altre  Tolte^  tenuta  come  una  delle  più  grandi 
e  lk>pol^te  della  P'*rsia(Lat-  56*  laT  Long.  49;  55'  )  ,  fondala  da  Sapor  DpJaciaf^ 
e  atata  già  capitale  del  regno  (  IVlacdon.  Kinn.  p.  121  ) . 

84.  Curdisian  parrebbe  doversi  cbiariiDiente  riconoscere  nefTattuale  Kurdittam^ 
ma  credo  cheaia  incorso  un  cerare  nel.  teslo  e  cbe  debba  dire  KuMSt^n^  o  1'  an« 
fica  S^siana ,  p^vincia  compresa  fra  il  fAb  Persico  f  e^  il  Tigri  »  il  governo  di  Ba- 
gdad ,  e  il  fiume  Tab  che  seperala  dal  Fars  (  Macd.  p.  85  )  Provincia  cui  conviene 
ciò  che  avverte  eh' é  a  mezzo  di.  Mi  ha  lusingalp  il  vedere  tale  congettura  es- 
sere seguita  anche  dal-Marsden  (  N.  iSj  )  • 

85.  iéor  potrebbe  essere  il  l^aristan  che.  a  per  capitale  lar:  piccola  prarincia 
aUe  xìfV^  delGoUb  P^ n^co  che  jm  estende  dai  55  ai  58  gradi  di  Latitudine  dal  meri- 
diano di  Green wich,  che  ha  il  Fars  a  maestro,  il  Kerman  a  Greco  (  Macdonald.  Kinn«, 
p.  81  ).  Ma  sembra  più  probabile  che  intenda  parlare  dei  Laristan. 

86.  SouUstm  ,  o  Cielsimn  (  Cod.Ricc.  )  cheé  il  Sdstan  ^  cht  comprende  par* 
te  dell'antica  .^tfrrMEntf,  che  confina  a  trainontàpa  col  Khorassam^ìX  Casuiakar  e  il 
ZabuUstan  che  ha  a  mezzodì  e  a  ponente  il  Meckran  e  il  Kermma .  Abulfeda  ap- 
pella  detta  provincia  Segfistan,  (Geo^  p.  i65)  e  le  da  gli  enunciati  confini  come 
^ure  Macdonald  Kinner  (  Geog.  Mem.  p.  189  )  • 

87 .  Spaan ,  o  ispÀan  che  è  la  capitale  deirirwA  ,  e  d'una  provincia  cui  da  il 
nome .  La  citti  e  stata  altre  volte  capitale  della  Persia  e  nel  più  dorido  stato  la 
descrissero  Tavernier  e  Chardin .  Questa  diti  e  oggidì  squallida  e  rovinata  a 
cagione  delle  invasioni  dei  barbari  Afghani  che  hanno  desolata  la  Persio .  Abidfeda 
secondo  l' Assemanni  :  »  ab  indigeni^  Spahan  appellarì  teetatur ,  quae  vox  stativa 
»  equitum  persicesonat».  (  Asseman.  Bib.  Orìent  T.  HI.  p.  7*-i4)* 

8S.  Siras  è  la  città  celebre  di  Shirws  capitale  del  Fars  che  a  pressi  deliziosi  « 
celebrati  da  Hafiz  detto  r  Anacreonle  dell'  Oriente  (  Macd.  p.  65  \ 

89.  Soncara  cosf  r  appella  anchaU  FUcpardìano,  congettura  Marsden  essere 
la  provincia  detta  dagli  Orientali  Korkan  o  Gorkan  ,  che  è  a  tramontana  di  Comis 
fullji  nvf  l^cfpf^taie  4,el  Ga^ pÌ9  (  nqt  {6^  )^  fn^  ^  tale  opinione  si  oppone  il   testo 
del  nostro  ,  che  mette  dopo  ques^  regno  òuello  0i  Timocain  qucìC  è  naljiife  dclUiy 
P.^sia .  Ma  fl^  jSoncar^  f9§$Ìp.  '^  Kprkan  sarebbe    un  paese  più  a  Settentrione  di 
Pan^agan  ch^^pme  dirassi^  H  jtìr^pcaìm  del  Polo  .  Si  riconosce  ^dupque  ^onca-, 
tfi  nei  p^,e^9  if^ontuoso  di  om/or,  ove 'è  ancora  atiiialmente  la  fortezza  di   S angora 
dettai  ancora  S^agfora  d^  Ab^ifara^io^  U  possesso  della  quale  era  ai  tempi  del  Polo, 
.d'  ui^    graif   ^^^j^^^     nelle     spediziom   militari  dei  Turchi  de^li  Arabi  ^    e   dei. 
Mogoili    (    Vid.  Abulpharg.    vox    Senjara  },  citti  cne    è  posta  a   Diaccio  di. 
Jfto^ul  ayil  fiupf^    ijT^^max  .confluènte  d€}\i  Eufrate .  Questo' paese  mont\|08o   e 
difficile,   ^  al^t^t,^   da   dc'unVj^opplf  détti  ']^ezedi  o   seguaci  di'Veiid.  i  quali, 

fftW  TO^H  VW^f  H^\  T^f^W»  F^«  ?W  ^?^?  e^^  ^l5S^"?^"f'^   ^ggiogarU; 
<  K^n"?- P- ?^?  )- 

90.  T^mp^i^n;  (^4*  ^F^-)  T??'?^^'?  •  f^  ^J'"^*^™?^*?  incèrto  qual  fosse  qge- 
9ff>  Tf^iRP  t  ckb^  f  '^^^^^If^  ^'  iHiJppI'tante  su^enmento  del  luogo  moderno  cii  cor* 


4^ 

<jtial'  è  ha  fine  dèlift  Pèrsia .  Tatti  «titeiti  ìrègni  riòmteatt  ^  idi» 
wrso  itìèfeiòdì ,  écfcfetttt  TimcJcainij  il  ìjuttlé  fe  àp|*é$*)  TAi^bor 
Secco  versò  Tramoatìttà»' .  In  i^téSti  tegùi  Sótto  td valli  bellissimi 
molti  de'qaali  si  menaDO  à  vcntkrfe  neU' India ,  è  Sono  di  graa 
valuta  ^  perchè  se  ne  vendono ,  Jper  lire  dugéiito  di  Tornesi ,  è 
sono  per  la  inaggior  parte  di  què^o  firezzo  •  ^  Sònòvi  àriborb  asi- 
ni li  più  belli ,  e  li  maggiori ,  cHé  *Iàita>  al  tóoddo^  ^  i  qijali  si 


ff»pondèv  tht  èra  lino  dei  più  fiecestfar)  pél*  Htiti*àcdferrfe  q&tl  fbsse  ta  diràzione  del 
Viaggio  del  Polo  ià  (fucata  palate  deD'  Asia.  Sagacemente  a*avAr^de  il  Maradea  che  è 
il  paese  di  Damganf  ove  è  una  città  di  tal  nome  che  era  (Net.  i65  )  allora  prò- 
babiimente  capitale  di  provincia  •  Quésta  citti  crédeai  1'  antica  ^écatdnpjlos  y 
capitale  un  tempo  della  ^scrtSa;  cbsi  détta  perchè  di  il  pàfrtdnb  divèrse  strade  che 
ftrigonsi  versa  i  paesi  Viciiiiv  (Anv.  Gèo^.  Ahc.t/  II.'p.  ±p  )  PdMjM  é  tuttora 
capitale  di  un  distretto  dello  stes$<»  nome,  situata  in, un  piano  ^>auoio  e  famoso^ 
|)er  la  Vittoria  otteouU  da  Nadir  $faab  sugli  Afgani^  A^cdon.  Klnn.  175)  Dam^ 
gon  é  città  rammentata  più  volte  ^a  E^n-Auckal  (  jp»  175  178  !ec.  ) . 

91  /  li  (^se  eh*  èi  lippèlh  V  Arbor  Secco  è  il  punto  d'  óhéi  si  {iafté  per  Con- 
durre it  leggito^  did  Séttentriohe  della  Fersiar  fino  a.  Màtfhut.  11  non  por  mente 
che  il  Polo  non  fece  tal  viaggio  nell'  andare  al  Catajo  ma  al  ritomo,  quantunque 
ci  avverta  nel  Proemio  che  sbarcato  a  Uormuz ,  condusse  G>gatin  a  Chiacatu 
ehe  risedeva  a  Tebriz^  indi  per  ordin  di  lui  allo  sposo  che  era  verso  V  Arbor  Secco 
•Mar  cttbtodia  di  certi  paaii  strétti  che  come  avvertimmo  (N.  5i  )  sono  il  passo 
di  Khowià'  fra  CatUn  e  Damgan  ha  fatta  perdere  la  veradirc?!.ionc  dei  Viaggi 
del  Pola  ai  suoi  Commentatori.  Che  ci  non  facesse  allora  tal  viaggio  si  deduce 
detta  Inrrssionè  di  lui  il   gitale  avverte-  nel  Proeftiio  ^  che  partitosi  d'  Armenia 

»  eas^y  il  padre  e  lo-  zio  si  toiisèro  in  viaggio  ^^r^o  il  Gran  Can e  attraver* 

y  aaikb  deserti  di  hmgbcKsa  di  molte  giornate  e  molti  (oali  passi. andaronotan-» 
»  to  àVaiiti  'sem]pre  atta  volta  di  Greco  e  Tramontana  che  intesero  il  G^ran  Can 
»  ess&'i^  hi>  «ne  chttf*  detta  Qémenfu  9  Se  à^M*  Arbor  SecC9  fessesi,  ri violto  verso 
MoTFàùt  tUMi'  avrd>be  potuto  dik*e  che  la  direzione  del  suo  Viaggio  fu  sempre 
alla  volisa  di  Greco  e  Tramontana.  £^vero  che  possono  essere  scusabili  coloro 
che  opinarono  in  uà  gtliA»  perché  ci  bmscamefnte  volgasi  colla  descrizione  a.mctt* 
sodi  è  conduce  it  leggitore  per  la  vie  di  Vezd  a  Hormuz  d' onde  lo  riconduce  a 
Tìmoeam  o  DàMogan  e  aiT  Arbor  secco  (  Cap.  ;to  )  e  poi  dopo  aver  narrato  le  vicende 
del  Vèglio  della  Montagna  che  possedeva  un  paese  a  settentrione  di  Casbin  ripren* 
de  la  direzione  di  Baieh  e  di  Badagshan .  Il  punto  adunque  ove  incrtisciansi  le 
due  vie  che  ai  tenne  all'andata  e  al  ritorno  è  queUò  di  Cazvin:  e  nel  tornare  indie<» 
ero  pél*  ctMiduIrre  Ih  Spota  ad  Argon  vereo  il  passo  di  /Cotvor  ei  fece  quel  trat* 
td  di  stt^dà  che  AittD  avea  nelT  andare  da  TebrU  al  detto  Katvar . 

92.  li  <5avldli  di'  questa*  contrada  sono'  tuttora  stimati  molto  (  MtM:don..  Kio» 

pag.  1^4')-^ 

99.  Lo  cohfentia  il  verace  Chanfin.  t  Senovi  in  Persia  due  sorte  «d*  Asini 
f  una  razztL  del  paese  lenta  ^  e  grave  che  serve  a  soma  •  Una  razsa  Araba^ 
f  molto  bella,  che  da  i  piji  belli  asini  deU'  universo»  hanno  il  peio  liscio»  il  pie 


44 

Tendono  molto  più  che  i  cavalli ,  e  la  ragione  è  perchè  manguK^ 
no  poco ,  e  portano  gran  carichi ,  e  fanno  molta  via  in  un  giorno ,, 
là  qual  cosa ,  ve  cavalli ,  uè  muli  polriano  fare  ,  né  sostenere- 
tanta  fatica ,  .quanta  sostengono  gli  asini  sopraddetti.  Impanco liè 
li  mercantanti  di  quelle  parti ,  andando  di  una  provincia  nell'  al- 
tra ,  passano  per  gran  deserti ,  e  luoghi  arenosi ,  dove  non  si  tro- 
va erba  alcuna ,.  e  appresso  per  la  distanza  de'  pozzi ,  e  di  acque 
dolci ,  gli  bisogna  far  lunghe  giornate ,  pertanto  adoprano  pm  vo- 
lentieri  quegU  asini ,  perchè  sono  più  veloci ,  e  corrono  me- 
glio ,  e  si  conducono  con  meno  spesa  •  Usano  ancora  i  camelli , 
i  quali  similmente  portano  gran  pesi,  e  fauna  poca  sj^esa ,  nondime^ 
no  non  sono  cosi  veloci  come  gli  asini  :  e  le  genti  della  sopradetta 
provincia ,  menano  i  detti  cavalli  a  Chisi ,  e  a  Ormus ,  ^  e  a  mol- 
te altre  citta  ,  che  sona  sopra  la  riviera  del  mare  dell'  India  ,  per- 
che vengono  comprati  quivi  j  e  condotti  in  India ,  dove  sono  ia 
grandissima  prezza ,  nella  quaU  essenda  gran  caldo ,  non  jiossona 
durare  lungamente  essendò^  nati  in  paese  temperato  .  E  ne*' 
sopradetti  regni  sono  genti  molto  crudeli ,  e  omicidlali  ^  imperoc- 
ché ogni  giorno  Y  uà  L' akra  si  feriscono ,  e  uccidom)^,  e  fai^bbe- 


mm'  1*11 


\ 


»^  Teggiéro  ;  sbraociono  nel  camminare ,  portano  là  testa  alta  e  servono  di  meo» 
»  tura .  Sonovene  del  valore  di  400  franchi ,  i  mediocri  costano  aSo  (  Yoy.-  ei^ 
♦  Pcrs.  t.  III.  p,  3S  ). 

94*  Chisi  e  L' Isoln  di  Kis  rammentata  dal  Geografo  Nubienae  nel  seno 
Pèrsico  (  p.  58  ) .  come  emporio  del  commercio  delle  Indie.  Né  patia  anoha^ 
Marin  Sanuto.  (  G:est  Dei  per  Frane,  t.  U.  p<  aa  )  Dovè  questo  luogo  il  suo  splene 
dorè  alla  poca  sicurezza  che  dava  Sirqf  che  innansì  a  /Ci>  eraPemporio  di  quei 
ricchi  traffici,  che  refogiaronsi  in  questa  isoletta  che  é  in  fdccia  a  detto  porto  (Niebur 
De^cript.  de  r  Arab.  Planoh.  XIX).  Abulfeda  chiama /CiVdl  detto  luogo  (  Geog. 
p.  255  ) .  Dà  che  incominciò  a  fiorire  Kis  non  partasi  più  di  Sirqf.  (  Deguign. 
Mem.  sur  le  Commerce.  Actcs  del'  Accadem.  des  Belle*  let.  t.  XXXVIL  p.  5o8  J 
Mories  che  ha  navigato  ultimamente  nel  Golfo  Persico  (Sécon.  Yoj.  en  Pers.  t.  L 
p.  75  )  passò  accanto  a  detta  Inola,  e  di  lontano  vide  alcune  rovine  di  «9(>^ . 
Fugli  raccontato  relativamente  all'  ingrandimento  di  detto  luogo  che  ad  una  vecchia' 
cui  non. era  rimasto  altro  avere  che  un  gatto  16  diede  a  .un  Gapkan  di  Vascello, 
che  appcodò.in  un. regno  dell'Indie  ove  il  re  era  desolato  dai  topi,  e- che  fattogli 
dono  deligatto,  animale  a  lui  soonosciuto  fu  Ubero  da  quel  flagello,. e  regalò  per  ri«- 
conoscenza  alla  propretaria  un  carico  di  preziose  merci  •  Che  i  discendenti-  di  quer 
sta  donna  stabilitisi  in  questa  isola,  vi  fondarono  la  dinastia  dei  Beni  Kaiser  che  vi 
regnarono,  dinastia  che  fu  distrutta  da  Attabeg  re  del  Fara .  Ho  narrata,  questa 
favoletta  perohè  fra  iooi  narrasene  una  consimile  per  esplicare  la  ricchezza  che  fé* 
ce  il  fondatore  del  Pio  istituto  dei  Ceppi  di  Prato  •  Oggidì  anclie  qiie^ta  isola  é 
iiellQ  squallore . 


45 

ro  continova mente  gran  danni  ai  mercanti,  e  ai  viandianti,  se  nooK 
fosse  per  la  paura  del  Signore  Oriientale  ^  il  quale  sevei^amente 
gli  fa  gastigare  :  e  ha  ordinato ,  che  in  tutti  i  passi  pericolosi  ri- 
chiedendo i  mercanti ,  debbano  gli  h^bilanti  di  contrada  in  con- 
trada dar  diligenti ,  e  buoni  conduttori  per  tutela  è  sicurtà  lo- 
ro  j  e  per  satisfazione  degli  conduttori  U  sia  dato  per  ciascuna 
soma  due ,  o  tre  grossi ,  secondo  la  lunghezza  del  cammino . 
Tutti  osservano  la  legge  di  Macometto .  Nelle  città  di  questi 
regni  veramente  sono  mercanti ,  e  artefici  ìv^  grandissima  quan- 
tità ,  e  lavorano  panni  d' oro ,  di  seta ,  e  di  ciascuna  sorte ,  e 
quivi  nasce  il  bombagio ,  e  evvi  abbondanza  di  fromento ,  orzo, 
miglio ,  e  d'  ogni  sone  biada ,  vini ,  e  di  tutti  i  frutti .  Ma  potria 
dire  alcuno,  i  Saraceni  non  bevono  vino,  per  essergli  proibito 
dalla  sua  legge .  ^  Si  risponde,  che  glossano  il  testo  di  quella  in 
questo  modo,  che  se  1  vino  solamente  bolle  al  fuoco ,  e  che  si 
consumi  in  parte,  e  divenghi  dolce,  lo  possono  bere  senza  rom- 
pere il  comandamento,  perchè  non  lo  chianoKono  dopo  più  vino, 
conciosiacosache  avendo  mutato  il.  sapore , -muta  eziandio  il  no- 
me di  vino .  ^ 


95.  L*  asserzione  del  Polo  Tien  confermata  daTavernier  allorché  parta  delle 
Vigne  di  Schiraz  .  (  Yoy.  t.  I.  p.  4o4)  ^  narra  che  consumano  moka  uva  a  fare  il 
vin  cotto  utilissimo  ai  viaggiatori,  e  ai  vetturali  che  se  non  osano  berlo  puro  lo 
stemperam neir. acqua  ,  V  inzuppano  il  pane  ,  si  rallegrano  eprendon»  forza  • 

96*  Qui  intraprende  la  descrizione  del  suo  viaggio  e  siccome  ha  trattato  di 
questo  Reame  conduce  da  Ceubin  direttamente  il  leggitore  a  Yezd  che  ne  è  al  confi» 
ne .  Non  avvi  dubbio  che  ei  seguisse  la  strada  per  andarvi  che  è  segnata  nella  cur* 
la  di  Macdonald  Kitfiìer  che  passa  per  Savak^  Koom,  CashaTf  Nain^  e  Yezd*  Ci6 
vien  confermalo  perHié  dal  testo  da  noi  pubblicato  ove  dice  di  essere  stato  aios^oA 
(  cap.  20)  \ 


4« 


•      t 


C  A  R    XII. 

Della  città  di  lasdi  y  e  de"  labori  di  seta  ,  the  si  Jtmh^y  ih 
quella  j  e  di  animali  ^  e  uccelli  y  che  si  tros^ano^ ,  vtnendih 
verso  Chiermain. 

lasdi  e  ne^  confini  della  Pet'sia,  città  molto  nobile  «e  cit 
gran  mercanzia^  nella  quale  si  lavorano  molti  panni  di  seta,  cho 
si  chiamano  lasdi ,  ^^  quali  portano  li  mercanti  in  diverse  parti. 
Osservano  la  legge  di  Macomett<> ,  e  quando  Tuomó  si  parte  ^  dà 
questa  città  per  andar  più  oltre ,  cavalca  otto  giornate  per  via 
piana ,  nella  quale  si  trovano  solamente  tre  luoghi  dove  possino 
alloggiare,  e  u  cammino  è  pieno  di  molti  boschi,  che  produco- 
no dattoli,  per  li  quali  si  può  cavalcare ,  e  vi  sono  molte  cac- 
ciagioni d'animali  salvatichi^  e  pernici,  e  quaglie  in  abbondan- 
za; e  H  mercanti  che  cavalcano  per  quelle  parti,  e  altri ,  che  si 
dilettano  di  cacciagioni  di  bestie,  e  auccem,  vi  prendono  gran 
sollazzi .  99  Si  trovano-  ancora  asini  salvatichi ,  ^^  e  nel  fine  del- 
le dette  otto  giornate ,  s'  arriva  ad  un  regno  y  che  si  chiama 
Chiermain . 


97.  iittdi  o  Yhsé-  é  il  p^and' emporia d«i  tuaffioi  fra  T  India,,  it  ptcae  di 
Boecafn  e  la  Pmrsia.  Giace  sul  Lembo  del  Gran  deseitd  aalino  :  la  città  contie* 
ne  oggidì  90000  caae  (  Macdon.  KJnnb  p«.x  i3  ) .  Queata  citU  fu  visitata  dal  Gapite*- 
no  Chrislie  asconda  esso  appellasi  Dar^ut^Amanet  o  la  sede  dell' adoratione . 
Oltre IMaomeltani  sonoyi  4^)oo  Guebrì  o  Z^roasCrei  che  sono  crudelmente  op<* 
prosai  •  (  Voy.  dans  Le  Beloutchist.  t.  IL  p.  348)  . 

98.  Jasdi.  La  celebrità  delie  mani&tture  di  Seta  di  Vezd  è  molto  andca*  So* 
no  comendate  da  Ebn-AuckJil ,  che  loda  anche  quelle  di  panni  (  p.  1 52  )«  Questi 
drappi  non  si  appellano  più  Jasdi  ma  Kesch^  e  Alehi,  (  V07.  dans  le  Be« 
louteh.L  e.  p.  349)  secondo  il  Capitano  Christie  ma  secondo  1'  Herbelot  dai  Turchi 
e  dai  Permani  Comaschi  Yezdi, 

99.  Gran  dilettante  di  caccia  dee- essere  stato  il  Polo  ».  non  trascura  di  dar 
eonteiza. delle  contrade  abbondanti  di  cacciagione.  Uno  dei  migliori  modi  di  caccia 
dei  suoi  tempi  era  quello  del  falco.  £i  loda  questi  del  Kerman  e  Chardin  quelli 
del  Fars  paese  limitrofo .  Il  Viaggiatore  ne  distingue  di  Tarie  generazioni.che  ram^ 
menta  il  nostro. 

ioo«  Di  questi  Asini  salvatici  parla  Tavernier  che  prendonsi  con  uccelli  di  ra* 
pina  y  e  d'uno  di  pelo  rosso  come  scarlatto,  che  a  quelche  pretende  aveva  un  corno 
in  fronte  che  fu  inviato  in  dono  dal  governatore  ^  Schiras  a  Scha  ^ia«.  (^  Tavtc^ 
Yoy.  t.  IL  p.  a4  ai6  ) .. 


47 
€  A  P.    XIU 

Del  regno  di  Chiermain^  eh$  anticamente  si  dices^a  Carmu^ 
nia^  e  delie  pietre  turchese  ^  azctl,  e  andanicOj  è  de^la^ 
s^ori  d^armjiy  e  seta^  e  de^  falconi^  e  di  una  gran  discesa , 
c&e  si  troifa  partendosi  da  quello. 

Chiermata  è  un  regno^  ne'  confini  àslh  Pcirsia  verso  levan* 
te,  ''''  il  qual  antican^enie:  aodavfa  d'eredi»  ia*  er«d6;  ma  dopo* 
che  il  Tartaro  lo  soggiogò  al  sqio  domipio ,  noa  succedettero  gli 
eredi,  anzi  il  Tartaro  vi  manda  signore  secondo  it voler  suo,  *®* 
In  detto  regno  q^scono  le  pietre,  che.  si  dbiariìano  turcUeise, 
(j^^li,  si  cavano  nelje  ven^  de'  manti .  *•*  Si.  if ovano  ani3ora<  ia 
^Ui.,  vei^e  di  apciaJQ,  e  aadanico  in^  grandissima  quantità,  '^^ 
si  lavorano  moltp  eccel^Lenteiaie.nte  in  questo  re^o.  tutti  i  forni- 
menti penineNBii  alla  gueroa ,,  ci«è ,  sefi» ,.  lireoi),.  sproni ,  spade 
archi ,  turcassi ,  e  tutte  le  sorti  d' armi  secondo  i  loro  costumi. 
La  donne ,  e  tutte  le  giovani ,  lavorano  similmente  con  l' ago  in 
drappi  di  scia.,  e  d'oco  d'ogni  colore,  uccelli^  e  animsài,  e 


101 V  Q  Kernu^n  o  F  aptica  Car^mania  ha.  a  L»evai>te  U  Mekran  »  m.  Settftfilrìontei 
ti  Seifian  e  ììiPiQrcfSfian  9  a  Pooen&e  il  Fars^  Lar  q  i'Jrakf  a  Mez,^di.i|  Mekran,^. 
il  5er)9,Pe,rsico   (  Macjil-.Kinn*  p-    i^) ..  Malgro^Q  tutte  le  calamità:  che.  |](er  la. 
guerre  I)a  suffertQ  il  pae^se,  vi.  si  Iflhrorano  aciaUi  >  moschetti.,,  e  tapipeti  di  feltro- 
(Potting.  t.  L  p,  42i,)]. 

102 .  Il  pa^ee^  dSKermw  ebhe  propri  regi  come  il  nostro  Jo  afferma  •  Fondatore, 
di  quella  dinastia  fu  .Barak.- Hadgeb  nel  1^4  Mancato.,  ambasciatore  al  Sultano  di^ 
CauresmiaMfìhamedfu  c^a  esso.  so|levatp  a)le  primarie  digniti.  Disgustato  della  cQt«> 
te  ritiroési  presso  GefaJeddin,  fi|^o  dd  Sultano  ch^;a^ediava  Gtuna»  Il  govema-. 
tpre  del  J^rmon  volle  fare  prigiopiere  Qa^aJkrHadgiel)»  ma  esso  si  difese  t  lo  dii^fece» . 
to]seU,ia  libertà,  e  s'ips^gnori,  d^lla  provìncia.  Divenne  indipendente  mentre  Gè-. 
lallf.din  facea  la, guerra  in  Gi<M*giaf  1  s^cm  discendenti  mantenfiersi  in  possesso  del; 
Kerman  sinché  i  MQgolji  qon  a*,  impadropirooo  della  contrada.  Deguigpes  non  sep«. 
pe  di  quella  dipast^a«  ch^  cj<»  cjhe  ne  dice  H^rb^lpt  ».  la  quale  perde  lo  st«to  non  gi^ 
nel  i564  come  per  errore  si  legge  nel  rammentato  storico,  ma  un  secido  prima  poi* 
che  era  provincia  ai  tempi  del  Polo  (  Deguig.  1. 1.  p.  ao6  ) . 

io5.  Secóndo  il  singolare  trattato  delle  Pietre  preziose  di  rui  ha  .arricchita 
la  Repubblica  delle  Lenere  il  chiaro  Sig.  Raineri  ai  tempi  deU*  Arabo  Scritto- 
re le  celebri  cave  di  Turchine  erano  a  Nisabur  f  e  a  Nesciyar  (  Fir.  181 8. 
p.  41.  4*). 

104.  Intorno  alV  Andanico  vedasi  (  YoL  1  p.  114  not  ) 


4» 

UBolte  altre  varie  e  diverse  imagiai ,  e  anche  cortine ,  coltre  ,  ^ 
cnssini  per  letti  di  grandi  uòmini  ^  così  bene ,  e  con  tanto  aitifi- 
ciò ,  che  è  cosa  raars^vigliosa  a  vedere .  Ne'  monti  di  questo  regno 
nascono  falconi  li  tiiigiiori ,  che  volino  al  mondo ,  e  sono  mi* 
nori  de^  falconi  pellegt^ini ,  e  rossi  nel  petto  ^  e  fra  le  gambe 
sotto  la  coda^  e  sono  tanto  Veloci,  che  ninno  uccello  gli  può 
scampare  *  Partendosi  da  questo  regno ,  si  cavalca  per  otto  gior- 
nate per  pianura ,  cammino  molto  solazzoso ,  e  dilettevole  per 
r  abbondanza  delle  pernicn ,  ^  mohe  cacciagioni ,  trovando  con-* 
tinuamente  città.,  e  castelli ,  e  molte  altre  abitazioni  :  e  alla  fine 
Sì  truova  una  gran  discesa^  ])er  la  qual  si  cavalca  due  giornate 
trovando  arbori  fruttiferi  in  grandissima  quantità.  Questi  luoghi 
si  abitavano  anticamente ,  ma  al  presente  sono  disabitati .  Qui- 
vi  nondimeno  stanno  i  pastori  per  pascer  le  bestie  loro ,  e  da 
questo  Regno  di  Ghiermain  fin'  alla  discesa  predetta ,  nel  tempo 
aeir  inverno  vi  è  così  gran  freddo ,  che  appena  l' uomo  si  può 
riparare  portando  continuamenie  molte  vesti,  e  pelli.  "^ 


*>i^ 


io5.  H  Viaggiatore  PottSnger  dice  the  il  TìCtfrman  è  un  pae^e  arìdo  pieno  di 
catene  di  monti ,  e  senza  fiumi ,  e  nel  quale  se  non  fosservi  alcune  sorgenti  nelle 
montagne,  che  incanalano  gli  abitanti  non  vi  sij>otrebbe  vivere.  Tre  o  quattro  acque 
a'  incontrano  nella  via  che  da  Kerman  conduce  a  Bender  Massi  (t.  I.  p.  41 1  )  :  la  prin- 
cipale catena  di  montagne  è  quella  che  separa  il  Nermanchir  d^l  LansUm  e  che  pro- 
lungasi nella  direttone  di  libeccio  sino  a  quattro  giornate  di  distanza  da  Ganiron  * 
ove  semhra  seguire  la  direzione  della  costa  .  Dall'alta  catena  di  monti  che  vide  dal 
mare  il  viaggiatore  Mories  (  Nouv.  Voj.  en  Pcrs.^  1. 1.  p.  75  )  si  staccano  varie  ra- 
mificazioni,  e  le  pianure  fra  esse  contenute  hanno  dirado  dieci  o  dodici  miglia  di 
larghezza,  per  quanto  abbiano  talvolta  una  lunghezza  indefinita.  Osserva  ilPottinger 
che  nel  Kertnan  piove  raramente,  ma  che  nel  verno  la  neve  cuopre  le  montale ^  e 
ci  resta  per  la  maggior  parte  deU'anno.  E  mentre  gli  abitanti  smaniano  di  caldo 
nei  piani ,  gela  nei  monti  .  Fra  ie  basi  di  questi  monti  e  il  mare  é  il  littorale 
detto  Guermsjrr  che  significa  il  paese  caldo  ;  che  è  quella  striscia  di  littorale 
che  dalle  dieci  si  estende  sino  alle  trenta  leghe  di  larghezza  e  da  Minah  capitale 
di  Laristan  va  sinp  alle  bocche  del  Tigri  ed  è  compresa  fra  le  montagne  e  fl 
mare  paese  sommamente  malsano.  Nel  Kerman  questa  stiiscia  e  unicamente 
composta  di  rena  salina  che  non  produce  che  datteri  di  qualità  inferiore.  (  Potting. 
Voy.  dans  le  Belouch.  1. 1*  p.  412  ) .  Di  questa  contrada  parlossi  alk  nou  (  n.  80  )« 


49     • 
GAP.    XIV. 

Della  città  di  Camandu  j  che  si  ttnos^a  dopo  una  discesa , 
e  della  region  di  Reobarle  ^  e  degli  uccelli  francolini  j  e 
buoi  bianchi  con  una  gobba  j  e  dell  origine  degli  Carau* 
nas  j  che  catino  depredando . 

Dopo  la  discesa  di  questo  luogo  per  le  dette  due  giorna- 
te y  si  truova  una  gran  pianura ,  la  aual  verso  mezzodì  dura 
per  cinque  giornate .  Nel  principio  della  quale  è  una  città  chia- 
mata Camandu ,  ^^  che  già  fu  nobile ,  e  grande ,  ma  non  è 
così  al  presente,  perchè  i  Tartari  più  volle  l'hanno  distrut- 
ta,  e  la  regione ,  si  chiama  Reobane ,  '^  e  quella  pianura  è 
caldissima;  e  produce  frumento^  orzo,  e  altre  biade.  Per  le 


106.  Camandu  di  questo  lu^go  distrutto  dai  Tartari  sino  dai  tempi  del  Polo  non 
yedo  fatta  menzione  veruna  ne'dai  Geografi,  né  dai  Viaggiatori .  Congettura  Marsden 
(  oot.  187  )  che  possa  corrispondere  a  Memaun  della  Carta  d' Anrille,  o  a  Koumin 
rammentato  da  Ebn.  Auckal  (  p.  iSg  ). 

107.  Reobarle.  Marsden  riporta  una  Tarlante  del  Codice  Berolinense  riferita 
da  MiìUer  che' appella  detta  contrada  Reobarda^  osserva  che  le  voci  Persiane 
Rud'bar  significano  fiume  in  una  valle ,  tronco  di  torrente  ,  e  sospetta  che  la  valle 
del  fiume  Diy-rud  della  Carta  d*  Anville  e  di  Malcolm  possa  corrispondere  a  quel 
paese.  Dalle  parole  del  Polo  5Ì  ravvisa  che  Reobarle  era  una  contrada  alta  non 
troppo  lontana  da  Kerman  sulla  via  óìOrmus^  ed  io  perciò  credo  che  sia  la  contrada, 
che  traversò  Pottinger  nel  recarsi  da  Kerman  a  Schiraz .  Narra  il  Viaggiatore  che 
alla  distanza  di  quarantasei  miglia  dalla  prima  città  ei  trovò  un  borgo  con  bellissimo 
Caravanserai  appellato  Robat  i  e  si  osservi  che  Reobarle  vien  detto  dal  nostro  Testo 
Reobalos  nome  che  a  una  talquale  analogia  oon  quello  usato  dal  Polo.  Soggiunge  co- 
me il  paese  ch'ei  traversòda  primo  era  pianoeghiajuso,  sparso  qui  è  li  di  boscaglie  : 
che  poi  giunse  ad  una  pianura  ben  coltivata  e  ben  irrigata ,  la  quale  era  fra  due 
catene  di  monti  che  rìstringevansi  a  Kil^Lahe^Aga.  Questa  parte  di  territorio 
che  ei  descrìve  come  fertilissima  in  quella  stenle  provincia  sembra  essere  il  pae- 
se dette  Reobarle  dal  Polo  ;  tanto  più  che  secondo  il  Viaggiatore  Inglese  vi  abbon- 
dano i  foraggi  per  i  cavalli  e  i  cammeli,  e  che  é  paese  perìcaloso  per  esse- 
re infestato  dai  ladri .  Ciò  é  conforme  a  guanto  narra  il  Polo  che  era  quel  pa- 
lese SCOTIO  dai  malandrini  e  che  v'  inviavano  le  bestie  magre  a  ingrassarvi  •  Inol- 
tre fili  questa  via  fra  Kerman  e  Schitaz  vi  e  la  valle  di  Chehre  Bebig  che  produce 
ogni  sorta  di  frutta  e  di  ciò  fa  menrione  il  Polo.  Anzi  evvi  il  proverbio,  che  se  la 
Persia  fosse  un  deserto ,  basterebbe  questa  valle  a  provvederla  di  frutti-  (  Pot- 
ting.  Voyag.  t.  I.  p.  45 1  esegg.  )  Sembra  che  per  andare  a  Ormus  il  Polo  seguis- 
.56  la  detta  strada,  che  si  dirige  verso  il  Fars  e  che  per  ricondurre  il  Lettore  a 
Ormus  descriva  quella  che  paasa  pei  monti  del  Larisian  • 

7 


5o 

eoste  de'  monti  di  detta  piaDura  nascono  pomi  granati ,  coto- 
gni ,  e  molti  altri  frutii  ^  ^  pomi  d' Adamo ,  i  quali  nelle  nostre 
parti  fredde  non  nasccHio .  Ivi  sono  infinite  tortore ,  per  le  mol- 
te pomelle ,  che  vi  truovano  da  mangiare ,  né  gli  Saraceni  mai 
le  pigliano ,  perchè  le  hanno  in  abonokaaziòne  .  Vi  si  truovano 
ancora  moki  fagiani^  e  francoliqi^  li  quali  non  s* assomigliano 
alli  francolini  delle  altre  contrade,  perchè  sono  mtescolati  di 
color  bianco ,  e  negro,  e  hanno  li  piedi,  e  becco  rossi .  Vi  sono 
eziandio  l>esiie  dissimili  dalle  ahre  parti ,  cioè  buoi  graadi  tutti 
bianchi,  che  hanno  il  pelo  picciolo,  e  piano,  il  che  avviene 
per  il  caldo  del  luogo ,  le  corna  corte ,  e  grosse ,  e  non  acute  ; 
hanno  sopra  le  spalle  una  gobba  rotonda  alta  due  palmi,  '^ 
sono  bellissimi  da  vedere,  portano  gran  peso,  perchè  sono 
lecitissimi,  .e  quando  si  devono  caricare,  si  posano  a  guisa  di 
Camelli ,  poi  si  levano  su  •  Vi  sono  ancora  castroni  di  gran* 
dezza  d' asini ,  die  hanno  le  code  grosse ,  e  larghe ,  di  sor- 
te ^  che  una  peserà  libbre  trenta ,  e  più ,  e  sono  gras« 
si ,  e  buoni  da  mangiare .  *^  In  questa  provincia  vi  so- 
no molli  castelli ,  e  città  ^  che  hanno  le  mura  di  terra  alte , 
e  grossQ^  e  questo  per  poterai  difendere  dalli  Garannas,  che 
vanno  scorrendo  per  tutti  IqueMuoghi  depredando  il  lutto.  E 
acciò  che  si  sappi  quello  che  vuol  dire  questo  nome  di  Carau- 
nas,  dico  che  fu   uno  Nugodar  nipote  di  Zagaihai  ''^  iratello 


roS'.  Suoi  grandi  con  gotha  •  Chardin  (  Voyag^  t.  III.  p-  Sy  )  »  Les  Boeufs: 
»  de  Perse  sonfc  comme  lea  autres,  eccepté  yers  les  frontieres  des  lodes,  ou  ib 
»  ODt  la  bosse  ou  loupe  sur  le  dot.  » 

109.  Castroni  (  Chardin  1.  e.  )  «  Il  ya  des  Moutons  que  nous  appellons  de  Bar* 
r  berie,  ou  a  grosse  queve ,  doiit  la  queve  pese  plus  de  trentelivres,  e' est  un  grand 
»  fardeau  que  cette  queve  a  ces-  pauvres  animauxi  d'autant  plus  ^u' elle  est 
s^  étroite  en  haut»s  large  et  pesenle  au  bas  ».  Prosegue  come  alcuni  di  questi 
animali  se  la  strascicano  dietro  sopra  un  carruccio.  Questa  raxza  é  estesa  ia 
molte  parti  dell*  Asia.  Pallas  ne  parla  presso  i  Kirguis^f  dice  ancor  esso  che 
qMesti  Castroni  sono  grossissimi  ^  deformi ,  e  più  alti  de'  vitelli  lattoni  «*  adulti 
pesano  dalle  j.3a,  alle  i65  Libbre.  Crede  Pallas  che  la  grassezza  dell'animale 
avvenga  dalla  natura  salina  d^  suolo* ove  pascolano,  e  naira  che  trasportati 
ivi  i  Castroni  d'  altri  paesi,  ingrossano  la  coda  come  quelli  di  detta  specie  (  Pai* 
lasr  Voy.  en  Russie  t.  IL  p.  5o4  ). 

no.  Nugodar  nipote  di  Zagaiai^  Di  questo  Nugodar  non  vedo  Ceitta  neo» 
zione  in  veruno  degU  scrittori  che  trattarono  dei  fatti  dei  Tarlali  •  Solo  di 
un  Nugodar  del  sangue  d' Ulagu  signore  di  Persia ,  che  non  può  esser  quello  di 
cui  qui  si  ragiona.  Zagatai  Figlio  di  Gengiscan  ebbe  la  sovranità  della  parie  centrate 


Si 

del  Gran  Can  :   cpal  Zagathai  signoreggiava  la  Turchìa  maggio- 
re.  Questo  Nugodar  stando  nella  sua  corte,    si  pensò  di  vo- 
ler' ancor  lui  signoreggiare ,   e  però  semendo ,  che  nelP  India 
v'era  una  provincia  cliiamata Malabar^  sotto  ad  un  Re  nominato 
Asidin  Soldano ,  la  quale  non  era  soggiogau  al  dominio  de'  Tar- 
tari, sottrasse  circa  diecimila  uomini  di  quelli,  ch'egli  pensa- 
va  esser  peggiori ,  e  più  crudeli ,  e  con  questi  partendosi  da 
suo   barba   Zagathai   senza   fargli  intendere  cosa  alcuna,  passò 
per  Balaxan,  e  per   certa   provincia  chiamata  Chesmur,  dove 
perse  molte  delle  sue  genti ,  e  bestie  per  le  vie  strette,  e  cattive 
e  finalmente  enirò  nella  provincia  di  Malabar ,  e  prese  per  for- 
za una  citta  detta  Dely ,  e  tolse  molte  altre  città  circostanti  al  det- 
to Asidin,  perchè  li  sopravvenne  alla  sprovista:  e  quivi  comin- 
ao  a  regnare,  e  li  Tartari  bianchi  cominciorno  a  mescolarsi  con 
le  donne  Indiane,  quali  erano  negre,  e-  di  quelle  procreorno 
figliuoli,  che   furono  chiamati  Caraunas,  cioè  meschiati   nella 
lingua  loro,  ""e  questi  son  quelli,  che  vanno  scorrendo  per  le 
contrade  di  Reobarle ,  e  per  ciascun  altra ,  come  meglio  posso- 
^^  *.       po^^  vennero  in  Malabar  imparorno  V  arti  magiche , 
e  diaboliche ,  con  le  quali    fanno   venir  tenebre ,  e  oscurar'  il 


deir  Asia.  Era  fratello  di  Octai-Can  che  fu  riconosciuto  Gran- Can  de'  Tartan 
dopo  la  morte  del  padre.  Zagatai  ebbe  la  sovranità  della  parte  centrale  dell' 
Asia  detU  ancora  Gran  Turchia  ^  o  Tw^chia  Maggiore  per  distinguere  quelP an- 
tica cuna  dei  Turchi  dai  nuovi  loro  poMeasi  nelF  Asia  Minore  (  t.  1.  p.  209. 
not).  Capitale  di  quello  stato  era  Bisch-Baligh.  (  Dcguìg.  1. 1.  p.  a85).  Vedesi 
che  il  nipote  di  Zagataiy  il  venturiero  Nugodar  spogliò  dello  stato  un  principe 
di  Dely  detto  Asidin .  Deguignes  ha  data  la  lista  cronologica  dei  Sovrani  di  Dely 
ma  solo  in  confuso.  Pare  che  questo  ^wV/»n  del  Polo  sia  il  prìncipe  detto  ^cAafW 
seddin  che  mori  nel  ia55  (  ibid.  p.  4i5  ).  Il  fatto  non  può  essere  revocato  in  dub- 
bio, e  dimostrane  la  verità  la  marcia  indicata  di  Nugodar  che  secondo  il  Polo 
per  giungere  a  Deljr  passò  pel  paese  di  Badaschan  e  di  Caschemir^  cognizione  esatta 
«  che  non  poteva  essere  nota  a  verun  altro  Europeo  che  al  Polo  in  quel  secolo  . 
Può  senibrar«  erroneo  ciò  che  dice  fi  Polo  »  che  finalmente  entrò  nella  provincia 
>  di  Malabar  e  prese  per  forza  una  città  detU  Dely  * .  Quasi  che  questa  citti 
fosse  nel  Malabar  da  cui  è  molto  distante .  Ma  è  molto  probabile  che  Nugodar 
depredasse  il  Malabar,  e  poi  tornando  indietro  e  riaccosUndosi  alle  rive  del 
Gange  conquistasse  Deljr.  Sembra  infatti  che  quelle  masnade  scorressero  an- 
che più  remote  contrade ,  poiché  il  Polo  ebbe  ad  inbattersi  in  esht  neOa  provia- 
eia  dì  Kerman. 

111.  Caraunas.  Marsden  osserva  chela  voce  Samscredanica  KaranaèiffA^ 
fica  razza  mista  e  reputa  saviamente  che  i  popoli  del  Kerman  raccontassero 
questa  imaginaria  etimologia  al  Polo .  (  Not  2oS  )« 


giorno^  ^'^  di  modo  che  se  uno  non  è  appresso  air  altro  ^  noi» 
si  veggono  :  e  c^ni  volta  j  che  vogliono  ù^  correrìe ,  fanno  si- 
mii'  arti ,  acciò  le  genti  non  s  avvegghino  di  loro ,  e  cavalcano^ 
il  più  delle  volte  verso  le  paiti  diReobarle ,  o  perciocché  tutti  r 
mercanti,  che  vengono  a  negoziare  in  Ormus,  fin  che  s'avisano, 
che  venghino  i  mercanti  dalie  parti  d' India ,  mandan  al  tempo 
del  verno  i  muli ,  e  cammelli  j  che  si  son  smagrati  per  la  lua^ 
ghezza  del  cammino  alla  pianura  di  Reobarle^  dove  per  V  ab- 
bondanza dell'  erbe  debbano  ingrassarsi  ;  e  questi  Garaunas  y  che 
attendono  a  questo ,  vanno  depredando  c^ni  cosa ,  e  prendono 
gli  uomini  j  e  vendongli  ;  nondimeno  se  possono  riscattarsi  li 
lascian  andare  :  e  M .  Marco  quasi  fu  preso  una  fiata  da  loro 
per  queir  oscurità  ,  "^  ,ma  egli  se  ne  fuggi  ad  un  castello  di^ 
Gonsalmi.  "*  De'  suoi  compagni  alcuni  furono  presi  e  vendu^ 
lij  altri  furono  morti. 


ti^,'  Arti  Magiche.  latorna  a  tali  racconti  il  Polo  berera  grosso.  Tale  eiv 
F  indole  di  quel  secolo  semplice.  Tutte  le  Asiatiche  nauoni  sono  infatuate  dir 
aimili  novelle  e  in  più  pacticolar   modo  i  Persiani  (  Chard*  Yoy.  t.  III.  p.  ao4  e 
seg.  ).   Un  racconto   di  si   fatta  natura  correva  \tt  Oriente    ai   tempi    del  Polo- 
di  un  certo  Mahmud   Tarabi ,   impostore ,  che   avea  affascinati  gli  abitanti  di 
Boccara  e  della  contrada  vicina  coi  suoi  prestigi  e   falsi   miracoli .  Ei  si   ribella- 
contro  Zagatai  e  volendo  i    MogoUl  combatterlo  erano  talmente  oscurati  dalla 
polvere  che  quella  oscurità  considerarono  come  una  caligine  portensosa ,  per  cui 
non  osarono  assalirla  Fu  ucciso  l'impostore  senza  che  se  ne  accorgessero  i  Mogolli^ 
né  i  suoi  a  cagione  di  quella  oscurità  .  I  primi  furono  dislatti  completamente.. 
Dopo  la  vittoria  i  (autori  di  Mahmud  sparsero  la  voce  eh*  ei  erasi   reso    invi^ 
sibile  per  qualche  tempo,   è  cosi  furono  temuti  insieme  dal  Citello  del  morto» 
Questi    venturieri  furono  appellati  dal  nome  del   loro   capo    Tcurabiani  (  Herbe- 
ioU  Artic.  Giagathai  \,   Molta  analogia   corre  fra  il*  racconto  dei    duraunas   deV 
Poloy  e  quello  óe'Tarabiani  fatto  da  HeiJI>elot. 

ii5.  Può  essere  che  il  Pòlo  fosse  attaccato  da  quei  Ladroni  in  tempo  di  neh* 
bia,  e  che  avendo  data  fede  agli  incantamenti  dei  Caracnas  credesse  avvenuta- 
quella  meteora  per  arte  magica  . 

ii4r  Consalmi  osserva  Marsden  (  not..2Q6.)[  che  tal  nome  può  derivare  dal» 
le  voci.  Persiane  KharuA- al- Salante  e  a  questa  voce  composta  assai  si  accosta  la 
variante  del  T^slo  Hiccardìano  Canosalim  (p.  21),  che  significa  Cosa  di  Salvez- 
za o  di  pace  e  -che  noi  diremmo  di.  refìigio .  Narra  Elphiston  nel  suo  viaggio  nel 
Gabulistan  (p.  17  )  che  piccole  ma  belle  torri  si  vedono  lungo  questa  strada  (del 
deserto)  che  servono  di  luogo  di  refugio  ai  viaggiatori  contro  le  masnade  depre-^ 
datrici,  che  infestano  le  vie  b^ittute  dalle  carovane.    :   Intorno  a  questa- piuiiuia. 

tt.Ianota  no». 


53 


GAP.    XV. 


Hèlla  Città  d*  Ormus  ^  che  e  posta  in  Isola  s^icina  alla  ten- 
ta sopra  il  Mar  delV  India  :  e  della  condizione  y  e  sden- 
to y  che  i>i  soffia  cosi  caldo.. 

Nel  fine  della  pianura ,  che  abbiam  detto  di  sopra,  che 
dura  verso  mezzodì  per  cinque  giornate^  si  perviene  ad  una 
discesa ,  che  dura  ben  venti  miglia,  ed  è  via  pericolosissima  per 
F  abbondanza  de'  rubatorì  ,  che  di  continuo  assaltano  ^  e  rubano 
a  quelli  che  vi  passano.  £  quando  si  giunge  al  fine  di  questa  di- 
scesa si  truova  un'  altra  pianura  molto  bella ,  che  dura  di  lun- 
ghezza per  due  giornate ,  e  chiamasi  pianura  di  Ormus .  Ivi  soi 
no  riviere  bellissime ,  e  dattoli  infiniti  :  e  trovanti  fi*ancolini ,  e 
papagalli ,  e  molti  altri  uccelli ,  che  non  s' assomigliano  alli  no* 
stri  •  Alla  fine  si  giunge  al  mare  Oceano  ^  dove  sopra  un  Isola 
vicina  vi  è  una  citta  chiamata  Ormus.  "^  al  porto   della  quale 


ii5.  Ormus  (  Cod.  Rice;  )  Cùrmos  il  Polo  usò  la  lettera  C  per  esprime^ 
re  r  aspirazione  dell'  H  che  secondo  il  modo  orientale  precede  il  nome  della 
dttft .  la  Abulfeda  leggesi  Hormuz  ed  eilo  dice  l'Emporio  del  Karman  ^  città  rie* 
ca  di' palmeti.  Secondo  esso  l'antica  città  fu  devastata  dai  Tartari^  e  gli  abi^ 
land  di  quella  si  reftigiarono  in  un  isoletta  vicina  detta  Zaro  e  non  rimase  nvU'an* 
fico  Ormus  che  l'infima  plebe  •  Da  questa  città  al  confine  dalla  Persia  sonovi  set- 
te giornate»  L'isola  é  distante  da  terra  ferma  6.  buone  miglia  e  ne  ha  9.  di  «giro 
(  Abul.  Geog.  p.-  261  ).  Non  vi  cresce  verun  vegetabile  ,  il  suolo  é  coperto  di  sale 
bianco  buono  per  l'iiso:  non  avvi  acqua  che  di  cisterna,  Avea  propri  regi  quan* 
do  la  conquistarono  i  Portoghesi  ,  che  erano  Signori  del  Larisian .  Quei  celebri 
eonquistatori  dell'India  ne  fecero  una  superba  citti ,  vi  fecero  dorare  i  ferramenti 
delle  porte  e  delle  finestre .  Vi  erano  palazzi  e  bagni  magnifici  »  nei  quali  stavano 
immersi  la  più  gran  parte  del  di.  Il  canale  che  separala  da  terra  ferma  ha  poco 
fondo.  Passò  sodo  il  dominio  Persiano  ai  tempi  di  Cha-Abbas^  L'Assaltarono- 
^'Inglesi  per  mare,  mentre  i  Persiani  vi  si  accostaron  perverrà.  Fra  gente 
Cristiana  e  Maomettana  fu  divisa  la  preda  pertinente  ad  una  nazione  di  Cristiani  • 
]l  bottino  restò  incendiato  colle  navi  Inglesi.  La  città  fu  smantellata  e  pare 
che  si  arrendesse  per  mancanza  d' acquai  Taver.  Voyag.  t.  I.  p.^  758  ).  Demolito 
Ormus  nel  i6i4«oveera  Gamiro/i  che  vuol  dire  Dogana»  Cha  Abbas  fece  edi* 
ficare  Berider  Abassif  che  significa  porto  di  Abbas  che  s' impossessò  di  tutto 
il  traffico  della  distrutU  città  (  Chard.  t  li.  p.  227  •).  Bender  Abassi  è  a  otto 
Menzil  o  giornale  di  distanza  da  Karman  ogui  stazione  valutala  il  Pottinger  & 
Parasange  .  Dopo  Cha"  Abbas  vi  decadde  la  mercatura  inquietate  dal  Ladro*- 
wtccià  deg^  abitanti  del  Laristan*  L*  Iman  di  Mascat  vi  tiene  guarnigione.  Lt 


54 

arrivano  tutti  i  mercanti  di  tutte  le  partì  dell'India  con  spezie* 
rie,    pietre  preziose,  perle ^    panni  d'oro,    e    di   seta,  denti 
d'Elefanti^  e  molte  altre. mercanzie,  e  quivi  le  vendono  a  di- 
versi altri'  mercanti ,  che  le  conducono  poi  per  il  mondo .  La 
città  nel  vero  è  molto"  mercantesca  ^  e  ha  città  e  castelli  sotto  di 
se ,  ed  è  capo  del  regno  Gherraain ,  e   il  Signore  della   città  si 
chiama  Ruchmedin  Achomach,  '^^  il  qual  signoreggia  per  tiran- 
nide, ma  ubbidisce  al  Re  di  Gbiermain.  E  se  vi  muore  al- 
cun mercante  forestiero,    il  signor  della  terra  gli  toglie  tutto 
il  lor'  avei*e ,   e   riponlo  nel  suo  tesoro .  L'  estate  le  genti  non 
abitano  nella  città ,  per  il  gran  caldo ,  eh' è  causa  di  mai'aere ,  "' 
ma  vanno   fìiori  a'  loro  giardini ,   appresso    le  rive   delF  acque 
e  fiumi ,  dove  con  certe  graticcio   fanno   solari   sopra  V  acque, 
e  ouelli  d'  una  parte  fermano   con   pali   fitti    nell'  acque  ,   e 
dall'altra  parte  sopra   la  rivaj    e  di  sopra  per  difendersi  dal 
sole    cuoprono   con   le  foglie  ,  e  vi  stanno  un   certo  tempo  : 
e   dall'ora    di    mezza    terza,  fino  mezzodì  ogni  giorno    vien 
fin   vento  dall^  arena  '^^   cosi   estremamente  caldo,  che  per  il 


«iuà  è  sudicia  e  mal  fabbricata,  e  fa  presso  a  poco  aoooo  anime  (  Poiting  t  L 
p.  4^5  )  (  Long.  56^  i£  Lat  217*  z8'  Macdonnald  Kino.  p.  aoi  }. 

t(6.  Bmdu99edin  .AUtaamck*  U  Dcfuignss  diede  la  Lista  dei  Regi  d'  Ormus 
Uaita  da  Tea^trà,,  e  questo  nome  corrotto  sembra  corrispondere  a  quello  di 
Eohwddin  Mahomud  (  t  L  p.  5^  ) .  Questo  Re  secondo  Texeira  ciuto  dalla 
Storia  Generale  dei  Viaggi  (  t  VII*  p.  3i7  )  mori  nel  1278  9  ma  conviene  differirne 
la  morte  fino  al  1293  almeno,  poiché  come  vivente  quando  visitò  Ormus  lo  rammenta 
li  Polo.  Ed  ei  in  detto  anno  vi  sbarcd  dal  Caiajo  restituendosi  in  patria . 

117.  Tutti  i  Viaggiatori  confermano  r  insalubrità  della  parte  del  Kermam 
ove  è  Bendar^  AIkusì.  L'Ai^ia  evvi  tanto  malsana  che  gli  stranieri  non  possono 
dimorarvi  che  dal  Dicembre  a  tutto  Marzo.  I  natii  vi  dimorano  sino  a  tutto 
Aprile,  e  dipoi  ranno  a  sUtarè  in  montagna  come  praticasi  nelle  nostre  maremme 
insalubri  e  per  cercarvi  frescuia.  Rimanendovi  nella  slagion  calda  tutti  a'  in* 
fermano  di  ftbbre  tnaligna,  pochi  ne  scampano,  e  i  supersititi  restano  itterici 
tutta  la  vita  (  Tav.  L.  e.  p.  763).  Conferma  eie  anche  Chardin  che  restatovi  il 
faggio  vi  ebbe  una  febbre  pericolosa  della  quale  fu  sanato  con  aspersioni  d'  a- 
^qua  fredda  (  Vojag.  t  II.  p.  a53  ). 

iiS.  Pària  dd  mortifero  vento  descrìtto  da  tutti  i  Viaggiatori  che  hanno 
traversati  i  deserti  dell'Affrica  e  dell* Asia.  Gli  Arabi  diiamanlo  El^Samiel  o  vento 
velenoso;  i  Persiani  ^o^- «^^mum  perché  soffoca  se  strìscia  addosso  ai  viventi. 
(  Chard.  t.  II.  fK  3^.  Toccando  culla  mano  un  estinto  recentemente ,  restavi  appic« 
caio  mi  grasso  viscoso  come  se  morto  fosse  da  un  mese  in  poi.  Questo  vento 
regna  nel  Giugno,  Luglio é  Agosto.  (  Tar.  p.  765  t  L  )  nei  deserti  di  Bassora; 
di  Bagdad,  di  JUÒSkl,  od  Smaar  che  separa  daU' AbisainiarJSgillo.  Macdooad 


55 

troppo  calore  vieta  alFuomo  il  respirare  «,  e  subito  Io  sofi<>- 
ca,  e  muore,  e  da  detto  remo,  niuno  che  si  trovi  sull'are- 
na può  scampare.  Per  la  qual  cosa^  subito  che  sentono  il 
renio  si  mettono  nell'  acque  fin'alla  barba ,  e  vi  stanno  fin  che 
il  cessi  :  e  in  testimonio  della  calidltà  di  detto  vento  ,  disse 
M.  Marco,  che  si  rìtixwò  in  quelle  parti  quando  iniravenne 
nn  caso  in  questo  modo .  Che  non  avendo  il  signor  d' Orraus 
pagato  il  tributo  al  Re  di  Ghiermain ,  pretendendo  avedo  al 
tempo ,  che  gì'  uomini  d' Ormns  dimoravano  fuori  delia  città' 
nella  terra  ferma ,  fece  apparecchiare  mille ,  e  seceofto  cavd^ 
li,  e  cinque  mila  pedoni,  i  quali  mandò  per  la  contrada  di 
Reobarle  per  prendergli  alla  sprovista.  £  cosi  un  giorno  per  esser 
mal  guidati  y  non  potendo  arrivar'  al  luogo  designato  per  la  so- 
pravenente  notte ^  si  riposarono  in  un  bosco,  non  molto  lon- 
tano da  Ormus  :  e  la  mattina  volendosi  partire ,  il  detto  ven- 
to  gli  assaltò,  e  soflfocò  tutti,  di  modo,  che  non  si  trovò  al- 
cuno, che  portasse  la  nuova  al  lor  signcHie.  Questo  sapendo 
gli  uomini  d'  Ormus  ,  acciocché  que'  corpi  morti  non  in- 
iettassero l'aria,  andarono  per  seppelirgli,  e  pigliandogli  per 
le  braccia  per  porgli  nelle  fosse,  erano  così  cotti  pel  gran- 
dissimo calore,  che  le  braccia  si  lasciavano  dal  busto:  per  il 
che  Al  di  bisogno  far  le  fosse  appresso  alli  corpi,  e  gettar^ 
in  quelle  . 


Kinner  %tnii  parlape  di  questo  mortifero  vento  nei  deserti  del  Kuzistan  (  p.  85.  ) 
Richiesi  al  Sig.  Se4dnt  stato  a  Bassora ,  a  che  si  attribuisca  la  natura  pestifera 
di  quel  vento»  ed  ei  mi  disse  eh'  era  opinione  che  ciò  venisse  daU'  impregnarsi 
eh'  ei  fiiceva  dei  miasmi  pestiferi  che  si  sollevano  dalle  acque  bituminose  e 
corrotte  del  deserto .  Mi  soggiunse  che  quel  turbo  non  radeva  la  terra,  ma 
che  nel  rapido  suo  corso  sembra  galleggiare  nell'  ammosfera  a  un  braccio ,  a 
a  wi  braccio  e  mezzo  d'altezza,  ed  è  perciò  che  uomini  ed  animali  sdrajansi 
per  terra  per  evitare  inevitabile  morte  •  GV  Arabi  s'  accorgano  del  suo  avvicina^ 
mento  ,  i  Cam  meli  sdrajansi  per  istinto  e  ne  risentono  i  maligni  effetti  sulla 
gibbosità  che  si  spoglia  di  pelo .  Chardin  afferma  che  questo  vento  soffia  con 
fragore  e  tìnge  Tana  di  color  rosso  e  infiammato  (  t.  II.  p.  io).  1  cadaveri  si 
afimùo  senza  perdere  ne  forma  ne  colore  ,  e  si  crederebbero  uomini  addormentati, 
sta  al  solo  toccare  le  membra  si  separano.  Avventurosamente  non  dura  che  un 
^paATto  d^ora.. 


e  A  P.    XVI. 

Delle  sorti  delle  navi  d*  Ormus  y  e  della  stagione  nella 
guai  nascono  i  /rutti  loro  j  e  del  viver  j  e  costumi  de 
'gli  abitanti. 

Le  navi  d'Ornras,  "'  sono  pessime,  e  pericolose  ;  onde 
Ik  mercanti,  ed  altri,  spesse  volte  in  quelle  pericolano,  e  la 
causa  è  questa,  perchè  non  si  ficcano  con  chiodi  per  esser'il  le- 
gno  col  quale  si  fabbricano  duro ,  e  di  materia  fràgile  a  modo 
di  vaso  di  terra,  e  subito ,  che  si  ficca  il  chiodo  si  ribatte  in  se 
medesimo ,  e  quasi  si  rompe  ;  ma  le  tavole  si  forano  eoa 
trivelle  di  ferro  più  leggermente  che  possono  nelle  estremità , 
e  dopo  vi  si  mettono  alcune  chiavi  di  legno ,  con  le  quali  si 
serrano ,  dopo  le  legano ,  ovvero  cuciono  con  un  filo  grosso  , 
che  si  cava  di  sopra  le  scorze  le  quali  sono  grandi ,  e  so« 
pra  vi  sono  fili  come  sete  di  cavalli ,  li  quali  posti  in  acqua , 
cornee  putrefatta  la  sostanza,  rimangono  mondi,  e  se  ne  fan- 
no corde ,  con  le  quali  legano  le  navi ,  e  durano  lungamente 
in  acqua j  alle  qual  navi,  non  si  pone  pece  per  difesa  della 
putrefazione ,  ma  s'  ungono  con  olio  fatto  di  grasso  di  pe- 
sci ,  e  calcasi  la  stoppa .  Ciascuna  nave  ha  un'  arbor  solo ,  e 
im  timone ,  e  una  coperta ,  e  quando  è  carica ,  si  cuopre  cou 
cuoi ,  e  sopra  i  cuoi ,  pongono  i  cavalli  ,  che  si  conducono 
in  India .  iVon  hanno  ferri  da  sorzer ,  ma   con  altri   lor'  istni- 


iig.'Ltf  Navi  d  Ormus  sono  dette  Chambuc,  Sono  alte»  lunghe,  e  strette 
fi!  costruiscono  col  legno  della  Palma  che  porta  il  Cocco  detto  volgarmente  No- 
ce d'  India  ,  albero  di  cui  si  fa  e  aì  carica  il  bastiménto  «  Imperocché  il  fusto  dà  il 
legname ,  la  scorza  e  la  foglia  le  corde  e  le  Tele  ,  può  caricarsi  col  frutto  .  Tutte 
le  corde  dei  paesi  lungo  il  Golfo  Persico  cavansi  da  quella  scorza  ,  e  le  tavole  del 
bastimento  si  cuciono  col  filo  che  se  ne  ritrae,  e  per  essere  cucite  le  dette  navi , 
^li  antichi  Greci  appellaronle  Rapta*  Secondo  Chardin  si  calafatano  con  calce 
(  t.  II.  p.  225.  )  :  ne  da  una  buona  ragione  il  Polo  ,  cioè  che  cid  fassi  per  la  fra- 
gilità di  quel  legno .  Gentile  oUremodo  è  la  descrizione  di  quelle  Navi  del  padre 
Greuber  pubblicata  dal  Magalotti  (  Operet  del  Magalotti  p.  12).  Ei  pubblicò  an- 
che un  Opuscolo  del  padre  Lobo  intorno  all'  utilità  del  Co<:co,  che  fu  stampato 
nel  secondo  volume  della  Raccolta  dei  Viaggi  del  Tevenot.  11  Padre  Lobo  con- 
ferma come  il  Polo  che  i  bastimenti  si  calafatano  con  Olio  di  pesce  e  non  con  cai* 
cina,  ma  può  congetturarsi  che  con  olio  e  calce  facciasi  un  mastice. 


57' 

menti  soizeno ,  e  però  con  ogni  leggiera  fortuna  periscono  ; 
per  esser  molto  terrìbile,  e  tempestoso  quel  mare .  Quelle 
genti  sono  negre ,  e  osservano  la  legge  di  Macometto .  Semi- 
nano il  frumento,  orzo ,  e  altre  biade  nel  mese  Ài  Novembre 
e  le  raccolgano  U  mese  di  Marzo,  ^^^  e  cosi  hanno  tutti  i 
loro  frutti  degli  altri  mesi,  nel  detto  mese,  eccetto  i  dattoli^ 
che  si  raccolgono  nel  mese  di  Maggio^  de' quali  si  fa  vino 
con  molte  altre  specie  mescolatevi  ,  il  qual'  è  molto  buono  ;  e 
se  gli  uomini ,  che  non  vi  sono  assuefatti  bevono  di  quello, 
subito  patiscono  flusso,  ma  risanati  quel  vino  molto  gli  giova  ,  e  in- 
grassali. Non  usano  i  nostri  cibi^  perchè  se  mangiassero  pan  di  fru- 
mento, e  carni,  subito  s' infermerebbono ,  ma  mangiano  dat- 
toli ,  e  pesci  salati ,  cioè  pesci  tonni ,  e  cipolle  ,  e  altre  simil 
cose ,  che  si  confanno  alla  sanità  loro  •  In  quella  terra  non  si  truo- 
va  erba,  che  duri  sopra  la  terra,  salvò  che  ne'Iuo^i  acquo- 
si,  e  questo  pel  troppo  caldo ,  che  disecca  ogni  cosa .  Quan- 
do gl'uomini  grandi  muojono,  le  moglie  loro  gli  piangono 
quattro  settimane  continue  un  volta  al  giorno  .  Ivi  si  truova- 
no  donne  ammaestrate  nel  pianto  ,  le  quali  si  conducono  a 
prezzo,  che  piangliino  ogni  giorno  sopra  gì' altrui  morti  « 

GAP.  xvn. 

Della  campagna  ^  che  si  triiova  partendosi  d' Ormus  j  e 
ritornando  s^erso  Chiermain  ^  e  del  pan  amaro  ^  per  cau- 
sa delV  acque  salse . 


parlar 


Avendosi    detto    d' Ormus ,    voglio    che    lasciamo  star  il 
r  dell'  India ,  "^^^  la   qual  sarà  descritta  in  un  libro  parti- 


rao.  Seminano  il  frumento.  Chardin  vide  segare  il  grano  ai  i a  di  Marzo. 
{  Voy.  t  li.  p.  aai  ) . 

121.  Qui  si  ravvisa  il  disegno  dell'Autore  che  è  piuttosto  di  descrivere 
tutta  r  Asia,  che  di  ordinatamente  narrare  i  nuoi  Yiagg!',  perciò  ei  retrocede.  E  che 
ei  visitasse  il  paese  che  da  Cashin  estendesi  sino  a  Ormus  non  neU'  andare  ma 
al  ritorno»  vien  confermato  da  ciò  che  ei  dice  nel  libro  terzo  allorché  parla  di 
Ormus  (L.ib.  Uh  C.  XLIII  )•  »  Ora  di  questo  non  diremo  altro,  perché  di  sopra 
9  nel  libro  abbiam  parlato  di  Chisi  e  di  Chermain  ».  Forse  reputò  più  analo- 
go al  suo  piano  d'ultimare  la  descrizione  della  Persia,  tostochè  incominciò 
a  parlarne  •  11  viaggio  che  descrive  retrocedendo  è  quello  eh'  ei  fece  sbar- 
cato Si    Ormus  * 


58 

colare  9  ^  ^^^  ritorniamo  di  nuovo  a  Ghiermain^  '^  verso 
Tramontana .  E  però  dico ,  che  partendosi  da  Ormus ,  e  an- 
dando verso  Ghiermain  per  un'altra  strada ,  si  truova  una 
pianura  bellissima ,  e  abbondante  d' ogni  sorte  di  vettovaglie  , 
ma  il  pan  di  frumento,  che  nasce  in  quella  terra ,  e  non  si 
può  mangiare  se  non  da  quelli ,  che  vi  sono  usi  per  lungo 
tempo ,  per  essere  amaro ,  per  causa  delF  acque ,  le  quali  son 
tutte  amare ,  e  salse ,  e  da  ogni  canto  si  veggono  scorrere  ba- 
gni caldi  molto  utili  a  guarire  ,  e  sanare  molte  infermità , 
che  vengono  agli  uomini  sopra  la  persona:  vi  sono  anche 
molti  dattoli^  e  altri  frutti. 


122.  Chieremain.  Questa  celebre  citti  è  andata  soggetta  alle  pili  funeste  vi- 
cende ^  Lat  29*  58' Long.  SS'^iS^).  É  situata  sul  lembo  occidentale  di  una  vasta 
pianura,  ma  dominata  da  due  montagne  ove  sono  le  rovine  d'  alcuni  castelli. 
Era  altre  volte  la  cittd  la  più  florida  della  Persia  dopo  Ispahan .  La  sua  po- 
sizione centrale  fra  le  provinole  settentrionali  deli*  Impero  e  Bender  Abassi 
la  rendeva  citti  di  deposito,  ed  era  la  sede  delle  ricchezze ,  del  lusso  e  della 
magnificenza .  Reputa  saviamente  Pottinger  che  V  epoca  del  suo  ingrandimento 
risalga  alla  fondazione  di  Ormus  che  fu  fhbbricato  da  uno  dei  primi  Sassani* 
di  9  Hormuz  primo  che  die  nome  alla  città  (Sacy  Memoir  sur  Divers.  Ant  de  la- 
Perse  p.  29S  ) .  L'  etimologia  del  nome  alcuni  la  desumono  da  Kerman  che 
significa  granajo.  Altri  dicono  che  un  principe  Zoroastreo  mangiando  una  me- 
la nel  luogo  ove  siede  la  citti  vi  trovò  un  baco  che  dicesi  Kerm  e  fece  vo- 
to di  fabbricarvi  una  etiti  .  Gii  Antichi  Geografi  appellarono  anche  Sirgian  (  Geog. 
Nub.  p.  129).  E  stata  soggetta  a  varietà  di  vicende.*  fu  saccheggiata  dai  TarU- 
ri,  e  nel  secolo  caduto  dagli  Afghani  e  da  Nadir  Chah;  nel  1794  Aga-Moham* 
med  Kan  zìo  dell'attuale  re  di  Persia,  abbandonolla  al  saccheggio  per  tre  interi  mesi. 
Vi  si  vedono  vaste  rovine.  Fu  rifabbricata  dal  re  attuale ,  e  non  fa  oggidì  che 
trenta  mila  anime ,  né  avvi  luogo  di  credere  che  sia  per  aumentare ,  i  tra£S- 
ci  del  Seno  Persico  essendosi  diretti  a  Bouchir  invece  di  Bender  Abassi .  Qui 
ai  fabbricano  i  celebri  Scialli  che  seconda  Pottinger  superano  in  bellezi^  di  tes- 
suto e  finezza  quelli  di  Cachmj-r ,  ma  non  sono  né  cosi  morbidi  né  tanto 
caldi .  La  lana  con  cui  si  fanno  la  somministrano  alcuni  castrati  piccoli  e  di 
gambe  corte  ,  ma  trasporUti  fuori  del  Kerman  la  hiha  perde  gt^b  parte  dei 
suoi  pregi .  Evvi  lana  più  fina  e  più  morbida  del  cotone  .  Dopo  la  tosatura» 
la  lana  si  lava  e  si  netta  ripetutamente ,  Ja  pongono  dfpoi  in  una  lessiva  per 
parecchie  settimane  ;  gì'  ingredienti ,  che  Ha  Compóngono  sono  tenuti  segreti , 
credesi  che  sia  una  decozione  di  scorze ,  e  di  foglie  di  vdrie  qualità.  Questa 
preparazione  rende  la  lana  elastica  e  mbi-bida  e  pròpria  alla  filatura  •  (  Potttng» 
Voj.tLp.414j. 


«9 
GAP.    XVIII. 

Comfi  partendosi  da  Chiermain  j  si  va  per  un  deserto    di 

sette   giornate j   alla   città   di  Cohinam  :    e    dell'acque 

amare ,    che    si    truoyano ,    e  alla  fine   di    un  fiume 
d'  acqua  dolce . 

Partendoii  di  Gbiermaia  ,  e  cavaloando  per  tre  giorr 
nate,  s'arriva  à  un  deserto,  "^  pel  quale  si  va  fino  a 
Cobinam,  "^  e  dura  sette  giornate,  e  ne' primi  tre  giorni, 
non  si  trova  salvo,  che  uu  poco  d' acqua ^  e  quella  è  sal- 
sa e  verde  come  V  erba  d'  un  prato  ^  ed  è  tanto  aniara 
che  ninno  ne  può  bere ,  e  s' alcuno  ne  beve  pur  una 
gocciola j   va    da   basso    più  di  dieci  volte,  e  similmente  gli 


123.  Un  Deserto.    H  deserto  che  qui   descrive  è  il   gran  deserto    salino  , 
che  è  il  più  celebre  della  Persia  che   eatendesi  dalla    Caramania  fino   al  Ma* 
jumderan  e  da  Koom  fino  al  Cabulisianf  che  ha  di  lunghezza  400  migliai  e  dugento 
cinquanta  in  larghezza  .  Secondo  Macdonald  Kinner  é  una  terra  impregnata  di  ni- 
Irò  e  d'  altri  sali,  lo  che  da   quel  gustò  amaro  e  reo  alle   acque    che  rammen- 
ta \ì  Polo ,  che  traversò  questo  deserto  dal  confine  del  Kerman  a  Vezd  passan- 
do per  Cobit  (  Memoir.  p.  20  ) .  Potdnger  da  a  questo  deserto  270  miglia  di  lun- 
ghezza   da  Nermanckir  sino    alle    Montagne   del  Korasgan  1  di   larghi^zza  200 
Miglia  da  Vexd  sino  alla  catena  dei   monti  che  separano  il  deserto   dal    Sed». 
jestan  (  t.  II.  p.  4r>£  ).  Non  produce  erba,  e  per  ispazj  di  80  e  90  miglia  non   vi  si 
trova  nemmeno  una  gocciola  d*  acqua .  I  '  corrieri  possono  traversare  il  deserto 
nella   sua   pid  gran  dimensione  in  diciotto  giorni*  ma  il  pericolo    di  perirvi  é 
grandissimo.  Descrive   come  disabitato^    e    moltissimo     infestato    dai   ladri    il 
Deaerto  Ebn-Auckal  (  p.  191  ) . 

•  124*  Cobinam  si  ravvisa  per  la  città  detta  da  Ehn-Auckal  \Kuheis  (  p. 
194.  ):  Chabis  da  Abulfeda  (  Geogr.  p.  555  ).  Pottinger  dopo  aver  descritto 
il  deserto  soggiunge  a  32."  20."  di  Latitudine  trovasi  la  città  di  Khebis  fab- 
bricata in  una  campagna  sempre  verde ,  che  a  parecchi  piacevpli  giardini . 
Pare  che  sia  stata  edificata  come  luogo  di  refugio,  e  negli  antichi  tempi 
per  favoreggiare  il  commercio  fra  ìsl  Persia,  e  il  Sedjestan^  poiché  è  a  mezza 
diatanata  dai  due  paesi  :  era  florida  altra  volta  è  oggid£  luogo  miserabile  e  ro« 
vinato  •  Gli  abitanti  sono  malandrini  insigni ,  e  inseguiti  si  refìigianó  .  (t  ^asa 
loro  a  traverso  il  deserto  per  vie  a  tutti  altri  sconosciute.  E  cosa  digita  .d*  Os- 
servazione che  r  acqua  dei  giardini  di  Khebis  è  dolce  e  abbondante  p  quanr 
tuoque  da  ogni  banda  il  suo  territorio  sia  cinto  da  un  deserto  aridiMimo  ove  non 
vedesi  più  vegetazione  veruna.  (  Potting.  Yoy.  t  L  p.  429  )  .  Nei  deserti  vastissimi 
deli*  Asia  e  dell'  Affrica  sono  vi  alcune  larghe  piazzate  di  terra  fruttifera»  che 
sono  come  isole  in  quei  pelaghi  di  rena  »  che  gli  antichi  chiamarono  Oasi  • 


6o 

avvieae^  se  mangiasse  un  sol  grano  di  sale,  che  si  fa  di 
queli^ acqua:  e  però  gli  uomini,  che  passano  per  que' deserti 
si  portano  dietro  dell'  acqua  :  ma  le  bestie  ne  bevono  per  for- 
za costrette  dalla  sete^  è  subito  patiscono  flusso  di  corpo,  la 
tutte  queste  tre  giornate ,  non  si  truova  pur  un'  abitazione  ^ 
ma  tutto  è  deserto ,  e  secco .  Non  vi  son  bestie ,  perchè  non 
hanno ,  che  mangiare  :  e  nella  quarta  s  aiTÌva  ad  un  fiume 
d' acqua  dolce  j  il  quale  scorre  sotto  terra  ^  e  in  alcuni  luoghi 
vi  sono  certe  caverne  dirotte^  e  fosse  pel  scorrere  del  fiume, 
per  le  quali  si  vede  passare  ^  qual  poi  subito  entra  sotto  ter- 
ra, nondimeno  s'ha  abondanza  d'acqua^  appresso  la  quale  i 
viandanti  stanchi  per  l' asprezza  del  deserto  precedente  ricrean- 
dosi con  le  loro  bestie  si  riposano.  "^  Neil'  ultime  tre  gior- 
nate trovasi  come  nelle  tre  precedenti;;  e  nella  fine  si  trova  li 
città  di  Gobinamc 

C  A  P.    XIX. 

Della  città  di  Cohinam  y  e  delli  specchi  di  acciaio  ^  e  delV 
Andanico  j  e  della  Tuzia  y  e  Spodio  j  che  si  fa  i\?i . 

Cobinam  è  una  gran  città,  la  cui  gente  osserva  la  legge  di 
Macometto^  dove  si  fanno  li  specchi  d'acciaio  finissimo  molto 
belli,  e  grandi.  Vi  è  anco  assai  Andanico^  e  ivi  si  fa  la  Tuzia ^ 
la  qual'  è  buona  all'  egritudine  degli  occhi  ^  e  il  Spodio  _,  *^  in 
questo  modo.  Tolgono  la  terra  d'una  vena,  eh' è  buona  a 
quest'  effetto ,  e  la  mettono  in  una  fornace  ardente ,  e  sopra 
la  fornace  sono  poste  graticcie  di  ferro  molto  spesse ,  e  il  fu- 
mo, e  Tumor  che  ne  viene,  ascendendo  s'attacca  alle  gra- 
ticcie ,  e ,  raffreddato  s' indurisce  e  questa  è  Tucia ,  e  il  resto 
di  quella  terra  e  che  rimane  nel  fuoco ,  cioè  il  grosso  y  che 
resta   arso  è  il  Spodio. 


125.  Per  quanto  la  via  diverga  per  andare  dal  Kerman  a  Yezd  paBsanda 
per  KhebiSf  A  ravvÌAa  che  qui  si  dirigono  i  viandanti  per  cercarvi  un  ristoro  nel  pe- 
■oiio  tragitto  del  deserto  che  in  niuno  altro  luogo  troverebbero. 

i2&.  Intorno  «Ila    Tuzia  j  e   allo  Spodio  (   Vedasi  YoL   i.  p.   H  ^^^  ^> 


6i 
GAP.    XX. 

Come  da  Cohinam,  si  va  per  un  deserto  di  otto  giornate 
alla  provincia  di  Timochaim  j  nel  confine  della  Persia 
verso  Tramontana  y  e  delV  Albero  del  Sole  y  che  si 
chiama  F  Albero  Secco  j  e  della  forma  de^  frutti  di 
quello  . 

ParteDdosi  da  Coblaam  ,  si  ya  per  un  deserto  d'  ott# 
giornate ,  nel  qual'  e  gran  siccità  ^  né  vi  sono  frutti ,  né  arbo* 
ri  ,  e  1'  acqua  è  anche  amara  '^^ .  Onde  i  viandanti  portano 
seco  le  cose  al  vivere  necessarie ,  nondimeno  le  bestie  loro 
per  la  gran  sete  le  fanno  per  forza  bere  di  quell'acqua,  im- 
perocché meschiano  farina  con  quell'acqua^  e  bellamente  1^ 
inducono  a  bere  ^  e  incapo  delle  otto  giornate ,  si  truova  una 
provincia  nominata  Timochaim,  la  qual  é  posta  verso  Tramon- 
tana ne' confini  della  Persia ,  nella  quale  sono  molte  città,  le 
castelli.  Vi  è  ancora  una  gran  pianura,  nella  quale  v'é  l'A- 
bore  del  Sole ,  *^  che  si  chiama  per  i  Cristiani  X  Albor  Sec- 


117.  Qui  li  Polo  non  fa  menziono  che  delle  otto  giornate  che  occorrono 
per  giungere  da  CMnam  a  Vezd  ove  laacid  il  deserto .  La  distanza  ordina- 
riamente valutasi  di  1 5  giornate  da  Kerman  a  KubiSf  e  di  16  da  Kubis  e  Vezd^ 
Ma  li  Polo  che  viaggiava  con  una  principessa  destinata  ad  esser  la  regina  della 
contrada  avrà  fatto  il  viaggio  con  assai  maggior  diligenza  e  sarà  uscito  dal  de-» 
aerto  in  otto  d^  (  Macdon.  Kinn.  p.  193  J.  Dice  poscia  che  giungesi  ad  una  pro- 
vincia di  Persia  gii  da  lui  rammenUta,  che  appella  Tìmochaim  che  è  come 
dicemmo  il  paese  di  Damgan^  ma  sotto  tal  nome  indica  il  Ckwassan .  Infatti 
Abuifeda  nel  parlare  di  detto  deserto  soggiunge  :  »  quod  oceupat  spati  um  inter 
»  Fars  y  Kerman  et  inter  Chorasan^  quod  idem  proprie  desertum  est  Segestanae 
(  Geograph.  p.  a6o  ) .  Anche  Ebn.  Auchal  fra  le  città  a  confine  del  Deserto  pò* 
ne  Damghan  (  p.  194  )  :  É  probabile  che  ai  tempi  dei  Polo  Damgan  fosse 
la  capitale  del  Chwassarif  e  che  del  suo  nome  appellasse  la  pi*ovincia.  In  questo 
<:apo  riconduce  rapidamente  il  leggitore  sulla  via  da  lui  fatta  per  recarsi  al  Catajo 
e  a  Cazbin  come  si  ravvisa  da  ciò  che  segue. 

ia8.  L* Albero  del  Sole  deve  essere  fra  Damgan  t  Casbin  j  ove^unava- 
sU  pianura  (  Macdonald.  Kinn.  p,  173  )  come  il  Polo  rafferma,  e  dee  e$^t^ 
re  quella  ohe  si  distende  verso  le  strette  già  da^  noi  descritte  di  Kowar  ,  che 
sono  a  mezza  strada  fra  queste  due  città .  '  Infatti  il  Polo  nel  Proemio  dice, 
eh' ei  dovè  condurre  Cogatin  a  Casanj  il  quale  allora  si  trovava  nelle  parti 
dell* Arbwe  Secco  9  e  ne*  confini  della  Persia  con  sessanta  mila  parsone  f  p^r  ad 


6a 

^o .  La  qualità ,  e  condizione  del  quale  è  questa  •  lE  un'  ar- 
bore grande ,  e  grosso ,  le  cui  fogCe  da  una  parte  son  verdi ,  dalF 
altra  bianche,  il  quale  produce  ricci  simili  a  quei  delle  ca- 
stagne, ma  niente  è  in  quelli,  e  il  suo  legno  è  saldo,  e 
forte  di  color  giallo,  a  modo  di  busso,  e  non  v'è  appresso 
albor  alcuno  per  spazio  di  cento  miglia  ,  se  non  da  una 
banda ,  dalla  qual  vi  sono  albori  qnasi  per  dieci  miglia ,  e  di- 
cono gli  abitanti  in  quelle  parti,  che  quivi  fu  la  battaglia  tra 
Alessandro ,  e  Dario .  **9  Le  città  ,  e  castelli  abbondano  di 
tutte  le  belle,  e  buone  cose,  percliè  quel  paese  e  d'aere  non 
molto  caldo,  uè  molto  freddo  ,  ma  temperato.  La  gente  os- 
serva la  legge  di  Macometto.  Sono  in  quelle,  belle  genti,  e 
specialmente  donne ,  le  qual  a  mio  giudizio  sono  le  più  belle 
del  mondo. 

CAP.    XXI. 

Del  p^ecchio  della  Montagna  y  e  del  palagio  fatto  far 
per  lui  y  e  come  fa  preso  ^  e  morto . 

Detto  di  questa  contrada ,  ora  dirassi  del  Veglio  ^^  del- 


siodia  di  eerti  pasH^àceiò  non  9i  entnuiero  genti  nenudw»  I  detti  pasti  oèi* 
wat  àbramo  avvertito  (  Not  5i  )  «ono  le  stette  di  Kowar. 

139.  Battaglia  fra  Alessandro.  L'ultima  battaglia  campale  fra  Alesiaa- 
dro  e  I^rio  fa  qtidla  d*  Arbela ,  ma  le  strette  di  Kkowar  dette  da  Ania- 
no  Catpiae  Pilae  9  le  passò  Alessandro  per  inseguir  Dario  eh'  erasi  refugìato 
di  la  dai  monti  verso  il  Caspio ,  e  ivi  ebbe  nuova  <ke  Dario  per  opera  dei 
suoi  era  stato  ftitto  prigioniere  (  Arrian.  Exp.  Ed.  Blanck.  p.  a^j  )  .  Di  que* 
stì  grandi  avvenimenti  coiiservafvasi la  tradizione  ai  tempi  del  Polo.  Fra  Mau- 
ro pone  questa  disfatta  per  tradizione  come  accaduta  verso  Teòriz  (  Zurl. 
Mapp.  p.  46  )• 

tSo.  Feglio  della  Montagna.  Ricondotto  il  leggitore  verso  CaMn  pria  di 
proseguire  il  suo  viaggio  narra  la  storia  del  VegKo  d^a  Montagna  capo  di 
Jcum  settari  detti  Bathenicmi^  Miahhediti^  e  Assassini  dei  quali  fanno  menzio* 
ne  Giacomo  di  Vitriaco  ,  Elmacino ,  Marakesdri ,  Abulfaragio  ^  Abulmahasen 
ed  altri  (  Deguign.  t.  x.  p.  54i  )•  Loro  legislastore  ,  e  teologo  (ìi  un  certo  Hassan» 
figlio  di  Saba,  che  incominciò  a  figurare  verso  ranno  di  G.  C.  1090.  £sso  a« 
vea  vii^giato  in  Egitto  e  nel  Korassan ,  e  imaginò  farsi  capo  di  una  setta  • 
Tutti  convengono  che  per  farsi  partìgiahi  zelantissimi  ,  usava  i  mezzi  indica-  • 
li  dal  Polo.  Sinché  la  setta  non  divenne  potente  finsesi  Maomettana  (  lacob. 
Vitriac.    Gest  Dei  par  Frane,  t.  L  p.  ro6a  ).  Di  Persia  gli  Assassini  si  dif- 


63 

h  Montagna .  Mulehet  '^*  è  una  contrada ,  nella  quale  antica- 
mente soleva  stare  il  vecchio  detto  della  montagna,  perchè 
^esto  nome  di  Mulehet^  e  come  a  dire  luogo  dove  stanno 
k  eretici  nella  lingua  Saracena ^  e  da  detto  luogo  gli  uomini, 
si  chiamano  Mulehetici,  cioè  eretici  della  sua  legge,  siccome 
appresso  li  Cristiani  Patharini .  "^*  La  condizion  di  questo  vec- 
diio  era  tale,  secondo  che  M.  Marco  affermò. avere  inteso  da 


fossero  ia  Siria  ^  nelle  vicinanze  cH  Tortosa  in  kioghi  scoscesi  ed  «Ipeatri. 
Afferma  il  rammentalo  Storico  delle  Crociate  che  finsero  volersi  fare  Cristia- 
ni .  Ma  ucciso  un  loro  Ambasciatore  che  inviavano  per  trattare»  divennero  impla« 
cabili  nemici  dei  Crocesignatl  e  dei  Maomettani .  Il  regno  era  elettivo  * 
Sceglie vansi  per  capo  il  pia  esperto  e  provetto,  cui  davano  il  titolo  d' onore 
ài  Sdiéik  che  suona  in  Arabo  Seniore  o  il  Fecchio  :  non  era  tuttavia  il  più 
vecchio  de*  loro  come  essi  creduto .  Secondo  V  Herbelot ,  e  il  Oeguignes  le 
lagnanze  degli  Abitanti  di  Cazbin ,  e  delia  Provincia  detta  Al-Gebtkl  o  paese  mon» 
tuoso  mossero  Mangu^Can  a  ordinare  ad  Ulagtt  di  distruggere  quei  scelle- 
rati .  Ultimo  re  degli  Assassini ,  secondo  Deguignes  fu  Rocknedin  Gourschah  » 
ma  è  più  probabile  che  fossclo  Aloeddin  suo  figlio  come  il  Polo  lo  afferma. 
Volle  Ulagu  che  si  arrendesse  a  discrezione,  e  venuto  in  suo  potere  fecelo 
trasportare  a  Coraooran  >  ove  fu  ucciso  colia  famiglia.  Rocknedin  secondo  De<- 
guignes  regnd  un  anno  solo,  e  la  guerra  secondo  il  nostro  durò  tre  anni. 
Secondo  lo  Storico  degli  Unni 'fini  la  guerra  nel  1257*  secondo  la  lezione  Ra« 
musiana  nel  1262^  data  che  porta  anche  il  testo  Riccardiano  (  T.  I.  p*  27). 

i3i.  Mulehet  è  una  contrada.  Alla    contrada  posseduta    da   quelle    gen- 
ti diede   il  nome  delle    genti  medesime  ,.  che    come    avvertimmo   erano    ap- 
pellati   dalla    voce   Melhed  che    significa    empio  Melahedah    Kuhestan    0  gU 
empj  della  Montagna:  e  il  loro  Signore  Scheikh  jilgebal  o  Vecchio  della  Mon- 
tagna  (  Herbelot  vox  Melaehedah  ),  come   lo  appellarono   fedelmente   traslatan* 
do  le  due  voci  i   Crocesignatl .   Nafsan   che  come  abbiam  detto    fu  il  fonda- 
tore di  quella  setta  s*  impadronf  del  Castello  di  Rudbar   indi  di  quello  d' Al^ 
mut   o   ^/amitr  fabbricato  dai  regi  di^Dillem  e  ivi  fecero  quel  favoloso  para- 
diso (  Deguign.  1.  e  ).    Questa  residenza  del  Foglio  era  fra   Amol  e  Cazbin 
(  Abulf.  Hist  Muselm  t  HI.  p.  53i  ).  Quésto   luogo  è  rammentato   anche   da 
Nessir  Ettuseo  e  da   Ulugbeg  (  Lat  56'  ai*   Long.  85»  57'  )  Geog.  Min.  t  IlL 
p.    107  )  .  In  quel  paese  essi  erano   fortissimi  per  la  natura  diqueUa  localiti. 
Gmlin  visitò  la  catena  dei  monti  del   Dtllem    ove  era  Alamul^   e  secondo  il 
uedesiino  la   medesima  è  un  prolungamento  del    Caucaso  :  corre  da  ponente  a 
levante  ,  e    termina  a  mezzodì  alla  pianura  di  Caxbin  e  si  dirige  verso  Upa/ian 
(Hist.  de»  Decouv.  des.  Russi  t.  H.  p.  588).  Queste  montagne  sono  selvose 
composte  di   terra  argillosa,  che  ingrossa  le  radiche  degli    alberi  in  modo   che 
le  strade   ne  divengono  d'  accesso  difficilissimo!  tonto  più  che  gli   alberi  hanno 
il  fusto  velloso,  gli  arbusti  sono  spinosi  e  vi    si  avviticchiano  sopra  (  ibid.  p. 
3tk>  ).  Perciò  in  quei  luoghi  si  intanano  sicuri  gli  Assassini. 
i3a*  Paierini  (  1. 1.  p.  65  not  e.  ), 


64 

lìiolte   persone,    ch'egli  aveva   nome    Aloadìn,   pd  era  Mao- 
mettano ,  e  avea  fatto  far  in  una  bella  valle ,   seirata  fra   due 
monti  altissimi ,  un  bellis^mo  giardino  con  tutti  i  frutti ,  e  ar- 
bori j  che  aveva  saputo   ritrovare ,  e    d'  intorno  a  quello  di- 
versi, e  varj  palagi,  e  casamenti  adornati  di  lavori  d'oro^  e 
di  piuure ,  e  fornimenti   tutti  di  seta .   Quivi  per  alcuni  pic- 
cioli canaletti,   che   rispondevano    in   diverse    palli   di  questi 
palagi,  si  vedeva  correr  vino,   latte,  e  mele,   e  acqua  chia- 
rissima ,   e  vi  avea  posto  ad  abitar  donzelle  leggiadre,  e  bel- 
le, che  sapean  cantar,  e  sonar  d'ogni  istrumento,  e  ballar,  e 
soprattutto  ammaestrate   a   far   tutte  le  carezze,  e   lusinghe  a 
gli   uomini,    che    si  possin'immaginare.  Queste  donzelle  be- 
nissimo vestite   d'oro,  e  di  seta   si  vedean   andar   solazzando 
di  continuo   per   il  giardino  ,   e   per  i  palagi  :  perchè  quelle 
iemmine ,  che  là  attendevano ,  stavan  serrate ,  e  non  si  vede- 
vano mai  fuori  all'aria  .    Or  questo   vecchio   avea    fabbricalo 
questo  palagio  per  questa  causa ,  che  avendo  detto  Macomet- 
to,   che  quelli,  che  facevano  la  sua  volontà  anderiano  nel  pa- 
radiso ,    dove    troverian  tutte    le   delizie ,  e   piaceri  del  mon- 
do,   e  donne  bellissime,  con  fiumi  di  latte,  e  mele^  lui  vo- 
leva dar  ad  intendere,   ch'egli  fosse  profeta,  e  compagno  di 
Macometto,  e  potesse   far  andar  nel  detto  paradiso,   chi   egli 
voleva.  Non  poteva  alcun  entrare   in  questo  giardino,  perchè 
alla   bocca  della   valle    vi   era   fatto    un    castello    fortissimo  , 
e    inespugnabile  ,    e  per  una  strada   segreta,  si  poteva   anda- 
re  dentro  .    Nella    sua   córte  ,   detto   vecchio    teneva    giovani 
da    12  jfino  ai  20  anni,  che  li  pareva  essere  disposti  allear- 
mi ^  e  audaci  ^  e  valenti  degU  abitanti  in  quelle  montagne  ^  e 
ogni  giorno  gli  predicava  di  questo  giardino  di  Macometto^  e 
come  lui  poteva  faigli  andar  dentro  ;  e  quando  li  pareva ,  fa- 
ceva dar  una  bevanda  a  dieci ,  o  dodici  de'  detti  giovani  ^  che 
gli  addormentava^   e   come    mezzi  morti,  li  faceva  portar  in 
diverse  camere  de'  detti  palagi  ^   e  quivi  come  si  risvegliavano , 
vedevan  tutte  le  sopraddette  cose^   e  a  ciascuno  le   donzelle 
cran' intorno^  canundo^  sonando^  e  facendo   tutte  le  carezze^ 
e  solazzi^  che  si  sape van' imaginare  ^  dandoli  cibi^  e    vini  de- 
licatissioìi ^    di  sorte  chrf*  quelli   imbriacati  da  tanti  piaceri^  e 
dalli    fiumicelli    di   latte  ^   e   vino    che   vedevano  ^   pensavano 
<jertissimameate  essere  in  paradiso ,  e  non  s' averian  mài  voluto 
partire  • 


Passati  quattro,  o  cinque  giorni,  di  nuovo  li  faceva  ad- 
dormentare ^  e  portar  fiiorì  ^  e  quelli  fatti  venir  alla  sua  pre- 
senza^ gli  dimandava  dove  erano  stad^  quali  dicevano  (  per 
grazia  vostra  )  nel  paradiso  ^  e  in  presenza  di  tutti  racconta- 
vano tutte  le  cose^  che  haveano  veduto'^  con  estremò  desiderio, 
ed  ammirazione  di  chi  gli  ascoltava ,  e  il  Vecchio  gli  rispon- 
deva ,  questo  e  il  comandamento  del  nostro  profèta,  che  chi  di- 
fende il  signor  suo  gli  fa  andar  in  paradiso^  e  se  tu  sarai  obbediente 
a  me,  tu  avcrai  questa  grazia  :  e  con  tali  parole  gli  avea  cosi  inanima- 
ti^ che  beato  si  reputava  colui,  a  cui  il  Vecchio  comandava  ^  ch'an- 
dasse a  morire  per  Jui .  Di  sorte  che  quanti ,  signori  ovvero  al- 
tri, che  fossero  inimici  del  detto  Vecchio^  con  questi  seguaci^ 
e  assassini  erano  uccisi^  perchè  ninno  temeva  la  morte ^  pur- 
ché facessero  il  comandamento  ^  e  volontà  del  detto  Vecchio^  e 
s'esponevano  ad  ogni  manifesto  pericolo^  disprezzando  la  vita 
presente  ^  e  per  questa  causa  era  temuto  in  tutti  quei  paesi  co* 
me  un  tiranno ,  e  avea  costituito  due  suoi  vicarj  ^  uno  alle  par- 
li di  Damasco^  l'altro  in  Gurdistana^  che  osservavano  il  mede- 
simo ordine  con  li  giovani ,  che  gli  mandava  ^  e  per  grand'uomo 
che  si  fosse  ^  essendo  inimico  del  detto  Vecchio  y  non  poteva 
campare  ^  che  non  fosse  ucciso .  Era  detto  Vecchio  sottoposto 
alla  signoria  di  Vlaù  ^  fratello  del  gran  Gan ,  qual  avendo  in- 
teso delle  sceleratezze  di  costui ,  perchè  okre  le  cose  sopradet- 
te ,  faceva  rubar  tutti  quelli ,  che  passa van  per  il  suo  paese , 
nel  1262  maudò  un  suo  esercito  ad  assediarlo  nel  Gastello^ 
dove  stette  ^  anni  tre  ,  che  non  gli  poterono  far  cosa  alcuna .  Al- 
fine mancandogli  le  vettovaglie,  fu  preso ^  e  morto ^  e  spiana- 
to il  castello  ^   e  il  giardino  del  paradiso  •  ^^^ 


i53.  n  racconto  assai  leggiadro  del  Polo,  e  conforme  a  ciò  che  narràvasi 
'in  Oriente  delle  consuetudini  di  quegli  Assassini  die  V  idea  al  Boccàccio  di 
scrivere  la  Novella  Vili,  della  terza  giornata ,  come  lo  avveitirono  gii  Aimo- 
tatorì  del  Decamerone  della,  stampa  del  75  nel  modo  che  segue/  1^  questa  No* 
»  velia  del  Veglio  che  egli  acenna  qui  »  non  fu  fàvola ,  e  se  pur  fu,  non  '^ 
9  trovato  del  Bocaccio  ^  ma  si  l^gge  nel  Milione  (  cos£  si  chiama  un  libro  di 
»  Messer  Marco  Poto  Viniziano  dei  fatti  dei  TarUri  ) ,  che  allora  correva  t 
»  ed  è  citato  dal  Villani,  e  si  può  veder  da  ciascheduno,  perché  fu  stampato 
»  non  è  molti  anni  con  le  Storie  e  Viaggi  del  Mondo  Nuovo  »  ;  eh'  e  proba- 
hilmente  la  Collezione  di  Viaggi  pobblicata  col  titolo  Piovns  Ortis. 


9 


66 

GAP.    XXII. 

D'  una  pianura  abbondante  di  sei  giornate  ^  e  poi  d' un 
deserto  d*  otto  ,  che  si  passa  per  arris^are  alla  città  di 
Sapurgan  y  e  dei  buoni  poponi  j,  che  s^i  sono  y  li  quali  fat^ 
ti  in  coreggie  seccano  • 

Partendosi  da  questo  castello,  *^*  si  cavsJca  per  una  bel- 
la pianura ,  e  per  valli ,  e  colline ,  dove  sooo  erbe ,  e  pa- 
scoli, e  molti  frutti,  iu  grande  abbondanza,  e  per  questa 
r  esercito  d'  Vlaù  vi  dimorò  volentieri ,  e  dura  questa  contra- 
da  per  spazio  ben  di  sei  giornale  '^^  •   Qui  sono  città,  e  ca- 


i34*  Qui  iDComincia  a  descrivere,  dopo  tante  digressioni,  nuovamente 
il  cammino  da  lui  tenuto  per  recarsi  al  Catajo -,  infatti  si  ravvisa  che  para- 
la dei  luoghi  susseguenti ,'  come  da  lui  veduti  .  £i  veniva  da  Tebriz  o  Yau» 
rìsiOi  e  per  Cazbin  o  Caswin  e  Damagan  prosegui  il  suo  viaggio  per  Nisha^ 
pur  e  Mera  al  Rud  sino  a  Sapurgan.  Pud  recar  <iualche  sorpresa,  ch'ei  noa 
faccia  menzione  di  Nishapur^  ma  fa  d'uopo  avvertire,  che  questa  celebre 
città  era  stata  distrutta  daUe  armate  di  Gengis'Can.  Dice  Petit  de  la  Croix^ 
dietro  la  scorta  di  Nisavi  autore  della  vita  di  Gelaleddin  :  »  tutta  la  citti  fu 
*  distrutta ,  e  non  restarono  in  piedi  né  moschee  ,  né  cittadella ,  né  caae ,  né 
»  torri,  né  muraglie.  Fu  tutto  spianato  dai  fondamenti,  talché  i  cavalli  poteano 
»  galopparvi  su  senza  inciampo  i^.  Prosegue  come  occorsero  dodici  giorni  per 
numerare  i  morti  della  città  e  che  compresi  gli  uccisi  nella  contrada  ,  i  Mo- 
golli  ammazzarono  un  millione  settecento  quaranta  sette  mila  persone,  numera 
che  sembra  esagerato ,  ma  che  spiega  come  il  Polo  in  questo  tratto  di  strada 
rammentasse  cosi  poche  città  (  Petit,  de  la  Groix  Lib.  lY.  e.  3  ).  Ciò  accad- 
de   nel    la^i  . 

i35.  Sei  giornate.  Le  giornate  di  cid  si  servono  in  Oriente  per  dichia<» 
rare  le  distanze  da  un  luogo  ad  un  altro  formano  una  misura  molto  variabi* 
le .  Chardin  nel  parlare  della  distanza  da  Tébriz  a  Erivan^  che  é  di  cinquan- 
ta tre  leghe  o  parasanghe  Persiane  di  cinque  miglia  ciascuna,  soggiunge  che 
questa  via  si  fa  in  sei  giorni  a  cavallo ,  ia  dodici  colie  carovane ,  mentre  il 
Cammtlo  che  porta  800  in  700  libbre  di  peso  non  fa  che  quattro  leghe  al  giorno  • 
I  muli  e  i  ca falli  fanno  cinque  in  sei  leghe,  portano  l'uomo  e  circa  aao  libbre  di 
•carico  (  Ghard.  Yojr.  t.  I.  p.  258  ) .  La  giornata  de  tu  dai  Latini  Staiio  o  fermai 
la»  varia  ancora  secondo  la  volontà  dei  coniiottieri  delle  «caro  vane.  Come  abbiauk 
veduto  le  pi4  forti  giornate  sono  di  aS  a  3o  miglia.,  ma.  per  valutare  dette 
giornate  a  distanze  geografiche  fa  anche  d' uopo  accorciarle  •  Infatti  il  celebre 
Rennel  avverte  che  le  giornate  di  Carovana  non  possono  immaginarsi  di  oiag* 
gior  lunghezza  di  14  miglia  Geografiche  in  distanza  retta,  e  in  contrade  mon- 
tuose come  i  paesi  di  Caschgar   e   il  Chachemùr  a  pia   di  uudici»   e.  dudifià 


stelli,  e  li  uomini  os^ei-vano  la  legge  di  Macomeiio.  Dipoi  s'en- 
tra in  un  deserto ,  "^  che  dura  quaranta  miglia ,  e  cinquanta  ^ 
dove  non  è  acqua  ^  ma  bisogna^  che  gli  uomini  h  portino 
seco,  e  le  bestie  mai  non  beono  faio  che  iion  son  fuori  di 
quello^  il  quale  è  necessario  passar  con  gran  prestezza,  per- 
chè iK)i  trovan  acqua  .  E  cavalcato ,  che  s'è  le  dette  sei  giornate , 
s'  arriva  ad  una  città  detta  Sapurgan  ,  '^^la  qual  é  abondantissima 
di  tutte  le  cose  necessarie  al  vivere ,  e  soprattutto  delli  migliori 
I>oponi  del  mondo ,  li  quali  fanno  seccare  in  questo  modo.  Li  ta- 
gh*ano  tuui  attorno  attorno  a  modo  di  coreggie ,  siccome  si  fanno 
delle  zucche ,  e  poste  al  sole ,  le  seccano ,  e  poi  le  portano  a  ven- 
dere alle  terre  prossime  per  gran  mercanzia^  e  ogn'uno  ne 
compra ,  perchè  sono  dolci  come  mele .  àSono  in  quella  cac- 
ciagioni di  bestie  ,  e  d'  uccelli . 

Ora   lasciasi    questa  città ,    e    dirassi   d' un'  altra ,   che  si 
truova  passando   la   sopraddetta  ,  chiamata    Balach ,  *^^  la  qua- 


miglia ,  (  Descript  Geog.  de  r  Indost  t  II.  p.  aSg  )  .  Ma  nei  Viaggi  fatti  dal 
Polo  nella  Cina ,  ore  era  la  posta  le  giornate  possono  essere  più  lunghe .  Ma 
it  fare  quadrare  le  distanze  a  giornate  date  dal  Polo ,  colle*  distanze  segnate 
nelle  carte  è  molto  difficile. 

1 56 .  r//i  Deserto .  Di  questo  deserto  parla  V  Herbelot  (  Vox  Khorassan  ) 
dietro  la  relazione  del  Geografo  Persiano .  Separa  la  Persia  dal  Mauralnahar  e 
dal  Turksetan.  Ne  parla  anche  Abulfeda  (  Geogr.  p.  SSg.  ) 

157.  Sapurgan.  Crederono  male  a  proposito  i  Reddatori  della  Storia  gene- 
rale dei  Viaggi  che  fosse  ^Hihapur(^i.  VII.  p.  5i8  ).  Ma  é  la  cilti  di  Schahurg- 
kan  di  Abulfeda,  chela  pone  nel  Khorassan  (Lat.  56*45' Long.  90*).  Di  essa 
poco  narra  ;  t  habet  aq^^ni  curentem  et  parum  hortorum .  Praecipua  haec 
»  urbs  est  Gurganae  ait  Azizius,  distans  a  Baie  decemnovèm  parasangas  )» 
(  Abulf.  Geog.  p.  359.  ).  Anche  Forster  (  Decouv.  du  Nord  t.  I.  p.  204.  ) 
«naie  approposito  crede  detta  città  Esterain  .  É  segnata  nella  Carta  d'  Anvil- 
le  col  nome  d' Ashburgan.  In  quella  di  Macdonald  -  Kinner  con  quello  di 
Subbergan  . 

i58.  Balach  Balkh  capitale  d'uno  stato  cui  da  nome  ,  e  un  tempo  della 
Battriana  j  ove  predicò  il  suo  fanatico  culto  Zoroastro.  Diconla  fondata  i  Per- 
siani da  Tainmras  uno  dei  loro  regi  dei  tempi  eroici .  Appellarono  gli  An^* 
tichi  Bactraf  e  divenne  la  capitale  del  celebre  regno  Greco  di  Battrìana.  Gia- 
ce sul  fiume  Dchasch  confluente  deli' O^50.  Fu  detta  Balckh  dai  lecci  che  ri 
abondaoo.  Era  città  grandissima  ai  tempi  di  Ehn^Auckal  (  Gecgr.  p.  224  )• 
Innanzi  che  l' assediasse  Gengiscan  era  tanto  opulenta  e  magnifica  che  vi  si 
numeravano  1200  Bagni  (Petit  de  la  Croix  Hist.  de  Gengis  p.  565).  Ei  ne  fece 
passare  a  fil  di  spada  il.  più  gran  numero  degli  abitanti,  perché  dopo  essersi 
drresa,  ricevè  il  suo  antico  signore  Gelaleddin  (  ibid.  p.  56a  }•  Afcuifeda  dice 


68 

le  è  citta  nobile  j  e  grande ,  ma  più  nobile  e  più  grande  fti  già^ 
perciocché  li  Tartari  facendoli  molte  volte  danno ,  l' hanno  noui- 
lamente  trattatata ,  e  rovinata ,  e  già  furono  in  quella  molti  pa- 
lagi di  marmo ,  *^  e  corti ,  e  sonovi  acora  y  ma  distratti  e  gua- 
sti .  In  questa  città  dicono  gli  abitanti  j  che  Alessandro  tol- 
se per  moglie  la  figliuola  del  Re  Dario  '^^ ,  i  quali  osservano 
la  legge  di  Macometto:  e  fino  a  questa  città  durano  li  confi- 
ni della  Persia  fra  Greco,  e  Levante^  e  partendosi  alla  so* 
praddetta  citta  ^  si  cavalca  per  due  giornate ,  tra  Levante  ^ 
e  Greco ,  nelle  quali  non  si  truova  abitazione  alcuna ,  perchè 
le  genti  se  ne  fuggono  alli  monti ,  e  alle  fortezze  per  paura 
di  molte  male  genti ,  e  de'  ladri ,  che  vanno  scorrendo  per  quel- 
le contrade ,  facendoli  gran  danni .  ■*'  Yi  sono  moke  acque  ,  '** 


clie  Balch  è  ni  piano,  che  i  monti  i  pfd  vicrni  sono  a  quattro  paraaangEe» 
Macdonald  Kinner  a  dodici  miglia ,  talché  si  ravvisa  essere  la  parasanga  una 
misura  itineraria  di  ti*e  miglia  geografiche  (  Geograph.  Minor,  p^  188  )  •  Pro» 
segue  il  Geografo  Arabo  a  narrare»  che  la  città  avea  di  lunghezza  mezza  pa- 
rasanga  ed  era  larga  un  miglio ,  che  bagna  i  suoi  sobborghi  il  fiume  Duhos  » 
che  fa  andare  dieci  mulini.  £  cinta  di  giardini  ove  crescono  Limoni»  e  Can- 
n'^  di  Zucchero ,  per  quanto  talvolta  vi  nevichi .  Fu  nell'  età  di  mezzo  una  dot*^ 
ta  città  9  che  ebbe  molti  eruditi  Imam^  o  dottori  della  setta  maomettana .  É  nel 
centro  del  Kkorossoìh ,  distante  3o  giornate  dalla  sua  frontiera  orientale  altrettan- 
to da  Rejr  a  occidente,  dal  Segisian  e  dal  Kerman  a  mezzo  ÓL  della  Covre* 
zmia   e  del   Kotlan  (  Geogr.  p.  347  )• 

139.  Pataffi  di  marmo.  Anche  oggid/  un  castello  ed  alcuni  palazzi  sono 
di  marmo  tratto  dalle  vicine  Montagne  (  Macdoa.  Kinn.  L  e.  )  .  Da  un  passo 
4i  Abulfeda  si  ravvisa  che  nell'  età  di  mezzo  ebbero  regi  propri  Balch  e  BoC'- 
cara^  i  quali  furono  debellati  da  Muhammed  il  Cawrezmiano    (  Hist  Muslem. 

t  IV.  p.  374.  \ . 

140.  La  figliuola  di  Daria.  Questa  tradizione  popolane  none  esatta.  Ales* 
Sandro  supera  una  rupe  della  Sogdiana^  creduta  luogo  sicuro,  e  ivi  presela 
moglie  di  Ossiarte  duce  deL  BaUriani ,  e  la  figlia  di  esso,  Rossane,  repuUU 
la  più  bella  donna  deir  Asia  dopo  la  Moglie  di  Dario  :  e  di  essa  invaghito  il 
Ee  dei  Macedoni  sposoUa.  (  Arrian.  Exped.  p.  284) 

141.  Da.  ciò  si  ravvisa,  quanto  danneggiata  fosse  quella  un.  di  si  florida  a 
popolosa  città  . 

i4;8.  Molte  acque.  Balch  come  avvertimmo  e  sui  Dchaschp  cofluente  del 
Ghion  o  deirO^fo,  ch'è  il  più.  celebre  fiume  di  quelle  contrade.  L*Oiio  scaturisce  dalla. 
provìncia,  dì  Badagshoìif  traversa  il  paese  di  Balch,^  separa  L'antico  Turan  dair/rait 
e  perciò  Marco  Polo  pone  in  questa  provincia  il  confine  delia.  Persia .  Saffied^ 
din  ne*  descrive  il  corso  in  questa  guisa  ^  Da  una  Montagna  detta  Dic-Sann  „ 
»  che  confina  col  paese' di  Hind-Sind  e  Cabul  in  luogo  dello  Jndemas^sca^ 
a  turisce  un. chiaro,  fonte ,  k  cui  acque  abbondanti,  alimentano  quantità  di 


_  «9 

e  motte  cacctagiooi  di  difem  animali  ^  e  ti  sono  mdit  d%* 
Leoni.  Vettovaglie  non  si  trovano  in  onesti  monti  per  dette 
due  giornate,  ma  bisogna ,  cha  quelli  cne  passano  se  le  por- 
tino  seco  per  loro  y  e  per  li  suoi  cavalli  • 

GAP.  xxin. 

Del  Castello  detto  TTìmcan^  e  de  monti  del  sale,,  e  de^ce- 

stami  degli  abitanti^ 

Poiché  »  è  cavalcato  le  dette  due  giornate  ^  si  truova  uà 
castello  detto  Thaican ,  '^  nel  quale  è  un  grandissimo  mercati 
di  biade ,  perocch'  egli  è  posto  in  un  bello ,  e  grazioso  paese .  I 
sa<H  monti  verso  mezzodì  >  sono  grandi ,  e  alti .  Alcuni  de'qua- 
li  sono  d'un  sale  bianco,  e  durissimo  ,  e  li  circostanti  per 
trenta  giornate ,  ne  vengono  a  torre  ;  egjd  è  il  miglior ,  che  sia 
in  tutto  il  mondo ,  ma  è  tanto  duro ,  che  non  se  ne  può  torre 
se  non  rompendolo  con  pali  di  ferro,  e  ve  n"è  in  tanta  copia ,  che 
tutto  il  moiìdo  si  poiria  fornire.  Gli  altri  monu  sono  abbondanti  di 


9  ffceDetti,  che  nuntisi  formano  quel  grosso  fiume  che  bagna  rarìe  contrade 
»  e  finamente  sbocca   a   scirocco  del  lago  di  Khoresmia .   Lago  che  secondo 
»  Ebn  -  Hauckal  à  3oo  miglia  di  giro,  e  acque  salse  non  mai  decrescenti  i^ 
(  Centro  del  lago  iat  43''  long,  po'*  )  (  Hist  de  Nadir^hah  par  lones  p.  aoS) . 

143.  Thaican  (  Cod.  Rice.  Thaj'cam).  Frai  distretti  dependeoti  da  BalkH 
Ebn  Auckal  numera  quello  di  Taikan  (  p.  aaS  ) .  Era  ai  suoi  tempi  la  pid  gran 
città  del  Tokhar^stan  vicina  ai  monti,  e  dice  che  era  bagnata  da  un  fiume 
considerevole  (  p.  aa4  J  Abulfeda  cos<  ne  parla  :  »  Tkajakan  est  urbecula  ia 
>  tractibus  BaUh  ad  Kuram ,  Tocharestanae  pertinens  amenissima  .  Sed  ,  El 
»  Auzluc  urbem  magnam  appellat  in  valle  intra  montes  .  Bibunt  mcolae  ex 
»  fluvio*  ibi  quodam  suo.  Uberrimae  fertilitatic  sunt  ejus  arborea.  Septem  inde 
»  parasaogae  aunt  ad  initium  ak  Choiialamm  »  (  Abtklf.  p..  SSa  ) .  Sembra  che 
m  occasione  delie  guerre  avesse  scfferto  Tajrearif  e  che  ai  tempi  d' Abulfeda. 
ne  fosse  scemata  la  grandezza.  Nella  Carta  di  Kinner  non  è  segnata  la  detta 
dttà  con  detto  nome  mft  con  quello  dr  Tulcom.  Male  a  proposito  Piockerton 
confuse  Taican  del  Polo  con  Anderab  capiule  del  Thocarestan,  (  Geograph*. 
t  V.  p.  iji  }.  \  Monti  altissimi  a.  mezzodì  di  cui  fa  menziona  il  Polo  for«* 
mano  parte  della  catena  deW  Hindup  Koh  o  Paùro-pamisQ  degli  antidii  che  dai 
compagni  d'  Alessandro  fu  detto-  il  Caucaso  per  adularlo.  É  una.  delle  più  al- 
le catene  del  monde.  Da  quei  gioghi  scaturiscono  i- fiumi  che  volgono  illono  corso* 
nel  mare  Indiano, e  nel  lago  di  Arai.  Non  ignorò  Arriano  l'opposta  direzione  del 
corso  di  quei  fiumi.  Ma  ei  non  parla  che  di  quelli  (  Exped.  Blan.  p.  3aa  )  che  sbocca? 
■o  nel  Mare  Ircene^  perchè  gl'Antichi  ignorarono  l!eaistcnza  del  Ltago  òlAral.. 


maùddleVc  ]f»!slSicfchi/de'<|Ufiilf  si  lià  grattìdlsMniò  mercato.  E  par- 
leodosi  ddl  detto  Oastóll^,'^!  va  peir  ire  gìortiate  fra  Greco,  e  Le- 
vante, sempre  trovando  contrade  l>eUissime,  dove  sono  molte 
abitazioni  abbondanti  di  frutti ,  biade  j  e  vigne .  Gli  abitatori 
osservano  la  legge  di  Macometto  ,  e  sono  micidiali ,  perfidi , 
e  maligni ,  e  attendono  moUo  alle  crapole ,  e  a  bere ,  perchè 
hanno  buon  vino  cotto .  In  ca[)o  non  ]>ortano  cosa  alcuna ,  se 
non  una  cordella  di  dieci  palmi,-  con  la  quale  circondano  il 
ca{)o .  Sono  ancora  buòni  cacciatori ,  e  '  prendono  assai  bestie 
salvatiche ,  e  non  portano  altre  vesti ,  se  non  delle  pelli  di 
quelle  ebé  uccidono  ,  delle  quali  acconcie ,  se  ne  fanno  fare 
testi,  é  iòarpe.  • 

C  A  P.    XXlV. 

Della-  città  di  Scasse m  ^   e  de^  porci  spinosi  j  che  i\>i 

si  t ruotano . 

* 

Dopo  il  cammino  di  tre  giornate,  si  truova  una  città  no- 
minata Scassem  '** ,  qual'  è  d' un  Conte ,  e  sono  altre  sue  città 
e  castelli  ne'  monti .  Per  mezzo  di  questa  città  corre  un  fiu- 
me assai  ben  grande .  Ivi  sono  porci  spinosi ,  '^^  contro  i  quali 
come  il  cacciatore  istiga  i  cani ,  immediate  si  reducono  insie* 
me ,  e  con  gran  furia  tirano  le  spine  agli  uomini ,  e  ai  cani, 
e  gli  feriscono,  con  le  spìiie  che  hanno  sopra  la  pelle.  Gli  abitanti 
han  lingua  per  ;se,  \^^  e  li  pastori,  che  hanno  bestie  abitano  inque' 


144.  Sciusem.  Come  osserva  Maraden  (  net  261  )  è  Keshem  delia  CarU 
d' AiìTÌilè^t  ^tta  Kesh  da  Ebn  Auchal  (  p.  225  ),  che  ai  suoi  tempi  era  una 
gran  citti  della  contrada  montuoaa,  e  che  nella  Carta  del  CabuUstan  d'EJphiostone 
k  notata  col  nome  dì  Hishm  -  Aad  :  fra  le  azzardate  congetture  dei  Forster 
.«vvi  quella  che  Scassem  del  Polo  corrisponda  alla  contrada  detta  jH-^Sehaseh 
4»  Chaje  (  DecouY.  du  Nord..t.  I.  p.  2o3  )  fin  dove  estendevasi  la  setta  d 
Maometto  ai  tempi  di  Ebn  Aackal  (e.  269  )•  Ma  come  tutti  gli  etimologisti, luiingato 
da  simiglianza  di  suono,  ei  non  avverti  che  poneva  il  Polo  Scassem  solo  a  tre 
giornate  di  distanza  da  Taican. 

lifi*  Porci  spinoti.  Secondo  Tavemier  in  alcuni  luoghi  della  Persia-  «o» 
movi  Istrici  pericolose.  £i  vide  due  uomini  feriti  da  questo  Animale  colie 
sue  penne  ,  uno  dei  quali  mori.  (  Voy.  t.  II.  p.  20  ) . 

146.  Lingua  da  per  se.  Sembra  che  qui  la  favella  non  tosse  più  la  Turcheac% 
ma  che  partecipasse  deli'  Indiana,  «  della  Tibatenc,  con  cui  confina  la  contrada . 


7« 
monti ,  io  alcune  eavenus  j  che  da  loro  medesimi  s'hcnno  iat^f 
te  ;  il  che  possono  iàr  £icilmente ,  perchè  i  monti  sono  di  ter* 
ra ,  e  non  sassosi  j  e  quando  si  parte  dalla  città  sopraddetta  ^ 
si  va  per  tre  giornate,  che  qon  si  truova  abitazione  alcuna ^ 
né  cosa  pel  viver  de' viandanti ,  salvo  che  acqua,  ma  per  li 
cavalli  si  truovano  erbe  sufilcientemeote .  Per  il  che  gli  vian- 
danti si  portano  seco  le  cose  necessarie ,  In  capo  veramente 
di  tre  giornate ,  '^7  si  truova  una  provincia  d^lt^  Baiaxiain* 

C  A  R  XXV. 

Della  proi^incia  di  Balaxiam  :  e  delle  pietre  preziose , 
detti  baiassi,  che  is/i  si  cacano  j  le  quali  sono  tutte  del 
Re  :  e  de'  coirai  li  ,  e  Jalconi  ,  che  si  tr  aostano  :  e  dell' 
aria  eccellente ,  e  sana ,  che  è  nelle  sommità  d*  alcuni 
monti:  e  de  vestimenti ,  che  portano  le  donne  per  pa- 
rer belle. 

* 

Balaxiam  è  una  provincia,    **•  le  cui   genti  osservano  la 
legge  Macomettana ,  e  hanno  parlare   da  se  »  '49  £^  certamente 


147  •  In  capo  di  ire  giqrnate.  Secondo  i  computi  del  Polo  tre  giornate 
•rane  da  Taican  a  Scassem^  e  tre  da  detto  luogo  alla  provincia  di  B^asciamm 
£bn  •  Auckal  numera  infatti  sette  giornate  da  Taikati  alla  citt^  di  BadakUshnn^ 
la  quale  «ara  stata  una  giornata  distante  dal  confine  del  paese  cui  dava  no- 
me. ^Ebn.  Aucìl  p.  a3o). 

14&.  Balaxiam  di  questa  provincia  tratta  Abulfeda  (  G«?ogr.  p.  352  ).  Badza* 
»  chschantòt  ut  ait  filius  Uaukali  nomen  et  provinciaey.et  urbis.  Habet  sub  se  mul- 
t  tos  Hesiak  (  nomos  )  .  Efi'ertur  inde  Ol  Lazurd  (  Lapis  Lazuli  }  .  Badzachscham 
p  est  in  suRima   Thocarestana^  contermina  terris  Turcarum,   ubi  condidit  Zo» 

p  beida    Alia   Gejari, arcem  munitam   admirabilem  .   Inde   effcrtur   ol  La^ 

p  zured^  €t  oL  Bellaur  (sive  Lapis  Laziali,  et  Ikrillus  )  .  »  È  secondo  tSBo  a 
tredici  stazioni  o  giornate  di  distansa  da  Balch.  £bn  Auckal  (  p.  225  )  dice 
che  Badakhshan  è  città  più  piccola  di  Mankf  che  i  suoi  contorni  sono  ben  coltiva"» 
ti,  con  molti  giardini  sulle  rive  del  fiuone.  Che  le  montagne  abondanó  di  otti- 
mi beAtiami,  e  che  produce  U  A^binu  e  ii  Lapislazulo.  £  che  le  cave  di  quelle 
pietre  sono  nei  suoi  monti  »  e  che  anche  vien  da  quei  pae|e  non  poco  di 
muschio . 

149.  La  Lingua  di  Badagscian  dorerà,  essere  il  Turchesco  poich^  tale  era 
la  favella  a  quei  tempi  dell'Impero  di  Cuyrezniia.  Dice  Abulfeda^ del  celebre 
Gelalleddia  che  fu  spogliato  di  queli'  Impero  da  Gcngiscan  ,  che  era  p  Sla- 
p  tura  bi*evis  ,  turca^  corporis  abito,  et  .sermone,  sed  sulebat  etiam  Pcrsice 
»  kHxui  sr  (llistor.  Muslem.  t  IV'  p*  389)» 


7V       , 
h  gran  regno  ;  che  per  lunghezza  darà  bene  dodici  giornate  •  Re^ 

gesi  per  successione  d*  eredità ,  cioè  tutti  i  re  sono  d' una  prò* 
genie ,  la  qual  discese  dal  re  Alessandro ,  e  dalla  figliuola  di 
Dario  re  de' Persiani.  *^  E  tutti  quei  re  si  chiamano  Zul- 
carnen  ^  *^'  che  vudi  dire  Alessandro .  Quivi  si  truovano  quelle 
pietre  preziose ,  che  si  chiamano  Baiassi  molto  belli ,  '^^  e  di 
gran  valuta ,  e  nascono  ne'  monti  grandi .  Ma  questo  però  è 
iti  un  monte  solo  ^  il  qual  si  chiama  Sicinaà ,  nel  qual  il  re 
fa  far  caverne  simili  a  quelle  dove  si  cava  V  argento ,  e  V  oro, 
e  a  questo  modo  truovano  queste  pietre ,  né  alcun'  altro  sal- 
vo che  il  re  può  farne  cavare  sotto  pena  della  vita ,  se  di  spe« 
cial  grazia ,  per  il  re  non  viene  concesso ,  e  qualche  volta  ne 
dona  ad  alcuni  gentiluomini ,  die  passano  di  là ,  quali  non  pos- 
sono comprarne  da  altri ,  né  portarne  fuori  del  suo  regno  sen- 
za sua  licenza .  E  questo  fa  egli  perché  vucde ,  che  i  suoi  ba- 
iassi per  onor  sno  siano  di  maggior  valuta ,  e  tenuti  più  cari  * 
perchè  se  ciascuno  a  suo  piacere  li  potesse  cavare  o  comprare  j 
e  portar  fuori  trovandosene  in  tanta  copia ,  verrebbono  a  vilissi- 


x5o.  Neil*  introduzione  trattammo  dello  itabilimento  dei  Greci  di  Battria* 
sa  e  del  regno  che  vi  fondarono  (•  Una  preziosa  notizia  ci  da  qui  il  Polo  , 
cioè  che  malgrado  le  risoluzioni  dei  tempi  e  la  distanza  di  tanti  secoli  si 
mantenesse  la  memoria  di  quell'  epoca  famosa,  è  che  i  regi  di  quella  contra- 
da non  solo  si  Tentassero* di  discendere  dai  Greci»  ma  dal  celebre  Macedone 
conquistatore  •  Arriano  narra  che  Alessandro  superata  Bactra  ed  Aomo ,  le  più 
edebrì  citti  delia  Battriana ,  lasciò  presidio  in  Aomo  sotto  il  comando  d' Ar- 
chelao ,  e  fece  una  Satrapia  del  resto  del  paese,  di  cut  die  il  governo  al  Per- 
siano Artabazo  (  Exp.  p.  aSsi  ) .  Il  Marsden  (  Not.  265  )  fa  menzione  di 
alcuni  regnanti  di  cfbeHe  contrade,  che  anche  verso  la  metà  del  Secolo  XY* 
pretendevano  .essere  del  sangue  d'  ^essandro ,  e  citi  anche  il  Tenente  Ma* 
cartne^,  che  recentemente  viaggiò  nel  CabuUstan  ,  il  quale  dice  che.  il  Re  di 
Derwauz  (  luogo  vicino  alle  sorgenti  dell'  Osso  )  affermava  discendere  da  Ales- 
sandro Magno,  e  che  la  sua  pretensione  è  ammessa. dai  suoi  vicini» 

i5i .  Vedasi  1 1.  p.  29.  Not 

i52.  Baiassi.  Del  Baiaselo  tratta  il  Teifascite  (  Fior,  dt  Pens.  sulle 
Pietri  Prez.  Fu*.  1818  )  L'  Arabo  scrittore  di  cui  dobbiamo  la  pubblicazione 
e  la  versione  11  dotto  Sig.  Raineri,  dice  che  questa  pietra  preziosa  .Tien* 
dal  Paese  di  Balkhasciah  o  come  chiamanlo  gli  Agiamini  Badkhascian  (  p. 
34  )•  Dal  primo  nome  addolcito  vedesi  derivato  quello  che  da  il  Polo  alla 
contrada  dJ  Baiasela  (  Cod.  Rice.  t.  I.  p.  29  )  ,  e  che  da  esso  ebbero  no- 
me quelle  pietre  preziose  dette  in  Italia  Rubini  Balasci ,  o  Baiasci  .  Se- 
condo Chardin  questi  rubini  sono  appellati  in  Persia  Balaccham  (  Yoy.  tr 
UL  p.  3a^  )  . 


73 
tino  prezzd .  E  però  il  Re  dona  di  quelli  ad  atcani  re ,  e  prib* 
cipi  per  amore  ;  ad  alcani  ne  da  per  tributo  ^  e  anco  ne  oam^ 
ìÀa  per  oro ,  e  questi  si  possono  trarre  per  altre  contrade .  Si 
trovano  similmente  raonti ,  nelli  quali  vi  è  la  vena  delle  pietre^ 
(ielle  qual  si  fa  l'azzurro,  '^^  il  migliore  che  si  truovi  nel 
mondo .  £  vene ,  che  producono  argento ,  rame ,  e  piombo  in 
grandissima  quantità.  E  provincia  certamente  fredda.  Ivi  an- 
cora nascono  Duoni  cavalli ,  che  seno  buoni  corridori ,  e  hanno 
r  unghie  de  piedi  cosi  dure ,  che  non  hanno  bisogno  di  portar 
ferri,  e  gli  uomini  corrono  con  quelli  per  le  discese  de'mon- 
ti ,  dove  altre  .bestie  non  potriano  correre ,  né  avrebbono  ar- 
dire di  corrervi .  E  ^li  fu  detto ,  che  non  era  passato  molto 
tempo ,  che  si  truovavano  iu  questa  provincia  cavalli ,  ch'erano 
di(:esi  dalla  razza  del  cavallo  d'  Alessandro  ^  detto  Bucefalo , 
i  qnaii  nascevano  tutti  con  un  segno  in  fronte ,  e  n'  era  sola- 
mente la  razza  in  poter  d'  un  barba  del  Re  ,  qual  non  volen- 
do consentir ,  che  il  Re  ne  avesse  ,  fu  fatto  morire  da  quello ,  e 
la' moglie  per  dispetto  della  morte  del  maritò,  distrusse  la 
(letta  razza ,  e  cosi  s' e  perduta .  Oltre  di  ciò  ^  ne'  monti  di 
quella  provincia  nascono  falconi  sacri ,  che  sono  molto  buoni , 
e  volano  bene ,  e  similmente  falconi  laneri ,  astori  ju^^^d  j  e 
firpara Vieri .  Sono  gli  abitanti  cacciatori  di  bestie  ^  e  uccellatori  • 
Hanno  buon  frumento,  e  vi  nasce  l'orzo  senza  scorza.  Non' 
hanno  olio  di  olivo ,  ma  lo  fanno  di  noci  ^  e  di  susimano ,  '^^ 
il  quale  e  simile  alle  semenze  di  lino,  ma  quelle  delsusiman 
SODIO  bianche,  e  Folio  è  miglioi*e,  e  più  saporito  di  qualunque 
altro  olio  ,  e  V  usano  i  Tartari ,  e  altri  abitanti  in  quelle  parti. 
In  questo  regno ,  sono  passi  molto  stretti ,  e  luoghi  molto  forti , 
di  modo  che  non  temono  d' alcuna  persona ,  che  possa  entrar 
nelle  loro  terre  per  far  loro  danno.  Gli  uomini  sono  buoni 
arcieri  e  ottimi  cacciatori,  e  quasi  tutti  si  vestono  di  cuoi 
di  bestie  ^  perchè  hanno  carestia  dell'  altre  veste  •  In  quei  monti 


iS3.  Si  fa  T  Azzurro.  Abbiamo  di  sopra  riferito  (  Not.  148  )  t^be  lo  af- 
fermano tanto  Abulfeda  quanto  £bn-Auckal.  lì  Teifaaci  cita  altri  luoghi  dV>nde 
«'  estrae,  cioè  dal  Koras$an^  e  segnatamente  da  un  luogo  detto  Khotan^  e  da  un 
angolo  della  Persia  verso  r  Armenia  (  p.  58  ). 

i54>  Siisinumo.  Susiman  o  Susim  secondo  il  Signor  Klaport  dipeli  il  Sesamo 
ia    P«niano . 


GAP.  XXVI. 

Betta  provìncia  di  Basciàj  che  è  verso  mezzodi  y  e  come 
gli  abitanti  portano  motti  lavori  d^  oro  all'  orecchie  ^  e 
costumi,  loro. 

m 

Partendosi  da  Balaxiam  ^  e  cavalcando  verso  mezzodì  per 
dieci  giornate^  si  truova  una  provìncia  dotta  Bascìà.  '*'  Gli 
nomini  della  quale  hanno  il  parlar  da  per  ^e  ^  e  adorano  gl'Idoli^ 
e  sono  genti  nrune  j  e  mmto  esperti  nelP  arte  ntìagica  ^  "^  e 
di  continuo  attendono  a  quella .  Porcino  all'  orecchie  circoli 
d'  oro  ^  ^  d*  argento  pendenti  j  con  perle  e  pietre  preziose  ^ 
iivorati  con  grande  artificio  •  Sono  genti  perfide  ^  e  crudeli  j  e 
astate  secondo  i  costumi  loro .  La  provincia  è  ìa  luogo  molto 
caldo .  il  viver  loro  sono  carne  ^  e  risi . 


1S7.  Basda.  Ateiido  il  Pok>  Inrìgamente  dimorsló  ìa  BadagseUait  t  avendo 
raccolte  importanti  noAùt  geo^ralicbe  tntomo  alle  vicine  ctMitradet  interrompe  la 
ttanraftiane  del  suo  viàggio,  e  ne  fa  copia  al  leggitore.  U  Maraden  congettura  che 
Sascia  del  Polo  sta  Paishore  o  P^.tAatv^,  paese  regnato 'iMilia  cartii  del  Cabuìisam 
d'  Elphtnston  a  libeccio  di  Kaschmir^  ma  non  posse  óììAó  convenire,  «perchè  V  in* 
terprecasione  letterale  del  testo  porla  che  Basda  e  'fra  Badagweian  e  Casckmiry 
e  perciò  non  conviene  cercare  quel  paese  oltre  il  Caschmirf  tanto  |riù  die  tt  Polo 
dcftcrìcto  il  paese  di  Ca9chmir  nel  capo  seguente,  dice  voler  rctrooedere,  perchè 
^  3€ì  io  volessi  andar  seguendo  «Ila  diritta  via  entrerei  neU'  india  v  «  la  quale 
aoggiunge  Vuoler  descrivere  in  altro  libro.  Il  paese  distante  dieci  giornate  a 
meryjoàt  da  Badagseian  abitato  da  ^ente  idolatra  di  dìveraa,  finvella  corrisponde 
perfettamente  al  Baltistan  o  piccolo  Tibet  ^  segiìato  nella  Carta  di  Rennel  dei 
p:]e«ì  compresi  fra  il  Caspio  e  il  Gange  (  Descript,  de  V  Indost.  Atlas  )  infatti 
la  variante  del  Codice  da  noi  pubblicato  porta  non  gii  Baseim^  ma  Bastian 
(  p.  3o  ),  voce  che  sembra  «un  accorciamento  di  quella  di  Baliisiaa  •  Questo 
paese  nella  carta  di  Macdonaid  Kinner  vìen  detto  Kqftrisian,  generica  appella- 
zione data  dagli  intolleranti  Maomettani  ai  non  seguaci  della  loro  credenra ,  che 
significa  paese  degl' Infedeli  «  Erra  Forster  (  Decouv.  du  Nord  t  L  p.  ao6  )  al* 
lorché  crede  Bascia  il  paese  di  ^asch  che  è  a  tramontana  e  non  a  mezzodi 
di  JBadagscan . 

i58.  Queste  particolarità  di  aver  lingua  per  se,  d'adorar  idoli  e  d'attendere 
sir  arte  magica  svela,  che  gli  abitanti  erano  Tibetani^  seguaci  del  cullo  di  Lama,  « 
che  la  knro  favella  dovea  essere  un  dialetto  della  lingua  predetta* 


7« 
G  A  P.    XXVII. 

Della  proi^incia  di  Chesmur^  che  è  versa  scirocco:  e  degli 
abitanti j  che  sanno  l^ arte  magica;   e   come  sono  \^icini 
al  mare  del f  India  ;  e  della  sorte  di  eremiti ,  che   son 
is^ij  e  s^ita  loro  di  grand^ astinenza^ 

m 

Chesmor   e  una  Drovlncia  •   '^  eh'  è   distante  dai  Bascià 


•^h 


iS)*  Chesmur  è  una  prùyincioi  É  il  celebre  paese  di  Càscfunir  descrittio  da  Ber- 
nier,  e  ultimamente  da  Forster,  che  ha  per  capitale  Serirutgorf  che  non  visita  il 
Polo  (  non  meno  che  il  Baliistan  ),  ma  che  descrÌTe  per  areme  udito  ragionare 
a  Badagsdan.  Eemier  (  Yoy.  du  Cache,  t  H.  p«  ao6  e  suìt.  Amat  171  r  in  la  )  d% 
Delljr  si  diresse  a  quella  volta,  e  narra  che  lasciate  addietro  le  pianure  infuocate 
deir  India,  arrivato  a  Bember  valicò  i  monti,  e  parveli  esser  trasportato  in  Europa. 
Giace  quella  bella  valle  a  piedi  dell'  Himmalec.  Da  Caschmir  vedesi  una  catena 
di'  monti,  dietro  i  quali  soUevansene  altri  pi4  alti  coperti  di  perpetue  nevi  che  se» 
parano  quel  paese  dal  Bakistan,  dai  Gran  Tibet  ^  e  AAButor.  Questa  deliziosm 
valle  é  di  forma  ovale  secondo  ftennel  (  DescripU  de  1*  Ind»  U  VL  p.  168  )  h% 
di  lunghezza  74  o  7&  miglia,,  di  largheuut  So.  Appellasi  quella-  contrada,  anche 
Pen-jab  o  ì  cinque  fiumi.  B  principale  di. essi  è  il  Behui  creduto  V idaspe  di; 
Alessandro.  Guglielmo  Jones  die  una  bella  descrizione  del  paese  di  Casdunir  nella 
sua  versione  della  vita  di  Nader  Chak^  tralta  da  Ali  Yexdy  che  daremo  in 
estratto.  •  Cadtefnir  é  a  35^  di  Lat».  io5*  di  Long,  dalle  Isole  fortunate.  Il<  paese  è 
»  circondato  dai  monti  ed  è  di  forma  bislunga  :  confina  a  measodf  con  Deljr  e  i 
»  territor  j  deir  India  ;  a  tramontana  col  Badakhsan  e  parte  del  Khorossan  :  ha 
»  ad  occidente  il  paese  degli  Afhganio  AvgmU^  il  Tibet  a  Levante.  La  sua  lun* 
»*  gbesza  da*  oriente ,  ad^  occidente  e  di  quaranta  paraaanghe,  venti  ne  ha  di 
»  lunghezza  da  tramontana. a  meezodL  Contiene  loooo  città,  centomila  villaggi, 
r  Ha  acque  famose,  alla  virtù  delle  quali  si  attribuisce  la  beltà  delle  Cachemiriane 
»  che  per  bellezza,  delicatezza  e  grazia  si  citano  come  modelli  dai^.poeti.  U  paese 
»  abonda  di  frutti  sani  e  squisiti,,  ma  è  contrada  troppo  fredda  per  Tu  va, 
»  r  arancia  ,.  ii  limone:  i  frutti  dei  paen  ealdi  vengpnvi  trasportati  dal  mezzodì . 
»  Nel  centro  del  paese  è  Nogaz^  città  ove  risiedono  le  magistrature  e  il  go» 
p  vematore.  Traversa  la  città  un  fiume  ptd  lungo  del  Tìgri^  a,  Bagdad.  So* 
p  no  sul  fiume  trenta  ponti  di  barche  e  sette  di  questi  nella  citti.  11.  fiume 
»•  oijbre  il  paese-  di  Càchmir  appellasi  Dendari  e  Gemedf  secondo  le  terre  che  ba- 
»•  gnaw  Confluisce  col  Gerard,  sopra  Multan^  questo  col:  Rari  e  col  B^oti  tale 
»  immenso  volume  d'acque  ha  foce  nell'Indo  a  (kdd^  Tre  ^  oondìuconfr  al 
»  Cachmìr,  Quella  del  /iCAoros'.^ai»* aspra  e  difficile,  impraticabile  per  le  bestie  da 
»  soma.  Uomini  avvezzi  vi  trasportano  per  varie  giornate  le  merci  a  schiena^ 
»  Altra  simile  via  %  stabilisce  la  comimicasione  del  paese  cM'Idosian»  Più  pia- 
lli neggiante  è  la  via  del  TSbetf  ma  per  lung<o  tratto  i  pascoli  senovi  pieni  d* 


/ 


77^ 
per  sette  giornate  ^  la  cui  gente  ha  il  parlar  da  sua  posta  ^  e  '^ 
fanno  l'arte  magica  sopra  tutti  gli  altri ^  di  sorte ^  che  co- 
stringono  gli  idoli,  che  sono  muti^  e  sordi;  a  parlare  fanno 
oscurar' il  giorno,  e  molte  altre  cose  roara vigliose ^  e  sono  il 
capo  di  tutti  quelli,  ch'adorano  gli  IdoU,  e  da  loro  discese- 
ro gì'  Idoli .  ^^  Da  questa  contrada  si  può  andar'  al  mare  degli 


»*&é.TeleAose  che  ammaszano  i  somieit,   e   rendbme  perigUoao  il  tragitto   al^ 
t  cavaliere  • 

p  n  Ciel  che  gli  difende 
»  Loriche  9   e  Baluardi 
r  Per  loro  iouttl  rende  .^ 

i6o.  /  Catoendriam  dice  Rennel  (  Descript  de  V  liid.  p*  lyS  )  hanno  ftirellà  ' 
particolare  die  dkeai  più  antica  della  Samscredamica.  Forster  (  Yoyag.  t   I.  p. 
3o&- )    assicvra  che  questa   favella  deriva  evidentemente   dal    S€unscredamico  9,- 
che  la  pronunzia  e  quasi  la  stessa  della  MaratU  «  ma  più  aspra*  Percitf  i  poe- 
ti del    paese    scrivono  le  canzoni  in   Persiano  *   Usano  •  scrittura  propria  »  e  la^ 
Samsaredamica  • 

ì6i.  Da  laro  discesero  gP UoU.  Quanto  aUe  &vole  degT inearitanMSttti  ilei 
Caschmiriani  egU  è  certo  ohe   non  pochi*  viaggiatori  hanno  asserito  la  stessa  co- 
sa di  vari  popoli  (  t.  L  p*  170  not.  a    ).  Merita  riflesso-  ciò  eh'  ei  -dice,  che  sono 
il  capo  di  tutti  quelli  che  adorano  gt  Idoli.  Tale  asserzione  con v^ida  r  opinio* 
ne  d*alcuoir  che'  vogliono  che   il  culto  di  Brama  penetrasse  nell'  India  dalla  par- 
te centrale  deU'Asia.  Clemente  Alessandrino  (  Strom.  1.  L  p.  i3i  )  dice  che  i  filo- 
sofr  Indiani  detti  dai  Greci  Gimnosofisti,  drridevansi  in  due  classi,  gl*uni  detti  Sa«^ 
mani  e  gli  altri  Battriani.  Che  i  Samani  rammentati  da  Origene  (  Contra  Gela.. 
L»ib.  I.   p.  19  )  fossero  una  setta  filosofica  della  Battriana  attestalo  S.  Cirillo. 
^Gontr.  lulian.  Lib.  lY  )••  La  religione  di  2i0roastro  ebbe  cuna  nella  Battriana 
(   Bnick.  Hist.  Crit  Philosoph.  >.  Dietro  K  autQrità  di  quattra  Storici  Cinesi  che 
abbracciarono  il  culto  di  Budda^  nd  primo  Secd»  dell'Era  Cristiana^  che  ado- 
rano come  si  disse  sotto  nome  di  Poe  (  1 1.  p«.  i54  not.  d.  )  Deguignes  asserisce 
che  Foe  nacque  1027  anni  innanzi  Gesù  Cristo,  o  come  altri  vogliono  969  nel  • 
paese  di  Cachmir  {  Hist  des  Hun.  t  H.  p^..  aaS).  Tale  asserzione   indiretu- 
mente  verrebbe  a  confermare  il  nostro,  dicendo^  che  di-  qui  discesero  gT  IdoUi 
Taìckèi  Battriani  e  i  CocAmmeiu  sembrano  :  aver  .  da^  origine  al  culto  del 
fuoco,  a   quello  di  Brama f  e  a  quello  di  Budda  che  sono  le  più  antiche  ed  este* 
se  indolatrie  dell'Occidente  e  mezzodì  dell'Asia.  Le  impudicizie  e   il  fanatismo  • 
superstizioso  del  culto  Bramaaico  vengono  descritti  da  Bernier  (Yoj.  t  IL  p..  101  ) 
Il  Jones  asserisce  che  gl'Indiani  ammettono  un  primp  Budda  figlio  della  Luna»  « 
<^e  si  crede    essere  il  Mercurie  o  il  fVodtvi  delie  NaoionL  gi^tiche  ;.  (  Disser. 
suiv  la  Ghronolog.  des  Ind.  Reoher.  Asiat  t.  IL  p.  179*)  Gì}  adoratori  del  fuoco» 
o  ^li    Zoroastrei,  dispersi  dopo  la  conquista  fatta  dagli  Arabi  Maomettani  della,  > 
Persia ,  sono,  rammentati  più.  volte  da  Marco  Polo-,,  e  dovevano  essere  numerosi  < 
anche  ai  suoi  tempi,  perché,  leggesi  nella  vita  di  TYmur  Bego  Tamerlano,  che 
essi    fecero  a]    conquistatore  vigorosa  resistenza  (  Deguign.  t  I.  p-,  67  ) .  £i  * 
S^  vinse. e  probabilmente  ne.  esterminó' un grfin  numero.  Sembra -che  dall'una  ^ 


7$ 
Indianr.  Gli  nomini  di  questa  prcmocia  mdo  brani.,  ^e  titm 
del  tutto  negri ,  e  le  donne  ancor  che  sian  brune ,  sono  però 
bellissime  '^  .  Il  viver  loro  e  carne ,  riso ,  '^  e  altre  cose  simili, 
'nondimeno  sono  magri .  La  terra  è  calda  ten>peratamente ,  e 
in  quella  provincia  sono  dimolte  altre  città  e  castelli.  Sonovi  ancora 
boschi ,  e  luoghi  deserti ,  e  passi  ibnissiipi ,  di  modo  che  gli 
4iomini  di  quella  contrada  non  hanno  paura  di  persona  alcuna 
ohe  li  vada  ad  offenderle .  '^*  Il  Re  loro  non  è  ti*i butano  d'al- 
cuno '^^  «  HaoQO  erenaiti  secondo  la  loro  consuetudine  ^  i  quali 


^■w 


Àìi*  altro  di  detti  culti  «iano  trapaMate  opinionvciK  disliiigtieiMMiO'«orìgin&rtamenile 
vm  colto  dall'  altro.  Forster  (  Vojag.  du  Bengak*  a  Pertesk  t.  L  p.  76%  )  aaat»risce 
che  gK  Indi  ani  reputano  luoghi  Mtcri,  fottìi  ove  acatuffiacono  dei  fuochi  aoUar- 
nYief»  e  che  eaai  fanno  atti  d' adorazioDO  taato  che  vedono  il  fooco  jier  la 
prima  vt^a  neKa  giornata.  AITerina  inoltre  che  kinanii -che  i  MMMnettani  «*iil- 
iignòiBssero  del  paese  di  Kétsishmir  quei  popoli  «erana  faaiaai  per  la  dottrina  dei 
Joro  Bramani ,  e  per  la  magnificenza  dei  loro  templi  (  Ibid.  p*.  2196  )  »  Anche 
Aenncf  dice  che  (a  superstMÙoiic  degli  abitanti  ha  mollipUcaU  i  lueighi  consa- 
cratf  ai  loro  idoti  Makad^t  Bisdkem  e  Uramo»  e  -ehe  tutta  k  valle  è  conai* 
defùta  una  terrt^  stfnta  e  filili  i  fonti  aono»  riputali  oiiracoioli  (  Deacript.  de 
rittéoét  t.  II.  p.  174  )• 

ife.  /  CMcémiritmi  dfeé  Vorvter  (  i.  e  p.  5o4  )  aono  coraggioai  e  ben  fiitti  « 
Slcdoftìé  abHma  ^ótCo  il  $4^  di  Lstitadiae  poaaona  poaaare  per  una  bella  Nazione* 
Netti  FraAtia  Éfiértfdioifole^  f(ilap«giHi  le  loro  donne  paaserebbefo  per  brunette  pia- 
centi. Scfggitiaaei  aìceoaM  )o  era  imbevuto  d^un'alca  opiciione  dai  loro  veaxif  fi» 
dispiaéevolmenie  (fiainganiMlé  vedendo  aldaee  delle  loro  ballerine  le  piÀ  celebri 
per  le  gfazie  é  per  ttztA  tèdvLoeatà  della  loro  profesaiane  •  Hanad  generaUsente  i 
lineamenti  del  jrolttf  irregolari,  KTolaa  fiiiteiaé  e  le  gambe  iagor^te.  Per  guanto 
assai  bntne  eedono  per  i*  eleganza  delle  Ibmie^  e  del  porlamenfio  aU«  doone  di 
deune  proviacie  occideataH  defflndie.  Soggiunge  Forater,  che  ie  cortigiane,  aoao 
Ideilo  stato  li  più  d<^loraMte  (  io  che^  non  è  un  male  )  ^  da  che  il  paese  é  ca- 
duto sotto  il  gk^  fèrreo  degli  jifgaùi.  Alcune  dìeoongli  piacere  per  la  graua 
con  Hr  qiaife  dautneavàfio  e  per  la  voce  loro  aMtodioaa  • 

t6^.  Riso.  Gotofernta  Forstear  dm  il  >riso  è  il  principale  nutrimento  di 
quelle   genti. 

164.  Cheli  ¥ada  ad  ùfenàeré.  Emjr-'kwi  secondo  Forster  si  ribeUtf  dall' Im- 
perardóre  d^gA  AJgaafli  pieno  di  fiducia,  come  i  suoi  predecessorìi  nella  forte 
sitoà^ictte  del  suo  paeSé  (  ibid^  p.  993  ). 

t65.  U  Ayem  Akbetj  d'AbolfazeI  confermalo,  fl  paere  ebbe  propri  Sovra- 
ni. L'  uK?RM>  dei  natii  fu  Rt^ah  AdentUo^  La  joa  vedova  aposò  il  suo  ^i»r 
détto  Chàk^MjT  nell^  Alino  di  Ges4  Cristo  i54i  ,  e  delT  Egira  74^»  che  se- 
guace di  Maoittctto  introdusse  nella  contrada  il  roaomettisaM»  (  Not.  a  Forster,  t.  I. 
p.  2g0  ).  AM  Fiuól  pretende  che  avessero  regnato  oel  Kaickndr  fino  all'  an- 
no iSSSy  che  il  paese  (u  conquistato  da  j^c6«r  impendor  dei  Mogolli,  cento  no» 
tant'uo  sovrano:  che  fegatoao  41^  aoai  undici  mesi  o nove  giorni. 


79 
àCdXìnó  ne^éuoi  '  inòtiaì5ti3ri ,  «  sono  molto  astinenti  nel  mangiare*, 
e  bere ,  ed  osservano  grandissima  castità ,  e  guardansi  grande- 
mente dalli  peccati,  per  non  offender  U  lor  idoii  óh'^ adorano;, 
a  vivono  lungo  tempo.  DÌ  questa  tal  sorte  di  uomioi  vi  sono^ 
abbazie ,  e  molti  ofionasteri ,  e  da  tutt'  il  popolo  gli  viene  por* 
tata  gran  rìveren^^  ed  onore.  £  gli  uomini  di<{aella  provincia  noiv 
uccidono  animaliv  né  &nno  sangue;:  e  se  vogliono  mangia*' 
re  catjie  è  necessario^,  che  li  Saraceni ,  che  sono  mescolati  tra 
loro ,  uccidono  gli  animali  •  Il  corallo ,  cbe  si  porta  dalla  patria- 
Destra  j  in  quelle  parti.,  si  spende  pec  ma|^;Ì0r  preezo,  che  iur 
alcun'  altra  parte . 

Se  io  volossi  aadar  seguendo  alla  diruta  via  eatrarei  nelF 
hdia.  Ma  ha  deliberato ,  di  scriveria  nel  terzo  libro  ^  e  per 
tanto  ritornerà  alh>  provincia  Bàlaxiam ,  per  la  quale  ai  drizza  il 
eamino  versoi  il  Cataio  tra  Levante,  e  Greco ^  trattando  come- 
si è  cominciato  delle  provincie,  e  contrate,  che  sono  nel  viag- 
gilo, e  dall'altre,  che  vi  sono  attorao,  a  destra,,  e  a  sinistca 
eonfinanti  con  quelle.  *^ 

*  JX   ir,      A.  A.  Y  ili» 

Della  provincia  di  P^ocarij  do^e- si  s^a  ascendendo  per  tre 
giornate ,  fino  sopra  un  grandissimo  monte  y  e  àe*  mon^ 
toni  j  che  son  is^i  f  e  come  il  fuoco  ^  die  si  fa  in  quelV 
altezza-,  non  ha  la  forza,  che  ha  nel  piano  ;  e  degli  a- 
bitantij  che  sono^come  satinatici.. 

Partendosi  dalla  provincia  di  Bàlaxiam^  e  caminandò  per 
Greco,  e  Levante,  si  iruovano  soj^a  la  rìpa^d^un  fiume  *^^ 


i6iS^OècoFre  lare  atteniònt  per  rintelligenui  dei  viaggio  del  PSìò  a  quanto* 
•rrerte  io  queélo  luogo , .  cioè,  che  dopo  aver  parlato  di  Ma$Uanf  o  del  Baltisian^ 
e  di  Caf9chmir  riconduce  il  leggitore  a  Badagshan^  oesia  nella  yera  via  del  Co* 
tajàt  che  pFOsegue  nella,  conaaeta  direzione  generale  di  Greco  e  Levante  j  e  fa^ 
d'uopo  tttoltre  osservare  eh*  esao  avverte  che  non  solo  eratteh(»  delle  provincie 
e  contrade  chb  visita  nel  viaggio,  ma  di  quelle  che*  erano  a -dèstra,  e  a  sinistri^ 
éella  stia  via:  ciò  fa  d'uopo  avvertire  per  ben  distinguere  quelle  ch'ei  visito» 
da  quelle  di.  cui  die  contezza  per  rekzione,  losche  si^  desume  daU' andamenti 
del  cammino  ch'ei  segu<. 

167.  D' un  fiume*  l\  fiamme  di  cui  qui  ragiona  sembra  essere  il  Congcra^ 
ttuk.  della. CarU*  d'  AaviUe  e  di  Arrowshmith,.che.  nella  Carta-  del  CakuUsiun 


So 

mólti  castelli ,  e  al)itaTÌoiìi ,  che  sano    del  fratello  del  Re  di 
.Balaxiam  j  e  passate  tre  giornate ,  s' entra  iti  una  provineia ,  che 
si  chiama  Vochàn ,  *^  la  qual  tien  per  lunghezza ,  e  larghezza 
tre  giornate;  e   le  genti  di  quella  osservano   la  legge  di  Ma-* 
cornetto  y   e  hanno  parlar  da  per  se  ;  e  sono  uomini  a  approba* 
ta  vita ,   e  valenti  neH'  arme  .  Il  loro  Signore  è  un  Conte ,  che 
è  soggetto  al  Signore  di  Balaxiam  •   Hanno  bestie ,  e  uccellatori 
d'ogni  maniera.  E  partendosi  da  questa  contrada ,  si   va  per 
tre    giornate  tra  Levante  e   Greco,    sempre    ascendendo  per 
monti  j    e  tanto  s' ascende  ^   che   la  sommità  di  quei  monti  si 
^ice  esser   il  più  alto  luogo  del  mondo.    E  quando  l'uomo 
è  in  quél   liic^o^  truova  fra  <lue  monti  un  gran  lago^  ^^  dal 
quale  per   una  |Hanura  corre  un  bellissimo  fiume  ^  e  in  .quel- 
la sono  i  migliori^  e  i  più  grassi  pascoli^  che   si  possino  tro- 
vare ^  dove  in  termine  di   dieci  giorni  le  bestie  (  siano  quan- 
to si  voglian  magre  )  diventano  grasse.  Ivi  è  grandissima  mol- 
titudine d' anim^    salvatici  j  e  specialmente   raontoni   grandis* 
«imi  '7^  che  hanno  le  corna  alla  misura  di  sei  palmi,  o  almeno 


di  Elphiston  è  dette  Shiber^  confluente  dell'Off,  che  traendo  origine  dalPalta  ca- 
tena dei  Belur  indica  al  viandante  la  direzione  per  valicarla.  Abulfeda  appel- 
lalo come  il  nostro  jl  fiume  di  Badagshanf  e  aogginge  p  qui  Harrat  appella* 
tur  »  (Geogr. JMin.  t  IH.  p.  78  ). 

i68.  Vochan,  Di   guesta  regione  paria  .il  Geografo  Nubienae.  »  De  xegio* 

»  nibus   finitimis  Vachas  ^  et  Gii  sunt  Vachcai  et  SaquUa  in    terra  Tore In 

■p  Vachan  extant  fodinae  argenti,  copia  et  bonitate  incomparabili.  In  eia  e6am  val- 
^  libus  reperitur  aurum  minerale.  »  (  Geog.  Nub.  p.  141  )  Ha  aegnata  detta  con- 
trada nella  sua  carta  d' Asia  r  AnviUe,  ma  à  parer  nostro  trqppo  a  tramontana .  Il 
Polo  incontrolia  nel  recarsi  da  Badagshan  al  Pamef^  H  Tenente  Macarlenej  dio« 
che  r  Osso  o  Ammu  à  sorgente  nelP  alta  catena  del  Pamer  .  Scaturisce  da 
stretta  valle  che  ha  di  larghezza  due  o  trecento  Yard  (  Misura  Inglese  che 
xorrisponde  a  un  braccio  e  mezzo  )  nel  TVukan^  confine  meridionale  del  Pamer 
.(  Accout  of  Gaubuk  Append.  p.  646  Marad.  not  391  ) 

169.  Un  Lago.  Questo  lago  nella  sommili  del  Pamer  é  segnato  nella  car- 
ta di  Macdonald  Kinner»  non  meno  che  la  gran  via. maestra  eh*  conduce  di  Jà 
dai  monti.  Sulla  riva  dei  lago  vedesi  segnaU  la  catti  di  Kurrakol .  E  uno  dei 
luoghi  i  pi4  alti  dell'Asia ,  mentre  nella  prossimiti  del  Pamer  traggono  origine 
e  1  Osso^  e  T  JWo  e.il  fiume  <ii  Yerien  che  scorre  verso  la  Cina. 

.170.  Monioai  grandissimi .  Il  Fonster  (  Decuuv.  d«  Mord.  I.  I.  p.  209  ) 
dice  nel  comentare  questo  passo  del  Polo.,  che  è  degno  d'osservazioqe  che  Mar- 
xu  Polo  più  secoli  fa  notasse  1*  altezza  di  quesU  parte  interna  dell'  Asia  ,  e 
che  abbia  fatte  delle  osservazióni  esattissime  su  quei  Montoni  salvatici  dotti 
dagti  aùlichj  Mussimoaast  e  ó%i  francesi  e  dagU  Italiani  Moufioas  e  Mufloni 


8i 

auattro  j  o  Ire ,  delle  qual  fi  pastori  fanno  scodelle  ,  e  vasi  gran- 
ai^ dove  mangiano,  e  con  quelli  serrano  anco  i  luoghi  dove 
tengono  le  lor  bestie  :  e  gli  fu  detto ,  che  vi  sono  lupi  infiniti , 
che  uccidono  molti  di  quei  becchi:  e  si  truova  moltitudi- 
ne di  corna ,  e  ossa  ,  che  di  quelle  attorno  le  vie  si  fan- 
no gran  monti  per  mostrar*  alli  viandanti  la  strada ,  che  passano 
al  tempo  della  neve  :  e  si  cammina  per  dodici  giornate ,  per 
questa  pianura ,  la  qual  si  chiama  Pamer ,  '7>  e  in  tutto  questo 
cammino  non  si  truova  alcuna  abitazione ,  per  il  che  bisogna , 
che  i  viandanti  portino  seco  le  vettovaglie  •  Ivi  non  appare 
sòrte  alcuna  d' uccelli  per  Y  altezza  de'  monti ,  e  gli  fu  affermato 
per  miracolo,  che  per  l'asprezza  del  freddo,  il  fuoco  non  è 
cosi  chiaro,  come  negli  altri  luoghi,  ne  si  può  ben  con  quel- 
lo cuocere  cosa  alcuna .  '^^  Poiché  si  ha  cavalcato  le  dette  dodici 
giornate ,  bisogna  cavalcare  circa  quaranta  giornate ,  '^^  pur  ver- 
so Jjcvante ,  e  Greco ,  continuamente  per  monti ,  coste ,  e  val- 
li ,  passando  molti  fiumi ,  e  luoghi  deserti ,  ne'  quali  non  si 
truova  abitazione,  né  erba  alcuna ,  ma  bisogna  che  gli  viandan*- 
ti  portino  seco  da  vivere ,  e  questa  contrada ,  si  chiama  Belo- 
To .  '74  J^TeUe  sommità  di  quei  monti  altissimi ,  vi  abitano  uomi- 


«nimali  che  hanno  tanto  grandi  le  corna  che  secondo  alcuni  recenti  scrittori  i 
Corsak  o  Volpi  piccole  del  deserto  possono  ascondervisi . 

171.  Pamer.  La  region  montuosa  ove  é  la  pianura  di  Paiittfr  sembra  essere 
quella  detta  Pamej  da  Abulfeda.  U  gengrafi>  ivi  rammenta  la  città  di  Barghen  : 
»  cujus  incolae  maximam  partem  nihil  aliud  agunt^  quam  ut  noxiis  et  sceleribus 
»  alios  iacomodent  et  afflgant  »  (  Abulf.  p.  35o  )  ,  carattere  assai  conforme  a 
quello  che  attribuisce  il  Polo  agli  abitanti  del  Pamer . 

173.  Qui  la  lezione  del  nostro  codice  è  migliore  e  più  esatta  »  fuoco  non  y*ha 
»  il  calore  che  gli  hae  in  altre  parti  »  né  non  e  cosi  cocente  colassuso  (  p.  32  )  ». 
Il  Forster  (1«  e.  )  a  ragione  fa  rìdeltere  che  l'osservazione  esattissima  del  Polo 
non  è  stata  confermata  che  cinquecento  anni  dopo  4^1  celebre  naturalista  Signore 
De  -  Lue  per  le  proprie. osservazioni  da  lui  fatte  sulle  Alpi . 

175*  Cavalcare  circa  quaranta  giornaie»  Questo  luogo  è  molto  oscuro  e  se 
8*  interpretasse  che  da  Pamer  fino  a  Caschar  fosse  vi  la  distanza  di  40  giornate  ciò 
sarebbe  in  opposizione  coi  lumi  geografici  avuti  recentemente  dai  Viaggiatori 
Inglesi .  Ma  non  saprei  esplicarlo  che  congetturalmente  in  due  guise,  o  che  venis- 
se asserito  al  Polo  che  non  credo  che  visitasse  esso  ète$èoCashgan,  Ae  tale  era 
la  distanza  di  quei  due  luoghi:  ossi  vero  che  ei  voglia  intendere  che  questa  ca- 
tena di  monti  ha  di  lunghezza  quaranta  giornate,  nella  quale  ipotesi  non  sarebbe- 
vi  errore  nell'asserzione  del  Polo. 

174  .  Beloro  o  Belur'tag  catena  di  monfi  scgi^ata  in  tutte  le  carte  dell'  Asia  • 

11 


8à 

dì,  che  SODO  idoli,  e  come  salvatici,  quali  non  vivono  d'altro^ 
che  di  cacciagioni  di  bestie j  si  vestono  di  cuori ,  e  sono  genti 
inique  • 

C  A  P.     XXIX. 

Della  città  di  Cascar  e  delle- mercanzie  ^  che  fanno  gli  abitanti, 

i 

Dopo  si  perviene  a  Cascar,  '^^  che  (  come  si  dice  )  già  fu 


Rammenta  Bella  descrizione  della  Chorasmia  i  deUi  monti  Abulfieda,.  che  ap- 
pella Belhoff  che  il  Geografo  crede  avere  avuto  nome  da  un  potentissimo  re 
dell'Indie  (  Geog^  Min.  t  UT.  p.  80  ).  Dice  Elphistone,  la  nostra  carta  appeU 
la  la  catena  che  è  fra  il  Muz  -  Tagh  e  V  Hindu  -  Kush  il.  Belw  Tagr  che  è 
un  evidente  corruzione  delle  voci  Turche  Belut  Taugh  che  significa  monti  te- 
nebrosi .  U  Belur  è  il  confine  firal'  Dirkestani  indipendente,  e  il  Cinese  (Account^ 
of  Caubul.  p.  87  )  (Marsd.  nob  294  ).  U  Belur  appartiene  alla  catena  detta 
dagli  antichi  Imaus^  che  era  if  confine  delle  cognizioni  positive  di  essi.  La 
situazione  del  Belar  respettivamente  a  Badacshan  vien  fissata  nel  modo  seguen- 
te dalle  tavole  di  Nessir  Ettuseo.  Badacshan  Lat  57^  io\  Long.  104**  34  Belar 
Lat  57*"  o\  Long.  108*  o*.  Pare  che  sulla  catena  di  detti  moi»Ci  foasevi  una  citti  di 
detto  nome  (  Geog.  Minor,  t.  Iff.  p.  5.  ). 

175.  Dopo  si  perviene  a  Cascar ,  Il  nostro  testo  dice  )►  or  lasciamo  di  questa 
9  contraria  e  diremo  della  provincia  di  Casciar  y.  E  credo  più  retta  questa  le- 
zione. Cashgar  non  era  sulla  via  del  Polo  per  andare  alla^  Cina,  ma  era  sulla 
strada  fatta  dal  Padre  e  dallo  Zio  di   lui,  allorché  recaronvisi  la  priata  volta 
venendo  da  Boccara  e  Samarcanda ,  nel  qual  caso  fa  d*  uopo  prender  la   via  dt 
Cogend  come  avvertimmo,  che  fa  capo  a  Casckgar.  Ed  é  perciò  che  Marco  in' 
nanzi  di  proseguire,   retrocede  e  parla  di  Caschgar  e  di  S€unareanda  che  no» 
sopo  nella  direzione  generale  della  via  da  lui  battuta .  Ma  ciò  ei  fece  per  man» 
tenere  cid  che   promesse,  nel  Ph>logo  ove  narra  che  il'  padre  e   lo  aio  nel   prì* 
mo  iop  viaggio  trovarono  :  p  molte  cose  mirabili ,  e  grandi,  ddle  quali    al  pre- 
»  sente  non   sF  fa  menzione,  (  soggiunge  }•  perché  sono   scritte  da  Mi   Marco 
)^  figlio  di  Mi  Niccolò  in  questo   Libro  seguente  »  Ed   é  qu£  che  io- parte  man- 
tiene cid  che  promesse^  ed  avvertimmo  a  suo  luogo  aver  rammentati  i  luoghi- 
visitati  diil  padre  e   daUo   zio  anche  posteriormente.   Questa    parte  dei  viaggi 
del  Polo  e  la  più  oscura*  Ii^perocché  la  parte  d'Asia  ch'ei  scorse  é  stata  sen»- 
pre   la  meno  visitata  dagli  Europei.  Sappiamo  da  Tòmson  ohe  le  vie  che  da 
Boccara  conducono   ai   Càiafo  sono  due.  La  prima  passa  per  Tàsehkend'' e  Tal* 
tta  per  Samarcanda  f  ma  il  non   essere  stata  fiitta^  menzione  da  Marco  di    Ta^ 
schkend  non  lascia    venm  dubbio  che  nel   prima  viaggio  seguissero   i    Poli    la 
via  di  Samarcanda^  e  che  di  li  per  Cagend  come  avvertimmo  di  sopra  ai   di-' 
«gesserò  a  Caschgar.  Gli   ambasciatori   di   Schak^Rbkh*  spediti  in   Gina,   nella 
loro  tornata  fbcer  capo  a.  Cashgar^  Essi  avvertono  che  ivi  1».  Carovana  si  di- 
vise ,  e  una  porte  prese  la  via  di  Sàmarcanetà.  L'  altra  qtiell^  di  Badàgshatè. 
(t  Hist»  Gen.  des  Voy.  t.  VII.  p.   Sgi  ).  Quattro  sono  gl'itinerari  a  noi  noti  che 
danno  contezza^  delle  vie  clie  dalllinterno  dell' Aaia  conducono^alla  Qiina  i.^  1^'iti^ 


83 
Reame,  ''^ina  ora  è  sottopostò  al  dominio  dèi  Graa  Cao.  Le  cui 

aerario  dato  dal  Balducci  Pe|;oletti.  a*  QtieUo   dei  rammentati  Ambaaciatorì  di 
Schah  •Rock;  essi  da    Balch  recaronsi  a  Samarcanda  f  e  per   Tashkend ,  AsK^ 
Bilgotu  9  Kamkoja ,  Atascesjr  giuasero  a   Kabul ,  ohe  i   Reddatori   delia  storia 
universale  dei  Viaggi  suppongono  ^éwre  KamuL  Ma  non  avvertirono  che  detta 
città  è  ai  di  la  dei  Deserto*   e  che   quella   detta  dagli  Ambasciatori   Kabul  e 
di  qua  dal  Deserto.  I  medesimi  dipoi  traversarono  il  Deserto  »  ove  trovarono 
4icqua  di  due  ,  in   due  giorni,  e   loro    occorse  a  tal* uopo  dal  25  del  mese  di 
Redgeb  sino  al   i4  del  mese  di  Schaban^  ossia  So  giorni,  e  ne  uscirono  alla  di* 
stanza  di  dodici  stazioni  da    So  -  tcheuf  e  incontrarono  in  strada  Karaul  ^  che 
sembra  essere  il  paese  di  Kamul  rammentato  dal  Polo .  Vedesi  che  nell'  andare 
seguirono  una  via  pi&  settentrionale  del  Polo.  Al  ritomo  passarono  per  Kamju 
(  Can  -  tcheu  ),  Sokiu   (So  -  tcheu  ),   Karaul  (.  Camul  ),  il  J)eserto,  Katen, 
Caschgar ,  Badagshan ,  e  Balchi  di  dove  restituironsi  in  patria .  Questa  via  sembra 
essere  quella  che  tenne  Marco  nell'andare  al  CaZajo^  per  quanto  io  opini  che 
caso  lasciasse   da  parte  Casghar  come  fuora  della  sua  direzione,  ove   poteron- 
si  recare  gli  Ambasciatori  o  per  affari  o  per  comodo  della  Carovana.  3"  L'itinerario 
indicato  da  Cadgi  Memet  al  Ramusio ,  che  da  Cashgar  passa  per  Ak^  ,  Kaki , 
Kialis ,   Turfan ,  Kamulf  Sukkuir^   Gentta^  e  conduce  a  Campion  (  Gan  -  tchun  )* 
Secondo  i   computi  del  mercatante  »  da   Cafchgan  a  Kamtd  eranvi  78  giornate . 
4\  Quelb  del  Gesuita  Benedetto  Goes  che  fu  spedito  dai  religiosi  del  Conven- 
to ài  Lahor  alla  scoperta  dei  Cristiani    Cataini.    L'infelice  viaggiatore  s'imbat- 
tè nella  via  che  precedentemente  fecero  i  PoK  a  Tajrkofife  prosegui  per  Badagshan 
dirìgendosi  a  Yerken  :  attraverso  i  monti   di  Sakritma   e  di  Chicalit .  Giunse 
nel  paese  di  Cashgar  di   cui  era  allora  capitale  Verhen  e  per  giungere  a  detta 
città  da  Badagshan  impiegovvi  Sa  giornate   (  Hist  Gen.  dea  Yojr*  t  VII.  p.  577 
e  seg.  ).   Esso  fece  una  escursione  sino  a  Koten  tornò   indietro  a   Yerken  e  pre* 
sa   la  volta  di  Volchi,  Aksu  9  Kucha^  Chalis  9  Puchor  9   Turfan  9  Aràmuth  9  Ka* 
nml  9  Khja-juquanf  finalmente   giunse   a  So  "tcheu.   Questa  credo  fosse  la  stra- 
da che  seguirono  i  Poli  nell'andare  alla  Cina,  perché  èia  più  frequentata  dai 
Mercatanti   per  essere  ivi  meno   penoso  il  tragitto  del  deserto.   Questa  ria   é 
segnata  nella  Carta  d' Arrowsmith ,   come  la  più  battuta.  Credo   che  i   Poli  la 
seguissero,  perché  come  avvertimmo,  essi  fecero  capo    a   Cashgar  9^  e  il  figlio 
parla  posteriormente  di  Kamul  paese,  che  non   era   nella  via  piò  meridionale 
fatta  da  lui.  Non  posso  accertare  se   al  ritorno  i  Poli  seniori  ripassassero  per 
la  detu  via,  o  seguissero  quella  stessa  fatta  dal  figlio  seco  loro  posteriormente 
perchè  Marco  non  lo  dichiara.    Quantunque   possa  ccngetturarsi  che   siccome 
neir  introduzione  non  parla   che  dell'  andata  di  essi,  ciò  da   ad  intendere   che 
fii&o  alla  Persia  rifacessero  détta  via,  e  dò  giustificherebbe'  il  silenzio  del  Polij 
intomo  alla   lor  tornata.  Pud  anche  destare  curiositi   il  sapere  perchè  il  figlio 
seguisse   altra  direzione  del  Padre  e  dello  Zio  nel  recarsi  al   Catajo.  Ma  sic- 
come ei  avverte  che  da  Beccar  a  per  recarsi   alla  capitale  di   Cablai  -Can  9  o 
^  Kai'pin  ^fu  impiegaronvi  un  anno  per  »  le  nevi  è  le  acque  che  ingrossando 
^   i    fiumi   obbligarongli  a   trattenersi  ».  É    molto  probabile   che   premurosi  di 
giungere,  seguissero  la  via  meridionale  del  deserto  per  temperatura  di  cielo  pid 
mite,  e  non  attraversata  da  tante  fiumane  e  torrenti,  quanto  quella  preceden- 
temente da  loro  j«eguita  più  prossima  a  montuosa  regione . 

176.  Già  fu  Reame*  Né  l'Herbelot,  né  il  Deguignes  parlano  della  dinastia 


84 

genti  osservano  la  legge  di  Macometto .  La  proviacia  è  grande, 
e  in  quella  sono  molte  città ,  e  castelli ,  delle  quali  Caschar  r 
la  più  nobile,  e  maggiore.  Sonò  tra  Levante,  e  Greco.  GK 
dl;>itanti  di  questa  provincia  hanno  parlar  da  per  se.  Vivono 
di  mercanzìe,  e  arti,  e  specialmente  de'lavorieri  di  bamba- 
gio.  Hanno  belli  giardini ,  molte  possessioni  fruttifere ,  e  vigne  • 
Vi  nasce  bambagio  in  grandissima  quantità ,  lino ,  e  canapa . 
La  terra  è  fenile ,  e  abondante  dì  tutte  le  cose  necessarie .    Da 

3uesta  contrada  si  partono  moki  mercanti^  che  vanno  pel  mon- 
o  :  e  nel  vero  sono  gemi  avare ,  e  misere ,  perchè  mangiano 
male,  e  peggio  beVbno.  Oltre  li  Maomettani,  vi  abitan'alai- 
ni  Cristiani  Nestoririi ,  che  hanno  la  loro  legge  e  Chiese.  *77  E 
la  sopradetta  provincia  è  di  lunghezza  di  cinque  giornate .  ^^ 


ch«  regnava  a  Caschgar  innanu  che  conquistassero  detto  Reame  i  Tartari. 
Ahulfeda  chiama  questa  città  capitale,  e  regia  residenza  del  Turkestan  (  Annak 
Muselm.  t  III.  p-  45  ) . 

177.  Chiesa,  Risiedeva  a  Cashgar  un  Vescovo  Nestorìno.  Quel  vescova- 
to fu  riunito  a  quello  di  IVassU  dal  Catolico  Chebarichua  verso  la  fine  dei 
secolo  •  XL  (  Reanaud.  Ancien.  Relat.  dea  Ind.  et  de  la  Clune  p.  2Q5.  ) .  In» 
questa  parte  centrale  dell'Asia  eraosi  molto  distesi  i  Nestoriani.  Frai  metro- 
politani sottoposti  ai  Catolico  numera  TAssemanni  quello  di  Mera  nel  Choras^ 
san.  Di  Samarcanda  nel  Miwavlnahar .  Di  Caschgar  nel  Turkestan^  di  Balck 
nel  TocAaresian  (  Bibl.  Orient.  t.  III.  33 1  ).  lì  Vescovo  della  città  di  Càshgar 
aveva  il  titolo  di  IVIetn^ltta  Turchestànae  t  Casgarae  et  Meachetae  (  Ibid.  p.. 
736  ).  Eravi  un  Metropolitano  a  Cambalu  (  p»  737  ),  altro  a  Cumdan  che  Re« 
naudot  dimostrò  essere  Nankin  (  ibid.  p.  738  ). 

178.  Cinque  giornate,  Shahaawaz  citato  da  Rennel  (  Descript,  de  1*  Ind. 
t.  IL  p.  263  )>  dice  che  Cashgar  confina  a  settentrione  con  le  montagne  del 
Mogulistanj  che  si  estendono  dai  paese  à*Al--Schash  al  Turfane  col  paese  dei 
Calmucchi .  A  Occidente  eoa  lunga  catena  di  monti  che  Macdonald  Kiooer  ap* 
pella  Teeruck  Duan  (  p.  431  )>  che  si  stacca  da  quella  del  Mogulistàn  ha  ad 
Oriente  renose  colline»  boschi  e  deserti.  Non  sono  indicati  i  confini  del  meszodi  ma 
fa  d'uopo  credere  che  pianeggi  da  quel  lato  il  paese.  Cascar  risiede  secondo 
Macdonald  Kinner  in  una  pianura  ben  coltivata..  Passa  vicino  alla  città  un  b^ 
fiume 9  ma  non  lai^,  né  navigabile,,  vi  risiede  oggidì  un  governatore  Cinese 
(  p.  4^2  ).  la  città  e  secondo  Renuel  a  4a*  3o*  di  latit.  e  se  non  avesse  a  gran 
distanza  le  montagne  Terso  mezzodì  e  prossime  a  tramontana  non  vi  prospe- 
rerebbe il  cotone.  Secondo  Gaubil  la  citti  e  a  39*  3o'  di  Lat  e  79*  iT  dà 
Long.  (  Apud  Soucict  Observ.  Matbem.  tires  des  Ancien.  Livr.  Chinoia  t.  k 
p.  25q  ).  Ma  sembra  pia  esatta  la  latitndiriff  assegnatali  de  Rennel. 


85 

GAP.    XXX. 

Della  città  di  Samarchan:   e  del  miracolo   della  Colonna 

nella  Chiesa  di  San  Giovan  Battista. 

Samarchan  '7^  é  una  città  nobile ,  dove  sono  bellissimi  giar- 
dini, e  una  pianura  piena  di  tutti  i  frutti ,  che  Tuomo  può 
desiderare .  Gli  abitanti ,  parte,  son  Cristiani  ^  e  parte  Saraceni, 
e  sono  sottoposti  al  dominio  d-  un  nepote  del  Gran  Can .  Del 
quale  non  è. però  amico,  anzi  è  di  contìnuo  fra  loro  inimicizia, 
e  guerra ,  ed  è  posta  la  detta  città  verso  il  vento  Maestro ,  e 
in  quésta  città  gli  fu  detto .  *^  esser'  accaduto  un  miracolo ,  in 
questo  modo .  Che  già  anni  cento  e  venticinque ,  i^'  uno  no- 


179.  Samarcan  o  Samarcanda.  H  Polo  fa  retrocedere  il  leggitore  e  lo  ar« 
rerte  nel  Testo  da  noi  pubblicato.  »  Or  lasciamo  di  questa  »  (  della  Provincia 
»  di  Casbgan  )  e  aoderemo  a  Samarca  ».  Dipoi,  ei  dice,-  che  ivi  sono  Cris« 
tiaoiy  e  Saracini  »  e  sono  al  Gran  Can  e  sono  verso  Maestro  »  cioè  in  dire* 
zinne  opposta  a  quella  della  via  che  seguiva  che  ha  avvertito ,  che  volgeasi 
a  Greco  e  Tramontana.  Da  Samaraaida  a  Cashgar  portano  le  antiche  car- 
te una  distanza  di  circa  700  miglia  ma  non  é  che  di  55o  secondo  Rennel. 
Questo  dotto  Scrittore  ne  rettificò  la  distanza,  dietro  Tautoiiti  di  Sherejfdin 
che  scrisse  la  storia  di  Tamerlano ,  secondo  il  quale,  le  due  città  sono  lontane 
runa  dall'altra  25  giornate  ch'ei  valuta  di  i5  miglia  T  una  in  linea  retta  e  che 
percid  danno  un  totale  di  37$  miglia.  (  Descrìpt.  de  l'Ind.  t.  II.  p.  26r  ).  La 
dotta  congettura  del  Geografo  vicn  confermata,  in  gran  parte  dall'Itinerario  da 
Samarcanda  a  Cashgar  pubblicato  da  Macdonaid  Kinner.  La  distanza  fra  le 
due  città  e  di  leghe  i5j  o  miglia  411  seguendo  la  via  di  Kogend  che  secon- 
do la  nostra  opinione  è  quella  che  fecero  i  Poli  seniori.  (  Memoir.  p.  4^0  ). 

180.  Gli  fu  detto  essere  accaduto  un  miracolo.  Qui  è  caduto  errore  nella 
Lezicme  Ramusiaaa  per  cui  farebbe  d'uopo  credere  ch^ei  di  persona  visitasse 
Samarcanda.  Ma  gU  altri  testi  del  Milione  non  dicono  che  gli  fu  detto.  Il 
Teato  nostro  dice  soltanto  (  p^  35  ]  »  e  dirovvi  una  meraviglia  che  adivenne 
»  io  questa  terra  »  La  lezione  del  Riccardiano  :  p  In  haec  civitatet  tale  bis  tenir* 
»  pori  bus  factum  est,  Christi  virtù  te,  miraculum.  » 

:i8i.  Anni  cento  venti  cinque.  Altro  errore  della  Lezione  Ramusiana  »  il 
nostro  Codice  dice  t  non  é  gran  tempo  che  Gisgatta  ».  H  Riccardiano  »  Quidam 
»  fràter  Magni  Kaam,  qui  dicebatur  Cigatài  qui  huic  preerat  regioni  p^  infatti  sa- 
rebbe un  grand*  anacronismo  il  supporre  che  corressero  a5  anni  fra  Zagatai  e  l'epo*  • 
ea  dei  viaggi  del  Polo.  Mor^  Zagr^tai  secondo  il  Deguignea  nel  1^42  (  t  IV. 
p.  5io  )  Dunque  il  testo  dee  dire  aS  anni,  e  cid  fa  comprendere  che  diceasi 
che  erano  2S  anni  che  il  miracolo  era  accaduto,  allorché  passarono  i  Poli  da. 
Samarcanda^  lo  che  fu  come  dimostreremo  altrove  nel  1262, -talché  ciò  accadd* 


86 

miMto  Zagathai  j  fratello  germano  del  Graa  Caa ,  si  fece  cristia- 
no ,  con  grand'  allegrezza  de'  Cristiani  abitanti  j  quali  col  favor 
del  Signore ,  fecero  fabbricar  una  Chiesa  in  nome  di  S.  Gio- 
va n  Battista^  e  fu  fatta  con  tal  artificio,  che  tutt'il  tetto  di 
<piella ,  (  eh'  era  rotonda  )  si  fermava  sopra  una  colonna^  ch'era 
in  mezzo:  di  sotto  di  quella  vi  messero  una  pietra  quadra, 
la  quale  tolsero  col  favor  del  signore  d'un  edificio  de' Sarace- 
ni j  li  quali  non  ebbero  ardimento  di  contradirgli  per  paura . 
Ma  venuto  à  morte  Zagatai,  gli  successe  un  suo  figliuolo,  ^'^ 

ri  non  volse  esser  Cristiano ,  e  allora  i  Saraceni  impetrarono 
lui ,  che  li  Cristiani  li  restituissero  la  lor  pietra ,  la  quale 


&ct  isSy.  CiascuQ  ravvisa  che  esMado  morto  Zagatai  nel  12421  e  il  Polo  es- 
sendosi partito  dall'Armenia  Minore  per  Kai  ^  pin  ^/u  nel  1272,  non  può  ret« 
lificarsi  la  data  in  yerun  modo,  supponendo  che  il  racconto  fosse  stato  fatto 
adesso,  che  traversò  l'Asia  So  anni  dopo  la  morte  di  Zagatai.  Samarcanda  era 
la  capitale  della  Transostiana  ai  tempi  di  Cengia  -  Can  e  la  più  famosa  città 
dell'Asia.  Fu  nota  a  Plinio,  e  a  Strabene  coi  nomi  di  Marcanda  :  ai  tempi  dt 
Alessandro  avea  70  stadi  di  giro,  ed  era  capitale  in  allora  della  Sogdiana  o  del  Sogd 
come  tuttora  si  appella  (  Ariian.  Erp.  p.  236  }.  Crabbe  posteriormente  di  esten* 
sìone  e  di  potere,  dodici  leghe  di  giro  aveva  ai  tempi  di  Gengis -Caa  .*  era 
ben  fortificata,  eranvi  dodici  porte  distanti  una  lega  runa  dair altra.  Un  aque- 
dotto  recava  T acqua  d^un  fiumicello  a  tutta  la  città,  eranvi  acqua  in  ogni  con- 
trada, in  ogni  casa.  Altre  sorgenti  davano  acqua  alle  Fonti  delle  Piazze  : 
ogni  casa  avea  il  suo  giardino.  Assediolla  Gengis-Can  e  vi  ffece  trucidare  a 
sangue  freddo  trenta  mila  uomini,  che  ne  formavano  il  presidio.  (  Petis  de  la 
Croix  Hist.  de  Geng.  p.  276  ).  Questa  città  che  aveva  la  reputazione  di  es- 
sere la  sede  del  sapere  dell'Oriente,  fu  nota  ai  Cinesi  col  nome  ài  Ton'-pin^ty 
140  anni  innanzi  G.  C.  I  Sogdiani  fecero  un'escursione  sulle,  firontiere  della 
Cina,  vi  uccisero  molte  genti,  ma  furono  respinti.  Sotto  il  regno  à^Yven^^iy^ 
40  Anni  innanzi  G.  C.  il  re  di  Samarcanda  inviò  un'ambasciata  alla  Cina. 
Si  strinsero  relazioni  amichevoli  fra  i  due  stati  ai  tempi  del  successore  d'IWn-ir^ 
(  Mem.  sur  les  Chin.  Par.  1789  t*  XIV.  p.  3o  }.  Anche  oggidì  secondo  Ma* 
fdonald  Kinaer  ■(  p.  419  )  ha  molte  belle  fabbriche  e  gode  di  clima  delizioso.  Da 
un  iato  un  fruttifero  e  verdeggiante  prato  s' estende  fino  a  Baccarà ,  da  cui  è 
disunte  3i  Lega,  o  95  miglia  (!•  e.  )  Verso  mezzodì  alla  distanza  di  due  mi- 
glia da  Samarcanda  comincia  il  paese  montuoso.  Il  fiume  che  somministra  le 
acque  appellasi  Kohuk.  Tutti  i  prodoUi  di  Suolo,  sonovi  eccellentissimi .  Il  fi- 
urne  principale  e  quello  detto  Ahogd  (  Geog.  Min.  Abulf.  t  III  p.  35  ).  Lat. 
della   città  41*   no    Long.  gS*  (  Deguign.  t.  I V.  p.  440  ) 

182.  Gli  successe  un  suo  Jigliuolo,  Secondo  il  Oeguignes  alcuni  pretendo- 
no che  succedesse  a  Zagatai  il  suo  figlio  Bessumen  Kai^Kan^  altri  Cara^Ulagu 
(  t  IV.  p.  3io  ),  ma  dietro  Tautorilà  del  Polo  può  affermarsi  che  la  prima 
assejrtiaae  ^  4a  vera. 


V 


87 
ancorché  i  Cristiani  offerissero  di  pagarla,  non  volsero,  per- 
ciocché pensavano ,  che  levandola  via ,  la  Chiesa  dovesse  rovi** 
Dare  •  Per  la  qual  cosa  li  Cristiani  dolenti  ricorsero  a  raccoman- 
darsi al  borioso  S.  Giovaniu,  con  grandi  lacrime,  e  umiltà. 
E  venuto  il  giorno ,  nel  quale  doveano  restituire  la  detta  pie- 
tra, per  intercessioQ  del  Santo ,  la  colonna ,  si  levò  alu  dalla  ba- 
se della  detu  pietra  per  palmi  tre  in  aere^,  che  facilmente  si 
poteva  levar  via  la  pietra  de' Saraceni,  senza  che  gli  fosse  posta 
sostentanìento  alcuno,  e  cosi  fin' al  presente  si  vede  detu  «co- 
lonna senz'  alduna  cosa  sotto .  Si  è  detto  abbastanza  di  questo^ 
dirassr  della  provincia  di  Carcfaan. 

GAP.    XXXL 

Della  città  di  CarchaUj  dùs^e  gli  uomini  hariìio   le  gambe 

grosse  y  e  il  gozzo  nella  gola  • 

Di  qui  partendosi  '^  si  vien  nella  provincia  di  Carchan,  *^^ 
la  cui  lunghezza  dura  cinque  giornate.  Le  genti  osservano  la 
legge  di  Macometto^  e  vi  sono  alcuni  Ciistiani  Nestorint,  e 
sono  soggetti  al  dominio  del  sopraddetto  nepote  del  Gran  Can; 
sono  copiosi  delle  cose  necessarie ,  e  massimamente  di  bamba^ 
gio  •  Gli  abitanti  sono  grandi  artefici ,  e  hanno  per  la  maggior 
parte  le  gambe  grosse ,  e  un  gran  gozzo  nella  gola ,  il  che  av- 


t6S»  Di  <fià  ponendosi  >  Non  è  esatta  la  leziooey  ma  migliore  quella  del  Te« 
sto  da  Doi- pubblicato.  »  Or  lasciano  qui  e  dirovvi  d*un  altra  provincia  che 
»  ha  nome  Carcàn  »  (  p*  55  )  Infatti  qu{  rientra  nel  suo  camino^ 

184  •  Carchan  è  Yerkend  o  Yarkund  ^  come  appellala  Macdonald  -  Kin* 
aer.  Da  un  itinerario  pubblicato  da  esso  apparisce  che  é  yentidue  leghe  %. 
e  63  miglia  a  levante  Scirocco  di  Casgar.  BentioL  (Hisfe.  GeoeraL  des  Yoy. 
t  VII.  p.  205-  }  dicela  a  Settentrione  di  Cashgar  :  é  città  assai  bene  fabbri- 
cata alla  maniera  orientale  di  mattoni  asciutti  al  sole,  con  territorio  fertiir 
abbondevole  d'ogni  sorU  di  frutte  e  erbaggi.  Ma  quello  che  dee  recar  maravi» 
glia  si  è  che  il  suddetto  scrittore  contro  T  opinione  di  tutti  i-  moderai  geo« 
grafi  ponga  Verken  a  Settentrione  di  Casghar.  11  Goes.  che  come  abbiam  detto 
fu  in  detta  citti,  narra  che  ai  suoi  tempi  era  capitale  dei  regno  di  Cashgar 
ana  cittii  appellata  Uiarlan.  11  Polo  per  esprimere  raspirasionedellow  1/  usd 
la  lettera  C  e  perciò  chiamo  la  citti  di  Carena .  Il  Padre  Gaubil  l'appellala  Kr* 
ghen^   la  pone  a  38%  ao\  di  Lat   a  tii%    iT.  di   Long»  (  Apud.   Soucce.  l  e. 

p-  269.    )  • 


88 

viene  per  la  }nx)prietà  ddl'  acque ,  che  bevono ,  ''^  e  in  questa 
provincia  altro  non  v'  è  degno  di  memoria . 

GAP.  xxxn. 

Della  ciltà  di  Cotanta  e  abbondanza  d*  ogni  cosa  necessa- 

ria  al  s^i^ere . 

Dopo  si  perviene  alia  provincia  di  Gotam,  fra  Greco,  e 
Levante;  la  cui  lunghezza  è  otto  giornate,  ed  è  suddita  al 
Gran  Can^  e  quelle  genti  osservano  la  legge  di  Macometto. 
Sono  in  essa  molte  città,  e  castelli,  e  la  più  nobil  città  e 
dalla  anale  il  regno  ha  tolto  il  nome  Gotam  *^ .  La  quale  è 
abbonaantissima  di  tutte  le  cose  necessarie  al  vivere  umano. 
Vi  nasce  bambagio,  lino,  e  canapa,  biada,  e  viuo  ed  altro. 
Gli  abitanti  hanno  vigne ,  possessioni  e  molti  giardini  •  Vivono 
di  mercanzie ,  e  d' arti ,  e  non  sono  uomini  da  guerra  •  Si  è 
detto  di  questa  provincia,  diressi  d^  un  altra  detta  Peym . 


i85.  Un  gran  gozzo.  Questa  infermità  è  comune  in  Europa  a  molte  popo- 
lazioni 9  che  abitano  lungo  la  catena  delle  Alpi  si  vede  anche  comune  in  Sas- 
sonia^ paese  ch'é  ancor  esso  pedemontano,  si  attribuisce  dagli  osservatòri  anche 
oggidì  quella  escrecenza  di  gozzo,  alla  cagione  assegnatali  dal  Polo. 

i86.  Coiam,  I  Cinesi,  secondo  Deguignes,  danno  a  questo  paese  il  nome 
di  Vu  "^  tieUf  dicono  che  è  un  regno  che  ha  d'estensione  looo  Li ,  e  che  8 
o  9  ne  ha  di  giro  la  capitale.  Contiene  quello  stato  5  città  grandi  ,  e  àìecì 
piccole^  e  le  montagne  del  paese  racchiudono  piètre  preziose  (  Deguign.  t.  IL 
p.  a5  )«  Nel  giornale  di  Benedetto  Goez  vien  detto  Khoten,  e  secondo  quel  viag* 
giatore  nel  fiume  del  paese  trovasi  quel  diaspro  detto  dai  Cinesi  Ju^ckcf  che  è 
una  giada,  di  cui  parla  il  Polo  all'Art  Pejm.  Secondo  il  Goez  é  la  miglior 
merce  di  cui  possa  farsi  acquisto  per  recarla  in  Cina,  dove  é  tenuta  in  gran 
pregio.  Secondo  il  viaggiatore,  il  fiume  di  Koien  è  quello  medesimo  di  Verkerif 
ma  non  é  tale  ropmiooe  dell' An ville,  né  dei  moderni  Geografi  (  Hist.  Gen. 
des  Yoyag.  t  YU.  p.  41 5  ).  Abulfeda  »  Chotan  civitas  Turcarum ,  ultra  Bur 
»  cofkf,  et  citra  Cashgar:  Auctor  Alazizi  civitas  incolis  frequens,  solum  fer- 
9  tile,  multisque  fluviìs  irriguum  »  (  Geogr.  Min.  t.  III.  p.  79).  Secondo  Nes« 
air  Ettuseo  (  Lat.  42°  o^  Long.  107*  o*  ).  lì  Muscìno  dì  Kkoèen  è  famoso,  e 
sovente  rammentato  dai  poeti  orientali.  (  Wiliam.  lon.  Vie  de  Nader  Cbah.  p. 
^a3  ).  Kothen  secondo  un  viaggiatore  Tartaro  é  distante  da  Yerkend  140  mi- 
glila (  Marsd.  not.  507  ). 


GAP.    XXXtlI. 

Della  prwincia  di  Peym^  e  delle  pietre  calcedonie  ^  je  di* 
aipriy  che  si  truos^ano  in  un  fiume  }  e  della  consuetudi' 
ne  y  che  hanno  di  maritarsi  di  nuoya  ogni  fiata  j  che 
svogliono . 

Peym  **7  è  una  provincia  la  cnri  lunghe:^à  è  di  cinque 
giornate  tra  Levante,  e  Greco,  le  cui  genti  sono  Macometta-. 
ne  e  solette  al  Gran  Gan.  Vi  soa  moke  città,  e  castella*. 
Ma  la  più  nobile ,  si  chiama  Peym  .  Per  quella  discocre  un  fiu- 
me, nel  qual  si  tntovano  molte  pietne  di  calcedon),  e  diasr 
prì .  '^  Sono  in  questa  provincia  tutte  le  cose  necesssarie .  Ivi 
ancor  nasce  il  bambagio .  Gli  uomini  vivono  d' arti ,  e  di  mer- 
canzie, e  hanno  questo  brutto  costume,  che  se  la  donna  ha 
marito ,  al  qual'  accada  andar'  ad  altro  luogo ,  dove  abbia  a  sta- 
re per  venti  giorni ,  la  donna  ,  secondo  la  loro  consuetudi* 
ne ,  subito  può  torre  un  altro  marito  s' ella  vuole,  e  gli  uomi* 
Bi  ovunque  vadano ,  si  maritano .  E  tutte  le  provincie  seprad* 
deue,  cioè,  Gaschar,  Gotam,  Peym  fino  alla  citta  di  Lopy 
sono  comprese  nelli  termini  della  jgran  Turchia  *^.  Seguita 
della  provincia  Garcian. 


rS^p  Pejm  (  Cod.  Rice.  Pein  )  città  segnata  nella  carta  d'Ànville  IM*^ 
58%  45*.  Long..  io5'.  Sa*,  con  un  fiume  d'ignota  sorgente,  ma  che  deve  aver* 
U  nei  monti  stessi  di  quello  di  Koten  e  dirìgersi  verso  Levante ,  poiché  se-^ 
condo  il  Polo  ri  si  pescano  quegli  stessi  diaspri  che  secondo  il  Gocz  trovan* 
si  nel  fiume  di  /Cofen.  Parla  di  Feym  Deguìgn^s  e  suppone  che  possa  corrispondere 
a  una  città  detta  Kan-idien  da  un  ambasciatore  Cinese,  che  a  tempo  dei  Tsin  andò» 
ip  quella  coBtrada,  ma  afferma  fiéètre  assai  difficile  lo  stabiiirne  la  posizione  (  De-* 
script  a^^  Tart.xll.  p.XVlJ-  ). 

188.  Vedasi  (  V^.  l.  p.  34.not.  ) 

189.  T^ermini  della  Gran  Turchia.  I  Persiani  dividevano  antichissimamente 
la  parte  centrale  delTAsia  in  Iran  o  Persia  e  in  Turanp  paese  che  fu  detto  pò» 
scia  TurchetOmf  generica  iqppeUafcione  dell'  Asia  di  là  dal  Oiassarie  (  Sir  -  Daria  > 
e  YJmatis  (  Renaud.  Belat.  p.  stji  \  Secondo  V  Assemauni  (  Bib.  OrienU  T  III.  p. 
786  )  il  Tiirckes$mo  paesede'Tiu-chi  ».  dai  Geografi  Orientali  vien  detto  q^uel  tratta. 
di  terre  che  è  di  là  dal  Sihoif  o  Giasitne  sino  al  confine  del  Cataja.  I  Tur- 
chiy  oome  si  disso  nella  Storia  delle  relazioni  vicendevoli  dell'Asia  e  dell' £u^ 
ivpa  ,  discendono  da  poco  numerosa  tribù  che  abitava  i  morati  Altaici  ser«^ 
va  degli  Avari»  che  nel  sesto  secolo  occupò  il  Turati  e  diegli  il  nome  di  Tur^, 


\ 


90 

e  A  P.    XXXIV: 

JO^Ua  pros^incia  di  Ctàrcian  ^  e  delle  pietre  di  diaspri ,  e 
CalcedonJ  j  che  si  t movano  ne'  fiumi ,  e  sono  portati  in 
Ouchah;  e  come  gli  abitanti  Juggono  né*  deserti  quando 
passa  V esercito  de'  Tartari. 

Giarcian  '^  è  una  provincia  della  gran  Turchia ,  tra  Gre* 
co  ^  e  Levante ,  già  fìi  nobile ,  e  abbondante ,  ma  da  Tartari 
è  stata  distrutta .  Le*  sue  genti  osservano  la  legge  di  Macomet* 
to .  Sono  in  detta  provincia  molte  città ,  e  castelli  :  ma  la 
città  maestra  del  regno  e  Giarcian .  Vi  sono  molti  fiumi  gros- 
«i ,  ne'  duali  si  trovano  molti  diaspri .  e  calcedoni  «  cbe  si  por^ 


chestan.  Mutarono  la  capitale  del  loro  Impero  che  talvota  fu  Kashgar^  tavolta  Otrar 
(HisL  Gen.  dea  Yoy.  t.  VII.  p.  Aa5*  HcrbeL  Bibl.  Orìent.  p.  610)  .  Il  Deguignea  a  tes- 
auta  la  atoria  dei  Turchi  Orientali ,  che  occuparono  i  detti  paesi»  e  che  discendeva* 
no  anche  esvi  dagli  Hiong^-mt  o  UnrU^  I  Cinesi  appellano  quei  popoli  Tu^Kiue 
(  Hist.  dea  Huns  t  I.  p.  223  )  e  il  paese  ove  si  Stabilirono  7ii  •  /u  "fan  dalle 
voci  Tu'Culh-Jan  che  significa  stranieri,  essendolo  i  Turchi  per  detta  contra- 
da ,  di  cui  s'impadronirono  ai  tempi  dell'Imperatore  Taytsung  (  Mem.  surla 
Chine  t  XIV.  p.  i5  e  18  ).  Gli  altri  popoli  appellano  Twfan  il  paese  che 
i  Cinesi  chiamano  Tu-lu-fan  perchè  non  possono  pronunciare  il  primo  nome  per 
essere  privi  della  Lettera  r .  Ai  tempi  del  Polo,  siccome  i  Turchi  avevano 
sommamente  estesa  la  loro  dominazione,  e  possedevano  vasto  stato  nell'Asia 
Minore,  per  distinguere  la  nuova  loro  dominazione  dalla  primitiva»  Ai  appellati 
questa  Gran  Turchia,  come  si  usò  dire  Gran  Bulgaria,  e  Grande  Ungheria,  le 
sedi  primitive  degli  Ungheri  e  dei  Bulgari,  che  poscia  conqiiistarono  paesi  lungo 
il  Danubio,  cui  dierono  il  loro  nome# 

190.  Ciareiam  •  Saggiamente  reputa  il  Marsden  (  Not.  Si 3  )  che  questa 
provincia  corrisponda  a  quella  di  cui  da  contezza  il  Deguignea,  (  t.  II.  p«  9  ) 
co!  nome  di  Chen^Chen  dietro  la  scorta  delle  Storie  Cinesi:  che  avea  per  capitale 
Kan^ni'-tching  vicino  al  lago  di  Lop.  La  città  di  Ciarciam  col  nome  di  Smrtem 
è  segoau  nella  CarU  delFAsia  dell' Anville  (Lat  Sg*  iS'Long.  loS"  Si').  Sembra  cha 
l'illustre  geografo  non  ne  avesse  contezza  che  dal  nostro  vfaggiatore,  uè  ciò  dea 
recar  maraviglia,  perchè  il  Polo  dice  che  la  provincia  era  atata  distrutta  dai  Tar* 
tari.  A  nostro  avviso  la  pose  sulla  sua  carta  1* Anville  troppo  a  mezzodì  di  Lopt 
quando  dovea  easere  sulla  strada  che  vi  conduce  da  Feym,  e  sembra  sopra 
immedesimo  fiume,  poiché  vi  si  trovavano  quivi  pure  dei  diaspri,  della  oalu« 
ra  di  quelli  che  fu  avvertito  trovarsi  nei  fiumi  rammentali» di  sopra  »  e  che 
perciò  venivano  da  una  stessa  catena  di  Monti.  Il  deserto  pare  che  circondi 
quel  paese  da  tutti  i  lati. 


^« 


9» 
saoo  fìao  ad  Oucbah  *9«  a  veodere ,  e  di  quelli  ne  fanno  gra« 
mercanzia  y  per  esserven^  gran  copia .  Da  Peym  fino  a  questa 
provincia ,  e  anche  per  essa  è  tutta  arena  ^  e  sonovi  molte  a- 
eque  triste  ,  e  amare  :  in  pochi  luoghi  ve  n'  è  di  dolci ,  e  buo* 
ne  ;  e  quando  avviene ,  che  qualche  esercito  de'  Tartari ,  cosi 
d'  amici ,  come  di  nemici ,  passa  per  quelle  parti ,  se  sono  ne- 
mici depredano  tutu  i  suoi  beni,  e  se  sono  amici ,  uccidono, 
e  mangiano  tutte  le  loro  bestie:  e  però  quando  sentono,  che 
devono  passare  ,  subitamente  con  le  mogli ,  coi  figliuoli ,  e  be- 
stie fuggon  neir  arena ,  per  due  giornate ,  a  qualche  luogo  do« 
ve  siano  buone  acque,  e  che  possano  vivere,  E  sappiate,  che 
qaando  raccolgono  le  lor  biade ,  le  ripongono  lontano  dalle  a- 
bitazioni  in  quelle  arene,  in  alcune  caverne.,  per  paura  degl^ 
eserciti,  e  d'indi  rijx)rtano  le  cose  necessarie  a  casa,  di  me-^ 
se  in  mese,  ne  altri,  ch^essi  conoscono  que' luoghi^  uè  mai 
alcuno  può  sapere  dove  vadano ,  perche  soniando  il  vento ,  su- 
bito  cuopre  le  loro  ])edate  con  V  arena  .  E  poi  partendosi  da 
Garcian ,  si  va  per  cinque  giornate  per  V  arena ,  dove  sono 
cattiv'  acque ,  e  amare ,  e  in  alcuni  luoghi  son  buone ,  e  dol- 
ci ,  ma  non  vi  sono  altre  cose  ,  che  siano  da  dire .  E  al  fine 
delle  cinque  giornate  ^  si  truova  una  città  detta  Lop  ^  la  quale 
confiua  col  gran  deserto, 

GAP.    XXXV. 

Della  città  di  Lop  y  e  del  deserto  j  di'  è  vicino  ;  delle  cose 
mirabili y  che  sentono  passando  per  quello. 

Lop^  »9*   è  una  città,  dalla  qual  partendosi,  s'entra  in 


191.  Ouchah.  Qaesto  nome  lo  credo  un'errore  manifesto  il  Sig.  Marsden 
(  noL  3i3  )  e  corregge  CéUhai ,  eecondo  la  lezione  della  stampa  di  Basilea,  il 
nostro  testo  porta  Ùcara  (  p.  34  )  il  Magliabechiano  II.  Catiajo.  Ma  io  re- 
puto retta  la  Lezione  Ramusiana  e  che  debba  leggersi  Oukak  che  e  la 
oittà  sul  Volga  rammenUta  di  sopra  (  Not.  8  )•  E  ciò  credo  notasse  il  Polo 
per  dimostrare  quanto  pregiati  fossero  quei  diaspri,  e  a  quanta  distanza  si 
trasportassero . 

192.  Lop,  Yerun  Viaggiatore  rammenta  come  tuttora  esistente  in  quelle 
raponi  la  città  di  Lop.  11  Polo  la  pone  a  cinque  giornate  da  Oarcian^  che 
possono  ralutarsi  75  miglia  in  linea  retta.  La  carta  di  Arrosmith  pone  Lop.  a 
4o**  4a  di  Lat  e  a  89%  5o\  di  Long.  Ma  secondo  Gaubil  evvi  un  lago  detto 


9^ 
iin  gran  deserto ,  il  qtial  simUmenie  sì  chiama  Lop  ^  posta 
fra  Greeo^  e  Levaate:  e  Ìsl  città  è  del  Gran  Gan,  le  cui  gea« 


Lop'rwTf  la  di  cui. estremiti  è  a  42'  20*  di  Lat.  e  à  78*  5i'  di  Long.  (  Apud  Souciiet 
p.  274  ).  Secondo  il  Deguignes  i  Cinesi  appettano  quel  lago  Pu^lui^hai^  ha  400 
Li  di  circuito.  In  questo  lago  hanno  foce  i  fiumi  che  '  scaturiscono  dai  mon* 
ti  del^aese  di  Khoien  (  1.  e.  p.  11  ).  Nella  preziosissima  Carta  delia  Sala  dello 
Scudo 9  pubblicata  dal  Ch.  Padre  Zurla  é  segnato  detto  lago  col  nome  di*  Ix^f 
cosa  tanto  più  maravigliosa,  in  quanto  che  non  fa  nel  teato  Veruna  menatone  del 
Lago  il  veneto   Viaggiatore'. 

i^.  Deserto  di  Lop.  Il  Polo  chiamar  questo  Deserto  di  Lop^  n^  è  da  re» 
car  meraviglia,  mentre  accade  sovente  in  Oriente ,  ed  anco  fra  noi,  che  una  città 
dia.  nome  o  al  paese  o  al  deserto,  o  al  fiume   che  é  a  quella  vicino.   Ques- 
to immenso   deserto  che  separa  la    Cina  dal   Tibet  ^    dalla   coa£  detta   Piccola 
Bàccaria^  e  dalla  Tardarla ,  è  detto  Chamo  dai  Cinesi  ed  anche  Kan-hai  che  signi- 
fica mare  di  rena.  I  Tartari  lo  appellano  Cobi.  Dice  il  DuhaMo' non  vi  é  inai  erba, 
né  Bcq«a,;  e  che  perciò  è  incomodissimo  al  Viaggiatore,  e  pericoloso  pei  cavalli,  da 
quali  alcuno  quasi  sempre  se  ne  perde  nel  trayersario .  Perciò  i  Tartari  di  quelle 
parti  servonsi  molto  più  di  cammeli,  perchè  quelle  bestie  posson  far  di  meno  di  be« 
re  per  cinque  o  sei   giorni ,  e  campano   con  poco  .  (  Du  Halde  t.  IV-  p-  26  )  •  OH 
Ambasfeialori  di  Schak^Rock  l'anno    1419  net    recarsi  alla  Cina    traversarono 
il   Deserta,  .ma  più  a  Tramontana  dppo  Ash  (  che  sembra  Aksu  )    venendo 
per  Taschkend  entrarono  nel  paese   dei   MogoUi  :  rammentano  BilgotUf   i   paesi 
d*  liduz  e  di  ^Shir  Behram  che   formavano  parte   del   deserto  j  giunsero  A  Tot- 
kariy  che  può  congetturarsi  essere  Turfan^   indi  a  Kara  Kója  finalmente  a  Ka- 
bul che  si   ravvisa  eBsere  Camul  o  Homi.    Di  li   partendosi  traversarono   un 
deserto  nel  quale  non  trovarono   acqua  che  di  dille  in  due  giorni.  Gli  Amba- 
sciatori ne  partirono  il  25  del  Mese  di  Redjeb  e  il  14  del  mese  di  «fcfto^it  giunsero 
ad  una  città  lontana    12  giornate  da  So-tcheu  f  talché   per  traversare  il  deserto 
essi    impiegarono  6  giorni    del  mese  di  Redjeb  che  è  di   3o   (  Art  de  Verifier 
les  Dates  Dissert.  p.  17  )    14  giorni   del  mese  di  Schaban^  ed  erano   a  dodici 
giornate  di  distanza  So^tcheu  eh'  essi  appellano  Sokju  perciò  da  Marni  a  questa 
città  impiegarono  32  giornate  (  HisL  Gen.  des  Voy.  t  VII.  p.  377  ).   Secondo  il 
du  Haldo   Homi  è  a  90  leghe  di  distanza  dalla  gran   muraglia  ,  da  cui  separala 
un  terreno  secco  e  renoso  il  più  sterile  di  tutta    la  Tartaria   (  1.  e.  p.   26  ) . 
Ho  creduto  alcun  poco  distendermi  intorno  a  detta  relazione   pubblicata  scor- 
rettamente tanto  nella  raccolta  dei  Viaggi  di  Tbevenot,  quanto  nella  Storia  Ge- 
nerale dei  viaggi  perché  il  Padre  e  Io  zio  di  Marco  all'  andata  neguirono    par» 
te   di  detta  via.   Al. ritorno  gli  Ambasciatori  seguirono  in  parte  la  via  fatta  dal 
figlio.  Essi  partirono  da  So-icheu  nel  plenilunio  del  mese  di  Murram  che  sup- 
podgo  essere  .aocadato  il  i5  di  detto  mese  .   (Hist.  Gen.  àti^  Voy.  t.  VII.  p.  590  ) 
Da  So^tcheu  A  diressero  a  Karàulre  .di   li  per  timore  delle  ostiUtà  e   guerre 
che  erano  nei  paesi  da  loro  traversati  all'andata,  seguirono  una  via  più  meri* 
«lionale'  del  deserto:  partirono  il  19  della  Luna  di  Moharrmm,   Furono   molto 
afflitti  dalla  mancanta  d'acqua,  e  uscirono:. felicemente  dal  desiertoil  16'  del   m^ 
se  àìRobie.  V'impiegarono  adun({ae  dodici  giorni  della  luna  éiMoharram^  29 
4i  €|ueila  di  Sfjfarj  e  i^  dì  quella  dì  AtfMe^  ossia  cinquanta^et;^  ^oroi  (  AvT- 


9^ 
li  osservano  la  legge  dì  MacomettQ  •  £  quelli  y  che  vogliono  pas- 
sar^ il  deserto,  riposano  ia  questa  citta  per  molti  giorni^  per 
preparar  le  cose  necessarie ,  per  il  cammino  ;  e  caricati  molti 
asini  forti ,  e  camelli  di  vettovaglie  ^  e  mercanzie ,  se  le  con- 
sumano, avanti  che  poissino  passarlo^  ammazzano  gli  asini  ^  e 
camelli  ^  e  li  mangiano .  Ma  menano  per  lo  più  li  camelli  y  per- 
chè portano  gran  carichi  ^  e  sonò  di  poco  cibo  :  e  le  vettova^ 
glie  devono  essere  per  un  mese ,  perchè  tanto  stanno  a  pas- 
sarlo per  il  traverso,  perchè  alla  lunga  sarìa  quasi  impossibile 
a  poterlo  passare ,  non  potendosi  portare  vittuarie  a  sufficenza 
per  la  lunghezza  del  cammino ,  cne  dureria  quasi  un  atmo  •  E 
in  queste  trenta  giornate ,  sempre  ^  va  per  pianura  d'arena,  e  per 
montagne  sterili  :  e  sempre  in  cajx)  di  ciascuna  giornata  si  truo- 
va  acqua ,  non  già  abbastanza  per  molta  gente .,  ma  per  cin- 
quanta, ovvero  cento  uomini  con  le  loro  bestie,  e  in  tre  ov- 
vero quattro  luoghi  si  truova  acqua  salsa ,  e  amara  e  tutte  le  al- 
sono  buone ,  e  dolci ,  che  sono  circa  vent'  otto.  In  questo  deserto 
non  abitano  bestie ,  uè  ucceUi,  perchè  non  vi  ti*uovano  da  vivere. 
Dicono  per  cosa  manifesta ,  che  nel  deuo  deserto  v'  abitano  molti 
spiriti,  che  fanno  a' viandanti  grandi^  e  maravigliose  illusioni^  per 
fargli  perire,  perchè  a  tempo  di  giorno^,  s^ alcuno  rimane  addie- 
tro, o  per  dormire  _,  o  per  altri  suoi  necessarj  bisogni  ^  e  che  la 
compagnia  passi  alcun  colle ,  che  non  lo  possa  più  vedere  ,  subito 
si  sentono  chiamar  per  nome^  e  parlare  a  similitudine  della 
voce  de^ compagni^  e  credendo,  che  siano  alcuni  di  quelli^ 
vanno  /iior  del  cammino^  e  non  sapendo  dóve  andare  peris- 
cono.. Alcune  fiate  di  notte  sentiranno  a  modo  d'impeto  di 
qualche  gran  cavalcata  di  gente  fuor  di  strada ,  e  credendo  ^  che 
siano  della  sua  compagnia,  se  ne  vanno  dove  senton  il  romore  ^  e 
fatt'  il  giorno  ^  si  trovan  ingannati ,  e  capitano  male  .  Similmente 
di  gionao  ,  s' alcun  rimane  addietro,  gli  spiriti  appariscono  in  for? 
ma  di  compagni  e  lo  chiaman  per  nome,  e  lo  fanno  andare  fuor  di 


de  Yerif.  tea  Dates.  I.  e:  ).  U  Viaggiatore  GO02  impiagò  2&  giorni  da  Yerhen  a 
Aksu  e  in  quel  tragitto  avea  traversato  un  deserto  appellato  Karakatay .  Da 
jiksu  a  Chalis  (  non  è  segnato  il  tempo  che  vi  impiego  )  ao  giornate  da  Chalis 
4  Puchaìif  indi  a  Tur  fan  per  Aramuth  e  Khamul:  dì  là  in  io  giorni  giunse  a  So^ 
tàheu  (  HisL  Gen.  des  Voy.  t.  VII.  p.  417  ) .  Ma  anche  il  giornale  deU'  infelice 
miasionario  »  raccolto  dai  suoi  appunti  non  offre  quella  chiarezza  che  sarebbe 
deaiderabile. 


94 
strada  ;  e  ne  son  stati  di  quelli,  che  passando  per  questo  deserto^ 
hanno  veduto  un  esercito  di  gente,  che  ^i  veniva  incontro,  e  du- 
hitando ,  che  vogliano  rubbarli^  si  sono  messi  a  fuggire ,  e  lascia- 
ta la  strada  maestra,  non  sapendo  più  in  quella  ritornare,  misera- 
mente  sono  mancati  dalla  fame  :  e  veramente  sono  cose  mara- 
vigliose ,  e  fuor  d' ogni  credenza ,  quelle  che  vengono  narrate 
che  fanno  questi  spiriti,  in  detto  aeserto,  che  alle  fiate  per 
aere  ,  fanno  sentire  suoni  dì  vari ,  e  diversi  istrumenti  di  musica 
e  similmente  tamburi  ^  e  strepiti  d' arme ,  e  però  costumano 
d'andar  molto  stretti  in  compagnia;  e  innanzi  che  comincino 
a  dormire ,  *  mettono  un  segnale  verso  che  parte  hanno  da 
camminare^  e  a  tutti  li  loi^o  animali  legano  al  collo  un  cam- 
panello ,  qual  sentendosi ,  non  li  lascia  uscire  di  strada  :  e  eoa 
grandi  travagli,  e  pericoli  è  di  bisogno  di  passar  per  detto 
deserto.   *»* 


194*  Questo  Deserto.  Sebbene  accada  non  di  rado  che  abbiano  molti  spa« 
venti  i  viandanti  che  traversano  i  decerti  dell'Asia  e  dàlF  AfiHca,  e  che  sia- 
no ingannati  da  non  poche  iUusioni  ottiche  ed  acustiche,  come  avvertimmo  in 
aittx)  luogo  (  t.  I.  p.  36  not.  a  )  il  Polo,  giustifica  la  sua  asserzione,  col  di- 
re p  veramente  sono  cose  maraviglìose  e  fuor  d*ogni  credenza,  quelle  che  ven- 
»  gono  narrate  »  Infatti  ecco  ciò  che  leggesi  in  Visdelou  (  supp.  a  l%^^ibliot 
Orient.  d'Herbel  p.  iSg  )  »  Si  pud  (  dice  Ma-tuan^lin  Storìto  Cinese  ) 
»  andare  dalia  Cina  neVi^ Ejrghour  per  via  moko  pili  corta  deHa  comune,  ma 
»  a  ciò  fare  occorre  passare  per  una  pianura  renosa,  che  ha. più  di  cento  le- 
p  ghe  di  lunghezza  ,  da  ogni  parte  non  vedesi  che  cielo  e  rena,  senza  che  vi 
»  apparisca  orma  veruna  di  cammino.  Coloro  che  vogliono  traversarla  non  s'im- 
i>  battono  in  altri  segnali  che  in  ossa  d'uomini,  e  d* animali,  o  in  escrementi 
»  di  cammelo.  In  quel  tragitto  si  ode  ora  cantare,  ora  piangere,  e  accade  so* 
»  veote  che  i  yiaggitori  che  vogliono  investigarne  le  cagioni  si  smarriscono  e 
V  periscono.  Quelle  voci  sono  di  spiriti  o  di  folletti.  Perciò  i  viaggiatori  e  i 
»  mercanti  preferiscano  la  via  di  Homi  o  CamiL  Questo  paese  renoso  comin- 
»  eia  all'Oriente  della  citttf  di  Na-che-'ichim,  dalla  quale  vedesi  il  colle  o  pas- 

•  saggio  detto  Yu*men»  Kuan  che  e  U  vicino.   Dopo  tre  giorni  di   cammino 
»  renoso,  giungesi  alla  Valle  dei  Demoni,  ivi  si  sacrifica  a  un   nume  per  ot- 

•  ottenere  che  cessi    il  vento,  caminasi  altri   cinque   giorni  e   giungesi    a    un 
»  tempio  .  Si   traversano  dei   popoli   differenti  e  dipoi   si   arriva  alla^  capitale 

•  deir  Ejrghur  p.  Ciascuno  ravvisa  che  i  racconti  del  Cinese  Ma  *  tuaa  *  Un  e 
dà  Polo  sono  conformi,  e  che  ^^rivano  dalle  stesse  iavale  pqpolarì. 


95 
GAP.    XXXVII. 

Velia  prwincia  di  Tanguth;  e  della  città  di  Sachion:  ò 
de^  costumi  quando  nasce  loro  un  Jigliuolo  f  e  del  mode 
come  abbruciano  li  corpi  ds  morti  • 

Quando  6*è  calvalcato  queste  trenta  giornate,  pel  deser* 
to,  si  truova  una  città  (Utta  Sactuon,  ^^  la  qual  è  del   Gran 


igS  •    Sachion  è   «ecoado  il  Polo  ali*  uacita  del  Deserto   (  t.  I.  p.  36. 
credela  il  Deguignes  Cha  -  ieheu  che  significa  città   arenosa  ,  che  nella  carta 
d'Anville,  e  che  precede  T  Atlante  Cinese,   segnata  a  mezzodì  del  lago   Ha^ 
ra  -  fior  e  a  maestni  di  Sotcheu   (  Deguignes  t   I'.   p.    xii.   )•  A   tale  opi- 
nione appigliasi  il  Mar%lea  (   Not   Sii.  ).  Gaubil   crede  che  sia   Va  -  icheu 
(   Hist.  Gen.  des  Yoy.   t.   VII.  p.    52o  )  .  Io  reputo  che  sia  So  -  tcheu  all' 
ingresso  delta  Cina  ,   sulla   via  che   doveva   seguire  il   Polo .    Ne   vedesi  sotto 
altro   nome  nel  nostro   Viaggiatore  fatta    menzione  di  questo   celebre  Emporio 
della  Cina.  Fra  le  tribù  che  fecero  guerra  a  Temugin^  o  Gengisean  si  nomina 
quella  di   Sakiu  (  Hist.  Gen.  de'  la    Chin.  t.  IX   p.  a4  )  .  11  padre  Gerbillon 
nel  suo   settimo    viaggio  fu   a  So  "  tcheu  osservò  la  lat  della    citti  Sg*.    aST, 
Esso   dice    che  le   terre  della  contrada   sono   arenose    a  non  atte  alla  cultura 
del   grano ,  che   non  ^vi  si  raccoglie   che   miglio  e  altre   minute    biade  (  Du- 
Hald.  t.   IV.   p.    559   ).    Se    leggesi  la  descrìsione  del  Du  -  Halde  (  t  I.  p. 
ao6  )  pare  che  sia  la  pid  pingue  e  ferace  contrada .  E  da  osservare  che  fu  det- 
to a  GerbUkm  che  la  Gran  Muraglia  passava  a  90  Li  o  dieci  leghe  di  distanza 
dalla  città  a  maestro.   E  il  Polo  dovea  incontrarla  prima  di  giungere  a   detta 
città,  ma  fu  soggiunto  al  Gerbillon  che  andando  a  ponente,  e  a  libeccio  non  era  che 
di  terra,  che  in  molti  luoghi  non  aveva  che  cinque  o  sei  piedi  di  altezza,  che 
era  quasi  interamente  rovinata,  senza  che  si  pensasse  a  ricostruirla.  Non  reche- 
r4  adunque  meraviglia  che  il  Polo  non  fecesse  menzione  di  un  monumento,  che 
•e  pure  esisteva  ai  suoi  tempi ,  era  di  cosi  piccola  importanza  (1.  e.  )  Du- 
Halde  dietro  l' Autorità  dei   missionarj  ,  narra    che  gli   Orio   popoli  di  razza 
MogoUa:  »  sont  bornès  au  sud  parla  Grande  Muraille,  qui  n'est  la  que  de  ter* 
•   re  battue,  aussi  bien  quedans  tout  le  Chen-sif  et  qui  n'est  haute  que  d'en- 
»  viron  quinze  pieds  »  (  t.  IV.  p.  27  )•   E  siccome  il  Polo  dove  traversala  ap« 
punto  partendo  da  Can^tcheu  per  recarsi  a  Kei^^pin^/u  se  esisteva  dove    tra* 
versoUa  ,   non  era    cosa  degna  dell'  attenzione  del  Viaggiatore  .  Tanto  i   paesi 
di  So  "  tcheu  j  quanto  quelli  di   Can*  tcheu  formano  una  lingua  dd  Khen^i  Ae 
inoltrasi  nella  Tartarìa,  e  furono  infatti  quelle  due  piazse  costriute  dai   Cinesi 
per   contenere  qudle  popolazioni.  (  Deguignes  t.   IL   p.  x.  )•  E  ciò  che  dirno- 
Btrm,  che  il  SaMon  del  Polo  corrisponde  a  Sotcheu  t  è   che  ivi  per  la   prima 
v^ta   rammenta  i  settari  e  regolati  e  gì'  Idoli  del  culto  dì  Foe ,  perchè  quella  tu 
la  prima  citti  Cinese  in  cui  s'imbattè.*  ai  suoi  tempi  ndle  limitrofe  contrade 
#eguÌTasi  la  legge  di  Maometto ,  o  lo  SciamatUsmo  Tartarico. 


96 
Clan ,   e  la  provincia  si  chiama  Tangnth  '^  ^  e  adorano  gli  Idoli  : 
e  vi  sono  Turchi ,  e  alcuni  pociii  Cristiani  Nestorini ,  ^  e  anco 


196.   Tanguth.  Bentink^  eà' nhii  che  nel  secalo  caduto  descrÌ5sero  la  Tar- 
larla Asiatica,  avvalorarono  alcuni  errori  Geografici  intorno  al  Tangut  non  del  tutto 
disgombrali .  l\  Tangut  secondo  la  l^ro  opinione,  k  la  Gina  a  Levante»  il  regno  di  Jva 
o  di  Brama  a  mezzodi,  gli  stati  del  Gran  Mogol  a  Ponente,  e  quelli  del  CorUaisch 
Gran  Can  dei  Calmucchi  a  Tramontana  .  £  diviso  in  due  parti ,  la  meridionale  chia- 
masi propriamente  il  Tangut ^  la  settentrionale  il  Tibet  *  (  Recueil  de  Voy  auNord 
t.  X.  p.  100.  )  Questa  errata  opinione  segue  il  celebre  Padre  Giorgi  nel  suo  Alfa-^ 
beto  Tibetano  ^  p .  9.  )  Pinckerton  si   accosta   maggiormente   al  vero  dicendo,  il 
Tangttt  (  Geogr.  t.  IV.  p.  24^  )  comprendere  la  parte  del  Tibet,  che  è  a   maes- 
tro e  parte  della  provincia  di  C^/i  •  5Ì.  Oeguignes  sembrami  aver  colto  nel  se- 
gno  asserendo  ch'era  , il  nome   dato  dai  Tartari    al.  regno   impeliate  dai  Cinesi 
Si  •  Mia  o  'Mia  occidentale.  Lo  fondarono  alcuni  popoli  d'Origina   Tibetana: 
la    nuov:a  .nazione  fu  appellata  Tank  ^hiang.  (  Deguig.^t.  I.   p.  166  ).  Laiife- 
miglia  che  regno  in  detto  paese  governava  da  primo' la   provincia  per  gl'Impe-^ 
r^duri  della  Cina .  .Essi,  prenderono  poscia  il  titolo  di   he  di  Hiu  e  il  loro  sta- 
to  era  composto,  di  parte  dei  Chea  ••.si,  e  dei  paesi  d^gU  Ortu^  dì   Cha-tcheup 
del  Kokorpr^  e  delle  contradt;  che.  erano  in  vicinanza  del  Li^'  di  Lop.  Etzina 
era  una  delle  gyttà  principali^  di  detto  stato,  e  quesjta  è  la  ioontrada  dagli  Scrit- 
tori occidentali  detta    Tangut.  Incominciò  il  regno  di  Hia  di  cui  tanto  favel- 
lano le  scorie   Cinesi  sul  declinare  del  IX   Secolo.  Fu  distrutto  da  Geogìscaa 
nel  1226,  regnante  ivi  un  principe  detto  dai  Cinesi .  ^on  *//- //««»  (  ibid.  )   e 
dagli  scrittori  Arabi,  e  Persiani  delle  gesta  di  quel  conquistatore  Si^sdacu,  tt 
Mogollo  disfece  la  sua  poderosissima  Ai:mata  e  tolse  <U  vita^  5oOopo  combattette 
ti.   (  Petis  de   la  Croix  lib.  IV.  CXIII.  ).  S^ihisdacu, giunse  alla  residenza  dei* 
Gran  Can  come  prigioniero,  otto  giorni  dopo  ia  m^rte  di  .es$o,  ma  avea  ordi* 
nato  di  farlo  perire,  e  in  cid  fu  ubbidito  (  ibid.  )  Allora  capitale  del  regno  ài 
Hia  ^ra  Campion  come  appellala  il  Polo,  che  è  città  a.  12  giornate  a.  mezacodi 
di  Etzifia  (ibid.  p.  471  )•  Ciò  che   dice  Deguignes  viep  confermato   da  altri^ 
geografi  e  viaggiatori^  Witzen  dice  che  la  lyioiagolia  ha  pei:  confine  meridiooale  iK 
Tangut  e  il  Turckestan  (  Voy.  de  Pallas  t.  VI.  p.  S60  not  )  Aubriqujs  asserì  che 
i  Mugolìi  vivevano  in  vasti  pascoli  a.tramontana,r e gl'iguri  nei  monti, del  mez- 
zodì, e  che  a  Levante  di  essi  erano  i    Taagutanif   ei  .poscia,  fa.  menzione  di- 
strata come  il  Polo  dei  TibeUni  (  Apud.  ^Berg..  t.  I.  pag.  $7  )*  Aitoue  Armeno^ 
nel  parlar  dei  Tartari  dice.  »  Prima  in^^rum  nationum    fartaroruin  npmioatur 
»  Tatar,  quae  a  provincia  in  qua  di^gebant  primìtus  nomen  Sumpsit  Secuoda 
»  appellatur  Tangot  (  Tangut  )"   tertia  Cunat ,  quarta  lalair  :  quinta    Sonich  :. 
^  sexta  Monghi,  jepUma.  Tebetk  (  Cap.  XVI.  Nov.  UriMS  ).  Conferma  adunque 
detto  Scrittore   come  il  Polo,  ch«  diatinti  pae»i  erano  il   Tibet  e  il.  Tangut   e 
a  me   pare   sia  aegnatp.il   Tctngut   vettanuente  nella   carta  dell*' AnriUe .    Egli 
è   vero  che  V  Al&beto   Tibetano  chiamasi  ancora  Tangntano   aecondo  Abulfa* 
sagio  (  Hist  Gen.  dea  Yoy.  t  VII.  p*  49  )  '^  Georgi  (  Alph.  Thibet.  p«  9  >.  'Ma. 
ciò  non  recherà  maravigliay  rammentandosi  che  ì  Tangutani  credonai  d'ong;iae'. 
Tibetana  :  d' altronde .  non  4a  motifO<U  confioddere  insieme  due  popoli  perché 


97      ^        ^ 
Saraceni  :  ttìk .  quelli ,  che  adorano  gli  Idoli  hanno  linguaggio  da 
per  se .  La  città  è  tra  Levante ,  e  Greco .  Non  sono  genti ,  tiie 
vivono  di  mercanzie ,  ma  delle  biade  ^  e  frutti ,  che  raccogliono 
delle  lor  terre.  Oltre  di  ciò  ^  hanno  molti  monaster) ,  e  abbazie, 
che  SCHIO  piene  d' idoli  di  diverse  maniere ,  alli  quali  sacrificano, 
e  onorano  con  grandissima  riverenza  :  e  come  nasce  loro  un  fi- 
gliolo  maschio  j  lo  raccomandan  ad  alcun   de'  detti  idoU ,  ad 
onor  del  quale  nutriscono  un  montone  in  casa  quell'  anno ,  in 
capo  del  quale  ^  quando  vien  la  festa  del  detto  idolo  j  lo  con- 
ducono avanti  di  quello,  insieme  col  figliuolo,  dove' sacrificano 
il  montone  ;  e  cotte  le  carni ,  gUele  lasciano  per  tanto  tempo , 
fino  che  compino  le  loro  orazioni  j  nelle  quali  pregano  gì'  idoli , 
che  conservino  il  lor  figliuolo  in  sanità ,  e  dicono ,  eh'  essi  idoli 
fra  questo  spazio ,  hanno  succiato  tutta  la  sostanza  ^  ovvero  sapo- 
re aelle  carni .  Fatto  questo  portano  quelle  carni  a  casa,  e  con- 
gregati i  parenti  e  amici  ^  con  grand  allegrezza  e  riverenza  le 
mangiano,  e  salvano  tutte  l' ossa  in  alcuni  beUi  vasi ,  e  li  sacer- 
doti degl'  idoli  ^  hanno  il  capo ,  li  piedi  ^  gV  interiori ,  e  la  pelle, 
.  e  qualche  parte  della  lor  carne .  Similmente  questi  idolatri ,  nel- 
la lor  morte ,  osservano  questo  costume,  che  quando  manca  aleuti 
di  loro ,  che  sia  di  condizione^  che  gli  voghono  abbruciar  il  cor- 
po, li  parenti  mandan  a  chiamare  gli  astrologhi ,  e  li  dicono  Fan- 
ijo  ^  il  giorno ,  e  Y  ora  ,  che  il  mono  nacque ,  quali  poiché  hanno 
veduto  sotto  che  costellazione,  pianeta,  e  segno  egli  era  nato, 
dicono  in  tal  giorno  dev'  esser  abbruciato  ;  e  se  allora  quel  pia- 
neta non  regna,  fanno  ritener  il  corpo  talvolta  una  settimana  mor- 
to,  e  anco  sei  mesi ,  avanti  che  1'  abbrucino ,  aspettando  che  il 
])ianeta  gli  sia  proprizio,  e  non  contrario,  né  mai  gli  abbruciereb- 
bouo ,  finché  gli  astrologhi  non  dicono  ora  è  il  tempo .  Di  sorte 
che  bisognando  tenerlo  in  casa  lungamente,  per  schifiar  la  puzza  , 
fanno  far  una  cassa  di  tavole  grosse  un  palmo,  molto  ben  congiun- 
te ,  e  dipinte ,  dove  posto  il  corpo  con  molte  gomme  odorifere , 
canfora ,  e  altre  spezierie ,  gli  stoppano  le  congiunture  con  pece , 


uaano  un  alfabeto  medesimo .  Chiuderò  questa  nota  osservando  che  il  regno  di  Mia  o 
di  Tangut  avendo  sussistito  per  più  di  tre  secoli,  ed  estendendosi  di  qua  e  di  là 
daUa  muraglia  della  Cina ,  e  come  osservammo  non  essendo  anche  oggidì  che 
un  argine  di  terra ,  vi  è  ragione  di  affermare  che  non  esistesse  ai  tempi  del  Polo» 
ne  dee  perciò  recar  meraviglia  ch'ei  non  ne  facesse  menzione.  Gli  Annali  Ne- 
storiai  fanpo  menzione  d'un  Metropolitano  del  Tangut  (  Assem.  Biblioth.  Orient 
t.  IIL  p.  785  ). 

l3 


' 


9? 
e  calcina ,  coprendola  di  panni  di  seta.  E  in  questo  tempo,  che  Io 
tengono  in  casa,  ogni  giorno  gli  fanno  preparar  la  tavola,  con  pane, 
vino,  e  altre  vivande,  lasdandc^liefa  per  tanto  spazio  qnanto  uno 
pò t  ria  mangiare  comodamente  :  perchè  dicono  lo  spirito,  che  è  ivi 
presente,  si  sàzia  dell'odore  dì  quelle  vivande.  Alcune  fiate  detti 
astrologhi  dicon  àlli  parenti,  che  non  è  buono,  che  il  corpo  si^ 
portato  per  la  porta  maestra,  perchè  truovano  cause  delle 
stelle ,  o  altra  cosa  ,  che  gli  è  in  opposito  alla  detta  porta ,  e  lo 
fanno  portar  fiiori  per  un^altra  parte  della  casa  :  alle  volte  fanno 
rompere  i  muri ,  li  quali  guardano  addirittura  verso  il  pianeta  ^ 
che  gli  è  secondo  ^  e  prospero ,  e  per  queir  apritura  fanno  portar 
fuori  il  corpo ,  e  se  fosse  fatto  altramente  ^  dicono  che  gli  s])iri- 
ti  de'  morti  ofTenderebbono  quelli  di  casa  >  e  gli  farian  danno  •  £ 
s' accade ,  che  ad  alcuno  di  casa  gF  intravenghi  qualche  male^  o 
disgrazia ,  ovvero  muoja ,  subito  gli  astrologhi  dicono ,  che  lo 
spirito  del  morto  ha  fatto  questo  per  non  esser  stato  portato  fuo- 
ri essendo  in  esaltazion  il  pianeta  sotto  il  qual  nacque ,  ovve- 
ro ^  che  non  è  stato  per  quella  debita  parte  della  casa  ,  che  si 
dovea .  '^  E  dovendosi  abbruciar  fuori  della  città ,  li  fanno  fa- 
re per  le  strade  dov'  egli  ha  da  passar  alcune  casette  di  legname 
col  suo  portico ,  coperte  di  seta ,  e  quando  vi  giunge  il  corpo , 
lo  mettono  in  quelle ,  ponendogli  avanti  pane ,  vino ,  carne  ,  e 
altre  vivande  ,  e  cosi  fanno ,  finche  giungono  al  luogo  determina- 
to, avendo  per  opinione,  che  lo  spirito  del  morto,  si  restauri 
alquanto ,  e  pìgli  vigore  dovendo  esser  presente  a  vedere  abbru- 
ciare il  corpo  *^ .  Usano  anche  un  altra  cerimonia ,  che  jMgliano 


197.  Le  ceremonie  usate  oggidì  dai  sacerdoti  del  eulta  di  Ldma  air  acca* 
sione  del  nascimento  di  un  fanciullo  possono  leggersi  nello  scritto  intitolata  »  De* 
»  scription  du  Tibet  d'aprés  la  relation  des  Lamas  Tangoutes.  Paris  1808  p^  Sy  r  . 
Queste  costumanze  dei  Tartari  nei  loro  funerali  conferma  Petis  de  la  Croix  par- 
lando del  TangMi  (  Hist  de  Gengis.  Lib.  IV.  e.  xiii.  )  ;  e  ciU  Rubriquis,  ma  è  mol* 
to  probabile  che  estraesse  dette  notiue  del  nostro  viaggiatore.  L'uso  di  appre- 
stare la  tavola  al  trapassato,  citollo  come  esistente  ia  Cina  il  Viaggiatore  Musul* 
mano  pubblicato  dal  Renaudot  (p^aS)* 

ig8.  Abbruciare  il  corpo.  1  Tibetani  u^ano  di  ardere  i  Cadaveri  (  Alph.  Ti- 
bet p.  443  )  dei  personaggi  distinti  »  o  di  seppellirli  imbalsamati  in  celle  s^ 
ere .  Che  i  Tartari  ardano  i  loro  corpi  morti ,  confermala  Gerbillon  :  è  sebbe- 
ne alcuni  abbiano  abbandonato  quest'  uso ,  soggiunge  che  tutti  lo  praticano  al- 
lorché le  persone  muojono  in  guerra  ,  o  in  viaggi  fuori  della  loro  patria  f  e.  i 
Cinesi  ancora  alcuna  voha  le  praticano  (  Du  Hald.  t  IV.  p.  dS8  ) .  Siccome  ai- 
iorche  il  Pòlo  fu  in  Qna  la  parte  settentrionale  di  queir  Impero  era  rimasta  per 
molti  secoli  sotto  la  denoniioaùooMS  Tartarica,  m  ravvisa  che  nelle  contrade  ove 


99 
molte  carte  '^,  fatte  di  scorze  d  arbori  ^  e  sopra  quelle  dipingono 
uomini ,  donne ^  cavalli,  cammeli^  denari ,  e  veste  y  e  Quelle  ab- 
bruciano insieme  col  corpo ,  perchè  dicono ,  che  nell'  altro  mon- 
do averà  servitori ,  cavalli ,  e  tutte  le  altre  cose ,  che  son  state 
dipinte  sopr^  le  carte ,  e  a  tutto  quest'officio  vi  sono  presenti  tutti 
li  stromen^i .  della  città ,  di  continuo  sonando .  Avendo  detto  di 
questa ,  dirassi  delle  altre  città ,  che  sono  verso  Maestro ,  ^*^  ap- 
presso al  capo  del  deserto  * 

GAP.  xxxvn. 

Della  pros^incia  di  Chamulj  e  del  costume ,  che  hamio  di 
lasciar  ^  che  le  lor  mogli  ^  e  figliuole  dar  mino  con  UJore- 
stieri  j  che  passano  per  il  paese  • 

Ghamul  è  una  provincia  posta  fra  la  gran  provincia  di  Taa- 
gut^  soggetta  al  gran  Gan,  e  son  in  quella  molte  città  ^  e  castella, 
delle  quali  la  città  maestra  e  detta  similmente  Ghamul ,  ^'  e  la 


ei  dimorò  era  quel  coslume  generalmunte  praticato,  e  forse  anche  più  allora 
perchè  il  concorso  dei  nemici, eie  ostiliti  freq uenti faceano  temere  di  vedere  vio- 
late le  spo^e  dei  loro  defunti,  per  li  quali  hanno  una  gran  reverenza ,  cosa  che 
•embra  essere  andata  in  disuso  nei  tempi  pacifici  posteriori.  Perciò  si  ravvisa 
come  accada  che  tanto  frequentemente  fa  menzione  il  P«)io  di  popoli  che  ave- 
vano la  costumanza  di  far  ardere  i  loro  morti. 

199.  M^ie  carie.  G)nferma  pienamente  questo  rito  funebre  dei  Cinesi  il 
Padre  Magaillans  (  Nouv.  Descrìpt  de  la  Chin.  p.  169  ). 

aoo;  Dirassi  deliéf  olire  ciiia  che  sono  verso  maestro.  Va  notata  questa 
avvertenza  del  Polo,  con  la  quale  viene  a  significare  che  descrive  contradeche 
sono  ia  direzion^^^pposta  da  quella  del  suo  camino,  e  che  perciò  ei  non  visitò 
ma  forse  ne  ebbe  contezza  dal  padre  o  dallo  zio ,  ovvero  da  altri. 

201.  CAamal  (Cod.  Rice.  )  Camul.  »  H  paese  di  //ami  segnato  nelle  nostre 
»  carte  col  nome  di  regno  di  Hami^  non  contiene  che  la  città  di  detto  nome,  ma 
»  piena  di  case,  e  un  piceni  numero  di  borgate  segnate  sulla  carta.  Quantunque 
*  sia  distante  novanta  leghe  dalla  porta  delia  Gran  Muraglia  detta  Kea'jru-kea 
»  •  che  non  gli  manchi  terreno,  questo  paese  non  cresce  in  estensione  perchè 
»  tutta  questo  spazio  non  è  che  terra  arida  e  renosa,  e  la  più  sterile  della 
»  Taruria  »  (  Du  Hald.  t  IV.  p.  26  ) .  Dice  GerbiUon  (  ibid.  p.  44  )  il  titolo  di 
Han^  che  significa  Re  o  Imperadore  scambiasi  in  quello  di  /JCa/i,  perchè  in  Eu- 
ropa ai  permuta  Y  U  in  A?  nella  maggior  parte  delle  parole  e  sopratutto  se  é 
iniziale  della  voce.  Cosi  ei  sog^iimge  appellasi  qui  Homi  una  piccola  città  dei 
Tartari  Yusbecki  la  più  prossima  alla  gran  muraglia, che  dicesi  in  Europa  Kami* 
Diceai  Uublai  iu  vece  di  Cablai ,  Halkàs  pei^  Kalkas ,  e   cosi  accade  di  moU 


"1 


lOO 

provincia  è  in  mezzo  di  due  deserti ,  cioè  del  gran  deserto ,  che 
disopra  s'è  detto,  e  d'un  altro  piccol  iorse  dì  tré  giornate. 
Tutte  quelle  genti  adorano  gV  Idoli ,  e  hanno  linguaggio  da  per 
se .  Vivono  di  frutti  della  terra ,  perchè  ne  hanno  grande  abon- 
danza ,  e  di  quelli  vendono  ài  viandanti .  Gli  uomini  di  questa 
provìncia  sono  soUazzosi ,  e  non  attendono  ad  altro  ^'cHe  a  sonare 
instruraenti ,  cantare ,  ballare ,  e  a  scrivere ,  e  leggere  secondo  la 
loro  consuetudine^  e  darsi  piacere,  e  diletto.  E  s  alcun  forestie- 
ro va  ad  alloggiar  alle  loro  case ,  molto  si  rallegrano ,  e  coman- 
dano strettamente  alle  loro  mogli,  figliuole,  sorelle  e  altre  paren- 
ti, che  debbano  interamente  adempire  tutto  quello^  che  li  piace, 
e  lóro  partendosi  di  casa,  se  ne  vanno  alle  ville,  e  di  lì  mandano  tutte 
le  cose  necessarie  al  lor  oste,  nondimeno  col  pagamento  di  quello, 
né  mai  ritornano  a  casa  finché  il  forestiero  vi  sta .  Giaciòno  con 
le  lor  mogli  ^  figliuole  ,  e  altre ,  pigliandosi  ogni  piacere^   come 
se  fossero  proprie  sue  mogli ,  e  questi  popoli  reputano  questa  co- 
sa essergli  grand'onore ,  e  ornamento ,  e  molto  grata  alli  loro  ido- 
li ,  facendo  così  buon  ricetto  a  viandanti  bisognosi  di  ricreazio- 
ne ,  e  che  per  questo  siano  moltiplicati  i  loro  beni ,  figliuoli ,  e 
facoltà ,  e  guardati  da  tutti  i  pericoli ,  e  che  tutte  le  cose  gli  suc- 
cedino  con  grandissima  felicità .  Le  donne  veramente  sono  mol- 
to soUazzose ,  e  obbidientissime  a  quanto  li  mariti  comandano . 
Ma  avvenne  al  tempo ,  che  M anghù  Gran  Gan  regnava  in  qaesta 
provincia ,  avendo  inteso  i  costumi ,  e  consuetudini  così  vergo- 
gnose^ comandò  strettamente  agli  huomini  di  Camul ,  che  per  lo 
innanzi  dovessero  lasciare  questa  così  disonesta  opinione^  non 
permettendo  j  che  alcun  di  quella  provincia  ^  alloggiasse  forestie- 
ri ,  ma  che  gli  provvedessero  di  case  comuni ,  dove  potessero 
stare.  Costoro  dolenti,  e  mesti  ^  per  tre  anni  in  circa  ossevaro- 
iio  i  comandamenti   del  Re.    Ma  finalmente  vedendo,  che  le 
terre  loro  nou  rendevano  i  soliti  frutti ,  e  nelle  case  loro  sacce- 


tj  aieri  nom}.  La  città  di  Camul  doverono  visitarla  I  Poli  seniori  nella  toro 
andati  allaCina,  infatti  ivi  fece  capo  come  avvertimmo  anche  Benedetto  Goez. 
Quel  paese  come  osservalo  il  Polo  fu  reame  da  per  se ,  fondato  dalla  famiglia 
Tchin  neU'anno  yi3  e  si  mantenne  indipendente  sotto  dieci  regnanti .  Secondo  i 
Cinesi  Storici  Hami  detto  da  loro  Y^u-jren  è  a  i5io  Zi  di  distanza  da  S(h 
tcheu  (Deguignes  t  I.p.  282  I.  II.  p.  VII.)  che  corrispondono  a  circa  45o  miglia 
d'Italia.  Secondo  Gaubil  (  apud  Sauciet  P.  177  e  267  }  la  Ut  di  Hacni  e  di 
4^''  53"  Long.  93*"  19. 


Idi 

devano  molte  avversità ,  ordiDarono  ambasciatori  al  Gran  Gan , 
pregandolo  ^  che  quello ,  che  dalli  lor  antichi  padri ,  e  avi  a 
loro  era  stato  lasciato  con  tanta  solennità ,  fosse  contento ,  che 
potessero  osservare ,  perciocché  dappoi ,  che  mancavano  di  far 
questi  piaceri ,  ed  elemosine  verso  i  forestieri ,  le  loro  case  an- 
davano di  mal  in  peggio  ^  e  in  rovina .  Il  Gran  Can  intesa  cpie- 
sta  domanda  ,  disse  :  poiché  tanto  desiderate  il  vituperio  ,  e 
ignominia  vostra,  siavi  concesso.  Andate,  e  vivete  secondo  i 
vostri  costumi  ,  e  fate  che  le  donne  vostre  siano  limosinarla 
verso  i  viandanti  ;  e  con  questa  risposta  tornarono  a  casa  con 
grandissima  all&gresza  di  tutt'  il  popolo  ^  e  cosi  fin'  al  presente 
osservano  la  prima  consuetudine. 


loa 


GAP.    XXXVIIL 

Della  provincia  di  Succuir  y  dwe  si  trova  il  Reuharbaro  ^  che 

s^ien  condotto  per  il  mondo .  ^^ 

Partendosi  dalla  provincia  predetta  ^  si  va  per  dieci  giorna- 
te fra  Greco ,  e  Levante ,  e  in  quel  cammino  vi  sono  poche  abi- 
tazioni ,  ne  cose  degne  di  raccontarle ,  e  in  capo  di  dieci  gior- 
nate ,  si  truova  una  provincia  chiamata  Succuir ,  nella  quale  so- 
no molte  città ,  e  castella ,  e  la  principal  città  é  ancor  lei  no- 


aoa.  D'un  uso  egualmente  licenzioso  parla  Elphistone  come  tuttora  esis- 
tente in  una  parte  dei  CóbuUstan  (  Marsd.  n.  359  )  Vedasi  intorno  a  ciò  (  t  L 
p.  io6  n.  a  p.  108  n.  e.  ). 

ao3.  Il  testo  ottimo  innanzi  di  parlare  di  Succuir  tratta  di  Chingitulas 
(  Cod.  Rice.  )  ChinchinialàSf  capo  omesso  nel  testo  Ramusiano ,  ove  a  Chinehi» 
ialas  si  rammenta  per  incidenza  nel  Gap.  ^o  .  H  Sig.  Marsden  opina  col  De* 
guignes  che  sia  il  paese  detto  dai  Cinesi  Chen  -  Chen ,  che  aveva  per  capita- 
le Kéui  -  ni  ^  tdUng  vicino  al  lago  di  Lop  (  not.  34 1  ).  Secondo  Forster  é  San^ 
ffhin  Falgin  o  SaaMn-talui .  Io  ravviso  Chinchintalas  in  Tchahgn  della  Carta 
d'  Anville^  cui  va  aggiunta  la  voce  Ta/a,  che  in  Mogollo  significa  piano ,  ed  ^ 
detto  luogo  segnato  in  vasta  pianura  a  mezzodi ,  un  poco  verso  libeccio  del 
Sohucnor ,  e  a  maestro  di  So  -  tcheu  «  e  perciò  la  sua  località  è  assai  analoga 
a  ci<$  che  narra  il  Polo  di  questo  luogo  .  Tckahan-Tala  é  alla  Lat.  40''  io'  Long.  1 15 
f,  E  siccome  nel  (  Gap.  46  )  del  Tetto  da  noi  pubblcato ,  ove  tratU  di  detta 
provincia ,  discorre  anco  del  modo  di  far  la  tela  di  Amianto  eh'  ei  appella  Sa- 
lamandra, e  ciò  per  sentito  dire  da  un  Turco  suo  compagno  eh*  eraci  stato. 
Mi  confermo  neU* opinione  ch'ei  non  fu  in  detta  parte  di  Tartaria  e  ch'ai  se- 
gui la  strada  nella  carta  da  noi  indicata . 


I02 

minata  Succuir  ^^ .  Le  cui  genti  adorano  gì' idoli ,  e  sono  anco- 
ra in  quella  alcuni  Cristiani .  Sono  sottoposti  alla  signoria  del 
Gran  Can  :  e  la  gran  provincia  generale ,  nella  qual  si  contiene 
questa  provincia ,  e  altre  due  provincie  susseguenti ,  si  chiama 
Tanguth  :  e  per  tutti  li  suoi  monti ,  si  truova  Rabarbaro  perfet- 
tissimo in  grandissima  quantità ,  e  i  mercanti ,  che  ivi  lo  carica- 
no j  lo  portano  per  tutt  il  mondo  ^^  •  Vero  è  ^  che  li  viandan- 
ti j  che  passalo  di  li ,  non  ardiscono  andar  a  quei  monti  eoa 
altre  bestie  che  di  quella  contrada  ,  perché  vi  nasce  un  er- 
ba velenosa ,  di  sorte ,  che  se  le  bestie  ne  mangiano  perdono 
l'unghie 9  ma  quelli  di  detu  contrada  conoscono  l'erba,  e  la 
schifano  di  mangiare .  Gli  uomini  di  Succuir  vivono  deTrutti  del- 
la terra ,  e  delle  lor  bestie ,  e  non  usano  mercanzie .  La  provincia 
è  tutta  sana  j  e  le  genti  sono  brune . 

GAP.  xxxrx. 

Della  città  di  Campion  ^  capo  della  prwincia  di  Tanguth  \ 
e  della  sorte  de^  lor  idoli  :  e  della  vita  de*  religiosi  Idola- 
tri ^  e  il  Lunario,  che  hanno  :e  de" costumi  degli  altri 
abitanti  nel  maritarsi. 

Campion  ^^  è  uua  città ,  che  è  capo  della  provincia  di  Tan- 
guth .  La  città  è  molto  grande ,  e  nobile ,  e  signoreggia  à  tutta 


■tea* 


ao4.  Succuir.  Forster  nella  carta  che  va  aggiunta  alla  sua  storia  delle  aco- 
perte segna  Suck  o  Succuir  a  mezzodì  delle  sorgenti  del  fiume  Hoang'-ho  e  net 
T^t  (  t.  I.  p.  aao  ) .  Ma  ai  ravvede  posteriormente  (  ibid.  p.  5^0  )  è  dice  es- 
aere città  più  a  tramontana  sui  fiume  Etuna  e  sul  lago  Sou-Koue  d'Arrowsmit 
o  Sohuc^mr  della  carta  d'Anville.  Iniaiti  secondo  Chaggi  Memet  o  AdgUMe- 
hemei  t  Succuir  era  distante  undici  gioniate  da  Chantcheu  (  Ram.  Dich.  p.  i6  ) 
Conferma  tale  opinione  l'asserzione  di  Petis  de  la  Croix, che  Succuir  era  capi- 
tale ilei  paese  dei  Naiman  popoli  del  Caracatax  (  Hist  p.  8a  )  £  perciò  credo 
prenda  abbaglio,  anche  il  Palias  allorché  fa  venire  il  Reobarbaro  da  Selin  città 
fi  Ubeccio  del  Kokonor  verso  il  lìbei  (Palias  Voy.  t  V.  p.  Siy).  11  Sig.  Mar- 
«den  opina  che  il  Succuir  del  Polo  sia  Sot  -  cheu  città  come  avvertimmo  sulla 
frontiera  occidentale  della  Cifia. 

2q5.  (  Vedasi  t.  I.  p.  41  n.  a  ) 

aoÒ.  Campion  {  Cod,  Rice  )  Campitioa*  Fatta  questa  escursione  dal  Polo 
nelle  altre  parti  del  Tangut  riprende  il  auo  camino  per  Kei  -  pim  -fu  e  condu- 
ce il  leggitore  in  questo  città  che  è  quella  detta  duìgiu  dagli  Ambasciatori  di 
Schah'Rock  (  Hist.  Gen.  des  Yoy.  t  VII.  p-  38o  )  e  Kamju  (  ibid.  p.  Sgo  )  nell« 


io3 

la  provincia .  T^e  sue  genti  adorano  gì'  idoli ,  alcatìi  osservano  la 
legge  di  Macomètto ,  e  altri  sono  Cristiani ,  i  quali  hanno  tre 
belle  y  e  grandi  Chiese  in  detta  città.  Quelli  che  adorano  glldo- 
li^  hanno  secondo  la  loro  consuetudine  niolti  monasteri ,  e  ab- 
bazie ^  e  in  quelle  gran  moltitudine  d' idoli  ^ ,  de'  quali  alcuni 
sono  di  legno ,  alcuni  di  terra ,  e  alcuni  di  pietra  coperti  d' oro, 
e  mdto  maestrevolmente  fatti .  Di  questi  ne  sono  di  grandi  e  pic- 
coli. Quelli  che  sono  grandi ,  sono  ben  passa  dieci  di  lunghezza,  e 
giaciono  distesi ,  e  li  piccoli  gli  stanno  à  dietro ,  quasi  che  pajono 
come  discepoli  a  fargli  riverenza.  Vi  sono  idóle  grandi,  e  piccole , 
che  similmente  hanno  in  gran  venerazione.  I  religiosi  idolatri ,  vivo- 
no, secóndo  che  pare  a  loro^  più  onestamente  degli  altri  idolatri  per- 
che  s'astengono  da  certe  cose,  cioè  dalla  lussuria^  e  altre  cose  diso- 
neste ,  quantunque  reputino  la  lussuria  non  essere  gran  peccato , 
perchè  questa  è  la  loro  coscienza ,  che  se  la  donna  ricerca  l'uomo 
d' amore ,  possino  usare  con  quella  senza  peccato  ,  ma  s' essi  so- 
no primi  a  ricercar  la  donna,  allora  lo  reputano  a  peccato .  Item 
che  hanno  un  Lunario  ^^  di  mesi ,  quasi  come  abbiamo  noi  ^  se* 


pToykkàiBi  ài  Shem-si.  II  Polo  dice  eh*  era  capo  della  provincia,  infiiUi  era  residen» 
za  dei  Sigaorìdi  quel  reame  ai  tempi  di  Genguiz-Caa  (  Pet.  delaCroixp.  ii4  )• 
La  citti  è  sui  fiume  Etzìnuy  e  la  prorincia  si  ristrìnge  in  una  stretta  lingua  di 
terra  che  sporge  nel  deserto .  Conferma  V  identità  di  Campion  e  di  Kan  -  tcheu 
Gaubil.  (  Hìst.  de  Geng.  p.  4S  )  Quivi  si  fermano  le  Carovane  e  le  ambasciate 
che  giungono  per  terra  alla  Cina;  vi  risiede  oggidì  un  potente  Viceré  .  (  Du  - 
Hald.  t  I.  p.  207  )  Secondo  l' asserzione  dei  Gesuiti  la  cittA  e  alla  Lat  So*  cT. 
Long.  i5*  Sa*  aU' occidente   di  Pekino.  (  Du  Hald.  t.  IV.  p.  478)  • 

ao7.  Gran  moltitudine  d Idoli.  In  questa  citti  sembra  che  incominciasse  a 
vedere  quegl'Idoli  mostruosi  del  culto  di  Foè.  Recò  meraviglia  la  grandezza  colossale 
dei  medesimi  agli  ambasciatori  di  Schah-Rockf  che  in  detta  città  ne  videro  unodora* 
to  e  coricato  che  avea  i5o  piedi  di  lunghezza  con  idoli  più  piccoli  sulla  testa  e  dietro 
le  spalle  (  1.  e.  p.  38o  ).  Il  Padre  Giorgi  descrive  il  tempio  dei  Buddisti  di  Lhassa^  ove 
»  ex  elatiori  gradu  eminet  giganteum  simulacrum  Xacae  (  Alph.  Thib.  p.  4i>  )* 
Il  Padre  Regis  osserva  che  Marco  Polo  parla  assai  chiaramente  della  Setta  del 
Lama ,  e  dei  loro  incantamenti.  Essi  erano  potentissimi  nella  Cina  sotto  la  dina- 
stia degli  Vvenf  o  dei  Mogolli.  E  vi  rimasero  in  reputazione»  sinché  i  Mo- 
golli  possederono  la  Cina.  I  Cinesi  tornati  sotto  principi  proprj,  o'a  tempo  dei 
Hing  furono  i  Lama  scacciati  coi  Taruri  dall'  Impero»  ma  vi'  ricdmpavero  sot# 
to  y  attuale  dinastia.  (  Du  Hald.  t  IV.  p.  468  ). 

208  Lunario.  Di  questi  Lunari  dietro  V  autorità  dei  quali  fissano  ì  feusli  o 
infausti  di  delle  lor  faccende,  parìa  il  Padre  Semedo  (  Hist.  de  la  Chine  p.  1 56  ).  E 
dei  lóro  dl^uni  ^  nelle  prìme  lune  della  prìmavera  ,  dell*  estate  »  e  deli*  autunno . 
Di  ciò  parla  anche  la  descrizione  testé  aitata  dal  Tibet  (  p*  45  ) 


io4 

condo  la  cui  ragione  qaelli  che  adorano  gV  Iddi ,  }>er  cinque ,  ò 
quattro ,  ovvero  tre  giorni  al  mese  non  fanno  sangue ,  né  ilian- 
giano  uccelli ,  né  bestie  come  è  usanza  appresso  di  noi  ne*  gior- 
ni di  Venere  ^  di  Sabbato ,  e  vigilie  de'  Santi .  £  i  secolari  to- 
gliono  fino  a  trenta  mogli ,  e  più ,  e  meno ,  secondo  che  le  loro 
facoltà  ricercano ,  e  non  hanno  dote  ^^  da  quelle ,  ma  loro  danno 
alle  donne  dote  di  bestie ,  schiavi  ^  e  denari  ^  e  la  prima  moglie 
tiene  sempre  il  luogo  della  maggiore ,  e  se  veg&ono  eh'  alcuna  di 
loro  non  si  porti  bene  con  l' altre ,  ovvero  non  li  piace  ^  la  pos&O' 
no  scacciare.  Pigliano  anche  le  parenti,  e  congiunte  di  sangue 
per  mogli  ^  e  le  matrigne .  E  molti  peccati  mortali  appresso  loro 
non  si  reputano  peccati ,  perchè  vivono  quasi  a  modo  di  bestie. 
In  questa  città  M.  Marco  Polo  dimorò  con  suo  padre ,  e  barba 
per  sue  faccende  circa  un'  anno  • 


aio 


GAP. 

Della  città  di  Ezina  ^  e  degli  animali  y  e  uccelli  j  che  ivi  si 
t movano  j  e  del  deserto  j  che  è  di  quaranta  giornate  ^  ver- 
so Tramontana. 


Partendosi  da  questa  città  di  Campion  ,  e  cavalcando  per 
dici  giornale,  si  truova  una  città  nominata  Ezina  ^"  in  capo 


do- 
capo  del 


209.  Non  hoììm  dote.  Vico  confermato  quest*  uso,  che  la  ragazza  riceve  la 
dote  dallo  spoao  nel  Tlin^r  e  nella  Tartaria  dall'opera  nominata  (p.  58)  e  daRu' 
briquis  e  da  Plano  Carpini . 

aio.  Circa  Ufi  anno  .  La  dimora  fatta  ivi  dal  Polo  di   circa  un'anno  diegti 
agio  di  conoscere  le  costumanze  di  quei  popoli ,   d'avere  notizie  delle  contrade 
-vicine,  che  nei  capitoli  seguenti  descrive,  non  meno  che  le  costumanze  dei  Tai^ 
tari ,  dopo  di  che  riconduce  (  e.  5o)  il  leggitore  a  Campion  d'onde  prosegue  il 
suo  viaggio .  Credo  che  ivi  si  fermassero  i  Poli,  perché  come  stranieri  non  avran- 
no voluto  lasciarli  passare  senza  permesso,  e  perciò  avranno  fatto  sapere  alllm« 
peradore  il  loro  arrivo,  il  quale  ivi  gli  avrà   mandati  a  riscontrare*,  come  dicelo 
nel  Proemio.  E  nel  testo  da  noi  pubblicato  avverte  di  uscire  Inori  di   Strada 
poiché  ei  dice  :  s>  Or  andiamo  60  giornate  verso  Tramontana  j>  (  pag.  4a  )  E  ciò 
.  per  avvertire  che  esce  dalla  sua  strada ,  infatti  descrive  il  paese  a  tramonUna 
^no  al  piano   di  Bargu ,  che  è  alle  rive   del  lago  di   Baickal .    Le  contrade    che 
qui  descrive  non  sono  scritte  nella  carta  dello  Scudo  pubblicata  dal  Padre  Zur- 
la,  ove  sono  segnati  i  suoi  viaggi. 

211.  Ezina .  Conferma  una  carta  Cinese  dei  tempi  dei  Mogolli  che   questa 
città  scritU  ivi  Ve  -  tei  ^na  è  distante  dodici  giornate  da  Kan  •  tcheu ,  e  che   è 


io5 

*  deserto  dell' ar&tia,  veriQ  tramontana^  e  ooatiéhsi  sotto  la  prcH 
tincia  di  Taogtith .  h^  sue  genti  addicano  idoli  ^  hanno  camnieli, 
e  mcdte  bestie  di  molte  swii  »  In  quella  si  trovano  falconi!  lane*- 
TÌy  e  molti  sacri  molto  buoni.  Gli  uomini  vivono  di  frutti  della 
terra ,  e  di  bestie  ^  e  non  usano  mercanzie .  I  viandanti ,  che 
passano  per  questa  città  tolgono  Vettovaglia  per  quaranta  gior- 
nate .  Perciocché  partendosi  da  quella  verso  Tramontana  si  ca- 
valca per  un  deserto  quaranta  giornate  ^  do\^  non  si  truova  abi- 
tazion  alcuna ,  uè  vi  stanno  le  genti  se  non  l'estate  ne'monti ,  e  in 
alcune  valli  •  Ivi  si  truovan  acque ,  e  boschi  di  pini ,  asini  salva- 
tichi ,  ^^  e  mplt'  altre  bei^tié  similmeote,  iS^lvatiche .  £  quando 
s'è  cavalcato  per  questo  deseno  qiliaraiua:< giornate  V!^»  si  truova 


«  xnezrzodi  del  gr^i^  P^^^lto  (  &.  U.  p.  Xf  ]l  Q^jMt^.  città  é  rammentata  nella  Ape- 
dizione  di  Gengi^ci^a  con^o  pi  r^  del  Tangui*  ^orne  ^l .  mezzodì,  di  Caracorum 
(  Petia.  de  la  Giyibfi.  {K  49  O-  Se^Qw4o>  Q^ubtl  cbiainavaAi  Fa/it-jui.:  ai  tempi  d£ 
Gengiacan,  era  Qonaider^biie  cilt^  del  Regno. di  ^M  fl  4el  Tonguti  ed  è. oggidì 
distrutta  (  Hi^t.  de  Geog.  p*  44  )  • 

312..  4Mni  SalvaffÌ4:hi  ..Arg^QS^^  Marad^n  (n*  36p  }»  crede,  che  queati  asi- 
ni siano  quegli  animali  detti  nella  descrizione  della  Tartaria  data  dai  Missiona- 
ri ilfii/e  <fa/va/«cA0,  scig/u^nda  il  viodo  inoipi  appellano  quegli  animali,  i  Qnesi, 
ma  questa  bestia  éc)ifferente. anche. per  la  Ibrmia  esteriore  4aUa  mula  domestica. 
Spnovi  inoltre  oamm^li,  e  cavalli  aalyaticiy  e  molte  genefpzioni  di  eervi  e  ti*' 
grì  feroci,  e  leopardi  (  Du  HaUI.  t«  lY.  p.  a8  ).  Rubriquia  pel  traversare  iin^ 
deserto  per  gjkmgere  a  Conooomi»  dice:  »  en  ceUe  solitiidiae  aous  vlroes  plu- 
»  aieurs .  Anes ,  qu'  ila  appel)ent  Colon  ,  et  res$embient  plùtòt  a  des  MuÌQt4  * 
(  CaUct.  de  Berg.  e  XXIV.  ). 

2i3.  Quaranta  giornate^,  Il  Polo,  numera  Sa  giornate  da  Kan  '^idheu  a  /Ca^ 
rakitran:  la  cioè  fino  a  Etùna  f  e  40  di  deserto.  Ma  secondo  la  carta  d'AnviUe 
questa  distanza  non  sarebbe  cbe  4;2o  miglia  .geografiche ,  e  anche  aggiungendp.  un 
terzo  per  le  diverse  deviazioni  che  pud  avere  la  strada  dalla  lipea  retta  pud 
ipoteticamente  fissarsi  detta  distanza  a  660.  miglia .  Supponendo  che  le  gior- 
nate siano  valutate  unicamente  di  i5.  miglia,  sarebbero  soltanto  67.  giornate. 
L'AnviUe  pone  Caracorum  alla. La t»  di  44"*  9   ^Ua  Long.  .41   k^S"  5o\  Fischer, 
(  Hist.  de  Siberie  )  seguito  da  Forster  (  Decouv«   du  Nord.   t.  L  pag-    174  ) 
la  pone  a  ponente  del  Orchon  e.  138.  miglia  a  maestro  del  Deserto .  Ma  quan- 
to   alla    Latitudine    assegnaUli    dall'  Anville   il   Signor   Quatreniere   si   uficorse 
esser  troppo  iheridionale ,    e  ciò  dee   credersi  yexOf  non  spio  per  la  testimor 
niaoza    del  Pplo,    ma  per   altre  ragioni .    Rubriquis  avverte  che    per  giungere 
a  Caracoram ,  si  sale  «quasi    sempre .  senza  scendejre ,    e  che  tutti  i .  filimi  cor* 
rono    da  oriente»  a  occidente :,    con.  piccola   deviazione    verso  trammltana ,   o 
Terso  mea^zodi,  e  seppe  accadere  lo  i^lesso.  anche  a  cdloro.'Che*  vi  giungevano' dal 
Caiajo»  D'altrpndi^  sap^^iSimo  da  esso  ohe  da  Cataaorum  alla  cuna  primitiva  dei 
BSogolli  eranvi  1.0. . giornata  di  can^mii^  diritta  versoi  Orienta  (.CoUeict.  de  Bergn 

l4 


\ 


io6 

una  città  verso  TramontaBa  detta  Garachoran .  E  tutte  le  pro- 
viucie  sopraddette  e  città ,  cioè,  Sactnan ,  Ghamul ,  Ghinchitalas, 
Succuir ,  GampioQ ,  ed  Ezina  sobo  pwtineati  alla  gran  provincia 
di  Tanguth. 

GAP.    XLI. 

» 

Della  città  di  Carchoran ,  che  è  il  primo  luo^o  dwe  li 

Tartari  si  ridussero  ad  abitare. 

Garchoratt  ''^è  una  città ,  il  cui  circuito  dura  tre  miglia ,  e 
fu  il  primo  luogo ,  appré^M  al  <pial6  né  tempi,  antichi  si  ridusse- 


t  I.  p.  89  )  Talehè  pare  che  W  ?«rt  aìtuixionè'  A  Kmrùkoràm  sia  fra  ì  cmifluenti 
deirOrcJbni  fiume  che  dirìge  il  corso  da  Oriente  a  Oecidenle,  e  che  fosse  al  mezzo- 
Ai  di  Kiacta  e  non  distante  dal  fiorine  detto  tiara  o  Kara  nella  carta  d' Arrowsmidi . 
Infatti  Coracorum  secondo  U  I>éguignes  è  ad  Occfdenle  del  fhime  Karo^hoiin  (  t  H. 
p.  Lvii.  ) .  Esso  dietit)  la  scorta  dei  Geografi  Cinesi  di  due  itinerari  per  recarrisi  da 
Fitfoi^  »  hoiun  I  citlA  che  è  sttUe  rive  deU'l#oam-Ao>a-lraniontana  del  paese,  degli 
Orni  . 

a  1 4 .  Catamaran  anche  secondo  Feria  de  la  CrOix  era  distante  docfici  g;ior- 
nate  di  cammino    dalla  cuna  di   Gengisean    che  ei  appella   il  paese  de^  Vva-- 
Mogol  (   p,  4^  )•  Atthriq\iis  che  eranri  stato  in  legazione  pel  re  di  Francia 
(  I.  e.  p.  106  )  cosi  descrtre  la  città .  »  Sappia  V.  M.  che  in  qttento  alla  città  di 
»  Cmraeormm^  eccetto  il  palazzo  del  Gan ,  non  vale  la  città  di   &  Dionigi  :  il 
»  monastero  eh'^  ivi|  è  dieci  volte  pid  grande  del  palazzo  di  Manga.'  Sonori 
due  grandi  atrade»  una  detta  dei  Saracini  ove  si  fanno  i  nvercatl  e  le  fiere. 
Parecchi  aaercanti  fhreatieri  vi  vanno  a  trafficare  a  cagione  della  corte  che  vi  di- 
mora frequantemenle ,  non  meno  che  pel  gran  numero  d'ambasciatori  che  vi 
concorrono  da  ogni  patte .  L*  altra  aMda  chiamasi  dei  Cmaim^  ove  ahitano 
gli  artigiani.  Sanovi  grsn  locali»  o  paletti  ov«  stanno  i  segrelarj  dei  principi; 
dodici  templi  d'idolatri  di  varie  genU.'  due  aMScbee  di  Saradni  die  vi   pro- 
fessano la  setta  di  Maometto,  e  una  chiesa  di  Cristiani  verso  il  fine  deHa  citta  ; 
essa  ha  in  vece  di  mura  un  terrapieno  con  tpiattro  porte  :  a  qaeHa  d'Oriente 
Vendesi  il  mig^  e  le  altre  biade,  ma  in  piccok  quantità  ;  alla  porta  d'  Occi- 
dente vendonsi  capre  e  pecore  ;  a  quella  di  Biezxodt  i  bovi,  i  carri  ;  a  quella 
di  tramontana  i  cavalli  » .  Questa  umile  città  facea  treomre  tutta  In  term  ,  e 
dovè  il  suo  splendore  «H'aveivi  fissata  la  sua  residenaa  Gcngb-can .  Ma  nllor- 
che  ì  ausi  discendenti    trasferirono  la  loro  residenma  nel  CnSiyo  decadde  inte- 
insaenie,  ed  oggidì  non  se  ne  conosce  che  per  congettura  la  poainane.   Cmra 
Csmni  che  significa  in  IVirco  rema  nera  secondo  AnviHe  viene  appeUatn  dai 
Oineai  Moìhì  ma  secondo  Visdelon  JTfla-Ao-ftn  che  aenJm  un  evklente 
saarpiatiira  dfeia  voco  Mogalia  XardluriJi  tantn  pie  che  mm  avendo  i  Cinesi  n«l  lo- 
10  Atfaheio  taLsttem  r  viauppUaconotoìIW  (  ìfisdOan,  ssfplim>  n  Merh.  p^  tS4  ) 


I07 

ro  i  Tartari  ;  e  la  città  ha  d' intorno  un  forte  terràglio  ^  ''^  perchè 
non  hanno  copia  di  pietre ,  appresso  la  quale  di  fuori  è  un  ca- 
stello molto  grande ,  e  i  n  queUo  è  un  palazzo  bellissimo  dove 
abita  il  Rettore  di  quella . 

GAP.  XLII. 

Del  principio  del  regno  de*  Tartari  y  e  di  che  luogo  svennero  y 
e  come  erano  sottoposti  ad  Umcan  j  che  chiamano  il  Pres- 
te Gianni  ^  che  è  sotto  la  Tramontana . 

H  modo  adunque  per  lo  quale  i  Tartari  *'.^  cominciarono 


2iS.  Ferie  $erragli4>  doè  una  trìneea  di  terra  ,  o  terrapieno  come  lo  ae^ 
ceniki  Rttbrìqiua. 

!ii6..  Tartari  •  Tanta  è  la  celebrità  di"^qQeste  gtfnti.,  che  sembrami  dovere 
essere  non  discaro  il  vedere  qu{  riunito  ciò  che  distro  intomo  aU'  origine  di 
questo  celebre  Popolo  i  piA  accreditati  Scrittori .  Abulganzi  nella  sua  storia  ge- 
nerale dei  Turchi,  del  Tartari^  e  dei  MogoHi,  di  cui  diedero  un  estratto  i  red« 
dattori  deMa  storia  generale  ^i  Viaggi  (  t  VIL  p.  56  )  narra  che  Alanta  -  kéan 
quinto  descendente  di  Turk  (  il  padre  dei  Turchi  )  ebbe  due  fi^gli,  Tatar  e  Mo* 
^/«stipiti  di  quelk  genti .  L'Herbelot  (  Vox  Tatar  )  dietro  l'autorità  di  Mìrkonda, 
osserva  che  i  popoli  detti  da  noi  Tartari  a  Mogolli  «ona  indicati  dagli  Arabi 
colla  generica  appellazione  di  ^^rdl*  o  Turchi,  imperocché  detta  voce  in  Arabo  è  il 
plurale  di  ThrÀ.  Non  evvi  infatti  da  porre  in  dubbio  che  abbiano  quei  due 
popoli  una  comune  origine.'  Osserva  Visdeloa  (.  Supplem.  a  la  Biblioth.  d* Herbe! 
p-  t^j  )f  che  noa  vi  è  da  prestar  fiede  alla  favoft»clic  «fuesti  due  TSsror,  e  Mk^ 
<ie8sero  nome  a  quei  due  popofi,e  perciò  dallestorie:  Cinesi  estrae  le  notisie  relati- 
ve alla  loro  or^ne.  I  Cinési  appellarono  i  Tartari  7ki  «  iha  e  per  disprexzo  Saa  • 
Tha*tz&  che  significa  i  fetenti  Tartari.  Gli  hanno  ancora  appellati  Total  supplen- 
do con  la  i  alla  Lettera  r,  che  manca  come  si  disse  nel-  loro  aliabeto.  E  dlenmo 
maggiore  e  minore  estensione ,  secondo  i  tempi  ^  alla  Signoria  di  detti  popoli  • 
Sembra  dbe  posteriormente  alle  celebri  conquiste  di  quelle  genti  chamassero 
cosi  tutti  i  popoli  che  abitano-  a  settentrione  della  Cina ,  ad  occidente  del  Meri- 
diano di  Pekio»,  imperocché  i  Cinesi  appellano  i  Russi  i  Tartari  di  Naso  grande. 
Una  atorìa. Cinese  di  cui  leggesi  r estratto  in  Visdelou  (a  discendere  questi  po- 
poli dai  iMb-Ao  o  Mandkitij  ossia  dagli  antenati  di  quelli  che  sono  oggidì  signori  dei- 
la  Gina.  £  ani  decimare  del  X«  Secolo  incominci«iruno  a  fiirsi  conoscere  ai  Gno- 
si per  le  loro  dcpredaxioni ,  talché  i  Kitani  gli  assaltarono  e  gli  dispersero .  Ekv- 
pò  varia  permutazione  di  sedi  come  tutti  gli  altri  popoli  erranti,  stabiUroairi 
lungo  il  fiume  Tatar  cui  dterono  nome ,  quantunque  Aitone  dica ,  che  da  quel 
fiuaie  il  trasaero  (  Hait  e.  xvi.  )*  Ciè  creeleBi  che  accadesse  verso  il  Secolo  XJ. 
Pallaa  dice  dei  Cahnucchi  :  »  le  nom  de  Tatar  est  une  tnjicre  ,  parmi  eux  :  ils 
:p  ie.  fimt  derivar  da  verbe  Taianaif  aitirer  a  $oi ,  a'  aurcmper ,  il  equivaut  donp 
e  a  celui  de  brigaod  »  (  Y ej.  t  IL  p.  346  ) .  Ma  pu»  ^tBèat^  andato  in  dispregio 


io8 
prinuonetite  a  dominare ,  si  dichiarerà  aV  ^eisente .  Cssi  abiuva^ 


•»• 


quel  nome  nei  secoli  posteriori  alla  rovina  dell'Impero  d^^i  Tarfari.  Moltiplicatisi 
si  suddivisero  e  furono  distìnti  col  nome  di  Bianchi ,  di  Neri,  e  di  Selvaggi.  Pres- 
so questi,  ebbe  i  natali  di  The  -*  mùd  -  girl  »  o  il  celebre  Gengiscan  .  A  queste 
tribù  diverse,  fa  d'  uopo  aggiungere  coloro  che  furono  detti  Tartari  Aquatici 
perché, si  stabilirono  vicino  al  Lago /Ci/o-Zuo/i  o  Kulun  come  lo  appellano  i*  Mo- 
golli ,  che  sembrano  essere  quelli  che  da  parecchi  scrittori  furono  anche  detti 
5*11  -  Mogol  (  Deguignest.  Vft  p.  ik  ).  I  Tartari  Neri'^  separati  da^  altri,  presero 
il  nome  di  Mumgol^  e  divènnerb  Jiemici  degli,  aihri  die  mantenoeFò  il  nome  di 
Tartari.  Dei  Mogolli  che  i  Cinesi  impellano  Mongu  e  anticamente  Mongku  ne 
fanno  alcun  lieve  cenno  le  lor  storie  innanzi  il  mille,  ma  nel  ii55  incomincia* 
reno  a  rendersi  formidabili  alla' dinastia  dei  Kin^  Né  parlano  come  d'un  po^ 
polo  feroce,  che  vedeva  ugualmente  di  giorno  e  di  notte ,  valoroso  nel  combat^ 
tere ,  e  che  aveva  corazze  fatte  di  pelle  di  pesce  a  prova  di  frec\:ia  .  Neli'an- 
iK>  1  K^5,  invianono  i  Kin  un  armala  contru  di  essi  |>er  contenerli  (  Hist  Geo. 
de  la  Chin.  t.  YIII.  p.  5i8  ).  Ve  ^  su  ^  kai  Signore  dei  Mogolli  e  padi^  di  Gen- 
giscan disfece  i  Tartari  Btanohi  e  conduWe  sèoo  prigioniero  il  re  di  quette^gen- 
ti  detto  Thfi  -  mud  •  gin  •  11  figlio  soggiogò  il  resto  delle  Nazioni  Tarlare  ,  e 
Yijsdelou  osserva  che  i  Mogolli.  erano  ofibsì ,  aUoreh^  gli  ambasciatori'  <fi  Occi« 
dentei  appeUavangli  Tartari,  eoa  cui  per  'còiHuoe  qri^e  tfet  anteriore  celebri- 
ti gli  coofiiaero  anco  i  Cinesi,  che  dierono  il  nome  di  Tartaria  a  tutla  la:  parte  set> 
teàtrionaie  dell'Asia  passiata  sotto  là  lóro  dominazione  .  Ma  il  vederli  duaraa* 
ti  Tartari  dal  Polo  eh' era  oorti^ano ,  e  perciò  dovea  essere  accostumato  a  non 
dispiacere  ai  grandi  »  ohe  lo  avevano  tanto  cordialmente  protetto,  ed  accolto  ^ 
i*  ìX&o  introdottosi  presso  il  popolo  Cinese  che  ve  cerimonioso  e  circospetto  di- 
appellar  Tartari  i  suoi  paironi.i  Mogqlll^fà  che  io  Aoa  mi .  appigli  di  buon^ 
gi*ado  aU*  opinione  dei  Vtsdelou,  ma  piuttosto. g,  qpiella  di  Petis>  de  la.Croix,  ìì 
quale  narra  che  Gengiscafi  esackido  stato  éecvito  utilmente  dai  iSumugol  detti 
Tartari,  e.  Taia  dai.  Cinesi.  da«  un  fiitme  di . cotal  nome,-  che  bagnava  le  loro  ter- 
re, dichiarò  che  al  titolo  d' Im|>ératoinèv  dei  Mogolli  aggiugerèbbe  quello,  di  6ran«> 
•Cao  dei  Tartari,. per  ;i^o<u*ara:!una  naziiiltie  eh*  eraglii' stata:  nemica,  onde  è  cj&e  i. 
(Suoi  sudditi,  appeliaronsf  indistament»  Tartari.  e..MogoUij(.I£at:  de  Gang,  p^  8o  )« 
Osservano  moUi  recenti  scriltori,é  &a  questi  il  Si^^Langteaelia  questi  popoli. conver- 
rebbe appellarli  ToCori  airOrìentale,  e  noki  Tartari  (Foraler  Voj.  du  Bengala  Peter- 
sb.  L  IL  pu  A4òhot  )*.]!^sictoii^  soiio  coiiosciuti.in<haUa da  tanti  afcolirconquests 
nóme ,  credo  di  appellarli  seoondb  l'antica  costumanza, .  'edifiion  mutare  tìome  né  a 
essi ,  né  a  Gengiscan  né  a  CMaf,  Aitone  Armeno,  divide' in  isetle  tribù  la  nazione 
Tartara,,  e  Mogolla,  e  dicelal  ignobile^  e  sconosciuta  sino  ài  teBipi  di  Gengiscan.  (Ht« 
•sii  Orient.  e.  XVL  )  InCatti  «iveasi  isolata  e  lontana  di  tix>ppo  da  tutti  i  popoK  che 
aveano  nominanza  dicivilli  per  acquistar  grido.  Anche  daHa  Cina  léra^separata  dagli 
stati  dei  i&'i^o  aignori  delle  provincie  settentrionali  di' quel  vasto*  impero,  dal  re«« 
goo  di  Hia  o,  Tàngut  9  da  quello  dei  Keraitd.iO  di  TenduSf  ómì  Naimanni^à  al» 
in  pdpoli.  I  Mogolli  non  conoscevano  la.  scrittura  ai  tempi  di  Gengiscan,  i  sa*» 
cerdoti  Jgùri  ossia  i  seguaci  del  eulto  di  Lama  introdussero  il  loro  alfabeto  pre^o  i 
Mogolli.  La  ietterà  inviata  a  S:  Luigi  da  Manga  Càn.  era  in  lingua  MogóUa,  e 
•scritta  in  detti  caratteri.- Essi  hanno;  la  coosuidtudinc  di  scrìrere  ia  linee'  Yerti-' 


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.    109 
no  nelle  parti  di  Tramontana ,  cioè  in  Giorza ,  e  Bacgii ,  *'">  dove 


«*"^ 


cali  d'alto  ui  baASo»  moltipKcando  le  righe  della  scrittura  dalla  sinistra  del  fo- 
glio verso  la  diritta  (  Rubriquìs  Collect.  de  Berger.  cap.  XXVII.  ).  Cosi  scrivana 
i  MancìuM.  Ma  il  Tibetano  ,  a  Tungutamo  scrìvesi  a  linee  orizzootali.  Il  Signor 
Laogles  dottissimo  orientalista  e  benemerito  delta  Repubblica  Letteraria  ha  sco- 
perto un  Vocabolario  della  lingua  IguHa  che  credeasi  perduto ,  e  ne  ha  fatte  in* 
cidere  le  madri,  che  esistono  nella  Regia  Tipografia  Parigina  (  Descript,  du  Ti- 
bet Par.  1808  p.  54). 

317.  Giorza  e  Bargu.  Secando  il  Deguignes  (  t.  lUp.  i3.  )  tutti  gU  abitan- 
ti della  Tartarìa  erano  divisi  in  Barbari  d'  Oriente  e  d'  Occidente  .  i  primi  a- 
bitavana  a -tramontana  della  provinciar  del  Petche "  lif  e  si  estendavano  sino  aF 
mare  orientale.  Gli  altri  accampavano  nelle  pianure  e  nelle  valli  a  tramontana 
del  Chen-sij  det  Chan^si  e  di  parte  del  Petcke-li.  Queste  denominasioni  di  Tartari 
Orientali  e  Occidentali  suMialono  tuttora.  Quelli  di  discendenza  Mogoiia  sono  com- 
presi nella  prima  generica  «ppellaxione.l  Cinesi  gli  appellano  Mongu^e  da  che  sono 
stati  scacciati  dalla  Gina  sono  distinti  in  Qrtu^  in  Kalka  ,  e  in  Eleuti  .  I  Tartari 
Orientali  sono  gK  attuali  posseditori  della.  Cina  i  Manciusi  .  E  questi»  e  i  Mogolii 
hanno  paiticolar  linguaggio  (  Du  Hald..  t.  VI.  p«  3  ).  Ai  tempi  di  Marco  Pola 
tanto  erasi  estesa  la  signoria  dei  Mogolii  *  eh*  ei  appellò  Tartari  di  Levante, 
quelli  che  possedevano  la  Persia  :  di  Ponente  ,  gli  altri,  padroni  del  Kipichae  o 
Kaptdèack^  è  seguitò  in  ciò  l'uso  dèi  popoli  occidentali  dell'Asia  e  dei  Latini 
a  tempi  delle  Crociate.  Ma  il  Polo  dicendo  che  i  Tartari  abitavano  nella  parte 
di  tramontana  in  Giorza  ,  è  Bargu  viene  a  indicare  la  sede  primitiva  dei  Tartari 
Orientali,  ed  anche  degli  Occidentali  secondo  il  modo  usato  dai  Cinesi  per  indi« 
Carli .  Imperocché  seppi  dal  Sig*  Klaport  che  fu  colla  legazione  Russa  sino  alle 
frontiere  della  Cina  1  che  i  Mogotti  chiamano  Giurgi  i  Maiciusi ,  che  Churchor 
nono  detti  dagli  altri  Tartari- .  Il  paese  di  Bargu  che  abitavano  i  Mogolii  è  ad 
Oriente  del  lago  Baichal ,  ove  è  un  fiume  che  porta  il  nome  di  Barguzittf  ed  una 
città  o  borgata  detta  dai  Russi  Bargusinskoi  (  Atlas.  au  Voyag.  de  Pallas.  Carte  da 
Partie  da  GouvsmemeBt  d'Jrkuizk).  I  più  esatti  Geografi  riconoscono  che  la 
primitiva  sede  dei  Mogolii  era  frai  due  fiumi  Onon  e  Kerlon^  e  che  di  11  grada- 
tamente  si  estesero  a  metzodl  e  ad  oriente  del  lago  Baickal^  indi  sino  alla  catena  Al- 
taica. Cid  si  deduce  chiaramente  da  Rubriquis,  il  quale  appella  la  sede  primitiva  dei 
Mogolii,  e  di  Gengiscan  Onan  cheruie  che  sembra  significare  la  contrada  fra 
r  Onan  o  Oinon  e  i4  Keglon  ch'ei  appella  Xendf  tanto*  più  che  ei  dice  che  da 
Cmracoram  al  paese  dei  Mogolii  #  ou  etoit  la  Cour  de  CingiSf  il  y  a  io  journée 
droit  a  V  Orient  (  Collect.  de  Berg.  oap..XXXiX.  )•  Non  so  poi  perchè'  Teditorè 
della  Storia  Generale  della  Cinti,  ponga  la  sede  primitiva  dei  Mogolii  frai  fiumi 
Songari^  Saìudien  ula^  e  Non-  (  Probabilmente  Onan  )  ossia  fra  il  46'  e  4g*  di 
•L^t.  e  fra.  il  6-  e  il  1 5"  di  Longitudine . ali* Oriente  di.  Pekiao  {  Hist<>  Gen. -de  la 
Chin.  t.  iX.  p.  3  notv  ) .  Il  celehne  Pallas^  descrive  le  contrade  che  primieramente 
]  MogoUi  abiitavano,  non  meno  che  quelle  delle  prime  genti  che  debella  Gengiscan  ei 
dice  :  »  Bisogna  figurarsi  quasi  tutto  il  paese  fra  il  Baichal  $  e  la  frontiera  (  Russa  ) 
»  come  pieno  di  montagne  aride .  staccate  ^  e  ripiene  di  scogli ,  e  separate  le 
9  una  dalle  altre  da  vallate  per  lo  piti  nenose.  Questa  rena  e  fi:>rmata  dalla 
»   roccia  che  compone  queste,  montagne,  e  «he  si  dissolva  »  (  Voj.  t.  VI*   p*  B9.. 


irò   « 

80QO  molte  pianure  grandi ,  e  senza  abitazione  alcuna ,  ^'^  cioè  di 
citta  e  castella ,  ma  vi  sono  buoni  pascoli ,  e  gran  fiumi ,  e  mol- 
te acque  •  Fra  loro  non  avevano  alcun  Signore,  ma  davano  tribu- 
to ad  un  gran  Signore ,  (  che  come  intesi  )  nella  lingua  loro ,  si 
chiama  Umcan ,  qual  è  opinion  d'  alcuni ,  che  voglia  dire  nella 
nostra  prete  Gianni .  ^'^  A  costui  i  Tartari  davano  ogn'  anno  la 


218.  Abitazione  alcuna.  Nella  descrizione  della  Tartara  occidentale  die 
dienmo  I  Gesuiti  e  detttf.  »  Les  YtUes  ne  s(Mìt  point  fi>rk  aacienoès ,  oar  il  paroit 
»  cornine  certain,  que  dles  ont  été  loules  baties  dans  les  terrea  dea  Mongols 
»  par  les  saccessattrs  M^agour  du  fameux  CoUai  -  /&/«  #  (  Da  -  HabL  T. 
IV-  p.   ao  ).  • 

319.  Prete  Giauni .  faitomo  a  questo  favioso  e  quasi  knaginaria  personaggio  , 
di  cui  divulgarono  k  fonia  i  Nestorini  nella  Siria  e  meUm  Palestina  ai  tempi  delle* 
Crociate  per  rendersi  forse  considerati  presso  i  patentati  ririatiani ,  perchè  ranta- 
vansi  di  signoreggiare  i'  animo  d'  un  principe  che  poteva  soccorrerli  poleofteuten- 
te  contro  gl'infodeli  è  stato  scrìtto  copiosamente.  Io  reputo  che  i  Francbi  ne 
dessero  contezza  in  Europa,  mentre  fu  appellato  alla  francese  Prestrelean^^  in  Ita* 
liano  Presto  Gioiwwu  ,  come  portala,  il  Testo  da  noi  pubblicato  (ti.  p-  44-  ) 
che  e  la  traslazione  letterale  di  quelle  voci  Francesi ,  e  ciascun  ravvisa  cbé  non 
portano  l'inipronU  etimologica  di  veruna  Orientale  fo velia.  Intorno  a  questo  ce- 
lebre  personaggio  una  Dissertazione  pubblicai  senza  nome  d'  Autore  nelka  IVao* 
colto  d'  Opuscoli  scientifici  e  Letterarj  (  Voi.  XII.  )  col  titolo  1^  Del  profuaga- 
mento  del  Cristianesimo  nelle  parti  Orientali  dell'  Asia ,  e  del  Prete  Ianni  ».  L' 
Assemanm  (  Biblioth.  Orient  t  lU.  p.  481  )  trattò  lungamente  dell'argomento,  va* 
lendosi  degli  Annali  Nestorini,  e  Giaoohiti,  dai  quaU  si  deduce ,  che  anticìiissi* 
inamente  si  diffuse  il  Cciattaneaìmo  nel  Turehatan^  e  nel  paese  appellato  pò* 
steriormente  Tartaria.  Sonovi  documenti  oomprovaniì  .che  oonvertironai  i  Tur* 
chi  nell'ottavo  secolo,  e  che  verso  il  1000  abbaacci6  la  fede  Cristiana  il  loro 
Caean  con  aooooo  dei  suol  .  Net  detti  annali  ai  fo  menzione  por  anco  della 
conversione  dei  Cheriti  o  Cheraiti,  generazione  di  Turchi  suddite  anch'essa  del 
cosi  detto  Prete  Ianni.  Osserva  poi  1*  Assemanw  che  la  conversione  dei  Turr 
chi  essendo  accaduta  verso  il  mille ,  1'  Ung  -  canf  che  regnava  allora  non  era 
quello  che  debellò  Gengiscan.  Produce  serie  di  documenti  dimoatrativi  che  $0* 
novi  stati  quattro  regi  Cristiani ,  cui  fu  attribuito  il  gitolo  di  PreU  latuti  per 
opera  dei  Nestorini,  che  ne  sparsero  la /ama  molto  antariormente  al  Polo.  L'u^ 
timo  Ung  «  con  dice  1*  Assemanni  essere  quello  dal  Veneto  Viaggiatore  ram^ 
mentato,  che  secondo  •  Abtttniigio  regàava  sui  CherU  ^  e  aitpppne  che  il  viero 
suo  nome  fosse  Davidde,  e  che  una  sua  nipote  ohe  alcuni  appellano  SarttUana 
sposasse  Tuli .-  con  e  fesse  Made  di  Mangu  •>  eoa  •  Secondo  iL  rammenlato 
Arabo  scrittore  \A  figlia  d' Ung  -  con  che  sposò  Gengis  «can  appellavasi  lesun^ 
Cia^Beghit  e  secondo  il  Renaiidot  Bùiginbeghi .  (  ibid.  p.  5oi  )  Ma  anche  l'as- 
serzione dell'  Assemamii ,  che  a  quattro  regi  Cristiani  di  Tarlaria  oorareagasi 
il  titolo  d'Ung-Can  non  è  osato,  mentre  per  saper  il  vero,  o  ìLpiA  appios- 
simante  al  vero  fo  d'  uopo  abbandonare  gli  Scrittori  '  Occidentali ,  ed  appigliarii 
a  ciò  che  ne  dicono  le  Storie  Cinesi   e   Magnile.  Secondo  queste  ai  tempi  di 


Ili 

decima  di  tolte  le  lor  bestie  •  Procedendo  il  tetDpo ,  questi  Tar* 
tari  crebbero  in  tartta  moltitudine,  che  Umcan,  cioè  prete  Giai> 
ni,  temendo  di  loro ,  si  propose  separarli  per  il  mondo  in  diver- 
se parti .  Onde  qualunque  volta  gli  veniva  occasione ,  che  qual- 
che signore  si  ribellasse,  eleggeva  tre,  e  quattro  per  centinaio  di 
questi  Tartari,  e  mandavali  a  quelle  parti,  e  cosi  la  loro  poten- 
za »  diminuiva ,  e  similmente  faceva  nell*  altre  sue  faccende ,  e 
deputò  alcuni  de'  suoi  principali  ad  eseguir  quest'  eflfetto .  Air  ora 
vedendosi  i  Tartari  a  tanta  servitù  cosi  indegnamente  soggiogati  ^ 
non  volendo  separarsi  Tua  daU'  altro ,  e  conoscendo ,  che  non  si 
cercava  altro ,  che  la  loro  rovina  ^  si  partirono  da'  luog|oii  dove 
abitavano ,  e  andarono  unto  per  un  lungo  deserto ,  verso  Tra* 


^m 


Gengiftcan  regnava  sui  Keiie  ,  o  Keraiii  un  monarem  èhe  areva  nome    Toli  » 
Gli  Imperadori  ddla  difiadtia  d«i  Kin  che   regnavano  nelia  Gina  settenlrianale 
lo  dichiararono  capo  di  quei  popoli  »  con  che  desse  loro  tributo  «  E  per  onorar- 
lo ,  siccome  Uimg  m  Gtnese  significa  Re ,   dierongli  questo  titolo ,  che  corris« 
ponde  al    titolo  Ttirchesco  o  MogoUo  Han.  Ed  a  mio  cred^e   esso    ToU  per 
dimostrare  che  come  Re  era  riconosciuto  dai  Cinesi^  e  dai  suoi  i  fecesi  appella- 
re Uang  Man  o  IJng  Can  cmi  la  quale  appellazione  è  generalmente   conosciuto 
('  Mailb  Hist.  Gen.  de  la  Ghin.  t.  iX.  p.  9.  )  •  Ed  è  perciò  che  a  questo  solo  rè 
che  fece  guerra  a  Oengis  "  can  e   non   ai  precedenti  come  l' Assemanni  il  pre» 
tende  competesi  questo- titolo.  A  coloro  <lhe  hanno  tacciato  di  favoloso  il  Polo  perciò 
che  narra  del  Prete  Ianni j  è  da  avvertire,  che  ei  intende  di  favellare  di  questo  Ung^ 
cariy  e  che  nei  particolari  che  lo  concernono  è  assai  conforme  il  suo  dire,  a  ciò  che 
n«  dicono  le  rammentate  autentiche  Storie.  Ma  è  poi  da  lodare  la  sua  circospezionet 
quando  annunzia  -essere  opinione  d' alcuni  che  questo  Ung  -  eoa,  voglia  dire  in 
nostra  lingua  Prete  Gianni^  non   perchè    Ung  -  can  traslatato  in   nostra    favella 
€id  significhi,  ma  come  rettamente  osserva  il  Padre  Zurìa  »  in  quanto  si  repu- 
»  tava  da  alcuni  essere  idendco  Uncam  col  Prete  Gianni  »  (  IMssert.  t.   I.   p. 
^a  ).  E  intonao  aU'  argomento  è  da  vedere  l*  erudita  nota  o  per  meglio  dire  dis- 
sertazione tessuta  dal  prelodato  scrittore,  ohe  tante  belle  notizie  dà  intorno  al 
fàYoloso  personaggio  del  Prete  Janni  (  ibid.  p.  277  e  seg.  )  e  rettifica  non  poche 
erronee  opinioni  di  vati  scrittori,   ed  anche  quella  da  me  enunciata  nella  prcr 
detta  dissertazione  ,  che  il  nome  dato  air  Imperatore  Abissinico  di  Prete  Janni 
fosse  ritrovato  dei  Portughesi  al  tempo  dei  loro  scoprimenti.  Esso  dimostra  e- 
ridentemente  ehe  la  lettera  scrìtta  dal  Pontefice  Alessandro  III.   nel    1 177.  da 
Venezia  »  ad  Ioannem  regem  lodorum  y  era  diratta  ai  Monarca  Abissinico ,  e 
non  al  Tartaro  ,  e  riporta  serie-  di  documenti   poaterìori  ,  che  comprovano  che 
1* opinione  d'un  Prete  Janni  Abissinico  ha  da  quell'epoca  in  poi  sempre  sussi- 
•tito  tn  Europa ,  non  meno  che  di  altro  Prete  Janni  di  Tartaria .  E  pare  che 
questa  distinzione  venga  indirettameatè  accennats  dal  Polo ,  perche  ei  dice  (  Lib. 
II.  e.  54  )  che  il   Caramoran  discorre  delle  terre  del  Re  Umcan    nominato  di 
sopra  il  Prete  Gianni  di  'JVamontana . 


112 

moutana ,  che  per  la  lontanza  parse  a  loro  esser  sicuri ,  e  allora 
denegarono  di  dare  ad  Umcàn  il  solito  tributo ... 

GAP.    XLin. 

I 

f 

Come  Cingis  Can  fu  il  primo  Imperator  dei  Tartari  ^  e 
come  combattè  con  Umcariy  e  lo  ruppe  ^  e  prese  tutto  il 
paese. 

Avvenne ,  die  circa  Tanno  del  nostro  Signore  1162  ^^,  essen- 
do stati  i  Tartari  per  certo  tempo  in  quelle  parli,  elessero  in  lo- 
ro Ré,  uno  che  sì  chiamava. Gingis  Gan  ^^%  uomo  integerrimo^ 


"^ 


»o .  L'anno  1 162.  Questa  data  merìlrf  al  Polo  la  taccia  di  poco  accurato  narra* 
tore  dei  fatti  de'Tartarì,  macchia  da  cui  lo  hanno  lavato  il  Doge  Foscarìnii  e  il  Padre 
Zurla  (  p.  a45  ) ,  i  quali  mostrano  che  varia  secondo  i  vari  testi  detta  lezione . 
Il  Testo  della  Crusca  ed  un  £steiise  pongono  l'inalzamento  di  Gengìacan  come 
accaduto  nel  1187  (  t  I.  p.  44  )  É  da  avvertire  che  secondo  U  Storia  Generale 
della  Gina  nacque  Gengiscan  nel  1161  >  (  t  IX.  p*  8  )  talché  aembmche  la  data 
Ramusiana.  debba  riferirsi  piuttosto  all'  anno  del  nascimento ,  che  a  quello  dell'inal- 
aamento  di  questo  celebre  conquistatore.  Imperocché  non  é  da  valutare  la  differen- 
za di  un'anno  nella  riduzione  del  Calendario  o  Tai:taro  0  Cinese. all'Italiano,  men« 
tre  per  farlo  esattamente  vi  occorrono  calcolazioni ,  che  non  tutti  sono  in  ista- 
to  di  eseguire  oggidì,  e  molto  meno  all' età  del  Polo .  None  poi  mente  del  Viag- 
giatore il  riferire  all'Anno  1163.  l'epoca  della  di^fotta  di  Uog.- can  come  lo 
avverte  il  Padre  Zurla  1  mentre  Giovanni  Villani  (  Lib.  V.  e.  29  )  pone  la  bat* 
taglia  e  rovina  del  Presto  Giovanni»  come  accaduta  nel  laoa,  dietro  1*  autorità 
del  Polo.  Infatti  il  testo  da  noi  pubblicato  dice  che  l'ambasceria  di  Gengiscan 
al  suddetto»  che  destò  quei  mali  umori  fra  loro» fu  inviata  nel  laoo,  £  secondo 
la  Storia  Generale  della  Cina  accadde  la  disfatta  nel  1  ao3  (  t  IX.  p.  a8  )  .  E  per* 
ciò  fra  le  storie  Cinesi  e  il  Polo  anche  relativamente  a  detta  epoca  non  avvi 
che  la  differenza  d'un  anno. 

221.  Cingis  *  can.  Gii  Arabi  lo  appellano  Genghiz-can .  I  Turchi  e  i   Per* 
alani  Tchin  -  ghis  -  cac  »  come  il  Codice  da  noi  pubbicato  (   p.  4^  )  •  i  C^esi 
Tchin  •  Khis  -  kham  (  Visdel.  Supl.  a  HerbeL  p.  i5o  ).  Noi  a  seconda  dell'antica 
consuetudine  italiana  Gengiscan .  Secondo  alcuni  Storici  OrienUli  discendeva  da 
AUmcova  detta  dai  Mogolli  Alan/ma  «  femmina  illustre»  da  cui  essi  dicono  discen» 
dere  tutte  le  regali  dinastie  del  TunAesian.  Essa  ebbe  un  figlio  detto  Buzangiar 
Camn  o  PudantdkarK  (  Hist  Geo.  de  la  Chin.  t.  IX.  p.  5»  )  da  questo  nacque  Bu-^ 
kakm  che  pretendesi  l' ottavo  progenitore  di  Gengiscan  (  1.  e.  p.  i52  ).  YesukaL 
che  ebbe  non  poca  fama  per  le  sue  spedizioni  guerriere  presso  i  MogoUt  fa  il 
padre  di  Gengiscan  :  ei  libero  le  sue  genti  dal  tributo  che  pagavano  ai  Kia  «  signo- 
ri della   Cina  settentrionale  o   Caiajo .  Esso    debellò  una  tribù  di   TarUri  che 
abitavano  a    tramonUna  del  suo  paese  »   e    fece  prigioniero    Temuichin  Re  di 


•  1 


ii3 

di  molta  sapienza ,  eloquente ,  e  valoroso  nelF  armi .  Qual  ce^ 
iniaciò  a  reggere  con  tanta  giustizia ,  e  modestia ,  xUe  non  come 
^signore  ^  ma  come  Dio  era  da  tutti  amato  e  riverito .  Di  modo 
che  spargendosi  pel  mondo  la  fama  del  valor,  e  virtù  sua,  tut- 
ti i  Tartari,  che  erano  in  diverse  parti  del  mondo,  si  ridussero 
air  obbedienza  sua  ^^* .  Costui  vedendosi  signore  di  tanti  valoro- 
si uomini ,  essendo  di  gran  cuore ,  volse  uscire  di  que'  deserti , 
e  luoghi  salvatici  :  e  avendo  ordinato ,  che  si  preparassero  con 
gli  archi ,  e  altre  armi ,  perciiè  con  gli  archi  erano  valenti ,  e 


Quelle  genti.  E  nel  tornare  a  casa  avendo  trovato  die  la  sua  moglie  aveva  da- 
to alla  luce  un  figlio  «  volle  che  avease  il  nome  del  re  prigioniero  »  e  Geogia- 
•aa  fu    appellato    Temutchin  sinché  non   fu    inalzato    all'  Impt;ro   dei  Tartari . 
(  Hist.  Gen.  de  la  Chin.  t.  IX.  p.  8  ).  Plano  Carpini  dice  che  Gehgiscan  era  un 
capo  di  masnadieri  (  Collect.  de  Berger.  Voy.  de  Carpio.  Cap.  V.  ).  Secondo  Ai- 
tone  Armeno  Changio,  o  Gengis  •  can  ebbe  una  visione  dalla  quale  venivagli  an- 
nunziato, che  esso  dovea  assumere  il  governo  di  tutti  i  Tartari  ,  mentre  era  pò- 
Tero,  vecchio,  e  fabbro  di  professione  (  Hait  Novis  Orbis  C.  XVI.  ).  £  certo  a 
masnadieri  erano  in  allora  da  assomigliare  i  MogoÙi.   Questo  tremendo  conqui- 
statore dopo  aver  debellato   Vrfg-can ,  e  distrutti  i  Naimanni ,  e  il  fegno  di  Mia 
ò  di  Tangutf  fu  proclamato  imperatore  di  tutti  i  Tartari,  e  permutò  il  nome  di 
Temuichin  in  quello  di  Tchinkis  can  (  dn.  iao6  )  .  Intorno  aU'  origine  di   detto 
nome  avvi  pure  disparità  d'opinioni.  I    più    pretendono    che  tragga    origine  dal 
grido  d*  un  uccello  favoloso  de*  Tartari,  ma  di  lieto  augurio  (  Hist.  de  la  Chine  1. 
e.  p.  4i  ).  Petis  de  la  Croix  che  significhi  Can  figlio  di  Can  (  Lib.   I.  e.  VI.}.  I 
Cinesi  Dato  dal  Cielo  (  Visdel.  p.  i5o  ).  Due  celebri  storie  abbiamo  di  Gengiscan 
quella  di  Petis  de  la  Croix  che  ha  per  titolo  .    Histoire  du   Grand    Genghiscan 
premier  Empereur  des  Andens  Mogcls  ^  traduite  ^  et  compilée  de  plusieurs  Aw 
teurs    Orientaux  et  des  f^oj-ageurs  Europens  .    A  Paris  chez  là  F'euve  Joubert 
ijio  in  12.  L'autore  essendosi  valsuto  principalmente  di  Scrittori  Arabi  e  Persia- 
ni, è  di  molta  fede  intomo  ai  fatti  del  conquistatore ,  relativi  alle  sue  spedizioni 
nella  parte  centrale  dèli*  Asia.   L'altra  vita  è  quella  compilata  dal  Padre  Gaubil. 
Histoire  de  Genghiscan  et  de  toute  la  dinastie  des  Mongous  Uree  de  V  Histoire 
Chinoise .  Paris  Chez  Briasson   lySg  in  4.*  che  meriterebbe  maggior  fede  intomo 
ai  primi  fatti  deU*  illustre  Mogollo«  se  come  avverti  il  padre  Amiot  (  Recherches 
sur  les  Chiaois  t.  XIV.  p.  72  )  non  avesse  riconosciuto  lo. stesso  Gaubil,  che  que- 
sta sua  Storia  era  un  abozzo ,  per  lo  che  occupavasi  sempre  di  perfezionarla . 
Infatti  una  copia  Jstampata  né  possedeva  il  mentovato  Amiot  tutta  postillata  dall' 
Autore,  dalla  quale  si  ravvisava,  che  allorché  compose  r opera  non  aveva  intor- 
no alla  favella  che  interpetrava  tutti  i  lumi  che  esso  acquistò  di  poi .   Percid  più 
esatta  d'ogni  altra,credo,qucIla  tratta  dagli  storici  Mogolli  e  Tartari  del  Padre  Mail- 
la,  che  inseri  nella  Storia  .Generale  della   Gina  .  Rileva  il  valore  e  l'eccellenza  de 
fonti  da  cui  deriva  detta  Storia  l'editore  della  medesima  (  t.  IX.  p.  i<  not.  ). 

222.  Tutti  i  Tartari  si  ridussero  ad  obbedienza  sua.  Ciò  conferma  la  storia 
«lei  padre  Maiila. 

i5 


1 14 

« 

ben  ammaestrati ,  avendoli  con  quelli  esercitali,  mentre  erano  psr- 
stori ,  cominciò  à  soggiogar  città  e  provincie;  e  tanta  era  la  fama 
della  giustizia,  e  bontà  sua,  che  dove  egli  andava,  ciascuno  veniva  a 
rendersi  :  e  beato  era  colui,  che  poteva  èssere  nella  grazia  sua,  di  mo- 
nodie egli  acquistò  circa  ridve  provincie  :  e  questo  puotè  ragione- 
volmente avvenire,  perchè  allóra  in  quelle  parli,  le  terre,  e 
Provincie ,  o  si  reggevano  a  còrhùtìe ,  ovvero  ciascuna  aveva  il 
il  suo  re ,  e  signore ,  fra  'li  quali  non  v'  essendo  unione ,  da  se 
stessi  non  potean  resistere  a  tanta  moltitudine  ».  £  acquistate ,  e 
prese,  che  avea  le  provincie,  e  città,  metteva  in  quelle  governato- 
ri di  tal  sorte  giusti,  che  li  popoli  non  erano  offesi,  uè  nella  perso* 
na,  né  nella  roba,  e  tutti  li. principali  menava  seco  in  altre  pro- 
vincie, con  gran  provvisione, -e  doni.  Vedendo  Gingis  Can,  che  la 
fòrtuiia  còsi  prcsjiléranletite  li  sùbcedìéà,  si  ^fiVJpose  di  tentar  mag- 
giori cose.  Mandò  adunque  suoi  àinbasciìitori  à\  Pi*éte  Gianni  si: 
mulatamente,  conciosiaca  egli  veramente  sapeva,  che  il  detto 
Bon  presterebbe  udienza  isiUe  lor  parole,  e  gli  Ifece  domandare  la 
figliuola  per  moglie  ^h  II  che  udito  il  Prete  Gìanbi,  tutto  adira- 
to ,  disse .  Onde  è  tanta  pretetiaione  fn*Qngi^*Càn ,  clre  sapendo- 
che  è  mio  servo  mi  dimandi  mia  figliuola  ,  Partitevi  dal  mio  co- 
spetto immediate  ^  e  diteli ,  che  ^e  mai  più  mi  farà  simil  do*- 
mande ,  lo -farò  morire  nlis^ramente  .  La  quél  cosà  avendo- udito 
Gingìs  Càn,  si  iilrbò  ftlor 'di  tnódo:  *e  congregato  Un  grandissi- 
mo esercito ,  andò  con  quello  a  mettei"si  nel  paese  del  Prete 
Gianni ,  in  una  gran  pianura  che  si  chiama  Tenduc  "* ,  e  man- 
dò a  dire  al  Re ,  che  si  difendesse .  Qual  «similmecite  ^cdn  grand' 
esercito  se  ne  verirfe  nella  détta  ^pianura  ,  e  ìertlnò  lontani  un 
dair  altro  circa  dieci  miglia  .  E  qUi vi  Gin^s  comandò  alli  suoi 
astrologhi  **^,e  incantatori  che- aavessero  dire  qual' esercito  do- 


225 .  La  Jigliuola  per  moglie  .  Secondo  la  storia  di  PetiA  de  la  Croix  (  p* 
58)  Gengìscaa  sposò  la  figlia  di  C/n^  •  co/it  mentre  abitava  alia  sua  Corte.  Se- 
condo ii  Mailla  richiese  la  figlia  d'  {7/ig  -  co/t  pel  proprio  figlio. 

224-  Tenduc.  Le  storie  Cinesi  portano  che  incontraronsi  a  Kalaruchinf  frai 
fiumi  TtJa  f  e  Kerlon^  in  un  luogo  che  sembra  essere  verso  il  'Ifi.'*  di  Lat.  e  il 
settimo  a  ottavo  grado 'di  Lon^.  a  occidente  di  Peckiho .  Ciò  determina  qual 
paese  appelli  il  Eolo  Tenduc.\\h\à.  p.  55  ). 

225.  Queste  canne  venivano  una  contro  l'altra.  L'uso  di  consultare  le  sor- 
ti con  due  canne  come  qui  si  narra ,  Petis  de  la  Croix  dice  essere  praticato  dai 
Turchi ,  e  dai  Tartari ,  anzi  esso  descrive  come  fanno  quando  si  valgono  delle, 
fireccie  a  tale  uopo.  (jp.  65  )^ 


ii5 

Tea  arer  vittoria .  Costoro  presa  ana  eanna  verde  ,  la  divisero  iti 
due  parti  per  lango,  le  quali  posero  m  terra,  lontane  una  dall'ai^ 
tra,  e  scrissero  sopra  una  il  nome  di  Cingis,  e  sopra  l'altra  quello 
d' Umcan  ;  e  dissero  al  re ,  che  come  loro  leggeranno  le  loro 
scoDgiure  ,  per  potenza  degl'  Idoli  queste  canne  verranno  una 
contro  r  altra ,  e  quel  re  avrà  la  vittoria ,  la  cui  canna  monterà 
sopra  r  altra .  E  essendo  concorso  tutto  l'esercito  a  vedere  questa 
cosa  y  mentre  che  gli  astrologhi  leggevano  i  libri  de'  suoi  incan- 
ti, questi  due  pezzi  di  canna  si  mossero,  e  pareva',  che  uno  si 
levasse  contro  l'altro  :  alla  fine  dopo  alquanto  di  spazio,  quella 
di  Gingis,  montò  sopra  di  quella  d' Umcan,  il  che  veduto  da' 
Tartari ,  e  da  Cingis ,  con  grand'  allegrezza  andorno-  ad  affrontar 
V  esercito  d' Umcan ,  e  quello  ruppero  e  fracassarono,  e  fu  mor- 
to Umcan  ^^^ ,  e  tolto  il  r^egpo  ;  e  Qìn^  pr^s.e  p^r  JDpofiUe  la  fi- 
gliuola di  qu^b  •  Dopo  questa  battaglia ,  Giogis ,  andò  anni  sei 
continuamente  acquistando  regni ,  e  cittade .  Alla  fine  essendo 
Mtto  un  castello  detto  Thaigin  fu  ferito  con  una  saetta  in  uii  gi- 
nocchio *^7 ,  e  inor^e ,  e  fu  sepolto  nel  monte  Aliay .  ^^^ 


aa6:  Fu  mono  Umcan»  Fu  ucciao  dopo  queata  soleime  disfatta  da  un  uffi- 
ziale  Naimanno  mentre  fuggiva  un  imboacata  tesaU  da  Gengiacan  (  Hìat.  de 
la  Chin.  p.  34  ) . 

227 .  Fu  ferito  ...  0  morse .  É  erronea  r  aaaerzione  del  Polo  •  Parrebbe  se 
condo  il  auo  racconto  che  foaae  morto  Gengiacan  neU*anno  1208  di  ferina.  Ma 
ei  mori  di  malattia,  e  di  dolore  nel  1227  per  ^  morte  del  auo  diletto  figlio 
Tliscfdj  dopo  aver  regni^to  22  aqni  come  Iqfiperatore  di  tutti  i  Tartari .  In  citf 
concordaqo  gli  Storici  .Cineai .(  Hist.  Qen.  de  la  Ch{n.  t  IX.  p.  128  )  ,  e  gli  Arabi 
(  Petit  de  I9  Croix  lib.  IV.  e.  XIY.  )  M^  no^  deve  recar  meraviglia,  ed  è  in 
parte  da  acuapre  il  ?iAo  ae  isrrò  intorno  a)le  eppcbQ  di  alcuni  fatti ,  non  meno 
che  ìptomo  stila  aucc^iope  ^^§l' Imperadori  di  quelle  genti,  mentre  Aitone  Ar- 
meno dice  :  »  et  non  ea$  n^iran^iup^  41  ifi  iatia  hi^toriia  non  po^ui  tempu^  cer* 
'^  tam ,  quoniam  licet  $1  ipv>HÌf(  fcire  qi^ae^iverim  yeritatem ,  noti  tamen  potui 
19  invenire  qui  auper  talibii^  plenaria  n^e  do^ef^t  :  et  credo  quod  taiia  ait  ratio  , 
»  quare  tempua  certufn  i^faf ui|i  biatori^n^pi  penitua  ignoratur  ,  quia  ab  initio  » 
*  Tartari  iiteraa  non  h^b^b^nt,  ft  aie  tempora  et  rerum  geatatrafiaib^nt,  abaqua 
»  eo  quod  ab  aliquo  no^r^tur ,  e^  per  hunc  mqdum  oblivioni  poatea  tradebàn- 
»  tur  ».  (  Hait.  Nov.  Orbj^  p.  435  )*...» 

aa8.  Fu  sepolto  ^el  MofUe  4Uaf.  La  Sipria  Cjneae  (Le.)  e  Ga^bil  (  Hiat 
de  Geng.  p.  54  ) ,  dicoi^Q ,  ph'  ei  fu  aepolto  nella  caverna  Kinien  c^e  é  in  un 
monte  a  traniontana  d^l  deserto  c}i  Sfibbia  :  altri  vogliono  chfei  foaaelo  nella  q[fon- 
tagoa  di  Man  che  è  alla  Mt  di  47."  $t.'  e  ^Ua  Long.  Orient.  di  Peckino  di  9*  Sr 
Preziosa  potizia  Geografica  4a  <Iu1  il  Polo  delta  ca(ena  Altaica.  Pallaa  (  t.  IV. 
p.  23a  )  dopo  aver  parlato  delle  mqfiUga^  cl^e  ^QUQ  frai  fiumi  Schulba  e  VUka. 


i  i6 


GAP.    XLIV. 


Della  successione  di  sei  Imperatori  di  Tartari  ^^  ;  e  so- 
lennità  che  gli  fanno  ,  quando  li  spediscono  nel  monte 
Altay . 

Dopo  Cingis  Can ,  fu  secoado  signore  Cyn  Can .  Il  terza 
Badiyn  Can.  Il  quarto  Esu  Can.  Il  quinto  Mongù  Can.  Il  se^a 


Queste  montagney  soggiuoge,  danno  principio  alla  ricca  catena  dei  monti  Altaiky 
che  da  Libeccio  si  dirige  a  Greco,  e  conserva  tale  direzione  sino  all'  Oby  e  più 
Tungiy  costeggiando  il  lembo  settentrionale  della  vasta  e  alta  catena  dei  Monti 
Sterili,  e  forma  la  frontiera  della  Russia  e  delle  contrade  deserte  della  Soongoria 
che  appartengono  alla  Cina.  Questi  monti  traversano*  ad  oriente  l'Asia  setten- 
trionale 9  andando  sempre  gradatamente  crescendo  di.  altezza.  Hanno  nome  di 
monti  Altaici  dall'  Hrtisch  all'  Oby ,  e  di  montagne  di  Saicuii  da  questo  fiume 
all'  Enissejr.  Es^endesi  senza  interruzione  fra  i  fimi  Amar  e  Lena  sino  ad  Okotsk 
e  traversa  la  Siberia  nella  sua  più  grande  larghezza .  Questa  catena  di  monti ,. 
è  senza  dubbio  la  più  vasta  del  globo.  PaUas  parla  nuovamente  dell'aspetto  di 
questi  monti  (  ibid.  p.  3ii  ). 

229.  Della  successione  dei  sei  ffnperadon  .  Non  avvi  parte  del  testo  di 
Marco  Polo  più  trasfigurata  pei  nomi  propri  di  questa  .  Pud  raddirizzarsene  la 
lezione  col  Codice  Riccardiano.  Le|;gesi  ivi  che  i.**  Can  fu  Chinchis ,  2^  Cui  ^ 
3.*  Bacuiy  4'*  Atau,  5.*  Mangutli^  6.*  Cublay.  Secondo  Aitone  Armeno  i.  Im- 
peratore hi  ChangéOf  a.»  Hoccata^  3.'  Gin^  4.''  Mango,  5^«  Cabila  (  Nov.  Orbis. 
p.  4^6'e8eg.  ).  Secondo  Petis  de  la  Croix  i*  GeiMscan.  a.'  Oetajr,  3.'  Kejrucy 
4**  Manga  figlio  di  Tuli  -  can  figlio  di  Gengiscan  S.**  Cubla^ ,  Come  diversifi* 
cano  nei  nomi,  cosi  discordano  gli  scrittori  nelle  date .  La  lista  degli  Imperatori 
Tartari  data  dal  Padre  Mailla  dietro  l'autorità  delle  Storie  Tartare  e  Cinesi  è  la  se- 
guente. Gengis-can  cui  successe  Ogotai  (  1228  ),  che  mori  nel  1241*  Resse  l'Impero 
dei  Tartari  dopo  la  morte  di  lui  la  sua  vedova  detta  Thrakina  Katuna,  che  i 
Cinesi  appellano  Naimatcliin  ~  sse  sino  al'  1246,  che  fu  proclamato  Gran  Can 
Kajuk  figlio  di  essa  e  di  Ogotai .  A  tempo  (U  hii  fu  spedito  dal  Pontefice  co- 
me legato  all'  Imperatore  dei  Tartari  il  religioso  Plano  Carpini  9  che  appellollo 
Cujrne  e  Gogchan^,  ossia  signor  dei  Tartari,  poiché  i  Cridftiani  credevano  che  il 
Gag  della  Scrittura  dovea  intendersi  dei  Mogolli»  alle  cui  subitanee  ed  improv- 
vise conquiste  credevano  alludere  lo  scatenamento  di  Gog  raìntnentato  nell'A- 
pocalisse (  Carpin.  apud  Berg.  cap.  TX.  )  .  Mori  Kajuk  nel  1248  e  dopo  un  in-^ 
terregno  fu  plo'clamato  nel  i25i.  Mengkoo  Mongu  Gran  €an^  .figlio  di  Tuli  ^ 
ca/iy  quarto  figlio  di  Gengis-can".  Secondo  Abulgatìzi- j^tf^u  -  Go/i  del  Kaptschac 
avea  riuniti  tutti  r  suffragi  per  essere  eletto  (  Hian.  de  la  Chin.  t.  IX.  p.  248 
not.  ) .  Ed  è  forse  perciò  che  il  Polo  frai  Gran  Gan  annovet*a  Batu  o  Bocu  .. 
E  siccome  si  deduce  dagli  Annali  Cinesi,  che  ftironvi-  degli  interregni,  potè  es- 
ser dubbio    presso  gli   scrittori ,  in  quale  di  quei   potenti  principi  risedesse    Ij^ 


^^7 

Cablai  Can ,  il  quale  fu  più  grande ,  e  più  polente  di  tulli  gif 
altri  :  perch'agli  ereditò  quel  che  ebbero  gli  altri,  e  dopo  acqui- 
stò quasi  il  resto  del  inondo,  perchè  lui  visse  circa  anni  sessanta 
nel  suo  reggimento ,  e  questa  nome  Can  In  lingua  nostra  vuol 
dir  Imperatore.  E  dovete  sapere,  che  tutti  i  Gran  Can,  e  Signori, 
che  discendono  dalla  progenie  di  Cingis  Can  ,  si  portano  a  sepel- 
lire  ad  un  gran  monte  nominato  Altay ,  e  in  qualunque  luogo 
muoiono,  sebben  fossero  cento  giornate  lontani  da  quel  monte,  bi- 
sogna che  vi  sian  portati .  E  quando  sì  portano  i  corpi  di  questi 
Gran  Cani ,  tutti  quelli ,  che  conducono  il  corpo ,  ammazzano* 
tutti  quelli  che  riscontrano  pel  cammino ,  e  li  dicono  :  andate 
air  altro  mondo  a  servire  al  vostro  signore  ;  perchè  credono ,  che 
lutti  quelli  eh'  uccidono ,  debbano  servire  al  suo  signore ,  nell'al- 
tro mondo .  Il  simile  fassi  de'cavalli,  e  uccidono  tutti  li  migliori, 
acciocché  li  possa  aver  nell'  altro  mondo .  Quando  il  corpo  di 
Mongù ,  fu  portato  a  quel  monte ,  li  cavalieri ,  che  lo  portavana 
avendo  questa  scellerata  e  ostinata  persuasione ,  uccisero  più  di 
diecimila  uomini,  che  incontrarono ^  *^ 


Sitprcmazfa  di  tutti  i  Tartari.  A  questo  Mangu  -  can  spedi  S.  Luigi  re  dì  Fraii^ 
eia  come  ambasciatore  Rubriquis  (  apud  Berg.  e.  XXXI.  )  Mori  Mcuigu  nel  12699 
e  successeli  il  suo  fratello  Cablai ,  che  i  Cinesi  appellano  Hupilai ,  che  feces  i 
proclamare  Gran -Can  dei  Tartari  a  Kei^pim-fu  in  Tartaria-  nel  1260  (  His.  de  la 
Chin.  t.  IX.  p.  282  ).  Ad  esso  recaronsi  i  Poli.  £i  allorché  ebbe  esterminata  la  di- 
nastia dei  Song  o  dei  Principi  di  Sangue  Cinese,  che  imperavano  nelle  provincie 
meridionali  della  Cina,  di  la  dal  fiume  Kiang^  ne  fu  riconosciuto  Imperadore  ed 
ebbe  in  Cinese  il  nome  di  Chitsoy  e  la  sua  dinastia  quello  di  yyen»  Dal  narrato 
sin  qui  si  ravvisano  gli  erron  in  cui  é  caduto  il  Polo  .  Esso  sei  dice  essere 
«tati  i  Gran  Can  sino  a  Cublai  e  furono  cinque.  Dimentica  di  far  menzione  di 
Octai'CaWt  successore  di  Gengiscan,  e  come  secondo  rammenta  Cui  o  Cujne, 
Sembra  che  Bacu  sia  Data  che  gli  Orientali  appellarono  anche  Bacchia.  Com- 
prende in  detta  lista  il  Polo  come  quarto  Ulau  fratello  di  Manga  Cany  che  erai 
Imperatore  dei  Tartari  di  Persia  .  Quanto  a  MangUye  di  Cublai/ii  Polo  va  d'ac- 
cordo con  gli  altri  scrittori ,  poiché  eragli  agevole  d' essere  istruito  che  anteces- 
sore di  Cublai  er»  stato  Mangu^  morto  poco  innanzi  l'arrivo  di  suo  padre  e  di> 
suo  zio  al  Catajo. 

.25o.  Furono  uccisi  più  di  dieci  mila  uomini  .  H  Testo  della  Crusca  porta 
ventimila,  C  p.  47  )  ed  il  racconto  sembra  anche  più  esagerato.  Quest©  fatto  è 
uno  di  quelli^  che  meritò  aP  Polo  la  taccia  di  favoloso,  sebbene  Petis  de  la  Croix. 
confermi,  che  se  quest*  uso  crudele  non  ebbe  luogo  nei  funerali  dì  Gengiscan  ciò. 
fu  praticato  ai  funerali  degli  altri  Iroperadori  (  Lib.  IV.  e.  XIV.  ).  Ne  lo  spar- 
ger sangue  era  per  quelle  barbare  genti  cosa  disusata  e  strana .  AH'  Assedio  di* 
JMLshapur  parecchie   miglia  di  prigionieri   furono    scannati  a   sangue  freddo  nooi 


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GAP.    XLV. 


Della  {^ita  de"  Tartari  ^  e  come  non  stanno  mai  fermi  j  nw 
iranno  sempre  camminando  y  e  delle  lor  case  sopra  carrette^ 
costumi y  e  s^is^ere  :  e  dell  onestà  delle  lor  moglie  delle 
4juali  ne  cacano  grandissima  utilità . 

I  Tartari  noa  stanno  mai  fermi ,  ma  conversano  al  tempo 
del  verno  ne' luoghi  piani  e  caldi,  dove  trovino  erbe  abbastanza, 
6  pascoli  per  le  lor  bestie ,  e  V  estate  ne'  luoghi  freddi ,  cioè  ne' 
monti  ^  dove  siano  acque ,  e  buoni  pascoli  ;  e  anche  per  questa 
causa ,  perchè  dove  è  il  luogo  freddo  non  si  trovano  mosche  ,  ne 
tafani ,  e  simili  animali ,  che  molestano  loro ,  e  le  bestie  :  e  van- 
no per  due ,  o  tre  mesii  ascendendo  di  continuo ,  e  pascolando , 
perchè  non  averebbono  erbe  soflicienti  per  la  moltitudine  delle 
lor  bestie ,  pascendo  sempre  in  un  luogo .  Hanno  le  case  coperte 
di  bacchette  e  feltroni ,  e  rotonde  cosi  ordinatamente ,  e  con 
tale  artificio  fatte ,  che  le  verghe  si  raccolgono  in  un  fascio ,  e  si 
possono  piegare ,  e  acconciar'  a  modo  d' una  soma ,  quali  case 
portano  seco  sopra  carri  di  quattro  ruote ,  ovunque  vadano ,  e 
sempre  quando  le  drizzano ,  pongono  le  porte  verso  mezzodì . 
Hanno  oltre  ciò  carrette  bellissime  di  due  ruote  solamente,  co- 
perte di  feltro ,  e  cosi  bene  ;  che  se  piovesse  tutt'  il  giorno ,  non 
si  potria  bagnar  cosa,  che  fosse  in  quelle,  quali  menano  con  buoi, 
e  caromeli .  Sopra  quelle  conducono  li  loro  figliuoli ,  e  mogli ,  e 
tutte  le  masserie,  e  vettovaglie,  che  li  bisognano  ^^'  «  Le  donne 
fanno  mercanzie ,  comprano ,  e  vendono ,  e  rivendano  di  tutte 


^i^m 


neno  che  in  altre  città  della  Tranaossianat  come  leggesi  nella  vita  di  Gengiscan* 
D'altronde  ruso  di  sotterrare  cogli  Imperadori  e  principi,  servi  vivi  ed  an- 
che numero  di  concubine,  non  era  abolito  presso  i  Manciusi  verso  la  metà  del 
Secolo  XVIL  L'Imperatore  Chun^'»  chjr^  primo  di  quelle  genti,  cheregii<$  io  Ci- 
na ,  fece  sacrificare  sulla  tomba  d' una  delle  sue  spose  una  trentina  di  schiave . 
Sussiste  un  simulacro  di  quel  crudel  rito  tuttora ,  poiché  ai  funerali  degli  Im- 
peradori si  bruciano  imagini  di  servi,  dipinte  su  foglie  di  stagno,  e  si  sotterra- 
no con  essi  statue  di  pietra,  o  di  Legno.  Erodoto  rammenta  quest'uso  barbaro  presso 
gli  Sciti  (  Barro w  Voy.en  Chin.  t.  IL  p;  %7&  ). 

a3i.  Case  co/i^r/rf .  Ciò  conferma  pienamente  RuMqviSf  il  quale  soggiunge  che 
per  rendere  quei  feltri  impenetrabili  all'  acqua  gì'  impia/stn^no  di  fego,  o  di  latte 
di  pecora  (  Apud.  Berg.  e.  IL  )  (  Vedasi  1 1.  p.  48  not,  ). 


^M 


119 

fflieDe  cose ,  che  soiio  necessarie  ai  Joro  lucriti ,  e  iamìgRa ,  per- 
chè gli  uomini  non  s' intromettono  in  cosa  alcuna ,  salvo  ,  clie  in? 
eacciare,  uccdlare^  e  nelle  cose  pertinenti  all'armi.  Hanno  falconr 
li  migliori  del  mondo,  ^e  similmeiite  cani .  Vivono  solamente  di 
carne  e  latte ,  e  di  ciò  che  pigliano  alla  eaccia,  e  mangiano  alcu-^ 
oi  animaletti,  ch'assomigliano  a  conigli  (^clie  appresso  noi  si  chia- 
mano sorci  di  Faraone  )  de'  quali  si  truova  gran  copia  per  le  pia- 
aure  neir  estate  9  e  in  ogni  pane ,  e  carne  d' ogni  sorte  ^^^ ,  e  ca- 
valli ,  e  cammei! ,  e  cani ,  purché  sian  grassi .  Bevono  latte  di  ca* 
vaHe  ,  quaV  acconciano  di  sorte ,  che  par  win  bianco  e  saporito ,  e 
k)  chiamano  nella  loro  lingua  Chemurs  *^^.  Le  donile  loro  sono- 
le  più  caste  e  oneste  del  mondo ,  e  che  più  amana  e  reverisco-- 
no  i  loro  mariti ,  e  si  guardano  sopra  ogn'altra  co6a  di  copimette- 
re  adulterio ,  qual  vien  riputato  in  grandissimo  disonore  ^  e  vitu- 
perio .  E  è  cosa  maravigliosa  la  lealtà  de'  mariti  verso  le  mogli  y 
le  quali  se  sono  dieci ,  o  venti  fra  loro  è  una  pace  e  un  unione 
mestimabile ,  né  mai  si  sente ,  die  dican'  una  mala  parola ,  m  a 
tutte  sono  (  com'  è  detto  )  intente ,  e  sollecite  alle  mercanzie , 
cioè  al  vendere ,  e  comprare ,  e  cose  pertinènti  agli  eserciti  loro^ 


!kS2.  E  carne  d* ogni  sorta.  (  Rubriquis  e.  V.  )  1»  Ils  mangent  indilftrftfmnentt 
»  di  toutes  sortes  di  chairs  mòrtes,  ou  lue^.  Leura  viandes  soDt  tout  ce  qui  se 
9  peut  manger  y  cornine  Cliiens,  Loups ,  Renurds  ,  Ghevaux,  et  méme  en  cas 
»■'  de  necessité  ne  font  ila  point  difliculté  de  manger  de  la  chaire  humaine  » 
C  Pian.  Carpio,  e.  lY.  Collect.  de  Berger  ) .  Non  erano  per  anco  addolcite  le  co- 
stumanze dei  Tartari  come  lo  furono  dipoi  conquistata  la  Qna  .  (  V.  T.  L  p- 
48  net.  d.  ) 

a  55.  Chemurs,  Queata  bevanda  e  detta  Cosmos  da  Rubriquis^  il  qpale  de- 
scrive il  modo  di  farla.  É  un  siero  del  latte  di  cavalla  fermentato,  che  acquista 
un  gusto  acido  e  spiritoso,  perìockè  soihiglia  di  sapore  al  vino..  U  detto .  viaggia- 
tore tratta  d'un  altra  sorte  di  detta  bevanda  nominaita  Cara  CosmoSf  «o  CBsptos.uerù^ 
(  Gap.  VI.  ).  Anche  Petis  dei  la  Groix  descrive  il  modo  di  £eire  questa  diletta' bevenda 
dei  Tartari,  che  ottiensi  sbattendo  il  latte  per  separane  la  parte  butirrosa,  ed  esso 
appellala  Cammei  (Vie  de  Gen.  p.  455  ).^P8Alas  dice  che  il.  latte  di.  caìialla  ap- 
pellasi in  Tartaro  Kumh:  che  fresco  e  più  fluido  di  quello  >di  vacca ,  ma  ha  uà* 
sapore  di  lisciva  ^s  che  rendelo  disgustoso. 'Ma  che '  fìrtto  inacidire  in.  vasi  politi»^ 
acquista  un  acido  vinoso  jnacevole .   Per  fiive  inagrire  il*  latte ,.  lo.  meseiono  in^ 
vasi  di  cuo]o,.che  pongono' nell- in  verno  vicino  affuoco.    U  lezxo.dei  ,Yasi*ba-> 
sta  per  lievito,  ma  si  servono  anche  di  un  lìemito  fatto  di  iarina  grossolana  e 
salatissima.  Cid  ottengono  .andve  mescendovi  un  poco  di.  detto;  liquore  aliUato,  .e 
dal  gaIHo  d* agnello.  Quando  v^^ltono  farne  dell' aequavite..nonj separaaoi.la..pan« 
na  dal  latte  (  Pallas  Yoy.  t  11.  p.  170).  Esso  desciùve  il  .metodo   cbe  vinìin»  i« 
Kahnucchi  per  distillare  detto  latte,  e  fiu*e  r acquavite  precetta •■ 


1!20 

al  vìver  dì  casa  e  cura  della  famiglia,  e  de' figliuoli,  che  sono  fra 
loro  comuni  •  E  tanto  più  son  degne  di 'ammirazione  ,  dì  questa 
virtù  della  pudicizia ,  e  onestà ,  quanto  che  agli  uomini  è  con- 
cesso dì  pigliare  quante  mogli  vogliono,  le  quali  sono  alli  mariti 
dì  poca  spesa ,  anzi  dì  gran  guadagno  e  utile ,  per  li  traili  chi  e 
esercìzj ,  che  dì  continuo  fanno  ;  e  per  questo  quando  le  piglia- 
no ,  loro,  danno  dote  alle  madri  per  aver  quelle  :  e  la  prima  ha 
questo  privilegio  d'essere  tenuta  la  più  cara,  e  la  più  legittima  ^  e 
similmente  i  figliuoli ,  che  di  quella  nascono .  E  perchè  possono 
pigliare  quante  mogli  a  lor  piace  '^^ ,  perciò  hanno  più  numero 
dì  figliuoli  di  tutte  V  altre  genti .  Se  il  padre  muore ,  il  figliuolo 
può  pigliar  per  mogli  tutte  quelle  che  son  state  lasciate  dal  pa- 
dre ,  eccettuando  la  madre ,  e  le  sorelle  ;  e  pigliano  anche  le  co- 
gnate ,  se  sono  morti  i  fratelli ,  e  celebrano  ogni  fiata  le  nozze  con 
^an  solennità. 

GAP.    XLVL 

Del  Dio  de  Tartari  celeste  ^  e  sublime  ^  e  d' un  altro  detto 
Natigay  y  e  come  V  adorano  ;  e  della  sorte  delli  loro  stesti- 
menti  y  e  armi  ;  e  della  ferocità  loro  nel  combattere  :  e  co- 
me sono  pazientissimi  in  ogni  disagio  ^  e  bisogno  j  e  ab- 
hedientissimi  al  loro  signore . 

La  legge ,  e  fede  de'  Taitarì  è  tale .  Dicono  esservì  il  Dio  al- 
lo ,  sublime  ^^^,  e  celeste ,  al  qual  ogni  giorno  col  turribolo ,  e  ìn- 


9!(4.  Quante  mogli  a  lor  piace.  Conferma  Plano  Carpini  la  poligamia  dei 
Tartari,  Taso  di  sposare  le  pid  prossime  parenti  eccettuata  la  Madre,  la  so- 
i*ella  e  le  figlie  ed  anche  le  matrigne,  e  cognate  e  il  dare  la  dote  alla  madre 
della  sposa,  non  già  il  riceverla.  (  Collect.  de  Berger.  1 1.  p.  a6  ) 

a35.  Il  Dio  alto  e  sublime  •  Gengiscan  fu  il  legislatore  civile  e  religioso 
dei  Tartari.  Erano  i  Mogolli  senza  culto  esteriore,  quantunque  fossero  imbevuti 
di  superstizioni,  e  prestasser  fede  ai  loro  incantatori  detti  Schamanif  in  allora  co- 
^^  oggidì,  perciò  rantico  paganesimo  Siberico  e  Tartarico  s*  appella  da  alcuni 
Sciamanismo  (  Descript  du  Tibet.  Paris  1808  p.  3i  ) .  Ma  aiiorchè  Gengiscan  fu 
proclamato  Imperadore  dei  Tartari  pubblicò  un  Codice  di  Leggi,  che  fece  appro- 
vare dalia  dieta  generale  di  quelle  genti ,  da  essi  appellata  Curiltmjr^  ove  puc>- 
bllcò  il  suo  Codice  detto  Yassa  Gènghizkhani .  La  prima  legge  fu  di  credere  a 
un  Dio  creatore  del  cielo,  e  della  terra,  datore  della  vita,  della  morte,  della 
ricchezza  e  della  povertà ,  che  concedej  o  nega  come   a  lui  piace ,   che  ha   aia 


1%Ì 

céuBO  noa  domandaa'  altro ,  se  non  buon  intelletto  ^  e  sanità  ^  Nd 
hanno  poi  un  altro  che  chiamano  JNatigay ,  eh'  è  a  modo  di  una 
statua  coperta  di  feltre,  ovvero  d'altro,  e  ciascuno  ne.tieu  uno  in 
casa  sua .  Fanno  a  questo  dio  la  moglie,  e  tighuoli,  e  [XJQgoogli  la 
moglie  dalla  parte  sinistra ,  e  i  iìgliuoU  avana  di  lui ,  quali  pare, 
che  li  facciano  riverenza.  Questo  dio,  lo  chiamano  dio  delie  cose  ter^ 
rene,  il  qnal  custodisce,  e  guarda  i  loro  ligliuoli,  e  conserva  l^  bestie, 
e  le  biade,  alquale  fanno  grande  riveren^ta ,  e  onore .  ìù  sempre 
quando  mangiano ,  t(^liono  della  parte  delle  carni  grasse ,  e  con 
quelle  ungono  la  bocca  del  dio  ^^^,  della  mogUe,  e  de'bgliuoli: 


tutte  le  cose  un  impero  assoluto  (  Petis  de  la.  Croix  Lib.  h  c«  VL  )•  L' Aoglais  ha 
dato  r  estratto  di  detto  Codice  (  Jnsiituif  de  Timour^  F%r.  17S7  p.  5^6  ).  Ma  dal 
racconto  del  Polo  si  ravvisa  che  non  si  spagliarono  delle  antiche  loro  superstizioni  »  e 
che  perciò  aduravano  un  nume  cui  davano  il  nome  di  Aaiìgay  che  secondo  il  Polo 
era  detto  il  dio  delle  cose  terrene  »  e  sembra  da  ciò,  che  narra  Plano  Carpini, 
che  quel  nume  fosse  il  maligno  spirito-,  héè»  dice  intorno  alla  religione  dei  Tar- 
lari  »  Non  sanno  cosa  sia  la  vita  e  dannazione  eterna.  Hanno  qualche  credenza 
ehe  dopo  la  morte  godeifmno  d'  un  altra  vita»  e  che  avranno  greggi,  beveranno 
e  mangeranno,  e  faranno  le  altre  cose  come  in  qi^esto  muudo.  6uuo   multo  de- 
diti a  studiare  i  presagj,  gli  augurj,  il  volo  degli  uccelli,  le  stregonerie,  e  gì' 
incantesimi.  Quando  il  diavolo  dà  loro  qualche  risposta  credono  che  venga  dai 
dio  stesso,  e  chiamanlo  Jtoga  e  i  Comaiù  Chan  o  Imperatore:  lo.  reveriscoiio  e 
lo  temono  sommamente,  gli  faooo  offerte,  e  principalmente  delle  primÌ2Ìe  delle 
loro  bevande  e  cibi  (  Pian.  Carp.  Apud  Berg.  p.  35  )•  Avea  pracedentemente  avvertito 
che  credevano  un  Dio  creature  di  tutte  le  t:ose  visibili  e  invisibili ,  datore  delle 
ricompense  e  dei  gastigU,  ma  ei  avverte  che  non  io  onoravano  né  con  preci ,  né 
con  laudi,  né  con  culto,  né  con  ceremonie.  Soggiunge  che  avevano  idoli  di  fel- 
tro di  forma  umana  (  p.  3o  ).  Talché  si  scorge  che  adoravano  il  buono  e  il 
cattivo  principio,  e  che  vi  rimanevano  le  tracce  di  quell'antichissimo  errore  delle 
genti  asiatiche  di  adorare  due  principt ,  che  fecero  rivivere  i  Manick^i .  Sembra 
poi,  che  siccome  per  legge  di  Cengiscan  erano  toUei|(ti  tutti  i   culti   vi  si   osten- 
de3«e  il  Lamismu,  o  la  religione  del  l'ibet  avidissima  di  far  proseliti .  Ai  tem- 
pi di  RubriquÌ4  oravi  molto  diETiisò:  narra  che  i  loro  sacerdoti   avevano  il  capo 
tosatole  vestivano  di  color  giallo  e  portavano  mitre  in. capo.  Esso  paria  ancora 
dei  loto  conventi,    del  modo  k>ro'^  ^vivere  cdme  regolati,    e  descrive  tutti  i 
riti  della  religióne  dei  seguaci  del  Dalai  Lama  (  Cap.  XXVH.  ) .  Tuttora  sono 
in  Tartaria  seguaci  del  culto  ordinato  da  Gengiscan  •  Dice  Gerbillon  (  Du  Hald. 
t  ly.  p.  35  ).  )»  lis  peuvent  paaser  puur  Geniils,  quoique  iis  n'ajent  ni    tempie» 
»  ni  idoies,  et  qu'ils  n' adorent  propremeot,  ainsi  qu  ils  s'exprtmeot,  que  TÉm- 
9  pere  UT  du  ciel  au  quel  ila  font  dea  sacrifices  ».  Quanto  alle  opinioni  lamisti* 
che   che   soaosi  insinuate  .presso  i  Mogolli ,  come  intorno  alla  teogonia  e  cosmo^ 
gonia  di  casi  può  leggersi  Pallas  (  Voy.  t.  II.  p*  199  e  seg.  ). 

236.  Ungono  la  bocca  dal  Dio.  Questo  e  gli  altri  particolari  narrati  conferà 
mano  Plano  Carpini  (  1.  e.  p.  3o  ),  e  Rubriquis  (  Cap.  111.  )• 

16 


dopo  gettano  del  brodo  delle  carai  fuor  della  porla  agli  altri  spi-* 
Fili .  Fatto  questo ,  dicono  che  il  loro  Dio  con  la  sua  faoNglia  ha 
avuto  la  parte  sua ,  e  poscia  mangiano  ^  e  bevono  a  lor  piacere . 
I  ricchi  si  vestono  di  drappi  d' oro ,  e  di  seta ,  e  di  \ye\\e  di  zi- 
bellini ,  arniellini ,  e  va] ,  e  tutti  i  lor  fornimenti  sono  di  graa 
prezzo^  e  valore.  L'arme  loro  ^^7  sono  archi,  spade,  e  mazze 
ferrate  ,  e  alcune  lancette ,  ma  con  gli  archi  meglio  s' esercitano , 
che  con  Y  altre  arme  ,  perchè  sono  ottimi  arcieri ,  e  esei^citati  da 
piccolini,  e  indosso  portan'arme  di  cuoi  di  bufali^  e  altri  animali, 
molto  grossi,  cotti,  e  per  questo  sono  molto  duri,  e  forti«Sono  uomini 
fortissimi  in  battaglia,e  quasi  furibondi,  e  che  [)OCO  stimano  la  lor  vi- 
ta, la  qual  mettono  ad  ogni  pericolo  senz'  alcun  rispetto.  Sono  cra^ 
delissimi ,  e  sofferenti  d' ogni  disagio ,  e  bisognando  viveranno  un 
mese-,  solamente  €on  latte  di  cavale ^  ^e  d'animali ,  che  pigliano. 
Li  lor  cavalli ,  si  pascono  di  erbe  ^  né  hanno  bisogno  d'orzo ,  né 


237.  Varme  loro.  Pid  aifFusameute  del  Polo  tratta  Phmo  Carpici ^He  guer» 
re,  armi,  aguati  e  strattagemrtti  àti  Tartain  :  ógni  seldèito  doveva  avere  tioo, 
due,  o  tre  archi,  tre  ttircasài  |»ieAi  di  freccie,  \m  asce^  e  delle  coide  per  lira- 
re  le  macchine  di  guerra.  L'armatura  era  tH  cùojo,  alcuni  aiFeanla  ài  ferro^  • 
bardavano  .di  cuojo  i  cavalli.  Le  lance  era  uncinate.  I  ferri  d^e  frecce  appun* 
tati  e  afiUatì  da  ambe  le  parti .  I  ricchi  portavano  spade  appuntate  e  taglienti 
solo  da  un  laèo .  Narra  come  passavano  i  fiumi  seduti  in  ispeoie  di  valigie  che 
attaccavano  alla  coda  dei  loro  cavalli  e  nelle  quali  racchiudevano  il  loro  haga« 
glio  (Pian.  Carpin.  Gap.  VI.  )».Ma  merita  sohiarianento  trattandosi  delle  loro 
armi  un  fatto  singolare.  U  Giomale  intitolato  (  The  Quarterijr  Review  N.  XLi;. 
May.  1819  )  nel  render  conto  deUa  bella  versione  e  commentario  fatto  al  Mi* 
lione  dal  Sig.  Maraden,  avverte  che  credesi  da  alcuno  che  una  macchina  di  cui 
si  parla  nelle  Storie  Cinesi.  d«ttA  Ho -^pao  aU' epoca  dell'invasione  del  Catajo 
fatta  da  Gengisoan  nel  idB9i0ÌghiiÌGbi  il  cannone,  mentre  la  versione  letterale  di 
quelle  voci  e  tubo  da  fuoco»  Vi  gicHmàlista  osserva  saviamente  che  erano  tubi  con  cui 
si  gettavano  materie  incendiarie  sul  nemico^ noti  nell'Indie  sino  dai  tempi  dell'inva- 
sione dei  Maomettani,  faiintti  il  'Padre  Mailla  sembra  che.  nelle  Storie  Cinesi  sia 
caduto  nell'errore  di  reputare  ohe  questi  Rao  fossero  cannoni.  Dette  macchine 
belliche  Arono  usate  dai  Cinesi  alioiiohè  i  Mogolli  cinsero  d'assedio  TsaO'jrmng(  Hist. 
Gen.  deia  Chin.  t.  iX.  pi.86.).  Nel  dai^e  conto  il  Padre  Mailla  soggiunge:  »  Ica 
»  Chittois  placés  sur  ces  touvs^  faiaoient  jouer  dea  machines  appellées  Pao  jàooX 
»  chaque  coup  pouoit'tuer  plusieurs  ^aersonnes  ».  Ma  che  queste  macchine  fos- 
sero tubi  incendiar]',  e  noncaaaocd  come  lo  awefte  r  Inglese  giornalista,  resul- 
ta dallo  relazione  di  Plano  Carpini  (  Apud.  Barger.  p.  55  )*  »  Ila  ont  coutume 
»  ausai  de  se  servir  de  la  graisse  dea  hommeìi  qu'  ite  ont  tuès,  poor  en  faire 
>.  des  compositioas  de  lira  Gregètfìs ,  àonX  ils  embracant  lea  aMiiaons,  et  il  n'y  ol 
twaucum  moyen  d'  éleiiidre  ce  ftu  1» 


123 

d' altra  biada ,  e'  stann  armati  a  cavallo  due  giorni ,  e  dae  not- 
te j  che  mai  smontano  ,  e  similmente  ,  vi  dormono  ,  e  i  lor 
cavalli  intanto  vanno  pascendo  .  Non  è  gente  al  mondo  che 
più  di  loro  dori  affanno,  e  più  pazienti  in  ogni  necessità:  obbe- 
dieatissimi  alli  lor  signori  *^*,  e  di  poca  spesa ,  e  per  queste  par- 
ti cosi  eccellenti  nell'  esercizio  delle  armi ,  sono  atti  a  soggiogare 
il  mondo ,  come  hanno  fatto  d' una  gran  parte  . 

GAP.    XLVII. 

Delt  esercito  de"  Tartari  y  in  quante  parti  è  diviso  ^  e  del 
modo  col  quale  cavalcano  ^  e  di  ciò  che  portano  per  loro 
vii^ere  ^  e  del  latte  secco  ^  e  modo  del  loro  combattere . 

Quando  alcun  signor  di  Tartari  va  ad  alcuna  spedizione^ 
mena  seco  V  esercito  di  centomila  cavalli  ^  e  ordina  le  sue  gen- 
ti *^  in  questa  maniera  .  Egli  statuisce  un  capo  a  ciascuna  dieci- 
na,  e  a  ciascun  centinajo ,  e  a  ciascun  miglìajo ,  e  a  ogni  dieci- 
mila ;  e  cosi  ogni  dieci  capi  di  diecina  rispondono  alli  capi  di 
centinaja;  e  ogni  dieci  capi  di  centinaja  rispondono  alli  capi  di 
mi^iaja  ^  e  ogni  dieci  capi  di  migliaia  |  rispondono  alli  capi  di 
dieci  miglia ja;  e  in  questo  modo  ciascun  uomo,  ovvero  capo 
scnz'  altro  consiglio,  ovvero  fastidio  nóri*  ha  da  cercare  altri  se 
non  dieci .  Per  il  che  quando  il  signore  di  questi  centomila  vuol 
mandarne  alcuna  parte  a  qualche  espedizione ,  comanda  ài  capo 
dì  diecimila  che  li  dia  mille  uomini  ;  e  il  capo  di  diecimila 
comanda  al  capo  di  milk ,  e  ìX  capo  di  mille ,  al  capo  di  cento  ^ 
e  il  capo  di  cento ,  al  capo  di  dieci ,  e  all'  ora  tutti  i  capi  delle 
diecine  fanno  le  parti  che  li  toccano ,  e  subito  danno  quelle  ai 
suoi  capi .  Cento  capi,  ai  ceoto  di  mille ,  e  mille  capi ,  ai  capi  di 


MM «Il 


aSS.  Obhedi0niis9imi  id  Uro  »ignàri.  »  les  Tartare*  aonrt  les  plus  obeiflsanU 
ir  du  monde  a  leurs  seigneuM ,  plus  mérae  que  ^elque  religieu  que  ce  aoi  t  a 
]r  ses  «operieurs.  »  (  Carpin.  Cap.  IV.  )  .  >    <  < 

3^9 .  Ordina  Je  sue  ^enti.  Fu  ««abifita  questa  dìvbkme  degli  eserciti,  dagli 
Statuti  di  Gengiscan,  che  con  stvèlta  disciplina,  e  con  somma  elaiigiti  rese  pro- 
di le  sue  armale.  Combatteitano  iobanai  sansa  ordine  e  alla  rìnAisa.  Esso  oltre 
i  decennarjf  cemenarj^  e  mittenarj  costituiti  a  comandare,  divise  gli  eserciti  in 
due  schiere  «  una  per  sostenere  Fassalto  o  assaltare ,  l'altra  composta  delle  più 
scelte  milizie  per  riserva  (  Petit  de  la  Croix  p*  64  )  • 


13^4 

^cììù'da  ;  e. cosi  subito  si  di$ceroono,  e  tulli  sono  obbedientissi- 
mia  suoi  capi.  Item  ciascun  centinajo,  si  chiama  uà  tue  ^^^, 
dieci  UQ  tomaa  ^^^ ,  per  miglia jo,  ceniiaajo,  e  diecina.  E  quando» 
si  muove  1'  esercito  per  andare  a  far  qualche,  impresa ,  esai  man- 
dano avanti  gli  altri  uomini ,  per  la  loro  custodia  per  due  gior- 
nate ,  e  mettono  genti  di  dietro,  e  da'  lati,  cioè  da  quattro  parti 
a  questo  effetto ,  acciocché  qualche  esercito  non  possa  afisaUargli 
ali  improvviso  .  E  quando  vanno  con  V  esercito  lontaili ,  non 
portano  seco  cosa  alcupa  y,  di  quelle  massimamente ,  che  sono 
necessarie  pel  dormire .  Vivono  il  più  delle  volte  di  latte  (  come 
s'è  detto,  )  e  fra  cavalli,  e  cavalle  sono  per  ciascun  uomo  circa 
dicioito,  e  quando  alcun  cavallone  stracco  pel  cammino^  si  cambia 
un  altro,  nondimeno  portano  seco  vasi  per  cuocere  la  carne.  Por- 
tano anche  seco  le  sue  piccole  casette  di  feltro  alia  guerra ,  dietro 
alle  quali  stanno  al  tempo  della  pioggia .  E  alle  volle  qtiando  ri- 
cerca il  bisogno ,  e  pressa  di  qualche  impresa  che  si  facci  pre- 
sta, cavalcano  bea  dieci  giornate  senza  vettovaglie  cotte,  e  vivo- 
no del  sangue  de'  suoi  cavalli ,  perocché  ciascuno  punge  la  vena 
del  suo ,  e  beve  il  sangue  .  Hanno  ancora  latte  becco  a  modo  ài 
pasta  ^^* ,  e  seccasi  in  questo  modo .  Fanno  bollire  il  latte ,  e  al- 
lora la  grassezza  che  nuota  di  sopra  ,  si  mette  in  uà  altra  vaso  ^ 
e  di  quella  si  fa  il  butirro,  perchè  finché  stesse  nel  latte ,  non-  si 
potrìa  seccare:  si'  mette  poi  il  latte  (al  sole^  e  cosi  si  secca;  e 
quando  vanno  i a  esercito ,  portano  di  questo  latte  circa  dieci  lib- 
bre, e  la  mattina  ciascimo  ne  piglia  n>ezza  libbra,  e  la  mette 
in  un  fiasco  piccolo  di  cuojo ,  fatto  a  modo  d'utre,  con  tant'acqua 
quanto  li  piace  ^  e  mentre., c^^valc^.^  il  latte  nel  fiasco  si  va  sbat- 


240-  Tue  o  Tug  è  una  bandiera  tartara  fatta  con  una  coda  di  ^cavallo,  attac- 
oata  alla  puota  d'una  lancia,  e  questa  voce  viene  daUa  Manciusia  Tu.  Talché  vedeai 
che  la  athiera  prendeva  nome  dall' insegna  (Instituts  de  Timour  p.  SgS  ). 

241.  Tuman  significa  diecimila.  I  Manciusi  dicono  Thumen  i  Cinesi  Oon.  In* 
lendesi  per  Tumen  in  lingua  MogpUa  un  corpo  di  diecimila  uomini,  (àhid.  ) 

_  2/^:ì..  Laiie  secao.amododi  pcuta.  Dalla  descrizione  delle  costumanze  Kal- 
mucche  data  da  Pallas,  si  ravvisa  tuttora  susaistere  presso  questo  popolo  di  sangue- 
MogpUo,  molte  delle  costumanze  descritte  dal  Polo.  Tratta  il  RaUas  del  modo  con 
cui  fanno:!',  acquavite,,  e  soggiunga  che  la.  fondata  quando,  é  fatta  col  latte  di 
vacca  la.  fanno  bollire  sinché  non  si  as^oda^.e  questo  formaggio  mettono  io  sac- 
chi dopo  ayerlq  ben  premuto^  o.lo  stringono  ia  furm^tte  tonde  e  fanno  asciugare* 
al  sole .  Il  modo  di  ferp  il .  burro,  si.  ravvisa  esser  tuttora  lo  stesso  (  Pallas  Voj* 
till.  p.  I74J. 


125 

tendo ,  e  fassi  come  sugo,  il  quale  bevono,  e  questo  è  il  suo  desi- 
nare .  Oltre  di  ciò ,  quaudo  i  Tartari  combattono  co'  nemici ,  niai 
si  meschiano  totalmente  con  loro,  anzi  continuamente  cavalca^ 
no  attorno  qua ,  e  là  saettando ,  e  alle  volte  fingono  di  fuggire,. e 
figgendo  saettano  di  dietro  li  nemici  che  seguitano,  sempre  uc- 
cidendo cavalli,  e  uomini,  come  se  combattessero  a  faccia  a  faccia, 
e  a  questo  modo  i  nemici,  credendo  aver  avuto  vittoria^  si  trovano 
aver  perso,  e  allora  i  Tartari  vedendo  avergli  fatto  danno,  ritorna- 
no di  nuovo  contro  di  loro,  e  quelli,  virilmet^te  coml^atleudo  con- 
quistano, e  pveudono.  E  iianno  li  lor  cavalli  cosi  ammaestrati  a  vol- 
tarsi ,  che  ad  un  cenno  si  voltan'  in  ogni  parte  che  vogliono ,  e 
in  questo  modo  hanno  vinto  molte  battaglie .  Tutta  quello  che 
v'  abbiam  narrato  è  nella  vita ,  e  costumi  de'  rettori  dei  Tartari. 
Ma  al  presente  sono  molto  abbastard iti,  perchè  quelli,  che  conver- 
sano in  Ouchacha  ^^^  osservano  la  vita,  e  costumi  di  quelli 
ch'adorano  gl'Idoli,  e  hanno  lasciata  la  sua  legge.  Quelli  che 
conversano  in  Oriente  osservano  i  costumi  de' Saraceni. 

GAP.    XLVnX 

Delta  giustizici ^  che  ossen^ano  y  e  della  vanità  de  matrimonv 

che  fanno  de^ Jìgliuoli  morti. 

Mantengono  la  giustizia  come  vi  narreremo  al  presente- 
Quando  alcuno  ha  rubato  alcuna  piccoli  cosa ,  per  la  qual  non 
meriti  la.  morte,  lo  battono  sette  volte  con  un  bastone,  ovvero^ 
diciassette  volte,  o  ventisette,  o  trentasette,  o  quarantasette ,  fino^ 
a  cento  sempre  crescendo,  secondo  la  quantità  del  furto ,  e  quali- 
tà del  delitto,  e  molti  muojono  per  queste  battiture .  Se  uno  ru- 
ba un  cavallo ,  o  altre  cose ,  per  le  quali  debba  morire ,  con  una 
spada  si  taglia  per  mezzo.  Ma  se  quello,  che  ha  rubato  può  pa- 
gare, e  dare  nove  volte  più  dì  quello,  che  ha  rubato,  scapo- 
la .  Item  quakmque  Signore ,  ò  altr'  uomo  che  ha  molti  ammali, 
U  fti  bollare  del  suo  segno,  cioè  cavalli  e  cavalle,  cammeli  e 
buoi,  vacche  e  alcre  bestie  grosse,  poi  li  lascia  andar  a  pasce- 
re per  le  pianure  e  monti  in  qualunque  luogo  senza  custodia. 


^45.  Conversano  in  Ouchacha  inteade  favellare  dei  Mogolli  del  Kap$chack*^ 
ICedaai  intorao  a  Ouchaca  (  Not.  n.  8  ). 


126 

di  uomo  :  e  se  una  bestia  si  mischia  con  qualche  altra ,  ciascuno 
ritorna  la  sua  a  colui  del  quale  si  truova.  il  segno .  I  castrati ,  e 
becchi  li  fanno  custodire  dagli  uomini  :  e  le  lor  bestie  sono  tutte 
grasse  e  grandi,  e  belle  oltra  modo.  Quando  ancora  sono  due  uomi- 
ni, de'quaU  uno  abbia  avuto  un  fìgliuol  maschio,  e  quello  sia  man- 
cato di  tre  anni ,  o  altramente ,  e  Taltro  abbia  avuto  una  figliuo- 
la, e  ella  parimenti  sia  mancata,  fanno  insieme  le  nozze,  per- 
che  danno  la  fanciulla  morta  al  fanciullo  morto ,  ***  e  allora  fau- 
no dipingere  in  carte  uomini  in  luogo  di  serpi  y  e  cavalli  ^  e  al- 
tri animali,  e  drappi  d'ogni  maniera ,  denari ,  e  ciascuna  sorte  di 
massarizie ,  e  fanno  far  gì'  istrumenti  a  corroborazione  della  do- 
te ,  e  matrimonio  predetti ,  le  quali  cose ,  fanno  tutte  abbrucia- 
re :  e  dal  fumo ,  che  indi  viene  ^  dicono ,  che  tutte  queste  cose 
son  portate  ai  loro  figliuoli  nell*  altro  mondo ,  dove  si  pigliano 
per  marito  e  moglie  :  e  li  padri ,  e  madri  de'  morti ,  si  hanno 
per  parenti,  come  se  veramente  le  nozze  fossero  state  celebrate, 
e  che  vivessero .  Ora  abbiamo  dichiarato  li  costumi ,  e  consue- 
tudini de'  Tartari ,  non  però  che  abbiamo  detto  i  grandissimi  fat- 
ti e  imprese  del  Gran  Can  signor  di  lutti  i  Tartari  **^,  Ma  vo- 
gliamo ritornare  al  nostro  proposito ,  cioè  alla  gran  pianura  nel- 
la quale  eravamo  quando  cominciammo  de'fatu  de' Tartari  ^. 


a44-  Danno  ta  fanciulla  morta  al  fanciullo  morto*  Di  questa  costumane 
parlano  oltre  il  Polo,  Petis  de  la  Croix,  Navarette,  e  Malcholm  (  Marsden.  not  4^2  ) 

245.  Signore  di  tutti  i  Tartari,  Cioè  di  Cublai  Can  che  regnava,  allorché  egli 
era  nella  Cina  . 

246-  Non  pud  essere  discara  la  breve  notizia  dei  lineamenti  che  distiaguono 
le  genti  di  sangue  Mogollo  dagli  altri  abitatori  deU'Asia.  Leggesi  ia  Plano  Car- 
pi ni  ;  i>  i  loro  volti  sono  differenti  da  tutti  gli  altri  del  mondo.  Fra  gli  occhi  e 
le  gote  son  più  larghi  di   fattezze  degli  altri ,  le  guancie  eziandio  sono  promi- 
nenti dalle  mascelle  ;  hanno  il  naso  schiacciato  e  corto,  gli  occhi   piccoli  e  le 
palpebre  volte  aU'  insù  fino  alle  ciglia  :  il  capo  a  guisa  di  sacerdoti  :  radonsi  runa 
e  1*  altra  parte  della  fronte  più  che  a  mezzo  :  lasciano  il  resto  dei  capelli  lunghi 
e  gli  fanno  crescere  come  le  femmine ,  gF  intrecciano  ,  ne  fbrmaao    due  code 
che  pendono  loro  dietro  le  orecchie.  Hanno  i  piedi  piccoli,  e  tanto  gli  uomini, 
qnanto  le  donne  usano  vesti  fatte  ad  una  medesima  guisa  (  Carp.    cap.  Il*  )• 
11  Pallas  dice  /  »  eccetto  il  colore  un  Mogollo  somiglia  meno  ad  individuo  d'altra  na- 
zione, di  quello  che  un  Nero  ad  un*£uropeo .  Questa  conformazione  particolare  di- 
stinguesi  specialmente   nel  contorno  del  cranio  dei  Kalmucchi  :  ma  i  Mògolli  e  i 
Buriati  hanno  tanta  conformità  coi  Kalmucchi  tanto  pel  fisico  che  pei  costumi  e 
per  la  rustica  economia  che  ciò  che  dicesi  degli  uni  conviene  agli  altri.  I  Kal» 
mucchi  sono   di  mezzana  statura.  Sono  tutti  benfatti  ma  generalmente  stretti 


1^7 
GAP.    XLIX. 

Come  partendosi  da  Caracoran  si  trova  la  pianura  di  Bar- 
gu  ;  e  de  costumi  degli  abitanti  in  quella  ;  e  come  dopo" 
quaranta  giornate  ,  si  troica  il  mare  Oceano  y  e  delli  fal- 
coni ^  e  girifalchi ,  che  vi  nascono  y  e  come  la  Tramonta- 
na a  chi  la  guarda  appar  verso  mezzodì . 

Partendosi  da  Caracoran,  e  dal  monte  Altay ,  doyc  si  sep- 
peliscono  i  corj)i  degl'  Imperatori  de'  Tartari ,  come  abbiam  det- 
to di  sopra ,  si  va  per  una  contrada  verso  Tramontana  ,  che  si 
chiama  la  pianura  di  Bargu  j  e  dura  ben  circa  sessanta  gi(»rna^ 
te  *^7 .  I^e  cui  genti ,  si  chiamano  Mecriti  ^4® ,  e  sono  genti  sal- 
vatìche,  perchè  vivono  di  carne  di  bestie  j  la  maggioi*  delle  quali 


di  cintola  e  hanno  le  membra  eftili  ed  agili.  I  Kalmucchi  sono  di  carnagione- 
bianca,  sopratutto  i  fancfulii.  Ma  stante  V  ardore  del  sole  cui  si  espongono" 
nudi»  e  il  fumo  che  è  nelle  ioro capanne  dì  feltro,  non  meno  che  per  T  abitudi- 
ne di  dormir  nudi  ,  diviene  la  loro  pelle  di  color  giallo  celestino  .  Lo  donne 
sono  meno  scure .  Fra  le  ben  nate  vedonsi  yisi  bianchi  che  sfoggiano  pel  color  ne- 
ro dei  capelli»  in  che  somigliano  non  meno  che  pei  lineamenti  alle  Cinesi.  Sono- 
vi  visi  tondi  molto  piacevoli»  e  si  vedono  donne  che  per  la  regolarità  dei  tratti 
e  la  bellezza  sarebbero  molto  vagheggiate  in  tutte  le  cittì  Europee .  1  lineamenti 
caratteristici  di  tutti  i  volti  dei  Kalmucchi  sono  i  seguenti.  L'occhio  dalla  parte* 
dell'angolo  maggiore  obliqualmente  calante  verso  il  naso»  e  poco  apeito  e  car* 
noso.  Le  ciglia  assai  folte  che  formano  un  angolo  assai  ottuso.  U  naso  è  di  par- 
ticolare conformazione»  ordinariamente  volto  all'insd  e  schiacciato  verso  la  fronte  » 
l'osso  della  guancia  prominente f  la  testa  e  il  volto  molto  tondo»  la  pupilla  neris- 
sima,  i  labbri  grossi  e  carnosi,  il  mento  corto  e  i  denti  bianchissimi»  gli  orecchi 
d*un  estraordinaria  grossezza  e  staccati  dalla  testa.  1  Kalmucchi  accordano  pri- 
mato di  bellezza  a  quelle  fisonomie  che  riuniscono  in  maggior  numero  i  tratti 
caratteristici  della  loro  nazione  (  Pallas  Voj.  t.  IL  p   i56  e  seg.  ). 

247.  Bargu.  £i  ne  parlò  di  sopra  (  Gap.  4fl  )  e  vedasi  la  nota  n.  ao6.  M*^- 
quf  comprende  sotto  tale  denominazione  tutta  la  parte  dell'Asia  che  dal  lago 
Eaikal  estendesi  fino  al  Mare  Ghiacciato»  dietro  le  relazioni  dei  Tartari  che 
frequentarono  qualle  contrade  pei  traffici  delle  pelli  •  Anche  Rubriqiiis  parl^ 
dei  Kerkis  (  i  Kirguis  )  (  CoUect.  de  Berg.  p.  89  )  e  affermò  che  quelle  estreme 
contrade  settentrionali  erano  sconosciute  per  i  ghiacci  e  le  nevi  che  ne  vietavano 
1'  accesso . 

248.  M^criti.  Celebre  tribù  tartarica  a  confine  dei  Mogolii .  I  Cinesi  che 
non  hanno  la  lettera  r  appellarongli  Mieiiki  (  Hist.  Gen.  de  la  Chin.  t.  IX.  p.  a5 
not.  )  essi  fecero  la  guerra  a  Gengiscan  dopo  che  esso  ebbe  disfatto  Ung^^Can.^ 
(  Petìa  de  la  Croix  p.  88  ). 


•sono  a  modo  di  cervi  •^^  ^  li  quali  anco  cavalcano .  Vivono  sì-» 
miimenie  d'uccelli ,  perchè  vi  sono  molti  laghi ,  stagni ,  e  palu- 
di; e  detta  pianura  confina  verso  tramontana  col  mare  Ocea- 
no ^^  :  e  quelli  uccelli ,  che  si  spogliano  delle  piume  vecchie , 
conversano  il  più  dell'estate  circa  quell'acque,  e  quando  sono 
del  tutto  ignudi ,  che  non  possono  volare ,  quelli  prendono  al 
loro  buon  piacere ,  e  vivono  ancora  de'  pesci .  Queste  genti  os- 
servano le  consuetudini^  e  costumi  de' Tartari,  e  sono  sudditi  al 
Gran  Can.  Non  hanno  uè  biade,  né  vino  *^' ,  e  nell'estate  hanno 
cacciagioni ,  e  prendono  gran  quantità  d' uccelli  '.  Ma  il  verno 
pel  grandissimo  freddo  non  vi  possono  stare  bestie,  né  uccelli.  E 
quando  s'è  cavalcato  (  come  é  detto  )  quaranta  giornate  si  truo- 
va  il  mare  Oceano ,  presso  al  quale  è  un  monte ,  nel  quale  fanno 
nido  astori,  e  falconi  pellegrini,  e  nella  pianura.  Ivi  non  sono 
uomini ,  né  vi  abitano  bestie ,  né  uccelli ,  salvo  che  una  maniem 
d' uccelli ,  che  si  chiamano  Bargelach ,  e  i  falconi  si  pascono  di 
quelli  :  sono  della  grandezza  delle  pernici ,  e  nella  coda  .sono  si- 
mili alle  rondini,  e  ne' piedi  alli  pappagalli,  volano  velocemente  ; 
e  quando  il  Gran  Gan  vuol  avere  un  nido  di  falconi  pellegrini, 
manda  fino  al  detto  luogo  per  quelli,  e  nell'isola,  clie  e  cir- 
condata dal  mare,  nascono  molti  girifalchi.  E  quel  luogo  tanto 
verso  la  Tramontana ,  che  la  stella  di  Tramontana  pare  alquan- 
to rimaner  dipoi  verso  mezzodì  ^^^;  e  i  girifalchi  nascono  neir 


^49*  Sono  a  modo  di  cervi.  E  agevole  il  ravvisare  che  questo  animale  da  lui 
descrìtto  e  il  Renne ^  che  abita  tutte  le  terre  polari  del  vecchio  mondo.  A  tutti 
è  noto  che  la  carne  dell'animale  serve  di  cibo  (  Lesseps  Yoj.  du  Kamtsch.  t.  II. 
p.  54  )  9  il  sangue  di  bevanda ,  e  che  quel  dolce  ed  utile  animale  supplisce  per 
quelle  genti  alle  bestie  da  tiro  e  da  soma. 

aSo.  Mare  Oceano.  Da  Marco  Polo  ebbero  ^i  Europei  la  prima  accertata 
notizia  che  r Oceano  era  il  confine  della  parte  settentrionale  dell'Asia. 

aSi.  Non  hanno  né  biade  né  i^i  no»  Assai  esattamente  sono  descrìtte  dal  Polo  le* 
costumanze  dei  popoli  della  Siberia  che  abitano  a  Settentrione  del  Baikal  e  del 
fiume  Saghalien  Oula  :  ciò  pud  vedersi  confermato  dal  Padre  GerbiUon  (  Du  « 
Hald.  t.  IV.  p.  57  ) . 

252.  La  Stella  di  Tramontana  pare  ahfuanto  rimaner  verso  il  mezzodì .  Il 
Testo  da  noi  pubblicato  dice  :  che  la  JVamontana  rimane  addietro  verso  il 
mezzodì .  Se  s' intendesse  che  la  stella  di  Tramontana  rimanesse  a  mezzodì  del 
zenit  dell'osservatore,  ciò  sarebbe  un  errore  manifesto.  E  il  Polo  sarebbe  sta- 
to illuso  dalle  favole  raccontate  dai  Tartari,  ma  secondo  la  Lezione  Ramusiana 
parrebbe  che  potesse  interpetrarsi  averci  voluto  significare,  che  la  stella  polare   ai 


119 
isola  predetta  ;  sono  iti  tatita  copia ,  ohe  il  Gr^n  Clan  ne  può  a^ 
vere  quanti  ne  vuole  a  suo  piacere .  Ne  crediate ,  che  i  girfalcbi, 
che  delle  terre  de'Cristiani  si  portano  a'  Tartari ,  siano  portali  al 
Gran  Gan  :  ma  portansi  in  Levante  solamente ,  cioè  a  qualche 
signore  Tartaro ,  e  altri  nobili  di  Levante ,  che  sono  a'  confkii  de^ 
Cumani ,  e  Armeni .  Ora  avendo  ^etto  delle  provincie ,  che  sono 
verso  la  Tramontana  fino  al  Mare  Oceano ,  «diremo  delle  provine 
eie  verso  il  Gran  Gan ,  e  ritorniamo  alla  provincia  detta  Gan>- 
pion  ^^ ,  la  qual  di  sopra  è  descritta . 

GAP.    L. 

Come  partendosi  da  Campion  si  viene  al  Regno  di  Erginul;  e 
della  città  di  Singuij  e  de  Buoi  ^  die  hanno  un  pelo  sottir 
lissimo;  e  della  forma  deW  animale  ^  che  fa  il  muschio  ^  e 
cjome  lo  prendono  j  e  de^  costumi  degli  abitanti  e  bellezza 
delle  lor  donne  ^ 

Partendosi  dalla  provimeia  di  Gampion ,  si  va  per  cinque 
giornate,  nelle  quali  s^ odono  più  volte  la  notte  parlar  molti  spiri^ 


accostava  dquanto  verao  il  mezzodì,  relativameiiU  aU*apparenza  della  medesima 
nelle  conti  ade  piii  meridionali . 

355.  Ritorniamo  alla  provincia  detta  Campion,  Avverte  in  tal  guisa  il  Polo 
che  fa  retrocedere  il  leggitore,  e  che  dalle  contrade  le  più  settentrionali  dell'Asia 
rìcoaducelo  a  Campion  ^  ove  come  notò  disopra  (  cap.  XXXIX.  )  »  dimoro  con 
^  suo  padre  e  barba  per  .sue  faccende  circa  un  anno  ».  Leggesi  nel  Testo  Ric- 
cardiano.  »  Opertet  nos  hic  redire  iterum  ad  civitatem  Campition^  de  qua  supe- 
»  rius  mentio  facta  est  ».  E  ciò  per  far  comprendere  che  riconducelo  in  quella 
diritta  via  che  dair  Armenia  segu£  per  giungere  a  Chemenfù  o  Kei-pin-fà  resi- 
denza dei  Gran  X}an.  Infatti  allorché  faceva  lunga  dimora  in  alcun  luogo  come 
ei  lo  avverte:  »  cercava  d'essere  inforonato  con  diligeya^  e  facendo  un  Memo- 
»  naie  di  tutto  ciò  che  intendeva  e  vedova  »  (  Proem.  )  .  Ciò  avverto  per  di* 
mostrare  che  non  nel  recarsi  a  Keipiafk  «*  internò  nelle  contrade  settentrionali 
da  iui  descritte^  per  quanto  non  possa  positivamente  asserirsi  che  alcuna  di 
dette  pi*oviccie  non  visitasse  posteriormente  per  commissione  del  Gran  Cao^ 
Ma  di  ciò  non  dando  ei  verAin  cenno,. né  volendo  estendere  congetturalmente  i 
suoi  viaggi^  lasceremo  che  ciascuno  opini  intorno  a  ciò  a  sua  guisa.  Per  quan- 
to sia  forte  presunzione  per  non  crederlo  «  T  avere  avvertito  di  sopra  ove 
parla  di  ChinchitUalas  o  Chiagita/as  (come  porta  il  testo  da  noi  pubblicato  ) 
(  t.  I.  pag.  39.  )  che  deli'  Amianto  che  ivi  si  truova  parla  per  sentito  dire 
(  Ved.  Dichiarazione  al  Lib.  IL  ). 

17 


i3e 

ti  ooa  gran  paura  de'  viàndanii  ^^^  y  e  ia  capo  di  quelle  verso  Le- 
vante sì  truova  un  regno  nominato  Ergìnul  ^^'•,  qual  è  sottoposta 
al  Gran  Can ,  e  contiensi  sotto  la  provincia  di  Tanguth.  In  detto 
regno  sono  molti  altri  regni  ^  le  cui  ^lui  adorano  gF  idoli .  Vi 
sono  alcuni  Cristiani  Nestorini,  e  Turchi,  e  molte  città,  e  castel- 
la, delle  quali  la  maestra  città  è  Erenni.  Dalla  quale  partendosi 
Soi  verso  Scirocco,  si  può  andare  alle  parti  dei  Gatajo:  e  aQ- 
andò  per  Scirocco  verso  il  Gaiajo  ^^ ,  si  truova  una  citta  no- 
minata Singui  ^^7  ^  e  ancor  la  provincia  si  chiama  Singui ,  nella 
quali  sono  molte  città ,  e  castella ,  e  coiitengonsi  in  detta  provia- 


^54.  Paure  dèi  f^iandariti.  Siccome  prendendo  1&  volta  di  Kei^pin^fu  da. 
Chan  -  tcheu  occorre  traversare  una  lingua  dì  deferto ,  si  ravvisa  che  ivi  pure 
correvano  le  voci  di  quelle  spaventevoli  *  visioni  atte  ad  atterrire  i  viandanti. 

a55.  Erginul  che  crede  il  Forster  doversi  leggere  Erdschenur,  che  è  il  no- 
me d'un  lago  segnato  a  Scirocco,  in   non   grande  distanza  da  quello   di  Saissari' 
nella  carta  di  lui  (  Decouv.  du  Nord  t.  I.  ).  Il  Marsden  l*egge  Erginur  e  lo  cre- 
de il  lago  di  Kùkonor  o  Hohonor  ,  mentre  nur  o  nor  in  favella  di  quelle  contrade 
rignifica  Lagé  .  Ma  a  tali  congetture  si  oppone  il  testo  dei  Polo-»  il  quale  dice 
essere  Et'ginui  a  Levante  ài  Campion  o  Can^tchóUy  mentre  il  lago  di  Kokonor  è 
à  mezzodì.  Fa  d'uopo  adunque  cercar  questo  regno  cinque  giornate  distate  da^  Can^ 
àcheu  nella    direzione  del  viaggio  del  Polo.  Il  dotto    redattore  dell'articolo  inse- 
rito nel  Diario  intitolato  Journal  des  SgavarUs  (Septcmb.  1818)  »  nel  render  coato 
deir  edizione  del  Marco  Polo  di  iVfarsden  ,  afferma  che  recavagli    maraviglia    che 
non  fossero  sparite  da  quella  relazione  alcune  voòi  barbare  come  quelle  di  Agri^ 
gajay  Erginul  ec.  che  crede  corrotte  nel  testo  del   Polo  •  Ma  per  non  essere  pia 
in  uso  tali  denominazioni  di  contrade ,   non  è  <ia   inferirne   che  non  lu  fossero 
ai  tempi  del  Polo.  Infatti  leggesi  in  P^tis  de  la  Gvoioci  che  Gengiscan  dopo  avere 
disfatto  il  re  del  Tangut  voHe  assicurarsi  dei  paesi  che  ne  dipendevano,  come 
di  Ergimul  (ed  Ergimul  porta  la  lezione  Aiccardiana  t^I.  p.  53)»  di  .^wt^iii  e 
ó*  Egricajra-i   non  meno  che    dei 'paesi  vicini,,  e  principalmente    deUa  città  di 
Sìkion^  che  è  ottanta  giornate  lungi  da  Pekino  (  Lib.  IV.  e.  i5  ). 

256.  E  andando  per  Scirocco  verso,  il  Caiajò.  Preziosa  notizia  òhe  confer- 
ma che  la  strada  da  lui  seguila  non.  era  compresa  nella. «Gina,  ma  eh*  era  ol- 
tre i  confini  di  queir  Imlpero  e  perciò  in  Tarterta. 

257.  Singui.  Secondo.  Forster  e  «Sf-^anr/ft  Capitale  della  Provincia  di  Chen' 
si.  Secondo  gli  editori  della  Storia  Generale  dei  Viaggi  è  Sinirtg  città  a  scirocco 
di  So-tcheu^  (  t.  VII.  p.. 524.)-  ^  ^^^  opinione  s'appiglia  il  Maraden  (  n.  455  )  . 
Ma  io  mi  atterrei  aU* opinione  di  Forster,  imperocché  il  Polo  dice  che  Singui 
appellasi  la  e  itti- »  e  ancor  la  provincia  »-,  talché  ciò  può  couvenire  <•«$<- ^'oa 
capitale  tuttora^  del  Chen^^' si',  e  che' lo. fu  lunganlente  di  tutta- la  Gina,  ed  é 
probabile  che  per  la  sua  somma*  oelebrìtà  né  facesse  motto  il  Viaggiatore  (  Hist. 
Gen.  de  la  Chin.  t.  XIL  p..68i).  Ciò  che  poi  toglie  ogni  dubbio  è  che  respettiva- 
mente  a  Erginul  questa  città  per  affermazione  del  Polo  era  a  Scirocco  ^.e  Siuin^ 
sarebbe  stata  a  Libeccio  declinando  verso  il/mezzodt;. '- 


i3i 

eia  di  Tatigath  ^  e,  sono  il  dominio  del  Gran  Gan .  Le  genti  di 
questa  provincia  adorano  gl'idoli,  alcuni  osservano  la  legge  di 
MacomeCto,  e  alcuni  sono  Oisiiani .  Ivi  si  truovano  motti  buoi 
salvMichi ,  i  quali  sono  detta  grandezza  quasi  degli  eiefand , 
e  bettissimi  da  vedere ,  peroccliè  sono  bianchi ,  e  neri .  I  lo- 
to peli  sono  in  ciascuna  parte  del  corpo  bassi ,  eccetto  che  so- 
pra  le  spalle ,  che  sono  lunghi  tre  palmi ,  qnal  pelo  ovvero  1»- 
na  è  sottilissima ,  e  bianca ,  e  più  sottile ,  e  bianca ,  che  non 
è  la  seta  :  e  M.  Marco  né  portò  a  Venezia ,  come  cosa  mi- 
rabile ,  e  così  da  tutti  che  la  viddero  fii  reputata  per  tale  • 
Di  questi  buoi  molti  si  sono  dimesticati,  che  fiiron  presi  sai- 
vatictii  :  e  fanno  coprire  le  vacche  dimestiche ,  '  e  i  buoi ,  che 
nascono  di  quelle  sono  maravigliosi  animali,  e  atti  a  fatiche  più 
che  iiiim'  altro  animale .  E  gli  nomini  gli  fanno  portare  gran 
carichi ,  e  lavorano  con  quelli  la  teiTa ,  il  doppio  più  di  quello , 
che  lavorano  gli  altri ,  e  sono  molto  forti ,  e  gagliardi .  In  questa 
contrada,  si  truova  il  più  nobile,  e  fino  muschio,  che  sia  nel 
mondo,  ed  è  una  bestia  piccola  come  una  gazella,  cioè  della  gran- 
dezza d'  una  capra .  Ma  la  sua  forma  è  t^e .  Ha  i  peli  a  simi- 
litudine di  cervo  molto  grossi  :  li  piedi ,  e  la  coda  a  modo  d'una 
gazella ,  non  ha  corna  come  la  gazella .  Ha  quattro  denti ,  cioè 
due  dalla  parte  di  sopra ,  e  due  dalla  parte  disotto ,  lunghi  ben 
tre  dita  e  sottili ,  bianchi  come  avorio ,  e  due  ascendono  in  sù^ 
e  due  discendono  in  giù ,  ed  è  bello  animale  da  vedere.  Nasce  a 
questa  bestia ,  quando  la  luna  è  piena  ncir  umbilico  sotto  il  ven- 
tre un'apostema  di  sao^e^  e  i  cacciatori  nel  tondo  della  lu* 
na  ^^  «SCODO  fuori  a  prender  de'  detti  animali ,  e  tagliano  questa 
apostema  con  la  pelle  ,  e  la  seccano  ai  sole  :  e  questo  è  il  più  fino 
muschio,  che  si  sappi ,  e  la  carne  del  dettp  animale  è  molto  buona 
da  mangiare  e.  pigliacene  in  gran  quantità ,  e  M.  Marco ,  ne  por- 
tò a  Venezia  la  testa  ^» ,  e  i  piedi  di  detto  aniiixale  -secchi ,  GU 


258.  Nel  tondo  della  Luma^  cioè  a  luna  piena. 

259.  Ne  portò  a  f^etiezia  la  testa .  E  quf  non  po^so  fare  a  meno  di  non  ren« 
dere  un  tributo  d'ammirazione  a  questo  esimio  Viaggiatore,  il  quale  non  solo  per 
le  caratterÌBtiche  esteriori  descrisse  i  vegetabili  e  gli  animali  meritevoli  di  distinta 
osservazione,  ma  recd  seco  in  patria,  quanto  comportavanlo  la  gran  distanza  de' luo- 
h'hi ,  le  più  singolari  dì  tali  cose.  £  siccome  tali  particolarità  nonleggonsi  né  nel  Testo 
delia  Crusca,  né  nel  Riccardiano,  si  deduce  chiaramente  che  il  Polo  stesso  ritoccò  la 


i3a 

uomini  veramente  vivono  di  mercanzie ,  e  d' arti .  Hanno  abbon- 
danza di  biade  .11  transito  della  provincia  è  di  venticinque  gior- 
nate ,  nella  quale ,  si  truovano  fagiani  il  doppio  maggiori  de'  no- 
stri, ma  sono  alquanto  minori  de'pavoni,  e  hanno  le  penne  delk 
coda  lunghe  otto ,  o  dieci  palmi .  Ne  sono -anche  della  grandez- 
za, e  statura  come  sono  li  nostri^^.e  vi  sono  ancora  altri  uccelli 
di  molte  altre  maniere,  e  hanno  bellissime  penne  di  diversi 
colori  •  Quelle  genti  adorano  gli  idoli.,  e  sono  grassi ,  e-  hanno  il 
naso  piccolo.  L  loi^ocapeUi. sono  neri,,  e  non  hanno  barba,  sal- 
vo che  quattro  peli  nel  mento.  Le  dònne  onorate,,  non  hanno 
similhfiente  pelo  alcuno^  eccetto i  capelli ,  e  sono  bianche  di  beh 
le  carni,  e  ben  formate  in  tutti i: membri,  ma  moko  lussuriose. 
Gli  uomini  molto  ^i  dilettano  di  star  con  quelle,  perchè  secondo  le 
lor  consuetudini  e  lèggi^  possono  aver  quante  mogli  vogliono,  pur- 
ché possino  ^sostentarle.  E  se  alcuna  donna  povera  è  beltà,  li  ricolii, 
per  la  sua  bellezza  la  pigliano  per  moglie,  e  danna  alla  madre 
e  parenti,  molti  doni  per  averla,  perchè  non  apprezzano  altro ^ 
che  la  bellezza  .  Ora  ci  partiremo  .di  qui ,  e  diremo  d'  una  pro- 
vincia . verso  Levante z^^.. 


copia  cKe  servi  alla  Lesione  del  Ramusio  .  Che  il  Chea -si  dia   molto    muschio 
confermalo  il  Du-Halde  (ti.  p^  207  ). 

260 .  Intorno  a  questo  passo  il  Sig.  Marsden  (  n.  44^  )  osserva  che  avendo 
fhtta  menzione  di  So  ^  tcheu^  di  Can.  -  ickeu  dì   K~  ìtU  -  ita  e  di   Slngui  (  eh* 
ei  suppone  Sìning  )^  luoghi  situati  vicino  ali* estremità  della  Gran  Muraglia  ver- 
so Occidente  e  mezzod/4  dee  i^car  meraviglia  che  «i  nftn  cogliesse  tale  oocasio^ 
ne  per  farne  parola  •  Ma  siccome  secondo  il  modo  noatro  di  vedere  ,  e  per  U 
ragioni  allegate  di   sopra  il  Polo  segui  una  via  a  .tramontana  della  Gran    Mura* 
glia,  per  ciò   questo  silenzio   non  recaci  meraviglia .   Fu   non   poco   intrigato  nel 
volere  spiegare  il  sileiizio  del  Polo  intomo  alla  Gran  Muraglia  lo  Staunton    redat- 
tore del  Viaggio  di  Lord  Macartney.  Eòse  noia  questo  silenzio  '^el   Polo  e  de*> 
duce  da.  una  carta  eh' ei   crede   aver  appartenuto  alla   Biblioteca    dei  Doge  di 
Venezia  (  che  sembra  essere  quella  del  Salon  dello  Scudo  ) ,  che   il  Polo  non 
traversò  la  Tartarìa  per  recarsi  a  Peckino,  ma  che  da  Caschgar  volse  il   cam- 
mino a  libeccio ,  traversò  il  .Gange  e  recossi  net  Bengala  e  che  di  li  volgendosi 
a  mezzodì  dei  monti  del .  Tibet  entrò  nel  Chen-si  ,  (  Vojr.   t.    III.    p.   23o  )  .   Ma 
quanto  erronea   sia  tale   asserzione  ptiò».  ravvisarlo  ^  il  leggitore   daLiiostr4»  com* 
mentaria  • 


i33 

GAP.  li; 

J^ellu  prhs^incia  di  Egrigajay  e  della  città  di  Calacia  e 
dé^  costumi  degli*  abitanti  ^  e  zambellotti  ^  che  wi  si  la^ 
inorano . 

Partendosi  da  Erginul  andando  verso  Levante  ^^ ,  per  otlo^ 
giornate,  si  truova  una  prorincia' nominata  Egrìgaja  ^^^,  nella 
quale  sono  molte  città ,  e  castella ,  pur  nella  gran  provincia  di^ 
Tanguth  ;  la  maestra  città ,  si  chiama  Calacia  ^^"^  le  cai  genti 
adorano  gì'  iddi .  Vi  sono  ancora  tre  chiese  de'Crìstiani  Nestori* 
ni  ye  sono  sotto  il  domìnio  del  6ran  Gan .  In  questa  città  ^  si  la^- 
vorano  zambellotti  di  peli  di  cammeli  li  più  belli  e  migliori  che 
^  trovin' ai  mondo,. e  similmente  di  lana  bianca  in  grandissima^ 
q.uanutà,.i  quali  i  mercanti  partendosi  di  li,  portano  per  mol- 
te contrade  e  specialmente  al  Catajo  •  Or  lasciamo  di  questa^ 
provincia,  e  diremo  d*un altra  verso  Levante,  nominata  Tenduc;» 
e  così  enir»emo*  nelle  terre  del  Prete  Gianni  .^ 


261 .  Partendosi  di  qui^  e  andando  versò  Levante^  Parole  degne  d'oBserva^ 
zione,  in  quanto  che  vuole  in  tal  guisa  lignificare  il  Polo,  che  continua  a  descri*' 
▼ere  il  suo    viaggio,  «d  avverte  una  leggera  deviazione  dalla  dii*ezione   generale' 
del  medesimo, .che  come  avverti  nei  Proemio  •  era  ■  alla  •  v<Ht»  di  Greco  e  di  Tra« 
montana  . 

262»  Provincia-  nominata  Egrigq^a.   È  il  paese  secondo   Forster  detto  /r- 
§an<ikon  o  Erkene  -  kom  da  Abulgazi  fiayadur,  che  significa  valle  circondata  da 
monti.  (  Deguign.  t.  11.  p.  568  ),  patria- primitiva  dei- Turchi,  detto  Organum  da 
Robriquia,  distretto  secondo  il  Deguignes  abitato  dagl' /^iir«'  e  che  comprendeva 
P5irte   del  deserto  detto-  dai  >  Cinesi  Chu"-  Chin<   La  congettura  è- mal  fondata 
mentre  farebbe  d'  uope^  cercare  detto   paese  a  ponente  di  Campione  Can-tcheu  9 
quando  tento  la  Lezione  Ramusiana,  quanto  quella  del  Testo  Ottimo  portano  che 
quel   paese  é  a    otto  giornate   a    levante  di  Erginul^  ^.  questo  a  cinque  giornate 
a  Levante  da   Can  -  tcheu^   Fa.  d*  uopD  adunque  cercarlo  nella-direzlbne  della - 
via  che  da  Can^icheu  conduce  a  Keì^pin-fu  :  in^  quella  direzione  appunto  è  segna» 
ta  nella  carta  del  Salone  dello  Scudo  pubblicata*  dal  Chiarissimo  Padre  Zurlor^  £ 
siccome  ci  dice  che  la  ^capitale  di  questO' regna -é   Calacia^  %\  ravvisa»  essere   il 
regno  di  Egrigaja  il -paese    degli  O^/m- 'compreso  nell' immense  circuito  che  fa 
il  fiume-  Uoang  •ho^  ò\  -\k  dalla  Gran  Muraglia .  - 

a65.  Caladayt  meglio  il  Testo  da  noi  pubblicata  Caloria,   e  per  la  dire- 
zione e    per  l'  analogia  di  nome  si  riconosce    in    un    luogo  segnato  nella  carta- 
d^  AAÌa    dell'  Aa ville    col    nomo  di  Calaiu    sul    fiume    Hoang  •   Aa  in    Tanta^^ 


i34 
GAP.     LII: 

Della  provincia  di  Tenduc  ^  dwe  regnano  quelli  della  stirpe 
del  Prete  Gianni  y  e  la  maggior  parte  sono  Cristiani f  e 
come  ordinano  li  loro  preti;  e  d^una  sorte  d^ uomini  detti 
Argon  y  che  son  i  piii  belli  e  sani  di  quel  paese  . 

Tenduc  del  Prete  Gianni  ^^  è  una  Provìncia  verso  Levante  , 
nella  quale  sono  moke  città,  e  castella  :  e  sono  sottoposti  al  domi*- 
nio  del  Gran  Can,  perchè  tutti  i  Preti  Gianni,  che  vi  regnano  so- 
no sudditi  al  Gran  Can,  dojio  che  Gingis  primo  Imperatore  la  sot- 
tomesse. La  maestra  ciità  è  cbiamata  Teoiktc  ;  e  in  ouesta  orovin* 


ria.  Questa  anche  che  irogUa  appellarsi  congettura»  sembraci  pia  fondata  di  quel- 
la dì  Forster  che  crede  quella  città  CailaA^  Gailak,  o  Golka^  suRe  rive  deVL'IU 
(  1.  e.  1. 1.  p.  171  ).  Confessa  il  Sig.  Marsden  (  n.  447  )  che  il  riconoscere  la  vera 
situazione  della  città  in  quella  detta  da  Rubriquis  CMac^  da  Goez  Cialis  è  uà 
forzare  il  testo ,  ma  per  non  avere  alcuno  di  quelli  che  mi  precederono  nell*  ar- 
gomento  indovinata  la  vera  direzione  di  questa  parte  del  Viaggio  del  Polo  sonoù 
trovati  molto  intrigati  nel  riconoscere  la  situazione  dei  luoghi  -da  esso  qui  rife- 
riti . 

364:  Tenduc  del  Prete  Giand.  QaeflCo  reame   possedè  il  già  ramntentato  re 
ToU,  il  qwale    sec«ndo  le  storie   Cinesi  (  t  IX.  p.  9  )  em  capo  della  tribÀ  Tar« 
tarici  dei  Keratii  detta  dai  Ciaesi  KMé ,  che  occupavano  una   gran  parie  del 
paese  iadgo  i  fdmi  TUk  ed  Organ  (  Gaubii.  p.  4  ).  É  congettura  del  Marsden 
che  questo  nome  venisse  loro  (  N.   ^o  )  daUe  voci   Krit  Kerait  o  Kerk   che  h 
H  comun  modo  in  Orìenle  di  pronunziare  ì  nomi  di  Cristo  e  di  Crisdano.  Ma 
fo  congettura  che  il  nome  di  Kelié  trsesser  quei  popoli  dal  fiume  Kelia^  o  KUok 
confluente  àitVt  Angora.  Il  detto  Ufig-can  estendeva  il  suo  dominio  sino  a  Co* 
racùrum  e  verso  le  frontiere  del  Chen  si.  Questa  estensiom  di  terra  sembra  la 
contrada  detta  Tenduc  dal  Polo,  che  non  è  il  solo  a   rammentar  detto  regno. 
Imperocché  FAssemanni  (  Bibl.  Orient:  Dissert  de  Sjr  Nestore  p.  469)  fa  men- 
zione in  Tarfarìa  del  regno  dì  TemduCf  o  NiuAy  che  sembra  eàsere  A  paese  dei 
popoli  detti  Niuche .   Ne  fa  menzione  anche  Petis  de  la  Crotx  come  di  paese 
suddito  à  proprio  re,  che  fu  superato  da  Toli  (  Htst  de  Geng.  p.  37  ).  Infetti 
nelle  guerre  fra   Temudgin  e  Toii  parlasi  di  disposizicmi  data    dal  primo  sul 
fiume  Salif  o  Selenga:  dall*  altro  suU^  Tuia  (  Hist.  Oen.  de  la  Chio.  p.  aia  )  •  E 
Temudgin  battè  lo  zio  di  Toli  «  che  aveagli  rapito  lo  Stato  wÀVtìe  -  x»  o  paese 
a  ponente  àtWHaaag-ho  (  ibid.  p.  3o  ).  La  battaglia  nella  qual  Temudgin  distrusse 
Toli  o  Hung  -  con  fu  data  a  Kalanlchin  contrada  montuosa   frai  fiumi  TWIo    e 
Kirlon.  Ix>  sorprese  con  finU  ritìrau  verso  il  fiume  Omon  (  ibid.  p.  35  )   Tal- 
ché il  regno  di   Teaduc  era  a  tramontana  del  Tangut  e  di  parte  del  Chen  -  si 
ed  estende  vasi  sino  alle  terre  primitive  dei  MogoUi. 


i35 

eia  è  re  uno  della  pi-ogenie  del  Prete  Gianni ,  nominato  Georgio, 
ed  è  prete  e  Cristiano  ^\  e  la  maggior  pane  degli  abitanti  sono 
Gristiaoi .  E  questo  Re  Georgio  mantien  la  teiTa  per  il  Gran 
Can ,  non  però  tutta  quella  che  avea  il  Prete  Gianni ,  ma  certa 
parte  :  e  li  Grau  Cani  danno  sempre  in  matrimonio  delle  sue 


a65.  Giorgio  f.  ed  é  prete ^  e  Cristiano.  Da  questo  racconto  si  ravrisa  che 
fra  ^i  altri  abusi  dei  Nestorioi,  di  cui  tessè  la  narraxioae  Rubrìquis,  eravi  quello 
di  rivestire  dei  sacerdozio  quei   re  della  Tartaria^  ed  è  perciò  da  presumere 
che  il  nome  Cristiano  di  Hung-Can  fosse  Giovanni   e  che  per  questo  essi  l'ap* 
penassero  Prete  Gianni.  L*^ opinione  ch'esso  potesse  essere  seguace  del  culto  di 
Lama,  e  che  per  errore,  stante  la  somiglianza  di  alcuni  riti  esteriori  di  questa 
religione,  somiglianti  a  quelli  dei  Cristiani  s' inducessero  molti ,  e  fra  questi  i 
Cinesi  a  crederlo  Cristiano  è  arronea.  Troppe  sono  le  testimonianze  recate  da^ 
Renaudot  e  dall' Assemanni  «comprovanti  che  es^o  seguiva  ia  credenza  dei  Cristia- 
ni Nestorìni,  e  più  d'ogni  altra  prova  è  grandemente  convincente  quella  di  Giovanni 
di  Monte  Curvino  francescano ,  che  nei  1291   recessi   al  Catajo  per  le  missioni, 
il  quale  scrisse  una  lettera  nel  i3oS  publ>licata  dal  Waddingo  nei   suoi   Annali 
dell'Ordine  Francescano,  e  jx>steriormente  da- altri  ed  anche  dal  JMarsden  (N.  456  )>. 
dalla  quale  si  deducono  le  si*guenti  importanti  notizie.  Che  questo  Re  Giorgio  cra< 
Nestorino:  che  come  lo  afferma  'il  Polo  discendeva  dai  cosi  detto  Prete  Gianni  :. 
ch*ei  lo  converti  alla  fede  cattolica ,  che  esso  gli  diede  gli  ordini  minori;,  e  che 
«vestito  di  regali  vestì,  lo  assisteva  quando  esso  celebrava  la  messa,  lo  che 
da  peso  alla  congettura  che  i  Nestoriani  ordinassero  preti  quei.re,  mentre  seosa.  una^ 
preventiva  consuetudine  di  quella  dinastia  di  essere  decqrati  dal  sacerdozio,  non 
è   da   credere   che   un   principe   secolare   e   maritato   avesse   richiesti   gli  ordini- 
minori-  Sappiamo  dal  detto  Giovanni  di  monte  Corvino  che  morto  il  detto    Re 
Giorgio,  e  passato  il  governo  per  la  minor  età  del  figlio  in  uu  suo  fratello  questi  ri* 
condusse  quei  popoli  negli  errori    dei  Nestorini  •.  Secondo  esso  la  residenza  del 
Re  era  venti  giornate  distante  da  quella  dei  Gran  Can .  Credo  che  debba  inten- 
dersi della  residenza  estiva  di  Kèi  ^  pin  -/vi,  e  che  per  questo  rincontrasse  il 
Polo   nel  recarvisi.  Sappiamo  dal  detto   Missionario  che   anche  il   figlio  del   Re 
Giorgio  chiamavasi  Giovanni.  Sembra  che  questa   Lettera   determinasse  il   Pon- 
tefice Clemente   V.  a  consacrare  Arcivescovi  e  Vescovi   in   Tarlarla..   Nel  i5o&^ 
fu  sollevato  a  quella  dignità  il   detto  Fra  Oiovaoni   di  Monte  Corvino  il  quale 
muri  nel    i335..  £  ultimo  dei  Vescovi.  Cam  bali  censi  fu  Alessandro  da  Caf&  che* 
venne  ia  Italia  nel  lifiS^  La  conversione  degli  Infedeli  trasse.  neUe  parti  Orien- 
tali  il    R.  Oderico  da  Pordenone,  che  con  tal  divisaanento  recossi  nei    i5i7#a.. 
Trebizooda   indi  nell'India  e  nel  Catajo  (  Elog.  Storico  del  R  Oderìc.  Yen.  1761. 
p.    i3  ).   Discorse  ancor  esso  di  quelle •OQ»trade.  »  De  hoc  Cathay  i«cedens  et 
9»  veniens  versus  occidens,  veni  versus»   lercam  .Prete  Zoan  ,  de  quo  non  est 
r  centesima  pars   ejus ,  quod  quasi  prò  ceeto  de  ipso  dicilur.  Cosan ,.  qua  tamen 
p  melior  Vicenda  diceretur,  lioet  ipsa  sit  sua  civttes  priactpalfs  ,,multas  habet  ci«- 
»  vitates  sub  se,  et  sempt^r  pit>  pacto  accipit  in  uxorem  ftliam  magni  Chaam  t  (^bid^. 
.p.  77  )..  Questa  autorità,  conferma  il  raocooto  del.  ?sào  . 


iS6 

figliuole ,  e  altre  che  discendoQO  dalla  sna  sfiq)e  ai  re ,  che 
siano  discesi  dalla  progenie  delli  Preti  Gianni .  In  questa  pro^ 
vincia  si  trovano  pietre  delle  quali  si  fa  V  azzurro  :  ve  ne  sono 
iliolt€  e  buone .  Quivi  fanno  zambellotti  molto  buoni  di  peli  di 
camnieli .  Gli  uomini  vivono  di  frutti  della  terra ,  e  di  mercanr 
zie ,  e  arti .  E  il  dominio  è  de'Cristiani ,  perchè  il  Re  è  Cristia- 
no (come  s'è  detto),  quantunque  sia  soggetto  al  Gran  Can. 
Ma  vi  sono  molti,  che  adorano  gl'idoli,  e  osservano  la  legge 
maomettana.  Vi  è  anche  una  sorte  di  genti,  che  si  chiamane 
Argon  ^^ ,  perche  sono  nati  di  due  generazioni ,  cioè  da  quella 
di  Tenduc ,  che  adorano  gì'  idoli ,  e  da  quella,  che  osservano  la 
legge  di  Macometio  .  E  questi  sono  i  più  belli  uomini  che 
$i  trovino  in  quel  paese  ^  e  più  savi  ^  e  più  accorti  nella  mex* 


f  anzi» . 


C  A  R    LUI. 


Del  luogo  doi>e  regnano  quelli  del  Prete  Gianni  detto  Og , 
e  Magog  ;  e  de*  costumi  degli  abitanti  y  e  las^ori  di  seta  di 
quelli;^  e  della  miniera  d'argento,. 

Nella  sopraddetta  provincia  era  la  prìncipal  sedia  del  Prete 
Gianni  di  Tramontana ,  quando  ei  dominava  li  Tartari ,  «  a  tutte 
i'  altre  provincie ,  e  regni  circostanti ,  e  fino  al  presente  ritiene 
nella  sua  sedia  i  successori,  E  questo  Georgio  sopraddetto,  do- 
po il  Prete  Gianni  è  il  quarto  di  quella  progenie ,  ed  è  tenuto  il 
maggior  signore .  E  vi  sono  due  regioni ,  dove  questi  regnano , 


jm  I    J       »i 


266.  Li  chiamano  Argon.  Osserva  il  Marsden  (  n.  484  )  esservi  il  fiume 
Orgony  detto  Archon  nella  carta  di  Bell,  in  questa  parte  di  Tartaria  ch*è  confluente 
•della  Tula^  che  sbocca  nella  Selinga  .  Esservi  altro  fiume  detto  Argtmi  nella 
49iirta  dei  Gesuiti,  che  è  frontiera  del  dominio  Russo  e  del  Cinese  da  quel  lato, 
ove  è  la  città  di  Argun ->  skoi ,  ma  ciò  è  di  niuBO  ajuto  per  esplicare  Tetimolo- 
*gla  della  voce  Argon  dei  Polo.  Secondo  Gayhil  quegli  che  il  nostro  viaggiatore 
chiama  Argon^  gli  appellano  i  Cinesi  Hong  -  Ar</a  ed  erano  una  tribù  Tartara 
.(  p»  5  ) .  Sappiamo  inoltre  da  Gerbillon  che  i  popoli  che  abitano  lungo  il  lago 
Baickal  sono  appellati  Tungussi  dai  Moscoviti  e  Orotchon  dai  Tartari,  i  quali  so» 
•no  propriamente  i  popoli  che  abitano  i  fiumi  che  scorrono  ver«o  l' Oriente  (  Du  - 
Hald.  ti  lY.  p.  56  ).  Questo  popolo  sembra  che  sia  quello  rammentato  dal  Polo* 


i37 
che  nelle  nostre  parti  chiamano  Og,  e  Magog  ^'7^  ma  quelli,  che 
ivi  abitano ,  lo  chiamano  Ung ,  e  MonguT  ^^® ,  in  ciascuno  de' 
quali  è  una  generazione  di  gente  •  In  XJag  sono  Gog ,  e  in  Mo- 
gul SODO  Tartari.  £  cavalcandosi  per  questa  provincia  sette  gior- 
nate y  andando  per  Levante  verso  il  Gatajo  si  truovano  molte 
città  e  castella ,  nelle  quali  le  genti  adorano  gì'  idoU ,  e  alcune 
osservano  la  legge  di  Macometto ,  e  altri  sono  cristiani  JVestori- 
ni.  Vivono  di  mercanzie  e  arti*,  perchè  si  fanno  panni  d'oro 
nasiti  fin ,  e  nach  ^ ,  e  panni  di  seta  di  diverse  sorti  e  colori  ^ 


267  .  Og  e  Jlfagog 9  che  gli  Arabi  e  i  Persiani  scrìvono  Jagiuge  t  MagiugOf 
4000  popoli  secondo  gli  Orìentalif  che  abitano  le  terre  più  settentrìonali  dell'Asia. 
Magog  come  ognun  sa  era  uno  dei  figli  di  Jc^et^  che  secondo  la  tradizione,  andò 
ad  abtiare  le  terre  settentrionali  (  Herbelot  Jagiuge  et  Magiuge  ).  Come  accenna 
M  Boccarto  (  Phalg.  L.  111.  e.  XIIL  ),  S.  Ambrogio  per  Magog  interpretiS  il  padre 
dei  Goti  ;  Eusebio  quello  de*  Celti  e  dé'Galati  ;  V  autore  della  Cronica  Alessan* 
drina  degli  Aquitani .  Dai  Caldei  fu  creduto  padre  dei  Germani  :  dagli  Arabi 
dei  Tartari  :  da  Gioseffo,  da  Eustasio,  da  S.  Girolamo,  da  Teodoreto  degli  Scìti^ 
Vedesi  generalmente  tal  denominazione  i^critturale  data  alle  Genti  Settentrionali. 
Il  Polo  segui  la  costumanza  dei  Maomettanii  di  appellare  in  tal  ^uisa  i  popoli 
Settentrionali  che  erano  a  confine  della  Gran  Turchia  e  della  Cina,  perché  nel 
Secolo  XIII.  cosi  furono  appellati  e  ì  Tartari,  e  i  Mogolli .  Ebn  Auckal  dice  che 
ira  Jagiuge ,  Maijugt  e  V  Oceano  Settentrionale  sonovi  desolate  contrade  a  lui 
incognite  (p.  8).  L' Eldrisi  nefii  menzione  nd  quinto  clima,  e  sembra  <:he 
per  Magog  intenda  quelle  genti  di  breve  statura,  che  abitano  l'estrema  part« 
dell'  Asia  (  Liber  Aelat.  p.  249  )  •  Abulfeda  dopo  aver  parlato  dei  Mare  Orien- 
tale soggiunge  :  t  inde  flectitur  in  Orientali  Sinarum  ,  versus  Septentrionem,  super 
»  Orìentalem  regionem  Sinensium,  donec  eas  transeat,  et  ex  apposito  respiciat  ag- 
»  geremJajugi  et  Magiug  »  (  Geog.  p.  140  ).  Intorno  alle  pretese  fortificazioni 
fatte  da  Alessandro  Magno  per  contenerli ,  leggasi  TUerbelot  al  luogo  citato  •  I 
Gog  che  si  dice  essere  stati  da  lui  contenuti,  erano  i  popoli  che  abitavano  di  là  dal 
Caucaso,  fra  il  mare  Nero,  e  il  Caspio,  e  le  fortificazioni  di  lui  quelle  di  Derbend« 
Ma  trasportati  dall'  immaginazione  quei  popoli  più  verso  Oriente,  anche  quelle  for- 
tificazioni furono  ai  confini  di  essi  dall'  immaginazione  trasportate. 

a68.  Ung  ,  e  Mongul .  Nel  t&fto  attimo  Nug ,  e  MugoH  (  t  I.  p.  57  )  •  Il 
Marsden  reputa  a  ragione  di  difficile  interpretasione  questo  luogo  del  Milione.  Si 
discerne  tuttavia  che  per  Vmg  intese  quella  nazione  potente  che  ebbe  nome  di 
Tartara ,  che  si  uni  ai  Mogolli  ai  tempi  di  Gengiscan  :  Sappiamo  dalla  Storia 
Generale  della  Cina  che  anticamente  i  Tartari  Niutche^  fra  gli  altri  nomi  por- 
taron  quelli  di  U *  ki  e  dì  Mo  "ho  (  t  Vili.  p«  16  ),  e  pare  che  a  questi  due 
nomi  voglia  alludere  il  Polo  ^  che  forse  in  bavella  MogoUa  pronunciavansi 
Vng  e  Mongul  f  che  per  una  certa  analogia  di  suono  furono  creduti  i  popoK 
settentrionali  detti  dagli  Orientali  Og  o  Gog f  e  Magog.  Ma  ciò  si  adduce  ca- 
rne   una  debolissima  congettura  . 

vt€g.  Nach.   Qui  va  letto  Nocchi  che   erano  drappi  intessuti  d'Orò  d*  una 
qualche  gravezza   (  V*  t  l.  p.  67  n.  6  ) . 

18 


\ 


I 

come  abbiamo  noi ,  e  j)anai  di  lana:  di  diverse  maniere  .  Qu  elle 
geati  sono  suddite  al  Gran  Caa  :  e  vi  è  uaa  città  nomiaata  Sin- 
dicin^'*',  nella  quale  s'esercitano  Farti  di  tutte  le  cose,  e  forni- 
menti che  s'appartengono  alFarmi ,  e  ad  un'esercito  :  e*  ne'mon- 
ti  di  questa  provincia  è  un  luogo  nominato  Mifa,  nel  quale  è 
un'  ottima  miniera  d' argento ,  dalla  qual  se  ne  cava  granaissima^ 
quantità:  e  oltre  di  ciò  hanno  molte  cacciagioni. 

GAP.   LIV, 

Dèlia  prwincia  di  Cianganor  ^  e  della  sorte  di  grue  ckt 
si  Iroi^ano  j  e  della  quantità  di  pernici  ^  e  quaglie  che 
il  Gran  Can  fa  allessare. 

Partendosi  dalla  sopraddetu  provincia ,  e  città ,  e  andando* 
per  tre  giornate  si  truova  la  città  nomiaata  Cianganor  ^' ,  che 


270.  Sindicin.  (  T.  O.  )  Sindaiui .  (  Cod.  Riccard.  )  Sindacai.   Questo 
luogo  non   è   «cgnato    con   tal  nome    in  veruna    carta  :    e  nemmeno  io    quella 
del  Salone  dello  Scudo  pubblicata   dal  Chiarissimo    Zurla,    che  reca  tanta   lu- 
ce   in   questa    parte    dei    Viaggi    del    Polo,  perchè  vi  é  segnaU   la    via  eh' ci 
tenne  per  recarsi  a   Chan-iu.  Ma  sembra  corrispondere  ad  un  luogo  a  mez- 
zodì del    paese  di  Sonhiot  detto  Lensiheiuduc  che  è  a  cinque  giornate  come  il 
Polo  lo  dichiara  dal  luogo  ove  sembra  che  Ì998e  Chon-tu.  E  qui  è  da  esser- 
vare  che  nella  carta  rammentata  di  sopra ,  viene  indicata  la  strada  da  Campimi 
o  Can .  tcheu  a  questa  residenza  imperiale  come  noi  Tavcvamo  congetturalraante 
scoperto ,  e  vi  si  vede  segnato  un  lago  accanto  a  Cianganor  come  lo   afferma 
a  nostro  Viaggiatore,  Non  avvi  nella  direzione  deiUyia  altra  di  versiti  che  nella 
detta  Carta. si  fa  passare   per  Singui  o  ^Ji^^K  capitale  del  Setcìwmi  e    indi 
SI  fa  risalire  a  Calacia,  e  per  Tèndue  e  Ciangan0r  ti  Xandu.  Né  citf  è  da  re- 
car meraviglia,,  sapendosi  dal   Padre  ZarU  che   T  ha  tanto  dottamente   iUustrala 
e  con  tanta  utilità  della  Geografia ,  che  la  carta  antica  av^va  in  queUa  parte  non 
poco  sofferto   [  t.  II.  p.  382  e  t.  t  p.  181  ]»  ed  è  gran  ventura  che  siavi  rimasU 
indicazione  cosi  chiara,  almeno  di  gran  parte  ^1  viaggio^  del  Polo  in  TarUria. 
%jt.  Cianganor.  Questo  nome  dimostra  la  fedeltà  del  Pòlo  nei  suoi  racconti. 
JSor  in  Mdgollo  significa  Lago  (  Du  Hald.  t.  IV.  p.  619  ).  E  avverte  il  Marsden 
che  secondo  il  Vocabolario  MogoUo  Kalmucco  zagan.  o  cwi^a»^  significa   bianco 
t   Nota  460  ) .  Vedesi  segnato   nella  d' Avia  dell'  Anville  un  laga  col  nome   di 
Tchom-hor  a  46.?  di  Latit  e  i54.*  di  Long.  Ma  è  troppo  a  tramontana  per  esser 
qi«ello  rammentato  dal  Polo,  come  lo  è  indetta  Carta  la  posizione  di  Chantu  come 
avvertiremo  nella  nota  seguente  :  e  ciò  dee  recar  tanta  maggior  meraviglia  in  quanto 
che  il  fiuD>e  Cha^tu-è  segnato  al  suo  vero  luogo  nella  Carta  delF  Asia  deli^An- 
ville.  Non  é  solo  il  Polo  e  raoimentare  il  detto  luogo,  come  uno  ài  quelli    ove 


i39 

vuol  dire  stagno  bianco,  nella  quale  è  un  palazzo  del  Gran  Can , 
nel  quale  vi  suol  abitare  molto  volentieri ,  perchè  vi  sono  intorno 
laghi  e  riviere ,  dove  abitano  molti  digni  ^  e  in  molte  pianure 
grue,  fagiani,  pernici,  e  uccelli  d'altra  sorte  in  gran  quanti- 
tà .  Il  Gran  Gan  piglia  grandissimo  piacere  andando  ad  uccella- 
re con  girfalchi ,  e  falconi  e  prendendo  uccelli  infiniti .  Vi  sono 
cinque  sorti  di  grue.  La  prima  sono  tutte  nere  come  corvi,  con 
r  ale  grandi ,  La  seconda  ha  V  ali  maggioi^i  dell'  altre ,  bianche 
e  belle ,  e  le  penne  dell'  ali  son  piene  d' occhi  rotondi ,  come 

Snelli  de' pavoni,  ma  gli  occhi  sono  di  color-  d' oro  molto  risplen- 
enti ,  il  capo  rosso  e  nero  molto  ben  fatto,  il  collo  nero  e  bianco, 
e  sono  bellissime  da  vedere.  La  terza  sorte  sono  grue  della  st  atu- 
ra delle  nostre  d'Italia.  La  quarta  sono  grue  piccole,  che  hanno  le 
penne  rosse  e  azzurre  divisate  molto  belle.  La  quinta  sorte  sono 
grue  grige  col  capo  rosso  e  nero ,  e  sono  grandi  ^"^ .  Presso  a 
questa  città  è  una  valle  nella  quale  è  grandissima  abbondanza  di 
pernici  e  quaglie,  e  per  il  nutrimento  delle  quali  sempre  il 
Gran  Can  fa  seminar  l' estate  sopra  quelle  coste  miglio ,  e  pani- 
co, e  altre  semenze  che  tali  uccelli  appetiscono,  comandando, 
che  niente  si  raccolga ,  acciò  abbondevolmente  si  possano  nudri- 
re ,  e  vi  stanno  mdlti  uomini  per  custodia  di  questi  uccelli  ^  ac« 
ciò  non  siano  presi  ;  e  eziandio  li  buttano  il  miglio  al  tempo  del 
verno ,  e  sono  tanto  assuefatti  al  pasto  che  se  li  getta  per  terra, 
che  subito  che  l'  uomo  sibila,  ovunque  si  siano,  vengono  a  quello» 
£  ha  fatto  fare  il  Gran  Gan  molte  casette ,  dove  sunno  la  notte, 


fa  portare  carichi  i  eammeli.  Ma  ci  partiremo  di  qui ,  e  ande  re- 
mo tre  giornate  verso  Tramontana ,  e  Greco . 


risiederà  Cubtoi-Can.  Leggesi  nelU  Storia  Generale  della  China  »  L'Empereur 
»  apprìt  ceUe  nouvelie  (  la  morte  riolenta  del  suo  Ministro  Ahama  )  a  Tchahwmor 

t  en  Tartarie  »  t  ^-  ^^  P*  4^^  )  • 
272  .  (  Yed.  t.  I.  p.  58  not.  a  ) . 


iJlo 


GAP.    LV. 


Del  bellissimo  palazzo  del  Gran  Can  nella  città  di  Xandù; 
e  della  mandria  di  camlli  e  cas^alle  bianche  ^.  del  lotte 
delle  quali  fanno  ogn^anno  sacrificio  y  e  delle  cose  marasmi- 
gliose  j .  die  li  loro  Astrologhi  fanno  fare  quando  vien  mal 
tempo^  e  anche  della  sala  del  Gran  Can^  e  delli  sacrifici 
che  li  detti  fanno  j.  e  di  due  sorti  di  religiosi  ^  cioè  po^^eri  ^ 
e  de  costumi  ^  e  s^ita  loro . . 

Quando  si  parte  da  questa  città  di  sopra  nominata ,  andando 
tre  giornate  per  Greco ,  si  tmova.una  città  nominata  Xandu  *7?^ 


^7  5'  Xandu^  ma  più  corretUmente  il  Testo  Riccardiano  Cianfiuy  e  le  Sto- 
rie Cinesi  Chan'tu.  Come  avvertimmo  di  sopra  (Notai  )  la  citti  fu  costruita  ai 
tempi  di  Mangu    e  fu  appellata  Kei-pin-fu  ,  V  ampliò   Cublai  -  Can  ,   e  in 
fii  incoronato  (  Hist  Gen.  de  la  Chin.  t.  IX.  p.  2&1  ),  ed  aUora  essa  ebbe  n  titolo  di 
Chan-tu  che  significa  suprema  Real  città  (  Visdel.  p;>9  ).  Secondo  il   Degan 
gncs  (  t.  IV.  p.   146  )  detta  città  distrutu  oggidi  era  a  4«.'  aa."  a  maestro  di 
Pekino,  e  congettura  che  fosse  ove  é  Chàunai  M'ansuma  nel  paese   à\  Karchin. 
Secondo  il  Padre  Zuria  CAoit-ftì  era  a  4a.*  21 T  (  Disser.di  Marc.  Pbl.  t  I.  p.  ia8  ).* 
Secondo  il  Visdelou  è.  a  70  Leghe  di  distanza  da  Pekino  (  Supplem.a  Herb.p.i56  y. 
Che  ivi  dimorasse  Cablai  l'esUte,  oltre  il  Pòlo  confermalo  la  Storia  Cinese,  la   quale 
dice  che  ivi  prendeva  il    piacere  della    caccia  (  t.  IX.  p*  404  )  come  appunto 
il  nostro  lo  conferma .  Quanto  alla  distanza .  di    Chantu   da  Pekino  il  Oerbillon 
che  ne  ha  visitate  le  rovine  é  d'accordo  col   Visdelou  (  Da  Hald.  t  IV.  p.  a58  ]. 
Ma  a  tali  autoriti  per  stabilirne  la  lecaKdl  nella  nostra  Carta, -opponevasi  quella 
della  Carta  dell* An ville  ove  è  segnata.. a  46.^   So."  di. Latitudine  Settentrionale. 
Ma. non  abbiamo  esitato  ad   unirci  all'opinione  dei  due   primi > seriltori ,   e  ad 
abbaodonare  TAnville,  dietro  T  autorità  del  Polo  stesso,. che  nel  parlare  dei  cor- 
rieri (  Lib.  II.  e.  ao  ),  racconta  che  al  tempo    delle  frutta  le  recavano  da   Caro- 
balu9\  Gfait  Can  ,  e  se  ne  partivano  la  mattina  dopo  colte  e  giungevano  la  sera  do- 
po^ a  CAon/u,  per.  quanto  vi    fossero' dall' una  all'altra    città  dieci  giornate  di 
camino,  che  valutate  a  20  miglia  il  giorno  portano  la  distanza  dall*«Qa  all'altra  di  aoo 
miglia,  conformemente  a  ciónche  notarono  il  Vis.del<^u  e  il  Gerbillon*  Egli.è  vero  che  di- 
ce  che  i  corrieri  facevano  aoo  .miglia  e  aSo  al  giorno,  quandi»  avevano   afFari  di 
somma  urgenza.  Ma  il  portar  le  frutta  al  Gran  Can  era    affare  meno  impor- 
tante di  quelli  dì- Stato,  perciò  è  da  credere   che  non>  viaggiassero  che  di    giorno 
come  nei    casi  poco    urgenti  -  praticano -i   Qomei*ì*  Cinesi  e   perciò    facevano    la 
corsa  di  sopra   200   miglia  in  veiitiquattr.' ore  di    cammina,  lo  che  corrisponde 
assai  bene  al  :  computo  del  Polo  » 


i4' 

Fa-  quale  edifica  il  Gran  Can  ,  c5e  al  presente  regna  dettò* 
Cablai  Can.  £  quivi  fece  fare  un  palazzo  di  maravìgliosa  bellez- 
za e  artificio ,  fabbricato  di  pietre^  di  marmo,  e  d'altre  belle 
pietre  y  qaal  con  un  capo  confina  in  mezzo  della  città  ^  e  eoa 
l'altro,  con  il  muro  di  qudla..  Dalla  qoal  parte,  a*  riscontro  del 
palazzo,  un'altro  muro,  ferma*  un  capo-  da  una  parte  del  palazzo 
nel  muro  della  città,  e  1'  altro  dall' altra  parte  circuisce,,  e  inclu- 
de ben  sedici  miglia  di  pianura,  talmente^  ch'entrane  in 'qnel 
circuito  non  si  può,  se  non  partendosi  dal  palagio .  In^  cpaesto 
circuito ,  e  serraglia ,  sono  prati  bellissimi ,  e  fonti ,  e'molti  fiu- 
mi-, e  ivi  sono  auimali  d' ogni  sorte ,  come  cervi*,  daini,,  caprioli , 
quali  vi  fece  portar  il  Gran  Can ,  per  pascei*  i  suoi  falconi ,  ef 
girifalchi  ^^4^  eh'  egli  tiene  in  muda  *^^  in  qiuesto  luogo .  I  quali 
girifalchi  sono- più  di  dugento,  ed  esso  medesimo  va'  sempre  a 
vederli  in  muda ,  almeno  una  volta  la  settimana .  E  molte  vdlte 
cavalcando  per  questi  prati  circondati  di  mura ,  fa  portar'un  leo- 
pardo ^'^  ,  ovvero  più  sopra  le  groppe  de'  cavalli  e.  quando  vuo- 
le lo  lascia  andare;  e  subito  prenda  un  cervo,  ovvero  capriolo^ 
o  daino,  li  quali  fa  dare  ai  suoi  falconi  e  girifalchi  j  e  questo  fa  egli 
per  suo  solazzo  e  piacere .  In  mezzo  di  quei  prati ,  ov'è  un  bel- 
lissimo bosco  ^77^  ha  fatto  fare  una  casa  regale  sopra  belle  colonna 


wamt^mm^m^tà 


374.  Tenero  in  Mttda  (  Vedasi  T.J.  p.  Sg  Not.  b  ) . 

375.  Falcone .  La  caccia  del  falcone  uia  anche  oggidì  :  dice  il  Padre  Ger-^ 
billon  :  »  Ib  y  a  toujours  quantité  d'  oiseaux  de  prole,  petita  et  granda  qui  sui^ 
!^*  reat  l'Einpereur  ^-^  (  Da  •  Halde  t.  IV.  p.  a58  )  *  ^    .     . 

276.  Leopardo.  Osserva  il-  Marsden  (  Num.  4^5)  che  questo  animale  è 
lì  Felisjubata^  animale  pia' piccolo  del  Leopardo  c»iimtie^  di  cui  eì  aervono  i 
principi  Indiani  per  cacciare   le  antelopi  (  Vedasi  t*I.  p.'8a  not.  e  y.» 

377  .La  descrizione  che  £1  cpil  del  Bapco  di  Ckaniu ,  e  dì  quello  di  Cam^ 
kaki  nel  libro  seguente  (  e.- 6  )  ci  rammeota'  quella  di  ZAe  •//#!  in  Tar- 
Carta  data^  da  Lord  Macarteney  e  d' IVe/»  min  Yven' vizino  a  Pekina  (^Voy> 
t.  III.  p.  3eb  ).  Dalla  descriaiene  del  Polo,  si  ravvisa,  quanto  il  moderno  gu^ 
alo  di  giardini  sia  antico  in  Citia  .  KonC  in ^  Inghilterra  fu  il  primo  disegnato* 
re  che  apprese  a  variarli  ,  die  di  bando  alla  regolarità»  di  cpielli  disegnati  da 
le  NAtre.  Ma  il  mirabile  avanaaroento  di  questo  interessante  ramo  dell'Arte 
del  Disegno  debbesi  airitelligentìsaimo  Bnowo,  che  nato  giardiniere^  per  naturale 
ingegno  seppe  di  coltivatore  divenire  disegnatore,  e  creò  i  celebri  barchi  di  Blenheitti 
e-  di  Stowe,che  ben  mi  rammento  con  quanto  diletto  e  meraviglia  vedessi.  Noi  ap-> 
pelila  mo  inglesi  cotali  Giardini,  ma  dovrebbero  essere  appellati  Cinesi .  Pari  er- 
rore faoeasi  per  lo  indanzi,  allorché  Francesi  appellavansi  i  regolari  giardini  , 
q^asi    che  inventore  dì  q^eì  genere  fosse  stato  le  Notre,  dimentichi   affatto  de  . 


j 
j". 


i4^ 

dorate ,  e  iaveniicìate  ;  e  a  ciascuna  è  uà  dragone  ttnip  dorato , 
che  rìvdge  la  coda  alla  colonna ,  e  con  il  capo  sostiene  il  sof&tr 
tato  j  e  stende  le  branche  ^  cioè  una  alla  parte  destra  a  sostenta- 
mento del  soffittato  9  e  r  altra  medesimamente  alla  sinistra .  Il  co- 
perchio similmente  è  di  canne  dormite  e  yernici^Ae  così  bene,  che 
jQiun'  acqua  li  potria  nocere ,  le  quali  sono  grosse  più  di  tre  pal- 
oni ,  e  lunghe  da  dieci  braccia  ,  e  tagliate  per  ciascun  groppo  ^^^, 
si  partono  in  .due  pezzi  per  mozzo ,  e  sì  riducono  in  forma  di 


r^iardiai  di  Boboli ,  di  Gaprarola ,  e  soprattuto  di  Pratolino .  Il  Baldiaucci  affer- 
mò che.'  »  da  questo  hanno  tolto  coloro,  che  dipoi  operarono  in   cose  simili  per 
)»  r  Europa  tutta  »  (  Vita  del  Buontalenti  p.  gS  )  La   vista  di  Pratolino  destò  som- 
ma aml&trazione  nel  celebre  Montaigne  (  lournal  du   Yoy.    en   Itat   ^774  t.  I. 
P*  2^0  y  Fu  pubblicata  in  Londra  nel  1767  un  opera  intitolala  r  Arte  di  distri- 
huìrt  ì  Giardini  all'  uso  Cinesei  che  di  quel  genere  di  abbellimento  discorre  con 
piena  cognzione  •  La  natura  (  si  dice  )  é  il  modello  dei  Cinesi,  e  scopo  loro 
r imitarla  nella   sua  varietà.  Studiati  i  locali^    ne  nascondono  i  difetti ,  e   prò* 
fittano  delle  favorevoli  situazioni  f  ivi  variandone  r  aspetto  con  tortuose  vie  ,   at* 
traverso   di  boschelti  «che  conducono  a  punti  di  vista  indicati  da  sedile  ,  o   da 
edilizio  j  o  da  altro  oggetto .    La  perfezione  dipende  dalla  bellezza  delle  varia- 
Jte  viste»  dal  riunirvi  i  più    grazioni  prodotti    della   natura.    I   loro  disegnatori 
di   giardini   distinguono  tre  sorti  di  belle  prospettive ,  le  rìdenti ,  le  orride ,  e 
le  incantevoli..   Ottengono   le   ultime,  o   col    far  passare    sotto  terra  un  fiume 
p  un  rapido  torrente ,  che  con  fragore  percuote  Torecchio  senza  che  si  scorga 
4l*onde  nasca.  Alcuna  volta  dispongono  s^cogliore,  fabbriche^  e  altri  oggetti  in 
modo  che  il  vento  che  gli  percuote ,  spirando  a  traverso  intersUzj  e  caviti,  dà 
rumori  strani ,  ^  inusitati  •  Abbelliscono  i  giardini  con   piante ,   alberi ,  e  fiorì 
rarì  :  vi  fiumo  echi  artificiali  e  comica  ti  ;  gli  popolano  d'uccelli  e  animali  mo« 
.Struosi  0  Vi  costruiscono  scogliere  die  sembrano  minaceiare  rovina  9  oscure  ea< 
veme  con  impetuose  cascate:    vi  dispongono   alberi  dm  sembrano  scosciati  dal 
vento  e  dalla  burrasca  afim  di  dare  orrido  aspetto  alla  veduta.  Alcuni  di  questi 
sembrano  caduti  a  caso^  o svelti  dall'impeto  dett* acque»  e  sono  situati  in  mo- 
do ,  che  sembrano  soffermare  la  corrente  dei  fiume  :.  altrì  sembrano  colpiti  dal 
folgore.  Yi  costruiscono  edifici  come  caduti  in  rovina  ^  umili  capanne  quasi  abi« 
.turi  di  miseri  villici .  4-  tale  viste  alternano  le  ridenti»  non  ignari  i  Cinesi  quan* 
to  commovan  F  animo  i  contrapposti.  Perciò  da  viste  anguste  si  passa  alle  es« 
Xese  »  dagli  orrori  alle  ridenti   prospettive  di  laghi ,  di  fiumi  »  di  piani  »    e   da 
questa  ad  alture  e    a  boschi  •  Ai  colorì  cupi  e    malinconici   contrappongono  i 
più  vivi»  e  distribuiscono  giudiziosamente  le  masse  d'ombm  e  di  luce»   dimo- 
dochè  il  tutto  è  distinto  nelle  parti  ed  è  sorprendente  nel  complesso .    Ciò  ba- 
sti come  saggio  del  modo  di  disegnare   quei  giardini  intorno  ai  quali   discorre 
lungamente  il   Rozier.  (  Cours  complet  d'Agrìcult.  Art  lard.  Anglais  )  è  prima 
4j  lui  ne  parlò  il  Gesuita  Benoit  (  Lettr.  Edif.  t  XXIII.  p.  429  ). 

278.  Groppo  in    veneziano  significa  nodo  •    Di  questo   genere  di  canna   o 
della  bambusa  vedasi  (  t.  L  p.  59.  n.  d.  )• 


143 

coppi ,  e  con  oueste  è  coperta  la  detta  casa ,  ma  cìascnti  coppo  di 
canoa  y  per  dimasiooe  deVeoti^  è  ficcato  con  chiodi .  £  detta  casa 
attorno  attorno  è  sostenuta  da  più  dì  dugento  corde  di .  seta  f or^ 
tissime  j  perchè  dal  vento  (  per  la  leggerezza  d^e  canne  )  saria 
rivoltata  a  terra  ^^«  Questa  casa  è  fatta  con  tanta  iodastria  e  aite, 
che  tutta  si  può  levar  e  metter  giù ,  e  poi  di  nuovo  riedificarla 
a  suo  piacere ,  e  feccia  far  il  Gran  Gan  per  sua  dilettazione,  per 
esservi  V  aria  molto  temperata  e  buona ,  e  vi  abita  tre  mesi  àtìY 
anno,  cioè  Gingao,  Luglio  e  Agosto;  e  ogn  anno  ^'^^  alli  vent'otto 
della  luna  del  detto  mese  d'Agosto  si  suol  partire ,  e  andare  ad 
altro  luc^o ,  per  far  certi  sacrificj  in  questo  modo.  Ha  una  man^ 
dria  di  cavalli  bianchi  ^  e  cavalle  come  neve ,  e  possono  essere  da 
diecimila,  del  latte  delle  quah  niuno  non  ha  ardire  di  bere  ,  s'egli 
non  è  descendente  della  progenie  di  Qngis  Gan .  Nondimeno 
Gingis  Gan ,  concesse  Y  onore  di  bere  di  questo  latte  ad  un  altra 
progenie ,  la  quale  al  tempo  ^uo  una  volta ,  si  portò  mcdto  valo- 
rosamente seco  in  battaglia ,  ed  è  nominata  Boriat  ^^ ,  e  quando 
queste  bestie  vanno  pascolando  per  li  prati ,  e  per  le  foreste  se 
gli  porta  gran  riverenza ,  ne  ardirla  alcun'  andargli  davanti ,  av-* 
vero  impedirli  la  strada .  E  avendo  gli  Astrologhi  suoi,  che  fanno 
r  arte  magica ,  e  diabolica  ,  detto  al  Gran  Gan ,  che  ogn'  anno  al 
vigesimo ottavo  di  della  Luna  d*  Agosto,  debba  far  spandere  del 
latte  di  quelle  cavalle  })er  l' aria  e  per  terra ,  per  dar  da  bere  a 
tutti  li  spiriti ,  e  idoli  che  adorano ,  acciocché  conservino  gli  uo- 
mini ,  e  le  femmine ,  le  bestie ,  gli  uccelli ,  le  biade ,  e  l'altre  co- 
se y  che  nascono  sopra  la  terra,  però  per  questa  causa  il  Gran 
Gan  in  tal  giorno  si  parte  dal  sopraddetto  luogo*,  e  va  a  far  di 
sua  m^ano  quel  sacrificio  del  latte .  Fanno  ancora  questi  Astrolo- 
ghi ,  o  vogliam  dire  Negromanti ,  una  cosa  maraviglìosa  a  questo 
modo,  che  come  appar  che  il  tempo  sia  turbato ,.  e  voglia  piove- 


279.-  Questa  casa»  Nella  relazióne  dell' ambaseiate  di  Lord  Marcarteney  (  f.c.) 
lesesi  chr  in  mezzo  al  Giardino  di  Zhe-Hol  eravi  una  landa  spaziosa  e  ma* 
gnifica  p  retta  da  colonne  dorate ,  dipinte ,  e  inverniciate .  Anche  oggidì  l'Im*^ 
peradore  pesaa^  in  Tartaria  aoUanto  Testate  (  ibid.  p.  558  ). 

aSo.  Boriat ,  Secondo  GerbìUon  lungo  il  Baikal  abitano  certi  popoli  «tetti 
dai  MogoUi  Brattea  )  e  che  sono  anche  essi  del  sangue  dei  Mogoilt  Kalkas^  i  qoall 
abitoito  a  tramontana  del  fiume  SMngue  (  Du«Hald.  t-IY.  p.  56  ).  Secondo  Pai- 
lìis  abitano  fì-a«  il  fiume  Kiiok  e  il  lago  Biùkalf  ed  ei  chiamali  Burlati .  Esso  pure 
afferma  che  sono  di -tartara  origine  (  Voy.  t»  V*  p.  355) . 


i44 

vanno  sopra  il  tetto  del  palazzo,  ove  abiu  il  Gran  Gan;  e  per 
jvirtù  dell'  arte  loro  lo  difendono  dalla  pioggia ,  e  dalla  tempesta , 
talmente ,  che  attorno  attorno  discendono  pioggìe ,  tempeste ,  e 
baleni ,  e  il  palazzo  non  vien  tocco  da  cosa  alcuna  •  E  costoro  , 
che  fanno  tali  cose  si  chiamano  Tebeth ,  e  Chesmir  ^^ ,  che  sono 
due  sorti  d' idolatri ,  quali  sono  i  più  dotti  nell'  arte  magica  e 
diabolica  di  tuue  V  altre  genti ,  e  danno  ad  intendiere  al  vulgo , 
che  queste  operazioni  siano  fatte  per  la  santità  e   bontà  loro ,  e 

{>er  questo  vanno  sporchi  e  immondi ,  non  curandosi  dell'  onor 
oro,  né  delle  persone  che  li  veggono .  Sostengono  il  fango  nella 
lor  faccia  ,  né  mai  si  lavano ,  né  si  pettinano ,  ma  sempre  vanno 
lordamente .  Hanno  costoro  un  bestiale  e  orribil  costume ,  eh  e 
quand'  alcuno  per  il  dominio  è  giudicalo  a  morte,  lo  tolgono,  e 
.cociono ,  e  mangianselo  :  nja  se  muore  di  propria  morte ,  non  lo 


fiSi.  Tebeth  e  Chesmir.  H  Testo  Ocdmo  rammenta  i  primi  soltanto  cA 
Aome  di  Tobet  che  erano  i  Sacerdoti  del  culto  Lamistico  (  t.  I.  p.  67.  n.  e  ). 
Nel  ritoccare  il  testo  vi  aggiunse  Chesmur  ossia  i  Cashmiriani ,  ctie  avevano 
fama  di  «ssere  incantatori .  Sarà  escusabi)^  il  Polo  di  avere  credato  ai  lo- 
ro incantamenti ,  quando  il  leggitore  si  rammenti  che  ei  visse  in  un  secolo  in 
cui  tutti  prestavano  fede  a  quelle  -fole.  \\  Bottari  nelle  sae  Lezioni  del  Deca- 
fnerone  (  t  I.  p.  in.  )«  osserva  che  oiuno  potrebbe  credere  se  non  1'  avesse  ve- 
duto che  sopra  una  lenta  fune  si  potesser  far  giuochi  tanto  a  chi  non  vi  fosAe 
lunga  pezza  adusato  ,  'impossibili.  Chi  si  potrebbe  imaginare  che  una  saltatri- 
ce  si  capovoltasse  o  facesse  altri  salti  sopra  un  cerchio  di  afìilatissime  spade 
▼olte  colla  punta  air  insù.  Chi  crederebbe,  ei  soggiunge  che  un  uomo  facesse 
Star  ritta  uoa  spada  nuda  posta  in  terra  dalla  parte  del  pomo,  e  postavi  una 
moneta  sulla  punta,  poscia  puntando  sopra  essa  moneta  la  itesta  sì  1*1  voltasse 
colle  gambe  aU'insùy  e  vi  stesse  fermo  per  buono  spazio  /  £i  rammenta  gli  Ele- 
fanti che  ballavano  sulla  corda  »  e  dopo  aver  noverate  più  altre  meraviglie  di 
tal  natura  ,  }e  quali  umane  operazioni  «  ei  riflette ,  da  chi  non  ne  avesse  sen- 
tore avuto  veruno ....si  vorrebbe  ad  ogni    patto  che  per   mezzo  di    diabolici 

argomenti  fossero  state  adoperate.  Ed  egli  è  certo  che  non  avvi  popolo  che  in 
destrezza  di  giuochi  superi  l' Indiano .  Tutta  V  Europa  ha  veduti  quei  giocola- 
tori  Indiani)  che  oltre  njolti  esercizi  di  una  destrezza  inimitabile ,  una  pesante 
palla  di  j4  libbre  facean  scorrere  da  un  braceio  alFaltro,  facendola  passare  die* 
tro  la  nuca,  e  talvolta  calare  verso  la  cintola  e  risalire  iosa,  e  dair  un  ali*  aU 
tro  braccio  gittavanla  e  si  vedea  su  di  essi  muovere  come  fbsse  un  piccolo  ani- 
male  /che  caminasse  a  sua  voglia .  Come  uno  di  questi  ingojava  sino  all'  elsa 
una  spada  ,  cose  tutte  che  sebbene  naturali  potevano  ai  creduli  sembrare 
prestigi.  E  sono  stato  assicurato  da  uu  colto  Cavaliere  Inglese,  stato  neU'Indie 
che  non  oserebbe  narrare  tuttociò  che  di  straordinario  in  questo  genere  vi  vi- 
de fare  per  non  incorrere  la  taccia  di  mentilore  in  Jiuropa. 


maogiaao.  CXire  il  nome  sopradetio,  si  chiamano  anche  Bacbsi  ^•^ 
cioè  di  lai  religione ,  ovvero  ordine  ;  come  sì  direbbero  Frati 
Predicatori,  ovvero  Minori  j  e  sono  tanto  ammaestrati,  e  esperti 
in  quest'  arte  magica ,  o  diabolica ,  che  fanno  quasi  ciò  che  vo- 
gliono :    e  fra  V  altre   se  ne  dirà  una  fuor  ai  ogni  credenza  • 
Quando  il  Gran  Can ,  nella  sua  sala  siede  a  tavola ,  la-  quale  co- 
me si  dirà  nel  libra  seguente  è  d'  altezza  piìi  d'otto  braccia  ,  e 
in  mezzo  della  sala,  lontano  da  detta  tavoia  è  apparecchiata  una 
credenziera  grande ,  sopra  la  quale  si  tengono  i  vasi  da  bere ,  essi 
operano  con  Y  arti  sue,  che  le  caraffe  piene  di  vino ,  ovvero*  latte, 
o  altre  diverge  bevande, da  se  stesse  empiono  le  tazze  loro,  senza 
ch'alcuno  con  le  mani  le  tocchi,  e  vanno  ben  per  dieci  passi 
per  aria  in  mano  del  Gran  Can.  E  poi  che  ha  bevuto,  le  dette  taz- 
ze ritornano  al  luogo  d'onde  erano  partite ,  e  questo  fanno  in 
presenza  di  coloro,  i  quali  il  signore  vuol  clie  veggano.  Questi 
Bachsi  similniente,  quando  sono  per  venire  le  feste  delli  suoi 
idoli ,  vanno  al  Gran  Can«e  li  dicono .  Signore ,  sappiate ,  che  se 
li  nostri  idoli  non  sono  onorati  con'  gli  olocausti ,  faranno  venire 
mal  tempo,  e  pestilenze  alle  nostre  biade,  bestie^  e  altre  cose. 
Per  il  che  vi  supplichiamo,  che  vi  piaccia  di  darne  tanti  castrati 
con  li  capi  neri ,  e  tante  libbre  d'^incenso,  e  legno  di  aloè,  che 
possiamo  far  il  debito  sacrifìcio  e  onore  :  ma  queste  parole  non 
dicono  personalmente  al  Gran  Can ,  ma  a  certi  principi ,  che 
sono  deputati  a  parlar' al  Signore  per  gli  altri,  ed  essi  dopo  lo 
dicono  al  Gran  Can,  il  quale  li  dona  interamente  ciocché  doman- 
dano :  e  venuto  il  giorno  della  festa  fanqo  i  sacrifici  de'detti  ca- 
strati ,  e  spargono  il  brodo  avanti  gì'  idoli ,  e  a  questo  modo  gli 
onorano.  Hanno  questi  popoli  grandi  monasteri,  e  abbazie,  e 
cosi  grandi,  che  pajono  una  piccola  città,  in  alcuna  delle  quali 
potriano  essere  quasi  duemila  monaci  ^  i  quali  secondo  i  costumi 
loro  servono  agi  idoli ,  e  si  vestono  più  onestamente  degli  altri 
uomini ,  e  portano  il  capo  raso  e  la  barba ,  e  fanno  festa  agl'idea 
£  con  più  solenni  canti  e  lumi ,  che  sia  possibile .  £  di  quesi 


1182  •  Bat^i .  Il  Marsden  deduce  rettamente  da  questo  nome  raccuratezir 
^elle  relazioni  del  Polo  (  n.  478  ) .  Baksi  o  Bakshi  secondo  VJj'in  Akhari 
d'  Abulfazel ,  i  dotti  Persiani  e  Arabi  appellano  i  sacerdoti  che  nel  Tibet  sono 
i  Lama.  Osserva  Klaproth  che  la  parola  Bukschu  e  di  origine  Mogolla*  e  si- 
nel  significato  di  sapiente» 

19 


i46 

alcuni  possono  pigliar  moglie .  Vi  è  poi  un'  altro  ordine  di  religio- 
si, nominati  Sensim  ^^  ^  quali  sono  uomini  di  grand' astinenza ,  e 
f^nno  la  loro  vita  molto  aspra ,  perocché  tutt'  il  tempo  della  vita 
sua  non  mangiano  altro  che  semole ,  le  quali  mettono  in  ac  qua 
calda ,  e  lasciano  stare  alquanto ,  finché  si  levi  via  tutto  il  bianco 
deUa  farina ,  e  allora  lo  mangiano  cosi  lavate ,  senz'  alcuna  sostan- 
ea  di  sapore .  Questi  adorano  il  fuoco ,  e  dicono  gli  uomini  dell' 
altre  regdie ,  che  questi  che  vivono  in  tanta  astinenza  éono  ereti- 
ci della  sua  legge ,  perchè  non  adorano  gì'  idoli  come  loro  :  ma 
è  gran  diffenza  tra  loro ,  cioè  tra  l' una  regola  e  1'  altra  :  e  que- 
sti tali  non  tolgono  moglie  per  qual  si  voglia  causa  del  mondo . 
Portano  il  capo  raso  e  la  barba ,  e  le  lor  vesti  sono  di  canapa , 
nere,  e  biave,  e  se  fossero  anche  di  seta  le  porterebbero  di  tal 
colore  «  Dormono  sopra  stuoje  grosse ,  e  fanno  la  più  aspra  vita 
di  tutti  gli  uomini  del  mondo .  Or  lasciamo  di  questi ,  e  diremo 
de' granai  e  maravìgliosi  £itti  del  Gran  Signore,  e  Imperator 
Cublai  Gan;  « 


284  •  Sensim  o  Sesein,  voce  che  «piega  il  Mar^den  (  Not  482  )  con  due  mo- 
«osiliabì  Cinesi,  il  primo  dei  quali  secondo  il  de  Guignes  significa  Sacerdote  di  Fò* 
ila  io  reputo   che  dopo  avere   favellato  il  Polo  della  setta  di  Lama*,  e  di  Fo 
qui  parli  di  quella  dei  Too'tse,  che  significa  cbttori  della  legge.  QoesU  è  una  setu 
Epicurea,  come  in  altro  luogo  abbiam  detto,  originaria  della  Cina  «  inventata  da 
LaO'Kiun  (  1 1.  p.  63  n.  d  ) .  Secondo  esso ,  il  saggio  non  dee  avere  altro  scopo 
•he  la  pace  e  la  tranquillità ,  senza  curare  il  passato  o  l' avvenire,  che   turba- 
no la  quiete  deU' animo.  I  loro  sacerdoti  sono  detti  Bonzi:  ma  siccome  la  dol- 
cezza della  vita  é  amareggiata  dal  pensiero  della  morte ,  che  ne  interrompe  il 
>«orso ,  si  applicane»  a  cercare  il  segreto  di    diventre    Ckien  -  Sien  che  significa 
uomo  immortale,   ed  ecco  perchè  il  Polo  chiama  quei  settari  Seii'Sim  (  Le  Gomte 
Nouv*  Mem.  sur  T  EtaL  Pres.  de  la  Chin.  Paris  1702  t»  III.  Praef.  p.  12  ). 


«4? 

DICHIARALIONE  AL  LIBRO  SECONDO 

PER    RISCHIARARE   LE     DIVERSE    LEGAZIONI     DI    MARCO    POLO  ^ 

E  I  VIAGGI  A  CIÒ   RELATIVI. 

£er  quanto  sembri  che  la  mancanza  d'ordine  nel  piano  m 
dii^isione  del  Milione ,  sia  il  principal  difetto  di  questo 
scritto^  e  ciò  che  reca  maggiore  oscurità  alla  retta  interpre- 
tazione dei  telaggi  dei  Poli,  Marco  tuttavia  ebbe  un  suo  proprio 
dwifamento  nel  compilarlo  che  nel  suo  scritto  traluce .  Come 
in  altro  luogo  a\K*ertimmo  (/.  Lp.  n  i  ^  n.),  ei  si  propose  di  dare 
tutta  la  Storia  dei  Tartari  daila  fondazione  delt  Impero  dei 
Mogolli  sino  ai  suoi  tempi y  ed  una  completa  descrizione  deir 
Asia .  Perciò  nel  primo  Libro  comprese  la  storia  ilei  Tartari 
daW  incominciai nènto  della  loro  grandezza  fino  alV  inalza^ 
mento  ili  Cuilai-Can  suo  signore,  e  la  descrizione  dell'Asia, 
eccettuata  l^ India,  e  la  Cina.  Ciò  ^i  dichiara  dopo  aver  par^ 
lato  di  Chesmur  odel  Kaschmir  (Ub.Lc.  27^.  »  Se  io  volessi. 
»  andar  seguendo  alla  diruta  via  entrerei  neir India»  Ma 
»  ho  deliberato  scria^rla  nel  terzo  libro,  e  pertanto  ritomerì> 
»  aUa  provincia  di  Bàlaxiam,  per  la  quale  si  dirizza  il  camino 
^  verso  il  Catajo  ^ .  Anche  dopo  aver  condotto  il  leggitore  a 
Ormuz  soggiunge:  »  avendosi  detto  d^Ormuz,  voglio  che  lasciam 
n  stare  il  parlare  dell'  India  ,  la  quale  sarà  desa^itta  in  un- 
»  libro  particolare,  e  che  ritorniamo  di  nuovo  a  Ckiermain^ 
»  verso  Tramontana  »  (  Lib.  L  e.  1 7  ),  Cosi  avverte  il  leggi- 
tore di  ricondurlo  nella  sua  via  del  Catajo ,  e  nel  far  ciò 
descrive  il  paese  eh  'ei  visitò,  non  cdV andare,  ma  alla  sua  tornata 
dal  Catajo,  allorché  condusse  da  Ormuz  la  PrincipessaCogatin 
a Candgiatu,  perchè  jirgoneru morto.  Infatti  nelVantipemdti^ 
mo  capo  del  libro  terzo  parla  nuovamente  d Ormuz,  os;e  sbar^ 
co,  ma  non  prosegue  la  descrizione  del  viaggio  da  lui  fiotta 
per  terra  di  li  a  Tebriz,  e  da  Tebriz  alVArbor  Secco,  ove 
condusse  la  Sposa  a  Cazan.  Né  procede  dipoi  a  descrivere  la 
via  da  lui  fatta  per  recarsi  nuovamente  a  Tebriz  e  di  li  a' 
Trebizonda  ove  s'  imbarcò  per  T^enezia ,  come  narra  nel 
Proemio  (  V.  not.  3 1  )  perchè  di  tutta  quella  contrada  par- 
lò nel  nrima  libra  ^  Comorende  adunaue  il  suddetto  tutti  io 


t4« 

piaggi  asiatici  dei  Poli  i^ecchi  e  i  suoi  ^  meno  quelli  da  lui 
fatti  nella  Cina,  nella  penisola  di  là  dal  Gange,  e  nelVIndie^ 
In  questo  secondo  libro  tratta  dei  fatti  di  Ciìblai-Can,  e  dei 
paesi  da  lui  veduti  nel  corso  delle  sue  legazioni  ai  sersngi 
del  Can.  Infatti  ei  dice  (  Lib.  II  Cap.  27.  );   »  poiché  s^è 
»  compiuto  di  dire  li  gos^erni  e  amministrazioni  della  pro^ 
»  {lincia  del  Catajo ,  e  della  città  di  Cambalu,  si  dirà  delle 
»  altre  regioni  nelle  quali  Messer  Marco  andò  per  V  occor- 
»  renzie  aelV Impero  del  Gran  Can  »•  E  ciò  dichiara  ei^iden^ 
temente  che  tutte  le  sue  legazioni  furono  dirette  a  quelle 
contrade  che  descrive  in  questo  libro  .    E  siccome  in  esso 
tratta  della  Cina,  del  Tibet ,  e  di  altri  paesi  che  sono  com- 
presi  fra  la  Cina  ,  il  regno  di  Mien  (  il  Pegu  )  e  il  Bengala, 
si  può  dietro  la  sua  asserzione  asserire  che  le  sue  legazioni 
non  oltrepassarono  le  dette  contrade.  Non  tanto  agevole  e 
tuttavia  il  ravvisare  il  numero,  lo  scopo  ,  e  la  direzione  di 
queste  sue  legazioni .  Ma  ci  volgeremo  a  tale  inchiesta  dietro 
la  scorta  di  lui  medesimo .  Narra  nel  Proemio  che  Cublai  lo 
spedi  a  Carazan .  E  nel  Testo  da  noi  pubblicato  leggesi  : 
»  quando  lo  re  di  Mien ,  e  di  Bangala  j  che  con/ina  con 
»  Charagiam  »  (t.Ip.  117J,  talcliè  questo  regno  si  ravvisa 
essere  la  contrada^  die  comprende  la  parte  settentrionale  del 
regno  d' Ava  ^  V Aracan  j  il  paese  di  Cachar,  e  di  Lac-tho  • 
Ei  dice   che   per  giungervi  gli   occorsero  sei  mesi  parten^ 
dosi  da  Cambalìi .  E  dal  modo  in  cui  ne  ragiona,  sembra  ^ 
che  vi  fosse  sepedito  poco  dopo  il  suo  arrivo  a  Kei  -  pin  -fu 
(^Proem.), perche  ivi  dice  che  »  per  provar  la  sapienza  del  det-* 
»  to  M.  Marco^  (Cublai)  mandollo  per  una  faccenda  impor^ 
»  tante  del  suo  reame  ad  una  città  detta  Carazan  »  e  sog- 
giunge che  essendosi  prudentemente  e  saviamente  condotto  in 
tutto  ciò  ch^ eragli  stato  commesso:  »  che  sei  chiamò  il  Gran  Can 
*»  sopra  tutte  le  sue  ambasciate  »  ft.  I  p.  ^).  Conquistò  Cublai 
elette  contrade  nel  l'X'ji,  Giunse  Marco  a  Kei-pinfu  nel  i^'jS 
(^n.2^Jj  sembra  dunque  che  nell'anno  seguente  possa  essenti 
stato  spedito.  Ma  non  avvi  dubbio  che  da  Carazan  s  inoltrò 
Marco  sino  alla  città  di  Mien  o  di  Pegu,  perche  ei  descrive 
il  silaggio  che  fece  nel  recarvisi  e  nel  tornare  indietro  a  Cam^ 
balu.  Che  questa  fosse  la  prima  sua  legazione  confermalo 
V  averne  data  la  relazione  innanzi  quella  degli  altri  viaggi  • 
Incomincia  a  descrivere  il  f^iaggio  partendosi  da  Cambaiu  al 


'49 
Cap.  27,  e  indi  il  ritorno  daMien  s^erso  Caìnbalu  che  termina 
al  Cap.  49.  Tornando  indietro  come  ivi  si  legge  la  sua'  via  Jece 
capo  a  Sinrdin-fu  che  dimostreremo  essere  Tchìn-tvrfu  capitale 
del  Se-tchuen,  indi  a  Giogui,  che  male  a  propòsito  è  scritto 
Guza  nel  Testo  Ramusiano  al  Cap.  ^28^  e  Giogui  al  Cap.  49 
che  dimostreremo  essere  Tso-tcheu  nel  Petcbeliy  non  lungi 
da  Pekino.  Giunto  cella  sua  relazione  a  Giogui  trasporr 
ta  bruscamente  il  leggitore  a  Pazartfu  secondo  il  Samusia^ 
no  j  a  Cacqfu  secondo  il  nostro  ^  e  non  da  verun  altro  cen- 
no che  intraprende  la  descrizione  d'una  nuova  stia  lunga 
peregrinazione y  che  avvertendo  che  questa  città  è  per  un  altra 
^ia  verso  mezzodì  f  e  che  »  è  della  provincia  del  Catajo  tor- 
t  nando  per  V altra  parte  della  provincia  »^  mentre  la  direzio^ 
ne  delia  sua  via^ precedentemente  tu^vert iva  essere  verso  levante. 
Di  qui  inconpincia  a  descrivere  la  strada  die  da  Cambalu  per 
Quinsai  conduce  a  Zaiton  nel  Fokien^  strada  eh' ei  fece  neW 
accompagnare  la  regina  Cogatin^  a  detto  porto  ove  s^ imbarcò 
pel  seno  Persico^  ma  che  per  lo  innanzi  aveva  fatta  piìi  voU 
te.  Infatti  dà  cenno  di  essere  stato  a  Quinsai  preoedentemente 
perchè  nel  testo  da  noi  pubblicato y  nel  ncu^r are  le  re9idite  che  il 
Gran  Can  ritraeva  dalle  gabelle  della  città ^ei  soggiunge  »  sic- 
»  che  io  Marco  Polo  che  ho  veduto  e  stato  sono  a  far  la  ra- 
>»  gione  (t.Lp.  145^.  Altrove  ei  dice  (^Lib.  II.  e.  65)  parlando 
di  Quinsai:  »  in  questa  dttà  M.  Marco  Polo  ci  Jìi  assai  vol- 
te ».  Talché  sembra  che  ivi  occupasse  un  impiego  nelV esazione 
delle  gabelle  per  alcun  tempo.  Dà  contezza  d'altra  sua  co/»-. 
missione  e  viaggio  che  dovè  fare  ^allorché  dalla  corte  recossi  alla 
città  di  Vangai  che  dimqst  reremo  essere  Yang-tcheur fu  ^capita- 
le  del  Settimo  DipartimentQ  della  provincia  di  Kiang^nan^  ove 
inveòe  d'uno  d^i  dodici  gran  Baroni  d^l  regno  ebbe  il  governo 
delia  città  per  tre  anni  (Lib.  IL  e.  60  J  .  Afferma  (^Lib.IL 
e.  8  )  di  essersi  trovato  in  Camhalu  nel  iiò%^  allorché  vi  ac* 
cadde  la  sollevazione  contro  Achamach  primo  Ministro  di 
Cuhlai-Canj  e  che  di  li  fu  chiamato  a  Chantu  per  istruire  il 
Gran  Can  dell'  (ifcaduto  (  p^.  iV".  323  ).  Da  contezza  di  una 
lunga  peregrinazione  da  lui  fatta  nel  1280,  secondo  la  le-- 
zion  Ramusiana\  Lib.  III.  e.  6  )  e  secondo  il  nosto  Testo 
nel  1285  (  t,^  I.p.  i56  ^fino  al  regno  di  ^iainpa  o  di  Tsiampa 
a  mezzodì  della  Cocx^incina.  .Ma  di  ciò  nulV  altro  sappiamo 
che  ciò  ch^ei  dice  in  detto  capo^  »  e  Messer  Marco  Polo 


i5o 

»  nel  iiBo  Jii  in  questo  luogo ^  e  trovò  che  il  detto  re  avect 
»  tì^ecerUo  e  venticinque  figliuoli  tra  maschi  e  femmine    »  - 
Io  iion  dubito  di  affermare  che  anche  per  andare  ivi  s^  im- 
barcasse a  Zaitum.  Tanto  più  die  in  principio  del  detto  capo, 
dice  che  partendosi  da  Zaitum ^  »  poiché  s'è  nóA^igato  a  tra- 
»  verso  di  questo  Golfo  milleòinquecento  miglia  y  si  t mova 
M  una  contrada  nominata  Ziamba   t»  .   £  forse  vi  andò  a 
raccogliere  il  tributo,  che  il  re  della  contrada  pagoi^a  annu- 
almente al  Gran  Can^  e  tornò  indietro  per  la  medesima  via. 
Irifatti  leggesi  negli  Annali  Cinesiyche  Cablai  inviò  nel  laSS^ 
anno  che  secondo  il  nostro  testo  fu  quello  del  Viaggu>  del  Pdo^ 
Yangtinpie  a  visitare  le  isole  e  regni  posti  a  m^zxodi  delia 
Cina,  e  informarsi  segnatamente  delle  ioi^/hr:^ ,  ricchezze, 
e  per  impegnarli  u  ricw$oxersi  tì^ibtitmj  del  Con .  L^  impioto 
Cinese  oltrepassò  le  speranze  del  suo  signore,  e.  nel  t  a86  i 
vascelli  di  dieci  f^gni  differenti  arrivarono  a  Siven  -  *chea 
nel  Fhkien.  Crudo  adunque  cheti  Polo  fosse  in  quella  spedi-- 
zione  impiegato .  Ciò  vien  t<mto  più  confermato,  dallo  stato 
iri  ad  era  allora  la  Cina  meridionale  -,  imperocché  solo-  nel 
1285  nefs  compiuta  la  conquista  {^  tìist.' Gen.de  la  Chine 
t.  IX.  p.  4o4  )•  //  Polo  narra  infine ^  che  allorché  si  deter- 
minarono gli  Ambasòicetori  di  Persia  a  ritx>mare  in  patria 
per  mar^  unitamente  a  Cogatin^  òhe  condurre  dòvean^o  ad 
Argun ,  che  richiesero  esso  Marco  di  accompagnarli  (  Pro^ 
em.  p.  fj^,  ei  tornava  daila  parte  deltfndia,  dove  era  sta^ 
to  con  alcune  navi ,  Di  questa)   sua  f^iaggio  non  dà  verun 
altro  cenno ,  ma  può  dagli  Annali  Cinesi  dedursi  la   na- 
tura e  V oggetto  di  quella  missione^  Ei  parti  colla  regina 
nel  tik^^  (not.  34  )j  <^d  in  quelfaimò  appunto  riferiscono 
i  detti  ismnali  che  tornò  a  Siven^tcheu  una  flotta  che  Cablai  Can 
aveva  spedita  contro  it  regno  di  KuauUj  che  non  é  ben  chiaro 
se  fosse  nelfisola  di  Borneo  ^  di  Giova .  Diede  motivo  alla 
spedizione^  un  affronto^ fatto  dal  re  della  contrada  ad  un 
inviato  di  Cuoiai,  appettato  Mongki,  che  era  stato  ivi  spedito 
per  disporre  quella  gente  a  porsi  sotto  la  f^oteziene  del  Can 
e  pagarli  tributo .  Ma  il  re  lungi  dal  consentirvi  fece  bolla- 
re sid  voko  r  iniziato  Mongki  e  rimandollo.  La  spedizione 
deir  ìmperadote  ebbe  esito  assai  infelice^  per  -  lo  ohe  tornò 
indietro  V  ormKimento  e  giunse  Siven -tckeu  nel  Pokien  in 
sessantotto  giorni  di  navigazione  (  ibid.  t.  IX.  p.  45o  )  •    Il 


1 


Polo  ai>s^erte  che  Zaitiim  {Shenrtcheu)  è  il  porto:  »  os^e  tutte  le 
»  navi  d' India  fanno  capo  »  (  T.  I.  p.  1 48  ).  Io  reputo  pertanto 
che  il  Polo  fosse  impiegato  in  queste  due  marittime  spedizioni j 
perche  oltre  il  comandante  de^nai^iljj  e  quello  delle  truppe  da 
sbarco^  s^i  occorreva  pur^anco  un  commissionato  per  le  trattative 
politiche.  Ed  ei  era  quello  appunto,  cui  tali  importanti  commis- 
sioni erano  affidate,  come  ei  stesso  lo  dichiara,  col  dire,  che  Cu^ 
blai  lo  chiamò  sopra  tutte  le  sue  ambasciate  (^t.Lp.'j).  Ab^ 
biamo  altro  valido  fondamento  di  credere  che  in  ambedue 
queste  marittime  commissioni  ei  s' imbarcasse  Siven-tcheu 
perche  intorno  al  paese  de' Mangi,  o  alla  Cina  Meridionale  cosi 
eis  esprime  (  Lib.  ILcjg  ).  »  Ora  avendo  detto  di  alcune  città 
»  del  regno  di  Conca,  eh* è  una  delle  nove  provincie  di  Mangi.... 
«  lasceremo  di  parlar  più  di  questi,  perchè  Messer  Marco 
•  non  fu  in  alcuni  di  essi,  come  fu  in  questi  due  di  Quinsai 
»  e  di  Conca  ».  E  siccome  il  paese  dei  Mangi  (^t.Lp.^Tign.) 
era  la  Cina  rimasta  sotto  V  obbedienza  dei  principi  natii, 
ossiano  le  provincie  di  là  dal  Kiang^  si  ravvisa  che  la  provincia 
di  Quinsai  è  quella  che  appellasi  oggidi.  Tchu-kiang,  e  V altra 
di  Conca  il  Fokien,  come  sarà  a  suo  luogo  dichiarato.  Perciò 
sembra  dimostrato  che  sempre  s*  imbarcò  a  Zaitum .  B  qui 
può  obiettarmisi  che  eifu  anche  nel  Yunan,  ma  ai  tempi  di 
cui  qui  si  ragiona,  era  considerato  paese  straniero,  e  non  ap- 
partenente  alla  Cina.  Ci  è  piaciuto  a  questo  luogo  riunire 
tuttociò  che  concerne  le  legazioni  del  Polo,  e  di  fare  servire 
questo  nostro  ragionamento  di  proemio  e  di  dichiarazione  al 
Secondo  Libro  del  Milione . 


>    l 


•       « 


'  v       . 


r^ 


i53 

LIBRO  SECONDO 

CARI. 

Be'  martwigliosi  fatti  di  Cuoiai  Can  y  che  al  presente  re- 
gna ^  e  della  battaglia,  che  egli  ebbe  con  Najam  suo  bar- 
ba j  e  come  vinse. 

xJra  nel  libro  presente  vogliamo  cominciar'  a  trattar  di  tutti  i 
grandi ,  e  mirabili  fatti  del  Gran  Gan,  che  al  presente  regna  detto 
Cablai  Can  *^^ ,  che  vuol  dire  in  nostra  lingua  Signor  de'  Si- 


:è8S.  Cubkd  Can.  Secondo  Yisdeloa  scrirono  questo  nome  ì  MogoUi  Hhw 
U^lai^  die  significa  in  quella  favella  officioso.   Secondo  il  Padre  Amiot  il  suo 
vero  nome  è  Kobilai  (  Recherches  sur  les  Chin.  t.  XIY.  p.  62  not.  ).  La  forte, 
aspirazione  deUa  prima  lettera  di   questa  voce  fu    espressa  col  K  ,  e    col   C 
allorché  fu  traslatato  il  suo  nome  nelle  altre  favelle .  Esso  era  il  quinto  figlio 
di    Tolei   Carif  o  J\iH  Can  figlio  di  Gengiscan  e  della  principessa  Kiekechi  e 
nacque  nel   1116  (  HisL  Gen.  de  la  Chin.  t.  JX.  p.  282  ).  AUorchè  mori   Mangu 
suo  frateUoy  signore   di  tutti  i  Tartari,  nel  Se^Tckuen  o  di  febbre »,o  di  feri- 
te 9  intomo  a  che  corre  disparere  fra  gli  storici ,  era  Cublai  occupato  in  una 
spedizione  tìeVìì Hou^Kuam .    Appresa   la   morte  del  Gran  Ci^i|  abbandonò  l' im- 
presa e  in  diligenza  recossi  a  Chaniu  ove  fu  proclamato  Imperudore  (  Yisdelou 
Suppl.  a  Herb.  p.  i56  ).   Non  lo  rammentano  però  le  Storie   Cinesi    qual  legitti- 
mo  signore  della   contrada,    che   allorché   ebbe  distrutta  la  dinastia  dei  Song  e 
soggiogata  la  Cina    intera.    Ebbe  dai   Cinesi  il   titolo  di  onore,  di    Chitsu   che 
significa  r  aro   dei   secoli  .    A  seconda  delle  passioni  fu  giudicato  questo  grand* 
uomo.  Gii  Storici  Cinesi   esagerano  i  vizj  di  lui,  e  ne  tacciono   le  virtù.  Me- 
ritò il   rimprovero   fattogli  di  essere   stato   superstizioso,   d*  aver  prestata  fede 
agli    incantamenti  dei  Lama  :  ma  <;ome  si  legge  nel  Polo,  fu  tollerantissimo  per 
tutte  le  religioni.   Rimproverangli  i  Cinesi  di  aver  data  troppa  autorità  agli  stra- 
nieri,  e  alle  genti  d'Occidente,  e  sopratutto  ai  Maomettani  che  amministravano 
le   pubbliche  rendite,    e  smungevano   i   popoli.    1  Tartari  lo    tengono   in   fama 
d'uno   dei  loro  più  grandi  imperanti.  Perdonò  al   fratello    ribelle,  represse    la 
rapacia  e  crudeltà  delle  sue  genti.    Esso  adottò  la  Legislazione   Cinese,  scelse 
per    principal   ministro   Va  -  Ku  che   apparteneva  alla  nazione  da  lui  debella- 
ta .    Creò   il  supremo   tribunale   detto   H€ui»Cinj  e  lo   compose  dei   più  distinti 
personaggi  dell'Impero,   flichiamò  i  letterati  di   ogni    contrada,   fece   tradurre 
in  Mogollo  i  libri   religiosi  i  più  reputati  dell'Indie,  del  Tibet,  della  Cina.  AeUi- 
ficò   l'Alfabeto  Mogollo   (  Hist.  Gen.  de  la  Chin,  T.  IX.  p.  3io  ).  Ordinò  che  si 
scrìvesse  la  storia   della   dinastia   dei  Kin  e  dei  suoi   pi-edecessori   i  Mogolli  : 
che  fossero  fatte  osservazioni  astronomiche,  che  riuscirono  assai  esatte,  per  o{>e- 

20 


i54 
gnori  '^.  E  ben  è  vero  il  suo  nome,  perchè  egli  è  più  poten- 
te di  genti ,  di  terre ,  e  di  tesoro  di  qualunque  signor  che  sia 
mai  stato  ed  mondo ,  né  che  vi  sia  al  presente ,  e  sotto  il  quale 
tutti  i  popoli  sono  stau  con  tanta  obbedienza,  quanto  che  abbia- 
no mai  fatto,  sotto  alcun  altro  re  passato;  la  qual  cosa  si  dimo- 
strerà chiaramente  nel  processo  del  parlar  nòstro  ^  dimodoché- 
ciascuno  potrà  comprendere  ^  che  questa  è  la  veiità . 

Dovete  adunque  sapere ,  che  Cublai  Can  è  della  retta  y  e 
imperiai  progenie  di  Cingis  Can^^^  primo  Imperatore;  e  di  quel- 
la dee  esser  il  vero  Signor  de' Tartari.  Questo  Gublai  Can. è  il 
sesto  Gran  G'^n  ^^  che  cominciò  a  regnar  nel  ia56  ^  essendo 


ra  di  scienziati  Persiani ,  i  quali  construirongli  anche  dèUe  sfere  .  Fece*  fare 
uno  gnomone  di  4^  piedi  di  altezza,  e  osservare  1*  altezza  del  polo  in  parec* 
ehie  città  principali  della  Cina .  Opera  sua  fu  1'  escavazione  del  Canale  Im- 
periale 9  e  di  altri  minori  (  Omib.  apud  SoiM^et.  ubi  sup.  ) .  Inviò  il  Matemati- 
co Tttchi  a  cercare  le  sorgenti  del  iiume  Hìtang^Oi,  cìif  fece  una  carta  dei  pae- 
si da  lui  visitati ,  e  questa  illustrò  con  una  relazione  (  Hist.  Gen.  de  la  CIiìb. 
t..lX.  p.  4^4  )•  EHede  il  nome  alla  sua  dinastia  di  Tai  ^  Vven.  Veno  la  fine 
dei  suoi  di ,  sollevò  i  popoli  dal  grave  peso  delle  imposizioni .  Favoreggiò  il 
traffico,  e  aprì  i  porti  delllmpero  a  tutti  i  trafficanti.  Pubblicò  un  nuovo  Co-^ 
dice  Legislativo ,  protesse*  ¥  agricoltura  e  le  arti,  e  mori  il  primo  di  dell' Ao* 
no  1294  in  età  di  ottani'  anni  (  ibid.  p^  458  ) .  ÌV  suo  impero  comprendeva, 
la  Cina,  la  Tartaria  Cinese,  il^  Tibet ,  il  Tonkin,  la  Conchincbina  e  molti  al^ 
tri  regni  a  occidente  e  a  mezzodì  delift  Clna^  H  Leatong,  e  la  Corea  pagavan* 
gii  tributo .  I  MogoUi  di  Porsia  e  del  Turkestan ,  tutta  la  Tartaria  dal  Nieper 
allo  stretto  di  Anian,  e  dall'Indie  al  Mar  Ghiacciato^  riconoscevano  l'aito  do»- 
rainio  di  lui,  e  come  vassalli,  pagarangli  tributo. 

286.  Signore  dei  Signori  (  V.  T.  I.  p.  65  not.  d  )•. 

287 .  Progeme  di  Cingi f^Can  (  V.  Not.  »85  ) . 

288.  //  sesto  Gran  Can.  Questa  erronea  asserzione  del'  WAo  fa  corretta  diso- 
pia (  Not.  229).  Cublai  era  il  cfuinto  Gran  Can. 

289..ÌV1J/  ì25b.  Danda  fede  a  Yisdelou,  alla  Storia  Generale  delia  Cina, 
al  Deguignes,  al  Gaubil  la  data  è  sbagliata.  Ma  qui  è  da  avvertire,  come  no- 
toUo  il  Marsden  (  Not  487  ),  che  il  Padre  Souciet  nell'opera  intitolata.  »•  Observa* 
»  tions  Mathematiques,  Astronomiques,  Geographiques,  Chronologiques  tireés  des 
»  anciens  livres  Chinois  »  (Par.  1729. 4* )9  nelidare  il  ristretto  cronologico  della  Sto- 
ria dei  cinque  primi  Itnperadori  Mogolli  deL  Padre  Goufail,  avverte  in  nota  che 
rinalzamento  di  Cuoiai  Can  non  doveva  essere  posto  nel  1260^  ma  quattro, anni  pri* 
ma,  cioè  nel  1256,  perchè  cosi  ayevaglielo  scrìtto  raut<Mre  del  ristnetto  .  Ciò  giù- 
stifi<5a  l'esattezza  del  Polo,  che  di  cosa  cosi  solenne,  relativa  al  suo  signore, 
doveva  essere  pienamente  ii^truito.  Anche  Petis  de  la  Croix.  pone  l'incomin- 
ciamento  del  regno  di  CuUai  Can  nel  1267  .  La  differenza  di  un.  anno  fra 
esso,  e  il  Polo  deriva  <)al  vario  modo  di  ridurre  l'anno  Cinese  al  Calendario 
Arabo  Q  Latino  11 


i5d 

danni  17,6  acquistò  la  signoria  per  là  sua  gran  prodezza,  boiità, 
e  pmdeaza,  coatro  la  vd^Hità  de'  iraidl  li  ^  e  di  molli  altri  suoi 
baroni ,  e  parami  che  non  volevano ,  lua  a  lui  la  successici  del 
regno  ap])aiteDeva  giustamente.  Avanti  che  fosse  il  signore,  anda* 
va  volentieri  oellesercito ,  e  voleva  trovarsi  in  ogni  impresa ^  per- 
ciocché ,  olire  che  egli  era  valesite ,  e  ardito  con  r.artni  io  mano, 
veniva  riputato  di  consiglio^  e  astuzie  militari  il  più  savio  e  av- 
venturato  capitano ,  che  mai  avessero  i  Tartari  :  e  dopo  dVei  fu 
Signore  non  v'-  andò  se  noti  nna  sol  volta ,  ma  xielle  icnprese  vi 
nian<lava  i  suoi  figlincli ,  e  capitani  ;  e  la  causa  perchè  vi  andasse 
Hi  questa,  J>fel   1286  si  firuovava  uno  nominato  Najaixi  ^^^ ,  gio- 
vane d'anni  trenta ,  (fOjaX!  èva  òarba  di  Cuhiai ,  e  signor  di  mol- 
te terre  e  proviucìe^  dimodoché  poteva  facilmente  metter'insie* 
me  da  qnattrocentomila  cavalli ,  e  i  suoi  predecessori  erano  sog- 
getti al  dominio  del  Gran  Can  .  Costui  commosso  da  leggerez;za 
giovanile ,  veggendosi  signor  di  lante  genti ,  si  pose  in  animo  di 
non  voler  esser  sottoposto  al  Gran  Gan  ^  anzi  di  volerai  torre  il 


290.  Jribuga  si  oppose  all' inalzamento  di  Cablai.  Quel  prìncipe  era  il 
settimo  figlio  di  Tolei  ^  o  Tuli  -  Con  e  perciò  fratello  minore  di  Cuoiai.  Que- 
sti lo  disfece  suUe  rive  del  lago  Sii  --  mu  ^  la  -  nor^  nell*  anno  i264f  (  la  data 
può  essere  errata  ).  Vedendo  Aribuga  di  non  poter  ristabilire  le  cose  sue,  si  ar- 
rese al  fratello  con  tre  altri  principi  del  sangue,  e  un  ^an  numero  di  po- 
tenti signori  promotori ,  o  fautori  deUa  ribellione  di  lui .  Cublai  perdonò  al 
fratello   ed  ai  principi ,  punì  gli  altri   di  mort»  (  Visdelou  1.  e.  Deguign.  t.  IV. 

p.  i5g  }.  •  .  .  .     . 

agi.  Najam.  Gengis-can  divise  la  Tartaria  Orientale,  che  incomincia  qua- 
si a  levante  del  Meridiano  di  Pekino,  in  venti  dipartimenti.  Diede  a  Pelguiei 
suo  fratello  la  signorìa  delle  terre  comprese  frai  fiMmi  LeM  Torro  e  il  Kouei^lei 
e  altra  porzione  di  terra  fra  il  detto  fiume  Leao  e  il  Leatong.  Najen  bisnipote 
di  Pelgutei ,  aumentò  considerabilmente  V  avito  dominio  e  imperava  a  nove  di- 
partimenti della  Tartarìa  Orientale.  Gli  undici  rimanenti  erano  posseduti  dai 
capi  deUe  Tribù  Tartare  di  Tchalar ,  di  Hongkil ,  cK  9iangu ,  di  Guìcu , 
d'  rkiahass0  .  Caidu  che  i  Cinesi  appellano  Haitu  pirii^cipe  turbolento  posse- 
deva un  potente  stato  nel  paese  d!Almalig  e  fu  il  pia  poderoso  nemico  di 
Cablai' Can  (  t.  L  p.  aii  not.  e  ).  Esso  istigò  Najren  a  ribellarsi.  Ei  discendeva 
da  Gengiscan,  era  figlio  di  Caschi  figlio  di  Octai-Can  (  Degùig.  t.  IV.  p.  5ii  ). 
Venne  Nayen  ad  aperta  guerra.  Secondo  le  Storie  Cinesi  aveva  un  esercito  di 
centomila  uomini ,  meno  numeroso  era  quello  di  Cublai^Can .  In  .quegli  anna- 
li la  disfatta  di  Nayen  'cade  un  anno  dopo  quello  segnato  dal  Polo.  Abbiamo 
avvertito  essere  occorso  più  volte  che  fra  il  Polo  e  gli  annali  Cinesi'  ewi  la  discre- 
panza di  un*  anno  relativamente  alle  epoche  degli  avvenimenti  (  Hist.  de  la  Ghia, 
t.  IX.  p.  4i3  ). 


i56 

regno,  e  mandò  suoi  mi  riti  segréti  a  Gaida ,  qùal'era  grande^ 
e  potente  signor  nelle  parli  verso  la  Gran  Turchia,  e  nepote  del 
Gràh  Can  ,  ma  suo  ribelle ,  e  portavagli  grand'  odio ,  perciocché 
ogn'ora  dubitava,  che  il  Gran  Can  non  lo  gastigasse.  Caidu 
uditi  i  messi  di  Najam  fu  molto  contento  e  allegro,  e  promisse- 
gli  di  venir'  in  suo  ajuto  con  centomila  cavalli ,  e  così  ambedue 
corainciorno  a  congregar  le  lor  gemi ,  ma  non  poterno  fare  così 
segretamente ,  che  non  ne  venisse  la  fama  all'orecchie  di  Gublai, 
qual'intesa  questa  preparazione  subito  fece  metter  guardie  a  tutti  i 
passi,  che  andavan  verso  i  paesi  di  Najam,  e  di  Gaidu,  acciocché  non 
sapessero  quel  che  lui  vedesse  fare ,  e  pcH  immediate  ordinò  che 
le  genti  ch'erano  d^intorno  alla  città  di  Gambalu,  per  lo  spazio  di 
dieci  giornale,  si  mettessero  insième  con  grandissima  celerità ,  e 
furono  da  trecentosessantamila  cavalli ,  e  centomila  pedoni ,  che 
sono  li  deputati  alla  persona  sua  ^  e  la  maggior  parte  falconieri , 
e  uomini  della  sua  famiglia  ^  e  in  venti  gicHrni  fiu*ono  insieme:. 
Perchè  se  egli  avesse  fatto  venir  gli  eserciti,  die  ei  tien  di  con^ 
tinuo  per  la  custodia  delle  provincie  del  Gatajo ,  sarebbe  stato 
necessario  il  tempo  di  trenta ,  o  quaranta  giornate  ;  e  Tapparec- 
chio  s' averia  inteso  ;  e  Gaidu ,  e  Najam  si  sarian  congiunti  insie- 
me ,  e  ridotti  ih  luoghi  forti ,  e  al  loro  proposito .  Ma  lui  volse 
con  la  celerità  (  la  qual'  è  compagna  della  vittoria  )  prevenir  alle 
preparazioni  di  Najam ,  e  trovarlo  solo,  che  meglio  lo  poteva 
vincer  che  accompagnato, 

E  perchè  nel  presente  luogo  è  a  proposito  di  parlar  d'alcu*- 
na  cosa  dalli  esercìii  del  Gran  Can ,  è  da  sapere  che  in  tutte  le 
Provincie  del  Gatajo  ^  di  Mangi ,  e  in  lutto  il  resto  del  dominio 
suo,  vi  si  truovano.  assai  genti  infedeli  e  disleali,  che  se  potes* 
sero  si  ribellerian  al  lor  signore,  e  però  è  necessario  in  ogni  prò- 
vincia^  ove  sono  città  grandi,  e  molli  popoli,  tenervi  eserciti,  che 
^anno  alla  Campagna .  quattro  o  cinque  miglia  lontani  dalla  città^ 
quali  non  possono  avere  port^  né  muri,  di  soae  che  non  se  gli. 
possa  entrar  dentro  a  ogni  suo  piacere.  E  questi  «erciti  il 
Gran  Can  gli  fa  mutar  ogni  due  anni ,  e  il  simit  fa  de*  capitani  j 
che  governano  quelli ,  e  con  questo  freno  ^  li  popoli  stanno  quie- 
ti, e  non,  si  possono  movere ,  né  far  novità  alcuna.  Questi  eser- 
citi oltre  il  denara,  che  li  dà  <U  continuo  il  Gran  Can  delle  ea^ 
irate  delle  provincie ,  vivono  d'  un'  infinito  numero  di  bestie  clie^ 
hanno,  e  del  latte,  quale  mandano  alla  città  a  vendere,  e  si  compra- 
no delle  cose  che  gli  bisognano,  e  sono  sparsi  per  trenta,  quaranta. 


1^7 


e  sessanta  giornate  in  diversi  luoghi,  la  metà  de  quali  esèrciti  se  aves- 
se vdluto  congregar  Gublai,  sarebbe  stato  un  numero  maravt- 
glioso,  e  da  non  credere  ^\  Fatta  il  sopraddetto  esercito  Gublai 
Can  s  avviò  con  quello  versa  il  paese  di  Najam ,  cavalcando  dìj 
e  notte,  e  in  termine  di  2 5  giornate  vi-  giunse,  e  fu  così  cauta- 
mente £itto  questo  viaggia,  che  Najam ,  né  alcun  de'  suoi  lo  pre- 
sentì ,  perchè  erana  state  occupate  tutte  le  strade  che  niuno  po- 
teva passare ,  che  non  fosse  preso .  Giunto  appresso  un  colle ,. 
oltre  il  quale  si  vedeva  la  pianura  dove  Najam  ei*a  accampato, 
Gublai  fece  riposare  le  sue  genti  per  due  giorni ,  e  chiamati  gli 
Astrologlii,  vdise  che  con  le  loro  arti,  in  presenza  di  tutta  l'eser- 
cito, vedessero  chi  dovea  aver  la  vittoria ,  li  quali  dissero  dover 
esser  di  Gublai .  Questo  effetto  di  divinazione  ^  sogliono  sem- 
pre far  li  Gran  Cani  pei*  far  inanimar  li  loro  eserciti .  Gon  que- 
sta adunque  ferma  speranza,  una  mattina  a  buon'ora  l'esercita 
di  Gublai  '  asceso  il  cc4Ie,  si  dimostrò  a  quello  di  Najam  ,  quat 
stava  molta  negligentemente,  non  tenendo  in  alcuna  parte  spie,, 
né  persona  alcuna  per  guardia ,  e  era  in  un  padiglione  dormen- 
do  con  una  sua  moglie  ;  pur  risvegliato^  si  mise  ad  ordinar  me- 
glio che  potè  il  suo  esercita,  dolendosi  di  non  aversi  congiun- 
to con  Gaidu.  Gublai  era  sopra  un  castello  grande  di  legno, 
pieno  di  balestrieri  e  arcieri ,  e  nella  sommità  v'  era  alzata  la 
real  bandiera  ^^*  con  l'immagine  del  sole,  e  della  luna.  K 
questo  castello  era  {>ortato  da  quattro  elefanti  tutti  coperti  di  cuo- 
)o  cotto  fortissimo ,  e  di  sopra  v'erano  panni  di  seta,  e  d'oro.  Gu- 
blai ordinò  il  suo  esercito  in  questo  modo  :  di  3o  schiere  di  caval- 
li ,  eh'  ogn'  una  avea  diecimila,  tutti  arcieri ,  ne  fece  tre  parti , 
e  quelle  della  mtan  sinistra  e  destra  fece  prolungare  molto  at- 
torno l'esercito  di  Najam.  Avanti  ogni  schiera  di  cavalli  erano 
5oo  uomini  a  piedi  con  lance  corte  e  spade,  ammaestrati,  che 
ogni  volta  che  mostravano  di  voler  fuggire ,  costoro  salt9van  in 
groppa ,  e  fuggivaa  con  loro ,  e  fermati  smontavano,  e  atnmaz- 


292.  Da  ciò  che  narra  il  Palo  si  rav>'ìsa  con  quanta  accortezza  procedesse 
CubUd  Can  per  cattiTarsi  la.  benevolenza  dei  popoli  passati  sotto  la  sua  do- 
minazione . 

295.  Questo  effetto  di  divinazione .  Dal  modo  con  cui  ne  parla  il  Polo  si  rav- 
visa che  reputaavala  un'impostura. 

294.  La  real  bandiera.  (3ie  fu  inalzato  il  Gonfalone   imperiale  lo  confer- 
mano le  storie  Cinesi  (  ibid*  p.  435  \, 


i58 

zavano  con  le  laacie ,  i  cavalli  de'  aemici  •  Preparati  gli  eserci- 
ti,  si  comiociò  a  udire  il  suoq  d' infiniti  corni ,  e  altri  varj  is- 
tmmenti ,  e  poi  molti  canti ,  che  così  è  consuetudine  de'  Tar- 
tari avanti  che  comincino  a  combattere ,  e  quando  le  nacchere  ^ 
e  tamburi  suonano ,  vengono  allora  alle  mani .  Il  Gran  Can  fe- 
ce prima  comindar  a  sonar  le  nacchere  dalle  parti  destra ,  e 
sinistra,  e  si  cominciò  una  crudele,  e  aspra  battaglia,  e  l'aere 
fu  immediate  tutto  pieno  di  saette,  che  piove van  da  ogni  can* 
to ,  «  vedevansi  uomini  e  cavalli  in  terra  cader  morti  *in  gran 
numero.  £  tanto  era  orribil  il  grido  degli  uomini,  e  strapito 
delle  armi,  e  cavalli,  che  rappresentava  un'estremo  spavento  a 
chi  i'  udiva .  Tirate  che  ebbero  le  saette ,  vennero  alle  mani  con 
le  lancie ,  e  spade ,  e  con  le  mazze  ferrate ,  e  fu  tanta  la  'moltitu* 
dine  degli  uomini,  e  soprattutto  dei  cavalli,  che  restarno  morti 
uno  sopra  l'altro,  che  una  parte  non  poteva  trapassare  ov'era 
l'altra  :  6  la  fortuna  stette  indeterminata  per  lunghissimo  s|>a2Ìo 
di  tempo,  dove  avesse  a  dar  la  vittoria  di  questo  conflitto,  qnal 
durò  dalla  mattina  sino  a  mezzogiorno ,  perchè  la  benevolenza 
delle  genti  di  Najam  ^  vei-so  il  lor  signore  ,  che  era  liberaJissi- 
mo  ne  fu  causa,  conciosiacosachè  ostinatamente  i^er  amor  suo 
volevano  piuttosto  morire ,  die  voltar  le  spalle .  Pur  alla  fine 
vedendosi  Najam  circondato  dall'esercito  nemitx),  si  messe  in 
fuga,  ma  subito  fu  preso  €  condotto  alla  presenza  di  Cubi»,  qnal' 
ordinò  eh'  ei  fosse  fatto  morire  ^  cucito  fra  due  tappeti,  che  fos- 
sero tanto  alzati  su  e  giù,  che  lo  spirito  gli  escisse  dal  corpo,  e  la 
causa  di  tal  sorte  di  morte  fu ,  acciocché  il  sole ,  e  l' aria  non 
vedesse  s])ar^  il  sangue  im]>eriale .  Le  genti  di  Nafam  che 
restorno  vive,  vennero  a  dar'obbedienza ,  e  giurar  fedeltà  a  Cu- 
blai,  che  furono  di  quattro  nobil  proviocie^  cioè ,  Cìorza ,  Carli, 
Barscol,  e  Sitingui  ^7.  Naja^m  occnltamente  avendosi  fatto  battcz- 


agS.  La  benevolenza  delle  genti  di  Najram  .  <»  Nayen  8*etoit  fait  respe*- 
»  cter  parmi  les  Prìnces  Tartares  Orientaux,  et  Occidentaux,  et  lorsqu'  U  fìt 
t  eclater  la  revolte,  la  plupart  «e  joignirent  a  lui  »  (  ibìd.  p.  4^1  )• 

296.  Fatto  morire.  Che  fosse  fatto  morire* lo  ^anfenoaGaobily  sènza  in- 
dicare  di  qual  genere   di   morte  (  ibid.  p.  454  ). 

2197.  Ciorza^  Carli  ^  Barscol.^  Sitingui.  Ideato  della  Crusca  Ciaheiot  Cauly^ 
Baiscol^  Singhitigni.  Codice  Riccardiano,  Futiorcia^  Cùufy^  Btdseoij  SiiAenUii  • 
Quanto  a  Ciorza  è  come  di  sopra  »v>«rtimmo  \  Not.  txàì  )«  é  la  parte  della 
Tartaria  Orientale   abitaUi  dai  Maticiusi.  Il  M^rsdea  congettura  che  debba  m- 


zare  ^  non  volle  però  mai  far  Topera  di  Cristiaao,  ma  in  questa  bat- 
taglia gli  parve  di  voler  portar'  il  segno  della  croce  sopra  le  sue  ban- 
diere, e  aveva  nei  suo  esercito  infiniti  Cristiani,  li  quali  tutti  furono 
morti .  E  vedendo  dopo  li  Giudei  e  Saraceni ,  che  le  bandiere 
della  Croce  erano  state  vinte,  si  facevano  beffe  de'  Cristiani ,  di- 
cendoli, vedete  come  le  vostre  bandiere,  e  quelli  che  le  hanno 
segnile,  sono  stati  trattali.  £  per  questa  derisione  furono  astretti 
i  Cristiani  di  farlo  intender'  al  Gran  Can ,  qual  chiamati  a  se  li 
Giuder,  e  lì  Saraceni  gli  riprese  aspramente ,  dicendoli  :  se  la 
Croce  di  Cristo  non  ha  giovato  a  Najam,  ragionevolmente,  e 
giustamente  ha  £atto ,  perchè  lui  era  perfido ,  e  ribelle  al  suo 
signore,  e  ìst  Croce  non  ha  voluto  ajutar  simili  uomini  tristi 
e  malvagi ,  e  però  guardatevi  di  mai  più  aver'  ardimento  di  dire 
che  il  Dio  de' Cristiani  sìa  ingiusto,  perchè  quello  è  somma  lx)a- 
là ,  e  somma  giustizia  » 

GAP.    lÌL 

Come  dopo  ottenuta  tal  vittoria  il  Gran  Can  ritornò  in 
Cambalìiy  e  dell'onore  cfi  egli  fa  alle  feste  de^  Cristiani, 
Giudei,  Macomettani y  e  Idolatri ^  e  la  ragione  perchè 
dice  j  che  non  si  fa  Cristiano-^, 

Dòpo  ottenuta  tal  vittoria  il  Gran  Gian  ,  ritornò  con  gran 
pompa ,  e  trionfo  nella  città  princìpal  detta  Cambalìi  ^^ ,  e  fu 


elidersi  i£  paieae  di  Corichine  ma^  non  em.  aUa.  notiaia  di  questo  iUiiAtre  scrìUo» 
w  che  i  Tartari  appellano  Chwrdior  i  Manciuai^  come  me  lo  affermò  il  Klaporth» 
«he   fu  amo   al   confine   della  Cina,  coirambaaciata  Russa. 

298.  Avmvìosi  fóuo  battezzare,  lì  solo  che  affermi    ciò  degli  Storici    che 
trattarono  di    quella  guerra   è   il  Polo. 

299.  Neiia  città  principale  detta  Cambalù.  Le  Storie  Cinesi  e  Gaubil  di« 
cono  che  Cublai  tornò  trìon&nte  a  Chan-^tu^  ma  ò  probabile  che  si  recasse  prima 
nell'ultima  città,  che  e»  sul  suo  camino,  indi  all'altra  residenza  di  Camòalu.  Ma 
qui  conviene  che  non  isfìigga  al  leggitore  un  osservazione  iniportante ,  che 
il  Polo  lo  trasporta  bruscamente  da  ChaìL^tu^  a  Camòalu,  che  è  la  moder- 
na città  di  Pèkino,,  ove  faceva  la  sua  residenza  iemale  il  Gi^an  Can.  £  ciò 
senza  fare  menzione  veruna  dei  luoghi  intermedi.  Di  li»  si  parte  il  nostro  viag- 
giatore per  descrivere  la  via  da  lui  fatta  per  recarsi  a  Carazan  e  al  regno 
di  Mien  per  commissione  Imperiale.  Potrà  forse  recar  meraviglia  che  nulla 
ci  dica   del   viaggio   che  fece  nei  recarsi  dalFuna  all'altra  rapitale  dell'Impe* 


i6o 

del  mese  di  Novembre  :  e  quivi  stette  fintai  mese  di  Febbrajo, 
e  Marzo  quando  è  la  nostra  Pasqua ,  dove  sapendo ,  che  quesu 
era  una  delle  nostre  feste  principali ,  fece  venir'a  se  tutti  i  Cri- 
stiani, e  volse  che  li  portassero  il  libro  dove  sono  li  quattro 
Evangeli ,  al  quale  fattogli  dar  V  incenso  molte  volte  con  gran 
cerimonie ,  devotamente  b  baciò ,  e  il  medesimo  volse  che  fa- 
cessero tutti  i  suoi  baroni  ,  e  signori  che  erano  presenu .  E 
questo  modo  sempre  serva  nelle  feste  principali  de'Gristiani ,  co- 
me è  la  Pasqua,  e  il  Natale.  Il  sima  fa  nelle  principali  feste 
di  Saraceni ,  Giudei ,  e  Idolatri .  Ed  essendogli  domandato  del- 
la causa,  disse:  sono  quattro  Profeti,  che  wn' adorati,  e  a 
quali  fa  riverenza  tutt'il  mondo.  Li  Cristiani  dicono  il  loro  Dio 
essere  stato  Gesù  Cristo^  i  Saraceni  Maometto,  i  Giudei  Moy- 
se,  gl'Idolatri  Sogomorabar  Can  ^^,  qual  fu  il  primo  iddio  degl' 
idoli ,  e  io  faccio  onor ,  e  riverenza  a  tutti  quattro ,  cioè  a  quel- 
lo eh' è  il  maggior' in  cielo,  e  più  vero,  e  quello  prego  che 
m'ajuti.  Ma  per  quello  che  dimostrava  il  Gran  Can,  egli  tiea 


ro  Mogollo .  Ma  quella  via  nuUa  offre  che  degno  sia  d'  osservazione .  Quello 
stesso  cammino,  fece  il  padre  Gerbillon  nel  suo  terzo  viaggio  in  Tartaria  nell'ac- 
compagnare  Tlmperadore  Cang^ht  nel  169I.  Secondo  quell'itinerario  il  i.*>  gior- 
no furono  a  Nieu-Lang-Chan  Borgo:  lì  a.®  a  Mi-jrwi'hien  Borgo:  il  3.®  a 
Che^Hia  Borgo  :  il  4.^  a  Kwpe^keu  ove  è  una  porta  della  Gran  Muraglia: 
il  5.°  a  Ngan^Kiatun  villaggio  :  il  6.°  accamparono  in  un  piano  detto  Poma-- 
yei  il  7.®  in  una  valle:  1*8°  in  una  valle  detta  Hu^pe^keu  lungo  il  fiume 
Kakiri:  il  9.^  a  QuiUiym  sul  detto  fiume:  il  10.^  in  una  pianura  detta  Cabajre 
lungo  il  fiume  Chan~tu  ,  sulle  rive  del  quale ,  soggiunge  il  Missionario  ,  era 
fabbricata  altre  voltei  la  città  di  Chan^tu  residenza  degli  I^en  o  degl'  Impe- 
radori  MogoUi  .  Secondo  il  computo  del  GerbiUon  la  distanza  da  Pekino  a 
questa  decima  Stazione  era  di  55o  Li  (  Du-Hald.  t.  IV.  p.  i52  ),  misura  itine- 
raria Cinese  ;  25o  di  dette  misure  formano  un  grado  secondo  i  computi  dell'An« 
ville.  Ma  il  giornale  del  Padre  Gerbillon  non  sarebbe  in  tal  guisa  d'accordo  colla 
carta  dell'Asia  dcll'Anville  predetto  intorno  alla  situazione  di  Chantu  ,  men- 
tre ivi  è  segnata  più  a  settentrione  due  gradi  ossia  a  46.°  di  Lat.  Set. 

5oo .  Sogomombar .  £  indubitato  che  con  detto  nome  indica  l' indiano 
BùddOf  o  il  Foe  dei  Cinesi,  del  culto  del  quale  era  seguace  Cublai^Can  (  Hist. 
Gen.  de  la  Chin.  t.  IX.  p.460  )  A  questo  nume  sono  dati  moltissimi  nomi  de- 
funti dai  suoi  pretesi  attributi.  Nel  sistema  Bramanico  del  Pad.  Paolino  da 
S.  Bartolommeo  ei  da  contezza  di  20  diversi  nomi  dati  a  Budda  nel  Libro 
indiano  appellato  jimarasinha*  Il  Dio  supremo  dei  Tibetani  appellasi  Sanghic- 
Cori'^Cioa  che  per  quanto  non  abbia  tuttavia  somiglianza  col^nome  Sogofnomùar 
era  il  nume  di  cui  intese  favellare  Cuoiai  (  Alphab.  I'ibet.p.  1 75  ) . 


i6i 

fet  la  più  vera ,  é  miglior  la  fede  cristiaDa ,  perchè  dice  ^  ckfer 
ella  noQ  comanda  cosa  che  non  sia  piena  d' ogni  bontà ,  e  santi* 
tà.  £  per  nina  modo  vuol  sopportare  che  li  Cristiani  portino  la 
Cróce  avanti  di  loro,  e  questo  perchè  in  quella  £a  flagellato  e 
morte  an  tanto ,  e  così  grand'  uomo  come  fu  Cristo  (^) . 

Potrebbe  dir' alcuno,  poich'egU  tiene  la  fede  di  Cristo  per 
la  migliore ,  perchè  non  s*  accosta  a  lei ,  e  fassi  Cristiano  ?  La 
causa  è  quesu,  secondo  che  egli  disse  a  M.  JNicolò,  e  Maffio 
quando  li  mandò  ambasciatori  al  Papa ,  i  quali  alle  volte  move- 
vano qualche  parola  circa  la  fede  di  Cristo .  Diceva  egli  :  in  che 
modo  volete  voi  che  mi  faccia  Cristiano?  Voi  vedete^  che  li 
Cristiani,  che  sono  in  queste  pard ,  sono  talmente  ignoranti  che 
mm  fanpo  cosa  alcuna ,  e  niente  possono  ;  e  vedete  che  questi 
idolatri  ianno  ciò  che  vc^liono^  e  quando  io  seggo  a  mensa  y 
vengono  a  me  le  tazze ,  che  sono  in  mezzo  la  sala ,  piene  di 
vino,  o  bevande,  e  d'altre  cose  senza  ch'alcuno  le  tocchi,  e 
bevo   con  quelle.  Costringono  andar' il  mal  tempo   versò  qua 
parie  vogliono ,  e  fanno  molte  cose  maravlgliose ,  e  come  sapete , 
gì'  idoli  loro  parUno ,  e  gli  predicono  tutto  quello  che  vogliono . 
Ma  se  io  mi  converto  alla  fede  di  Cristo^  e  mi  faccia  Cristiano, 
allora  i  miei  baroni^  e  altre  genti,  quali  non  s'  accostano  alla  fe- 
de di  Cristo  j  mi  direbbero ,  che  causa  v'  ha  mosso  al  battesimo, 
e  a  tener  la  fede  di  Cristo  ?.  Che  virtuti,  o  che  miracoli  avete 
veduto  di  lui  ?  E  dicono  questi  idolatri ,  che  quel  che  fanno,  lo 
fanno  per  santità  y  e  virtù  degl'  idoli  :  allora  non  saprei  che  ri- 
spondergli ,  talché  sana  grandissimo  errore  tra  loro  j   e  questi 
idolatri ,  che  con  Y  arti,  e  scienze  loro  operano  tali  cose ,  mi  pò- 
triano  facilmente  far  morire  •  Ma  voi  anderete  dal  vostro  Ponte- 
fice,  e  da  parte  nostra  lo  pregherete  che  mi  mandi  cento  uomini 
savi  della  vostra  legge  ^  che  avanti  questi  idolatri  abbino  a  ripro- 
vare quel  che  fanno,  e  dicanli^  che  loro  sanno,  e  possono  far 
tali  cose ,  ma  non  vogliono ,  perchè  si  fanno  per  arte  diabolica  , 
e  di  cattivi  spirili ,  e  talmente  li  costringano  ,  che  non  abbino 
potestà  di  far  tali  cose  avanti  di  loro.  Allora  quando  vedremo 
questo,  riproveremo  loro^  e  la  loro  legge,  e  così  mi  battezzerò^ 
e  quaudo  sarò  battezzato,  tutti  li  miei  baroni,  e  graftd' uomini 
si  battezzeranno,  e  poi  li  sndditi  loro  torranno  il  battesimo,  e  così 
saranno  più  Cristiani  qiii,  che  non  sono  nelle  parti  vostre  •  E  se 

* 

(^)  È  ifui  da  avvertire  die  è  un  ùhlaira  ignorante  dei  fanti  miMeri  dellm 
Religione   Crisiiaaa  che  parla. 

0.1 


i6i 

dal  Papa  j  com'è  stato  detto  nel  principio^  fossero  stati  tmodait 
uomini  atti  a  predicarli  la  fede  nostra ,  ii  detto  Gran  Gaa  s' avria 
fatto  Cristiano,  perchè  ^  sa  dicerta  che  n'  atea  grandissimo  de»* 
deria  '^' .  Ma  ritoroando  al  proposta  nostro^  ctiremo  òiA  tueiito, 
e  oQOre ,  che  egli  dà  a  cdioro  che  si  portooo;^  valdnMaiìiefiie  in 
battaglia . 

CAR  III. 

Della  sorte  de^  premj  ^  cìt  egli  dà  a  (fudli^  cHé  èì  por^ 
tana  bene  in  battaglia  *y  e  delle  tasHde  à!  òro  y  che 
egli  dona  ». 

Dovete  adunque  ssrpere  che  il  Gran  Gan  ha  dodici  baroni  sa^ 
vj  ^\  che  hanno  carico  d'intendere,  ed  iafofmarsi  ddlle  ^^peraasb- 


5oi.  Pare  che  ciò  credèsde  il  Polo  stante  la  grata  accoglienza  che  Tliiw 
pefadore  faceva  ai  Cristiani  :  ma  è  (Ufficile  il  credere  eh*  ei  Volesse  conver- 
tirsi alla  fede,  se  si  rifietta,  che  fixgli  anco  dai  gentili  rimproverato  di  essere 
stato  affezionato  di  troppo  alle  doime  9-  àt  denaro ,  e  ai  Ihnti  (  Hist.  (ietu. 
de  la  Ghìn.  t.  IX.  p^.  460  ).. 

3oa.  Dodici  Baroni  Savi-,  Cuoiai  adottò  pienamente  le  massime  del  go- 
verno Cinese  1  e  la  Legislazione  che  trovò  in  Cina.  Secondo  ir  Padre  Le  Gomte 
(NouY.  Memoir.  surl'Etat  de  la'  ^n.  t.  II.  FW»  1701  p.  a4)  l'Imperatore  à  due  su 
premi  consigli..  Uno  straordinario  coMpoSto  dei  principi  del  sangue,  uno  or 
dinario.  composto  dei  Ministri  dì  Sitato  detti  G^ùb^  Essi  esamiùano  tutti  gli 
affari  importanti,  e  ne  rendono  coUtd  al  Sovrano,  che  gli  risolve»  Seeo  inoltre» 
in  Pekino  sei  Supremi  Tribunali.  i«^ Quello . detto  Li-^pu  che  invigila  tutti  l 
Mandarini ,  e  pix6  Conferire  e  togliere  tutti  gli  u6zj.  £  qui  è  da  avvertire  che  la 
voce  MandaHfiù  rion^  è  Cioiese,  ma  che  Ùirono  in  tal  guisa  genericamente  ap- 
pellati dai  Porkogheal  tutti  gM  impiegati  della  Citia,  che  sono  divisi  in  nove  gerar* 
chie,  e  ogni  gerarchia  in  due  classi  (MagaiUan^  Nouvdi.  Relait.  de  hi'Chin.  p.iSg)- 
Il  2.^  è  detto  Hitfìu  che  è  quello  che  esige  e  dispone  delle  pubbliche  rendite.  Il  3.^' 
appellasi  Li^u  che  sembra  avere  il  nome  stesso,  del. primO' ,  ma  indicato  con; 
un  carattere  diverso,  e  che  ha  distinto  nome  in  virtù  à<A  diverso  suono  che  dà  alla 
voce  la  pronunija  Cinese^  esso  invigila  a  mantenere  le  eo^tumanze  antiche,  dirìge 
gli  affari  religiosi,  le  arti,  le  scienze,,  è.  le  relaùoni  estere^  Il  4*°  che  chiamasi 
Pim-pu  ha  giurisdizione  sulle  milizie^  e  sugli  uffiziaU  che  le  coitiandano.  II  5.® 
detto  //i/7i-/7K<  giudica  le  cause  criminali^»  Il  6.°  conosciuto^sotto  nome  di  Com-pu 
presiede  ai  lavori  pubblici  e  alle  fabbriche  Imperiati^  Aflinchè  l'autorità  di 
(fuelle  potenti  magistrature,  non  usurpi  l'autorità  imperiale,  e  per  impe- 
dire che  non  tramino  cosa  contro  lo.  stato,  le  risolaftioni  degli  affari  sono 
collegate  in  modo  che  una  magistratura  abbisogna  di  essere  coadiuvata  da  un 
altra  per  l'esecuzione.  A^  cagion  d*esempio,  nella  guerra  il: numera,  delle  trup^ 
pe  ,  la  qualkà  degli  nfìskdi ,  la  direzionile  delle  miiifcie  dipendono  dal  quarto 
'Cribunale ,  ma  gli  stipendi  occorrenti   gli  somministni  il  éttottào.  Talché  non 


i63 

«i,  1^  ftoQo  li  oapuaoi  0  soldati  9  pariieolarméntf  aello  impre- 
sa «  hsuag^  y  QV^  si  ritruovftno ,  è  queUe  {k>ì  rifwir'  al  Gran 
Gan,  guai  conoscendoli  bcaemeriti,  se  sono  capo  di  cent'uomioi, 
gli  fa  di  mille y  e  dona  moki  vasi  d'argento,  e  tavole  di  coman- 
damento, e  signorìa,  imperoQehò    quello    che  è  capo  di  cento 
ha  la  tavola  d' argento ,  e  quello  che  è  capo  di  mille  ha  la  tavo- 
la d'oro,  ovvero  d'argeaio  indorato,  e  quello  che  è  capo  di 
(|ie(W9Ìla ,  h«  la  tayoU  d' oro  con  un  capo  ai  leone .  £  il  peso  di 
qu«9^  ìfi.WJQ^9  è  tale.  Di  quelli,  che  haoao  il  dwiinio  di  mille 
sono  ciascuna  di  peso  di  saggi  cento  e  venti.  E  quella,  che  ha  il 
capo  di  leone  ,  è  di  péso  di  saggi  dugento  e  venti .  Sopra  tal 
tavola  è  %crtM^  «n  (a>mmdwimL9 ,  che  dice  cosi .  Per  ie  forze, 
e  vìrtvt  d?l  tai^QQ  Iddio  ^  e  per  la  §ram  che  ha  dato  al  no- 
stro .  Imperio ,   il  nome   del  Can  sia  t)eDkedetto ,  e  tutti  quielli 
che  non  l' obbediranno  n^ojano ,  t  siano  disuotli .  Tutti  quel* 
li  9  che  haovo  quQsi^  tavole ,  hanno  anóora  privilegj  in  aerìttura 
di  tuiie  quella  cose  j  che  far  debbono ,  e  possono  nel  suo  do* 
minipi  £   queUo,  che  ha  il  dominio  di  cento  aidla,  ovvero 
^  ospitano  ^n€«ftle  di  qqalche  grand' esercito ,   ha  una  tavola 
d'  €tQ  ài  pe«)  di  aaggi  firecento  ;  con  le  parole  sopraddette ,  e 
sotto  la  tavola  è  scolpito  un  lione  con  le  immagini  dei  sole, 
^  detta  luaa  ^  e  oltre  di  ciò  ha  il  privilegio  del  gran  eofiaan* 
damento  ^  che  appare  in  questa  nobìl  tavola .  Ogni  volta ,  che 
^alvaloano  in  pubblico ,  gli  viene  portato  un  palio  sopra  la  te- 
sta ^^ ,   per  mostrar  la  grand'  autorità  e  potere ,    che  hanno  ; 
«  quando  seggono,  devono  sempre  sedere  sopra  una  cattedra 
d'argento.  JS  il  Gran  Can,  dona   ad  alconi  baroni  una  tavo- 
la, dove  è  scolpita  la  immagine  del  girfalco,  e  questi  posso- 
no menare  seco  tutto  l'  eseretto  d' ogni  gran  principe ,  per  sua 


»rrf^^^^tmtw 


avvi  aShire  Imp^fimtfi  >  fe  «ui  wmXvaipm  non  dipeaiéa  d»  vwj  »  e  takohft  Aà. 
tetti  «fuesti  àìfi^tUri  '  Smio  pr^vve4wnwto  ^  ì»o)l|i^  <|kt<dil^  éi  mrere  Maegnato 
«4  ogaì  sttfMWoaio  Tffi^iiPiiIe  nn  «indatcp ,  <Ait  invilite  a  tutjt^iò  <^  ri  «i  fu ,  ch« 
assiste  a  tutte  le  adunanze,  cui.  deJ>boo/9  estere  c^miMnicaiti  l^tti  ^U  atti  del 
magistrato»  e  die  «vrerle  segcH^pieate  d'ogni  cos^  la  Corte  «  ^  accusa  pub- 
blicamente i  Mandarì^k  deUa^  maac^tnae  «be  cotuun^ono  nan  salo  «eU'  am«»H 
lustrazMMie  del  propria  ufi^io^»  ma  asiche  n^Ua  vita  privata^  a  {wrcìò^  ne  esa** 
mifta  ie  moni ,  fe  parole  >  i  postumi  ^  e  a  cui  nuUa  sfugge.  Detta  montura 
amoNblstrattya  della  Gas  «lofae  più  difesamente  del  P&dre  Le  Coflute  ba  IraU 
tato»  MagaìUans  (  l.  e.  p^  aoo  ). 

3o3.  Palio  sopra  la  testa  (  Yed.  T.  I.  p.  6gc  iM>t  d  }* 


/ 


i64 

guardia,  e  può  pigliar  il  cavallo  dd  Gran-  €aii  volendolo-,  v 
11:  medesimo  può  pigliare  i  cavalli  degli  altri ,  che  siano  di  mi- 
nor dignità.. 

^  €AP.   iv: 

Della  Jarma^  e  statura  del  Gran  Can  j  e  delle  guattho  mogli 
principali \,  eli*  egli  ha  ^  e  delle  gioK^anij  che  ogni  anno  Ja 
eleggere  nella  provincia  di  Ungut  ^  e  del  modq  che  le 
eleggono . . 

Chiamasi  Cablai,  Gran  Can  Signor  de^ Signori,  3  qnal'è' 
di  comune  statura ,  cioè  non  è  troppo  grande,  né  troppo  picco» 
lo,  e  ha  le  membra  ben  formate,  che  proporzionatamente  si  cor- 
rispondono .  La  facci»  sua  è  bianca ,  e-  alquanto  rossa  risplen- 
d^ntementeà  modo  di  rosa  colorita  ohe  il  fa  parer  molto  grazvio^ 
so.  Gli  occhi  sono  neri  e  belli,  il  naso  ben  fatto,  e  profila to. 
Ha  eziandio  quattro^  donne  signore  ^^*,  quali  tiene  di  continuo  per 
mogli  legittime:  e  il  primo  figliuolo^  che  nasce  di  quelle  è  sue- 
cessor  dell' Imperio i dopo  la  morte  del  Gran  Can,  e  si  chiama- 
no Imperatrici  e  tengono  corte  regale  da  per  se» .  Ne  alcuna  è  di 
loro ,  che  non  abbia  trecento  donzelle  moko  belle , .  e  moki  don- 
zelli, e  ^tri  uomini .  castrati  ^^  e  donne,  talmente  che  ciascu- 
na di  queste 'ha  nella  sua  corte  diecimila  persone,  e  quando  il 
Gran  Can  vuoJ' esser  con  una  di  queste  tali^,'  la  fa  venir' alla  sua 
corte ,  oTvero  egli  va  alla  corte  di  lei  :  e  oltre  di  ciò  molte  con* 
aubine;,  e.  dii*ovvL  come,  è   una   provincia^   nella . qttaF abitano. 


3ò4'  Ai  '  tempi  Ói  Màgaillans  tre  e  nen  quattro  erano  le  regine.  La  pri* 
ma  aveva  il  titolo  di  Hoam-heu  ossia  d'Imperadrice.  La  seconda  di  Tutn-^cum . 
La  terza  di^  Sì^cum.  I.  figli  di  queste  tre  erano  ripètati  legittimi ,  nh  i  smìi 
della  prima- erano  i  preferiti  per  la  successione  al  trono»  Anche  ai  tempi)-  dt 
cui  qui  si  ragiona  eranvi  mille,  e  talvolta  duemila^  e. tremila  concubine  dette 
Cuni'^u  o  dame  del*  Palazzo   (  NouvelK  Relat.  p;  SoS-^. 

5o5.  Uomini^  Castrati.  Non  credo  che  l'uso  de^i  Evmuchi  fosse  proprio 
dei  Tartari,  allorché  abitavano  la  natia  contrada,  ma  che  abbracciassero  questo 
nso  della  Corte  Cinese,  ove  furono,  e  tuttora  sono  in  gran  nuipero.  Nella  mi- 
norità dell' Imperadore  /^fT^-itc  ne  furono  scacciati  circa  seimila .  Possono  leg- 
gersi '  curiosi  particolari  intorno  ai  medesimi ,  e  intomo  al  modo  che  usano 
i  Cinesi  per  mutilare  gH  adulti  senza  loro  grave  perìcolo  nell'ambasciata  di 
Lord   Macarteney  (  t.  ly.lp^-^t^e  seg.  )* 


/^ -->*%• 


i65; 

Tartan*,  elle  si  chiaraan'  Ungut  ^,  e  la  citta  similmente ,  le  gerir- 
ti della  qual  sodo  bellissime ,  e  bianchissime ,  é  il  Gran  Gan  ^ 
ogni  due  anni  secdndo  che  lui  vuole ,  manda  alla  detta  provin- 
cia suoi  ambasciatori'  ebe  li  trotino  delle  più  belle  donzelle,  se- 
ooodo  la  stima  deOa^  bellezza  che-  lui  Ìi  coaiinette^  quattrocento, 
cinquecento»  |MU  e  meno,  secondo  clie  li' pare ,  le  quali  dòn* 
zelle,  Slamano  in  questa  modo .  Giunti^  che  sono  gli  afmbàscia- 
tori  lamio  venir'a  se  tutte  le  donzelle  delia  provincia,  e  vi  sono  li 
stimatori  a  questo  deputati ,  i  quali  vedenda,  e  considerando 
tutte  le  menibni<  di  ciascuna  a  parte  a  parte ,  cioè  i  capelli ,  il 
volto,  e  le  ciglia,  la  bocca,  le  labbra,  e  l' altre  membra  che 
siano  condecenti ,  e  conformi  alla  persona ,  e  stimano  alcune  in 
carati  sedici ,  altre  diciassette ,  dicioito ,  venti  e  piii ,  «  meno-, 
secondo  che  sono  più,  e  manco  belle.  E  se  il  Gran  Can  ha 
commesso^  che  le  conduchino  della  stima  di  carati  venti,  o 
veM'uno^  secondo  il  numerosa  loro  ordinatoli ,  quelle  conduco- 
no. £  giunte  alla  sua  presenza,  le  fa  stimare  di  nuovo  per 
alili  stimatori,  e  di  tutte  ne  fa  elèggere  per  la  sua  camera  trenta^, 
o  quaranta,  che  siano  stimate  più  carati,  e- ne  fa  dare  una  a 
ciascuna  delle  moglie  de'  baroni ,  che  nelle  sue  camere  le^  deb- 
bano la  notte  diligentemente  vedere,  che  non  siano  brutte  sotto- 
panni  j  o  difettose  in  alcmi  membpo*,  «  se  doi^mano  saAvem^ntes- 


■•  ■ 


5o6l  Ungut.  t)ice  il  Degulgnes  che  quella  degli  Onhiot  è  la  orda  dai  Mow  - 
^lli  detta  Ungui  ,  e  che  oggidì  è  dmsa  in  due  bandiere  che  abitano  lungc»^ 
ii  fiume  lu-kin  (  t.  lY-  p.  238  ).  Soggiunge  che  quella  appellata  Paria  è  pari- 
mente divisa  in  due  bandiere,  e  che  ha  le  principali  abitazioni  sulle  rive  del  fiu- 
me Hara  •  Miuren  che  sbocca  nel  Sira-Muren.  I  territori  della  tribù  di  Onhiot 
e- dì  ParÙ2S0no  a  tramontana  della.  viUa  estiva  dell' Imperador  della  Cina  ;  i 
loro  principi  sonosi  per  lungo  ten^o  imparentati  colla  casa  Imperialev  II  Ramx 
di  Haurtesrayes  che  legge  ia  Marco  Polo  noa  già  Ungut  come  è  nella  lezio- 
ne Ramusiana  ma  Ungrac^coìnt,  porta  la  y^>^^°^c  <l^l  nostra  testo  (  t.  L  p.  70  ) 
crede  che  questa  tribù,  sia  qi^ella  detta  Hongrkila.9  che  Petis  d& la  Croi x  ap- 
pella Congorat  e  Albulganzi  Kunkurat..  Gengiscan  sposò,  una  figlia  di  TurkilU 
signore  dì  de^e  genti ,  e  ordinò  che  tutti  i  capi  della  sua  casa  dovessero  prea- 
d^re  per  prima  m^Ue  una  donzella  di  qiiella  discendenza  (  Hist.  Gen.  de  la 
CAkìxu  u  IX,  p.  4a6  ).  Le.  varie  tribù  .Tartare  che  vivevano  sotto  proprio  signo- 
re sono  in  alcune  favelle  £uropee  distinte  oggidì  col-  nome  di  Orde  ^  voce 
d.'  orìgine  Tartara  •  Seconda  Ruòriq^h  deriva  dalle  parole  Curia  Ordu  che  si- 
gnifica cQStd  di  mezzo  9  valendosi  alludere  all'  abitazione  del  signore  della 
tribù ,  la  quale  è  collocata  nel  centro  dei  campi ,  o  dei  bor£^  ove  fanno  Tabi»  * 
tuale  loro  dimora  (  Rubrìq.  1.  e.  p.  4<>  ). 


i66 

^  non  roacheggino  ^^ ,  9  f©  reudpuo  buoq  6at^  «  aA«v« ,  e  che 
iif^  ^Icijkiiia  psffte  noci  abhioQ  cattivo  odor^  *^^,  jg  (ptaodo  soao.  stolte 
4<l.igWteinaqte  «sajnwq«ne  ^  «  dividflao  a  <;ÌDqu^^  «ioqu« ,  s«eoo- 
dp  oh?  $ariQ,  e  claw^aa  pArt?^3  diwora  tre  dì  e  t^^  wMk  oella 
i^Vf^ì»  4^  Sìgft0/(^,  pef  ^v^ìafi^QuqA  «ClS»  che  U  »a  ll«ieMMÌ|: 

OT^i  cqmpimi,  sì  tìirsbi^nQ  ^  ^  l'iiltmpMte  fa  U  simile  ^  e  9m 
iaqE^)  fin  che  QQiiipijti^o  iJLnmo^ro4^  qu^me  90^9,  e  dopo  rìQQmin- 
^ì9»f^  !w'  »ltm  voltti,  V^o  è ,  eh»  »erttre  «o»  parte  diiaor«  nelln 
^ro^w  del  Sigi^offft,  l'altre  #tónpQ  m  un'altra  c»ra«r«  m  pm- 
pinqua  9  di  m0M  chfi  sq  U  Sì^qf^:  ha  ]^is9gQ0  dì  ^uitl^lle^  «wn 
«strm^eoa  cqh»^  è  b«re,  ^  ts^ngi^e,  e  alue  ooie^  W  4oo%elk, 
•dbe  sono  aeUa  ositxie}  «  del  &Lgooi?e ,  comwd^np  a  qatii»  d^U'alr 
tra  cambra ,  ehe  dekbaqo  ^ppa]regehi»re  ^  e  quelle  mÌM9  «ippa- 
recchiaao ,  e  oosì  uqq  .  ^  serva  4I  Sigiior  pisr  altfe  persone.,  che 
per  le  doazelle .  E  1'  aUi?e  donzdiie  9  ^e  furono  stiiaaie  mfioo 
carati  dinaoranp  oon  T  altre  del  Sigaore  nel  palagio ,  e  gì'  vise- 
gnano.  a  cucire,  e  tagliar  guaiiu^  e  far  altri  nobili  lavori,  £ 
quando  ak'ua  gentil'  uonK>  ricerca  moglie ,  il  Grm  Gaa  fi  dà 
una  di  quelle  con  graivlissio^a  dote ,  e  a  questo  modo  le  raarita 
tutte  nobilaiente . 

£  potrebbesi  dire,  non  s'aggravano  gli  uomini  delb  detta 
provincia ,  che  il  Gran  Gan.  li  toglia  le  lor  figliuole?  Certamente 
nò,  anzi  si  reputano  a  gran  grazia  e  onore,  e  molto  si  rallegrano 
color ,  che  hanno  belle  figliuole ,  che  si  degni  d'accettarle ,  perchè 
dicono ,  se  la  niia  figliuola  è  n^ita  sotto  buon  pianeta  y  e  con 
buondì  ventura ,  U  Signore  potrà  meglio,  soddisfarla,  e  la  mariterà 


•^ti    CWL    AJXl.     -■■ 


507.  Ronchegeino  .  IVoneheggfM^  viene  dalla  v^e  latina  rhonchissare .    IMce 
flauto  •    Cjratissat  dum  cotsnat^  dum  dijrmU  fhemMfista. 

508.  Cattivo  odore ,  Ottaade  l' Imperà(l<»«  o'  il  principe-  e^ditarìo  vciol« 
ammogHarsi,  il  trilHinale  detie  Ceremonfe  a  Pekino  ut  sce^iere  rc^zze^  di  14 
o  i5  annì,fipale  più  belle  e  arrenénti ,  di  qwdunque  estrazione  eMe  nono. 
}1  tribunale  deputa  a  -ciò  alcune  donne  provette  «  savie  èhe  fra  quelle  ne  scelgo* 
no  It  venti  cke  credono  le  più  ammiraMM.  Queste  sono  cendotle  in  palazeo,  ove 
per  alcuni  ^omi  sono  esaminate  o  daUa  Regina  Madre ,  e  diMa  pnopipalt  danni 
di  onore  ,  che  le  visita ,  le  fa  correre  per  verifidare  se  non  abbiaiio  infetti»  ed 
esamina  scrupolosamente  se  abbiano  cattivo  odore.  E  dopo  pareccU  esami 
una  vien  scelta  che  ^ien  consegnata  aU' Imperatore  o  al  prin<^ipe  evedilario-: 
Le  altre  sono  maritate  o  a  figli  di  gran  signori,  o  lè^  rimandano  ai  parerli  eoa 
una  dòte  sufficiente  per  maritarle  onorevolmente  {  MagaiUans  Kouv.  Mem. 
p.  33o  )  .  . 


wAAtoxmtó  f  la  tfBHÌmast  h  Vtìn  sàrd  Aiffiò^t^  It  MxldtirflAV: 
«  9è  là  figikók  Itoti  à  portft  bette ,  òVfi/m  ttótt  gì'  iàti^^éat»  bo- 
ne ,  JiUot<*  diM  il  padfS^  ^MajgU  è  kilr&irètu»À^,  ]Mìfebè  iL  AK» 

•Cii^P.  Y.'  •  ■ 

JD*/  nume  fa  dè'Jf^liiioii  dèt  GfuH  Getti,  bhé  féa  df^lé  fiitìW/^tf 
mogli:  e  di  Cingi  s  ch'era  il  primogenito  ,  de'  quali  ne  fa 
re  di  dis>er%e^  provincia  >.  e  -  //  Ji^iuoli  delle  concubine  li 
fa  signori. 

Sappiate^  che  il  (j^tìi  Gab  àvest  tèiltidue  figliuoli  maschi^ 
delle  sue  quattro  mi^li  legittime  ^  il  maggior  de*  (piali  era  nomi-, 
nàto  Cittgis  ^\,-qtìal  doVea  éséere  Gran  Caa^  e  aver  k  «ìguo- 
ria  dell'  Imperto^  e  già  Vivendo  il  toftdfe  età  stato  cotìferiiidto 
sìgOdré .  Avv^ntie^  die  egli  raàtiob  tierf*  |>tesenlé  tira>  é  dì  lui  ri- 
mase uà  figliuolo  uominato  TKemur  ^'^^  il  qual  dovea  succeder  nel 
dominio  ^  e  esser  Gran  Can ,  perchè  egli  è  figliuolo  del  primo  fi- 
gUiiolp  del  Gran  Can  j  cioè  di  Cingis,  E  questo  Themur  è  uomo 
pieaa  di  bontà ,  savio  ^  e  ardito,  e  ha  rìgòrtató  diitioltè  vhtótìe  ia 


1*  «iw^  ■  •■      p 


3òjf.  Ctngis  è  kp^ìMo  iiétìt  Stille  Gitté&i  Tàhinki^i  Fa  bOihhMt^  p^imU 
]te  «HHTitaria  dal  pàd)^.  Mòr(  Aél  issSS  è  té  àahB^kthM  pèt  t  tfc^MélMi  aM 
étìfÓi  Viéh  mihmékitflftò  còme  un  ntódélf»  di  Vfrtà  e  ^  é\o^itiihat«z^.  fidociité 
Mn  èònUhA  ciltà ,  lilnatrui  inltttte  le  éCieli^é  i  HéìU  sléi^  »  ttélW  géc^gmOtt  » 
tmUé  tnàìeihàìàchty  liell'arte  dèfltf  gà«k*Ht,  «  priitéi^aiftieiltc^  #e1ttt  pKi  diMtiki  di 
htn  ffoi^trtì^tte  :  «fTàbiié ,  tnàUìétioiày  prónto  «  *^cé!otì^el*6  I  W^ogfeoél  tioh  %«éu* 
pétad  d^«  dèlia  pnbbHóft  f^iidtÀ  (  Hi^L  Om.  de  là  Ghin^  t.  iX.  p^  4^1- 

5t<K  Tilemii)*  o  7//mu»  Caix>  dettò  dai  Criteri  TfeMVi^-fttìftj  aaooeiie  tfljfcuo  avo 
CvA^o&^'m  nel  i4g4-  Si  dirtinàc  c^rthc  prìncipe  éf editano  Aelk*  jueire  di  Trt^* 
tana.  Salito  gtil  thmo  disfece  CoeVftt  cIk  era  il  ««^oi^rié  dì  ttttte  le  riVeUib-» 
ni  dèlia  t*aftaf ia  «  il  c^àte  lie  trfoii  di  dxÀòHt  Tithiìtr  dbbe  k  glori*  di  «BM» 
rt  il  pacificato^  della  Tartària  die  fu  ifertùfbtta  pel^  «mo  l-iiOerO  rfcgÉio  di 
CubiaUCan.  I  barbali  del  bré^zodi  die  e^anO  à  tiOlifihè  eoll'fiihf^èA  si  ribella- 
foBo ,  e  dòpo  tholti  dvéntàggiòDi  Mtì  d^  arAie'  letteci  di  Hèoìiait^b  aU'  obbedien-^ 
M.  Mori  il  «  primo  dèi  i5oy  itt  età  di  42  m/ri-  Le  Stof ie  Oiiiei^  iiott  àospct^ 
te  iMlie  Iodi  che  ti*ibiitam>.  agliiripèfadtn*i'  di  éttn^e  MògòUd,-  dìtOAó'  ehe  fil 
principe  *avi6  ,  òlèihcnté,  rètto,  e  liberale,  cà^c  ai  ^uddìii  thè  é<^e% ò  e 
«occorte  in  «lohé  j^tibirtiéltó  càlaóilt*,  che  acòaddeta  mehti'è  éi  re^ra.  Fece 
savij^ma  «cella  di  irtifiiètft  é  di  capitani  è  rrtOiitf ostì  alieno  dai  vi^j  che  noti* 
di  rado  inftrttaiio  le   torti  (  tóàt.  QttL  d»  là  (ihiù.  t.  IX.  p.  48  ). 


i 


i68 

'battaglia.  Item  il  Gtan  Gau  ^  ancora  ha  dalle  sue  cori  cubine  vedti- 
cinque  figliuoli,»  i  quali  sono  valenti  nell'arme^  perchè  di  continuo 
li  fa  esercitar  ndlle  cose  pertinenti  .alla  guerra^  e  sono  gran  signori 
E  de'figlìuoli  eh  egli  ha  dalle  quattro  mogli,  sette  sono  re  di  graa 
Provincie ^'^ ,  e  regni,  e  tutti  mantengono  bene  il  suo  regno, 
perchè  sono  savj ,  e  pnideQti ,  «  9on  ^può  esser  altrimenti  essen- 
<do  nati  di  tal  padre ,  che  è  opinione  fermissima ,  che  uomo  di 
maggior  valqre  Jdop  fosse  mai  in  tolta  la  geuerazion  de' Tartara. 

e  A  P.    VI; 

jDel  grande  e  maras^igUoso  palazzo  del  Gran  Carij  appressò 

ia  città  di  .C(imb(^iù . 

Ordinariamente  il  Gran  Gan  abita  tre  mesi  dell'anno ,  cioè 
Dicembre  ,  Gennajo  e  Febbrajo  nella  gran  città  detta  Gam- 
bale ^'%  qual'è  ia  capo  della  provincia  del  Gatajo  verso  Gre« 


5ii.  Re  di  gran  provincU.  Dee  intendersi  Viceré  dipendenti  ordinariamente 
^dal  Gran  Can»  appeUati  regi  per  grandigia. 

5ia.  Camhalu*  Secondo  jibulfeda  Com^o/u  esi  in  ierminis  Orientis  in  re- 
gione Chata,   E  la  sua  latitudine  la  stabilisce   di  3o^  aS*  la  Long.  x36**  (  Abulf- 
apud  Muller  tle  Catajo  p.  i6  )  .   Ma   secondo  il  Muller  nel   testo    da  lui  citato 
sbagliata  era  la  latitudine ,  e  correggela  secondo  un  testo  di  cui  si  valse  il  Co- 
lio ,  ove  era  segriata  t^I  Lat.  55**  njf  e  secondo   1'  Abulfeda  di  cui  si   valse  il 
Ramusio  35^  2i5"  (  Dichiaraz.  p.  i8  ).  Secondo  le  tavole  di  Ulug  Beg  e  di  Nassir 
Ettuseo  la  Ltatitttdiqte.di  C^^  Balig  era.  di   46°   o.    Il  MuUero   credè   che  la 
cittì  datta   Chan  Balig  dai  due    rammentati  geografi  fosse  Cambalu    del  Polo 
(  Muli.  L  e.  p.  3o  )  e  x^on  si  awidde  che  intesero  di  favellare  di  Chan^tUfe  non 
già  di.Pekìno  ^  cui  cp^ivienie  ip^glio  tale  latitu4inè^  tanto  più  che  Chan-^'alig  era  se- 
condo i  rammentati  geografi  nel   Turchesian  e  ndn   già  nel  paese  di  Sin  o  la  Ci- 
na» di  cui  capitale  secondo    essi    era  Panyu  .che  pongono   alla.  Lat.  di  24*^  '^* 
(  Geogr.  Minor*  t.  III.  p.  147»  e  i5i  )  »  latitudine,  errata  e  che  non  quadra  nem- 
meno  con   quella  della  città  di  Hang^tcheu  o  di  Quinsai.  Secondo  il  Libro  in- 
titolato :  £aì  Coroìùissance  des  tempsy  Tosservatorio  dei  Gesuiti  in  Pekino  è  a  SgT 
54**  di  Lat.  i«4*^   7-*  di  Longitudine  .Xa  ragione  di  tant^    confusione   nei   geo- 
grafi antichi  che  trattarono    della  Lat.  di  Cambalu  si    diparte,  come  avvertimi 
mo  ,  dall'  avere  avute  più  qapitaU  i  Sovrani    della   Cina   di  sangue  MogoUo;  se* 
condariamente  dal   non  avere  avuti  i  Geografi  Arabi  esatte  osservazioni  mtorno 
alle  Latitudini  di  quelle   lontane   città.    Pekino  ebbe  tre  diversi  nomi .  ]    Tjar- 
tari  appellarono   la   città  Cambalu   o  Han^^palu  come  vuole  Magaillans,.  il  qua- 
le avverte  che  i  Tartari  non  hanno  n^l  loro  alfabeto  la  lettera  £^.  Han-'patu  sigui- 
lica  corte  del  re  o  del    signore   (  IVJagailL  1.  e.  p.  6  )  •   Anche  innanzi  i  Mogol  H 


<co  ^'^ .  E  quivi  è  situato    il  stio  gran  palagio  ^'^^  appresso  la 


•era  appellata  Pekin,  Come  oggidì,  clie  significa  Corte  Settentrionale,  e  ciò  per 
distinguere  quella  città  du  Nankiriy  che  significa  Corte  Meridionale,  ove  prima  di 
passare  a  Hang^icheu  risiedevano  i  Song ,  o  i  signori  nati]  della  Cina,  che  furo* 
no  spc^Iiati  dcUa  parte  settentrionale  del  loro  Impero  dai  Tcurtari  Kitani^  o  Ca^» 
tainiy  che  per  più  secoli  signoreggi aronla.  £  la  parte  di  cui  divenner  signori  ebbe 
nome  da  loro  di  Calai.  Questo  Calai  comprendeva  tutte  le  provincie  della  Ci- 
na, che  sono  a  settentrione  del  fiume  Kiang.  Talché  la  residenza  degl'  Impera- 
dori  Catainì  fu  appellata  Pekin^  o  Corte  Settentrionale,  quella  dei  Song^Nan^Kin 
o  Corte  Meridionale >  Tali  appellazioni  non  erano  più  adattate  ai  -ietr^i  di  Ci/* 
hUd-'Can^  perché  esso  divenne  signore  di  tutta  la  Cina.  Pekino  fu  saccheggiato  e 
quasi  distrutto  allorché  lo  assediarono  i  Tartari  condotti  da  Mangu^Can  nel  121 5. 
Fecevi  accanto  rifabbricare  una  magnifica  città  Cublai^Can  nel  1267,  e  vi  stabili 
la  residenza  Imperiale,  come  si  legge  nel  Deguignes  (  t.  IV.  p.  246  )  e  nella 
Storia  Generale  della  Cina  (  t.  X.  p.  12  ),.  e  la  città  fu  appellata  Ta-^iu^fu  ed 
anche  semplicemente  7a-^a  (  Yisdel.  p.  9  ),  che  significa  la  Gran  Corte  (  Magail. 
p.  7  ).  Conferma  Gaubil  che  il  Gran  Can  vi  risiedeva  negli  ultimi  mesi  dell* 
autunno  e  nei  primi  délVin verno  (  apud  Souc.  t.  I.  p.  197  )»  e  afferma  che  cor- 
risponde alla  più  gran  parte  della  attuale  città  di  Pekino.  Anche  il  Polo  fa 
menzione  di  7Vi-fi/,  o  della  città  nuova  con  leggera  alterazione  di  vocabolo,  poi- 
ché ei  Tappella  Taidu  (  Iib«  i  e.  7  ).  Ma  poi  ambedue  le  città  per  essere  aecan** 
to  furono   dette   congiuntamente  Ta^tu^  o  Ta^tu^fu. 

5i5.  Coiaio  verso  Greco,  Esattissima  é  la  posizione  indicata  dal  Polo  di 
Pekino.  Ne* tempi  a  lui  posteriori  per  non  aver  gli  studiosi  sentito  rammenta- 
re nella  Cina  una  città  di  Cambalu ,  né  un  regno  del  Catajo ,  si  accese  non 
poca  tltubazione  intorno  alla  fedeltà  dei  racconti  del  Polo.  Non  si  dileguarono 
tali  dubbi  ii^urìosi,  che  allorquando  il  MuUero  ebbe  scritta  la  sua  dotta  disser- 
tazione che  ha  per  titolo:)^  Disquisì tio  Geographica  et  Historica  de  Chataja»(Berol. 
167 1.  4«**  )>  «  allprché  fu  spedito  Tinfelice  Padre  Benedetto  Goez  dai  Gesuiti  di 
Laot  neìì*  India  a  cercare  il  Catajo,  che  riconobbe  essere  la  Cina  Settentriona- 
le.  Di  questo  celebre  viaggio  oltre  il  Padi*e  Ricci  che  ne  pubblicò  il  poco  ordi- 
nato Diario,  ne  diede  un  succinto  ragguaglio  il  Padre  Semedo  (  Hist.  Univer.  de' 
la  Chin.  p.  25  )  .  La  storia,  da  noi  tessuta  delle  vicendevoli  relazioni  dell'Asia, , 
e  dell'Europa  toglie  ogni  dubbio  intomo  ad  argomento  altra  volta  tanto  discusso. 

5i4>  Palagio.  Questo  Palazzo  rimase  incendiato  nel  1400  (  Mart.  Atlas 
Sin*  p.  a3  ).  Sappiamo  dagli  Ambasciatori  di  Shah  Rock  che  occorsero  dician- 
nove anni  per  rifabbricarlo.  £ssi.nel  14 19  si  trovarono  a  Kanibalek^  o  Cambalu 
allorché  vi  si  recò  I*  Imperatore  per  la  prima  volta  per  celebrarvi  la  festa  del 
nuovo  anno  (  Hist.  Gen.  des  Voy.'  t.  VII.  p.  5x6  ).  U  attuai  Palalo  secondo  il 
Martini  ha  dodici  stadi  o  Li  Cinesi  per  lato,  ossia  tre  miglia  d'Italia  (  ibid.  p.24  ^ 
Secondo  Magaillans,  che  l'ha  minutamente  descritto,  il  suo  recinto  ha  il  doppio 
(  Nouv.  Descrip.  p.  279  ).  Secondo  il  Polo  il  giro  dell*  antico  era  di  52  miglia  . 
U  B.  Oderico  dice  che  in  Cambalech:  »  pal\^cium  magnum  habet  (il  Gran  Can), 
t  cujus  muri  circuunt  quatuor  milliaria,  infra  quod  spacium  multa  alia  pulcra 
»  paliacia  sunt  ».  Le  dimensioni  date  dal  B.  Oderico  sono  le  medesime  Va  quel- 
le indicate  dal  Martini ,   talché  pare    che   il .  nuovo    palazzo  fosse  rifabbricato 

21 


[ 


IJO 


città Quova,  nella  parie  verso  mezzodì,  iii  questa  fórma:  priim 
è  un  circuito  di  muro  quadro^  e  ciascuna  facciata  è  lunga  miglia 
otto ,  attorno  alle  quali  vi  è  una  fossa  profonda ,  e  nel  mezzo 
di  ciascuna  facciata  v'  è  una  porta ,  per  la  quale  entrano  lune 
le  genti ,  che  da  ogni  parte  quivi  concorrono ,  poi  si  trova  Io 
spazia  d' un  miglio  attorno  attorno  dove  stanno  i  soldati  •  Dopo* 
il  qual  spazio ,  si  trova  un'  altro  circuito  di  muro  di  miglia  sei 
per  quadro ,  il  quale  ha  tre  porte  nella  facciata  di  mezzogior- 
no, e  altre  tre  nella  pane  di  tramontana,  delle  quali ^  quella 
di  mezzo  è  maggiore ,  e  sta  sempre  serrata  ^*^,  e  mai  non  s  apre,, 
se  non  quando  il  Gran  Gan  vuorentrare,  o  uscire ,  e  l'altre  due^ 
minori ,  che  vi  sono  una  da  una  banda ,  e  T  altra  dalF  altfa ,  stan- 
no sempre  aperte ,  e  per  quelle  entrano  tutte  le  genti  •  E  in  cia- 
scun cantone  di  questo  muro ,  e  nel  mezzo  di  ciascuna  delle 
facciate  v'è  un  palagio  bello,  e  spazioso,  talmente  che  attor- 
no attorno  il  muro  sono  otto  palazzi,  ne' quali  si  tengoliò  le 
munizioni  del  Gran  Gane,  cioè  in  ciascuno  una  sorte  di  forai- 
menti ,  come^  freni ,  selle ,  staffe ,  e  altre  cose ,  che  s' apparten- 
gono air' apparecchia  di  cavalli .  E  in  un'  altro ,  archi,  corde  ,> 
turcassi^  frecce^,  e  altre  cose  appartenenti  al  saettare.  Iti  un'al- 
tro corazze,  corsaletti,  e  simili  cose  di  ctiojò  cotto,  e  così  degU 
altri .  Dentro  questo  circuito  di.  muro ,  è  un'  altro  circuito  di- 
muro,  ilqual'è  grossissimo,  eia  sua  altezza  è  ben  dieci  p*ssi, 
e  tutti  i  merli  sono  bianchi.  H  muro  è  quadro  ^  e  circuisce  ben 
quattro  miglia ,  cioè  un  miglio  per  ciascun  quadro.  E  in  questò» 
terzo  circuito ,  sono  sei  porte  similmente  ordinate  carne  nel  se* 
Gondo  circuita  .*  Sonovi  ancora  otto  palagi  grandissimi  ordinali  co- 
me nel  secondo  circuita  predetto ,  ne'quali  similmente  si  letìgOha 
i  paramend  del  Gran  Gan .  Fra  l' and,  e  raltrò  maro  sowó  alberi 
molto  belli  e  prati ,  ne'  quali  sono  molte  sorti  dì  béstie ,  come- 
cervi  e  bestie  che  fanno  il  muschio,  caprioli,  daini,  va^^  e  mol- 
te altre  simili,  di  nM)do  che  fra  k  mora  in  qdaktoqne  hi6ga  dove 
si  truova  vacuo,  vi  conversrttìcr bestie};  Ipfati  hauna  i*rbci  abbon- 
dantemente, perchè  tutte  le  strade  sonò  saleggiate^  e  sollevate  più 


•••MiMMMaMi^Ar 


«ulk  stesse  dsTnensioni  deU'àntici>y  ed  amclte  $vÈÌo  MMiso  difégao  (  ÌSéV  Bt  Odo- 

rie.  p.  71  ) . 

5i5.  Serrata.  L'uso  rammentafoi  dal  Fòlo  éhe  k^  f^fta  &  nfé^zè  non  apri— 
vasi  che  pel  Gran  Can  f  era  praticato  nétta  ìéndA  iti  Genica*,-  la  qnkìe  svcv^ìl^ 
ugualmente  tre  porte  o  aperture   [  Peti5  de  U  Ciaix  Hiat»  de  6eAg.  p^  460  ]. . 


^ 


TJ 1 


lite  della  terra  ben  due  cubili ,  talmente  cbe  sopra  quelle  mai 
non  si  raguna  fango ,  nò  vi  si  ferma  acqua  di  pioggia  ^  ma  discor* 
feudo  per  i  prati  ingrassa  la  terra  ,  e  fa  crescer  V  erba  in  abbon* 
danza .  E  dentro  a  questo  muro ,  che  circuisce  quattw  miglia ,  è 
il  palagio  del  Gran  Gan .  Il  qual  è  il  più  gran  palagio^  che  fosse 
veduto  giammai.  Essoaduuque  confina  con  il  predetto  muro  ver- 
so tramontana ,  e  verso  mezzodì  ^  ed  è  vacuo ,  dove  i  baroni ,  e 
i  soldati  vanno  passeggiando .  Il  palazzo  adunque  non  ha  solaro , 
ma  ha  il  tetto ,  ovvero  coperchio  altissimo .  Il  pavimento  dove  è 
fondato  è  più  aito  della  terra  dieci  palmi ,  e  attorno  attorno  vi  è 
aa  muro  di  marmo  uguale  al  pavimento,  largo  per  due  passi  j  e 
tra  il  muro  è  fondato  il  palazzo ,  di  sorte  che  tutto  il  muro  fuor 
del  palazzo  è  quasi  come  ui^ preambolo^  per  il  quale  si  va  attorno 
attorno  passeggiando ,  dove  possono  gii  uomini  veder  per  le  parti 
esteriori.  £  nell'estremità  del  muro  di  faoii,  è  un  bellissiniQ  poggicv 
lo  con  colonne,  al  quale  si  possono  accostar  gli  aomini.  Kelle  mura 
delle  sale  e  camere ,  vi  aono  dragoni  di  scultura  indwati  y  solda- 
ti ,  uccelli ,  e  diverse  maniere  di  bestie ,  e  istorie  di  guerre  •  La 
copritura  è  fatta  in  tal  moAoj  ch'altro  non  si  vede,  (^  oro,  e  pit- 
tura .  In  ciascun  quadro  del  palazzo  è  una  gran  scala  di  marmo, 
che  ascende  da  terra  sopra  il  detto  muro  di  marmo,  che  circon^ 
da  il  palazzo ,  per  la  qual  scala  s  ascende  nel  palazzo.  La  sala  è 
tanto  grande  e  larga,  che  vi  potria  mangiar  gran  moltitudine 
d'uomini.  Sono  in  esso  palazzo  molte  camere,  che  mirabìl  cosa  è 
a  vederle .  Esso  è  tanto  ben'  ordinato  e  disposto ,  che  si  pensa , 
che  non  si  potria  trovar'  uoaK> ,  che  fe  sapesse  meglio  ordinare . 
La  copritura  di  sopra  è  rosasi ,  verde ,  azzurra ,  e  pavonazza ,  e 
di  tiuti  i  colori  Vi  sono  vetrate  nelle  finestre  così  ben  fette,  e  cosi 
sottilmei^ ,  che  risplendono  come  cristallo^  e  sono  quelle  coper- 
ture così  forti  e  salde,  che  durano  moki  anni.  Diub  parte  di 
dietro  del  palazzo  sono  case  grandi ,.  camere ,  e  sale ,  nette  quali 
sono  le  cose  pivate  d^  Signore ,  cioè  tutto  il  suo  tesoro ,  oro  ^ 
argento ,  pietre  preziose ,  e  perle,  e  i  suoi  vasi  d' oro,  e  d*  argen- 
to, dove  stanno  le  sue  donne,  e  concubine^  e  dove  egli  fa  fare  le 
cose  sue  comode ,  e  opportune ,  a'  quali  luoghi  altre  genti  non 
V 'eairano,  e  dallf  altra  patte  del  ckxrutta  del  palazzo  a  risconico 
del  palazzo  d^  Gfaii  Gan,.  vi  è  fatto  im^  akro  simile  in  tatto  à 
quiel  del  Gran  Gan ,  nel  quale  dimora  Gogis  ^'^  primo  figlhiolo 


■wp^i^p^"^»iw^"^"^»^ 


}i&  Dimorm  Cingisi  tkl  parlMv  a  queata  taoga  di  Ciagis»  cotn'6  ancora  m 


<fel  Gran  Can ,  e  dea  corte  osservando  i  modi  e  cosiuml,  e  tiilt& 
le  maniere  del  padre,  e  questo  perciocché  dopo  la  iporte  di  quel- 
lo è  per  aver^il  dominio.  Item  appresso  al  palazzo  del  Gran  Can , 
verso  tramontana  ,  per  uno  tiro  di  balestra  intra  i  circuiti  delle 
mura  è  un  monte  di.  terra  fatto* a  mano,. la  cui  altezza  è  ben  cen- 
to passi,  e  attorno  attorno  cinge  ben  per  un  miglio,  il  qual'è 
tutto  pieno,  e  piantato  di  bellissimi  alberi.,  che  per  tempo  alcuao 
mai  perdono  le  foglie,  e  sono  sempre  verdi.  E  il  Signore  quando 
alcuno  li  riferisse  in  qualche  luogo  essere  qualche  beli'  albero ,,  lo 
(a  cavare  con  tutte  le  radici  e  terra,  e  fosse  quanto  sii  volesse  gran- 
de, e  grosso,  che  con  gli  elefanti  lo  fa  portare  a  quel  monte  ,  e 
in  questo  modo  vi  sono  bellissimi  atì3eri ,  sempre  tutti  verdi..  E 
per  questa  causa  si  chiama  Monte  V^rde,  nella  sommità  del  qual 
è  un  Dellissimo  palazzo,  e  verde  tutto..  Onde  riguardando  il  mour 
te,  il  palazzo,  e  gli  alberi  è  una  bellissima,  e  stupenda  cosa^ 
perciocché  rende  una  vista  bella,  allegra,  e  dilettevole .  Item  ver^ 
so  tramontana,  similmente  nella  città  è  una  gran  cava  larga,  e 
profonda  molto,  ben' ordinata  ,  della  cui  terra  £li  .  fatta  il  detto 
monte ,  e  un  fiume  non  molto  grande  empie  detta  cava ,  e  fa  à 
modo  d' una  peschiera  ,  e  quivi  si  vanno  ad  acquare  le .  bestie  . 
E  dopo  si  parte  il  detto  fiume  passando  per  un'acquedotto  ap-» 
presso.il  monte  predetto,  e- empie  un'altra  cava  molto  grande 
e  profonda  tra  il  palazzo  del  Gran  Can,  e  quella  di  Gingia  sua 
figliuolo,  della  terra  della  quale  fu  similmente  inalzato  il  detto  mon* 
te  .  In  queste  cave ,  ovvero  peschiere  sono  molte  sorti,  di  pesci  ^ 
de' qual  il  Gran  Can  ha  grand'  abbondanza  quando  vuole  ..E  il 
fiume  sì  parte  dall'  altra  parte  della  cava ,  e  scorre  faori .  Ma  è 
talmente  ordinato,  e  fabbricato,. che  nell:' entrare ,  e  uscire  vi  so» 
no  poste  alcime  reti  di  rame ,  e  di  ferro,  che  d' alcuna  paro  non 
può  uscire  il  pesce.  Vi  sono  ancora  cigni,,  e  altri  uocelli  d'acqua. 
E  da  un  palazzo  all'  altro  si  passa  per  un  ponte  fatto  sopra  quell' 
acqua.  Detto  è  adunque  del  palagio  del  Gran  Can^'^,  ora  si  dir 
rà  della  disposizione  e  condizione  della. città  di  TaidiL 


vita. può  inerirsene  che  il  Pdl©  descriveva  Id.  cose  dà  lui  vedute. di  matto-Jii 
iM^o  che  1^  vedeva  I  e  che  descrìsse  il  Palagio  la  prima  volta  che  fu  a  Cam-» 
halu .  '  . 

3i8.  Del  Palagio  del  Gran  Can.  Il  Magaìllans  ha  minutamente  descrìtto 
il  nuovo  Palagio  (  p.  278  ),  e  siccome  il  missionario  parla  del  duplice  recinto  , 
dé'dÌYersi  palagi^  che  ne  formano  gli  anDe3SÌ  »  del  fiumiccUo  che  traversa  il 


17.T 

« 

GAP.    vir.  • 

Della  nuos^a  città  di  Taidu  y  fabbricata  appresso  la  città  di' 
Cambalii  i  degli  ordini ,  cha  s*  o^serK^ano  cosi  nelV  allog- 
giare gli  ambasciatori  j.  come  nalV  andai*  di  notte  . 

La  città  eli  Gimbalù  è  posta  sopra  un  gran^^  fiume  oolla  pro- 
vincia del  Caiajo,  e  fu  per  il  tempo  passato  molto  nobile,  e  re* 
gale ,  e  questo  nome  di  Cambalù ,  vuol  dire  città>  del  Signore  •  - 
£  trovando' il  Gran  Cau  per  opinione  degli  astrologhi,  ch'ella  do- 
vea  ribellarsi  dal  suo  dominio ,.  ne  fece^  ivi  appresso  edificar  un' 
altra,  oltre  il  fiume,  ove  sono  li  detti  palazzi  ,.di  modo^  che  ui^- 
uà  cosa  è  che  la  divida,  salvo  che  il  fiume,  che  indi  discorre.  La 
città  adunque  nuovamente  edificata  si  chiama  Taidu  ^-^  .  E  Lutti 


«iato,  deUe  tee  porte  in^ciasoun  lato  del  muro  »  doUa  copritura/ a  tegoli,  invci-w 
.HÌciati  di  diversi  colorì,  ciò  conferma  che  fu  rifabbricato  sullo  stesso  disegno.- 
li  Missionario  ricorda  questa  descrizione  che  ne  ha  data  il  Polo  e  fra  le  altre 
cose  il  lago  del  giardino  del'  palazzo  (  p:  aSst  ).  Il  padre  LeComte  diede  il 
disegno  del  Trono  Imp«rìaltt  che  sembra  corrispondere  alla  Sala  Imperiale  de- 
scrìtta dal  Polo  (  NouY.  Mem.  t,  1.  p.  6S  ).  Il  0.  OdericQ.  parU  àaì  IVloi^te  ver* 
de  e  del   Lago   (  1.  e.  p.  71  ). 

3i8.  Taidu,  11  padre  Magaillans  crede^   che  ràutica  città  dì  Pckino  "0  Cam- 
fcalu  del  Polo  fosse  la  città   detta  oggidì  Tong-tch^u  sul  fiume  Pajr^ho  (  p.  6  ), 
di  cui  può  vedérsi  la  situazione  nella  calta  particolare  del   Pe^che^U  dcU'An-- 
viUe»  che  è  quaai  tre.  I^ghe.  distante  da  FeUnoi  e  che  la  citti  detta   laidu  ùal- 
Polo   sia    realmente   PeLino  •    Ma    che   esso   sia  in   errore*  si  dimostra  -  da  più 
autorevole    scrittore ,  perchè  esso-  fu    ivi    pochi    anni   dopo    il    Polw .    Questi  ò 
il    Beato    Oderico    il   quale   dice:  ]»' deinde    vero  versus   Oriens   multas  transì* 
»►  ens  clvitates,  pervenr  ad  nobìlemdvitatem  Cambélech  ^quae  multum  vetui» 
»  est  et  antiqua,  in  provincia  iUa  Cathay  :  hanc  coeperunt  Tartari,  juxta  quam 
•p  ad  dimidium  milliare  aliam  iecerunt  civitatem  nomine  Taydo  ».  (  Elog.  Storìco  • 
del  B.  Oderic.  Ven.  1761  p.  71  )   La  città  adunque  detta  dal  Polo  Taidu  è  quella, 
parte    di    Pekino  the  appellasi  oggidì  la  città  Tartara.  Infatti  dice  il  Polo  cAe 
in  appressa  ^   alV  antica  città   Cablai  ne  fece  fabbricare  un  alino,  olire  il  fiume.. 
Questo  fiume  òun  confluente  àt\*  Pnij-'ho .  Molti   descrìverò-  Pekino^.e  fra   gU 
altrì  il  Dualdo.   Seconda  e^Mo  ha .  la  forma  di  un*  gran   quadrato  diviso  in  du^e 
città.  Ove  è  il  palazzo.  Imperiala  dicesi  la  città  nuova^  l'altra  parte*  la.  città  vec* 
chia  .  Ambedue  insieme  hanno  cìnquantaduc  Li  di  giro,  non  ^compresi  i  borghi* 
Le  mura  sono  di  magnifica  costruzione ,  fiancheggiate  di  torri  ,  e  di    corpi  di- 
guardia. 'Ogni    porta  è  difesa  da  una   fabbrica  a  nove  piani,  e  nell'interno  da; 
«assecondo  recinto  dì  mura  per  potere   difendere  la  città,  se  anche  veniise  iof" 


Ti  Cataini,  cioè,  quelli  che  aveaao  origiue  dalla  provincia  del  Ca* 
tajo,  li  fece  il  Gran  Can  uscir  della  vecchia  città,  e  venir  ad  abi- 
tar nella  nuova  •  E  quelli  di  che  egli  non  si  dubitava  che  aves- 
sero ad  essere  ribelli,  lasciò  nella  vecchia,  perchè  la  nuova  non  era 
capace  di  tanta  gente ,  quanta  abitava  nella  vecchia ,  la  qual  era 
molto  grande ,  e  nondimeno  la  nuova  era  della  grandezza  come 
ài  presente  potrete  intendere  . 

Questa  nuova  città  ha  di  circuito  ventiquattro  miglia:  è  quadra, 
di  sorte ,  che  niun  lato  del  quadro  è  maggiore,  o  più  lungo  dell' 
^Itro ,  e  ciascuno  è  di  sei  miglia,  ed  è  murata  di  mura  di  terra , 
che  sono  grosse  dalla  parte  di  soi^o  circa  dieci  passi  ^  ma  dalfi 
fondamenti  in  sii  si  vanno  minuendo  talmente,  che  ndla  pane 
di  sopra  non  sono  più  di  grossezza  di  tre  pas$i:  e  attorno  attorno 
sono  merli  bianchi .  Tutta  la  città  adunque  è  tirata  per  linea , 
imperocché  le  strada  generali  dalF  una  parte  air  altra .  sono  cosà 
dritte  per  linea  :  che  s'  alcuno  montasse  sopra  il  muro  a  una  por- 
ta ,  e  guardasse  a  drittura ,  può  vedere  la  porta  delF  altra  banda 
a  riscontro  di  quella .  E  per  tutto  dai  lati  di  ciascuna  strada  ge- 
nerale ,  «ono  stanze ,  e  bottege  dS  qualunque  ma»i«ra .  E  tutti  t 
terreni  sopra  IJ  quali  sqno  fi^tte  le  abitazioni  per  la  città  sono 
fju^ifi,,  ^  ymiii  pej  jinfja  ^  Q  in  ciasgww  t^T^ao ,  vi  §Qn,Q  sp^2;ip- 
si ,  e  gi^  palazzi ,  eoa  ^ifiaieati  eoru ,  «  gia.vdinl  E  qo»^  taìà 
terreni  sono  dati  a  ciascun  capo  di  casa ,  cioè ,  il  tale  di  tal  piro- 
genie  ebbe  qi^estpi  terreno  ^  e  il  tale  della  tale  ,  ebbe  quelF  altro, 
e  co^  di  m^n(X  ift  mano .  E  cftrc?i  "gì^scun  terreno  cos^  cm^dro  ^ 
«ona  belle  vi« ,  per  la  quali  si  camEoi^a ,  e  ia  questo.  mQao  tutta 
la  città  di  dentro  è  disposta  per  quadro ,  oofa'  è  un  tfvoliero  da 
scacchi ,  e  cosi  belk  e  nxaestre.volmente  disposta,  che  non  saria 
possibHe  in  alc^i^  n^odQ  raccontarlp .  ^1  n;iuro  della  città  b^  dodir 
ei  porte  ^'^  cioè  tre  p«  QÌ*swa,  qgiadroa  q  «ippA^a,  <:Uscuna  povi^,, 


'   >in 


t.ata  una  porta  v  Le  &Uads.  4oa«  diritte  eA^iAquiu»,  biUififQi  iiftpixtt  di  larghez- 
za. L^  case  Mao  basse,  e  mal  fUbbrica\e  (  Du  ll^d  t«  L  fu.  ii5).  U  MartL. 
ni  dice  che  vi  sono*  po<^  lastrioi,  che  per  ciò  le»  vìe.  aoiio.  moÌÉo.  polverose  pe9 
quanto  obblighino  gU  abitanti,  ad  ìnaiÉarle ,  e  batterk>  gìoraalmeiitss.  Si  iia% 
vendervi  la  diBSCElaione  della  città  come  nella  noatre  città  Europee  i  AA 
Sin.  p.  25  )•  II,  Dualdo'  diede  la  pianta  della  città  ove  è  segnato  il  ppalA  <ldfo 
montiagna  artilìcv[ile  j»iìUBieDtai;a  dal  Polo. . 

319.  Dodici  ponte ^  il  padiie  Martboi  loi  conferma*  Ma  JVftigaj^ls^Ni'  Ip  .wtrtff^ 
ff^  e  dice  iioa4  esser  ch^  nov^  e  che  iL  Missiowiriot  .segui,  i^a  cidi  )»  «eluiattfl^  àsÀ 


». 


1^5 

r  cantoùé  dì  qufldro  è  qq  graii  palas!^70  mollo  htììo ,  latmefiti^ 
che  la  ci^Mun  qoadixi  di  muro  sono  cinque  palazei ,  t  qiidii  hih» 
no  grabdi  e  Urgke  sale^  dote  simiDO  rarmi  di  quelli,  che  OUMÒ^ 
discono  la  città  ,  perchè  ciascuna  porta  è  custodita  pet  mille  uo^ 
mini .  Né  credasi  che  tal  cosa  si  ihccta  per  {^ tira  di  gente  alcuna^ 
ma  solamente  per  onore  ^  e  eccellenza  del  Signore  y  tioadimeno' 
per  il  detto  degli  astrologhi ,.  sì  ha  non  so-  che  di  sospekid  della 
gente  del:  Catajo .  £  in  meitzb  della  città  è'  utia  gran  campana  ^ 
soprano  grande,  e  BÌie  palazzo,  la  duale  si  suona  di.  flotte ^ 
acciò  che  dopo  il  terzo  suootì  niun'  aMtsoa  andane  per  la  eitiii  y 
se  non  in  caso  di  necessità^  per  dònna  che  partorisca  ^  a  A'  uomo- 
infermo  ^^;  e^qtièllii^  che  Tanno  per  giuiià  canM  devoti^  pMtar 
lumi  cen  eisó  lóro .  Iteni  fuori  dnUa  città ,  per  «laK^nu:  p<iria  so^ 
no  grandissimi  bof^hi,  ovrero  coìitrade ,  di  modo  die  it  botgo^ 
(li  ciascuna  porta  si  foocsi  caà  11  bwghi  delle  poritf  ckR^  unti  e: 
Taltro  Iato  e  durano  per  lunghezza  tré^  e  miàttro  mi^ia^  mlohe  ^^ 
DO  più  qtielli ,  che  abitano  ne^  borghi ,  die  qoàWi  ^  ehe  alsriiufu^ 
nella  città .  £  in  cià6(ìttn  borgo  ^' ,  oVverti  bontrada  fersè  per  niu 
miglio  lontaito  dall»  «Htà  sono  tUòUi  fond^hi  ^  è  bdUi  ^  m'qMÌi 
alloggiano  1  nietciand^  ohe  vengono  di  qtt«flunque  hMgo^  e  a  d<i^ 
scuna  torte  di  gente  è  dìpntato  ufi  femiico,  Quitte  m.  direbbe  k^^ 
Lotabai'di  u6o,  a'  Tedeschi  un^  altro,  e  a'  Franoi^i  ucf'àU[t)j  Ei 


•  «-•«M 


J  ' 


Polo  (  p^  «7  ).  Ma  anche  il  P.  Odérico  aUesta  che  ai  tempi  del  Polo  erano  dò^- 
dici.  liaec  Civitas  (  Cambalu  )    Juòdecihi  portai  habet^  imer  quamlibet  quorum* 
smii  duo  milUaria  magna ,  ei  Inter  uiramque  cMtatem   haòitatur   befie.  Circuunt 
amem  hà9c  duòcMiates  plus  XL.  mUtatibus  (te.  -p;  71  )•- 

320.  Uomo  infermo .    Queati  oltiim  rè^lamAnti  di  governo  sono  tuttora  in 
uso  a  Pekino.  Non  si   esce  di  notte  che  col  lume,  e  per  necessità   d*  infermo  o 
di  partoriente.  Ciascun  si   ritira  alla. propria  casa  quando   ne  dà  cenno  la  cam- 
pana (  Dtr-Hald.  t.  I.  p.   iiJl  ),  edf  è  cbtó  dcgtia  tfòs^rfVazioiie'  quanti  Secoli  in-- 
nianzi  in  Cina  clke  plresso  noi  fo«ièr6  t^  Hégoldaiéùt^  ordifuti.^ 

521.  Borgo.  Nel  testo  RiccarcUano  si  legge  una  natizia  omessa  fui.  i^  Omnes 
»►  autem  ydolatrae  citra  urbem  comburuntur.  Hohim  autem  corpora,  quae  comburi 
t  non  debent    sepeliuntur  extra  suburbia  j>  .  U   Testo  Ramusiano  di   ciò  parla 
al  Gap.    XVII.    di    questo   Libro.    Ciò    dimostra    evidentemente    che    il    Polo 
rifuse  il  Milione  e  vi    «tggiunse  alcuni   capitoli  ,  e  riunì  in    essi    ciò  che  sem- 
b>o^i  ^  àdàtHato  éSUT  ^f^oifieitiH  cKéf  tmisM .'  SI  VWe  t'us^  SSr  ^iMfire  L 
Itimi  tUoA   «  òtttà  es«6fe  hiA\mà  ìtt  CWà  ìnriaAzi  éhfe  -ùit  *te1/  tì  flal  Té*»^ 
to  Kiticàfcftknb  et  t^riAnti  che  alcuiie  ^H  #épfé!MVaAé^  i  «W§ì  <  «trf  gW  àh^'- 
bmciavàtio  .  I  Crisfiató  ì  MaWnéfttLrf  g»  iTéftgéllitfflWr,  ì  Ttttaf»  e  rfndle  ^hà 
te  dei  CàtiéÈi  Ai  àtàéytalto. 


176 

m  sono  femimne  da  partito  veaticiaqaemila ,  computsEte  <|ii€^e 
della  città  nuova ,  e  quelle  de'  borghi  della  città  -vecchia  ,  le  qua- 
li servoao  de' suoi  corpi  agli  uomioi  per  denari.  E  haimo  uà  capi- 
tano generale,  e  per  ciascun  centiaajo,  e  ciascun  ixiigliajo  vi  è  un 
capo,  e  tutti  rispondono  al  generale  :  e  la  causa  perchè  queste  fem- 
mine hanno  capitano ,  è  perchè  ogni  volta ,  che  vengono  amba* 
sciatori  al  Gran  Can,  per  cose ,  e  faccende  di  esso  signore  ,  e  che 
stanno  alle  spese  <ii  quello,,  le  quali  lor  vengono  fatte  onoratissi- 
me ,  questo  capitano  è  obbligato  di  dare  ogni  notte  a  deiii  am- 
basciatori, e  a  ciascuno  della  fam^iglia  una  femmina  da  partito,  e 
•ogni  notte  si  cambiano,  e  non  hanno  alcun  prezzo.,  imperocché 
questo  è  il  tributo ,  cbe  pagano  al  Gran  Gan .  Oltre  di  ciò ,  le 
guardie  cavalcano  sempre  la  notte  per  la  ciltà ,.  a  trenta  e  qua- 
ranta ,  cercando ,  e  investigando  s'aleuna  persona  iad  ora  straordi* 
naria  ^  cioè  dopo  il  terzo  suono  della  campana  vada  pc^r  la  città 
e  trovandosi  alcuno  si  prende ,  e  subito  si  pone  in  prigione ,  e  la 
mattina  gliofìciaU  a  ciò  deputati  l'esaminano,  e  trovandolo  col- 
pevole di  qualche  misfatto,  li  damio  secondo  la  qualità  di  quello, 
più  e  menò  battiture  con  un  bastone  ^*^,  per  le  cpiali  alcune  vol- 
te ne  periscono ,  e  a  questo  modo  $ono  puniti  gli  uomini  de'  loro 
delitti ,  e  non  vogliono  tra  loro  sparger  sangue ,  perocché  i  loro 
Bachsi ,  cioè  sapienti  astrologhi  dicono  esser  male  a  spargere  LI 
sangue  umano.  Detto  è  adunque  delle  continenze  della  città  di 
Taidu.  Ora  diremo  come  nella  città  i  Cataini  si  volsero  ribellare. 

C  A  P.    Vili. 

Del  tradimento  ordinato  di  far  ribellar  la  città  di  Cambalii^ 

e  come  gli  autori  furono  presi  e   morti. 

,:  Vera  cosa  è  come  di  sotto  si  dirà^,  che  sqno  deputati  dodici 
uomini ,  i  quali  hanno  a  disporre  delle  terre ,  e  reggimenti ,  e  di 
tutte  r  altre  cose  come  meglio  lor  pare.  Tra'  quali  v'  «ra  un  Sa- 


32a.  Boston^.  Del  gastigo  del  bastone <  parla  il  relatore  Musulmano  puln 
bjicato  dal  Renaudot  (  p.  34  ).  Plano  tlarpini  narra  che  se  alcuno  fossesi  ap- 
prossimato di  troppo  alla. tenda  Imperiale,  e  avesse  oltrepassati  i  termini  st^- 
lùliti ,  •  se  le  guardie  '  potevano  raggiungerlo  era  bastonato,  e  se  non  lo  pot««> 
voQo  acchiappare  tiravanli  addosso   con  le  frecce  (  Apud  Berg.  p.  22  }• 


177 

ra^ceno  nominato  Achmach  uomo  sagace ,  e  valente ,  il  qual'  oltre 
gli  altri  avea  gran  potere ,  e  aatorità  appresso  il  Gran  Can ,  e  il 
Signore  tanto  Y  amava  ,  eh'  egli  avea  ogni  libertà.  Imperocché  co- 
me fu  trovato  dopo  la  sua  mofte^  esso  Achmach  talmente  incan* 
tava  il  Signore  con  suoi  venefìcj ,  che  il  Signore  dava  grandissima 
credenza ,  e  udienza  a  tutti  i  detti  suoi ,  e  così  fac  ea  tutto  quel- 
lo che  volea  fare .  Egli  dava  tutti  i  reggimenti  e  oficj ,  e  puniva 
tutti  i  malfattori;  e  ogni  volta,  ch'egli  voleva  far  morir'  alcuno, 
eh'  egli  avesse  in  odio ,  o  giustamente,  o  ingiustamente,  egli  anda- 
va dal  Signore ,  e  dicevali  il  tale  è  degno  di  morte ,  perchè  cosi 
ha  offeso  vostra  maestà .  Allora  diceva  il  Signore ,  fa'  quel  che  ti 
piace ,  e  egli  subito  lo  faceti  morire  ,  per  il  che  vedendo  gli  uo- 
mini la  piena  libei^tà  eh'  egli  avea ,  e  che  il  Signore  al  detto  di 
costui  dava  sì  piena  fede ,  non  ardivano  di  contradirli  in  cosa 
dcuna .  Non  v'  era  alcuno  c«sì  grande ,  e  di  tant'  autorità ,  che 
non  lo  temesse .  E  s^  alcuno  fosse  per  lui  accusato  a  morte  al 
Signore ,  e  volesse  scusarsi ,  non  }>otea  riprovare ,  e  usar  le  sue 
ragioni ,  perchè  non  avea  Con  chi ,  conciosiachè  niun'  ardiva  di 
coniradire  ad  esso  Achmach,  e  a  questo  modo  molti  ne  fece  mori- 
re ingiustamente .  Oltre  di  questo  non  era  alcuna  bella  donna , 
che  volendola  egli  non  l' avesse  alle  sue  voglie  ^  togliendola  per 
mc^lie  s' ella  non  era  maritata  ,  ovvero  altramente  facendola  con- 
sentire .  E  quando  sapeva ,  eh'  alcuno  aveva  qualche  bella  figlia 
noia  ,  esso  aveva  i  suoi  ruffiani ,  eh'  andavano  al  padre  della  fan- 
ciulla dicendoli .  Che  voi  tu  fare  ?  Tu  ai  questa  tua  figliuola,  dal- 
la per  moglie  al  Bailo  cioè,  ad  Achmach  (perchè  si  diceva  Bailo, 
come  si  dina  Vicario  )  e  faremo ,  eh'  egli  ti  darà  il  tal  reggimen- 
to ,  ovvero  tal'  oficio  per  tre  anni ,  e  così  quello  li  dava  la  sua 
figliuola  .    E    allora    Achmach    diceva    al    Signore  ,    vaca   tal 
reggimento ,  ovvero  si  finisce  il  tal  giorno^  tal'  uomo  è  sufficente 
a  reggerlo ,  e  il  Signor  li  rispondeva,  fa'  quello  che  ti  pare .  On- 
de r  investiva  subito  di  tal  reggimento .  Per  il  che ,  parte  per 
ambizione  di  reggimenti  e  oficj ,  parte  per  essere  temuto  que- 
sto Achmach  ,  tutte  le  belle  donne ,  o  le  toglieva  per  mogli ,  o  le 
avea  a  suoi  piaceri.  Avea  ancora  figliuoli  circa  venticinque,  i  qua- 
li erano  ne'  maggiori  oficj  :  e  alcuni  di  loix>  sotto  nome,  e  coperta 
del  padre  commettevano  adulterio  come  il  padre ,  e  facevano 
molt'  altre  cose  nefande ,  e  scellerate .  Questo  Achmach  avea  ra- 
gunato  molto  tesoro,  perchè  ciascuno,  che  volea  qtialche  reggi- 
mento ,  ovvero  oficio  li  mandava  qualche  gran  presente . 

2Ì 


178 

Regnò  adunque  costui  anni  ventidae  in  questo  dominio,  final-^ 
mente  gli  uomini  della  terra  ,  cioè  i  Cataini ,  vedendo  le  infinite 
ingiurie ,  e  nefande  scelleratezze ,  eh'  egli  fuor  di  misura  com- 
metteva ,  cosi  nelle  loro  mogli  ^  come  nelle  lor  proprie  persone , 
non  potendo  per  modo  alcuno  più  sostenere,  deliberorno  d'am- 
mazzarlo, e  ribellare  al  dominio  della  città.  E  tra  gli  altri  era 
un  Cataino  nominata  Genchu,  che  avea  sotto  di  se  mille  uomini, 
al  quaV  il  detto  Achmach  avea  sforzata  la. madre,  la  figliuola,  e 
la  moglie ,  dove  che  pien  di  sdegno  parlò  sopra  la  distruzione 
di  cosLLU ,  con  un  altro  Gataina  nominato  Yanchu ,  il  qtial'  era 
Signore  di  diecimila ,  che  dovessero  far  questo,  qiiando  il  Gran 
Gan  sarà  stato  tre  mesi  in  Gambalù,  e  poi  si  parte,  e  va  alla 
città  di  Kandel,  dove  sta  similmente  tre  mesi,  e  similmente  Già- 
gis  suo  figliuolo  si  parte*,. e  và.alK  luoghi^  soliti,  e  questo  Ach- 
mach rimane  per  custoditi,  e  guardia  della  città:  e  quando  intra- 
viene  qualche  caso  esso  manda  a  Xandù  al  Gran  Gan,  e  egli  li 
manda  la  risposta .  della  sua  volontà .  Questi  Yanchu ,  e  Genchu 
avendo  fatto  questo  consiglio  insieme  ^  volsero  comunicarlo  eoo 
li  Gataini  maggioii  della  terra,  e  di  comun  consenso  lo* fecero 
intender  in  molte  altre  città ,  e  alli  suoi  aoHci ,  cioè  ^  che  avendo 
deliberato  in  tal  giorno  far'  il  tal'  effetto ,  che  subito ,  che  vedran- 
no i  segni  del  fuoco ,  debbino  ammazzar  tutti  quelli  che  hanno 
barba ,  e  far  segno  con  il  fuoco  alle  altre  città ,  che  faccino  il  si- 
mile .  E  la  cagion  per  la  qual  si  dice ,  die  li  barbuti  sian'  am- 
mazzati >  è  perchè  i  Gataini  sono  senza  barba  naturalraeute ,  e 
Il  Tartari ,  e  Saraceni ,  e  Gristiani  la  portavano .  E  dovete  sape- 
re ,  che  tutti  i  Gataini  odiavano  il  dominio  dér  Gran  Gan ,  per- 
chè metteva  sopra  di  loro. rettori  Tartari,, e  per  lo  più  Sara- 
ceni ,  e  loro  non  li  potevano  patire ,  parendoli  d'  essere  come 
servi  •  E  poi  il  Gpan^  Gan  j  non  a veà  giuridicamente  il  domi^ 
nio  della  provincia  del  Gatajo,  anzi  l' avea  acquistato-  per  for- 
za ;  e  non  confidandosi  di  loro ,  dava  a^  regger  le-  terre  a  Tar- 
tari, Saraceni^  e  Gristiani, ..eh* erano  della  sua  famiglia  a. lui  fe- 
deli ,  e  non  erana  della  provincia  del  Gatajo  •  Or  li  sopradetli 
Vanchu ,  e  Genchu  stabilito  il  termine  entrarono  nel  palazzo  di 
notte .  E  Yanchu  sedè  sopra  mia  setMa ,  e  fece  accendere  mol- 
te lumiere  avanti  di  se .  E  mandò  no-  suo  nuazio  ad  . Acmach 
Bailo ,  che  abitava  nella  città  vecchia ,  che  da  parte  di  Cingis 
figliuolo  del  Gran  Gan,  il  quale  or  ora  giunto  di  notte  ^  dovesse 
di  subito  venir  a  luij  Ìl. che  inteso  Achmach  molto  marayiglian- 


^79 
dosi  andò  subitamente,  perchè  molto  lo  temeva,  e  entrando  nella 
porta  della  città  incontrò  un  Tartaro  nominato  Cogatai ,  il  qual' 
era  capitano  di  dodici  mila  uomini,  co'  quali  continuamente  cu« 
siodiva  la  città ,  qual  gli  disse  :  dove  andate  così  tardi  ?  A  Cin- 
gis ,  il  qual'  or'  ora  è  venuto.  Disse  Cogatai  :  come  è  possibile , 
che  lui  sia  venuto  così  nascosamente ,  eh'  io  non  l'abbia  saputo  ? 
E  seguitoUo  con  certa  quantità  delle  sue  genti.  Ora  questi  Ca- 
taioi  dicevano^  pur  che  possiamo  ammazzare  Achmach ,  non  ab- 
biamo da  dubitare  d*  altro ,  e  subito  che  Achmach  entrò  nel  pa- 
lazzo vedendo  tante  lumiere  accese,  s'inginocchiò  avanti  Vanchu, 
credendo  che  ei  fosse  Cingis,  e  Cenchu  che  era  ivi  apparecchia- 
to con  una  spada  li  tagliò  il  capo  .  11  sche  vedendo  Gotagai  y  che 
s'era  fermato  nell'entrata  del  palazzo,  disse:  ci' è  tradimento, 
e  subito  saettando  Vanchu ,  che  sedeva  sopra  la  sedia  l' ammaz- 
zò ,  e  chiamando  la  sua  gente  prese  Cenchu ,  e  mandò  per  la 
città  un  bando,  che  s' alcuno  fosse  trovato  fuori  di  casa  fosse 
di  subite  morto .  I  Cataini  y  vedendo  i  Tartari  aveano  scoperta 
la  cosa ,  e  che  non  aveano  capo  alcuno ,  essendo  questi  due  T 
un  molto,  l'altro  preso ,  si  riposero'in  casa.,  né  poterono  far'  al- 
cun segno  all'  altre  città ,  che  si  ribellassero  com'  era  stato  ordi- 
nato .  E  Cogatai  subito  mandò  i  suoi  nunzi  al  Gran  Gan,  dichia- 
raodcdi  per  ordine  tutte  le  cose  eh'  erano  intravvenute ,  il  quale 
li  rimandò  ^  dicendo,  che  lui  dovesse  diligentemente  esaminarli, 
e  secondo  che  loro  meritassero  per  i  loro  misfatti  li  dovesse 
punire.  Venuta  la  mattina  Cogatai  esaminò  tutti  i  Cataini,  e 
molti  di  loro  distrusse ,  e  uccise ,  che  trovò  esser  de'  principali 
nella  congiura .  E  cosi  111  fatto  nelle  altre  città ,  poiché  si  seppe 
ch'erano  partecipi  di  tal  delitto.  Poiché  fu  ritornato  il  Gran  Gan 
à  Gambalù ,  volse  sapere  la  causa ,  per  la  quale  ciò  era  intravve- 
nuto ,  e  trovò  come  questo  maledetto  Achmach,  così  lui,  come  i 
suoi  figliuoli ,  aveano  commessi  tanti  mali,  e  tanto  enormi ,  come 
di  so])ra  s'  è  detto .  E  fu  trovato,  che  tra  lui,  e  sette  suoi  figliuo- 
li (perchè  tutti  non  erane  cattivi)  aveano  prese  infinite  donne  per 
mogli,  eccettuando  quelle  ch'aveano  avute  per  forza  .  Poi  il  Gran 
Can  fece  condurre  nella  nuova  città  tutto  il  tesoro,  che  Achmach 
avea  ragunato  nella  città  vecchia ,  e  quello  ripose  con  il  suo  teso- 
ro,  e  fu  trovato ,  eh'  era  infinito  j  e  volse ,  che  fosse  cavato  di 
sepoltura  il  corpo  di  Achmach ,  e  posto  nella  strada ,  acciocché 
fosse  stracciato  da'  cani  :  e  i  figliuoli  di  quello,  che  aveano  segui- 
tato il  padre  nelle  male  opere  li  fece  scorticare  vivi,  e  venendo- 


/ 


i8o 

« 

gli  in  memoria  della  maledetta  setta  di  Saraceai ,  per  la  qaale 
c^oi  peccato  gli  viea  fatto  lecito ,  e  che  possono  uccidere  qua^ 
lunque  non  sia  della  sna  legge,  e  che  il  maledetto  Achmach  con 
i  suoi  figliuoli,  non  pensando  per  tal.  causa  di  far'alcun  peccato, 
la  disprezzò  molto,  e  ebbe  in  abominazione:  chiamati  a  se  li 
Saraceni,  gli  vietò  molte  cose,  che  la  lor  legge  li  comandava. 
Imperocché  li  diede  un  comandamento,  ch'essi  dovessero  pigliar 
le  mogli  secondo  la  legge  de'  Tartari^  e  che  non  dovessero  scan* 
nare  le  bestie  come  facevano  per  mangiar  la  carne ,  ma.  quelle 
dovessero  tagliare  per  il  ventre .  E  nel  tempo  y  eh'  inti^avvenne 
questa  cosa  M.  Marco  si  trovava. in  quel  luogo  ^".  Detto  si  è 


525.  Messer  Marco  si  trovava  in  quel  luogo*  È  questo  uno  dei  capitola 
dei  Milione  che  merita  più  speciale  attenzione.  Tuttociò   ch'ei  narra  della  co< 
spirazione  contro  il  ministro  Achmach  é  confermato  nella  Storia  Generale  della 
Cina.  Ivi  si  legge  che  Achàma  era  Arabo,  o  Maomettano  :  ch*bra  fornito  dì  tutu 
la  scaltrezza  necessaria  ad  un  raggiratore ,  versato  e    destro  nel  nascondere  le 
sue  iniquità  con  oneste  apparenze.  Avea.il  dono  d'un  eloquenza  dfflcacisstma»  Con 
tali  arti  soggiogò  Cublai  Can  che  gli  affidò  la  direzione  dei  pubblici  redditi,  e  con 
cui  impinguava  l'erario  smungendo  i  popoli  (Kist.Gen.  de  la  Chin.  t,IX.p.3i7  }. 
Secondo  il   Polo  oppresse  l'Impero  per  ventidue  anni.   Deguigues   ne   fa  men- 
zione per  la  prima  volta  nel   1262  (  t.  IV.  p.  i4^  )•  Finalmente  nel    1282   al^ 
lorchè  r  Imperadore  si  trasferi  a  Chan^tu,  o  Xandu.  come  leggesi  nella  relazio- 
ne del  Polo,  Uaagtcheuy  che  il  Polo  appella  F'anchu^  che  era  Cataino  secondo  esso. 
Cinese  seconde  la.  storia  teste  citata  (  lo  che  conferma  con  quei  due  nomi  do- 
versi intendere  un  medesimo  popolo  )   volle   da  quel  mostro  liberar  1*  Impero . 
S' uni    con  l' altro  cospiratore   che    il  Polo  chiama  Cenchu  e  la  Storia   Cinese 
Chang-'jr.    Ma   un   capitano  Tartaro    che  quelle    appellano    Caochi ^    l'altro 
Cogaiaif  essendo  rimasto  ucciso  Achmach  si   oppose  ai  cospiratori  e  dissipogli. 
Sedato    il    tumulto    narrano    gli    Annali    Cinesi   che   V  Imperadore    tornato    da 
Tchahanor  a  Chantu  voulut  savoir  de  Pólo^  assesseur  du  conseil  secret,  les  raisons 
qui    avoient  engagé  P^angtchèu   a  commettre  ce  meurtre.  Polo  lui  perla  avec 
fernieté  des  crimes .  ei  des  concessions  de  Ahamay  qui  l  avoient  rendu  un  oòjet 
de  haine  dans  tout  V  Empire .  U  Empereur  ouvrit  les  jeux ,  et  loua  le   coura*- 
gè  de  Quangtcheu  :  il  se  plaignit  de  ce  que  ceux  qui  teavironnoient  ayoient  plus 
consulte  la  crainte  de  deplaire  au  ministref   que  les  interéts  de  VEmpire  en  ne 
V  apvertissar^ pas  (  t  iX;  p.  4i3  ).  Ed  ecco   perchè  eì  avverte  ch'era  in  quel 
luogo»,  allorché  accadde  il  tumulto ,  e  ad  esso  forse  come   a  straniero  pia  im- 
parziale  dei   Cinesi  9  e   dei  Tartari   che  ebbera  parte  in  quegli  avvenimenti  ri- 
corse Cublai  Can  per  giungere   alla  cognizione  del  vero.  £  ciò   che  il  Polo  di 
se  stesso  asse  ri.*   che  Jaceali  tanto   d'onore  lo  Signore  che  gli  altri  baroni  ne 
avevano  invidia  (  L  L  p.  7  )  vien  confermato  dalle  Stòrie  Cinesi.  E  veramen- 
te  non  saprebbesi  abbastanza  commendare  la  franchezza,  e  lealtà  del  Polo  per' 
cui    fu    degno    di    essere ,  rammentato   negli  Annali  di  quel    Grande   Impero,  i. 
quali  e' istruiscono,   ch'esso  era  rivestito  della  carica  di  Assessore  del  consi» 


i8i 
come  il  Gran  Gaa  mantieae ,  e  regge  la  sua 


GAP.    IX. 


guardia  della  persona  del  Gran  Can  ^  cK  è  di  dodici^ 

mila  persone . 

Il  Gran  Can  ^  come  a^  ciascun'  è  manifesto ,  si  fa  custxxlire 
da  dodicimila  cavalieri ,  i  quali  si  chiamano  Casiun^^^^,  cioè  sol- 
dati fedeli  del  Signore .  £  questo  non  fa  per  paura ,  eh'  egli  ab- 
bia d'alcuna  persona  ^  ma  per  ecoellenssa.  Questi  dodicimila  uo- 
mini hanno  quattro  capitani ,  ciascuno  de'  quali  è  capitano  di  tre- 
mila; a  ciascun  capitano  con  li  suoi  tremila  diinora  continuamente 
nel  palazzo  tre  di  e  tre  notti^  e  compiuto  il  suo  termine,  si  cam^ 


i*i«i* 


glio  segreto, Io  che  fa  comprendere  come  per  ufficio  fosse  chiamato  sopra  tutte* 
le  ambasciate  di  Cublai  Can  (  ibid  ),  e  come  per  ufficio  accompagnasse  nelle 
spedizioni  lontane  ordinate  da  Cublai  i  Generali  Cinesi,  o  stranieri  che  forse 
non  avevano  Finterà  fiducia  deir  Imperadore.  Parìmente  si  comprende  come 
avendo  avuta  tanta  parte  allo  scioglimento  di  quella  catastrofe^  ei  si  compia^ 
cesse  a  descrivere  minutamente  l'accaduto.  £i  narra  il  fatto  con  maggiori  pai>  ' 
ticolarìtà ,  delle  Storie  Cinesi  poiché  ivi  non  é  detto  che  la  congiura  era  stata  or- 
dita per  tutte  le  città  del  Catajo  per  iscuotere  il  giogo  dei  Tartari ,  e  che 
andò  a  vuoto  per  V  uccisione  di  Uangicheu. 

524*  Casitan.  (  Cod.  {lìce.  )  Qu^citam»  (  Testo  della  Crusca  )  Tarn,  Pa<- 
re  che  il  nome  della  Guardia  Imperiale  traesse  origine  dai  loro  comandanti. 
Gengiscan  ebbe  ai  suoi  servigi  quattro  capitani  Mugolìi  che  dierongli  insigni 
prove  di  fedeltà  e  d' amore  .  Ond'  ei  riposasse  meno  disagiatamente  essi  ten* 
nero  sospeso  un  feltro  sopra  di-  lui  una  intera  notte ,  e  tutte  le  notti  veglia- 
vano per  la  sua  sicurezza*  £ssi  lo  accompagnarono  in  tutte  le  sue  spedizioni,  e 
gli  renderono  i  più  segnalati  servigj,  perciò  ei  g^i  distinse  grandemente  e  secon* 
(io  le  Storie  Cinesi  :  »  les  descendants  de  ces  quatre  Mongous .  eur^nt  tous  de 
9  r  erapoly  dans  les  gardes  du  corps,  et  on  les  appellai t  les  qUatre  ICCè^sie, 
9  on  ne  les  en  retiroit  que~  pour  leur  donne r  les  emplois  de  mieistres  d*etat  »  • 
Le  Roux  de  Hauteraj^es  osserva  a  questa  luogo  (  Hist  Gen.  de<  la  Chin* 
u  IX.  p.  io6  not.  }:  »  ceci  justifie  Marco  Polo  qui  dit  Lib.  IL  e.  12  p  que  le 
»  Gran  Khan  avoit  une  garde  de  douze  mille  Cavaliers,  appellés  QuesiteSi  co- 
f  mandée  par  quatre  chefs,  qui  avoient  trois  mille  hommes  sous  leurs  ordrcs  ». 
Secondo  Gaubil  quelli  che  il  Polo  appella  Quesatam  erano  detti  Kuessé  dal  nome' 
che  ebbero  1  quattro  intrepidi  capitani  di  Gengiscan  é  Soggiunge  che  detta  voce*^ 
senza  1'  aggiunto  di  iam  che  leggesi  nel  Polo  ha  un  significato  :  presse  a  ppco/  - 
pari  a. quello  asse^iitog^  dal  viaggiatore  (  p?  6  ), 


i8a 

bia  ua'altro.  É  quando  ciascun  di  loro  ha  custodito  la  sua  vòlta, 
ricominciano  di  nuovo  la  guardia .  Il  giorno  certamente  gli  altri 
novemila  non  si  partano  di  palazzo  s  alcuno  non  andasse  per  fac- 
cende del  Gran  Can ,  ovvero  per  cose  a  loro  necessarie ,  mentre 
però ,  che  fossero  lecite  ^  e  sempre  con  parola  del  loro  capiuno  . 
E  se  fosse  qualche  caso  grave  ,  come  se  il  padre  ,  o  il  fratdio ,  o 
qualche  suo  parente  fosse  in  articolo  di  morte,  ovvero  li  soprastesse 
qualche  gran  danno ,  per  il  qual  non  potesse  ritornar  presto,  bi- 
sogna dimandar  licenza  al  Signore:  ina  la  notte,  li  .novemila  ben 
vanno  a  casa . 

.    ^  A  P.    X. 

Del  modo  che  il  Gran  Can  tien  Corte  solenne  ^  e  gemeraie  e 
e  come  siede  a  tavola  con  tutti  i  suoi  Baroni  :  e  della 
credenza^  che  è  in  mezzo  della  sala  con  li  s^asi  d^  oro  da 
here^  e  altri  pieni  di  latte  di  cavalle,  camele;  e  cer emonie 
che  si  Janjio  quando  hes^e . 

■ 

E  quando  il  Gran  Can  tiene  una  Corte  solenne  gli  uomini  seg- 
,^oiK>  con  tal'  ordine  ^  La  tavola  del  Signor'  è  posta  avanti  la  sua 
.sedia  molto  alta ,  e  siede  dalla  banda  di  tramontana ,  talmente 
che  volta  la  iacoia  verso  mezzodì,  e  appo  lui  siede  la  sua  moglie 
dalla  banda  sinistra,  e  dalla  banda  destra  alqnanto  più  basso  seg- 
gono i  suoi  figliuoli,  e  nipoti,  e  parenti ,  e  altri  che  sono  congiun^ 
ti  di  sangue,  cioè  quelli  che  discendono  dalla  progenie  Imperia- 
le. Nondimeno  Cingis  suo  primo  figliuolo  siede  alquanto  pia  alto 
degli  altri  figliuoli .  ]S  i  capi  di  questi ,  stanno  cpiasi  uguali  alli 
piedi  del  Gran  Can  :  e  altri  baroni  y  e  principi  seggono  ad  altre 
tavole  più  basse ,  e  similmente  h  delle  donne ,  im]>erocchè  tutte 
le  mogli  de' figliuoli  del  Gran  Can^  e  parenti^  e  nipoti  seggono 
dalla  ba^ida  sinistra  più  a  basso.  Dopo,  le  mogli  de'baroni,  e  de'sol- 
dati  ancora  più  bass«  ^  dimodoché  ciascuno  siede  secondo  il  suo 
grado ,  e  dignità  n^  iyogo  jk  lui  deputato ,  e  conveniente  ;  e  le 
tavole  sono  talmente  ordinate^  dhe  il  Gran  Can  sedendo  nella  sua 
sedia  può  veder  tutti.  Né  crediate,  che  tutti  segghino  a  tavola , 
anzi  la  maggior  parte  dei  soldati ,  e  baroni^  mangia  in  sala  sopra 
tappeti^  perchè  non  hanno  tavole  :  e  fuor  della  sala  sta  gran  mcd- 
titudine  d' uomini  ^  che  vengono  da  diverse  parti  con  varj    doni 
di  cose  strane,  è  non  solite  a  vedersi  ;  e  sonovi  alcuni,  ,che  hanno 


i83 

avuto  qualche  dominio ,  e  desiderano  di  riaverlo ,  e  questi  soglio- 
no sempre  venire  in  tali  giorni,  che  ei  tien  corte  bandita ,  ovvero 
fa  nozze .  E  nel  mezzo  'della  sala  dove  il  Signor  siede  a  tavola  è 
un  bellissimo  artificio  grande  e  ricco,  fatto  a  modo  d'  un  scri^ 
giio  quadro  ,  e  ciascun  quadro  é  di  tre  passi  sottilmente  lavorato 
con  bellissiine  scukure  d' animali  indorati,  enei  mezzo  è  incavato, 
e  vi  é  un  grande ,  e  preziosa  vaso  a  modo  d' un  pittaro  ^^^  di  te- 
nuta d'  una  botte ,  nel  quale  vi  é  il  vino  ;  e  in  ciascun  cantone 
di  questo  scrigno  è  posto  un  vaso  di  tAiuta  d'un  bigoncio,  in 
uno  de' quali  é  latte  di  cavalle,  e  nell'altro  di  caméle,  e  così 
itegli  altri y  secondo  che  sono  divelle  matìicre  di  bevande.  E  in 
detto  scrigno  stanno  tutti  i  vasi  del  Signore,  co'  quali  se  li  porge 
da  bere.  E  sonovi  alcuni  d' oro  bellissimi^  che  si  chiamano  ver- 
nique  ^  le  quali  sono  di  tanta  capacità ,  che  ciàscuùa  piena  di 
vino,  ovvero  d' altra  bevanda  sarebbe  a  bastanza  da  bere  per  ot- 
to-^, o  dieci  uomini,  e  a  ogni  due  persone  che  seggono  a  tavola, 
si  pone  una  verniqua  piena  di  vino  con  un'obba  ^*^,  e  le  obbe  sono^ 
fatte  a  modo  di  tazze  d'oro  che  hanno  il  manico',  con  le  quali  ^ 
cavano  il  vino  dalla  verniqoa ,  e  con  quelle  bevono ,  la  qual  cosa 
si  ù  ^osì  alle  donne,  come  alli  uomini  »  E  questo  Signor  ha  tami^ 
vasi  d'oro,  e  d* allento,  e  così  preziosi,  che  non  si  potrebbe  cre- 
dere. Item  sono  deputali  alcuni  baroni,  i  quali  hanno  a  disporre 
alli  lueghi  loro  debiti ,  .e  convenevoli  i  forestieri ,  che  soprav^n-^ 
goQO,  che  non  sanno 'i  costumi  della 'cone  :  e  questi  baroni  van- 
no continaam  ente  per  la  salala,  e  là,  rÌGercando  da  quelli  ehe 
^^g^i^  a  tavola ,  se  cosa  alcuna  lor  manca  ;.  e  se  alcuni  vi  sono, 
che  vegliano  vino ,  o  latte ,  o  carni ,  o  altro^  gliene  fìbno  isubito 
portar  dalli  servitori.  A  tutte  le  porte  della  sala ,  ovvero  di  qua^ 
kinque  luogo  dove  sia  il  Signore ,  stanno  due  uomini  granai  a 
guisa  di  giganti  uno  da  uaa  parte ,  l'altro  dall'  altra  con  un  bas^  - 


5^.  Pliidro.  Traduca    Fra  Pipino  Vas  aur^um  (  God.  Rice.  ),  e  vaso  d'on>' 
finiie  leggesi  nel  nostro   Testo  (  t.  I.  p.  77  )- 

3a6.  Che  fi  i:1Uam4mo  vernique»  Qui  la  lezione  é  errata  :  dice  il  nostro  te« 
sto  »  avvi  vasella  vernicate  d'oro  ì^  (  t  I.  p.  77  )>  ossia  dorate  .  Forse  il  Ra- 
n:ittSÌo  non.  comprese •  nel  retto. ^significato  la  frase  vernicate  a  oro,  usata  anche ' 
in  altro  luogo  del  nostro  Testo  per  dorato  (  t.  I.  p.  60  not  6  ). 

327.  ObòOf  sorta  di  bicchiere  o  vaso  da  vino.  ObÌM  poetali  genus  f  quod 
fwnc  uhba  dicitur-  (  Nono»  Marceli.  Auct  Lat«  Ling..  iSgS  p.  566-  ). 


i84 

-ione  in  mano,  e  questo  perchè  a  niuno  é  lecito  loccarela  scglia  ^^ 
della  porta ,   ma    bisogna ,   che  distenda  il  piede  oltre ,   e   se 
per  avventura  la  tocca ,  i  detti  guardiani ,  li  tolgono  le  vesti  :  e 
per  riaverle ,  bisogna  che  le  rìscuotino ,  e  se  non  li  tolgono  le 
vesti ,  li  danno  tante  botte,  quante  ii  sono  deputate .  Ma  se  sono 
forestieri ,  ohe  non  sappino  il  bando ,  svi  sono  deputati  alcuni  ba- 
roni,  che  gU  introducono ,  e  ammoniscono  del  bando:  e  questo 
si  fa  perchè  se  si  tocca  la  soglia ,  si  ha  per  cattivo  augurio  •  Neil' 
uscire  veramente  della  s5la,  perchè  alcuni  sono  aggravati  dal  be- 
re, he  potrebbono ' per  modo  alcuno  guardarsi,  non  si  ricerca 
tal  bando .  E  quelli ,  che  fanno  la  credenza  al  Gran  Gan ,  e  che 
gli  ministrano  il  mangiare  e  bere,  sono  molti,  e  tutti  hanno  fa- 
sciato il  naso   e  la  bocca  con  bellissimi  veli ,  ovvero  fazzoletti 
di  seta  e  d' oro ,  a  questo  effetto^  acciocché  il  loro  fiato  noa  re* 
spiri  sopra  i  cibi ,  e  sopra  il  vino  del  Gran  Gan  •  E  sempre  quan- 
do il  Signor  vuol  bere,  subito  che  il  donzello  glielo  appresenta 
si  tira  a  dietro  per  tre  passi ,  e  inginocchiasi ,  e  tutti  i  baroni ,  e 
altre  genti  s' inginocchiano,  e  tutte  le  sorti  d' instrumenti,  che  ivi 
sono  in  grandissima  quantità,  caminciano  a  sonare  fin  che  lui 
beve,  e  quando  ha  bevuto  cessano  gli  instrumenti ,  je  le  genti  si 
levano ,  e  sempre  quando  beve  se  gli  fa  questo  onore ,  e  riveren- 
za. Delle  vivande  non  si  dice,  perché  ciascuno  deve  d'edere, 
che  vi  siano  in  grandissima  abbondanza,  e  non  é  alciui  baiane, 
che  seco  non  meni  la  sua  moglie,  e  mangiane  con  l*  altre  donne  • 
E  quando  hanno  maogiato ,  e  sono  levate,  le  lavole ,  vengono  in 
sala  molte  ^enti ,  e  u*a  T  altre  gran  moltitudine  di  buffoni ,  e  so* 
natori  di  diversi  instrumenti,  e  molte  maniere  d' esperimentatori , 
e  tutti  fanno  gran  sollazzi ,  e  feste  avanti  il  Gran  Gan ,  laonde 
tutti  si  rallegrano ,  e  consolansi,  e  quando  tutto  questo  si  è  fatto, 
le  genti  si  partono ,  e  ciascuno  se  ne  torna  a  casa  sua  ^^^. 


328.  Toccar  la  soglia,  lì  compagno  di  IVubrìquìs ,  ìiell' inchinare  1*  Impt- 
(Tadore  impicciandosi  neHa  sua  veste,  cadde,  e  toccò  la  soglia,  fu  arrestato  co- 
me  colpevole,  e  tradotto  dal  Gran  Giudice  di  Palazzo  (  Rubr.  apud  Berg.  p.  85  ). 
Fa  motto  del  rispetto  dei  Tartari  per  la  porta  imperiale  Plano  Carpini  (  ibìd. 
p.  la  ) . 

329.  Dei  solenni  banchetti  imperiali  moltissimi  viaggiatori  hanno  parlato  • 
Magaiilans  fu  convitato  ad  uno  (  Nouv.  Rei.  p.  273  },  e  dalla  sua  descrizione 
sembra  che  si  usi  il  ceremoniale ,  e  la  magnificenza  medesima  dei  tempi  del 
Télo.  Ma  oggidì  le  donne  non  più  v'  intervengono.  Gli  ambasciatcMÌ  di  Schah* 


38S 
C  A  J>.    XI. 

Della  Jesta  grande  che  m  fa  per  tutte  il  dominio  del  Gran 
Can  j  alli  wntottó  di  Settembre ^  cK  è  il  giorno  della  stM 
nat licita  j  ^  come  egU  s^site  ben  s^entimila  uomini . 

Tutti  li  Tartari ,  e  quelli  y  ^he  sono  sadditi  del  Gran  Can  , 
fanno  festa  il  giorno  della  natività  d*  esso  Signore  ^^° ,  qnal  nacque 
alli  ventotto  della  Luna  del  mese  di  Settembre  :  e  in  quel  giorno 
si  ia  la  ma^or  festa ,  che  si  laccìa  in  tutto  T  anno  ^  eccettuando 
il  priiBo  ^kmao  del  suo  anno ,  nel  qual  si  fa  un  altra  festa ,  co- 
me di  sotto  si  dirà .  Nel  giorno  adunque  della  sua  natività ,  il 
Gran  Caa  si  veste  un  nobU  drappo  d' oro,  e  ben  circa  ventimi- 
\à  baroni ,  e  soldati  si  vestono  d' un  colore ,  e  d*  una  maniera  si- 
mile a  quella  del  GraQ  Can,  non  che  siano  drappi  di  tanto  prez-^ 
zo  y  ma  sono  d' un  medesimo  color  d' oro ,  e  «di  seta  ^  e  insieme 
con  la  veste  a  tutti  vien  data  «na  cintura  di  camoscia  lavorata  a 
fila  d' oro  e  d' argento ,  molto  sottilmente ,  ^  un  paro  di  calze,  e 
ne  sono  alcune  delle  vesti ,  che  hanno  pietre  preziose ,  e  perle 
per  la  valuta  più  che  di  miUe  bisanti  d' oro  ,  come  sono  quelle 
delli  baroni ,  che  per  fedeltà  sono  prossimi  al  Signore ,  e  si  chia- 
mano Quiecitan  ^^'  e  queste  tali  veste  sono  deputate  solamente  in 
feste  tredici  solenni,  le  quali  fanno  i  Tartari  con  gran  solennità^ 


Rock  furono  cotiTitati  ad  un  banchetto  ore  a  loro  avriso  erano  imbandite  non 
meno  di  tremila  Uvole  ('  Hist.  Geo.  dea  Yoyi  t.  VII.  p.  585). 

33o.  Natività  del  Signore.  Continua  a  solennizzarsi  tuttora  con  grandis- 
sima pompa  il  giorno  dr  nasrìta  deU'  Imperadore.  Lord  Macartney  trovossi  a 
Zh^^Hol  il  di,  di  detta  festa  •  Osserva  il  redattore  della  relazione,  che  e  per 
politica^  e  per  propria  iu>diSÌiaÌEÌone  l' Imperadore  aduna  -di  tempo  in  tempo  alla 
sua  corte  i  gran  vassalli ,  i  governatori  delle  provincie  »  i  capitani  degli  eser- 
etti ,  aflinrhè  rinauovino  il  giuramento  di  fedieltà  e  con  gli  occhi  propri  am- 
mirino lo  splendore  della  grandezza  Imperiale ,  che  spicca  principalmente  pel 
concorso  dei  grandi  dell'Impero,  e  degli  ambasciatori  stranieri.  L'Imperadore 
.^ratiica  i  primi^  o  con  onori ,  o  con  ricompense.  Alla  festa  cui  assistè  Tarn* 
baadata  inchiese  eranvi  in  arme  ottantamila  nomini  e  dodicimila  mandarini 
(  Ambas.  t.  ni.  p.  5a5  ). 

5Si  •  (^ie&iam,  •  Il  Testo  portava  QuiediarL  Ma  era  occorso  errore  d'im* 
pressione ,  mentre  si  tratta  di  quegli  stessi  uflEuuali  di  cui  abbiam  discocs# 
éiaopva  (  aot.  5ii5  ).  Nel  Testo  Aiccardiano  leggesi  infatti  QuùsUam . 


secondo  tredici  lune  dell'  anao,  di  maniera  che  come  sono  yestiti^ 
e  adornali  cosi  riccamente  pajono  tutli  re .  E  quando  il  Signore 
8Ì  veste  alcuna  vesta  ^  questi  baroni  similmente  si  vestono  d' una 
del  medesima  colore  y  ma  quelle  del  Signore ,  sono  di  ma^ior 
valuta:  ^  e  più  preziosamente  oraate  ;  e  deue  v^ti  d^'  baroni  di 
continuo  sono  apparecchiate^  non  .che  se  ne .  facciano  ogu^  anno  y 
anzi  durano  dieci,  anni ,  e  più  e  meno  :  e  di  qui  si  comprende  la 
graod'^cellenKa  del  Gran  Gan^  cqnciosiacosacbè^  in  tutf  il  monda 
non  si  troverà  principe  alcuna  ^  che  possa  far  tante  cpse  ,  quanto 
egli  ù,  •  In  questo  giorno  della  natività  del  detiQ  S^qore ,  tutu  i 
Tartari  del.  mondo  ^  e  tutte  le  proviucie,  e  regni  a  lui  s^atoposti, 
li  mandano  grandissimi  doni^  tìecondo  che  e  l'usanza,^  e  V  ordi- 
ne.. £.  vengono  assaissimi  uomini  con  presemi  che  piìetendono 
impetrare  grazia  di  qualche  dominio..  .£  il  Gran  Si^nor^.  ordina 
aUi  dodici  Baroni  sopra  di  ciò  deputati  ^  che  diano  dotpiiMo:,  e 
iTeggimento  a  questi  tali  uomini ,  secondo  che'  a  loro  si  coqvi^uiet 
iCin  questo  giorno  tutti  i  Gristiam,  Idolatri^  e  Saraceni  ^;  e  tutt^ 
le  sorti  di  genti  pregano  grAndeKi.enjte  x  Ipriv  iddj-,  e  idoli,,  che 
salvino,  e  cualodtscaDQ  il  loro  Signore ,  ^  a  lui  d^^cediuKQ  lunga 
vita^  sanità ,  e  sdlegrezea..  Tale ,  e  ^tanta  é  Y  alle^sza  in  quel 
giorno  della  natività  del  Signore .  Or  lasciando  questa ,  diremo 
d' un  altra  festa  ^  che  si  fa  ia  capa  deli'  aano^  chiamata  la  festa 
bianca» 

GAP.    XI r. 

JDellaJhsta  bianca  ^^  che  sì  fa  il  prim<y  giorno  di  Febbrajo  , 
che  è  il  principio  del  suo  anno  :  e  la^  quantità  de^  presene 
ti  j  che  li  sono  pòrtati^  e  delle  cere hionie  j  che  si  Janna 
a  una  tavola  .  dov^e  é  scritta  il  nome  del  Gran  Can  '. 

Certa  cosa  è  che  'li  Tartari  cdmincianà  1'  ^azmò  ^^  dal  mese 


832.  Cùmindan  *Vantto.  »  Vmxmée. déB  Chinoifl  comeace.pidr  la.  coiijooctioa 
»  du  Boleil  avec  la  kine  »  M  por  :.la  nouvielle  lime  lai  plus  proche  d|i  quìazieme 
»  degrè  d'Aquarìus  ,  qui  est  selon  nous,.  u»  signe  ou  de)  sofeil  entra  ver»  la 
j>  fin  de  jatìvier,  et  y  demeuro  presque  toutie  moia  d^  £reicrier..ó.k....^ns  ont 
»  douse  «loM  iunaìrcs^  entre  les  quds  il  y  en  a  de  petits  qui  ne  soat  qtte 
^  de  YÌnt- ncuf  joQTS  »  et  de»  grahd»  qui  sont  de  tnente^.   Tout»  lesicii^  an* 


187 

i'FeIjbrajò,  e  11  Gmn  Gan,  e  tutti  quelli,  che  a  lui  sono  sot- 
toposti per  le  lor  contrade  celebrano  tal  festa ,  nella  quàl'  è  con* 
suetudine  ,  che  tutti  si  vestino  di  vesti  bianche  ^^ ,  perché  li  pa- 
re,  che  la  vesta  bianca  significhi  buon'aHgurio,  e  però  nel  principio 
dell'  anno  si  vestono  di  tal  sorte  vesti  acciò  che  tutto  l'anno  gV 
intravenga  benis^  e  abbino  allegrezza,  e  sollazzo.  E  in  questo 
dì ,  tutte  le  genti  ^  provincie  ^  e  regni ,  che  hanno  terre,  e  domi^ 
dìo  del  Qtbà  Can,  li  mandano  grandissmi  doni  d'oro,  e  d'ar- 
gento ,  e  mdte  pietre  preziose  ^  e  moki  drappi  Uanchì ,  il  che 
£inno  loro ,  acciocché  u  Signore  abbia  tutto  V  anno  allegrezaa  ^  e 
gaudio ,  e  tesoro  a  sufiicenza  da  spendere  :  e  similmente  i  bara-> 
ni ,  princìpi,  e  cavalieri,  e  popoli  si  presentano  V  un  l'altro  cose 
bianche  per  le  sue  terre,  e  ^braeciansi  Tnn  l'altro,  e  fanno 
grand' allegrezza  «  festa ,  dicendosi  l'un  l'altro  (come  ancóra  si 
dice  appresso  di  noi  )  :  In  questo  anno  vi  sia  in  buon  augurio  ^\ 
e  v' intravenga  beoìe  ogni  cosa  che  farete:  e  ciò  fanno  acdocché 
tutto  r  anno  le  cose  ìom  succedano  prosperamente  •  Presentasi  al 
Gran  Gan  in  questo  giorno  gran  quantità  di  cavalli  bianchi  molto 
belli ,  e  se  non  sono  Uanchi  per  tutto ,  sono  almeno  bianchi  per 
la  maggior  parie,  e^trovansi  in  quei  paesi  assaissimi  cavalli  bianchi* 


9  ils  ont  dea  intercalaircs  pour  ajiister  les  lunaìsona  avec  le  coars  du  solcil  w 
(  Du*Hald.  t.  III.  p.  278  }.  Ai  tempi  di  Cublai^Can  fu  riformata  l'astronomia  t 
e  fu  asserito  in  una  memoria  diretta  all'  Imperadore  che  era  stata  rettificata 
settanta  volte  dalV  epoca  degli  Hon  fino  a  quella  del  suo  regno  (  Hist.  Gen. 
de  la  Chin.  t.  IX.  p.  407  ). 

333.  fratti  bianche^  Da  molti  fatti  si  desume  che  il  color  bianco  era  te- 
'  nuto  in  grande  stiiaa  presso  i  MogoUi.  Il  Padiglione  di  Gengiscan  eretto  in 
occasiohe  dell^  celebre  '  dieta  dì  Tonfai  era  apparato  di  bianco  ('  Petis  de  la 
Croix  1:«ih.  lY.  e.  %ì,  )•  Bianco  era  quello  ove  fu  proclamato  Imperadore  Cuine 
o  O^^A  Con  vcdjito  .dà  Planot  Carpini  (  Yed«  noU  347  ).  Narra.il  viag^tap 
re  che  i  Gran  Baroni  p^  solennizzare  quell*  incoronamento  vestironsi  il  pri- 
mo giorno  di  scarlatto  bianco  ,  il  secondo  di  rosso  ,  il  terzo  di  violetto ,  il 
quarto  dì  color  cremisi  (  Apud  Berg.  t.  I.  p.  11.  ). 

334*.  Buono  augurio.  »  Les  trois  premìers  jours  de  F  ann^  se  passent  dans 
9  tout  r  Empire  en  rejouissances.  On  s*  habille  magnìfìquement,  on  se  visite  > 
9  on  faìt  des  presens  a  tous  les  anùs  »  et  aux  perso^uies  qu'  on  a  quelque 
9  interèt  de-  menc^er  »  (  Le  Comte  Nouv.  Mem«  t,  L.  p.  274  )  .  U  pregio  ifi 
cui  erano  i  cavalli  bianchi,  di  cui  fa  disotto  menzione  il  Polo  vien  confcnmato 
da  Rubriquis.  »  Leur  coutume  est  aussi  au  ncuvieme  de  la  lune  de  Mars,  d'  assem- 
»  bler  toutes  les  juments  blanches,  qui  se  trouvent  dans  leur  harras^  et  de 
p  ÌCB    consacrer  a  leurs  dieux  »  (  Apud  Berger  p.  ia4  )• 


i88 

Adunque  è  coQSuetadiae  appresso  di  loro ,  nei  far  de' pré- 
i enti  al  Gran  Cane ,  che  tutte  le  provi ncic'  die  io  passono  fare , 
osservino  questo  modo ,  che  ciascuno  presenti ,.  nove  volte  nove 
capi  :  cioè ,  se  gli  è  una  provincia  y  che  manda  cavalli ,  presenta 
nove  ^^^  volte ,  nove  capi  di  cavalli^  cioè  ottantuno  .  Se' presenta» 
oro^  nove  volte  noanda  nove  pezzi  d'oro:  se  drappi  nove  volte, 
nove  pezze  di  drappi ,  e^  così  di  tutte  V  altre  cose^  di.  sorte  che 
alle  volle  averà.  per  questo  conto  centomila  cavalli  »  Iten^  in:  quel 
giorno  vengono  tutti  gli  elelanttdel.  Signore,  che  sono  da- cinque- 
mila ^  coperti  di  drappi,  artificiosamente ,  e  riccamente  lavorati 
d' oro ,.  e  di.  seta.,  con  uccelli ,  e  bestie  intessuti  :;  e  eiaMuaa  ha 
sopra  le  spalle  due  scrigni  pieni  di  vasi  ^  e  fornimenti  per  quella 
corte .  Vengono  dopo  molti  cammelli  coperti  di  drappo  di  seta , 
carichi  delle  cose  per  la.  corte  necessarie ,  e  tutti  cosi  adornati 
passano  avanti  al  Gran  Signore,  il  che  è  bellissima  cosa  à  vedette. 
£  la  mattina  di  questa  festa,  prima  che  appaFecchina le  tavole^ 
tutti  [  re^^^  duchi,  marchesi,,  conti,  baroni,  e  cavalieri,  as- 
trolghi ,  medici ,.  e  falconieri ,  e  molti,  altri  j.  che  hanno  t)fficiy 
e  i  rettori  delle  genti ,  delle  terre  ^  e  degli  eserciti  entrano  ndla 
aala  principale ^^  avanti  il  Signore ..  K  qpelli ,.  che  nOB(  vi  nossona 
stare ,  stanno  fuor  del  palazzo  ih  tal  luogo  ,  che  il  Signor  li  vede 
benissimo ,  e  tutti  sono  ordinati  in  questo  modo;  primieramente,, 
sono  rsuoi  figliuoli,  e  nipoti,  e  tutti  della  pregenie  imperiale: 
dopo  questi  sono  i  re,  dòpo  i  re,  f  db  chi' j  e  dappoi  tutti*  gli 
ordini  un  dopo  l'altro,  come  è  conveniente.  E  quando  tutti 
^>no  posti,  alli  luoghi  debiti,,  allora  un  grande  uonao ,.  come  sa- 
rebbe a  dire  un  gran  prelato^  levandosi  dice  ad  alta  voce  :  Indhi* 
natevi,  e  adbrate.  £  subito  tutti  s'Inchinano,  e  abbassano  la.  ^ 
fronte  ver^  la  teiTa .  Allora  dice  il  prelato ,  Dio.  salvi ,  e  cus- 
todisca il  nostro  Signore ^  per.  lungo  tempo,  con, allegrezza,  e 
letizia.  £  tutti  rispondano.  Iddio  lo  faccia.  E'  dice  una'altra 
volta  il  prelato.  Dio  accresca,  e  moltiplichi  l'Impero  suo  di  bene 


3SS.  Presenta  nave  volte.  Che  il  numero  nove  fòsse  dai  Tàrtari  '  reput&té 
dt  lieto  augurio  si  desume  dall' incoronamento  di  Gèngiscan.  Allorché  i  regi 
groclamaronlo  Gran  Can  dei  MògolU  piegarono  le  ^nocchia  nove  volte  dinan- 
zi a  Itii  9  il'popolo>  feceli  nove  genuflessioni  accompagnate  da .  accUmazioni  e 
ìgrida  di  gioja  per  attestare  al  nuovo  incerante  la  sua  cieca  obbedienza  (  Petis» 
de  la  Croix  vie  de  Geng.  Lib.  I.  c^  iv»  \ 


* 

i 


i«9 
uk  mégUò  j  e  conservi  tolta  la  geme  a  Iiii  sottoposta  ia  tranqailla 
pace,  e  buona  volontà ,  e  in  tutte  le  sue  terre  succedioo  tutte  le* 
oose  prospere*  £  tutti  rispondono ,  Iddio  lo  faccia  •  E  in  questo^ 
modo' adorano  quattro  volte.  Fatto  questo ^  detto*  prelato  va  ad 
un'  altare ,  che  ivi  è  riccamente  adornata,  sopra  il>  qual'  è  una 
tavola  rossa ,  nella  quaV  è  scritta  il  nome  del  Gran  Can  y  e  vi  è* 
il  turribolo  con  T incenso,  e  il  prelato*  in  vece  di  tutti  tocensa' 
quella  tavola  e-  V  altare  con  gran-  riverenza ,  e  allora  tutti  ri ve- 
nscono  grandemente  la  detta,  tavola  dell' altare.  Il  che  fatloj  tutti 
riioraaoo  allt  luoghi  loro,  e  allora  si  presentano^  doni,  die  ah- 
biamo< detto.  £  quando  sono  fatti  i  presenti ,  e  che  il  Gran  Si- 
gnore ha.  veduto  ogni  còsa  ^.  s'appat^ecchiano- le  tavole,  e  )e  genti* 
seggono  a.  tavcJa  al  modo,  e  orciine  detto  negl'  altri  capitoli ,  cosi 
le  donne  come  gli  uomini..  £  quando  hanno  mangiato  vengono 
li  musici   e  buffoni  alla  corte  sollazzando,  come   di  sopra  s'è 
detto ,  e  si  mena  alla  presenza  del  ^gnore  un  leone ,  eh'  é  tanta 
mansueto,  che  subito  si  pone  a  giacer' alti  piedi  di  quello,  e* 
quando  tutto  ciò  è  fatto  ogn'  un  va  a  casa  sua^  • 

C  A  R    XIR 

3èllà  quantità  degli  animali  del  Gran  Can  y  die  fa  pigliare* 
il  mese  di  Dicembre  j  Germajo^  e  Febbrajp  j  e  portare 
alla  corte  \^ 

Mentre  il  Gran  Can  dimora  nella  città  del  Catafo  tre  mési^ 
cioè , .  Dicembre,  Genna jo  e  Febbra jo,  ne'  quali  é  il  gran  freddo^- 
ha  ordinato  per  lo  spazio  di  quaranta  giornate,  attorno  attórno^ 
il  luogo  dove  egli  é,  che  tutte  le  genti  debbano  andare  a  càc- 
cia ^.  E  li  Rettori  delle  terre  debbano  mandare  alla  corte  tutte. 


556.  A  qiiesU  festa  asBiftterono  gli  AmbaBciatori  ài  Sehah  Rokh\ 
B  a5  del  Mese  Arabo  detto  AfeAtfiriim  i'anao  14 19.  Fu  ancbe  più  soltane  pcr^ 
che  era  stato  temùnatu.  il  nuovo  palagio'  Imperiale,  cha  è  queUo  che  esiste 
tuttora,  e  che- bruciò  come  dicemmo  disopra.  Per*  riedificarlo  vr  occorsero  di- 
danoove  ansi.  Passata  a  quei  tempi  la  Gina  sotto  signori  di  sangue  Ginese,.era 
ram^ìqtQ  {^  coremooiale  del  vestiario^  non  vestivansi  più  di  bianco K<^nzi  ^-* 
rono avvertiti i gli  ambasciatori  di  non  portar  nuHa>di  bianco,  piercb'era  ileo* 
\ért  da  brano  dei  Cataini  (  Hist.  Gen.  des  Yoj.  t»  VII.  p.  586  ). 

557.  Caccia.  Questa  metodo  con  moka  gente  di.  circuire  vasUcampag^a^ 


le  besue  grosse ,  cioè ,  cigoiaU ,  cervi ,  daini ,  caprioli ,  orsi  :  e 
tengono  questo  modo  in  prenderle .  Ciascun  Signore  delia  prò- 
vincia  fa  venire  con  esso  lui  tutti  i  cacciatori  del  paese ,  e  vanno 
ovunque  si  siano  le  bestie ,  serrandole  attoHM ,  e  quelle  con  li 
cani ,  e  le  più  con*  le  freccie  uccidono  •  £  a  quelle  bestie ,  che 
vogliono  mandare  al  Signore  fanno  cavar  l' interiora ,  e  poi  le 
mandano  sopra  carri ,  e  ciò  fanno ,  quelli  che  sono  lontani  trenta 
giornate,  in  grandissima  quantità .  Quelli  veramente ,  che  sono 
aistanti  quaranta  giornate ,  per  essere  troppo  lontani  ^  non  man-» 
d^no  le  carni  ^  ma  solamente  le  pelli  accontne ,  e  altre  ,  che  non 
sono  acconcie  j  acciocché  il  Signore  possa  far  fare  le  cose  neces- 
sarie ,  cioè  per  conto  dell'  arme ,  e  eserciti . 

€  A  P,    XIV. 

Delli  leopardi j  lupi  cervieri^  e  leoni  assuefatti  a  pigliar  degli 

animali j  e  dell'aquile  che  pigliano  lupi. 

Il  Gran  Gan  ha  molti  leopardi ,  e  lupi  cervieri ,  usaft  alla 
caccia  ,  che  prendono  le  bestie  ^  e  similmente  molti  leoni  ^^^^  che 


0  per  mezzo  di  battitori  ^  ridur  ^i  animali  in  un  ristretto  cerchio,  .ove 
racchìufli  hanno  i  cacciatori  agio  di  accopparli,  o  di  .ucciderli  con  .frecce,  lan- 
cerò spiedi,  era  uno. dei  più  graditi  e  solenni  diver-dmenti  dei  Tartari  di  san- 
jgue  MogoUo.  Celebre  è  la  caccia  che  Gengiscan  fece  fare,  allorché  era  accam- 
pato a  Termed  nel  cuore  del  vemc^  per  non  lasciare  inoperosa  e  divertire  la 
^datesca.  Per  l'estensione  jddl  paese  che  fu  circuito  e  per  essere  stato  occu- 
pato tutto  l'esercito  di  Gengiscan  ebbe  quella  caccia  somma  celebrità  in  tutto 
rOriente.  Il  cerchio  in  cui  vengono  ristretti  gli  animali  lo  appellano  i  Mogol- 
li  Gerke  (  Petis  de  la  Croiy  Lih.  IM.  e.  tu.  .). 

338.  Leoni p  Intorno  a  questo  pas^o  del  Polo  osserva  il  Magaillans  che 
quegli  animali  ch'ei  chiama  leoni  erano  tigri,  e  leopardi,  fiere  che  hanno 
la  vergatura  di  pelle  ^  di  cui  qui  si.  fa  menzione  ^  valgonsi  xli  queste  molti 
principi  Asiatici  per  la  caccia.  Secondo  U  Missionario  non  «ano  leoni  in  Cina, 
•  i  Cinesi  non  ne  hanna  reduti  mai,  e  perciò  scolpiscono  il  leone,  o  lo  dqiior 
fono  diverso  dal  varo.  Ma  a  ciò  è  da  -rispondere  che  ae  CtAlai  Cùb  faceva 
dalle  native  loro  contrade  venir  gli  elefanti ,  poteva  pur  anco  far  venire  i 
leoni  •  Ma  qui  è  da  nsservare  che  gli  ambasdatori  di.  Schak  Rack  nel  recar- 
ti da  Marni  che  essi  appellano  Cabul  in  un  luogo  deL  deserto  che  era  a  quat- 
locdkL  giomaCe  di  distanza,  da  So»iehmtr  dicono  aver  veduti  leoni  ^  tori  e  al- 
tri animali  feroci  (  Hist  Gan.  des  Voy.  t.  VII.  p.  5j8  ),  Dunque  anche  essi 
^ppeUarona  boni:  altra,  bestie  feroci,  e  probafailiittoCei  seconda  V  opinione  del 


191 

•ODO  maggiori  de*  leoni  di  Babilonia ,  e  hanno  bel  pelo ,  e  bel 
colore,  perdite  sono  Vergati  per  il  lungo  di  verghe  biandhe  ,  nere^ 
e  rosse  y.  e  sono  aHIi  a  prender  cinghiali  ^  buoi  e  asini  salvatici , 
orsi 9  e  oervi,  ecappioìi,  e  molte  altre  fiere.  Ed  è  cosa  molta 
maravigUosa  a  vedere^  (|uando  un  Leone  prètide  simili  animali , 
con  quanta  ferocità,.  €  prestezza*  fa  questo^  effetto;  quali  leoni 
fl  SSgpoie  fa  portar  njell?  ^gabbie  sopra  i  carri ,,  e  con  quelli  un 
«cagnòlioo ,  con  il  qual  si  ^domesticano .  «E  la  cagione  perchè  si 
eonduchino  nelle  gabbie  èj  perchè  sarebbero  troppa  furiosi^  e 
rabbiosi  nel  correre  aUe  bestie ,  né  si  'pouiana  tenere ,  e  bisógna^ 
ehe  li  siano  menaiti  a  contrario  di  venta^  perchè  se  le  bestie  aen-» 
tissero  L'odor  dirquelli,  subito  fuggirebbono^  e  non  gli  aspetterèb^ 
bono .  Ha  il  Oi'an  Gan  ancora  aquile  atte  a  prender  lupi  ^^  vo^r 
pi,  caprioli^  e  daim',  e  di  cptélli  ne  prendono^  molti,  ma  queUe  cbe 
sono  assuefatte  a  prender  lupi ,  sono  grandissime,  e  di  gran,  fbr^ 
za ,  imperocché  non  è  lupo  cosi  grande ,.  che  da  queUe  possa; 
campare ,,  che  non  sia  preso .. 

GAP.    XT. 

i 

Di  due  JratelU  y.  che  sono  Capitani  della  caccia  pel  Grar$ 
Can  con  diecimila  uomini  per  uno  j  e  con  cinquemila  cani. 

n  Gran  Signore  ha  due  fratelli  che  sono  germani  fratelli , 
uno  de*  quali  si  chiama  Bayan ,  e  Y  altro  Mingan  ,  e  chìamanst 
Civici  ^^  in  lingua  Tartaresca  ,  cioè  ,  signori  della  caccia ,  e  teo^ 


MagaiUans  tigri  gnindfi  e  feroci,  n  Marsdeti  scbiarìsce  il  fatto  {  Not.  658  ).  Secondi-' 
do  esso  nei  Dizionario  Persiano  la  voce  Shir  significa»  il .  leone  e  la  tigre.  Reca- 
inoltre  Tautorìtà  del  Colonuelio  Beatson,  il  quale  dice  the  gl'ifutef ^«^' mella  loro- 
lingua  noa  haumo  voce  che  distinguali  leone  dalla  tigre.. 

339*  Aquile  aite  a  prender  lupi.  Secondo  il  Pallas  i  Ru6si  vendono  nettar 
corte  dei  cambi  molte  aquile  dorate  fFhlco  dysaeios  )  èiMj^  Biurkm  dai  T  ai»* 
tari.  I  Kirguisi  ne  fanno;  volentieri  acquisto  e.  le/.addestranc^  aUa  caccia  del 
Lupoiy  della  volpe>,  della  gazzella.  Da  alcuni  segni  particolari^  e  da-  ocrii 
moti  deU*  uccello  giudicano  i  Kirguisi  della  dispoaizioite  che  può  avere  per 
addestiarsi  alla  caccia.  Danno  talvolta  un  buon  cavallo  per  nn.  aquiln.-;  e  tal- 
volta.  veggonsi  seduti  per  due  ore  in  faccia  al  volatila  per.  oseervar ne*  i  buotei 
Eequiaaiti  o.  i  difetti  (  Pallas  Yoy.  t.  I.  p^  421  )• 

340-  Cttrtei.  Il  nostra  Testo^  ha  la  variante  lìmch  il  Bfccardiano  Cinici. 
Si  comprende  che  la.  voce  significa  gran V^anattiere.  Crede  il  Marsdencbe d»<» 


r 


goao  i  cani  da  caccia  >  e  da  paisà  ^%  da  lepri ,  e  masdni  j  e 
ciascun  di  questi  fratelli  ha  diecioiila  uomini  sotto  di  se  ^  e  gli 
uomini ,  che  sono  sottoposti  ad  uno  di  questi ,  vanno  vesddi  di 
rosso ,  e  li  sottoposti  2^1'  altro  di  turchino  celeste  :  e  ogni  volta  ^ 
che  vanno  alla  caccia ,  portano  queste  vesti ,  e  menano  seco  cani 
segasj ,  levrieri^  e  mastini ,  sino  al  numero  di  cinquemila^  per- 
che sono  pochi  ^  che  non  abbino  cani .  E  sempre  uno  di  questi 
fratelli  con  li  suoi  diecimila  va  alla  destra  del  Signore  ^  e  1'  al  tra 
alla  sinistra  con  li  suoi  diecimila ,  e  vanno  l' un  appresso  all'  altro 
con  le  schiere  in  ordinanza ,  si  che  ^occupano  ben'  una  giornata 
di  paese  ^^\  Per  il  che  non  vi  è  bestia,  che  da  loro  non  sia  presa. 
Ed  è  una  bella  cosa,  e  molto  dilettevole  a  vedere  il  modo  de'cac- 
ciatori  e  de'cani ,  imperocché  mentre  che  il  Gran  Can  va  in  mez- 
zo  cacciando,  si  veggono  questi  cani  seguitar  cervi,  orsi,  e  aUre 
bestie  da  ogni  banda ,  e  questi  due  fratelli  sono  obbligati  per 
patto,  dare  alla  corte  del  Gran  Gan ,  c^ni  ^orno  cominciando  dal 
mese  d' Ottobre  sino  per  tutto  il  mese  di  Marzo ,  mille  capi  tra 
bestie ,  e  uccelli ,  eccettuando  quaglie  ^  e  ancora  pesci ,  secondo 
che  meglio  possono ,  computando  tanta  quantità  di  pesce  per 
un  capo,  quanta  potrebbono  tre  persone  sufBcientemente  man- 
giare «ad  un  pasto . 


tnvi  dalla  voce  Italiana  Cane  (  Not.  640  );  ma  la  Toce  per  asseraone  del 
Polo  é  Tartaresca,  per  quanto  forse  sia  registrata  nei  manoscritti ,  e  neUe  stam- 
pe scorrettamente  .  E  qui  dobbiamo  avvertire  in  genere ,  -che  nelle  voci  di 
jQSGura  signifìcazione,  abbiamo  usato  di  addurne  le  varianti ,  le  quali  possono 
ajutare  le  indagini  degli  illustratori  del  Viaggio  del  Polo  ,  che  verranno  do« 
pò   di  noi . 

341.  E  da  paisà..  Credo  cke  i{ui  sia  occorso  «more  di  stampa  e  che  deb- 
ba leggersi  da  presa ,  o  cani  da  jgìungere. 

342*  Una  giornata  di  paese.  Il  padre  Verbiest  assistè  ad  una  di  queste 
caccie  dell'Imperadore,  che  ebbe  per  baltittorì  Sooo  uomini  della  sua  guardia, 
i  quali  ristrinsero  ^li  animali  nel  mentovato  cerchio,  ove  gli  uccisero  l' Im- 
peradone  e  i  cortigiani  (  Ou-Hald.  t.  IV.  p«  77  ).  Questo  divertimento  è  non 
solo  accetto  Jai  grandi^  ma  a  tutti  i  Mogolli  che  appellano  detta  caccia  jiUakh  u. 
Assistè  il  Professore  Pallas  nella  MongóUa  a  una  di  queste  cacce  «  Si  unisco^ 
no  i5o,  o  aoo  cacciatori  a  cavallo,  ciascuno  di  essi  ha  un  cane  addestrato,  e 
un  cavallo  scosso,  ed  é  armato  di  archi  e  di  fracce.  Giunti  al  liiogo  appun-^ 
tato,  ove  sono  stati  veduti  animali  della  famiglia  cerbiera,  si  discostano  i  cac-^ 
ciatori  sessanta  o  ottanta  tese  gli  uni  dagli  altri  ^  e  formano  un  cerchio,  che 
vanno  ristringendo  per  chiudere  gli  animali,  che  nel  retrocedei  fuggenilo 
^Uno  uccisi   (  Pallas  Voy.  t.  V.  p.  402  ). 


«9^ 

gap;  XVI. 

Del  modo  che  s>a  il  Gran  {Jan  a  s^der  isolare  U  suoi  giri^ 
Jalchi  y  e  falconi;  e  delli  falconieri  ;  e  della  sorte  de'  pct- 
diglioni  j  che  sono  foderati  d*  armellini  e  zibellini . 

Quando  il  Gran  Signore  è  stato  tre  mesi  nella  sopradetta 
città ,  cioè  Dicembre ,  Gennajo ,  e  Febbrajo ,  indi  partendosi  ; 
il  mese  di  Marzo  va  verso  Greco  al  mare  Oceano  ^^^,  il  quale  da 
li  è  discosto  per  due  giornate ,  e  con  lui  cavalcano  ben  diecimila 
falconieri ,  i  quali  portano  con  loro  gran  moltitudine  di  girifalchi, 
falconi  pellegrini,  e  sacri^  e  gran  quantità  -d'astori  per  conto  d'uc- 
cellare per  le  riviere.  Ma  non  crediate,  che.il  Gran  Can,  li  ri- 
tenga seco  in  un  medesimo  luogo,  anzi  si  dividono  in  mcdte  parti, 
cioè  in  cento ,  e  dugento ,  e  più  pei*  parte  ,  i  quali  vanno  uccdi* 
landò,  e  la  maggior  parte  della  loro  cacciagiène  portano  al  Gran 
Signore ,  il  qual  quando  va  ad  uccellare  coti  li  suoi  girifalchi,  e 
altri  uccelli ,  ha  ben  seco  diecimila  persone ,  che  si  chiamano 
ToscaoP**,  cioè  uomini^  che  stanno  alla  custodia,  perchè  sono 
dt^jmtati  tutti  a  due  a  due  qua  e  là,  per  qualche  spazio  una  parte  dis- 
costa dall'  altra ,  talmente  clie  occupano  gran  parte  del  paese ,  e 


54S.  Ver$o   Greco  al  Mare   Oceano.  Sì  accorse   il  Mars'den  d'un   ttvórt 
occorso  nel  testo  Ramusiano  j  e  osserva  rettamente  che  il   Mare  Oceano  non 
è  a  due  giornate  a  Greco  di  Pekino.  Congetturò  che  fosse  occorso  erroi-e  g  e  che 
la   caccia  si  face&sse   nella    Manciusia .    Ma  sembrami  incredibile  che  il  Gran 
Caa  ai  primi    di   Marzo    volgesse  i   passi  verso    quella   gelata   contrada  y  ove   i 
laghi^  fiumiy  e   paludi  .sono   tuttavia  agghiacciati.  Tanto  più  che  siccome  dice 
il  Polo  che  partiva  da  Catnialù  ai  primi  di  Marzo,  e  vi  tornava  verso  Pasqua 
^  t.  I.  p,  87  J  si  può  credere  che  la  caccia  durasse  solo  un  mese,  e  mancava  il 
tempo  per  recarsi  in  Manciusià^  cacciare ,  e  tornare   indietro.   Può  .  raddirizzarsi 
la  Lezione  dietro  V  autorità  del   Testo  delia  Crusca .   Ivi   si  legge   che    il  Gran 
Can  :  si  parte  di  quindi  (  di  Cambalu  )   del  mese  di  Marzo  ^   e  vae  inveì  so  mez^ 
zodiéf  sino  al  Mare  Oceano ,  che  ya  due  giornate  (  t.   I.  p*  84  )  •  t>a  ciò    si 
comprende  che   Cublai  Can  si  recava  ali*  Imboccatura  del  fiume  Pajr^ho  y  che 
secondo  la  qar te  àeì^Pe^die^li  dell'  Anville  è  a  oUantacinque  miglki  a  sciroc- 
co  di  Pekino  ^ 

344*  Toscaol  nel.  nostro  Testo  leggesi  Tostaer  •  Nel  Pucciano  Ruscaar  • 
Per  quanto  non  possiamo  con  V  autoriti  di  altro  scrittore  assegnare  né  la  deri- 
vazione» oè  il  significato  di  detta  voce^  riportiamo  le  varianti  a  comodo  di  co« 
loro    iihe  dopo  di  noi  si  occuperanno  di  tali'  difficilissime  inchieste . 

a5 


194 
ciascuno  ha  un  richiamo,  e  un  cappelletto,  p^r  chiamare,  e  te- 
nere gli  uccelli .  E  quando  il  Gran  Signor  comanda  che  si  gel- 
tino  gli  uccelli ,  non  accade ,  che  quelli  che  li  gettano  abbino  a 
seguitarli ,  perahè  li  sopraddetti  guardiani  così  bene  li  custodisccK 
no,  che  non  volano  in  parte  alcuna,  che  non  siano  presi,  e  se 
bisogna  soccorrerli,  subitoli  guardiani  gli  soccorrono.  £  tutti 
gli  uccelli  del  Gran  Can,  e  degli  altri  Baroni  hanno  una  piccola 
tavoletta  d^  argipnto ,  legata  diìì  piedi ,  nella  quale  è  scritto  il  no- 
me di  colui  di  chi  è  V  uccello,  e  chi  Tha  in  governo.  E  per  que- 
sto modo  y  subito  die  Y  uccello  è  preso ,  si  conosce  immediate 
di  chi  egli  è,  è  ritornasegU  :  e  se  non  si  sa,  ovvero  perchè  quello, 
che  l'ha  preso  non  lo  conosce  personalmente  ancorché  sappiali 
nome ,  allora  si  porta  a  un  barone  nominato  Qulangazi  ^^^ ,  che 
vuol  dire  custode  delle  cose ,  delle  quali  non  appare  il  padro- 
ne .  Perchè  se  si  trovasse  alcun  cavallo,  ovvero  spada,  ovver  uc- 
c^o ,  o  qualch-  altra  còsa  ,  e  non  fosse  denunciata  di  chi  si  sia, 
subito  si  porta  al  ^eitto  barone  ^  il  quale  la  toglie ,  e  la  fa  cu- 
stodire diligentemente .  E  s' alcuno  trova  qualche  cosa ,  che  sia 
persa,  e  non  la  porti  ai  Barone,  è  riputato  ladro.  E  tutti  quelli^ 
che  perdono  cosa  alcuna ,  vanno  da  questo  Barone ,  il  qual  gli 
fa  restituire  le  cose  perdute  ^  e  questo  Barone  sempre  dimora  in 
luogo  più  alto  di  tutto  l' esercito ,  con  la  sua  bandiera  a.  questo 
effetto,  acciocché  quelli ,  che  hanno  perso  le  loro  cose  lo  possino 
veder  chiaramente  tra  gli  altri  ;  e  in  questo  modo ,  non  si  perde 
cosa  alcuna  ^  che  non  si  possa  recuperare .  Oltre  di  ciò  quando 
li  Gran  Gan  va  a  questa  via  appresso  al  mare  Oceano ,  allora  si 
veggono  mche  cose  belle  in  prendere  ^  uccelli ,  di  modo  che 
non  è  sollazzo  al  mondo ,  che  a  questo  possa  eguagliarsi .  E  il 
Gran  Can  sempre  va  sopra  due  elefanti,  ovvero  uno;  specialmen- 
te quando  va  ad  uccellare  per  la  strettezza  de'  passi ,  che  si  tro- 
vano in  alcuni  luoghi,  imperocché  meglio  passano  due,  oTver'uno, 
elle  molti  :  ma  nelL'  altre  sue  faccende  va  sopra  quattro ,  e  sopra 


545.  Bulangazl.  Leggesi  nel  nostro  Codice^  Btdargugij  cioè  guardiani  ddìa 
cose  che  si  trovano  (  1. 1.  p.  84  ).  Non  accadde  né  al  Marsden  (  Not«  649  )  ^^ 
a  me  di  trovare  rammentata  la  voce  da  altro  scrittore .  Plano  Carpini  (  Apud 
Berg.  p.  58  )  dice  :  »  se  alcun  capo  di  bestiame  è  stato  perduto^  chiimcpie  lo 
»  tnovi  9  o  lascialo  sui  posto,  o  lo  conduce  a  coloro  che  sono  destinati  a  ciò  : 
»  coloro  cui  appartiene,  richiedendolo,  gli  vien.  restituito  subita  senaui  difficoltà  9  ^ 


19^ 

quelli  v'  è  una  camera  di  legno  nobilmente  lavorata  ^  e  dentro 
tutta  coperta  di  panni  d' oro ,  e  di  fuori  coperta  di  cuo]  dì  leo* 
ni ,  nella  qual  dimora  continuamente  il  Gran  Gan ,  quando  va 
ad  uccellare ,  per  essere  molestato  dalla  gotta .  E  tiene  nella  dc't- 
ta  camera  dodici  de'  migliori  girifalchi  eh'  egli  abbia ,  con  do- 
dici baroni  suoi  favoriti  per  sua  compagnia  e  solazzo.  E  gli 
altri  che  cavalcano  d'intorno,  fanno  intendere  al  Signor,  che 
passano  le  grue  ^  o  altri  uccelli ,  e  egli  fa  levar'  il  coperchio  di 
sopra  della  camera ,  e  vedute  le  grue,  comanda ,  che  si  lascino 
volare  li  girifalchi,  li  quali  prendono  le  grue  combattendo  con 
quelle  per  gran  spazio  eli  tempo ,  vedendo  il  Signore ,  e  stando 
nel  letto,  con  grandissimo  suo  solazzo  e  consolazione:  e  così 
di  tutti  gli  altri  Baroni  j  e  cavalieri ,  che  cavalcano  d' intorno .  E 
quando  ha  uccellato  per  alquante  ore  j  se  ne  viene  ad  un  luogo 
chiamato  Gaczarmodin  ^^j  dove  sono  le  trabacche  e  i  padiglioni 
de'  suoi  figliuoli  ^  e  d' altri  baroni ,  cavalieri  ^  e  falconierì ,  che 
passano  diecimila ,  molto  belli .  il  padiglione  veramente  del  Si- 
gnore ^^7,  nel  quale  tiene  la  sua  corte  è  tanto  grande  e  ampio, 
che  sotto  vi  stanno  diecimila  soldati ,  oltre  li  baroni ,  e  altri  si*- 


346.  Caczarmodin.  Nel  Testo  ottimo  :  nel  Pucciano  leggesi  Tarcar^mùdu  1 
nel  Riccardiano  Ciamoram  voce  che  senibra  più  analoga  alle  desinena^  Tan* 
tare.  Infatti  Muren  o  Moran  secondo  la  pronunzia  del  Polo  significa  fiume  in 
quella  favella,  e  i  Tartari  come  in  altro  luogo  verrà  accennato  Caramurefi  ap* 
peilavano  ii  fiume  Hon^^ho  (  Lib.  11.  e-  54  )»  Siccome  il  Marsden  suppone  che 
la  caccia  si  facesse  in  Tartaria,  troya  una  èomiglianzà  fra  questo  nome  e  quello 
di  ChoAiri-^mòntiu  luogo  segnato  nella  carta  dei  Gesuiti  o  dell'Anviile  all^  sor- 
genti del  fiume  Vsuri  nella  Manùiu$a  (  Not  655  ) .  Ma  come  dimostrammo 
(  not.  543  )  la  caccia  faceasi  nella  Cina  e  non  in'  Tartarìa . 

547.  lì  Padiglione  del  Signore,  Leggasi  la  Leila  descrizione  del  Padiglione 
eretto  per  Gengiscan,  allorché  riunì  Is^  dieta  generale  a  Tb/tcA^/,  nella  vita  di  cjfuel  ce- 
lebre Imperante  (  Lib.  IV.  e.  11  )<  Gli  alloggiamenti  perla  Casa  Imperiale  oc- 
cupavano pi^  di  due  leghe  di  giro,  vi  erano  strade  >  piazze, jnercati.  La  ten- 
da destinata  alla  dieta  poteva  contenere  almeno  duemila  personey  e  per  distin* 
guerla  dalle  altre  era  parata  di  bianco.  Talché  si  ravvisa  che  come  festevole 
consideravano  quel  colore  i  Mogolli ,  e  di  Ji  forse  ne  avvenne  1*  uso  di  cele- 
brare la  festa  bianca  decritta  dal  Polo.  Sotto  quella  tenda  fu  inalzato  il  tro- 
no magnifico  di  Gengìscan ,  la  medesima  avea  due  porte  una  riserbata  solo 
per  esso  Imperadore ,  1*  altra  per  tutti  gli  altri  «  Anche  Petis  de  la  Croix  av- 
verte che  le  porte  di  queste  case  o  tende  erano  volte  a  mezzodì ,  uso  stabilito 
probabilmente'  per  la  rigide^a  del  climé  della;  TartaHa...  Plano  Carpiiii,  trovò 
rimperador  Cujrne  in  un  padiglione  ch'egli  appella  di. acak*Iatto  .bianca,  che 
a  suo  parere  poteva  contenere  due  mila  persone  (  Pian.  Carp.  apud  Berg.  p.  io  )• 


gnori .  Ha  la  porla  verso  mezzodì ,  e  v'  è  ancora  un'  altra  lenJa* 
verso  legante  a  questa  congiunta,  dove  è  una  gran  sala,  dove 
stanzia  il  signore  con  alcuni  suoi  baroni  y.  e  quando  vuol  parlare 
ad  alcuno ,  la  fa  entrare  in  quella .  Dopo  la  delta  sala  è  una  ca- 
mera grande  mollo  bella,  nella  quaW  dorme.  Sònovi  molte  alire 
tende  e.  camere  <,  ma  non  sono  insijeme  congiùnte  con  le  grandi. 
E  tutte  le  sopraddette  camere  e  sale  sono  ordinate  in  questo 
modo .  Che  ciascuna  ha  tre  colonne  di  legno  intagliate  con  gran- 
dissimo artificio ,  e  indorate .  E  detti  padiglioni  e  tende,  di  fuo* 
ri ,  sono  coperte  di  pelli  di  leoni ,  e  vergate  di  verghe  bianche^ 
nere  e  rosse  ,  e  così  ben'  ordinate  ,  che  né  venta,,  uè  pioggia  li 
può  nuocere  :  e  dalla  parte  di  dentro,  sono  foderate ,  e  coperte 
di  pelli  armelline,  e  zibelline  ^*^ ,  che  sono  le  pelli  di  maggior 
valuta  di  qualunque  altra  pelle  •  Perchè  la  pelle  zibellina  s'  ella 
è  tanta ,  che  sia  abbastanza  per  un  paro  di   v^ste ,  vale    due-w 
mila  bisanti  d' oro  s' ella  è  perfetta ,  ma  s  ella  è  comune ,  ne  va- 
le mille  ,  e  li  Tartari  la  chiamano  regina  delle  pelli  :.  e  gli  ani- 
piali,  si  chiamano  Rondes  della  grandezza  d'una  faina:   e  di 
queste  due  sorti  di  pelle ,  le  sale  del  Signor  sono  così  maestre- 
volmente ordinate  in  varie  divisioni ,  che  è  una  cosa  mirabile  a 
vedere  :  e  la  camera  dove  dorme  ,  che  è  congiunta  alle  due  sale, 
è  similmente  dalla  parte  di  fuori  coperta  di  pelli  di  Leoni ,  e  di 
dentro  di  pelli  zibelline ,  e  armelline  divisate .  E  le  corde ,  che 
tengona  le  tende  delle  sale  e  camere,  sono  tutte  di  seta:  e  at- 
torna  queste ,  sono  tutte  V  altre  tende  delle  mogli  del  Signore 
molto  ricche  e  belle,  le  quali  hanno  girfalchi,  falconi,  e  altri 
uccelU  e  bestie ,.  e  vanno  ancora,  loro  à  piacere .    E  sappiate 
per  certo,  che  in  questo  campo   è  tanta  moltitudine  di  gente, 
che  gli  è  cosa  incredibile ,  e  a  ciascuno  pare  essere  nella  miglior 
città ,  che  sia  in  queste  parti ,  perchè  ivi  sono  genti  di  tutta  il 
dominio,  e  con  il  Signor  vi  è  tuttala  stu  famiglia,  cioè,  medici, 
astronomi ,  falconieri ,  e  tutti  gli  altri ,  che  hanno  diversi  offi- 
ci.  E  sta  in  questo  luogo  fino  alla  prima  vigilia  della  nostra 
Pasqua ,  nel  qual  spaziò  di  tenipo ,  non  cessa  d'  andare  conti- 
nuamente appressa  alli  laghi ^^9  e  riviere,  uccellando,  e  pren- 


548.  Ermellini  e  Zibellini,  Vedasi  intomo  a  questi  animali  ciò  die   fu 
détto  nel  prìmo  volume  (  p.  j5  not.  d.  p.  86  noi.  a  ). 

^IQ.  Laghi,  Si  ravvisa  che  questa  caccia  acquatica  non  poteva  esser  fatta-. 


'97 
denda  gme,  e  cigni,  aghironi,  e  molti  altri  uccelli  :  le  sue  geni? 
ancora    che  sono  sparse  pfec  molti  luoghi  li  portano  molte  cac- 
ciagioni .  In  questo  tempo  adunque ,  su^  in  tanto  solazzo ,  e  al- 
legrezza, che  iiiuno  lo  potria  credere ,  che  non  la  vedesse,  peroc- 
ché la  sua  eccellenza  e  grandezza  è  molto  maggiore  di  quello , 
che  a  noi  saria  possibile  d' esprimere .  Un'  altra  cosa  è  ancora 
ordinata  ,  che  ninno  mercante  ,  o  artifice  ,  o  villano  abbia  ardire 
di  tenere  astore^  falcone,  ov ver' altro  uccello,  che  sia  atta  ad 
uccellare ,  né  cane  da  caccia  per  tutto  il  dominio  del  Gran  Can  .^ 
e  niuno  barone ,  a  cavaliere,  o  altro  nobile  qual  si  voglia ,  ardi- 
sce di  cacciare,  o  uccellare,,  circa  il  luogo  dove  dimora  il  Grai> 
Can,  da  alcuna  parte  per  cinque  giornate,  e  da  alcnina  parte  per 
dieci,  e  da  alcuna  altra   per  quindici ,  se  nouf  è  scrìtto*  sotta  il 
capitana  de'  falconieri ,  ovvero  abbia  privilegio  sopra  quelle  cose, 
ma  ben  fuor  de'  confini  d^tern^nati .  Item  per  tutte  le  te^re  ,  le 
quali  signoreggia  il  Gran  Cane ,  ninno  re,  ovvero  barone  ^  o  al- 
tro uomo  y  ardisce  di  pigliare   lepri ,  caprioli ,  daini ,  o  cervi  , 
e  simili  bestie ,  e  uccelli  grossi ,  dal  mese  di  Marzo  fino  al  mese* 
d' Ottobre ,  acciocché  creschino ,  e  moltiplichino .  E  chi  contra- 
facesse,  verrebbe  punito  :  e  per  questa  causa  moltiplicano  gli  ani-* 
mali  e  uccelli  in  grandissima  quantità ,  e  poi  il  Gran  Gau  se. 
ne  ritorna  alla  città  di  Cambalù  ^^ ,.  per  quella  medesima  via  , 
che  ei  fu  alla  campagna  uccellando^  e  caccianda.. 


ut  T&rtarìa  ove  sono  gelati  i  laghi  sino  a  Maggio ,  anzi  anche  nel  P&^che^là 
che  non  oltrepassa  il  4^-^  di  Lai*  «sono  d' ordinario  gelati  fino  alla  metà  di 
Marzo  :  (  Hist  Gen.  de  la  Chin.  U  XII.  p.  17  )  perciò  andava  il  Grtto.  Can  versa 
la  marina  ove  Tana  è  più  mite,  e  verso  il  Golfo  di  Leoo^tong .  Ivi  sono 
Laghi  che  sono  segnati  nella  carta  particolare  della  Provincia  dell'  Atlante  Si- 
nico dell'  Anville ,  e  fra.  questi  sembra  uno  de'  più  considerevoli  quello  di 
Toan  <-  JLin» 

35o.  Ritorna  alla  città  di  Cambalù.  Il  lettore  dèe  avvertire  che  il  Polo 
k)  riconduce  a  Cambalù  d'onde  lo  vedremo  partirsi  (  cap.  27  )  per  descrive- 
re il  viaggio  da  lui  fatto  sino  a  Carazan  e  al  regno  di  Mieti- • 


GAP.  XVII. 

Della  moltitudine  delle  genti ,  che  di  continuo  vanno 
e  spengano  alla  città  di  Cambalti:  e  mercanzie  di 
diverse  sorti. 

Giunto  il  Gran  Can  nella  città ,  tien  la  sua  corte  grande , 
é  ricca  per  tre  giorni  ^  e  fa  festa ,  e  grandissima  allegrezza  con 
latta  la  sua  gente  ^  eh'  è  stata  seco  :  e  la  solennità ,  eh'  egli  fa  in 

3nesti  tre  giorni  è  cosa  mirabile  a  vedere  :  e  evvi  tanta  mollitu- 
ine  di  gente ^^*,  e  di  case  nella  città,  e  di  fuori  (perchè  vi  sono 
tanti  borghi  come  porte  ^^*  ^  che  sono  dodici  molto  grandi  )  che 
ninno  potria  comprendere  il  numero ,  perocché  sono  più  genti 
ne'  borghi ,  che  nella  città .  E  in  questi  borghi  stanno  e  allog- 
giano li  mercanti ,  e  altri  uomini ,  che  vanno  là  per  sue  faccen- 
de ,  i  quali  sono  molti  per  causa  della  residenza  del  Signore ,  e 
dovunque  egli  tiene  la  sua  corte  là  vengono  le  genti  da  ogni  ban- 
da per  diverse  cagioni  ^  e  ne'  borghi  sono  belle  Case ,  e  palazzi 
còme  nella  città,  eccelttiando  il  palazzo  del  Gran  Can.  E  ninno, 
che  muore  è  seppellito  nella  città ,  ma  s^  egli  è  idolatra  è  portato 
al  luogo  dove  si  deve  abbruciare,  il  qual  è  fuor  di  tutti  i  borghi, 
e  parimente  niun  maleficio  si  fa  nella  città  ^  ma  solamente  fuor 
de'  borghi .  Itera  ninna  meretrice  (  salvo  se  non  è  secreta  ,  come 
altre  volte  s' è  detto  )  ha  ardimento  di  star  nella  città ,  ma  abita- 
no tane  ne'  borghi ,  e  passano  ventieioqaemila  j  che  servafìo  gU 
uoimni  per  denari ,  nondlmeho  ttm^  sono  neccessarie  per  la  gran 
inoltittfcirrfe  de' mercanti,  e  altri  Ibre^tieri  '  che  là  vanno,  e  ven- 
^  i  continuo ,  per  la  corìe .  liem  a  questa  città  sì  portano 

le  più  care  cose ,  e  di  maggior  valuta  >  che  siano  inf  tutt  À  mon- 
do ,  perocché  primieramente  dall'  India  si  portano  pietre  prezio- 
se ,  e  perle  e  Ititte  le  speziérie  .  Item  tutte  fe  cose  dì  valuta  del- 
la provincia  del  Catajo ,  e  che  sono  in  tutte  f  altre  provincie ,  e 


55 1.  Moltitudine  di  genti .  Il  Dualdo  valutara  la  popolazione  di  Pekino 
ire  millioni  (  t  H.  p.  7  ) . 

552.  Borghi  come  porte.  W.  Padre  Magaillaiu  nove  e  non  dodici  dice  es- 
Bere  le  porte  di  Pekino,  ed  eltrettanti  i  borghi  (  Nouv.  Rei.  p.  275  )•  Ma  dopo 
il  tempo  degli  Yyen  possono  essere  accaduti  non  pochi  cambiamenti  a  Pekino , 
come  è  avvenuto  nelle  grandi   capiuli  Europee  (  Ved.  not  Sig  ). 


'99 
«pesto  per  la  moltitudiiie  della  geole  che  quiv^  dimora  di  et»- 
iìwnuOj  per  causa  delia  corte  :  e  quivi  si  vegaouQ  pia  meccauzie, 
che  in  alcuo'  altra  cittiu  perchè  ogni  giwno  v'enceano  più  di  au- 
le fra  carrette ,  e  some  di  seta  ^^  :  e  si  lavorano^  panai  d' oro  y  e 
di  seta  in  grandissima  quantità  :  e  intorno  a  questa,  città  vi  sono 
iafinite  castella  j  e  altre  città  ^  le  genti  delle  quali  vivono  per  la 
maggior  parte  quando  la  corte  e  quivi,  vendendo  le  cose  ueces*- 
sane  alla  città  ^  e  comprando  quelle  che  a  loro  fa  bisogpo . 

GAP.    XVIIL 

Della  sorte   della  moneta  di  carta ,  che  fa  fare  il  Gran 
Can  ^  qual  corre  per  tutto  il  suo  dominio . 

In  questa  città  di  Cambalù  è  la  zecca  del  Gran  Can,  il 
quale  veramente  ha  V  alchimia ,  perocché  fa  fare  la  moneta  in 
onesto  moda .  Egli  fa  pigliare  le  scorze  degli  arbori  mori  ^^^  ^  le 
H^lie  de' quali  mangiano  i  vermicelli  die  producono  la  seta  ^ 
e  tolgono  quelle  scorze  sottili ,  che  sono  tra  la  scorza  grossa  ,  e 
il  fusto  dell'  albero ,  e  le  tritano  e  pestano ,  e  poi  con  colla  le 
riducono  in  forma  di  carta  bambagina,  e  tutte  sono  nere,  e  quan- 
do son  fatte ,  le  fa  tagliare  in  parti  grandi ,  e  piccole  ^  e  sono 
forme  di  moneta  quadra,  e  più  lunghe  che  larghe .  Ne  fa  adnn* 
qtie  fare  una  piccola ,  che  vale  un  denaro  d' un  picciolo  tomese  ^ 
e  r  altra  d' un  grosso  d' argento  Veneziano  ^  un'  altra  è  di  valuta 
di  due  grossi ,  im'  altra  di  cinque ,  di  dieci ,  e  altra  d' un  bisan^^ 
te ,  altra  di  due ,  altra  di  tre  e  cosi  si  procede  sin'  al  numero 
di  dieci  bisanti ,  e  tutte  queste  carte ,  ovvero  monete,,  sono  fatte 
con  tanf  autorità  e  solennità ,  come  s' elle  fossero  d' ora  o  d'^  ar^- 
gemo  puro  ,•  perchè  in  ciascuna  moneta  molti  oflicialr ,  che  a 
questo  sono  deputati ,  vi  scrivono  il  Loro  nome ,  ponendovi  ciast- 


555v  Some  di  seta.  A  tutti  è  noto,  dice  il  Magaillanir  l'abbondanza  e  bon^ 
tà  della  seta  della  Cina.  Non  s'ingannarono  gli  antichi  che  rappellaroao  il  regno 
della  aeU.    Tutti  «otto  e  sopra  vestono   di.  seta.   Trecento  sessanta  cinque 
barche  di  seterìe  lavorate  mandano  alla  corte  le  due  provinciè  di  iV«n-Awty  e 
di   Iche-'kiang.    A  ciò  è  da  aggiungere  le  centinaja  di  migliaja  di  libbre  di  seta, 
greggia  o  lavorata,  che  le  altre  provinciè  pagano  di  tributo  al  re  (  L  e.  p.  172  ). 

354*.  Scorza  degli  arbori  Aion^.  Intorno  a  detta  carta,  vedasi  (t.  Up.  83^ 
not.  a^  )  .. 


<jtino  il  suo  segno  :  e  quando  del  tutto  è  fetta ,  com'  ella  dee  es- 
sere ,  il  capo  di  queyi  por  il  Signor  deputato ,  imbratta  di  cina- 
bro la  bolla  concessagli  ^  e  T  ini])ronta  sopra  la  moneta ,  si  che 
da  forma  della  bolla  tinta  nel  cinabro  vi  riinafne  impressa ,  e  al- 
lora quella  moneta  è  autentica .  E  s  alcuno  la  falsificasse ,  sareb- 
be punito  dell'  ultimo  supplicio:  e  di  queste  carte,  ovvero  mo- 
nete ,  ne  fa  far  gran  quantità ,  e  le  fa  s|)endere  per  tutte  le  pro- 
vincie  e  regni  suoi,  uè  alcuno  le  può  rifiutare  sotto  pen-à  della 
vita,  e  tutti  queljj  che  sono  sottoposti  al  suo  Imjiero  le  tolgono 
molto  volentieri  in  pagamento,  perchè  dovunque  vanno,  con  quel- 
le fanno  i  loro  p.igamenti  di  qualunque  mercanzia  di  perle,  pietre 
preziose,  oro,  e  argento,  e  tutte  queste  cose  possono  trovare 
col  pagamento  di  quelle;  e  più  volte  Tanno  vengono  insieme 
iKolti  mercanti  con  perle,  e  pietre  preziose ,  con  oro ,  e  arg  ento, 
e  con  panni  d' oro ,  e  di  seta ,  e  il  tutto  presentano  al  Gran  Si- 
gncK-e,  qual  fa  chiamare  dodici  savi ,  eletti  sopra  di  queste  oc^e,  * 
e  molto  discreti  ad  esercitar  quest'  officio ,  e  li  comanda ,  che 
-debbano  tassar,  molto  diligentemente  le  cose ,  che  hanno  portato 
li  mercanti,  e  per  la  valuta  le  debbano  far  pagare.  Essi  stimate 
che  l'hanno,  secondo,  la  lor  coscienza,  immediate  con  vantag- 
gio le  fanno  pagare  con  «.quelle  carte ,  e  li  mercanti  le  tolgono 
volentieri ,  perchè  con  quelle  (  come  s' è  detto  )  fanno  ciascun 
p^amento ,  e  se  sono  di  qualche  regione ,  ove  queste  carte  non 
(5Ì  spendono ,  l'investono  in  altre  mercanzie  buoi^  per  le  lor  ter- 
re :  e  ogni  volta  j  che  alcuno  avrà  di  queste  carte  che  si  guastino 
per  la  troppo  vecchiezza ,  le  portano  alla  zecca ,  e  gliene  sou 
date  altrettante  nuove,  pèrdendo  solamente  tre  per  cento.  Item 
V alcuno  vuol* avere  oro ,  o  argento  per  far  vasi,  o  cinture,  o 
altri  lavori ,  va  alla  zecca  del  Signore,  e  in  pagamento  delT  oro, 
e  dell'  argento  lij  porta  queste  carte  ^  e  tutti  li  suoi*esercìd  ven- 
gono pagati ,  eoa  questa  sorte  di  moneta  ^^^ ,  della  qual  loro  si 


355.  Sane  di  Moneta.  Può  vedersi  confutata  Tasserzìone  del  Miaigaillans 
iChe  non  ha  mai  avuto  corso  nella  Cina  moneta  di  carta  (  t.  I.  p.  89  not.  e  )• 
Gli  Annali  Cinesi  narrano  che  nell'anno  fi3i,  allorché  i  Song  facevano  guerra 
ai  Kin^  per  la  difficoltà  di  far  passare  denaro  alle  truppe  Imperiali,  fu  trovato 
l'espediente  deHa  moneta  di  carta,  che  ivi  come  altrove  eccitò  posteriormente 
non  pochi  clamori,  per  V  impossibilità  delle  casse  imperi«ali  dì  cambiarla  in 
moneta  sonante  come  era  stato  solennemente  promesso  (  Hist.  Gen.  de  la  Chin. 
t.  Vili.  p.  5o2  ). 


20I 


vagliooo ,  oome  se  ella  fosse  d'oro  o  d'argento;  e  per  questa 
causa  sì  può  certamente  affermare ,  che  il  Gran  Gan  y  ha  più  te- 
sor6f ,  che  alcun'  altro  Signor  del  mondo  ^^ . 

GAP.    XIX. 

/>e^  dodici  Baroni  deputati  sopra  gli  eserciti  ;  e  di  dodici 
altri  deputati  sopra  la  provwsione  dsW  altre  unii^ersali 
faccende . 

Il  Gran  Gan  ele^  dodici  grandi  e  polenti  baroni  (  come 
di  sopra  s  è  detto)  sopra  qualunque  deliberazione,  che  si  fa  de* 
gli  eserciti  ^  cioè ,  di  mutarli  dal  luogo  dove  sono ,  e  mutare  i 
capitani,  ovvero  mandargli  dove  veggono  esser  necessario,  e  di 
quella  quantità  di  gente ,  che  il  bisogno  ricerca,  e  più  e  meno , 
secondo  l'importanza  della  guerra.  Oltre  di  ciò,  hanno  a  far 
la  scelta  de' valenti  e  franchi  combattenti,  da  quelli  che  sono 
^li  e  abietti  ^  esaltandoli  a  maggior  grado  ;  e  per  il  contrario 
deprimendo  c|uelli  che  sono  da  poco ,  e  paurosi .  £  s'  alcuno  è 
capitano  di  mille,  e  abbiasi  portato  vilmente  in  qualche  fazione, 
i  baroni  predetti  reputandolo  indegno  di  quella  capitanerìa  lo 
degradano,^  e  abbassano  al  capitanato  di  cento .  Ma  se  nobil- 
mente e  francamente  si  sarà  portato ,  riputandolo  sufficente  y  e 
degno  di  maggior  grado ,  lo  fanno  capitano  di  diecimila  ;  ogni 
cosa  però  facendo  con  saputa  del  Gran  Signore  :  perocché  quan- 
do vogliono  deprimere  e  abbassare  alcuno ,  dicono  al  Signore  ^ 
il  tale  è  indegno  di  tal  onore,  e  egli  alloi^a  risponde,  sia  depresso, 
e  fatto  di  grado  inferiore ,  e  così  è  fatto .  Ma  se  vogliono  esalta- 


356.  Leggendosi  in  tutti  i  capi  del  SGlione,  secondo  la  lezione  Ramusiana^ 
particoiarìtà  aggiunte  die  non  potevano  essere  note  ai  suoi  tempi,  che  al  Po- 
lo«  vìen  confermata  la  nostra  asserzione  che  il  Polo  ritoccò»  ed  aumentò  più 
Tolte  il  Milione.  A  cagion  di  esetnpio  qui  si  legge  che  per  autenticare  le  ce- 
dole erayi  apposto  un  bollo  di  color  cinabro,  lo  che  non  leggesi  né  nel  Te« 
sto  della  Crusca,  né  nella  versione  Pipiniana.  Dimostrano  ritoccata  1*  opera  alcu- 
ne ripetizioni  che  leggonsi  in  questo  testo,  e  che  non  sono  negli  altri  due 
testi  rammentati .  Al  cap.  XXVI.  di  questo  libro  riparla  delle  religioni  det 
Tartari»  di  cui  aveva  parlato  (  Lib.  I.^  cap.  4^  ),  quantunque  con  particolari  dif* 
ferenti  •  La  materia  del  secondo  Libro  sino  al  cap«  XXYII*  è  diversamente 
disposta  ne' due  testi  rammentati  disopra. 

a6 


HìTè 

re  alcuno,  così  ricercando  i  ineriti  saoT:  dicono,  il  tal  capitano 
di  mille  è  degno  e  sufficiente  d' esser  capitano  di  diecimila  ^  e 
il  Signor  Io  conferma  ,  e  dalli  la  tavola  del  comandamento  a  tal 
signoria  convenevole^  come  di  sopra  s'è  detto:  e  appresso  gli 
fa  dare  grandissimi  presenti  per  inanimire  gli  altri  e  fargli  valenti . 
La  signorìa  adunque  de'  detti  dodici  baroni ,  si  chiama 
Thai  ^^7  ^  che  tanto  è  a  dire  come  corte  màggie»^ ,  perchè  noo 
hanno  signor  alam  sopra  di  se ,  salvo  che  il  Gran  Gan  :  e  oltre 
i  sopraddetti  son  costituiti  dodici  altri  baroni  sopra  tutte  le  oose^ 
die  sono  necessarie  a  trentamtattro  provincie ,  quali  hanno  nella 
città  di  Gambalù  un  bel  palazzo,  e  grande  con  molte  camere 
e  sale .  E  ciascuna  provincia  ha  un  giudice  e  molti  notati ,  che 
stanziano  in  detto  palazzo  separatamente ,  e  quivi  ùaxoo  ogui 
cosa  necessaria  alla  sua  ]H*ovincia  j  secondo  la  volontà  e  coman- 
damento de' detti  dodici  baroni.  Questi  hanno  autorità  d^ eleg- 
gere signori ,  e  rettori  di  tutte  le  provincie  di  sopra  nominate  ; 
e  quando  hamio  eletto  quelli  che  li  pajano  sufficienti ,  lo  fanno 
sapere  al  Gran  Gan  y  e  egli  li  conferma ,  e  dalli  le  tavc^e  d'  ar- 
gento o  d' oro ,  secondo  che  li  pare  a  ciascuno  esser  oonvenieur 
te .  Hanno  ancora  questi  a  provvedere  sopra  le  esazioni  de'  tri* 
biui  ed  entrate ,  e  circa  il  governo  e  dispensazione  di  quelle ,. 


557.  SicJUtuna  Thai,  Gaubit  parla  di  questo  trihimaEe  detto  Han*4itt  coat- 
posto  dei   più  abili  personaggi   dell' Impero,  che  risiedevano  Ven^Ping^  o  Ta^tu 
(  Gaub.  apud  Souc.  p.  197  )>^  Magaillans  che  si  è  più  degli  altri  diffuso  intomo 
ai   tribunali  della  Cina,   dice  che  i  Mandarini  «fel  prima  ordine  sono  i  consi- 
glieri del  consiglio,  dà  Stata  dell*  Imperadore,  che  si  c<)nsidera  il  più  alto  onore 
e   grande  dignità    dell'  Impero  .  Non;  è  determinato  iì  numera  di    quei  consi- 
glieri :  sono  quanti   piace  air  Imperadore .   Formano  il  primo  tribunale  che  ri- 
siede  in  palazzo  alla  sinistra  della  suprema  sala  Imperiale  (  e  la  sinistra  in 
Cina  è   il  lato  d'  onore  ) .  Essi  rivedono  gli   affari  di  guerra  e  di  pace  che  si 
dirigono  al  Sovrano   dai   meggiori   tribunali   disopra   rammentati   (  Not.  5oa  ) 
e-  ne  riferiscono^  ai  Signore .   I   mandarini  di  seconda  classe  sono  assistenti  e 
assessori  dal  consiglio  dell'  Imperadore,  e  sono  ancor  essi  potenti,  tenuiti«  e  ri- 
spettati »  Spesso    sono  inalzati  alb  cariche  di  consiglieri  dell'  Imperadore  ,   di 
viceré  delle  provincie ,  ai  primari  uffici  del  sei  supremi  tribunali.  ■  loro  titolo 
è  Ta^hio'Se  ossia  letterati  di  gran  d<mrìna^  titolo  che  viea  data  ai  consiglie- 
ri deU'  Imperadore,.  che  ne  accorda  lora  anche  altri  moko  onorevoli  ad  ambe- 
due dette  classi  di  mandarini..  A  cagion  d'esempio  vien  loro  conceduto  qneW 
ìé»  di  Tai'Su^tu  che  significa  graa  governatore  del  Pirincipe  ereditario  (  Magaill. 
L  e.  p.  1.95.  ) .  Si  vede  che  //%at  era  appellato  ai  tempi   del  Polo   il  suprema 
consiglio  Imperiale  i^ 


io3 

e  sopra  tutte  l' altre  faccende  del  Gran  Gan ,  eccetto  che  sopra 
gli  eserciti .  E  V  oilicìo  ovvero  sigaorìa  di  loro  ^^  chiamasi 
Singh  ^ ,  che  vuol  dire  quanto  seconda  maggior  corte ,  perchè 
nmllmeote  non  hanno  sopra  di  loro  signore,  eccetto  che  il  Gran 
CSan .  L' una  e  l'altra  adunque  delle  dette  corti ,  cioè ,  di  Singh, 
e  di  Thai ,  non  hanno  alcun  signore  sopra  di  loro ,  scelto  che 
il  Gran  Gan:  nondimeno  Thai^^,  cioè  la  corte  deputata  alla  di- 
sposizione degli  eserciti  à  riputata  più  nobile  ,  e  più  degna  di 
qualunque  altra  signoria . 

GAP.    XX. 

De*  luoghi  deputati  sopra  tutte  le  strade  maestre  ^  do\^e 
tengono  cas^alli,  per  correre  le  poste  ;  e  de^  corrieri  ^  che 
iranno  a  piedi  ^  e  del  modo  ch'ei  tiene  a  mantenere  tutta 
la  spesa  delle  dette  postfi . 

Uscendo  della  città  di  Gambalù,  vi  sono  molte  strade  e 
vie ,  per  le  quali  si  va  a  diverse  provincie  ;  e  in  ciascuna  strada, 
dico  di  quelle  che  sono  le  più  principali  e  maestre,  sempre 
in  capo  di  venticinque  miglia,  o  trenta,  e  più  e  meno ,' secon- 
do le  distanze  delle  città,  si  trovano  alloggiamenti^  che  nella  loro 


SS8.  Signorìa  di  lorot  cioè  degli  eserciti ,  e  perciò  si  comprende  eh*  era 
il  supremo  tribunale  degli  eserciti  che  esiste  tuttora.  Magaillans  (p.  2 la)  di- 
ce che  da  mandarini  d'  armi  sono  composti  cinque  tribunali  detti  U^Ju ,  che 
significa  le  cinque  classi.  Ewì  sopra  di  loro  un  supremo  tribunale  detto  lum  - 
chim^fu  ,  cioè  supremo  tribunale  di  guerra.  Il  Presidente  è  uno  dei  più  gran 
signori  deirimpero  che  ha  giurisdizione  su  tutti  cinque.  Ne  vien  moderata  fau- 
torìtà  da  un  assessore  tratto  dalla  classe  dei  letterati ,  e  da  due  sindaci  o  is- 
pettori reali.  Secondo  il  Missionario  è  staU  talvolta  ristretta  l'autorità  del 
tribunale ,  ma  non  vi  è  da  porre  in  dubbio  che  sotto  una  dinastia  bellicosa  e 
conquistatrice,  come  quella  deglTi/^/i,  non  avesser  somma  autorità  (Magail.p.aio). 
Di    questi  due  tribunali  supremi  parlò  Marco  Polo  . 

359.  Singh.  Osserva  il  Marsden  che  questa  voce  nel  vocabolario  Cinese  si 
traslata  advertere^  eognoscercy  ed  anche  examinare  9  considerare  :  e  che  un  tal 
Tocaboio  conviene  a  un  tribunale  di  giustizia  (  not.  684  ).  Il  Du-Halde  la  vo- 
ce Singh  dice  significare  natura  9  o  ragion  naturale  f  talché  potè  essere  appel- 
lato questo  tribunale  metaforicamente  cosl^per  signiCcare  il  discernimento,  e  la  ret. 
titudine  (  Du  -  Hald.  t.  III.  p.  56a  ) . 

36o.  TTkai  qui  pare  occorso  errore  e  che  debba  dire  Singh ^  poiché  avverti 
disopra  esser  questo   il  tribunale  deputato  agli  affari  della  guerra. 


!I04 

Uiigaa,  si  chiamano  Lamb^^^  che  nella  nostra  fuol  dire  poste 
di  cavalli  ^' ,  dove  sono  palazzi  grandi  e  belli ,  che .  hanno  bel- 
lissime camere ,  con  letti  forniti  ,  e  paramenti  di  seta.:  tutte  le 
cose  condocenti  a  gran  baroni .  £  in  ciascuna  di  simil  poste  po« 
trebbe  un  gran  re  ooorata mente  alloggiare:  egli  vien  provvisto 
del  tutto  per  le  città  o  castelli  vicini ,  e  ad  alcuni  la  corte  vi 
provvede.  Quivi  sono  di  continuo  apparecchiati  quattrocento 
buoni  cavalli,  e  acciochè  tutti  li  nunzj ,  e  àmfbasciatori,  che  van- 
no per  le  faccende  del  Gran  Gan  possino  smontare  quivi,  e 
lasciati  i  cavalli  stracchi  pigliarne  de' freschi.  Ne' luoghi  vera- 
mente fuor  di  strada  e  montuosi ,  dove  non  sono  villaggi ,  e  che 
le  città  siano  lontane,  il  Gran  Gan  ha  ordinato,  che  vi  siano 
fatte  le  poste,  ovvero  palazzi  similmente  forniti  di  tutti  gli  ap- 
parecchi, cioè  di  cavalli  quattrocento  per  posta,  e  di  tutte  l'altre 


3Gi.  Lamb,  »  Yocantur  autem  mansione^  ìììatfamòf  idest  mansiones  equcH 
rum  »  (  Cod.  Hiccard.  )  Alterata  è  la  voce  nel  testo  Rainusiano  per  lo  facile 
scambiamento  dell'  iniziale  I  ,  e  L  »  e  deve  dire  Jamb .  Secondo  il  Duhalda 
le  poste  in  Qnese  si  appellano  Tchan  (  t.  IL  p.57  ).  U  Marsden  nota  cbejram 
•  jam  significa  in  Persiano  seconda  Meninski  »  Stationarius  ,  seu  veredarìus 
equus  »  *(  not.  666  ).  Soggiunge  come  questa  voce  si  usa  ancora  per  Mgnifica- 
re  la  casa  ove  è  la  posta.  Dicono  gli  Ambasciatori  di  Schak^^Rokk  che  pas- 
sato  Cam-pu  (  Gan  -  tcheu  ) ,  »  la  Magnificence  des  Katajens  ne  fit  qu'  aug- 
»  menter ,  a  mesure  que  la  caravane  s'  avanza  vers  la  capitale .  Elle  trouvoit 
»  chaque  jour  au  soif  un  jramf  e'  est  a  dire  un  bon  logement  »  (  HisU  Geo. 
des  Yoy.  t.  VII.  p.  58i  ).  Vedesi  che  i  Tartari  per  sigmfieare  la  casa  postale  si 
serrivano  della  voce  usata  neir occidente  dell'  AJsia . 

56*2 .  Pòsts  di  cavallL  Da  questa  espresaione  potrebbe  alcuno  inferirne  che  tes- 
servi poste  di  cavalli  in  Italia  ai  tempi  del  Polo,  ma  ciò  non  fu«^  Nel  nostro  Te- 
sta leggesi  (  t»  I.  p»  91  )  »  E  sappiate  che  quando  si  partono  da  Camhalù  que* 
»  sti  messaggi  y  per  tutte  le  vie  ov'egli  vanno ,  4i  capo  delle  venticinque  mi» 
»  glia  egli  trovano  una  posta ,  ove  ciascuno  hae  un  grandissimo  palagio  e 
»  bello  9,  Ma  dal  contesto  si  ravvisa  che  per  posta  intendesi  il  luogo  prefiaao 
o  assegnato  per  posarsi ,  o  ferokarsi  •  In  detto  significato  usò  Dante  U  voce 
possa 

Similemente  a  colui  che  venire 
Sente* l porco,  e  la  caccia  alla  sua  posta ^ 

Jnf.  XIII,  ver.  i  la*. 
cosi  1*  usarono  il  da  Buti ,  e  Giovanni  Villani .  Nel  significato  pcM  del  luogo 
ove  si  mutano  i  cavalli,  il  più  antico  esempio  che  ne  alleghi  la  Crusca  è  del 
Serdonati .  Può  leggersi  (  t.  I.  p.  92  ),  la  mia  opinione,  che  debbasi  il  ritrova*» 
to  della  posta  appo  noi  alla  relazione  del  Polo,  e  V  aver  dato  alla  casa  pip- 
atale il  nome  di  posta,  come  leggesi  nell'antichissimo  testo  da  noi  pubblicato, 
conferma   l' anunciata  opinione  . 


2a5 

cose  necessarie  come  le  sopraddette:  e  vi  manda  genti ^  che 
VabitiDO*,  e  lavori uo  le  terre ^  e  servino  a  esse  poste;  e  visi 
fànaonii  gran  villaggi  ;  e  così  gli  ambasciatori ,  e  nunz}  del  Gran 
Cao  y  vanno  e  vengono  per  tntte  le  provincie  e  regni  y  e  altre 
parti  sotto})  oste  al  suo  dominio  con  gran  comodità ,  e  facilità  :  e 
questa  è  la  maggior  eccdleoza  e  altezza ,  che  gianunai  avesse 
aleim  imperatore  o  re ,  òwer'  ahro  uomo  terreno ,  perchè  più 
di  dugemomila  cavalli  stanno  in  queste  jioste  per  le  sue  pro- 
vincie ^  e  più  di  diecimila  palazzi  fomiti  di  cosi  ricchi  apparec- 
chi  •  £  questo  è  si  mirabii  cosa  e  di  tanta  valuta ,  ehe  appena 
si  potrebbe  dire ,  o  scrivere .  £  s' alcuno  dubitasse  come  siano 
tante  genti ^^ a  far  tante  faccende,  e  onde  vìvono:  si  risponde^ 
che  tutti  gì'  Idolatri ,  e  similmente  Saraceni  tolgono  ciascuno  sei, 
otto  y  e  dieci  mogli ,  purché  gli  possino  far  le  spese ,  e  genera- 
no infiniti  figliuoli^  e  saranno  molti  uomini,  de' quali  ciascuno 
averà  più  di  trenta  figliuoli ,  tntti  armati  lo  seguitano,  e  questa 
per  causa  delle  molte  mo^li .  Ma  appresso  di  noi ,  non  s- na  se 
non  una  moglie,  e  se  quefla  sarà  sterile  Tuomo  finirà  la  sua  vita 
con  lei ,  uè  genera  alcun  tìgliaolo ,  e  però  non  abbiamo  tante 
genti  come  loro^,  £  circa  le  vettova^ie,  n  hanno  abbastanza  ^ 


5fó.  Tante  gemi.  Qui  parla  dell'immensa  popolazione  della  <Sna .  Intor- 
no a  che  avvi  gran  discrepanza  di  pareri.  Tutti  convengono  che  sonori  pro- 
vincie immensamente  popolate,  soprattutto  lungo  le  strade  maestre»  i  fiumi  » 
i  canali  e  alla  prossimità  delle  grandi  città.  Ma  akunt  non  concedono  che 
le  Provincie  remote,  dai  viaggiatori  poco  o  nuHa  visitate»  siano  cosi  popolose^ 
Tutti  però  convengono  che  la  Cina  è  immensamente  popolsita  •  Ai  tempi  di 
Magaillans  conteneva  la  Cina  ii,5i2»863  famiglie  o  fuochi  senza  contare  le 
donne»  i  fanciulli»  i  poveri  »  i  mandarini  in  uffizio  »  i  soldati^  i  baccellieri  »  i  licen- 
ziati f  i  dottori ,  i  mandarini  giubbilati»  coloro  che  abitavano  i  fiumi»  i  bonzi  »  gli 
eunuchi»  i  principiaci  sangue  imperiale»  mentre  il  censo  Cinese  non  comprende 
che  coloro  che  lavorano  la  terra  o  che  pagano  il  dazio  (  p*  49  )  •  ^^  Dualdo 
crede  la  Cina  più  popolata  dell'intera  Europa  (  t.  IL  p.  7*  )•  Secondo. lo 
Staunton  la  Gna  ha  3oo  abitanti  per  miglio  «fuadrato»  mentre  i  paesi  più 
popolosi  della  nostra  Europa  non  ne  noverano  che  200  circa  (  Ambas.  de  Lord 
Macairtney  t.  IV.  p.  3i4  ) .  Pei  documenti  somministratigli  in  Cina  dai  legati. 
Imperiali  che  accompagnavanlo»  verso  la  fine  del  caduto  secolo»  la  Cina  face- 
va 553»ooo»ooo  d*  anime  (  ibid.  t.  Y.  p.  43  )• 

564.  Tante  genti  come  loro.  Non  tutti  converranno  col  Polo  che  4a  pò» 
ligamia  aumenti  la  popolazione»  soprattutto  se  alcuno  volge  lo  sguardo  all'  Im- 
pero Turco,  e  aUa  costa  di  Barberia.  Male  a  proposito  attribuisce  il  Polo  la 
eccessiva  popolazione  della  Gina  al  concubinato»  mentre  pareggiando  quasi  m 


perchè  usana  per  la  m^gior  parte  rìso,  panico,  e  miglio  ^^,  spe- 
€ialmente  Tartari,  Gataini,  e  della  provincia  di  Mangi;  e  queste 
tre  semenze  nelle  loro  terre,  per  ciaseun  staro,  ne  rendono 
cento.  Non  nsano  pane  qneste  genti ,  ma  solamente  cocono  one- 
ste tre  sorti  di  biaae  cfA  latte  ovvero  carni,  e  mangiano  queUe  : 
e  il  frumento  appresso  di  loro ,  non  moltiplica  così ,  ma  quello , 
che  raccolgono,  mangiano  solamente  in  lasagne,  e  sltrp  vivande 
di  pasta  ^^ .  Appresso  di  loro  non  vi  resta  terra  vacua ,  che  si 


tutti  i  paesi  i  nascimenti  delle  femmine  quelli  dei  maschi,  se  più  femmine  sp<^ 
sa  un  sol  maschio ,  devono  restare  molti  maschi  neirimpossihìiità  d*accasarsi. 
Malgrado  tali  considerazioni  sonovi  non  pochi  sostenitori  oggidì  ancora  dell' 
asserzione  del  Polo . 

565.  Alio,  panico^  e  miglio.  Niuno  ignora  che  queste  tre'  sorti  di  biade 
sono  originarie  dell'Oriente.  Servono  di  cibo  ai  Tartari ,  e  ne  ritraggono  upa 
bevanda  (  Rozier  Gran.  Oiction.  d' Agrìcul.  Artici.  Miììet  ).  Trattò  il  Duhaldo 
della  fertilità  delle  terre,  dell* Agrìcultura ,  e  dell'alta  onoranza  in  cui  è  tenu- 
ta nella  Cina.  Oltrepasserebbe  il  confine  del  nostro  lavoro  il  distendersi,  in- 
tomo a  tale  interessante  argomento.  Quella  fertilità  dipende  in  parte  dal  fera, 
ce  suolo,  ma  soprattutto  daU'  industria  di  quel  popolo.  Si  usa  in  tutta  la  Cina 
quella  attività  che  appo  noi  s'ammira  nel  Lucchese.  Vi  si  à  cura  d' irrigare  le 
terre,  di  fare  salire  le  acque  coU'ajuto  di  macchine  sino  alle  vette  dei  mon 
ti .  L' arte  di  concimare  le  terre  è  perfetta  :  si  raccoglie  a  tal'  uopo  ogni  lor- 
dura Q  materia  che  può  renderle  feoonde ,  se  ne  modifica  la  natura  spengendo 
e  mescolando  opportunamente  i  concimi  :  a  tal  uopo  raccolgono  con  gran  cura 
perfino  le  setole,  il  crino,  il  pelo  d^li  animali,  le  tosature  dei  capelli.  I  Cinesi  sono 
intelligentissimi  per  dare  scolo  ai  terreni ,.  e  lavorarli  con  diligenza  e  nettarli 
dalle  erbe  inutili  •  Essi  reggono  le  terre  sulle  colline  con  arginelli  se  sono  ter* 
rose,  se  sassose  scassano  i  terreni  e  i  sassi  adoperano  per  farvi  muri,  talché 
si  vedono  in  Cina  praticati  i  metodi  stessi  di  Toscana .  Ma  più  industrioso 
del  Toscano  è  il  Cinese,  come  avvertimmo  per  fare  i  sughi,  e  in  Cina,  come  a 
Firenze  ,  debbesi  la  nettezza  delle  vie  nelle  città  all'  industria  dei  villani  che 
ne  raccolgono  le  spazzature  e  le  immondezze.  Prospera  in  fine  l' agricoltura  pel 
grande  onore  in  cui  è  tenuta,  e  perciò  può  alimentare  la  Cina  strabocchevole  po- 
polazione che  nelle  pubbliche  calamità  di  gravissime  cure  al  Governo  •  Dice 
il  relatore  dell'  ambasciata  di  Lord  Macartney,  che  nel  risalire  il  Pei-ho  per 
recarsi  a  Pekino  vide  campi  di  miglio  delle  Barbade ,  seminato  a  solchi  e  fra 
V  uno  e  r  altro  eranvi  sementi  di  biade  più  minute  •  Talvolta  era  il  panico 
italico,  talvolta  il  cosi  detto  panicum  crus  galli  che  cresceva  all^ombra  di  più 
alto  vicino.  Maturate  le  prime  biade  e  raccolte  ,  maturano  posteriormente  le 
biade  minute.  Non  vidde  in  verun  campo  erbe  cattive  che  impoverissero  le  terre  • 
ogni  campo  pareva  un  giardino  ben  tenuto  e  regolare.  I  campi  avevano  data 
una  prima  raccolta  pari  a  quella  ch'era  in  piedi  (  Voyag.  t  ili.  p.  4o  ). 

566.  JiUre  vivande  diparta.  Questo   modo  di  usare  la  ferina  in  vari  mo- 
di per  nutrimento ,  lo  conferma  il  Deguignes  giuniore  (  Marsden  not  693  )  « 


V 


possa  lavorare ,  e  i  lor'  aaimali  seaza  fine  cresooaa,  e  moItipKcstr 
no,  e  quando  vanno  in  campa ,  non  è  alcuno,  che  non  meni  se- 
co sei,  Olio,  e  iMÙ  cavalli ^^  per  la  persona  sua,  onde  si  può 
flìiaramenie  corùpreudere ,  perchè  causa  in  quelle  parti  sia  così 
gran  moltitudine  di  gjenti  y  e  che  abbiiKy  da  vivere  cosi  abboa- 
dantememe.  Item  ira  lo  spazio  di  ciascuna  delle  sopraddette  po^ 
ste  è  c»rdinato  un  casale  o^  tre  miglia  ^^,  nel  quale  possono^  es- 
sere circa  quarania  case ,  e  più  e  meno ,.  seconda  che  i  casali 
sona  grandi ,  dove  stanno  i  corrieri  a  (Hedi ,  i  quali  similmente 
$ono  nuozj  del  Gran  Gan  :  cosioro  poruna  intoma  cinture  piene 
di  sonagli  ^^  acciocché  siano  uditi  dalla  lontana ,  perchè  corrono 
scemante  tre  miglia ,  cioè  dalia  sua  posia  ad  un  dkra  :  odendosi 
lo  strepita  de'  sonagU  subitamente  s  apparecchia  un'  ^Itro,  e  giun- 
to piglia  le  lettere,  e  corre  fina  all'  altra  posta,  e  cosi  di  luogo  in 
luogp,  di  s<nte  die  il  Gran  Gan,  in  due  giOTni  e  due   notu^ 
ha  nuove  di  lontano  peK  dieci  giornate ,  £  al  tempo  de'  frutti , 
spesse   v<4te  la  mattina ,  si  raccolgono  frutti  nella  città  di  Gam»- 
balù  ^  e  il  giorno  seguente  verso  sera  sono  portati  al  Gran  Gan ,, 


367.  Otto  e  più  cavalli*  IT»  fai  hmo  enrpiù  In  uso  ai  tèmpi  dei  Tài*- 
larì  che  oggidì.  Ù  Mogolla  popolo  pastore  sfoggiava  in  mandm  e  in  cavafii  . 
U  Cinese  come  agticultora  pensa  a  procacciare  copiosa  alimento  aU'  uomo  • 
Staunton  dice  (  ihid.  t.  EV.  p.  Si2  )  :  tutta  la  campagna  eccetto  pochissima  è 
impiegata  in  ciò  che  dà  alimento  all'uomo.  Vi  sono  pochi  pastori ,  punti  pra- 
ti ,  kiè  eampi  di  rena ,  di  fave ,  o  di  rape  per  veruna  specie  di  bestiame  *• 
altrove  (  t.  JU.  p.  41  )  :  Non  vedonsi  in  qpaesta  pianura  che  pochi  alberi,  e  po- 
chi  bestiami . 

368.  Un  casale  ogni  tre  miglia.  Sec<mdo  Magaillans  le  vie  imperiali  sono 
noUte  ìli  una   carU  itineraria,   e  ivi  sono  divise  in    maiecenUKjuarantaxJinquc 
giornate.  A   capo  d*ogni   giornata  ewi  un  luogo  deputato   per  ricevere  i  Man- 
darini, ove  sono  aUoggiati  e  spesati  a   conto  deU'  Impevadore .    Questi  luoghi» 
per  le  feriate  sono  detti   Ve  e  CÌUnj  ed  anco   Ye^Chin,  ossia  ostelli»  e  luoghi 
d'ascolta.  Egli  uni^e  gli  altri  furono  fabbricati  altra  volU  ove  non  erano  ci  Ita. 
Ivi  i  corrieri  imperiali  si  forniscono  del  necessario  per  camminare-  eow  somma- 
prestez^ia^  vi  trovano  cavalli  pronti.  I  corrieri  non  portano  oggidi  sonagli»  ma^ 
una  specie  di  timpano  attacaUi  alle  spalle»  detto  L»^  che  battono  per  avverti»' 
del   loro  arrivo»  onde  trovare  i  cavalli  sellati  (  Nouv.  ReL  p*  49  )  * 

369.  Cinture^  piene  di  sonagli.   Questa  particolarità   sempre  più   mi  con- 
ferma» che  Omedeo  Tassi  prendesse  dalla  Relazione   del  Pòlo  l' idea   di  stabi-- 
lire  le  poste  iù  Europa»  e  che  inveor  di  hr  portare  i  sonagU  ai  corrieri,  glì> 
fiicesse   apporre  alle  briglie»  come  si  usa  anche  oggidì   in  Italia»  ove  altre  voir 
te  i  MHiagli  evana  il  distìttti¥0^  dei  cw^allì  di   postsu.. 


n^a  città  di  Xandù ,  la  (piai  è  discosto  per  dieci  ^ornate  ^7«.  {g 
ciascuna  di  queste  poste  di  tre  miglia  è  deputato  notaro,  che  no- 
ta il  giorno  e  Y  ora  che  giunge  il  corriere ,  e  similmente  il  gior- 
no e  r  ora ,  che  si  parte  l' altro  ^  e  cosi  si  fa  in  tutte  le  poste^ 
£  vi  sono  alcuni ,  eh'  hanno  <}uesto  carico  d' andare  ogni  mese 
ad  esaminar  tutte  queste  poste ,  e  veder  quei  ocnrieri  ^  che  non 
hanno  usato  diligenza ,  e  li  gastiganow  E  il  Gran  Gan  da  questi 
tali  corrieri,  e  da  quelli,  che> stanno  nelle  poste,  non  fa  pagare 
alcuno  tributo ,  anzi  li  dona  buona  provvisione  :  *  e  ne'  cavalli 
che  si  tengono  in  dette  poste ,  non  fa  quasi  alcuna  spesa ,  petx:bè 
le  città,  castelli,  e  ville  che  sono  circonstanti  ad  esse  poste  li 
pcngono ,  e  mantengono  in  quelle,  perocché  di  comandamento 
del  Signore ,  i  rettori  della  città  fanno  cercare ,  e  esaminar  per 
li  pratichi  della  città ,  quanti  cavalli  possa  tenere  la  città  nella 
posta  a  se  p»opiuqua ,  e  quanti  ve  ne  possono  tenere  i  castelli,  e 
quanti  le  ville ,  e  secondo*  ii  loro  potere  ve  li  pongono  ;  e  sono 
le  città  concordevoli  l' una  con  l'  altra ,  perchè  fra  una  posta ,  e 
r  altra  v'  è  alle  volte  una  città ,  la  qual  con  1*  altre  vi  pooe  la  sua 

Sorzione;  e  queste  città  mantengono  i  cavalli  dell'entrate,  che 
overebbono  pervenire  al  Gran  Gan ,  imperocché  tal  nomo  do- 
vrebbe pagare  tanto,  che  potria  tenere  un  cavallo  e  mezzo, 
comandasegli ,  che  quello  tenga  nella  posta  a  se  propinqua. 
Ma  dovete  sapere,  che  le  città  non  mantengono  di  continuo  quat« 
trocento  cavalli  nelle  poste,  anzi  ne  tengono  dugento  al  mese,  che 
sostenghino  le  fatiche ,  e  in  questo  mèzzo  altri  dugenlo  n'  ingras- 
sano, e  in  capo  al  mese^  gl^  ingrassati  si  pongono  nella  pos- 
ta,  e  gli  altri  similmente  s' ingrassano ,  e  così  vanno  facendo  di 
continuo .  Ma  se  eli  accade ,  che  in  alcun  luogo  sia  qualche  fiu- 
me ,  o  lago  per  il  qual  bisogni  che  i  corrieri ,  e  quelli  a  caval- 
lo vi  passivo,  le  città  propinque  tengono  tre  e  quattro  navilj 
apparecchiati  di  continuo  a  questo  effetto:  e  se  bisogna  passar 
alcun  deserto  di  molte  giornate ,  nel  qual  far  non  si  possa  abita- 
zione alcuna ,  la  città  eh'  è  appresso  tal  deserto  è  tenuta  a  dar 
li  cavalli  agli  ambasciatori  del  Signore  fino  oltre  il  deserto,  e 
le.  vettovaglie  con  le  scorte ,  ma  il  Signor  dà  ajuto  a  quella  citta, 


5fo.  Xandu  died  giornate .  La  nottua  che  la  diétanza  da  Chan^tu  m. 
Pekino  è  di  dieci  giornate  è  utilisaima.  Ciò  coaferma  la  posizione  aMegnata  ai 
f  ueau  capitale  eaUra  del  Can  da  Gerbillon,  e  da  Visdelou  (  Vedi  not.  274  > . 


e  nelle  poste,  che  son  fuor  di  strada  il  Signore  tiene  in  parte  suol 
cavalli  9  e  in  parte  ve  gli  tengono  le  città ,  castella ,  ville  li  prò* 
pinque .  Ma  quando  è  di  bisogno ,  che  i  nunzj  del  Signore  af- 
frettino il  cammino ,  per  causa  di  fargli  intendere  di  qudch^  ter- 
ra che  se  gli   sia  ribellala,  o«  per  alcun  barone,  o  altre  cose 
necessarie,,  cavalcano  in  un  giorno  ben  dugenta  mi^ia,.  o  dugento 
cinquanta:  e  fanno  così  quando  v^liono  andare  con  grandissima, 
celerità  ^  portano  la  tavola  del  girifalca  in*  segno ,-  che»  vogliono^ 
andar    velocissimamente .  Se  sono  due ,  e  che  si  partono  d' un 
medesimo  luogo,  quando  sono  sopra  due  buoni  cavalli  corrieri  y 
si  cingpuQ  tutt'  ìL  ventre ,.  e  si  rivolgono  il  capo ,  e  si  mettono  a 
correre  quanto  più  possona,  e  come  sono,  appresso  gli  alloggia- 
mentT  suonano  una  sorte  di  corno,  die  si  sente  di  lontane^  accioc^ 
che  preparino  i  cavalli ,  qjiali  trovati  freschi ,.  e  riposati  ^  saitano 
sopra  quelli ,  e  cosi  fanno  di  posta  in  posta  sino  a  sera,  e  in  tal 
guisa  potranno  iar  in  un  giorno  da  dugentocinqjianta  miglia  ^  e 
s' egli  è  ca6o  molto  grave  cavalcano  la  notte ,  e  se  non  luce  la. 
luna ,  quelli  della  posta  gli  vanno  correndo  avanti  con  lumiere 
sino  air  altua  posu  •  Nondimena  i  detti  nunzj  al  tempo  dì  notte  ^ 
non  vanno  con  tanta  celerità  j.  come  di  giorno  y  per  rispetto  di* 
quelli ,.  che  corrono  a  piedi  con.  le  lumiere,  che  non  possono  es- 
sere così  lesti ,.  e  molto  s'apprezzano  tali  nunzj ,.  che  possono  so^ 
stenere  una^slmil  fatica  di  correre.. 

c  A  p.  xxi: 

Ditte  prws^isioni,  cKe  fa  il  Gran  Can  in  tutte  le  sue  pro^ 
\nncie  in  tempo  di  carestia j  a  mortalità  d!  animali. ^ 

n  Gran  Can-,  manda  sempre  ogn'anno  suoi  nunzj,  e  pro- 
veditori per  vedere  se  le  sue  genti  hanno  danno  delle  loro  biade,, 
per  difetto  di  tempo ,  cioè ,  per  cagione  di  tempesta ,.  o  di  mol- 
te pioggie-e  venti,  o  per  cavallette ^^^ ,  vermi,  o*altre  pestilen- 


371.    O  per  oMvaU^iBi  »  La.peine  et  lei  travaux  de  €cs  ptuvre»  gens* 
>  (  les  laboureurs),  deWent  quel^ue  foia  inutile,  sur  lout  en  certoine»  provin* 
t  ces  par  la   onuUitude  des  sauterelles,  qui  ravagent  leur»  campagoe»  ?  e'  ejt  un- 
»  fleaux  terrìbie ,  a  en  juger  par  ce  que  nipporte  un  ante ur  Chinoie  •  On  ea- 
9  volt,  dit^,  une  multitude  etonuante ,  qui  couyre  tout  ic  cieL  Eilcs.  soni  «^ 

^1 


2fa 

2e  •  E  56  in  luogo  alcuDO  Vi  troveranno  esser  tal  danno ,  il  Si- 
gnore non  fa  riscuoter  da  quelle  genti  il  solito  tributo  quell'anno, 
attfci  gU  fei  dare  tanta  biada  de'  suoi  grana)  ^'* ,  quanto  lor  biso- 
gna per  mangiare ,  e  per  seminare .  Conciosiacosachè  ne'  tem- 
pi della  grand'  abbondanza ,  il  Gran  Can  fa  comprare  grandissi- 
ma quantità  di  biade  della  sorte,  che  loro  addoprano,  e  le  fa 
salvare  ne'  gfanaj ,  die  sono  deputati  in  ciascuna  provincia ,  e 
con  gran  diligenza  le  fa  governare ,  che  per  tre  ,  e  quattro  anni 
non  si  guastano,  E  sempre  vuole,  che  li  detti  grana]  siano  pie- 
ni ,  per  provvedere  ne'  tempi  di  carestia ,  e  quando  in  detd  tem- 
jM  egli  ia  vendere  le  sue  biade  a  denari ,  ricevè  di  quattro  mi- 
Mire  da  quelli  che  le  comprano  ^  quanto  se  ne  riceve  d' una 
misura  dagli  altri ,  che  ne  vendono .  Similmente  fa  provvedere 
di  bestie ,  che  in  qualche  provìncia ,  per  mortalità  fosselt)  j^erse, 
e  gli  fa  dare  delle  stie ,  eh'  egli  ha  per  decima  dall'  alti-e  provin- 
cie .  E  tutto  il  suo  pensiero ,  e  intento  principale  è  di  giovar  a!le 
genti,  che  sono  sotto  di  lui,  che  possi  no  vivere,  lavorare,  e 
moltiplicare  i  loro  bèni .  Ma  vogliamo  dire  un'altra  proprietà  del 
Gran  Can,  che  se  per  caso  fortuito  la  saetta  ferisse ^^^ alcun  greg- 
ge di  pecore ,  o  mohtotti ,  o  altri  animali  di  qnalimquc  sorte , 
che  fosse  d' una  ,  o  piti  persone ,  e  sìa  il  gregge  ,  quanto  si  vo- 
glia grande,  il  Gran  Gin  non  torrebbe  j>er  tre  anni  la  decima  . 


1»  prc8séc8  que  leurs  ailcs  paroisscnt  fte  lenir  Ics  unes  aux  autres  ;  ellcs  soni 
9  en  sì  grand   noinbi*e  qu*  en   élevant  les  jeux   on   croit  voir  sur  sa   lète  des 
»  bautcs  et  vertes  montiignes  :    le  bruit  qu'  elles  font  en  volani  app roche    du . 
ir  bruit  qae  fail  un  tambour  »  (  Du-^Hald.  t.  HI.  p.  67  ). 

372.  Yanta  biada  de  suoi  granaj.  In  una  carestia  accaduta  nel  1704  per  un' 
inondazione  nella  provincia  di  Cfuin--'Ibng,  Timperadure  tassò  i'  cortigiani  per  aov* 
venire  i  bisoi^iosi,  e  fece  esso  stesso  grandissime  elargizioni  :  ma  avendo  saputo  eh* 
uraho  ìnfcdclmenle  amministrate  dai  mandarini,  ne  afìidò  la  distribuzione  ai  mÌ8SÌo« 
uarj^  'dicendo  loix>  che  essi  doveano  volgersi  al  soccorso  dei  poveri,  essendo  quello 
uno  dei  pnncipali  precetti  delh  ìor^  religione  (Lettr.  Edif.  et  Cur.  t.  XV HI.  p.2^). 
li  ruccorre  in  magazzini  le  vettovaglie  per  conto  dell'  Imperadore ,  per  provredei*e 
in  occasione  di  cai*estie  ai  bisogni  del  popolo  è  tuttora  in  uso .  Dice  Staunlon 
che  in  tempi  di  calamità  l' Imperadore  é  il  sostegno  dei  suoi  sudditi .  Gh'  esso 
ordina  di  aprire  i  suoi  grana]  ,  condona  i  dazj  agli  oppressi  dagl'  infortunj  » 
e  gli  soccorra  pn*  ^t^evoiàr  toi-ù  il  yist«Mnn(èÀt<>  dèi  Itttid  intbt^s^  (  Macaria 
Aitibos.  t.  Ali  )K  <)9).  ' 

375»  Le  swflQ  fkrme .  Pianò  €irpinl  (  Apud  Bfcrger.  J).  W  )  ftccfónU  al- 
tra sop^rseitiuHG'df  tal  'nàlurà  dai  TartUrf,  tìoè  che  non  hiv^lnt),  Uè  puliscono  i 
loro  Wfthi)  Ile  p^i^nhctCoilo  che  tìò  A  ftitda  qtikndo  j[rfovè . 


911 

^  pgiriRiente  s'Avviene,  che  U  subita  ferisca  qualche  p^ve  piena 
di  mercanzie^  kii  non  vuole  alcuna  rendita,  q  pof^^oi^  44  <}9^)- 
la  j  perchè  reputa  cattivo  augurio  quando  la  saetta  percuote  ne' 
beni  d'aletrno,  e  dice  il  Gr»n  Can,  Dio  aveva  in  odio  colui, 
però  r  ha  percosso  di  saetta ,  onde  non  vuole  ,  che  tali  beni  da 
ira  divina  percossi  eotrhie  nel  suo  tesoro . 

C  A  R    XXIL 

Come  il  Gran  Confa  pianture  alberi  appresso  Te    strade 
tnaestre^  e  principali  ^  q  cofne  lo  fa  tenere  sempre  acconcie. 

Un  altra  co£^a  bella ,  e  comoda  fa  fare  il  Gran  Can  ^  che 
appresso  le  strade  maestre  ^^^  4^11'  uno  e  l' altro  hto,  fa  piantar  al- 
beri,  quali  siano  della  sorte,  che  venghino  grandi,  e  ahi,  e 
discosti  Timo  dall'altro  per  du^  passi ,  acciocché  i  viandanti  pos^ 
sino  discernere  la  dritta  sira^la  ,  il  che  è  di  g^amle  ajuto ,  e  con- 
solazione  a  quelli  che  camminano  f  fa  piantare  adunque  sopra 
tutte  le  principali ,  purché  il  luogo  sia  abile  ad  essere  piantato  ^ 
ma  ne'  luoghi  arenosi  e  deserti ,  e  ne'  monti  sassosi ,  dove  pas* 
$ano  dette  strade*,  e  non  è  possibile  di  piantarvegli ,  fa  mettei*c 
altri  Mgpali  di  pietre  e  colonne ,  che  dimostrano  la  strada .  EL 
ha  akuni  baroni ^7^,  ch^ hanno  il  carico  d'ordinare,  che  di  con- 
tinuo sìaoo  tenute  acconcie,  e  cJtre  quanto  di  sopra  s'è  detto  de« 
gU  a^)eri ,  il  Gi^a  Can  più  wleotiesi  gli  fa  piantare ,  perchè  i 


S74-  ^  strada-maestre,  ho  Staunton  cjèacrisae  la  sCrada.cke  dn  Thng^ti^u*/'^ 
tonduce  a  Pekino,  che  è  perfettamente  piana  y  con  un  hutrico  in-  mezza  largiv 
Tenti  piedi.  Le  lastre  di  granito  che  vengono  da  grandi  distanze  sono  larghe 
dal  sei,  sino  ai  sedici  piedi:  ai  lati  è  una  via.  as^ai  larga  pei  vetturali.  Fron*- 
teggjano  la  strada  d'ordinarìo.due  file  d!!  alberi,  che  sono  per  lo  più  soki  grossissimL 
(  Macart.  A»mbas*  t  IH.  p.  i5i  ).  Secondo  il  Polo  pare,  che  l'ardine  di  piantare 
lungo  la  via  maestra  fosse  dato   da  Cublai    Con. 

575.  Alcuni  Baronf.  Le  strade  dipejidoiia  dal  ^es^  suI{ikrick  tìpibun^Ié  4^X\a* 
^am^pu  che  invigila  ai  pubblici  lavori .  HU  sotto  di  se  qpattEo*  Uffizj  sub^l* 
terni .  Il  l.®  è  iucasicato  di  esaminare  e  fare  eseguire-  L  disegni.  Il  a^^  ha  la^ 
direzione  di  tutte  le  officine,  e  botteghe  d^elL' Impero  ove  si  fabbocano  armi . 
Ho'*  detUyTu'jfu^ifLBÌ  occupa  di  rendere  navigabili  i  laghi  e  i  fiorai,  di  fare  sj^ia* 
nare  le  strade,  costruite  e  tifare  i  ponti,  di  far  fare  i  carri*  e  le  barche.  Il  4*^' 
ha  la  soprintendenza  degli  stAbtlr  e  possessioni  imperiali,  che  affitta,  o  la  eoi— 
tivaie  a.  suo  conto;  e  incassa  i  fitti,  o  colletta  le  raccolte  (D^Iagaiil. Le. p.ao9)^ 


211 

* 

•suol  divinatori,  e  astrologhi  dicono,  che  chi  fa  piantar'  aB)erì 
vive  Icmgo  tempo  < 

CAP.    XXIIL 

Della  sorte  di  i^ino ,  che  si  fa  nella  provìncia  del  Catajo  y  e 
delle  pietre  ^  che  abbruciano  et  modo  di  carboni  * 

La  maggior  parte  della  gente  della  provincia  del  Catajo, 
beve  questa  sorte  di  vino  ^'^ .  Fanno  una  bevanda  di  riso ,  e  dì 
molte  spesene  mescolate  insieme ,  e  bevono  questa  bevanda , 
ovvero  vino  così  bene ,  e  saporitamente ,  che  miglior  non  sape- 
riano  desiderare,  ed  è  chiaix),  e  splendido ,  e  gustevole ,  e  più 
presto  ineln-ia  d' ogni  altro ,  per  essere  caldissimo .  Per  tutta  la 
provincia  del  Catajo,  si  trova  una  sorte  di  pietre  nere^^',  le 
quqli  si  cavano  da'  monti  a  modo  di  vena ,  eh'  ardono ,  e  abbm- 
ciano  come  carboni ,  e  tengon'  il  fuoco  molto  meglio  delle  legne, 


576.  Sorti  di  rimo  *  Ila  laissent  tremper  le  r»  daaa  Tcau ,  «vcc  quelquet 
»  ingrediens ,  qu*  ils  y  jeltent,  pendant  vini  et  qitelque  foia  trente  jonrs.  Il  le 
^  font  cuìre  en  suite  :  quand  il  s'  est  liquefié  au  feu,  il  fermenie  aussitot,  et  se 
»  couvre  d*  une  ecume  vaporeuse,  assez  semblable  a  celle  de  nos  vins  nouveaux. 
»  Sous  cette  écnme  se  trouri  un  vin  trés-pur,  on  le  tire  au  clair  el  on  le 
p  verse  dans  dea  vases  de  terne  bien  vemiaaez  •  De  la  lie  qui  reste,  on  fait 
1»  une  eau^de-vie ,  qui  n'  est  moina  forte  que  celle  d"  Europe  •  (  Du  -  Hald. 
t.  II.  p.    f  18  ). 

577.  Pietre  nere.  Ognun  ravvisa  che  il  Polo  parla  del  carbon  fossile  o 
andracite.  Lo  traggono  gli  abitanti  dal  Pe^tche^li  dalla  Montagna  detta  Kic  (Mart. 
Atlas  Sin.  p.  25  ).  Il  Magaiilans  fonda  la  terza  prova  delP  identità  del  Catajò  del 
Polo  colla  Cina  settentrionale,  dal  vino  di  riso,  e  dal  carbon  fossile  dal  Veneto 
rammentati.  Seconda  il  Missionario  lo  ritraggono  a  Pekino  dà  cave  che  sono 
ne'  monti  distanti  due  leghe  dalla  città.  Esso  descrive  le  stufe  dei  Cinesi  cui 
danno  la  forma  di  un  letto,  o  d'  un  soppediano  di  due  o  tre  palmi  d' altez- 
za, di  maggiore  o  minor  larghezza  secondo  il  bisogno  della  famiglia  che  vi 
distende  Sopra  materasse  o  tappeto,  evi  dorme  la  notte,  vi  siede  attorno  nel 
di:  senza  tali  .stufe  farebbe  intollerabile  il  freddo  di  quel  clima.  Accanto  alla 
stufa  é  un  fornello  ove  si  pone  il  carb!>ne,  e'si  riaccende  :  da  esso  si  -diATonde 
la  fiamma,  il  fumo,  e  il  calore  per  ogni  verso  per  mezzo  di  canali  fatti  apposta,  e 
il  fumo  riesce  per  un  piccolo  pertugio,  o  per  la  hocco  del  fornello.  Ivi  fanno  cuo- 
cere la  carne ,  scaldare  il  vino,  preparare  il  cha  o  thè  perchè  sono  in  uso  di 
bever  caldo.  Presso  i  ricchi  le  stufe  sono  sotto  il  solajo  e  non  si  vedono 
(  Magaill.  1.  e.  p.  12).  Secondo  il  Missionario*  il  carbon  fossile  dura  cinque  o 
0ei  volte  più  del  carbone  di  legna . 


e  lo  conservano  tutta  la  notte ,  di  sdrté  eh'  éi  si  trova  la  malti^ 
na  acceso .  Quéste  pietre  non  fiinno  fiamma,  se  non  un  poco  in 
principio  quando  s' accendono,  come  fanno  i  carboni ,  e  stando 
co^  affocati  renano  gran  calore.  Per  tutta  la  provincia  s' abbru- 
ciano queste  pietre*  Vero  è  eh'  hanno  molte  legne ,  ma  tanta  è 
la  moltitudine  delle  genti ,  e  stufe ,  «  bagni  ^he  continuamente 
si  scaldano ,  che  le  legne  non-  potrebbbnó  esser  abbastanza ,  per- 
chè non  è  alcuno ,  che  almeno  per  tre  volte  la  settimana  non 
vada  alla  stufa,  e  facciasi  bagni ^  e .l' inverno  ogni  giorno,  pUf 
che  far  lo  possino ,  ^  ciascuno  nobile  j  ó  ricco  ha  la  ^ua  stufa  in 
casa  nella  qual  si  lava ,  talmente ,  che  le  legne  non  basterebbono 
a  tanto  abbrucìamento ,  e  di  queste  pietre  si  trovano  in  grandis^^ 
sima  quantità,  e  costano  poco, 

'  e  A  P.   XXIV. 

Della  grande^  e  mirabile  Uhferulità^  cìèe^  il  G^an  Can  usa  per- 
so  i  pweri  di  Cambalii^  e  altre  genti  ^  che  {tengono  alla 
sua  corte  ^ 

Poiché  abbiamo  detto,  cbme  il  Gran  Can  fa  far'  abbondan- 
za  delle  biade  aU^  genti  a  lui  sottoposte ,  ora  direnalo  deUa 
gran  carità ,  e  provvisione  ,  eh'  egli  fa  fare  alle  povere  genti,  ohe 
^sono  nella  città  di  Gambalù  •  Com'  egli  intende ,  che  qualche  ià* 
miglia  di  persone  onorate  e  da  bene ,  per  qualche  infortunio  siano 
diventate  povere ,  o  per  qualche  infermità  non  possino  lavorare , 
e  non  abbino  modo  di  raccogliere  sòrte  alcuna  di  biade,  a  queste 
tal  famiglie  ne  fa  dar  tante.,  che  gli  possino  far  le  spese  per 
tutto  Tanno,  e  dette  famiglie  al  tempo  solito,  vanno  agli  officia- 
li ,  che  sono  deputali  sopra  tutte  le  spese  che  si  fanno  per  il 
Gran  Can ,  i  quali  dimorano  in  palagio  a  tal  officio  dq)utato  y  e 
ciascuna  mostra  uno  scrìtto  di  quanto  gli  fu  dato  per  il  vivere 
deir  anno  passato ,  e  secondo  quello  gli  proveggono  quell'  anno . 
Provvedesi  ancora  del  vestir  loro ,  conciosiacosachè  il  Gran  Can 
ha  la  decima  di  tutte  le  lane,  le  sete,  e  le  canape,  delle  quali  si 
possono  far  vesti,  e  queste  tali  cose  le  fa  tessere ,  e  far  panni  in 
una  casa  a  questo  deputata ,  dove  sono  riposte  :  e  perchè  tutte 
r  arti  sono  obbligate  per  debito  di  lavorargli  un  giorno  la  setti- 
ma na ,  il  Gran  Can.  fa  far  delle  vesti  di  panni ,  quali  fa  dar'  alle 
sopraddette  famiglie  di  poveri ,   secondo  si  richiede ,  al  tempo 


^i4 

dell'  inverno ,  e  al  tempo  della  state  «.  Provvede  ancora  di  wsir- 
menta  a^  $uoi  eserciti,  e  in  ciascana  città  fa  |e$Mr«  panai  di  lai^a , 
quali  si  pagano  della  decima  di  quella  ^  £d  è  da  «ap«re  come  i 
Tartan ,  secondo  i  loro  primi  cestunai  avantii  <;))«  C9ac6ces3$ro  h 
legge  idolatra  non  facevan'  alcuna  eleme^ii^a  ^  an»  quando  alena 
povero,  aodava  da  loro,  lo  scacciavano  con  vittaiM  dipeodoli: 
vat  col  malanno ,  che  Dio  li  dia ,.  perchè  s' ei  t' amasse  <Km)e 
ama  me ,  t' averla  &uo  del  bene  :  iB4j)erGÌiè  ti  savj^  ^^gl'  idola- 
tri ^  e. specialmente  i  aopraddeui  Bachisi ^^^,  propofiero  «}  Gra& 
Gan ,  elle  gli  era  buona  op«ra  la  provvisiooc  de'  poveri ,  e  che 
gli  suoi  idoli^  se  ne^  rallegrerebbocio  grondemePtQ  ^  c^i  per  \miQ 
cosi  prov vidde  a'  poveri  come  di  sopra  é  deiU>  :  e  nella  sua  cor» 
te  mai  è  negato  il  pane  a  chi  1q  viene  a  dx>mandare ,  e-  n^n  è 
giorno  y  che  non  siano  dispensate ,  e  date  via  ventimila  scodelle 
fra  risi^  miglio,  e  panico  per  )i  deputati  officiali.  Per 'questa 
mirabile  e  stupenda  liberalità  y  che  il  Gran  Gin  usa  versa  i  po- 
veri y  tutte  le  genti  T  adorano  cora'  un  dia. 


378.  f  sopradetti  Badisi.  Non  avvi  dubbio  alcuno  che  i  Cinefli  ìncivìKronOf 
Ife  costumanze  barbare  dei  Tartari  1  e  dèiMogolli.  Quanto  easi  fosser  crudeK 
Al  desume  dal  narrar  Plano  Carpini  che  in  mancanaui  di  alimenti  non  sk 
astenevano  dair  cibarsi  di  carne  umana  (V.  Not  a5o).  Gccngiscan  fece  trucidare 
centinaja  di  migliaja  d'  oomini.  La  loro  perfidia  la  desume  il  Carpini  da  ciò^. 
eh'  esai  piraticavano  ogni  itiodo  per  determinare  il  nemico  ad  aorendftrai ,  e 
poscia  dimentichi  delle  promesse  ne  facevano  strage>,o  \^  rìducevano  a  servitù. 
Quelli  che  volevano  uccidere  jgU  spartivano  a  centinaja .  Spaccavano  k>ro  la 
fiestdi  coli'  asce  (  Pian.  Carpi  p.  35  ).  Erano  inoltre  snpeiiuy  e  presuntuosi  colle- 
rici e  mentitori^  e  disprezzavano  tutte  le  ahre  nazioni  (  ibid.  p.  36 ').  Aitone 
Ai:meno  dice  :  »  Quando  sono  deboM  o  abietti ,.  diventano  amici  e  benigni  ;. 
t  quando  forti  e  gagliardi  ^  diventano  pessimi  e  «uperbi.  Non  vogliono  alcuno 
»  alla  loro  presenza  dica  bugia ,  tuttavolta  essi  senza  alcun  rispetto  menti* 
*  scono  »  (  Ram.  Nav.  VoL  IL  p.  64  D  )  .  La  pofitezza ,  civilti^ ,  e  iatruzione 
dei  Cinesi  commedata  dallo  stesso  scrittore,  operò  rispetto  ai  Tartari  cW  che 
Qspetto   a  Roma   fece  la'  Grecia. 

^  Graeda  capta  ferum  vìctorem  cepit,.  et  aples. 
»  Intulit  agresti  Latio  . 

(^Or(U.L.  IL  Eg  fkiiu  i56) 


3l5' 


e  A  R    XXV. 

Degli  astrol&ghi^  che  sono  neUa  città  di  Camhalh. 

Sonò  bdiiAque  nella  città  dt  Carnbalù  tra  Crigtiani ,  Sara- 
ceni ^  e  Gattini ,  óiroa  citiqiteiilUa  asUtsloghi  ^79  ^  e  divinatori , 
alli  quali  il  Grati  Gan  6gti'  anno  fa  provvedere  del  vivere ,  e 
del  vestire,-  com^alli  poveri  sopraddetti,  i  qaali  ooniinaanienite 
esercitano  la  lor*arte  uell»  città.  Hadno  costoro  uki' astrolabio ^^^ 
nel  quale  soti  scritti  i  segui  de' pianeti,  Tore,  e  i  punti  di  tutto^ 
l'anno.  C^u'anno  adunque  i  sopraddetti  Gristiani,  Saraceni,  e 
Gataini  astrologhi ,  cioè ,  ciascuna  setta  da  jier  se ,  in  questo 
astrolabio  veggono  il  corso ,  e  la  disposisione  di  tutto  L'anno ,  se^ 
condo  il  corso  di  ciascuna  Luna  ^  perchè  veggono ,  e  trovano , 
che  temperanza  debbe  esser  dell'  aere ,  secondo  il  naturai  corso, 
e  disposizione  de'  pianeti  e  segni ,  e  le  propietà ,  che  pix)durrà 
ciascuna  luna  di  quell'  anno  j  cioè  in  tal  luna  saranno  tuoni ,  e 
tempesta ,  e  nella  tale  terremoti ,  e  nella  tale  saette  e  baleni ,  e 
molle  pioggie ,  nella  tale  saranno  infermità ,  mortalità ,  &uerr6 , 
discordie  e  insidie  ^  e  cosi  di  ciascuna  luna ,  secondocne  trp* 
veraano ,  diranno  dover  seguitare ,  aggiungendovi,  eh*  Iddio  può 
far  più  e  tneno ,  sièccyndo  la  sua  volontà .  Scriveranno  adunque 
sopra  alcuni  quaderni  piccoli  quelle  cose  ch'h^inno  da  venire , 
iu  quell'anno,  e  questi  quaderm  si  chiamano Tacuini^',  i  quali 


579.  jisirològhi.  Allofròhè  i  t'iittari  seguivano  il  culto  Sciamani^  i  Ittico  in* 
dovìtai  etmano  {  ^oli  Sacerdoti  di  qtx^lhò  gentil  ^'  lè5  pretré:»  ées  Tàrtartes  sotit 
9  teurs  devila»  àìté  Rubrtqa!»  (  Apud.  Bé^g.  p.  kii  ),  i?d  chuttterà  quantità 
delle  loro  in)postui*e.  Ma  ^i  il  Pblo  intende  di  favellare  degli  astròì^iAi  eh» 
osservavano  il  ct^lò  per  fài'e  i  caléndarj ,  e  cht  à  poca  t>  niiinà  scienza  sup. 
plivanO  cOb  ^f&hdi  itH|)0^iirè,  Vantandosi  d'indovinare  le  sorti  delle  apparenze 
celesti.  Non  tìeft  teti^t  ihcraviglla  che  la  Cina  fosse  infòtka  di  tali  crednlitài 
se  coiiv^niva  iiti  fceeolo  dòpo  combatterle  àildlc  iil  Italia.  (  VHa  dfelTetrar. 
Lib.  IV-  ctt^.  .5  ) . 

380.  ji^tfótoòf.  bèir  aiitlfchìstìttio  uso  dell' A^rolabiohtJllà  Città,  e  tlelle  aW 
tì*c  Mdcehìtt^  X^ihohothithè  ihe  vi  si  adoperavano  anUéattietite ,  intìàtizl' che  rì- 
forihaltterò  ivi  1^  astfoiiomià  i  MìsMonar]  fa  métlzioilQ   il  DùKàMó  (  tltl.  p.tì'jA  >. 

S81  .  Tdcbkihi  .  bteè  il  Padre  le  Comte  ,  di  tutti  i  prdVVeaiittctttl  di 
Buoii  CdVériló  liob  éìs&erVené  alcuno,  tui  diano  tanta  cufd  i  Otnéft!  (patito  pei^ 
i5tabiIir«^  ti  ^rie  tfet  tehtpl  e  ddlfe  ftstc.  L*  ItaperadWé  ttiAtìtietté  più  di  céntu 


a  1 6 

veadono  un  grosso  rimo,  a  chi  lì  vuole  comprare  per  sapere  le  cose 
future,  e  quelli,  che  sono  trovati  aver  detto  più  il  vero,  sono 
tenuti  maestri  più  perfetti  nell'aite,  e  conseguiscono  maggior  ono- 
re. Item  s'alcuao.  preporrà.  nelFauImo^di  voler  fare  qualche  grande 
opera ,  o  d'andar  in  qualche  parte  lontana  per  mercanzie,  o  qual- 
ch  altra  sua  faccenda ,  e  vorrà  sapere-  il  fine  del  negozia^  anderà 
a  trovare  uno  di^  questi  astrologhi ,  e  li  dirà  guardate  sopra  li  vo« 
stri  libri  in  che*  modov  or'  ora  si  ritrova  il  cielo,  perch'  io.  vorrei 
andare  a  far  il  tal  negozio  o-  mercanzia^  Allora  l'astrolc^o  gli  dirà, 
che  oltre  questa  domanda  li  debba  dire ,  l' anno,  il  mese ,  e  T 
ora  che  nacque ,  il  che  detteli  vorrà  vedere  come  si  confanno  le 
constellazioni  della  sua  naticuta  con  quelle,  clie  nell'  ora  della  do^ 
manda  si  ritrova  il  cielo ,  e  eosHi  predice,  o  bene-,,  o-  male  che 
gli  ha  da  venire,  secondo  la  disposizione  in  che  si  troveiÀ  il  cielo» 
Bd  è  da  sapere  che  li  Tartari  numerano  il  millesimo  de' loro 
anni  ^^'  di  dodici  in  dodici  :.  e  il  prinoio  anno,  é  significato  per  il 


i*^ 


p^qne  per  ordinare  il  Calendario  che  8i  rinnova  tutti  gli  anni.  Ih  questi  ^òfia-^ 
nacchi  sono  numerati  i  mesi  Lunari^  de'quali  talvolta  ne  cadono  dodici,  talvolta 
tredici  e  ne  stabiliscono  la  concordanza  coi  mesi  solari.  Ivi  sono  segnali  gli  equi- 
nozjy  i  solstizj^  le  eclissi  Innari,  le  solari,  per  Pekino  e  perle  altre  capitali  delle 
Provincie,,  il  corso  dei  pianeti,  il  loro  luogo  nello  zodiaco^  le  opposizioni,  le  con- 
giunzioni di  essij..il.loro  avvici narnento  alle  stelle.  E.le  più  singolari  indagim  astro* 
Oomiche  vi  sono  esattamente  notate.  A  tali  positive  notìzie  sono  intrecciate  molte 
visioni  d*  Astrologia  giudiciaria  inventate  dall'  impostura  ,  e  gustate  dairigno- 
raite  e  superstizioso  popolo  ;  a  cagione  d'  esempio  i  giorni  infausti ,  o  avven- 
turosi per  maritarsi,,  per  fabbricare,  per  trafficare,  per  imprendere  un  viaggio,  e  il 
popolo  dietro  taU  suggerimenti  regola  le  sue  faccende.  L' Imperadore,.  e  la  gente 
colta  non^  cucano  tali  prognostici  (  Nouv«  Re;lat.  t.  III.  p.  377  ). 

582.  Numerano  il  millesimo  dei  loro  anni»   Il  Ciclo   Tartarico  è  di   dodid 
anni  come  il  Cinese,  dai  quali  probabilmente  V  hanno  tolto  i  primi.  Ma  i  Cinesi 
l^nnp  inoltre  il  ciclo,  sessagenario,  che  secondo,  essi  è  della  più  remotu  antì- 
<Jiiti,  di,  cui  dicono  V  inventore  un  certo.  Te^nao  contemporaneo  d^ll'  Impera- 
dorè   Uoang*tL  JU  loro,  primo  Ciclo  pretendono  che  incominciasse  in  un  anno 
corrispondente  al.  2697  avanti  TEra  Cnstiana  :  ed. ora  correrebbe  per  essi  il  ses* 
aantesimoseato  ciclo.  Questo  ciclo  è  composto  didieci  caratteri  che  appellano  Che» 
Kan  o  i   dieci  tronchi,,  e   di  dodici  altri  detti   Che-cuth^tchij  o  i  dodici    rami 
(Hist.  ^^.  de  IjiGhin.  tw  XII.  p.i3*').  Al  primo  anno  del  loro  ciclo. danno   un 
nome    composto    delle  due  prime   voci  delle  due  serie,  e  pef ciò  lo  appellano. 
iTm-r-fe  :^   seguono  nello  slesso  ordine  sino  all'undecimo  e  duodecimo  anno  in 
cui  accorre   all'undecima  e  duQ,deciipa  voce  deUa , serie  dei   segni  dodecennalt 
unire  il  primo  e  il  secondo  segno  dell' altra  serie,*  e  intercalandosi   ogni    annoi 
9iUQyj  caratteri,  aoA  accade  che  ()of^o  sessant'  anni,  compiuti  che  nel  seasageaimo. 


91 J 

leone ,  il  secondp  per  U  bue ,  il  terzo  per  il  dragone ,  il  qaart  q 
per  il  caae,  e  cosi  discori^eaclo  degli  altri,  procedeado  ^ino  al 
aamero  dì  dodiei  ;  di  modo  cliè  qu^^ado  aicuao  è  domandato 
quando  nacque ,  egli  risponde  correado  1  aano  del  leoao  y  la  tal 
giorno  ovvero  notte ,  e  l'ora,  e  jyi  punto,  e  questo  03^ervaho  li 
padri  di  far  con  diligenza  sopra  un  libro.  È  compiuti,  che  s'hanno 
i  dodici  segni ,  che  vuol  dire  i  dodici  auui ,  allora  ritornano  al 
primo  segno,  ricominciano  sempre  per  questo  ordine  procedendo. 

C  A  R    XXVL 

Isella   religione  de  Tarlar i^^ 'y  e  delle  oj)inipni,  di  hanno 

dell  aninuL  \  e  usanze  loro  • 

£  cora'abbi?^  detto. di  sopra,  questi  popoli  sono  idolatri, 
#  per  suoi  dei  j itutii  hanno. una  tavola  pasija  aiu  nella  parete  del- 


prìmo  rìcomuio  i  due  primi  caratteri  delle  due  aerie .  Appiana  V  intelligenza 
di  ciò   che    abbiam   detto    l' esposizione  della    tavola   di    quel    ciclo .  data   dal 
Guignes  { 1. 1.  p.  XLYI.  ).  Jisio  dà  i  nomi  degU  amii  dei  ciclo    dodecennale  iu 
.Cinese  e  in  Tartaro..   Sooo^  il  sorcio,    il  bove,  la  tigre,  la   lepre,  il    coc- 
codrillo, il  serpente,  il  cavallo >  la  pecora,  la  scimmia,  la   gallina,  il  cane,  il 
porco.  ^Usa  di  Regnare  il  nome  di  questi  anni  nella   vita  Geugiscan  il  l-etis   de 
la  Croix.  Il  Polo  rammenta  il  nome   di  alcuni  di  detti  anni,  ma  non  già  nell* 
.ordine  testé  meoxiofu^to.  Secondo  la  costumanza    orientale,  avvertita  di    sopra, 
la    Ugre  si  appel}^  leone  ^(d^iagone  il  serp^^.  Ma  di   ciò  non  è   da  inferirne 
ioeaa^ezza  i^ii.pplo,  mentre  .ppssopo  essere  occorse  col   tempo  mutazioni  neU* 
ofl^^mento  4i  questo  ^iclo.  infatti  l' annotatore   della  Storia   Generale   della 
Cficia   4^  i  ni)mi  f}el  ciclp  do^^cewal^  nel  seguente  modo.   Il  cavallo,  il   mon- 
tone, la  scimiifiiii,  il  g^llo,  il  caiv?,  il  pprco,  il  sorcio,  il  bove;  la  tigre,  la  lepre,  il 
dragone,  il  seipente  (  t  VJ..  p.  3 17  ). 

a83.  DMair0Ugioae  d»  Tartari.  Trattò  di  sopra  di  tale  ^rgpmento.  Ma  qui 
dà    conto   in    confuso   di   opinioni   e   cerempnie  spettanti  «Ile    sette  dominan- 
ti nella  Cina  ai  suoi  tempi,   i.®  La  setta  dei   Letterati,   o  l'antica    religione 
dell'impero  corrotta  e  guasta  da  essi,  che  si  dicono  seguaci  della  dottrina  di 
Confncio.   s.*".  Q^iella   dei  seguaci  dì  l^ao^kiun  o  dei  cosi  detti  TtHhsse.  5.<>  L>1- 
tra,  degli  «9k>r9torì  di  Foé  ,  o  il  culto  lan^isticp  (  Du-Uai4'  t.Ill.  p..i  )•  4*''  Lo 
Sciamanismo  o  \9l  «elsgioive   dei  Tartari.  £d  è  in  parte  eacusabile .  d' avere  in- 
«iem  confuse  quelle  sette ,  in  quanto  che  V  indole  tollerante  dei   Tartari  e  d» 
Cuoiai»  Con  •  faceva ,  che  ognun  professava   quella   che  più  piacevagli,  e  vi  sa- 
ranno alati  non  pochi  di  promiscua  credenza.  I^è  poteva  uno  straniero. del  se- 
colo *XIIJ[.  esattamente  discemerlo,  menti:«  malgrado  le   dottissime  fa^i^e  di 
tanti    dotti  uomini  si  Jia  pena  anche  oggidì  a  penetrare  nel. tortuoso /^aberìa^o 

28 


si8 

là  sua  camera,  sopra  la  qual'  è  scrìtto  UD-nome,  die  rappresene 
Dio  alto,  celeste,  e  sublime:  e  quivi  ogni  giorno-col  turrìholo 
dell'  incenso  ^ ,  l'adorano  in  questo  modo ,  che  levate  le  mani  ìa 
alto ,  sbattono  tre  volte  i  denti  pregandolo ,  che.  li  dia  baon  ia*^ 
telletto ,.  e  sanità , .  e  altro  non  H  domandano .  Dopo  giuso  in  ter^ 
ra  hanno  una  statua,  che  si*  chiama  Naiigai^^^,  qoal  é  Dio  «delle 


della  credenza  di  (piei  popoli,  e  meno  a  mio  avviso  per  mancamento  degl'indagatori 
di  tali  cose,  ma  si  per  la  confusione  e  variabilità  delle  opinioni  degridolatrì  stessi.  Il 
Rie  Comte  disserta  lungamente  intomo  a  questa  materia  (  Nouv.Rel.  t.11.  p.  lao  ) 
ed  opina  con  molti  altri  gravi  scrittori .  che  la  religione  patriarcale  negli  an- 
tichi tempi  era  quella,  dell' Impero.  Quei  primi  secondo  il  Ouhaido  n^n  rivol- 
gevano il  loro  culto  che  ali-  Ente  Supremo^  signore,  e  principe  di  tutte  le  cose 
che  onoravano  .col  titolo  di  Chang-'tif  o  ài  supremo  Imperadore,  e  anche  eoa 
quello  di.  Tien^ .  che  secondo  i  Cinesi  significa  la  spirito  che  regna  in-  cielo  i 
p^r  quanto  .  oggidì  -  usino  :  anche  '  tal  voce  *  per.  significare  il  .cielo  visibile  •  Le 
opinioni  tratte  dal -celebre  libro  canonico  .dei  Cinesi  detto  'Chu-^King  (  Du* 
Hald.  1.  e.  p.  3  )  dimostrano .  che  a  Tìen  i  Cinesi  assegnarono -tutti*  gli-  attri- 
buti  di  Dio.  Ed  é  cosa  degna  d'osservazione  il . rammentarsi  che  Fiatone  deri- 
va la  voce  ^•9^  del  verbo  ru  ^ny  che  tanto  somiglia  al  Tien  dei  Cinesi  (  PLaL  in 
Cratil.  ).  Nemmeno  curiosa  è  che  i  Cinesi  appellano  -  7ì-/<m  il  tempio  delk 
terra  (  Ambas.  deMàcart.  t.  III.  p.  177  )  e  gli' antichi  Greci  appellarono- la  -terM 
T/3-f«i  e  perciò  TVfo/ii.si  appellarono  i  figli  di  essa.  TaH- analogie  comprovano  uat^ 
primitiva  religione,  una  primitiva  favella,  e  corrompimento  dell'una  e  dell'altra 
in  tutte  ìù.  contrade  (  Voss.  de  Idol.  Lib.  III.  e.  2  y^  Da  aicimi  .  secoli  il  render 
culto  a  Tien  è  rìserhato  soltanto  all'Ihfiperadore,  che  considerano  i  Cinesi  come  il 
sommo  Sacerdote  (Semcd.p.127).  Ed^if  tempio  che  è  a  Tìeir dedicato  ènei  recinto 
del  palazzo; ne  parlai  Miagaillans  e  dice  che  si  appeHà  Pe^teu  e  credevalo-- dedicato 
alle  stelle  polari .  Non  ewi  hertempio  simulacro  veruno >  ma  come  dice  il  Polo  un 
solo  cartello  ove  léggesiV  Àlld  Spirito  e  al  dio  Pe^ieu  »  (Nouvel.  Relat.  p.  547^ 
Si  fa  menzione,  di .  questo  tempio  come  del  più-  magnifico  della  Cina  nella  rela* 
zione  dèlP  ambasciata  dì  Macarteney.  E  nella  città  Cinese^  fecondo  StaunUm  si 
appella  77è/i-ra/i,  o  1*  eminenza  dei  cielo,,  e  in  -cpiesto  edifizio  non  vi  si  vede 
scolto  che  il  sola  carattere  Tien  (  t.  ITI.  p.  177  )  ^  Ciò  conferma  l'asserzione  del 
Tùló  che  il  Dio  celeste  non  è  rappresentato  -da- simulacri^  jma  rammentato  alla 

memoria' degli '  uomini  rol    solo  nome-. 

384  •  Turriholo*  dM*  incenso,  Stauntoa  (  A'fnbassad^  deMacart.  t.  ÌV.  p.  5i  ) 
dà  il  disegna  del  vaso,  nel  quale  i  Cinesi  ardono  l'incenso^»  £i  dice  che  i  sacrifizi 
di  quadrupedi,  di  pollerìa /  d'olio,  di  sale,,  di  .farina*  e  d'incenso,  di  cui  sif^s 
menzione  nel  le^itico^  sono  noti,  e  pnaticati:.  nella  Cina  (  ibld*  p.  49)*'- 

3B5.  Nati^aii' Di  quest'idolo  parlò  di,  ^sopra.'  (  Ltb.  L  c<  46  tiot.  a  ).  Se- 
condo il  Pallai- il  ^> Dìo. dei  cìele^i  Manciusi  io  eippelìano,  Abscho^  i  MCigolli  71r* 
^eru  che  aìgnifioa  e  ^Giek>^  e  Dio*  del.xielov  £i.:4ie  vide  .un  simulacro  .  rappre- 
sentato a- capo  nudo  con  aureola  e  bacba^.tenenteuaa  spada  in  man»  sguai- 
iiiata  colla  diritta,  e  colla  sinistra  in  atto  di  benedire.  Eranvi  dipinti  daegar* 
sd«ncelli,>  dall'altra  lato  una  fanciulla  .ed  .un  vecchio  (  voy.  t.  Y*  p.oSo  ).  Il  Gioroab 


cose  ^efreae ,  dbe  naseoiio  sopra  tutta  la  terra .  £  li  fanno  una 
moglie ,  e  figlinoli ,  e  l'adoraDO  nell'  istesso  modo  col  turribólp., 
e  sbattendo  i  denti ,  e  alzando  le  mani  ^  e  a  questo  li  doniandan- 
dano  temperie  dell'  aere.,  e  irutti  della  terra ,  figliuoli  ^  e  simil 
cose.  Deu anima  la  tengono  immortale  ^^  in  questo  modo^che 
subito  morto  l'uomo  Tentri  in  un  altro  corpo,,  e  secondo  che  in 
vita  s'ha  portato  bene ,  o  male ,  di  bene  in  meglio^  e  di  male  in 
peggio  procedano .-  cioè  se  sarà  pover'uomo,  e  s'abbi  portato  be* 
ne ,  e  modestamente  in  vita ,  rinascerà  dopo  mono  del  venule  d' 
una  gentil  donna ,  e  sarà  gentil'.uomo^  e  poi-del  ventre  d'una  si- 
gnora, e  sarà  signore,  e  cosi  sempre  ascendendo  finché  sarà  as- 
sunto in  Dio.  Ma  se  s'^averà  portato  male  ^  essendo  figliuol  d'un 
gentil' uomo  rinascerà  figliuolo  d'un  rustico ,  e  d' un  rustico  in  un 
cane ,  descendendo  sempre  a  vita  più  vile.  Hanno  costoro  ^^^  un 
parlar  ornato;  salutano  onestamente  col  volto  allegro,  e  giocondo; 
portansi  nobilmente,  e  con  gran  mondezza  mangiano.  Alpadre  e  alla 


iW>-i« 


ÌDtìlòla\o  Nom^elies  Annahs  des  Vojages  publiées  par  MM.  Eyries  e  MaUn 
Brun  (Paris  t.  IL  1819 p.  177  )  dà  un  ottima  notizia  relativa  al  nome  dato  a 
questo  idolo  di  Naiigci.  Ivi  si  dice  che  in  Calmucco  il  padre  si  appella  Atschigai  e 
che  ì  Buriaii  lo  appellano  leizegue.  Sembra  aduqgue  ad  esempio  di  tante  altre  genti 
antiche  e  moderne  che  quelle  genti  dessero  a  questo^loro  nume  il  titolo  di  padre. 
Infatti  tale  è  la  somiglianza  fra  Naiigai,  e  Atschigai  che  la  prima  v«ce  sembra 
una  corruzione,  o  varia  inflessione  della  seconda. 

586«  Deir  anima  la  tengono  immortale.  Il  Du-haldo  riporta  il  dialogo -d'un 
filosofo  Cinese  detto  Tchin  che  si  finge  che  discuta  le  opinioni  de'  Lao-tse  e 
di  /^  •  L*  ultimo  secondo  esso  fu  V  inventore  dell*  opinione  della  trasmutazio- 
ne deU*  anime  d'  uno  in  altro  corpo ,  e  secondo  esso  r  impostore  visse  iu  eti 
che  corrisponde  al  V.  secolo  innanzi  G.  C.  Il  filosofo  per  dimostrare  quan- 
to perniciose  siano  le  opinioni  di  questa  setta  narra  alcune  particoUrità  inte- 
ressanti. £  fra  queste  che  un  lil)ertinoy  che  tende  aguati  a  donzella  di  quella 
setta,  le  dice  :  non  ti  rammenti  che  innanzi  di  rinascere  m*  eri  promessa  in  is- 
posa:  la  tua  improvvisa  morte  mi  privò  dei  diritti  di  cui  voglio  entrare  al 
possesso  t  questi  antichi  legami  danno  motivo  all'inclinazione  reciproca,  che 
favoreggia  l'incontro  attuale  (  Du-JIald.  t.  III.  p.  52  )  . 

387.  Hanno  costoro.  Qui  si  ravvisa  che  per  seguaci  di  questo  culto  inten- 
de i  Caiaini  o  Cinasi^  presso  di  cui  era  difiuso  il  culto  di  Fo^  e  di  cui  ram-. 
menta  le  costumanze  urbane  e  gentilL  »  Le  troisieme  priuoipe  que  leur  morale 
»  a  etahli,  e'  est  qu' il  importe  infiniment  d' entretenir  parmi  les  peuples,  la 
»  civìUté,  la  modestie,  et  un  certain  air  de  politesse,  qui  soit  capable  d' in- 
»  spirer  la  douceur.  Cest  par  U  disent-ils  que  les  hommes  se  distinguent  des 
f  bètéft ,  et  les  Chinois  des  autres  hommes  ir  (  le  Comte  t.  II.  p.  45  )  • 


\ 


madre  ^^  portano  gran  tìvérenza.  E  se  sitró^a^'éfealòan^KKok»^ 
feccia  qdalche'  dispiacere  a  quelli,  ovvero  nnfn' li  so^enga  nelle  lora 
necessità,  v'è  ùù  òfilcio  pubblicò  ^*,  che  nott  ha  ;ahrò  ^africa,  se  non 
di  punir sevéiratnémé  li  figliuoli  iùgratr,  quàfisiéappitiò  alver  coni* 
mes^o  alcun  allo  d^iugraiitudine' versoi  di  qiiélW.  Li  maifeifciri  di  di- 
versi delitti,  che  venghìtio^  {yresfi,  e  pósti  in  priglotìe,  sona  spaccia- 
ti ^^:  coxhé  viene  il  tempo  determinato  dal  Gratti  Cdn,  eh'  è  ogni  tre 
anni,  di  rilasciar  i  prigionieri,  àììovd  fescófia,  tìià  gli  ^iéné  fatto  ao 
segno  so^ra  una  masdelf a ,  àccìóctihè  siano  tonOscuti.  VietJ>  questo 
présente  Gran  Cari  rtìtti  i  giùòfcht  ^' ,  e  bdrattarie ,  che  appressa 
di  costoro  à'a^ano  più  che*  ìà  àiòtm  hiùgd  del  mondo-,  e  per  levarli 
da  duelli  li  diceva.  Io  v'ho  acquistati  con  l'armi  in  mano ,  e  tutto 
quello  che  possedete  è  mio ,  e  se  giocate ,  voi  giocate  del  mio . 
Non  però  per  questo  li  toglieva  cosa  alcuna.  Non  voglio  restar  di 
dir  r  ordine  e  modo  come  si  portano  le  genti,  e  baroni  del  Graa 


388.  jil  padre  e  alla  madre .  La  venirazioxie  pei  genitori  è  uno  dei  prv*> 
ziosi  avanzi,  tuttora  esistenti  in  Cina  delle  costumanze  patriarcali.  »  Le  premier 
»  principe  de  morale  regarde  les  famiQes  particuliéres  ,  et  recomande  aux 
»  cnfants  un  anlonr,  une  complaiditnce ,  un  respect  pour  lespéres,.  que  m  le» 
»  niauvais  traitéments,  di  l'ftge  avancéej  ni  le  rang  sii^erìeur,  qu' on  pourroit 
»  avoir  acquis  ne  puissént  jamais  alterer.  On  ne  sauroit  eroine  jusque  à  quelle 
»  perfecUòn  on  a  porte  ce  premier  s^itiment  de  la  nature  »  (  Le  Comte  ibid. 
p.  35  )  .  . 

38^.  Officio  pubblico.  Qui  si  ravvisa  che  parla  del  ter^o-  triboiialfi  dei 
riti  detto  Li-pu  y  la   cui  giurisdizione  descrive  il*  Magaillans  (  Nouv.  ReL  p.  202). 

5go.  Sóhà  spacciati.  (Questo  passo  della  Lezione  Ramusiana  intrigò  il  Mar- 
sdéii  è  lo  crede   muUlato  (  NoL  73 1).   Qui   si  uda  la  voce  Spacciare  per  porre 
ih  libcHày  significato  assegnato  alla  voce  anche  dal  vocabolario  deUa  Gmsca. 
Qui  rntende  il   Fola  di  dichiarare,  che  allorché  viene  il  tempo  d'un  indulto 9 
accordato    ddle    leggi ,  coloro  che    non  erano   giudicati  nell'  intervallo  ^  erano 
lanciati  in  libeità.  :^  É  antica  costumanza ,(  dice  Magaillans  )  che  perla  nascita. 
»  e  matrimonio  d'un  principe,  e  ih  àltì*e  ricorrenze  di  pubblica  gioja. ....... .si- 

»  liberino  tutti  i  prigionieri  eccettuati  quelli  ^  che  sono  colpevoli  di  alcuni  delitti* 
^  riservati  »  (  ibid.  p.   iog  ). 

391.  Tutti  i  guochi.  Estremò  é  W  trasporto  dei  Cinesi  pel  giuoco,  anthe 
oggidì:  3>  le  jeu  »  (  dice  il  padre  le  Comte  t.  II.  p.  80  )  »  est  egalenient  defèn- 
a»  du  au  peuple  y  et  aux  mandarins  .  Cela  n*  empeche  pas  qu'  on  ne  joue ,  et 
9  qu'  òn  ne  perde  souvcnt  tout  son  bien  ^  sa  maison ,  Ae$  enfans ,  sa  fenìme 
»  mème  y  qu!  on  ihet  qdelqae  fbis  sur  une  carte.:  car  il  n'est  point  d'excès  ou 
p  la  passion  die  gagner,  et  dte  s'enrichirne  port^  un  Ghinois.  *  Ammirahiie 
fti  perciò  la  saviezza  di  Cablai  Càn  di  proibire  i  giuochi ,  non  imitata  dai  Tar- 
tiui  posteriori  o  Manàiusiy  che  sctondo  il  prelodàtó  Missioàario  dierono  i»-  .|>i  '  - 
ao  a  un  tanto  disordine.. 


ali 

Can  y  qaanda  vanna  a  Tui .  Primamente  appresso  il  luogo  dove 
sarà  il  Gran  Gan ,  per  mezzo  miglio  per  riverenza  di  sua  eccel- 
lenza, stanno  le  genti  umili,  pacifK^he  ,  e  quiete^  ch'alcun  suono* 
0  rumore ,  né  voce  d' alcuno  che  gridi ,  o  parli  altamente  non 
s'ode.  E  ciascun  barone,  o  nobile,  porta  continuamente  un  va-» 
iello  piccolo  ^^  e  bello,  nel  qual  sputa  mentre  ch'egli  é  in  sa* 
la ,  perchè  ninno  averebbe  ardire  di  sputar  sopra  la  sala ,  e  co- 
me ha  sputato  lo  cuopre ,  e  salva.  Hanno  similmente  alcuni  belli 
bolzachini  di  cuojo  bianco,  quali  portano  seco,  e  giunti  alla  cor- 
te se  vorranno  entrar'  in  sala ,  che  '1  Signor  li  domandi ,  si  cal- 
zano questi  bolzachini  bianchi ,  e  danno  gli  altri  alli  servitori ,  e 
cpiesto  per  non  imbrattar  li  belli  e  artificiosi  tappeti  di  seta  , 
t  d' oro ,  e  d' altri  colori ,, 


Sga.  Fasetlo  piccolo .  O^tserva  Marsden  essere  1'  uso  di  tal!  sputacchiere 
comune  nell*  Oriente  >  sopratutto  per  coloro  che  masticano  la  foglia  di  Betel 
tNoL  755). 


I 


DICHIARAZIONE 
ALLA  PARTE  SECONDA  DEL  LIBRO  SECONDO^. 

r 

BELLA    LINGUA     CINES&'* 

òe  la  nazione  Cinese  fu  preservata  dal  ctirfompere  colle 
straniere  le  proprie  costumante^  se  ha  indole,  legislazione y  ma^ 
niere  totalmente  diverse  da  quelle  dei  popoli  a  lei  confinanti,  • 
non  dubito  d' affermare  ciò  essere  awenuto  in  virtù  della 
sua  fo^^ella^y  e'  scrittura  ^-  E  Vuna  e*  V  altra  sono  di  natura 
totalmente  diversa  da  quelle  in  uso  Oggidì  presso"  tutti  i 
popoli  delVUnivèrsch;  se  si  eccettui  la  CoCcincirtU,  il  Tunkino, 
il"  Giappone^  che  usano  scrittura  Cinese .  Non  è  scevra  né 
(/itesta  j  né  lajavella  di  notevoli  imperfezioni,  ni  la  minore 
fra  queste  è  di  non  potersi  esprimere  scuopr imeni i  stranieri, 
ù'nominare  nuove'  cose ^  nuos^e ' personei  Imperocché  non  es^^ 
sendo  una  scrittura  alfabetica^  ma  geroglifica,  per  esprimere 
cose  nuove  Ja  d"  uopo'^  inventate  nuovi  segni,  che  al  piìi  pos- 
sono accreditarsi  e  mettersi  in  uso^rai  letterati  j  ma  mala^ 
gevolmenté  diffondersi  nel  resto  della  mtziane  .^  La  scienza 
dei  segni,  o  caratteri  con  '  cui  si  rappresentano  tutii  gli  og' 
getti  sensibili  o  nntèllettnaliy  necessità  molta  lettura  e  molto 
sapere,  perciò  nella  Cina ,  come  mei  secoli  di  mezzo  appo 
noi<j  colui  che  sa 'leggere  appellasi  Letterato  • 

Ciascun  ravvisa  che  la  necessità  d*  inventare  nuòvi  ca^ 
ratteriper  esprimere  cose  nuove  vincolu  la  diffusione  d^ogni 
straniera  opinione.  Infatti  narrano  t  Missionarj  che  non  sa^ 
pendo  come  spiegare  ai  Cinesi^  i  Misteri  snntissinìi  della 
Cristiana  Religione  furono  obbligati'  di  creare  nUovt  segni  e 
di  convenire  coir  Cinesi  intorno  al  significato"^  e  volare^ dei 
nuovi  termini  da  loro  inventati  (^ Lettre Edificant.  t.XXIJ^. 
p.  96^^.  Questa  nazione  simantiene  pur  anco  isolata  dalle 
ai  tre  per  l' atta  ^  opinione  che'  ha  di  se.  Come  i  Greci  e  i  Ro- 
mani altra  sH>ltà\  i  Cinesi  reputano  barbara  ogni  altra  nor  ' 
zione . 

Non  sarà  discaro  al  comune  dei  leggitori  che  io  dia' 
smnmaria  contezza  dell'indole  della  favella  e  della  scrittura^ 


2^4 

Cinese^  di  cui  si  estese  la  cognizione  in  Europa  per  opera 
delle  Missioni^  pei  lavori  ordinati  dalla  Congregazione  di 
Propaganda  y  del  Collegio  Cinese  da  essa  fondato  in  Na- 
poli» Né  con  minore  efficacia  promosse  gli  studi  delle  cose 
Cinesi  il  Goi^erno  Francese.  Le  Missioni  straniere  furono 
non  meno  utili  al  Cristianesimo  che  atte  lettere.  Le  relazioni^ 
le  indagini  dei  Missionarj  invaghirono  e  agevolarono  il  mo- 
do d^  istruirsi  delle  cose  di  quelle  genti  y  lo  studio  delle  quali 
crebbe  al  sommo  in  reputazione  nel  secolo  caduto ,  al  quale 
uopo  fu  ravvisato  utilissimo  V  appararne  la  fascia .  Perciò 
fu  commesso  al  Fourmont  nel  l'jiS  di  fare  incidere  i  ca- 
ratteri  Cinesi  per  procedere  alla  pubblicazione  di  un  Di- 
zionario. Nel  174^  erano  stati  incisi  lao^ooo  caratteri^  ma 
la  morte  di  quel  celebre  letterato  sospese  l'esecuzione  di  que- 
sto nobile  disegno^  ed  m  solo  d'una  Granimatica  di  iqueUa 
favella  arricciti  la  Repubblica  delle  lettere.  Due  illustri  al- 
lievi fece  in  Francia  il  Fourmont j  il  Deguignes  celebre  per 
la  Storia  degli  Unniy  il  De  Hauterayes  editore  della  Storia 
Generale  della  Ci fia ytraslatata  dal  suo  originale  in  fran- 
cese dal  P.  Mailla, 

Ma  giovi  il  ripeterlo  non  avrebbero  gli  europei  in  que^ 
gli  studi  progredito  senza  un  Martini^  un  Gaubily  un  Maillaj 
un  Amiot  y  ad  altri  celebri  Missionarj  y  i  quali  tanto  s^  in- 
ternarono nella  letturatura  Cinese y  che  .alcuni  di  essi  furono 
capaci y  coinè  il  P.  Matteo  Ricci y  ed  il  P.  Jjuigi  JHuglio^  di 
scrivere  opere  Cinesi  che  formano  V  ammirazione  dei  lei" 
terati  di  quelle  genti  (  Magaill.  Nouv.  Rei.  p*  ^  J  •  Solo 
nel  1 8 1 3  fu  pubblicato  in  Parigi  il  Dizionario  Cinese  per 
opera  del  Sig.  Dà  Guignes  y  fgUo  del  teste  rammentato 
che  dimorò  lungamente  in  Cina  come  residente  di  Fran^ 
eia  •  Ma  il  dotto  letterato  confessa  con  lodevole  candore  che 
ad  un  tanto  lavoro  gli  agevolò  la  via  il  gran  Dizionario 
Cinese  del  PJSasiliQy  che  nella  spoliazione  della  praticona  fu 
trasportato  nella  Parigina. 

La  lingua  Cinese  è  di  una  remotissima  antichitày  age\H>- 
le  a  ^ravvisake  dalla  semplicità  degli  elemerUi  che  la  compone 
gono .  J^i  "Come  pressò  ogni  altra-  nazione  uno  dei  tanti  dia- 
letti che  erano  in  uso  in  quel  vasto  Impero  primeggiò  sugli 
altri y  e  divenne  la  lingua  colta  che  usano  la  corte y  i  magistruti^ 
i  letterati.  Ottenne  l' avventurosa  predilezione  quello  della 


2a5 

Cotte  j  allorché  abitava  la  provincia  di  Kiaog-nàn  :  ed  è  per- 
ciò  che  is^i  e  nelle  adiacenti  pros^incie  meglio  cìie  ìielle  altre 
più  remote  tuttora  si  parla  (^Du  Hald.  t.  IL  p.  3^4  ).  Le 
s^oci  radicali  che  compongono  quella  loquela  sono  circa  33o 
dì  cui  die  la  t aiuola  il  Pud.  Le  Comte  (f.  /.  p.  298).  Ma 
queste  voci  si  moltiplicano  coi  tuoni .  Quattro  sono  secondo 
il  D.  Montucci y   che  a  gloria  della  Toscana,  ove  ebbe  cu-- 
na,  è  uno  dei  più  dotti  europei  nella  loquela ,  scrittura  e 
letteratura  Cinese  (^Remar.  Philolog^  sur  le  Voy.  en  CJUn. 
de  M.  De  Guign.  BeroL  1 809  />.  1 36  ) .  Ma  gli  altri  scrittori 
che  trattarono  dell' argomento,  ne  numerano  cinque^  Secondo 
il  P.  Le  Comte  i^t.Lp.  299  )>  sono  i  seguenti,  i.^  Il  naturale 
senza  alzare  o  abbassare  la  voce:  tl^  alzando  la  voce:  3.^  acu- 
tissimo  :  4-*  quello  che  daW  acutissimo  passa  ad  un  tuonò 
grave  :  5.^  quello  che  dall'anzidetto  passa  ad  un  tuono  anche 
pili  grave  o  di  basso.  Il  De  Guigties  nella  prefazione  al  Di' 
zhnario  ne  ragiona  in  modo  assai  pia  malagevole  a  voltarlo 
nella  nostra  /avella.  Jppella  il  primo  tuono  spianato  e  chia- 
ro: il  2/*  spianato  e  basso  :  il  3.^  acuto  in  principio  e  basso 
in  Jine  :   il  4.®  che  ottiensi  con  strascico  di  suono  basso  in 
principio  e  acuto  in  fine  :  il  5.^  ristretto  e  accelerato  •  Da 
ciò  che  dicono  gli  anzidetti  viaggiatori  reputo  che   ciascu-' 
no   ravviserà    che   V  ax:centuazione   dei   tuoni   Cinesi  suonò 
diversamente  alF  orecchie  di  que^due  scrittori.  Ne  d'accordo 
con  essi  è  il  Magaillans  intorno  al  dichiarare  i  tuonL  Ed  è  * 
evielente  che  qualunque  descrizione  che  di  quelli  si  faccia,  non 
può  aversene  adeguata  idea  se  non  se  dalla  viva  voce  d'alcuno 
che  favellai  Cinese.  Il  Missionario  teste  citato  dà  un  esempio 
dello  svariamento  che  alla  significazione  della  voce  danno  i  tuo-* 
ni .  Za  voce  Po  ha  i  seguenti  diversi  significhiti  in  virtù  dei 
tuoni:  vetrc»,  Ix^iire,  vagliare,  liberale,  preparare.  Questi  medesimi 
tuoni  aspirati  danno  alia  voce  altri  cinque  significati  (  Nous^. 
Relat.  p.  91).  Non  è  malagevole  ad  un  Italiano  il  compren- 
dere che  la  varietà  di  pronunzia  scambia  il  significato  alla 
voce^  avendone  nella  propriafoivella  non  pochi  esempj .  La  vo- 
ce  ttéfeszo  colt  è  stretta  significa  mauxro^  e  coir  è  larga  metà  . 
Coi  tuoni  i  Cinesi  moltiplicarono  le  voci,  talché  le  semplici  e 
monosillabe  divennero   i665  secondo  il  Le  Comte,    i44^^ 
o   iS^S  secondo  altri  (^De  Guig.  L  e),  e  queste  si  dupli- 
carono in   virtù,  delle    avvertite  aspirazioni  .    Suppliscono 

^9 


2%& 

inoltre  i  Cinesi  alla  povertà  de  s^ocdboli  calle  i^oci  composte. 
A  cagion  d^ esempio  Mo-qua  signijica  cotogna  >  Mo4LÌe  uno  zoc^ 
colo,  Molao  una  steccata.  £  ite  svariano  anoora  il  sigmficato 
Colt  rasparne  le  voci. 

Quantunque  pretenda  il  Magaillans  che  pi^  agevole  sia 
il  Cinese  del  Greco ^  e  del  Latino  j  a  tal  opinione  malagevole 
mente  è  da  annuire^  se  ricettasi  che  il  digerente  significato  di 
tanti  vocaboli  è  costituito  da  delicate  infiessioni  di  voci  j  e 
Qhe  a  ciò  si  richiede  non  solo  pronta  memoria^  ma  una  séjfui- 
sitesiza  d*  orecchio  per  valutarne  le  gradazioni  j  e  una  pie^ 
ghevolezza  negli  organi  della  parola  per  esprimerli.  Sappia^ 
mo  per  esperienza  i>he  a  straniero  che  appari  V  Italiano  è  di 
non  lieve  intoppo  alla  rettn  pronunzia  il  distinguere  se 
lunghe  o  brevi  delAamo  esiere  le  vocali  j  come  neUe  voci  cre- 
dere e  temere^  o  larghe  o strette  come  in  queste  organo,  ozio. 

La  Grammatica  Cinese  è  di  una  grande  semplicità  e 
qual  si  conviene  a  Jkvella  monosillaba  •  Una  stessa  voce  si 
usuj  come  sustantivo,  come  adtettivo,\  come  verbo,  secando  il 
posto  che  occupa  nella  dizione .  Ne  allega  il  seguente  esem^ 
pio  il  Duhaldoi  Hao-gia  signi^a  buon  uomo ,  perchè  sempre 
t  adi  et  t  ivo  precede  il  sustantivo  ,  Gia-ti^hac  significa  bontà 
delV  uemo .  In  questa  Javella  il  numero  dei  più  distinguesi 
con  una  proposizióne.  Non  v^  è  altro  segnacaso  che  la 
voce  ti  pel  genitivo ;^  tre  soli  pronomi,  io^.tu,  egli,  che  in 
*  possessi^  si  cambiano  con  una  particella  ;  il  relativo  e  in- 
declinabile come  il  che  degt  Italiani  :  altre  particelle  esprit 
mono  il  comparativo  ed  il  superlativa.  I  verbi  non  hanno 
che  tre  tempi ,  il  presente  ,  il  passato,  il  futuro,  distinti  da 
una  proposizione:  i  pronomi  segnano  le  persone  del  Ver- 
ba,  una  proposizione  il  plurale  \^Du  Mala.  t.  IL p.  l'io J. 

Malgrado  la  ristrettezza  delle  voci  e  la  semplicità  della 
Grammatica  Cinese  min*  eredasi  eh'  essa  sia  destituta  di  vi- 
gore, e  di  eloquenza..  Egli  è  vero  che  questa  non  consiste 
appo  lóro  in  un  eerto  ordinamento  di  voci  armoniche  ,  ma  i 
Cinesi  giungono  alF  eloquenza  per  vivacità  d"  espressioni^  per 
metafore  nobili,  (^di  che  abbonda  una  lingua  d^ordinario  non 
ricca  }per  comparazioni  ardite  e  brevi,,  per  molte  sentenza  e 
citazioni  tratte  dai  loro  antichi  scrittori,  che  sono  appo  loro  di 
grande  autorità,  che  dicono  molto  in  poche  parole,  ed  ii 
torà  stile  è  vibrcUo^  misterioso^  di  difficile  comprendimento  a 


perciò  $i  soUem  dalla  wlgar^  hqtsela  {le  Cernie  1 1  p.  3o3). 
Semplici  quanto  la  favella  fwùn^  dapprimo  t  loro,  caratteri. 
Secondo  uno  scrittore  Cinese  citato  da  Gulielmo  Jones  {Reoker. 
Asiat.  t.  IL  p.  a4r  ).  «  4ntichissiiiMmenfe.  ràppresentnimno 
w  i  caratteri  Cinesi  i  contorni  degli  oggetti  visibili  terreetri^ 
«  e  celesti^  ma  questi  segni  non  potendo  haetare  per  h  cose 
«  puramente  intettettis^  ^  i  grammatici  insegnarono  di  r^ 
«  presentare  le  operazioni  aelV  amn^è,  con  m^tdff  orici  eari^ 
«  teri^  cairoti  dagli  oggetti  naturali.  jGosl  le  idee  di  seabposiìlA 
«  o  di  rotondità  le  rappresentar0m>  ali"  occhia  coi  segni.  iT 
^  una  montagna^  del  aieioj  d'unjfiimfi  dellatef^m.  U  imù^ 
«  gine  del  sole,  della  luna  ,  delle  stelle  pariameate  combinate , 
«  rappresentavano  Jl  liscio  j.  il  chiaro  s  ciò  cheècm^igueàto 
«  con  arte,  o  delicatamente  tessuto:  fu  dipintolo  spatio\ 
^,fu  espresso  il  crescere  e  il  moltiplicare,  e  i^arie  altre  ope^ 
«  razioni  con  caratteri  preii  dal  Jirmamento .;  o  dai  ve  gè* 
«  tubili.  Con  quelli  di  vari  insetti^  uccelli^  pesci ^  e  qua- 
«  drupedi  indicate  furono  le  diverse  maniere  di  muòversi  y 
^  t agilità,  la  lentezza,  tii^ngardia,  ràfi^ità.  Cosi  il 
«  pennello  ritrasse  le  passioni  e  gli  affetti,  evjffrialla  vwttr 
«  idee  che  non  cadono  sotto  i  sensi  :  funmo  inventate  pro^ 
«  gressivamente  nuove  combinazioni ,  furono  aggiunte  nuch 
«  ve  espressioni,  i  caratteri  insensibilmente  slontanaronsi  dal^ 
«  la  forma  loro  primitiva,  e  la  lingua  Cif^se  acquistò  non 
«  solo  chiarezza,  e  straordinaria  energia,  ma  giunte  alt  apice 
«   di  ricchezza  e  d\elòquenza  «^ .,       . 

Dichiara  mirabilmeMe  ciò  che  dice  il  Cinese  scrittore  um 
esempio  tratto  da  Magaillans.  Il  carattere  «io  significa  Albero^ 
ripetuto  bosco^  triplicato  foresta .  //  carattere  cha  che  imol  dire 
pilastro,  unito  al  menzionato  carattere  mo  sighi^a  colonna 
maestra  ,  perche  i  detti  pilastri  sono  t^pp^gio  principale 
dell'  architettura  Cinese  nella  costruzione  della  casa^  Edec^ 
co  una  metcfora  esibita  da  quei  caratteri  emblematici  non 
dissimile  a  quella  che  offre  in  Italiano  V  espressione  di  viit 


albero 
condotta 


Seconda  il  Robertson  (  Star,  à'Amerie,  Uh,  VII.  )  /'  Hifì%a^ 
no  ingegno  giunse,  alla  scrittura  alfàbettca  passando  dalle 
invenzioni  semplici  alle piit  composte ..  Primiera  Écrittwaju 
a  Sito  avviso  la  rozga  dipìntuta  de^U  oggetti  sensibili.  IH 


^ 


li  progredirono  gli  uomini  ni  geroglìfico  ,  da  questo  al  simr 
holo  allegorico  j  indi  alt  arbitrario  e  convenuto  carattere , 
.per  ultimo  alV  alfabetico .  Secondo  le  Storie  Cinesi  la  cosa 
non  procede  in  detta  guisa.  U Impéradore  Sui  ragunati  i 
Cinesi  e  date  loro  non  poche  istruzioni  di  civiltà  yper  suppli- 
re alla  scrittura  insegnò  loro  di  valersi  di  funicelle  con  no- 
4Ìi.  ti  numero  di  essi,  €  le  distanze  variavano  il  significato 
<li  tjfuell^agàvòle  meccanismo.  Questo  ingegnoso  ritrovamento 
Àà  una  perfetta  analogia  coi  così  detti  Quipu  dei  Peruviani  che 
furono  minutamente  descritti  da  Garcilasso  de  la  Vega  (jBfist. 
de%  Incus  Lio.  Ì^I.  Cap.  Vllt.  )  •  Fui  successore  di  Sui  i/i- 
jventò  ìlHxìaL  ossianoi  segni  trilinèarij  composti  di  linee  sempti* 
£i  orizzontali  variamente  interrotta  jChe  comhirtate  fra  loro 
a  tre  per  tre  diedero  64  combinazioni,  iresti  Kua  semplici, 
-e  composti  supplivano  ad  una  grossolana  scrittura  (Hist.  Gen. 
ile  la  Chin.  L  L  p.  t^e  7  J .  Dai  Kua  passarono  i  Cinesi  ad 
una  grossolana  dipintura  degli  oggetti,  indi  alla  scrittura 
simbolica.  Cosi  la  figura  delV  uccello  rappresentò  da  primo 
V  uccello  e  simbolicamente  la  velocità.  Qùelln  del  cuore  ,  non 
§olo  il  cuore  nui  V  afflizione  ^  e  la*  collera  aggiuntavi  la  fi- 
gura esprimente  ano  schiavo  .  Il  segno  della  bocca ,  e  if nello 
del  cane  significò  V  abbajare .  finalmente  giunsero  i  Cinesi 
-alla  convenzionata  ed  arbitraria  scrittura.  Essa  ebbe  varie 
modifcazioni  e  ingrandimenti ,  di  cui  favellano  i  loro  Annu- 
ii .  Sotto  Eukiiy-boang-ty ,  o  tio6  anni  innanzi  r  E.  C.  furo- 
no riformati  i  caratteri,  e  furono  appaiati  CWay  -  choii ,  che 
per  essere  di  fàcile  delineamento  ebbero  corso  in  tutto  t  Im- 
pero (  Deguign.  Pref.  au  Diction.  p.  X.LIIL  ).  Sotto  gli  Han 
posteriori  che  regnarono  dall' Jn.  24  al  264  di  G.  C.  ebberc 
nuovo  perfezionamento  detti  caratteri  e  fu  data  lom  la  for- 
ma che  conservano  tuttora  ,  e  questi  caratteri  si  appellano 
Hing-chou.  I  caratteri  più.  volte  permutarono  di  forma.  U  Im- 
péradore mfinAotì^,  fece  stampare  il  suo  poema  contenente 
Velogio  della  città  di  M oukden  in  trentadue  diversi  caratterL 
Ma  i  Cinesi  non  distinguono  che  cinque  capitali  maniere  di 
scrittura .  É  cosa  degna  d!  osservazione  che  se  i  Peruviani  si 
gioyai^ùno  d'un  ritrovato  simile  a  quello  dei  Cinesi  de^  tempi  di 
Sui,  I  Messicani j  come  l'osserva  il  Clavigero,  erano  giunti  al  ge- 
nere di  striti  ara  di  cui  qui f assi  menzione  all'epoca  dello  scuo- 
primento  del  Nuovo  Mondo  (  Stor.  del  Mess.  t.  IF.  p.  227  ). 


Ciò  rende  molto  verisimile  r  opinione  di  coloro  che  d^  erigi- 
ne  cinese  crederono  gli  abitmóri  dell* america  ,  lo  che  sem- 
bra aver  tanto  maggior  Jondeunento  se  si  rifletta^  che  i  Mes^ 
sicani  usavano  un  Ciclo  per  computare  gli  anni,  descritto  dal 
viaggiatore  Gemelli  Carreri  (Giro  del  mondo.  PartnVLp.'ò^\ 
non  dissimile-  dal  cinese,  quantunque  sessagenario  sia  que- 
sto ,  e  di  soli  cinquantadue  anni  quello  dei  Messicani . 

La  scrittura  cinese  è  composta  di  sei  tratteggiamenti  ele^ 
mentariy  i  quali  variamente  aggruppati  o  congiunti  compone 
gono  i  loro  complicatissimi  caratteri  {DuUatd.  t,  IL  ;c^.aa4)* 
iresti  tratteggiamenti  ,  dice  un  missionario^  differentemen-^ 
te  posti  gli  uni  accanto  agli  altri ,  e  variamente  congiunti, 
assortiti,  divisi ,  aggruppati  ,  ora  seguendosi,  ora  /uggendo-' 
si ,  alcuna    volta  intrecciandosi  j  talvolta  appiccandosi  gli 
uni  agli  altri,  talora  facendo  mostra  di  schifare  di  toccarsi^ 
sempre  proporzionandosi  nello  spazio  loro  assegnato  (  che  è 
un  quadrato  di  una  stessa  dimensione  per  ogni  alfabeto  J 
in  modo  assai  naturale,  sono  hastevoli  a  avariare  ottantamila 
caratteri  ( Mem.  sur  les  Chin.  t,  IX.  p. 'òiò).  Il  D. Montucci 
dice  che  i  tratteggiamenti  elementari  colle  loro  diverse  mo- 
dificazioni sono  venti.  L" arte  d*  unire  insieme  i  monosillabi 
e  di  formare  i  segni  composti  per  esprimere  le  idee  è  indus-^ 
triosa  e  difficile .  Sonovi  caratteri  che  significano  due  o  tre 
parole.  Variano  gli  scrittori  intorno  alle  quantità  di  detti 
caratteri,  secondo  il  Montucci  quelli  del  Dizionario  Cinese 
detto  Yo*piea  che  il  Duludclo  appella  Hai  -  piea  sono  So,  i  ^9 
moderni,  e  209,770  antiquati  (^  Remar.  PhiloLp/ò^n.).  Se^ 
condo  il  Guignes  {^Praef.  au  Dici.  )  alcuni  asseriscono  che 
i  caratteri  ammontano  a  pressoché  ottantamila,  ma  i  dizio- 
narj  comuni  non  ne  comprendono  che  otto  in  diecimila.  Ai 
tempi  però  dell'  Imperadore  Ghin-tsong^  il  dotto  Sema-Ruang 
gli  presentò  un  Dizionario  composto  di  53, i65  caratteri,  ma 
fra  questi  2 1  ^  1 46  erano  i  doppi ,  e  potevano  evidentemente 
essere  risecati.  La  cognizione  di  1 0^000  caratteri  anche  a 
senso  dei  Cinesi  basta  per  essere  un  letterato  distinto.  Se- 
condo il  P.  Premare  conosciuti  cinque  o  sei  mila  caratteri 
non  vi  è  libro  di  difficile  intelligenza.   Il  Dizionario  del 
Sig.  Gwgnes  comprende  circa   1  ^,000  caratteri  ^  quello  del 
P.  Basilio  lOjOoo. 

/  sei  tratteggiamenti  elementari  e  i  dugento  otto  carat- 

3o 


33o 

teri  primitis^i  compongono  le  cento  quattordici  chiasmi  che  cor* 
rispondono  a  sillabe  alfabetiche .  Sotto  le  dette  chiami  som 
classati  tutti  i  caratteri  Cinesi.  L^ ordine  delle  chém^i  co- 
mincia dalle  pili  semplici  e  passa  poscia  alle  piìi  com- 
poste. S* incomincia  da  quelle  di  un  solo  segno ^  e  si  pros^ue 
sino  a  quelle  di  1 7  tratteggiamenti  che  sono  le  più,  compli- 
cate (De  Guign.  Le.  p.XXXXVIL).  Sonosi  poi  moltiplicati  i 
caratteri  in  quello  smodato  numero^  aggiungendo  alle  chiwi 
^uos^i  tratteggiamenti  y  ne  comprendono  alcuni  fino  a  89 
quantunque  siano  rari  ;  i  più  non  oltrepassano  i  dodici  : 
apparate  a  discerner  le  chiasmi  contansi  i  tratteggiamenti  ag- 
giunti y  e  secondo  il  progressivo  numero  sono  nei  dizionarj 
ordinate.  Non  tralascia  di  rilevare  un  notevole  difetto  il 
Montucci  in  questa  distribuzione  di  caratteri  (^p.  1 26  )  ^  che 
s^  ingenera  dalla  dijficoltà  di  rinvenire  la  chiave  di  alcuni 
caratteri  complicati:  ma  tale  complicazione  o  confusione  por- 
tesi nella  Lingua  Cinese  da  un  altro  principio  j  cioè  dalt  es- 
sere le  chiavi  figure  radicali  d^  oggetti  generali  sensibili  0 
figurati^  quali  sono  montagna,  albero,  uomo^  donna,  cavallo,  ed 
è  perciò  che  sotto  quella  tal  chiave  va  cercato  tuttociò  che 
spetta  a  quelle  tali  cose.  Giova  a  esplicarlo  il  seguente 
esempio  •  Il  carattere  che  significa  maritarsi  è  composto  dei 
due  caratteri  cìù  prendere y  e  niu  donna  ^  talcliè  office  all'oc- 
chio r  idea  di  prender  donna  o  maritarsi  (Magail.  p.  86).  // 
D.  JlIontu£ci  fibid.  p.  3c)J  ingegnosamente  considera  i  trat- 
teggianienti  che  vanno  aggiunti  alle  chiavi  come  le  lettere 
della  Jas^lla  Cinese y  e  le  chiavi  come  le  sillabe,  e  riflette  che 
se  nelle  scritture  alfabetiche  Europee ,  invece^  di  scrivere  le 
parole  composte  di  molte  lettere  orizzontali,  si  aggiustasse- 
A'o  dentro  un  quadrato  come  lo  praticano  i  Cinesi,  molto  pia 
malagevole  a  leggere  sarebbe  un  alfabeto  Europeo  del  loro , 
per  non  avere  le  nostre  lettere  la  semplicità  dei  tratteggia- 
menti cinesi.  Ma  io  opino  che  a  colui  die  legge  mentalmen- 
te le  scritture  alfabetiche,  ossia  senza  spiccare  suono,  a  colui 
io  dico,  le  parole  scritte  sono  segni  simbolici.  Mentre  le  vo- 
ci scritte  dipingono  tanto  rapidamente  all'  animo  le  idee, 
che  a  ninno  è  dato  di  scorgere  ne  la  quantità  delle  lettere 
di  cui  si  impongono,  né  il  valore  di  esse-.  Che  se  alcuno  leg- 
ge ad  alta  voce,  anco  in  tal  caso  tanto  rapidamente  ne  pen- 
eepisce  il  suono,,  che  non    Ita    agio  di  considerare  il  nit-- 


^3i 

mero  delle  lettere  ^  ne  la  qualità  di  esse:  e  al  leggitore  oc- 
corre di  soffermarsi  j  nel  caso  solo  eh'  ei  s' imbatta  in  s^o- 
cabolo  a  lui  poco  noto  o  sconosciuto .  £  questi  due  modi  di 
leggere  o  coli*  occhio  ^  o  spiccando  i  suoni  dimostrano  es- 
senti due  modi  altresì  distinti  di  comunicare  all'animo  le 
idee  per  mezzo  della  scrittura^  o  col  ministero  deWocclUo, 
o  con  quello  dell*  orecchio  j  e  die  quei  sensi  sono  serici  am- 
bedue d*un  ente  intellettuale^  e  che  fra  esso  e  i  sensi,  ewi  quel- 
le differenza  che  si  ravs^isajra  la  macchina  che  adopera  (! ar- 
tefice e  V  intelletto  che  la  dirige. 

Dal  detto  sin  qui  risulta  che  i  caratteri  Cinesi  come 
veri  geroglifici  dipingono  ali*  animo  gli  oggetti  anche  senza 
la  mediazione  della  parola.  Ed  in  fatti  i  Tonchinesi  j  quei 
della  Coccincina  e  del  Giappone  leggono  e  comprendono  quei 
caratteri  quantunque  scrivano  diversamente  nella  loro  loque- 
la (  Du  Hcdd.  L  e.  ),  come  appunto  avviene  delle  note  musica- 
li appo  noi .  Perciò  dall*  usare  artificiosamente  di  quei  ca- 
ratteri,  ne  deriva  bellezza  e  ingegnosa  composizione ,  che 
In  due  modi  può  rapir  fan-imo  ;  e  per  le  imagini  che  reca 
air.  occhio  y  e  doli*  impressione  dei  suoni  che  a  lui  giungo^ 
no  per  V orecchio.  Sono  adunque  quei  caratteri  vere  dipin- 
ture che  con  segni  sensibili  possono  solleticare  V imaginazio- 
ne. E  fra  scrittore,  e  scrittore  presso  quelle  genti  dee  esser- 
vi quella  differenza  medesima  che  veggiamo  fra  egregio  o 
mediocre  dipintore  fra  noi.  Che  se  il  primo  dipinga  il  sa- 
crificio d*  Isacco  sa  tutti  gli  affetti  destare  in  noi,  mentre  se 
V  altro  pure  il  dipinga,  nulla  piìi  gli  è  conceduto  di  fare  che 
di  rammemorare  nudamente  e  sconciamente  quel  fatto . 

Ma  a  ciascuno  dee  affacciarsi  f  obietto  come  i  Cinesi 
stessi  possano  indovinare  il  suono  dei  loro  caratteri ,  come 
possano  con  i  medesimi  esprimere  tutti  i  casati .  E  quanto  a 
questa  ultima  difficoltà  è  da  sapere  che  vi  appose  agevol  ri- 
paro la  legge,  mentre  quella  numerosissima  gente  usa  appena 
wnille  casati ,  per  essere  loro  proibito  di  assumergli  diversa 
da  nomi  approvati.  Quanto  al  primo  objetto  coinè  possano 
rinvenire  i  Cinesi  il  suono  di  caratteri  sconosciuti  è  di 
sapere  che  essi  ne  cercano  il  significato  nei  loro  dizionarj 
ove  sono  sottoposti  a  questi  ignoti  caratteri ,  altri  caratteri 
semplici  ed  ovvj  che  ne  esprimono  il  suono ,  lo  che  ad  essi 
non  è  malagevole  per  essere  le  loro  voci  radicali  monosilla- 


232 

be  y  e  in  piccai  numero  :  che  se  sn  occorra  un  troncamento 
di  una  delle  due  s?oci  come  fa  appunto  Velisione  tra  nai^  dò 
s^ien  indicato  da  un  carattere  che  lo  esprime  «  Manno  poi  i 
Cinesi  i^cabolari  che  contengono  i  tuoni,  co'  quali  coloro  che 
conoscono  la  voce  j  possono  rintracciarne  il  corrispondente 
carattere . 

Dal  sin  qui  detto  agei^olmente  compreiuiesi  quanto  ìna^ 
lagevole  sia  V apparare  la  /avella  Cinese ,  e  maggiormente  lo 
scriverla .  Crediamo  dar  termine  al  presente  ragionamento 
con  alcune  osservazioni  relative  a  far  comprendere  quanto 
difficile  sia  V  illustrare  la  parte  geogn^ca  del  Milione 
che  concerne  la  Cina  ,  quella  appunto  che  è  compresa  helàt 
seconda  parte  del  Libro  Secondo . 

La  Geogra/Sa  di  quel  vasto  Impero  è  grandemente  asctt- 
rata  dal  vario  modo  usato  dagli  Europei  nello  scrivere  nei 
loro  alfabeti  i  nomi  Cinesi .  ^  cagion  d*  esempio  il  Portu^ 
ghese  Màgaillans  scrive  Xaii-«i^  e  Xan-tum  (^  !i3  )  due  pro^ 
vincie  Cinesi y  che  veggonsi  scritte  nella  carta  dell'Inglese  Ar^ 
rowsmith  Shan-jsee  e  Sbantang^  did  Francese  Anville  Shca^^i,  e 
Shan-ton^  dalV  Italiano  Carletti  Sdanw^  Sctamoa  (  P^iag.  t.  IL 
p.  1 33  ) .  In  tanta  discrepanza  nel  modo  di  scrivere  i  nomi 
geogra/ki  della  Cina^  abbiam  creduto  seguitare  V ortografia  del 
celebre  Anville  come  la  pui  generalmente  diffusa.  Ma  ad 
istruzione  dei  lettori  dobbiamo  premettere  le  seguenti  av- 
vertenze, jiiloìvhè  s^  incontrano  unite  le  due  lettere  Sh  co- 
me  nelle  voci  Shan  e  Shen  queste  due  lettere  suonano  in  Ita^ 
liano  Sci  e  perciò  debbono  leggersi  Scian^  e  Scien  ;  anche  il  eh 
delle,  voci  Cinesi  è  come  se  Josse  seguito  dall%  perciò  le  sUr 
labe  cha^  e  ckea  vamw  lette  dskjé  ciu.  Si  avverte  che  in  tutte 
le  voci  geografiche  abbiamo  soppresso  il  dittongo  francese  ou 
die  esprime,  coìne  ognun  sa,  V  a  vocale  degli  Italiani ,  e  lo 
distingue  in  quella  fasulla  daifxx  celtico  detto  da  noi  Frai^ 
cese^  e  che  ha  il  $uo¥U>  presso  a  poco  di  un  u  preceduto  dalti 
come  nella  parola  Italiana  già  ^  e  ciò  perchè  la  nostra  fa^ 
velia  manca  di  un  coiai  special  suono  dell'  n .  Avverte  il 
Guignes  (Introd.  au  Dict.  Chin.  p,  XIF^.J.  C/se  le  lettere  ts 
che  occorre  d^  incontrare  a  principio  di  alcune  voci  Cinesi 
come  nei  monosillabi  Isa  ^  tsui ,  tsonij,  fLe  Comte  p.  ^^)  es* 
primono  il  suono  della  z  e  cosi  abbono  leggersi  su ,  zui , 
Bum  •  JEd  è  poi  da  aggiungere  alcune  altre  avvertenze  trat- 


233 

te  du  Yìeàfàm  {Mdit.  à  la  Bibliotk  Orient.  d' Herbel  p.  3  - 
al  nostro  dwisamento  opportune,  i.^  L'h  dee  essere  pronuny 
ziata  aspra  ,  soprattutto  in  principio  delle  i^oci  ^  e  perciò  il 
Polo  scrisse  Gaa  in,  s^ce  di  ìSoiSi.  a\^  La  n  finale  ^dee  pro- 
nunziarsi come  se  fosse  doppia  a  cagion  d' esémpio  la  ifoce 
Tkiea  come  se  scritta  fosse  Tiena.  3.''  La  fa  finale  come  se 
fosse  un  n:  e  perciò  se  alcuni  scrisHmo 'Pe4Lìm  dee  pronun- 
ziarsi Pe<4ià^  e  il  yisdelou  scrisse  iLei-pim-fu^  ma  dee  pronun^ 
ziarsi  Kei-pin-fii.  4-^  Il  IL  se  precede  l*i  ha  un  suono  dolce  j 
aspro  se  precede  le  altre  vocaU,  ed  è  da  considerarlo  per  noi 
come  il  eh  dinanzi  alt  e,  e  come  un  e  dinanzi  alle  altre  {fo- 
cali. 5.^  /Cinesi  hanno  due  suoni  ignoti  nelle  fwelle europee. 
R  yisdelou  credè  esprimere  il  primo  suono  scris^endo  Cui  che 
corrisponde  al  suono  Italiano  Chìvì  :  il  ^secondo  lo  indicò  colle 
lettere  gh  che  non  hanno  suona  esprimibile  nel  nostro  alfa- 
èetOi  &^  Uy  in  principio  delle  voci  suona  come  V  i,  7.*  La  s 
dee  pronunziarsi  aspra  e  come  se  fosse  doppia^  ma  non  mai 
come  la  z .  8.®  //  C  innanzi  il  co  il  di  «srve  per  dichiara- 
re che  aueste  lettere  dewno  avere  un  suono  aspro ^  come  nella 
voce  iCDea    che   significa   città  di  secondo  ordine   e  che  si 
vedrà   usata  sovente .  U  Italiano  Carletti  invece   di  tcheu 
scrisse  zia  (  f^iag.  t,  lì.  p.  liò)  ed  il  Polo  pronunziava  zui 
ma  scrisse  gai  perché  il  g  suona  come  la  z  nel  dialetto  Ve- 
neto in  principio  delle  voci^  perciò  i  Veneziani  dicono  Zorzeila 
e  non  Giorgelto,  Zannetto  e  non  Giovannetlo.  //  Polo  poi  pro- 
nunziò zia  in  vece  di  zui  per  aver  seguita  in  ciò  la  difetto^ 
sa  pronunzia  dei  Mogdli ,  quali  secondo  il  Magaillans  (j)*i) 
invece  di  zu  pronunziano  zi.  Ed  ecco  esplicato^  come  si  ve- 
rifichi  la  savia  avvertenza  fatta  dal  Martini  ^  e  dal  Gaubil 
(  Jtl.  Sin.  p.iìS.  Hist.  de  Geng.  p*  i^])  che  nei  nomi  geogra- 
fici la  sillaba  gui  del  Polo  corrisponde  a  quella   di  tcbeii 
dei  Cinesi  che  dee  pronunziarsi  zìa  dagV  Italiani. 

A  tali  difficoltà  che  nascono  dal  vario  modo  di  pro- 
nunziare e  scrivere  le  voci  dei  Cinesi ,  per  rettamente  il- 
lustrare la  parte  geografica  di  questo  secondo  libro  altre 
se  ne  aggiungono .  //  Polo  apparò  i  nomi  di  non  poche  con- 
trade eh*  ei  visitò  e  che  sono  a  confine  del  mezzodì  della 
Cina  dai  Cinesi  medesimi ,  i  quali  sono  nelV  impotenza  di 
esprimere  molti  suoni  delle  altre  favelle ,  perchè  manca  il 
loro  alfabeto  della  lettera  r  ( VisdeL  Le).  Perciò   alcuna- 


234 

nomi  di  nazioni  scrivono  in  modo  affatto  sconosciuto  ai 
uno  straniero .  A  cagion  d*  esempio  i  popoli  Eyghur  scrivono 
Uei-u-cuL  Altro  imbarazzo  reca  la  consuetudine  di  essi  di 
appellare  alcune  genti  in  modo  totalmente  disperso  da  quello 
usato  dagli  altri  popoli  Asiatici  y  dalle  f ascelle  dei  quali  ne 
trassero  i  nomi  gli  Europei .  Altro  non  lieve  inciampo  è  il 
diritto  che  si  arrogarono  i  sovrani  di  quelC  impero  di  muta- 
re i  nomi  delle  città  y  come  si  avverte  nei  prolegomeni  al 
nomenclatore  di  tutti  gli  antichi  e  nuovi  dipartimenti  della  Ci- 
nay  pubblicato  nella  Storia  Generale  di  quelt impero  (  t.  XI L 
p.  1 3  ) ,  talché  alcune  città  non  hanno  oggidì  i  nomi  che 
avevano  ai  tempi  del  Polo.  D'altronde  ciascuno  che  studi 
la  storia  del  suo  paese y  s'accorge  esser  di  non  lieve  discolia 
anche  nel  seno  stesso  della  sua  patria  l  illustrare  e  fatti  ^ 
è  luoghi  e  cose  di  cinque  secoli  remote . 

Crediam  per  ultimo  avvertire  che  sarebbe  rèndere  un  gran 
servigio  alla  geograjia  cinese^  se  tutti  i  geografi  e  i  viaggia- 
toriy  invece  di  storpiare  a  loro  guisa  quelle  vociy  pella  lusinga 
di  renderne  esattamente  il  suono  nei  loro  alfabetiy  adottasse 
ro  il  modo  di  scrivere  dell'  Atlante  Cinese  dei  Missioìiarj 
redatto  dall'  Anville  y  non  essendovi  chi  possa  contendere 
con  essiy  in  dottrina  e  cognizione  delle  cose  di  queW  in> 
pero^ 


a35 


GAP.    XXVII. 


Del  fiume  Pulisangan  ,  e  ponte  sopra  quello . 

ir  oicliè  s' é  ccNfXipiata  di  dir  K  govemf ,  e  amministrazioni  dellar 
provincia  del  Catajo ,  e  della  città  di  Cambalù ,  e  della  ma- 
gnificenza del  Gran  Can,  si  dirà  dell'altre  regioni,  nelle  quali 
Messer  Marco  andò  ^  per  Toccorrenzie  dell' impero  del  Grarr 
Can.  Come  si  parte  dalla  città  di  Cambalù,  e  che  s'è  cammi- 
nato diecir  miglia ,  si  truova  un  fiume  nominato  Pulisangan  ^*,  il 
qual'  entra  nel  mare  Oceano,  per  il  quale  passano  molte  navi  cou 


SgS.  Stesser  Marco  andò.  Qui  come  avvertimmo  nella  dicHiarazione  proe- 
miale di  questo  secondo  Libro^  incomincia  là  relazione  dei  viaggi  fatti  dal  Po* 
lo  in   servigio  del  Gran  Can  :  e   primieramente  esso  descrive  quell  o  fatto  si- 
no alia  provincia  di   Carazafi  come  avverti  nel  Proemio .  La  lezione    Pipinia- 
na  contiene  particolarità  che  meritano  d'essere  qui  riferite.  Il- padre  Zurla  che 
lo  avverti ji  ne  pubblicò  un  frammento  (Dissert.  t.I.  p.iSg),  che  crediamo  dovere 
registrare  qui,  per  esservi  alcuna  variante  nella  lezione   dèi  nostro  Testo   del 
volgarìaaamento  di  Fra  Pipino.  »  Expeditis  hi»,   quae  de  provincia  Gathay  et 
t  civitate  Cambalù»  atque  Magni  Kaam  magnificentia,  ad  presens  curavi  .descrì^ 
»  bercj  nunc  ad  describendas  breviter  regiones  finitimas  accedamus.    Quodam 
9  tempore  magnus  rex,  me  Marcum,  ad  remotas  partes  prò  quodam  sui    Imperi 
»  negotio  destinavi t.  Ego  autem  de    civitate    Cambalù  iter  arripiens,   mensibus 
»  quatuor  in  itinerìbus  fui .  Ideo  quae  in  via  illa  eundo ,  et  redeundo  reperi 
»  declarabo  )».  Ed  è  qui  da  avvertire  che  nel  proemio  disse  aver  in  tal  viaggio 
impiegati  sei  mesi   (  p.  i5  )  .  Potrebbero  conciliarsi  queste   due  lezioni   nella- 
supposizione  che  4  mesi  impiegasse  nell'andare,  due  nel  ritorno.  Lo  che   può 
essere  accaduto  per  aver  fatta  maggior  diligenza  al  ritorno, spacciato  dalla  sua  com« 
missione,  e  per  aver  profittato  della  navigazione  di   alcuni  fiumi.  Termina  la 
descrizione  di  questo    suo   viaggio  sino  al  Pegu,  e  del  suo  ritorno    al    capo 
quarantanovesimo  di  questo   Libro. 

394.  Pulisangan.  Nel  Testo  Parigino  N.®  7X67  di  cui  abbiamo  ricevute  le 
rarìanti,  e  di  cui  ci  varremo  in  processo,  se  le  crederemo  utili  alla  Geografia 
coU*  indicazione  (  Cod.Par.  )  si  legge  PuUsanghin  nel  (  T.O.  )  Pulinsanguis*  (Cod* 
Pucc-  )  Pulinzanchin.  Secondo  il  Padre  Martini  detto  fiume  è  il  Lu^keu  detto 
ancora  Sagkan  (Cart.  du  Pecheli).  Magaillans  (p.i5)  dice  essere  il  fiume  Hoenho 
che  é  segnato  nella  carta  particolare  del  Pe-tche-li  dell' Anville.  Ma  il  Lu-keu 
prende  il  nome  di  Uoen-ho  nell' accostarsi  a  Pekino,  ed  è  un  confluente  del 
Paj-^ho  che  si  avvicina  a  dieci  miglia  di  distanza  da  Pekino.  In  delta  carta 
è  segnata  la  strada  maestra  che  fece  il  Polo,  per  recarsi  àsX  Feniche -li  nel 
fioii^^/  per  essere  quella  che  serve  tuttora. alla  comunicazione  di  dette  provincia 


236 

grandissime  mercanzie.  Sopra  detto  fiume  é  mi  ponte  di  pie- 
tra  ^  molto  bello ,  e  forse  in  tutt'  il  mondo  non  ve  n*  è  an  altro 
simile.  La  sua  lunghezza  è  trecento  passi,  e  la  larghezza  otto . 
Dimodoché   per  quello  potrìano  comodamente  cavalcare  dieci 
uomini ,  dall'  uno  all'  altro  lato .  Ha  ventiquattro  archi ,  e  venti- 
cinque pile  in  acqua  che  li  sostengono ,  ed  è  tutto  di  pietra  ser- 
pentina ,  fatto  con  grand'  artificio .  Dall'  una  all'  akra  banda  del 
ponte  è  un  bel  poggio  di  tavole  di  marmo  ^  e  di  colonne  mae- 
strevolmente ordinate.  £  nell'ascendere  è  alquanto  più  largo,  che 
nella  fine  dell'  ascesa  •   Ma   poiché   s' é  asceso ,  si  trova  ugnale 
per  lungo  come  se  fosse  tiralo  per  linea .  £  in  cafio  dell'  ascesa 
del  ponte  è  una  grandissima  Colonna   e  alta ,  posta  sopra  nna 
testuggine  di  marmo .  Appresso  il  piede  della  colonna  é  un  gran 
leone,  e  sopra  la  colonna  ve  n'é  un'altro.  Verso  l'ascesa   del 
ponte  è  un'  altra  colonna  molto  bella  con  un  leone ,  discosta 
dalla  prima  per  un  passo  e  mezzo.  £  dall'  una  colonna  all'  altra  è 
serrato  di  tavole  di  marmo  tutte  lavorate  a  diverse  sculture ,  e 
incastrate  nelle  colonne ,  da  b  par  lungo  del  )K)nte  iofiao  al  fiae  . 
Ciascune  ccJonae  sono  distanti  V  una  dall'  altra  per  un  passo  e 
m*ezza^  e  a  ciascuna  è  soprapposto  un  leone  con  tavole  ai  mar- 
mo  incastratevi  dall'  una  airaltra ,  acciocché  non  possano  cadere 
coloro  che  passano,  il  che  è  bellissima  cosa  da  vedere  •  £  nella 
discesa  del  |K>nie  è  oome  oell'  ascesa  • 


i^Mta^ 


3^.  Pont»  di  Pietra.  Il  1^.  Magaillatis  fa  menzione  di  questo  ponte ,  che 
secondo  esso  era  non  già  sol  fiume  Pulirangan^  md  sul  Leu-ìi-hoy  che  ha  cor- 
so tre  leghe  ad  occidente  del  rammentato  Puiisan^an .   Egli  è  certo  che  può 
essere  occorso  tale  abbaglio  nel  Diario  del  Polo.  Secondo  il  Missionario  detfo 
ponte  era  il  più  bello  della  Gna,  e  forse  del  Mondo,  tutto  di  finissimo  mar- 
mo bianco.  Ciò  pare  in  contraddizione  col  testo  ove  è   detto  che  era  di  pietra, 
"**.  "f  *  Testo  niccardiano  è  detto  póns  marmoreus .   Era  abbellito   con  lavori 
finissimi  ed  eccellenti,  omavanlo  140  colonne,  settanta  per  parte  insieme  uni- 
te con  tavole  di  marmo  che  servivano  di  spallette  al  ponte,  scolpite  con  or- 
nati a  grottesco  di  fiori,  frutti,  uccelli,  e  altri  animali.  Il  Missionario  fa  menzione 
di  due  piedestalli  che  erano  all'ingresso  dej  ponte,  sui  quali  posavano  due  leoni, 
ed  è  strano  che  ei  affermi  che   il  Poto  non  ne  fece   menzione  (  p.  17  ).    Ciò 
forse  deriva  dall' aver  letta  la  relazione  del  noMxo  viaggiatore  in  qualche  edi- 
zione mutilala.  I  Cinesi  credevano  che  il  ponte  avesse  due  mila  anni  d'antichi- 
tà. Nel  1688  una  piena  sopraggiunta  dopo  una  gran  siccità  lo  fece  cadere  i» 
rovina  . 


GAP.    XXVIII. 

Delle  condizioni  della  città  di  Gonza. 

Partendosi  da  questo  ponte ,  e  andando  per  trenta  miglia  al- 
la l)ancla  di  ponente  ^  trovando  di  continuo^  pala2:zi ,  vigne ,  e 
campi  fertilissimi  ^  si  tniova  una  ciuà  nominata  Gouza  ^',  molto 


5g6.  Di  ponente.  E  qui  é  da  notare  la  cura  che  si  dà  il  Polo  d'indicare 
qual  fosse  la  direzione  generale  del  suo  riaggio^  chef  è  una  guida  utilissima 
per  illustrarne   V  andamento  . 

597.  òouza  *  Ciascun  ravvisa  che  non  è  Cinese  il  none  di  questa  città.  Qui 
la  lezione  è  errata,  e  non  raddrizzandola  recherebbe  confusione  all'illustrazione 
della  parte  geografica  del  Viaggio.  11  nostro  Testo  appella  detta  città  Gicgaite 
tosi  11  Pucciano  (  t.  L  p.  97  ).  Di  questa  stessa  città  fa  menzione  tornando  in- 
diètro dal  suo  viaggio  ^c.49)9  nia  ivi  non  è  det^  Gouza^  ma  Gin-guì^  che  si 
ravvisa  essere  una  storpiatura  della  voce  Gio  -  gui .  Per  una  singolarità  antH> 
più  strana ,  allorché  ne  è  fatta  nuovamente  menzione  nel  nostro  Testo  (  t.  L 
p.  122)  non  vi  si  legge  Gio- gui  ma  Cn^ni :  ma  che  voglia,  indicare  preciàa«i 
mente  la  detta  citti  lo  dimostra  il  dire^  tuomo  trova  Logni  ove  noi  fummOy 
e  questo  Cugni  non  è  in  verun  altro  luogo  rammentato.  Tutte  queste  varianti 
derivano  dalla  trascurànza  dei  trascrittori.  Ora  secondo  il  Gaubil  Gio  -  gui 
è  la  città  di  .Tso-tcheu  (  Hist.  Gen.  des  Yoy.  t  VII.  p.  3i8  ) .  Infatti  come  av 
vertimmo  nel  nostro  Uagionamento  intorno  alla  lìngua  Cinese,  dovendosi  seri* 
vere  secondo  il  suono  del  nostro  alfabeto  italiano  So-ieheu  converrebbe  seri* 
vere  Zo-ziuy  -suono  che  per  le  avvertenze  ivi  contenute  corrisponde  perfetta- 
mente al  Gio 'gui  del  Polo.  Che  la  città  detta  dal  Polo  Gio^ui  sìa  Tso-tckeu 
lo  confermano  altre  validissime  prove.  Esso  dice  eh'  era  a  quaranta  miglia  al 
ponente  di  Pckino ,  distanza  e  posizione  che  si  riscontra  esatta  per  Tso^icheu 
Della  Carta  del  Pe  -  tehe  *  li  dell'  Anvilie .  Saggiunge  1*  altra  particolarità,  che 
pure  si  verifica  per  Tso  teheu  in  detta  C^rta,  che  un  miglio  distante  da  Gio* 
gui  si  diramano  due  strade,  l'una  che  va  verso  Ponente,  1' 'altra  verso  Sciroc* 
co,  che  la  {Mima  conduce  nelle  provincia  dei  Catàfoy  l'altra  nel  paese  dei 
Mangi.  Infetti  dòlle  dette  due  vie,  segnate  nella  rammentata  carta,  una  vol- 
ge Terso  il  Chan-sij  T  altra  verso  il  CMan-tongl  Ho  dovuto  diffondermi 
per  stabilire  a  qual  moderna  città  corrispondesse  Gio -gui  per  essere  det- 
ta -città  la  chiave,  che  apre  1*  intelligenza  dei  viaggi  posteriori  del  Polo. 
Esso  al  Cap.  49.  senza  dichiarazione  conduce  il  leggitore  da  detta  città  a 
Fazànfu  y  avverte  solo  che  questa  città  non  è  nella  direzione  ^nerale  del 
Tiaggio  che  fece  nel  ritornar  dal  Pegt» ,  eioè  verso^  levante ,  ma  «he  Pazan* 
Ju  relativamente,  Gio  »  gui  era'  a  mezzo  giorno.  La  brevità  per  lo  più  lode- 
volissima  degli  scrittori  dePsecolo  XIII.  die  motivo  a  tale  oscuriti.  Sicco- 
me il  Polo  qui  descrive  la  via  che  da  questa  città  conduce  a  Pckino  ,  non 
<:rjidé  doverne  riparlare   al  Cap,  XLIX,  allorché  descrive  la  vtabbt  da  PeluM 


238  1 


bella ,  é  mollo  grande,  nella  qusde  sono  molte  abbazie  cT  idoli , 
le  cui  genti  vivono  di  mercanzie  y  e  ai*ti»  Quivi  sì  lavorano  pan^ 
ni  d' oro  e  di  seta ,  e  belli  veli  sottilissimi ,  e  vi  sono  moki  al- 
loggia menti  per  i  viandanti.  Partendosi  da  qnesta  città,  e  andan- 
do per  un  miglio,  si  trovano  due  vie ,  una  delle  quali  va  verso 
ponente  ^  V  altra  verso  scirocco  »  Per  la  via  di  ponente  si  va  per 
la  provincia  del  Gaui|o  ^  p^  la  via  di  scirocco  alia  provincia  di 
Mangi  ^^ .   £  sappiate ,  cbe  dalla  citta  di  Gouza  fiao  al  regno  di 
Tainfu  ^^  si  cavalca  per  la  proviocta  del  Gatajo  dieci  giornate, 
sempre  trovando  molte  belle  città ,  e  castella ,  fot*nite  di  grandi 
arti  e  mercanzie ,  trovando  vigne ,  e  campi  lavorati  *  £  di  qaì 
si  pwta  il  vino-  nella  provincia  del  Catajo ,  perchè  in  cpella  non 
ve  ne  nasce .  Vi  sono  ancbe  moki  alberi  mori ,  che  con  la  foglia 
iOA  gli  aiutami  fanno  di  gran  seta.  Tutte  quelle  genti  sono  do- 
Hiestiche ,  pev  la  mdtitnaine  delle  ciuà  p(xx>  discosto  V  una  dall' 
altra,  e  freqnentas^ione  che  fanno  gli  abitanti  cK  qojelie,  perchè 
sempre  vi  si  truovano  genti  che  passano,  per  le  mohe^  mercan- 
zie che  si  {portano  conlinuamenie    d'  una  città  all' altra,  e  id 
ciascuna  di  qudle  si  fmoo  le  fiere.  £  in  capa  di  cinque  giornate 
delle  predette  diec^ ,  dicono  esservi  una  città  pru  betla ,  e  mag- 
gior dell'altre,  chiamata  Achbaluch  ^,  fino  alla  quale ,^  verso 


conduce  selle  provincie  meridionali  della  Cina.  Perciò  loconittcia  la  relauo-> 
iie  di  qoeato  nuovo  suo  viaggio  da  Gèo  -  gni  ove  si  disamano  le  due  sUa^ 
de ,  queDa  cioè  da  kii  seguita  neir  andare  al  Pefim  »  e  quella  eh'  eì  segui 
per  recarsi  a  Quiasai  y  e  sì  contenta  di  dame  1*  unico  breve  cenno  »  che 
Pazan  ^fu  era  a  mezzodì  di  detta  eitià  nella  nuova  direzione  generale  del 
eaminino  che  egli  intraprese .  A  Tso  -  icheu  £iu  il  Padre  Fontenaj  per  recarsi 
da  Pelino  nel  Ckan^si,  Anche  esso  confiejrma  quanta  popolata  sia  quella  con» 
trada  (  Z^u-Bbld.  t.  I.  p.  i8). 

3^.  Nella^  provincia  di  Mmn^i.  Nel  nostro  Testa  appella  quel  paese  Sk 
Reame  delti  M4mgi  più  correttamente  ^  perchè  MamtMi  a  ètanitu  era  il  nome 
che  davana  i  Xastarì  agli  ahibuifti  e  non  alla  contrada  {  V.  1. 1.  p.  xa)  not.  > 

399*  Regna  di  Tainfu,  É  la  provincia  di  CAaR«>A  cui  di  il  nome  dell»  sa«L 
capitale  detta  Tói-jveirfu.  Questo  provincia^  come  vkn  detto  nel  ffomencla» 
tot-e  delle  provincie  Cinesi,,  che  va  aggiunto  uIIbì  Storia  Generale  deUa  Cina  (t.Xl& 
p.  41  )»  che  ci  occoo^rà  di  citare  frequeatemente,  è  una  delle  provineic  le-  megUa 
coltivate^  abbonda  di  tutte  le  biade  eccetto  il  rìso.  Dà  muschio,  porfido^^  mamoy 
diaspro  di  var)  c(4pri>  lapis  armeno,,  molto  ferro»  ed  eccKU^ntiesime  uve.  S^ 
novi  maniblture   di  tappeti  a  uso  di  Turchia  e  di  Persia. 

400.  Aohòaluek.  ^Osserva  il  Mbrsden  (  n.  754  )  che  questa  r^m  è  Tartarm 
evidentemente  y  ma  iogenuan^nte  confessa  non  sapeva  oye  fosas.  questa  bandir 
ta  Impeciale  (  Vedìinfi:.naC4i5> 


(juella  psoife  confina  3  termine  della  cacciiigione  del  Signore,  do- 
ve ninn'  ardisce  d' andar  alla  caccia ,  eccettuando  il  Signore  con 
la  sua  famiglia,  e  chi  è  scrìtto  sotto  il  capitano  de' Falconieri . 
fifa  da  quel  termine  innanzi  può  andarvi  purché  sia  nobile.  Non- 
dimeno quasi  mai  il  Gran  Gan  andava  alla  caccia  per  quella 
banda.  Per  la  quii  cosa  gli  aoknali  salvatichi  erano  tanto  cresciuti^ 
e  mohiplicaii,  e  speciiJumeote  le  lepii,  che  guastavano  le  biade 
di  tutta  la  deua  provincia .  La  qual  cosa  fatta  inteodere  al  Gran 
Gan ,  v'  andò  eoo  iaiia  la  eone  ^  e  Ìufouo  presi  mimali  senza 
nomej». 

GAP.    XXIX. 

Ihl  regno  di  Tainfu . 

Poiché  s' é  cavalcato  dieci  giornale  partendosi  da  Gonza , 
si  trova  un  regno  nominalo  Tainfu  ^""^  ed  è  capo  di  questa  prò* 
vincia,  con  una  città  che  ha  il  medesimo  nome.  La  qual  é  gran- 
dissima, e  molto  bella.  £  quivi  si  fanno  gran  mercanzie ,  e  molte 
arti ,  e  gran  quantità  di  munizioni  d' armi ,  che  sono  mollo  a 
proposito  per  gU  esercii!  del  Gran  Gan.  Vi  sono  ancora  molte 
vigne,  dalle  analisi  raccoglie  vino  ia  graod' abbondanza.  £ben« 
che  in  tutta  Tainfu  *^,  non  si  trovi  altro  vino  di  quello  che  nasce 
nel  disireiio  di  questa  città ,  lìoudimeno  s'ha  vino  abbastanza  per 
tutta  la  provincia.  Quivi  hanno  ancora  frulli  in  abbondanza,  per* 
che  iianno  naolli  mori ,  e  vermicelU ,  «che  producano  la 


4»A..  Tuinju.  11  Padre  Martini  (  Atl.  Sin.  p.  29  \  e  M^gaiUans  (pJ5)  avver- 
tono  «essere  Tai-jven-'fu  capitale  del  Chan^si.  Confermano  ambedue  l'abboin* 
danza  di  vino  che  dà  il  suo  territorio .  I  Qesuiti  di  li  lo  spedivano  neUe  al- 
tre Provincie.  Siede  sulle  rive  del  Fuen^hoki  (  e  «qui  avvertiremo  una  volta  per 
sempre  che  Ho  in  Cinese  significa  fiume).  E  ciità  antichissima,  e  jiobiUssima. 
Ha  nove  miglia  di  giro^  ed  è  cinta  di  forti  mura.  Negli  antichi  tempi  fu  ca- 
pitale di  reame ,  ed  uno  dei  più  nobili  edifi^j  che  contenga  è  il  palazzo  reale 
(  Mart.  Le.  )•  U  M^gaillans  (  1.  e.  )  ci  appara  che  ivi  stabilirono  la  loro  resi- 
denza  i  Tartari,  innanzi  che  facessero  la  conquista  del  Pe^iche-li.  Ma  'Ctò  dee 
intendersi  dei  Mancfaisi.  Secondo  le  tavole  del  DuhaUo  Lat.  3,7;^  55.'  «Long.  oc. 
da  Pekino  5.»  55/ 

4oa.  la  tutto  Tahjfuj  cioè  nel  rimanente   deUa  ^pr^ovincìa. 


\ 


^4^ 

Vigentemetite  lo  dèmtaoo,  che  il  re  Dot  gli  aniMa^  e  aveva  ca* 
rissimi,  e  voleva  sempre ,  ohe  quando  egli  andava  alla  caccia  li 
iòsseno  appresso.  Questi  cavaliieri  un  giorno  essendo  fuori- il  re, 
e  avendo  passato*  un  fiume)  e  lascialo  il  resto  delia  compagnia 
dall'altra  banda  ,  vedendosi  soli  in  luogo  cpporiund  a  fare  il  suo 
disegno,  cavate  fuori  le  spade  furono  imoino  al  re  Dor,  e  per 
forza  lo  condussero  alla  >x)lta  di  XJnican,  di'  alcun  de'  sutH  noa 
lo  potè  mai  ajutare  .  Dove  giunto ,  per  ordine  di  cniello ,  vesuto 
di  panni  vili ,  fu  posto  al  governo  dell'  armento  del  signore,  per 
«^oferlo  dispregiai^e ,  e  abbassare .  £  ouivi  stette  in  gran  miserìi 
per  due  anni,  con  grandissima  guardia,  ch'egli  non  poteva fug>- 
gire  .  Alla  tino  Umcan  lo  fece  condurre  alla  sua  presenza  twito 
pieno  di  paura  e  timore,  pensando,  che  lo  volesse  far  morire. 
Ma  Un}can  lattagli  un'  aspra  ,  e  terribile  ammonizione,  che  mai 
più.  per  superbia  «  arroganza,  non  volesse  levarsi  dall obbedien- 
za sua ,  li  ])erdouò ,  e  fece  vestii^o  dì  vestimefiti  regali ,  e  con 
onorevole  compagnia  lo  mandò  al  suo  regno.  Qual  d' indi  innan- 
zi fu  sempi^e  obbediente  y  e  amico  ad  Umcau .  £  cpesio  è  quanto 
mi  fu  referuo  di  questo  re  Dor . 

C  A  P.    XXXII. 

D*  un  grandissimo  e  nobil  Jiume  detto  Caramoran . 

Partendosi  da  questo  castello  di  Thaigin ,  e  andando  circa 
venti  migb'a  9  si  trucva   un  fiume  detto  Caramoran  *°^,  qual  è 


4^6.  Caramoran,   Cosi  chiamano  i   Tartari  il  celebre  fiume  detto  dai  Cinesi 
JJoang'ho  o  iiume   giallo.  Caraniuren  si^iiìca   in   Tartaro   fiume  nero,  e    cia- 
scun ravvisa  che  il    nome  deriva   dal  divei^so  colore  deUe  sue  acque    tinte  dal 
limo  che  seco  traggono  (Ma^ail.p.  19.  Gaub.p.65  ).  Il  corso  dell tìoang-ho  fu  de- 
««crìtto  da  un  .Geografo  Cinese   tradotto  da  Amiot  (  Mem.sur  les  Chin.  t.  XIV. 
p.  256  ) .  Ha  origine  nel  paese    di  Si/an  (  &fan  significa   occidentale  )  .  Più    di 
cento  polle  scatmiscono  .gorgogliando  a  poca  (distanza   V  una  dall'  altra  in    70 
•o    80   Li  di   distanza  che   dirigono  alia  volta   di  Creco  il  loro  corso^   e  unit* 
formano  un  lago.  11  Jago  dà   vita  al  fìume^  che  corre  verso  levante,  ed  allora 
si  appella  Tche^pinho.  Confluisce  col  //«-/a/i  ed  altri  fiumi,  e  indi  prende  quel- 
4o  di  Moang  ho.  Anche  col  detto   nome  sfcorre  a  Greco  ed  entra  nel  Chea-si. 
Verso   Lang-Tcheusì   volge  a  mezzodì.  CuUai^an  fece  cercare  le  sorgenti  del 
^ume.allo  scienziato  Tu-^hi,  che  impiegò  quattro  mesi  per  giungervi,  e  furm^ 
«ma  carta  del  corso  di  esso  the  corredàu  di  4nemorìa  esplicativa  xìmease  ali*  Im* 


a43' 

co^  grande,  largo  e  profondo,  chie  so^ài  ifuello  non  si  pu5 
ferixkar  alcun  ponte ,  e  scorre  questo  frunie  fino  al  mare  Oceano, 
come  di  sotto  si  dir*;  appresso  a  q  uesto  fiume  sono  molte  cktà 
e  castella,  nelk  quali  sono  molti-inercaati\  e  vi  stanno  mdte  mer» 
canzie .  E  intorno  »  qoesto  fiunte  per  la  contrada  nasce  senze* 
ro**',  e  seta  in  gran  quantità ,  e  v'é  Unta  raoliiiudioe  d' uccelli, 
eh'  egli  é  cosa  incredibile ,  e  massime  di  fagiani ,  che  se  n'  ha  tre 
per  an  grosso  veneziano .  Per  luoghi  circostanti  di  questo  fiume 
nasce  infinita  quantità  di  canne  grosse^"',  alcune  delle  quali  sono 
d'un  piede,  altre  d'un  piede  e  mezzo,  e  gli  abitótori  se  ne  valgono, 
in  molte  cose  oeeessaffie , 

I 

CAP.  xxxin. 

Della  città  di  Cacianfu^ 

Poicbè  s' é  passato  questo  fiume  ,  e  fauo  il  cammino  dì  dn« 
giornate ,  si  traova  la  dita  di  Cadanfu  <^,  le  cui  gemi  adorano 
gli  idoli .  \x\  (|iiesta  eittà  si  fanno  gran  mercanzie  e  mc^e  arti; 
^  quivi  nascono  in  grand'  abbondanza  tra  T  altre  cose  ^  seta ,  Q 


peiailore.  Secondo  Zìi-cB»*La  vera  sorgente  è  al  confine  occidentale  del  paese 
di  Tonluuu  nel  regno  di  Tufan.  £  le  rammentate  polle  vedute  da  un  eminente 
luogo  parvero  al  relatore  disposte  come  le  stelle  nel  cielo.  Quel  luogo  «pm 
pcilusi  infatti  neMa  favella  del  paese  HoiwU'nor,  o  Mare  di  sielle.  Quelle  boi^ 
genti  dopo  il -corso  di  sette  Li  formano  due  laghi  detti  Alanor^  Prosegue  jn».. 
di  la  descrizione  fino  all'  ingresso  del  fiume  nelle  terre  della  Qna  (fi^st*  Ànir. 
de  la  Ghin.  t.  IX.  p.  404  ) . 

407.  Zenzero  o  Geogiovo  (  Yed.  1. 1.  p.^ioo.  not  b  ). 

408.  Canne  grosse,,  o  bambuse  descritte  nel  tomo  primo  (p.  56  net  d;  )•.    ; 
409*  Oician/u .  Valicata  la  provincia  di  Gumi-sì  appena  passato  il  Caramu^ 

rea  entrasi  in  quella  di  Chen^si.  li  fiumey.non  lungi  dal  luogo  ove  sembra  averlo 
passato  il  «ostro  viaggiatone  che  scorre  nella,  direzi^one  4»  settentóone  a  mez- 
zodì ÙL  un  «angui»,  e  volgesi  bruscamente  a  Levante.  Io  opino  cfa^  Ca-dan^fm! 
Q  come  porta  il  nostro  testa  Ca-ciàju  sia  Uoa  techeu,  che  come'  avvertimmo, 
dee  proAuna.iarai  Coor  icheu.  Questa  città  ai  tempi  del  PoIq  potè  avere  il  ti- 
tolo di  Ju  per  essere  di  primj»  ordine*  Tale  congettura  sembra  confermata  dall' 
avere  detto  il  Polo^  che  la  città  era  due  giornate  discosto  dal  luogo^  ore  ei 
passò  il  fiume.  E  può  riscontrarsi  nella  carta  particokre  dsl  Chea- si,  che  dal^ 
punto  ove  awectimmp  avev  passato  il  Polo  il  Coramuren  ewi  la  distanza, 
geografica  di  40.%  ossia  di  qvaranta  miglia,^  che  wrrìsponde 
alt'  itifierana  di  due  giooiaU. 


a44 
étnzevB ,  galaDga ,  è  spigo  y  e  medie  altre  sorte  di  spezièrie ,  dèlk 
quali  niana  (fliantità,  ;si  conduce  in  queste  nostre  parti.  Quivi  st 
ranno  panni  d' oro  e  di  seta ,  e  d' ogni  altra  naamera.  Ck*a  par- 
tendosi di  qui  diremo  della  nobile,  e  celebre  città  di  Quenzanfu^ 
il  regno  della  quale  similmenle  è  cbiam^tto  con  detto  noine^ 

CAP.  XXXIV. 

a 

Della  città  dì  Qu^nzanfu^ 

Partendosi  da  Gacianfu ,  si  cavalca  sette  giornate  per  poneóle 
trovando  continuamente  molte  città  e  castelli ,  dove  s' esercitano 
gi*an  mercanzie ,  e  trovansi  molli .  giardini  e  campi  ^  e  tutta  la 
contrada  è  piena  di  mori,  cioè  d' alberi  co' quali  si  fa  la  seta  ^'^ .  E 
quelle  genti  adorano  gl'idoli,  e  quivi  sono  Cristiani,  Turchi, 
Nestorini^" ,  e  vi  sono  alcuni  Saraceni.  Quivi  eziandio  sono  molte 
tracciagioni  di  bestie  salvaiicbe^^^,  e  si  pigliano  molle  ^sorti  d' uc- 
«celli.  £  cavalcando  sett' altre  giornate ,  sitrfiova  una  grande,  e 
nobile  città^  chiamata  Quenzanfu  ^'^,  che  anticamenie  fu  un  gran 


4-10.  Si  fa  la  seta.  La  provìncia  secondo  il  P.  Marlin!  paga  all' f  mperdo» 
9218  libbre   di    seta  filata  (  Atl.  Sin.  p.  53  } . 

411.  Turchi  -e  Nestorini.  Tutti  gli  stranieri  secondo  il  Martini  concorrc- 
Tebbero  in  questa  provincia  sotto  colore  d'ambascerìa,  par  avere  V  agevolez7ji 
di  trafficarvi  (  Lbrd.  ),  ma  il  Governo  Cinese  vi  si  oppone  oggidì .  Ai  tempi  dei 
MogoUi  aveva  il  traffico  ogni  franchigia.  • 

4i3-   Bestie  salvtttiche .  U  rammentato  scrittore  nel  parlare  ddle  città  dì 

•  Hanr^chùng-fuf  che  come  avvertimmo  è  quella  detta  Quer^za-fu  dal  Polo ,  fa  men- 
zione dei  branchi  di  cervi ,  e  di  daini  che  s*  incontrano  per  le   vie  (  ibìd.  p.  Sg  \ 

41 5.  Qii6/i-za/if,  non  può  essere  Sigan  fu  capitale  del   Cken-si  e  altra   voi- 

ta  di  tutto  l'Impero.  Credo  eh'  ei   intendesse  parlare   di  Stgan  (  Uh  i.  e.  5o), 

allorché  da  Campion  giunto  a  Erginul^  avverte  che  di  li   partendosi   verso  sci- 

•rocce  si  può  andare  alle  parti  del  CaUjo,  e  che  andando  a  queUa  volta  si  trova 

una   dttà  detta  Sùigui^  e  che  la    provincia  chiamasi   ancora  Singui.  Infatti  a 

•  confine  del  paese  d*  Erginul  era  la  provincia  di  Se-tehuen  cui  dà  H  nome  d^a 
sua  capitale  ;y«V^/i,.  cl»«  variò  in  Singui.  Dìin<{\xe  Que-gi^n-fu  è  verosimilmente 
tìatig^ehong'fu  suW  Hoang^ho.,  che  cosi  si  appella  perchè  il  suo  territorio  è 
da  oriente ,  -e  da  -occidente  circuito  dal  detto  fiume .  Questa  città  è  capitale  del 
terzo  dipaiiimento  >dcl  Chen^si.  Secondo  la  lezione  Aamusiana  da  Caeianfu 
che  abbiamo  avvertito  essere  Cca^cktu  a  Quen^ia^/u  che  congetturiamo  es- 
sere  Hang  tckùftg^fu  ci  sarebbero  i5  giornate  che  darebbero  una  disUneé  geo- 
grafica di  circa  3oo  miglia  valulancjole  ih  pae^e  non  aspro  come  è  questo  a 
;m)  migUa  T  una.  Ma  U  LezioBc  del  nwlro  test«  porta  «olUnto  otto  giornate 


^45 

regno  nobile*'*,  e  potente:  in  quello  furono  molti  re  generosi, 
e  valenti  •  E  vi  regna  al  presente  un  fìgliaolo  dei  Gran  Gan ,  no- 
minato  Mangalù**^,  qual'esso  Gran  Can  coronò  di  questo  reame. 
Ed  è  questa  .patria  certamente  di  gran  mercanzie,  e  molte  arti« 
Ivi  nasce  la  seta  in  gran  quantità,  e  vi  si  lavorano  panni  d  oro  ,  e 
di  seta  ,  e  d^  ogni  sorte,  e  di  tutte  le  cose  clie  ^  ap[>artcngonQ  a 
fornir  uii  esercito.  Parimente  hanno  grande  abbondanza  di  tutte 
le  cose  necessaria  al  corpo  amauQ,  e  comprante  per  bon  njiercato. 
Quelle  genti  adorano  gì'  idolu  Quivi  sono  alcuni  Gristianì,  e  Tur* 
chi,  e  Saraceni  •  Fuori  della  città  forse  per  cinque  miglia  è  uu 
palazzo  del  re  Mangalxi ,  il  qual  è  bellissimo,  ed  è  posto  in  itna 
pianura  dove  sono  molte  fontane ,  e  fiumicelli,  che  ivi  scorrono 
dentro,  ed'iaioroo;  e  vi  sono  «bellissime  cacciagioni,  e  luoghi 
da  uccellare.  Primamente  ve  un  muro  grosso  e  alto,  oon  merli 
attorno  attorno ,  ohe  circonda  circa  cinque  miglia ,  dove  sono 
tutti  ^i  animali  selvaggi,  e  uccelli.  E  in  mezzo  di  questa  mu* 
raglia  v'è  un  palazzo  grande  e  spazioso  cosi  bello,  che^iuiH)  lo 
potrebbe  meglio  ordinare  :  il  qiiale  ha  molte  sale,  e  camere  grandi 
e  belle,  e  tutte*  dipinte  d'oro  con  azzurri  finissimi ,  e  con  infiniti 
marmi.  Qttesto  Mangalù,  seijueiido  le  vestige  del  padre,  mantiene 
il  suo  regno  in  grand'equiià  e  giustizia,  ed  è  molto  amato  dalle 
sue  genti,  e  si  diletta  di  cacciagioni  e  d'uccellare  « 


(  1. 1.  p.  loi  ) .  Ivi  non  ^ì  si  legge  come  qui:  e  cavalcando  sette  altre  giornate^ 
ma  solamente:  quando  t  uomo  ha  cavalcato  queste  otto  giornate ^  luomo  truova 
la  nobile  città  di  Que-gian-fu^  lezione  conferìnata  dal  Testo  Riccardiano.  -£  se- 
guendo detta  lezione^  avrebbesi  nuova  prova  delia  giustizia  della  congettura  dalla 
distanza,  poiché  nella  carta  particolare  della  provìncia,  da  Coa-tcheu  a  llau'^ 
ichong'-'fu  ftonoTÌ  160  migìia,  che  corrispondono  appunto  alle  otto  giornate 
notate   dal    Polo.   Hang-tchong^fu  Lat.  Sa.**  56."  Long.  Oec.  9.®  16.*  Dufaaldo« 

4i4«  Regno  nobile.  Appartenevi  la  città  sotto  la  terza  dinastia  ai  prin* 
cipi  di  Tsin  dipoi  ai  Tcheu.  Dì  li  si  parti  Lieu-pang  fondatore  della  dina* 
«tia  degli  Han^  e  apri  una  via  che  per  precipizj  e  luoghi  spaventevoli  io  con- 
dusse alla  capitale.  I  lavori  straordinarj  occorsi  per  aprire  la  detta  via,  pro- 
cacciarono al  suo  generale  Chang'Leangf  che  gli  diresse^  gli  onori  dell'apo- 
teosi^ a  Lieu'-pang  l'Impero  della  Cina  (  Mart.  A.tl.  Sin.  p.  $9  )  (  Hist.  Gen.  de  U 

Chin.  t.  XIl*  p*  71  )* 

41 5.*  Mongola  o  Manghola.  Lo  dice  il  Deguignes  terzo  figlio  di  Gublai  Can^ 
e  viceré  o  governatore  del  Chen-sifòxX  Sé^chuen^t  del  Tibet  (t.TV.p.18).  Téli 
viceré  è  nella   consuetudine  il  Polo  di  appellargli  re. 


3a 


i46 
GAP.    XXXV. 

De*  confini^  che  sono  nel  Catajo  e  Mangi . 

Partendo^  di  questo  palagio  di  Mangnlù ,  si  cammiaa  tre 
giornale  per  {Ponente  ^  trovandosi  di  contiuiio  molte  città ,  e  ca- 
stella, nelle  quali  gli  abitanti  vivono  di  mercanzie  ,  e  d'  arti .  E 
hanno  seta  abbondantemente ,  e  in  capo  di  tre  giornate  si  truova 
una  regione  piena  di  gran  monti,  e  valli,  che  sono  nella  pro\ÌQCÌa 
di  Cnnchin  **^ ,  e  sono  quei  monti ,  e  valli  piene  di  genti,  ch'adora- 
no gF  idoli ,  e  lavorano  la  terra  •  Vivono  di  cacciagioni ,  perchè 
quivi  sono  molti  boschi ,  e  molte  bestie  salvatiche ,  cioè  leoni , 
orsi ,  lupi  cervieri ,  daini  y  caprioli ,  cervi ,  e  molti  altri  ammali, 
dalli  quali  conseguiscono  grande  utilità .  E  questa  regione  s' esten* 
de  per  venti  giornate ,  camminando  sempre  per  monti ,  valli  e 
boschi  y  e  trovando  di  continuo  dttà ,  nelle  quali  comodamente 
alleggiano  i  viandanti .  E  poiché  s^  è  cavalcato  le  dette  giornate 
verso  ponente ,  si  truova  una  provincia  nominata  Achbatuch  Man- 
gi ^'7,  che  vuol  dire,  città  bianca  de'  confini  di  Mangi  ^  la  qual'  è 


4i6.  Chunchum,  ma  più  correttamente  il  nostra  Testo  Chun  -  cfi//».  Il 
Polo  a  piccola  distanza  da  Hong '^  tchong -/u  lasciò  la  parte  montuosa  de  Ha 
provincia  di  Chen-sif  ed  eatrd  nel  Se^tchucn.  lì  paese  detto  da  lui  CAifir-cAiVt  è 
chiaramente  il  territorio  della  città  di  Ckurt-cfungy  che  è  capitale  del  terzo  dipar- 
timento di  detta  provincia  (Hist.  Gen*  de  la  Chin.  t.  X(I.  p^  iii  )  »  Secondo 
il  P.  l^rtini  non  mancano  montagne  in  quel  territorio  (  ibid.  p.  8a  ) .  Sem- 
bra che  parK  del  territorio^  e  non  della  città»  perché  questa  non.  era  sul  «uo 
cammino.  Può  congetturarsi  che  ei  proseguisse  il  viaggio  per  tre  giornate 
lungo  uno  dei  confluenti  del  fiume  Han  fino  a  Tsi-poanH^uan^  ove  slmbattè  in 
paese  popolato.  Valutando  i  giri  del  fiume  nella  carta  del  Chennù^  evvi  un  gra- 
do di  distanza  dall'  un  luogo  ,  aU'  altro . 

417-  Achbaluch  Mangi.  Molto  oscuro  è  lyuesto  capitolo.  Il  Marsden  (not.  783) 
reputa  esatta  V  integ[>retazione  dati^  dal  Polo  a  queste  due  voci  »  net  riflesso  che 
nella  favella  Tartara  Baligh  significa  città ,.iici  bianco.  G)u  ragione  notale  tocì 
non  essere  Qnesi..  Osserva  che  sulle  rive  del  Klangj  nella  carta  del  Se^chuen 
dei  Gesuiti,  vi  è  una  città  detta  Pei^icheUf  la  quale  pel  suono  delle  voci>  ma 
non  pei  caratteri  con  ci|i  si  esprime»  può  significare  citta  bianca  »  Io  azzarde- 
rei la  seguente  congettura,  il  Polo  rammenta  altro  luogo  detto  Ach  B^UuCy 
(  Llb.  II.  e.  28)  in  questa  medesima  provincia.  JNon  sarebbe  egli  da  credere  che 
appellassero  cosi  i  Tartari  i  loro  alloggiamenti  stazionari,  che  essi  ad  esempio  dei 
IjLomaoi  tenevano  nei  confini  del  paese  nemico  per  osservarlo  f  £  che.Livece  di 


piana ,  e  tutta  popolatisdina .  £  le  genti  vivono  di  mercanzie , 
e  arti  :  e  quivi  nasce  zenzero  in  gran  quantità  y  il  qual  si  porta 
per  tutta  la  provincia  del  Gatajo^  con  grande  utilità  de'mercaatd  ^ 
V  è  frumento,  rìso  e  altre  biade  in  abbondanza,  e  per  buon  mer- 
cato e  questa  pianura  dura  due  giornate ,  con  infinite  abitazioni. 
E  in  capo  di  due  giornate,  si  trovano  gran  monti  e  valli,  e  molti 
boschi.  Ei^i  cammina  ben  venti  giornate  pv  ponente^  trovando 
il  tutto  abitato .  Adorano  gì'  idoli ,  e  vivono  di  frutti  delle  lor 
terre,  e  di  cacciagioni  di  bestie  salvaticke  •  Quivi  3ono  molti  leo- 
ni ,  orsi ,  lupi  cervieri ,  daini ,  caprioli ,  e  v'  è  gran  quantità  di 
bestie,  che  producono  il  muschio ^'^« 

GAP.    XXXVI. 

Della  provincia  Sindinfu  ^  e  del  grandissimo 

fiume  detto  Quian . 

Poiché  s'è  camminato  venti  giornate  per  quei  monti,  si  tro- 
va uni  pianura ,  e  provincìji,  eh'  è  ne'  confini  di  Mangi ,  nomi- 
nata Sindinfu ^'^j  e  la  maestra  ciità,  si  chiama  similmente,  la 
qual'  è   mollo  n^Ue  e  grande .  G  già   furono  in  quella  molti 


o  di  capanne  iri  usassero  tende,  o  carri  coperti  di  feltro  bianco,  per  lo  che  appeU 
lasserò  quegli  alloggiamenti  città  bianche,  e  a  questo  luogo  aggiungessero  il  nome 
di  citti  bianca  dei  Mangi,  perchè  era  come  lo  dice  il  Polo  sul  confine  delift 
terre  di  quei  popoli?  Il  fiume  prima  che  Cubbd  conquistasse  la  Gina  merìdio* 
naie,  era  confine  frù  stati  di  lui,  e  quelli  ({ci  Song^  che  ne  erano  gì'  Impera- 
dori.  Aloìino  potrebbe  ancUs  s.eeuendo  il  l^^'sdeo . opinar^  che  il  Polo  do* 
rcA^  per  cpinniissìonì  del  governo  recarsi  a  Pei'ick9V,  e  jndi  ritroced^re  per 
rientrare  nella  diritta  via  a  Chin^iu-fu .  Nel  Testo  da  noi  pubblicato  ei  di^e 
che  per  <piesU  pKovwcia  di  Chw-Ckum  si ,  car^lcaoo  v<>it^  giornale  e  si  trova 
la  minestra  città  dejtta  AnUndet  Mangi  (  t.I.  p.J.o^!)  -Nel  qap^  seguente  ripiglila: 
^  Quando  T  uomo  é  ity>  yejiti  jioi^yate  per  ponente,  come  io  v'  ho.  detto,  V 
»  uomo  trova  una  provincia  che  è  chiamata  ancora  .d^Ui  poAifini  ^  Mai^gif  e 
»  hae  mjtme  gdndofu  *..M^  iicurif  sq  il. Polo  facesse  q^f^ta  ^purajon^  fupr 
di  strada,  non  abbiamo  fatto  segnarje  aelb  c^rta  itineraria  desi  P(4i  que^  de* 
vta£icì0tf  dal  mia  retio  cans^ipo. 

4i&  QhMJ^tf  6èsti0  ehaprodficpmf  U  ftfuithh.  Vedmi  kiU^mo  a  qu^tq  «lu- 
jBMlei('t.  I.  p  54  noi.  b  )  4     /    .  .  .     ,      . 

419.  SUÈMdiÈ^Ju.  Tmi  i  comraentAtoff  del  PoiOt  4a  ^ri^  «c^«nd«:  dei 
viaggi  (  t.  VHL  p.  55o)v  il  R  Zurla,  U  Mawdcn  diaono  essere  Tchintì^fié 
capitale  del  Se^chsmt  Lat.  3o.*  40.'  Ung.  ix"»  i8^'  Ofici^-  4SMdlftldp> 


i48 

re* ricchi,  e  poteDlì^.  Ijsl  ciità  gira  per  circnito  venti  luigtia.. 
Ma  pra^  e  divisa  ^  perciocché  quabdo  morì  il  re  vecchio^  lasciò 
4t&  fìglkiòii  :  e  avana  la  stia  inerte  volse  divider  la  città  in  tre 
parti ,  ciascuna  delle  quali  è  separata  pw  muri ,  e  nondimeno 
ciascuna  è  dentra  il  muro  generale^  che  la  cinge  intorno.  £ 
questi  tre  fratelli  furono  re ,  e  ciascuno  aveva  nella  sua  pam 
molte  terre*  e  grandi,  e  molto  tesoro,  perohè  il  loro,  padre 
era  molto  potente,  e  ricca.  Ma  il  gran  Can,  presa  ch'ebbe  ♦*' 
questo  regna,  distrusse  questi  tre  re,  tenendolo  per  se..  Per 
questa  città  scorrona  molti  gran  fitmii  4^,  che  discendono  dai 
monti  di  lontano ,  e  corrono  per  la.  città  intorno  intorno ,  e  per 
mezzo  in  molte  |>arti.  Questi  fiumi  sono  krghi  per  mezzo  mi- 
glio, altri  per  dngento  passi,  e  sona  naolto  profondi,  e  sopra 
quelli  sono  fabbricati  molti  ponti  di  pietra,  belli  e  grandi,  la 
Érghezza  de' quali  é  otto  passi,  e  la  lunghezza  è>  secondo  che 
i  numi  sona  più ,  e  meno  larghi.  K  per  la  lunghezza  de'  Ga- 
mi sono,  dall'  una  all'  altra  banda  colonne  di  marmo ,  le  quali 
aosteogona  il  coperchio  de^  ponti ,  perchè  tutti  hànna  bellissimi 
coperchi  di  legname  dìpinii  co»  pitture  di^  color  rosso  ;  e  sono 
anca  coperti  di  coppi  :  e  per  Imighezza  di  ciascun  ponte  sono 
bellissime  stanze  e  botteghe ,.  dove  s*  eseccitano  arti  e  mercanzie, 
e  quivi  è  una  casa  maggior  dell'  altre ,  dove  stanno  di  continuo 
quelli,^^  che  riscuotono:  li  dazj  delle  robe^  e  mercanzie  ,.  e  pedagio 


if2o.  Molti  re  ricchi  e  potenti,  Secondò  il  P.  Martini  vi  risedevano  \  re 

(£  Cfio,  prima  che  passasse    il  paese   sotto  le  signoria  dei  Cinesi;   vi  era  un 

hibgnifico  patatzo  reale  nel  centro  d^eUa  città.   Ivi  risedeva-  anche  no  prìncipe 

'della  ditiastia  dei  7ai\Mm^,  che- incomiticiò  a  regnarle  nel  decimo^  secolo' dopo 

V  E.  :C:  (  AtL  Sin.  ìp.  8a).      • 

4^1.  il  Gran  Can  preso  che'elfb&  .  La  città  fa  presa  dai  MògolC  Mcondo 
le  storie  Cinesi  nel'  1^56  :  si  narra  che- vi  uccidessero  un  miUione  e  quattro- 
centomiila  persone,,  e  altrettante  nella  provincia  (Hist.  da  la  dàa*  %.  IX.  p.  a  19)» 
Altri  infoHimj  grAvissimi  ebbe  d  tollerare  Ift-eittà  allorché  i  Manciusi  V  im- 
padronirono della  Gina .  Bn  rìbelle  la  prese  e  incendio^  e  fecela  barharamente 
saccheggiare  nel-1649  (^t>»d.  t.XI.  p»  *7  )  • 

422.  Scorrono  molti  gran  Jiumi.   Queste  città    dice  ÌX  Mtfrtin^  è  interae- 
cata  da  .acque   navìgàbiii   ^pasi  da-rpeplutto,  per-  meftzo  di*  canali   che  hanno. 
ponti  dì    pietra,  e   le   rive  rivestite    di  pietre  conce v  La   città   è  in    isola 
formata  da^vs^  fiumi ^il  paese  è  fartopiano,^  parte  ^montuoso;  il  suolo  è  ferace^e 
i  campi  soi)Q  irrigabili  verso   oriente  per  tre  giornate  di  estenai^ne .  La   cam^^-^ 
pfgna  è.  piacevole  e  divertente  (  Alarti  p.  Sa  )  4u 


»4"9 
£  qiielir,  che  vi  passano .  E  ci  fa  detto^  che  il  Gran  Can^  ne 
eavava  ogni  gioroo  più  di  cento bisanti  d'oro  ^.  E  quando  i 
deiii  fiumi  ^'^  si  paitono  dalla  città,  si  ragunano  insieme,  e  fanno 
nn  gramlissimo  fiume  che  vien  detto  Quian  ^^^,  quale  scorre  per 
cento  giornate  fino  al  Mare  Oceano,  della  cui  qualità^  si  dirà  di- 
sotto nel   libro . 

Appresso  a  questi  fiumi  e  luoghi  circostanti,  sono  molto, 
eitlà  e  castella,  e  vi  sono  molti  navilj^  per  li  quali  si  portano 
alla  città,e  traggonsi  molte  mercanzie.  Le  genu  di  questa-  provin- 
cia sono  idolatria  E  partendosi  dalla  città  si  cavalca  cinque  gior- 
nate per  pianure,  e  valli ,  trovando  molli  casamenti ,  pastelli,  e 
borghi.  E  gli  uomini  vivono  deiragricoltura,  e  anche  d'arti,  per- 
chè in  queste  città  si  fanno  tele  sottilmente,  e  drappi  di  velo,  e 
▼i  si  truovano  similmente  molli  leoni,  orsi  e  altre  bestie  salvati- 
che  •  £  poiché  s' è  cavalcato  cinque  giornate ,  si  truova  uaa  pro- 
vincia desolata  nominata  Thebeth  ^. 


42i5.  Bisanti  et  oro  (  v.  t.  r  p.  87  not.  b  )  • 

424.  E  quando  i  detti  fiumi.  U  awertifa  quatttfti  di  'fiumr  che  traversano  * 
3  terrìtorìo  di  Tchin^tu^-fu  si  vede  confermata  da  un  semplice  sguardo  che  si  gettì^ 
sulla  carta  particolare  del  Se  -  tchuen  :    essi  vanno  poi  a  ingrossare    il  Ktanfr 
Parla  di  questo  fiume  in  altro  luogo  e  non  qui,  perchè  non  lo  passò  nel  recarsi 
a  Caraianyftidi  al  ritomo.  Il  Martini  parla  0«c)  deÙa  gran  quantità  di  ponti  a  più.* 
arclù  che  si  traversano. 

425.  Qkian  detto  ancora  Yang-tse-lBangn  o  fiume  axartirro.  Trae  orìgine 
a  settentrione  del  Tibet  non  lungi  dal  deserto  di  Cobi.  Avverte  il  Malte  Brun 
(  Geograf.    Onivers.    t.  ITI.  lib.  LXIII.  )  che   solo  per  congettura  Y  Anville»  « 
V Arrowsmith  poterono  determinare  il  luogo  della  sua  sorgente .  Traversa  tutlk. 
k  Cina  da  ponente  a  levante,  e  separa  le  provincie  settentrionali  dalle  meridionalir* 
dell'  Impero  (Lett.  Edif.  U  XYIL  p.  ai5  ) , 


i5"o 


C  A  P.    XXXV  11. 

Della  gran  provincia  ietta  Thebeih . 

Questa  provincia  chiamata  Thebeih  *^  è  molto  distrutta, 

«■■^i— ^BCi^i— ^attiaMM 

4a6.  Thebei*  Que«ta  denominazione  è  del  tutto  ignota  ai  nativi  ^  come  il 
nome  di  Cina  ai  Cinesi .  Gli  altri  popoli  orientali  ne*  loro  vari  dialetti  nomi- 
nano questo  paese  Tebety  Tobet^  Tobit^  Tobi,  Tibet ^  (  Georg.  Alph.  Thihct  p.12). 

I  Cinesi  lo  appellano  Tu-pe-te  { Am\o\,  Mcm.  sur  ìes  Chin.  t.  XIY-  p.  i5a). 
Altri  dicono  eli'  essi  appellano  Tsang  detta  contrada,  ed  anche  Sjr^Tsangj  0 
contrada  a  occidente,  poiché  tanto  suona  la  voce  SV  in  Cinese.  E  anticamente 
fu  detta  anche  Sj'-fan^  e  Paruntala  o  Barantola  (  Leit.  Edif.  t.  XXIV-  p-  i  ). 
Secondo  il  Giorgi  appellano  i  Tibetani  il  loro  paese  Pot  o  Poui  a^iuntavi 
la  parola  jìd^  che  significa  paese,  quasi  volessero  significare  paese  di  Bud  o 
Buddaj  che  essi  appellano  Pimt^  perchè  mancano  della  lettera  B  (ibid.  p«4  )• 

II  Malte  Brun  credè  derivato  il  nome  Tibet  dalle  voci   Teri-^but  che  signlfìcano 
regno  di   But.  Ma  a  tutto   ciò  sembra  contradire  indirettamette  il  Tumer,  il 
quale   afferma  che  essi  appellano  il  loro   paese  Piue  o  Piuccoachim  che  signi- 
fica paese  verso  il  settentrione  :  e  il  loro  nume  Budda^  JUaha  o  Munie  {Yoj^ 
au  Tibet  t.  II.  p*  79  ).  h'  estensione  di  quel  paese  secondo  i  Cinesi  è  da  oriente 
a  occidente    di  6400  £j-  o  di  640   leghe.  Da  mezzodì  a  Settentrione  di  65oo 
Lj^f  o  65o  leghe,  imperocché  valutipsi  200  Lj-  al  grado  di  20  leghe  marittime.  1 
confini  di  quel  reame  ad  oriente  sono  il  Se^tchueny   a  scirocco   ITiunmm,    a 
occidente   si  estende   sino  al  deserto  renoso   detto   Ta  -  cha  «  hai  o    mare  del 
sabbione.  A  tramontana  confina  al  Tsing^Hay^   o  paese  di   Coconor  (LetL 
£dif.  1.  a  ).   Questo   paese  incomincio  ad   essere   rammentato  dagli  Occidentali 
vers«  il  Y.  secolo.  Fa  menzione  del   muschio  Tibetano  Cosma  Indicopleuste,  e 
secondo  Simone   Zeto  l'ottimo    muschio  veniva  dal  paese   detto   Twatr^   eh*  è 
chiaramente  il   Tibet.  Il  MaUe  Bi^'un  commenda  l'articolo  negletto  del  nostro 
viaggiatore,  e  lo  afferma  più  istruttivo  delle  relazioni  comparse  alcuni  secoli  dopo 
di  iHi.  Ed  iB  CIÒ  convengo  pienamente  col  do  tto  Geografo.  Non  so  poi  perchè 
ei  dica  il   Tibet  misteriosa  contrada,  culla  di   varj   religiosi  sistemi ,   mentre 
ciò  non.  resulta  dalla  preziosa  CronichetU  Tibetana   data  dal  P.Giorgi,  che 
quasi  tutta  si  ravvolge  nel  segnare  le  epoche  e  le  vicende  dell'idolatria  'del 
Tibet.  Ivi   è  detto,    cfe^  il  primo  legisIatQre  di    quelle  genti    Gniat/iritzhengo 
apparò  ai   rozzi   monUnari  pastori  l'agricoltura,  le  arti,  gli  istituti   del  viver 
civile.  Non  vi  sono  segnati  altri  fatti  sino  all'epoca  della  natività  del  Signore. 
Questa  cronaca  sembra  non   discorde  dalle  memorie  Cinesi    intorno   a    quella 
contrada.  Sino  dopo  la  dinastia  de'  Tjin  che  fini  il  quarto  secolo  dell'E.  C.  la 
storia  non  dà  alcuna  distinta  notizia  del  Tibet.  Allora  un  principe  vi  fbrmd  un  pò- 
tente  stato,  noto  col  nome  di  Tu/an;  e  Long^han  principe  della  detU  dinastia  fu  il 
primo  a  inviare  ambasceria  alla  Cina  verso   l'anno  634.  Ei  sposò  poscia    una 
principessa  Cinese,  mariUggio  ^i  cui  fa  menzione  anche  la  Cronaca  Tibetana 
del  Giorgi .  Il  potere  dei  re  di  Tu/an^  o  del   Tibet ^  mantennesi  due  secoli ,   ma 
cadde  in  rovina  verso  1'  anno  907,  e  il  Tibet  si  suddivise  in  piccoli  sUti  (Lett. 
Edif.  Le).  Sembra  indubitato  che  il  Cristianesimo  vi  penetrasse  nel  aesto 
secolo,   poiché  gli  orientali  scrittori  rammentano  i  Cristiani  di  Barantola,    del 
Tangut,  del  Thebet  (ibid.  p.  7  ).  Sembra  che  il  culto  di  Budda  vi  penetrasse 
neUa  seconda  metà  del  secolo  primo  deU'  E.  C.  Il  Buddismo  fu  perseguitato 
da  un  re  Tibetano,  e  lolUnto  nel  terzo  secolo  fu  fatto  venire  un  Gran   JLama 


25l 

perché  Mangi  Caa  la  distrasse,  4^7  al  tempo  suo  per  la  guerra, 

dall'  Indie  detto  Unchien .  PoAteriormente  i  Tibetani  trassero  dall'  Indie  i  libri 
di  <piella  setta  y  e  incominciarono  a  inviarvi  dei  loro  per  apparare  la  lingua 
Bramanica  ad  oggetto  di  traslatargli  nella  loro  favella.  Sembra  che  V  opinio- 
ne che  il  nume  trapassi  dall'uno  a  l'altro  Gran  Lama  si  stabilisse  verso 
it  iiooy  o  in  qual  tomo.  Che  fosse  recente  ^  e  poco  accreditata  nel  seco* 
lo  posteriore ,  pare  che  lo  confermi  il  silenaùo  del  Polo  intorno  a  questa 
strana  credenza.  Anzi  il  P.  Amiot  dice  che  la  Sovranità  del  Gran  Lama,  e  la 
gerarchia  sacerdotale  che  vi  si  ravvisa  stabilita  oggidì  ebbe  principio  ai  tempi 
di  Cuoiai  Con  (  Mem.  sur  les  Gain.  t.  XI V.  p.  129  ).  Allorché  i  Mogotli  invasero 
il  Tibet  era  travagliato  da  crudeli  guerre  civili  (Georg.Alph.Thib.p.296  e  seg.]. 
Cablai  Can  sottomesse  il  Tibet,  io  divise  in  varj  dipartimenti  o  provinole.  11 
principale  di  quei  dipartimenti  era  quello  detto  Ussé^Hang  che  è  il  piti  fera« 
ce.  e  di  clima  più  temperato^  ove  è  Lassa  che  n'è  tuttora  la  capitale.  Cubisi 
a  un  dei  loro  fionzi,  o  regolati,  dello  Passepa  accordò  il  titolo  di  principe ,  e 
perciò  potè  avere  proprio  sigillo,  e  propria  giudicatura.  Gli  fu  concesso  il  titolo  di 
maestro,  o  istitutore  dell'Imperadore,  di  dottore  dell'Impero,  di  capo  della  legge,  ed 
ebbe  il  titolo  di  Uang,  o  re  tributario.  I  successori  di  ^ui  ebbero  gran  titoli,  ma  èem» 
pre  come  dipendenti  dall'imperadore  della  Gna  (Lett.Edif.Lc).  Sonovi  non  pochi 
oggidì,  e  fra  questi  il  P.  Giorgi,  che  opinano  che  i  riti  Tibetani  vi  fossero  propagati. 
dai  Manichei,  e  che  quel  culto  sia  uao  scisma  di  quella  pestifera  setta ^  Ma 
per  quanto  con  molta  dottrina,  questo  dotto  scrittore,  sostenga  tale  opinione^ , 
panni  che  sia  da  considerare  còme  una  mera  e  lieve  congettura.  Ma  siccoma 
è  fuor  di  dubbio  che  vi  penetrò  il  Cristianesimo,  non  è  irragionevole  il  credere  che 
molti  riti  esteriori  dei  Cristiani  i  Tibetani  conservassero  nei  loro  errori.  Foco  è  stato 
scritto  intorno  a  questo  paese  :  alcune  relazioni  del  F.  Pinna  pubblicate  in  Roma  : 
altre  dei  Gesuiti  Greuber,  Dorville,  Desideri  (  Hist.Gen.  des  Voy.t.YII.  p.io5): 
una  memoria  sul  Tibet  compresa  nella  raccolta  delie  Lettere  Edificanti ,  e  di 
cui  ci  siamo  valsuti.  Posteriormente  visitarono  parte  della  contrada  griugltsi 
Bogle  e  Tumer^  che  vt  furono  inviati  dal  Governo  del  Bengala ,  i  quali  scrissero 
i  Loro  viaggi .  Una  descrizione  del  Tibet  tratta .  dalla  refazione  dei  Lama 
Tangutani  fa  pubblicata  in  Pari^  tradoUa  da  Reullj  (Par.iSo&in  8  ).  L'opera 
W  più  dotU  intomo  airArgomento  è  l'alfabeto  Tibetano  del  P.  Giorgi  ^Rom.i76A 
1 11.4.*^  che  non  va  esente  da  divisamenti  sistematici,  e  che  desta  il  desiderip 
di  vedervi  meglio  ordinata  la  ricca  suppellettile  di  materiali  che  contiene.  Il 
grand'  impemnte  della  Qn*  Kong  -  hi  recò  un  gran  servizio  alla  geografia  di 
quelle  contrade.  £i  inviò  due  Lama  nel  Tibet  per  discoprire  le  sorgenti  del 
Gangfe,  e  costruire  la  carta  del.  paese.  Si  valse  dei  materiali  da  loro  recati  il 
P.Regis  per  costruii^  l'atlante  tibetano  che  poi  riformò  l'Anville>e  con  osservazioni» 
geografiche  e  storiche  pubblicò  ilDuhaldo.  Idue  Lama  giùnsero  finl>  al  monte- 
Keniaisse^  ove  hanno  origine  i  due  fiumi  Gange  ^  e  Tsampu  •  Il  prirho  come 
egmui  sa.  ha  foce  nel  Golfo  di  Bengala ^  l'altro  corre  verso  ^va.  .^Perciò  • 
questa  montagna  dee  essere  una  delle  più  alte  del  7V^/,  paese  che  per  alcune 
osservazioni  fotte  dagli  Inglesi  contiene  monti  più  alti  del  Ghimboraco  (  ZurL  DiS'^ 
•crt.  1. 1.  p.145  ).  Reputo  che  molto  meglio  possa  farsi  per  perfezionare  la  car- 
te del  Tibet,  redaUa  dai  Lama  Guest  e  che  ha  aervito  all'Atlante  Tibetano  dell* 
AnviBe.  La  carta  generale  è  a  mio  avviso  la  jwà  pregevole  di  queir  Athinte. 
4:j7.  Mangi  Can  la  distrusse.  Il  Deguignes  dà  un  cenno  di  questo  fatto* 


ts5a 

«V  egli  elìbe  con  quéHa .  "E  vi  si  veggono  per  qncsta  provincia 
molte  città  e  castella ,  unte  ix)vinate  e  desolate ,  per  lunghezza 
di  venti  giornate.  E  perchè  vi  mancano  gli  abita.tori,  però  le 
fiere  saìvaUche  e  massime  i  leoni  sono  moliiplicaii  in  tanto  nu- 
mero, xhe  è  grandissimo  pericolo  il  3)assarvi  la  notte;  eli  mer- 
canti, e  viaadanti.,  ^Itre  il  iK)rtar  seeo  le  vettovaglie,  bisogna 
che  alloggino  la  sera  con  grand'  ordine  e  rispetto ,  per  causa  qhiB 
non  li  siano  divorati  i  cavalli  ;  e  fanno  in  questo  modo  :  che 
:trovaudofi!  In  quelU  regione^,  e  naassime  appresso  i  fiumi  y'é  can- 
ne di  limghezza*'^  dieci  pssi^  e  grosse  u^e  palmi ^  e  da  un  no- 
do aH' altro,  sono  tre  palmi.  I  viandanti  fanno  la  sera  fasci 
grandi  di  quelle,  che  sono  YCrdi,  mett^ndofe  alquanto  lontane 
dair  alloggiamento^  e  v'appiccano  il  fuoco  ^  le  quali  sentendo  Ì 
caldo  ^  si  scorzano.,  e  sfendono  schioppando  territilmenie  :  è 
tanto  orribile  lo  schioppo,  eh'  il  rumor  ai  sente  per  due  miglia^ 
^  le  fiere  vedendolo  foggono  ^  aìlontanansi ,  e  li  mercanti  por- 
tano seco  jpasloje  ^i  ferro  ,  con  le  quali  indi ia vano  tutti  quattro 
i  piedi  alli  cavalli^  perchè  altramente  spaventati  dal  rumore  rom- 
periano  le  coide,  e  iuggiriano  via.  Ed. è  accaduto^  che  molli  per 
negligenza  gU  hanno  perduti .  Cavalcasi  adunque  p^  questa  con- 
trada venti  giornate  continuamente,  trovando  simili  salvatichezze, 
*  non  trovando  alloggiamenti ,  né  vettovaglie ,  se  non  forse  ogni 
Jler/a  ^  p  quarta  giornata  ^  si  fprniscQjjp  delle  cose  al  viver  neces- 


At  "w 


t  Dans  la  suite  rCmpereur  Mangou  K.an,  de  la  nation  des  Mogols  établit  dot 
»  gouverneurs   sur  les    frontièrqs    occidentajes  de   la   Chine,  pour    veiller.  sur 
4^  ìes  Tib^tains.,  et  £.ublai  Klian  jdivjsa  e  fi  pafut  e  a  plusieurs  provinces  :  celle 
»  d; Ou-sse-)teaag9  ou  est  Lassa  Alt  la  principale-:  il  doona  au  Lama  Pa^s^^a  \m 
»  titre  ^  Prince,   ou  de  Roi  »  j[  Hist  des  Iluns.  t.  L  p.  j65  ).  Ma  la  cosa   non 
andò  xiosi  ma  sibben^   come  Jo  afferma  il  Polo.  Manga  s'impadconi  deUa  pro- 
vìncia cl)e  trattò  crudelmente,.  Infatti  sembra  ìjl  Deguignes  carreggefsi  dove  narra 
i  fatti  di  Maiigu  Cfl»  (  t.  IV-  p.  i23  ),  »  H  nomma  le  General  HoUtài  pour  alter 
»  soumetli;e  le  Tibet.  Tout  ce  pay  fut  desolé,  les  villes  et  les  chaf;eaux  rasés  w 
Ciò  ^vveéne  i>el  laSi.  Gaubil  (  Apud  Souc  )  conferma  che  Man^  Caa  spedi 
un  ^rttiata  contro  il  Tibet ^  il  Pegu ,  la   Cacci/iciua  con  ordine  di  penetrare  in- 
nanzi nel  Vun  -  non  e  nel  Se^tchuen.  I   Tartari  desolarono   quelle  contrade  e 
Mangu  Caa  fu  j^cciso  alF  assedio  di  Hcxchsu  nel   laSg. 

4»8.  Canne  di  Uinghezjsa^  Sembra  cl^e  queste  canne  siano  le  bainb\ise  da 
tipi  aUrove  descritte  (  t.  L  p.  Sg  not.  d  ).  Di  quesU  utilissima  piantale  ,deglt 
usi  di  essa  dà  un'esatta  rejbizioue  la  Bissachere  (£tat  actuel  du  Tunquin  ParliSia 
tg  Éi,  t.  L  p^  iJ5i  ). 


a53 

sane .  In  capo  delle  qaali  giornate  si  comincia  pur  a  veder  qual-; 
die  castello  e  bcHrghi ,  che  sono  fabbricati  sopra  dirupi ,  e  somr 
niità  de'mooti ,  e  s' entra  in  paese  abitato  e  coltivato  «  dove  non 
v'è  più  pericola  d^animali  salvàticbi  •  .  .  ,     . 

Gli  abitand  di  quei  luoghi  hanno  una  vergc^osa  consuetu* 
dine  ^^  messagli  nel  capo  dalla  cecità  dell'  idolatrìa ,  iche  niuno 
vuoi  pigliar  mc^lie ,  che  sia  vergine*,  ma  vogliono  ^  che  priim 
sia  stata,  oonoscinta  da  qualche  uomo ,  dicendo ,  che  questo  piace 
alli  loro  idoli .  E  penò  come  passa  qualche  carovana  di  mercan- 
ti ,  e  che  mettono  le  tende  per  alloggiare ,  le  madri ,  eh'  hanno 
le  ^figliuole  da  maritare,  le  conducono  subito  fino  alle  tende  ^ 
pregando!  mercantila  ragatta  una  dell'altra.,  che  vogliano. pi- 
gliar la  sua  figliuola ,  e  tenérsela  a  suo  buon  piacere  fino  che 
stanno  c[uivi ,  e  così  le  giovani ,  che  più  gli  aggrada  vengono 
elette  dalli  nìercanti>  e  T altre  tornano  a  casa  dolenti.  Questt 
dimorano  con  li  detti  fino  al  suo  partire,  e  poi  le  consegnano  alW 
lor  madri,  né  mai  per  cosa  al  mondo  le  menerebbono  via.  Ma 
SODO  obbligati  a  farli  qualche  presente  di  gioje ,  anelletti ,  ovvero 
qualche  altro  segnale ,  qual  portano  a  casa .  £  quando  si  mari« 
tano  portano  al  collo ,  ovvero  addosso  tutti  li  detti  presenti ,  e 

3 nella,  che  ne  ha  più,  viene  reputata  esser  stata  più  apprezzata 
.  alle  persone ,  e  per  questo  sono  richieste  più  voleniieri  da'  gio- 
vani per  moglie,  né  più  degna  dote  possono  dare  a'  mariti,  che 
li  molti  presenti  ricevuti,  riputandosi  quelli  per  gran  gloriate 
laude ,  e  nelle  solennità  delle  loro  nozze  li  mostrano  a  tutti .  E 
li  mariti,  le  tengono  più  care ,' dicendo ,  che  li  lor' idoli  l'hanno 
fatte  più  graziose  appresso  gli  uomini.  E  indi  innanzi,  non  è 


^9.  Vergognosa  eonsuéiudine.  Di  tale  vergognosa  consuetudine  come  su  s> 

«istente  nei  regno  di   Tchem'4€i  si   parla  nella  Relazione  dei  popoli  tributarj 

delia  Cina  tradotta  dal  P.  Amiot  (  Mem.  Concén  les  Chin.  t*  XIV.  p.  ii5)$  ed 

altresì  n«Q'  Tvnwui»  :  anticamente   dice  il  Martini  ivi   niuno  spossa  ragazza 

se  prima  non  era  stara  conosciuta  da  altro^  tali  sono  ei  soggiunge,  le  parole 

dei  nostro  Cinese  scrittore  (  AtL  p.  195  ).  É  aboHU  oggidì  nel  Tibet,  .anzi  dice 

il  Gioi^  :  »    foemiriarum  cultus,  habitus,  et  mores  ad  omnis  módestiae  legem 

»  compositi  sunt.  Choreas  aguntvirì,  ac  foemiri^e.separatjm,' sed  viris  cum  foe-v 

»  minis  numquam  p  (  Alph.  Thib.  p.  467  ).  Xafìtò  anche  gridolatri  si  studiano 

di   ricondurre  alla  morigeratezza  i  loro  popoli.  Tocca  al  marito  il  punire  l'adiil- 

tera*,   la  legge  punisce  T  adultero  .*  »  nulla  in  peccantent*  foemiaam  consti tui- 

»  tur  poena  ,  si   cum  ea  maritus  habitare  coasentiat  »  (  ibid.  p*  4S9  )  (  Ved. 

L   I.  p.   10$  nota).  ......'•*-.  / 

33 


^54 

alcuno  eh'  avesse  ardire  di  toccare  la  moglie  à'  na  aliro  j  e  di 
tal  cosa  si  guardano  grandemente»  Queste  genti  adorano  gridoli| 
e  sono  perndi)  e  crudeli,  e  non  tengono  a  peccato  il  rubare, 
né  il  £ir  male,  e  sono  i  maggiori  ladri  che  siano  al  nH>ndo« 
Vivono  di  cacciagioni ,  e  d' uccellare ,  e  di  fratti  ddla  terra  • 

Quivi  si  tuovano  di  quelle  bestie,  che  fanno  il  moschio  ^ , 
e  in  tanta  quantità ,  che  per  tutta  quella  contrada  si  sente  V  odo* 
)re ,  perché  ogni  luna  ^  una  vc^ta  si^indono  il  muschio .  Nasce 
a  questa  bestia^  come  altre  volte  s^è  detto,  appresso  F  umbilico 
un  apostema ,  in  modo  d^un  Ix^cme  pieno  di  sangue ,  e  quella 
a]K)stema  ogni  luna,  per  troppa  repiezicme  sparge  di  quel 
sangue  ^  quaFè  muschio.  £  perchè  vi  sono  molti  di  simili  animali 
in  quelle  pani ,  però  in  molti  luoghi  si  sente  V  odore  di  quello, 
e  queste  tali  bestie,  si  chiamano  nella  loro  lingua  Gud^erì  ^' ,  e 
Ae  ne  prendono  niolte  con  cani  •  Essi  y  non  l^no  monete  ^  uè 
anche  di  quelle  di  carta  del  Gran  Gan,  ma  spendono  ccNrallo  ^^ ,  e 
vestono    poveramente  ^^  di  cuojo ,  e  di  pelle  di  bestie ,  e  di 


^So.  H  muschio.  Guglielmo  Jones  nella  Sf»  Tersiane  deBa  Vita  di  Nmdlr 
SchaJk  (  p.  328  )  dà  la  seguente  relazione  del  Tibet  tratta  dall'  opera  à*Eha  - 
al  -  0»ardi  intitolata  ^  X^  Perla  delle  maraviglie,  r  La  principale  città  è  chia» 
f  mata  Tìiei»  è  ben  fortificata  sopra  un  monte  (  non  può^  credersi  ehe  mtend» 
livellare  di  liassa  che  è  in  piano.  A%ìh.  Thilx  p.  454  )  »  che  produce  il  Sambui 
!»  erba  aromatica  *  Il  capriolo  muschiato  pascesi  nei  can^i  Tibetani.  L' ani* 
t  male  è  simile  id  capriolo  del  deserto  ^  ma  ha  due  denti  sporgenti  inftiori 
>^  come  1'  elefante.  It  preziosa  profumo  è  racchiusa  in  un  sacco  umbeCcale  che 
»  r  animale  sfrega  sui  scogli  e  sugli  arbusti ,  su  cui  s'  attacca  il  muschio  e 
•  si  coagula.  I  mercatanti  il  raccolgonai  e  pongono  in  sacchi  che  i  Persiani 
»  chiamano  umbeflichi  di  muschio  ».  Lo  stesso  leggesi  nel  Renaudot  che  n# 
discorse  ^etro  la  rekizione  di  akvi  orientali   scrittori  (  Anc.  Rebtion.^  p.  94  )• 

45i.  Gudderi.  Osserva  it  Marsden  (  Noi»  806)  che  noa  sltvova  nei  vocaboli 
delle  favelle  Tartariche  voce  approssimante  a  questa  pev  significale  i(  Mu3chio« 
n  Moseado'o  If  animale  che  lo  somministra^  appesasi  neSe  parti  settentrionaK 
delT  Asia  Kakerda  t^Kahard^n.  Ririipalrik  nelb  Relazione  del  Nepaul  to  appella 
Kastura^  e  il  detto  Marsden  crede  che  non  é  improbabile  che  la  voce  Guddcri  o 
Gadderi  sia  una  storpiatura  della  voce  Persiana  A^fOunVche  è  il  comune  nome 
che  dassi  al  muschio  ia  tutto  V  Orienta  • 

43*2»  Spendono  €oràUo  (  Y.  T.  I.  p  n^  noS.  )• 

43^5.  f^esiono  poveramente.  Dice  il  P.  Giorgi  r  TibefasA  (  comparativamente 
s^  ai  Cinesi)  sordiduli  et  incomti,  sinunt.  enim  se^religionis  causala pedicufis^ 
p  aliisque  infesti»  animaMbus  vellicari  (p^  45^)  ».  Tumer  (  Ambass.  au  Tib* 
I»  L  p.  5Sq  l  racconta  che  oercano  1  drappi  di  maggior  uso,  e  i  più  pesanti^  e  k 


^anomaào.  Hanao  linguaggio  da  per  se  ^  e  s^  appattenjl^iio  alia 
provincia  di  ThebetU  la  qiial  confina  con  Mangi  ^^,  e  fa  altre 
vohe  oott  grande  e  nobile ,  che  in  quella  èrano  otto  regni ,  e 
molle  citta  e  castella ,  con  mc^i  fintni,  laghi  e  tnonli  ^  ne^  quali 
ilumi  si  truova  oro  di  pajola  ^  m  grandissima  quantità .  Ne  re- 
gni di  detta  provincia  si  spende ,  come  ho  detto  il  corallo  per 
moneta  y  e  anche  le  donne  lo  portano  al  collo ,  e  adorano  li  mam 
idc^ ,  e  si  fanno  molti  zambellotti ,  e  panni  d' oro ,  e  di  seta  • 
£  vi  nascono  molte  sorti  di  spezie ,  che  non  si  portano  mai  ne* 
nostri  paesi.  £  quivi  gli  uomini  sono  grandissimi  negromanti  ^7 , 
imperochè  fanno  per  arte  ^abolica  i  maggior  venehcj ,  e  ribal- 
derie,  che  mai  tessero  viste ^  ovvero  udite.  Fanno  venir  tem- 
pesta y  e  folgori  con  saette  y  e  mdte  aUre  cose  mirabili  •  Sono 
uomini  di  mali  costumi.  Hanno  cani  molto  grandi  ^^  come  asini  y 


più  grotti  Mao  da  loro  pvtCemtiw  Yestom  caldamente.  L'estate  portano  vesti 
di  lana,  neU'  inrenaoi'pclli  di  castrato  o  di  volpe  conciate  ma  col  pelo. 

454.  Linguaggio  da  per  se.  Detta  favella  e  scrittura  Tibetana  trattò  dif* 
ftisamente  ii  Giorgi  <  Alpia^  Tibet.  ) .  Essi  hanno  due  scriUure ,  La  magi- 
ca e  la  volga»:  la*  prima  nsano  soltaoto  i  Letterati  (  ibid.  p.  SyS.  V- 1*  I* 
p.   106  not.  )  • 

455.  Qùal  eonfinotcon  Mangi.  »  .G>mpi«ndiamo ,  dice  il  Malte  Brun  (  Geo* 
»  gr.  Lib.LXVI.>0oUo  la  denominaaione  di  lìòei  tutti  i  paesi  a  Tramontana 
p  dtìX Jnéasian,  die  sonora  levante  della  Gran  Bt^caria,  a  mezzodì  della  pie- 
0  cola,  a  libeceio  del  Taagutf  (consideralo  questo  nel  più*  ristretto  signifi* 
p  caio)  all'occidente  della  Gina,  e  a  maestro  deU' Impero  dei  Bìvmanni,  11 
»  fNCcodo  Tìba^ ,  io  stato  di  Latak  a  occid^ntei  il  Baiaa  al  mezzodì,  possono 
»  essere-  considerati  paesi  a  parte.  A  scirocco'  i  confini  Tibetani  sono  poco 
»  noti  ;  &  Tramontana  sonovi  intene  pjDowicie  a  noi  sconosciute  ». 

436.  Oro»  di  pigola .  Cetonun.  aarifiuHnae  Bè^anansest  de  i/tdbus  saibebat 
NubiensiSf  pluras  sani  ai  copiopè  in.proyincis.  U^  Tzangf  Kkngf  TakrpOf  Cong* 
ho^  et  lÓumg  (  àlfh^  TUbet  p^  465  >  Ed  è  pecciò.  che  i  fiumi  che  hanno 
origina^  nel  Tibet,  e  soprattutto  il  Aìa«oila-JUni^,.*dx  cui.  faremo  menzione 
posteriormente  tono  rìoihi  d'oro»  di  pallinola» 

4S7.  Grandissimi  negrcmanii*  La  magia,  e  i.  maglu  sono  tenuti  in  grandi»» 
amo  conto  in  Tartaria,  ndla  penisola  di  li.  dal  Gange  come,  dirsesi,  ma  gl'im- 
postori Tibetani,  sacerdoti  del  culto  di  Lama  erano  aoci^  dia  corte  di  Cublai 
Can,  cui:  come  si  disse  fu  rimproverate  soverchiar,  crudeltà  pen  essi*  U  credi-, 
te  in  cui  erano  tenuti  appo  il  loro  signoiie  aocreditaliì  preseo  i'  Xaitari , 
ed  il  nostro  ne  fece  menzione  come  diffusi*  fra  loro  sotto  nome,  di  Tobet. 
(Ub.  I.  cap.  S5  )• 

43&  Cani^  motto  grandi^  Relativamente  al*  cani  tibetani  (i  V.  t.  L  p.  107 
ifcKH.  b  )•  Intorno  ai  buoi  di  questa-  l«zza  (Y^  t.  Lp;  S4'nQt;  ).- 


ohe  9ono  valenti  ai  pigliar  ogni  soite  d' animaU,  e  massime  faocn 
salvatichì,  che  si  <;hiamano  Beyabiini,  i  quali  sono  grandissimi  e 
feroci.  Quivi  nascono  ottimi  fafconi  laneri,  e  sacri  moke  vdoci 
al  volare,  e  ottimamente  uccellano.  Questa  detta  provincia  di 
Thebeth  è  suddita  al  dominio  del  Gran  Gan,  e  similmente  tutte 
le  regioni ,  e  provincie  soprascritte .  Dopo  la  quale  si  trova  la 
provincia  di  Gaindn^^. 

•  •  • 

GAP.    XXXVIII. 

Della  pros^ijtcia  di  Caindìi . 

Gaindù  ^""h  uìia  provincia- verso  ponente,  quale  già  si  reggeva  per 
li  suo  re.  Ma  poiché  fu  soggiogata  dal  Gran  Gan,  egli  vi  manda 


4S9.  Dopo  la  quale  si  trova  la  provincia  di  Caindù.  Ho  esitato  lungamente 
a  determinarmi  se  il  Pofo  per  recarsi  al  Pegu  traversasse  il  Tibet j  ma  d<^o 
maturo  esame^  mi  sono  convinto  che  ei  seguì  la  via  del  Kun-fiao,  e  che  ci4 
che  racconta  del  Tibet  fu  per  sentito  dire,  e  che  solo  ^  l' estrema  firontiera 
orientale  di  quel  paeàe  potè  traversare,  in  quel  punto  ove  sembra  internarsi 
nelle  provincie .  Gnesi  dei  SeHchuen  e  del  Vuii^nan.  Ma  ai  tempi  del  viaggia 
del  Polo  era  accaduta  l'intiera  sovversione  dei  troni  Asiatici,  e  quei  paesi 
passarono  sotto  il  dominio  dei  Tartari,  e  si- confusero  le  antiche  «partizioni  degli 
stati  a  grado  dei  conquistatore.  Talché  può  aver  creduta  che  le  .parti  estreme 
delle  due  provincie  Gnesi  già  da  noi  rammentate  appartenessero  al  Tibet.  Opino 
,G08l  perle  seguenti  ragìo^ni.  1.®  Perché  il  Polo  dice  aver  fiitto-  il  viaggio  spedita 
dal  Gran  Gan  ài'  Caratati  e  non  al  Tibei.  a.^  Era  invero  desolata  la  contrada 
a*  suoi  tempi ,  ma  non  tutte  le  città  erano  distrutte,  e  fra  queste  iMSsa  la  capitale, 
di  cui  il  Polo  non  fa  menzione.  3.®  L' inoltrarsi  in  quella  regione  avrebbela 
deviato  dal  suo  diritta  cammino  per  Carazan^o  Caragiùn  4*^  Dalla  .coatinuazione 
del  suo  viaggio  si  ravvisa  ch'ei  traversò  il  Yua^nan.  Caindu  di  cui.  ci. accade 
far  menzione  tantosto,  vedremo  essere  la  città  di  yba^infii^'^tt.  della  detta  pro- 
vìncia, immediatamente  a  confine  del  Tibet  H  P.  Martini  dkela  infine  del  «j?i« 
fan^  e  nella  carta  dell'An ville,  o  dei<jesuiti.vi  si  legge  accanta:  .Terrtff  des  Lantap^ 
Ciò  vien  anche  confermato  da  altra  asserzione  del  Afartini,  cioè .  che  ivi  si  trovano 
le  vacche  Tibetane  dette  L^  che  il  Fòlo  ha  descrìtte  (  Ad.  Sin.  p.  198  ).  Per  la 
lezione  Ramusiaoa,  parrebbe  che  la  provincia  di  Caindu  fosse  a.  Ponente  del 
Tibet  e  eh'  ei  vi  si  fosse  recato  dal  paese  suddetto .  Ma  ciò  non  ia  dice  il 
nostro  Testo,,  che  dòpo  aver  parlato  di  quel  regno  soggiunge:  !^ -or  lasciamo 
»  qui  e    cònterowi  della  provincia  di  'Gaindu  »  (  t.  I.  p.  107  ).. 

440.  Caindu.  (  T.O.  )  Gheindu.  (Cod.Farig.)  Gandu.  (  Cod^fticcar.  )  dm/at * 
Avverte  saviamente  il  Marsdeii  (  Not.8i4)  che  questa  città  tanto  per  la  soa 
k>calità,  quanto  per  alcuni  jparticolari  che  si  riscontrano  nella  .d^scriuone,  ai 
ravvisa  essere  Vong-mng'^/u  che  è  sull'estremo  confine  settentrionale   deUa^ 


i  saoi  rettori,  emm  ioleiKllate.  per  questp'dlr  poiieote/.cliejf 
deit6u cpotrade.  siaoQ  nelle  p^^rti  di  pónente,,  ma  perchè  ci 
pariianio  dal|ev  parli  che  sono  ira  te^nte  .e  greco  venen*' 
do  verao  ponente*,  e  però  descriviamo  Quelle  Verso  pocieaté  •  Le 
genti  di  questa  provincia  adorano' gì'  idoli,  e  sono  in  quella  molte 
città;  e  castella  ,1  .e:  la  maestra  città  similmeaté  si  chiama  Gàindù, 
la  qual  è  edificata,  nel  comini^iamenio  della  provincia  44^  :  e  ivi  è 
jan  gran  lago  salso  ^^^  nel  quale  si  truova  gran  moluindine  .di 
perle  ^ ,  le  quali  sono  bianche,  ma  noix  rotonde^  e  ne  sono  in 


.  I 


provincia  di  Yan^nan  cagifa^e  dell' undecimo  dipartimento  di  quella  pi^viiioia»^ 

n  dotto  Inglese  mi  ha  fatto  ravvedere  da  uà  errore^  o  congettura  da  me  fat** 

ta  nell'  illustrare  il  Testo  della  Cruscd,  ove   avendo  letto  dopo  la  descrizione 

del  Tibet  Gaindu  é  una  provincia  verso  ponente  (  t.  I.  p.  109  not,  b  ),  cercai 

questa  cotttrada  a  poneste  di  quelpacse^e  credei  cke  fosse  Camandu  del  paese 

di  Nepault  ow  TAaville  segna  una  provincia  col  nome  di  Canduana.   Gonvonga 

ora  pienamente  nell'  opinione  del  Marsden,  tanto  più  che  secondo  la  presente 

'  lezione  avverte  il  Pulo  di  non  cercar  Caindu  a  ponente  del  Tibet  :  non  inien» 

diàfe^   ei  dice ,  per  questo  dir  ponente,  che  dette  contrade  siano  nelle  parti  di 

ponente,  ma  perché  ci  partiamo  dàlie  parti  cke  sono  tra  levante  e  greco  ye*^ 

nendo  verso  ponente.   Una  tal  cautela  usa  il  Polo,  come  ho  altre  volte  avvertito, 

perchè  niun  smarrisca  la    direzione    generale  della  sua  via ,   e  ciò  lo  pratica 

talvolta  quando  dà  conto  di  contrade,  di  cui  ne  parla  per  relazione  d' altrui, 

e  che  dipoi  prosegue  a  descrivere  quelle  da  lui  visitate.  Il  P.  JMartini  s'aocorse  il 

primo  che  il  Polo  ave\^  visitatp  il  Yun-nan,  »  Il  y  a  quadtité  de  chosea  dans 

»  tette  province,  dont  Marc  Paul  4e  Venise  fait  mention  ,  que  ceux  d' Enralpe 

»  ont   jusqu'   ici-  mal  entendu  »  ou  •  n^  ont  •  compris  qu^en  paitie,    parce    qua 

»  il  s' est  servi  de   noma    inconnus ,  quand  il  en  a  traité ,  ou  qu*  il  n   a  tenu 

9  aucun  ordre-assuré  »  (  AtK  Sin.  p.  192  )•  Nontrovo^  poi  •  fatta  menzione  nel 

nomenclatore  Cinese  aggiunto  all^  Storia  Generale  della  Cina  che  avesse  Vong* 

nin^'fii  un'  antico  nome  simigliante  a-  quello  che  le  dà  il* Polo»  Si  legge  che 

anticamente  fa  appellata  Tù'Uang  (  ibìd  pi  >6i  )<  Il  DuhaUo  scrive  U  nom^  della 

città  Vurig^ningHu  (  t;I.  p.  dSa  ).  Ai  tèmpi  del  Polo  il  Yun-nan  che  forma  oggidì 

una   sola  pretinda  era  diviso  in  pia  regni  come  ei  lo  aféerma.   AUordiè  Mangu 

Cén  inviò  nel  >'a53  il  suO'  fratello  Gublai  a  conquistarlo  r  r  la  province  de  Yum» 

9'  non  éCòit^akirS-  partagée  presque  en  entier  entve  divcrsprioces  qui  s^^*  «toient 

»  fonnés  dea  petits  royaumes  indépendans  de  la<  Chine  » ..  (  Bbst  Gen.    da  la 

Chiti.t.  IX.  p.'  a57  ). 

441.  Ceminoimmenio  detta  provincia.  Tale  é  come  avuertimmo  la  situa* 
zione   di  Yong*ning^w>  ' 

443.  Lago  /^rilsó. .  Questo*  lago  é  quello»  di^  £«#-cifrchè.  secondo  il  P.  Martin» 
(  1.  e.  p)  198  }  é  air  oriente  dalla  città,  e  ha  tre  isole>MBai  uguali  in-grandezza^ 
in  ciascuna  delle  quali  é  una  rupe  d»  cento-  pertiche  d'altezza. 

•445.  PeHe.  Per  quanto  Aon'  venga^  n€»talo  die  questo  lago  possiedeJa  conchigfi». 
margiu'itifera ,  la  peria  é  numerata  firai  prodotti  della  pvovincia  di  Yun^^mtm 
(Mart*  AtL  p.  191  y  •  ^   ..       ^     ^, 


che  ^no  valettti  a  pigliar 
salvatichì,  èhe  si<;hiamr. 
feroci.  Quivi  nascono 
al  volare,  e  otiim: 
Thebetli  è  sudd' 
le  regioni,  e  t 
provincia  di  ( 


lasciasse ,  die  ciascun  im 
senza  sua  licenza  ^  noa  m. 
xite ,  ael  quale  si  traoira 
^'^,  che  noa  si  Usciano 


.;i 


\CÌ 


ia  hanno  un  costarne 
Ulano  a  villania  se  ipéL^ 
.:oQo  Goa  le  loro  m(^ , 
ìe  giungono  forestieri  ^ 
'    .  >  Riunii  consegnano  tatte 
.    .1  balia,  e  :3Ì  i.l> '.1:13:10  lasciando  quelli  come 
.   :ae  attaccano  subito  sopra  la  porta  un  segnale^  né 
:o^  se  non  quando  si  partono,  acciocché  i  loro  ma- 
.^.jl:  ròunurseoe  ^  £  questo  ^ono  gU  abitaaii  per  ooorì* 
oc  iom  idoli,  credenoo  em  «pesta  nanniià  e  benignila 
éem  forestieri  dk  BMrìtare  la  grazb  decloro  idoli,  e 
jtt  SoonceifinD  abbondanza  di  tntd  i  fratti  à^  terra  . 

La  loro  nioneu^èditalinanìenr  ^  fmoQ  verghe  d^  oro^ 
e  seconda  eh'  è  il  pan  ddh  wr^itm^  co»  ¥«gIio^ 


^^  (  * 


r 


444. /^M(m  dette  imd^eee.  D 
dm  nel  dìsM«tto  ^  ^^^^ 

O  il  i^HS    hT|«llì|  <A     '' 

!•  amttoK  di  iiBflif  «eato.  * 


Molile  b 

bi  aioDeta  dì  vuk  é 

Dieci  denari  fiuioo  un 

e.4ak  Enrto^icd  liAcfce  ^ 

acaM.  n  trattato  aaBg^ 

cQOie  omUH  r  aigaiili^K  e  «^  «f 
U  di  «tagno,  di  piwnbo.  *  *^ 
allato,  m  B»*  fi«*  "^J"^ 
^  laleiai  per  "•"^/T"  ^^ 
Oneé  P«  e  d*  i^  ""• 


(p.i#>«ikIMMfc  (Ì.1.R.S4S) 

dietro  la  ac«tt% 
a  P.  fatFtcolha.  Bs 

eU 

«.fVM^c  i^gHan  «piando 

I  Cmem  per 

jMT^iiwe  dei  ■ftonelaq  fiadaL 

di  «ente.  ì'ihms  «iti  a,  iiM^aetti  <E^ 
^WaiiaaB03»Ueifik€9i|«iaitpiic  €«AKÌtD. 

i  sono  il  daciniD  (tello  «cado  de>tp  2^009^9 
jin  ^  cìnqiM»  aa«i  di  mpoeU  tc^ 
eoBUtnicato  «iDiAfdAs^  £1  ip^ii^ipiie   di 
Gina  in  «muj  am^i/S^^^  l'ora  a  peso, 
l'Mwnìiwr  Ali  IH*  )■  ^  ^  »*^' 
e  «kwn  aompo  mdkt  «wnata.  di  twTa> 
MMaa  di  «A.  «t  é  i«fea  «msaoiK  ddl'i 

iMunanta  (Ddhal*  ibid..p.  i®> 


,  liti 


>esia  è  la  loro  moneta  maggiore^  «opra  la  qimle  non  ir^H 
^)  eia  pioodia  veramente  è  cU  cpieslo  moda.  Hanno; 
•alse  ^ ,  con  le  quali  fanno  il  sale  facendole  bollire 
poi  eh'  lianno  bollilo  per  ancora,  si  coi^elano  a; 
,  e  ai  fanno  ferme  di  quantità  d' un  pane  di  due- 
i  sono  piane  dalla  parte  di  sotto^  e  eli  sopra  sona. 
l(  )  sono  ulte  Sì  pongono  sopra  jxetre  cotte  ben  calde 
il  fuoco,  e  ivi  si  seccano,  e  iànsr  dure»  E  sofura  qoeste  %sii 
iG ,  si  pone  la  bc^la  del  A'gnore.  Né  le  monete  di  questa 
sorte  si  possono  far  per  altri ,  che  per  quelli  del  ^gnore ,  e  oir^ 
tanta  di  dette  monete,  si  danno  per  un  saggjbd'  oro  ^7..  Mai 
mercanti  vanno  con  queste  monete  a  quelle  genti  j  eh'  hanno  fra. 
i  monti  ne'  luoghi  salvatichi ,  -e  in  visitati .  E  tmoyano  un  saggio 
d' oro  per  sessanta ,  cinquanta ,  e  quaranta  di  quelle  monete  di 
sale ,  secondochè  le  g^nti  sono  io  luogo  pia  salvaiico^  e  disco^ 
sto  dalle  città ^  e  gente  domestica,  perché  ogni  volu  che  vo^ 
gliono,  non  possono  vendere  il  lor'oro  e  altre  cose,  siccome  it 
mnschio  e  altre  cose ,  perchè  non  hanno  à  cui  venderl^^  e  perà 
&SXDO  buon  mercato,  perchè  trovano  l' oro  ne'fiumi ,  e  laghi  ^^  j 
come  s' é  detta.  E  vanno  questi  mercanti  per  monti ,  e  luoghi 
della  provSùcia  di  Tebeth  sopradetta ,  dove  similmente  si  spaccia 
la  moneta  di  sale  •  E  fauna  grandis^mo  guadagna  e  profitto , 
perché  qneQe  genti  usano  di  quel  saie  ne' cibi,  e  compransi  an** 
che  delle  cose  necesiarie,  ma  nelle  città  usano  qna^  sólamente. 


44&  Aeqm  $^S9.  In  qoÉCtBi  psaviacia,  e  Éel  diitrefCa  £  Fóo-nf  «n^  «oMti 
pomi  d' acqua  salsa,clw  «ervono  per  fabbricare  U  tale  (  Du  Uald^  t.  L  p^  249)^ 
dal  quale  si  fornisce  tutto  il  paese  (  Martr  Atl  p*  200  y 

447.  Ut  sag^  é^  ora  •  ChMerva  il  Mars4en  cW  il*  saggi»  vekieziaii#  erU 
la  sesta  paste  dK  un'oncia»  e  che  perciò  ogni  panetto  di  sale  valeva  la.quat*' 
iroccntottaiiteaima  parte  d'on  oncia  d'oro  ^  del  vatòft  d»  qaaatrolire  sliarMno 
l' onótty  e  die  perciò  ogni  panetto  era  del  valore  di  dae  ptnm  Ingfcsl»  ossiano 
tredici  quattrini  della  no^ra  moneta  (JKSoa).  Secondo  il  dotto»  iUostralortf 
del  Polo,  in  Sumartra  usano  per  oMMieta  panetti  di  gonuna  bengiovi'  (  Not^i9  }•. 

448.  7>ovaao  t  en>  mf  fami  0  laghi.  Secando  it  llaktlm^o  it  Geografo 
Cineoe  da  kii  c<qmlOy]l  Yuu^nan  é  una  ddfc  più  iiccho  ps#ivmete  della  Cim^ 
e  le  «ano  dei  iunii  vi  contengono  ima  oonsidevevoUssima-  ^pMotità.  d*  oro  41 
pagKnola  i^aecoodo  i  Gnosi  se  fssso  permesso  £  scavavo  ta  cavo,  no»  vi  saiobN" 
paese  che  fovnisso  oro  uà  maggiov  abbwsdaago.  Di  lì  IT  uso  per  burtavsi  ^ymm 
sciolaoqoatore,  di  domandargli  se  il  padre  ino  é  il  caaMriilig0  èfi  diiy  ie||| 
osBa  pvovincio  dal  JTiaa-nao  (  AlL  p«  sjìi  )r 


tanta  abboadan^a^  ehe  se  il  Graa  Gan  lasciasse ,  dhie  dascuo  q§ 
pigliasse,  veoiriaQO  in  vii  prezzo .  Ma  senza  sua  licenza  ^  non  si 

risono  pescare.  V  è  similmente  un  monte  y  nei  qoale  si  traoTa 
miniera  delle  pietre  dette  turchese  ^,  che  non  si  lasdano 
calcar  senza  il  veder  del  detto  Gran  Gan  • 

Quivi  gli  abitanti  di  onesta  pravineia  hano6  nn  coslame 
irergosnoso  e  vituperoso ,  cne  non  si  reputano  a  villania  se  qnel^ 
ii,  uhe  passano  per  quella  contrada  giacciono  con  le  loro  m<^ , 
^^ucrfe ,  o  sorelle  •  E  per  questo ,  come  giungono  forestieri , 
ciascuno  cerca  di  menarseli  a  casa^  dove  giunti  consegnano  tutte 
le  loro  donne  in  sua  balia ,  e  si  dipartono  las^ndo  quelli  come 
padroni;  e  le  donne  attaccano  subko  sopra  la  porta  un  sM|nale^  né 
quellp  muovono,  se  non  quando  si  partono,  acciocché  i  toro  ma* 
riti  posisioiO  ritornarseae  «,  E)  questo  fauna  gU  abitanti  per  ooorv? 
fice^za  de'  loro  idoli,  credendo  con.  questa  umanità^  e  benigiBdtà 
usata  verso  detti  forestieri  di  meritare  la  grazia  de**  loro  idoH ,  e 
che  H  concedinp  abbondanza  di  tutti  i  fruiti  dtjlfe  terra  . 

La  Iqtq  Jipneta  44*  ^  ^i  iq\  maniera ,  chfi.  0i.naQ  verghe  d*  oro, 
'a  le  pe$anQ^  e  se^ndo  eh'  è  il  peso  della  v«rg^eH»>  9QM  Y4f^o^ 


444*  P^rm  dme  iurehete,  lì  M^UA{  {K  196  >  9  ìk  Diihaldo  (t.|.  Ib2l4il) 
dkcMBUK  che  nel  dì«^*etto  di  Tchwihi^ng^fu  «onon  «K^nl^igni^»  d^.  ^k^si  tic%ym 
V  fzzHCEo,  o  il  lapis   kz:(uU,  ed  altra  pietra  d'  uà  belUi|sim<><  verde. 

44S«  La  la^  man/Sta.  Il  EMiiiitdk).  tratt<^  della  onpi^e^  Cinese  <M«4^1a  scarta 
rà*  «no  acritleie  di  quelle  ^ati»  di'  cui  gV  inviò  V  estra|tto  il  P.  £i»t|Pe€oUi9a  •  Ba 
4alo  andbe  un  rama  ove  ai  vedono  iuciae.  le  più  singolari  di  esse  (  t.  IJt  p«  ijQS  J» 
Ojs^ttt  non  aonovi  in  corso  dke  due  metani  come  moneta,  i'argenlto.  e  il  wm^4  Fou 
é.meix:an%ta.  L'argenti»  non  é  CQuiatOk  n^a  apei^desi  &pa8o>  e  tagliasi  4iuando<K:cor^ 
re  per  pareggiare  il  valore  deUe  compre.'  l  Cinesi  p<&r  yuwtoi  ripoooacano  quanto 
ai^  ulale  la  moneta  coniata,  non  osano  inteudurki  partimpre  d^  monetai],  CedsL 
Ia  moneta  di  rame  é  coniata  000  impronta  d*akiun  caffettieri  :  h  tNWttono.  dana^ 
si  focati  ÒBL  fl^zzos  infilati  a  eordoncini  di  oe^itOi  rui¥>>.  ¥iùti  at  jwupteltj  ék 
miUe#-Sono  tanto  abikiCinesi,  che.  gli  &lsifi)Qaoo.  nella  fik^cpt^cartpne  coforito. 
Dieci  danari  fanno  un  soldo*  £eci  soldi  sono  il  decimo  deUo.  scudo  deUp  If^ang 
e^éàk  Bostoj^iesi  Taelf  che  vale^  .circa  £ÌA^a  Ijra  •>  cimpia.  Bù9fi  di  mpof^ta  t<^ 
scana.  U  trattato  sulle  monete  cinesi  comunicato  al  Dub^ldkv  tà.  JQ^^m^ipna   di 
diverse  monete  die  cliberoì  cotcìo.  ndln^Gina  in  varj.  «^inpi«J$ì^a4(irQrQapeso, 
^me  oggidì  V  ai^nta*('  e  ciò.  cofiferma  rassanùona  dal  9o|o  )«,  Fu  iiv  «Mi  n^iiP» 
ta  cU  stagno,  di  piombo,  dk  ferro,  e  akum  tempo,  imcb»  moMt4«  di  tari:%^,  mir^ 
f^Uala,  ma  nonié  fi^a  menzione  .di.  moneta  di  sale«  Vi  é  ftlAa  manaioin^  ddl'uso 
^  valenti  per  mooeU  minuU  dolila  cpncbiglie«|ìe  de«^  nd  Bengala  Q>n  e  4m 
Cinesi  Poh  e  cbe  il  Polo  posterìoamente  rammenta  (Oubal|il|id..y.>^^)» 


BOj  e  qaesia  è  la  fero  moneta  ma^ore^  «opra  la  qiuile  non  v'^Sf 
alcun  segno;  eia  pioooia  verameote  è  di  questo  modo.  Haaaaj 
alcune  acque  salse  ^ ,  con  le  quali  fanno  3  sale  facendole  bollire 
in  padelle^  e  poi  ch^  Uanno  bollito  per  im^ora,  si  coi^eboo  a; 
modo  di  pasta ,  e  st  fanno  fi>rme  di.  quantità  d' un  pane  di  due* 
denari,  le  cpiaii  sono  piane  dalla  parte  di  sotto,  e.  eli  sopra  socio, 
rotonde,  e  quaìido  sono  &tte  si  pongono  sopra  [xetre  cotte  ben  ealde 
appresso  al  fuòco,  e  ivi  si  seccano,  e  iànsr  dure.  E  sopra  queste  tali 
monete ,  si  pone  la  bolla  del  Signore .  Né  le  monete  di  questa 
sorte  si  possoito  far  per  altri ,  che  per  quelli  del  ^gtlora ,  e  ot^ 
tanta  di  dette  monete,  si  danno  per  un  saggio d'  oro  ^^^  Mai 
mercanti  vanno  con  queste  monete  a  quelle  gemi  ^  eh'  bando  fra. 
i  monti  ne'  luoghi  salvatichi ,  -e  tn¥Ìsita£i .  E  trnoyano  un  saggio 
d'oro  per  sessanta,  cinquanta,  e  quaranta  di  quelle  monete  di 
sale ,  secondochè  le  genti  sono  in  luogo  più  salvatico^  e  disco^ 
sto  dalle  città ^  e  gente  domestica,  perché  ogni  volta  che  to^ 
glionOy  non  possono  vendere  il  lor'oro  e  altre  cose,  siccome  ì( 
maschio  e  altre  oose ,  perchè  non  hanno  k  cui  yenderl^,.  e  pera 
fanno  buon  mercato,  tpercbè  trovano  V  oro  ne^fiumi,  e  laghi  ^^  , 
come  s' é  detto.  £  vanno  questi  mercanti  per  monti ,  e  luoghi 
della  provincia  di  Tebeth  sopradetta ,  dove  similmente  si  spaccia 
la  moneta  di  sale  •  £  fanno  grandisttmo  guadano  e  [nrofitto , 
perché  qneDe  gcmti  usano  di  quel  sale  ne'* cibi,  e  compransi  an^ 
che  delle  cose  neeèstarie,  ma  neUb  città  usano  quasi  s(damente. 


44lBk  Acque  $ais9.  In  questa  pnmocia,  e  Éel  distretto  £  Kio-nf  «n^  «ottdtfi 
pOBiEÌ  4Ì'  acqua  jaka^clie  aervooo  per  fabbricare  il  tate  (  Da  Hald^  t.  L  p«  ^9)0 
àA  quale  si  fornisce  tutto  il  paese  (  Martr  Atl  p»  doo  y 

447*  Vn  Sì9ggÌQ  éf  mro  •  Gbserva  il  Mars^eu  cW  il*  ss^»  veiieziflD#  erU 
la  sesta  parte,  di  im'oncia)  e  che  perciò  ogni  paneUo  di  sale  valeva  la<quat^ 
trocaiHuttaiitesinìa  parte  d'ou  ancia  d'ora  ^  del  valbva  dt  quattro' lire  sborfine 
V  oncia,  e  che  perciò  ogni  panètio  era  del  valore  di  due  penar  Ingfcst»  osflono 
tredici  quattrini  della  nòalra  moneta  (JUSaa).  Secondo  ii  dotto*  ilktstratonr 
del  Polo,  in  Sunuutra  usano  per  aK^neta  panetti  di  gonnna  bengiov»'  (  Not^i9  )^ 

44&  Tfovooo  r  oro  mi  fami  m  ioghi.  Secondo  it  llaktini^o  il  Geografo 
Cinese  da  lui  c<qmla,il  Yurn^nan  é  una  dieDb  più  ficchepvèivineie  delk  Cim^ 
e  le  iene  dei  fiumi  in  contengono  una  oonsidesevoltssinM'  ^naotità,  dt  oro  djft 
palinola  :»aecondo  i  Gnasi  se  fosso pennessodB  scavavo  >Ia cavo, no»  vi  safebM" 
paese  ci»  fomisso  oro  &  nMggiMr  abbsndaflkn*  TU  H  IT  uso  per  burtaisi  é'^un» 
acialaoqoatore»  di  domandssgU  se  ii  padko  suo  4l  il  caaMriinf^  din  dssf  Begl 
ppovincin  del  Jna-noo  (  AlL  p^i^»  )r 


/^ 


%6é 

I  fraihmemrdi  <ìdlte  monete  ne^cibi,  e  spendodole  monete  in*» 
fiere.  Hatano  molte  bestie  in  ipiel  paese,  le  quali  pixxiacono  V[ 
muschio  ^ ,  e  di  quelle  molte  ne  prendono  ^  e  traggono  muschio 
in  abbondanza.  Pi'endòno  ancora  molti  buoni  pesci  nel  lago  sopra-' 
détto,  e  vi  sono  molti  leoni,  orsi,  daini ,  cervi  e  caprioli ,  e  uc* 
celli  di  qualunque  maniera  in  abbondanza .  Non-baono  vino  di 
vigne,  ma  fanno  vino  di  frumento  'e  riso  con  molte  spezie  me- 
scolate insieme,  e  è  un'  otti  ma  ^bevanda/ 

In  questa  provincia  nascono  ancora  molti  gan>fidi***%  e'  V  ai^ 
bero,  che  li  pitxluce  è  piccola,  e  ha  li  rami  è  fòglie  *a  modo 
di  lauro,  ma  alquanto  più  lunghe  e  strette.  Produce  li  fiori 
bianchi  e  piccoli ,  come  sono  i  garofali ,  e  quando  sono  maturi 
sono  negri  e  foschi.  Vi  nasce  il  zenzero,  e  la  cannella  io  ab- 
bondanza, e  molte  altre  spezie,  deHe  quali  non  è  portato  quah^ 
tità  alcuna  in  queste  parti .  E  partendosi  dadla  città  di  Gaindù , 
si' va  fino  a'cónnni  della  provincia  circa  quindici' giornate,  trovane' 
do  casamenti,  e  molti  castelli,  e  molti  luoghi  da  caccia,  e.dauc- 
cellare,  e  genti,  ch'osservano  i  sopradetti  costumi,  e .con8aeti]fc* 
dini.  lu  capo  di  dette  giornate  si  truova  un  gran  fiume  nomina- 
to Brius  4^< ,  che  disparte  la  detta  provìncia ,  nel  quale  si  truova 


449-  Bestie  che  produeouo  il  muschio»  Aflenna  anche  il  P*  Martini  che  molte 
ne  sono  nella  provìncia  dell'  Yun~nan  (  1.  e.  ). 

45o.  Geirofali»  Fu  descritto  il  garofano  (t.I.p.  109  not.d).  Io   congetturai 
erroneamente   che  il  Polo  non  avesse  visitato,  quella  contrada  che  supposi  aUora 
essere  la  Canduana .  Ma  quantunque  il  paese  detto  Caindu  dal  nivitro  viaggiatore 
abbia  riconosciuto    essek*  parte  '  del  Yuh'^nan ,  fra  tutti  coloro  che  acrissero  di 
jfuel  paese,  esso  é  il  solo  che  dica   che  ivi  cresce,  il  gar<ifano.  Può  essere  che 
ei  ciò  affermasse  suU*  asserzione  dì  alcuno  della  provincia,  e  die  deacrì^esae. 
la' pianta  del  garofano^  per  averla  veduta  posterioriÀente  neUcisole  iddl'Arcipelage 
indiano.   Può  anche  esser  vero  che  nella  parte  meridionale  deUa  provincia  eh* è 
a»i:on(me  del  TuncKino  vi  si  trovino  piante  d»  ganifani,  e  di  caiuiella,  ntentre 
la  Bissa^here  dice  tielta  relazione  del  paese  di  Tui|kino,.che  in  piccola  quantità 
vi  si  .trovano  pito^  di  garofanile  che  la  cannella,  del   TunUno  è  migliore  di 
quella  del  Ceyliin  (  Etat  Actu.  da  Timq.  1. 1.  p.  121  );  .        ,   '      .    . 

461.  Fiume  Briuk,  Non  vi 'è  dubbio  che.  questo  fiumesia  il  Kitucha-^kian^* 
La  ricchezza  delle  sue  ^  rene  é  dithiavata  dal  detto  non(ie  che  suona*  in  nostra 
lingua,  fiame  a  rena  doro  (Mart.  pi'494)<  Questo  aoa*può  àcambnarsi: coli* altro 
iiéme  che  ha. pigine  nel  7V^£. detto  Lan-^iseng^^kiengf  <>  Lan^isan^^f  perchè 
secondò  il  Polo  il  Brius  abocca  nell'Oceano,  e  questo  nel  Golfo  d'Hainan  che  il  Po- 
lo appella'  niar  di  da  (  Lib.  III.  e.  4  )t  Né  debbo 'oeciiitare  un'obietto  cha- può  farsi 
a  questa  mìa  asserzione,  che  secondo  la  lezione  quindici^  giornate  è  distante 


26 1 

molta  quantica  d' oro  di  pajola ,  e  v'  è  molta  quantità  di  cannella, 
e  scorre  questo  fiume  fino  al  Mare  Oceano .  O^  lasceremo  questo 
fiume,  perchè  altro  non  ve  da  dire  in  quello,  e  diremo  d'una 
provincia  nominata  Carajan . 

GAP.    XXXIX. 

Delle  condizioni  della. gran  proi^incia  di  Carajan j  e  di 

Jaci  città  principale . 

Dopo  che  s'è  passato  il  fiume  predetto,  s'entra  nella  pro- 
vincia detta  Carajan  *^* ,  così  grande  e  larga,  che  quella  è  par- 
tita in  sette  regni ,  ed  è  verso  Ponente .  Le  genti  adorano  gì'  idoli, 
e  sono  sotto  il  dominio  del  Gran  Gan  .  Ma  suo  figliuolo  nominato 
Centemur  ^^^  è  costituito  re  di   detta  provincia ,  il  qual'  è  gran 


la  città  di  Caidu  o  Yong^rdii^-fu  dal  luogo  ove  sembra  aver  passato  il  Kin^ 
cka*ki4tng  per  recarsi  a  Tali- fu.  IViscontrata  la  medesima,  non  è  che  dì.  i.^  40.' 
•  perciò  di  circa  sette  giornate.  Ma  dee  essere  occorso  errore  ne  Uà  Lesione 
Ramusiana,  mentre  il  nostro   Testo  asserisce  non  esservi   dalla  città  al   fiume/ 
che  dieci  giornate  (  t.  I.^  p.  1 19  )  •   Anche  secondti   questa   lezione   la  distanza 
itineraria  eccederebbe,  di  tre  giornate  la  geografica.  Ma  ciò  può  essere  avvenuto  per 
la  natura  montuosa  del  paese^  e  le  deviazioni  che  necessita.  Il  Kiti'cha'chiang  nasce 
a  pie  d'  una  montagna  del  dipartimento  di  Ud  a  maestro  di  Lassa,  Dalla  sor- 
gente corre  per  novecento  Lj-  verso  greco,  volgesi  .poscia  a  scirocco  pel  corso 
di  1400  Lj-f  sinché  giunge  al  confine  del  Kun  nan  nel  distretto  di  Li-kiang/u.  Do- 
po aver  avuti  diversi  nomi  gli  vien  dato  quello  di  Kin^cha^kiang  vicino  aLui-tcheu^ 
fu.   Cosi  ne   parla  il  P.  Amiot   (  Mem.  sur  les  Chin.  t.  XIV.  p.  182  ):   conferma 
anche  ei  che  abbonda  d*  oro  di  paglluola>  e  che  le  rive  ne  sono  magane .  I  Cinesi 
appellano  Kiaag  i  fiumi  di  prima  grandezza,  quelli  di  mezzana  Ho,  ì  piccoli 
Chiù   (ibid.  p.  176  )*  Allorché  il  Kin-cha  è  entrato  nell'impero  Gnese  assume 
il  nome  di  Tche-Kiang^  o  di  Kiang,  cosi  Fappella  il   Polo  ulteriormente   (  L.II. 
e.  63)  .  Anche  i  Redattori  della  Storia  Generale  dei  viaggi ,  credono  essere  il  Brius 
del  Polo  il  KifMAa^kiang  (  t.  VII.  p.  532  n»  )•  . 

452.   Provincia  deità  Carajan .  S'  accorse  il  P.  Gaubil  che  la  provincia  detta 

Carajan  dal  Polo  era  parte  del  Yun-nan  (  Hìst.  de  Geng.  Can  p.  499  ).    Ne  avvi 

dubbio  che  era  quel  paese  ,  che  ebbe  per  capitale  la  città  detu  posteriormente 

Tali'Ju.  Leggesi  nella  Storia  Generale   della  Cina  (  t-IX.p.aSy  )  »  La  proviAce 

»  de    Vun-hum^éloit  alors  partagée  presqu'  ^n  entJer  entre  divers  princes  qui 

^  s' etoient  f(M-més  des  petits  royaumes  indépendents  de  la  Chine.   Tali  fu  située 

»  dans  la  partie  occidentale  de  cette   province,  ét^it  la  capitale,  d'  ui;i   de    ces 

F  royaumes  que  Houpilai  entreprit  de  reduire  »  •  Vedasi  intorno  a  questo   regno 

(N.  456}:  Cublai  lo  conquistò  nel   1255. 

453.  Centemur.   (  Cocl.  Rie.  )  iiVe/i/ém  (.Noy.  Orbis  )  j^5tfftref7ii/r(pag.387). 

34 


26a 

rk6b ,  e  poterne ,  e  mantiene  la  «uà  terra  eoa  molta  giuMiEf a  , 
perchè  egli  è  onorato  di  mdta  sa)[>Ì6nza ^  &  integrità.  E  partendosi 
dal  sopradetto  fibme  sì  cammina  verso  Ponente  pe!t  cinque  gior- 
nale,  e  si  truova  tutt'  abitato ,  e  castelli  assai .  Vivono  di  bestie^ 
e  di  frutti  della  terra .  Quivi  si  truovano  i  migliori  cavalli  *H  ^  che 
nascano  in  quelle  parti.  Itanno  linguaggio  da  per  se^^^y  il  quale 
non  si  può  facilmente*  comprendere .  A  capo  di  cinque  giornate  ^^, 
si  truova  la  città  maestra ,  capo  del  regno ,  nominata  Jaci  ^^^  ^ 


Come  t'ossenrmio  i  redattori  della  Storia  Generale  dei  Viaggi;!,  bob  kggesi 
detto  nbme  fra  i  dieci  figli  di  Cublai  rammentati  da  Oaubil  (  L  e.  )•  .Congettura 
il  Marsden  (  Not.  827  ) ,  che  Tìmur  non  fosse  il  figlio  y  ma  il  nipote  e  sue* 
censore  di  Cublai^  dì  cui  abbiamo  ragit>taatò  (Not.  3io) .  Ma  può  essene  anco  che 
fosse  un  figlio  ignorato  da  GaubiL  II  Polo  lo  appella  re  delia  proTincia  secondo 
la  consuetudine  degli  Orientali  di  cosi  appellare  i  governatori  di  sangue  reale. 
Dice  la  Bìssachere:  »  nos  notions  sur  léstitres  Asiatiques  et  sur  leurvaleur  ne 
»  sont  plus  éxactes.  Le  titre  de  roi  n' indique  qu*  un  prince  feudataire,  ou 
»  mèhiè  sujet*  d'iHi  Autne  ì>  (  Etat  actu.  du  Tnhq.  t  i.  p.  i^  )• 

454.  QuM  ri  trùvoMò  i  migliòri  ^téi^alii .  ^  Le  piajs  (  chsé  il  Urritorìo  di 
Vun^-nan  )  »  produit  de  lirè9-4>oa8  x:hevaux,  qui  soni  p<Mt  la  ptépart  de  basse 
w  taille  et  pétits^  «Mis  fóTtS  et  hafdlB  »  (  Man.  p.  t^S  ). 

455.  Lin^étùì^ié  dà  p9r  st.  S^toùAtì  i(  Dufaaldo  >  ià  Ciha  ogMà  pi^vinda^ 
ctttè;  gHMkÀ  bòl^iatà  ha  {mrtitcolAr  dìatetu».  Tanto  pie  fi^'arì«to  iAe«  «Mer  questa 
da  qUéttb  \iMlft  cabale  ^  èssendo  telata  k  pvovkicta  {wesé  iiKélipemdeftt»  itffc- 
ctltù  éèlàk  Giirà  p^  tanti  liecoli.  6eAgtetttti%  Mviamente  il  MaMdm  ishé  k  lingua 
dèli'  VtM-ihàh  dà  <}utel  ìétd  dUé^  partecipane  d:elfo  fìa^efla  della  Cime  e  d«l  Pi^ , 

4^  j^  capo  di  àifi^è  ^órrtatè.  Fa  d*  ^opo  eomjmtarie  dai  )fNMto  loVe  deyè 
passare  il  KitiiJchà  per  ìrecann  A  Jàci  o  Tétt-fu  \e  yahitarM  ki  èeviaaii^e  che  davé 
fare  ^t  tdntómarè   il  lagb  vjii^. 

^f.  Jkti  é  Taii/tt.  U  afa^tihi  dietro  la  IscorU  dugE  serittaH  fiiberi,^e^ 
(H  questo  paese  che  innanì^i  di  passare  sotto  la  signeria  dei  Ginesi  ^era  «hìtatò  ^àm 
alettne  gènti  éettè  %^enhi  e  die  era  tin  poten'tìssìnv^  r^no .  Un  fìnfuerado^e 
della  (Knaètia  Mah  iabbiicò  la  città  di  Tidifu  cui  i  Tang  diedero  home  di  Vaocìmty 
vtoìiHi  che  sinco^to  c^ihe  suoi  farsi  iì%l  famigliare  discorto  disfatte  iTdciit  e  rwi^pér- 
che  il  Polo  seguendo  la  difficoltósa  pronunlia  dèi  Tartari,  «Hrow  danai  atvèrfc» 
tita,  ^erttiH!ita  l'i/ finite  àèlle  4^oei  in  v\  N\eUa  decadenu  deUlmpèro  detta  Gina  che 
prét^t^dè  VinvaèìoQé  din  Itfdgolli,  il  patei^  tofttò  -età  essere  ùtì  rejgno  indipendènte  d«ttò 
Nan^choòy  fa  ciù  potenza  èra  late  che  «^glStogò  temi>orariainente  ii  Tuttkir»k  QiKelte 
gfenti  fu?ohd  dette  dai  tlinési  uilo  del  qtMttro  flagelU  déH'Im^ro;  erano  ^H 
altri  tre  i  THiètani^  gì'  Eiguri^  i  Turchi  {  Lettr.  Edit.  t.  KVI.p.  360  >  Cl'IVe» 
o  i  MogòlK  c^  c^on^inStai\>ifty  questo  pèeto  ai  tempi  di  iffanga-can,  posilo 
Bfome  di  Tèdifu  è  Yaci  (  Mart.  Att.  p.  i)y4  ),  Qtteiba  importante  città  i  fk>polma. 
e  fabhritèftA  In  quadrato.  Ptaò  veda'sene  la  picmta  nel  DofaaHlo  (t^l.Tir.ViT.). 
Secondo  il  detto  scrittore;  Tali-fu  è  alla  tàt.  a5.«  44.'  H*'  **«**•  >*•'*  6-'  4o-^' 
Ocdd.  dA  FbfciQo  (  T.  IV.  p.  48flL  ).  • 


263 

eh'  è  gfaudU3ÌiiiA  e  tiobile .  Soqq  ii)  q^Ua  molti  mercanti ,  e 
artefici,  e  molM^sorii  4i  gemi.  Soqqtì  IdoUtri ,  q  Cristiani  Ne$to- 
rìai^  e  SÌ9r#c«qi,  9  Maomettaivi ,  ]V1a  i  priacip^U  sono  quelli 
ch'adorano  gjl*i^i^  ^d  è  la  terrai  fertile  in  produr  risc^  e  frumento. 
Ma  quelle  genti  non  mangiano  pane  dì  frumento ,  perchè  è  mal 
sano ,  ma  U  riso ,  del  quale  ne  fanno  vino  ^^  con  spezie ,  eh'  è 
chiaro  e  bianco ^  e  molto  dilettevole  a  bere.  Spendono  per  mo- 
neta porc^ane  bianche  ^^ ,  le  quali  si  truovano  al  mare ,  e  ne 
pongono  anco  al  collo  })er  ornamento,  e  ottanta  porcellane  va- 
gliono  un  $aggjk>  d' argenta ,  il  qual  è  di  valuta  di  oue  grossi  Ye- 
nezivii ,  e  otto  saggi  di  buon  argento  vagliono  un  saggio  d' oro 
perfetto.  Hanno  ancora  pozzi  salsi  ^^^9  de' quali  fanno  sale,  il 
qaal  usano  tutti  gli  abitanti ,  e  di  questo  sale  ,  il  re  ne  consegui- 
sce  grand'  entrata  e  profitto  . 

.  Ivc  genti  di  questa  provincia  non  reputano  esserli  fatta  ingiu- 
ria s' una  tocoa  b  ior  magUe  oamalinente ,  purcbò  «ia  con  voion-' 

ta  di  queUa .  V  ò  ancora  un  lago  ^^^ ,  che  circuisce  circa  cento 
miglia ,  nel  quale  si  piglia  gran  quantità  di  buoni  pesci  d'  ogni 
maniera 9  e  sono  pesci  molto  granai.  In  questo  paese  mangiano 
carni  crude  ^^  di  galline  9  montoni ,  buoi  e  bufali ,  e  in  questo 


■n 


458t  II  iij«  dot  fuaU  ne  fanno  il  wina  (  V.  t.  L  p.  9$  n.  e  ).  E  a^vol  cos% 
che  nel  Yun^nm^  facciasi  questa  bevanda  spiritosa  come  nel  Tiinluno.  Oice 
fo  Bissaebere;  »  il  est  ime  espece  de  rìs,  plus  susceptible  que  |es  autres.  da 
1^  fermeataiioQ»  doqt  qb  fait  une  liqueur,  dans  la  quelle  on  mèle  les  troi^  quarta 
t  «i'eau.  file  resaei«Ue  a  oe  qu'  on  Bomnie  en  Fraace  le  petit  vin^  et  est  rafrai- 
t  ^hiasame  (  Nwvet  IlelaU  du  Twk- 1«  I.  p»  297  ), 

459*  PQrQ0U<m0  biimMke  (  V-  t.  I.  p*  m  not.  e,  9  not.  444  )•  11  Marsdaa 
(  Q.  854  ).  Q«serva  obe  di  qi«est«  concbiglìette  è  molto  scemato  il  valore,  Qin<> 
quemila  a  X^alcu$4^  vagUooo  v$è^  niyp^,  che  ei  crede  valere  tre  saggi  d^  argento 
di  Yenema.  *' 

4^  Bwt»  salsi  (  y.not*  445).  Fra  le  impwwMii  che  paga  il  Vun^nan 
avvi  quella  di  5$,965  pesi  di  sale  (  Àtl.  Sin.  p.  199  ), 

ifii.  Uà.  létgQ .  t  lì  lag»  Sid  che  è  d»  riereaùone^  e  di  comedo  agli 
.  I  Cinesi  r  apfwUano  Miire  a  cagiona  di  S114  grandezza  ;  è  maggiore 
in  l««gkeza(a  che  in  largfaeua  (  Mart,  p>  194  )•  Nell^  CarU  particolare  deQa 
provincia  dell*  AnviUe  il  lago  i  nominalo  Chang^^een*  Nel  Puhaldo  SI  •  hai 
(  Uhi  Snp.  ). 

46n .  Carni  cruda  •  Qiieat*  nso  di  preferire  le  carni  qp>u<fe  alle,  cotte  vien 
naounhentato  come  praticato  nel  Tibet  e  ndi  Sifm  (  Marsd.  not  SSg  ).  Lo 
nnrrè  degli  Ahiasini  Bmce  e  ne  ebbe  taccia  di  men»)gnero.  Ha  nel  limitrofo 
Tmiliioo  é  tnlitara  in  «so:  »  iea  mat^  aont,  towt  compoa^i  cependnnt  aouveiit 


■»..<• 


564 
tnodo,  che  le  tagliano  molto  miDutamente  e  te  mettono  prima  ia 
sale,  in  un  sapore  fatto  di  diverse  sorli  di  lor  spezie ,  e  questi 
sono,  gentil'  uomini.  Ma  li  poveri  le  mettono  così  minute  in  sal- 
sa d'  aglio,  e  mangiano   come  facciam  noi  le  cotte.. 

C  A  P.    XL. 

4 

Delia  provincia  detta  Carazan. 

Quando  si  parte  dalla  delta  città  di  Jaci,  e  che  s'è  cammi- 
nato dieci  giornate  per  Ponente,  si  truova  la  provincia  di  C-ira- 
zan  ^^^,  siccome  è  nominala  la  maestra  città  del  regno.  Adorano 


9  la  viande  et  le  poisson  sont  mangés  cnis.  On  Ics  coupé  en  pedtes  trancbeir 
»  comme  du  papier»  et  enlre  ceft  tranches,  oormet  dc8  feucUles  odori ferentes  : 
»  cette  erudite  tst  reputée  coaserver  la  saveur  de  la  viande  .et  du  poisaon...* 
^  lea  sauces  sont  fbrmécs  d'espices  et  d'erbes.  aromatiqucs  »  (LaBissach.  1.  e» 
t.  I.  p.  ^2g  )  . 

463.  Carazan.  La  Lezione  qui  reca  oicurlfà;  poiché  sembra  che   Carazan 
sia  un^  provincia  distinta   da   Carajan,   Nel   Testo   da  noi   pubblicato  si  legge 
la  rubrica  di  questo  capo  ;  ancora  della  provincia  di  Carajan^  Anche  nel  Testo 
Francese  della  Parigina  (  Cod.  n.  7567  ]  vien  confermato  che  parla  dcib  stessa 
provincia»  =  Encore  divise  de  la  provence  de  Carajan.  =  11  Testo  Riccardiano  con* 
corda  con  gli  altri  due  (L.II.C.XL.)  »  De  r^g/o/t^  quadam  provinciae  Carajjm,  in 
»  qua  serpentes  magni  sunt  »  Leggesi  dipoi  »  post  discessum  a  civitate  Voci  per- 
decem  dietas  procedi  tur  per  provincia  Carayaìft  ad  regnum  aliud^  cujus  prind^ 
palior  ei'vitàs  dici  tur   Carajan  ».  E  ciò  è  coffcoi*de  con  quanto  avea   detto   neV 
capo   precedente,  che  la  provincia  era  partita  in  sette  rBgni.   Dunque    Carazan, 
e  Carajan  sono  uno  stesso  paese  mate  a  proposito  distinto  co&  due  nomi  diversi 
nella  Lezione  IVamusiana.   E  qal  è  da  avvertire  non  es&ervi  parte  del    viaggio 
del  Polo  meno  rischiarata   da  altri   viaggiatori   di   questa.   Esso   fu  il  solo    forse 
degli  Europei  che  andasse  per  terra  dall'  Yurt-nan  nel  regno  di  Ava.  Ci  man- 
cano carte  e  relazioni  di    questo  paese.'  Alcuni  utili  lumi  possono  ritrarsi  dalla* 
relazione  dell'ambasciata  del  maggiore  Symes  all'Impero  dei  B-irmanni  che  ae- 
cadde  nel    1 795  (  Par.  1800  v.  III.  in  8.^  ).  •  Esso  combinò  a    Ummerapura  capi- 
tale di  quelP  Impero  una  ambasceria   Ciriese  che  venendo  da  Pekino-  fece  gran 
parte  del  viaggio  del  veneto  viaggiatóre.   Grande  utile  alla  geog  rafia  avrebbe  ar* 
recato  il  diario  di  quel  viaggio.  Secondo  Marco  la  città   detta  Caratan  o  0<r- 
rajan  era  distante  dieci  giornate  da  TaU-fu^  ohe  valutandole  due  gradi  e  mezz.o- 
verrebbero  a  indicarne  la  posizione  oltre  il  Contine  del  Kun-na/i.  Sembra    clie 
dovesse  essere  nella  parte  settentrìonaltr  del  regno  d' Ava^  ove  Arrowsmith  segna, 
il  paese  di  Lowa,  11  Martini  dietro  la  scorta  dei  Geografi  Cinesi  dice  che  gl'Yvcn 
appellarono  il  distretto  di .  King^tung  nel   Vun-nan  Cainan  che  somiglia   assai   a 
Carajan  perchè  essi   mancano  deli'  r .   Il    Buchanan  che  accompagnò  il   Sjrmes 
bel  regno  ò!  Ava  aflerma  che  i  Karajrny.%oaQ}xa   popolo  salvatico  che  è    sui 


a6.S 

gl'idoli,  e  sono  sotto  il'  dominio  del  Graa  Can,  e  suo  fìgliuolcy 
nominato  Cogatin  ^^,  ticDc  la  dignità  regale  .  Trovasi  in  essai  oro> 
di  pa jola  ne'  iiiimi ,  e  anco  oro  più  grosso  che  di  paiola ,  e  ne* 
mmii  oix>  di  vena  .  £  per  la  gran  cpianiità  che  n'  hanno ,  danna 
per  sei  saggi  d' argento ,  un  saggio  d' oro.  Quivi  ancora  si  spen-' 
dono  le  porcellane ,  delle  quali  s'  è  detto  di  sopra  ^  le  quali  non 
à  truovan'  in  questa  provincia ,  ma  sono  poitate  dalle  parti  d'(ndia« 
jNascono  in  questi  paesi  grandissimi  serpenti  ^^^ ,  quali  sono 


confine  della  Gna  (  Asiat.  Rech.  t.  YL  apud  Maria,  n.  StS  ).  A  F.  Vincenzfv 
da  S.  Gernrtano  Italiano,  che  secondo  il  Sjmes  era  sommamente  considerato  nel 
regno  d*Ava  per  dolcezza  e  santità,  e  che  parlava  e  scrìveva  la  lingua  Birmanna 
con  somma  facilità,  gli  discorse  d'una  nazione  singoiare  che  pare  non  di  sangue 
Birmanno  appellata  Carainer  o  Caraianerf  che  erano  sparsi  in  molte  provincie  e 
principalmente  in  q9elle  di  Dalla  e  di  Bassiert^  gente  semplice,  di  lingua,  e  di  culto 
diverso  dai  Birmanni,  che  menano  vita  pastorale  e  rusticale.  Nelle  loro  boriiate  non 
sonovi  genti  di  altre  nazioni,  essi  non  contraggono  matrimon)  con  istraoie.  Oppressi 
oggidì  dai  Birmanni,  sonosi  relugiati  nei  monti  dell' ^rracon  (Ambas.t.I.p.SyS). 
Sembra  che  questo  popolo  possedesse  ai  tempi  del  Polo  parte  del  regno  dì  Ava 
e  del  Vun-nan,  e  che  nelle  rivoluzioni  accadutevi  fosse  disperso,  e  ch<  ora  vfcra 
pacifico,  timido,  e  industrioso,  nelle  terre  del  vincitore.  Cosi  accadde  degli 
Slavi  neirUngherìa,  soggiogati  dagli  Ungarì.  Il  Dot.  Buchanan  visitò  un  villaggio 
di  quelle  genti,  ed  osservò  ch'erano  di  carnagione  più  bianca  dei  Birmanni 
del  mezzodì ,  lo  che  parmi  dimostrargli  originar),  di  più  settentrionali  e  più 
fredde  contrade  (  Ambas.   T.   IH.   p     56  ). 

464.  Cmgatin  (  God.  Rice.  )  Cogaiuj-.  Nella  lista  dei  dieci  figli  di  Cubltfi 
Can  data  dal  Deguignes  (  t.  lY.  p.  189  ),  non  si  ravvisa  che  alcuno  avesse 
questo  nome  l  T.  IV.  p.  189  ).  Il  nome  il  più  somigliante  a  Cogatui  è  quello 
del  nono  figlio  Kokotchu,  In  una  memoria  concernente  il  Tunkino  vien  fatta 
menzione  di  mi  figlio  di  Cablai  -  con  detto  Tokarr,  che  ebbe  il  comando  del 
mezzodì,  e  fu  il  condottiero  delle  guerre  che  fece  il  padre  contro  la  Co«c**/t- 
€hina  e   il    Tunkino  (  n»  499  )' 

465.  Grandissimi  serpenti.  Secondo  la  Bissachere  il  Tunckino  è  pieno  di 
rettili  e  di  serpenti  velenosi  e  non  velenosi,  alcuni  dei  quali  s'intanano  negC 
alberi,  e  si  spenzolano  per  assalire  gli  uomini  e  gli  animali.  Alcuni  di  questi  sona 
grossi  quanto  la  coscia  d'un'uomo,  non  venefici  ma  dutàti  di  forza  prodigiosa.  Tal- 
volta s'avviticchiano  con  tanU  forza  attorno  all'uomo,  al  bufalo,  al  cervio,  da 
rompei^lì  l'ossa  e  indi  lo  inghiottono  intero.  Dopo  ciò  sinché  non  abbiano- 
dìgerit»  tanta  pastura,  restano  istupidif i,  ed  in  allora  possano  uccidersi  senza 
pericola  (Etat  ActuaL  du  Tunk.  t.  L  pag.  6)  (t  I.  p.  n^  n.  D  ).  Ma  siccome 
il  Polo  dice  che  hanno  presso  il  capo  due  gambe  piccole,  è  savissima  congettura 
del  Marsden.che  il  viaggiatore  intendesse  ragionarr  àéV  Alligatore  c\^  è  il  coc- 
codrillo dei  fiumi  che  sboccano  nell'Oceano  Indiano,  il  quale  é  chiamato  dai 
Cinesi  Serpente  Aquatico.  È  malagevole  l'esplicare  come  il  Polo  faccia  men. 
zione  di  due  sole  gambe,  mentre  ne  ha  quattro.  È  l'alligatore  un  ^limale  am 
fibio  carnivoro  e  crudelissimo.  La  chiave  212  dei  caratteri  Cinesi    é   quella  che 


a66 

4i  lunghezza  dieci  passi,  e  di  grossezza  spanne  dieci.  Hanno 
aellQ  pvu  dinanzi  appresso  il  eapo  due  gatnbe  piccole  con  tre  an* 
gl^e  a  niodo  di  leone ,  e  gli  occhi  maggiori  d^  un  pane  da  quattro 
danari,  tMti  lucenti.  La  l>occa  è  cosi  grande^  ch'inghiottirebbe  uq' 
Domo^  i  deati  graiìdi  e  acuti,  e  per  essere  tanto  sparentevoli 
oon  è  uomo^  nò  animale  alcuno,  che  approssimaiKloseli  non 
tranu  tutto .  Se  ne  trovano  dei  minori ,  cioè  di  passi  otto ,  di 
tei  ^  e  cinque  lunghi ,  quali  si  prendono  in  questo  modo ,  con- 
eiosiachè  per  il  gran  caldo  stanno  di  giorno  nelle  caverne ,  e  di 
notte  escono  fuori  a  pascere ,  e  quante  bestie ,  o  leoni ,  o  lupi , 
a  altre ,  che  si  siano ,  che  possono  toccare  ^  tutte  le  mangiano , 
e  poi  si  vanno  strascinando  versp  a  laghi ,  fonti ,  o  fiumi  per 
bere.  £  mentre,  che  vanno  a  questo  modo  per  Tarena,  per 
la  troppa  g^ravezza  del  peso  loro,  appaiono  i  vestigjj  cosi  grandi  | 
come  se  una  gran  trave  fosse  stata  tirata  per  queU'  arena ,  «  i 
caceialori  dove  veggono  il  sentiero ,  per  il  quale  sono  usati  d'an- 
daitey  ficcano  molti  pali  soito  terra,  che  non  appago,  e  in 
quelli  mettono  alcuni  fèrri  acutissimi,  ponendoli  spessi^  e  copronli 
ciQia  r  arena ,  che  non  si  veggono ,  e  mettono  in  diversi  loof^ , 
secondo  i  sentieri,  dove  più  vedono  andar  i  serpenti  :  i  quaU 
andando  a'  luoghi  soliti,  subito  si  feriscono,  e  mnojono  facilmente, 
e  le  cornacchie,  come  U  veggono  morti,  cominciano  a  stridere, 
e  li  cacciatori  a*^ gridi  di  quelle  conoscono,  che  sono  morti,  e. gli 
vamno  a  trovare,  e  gli  scorticano,  cavandoli  immediate  il  fiele,  eh'  è 
moho  apprezzato  ad  infinite  medicine ,  e  fra  l'altre  al  morso  de' 
cani  arrabbiati,  dandolo  a  bere  al  peso  d^  un  denaro  in  vino,  ed  è 
posa  presentanea  a  far  partorire  una  donna  quando  ella  ha  i  dolori  ^ 
«  a'  carboni  ,  e  pustole ,  che  nascono  sopra  la  persona  poslovene 
un  poco  subito  li  risolve ,  e  a  molte  altre  cose  •  Vendono  ancor 
le  carni  di  questo  serpente  molto  care  per  esser  più  saporite  del- 
l'attrae    carni,  e  ognuno  le  mangia  volentieri.  Oltre  di  ciò,  in 


es^ìtne  il  dragone»  t  iliyf«Fw]ea  riferisce  ìs^  defioiftioBe  cIm  m  danno  i  Goeai 
Uratu  dal  di3^Q»arìo  M  eupnea  N«  x  3,287  ^^  ^  ^^  segua«te.  t  Draco,  bellua 
»  afuamatorum  rex,  quae  }kabet  connia  ut  cervus,  aurea  ut  boa,  caput  ut  emme- 
a  hia,  cullum  ut  aerpena,  padea  ut  Ugrea,  unguia  ut  accìpitar,  aquanuia  iHt  pi- 
a  acaai  cujua  aunt  duo  genera^  -itnum  aie  natum,  allerum  e  aarpente  vd  pìse^ 
a  in  di^acone  aiuitatum  ».  Optoa  die  poaaa  av^r  latta  il  Polo  qu.eata  deaorì^iaafte» 
e  in  quella^cha  dà  dell'alligatore  aver  maacolata  4louna  coaa  rdatÌ¥«  a  ^ui^to 
£avoloao  amatale  (  N.  844  )• 


detta  provincia  nascono  oaTalU  grandi ,  i  (piali  si  ootiductmo  iii 
India  a  vedere  mentre  sono  ^giovani  ^  e  a  tnid  li-  cavano  un'  osso 
della  Goda^  acck>ochè  non  possino  menarla  m  qua  e  là^  ttKsi  linuin^ 
ga  pendente ,  perchè  li  par  cosa  brutta  ^  die  il  cavaAo  OdrnmdO' 
meni  la  coda  in  giro  •  Quelle  genti  cavalcano  ^  tenendo  ie  staffe 
lunghe ,  come  appresso  di  noi  i  Franceschi^  e  dicesi  lunghe  per- 
chè i  Tartari ,  e  quasi  tuttie  l' altre  genti ,  per  il  saettare  le  ponano 
corte^  perciocché  quando  saettano  si  rizzano  sopra  i  cavalli .  Han-* 
no  arme  perfette  ^^  di  cuojo  di  bufali  ^  e  hanno  lance ,  Bcudi  ^ 
balestre ,  e  intossicano  tutte  le  loro  freccie  •  E  mi  fu  detto  per 
cosa  certa 3  che  mbke  persone^  e  massime  queli  àie  vogUno 
iar  qualche  male  ^  portano  dt  continuo  ti  tòssico  con  loro  ^^^  ac- 
ciò se  pw  qualobe  casofoftnito^  per^iaidlis  mancameBUo  dessero» 
presi  9  e  li  volessero  porre  al  tormento^  piuttosto  che  patirlo^  d 
pongono  subito  del  tossico  in  bocca ,  e  Y  inghiottono ,  acciò  pre- 
stamente muojano.  Ma  li  signori,  che  sanno  questa  usanza,  hanno 
sempre  apparecchiato  sterco  di  cane ,  li  fanno  di  subito  inghiot- 
tire ^  per  iarli  vomitar  il  tossico^  e  xrosì  hanno  trovateci  riaoiedio 
coMta  k  mdaltia  di  i^iei  tristi .  Le  dette  gen%i^  «¥aAtt  olve  ib^ 
sèrò  soggiogate  «il  dommfo  de!  Ot^h  Càn,  tsssèrvatafhótttìà  brtftta, 
e  scèllèfàtà  consuetudine .  che  s' alcnù*  uòmo  nobile  e  beBo^  clie 
paresse    di  grande  e  bella  apparenza,  e  valoroso  veniva  ad  «d- 
loggiare  in  casa  loro ,  era  alnmasaoatd  la  flette ,  «dh  per  «adii  i  de^ 
nati ,  ma  acctoirché  l' attinta  "stia  Cùn  la  graf^iia  del  tàiot  sttó ,  e  ìa 
pìrospèlrìlà  del  senso,  rimanesse  in  quella  casa,  e  per  lo  Stanziar 
di  quelV  anima  tutte  le  cose  li  succedessero  con  ùmekìi^  e  qgnoa 


■i      J-JM   I      tti 


coévpùdU  dt4  nflftivi  èi  Và^ai  pteèe  'dèi  r^o  d' Àvn  à  tremoti  tana ,  e  "pwAò' 
pòèo  tooftano  ddl  <:atdfan  «del  PiÀt  {  Sym.  Ambas.  t.  It.  p.  2al  ). 

96^.  Aflrd  "perfette.  Secondo  ta  Kraachetie  1%  *artrd  lAilSchfe  d«l  Tankino^ 
«rttMi  picche,  a l»haréè,  l>«!itom  doppi»  e  la  Yna^àiTMla  )^artc  'dei  motift:àtiari  iron  fti*^' 
eevtMio  Xmo  che  di  fì*écdè  àttosaitate  (  L  e.  t.  1.  p.  509  ).  *\jt  sAnni  àA  k^egno^ 
d'Ava  Mmo  la  lancia^  il  giaVelottOi  W  hakstra,  la  -aciaixAa  (Amba(a.  auRojr  d'Av.. 
e.  n.  p.  do^  ).  Ma  tutti  i  popoK  della  Penisola  di  là  dal  ^Gange  dopo  te  con« 
quiate  é«i  PcAtUghdri»  avendo  rncondnciato  a  fare  ttao  delte  artfglrèaie ,  e  'dei 
moftcteetfti,  nt>n  ti  in  tédeno  piA  in  uao  )è  aMkiadui^  di  duofó  di  cifi  parla  il 
j^olu ,  probabfhnìente  ricomàci^ite  iiratiU  da  tikk\  trome  dà^  europei  qnelle  di- 
ferro   per  resiate^e  tti  cólpi  delle  armi  da  fìiocfo. 

468.  Il  tossico  con  lot*ò.  Osserva  3  B^amvstò  in  tnaiigibe  dbè  bota  Str&bohe 
p^  e  cmtttftianzfa  ^gli  SpagnudU* 


y 


a<S8 

« 

SÌ  riputava  beato  d'aver  ranima  di  qualche  nobile  i  E  a  quésto 
modo  si  facevano  morire  molti  uomini.  Ma  dopo,  che  il  Gran 
Gan  cominciò  a  signoreggiare ,  li  levò  via  quella  maledetta  con- 
suetudine, di  modo  che  per  le  gran  punizioni  che  sono  «tate 
&tte  9  più  non  s' osserva  • 

GAP.    XLI. 

Della  provìncia  di  Cardandan  >  à  città  di  p^ociam . 

Partendosi  dalla  città  di  Garazan ,  poiché  s'  è  camminato 
cinque  giornate  verso  Ponente ,  si  truova  la  provincia  di  Gardan- 
dan  ^^,  la  qual'  è  sottoposta  al  Gran  Gan^  e  la  principal  città 
detta  Yociam  ^7^.  La  moneta^  che  quivi  spendono  è  oro  a  péso^ 


»m'imr. 


469.  Cardandan.  (  God.  Puce.  )  Zardanda.  (  Cod.  Rice.  )  Ardandam.  Av^ 
vértimmo  di  sopra  (11.471  )  che  la  città  di  Carazan  facea  duopo  cercarla  nel 
paese  di  Lowa  e  perciò  fuori  del  Yun-nan .  Sembra  che  «piesto  paese  corris- 
ponda al  piccolo  reame  di  Lmc-iho,  di  cui  ci  die  modernamente  contezza  la  Bissa* 
chere  (  Etat.  act.  du  Tunk.  t.  I.  p.  24  )  9  che  confina  a  mezzodì  col  paese  di 
Laos^  a  levante  e  tramontana  col  TunckinOj  e  a  occidente  colla  Cina.  Ma  é  a 
noi  ignoto  perché  il  Polo  appelli  quel  paese  C ardandan^noiL  apparò  certo  quel  nome 
dai  Cinesi  che  non  possono  esprimerlo  col  loro  Alfabeto.  Sebbene  resti  molta 
•scurità  intorno  a  detta  contrada  per  istabilime  la  moderna  corrispondenza  9 
quanto  alla  capitale  della  medesima  rammentata  dal  Polo;  è  pili  agevole  il  rin- 
venirla come  vedrassi  nella  nota  seguente. 

470.  F'ociam  (  Cod,  Rice.  )   Vaciam    (  Cod.  Puce.  ),  e  più  correttamente 
Dóir  edizione   Grineana  (  Nov.  Orb.  p.  $82  )   Unchiam,   Il   P    Martini  riconobbe 
che  corrisponde  all'ottava  città  militare  del  Vun-nane  che  Arrowsmit   e  Symts 
nelle  loro  carte  scrivono  Kun-'cAan»  Dice  il  Mattini  t  »  la  ville  de  Vung  chang   est 
»  grande  et  peuplée,  qui  etoit  autrefois  la  capitale  du  grand  rpjaume  de  /T/'/icAf, 
»  qui  a  present  est  dans  l'obeissance   des  Chiaois;  Or  elle   comande   à  quatre 
»  cités  et  à  trois  furls  pour  resister  et  faire  téle  aux  peuples  qui  en  sont  prochc. 
)^  Je  me   persuade  fermement  que  celte  ville  et  le  puys  d*  alantour  est  VUnchiang 
)>  d^  Marc  Paul  de  Venise.  Je  suis  obbliga  de  le  croire  a  cause  du  rapport,  et  de  la 
t  convenance  qu'  il  y  a  ^ntre  Ics  nums,  pour  les  moeurs  de  ce  peuple^  et  pour 
»  la  situatiun  du  pajrs,  car  il   touche  au  royaume  de  Mien  dont  nous  parie- 
»  rons  ci-apres^  et  n'est  pas  fort  eloigné  de  Bengale  et  est  plein  d'elephants, 
»  dpnt  ils  se  sont  servi  pour  combattre  Iqa  Tartares,  qu*  ils  ont  vinous  et  de- 
»  faits  aveo  beaucup  d'honncur  et;  d*avantage:  ce  qui  temoigne  assez   que   g'  à 
'»  esté   Un$hiangf  car  il   n'y   a  point  d'elephants  dans  les  pays  septentrionaux, 
s?  et  on  ne  s*en  est  jamais  servi   pour  combcittre  dans  tonte  la  Chine,  si  ce  nVst 
»  dans  cette  Provincie  de  Vun-rian,  et  dans  le  royaume  di  Kiaochi,  ou  du 


» 


%6g 

t  anco  porcellane ,  e  danno  un'  oncia  d' oro  j  per  cinque  on^ 
ce  d'argento,  e  un  saggio  d'oro,  per  cingete  saggi  aargeii*» 
lo,  perchè  in  quella  regione  non  si  troova  miniera  alcuna' 
d'argento,  ina  oro  assai,  e  i  mercanti  vi  portano  d'altrove  l'ar^ 
gento ,  e  ne  fauna  gran  ginadagni .  Gli  uomini ,  e  le  donne  di 
questa  provincia  usano  di  portare  li  denti  .coperti  d'  una  sottil 
lametta  4?'  d'oro ,  fatta  molto  ma^trevolmente  a  similitudine  di 
denti,  che  li  copre,  e  vi  sta  di  continuo.  Gli  uomini  si  fanno 
ancora  attorno  le  braccia,  e  le  gambe  a  modo  d'  una  lista,  ov- 


y  k£n.  Mais  parcque  M*  Paul  escrit  un  pour  fun  il  ne  a*  en  faut  pas  ^«toner, 
»  car  il  n*y  n  point  de  lettre,  ni  de  caractere  Chinois  qui  se  nomme  un.  C'eit 
».pour  <iaoi  ceux  de  .la  dune  ont  emplpyé  jun  pour  irò  »  (  AkL  Sin.  p.  aoi  )• 
Tutti  i  recenti  oommentatori  del  Polo  a'  appigliano  rettamente  air  opinione  del 
Martini,  ma  ninno  avverte  che  dopo  la  acoperta  di  Symea,  non  fa  d' uopo  cer-^ 
care  Vun-chan  nel  Vunnanp  ma  ai  di  U  del  auo  conline  verso  il  regno  di  Ava, 
e  che  non  rettamente  è  peroiò  aegnata  detta  città  nella  carta  d'Asia  dell'An- 
ville  ,  e  rettamente  in  quella  dell'  Impero  Birmanno  di  Sjmea,  e  .nel!'  al-* 
tre  d*  Arrowsmit .  Questa  cittì  dee  essere  vicina  ,  o  sul  Meinant  che  é  i 
fiume  di  Siam,  Ciò  parmi  dedursi  anche  dai  racconti  posteriori  del  Polo ,  che 
d' ivi  per  recarsi  a  Alien  o  alla  città  di  Pegu  gli  convenne  di  fare  una  gran 
china.  Vedesi  infatti  nella  Carta  deU' Impero  Birmanno,  segnata  una  catena  di 
monti  aopra  le  valli  dei  due  gran  fiumi  il  TTudv^ni  il  Sitangf  o  fiume  del  Pe^ 
gu.  Non  dee  recar  meraviglia  che  seguitino  i  Cineai  a  comprendere  nella  giuri- 
adizione  del  Vun-nan  la  città  di  'Yun^chan  che  più  da  loro  non  dipende:  ma 
■  ciascuno  é  noto  che  il  loro  orgoglio  fo  considerare  i  paesi  al  loro  impero  li- 
mitrofit  come  a  loro  soggetti,  e  apecialmente  quelli  di  Tun-Kin  e  di  A^a  che 
intono  hangamente  aottò  la  loro  ubbidienza,  o  tributari.  I  Geografi  di  quella 
nazione  ai  ricopiano  nel  riferire  cose  onorevoli^  loro. impero.  Secondo  la CarU  A 
Sjrmes  Lat.  di  Yùn^chm  ao,?  40^  Long,  occid.  da  Greenvvich  gg.®  55.*  (  Cart. 
de  TEmp.  Birman.  ).  , 

4ji  Denti  coperti  if  una  sottil  lametta  d^  orq^  Il  P.  Martini  nel  descrivere 
il  diaUreUo  di  Tchu^x-^*^  del  Yun^nan^  aoggiunge  ;  »  \  autcur  Ghinoia  aaaure  qu'  aii 
#  aeptentrion  de  ce  territoire,  avant  la  venne  dea  TarUrcs  de  Yvena  (1  MogoUi) 
»  quc  là  etoit  le  re^aume,  de  ce  grand  peupk  de  VJnchi  (le  motsignifie  denU 
»  d' or  ^ .  On  le  nommoit  ainsi  a  raison  qu*  il  armoit  et  guarnissoit  ^b  dents  de 
3^  petitea  plaquea  et  lamea  d'  or.  C'est  peut-étre  la  province  d' Arclada  sclon 
f  M.  Paul  »  (  Atl.  p.  196),  Di  qui  si  rileva  che  il  Martini  malauguratamente  si 
valse  dell'  edizione  del  Grmeo,  piuttosto  che  di  quella  del  Ramusio,  ove  é  errata- 
mente  scritto  Ardada  in  vece  di  ^n^fliufa,  é  il  missionario  molti  più  utili  commen- 
Uri  ci  avrebbe  fomiti  intomo  al  Milione  se  avesselo  letto  in  più  purgata  lezione. 
ComJbinaado  ciò  che  dicono  il  Polo,  e  il  Martini  si  ravvisa  che  la  dominazione  dei 
Zinchi,  estendevasi  sino  al  regno  di  Mien,  o  che  i  popoli  seco  loro  oonfinanU  ave- 
rmuo  la  ateaaa  uaanza  • 

3J 


370 

'^efb  einia'eon  ponti  neri  *  4?^  disegnata  in  questo  modo.  Hanno 
^cinque  agucchie  ratte  legate  insieme ,  e  con  quelle  si  pungono 
talmente  la  carne,  che  n'  esce  il  sangue,  e  poi  vi  mettono  sopi^ 
ima  tintura  nera,  che  mai  più  si  pnò  cancellare  :  e  reputano  per 
cosa  nobile,  e  bella  aver  questa  tal  lista  di  pumi  neri.  E  non 
attendono  ad  altro  se  non  a  cavalcare^  e  ànatre  alla  caccia,  e 
uocdlàre,  e  a  cose,  che  s'appartengono  all' armi  >  e  esercizj  di 
guerra;  e  di  tutti  gli  altri  pfficj  appartenenti  al  governo  di  casa/ 
lanciano  la  cura  alle  loro  donne.  Hanno  servi  comprati^  e  anco 
'che  hanno  presi  in  guerra,  eh'  ajutano  le  loro  donne  in  simili 
bisogni . 

Hanno  un'usanza,  che  subito  che  una  donna  ha  partorito  ^'^^ 
si  leva  del  letto,  e  lavato  il  fanciullo,  e  ravvolto . ne' panni ,  il 
marito  si  mette  a  giacere  in  letto  in  sua  vece,  e  tiene  il  figlinolo 
appresso  di  se^  avendo  la  cura  di  quello  per  quaranta  giorni ,  che 
non  si  parte  mài.  E  gli  amici  e  parenti. vanno  a  visitarlo  per 
rallegrarlo,  9  consolarlo;  e  le  donne ^  che  sono  da  parto,  fanno 
quel  che  bisogna  per  casa,  portando  da  mangiare  e  bere  al 
marito^  eh' è  nel  ietto  ,  e  dando  il  latte  al  fanciullo,  che  gli  é 
appresso.  Dette  gehti  mangiano  carni  crilde,  e  cotte,  come  s'è 
detto  di  sopra,  e  il  ìòwo  cibo  è  rìsi  con  carne..  Il  loro  vino  è  fatto 
di  risi  con  molte  spezie  mescolatevi,  ed  é  buono. 

In  questa  provincia  non  vi  sono  idoli  *^*  uè  tempj,  ma  ado- 
rano il  più  vecchio  dì  casa,  perché  dicono, siamo  usciti  da  costui. 


I  > 


'47^*  Cinta  conjmhti  neri.  Affernfia  un  Geografo  Cinese  tradouò  dal*P.  'Amiat 
'che  (jiiesta  costumanza  é*^  usata  n^l  paosc  d|   Laofchua^  o  régno  ói  Laos^  abitata 
da  gente  feroce,  che  si  disegnano  su  tutto  il  doi'po  {ioti  é(>n  un  agb,  che  rìmangono 
indelebili  (^len>.  .sur  le,Qljiin.  t.  "S^JiV*  p.  29,1  )..  É  stato  i|n  uso  del  basso  popolo 
'Italiano  in  non  poche  parti  dèllh  {ienisola.  Tfé  Sarebbe  un  male  apporsi  che  lo 
^trasportassero  i  "Portughesi  dèli* Ihdie,é  da  lóro  pàsskssè  appo  noi. 'Se  ciò  fossesi 
praticato  iiinanzi  II  Polo  ei  nonne  avrebbie' fòtto  le  maraviglie.  Secondo  il  P,  Martini 
ciò  si  pratica  anche  a'  Vun^chang  SLVUnhian  del- Pòlo  cE'èràla  ciipiule  dei  Kin-chi 
rammentati  di  sopra  (Atl.Sin.I.r.).  11^  célèbre  Re  dipinto  di' Damplerre  signore  d'una 
piccola  isola  delle  Molucche  èra  in  tal  guisa  arabescato  (Dampiér.  Voy.  t.  IL  p.  22S). 
475.  Una  donna  ha p(ittorito.  Nota  il  'Kamusio  in  margine 'che  per  asserzione  di 
'  Strabone  ciò  ei*a  in  uso  presso  gli  Spagnuoli  dei  suoi  tempi  ;  e  ciò  si  narra  d'alcu- 
ni barbari  del  Nuovo  Mondo. 

474»  tn  qUesto  paese  non  ui  sono  i4oti ,  Dice  la  Bissacherc  :  *  il  n'est  pas 
•  j>  certain  que  lesSauvages  du  Lac  ihóy  da  Laos j  dU  TV/am/^naient  ancune  religion, 
>  qu'  its  reconoissent  quelque  dogmè ,  ni  qii'  ils  adoptent  un  eulte  quelconque  • 
^^gg>unge  c:ome  .quelli  di   Tsiampa  non  hanno  :nè  sacerdoti,  lìè  delubri .  (3i«  nìel 


371 

e.  tott'  il  bene  che. al>biai|io^  ptocede,  e  viene  da  lui .  Iffon  iiMoci 
lettere , .  né .  scrittQFa  alcttna ,  e  noa  è*  maraviglia  àlcnoa ,  però 
che^cpel  paese  è.  molto  sai  valico,  e:  ira  moòtagae,  e  selve  foUis^ 
sime,  e  Taere  nella  ^te  y'è  moUòtristo^^  e  cattivo.  £  li  fore- 
stieri, e  mercanti  noa  vi  possono,  ;  aure,,  perphènfiorirìano.  E  se 
hanno.  d|i  far  qualche  faccenda,  un  '<2oh  T  ahro^^  e  vogliono-  fat  le 
k>r  obbligazioni ,  ,oyverO  oaft^  di  ^cpieUì»'  ohe  devono*  disire  ;  e^ 
ayere^  il  pi*iocipale  piglia  un  legnol  quadro^  e  lo  sfàide  per  mezsoy 
segnasp  sopra*  quello  qaaiitc>  Imbpo  à^  (otre  insieme,  ^ecia<¥cnru> 
tiene  uoa.deliQ  pa^ti  d^l  baslpnìs ,'!  còrnei  facciiaiiio  noi  d  rnedO 
nostro  in  tessera,  e  anando  è  venato  il  terpnine,  e  il  debitore  avrà, 
pagato,  il  creditore  li  resti  tiiiscei  la  sua  parte  dellegno,  e  così  re*^ 
stano  contentile  sodisfatti. 

Né  in  qupst<a,  provincia ,  né  in  Caindu,  e.  Vodàm,  e  Jaci  si 
trovano  medici.,  Ma  comie  si  ammala  qualche  grand'uomo,  le  sue 
genti  di  ca^^y  fanno  v^nir  li  maglii  ^P,  cfa^  adorano  gli  idoli  ^  alii 


i»|.  4  limi 


.«  * 


Laos  il  padre  Ai  famiiglia  é  f\ù(  veiierato.  ^ghe  nel' ìLoc-f Ao ,  meno  tuttavìa  cJìt  nel 
Tunkino  (Etut  act.  du  Tuuk.  d.-  ^o).  Pocq  inpaiYzi 'area  detto  (  p..  18  }.  »  Dana. 
»  plusieurs  eommUnea,  il  n*  y  a  pbii^t  de  BónzeSf  et- le  chef  de  la  commune  le, 
ir  'rem|ftàce  ».  Ecco  perchè  il  Polo  avrà  creduto  che  al  più  anziano  rendeaser 
culto.  ,  '        )  .      •  '         '    • 

,  475.  Fanno  venir Jim^hi.  ».Ila  ae  mèlent  «(l^s  ma^aeoai)  auaai  de  prophe«> 
t  tìscr,  et  font  lea  foactiooa  de  medeoÌDa  qu'  ila  rempliaaeiM:  par  /dea  in^ocatio^ai 
»  et  des  conjurationa,  auy  quelle&.ils  joignept  pourtant  quebjaea  remed^  :  ^t  quand 
»  le  malade  guerit  par  le  cotu»  de  la  nature ^  ou  par  Teffet  dea,  .remedes,  la  gue- 
»  rìson  est  attribuée  k  dea  mojens  anmaturela  *  (  ibid.  t  II.  p.  aa  )  •  Lo  ^sao 
ai  artcrina  nelle  Lettere  Edificanti  (  t.  XVL  p.  207  )  .deì  TUnkino.  lia^  Mrékan 
paese  a  confine  del  regno  .d'j^va,  1^  narra  Daniele  Sheldd^  2  >  neUe  loro  n^attie^ 
dice  i*  Ingleae  Viaggiatore  »  chiamano  i  ftaulin  ^  che  aono  in  uno  aacerdpti  e 
»  medici.  Ubo  dieaai  soffia  i^ul  midato,  se  non  guariste  ordina  un  sacrificio  a 
»  Chaor-'Saos,  o  il 'nume  dei  quattro  venti ,  le  vittime  aoiio  pollame  e  animali 
»  grassi,  e  le  cSirnì apparteogoiio  ai  sacerdoti.  Se  il  male  è  pertinace,  efgesi'COn 
»  pompa  un  altare  air  idolo  y  e  i  parenti  ed  essi  vengono  trattati  aplefididamente. 
»  e  divertiti  con  musica.  Il  npinistro  delle  ce remonie  è  obbligato  a  ballare  sin- 
*  €hè  repgesi  sulle  .  gambe ,  inÀ  n  regge  con  una  mano  ad  una  corda  sinché  non 
»  .cade  iu  deliquio.  Allora  si  Hnfonsal»  strepito  musicale»  e  gli  spettatori  ima- 
»  ginaao  ch*.ei  eonversi  coli'  ìdolq«i  Se  il  nuilajU)  guarisce,  U  conducono  a.  un 
^  tempio  ove  Fungono  d*oljy  e  di  profumi.  Se  muore  dichiara  il  Sacerdote 
1»  che  le  ceremonie  e  i  sacrifici  non  i'uruooaL  nume  aggradevoli  »  (Hist.Gen.des 
Voy.  t.  IX.  p.  67  ).  L' accordo  che  passa  fra  questo  e  il  aostro  viaggiatore  trat- 
tandosi di  paesi  «limitrofi,  dimostrali  veridici  sommamente  ambedue»  e  sembra 
che  Ui    costumanza  si  praticasse  in  tutu  la  penisola  di  là  dal.  G^iq^e^,  paese  cha 


9J1 

tfadìi riafermo  narra  la  sua  malattia •  Allora  detti  maghi  hxxM 
venir  sonatori  eon  diversi  istrumenti  ^  e  ballano  e  cantano  canzoni 
in  onore  e  laude  de'  loro  idoli ,  e  continuano  questo  tanto  bal- 
lare ,  cantare ,  e  sonare ,  che  il  demonio  entra  in  alcun  di  loro, 
e  alloca  non  si  balla  pili  •  Li  maghi  daqpiandano  a  questo  indemo- 
niato ,  perchè  cagione  colui  sia  ammalato ,  e  ciò  che  si  dee  fare 
per  liberarlo  •  Il  demonio  risponde  per  bocca  di  colui ,  nel  cor# 
pò  del  quar  ligU  è  eùirato,  quello  essere  ammalato  per  aver  fatta 
oflfensione  a  tal  dio .  Allora  li  maghi  pregano  quel  dia ,  che  U 
perdoni ,  che  guarito  che  sia  li  farà  sacrifìcio  del  propio  sangue. 
Ma  se  il  demonio  vede,  che  quell*  infermo  non  possa  scampare, 
dice ,  che  l' ha  offeso  così  gravemente ,  che  per  niun  sacrificio  si 
potrìa  placare  •  Ma  se  giudica,  che  il  debba  guarire,  dice ,  eh'  e| 
lacci  sacrificio  di  tanti  montoni ,  eh'  abbino  i  capi  neri ,  e  che 
faccino . ragnnare  tanti  maghi  con  le  loro  donne,  e  che  per  la 
mani  loro  sia  fatto  il  sacrificio,  e  che  a  questo  modo  il  dio  si 
placherà  verso  1'  infermo  •  Allora  i  parenti  fanno  tuttocio ,  cha 
gli  è  stato  imposto ,  ammazzando  li  montoni ,  e  gettando  verso 
il  cielo  il  sangue  di  quelli ,  e  i  maghi  con  le  loro  donne  maghe , 
fanno  gran  luminarie^  e  incensano  tutta  la  casa  dell'  infermo,  ta- 
cendo fumo  di  legni  d'aloe,  e  gettando  in  aere  l'acqua  nella 
quale  sono  state  cotte  le  carni  sacrificale^  insieme  con  parte  delle 
bevande  fatte  con  spezie ,  e  ridono,  cantano ,  e  saltano  in  rive- 
renza di  queir  idolo ,  ovvero  dio .  Dopo  questo,  domandano  a 
qaell'  indemoniato  se  per  tal  sacrificio  è  soadisfatto  all'  idolo ,  è 
s  égli  cotnandà,  che  si  faccia  altro  «  £  quando  risponde  essere 
soddisfatto,  allora  detti  niaghi^  e  maghe,  che  di  continuo  hanno 
cantato,  sedono  a  tavola,  e  mangiano  la  carne  sacrificata  con  grand' 
allegrezza ,  bevono  di  quelle  bevande ,  che  '  sono  '  state  offerte . 
Compiuto  il  desinare,  e  avuto  il  loro  pagamento,  ritornano  a  casa^ 
e  se  per  provvidenza  d' Iddio  guarisce  V  infermo ,  dicono ,  che 
r  ha  guarito  quell'  idolo ,  al  quale  è  stato  fatt'il  sacrificio.  Ma  s' et 
muore,  dicono,  che  il  sacrificio  è  stato  defraudato,  cioè,  che 
quelli  che  hanno  preparate  le  vivande  l'hanno  gustate  prima ^ 
che  sia  stata  data  la  sua  parte  air  idolo ,  e  queste  ceremonie  non 
si  fanno  per  qualunque  infermo ,  ma  una ,  ò  due  volte  al  mese, 


ih  Malte  Br«in  con  fiaovii  e  ben  Additata  denomìflationt  appella  Indo^fAina  (  T. 
T.  1.  pag,   ii5  nota  )  -  •  ' 


per  qualche  grand'  uomo  ricco .  La  qual  cosa  ancora  s' osserva  m 
tutta  la  provincia  del  Gatajo ,  e  di  Mangi,  e  quasi  da  tutti  gì'  ido- 
latri ,  perchè  non  hanno  copia  di  medici .  £  m  questo  modo  U 
demoni  scherniscono  la  cecità  di  quelle  misere  genti . 

GAP.    XLIL 

Come  il  Gi^n  Can  soggiogò  il  regno  di  Mien  ' 

e  di  Bangala. 

Prima,  che  pixx^ediamo  più  oltre  narreremo  una  memora- 
bile battaglia  ^^,  che  fu  nel  sopradetto  regno  di  Vociam.  Av* 
venne,  che  nel  vi^i  ^7?,  il  Gran  Gan  mandò  un-'  esercito  nel 
regno  di  Vodaui ,  e  Garazan  per  custodirlo ,  e  difenderlo  da  genti 
strane ,  che  lo  volessero  offendere.  Imperocché  fino  a  quel  tempo 
il  Gran  Gan  ancora  non  avea  mandato  alcuno  de'  suoi  figliuoli  al 
governo  de'suoi  reami,  come  do{)o  vi  mandò,  perchè  sopra  que-* 


476  •  *Una  memorabile  haiiagiia  •  Affermando  il  Polo  che  questa  battaglia 
firn  il  re  di  Atìen,  e  i  Mogoili  accadde  nel  paese  di  ^octaiiy  sembrami  che  di* 
mostri  quanto  esattamente  sia  assegnata  la  posizione  di  Vun^Shan  nella  carta 
dell'impero  dei  Birmanni  di  Sjrmes^  cioè  nella  prossimità  del  regno  del  P^^u,  e 
in  luo^  ove  i  Peguani  poteano  far  uso  dei   loro  elefanti. 

477*   Avvenne   cke  nel    1272.  .  Concordano    in   questa   lezione   quanto  al- 
ia data  il  testo  della  Crusca  e  il  Riccardiano^  non  meno  che  altri   veduti   dal 
Marsden.  Solo  la  lezione  Basilense  porta  la  data  1282.  Questa  Lezione  sembre- 
rebbe la  retta ,  poiché  vien  confermata  dalla  Storia  Generale  della  Cina  (  t.  IX. 
P"4i9)tcfac  sotto  queU'anno  pone  la  conquista  del  regno  di  Mien-Jìen.  Ma 
AOn  è   congettura  improbabile  ehe   anteriórmente   toMt  stato  conquistato   quel 
regno,  e  che  nel  1282  questa  nuova  spedizione  fo^se  motivata  da  ribellione  del 
re.  Infatti  non  concordano  intomo  ai  particolari  di  quella  conquista  gli  Annali 
Cinesi,  e  il  Polo,  e  ciò  corroborala  congettura  della  precedente  spedizione.  In  essi 
e\  legge  che  il  r€  di  Miea  risiedeva  a  Tai'kong;  che  la  spedizione  fu  coman- 
data dai  Generali  Sianoaur  e  Taipu»  Il  Pòlo  dice  che  il  re  risedeva  a  Mien  • 
che  condottiero  dei  ACogoUi  era  Nestardin  che  il  Deguignes  appella  Nasireddin. 
Ei   nmn  allega  altra  autorità  che  quella  del  nostro  viaggiatore  (t»IV«  p*  176) 
intorno  a  questo  fatto.  Secondo  Caubil  la  conquista  del  regno  di  Mien  accadde 
nel    1276  (  e  questa  sembra  che  fosse    là  prima  ),    e  che  condottiero  dell' e- 
«ercito  era  Nastduiing  che  sembra  il  nome  di  Nasierdin  modulato  alla  Cinese  (Apu<)[ 
&njc.p.i82}.  Di  questa  disfatta  data  dai  Generali  di  Cublai  ai  Peguani  parla  un  Geo- 
grafo Cinese  allegato  dal  P,  Mattini  (  Atl.  p.  204  ).  Ali'  occasione  di  questa  spe». 
dizione  furono  soggiogati  i  Kin^dii  e  il  regno  di  Mie»*  l  Kia^if  erano  i  p«A- 
..pofi   intermedj  fra  i  Cinesi  e  i  Peguani* 


2^74 

sia  regno  ordirlo  , in  re  Cénleipur  *7«j  suo  figliuolo.  Il  Re  verar 
niQQlje  di  JViien,  e  B^nga^a  delK  ladia  *'^,  eli  era  potente  di  gemi. 


478.  Centemur  (  Ved,  n.  45a  ). 

479.  //  re....di  Idien  e  di  Bangala  delV  Indie ,  La   descrizione    del  Polo 
fifa  8Ì   volge  a  parte  di  quel   paese   che  dalla  Cina  e   dal  Tibet  si  estende  si- 
ifb  allo  stretto  di  Malacca*  Aegione  detta  India  eslerìore,  penisola  di  là  dal  Gan« 
gè,  e  appellata  modernamente,  come  si^disse,d£(unjlliustre  Geografo  indo^ChinOf 
per  essere  contrada  abitata  da  popoli   partecipanti  per  indole  di   favella ,  per 
culto>  per  costumanza  degli  Indiani  e  dei  Cinesi.   Una  parte  dì  quella  penisola» 
e  quella  appunto  che   bagna  il  Golfo  di  Bangala  non  fu  sconosciuta  agli  An- 
tichi, come  in  altro  luogo  notammo  (  Stor.  Lib.  I.   }.  Questa  penisola  compren- 
de oggidì  l' impero  Birmanno,  che  ha  sotiO'  k  0ua  signorìa  riuniti  i  regni  à'Ava 
e  di  PegUy  inoltre  il.  Tun^kino,  la  Cocdncinoj  il  paese  di   Tsiampa^  quello  di 
MalacQQj  e  di   Siam^  nell'interno,  poco  noto  agli  Europei,    I^aos^   Cambogia,, 
ìì  Lac'ifto  (  V-  not.  459  ).    L' identità   del   regno  di   Mien  del  Polo  coi  paesi  di 
Ai^a  e  di   Pegu  non  è  da  revocare  in  dubbio  (ibid.).  Parrebbe  dalla  Lezione 
Ramusiana  che  il  re  di   Mien  fosse  stato  ai  tempi  del  Polo  anche  re  del  Ben- 
gala .   Ma    ciò  è  erroneo ,   mentre   da   altri  testi   del  Polo   si   ravvisa  eh*  erano 
due  regi  distinti'  e  fra  loro  collegati.   Leggesi  nel  hiccardiano  (Lib.II.G.XLV-)  ' 
»  Bungala  provincia   est  ad   meridiem,  in  confinia   Indiae,  quam  Magnus  Kaam 
»  nondum   subjugaverat ,    quum  ego   Marcus   in   curia   ejus   eram.  Sed   adde^ 
#   bellandam    eam ,    suorum    exercitus    miserat .  Ibi  uutem    est    rex   proprìus  t 
iyegni*disLìnti   erano   il  Pegu  e   il  Bengala  anche  ai  ten^pi  del  celebre  Storica 
Portiighese  Don  Giovanni  di  Barros.  £i  dice  nella  descrizione  dell'India  :  »  quanta 
»  allo  Stato  dei  Gentili,  eh' é  l'altra  gente  che  signoreggia  quella  regione,  ì 
w  j>rin(^ipali  eon  cui  avessima  comunicazione,  perocché  i  loro  stati   venivamo  a 
»  .bere  nel  mare,  erano  questi  ;  il  re  di  Bisnagor^  d'Orissaf  di  Bengala,  di  Pegu 9 
t  dì  Siam  )».  Sogffi unge  poi  che  il  re  di  Cam^q/a  soleva -affermare,  che  se   le  sue 
facoltà^  erano   coinè  uno^  quelle  del  re   di  Narsinga  erano   come  due,  e  come 
tre,  quelle,  del  re  dei  Bengala  (  Barros  Asia  Dee.  I.   Lib.  IX.   e.  2  )  .   Di  questo 
ultimo'  regno   parleremo  ulteriormente  •    Alcune  parti  di  questa  India  esteriore 
sono^  statCj  ben  descrìtte  dagli  Europei  viaggiatorì.  Pregiatissima  è  la  relazione 
del   regno  di   Siam   fatu   dal  Loubere   (Hist.  du  IVoy.  de  Siani«  Amst.  1714  12  ). 
non  meno   quella  dei    Missionarj    Francesi  (   Voy.   de   Siam  des  perea  Jesuit, 
Anist.    e 688.   la).    Essi  .  descrìssero  bene  anche  il    Tunkino,  e  recentemen- 
te  la  Bissachere    (  Etat.    Actuel.  du   TunL.  de  la  Cochin.  Paris  i8ia.  v.  a.  8.*^  ). 
Ricca  messe  di  lumi  intorno   all'  Impero  dei  Birmanni  recò  l'ambasciatore  i^iag- 
gior  Symes,  spedito  dalla  Compagnia  Inglese   del  Bengala  nel  ij^  a  Ummera- 
pura,  capitale  dj  quéll'  impero  (  Sjrm.  Am^bass.  dans  le  Boy.  d'Ava^  ou  J'Empirt  dea 
Bìniian:^  Par.  i8oo,  t.^inT   in  8.°  ).  Quest^  opera  contiene  un  copipf^n4io  /M:or^co 
d^lle  vicende  .dej  Vegni  d:Ava.e  del  Pegu,  che  formano  il  ranim^;it«to  Impero 
dei   B(rmau'ni  ^   popolo  del  qiiafe  primo  a  favellarne  fu  il  Portùgl^se  Mende;^.. 
Pìnto   che    lo.  appellò,  regno   di   Brama,    e  Brama    appellò  i  popoli  detti •  pgg^- 
di   Birmanni.  Secondo  .il  .  Portoghese  viaggiatore   il  i^gno  del   PegM,  phe  avara 
«cnto   quaranta  leghe  di  giro    a*  suoi  tempi ,   aveva  nella  parte  supcirìore  um 


terre,  e  tesoro,» udendo,  che  T  esercito  de'  Tartari  era  renalo 
a  Vociati!',  deliberò  di  volerlo  combattere  e  scacciare,  acciocché 
più  il  Gran  Gaa  non  ardisse  di  mandar  genti  à'  suoi  confini. 
Però  preparò  un  esercito  grandissimo ,  e  gran  moltudine  d'  ele- 
fanti *^(^ perchè  di  contitiuo  he  teneva  infiniti  ne'  siioi  regni  )  so- 
pra li  quali  fece  fare  alcune  bahresche ,  e  castelli  di  legno ,  dove 
stavano  uoniini  a  saettare  ,  e  combattere ,  e  in  alcuni  ve  n'  erano 
da  dodici ,  e  sedici ,  che  comodamente  potevano  combattere.  £ 
oltre  di  questi,  messe  insieme  gran  numero  di  cavalli  armati ,  e 
fanti  a  piedi ,  e  prese  il  cammino  verso  Vociam ,  dove  Y  esercito 
del  Gran  Gan  s*  era  fermato,  e  quivi  s' accampò* con  tutto  V  oste, 
per  riposarlo  alquanti  giorni.  Quando  Nestardin,  vW  era  capitano 
dell'  esercito  del  Gran  Gan ,  uomo  prudente ,  e  valoroso,  intese 
la  venuta  dell'  oste  del  Re  di  M ien  e  Bangala  con  tanto  numero 
di  gènti  «temette  molto,  perchè  non  aveva  seco  più  di  dodicimila 


:|P'an  catana  di  monti  detti  Pangadrau  abitata  dàlia  nationedéi  J?rafna:'il  paeM 
di  essi  aveva  ottanta  leghe  di  larghezza,  e  circa  dugento  di  lunghezza .  II  Finto 
attaccato  é  difeso  come  il  Polo,  viaggiò  ndia  prima  meti  del  Secolo  XVI.  e 
fu  testimone  delle  conquiste  di  quéi  feroci  montanari,  della  presa  di  Martaban, 
e  dèlie  crudeltà  che  vi  usarono.  Insomma  questo  popolo  originariamente  sud* 
dito  del  re  del  Pegu,  divenne  signore  dì  questo  .  regno,  e  di  quello  d'jéva  ai  tem* 
pi  del  Pinto  (  Hist.'  Gen.  des  Yoy.  t.  IX.  p.  470  )•  Possederono  i  Birmaimi  pa^ 
cifìcanienle  quel  regno  sino  ài  17.40  .  Ma  ribellatisi  i  Peguani  soggiogarono  i 
Birmanni .  Ma   un'  uomo  oscuro  di  quelle  genti  detto    AlomprA  mal  tollerante 

'di  quel  servaggio,  ravvivate  le  speranze  dei  suoi  e  invitatili  a  ricuperare  iodipen* 
denza  vinse  i  Peguani,  soggiogò  nuovamente  la  loro  cokitrad^,  stabili  la  sua 
residenza  a  Ùmmerapura^  città  fabbricatia  nelle  vicinanze  dell'  antica  Avoy  -% 
fondò   uno  degli   imperi, i  più  possenti  dellMndia  meridionale  ( Sym,  t,  I.  p.  28 

*e  seg.  ) .  Questo  Stato  fa  oggidì  17  milioni  d'  abitanti  (  ibid.  MI.   p.   194'  )  • 

480.    Gran-  moltitudine  éT-elefiami*   Moki  confermano  T  uso  antieo  degli 
IndoekitU  di  coipl^atterc    cogli   elefanti .   Secondo  la  Bissachere   la  sorte  d*  una 

.battaglia  é  dìpenduta  sovente  da  quegli  animali  avvezzi  a  gettarsi  con  impeto 
sulle  schiere  nemiche  che  rompevano  abbattendo  còlla  proposcide  6Ie  di  solda- 
ti: i  c^olpi  lungi  dall' intimorirli  gli  animano  e  gli  rendono  furiosi.  L\ ele- 
fante è  invnloerabile  all'arme  bianca^  e  non  l'uccide  la  palla  del  moschet- 
to che  percuotendolo  in  mez^o  alla  fronte  un  poco  sotto  l' occhio .  I  più  va- 
lorosi fi:a  quegli  animali   avevano  privHegj   e    titoli  onorifici.    H&  iavcutate.le 

artiglierie  ne  fu  riconosciata  la  inutillià  (la  Blssach.  t.  I.  p.  3io).  Attualmente 
gli  elefanti  .fanno  più  male  ai  loro  che  al  nemico,  perchè  ributtati  dai  colpi 
deli'  artiglierie  si  rovesciano  sulle  proprie  schiere .  Si  usano  oggidì  gli  elefanti 
per    trasportare  i  bagagli  e  le   armi.   L*  Imperatore  del   Tunkinq  ne    mantic^ne 

.tuttavia    cinquecento    adiicstrati    alla    guerra,  cbegcxdono    delle  antiche    liUi^ 

-  oiioViHci-nze  (  Jbid.  p.   .5i5  )  . 


47^ 
uoWni^  ma  tsereitati /  e  franchi  combattitori.  £  il  detto  renV 
avea  sessanta qiila  ^  e  da  circa  mille  elefanti  tutti  armati  con  ca- 
stelli sopra  •  Costui  come  savio ,  e  esperto ,  non  mostrò  paura  al- 
cuna^ ma  discese  nel  piano  di  Vociam,  e  si  pose  alle  spalle  un 
bosco  folto  ^  e  forte  d' altissimi  alberi ,  con  opinione  cne  se  gli 
elefanti  venissero  con  tanta  furia ,  che^non  se  li  potesse  resistere^ 
di  ritirarsi  nel  bosco ,  e  saettarli  al  sicuro .  Però  chiamati  a  se 
li  principali  dell' esercito  li  confortò,  «he  non  volessero  esser  di 
minor  virtù  di  Quello  ch'erano  slati  per  avanti,  e  die  la  vittoria 
non  consisteva  nella  moltitudine,  ma  nella  viitù  di  valorosi  e 
esperti  cavalieri.  £  che  le  genti  del  Re  di  Mien,  e  Bangala, 
«rano  inesperte ,  e  non  pratiche  della  guerra ,  nella  qual  non  s 
erano  trovate ,  come  avevano  fatto  loro  tante  volte ,  e  però  non 
volessero  dubitare  della  moltitudine  de'  nemici^  ma  sperar  nella 
perizia  sua  esperimentata  in  tante  imprese,  che  già  il  nome  loro 
era  non  solamente  a'  nemici ,  ma  a  tutto  il  mondo  pauroso,  e  tre- 
mendo, promettendoli  ferma ,  e  indubitata  vittoria .  Sajiuto  il 
Re  di  Mien^  che  l' oste  de'Tartari  era  disceso  al  piano,  subito  si 
n:osse,  e  venne  ad  accamparsi  vicino  a  quel  de'Tartari  un  mi- 
glio, e  messe  le  sue  schiere  ad  ordine,  ponendo  nella  prima 
fronte  gli  elefanti ,  e  dopo  di  dietro i  cavalli,  e  i  iànti.  Ma  lon- 
tani come  in  due  ali,  lasciandovi  un  gran  spazio  in  mezzo;  e  quivi 
cominciò  ad  inanimare  i  suoi  dicendoli ,  che  volessero  valorosa- 
mente combattere 9  perch'erano  certi  della  vittoria,  essendo  loro 
quattro  per  uno^  e  avendo  tanti  elefanti  con  tanti  castelli,  che 
li  neraiici  non  averìano  ardire  d'aspettarli,  non  avendo  mai  con 
tal  sorte  d'animali  combattuto.  £  fatti  sonare  infiniti  strumenti, 
si  mosse  con  gran  vigore  con  tutto  V  oste  suo  verso  quello  de' 
Tartari,  i  quali  stettero  fermi,  e  non  si  mossero ,  m?  li  lasciarono 
venir  vicini  al  suo  alloggiamento,  poi  immediate  uscirono  con 
grand'  animo  ali*  incontro ,  e  non  mancando  altro ,  che  l' azzuflarsi 
insieme,  avvenne  che  i  cavalli  de'  Tartari  vedendo  gli  elefanti  *•* 


Jfiié   I  cavalli vedendo  gli  elefanti.    Lo    stesso  accadde    ai   Roman! 

nella  guerra  Tarentina.  Senza  gli  elefanti  Pirro  perduta  ayea  la  battaglia.  »  Ni- 
»  si  elephanti  conversi  in  spectaculum  belli  procurrissent ,  quorum  cuoi  magn»- 
»  tudine^  tum  difFormitat^,  et  novo  colore,  simul  ac  stridore  constemati  equi,  quum 
t  incognitas  sibi  belluas  amplius  quam  erant  suspicarentur ,  fugam  ,  stragemque 
rkitc  dederunt  y  (Fior.  Lib.  I.  e.  XVIII.  ).    Ma  i  TarUri  alla   prima  "  '" 


^77 


cosi  grandi ,  e  con  que'  castèlli ,  si  spaurirono  '  di  maniera ,  cfic 
comincia vafno  a  voler  itiggire,  e  voltarsi  a  diètro,  ne  v'  era  mo- 
do, che  li  potessero  ritenere,  e  il  re  con  tutto  V  esercito  s  awi^ 
cinava  c^n'  ora  più  innanzi .  Onde  il  prudente  capitano  veduto 
questo  disordine  sopravvenutoli  all'improvviso,  senza  perdersi 
punto,  prese  parato  di  far'ìmmediàte  smontare  tutti  dai  cavalli,  e 
quelli  mettere  nel  bosco,  legandoli  agli  àlberi .  Smontati  adun- 
que andorno  a  piedi  alla  schierò  d' elefanti  ^  e  cominciarono  for* 
temente  a  saettarli ,  e  quelli ,  eh'  erano  sopra  i  castelli  con  tutte 
le  genti  del  re ,  ancor  loro  con  grand'animo  saettavano  li  Tartari, 
male  loro  Treccie  non  impiagavano  così  gravemente  Come  faceva- 
no quelle  de'Tartari ,  eh'  erano  da  maggior  forza  tirate .  E  fu  tan- 
ta la  moltitudine  delle  saette  in  questo  principio ,  e  tutte  al  segAo 
degli  elefanti ,  (  die  così  fu  ordinato  dal  capitano  )  che  restarono 
da  <^ni  canto  del  corpo  feriti,  e  subito  cominciorno  a  fuggire, 
e  a  voltarsi  a  dietro  verso  le  genti  loro  propie  mettendole  in  di- 
soixline.  Né  vi  valeva  forza,  o  modo  alcuno  di  quelli  che  li  go^ 
vern^ivano ,  che  per  il  dolore  e  rabbia  delle  ferite ,  e  per  il  tuo- 
no grande  delle  voci ,  erano  talmente  impauriti ,  che  senza  rite- 
gno, o  governo  andavano  or  qua  orla  vagabondi  j  e  alla  fine  con 
gran  furia,  e  spavento  si  caccidrno  in  una  parte  del  bosco,  dove 
non  erano  li  Tartari,  e  quivi  entrando  per  forza ,  per  la  foltezza, 
e  grossezza  degK  alberi  fracassavano  con  grandissitno  strepitò  e 
rumore  li  castelli,  e  bakresche,  che  avevano  sópra,  con  ruina 
e  morte  di  quelli,  che  v'  erano  dentro .  Alli  Tartari  Veduta  la  fu- 
ga di  questi  animali  crebbe  T  animo,  e  senza  dimorar  punto  a 
parte  a  parte,  con  grand'ordine ,  e  niagisterio  andavano  montando 
a  cavallo ,  e  ritornavano  alle  loro  schiere ,  dovè  cominciarono  una 
crudele,  e  orrenda  battaglia.  Né  le  genti  del  ré  meno  valorosa-' 
mente  combattevano,  perchè  egli  in  persona  le  andava  confortando^* 
dicendoli,  che  stessero  saldi,  e  non  si  sbigottissero  per  il  caso' 
intravvenuto  agli  elefanti.  Ma  li  Tartari  p6r  la  perdita  del  saet- 
tare li  caricavano  grandemente  addosso,  e  offendevano  fuor  di 


operarono  contro  gli  elefanti^  come  appunto  i  Romani  nella  susseguente  tlata 
vicino  ad  Asculo.  Spaventarono  gli  ele&nti  e  gli  obbligarono  a  voltar  facciale 
fuggirsi,  cosi  rovinarono  r  armata  di  Pirro.  E  qofesto  fatto  dà  a  divedere  cbe 
i  Tartari  per  -valore  >  per  prudenza  non  erano  inferiori  ai  tanto  fiamOsi 
B/umani. 

36 


^• 


»7^ 
misura ,  ])9f<^è  w^  «rm«^  VFvm  come  U  Tart^.  E  poidbè,  Y  »« 
e  r  4(i*Q  «sercitQ^  ebbftrc^  qoosnioate  le  ««eue,  f)9s«ro  i«>qo  aik 
spiKÌ^  e  m^z»  di  ferro  ^  fHcw4<>  wpetP  «W  €<mm  l'  ^kro ,  dove 
^  viexj^va  jip  W  i^Qte  Wgliiarie,  e  irQUoar  piedi ^  mw^  ieate,  ^ 
d^e,  e  ricever  gr^Adifi^ioti  colpi  »  e  cmdelìt^  ^iejaÓQ  ia  «terr^ 

ipqhi  fwtji  ^  JBQrti ,  coq  urna  viQcisÌQ«0 ,  *  fpv^^wiema  di  swiguie, 

c\x  «r^  POS»  5p«yen wwle ,  e  orribUk  a  vedfl«e,  e  pw  Wftlo  la^repir 
tO,i  9  grido  grswde,  die  ie  vopi  andavano  sia'^lc^lo.  fi  re  ve- 
rAlveqte  d^  Miep  ^  fioìm  valpro^p^  capiuqa  ^rdÌ4«QKK>t9  m  Ogni 
parte  doive  vi^va  il  pQnK;^}^  qa^iggic^e  4Ì  n^^ieya^  ifi«iiiQiaìdo 
e  pr^^Euio  cb?  stes&era  fiorini  ^  ,e  costapti  :  Q  £»ce«a,  ehe  le  sd^ie* 
f e  di  dietro,  ^^^er^i^  fr^cbe,  venissero  io^anzi  a  soccorrere  (qpelle 
<;h'eiiv)n  sU'aqcbe,  Ma  v^d^odoii  o^e  non  era  possibile  di  fermar- 
^ ,  vè  s^teoer  X  ii^peto  dci'TarUri ,  esseodQ  la  maggior  parte  del 
suo  esìercito,  a  ferita ,  q  morta,  e  tutto  il  campo  fMJeqo  di  sao* 
gae  ^  e  coperte  di  cavalli  fi  iioniiai  ùocisi  ^  e  ohe  oomiociavano 
a  vqUiM^  le  spalle  »  si  me$$e  aó^h'  egli  a  fuggire  col  resto  delle  sae^ 
genti ^  le  quali  s^guit^i^  da'  Tartari,  furono  per  la  maggior  par*' 
te  Uiccise  • 

Que^  battaglia  ^^^  lu  molto  crudele  da  uqa  baoc^,  a  diati* 
9ltra ,  Q  durò  d^l^  mattina  fiqio  9  mezzc^ioroo,  e  li  Tartari  eb** 
hfif^h  vigoria.  £^  la  $a\^a  H,  p^cbè  ilre  di  ^aog^ia  fi  MiiW  QOO' 
9/fey^-  fi  i^Q  ^saróitfx  ariji^to ,  coipe  quello  de'  Tartari ,  e  s^nil* 
igieDi^  (p(pa  eracM^  armau  gli  el^e&nti  cbe  lieoiv^no  lìella  priipa  &^% 
éfff  av/erìauQ  jpotuui  sojtenerie  il  pripiQ  «ael|ame<ito  de' oettiiei  » 
e  a^d^li  9dao3$o^  e  dis^dinpirU.  lV|aqq:ello,  /qbe  più  import», 
detto  re  opn  dpveva  and^r  ad  a^akarli  Tartari  ia  quellallof^'ar 
ipentp  eh'  aveva  il  bo^o  alle  spalle,  ma  aspettarli  in  campagMa^ 
larga ,  dove  i;ion  avefriaqo  potuto  spstea«ri&  V  Impeto  de  primi 
eleiàntjl  armati,  e  ppi  con  le  due  ale  di  cavalli  e  fanti  gli  averia 
circondati ,  e  niessì  in  mezzo .  Raccoltisi  i  Tartari  dòpo  fu^cisio^ 
ne  de'nenùci,  andarono  v^rso.  il  bosQo,  nel  qqale  erano  gli  elefan- 


482.  Questa  battaglia.  Merita  attenzione,  la'  vivezza  colla  qaaKe  descrìsse 
M  ¥^io  %iiqata  lH(tt^glji(9  9  f 4  !^nphp  9^à  dirsi  CfO»  elegaaM  <)iejt«r9>  pe?  i^a^ta 
iU)n  ^v/^^Sf  pRAd^l^  y  (t9itV9.  in  alls^i^  4i  el^jintf  s^ritMfli  io  prow»  né  ?VO|W 
W  i^cevi^lU  m^  cp)t^  ^/ij^cg^ua^.  Q^  «JìpW^ri»^  d^  ^^o  avea  un  ^^Wi^tis^ 
*Ì«ff  ÌPg^&^:  9  »q  #y«WP  vis*u|;o  ji^p  fli^|ci))ji/  d'»B^|  ^  d»  crs#ì^fe  f fe' fs^ 
avrebbe  anche   come  scrittore  meritata  somma  lode. 


■ 

I 


^79 

lì  per  pigfiaiFgli,  è  tfovarobo^  ck^  tfuéilé'  gétttiVtÉi«  tr&tUi ^  „ 

te  tdgliaTBQor  adberi ,  e  ^drràVaileio  le  isttaa«  p^e  dtfe«^éfii  e  Ma  i 
Tarurì,  immediate  rotti  i  loro  ripari,  ùt^  \ic(Asètd  ffiolii^  e  feéefò 
prigioni  :  e  col  mészo  di  quelli,  che  sapevano  il  maneggiar  di  detti 
tle^Dti,  n'ebbero  dtìgento^  e  più.  E  dal  tempo  della  prtsieil- 
te  batugBa  in  qua,  il  Gran  Can  ba  voluto  aver  di  continuo  èid^ 
fanti  ne'  suoi  eserciti,  che  prima  non  ve  n'  aveva .  Questa  gior- 
nata fu  causa ,  che  il  Gran  Can  acqmstò  tutte  le  terre  del  re  di 
Baagala^',  e  Mien,  e  le  sottomise  al  suo  Impetx^. 

GAP.     XLIIl 

Di  una  regione  sahaiica,  e  della  provincia  di  Mien.  *•* 
Panettdósi  dalhx  d^t«  prt>vincia  di  Gardaodan ,  si  traovà  tina 


4tS.  Le  ietn  dèi  f^  di  Bmgaléi.  Qui  è  Tisialla  la  léaTone  moAti^  i  Tarw 
tari  ata  con^aiarono  in  allora  il  Béngfda^  ma  solo  le  Itnra  dal  te  dì  jtfton* 
In  fatti  leggeai  nel  nostro  feato  if  E  <{iiaiida  §U  1? iirtai4  yìdotfo^  i(tieato ,  cor* 

»  Èer&  tutti   agli   loro  oatalli. e  oombatterdmo'  «I  forte,  che  tìfiiéno  la  battei 

a  glia,   e  presono  fe'iVy  e  tionquistai^oiio  tatae  ì»  éaè  terre  «»  (  t  1.  p.  ij8)» 

484 .  Pìwinciadi  Mien.  Provkieia  dì  Mieli'  il  ^òlé  appellò  i'  r«^i  à'Avm  é  di 

Pegu^  6bk  formano  oggidì  l'impero  Birmatino.  Il  Pàgu  e  le  dipendenti  pi^o^ 

▼iacdc  appellanii  i  Ginesi   Mien-4ien  (  Hist.  Oeik  de  la  Chin.t.  IX.  p.  419  ).   Af^ 

fcrmaoo  che  il  regno  ffv  Mién  del  Polo  è  il  Pègìk  i  padri    Gaubily  Souciet,  il 

Degiiigiies,  il  Grosier^rAnville.  Infatti  Tching-Tsong  successore  di   Cuoiai  Coti 

nel  cooferoiare  nella  sovranità  il  re  di  Mien^  diede  ordine  at  suoi  ufficiali  defta 

frontiera  del  Vun^-nan  di  non  -  depredare  le  Sue  terre  (  ibiJ;p.  4^  )•  stappiamo 

dal  Sjrmes  che  i  nat|  appellano  Miamma  il  paese  dhe  forndavn  il  ragno  &Ara 

(  AmbaM.  t.  L  p.  24  }.  Confina'  il  regno  &  AVa'  k  M«cSlro  eòi   paés«f  dr  dUsài 

da  cui  separalo  il  finmei^/n-PiMifit  a  occidente  tcìV  Arfacitnj- d^  cui  è  di^iunto 

dai  monti   detti  Anupcctumiuy  ossia   il*  paese  montuoso    o^ideiniale:  ha  a  tra* 

montana  i  monti  del  Itegno  d'  Wk<im,  e  piccoli  stiiti  indipeudent>l&  a  greca   e 

ad  oviente  la  Cina  e  il  regno  di  Siam:  sono  sconosciuti  isuoiconftni  a  meieodl 

che   variai^no  frequentemente*  Il  Fegu  detto  dai  natH  Bàgu^k  a  mezzodì  del 

Regno  d'  Ava  e  si  prolunga  fino  ai  mare,-  ote  è  MoriaboHi  il  cai  yservi  nome  è 

Moiidiman^   La  città  di  Prwtk  formava  per  lo  pi4  il  confine  frai  re^l'  à*  A^a 

a  del  Pégu.  Quest'  ultimo  regnò  confina  a  tràm^iUtana^  e  ^d  oriente  con  Siam  ; 

cosi   il    Sjrmes  nell'  Amhasciatt  (  1. 1.  p.  a4  )  .  «Secondo  un  Geografo  Cinese   tra^ 

alaUto   io  Franeese  dal  P.  Amiot  (  JMenu  Goncer.  les  Ghinois  t.  Xì^^.   p.  29$  ) 

Mien-'Tien  a  il  P&gu  è  ad  accidente  dei  paesi  che  sono  sotto  la  giurisdizione 

del   tribufial^  di  iM-pahg  e  del  regno  di  Lao$  o  LttÈ^tc/nta:  a  ponente  di  Miem 

è  il  paeae  Kia^ii,  o  Nga^Mi  a  mezzodì  il  mare  meridione:  a  setlentrione  il 


^^andifiskna  discesa' ^^^^  pet*  la  c|ilale  3I  dboende.  cantiQÙanìente 
due  giornate  e  mezza',  e  non,  si  truova  abitazione,  né  altro, 
se  non  una  pianura  ani^pia  e  .spaziosa  ,  oeÙa  quale  tre  giorai 
di  ciascuna  settimana  si  raguna  molta  gente  al. mercato,  perchè 
molti  discendono  da^ monti  di  quelle  regioni,  e  por tan' .01*0  per 
cambiarlo  coni  argento,  qual  li  mercanti  da  Ivinglu  paesi  arrecana 


governo  Cinese  dì  Lung^chuen,  Bagna  secondo  il  Geografo  il  regno  di  JUùen- 
Tien  il  fiume  Kinchakiang,  ma  in  ciò  è  occorso  errore,  mentre  bagnalo  il  fiu- 
me Irruadi  o  di  Ava  11  Geografo  computa  da  Mu-pang  a  Vun  non  trentotto 
tcheng  o  fermate  (cosi  appelluno  i  Cinesi  le  fermate  fatte  dal  viaggiatore  per  pran- 
zare o  per  dormire  ),  talché  V  Amiot  é  in  dubbio  se  debbano  i  tcheng  inten- 
dersi, per  intere  o  mezze  giornate.  Lo  scrittore  Cinese  numera  poi  10645  £/ 
per  la  via  ordinaria  da  Yunrnan  a  Pekino .  I  Cinesi  chiamano  Si  -  non  ^y  o 
Strani  eri  a  Libeccio  gli  abitanti  di  Mien  (  ibid.  p.  202  ) .  La  citti  di  Mu-pang 
é  segnata  nella  carta  dell*  Anville^  sul  fiume  Man-lo-ho  sulla  frontiera  a  Libec- 
cio della  provincia  di  Yurìnìian  accanto  al  regno  di  Lao$*  Credo  che  andereb- 
be  segnata  molto  più  a  mezzodì  verso  le  terre  di  Ava*  Intatti  coi»!  ragiona 
di  Mu^ang  il  P.  Martini,  dietro  la  scorta  di  altro  Cinese  Geografo  (  Atl.Sin. 
p.  204  ).  U  :  paese  *ch^  ne.  dit>ènde  é  il  più  metldiónak  è  occidentale  dcNa  pro- 
vincia di  Yuh-narh  b^  &  meEZOgiorno  il  regna  di  Mien,  ed  è  vicino  al  Ptgù 
e  al  Bengala f  e  sicGome  obbedisce  di£Bicilmente  ai  Cinesi,  ne  hanno  poca  cogm- 
zionc  Dicono  chp  produce  pepe,  stagno,  eccellenti  ca^ralii  e  ambra^  e  che  ap- 
partiene al  paese  di  Mììbi  di  cui  fu  la  capitale  (  ma  ciò  dee  intendersi  probabilmente 
allorché  Afi'dii  e]:ai  provincia  Cinese).  GcV  Yven  dem^olirono  la  cittÀ  e  vi  fecero 
un  castello  ove  tennero  forte  guarigione.  Gli  uomini  vestono,  per  lo  più  di 
bianco  ,  si  dipingono  il  corpQ  a  figure ,  come  <{uei  del  \  Pegu .  Si  strappa- 
no i  peli  e  la  barba  con  le  mollette:  si  dipingono  le  ciglia ,. portano  i  baffi» 
si  ornano  le  gambe  e  le  braccia  con  cerchi  d*  oro  e  d'avorio  :  hanno  gli  orec* 
chi  lunghi  »  bucati  »  e  portano  orecchini .  Le  donne  reputante  schiave .  Sono 
dediti  aUa.  mercatura  ;  si  occupano  d*  agricoltura  1  •  sono  docili  ed  affabili ,  ma 
ingannatori^  Si  profumano  il  corpo  col  muschio  e  col  legno  di  sandalo.  Conchiude 
il  dotta  Missionario  che  arendo  ravvisata  tanta  conformità  frai  racconti  del 
Polo  e  del  Cinese,  questi  racconti  possono  contribuite  sommamente  ad  illa^ 
strare.  qì4  che  scrive  il  nostro  viaggiatore. 

485*  Una  grandissima  discesa  •  Volgendo  uno  •  sguardo  sulla  piccola  car- 
ta deirinxp^ro  Birmanna  data  dalSymes,  si  ravvisa  che  dal  fiume  Mayguie 
ove  è  Yunrshany  e  il  fiume:  Sjriangf  bisogna  valicare  per  recarsi  alla  città  di 
PegUt  che  è  sul  fiume  di  Siitianj  una  catena  d'altissimi  monti.  Si  scorge  anche 
che  la  Valle  di  Majrguie  deve  esaere  molto  più  alta,  nel  punto  ove  è  Yun-shan^ 
di  quelU  del  Siiangi  perché  più  •  lungo  corsa  ha  il  prima  fiume  »  e  che  perci6 
più  lunga  deve  essere  la.  scesa  della  salita  nel  traversare  quella  giogana.  La 
distanza  da  Yun^shan^  a  Pegu  secondo  ta  carta  di  Symes  è  dì  quasi  quattro 
gradi ,  che  coririspondono.»  alle  quindici  giornate  che  nota  il  Polo  esservi  dall'  un 
all'altro  paese.  Questo  capo,  poeoede.  nei  testi  antichi  del  Milione,  <piella  ov«. 
parla  della  battaglia . 


a8f 

per  questo  effetto,  e  danno  un  saggio  d'oro  per  cinque  d' argen- 
to. E  non  è  permesso,  che  gli  abitanti  portino  Toro  fuori  del 
p^ese ,  ma  vogliono,  che  vi  venghino  li  mercanti  con  V  argento  a 
pigliarlo,  portando  le  mercanzie,,  che  faccino  per  li  loro  bisogni , 
perchè  ninno  potrebbe  andar  alle  loro  abitazioni ,  se  non  quelli 
della  contrada,  per  essere  in  luoghi  ardui, forti,  e  inaccessibili,  e 
però  fanno  questi  mercati  nella  detta  pianura ,  la  qual  passata ,. 
si  trova  la  città  di  Mien  andando  verso  mezzodì  ne  confini  dell* 
India ,  e  si  cammina  quindici  giornate  per  luoghi  molto  disabita* 
ti  e  per  boschi ,  ne'  quali  si  trovano  molti  elefanti ,  alicorni , 
e  altri  animali  s^vatici ,  né  vi  sono  uomini ,  né  abitazione 
alcuna .  ' 

GAP.     XLIV. 

Della   città   di    Mien  ^   e   et  un    bellissimo  sepolcro^ 

del  Re  di  quella^ 

Dopo  le  dette   quindici   giornate  ,   si    trova  la   città   ài 
Mien  *^,  la  qual' è  grande  e  nobile,  e  capo  del  regno,  e  sotto- 


486.  La  città  di  Mien^  ossia  la  città  di  PegUy  eh'  era  allora  la  capitale  del 
reame  di  detto  nome  •  E  sopra  un  fiume  detto  Bago  -  Miop  di  breve  corso 
poiché  trae  origine  .da  certi  monti  che  sono  40  miglia  distanti  dalla  città  :  lo 
rende  navigabile  il  flusso.  Nel  paese  ove  ha  origine  l'aria  è  pestilenziale: 
siede  la  città  in  mezzo  a  vasta  pianura,  ha  mura  solide  fiancheggiate  di  tor- 
ri, e  di  mezze  lune.  L'alta  pagoda  di  Schoe  Madu  è  fabbricata  nel  centro 
della  città  sopra  un  altura  artificiale..  Cinge  F  edifìzio  un  muro  grosso  di  mal- 
toni  :  serviva  altrevolte  di  cittadella  e  di  specula  per  osservare  ciò  che  ac- 
cadeva nelle  adiacenze  deHa  città  •  La  città  cadde  in  potere  dei  Birmanni  » 
e  fu  saccheggiata  nei  17^7  (  Sjrm.  1. 1.  p.  85  ).  Il  conquistatore  studiossi  di  ro- 
vinarla come  odiosa  rivale.  Alompra  re  dei  BirmanrU  ne  fece»  spianar  le  case 
e  parte  deg'i  abitanti  disperse,  altri  ridussegli  a  servitù,  furono  risparmiati  i 
soli'  templi.  L*  Imperatore  Minderage  Praw  che  regnava  a  tempo  del  SjmeSy 
per  cattivarsi  F  animo  dei  Peguani  rifabbriiò  la  città.  I  discendenti  degli  es- 
pilisi furonvi  richiamatile  concedute  loro  le  terre  adiacenti.  Fu  o^-gidi  soltan- 
to sei  in  sette  mila  anime,  e  la  moderna  é  in  pianta  la  metà  della  distrutta 
città.  Fu  rifabbricata  regolarmente  accanto  a  due  lati  delle  antiche  mura.  Una 
steccata  difendela  dagli  altri  due  lati:  la  venerazione  dei  Peguani  pel  tempio 
di  Schoe ^ Madu  ne  ha  agevolato  il  ripopolamento.  Ha  larghe  vie  e  diritte  e 
ammattonate.  Le  case  come  nel  resto  del  Pegu  posano  su  ritti  0  colonne 
di   legna,  o  di  bambusa,  più,    o   meno  alte  secondo  l'ampiezza  dell' edifìzio . 


t»s& 


pó^ìk  ai  Gestri  Gàh .  GH  abitatori  sonò  idolatri  ^^^ ,  è  hanno  Tiri^ 
gna  jiropm  **  •  Fu  in  que^su  città  (  come  si  die*  )  utt  re  itaolto 


^1     I        àtun, 


I  pàlaaslt  )iii()terìa1i,i  templi  di  Gaudmé  «ono  di  lavoro  cotto  ({Indi  p.  555  )• 
Secondo  le  l'ecenti  osaervazìoni  di  ff^ood^ìa,  città  di  Pegu  è  a  17.®  4^1/ di  Lat. 
Settentrion.  a  96.®  ii.'  i5.*'  di  Longit.  Orientale  dal  meridiano  di  Greenwich 
(  ibid.    p.   S87    )  .  ■ 

487.   Òli  ahitafUi  sono  idolatri.  L'idolatria  dei  popoli  della  penisola  di  là 
dal  iSMgt  é  oi»iginaH&  dall'  Indie,  ed  é  il  culto  di  Budda,  che  i  Siamesi  appel- 
lano Samchna  Codom^  di  cni  raccontano  alcuiie  cose  conformi  a  quelle  che  di  Fot 
narrano  i  Cinesi ,  sebbene   varino  in  altri  particolari   (  La  Loubere  Descrìp.  dii 
Siam  1. 1.  p«  4'^  )•  Anche  i  Peguani   secondo  Kaempfer  appellano  quel  nuiìie  <^a- 
m€uia  Khautama  (  HisL  du  lap.  Liv.  IV.  e.  6  ).  Ma  secondo  Sjmea  il  dotto  e  ve- 
ridico la  Loubere  non  avendo  dimorato  che  quattro  mesi  a  Siam  uni  assieme  due 
parole  che  variano  di   signifìcato.  Imperocché  Sammona  Cedom^  significa   Co* 
éom  o  Gaudma  nel   suo  stato  di  mortale.   Narrarono  all'Ambasciatore  intorno 
all'origine  di  detto  culto,  che  un  filosofo  detto  Gotma  o  Goium  che  fiorì  venti- 
tre secoli  indietro  insegnasse  nelle  scuole  indiane  la  religione  di  Budda*  Ap- 
pellano questo  nume  e  i  simulacri  di  esso  Gaudma  o  Guium.  USymes  ha  dato 
ili  disegno  d'un  simulacro  Indiano  di  Budda  che  é  simile  ai  simulacri  di  ^1x0. 
I  suoi    adoratori  dicono   quel  culto  più  antico    di  quello  di  Brama.  Non  evvi 
dubbio  che  l'idolatria  di  Budda  e  quella  che  ha  piò  seguaci  dalla  riva   orientale 
del  Gange  fìno  all'  Oceano  orientale .   Dicono  i   Birmanni  eh'  ebbe  origine  nel 
Cejrlan  che  di  li  passò  n<AV  Arracan^  indi  nel  regno   i^  Ava  (  Sj^mes  Ambasct 
t.  II.  p.  i63  e  seg.  ).  * 

4B8*  Lingua  propria .  La  lìngua  Birmanna  é  diversa  dall' Indostanica.  Anche 
i  Birmanni  hanno  «tue  /avelie  la  sacra  e  la  volgare.  Cosi  ne  discorre  il  S/mes 
(  ibid.  p,  a5i  ).  Poco  sappiamo  dell'antico  popolo  detto Pa/i,  la  cui  lingua  è 
tuttora  la  favella  sacra  à*  Ava^  del  Pegu^  del  Siam^  non  meno  che  di  altri 
paesi  all'  oriente  del  Gange .  Poco  note  sono  pur  anco  le  permutazioni  di  sede 
di  detto  popolo  per  recarsi  dall'India  sulle  rive  del  Ctdi^  o  Nilo  Etiopico,  Diceù 
che  anticamente  signoreggiasse  quel  popolo  daW Indo  sino  a  Simm^  che  fu  soggiogato 
dai  Rajé^uirof  e  che  il  paese  permutò  il  nome  di  Palùian  in  quello  di  Rajmputr€U 
Ne*  vetusti  libri  degP  indiani  sono  appellati  Paliputrm  9  che  si  ravvisano  essere 
1  Palìbothri  degli  antichi.  Alcuni  dotti  orientalisti  opinarono  che  il  pali  o  lin* 
gnu  sacra  dei  sacerdoti  di  Budda  sia  molto  affine  ai  samsci;edaaùco  dei  Bmt^ 
mani.  Molte  parole  di  questa  favella  sono  si  introdotte  nella  lingua  volgare 
à*Aya^  dopo  che  vi  fu  introdotto  quel  culto  Indiano.  La  scrittura  à*Ava^  e  del  Pegù 
è  composta  di  lettere  Nagari  tonde,  che  derivano  dal  Pali  quadro  t  o  dal  testo 
che  appellano  sacro .  Le  lettere  sono  formate  di  cerchi ,  o  parti  di  cer- 
chio in  vario  modo  combinate.  La  scrittura  Pali  che  é  in  uso  soltantof>ei  libri  re- 
ligiosi é  composte  tutta  di  lettere  quadre.  U  Sjmes  ha  dati  esempj  dei  due 
alfabeti  (  Tay.  XIII.  ).  Il  volgare  appellasi  Kagie  -  Kague,  che  come  nella  voce 
alfabeto  deriva  dai  nomi  delle  due  prime  lettere  di  esso .  Là  lingua  Binnaa- 
na  è  composta  di  trentatre  suoni  semplici  che  ne  formano  l' alfabeto  :  con  va- 
li  segni  o   abbrreviatiu*e  esprimono  le  vQcali  lun^e^  le  brevi,  i  ditlooglU.  Seri* 


polente  e  ricco ,  qual  venendo  a  mc^te  ordinò ,  che  appresso  la 
sua  sepoltura  vi  fossero  fabbricate  due  torri  ^^  a  modo  di  pira- 
midi, una  da  un  capo,  e  l'altra  dall'altro,  tutte  di  marrao  al- 
te dieci  passi,  e  grosse  secondo  la  convenienza,  dell' altezza ,  e 
di  sopra  v^  era  una  palla  rotonda .  Queste  torri,  una  era  coperta 
tutta  d' una  lama  d'oro  grossa  uq  dito,  che  altro  non  sì  vedeva 
che  oro,  e  V  altra  d^  una  lama  d"^ argento  della  medesima  gros* 
sczza,  e  aveano congegnate  campanelle  d'oro^  ed'  argento,  at- 
torno la  palla ,  che  ogni  volta  che  soffiava  il  vento  sonavano , 
che  era  cosa  molto  stupenda  a  vedere^  e  sìmilotente  la  sepoltura 
era  coperta  parte  di  lame  d'oro^  e  parte  d'argento,  e  qi^sto  lece 
kf  della  re  per  onor  dell'  aaiina  sua,  accioochè  la  memoria  sua 
non  perisse .  Or  avendo  il  Gran  Can  deliberato  d*  aver  cjuella^ 
eitta  ^  vi  mandò  un  valoroso  capitano ,.  e  la  maggior  parte  deir 
esercito,  vobe  che  aadas&ero  giocolari  ^  ^  ovvero  buffoni  della 
eorte  sna,  che  ne  sono  di  eootinuo  in  gran  numera  Or^entrafii 
nella  città ,  e  trovate  le  due  torri  tamo  ricche  e  adorne ,  non  le 
vollero  toccare  senza  saputa  del  Gran  Can ,  qual'  inteso  che  eb- 
be, clgie  erano  state  fatte  per  T  anima  sua^  non  permesse 
che  le  toccassero,  né  guastassevo,  per  esMr  «piesto  eostiinM 
àe  Tartari ,  che  reputano  gran  peccato  il  muovere  alcuna  cosa 
pertinente  a'mcNrti.  Quivi  si  truovano  molti  elefanti,  buoi  sal- 
vatici grandi  e  belli,  cervi  e  daini,  e  ogni  sorte  d'aiumali  iui 
graDid':  abbondanza.. 


ytcQO  <)a  diritta  ^  «inistr^  >  attacchila  tutt^  tt  parole^  e  diacinguano  con  ¥f»  a«w 
gliiQ  W  atacco  deJ}e  fraai  e  i  punti.  Cpiiipong^»oo  i  libri  di  foglie,  ài  pMiHa  auMé 
^uali  col  buliop  incidono  la  acrittura.  Ho-  yqdiUo  di  tali  Ubri  nall»  R*  Mblio* 
iAc«  di  9reada .  Haa9<9  inoltre  manoacriiti  dipinti  a  orv  e  coWVi .  La  poeaia 
B/ivwiona  è  melodioaa.  La  comtioa  loquela. é  mano  i^adplata  i  ma  aogliono^ 
BMiaiculQiiHile  atraflciicar0  la  voce  finale  della  fraae  (  ibid  t  II.  p#  aSi  ). 

4^  Fakòncaie  dm  i<frrL  Semkn  che  ai  deacriy»  il  tampio  di  Sho^Madu 
tatlpra   aaiaiante  a  Pe§u  (  Y .  t.  L  p^  1 19  n^^-  e  )• . 
Ghc0lm,  o  Gi^ttari  (  V.  tr  L  iji^id.  ). 


•  * 


•\  * 


•• 


•  % 


»  •  ■ 

GAP.  XLV. 

Della  prwincia  di  Bangala^. 
La  provincia  di  Bangala  è  posla  ne'  coafìiii  dell'  ladia    ^ 


491-  Bangala.  Cosi  anche  nel  Testo  a  penna  Riccardiano.  Per  quanto  al- 
cuni letterati  più  amatori  di  tenebre  che  di  luce,  si  dichiarino  sostenitori  della 
^robor.chevóle  antichità  degli  Indiani  9  che  rivaleggiano  in  favole  di  tal  natura 
coi  Babilonesi ,  e  cogli  Egizj  »  1*  India  come  io  avverte  il  telebre  Rennel,  non 
ha  storia  che  sia  anteriore  agl'epoca  delle  conquiste  Maomettane |  avvenute  poco 
dopo  il  mille.  I  fatti  di  quelle  genti,  anteriormente  a  detta  epoca  sono  del  tutto 
ignoti.  Sembra  che  i  sacerdoti  per  mantenere  autoriti  alle  loro  fiivole  tenes- 
sero a  bella  posta  nell'  ignoranza  quei  popoli»  Conservavano  alcune  poche  tra- 
dizioni gì'  Indiani  della  spedizione  d*  Alessandro ,  ma  che  non  si  accordano  con 
ciò  che  ne  dicono  le  storie  greche.  li  Persiano  Afahomed  Ferishta  suU' inco- 
minciare del  secolo  XVII.  compose  una  storia  deli'  Indie,  che  fu  tradotta  in 
Inglese  dal  Dow.  I  materiali  i  più  importanti  della  storia  la  diana  esistono  in 
un  poema  detto  Mahabanut^  che  secondo  il  Rennel  merita  la  stessa  fede  dell'Iliade 
per  le  cose  di  Troja  '(  Remi.  Descrip.  de  V  Indost.  Paris  1800  1. 1.  p»  ^9^  .  Mal- 
grado le  cure  del  diligente  Deguigucs  che  cercò  la  relazione  dei  fatti  dell'In- 
die nelle  Storie  Cinesi  non  riusci  a  trarne  lumi  maggiori  (  Hist.  jàsh  Huns  t.l. 
p.    168  ) . 

492:  Proyincia.....ne^  confini  delF  Indie.  Il  Polo  non  comprende  nell' Inilie 
il  Bengala .  Ai  tempi  di  lui  era  una  provincia  del  grand'  Impero  Indostanico . 
Credo  che  non  sari  al  leggitore  disgradevole  che  io  diagli  una  sommaria  con- 
tezza delle  vicende  di  quell*  impero,  desunta  dal  Sommario  Storico  del  Ren» 
nel,  incominciando  dall'  epoca ,  che  ebbe  l' infausta  ventura  di  cadere  in  potere 
dei  Maomettani,  o  al  dire  dell'  illustre  Inglese  dei  più  iufami  conquistatori  per 
la  loro  intolleranza  e  dispregio  per  te  lettere  e  per  le  scienze ,  per  abituale  in- 
lingardaggine ,  e  pel  trattamento  iniquo  che   fanno  allb  donne  (  ibid.  p.  40  )• 

Innanzi  che   gli  Imperatori    Maomettani  di  Gazna  conquistasse ro  Tln» 
dostan   sembra  che   1*  India  di  li  dal  Gange  formasse'  un   vastissimo  Impero  , 
che  per   l'ignavia    degl'Imperanti   era  in  preda  alKanax^ia,  lo  che  occasionò 
lo  smembramento  di  non   poche  proviucie  che  si  eressero  in  indipendenti  rea- 
•  Oli.  Mahmud  impcradore   di  Gazna  ne  divtsd  là  conquista,  e  le  intestine  tur- 

bolenze agevolarono  r  impresa.  L'impero  di  Gazna  era  uno  smembramento  del 
reame  di  Bucearay  questo  dell'impero  dei  Califfi.  Fondatore  del  trono  di  G€izna 
fu  Abistagi  governatore  del  Korassan  tùie  si  ribellò  nell'anno  g6o.  Mahtnud 
fanatico  Maomettano  entrò  nell'India  l'anno  1000.  Collegaronsi  i  principi  In- 
diani contro  di  lui,  ma  una  vittoria  del  Gaznavida  fece  passare  sotto  il  suo 
scettro  buona  parte  dell' Indostan .  Si  dichiarò  persecutore  crudelissimo  degli 
idolatri  messo  a  conquistare  più  per  distruggere  l'idolatria  che  per  ampliare  «ta- 
•  k  to.  Rovinò  i  più  celebri  templi  Indostanici,  e  con  ripetute  spedizioni  andò  sem- 

|ire  più  distendendo  le  ^ue  conquiste.  Mohomud  Goti  uno'dei  successori  di  lui  non 


* 


•  • 


i85 

Terso  mezeodì  y  k  quale  al  teiupo^  che  M.  Marco  Polo  stava  alla 
corte  y  il  Gran  Cau  la  sottomesse  al  suo  impero  ^^^ ,  e  stette 
r  oste  suo  grau  tempo  all'  assedio  di  quella ,  per  esser  potente 
il  paese,  e  il  re ,  come  di  sopra  si  è  iuteso;  ila  lingua  da  per 
se  ^^  •  Quelle  genti  adorano  gì'  idoli  y  e  hanno  maestri  ^^^y  che 
tengono  scole ,  e  insegnano  le  idolatrìe  e  incanti  ^^  y  e  questa 
dotmna  è  molto  universale  a  tutu  i  signori  e  baroni  di  quella 
regione*  Hanno  buoi  di  grandezza,  quasi  come  elelanti,  ma  non 


meno  feroce  persecutore  della  religione  Bramanica  che  tolle  spenta  »  prese  Be*- 
nares  ove  era  la  principale  scuoia  di  quel  culto ,  ne  passò  a  til  di  spada  i  sacer- 
doti, e  ]  seguaci:  congettura  il  Hennel,  CQe  quella  fusse  l'epoca  deli  luteiu  deca-  ' 
denza  della  favella  Samscrcdamica,  eh'  è  lingua  morta  oggidì.  Ei  mori  nei  120S 
e  dopo  di  lui  si  suddivise  il  suo  stato .  Caliuò  fondò  l' Impero  jijgano  • 
Paiano  dell'Indie  {Putani  sono  «detti  coloro  che  abitano  i  termini  ùtii'Jndie, 
della  Persia  e  delle  terre  di  Jialch ,  paese  detto  dagli  antichi  Paropamigo  )  • 
Caituò  iìssata  avea  la  sua  residenza  in  Delhi ^  e  il  suo  successure  neU*  Im- 
pero Indostanico  AUumsh  nel  la^o  ne  compiè  la  intem  conquista;  e  fu  il  pri- 
mo dei  Maomettani  che  soggiogasse  il  Bengala  di  cui  diede  ad  un  tigliu  il  governo . 
Dwll'  altra  parte  del  vastissimo  Impero  di  Aìohmud  Gori  si  i'urmò  quello  dei 
Gazaavidi  di  Caurezmia  che  soggiogò  Gengiscan.  Verso  l'anno  124^  i  MogoUi 
fecero  una  scorreria  nell'India.  La  Storico  J/erisfUa  parla  d'altra  aggressione 
fatta  da  essi  per  la  via  di  China  e  del  Tibet  nel  1244.  L'impero  di  Delhi 
era  allora  travagliato  da  guerre  intestine  che  appianarono  la  via  di  gmngere  all' in- 
dipendenza ad  alcune  delle  provincie  di  quello.  Era  tuttavia  indipendente  nel  1293 
parte  dell'  Indostan  e  il  Bengala  quando  Feroso  11.  fu  spogliato  del  regno  ed 
jicciso  da  un  generale   rihelle  (  Renn,  I.  e.  ). 

4^3.  La  sottomise  al  suo  impero.  Qui  é  manifesto  errore  nella  Lezione 
Ramusiana .  Ciò  vicn  comprovato  dal  sommario  storico  contenuto  nella  nota 
precedente  •  Esatta  è  la  lezione  del  Testo  da  noi  pubblicato  (  t.  I.  p.  120  )  . 
p  Ganzala  è  una  provincia  verso  mezzodì,  che  negli  anni  Domini  mille  dugen- 
9  io  novanta f  che  io  Inarco  ero  nella  corte  del  Gran  Can ,  ancora  non  Tavea 
»  conquistata  ».  Anche  il  Codice  Eiccardiano  io  conferma  ;  »  Bangala  provincia 
»  eat  •••.•  quam  magnus  Kaam  nondum  subiugavcrat  cum  ego  Marcus  m  curiam 
P  ejus  eram  # 

494.  Lingua  Aaper  se  (  v.  1. 1.  p.  lao.  n. a  ) 

495.  Hanno  maestri.  Allude  qui  all'essere  nate  in  India  le  due  sette,  che  sono« 
si  dilatate  nella  parte  oiienule,  e  meridionale  dell' Asia»  la  Bramanica  »  e  la  Sud* 
àìslicskm 

i^glS.. incanii.  Odeardo  Barbosa,  paHando  delle  varie  tribù  Indiane  dice: 
j^  v'è  un'altra  sorte  di  Gendli  che  si  chiamano  Paneru  che  sono  grandissimi  in* 
1^  cxintatori,  e  parlano  visibilmente  con  li  diavoli,  i  quali  gli  entrano  addossa,  « 
»  ^Ji  faiTUio  Are  cose  spaventose  »  (Ram.  nav.  v.  i.  p.  342  ).  Egli  é  fuor  di  dub* 
bio  come  abbiamo  in  altro  luogo  avvertito  che  gl'Indiani  fanno  cose  straordiov 
rie  olle  in  secoli  aen^lici  furono  credute  arti  dj  diavolo. 

^7 


286 

0bna  cosi  grossi .  Vivono  di  carae ,  latte  è  risi ,  de*  qnsAi  ne 
baoao  abbondanza .  Il  paese  produce  assai  banibdgio ,  e  fanno 
moke  mercanzie.  Quivi  nasce  molto  spigo ,  galanga ,  senzero  ^ 
zucchero,  e  dimoke  akne  sjiezierìe.  E  molti  Indiani  vengono  a 
comprar  di  quelle^  e  anco  di  eanudìi  ^kiavi  ^,  cbe  ne  hanno 
in  gran  quantità  ;  perchè  qtianti  in  guerra  si  pi^endono  per  qoelle 
genti  subito  sono  castrati.  E  tntd  i  signori  e  baroni  ne  vogliono  di 
continuo  aver  alla  custodia  delle  lor  donne ,  e-  perciò  i  mercanti 
gli  vengono,  a  comprare  per  portarli  a  vendere  in  diverse  regioni 
con  grandissimo  guadagno .  Dura  questa  provincia  ^^  trenta  gior- 
nate ,  in  capo  delie  quali  andando  verso  Levante ,  si  truova  un^ 
provincicìa  detta  Cangigù. 

GAP.    XJLVL 

Zhlfa  provincia  di   Cangigli. 
Cangigù  ^^  é  una  provincia  verso  Levante ,  la  qaal  ha  mi 


497.  Eunuchi \  Il  Barbosa  nel  parlare  del  Bengala  Si  cui  dice  essere  capi- 
tale una  città  dello  steis«  nome,  conferma  che  durava  ar  suoi  tempi  Tuso  inumaiM 
degli  eunuchi  >  e  che  i  mercatanti  Mbrr  andavano  dentro  terra  a  comprare  i  fsat* 
ciulfi  per  mutilarli  (  ibid.  p.  35o  ). 

498.  Dura  questa  provincia.  Non  ^  da  porre  in  dubbio  che  il  Polo  parlò  del 
Bengala  non  per  esaervi  stato^  ma  per  udito  drre.  Dice  in  principio  di  questa  ca* 
pò  che  là  provincia  é  nel  contine  dell' India  irersa  mezzodi,  e  sempre  are  paria 
della  direzione  generale  dì  questo  iriaggio,  nota  che  la  via  roìge  a  ponente. 

499.  Cangigù  e  mregfio  il  Tetfto  dù  nei  pubblicato  Chaugigu  '(t.I.p.122). 
"Von  avvi  dubbio  aicmio  che  il  paese  chette  Cawgì^u  dal  Polo  sia  il  regno 
di  Tunkmo  .  Poiché  vedeari  detto  nome  derivaUv  da  quetto  dk  Kia^-dM  -kue 
dato  antrcannmte  dai  Cinedi  al*  Timkino'  {  AdviK  Cari,  del  Jumi«  Lcttr.  Edif. 
t.  XVK  pi  259^.  Ea  voce  Cinese  Kue  che  si  proanmxiia  Km  aignifiea  ift  quella 
favelto  principato^  e  Tegno^  (  Hist.  Geov  de  la  Ck&in.  t.  XII.  p^  i4  ).  Gi^  vìe»  eim«> 
fermato  anche  dalla  Storia  dell* //i^o  cAi/ia  o  penisola  di  là  dal  Gaiige,  poiché 
sappiamo  non  esservi  rimasti  regi  pmpri  che  nel  paese  di  «f  lam,  nella  C^cdn- 
fina  e  nel  Tunkino^  aU*  epoca  dei  GengiseanMK .  Lv  confermano  anche  altri 
pavttcolari.  Leggesi  nel  Testo  della  Cruaca  (  1. 1.  p.  (la  )/  »  e  sappiale  che  da 
»  Amu  fino  a  Chaugigu  eh' é  di  dietro,  si  ha  quindici  giornate,  e  dì  qwi  « 
»  Banealeche  (  il  Bengala  )  k  terza  provincia  ai  petto ,  ai  ha  vanti  gioma> 
»  te  a ..  Questo  moda  dì  eaprimersi  dichiara  che  il  Bengala^  e  Amm^  che  ve» 
drnmo  etaere  il  paese  di  Bammf  a  Cangigù  erano  sotto  wno  stesso  parallelo  » 
io  che  contiene  peirfettamenle  al  Tunkins^  respeittramente  a  Bmmu ,.  e  al  Ben^ 
gfila^  Le  tsentacinque  giornate  che  valute  il  Polo  dai  ooofini  cicl  Bengaàa  a  quei  di 
Cangigù  corrispondono  presao  a  poQoa  9»^jdi  sessanta  maglia  per  oacfasus».  E  detta 


re  ^,   e  queUe ..geoii   adorano  gridoli^    e   hanno    lingua  da 


distai»a«iriflCoiitniii«HA  carta  dui  Sjmeft  frali  Bengala  e  il  Tunkino  astiti  «itaN 
U,Joproltult#adìl  Polo,  come  sembra  probabifey  eonipreae  nel  Beagata  il  |»ae« 
se  d*  Arracan .  Deeai  inolire  avvertire  che  diaae  il  Botinola  tMese  ai  contìn 
deir India  a  mezzodì  ;  e  di  CangigUf  ch'é  verso  Levante  respetti  vamenle  ai  re- 
gni ò!Ava  e  del  Pegu^  dai  quali  retrocedeva  per  restituirsi  a  Cambalu.  Credo 
che  anche  di  Cangigu  faccia  menzione  solo  per  sentito  dire  • 

5oo.  Un  ra .  Il  Ihnkino  secondo  la  Uiasachere  fa   popolato  da  Colonie  Ct- 
pesi,   che  si    stabilirono  da  primo  nella  parte  centrale  di  tssOf  indi  si  dilata" 
Tono  verso  mezzodì  e  libeccio.  Un  popolo  salvatico  cbe  ignorava  per  fino  Tartc 
di  scrìvere  lo  abitava   per  lo  innanzi,    incapace  perciò   di  tramandare    ai   po- 
steri la  memoria   dei  suoi   fatti.  Talché  le  Storie  Tunkioesi  non   comprendo^ 
Uff  la   narrazione  esatta  che   degli  awenimenii  di  sei  secoli  (  La  Bi«sach.  £lat* 
▲ctu.  duTttock.  1 11.  p.  14^  y  IMakMe  il  paese  liiogameote  provincia  dei. a  Guai 
e  i  Cinesi  v'introdussero  le  arti,  la  favella  «^  la  scrittura.  La  capitale  dei  re- 
gno e  Keeho  detta  oggidì  Bac^kinh  (  ìbid*  t.  I.  p.  22  ).  I  natii  appellano  la  lor^ 
Mfttrada  congiuntamente  alta  CochùuMaa  f  Nuoe  -  Aman  •  Il  Tiuikino  separata- 
neale  Dang-ngéjr  ossia  regno  esteriore  (  ibid,  p.  i5  )•  1  Cinesi   V  appellano  Ge^ 
mm.  ossia  il  mencio  del  sole.  I  Missionari  scrissero  una  memoria  istorica  can- 
cemente  il*  Tunkma  (  Lettr.  Edif.  t.  XYl  p.  258  )  di  cui  ci  piaoe  il  due  aomr 
maria  conteaz4k   i  grandi  del  Tuakino  suÙ'  iacuniinciameoto  del  secolo  decimo 
congiurarono  contro  il  governo  Cinese.  VoUero   &rsi  indipendenti,  ma  il  perve- 
nirvi costo  loro  molto  sangue,  a*  impadironl,  fìnaknenle  del  supremo    potere  la 
^miglia  Tìngt  e  il  secondo  imperante  di  quella  casata  fu  rivestito  diilf  impe» 
ratore  della  Cina  della  sovranità  *  del  7ÌMiArma«  Sotto  i  succesoori  di  qudlo  si 
riaccesero  le  guerre,    e  soccombtnli  i  sovrani  natj  doverono  rìcanoscersi    tri. 
butarj  della  Cina,  per  quanto  ottenessero  nell'investitura  il  titolo  dì  re*  Veiso 
il  ia3o  passo  il  trono  per  femmina  nella  famiglia  TèAsn  •   Afmngu  -  Con   «en- 
minata  la  conquista  della  Gna  settentrionale  o  Catajo  sottionessci  il   Tiimi,    è 
ìk  Ynnmanj  i  popoli  detti  Loto  e  ilfidoTi^,  distrusse  il  regno  di  Tèdi  fa.  o  dei 
Nan^ehao  e  indi  porttf   la  guerra  contro  il  HiisAmo»  disfiece  il  re  Tóhin^ge  king 
e  ne  distrusse  la  capitale  dopo  averla  saccheggiata  •  li  re  dovè  refti^arsi  in  un  * 
isok, e  umiliatosi  al  vincitore  come  re  tributario,  il  regno  recuperò.  Cublai  Ccn^  ne 
investi   Tcking^komàg^ping  coU'obbligo  di  pagargli  un  triennale  tributo  coosisteuté 
ìli  oro,  argento^  gioj^y  medicinali,  avorio,  corna  di  rinoceronte.  Fra  le  altre  con* 
dizioni  y  secondo  Fuso  degl' Imperadorì  di  Sangue  Cinese,  volle  che  fossegU  con- 
segnata ana  Carta  del  TunAino.  Ecco  come  vien  dalle  Storie* dei  paese  cotifer- 
aiato  ciò  che  dice  il  Polo,  che  Cmngigu  ha  re  ohe  paga  tsii^uto  al  Gran  Can.  HcfUìig- 
ge'Jfyven  sucesse  nel  1277.  a  Tching^koang^ping  t  esso  tollerava  di  mal'anHttO 
il  gi<'go  Tartarico  $  fitriehiesto  da  Cnòlai  ntì  1286  di  dare  il  passo,  ai  an  esen- 
QU^  che  voleva  spedine  nella  Coccincina,  capìtanoto  da  'l'choan  suo  figlio»  Ne- 
gatogli il  passo,  il  principe  attaccò  il  Tunkiao.  Vincitori  da  primo  l'Mogc^Ui,  il  rè 
^biìe  ed  astuto,  refogiatosi  su'  monti  attese  ^he  la  miH*talità  fiaccasse  le  forze  dei 
suo  nemico ,  e  indebolito  riuscì  a  batterlo  ed  a  scacciarlo  dal  rc^rw  «  Non  inso* 
ienti  nella  vittoria,  richiese  ed  ottenne  pace  ai  j^lii  toù^uati.  IcUdn-go^itin  suo 


a88 

se^*,  e  si  diedero  al  Gran  Can,  e  ogni  anno  li  danno  tributo.  Il  re 
di  questa  provincia  ^^^  è  molto  lussurioso ,  e  ha  forse  trecento  mo- 
gli ,  e  ove  sa ,  che  vi  sia  qualche  bella  donna ,  subito  la  fa  venire, 
e  la  piglia  per  moglie.  Si  iruova  oro  ^^  in  grandissima  quantità, 
e  anco  molte  sorti  di  spezie  ^^^,  ma  per  esser  fra  terra  ,  e  molto 
discosto  dal  mare ,  v'  è  poca  vendita  di  quelle .  Sono  vi  molti 
elefanti ,  e  altre  sorti  di  bestie .  Vivono  di  carne ,  risi ,  e  latte . 
Non  hanno  vino  d'uve,  ma  lo  fanno  di  riso  ^^,  con  moke 
spezie  mescolate .  Quelle  genti  così  uomini ,  come  donne  hanno 
tutto  il  corpo  dipi  a  lo  di  diverse  sorti  d'  animali ,  e  uccelli ,  per- 


iglio, e  che  a  lui  successe  nel  1290,  richiese  Gublai  dell'investitura  del  regno,  ma 
per  avere  rifiutato  di  recarsi  alla  Corte  del  Gan  eccltonne  lo  sdegao .  L'Impera- 
tore fu  soprapreso  da  morte  mentre  faceva  poderosissimi  appareccfaiamonti  con* 
tro  di  lui.  IXmur  successore  di  Cublai  riconobbe  il  re  del  Tunkino  coir  onere 
consueto  del  tributo. 

5oi.  Lingua  da  se.  La  Dissachere  osserva  che  il  Tunkinese  essendo  forus- 
cito  Cinese  ne  ha  conservata  la  favella.  Ma  lungamente  nemico  della  patria 
primitiva,  e  perciò  senza  relazioni  con  essa,  ne  ha  talmente  modificata,  o  al- 
terata la  pronunzia  che  i  Cinesi  e  i  Tunkifiesi  non  si  comprendono  fra  loro* 
Pù$~^che  avere  influito  a  ciò  le  relazioni  di  questi  coi  popoli  della  penisola  di  li 
dal  Gange  ,  non  meno  che  la  diversità  di  cibi  e  di  clima,  d*  altronde  come  l'età 
altera  il  volto  e  la  costituzione  dell'uomo,  cosi  altera  la  favella  dei  popoli  (La 
Bissach.  t.II.  p.99  )•  La  favella  Tunkinese  ha  le  stesse  regole  grammaticali  della 
Cinese.  £  monosillaba,  e  secondo  la  Bissacfaere  a  prima  vista  ha  ì  difetti  d'una 
favella  grossolana  ,  e  disadatta  a  modificale  le  idee ,  perchè  non  ha  «è  gene* 
re,  né  numero,  né  tempi;  né  declinazioni,  né  coniugazioni .  Ma  ingegnosamente 
con  particelle  si  supplisce  a  tutti  i  modi  grammaticali  delle  altre  gènti  (La 
Bissach.  1.  e.  p.  101  ).  Ed  osservammo  che  ciò  avviene  anche  nella  favella  Ci* 
xiese.  Usano  i  Tunkinesi  la  scrittura  Cinese,  e  Cublai-^Can  nel  fermare  la  pace 
eoo  essi  oltre  esigere  i  consueti  tributi  richiese  alcuni  Tunkinesi  abili  nell'in- 
telligenza dei  Librì  Cinesi  (  Leltr.  Edif.  t.  XYi.  p.  268  ). 

5o2.  //  re  di  questa  provincia.  Sembra  dovesse  essere  o  Tchiw'king  o  il  suo 
figlio  Tchin  -  gè  -- .jrven  che  come  avveitimmo  a  lui  successe  nel  1277  (ibid 
pag.  269). 

5o5.  Si  trova  oro.  Questo  paese  ha  molte  cave  d'oro  e  d'argento,  delle  qual 
é  ignota  la  ricchezza.  Nel  Lac-tho  la  rena  d'un  fiume  é  carica  di  pagliuole 
d'argento:  molti  fiumi  del  Tunkino  hanno  oro  di  pagliuola.  Vi  si  trova  anche 
oro  natio,  più  puro  che  in  altre  narte  d' Oriente .  Ne  é  vietata  oggidì  l'escava- 
zione  pel  timore  di  eccitare  l'avidità  Europea  (  La  Bissach.  t.  Lp.  54  )• 

5^4*  Molte  sorti  di  spezie^  Quelle  della  parte  montuosa  del  Tunkino  $ont> 
V  Areca ,  il  Betel^  la  Cannella  (  nella  provincia  di  Xu-than  ) ,  il  pepe  in  picco- 
lissima quantità,  il  gengiovo^  pochissimi  garofani,  noci  moscade,  e  il  te  (La 
Bissach.  t.  L  p.  1 19  ). 

5o5.  FiM  Ai  riso  (  V.  Not.  467  ). 


che  vi  sono  maestri,  che  non  fanno  altr  arte,  se  non  con  un'  aguc'^ 
chia  di  designarle,  o  sopra  il  volto,  mani,  gambe  e  ventre  j  vi  raet- 
tono  color  negro,  che  mai  per  acqua,  ovver  altro  pub  levarsi  via, 
e  quella  femmina,  ovvero  uomo,  che  n'  ha  più  di  dette  figure, 
è  riputato  più  bello . 

GAP.    XLVn. 

Ddla  provincia  di  AniU  ^^ . 

Amù  è  una  provìncia  versò  Levante  ^7  ^  la  quaU  é  sotto  il 
Gran  Can ,  le  cui  genti  adorano  gl\idoli^  e  vivono  di  bestie,  e 
fruiti  della  terra.  Hannojtingua  da  per  se,  e  vi  sono  molti  cavalli. 


506.  Amu .  Osserva  rettamente  il  Marsden  qhe  il  paese  di  AmtÀ  corrispon- 
de a  quello  di  Bamu  di  cui  parla  il  Syihes  (  [Ambass.  t  II.  p.  429  ) .  Questo  am- 
basciatore combinò  a  Ummerapura  una  legazione  Cinese,  che  accompagnò  ivi  il 
Governatore  di  Bamuy  provincia,  secondo  li  Sjmes,  che  confina  col  Yun^nan.  Il 
detto  Governatore  era  stato  due  volte  a  Pekino,  e  disse  ali*  Inglese  che  il  viag* 
gio  era  faticoso ,  ma  pericoloso  non  già,  fatto  in  stagione  convenevole.  Che  es- 
so tre  mesi  impiegò  in  quel  viaggio.  Che  dalla  frontiera  dì  Bamu  per  trasferirsi 
nel  Yun-nan  si  traversa  un  paese  montuoso  .  Che  gli  ultimi  trenta  giorni  del 
viaggio  si  naviga  per  canali  e  per  fìumi.  Esso  donò  all'Inglese  una  carta  itineraria 

^del  suo  viaggio,  che  certamente  avrà  consultata  il  Dottor  Buchanan  nel  redigere 
la  sua  dell'Impero  Birmanno,  che  va  aggiunta  alla  relazione  dell'Ambasciata 
Bamu  secondo  quella  carta  é  suU'  Irrowaddj-:  e  sotto  il  parallelo  di  Bamu  a 
ponente  è  il  Bengala ,  a  levante  il  Tunktno  che  è  appunto  la  posizione  relativa 
che  il  Polo  assegna  ai  tre  paesi  di  Bengala,  d'Ama  e  di  Cangigu  (V.Not.499). 
L' ambitsciata  Cinese  nel  retrocedere  imbarcossi  sul  fiume  testé  rammentato,  e  un 
individuo  della  medesima,  disse  al  Symes  che  per  restituirsi  in  patria  viaggereb- 
bero tre  settimane  per  acqua 9  che  continuerebbero  dipoi  il  viaggio  per  terra  sino 
verso  il  centro  dell'Impero  Cinese,  e  che  ivi  continuerebbero  il  cammino  per  ac- 
qua ,  la  navigazione  essendovi  agevole  per  mezzo  di  canali .  Computavano  che 
occorrerebbergli  tre  mesi  per  recarsi  a  Pekino  (  Ambas.  t.  II.  p.  366) .  Queste  tali 
indicazioni  dà  il  Symes  intomo  a  questo  importante  viaggio,  che  Marco,  a  mio 
credere,  è  il  solo  Europeo  che  lo  abbia  fatto.  Io  reputo  che  il  Polo,  nel  tornare 
hfidietro ,  tenesse  la  via ,  come  la  più  agiata ,  che  é  accennata  dal  Symes,  cioè 
che  dal  fiume  di  Pegu  per  canali  entrasse  neìVVrrawaddjr  ,  e  che  lo  risalisse 
sino    a  Bamu. 

507.  ferso  legame.  Di  qui  incomincia  il  Polo  a  descrivere  il  viaggio  che 
fece  per  restituirsi  a  Cambalu .  Avverte  infatti  che  i  paesi  eh'  eì  descrive  sono 
a  Levuntfr,  e  per  lo  innanzi  avvertiva  che  erano  verso  Ponente  a  Mezzodi . 
Ma  non  rettamente  orienta  la  direzione  generale  dell'  uno,  e  dell'  altro  viaggio, 
ch'era  verso  Libeccio  all'andata,  e  verso  Greco  al  ritorno. 


ago   ^ 

e  buoi  che  vendono  a  mercanti ,  e  li  conducono  in  India .  Hanno 
bo&li ,  e  buoi  in  gran  quantità  ^  per  esservi  grandissimi  e  bao- 
ni  pascoli .  Gli  uomini ,  e  le  donne  portano  alle  mani  e  alle  brac- 
cia ,  manigli  d' oro ,  e  d'  argento  ^,  e  similmente  intorno  alle 

\         gambe,  ma  quelli,  che  portano  le  donne,  sono  di  maggior  vaiata. 

'  £  sappiate ,  che  da  questa  provincia  di  Amù ,  fino  a  quella  di 
Cangigù,  vi  sono  venticinque  giornate.  Or  diremo  d'  un'  altra 
provincia  detta  Tholoman  ^  la  quale  è  discosto  da  questa  ben'  ot- 
to giornate . 

GAP.    XLVIII. 

Di  Tholoman. 

Tholoman  ^^  è  una  provincia  verso  Levante ,  le  cui  gemi 
adorano  gF  idoli.  Hanno  linguaggio  da  per  se.  Sono  sottoposti 


5o8.  ManigU  «f  oro.  lì  Sym^s  descrive  alcuni  montanari  detti  /iCaiii  che  abi- 
tano le  montagne  che  separano  il  Regno  d*  Ava  dall'  Arracan ,  che  portano  col*, 
lane  e  braccialetti.  Soggiunge  che  avevano  il  viso  dipinto  a  disegni,  e  il  Polv 
narra  ciò  del  paese  di  Cangigù  (  Ambas.  t*  III.  p«  aS  )• 

Sog.  noloman.  l  llecltittorì  della  Storia  Generale  dei  Viaggi ,  credono  che 
debba  leggersi  Lo-lo-fnarij  e  che  sia  il  paese  dei  L0U09  popolo   gih  signore  di^ 
gran  parie  del  Yun^nan  (  )Ì\st.  G^n.  des  Noy.  t.  VIL  p.  355  ).    li  Marsden  opi- 
na che  il  Polo  intenda  favellare  dei  Birmanni  detti  ancora  Burmah^  e  Boman, 
Si  follia  sull'asserzione  dii  Gaubil  (ppud.  Souc.  p.  125.)  che  il   regno  di  Fo  era 
anticamente  appellato  Po^lo^man,  Tal  congettura  non  è  destitula  di  fon^amen* 
to.  Sappiamo  che  questo  popolo  era  anticamente  indipendente.  1^  Il  regno  di  Bre- 
•  ma  (  dicesi  nel  sommario  di  tutti  i  regni,  città  e  popoli  Orientali  )  pubblicato 
»  dai  Poi^tughesi  (  Ram.  Nav  1. 1.  pi  371  e  )f  fra  terra  dalla  parte  di  Pegu  e  Aracan 
»  tiene  li  suoi  contini:  dalla  bajada  di  China, con ./«iii^c^iita,  e  Jangoma  confina  con 
»  Brema f  e  Camòoja;  questi  duo  re  gentili,  fra  terra  tengono  guerra  con  Pefiu^  con 
»  Arracany^  con  Bengala^  e  con  Camboja  »  Questo  popo^  passò  sodo  r ubbidienza 
dal  regno  dVva»  di  cui  ajutato  dai  Portoghesi  fece   posteriormente  la  conquista» 
Ai  tempi  d'Hamilton,  il  loro  impero  da  Morgui  vicino  a  Tenaserim  estendevast 
lino  al  Vun-nan .  Ed  è  probabile  cha  ai  tempi  del  Polo  i  BirmawU  occupassero 
la  palle  nu^ntBosa  del  Regno  d'Ava  verso  la  suddetta  provincia  Cinese.  li  GecN 
grafo  Cinese  traslataK)  da  Amiot  (Mem.  sur  les  Chin.  t.  xiv.  p.  293)  rammenta  i 
Po^la^man^  Secondo  esso  il  tribunale  del  paese,  di  Pa-pe  ha  a  Levante  la  ^uris* 
dizione,  di  Lao^tchuà^  o  il  paese  di  Laos^  a  Ponente  il  distretto  di  Mu^pang^  a 
mezzodì  il  paese  di  Po4o»man^  e  a  Tramontansi  la  residenza  del  tesoMer  gene- 
ral'* del  Yun-nan .  É  da  avvertire  che  questo  popolo  detto  Po-la^many  o  Lo  l^^mau 
doveva  essersi  non  poco  esteso  ai  tempi  del  Polo.  Esso  dice  (Lib.IILc.5  >  che 


al  Gran  Gan.  Qmsti  abitaiui  sono  belli  ^  e  grancii,  e  più  presto 
brani  ^  che  biaochi .  Sono  uomini  giasti ,  e  valeatl  nell'  arme  :  e 
molle  ciuà  e  castola ,  sono  in  quesca  provincia  sopra  grandi,  e 
alti  monti  ^*^  Abbruciano  i  corpi  de'  loro  morti ,  e  V  ossa ,  che 
non  s  abbruciano  mettono  m  càsseue  di  legname  ^'  %  e  le  porta^ 
no  alle  montagne ,  e  le  mettono  in  alcai)e  caverne,  e  dirupi, 
acciocché  animale  alcuno  non  le  possa  andar'a  toccare  «  Quivi  si 
miova  oro  in  grand'  abbondanza ,  e  si  spendono  porcdllaùe ,  che 
veagoQO  d^  India  ,  per  moneta  piocold ,  e  così  pendono  le  due 
poviocìe  sa{>radeue  di  Gangigà,  e  Ama.  Vivono  di  carne ^  e 
risi ,  e  bevono  vino  di  risi ,  com'  è  deiu>  di  sopra . 

GAP.    XLIX. 

Delia  città  di  CirUigui  ,  Sidinfuy  Gingui^  Pazanfu. 

Partendosi  dalla  provincia  di  Tlioloman  ^^^ ,  e  andando  ver- 
so Levante ,  si  cammina  dodici  giornate  sopra  un  fiume ,  attorno 


il  Golfo  &  Hai''nan  eonfifm  verso  scirocco  colla  provincia  dei  Mtmgi^  e  daU*  al- 
tra parte  con  AniOft  Tolomam,  He  improbabile  congettura  eila  è  die  i  cosi  detti  Lo^ 
loy  i  Pwt49  mofiy  e  i  Bmnon  fossero  una  medesima  gentc^  che  possedeva  tutta  la  con- 
trada montuosa^  che  dal  Golfo  d*  Hainan  va  sino  all'  Arracan.  Segna  nella  sua 
carta  TAavìftlc  i  La4o  «ulta  via  c(%e  segttl  i)  Polo  nel  retrocedere  dal  Pegu  per 
restituirsi  a  Pekino.  Questo  popolo  fu  soggiogato  da  Mangu-can  (  Lettr.  Edif. 
t  XVI»  p.  264):  se  riMI6  ài  tempi  di  Tìmur  successore  di  CubM.  Le  Storie 
Giiieai  me  fanno  men^iene  come  di  barbari  montanari  deif  Yun-nan  (  Hi^.  de  la 
Chin;  t.  IX.  p.  554  ). 

5f  o«  Mti  manti.  Sedendo  la  città  di  queste  genti  sopra  alti  monti,  ciò  dichiara 
che  essi  abiAavanu  ìi  paese  ifioiìlueso  che  traversò  il  Polo  per  passare  dal  Kc^no 
^  Avm  neil*  Y<um^tum, 

5ii.  CatseitB  di  ìegname.  IT  Symes  nel  parlare  dei  Kaìn^  montanari  come 
dìceansio  del  regno  d' Ava  dice  ;  »  essi  bniciano  i  morti,  ne  raccolgono  le  cene- 
»  ri  in  una  caMettt  che  lasciano  in  casa,  sinché  non  la  portano  ove  vogliono 
»  «eppeHiria,  che  è  netta  gran  montagna  detta  G/ioot/a.  Ivi  depositano  le  ceneri 
»  in  una  tomba,  e  sulla  terra  che  la  copre  pongono  una  statua  rappresentante 
#  il  morto»  Credono  «he  quel  simulacro  preghi  i  Jlfusing ,  che  sono  secondo  es- 
^  si  il  padre  e  la  madre  del  Mondo,  di  proteggere  le  loro  ceneri  i>  (  Ambas. 
t.  III.  p.  27  ) .  Alcuni  di  questi  monianafri  afforzati  dalle  loro  montagne  vivono 
indipenctesfeU  . 

Sia.    Parienddsi  dalla  prarincia  di  Tholoman.  Nel  Proemio  al  secóndo  librcf 
abbiamo  avvertito  che  il  capitolo  che  ora  commenliamo  i  uno  dei  più  intrigati^ 


2gi 

il  quale  vi  sono  molte  città  ,  e  castella ,  le  quali  finite  ^  si  traova 
la  bella,  e  gran  città  di  Cintigiii  ^"^,  le  cui  genti  adorano  gì'  ido- 
li, e  SODO  sotto  il  dominio  del  Gìran  Can  .  Vivono  di  mercanzie 
e  ani .  Fanno  drappi  di  scorze  ^**  d' alcune  sorti  d*  alberi ,  che 
sono  molto,  belli ,  e  gli  vestono-  nel  tempo  dell*  estate  cosi  uomi- 
ni ,  come  donne  •  Gli  uomini  sono  valenti  nelF  armi  •  Non  hanno 
altra  sorte  di  moneta ,  se  non  quella  di  carta  della  stampa  del 
Gran  Can . 

In  questa  provincia  v'  è  tanta  quantità  di  letmi  ^'*,  che  ni- 
un'  ardisce  dormir  la  notte  fuor  della  città  per  timor  de^  detti  leo* 
ni^  e  quelli  che  navigano  per  il  fiume  non  si  metteriano  a  dor^ 


^antunque  «ia  il  più  importante  per  T  intelligenza   della  geografia  di   questa 
parte  del  Viaggio .  Avvertimmo  nelle  note  precedenti ,  che  nostra  opinione  ella 
è,  che  il  Polo  tornando  indietro  dalla  città  di  Pegu  risalisse  1*  Irrowaddj-  sino  a 
Bamu;  che  indi    travers;»sse  Jl  paese  montuoso  allora  abitato  da  Lo^lOf  o  Pu  h- 
ma/ij  o  Buntofif  e  che  rientrasse  nel  Vun^nan^  segueàido  una  via  più  meridio- 
nale di  quella  ch'ei  fece  nell'andare  al  Pegu;  e  ciò  per  dirìgersi   per  la  via  più 
breve  al  lìume  che  dice  aver  navigato  per  dodici  giornate,  a  seconda  della  cor- 
rente, che  non  può  essere  altro  fiume  che  il  Kincha  gii  da  noi  rammentato,  nel 
quale  dovè  imbattersi  nel  punto  il  più  meridionale  del  suo  corse,  donde  bruscamente 
piega  la  sua  direzione  a  maestro.  Si  ravvisa  dalla  catta  dell' luri-zian  che  ciò 
avviene  nella  vicinanza  de)la  città  di  Turheimrtcheu .    £i  navigando  quel  fiume 
si  recò  a  CUingui  che  si  riconosce  essere  la  città  detta  oggidì  Sui^tcheu  in  rìva- 
al  fiume  predetto ,  e  che  appartiene  alla  provincia  di  Se'ickuon.  Nella  carta  par* 
ticolare  di  quel  puese  ,  misurata    la    distanza  per  acqua  da  Tu  *  hean   a  Sui  - 
tcheuy  é   di  circa  5oo  miglia  ,  che   se  si   trattasse  d'  un    viaggio  terrestre  rag* 
guuglierebbe«a  venti  giornate ,  ma  agevolmente   potè  fare  quel   viaggio,  a  grado 
della  corrente  in  dodici  navigazioni  diverse ,  come  usano  i  Cinesi  che  ogm  notte 
si  fermano. 

5i3.  Citingui  (T.O.)  Sinuglil  e  più  correttamente  il  Magliabechiano  secon- 
do SungiUf  che  chiaramente  i  Sui-tcheu  città  famosa  al  confluente  dei  fiumi  KUng 
e  Mahou .  Quando  si  vulga  uno  sguardo  sulla  carta  particolare  del  Se^.tchuen-^ 
si  ravvisa  eh*  ivi  dovè  approdare  per  recarsi  a  Chin'-tU'^itt  ove  riprese  la  via  fatta 
da  lui  all'andata.  Secondo  il  P.  Martini  questa  città  è  molto  mercantile, e  fre«> 
quentata  perché  ha  il  vantaggio  di  essere  sui  delti  fiumi  che  confluiscono  presso  le 
sue  mura  ad  oriente.  É  opulenta  p  popolosa,  ornanla  fabbriche  non  dispregievoli  fra 
le  quali  si  ammirano  tre  templi  dedicati  agli  eroi.  Il  paese  è  aspro  e  difficile, 
ma  tuttavia  fertile  e  coltivato  (Atl.  p.  84).  Sui-tcheu  Lat.  a8.®  38.*  Long.  Occid. 
da  Pek.   1 1 .»  42.'  (  Du  Haldo  ). 

614.  Drappi  di  scorze,  (  V.  t.  I.  p.  I25  n.  ) 

5i5.  Leoni.  Fu  avvertito  in  altro  luogo  che  non  vi  sono  leoni  nella  Ona^ 
ma  che  dee  intendersi  tigri ,  fiere  che  in  molte  Asiatiche  favelle  hanno  uno  stes* 
so  nome. 


^95 
mire  con  loro  iiavilj  appresso  le  ripe .  Perchè  sì  sono  trovati  i 
leoni  gettarsi  all'  acqaa,  e  notar  alli  aaviij^  e  tirar  per  ibrza  fuori 
gli  uomini ,  ma  sorgono  nel  mezzo  dei  liume,  eh'  è  molto  largo 
e  cosi  sono  sicuri.  Si  trovan  ancora  in  delta  provincia  i  ni  uggioli 
e  più  feroci  cani,  che  si  possano  dire,  e  sono  di  taut'  aniuKj,  e 
possanza ,  che  un'  uomo  con  due  cani  ammazza  un  leone .  Per- 
chè andando  per  cammino  con  due  de'detti  cani,  con  l'arco,  e  le 
saette ,  va  sicuramente ,  e  se  si  u*uova  il  leone ,  li  cani  arditi  li 
vanno  addosso  essendo  incitati  dall'  uomo  .  K  Id  natura  dei  leo- 
ne é  di  cercare  qualch'  albero  per  appoggio,  acciocché  icani  non 
li  possan'  andar  dì  dietro ,  ma  che  tutti  due  li  stiano  in  faccia . 
E  però  veduti  ì  cani,  e  conoscendoli,  se  ne  va  passo  passo,  né 
per  alcun  modo  correria ,  per  non  voler  parere ,  eh'  egli  abbia 
paura,  tanta  è  la  sua  superbia ,  e  altezza  d' animo .  K  iu  qdesto 
andar  di  passo  i  cani  lo  vanuo  mordendo,  e  Tuomo  saettando:  e 
ancor  che  il  leone  sentendosi  mordere  dai  cani  si  volti  verso  lo- 
ro ,  sono  però  tanto  presti ,  che  sanno  ritirarsi ,  e  il  Icone  torna 
alla  via  sua  passeggiando,  per  modo  che,  avatiti  ch'egli  abbia 
trovato  appoggio,  cou  le  saette  è  tanto  ièrito,  e  morsicato,  e 
sparto  il  sangue ,  che  indebolito  cade .  E  a  questo  modo  con  i 
cani  prendono  il  leone .  Fauno  molta  seta ,  della  quale  portando*- 
sene  fuor  del  paese,  si  fa  di  gran  mercanzie  per  via  di  questo  fiu- 
me'^''^  qual  si  naviga  per  dodici  giornate,  sempre  trovando attà^ 
e  castella .  Adorano  gì'  idoli ,  e  sono  sotto  il  dominio  del  Gran 


517.  Questo  fiume ,   Il  fiume  che  qui  rammenta  non  é  più  il  Kincha^Kian^ 
che  avea  navigato  sino  a  Sui-tcheu  ma  il  tìume  Aìa-hou.  Li  dice   che  navicasi  per 
dodici  giornate,  aempre  trovando  città  e  castelia,  e  di  poi  si  trova  la  citta  di  ò't^ 
dinfu^  delia  quale  abbiam  trattato  di  «opra,  che,  comesi  disse,  è  Schin-ioju  di 
cui  parlò  al  cap«  56  di  questo  secondo  libro.    Ma  ivi  per  un   maUguiato  erro- 
re   di  copista,  ieggesi    Sin^in-Ju.  {  V.   not.  4i8')«   E   la  delta   città  di   Schirt" 
to^fà  ha  una  comunicazione  aquatica  per*  me^£o  del  "fixime  Ma-hou  con  6ui  tcheu^ 
quantunque  faccia  d'uopo  andare  contro  arqiia;    ma  ivi  come  appo  noi  si  lisal- 
guno  1  fiumi  (  olle  alzaie.  Anche  il  nostro  testo  tonrorda  coll-i  Leziun*^  Rariiusiana, 
rammenta  cio^  la  navigazione  pel  fiume,  e  dice  che  poscia  si  giunge  a  Sindinfu^  di 
che  questo  Libro  parlo  adrieto.  Ivi*  infatti  ne  fa  menzione  al  «.ap^  XGVI.  Ma  in- 
rece  di  leggervisi  ripetuto  il  nome  di  Siadinfu  per  errore  di  ccpia  leggesi  «iVir- 
dafu.  Dette  errale  lezioni  vengono  rettificate  dal  Testo  RiccarJiìino  il  quale  ih  am- 
hetiue  i  luoghi  appella  quella  cittd    Sin  •din  ^Ju,  Queste  erronee  L  «.ioni   hanno 
fatto   portiere  ai  più  acuti  commentatori   del   Polo    il  filo  di  questa  paite  della 
sua  peregrinazione . 

38 


il  quale  vi  sono  molte  citta ,  e  castella ,  le  quali  finite ,  si  traova 
la  bella,  e  gran  città  di  Cintigiii  ^'^,  le  cui  genti  adorano  gì'  ido- 
li, e  sono  sotto  il  dominio  del  Gran  Can  .  Vivono  di  mercanzie 
e  ani .  Fanno  drappi  di  scorze  ^"*  d*  alcune  sorti  d' alberi ,  che 
sono  molto,  belli ,  e  gli  vestono  nel  tempo  dell*  estate  cosi  uomi- 
ni, còme  donne.  Gli  uomini  sono  valenli  nell'armi.  Non  hanno 
altra  sorte  di  moneta ,  se  non  quella  di  carta  della  stampa  del 
Gran  Gan . 

In  questa  provincia  v'  è  tanta  quantità  di  leoni  ^**,  che  ni- 
un'  ardisce  dormir  la  notte  fuor  della  città  per  timor  de^  detti  leo« 
ni^  e  quelli  che  navigano  per  il  fiume  non  si  metteriano  a  dor* 


^antunque  isia  il  più  importante   per  l'intelligenza   della  geografia  di   questa 
parte  del  Viaggio .  xivvertimmo  nelle  note  precedenti ,  che  nostra  opinione  ella 
è^  che  il  Polo  tornando  indietro  dalla  città  di  Pegu  risalisse  1*  Jrrowaddj-  sino  a 
Bantu;  che  indi    traversasse  il  paese  montuoso  allora  abitato  da  Lo^lo^  o  Puh- 
tnan^  o  Buman^  e  che  rientrasse  nel  Yun-nan^  seguendo  una  via  più  meridio- 
nale di  quella  eh*  ei  fece  nell'  andare  al  Pegu  ;  e  ciò  per  dirigersi  per  la  via  più 
breve  al  lìume  che  dice  aver  navigato  per  dodici  giornate,  a  seconda  della  cor- 
rente,  che  non  può  essere  altro  fiume  che  il  Kincha  gii  da  noi  rammentato,  nel 
quale  dovè  imbattersi  nel  punto  il  più  meridionale  del  suo  corse,  donde  bruscameate 
piega  la  sua  direzione  a  maestro.  Si  ravvisa  dalla  carta  àM  Vun-ìian  che  ciò 
avviene  nella  vicinanza  della  città  di  lu^-hean^icheu .    £i  navigando  quel  lìume 
si  recò  a  Citingui  che  si  riconosce  essere  la  città  detta  oggidì  Sui^ieheu  in  riva- 
ai  fiume  predetto ,  e  che  appartiene  alla  provincia  di  SeHcfiuen,  Nella  carta  par* 
ticoiare  di  quel  paese  ,  misurata    la    distanza  per  acqua  da  Tu  -  hean   a  Sui  • 
icheuy  è  di  circa  5oo  miglia  ,  che   se   si   trattasse  d'  un   viaggio  terrestre  rag* 
guuglierebbe«a  venti  giornate ,  ma  agevolmente   potè  fare  quel   viaggio,  a  grado 
della  corrente  in  dodici  navigazioni  diverse,  come  usano  i  Cinesi  che  ogni  notte 
si  fermano. 

5i3.  Citingui  (T.O.  )  Sinuglil  e  più  correttamente  il  Magliabechiano  secon- 
do Sungiut  che  chiaramente  i  Sui-tcheu  città  famosa  al  confluente  dei  fiumi  Kiang 
e  Mahou .  Quando  si  volga  uno  sguardo  sulla  carta  particolare  del  Se^  tchutn-^ 
si  ravvisa  eh*  ivi  dovè  approdare  per  recarsi  a  Chin^tU'^Uf  ove  riprese  la  via  fatta 
da  lui  all'andata.  Secondo  il  P.  Martini  questa  città  é  molto  mercantile,  e  fre<p> 
quentata  perché  ha  il  vantaggio  di  essere  sui  detti  Gumi  che  confluiscono  presso  le 
sue  mura  ad  oriente.  É  opulenta  e  popolosa,  ornanla  fabbriche  non  dispregievoli  fra 
le  quali  si  ammirano  tre  templi  dedicati  agli  eroi.  H  paese  é  aspro  e  difficile, 
ma  tuttavia  fertile  e  coltivato  (Atl.  p.  84).  Sui-tcheu  Lat.  aS.®  38.*  Long.  Occid. 
da  Pek.   1 1 .«  42.'  (  Du  Baldo  ). 

5i4«  Drappi  di  scorze*  (  V.  t.  I.  p,  i25  n.  ) 

SiS.  Leoni.  Fu  avvertito  in  altro  luogo  che  non  vi  sono  leoni  nella  Cina, 
ma  che  dee  intendersi  tigri,  fiere  che  in  molte  Asiatiche  favelle  hanno  uno  stes- 
so nome. 


^95 
mire  con  loro  navilj  appresso  le  ripe .  Perchè  sì  sono  trovati  i 
leoni  gettarsi  all'  acqua ,  e  notar'  alli  oavil j ,  e  tirar  per  Ibrza  fuori 
gli  uomini  j  ma  sorgono  nel  mezzo  dei  liume ,  eh'  è  nioiio  largo 
e  così  sono  sicuri.  Si  trovan'  ancora  in  detta  provincia  i  ni*  ggioii 
e  più  £»x)ci  cani,  che  si  possano  dire,  e  sono  di  taut'  animo,  e 
possanza ,  che  un'  uomo  con  due  cani  ammazza  un  leone  :  Per- 
chè andando  per  cammino  con  due de'detu  cani,  con  larco,  e  le 
saette ,  va  sicuramente ,  e  se  si  tiuova  il  leone ,  li  cani  arditi  li 
vanno  addosso  essendo  incitati  dall'  uomo  .  K  la  natura  dei  leo- 
ne é  di  cercare  qualch'  albero  per  appoggio,  acciocché  icani  non 
li  possan'  andar  di  dietro ,  ma  che  tutti  due  li  stiano  in  faccia . 
E  però  veduti  i  cani,  e  conoscendoli,  se  ne  va  passo  ])asso ,  né 
per  alcun  modo  correria ,  pt:r  non  voler  parere ,  eh*  egli  abbia 
paura,  tanta  è  la  sua  superbia ,  e  altezza  d' animo  .  K  in  qdesto 
anilar  di  passo  i  cani  lo  vanno  mordendo,  e  Tuomo  saettando:  e 
ancor  che  il  leone  sentendosi  mordere  dai  cani  si  volti  verso  lo- 
ro ,  sono  {)erò  tanto  presti ,  che  sanno  ritirarsi ,  e  il  leone  torna 
alia  via  sua  passeggiando,  per  modo  che,  avanti  ch'egli  abbia 
trovato  appoggio,  con  le  saette  è  tanto  ferito,  e  morsicato,  e 
sparto  il  sangue ,  che  indebolito  cade .  E  a  questo  modo  con  i 
cani  prendono  il  leone  «  Fauno  molta  seta ,  della  quale  portando- 
sene fuor  del  paese,  si  fa  di  gran  mercanzie  per  via  di  questo  (lu- 
me ^^'7,  qual  si  naviga  per  dodici  giornate,  sempre  trovando città^ 
e  castella .  Adorano  gì'  idoli ,  e  sono  sotto  il  dominio  del  Gran 


517.  Questo  fiume  »  lì  fiume  che  qui  rammenta  non  é  più  il  Kineha^Kianig 
che  avea  navigato  sino  a  Sui-teheu  ma  il  tìume  Ma-hou.  Hi  dice  che  navigasi  per 
dodici  giornate,  sempre  trovando  città  e  castella»  e  di  poi  si  trova  la  citta  di  Si^ 
dinfu^  della  quale  abbiam  trattato  di  sopra,  cbe,  come  si  disse,  è  Scbinioju  di 
cui  parlò  al  cap.  56  di  questo  secgndo  libro.    Ma  ivi  per  un   malfiguiato  erro- 
re   di  copista,  leggesi    Sin^in-Ju.  {  V.   not.  4iB).   E   la   delta   città  di  Schia- 
io- fu  ha  una  comunicazione  aquatica  per-  mezso  del  fiume  Ala^hou  con  Sui  tcheu^ 
quantunque  faccia  d'uopo  andare  contro  arqiia  ;    ma  ivi  come  appo  noi  si  lisal- 
gono  i  fiumi  r  olle  alzaie.  Anche  il  nostro  testo  tonrorda  cull-i  Lezione  Rariiusiuna, 
rammenta  cioè  la  navigazione  pel  fiume,  e  dice  che  poscia  si  giunge  a  Sindinfu^  di 
che  questo  Libro  parlo  ndrieto.  Ivi  iiifcitti  ne  fa  menzione  al  vap<  XGVf.  Ma  tn- 
rece  di   leggervisi   ripetuto  il  nome  di  Sindinfu  per  errore  dì  cipìa  leggesi  v>Vjr- 
dafu.  Dette  errale  lezioni  vengono  rettificate  dal  Testo  Riccariiàno  il  quale  in  am- 
beilue  i  luoghi  appella  quella  cittd    Sin  ^din-Ju,  Queste  erronee  1*  iioni   hanno 
fatto  perdere  ai  più  acuti  commentatori   del   Polo   il  filo  di  questa  pai  te  della 
sua  peregrinazione. 

38 


«94 

Gan  •  La  siia  moneta  è  di .  carta  ^  e  ii  loro;  vivere  e  mantenersi, 
consiste  in  mercanzie  :  sono  valenli  nell'  arme  •  E  in  capo  delle 
dodici  giornate  si  truova  la  città  di  Sidinfu ,  della  quale  abbiamo 
ìtrattato  di  sopra  ^  e  da  Sidinfu  per  venti  giornate ,  si  trova  Gingui, 
«  da  Gingui  ^'^  per  altre  quattro  giornate,  si  trova  la  cìtcii  di  Pa- 
zanfu,  la  qual  e  verso  mezzodì,  ed  è  della  p«x>vincia  del  Calajo  ri- 
tornando per  l'altra  parte  ^'^  della  provincia.  Le  cui  genti  adora- 
no gì'  idoli ,  e  fanno  abbruciare  i  corpi ,  quando  muoiono .  Vi 


•f 


Si$.  E  da  Gingui,  É  la  cJtU  detta  di  sopra  Giogui  (  V.Not.  597)  che  er- 
roneamente fu  dimostrato  esser  detta  Gouza  nel  Testo  Ramusiano  (Lib.II.c.aS). 
l^aie  assei^zione  vien  corroborata  anche  dal  Testo  da  noi  pubblicato:  »  di  capo 
1^  delle  dodici  giornale  é  Sin^n^Uj  dì  che  questo  libro  parlò  adrìeto:  di  capo 
y  di  queste  dodici  giornate  1*  uomo  cavalca  ben  settanta  giornate  »  (  credo  er- 
rato in  più  il  numero  delle  giornate)  »  per  terre  e  per  provincie»  di  che  ne 
»  parlò  questo  libro  adrieto:  di  capo  delle  settanta  giornate  l'uomo  trova  Cu- 
»  gni  ove  noi  fummo  ».  Ma  al  capo  88^  che  intende  qui  di  richiamare,  non  si 
legge  CmgiUj  ma  più  correttamente  Giogui^  che  dimostFamino  essere  Tm>4ckeiff 
nelle  cui  viciiuina^  si  aeparanci  due  rie  come  si  disse,  una  che  volge  verso  il  Se- 
tchtten,  e  il  Vun-nan^  V  altra  verso  le  provincie  di  Shan^ion  e  di  Kiang-nan  che  è 
quella  che  il  Polo  fece  più  volte  per  recarsi  a  Quinsai  e  nel  Fokien  come  avver- 
timmo nella  Dichiarazione  apposta  al  principio  di  questo  secondo  libro.  Queste 
4liie  ìòe  che  fanno  capo  vicino  a  S^^ickeu  sono  regnate  ne^  carta  particolare  del 
Pe^h^U  deU'  An ville  o  dei  Geauiti. 

519.  La  città  di  Pazanfu  che  è  verso  meziodh  ed  è  della  provincie  del  Ca^ 
tajo  tornando  dalV  altra  parte.  Siccome  il  Polo  descrisse  Camòalu,  e  la  vìa  che 
da  quella   dominante  conduce  a  Tso-tcheu  nella    relazione  del  suo   viaggio   per 
Carazan^  nel    trattare   adesso   dei  viaggi    che    fece   dalla   Capitale   del    Cat«ijo 
sino  al  Fokien f  non  ha  creduto  ripetere  ciò  eh'  ei  disse  di  sopra,  ed  è  perciò  che 
inconùncia  la  nuova  descrìzictte  dei  «uoi  viaggila  Tso-tùkeuj  en^ta  solo  che  di 
li  giungeai  a  P^zanfm  e  che  ^piesU  cittd  é  v«rao  B»$aa«di .  Ciò  «U^hiaia  che  im- 
prende a  dqacrivere  altro  viaggio;  ia  nuova  direùone.  ilofatt*  «el  temar  da Mi€n 
dioe^c^  «fOgMÌr  quella  di  lavante  «  di  greco  ,1  e  «qui  dice  chs  il  suo  r— imi  un  era 
vo^tp  a  mezzodì.  Per  espttaario  anche  più  .cfaìaraaseote  soggiunge  che  Eeaanfu 
A  città  del  CataJQ,   ritornando  per  T  altra  patte  deUa  pravincia.  il  non  avere 
avve^tUi  e  «beo  compreai  questi  leggieri  cenai  ha. «eoata  jaon  poca  oacumà  nette 
precerfenti  illustrazioni  del  Milione^  relatWaviaaM  a  quesla  parte  dei  Viaggi  del 
Polo.  La  città  di  Pazanfu  (  T.  O.  )  Caca/u  (  Cod.  Rice.  )   Cactfu^  soBhra  esser 
quelU  di  Pao-ting/u  del  P&^oke^lL    Alcune  eoiMiider«i»om  sembrano  co&fier- 
Joarlf» .  'QMesta  grande  e  |Hiq>olQ0^  città  è  la.  aecandft  della  provincia  :  ha  venti 
.Qiaà  ^Mbajlterae,  la  bagnali  fiume  «Su,  e  ai  tempi  del  Polo  appellavaai  Pao  tchew 
fit9  Qbe  ae  si  rifletta  al  modo  in  cui  acriveva  il  viaggialope  i  nomi  gcogrintcl  Ci- 
.na^j^isi  ravviserà  da  che  Pas>4cheU'fu  un  poco  alterato  puòeasece  derivato  i)  nome 
dato  a  questa  citti  dal  Polo  di  Pauwfu^  o  Pau(fu,.  L'attuale  l'ebbe  dalla  di] 
di  Taiming  (  Mart.  Atl.  Sin.  p.  40.) 


ago 

sono  anco  certi  Cristiani ,  che  hanno  una  Chiesa ,  e  sono  sotto 
il  dominio  del  Gran  Cau  y  e  spendono  le  monete  di  carta .  Vivo* 
no  di  mercanzie  ^  e  arti^  e  hanno  seta  in  abbondanza,  e  fanno 
panni  d' oro ,  e  di  seta  ,  e  veli  soititissimi .  Ha  questa  città  molte 
città,  e  castella  sotto  di  se.  Per  qiiella  passa  un  gran  fiume,  per 
il  cpale  si  poru  gran  mercanzie  alla  città  di  Cambalù ,  perchè 
eoa  Bk(Àd  alvei  e  fosse  lo  lànno  scorrere  fino  alla  detta  citta.  Ma 
al  presente  partiremo  di  qui,  e  per  tre  giornate  procedendo  trat- 
teremo d' una  città  detta  Ci^lù  • 

C  A  P.    U 

Della  città  di  Cianglù . 

Cianglù  **®  è  una  gran  città  verso  mezzodì ,  della  provincia 
del  Catajo ,  suddita  al  Gran  Can ,  le  cui  genti  adorano  gì'  ìdoli, 
e  fanno  abbruciare  i  corpi  molti.  Spendono  le  monete  di  carta 
del  Gran  Can.  In  questa,  città,  e  distretto  fanno  grandissima  quan- 
tità dì  sale  ^'  in  questo  modo .  Hanno  una  sorte  di  terra  salma- 
stra^ della  quale  ne  fanno  gran  monti ,.  e  gettatili  sopita  dell'acqua, 
la  quale  ricevuta  la  salsedine,  per  virtù  della  terra,  discorre  di  sot^ 
to,  e  raccdgonla  per  condotti ,  e  dopo  la  mettono  in  padelle  spa- 
ziose e  larghe,  non  alte  più  di  quattro  dita,  facetìdola  bollire 
molto  bene ,  e  poiché  eli'  ha  bollito  quanto  li  pare ,  congela  in 
sale,  ed  è  belb^  e  bianco,  e  si  porta  liiori  in  molti  paesi,  e  quel- 
le genti  ne  fanno  gran  guadagno,  e  il  Gran  Can  ne  riceve  grande 
entrata ,  e  utilità .  Nascono  in  questa  contrada  persiche  molto 
buone  e  sapoiite ,  di  tanta  grandezza,  che  pesano  due  libbre 
r  una  alia  sottile  ^^^  •  Hor  lasciando  questa  città  diremo  d' un  al- 
tra detta  Ciangli. 


520.  Cianglu.  Questa  CTtti,  che  sccontfo  if  Polo  i  distante  tre  giornate  dà 
Pazan/uf  sembra  essere  quella  di  Moaa^tchin^  che  dipende  da  Pao-lcheu,  ch^  an* 
Reamente  appellavasi  Vcng  lo  (  Htst.  Geo.  de  la  Chin.  t.  xic.  p.  20.  ) 

59.  t.  Quantità  iti  Saie.  Fra  gfi  altri  tributi  il  Pet-chè-U  paga  quello  di  180^870. 
pesi  di  Saie.  Ciascun  peso  o  Sahna  è  di  124.  libbre  (Muri.  Atl.  p.  35.  ) 

&22.  Due  libb^  tana  alia  sottile.  Nella  pratica  della  mercatura  di  Francesco 
BaMucci  P<-golottt  è  detto:  »  in  Vinegia  si  ha  due  libbre,  cioè  libbra  grossa, e 
9  libbra  sottile:  e  le  libbre  cento  grosse  sono  libbre  i58  sottili.  E  litjbre  400  sottiU 
»  sono  una  iu  canea  a  Vinegia  t  (  J>elta  decima  e  altre  gravezze  '(•  IIL  p*  1^4  )• 


GAP;    LI. 

Della  città  di  Clangli . 

GiaDgli  ^^^  è  aQa  città  nel  Gatajo  verso  mezzodì, ^suddita  al 
Gran  Gan.  Sono  idolatri,  e  hanno  la  moneta  di  carta  :  ed  è  disco« 
sta  da  Gianglù  per  cinque  giornate,  nel  canmiino  delle  qnali  si 
truovano  molte  città ,  e  castella,  soggette  al  Gran  Gan ,  e  sono 
molto  mercantesche,  delle  quali  il  Gran  Gan  ne  conseguisce 
grand'  entrata .  Passa  per  mezzo  della  città  di  Gangli  un  largo , 
e  profondo  fiume ,  per  il  quale  portano  molte  mercanzie  di  seta, 
spezie,  e  molte  altre  cose  di  grande  valuta.  Or  lasciaremo  Gian- 
gli ,  e  narreremo  d' un'  altra  città  detta  Tudinfu  • 

GAP.    LIL 

Della  città  di  Tudinfu.      .  . 

Quando  si  parte  da  Giangli  camminando  verso  mezzodì  sei 
giornate  di  continuo,  si  truovano  città,  e  castella  di  gran  valore 
e  nobiltà,  e  le  genti  adorano  gl'idoli.  Abbruciano  i  loro  corpi. 
Sono  soggetti  al  .Gran  Gan  ^  e  le  loro  monete  sono  di  carta .  Vi- 
vono di  mercanzie,  e  arti,  e  hanno  abbondanza  di .  vettovaglie , 
e  io  capo  di  dette  sei  giornate ,  si  trova  una  città ,  qual  fu  già 
nn  regno  nobile  ,  e  grande ,  detto  Tudinfii  ^^ ,  ma-  il  Gran  Can 
la  soggiogò  al  suo  dominio  per  forza  d'armi»  È  molto  dilettevole 
per  li  giardini,  che  vi  sono  intorno,  che  pixxiucono  belli,  e 
buoni   frutti.    Fanno  seta   in  grand'  abbondanza.   Ha  sotto   la 


525.  Clangli,  sì  riconOAce  chiaramente  essere  Y-tcheu  dei  Dipartimento  di 
Pofhting  che  anticameole  avca  nome  Tchangli  (  Hist.  ^cn.  de  la  Chin,  t  XH. 
pag.    21  ). 

524.  Tundinfu^  come  lo  avverte  il  Marsden  (n. 91 5  e 920)  si  riconosce  es* 
sere  la  città  di  Tsi-^nan-fu  della  provincia  di  Changtqng»  Detta  città  era  la  ca- 
pitale dei  principi  tributar]  di  Tsi,  e  perciò  avverte  il  Polo  che  fu  già  un  re- 
gno nobile  (  Hist.  Geo.  de  la  Chin.  t,  XII.  p.  5i  J,  E'  detta  Tsi-nan  perchè  è  a 
mezzodì  del  fiume  Tsi.  Dipendono  da  quesU  città  altre,  trenta.  Ma  ciò  che  con- 
ferma che  Tu'dinfu  é  Tsi^nan-Ju  é  il  racconto  posteriore  del  Polo.  TU-nanrfu 
LaU  56.'»  44*.  Long.  Oricnt.  da  Pek.  o.®  Sg*.  (  Du  Halde) 


sua  gtarisdizione  undici  città  imperiali ,  cioè  nobili  e  grandi  per 
esser  città  di  gran  traffichi  di  mercanzie  ^  e  di  gran  copia  di  seta, 
e  soleva  avere  re  avanti  eh'  ella  fosse  sottoposta  al  Gran  Can , 
quale  nel  127!)^'^  mandò  al  govèrno  delfó  cio^ ,  e  a  guardia  del 
paese  un  suo  barone  nominato  Lucansor  ^^  capitano  d' ottanta- 
mila cavalli .  Costui  vedendosi  con  tanta' geme ^  e  in  co^: ricco,  e 
abbondante  paese,  insu{>erbito ,  deliberò  di  ribellarsi  al  $120  si* 
gnore,  e  parlato  t^he  ebbe  con  gli  primi'^della!  detta  città  ^  li  per- 
suase ad  assentire  a  questo  suo  mal  voLere ,  ^  col.  mezzo  di  detti, 
fece  ribellare  tutti  1  popoli  ddle  città ,  ^  e  casteliA  ^ottc^oste  a 
quella  provincia.  Il  Gran  Can: inteso  che  ebbètjué^tot^adimen-* 
to,  mandò  subita  due  suoi  baroni,,  de'  quaU  iui'<^a  chiaiuato 
Angui,  r  altro  Moagaui  ^^'^^  con  oentoniila  peiTSone^  {jucansor 
inteso  eh'  ebbe  questo  esercito,  che  gli  veniva  coi^tre,  si  sforzò 
di  ragunare  non  minor  numero  delle  genti  de'  sopraddetti ,  e 
quanto  più  presto  fu  possibile  yenne  alle  mapi:cpn  lorp.,.e!  con 
grande  uccisione  dell'una  parte,^  deiraltra.,  fn  fiaalnieóte. morto 
Lucansor:  la  qnal  cosa  veduta  dall'oste  ^o,  si  rpisero  a  fuggire , 
e  seguitandoli  i  Tartari,  molli  ne  furono  morti  ^  molti  prèsi,  quali 
menati  alla  presenza  del  Gran  Can ,  tutti  i  pFiuoipali  fece  mori- 
re .  Agli  altri  perdonò ,  e  tolsegU  alli  servizi  suoi ,  e  sèmpre  li 
furono  fedeli . 


525.  Nel  127^.  Il  fatto  che  narra  il  nostro'  viaggiato^  accadde  secondo  le 
atorie  Cinesi  nei  ia6a.  Le  date  sono  di  sovente  sbagliate  nei  Testi  del  Milione: 
quello  della  Crusca  porta  f  anao  1273.  (  Hist.  Gen.  de  la  Chin.  t.  IX  p.  298.  )  Con- 
cordano pienamente  nei  particolari  del  fatto  il  Polo  e  le  Storie  Cinesi. 

526.  Irfi^onior.,  Sembra  che  c«ai  fosse  appellato  dai  TarUri,  il  personaggio  det- 
to Li'tan  nelle  Storie  Cinesi  che  erasi  impadronito  di  Tsi-^nan  e  di  Tsin*teketffu> 

527.  Angui,  taitrQ  Mongatai.  Nelle  Storie  Cinesi  è  detto  il  primo  il  Princi- 
pe Apitohi,  il  secondo  il  Generale  Sse-tim-tche.  Fra  le  tante  prove  che  la  Le- 
zione Ramusiana  fu  ritoccatala!  Polo%  una  fortissima  ne  somministra  questo  ca- 
po .  Mentre  chi  fuor  di  lui  avrebbe  potuto  nella  relazione  del  fatto  aggiungete 
i  numi  propri  dei  principali  personaggi,  che  non  si  leggono,  né  nel  Testo  della 
Crusca  >  né  in  quello  di  Fra  Pipino  l 


ig8 

'  I 

c  A  p.  un. 

*  • 

Della  città  di  Singuimàtù 


•    f 


iiOl 


Da  TudinitL  c^mminmAo  sette  gìorhafe  versò  mezeodl,  si  tro* 
ràn  tempre  città  e  castella  nobili,  e  grandi^  di  molte  mercan- 
zie ^  e  arti .  Sono  idolatri ,  e  sottojMsd  al  Gran  Gan ,  e  hanno  di* 
verse  dacciagioni  di  béstie  e  uccèlii ,  e  abbondanza  di  tutte  le 
cose,  0  in  capo  di  sette  giom&te/si  trovia  la  città  di  Singuimà- 
tù ^,  dentro  jdelb  qnale,  dalla  banda  di  mezzodì,  {lassa  an 
fiume  grande  e  profondo,  quale  dagli  abitanti  è  statò  diviso  in 
due  pani  53*.,  ui>ai  delle  quali  che  scorre  aMà  voha  di  levante, 
tende  versò  41  Ciàtèijo ,  e  T  aki'a ,  che  va  verso  ponente  alla  pro- 
vincia di  Mangi  ;  ìn  questo  fiume  vi  navigano  tanto  numero  di 
navil),  che 'è  qtìasi  incredibile ,  e  si  portafao  da  queste  due  Pro- 
vincie, cioè  daiit^  uba  air  altra  ,  tutte  le  cose  necessarie .  Onde  è 
cosa  maravigliosa  a  vedere  la  moltitudine  di  havilj,  è  la  gran- 
dezza r  di  quelli  che  <!ontinuanrìente  navigano  carichi  di  tutte  le 
mercanzie  di  gràndissihià  Vallila.  Oi*  partendosi  da  Singuimatu, 
e  andando  verso  mezzodì  sedici  giornate,  continuamente  si  trova- 


528.  Singuimatu  (  T.  O.  )  Sìngui  (  Cod.  Pucc.  )  Sigkui.  La  voce  meiiu  é  ag- 
giuinta  chn  Gnesc  ai  nomi  di<  vari  hioghi,  e  sigàiika  empom  di  traffico  fango 
UA  ftunit.  w  MatiOUj  ou  4i«yx  de  «ommeroé  etdhlis  aur  les  rivrère»  pocir  la  rom-> 
»  nuiditè  dbe»  negotim»^  et  fa  lev-^e'dtfs  droit»  de  VtLntptif^nt  (  Oif  Hald.  1 1. 
p.  1 37  ).  Cuii  i  Cioen  agg!un{!#rjè  ai  noftì»  propri  delie  citÈà  le  ym  hien ,  tcheu 
e /u  par  d»aBMtfBra«l'>iiiip«rtd»flii'<  Dice  uno  ^littore  Ciaese  :  1^  cinque  Xnì  0 
»  enee  lattno  •»  Lin-k  Cinque  Un  o  vtenticmque  ea5e  un  Lr.  Quattro  Ljr  0 
p  cento  cose  un  Tsél  Cmqaìe  Tso  e  'cin<qu^cent<^  «lae  un  Ttneu  ».  (De  Guign. 
Diction.  Chin.  Ptef.  p.  kxii.  )  •      ' 

5191  Si  itt^a  imtikeèdi  Singuimàeu.  Come  dttnostmnihid  In  altra  luogo  Sin' 
guimMù,  è  la  «lite  di  IM^sm  tchim  della  provkicia  df  Chwìg  tong  (  1. 1.  p*.  137  n.  ) 
Mm.  arvì  AyMÀo>  alcwi»  luttavia  che  da  Tii^nan  per  cecarsi  a  T<an*K3ng^  e  a 
Quinsai  convenga  retrocedere  passando  per  Lin^tùn-téh&u\  Ma  ff  Polo,  come  aly 
biamo  altrove  avvertito^  ebbe  varie  occasioni  di  visitare  quelle  provinciet  laiche 
può  essere  avvenuto  che  in  diversi  viaggi  visitasse  quelle  città  f  ma  che  qui  ne 
facesse  special  menzione  perché  ivi  ha  princìpio  il  tamoso  Canale  Imperiale  che 
in  quel  luogo  si  unisce  al  tìuine  Uei^o  (  Hist.  Gen.  de  la  Ghin.  t.  XH.  p.  55.) 
Lin-tsing-tcheu  Lat.  36.o  57'.  Long.  Occid.  da  Pek.  o.«  SV.  (Du  Hald.) 

55o.  Fiume  diviso  in  due  parti.  Intende  il  rammentato  famoso  Canale  loir 
penale,  opera  magnifica  di  Cuklai  Can  (  v.  t.  i.  p.  127.  ) 


DO  città  e  castaidi ',  nelle  qiiuiU.  vi  wAo  ^rao  wfFCaitti  :  «  tutte  le 
geoti  di  4]aesie  «0Dtrad&  ■.  «oooi  ,i4QUtri .  fiotu>})OMÌ .  al  ikap  :  Gul    . 

C  A:P.     UV«  .  .    ,  . 

«  I*'  '  '**■* 

.   Del  gicai^  fiume  detto  Caramoran  ^  e  delle  <:ittà  'di  Cai-^ 

gànzuj^e  di  Quanzu.  ^^'.» 
•   .•  •   .  .  .    ^  .,  • 

Compiute  ;le  dette  sedici  ^oraate  ai  trdva  di  jmovo  il  gran 
fiu«iQ  Caramoran  *^^ ,  che  scorre  daUb  t^rrp  del  Rb.  Umcan  no- 
iDiitoto  di  sopra  il  prete  Gianoi  di  traniQQtaoà  ^^\  quale  è  molto 
profondo,  che  vi  può  andare  liberamente,  navi.^andi,  con 
tutti  i  suoi  carichi.  Si  pigliano  in  quello  molti  pesci  grandi,  e 


55 1.  Fra  <piesto  e  il  seguente  capo  nel  Testo  di  Grufai  «  nell'altro  in  Francese 
•h*^  nella  Biblioteca  lieale  di  Fr^nci^^  segnato  di  ^.^7^67  che  <jla  ora  in  pgiaarà  in- 
dicato c^oU'abbreviatur^  (Cod.Paris)  prima  di  giungjere  al  fiume  Caramuren  o  Hoang^ 
ho  parla  delle  degi^enti  città  intermedie  :  di  Ungui  {  Cod  Paris  )  Ligui  che  (dicf 
distante  dieci  giornate  da  Singui  che  dimostrammo  essere  Lin-tsin-tcheus  |n(fi 
di  Pingui y  (CodL  Paris  )  Pangiu  distante  tre  giornate  da  Zi/i^i/i.  Di  una  citt4. 
più  luBgi  due  giornate  detta  Cigni  (  Cod.  Paris  )  Cingiup  e  che  dopo  tre  gior- 
nate trovasi  il  fiume  Caramera  o  Caramuren  (  Y,  1. 1.  p.  128),  e  cosiputate  in- 
sieme dette  distanze  danno  le  sedici  giprnat;e  che  secondo  la  Lezione  Ilamu- 
aiana  é  distante  Singuimatu-  dal  fiume  predetto.  Pare  che  nel  ritoccare  il  Mi* 
Lione  il  Polo  sopprimesse  la  magra  descrizione  di  questi  luoghi,  che  leggesi  negli  an« 
ti  chi  Testi,  e  che  non  si  vedono  accennati  nemmeno  nella  Versione  JPipiniana  del 
Milione.  Seaibra  che  Pingui  sia  la  città  (4i  Pi-tcheu  della  provincia  di  TTche  - 
Kiang  che  era  sul  suo  cammino.  La.  carta .  particolare  della  provincia  non  da 
lume  veruno  per  discuoprire  a  quali  delle  moderne  citta^  «corrispondalo  le  due 
di  Léingui  e  di  Cingui .  Ma  Cigni  potrebbe  essere  Tcng-hien  che  ha  avu^  il 
nome  di  C'u^-Aim^che  è  sotto  la  giurisdizione  di  Fcf/i-«cAeu-/ìi  della  provincii^ 
di  Chan-tong  che  sembra  essere  il  luogif  che  nella  carta  particolare  della  prò* 
vincia  dal  P«  Martini   é  segnato  Cinfiho  vicino  al  fiume  Hoaag-»k(^' 

55i2.  Caramoran»  Non  può  esservi  dnbbio  intorno  al  pgtsto  ove  il  Polo  tra* 
versò  il  CMtamuren  o  VHoang-hQ,  £i  lo  passò  nel  punto  ove  imbocca  in  esso 
U  Canale  Imperiale  iufacciaa  Hoai^-gan-fu,  Infatti' ei  dice  che  il  ^Mfne  ha  un 
miglio  di  lunghezza  ed  é  molto  profondo.  Anche  1* Ambasciata  Inglese  che  viaggiò 
pei  Canale  Imperiale  lo  passò  ivi.  Lo  Staunton  dice,  che  il  fiume  io  quel  luogo, 
ha.  un  miglio»  di  lunghezza,  e  che  di  li .  all' imboccatura  del  fiume  sonovi  set* 
toAta  miglia  (  Ambas.  i.  lY.  p.  i2(i  )^ 

53}.  Che  scorre  dalle  terre  del  re  Vmcan  nominato  di  fopra  U  prete  Gian» 
ni  di  tramontana .  Il  Testo  della  Crusca  dice  che  il  Caramtirea  )^  viene  dalla 
#  terra  d^  Presso  Giovanni  »  Yedasi  intorno  al  corso  del  detto  fiume  (No^ 
D.«  4*^6). 


ia  gran  copia»  la  «  questo  ^fitune*  appresso  al  mare  Oceano  una 
giornata  ,  si  trovano  da  quindicinMa  navilj  ^^ ,  che  portano  cia- 
scuno di  loro  quindici  cavalli,  e  venti  uomini,  oltre  la  vetto- 
vaglia ,  e  li  marinari  che  li  governano  ^  e  questi  tiene  il  Gran 
Gan ,  acciocché  li  siano  apparecchiati  per  portare  un  esercito  ad 
alcuna  dell'isole,  che  sono  nel  mare  Oceano,  quando,  si  ribellas- 
sero, ovvero  in  qualche  region  remota  e  lontana:  e  dove  delti 
navilj  si  serban*  appresso  la  ripa  del  fìume ,  v'  è  una  città  detta 
GQÌganzu  ^^^ ,  e  dall'  altra  banda  a  riscontro  di  questa ,  ve  n^  è 
altra  detta  Quanzu  ,  ma  una  è  grande ,  e  V  altra  piccola  •  Pas- 
sato detto  fìume  s' entra  nella  nobilissima  provincia  di  Mangi.  £ 
non  crediate,  che  abbiamo  trattato  per  ordine  di  tutta  la  pro- 
vincia del  Gatajo,  anzi  non  ho  detto  la  ventesima  parte^  peroo- 


534  •  Quindicimila  navilj.  Il  numero  di  tante  navi  riunite  in  un  S'^l  luo» 
go  parve  a  taluno  esagerato,  per  quanto  immenso  sia  il  traffico  della  Cina.  Nel 
Testo  della  Crusca  leggesi  :  t  egli  ha  in  questo  fìume  bene  quìn-i'cìmila  navi  » 
(t.  l.  p.  129).  E  secondo  detta  lezione  fa  cosa  è  credibile,  mentre  lunghissimo 
è  il  corso  del  fiume,  e  pel  trasporto  delle  merci,  e  delle  gravezze  in  natura 
chele  Provincie  pagano  all'I  mpcradore  occorrono  ìnoltissi  me  barche,  che  aU'oc- 
casione  delle  sue  imprese  Cuoiai -Can  avr«4  insieme  riunite.  Giustifìca  il  Polo  ciò 
che  dice  il  P.  Martini  nel  descrivere  questa  provincia.  »  Ce  n'est  pas  sans  rai^on, 
i>  que  j'apprehendc  moi-méme,  que  ceux  qui  ne  font  pas  vu,  fassent  difficulté 

»  de  se  le   persuader,   et  d' y    ajouter  fui et  ai   souvent  «lit,  qu' il  scmU -It 

3»  que  tMuts  ies  navires  da    min.le,  si   on  en  considere  le  nombre  et  la  quantità 
»  abondoyent  dans  celte  province  ^  (  Atl.  Sin.  p.  ii5). 

555.  Coigamu  è  più  rettamente  Coi^gan-fu.  Leggesi  nel  Testo   Rircardiano  : 
»  Ubi  aulem  servantur  naves  iilae  in  flumtne;  duo  civitates  sunt,  quorum   una 
p  quae  magna  est,  posita  est  suf^er  crepidine  fluminis...  .Una  earum  dicitur  Coi" 
t  ^tf/i-^u»,' alia  Cafgui  i>.  Coiganfu  e  dall'essere   prossima  ali*  imboccatura  del 
fiume,  e  non  lungi  dalla  ripa,  si  ravvisa  essere  la  città  detta  oggidì   Hoai^an-- 
Ju  nella  provincia  di  Kiangninn,  e  il  Polo  ha  espressa  qui  pure  come   in   aliH 
nomi    l'aspirazione   della   prima   lettera    H  col  C.    Anche   il    M«gaillans  *con- 
ferma  che   Ooiganzn  é   Hoai  -  gan  ^  fu  (  p.  io).   I   P.  Martini  dice  rhe  Haigaa 
non  é   una  sola  città,  ma   che  è  composta  di   due,  chiuse  da  uno  stess<i  recin* 
to  di   mura,  come  avverte  il  nostro   viggiatofe.  Qaella  che*  a  mezzodì  è  detta 
propriamente  //odi^a/i,  1*  altra  che  è  a  tramontana  Ven-chingy  che  sembra  esser 
cpiella  detta  dal  nostro   Quanzu,  e  secondo  alira  Lezione   Cay'-guL  Secondo   il 
Martini  i  borghi  di  questa  citti  l' ingrandiscono  :  avvene'  uno  che  ha  presso  che 
una  lega  germanica  di    lunghezza  ,  lungo   le   due  rive  del  cnnale  che  imbocca 
TivW  Uoang'-ho  vi  é  tanto  popohv  e   tanta   abbondanza  d^ogni   ctisa ,  e   tal   nu- 
mero di  mercatanti  che  sarebber  bastr»voli  per  pan^cchte  città  (  Atl.  p.    126  ). 
Hoai .  ngan  ^fu  néda   provincia  di    Kiang-nan .  Lat.  35.®  52*  Loug.  Orient.   dia 
Pek.  a.*>  45.  '  (  l)u  Hald.  > 


3of 

che  M.  Marco  passando  per  la  detta  provincia ,  non  ha  descritto 
se  non  crnelle  città  y  che  ha  trovato  sopra  il  camino ,  lasciando 
quelle ,  che  sono  per  i  laii ,  e  per  il  mezzo  ,  perchè  saria  stato 
cosa  troppo  lunga  e  rincrescevole .  Però  lasciando  il  dire  di 
questo  cominceremo  a  trattare  prima  dell'  acquisto  fatto  della 
provincia  di  Mangi,  e  sue  ciAà,  la  cui  magnincenza  e  ricchez- 
za mostrerassi  neL  seguente  parlare . 

GAP.  LV. 

D^lla  nobilissima  provincia  di  Mangi ,  e  come  il  Gran 

Can  la  soggiogò. 

La   provincia  di  Mangi  è  la  più  nobile,  e  più  ricca  che 
«i  trovi  in  tutto  il  Levante ,  e  nel   1:269  ^  ^^^  ^^  signore  ^^ 


536.   F'i  era  un  jt^fnoiv .  Regnavano  nella  Cina  Meridionale  a  tempo  dei 
Mogoilì  i  Song^  Quella  dinastia  dovè  il  ano  inalzamento  a  un  Colao  o  miniatro  di 
stato  dell' Imperadore  Koag'4i  della  dinastia   di  Heu^tcheu.  Qutsto  Imperadore 
Ibiscìò  an  figlio  ed  erede  del  ttx>no  in  bussa  età,  e  ne  affidò  la  tutela  al  C  olao. 
Questi   o  per  segrete  pratiche,  o  per  volere  dei  grandi  7  come  dicono  le  Storie 
Cinesi^  fn  proclamato  imperadore,  e  fu  escluso  dal  «trono  il  legittimo    prìncipe # 
Il  nuovo  monarca  aaaunse  il  nome  di  Tai-tfu  (An.diG.C.960).  Diciotto  furono  gl'lm- 
peradorì  di  questa  dinastia  che  signoreggiò  parte  della  Ghia  per  319  anni.  Foco 
infianzi   tali  vicende* i   Kiiani  che  abitavano  la    parte  orienUtle  della   Tartaria, 
e    che  perciò  furono   anche  detti  Tartari  Orientali,  sotto  la  guida  di   A^pao^ki 
(  annodi  G.  ii»  926  )  ridussero  ad  obbedienza  gran  parte  della  Tartaiia ,  e  con* 
quistarono   non  poche  città  della  Gina,  e  stabilirono  la  loro  residenza  a  Ven-iu 
che  cosi  appellavQsi  anticamente  la  città   di  Pekino  (  HistGen.de  la*  Ghin.t. IX. 
p.    280).    Avendo  distesa  la  loro  dominazione  su  vasta  parte  dtlla  Cina  set«* 
tentrìonale  ,  la   dinastia  che  regnava  su  quelle  genti   prende  il  nome  di  Leao, 
ma  i  Tartari  continuarono  ad  appellate  Kitan^  u  Kata  quei  popoli .  I  loro  mo- 
narchi si  dichiararono  Imperadori ,  ed  obbligdirono  i   6ong  a  riconoscersi  loro 
tributar).  Allora  la  Gina  fu  divisa  in  due  Imperi  :  la  capitale  dei  Kitan  fu  detta 
Corte    Settentrionale,  quella  dei   Song  Gurte    Meridionale,   ma  quei   feroci  con- 
quiatatorì  s'  ammollirono  fra  gli  agi  e  le  delizie  Ginesi.  Nel  1 1  ^4  O'ko*ta  capo 
d'una   tribù  Tartarica   detta  I^iutché^  si  ribellò  dai  Kittuèi^  e  istigato  dai  Song 
£^ce    loro  asprìssima  gueira,  funesta  ad  essi,  poiché  furono  spogliati  della  signoria 
della  Tartaria  ,  e  della  Gina  Settentrionale  (  Dcgmg.  1. 1.  2o5  ).  Bieve  fu  V  esultan- 
za dei  Song  nel  veder  spenti  i  loro  crudeli  nemici  i  KUani.   1  Principi  dei   l\iutche 
vincitori   dichiara  ronsi   Imperadori,   e   di  crono  alla   loro  dinastia  il  nome  di  Kin 
cHe  significa  aurea,  e  riuscirono  ad  ampliare  le  conquiste  che  sui  Song  avevano 
Attte^  i  Kiiani,  e  spogliurongli  di  tutto  ciò  che  possedevano  a  tramontuna  del 

•>9 


detto  Faofar  ^^7  ^  il  più  ricco  e  pia  potente  prìncipe ,  che  si  sa- 
pesse essere  stato,  già  centinara  d' anni  ^  ma  era  signor  pacifico  y 
e  uomo  che  faceva  grandi  elemosine  ^^^.  Né  credeva  ,  che  signor 


fiume   Kiang,   Vassalli  dei  Kin  erano  i  Mogolli.  I  Kin  ai  tempi  di  Temudgia 
(  che  cosi  come  avvertimmo  appellavasi  GengiS'Can  inoanzi  il  suo  ingraadimento) 
rollerò  esigere  da  questi  il  consueto  tributo,  ma  colui  che  era  incaricato  di 
collettario  macchinò  di  togliergli  la  vita .  Esso  non  obliò  1'  offesa ,  e  con  po- 
deroso esercito  marciò  contro  i  Kin  che  rimasero  soccombenti.  Prosegui  la  guer- 
ra con  maggior  fortuna  Óctai'Can.  Esso  assediò  T  Imperadore  GnaiU  in  Jurim 
^ng'f^i  il  quale  vedendo  ridotta  agli  estremi  la  città,  disperatamente  si  abbruciò 
nella   regal  sua  residenza,  e  cosi  ebbe  termine  la  dinastia  e  la  sovranità  dei 
Kiutche  (  an.  di  G.  G.  1254  )  (  Deguig.  1.  e.  p.  209  ).  Mangu  con  volle  estendere 
le  sue   conquiste,  attaccò  i  Song,  e  conquistò   il  Chtfn'Sif  e  il  Vun»nan.   I  Song 
deboli  9  imbelli  e  traditi  dai  loro  ministri  perfidi  e  misleali,  opposero   alle  armi 
dei  Mogolli  le  trattative.  Nel    1259  essi  fecero  un  trattato  con  Cublai'Can  cht 
era  distratto  da  una  ribellione  della  Tartarìa,  e  nondimeno  do?erono   ricooo- 
scersene  tributar),  e  pagare  T  annuo  tributo  di  dugento  mila  tael  in  danaro,  e 
dugentomila  pezze  di  seterìe ,  e   fu  stabilito  che  il  Kiang  sarebbe  confine  dei 
due  Imperi  (  Hist  Gen.  de  la  Chin.  t.  IX.  p.  281  ).  Quanto  unili  e  vili  nello  sti- 
pulare i  patti,  altrettanto  incoerenti    furono  posteriormente.  Mentre  tremava- 
no dell'  immenso  potere  dei  Mogolli,  non  si   astenfier»  dall*  offendere  CubUd^ 
osarono  perfino   imprigionare  un  suo  legato,  talché  sforaMK»  parve  nel   1261  di 
dichiarar  loro  la  guerra*  (  ibid.  p.  295  )•  Ma  alcune  altre  guerre  in  cui  era  irn* 
pennato  differirono  i  suoi*  progetti  ostili  contro  ì  Song  fino  al  ifi68.  Ailora  ai* 
sedid  Siang-^jrtmg  e  Fatching^  e  questo  assedio  è  smo  dei  più  meoMirabìli  di  cai 
/àccìano  oienzione  le  Storie  Cinesi  •   Aegnava  sulla  Citta  Meddionale    Tìt4song 
servo  del  suo  miaistro  Kiamsse-iaOf  «uomo  perfido   che  la  sorte  dell'  Impero  sa- 
crificava per  appagane  le  sue  sfrenate  cnpiditià  .  La  città  di  Fatéhmg  (a  su- 
perata dai  MogoUi  dopo  <pattro  anni  d'assedio,  dopo  cinque  capitolò  Sjrang^ 
rtf'^  .( Anna 273).  (Dìstmito^uelltantenmrale  dell'Impero >dei  ii^on^,  risolse  Cmbiai 
di  farne  l'inltera  conquista.  Questo  Impetro  è  quello  che  il  Polo  appella  dei  Aten- 
ei por  le  iasioni  in  altro  luogo   notate  (t.  I.  p.  129  n.)  .  Le  vicende  fdl  questa 
guerra  daranno  atiarrate  nel  seguito  di  questo  commentario. 

537.  Fanfur^  L' Herbelot  (  Art.  Fagfour  }  dioe:  »  titre  et  svmom  dea  rois 
»  de  la  Chine,  que  Ics  historiens  de  Perse  disenit  avoir  été  donne  par  FeridouHt 
»  roi  de  la  premiere  djmastie  de  Perse  ^  à  son  tfils  nommé  Tour  ,  lorsqu'  il 
y  lui  abandonna  le  gouvernémeut  des  pays  du  Turquestan,  et  de  la  Chine  #• 
Osserva  poi  che  da  questo  nome  deriva  quello  di  Fag^furi  dato  in  levante  alla  por- 
cellana,  ed  anche  in  Russia  si  appella  Fagfwri  .  Il  Rcnaudot  avverte  che  gli  Aralù 
appellano  Tlmperador  della  Cina  Fagfur  Baghun  (  p.xxix  )  che  secondo  i  più  antichi 
scnt Lori  significa  figlio  del  Cielo  (  ibid.  p.  1A6).  Lo  appellano  i  Turchi  Fug/imr* 
Secondo  Abulfeda  Jan^gUf  che  sembra  una  corruzione  di  Hang^ckeu  era  la  re<- 
sidenza  del  Fagfur  o  Imperadore  della  Cina. 

558.  Grandi  elemosine.  L' Imperudore  che  regnava  nel   1269  era  Tu-isong, 
Secondo  il  Polo  tru  principe  imbelie,  voluttuoso,  ma  umunissimo  e  giusto*  Se- 


3o3 

del  mondo  li  potesse  nuocere ,  per  V  amore  ^  che  li  portavano  i 
po|x>li,  e  per  la  fortezza  del  paese  circoadato  da  grandissimi 
tiumi  •  Dal  che  procede ,  che  il  detto  non  s' esercitò  nelle  ar« 
mi  9  nemmeno  volse ,  che  li  suoi  pòpoli  vi  si  esercitassero .  Le 
città  del  suo  regno  erano  fortissime,  perchè  ciascuna  avea  in* 
torno  una  fossa  profonda  e  larga ,  quaato  poteva  tirare  un  ar- 
co, piena  d'acqua:  né  teneva  cavalli  a  suo  soldo,  non  avendo 
paura  di  alcuno  •  Né  ad  altro  era  rivolto  T  animo  del  re  e  tutti 
i  suoi  pensieri ,  se  non  a  darsi  buon  tempo ,  e  star  di  continuo 
in  piaceri .  Avea  neib  sua  corte ,  e  a'  «noi  servizj ,  circa  mille 
bellissime  giovani ,  con  le  quali  si  vivea  in  grandissime  delizie  • 
Amava  la  pace,  e  manteneva  la  giustizia  severamente,  e  non 
voleva,  che  ad  alcuno  fosse  fatto  un  minimo  torto,  né  che  aU 
cuno  offendesse  il  prossimo ,  (perchè  il  re  li  faceva  punire  senza 
alcun  riguardo.  Ed  era  tanta  la  fama  della  sua  giustizia ,  che  al- 
cune fiate  le  persone  si  dimenticavano  le  loro  botteghe  aperte 
piene  di  mercanzie ,  e  nondimeno  non  v'  era  alcuno,  che  ardisse 
d*  entrarvi  dentilo ,  o  levarli  cosa  .  Tutti  i  viandanti  di  giorno  e 
di  notte  potevano  andare  liberi,  e  sicuramente  per  tutto  il  regno  ^ 
senza  paura  d'alcuno.  Era  pietoso,  e  misericordioso  verso  po- 
veri e  bisognosi  •  Ogni  anno  faceva  raccogliere  ventimila  bam- 
bini ^^,  che  dalle  madri  povere  erano  esposti  per  non  poterli 
far  le  spese .  £  questi  fanciulli  faceva  allevare ,  e  come  erano 
grandi ,  li  faceva  mettere  a  far  qualche  arte ,  ovvero  li  marita* 
va  con  le  fanciulle  che  similmente  avea  fatto  allevare . 

Or  Gublai  Can  signor  de*  Tartari  di  contraria  natura  era 
del  re  Fanfur ,  perciò  di  qìuu*  altra  cosa  si  dilettava ,  che  di 
guerre ,  e  conquistar  paesi ,  e  farsi  gran  signore .  Costui  dopo 
grandissime  conquiste  di  molte  provincie  e  regni ,  deliberò  di 
conquistar  la  provincia  di  Mangi ,  e  messo  insieme  gran  sforzo 


condo    le  Storie  Cingili  fu  priiu:ipe  dedito  ti   vino  «  alle  femmine  .  Ei   mori 

di    trentacinque   anni  nel  1274.  Fu   interamente  auUo  nel  governare  »  e   sdùavo 

del   perfido  mìniatro  Kia-ss^^ao  uno  dei  ^grandi  ajlefici   ddla  rovina  d  i^'impe- 

ro.   11  MiÌ4Matro  £e«e   elrggei«  ««une  aooceoAore  ooii  il  primog«>nùto   deJ  di-iuitto^ 

ma    il    secunJogenìto  ancor  fanciullo,  e  4a  inadM  di  esso  iieggente  dell'I inperop 

Ofide    #otAo  ^lelle   imbelii   autorità  mantenerai    signore  detto  Stato  (flst.  de  la 

Ohin.  p*  5S6  ).  Il  Pn^Jo  pone  f  incorni nriamento  deUa  guerra  nei  1^691  perchè  6è. 

rotta  M  qned'  anno  col  memorabile  aaaedio  di  Xr^^^ir"*^* 

559*  Bmccogiiere  ventimila  bamùini  {  V.  t.  I.p.  i3i  n.  ) 


3o§ 

guanto  è  un  grosso  veneziano  si  ha  tre  buoni  £igiani ,  i  quali  éSh 
no  grossi  oojue  pavoni . 

GAP.  UX* 


•  »  •       k 


'Della  città  di  Tingui',  e  Cingili.     • 

II-  . 

)  ,        X  ,  .  »  .      I    •  •     • 

.  Partendo  ji  dallft  dell» ^  città  ^  e  cavs^ndo  per  ima  giorna- 
lai sempre  si  trova  casali  e  terre  lavorale^  e  dopo  una  città 
detta  Tiogoi ,  ^^  la  quale  non  è  moho  grande ,  ma  abbondante 
di  tutti  L  beni  necessari  ai  vivere  unoumo*.  Sonò  idolatri  ^  e  aot* 
toposti  al  Gran  Gan,  e  spendono  monéta  di  carta .  Sono  ìnerr 
canti ^  e  hanno  gran  copia  di  navilf,  aniniali  asui,  e  uccelli» 
La  qual  città  tende  verso  Scirocco  ^  e  dalla  sinistra  pane  vers6 
Levante ,  per  tre  giornate  alia  lunga  si  trova  il  mare  Oceano ,  e 
in  tutto  quello  spazio  vi  sono  molte  saline  ^^  ^  e  £i8si  gran  copia 
di  sale  •  Poi  si  trova  una  gran  citià  detu  Cingui  ^^,  la  quale  è 
nobile  ^  e  grande  ^  e«  di  questa  città  si  cava  grandissima  quan- 
tità di  sale^  e  fornisce  tutte  le  proviocie  vicine^  e  il  Gran 
Gan  ne  cava  grandissima  utilità  e  tributo ,  che  appena  si  potrìa 
credere.  Adorano  gì- idoli,  e  hanao  veneta  .di  carta,  e  sono 
sotto  il  dominio  del  Gran  Gan  •  . 


i5&  JX(|fit^(  God.  )PaH*  )  Tfgiu.  /Sembra  eisera  la  dltk  ii  Td'^dkfm  del  SH^ 
tàma  dipaitimeoto  della  ProvincU  di  Kimng-nmf  «oUo  U  aÌlttrìsdiùoii^«li,l^aMf* 
ieieu •  Ciò  comprovalo  la  ditUaza,  a  Ifi  poaisMoaa  pkn  Aa#e(oa il  P0I9  al  datlo.liio- 
fo  reapettiTameata  a  Pa^jnhien .  Mala  a  pippMailo  gialla  fitoria  Gaoarala.  dai 
vi^gi.  Sa  ci^tf^  iajail^.  di  Tsi^ffiang^ki^^  all'imboccatura  à^  Kiang  (t.  tu- 
I^  53a  )  rai-lc&fir.  Lai,  Sa."»  So/ iMg,  OiiapiL  da <f  aL  5,rak^ 

957.  Mi4$m  SoUm .  È  rioamati».  Ymng  uh^  par  la  aaKoSt  #.  V^  ^«^  traficf 
4Hfat.  GcD*  da  la  Ch|ii.i.  Xll.  p..S5.  ).U  tùmgr^^  P««  >»  ^aI>!^  J^^i^  V^ 
éà  aalc  (ItirtiLUp;  ii6.)         (.:..;, 

55&  angm.  Di  f  ut  afa  citli  non  rien  fatta  man^iana  nd  Taato  Qttia)^'  ai 
•aqpnif  ^^iMa  fra  te  «odana  ama c^ondapowis.       «   :    '^ 


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GAP,    LX,   . 

2)e//a  città  di  languidi  che  gwerhò  M.  M^co*  Polo.. 

Cainmioando  pel*  ^ciraqco  da  Gingiìi  si  iktwa  la  nobil  città 
di  laogui  ^^ ,  la  qual'  è  nobile,  e  ha  soito  di  se  ventisette  ciità^ 
e' per  qiiesto-èpcieiitissiaAa'^  ed  è  sotcoposta  al  'Graot  Gaft.  E 
in  questa  ciità  fe  reskienza  una  -de'  dódici; Baroni  avaaii  jmw^ 
nati,'  ckè  sono  governatori  deMet-provinde^:  eletti  per  il  Grran 
Gaa;^  Sono  idolatri <,  .e  vivono? di knercànaie ,  e  d'adi..  Famosi 
quivi  moliÈ  armi^  ie  arnesi  da.  baittag^ia!^  perocché  per  ìquelle 
contrade  rv'  àfaiianò^  gènti  4^  arme  lassai ,  e  Mi  JVf ^dco  *  Polo ,  di 
eemmissioae  diel  Gran*  Gian  >  n'*  fklàà  itìgovemo  «  tre  mm'  coatioat 
isi  loogo  d' oa. de' detti  Baroni';:  '     ^ 

f         '     *  #*t      ìk      TV  •  ir    "^r  T 

ri.  *''^  *  -Itr     Mià>  -  -XX  •^mT'^  •     i  MsM  -A-  ••  (    '     ■  •  I  % 

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,       Bella  pro^^ifHda  ^i  N^nghirè .  »,  » 


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«  .  V  ^.  Ka^gkin  ^è^dna'piKovincia.  v«rso  Ponente^  e&  è  di  quelle 
di   Mangi  molto  nobile,  e  grande i  Sono  idblairi^  e  (spendono 


vdte'iìAhtd.'  l^aUghOtom  «V«Va  ^i'«otel0i  del'  viaj^atdnì  ^W^^  »«»  ViftitMile  i(rH«* 
^' ;  %iai^  2M  ha  ^^^  abHhMd  CfCat.  Gtf n.  de  la  ^llfit.  t^.  lL\h  p.  S5.  )  V 'itdCaiinfc 
"IMpénàlèy^  ri'^i  fa  t%a<  Mriti>^i«lP«teM^  <e  (iHific}|plillii^rM  ^  »alè  (Utart.  I.  e. 
p.  126.')  'lià  ^tÀ  M"n<tené0^Mea0eiV»M[^tc^la^r^lo"$^ 
«Hme'é«MH^  ^  (ih-Mi^  <ft*éliiVf|.  Kbè^^K'lM^bfè^'d'Ma  %ltiP«^kllSI^:'*£ryt  vide 

haldo  fa  tuttora  due  milioni  d'abitanti  (t  i«  p..  i54.)  l»dli|^  Sl.^-^.*'fitto^  ^^rievft. 
8Jf**W.'  ff^rf 'Hdiij;  y '•  ••■1.^*1   ♦*^S'     ri  1/  I  .  i  .t---       '  *  ;>    •»  .'•.,'" 

56o.  Nanghin.  (  Cpd.  P^ris.)  Mt>iélbi*i»'.  Atl*  (^t^aiUniè  é^Hé^c^M^ttiaU'Itm 
dai  Tartari  Mandusi  delja  Cina^  la  loro  rabbia  ai  acaricò  priocìpalmente  eónlro 
questa  provincia,  ove.  risiedeva  la  Cineae  dinastia  dei  TTiioiiiif  »  ohe  atlorm 
rimase  spenta.  Tutti  confermano  che  questa  provincia  è  celebre,  estesa,  fertìlct  e 
mercantaie,  e  il  P*. Martini  1  appella  la  asconda  dell'Asia  superiore»  Alla  ProTÌn« 
ria  di  flankin  mutarono  nome  i  Maniciusi ,  e  dieronlc  quello  che  ha  oggidì  ^ 
Xiang^nan,  La  provincia  ha  un'immensa  quantità  di  tessitori  e  tessitrici  di  cotó- 
ne, e  di  seta.  £  le  sue  manifatture  sono  le  pii^  reputate  della  Cina.  (Mari.  AtL 
p.  ii5.)  NanMin  Lat  Sa.*"  4.'  Long,  Orìent.  daJBek  a.**  18.'  (  Du  Hald,  ] 


3ii 

oionéta  di  carta ,  ed  è  luogo  di  graa  mercanzie  •  Hanno  seta  ; 
4i  lavorano  pahoi  d' òtx),  e  di  seta  ip  gi'ao  qdaaiità  ,  é  di  molte 
matiiere  :  è  abbondantissima  di  tutte  la  biade ^  .e  d'animali  co^ 
domestici  come  salvatici^  e  d'uccelli.»  Sono  'riochi  mercanti,  e 
per  questo  è  utiiissima  poirin^ia  aI>SigiiODe,  maasifiie  per  le  gah 
lielle  delle  mercanzie .  Or*  traueremo .  ddla  aobil .  ciità'  di  Sàr 
iauAi  ^^ .  '.••(, 


;  3. 


GAP.    LXII. 

■  ■  * 

a  ••  .111  ,  ;.  ». 

Della  dteà  di  Saianfu  ^ck^  Jh  tspt^gnatà  per  M.' Nicéolò  y' 

e  M  Mq^  Polo. 


4  »  • 


"Smanfii  ^  ,è*' ima  nòbile  ;  egr^n  città:  ndk'  pit)vÌQ0Ìa  di 
Mangi,  alla  cui  ìnrisdizìoue  rispondono' dodici*  miià.ipieehe^  .e 
grandi.  Ivi  si  fanno  moke^  mercansiie  ^  arti  9  e  bruciano  L lo- 
ro corpi  •  Spendono  moneta  di  carta ,  e  sono  idolatri ,  sotto  l'im*- 
pero  del  Gran  Gan ,  e  hanno  gran  quantità  di  seta ,  e  fassene  de' 
bellissitrii  patarit /e  similmente  d'oro,  HanrfO  belle  caecSe ,  e  da 
uccellare  In  gran  copia .  Ed  è  dotata  dì  tutte  le  Coìse ,  "  ciie  V  ap- 
parteogooo  ad  upa  oobii  ciuà  j .  la  qua)  per  la  sua  potenza, ,  si 

>  t 

**''      *  1*  '      '    '.  —imI     km    ^    t  .       I         '         ini    '.!•  *  ti*.  '.    é 

ì    é  ^  » 

"»»  l'i.  '    ,  »    .   *     .  ',   ,1  •  •  .         f,'  I  »i'  rie"     ..     •  • 

S6t.  A}ra  ihttfarem»  delia  nóUte  éiità  di  Sofmtifis.  Oocoiro.aotare  tale  «r^ee- 
lenza  inserita  dal  Polo  oèMa  relasioiie  dèi  bm  ▼iagigió,  eoa  che  indica  che  eace 
di  via.  Ci6  ft  eoniprciLdefe  etiche  nel  TeMo  .«delia  Gimea:  ^d^  91111  oi>ar/i<imo 
(  cioè  dalla  proWneiadi  Plan-Riit  )  e  cMt€9wl  dMe  if^noMi  città  di  Sé^u/m  (  t.  f. 
p.  i35.  ).  Vi'Stertorifiente  rientra  nel  atfo  canMnhid.  ' 

563U  Sàfanfu:  C  Ooà:  Rice.  )  p»  correttamente  SjM^fu  ;:  DaUii  ^lonneia  di 

Tthe-Kiang  éi  trasporta  il  (eg^orè  nt\V  Hu-^mmg  <^   81  par  ciaere  atatoi  ai  suoi 

tempi  memorabile   Pa9ted««>    df  quella  città,  ai  ^pewh^  dallMadàatrfarj  4eì^P«4i 

vecchi  fii  agevolata  la  reddiàaone  di  «^eau  ianportanl»  elttà.  Tante^<&auhil  (  {K^Sif), 

quanto  «  Deguighés  (  t.  IV.  p.  i54  )  ooàvengoi»  che  *ya*-/ii'del  Poloy^  Syen§- 

jan^  posta  daf  itmne  Many'^ì  eui^  il  Oahialde  4tede  ia  piiduata:  «d^la  «ledealmà  &  rav- 

visa  qaanto  forte  sia  quella  ^Hti^'aéceirchiata  de  duellati  dalftame  Man,*  dalle  *lt«e 

sparti  iSifesa  tla  un  paese  montuoso  e  «ftjcile.  M  làJdat»fi«me^e'W  tìicola.alia  roe- 

'«Mota  «  Fm^^dkng,  e^é  due  dttìl' comunicano  per  mesto,  di  uii,p«ite;rTu*lo 

-ìiafiirxo-deHà  pièrra  fhii  Mègolfi;  ei  >S^^  per  iblèa  tAiqaeaani.f)!  iiolu^nd 

attatcHte-^n^ttni /%  dlfetì^ef  gli  aliti  té  duecittfc.Primra  Kap|tra#on^  fa^i/etóif  *  in* 

Sxéttg^yatigjk:  II'  irMelbu'tronfermtf  ^hé  r  aaaadlo  liif ohnincid  ne*  ia68^*eicllcfu 

firesa'Pultillia  Città  tai4  ««7*1^  ti  nial  aprdp«sHo*pfafe«deftahe  in  4|èaM?  aaàedio 

uaatibH»  ^Mòge»  le.  «rli^erie  f  Addit.  aflérÌNjl;  f.  ^Sfr)  <V*^  »vS«^  */^«»- 

^aiif;/ttLat.  3a.«  6.'  Long.Ofeétd.d»frek;-ì4**t^»i'^         »  :.  H  ^  ;^,   .     .     .  . '. 


. 


V 


Sto 

leime  anni  tre /che  non  A  volse  rendere  ioti  Gnm  Can,  clopo^ 
ch^  egli  ebbe  acquistau  la  provincia  di  Mangi  \  E  la  causa  en 
questa ,  che  non  si  poteva  approssimar  Y  esercito  alia  città ,  ss 
non  dalla  i>anda  di  Tramontaiut  j  percl^ò  dall'  altra  parte  vi  erano 
laghi  grandissimi  ^^ ,  d'onde  si  pwtavano  alla  città  vettovaglie 
di  continuo^  né  si  ^poteva  vietare  •  La  qual  cosa  essendo  riferita 
al  Gran  Can ,  ne  pigliava  un'  estremo  dispiacere  ^  che  tutta  la 
provincia  di  Mangi  fosse  venuta  «Ila  sua  obbedienza  ^  e  che  que- 
sta sola  stesse  in  questa  ostinazione  •  Il  che  venuto  all'  orecchie 
di  M.  Niccolò ,  e  di  M.  Maffio  fratelli  j  che  si  trovavano  in  corte 
del  Gran  Can ,  andorno  subilo  a  quello  ^  e  si  profersero  di  far 
fare  maogani  ^  al  modo  di  Ponente^  con  li  quali  gqiterìano  pietre  di 
trecento  libbre ,  che  ammazzerìano  gli  uomini ,  e  rovinerebbero 
le  case  •  Questo  ricordo*  piacque  ^  Gran  Gao,  e  ebbek>  molto 
caro  ;  e  subito  ordinò,  che  li  fossero  dati  fabbri  eccellenti,  e  mae- 
stri di  l^aame,  de* quali  n'erano  alcuni  Cristumi  Nesiorini  ^^, 


bocca 


563i.  Léighi  gramdissimL  Le  Roux  de  Hau^mjea  pose  Uo  nm  spropoiitom 

ca  del  Polo^  gifserendo  cbft  rilluatre  viaggiatore  dice,  che  la  cittì  riceveva 
aoccorsi  per 'mare,  dal  quale  easa  é  molto  lontana.  Ma  ciò  Bon  ai  legge  ftel 
Poh) ,  ma  solo  dai  laghi  •  Ed  é  molto  probabile  che  i  Gineai  che  difendevano 
la  citti  profittassero  del  fiume  Hitn  per  allagare  le  campagne  vicine  e  renderne 
impraticabili  gli  approcci.  Errata  4  la  rubrica  della  leiione  Bamuaiana,  mentre 
la  città  non  fu  espugnata  per  Measer  Niccolò ,  e  Messer  Maffio,  ma  il  figlio  dice 
soltanto  che  le  macchine  ifatte  costruire  da  Iwa  co^Uibniiwna  all',  cspngnaxsone 
della  citte*  Credo  che  il  Pdio  non  false  alato  a  t^jr^W^H'/'*  • 

564t  Mungimi  di-mòdo  ài  Potmme  •  Ife^  qt^nUo^ii  Vfi^^^U.  M^n^f^  che 
(queste  macdiine  erano  cannoni,  il  GmM/ esita  ori  4)ectde^  ae. debbano  essere 
creduti  cannoni,  o  mangani  (  Galib»  apud^.Souc^  p.  198  )»•  Csai^osao  come  si  disse 
i  Cinesi  e  t  Tartari  tabi  incendiari  (  N.  aSy  )  col.qfali  (ettavana  contro  il  ne- 
•mico  ima  speoio  di  fìioco  greco ,  che  usavano  soagliare  anche  colle  ircccie 
ineeodiariej  Nella  Storia  deUa  CUiH  (  t.  JX  p*  S^  )  ai  nari^  che.  il  generale  Sun^ 
ht'tekin  che  comandava  la  flotta  Molila  ani  Kiwtgf  neU*  .attaccare  il  combatti- 
mento  ordinù  Id  soldati:  e  4^  sTalUcher  a  bmier  la  flotte  dea.Chiaoia  avec  Icn» 
»  flèchea  enflanunees».  Queste  rende vansi  inutili  se.avessfra  iisa|o  il  cannone  cke 
avrebbe:  io^iedili  i  nivilj  d'necosUrai  troppo  da  vidao.  , 

565.  Cnuifiìd iNeaoHni.  Il  Gnubil  4ice.che  i.dinettori  dr?lle,a|iacchine 
Maolnettani,  cd.osaenra  che:i  Cii^st  piairrpao.  cqofondejre  i.Cnstjùsi^.^.i 
metlani  (  p^  167)  4  I<e  Storie  Cinesi  dicooo  »  Mihaija^qfù  iiEei^<4tdìea.p^]^  O^ 
»  cidentaux,  ayant .  propoaè  :de  faire  uffige  d'  uo|b  90UY#f  n^cbine,  groppe  « 
t  .Ikneer  dea  )»iearea^  lea  ,MsiegeaM  a'eni^r^iren^^i  4. proposi  qa'ila  ealevercafti 
»  é^aBòrd  touU  lea  dahosa-^uCMifimiiaf  jo,  RpijUffy  de  Jl^utfrajre^  dw.le  macchnne 
fiMToho  provate  a  Tmt^n  ^v»di  f^fono  mayi^ati^  a  Sy^ng^r^^g  Torso  |^  apnupo^ 
dell'anno  1272  (HistGen.de  lo  Chvi,4^|X^p.:^}.      .  ^;         .,.  ;  . 


/ 


3j3 

che  sapevano  benissimo  lavorare .  Costoro  in  pochi  giorni  fal^ 
«briconio  tre  mangani ,  secondo  che  li  delti  fr^ielli  gli  ordinavano", 
#{nali  furono  provati*  iu  presenza  del  Gran  Can ,  e  di  tutta  la 
corte,  che  li  viddero  tirare  pietre  di  trecento  libbre  di  peso 
V  una .  E  subito  posti  in  nave  fnrno  mandati  all'  esercito ,  dove 
drizzati  dinanzi  la  citta  di  Saianfu^  la  pnima  pietra ,  che  tirò  il 
mangano  cadde  con  tanto  fracasso  sopra  una  casa ,  che  gran  par- 
te di  quella  ai  ruppe  ^  e  cadette  a  terra  «  La  qual  cosa  impauri 
talnoeme  lutti  gli  abitatori,  che -pare  va,  clìe  le  saette  venissero 
dal  cielo ,  che  deliberomo  di  reodarsi ..  E  cosi  mandali  amba- 
sciatori si  dettODO  con  li  detti  patti ,  e  condizioni  eoo  le  quali 
s' era  resa  tutta  la  provincia  di  .Mai^i  •  Quetta  spedizione  fatta 
così  presta,  crebbe  la  reputazione  e  credito»  a  questi  due  fratelli 
Veneziani  appresso  il  Gran  Can  y  e  tutta  la  corte  «,     . 

C  A  P.    LXin, 

Della  città  di  Singui ,  e  del  grandissimo  Jium&        j 

detto  Quian^ 

Quando  si  parte  dalla  cuna  di  Saianfu ,  e  si  va  oltre  qufn- 
dici  mì^ìA  verso  Scirocoo,  si  trova  la  città  di  Singui  ^^.  La 


S66p  Siagtd  (  Test.  Ott.  )  Sigui.  Se  il  PoTo  non  dicluarafise  cbe  questa  ck^ 
è  Sttl  fiumet  potrebbe  oooghielturar«i«  che  Sigm  fosae  Suiichen  della  provincia  di 
Hu'^mangftht  respetti vamente  a  Smangi j^ang  é  a  scirocco,  ma  non  gi4  quindici^ 
.  miglia  come  portano  concordemente  i  Testi  Ramusiano,  l'Ottimo ,  e  il  Riccardiano, 
ma  cinquanta  miglia  distante  dalla  detta  città.  Ma  Sui'ichsu,  non.  è  shU«  rifo 
.  del  fiume  Kiang,  ma  del  Tuen  confluente  deU'//afi  (MarUn.Gurt;del)'//ii^4i/i^}f 
,  Per  non  verificarsi  la  posizione  di  detta  città  su  quel  fiume,  supposero  i  Re* 
daltori  delia  Storia  Generale  dei  viaggi  che  il  Polo  intendesse  parlare  di  iSn» 
tchait/u^  ^hejé  l»più  vicina  città  a  Sjraagjrang  sul  Kiong^  ma  tuttavalta  distante 
da  quella  cento  miglia  (  HÙt.  Gen.  des  Yojr*  t.  VII.  p*  539)  .  U  Marsdan  con- 
gettura che  possa  essere   KiuJùamg  città  della  parte  settentrionale  del  M^an^tL 
La  lezione  del  Testo  della  Crusca  é  diversa.  »  Or  lasciamo  di  questa  provi»* 
»  eia ^  e  diciamo  d'una  provincia  .che  ha  nome  SiHgui  ».  Prosegue  nel  seguente 
capo«  »  quando  l'uomp  ^i  parte  di  qui  »  ed  allora  può   intendersi  dalla  pr9. 
vincia  e  terrritorio  dii  Sjrang'jrang  »  •  va  verso  scirocco  quindici  miglia  trova 
p  una  citti  che  ha  noihe  Sigiti  ».  Perciò  secondo  questa  lezione  questa  città^  eca^ 
distante  quindici  miglia  non  gii  da  Sjrang'-jrangì  ma  dal  confine  meridionale 
del  sa#  territorio •  Ed  allora  potrebbe  aver  voluto  parlare  di  King^tcheu  si»!' 
H^iémgf,  che  fra  gli  altri  nomi  ebbe  quello  di  Sinh'un  (Hist.  Geo.  ^  la  Chi»* 


3i4 

qaale  nou  è  moltn grande. ,  ma  indio  buona  pw  la  mercanzie  « 
Uà  grandissima  q^amità  di  navi  per  esser  fabbricata  appresso 
il  ninggìor  fiume,  che  sia  in  tutto  il  iiìondo>  nominato  Quian  ^, 
qual'  è  di  larghezza  in  alenai  luoghi  dieci  miglia ,  in  altri  otto ,  e 
sei.  .£  per  lunghezza  fino  dove  mette  capo  nel  mare  Oceano 
sono  da  cento ,  e  piii  giornate ,  In  detto  fmme  entrano  infiniti 
altri  fimni  ^  che  scorrono  da  altre  regioni ,  itutti  navigabili ,  che 
lo  fa^no  essQr/Così  grosso .  £  sopra  queUo  iufipite  citià^  e  castella, 
e  vi  sono  okra  ^dugento  ^ttà ,  e  provinole  sodici,  che  }>artecipaK 
no  sopra  di  quello,  per  il  <p]ale  corrono  tante  mercanzie  d'^oi 
sorte  ^^ ^  che  è  quasi  incredibile  a  chi  nonl'awase  vedute.  Ma 
avendo  si  luogo  corso,  dove  riceve ,  (  come  abbiamo  detto  ) 
tanto  numero  di  fiumi  navigabili,  noti  è  maraviglia,  se  ki 
mei*canzia,    che  per  quello  coivevda  ogni  banda,  di  tante  ciUà 


mm 


t  XIII.  p.  no).  Ma  questa  nostra  .asserzione  ^dee^^ascr  tolta  come  una  lieve 
Gongettvra.  Qu(;ste  due  «il ime  città  non  .sono  nella  direzione  generale  del  viag- 
gio che  il  Polp  facera  per  r^e^si  da  Cambah  a  -Quinsai. 

567.  Quf on ,  ossìa  H  Xa^rtse^imni  clie  significa  il  fiume  azzurro .  Il  me- 
desialo  nasce  a  TraQiontana  del  Tibet,  a  mezzodì  del  deserto  di  Cobi^  e  secon« 
do^i  lumi  deUa  ^loderaa  Geografia  vicino  ad  un- luogo  detto  Hourka  Donare  ver- 
so^ il -35.^  di  Lat.  e  iigo.^  di  Loogiludine  Orientale  dal  Meridiano  di  Greemvich 
tkiiix  inoItoMuDgi  dal  luogt>  d'onde  trae  origine  il  fiume  Giillo,  o  Hoang^ho.  Le 
giogane  de'  monti  che  formano  i  due  fiumi  gli  sfontano  a  divergere  grandemente 
l'uno  dall'altro.  V  Hoang^ho   volgesi  a  tramontana,  a  mezzodì  il  ATtm^ ,  e  dopo 
immensi  girì|il  primo  volge  il  corso  a  mezzodì  ed  entra  nella  Cina;  il  secondo 
ad  Oriente,  e  traversa  nella  parte  centrale  tutto  <{uel  vasto  impero.  Non  molto 
lungi  dalla  loro  imboccaftuira  si  avvicinano  alla  distanza  di  ottanta  miglia  per 
qu;«nto  foasersi  scosUti  per  lo  innanzi  l'uno  dall'  altro  più  di  mille  dugcnto  miglia. 
'IViapproSsimati ,  per  metzo  di  canali  mescolano  insieme  le  loro  acque  e   ambe- 
thie  hanno  foce  in  mare  nella  provincia  dr  JCfa/t^^/i^n.  Leggesi  nel  Mafsden  (11.971) 
Un  prospetto  comparativo  M  maggior  Rennel,  relativo  alia  lunghezza  propor- 
^zionale  del  eorria  dei  più  gran  fi^umi  del  Mondo.  Secondo  il  Geografo  inglese  preso 
•il'^urso  del  Tamigi  per  unità;  H  corso  del  Reno  è  5  fr  del  Danubio  7  :  dèi  Voi- 
g^  9  §':  tleiratfrate  8  «t  dell'Amar  ii.-  del  Nilo  12  4  :  dM*  Uoangho  iSf  :  dèi 
-Ì6tf/f^f5j:  dcfl  lìuRse  dell'Amazzoni  i5  |. 

«8.  rante  ^neraantte  ^  egm  sorte .  Il  P.  Martini  parla  del  Kang-nm  ne^i 

*  «tessi  temiinr.  tt  II  y  a  grande  quantité  de  marchaods,  qu'on  auroit  de  la  pcine 

V'*a  le  ciSiire:  tie  t|*^t  pas  aans  raisoa  que  j'apprehende  moi-mème,  qne  ccinc 

^  qui  ne  l'ont  pas  vu  fi^seht  diAiculté  de  se  le  persuader,  et  d*y  ajouter  ib?«^ 


»  sitàere  ie  nombre  et  la  quantitè,  ^rdoyent  dan*  cetìe  ph)vince  f  Ali.  Sin. 
♦  p.n5>v  r  \  . 


3i5 

è  inimmerabile^  e  dì  gran  ricdièzza,  e  la  maggior  che  sia  è  il  sale 
€|aai  navigaodcMi  per  quello  ^  e  per  gli  altri  fiami  forniscono  le 
città,  che  vi  sono  sopra ,  e  quelle  che  sono  fra  terra.  M.^ Marco 
vidde,  una  vnka  ohe  fu  à  questa  cictà  di  Siogui,  da  cinque  *  niHa 
navi  ^j  e  nondimBoo  le  altre  città ,  die  sono  appresso  detto  fiume, 
uè  hanno  in  maggior  iiumerD.  Tutte  détte  navi  sono  coperte,  e  hanno 
un'arbore  oon  una  veU  ;  e  il  carico,  che  fierta  la  nave  per  la  inaggioe 
parte  è  di  quattro  taiilà  cantari  ^7^,  e  fino  a  dodici ,  die  alcune:  ne 
jioriano*  iutendeodo  il  oantaixìalmodadi  Venezia.  Non  usano  cor? 
de  di  canape  j  m  noa  per  larbore  della  nave,  e  per  la  vela  v  tna 


•*0m 


569.  Da  cinquemila  na¥Ì\  Nel  Testo  uttimo  leggesi  millecinquecento  (t.T. 
p.5i5). 

570.  Cantaro .    La  Crusca  alle|;a  Isi  voce  cantaro  dietro  un  eaempio  tratto 
dal  Milione.  (  t.  i.  p.  i55.  )  Dcfiniace:  a  Misura  di  diverse  sorte  di  coset  di  pe- 
»  so  a  noi  di  libbre  cento  cinquanta^  e  di  maggiore  e  òì  minore  secondo  la  *ii- ' 
f  versiti  de*  paesi  e  delle  robe  »  .  Nella  Pratica  della  Mercatura  di  Francesco 
Balducci  Pegolottì  si  parla  del  cantaro  Genovese  eh'  era  i5o   libbre  di  Genovj» 

(  jpella  Decima  e  altre  Crav.  t.  III.  p.  i5  );  del  cantaro  d'Acri  che  secondo  le  n^e^- 
canziecntin  Firen  te  dalle  670,  alle  885.  libbre  (  ibid.  p,  53.).  Il-  cantaro  à%^ 
JessaAdria  era  di  più  sorte  : -if/oi/bri  di  140  libbre  venete  alla  aotiile.  U  Le^ 
vedi  di  sigt5 .  Xi^ù^rvi  di  ^o  a  5oi .  Due  cantari  avea  In  Sicilia  é  II  Cantaro  >sot* 
tile  fibe*  era  dalle  «28  all«s54.  lìbhrt'  fiorentina '(ibidiprii>$^').  %-  da  osservare 
che  vedesi  falla  menzione  di  Cantaro  in  Palestina^  in  Egitto ^  iiell?  costa  ^i  BaC* 
heria;  in  Sicilia^  a  MajaJii;ji,e  ^^zilb  in  Ispagna^  e  non  gii  alla  X^P^f  ^  T^uri» 
aio^  a  Costan^tinopi^Ti  :  e  ncU*  Italia  soltanto  io*  Oenov^ ,   patn^i  che  dfl>bi^  ipfe- 
r^menè  che  il  Cantaro  è  ma  peso  Arabo  e  non  Italiano^  con^e  ,S€mb#^  fJTermar^o 
il  Ducangio  (  Vo^  Caotsrium  )/ Mnla^vole.  è  poi  Jo  atahilire  di  <][m^  jg^enere  ^i 
Ckntaro  intenda  qui  di  favellare  il  Polo ,  s^nibra  prpbarbile  però  che  aia  deir4>les^ 
saodrìno  eh*  era  allora  il  più  conosciuto,  e  forse  del  Forforl  di  140.  libbre  venjs* 
te.  iAà  essendo  \x  capacità  di  quelle  navi  Cinesi  sarebbe  stata  dalle  56o,ooo: 
«Uè  libbre  Venete  1 1680^00,  peso  che  sarebbe  strabocchevole  >  se  il  P.  Buvet  non 
j*accQiUasse  di  essersi  imbarcato  in  un  naviliadi  terza  classe  che  aveva  16.  pieJi  di 
larghezza,  e  dai  60  agU  80  in  lunghezza,  e  io  in  la  d'altezza  di  banda.  Narra  il  Mis. 
sionarìo  ch'eravi  una  sala  con  quattro  camerCf  la  cucina^  ed  un  locale  per  i  domestici 
il  tutto  a  un  piano  Leatanze  nell' interno  erano  ornate  di  sculture  ,  dipinture  >  e  do» 
rature  e  coperte  di  quella  bella  vernice  del  paese.  U  soffitto  era  a  compartimenti  e  an- 
cora questo  dipinto  aHa  moda  del  paese.  Sc^giunge  aver  vedute  barche  della  capa^ 
riti  di  aoo.  tonnellate,  ed  ogni  tonnellata  corrisponde  a  Aie  mila  libbre  di  frau- 
da di  sedici  onde  (  Du  Bald.  t.  i.  p.  63)  Anche  il  Du4do  afferma  che  alcune  har^ 
che  di  Su'icheu  hanno  1*  ossatura  d^  dimensioni  d'un   bastimento  da  guerra  di 
terzo  ordine  che  dee  credersi  corrispon4,ere  alle  dimensioni  d*una  fregata  (  ibid. 
p.  r3iO*  H  Bilducci  Pegolotti  che  enumera  minutamente  i  pesi  e  le  misure  VU 
niziaiaa  non  fd  menzione  vjeruna  del  Cantaro  Veneto  di  cui  qui  parla  il  Polo . 


3i6 

hanno  cairaé  ^^  lang^ie  da  oaiaclici  passa ,  come  abbiamo  detto  di. 
sopra,  le  quali  sfendono  da  uà  capa  all'altro  tu  imolti  })ezzi  sol* 
tili  y  e  4K>i  le  piegano  insieme  ,  e  fanuo  di  quelle  toriizze  ^^^  lun- 
ghe trecento  passa ,  non  meno  forti  \  <^e  le  toriizze  di  canevo , 
tanto  sono  con  eran  diligenza  fatte  •  Con  queste  in  luogo  d' ai-* 
Kaaa ,'  si  tirano'  su  per  il  fiume  le  na^,  e  ciascuna  ha  dieci, 
6  dodici  cavalli  per  far  quest'effetto  di  trarle  ali  incontra  deU' 
acqua ,  e  anco  a  seconda .  Sono  «opra  questo  fiume  ^7^  in  mc^ti 
tiioghi ,  colline,  e  monucelU  sassosi,  soprai  quali  sono  edificati 
qoonasteri  d*  idoli  ^  e  altre  stanze  :  e  di  conumia  si  trovano  vil^ 
Jfaggi^  e  luoghi  abitati. 


571.  Ma  hauno. cafone»  Dice  il  P.  le  Cornee.*  »  pour  ce  qui  est  dei  cables^ 
^  ils  ontde  la  filasse  de  coco,  de  chauvre  »  H  de  rotin.he  Min  est  une  espece 
»  de  canne  fort  longue  qu'.OQ  .tresse  entemble  comme  des  petites  cordes.  Les 
»  Gordages  en  $ont  ordìuairement  plats  »  et  ont  plus  de  force  que  toiits  les  àu- 
»  tres ,  mais  comme  ils  se  coupent  facilment  ssgs  V  ean ,  des  qu'  ils  touchent  a 
»  ^elque  roche,  on  ne  s'en  sert  que  sur  les  rivieresp  ponr  les  remontert  et 
»  se  touer  w  (Mem.  sur  V  Eut  pr^sent  de  la  Ghia.  L  I.  p.^589  ). 

572  •  Tbrfù^ ,  cioè  canapi  •  , 

575.  Sono  sopra  questo  Jiume^  Sembra  che  il  Polo  descma  qui  un  vìaggii» 
steccato  cVei  fece |.4>  ch'ivi  si  recasse  per  commissione  Iniperiaìe  allorché  go- 
vei^uva  Vangui  o  Yang-icheu  -  E  può  congetturarsi  rhe  da  Sj^ang-j'Mtg  à  recas^ 
$é  a  King'tcheu  sul  fiume  Kùmg,  e  quel  fiume  passasse  à  Caj'ngìd  ove^i  rieolra 
nella  via  che  da  Pekino  conduce  a  Hang^tchet  o  Quinsaì.  E  troppo  lièvi  S4Nio.  i  cenni 
iche  dà  il  polo  intorno  à  ciò  per  poterlo  foodalamente  asseiire .  Dilla  Le^ne 
del  Testo  Ottimo  si  ravvisa,  che  a  Caygui  rientra  nel  suo  retto  cammino  :  impe- 
rocché dopo  aver  parlato  di  Singui  e  del  Kiang  soggiunge  :  »  Or'lasciamo  qui,  0 
p  tomismo  a  C4^gui.  »  {t  I.  p. i35j,  lo  che  non  leggesi  nel  Testo  lUuniisiiMM». 


\. 


CAP.  LXir. 

.    Della  ckìà  di  Cnyngnì. 

Gayngui  '^^  è  una  città  picciola  appresso  H  sopradeito  fiume 
verso  la  parte  di  Scirocco ,  dove  oga'amo  si  raccoglie  f^i'aud  issi- 
ma  quantità  di  4)iade  ^e  fi  a  ,  e  «portasi  la  maggior  parte  aHa  città 
di  Gambalù,  per  fornir  la  corte  del  Gran  Can  ^  perciocbè  pas- 
sane da  questa  «città  aUa  provincia  del  Cataio  per  fiumi ,  KS.per 
lagune ,  e  per  una  lassa  pi'oibnda  ^'^^  e  larga ,  che  il  Gran  Can 
ha  fatio  .fisire  ^  acciochè  le  navi  abbino  il  transito  da  un  fiume 
air  altro  ^  e  che  dalia  provincia  di  Mangi  ^  si  possa  andar  per 
acqua  fino  in  Gambalù  senza  andar  per  mare  «  La  qusd  opera  è 
tanto . mii*abile  e  bella  per  ti  sito ,  e'iungbezsa  di  quella  y  ma 
molto. p^ per  lavande  utiliià,  che  ricevono  dette  città:  vi  ha 
fatto  similmente  Tare  appresso  dette  acque  terragli.  grandi,  è 
larghi ,  acciochè  vi  si  possa  andar'  anco  per  terra  comodamente  • 
^[el  mezzo  del  detto  fiume ,  per  mezzo  la  città  di  Gayngui ,  v 'è 
un'  isola  tntia^  di  rocca  ^'^  ^  sopra  la  quale  è  edificalo  un  gran 
tempio-,  e  momsterio  ^  dove  sono  dHgento  a  modo  di  monachi , 
trhe  servono  agli  idoli .  E  questo  è  il  capo  j  e  principale  di  molti 
altri  tempi  ^  e  mouasierL  Or  parleremo  della  città  di  CianghìaaSSi. 


'74 .  Caynguì^  e  meglio  il  Testo  Ottimo  Chaxgul .  £'  la  cfità  di  Ckua  tdhsB 
eh' è  nel  luogo  appunto  ove  imbocca  il  Canale  Imperiale  nel  6ume  Yang-tse-kiang» 
Questa  città  è  segnata  nella  carta  ilinerarta  di  Lord  MacartnejTt  e  nella  particola-* 
re  del  Kiag-naa  deirAnvilie.  La  posizione  di  questo  luogo  è  ioA  chiaramente 
•hidkata4al  Polo  sul'canale  e  sul  fiume,  ^bfe  non  può  prendersi  abhaglio  intorno 
«Uai  citta  moderna  cui  corrisponde.  ' 

575.  Fossa  profonda  9  larga.  Come  abbiamo  in  atiro  luogo  ftinrfcrtJtJo{t  L 
p.  1S7.R.  )  qui  descrive  colla  consueta  brevità  una  delle  più  stupende  maraviglie 
della  Cina,  cioè  il  Canale  Imperiale  ;  opera  cbe  attcsta  la  grandeua  d'animo  e  la 
potenza  di  Cmbiai  Can  • 

576.  Un^isoia.  Dimostra  l'esattezza  del  nostro  viaggiatore  il  fare  menzione 
di  quest'  isola  ch*«  nel  fiume  Kìang  in  Accia  a  Chua  tcheu .  La  rammenta  cosr 
Il  Relatore  del  Viaggio  di  Loid  Macarfney  (  t.  IV.  p-  i46).s  Mentre  i  viaggiatori 
»  passavano  il  Yang-tse-kiang  I*  attenzione  di  essi  si  volse  ad  nn' isola ,  che  è  in 
»  mezzo  al  fiume,  detta  Chin  schany  o  M«>nte  d*Oro.  Quest'  isola  di  rive  scoscese 
9  è  piena  di  giardini .  L*  arte  e  la  natura  Sembrano  essersi  unite  per  darle  un 
»  aspetto  incantevole .  E'  deli'  Imperadore  che  vi  ha  fabbricato  un  grandissimo  e 
p  bcUisaimo  pal4zx«»,e  vari  tempii ^  e  pagodi  sulla aoknmità  dell'  isola  »  . 

4i 


3i8 


Ddia  fìtta  di  Cian^anfii, 

'Gim^iaura  h^  è  Uea  eittà  neUa  promicia  ài  Mangi ,  e  li 
fOfcài  9CKM  :tmu  iddatri ,  e  aottopostt  «Ha  signoria  del  Gran 
Gao  •  Spendopo  mcmata  ^i  earfa^  e  vivoiio  di  «eroaneie  è  arti^ 
e  sona  molto  licoht .  Lavorano  panni  d"*  oro  é  di  aeta^  ed  è  paese 
e  da  ^cacciare  ogai  sorte  di  aalraM^ioe  <e  aceellt ,  ed  è 

odaaté  di  F^tova^lie .  Sono  in  oaeata  città  due  Ghie»  tli 
Griadani  Neetoriai  y  le  quali  fnroòo  faobricate  nel  1274*  ^ahdo 
il  Graa  Gan-wandò  per  igMrepoatore  di  qaesu  città  per  tre  anni 
M arsaefak ,  di'  era  Grìstiano  Neitarioo ,  e  cettnt  fi  •  qpietto  che 
le  fece  edifteare  :  e  da  qtiel  tempo  m  qua  vi  acmo,  òhe  per  avanu 
noa  v'cranou  Or  lasquduo  4|ae$ta  €sitià^  e  diceoio  della  sciita  di 
Tiognigni  .i 


ri. Il 


■w" 


Sljj.  Càmgiiémfit  e  fli»glt«  p  Coéide Jlieeavdiano  CSfii^'ai^»  che  ehiartmeiite 
«b^ittèdi  rchi^^kim^fii  ijBfSà9^9^  m  Kw^/dUi  «air  aitra  rara  del  fittine  iCimf. 
LffpMii  in  £mM  ^\  T^tp  (Htìmo  ( ^  I-  p*  (S^)  »  Or  cj  putiremp  cH <|Mlf  «  p^Me<^ 
»  i?eim  Ip  àunc,  e  dlroim  di  Ciinfhiafu  p  •  Tutti  i  ci^nnmeaUtori  del  Polo  jfQQo  di 
tale  opinioDe  :  il  Martiai  (  Atl.  Sin.  p.  '  1  aS  )  :  il  Ouhaldo  (  1. 1.  p.  a  i  )  :  il  AfagaiUant 
(  p«  7  ):  il  Gaobil  '(  p.  172  )•  Secondo  il  P,  Martini  appena  è  dn  numerare  la  quan- 
tità di  navi!} ,  che  ci  aono  tutto  V  anno ,  perchè  ivi  si  fermano  tutti  c|uelli  ohe  Yen* 
|ono  dalle  proviacie  CXrientali  ptx  raa^ttfare  l'aU^ratuim  d«Ua  nave»  e  acopmo* 
darvi  le  vele,  {lerchè  jion  poaaono  ^rvirai  di  alberi  sino  9X  Kian§  a  pa^onr  4ft 
jponli,  di  cui  non  avvene  ch^  un  solo«  questo  lavatojo^  di  II  4  P^Kino.  J^  tnUà  ^ 
detta  KingfJCeu  ^tie  significa  la  bocca  delia  Cort^,  per  Je  n%vi  che  di  <|HÌyi.si  di* 
rigopo'.  I  sobborghi  della  città  sono  grandissimi.  (  I^rt,  \^  f;.  ) .T^hirk-kUuif-fM 
UU  3a.^  %  4.'  Xong.  Orìent.  da  Fekin,  a.^"  SS'  (  Du^Baid.  > 


»      •» 


•  * 

GAP.  LXVI. 


•       I 


Delle  eUtà  di  Tinguigui 

Partendosi  da  GianghiAiiru ,  e  cavalcando  per  Scirocco  tre 
giornate  ^  ai  trovano  città  assai  e  castella  ;  e  tutti  sono  idolatri 
e  vivono  di  arti ,  e  anco  mercanzie .   Sono  sotto  il  Gran  Gan ,  e 
spendono  moneta  dì  carta  .  In  capo  di  dette  tre  giornate,  si  truo* 
va  la  città  di  Tìngutgui    ^7^,  eh' è  bella  e  grande,  e  produce 
quaìMiiàìrii  seta,  é  fanno  pmài  d*oro^  e  di  seria  dt  più  maniere, 
e  m0lito  batti  ^  eà  è  molto 'abbondarne  di  yenómfjiìe,  ed  è  paese 
molto  diiiencvole  di  caceie,  e  d' oocellare^  Gli  abitanti  sono  pes-^ 
situa  fente,  e  di  maàa  natura .  Nel  tempo,  cbe  Ghìrtsanbaiam y 
ctor  c^nta  occkf^  ^^iogò  il  paesir  del  Maagi^  maodò  ali*  acquisto- 
di  questa  città  Hi  Tiiìgnigui  aldini  Gristia ni  Alani  ^,  con  parie 
della  sua  gente  ^,  quali  appresentatisi ,  senza  contrasto  entraroiMy 
deniDD«  Avea  la  città  due  circoiti  di  nmra,.  e  g^  Alani  amrati* 
nel  primo  ^  vi  trnovamo  grandiaisima  quantità  di  vini- .  £  avendo 
patito  arande  incomodità,  e  disagio ,  disiderost  di  cavarsi^la  aite^ 
sena' alcun  rispetto^  si  misero  a  bere  di  tal  maniera,  die  ine^ 
briatisi  tf'  addormentarno .  1  ciciadiai  ,  eh'  arano  jnel  secondo  ci  « 
cuito ,  veduti  tutti  i  nemici  addormentati ,  e  distesi  in  terra  ,  si 
mìsero  ad  ucciderli ,  di  modoche'niCtno  vi  cam|)ò ,  Inteso  Ghin* 


S^.  TfHikfgàf  ( Cò«  fiicé,  )  Tirrghifigui (TeiL  Ut.)  ÙnghMgfù .  l¥ F.UtartiilI 
4é)(u«ttd»  l*  edizione  Ilasilciiikf  del  ì/ÙMoùe  rapp'ettà  CinguirCgùi^  e  riarni  che  fu  itile** 
^iltiM^te*btltMltrd  (far  'faturl,  pttthki  gli  aBi(!Hi'Atr  ùccrseró  grAlanf  eh*  erano  afi  lorà" 
éDtdo  (kit  ^.  p,  rai  y.  &  dtolta  direzione ,  li  doita  diétanzà  di  p6ò6  ]^iù  d*ùh  inea> 
M  grado,  ft  <yi^  f^^Otèlaritd  di  ééaéfiitf  fttàti  pasaaCta  fli  di  ai^adà  gU  abitaiiti  pe^f* 
ÈHÈn'^éA'  kit  Alarti ,  Sì  ravvisa  ch^  è  TchdHg-tchéu  Ad  Kiang-nàà  ^  ita  fra  gli 
«flH'fkdftii  cfHtre  qu^lo  di  Tdn^ihg'ichéU  (ìtitt.Gén.  de  U  Chin.  t.  XII.  p.  S4  )  t 
iiiHf  céféAt^é df  gràA  frafficòy  e  tfebondfo  il  bìiKafdo;  vi(;iAa  al  Gian  Canale,  la  mé« 
MfÉÌm€iìe\tk  guerra  dei  Song  fece  là  più  oàtiniitA  resistenza  (  ìbìd,  t  Vi.  {>.  364  ) . 
t&Usg^fcfieu  Lai.  5o.^5b.'  Long.  OVicnt.  dà  Pek:  4.«o/  (  l)'u-ttald.  ). 

J7J).  Alani  Cristiani.  Di  queaìd  tradimehCo  chfe  itiìib  Pejeh  o  Èaian  iJòiT  fan- 
Ito  Hiéiiioégi  le  Aorte  <Sneai\  ma  bensì  che  esao  assediò  la  città  nel  i^5.  e  Ché' 
#iipértlUlta  lAàfgra -fu  la  più  validfa  e  generosa  difésa  degli  àS^diàtl ,  lì^èelì  pàiìiar«r 
«  ttl  dt  ép^Aà.  t' Alania  è  l'aihihentata  dà  vàfrj  scrittori  cotiténiporàn'el  del' Polo, 
•d  eri  il  paese  che  è  fra  il  Caucaso  e  il  Catptó  (Uh  p.  2^^.  nò(.  ).  fvi  parte  de||rf 
ÉénlS  Al^it&c  ài  rttùf^MikU}  sAìQtthè  iJCf  iTniiràcacciinmgn  dalla  loi"  ^rimiti va 


320 

sambaiaQ  kt  morte  delle  me  geoti,  acceso  di  grandissima  u%j 
e  sdegno^  di  nuovo  mandò  esercito  all^ espugnazione  della  ckta  ,. 
La  qoal  presa  ^  fece  ugualmente  andar  per  hi  di  spada  tutti  gH 
*  *       '  y  grandi  e  piccoli  y  cosi  uomini  come  femmine  .. 

CAR  LXVII. 

Dalla  città  dì  Singui  j  e  f^agiu  ^ 


Singui  ^^  è  una  grande  e  n^'le  città,  h'qnal  gira  d-iir- 
torao  da  verni  miglia  ^\  Sono  tutu  idolatri,  e  sottoposti  al  Granr 
Can .  I^ndoiia  moneta,  di  carta,  e  hanno:  gran  quantità  di  se^ 
ta.,  e  né  fiumio  pann»,  perchè-  tutti  vanno  vestiti  di  seta,  e 
anòo  ne*  vendono  •  Vi  sof»  mercanti  DÌccbJ«simi  ^^  ,  e  tanta  moU 
titudine  di  gente ,  che  è  cosa  mirabile*.  Sona  uorainr  pusillani- 
mi'e  non  sanno  far'ahro  che  mercanzie ,.  e*  arti  ;  ma  in  quelle* 
dimostrano  grande  ingegno,  cònciosiacosache  se  fossero  auda-- 
al  e  virili  e  atti  alle  battaglie ,  con  la  gran  moltitudine  die- 
sonò,  conquistérebbono  tutta  quella  provincia,  e  molto  «pia  ol- 
ire .  Hanno*  molti*  mèdici ,  e  quelli  eccellenii  ,^  che-  saana  cono- 
M:ere  le;  ioibrinaà ,.  e^  darU  i  debill  rimisdi^  eakuiu^  che^diia^ 


nm  >m 


58o.  Singui.  Secondo  il  Martini  Surieheu  nella  provincia  di  Klang  nan  die  wt 
tempi  del  Polo  appellava»!  anche  k^itig^kiang  (  GauèiI.  p.  172.  Ktart.  Le.  ).  E'  unai 
delle  più  popolose  e  magnifiche  città  dell'Alia.  U  PolO'  Tappelltf  A'ii^t  Esiodo 
TartartBCO/.. Corrobora  tale  opinione  L'asserire  ch'era  sull»  rive  àtì  Kiang  a<l 
Cfeienlie,  e  perche  era  secondo  esso  tre  giornale  distante  da  Cm^hianfu  e  cinque 
da  Quinsai.  E  secondo  Gaubil  (  p*.i77  )  tuitociò  ^  confiirma  alla  distanza* di  SurnAfim. 
da  detta  città.  Su-tcheu  Lat.  5i.^  23.'  Long.  QirìfxA.  4,<^  0.*  (  Du  Hald.  ).  , 

58i .  yenii  miglia.  Secoàdo.il  Martini  il.^o  delle  mura  è  di  quaranta  /^  JHh» 
€01  Bjfghi  ne  ha  più  di  cento*  L' Ambasciata  Inglese  penò  in.  Nave  tne  ore  a  ti^ 
KTQsarl^.  Questa  città  è  (agliata  da  canali  come  Veneziane  le  strade  ne'  fomnanp  té, 
riye-  Sfcondo  lo  Stauntpn  Su-icheu  sembra  vastissim^i  e  popolosa* città,  le  casesoM^ 
ben  fabbricate,. e  ocnate  piace v.olm^nte .  Gli  abitanti,  che  vestono  tulti  di  sfita.saii%- 
brano,  ripchi  e  felici  (  Ajnbass.  t.  IV.  p.  149)-  U  P.  Buvct  crede  che  abbia.più  di 
quattro  leghe  di  circuito,  e  che  faccia,  un  milUone  d*  anime  (*Bu  Hiild.  1 1.  p,  CjS  )^ 
\l  Duh^o  ne  bardata  la  pianta  (  X^m.  L  tav<  IL  ).  I  ricami ,  e  i  broccati  olie  sisfiab* 
)>ricanoa  Surt chea. sono  ricercatissimi  in  tuttala  Gina,.perch|^AonQA.ua4praExa 
9iodic«,e  ben.fabbricati(.ibid..pi  127  ).^.  . 

5^2 .  Mercanti  ricchissimi  •  Ai  tempi  del  Martini  vi  si  trovavano  tutte  le  merca 
^rtughe»i ,  Indiane ,  e  Giapponesi  j^non  meno  che  d' ogni  altra  regione  •  ,^ 


5if 

Mano  SftTi  9  ecxne  appresso  di  noi  filosofi  ^^ ,  e  altri  detti  maghf  ^ 
e  indovini  •  Sopra  li  monti  vicini  a  questa  città  vi  nasce  il  reo^ 
barbaro  in  somma  perfezione ,  che  va  per  tutta  la  provincia  •  Vi 
sasce  anco  in  quantità  il  gengiovo ,  e  v'  è  tanto  buon  mercato  ^ 
che  qupiranta  libbre  di  fresQp  si  può  aver  per  tanta  moneta ,  che 
▼a^ift  UD  grosso  d^argento  venesiano.  Sono"  sotto  Fa  giurisdizione 
di  Singui  da  secaci  buone  ciuà  ^ ,  e  ricche  di  gran  mercanzie  y 
e  ani,  e  Sin^ai  vuol  dire  éittà  di  terra  ^,  come  alFiecontro  Quin- 
sai ,  città  del  cielo  •  Or  partendosi  da>  Singui  si  tniova  un'  altra^ 
città  di  Vagiu  ^^  lontana  un»  giornata ,  dove  è^  mmimente-  àbr 
bondanza  di  seta .  E  vi  sono  mohi  mercanti  e  artéfici,  e  attivi* 
lavorano  tele*  sottilissime ,  e*éU  diverse  sorti,  e  vengono  conaotte 
per  tutu  k  provincia  «  Ne  altro  essencb  degno- di  memoria^ 
tratteremo  deUa  maestra  e  principale  cittst  della  provincia  di^ 
Mangi  nominata  Quinsa»,. 


S85.  Som.  . .  o  filosofi .  »  Les  habitans  de  cetté  province  ♦  (  le  Kiang  ntn  y 
r  soni civiis  et  polis:  ila  oni  V  esprit  excellent,  et  dea  care»  diapositiona  pour  lear 
a  aciracea:  «na^ien  voit-oa^ortir  un  grand  nombre  de  docteura»  q^i  parTieimeiiC 
»  par  leur  Inerite  aux  eharges  et  digmtcìi  de  l*  Empire  »  (  Du  Bald.  t  I:  {>.  lay  )•  . 

584.  Seiif et  buone  cU$à.  0|ggìdi   ne  ba  aei  (ffiat.Geo.  delkCbin.  t.  XHT. 
pag.5i.][. 

S8S»  F^uotdire  città  di  terra.  Con  ciò  allude  ad  un  proverbiò  Giheaè-Ttferito  dal 
nirtlnf  (  p.  kit  )  e  da  Nói  ^t  Lp.  i5g»  not  ]r.  il  paese  è  dei  più  ameni  per 
località  e  per  clima.  E'' tanto  coltivato  che  non  evvi  pollice  di  terra: ih&uttifiiro.  E^ 
t&gliatoda  fiunil^  renali,  e  laghi- coperti  di  barche  d^i>giit' fona,  grandi ,  piccole,. 
dEpintet  dorate^  ak  une  che  aeirvono  di  permanente  abitazione  anche  a  gente  civile,' 
e  che  vi  vivono  agiatamente  ^ome  ae  fossero  in  Una  tasa '/altre  cariche  di  merci  ^ 
allure  destinate  allo  spaaso  e  al  divertimento  (  Du  Hald.  I:  £.  p.  iSp  )!. 

586..  Fagiu.  Congettura  il  IW&rfden  che  sia  o  Moicheii  aut  fago  di  Tài^  suU 
la  riva  apposta  a  quella  ove  è  Su^tc/teu  o  Kia^hihg  (N.  joòi).  H. nostro  Testo 
ftttnmenta  tre  luoghi  intermedi  fra  SU'-tcheuj  e  HaAg»tckeui  cioè*  Ingiù  ^  Ungkin^  & 
Cinghi.  La  città  detta  Unghia  potrebbe  essere  U-Kìang-Hienj,  luogo  segnato  sulla-' 
Carta  del  Kiang-nan.  Cinghi  H  chiàrtimtntx  Kia-Hing  air  entrata  della  provincia  di 
7i;Af0-Atoi^,  che  il  P.  Bhvet  dice  essere  una  città  grande,  popolata^  e  che  ha  laghi! 
grandis^mi  (  DuHMd.  l/c.  p.  64  ^'  E  pei*ò  non  pare  fondata  la  congettura  del  Mar- 
Utén  che  f^gui  corrisponda  a  Ktahing,  Lat.  So.*  5a.'  Long.  Qrìent.  da  Pek^  4:^^ 
4/  {BttKald.Ii    ' 


* .     »  *    -    v 


>    *   l  \    .'.'..     .  .  ►  •.  *« 


3»» 


CAP.  LXVIII. 


D^lia  nobile  p  »  magnifica  città  di  Quitnai 


Partendoli .  dft  Yag^,  si  cavale»  ire  ^otmM  di  ronliouo  Uro* 
yùAào  ciuà  ,  castelli ,  p  villaggi  ttKti  «ibitai»^  e  lieciii  ^^ .  Le  g#iil& 
Mila  idolaire  ^  «  sou«  la  si^iorìa;  del  Gvai^  (ua»^  DojM  ^^e  gier* 
nat* ,  «  truova  la  AobiW^  e  magnifica  città  di  (j^ilitei  ^9  clie 
p0r  r. eccellenza  «  noldikà  ^  e  bellezza  è  ^taift-diìMiaU^  cMi  qoefiia 
acMiie>  che  vuol  dite  ciuÀ  de}  cielo  ^?9,  perchè  al  mondo  nori 
vi  è  una  situile ,  pè^  dove  si  truovino  tanti  piaceri  ^  e  che  V  uomo 
si  reputi  essere  io  Paradiso.  la  ^A^sta  città  M.  MariA)  Polo,  vi 
fìi  9£Ssai  volte  >  e  vol^  coik  gran  diligenza  i^&idèrare  ^  e  inim^ 
der  tutte  le  condizion  di  quella,  descriteodold  sopra  i  suoi  m^ 
inorìali  ^,  come  qui  di  sotto  si  dirà  con  brevità .  Questa  ciuà 
per  comune  opinione  ha  di  circuito  cento  miglia  ^'  ^  perchè  le 


.'  » 


$87.  TufU  ùbUmii  e  rieeKi,  Ptr  assérziorte  àe  P.  Auret  eoe  JTu  Ìa  Jfìmng'ieheu  • 
Idd-hkng  t  »•  tout  le  pavesi  «Qtip<é  dfe  canaux  avec  def  ponta.  La  campagaa  èst 
»  ptatc  y  fort  unie ,  aans  montagacs  «  plantée  de  nfleuriers  nains  à  pea  pres  comme 
»  noa  TÌ^oblea^.et  rempljede  maisans^t  de  hameaux  «-^  Il  relatore  dell' Aaabk*' 
sciata    di    Macartney   (  t.  iV.  f .  i5S^  )  nioe  che  da  Su-ich^u  a  ^ang-ickeu  oasi» 
parlo  spazio  di  circa  aovaÌEiiA  iniglìa,  il  Òanale  Imperiale  coftlinuà  ad  af^r  di.  lar** 
gbezza  da  aeasaiita  a  cento  Ufté^  e  che  le  rive  aoao  rivestite  di  mura:  cke  ii  paese  è 
Attto  bello  e  ricCo .  . 

588.  Qùiiuai.  Slmostraj  nel  prirpo  volume  che  la  città  detta  QuiiiMii  dal  PoW 
é  quella  di  Hang-Heheu ,  é  ivi  e s^ic^  ii  significato  di  detta  voce  (  t.  L  p.  xSj^  n.  k  |i, 
Hang-teieu^ti  Lat.  $o.?  ao>  Loag.  Òricnt.  ^a  Pelh.  3.»  Sg,'  (  Ilfa  Hdld.  ). 

$èÌQ,  Città  det^cieto.t>\ct  il  B.  OJerico  »  :  Une  reced^s  perveoi  ad  civ^ta^m 
»  nomiDi^  Consci f  quod  idem  esk,,q|K>d  civiCas  oeeli.  Haec  c;st  major  totais-Muodì^ 
(TElog.  ci  HLst.  ^  Qdoric.  p.  68  >. 

590.  14  suoi  memoriali ,  NeUsi  dichiarazione  préonena  a)  SfscQndarrbrot  esteta 

nammo  la  nòstra  opinioneMnloi^o  al  numero  dei  yi.aggi.c\if^,feep'il  ]P^u  ^ . QuimtMé 

e  in  cbe  occasione .  Merita  poi.  particplare  riflea^O'c|èi^cbe^v|v#iila?l  Hoio  die  oc»  ia 

aso  di  scrivere  i  JnemoriaU  dei  suoi  viaggi,  lo  ofae.esclud/è  09^4ubhia.pV ei  ^immi 

sapesse  scrìvere  li  stfa  lingua  vernacola.  Anzi  lo  storpiamento  di  alriuii^Donri' prò* 

pri  che  si  ravvisa  nella  sua  helazione  talvolto  può  essere  avvenuto  dalla  difficolti  dà 

trascrivere  col  #uo  pn>pi  io  alfabeto  quelle  voci  ^straniere..  Era  impossibile  che  il 

nostro  yiaggistorc  senza  questa  ottima  consuetudine  di  appuntare  le  ooae  degne  di 

memoria^  potesse  esattamente  descrivere  come  fece  le  vastissime  regioni  da   lui 
visitate  • 

591 .  Cento  miglim .  Gfr  che  nam  il  Polo  dik  Hmg^tehm  celebre  ca|£t  ale  dcUa 


3«3 

Mfdde,  «  cmsM  ^^  «li  quella  mno  mollo  larghi  ^^  e  ampK.  Tkìi 
vi  sono  piazeo  dove  fanno  increato,  c(i€  per  la  grandissima  motti*** 
indine  che  vi  concorre  ^  è  neces^rÌQ,  ebe  siano  grandissime,  e 
amplissime .  £4  è  $itmila  in  ^esio  modo ,  che  ha  da  una  bandn 
iiQ  ):)go  di  acqua  d^*6  ^,  marò  chi^irissffrao,  e  dall' altra  v'é 
nn  (iufipe  grossisiiipio  ^«^  qiKn  «mraodo  |>er  molti  canali  grandi  e 
mecoli,  chM  disoorrapo  in  citscnosi.  parte  dt^st  città,  e*  leva  via  tutte 
le  imyiondtzie,^  poi  étitra  ia^etto  lago,  e  da  quello  scorre  fino  air 
Oceano  ^^  il  che  causa  bonissimo  aere .  E  per  tutta  la  città ,  si  pib^ 
andar  perverrà  e  perqne^i  rtvf  •  E  le  strade,  e  canati  sono  larghi  ^^ 


ili       !■    I  I 


provincia  di  Tche^kiflng^  proeacciogd  la  (ama  di  inentUore>  o  almeno  di  e^agemCO'  r 
Ptiittierftintiiie  per  fèsteiiftone  che  assegna  alla  città,  og^di  è  di  forma  circolare  ed  m 
q[uaClr»I^he  di  giro  noo  conpnsl  i  borghi  (Pu  Bald,tTp.i75VMa  il  M^irtiipi  giusti^ 
Ica  il  Polo;»  £0Me  v^ia  ^  de  «i^rcfiit  /al  da  cìrcoiifer<iice  pbù  decani:  milles  d'Halie^ 
»  si  f  Olia  ^  Joijgoez  les  hmx  bpurgs  qi|i  soni  fort  graoda  i  et  s' avancent  de  coU  p  f^ 
a  d*  autre  »  (  iktì.  Sin.  pi  i  S4  )  •  li  B.  Qdorico  contemporaileo  del  Polo ,  anche  e^* 
aodi  aHa  cHtì  cesto  miglia  di  giro,  ma  da  lui  si  comprende  come  ci6 debba  inten- 
tarsi* P  Qoaaaai  doodecina  portaa  habet  prìocipalaa,  at  prope  quaniltbet  iHarum- 
9  forfè  Mi  iv#bu[|N»  ^ta  piipt  civj^ajtaa  m9Jore$ ,  qiiaiii  mxat  civkaa  Ventcianiiii  A 
t  Paduae  t  •  Era  a^unfiuf  fl^l  cp.mpl^^so  della  cit^i^ja  di  quegli  immensi  borghi  V 
^tre  tittà  a  ({tiella  attenenti  cbe  intese  parlare  il  PoIo{  £l€j|;.&  Odoric.  p.  ^  )  • 

593,  Caiudi  molto  targhi  ,t  Haec  civitas  posTta  est  in  aquislacunarumf  qu^ys 
#  maiiet  et  atait  «tcivitaa  Veeeeiarum  e  (  ibid.  ) .  là  una  darsena  assai  vasta  termf* 
jaa  nei  sobborghi  della  cilti  il  Canale  Imperiale.  Da  un  lago  ch'èa  ponente  dr 
Uang^tcheu  esce  un  canale  che  circonda  la  citta,  e  dal  quale  si  slaccano  molti  altri 
canali  che  passano  in  me^zo  alle  vie  principali  (  Macart.  An»b.  t.  IV.  p.  166  ). 

Sfji.  VnimgO'dt  aetpuiàùlce.  1%  Idt^fi  «^Tf-Àa  <^e  àtgnlSca  Lago  Occidentale 
(  relativnmentealla  ej|M  } ,  éhe  eecdndo-  it  Martini  ha  quaranta  mÌ(^Ua  di  giro  (  AtT. 
Sin.  I.  «•  )*  Seeenéo  U  SuhiAdo  ha  due^sole  leghe  di  giro  (  t'L  p«  i7(>)^tatchè  nefx; 
-elieiMkha  correggersi UVfartim,  o  che  intendesse  lèi  e  non  miglia'.  Inffitti  atf 
jScnEse^  del  Dmhaldo  s'^ccesta  ta  Tclaziòne  idefi^  Ambaaciata  di  Lord  SlacaKeney,* 
L»'  acqwi'è  bella -e  lìmpida  còmeksrfstallo,  di  mododbte'  si  vedono  le  pi4  piccole- 
pietre  del  tfeade  e^e  aeeoade  il  relatore  il  lago  ha  tre  in.  qhattro  miglia  di  dla-^ 

rò  {  Anibaa*l»€^p.  174)*  ^ 

594»  iSJMweefueei^liftjno .  Pwniiewmw  una  portsinliaa  diee  fi  Pi'BuVèt  a  mtxiJsL 
\egà,  dal  Cimi^ang  ,  che  paaaammo  in  meno  d' un  ora  e  mezzo .  U  fiuipe  ha  iyi  circiL 
quattromila  passi  geometrici  di  Inrj^ezxa.  Le  navi  non  possono  risalirlo  stan^  le 
aaooBgpMf  B  ffia^seo  4etfapnMnario  una  volta  f  anno  verso  il  ptenilanio  d^  0iUi^r# 
(Dtt  B4ld.t.  Lp.  6a). 

6gS.  J!oKMW  /Smimlt*Oc0m&.  Ha  foce  nell**Oceano  »  pocopiiV  fC  sessanta  mi«* 

oiHà  verao  CNÌente(  Matart.  Ambas.  t.  IT*  p»  166* )'•  ' 
digS.»  Jl#  Siretfo  B,emmàH  sono  ià/gU,  Merita  attenzione  il  vario  modo  di  vedere 
^pmtìnMÈ^o  ddl  «ec<4o  TSm,  ed' un  Inglese  del  iSecfoto  XVIH.  Staui^ton  dice  ) 
ì^  vie  siano  atrttte ,  e  laalrìcale  à  pietre  larghe  nei  mezzo  (^  Ambas.  JL  e.  p.  167  ) . 


\ 


3a4 

e  grandi,  die  cofnodameatc  vi  possono  passar  baixihe  ,  e  canri  a 
portar  le  cose  necessarie  agli  abitanti  :  «d  é  lama ,  che  vi  «ano 
dodici  mila  ponti  ^^ ,  fra  grandi  e  piccoli .  Ma  quelli  che  aono 
fatti  sopra  i  canali  maestri ,  e  la  strada  principale ,  sono  sitati  vol- 
tati tanto  alti  ^^ ,  e  con  tanto  magisterio,  che  una  nave  vi  pno 
passare  dì  sotco  senz'  albero^  e  iiondimeno  vi  passano  sopra  car* 
rette ,  e  cavalli  ^  talmente  sona  acccomodàte  piane  le  sirade  eoa 
l'altezza,  e  se  non  vi  fossero  in  tanto  numero,  non  si  potria 
andar  da  nn  hiogo  all'  altro , 

Dall'altro  canto  della  città,  v'«  una  fosaa  lunga  ^  forse 
quaranta  miglia,  che  la  serra  da  quella  banda,  ed  è  molto  larga, 
e  piena  d' acqua ,  che  viene  dal  detto  fiume ,  la  qual  fu  fatta 
fare  per  quelli  re  antichi  di.  quella  provincia ,  per  poter  derivar'il 
fiume  in  quella  ogni  fiata ,  che  il  cresce  sopra  le  rive  ;  e  ^rve 
anco  per  fortezza  della  cictà ,  e  la  terra  cavata  ^^  fu  posia  dea- 
tro,  che  ià  la  simih'tudine  di  picciol  colle  che  la  circonda.  Ivi 
sono  dieci  piazze  principali ,  olire  infinite  altre  per  le  contrade, 
che  sono  quadre,  cioè  mezzo  miglio  per  lato .  £  daOa  parte,  da* 
vanti  di  quelle  v^  è  una  str^ida  principale  ^  larga  quaranta  passi , 
che  corre  dritta  da  nn  capo  all'  altro  deHa  città  con  malti  (lonti  ; 
che  la  traversano,  piani  e  comodi}  e  ogni  quattro  miglia  si  truo- 
va  una  di  queste  tali  piazze,  che  hanno  di  circuito  (  com'è  deuo  ) 
due  miglia .  V  è  similmente  un  canale  lai^hissimo ,  che   coi*re 


*i>* 


.  5|97 .  Indici  mila  potai.  Altra  asserzioBA  rimpravorata  A  Polo  come  es^rra- 
ta .  Ma  anche  il  B.  OJerico  narra  che  Consoli  »  habet  plus  quam  duodecim  miUia 
»  pontium  »  (  1.  e.  ) .  Secondo  il  Martini  il  Veneto  Via|^iatore  non  ai  allontana 
dai  vero,  te  frai  ponti  comprese  ^li  archi  4i  trionfo  di  struttura  arcuata.  Googettn* 
ra  che  in  quel  numero  comprendesse  quelli  dei  i)pr^)ii«  e.soggiuii|^  che  «e  poi  ave»* 
.•e  inteso  faveUare  anche  di  quelli  del  territorio  poteva  dire  un  numero  anche  mag* 
fiore  (Àtl.  Sin.  p.  i54j*  Credo  che  il  numero  sia  esageralo,  ma  aoa  credo  che 
l'esagerazione  si  parU  né  dal  Polo,  né  dal  B.  OdericOi  m^  dai  rifcconli  degli  aK- 
tanti  raocoki  dai  due  viaggiatori  che  malagevole  ••  è  il  verificaK  da  um  stra- 
niero. 

598.  Foltaii  toni'  olio.  (  V.  ti.  pag.  i38.  Not.) 

5(]9 .  Urna  fossa .  Questa  fossa  o  Canale  che  dipartendosi  dal  fiumenangela  dita 
di  Hamg^cheu  è  segnato  nella  pianU  date  dal  Ouhaldo . 

600.  Lqiorra  cavata .  Di  questa  altura  aitificiale  parla  il  Hfartim*  ma  non  ad- 
duce ,  come  il  Polo,  il  motivo  per  oui  fu  fatte.  »  J)ans  V  enceinte  dea  m«raiUe« 
♦  (ei  dice)  il  j  a  une  montagne ,  qui  se  nomme  Ching-^angfqui  est  an  midi  5  00  fo» 
»  volt  cotte  tour  ^avec  ceux  qui  la  gardent  :  ou  les  henres  se  marquenl  pur4e 
t  d'nne  Ckpsydre,  ou  horloge  è  eau  »  (ihid!p.  i54]. 


3y5 

dirinco&tro  di  dettb  5tt'ada*iklk*paite'xH€lic<co 'delle  dette>pja2-» 
%e^  sopra  1»  riva  vicia^  del  <|uale  ^'vi  mii03jQd)braGaie  caseo^andi 
di  \Àem ,  dove  ripongono  tuiui;  i  >n}ercaat^'ehe  vengono  d*^  India, 
e  d' alire  porti',  le  sue  robe  e^  mei;ciiraìe ^^'^iceiò  che  b  siaiio  vi' 
cioè,  e  comode  alle  piazie*,  e-^in  ciascuna  di  (lèue . 'piasze  tré 
giorni  alla  setuniatia ,  vi  «  concorso  di  quaranta  in  cinquaniaqpilé 
persone ,  che  vengono  al  mercato.,  e  portano  tutto  dò,  che  ai 
]>o<;5Ì  desiderare  al  vivene,.  perdiè  8em|)re  v'  è -copia  grande  d' Oy 
gnì  sorte  di  v^^^^  ^*  ^  di  salvaiicme ,  cioè ,  caprioli ,  cèrvi , 
daini,  lepri;  conigli,  e  d'uccelli,  ])emicil,'  fagiani,  francolini, 
co  turnici ,  galline  ^  capponi,  e'  tanie  anatre ,  e  cicfae ,  tshè  non  si 
pomano  dir  più  ,'  perchè  se  ne  allevano  tabie  in  quel  lago,  che 
per  Ila  gn»too  d' argento  vtraeziano  .fei>ha  uh  paro  a'  oche,  e  .due 
para  d^auitre.  Vi  sono  poiìolieecarie^  deve  anùnazsano  gli  iaa^ 
mali' grossi ,  come  vitelli,  buoi,  capràtdf^' e^agn^,  le  ouali 
carni  mangiano  gli  uomini  ricchi^  e  gran  maestri .  Ma  glt-  altri-, 
ohe  \soQo  di  bassa  condizione  noéi  a'asteii^opa  da-^  tutte  l'altre 
sorte  di  carni •  immende ^ ,  senza^  avecn  aidoniìlroetib •  i IVI < qotto 
di  contimu^  sojira  fendette  piazze  ^  t^itte'le  sorti  d/eiiie^e^  feutt). 


<?  sópra  tutti  gli'  akrr^ ,  peri  grandissimi,  che  pesaiio/dÌ6GÌ  libbre 
l'uno ^  quali  sono  didéntro  bfehclucopne  yna  pa8ta,ie'odàratis- 
sitni ,  persiche  alli**6«ioi  «eoopt  gialle,  e  faiaodie  «moluy  delioote'. 
Uvaj  ne  vino,  4ibn>  vrnaseei^  foia  xw  viene  coadiocui  di'idtrove  di 
secca;,  molto  buona,  é  similmeoie  del  vino,  del  quak  gli  abi- 
tanti qoh  fanno  troppo  conto,  essendo  avvezzi  a  quel  di' rìso  ^^ , 
e  di  spezie.  Vien  condduo  poi^dal  inare  Oceano,  dgni  giomoigran 
qttphticà-'di'  p«sce  'all'incontro  del  fiume,'  per  ilo  spazio/ di  veo- 


•'••Il        .    ,  I .         .    .  j    I     ! ■  1  I       4  i     '  '    '  '  '     . 

1  Sei.  b^'Mvta  Ìl«lriMrAi[.  Diea  irMaitioi  ehm  abitò  per  fa^ra  aoni 
Hang'icheu:  vi  è  tanta  gente  che  dicesi  vi  si  conaumino  ogni  giorno  diecinrila  aac*- 
€lu  di  rìso:  e  ciascun  sacco  può  baatafe-«  cento  uomini  un  giorno:  vi  si  ammaz- 
xano  mille  capi  di  btstiame  porcino,  senza  contare  le  vacche^  le  capre,  i  cani,  le 
•che ,  le  anatre  ec.  .  .  .  La  qoanlilà  del  pesce  non  è  préparaionatamente  minore 
(  ibtd.p.  r!»).-^  *' 

6oa.  Carni  immonde.  -»  Us  mangent  •  ausai  dea  bétéS*  iliortea- 1.  (  Anaieane 
Jtdal.  deig'ftìdea  et  de  la  Ghin;  par  Rentaitd.  fr.  «7  ) ."  -  -   ^^ 

^5.  /%io  .  .  .  di  riso.  Sì  tk  a  ^uH^mà  più  eccellentemeuta  che  ìon  egni  id^ 
tro'  laogo  una  beviteda  còl  riso  jcht  è  no  iaècedaneo  del  vino  t  appettasi  Saape  o^  ho^ 
▼ao4a  di  tfipttce  Manche>i»a.  Di- Il  a"  invia  inf  tatto  V  fmper#;  (Marti  p.  laa  ).  Dei 
yìaó  di'Haajiaik  anche  il  Rektora  Maomettano  (  KetiÉtedp.' l€  ) . 

4^ 


d»6 

ticioqae  miglia  ^^^  .eir'  è  <x>pia  aniio.  di  '  quel  dal  bgb ,  dke  tatl*oi4 
vi  sono  pescatori,  òhe  non  faoao  altro ^  quaFè  di  divearse  sorti 
seconda  le  stagioDi  lielU  anno  ;  e  per  le  iramoodizie  ,  che  vengo* 
DO  dalla  dita  j  è  grasso,  e  saporito»,  ohe  chi  vede  là  quantità  del 
detto  pesce,  noù  pétiserìa  mai,  che  sì  dovesse  vendere,  e  oondimeDO 
in  poche  ore  vien  tutto  levato  via,  tanta  è  la  piokitudme  degli  abi«^ 
tanti  avvezzi  a  vivere  delicata  mente  :  perchè  naaog^anò,  e  pesce^  t 
carne  in  un  medesindo  coavito.  Tutte  le  dette  dieci  piazze  sono  dr- 
candiite  di  case  alte ,  e  di  sotto  vi  sono  botteghe  ^^ ,  dove  si  la* 
vorano  ogni  sorte  ài  arti ,  e  si  vende  ogni  sotte  di  mercanzie 
e  spezierie ,  gioie ,  perle  ;  e  in  alimne  botteghe  non  si  vende  al^ 
irò ,  che  nnq  faiio  di  risi  con  spezierie ,  perchè  di  continuo  lo 
vanno  facendo  di  fresco  ih  fresco^  ed  è  buon  mercato.  Vi  sono 
niolté  strade,  che  rispoudoóo  sopra  détte  piazze  :  in  alcune  delle 
quali  vi*  sono  molti  bajgni  d' acqua,  fi^edda ,  accomodati  con  molti 
servitori,  e' Servitrici ,  che  atiendboò  a  lavare,  e  uomini,  e  don- 
ne che  vi  vanno,  percioòcbè  da  piccioli  sono  usiati  a  lavarsi  in 
aoqua  'fredda  d^cgni  iempo;  k  qual  cosa  dieooQ  essere  molto  a 
proposito  della  sanità  .  Tengpno  ancora. in- detti  bagni  al^ne  esLf 
mere  con  Tacque  calda  per  forestieri ,  che  .non  {)otriano  patire  la 
^fredda  non . essendovi  avvezzi.  Qgni  giorno,  hanno  Usanza  di  la- 
varsi ,  e  non  man^ierìano  se  non  &jesero  lavati  k 

in  tiltre  strade  stanziano  le  donne  da  partito,  che  sono  tn 
taiitOL  numero ,  che  non  ardisco  a  dirlol  £  non  solamente  appres- 
so le  piazze ,  dove  sono  ordinariamente  i  luoghi  loro  deputati , 
ma  \ìev  tutta  la  otta ,  le  quali  stanno  ipolto  pomposankeote  con 
gnuidi  adoi*i ,  e^con  mokC' serve ,  e  le  case- tutte  adornate*  Que- 
ste donne  sono  molto  valenti  ,  e  pratiche  in  sa|)ere  far  lusinghe, 
e  carezze  con  parole  pronte  e  accomodate  a  ciascuna  sorte  di  per- 
sone, di  maniera  che  i  forMtieri^  che  le  gustano  una  volta,  riman- 
gono come  fuor  di  se ,  e  t^^HO  sono  fcmk  ddia.  4ol«(Pi«a  e  pia- 


"    I      II      ■! 

I  . 


€d4.  f^entimnqmmi^ti0.  Sscondo  lo  SUmitDo  V  (ifiboccatma  àt\  fiume  èdi* 
fttante  «essante  migUa  dalla  città  (  Ambass.  t.  IV.  p.  166  ).  ìfa  la  earte  particohre 
dcd  Tdte-kimng  wn^mim  k  di^t^uu^  aanc^rU  d^l  ;Ftlo« 

6o5  •  Boiiéghé  dt  ogni  sor,i0  di  Jitef^owe.  Secondo  lo  Steipaton  tutte  le  case 
delle  «ie  f^rificipaU  bamio  liotteg^  o  leii^Jù  su)  4«vaiiti ,  pion  iDfeyripri  ai  pA  watk^ 
taositohedi  deui  generi  si  redemo  ia.  |Loeidra.(  iWd.  p.  ;i^  ).  Ter»  fi  rìpeteito 
^^  iileggi  toTfK  riflette  qm^to.  q|ueU#  ri<((4ie9we4  elìqgaMa  dovesse  reodei^  etyydkfr- 
to  un  Europeo  d^l  Sf  cplo^m  ^ 


3^7 
cevotezsà  loro^  che  mai  sé  le  possono  dimenticare  «  £  da  qui 
avviene,  che  come  ritornano  a  casa,  dicono  esser  siati  in  Quinsa^ 
cioè  nella  città  del  cielo ,  e  non  veHgono  mai  V  ora ,  òhe  dA  nuo- 
vo possano  ritornarvi .  In  altre  stjrac»  vi  staiusiano  .tutti  li  teedìc}, 
astrologhi ,  i  qoalì  anco  inaegbano.  a  lecere  e  scnTere ,  e  itifinite 
altre  arti .  Haimo  li  loro  luoghi  aitòmó  attorno  dette  piiizze . 
sopra  ciascuna  delle  cniali  ti  sono  dae  palazzi  grandi ,  un  da  uà 
capo ,  e  r  altrt)  dall'  auro ,  dove  stanziano  i  signori  deputati  per 
il  re ,  che  fanno  ragioae  imtnédiate ,  se  accade  alcuna  differenza 
fra  li  niercami ,  e  similmente  fra  alcuni  dè^i  abitanti  in  quelli 
contorni .  Detti  signori  liaiwo  <:arieo  d'  intendere  ogni  giorno , 
se  le  guardie  che  si  fàano  ne* ponti  vicini,  (ccinie  di  sotto  ai 
dirà)  vi  aiatio  staie'^  ovvero  abbino  raanìeatOy  «i  le  puniacoali 
come  a  loro  psrei 

*  ^^^^'^S^  1^  strada  principale ,  'che  abbiamo  detto ,  che  cor- 
re da  un  capo  aM^'aluro  della  città  ^  vi  souo'dauna  banda  *e 
dair  altra  case ,  e  palazzi  grandissimi  eoa  li  loro  giardini ,  e  ap- 
presso case  d*  artefici ,  che-  lavorano  nelle  sue  botteghe  :  e  a 
tutte  l'ore  s'incontrano  genti ,  che  vanno  su  e  giù  per  le  sue 
faccende,  che  lì  accade,  che  k  Vedére  tabtd  tndltitudine ^^  ognun 
crederìa  ^  chp  non  fosse  possil>iIe  ^  che  si  trovasse!  viituarie  a  ba- 
stanza di  {)eterla  pascere  ;  e  soiKtimeno  iU)  ogni,  giorno  di  mer- 
cato tiftte  le  dftle;  yiJazke  sono  coj^rte,  è  ripiene  di  genu^  e 
mercanti ,  che  le  portano ,  e  sopra  carr^,  è  Wpta  ha(vi ,  e  tutt<>  fA 
spaccisi.  JBt.  ]>cr  aire  una  ^imiUtudine  del  pepe ,  cUe  si  consu- 
ma in  questa  città  j  aceibccliè  da  questa  si  possa  considerare  la 
quantità  delle  vhiforfrie / cjh^Wì ,  vini,  spezierie.  che  alle  «pese 
universali  che  si  fanno,  si  rfeércWriù,  M.  Marcò  semi  f^r  11 
conio  da  un  di  quelli,  che  aiiendòno  a^te  clogane  de)  Gran  Can, 
dii«iMUa  4Ùlta  di  Quinsai^  per  liso  di  quella  si  consumava  ogni  gior* 


€66.  Tanta  ^oiihudim\  Per  <fbntit0  quésta  chcè  dÌ«Um  essere  lommcmente  de- 
raduti! j  per  nen  essere  più  da  dnqoe  secoli  in  poi  la  eapfllale  della  Cina,  è  tuttora 
popolfatìssinu .  Lo  StaiAiton  dice.*  «  la  sua  popolàtieoe  è  tmiiieiisa:  e  prttendeai 
t  che  ag^uiligà  qìiaai  a  quella  df  l^eldno  t  (  tbid.  p.  167  )  Secondo  il  Duhaldo  gli 
atiitanti  della  città  superano  ilf  ihilfoòe  (t.  I.  p.  17S).  Dice  il  P.  LeCamte:  w  ivi 
9  é  tanta  ^nte  per  le  vie  quanta  in  Parigi»  e  siteome  i  borjgW  aeoo  vastjaaimi,  • 
9  il  numero  delle  barche  e  canali  infinito,  ik<m  credo  ^ncsia  dttà  meno  popolosa 
»  delle ptùgrandl d' Europa  »(  t.  I.  p.  i45). 


no  quarantatre  some  idi  pepe  i  e!  ciaséooa  ^«bma  è  libbre  da* 
gerito ,  e  ventitre .      •  • 

Gli  abitatóri  .di  questa*  città  mdo  idolatri ,  e  spendouo  mo- 
neta di  carta  ^  e  così* gU 'Uomini'  eome .  le  .  donne  sono  bianchi ^ 
'e  belli  ^7  9  e  vestono  di  colìtiiiuOila  maggior  jiarte  di  seta^  per 
la  gratfd'  abbondanza  ^  che  hahboidi  quella  die  nasce  in  tutt'U 
territorio  di  Quìosai  ^  c^trela  gran  qnànutà^  cbe  di  continuo  per 
Inercanti  vien  portata  d' altre  provincie  •  Vi  soo!o  dodidì  arti ,  che 
sono  reputate  le  principali ,  aie  abbino  maggior  corso  dell'  alire, 
ciascuna  delle  quali .  ha  mille  botteghe  >  è  in  ciascuna  bottega , 
.ovvero  stanea  vi*  dimorano  dieci  y  quindici  e  venti  lavorami ,  e 
ta  alcune  (Imo  a^  quaranta  «OMO  il  suo  padrone ,  ovvero  maestro. 
<Li  riocÀijy  é  priacipal  capi  di  dette  botteghe  .^^^loa  fanno  opera 
:  alcuna  con  le  loro  mani  :  ma  stanno  civilmente-,  e  con  ^an  pam-- 
* pa . ' >n  medemno  . findo  le  loroldònne  e  moglie  che  sono  bel- 
lis^e  ',  cpm'  è  detto  ^  e  .^allevate  mòrbidankóMe  y  <  ^  tcou  graft  de- 

'.    •>•:'.'*.>•*    i'/    fMt^   tr\^n   oca:-!!  ■;■?    ■  •'•.        !.   ii.:.   '|,        <  ,  . 

^7  ^  ^^  (Aitof^i  i^M  òiafKfù  jf  hiptti^  Il  Relatore  dell*  Ambaflcerìa  di  Macar- 
tenejr  (  ibicL  p..  i3i  )  osservo  clie  U  donna  a  Su^tcHcu  èrano  più  bèlle ,  .più  awt« 
nehti/e  meglio  Vestite  chè'ùella  Cina  Settentrionale .  Rlfliette  due  ivi  1*  necessità  ds 
caltiVal4»té^  (M^^^^'»  dlÌii^Me.cu|^.aoBiiciLr  aa|n  fiitkhe^  e  gniMohm  ftll- 
«leptii  y  «vèi;  .pfi^o.^iiipo  ^  (hie  9X^^f^f%^f,  àfik.t/fitfo^^l^fy  anaenaot  Ja  cama« 
;(Ì9i^*  in|;offi3i;e.i  iioe^enti>  e  gli,gU9^ta  più^di  quello  che  Caccialo  il  soledet 
Jhhe-kienjg  che  è  distante  .3«^®  soltanto  dair  equatore  ..y  Le  pcup|e  est/acile  et 
»  cou Aoi^'** a TeSprit  éocctUent y .  (  Mari. p. - 1 55 ) ;  il- viegghtore  ^laomet^aso  pub- 
blica datR^iiaudot'edst  dxliscrlvé.i  Onesi»  »  &BSiss(^iio:d[' ordinario  belli,  e  di 
»  beBa  sutura  «.bianchii  alieni  dalla  crapula  dei  vino,  pannò  i  capelli  più  neri  d'o- 
»t  gni  altra.génteL,.ek -donne  gU^ arricciar^  ^  (F*  ^7-)' 

^&.  Séi4  grUnd*  abSondai^zà.  Vi  /M>na  circa  60000.  .tessitop  di  séta  nella  cittiL 
e  nei  bórghi .  Le  altre  città,' terre  e  castelhi  che  vol{gbno  a  tramentana  ne'  sono  pieni 
(  M4rt.  Atl.  Sin.  p.  i55  ).  Vi  sono  pertìuta  bosdil  di  gelai.  B  7db*iianf  alleva 
ti  bachi  da  seta  «he  non  solo  fornisce  di  seterie  d'ogni  sorta  le  provincie  della 
ma  ne  manda  nel  Giappone,  alle  Filippine,  in  India  ^  in  Eur<^.  Quei  drappi  sono  i 
migliori  della  Gina,  e  tanto  vili ,  che  costà  meno  un  abile  di  seta  che  uno  di  grosso- 
lana lana  in  Europa .  Potano  i  mori  annualmente,  e  gK  tengono  nani ,  e  sanno  per 
t^perienM  die  1^.  £gig)i^^i^pÌGe(ai.fjìp,iqwlipi;.Sft^^  pri- 

nw  e  di  seepnda  tirali|ra.^La)Set4  priqia;|:it;d|i.^  q^if^ìla.^^ 

«Jforchè  le. foglie  SO110  leni^p^  <$  idelfjca^^  Vi«J^»  è  q^^lla.  j;be,,  ^ttif i^i  alorèhè  si 

calMi  il  fitugello  polla:  ffgl^  estivj^e  più  cjjin^j.  <|4|fij^tfisr^:^  di  pr^ffO  è  gnu^  fta 

t  quella  due  raiìe  sòKti4i^to.  C  Wurf.  Atl.  5iv*  p,  ^J»j,  y\  si  ^f^bbij^yot  u^/)r^ 

%c£m  ààicf^^  arleintessendoYitar^^  4i»^^fH  Bf»»f  iii><V5lli«  «M^iìvq»}**  coW.-  W 

«  un  parato  di  questa  stofla  beUi^i!^t.YÌ<iÌ.-M>  p«Rto  ;4i^,papfrf  .««U^.vUÌa  <MÌo  S^l* 

tolder  vicino  air  Aia.  ,  ..   i    1  ,  . 


3«g 


licatMzèV  e  testooa  eoo  tanti  adoroameou  di  seu,  e  di  gioie  ^^ 
che  noD  si  potria  stimare  la'  valuta  di  quelle^  e  ancorché  per 
li  re  aaticht  fosse  ordinato  per  legge ,  che  ciascun'  abitatore  ^  fosse 
obbligato  ad  esercitare  Y  aite  del  padre  ^** ,  nondimeno  come 
diventino  ricebi ,  gli  è  permesso  di  non  lavorar  più  con  le  pro- 
prie mani ,  ma  beh*  erano  obbligati  di  tenere  la  bottega  ^  e  uo- 
mini y  che  v'  esercitassiao  V  arte   paterna  «   Hanno  le  loro  casa 


•^ 


609.  Adornamenti  di  seta  0  di  gioje*  ^0  Stauntoo  osserva  che  Te  donne  di 
Su^tcheu  sono  più  belle  e  avvenenti ,  e  vestite  eon  maggior  leggiadrìa^ di  quelle 
della  Cina  settentrìonale .  Purtataò  una  scufBetCa  di  raso  nero  die  à  una  puuta  che 
scende  fra  le  ciglia  arricchita  di  briManti,  e  orecchini  d'  4mo  «  di  cristallo  (  Ambas* 
t  IV»  p.  i5a  ).'Sècóndo^  le  Comte quanto. trascurano  la  carnagione  gli  uomini,  al- 
trettanta cura  ne  hanno  le  domie.  £i  non  sa  se  usino  i  lisci  attualmente,  ma  gli  fu 
detto  che  ogni  mattina  si  servono  pel  collo  d'una  farìna  bianca^  più  atta  secondo  es* 
so  ad  offuscare  la  carnagione  che  a  darle  risalto.  Le  donne  haiinoil  naso  corto,  e 
gli  occhi  piccoK ,  nel  resto  dei  iineamenti  non  cedono  ìa  bellesza  aUe*£ttropee  •  La 
•loro  nétornle  modestia  dà  molto  pregio  alla  loro  gi^uositi.  Cuopronsi  il  collo  eoa 
un  collaretto  di  raso  bianoo,  Ve  mani  ^no  coperte  dalle  maniche  lunghe  delle  Io* 
ro  vesti'.  Camminano  adagio  e  mollemente  con  gli  occhi  basai  e  il  capo  inchinato. 
Saviamente  osserva  il  Missionario  che  la  moda  è  più  eflieace  ddh  virtù  a  eontene* 
re   le  femmine.  Esso  avrebbe   desiderato   che  dalle    dame  Cristiane   in  Euro* 
pa  fosse  osservata  quella  modestia  che  per  moda  praticano  da  tanti  secoli  in  poi  le 
Cinesi  idolatre.  Tal  modesto  esteriore  non  le  salva  dalla. brama  innata  in  quel  ^tA%i> 
di  £ar  mostra  di  se  ;  più  sono  rinchiuse,,  meno  amano  la  solitudine.  Si  vestono  ma* 
gnificamentet  e  s*  occupano  parecchie  ore  della  mattina  del  loro  abbigliamento ,  nelìa 
lusinga  di  esfere  vedu^  da  alcuno  nella  giornata^  quantunque  non  lo  siano  d^ ordi- 
nario che  dai  loro  domestici .  Si  pettinano  a  ricci  ^  nei  quali  intrecciano  mazzetti  di 
fiori,  d'oro  e  d* argento ^  e  queli* acconciatura  sembrava  al  relatore  preferibile  alfe 
amisurate  perrucche ,  che  erano  in  uso  in  Francia  ai  tempi  di  Lodovico  XIV.  Le 
dame  portano  una  veste  lung^  di. raso  o  (fi  broccato  rosso y  celeste  ,d  verde  a  piacl^ 
.  mezUo»  e  sopra  di  essa  una  sopraveste  o  casacca  a  maniche  che  strascicano  fino  a  ter- 
ra  quando  non  ii  riiilzino .  Ciò  che  particolarizza  le  Cjnesi  da  tutte  le  altre  donne 
,  de^  Mondo ^1^'piceolezza  deMoro  piedi ,  de^  quali  con  studio,  e  con  strette  lascia- 
ture {JnpediscjDpLa  lo  sviluppo  fino  dall'  infanzia  (Le.Comte  t.  L  p.  2n5  ). 

Gfo»  L\ari9,dól,jfadr€*  Non  cosi  accade  oggidì  nella  Cina,  ed  anche  i^Po^a 
dice  che  fio. era  stato*  ordinato  dai  re  antichi .  Sembra  che  il  j^ovemo  militare  dei 
Tartari  m  virtù  deUquale  ogni  ardito  soldato  potea  ambire  ai  primi  ufCci,  facesse 
abolire  la  legge  Cinese ,  che  era  anche  stabilita  ncll'  antico  Egitto ,  e  che  è  tuttora 
barbaramente  osservata  nell'  Indie  (  Marsd.  n.  io3a  ].  Non  concordano  1  viaggiatori 
inforno  al'numero  dei  varj  ceti  •  noi  quali,  si  diyide  la  popolazione  della  Cina  ^ 
JXav^rette  ni^mera  i letterati ^ i  villici ,  gli  artigiani  i  mercatanti.  Il  Dahaldo  divide 
la  nazione  in  popolo  1  letterati,  e  mandarini;  altroyo  in  nobiltà  e  plebe.  Nella  pri- 
ii|à  si  coil^'prendonoi reali I  i .mandarini-,  i  letterati:  n^lla  secondai  (avoratprli.  i 
«iterca^antì,  gli  artig^iam  (;Hist«  Gener.  dea  Yoj.  t.  VI*  p*  181  1* 


33o 

mollo  ben  composte ,  e  riccameate  lavorate  ;  e  tanto  sì  dilatano 
negli  ornainenli,  nitture ,  e  fabbriche,  che  è  oosa  stupenda  la 
gran  spesa  che  vi  fanno  •  Gli  abitanti  oatnrali  della  città  di  Qain- 
sai ,  sono  uomini  jiaciiici,  per  esser  stati  cosi  allevati ,  e  avvezzi 
dalli  loro  re,  ch'erano  della  medesima  natura*  Non  sanno  ma- 
neggiar' armi ,  né  quelle  tengono  iq  casa  .  Mai  fra  loro  s' ode ,  o 
sente  lite ,  ovvero  differenza  alcuna  •  Fanno  ìe  loro  mercanzie , 
e  arti  con  gran  reahà,  e  verità  .  Si  amano  V  uno  V  altro ,  di  sorte 
eh'  una  contrada  per  Y  amorevolezza ,  eh'  è  fra  gli  uomini ,  e  le 
donne  ^  per  causa  della  vicinanza,  si  può  riputare  una  casa  sola. 
Tanta  è  la  domestichezza ,  ch'è  fra  loro  senza  alcuna  gelosia  ^' , 
o  sospeuo  delle  loro  doqne ,  alle  qtiali  hanno  grandissimo  rispel- 
lo ,  e  sana  reputato  mc^to  infame  uno,  che  osasse  di  jiarole  ia- 
oneste  ad  alcuna  maritata .  Amano  simiknente  i  forestieri ,  che 
vengono  a  loro  per  causa  di  mercanzie ,  e  gli  accettano  voleniieii 
in  casa  facendoli  carezze,  e  li  danno  ogni  aiuto ^  e  consiglio nel« 
le  faccende ,  che  fanno  •  All'  iucontro  non  vogliono  veder  soldati, 
uè  quelli  d^lle  guardie  del  Gran  Cao,  parendoli,  che  per  la  loro 
causa  siano  stali  privati  decloro  naturali  re,  e  signori. 

D'intorno  di  questo  lago^^^^  vi  sono  fabbricali  bellissimi 


6i  : .  Senza  alcuna  gelosia .  Non  si  pratica  più  in  tal  guisa  oggidì  ;  »  Us  croietft 
0\ce  le  G>mte) .  qu*il  est  de  la  bonne  politique  d'exclure  en  queique  maniere  toates 
»  les  femmes  du  commerce  apparent  du  monde,  dans  le  quel,  disent-ils  elles^e  peu- 
•1^  rent  étre  utiles  qu'^autant  qu^éDes  se  tiennent  en  repos .  Tout  leur  soÌn  ae  bome 
»  h  leur  domestique  t  ou  eHes  s*  occupent  uniquement  de  V  education  dea  tafana  • 
»  D'ailleurs  elies  n'  achetent,  ni  ne  vendent  riem  il  est  aussi  rare  d*èn  Toir  dtioa 
P  les  rìies,  que  si  elies  etoient  toutes  religieuses  >  et  obligèes  de  garderla  clótiare  » 
(  Le  Comte  t.  II.  p-  7$  )  •  LoStaunton  dice  cbe  nelle  scampagnate  e  passeggiate  fai» 
te  nei  lago  &'*Av  non  ri  erano  che  uomini|  perchè  le  donne  di  quél  paese  non  compa- 
riscono in  tali  occasioni^  (  Ambas.  t.  IV.  p.  174.  )  . 

612.  Di t/uesto  lago ,  Il  rammentato  di  Si-^hou^  ctie  descrìve 'il  Martini.  Esso 
ha  quaranta  stadi  di  giro»  ed  è  cinto  d' ogni  intomo  di  mura,  o  di  montagne  a  guisa 
di  vaga  e  piacevole  anfiteatro .  Dalie  medesime  scaturiscono  parecchi  mscélli.  Sulle 
montagne  vedonsi  templi,  palazzi ,  conventi ^  educatorj,  foreste,  sepolcri  e  giardini 
aggradai volissìmi,  e  da  due  parti  del  lago  vi  sono  vie  lastricate  a  pietre  larghe  :  le  det* 
te  vie  piantate  regolarmente  di  alberi ,  che  danno  un'ombra  amena.  Sonori  sul  lago 
veiToni  e  gradinate,  ed  altri  comodi  per  coloro  che  vò(|^ionó  andarri  a  spasso  (affuK. 
Atl.  p.  j36  ).  Dice  il  P.  le  Comte  che  If  relazioni  dicono  che  questo  lago  è  ineunte- 
vole,  che  è  tutto  circondato  di  auperbe  fabbriche,  e  di  palazzi  magnifici:  e  sog- 
giunge che  ciò  ppteva  essere  altra  volta,  ma  quando  ei  lo  vide  non  era  più  celti.  Ma 
osserva  con  molu  saviezza  che  non  occorre  lo  spazio  di  molti  secoli  per  fare  anda- 
re ia  rovinale  case  Cinesi  che  sano*  per  lo  più  di  legno.  Infatti  aOnsussiite  pi4  fiife. 


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33 1 

edifizj ,  6  gran  palatisi  dentro  e  di  fuori  y  mirabilmente  adorni , 
che  flooo  di  gentil'  nomini ,  e  gran  maestri .  Vi  sono  anco  mold 
tempi  degF  idoli  con  li  loro  monasteri,  dove  stanno  gran  nume- 
ro di  monachi  che  li  servono  •  Sono  ancora  in  mezzo  di  questo 
lago  due  iscde  ^  sopra  ciascuna  delle  quali  v'  è  fabbricato  un  pa< 
lazzo  ^'^  con  tante  camere  e  logge ,  che  non  si  poma  credere , 
£  quando  alcuno  vuol  celebrar  nozze ,  ovv&ro  far  qualche  solen^ 
ne  convito ,  va  ad  uno  di  questi  palazzi,  dove  gli  vien  dato  tutto 
qaello,  che  per  questo  effetto  gli  è  necessario,  cioè ,  vasellami^ 
tov2|glie,  mautiU ,  e  ciascun'  altra  cosa ,  le  quali  sono  tenute  tutt« 
in  detii  palazzi  per  il  comune  di  detta  città  a  quest'  effetto,  pen- 
che  furono  fabbricati  da  quello  :  e  alle  volte  vi  saranno  cento ,  che 
alcuni  vorranno  far  coviti^  e  altri  nozze,  e  nondimeno  tutti  saranno 
accomodeli  in  diverse  camere  e  loggie,  con  tanto'  ordine ,  che  uno 
non  da  impedimento  agli  altri .  Oltre  di  questo  si  ritrovano  in  detto 
lago  legni ,  ovvero  barche  in  gran  numero ,  grandi ,  e  piccole 
per  andar'  a  sollai^ ,  e  darsi  piacere  ;  e  in  queste  vi  ponno  sta* 
re  dieci ,  quindici ,  e  venti ,  e  più  persone ,  perchè  sono  lunghe 
«quindici  ano  a  venti  passi ,  con  iondo  largo  e  piano ,  che  na* 
Vigano  senza  declinare  ad  alcuna  banda  :  e  ciascuno  che  si  dilet«« 
la  di  sollazzarsi  con  donne  j  ovvero  con  suoi  compagni ,  piglia 
nna  di  queste  tal  bardie ,  le  quali  di  continuo  sono  tenute  ador- 
ne con  Delle  sedie  e  tavole ,  e  con  tutti  gli  altri  paramenti  ne* 
cessar!  a  far' un  convito  ^*^ .  DI  sopra  sono  coperte,  e  piane, 
dove  stanno  uoniiai  coq  stanghe ,  le  quali  ficcano  in  terra ,  (perchè 
detto  lago  non  è  alto  più  di  due  passi ,  )  e  conducono  dette  jj^ar- 
die  dove  gli  vien  comaiidato .  La  coperta  della  parte  di  dentro 
è  dipinta  di  vari  colori,  e  figure,  e  similmente  tutta  la  barca, 
e  vi  sono  attorno  attorno  finestre ,  che  si  possono  serrare ,  e  api- 


brìca  antica  d"  ordina  Toscano,  perchè  niavano  gli  Etraschi  architravi  di  lagno  (I^e 
Comte  i.  I.-p.  146  ).  I  pregi  di  Uang^AeU  doTenmo  decadére  molto  anordiè  oecaò 
di  essere  la  capitale  dell* Impero.  Tuttavia  la  vista dellage diletta eomnidmanla 
gì'  Inglesi  djpirAmhMdiita  di  ^rd  Macartnajr,  eha  deicriMero  il  M(o  pi«sfo  a  po^a 
come  il  Polo  (  Amb^M.  t.  IV.  P.  174  )  * 

6|S  •  Un  palagio .  Ciò  contenne  il  P.  Le  Comte  (  U  e.  ) 

614.  Fdfie  iM  Milito.  Si  mantiene  r  uao  tuttora  di  andare  a  praaxare  sn  detto 
lago  per  rierearn.'  /^«ii«ra««in  che  accompagnava  V  Ambasciato  Inglese  aoleggid 
una  elegantiasima  barca»  a  ^  condusse  a  spa#ao  akyni^daUa  anibsaoiata^é  died#  Uro 
da  pranzo  (  Ambas.  Le.}' 


33i 

re  acciocché  quelli,  che  stanno  a  magiar,  sentati  dalle ^band^^ 
possinò  riguardare  di  qiià  e  di  là ,  e  dare  dilettazione  a  ^  oc- 
chi  per  la  varietà ,  e  bellezza  de*  ^  luoghi  dove  vengono  condotti. 
E  veramente  T*  andare  per  questo  lago  dà  maggior  conscJoaone, 
e  sollazzò,  che  alcun   ahra  cosa',  che   afver  si  pòssa  in   terra ^ 

f)erchè  '1  giace  da^un  lato  a  lungo  della  città,  dimodoché  di 
ontano  stando  in  dette  barche  si  Vede  tutta  Itì  grandezza,  e 
bellezza  di  quella,  tanti  sonò  ì  pahzzi: ,  •tettrpi  j  niohasteri ,  giar- 
dini con  alberi  altissimi,  posti  sopra  l'acqua,;  e  sì  tniov2ino  di 
continuo  in  detto  lago  simil  barche  con  genti  ^  »clie  vanno  a  sol- 
lazzo ,  perchè  gli  abitatóri  di  questa  città  non  pensano  mai  ad 
altro,  se  non  che ,  fatti  che  hanno  i  loro  mestieri ,  ovvero  mer- 
canzie ,  con  le  loro  donne ,  ovvero  con  quelle  da  partilo ,  dispen- 
sano una  parte  del  giorno  in  darsi  piacere ,  o  in  dette  barche , 
ovvero  Carrette  per  la  città,  delle  quali  è  necessario,  che  ne 
parliamo  alquanto,  per  esser  un  de'  piaceri,  che  gli  abitanti  pi- 
gliano per  la  città,  al  medesimo  mcnlo  che  fanno  con  le  barche 
per  il  lago .  > 

!jB  prima  è  da  sapere ,  che  tutte  le  strade  di  Quinsai  sono 
saleggiatc  di  pietre ,  e  di  mattoni,  e  similmente  sono  saleggiate 
tutte  le  vie  ,  e  strade ,  che  corrono  per  ogni  canto  della  provin- 
cia di  Mangi,  si  che  si  può  andare  per  tutti  i  paesi  di  quella  seti^ 
za  imbrattarsi  i  piedi .  Ma  perchè  i  corrieri  del  Gran  Can ,  con 
prestezza  non  potriàno  con  cavalli  correre  sopra  le  strade  saleg- 
giate, però  è  lasciata  una  parte  di  strada  dalla  banda,  senza  saleg- 
giare,  per  causa  di  detti  corrieri.  La  strada  veramente  principale, 
che  abbiamo  detto  di  sopra,  che  corre  da  un  capo  all'altro  del- 
la città  ;  è  saleggiata  similmente  di  pietre,  e  di  mattoni,  dieci  pas- 
si  peir  -  ciascuna  banda ,  ma    nel  mezzo  è  tutta  ripiena  d'  un^ 
ghiaja  piccola,  e  minuta  con  li  suoi  Condotti  in  volto,   che  con- 
ducono le  acque,  che  piovono  ue^ canali  vicini,  di  sorte  che  di 
.  oonniquo  jstà  asciutta .  Or  sopra  questa  strada  di  continuo  si  veg- 
gono andargli,  e.  gm  alQune  carrette  lunghe  coperte,  e  accon- 
-Hie  con  panni ,  e,  cbscini  di  seta ,  sopra  le  quali  vi  possono  stare 
''sei  persone-,.-  e  vengono  tolte  ogni  giorno  da  uomini  '  e   donne , 
che  vogliono  andar' a  solazzo.  E  si  veggono  tuttora  infiaìte  di 
oqueste  carrette  andar'  a  lungo  di  detta  strada  per  il  mez^to  di 
qtiella ,  e  se  ne  vanoo  a'  giardini ,  deve  vengono  accettati   dagli 
òhoknì^  sotto  alcune  ómbre  .fatte  per  questo  effetto,  e  quivi 


333 

stanno  a  darsi  buon  tempo  tutto  il  giorno  con  le  lor  donne,  e 
poi  la  sera  se  ne  rilornaiio  a  casa  sopra  dette  carrette . 

Hanno  uà  costume  gli  abitatori  di  Quinsai ,  che  come  nasce 
un  fanciullo,  il  padre,  o  la  madre  fa  subito  scriver' il  giorno,  e 
r  ora  ,  e  il  punto  del  suo  nascere  .  £  si  fanno  dire  agli  astrolo- 
ghi ,  sotto  qual  segno  egli  è  nato ,  e  il  tutto  scrivdbo  *  e  come 
egli  è  venuto  grande ,  volendo  far  mercanzia  ,  viaggio ,  o  nozze  , 
se  ne  va  all'astrologo  con  la  nota  sopra ddetui.  Qual  veduto,  e 
considerato  il  tutto,  dice  alcune  volte  cose,  che  trovate  esser 
vere  le  genti  li  danno  grandissima  fede  ;  e  di  questi  tali  astrolo- 
ghi, ovvero  maghi  ve  n'  e  grandissimo  numero  sopra  ciascuna 
piazza  .  Non  si  cdebreria  sposalizio  se  V  astrologo  non  li  dicesse 
il  parer  suo  ^'^. 

Hanno  similmente  per  usanza ,  che  quando  alcun  gran  ma* 
estro  ricco  muore ,  tutti  i  suoi  parenti  si  vestono  di  canevaccio, 
così  uomini  come  donne ,  andandolo  accompagnare  fino  al  luogo 
dove  lo  vogliono  abbruciare,  e  portano  seco  diverse  sorti  d  is- 
trumenti,  con  li  quali  vanno  sonando  e  cantando  in  alta  voce 
orazioni  agi'  idoli ,  e  giunti  al  detto  luogo  gettano  sopra  il  fuoco 
molte  carte  bombagine  ^'^ ,  dove  hanno  dipinti  schiavi  ^  scliia ve , 
cavalli,  cammeli,  drappi  d'oro  e  d'argento,  perchè  dicono , 
che  il  morto  possederà  nell'altro  mondo  tutte  queste  cose  vive 
di  carne ,  e  d' ossa  ,  e  averà  denari ,  drappi  d' oro ,  e  di  seta  ;  e 
compiuto  d' abbruciare  suonano  ad  un  tratto  con  grand'  allegrez- 


t4- 


6t5.  Astrologo  non  li  àicesié  ti  parer  suo  !»  Quei  ^ciarlalani,  dice  51  Dùhaldo, 
,,  (  t.  Ut.  p.  279  )  che  cercano  d'ingannare  coirastroiogta  giudtciaria  che  predicono 
„  gli  avvenimenti,  deaumefodoli  dalla  situazione  dei  pianeti ,  e  dalle  diverse  loro  ap- 
;,  parenze ,  banno  credito  presso  i  deboli  e  i  supertiziosi.  Assegnano  le  ore  proprie  a 
U  ciascunia  tosa,  come  i  Rmari  dei  nostri  pastori ,  e  indicano  con  un  segno^  quando 
„  conviene  Yarsi  cavar  sangue ,  prendere  un  purgante,  tosare  le  pecore,  viaggiare,. 
„  tagliare  i  boschi ,  seminare ,  piantare  ec.  Vi  segnano  ifl  tempo  opportuno  per  do- 
„  mandar  grazie  all'  Imperadore,  per  onorare  i  morti,  fare  sacridcj ,  maritarsi,  im- 
„  prender  viaggi ,  fabbricar  case,  invitar  gK  amici,  e  tuttociò  che  -  interessa  aiferi 

„  pubblici  ojWvkti.  Osservano  ciò  i  Cinesi  tanto  S'irupolosameiileiiche  non  osareb^ 

;,  bero  far  nulla  contro  la  prescrizione  del  lunaria  che  consultano  éame  un  oracolo.,, 

6t6:   Móke  carte  bombagine.  Dell'uso  di  bruciar  tali  cart«  rappresentwntl 

monete  e  altri  oggetti  nei  funerali  dei  Cinesi,  e  della  superstizione  c*e  ha  fatta  pre. 

valere  tale  costirmanza,  ne  parla  come  il  Polo  il  MagaiKaiis  (  Nduvell,  Relat.  p.i^ 

V.  t-  I.  p  142  n.  b  ).  Descrive  i  riti  funebri  dei  Cinesi  di  IWttì.  l «atl  il  Dóhaldo,  e 

£eceli  rappresentar  e  col  bulino  (  1.  IL  p.  124-  ^  A^g*  ) 

43 


334 
M  nitri  li  strumenti  di  coatinuo  cantando  •  Perchè  dicono ,  che 
con  lai'  onore  K  toro  idoU  ricevono  Y  anima  di  quello  che  si  ò 
abbruciato ,  e  cbe  egli  rinato  nell*  altro  mondo ,  comincia  una 
vita  di  nuovo  • 

In  questa  città  in  ciascuna  contrada  vi  sono  fabbricate  torri 
di  pietra  ^^^^  nelle  quali  io  caso  che  s' appj^pchi  fuoco  in  qual- 
che casa ,  (  il  che  spesso  snol^  aoeadeve  per  essarvene  molte  di 
bgqa)  le  genti  scampano  le  k>rQi  robe  ìa  queHe.  £  ancora 
è  ordinato  per  il  Gran  Gan ,  che  sopra  la  maggior  parte  de' 
ponti  vi  suano  Qotte  e  giorno^  sott'  uu  coperto,  dieci  guardia- 
ni ^'^,  cioè  cinque  la  notte,  e  cinque  il  giorno;  e  in  ciascuna 
guardia  v'èun  labernacolo  grande  ài  legno  ^'9  con  un  bacino  gran- 
de ,  e  un'  orinolo ,  con  il  quale  conoscono  l' ore  della  notte,  e 
cosi  quelle  del  giorno  .  £  sewif»e  al  principio  della  notte  com'è 
passata  un'  ora ,  un  de'  detti  euairdiani  percuote  una  volta ^^  nd 


■p*- 


617,  Torri  di  ffieira.  h^  fi|bt>rich«  pubbli^obe  che  app^lbuo^  CuloUf^ctU 
P.  Martini  (  AU.  Sio^  P*  <6  ]  sojni^Iiaiio  alqu.antp.  alle  Iprri  che  servono  per  gli 
orologi  pubÙici  fra  noi .  Vi  è  un,  orinolo  pi^o  d'acqup,  ohe.  segna  le  ore,  perchè 
quando  V  acqua  sgocciola,  e  cade  da  nn  vaso  ah'  allrp  solleva  una  tavoletta  che  in- 
diea  le  ore.  Un'uomo  a  oiò  deputato* oaservat  e  haltt  un  tanbofo  a  tutte  le  ore,  e 
spinga  inna^Ki  «m^  tarolft  coUucata  fuprì  dell^  twx^  d^e  n^o^M»  V  ora  co»  cara(te« 
ri  dislJA  grandezza  d'un  cubito.  Quest'uomo  serve  anche  pn^r  guitrdia  del  fuoco, 
perchè  è  posto  tanto  aito  che  scuopre  tuttociò  che  accade  in  città.  £  se  vede  che 
si  appicchi  il  fuoco  ad  una  casa,/>atte  il  tamburo,  e  chiama  per  estinguerlo.  Se  Tin- 
cendio  derivada  colpa  o  negligenza,  it  propnetarìo  della  casa  è  punito  di  morte  per 
il  pericolo  in  cui  pone  le  case  vicine,  che  per  lo  più  sono  di  legno  • 

Giiik  ttturtm  4f^  pimi-  •  .  •.  »  guar^kuii'  »  Civita*,  hfthet  plus  qi^am  duod^im 

a.  mllìa  poi|AÌiii|h,  il»  qi»pjli)»«it,  qmi^Hfi  ifiQir^npir  cu|itQ,diajp  »  ctt«^fiV9i}J^^ipH>a  ci- 
».  yitAtam,pr^.M4§a9  Ql)aam  (  P,  Qdii>rip»  (itog.  Utpr,  p*  68  )*. 

6i9i-  XiiAflrMp^,  gif^ìkslii  di  k§nq  •  Q«#crv^.  il.  I\}iirs4q;i  che  <{Me«ti>  iatm- 
naatudì  liig«i4>iat|p.pei:  ftineM^pii^^L,  ^vfm  4^  nsAU  t;^^lfi.t,9Qnè.aUI^.|>«nde- 
aerii^»  qm^un^e  n%  pw:U90  i^ltM^imJ  vi^ggÌMlprL.  Q)i  ^^RTop^ì  I9  HPB^toPO 
Gongiy  Ym»i«niiM%d«Uali»g»a  M^km^  ^  Qxx^f4^  l\  Qm^^fmó^msm  Foiiito  de- 
•crlvA,  1^  Hannp,  m^^^m  4«ig)l.  irtcMm^irti  t^tfi,  clifegpa^  ^\dk  ikiww  tte  pw»- 
aoft  )  a  rìmé  un  ie^H)  ìoMMikta  di.  w  91  ^^kPff^ìlko\mh^^^fCim^'.n0a.  Q^Mto 
^  /^0aa»èaidM.pitdi  4^fliifMi^.di  liiii§h^«a  a  KiiiwUU44i4wnMiia.;^.  J^  ppda  il 
lielalovQ  MaoMMrUaM.  dalL  {kftP|iH(lf)Ìti,odifr  qbe.  AQPiÌg!»>  LB>'^^i»WtPV»ty  per  lo 
strepito  )  aU0  tabelle  usate  dai.GrjsUwÀn  levante  (  Marad.  n.<o47  )«  UPulo  £1  men. 
zku^e  del  bocìM  €b«  i  up,  tim(»l|iQ.di  m^uMo.  U.P.  Le  ^amto,  dice  che  per  dar 
siigi4Q.délia»ni  hiAUmo  «ui.t»mbwp)gWMM«iijai9  (  j^em-  U  h.  p.  i43  ). 

4a».£ltoaiQtt  untKU^k^^^  Qy^VM^m  «wbe  Qg^idi.  p  he%  Chinois  oot:daii« 
»  toutas  leurs^illes  de  fort  gifniii  4:i«d^ef,  f^estioa^.^^  uHM^er  les  veiUtid;  la 


335 

tabertitcolo  e  tiel  bacitio,  e  la  coatraRia  sehte  ,  ch*e^i  è  uh' 
Alia  seconda  claBao  due  bolle  >  é  il  sìmii  fanno  in  ciasoUn''  ora 
moliiplicando  i  oolpi ,  e  non  dormono  tnai ,  ma  stannb  sèmpre 
TÌgilantt  >  La  mattina  poi  allo  spuntar  del  sole  cominciano  a  bal'- 
tere  nn'ora,  come  hanno  £itto  la  sera  ^  e  cosi  d' ora  in  ora .  Yan-* 
OD  parte  di  loro  per  la  contrada ,  vedendo  s' alcuno  tiene  lume 
acceso,  o  fuoco,  oltre  le  ore  deputate  ;  e  vedendolo  segnano  la  potta^ 
e  fanno  che  la  tnatiina  il  padrone  com{)are  avanti  i  signori  j  qual 
non  trovando  sclisa  legiuima  viene  condannato .  Se  trovano  alcu- 
DO ,  che  vada  la  notte  olire  le  ore  limitate ,  lo  ritengono ,  e  la 
mattina  Tappresentano  alli  signori .  Parimente  se  il  giorno  vegga- 
no alcun  povero y  qual  per  esser  storpiato  non  possa  lavorare , 
lo  fanno  andar' a   stare  negli   spedali,  che  infiniti  ve  ne  sono 
per  tutu  la  città ,  fata  ])er  li  re  antichi  ^  che  hanno  grand*  en^ 
trate  :  ed  essendo  sano  lo  costringono  a  fare  alcun  mestiero  •  Im* 
mediate ,  che  veggono  il  fuoco  acceso  in  alcuna  casa ,  con  il  bat- 
tere nel  tabernacolo  lo  (khno  sapere ,  e  vi  concorrono  li  guardiani 
d'altri  pomi    a    spegnerlo^  e  Stilvare  le  robe  de' mercanti^  o 
d' altri  in  dette  torri ,  e  anche  le  mettono  in  barche ,  e  portano 
air  isole  y  che  sono  nel  lago ,  perchè  niun'  abitante  della  città  in 
tempo  di  notte  averia  ardimento  d'uscir  di  casa,  né  andar' al 
fuoco ,  ma  solamente  vi  vanno  quelli  di  chi  sono  le  robe ,   e 
queste  gtiardie,  che  vanno  ad  aiutare,  le  quali  non  sono  mai  me* 
no  di  mille ,  o  due  mila.  Fanno  anco  guardia  in  caso  d'alcuna 
ribellione^  o  sollevazione,   clie   facessero  gli  abitanti  della  cit- 
tà  •  E  sempre  il   Gran   Gan   tien'  infiniti   soldati  a  piedi    ed 
a  oavalio  nella  città  >  e  ne^  contorni  di  quella  ^  e  massime  de' 
niaggi<»*  suoi  baroni ,  e  suoi  fedeli  eh'  egli   abbia  ,  per  esserli 
cpiesta  provincia  la  più  cara ,  e  sopraintto  questa  nobilissima  cit** 
tà  ,  che  è  il  capo ,  e  più  ricca  d' altra ,  che  sia  al  mondo .  Vi  so- 
no  similmente  fatti  in  molti  luoghi  monti  di  terra,  lontani  un 
miglio  r  un  dall'  altro ,  sopra  i  quali  v'  é  una  baldescra  di  legna^ 
me ,  dove  è  appiccata  una  tavola  grande  di  legno,  la  qual  te- 


^mMéàm^^ 


»  nuit^fNkèkydiMittgueordinàfì^èm^McfAq,  qdì  eùmtnctùtkÉifpt,  ou  huit  faeiv 
w  w^Mén  «otir.  At)  erdmencemeht  de  la^  pietAtttt  ùù  fraftì*  un  $ìé)A  ^Mp,  té  <fi'  on 
^  tfUspfné  ùoiititftoclkihent  dnmiit  deox  bemb  jUtfqià*  à  la:  ÈbeMèé  ytìUti  ca/^ldili 
»  ofÉ  hwpp%óétit  c&npBi^.  £  ieil  io  arguito  tomÉtttaito  i  tOpì  ^(m»è  i«Mle  vi- 
gilie (  Le  Comte  Le). 


336 

nendòla  un^  uomo  eoa  la  mano ,  la  percuote  con  V  altra  con  un 
martello,  sicché  s'ode  molto  di  lontano,  e  vi  stanno  delie  dette 
guardie  di  continuo  per  far  segno  in  caso  di  fuoco ,  perchè  non  li 
facendo  presta  provisione ,  anderia  a  pericolo  d'ardere  mezza  la 
città;  ovvero  come  è  detto  in  caso  di  ribellione,  che  udito  il  segno 
tutti  i  guardiani  de' ponti  vicini. pigliano  Tarmi,  e  corrono  dove 
è  il  bisogno  ^^' . 

Il  Gran  Gan  dopo  che  ebbe  ridotta  a  sua  obbedienza  tuua 
la  provincia  di  Mangi ,  qual'  era  un  regno  solo ,  lo  volse  dividere 
in  nove  parti ,  costituendo  sopra  ciascuna  un  re  ^^ ,  li  quali  vi 
vanno  a  star  per  governare,  e  amministrare  giustizia  alii  popoli. 
Ogn'  anno  rendono  conto  alii  fattori  d' esso  Gran  Gan  di  tutte 
r  entrate ,  e  di  ciascun'  altra  cosa  pertinente  al  suo  regno ,  e  si 
cambian'  ogni  tre  anni ,  come  fanno  tutti  gli  altri  uffiziaU .  In 
questa  città  di  Qninsai  tiene  la  sua  corte,  e  fa  residenza  uu  di 
questi  nove  re ,  qual  domina  più  di  cento  e  quaranta  città  tutte 
ricche  e  grandi .  Ne  alcuno  si  maravigli,  perchè  nella  provincia 
di  Mangi,  vi  sono  1200  città,  tutte  abitate  da  gran»  moltitudine  di 
genti  ricche  e  industriose .  In  ciascuna  delle  quali  secondo  la 
grandezza  e  bisogno  tiene  la  custodia  il  Gran  Gan ,  perchè  in 
alcune  vi  saranno  mille  uomini,  in  altre  diecimila,  ovvero  ven- 
timila ^^^ ,  secondo  eh'  egli  giudicherà ,.  che  quella  città  sia  più 
o  mauco  potente  •  Né  pensate ,  che  tutti  sian  Tartari ,  ma  della 
provincia  delGatajo,  perchè  li  Tarlafi  sono  uomini  a  cavalla,  e 
non  stanno  se  non  appresso  le  città ,  che  non  siano  in  luoghi  umi* 
di^  ma  nelle  situate  in  luoghi  sòdi,  e  secchi  dove  possino  esercitarsi  a 
cavallo .  In  queste  città  di  luoghi  umidi  j  vi  manda  Gataini ,  e 
di  quelli  di. Mangi,. che  siano  uomini  armigeri^  perché  di  lutti 
li  suoi  sudditi  ogn'anno  ne  fa  eleggere  quelli  che  pajoQO  alti  alle 
arnii,  e,  scriver  nel  suo  esercito,  che  tutù  si  chiamano  eserciti^ 
e  gli  uoniiai,  che  si  cavano  della  provincia,  di  Ma^gi,  non  si 


621 .  Ov'é  il  bisogno  ^  TuUe  le  leggi  di  buon  governo  qui  rammentate  sono 
mirabili  e  sembra  che  Quinsai  nei  secolo  XIII.  fosse  tanto  bene  regolata  quanto 
Londra  oggidì ,  aitravolta  Parigi .  Infatti  nelle  città*  ove  è  gran  conruttela  fa  d'uopo 
.parare  al  m^le  innanzi  che.  il  corpo  politico  cancrenato  non  .cada  in  isfaceUo.  « 

j        6^22.  jL^nrtf.  Questo  paÀso  schiarisce  pienamente  cip  che  altrov^  afiermampoiy 
fh^'A  Pylo  nei  .stati  dej^$n4enti  c|al  tartaro  .quando  j)arlaf  di  regi,  intenda  vicei^k  .  . 

62'^^  Ovvero  vituirnila.  fntoroo  a  questo  strai^icch^ vaie  numero  di  aolUali 
redasi  (t.  I.  p.  i42.n.)  ,         ^. 


337  . 

mettono  alla  cnstodia  delle  lor  proprie  città ,  ma  $i  oftandano  ad 
altre  che  siano  discoste  venti  giornate  di  canumino,  dove  dimora* 
no  da  quattro  in  cinque  anni,  e  poi  ritornano.acasa ,  e  visi 
roandan  degli  altri  in  loro  luogo^  e  questuo  ordine  osservano  i 
Galaini ,  e  quelli  della  provincia  di  Mangi  :  e  h  onaggipr  parjie 
dell'  entrate  delle  città ,  che  si  riscuotono  nelja  camera  del  Ovm 
Can  è  deputata  al  mantenere  di  queste  custodie  de'  isoldati  ;  e  se. 
avviene,  che  qualche  città  si  ribelli  (  perchè  spesse  fiate  gli  uqmiiìi 
soprnp|)resi  da  qualche  furore,  o  ebrietà. ammazzano ;i,suoi  reuoT 
ri ,  )  subirò  jcome  -s  intende,  il  caso ,  le  città  propiiiq^i^  otiandanq 
tanta  gente  di  quiesti  eserciti,  che  distruggono  quelle  pi|.t2^,  chd  h^n? 
no  coni  messo  T  errore,  perchè  saria  cosa  lunga  il,  volevi:  iac  venire 
un' esercito  d' altra  provincia  del  CataJQ,;jChe  jK>rteria ,  il,  tempo 
di  due  mesi  :  e  di  certo  la  città  di  Qninsai  ha  di  cònuiijjij^  gucir-: 
dia  trentamila  soldati,  e  qiiella  che  n  ha  meno,  n'b^  mille  fr^ 
a  piedi,  ed  a  cavallo.    ,  .    '  ,  , 

Or  parleremo  d' u  n  •  bellissinqo  palazzo  ^^*  ^ ,  dove  abitayar  il .  re 
Fanfur  ^^,  li  predeces^iiori .  del  quale  fecero  serrare  pa  spsziq 
di  paese ,  che  circondava  da  dieci  miglia  con  muri  altissimi ,  i^ 
lo  divisero  in  tre  parti  •  la  qi|iell&  di  aie^zp  s' entrava  per.  un!a 
graodissiraa  porta  dove  si.truovava  da  tip  caiitp  e  dall  ^Itrp  log^ 
gie  a  pie  piano  ^^  grandissime  e  larghissime,  con.  il  qop^rqhio.so: 
stenmo  da.  colonne ,  le  quali  cetano  dipio^^ ,  .,e  lavonate  con  oro  j 
e  azsorri  finissàmì.  In  testa  poi  sjirvedeya  la  principale^  e  mag- 
^or  di  tutte  Valtre.sirailmeHte  dipinta  con  le  colonne  dorate;,  e 
il  splarocon  bellissimi  ornaos^nti  d'oro.^  e  d' 'intorno  alle  pareti 

•  !*      -  .  .  ,       .    .    .  .  j    ;       .      ' 

t 


I       4 


624.  Bellissimo  palazzo .  Nella  pianta  che  di  Hang^ic^H  1»  dàUitl  ÌDtfhaldév 
•Itrè  il  l-ec Ititi»' ideile  muraucbaDe^  altro  avvene  :ad  orieotei  che  aen^pggt^f.aì 
Tartari  dii9HM^d^;Ua  ^pcb^  «eqibra  che  fofl^e  queltoddPalaz^p  Impemle  .rammea- 
tato  dal'P/E^lp.  Queeto  recinto  da  quel  lato  comunica  col  la^o.  Per  la  debole  co- 
struzione dei  palazzi  chiesi  anche  sontuosi ,  e  per  la  soldatesca  licenza;  accadde  die 
ai' tempi  del  rolo  una  parte  di  quella  ImperìteUresideritii  éiù  caduta*  inìrèvìila. 
Tuttavia  gi^Ipiperiidori  vi  oonservimo  un  palazf^o  ikon^am)il9  9Y^.#*iVirapo.alr 
lorché  viaggiano  nelle  provincie  meridionali  (  Du  Hald.  l.  1.  p.  176  )• 

6aS.  Dove  aòUava  il  re  Fanfur^  li  D.  Oderico  (  1.  e.  )  nel  parlare  di  questa  cit- 
tà dice  p  Haec  est  civitas  regalis,  in  qua  rex  Manzi  olim  morabatur  » .  Ciò  con* 
ferma  .olUs  ii  a^m^^dlAiM^gi  o  Manzi  ^atodal  P.oio  alla. \Gìn^ .Meridionale  era  gè* 

ocralmciiteiuaitAt^.*.!       i,      ....  ..,  ..,»•..  fi 

6a6.  A  pie  piano.  Frase  vipìi^iào^  che  sigtjìOfa  a  tcrr^.i^Q.  ,       ^  ,  .  .^^^j 


338 

• 

erabo  dipITite  le  istorie  ^  de'  re  pts^  con  gratid'ariificio .  Qui- 
vi ogn'  anno  ia  aloatii  giorni  dedicati  alli  raoi  idbli ,  il  re  Fanfur 
sol^a  tener  coite,  e  dar  da  mangiare  a'principali  signori,  gran  inae^ 
stri ,  e  ricchi  artefici  della  città  di  Quinsai ,  e  ad  un  tratto  n 
«édevano  a  tavola  comodamente  sotto  tutte  dette  loggie  diecimila 
persóne  ;  e  questa  corte  durava  dieci  o  dodici  giorni,  ed  era  cosa 
Stupeùda  ^  e  fuor  d'ogai  credenzjsi  il  vedere  la  magnificenza  de'con^ 
vitati  Vestiti  dii  seta  e  d^  oro  con  tante  pietre  preziose  addosso , 
perchè  c^'un  si  sforzava  d'andare  con  maggior  pompa,  e  rìcchez« 
za^  che  li  fosse  possibile.  Dietro  di  questa  loggia  che  abbiamo  det- 
to, ch'era  per  vnezzo  la  porta  grande,  v'era  un  muix>con  un'uscio^ 
che  divideva  r altra  parte  del  palazzo,  dove  entrati  si  trovava 
Un'  altro  gran  ttiogo,  fatto  a  modo  di  claustro,  con  le  sue  colonne 
che  sostenevano  il  portico,  eh'  andava  attorno  detto  clanstro ,  e 
quivi  erano  diverse  camere  per  il  re ,  e  la  regina ,  le  quali  erano 
similmente  lavorate  con  diversi  lavori^  e  così  le  pared  •  Da  qae* 
éto  ckiustro  s'entrava  poi  in  un'andito  largo  sei  passi,  tatto  co- 
pertd:  ma  era  tanto  lungo ,  che  arrivava  fino  sopra  il  lago .  Ri^ 
épondevano in  queMO  àndito  dieci  corti  da  una  banda,  e  dieci 
dall'  altt^ ,  fabm-icate  a  tnodb  di  ddnstii  lunghi  cdn  li  loro  por-- 
tirhi  intorno  :  e  ciascun  dlanstro  j  ovvero  corte ,  avea  cinquanta 
Camere  coiir  li  suor  giardini,  e  iti  tdtte^  queste  camere  vi  stanziavano 
ntììh  donzetfe ,  che  il  re  tèècfra  if  suoi  $ervizi',  quaf  andava  al- 
cìxtìe  fiate  con  la  vegma ,  e  con  alcune  delle  detDe  a  sollazzo  per 
H  la^  sopra  barche ,  tutte  coperte  di  seta ,  e  anco  a  visitar  li 
tefnàp)  degl'idoli.  L' altre  due  parti  del  detto  serraglio  erano  par* 
tite  in  boschi,  laghi,  e  giardini  bellissimi,  piantati  d'alben  frut- 
tifori ,  dove  erano  serrati  ogni  sorte  d' animali ,  cioè ,  caprioli , 
daini  ^  cervi ,  lepri ,  conigli  ;  e  quivi  il  re  andava  a  piacere  con 
lottiavdamìgeUe^  parte  in  carretUj  e  parte  a  cavallo  ^  e  non  v'en- 
trava s#n9  alcuno ,  e  focevar ,  che  le  dette  ccurrevano  con  cani , 
è  dstvanà  h  i^da  a  qttestt  tAì  animali  ;  e  dopo^  eh'  erano  stno 
che,  andavano  in  quei  Boschi^  che  rispondevano  sopra  detti  laghi, 
e.  euivi  lasciate  le  vesti  ^  sq  n  uscivano  nude  iuon ,  e  entravano 
oely  acqn*,  e  «netievaosìf  »  nuotare,  eh»  da  una  banda.,  e  chi  daU* 


mabue.  L' arte  rìnaacev^a  appena  in  Italia,  nella  Gin<i  si  manteneva  da  «ask» 
preaAo  a  poco b  queifo Kt^cto Ih  t«t  è  «taciis l^l^* 


339 

altra,  e  il ra  ooa  granditisimo  fMoowe  le  ^uta  9,  vedere^  e  poi  $e  aq 
ritoroova  a  casa.  Àlcuae  fiate  ai  faceva  portar  da  mangiar'  in  quei 
boschi ,  eh'  erano  fidu  e  spessi  d' alberi  altissimi ,  servito  dalU 
dette  damigelle  «  £  con  questo  contiguo  trastullo  di.  dome  s' aU 
levò  senza  saper  ciò  che  si  fossero  armi .  La  qual  cosa  alla  iio^ 
li  partoi^ ,  che  per  la  viltà ,  e  dappocaggine  sua,  il  Gran  Gan  li 
tolse  tutto  lo  stato  eon  grandissima  sua  vergognate  vitiipet'io, 
come  di  sopra  si  è  inteso .  Tutta  questa  narrazione^  mi  fU  d^tta 
da  un  ricchissimo  mercante  di  Quinsai,  trovandomi  in  quella  cit- 
tà ^  qiiaV  era  molto  vecchio  ^  e  stato  intrinseco  famigliare  del  re 
Fanfur  ®^,  e  sapeva  tutta  la  vita  sua,  e  aveva  veduto  detto  pa- 
lazzo in  essere  ^  nel  quale  lui  volse  condurmi .  E  perchè  vi  stan- 
tia il  re  disputato  per  il  Gran  Can  ^  1«  loggia  p^hm  ^W  i^y^ 
cotDe  4oleva^' asMCit  ^  ma  te  camere  deU«  aioau^  soN(><Mad9te 
tutte  in  ruina,  e  non  si  vede  altro ^  ehe  vestigi.  Sim^laieMe  A 
muro  che  circondava  li  boschi  e  giardini  ^  andato  a  terra ,  e  non 
vi  soqo  più  né  Auitnali ,  »è  alberi  « 

Diseofito  da  quesJLa  ciiLà.  circa  vend€ÌiM|ue  miglia  ^^\  v'  è  il 
mare  Oceano  fra  Greco ,  e  Levante,  appresso  il  qoale  v?  ò  ima 
città  detta  Garapu  ^•^ ,  dpve  è  un  bellissimo  pòrto  ,  9I  a[itqlc  ar- 


fla8>.  IM  we  Fmnfur.  Qui  come  ntgli  alivi  hìtghi  ove  nmmeiitA  il  Rinfut  lem  * 
pM  wtande  AftveUwrt  «JMTMiptnidorfr  Tu-^s€m^y  priivtip^  •eooodb  le  atofic.  Cinedi 
étèk^Oi  •!!•  donneo  ai'Vtao ,  dw  mori  àx  SSk  «imiy  dopo  <)ì|ici  di  vcgpA.  £fso  fu.  npH 
coranto  é|H^Mior#  diNfimpara,  delk  glorip:  dair  «udditì ,  e  parcirf  aiH^xidaa41a.fiia 
atitonti|k  al  ptvMò-  Jflk»^j»»iìio,  e  affli  ^kvi  mmklri  che  non  fnnad  erano  vnadioàtiyìi, 
venali,  «  iceat4Mnatìt  e  agevoi^nano  pel  loaa aadoat  castegoorai  MbgoUl  V acqaula 
della  città  dì  Fmh<iim§^  e  dì  ^iémg-^nan^  e  preperarooo  in  tal>g«i#a  rinlai»  puiaai 
dek'  Impem  (  iiat.  Ceo.  de  k  Qhim.  ^lX.j^9i&).  Sembra  die  i  fiuieiulUi aalkyati 
poefeetaormeate  at^tvena^attepabale  «inuttriali)  non  gii  ooneaieraMero'  i  Ifogètli 
eene  lesena»  |hMpei«doiì  della  Cina» 

fia^.  fTet^ioin^^  migUm.  Pep  patito» si  dicesee  (  i|.  5g$  )  ehe  eeoandac  b  Ste* 
naton  V  ìmèoco^ì^nL  dal  fiume  sia  a  seseanta  miglia  dUla  oictji.  La  caiaa  pattìoelare 
della«ppavkMiia  èi^'ibk^iang  pmMcB,  l/aeferaione  del  Polo>  c|ip  iigellb  «he  iiiittaie 
la  all'iaab^oeaftam^  è  »  poee  più  di  aa  miglia  geegvaftche  di  dietanuiu 

63o^  Gmmfu  •  il  Miiasflkn  eongetliira  ohe  sia  il  poKo  di  Nimpo  chir  è  sessahCa* 
«inqnn  miglia  distaotetda  Hmng-tohem  in  retta  Iffinea,  Il  ceieÌH«  JDi-Oiaviamu  Barros 
tennjifta  M  ottava;  parte  della  sua  divisione  deU'  Asia  al  promontorio  che  è  quasi  nel 
mezso  di  tutta  la  costa  della  Cina ,,  che  i  nostri  (  ei  dice  )  chiamano  Limpo  per  ot-  « 
,,  gione  d^ii»  città  illustre,  che  siede  alla  volta  di  detto  capo,  ohiamata  da  quelli  del 
„  paeee  JVimpo^ij  (▲sia*  Yen*  i56ajp.  137)*  In  altro  luogo  (  pW7a  ):  e  pì^  innanzi  en-" 
y  ira  la  region  della  China  ^  divisa  in  quindid  governi  >  o  provincie ,  ognuna  dellfs 


34o 

rivano'  tane  le  tiavi  ^  che  veugano  d*  India  con  mercanzie .  E  il 
fiume,  che  viene  dalla  citia  di  Qainsaf  eairahdo  in  mare  fa  que- 
sto porto:  e  tult'  il  giorno  le  navr  di  Qnìnsai  vanno  su  e  giù  eoa 
mercanzie  ,  e  ivi  caricano  sopra  altre  navi,  che  vanno  per. diverse 
parli  dell' India  ,  edelCati«jo.  * 

Avendosi  trovato  M.  Marco  in  questa  città  di  Quinsai  quan- 
do si  rendè  conio  alli  fattori  del  Gran  Can  dell'  entrate,  e  nume- 
ro degli  abitanti ,  ha  vieduta,  che  sono  stati  descritti  i6o.  tomao 


»  quali  può  essere  un  gran  regno*  Le  marittime  che  fanno  al  nostro  proposito. sono 
&  Cantari  {Cantoh  ),  Fuguen  ('  Fo'khn  )  Che  quean  (  Tche^kiang  )9  nella  quale  siede 
»  Nimpùjàofyt  la  terra  fa* un  notabile  capo  » .  hing^po  meritaya  per  V  importanza 
dei  suoi  traffici  menzione, ed  è  considerata  come  il  porto  di  Hang^tcheu.  Infatti  il 
P.  Le  Gomte  per  recarvisi  sbarcò  a  Nins;-:po \t,  L  p.  7.7.  ).  Descrive  quale  era  l' im- 
portanza di  questa  città  nel  passato  secolo  il  Duhaldo  (  t  1.  p.  177  ).  Ma  non  può 
dissimularsi  un  obielto  contro  r  opinione  che  la  città  detta  Gampu  dal  Polo 
sia  Ning-pù^  ^à  è  che  per  assdrzione  del  Polo,  Gampu  era  sul  fiume  di  Hong' 
tcheu  I  e  Nimpo  é  sopra  altro  fiume,  detto  In  nelU  caria  dei  Tche-kiwtg  dei  P, 
Marlini  ;  secondo  la  Storia  Generale  dei  viaggi  é  al  confluente  dei  due  piccoli  fiumi 
Kin  e  Van^  il  primo  dei  quali  viene  da  mezzodì ,  Taltro  da  Greco,  quarta  di  Levan- 
te (tlV.  p*67) .  £  tuttavia  da  osservare  che  questi  due,  e  il  fiume  di  Hang^cheu  sono 
insieme  uniti  per  mezzo  di  canali,  e  perció-il  Polo  potè  credere  che  fossero  una  dira- 
mazione del  fiume  Tche^kiang  o  di  Hang'tcheu  .  Infalii  quando  il  P.  Le  G^mte  di 
Ning'pò si  reco  9i\Hang^tcheM  furot^U somihiiiistnite  barche, e fecedetta  navigazio- 
ne in  cinque  giorni  (  L  €•  p.  4?  )•  Osaerva  rettamente  il  Chiarìs.  Zurla:che  hA.  Testa 
Pipintano  questo  portò  si  appelifi  Ganfu^e  nell'Edizione  fiasìlense  ^loq^,  e  che  perci<( 
sembra  esuere  quello  stesso  pòrto  ove  approdo  il  .yia(;giafeoire  Maumeltiino  pubblicai» 
dal  Renaudot,  e  che  questi  credeva  inàle  a  proposito  Canton  (Zurla<Dtsser.t.Lp.t66)* 
Tanto  più  fondata  ci  sembra  l' opinione  del  Zurla  in  quuito  che  il  P.  le  Comte  che 
fecequesto  viaggio,  dice ,  non  avenveduto  cosa  più  spwvente^lè  della  quantità  de' 
scoglia  e -dell' isole  deserte  fra  le  quali  gli  occorse  naviga;^e«Sono  te  une  alle  altre  cosi- 
vicine,  che<' fa  d'uopo  accostarvisi  à  dieci  paesi  coti  perìcolo  ad  ogni. momento  di 
romper  la  nave .  Esso  valicati  questi  scogli  giunse  ad  uoà  piccola  citità^  e  ivi  fentra-i 
poikd  nei  fiume:  tre  leghe  più  adentrd'em  Nimpo'  (  ibid-  U  L  p.  ai  ).  Gonaparato 
^ueàto  rac<;ofrto  con  quello  del  flelatore  Mueuhnano  non  viha  luogo>a  dobitare  che 
kcittà  die  l'Araboi  appella  Cui;^  sia  A^'m^  del  Missionario*  Ei  dice/»  ilj&iut  un  India* 
»  de  navigation  pour  aller  de  Samierfoulat  à  la  Chine ,  et  on  emploit  buit  jonrs  en*' 
»  ^ers  a  passer  d^taecuéils  1^.  A.Aterk>rni/s«te. aveva  detto  che  entrate  k  navi. nel' 
mbTdì'S^ngd.9  di  linai^^vaiui  ^inoalle  porte  della  .Gina,  e.  che  cosi  si  appaiavano , 
scogli^  e  dfeoóigne  che  «sono  In.m^rò,  fralle  quali  eira  uflòstoetto^  passo  «  Pmsegne;* 
^  quand  Ufi  vaisseau  a  pa4^é  aude  là  de  ces  pfortes  il; elitre  arvec  ìsi  hmxtt  maree • 
)>  dartn.unr  golfe  .d' eau  douce  e.  C  cbiammenta  1'  imboccatuara4el  Aoxna^  »  et  vient 
»  donouilier  au  principiti  pf  rt  (de  bi  Chine  qui  est  celo!  d'  une  ìdlUi  ap|teUée  Ccm0ì  .  ^ 
{pàg.  i4).^  ,      .  . 


34 1 
di  fuochi  ^^' ,  computando  per  un  fuoco  la  fi'Tiiglia,  che  abita  ia 
una  casa;  e  ciascun  toman  contiene  diecimila^  si  che  in  tutta  la 
detta  ciità  sariano  famiglie  un  miglione,  e  seicentomila  ,  e  in  tan- 
to numero  di  genti  non  v*è  altra,  eh* una  Chiesa  di  Cristiani  Ne- 
storini .  Sono  obbligati  tutti  i  padri  di  famiglia  di  tener  scritto 
sopra  la  porta  della  sua  casa  il  nome  di  tutta  la  famiglia  ^^^,  così 
di  maschi ,  come  di  femmine .  Item  il  numero  de'  cavaUi , 
e  quando  alcuno  manca,  si  cancella  il  nome:  e  se  nasce, 
di  naovo  s'.  aggiugne  il  nome ,  e  a  questo  modo  i  signori , 
e  rettori  delle  città ,  sanno  di  continuo  il  numero  delle  genti .  E 
questo  s* osserva  nelle  provincie  del  Mangi,  e  del  Catajo.  E  si- 
milmente tutti  quelli ,  die  tengono  osterie  scrivono  sopra  un  li- 
bro il  nome  di  quelli  che  vengon'ad  alloggiare ,  col  giorno ,  e 
l'ora  che  partono,  e  mandano  di  giorno  in  giorno  detti  nomi 
alli  signori ,  che  stanno  sopra  le  piazze ,  Item  nella  provincia 
di  Mangi ,  la  maggior  parte  de'  poveri  bisognosi ,  «.'he  non  posso- 
no allevare  i  loro  figliuoli,  li  vendono  alli  cicchi  ^^^,  acciocché  me- 
glio sian'  allevati ,  e  più  abbondantemente  possiuo  vivere . 


65 1 .  Centosessanta  toman  di  fuochi,  IIB.  Oderico  cosi  dUcorre  della  popola- 
zione di  Qw'nsai  ove  fu  pochi  anni  dopo  il  Polo.  »  Per  dominum  etiam  unum  man- 
»  datum  habetur.  Nam  quilibet  igQÌ5  aolvit  unum  balis,  idest  quinque  cartai  bom- 
»  bacit  quae  valet  unum  florenum  cum  dimidio.  Hunc  etiam  habent  modum,  nam 
»  decem ,  vel  duodecim  supellectiles  faciunt  unum  ignem,  et  sic  solum  prò  uno 
»  igne  solvunt.  Hic  autem  i|snes  sunt  LXXXV.  tuman:  unum  autem  tuman  decem 
#   millia  ignium  faciunt»  (p.  68  ).  Dice  secondo  altra  Irzioney  che  alcuni  Saracini^ 
che  erano  forse  gli  appaltatori  o  esattori  di  quei  dazio  asserivano  che  erano  ottan- 
tanove iuman*  Sembra  che  nel  perioda  di  mezzo  secolo  circa,  da  che  questa  gran 
citCi  capitale  era  divenuta  provinciale ,  la  popolazione  delia  medesima  fosse  quasi 
•cemata  di  meti.  A^  tempi  del   Duhaldo  faceva  più  d'un  milione.  Un  baccellie- 
re   Cristiano  che  risedeva  in  quella  citti,  assicurò  un  Missionario  che  abitava 
Hang'tcheu  che  nel  solo  recinto  della  città  senza  i  borghi  che  sono  grandissimi  gli 
esattori  del  testatico  avevano  sui  loro  registri  circa  3ooooo  Hu  o  famiglie.  San-che^ 
voan  che  secondo  Fuso  Cinese  significa  3o  volte  loooo  ( Du  Hald.  1. 1.  p.  175). 
Osserva  il  M^raden  che  la  voce  Persiana  o  Tartara  toman  corrisponde  alla  Cinese 
f^oan{^.  1078). 

b5*i.  Scritto  il  nome  di  tutta  la  famiglia.  Ciò  vi  si  pratica  anche  oggidì 
(  Ma  rad.  n.  1074  ). 

655.  /  loro  figliuoli  gli  vendono.  Il  celebre  Libro  canonico  'Jei  Cinesi  appel- 
lato Jliao^king  o  ì\  Rispetto  filiale  ^  dice  non  esservi  piò  enurme  delitto  della  disub- 
bidienza dei  liglio  al  padre.  Attaccare  il  Sovrano  è  un  dichiarare  che  non  si  vuol 
superiore;  lo  slonlanarsi  dai  saggi,  é  un  manifestare  che  non  si  vogliono  maestri: 
dispregiare  T  obbedienza  filiale  è  un  dichiarare  che  non  si  vogliono  genitori,  ed 

44 


•  • 


•      . 


1 


34^ 
GAP.  LXIX. 

Dell'  entrata  del  Gran  Can . 

Or  parliartio  alquanto  dell'  entrata  ^^* ,  che  ha  il  Gran  Cau 
(iella  oitià  di  Quinsai ,  e  delP  altre  a  quella  aderenti .  11  Gran 
Can  riceve  da  detta  città,  e  dall'altre,  cne  a  quella  ris|X)ndono, 
eh'  è  la  nona  parto ,  ovvero  il  nono  regno  di  Mangi.,  e  prima  del 
sale  ^^*  j  che  vai  più  quanto  alla  rendita ,  di  questo  ne  cava 
ogn'  anno  ottanta  toman  d'  oro ,  e  ciascun  tomaa  è  tittaotamlla 
saggi  d'oro,  e  ciascun  saggio  vale  più  d'un  fiorino  d'oro,  che 
ascenderia  alla  somma  di  sei  milioni ,  e  quattrocentomila  du- 
cati ^^ .  E  la  causa  è  eh'  essendo  detta  provincia  appresso  l'Ocea- 
no, vi  sono  molte  lagune ,  ovvero  paludi,  dove  l'acqua  del  mare 
r  estate  si  congela  ^^^ ,  e  vi  cavano  tanta  quantità  di  sale ,  che 
ne  forniscono  cinque  altri  re*gni  della  detta  provincia  .  Quivi  na- 
sce gran  co|ìia  di  zuccliero  ^^,  qnal  paga  come  fanno  tutte  1'  aUre 


ecco  il  cohno  dellMniquUà,  i'biijgtnis  di  tatti  i  cHscMliykl  (  Da  Huld.  t.  II.  p.  364  ). 
Ma  col  corrompersi  le  costomai^ziè  bi^  hui^hòì  padri  al^Mitò.  Indila  colpevole  coiv 
suctudinc  ed  empia  di  esporre,  e  di  Vendere  \  figli,  praticata  tuttora. 

654.  Entrata.  I  trìbàti  della  |h*ovincia  di  Tche  k^ttìg  erano  a  tempo  dei  P. 
Martini  2,510,299  sacchi  di  Vi^ò;  libbre  570,446  d$  ^cta  eróda,  2674  balte  di  Seta 
iitata.  y^u^t^'O  v^'^c  hciranno  i&viìliranó  alla  corte  akuni  barconi  carichi  dei  pia 
belli  e  preziosi  drappi  di  s^eta  di  squisito  lavoro:  8,7o4r9  49^  fasci  di  fieno:  444>7^4 
salme  di  sale^  oltre  le  eiiti'àte  derivanti  da  due  gabeRé  stabilite  neUa  capitale^  una 
sulle  merci ,  l'altra  .huì  legnami .  Esso  aveva  udito  dire  più  volte  che  il  complesso 
dei  dazj  della  Provincia  aAc^n.Icva  a  piò  di  quindici  in^'li<òni  di  òcudi  (  Atl.  Sin. 
pag.  i52.  ) . 

655 .  E  prima  del  sale .  Il  fiume  di  Ning^po  ha  saline  dà  tutte  due  le  rive 
'(DuHald.  t.  1.  p.  178). 

656.  Sei  milióni 'e  quattrocento  tnila  ducati,  ParL'mdo'sfi  ^ui'dì  safsgi,  di  fiori- 
ni, e  di  ducati  potrebbe  nascere  equivoco  stri  valore  di  dettò 'mìAiete .  Il  fioriiio'è  lo 
zecchino  veneto,  ed  anche  pefrdiicato  dèe  intendeisi  lo  stc^o  ^e<^dhtirò ,  come  cia- 
scuno può  accertarsene  moltiplicando  gli  ottanta  tomani  d'  oro  per  ottantamIKi 
saggi ,  o  fiorini .  Infatti  nel  Te^to  della  Cru!(da  dice  ;  che  hiòkta  per  tutto  sei  miiio' 
ni  e  quattrocento  mila  saggi  d*  oro  »  (  r.  I.  p.  144  )• 

657.  L'estate  si  congela.  Ivi  come  nelle  saline  di  Portoferrajo,  di  Sardegna  e 
di  Trapani,  in  laghetti  aitcfatli  arginati  si  raccolgono  alcuni  pollici  d' acqua  niaii- 
na.  L'ardore  del  sole  ucll*  estate  4iè  Ai  evaporare  la  parte  aquosa,  e  il  sale  si  cri- 
stallizza come  nelle  caldajc  cdl  fUoòo. 

658.  ^uiiji  nàsct  gran  còpia  ili  zucchero.  L'  AmLusciata  Inglese  nel  risalire  il 


343 

specie  tre  e  un  terzo  per  cerno .  Similnieule  del  vioo ,  obe  »i 
fa  di  risi .  Delle  dodici  -^li ,  che  abbiamo  delio  di  sopra ,  dbe  lian- 
no  dodicimila  botie^^e  per  una  •  Item  tanti  mercanti ,  che  {)or^ 
lane  le  loro  robe  a  questa  città,  e  da  quella  ad  altre  pani  p('r 
terra  ri[)ortano ,  ovvero  traggono  fuori  per  mare ,  pagano  siniil- 
mente  tre  e  un  terzo  per  cento .  Ma  venendo  per  mare  ^  e  di 
loQtani  paesi  e  regioni ,  come  dell'  Indie  pagano  dieci  per  cento, 
e  similmente  di  tutte  le  cose  che  nascono  nel  paese ,  cosi  animali, 
come  di  quel  che  produce  la  terra  ]  e  seta,  e'  si  pagala  decima 
al  re ,  e  iati'  il  conto  in  presenza  del  detto  M.  Marco,  fu  trovato, 
che  l'entrata  di  questo  signore  non  computando  V  entrata  del  Sctle, 
detta  di  sopra ,  ascende ''ogn' anno  alla  somma  di  210.  tomaiii , 
e  ogni  toman ,  com'  è  detto  di  sopra  vale  ottanta  mila  saggi  d  oro, 
che  saria  da  sedici  aiilioni  d' oro ,  e  ottoceniomiia  ^  ^ . 

CAP.  LXX. 

Della  città  di  Tapinzu . 

Partendosi  dalla  citta  di  Quinsai  si  cammina  una  giornata 
verso  Scirocco  di  contitmo  trovando  case ,  ville ,  e  g^rdini  molto 
belli ,  e  dilettevoli  ^  dove  nasce  ogni  sorte  di  vittuarl^  in  abbon- 
danza ,  e  poi  s'  arriva  alla  città  di  Tapinzu  ^^^  molto  bella ,  e 


fiume  di  Hang-ióheu  vide  molti  campi  a  cultura  coperti  di  canne  saccarine,  che  era* 
DO  quasi  giunte  alia  maturità.  Fu  osservato  che  i  nodi  delle  medesime  erano  di* 
stanti  sei  pollici»  e  che  quelli  delle  Antille  io  sono  a  quattro.  Hanno  i  Qnesi  i  mulini 
da  zucchero  che  io  Stauntou  descrive  (  Macait.  Amb.  t.  IV*  p-  197  )• 

639.  Sedici  milioni  dToro^  e  otioeeniomiia .  Questa  rendiu  di  sedici  millioni  e 
ottocentomila  zecchini,  procacciò  al  Po' o  la  tat  eia  d*  esagerato,  e  il  soprannome  de- 
risorio di  milione  a  lui  ,  non  meno  che  al  suo  libro.  Ma  la  d'uopo  confessare 
che  se  intese  di  favellare  come  sembra  indubitato  di  tutte  le  entrate  dell'Impero  dei 
Mangi  come  ei  lo  appella,  o  dello  Slato  posseduto  dai  Hong^  non  è  la  sua  asserzione 
in  verun  modo  esagerata.  Il  Yun-nan  era  allora  staccato  dall*  Impero  della  Cina 
meridionale,  ma  vi  erano  comprese  tutte  le  altre  provincie  del  mezzodì.  Che  inten- 
desse di  parlare  della  totaliti  dell*  impera  dei  Song  parmi  che  si  deduca  »  da  ciò  che 
ei  dice.  »  Ora  parliamo  alquanto  delle  entrate,  che  ha  il  Gran  Cun  della  città  di 
9  Quinsai  e  (ielle  altre  a  quella  aderenti  t  :  ed  anche  ilal  uoiarc  che  del  sale  ne  for- 
niscono cinque  altri  regni  della  detta  provincia,  ove  pai  la  della  rendila  che  dava 
il  sale  . 

640.  Tapinzu.  Sarebbe  difficile  anche  congetturalmente  lo  stabilire  qual  fosse 
questa  città ,  se  dipoi  non  facesse  menzione  di  Zengitui^  che  diihostrertmo  essere 


344 

grande ,  che  rìspoode  alla  città  di  Quinsai .  Adcvano  idoli ,  e  han- 
no la  moneu  di  carta ,  abbruciano  i  corpi ,  e  sono  sotto  il  Graa 
Can ,  e  vivono  di  mercanzie ,  ed  arti.  £  altro  non  v'essendo ,  si 


dirà  della  città  di  Ugnin  ^^ . 


GAP.  LXXI. 


Della  città  di  Usuiu. 


Da  Tapinzu  andando  verso  Scirocco  tre  giornate  si  tniova 
)a  città  di  Uguiu ,  e  per  due  altre  giornate  pur  per  Scirocco  si 
cammina  di  continuo  trovando  città ,  camelli ,  e  luoghi  abitati;  ed 
è  tanta  la  continuazione,  e  vicinità^  che  hanno  insieme ,  che  pare  a' 
viandanti  passare  j)er  una  sola  città ,  le  quali  città  rispondono  a 
Quinsai .  Tutte  le  genti  adorano  gì'  idoli ,  e  hanno  abbondanza 
grande  di  vittuarie.  Quivi  sì  truovano  canne  più  grosse  ^*,  e 
più  lunghe  di  quelle  dette  di  sopra,  perchè  ne  sono  alcune  gros- 
se quattro  palmi ,  e  quindici  passi  lunghe . 


Yeu'téheu .  Talché  Tapinzu  deve  essere  un  luogo  del  TckeJciang  nella  direzione  di 
quella  città.  Non  inclinerei  però  al  parere  del  Magai  Hans,  che  vuol  che  sia  la  citti  di 
Tai'ping'fu  della  provincia  di  Non  kingf  mentre  in  tale  ipotesi  fa  d'uopo  far 
retrocedere  il  Polo  dalla  direzione  del  suo  viaggio  che  è  alla  volta  del  Fohien 
(Magaiil.  p.  io).  Dietro  tali  riflessile  la  distanza  itineraria  assegnata  a  Ta- 
pinzu dal  Polo,  potrebbe  congetturarsi  che  fosso  Fu-j-ang .  E  se  si  rifletta  che  n*! 
Codice  fViccardiano  si  legge  Canpingui  potrebbe  essere  ChaoJdng,  che  forse  ai  lem- 
pi  dal  Polo  era  distinta  col  .titolo  di  tcheu ,  che  è  suU*  avvertita  via  del  Fokien  t 
una  giornata  distante  da  Hang-tcheu  a  scirocco . 

641  .  Uguiu.  (  T.  O.  )  Nugui.  (  Cod.  Rice.  )  Uguj^,  Il  Marsden  fa  osservare  che 
sembra  corrispondere  alia  città  di  U-gu£  sul  lago  Tai  (  n.  io8s  )  della  stessa  pro- 
vincia. Ma  farebbe  d*  uopo  cercare  la  detta  città  a  Tramontana  di  Quinsai f  quando 
asserisce  il  Polo  che  è  quattro  giornate  a  Scirocco  di  questa  antica  residenza  dei 
Song .  Ma  debbo  confessare  che  non  saprei  rinvenire  a  quale  delie  .moderne  città 
corrisponda . 

Ò42.  Canne  più  grosse.  Il  Martini  nel  descrivere  la  provincia,  parla  del  ruscel- 
lo Luj-eUf  vicino  a  Tchwtcheu^  e  dei  boschi  di  bambuse  che  crescono  lungo  il  fiume, 
non  meno  che  dell'  utilità  delle  me  iesime  pei  Cinesi  (  Ati.  Sin.  p.  i4a  )  . 


345 

■ 

GAP.  LXXU- 

Della  città  di  Genguij  e  di  Zengian. 

AtidaDclo  pili  olire  due  giornate  si  truova  la  città  di  Gea- 
giii  ^^  ^  la  quale  è  molto  bella ,  e  grande  :  e  dopo  caoamiaando 
per  Scirocco  si  truovan  sempre  luoghi  abitati  ^  e  tutti  pieui  di 
genti,  che  fanno  arti^  e  lavorano  la  terra:  e  in  questa  pane 
della  provincia  di  Mangi  noa  si  truovano  montoni,  ma  d  ben 
buoi ,  vacche ,  bufali ,  capile  ^  e  porci  in  grandissimo  numero  « 
In  rapo  di  quattro  giornate,  si  truova  la  città  di  Zengìan^i'i, 
edificata  sopra  un  monte,  eh  e  come  un  isola  in  mezzo  un  fiume, 
perchè  si  diparte  in  due  rami  che  la  circondalo ,  e  poi  corrono 
airop()osto  l  un  dall'  ahro,  cioè  uno  verso  Scirocco,  e  l'altro 
verso  Maestro  •  Questa  città  è  sottoposta  al  Gran  Can  ^  e  rispon- 
de a  Quinsai.  Adorano  gl'idoli^  e  vivono  di  mercanzie,  e  bau-* 
DO  gran  copia  di  salvaticine ,  e  uccelli .  £  passando  avanti  tre 
giornate ,  per  una  bellissima  contrada  tutta  abitata  con  infinite 
ville ,  e  castelli ,  si  truova  la  città  di  Gieza  nobile  e  grande ,  ed 
è  r  ultima  della  provincia  del  regno  di  Quinsai,  perchè  quello 


64S.  GenguL  { T.O.  )  ChegnL  Con  molta  verosimiglianza  crede  il  Marsden  che 
possa  esaere  Tchu^kìy  luogo  segnato  nella  carta  particolare  del  Tche^kiang  {  not. 
1081  )  Ma  in  tale  ipotesi  il  Polo  per  trasferirsi  a  Yen-ucKeu  non  avrebbe  risalito  il 
fiume  Tsienrtang'kiang^  ma  avrebbe  presa  una  via  di  terra  più  lunga. 

644.  Ze/i^ifl/i^(PocJ.Ricc.)  Cingiam.Kon  pare  che  siavi  dubbio  che  corrisponf la 
alla  moderna  citld  di  Nien-tcheu^o  Vhn^tcheu.  Il  Polo  dice  che  Zengian  è  ediiicata  sopra 
un  monte;  che  ò  come  un'isola  in  mezzo  un  fiume ,  perché  si  diparte  in  due  rami 
clic  la  cir< .oridano ,  e  poi  corrono  all'  opposto  l*  uno  dall'altro,  cioè  l'uno  versò 
scirocco,  l'altro  verso  maestro.  Secondo  il  Martini  Yen-tcheu  ritrae  non  lieve  van- 
ta <^gio  da  due  fiumi  navigabili ,  che  confluiscono  vicino  alle  sue  mura,  e  la  mon- 
t«i(^na  d' Ulum  a  settentrione  viene  a  chiudere  in  certo  modo  la  città  (  ibid.  p.  iSp  ). 
Essa  fra  gli  altri  nonii  ebbe  quello  di  Sin-ngan  {13\sU  Gen.  de  la  Chin.  t.  XIl.  p.  tto  ) 
voce  di  suono  assai  simiglianle  a  quello  di  Zengian.  Ma  non  può  dissimularsi  che  a 
tale  congettura  pone  ostacolo  alcuna  particolarità  narrata  dal  Polo:  la  distanza  iti- 
neraria the  al  più  può  essere  dì  cinque  giornate  da  Hangtchéu ,  e  la  direzione  delle 
acque,  mentre  uno  dei  fiumi  viene  e  non  corre  da  Scirocco , quantunque  dalla  città 
partendosi  si  volga  effettivamente  a  Maestro.  Era  ignoto  al  Marsden  che  Ven-^chea 
aveva  avuto  il  nome  di  Sin  ngan  tuttavia  S*  appigliò  a  crederla  la  città  detta  Zengian 
dal  Polo  e  ne  diede  la  descrizione  dietro  l'autorità  del  Viaggiatore  Van-Braam  che  ne 
palla  presso  a  poco  come  il  Martini  (n.io86).  Lat,29.<'37.'LongtOrient.da  Pek,5.»4-'* 


346 

è  il  capo ,  al  quale  tutte  corri spondoDO .  Passala  questa  città  di 
Gieza  s'  entra  io  un'altro  regno  de'  nove  della  provìncia  di  Man- 
gi ,  detto  Goncha . 

GAP.  LXXIH. 

Del  Regno  di  Concha^  e  della  ci  ita  principale  detta 

Fugiu  . 

Pariendosi  d;iU'  ultima  città  del  iregno  di  Quiosai ,  qual  si 
chiama  Gieza  ^^  s'entra  nel  reguo  di  Gouca  ^*^  ,  e  la  citta  priaci- 


645.  Gieza.  Ma  asaai  più  correttamenie  il  Testo  Riccardiaoo  Cin^ioCu- 
gui,  che  è  hiu'tcheu.  Secoodo  il  Martini  la  città  è  fabbricata  alle  rive  del  hume 
Co'^'j'O  e  condnsL  col  Fa-kien,  Siccome  conviene  valic^àr  monti  per  pervenirvi, 
perciò  la  via  é  diffìcile  e  incomoda,  e  si  numerano  tre  giornate.  Soggiunge  Tillustre 
Missionario  :  »  Marco  Polo  di  Venezia  appella  la  provincia  di  Fokien,  Fu§ui,  e  qur* 
»  sta  città  Cagai  *  (  cosi  leggesi  ne  11'  Edizione  Basilense  del  Milione  )  »  perché  i 
s»  Tartari  invece  di  chea  dicono  gui  donde  ne  avviene  che  il  Veneio  ha  potuto  {òr- 
»  mare  detto  nome  da  quello  di  Kiu^aìieu .  Ciò  apparisce  anche  pilli  manif<:stamenfe 
»  dal  nome  della  città  di  Qtieiinfu  ove  il  Veneto  giunse  dopo  aver  valicate  le  monta* 
»  gne,  che  è  una  gran  citti  detta  anche  di  presente  Kienningfu.  La  città  di  Kiwcheu 
»  è  una  delle  più  meridionali  della  provincia,  ed  é  perciò  che  il  Veneto  la  disse  Tul- 
»  tima  di  Quinsaif  e  ciò  è  una  conferma  della,  nostra  asserzione.  Dimodoché  gli  £u- 
»  ropei  non  debbano  omai  mettersi  in  pena,  né  porre  in  dubbio  ove  sia  il  Catajo^  il 
»  Maagiye^^mnuU^e  altri  luv>ghi  stati  sin  qui  sconoscimi,  intanto  alla  posizione  e 
»  descrizione  geografica  de*  qusiUsono  occorsi  cotanti  errori,  ed  anche  senza  ragione 
y  si  é  cercato  di  accusare  il  V^ieto  di  falsità.  Che  a  lui  si  Usci  adnnque  la  lode  e 
»  r  onore  che  si  merita»  quantunque  abbia  più  qua  e  più  là  mutatici  nomi  secondo  le 
^  costumanze  dei  Tartari,  che  non  pronunziavangU alla  Cinese  )>  (  kx\.  Sin.  p.  140  )• 
Abbiamo  creduto  allegare  per  intero  la  valevole  autorità  di  un  testimone  ocula- 
re |  più  d'o;gni  altro  Europeo  istrutto  nella  geografia  Cinese^e  che  tanto  lava  il  Polo 
dalie  imputjazioni  date  ad  esso  da  imperiti  .e  presuntuosi  censori .  Lat«  di  Kiu-Ccheu 
29.**  a.'  Long.  Orient.  da  Pek.  2.<>  35.' 

646.  Regno  di  Conca*  E*  ncOrc vote,  perché  sveU  il  ritocco  fatto  del  Milione  dal 
Polo  più  ìwlte  t  la  variante  del  nostro  Testo,  ove  invece  di  lecersi  regno  di  C<m* 
caf  si  leggt  di  Fugui^  che  comf  avverti  il  Martini  è  il  Fokien.  Tal  nome  che  dà  a  que- 
sto paese  il  Polo  è  desunto  d»  quello  della  capitale  Fu-tcheUf  come  lo  dice  anche  il 
rammentato  Missionario  (  ibid.  p.  1 4?  )•  Non  fu  solo  il  Polo  ad  appellare  quella  pro- 
vincia in  si  fatto  mod<^.  Il  Kaempfero  ap(>ella  le  tre  provincie  marittime  dell' Impe* 
ro  Cinese  che  viaittf  il  .Polo,  Nankiags  TsiàkiSfu,  t.Foktsju  (  Hist.  du  Jap.  1 1. 
p.  i55  )»  Sembra  poi  che  Conca  appellassero  5iueUa  provincia  gli  stranieri .  Il  Piga- 
fetta  n^a Relazione  del  primo  viaggio  attorno  al  Monda  dice:  t  dietro  alla  eosta 
]»  nella  Chin;^  sono  melti  popoh,  come  di  Chenchi  »  (  Ban».  Nav.  1 1.  p.  407.  D. 
Viagg.  del  Pigafet.  pubblicato  dall'  Amoretti  Milano.  1800.  p.  i^jn  ) . 


347 

pie  è  detta  Fagia  ^^ ,  per  il  quale  si  camina  sei  giornate  alla 
volta  di  Scirocco  sempre  per  monti  e  valli ^**,  e  si  iriiovano  di 
continuo  luoghi  abitati,  dove  è  gran  copia  di  vittuarie  ^^^^  e  vi  fanno 
gran  cacciagioni ,  e  vanno  ad  uccellare ,  per  esservi  varie  sorti 
d'  uccelli  «  Sono  idolatri ,  e  sotto|)osti  al  Gran  Can  ,  e  fanno 
roercan7ie  •  In  questi  contorni  si  trovano  leoni  foriissimi  ^^ .  Vi 
nasce  il  zen7ero^  e  il  galangà  in  gran  copia,  e  d'alire  sorti  di 
specie,  e  ))cr  una  moneta,  ciie  vaglia  un  grosso  d'argento  vene^- 
ziano  s' avera  ottanta  libbre  di  zenzero  fresco,  tanto  ve  ii'  è  ab- 
bondanza.  V^i  nasce  un'erba,  che  prochice  un  fmtio  ^^' ,  che  fi 


647.  Fugui^  t  meglio  il  Tento  nostro  Fugìu  ossia  Fmtchcu  capitale  del  Fokieny 
nome  che  il  Polo  diede  bnche  alla  pravincia  ael  Ms.  toste  citato.  £'  citti  aobilissi- 
ma  per  magnificenza  di  fabbriche,  e  per  la  ricchezza  dei  traffici.  I  bastimenti  dal 
mare  risalgono  sino  sotto  la  città  ove  è  il  gran  borgo  di  Nantai.  Vi  è  un  ponte  che 
ha  dì  lunghezza  cinquecento  pertiche,  e  di  larghezza  circa  mezza  pertica,  fabbrica* 
to  di  pietra  bianca:  ha  più  di  cento  archi;  è  ornato  di  balaustrate  e  di  piedistalli 
ove  posano  leoni  bene  scolpiti .  In  quella  città  sono  molti  templi ,  ed  uno  dei  più  son 
tuosi  é  nel  borgo  testé  rammentato  (  Maru  1.  c.p.  149  ) .  A  mio  parere  riparia  di  detta 
città  al  capo  78  di  questo  libro  col  nome  di  Caigid.  Lai.  di  Fu-tcheu  a6-^  %J 
Long.  Orient.  di  Pek.  5."  o.'  Ouhaldo. 

648  Sempre  per  monti  e  valli ,  Il  Duhaldo  osserva  che  Kiwtcheu  è  la  città  più 
meridionale  del  Tche-kiang  a  confine  del  FoAf>/i:che  il  cammino  che  vi  conduce 
che  è  di  tre  giornate  è  difficile  per  essere  montuoso.  Che  questa  via  comincia  a 
KiangnAan^hienf  e  dora  trenta  leghe  per  monti  sddacesi.  In  una  di  quelle  montagne' 
V*  é  Qua  «cala  di  più  di  trecento  scalini,  che  gira  rerta  per  agev^me  la-salita  ^  t.  L 
p  t8i).  U  P.  Martini  che  risitò  la  provincia  dice t  )»  il  y  a  ^ar  Coat  età  montagni^s 
»  courertes  par  f(MS'd'«rhre8,  et  d' agréa^Kes forèts  »  (Ali.  p.  147)* 

649.  E  vi  è  franr  copia  di  vittuarie  »  Si  4a  nature  '(dice  11  rammentato 
t  «eiettore)  n*a  pus  pertnito,  ni  voaki,qu'  flyetft  ées  pays  plat4;,  ni  de  rases 
»  tampttgncs,  T'art,  le  travail,  Tìndustne  ées  hommes  «n  ont  fait  feì-mer  un. 
T  On  lencontre  par  tout  des  m<ii<it«gipires  que  vous  pomTÌtiz  nommer  avoc 
t  raison  des  ihealrcs  vrrds.  Oti  a- tuilU  ,  et  coupé  en  i'àt^on  d'escaliers  et  t^ 
y  flchelles,  par  òu  do  bits  deT'une  oh  AiTontc  dans  ■!*  autre.  Car  comme  le  ris 
V  ne  croìst  (jue  danis  k'S  «aux,  aiMsi  léH  fautilun  pojr  plaft  ^  ce  qui  est  rare  et 
y  mervenll'Hi)!  ù  veir,  ils  conduisem  asse ^  soiivent  d*  une  montagne  à  l'aut re»  par 
^  le  moyeii'de^  ctf^ux,4eli  eauK  q\rì  BuffiMnt»  et  sont  necHisaires  pour  arroeer  » 

-(  Mart.  Atl.  «p»  •'4?  )  • 

éSo .  Leoni  Jhf'tty^NHi .  D^e  in'.endersi  t^i^i  (  Y.  n  338  ). 

S&i  .  ^1*'  erba  che  produce  liujt-utto .  Avvet  le  saviamente  il  Miirdden  (  n.  logS  ) 
che  è  la  Curcuma  longm^  che  secoiiJo  H  D;ì  Oui^nes  i  Cinesi  ^p^lUino  Cha^kiungy  e 
che*ru80  di  t((Uesta«dìri>ga  in  cucina  none  comune  nella  Cina  ma^molto  presso  i  lUalai 
e  gli  altiù  abitami  dell'arcipelago  Orientale,  e  che  Ja  loro  aVi anno  apparato  ì  popoli 
del  Fokien  ad  usarne .  Il  Taf  gioni  descrive  li  pianta  che  viene  dall'Indie  per  uso  me- 
tilt  inule.  E'  una  radice  cilindrica ètorta  diella  lunghezza  d'un  poUtee ,  alquanto  ama- 
tetta,  del «olof«  dtflki  «ci%  ginUa  a. tutta  soilanza.  Gl'Indiani  ^Ub»M»  k  niiji«9re,  me«- 


348 

r  eflfeuo  e  opera  come  sé  fosse  vero  zafferano ,  cosi  nell'  odore , 
come  nel  colore ,  e  nondimeno  non  è  zafferano ,  ed  é  mollo  sli- 
mata ,  e  adoperala  da  tulli  gli  abitanti  ne'  loro  cibi ,  e  per  quesio 
è  molto  cara .  Gli  uomini  in  questa  regione  jnangianò  voleaiieri 
carne  umana ,  non  essendo  morta  di  malattia ,  perchè  la  repatano 
più  delicata  al  gusto,  che  alcun'  altra  :  e  quando  vanno  a  combat- 
lere ,  si  fanno  levar  i  capelli  fino  all'  oreccnie ,  e  dipingere  la  fac- 
cia con  color  azzurro  finissimo  :  portano  lancie  e  spade ,  e  tulli 
vanno  a  piedi ,  eccetto  il  capitano  a  cavallo .  Sono  uoiiiini  cru- 
delissimi *** ,  di  modo  che  come  uccidono  li  nemici  in  balta- 
glia  ,  li  vogliono  bevere  il  sangue ,  e  dopo  mangiar  la  carne .  Or 
lasciando  di  questo  diremo  della  ciltà  di  Quelinfu . 

GAP.  LIV. 

Delta  città  di  Quelinfu. 

Camminalo ,  che  s'  ha  per  questo  paese  per  sei  giornate  ,  si 
truova  la  città  di  Quelinfu  ^^^  ^  la  quaUè  nobile  e  grande  «  la 


scolata  col  zolfo^  per  X  itterizia  «  per  Tottalmia,  contusiooi»  scabbia  o  lebbra.  La  mag- 
giore anche  ^ler  condimento  di  molti  cibi  in  vece  di  zafferano  (In.Botanic.tIl.p.9-)' 
Descrive  questa  pianta  1'  Acosta  (  p.194  )  e  la  chiama  Zafferano  dell*  Indie  ,  riferisce 
le  opinioni  di  alcuni  che  sia  la  Curcuma  o  Curcumani  detta  da  molti  Arabi  Curcum. 
Esso  cosi  ne  parla.  ,y  Ha  le  foglie  maggiori  e  più  larghe  che  quelle  del  Testicolo 
9,  detto  SerapioSf  del  colore  delle  foglie  della  Scilla^  più  chiare  e  più  sottili-  Il  suo 
ff  piede  o  tronco  è  fatto  di  congiunzione  di  foglie .  La  radice  è  molto  simile  ai  Gen- 
,,  giovo  di  fuori,  e  di  dentro  é  molto  gialla  ,,  Prosegue  a  descriverne  gli  usi  medici- 
nali che  sono  gli  stessi  avvertiti  dal  Targioni . 

652.  Sono  uomini  crudelissimi >  Oggidì  sono  lussuriosi ,  furbi ^  e  ingannatori. 
Sono  i  più  arditi  e  crudeli  frai  Cinesi  ^  dediti  al  ladroneccio  di  mare,  pi|rché  conser« 
vano  r  indole  loro  barbara,  per  essere  V  ultima  provincia  che  fu  unita  alia  Gna 
(  Mart.  Atl.  p.  148  ).  Dovevano  essere  anche  ptù  crudeli  ai  tempi  del  Polo  perché 
da  meno  tempo  erano  stati  riuniti  alla  Cina,  ed  inoltre  perché  dovevano  essere  ir- 
ritati contro  i  Tartari  che  gli  avevano  di  fresco  soggiogati.  Il  rimprovero  che  era- 
no mangiatori  di  umana  c«xne  pud  essere  stato  calunnioso .  Ma  é  da  osservare  che 
anche  il  Relatore  Musulmano  del  Renaudot  rimprovera  ai  Cinesi  questa  abominevo- 
le costumanza  di  mangiare  gl'inimici ,  e  di  vendere  pubblicamente  carne  umana. 
(  Anc*  Rei.  p.  SS  ) . 

655 .  Qutìlirfu,  Che  pier  affermazione  del  Martini  (  Ati.  p.  i53  )  e  del  MagailUns 
(  p.  lo }  é  Kien-ning'/u  quarta  città  della  provincia .  £^  sulle  rive  del  Jtfin^  e  la  città 
cede  alla  capitale  delia  provind^i  di  .onorificenza^  ma  non  di  grandezza.Ha  territorio 


349 

della  città  vi  sonò  tre  ponti  bellissimi  ^^'*,  perchè- sono  lunghi 
più  di  cento  passa  T uno ,  e  larghi  otto,  di  pietra  con  colonne  di 
marmo  •  Le  donbe  di  queste  citta  sono  bellissime ,  e  vivono  con 
gran  delicatezza .  Hanno  gran  copia  di  seta ,  la  qual  lavorano  in 
diverse  sorti  di  drappi.  Item  panno bombagino di  fìl tinto,  che  va 
per  tutta  la  provincia  di  Mangi .  Fanno  gran  mercanzie  ^^^ ,  e 
hanno  zenzero  e  pianga  ih  gran  quantità  «  Mi  fu  detto ,  ma  io 
non  le  viddi,  che  A  trovau  certe  sorti  galline  ^^,  che  non  hanno 
penne ,  ma  sopra  la  pelle  vi  sono  péli  negri ,  come  le  gatte , 
che  è  una  strana  cosa  a  vederle ,  le  quaU  fanno  uova ,  come 
quelle  de'  nostri  paesi ,  e  sono  molto  buone  a  mangiare .  Per  la 
moltitudine  de'  leoni  chQ  si  trdovano ,  il  passar  per  quella  con- 
trada è  molto  pericoloso,  se  non  vanno  in  gran  numero  le  per- 
sone . 

GAP.  LXXV. 

Della  città  dì  Un<ruem  ^*'. 
Da  Queliufu  partendosi,    fatte  che  sMianno  tre  giornale, 


vasto  e  comanda  a  sette  città.  I  Tartari  Manciusi  la  danneggiarono  crudelmente 
per  essersi  da  loro  ribellata,  vi  appicc^Mt>no  il  fuoco^  e  ne  passarono  gli  abitanti  al 
ili  di  spada  (  Lat.  27.^  3/  Long.  Orient.  i.^  5(^.'  Du  Hald.) 

654.  Tre  ponti  Mussimi .  Due  soli  ne  esistono  oggidì  sul  Min  dopo  l'avver* 
tita  rovina  della  citti  ..Il  primo  è  coperto  ;  ha  dai  due  lati  case  e  botteghe  :  le  pigne 
del  ponte  sono  altissime  e  di  pietre  conce,  il  rimanente  é  di  legno*  Il  secondo  detto 
Cko~kin§  è  magnifico,  ed  è  fabbricato  nelle  vicinanze  di  Kiert^rong  :  la  sua  lunghez- 
za é  tttie.chje  contiene  settanta  tre  botteghe ,  e  ancor  esso  è  coperto  (  Mart.  1.  e.  ). 

655.  Fanno  gran  mercanzie.  Secondo  il  Martini  la  città  non  ò  delle  meno  mer- 
cantili^ e  siccome  il  fiume  che  la  bagna  cessa  di  essere  navigabile  a  Paotching-hien 
che  é  distante  tre  giornate  di  cammino  dalia  città;  vi  si  sbarcano  le  merci,  e  diecimila 
facchioi  le  trasportano  a  spalla  per  una  via  alpestre  e  scoscesa  a  detta  città,  e  di  li 
riportano  altre  merci  (  Mart.  1.  e.  Du  Hald.  1. 1.  p.  i56  ). 

656.  Certe  sorti  di  galline  (  V.  1. 1.  p.  147  n.  )•  H  B.  OJerico  che  da  Zaiton  si 
reco  a  Fw^cheu^ che  esso  appella  FwxoMt  in  qua  (  eì  dice  ) sunt  majores  gaUinae  dq 
»  mundo ,  albae  ut  nix ,  non  habentes  pennas  sed  ianam  soium  ut  pecus  »  (  Elog, 

Pag-  66.  )•   .  .... 

GS'p.  Unguem.  Dalla  direzione ,  dalla  distanza  itineraria ,  si  ravvisa  essere  la 

città  di  V-kihien  o  Yaeu-ki'hien  secondo  il  Martini,  a  mezzodì  di  Yenping-fu^ 

capitale  del  quinto  circondario  delia  provincia  di  Fókien  dalla  quale  dipende  la 

rammentata  ÌJ'Jsi^kien .   Sfiondo  la  Carta  particolare  della  provincia  è  distante  5Ì 

■        '      A3  ' 


h 


356 

sèmpre  tedendo ,  e  trovando  citià  e  castella  ^^ ,  dove  sono  genti 
idolatre ,  é  hanno  seta  in  gran  copia ,  della  quale  fanno  gran 
tiiet*éaiizie^  si  tmova  la  città  di  Unguem ,  dove  à  fa  gran  equa  di 
zucchero  ^  ,  che  si  manda  alla  città  di  Gambalù  per  la  corte 
del  Gran  Gan .  E  prima  che  qnesta  città  £36se  sotto  il  Gran 
Gan ,  sapevano  quelle  gènti  far  il  zucchero  bello ,  ma  lo  facevano 
bollire  schiumandolo^  e  dapoi  raffreddato  rioianeva  ana  pasu  ne- 
ra .  Ma  venuta  all'  obbedienza  del  Gran  Gan  si  tniovomo  nella 
corte  alcuni  uomini  di  Babilonia,  che  andati  in  questa  città  gl'in* 
segnorno  ad  affinarlo  con  cenere  di  certi  alberi . 

G  A  P.  .LXXVI. 

Della  città  di  Cangia  . 

Passando  avanti  per  miglia  quindici  si   truova   la  città  di 
Gangìu  ^^ ,  la  quàU  è  del  reame  di  Gonca ,  eh'  è  uno  delli  nove 


Hiiglia  geografiche  da  Kiett^ning-fn  distanza  che  concordA  con  le  tre  giornate  ram^ 
meniate  dal  Polo . 

658.  Città  e  castella.  Il  Martmi  dice  del  territorio  di /iCi>n-nin£^';/fr  (Al),  p. 
i54  ).  »  Il  y  a  par  tout  des  vicoques»  et  des  boorga  pour  y  recevoir  ceux,  qui  paueot 
»  et  y  vòntlogér  i^ . 

669.  Copia  di  zucchero^  V.  ì.  I.  ^.  i4t*  <>•  b  ).  )^  In  liac  ci  vitate  est  copia  multa» 
»  omnium  quae  necessaria  suAt  lilumanae  vìftae,  M^  Crea  liòrae,  et  ocOo  uncìae 
»  zucSiari  habentar  mrnfóri  ^nfiidio  ^rtso  v  (B.Odor.  Hist.  p.6S).  Sembra 'che  i 
raffinatoti  di  zucchero  di  Babilcmia  fossero  molto  fifuèmirti .  F»a  le  ifpezferie  nume- 
ra il  Balducci  Pegolotti  lo  zucchero  candì  A  Bambilloiiia  o  del  Cairo,  e  non  già 
Bddacca  oBagàdad.  11  Soldaao  d'Egitto  feceva  gran  mercatura  ^  4Su<5chero  aecoii* 
doMariil  Sanudo  (Gest.  Dè^i  per  Vrahc.  t.1f.  p.  28.  e  ^.  )•  I^ne  Affricanfo  parfa 
d' una  celebre  raffinerìa  che  esisteva  a  Dèrottè  sul  H\\o  :  y  hkMò  ùlia  grandissima 
i  stanza ,  la ^ùale  pare  un  castello,  in 'cui>iOttoi  torcoli/è  le  cttldaje  dorè  Canno  e 
^  cu(/coho  lo  :^dchero:  mitfi  ho  veduto  altrove,  tarato  numero  di  lavoratiti  di  coli,  e 
^  intesi 'da  uh'hìinistro  della  còmtmità  thJt  A  s^xinde  per  eiààcfrti  giamo  -net  dcró 
»  circa  a  dugento  saraffì  i  Raih.  Nàv.  t.  f.  p.  90  ). 

660.  Càngia.  I^arreijbe  che  &  Polo  irifendesse  'di  "puthYt  delta  città  ^  YT&m- 
tchàuoTchàn-tcheu  cheè  la  tifricà'del  Fokien.  T«tnto  più  Òhe  tVi  è  oli  BiftAe  detto 
Changt  sulle  rive  del  quale  'è  ikbht*rcata  'la  citei,  xht  è  di  'grandissimo  traftt  o ,  e  tale 
da  fare  parere  che  siavi  una  continua  fiera  di  merci  Cinesi  e  straniere.  Detto  fiume 
ha  foce  non  molto  lontano  dal  porto  di  'Zaiton^  e  sbocca  nel  gólfo  ove  è  il  celebre 
porto  d'  'Ntahiuen  o  d'  ErmH  (  M art.  Atl.  p.  iSl  ),  che. anche  Versò  la  metà  del  secolo 
caduto  faceva 'lii  maggior  pafte  dei  ^ttiifflibi  che  fa  oggidì  'Cdn'ton  (Da  Hald.  t.  I- 
t>.  166).  l,e  nsvi  risalgono  il  fialtte 'favorite  dalie  maree  Hi^o «ila  citta  (Man. L 


35i 

reami  di  Mangi  :  ìa  questa  città  dimora  grande  esercito  del  Gran 
Can  per  guardar  quel  paese ,  e  per  qss^  sf  lupre  apparecchiato , 
se  alcuna  città  volesse  ribellarsi.  Passa  per  mezzo  di  questa  città 
un  fiume ,  che  ha  di  iairghezsa  un  miglio ,  Sopra  ,1$  F;ye  òe\  qua- 
le da  un  canto  e  dall'  altro  vi  sono  bellissimi  casamenti ,  e  vi 
stanno  di  continuò  assai  navi ,  che  V£(nno  per  questo  fiume  con 
mercanzie  y  e  massime  di  zucchero,  che  £inao  in  grandissima 
copia .  Vi  capitano  a  questa  città  molte  navi  d*  India  ,  dove  sono 
mercanti  con  gran  quantità  di  gioje  e  pierle ,  delle  quali  fanno 
grosso  guadagno .  Questo  fiume  mette  capo  non  molto  lontano 
dal  porto  detto  Zaitum ,  che  è  aopra  il  mare  Oceano .  E  quivi 
le  navi  d'India  entrano  nel  fiume  ^  e  se  ne  vengono  su  per  quello  fino 
aUa  detta  città  ,  la  qual'  è  abbondantissima  di  tutte  le  sorti  di  vit^ 
tuarie  ,  di  dilettevoli  giardini,  e  perfettissimi  frutti  • 


Ma  la  distanza  di  quindici  miglia  che  secondo  il  Polo  è  fra  JJ^k^'U^ne  Pangiu  distrug. 
gè  ogni  probabilità  che  sotto  nome  di  Cangia  intendesse  di  favellare  di  Chan-tcheu 
V  un  luogo  dall'altro ,  accendo  la  carta  particolare  deQa  provincia  *  sono  distanti 
tenta  miglia,  osaiano  cinque  giornate.  D'altronde  per  non  credere  ciò  parasi  innanzi 
un'  altra  ragione,  cioè  che  il  Polo  aSeniia  che  partendosi  da  Cangia^  e  caminando 
a  Scirocco  cinque  giornate  si  giunge  a  Zaitwn ,  o  Si^en^icheu  mentre  dall'  una 
air  altra  città  non  sonovi  in  retta  linea  che  miglia  56  Ossian  tee  giornate,  e  la  pe^ 
conda  citti  relativamente  alla  prima  è  a  Maestro .  Sospetto  pertanto  che  sia  occorso 
errore  nella  Lezione  Ramusiana,  e  che  invece  di  Cangia  debba  leggersi  Fugiu  q 
Fugmi,  che  è  Fu. fc^^  città  che  era  sulla  vera  Sua  strada.  Ciò  parmi  dimostrato  in 
quanto  die i  Testi  d^Ala  Crusca,  il  Riccardiano,  il  Parigino  non  meno  che  V  Edi- 
zione Basilense  portano  Fugai o  Fugiu.  Enel  testo  delia  Crusca  si  legge  »  sappiate 
»  che  questa  città  di  Fugai  è  capo  del  regno  di  Conca  »  (  1. 1.  p.  147  ) .  Ed  infatti  a 
Fuiehett  capitale  del  Fokien,  ciò  che  di  Cangia  leggesi  nel  Testo  Ramusiano  con- 
viensi.  La  distanza  da  Cangiu  a  Zaitum  è  di  cinque  giornate,  e  fra  FuHcheu 
e  Siven^tch&u  sonovi  jS  miglia  nella  direzione  di  Scirocco.   Una  sola  dellepar- 
ticolariià  noki  quadra  col  vero  ed  é  che  Fugai  sia  sole   aS.  miglia  distaute  da 
Hieu^hi ,  mentre  secondo  la  carta  del  Fokien  sono  a  55.  miglia  V  una  dair  altra .  Non 
è  malagevole  lo  stabilire  una  ragionevole  congettura  per  esplicare  come  sia  accadu- 
to che  nel  Testo  Ramusiano  sia  stata  permutata  la  voce  Fugiu  in  quella  di  Cangiu  • 
É  da  sapere  che  Fugiu  ebbe  fra  gli  altri  nomi  quello  di  Cluuh^  (  Hist.  Gen.  de  la 
Qun.  t.  XIL  p.  laa  )  •  Talché  il  Polo  appuntò  probabilmente  nei  suoi  memorali  am- 
bedue i  noi}ai,  e  nel  ritoccare  l'opera  sdstitui  l' uno  all'  altro .  Fwtchea  Lat.  26.**  2.' 
Long.  Orienta  5.^  or  Su  Hftld« 


35» 
GAP.    LXXVII. 

Della  città  e  porto  di  Zaitum  :  e  città  di  Tingui . 

Partendosi  da  Cangia ,  passato  ohe  si  ha  il  fiume  ^'  cammi- 
nando per  Scirocco  cinque  giornate  di  continuo,  si  truova  terre, 
Castelli,  e  grandi  abitazioni  ricche,  e  molto  abbondanti  di  ogni 
tittuaria  :  e  camminasi  per  mónti ,  e  anco  per  piani  e  boschi 
assai ,  nelli  quali  si  triiovano  alcuni  arboscelli ,  da  quali  si  racco- 
glie la  canfora  ^^ .  £  paese  molto  abbondante  di  salvaticine: 
sono  idolatri,  e  sotto  il  Gran  Gan  della  giurisdizione  di  Gangia, 
e  passate   cinque  giornate,  si  truova  la  città  di  Zaitum  ^^  nobile 


661 .  Passato  che  si  ha  il  fiume,  Coaviene  infatti  passare  il  fiume  per  recarsi 
àa  Fu'tcheua  Siven^cheu. 

,  662 .  Canfora  (  V-  t.  I.  p.  148  n.  )       ' 

665.  Zaitum.  (  God.  Uicc.  )  Zàiren.  (  Cod.  Par.  )  Zartan.  Migliore  d'ogni 
altra  e  la  Lezione  Ramusiana^  che  viene  confermata  dal  B  Oderico  ohe  appella  quel 
porto  ove  sbarcò  per  recarsi  alta  Cina  Zaj^ton.  £i  dice  :  v  est'civitaa  in  duplo  ùAsfjor 
p  Bononia,  in  qua  multa  sunt  monàstieria  religiosorum  «  qui  universaliler  idola 
»  col  un  t  y.  Di  un  celebre  tempio  idi  Fó  esistente  a  Sivett^tcheu  parla  il  Martini, 
il  quale  crede  che  vicino  a  delta  città  fosse  quella  detta  Zaitum  dal  Polo,  perché 
cinque  giornute  distante  ór  Fu-^cheu  è  Siven'4{JteUf^  perchè  ivi  si  trovano  monumenti 
Cristiani,  i  quali  dimostrano  che  i  Cristiani  frequentavano  quella  contrada (  Al),  p- 
iS^) Infatti  dice  il  B  OvioHco:>  m  qua  nus  FratresMinores  habemus  duo  loca^ad  quae 
»  portavi  ossa  nostrorum  Fràtrum  Minorum,  qui  passi  fucrunt  martiryum  prò  fide 
t  Christi  ».  Dunque  nel  i55o  eraniri  di  già  Missiouai i  Cristiani,  ed  ecco  perché 
ivi  trovanti  monumenti  (  Elog.  B.  Ocloric.  p.66  ).  Fra  Andrea  da  Perugia  narra  in- 
fatti in  una  lettera  riferita  dal  WadJin^o  »  Est  quaedam  magna  eivitas  juxta  ?«Iaic 
»  Oceanum,  quae  vocatur  lingua  Persica  CaJ-ton  {  Zaiton  ),  in  qua  civltatc  una 
t  dìves  dt)inìna  Armena  £cclesiam  erexit ,  p  ree  tara  m' sa  ti  s  et  granclem,  quam  qui- 
ò  dem  de  ipsius  voluntate  per  Archiepiscopum,  in  Cathedrtilem  erectam  cumcom- 
^  petentibus  dotibus,  fratri  Geranio  Episcopo,  et  fratribus  qui  cum  eo  crant 
»  donavit  in  vita,  et  rn  morte  reliquit ;  qui  primns  éan  dcm  cathedram  suscepii  »- 
Dopo  di  qt»esto  fu  fatto  vescovo  di  Zniton  fra  Pellegrino ^  indi  esso  fr.  Andrea  da 
Perugia,  che  scns.se  al  suo  provinciale  nel  i5:i6  (  WAdd.  Ann.  Fr.  jMinoi.  t.  VH- 
p,  6^  ).  Fra  le  altre  cose  importanti  leggesi  in  detta  lettera  che  »  in  islo  vasto  lui- 
»  perio  sunt  gentes  de  omni  natione,  quae  sub  coelo  est  j  et  de  omnì  secta:,  et  coiKe- 
»  ditur  omnibus,  et  singulis  vivere  secundum  sectam  suam  „  £i  soggiunge  »  Vivo 
#  de  clcmosyna  Begia  memorata,  quae  juxta  mercatorum  januensium  aestimatio- 
p  nem,  ascendere  pqtest  annuatim  ad  valorem  centum  florenorum  aureorum  velcir- 
p  citer  „.  Dunque  ivi  venivano  dei  Genovesi  per  terra.  Ne  meno  mirabile  è  il  fatto  che 
un  principe  gentile  pensionasse  missionari  cattolici,  non  geloso  di  pervertirli,  ma 


353 

e  bella  j  la  quale  ha  un  porto  sopra  il  Mare  Oceano  molto  famose 
per  il  capitare,  che  fanno  ivi  tante  navi  con  tante  mercanzie,  le  quali 
si  spargono  per  tutta  la  provincia  di  Mangi  :  e  vi  viene  tanta  quan* 
tità  di  pepe ,  che  quella ,  che  viene  condotta  di  Alessandria  alle 
parti  di  Ponente  è  una  minima  parte ,  e  quasi  una  per  cento  a 
comparazione  di  questa^  e  saria  quasi  impossibile  di  credere  il  con-* 
corso  grande  di  mercanti ,  e  mercanzie  a  questa  città  per  esser 
qnesto  un  de'  maggiori ,  e  più  comodi  porti ,  che  si  trovino  al 
mondo  •  Il  Gran  Can  ha  di  quel  porto  grande  utilità ,  perchè 
cadauno  mercante  paga  di  diritto  ^* ,  per  cadauna  sua  mercan- 
zia ,  dieci  misure  per  centinaro  •  La  nave  veramente  vuole  di 
nolo  dalli  mercanti  delle  mercanzie  sottili  trenta  per  centinaro , 
del  pepe  quarantaquattro  per  centinaro ,  del  legno  di  aloe,  e 
sandali,  e  altre  spezie  e  robe  quaranta  per  centinaro.  Di  sorte- 
che  li  mercanti  computato  i  diritti  del  re ,  e  il  nolo  della  nave 
pagano  la  metà  di  quello ,  che  conducono  a  questo  porto ,  e  non- 
dimeno di  quella  metà  che  li  avanza ,  fanno  cosi  grossi  guada- 
gni ,  che  ogni  ora  desìdeiano  di  ritornarvi  con  altre  mercanzie  . 
Sono  idolatri ,  e  hanno  abondanza  di  tutte  le  vittuarie  :  è  molto 
diletievol  paese,  e  le  genti  sono  molto»  quiete ,  e  dedite  al  ripo- 
so ,  e  ozioso  vivere .  Vengono  a  questa  città  molti  della  snperior 


di  mantenere  ciascuno  nelFosservanza  della  sua  legge.  Che  Zaiion  sia  Siven-tchen  é 
anche  opinione  del  Deguigncs  perché  ei  osserva  che  Marakeschi ,  appella  detto 
porto  Zaitum  (  llist.  dea  Huns.  t.  IV.  p.  169  ).  £  che  così  Io  appellassero  t^li  Arabi 
io  conferma  anche  Abulfeda  (Geog.  p.  275  ).  i>  Zaitum  est  emporium  S.iiicum,  et 
»  urbs  Celebris,  mercatorum  eo  migraiitium  scrrnonìbus«  ad  sinum  maris  sita. 
»  Frequentatur*navibusisinus  iilius  mensura,  est  feie  quindecim  niilllarìum.  Urbs 
p  illaestàdoriginem  duofliivii  ».  Siven-tcheu  secondo  il  Martini  è  città  iloridis- 
sima  pe'  suoi  traffici,  e  per  la  sue  riccheiLze,  e  molto  yasta,  ornata  di  splendidi  e 
maestosi  edifizj  e  di  sontuosi  templi  con  strade  ammattonate,  che  hanno  i  marciapiedi 
dì  pietre  conce.  Nonavvi  citta  che  abbia  case  più  eleganti  e  magnifiche.  La  città  è  vici- 
no al  mare  in  un  piaceyol  locale .  I  più  gran  navilj  giungono  sino  alle  sue  mura  da 
due  lati,  perché  é  fabbricata  sopra  un  promontorio.  Il  fiume  che  passa  accanto 
a)la  citlà  é  detto  Lojnng.  Su  questo  ewi  uno  dei  più  bei  ponti  dtll  Universo,  non 
ha  archi,  ma*<è  copèrto  di  lastroni  di  pietra  che  posano  sulle  pigne  (  iVlart.  p.  i5i  ) . 
Zaiium  é  segnata  nella  Carta  dello  òcudo  come  il  luogo  il  più  meridioniile  della 
Cina  che  visitasse  il  Polo.  E  nella  tavola  di  quella  parte  deU'  Asia  data  dal  Ramusìo 
é  scgnaU  sopra  un  gran  fiume  ad  una  Latitudine  wssui  esalta,  cioè  sopra  il  Tiopìco. 
Lat.  24.°  56.*  Long.  2.°  a  a/ 

6G4 .  Paga  di  diriuo  (  V.  t.  L  p.  1 4y  n.  ) 


354 
indisi ,  per  causa  di  fafi^si  dipiDgere  ^^  la  persdna  con  gli  agbi , 
(  come  di  sopra  abbiamo  detto  )  per  essere  in  questa  città  mol- 
ti valenti  maestri  di  questo  uffizio.  Il  fiume,  che  entra  nel  porto 
di  Zaitum  è  molto  graade  e  largo ,  e  corre  ooa  graodissima  ve- 
locità ,  ed  è  un  ramo ,  che  fa  il  fiatue  che  viene  dalla  città  di 
Quinsai  ^^.  E  dove  sì  parte  dall'  alveo  maestro  ^'  vi  è  la  città  di 
Tingui  ^^ .  Della  quale  non  si  ha  da  dir  altro ,  se  ooa  che  io 
quella  si  fanoo  le  scodelle  e  piadene  di  porcelbne  ^  in  questo 
modo ,  secondo  che  li  fu  detto .  Raccolgono  una  cert^  terra  come 


665.  Farsi  dipingere,  lì  Marflden  inclina  a  credere  che  ivi  fosse  concorso  di 
stranieri  per  farsi  fare  il  ritratto ,  e  non  già  per  farsi  arabescare  la  pelle,  puogen- 
dola  con  aghi,  e  passandovi  sopra  una  tinta  che  dicono  indelebile.  Io  non  converrà 
in  tale  opinione,  perché  farebbe  d'uopo  elidere  che  nel  Testo  Bamusiano  vi  fosse 
r  interpolazione  delle  parole  farsi  dipinger  c<m  ^ghìy  e  4'aitra  come  di  sapra  abòiam 
detto .  Di  sopra  parlò  non  già  di  farsi  ritrarre  ma  dell*  arabescarsi  la  pelle.  Ne  vedo 
che  sia  da  recar  meraviglia  che  queir  uso  esistesse  nel  Fokien^  e  non  nel  resto  della 
Cina,  mentre  era  originario  da  paesi  stranieri  •  Narrò  il  Polo  di  sopra,  che  anche  i 
guerrieri  solevano  neU'  andare  a  combattere  dipingersi  il  volto  con  azzurro 
finissimo .  • 

666.  Dalla  città  di  Quinsai.  Non  é  detto  negli  altri  Testi  che  il  fiume  che 
bagna  Zaitum  sia  un  ramo  di  quello  che  viene  dalla  città  di  Quinsai.  Ciò  é  con- 
trario al  vero ,  mentre  detto  fiume  secondo  tutte  le  Carte  ha  origine  nella  provincia  • 

667 .  E  dove  si  parte  dalV  alveo  maestro  vi  è  la  città  di  Tìngui .  Non  cosi 
porta  la  lezione  del  nostro  Testo  :  e  in  ipicUa  provincia  hae  una  città  che  ha  nome 
Tìnuguise.  Infatti  il  fiume  che  passa  perla  città  di  Tìngui  che  avvertiremo  essere  Tlng* 
tcheu  non  ha  comunicazione  veruna  secondo  le  carte  né  col  fiume  di  Quinsai  ^  né  eoa 
quello  di  Siven^  tcheu  . 

66^.  Jìngut.  Non  visitò  il  Polo  detta  città,  ève  parla  pM*  sentito  dire,<eat€^ 
come  dice  essere  città  della  provincia ,  é  chiaramente  quella  detta  oggidi  Ting» 
tcheu  . 

669.  Scodelle  di  porcellane.  Intorno  alla  porcellana  leggasi  riUustrazioiie 
in  fondo  al  primo  volume.  La  porcellana  delFokien  é  rammentata  dal  Duhaldo 
come  di  un  bianco  candido,  ma  senza  hicentezza  e  senza  pitture  (  V.  1. 1.  p.  149  »• 
liCttr.  Edif.  t.  XVIIt.  p.i77  )•  t^  La  porcelaine  quinous  vient  da  Fokien  ne  merité 
»  d'en  porter  le  nom.  JEll' est  noire ,  grossière,  et  ne  vant  pas  notre  faTance. 
9  Celle  qu'on  estime  se  fart  dans  la  provìncie  de  Quam-si  »  (  Le  Corate  t.I.p.a65  ). 
'Ma  può  essere  che  ai  tempi  del  citato  BSisssiouario  la  porcellana  del  Fokien  fixae  m 
decadenza,  come  forse  lo  era  allora  quella  di  King^te^ehing  vicino  a  Fue^leatm  ore 
fabbricasi  tutta  la  porci^Uana  che  serve  oggidì  per  la  Cina,  per  r  Asia  Superiore,  e 
per  appagare  il  lusso  di  tutte  le  altre  parti  del  Mondo .  Ciò  sembrami  dimostrato 
dalla  relazione  del  paese  di  Tchin^la  d*  ob  Cinese  contemponmeo  del  Polo  il  quale 
fra  le  merci  Cinesi  recate  in  quel  paese,  namera  i  vasi  di  porceilaaa  blu  di  Tsivem* 
tcheu  che  dovevano  essere  della  fabbrica  del  Fokien,  «  non  di  quelli  di  Fuleatm 
(  NouvelJ.  4.nn.  des  Voy .  Paris  1819.  l.  UL  p.  &>  ) . 


355 

di  uDa  mioiera,  e  ne  fanno  monti  grandi , e  lascianli  al  vento, 
alla  pioggia  e  al  sole ,  per  trenta ,  e  quaranta  anni ,  che  non  li 
muovono  •  E  in  onesto  spazio  dì  tempo  la  detta  terra  si  afitna, 
che  |K>i  si  può  far  dette  scodelle,  alle  quali  danno  disopra  li 
colori  che  vogliono^  e  poi  le  cuocono  nella  fornace .  £  sempre 
qu^i ,  che  raccolgono  detta  terra ,  la  raccolgono  per  suoi  flgliuo- 
h,  o  nepoti.  Vi  è  in  detta  città  a  gran  mercato  ^  di  sor  teche  per 
un  grosso  veneziano  si  averà  otto  scodelle .  Or  avendo  detto  di 
alcune  città  del  regno  di  G>nca,  che  è  uno  delli  nove  della  pro- 
vincia di  Mangi  ^^^^  del  quale  il  Gran  Gan  ha  quasi  cosi  grande 
entrata,  come  del  regno  ai  Quinsai,  lasceremo  di  parlar  più  di 
questi  tali  regni  ^  perchè  M.  Marco  non  vi  fu  in  alcuni  di  essi  ^ 
coDOie  fu  io  cKiesti  aue  di  Quinsai  e  di  Gonca  ^'7^  Ed  è  d;i  sapere;, 
che  in  tutta  la  provincia  di  Mangi  si  osserva  una  sola  (avellale  una 
sola  maniera  eli  lettere  ^7*  ^  e  nondimeno  vi  è  diversità  nel  pai^ 
lare  per  le  contrade ,  come  saria  à  dir  Genovesi ,  Milanesi ,  Fio- 
rentini e  Pugliesi ,  che  ancor  che  parlino  diversamente ,  nondi- 
meno si  possono  intendere.  Ma  perchè  ancor  non  è  compiuto, 
quanto  M.  Marco  ha  deliberato  di  scrìvere ,  si  metterà  fine  a 


C70.  Dette  nove  detta  prwincia  di  Mangi,  6ìtC9me  ti  aflèrmó  che  il  fiume  Kiang 
formava  il  confine  dei  due  Imperi  degli  Vven^  e  dei  Song  rultimo  dei  quali  fu  detto 
dal  Polo  dei  Mangi:  eecondo  la  divisione  attuale  il  Mangi  potrebbe  credersi  die  com- 
prendesse le  nove  provincie  che  sono  a  mezzodì  del  Kiang  i  .^  Il  Kaìig-^nan  che  aff- 
iora appellavasi  il  Nan^kingy  imperocché  furono  \  Manchisi  che  permutarongli 
r  antico  nome  nell'attuale  (  Mart.  A.tl.  Sin.  p.  1 15  )  si.''  il  Kiang^si.  3.<>  il  Tcke-kiang. 
4.*»  il  Fokien.  5.®  il  Quan-tung.  6.«  V  Huquang .  7.»  il  Quang-si.  8.*»  il  Quei-teheu  . 
9.**  3  Yunnan .  IVI.1  egli  é  certo  che  il  Polo  non  potè  comprendere  fra  questi  l'ultimo 
paese  che  era  allora  reputato  come  straniero .  Sembra  che  CiMai'Can  dividesse 
in  tre  provincie  le  due  di  Nan-ling  e  di  Tctm-liang,  Infatti  nel  testo  della  Crusca 
dice  aver  veduti  ti^e  regni  del  paese  dei  Mangia  cioè  Cigni  o  Cingui ^ 'Quinvm  « 
IPugìd  (  t.  I.  p.  149  ).  In  altro  luogo  parla  della  provincia  di  Nan^king  (cap.  Co  ). 
Talché  si  ravvisa  che  l' attuale  Tche-Xiang  era  diviso  in  due  prvrinote  una  'daèfe 
quali  aveva  per  capitale  Cinguif  V  altra  Quinsai, 

671 .  Come  fu  in  queste  due  di  Quinsai  e  di  Conca.  Cioè  le  provincie  di  Tche^ 
kiang  e  dì  Fokien.  Ciò  conferma  quanto  asserimmo  intorno  ai  vinggi  del  Polo  fatti 
in  occasione  delle  sue  legazioni,  cioè  eh'  ei  s'imbarcò  sempre  nel  Fokien  •  Il  testo 
ilella  Crusca  invece  di  due  provincie  dice  che  fu  in  tre  che  sono  quelle  rammentate 
Bella  nota  precedente . 

672 .  Una  sola  favella  e  una  sola  maniera  di  lettere .  Ciò  fu  avvertito  nella 
dichiarazioce  seconda  a  questo  libro .  Ivi  pure  fu  notato  dietro  l' asserzione  del 
I>ahaldo,  che  varj  sono  i  dialetti  delle  provincie ,  ma  i  che  i  Letterati  ovunque  usano 
la  lingua  dotta,  che  gli  Europei  chiamano  Mandarina  o  dei  magistrati  « 


356 

questo  secondo  libro ,  e  si  comiacierà  a  parlare  de^  paesi ,.  città 
e  Provincie  dell' India  Maggiore,  Minore  e  Mezzana^'^,  nelle  pani 
delle  quali  è  stato  qtiando  si  truovava  a'  servizj  del  Gran  Gaa 
mandato  da  quello  per  diverse  faccende.  E  dipoi  quando  tornò 
con  la  regina  del  re  Argon ,  con  suo  padre  e  barba ,  e  ritornò 
alla  patria  ;  però  si  dira  delle  cose  inaravigliose ,  che  ei  vide 
in  quelle,  non  lasciando  addietro  T altre,  che  udi  dire  da  per- 
sone di  riputazione ,  e  degne  di  fede ,  e  ancora  che  li  fu  mostrato 
sopra  carte  di  marinari  di  dette  Indie . 


673.  India  megf^iore^  minore ^  e  mezzana.  Qual  fosse  questa  divisione  a  men- 
te del  Polo  non  sarebbe  agevole  a  comprendere  s'  el stesso  non  ne  desse  indicazis* 
ne  •  La  penisola  detta  da  noi  Indosian  »  e  dagrindigenì  Decan  è  quella  che  il  nostro 
Viaggiatore  appella  India  Maggiore.  Esso  dice  (Liblll.c.ao)  che  in  faccia  al  Cejlané 
la  gran  provincia  di  Maabar  che  si  chiama  India  Maggiore.  Ultima  provincia  di  det- 
ta India  a  mente  di  esso  è  il  Chesmacoran  o  il  Mekran .  Llndia  Minore  é  la  regio* 
ne  che  dal  paese  di  Tsciampa  si  estende  sino  al  regno  d'  Orissa  (  V.  n.  960)  che  era 
r  ultimo  della  gran  penisola  Indostanica  •  Dichiara  ei  stesso  che  per  India  Mezzana 
intenda  V  Aòissinia  (^  L Ali*  e.  58  )  ^  Essendo  ignoto  agli  antichi  il  prkicipio  e  il 
termine  dell* India  come  osserva  il  Ludulfo  essi  ne  ampliarono  i  confini.  Cosi 
'Tarie  regioni  chiamarono  India  Maggiore,  Minore ,  Ulteriore ,  Interiore^  Intermedia, 
Orientale,  Occidentale,  Meridional»/ .  Solo  nggi<li  ha  determinati  confini  fra  l'Indo, 
il  Gange ,  il  Mare  e  le  montagne  del  Tibet,  e  del  Butan,  il  paese  di  Caschmir^  e  la 
Persia  (  Ludolf.  Gomment.  Uist.  ^t^op.  p*  yS  ).  Ciò  è  comprovato  da  alcuni  esem- 
pj .  Odoardo  Barbosa  dice  ciie  fra  V  Eufrate  e  il  Gange  è  la  prima ,  e  seconda 
India,  che  passato  r  ultimo  fiume  verso  Malacca  e  la  terza  India  come  raccontava- 
no i  Mori  (Ram.  Nav.  1. 1.  p.  549*  O).  Nell'operetta  intitolata  „  Sommario  dei 
,,  popoli  Orientali  „  si  dice:  »  finita  la  prima  India  per  Mangalor  terra  di  Cena- 
»  rim  A  entra  nella  seconda  India ,  ovvero  mezzana ,  la  qual  comincia  da  Maice^ 
»  ram  primo  porto  della  terra  di  Malabar,  e  finisce  nel  fiume  Ganges  per  ledici* 
»  nanze  del  Regno  di  Bengala  (  ibid.  p.  365.  Dj)  ».  Secondo  Niccolò  Conti  :  »  L*ln- 
p  dia  tutta  è  divisa  in  tre  parti  :  la  prima  si  distende  dalla  Persia  sino  al  fiume  In- 
»  do  :  la  seconda  da  questo  fiume  fino  al  Gange  :  la  terza  è  quella  che  é  oltre  al  detto 
»  fiume  e  questa  è  la  migliore  »  (  ibid.  p.  378.  C  )•  Il  Polo  comprese  fralle 
rAbissinii^ 


357 

LIBRO  TERZO 
GAP.    I. 

Delt  ìndia  Maggiore ,  Minore  e  Mezzana  ;  e  de*  costumi  e 
consuetudini  degli  abitanti  ;  e  molte  cose  notabili  e  mara-^ 
{tigliose  j  che  s^i  sono  ;  e  prima  delle  sorte  delle  nas^i  di 
quella. 

Jroichè  abbiamo  detto  di  tante  proviucie ,  e  terre ,  come  avete 
adito  di  sopra ,  lasceremo  di  parlar  di  quella  materia  ,  e  comin- 
ceremo a  entrare  neir  India,  per  riferire  tntte  le  cose  maravigliose 
che  vi  sono ,  principiando  dalle  navi  ^*  de'  mercanti ,  le  quali  so- 


674*  Delh  nai4  (  V.  1. 1.  p.  i5o  n.  e  )•  Secondo  il  Btrboaa  i  Cincai  »  ^ftono 
»  anco  grandiasimi  iiavigaoti«  che  vanno  per  mare  con  gran  navi,  ohe  ehianiano 
9  Giunchi  di  due  arbori,  fatte  d*altra  maniera  che  non  aono  le  nostre.  Hanno  le  ve(e 
t  di  atuoje  e  aimilmente  le  sarde.  Sono  gran  corsari  e  ladri  fra  quelle  isole  e  porti 
»  della  China  9  nondimeno  con  tutte  le  sopradette  cose  e  mercanzie  vanno  a  Ma- 
»  lacca  e  vi  portano  anco  molto  ferro  e  salnitro  e  simil  cose:  e  nel  loro  ritomo  ca- 
»  ricatto  pepe  di  Sumatra  ^  di  Malabar  del  quale  ne   consumano  gran  quanti  ti 
»  nella  China,  e  delie  droghe  di  Cambaja  e  massime  Anfiam^  (  che  noi  chiamiamo 
»  Oppio)  inceoso,  galla  di  Levante,   zafferano,  corallo  lavorato  e  per  lavorare, 
»   panni  di  Cambila ^  di  PaieaetUi ^  ili  Bengala ,  cinabro ^  argento  vivo,  panni  scar» 
»  latti  e  molte  altre  cose  »  (  Aam.  1.  e.  p.  354  ^  )•  Fra  Mauro  dietro  la  relazione 
del  Polo  parlo  di  queste  navi,  e  vi  aggiunse  alcune  particolarità  che  nel  nostro 
viaggiatore  non  si  leggono:  »  le  navi  over  sonehi  che  navigano  questo  mar,  portano 
»  quattro  albori,  e  oltre  di  questi  do  che  si  può  metter,  e  levar;  et  ha  40.  in  60. 
»  camerele  per  i  mercadanti,  e  portano  un  solo  timon.  Le  qual  (  navi  )  navega 
»  senza  bossolo,  percliè  i  portano  up  astrologo,  el  qual  sfa  in  alto  e  separato,  e 
9   con  i  astrolabi  in  man  dà  ordene  al  navegar  t  (  ZurL  Mapp*  di  Fra  Maur.  p.5a}. 
£  qu<!Sta  asserzione  è  una  solenne  conferma  che  non  Cinese  scuoprìmento  è  la  bus- 
solare  che  non  si  usava  in  quei  mari  ai  tempi  del  Polo.  Il  Dampiorre  ha  descritte 
queste  navi  che  hanno  la  prua  quadrata,  e  la  poppa  di  quella  alcun  poco  più  larga . 
Vi  sono  au  coverta  delU  stanauni  alti  un  braccio  e  mezzo,  ove  stanno  i  marinari . 
11  sotto  coverta  è  diviso  in  piccoli  spartimenti  cosi  bene  costruiti,  che  se  in  alcuno 
entra  l'acqua,  non  penetra  in  quello  accanto.  Sono  a  due  alberi;  al  mezzano  usano  ve- 
le quadre  »  al  maestro  vele  latine.  L'ultimo  albero  è  grosso,  ma  non  fatto  di  due  pezzi 
come  in  Europa»  ma  è  composto  d'  un  solo  tronco  d'albero  (  Voy.  autour  du  Mond. 
til.p.  iu6).  Il  Geografo  Nubiense  dice  che  a  Serendib,  o  al  Cejlaa  :  t  etiam  confluunt 
t  navee  Siny  alioruinque  regnorum  confinìum .  (  Qeogr.  p.5a  ) .  Resulta  dagli  Anua^ 

46 


358 

no  fabbricate  di  legno  d' abete  ^  e  di  zapino  ^^^  ;  e  cadauna  ha 
una  coperta,  sotto  la  quale  vi  sono  pin  di  sessanta  camerette,  e  in  al- 
cune  manco ,  secondo  che  le  navi  sono  più  grandi ,  e  più  pic- 
cole ,  e  in  cadauna  vi  può  stare  agiatamente  un  mercante..  Hanno 
un  buon  timone ,  e  quattro  alberi ,  con  quattro  vele ,  e  alcune 
di  due  alberi ,  che»  si  levano  e  pongono  ogni  volta ,  che  vogliono. 
Hanno  oltre  di  ciò  alcune  navi,  cioè,  quelle  che  sono  maggiori 
ben  tredici  colti ,  cioè  divisioni  ^7^  dalla  parte  di  dentro  fatte  con 
ferme  tavole  incastrate ,  di  modo  che  s' egli  accade ,  che  la 
nave  si  rompa  per  qualche  fortuito  caso  ,  cioè  ,  o  che  ferisca  in 
qualche  sasso,  ovvero  qualche  balena  ^77  mossa  dalla  fame ,  quella 


li  d'Ormuz  che  sonosi  veduti  nel  seao  Persico  aino  4oo  doyì  Gnesi  mercantili 
(  Zurl.  Dtssert.  t.  I.  p.  363  ) .  Alcuni  hanno  preteso  che  i  Cinesi  stabilissero  colunie 
nel  Maflngascar;  e  che  giungessero  perfino  al  Capo  di  Buona  Speranza.  Ma  dagli 
storici  documenti  non  risulta  che  oltrepassassero  Siraf  nel  seno  Persico  (  Renaud. 
Anc.  Rei.  de  V  Ind.  p.  io  ),  e  sembra  non  si  dilungassero  di  più,  o  per  timore  delle 
tempeste y  o  per  la  poca  cognizione  che  avevano  de' mari  più  inoltrali.  A  tempo 
degli  souoprìmfcnti  i'oflu^esi,  AMaeà  era  l'emporio  di  tutli  i  trarfBei  deU' Oriente , 
e  sembra  che  per  lo  più  i  Cina*  navi^asaero  sìa  li ,  e  vi  recassero' 4  geiieri  lavorati  o 
gneggi  del  ktt)  fanpero^egii  permutassero «i||ìeije«  in<a|»ezì«m(BarrosAsi.Dec.  L 
p.  145  ).  Il  P.  Martini  fii  menziione  delle  lunghe  oaTÌgazioni  dei  Chiesi  ;  et  crede 
che  visitassero  noa  0OIO  le  isole  e  i  Itttorali  dell'  India ,  ma  andassero  €110  al  Mar 
Rosso,  e  che  abbaadonasaaro  quelle  «lanrif^ftioiif  per  timore  dei  Perrugheei»  allerehè 
questi  divcmier  «ipiirì  della  più  ffm  jMrte  tleU'  India-  (  Mi.  Sin.  p.  ifS  }.  Ma  alia 
faodaftioiiè  di  Matmoa^  «  ali*  at«r  aaooedufeo  ai  MogolK  «ma  diiMstia  Cinese  ^rco- 
spetta  e  sospettosa  per  niiatii«Mi  gov«mallva  è<ia  attribuire  piuttoat»  it  ristringi- 
mento  di  quelle  navigaziaiai .  Sono  i  Cinesi  «gfridi  pooe  arditi  navigatori ,  e  na- 
vigano A«io^oè4kvor  dai  v«ntilno2Uni,  (  Maearten.  Ambass.  à  la  Chine  t.V.  p*  18) 

675 .  Almté  9  di  Mopitw .  (  V»  1. 1.  p.f  i|^  n.  ) .  Osserva  it  Marsden  che  quest'al- 
bero non  è  indigeno  della  costa  Indiana  ^  ana  rifletae  saviamente  che  il  Polo  parla 
qui  di  navi  Cinesi  che  ftcevatvo  quei  traflicl^  che  saranno  stvte  oosinrile  d"  abeto. 
Dice  il  MagaillanS  the  nella  Cina  i  mercatanti  pia  ricchi  sono  coloro  che  fanno 
il  traffieo  del  saile  e  del  legname  :  e  the  valine  a  tediarle  nelle  montagne  del 
Se^chum  oaaia  sui  confine  occideoftale  disila  Oina^^'coiidettolo  alla  riva  del  Kiang 
che  entra  dà  q«ei  4«t6  tkélHi*  Imperoj  ne  ftinno  foderi  e  la  trasportano  con  poca  spesa 
nella  maggior  paite  delle  proviAcie.  I  federi  hanno  d*<>rdinario  dieci  piedi  di 
laiighesza)  ma  di  hmghezza  tahroica  pM  di  mezza  lega  (  Nouvell.  Relatp.  i6a  ). 

6f6.  JJMsìùhì  .  Il  Marsden  <:on(brma  Y  asserzione  del  Fola  ceH'  autorità  del 
Guygiies  giuMkaic .  Ciò  tanue  penahè  urtando  la  nate  m  uno  scoglio  -possa  risar- 
cirsi  la  via  d'acqua  e  non  si  «smmerga  il  bastimento . 

€77.  QHaleke  ùalena ,  Federige  Martens  "nella  sua  IMazione  deHo  Spieder^en 
descrìve  minulamei^te  questo  mostro  marino.  'Seeondo  esso 'è 'timido  e  non  iacli- 
nato  a  €ar  «malei  se  non  si  vede  In  ^ricolo:  ma  "per  sua  difesa  butta  io  aria  cm 
uomo  eineilc  in  brìcioli  uà  baMelle,  Per" quanto  forte '^  -la  balena ^'^i  soggiunge. 


359 

percotendò  rompa«^(  il  che  spesse  volte  avviene  )  perchè  quando  la 
nave  navigando  di  none  facendo  inondare  y  V  acqua  passa  a  can- 
to la  bafteoa  ,  «ssa  vedendo  biancheggiar  V  acqua  ,  pensa  di  riiror 
varvi  tjibo ,  e  corre  vefocemente ,  e  ferisce  la  nave ,  e  spesse  fiate 
la  rorape  in  qualche  parte .  E  allora  entrando  1*  acqua  per  la 
rottura  discorre  alla  sentina ,  la  qual  mai  non  è  occupata  a'alcu- 
na  cosa .  Oiìde  i  marinari  trovando  in  che  parte  è  rotta  la  nave, 
totano  il  còho  ne  gli  altri,  che  a  quella  rottura  rispondono ,  per- 
chè r  acqua  non  può  passare  d'un  còlto  aff^Uro,  essendo  quelli 
così  'ben  incastrati .  £  allora  acconciano  la  nave ,  e  poi  vi  ripon- 
gono le  mercanzie^  ch'erano  state  cavate  fuori.  Sono  le  navi 
incbìavate  in  questo  modo .  Tutte  sono  dop]>ie ,  cioè ,  che  banno 
due  mani  di  tavole,  una  sopra  T altra  intorno  intorno.  E  sono 
calcate  con  stoppa  dentro  e  di  fuori,  e  inchiodate  eoa  chiodi 
di  ferro.  Non  sono  impegolate  ^7*^  perché  non  hanno  pece  ,  ma 
l'ungono  in  questo  modo.  Tolgono  calcina  e  canapo,  e  taglia* 
no  minutamente ,  e  pestano  il  tutto  insieme ,  mescolano  con  un 
certo  olio  d*  albero ,  che  si  fa  a  modo  d*  unguento ,  eh*  è  piìi  te- 
nace del  vischio,  e  miglior,  che  la  pece.  Queste  navi^  che  sono 
grandi  vogliono  trecetiio  marinari  :  altre  dngento,  altre  centocinquan- 
ta, più  e  manco,-^econdoche  sono  più  grandi  e  più  piccole,  e  por- 
tano da  cinque  in  sei  mila  sporte  di  pepe.  E  già  per  il  passato 
solevano  esser  maggiori,  che  non  sono  al  presente.  Ma  avendo 
r  impeto  del  mare  talmente  rotto  l'isole  in  molti  luoghi,  e  mas- 
sime nei  porti  principali ,  che  non  si  trovava  acqua  sufficente  a 
levar  quelle  navi  cosi  ^andi ,  però  sono  $tate  fatte  al  presame 
minert .  Con  queste  navi  si  va  anco  a  remi .  E  cadauno  remo 
vud  qnàctro  uomini ,  <:he  il  voghi .  E  queste  navi  maggiori ,  me- 
nano seco  due,  e  tre  barche  grandi ,  che  sono  di  portata  di  mille 
sporte  ^^   di  pepe,,  e  più:  e  vogliono  al  suo  governo  da  aas- 


méièmmmti^mf^ 


non  può  tuttavia  danneggiare  un  navilia,  e  se  vi  scarica  una  rodata  fa  più  male  a  ae 
che  al  navilìo  (  AecueìJ.  de  Voyag.  au  Nord.  t.  II.  Amst.  17 15.  p.  169  ).  Ma  per 
quanto  non  possa  mandare  a  picco  la  nave  può  sfondare  una  tavola  del  guscio ,  ed 
il  Marsden  afferma  essere  cosa  notoria  che  ciò  è  accaduto  (  n.  1 127  )  • 

678.  Non  sano  impegolate .  Questa  mistura  è  composta  d'un  olio  detto  dai 
Cinesi  Ihng'jreu  con  cui  impastano  calcina  e  siilatura  di  bambagia  (Mars.  n.  1 128). 
IVe  fa  menzione  il  Mailia(  t.I.  p.  iSo.n.  e)  ed  anche  il  Relatore  Cinese  del  paese 
di  Tchinrla  (Nouvell.  Ann.  des  Voyag.  Pan  1819 1.  HI.  p.  89  ) . 

679.  Sporte  di  pepe.  Secondo  il  Barbosa  (  Ram.  voi.  I.  p.  336  B  )  il  pepe  ven- 


362 
terra  e  lidi  di  Mangi  in  alto  mare  millecinquecento  miglia.  Ed  è 


trato  (  Ancien.  Relat.  p.  7$  e  i65  ) .  A  me  non  sembra  cbe  il  Geografo  Nubieose 
col  nome  di  Sail^  intendesse  il  Giappone  (  p.  38  )  .  Ma  pare  ch'ei  intendesse  fa- 
vélltrrh^  eòi  àome  di  SóhórmaXp-  36  ),  peì*e)iè  ei  dice  oh' era  un'  isola  grandissima 
circondata  di  minori  isole  «  e  da  mare  tempestoso,  che  ivi  nasce  la  miglior  Canfora, 
che  il  mare  che  la  bagna  è  unito  all'  Oceano  e  nella  parte  inferiore  frange  la  terra 
di  Jagog  e  di  Afagogt  e  che  nella  parte  supcriore  confina  col  mare  delle  Tenebre.  Sog. 
giuhg^  che  é  vtrào  il  thare  éìSin,c  a  quattro  glòrtrìdl  iMVigtifeiérM^dlkirisola  d'^mzm, 
che  créderebbesi  per  la  sitti^gllah^a  del  notnel'J^òlii  *d'  MiiHriiiv  ma  che  pie  prdbabiU 
ni\?nteìè  la  Fól^mósa,  «d  eì  soggiunge  :»  et  et  hae  paMt  tgnèè^  a^  mane  ^arifir^hem 
aUrò  luogo  ow^rrè  etséfé  k>  stesso  che  il  tiitore  di  Sih.  ^^inà  il  8tg.  Laiigles  ckt 
Abulfeda  appelK  Sila  o  SiU  il  6iappohe ,  perché  vtt£énm  e^ere  quest'  isola  aU'  e« 
streftii^  della  Gina.  Ma  AMàtmùdl  dtato  da  Herbelot  non  idtelie  per  Stia  o  SiU^ 
Giap^ou^,  imperocché  pone  qoelfeà  terra  air  eairemità  della  Giaa,  À«^  Imeaeqaì* 
no%Mè,e  il  prhtio  dima,  latitudine  molto  dhrersada  <fiiei!a  del^Giappone. Marco  Po* 
lo  fu  il  pritno  Europee  che  ne  pàri<>  chiaramente .  Il  ÌLaem|^fiero ,  e  il  Thuneherg  la 
avvertirono ,  e  non  vi  é  dùbbio  che  Glpmtpi  sia  ìl  Giappone^  stante  il  racconto  eh'  ei 
fa  d'éllà  spedizione  ingiurila  e  iiifrlice  fatta  da  Cablai  Can  contro  risola.  Dopo  i 
tempi  d^l  Polo  restò  lungo  tratto  incognito  quel  paese  agli  Europei*.  IVe  ci  é  noto 
che  McUòo  di  essi  vi  penetrasse  innanzi  i  meraviglio»!  scuopriiltefiti  OnentaK  dei 
P.rrtughcsi.  PaHò  di  Sipangu  o  Cipango  il  Pigafetta,  célèbre  tielatore  del  prim<>  giro 
del  Globo  tfenat{uei»,c  compagno  éeirittfHìce  Magellano,  nva  ne  parlò  per  sentito 
dire,  e  dissie  quel  paese  dieci  gradi  più  a  mezzodì  del  vero»  e  *congeicura  l' Ab. 
AMOi^ti  botìimcntatore  del  Viaggiatore^  che  ne  facesse  menai^ne  dietro  la  relazione 
dèi  Polo  (  Prim.  Yiag.  intorno  al  Glbb   MilaH.    1800  p.  48  ).  Malgrado  però  gli 
ActfOprimenti  dtei  Pbitnghesi ,  forse'lungo  tempo  Mrebbe  rhnasto  ignoto  il  GHippo« 
se  hoh  néufrtÉgaVa  'su  qufcHa  costa  per  fortuita  di  mare  im  navìKo  Pof^ughese  t^ 
traviarono  i  venti  tìal  divisato  canrmino .  Ifon  é  ben  dnaro  se  'eiò  «evadesse  nel 
iS5S,onel   1S42S  oSsiwéfo  nel  t5ìfi.  Sembra  molto  probabile  ciò  4ehe  laarra  il 
Maffei  che  Antonio  M<^U ,  Flranceso»  Zetmioto ,  e  Antonio  Pexotaa»  pattiti  dit  O^dm 
nel  regno  di  Si^am  per  andare  in  Cina,  furono  da  «in  gagliardo  temporale  nel  rS4a 
tràSporUti  al  Giappone  (  Stor.  dell' Ind.p.  494  ).  ti  dfiipatvre  intorno  all'anno 
dello  scuoprhhento ,  nasce  dall' essersene  varj  Po^tugl/e^i  arrogato  1'  onor«.  In  una 
Relazione  di  quel  dlscoprimetato  <iie  ha  la  data  del  1549  ^^  CoeAi/i ,  tMcesi  sollaii- 
to  chie  alcuni  mercatanti  PopCUghesi  acnoprirotio  quelle  isole .  Cìd  dovea  essere 
accaduto  alcuni  anni  ihnanzi^  pér^é  1*  anno  prima  ghinèe  a  Cockhi  H  Giapponese 
Angerorhe  ài  concerti  alla  fede  (Ram.  Nav.  t.  I.  p.  4t8).   Parla  D.  Giovanni  de 
Barras  deMo  scuoprimento  del  Giappone,  ma  non  osa  afl^rmare  se  «ia  isola  o  terra 
ferma  (Ist,  dell'  Asia  p.  1*7  ).  Poco  dopo  lo  sciiòprimento  vi  si  ttabitirono  i  Por- 
toghesi, e  qualunque  vi  foséero  tratti  da  cupiditàdi  ricchezza, non  obliarono  di 
propagarvi   il  Vangelo.  In  nhino  dei  nuovi  scuopritoènti  prosperò  quanto  ivi.  I 
Gesuiti  pubblicarono  alcune  lettere,  ove  si  tratta  dlffusamaritc  di  ciò:  altane  di  ca- 
se vtomio  aggiunte  alla  StoHa  dell*  Indre  del  Maffei  (Pir.  Ghin.  iSSg).  Nd   i5#  vi 
si  numeravano  i,8òo,ooo  Cristiani  (  Thnhb.  t.  H.  p.275  not  ).»el  i58g  comiociò  la 
persecuìiorie  contro  di  essi,  i  quali  nella  provittcia  di  Shnabara  vennero  a  guerra 
aperta  ctì  «éntlK,  che  uniti  contro  i  primi  fecero  loro  la  più  crudele  guerra.  Ilei 


36 1 


GAP.  IL 


DelV  Isola  di  Zipangu. 
Zipaogu  è  un'  ìsola  ^^  in  Oriente,  la  qual  è  discosto  dalla 


680  •  Zi/Mmfii.  E  più  rettamente  il  Cod^KiccGìpangu,  Detto  nome  viene  dal  Ci» 
nese.  I  Cinesi  appellarono  anticamente  il  Giappone  Yang^kmo  magazzino  del  Soloi  indi 
IVu'-kue  o  regno  degli  schiavi;  ma  da  parecchi  secoli  in  poi  lo  appellano  Ge^n 
(  Mem.  sur  les  Chin.  t*  XIV-  p*  54  )  che  significa  orìgine  del  Sole  (  Hi9t.  Gen*  die  la 
Chin*  t  IX.  p.  3o4  )f  ed  anehe  Gepen^ku,  che  significa  regno  donde  ha  origine  il 
Sde^  dal  quale  nome  deriva  quello  di  Gipangu  o  Gipanku  datogli  dal  Polo.  Tale  è 
r  opinione  anche  dell'editore  della  Storia  Generale  della  Cina  (  ihid.  p.  4ia).  Cre- 
de il  Malte  Brun  che  Gipangu^  derivi  da  Schibjrn  che  secondo  esso  i  il  nome  che 
danno  a  quell*  Impero  i  Cinesi  (  Geugr.  Univers.  1 1.  p.  412  ),  ma  di  ciò  non  si  fa 
menzione  nelle  opere  testé  citate  •  li  Kaempfero  dice  che  i  Cinesi  delle  provincie 
meridionali  io  appellano  il  Sijppon  (  Hist.  du  Jap.  1. 1.  p.  95).  Ma  più  naturale  è  la 
derivazione  da  noi  avvertita,  che  il  dedurla  dai  nomi  della  cootiuJa  rammentati 
dal  Kaempfero  e  dal  Malte  Brun.  I  natii  oppellanoil  loro  paese  Nipon  o  Nifon 
(  Thunberg.  Yoyag.  t.  HI.  p.  160),    che  significa  il  fondamento  del  sole  »  ed  an- 
che Terka ,  ed  il  loro  imperadurc  Terkasuma ,  o  il  monarca  che  é  sotto  il  cielo 
(  Kaempf.  1.  e.  ) .  Il  K.aempfero  non  crede  che  i  Giapponesi  traggono  origine  dai 
Cinesi,  perchè  la  favella,  i  caratteri,  la  religione  erano  differenti  anticamente  nei 
due  Imperi,  e  suppone  che  un  popolo  venuto  dalla  Corea  popqldsse  il  Giappone 
(  ibid.  L.  I.  e.  6).  Il  F.  Couplet  crede  i  Giapponesi  d'  orìgine  Cinese  (apud.  Thun. 
Voj.  l.  III.  p.  160  n.  ).  Qualunque  sia  V  origine  primitiva  di  queati  popoli  sembra 
che,  la  coltura  penetrasse  in  (|ucll'  impero  dalla  Cina.  E  sembra  opinione  molto 
verìsiipnile  che  varie  genti  concorressero  a  popolare  il  Giappone ,  come  credono 
ravvisarlo  i  viaggiatoti  dalla  varietà  di  lineamento  che  spicca  in  quella   nazione.. 
Le  prime  relazioni  dei  Giapponesi  e  dei  Cinesi,  e  l'arrivo  dei  primi  nell'impero 
degli  altri  non  è  anteriore  secondo  il  P.  Amiot  ali*  anno  58  di  Gesù  Cristo  (  Mem. 
Concer.  les  Chin.  t.  XIV.  p.  56  ) .  Il  Kaempfero  dice  esservi  penetrata  la  civiltà 
dalla  Cina  verso  1*  anno  2o5  dell*  era  nostra,  e  verso  il  66.  il  culto  straniero  di  òVa- 
ka  che  Bupo  o  /^uc/10  appclli^no  i  Giapponesi,  che  è  il  Budda  dcgl*  Indiani   (t.  I. 
P.1S6).  Questo  potente  impero  è  composto  di  tre  isole  grandi  e  di  molte  piccole  che 
dal  5o.^  al  41.^  grado  di  Lat.  Settentrionale  si  estendono  e  dal  145."  al  161.^  di  Lon- 
gitudine dal  Meridiano  dclf  isola  di  Tenerifla  (  Thunb.  t  IH.  p.  161  ).  Questo  pae 
se  fu  sconosciuto  agli   antichi;  alcuni  comentalori  di  l'olomeo  lo  impugnano. 
Secondo  il  Geografo  l'isleile //i^u/oe  Saijrorum   del  Geografo,  sono   quelle  del 
Giappone,  il  ò'tnuS'Mai;nus  il  Tunkìno,  la    7 erra  incognita  il  ^Kamichatka ,  ma 
tali  congetture,  suno  da   riporsi   frai   sogni   (   Kaempf  Hist.  du  Jdpon.  Prof.    p. 
^xxin.  ).  ho  scrittore  il  più  antico  che  fctccia  menzione   del  Giappone  sembra  es- 
sere il  Relatore  M«iomeUano  pubblicalo  dal  Kenaudot,  che  uppcllu  l'isola  Zapageo^ 
il  re  del  paese  Mehrage.  Secondo  il  R^naudut  eia  detto  quel  paese  dugli  Ar.ubi  òV/a, 
Hin  ne  Lvc'larcnio  per  udito  dire  dai  Cinesi ,  senza  che  veruno  di  ttbi  l'ossevi  pene- 


362 
terra  e  lìdi  di  Mangi  in  alto  mare  millecinquecento  miglia.  £d  è 


1 

trato  (  Ancien.  Relat.  p.  7ÌI  e  i65  ) .  A  me  non  sembra  che  il  Geografo  Nubieoae 
col  nome  di  Sailft  intendesse  il  Giappone  (  p.  38  )  .  Ma  pare  eh'  ei  intendesse  £a- 
vèllmrh^  óòl  Àomè  di  Sóhórma  (  p.  56  ),  ^efehè  ei  dice  oh' era  un'  isola  grandissima 
circondata  di  minori  isole,  e  da  mare  tempestoso,  che  ivi  nasce  la  miglior  Canfora, 
che  il  mare  che  la  bagna  è  unito  all'  Oceano  e  nella  parte  inferiore  frange  la  terra 
óìJagog  e  di  Magog^  e  che  nella  parte  supcriore  confina  col  mare  delle  Tenebre.  Sog- 
giuhgè  che  é  verÀo  il  thare  éìSin,e  a  ijuattro  gférii^'di  ìfravigsife^n^dull'idolè  d'Anamt 
che  crederebbe!»!  per  la  ^tff$gliah)ta  dei  notne^'fdoki  *d' M^im/H^  ma  chie  pila  prdbabil- 
nìenteè  la  Fù^pHósa^  iàd  ei  soggfutifge  :i^  et  eie  hac  paMt  égfMéiA  fed  mane  3adf»^4^ia 
alerò  luogo  uw^rrèéésérè  k>  stesso  che  il  nitore  dÌA5rf»i.^^inàll8ig.  Laiigles  clm 
Abulfeda  appeltl  Sila  0  SiU  H  Oiappotie,  perché  u^f^tyya  essere  quest'  isola  aH*  e-  ( 

stl-emità  della  Gina.  Mft  AMéìmktl  dtato  da  Herbekit  Mn  idte«e  per  Sthio  Siti* 
Giirp^onte^  èmperoeché  potie  qoeltà  ter^a  air  esiremità  delift  Oiaa,  fV«4^  lrriea'e<^- 
no^^lè,<e  il  prhtiù  dlimto ,  latitudine  molto  dhrersa  da  tfHtììh  del^Glappone.  Marco  ¥&^ 
io  fu  il  prNhò Europeo  chtne  pérli>  Chiaramente.  11  KtempHero,  e  il  Thuneberg  lo 
avverttnmo,  e  nbn  vi  é  dbbhfo  che  Gtptmpi  sia  Ìl  Giappone,  statate  il  racconto  eh'  eì' 
fa  d'ella  spedizione  ingiuria  e  idfelice  fatta  da  Cublai  Can  contro  risola.  Dopo  i 
tempi  del  Polo  restò  lungo  tratto  incognito  quel  paese  agli  EUropiei-.  Ife  et  é  noto 
che  MtUho  di  essi  vi  penetraése  innanzi  i  meraviglio»!  dcuoprimedti  OrìetitaK  dei 
P^rrtughesi.  Parlò  di  9ipangu  o  Cipango  il  Pigafetta,  célèbre  kielàtore  del  primo  giro 
dd  Globo  tfenat(ae",e  compagno  dèli' iiffòlioe Magellano, mra  Yte  parlò  per  ^ntìto 
d^rc,  tt  disste  quel  piarese  dieci  gradi  più  a  meitzodl  del  vet»o,  e  confettura  l'Ab. 
AhtOi^ti  fcomktientatore  del  Viaggiatore^  che  ne  facesse  menxiH^^ne  dietro  la  relazione 
del  IVIo  (Prim.  Vtag.  intorno  al  GIttb.  Miltfh.    i8oo  p.  48).  Malgt^do  però  gU 
Jictròprtmenti  dtei  Poitnghesi ,  forse'lungb  tempo  sarebbe  rimasto  ignoto  il  Giapp<^ 
se  hoh  iténfrtàgàTa -su  qufcMà  costa  per  fortuita  di  mare  itti  navìKo  Poitughtese  dhc 
t<*avfàf oht>  i  reritì  d^l  divinato  canfmino .  jfon  é  ben  chiaro  se  'eiiò  aeeadesse  nel 
i555,oìiel   1S42S  oAsivvétfo  nel  ì5ifi.  Sembra  molto  probabile  ciò  4ebe  )»dirni  il 
Màffei  che  Antonio  M<ita ,  fVaùcea<:«  Zeinvoto ,  e  Antonio  Pexot»,  partiti  da  Omdt^ 
nel  régno  di  Siam  pei»  andare  in  €ioa,  Airono  da  *n  gagliardo  t^mporal^e  ttel  t54» 
tràsporutl  alGian^otoe  (  Stor.  dell' Ind.p.  494  ).  «  disparere  intorno  all'«nao 
dello  scuoprfihento ,  nasce  dall' essersene  varj^o^tuglfe^l  arrogtftol'  oAore.  In  ona 
Relazione  di  quel  discoprimehto  the  ha  la  data  del  1649  ^^  CocAiVi ,  tlìcesì  saltali- 
io  chfe  aScuni  mercatanti  Poptùghesi  ^cnoprirofio  quelle  isole.  Ciò  dov«a  esaere 
accafdutb  alcuni  anni  ihttattzi>  péihché  l' anno  prima  grunse  a  CocMn  il  Giaj^nese 
Angefo  che  èi  conviti  alla  fede  (Ram.  Nav.  t.  I.  p.  41»).   Paria  D.  Giovanm   de 
Barros  dello  scuoprimento  del  Giappone,  ma  non  ò«a  afifermare  se 'sia  isola  o  terra 
ferma  (Ist,  dell'  Asia  p.  1*7  ).  Poco  dopo  lo  sctiòprimtmn  vi  si  tt^itircmo  t  Por- 
toghesi, e  quàtotonqoe  vi  fosàcro  trttH  da  cupidità  di  licclfeiza,  non  obl.aroiio  A 
propagarvi   il  V^ingelo.  hi  hiti'nb  dei  nuovi  «cuoprimenti  protrò  quanto  i^i.  I 
Gesuiti  pubblicarono  aleute  lèttere,  ove  si  tratta  di ftiisamantc  dr  ciò:  ak-nnc  di  e*- 
«ev^nno  aggiunte  alla  Storia  dèirindre  del  Mdfìfei(Pir.  Ohm.  tSSg).  Nel   ifi^  vi 
si  niuneravano  i,86o,doo  Cristiani  (  Thnnb.  t.  IL  p.275  not  ).}rel  iSSg  cominciò  la 
persecuìioufe  contro  di  essi ,  i  quali  nella  provittcia  di  SifnaÒara  vennero  a  guerra 
apetta  eoi  «totlM,  che  uniti  contro  i  primi  fecero  loro  la  più  crudele  guerra .  If  el 


363 

isola  molto  grande ,  le  eoi  geBii  woo  bianche  ^*  e  b^ ,  e  di 
gentil  maniera  •  Adorano  gì'  idoli  ^^  ^  e  mameogoosi  per  le  me-^ 
desimi,  cioè,  che  si  roggono  dal  proj^rio  re  »  Hanno  ora  in  gran* 
dissima  abbondanza  ^^  ^  perchè  ivi  si  inaoTa  fiaor  di  Biodo  »  e  il 
re  non  lo  lascia  portar  fuori ,  però  pochi  mercanti  vi  vanno ,  e 
rare  volte  le  navi  d' akte  regioni .  £  per  qaesta  causa  diremovi 
la  grand'  eccellenza  delle  riccheaae  del  palagio  del  Signore  ^ 


i638  fecero  perire  in  un  sol  giorno  57,000  Cmlianì,  e  a  gran  dUdoro  degli  Olandesi 
di  quella  età  ajutati  da  essi  (  Kaempf.  t.  II.  p.  a55  } .  Tanto  saoguioaria  ed  atroce  fn 
la  persecuzione  di  qael  governo,  che  In  spento  il  Cristianesimo  ncH'  isala  (  ibid« 
p.  5o4  Thunb.  t.  II,  pi  274  e  te^.  ). 

681.  Le  cui  gemii  samo bUneke  e  èetle*  La  difimma  dioe  il  Kaaapfero  cW 

vi  é  nei  lineamenti  dei  Giapponesi  delie  varie  provincie  é  ona  prova  dèa  diverti 

fami  che  sono  stati  innestati  ai  tronco  primitivo  di  quel  popolo .  Coasoneflaente  il 

popolo  di  Nipon  è  bratto,  piccolo,  acnro  di  carnagione ,  ha  le  gambe  grosse»  il  naso 

Khiacdato ,  e  le  ciglia  Iblte,  ma  non  ha  gli  occhi  tanto  incnvati  qnaoto  i  Cinesi •  1 

discendenti  peraltro  delle  pia  antiche  e  nobili  famicl*e,  ^li  ottiitiati  deli*  Impera 

hanao  maestosa  statura,  dignitose  mani^fn,  o  molto  somigliano  agli  Emopei.GU 

abitanti  di  SaisMma^  di  Ooùj'mi e  ^ Fiuga ^  sono  di  mezzana  statura,  aaa  fwti^ 

coraggiosi ,  arditi,  dvS  e  manierosi  (  Hist.  éa  Ja^M«  t  L  pL  tSa  )  «  nke  al  IWn* 

htr^  (  t.  IIL  p.  195  )  che  i Gtapponeai  sono  fcneralaneate  henfttti>  «ragliati ,  nani  » 

forti  e  nerboruti  ;  ma  che  mm  potrebbero  misnrani  cogli  nhilntori  ddU'Siar^m 

icttentrionale  :  die  sono  di  medioore  sintmna,  a  ■rtuata»  quanlami|ue  aia»ri 

corpulenti.  La  carnignmf  di  aicnni  à  dirittra,  d'altri  aUnunaata,  e  asiane 

arsiccia  è  quella  dei  rimpa^nuiiii  che  sUmo  aoof«fti  l'cafealr.  Le 

non  escono  mai  senza  velo  non  cedono  per  carnagione  alle  più  belle  E«mp«eu 

€»%.  Aéonam^idaU.  (  V.t.  U^iSlwud) 

685.  Oro im grandisà0$m  mbmdmum.  il  IjMipresn  nmamera  fMiwdW  ImiAi 

1^  rai  r  il'irn  ,  ili  nuf  ililli  lu^i  ilnnhiaaiwr.  rrl  una  driia  prarinrin  iB-^" 

Unto  ricca  che  ne  fu  vietata  reacavamone  per  non  ridunc  a  pmui»  valr  ii 
1.  L  p.  trfm  ).  Bice  annifir  <  ibid.  p.  id6  ):  •  la  mi^ior  rirrWaaa  évi 
*  virtù  deHa  spiale  qaesto  Impero  «upem  la  ma|||,inr  pai  la 
•n  o^  UBfie  di  Boinoali ,  edi-  nnaalli  poftacalat 

eB4    ABrmerfagagidr/^nlagin  Mi  sigmÈre.  U  citalo  cnlrbrr  «4K:  ^ 
-'.au  U  pìaatadi  Jhdaraipilair  ddl'ia^mm»  e  del  fuhMmx^^xmm^^^^  *  *t 
Mcotanr .  £  iri^im'—p  nd ornato  md  <:iÀm^.en^  am^  ^"^ 
ti  tht^ìémm»  Bn'ipyiiniin  niagniRra 

e 


StfKmpf:  t.  JH.  p.*  ^  .^ 


o 

riiC  può  dàni  di 


364 
detta  isola ,  secondo  che  dicoQO  quelli  eh'  hanno  pratica  di  quel- 
la contrada.  V'ha  un  gran  palazzo  tutto  coperto  di  piastre  d'oro, 
secondo  che  noi  copriamo  le  case,  ovvero  chiese  di  piombo,  e 
tutti  i  sopra  cieli  delle  sale ,  e  di  molte  camere  sono  di  tavolette 
di  puro  oio  molto  grosse,  e  così  le  finestre  sono  ornate  d'oro. 
Questo  palazzo  è  così  ricco ,  che  ninno  potrebbe  giammai  espli- 
care la  valuta  di  quello.  Sono  ancora  in  qtiesta  isola  perle  ^*  in- 
finite ,  le  quali  sono  rosse  ^^ ,  ritonde ,  e  molto  grosse ,  e  va- 
gliono  quanto  le  bianche  e  più  .  £  in  questa  isola  alcuni  si  sep- 
pelliscono quando  son  morti ,  alcuni  s'  abbruciano  ^^' .  Ma  a 
quelli  che  sì  seppelliscono ,  vi  si  pone  in  bocca  una  di  queste 
perle ,  per  esser  questa  la  loro  consuetudine .  Sonovi  eziandio 
molte  piec  re  preziose  ^®* . 

Questa  isola  è  tanto  ricca ,  che  per  fama  sua  il  Gran  Can, 
che  al  presente  regna,  cheèCublai,  deliberò  di  farla  prendere^, 
e  sottoporla  al  suo  dominio .  Mandò  adunque  due  de'suoi  baroni 
con  gran  numero  di  navi  piene  di  gente  per  prenderla  ^ ,  de' 


e  dei  palazzi  e  per  essere  eoo  forticazioni  separato  dal  resto  della  città. 
Fa  la  sua  residenza  in  vasto  palagio  che  é  distinto  dagli  altri  per  la  magnificenza 
ed  altezza  della  sua  torre  (  ibid.  t.  f .  p.  243  ) . 

685 .  Perle  le  quali  son  rosse  (  V.  1. 1.  p.  i5nn*  ) 

686.  Alcuni  si  seppelliscono  .  .  •  .  alcuni  s'aUrudano*  Thunberg  dice: 
p  ardono»  o  sotterrano  i  morti .  Oggidì  non  ardono  che  i  morti  Qualificati  »  (  Vor. 
t  III.  p.  4,3). 

687.  Molie  pietre  preziose.  Numera  il  Raempfero  agate ,  alcune  delle  quali 
somiglianti  a  zaffiri ,  corniole ,  diaspri,  e  perle  (  1. 1.  p.  174  ). 

688.  Di  farla  prendere.  Gli  Storici  Cinesi  non  allegano  a' tra  causa  della 
spedizione,  che  la  cupidità  di  Cuoiai  Can  dì  saccheggiare  queir  Impero .  *  Il  avoit 
»  oui  dire  sans  doute  que  ces  royaumes  étoient  riches  en  bijoux  eten  choses  rarcs, 
p  qu*  il  avoit  la  cupidité  de  s' appropriar  »  (  Hist.  Gen.  de  la  Chin  t.IX.  Le.) . 

689 .  Gran  numero  di  naid  .  .  .  per  prenderla .  Il  P.  Amiot  nell'  opera  inti- 
tolata :  „  Introduzione  alla  cognizione  dei  popoli  che  furono  o  che  sono  tribata- 
,»  rj  della  Cina  „  in  francese  traslatò  la  Storia  di  quesU  spedizione  (  Mem. 
Gencer.  les  Chin.  t  XIV.  p.  281  ).  Il  Pinkerton  la  credeva  inediU  (Geogr.  t.  IV. 
p.  a8i  ).  Secondo  il  dotto  Missionario  la  spedizione  accadde  nel  ia8i,e  T  armaU 
Cinesof  Tartara Y  o Coreana  oltrepassava  i  ioo/>oo  uomini.  Il  Gaubìl  per  lo  più 
arretrato  di  un  anno  nelle  sue  computazioni  cronologiche,  pone  che  accadesse  r  ot- 
tava Luna  deir  anno  laSo.  Secondo  esso  la  tempesta  ruppe  1*  armamento  navale,  e 
VI  perirono  3o,ooo  Tartarii  e  circa  70,000  Cimosi  o  Coreani  fiirono  fatti  prigionieri 
(apud  Souc,  p.  30I  ).  Confermano  il  fatto  le  Storie  Cinesi  e  Giapponesi .  La  cronaca 
di  questi  data  dal  Kaempfero  pone  il  fatto  come  accaduto  il  nono  anno  del  regno 
deir  Imperadore  Gouda.  £i  incomincid  a  regnare  nel  k%^i.  Secondo  la  Cronaca 


quali  tino  era  nofniinalo  Ablìaccatan  ^  e  T  altro  Vousaocia  ^*^ , 
quali  partendosi  dal  porlo  di  Zaiiuin,  e  Quinsai,  navigarono  per 
mare ,  finché  pervennero  a  questa  isola.  Dove  smontati  nacque  in- 
vidia fra  loro ,  che  V  uno  dispregiava  d' obbedire  alla  volontà  ,  e 
consiglio  dell'  altro ,  per  la  qual  cosa  non  poteron  pigliare  alcuna 
città,  o  castello,  salvo  che  uno^  che  presono  per  battaglia ,  pe- 
roche  qnelli  eh'  erano  dentro  non  si  volsero  mai  rendere .  On- 
de per  comandamento  di  detti  baroni  a  tutti  furono  tagliate  le 
teste,  salvo  che  a  otto  uomini,  li  quali  si  trovò  eh' ave  vano  una 
pietra  preziosa  incantata  ^*  per  arte  diabolica ,  cucila  nel  brac- 
cio destro  fra  la  pelle  ,  e  la  carne  ,  che  non  potevano  esser  morti 
con  ferro,  né  feriti.  Il  che  intendendo  quei  baixmi*  fecero  per- 
cotere  li  detti  con  un  legno  grosso ,  e  subito  morirono .  Avvenne 
un  giorno,  che  il  vento  di  Tramontana  cominciò  a  soffiar  con 
grande  impeto,  e  le  navi  de'  Tartari,  ch'erano  alla  riva  dell'iso- 
la ^  ^battevano  insieme  .  Li  mannari  adunque  consigliatisi  deli- 


>«M 


Il  Generale  Tartaro  Mooko  comparve  imlla  costa  del  Giappose  con  una  flotta 
di  400  vele,  montata  da  200000  juomini  (  si  ravvisa  la  consueta  jattanza  del  vinci- 
tore di  raddoppiarli  )  che  vi  spedi  V  imperadore  S^jsu  (  i  Cinesi  appellavano  Cubia  t 
Cìkitsu  ^ma  che  1  Cami^  o  dei  tutelari  dell'impero,  irritati  del  temerario  dtsegnu  dei 
Tartari  suscitarono  una  furiosa  tempesta  che  distrusse  la  flotta  che  credeasi  invine 
cibile.  Biòoko  mori  sommergo,  e» non  si  salvò  cl|e  uu  piccolo  numero  dei  suoi 
soldati  (  t.  I.  p*  2<^  ] . 

690  Abbactitan^  e  V  altro  P'onsancin,  La  Storia  Cinese  dice  ùì&  Ahahan  parti 
per  comandare  1*  impresa  del  Giappone ,  e  che  giunto  nel  porto  ove  dovea  imbar-> 
carsi  mori .  Che  Atahai  che  dovea  c*omandare  in  sua  vece  giunse  troppo  tardi 
(  Hist*  Girn.  de  la  GhSn.  t.  IX*  p.  <|09  )  «  Àmiot  nomina  generali  della  spedizione 
Fang-eunrhu  ^  Si^iUy  Hung^ti-tsieu  ^  Lì^iang  ^  Tsin^an.'tcheng  »  Secondo  il  Degui- 
gnes,  capitano  dell'  armamento  navale  fu  Hatahai  (  Hist.  des  Huns*  t.  lY.  p.  173  )• 

6gi.  Pietra  preziosa  incantata ,  ìa^  Ì9iyo\di.  àe^ì  uomini  fatati  é  antichissima: 
secondo  Omero  fatato  era  Achille  ,  secondo  V  Omero  Ferrurescy  Ferrau  ed  Orlaa«* 
do.  li  Marsden  a  qusto  luogo  riferisce  un  fatto  che  nicconta  il  Barros:  che  un  ca- 
pitano Maialo  non  potè  essere  ucciso  col  ferro  y  sinché  non  gli  fu  levato  un  monile 
d'osso  d'un  animale  che.appella  Cabal  cheavea  la  virtù  d'impedire  lo  sgorgo  del 
sangue ,  monile  prezioso' che  fu  donato  all' A Ibuquerque  (Dee.  II.  p.  129).  Il  Bar- 
bosa dice  degli  abitanti  della  Giava  Maggiore:.»  sono  grandissimi  incantatori 9 
1^  e  negromanti ,  e  fanno  armi  in  alcuni  punti  e  ore*  che  dicono  che  chi  le  porta 
»  addosso  non*  può  essere  ammazzato  dall'  armi  d'  altri  t  (  Ram.  Nav.  1. 1.  p.  S&7 
b  ) .  Ambedue  i  racconti  sono  favolosi ,  ma  giustificano  che  il  Polo  non  è  stato  1*  in- 
ventore di  questa  favola  y  e  che  vi  si.  dava  fede  da  uomini  gravi}  anche  tre  sècoli 
4opo  di  lui  • 

692  •  Mia  riva  deW  isola .  La  fortuna  di  mare  battè  il  navilio  dei  Tartari  in 

47 


366 

berarono  slonianarsi  da  terra .  Oade  entrato  V  esercito  nelle 
navi ,  si  allargarono  in  mare  »  £  la  fortuna  cominciò  a  crescere 
con  maggior  forza,  di  sorte  che  se  ne  ruppero  molte ^  e  quelli, 
die  T^  erano  dentro  notando  con  pezzi  di  uivole,  si  salvoronoad 
un  isola  vicina  a  Zipangu  quattro  miglia .  Le  ahre  navi^  che  non 
erano  vicine ,  scapolale  dal  naufragio  con  li  due  baroui ,  avendo 
levati  gli  uoinim  da  conto  y  doè  li  capi  de'  centenari,  di  mille , 
e  diecimila  ^  drizzoroiio  le  vele  v^rso  la  pati'ia,  e  al  Gran  Can,  Ma 
i  Tartari  rimasti  sopra  V  isola  vicina ,  erano  da  circa  trentamila , 
vedendosi  senr.a  navi ,  e  abbacidonati  dalli  ca})iiani ,  non  avendo 
né  arme  da  combattere  ,  né  vettovaglie  ^  credevano  di  dovere  es- 
sere presi  e  morti ,  massimamente  non  vi  essendo  in  detta  isola 
abitazione ,  dove  potessero  ripararsi.  Gessata  la  fotHuna,  e  essendo 
il  mare  tranqaillo ,  e  in  bonaccia  gli  ìiomini  della  grande  Isola 
di  Zipangu  con  molte  navi ,  e  grande  esercito  andorno  all'isola 
vicina  per  pigliar  lì  Tartari,  che  quivi  $'  erano  salvati,  e  smontali 
dalle  navi,  si  missero  ad  andarli  a  trovare  con  poco  ordine.  Ma 
li  Tartari  prudententemente  si  governarono,  perciocché  l'isola 
era  molto  elevata  nel  mezzo ,  e  mentre  ,  che  li  nemici  per  una 
strada  s' affr eltavaho  ài  seguitarli ,  essi  andando  per  on^  stlira  cir- 
condarono attorno  T  isola ,  e  pervennero  a'uavili  de'  nemici,  quali 
trovarono  con  le  bandiere  ,  e  abbandonati  j  e  sopra  quelli  imme- 
diate montati ,  andarono  alla  città  maestra  ^  del  Signor  di  Zi- 
pangu,  dc^ve  vedendosi  le  loro  bandiere ,  furono  lasciali  entrare^ 
e  quivi  non  trovorno  altro  che  donne ,  le  quali  tennero  per  loro 
.uso ,  lasciando  fuori  tutto  il  resto  del  popolo .  11  re  di  Zipangu 
inlesa  la  cosa  come  era  passata,  fu  molto  dolente^  e  subito  se  uè 
venne  a  mettere  Y  assedio ,  non  vi  lasciando  entmre  ^  né  uscire 
persona  alcuna  ,  qual  durò  per  mesi  sei .  Dove  vedendo  i  Tarta- 
ri, che  non  potevano  aver^aiuto  alcuno,  al  fine  si  resero  salve 
le  ptrsooa  ,  e  questo  iu  ponrendo  gli  anni  del  Signore  1264*  ^^ 


fieieeìa  air  isola  di  Wng^hoUf  a  Ja  maggior  parta  dalk  baivha  «ftafragara»»  >  I  capita- 
ni cùtleiiaW  mefto  Salmeggiate  tomara^o  allSaala.ia  ri  laacìarono  pt4clì  laoyooo- 
uomint  (  Hisfc.  de  la  CUn.  t.  IX.  p.  409,  )  tt  ffoìn  atfariaa  oca  maggior  praiiabttìti 
che  ve  he  limàaevo  itoli  %o^60  . 

693.  Alla  »ità  mueiira ,  K  malagavoie  il  raTriaara  ipial  città  aia.  E  aoaoìaata 
nella  rabnea  del^Gap,  iSddai  Cadice  Parigino.  ^  Canant  lea  gtoa  ém  Grmmi-Kaa 
f  eachampois  de  la  tempèste  de  la  mer,  etpristreDt  puia  la  ci  té  de  Lmre* 

694.  Gli  armici  Sigmòre  laSéi.'^fìmo  i  Tasti  intorno  a  qveatodaU^  Secon- 


S6^ 

n  Gran  Gan  do{)o  alcuni  anni  ,r  ^ititedo  iiitcKo  iiidtBdrdùie  sojirad^ 
detto  ^  successo  per  causa  dèlia  discordia  de'dMieBpitam,  iece 
tagliar  la  testa  ad  un  di  loro ,  l' altro  mandò  ad  un'  isola  sal^atica 
detta  Zorza  ^^  dove  mei  far  raomc  gli  uomni ,  che  hanno  fatto 

3tialche  mancamento  ia  questo  modo.  Gli  ila  ravolgere  tutte 
uè  le  mani  in  un  cuoio  di  bufklo  alloca  scorticato ,  e  sireua- 
mente  cucire,  qual  come  si  secca,  si  strigne  talnaenté  iatomo^ 
che  per  niun  modo  si  può  muovere ,  e  cosi  miìscrameiite  fiaiseo- 
no  la  loro  vita  non  polendosi  aiutare 

GAP.  in. 

Della  maniera  degV  idoli  di  Zipangu ,  e  òomè  gli  abitanti 

mangiano  carne  umana  • 

In  quest'  isola  di  Zipangu ,  e  nell'  altra  vicine  tutti  i  loro 
idoli  sono  fatti  diversamente  ^ ,  perchè  alcuni  hanno  teste  di 


*»mm 


do  quello  della  Crucca   ciò   accadde  nel  1268.  Nel  Pucciano  e  nel  Riccardiano 

leggesi  1369  :  nelP Edizione  Balailense  i'ISq.  Secondo  la  Stona  Generale  della  Cina 

e  i I  P.  Ànitot  la  cBUAtrofa  accadde  nel  laSi  e  a  quest'ultima  aulurila  conviene 

deferire.  Le  Storie  Cinesi  non  fauno  parola  della  |u*eaa  di  quesU  città  narrano  che 

venuti  i  Giapponesi  ad  attaccare  ìt'  annata  di  CuUaÀ  oon  potente  esercito  nell'  isola 

la  passarono  al  filo  delle  spade  ^ e  dieruno  salva  la  vita  solo  a  10009,  ^  ^aooo  Cinesi 

del  mezzodì  che  fecero  achÌAvì  (  L«  C  >.  L' HauteSfagr^a.  commentatore  .di  quelle 

storie  si  maraviglia  ohe  il  P«4o ,  aftato  diciassette  anni    ^Ua    corte    di   Cablai 

Can,  fosse  tanto  male  istruito.  Ma  dee  recare  ancor,  maggior  meraviglia,  upp 

spropositata  asserzione  che  metU  in  bocca  del  viaggiatore  del  tenore  seguente 

»  qu*  il  eUAt  mal  informe  loraque  il  a  éerit  que  les  Jappon^is  ,etoient  mahfnneUna  #, 

lo  che  non  ho  latto  io  veruno  dei  tanti  testi  ó»i  Jtfijiione  che  w  «Qnoi  capitati  fra 

mano .       '   •     ' 

ft>5.  ÉOTBà.  Come  fu  dichiarato  nella  n^t^  nwpafp  ^17.  Zarawio  d'orsa  era 

il  paese  de?  Mmciusi.  Questo  isoèa  potrebbe  ^9^nt  adunque  quellfi  che  è  in  taccia 

air  imboccatura  del  fiume  Saghalien  detU  Angu^hat^i. 

696.  I  loro  idoli  sono  fatti  diversamente.  11  Kaempfer  dice  »che  i  tcmpj  del 

culto  degl'  idali  stranieri  o  di  Budda  che  essi  appellano  Budso  e  Siaka  sono  cosi 
aggiustatomentc  e  artificiosamente  ornati,  che  sembrerebbe  d'entiare  in  una  Chie- 
sa Cattolica  se  i  simularri  mostruosi  degP  idoli  non  sgannassero.  Lungo  le  strade 
dipingono  un  loro  nume  cornuto  che  chiamano  il  principe  del  ciclo  che  ha  la  testa 
di  hovt.  Dipingono  ancora  teste  di  diavoli  a  bocca  aperta  con  zanne  e  occhi  di 
brace  (  Kaempf.  l.  II.  p.  5a6  e  seg.  ).  La  statua  di  Daibut  che  vide  Thunbcrg  a 
Miaco  in  un  magnifico  tempio  parvegli  atto  a  ispirare  terrore  per  la  sua  grandezza 
colorale .  Em  seduta  alla  moda  indiana,  e  gli  fu  detto  dagl'  intcrpreU  che  avreb- 


368 

buoi ,  altri  cB  porci ,  altri  di  cani  ^  e  di  becchi ,  e  di  diverse  altre 
maniere  •  Ve  ne  sonò  poi  alcuni >  che  hanno  un  capo,  e  due  voi 
ti.  Altri  tre  capi ,  cioè  uno  nel  luogo  debito ,  e  gli  altri  due  so- 
pra  ciascuna  delle  spalle .  Altri  che  hanno  quattro  mani ,  alcuni 
dieci,  e  altri  cento;  e  quelli,  che  n.  hanno  più  si  tiene,  ch'ab- 
biano più  virtù ,  e  a  quelli  fanno  maggior  riverenza  •  E  quando 
i  Cristiani  li  domandano ,  perchè  fanno  li  loro  idoli  cosi  diversi , 
rispondono:  cosi  i  nostri  padri,  e  predecessori  gli  hanno  lasciati ^7, 
e  parimente  così  noi  li  lasciamo,  a  nostri  tìgliuoli  e  successori. 
Le  operazioni  di  questi  idoli  sono  di  tante  diversità ,  e  così  sce- 
lerate  e  diaboliche,  che  sarìa  cosa  empia,  abominevole  a  rac- 
contarle nel  libro  nostro.  Ma  vogliamo,  che  sappiate  almeno 
questo^  che  tutti  gli . abitatori  di  queste  isole,  che  adorano  gì' 
idoli,  quando  prendono  qualcuno,  che  non  sia  loro  amico,  e 
che  nou  si  possa  riscuoter  con  denari ,  convitano  tutti  i  loro  pa- 
renti, e  amici  a  casa  sua,  e  fanno  uccidere  quell'uomo  suo  pri- 
gione ,  e  lo  fanno  cuocere,  mangiarìselo  ^  insieme  allegramente, 
e  dicono,  che  la  carne  umana  é  la  più  saporita  e  migliore, 
che  si  possa  trovar  al  mondo. 


bero  potuto  sedere  nella  palma  deHa  mano  dell'idolo  se!  Giapponesi  •  Il  viaggiatore 
-vide  in  altro  tempo  il  simulacro  colossale  di  Quanva  con  trenta  mani»  «  altri  simu- 
lacri di  deità  minori  con  venti  mani  (  Voy.  t.  IH»  p.  4>9  )• 

€97.  Cosi  i  Hoftri  padri  gli  hanno  lasciati.  Narra  il  Marsden  (  n.  114B)  che 
cosi  appunto  rispose  un  Indiano,  cui  fik  fatta  pari  interrogazione.  Cosi  rispondono 
ì  nostri  Viilicì  quando  loro  si  simprovera  una  qualche  pratica  rurale  contraria  ai 
buòni  principj  d'  agricoltura . 

698.  Mangianselo .  Per  quanto  avverta  il  Kaempfero  che  sonovi  alcune  Pro- 
vincie del  Giaflpone,  ove  più  crudeli  che  In  altre  sono  gii  abitanti  >  enunciammo 
altrove  (t.  I.  p.  r55  n.  )  che  r^k:cttsa  che  essi  Fossero  mangiatori  dei  loro  nemici 
la  credevamo  calunniosa  »  e  ritrovato  dei  loro  nemici  i  Tartari,  e  i  Cinesi ,  Tuttavia 
nella  relazione  di  quella  contrada  d'un  autorevole  testimone  quai'era  il  Giapponesey 
Angéro  è  detto  che  .le  donne  povere  usavano  d'ammazzare  i  figli,  quando  ne  ave- 
vano molti,  per  non  vedrrli  stentare,e  soggiunge:»  questo  peccato  non  ègastigato» 
(  ApUd  Ram.  1. 1.  p.  42Ò  b  ).       •    ' 


369 

c  A  p.  rv. 

Del  Mare  detto  Cin ,   che  è  per  mezzo  la  pro^^ijicia 

di  Mangi. 

Avete  da  sapere ,  che  il  mare  dove  è  qaest'  isola  ^  si  chia 
ma  Mare  Gin  ^ ,  che  taaio  vuol  dire ,  quanto  mare ,  che  è  coiv 


699.  Si  chiama  il  mare  Cin  che  9uol  dire  quanto  mare  cV  é  contro  Mangi . 
Nel  prìmo  volume  (  p.  i59.  d.  )  dichiarammo  ciò  ohe  era  relativo  a  questa  poco 
avvertita  notizia  data  dal  Polo.  Ma  lale  é  Tìmportanza  della  medesima  che  crediamo 
di  nuovo  intomo  a  ciò  alcuna  cosa  soggiungere.  La  Cina  é  detta  dai  Mogolli  Calo;^ 
corruzione  di  Khithat  come  essi  scrivono  detta  voce,  o  di  Kithai  o  Khithait  come 
essi  pronunziano  (  VisdeL  Suppl.  a  Herb.  p.  5.  ).  I  Russi  appellano  la  Tartaria  Ci- 
nese JCitaif  e  la  Cina  propriamente  detta  Kitai^Kitai.  I  Maomettani  Khaihai  (ibid« 
p.  144.  )  •  ^^  Munciusi  la  Cina  è  detta  NieanrCuru^  dai  Cinesi  Tchomg^Kue^  che 
significa  regno  di  mezzo .  Credono  alcuni  che  gli  stranieri  del  mezzodì  dessero 
il  nome  di  Cin  o  Tsin  a  questo  paese,  perchè  la  prima  dinastia  che  ((ortd  le  sue 
armi  vittoriose  ?erso  l'occidente  fu  quella  dei  Tsin^o  Tai-tsin,  Un  ormata  navale 
dell*  Imperadore  Tsin^chi^hoang  purtossi  sino  al  Bengala  e  sembra  che  da  essa  a{H 
parassero  gì'  Indiani  il  nome  di  Tsin^  doi  quali  si  dtlfuse  nelle  altre  contrade  oc- 
cidentali (Du  Hald.  t,  1.  p.  I.  )  Il  dotto   Langles  in  una  eruditissima  nota  al  dis- 
corso relativo  ai  Cinesi  del  celebre  Guglielmo  Jones»  cooferma  l'asserzione  di*  lui  « 
che  gr  Indiani  appellano  i  Cinesi  Tchina  (  Recher.  Asiat.  t.  IL  p.  407.  )  e  gli  Arabi 
Sj-n  o  Ssjn.  Reca  r  autor  ita  del  Geografo  Persiano  ^  Bdaliahal  Beidhaai^  che 
gl'Indiani  appellano  la  Cina  Tehjnex  Persiani  Kathai.  Dagli  OrìenUli  è  amshe 
detta  Mahatchin^  e  Lhinmahat  ckin  •  Il  Persiano  cosi  si  esprime  nel  dichiarara  d^tr 
ta  voce.  «  Air  Oriente  della  Cina  evvi  una  contrada  che  si  distende  verso  mez- 
p  zodi   che  i  Cinesi  appellane  Manzi    (  dovea  dire  non  i  Cinesi  ma  i  Tartari),  i 
»  Mogolii  Nj'kya^  gl'Indiani  àiahatchjn  o  Gran  Lina^  altri  Matchjn.  Final- 
»  mente  il  parse  di  Tchin  non  è  che  la  Decima  parte  di  JÙahatchin  1»  Sembra 
però  cho  Ebìf^Auckal  usi  la  voce  6'Ai>i  per  signitioare  la  Cina  in  generale,  e  quella 
ili  Chin-machtn  pc/*  Ja  parte  meFidionale  dell'  Impero  (  Orient  Geograph.  p.  4.  e  5.  ) 
L'Aj»demani  (  Uibliulh.  Orient.  t.  III.  p.  775.)  dice  »  òinurum  regio  juxU  QrienU- 
y  Ics  duplex  est ,  Alterum  absolute  dkunt  Sin  scu  C</i,  hoc  est  Sinam  et  Cinam  • 
p   Alteram  Uasin^  M«ig'«»  Mascin^  Macint  huìus  i\ominc  meridional  m  Si narum 
p    partem  intelligunt ,  quae  houie  Sina  proprie  dicitur,  et  in  novem  olim  .provin- 
p    ctaii  dividebatur  :  priori  autcm  vucabuio  borealem  Sinam  desigoant  quae,  Chm^ 
t    quoque iisdem  appellatur ,  a  Coblajo  in  sex  provincias  divisa  p<hib^tur#.  Da  ^ili 
autorità  si  deduce  che  le  gienU  dell'Asia  seltetiirionale  ai  tempi  dei  Polo  appellavano 
la  paiTtc  seaentrionale  della  Cina  Kaiai  o  Kitai^  la  meridii^nale,  gì'  Indiani  speejaU 
mente   Tchin.  Che  al  Polo  erano  note  ambedue  le  appellazionf, coqie  apparisce 
dal  dire  che  il  mare  fra  il  Giappone  e  la  Citta  appellasi  mar  di  C««,  ebe  tanto  vutil 
ilire  quanto  mare  che  «  contro  VLan^i,  che  come  avverttai^io  era  il  aome  dajo.  dai 


370 

tro  Mangi  •  E  nella  lingua  di  costoro  dell'  isola ,  Mangi  si  chiama 
Gin .  E  questo  Mare  Gin  7^ ,  che  è  io  Levante  è  cosi  lungo  e 
largo ,  che  i  savi  piloti  e  marinari ,  che  per  quello  navigano ,  e 
conoscono  la  verità,  dicono,  che  in  quello  vi  sono  settemilaquat- 
trocento ,  e  quaranta  isole  7^'  ^  e  per  la  maggior  parte  abitate  ^ 
e  che  non  vi  nasce  arbore  alcuno ,  dal  quale  non  esca  un  buo- 
no e  gentir  odore ,  e  vi  nascono  molte  spezie  di  diverse  manie- 
re^ e  massime  legno  aloe  7<^^,  il  pepe  in  ^rand^  abbondanza  bian*- 


Tartari «i  Gaeii  rimaiti  sotto  l'obbedienza  dei  Song{\.Lp.  1^9  n- )•  £  ciò  pii 
chianiinente  lo  dìdiittra  col  ao^angisre  :  t  •  netta  liiigiia  di  coatoro  dellMaola, 
MtmgiA  chiama  Cin* 

700.  MtfT^Cin.»  Pura haec decima firìmi diiMlia^  quae  lerminat  kabitatam 
1^  a.pla^a  Orìenlalii  et  retra  q^iam  ignoratùr  ^id  ait,  >ot>Blintt«nare  Sin  qnod  voca- 
1^  tur  mare  SùhOf  et  a  quilHiidam  appellatur  mare  &tnj^»  (  Ceog.  Nvò^  p*  K)  •  Il 
Aelatore  Maomettano  pubblicalo  dai  llenaiiidot  l' appdia  mare  Bemgi  (  p.  4  )  • 

701.  Sóuemila  quuttroo&mio  ipmwua  ttefe.  <Jiie4to  mimerò  d*laole  (n  detto 
al  Polo  dai  piloti  delle  sue  navi ,  ed  è  csagemto  forse .  Bla  del  gmn  numero  di  esse 
parlano  altri  scrittori  :  secondo  Abuifeda  le  isole  aitate  dell'  Oceano  Indico,  e  del 
Cinese  sono  1700  (  Geogr.  p,  i4a  )  comprendendovi  le  disìàbitate  sono  ìnnnmerevoli 
(  tbid.  p.  ft76  ).  Nel  suo  cmnpuCo  comprese  il  Polo  tutti  gli  Arcipelaghi  dei  Ladroni^ 
ideilo  Filiffpine  «  dulie  Ma/wsoA^,  cbe  furono  scopei^  più  di  dne  secoli  dopo  dai 
PortugtieA)  Oliasi  deévce  dalle  speìierte,  e  aromi,  che  rammenta  come  prodotti  ài 
quelle  isole . 

*fwt*  Leguòahe.  nCaplelti  iKei  chei  Giapponesi  andavano  a  trafficare  alla 
Coc^smtiMii  e  ii^cempravam^  grani  quantità  di  legno  alee  che  essi  chiamano  Giiwo 
ed  i  Portughesi)  Aqhiia  e  se  ne  servono  oontinovamente  in  far  profumi  «•  altri 
medicamenti  come  noi  «  me  molto  pie  per  abbraciare  con  esso  i  corpi  morti 
degli  uomini  nobili  e  ricchi.  Soggiunge:  ^  questo  tegno  i#oe  anctn-chè  ne' fiumi 
»  del  regna  di  Coccincina  portato  dalle  correnti  di  qnelle  acque»  da  luoghi  e  regni 
^  lontanissimi y  nondimeno iMssuno  sa  dar  ragguaglio  che  Sorta  d'alba  aia»  né 
)^  doye  cresca  )»  (t.  li.  p.  77  )•  I  Franeesi  chiamano  questo  legno  Bett  d  Aigle% 
corraisione  della  vocHf  Portughese.  I  Bottanici  l'appellano  AhexUum  Agalla^ 
chum ,  n  vero  legno  d' Aloè  è  denso>  pesante  di  color  roseo  porporino  »  al  gusto 
ainaro  e  frii^ante  ìt  fauci,  e  se  si  arde  o  si  stropiccia  di  grato  odore  (  Targ.  Ist. 
Hptan.  t.  n.  p.  565  ).  Secondo  il  Barros  nel  regm»  chiamato  Ckampa  nasce  il  vero 
legnò  Aloe ,  che  i  Mori  di  quelle  bande  chiamano  Caiambuc  (  Dee  I.  p.  17»  ).  Elcoo 
eiA  che  ne  diceria  Bìssachere  (Etat  actnel  du  Tunq  ec.t.I.p.i2$).»  Un  boia  odori£e- 
^  rént  ibrt  au  deisuB  de  tUns  les  autres  est  un'espeoe  d*  Aloes  ao  qui-l  il  paroit 
»  qu*  on  a  tiomid  divers  noma  Calemòacy  Catemkaaij  èoi$  dAigle.  £n  France 
V  d^sms  la  cohimerce  cts  trois  '  denominations  se  rapportent  a  trois  parties  jà*  un 
9  méme  Aloes:  CAi{em&«cehest  leeocur»  Calsvn&iÉearest  l'entour  du  Calembac  le 
9  bois  d*Aigie  est  Cntre  le  Cétembme  et  1*  ècorce  :  on  en  fait  usage  daos  les  palaia 
p  t%  dansltsiempks  >€(  il  «ai  veadu^u  pois  da  T  or*  » 


371 

CO ,  e  nero .  Non  si  potrebbe  dire  la  valuta  dell'  oro ,  e  altre 
cose  y  che  si  trovan'  la  queste  isole ,  ma  souo  così  discoste  da 
terra  ferma ,  che  con  gran  difficoltà  «  e  fastidio  vi  si  può  navi- 
gare j  e  quando  vi  vanno  le  navi  di  Zaitum ,  o  di  Quinsai ,  ne 
conseguiscono  grandissima  utilità ,  ma  stanno  un*  anno  continuo 
a  £ir'  il  loro  viaggio ,  perchè  vanno  i'  inverno ,  e  ritornano  la 
stale  •  Perocché  hanno  solamente  venti  di  due  sorti  y  de  quali 
uno  regna  la  state ,  e  V  altro  l'inverno  j^  dimodoché  vanno  con  un 
vento,  e  ritornano  con  l'altro  ^^^^  e  questa  contrada  è  molto  lon- 
tana dair  India .  E  perchè  dicemaio,  clie  quiesm  ujore  si  chiama* 
Gin^.è  da  sapere,  che  questo  è  il  mare  Oceano .  Ma  come  noi  chia- 
miamo il  mare  Anglico^  e  il  mare  £g!9o,  così  loro  dicono  il  mare 
Gin  y  e  il  mare  ludo  •  Ma  tutti  questi  nomi  si  contengono  sotto 
il  mare  Oceano  •  Or  lasceremo  di  parlar  di  questo  |iaese ,  e 
isole ,  perchè  sono  troppo  fuor  di  strada ,  e  io  non  vi  souo  stato  j 
uè  quelle  signoreggia  il  Gran  Can .  Ma  ritorniamo  a  Zaitum . 


7o3.  f^mmioeon  un  vmua0i€mmo c^num  akro  (  V.  1. 1.  ^  t56  lu  ).  Ciò  coiw 
ferma  quanto  fu  detto  pracadent^inence  che  i  Chiesi  aairigauo  a  grado  dei  Moxio* 
ni,  oè  reggono  il  mare  contro  vento  (  n.  674  )•  Di  questi  venti  regolari  parla  it 
nastro  viaggiatore  Carletti  che  da  ì/iacao  si  reco  a  Goa»  t  In  un  certo  tempo  deU' 
t  anno  che  la  si  chiama  Mansonóf  cioè  una  stagione»  nella  quale  si  risente  un  vento 
»  che  per  tre  o  quattro  mesi  continui  dura  a  sofians^  seaxainaì«è  resinre»  né  tca^ 
»  tare,  il  che  per  Io  più  aooade  del  mese  di  Oeoenère  fino  a  tutto  Mario  »  si 
»  naviga  verso  rindia:  siccome  all'  incontro  dsl  mese  di  AprMc  fina^  tutto  Luglio 
»  se  ae  riscontra  on  altro  che  dura  a  soffiare  neU'  isteasa  fonna  similmente  q«at<» 
»  tro  mesi»  col  qual  ti  naviga  dall*  India  verso  la  Cina»  e  cosi  altemativameilie  era 
»  v^rao  Meaiaogiomo ,  ora  verso  TVaviontana  secondo  la  delta  Munsone  »  (  Viag. 
t.  IL  p.  ao6  ) .  U  Gemil  dioe  a  A  Manilla  on  ne  trouve  generalinant  paslant  quo 
»  deiix  aaiaona*  Ia  aaason  de  la  Moueson  du  fiud ,  pendant  la  quella  regneipt  ce 
1»  qu*  «n  appelia a  Mam'tfe  les  vents  d'  Ayial^€%  la  saison  de  la  Mousson  du  Nord, 
9  ptsM^nt  la  queUe  regnentles  venU  d«  Nord*est  »  (  V07.  t  li.  p.  SU  ).Oam* 
pier  aoriem  un  trattalo  di  questi  venti  (  Vo^.  t.  IL  p«  a75  )  • 


con  moke  geuii  a  piedi ^  e  a  cavallo  per  acquistarla^  e  mosse  graa 
gaena  a  quel  regnò.  E  il  rechi;  era  mòltó  ^écfehio/noittlaàtoAccaiii' 


e 

,     Ma 

1  casali  e  abìta/jonl  /  eh' èrano  per  le  '^ianriire*,  fatóào  róvinktk 
e  guaste.  £  il  re  vedendo,  che  queste  genti  distruggevano/  ^ 
rovinavano  del  tutto  il  suo  regnò  ^'^mahdò  ambasciatori  al  Graa 
Caa  es{x>nendoli ,  che  essendo  egli  uomo  vecchio ,  e  avendo  sem- 
))re  tenuto  il  suo  regno  in  tranquilla  pac^,  li  piacesse  di  nou 
volere  la  distruzione  di  quello,  ma  che  volendo  ludi  rimuovere 
delio  barone  con  le  sue  genti  ^  li  farebbe  onorati  presenti  ogni 
anno  col  tribnto  d'elefanti,  e  legno  d'aloe^  Ifèhé  intendendo 
il  Gran  Cao,"'mo.^so  a  pietà,  comandò  ^biio  al  dettò  Sagàtu', 
che  dovesse  partirsi'*^,  e  andar  ad  acquistar  altre  parti.  Il  che 
fu  e2>eguito  immediate:  e  da  quel  temjx)  in  qua  il  Re  manda  al 
Qrau  Can  j>er  tribiito  ogn'  anno  grandissimo  qì^a ri uia  di  jegno  di 
aloe ,  e  venti,  elefanti  dt;'più  bei(i  e  maggiori  j-.  che  trovar  si 
])ossaQO  nelle  sue  terre  •  £  in  tal  modo  questo  re  si  fece  saddito 
del  Gran  Can.  '       -^ 

Ora  lasciando  di  questo ,  diremo  delle  condizioni  del  re  , 
e  della  sua  terra .  £  prima  in  questo  it^gno  alcuna  donzella  di 
convenieute  bellezza  non  si  può  maritare ,  se  prima  uon  ò  presen- 
tata al  i*e,  e  s'ella  gli  piace,  se  la  tiene  per  alcun  tempo,  e  poi 
le  fa  dare  tanti  denari ,  che  secondo  la  sua  condizione  ejla  si  pos- 
sa onorevolmente  maritare .  E  M.  Marco  Polo  nel  .\ut>o.:  V}  m 
in  questo  luogo ,  e  trovò ,  che  il  detto  re  avea  trecento  e  ven- 
ticinque figliuoli.'**  tra  maschi ,  e  femmine  ,  i  quali  maschi,  pfer 


>t 


71 5.  Che  doìJesse  partirai.  Sembra  che  ciò  noa  fosse  operato  dàìla  pietas  nift 
più  probiibilmente  doli*  aspra  guerhi  <^he  fecevano  a  Cablai  la-Gbccinciaa  e  il  T«to* 
kiao,  e  dal  prurito  csiremo  ch'esso  avea  di  tràr  vendetta  di  quei  popoli. 

714.  Marco  Polo  ned  1280:  La  spefdiiiioiie  di  Sotu  in  ifueilè  parti  accaduta  nel 
.i:».8a,  dimostra  en^ata  questa  data  e  che  debbé  leggerai  ii85  cttihe nel  nostro  Te- 
sto, e  come  fu  detto  nella  dichiarazione  al  secondo  Libro,  nella  qtlale  si  spiegano 
i  molivi  di  questo  viaggio  del  Polo  (  t.  If.  p.  149)  • 

715.  Treceiuo  e  venticinque  figliuoli.  Il  Geografo  Cinese  ^  tradotto  da  Amiot 
<  Kei&ér.  sor  les  Qiin.  t.  XfV  p.  295  )  parìa  del  re  di  Pape  che  avea  800  mogli 
«.ùiscuna  dftUe  quali  aveva  una  borgata  per  appannàggio .  Il  Geografo  dice  che  dia 
città  deirKfi/i/Mit,  ave  risiedeva  il  tribunale  «(heavettgiurisdisione  su  quella  contra- 
da sin  li,  cranvi  58  TchengyO  stazioni»  che  per  altra  non  si  può  afarmare  se  corri- 


/<.  • 


376 

1^  maggior  parte  erano  valenti  nelF  af  me  *.  Sono  in  «questo  regno 
molti  elefanti^,  e  gran  copia  di  legno  di  aloe..  Vi  sono  ancora 
molti  boschi  d' ebano  ^^^  ^  il  qual  e  molto  nero  ,  e  vi  31  fanno  di 
quei  bellissimi  lavori .  Altre  cose  degne  di  relazione  non  vi  so* 
no .  Onde  partendoci  di  qui  narreremo  dell'  Isola  chiamata  Giava 
Maggiore . 

:      ^  GAP.    VII. 

.    ,    DeW  hflla  detta  Qiava  . 

Partendosi  da  Ziamba ,  navigando  tra  Mezzodì  e  Scirocco 
mille  e  cinquecento  miglia '''^  si  truova  una  grandissima  isola 
chianiata  Giava  ?'^  •  La  quale ,  secondo  che  dicono  alcuni  buo* 


3pondanQ  a  giornate  o  mezze  giornate .  Nella  Relazione  Cinese  del  Regno  di  Tchin- 
.  la  tradotta  dal  Sig.  Remusat^  sì  legge,  cde  il  re  di  qu^I  paese  o  di  Cambogia  area 
'  clhctué  mogìt,  una-  Mie -quali  era  ìfa  pi  ima  e  da  3ooo  a  5ooo  concubine  (  Nouvell. 
.  Ann.  068  Voj^g.  T^  JU.;  P«ri«  1819  p*  53  ),  .     .^.   .       . 

716,  P*  ^5aao  (  Diospyfos  Ebenum  ).  Legno  tanto  stimato  pev  la  sua  durez* 

za^  e    unitezza  di  fibre.   L*ebanu  ncn)  è  l'anima  dell'albero.  Alcuni  betonici  ne 

distinguono  di  tre  sorti,  che  altri  dicono  essere  varietà  di  una  sola  specie  (  Tnrg. 

Ist.  Botan.    t.   IH.    p.  3g8).  Il   Marsdeh  allega  1*  autorità  del  Loi/rer/o  che  vide  ei 

-  stesso  quegU  «Uberi  nelle  selve  della  Cocdncina  verso  i  contini  di  CambodjafC  lo 

;  aipp^lla  .Ebe^ìoxillum  verum.  Il  luogo  visitato  dal  Botanico  e'ra  verso  il  paese  dt 

Tsiampa*  Nell'estratto  di  una  memoria  relativa  agli  articoli  di  traffico  della  Coccitt- 

dna  e  del  7W{Ai/u>  sono  compresi  il  legno  di  Calambu^e  T  Ebano  (  Letlr.  Edif. 

't.XVL'jp.  i5o);  '     • 

7  ifj .  Navigando  tra  mezzodì. e  scirocet^.miUe  dnqucento  miglia.  Tale  asserzio* 

ne  dimostra  che  la  Giava  maggiore  del  Polo  é  i'  isola  detta  G/a va  oggidì.  La  dìstan- 

zadi  i5oo,  o  come  porta  il  Teato  RiccurOiano  1400  miglia  è  assai  esatta  {rsiTsiampa 

e  GiavOf  ma  non  già  fra  quest'  ultima  contrada  e  Borneo^  isola  di   gran  lunga  pia 

prossima.  Da  Padaran  eh'  è  il  punto  il  piò  sporgente  à  Levante  del  paese  di  Tsiatn^ 

.  pa^  e  quello  che  dee  riconoscere  juna  squadra  proveniente  dalla  Cina  sino  alla  costa 

..3^|tei[itri(\nal^.4i  OtQVft  iu  dirittfi  Uneasonpvi.giradi  ventuno,  ossiapo  mille  dugento 

sessanta  miglia.  Che  se  V armamento  navale  su  cui  ei;a  il  Polo  dovè  approdare  a 

diritta  o  a  sinistp  del  Meridiano,  che  passa  per  Tsiampa  e  per  Gi/ii/a»  allungò  e«ri- 

.  ^fcntcm^nte  il  c.^mmino,  ed  è  perciò  che  esattissima  pud  considerarsi  la  distanza 

..deUadalP.ojo.,  ,  ,  . 

^ji^.  Isola  chiamata  Giava.  Potranno  dileguarsi  i  dubbj  di  coloix>  f he  esitano 

nel  de/i^idere  se  perla  Giava  mct^giore  del  Polo  debba  intendersi  la  Giava  d'  oggidì, 

,  o  Z?or/ieo ,  da  ciò  che  dice  il  Sig.  Raffles»  che  ultimamef&te  resse  l'isola  pel  governo 

,  Britannico  9  e  tessè  ^a  bella  storia  di  quella  poco  conosciuta  contrada  (  The  History 

.of  Ja,vva.,bj  Thgm.ns  Stamford  Raffles.  Lond.  t.  U.  4.   1B17  ).   Secondo  esso    (  t. 

-*. )' .6* J. ).  I .natj  9ppeilano  T i^qla  Ijina  lawp,  (paese  di  Giava  )  o  Kusalawa  che  si* 

gnifica  isols  (U  Giava .  Dunque  so  -tale*  é  il  nome  che  le  davano  i  natj  non  si  sapreb^ 


ai  mannari,  è  la  maggior  isola  che  sia  al  mondo:  imperocciié 

be  comprendere  perché  avesse  dovuto  il  Polo  «cambiar  questa  con  altra  isola , 
tSecondo  lo  storico  Inglese,  alcuni  credono  che  essendovi  approdata  una  colonia  In- 
diana, cosi  appellasse  l'isola  per  la  quantità  di  panico  italico  ^che  vi  trovo,  biada 
detta  lawa-wui.  Il  Polo  era  ivi  stato  ali* occasione  di  più  viaggi  eh'  ci  fece  iieirin- 
die  come  ei  Atesso  lo  dichiara  (  lib.  il.  e.  77  ):  t  ma  perchè  ancor  non  è  compiuto 
»   quanto  M.  Marco  ha  deliberato  di  scrivere,  si  metterà  fine  a  questo  secondo  li« 
t   bro ,  e  si  comincicrà  a  parlar.*  di  paesi ,  città  e  provinole  dell*  India  Maggiore , 
»   Minore ,  e  Mezzana  ,  nelle  parti  della  quale  é  stato,  quando  si  trovava  ai  servizi 
»   del  Gran  Can,  mandato  da  quello  per  diverse  faccende  ,  e  da  poi  quando  li  venne 
p   con  la  regina  del  re  Argon  con  suo  padre  e  barba  e  ritornò  in  patria  »  Giova  il 
sapere  ciò  che  dice  il  Deguigncs,  che  Cubia!  :  »  avoit  une  passion  extraordinaire  de 
»    faire  connòitre  son  nom  chez  les  ètrangers,  et  avoit  aouvent  envojé  des  uthcicis 
»    vers  dif^L^rens  Rois  Indiens,  puur  les  engager  d'apporter  dans  la  Cbiiie  óe$  raretés 
»   de  leurs  pays,  et  Ics  Indiens  a  qui  ce  commer<jp  étoit  tres  avantageux ,  vcnoient 
»    en  foulc  dans  les  p<ii*ts  du  Fokicn  1» .  (  Hist.  des  Huns  t.  IV*  ib6  ).  Abbiamo  in- 
fatti nella  dichiarazione  al  seconrio  libro  fatto  osservare  che  due  volle  il  Polo   fu 
in  India  per  mare,  innanzi  di  accompagnare  la  regina  Cogatin ,  e  ultimamente  nel 
1292 ,  allorché  Cublai  Can  fece  unh  spedizione  contro  il  regno  di  Kuaua,  della  quale 
parlano  le   Storie   Cinesi ,  il  Deguignes  (L  IV.  p.  186  )  ,  il  P.  Amiut  ,  (M^rn. 
sur  les  Chin.   t,  XIV.  p.  101  ).    Discorda  l'ultimo  dai  primi,  intorno  all' anno  , 
ponendo  il  fatto  come  accaduto  nel  «287.  Esitarono  i  Commentatori  del  Polo  nel 
decidere  se  detto  regno  facesse  parie  dell' isole  di  6 lava  odiBorneo:  nla  che  la 
spedizione  nella  q  u«ile  era  il  Polo  Tosse  fatta  per  mure,  è  indubitato  perchè  ei  dice 
che  ivi  fu  con  alcune  natn  (  p.  17  )  e  che  vi  andasse  per  commissiono  dei  Can  viene 
dichiarato  nel  nostro  Testo  :  »  £  in  questo  Messer  Marco  tornò  d*  un  anibcisciata 
»   d' India ,  dicendo  r  ambasciata  e  le  novitade  che  avea  trovate  »  (  r.  1.  p.  8). 
Ma  siccome  dimostrammo  nella  Dichiarazione,  che  quella  spedizione  era  n volta 
contro  KuauOf  resta  ora  da  rintracciare  ove  fosse  il  paese  cosi  appellato  dai  Cinesi 
giovandosi  di  alcuni  documenti  novellamente  scoperti.  Secondo  gli  Annali  della 
Cina,  Cublai  spedi  Meng-ki  per  determinare  il  re  di  Kuaua  a  pagargli  tributo.  Lun- 
gi esso  dall'  acconsentirvi  limando  il  legato  marcato  in  fronte.  Per  trarne  vencteltu 
inviò  Cublai  da  Siven-tcheu  mille  navi  guernite  di   5oooo  combattenti  contro  di 
esso  ;  la  squadra  battuta  dalla  tempesta  dovè  far  vela  verso  la  costa  che  è  iVai  Tun^ 
kino  e  la  Ccccincina  (  t.IX.p.45i  n.  )  e  di  li  volse  il  suo  corso  verso  Giava  .  Net  giun« 
gtrvi  seppero  i  Tartari  che  il  re  di  Kuaua  era  stato  ucciso  dal  re  di  Kolangsua  nemico. 
Il  genero  del  morto  volle  vendicarlo,  ma  fu  disfatto  e  costretto  a  ritiiaisi  a  iUajapeku, 
Li  trattò  coi. Cinesi  per  ricuperare  il  suo  regno  con  dimosti*azioni  di  reverenza.  Ma 
disfatto  da  essi  il  re  di  Kolang^  allorché  con  una  scorta  rimandavanlo  nella  sua  capi- 
tale» esso  con  insigne  perfidia  fece  questa  trucidare,  e  accorsi  gli  altri  Cinesi  per 
vendicarsi^  caddero  in  una  imboscata,  e  sbaragliati  dovei'ono  eoa  vergogna  rii'uggirsl 
alle  loro  navi,  e  salpate  le  ancore  in  sesantotto  giorni  giunsero  a  òife/i-/cAei<.  Le  Uoux 
d'Hautera^es  nel  commentare  questo  luogo  delle  Storie  Cinesi,  narra  di  aver  veduto  un 
Mappamondo  Cinese  fatto  dai  Gesuiti,  ove  l' isola  di  Kua^ua  è  segnala  a  mezzogior- 
no, o  mezzogiorno  scirocco  dell*  isola  di  Sumatola^  che  è  il  nome  dell'  isola  di  Su- 
lìiotra  secondo  la  pronunzia  Cinese,  e  prossimissima  ad  essa,  lo  che  con  ferma  che 
Kua-'ua  è  la  Giava  attuale.  Ma  per  quanto  il  commentatore  s'  uccoigcsse  della  cur- 
rìspooi'enza  di  questi  due  nomi  da  primo,  obiettandosi  poscia  cbe  nei  lesto  si  pai*fa 


378 

.      r   •      :.^  ..-..N  f\\  tremili  luialia  ?^9,  ed  è  soUo  il  dominio  d'un 
pira  di  circuiio  j)iu  ai  ueiuna  uus'"*       » 

Hi  uà   .egno  e  non  ^'^-^-'^'^'^^:!rS^J^ 

,ni  della  Penisola  ^'^^'^^.^j^ZÌ^X ^^li^^^^^ 

nel  t«to  di  du.  .e  che  «  ^'^«^Jf^"  ««^/".he  occupava  solo  una  parte  dell'  Ì5oU . 

evidente  che  /f««Hi«  era  ««ne  d  '«♦«fT*.;  Cronaca  Giavanese  dal  Raffles  riferiu 

e  n..n  dell'  is.la  intera .  S-Pi--'-;;^2it^;^«^ru  a^  '^'^'^  '^f^'"^'  ^  ''"• 

nella  sua  Storia,  che  v»  «-«fr  »^"^»"^  ","*  ^  .,,«  era  posseduta  da  altra  fàmfgfia 
p.  y8)che  possedeva  p*"e;diG.ava^i^^?M^P^^^^^^  1^  p^ 

a.ti.PajaJaran.  ^  ^^'^^'".ZZlv^^^ ^l^  prUru. deiie  d^.  dinastìe.  Que- 
occidenule  apparteirebbe  di  «U«u,^  W^  P  ^^^^^    ,^^.^^.^  j^l  p^^.,  .^,„ 

sto  traliatofu  8UpalatoneUa47-  *'?*""    T:„^„rrfi  aduna  uè  le  Storie  Cinesi  e  Gìavt- 

nesi  noU'  affennare  che  •^'^X^letS^^i  «"<"'-'  "^  -?-""  '^'^  ^'•-'■'*^"  ' 
ciò  rhe  conferma  che  probabilroenle  U  regno  a  n  ^^  ^^.  ^_^^ 

„a  documento  riferito  dal  Mar«Jon  (  ^  '  '»/ Jjjf';;  Jll,,,o  in  Inglese  da  Craw- 
glia  risiedeva  da  parecchia  g---^^;".  Zl  Ù£l  Je.U  Jaw-wa  (  che  deve 
iord,  allorché  '  is'«deva  a  S«rfl*«r-.  »^  riconoscono  chiaramente  i  nomi  di 

l..pgersi  da  noi  Jau-ua  )  e  »°t««'7°**  ^^j  "  Ji  dice  eh'  era  volu  la  spedizione  ) 
Kua-ua  e  di  Tchapo  che  raramenUil  *^- *;"""'*,  _,^.  j.,  quete  si  ha  accesso  nel 
.  Alla  riva  del  "»«'«  vi  è  un  distratto  d«tto  ft^.n^^^^  Pokalung^  (Hist 

.  pa.se  »  (  Il  Runlis  fiai  dist.eU.  d.  G'^J,"^™  ^a  famiglia  gL,  .  («vi- 
1. 1.  p.  oa  ).  V  R-gnante  ^' ''^^^^^'^""'^'^^.x  tredicesimo  anno  del  suo  r*gno  «a 
dcatenunte  H«^/^i«  de  la  fam.gha  Y*«j  .^^,„„  ,„  gran  numero,  e  non  potè 

V  a. mata  fu  spedita  dalla  Cina,  '«»  '  «i^"?*";,:^  ^ue  ^  «no  occidentale  l'altro 
»    far  nulla .  Questa  regione  Giatv-iv/a  e  *^'";"      ,  j^e  la  spedizione  di  Cablai 

,  orienUle  .  .  Questo  ?-i^;^^^^:::^:::^r;j„e  i  Ta.uri  lo  conferjna 
era  rivolta  contro  il  M  >jnpalut .  une  vi  re         ^  .     •  °  ^^i  p.rUre  :  »  de  magna  in- 

altn.  viaggiatore  al  Polo  d'età  as«i.  ««'^- "^7,;"^^^^  cum  hoc  rege  bcllu.n 

.   s«laJava*dice:.Chaama«tem«agau*^tay,«n«U    ^^^  ^^^^^^^^^^^ 

*  habuit.  ipsumque,  rex  iste  auperavit  et  ^^';''/  .ungersi  quella  di  Nic 
tante  altn.  auto.  iU  per  dimostrai  .1  «<^~  •««'«;  Pf^^^^  J^^^^  ^^  ^  ^  ^^ 

colo  Conti .  Esso  dice  che  tra  le  <»«*  *^'*;^' */*  ^„„„eo,  poiché  secondo  U  Raffles 
»  più  vicina  •  (  Barn.  Nav.  1. 1.  !>•  3??  \r^^  _  j^  terre  sono  più  vicine,  non 
IoLttocheseparaG.«vadaS«««tra,nelp«n^oovete^^  «dere'ii  abbaglio  per 

ha  che  14  miglia  di  larghezza  (  t.I.  p.  »•  j*  *;.  _^„a.  ma  più  erronea  sarebbe 

Stata  la  sua  asserzione  se  pei  Uiaya  m^ys  ^  evidente  perclj*  fa  mea- 

volesse  pariare  di  questo  seconda  f^^'^^^lZllraoltt  i  galli  fii»  loro,  »»«  che 
xlone  dell' uso  di  quegl- isolani  di  ^^""''•^^«^^hSUI  t.  II.  p- -  )  •  Anche 
confermano  altri  viaggiatori  (Recueil  de  ^"J"  «i  ^  appellato  nella  UvoU  da 
ilBarbosa  chiamo  Giav.  maggiore  la  (,ia«  ^^'^^  Rammento  il  Polo  fr«  p«.. 
Ramusio  tmtto  daUe  carte  da  ^^'^^Vj^'^'^^^ ^^  in  Giava  (  1. 1.  p.  «S?.  u.  e  ). 
dotti  dell'isola  il  Cubebe,  che  s.  asserisce  »J«  «""'^•'V.^^  ;««  l' isola  di  Bor- 

Sono  tuttovia  da  iscusare  coloro  -^^'^^^^^^l^^Z  ^fmenti  che  la  favori- 
neo .  Il  P.  Zurla.che  inclina  a  Ule  "P"»'»»'^'.^,  ""Contiene  il  Testo  del  Miliono 

^.cono .  i  quali  derivano  da  a>c«"e  co-t"^"^^^^^     ^^^^^l,  ^ocume^U  «ccnte- 

'che  indicheremo  a  suo  luogo,  o  dal  non  avere  avuto  noo 


^79  • 

graure^  le  cui  genti  adorati  gì'  lUou  ^^^^  uè  daime  tributo  ad  alca 


e  perciò   alcuni  crederono   eh*  ei  voleMe  parlare   di  Borneo  •  Ma  ci6  jk   detta 
congetturai  mente:   secotuio  die  uicotéo  aicuiu  buoni  ìnariuari.  iNeoa  Tavoia  A^ca<« 
glauca  ai  parte  dcir  Aj»ia  Uau4  aai  KauiUSio ,  e  raiuiiieutata  Oi  aopra,  nua  e  «egù«ia 
la  parte  mei  Kiiuuale  Oeli'iaoiay  peicl^  luiu  eraoe  proiial^iuuvut*:  cuiiuaciutu  i'  ì«ìu;ix> 
gito,  livella  rdccoitn  uei  Viui^^i  ac^ii  Oiandeai  (  t.  il.  p.  2  j  vi  e  una  piccola  cai  ta  oeU' 
i»oid,  daUa   quaic  ai  scui|^c,ciie  Leu  cunoi>GiuU  ne  «lano  a  liitoidli  a  ««Ueutriune  e  aid« 
oocidenie,  ma  cne  inco^iiAUft  4a«uii  eia  ia  ttpia^i^ia  menuion^ley  uè  i>«n  raiii^uiiiia  e  i  *"> 
sou  neUa  Cai'ta  d'ilaia  ueli  ^nviiAcy  meiaie  òauu  at  JDenemeiALu  uatUea  eia  i^nuiu  e^» 
lervi  neiia  parte  centrine  aeii'  lauia  iena  cuai  Stietttt,  die  a^i  niai^e  a  inai  e  non  avvi 
che  miglia  i|Uttrantotto  ^HiAt-'oi-Juv.  p*  7^^  j  ^conuo  il  4ÌO(to  «cnitore  la  iuA^i^lie^zA 
dtii  ìMìU  na  0«  lente  a  Occidente  e.  ui  oyti  Ausila  ^eograUclic,  oMictno  iin^uti  «n^^ieai 
605.  La  Lugiicz'i6it  e  oalie  117.  «Aie  tjA.  ini^iiU  ^  ilnu.^ 

720.  Le  CUI  geiui  uUorwiv  ^i  laifU .  1a  'Jittitiea  ciecle  oIm  ì  GMvaneai  che  «i  ap* 
piicanu  ttlia  cuuura  ueiAc  Iciac  biano  a  uil(^iue  'lai*fiim.^Vl  ai  «tabiuiono  pni'c  i 
Maiai  e  i  ì*iégi' cuitt  ^eugonu  dulie  ligule  Ve*euàs.  ^^neide  tiue  ^euti  ai  4>ccup«uAu  Uei 
truthci  e  della  navi|^axii'Ae  (  l/l.  p«  ^7  j  •  60110VI  'pui  aneb  mwiioMiuno  .(^a  lAiuiaAii 
de)  Deean;  iuùitre  Aiabi;  Cincai,  e'^ciilavi.  Oli  Ai'«lii*e'i  Cme»i  veuiieio  h  uailicdiu 
nell  isola  nel  JX.  Stcoio     l'Oiavotieftì  tiiillieavaiào>aiiit>%>Vkiuu<i5tfiCi<ractoiiao  oio<« 
vanai  di  fiarruft:  e  11  l^iacoUfL  uHttììta  cne  niOfce   tOci  uiavunesi  e  hiuétue  ai  uo- 
vano  nella  favella  di  detta  laoU .  li  Giavanese  è  uno  nei  caulcitA  nella  Ai»>eiiA  ^tne- 
rule  4  he  pailasi  ned'  Oceania ,  e   Jl  liailieò  Uà  dati  |^ii-alt«il>tti  delie  favelle  ivi  in  uso 
(  t.  i.  p.  jOuj.  Aiiuulifieiile  u6ceuae  Ad  popolazione  aan' isola  a  2y0lK>igb6  aniiiAc 
(  jhid.  p.  62  ),  La  reù^iuiie  i-iaT  Inaiada  iuuaiiz.i'  ene  vi  tossu  pi>'p«5uLu  il  iUauiiAet- 
tismo,  come  lo  dicDjaiano'i  hioiiuilletiu  e  (jl  idoli  di  iurtea  oauiiAA^cijni  li  i«iiiAiAt,Ai* 
tato  celebre  storico  di  Giava. 

£  qui  essendo  fa  piihia  vòlta  che  ci  accade  di  far  menzione  dei  Mori 
delle  Indie,  ci  accotre  dichiaiare,  che  i'Poitughesi  e  |;ii  à^pa|jaoli   ubarono  cosi  ap- 
pellare i  seguaci  di  Maometto,  clie  abitavano  non  tanto- la  patte  settentrionale  a%,ii 
xVflnca,  quanto  gli  Arabi,  e  i  Maomettani  aeil  Inula, ìosscao  e^si  avvenu^j,  o  nuij. 
Cosi  praticarono  anco  gl'Italiani,  per  quanto  la  voce  Mo/osia  tontrai.z.ione  ui  Mau- 
ro, eh'  era  il  nome  dato  dbi'lloniam  agli  iibitatori  deiia  Mauuiunia.  Ma  gì'  Italiani 
usarono   pure  la  voce  Moro  per  Indicare  gu  Aancaoi  o  iiiiiopi  ai  ntra  Cùiuagione, 
e  in  lai  guisa  significazione  più  vaga  si  accrebbe  alla  voce.  1  Fiancesi  pei  non  ca- 
</ere  in  equivoci, appellarono  i  pruni  iVltfi/re^^gli  aim  I\ egres .  ilucóC  u5o,  ai  appeU 
iare   con    voci  proprie  e  aiveise  le  genti  cht  hanno  laiatleiisiiciie  hSiChe  tanio  di- 
ftmte  (lovrebbe  essere  dagt'  ttaliaoi  abbi  acciaio.  Mori  potiebbeio  appellare  gì'  Al- 
irli  ani  di  carnagione  bianca^  ossia  quelli  ctìe  iVl<iiiri  lurouo  detti  oagli  aotichi,  Aar* 
^n  altri.  Ciò  può  laisi  con  tanta  maggiore  sicurezza,  in  quanto  cHu  i  esempio  é  cor- 
lobifrato  da  classica  autorità.  llFeriaiese  Omero  usò  le  due  voci  nel  aiMudicato  i^s. 
le  accennato.  v  «•- 

P   Le  donne,  1  cavalier,  l'arme,  gli  amoni, 
»  Le  cortesie,  In  audaci  imprese  io  cauto, 
»  Che  ftiru  al  tempo  che  passaro  i  Muu 
»  0  Atlric4  il  inar  e  in  Jf^^Aiiiaoocquer tanto. 

Cuoi.  I.  MUii,  i. 


38o 

no 7^'.  Quesl* isola  è  piena  di  molle  ricchezze.  Il  pepe  7**,  noci 
moscate  ,  spigo ,  galangà ,  cubebe ,  garofani ,  e  tatie  Taltre  baone 
spezie  nascono  in  auest'  isola ,  alla  quale  vanno  molte  navi  eoa 
gran  mercanzie  ^  delle  quali  ne  consegaiscono  gran  guadagno ,  e 
utilità,  perchè  vi  si  truova  tanl'oro  7^^,  che  ninno  lo  potrebbe 
mai  credere,  né  raccontarlo^  e  il  Gran  Gan  non  ha  procurato 
di  soggiogarla  ^H  ^  e  questo  per  la  lunghezza  del  viaggio  ^  e  il  pe- 
ricolo di  navigare:  e  dà  quest'isola!  mercanti  di  Zaitum^  e  di 


E  in  questo  luogo  ei  parla  degli  Afiricaoi  della  coata  di  Barberìa.  Dice  poi  Can. 
XL.  Stan.  26. 

»   Astolfo  dà  r  assunto  al  re  de'  Neri 

»   Che  faccia  ai  merli  tanto  nocumento! 
Appellò  qui  Neri  quegli  affricani  perchè  erano  Etiopi . 

721.  Tributo  ad  alcuno.  Abbiamo  già  avvertito  di  sopra  che  l'isola  era  divisa 
in  due  regni.  Il  più  potente  era  quello  del  Majapahit  che  fu  distrutto  dagli  Arabi 
nel  1472»  che  introdussero  nell'isola  il  Maomettismo.  I  Portughesi  che  vi  approdaro- 
no nel  i5ii  trovarono  a /^an/oiTi  un  re  Indiano  (  Raffi.  t«  11.  Le).  Non  fa  men- 
zione il  Polo  di  Maomettani  in  qnest'  isola,  come  nella  Gim,'a  Minoro  o  Sumatra 
perché  non  era  la  religione  dominante  nel  paese.  Dice  il  AafHcs  che  nelle  Storie 
Giavanesi  i  primi  cenni  che  si  abbiai)0  di  Maomettismo  cadono  nel!'  anno  del  Si- 
gnore i25o. 

722.  Il  pepe.  Nella  raccolta  dei  Viaggi  degli  Olandesi  (  t.  II.  p.  59  e  seg.  )  fra 
le  spezierie  dell' iaola  non  si  parla  né  della  noce  moscada,  né  del  garofano,  ma 
bensì  del  pepe ,  del  cubebe  ,  della  cannella  salvatica ,  della  galanga ,  del  calamo  aro* 
malico,  del  gingembero,  dell' ^ireca,  e  del  betel  •  Ma  il  Raffles  numera  ancora  frai 
prodotti  di  Giavala  noce  moscada,  il  garofanò,  il  cinnamomo,  e  il  pepe  (  Hist.  of. 
Jav.  1. 1.  p.  48  e  i3t  ). 

723.  A7  fi  frotta  ra/2^' ora.  Il  Raffles  frai  prodotti  metallici  di  Giava  non  parla 
dell*  oro  (  ibid.  1. 1.  p.  29  ),  e  celebre  per  le  cave  dell'  oro  è  Borneo  ,  e  non  Giava  , 
Ma  nella  citata  raccolta  dei  Viaggi  degli  Olandesi  (t.  IL  p.  3.  )  vi  si  legge  :  a  les 
»  montagnes  renferment  de  1'  or,  et  V  on  y  voit  les  plus  belles  esmeraudes  du  moo« 
»  de  ».  Anche  il  Barbosa  dice  che  a  Màlaea  i  Giavanesi  recavano  :  »  oro  che  nasce 
»  neir  isola  della  Giava  »  (Ramiis.  Nav.  t.  I.pl552  b  ).  Potè  dunque  essere  afferma* 
to  al  Polo  come  agli  Olandesi  e  al  Barbosa  che  eranvi  cave  d'oro  nell'isola.  Sicco- 
me i  Giavanesi  secondo  il  Raffles  erano  àrditi  navigatori,  e  facevano  un  gran  traffi* 
co  di  speculazione,  potè  accadere  che  trafficassero  dei*  ricchi  prodotti  delle  altre 
isole  del  vasto  Arcipelago  Indiano  . 

724.  Non  ha  procurato  di  soggiogarla.  Tale  asserzione  parrebbe  smenUre  la 
nostra»  relativa  alla  spedizione  di  Gublai^Can  contro  Giava.  Ma  qui  la  Lezione  Ra- 
musiana  é  evidentemente  errata  :  e  ciò  dimostrano  il  Testo  della  Crusca,  e  il  Pifu* 
niano .  Nel  primo  leggesi  (  t.  L  p.  167 }  ».  Lo  Gran  Gan  non  V  ha  potuta  conquistare 
p  per  lo  pericolo  del  navicare,  e  della  via  si  è  lunga  t .  La  Lezion  Pipiniana  è  come 
segue.  »  Magnos  Kaam  nondum  eam  potuit  obtinare  p.  E  tali  lezioni  fanno  conu 
prendere  che  tentasse,  ma  non  riuscisse  aell'  impresa. 


38 1 

Mangi  hanno  tratto  molt*  oro ,  e  Io  u*aggono  l\mo  il  giorno  j  e  la 
maggior  parte  delle  speeie ,  che  si  portano  per  il  mondo ,  si 
cavan  da  questa  isola  , 

GAP.     Vili. 

Dell'  isole  di  Sondar ,  e  Condor  y  e  del  paeie  di  Lochac . 

Partendosi,  da  quest'  isola  7»5  ^j;  Giàva  sì  naviga  verso  Mez- 
zodì ,  e  Garbiu  settecento  miglia ,  e  si  truovano  due  isole ,  una 
delle  quali  è  maggiore ,  e  T  altra  minore  •  La  prima  è  nomioau 


I  . 


725.  Partendosi  da  questa  isola .  L'asserzione  che  partendosi  da  Giava  e  voI« 
gendo  la  prua  veso  Mezzodì  e  Garbino  .si  trovano  le  isole  di  Sondar  e  di  Condur  , 
ha   dato  gran  travaglio  oi  commpn latori  per  essere  erronea,,  o  si  supponga  che  la 
Giava  Maggiore  del  Polo^  sia  Giava  ,  o  Borneo  .  Come  osserva  il  P.  Zurla  (  Dis- 
serta t.  I.  p.  179  )  da  qualunque  deU*  isole  di  quelP  Arcipelago  della  Sonda  parten- 
dosi 9  e  facendo  la  navigazione  accennata  trovasi  mare  aperto  :  perciò  congettura, 
o  ohe  la  memoria  tradisse   il  Polo*  o  che  fusse  dai  marinari  male  informato  ^  o 
che   siane  stato  alteratoli  Cesto.   Ma  tutti  i  testi  veduti  dal  Marsden ,  dallo  Zurla, 
da  me,  concordano  quantQ  alia  direzione  del  via^'gio  .  Ma  siccome  il  Polo,  come  ùf 
avvertito,  più  volte  non  segui  colla  relazione  V  andamento   del  viaggio  ,  potrebbe 
congetturarsi   che  esso  faccia   retrocedere  il  leggitore  da  Clava    Sino  a  Condur 
per  ivi  riprender  là  via  che  fece  quando  si   restituì  in   patriH  .    In  tale  ipotesi 
non   vi  è  d*  inconveniente  che  la  direzione  di  avere  fatta  vela  verso  mezzodì  , 
e  garbino,  che  potrebbe  esesere  interpolata  nel  testo,  o  che  potè  essere  relativa 
alla  sua  navigazione  da  Condur  a  Lochac ,  paese  secondo  esso  di  Terra  Ferma,  e 
la  quella  direzione  relativamente  a  Condur ,'  e  non  verso  scirocco  come  erronea- 
mente porta  la  Lezione  Ilamusiana.  E  anche  da  avvertire,  che  anche  oggidì  Condur ^ 
o  Puio  Condor  è  il  punto  dì  riconoscimento    tanto  dei  naviganti .  che   da  Giava 
rccansi   sulla  costa  orientale    della   Cina,    quanto   di   quelli  che   dai    porti    del. 
Fokien  drizzanp-  il  cammino  verso  Malaca ,   talché  vi  dovè  far  capo  il  Polo  aU 
lorchè  da  Giava  si  restituì  a  Siven^tcheu ,  e  allorché  con-  Cogaiin  da  detto  porto, 
iinbarcd  per  la  Persia  .  Nel  modo  timido  di  navigare  del  suo  secolo  per  traversare 
il    golfo  di   Siam  costeggiavano  quanto   potevano  la  Còncincìna  e  lo  Tsiampa , 
IVon  dee  occultarsi  che  in  tale  ipotesi  non  é  esalta  la  distanza  che  da  a  questa 
navigazione  il  Polo  di  700.  miglia  o  di  800.  come  leggesi  nel  nostro  testo,  men- 
tre più  di  96*0  miglia  vie  da  Giova  a  Pulo  Condor. Ma' 1000  i5o  miglia,  più  o  meno, 
Don  sono  da  valutare  nelle  relazioni  dei  naviganti  del  secolo  XIIL   Dà  il  maggior 
peso  a  quésta  nosta  congettura  la  lezione  Basilcnse,  conforme   in  ciò  alia  MuU 
leriàna:  »  Navigando  ab  insula /ava,  numerantur  septingenta  milliari^  ad  duas 
^    lììsuìas  '  Sondar  et  Condur  dictas  ,  a   quibus  ultra  procedendo  iuter   meridiem 
s>    et'  garblniim  sunt  quingcnta  milliaria  ad  provinciam  Bocach,  quac  amplissima 
^    et  ditissima  èat  » 

49  . 


-rìf 


382 

Sotidùr  ^*^ ,  e  r  altra  Coadur.  ^^^  ^  le  quali  due  isole  són  disabi- 
tate y  e  pét  ciò  sì  lascia  di  parl^ùe .  £  .  partendosi  da  queste  ^ 
come  s'  na  navigato  per  Scirocco  ^^^  da  cinquanta  miglia  y  si  tro- 


726.  Sòndur .  L' isola  di  Sondar  non  si  riconosce  filcilmente  a  quale  corri- 
sponda oggidì  di  quelle  isolette  che  formano  V  arcipelago  eh'  è  vicino  alle 
coste  djcl  paese  di  Ziampa  o  Tsiampa  t  della  Cxu:cincina^  e  -della  Cina •  Sembia 
verisimile  l' opinione  ael  P,  Zurta,  che  corrisponda  all'isola  detta  Senderfulat  dal 
Viaggiatore  Maomettano  del' Rt&naudot  (  Dissert.  t.  I.  p.  179.  )»  che  Sandafulat 
é^i^ner  il  Geografo  Nubiensé  (p.  SS.  )5^condo  il  Renaudot  Fuiat  corrisponde 
alla  voce  Maiaìa  Pii/o  (  Anc.Relat.  p.  i45«  )  che  significa  isola  in  quella  favella. 
(Vocabulair  Malais  apud  Thunber.  Yoj^.  t.  II.  ip.  268.)  Congettura  il  Mars  ìcn, 
a  me  pare  con  ragione^  che  possa  essere  l' isoletta  detta  Pulo  Stipato  (  Not.  1 182.  ) 
Questo  nome  è  composto  di  due  voci  originarie  da  due  favelle  assai  disparate 
Fra  lol-o,  dalla  Malaga  Pulo^  e  dalla  ^òrtùghése  Sapaio,  che  signiàca  scarpa  per- 
chè sembra  averne  là  còiifigQrazióhé .  La  conferma  y  che  qticsta  isóletta  possa 
éiieré  quella  detta  Sondar  daT  ^olo,  pùo  desumersi  dalla  celebriti  di  cui  gode 
pressò  i  inàì*inari  per  essere  uno  dei  pùnti  di  riconosciihentb  a  cui  fanno  capo» 
àtio^éhè  dalle  Ihdie  navigano  Verso  la  Gina  o  il  Chiappone,  e  viceversa;  Thunberg 
{Partitosi  di  Giava  fece  capo  a  detta  isoletta  (  Yojr.  t.  II.  p.  40:^  )•  £  pare  che  fosse 
pulito  A\  r!<dònòs'éi^ei^to  2Lné\ìé  a  tempo  delle  navigazioni  degli  Arabi . 

72^.  Condur,  o  Condor»  Isola  ove  approdò  la  squadra  proveniente  dà  Batavia 
4  difetta  alta  Cina,  che  ivi  conduceva  Lord  Macartne;^.  E  celebre  per  la  sicurezza 
dei  suo  ancoraggio,  spiri  Tono  0  l'altro  mozione.  Secondo  le  relazioni  del  P.  Jacques 
Gesuita,  che  recandosi  da  Giava  alla  Cina  vi  dimorò  9  nn^iy  e  del  Macartney^ Fuló 
Condtir  é  un  piccolo  arcipelago  distante  i5  o  20  leghe  dalla  costa  di  Cambojaj  com- 
posto duetto  o  dieci  isolétle  o  scogli. La  maggiore  di  tssè  ha  dodici  miglia  di  lunghez- 
za, tre  di  larghezza,  ed  ha  forMà  di  mezza  luna:  è  sparsa  di  monti  di  for- 
ma cònica  .  Quest'isola  è  abitala,  hlfi'àoh  vi  é  che  un  villa^'gio  posto  nell' unica 
pianura  dèll^ isola.  Il  P.  Jacques  diede  la  dartk  di  questo  piccolo  Arcipelago,  e  \\ 
ft!ra<fariney  ne  fece  osservare  la  posizione  dhe  è  a.  8."  40/  d)  Lat.  Selten.  e  a  io5.*^ 
55r  di  Long.  Orient.  da  Greenvich.  Gli  abitanti  &o\\ò  quasi  tutti  refugiati  di  Terra 
Ferda'f  Lettcr.  Edif.  t.  XIX.  177  )  {  Mscart;  Almbàs.  l.  II.  p.  iiS  ).  Dampier  visi- 
ta qiièsr  iiola  e  ne  descrive  gli  abitanti  (  V"yag- autoiir  dli  Monde  t.  irp.78}.  1 
Malki  appellano  T  isola  Kùìidur  che  significa  una  specie  di  zucca  (Màrsd.  not.  n8a  ). 

J7.ò\  PérSùlrocto.  Qui  la  lezione  è  viziala  V  non  è  navi  gancio  si' scirocco  cin- 
quecento miglia  cW  S' ihconlk*a  la  penisola  di  ìkfallic^,  ma'' navigando  verso  libeccio 
o  Oarbihd.  NerceStoUiccardiano  non  i  fatta  menzione  di  questa  erronea  direzione  * 
imlsàà  inéilia  Java  .  .  •  pervenitur  ad  insulas  dliai  ^  quae  dicuntur  Sondar  et 
fc'  Cdiidùf,iilh*a'  (Juas  ad  qiijùgenia  milliaria  est  provincia  Lóaóh^  quae  grandi^  est 
»  etllitìssfifià^vatde'^.  Soppriìiiendo  nella  Lezione  Ramusiuna  la  voce  scirocco,  che 
non  leggesi'ttegjff  altri iètói,  e  trasportando  al  suo  vero  luogo  la  direzione  di  mcz- 


383 


va  una  provincia ,  eh'  è  di  terra  feriua  molto  ricca  ,  e  grapde  no? 
niinata  Lochac  7^^,  le  cai  genti  adoTc^oo  griclqli  '^'^.  t^iu^C^r 


^  maggiore  e  T  altra  minore.  La  prima  è  nominata  Si^nàutj  e  1*  altm  ConduFt  ìt 
»  quali  due  isole  aonp  disabi^te-^  e  perdio  fi  lascia  di  parl^^e .  ^  p^te^idpsi  d^ 
»  queste  f  come  si  ha  levigato  per  Mezzodì  e  Garbino  cinquecento  miglia,  ^^i  tr9va 
*  una  provincia  ch'è  Hi  Terra  Ferma  molto  ricca  e  gipnde  i.  Ne  dee  recar  sorpresa 
che  siano  fuor  di  luogo  alcune  parole,  che  poterono  essere  aggìunle  in  margine 
senza  richiamo ,  é  perciò  poste  dal  trascrittai;e  ove  le  ha  creduto  più  settate  « 
JP^elia  carta  d'Arrowsmith  Palo  Condor  é  djstai^te  meno  d'un  grado  da  Ter* 
ra  Ferma.  Per  recarsi  nel  punto  il  più  vicino  del  litorale  di  Camboja  fa  d'uopo 
volgere  la  prua  a  maestro:  ma  la  costa  infaccia  a  quell'Arcipelago  corre  nella  dire- 
zione di  Mezzodì  e  di  Libeccio. 

7^.  Lochac.  Lohac  sccoado  il  '^est9  RicQardi^no,  si   riconosca   ess.ere   il 
paese  i\ì(^ambola*  Lohac  secondo  l'autorità  di  Gaspero  di  Cruz,  citato  dal  Mars3en# 
(  n.  1 183 }  era  la  capitale  di  quel  paese .    L'  Ah  ville  appella  questa  città  Lovek 
nella  su^  carta,  d*  Asia ,  e  crede  essere  la  medesima  che  appellano  Cambfija  gli  ]|pu- 
ropei«  A  tempo  degli  scuoprimenti  dei  Portughesif  il  paese  cosi  detto^  avea  proprio 
re,  ed  il  suo  stato  estendevasi  molto  dentro  terra,  ed  era  frequentemente  in  guerra 
col  regno  di  Brem^  (  o  paese  di  Ava  ),  e  quello  di  SioMn  :  ed  alcuna  vrUta.<^n  Camp 
pa  o  Ziampa.  lì  paese  abbonda  di  viveri,  raccolgono  alcun,  poco  d'oro,  e  Irafficano 
di  denti  d' elefanti  (  Somm.  de'  regni,  città ,  e  popol.  Oripat.  Ramus.  Nav.  t.  L  p. 
Syl.  IX  ).  L'Olandese  Hagenaer  fu  nelia^  città  di  Camboja ,  e  ne  ha  data  la  d^scrizio* 
ne.  La  medesima  è  distante  sessanta  leghe  dalla  foce  del  fiume  Giapponese ,  che 
dalla  sua  relazione  si  ravvisa  essere  difficoltoso  a  risalire .  La  città  è  fabbricata 
lungo  un  argine  •  Ai  tempi  de^  viaggiatore^  vi  concorrevano  Giapponesi ,  Portuglic- 
si,  Cochinchincsi.e  Malai.  £  paese  fertile,  ma  poco  popolato.  Vi  abbondano  acque 
correnti,  e   stagnanti,  che  lo  rendono  malsano,  che  credesi  scaturiscano  da  un  lago 
interno  (  Voyag.  des  Ilolland.  U  IX.  p.  463  ) .  Il  Sig.  Abcl  Remusat  (  Nouvell.  Ann. 
des  Voyag.  Par.  1819.  t.  III.  )  ha  tradotta  una  Relazione  d' un  ufizii>le  Cinesq  che 
si  recò  nel  paese  di  Cambogia,  che  esso  appella  Tchìn4a  nel  i2g5.  Esso  s'imbarcò 
per  ordine  dell'  Imperadore  Cublai ,  narra  che  l' oggetto  della  sua  commissione  era 
di  consolidare  il  dominio ,    che  il  principe  degli  foyàn  (  sospetto  che  debba  dire 
df*gli   Vven  )  aveva  fondato  sui  quattro  mari.   Siccome  sappiamo    dal  Polo  chf 
Cublat  volava  essere  ragguiigliato  di  ciò  che  concerneva  i  vari  paesi,  ove  inviava  i 
suoi  legati ,  interessantissima  è.questa  memoria,  che  è  come  un  saggio  del  modo  che 
seguivano  nel  redigerle.  Il  relatore  tratta  infatti  dei  costumi,  delle  leggi,  dei  pro« 
dotti ,  del  governo  e  di  tutto  ciò  che  richiama  V  attenzione  di  un  osservatore  illumi-;, 
nato .  Confiùa  7Wn4a  secondo  la  relazione,  a  tramontana  colla  Coccinpina,  a  libec- 
cio con  Siam,  a  mezzodì  col  paese  di  Fan-iu:  ad  oriente  coli*  Oceano,  Secondo  il 
Slg.  Remusat,  i  sacerdoti  del  cult©  di  Budda,  appellano  il  paese  di  TcAi/i-Za,  /iCan- 
phu-teJu:  ed  esso  opina  che  corruzione  di  detto  nome  sia  quello  di  Cambogia  dato 
al  paese  dagli  Europei.  11  traduttore  Francese,  aggiunse  allf  Relazione  unacart^ 
t  ratta  dalla  generate  di  Cambogia  e  della  Cocdncinay  che  fu  redatU  dal  defunto 
Ayut,  furosctto  Francese,  che  entro  ai  servigi  della  Goccincina,e  giunse  ad  essere 
Ammiraglio;  e  dal  1791  al.  1795.  fece  la  carta  delJle  costiere  di  quei  paesi. 

750.  Adorano  gP  idoli.  Dice  il.P,  Jaqu^»  ch^  le  costumanze  di  questi  popoli  i% 


384 

•  »  » 

velia  da  per  se ,  e  si  reggono  dal  proprio  re ,  né  danno  tributo 
ad  alcuno ,  perchè  sono  in  tal  luogo ,  che  niuno  può  andarvi  a 
far  danno:  perchè  se  ivi  si  potesse  andare ,  il  Gran  Gan  imme- 
diate la  sottometteria  al  suo  dominio  7^'  •  In  quest'  isola  nasce 
vferzih  domésdco  in  gran  quantità.  Hanno  oro  in  tant'  abbondan- 
za j  eh'  alcuno  non  lo  potrebbe  naai  credere ,  e  hanno  eie  fami , 
e  molte  cacciagioni  da  cani ,  e  da  uccelli .  E  da  questo  reguo  si 
traggono  tutte  le  porcellane  7^*,  che  sì  portano  per  gli  altri  paesi^ 
e  si  spendono  per  mon  età ,  com'è  detto  di  sopra.  E.  vi  nasce  una 
sorte  di  fratti  chiamati  Bérci '^^^  che  sono  domestici  e  grandi 


alcune  cof(é  si  accostano  alle  Indiane^  in  altre  òlle  Cinesi .  Credono  alia  Irasmutazio- 
nc  delle  anime  come  gì'  Indiani ,  ma  mangiano  ogni  sorta  d' animali .  Venerano  il 
cavallo  ,  e  l'elefante  :  e  quest'  ultimo  lo  dipingono  itcllé  loro  case .  Credono  che  la 
più  bella  ricompensa  per  un  grand'  uomo  possa  essere  che  la  sua  anima  passi  in 
uno  dei  rammentati  quadrupedi.  Secondo  essi  Confucio  é  il  più  gran' dottore  rleK' 
Universo.  Rendono  grandi  onori  ai  morti ^  e  a  coloro  che  vivendo  sonosi  distinii'. 
Vide  il  Missionario  tre  simulacri  a  Pule  Condor^  che  gli  fu  detto  che  rappresenta* 
vano, Torbe  celeste,  il  re  del  cielo,  il  figlio  del  ciòlo,  ai  quali  gli  abitanti  tributa- 
vano venerazione  (  Lettr.  Edìf.  t.  XIX.  p.  182  ). 

j^i ,  La  sottometteria  ai  suo  dominio.  La  difficoltà  per  giungere  a  Camboja  di 
risalire  un  fiume  di  difficilissima  navigazione  impedi  Cublai  Can  di  fame  la  conqui« 
sta.  Infatii  il  fiume  neir imboccatura  si  suddivide  inpai'ccchie  diecine  di  canaletti; 
e  il  quarto  solo  è  navigabile,  gli  altri  sono  ingombrati  dalla  renè^  e  poco  fondi,  per 
lochè  non  pud  penetrarvisi  con  grandi  navilj  (  Nouv.  Ann.  des  Voy.  ibid.  p.  38  ). 
Il  servire  d'antemurale  al  paese,  verso  la  Cinaj  i  regni  di  Tutilinoe  della  Loccincina. 
l'aria  pestifera ,  le  boscaglie,!  monti^  furono  gli  ostacoli  che  frenarono  da  questo  lato 
la  cupidità' di  conquiste  che  divorava  Cublai  Can.  ' 

752  •  Porcellane.  Secondo  il  Marsden  (  n.  1 186 )  ecKretto  che  a  Sìdu  presso  la  co- 
sta di  Burneo,  che  guarda  la  Cina,  non  vi  è  certa  notizia  che  in  veruna  parte  dei  mare 
cui  dà  nome  queil'  impero  si  trovino  le  conchiglictie,' datfc  oori^  chetai  spendono  per 
nionèta  (  V*  t.  1.  p.  ili.  n.  ) . 

733.  Berci.  E'  giusta  osservazione  del  Marsden  che  malagevole  è  il  riconosce* 
re  qual  sia  la  cosa  o  frutto  che  qui  descrive,  dietro  la' superficiale  indicazione  eh'  ei 
ne  dà,  e  che  gli  è  ignoto  se  il  paese  di  Camhoja  produca  la  Mangustana  frutto  deli' 
albero  detto  da  Linneo  Garcinia  Mungttstanay  che  sembra  essere  quello  detto    da 
altri  Mangustana  Cambogia^  e  Garcinia  Cambogia  (  '^l'arg.  ist.  Botan.  t.ll.  p.5o6  ),  e 
detto  dall' Acosta  Carcapuli  (  p.  276  ).  Ma  se  sono  una  medesima  pianta  la  Garcina 
Vambpgùz  è  la  Garcinia  Mangustana  è  evidente  che  traesse,  nome  dal  paese  che  la 
produce,  e  la  congettura  del  Marsden  acquista  un  maggior  peso»)£/  qui  da.avveKire 
che  il  Mangustano  é  utile  pel  frutto  che  ha  descritto  Thunbcrg  che  è  ibndente   co* 
me  panna  spungata,  e  di  sapor  dolcie  uciiietto  che  lìon  sazia^  ne  aggrava  lo  SKunaco 
('Voy.t.ir.377)  ed  inoltre  per  fa  sostanzu  tintoria  che  lascia  tracsudare^dal  legno,  det- 
ta Gomma  Gutte.  Il  Polo  fa  nuovamente  menzione  nel  pai  lare,  dei  regno  di  Lambn, 
di  Berci  secoudo  il   nostro  Testo  e  il  Riccardiano  ;  ma  in  quella  vem  leggesi  iu-1 


385 

come  limoni ,  e  mólto  buoni  di  mangiare  <  Altre  cose  non  vi 
sono  da  conto ,  se  non  che  il  luogo  è  molte  sai  valico ,  e  mon- 
tuoso ,  e  pochi  uomini  vi  vanno ,  perchè  il  Re  non  consente , 
ch'alcuno  li  vada,  acciocché  non  conosca  il  tesoro 5  e  i  secreti  suoi  .* 

GAP.     IX. 

Deir  isola  di  ,Pentan  :  e  regno  di  Malaiuv  . 

Partendosi  di  Locliac ,  si  naviga  cinquecento  miglia  per  mez- 
zo<lì  '^* ,  e  si  truova  un'  isola  chiamata  Pentan  '^^ ,  la  quale  è  lu 
un  luogo  mollò  sai  valico  .  E  lutti  i  boschi  di  quelU  isola  produ- 
cou  alberi  odoriferi ,  e  fra^la  provincia  di  Locliac ,  e  V  isola  di 


«■h 


Hamusiano:  »  che  questo  regno  dà  una  pianta  simile  al  Terzino  »,  che  serve  di 
droga  tintoria  (  V.  1. 1.  p.ib4  n.  ).  Talché  in  questi  due  diversi  luoghi  dichiara  am- 
bedue i  prodotti  che  dà  la  Garcinia  Mangustana,  e  che  la  rendono  preziosa  ^^  cioè 
l'eccellenza  del  fruito  ,  e  il  legno  utile  per  tingere.  E  qui  correggo  rerrore  in  cui  in 
altro  luogo  ero  caduto  di  credere  che  per  Berci  il  Polo  intendesse  significare  ììBelzui^ 
no.  Berci  o Bersi  per  un  agevole  scambiamento  di  lettera  può  essere  derivalo  dàBre* 
si  o  Bresil  che  cosi  s'appella  il  verzino  (  Targ.Ist.Bot.p.590),  e  potè  il  Polo  confon- 
dere r  uno  e  r  altro  legno  tintorio .  Il  Carletti  dice  che  i  Giappponesi  :  *  vanno  a 
»  Cambogia  nella  medesima  costa ,  di  dove  recano  certo  legno,  come  quello  che 
»  si  chiama  verzino,  e  loro  l'addimandano  sm  e  tra  Portughesl  vien  detto  Sapon,  ^ 
s?  il  quale  serve  per  tinger  rosso,  ed  è  II  medesimo  di  quello  che  vien  dalle  Indiè^ 
»  Occidentali  detto  Br<izil,*e  da  noi  Verzino'^»  (  Viag.t.II.  p.77  ) .  Ed  è  da  notare  the 
r  illustre  Storico  D.  Giovanni  di  Barros  racconta  che  Pietro  Alvares  Cabrale,  che 
discuoprl  il  paese  detto  posteriormente   Brasile  diede  ad  esso  il  nome  di  S.  Cro- 
ce :  :>  ma  tosto  che  da  quella  provincia  conriincid  a  venire  ii  legno  rohso ,  chiamato 
p  da  noi  Brasil  e  dagl*  Indiani  f^erzi  :  procacciò  che  questo  nome  rimanesse  nella 
»  bocca  del  popolo,  e  sl  perdesse  quello  di  S.  Croce;  come  se  importasse  più  il 
»  nome  d'  un  legno  che  tinge  1  panni ,  che  il  nome  di  quel  legno  che  diede  la  tinta 
9  a  tutti  i  Sacramenti  »  (Dee.  I.  p.  8tf"). 

n'i^. Si  naviga  cinqueeentoyniglia per  tfìezzodi.Di  qui  procede  il  viaggio  del  Po- 
lo con  somma  regolarità,c  concorda  còh  le  moderne  cognizioni  geografiche.  Da  Pitto 
Condor  che  fu  il  punto  di  riconoscimento,  da  cui  il  l^olo  si  pai  li  per  continuale  il 
suo  viaggio  (  polche  di  Cambogia  parlo  per  relazione  )  navigando  verso  mezzodì,  e 
più  esattamente  a  mezzodì  libeccio  cinquecento  miglia  sl  giunge  all'isola  di  Pentan 
o  Bìnian  che  forma  T  imboccatura  dello  stretto  di  Malaca .  In  effetto  da  Puio  Coti' 
dot  a  Pietra  Bianca  punto  di  riconoscimento  dello  stretto  {  Le  Gentil.  1. 1.  p.  Sga  ) 
eh'  è  a  settentrione  di  Biiùan  (  Vojrag.  des  Hollan.  t.  IV.  p.  5o8  )  Sotiovi  secondo  la 
carta  dell*  Aiiville  H.®  5o/  che  corrispondono  a  5lo  nnglia  , 

755.  Pentan.  È  chiaramente  T isola  di  Binian  ciré  forma  4' imboccatura  aifcxw 
dionalc  dello  sii  etto  di  Mulaca. 


1 


.     386 

Peniaa  per  miglia 'sessanta,  ia  molli  luoghi  po^  si  traov^i  ^cqua  7^, 
$e  non  quattro  [lassi  alta  :  e  per  questo  bisogna ,  che  \ì  naviganti 
levino  più  alto  il  timone ,  perche  non  hanno  acqna  s^  noq  di  cir- 
ca quattro  passi .  E  quando  s' ha  navigalo  queste  sessanta  m^Ua 
verso  Scirocco ,  si  va  più  oltre  circa  trenta  miglia ,  e  si  truova 
un'isola  7^7  eh' è  regno  ,  e  chiamasi  la  città  Maiaiur  7^^,  e  così 
r  isola  Maiaiur .  Le  cui  genti  hanno  re ,  e  linguaggio  per  se  7^ . 


7$6 .  A'òa  si  trova  acqua*  Qui  parla  dello  sireUo  di  Sincapura  che  dovè  ralicare 
per  recam  a  Malnca.  Il  MisMonario  Premare  che  da  Malaca  si  recd  a  Pula  Condor 
trovò  che  il  mare  aveva  in  alcun  luogo  dello  stretto  solo  20  piedi  di  profondità 
(Letties.  Eclir.  t.  XVI.  p.  525)  .  Il  Viaggiatore  CaHetti  che  veniva  dalla  costiera 
della  Cina  cosi  ne  discorre.  »  In  questo  viaggio  non  accadde  cosa  da  raccontare 
»  salvo  che  passato  lo  stretto  di  Sincapura ^  posto  in  un  grado  è  mezzo  fra  la  terra 
»  ferma» e  le  diverse  isole  vicine  a  quella  di  Sumatra ^  in  cosi  angusto  spazio  di 
»  canale ,  che  dalla  nave  si  poteva  saltare  in  terra  »  ed  arrivare  i  rami  degli  alberi 
»  che  vi  sono  di  qua  e  di  là,  la  nave  d^ed^  in  Secco  :  ma  perché  il.  fondo  era  di  mota 
p  non  si  fece  male  nessuno  »  (  t..  II.  p.  209  )  . 

f5j .  Un  isola .  Per  quanto  il  paese  che  qui  descrive  lo  dica  isola,  é  la  penisola 
ffiMalaca;  cui  corrisponde  come  dirassi  'ù  Alalajur  del  Pulo.  Ma  siccome  esso 
per  questa  parte  del  viaggio  si  valse  di  carte  e  Libri  degli  Arabi  e  delle  notizie  ver- 
bali che  attinse  dai  loro  naviganti  é  da  sapere  che  essi  appellano  indistamente  Gexi- 
rai  tanto  un  isola,  quanto  lina  penisola  come  lo  afferma  THerbelot  (  vox  Gezirat  )• 

73S  Malajur.  E  il  regnò  di  Malaca  che  secondo  il  Marsden    nella  favella 
yìfllaja  appellasi  Oràng'Malajur  che  lignifica  regno  dei  Ma/a:(  not.  1 192.  )  I  Por- 
tughesi  appellarono  Molai  o  lifalaioi  quei  popoli ,  la  loro  favella  ^alaja  .  G:le- 
Ve  nella  penisola  dì  Malaca  fu  la  città  di  Sini;apura  ove  tutte  le  navi  dei  mari 
d^lt'  India  e  della  Cina  cònccorcvano  a  trafficarvi  come  emporio  ove  agiatamen- 
te  attendevano  i  mozioni  favorevoli  per  i  ritorni  e  avevano  agio  di  cambiare  le  mércL 
11  Polo  parla  del  regno  di  Malaca  e  non  di  quello  di  Singapura^  perché  per  alcune 
rivoluzioni   raccontate  dal  Barros    era  quest*  ultimo  stato  distrutto ,   e   fondato 
quello  di  Malaca .  Paramisora  temendo  lo  sdegno  d' un  usurpatore  del  regno  di  Pa^ 
rasira  neir  isola  di  Giava^  si  rifugiò  con  alcuni  profughi  a  Isingapura  •  Ma  obliata 
la  behe6ca  accoglienza  fattali,  macchinò  e  riusci  coli' ajuto  dei  suola  togliere  e 
regno  e  vita  al  re  del  paese  •  U  re  di  Siam  volendo  vendicarne  la  morte .  fu  varie 
volte  battuto .  Ma  Paramisora  temendo  la  sua  potenaui,  abbandonò  Slngapura^t  an- 
dò a  stabilirsi  ove  é  Malaca  oggidì,  e  ivi  unito  coi  suoi  seguaci,  e  i  natj  fondò  la  città« 
che  chiamò  a  se  i  traffici  di  Singapura .  Il  re  di  Maloca  si  riconobbe   tributario 
del  re  di  Siam^  ed  ebbe  per  ciò  il  dominio  di  160.  miglia  di  litt  orale,  e  la  sovranità 
delle  isole  di  Saban  e  di  Bintan  •  Il  Barros  soggiunge  :  (  L.  C.  )  ^  il  tempo  certo  nel 
»  quale  questa  città  fu  edificata ,  appresso  gli  abitatori  suoi ,  non  si  trova  scrittura 
f  alcuna  che  sia  venuta  alla  nostra  notizia  ,  solamente  si  dice  per  cosa  vera  da 
»  loro,  che  al  tempo  che  noi  entrammo  nell'Indie^  erano *poco  più  di  dugento  e 
»   cinquanta  anni  eh*  era  stata  popolata .  Cioè  un  mezzo  secolo  innanzi  i  viaggi 
p  in  quei  mari  del  Polo  »  . 

759,  Linguaggio  per  se .  Quesla  tavella  é  k  Mqlaja  y  creduta  quella  degl*  in* 


387 
La  città  certamente  è  nobilissima  7^  e  grandissima ,  e  si  fanno 
in  quella  molte  mercanzie  d' ogni  specie  y  perchè  quivi  ne  sono 
in  aobondanza ,  né  vi  sono  altre  cose  notabili .  Onde  proceden- 
do più  oltre  tratteremo  della  Giàvà  Minore. 


digeni  della  penisola  di  Midaea .  Quella  lingua  non  è  nn  dialetto  dell*  Arabo, 
come  credè  il  Thunberg ,  ma  una  madre  lingua  eatesisaima,  còrnei'  esaerva  il 
Torster^  usata  in  tutte  le  isole  dell'Oceano  Indiano .  Si  parla  alle  Fità^ne,  alle 
Caroline,  alle  Marianne,  a  quelle  di  PMmv^  dei  Ladroni  e  in  gran  parte  delle 
isole  del  Mar  del  Sud  recentemente  scoperte .  (  Thunb.  Voy.  L  II.  p»  252.  )  Co- 


conqoiatarono 

paese  di  Malaca,  s' intendevano  fra  loro  f  e  fu  dato  dagli  avventi^j  -  al-  paese  quel 
home,  perché  neDa  loro  favella,  Malaicij  significa  sbanditi  o  scacciati  (Dee.  il.  ^. 
124.  ).  Conferma  il  Bartema  che  i  Jtfaiai  sono  di  origine  di  quelli  di  Giava  (  Ram. 
t.  II.  p.  182.  A. } .  Il  Signor  Marsden  opina  essere  il  Malajo  un  dialetto  corrottissi- 
mo della  lingua  generale  dell'  Oceania  (  HisL  de  Sumat.  t.  1.  p.  69.  ) .  Ci  sembra 
che  il  popolo  che  diffuse  questa  favella  neU'  Oceania  fosse  una  razza  d'  uomini 
da  assomigliarsi  ai  Normanni,  ossia  gente  depredatrìce, e  vagabonda^  che  cresciuta  di 
numero,  fece  nelle  varie  isole  i  suoi  stabilimenti.  La  corruttela  del  Malajo  deriva 
dall'influenza  eh*  ebbe  la  favella  Araba  su  di  essa,  dupo  che  q\iei  popoli  ebbero  ab- 
bracciato* il  Maomettismo.  Gli  Arabi  recarono  loro,  oltre  la  religione,  la  lette- 
ratura, e  perfino  l'alfabeto.  E  siccome  i  popoli  rozzi  ed  inculti  mancano  di  vo^i 
per  esprìmere  anche  le  cose  ovvie,  coloro  che  vi  recano  usi,  religione  e  lettere  hanno 
5ui!ìma  influenza  nelle  favole  di  tali  gepti,  vi  introducono  molte  nuove  voci,  e  mu« 
lauo  anche  tutta  la  ^arte  figurata  di  essa .  Perciò  anche  i  Portughesi  alterarono 
il  MdÉjo^  e  forse  essi  v*  introdussero  Tuso  dell'improvvisare  (  Marsden  I.  e.  p.  199  ). 
La  lingua  Malaja  quale  è  oggidì,  è  tuttavia  la  più  gentile  e  armoniosa  dell*  Asia ,  ed  é 
appellata  l' italiano  dell'  Oriente,  perché  abouaa  di  vocali  e  di  consonami  liquide^ 
pcche  sono  le  vocali  mute,  ed  è  perciò  poetica,  e  di  poesia  grandemente  si  dilettano 
quei  i^opolì . 

740.  La  città  cèrtamente  è  nobilissima.  Mataea  ebbe  grandissima  fama  e  ric- 
chezza, e  fu  uno  dei  più  importanti ,  ed  opulenti  scali  dell'Oriente .  Descrive  il  Bbr» 
bosa  il  vasto  trafììco  che  vi  si  faceva  quando  giunsero  in  India  i  Portughesi  (Ram. 
Nav.  1. 1.  p.  262  ) .  Conc^oistd  la  città  Alfonso  ci'  Albuquerque  con  intrepidezza  me- 
ravigliosa. La  città  si  estei^deva  lungo  hi  marina  per  una  lega  di  lunghezza  (  Mafiéi 
Stor.  del Plnd.p.  182):  Allorché  gli  Olandesi  ne  scacciarono  i  Portughesi ^  la  città 
sommamente  clecadcìe.  Oggidì  ha  tre  strade  principali  ed  alcune  secondarie .,  La 
prima  lungo  la  marina  è  piantata  di  begli  alberi.  Ma  un  forte  per  sua  difi^sa,  la  rada 
é  buona,  e  vi t:oncorrono  i  navilj  deHe  varie  parti  dell'  India .  L'  abitano,  Vtoiì^  JVIa- 
lai,  Portughesi ,  Cinesi,  e  alcuni  pochi  Olandesi ,  i  quali  non  vi  possedevano  terr ito» 
rio  perché  erano  sempre  in  guerra  con  gi'  indigeni  (  Le  Gent.  Voy.  1. 1.  pi  601  ) . 


388 


C  A  P.     X. 


DelV  isola  di  Giava  MirUtre  . 
Quando  si  parte  dall'isola  Peatan  7^',  e  che  s'è  na  vigato  circa 


•*a*i 


74i  Quanda  ^i  patrie  daW  isola  Pentan  *  Qui  sembra  che  il  Polo  da  Ma/oca 
retroceda  «  poiché  ei  dice  che  navigando  a  Scirocco  loo.  miglia  si  trovala  Giàva 
M^aoro .  Egli  lé  certo  che  da  detta  isola  volgencjo  la  prua  a  Scirocc  )»  il  navigatore 
incontra  queli'  isola  ,  la  costiera  della  quale  che  volge  verso  Malaca,  corre  nella 
direzione,  da  Maestro,  a  Scirocco  .  Non  è  meno  vero  che  se  partendosi  da  Biniam 
e  navigando  .diritto  a  pvnente  l'uomo  incontra  Sumatra ,  può  alla  sua  costa  appro- 
dare volgendo  anche  la  prua  a  M«est;ro  .  Si  dee  di  più  notare  eh'  eì  dice  posterior- 
mente chfei  visitò  sei  reami  della  Giava  Minore  che  descrive  ,  e  che  lascerà  di  par- 
lare di  due.  altri  che  non  visitò .  Fra  regni  da  lui  visitati  pone  quello  diBasmaj  che 
è  il  paese  di  Pasaman^  che  é  a  metà  della  costa  occidentali;  dell'isola,  e  quasi  sotto 
la  iMìea  .   E  da  avvertire  inoltre  ch'ei  diqe  questa  isola  €ànto  a  mezzodì  che  la 
stella  tramontana  non  si  pi4Ò  vedere  *    Dunque  avoa  visitata  la  parte  Meridionale 
di  essa  ,  il  cui  estremo  termine  è  a  cinque  gradi  e  alcuni  minttti~xK  latitudine  me- 
ridionale »  ed  è.  perciò  evidente  che  per  recarsi  a  questo  regno  di  Dasman  passò  lo 
stretto  della  Sonda  ^  Goipe  vedrassi  aveva  ancora  visitata  gran  parte  della  costa 
orientale,  e  settentrionale  dell'  isola.  Ne  é  da  supporre  che  cosi  lunghi  giri  facesse 
quando  coaduccva  Cogatiìiad  jérgQtiy  perchè  allora  dpvea  essere  premuroso  d'  an  i* 
rivare  »  e  se  si  fermò  alcunir  m^si  o  Samara  ciò  addivenne  per  esservi  stato  astretto 
dal  mal  tempo.  Ma  egli  è  evidente  che  ivi  più  viaj'gi  facesse»  e  che  vi  fosse  stato 
nel  .ia85.  allorché  s*  imbarcò  sulla  squadra  che  Cuhiai  inviò  nelle  isole  e  regni  pò» 
sti  a  mezzodì  deUa  Gina  per .  informarsi  segretamente  delle  loro  forze,  e  rìc^|{{iezze 
e  per  obbligargli , a  riconoscersi  tributar)  del  Can   (  t.  IL  p.  iSo'^).   La  spedizione 
come  si  disse  fu  tanto  felice  che  d^eci  regni  inviarono  a  Sivenrtcheu  i  loro  tiibuti 
per  Cubi  ni.  Nomina  questi  regni  la  Gloria  Cinese  Mapar^  Sumerma^  Sengkilij  Nan 
Vidi,  Maìantan,  Navangt  Jìnghor^  Lailaif  Kilaniiai  y  Sumutu.  Secondo  il  P.  Mailla 
quest'. ultimo  regno  è  Sumatra 9  perché  cosi  appellano  quell'  isola  i  Cinesi.  Secondo 
il  Deguignes ,  Mnpar  è  il  Malahar^  e  Sengkili  il  Cejlan  (Hist.  des  Huns.  t.  IV.  p. 
180  )  (  Hist.  Gen.  de  la  Cbin.  t.  IX.  p.  4^9  )  •  Dunque  in  questa   spedizione  tìsì- 
tò  il  Polo  una  parte  dell'isola  di  Sumatra 9  passò  lo  stretto  della  Sunda,  e  fu  sino  al 
regno  di  Basmany  entro  nel  Golfo  del  Bengala.  Infatti  nel  capo  ultimo  del  libro 
secondo,  dice  eh'  incomincia  a  parlare  di  p^esi,  città ,  e  provincie  dell'India  »  Mag- 
3^  gior^,  Minore,  e  Mezzana,  nelle  quali  parti  è  stato  (esso  Polo)  quando  si  tro- 
«  vava  ai  servigi^del  Gran  Can,  mandato  da  q^ello  per  diverse  faccende  ,  e  da  poi 
»  quan4Q  U  venne  con  la  regina  del  re  Argon,  con  suo  padre  e  barba,>c  ritornò  alla 
»   patria».  Dunque  era  stato  ripetutamente  in  quei  Mari  innanzi  questo  ultimo 
viaggip ,   La  spedizione  4i  Cublai  a  quest'  isola  vien  confermata  dal  raccontare  il 
Polo  che  quelli  del  regno  di  Basma:  9  sì  chiamano  pel  Gran  Can  nondimeno' non 
»  gli  danno  tributo  » ,  perchè  probabilmente  si  dichiararonoper  lui  quando  videro 
apparire  l' armamento  ma  cessatone  il  timore  non  inviaron  il  tributo  che  avevana 


389 
d  cento  miglia  per  Scirocco,  m  truova  V  isola  di  Giava  Minore  '**. 


promeafto.  Il  nostro  viaggiatore  avverte  che  anche  quelli  dei  regni  di  Samarm^ 
di  Dragojanf  di  Lambri  chiamavansi  pel  Gran^  Can^e  perciò  è  da  credere  che  la 
squadra  di  Gublai  ivi  pure  si  recasse.  Il  eh.  P,  Zurla  riporta  un  passo  di  Pietro 
d' Abano  (  Gonciliat.  Oisser.  67  ),  nel  quale  è  detto  eh'  esso  u^i  dalla  bocca  stessa 
del  Polo,  ch'ei  era  arrivato  ad  un'  isola  che  non  nomina ,  ove  »  vidit  Polum  Aa- 
»  tarticumaterraelevatumi  quantitate  lanceae  militis  longae ,  in  appareniia^  et 
»  Articum  occultatum  »  (  Disser.  1. 1.  p.  184  ) .  Non  potè  il  Polo  vedere  tale  appa- 
renza di  cielo  che  nel  recarsi  a  Oiava^  o  nel  valicare  lo  stretto  delJa  Sunda  per 
andare  verso  il  regno  di  Pasaman  •  Non  è  da  recar  meraviglia  adunque  se  Dante 
cóme  lo  avverti  il  Vespucci  fece  menxione  della  costellazione  che  segna  il  Polo  An- 
tartico in  quei  celebri  versi  : 

»  Lo  bel  pianeta  che  ad  amor  conforta» 
»  Faceva  tutto  rider  1'  oriente 
^  Svelando  i  pesci  eh'  erano  in  su  scorta  • 
#  I  mi  volsi  a  man  desti  a^  e  posi  mente 
»  All'altro  polo,  e  vidi  quattro  stelle 
»  Non  viste  mai,  fuor  ch'alia  prima ^enta^ 
»  Goder  pareva  il  ciel  di  lor  fiammelle. 
)t  O  settentrional  vedovo  sito 
»  Poiché  privato  se'  di  mirar  quelle  • 

(Purg.  e.  1.  V.  j8  ) 
Il  Polo  contemporaneo  di  Dante  avea  veduta  quella  costellazione,  e  ne  avea  tenuto 
proposito  con  Pietro  d'  Abano . 

j/^2.  Giava  Minore.  Il  eh.  Slarsden  nella  sua  storia  di  Sumatra,  riconobbe 
che  la  G-iava  Minore  del  Polo  era  l'isola  di  cui  qui  tiene  discorso  (  1. 1.  p.  12)^0  ciò. 
ha  confermato  nel  suo  commento  al  Milione.  Per  quanto  ei  diligentemente  racco- 
gliesse tutte  le  autorità,  dei  Geografi  antichi»  che  parlarono  di  questa  celebre  isola, 
non  esclusi  gliArabi,egli  non  adduce  quella  che  più  d'ogni  altra  conferma  che  al  tem- 
pi del  nostro  Viaggiatore  gli  Arabi  predetti  appellavano  questa  isola  Giava.  Dice  A- 
bulfeda  (Geogr.  p.  377  )  :  »  Inter  insulsa  Indici  Maria,  recenset  Saidi  filius,  insulam 
»  alGmi'AA(  Java  )  magnam,celebrem  de  multi tudine  radicarum  aromaticarum . 
9  Ora  ejus  insulse  Occideotalis  est  ad  grad*  Long.  i45,  Latit.  5.  In  australi  hujus. 
»   insulae  plaga  est  urbs  Fansur^  a  qua  nomen.habet  Camphora  Fansurensis  :  est  ad 
»  I«ong.i45.®  Lat.  i.**  3o/  In  orienUli  plaga  eiusdem  insulae  est  urbs  Kalaht.  L*au- 
aorità  d'Abulfeda  dimostra  senza  alcun  dubbio  che  la  Giava  ch'ei  rammenta  è  la  Già- 
vaJkBnoreàbì  Polo,perehè  ambedue  parlano  del  regno  di  Fansur  e  della  canfora  pre- 
libata, che  die  a  quel  paese  celebrità  (  l4Ìb.  Ili*  e.  16  ) .  Secondo  l' Acosta  gli  Arabi 
la  canfora  appellano  Capur^  o  Cafwr  per  lo  facile  scambiamento  delle  lettere  pinf 
(Stor.  della  Drog.  Medio,  p.  189).  Il  Fanfur  del  Polo,  secondo  ilMarsdeo, è  il  paese 
di  Caanpar^  da  cui  pare  che  avesse  nome  quella  droga.  Secondo  le  diligenti  ricerche 
di  eoao  i  natj  non  hanno  un  nome  generico  per  indicare  l' intera  isola ,  ma  i  prossimi 
isolani  r  spellano  i/ia«/a  (  Hist.  deSumat.  t.  I.p.  9).  I  Geografi  e  i  naviganti  i» 
rari  tempi  rihanno  in. vario  modo  appellata  (  ibìd.  p.  7  )•  Sembra  assai  probabile  che 
la  labadia  di  Tolomeo,'come  il  congettura  l' Aoville ,  fosse  Sumatra .  JabacUa,  deriva 
chiaramente  da  laba^diOf  o  labiMiivaf  cl^e  in  Indiano  s^ifioa  isola  di  Giava*  Crede- 

5o  ' 


i 


390 

Ma  non  è  però  cosi  picccJa ,  che  non  giri  circa  dae  mila  miglia  ?  ^^ 
attorno  attorno  .    E  in  quest'  isola  son'  otto  reami  ^44  ^    e    otto 


m  Sumatra  V  isola  detta  Ranmi  da4  Vnigfpafope  Arabe  pubbUoato  dtà  Kenaudot 
(Ancien.  Hel.  p,  4)*  Ma  sa  tale  (opinione  è  probaMlei  aon  è  f^ró  del  tutto  dimoatra* 
ta.  Dopo  il  PcAo  ti  prtma^  yia^giatore  che  ne  fece  mcnaioiie  fra  gV  Icaliani  Ai  il  B. 
Odkf  ico  che  l'appelhi  Lamori^  e  più  probabilfineiite  Lamrh  dandole  nome  dal.regao 
ove  approdò,  che  verisimitmente  fu  quello  detto  Lambii  dai  Polo  •  Ei  narta  di  aver 
perduta  di  vista  kr  tramontana  nett*  appiedarvi,  rammenta  il  negao  di  SmmoUrat  o 
Sumatra  (  Hist.  del  B.  Oderie.  p.  S9').  Niceolè  Conti  appellò  Sumatra  V  isola  (  lUm. 
Nav.  t.  r.  p.  375.  B);  ma  confusamente  parM  ancora  della  Giava  Minore  coma 
d' isola  da  questa  separata .  All'  epoca  delle  conquiste  dei  Portoghesi  noli'  India  pri- 
mo il  Sequeira  vi  approdò  ;  T  isola  fu  appellata  da  loro  Sumatra  (Barr.  Dee*  II.  p* 
85  t.  )  ed  era  anche  a  quei  tempi  dtvisa  in  più  regni  •  li  MaSbi  1*  appella  Somatra 
ed  è  probabile  che  avesse  nome  dal  regno  di  Samara^  o  come  porta  la  lezione  del 
Codice  Parigino  del  Milione  Samatra^  e  che  cosi  l'appellassero  i  Matabari  e  gli  al* 
tri  Indiani ,  i  quali  vi  andavano  a  traftcare  (  Htst.  de  Sumat.  p.  10  ).  Ma  siccome  il 
Milione  aveva  tanta  autorità  per  le  cose  Indiane,  presso  quei  primi  scnopritori,  non 
udendola  appellar  più  Giara  Minore  dagl'  Indiani ,  cercarono  a  qual  altra  isola  cor* 
rispondesse  quella  cosi  appellata  dal  Polo,  cercatala  prossimamente  alla  maggiore, 
alcuni  come  il  Barbosa  la  crederono  l' isola  ÒiAmbaha  (  Barn.  l.  e.  p.  553),  altri  come 
il  Pìgafetta  quella  di  Bali  (  Prim.  Yiag.  attor,  al  Mond.  pag.  '73  ).  Pare  che  questa 
opinione  avesse  più  credenza,  mentre  neUa  Raccolta  dei  Viaggi  degli  Olandesi,  ewl 
una  carta  delte  isole  di  Giovale  di  Bali,  nella  quale  l'ultima  è  detta  la  Ommi  JMwio» 
re  (  Voy,  des  Holl.  t.  IL  p.  1  ). 

743.  Uue  mila  miglia.  Secondo  la  Calta  che  ne  ha  data  il  Marsden  a  ai/*  e  21.' 
di  lunghezza,  ossiaao  miglia  1280.  nella  sua  maggiore  dimeiiaione,ch'è  da  maestro  a 
scirocco .  Altri  danno  alP  isola  376  leghe  di  lunghenzà  ossia  miglia  1 19&  Il  CarleUi 
dice  come  il  nostro,  che  gira  più  di  atioo.  miglia  (  t.3.p.ai6)*  Il  Barhosa  die  ha  ntoo 
mfglia  di  giro  »  contate  perii  Mori,  che  l'hanno  navigata  tutta  d'intoen^v a  (  Barn. 
Nav- t  I.p.  553.  A). 

744 .  Otto  reami,  lì  Barbosa  (  Le.)  Aee  che  m  Sumatra  sodo  meltà  regni,  Podir^ 
Pazem  ,  Achem^  Campar  all'  rneontro  di  Malaea .  Menaancabo  verso  meszodi  Zufk» 
da,  Anàragiài ,  Awru  fra  lerra .  Rammenta  il  Garletti  cerne  luoghi  di  Intfco  P&dir^ 
P'acen ,  Aur,  Anàreghi .  Dei  rammentati  dal  Pblo  non  si  lieonoace  che  Cmmpar  e 
e  Andreghi,  Né  ciò  ptké  destar  meraviglia,  l  Mori,  o  Arabi  che  ai  umpi  defc  Pela 
avevano  dilatata  il  Maomettismo  nel  regno  di  Fetoekf  poco  dopo  ai  diialaiiDfco  Img» 
te  coste  deir  isoLf  e- vi*  fondarono  nuovi  r^;ni.  lAtu  fi  Mai^it  a  le  parti  iaeeriort 
^  defl'  isola  sont)  ahicate  do  genti  natie  del  luogo  e  adorano  gU  idoli.  I  liti  òa  Mao- 
»  meftani,  la  qmal  peste  passata  H  circa  dugent'o  anni  priaiai  cacciati  per  £orz»  gli 
9  abitatori,  e  costrettigli  a  ritirarsi  ai  monti  occupa  le  pianure  roariltirae  e  loeghi 
t  più  opportoni  al  commercio  1»  (fet  dell'Ind.prSS).  Cid  eeafen^acbe  vieiatobili- 
ioiio  ì  Maomettani  circa  fetÀ  del  i>mo,e  che  incemineiaronead  opefarf  qaiei  a«ea- 
vtlgimentr  che  ne  akerarono  1*  antico-  ordinamento .  BeauKeeTWisitd  V  ineka  verno  il 
r62o.  e  fere  uno  buona  deacrt^ione  del  regno  dt  Achem^  #  le  voi  4^  A€hém§  (et 
9"  dice  )  possedè  fa  meilkui^o  et  la  plus  grande  pa^rtie  de  T  isle,  lo'feste  «ei  divise 
»  entrc  chiq  ou  srx  rois  *  (Hi»!.  Gen.  dea  Vo^.  t.  frX.  p  539 >. 


39^ 

re,  le  genti  delli  quali  adorano  gP idoli:  e  in  ciascun  regno 
v'è  linguaggio  da  sua  post»  "?** ,  dì^ersD  dalla  favella  degli  altri 
regni .  V  è  abbondanza  di  tesoro  ^*®,e  di  tutte  le  spezie ,  e  di  le- 
gno d*  aloe ,  verzino ,  ebano ,  e  di  moke  «Itre  rarti  di  ^ecie , 
che  alla  patria  nostra  per  la  lunghezza  del  viaggio ,  e  pericoli 
del  navigare  non  «i.p  oitaiia,  ma  ai  portan'  allapro^ÌBCÌa  di  Man- 
gi, e  dd  Catajo  7^7. 

Or  vogUamo  dire  deUa  toaniara  di  ifbeate  franti  ,<£  ciasovuia 
prtitameme  per  te ,  ma  primieraniJBiMe  è  da  sapore ,  che  q[itest'iM^ 
L  è  poita  tanto  verao  le  parti  <H  mezao  giorno^  che  quivi  la  Stella 
Tramontana  non  ai  può  vedere  ^^^  ,  «e  M.  Marco  fu  in  sei  reami 
di  quett'  isola  ^  de'  quali  qui  ai  parlerà ,  lasciando  ^  altri  due 
che  non  vidde749. 


745.  Linguaggio  da  sua  posta  (  V.  1. 1.  p.  160  n.  D  )•  Il  Marsden  dà  un  saggi* 
di  daquc  ffireUe  che  si  parlano  a  Samatra  il  Malajo^  V  Aehen ,  il  Batiia ,  il  Rejang , 
il  Lampun  ;  fa  ad  esso  mA<aviglia  che  gli  ultimi  tra  dialetti,  sebbene  affini,  abbiane 
alfabeti  distinti,  di  cui  ha  dato  il  tipo  (  Hist.  de  Sum.  1. 1.  p.  3o6  ). 

746*  Abbondanza  di  tesoro  t  Questo  bel  metallo  (l'oro  )  trovasi  nelle  psrti 
»  interne  dell'  isola.  Menang  Cabow  è  stato  reputato  sempre  il  luogo  ove  più  abon- 
p  da .  Lo  raccolgono  nei  fiumi,  le  cui  rene  lavano  per  separarle  dall'  oro  .  Produce 
»  r  isola  stagno,  rame,  zolfo,  arsenico  e  nitro.  )>  (  Marsden  1.  e.  p.  249*  ) 

747  •  Mangi  e  del  Catofo.  Gd  conferma  il  Bartema  che  a  Fedir  carica vansi  18 
0  ao  navi  di  pepe  pel  CtUajo^  e  cojìI  il  legno  d'Aloè  andava  nel  Gran  Catajo  e  nel 
reame  delle  Cine  e  Macine^  e  Samau ,  e  dava  (  Ram.  Le  p.  182  B  )  • 

748  •  La  stella  tramontana  non  si  può  vedere  (  Y.  1. 1.  p.  169  n.  )•  Dopo  avere 
stampato  il  primo  volume  di  quest'opera, essendo  comparsa  la  bella  illustrazione  dei 
Milione  del  Marsden,  è  qui  da  riferire  ciò  die  esso,  testimone  oculare,  dice  nel  com- 
mentare questo  passo  (n.i  199).  „  Quest'  isola  essendo  tagliata  nel  centro  dalla  linea 
0  equinoziale, la  stella  polare  é  invisìbile  a  tutti  gli  abitanti  dellapartemeridionale,da 
M  coloro  che  ne  abitano  la  parte  settentrionale  pud  essere  veduta  ma  di  rado,  e  solo  in 
„  certi  casi  particolari . ,» 

749.  Gli  altri  due  che  non  vidde»  Uno  di  questi  è  il  regno  di  Menang  Cabow  che 
é  riflipero  che  fondarono  i  Midai  nel  centro  dell'  isola,  ora  circoscritto  a  circa  cen- 
to nùglÌ4i  a  tramontana  e  a.  mezzodì  della  linea ,  sebbene  anticamente  possedesse 
tutta  l'isola  e  fosse  rispettato:  in  tutto  l'Oriente.  Vi  si  è  dilatato  irmaomettismo,ed 
oggidì  il  Sultano,  che  ne  è  signore ,  è  venerato  nell'  isola  come  l'imperadore  £ccle~ 
siastico  del  Giappone ,  e  lo  Seherif  della  Mecca»  È  questo  impero  di  remota  anti- 
chità secondo  la  tradizione  ,  ma  manca  di  annaK,  di  registri ,  di  storia,  perciò  se  ne 
ignorano  gli  avvenimenti iMarsd*  Histv  deSumat.  T*  Ut  p.  i34.) 


39» 
C  A  P.    XI. 

Del  regno  di  Feìech ,  ch'è  sopra  la  Giava  Minore^ 

Gominciamo  adunque  a  Barrare  del  regno  di  Felech  7^, 
il  qual'  è  uno  delli  delti  otto  •  In  questo  regno  mtte  le  genti  ado- 
rano gì'  idoli ,  ma  per  li  mercanti  Saraceni ,  che  del  continuo  ivi 
t^nversano,  si  sono  convertiti  alla  legge  di  Maoometto^  cioè 
quelli ,  che  abitano  nelle  città  ;  e  quelli  ^  che  abitano  ne'  monti 
sono  come  bestie ,  perocché  mangiano  carne  umana  ?^^ ,  e  gene- 
ralmente ogni  sorte  di  carni  monde ,  e  immonde  ^^^^  e  adorano 
diverse  cose  ^^^^  perchè  quando  alcuno  si  leva  su  la  matti na^  adora 
la  prima  cosa  eh'  ei  vede  per  tutto  quel  flì  i 


750.  Felech.  Secondo  il  Marsden  è  il  Perlaeh  d'oggidì,  che é  un  laogo  posto 
all'estremità  orientale  dalla  parte  settentrionale  dell'  Isola  .  Gli  Arabi  che  manca* 
no  del  suono  delle  lettere  p  lo  appellano  Ferlack.  E  i  piloti  del  navilio  del  Polo  do- 
vevano essere  Arabi ,  avvezzi  a  navigare  e  trafficore  nel  Seno  Persico  e  òtt  Mosca" 
te  alla  Cina  (ibid.  p.  120)  Nella  carta  che  va  aggiunta  ali* illustrazione  del  Polo 
del  Marsden  questo  luogo  è  segnato  ove  è  il  Tuhgióng  Goeru  o  la  Punta  del  Dia» 
manie  della  Carta  dell'  Anville . 

75 1.  Sono  come  bestie,  mangiano  còme  umana.  Il  Marsden  che  è  la  guida  più 
sicura  in  questa  parte  dell'  illustrazione  del  Polo^crede  che  i  popoli,  di  cui  qui  ragio* 
na  siano  i^a/ra,  che  abitano  una  considerevole  parte  dell'isola  a  Tramontana.  Allega 
le  autorità  del  Conti^  del  Barros,  del  Banlieu  che  affermano  che  erano  mangiatori  di 
carne  umnna  (  n.  1202).  Secondo  il  Marsdenjnangiano  i  prigionieri  di  guerra, e i 
condannati  a  morte,  non  spintivi  dalla  fame,  ma  per  trarre  vendetta  dei  loronemi* 
ci,  0  per  punizione  del  misfatto  (  t.  II.  p.  196  ). 

7^2 .  Carni  monde  e  immonde,  p  Non  si  fanno  scrupolo  (  i  Batta  )  di  mangiars 
p  il  bufalo,  il  porco,  il  topo,  K alligatore, e  gli  altri  animaìi  salvatici  morti, che pos- 
»  sono  avere  »  (  Matsd.  a.  i2o3^ 

755.  y^àorano  diverse  cose.  E  dà  porre  in  dubbio  se  essi  e  gli  altri  indigeni  dell' 
isola  abbiano  una  religione:  hannauna  specie  di  sacerdoti  che  sotterrano  i  morti,  e 
jpredicono  i  giorni  fausti  o  infausti,  cfhe  osservano  scrupolosamente.  Hanno  una  qual- 
che idea  d*  un  Ente  potente  e  benefico,  e  d'  un  akro  che  credane  principio  del  ma- 
le. Non  rcndungli  culto  e  non  sembrano  avere  timore,  o  speranze  per  l'avvenire 
(  Hist.  de  Sumat.  t.U.  p^2i2  ).  Lodovico  Bnrtema  n^X  parlare  di  Giava  dice  :  j>  bIcu- 
i>  ni  sono  che  adorano  il  sole  ,  altri  la  luna  ,  molli  adorano  il  bue,  gran  parte  la  pri- 
t  ma  cosa  che  incontrano  la  manina  ,'  e  altri  adorano  il  diavolo  (  Kam.  JKav- 1 1-  p* 
i58.0). 


393 
GAP.      XHv 

Del  secondo  regno  di  Basma . 

Partendosi  da  questo  regno  y  s*  entra  nel  regno  di  Basma  7^^, 
il  qual'  è  da  per  se ,  e  ha  linguaggio  da  sua  posta ,  le  cui  genti 
non  iianno  legge ,  ma  vivono  come  le  bestie .  Si  chiamano  per  il 
Gran  Gan ,  nondimeno  non  li  danno  tributo ,  perche  sono  lon- 
tani di  sorte ,  che  le  genti  del  Gran  Gan  non  posson'  andar'  a 
quelle  parti  ^  ma  tutti  dell'  isola  si  chiamano  per  lui,  e  alle  volte 
per  quelli  che  passano  di  là,  li  mandano  qualche  bella  cosa, 
e  strana  per  presente ,  e  specialmente  di  certa  sorte  <1'  Astori . 

Hanno  molti  elefanti  salvatichi^  e  leoncorni  7^'*,  che  sono 
molto  minori  degli  elefanti,  simili  a' bufali  nel  pelo,  e  li  loro 
piedi  sono  simili  a  quelli  degli  elefanti .  Hanno  un  corno  in- 
•mezzo  del  fronte ,  e  nondimeno  non  offendono  alcuno  con  auel^ 
lo  ^  ma  solamente  con  la  lingua  e  con  le  ginocchia ,  perchè  nan« 
no    sopra  la  lingua  alcune  spine  lunghe,  e  auguzze,  e  quando 


754  Basma  (  Cod.  Rie.  )  Basnian.  Credè  priimera mente  il  Marsden  che  fosse 
il  Regno  di  Pasaman,  che  è  suUa  costa  occidentale  dell'isola,  uppunto  Sotto  la  lìnea, 
equinoziale,  ma  sembrandogli  improbabile  che  avesse  visitato  un  paese  cosi  inoltra- 
to nell'isola^  opinò  che  fosse  il  regno  di  Pazam  che  nella  Carta  dell'AnvilIe  è  segnata 
Pasang,  che  è  sulla  costa  settentrionale  passato  Padir,  luogo  rammentato  dagli  an* 
tichi  viaggiatori  .  Ma  liccome  dimostrammo  ch'ei  fu  più  volte  nel  mare  dell'  Indie 
(n.71 1  )  con  gli  armamenti  navali  speditivi  da  Cublai  Gan ,  ed  esso  Polo  avendo  rac- 
contato a  Pietro  d'  Abano  di  aver  veduta  la  costellazione  che  segna  il  Polo  Antartica 
ad  una  certa  altezza  (n.734),  perciò  oltrepassd  di  alcuni  gradi  la  linea,  adunque  nonre> 
eherà^maraviglia  che  si  recasse  aiBasamankChe  se  gran  parte  deli*isoIa  non  avesse  cir- 
cuita, non.  avrebbe  potuto  asserire  che  degli  otto  regni  che  conteneva  1*  isola,  sei  ei 
visitati  aveva.  Che  se  non  si  ammettono  due  viaggi  fatti  a  Sumatra  dal  Polo  sarebbe 
certamente  di£5cileil  credere,  che  colla  principessa  Cogutin  visitasse  la  costa orieata- 
Ic,  ove  si  suppone  che  fossero  i  regni  di  Lambri  e  di  Dragojan,  Anche  Bcaulieu  fa 
menzione  uU'Oi lente  di  ^cAeif2,del  regno  di  Pacem  o  Pasem^  e  sulla  costa  occiden- 
tale di  Passamoìi  (  Histdes  Voy.  t.lX.  p.SSg  )  e  rammenta  qu^^Ua  terra  come  uber- 
tosa di  pepe.  Perciò  credo  che  Basma  del  Polo  corrisponda  più  tosto  a  Passamam, 
che  a  Pasen,  Tanto  più,  che  ei  dice,  che  gli  abitanti  hanno  lingua  dì  sua  posta,  e  so- 
no tanto  lontani ,  di  sorte  che  le  genti  del  Gran  Can  non  possono  andare  a  quelle 
parli .  E  ciò  non  sembra  convenire  ad  un  paese  fra  Pertack  e  Samara^  ma  si  ad  uà 
parse  ove  per  giungere  faceva  d'uopo  ingolfarsi  nel  grande, Oceano. 

755.  Leoncornif  cioè  rinoceronti  ^t.  I.  p.  161  n.  e  ) 


394 

vogliono  offendere  alcuno  lo  calpestano  con  le  ginoccia  ^  e  lo  de- 
primono, poi  lo  feriscorKi  con  la  lingua .  Hanno  il  capo  come 
d'un  cinghiale,  e  portano  il  capo  basso  verso  la  terra,  e  stanno  vo- 
lentieri nel  fango  ^  e  sono  brattissime  bestie ,  e  non  sono  tali , 
3uali  si  dicono  esser  nelle  parti  nostre ,  ohe  si  lasciano  prendere 
aHe  donzèlle  t^  ,  ma  è  lott^  il  oontrarto.  Hanno  molte  scimie  , 
e  di  diverse  noatiiero ,  e  haimo  astori  tuui  neri  <x>ine  cerbi  ^  i 
quali  Sònd  molto  graiKli^  e  prendono  gli  uccelli  benissimo  . 

Sappiate  èster  una  gran  bugia  quello  che  si  dice ,  gli  aomini 
piccolini  morti  ^  e  secchi  siano  portati  daU*  India  ^  perchè  tali 
uomini ,  in  quest'  isola  sono  fatti  a  mano ,  e  direnvi  in  ^he  mo^ 
do .  In  quest'  isola  è  una  sorte  di  scimie ,  che  sono  molto  picco- 
le, e  hanno  il  volto  simile  al  volto  umano  «  I  cacciatori  le  pren- 
dono e  pelano ,  lasciandoli  solamente  i  }ieli  nella  barba ,  e  al- 
tri  luoghi  a  similitudine  dell'uomo  •  Dopo  le  mettono  in  alcune 
^cassette  di  legno ,  e  fanno  seccare ,  e  acconciare  con  canibra ,  e 
altre  cose ,  talmentechè  pajono  propriamente ,  che  siano  siati  uo- 
mini j  le  vendono  a'  mercanti ,  che  le  portano  per  lo  mondo .  E 
questo  è  un  grande  inganno ,  perocché  sono  fatti  al  modo  che 
avete  inteso.  Perchè  iii  India,  né  in  alcune  altre  parti  sai* 
vatiche,  mai  furono  veduti  uomini  così  picciolini,  come  {)aio- 
no  quelli.  Ora  non  diciamo  più  di  questo  regno,  perchè  non 
vi  sono  altre  cose  da  dire ,  e  però  diremo  del  regno  nominato 
Samara . 

GAP.    Xllt. 

Del  terzo  regno  di  Sàmara. 

Partendosi  da  Basma^  si  truova  il  regno  di  Samara  7^? ,  il 
quar  è  nell'  isola  sopradetta ,  dove  M.  Marco  Pòlo  stette  cinqae 
mesi  per  il  tempo  contrario  ^^^ ,  che  lo  costrinse  a  starvi  à  suo 


75&  Prendere  dalle  donzelle  (  ftid.  n.  b  ) 

757*  Samara  (  Cod.Paris.)  Samairat  regno  da  cui  aembra  avere  avuto  nome  l*ìso» 
]a;  lo  rammenta  il  B.  Oderico.  Crede  il  Marsden  (  n.  xai  1}  che  corrisponda  airattna^ 
le  oittà  di]  Soma  longa  fra  Fedir  e  Pose  sulla  cosU  sett  ntrioUàle.  Ivi  è  buon 
fondo  per  gettar  V  ancora ,  ed  era  sul  cammino  del  Polo  per  recarsi  in  India.  Avver- 
te il  dotto  Inglese  che  stante  il  potere  del  regno  d*  Jtchem  è  luogo  ofpàì  dì  11  luna 
importanza. 

758.  Per  il  tempo  contrario.  Il  Marsden  nella  storia  di  Sumatra  avverta  che  sol. 


395 

malgrado  •  La  Traraontana  quivi  ancora  non  u  vede  ^  ne  h  veg* 
goao  anco  le  stelle  ^  che  sono  nel  carro  7^ .  Quelle  genti  adorano 
gF  idoli .  Hanno  re  grande  e  potente  ^  e  chiamansi  per  il  Gran 
Gan^  e  così  stando  detto  M.  Marco  tanto  tempo  in  queste  isole , 
discese  in  terra  con  circa  duemila  uomini  in  sua  compagnia  •  E  per 
paura  di  quelle  genti  bestiali  ^  che  volentieri  prendono  gli  nomi* 
ni ,  e  gli  ammazzano ,  e  li  mangiano ,  fece  cavar  fosse  grandi 
verso  r  isola  intorno  di  se,  i  capi  delle  quali  finivano  sopra  il  por-* 
to  del  Mare  dall'  una  parte  ^  e  dall'  altra  :  e  sopra  le  fosse  fece  ht 
alcuni  edifizj ,  ovvero  baliresche  di  legname ,  e  cosi  slette  sicu- 
ramente cinque  mesi  in  quelle  fortezze  con  la  sua  gente  ^  perchè 
v'  è  moltitudine  di  legname ,  e  quei  dell'  isola  contrattavano  con 
loro  di  vettovaglie,  e  altre  cose^  pet*chè  ai  fidavano. 

Quivi  sono  i  migliori  pesci ,  che  ai  possano  mangiare  al  raon- 
(Io,  e  non  hanno  frumento,  ma  vivoiio  di  risi:  non  hanno  vinoy 


la  cesta  occidentale  dell'  isola,  il  mozione  di  seirooco,  o  il  tempo  asciutto  comincia 
a  Maggio,  e  finisce  a  Settembre ,  il  mozion  di  maestro  o  stagion  piovosa  a  Novem- 
bre, e  le  pioggie  dirotte  finiscono  a  Marzo.  Che  questi  venti  regolari  principiano  e  ter- 
minano gradatamente,  che  nei  mesi  d' Aprile,  di  Maggio,  di  Settembre  e  di  Otto* 
hre  ì  tempi,  e  i  venti  sono  variabili  e  incerti.  Il  dotto  Inglese  nel  commentare  que- 
sto pas5o  (n.  laia  )  dice  che  il  Polo  essendo  partito  dalla  Gina  neirincomindamen- 
to  deiranno  1291,  e  avendo  impiegati  tre  mesi  per  giungere  alla  Gl'ava  Minore f  o  a 
Sumatra  s'imbattè  nel  Mozione  di  Libeccio  o  di  Ponente,  contrario  per  sbucare  dal- 
lo stretto  àiMalaca^t  pejrrecarsi  all'India,  e  che  forse  in  quell'anno  incominciò  a  ti- 
rare nel  Moggio,  e  che  perciò  fu  obbligato  a  geUar  l'ancora  in  uno  de'seni  della  co- 
sta settantrionaUy  e  che  ivi  rimase  probabitmeole  sin«  al  cambiamento  dal  mozione 
nt ir  Ottobre  «egvcnt^,  che  *  i*  Grecai^,  prospero  ven^o  per  navigare  verso  T  India. 
iituù^^^i  co^lradizione  la  quelle  due  asserzioni^  e  non  vi  è  altro  modo  di  accordar- 
le che  nella  supposizione  che  quei  venti  sabbiano  diirezione  diversa  sulle  due  oppo- 
ste oQsUer^  df  U*  isola.  Non  è  da  trascurale  dagli  etimologisti  una  bella  congettura 
deJ  MN^aden, relativa  alla  derivazione  del  nom^iyfo^ioa^^dcttoAjfoiis^itdaiFrancesi 
che  si  dà  SI  questi  venti  »  L«  voce  musson^n  dice  par  derivare  per  corruzione  da  mu- 
i^  scem  cfc^  i«  Araba  e  in  M*I«Ìo  significa  «amo  (  His^i  de  Sum^t-  pag.  27  >  Infatti 
sono  quei  venti  come  abbiam  detto  annui,  ed  operano  il  mutamento  delle  stagioni . 

759^  Les\dte  cho  sono  nel  corrali  M?ursd*o  allega  il  Codice  di  B^l«o>  oye  »«• 
condoredixioneMullerianaleggesi.  i>  Non  apparet  polws  ar tiqus,  f^x  vulgo  dicitur 
»  trasioiUana.  Prsae  fttejores  apparent,  qu^s  vulgus  nominat  ciirrum  magpu*»*  "** 
nel  Testo  iUccardiano  si  legge  p  In  hoc  regno  non  apparet  Polus  articus,  qui  vulga- 
,v  riter  dkìtHr  trao^ontana,  nec  etiam  ibi  appaorent  stellae  Ursae  majoris^  quas  vul- 
„  gariler  «onÙMat^r  currum  magnum  „.  Intorno  al  modo  di  esplicare  questa  asser- 
zione che  sembra  contraria  al  vero,  rispetto  alla  Latitudine  di  Sumatra  vedasi  (  1. 1. 
p.  163  D.  a). 


^96 

ma  hanno  una  sc^te  d' arbori  7^,  che  s' assomiglian' alle  palme,  e 
dattaleri,  che  tagliandogli  un  ramo,  e  mettendoli  sotto  un  vaso, 
getta  un  liquore ,  che  Tempie  in  un  giorno ,  e  una  notte:  ed  è  otti- 
mo vino  da  bere ,  ed  è  di  tanta  virtù ,  che  libera  gli  idropici ,  e 
tisici ,  e  quelli ,  che  patiscono  il  male  di  spienza .  E  quando 
quei  tronchi ,  non  mandano  più  liquore  fuori ,  adacquano  gli  ar- 
bori ,  secondoche  veggono  esser  necessario  con  condotti ,  che  si 
traggono  da'  fiumi ,  e  quando  sono  adacquati ,  mandano  fuori  il 
liquore  come  prima  .  E  sonovi  alcuni  arbori ,  che  di  natura  man- 
dano fuori  il  liquor  rosso ,  e  alcuni  bianco .  Truovasi  anco  noci 
d' India  .^G'  grosse  com'  è  il  capo  dell*  uomo ,  le  quali  sono  buone 
da  mangiare ,  dolci  e  saporite ,  e  bianche  come  latte ,  e  il  mezzo 
della  carnosità  di  detta  noce  è  pieuo  d' un  liquore  CQme  acqaa 
chiara  e  fresca  ^  e  di  miglior  sapore ,  e  più  delicato  che  il  vino, 
ovvero  d' alcun'  altra  bevanda ,  che  mai  si  bevesse .  Mangiano 
finalmente  ogni  sorte  di  carni  buone  e  cattive  7^^  senza  farvi 
differenza  alcuna . 

C  A  ]P.    XIV. 

Del  quarto  regno  di  Dragojan . 
Dragoian  7^^  è  un  regno ,  che  ha  re  ^  o  favella  da  sua  posta , 


760.  Una  sorte  d*  arbori  (  V.  t  I.  p.  162.  n.  d  )  (  Marsd.  n.  12116  ) 

761.  Noci  d'India  (  Gocos  nucifera  Lìnnei  ) .  É  la  sorte  di  palma  la  più  utile  ne 
climi  caldi.  Tutti  conoscono  il  guscio  che  racchiude  il  frutto  che  è  detto  cocco.  £ 
coperto  da  un  mallo  stopposo  che  si  adoperà  per  fare  le  corde  •  Contiene  il  guscio 
una  mandorla  di  sapor  di  nocciola ,  ottima  al  gusto ,  ed  una  sostanza  lattiginosa  che 
ai  pud  gustare  in  Europa  quando  giunge  il  frutto  in  breve  tempo  daUe  Indie  Occi- 
dentali .  Il  fluido  che  contiene  svapora  col  tempo  e  s'inacidisce,  ma  la  noce  colta  dì 
fresco  dà  una  bevanda  cordiale  e  refrigerante .  Secondo  il  Marsden  non  può  essere 
valutato  il  conforto  che  reca>  che  da  chi  ha  lavorato  al  sole  in  queir  ardentissimo  eli* 
ma  (n.  1220). 

762.  Carni  buone  e  cattive .  Secondo  il  Marsden  prelibata  vivanda  è  per  essi 
la  carne  di  cavallo  (n«i2ao). 

'  765-  Dragojan,  Alcuni  suppongono  che  fosse  un  regno,  cui  diede  nome  il  fiume 
Indragiri^  o  Andragiri  che  ha  foce  nella  costa  orientale  dell'  isola  .  Gid  essendo  non 
ànderèbbe  la  descrizione  del  Polo  coli'  ordine  incominciato,  ma  dal  settentrione  re- 
trocederebbe assai  verso  mezzodì,  e  ciò  conferma  la  nostra  asserzione  che   fo  più 


^  • 


597 

Quelle  genti  sono  salvatiche,  e  adorano  gF  idoli ,  e  si  chiamano 
per  il  gran  Gan.  E  dirovvi  un'orrenda  loro  consuetudine  7^^, 
che  osservano  quand'  alcun  di  loro  casca  in  qualche  infermità .  Li 
parenti  suoi  mandano  per  li  maghi^  e  incantatori,  e  fanno,  che  co* 
storo  vedino,ed  esaminino  diligentemente  se  questi  infermi  hanno 
da  guarire  ^  o  nò .  E  questi  maghi ,  secondo  la  risposta  che  fanno 
li  diavoli  gli  rispondono  s'ei  dee  guarire^  e  se  dicono  di  nò ,  i  pa*s 
renti  dell'  infermo  mandano  per  alcuni  uomini  (  a  questo  speciale 
mente  deputati),  che  sanno  con  destrezza  chiudere  la  bocca  dell' 
infermo,  e  soffocato  che  l'hanno, lo  fanno  in  pezzi,  ejpcuocono, 
e  cosi  cotto  i  suoi  parenti  lo  mangiano  ?^^  insieme  allegramente , 
e  tutto  interamente  fino  alle  midolle  che  sono  neUossa  ;  dimodoché 
di  lui  non  resta  sostanza  alcuna,  perciocché  se  vi  rimanesse,  dicono 
che  creerebbe  vermini,  e  mancando  ad  essi  il  cibo  morrebbono ,  E 
per  la  morte  di  questi  tali  vermini,  dicono,  che  l' anima  del  morto 
patirebbe  gran  pena  ;  e  poi  tolte  1'  ossa  le  ripongono  in  una  bella 
cassetta  picciola,  e  portanla  in  qualche  caverna  ne^  monti ,  e  la  sep- 
poliscono,  acciocché  non  siano  tocche  da  bestia  alcuna  •  E  ancora  se 
possono  prendere  qualche  uomo ,  che  non  sia  del  suo  paese,  non 
potendosi  riscattare ,  V  uccidono  e  lo  mangiano . 


in  detta  isola  e  che  a  questo  luogo  cumulò  la  relazione  ài  ciò  che  vide  ne  rari  tem« 
pi .  Il  regno  d'Aiidreghi  e  rammentato  dal  Garletti  (  Viag^  t.  II.  p.  ai6.  ) .  lì  Barbo*-' 
sa  appellalo  Andregtde  (Ram.  Nav.  t.  i .  p.  355*  A.)*  Nella  terza  carta  della  Colle«^ 
zione  del  Ramusìo  ,  tratta  da  quella  da  navigare  dei  Portoghesi  è  segnato  questo 
regno  nella  parte  occidentale  dell'  Isola.  Il  BeauUeu  dice  però  :  »  au  levant  près 
»  de  la  tigne  est  le  petit  Royaume  d*Andigri.  E  sembra  che  a  lui  sia  da^  dare 
fede  (  Hist.  Hen.  des  Voy.  t.  IX.  p.  SSg. 

764.  Un  orrenda  Ipro  eosuetudine*  11  B.Oderico  racconta  questa  orribile  costu- 
manza di  uccidere  i  parenti  infermi  e  mangiarli^  quando  gli  Astrologhi  aiermavana 
che  non  potevano  guarire  dell'isola  di  Dordin  o  Dardin^  che  il  commentatore  di 
quella  relazione  congettura  possa  essere  l'isola  d'Hainan  (  Elog.  Stor.  del  B.  Odo-* 
rie.  p.  63.  ).  La  ferocia  di  quegli  isolani ,  innanzi  che  vi  giungessero  gli  Arabi  e  gli 
£uropei,  avvalorano  i  racconti  forse  un  poco  esagerati  che  fanno  alcuni  viaggiatori 
deUe  loro  barbare  costumanze . 

765.  I  suoi  parenti  lo  mangiano.  Dice  il  Renaudot  :  »  Nos  auteurs  rémarquent 
#  que  dans  ces  isles,  il  y  a  des  peuples  barbares  (  nella  isola  d'Andaman)  qui  man-» 
#-  gent  chairehumaine ,  et  Texeira  le  confirme,  adjoutant  meme  une  coutume  plus 
10'  barbare,  qui  est  de  manger  leurs  parents  lorsque  ila  soni  vieux  »  (  Anc.  Relat. 

des  Ind.  (p*  i3i.) 


\ 


DI 


\ 


398 
GAP.    XV. 

Del  quinto  regno  di  Lambri . 

Liambri  é  un  regno  7^,  che  ha  re ,  e  favella  da  sua  posta  « 
Le  sue  genti  adorano  gì'  idoli ,  e  chiamansi  del  Gran  Can  .  Hanno 
verzino  in  gran  quantità ,  e  canfora,  e  molte  altre  spezie .  Semi- 
nano una  pianta ,  che  è  simile  al  verzino ,  e  quand^  eli*  è  nata , 
?  cresciuta  in  piccioli  ramuscelli  li  cavano ,  e  li  piantano  in  altri 
luoghi,  dove  li  lasciano  per  tre  anni.  Dopo  li  cavano  con  tutte  le 
radici ,  e  adoperano  a  tingere .  E  M.  Marco  portò  di  dette  semen* 
ze  a  Venezia ,  e  seminoUe ,  ma  non  nacque  nulla ,  e  questo  perchè 
richiedono  luogo  caldissimo ,  Sono  in  questo  regno  uomini  che 
hanno  le  code  ^^  più  lunghe  d'un  palmo  a  modo  di  cane,  ma  non 


766.  Lambri  è  un  regno  •  lì  Beaulien  dic6  (  1.  e.  )  che  sotto  la  linea  equinoriale 
è  il  piccolo  stato  d'Andigri,  p  plus  loin  colui  de /ami»,  le  plus  rìche  apres  Aehem^ 
»  eosuite  colui  de  Pa//iit6am  »:  e  che  questi  sono  sulk  costa  orientale  .Fu  creduto 
rhe  \\  Lambri  del  Polo  fosse  questo  Jambit  ove  è  un  fiume  di  detto  nome  oggidì^  ma 
siccome  nel  capo  XVII.  dice  che  partendosi  dalla  Giova  fP  dal  regno  di  Lambri  poi- 
ché si  è  navigato  da  circa  i5o.  miglia  verso  tramontana  trovasi  l'isola  di  Nocueram 
che  appartiene  al  gruppo  d'isole  di  Nicobatf  non  può  «ssere  che  Lambri  fosse  ove 
è  il  BumeJambi^  doè  sulla  costa  orientale  dell'  isola»  a  mezxodl  della  linea  equino- 
ziale ,  e  perciò  osserva  il  Slarsdem  a  r^ione  che  dovevano  essere  due  regni  distin* 
ti  Lambri,  e  Jambi.  D«Giovanui  ^i  Barros  storico  di  somma  autorità  descrive  eoa 
quest*  oràin^i  paesi  della  costa  di  Sumatra*  Du^a  a  5.*^  19'.  di  Lat.  settentrionale  , 
indi  Lambris  Aeh^m.,  Biatt  P^irtLi^ef  Peredat  Pacem^  Barata  e  Jambi,  e  Palim^ 
barn  al  loro  luogo:  e  indi  continuando  a  dj&scrivere  la  parte  occidentale  dell'isola 
ritorna  a  Duya  e  a  Lambri»  È  evidente  adunqvie  che  due  pa^i  distìnti  erano  Lam^' 
bei ,  e  Jambi ,  e  che.  il  primo  ars  nella  parte  settentrionale  dell'  boia  verso  Ackem^ 
e  che  se  uggidi  non  se  ne  fa  più  menzione^ciò  addiviene  perchè  la  potenza  di  Achens 
rìehiamaudo  aae  tutti  1  tMttci  e  la  riochesza  »  gli  altri  luoghi  sono  decaduti.  Addi* 
viene  lacilmente  che  aorgano  e  decadano  le  città  in  un  paese  selvoso»  ove  le  case  so* 
ao  fatte  di  stuoje  e  di  canne ,  a  coperte  di  foglie  di  palma . 

767.  Uàmiiìi  che  hanno  la  coda .  Questa  è  una  favola  narrata  anche  dai  Gae«- 
ai.  I^  laccoatò  l'interprete  di  detta  nazione  che  aveva  il  Cariettì  come  lo  afferma 
nell^opera'  manoscritta  di  cui  diamo  conto  nella  storia  del  Milione  •  A.  questo  viag* 
giatore  fu  detto  che  questi  uomini  si  trovavano  nell'  isola  ómainun,  e  che  i  Cineai 
appellano  questi  uomini  Zi i»*»il  Fondamento  a  tali  favolosi  racconti  dierono  l'avere 
confusi  i  barbari  di  quelle  contrade  con  gli  scimmioni,  e  cosi  detti  Orang-utmng 
(  V.  t.  I.  p.  164.  n.  i.)  abitatori  di  quelle  stesse  foreste.  Bravi  in  questa  isola  una 
selvatica  gente  che  solo  per  l'uso  della  parola  sembrava  essere  distinta  dalle  belve  • 
tanto  la  deficenza  de*  lumi  religiosi  e  degli  ordinamenti  civili  avvilisce  l'uman 


^99 
80Ba  petoM ,  e  per  la  maggior  parte  soòo  fatti  a  quel  inodo .  Que- 
sti tali  uomini  abitano  fuori  deHe  città  ne'  monti  •  Hanno  Leon* 
eorni  in  gran  copia ,  e  molte  cacciagioni  di  bestie ,  é  d'uccelli . 

GAP.    XVI. 

Del  sesto  regno  di  Fanfur  ^,  do^e  cwanofarina  d'arbori. 

Faofur  è  regno ,  e  ha  re  da  per  se ,  le  cai  genti  adorano 
gP  idoli ,  e  chiamansi  per  il  gran  Gin ,  e  sono  dell'  isola  aopradet« 
ta.  Quivi  nasce  la  miglior  canfora  ^,  che  trovar  si  possa ,  la  oua* 
le  si  chiama  canfora  di  Fanfur  ^  ed  è  miglior  dell'  altra  ,  e  dassi 
per  tant'  oro  a  peso .  Non  hanno  frumento ,  uè  altro  grano  y  ma 


nere .  Cercò  il  Marsden  di  sapere  quali  fossero  i  veri  indigeni  di  Sumatra ,  e  gli  fu 
detto  che  eranri  due  razze  d'uomini  che  vive?ano  nei  boschi  e  fuggivano  il  consor- 
zio degli  altri  isolani  f  che  erano  appellati  Orango  Cubu  e  Orang^^Gugu.  Oicesi  che 
Mano  in  piccolissimo  numero  e  che  abitino  fra  Palembang  e  Jambif  ove  gii  rammqn* 
ta  il  Polo  •  Ne  furono  fatti  schiavi  alcuni  e  condotti  a  Labun  e  uno  di  essi  era  ma- 
ritato con  una  donna  Cabu  assai  bella.  Hanno  linguaggio  particolare,  mangiano 
indistintamente  tutti  gli  animali  dei  boschi ,  elefanti  »  rinoceronti ,  cinghiali ,  ser- 
penti ,  scimmie .  I  Gugu  sono  meno  numerosi  e  differiscono  di  poco  dagli  Orango 
Ut€uU  di  Borneo,  sono  coperti  di  pelo  ,  e  da  essi  si  distinguono  solo  per  1'  uso 
della   parola .  Fu  condotto  uno  di  questi  a  Labun  ebbe  figli  da  una  donna  del 
paese   che  erano    meno  pelosi  del  padre,  alla  terza  generazione  divennero  co- 
me gli  altri  (Mara.  Htst.de  Sum.  t.l.p.69.  )•  Radermacher  vide  alcuni  neri  dell'in- 
ferno col  capo  di  grossezza  straordinaria,  di  pimmea  statura,  che  avevano  brac- 
cia e  gambe  piccolissime .  L' uso  che  hanno  alcuni  abitanti  di  tingersi  i  denti  e  di 
tingerli  di  nero  dà  loro  l'apparenza  anche  maggiormente  bestiale  (Malt.  Brun. 
Geog.  t.  ly.  p.  aSi.)*  Narra  il  Malte  Bruii  che  gli  abitanti  di  Ificobar  portano  una 
strìscia  di  panno  attaccata  e  pendente  alla  schiena,  e  crede  che  da  ciò  traesse  ori- 
gine l'assurda  favola  dello  Svedese  Reping,  che  traviò  lo  stesso  Linneo,  che  vi 
era  coi  Sumatra  una  razza  d'uomini  caudata  (ibidr  p.  i85.  )• 

768.  Fanfur»  Nel  nostro  testo, e  nel  Riccardiano,  leggesi  Fansur  lezione  molto 
più  esatta,  e  confermata  da  Abulfedfr  (  v.  n.  743,  ).  Crede  il  Marsden  che  potesse  es- 
sere risola'di  Pawchor,  ma  poscia  mutata  opinione  credè  che  il  Pok>  intendesse  fa- 
vellare del  regno  di  Kawpar  di  cui  fanno  menzione  i  primi  seuoprìtorì  Portugfaesi . 
fi  Barbosa  dopo  Achem  rammenta  Campar  »  alt*  incontro  di  Malacca  »  (Ram. 
^av.  1. 1.  p.  353.  )  Un  fiume  che  è  in  faccia  a  Malùca  porta  tuttora  il  nome  di 
Campar  e  crede  il  Marsden  (n.  1229)  che  l'ingrandimento  dì  Sj^ak  che  dalla  car« 
ta  data  da  lui  di  Sumatra  si  ravvisa  avere  un  fiume  ricco  d'acque,  facesse  decadere 
interamente  i  traffici  di  Campar  » 

769.  Canfora  (  Y.  t.  I.  p.  164  n.  e  )• 


mangiano  rìso  latte ,  e  vino ,  e  hanno  degli  arbori ,  come  di  ao* 
pra  s'è  detto  nel  capitolo  di  Samara . 

Oltre  di  ciò  v'è  un'altra  cosa  maravigliosa,  cioè,  che  in  que^ 
sta  provincia  cavano  farina  d'arbori  77« ,  perchè  hanno  una  sorte 
d'arbori  grossi  e  lunghi,  alli  quali  levatali  la  prima  scorza ,  che 
è  sottile  ^  si  trova  poi  il  suo  legno  grosso  intorno  intorno  per  tre 
dita^  e  tutta  la  midolla  di  dentro  è  farina  come  quella  del  car- 
volo  77 1.  £  sono  quegli  arbori  grossi,  come potriano abbracciare 
due  uomini:  e  meitesi  questa  farina  in  mastelli  pieni  d'acqua, 
e  menasi  con  un  bastone  dentro  all'  acqua ,  allora  la  semola ,  e 
l'altre  immondizie  vengono  di  sopra ,  e  la  pura  farina  va  al  ion* 
do.  Fatto  questo  sì  getta  via  l'acqua,  eia  farina  purgata,  e  mon^ 
data  che  rimane,  s'adopra,  e  si  fanno  di  quella  lasagne,  e  diver- 
se vivande  di  pasta ,  delle  quali  ne  ha  mangiato  più  volte  il  detto 
M.  Marco  ^  e  ne  portò  seco  alcune  a  Venezia ,  quar  è  come  il  pa- 
ne d'orzo,  e  di  quel  sapore.  Il  legno  ^7^  di  quest'arbore  l'asso- 
jpiiglianoal  ferro,  perche  gettato  in  acqua  si  sommerge  immedia- 
te,  e  si  può  sfendere  per  diritta  linea  da  un  capo  ail'  altro ,  co- 
me la  canna  :  perchè  quando  s'ha  cavata  la  fiiriaa,  il  legno  come 
s'è  detto,  riman  grosso  per  tre  dita;  del  quale  quelle  genti  fanno 
lancie  piccole,  e  non  lunghe,  perchè  se  fossero  lunghe ,  ninno  le 


770.  Farina  ^arbori  (Y,  1 1. p.  i65.  n»  )«  H  B.  Odorìoo  dice  che  nella  Guva 
Maggiore:  »  habentur  arbores  producentes  farìnam  ....  arborea  vero  hoc  ino* 
»  do  farinam  producunt  •  Magnae  autem  aunt ,  non  multae  tamen  altitudinis  » 
»  quae  circa  pedem  incidunt  et  vulnerant ,  quia  liquor  inde  egreditur  in  modum 
»  coliae.  Hunc  pònent  in  sacria  de  fulìis  faotia»  sicque  in  sole  per  XV*  dica  ma* 
p  net  >  et  tunc  ex  tali  liquore  farina  facta  eat .  Henc  in  aquam  maria  per  duos 
»  diea  ponunt.  Deinde  lavant  dulci  aqua,  et  aie  optimam  £Eu:iunt  paatam»  de  qua 
»  faciunt  quidquid  volunt,  panem  videlicet  muitum  bonum;  et  ciboa^  hujns  au- 
»  tem  pania,  exterìua  pulcher  eat,  intetiua  autem  aliquantulum  niger,  de  quo  ego 
»  frater  Odorìcua  jam  comedi:  et  haec  omnia  propriia  oculia  vidi  »  (1.  e.  p.  60) 
Queato  modo  di  fare  la  farina  dì  Sago  tanto  conforme  a  quello  che  raccontò  il 
Criap  al  Maradcn  (  n.  ia35.  )  dimuatra  l*  autenticità  della  relazione  del  B.  Odori- 
co.  (V.  t.  1.  p.  i05.  n.  )  • 

771.  Carraio  *  Queata  voce  non  è  toacana,  ne  ao  comprenderne  il  aignificato  : 
la  Crusca  parla  del  seme  di  Carvi,  droga  medicinale!  dietro  l'autorità  del  Ricettario 
Fiorentino. 

772.  Il  legno*  Il  Maraden  dice  che  il  Polo  è  incorao  in  errore,  che  il  legno 
che  serve  agii  uai  qui  deacritti  non  è  dell'albero  che  dà  il  Sagò^  ma  d'un  ahro 
palmifero  che  i  Giavanesi  e  i  Sumatrani  appellano  Niborg  e  i  naiuraliati  Catyota 
urens  (n.  ia55).  l 


\ 


4oi 

potria  portare,  non  che  adoperarle,  per  il  troppo  ^ran  pesò;  e  le 
puzzano  da  un  capo,  qual  poi  abbruciano,  e  così  preparate,  sono 
atte  a  passare  ciscuna  armatura ,  e  molto  meglio,  che  se  fossero  di 
ferro.  Or  abbiamo  detto  di  questo  regno,  qual'è  delle  patri  di  quest* 
isola.  Degli  altri  regni,  che  sono  meli'  altre  parti,  non  diremo,  per* 
che  il  detto  M .  Marco  non  vi  fu.  E  però  procedendo  più  cdtre  dire- 
mo d' una  piccola  isola  nominata  Nocueran. 

GAP.    XVIL 

DelF  Isola  di  Nocueran  '^^ . 

Partendosi  dalla  Giava ,  e  dal  regno  di  Lambri ,  774  poiché 
s'iia  navigato  da  centocinquanta  miglia  verso  Tramontana ,  si  tro- 
vano due  Isole  ,  una  delle  quali  si  chiama  Nocueran  '^^ ,  e  l'altra 
Augamao  ^^  :  e  in  questa  di  Nouccran  non  è  re^  e  quelle  genti  sono 


77$  Nocueran .  In  vece  di  questa  rubrìca  leggesi  nel  Testo  della  Crusca  s  delC 
isola  di  NerUapolat  di  cui  nel  testo  Ramusiano  non  ai  fa  menzione  ne  qui,  né  ulte» 
riormenle  •  Hella  terza  tavola  geografica  del  Bamusio  vedesi  segnata  un  isoletta  a 
mezzodì  dell'  Arcipelago  di  Nicobar  presso  Sumatra  col  nome  di  Gasmipolà  che 
.*>  mbra  essere  la  Nenispola  del  Polo  »  e  corrisponde  a  quella  appelleta  Oggidì  Pula* 

irajr. 

774.  Partendosi  dalla  Giava  a  dal  regno  di  Lambri.  (  V«  sopra  n.  758.  ) 

775.  Nocueram*  Si  ravvisa  essere  la  piccola  isola  dell'Arcipelago  di  Nicobar  ap« 
pellata  nella  carta  deU'Anville  Nicavari^  in  quella  dell'Indie  di  Rennel  Nonco^erjr.  Il 
Baibosa  (  Ram.  l.c.  35a  D  )  dice  :  »  passato  l' isola  di  Z«ilam  attraversando  il  golfo, 
n  avanti  che  si  arrivi  alla  grande  isola  di  Sumatra  si  trovano  cinque  o  sei  isole  pic« 
},  cole,  che  non  tengono  buone  sequele  porti  per  entra rvi,  ma  sono  abitatele  si  chia- 
n  mano  di  Navacari ,,.  £  siccome  descrìve  il  viaggio  nell'opposta  direzione  del  Polo, 
cioè  da  Cexlanper  recarsi  a  Sumatra f  si  comprende  che  quel  gruppo  d' isole  è  un 
punto  di  riconoscimento  marittimo  per  tutti  i  naviganti  di  quelle  manne;  e  perciò  si 
ravvisa  come  accadesse  che  di  questa  isoletta  piuttosto  che  delle  altre  facesse  men-^ 
zione  il  Polo.  Questa  con  altre  due  ad  essa  vicine  porgono  sicuro  asilo  alle  na^ 
vi  che  vi  dan  fondo,  e  perciò  la  minore  isola  avea  tanta  fama  appo  i  naviganti  da  dare 
il  nome  a  quel  gruppo  d' isole  come  si  comprende  dal  Barbosa  •  Che  tre  di  queste 
offrano  alle  navi  sicuro  porto  lo  afferma  anche  il  Marsden  (  n.  ia57  ). 

776.  E  l'altra  Angaman.  Ajnbedue  le  isole  rammentate  dal  Polo  appartengono 
•  quell'Arcipelago,  che  si  distende  dal  capo  Atf^roii, terra  àéiPegu^ìnoyerèoAchem 
regno  óxSumaira^  ossie  da  6.^  40/  fino  a  14.**  55/  di  Lat.  Settentrionale.  La  più  occi" 
dentale  di  dette  i^ole  è  92.**  25/  di  Long.  Orientale  da  Greenwich  secondo  la  Carta 
dall'  Indostan^del  Rennel  e  secondo  quella  che  serve  all'  ambasciata  del  Sjrniea  che 
lembra  essere  la  più  esatta  . 


come  bestie  777  ^  e  tutti  cosi  maschi ,  come  fen^mlae  ^  vanno  nu- 
di ^7^  ^  e  non  cuoprono  parte  alcuna  delia  loro  persona ,  e  ado« 
ranò  gU  idoli  779 ,  Tutti  i  loro  boschi  sono  di  nobilissimi  arbori  > 
e  di  grandissima  valuta ,  e  si  trovano  sandali  bianchi ,  e  rossi , 
noci  di  quelle  d'India ,  garofani ,  yerziho  7^^  e  altre  diverse  sorti  di 


777'  Quelle  genti  sono  coma  besM  »  Il  primo  relatore  Musulmano  del  Benau- 
dot  (  p-  5.  )  parla  dell'  isola  di  Negebalus  creduta  quella  di  Nicobar^  indi  degli  An^ 
demani  »:  i  popoli  (  ei  dice)  che  abitano  il  litorale,  mangiano  la  carne  umana  cni- 
»  da,  sono  neri»  hanno  J  capelli  ricci»  viso  e  occhi  spaventevoli,  i  piedi  lunghi  un  cu- 
»  bito  e  vanno  nudi  •  Non  hanno  barche  ,  che  se  ne  avessero  non  mangerebbero  i 
»  passeggieri  che  possono  acchiappare  »  •  Questa  curiosa  relazione  smentisce  Topi* 
nione  di  culoro,  che  affermano  che  i  Neri  dell'  isole  Andeman  vi  approdassero  per 
naufragio.  Di  NicobarA  leggono  alcune  poche  notizie  nella  raccolta  dei  Viaggi  de« 
gli  Olandesi  •  Spilberg  vi  approdò»  e  gli  abitanti  si  recarono  al  napirilio  colle  loro  ce^ 
noe  (  barche  fatte  d' un  pedale  d' albero  digrossato  e  incavato  )  e  portarongli  polii, 
arancie;  ambra  grigia  di  pessima  qualità.  Questi  barbari  detti  dai  Portughesi  Genio s 
de  Màttos  sono  diffidenti»  né  meritano  fede  (  Yoy.  des  Holl.  t.iy.p.  127  ).  Secondo 
i  Danesi  che  si  dicono  i  padroni  di  queste  isole,  gli  abitanti  sono  oggidì  d'una  razza 
distinta  dagli  Andemani  •  Hanno  carnagione  bronzina ,  occhi  piccoli ,  e  le  palpebre 
squarciate  obliquamente  (  Malte  Brun  Le).  Dà  ciò,  e  da  un  cenno  che  da  il  Sjmes 
si  ravvisa  che  quella  più  antica  raeza  di  barbari  che  abitava  l'isola  ai  tempi  del  Viag- 
giatore Maomettano,  e  del  Polo  Ai  dìsCrutta  da  un  popolo  meno  barbart>,e  che  queir 
antica  razza  che  possedeva  tutto  queir  arcipelago  si  conserva  solo  neil'  isole  Ande^ 
man.  Ciò  che  dice  il  Polo  dei  Pficobari  e  confermato  dal  Symes,  che  visitò  quest'isola 
recentemente . 

778.  Vanno  nudi,  »  La  natura  non  fieivorì  questi  isolani  ne  per  fiittezze,  né  per 
9,  intelligenza;  i  più  hanno  solo  cinque  piedi  d'  altezza,  braccia  e  gambe  minute  e 
„  scriate,  il  ventre  appuntato ,  le  spalle  alte,  il  capo  grosso,  i  capelli  lanosi,  il  naso 
„  schiacciato,  i  labbri  grossi,  gli  occhi  rossi  e  piccoli,  la  pelle  color  di  filiggtne,  aspet* 
,y  to  feroce  e  affumato,  sembra  una  razza  degenerata  di  Neri:  vanno  nudi,  né  di  cid 
„  hanno  vergogna  „  (  Sym.  Ambas.  1. 1.  p.  2421  )  (  V*  1. 1.  p.  i66b  n.  ) 

779.  Adorano  gt  idoli ,  Lo  stesso  viaggiatore  dice  (  A.mbas.  1.  e.  p.  247  )  che  gli. 
Andemani  adorano  il  sole,  perchè  lo  credono  sorgente  d'ogni  bene,  la  luna  qnal  po- 
testà secondaria,  i  genj  dei  boschi,  delle  acque ,  e  delle  montagne ,  come  sulMilterni 
agenti  delle  principali  divinità.  Credono  che  uno  spirito  malefico  desti  le  tempeste. 
Quando  fi  burrasca,  o  dirotte  pioggie  col  mozione  di  Libeccio  si  uniscono  gli  abi* 
tanti  sulle  rive,  e  sui  scogli  i  più  inoltrati  in  mare,  e  cantano  inni  barbarici  per  placa* 
re  lo  spirito . 

780.  Verzino.  Il  Symes  (  ibid.  p.  a54  )  rammenta  il  legno  detto  dagl'  Inglesi 
Redwood  che  secondo  il  Targtoni  è  confuso  sovente  col  femanbucco,  coi  verzino  e 
col  campeggio»  il  quale  come  il  Maogani  fra  noi  serve  neU'Indie  per  costruire  mobili 
(  Istit.  Botan.  t.  IL  p.  56i  ).  Secondo  il  Multe  Brun  producono  queste  isole  il  cocco^ 
r  areca,  la  cannamela,  il  lauro,  la  cassia,  il  riomato  legno  detto  fe4,  tanto  utile  per 
le  costruzioni  navali, il  sassofrasso  è  il  Larum,  detto  Mellori  dai  Portughesi  che  dà 
un  flutto  farinoso  eccellente  (  Geog.  t.  IV-  p.  i85}. 


4o3 

speaerfe .  Ne  v'essendo  altre  cose  da  dire ,  più  oltre  procedendo^ 
diremo  ddl' isola  d'Angaman. 

GAP.    XVIH^ 

DelV  isola  di  Àngaman. 

Angaman  7>'  è  un'  isola  graudigsima  ^  die  lu»  ha  re  ^  le  cui 
geuti  adoran  gì'  idoli ,  e  sono  come  bestie  salvatiche ,  oonciosia 
cosa  che  mi  fosse  detto ,  eh'  hanno  il  capo  simile  a  quello  dei 
cani,  e  gli  occhia  e  i  denti  '^^ .  Sono  genti  cradeli^  e  tatti  qaegli 
uomini ,  che  possono  prendere  ,  gli  ammazzano ,  e  mangiano  ^^ 

J)ur  che  non  siano  della  sua  gente .  Hanno  abbondanza  di  tutte 
e  sorti  di  spezie .  Le  sue  vettovaglie  sono  risi  j  e  latte ,  e  carne 
d' ogni  maniera  ;  e  hanno  noci  d' India ,  p<mii  paradisi  y  e  molti 
altri  frutti  diversi  da  nostri. 

GAP.    XIX. 

D,ell'  isola  di  Zeilan . 
Partendosi  dall'  isola  d' Angaman ,  poiché  s' è  navigato  da 


781.  Angaman,  Sì  è  creduto  fin  qui  che  due  foMero  le  isole  prìnciptli  d'  An» 
^aman,  la  grande  e  la  piccola .  La  prima  più  a  tramontana  ha  140.  migHa  di  lun* 
ghezza  e  circa  20.  di  larghezza .  Nel  1791.  fu  scoperto  che  un  canale  ne  forma  due 
isuie.  Sono  oggidì  più  conosciute  perchè  gl'Inglesi  v' inviarono  una  colonia  nel 
>79i.  che  due  anni  dopo  si  stabili  vicino  al  porto  Cernwallis ,  Il  Symes  visita 
questo  stabilimento  che  serve  ai  navilj  Inglesi  di  ricovero  nei  mali  tempi,  e  l'Iso- 
la di  relegazione  ai  malfattori  del  Bengala  (  1.  e.  t.I.  p.  aSg.  ) .  Gli  abitanti  appéU 
lano  la  loro  isola  Mincopie  (  ibid.  p.  a55  ). 

782.  1  denti .  Se  essi  avevano  la  consuetudine  di  limarsi  i  denti  incisori  e  di 
ridurli  appuntati  come  i  canini^  costumanza  che  hanno  i  barbari  dell'interno  di 
Sumatra  ^  essendo  all'  esteriore  quali  gli  abbiamo  descritti  alla  nota  767  9  a  giusta 
lagione  potè  dire  il  Polo  che  avevano  il  capo  simile  a  quello  dei  cani  • 

783.  Mangiano .  Non  assicura  il  Symes  (  p.  258)^che  mangiano  carne  umana 
(oggidì .  Ma  ciò  affermarono  di  quei  popoli  il  Relatore  Maomettano^  ù  Texera,  il 
Navarette  ,  Niccolò  Carli .  Il  secondo  dice  che  i  Giavanesi  solo  cento  anni  innunzi 
che  vi  giungesse  abbandonarono  questa  orribile  consuetudine  e  citf  per  opera  dei 
Maomettani.  Anche  iPeguani  vendevano  carne  umana  pubblicamente  {Benaad.AiiQ« 
Bel.  dea.  Ind  p.  i5i  )• 


r 


4o4 

mille  miglia  per  Ponente,  e  alquanto  meno  verso  Garbìn'**, 
si  trova  r  isola  di  Zjèilan ,  la  qua!  al  presente  è  la  miglior  isola, 
che  si  trovi  al  mondo  della  sua  qualità ,  perchè  gira  di  circuito 
da  due  mila ,  e  quattrocento  miglia  7^^ ,  e  anticamente  era  mag- 
giore ,  perchè  girava  attorno  attorno  ben  tre  mila  ,  e  seicento 
miglia  7^ ,  secondo ,  che  si  truova  ne'  Mappamondi  de'  marinari 
di  quei  mari  ^^7 ,  Ma  il  vento  di  Tramontana  vi  soffia  con  taato 
impeto ,  che  ha  corroso  parte  di  quei  mouti ,  quali  sono  cascati^ 
e  sommerai  in  mare ,  e  così  è  perso  molto  del  suo  territorio .  £ 
questa  è  la  causa ,  perchè  non  è  così  grande  al  presente ,  come 
fu  già  per  il  passato .  Quest'  isola  ha  un  re  ^^^  ^  che  si  chiama 


784.  Per  ponente^  e  alquanto  meno  9erso  Garbin .  Il  Polo  spiceatosi  dalla  punta 
settentrionale  dell'  isola  Andeman  entrò  in  alto  mare,  e  volta  la  prua  a  ponente  li- 
beccio dovè  andare  a  riconoscere  la  costa  meridionale  del  Cej^lan^  imperocché  se- 
condo il  Bibeyro  che  vi  risedè  diciotto  anni  e  scrisse  i'  istoria  dell'  isola,  la  manica 
che  é  fra  il  continente  e  1*  isola,  che  à  cinquantasette  lc;ghe  di  lunghezza  non  è  navi- 
gabile. In  mezzo  allo  stretto  sono  le  isole  di  Ramanacoit  (  Rafniseram  secondo  Ren* 
nel  )  e  di  JUanar:  l'una  e  l'altra,  isola  sono  separate  da  un  canale  di  dodici  leghe,  ma 
ingombrato  da  tante  seccagne,  isolette  e  banchi  di  rena,  che  non  è  navigabile  che  da 
piccoli  navilj  (  JEUbey  Hist.  du  Geylan  Amst.  1701.  12.  p.  a  ) .  Secondo  il  IVIarsden  la 
lunghezza  del  viaggio  dalla  punta^ settentrionale  d'  Andaman  sUa  costa  meridionale 
del  Cejrlan  è  di  poco  più  di  novecento  miglia .  Ma  è  molto  probabile  che  dietro  la 
«onsuetudine  di  quei  tempi  di  navigare  più  che  potevano  costa  costa,  le  navi  del  Po- 
lo drizzassero  la  prua  verso  la  punta  settentrionale,  e  indi  costeggiassero  l'isola  fino 
alla  punta^meridionale.  In  tale  ipotesi  la  navigazione  è  più  lunga,  e  più  esatta  la  di- 
stanza detta  dal  Polo.  CÌ0  pal'mi  indicato  dalle  parole  stesse  di  esso:»  poiché  si  è  na« 
»  vigato  mille  miglia  per  ponente,  e  alquanto  meno  verso  Garbin  f  ciò  che  indica  chia- 
ramente scambiamento  di  direzione,  che  non  ha  luogo  volgendosi  direttamente  dalla 
punta  settentrionale  d'  Andaman  alla  meridionale  del  Ceylan, 

785  .  J)i  circuito  da  duemila  e  quattrocento  miglia  .  L' isola  si  stende  dal  6.^ 
al  10.^  di  latitudine  settentrionale.  La  maggior  lunghezza  è  dalla  punta  di  Galle b, 
quella  di  Pedras,\uo^hi  distanti  62 leghe  o  24B  miglia.  La  larghezza  àaChilaon  o  Tri-* 
fuinimalé  è  di  47  leghe  o  di  miglia  186,  T  Isola  ha  di  giro  190  leghe  ossia  760  miglia 
secondo  il  Rìbeyro  (Le  p*  2  )  •  Secondo  Rennel  là  Long,  della  punta  di  Galle  é  di 
80.®  rt.'  la  Lat.6.*'  Qi\plla  di  Dundral^ad  punta  più  meridionale  ancora  S.*  Si.'  la 
punta  di  Pedras  Lat.  9.^  Sa/  (  Descrip.  de  l' Ind.  t.  L  p.  292,  e  296  ). 

786.  Girava  •  .  •  bene  tremila  e  seicento  miglia  (  V.  1. 1.  p.  167  n.  ) 

787.  Nei  mappamondi  de' marinari  di  quei  mari  (  ibid.  p.  166.  n.  e  ).  Anche  il 
Barros  fa  menzione  delle  carte  di  Mori  o  Arabi ,  che  navigavano  in  quei  mari  ^  e  in 
quelle  carte  erano  segnate  le  Maldive  (Apnd,  Kenaud.  Anc.  Kel.  p.  127  )• 

788.  Quesf  isola  ha  un  re.  Ai  tempi  del  ftibe;y  ro  sette  erano  i  re  del  Cejlan.  An- 
ticamente il  più  potente  era  quello  di  Co//d,  che  gli  altri  riconoscevano  come  Impera- 
dorè..  Risiedeva  a  mezza  lega  daCo/omte^ove  appena  ai  tempi  del  viaggiatore  sirav* 
visavano  le  rovine  del  suo  palazzo.  11  regno  di  esso  estende  vasi  lungp  il  qiare  daCibV 
ioan  sino  a  Grevaias  ed  aveva  Sa  leghe  di  lunghezza  (  Hist.  du  QejL  p,  6  ). 


\ 


4o5 

Senderoaz  ^.  Le  genu  adoraoo  gV  idoli  '^^  e  non  danno  ttì-' 
buto  ad  alcuno  •  Gli  uomini  ^  e  le  donne  sempre  vanno  nudi  ^^, 
eccetto  che  coprono  la  loro  natura  con  un  drappo .  Non  hanno 
biade  se  non  risi  79» ,  e  susìmani  ^  de'  quali  fanno  olio .  Vivono 
di  latte ,  risi  y  e  carne  ,  e  vino  degli  albori  sopradetli ,  e  hanno 
abbondanza  del  miglior  verzino  7^,  che  si  possa  trovare  al  mon^ 
do.  In  questa  isola  nascono  buoni ,  e  bellissimi  rubini ,  che  non 
nascono  in  alcun  altro  luogo  del  mondo ,  e  similmente  zafiri  ^ 
topazi ,  ameiisti ,  granate  ,  e  molt'  altre  pietre  preziose  ^^ ,  e 
buone .  £  il  re  di  quest'  isola  vien  detto  aver  il  più  bel  rubino  ^ 
che  giammai  sia  stato  veduto  al  mondo,  lungo  un  palmo,  e 
grosso  com'  è  il  braccio  d'  un'  uomo ,  splendente  oltremodo ,  e 
DOD  ha  pur  una  macchia,  che  pare  che  sia  un  fuoco,  che  arda, 
ed  è  di  tanta  valuta,  che  non  si  potria  comprare  con  denari.  Gu- 
blai  Gran  Gan ,  mandò  ambasciatori  a  questo  re ,  pregandolo , 
che  s' ei  volesse  concederli  qtiel  rubino  li  daria  la  valuta  d^  una 
citta  .  Egli  rispose ,  che  non  glielo  daria  per  tesoro  del  mondo , 
né  lo  lascerebbe  andar  fuori  delle  sue  mani ,  per  essere  stato  de' 
$iioi  predecessori .  £  per  questa  cansa  il  Gran  Gan  non  lo  potè 


«te 


78^  SMdemaz*  Il  testo  da  noi  pubblicato  porta  la  variante  Sédemajr.  Avver» 
^  il  Marsden  che  i  nomi  indiani  hanno  un  proprio  aignificàlo .  Crede  che  queste^ 
Bome  sia  una  storpiatura  dì  Chandranas  che  significa  luna  scema  (  n.  i2i6.  ). 

790.  Adorano  gt  iddi .  Niuno  ignora  che  l'idolatria  dominante  al  Cejrlan  è 
^ueììa  di  i^uda .  Jl  Ribeyro  dice.  I  Cingalesi  adorano  un  solo  Dio  creatore  del 
mondo,  ma  credono  ad  inferiori ,  divinità  che  considerano  come  hiogofenentì  di 
quello;  appellano  dii  ancor  teiere  ciascuna  delle  quali  ha  un  partieolare  ufficio'* 
loa  a  cagione  d'  esempio  &  coraMeU'  Agricoltura  ,  altra  di  altra  cosa .  I  simulacri  so« 
no  diffeiienti  ;  alcuni  hanno  figura  umana  , altri  di  donna,  di  scimmia,  d'elefante  :  ve 
ne  sono  dei  muostrosi  con  molte  braccia  armate  d'archi  e  di  fìreceie.  Un  nume  che  è 
sopra  tutti  gli  altri  la  appellano  BudUf  e  per  questo  hanno  grandissima  venerazionCii 
U  rappresentano  di  forma  umana,  ma  gigantesca  (  1.  e.  p,  uS.  ). 

791*  f^anno  nudi .  (  ¥•  t*  I*  p.^  167.  net.  b.  ) 

79a.  Se  non  risi  •  li  riso  viene  al  Gej^lan  in  abbondanza,  e  cresce  iur  tutti  i  tem* 
pi  *  Ne  ho  veduto ,  dice  il  Bibcyr^f^fin  un  medesimo  campo  dello  spunuto  appffcr 
na ,  altro  spigato ,  ed  altro  che  mietevano .  Vi  seminano  altre  biade  che  vi  prospe- 
rano, e  che  servono  di  cibo  a  quei  dei  paese  (  1.  e.  p.  148.  ).  Talché  non  è  vero  ci6 
che  dice  il  Polo,  che  ai  cibano  solo  di  rìso,  ma  è  vero  altresì  che  questo  è  il  prin« 
eipiile  loro  nutrimento  • 

79).  Miglior  Fertinm  »  On  trouve  encore  dans  cotte  isle  beaucup  de  bois  da 
»  Brezìl ,  que  1'  od  appello  dans  Ics  Indes  Sispaon ,  et  que  1'  on  y  estimo  extraordi^ 
»  nairement  •  •  (  Ribe^r.  p*  9  ) 

194»  Akre  pioue prezioso  (  t.  L  p.  168.  n,  b  )• 

6:ik 


4o6 

avere  •  Gli  uomim.cfi  cpiesl*  isola  non  sono  alti  air.  àrnie  ^  per  es^ 
sere  vili ,  e  codardi  7^ ,  e  se  hanno  bisogno  d' uomini  combatti- 
tori ,  trovano  gente  d*  altri  luoghi  vicini  a  Saraceni .  E  non  es- 
sendovi altre  cose  memorabili  ^  procedendo  più  oltre  narreremo 
di  Maabar. 

Ci    A.    P*        JLJl.* 

Della  provincia  di  Maahar . 

Partendosi  dall' isola  di  Zeilan  ,  e  navigando  verso  Ponente 
miglia  sessanta ,  si  truova  la  gran  provincia  di  Maabar  ^ ,  la  quale 
non  è  isola ,  ma  terra  ferma ,  e  si  chiama  India  Maggiore  ^^^  per 
essere  la  più  nobile,  e  la  più  ricca  provincia,  che  sia  al  mondo. 
Sono  in  quella  quattro  re  ,  ma  il  principale,  eh*  è  capo  della  pro- 
vincia ,  SI  chiama  Senderbandi  79^  •  Nel  suo  regno  si  Riescano  le 


^H* 


795.  Per  esser  vili  e  codardi  (  ibid  n.  e  )• 

796.  Maabar .  Qui  la  lezione  Ramusiaua  dìrera  Maialar  ma  è  slata  ricorretta 
dietro  i'  antorità  del  nostro  testo ,  d^l  Riccardiano ,  del  Pucciano  e  del  Pari^^ino 
(  n,  5757.  )  (  V.  t.  I.  p.  168.  n.  d,  ).  U  Sig.  de  Sacy  osserva  che  Mabar  è  corruzione 
del  nvme  Indiano  Marawar  (  Mdrsd.  n.ia56  ) .  Abuifeda  fa  inenzione  delia  penisola 
.che  è  «Ila  diritta  del  Gange  detta  Decan  del  ManUwr  ,  e  .del  Mabar  (  Geog.  p.  270  ). 

.797.  india  Maggiore  (  V.  sopra  n.  673  ). 

798.   Senderbandi .  Questo  nome  è  stalo  stranamente  trasfigurato  dai  trascrit- 
tori (  1\  O.  )  Sendeia  (  God.  Pucc  )  Senderba  (  Cod.  fijccard.)  Sondala.  Secondo  le 
tradizioni  TamuLirhe  eiaavi  tre  re  nella  parte  meridionale  dell'  isola»  e  nel  Madure 
paese  di  tena  ferma  inf accia  al  Cejriany  il  re  aveva  hone  Soja  Mandalam  che  signi* 
fica  cùmulo  o  paese  di  Soja  •  Sondala  come  leggesi  nel  Eiccardiano  potrebbe  essere 
una  coBii:aaione  di  queste  due  voci  y  ma  non  è  da  caonsiderare  questa  opinione  che 
come  debolissima  congettura  (le  Gent.  Voy.  aux  mera  dea  Indes.t.  I.  p-  95  ) .  Il  Mar* 
•den  crede  che  questo  nome  derivi  dalle  voci  Ciandra  bandi  che  significano  Serva 
della  Luna.  Infatti  Ciandra  secondo  il  P.  Paolino  da  £. Bartolommeo  significa  Lvw 
na,  deità  mascolina  per  i  Bramani.  £  da  avvertire  che  Samabadi  secondo  quel  dot* 
to  missionario  significa  sommo  sacrificatore  dl|||uella  pretesa  divinità  (  Sysi,  Bram. 
p.  7.  )  •  I  libii  Indiani  distinsero  le  loro  antiche  dinastie  di  regi,  che  dicono  avere 
per  primiero  stipite  Menuj  di  cui  narranti  cose  che  sembrano  tratte  dalla  Stucia 
di  If*  e  ,  in  figli  della  Luna  «  che  crederono  aver  regnato  a  Ajrodhjra  e  a  Pratish^ 
thana  E  nella  lista  di  questi  regi  data  da  Guglielmo  Jones  trovansi  i  nomi  di  Tchan-' 
dra  o  i  landra  e  di  Tchandragupta .  Ma  mentre  gì*  Indiani  vantansi  di  dare  una  ge- 
nealogia accuratissima  dei  loro  regi  che  risale  sino  a  45»  anni  innanzi  TEra  Crisiia- 
Da,  nulla  riferiscono  degli  avvenimenti  civili  di  quei  regni.  Secondo  le  notizie  rac- 
colte dal  Jones  sette  dinastie  regnarono  sul  Decan^  o  penisola  di  qua  dal  Gan£e\ 


4^ 

perle  ^^,  cioè,  che  fra  M^al^ar ,  e  Y  ìsclà  di  Zeilaii  v' è  «ti  gpl- 


L*  ultima  dinastìa  che  iti  regn((  appeltavasì  Maula.  Estinta  «Questa  regnarono  cinque' 
altri  regi  nella  città  CUacila  :  rnltimo  cessò  di  regnare  nel  ie55.  e  Impero  fu  poste* 
riormente  divìsa  fra  gì' iniédc  li  (  cioè  i  Bilàottiettani  )  (Rechef:  AStat).  t.  Vk.  p.  19}^ 
Questo  re  vkn  detto  re  di  yar  nel  Testo  da  noi  pubblkalo(  I.  L  p^  169  ) ,  non  ai 
trova  nome  che  corrisponda  a  questo  sulla  costa  del  continente  che  volge  verso  il 
Cej^lofif  ma   Giovanni  deBarros  ci  rammenta  il  paese  di  yaipar^éà,  cui  per  abbre- 
viazione sembra  esser  derivato  F'ar  (  i>ec.  I.  p.  170  ) .  Secondo  il  rammentato  sto* 
ricu  tuttala  costa  della  pentsob  Indiana  dal  capo  Camoritn  sino  al  Pegu  era  sigao-' 
reggiata  ai  suoi  tempi  da  ti  e  principi  :  il  re  di  Bìsnagor  che  possedevane  600  miglia  > 
trecento  trenta  ne  possedeva  quello  d*Orissa  ed  ambedue  erano  gentili;  3oo  quello 
di  Bengala  sottoposto  ai  Mori  (  l.c.  ).  Il  re  che  appella  il  Polo  di  Maab<ir  sembra  es- 
ser quello  di  NarsingOy  la  cui  capitale  era  BUnagor.  Rammenta  if  re  di  Maabar  il  B. 
Odérico  e  nel  suo  regno  dice  eh'  era  la  città  di  MéHapuri  ove  è  il  corpo  di  S.  Tonv- 
naso  (  Hist.  B.Oderic.  p.97  ).  Parla  del  re  di  Bismtger  t^ìccoìò  Conti,  e  come  del  più 
potente  re  dell*  India  {  Ram.  Nav.  t  l.  p.  375.  )  ;  Giuseppe  Indiano  dice  iFrc  di  A<ir- 
si'nga  essere  il  più  polente  dell'  India^rC  soggiunge?  #  quum  valie  potens  urbem  ha- 
p  bet  triplici  circundatam  muro ,  et  dicitur  Besenegal  (  Bisnagor  )  (  Nov.  Orb.  pag. 
t52  ).  Talché  dal  confronto  di  queste  diverse  autoriti  resulta  che  Bisnagor  e  Nar-^ 
singa  erano  un  medesimo  regno .  Del  potente  re  di  Bisnagor  pai-la  À.bd  •  Oalrìzaq 
•he  fu  spedito  ambasciatore  al  medesimo  da  Chah-Rock  figlio  di  Tamerlano  nel  1443* 
Secondo  la  versione  del  Langles  cosi  descrive  l'ampiezza  di  quello  state,  p  Quand 
»  Abd-Oulrizaq  fut  arrivè  a  Bisnagor*  ilvit   une  ville  foi^  grande ,  bien  bitie  et^ 
t  tres-peuplée  :  e'  est  la  capitale  d' un  grand  royaume  qui  s'etand  depuis  1*  iste  d«' 
»   Ceylan  jusque  a  KUberkeh  (  Kalberga  iòrtezia  dipendente  da  Visapoar  )f  et  de* 
f   puis  le  Bengai  jusque  i  la  cAte  de  Matabetr  dans  l*  espaee  de  pio»  de  niìike  fani-^ 
p-  sangs  :  (  i'Anglais  Coliect.  de  Pet.  Voj^ag.  t.lh  p.xyxxix  ).  Pare  che  questo  imper»" 
fosse  quello  detto  più  anticamente  del  C€ftnùitf  di  cui  parla  Andeivon  nelle  note' 
alla  sua  versione  di  Ferichtak  ,  seeoado-esso  una  dinastra  di  Monarchi  gentili  e<A' 
titolo  di  Rajah  di  Carnate  governarono  anticamente  la  più  gran  parte  del  paese* 
tietto  oggidì  Dekant  e  sì  mantennero  in  quel  paese  quasi  settecento  anni.Bssi  per- 
ileruno  lo  scettro  nel  i&aS.  per  una  rivoluzione  che  ne  fece  passare  la  signoria  ad^ 
un  certo  Ram-Rmiife  (  Lanpl.  1.  e.  p.  ci) .  La  dinastia  di  Carnate  soggiaccfufe a  va«" 
ne  vicende,  gPImperadori  Maomettam  drDely  nel  f5io  conqutstarcpiia  ìMoro  pae> 
se.  Ma  Bellaldeo  re  di  Carnate  gli  scacoiV»  da  quasi  tutta  la  tienisela  e  (ondò  SmagOf^' 
nel  i544  (Rennel  Descrip.  de  V  Jod.  p.  61).  Pare  che  pong^  in  dubbio  il  Langles  se 
fossero  un  medesimo  regno  Bisnagor  e  Narsinga  (  1. c.p.  e.  ).  Ma  alle  addotte  pro- 
ve convineentissimej  è  da  aggiungere  là  incontrastabile  del  Barbosa  Vv  a  cento  e  seif'- 
V  santa  miglia  lontano  dalla  detta  Montagna,  andando  fra  terra  è  posta  la  gran  cit-** 
»    tà  di  Bisnagor^  molto  popolata  e  hbiiata»  È  circondata  da  una  pA^èe  di  buone  mu- 
p-  raglie,  e  dall'altra  da  un  fiume,  e  dalla  terzft  da  un  monte.  E*  situata  in  pianura,* 
»•   e  in  quella  sempre  vi  fa  residenza  il  re  di  A'uri/nga-ch'  è  gentile,  e  chiamasi  Ra* 
y-  sena  ir  (  Ram.  Nav.  t.  L  p.  S53  D  ).  Pix>babil mente  appellarono  gli  Europei  quel^ 
regno  di  Narsinga-,  da  IVarsinga  patnàm  celebre  città  non  lontana  dallar  ndarìna  ,  e* 
dip<^ndente  da  qui' ilo  stato . 

7i)9*  Si  pescano  le  perle  (  v.  1. 1.  p.  iGq,a,  )»  Ai  tempi  del  Ribejrro  la  pe^ea  s'io** 


4oS 

fb ,  ovvero,  seno  dì  mare  ^^  ^  dove  V  acqua  non  è  più  alta  £ 
dieci  in  dodici  passi ,  e  in  alcuni  luoghi  due  passi ,  e  pescansi  in 
questo  modo ,  che  molti  mercanti  fanno  diverse^  compagnie ,  e 
hanno  molte  navi ^  e  barche  grandi ,,  e  piccole,  con  ancore  per 
poter  sorgere .  E  nienano  seco  uomini  salariati ,  che  sanno  an- 
dare nel  fondo  a  pigliar  le  ostriche  ^  nelle  quali  sono  attaccale 
le  perle ,  e  le  portano  di  sopra  in  nn  sacchetto  di  rete ,  legato 
al  corpo ,  e  poi  ritornano  di  nuovo ,  e  quando  non  possono  so- 
stenere più  il  fiato  vengono  suso  ^  e  stati  un  poco  se  ne  descen- 
dono, e  così   fanno   tutt'il  giorno,  e  pigUansi  in  grandissima 
quantità  ,  delle  quali  si  fornisce  quasi  tutt'  il  mondo  ,  per  essere 
la  maggior  parte  di  quelle ,  ehe  si  pigliano  in  questo  golfo  ton- 
de, e  lustre.  Il  luogo,  dove  si  truovano  in  maggior  quantità, 
dette  ostriche ,  si  chiama  Belala  ^^' ,  che  è  sopra  la  terra  ferma 
e  dì  li  vanno  al  diritto  per  sessanta  miglia  per  mezzo  giorno.  £  es- 
sendovi in  questo  golfo  pesci  grandi ,  che  uccideriano  i  pescato- 
ri, e  però  i  mercanti  conducon'  alcuni  incantatori  d*una  sorte  di 
Bramini  ^' ,  quali  per  arte  diabetica  sanno  constringere ,  e  stu- 


eoniineiava  agli  undici  di  Marzo  e  durava  sino  ai  20  d*  Aprile.  I  palombari  calano  a 
fondo  attaccandosi  ai  piedi  un  peso  di  sessanta  libbre .  Portano  una  corda  legata  a 
cintola^  alla  quale  e  attaccato  una  sacchetta  dì  rete  ove  pongono  le  conchiglie.  Ten- 
gono in  mano  un  capo  della  fune  due  marinari  •  I  palombari  stanno  sotto  acqua  due 
oredi  e  in  quel  tempo  empiono  il  sacchetto  di  conchiglie ,  e  di  poi  fanno  segno  di 
tirarli  su ,  e  allora  calano  altri .  Col  cannone  si  dà  segno  d' incominciare  la  pesca» 
che  dalle  quattro  della  mattina  dura  sino  alle  quattro  pomeridiane  (  hibeyr.  p. 
166). 

800,  Seno  di  niar^.I!  Ribeyro  (ibid.)  dice  esser  risola  del  Ccylan  quarantacinque 
leghe  Portughesi  a  Levante  del  Capo  ComorinOfOye  incomincia  la  costa  della  pe- 
scheria: fra  questa  costa  e  V  isola  è  un  canale  che  ha  cinquantasette  leghe  dì  lun- 
ghezza, e  che  varia  in  larghezza  •  In  mezzo  sono  le  isole  di  Ramenacoii  e  di  Mannar 
distanti  r  una  dall'  altra  dodici  leghe.  Quello  stretto  si  appella  il  ponte  d'Adamo. 
Il  mare  è  cosi  stretto^  e  cosi  poco  fondo ,  e  tanto  pieno  di  seccagne  ,  d*  iso- 
lette,  e  di  banchi  di  rena ,  che  ne  turano  il  passaggio,  che  non  vi  possono  navigare 
che  i  piccoli  bastimenti  che  vanno  e  vengono  dalla  costa  del  Coromondel  (  ibid. 
pag.  a). 

80 1.  Si  chiama  Beiala .  Qui  è  da  notare  l' estrema  esattezza  del  Polo«  mentre 
nella  carta  del  Ceylan  dell*Isle  che  va  aggiunta  alla  storia  del  Ribeyro,  in  faccia  a 
Tii/^icorim,  é  segnato  il  banco  delle  perle  vicino  alla  terra  ferma.  Cosi  lo  è  nella  carta 
deirindie  del  Rennel,  e  ad  una  sessantina  di  miglia  a  tramontana  è  segnato  un  luogo 
detto  Penai  che  sembra  essere  il  Belala  del  Polo. 

8oa.  Una  sorte  di  Bramini.  Tale  opinione  superstiziosa  esiste  tuttora  (  M arsd. 
n.  J2oS  )  „  .Dopo  il  qual  capo  v'é  vicina  T  isola  di  Manar ,  e  da  quella  infino  al  Co^ 


4o9 
pescare  i  pesci ,  che  non  li  fanno  male  :  e  perchè  pescano  Q  gion- 
no  y  però  la  sera  disfanno  l' incanto  ,  temendo  che  alcuno  nasco* 
samente  senza  licenza  de^mercanti,  non  discenda  la  notte  a  pigliar 
r ostriche  ;  e  i  ladri,  che  temono  detti  pesci  non  osano  andarvi 
di  notte  •  Questi  incantatori  sono  gran  maèstri  di  saper  incantare 
tutti  gli  animali ,  e  anco  gli  uccelli .  Questa  pescagione  comincia 
per  tutto  il  mese  d' Aprile,  fino  a  mezzo  Maggio,  la  quale  com- 
prano dal  re,  e  li  danno  solamente  la  decima  (e  ne  cava  gran- 
dissima utilità  )  e  alli  incantatorì  la  vigesima .  Finito  detto  tem« 
pò  più  dette  ostriche  non  si  truovano ,  ma  fanno  passaggio  ad 
un'  altro  luogo  distante  da  questo  golfo  trecento ,  e  più  miglia , 
dove  si  truovano  per  il  mese  di  Settembre ,  fino  a  mezzo  Otto* 
bre  •  Di  queste  perle ,  oltre  la  decima  che  danno  i  mercanti ,  il 
re  vuol  tutte  quelle ,  che  sono  grosse,  e  tonde ^  e  le  paga  corte- 
semente ,  siccnè  tutti  gliele  portano  volentieri . 

Il  popolo  di  questa  provincia  in  ogni  tempo  va  nudo  ^^ , 
eccettoctie  (  com'  è  detto ,  )  si  coprono  le  parti  vergognose  con 
un  drapjK) ,  e  il  re  similmente  va  come  gli  altri  •  Vero  è,  eh'  ei 
porta  alcune  cose  ^  per  onorificenzia  regale ,  cioè  attorno  il  collo, 
una  collana  ••*  piena  di  pietre  preziose ,  zafìri,  smeraldi ,  e  ru- 
bini ,  che  vagliono  un  gran  tesoro .  Li  pende  al  collo  ancor  un 
cordone  di  seta  sottile  ^^,  che  discende  fin  al  petto,  nel  qu^^le 


„  marino  per  tutta  quella  costa  si  pescano  le  perie.  Nel  qual  mare  vengono  le  con* 
fi  chiglie  precisamente  nel  mese  di  Marzo  e  d'  Aprile,  le  quali  sono  pescate  da  uomi- 
,9  ni  marioareschi  del  paese»  che  non  solo  sono  avvezzi  a-buttarsi  a  noto  sotto  acqua 
9f  quindici  eventi  braccia  »  ma  si  difendono  ancora  non  senza  sospetto  di  qualche 
»  grande  incantesimo  da  certi  pesci,  detti  pesci  cani  che  non  li  toccano ,  né  lor  fan- 
,,  no  alcun  male  quando  qualsivolglia  altro,  fuori  di  detti  pescatori  di  perle,  appena 
„  e  sotto  acqua  che  lo  ciuffanOf  tanto  sono  rapaci  e  ingordi  di  mangiar  carne  „(Car- 
let.  t.  II.  p.  a37  ). 

8o5 .  Il  popolo  va  nudo  „  L'abito  del  re  e  della  regina  (  dice  il  Uartema  di  Ca- 
^  licut  )  e  di  tutti  gli  altri  nativi  del  paese  è  che  vanno  scalzi,  e  portano  un  panno 
„  di  bambagio ,  ovvero  di  seta  intorno  alle  parti  inoneste  ,9  (  Ram.  Nav.  1. 1.  pdg. 
174  C  )  Io  stesso  dice  di  ^^arsinga  (  p.  75  B  ) 

804.  Una  collana  (  V*  1. 1.  p.  171.  n.  b  )• 

8o5«  Un  cordona  di  seta  sottile  •  Questo  cordone  è  la  corona  Indiana,  che  re- 
citano in  onore  di  Shiva,  la,  terza  fra  le  superiori  divinità.  Brama  secondo  essi  è  il 
creatore  e  produttore  delle  cose*  f^isknu  il  conservatore  di  eBse.  Shiva  il  distrutto- 
se  delle  medesime.  Sembra  che  il  timore  rendagli  più  fervorosi  nel  venerar  questo 
più  degli  altri  loro  numi  (Paul  a  S.  BarthoL  Sjst.  Bram.  p.^85).  Il.celebre  Missionario 
riferisce  vari  epiteti  che  danno  a  SkivOf  e  soggiunge:  9  haee  omnia  nomina ,  genti- 


4;^ 

MDd' eeoCQ^  e  quattro  perle  grosse  e  belle ,  e  rubini ,  che  ao- 
no  di  gran  valuta  •  E  la  causa  è  questa ,  })erchè  gli  conviene 
ogni  giorno  dir  cento ,  e  quattro  orazioni  ^^  alt*  onor  de'  suoi 
idoli  j  perchè  cosi  comanda  la  lor  legge ,  e  cosi  osservarono  i  re 
suoi  predecessori.  L'orazione  che  dicono  ogni  giorno^  sono 
queste  parole  pacauca  ^^ ,  pacauca  ,  pacauca  y  e  le  dicono  cen- 
to ^  e  quattro  volte .  Item  porta  alle  braccia  in  tre  luoghi  brac« 
cialetti  d' oro  ornati  di  perle ,  e  gioie  j  e  alle  gambe  in  ire  luo<^ 
]hi  cintole  d' oro ,  tutte  co{>erte  di  peiie  j  e  gioie  e  sopra  le 
[ita  de'  piedi  y  e  delle  mani ,  eh'  è  cosa  mwavi^iosa  da  vedei^ , 
non  che  stimare  si  potesse  la  valuta  :  ma  a  questo  re  è  facile  na* 
scendo  tutte  le  gioie  ^  e  perle  nel  sua  regno  ®^ .  Questo  re  ha 
ben  mille  coocul^ney  e  mogli  ^^^  perchè  subito ,  eh' ci  vede: una 


»  Ie0  ex  corona  pFe«:ftioru  rudraksham  dicta^ devotissime  recitanti  et  haet  sunt  èt« 
»  rum  quotidianae  preces  i>  (  ibid.  p.  88  ) 

806.  Cento  <fuaUro  orazioni,  Ù Giapponese  Angero  di  cui  fii  pubblicata  la  re« 
lezione  dal  ftamusio  (t.  f.  p.  419*  I^  )  di^Ci  che  usavano  nel  suo  paese  corone  con* 
,  centone  segni  per  recitare  altrettante  orazioni  al  loro  idolo  >  e  soggiunge  che  do-- 
mandatane la  ragione,  i  letterati  dissongli  che  nell*  uomo  sono  cento  otto  percati, 
«  ch'era  necessario  dire  un<  orazione- contro  cadaun  di  essi,  e  che  recitavanic  in> 
una  lingua  che  non  intendevano,  perché  probabilmente  furono  introdotte  coicult»^ 
•traniero .  Di  cento  otto  segni  sono  pure  le  cotone  dei  settari  di  Foe  nella  Gina 
secondo  un  missionario  citato  da  Marsden  (  Uv  1731  ).  Ma  è  qui  da  avvertire  che 
tanto  i  Cinesi,  quanto  i  Giapponesi,  di  cui  qui  si  tratta  ,  sono  seguaci  del  culto  Ah. 
Budda  ;  e  qui  sembra  che  il  ÌPoIo  parli  di  seguaci  della  legge  Bramaniea  ,  talché  noui 
é  da  recar  maraviglia  se  aravi  qualche  differenza  netnamero  delle  loro  orazioni. 

807.  Pacauca,   Di  questa  vece  cheisembre' invocativa^  che  non  leggcsi  negli 
altri  testi,  non  mi  è  avvenuto  di  discvc^rimeil  signifìcato. 

808.  Gioje  e  perle  nel  suo  regno ,  „  Les  rois  des  lades  portent  A  lenra  orciltes 
»  despendanls  depierres  precieusos  enchassées  dans  Vor.  Us.  portent  ausali  dea* 
»  coliiers  d' un  grand  prix.  ornés  de  pierres  predeuaea  de  diversea  couleurs,  et 
p  particulierment  de  vertes  et  de  rouges  :.  mais  les  perle»  sont  ce  qu'  ils-  esliment 
»  davantage  »  (AcnaudAnc.  Relat.  p.  laS.)  (  t^  L  p.i^r.  b  ).  11  Barbosa  dice  della 
certe  di  Ifarsinga:  j^  porUno  certi  colJari  atroUi  al  collo  tutti  d'oro,,. e  pieni  du 
*  S^^ì^f  e  nelle  braccia  nianigU,  eanella  nelle  dita  di  gioje  ricchissimi,  e  simll-^ 
»  mente  orecchini  dì  gioie  e  pei  le  »  (  Ram.  t.  L  p.  354.  B  ).  L*  Arfnbaaciatore  Ab- 
doulrizaq  racconta  che  all' occasione  dell' udienza  datali  dal   redi  Bisnagor:^  le* 
r  roi  etoit  asais  en  grande  cérémonie  dans  la  saile  des  quuranto  colonne»,  aa  mi- 
1^  licu  d'une  cour  nombieuse,  revetu  d'une  robe  de  satin. coleor  d*olive,  bordée 
p  en  pei  les,  eten  diamens  si  brìllentaet  ai  beaux  que  leraeilleur  bijootier  naoroit 

r  pu  les  éstifner  (  Lang.  L  e.  p.  lxv,  ). 

809.  Concubine  e  mogli.  »  Il  re  (  df  Narsi«ga  ](  ne  tiene  aeea  ntì  suo  palaz«- 
»  zo  multe  che  son^  figliuole  di  gran  signori  del  auo  regno  ^  e  oltre  a  queste  moU 


4i^i 

heUB  doona  la  vuol  per  se.  E  per  questo  tòlse  la  moglie,  ch'era 
di  suo  fratello,  il  quale  per  essere  uomo  prudente  e  savio,  sosteu- 
oe  la  cosa  in  pace ,  e  non  fece  altro  scandalo  ^  ancorché  molte 
volte  fasse  in  procinto  di  dirli  guerra ,  ma  la  lor  madre  li  mostra- 
va le  mammelle ,  dicendoli  :  se  farete  scandalo  tra  voi ,  io  mi  ta- 
gherò  le  mammelle  che  vi  hanno  nutriti  \  e  cosi  rimaneva  la 
questione  •  Ha  ancora  questo  re  molti  cavalieri ,  e  gentiluomini , 
che  si  chiamano  fedeli  del  re  in  questo  mondo,  e  nell'altro.  Que- 
sti servono  al  re  nella  corte ,  e  cavalcano  con  lui ,  standoli  sem- 
pre appresso ,  e  come  va  il  re ,  questi  V  acccompagnano  ,  e  han- 
no gran  dominio  iu  tutt'il  regno.  Quand' ei  muore,  s'abbrucia 
il  suo  corpo ,  allora  tutti  questi  suoi  fedeli  **®  si  gettano  volon- 
tarìameute  lor  !ued  esimi  nel  fuòco ,  e  s  abbruciano  per  causa  di 
accompagnarlo  ueir  altro  moudo  • 

Ili  questo  regno  è'  ancora  tal  consuetudine ,  che  quando 
.muore  il  re  ^  i  suoi  figliuoli  che  succedono,  non  toccano  il  te- 
soro ^'  '  di  quello ,  perchè  dicono ,  che  saria  sua  vergogna ,  che 
succedendo  in'  lutt*  il  regno,  lui  fosse  così  vile ,  e  da  poco ,  che 
ei  noQ  se  ne  sajpesse  acquistare  un'altro  simile  :  e  però  è  opinion 
ne ,  che  si  consèrvi  infiniti  tesori  nel  palazzo  del  re  pc^  memoria 


»  te  altre  come  donzelle ,  ed  altre  che  «ono  Aervitrici  elette  per  tutto  il  regno  per 

♦  le  più  belle  .  A  ciascun  servizio  del  re  sono  deputate  donne  ....  sanno  cantare 
**  e  sonare  eccellentemente  ,  e  non  pensano  mai  ad  altro  che  a  dar  piacere  al  re ... . 
•p  lì  re  tiene  al  suo  soldo  più  di  centomila  persone  a  cavallo,  e  a  piedi ,  e  paga  an- 
>  che  cinque  in  seimila  donne ,  e  in  qualunque  luogo  che  si  faccia  la  guerra ,  e  che 

*  vi  vada  la  gente  d'arme ,  vi  vanno  le  dette  donne  (  Barbosa  Le,).  ♦  Le  rei  di  Bìsna- 
p  gor  entreticnt  dans  son  palais  un  grand  nombre  de  femmes  (  ccrtaips  disent  sept 
»  cent).  C'est  une  coutume  établie  dans  tout  l'Empire,  que  les  pérés,  et  meres,pre- 
»  sentrnt  au  souvrains  leurs  filles  quand  elles  sont  belles ,  et  qu'elles  y  consentent  » 
(  Abdulrizaq  apud  Langl.  1.  e.  p.  lxix  ). 

«IO.  Quésti  suoi  fedeli  >  Quando  il  re  muore ...  s' abbruciano  da  quattrocento 
t  in  cinqMecento  donne  al  modo  dettcj  di  sopra  ...  e  quivi  si  vede  una  grandissi- 
»  ma  pressa  di  molti  amici , e  servitori  domestici  del  re,  che  vogliono  abbruciarsi 
t  l  un  prima  dell*  «Uro,  il  che  é  cosa  maravigliosa  e  che  da  spavento  a  chi  si  tro- 
t  va  presente  (Barbos.  1.  e.  p,  555  B  )• 

Sii.  Aon  toccano  il  tesoro  „  Il  tesoro  suo  (  del  re  di  Calicut  )  sono  due  magaz- 
9  Zini  di  verghe  d'oro,  le  quali  dicevano  molti  Bramini  che  non.  lo  porteriano  cento 
»  muli  carichi ,  e  dicono  che  questo  tesoro  é  sUto  lasciato  da  dieci,  o  dodici  re  pas- 
»  sati ,  e  hanno  lasciato  per  li  bisogni  e  iforUzza  della  repubblica».  (  Bartem.apud 
»  Ram.  1.  e.  p.  J76.  )  •   n  •' 


1 


4i3 

degli  altri  re  passati .  In  questo  reame  non  nascono  cavalli  ^^  ^ 
e  per  questa  causa  il  re  di  Maabar ,  e  gli  altri  quattro  re  suoi 
fratelli  consumano ,  e  spendono  ogn^  anno  molti  denari  in  quelli^ 
perchè  ne  comprano  dalli  mercanti d'Ormns,Diufar,  Pecher,  e 
Adem  ^'^  ^  e  d'altre  provincif^  che  glieli  conducono.  £  si  fanno 
ricchi,  perchè  glie  ne  vendono  da  cinque  mila ,  per  cinquecento 
saggi  d' oro  l' uno ,  che  vagliono  cento  macche  d*  argento  •'* ,  e 
in  capo  dell'anno  non  ne  rimangono  vivi  trecento,  perchè  non 
hanno,  chi  lì  sappia  governare,  uè  mariscalchi,  che  li  sappino 
medicare,  e  bisogna,  che  ogn' anno  li  rinnovino.  Ma  io  penso, 
che  r  aere  di  questa  provincia  non  sia  conforme  alla  natura  dei 
cavalli ,  perchè  quivi  non  nascono,  e  però  non  si  possono  conser* 
vare .  Li  danno  da  mangiare  ^'^  carne  cotta  con  risi .  Se  una  ca- 
valla grande  sarà  pregna  di  qualche  bel  cavallo,  non  però  pario- 
rìsce  se  non  un  poiedro  piccolo  mal  fatto ,  e  con  li  piedi  stoni , 
e  che  non  è  buono  per  cavalcare . 

S' osserva  in   detto   regno   quesl'  altra  consuetudine ,   che 

auand'  alcuno  ha  commesso  qualche  delitto ,  per  il  quale  si  giù* 
ichi ,  eh'  ei  menti  la  morte  ,  e  il  signore  lo  voglia  far  morire , 
•"tllora  il  condannato  dice  ^  eh'  egli  si  vuole  uccidere  ad  onore  ^  e 


812.  Non  nascono  eavalli,  »  Tiene  di  continuo  questo  re  (di  Rarsinga)  ék 
»  mille  cinquecento  elefanti,  e  più  di  2ooo«  cavalli.  Costano  i  primi  da  i5oo,  la 
ir  2ÒOO.  ducati  rùno  ....  li  cavalli  costano  da  trecento  fino  a  accento  ducati  l'uno, 
»  é  alcuni  eletti  per  la  sua  persona  da  goo.  fino  a  looo.  ducati  ...•  vivono  poc^ 
»  tempo  questi  cavalli ,  e  nun  nascono  in  questo  paese  t  ma  tutti  vengono  conJot- 
»  ti  dai  regni  d'Ormuz  e  di  Cambaja  »  (  Barros.  I.  e.  ) 

81 3.  OrmuSf  Diu/ar,  Pecher^  e  Aàem*  Leggesi  nell*  edizione  Sasilense  :  Ciir* 
mosy  Chisi,  Durfatj  Ser  e  Eden  (Nov,  Orb.  p.  406.)  Nel  testo  della  Crusca;  Quisai, 
FarSer^  Dan.  Valutabile  é  la  variante  Ser  invece  di  Pecher^  che  sembra  essere  il 
luogo  della  costa  d'Arabia  che  posteriormente  rammenta  col  nume  d'  Esder^  che  é 
Seger  sulla  costa  d'Arabia  . 

814  Cenio  Marche  d'argento .  Ossia  ottocento  once  del  peso  di  Francia.  Luo* 
gamente  tratta  il  Ducangio  della  marca.  Secondo  esso  la  voce  è  dWigine  Teutonica 
e  significa  segno.  La  marca  peso  dell'  oro  e  dell'argento  cominciò  ad  essere  in  usa 
ai  tempi  di  Filippo  I.J re  di  Francia  dal  107$,  al  1093.  Quattro  marche  erani> 
in  uso  in  Francia,  di  Tirojes^  di  Limoges,  la  Turonense ,  e  di  Roccella  o  d' loghiU 
terra  del  valore  -di  ao  soldi  Tornesi.  Di  questa  pia  generalmente  in  uso  può  conget- 
turarsi che  intenda  favellare  il  Polo.  Fuvvi  una  marca  della  Curia  Romana  che  in* 
cominciò  ad  essere  in  uso  sotto  Giovanni  XXII.  allorché  la  corte  pontificìn  riaìi 
va  in  Avignone  (Du  Cmg.  vox  Mirca.) 

8i5   Li  danno  da  mangiare.  (  y*  t.  1.  p.  171.  a.  e  ) 


4i3 

riverenza  di  tal  idolo,  e  immediate  tutti  i  suoi  pareoti,  e  amici 
lo  poQgOQO  sopra  liaa  cattedra  con  dodici  coltelli  ben  ammollati 
e  taglienti ,  e  lo  portano  per  la  città  esclamando  :  questo  valente 
uomo  si  va  ad  ammazzar  se  medesimo  *'^ ,  per  amor  del  tal 
idolo  •  £  giunti  al  luogo  dove  si  dèe  far  giustizia  ,  quel  che  dee 
morire  piglia  due  coltelli ,  e  grida  ad  alta  voce  :  io  m'  uccido 
per  amor  di  tal  idolo  j  e  subito  in  i\n  colpo  si  darà  due  ferite 
nelle  ooscie ,  e  dopo  due  nelle  braccia ,  due  nel  ventre  ,  e  due 
nel  petto .  £  co^  ncca  tutti  i  coltelli  nella  persona ,  gridando  ad 
ogni  colpo  :  io  mi  uccido  per  V  amor  di  tal  idolo .  £  poiché 
ha  fitti  tutti  i  coltelli  nella  vita  ,  l' ultimo  si  ficca  nel  cuore ,  e 
subito  muore  ^'7.  Allora  i  suoi  parenti  con  grand'allegrezza  abbru- 
ciano quel  corpo ,  e  la  moglie  immediate  si  getta  nel  fuoco  ^'^^ 
lasciandosi  abbruciare  per  amor  del  marito  :  e  le  donne ,  che 
ianno  questo ,  sono  molto  laudate  dall'  altre  genti  j  e  quelle  che 
non  lo  fanno  sono  vituperate  ^  e  biasimate . 

Questi  del  regno  adorano  gU  ìdoli ,  e  per  la  maggior  parte 
adorano  buoi,  perchè  dicono  che  il  bue  è  cosa  santa ,  e  niùa 


8i6.  Ammazzar  se  medesimo,  Dice  il  B*  Odorico  (  Hìst  p*  69.  )  •  »  Sunt  etiam 
»  aitiquit  dìcentes»  se  ìpsos  prò  deo  suo  iaterficera  velie,  ad  qooa  pareates  omnes,  et 
»  amici,  gmnesque  ìstrìones  contrada^ illìus  yenìunt ,  ut  ei  festum  fsicianty  quia 
»  prò  deo  suo  mori  intendìt .  Appendwit  ergo  ad  ejus  coliuim  quinque  cuItellos> 
»  acutissimos ,  ipsutn  cum  magnis  cantibus  antecedunt.  Tunc  ante  jdolum  stans, 
p  unum  accipit  eie  cukeUis,  et  alta  voce  clamat:  prò  deo  meo  incido  camem  meam^ 
p  sicque  incidit  de  carne  sua  ubi  placet,  eamque  prolùcit  in  faciem  jdoli,  dicens  i 
»  mori  promitto  prò  deo  meo,  et  sic  tandem  ibi  se  interficit.  Ipso  ergo  mor-* 
p  tuo,  statim  corpus  ejus  comburitur:  crediturque  ab  iliis  sanctum  esse  p. 

817.  (  y  1. 1.  p.  173*  n.  a  ) . 

818.  La  moglie  . , . .  si  getta  nel  fuoco .  Osserva  il  Carletti  essere  le  femmine 
Indiane  gelosissime  ;  e  fieramente  sdegnate,  e  se  iscuoprono  alcun  fatto  che  loro  di* 
apiaccia  appigliarsi  alla  vendetta  ,  la  quale  non  é  meno  che  avvelenare  ramante  : 
e  che  in  passato  usarono  anche  avvelenare  i  mariti  :  p  e  questa  corruttela  (  ei  sog- 
p  giunge)  aveva  preso  tanto  piede  nel  paese,  che  per  {sradicarla  dicono  che  s'in» 
p  troducesse  una  legge  inviolabile  tra  gì'  Indiani,  che  le  mogli  si  dovessero  abbru- 
p  ciare  insieme  coi  cadaveri  de'  loro  mariti,  acciocché  non  avessero  a  procurar  lo^ 
p  ro  la  morte  per  cagione  di  gelosia ,  o  per  capriccio  di  voler  maritarsi  con  altri .  11 
w  che  àon  potendo  far  senza  infamia»  le  più,  morendo  il  marito,  osservano  intmolte 
»   parti  dell'  India  la  detta  legge  non  meno  barbara  che  crudete  :  e  pure  sé  ciò  non 
p  facessero  sariano  tenute  infami  e  disoneste .  E  quel  che  è  più  questa  barbarie 
p  d'avere  a- morire  a  dispetto  della  natura,  non  e  solamente  contro  le  povere  mor 
9  gli ,  ma  passa  ancora  più  oltre ,  poiché  quando  muore  un  personaggio  ,  o  re  tut* 
»  te  le  sue  mogli ,  concubine  ,  scudieri  e  serve  iosieme  col  suo  corpo  s'abbruciano 

Si 


\ 

i 

mangerebbe  delle  carni  del  bue  ^'^ ,  per  alcuna  causa  del  mon- 
do .  Ma  v'  è  una  sorte  d'  uomini ,  che  si  chiamano  Gavi  •*• ,  i 
quali  benché  mangino  carne  di  bue,  non  però  ardiscono  d'uc- 
ciderli  •  Ma  quando  alcun  bue  muore  di  propria  morte ,  ovvero 
altrimenti ,  essi  Gavi  ne  mangiano  ;  e  tutti  imbrattano  le  loro 
case  di  sterco  di  buoi  •*' .  Hanno  queste  genti  per  costume  di 
sedere  in  terra  sopra  tappati.  E  se  sono  domandati,  perchè  ciò  fan- 
no*, dicono,  che  il  sedere  sopra  la  terra  è  cosa  molto  onorata, 
peroh^  essendo  noi  di  terra  y  ritorneremo  in  terra,  e  niuno  po- 
trebbe mai  tanto  onorare  la  terra,  che  fosse  bastevole  ,  e  però  non 
%\  dee  dispregiarla .  E  questi  Gavi,  e  tutti  della  loro  progenie  so- 
no di  quelli ,  i  predecessori  de'  quali  ammazzarono  San  Tom** 
maso  ^^' Apostolo:  e  niuno  dei  detti  potria  entrare  nel  luogo  do* 


#  (  cosa  veramente  compassionevole  ),  come  accadde  nella  morte  del  re  di  Narsii^ 
»  ga  p  che  aveva  un  novero  di  tali  persone  grandissimo  ».  (  Yiag.  tJI.  p.  i56.  v.  t  L 
p.  175.  n.  b  )• 

819.  Mano  mangierebbe  delle  carni  del  bue,  l\  P.  Paolino  cosi  discorre  nel  si- 
stema Bramanico  (  p.  197.  )  9  Uos  Muri  Kala  vel  paschu  dictus,  a  quo  Shiva  deus  » 
»  idest  sol ,  vel  Bacchus  pashubadì,  idest  dominus  vel  maritus  vaccae  denominatus 
»  fuit  #.  Narra  di  aver  veduto  a  Pondicheri  la  festa  del  bue  rappresentante  Shivi^ 
con  gran  pompa  e  apparato.  Secondo  un  missionario  da  lui  citato,  nell'opinione  di 
quelle  genti  il  tramutamento  d'un  anima  il  più  onorevole  dopo  quello  di  passare  nel 
corpo  umano  é  di  entrare  nel  corpo  del  bue  o  della  vacca  (Syst.Bram.p.i98}.  Narra 
poi  molti  altri  fatti,  i  quali  dimostrano  che  gl'Indiani  sono  non  meno  superstiziosi 
degli  antichi  Egiz]  nel  prestar  culto  al  bue  e  alla  vacca .  )r  Indorum  tanta  iu  vaccam 
»  religio  9  atque  hio(i:  in  Malabaria  bodiedum  in  toto  suo  vigore  existus  iUa  lex, 
»  qua  morte  addicitur  ille  qui  vaccam  interfìcit  1^  •  Furono  appiccati  cinque  uo* 
mini  nel  TVai^a/ic^e  perchè  avevano  ammazzata  una  vacca.  Un  catecumeno  disse  al 
Missionario:  »  che  l'uccider  la  vacca ,  e  mangiarne  la  carne  era  lo  stesso  che  Tue- 
cksber  la  madre  e  mangiarne  la  carne  (  ibid.  p.  199.  ).  D*  onde  avvenisse  tale  opinio- 
ne lo  abbiamo  altro  luogo  esplicato  (  1. 1.  p.  173.  n.  d  )• 

8ao.  Gavi  (  v.  1. 1.  p.  174.  n.  ) 

821.  Sterco  di  bove  *  Narra  il  Barbosa  che  le  donne  che  spazzano  il  palazzo 
del  re  di  Calicut  ^  imbolano.i  pavimenti  con  sterco  di  vacca  stemperato  (Ram.  t.  I. 
p*  558.  e.  ) .  Questa  superstizioue  deriva  dal  culto  che  rendono  a  quel  quadrupede. 
Marra  un  rito  più  sporco  il  P.  Paolino  :  che  agl'iniziati  nel  culto  di  Bhavani  e  di 
Lacksmi  fanno  bere  una  pozione  detta  pancadevj'a  composta  d'orina,  e  di  sterco 
di  vacea  stemperato  nell'  acqua ,  cui  aggiungono  latte  fresco,  burro ,  e  latte  acida 
(  Sjst.  Bram.  p.  2oa.  ) 

822.  Ammazzarono  San  Tommaso,  Come  avvertimmo  essendo  i  Gavi  1'  obietta 
e  detestata  tribù  Indiana ,  i  Cristiani  di  Coulam  o  del  Travancore^  dai  quali  il  Polo 
sembra  avere  attinte  le  tradizioni  relative  ali*  Apostolo»  avranno  imputata  a  qucli* 
taf  «ìlice  e  caluoiiiaCa  trìbù  tal' empia  uccisione. 


4i5 

V  è  il  corpo  del  bealo  Apostolo ,  ancorché  ti  fosse  portato  per 
dieci  uomini^  perchè  detto  luogo  non  riceve  alcuno  di  loro  per 
la  virtù  di  quel  corpo  santo  • 

In  questo  regno  non  nasce  alcuna  biada ,  se  non  risi ,  e  su* 
bimani.  Queste  genti  vanno  alla  battaglia  con  lancie,.e.  sca- 
di **^ ,  sono  nude ,  e  sono  genti  vili ,  e  dà  poco ,  eenz'  alcuna 
pratica  di  guerra .  Non  ammazzano  bestia  alcuna ,  ovvero  ani- 
male ,  ma  quando  vogliono  mangiar  carne  di  montoni,  o  altre 
bestie^  ovvero  uccelli ,  le  fanno  uccidere  '**  da  Saraceni ,  e  da 
altre  genti ,  che  non  osservano  i  costami ,  e  leggi  loro.  Si  lava- 
no ^^\  cosi  nomini  come  donne  due  volte  il  giorno  in  acqua  tutto 
il  corpo,  cioè  la  mattina ,  e  la  sera.  Altrimenti  non  mangieriano, 
né  beveriano ,  se  prima  non  fossero  lavati  ;  e  quello ,  che  non 
Si  lavasse  due  volte  il  giorno  saria  tenuto  come  eretico.  £  è  da 
sapere,  che  nel  suo  mangiare  adoperano  solamente  la  mano  de- 
«tra  ^^,  né  toccherebbero  cibo  alcuno  con  la  mano  sinistra,  e  tutt# 


8aS,  Conlancie  e  Scudi,  t  Questi  dell'  India  prima  addprano  zagaglie  e  spa« 
^  de  in  guerra  braccialetti ,  e  rotelle ,  archi  e  frecctc ,  e  celate ,  camicie  di  maglift 

#  e  corazze  ( Niccol.  Conti .  Ram.  v.  i.  p.  58o.  D).  Questi  signori  (del  Decan)  han- 

#  no  tende  fatte  di  panno  di  gotton  ,  nelle  quali  abitano  andando  per  cammino  in 
»  guerra ,  cavalcano  alla  bastarda  «  e  combattono  tutti  in  scila  j  portano  alcune 
9  lance  lunghe  e  leggere  col  ferro  quadrato  »  lungo  tre  palmi  molto  forte  :  vanno 
%  coperti  con  certi  sagi  impuntiti  di  gotton  ,  che  chiamano  Landes .  Altri  li  por- 
»  tano  di  maglie,  e  li  cavalli  imbardati ^  altri  hanno  azze  ,  e  mazze  di  ferro  e  due 
9  spade ,  una  targa  j  e  un  arco  turchesco  con  molte  frecce  »  (Barb.  1.  e.  p.33a.  G) 
II  modo  d'armarsi  neli'  Indie  é  variato ,  e  tolto  dalle  diverse  genti  che  ivi  sonoai 
stabilite  più  bellicose  de'  natii . 

824*  E  altre  bestie  le  fanno  uccidere .  Gl'Indiani  prestano  un  culto  agli  animali^ 
onfle  è  che  non  osano  ucciderli  :  di  ciò  discorre  il  P.  Paolino  (  S^st.  Bram.  p.  195. }  • 
la  altro  scritto,  ei  dice:»  ecco  l'origine  del  culto  degli  animali .  £ssi  sono  venera- 
»  ti  per  causa  delle  loro  proprietà,  le  quali  hanno  qualche  rapporto  colle  cose  mo- 
%  rali  e  divine  (  s'intende  di  quelle  genti  ),  come  accadeva  degli  Egizi ,  presso  cui  gli 
»  animali  sacri  non  erano  che  simboli ,  emblemi,  ed  enimmi  »•  (  Yiagg.  ali' Ind. 
Orient.  p.  161.) 

8a5.  Si  ladano.  (  v.  t.  1.  p.  175.  n.  )  »  Leviora  peccata  etiam  hoc  modo  ex- 
»  piant  ?  adeunt  plebei  sacrificulum  sacerdotem ,  ac  facta  corporis  prostratione  •  .  .  4 
9  levesuum  peccatum  Sacerdoti  annuntiant.  Hicy  aqua  lustrali  tirtam  dieta  poeni- 
»  tentem  conspergit,  «e  super  eum  orationem  aliquam  seu  mandram  rccitat,  atque 

»  ut  poenitens  ipse  se  postea  lavet  iniungit .  Qui  persoluto  sacerdoti  prelio 

9  iterum ,  iterumque  se  in  flUminae  aliquo ,  aut  stagno  lavat  » .(  Sjst.  Uratman  p.36.  )• 

826.  La  mano  destra.  Tutti  questi  usi  relativi  al  mangiare  e  al  bere  loceati  dal 
Polo»  confermali  nella  relazione  del  ceremoniale-  della  mensa  del  re  di  Calicut  il 


4i6 

le  cose  monde  e  belle,  operano,  e  toccano  con  la  mano  destra, 
perchè  l' officio  della  mano  sinistra  è  solamente  circa  le  cose  ne- 
cessarie brutte ,  e  immonde ,  come  saria  far  nette  le  paiti  ver* 
gognose ,  e  altre  cose  simili  a  queste.  Item  bevono  solamente  con 
boccali ,  e  ciascuno  col  suo ,  né  alcuno  beveria  col  boccale  d'un 
altro;  e  quando  bevono,  non  si  mettono  il  lx)ccale  alla  bocca *% 
ma  lo  tengono  elevato  in  alto,  e  gettausi  il  vino  in  bocca ^  né 
toccherebbero  il  boccale  con  la  bocca  per  modo  alcuno ,  né  dariano 
bere  con  quei  boccali  «d  alcun  forestiere:  ma  se  il  forestiero  non 
averà  vaso  proprio  da  bere ,  essi  gli  gettano  del  vino  in  tra  le 
mani ,  e  egli  berrà  con  quelle ,  adoperando  le  mani  in  luogo 
d' una  tazza . 

In  questo  regno  si  fa  grandissima  e  diligente  giustizia  ^^  di 
ciascun  maleficio,  e  de^debiti,  s'osserva  tal  ordine  appresso  di  loro» 
Se  alcim  debitore  ^'^  sarà  più  volte  richiesto  dal  suo  creditore,  e 
ch'ei  vada  con  promissioni  differendo  di  giorno  in  giorno,  se  il  credi- 
tore lo  possa  toccare  una  volta ,  talmente  eh'  ei  li  possa  designare 
un  circolo  attorno,  il  debitore  non  uscirà  fuor  di  quel  circolo,  fin- 
che non  avrà  sodisfatto  al  creditore ,  ovvero  gli  darà  una  cauzio- 
ne ,  che  sarà  sodisfatto .  Altrimente  uscendo  fuori  del  cìrcolo 
come  transgressore  della  ragione ,  e  giustizia  sarà  punito  col  sup- 
plicio  della  morte .  E  vidde  il  sopradetto  M.  Marco  nel  suo  ri- 
torno a  casa  •^^ ,  essendo  nel  detto  regno ,  che  dovendo  dare  il 
re  ad  un  mercante  forestiero  certa  somma  di  denari ,  e  essendo 
più  volte  stato  richiesto ,  lo  menava  con  parole  alla  lunga ,  un 
giorno  cavalcando  per  la  terra  il  re ,  il  mercante  trovata  4'  op- 
portunità ,  li  fece  un  circolo  attorno  circuendo  anco  il  cavallo , 


Barbosa  (  Ram.  1.  c«  p.  SSg.  B  )  »  Essi  maugianu  colia  mano  destra  non  adoprand»' 
»  mai  per  questa  funzione  la  sinistrai  petxhè  ella  serve  alle  funzioni  vilissime  •  .  • 
9  quindi  la  mano  sinistra  e  stimata  come  impura  »  (  Paut.  da  S.  Bartoi.  Yiag.  p.  1 1 3.  )* 

827.  Non  si  mettono  il  boccale  alla  bocca.  Ciò  conferma  Pietro  della  Valle 
(  Viag.  t.  III.  p.  62.  ) 

8a&  Diligente  giustizia .  Dice  il  Bartema  di  Narsìnga  r  »  In  questo  reanie  si 
»  può  andare  sicuramente  per  tutto  »  (Le.  p.  775.  B) 

829.  Se  alcun  debitore.  Ciò  afferma  ancì)e  il  Bartema .  (  ibid.  p^  175  ) 

85o.  E  9ide  Messer  Marco  nel  suo  ritorno  a  casa.  È,  evidente  che  partendosi  ds^ 
Cejrlan  prese  terra  sul  continente  infaccia  all'isola  in  qualche  porto  del  Madurèt  ma 
non  é  agevole  Io  stabilire  ove;  forse  a  Tutacorin  ch'è  in  faccia  al  Cejlan^e  ciò  pro- 
babilmente, per  dare  qualche  riposo  alla  sposa  d'Argun.  Di  questo  porto  parla  il 
JBdiTos  (  Dee.  i.  p.  170  ) 


4*7 
i  che  vedendo  il  re  non  volse  col  cavallo  andar  più  oltre,  né  di  H 
si   mosse  finche  il  mercante  non  fu  sodisfatto.  La  qoal  cosa  ve'* 
duta  dalle  genti  circostanti ,  molto  si  maravigliarono ,  dicendo , 
che  giustissimo  era  il  re ,  avendo  ubbidito  alla  giustizia  • 

Detti  popoli  j  si  guardano  grandemente  da  bere  vino  ^^'  fiit- 
to  d' uva ,  e  quello  che  ne  bee  y  non  si  riceve  per  testimonio,  ne 
quello  che  naviga  per  mare ,  perchè  dicono ,  che  chi  naviga  per 
mare  ^^^  è  disperato ,  e  però  non  lo  ricevono  in  testimonio .  Non 
reputano ,  che  la  lussuria  sia  peccato ,  e  vi  è  così  gran  caldo ,  che 
gli  è  una  cosa  mirabile ,  e  però  vanno  nudi  ^^^ ,  e  non  hanno 
P^^g^  ^^^  9  56  non  solamente  del  mese  di  Giugno ,  Luglio ,  e 


83i.  Da  bere  F'ino  (  V.  1. 1.  p.  175.  n.  e  ) .  Secondo  il  P.  Paolino  lo  stadio  dei 
Bramani  è  di  mantenere  il  popolo  frugale  e  temperante ,  lo  che  è  conveniente^  e 
adattato  a  quel  clima  (  Syst.  Bruhm.  p-gS.).  Osserva  che  i  militari  Indiani  per  quan- 
to siano  d'ordinario  altrove  la  classe  la  meno  temperante  dei  cittadini ,  ivi  si  ciba- 
no di  riso ,  di  frutta,  d'erbe ,  e  bevono  acqua  di  rìso.  L'uso  di  alcune  droghe  ine- 
brianti lo  preitderono  dagli  Arabi  (ibid.  p.  226^) 

85a.  Chi  naviga  per  mare  (  Y.  1. 1.  p.  175.  n.  D.  ) 

855.  Fanno  nudi,  „  Le  donne  e  gli  uomini  delle  tribù  basse  .  .  portano  un  sola 
»  panno  di  tela  di  cotone  intorno  ai  reni,  e  il  resto  del  corpo  rimane  ignudoì>(  a  Paul; 
da  S.  Bartolom.  Viag.  p.  1 1 1 .  ) 

854.  A'on  hanno  pioggia.  Tanto  Pietro  della  Valle  (V.  1. 1.  p.175.  n.  e),  quan- 
to il  Carletti  parlano  di  queste  piogge  annuali  dei  mesi  di  Maggio,  Giugno ,  Lugfìa 
e  Agosto  (  T.  II.  p.  265.  ) .  Ma  V  uno  le  rammenta  nel  parlar  "di  SurfH  V  altro  di 
Coo,  ossia  sulla  costa  di  Malaban'DaL  ciò  si  ravvisa  che  il  Polo  osservò  quest<i  fe-^ 
nomeno  quando  navigava  lungo  il  paese  di  Malajala  o  il  Malabar .  Taglia  da  set- 
tentrione a  mezzodì  la  penisola  Indiana  una  catena  di  monti ,  nella  guisa  appunto 
che  fa  l'Appennino  dell'Italia,  catena  detta  Gauts  o  Gates  dai  uaij,  voce  che  signifì- 
•a  strette  o  gole.  S'inalza  questa  catena  ad  un  tratto  dal  paese  di  Concan,  e  lungo  la 
costa  Malabaricasi  prolunga,  sino  al  Capo  Camorino.  Sì  dilata  in  ampiezza  dall'una 
all'altra  opposta  costiera,  sollevandosi  gradatamente  a  ripiani  spaziosi,  (ertili  e  po- 
polati ,  e  che  servono  di  base  a  monti  più  alti  :  su  queste  pianure  si  respira  aria  ivt^ 
aca  e  salubre,  d  a v vene  di  tale  ampiezza  che  si  estendono  dall'una  all'  altra  parte 
della  penisola.  La  parte  centrale  della  catena  si  appella  Balla  Gaut^o  Gaut  «uperioi  e 
(Renn.  Descrip.  de  l'Ind.  1. 1.  p.  195).  Il  Ribeyro  che  attraversò  quella  regione 
montuosa»  dice  che  alcuni  monti  di  quella  catena  hanno  due  leghe  d'  altezza,  che 
non  vi  si  vede  che  cielo  e  spaventevoli  scogliere  sleriiissime  :  non  sonovi  né  pozzi,, 
né  fontane,  e  in  tre  soli  fiumi  s' imbattè  nel  suo  viaggio.  Conferma  poi  che  fertili  e 
popolose  sono  quelle  pianure  pedemontane,  coperte  di  borghi  e  villaggi  fabbricati 
sulla  riva  di  qualche  stagno  .  Il  grano  e  le  biade  vi  prosperano ,  e  vi  abbondano  le 
mandre  (  Hist.  du  Ceyl.  p.  5  ).  Questi  monti  corrono  parallelamente  alla   costa  di 
Malabar,  e  fra  essi  e  il  mare   vi  è  una  pianura  che  da  40  9  si  estende  sino  a  70.  mi- 
glia d'ampiezza.  Veduti  quei  monti  dalla  marina  hanno  aspetto  maestoso  e  magni- 
fico. La  costiera  orientale  appellasi  Ciolomandala^  o  terra  del  miglio  ;  l'occidenUla 


4i8 

Agosto  ;  e  se  non  fosse  quest'  acqua ,  che  piove  questi  tre  mesi , 
che  dà  refrigerio  all'  aria  ^  noa  si  potria  vivere . 

Wi  sono  ancora  molti  savi  iu  una  scienza ,  che  si  chiama  Fi* 
sionomia  ^^^ ,  la  qnale  insegna  a  conoscere  la  propieià ,  e  qualità 
degli  uomini ,  che  sono  buoni ,  b  cattivi  :  e  questo  conoscono  su- 
bito ,  che  veggono  T  uomo ,  e  la  donna  •  G)noscono  anche  quel 
che  significa  incontrandosi  in  uccelh  o  bestie .  £  danno  mente  al 
volare  degli  uccelli ,  più  di  tutti  gli  uomini  del  mondo ,  e  pre- 


Malajrola ,  o  paese  delle  montagne ,  e  dagli  Arabi  Malabar,  'Questa  catena  al- 
terna le  stagioni  sulle  opposte  costiere  della  penisola,  fenomeno  il  più  ammi- 
rabile che  veder  si  possa  nell'  India.  La  state  comincia  sulla  costa  CiolomandoUk 
nel  mese  di  Giugno^  su  <{uella  di  Malabar  nell'  Ottobre  e  viceversa  1*  inTemo  .  E 
mentre  i  turbini,  i  tuoni , Je  pioggie,  le  alluvioni  a£Biggono  il  Malabar ,  aria  mite  e 
piacevole  godesi  nel  Coromandel,  e  vi  si  raccolgono  le  messi  (  Paul  a  S.  Bartoltfm« 
Viag.  p.  a  ).  In  Pondicherj  dal  7  al  26  di  novembre  caddero  la  pollici  e  9  linee  d'a* 
equa  nel  1796  secondo  l' asserzione  del  Gentil,  e  fugli  detto  che  in  queir  anno  era 
pioggia  discreta. 

855.  Scienza  che  si  chiama  Fisionomia  (  V.  t.  L  p.175  n.  h  ).  Parla  di  tali  impo- 
stori di  Macao  il  Carletti.  p  Sono  dediti,  ei  dice,  air  astrologia,  ed  applicando  seria- 
»  mente  e  di  proposito  non  solo  ad  essa ,  quanto  ad  ogni  altra  arfe  d' indovinare , 
»  osservano  in  tutte  le  loro  azioni  ogni  ora,  ed  ogni  punto,  che  dagli  astrologi  sia 
»  stato  pronosticato  o  buono,  o  reo.  Fanno  ancora  gran  capitale  delle  fisonoroie,  fat- 
»  tezze ,  ed  aspetto  della  persona,  delle  parole,  de'sogni,  e  de'  segni  delle  mani,  0  m 
»  altri  luoghi  della  vita,  fino  a  voler  vedere  sotto  le  piante  dei  piedi  ....  Notano 
»  ancora  per  lo  stesso  fine  con  molta  diligenza  e  attenzione  il  volare,  il  cantar  degli 
»  uccelli,  l'incontrare  una  cosa  più  che  un'  altra  »  (  Viag.  t.  II.  p.  i55  ).  Talché  si 
ravvisa  che  coH'  idolatria  Indiana,  sonosi  diffuse  le  stesse  credulità  astrologiche 
peri  utto  ove  si  è  diffusa  .  L' uso  posteriormente  rammentato  dal  Polo  di  notare 
r  ora  del  nascimento  dei  fanciulli  lo  conferma  il  P.Paolino  (  Viag.  p.  187  )•  •  Li 
»  Bi  amani  non  sono  meno  diligenti  nell'  annotare  tutte  le  nascite  dei  fanciulli  nei 
»  loro  Pagodi  o  tempi ,  dove  sempre  si  trova  uno  o  due  Bramani  pagati  dal  tempio 
»  medesimo  per  notare  i  nascimenti ,  e  le  morti,  e  i  maritaggi ,  e  le  diverse  occor» 
»  renze  delle  tribù.  E'  cosa  facile  a  questi  franar  o  calcolatori  di  dare  un  distinto 
»  ragguaglio  della  nascita,  vita,  e  fortuna  d'una  persona,  in  maniera  ohe  sorprende, 
»  la  quale  sebbene  tutta  combinata  dalle  circostanze  naturali ,  sembra  però  conte* 
»  nere  una  profezia.  .  .Questi  astrologhi  vengon  chiamati  dal  padre  del  neonato  •  • 
».  calcolano,  il  punto  del  nascimento  per  vedere  sotto  qual  costellazione  o  pianeta  la 
»  creatura  nacque,  e  da  quel  calcolo  predicono  la  fortuna  «  ed  il  destino  che  deve 
»  avere  iu  questo  mondo.  Questo  destino  da  loro  detto  Giadaga^  vien  segnato  dal 
»  dio  Brama  nella  testa  del  figlio  ».  E  il  viaggiatore  saviamente  i  iflette  che  la  per* 
suasione  di  quel  destino  Vcn  le  gì'  Indiani  quasi  tutti  Stoici,  ed  io  direi  fatalisti.  Po- 
trebbe darsi  che  la  voce  Choiach  usata  dal  Polo  posteriormente  sia  corruzione  o  er- 
ronea trascrizione  di  quella  detta  dal  P.  Paolino  Giadaga  poiché  sembra  esprimere 
questa  sorte. 


4*9 
▼eggono  il  bene ,  e  il  male .  Item  per  ciascun  giorno  della  set* 
timana  hanno  un'ora  infelice,  qual  chiamano  Choiacii ,  come  il 
giorno  del  lunedì  l' ora  di  mezza  terza  ^^  ^  il  giorno  del  mar- 
tedi  r  ora  di  terza ,  il  giorno  di  mercoledì  V  ora  di  nona  .  E  co- 
sì di  tutti  i  giorni ,  per  tutto  V  anno  y  li  quali  hanno  descritti ,  e 
determinati  ne'  loro  libri  :  e  conoscono  V  ore  del  giorno  *^'  al  con- 
to de'  piedi ,  che  fa  1'  ombra  dell'  uomo  quando  sta  ritto  ^  e  si 
guardano  in  tal  ore  di  far  mercati ,  o  altre  faccende  di  mercanzie^ 
perche  dicono  che  li  riescono  male .  Item  quando  nasce  alcun  fan-- 
ciullo,  o  fanciulla  in  questo  regno ,  subito  il  padre ,  o  la  madre  fanno 
mettere  in  scritto  il  giorno  della  sua  natività,  e  della  luna  il 
mese  e  1'  ora  •  £  questo  fanno  perchè  esercitano  tutti  i  loro  fatti 
per  Astrologia  ,  e  tutti  quelli  eh'  hanno  figliuoli  maschi ,  subito  : 
che  sono  In  età  d' anni  tredici  li  licenziano  di  casa ,  privandoli  del 
vivere  di  casa  .  Perchè  dicono ,  che  oramai  sono  in  età  di  potersi 
acquistar  il  vivere,  e  far  mercanzie ,  e  guadagnare  ;  e  a  ciascuno 
danno  venti ,  o  ventiquattro  gro^i ,  ovvero  moneta  di  tanta  valu^ 
ta  .  Questi  fanciulli  non  cessano  tutto  il  giorno  correre  or  qua ,  or 
là  j  comprando  una  cosa ,  e  dopo  vendendola .  £  al  tempo  che 


836.  Mezza  rerza.  Per  consuetudine  il  giorno  civile  era  diviso  in  dodici  ore  diu- 
rne e  in  ultrtttante  notturne,  e  in  varie  ore  del  giorno  ai  dicevano  le  ore  canoniche, 
come  oggidì  nei  capitoli  delle  cattedrali.  Prima,  si  diceva  alla  prima  ora  del  giorno  , 
terza  alla  terza,  sesta  a  mezzodì,  e  nona  tre  ore  dopo.  Talché  mezza  terza  cadeva 
fra  prima  e  terza .  11  Boccaccio  disse  (  Gior.  V.  Nove!.  3  )  ♦  Perchè  entrati  in  via  , 
9  nella  mezza  terza  vi  giunsero  t.  Anche  Dante  usò  queste  maniere  di  esprìmere 
le  varie  parti  del  giorno  . 

»  Forse  sei  mila  miglia  di  lontano 

»  Ci  ferve  V  ora  sesta  »  o  il  mezzodì  • 

(  Farad.  Cunt.  xxx.  )  » 

E  nel  Can.  >cv.  del  Farad,  v.  97. 

»  Fiorenza  dentro  dalla  cerchia  antica  » 

»'  Ond'  ella  toglie  ancora  e  terza  e  nona  ». 
Cioè  dai  luoghi  ove  davano  cenno  colla  campana  dell'  ora  di  terza ,  e  di  nona ,  per«^ 
«he  al  suono  di  quelle  ore  gli  operai  cessavano  dai  lavori  o  riprendevaoli . 

857  Conoscono  r ore  del  giorno.  La  consuetudine  d*  osservare  la  lunghezza 
dell' ombra  del  proprio  corpo  nelle  varie  ore  del  giorno,  ne  danna  certa  cognizione 
in  quel  paese  sopratutto  tanto  prossimo  alla  linea  equinoziale.  Flacourt  asserisce  la 
•tessa  cosa  dei  Madècassi,  o  abitanti  del  Madagascar?»  les  heures  du  jour  se  connois* 
»  scnt  par  V  ombre  de  1*  homme  debout  au  Soleil.  Us  la  nomment  Saa.  »  (  Hist^Gettf 
4esVoy.  t.Vlll.p.6a4). 


4^0 

81  pescano  le  perle  ^^  ^  corrono  alli  porti ,  e  comprano  dalli  pescato- 
ri, e  da  altri^  cinque  o  sei  perle ,  secondo  che  possono ,  e  le  por- 
tano ai  mercanti  ^  che  stanno  nelle  case  per  paura  del  sole  ,  dicen- 
doli :  a  me  costano  tanto ,  datemi  quello ,  che  vi  piace  di  guadagno  : 
ed  essi  li  danno  qualche  cosa  di  guadagno  oltre  il  prezzo,  che  sono 
costate  loro .  £  cosi  s' esercitano  in  molte  altre  cose,  facendosi  ot- 
timi  e  sottilissimi  mercanti ,  e  dopo  portano  a  casa  delle  loro  ma- 
dri le  cose  necessarie ,  e  esse  le  cucinano  ^  e  apparecchiano ,  ma 
non  mangiano  cosa  alcuna  a  spese  de^  padri  loro . 

Item  in  questo  regno ,  e  per  tutta  V  India ,  tutte  le  bestie  ,  e 
uccelli  sono  diversi  da'  nostri ,  eccetto  le  quaglie ,  le  quali  s' as- 
somigliano alle  nostre .  Ma  tutte  Taltre  cose  sono  diverse  da  quel- 
le ,  che  abbiamo  noi .  Hanno  j>ipistrelli  grandi  ^^ ,  come  sono  asr 
tori  ,  e  gli  astori  negri  come  corbi  j  e  molto  maggiori  de'  Qostri, e 
volano  velocemente ,  e  prendono  nccelli . 

Hanno  ancora  molti  idoli  ne'  loro  monasteri ,  di  forma  di  ma- 
schio ,  e  di  femmina ,  a'  quali  i  padri ,  e  le  madri  offeriscono  le 
figliuole  ^^  5  e  quando  1'  hanno  offerte ,  ogni  volta ,  che  li  monaci 
di  quel  monasterio  ricercano,  eh'  elle  venghinoa  darsolazzo  agi' 
idoli ,  subito  vanno,  e  cantano ,  e  suonano  ^*"  facendo  gran  festa ,  e 
dette  donzelle  sono  in  gran  quantità,  e  con  gran  compagaie,  e  por- 


858.  Al  tempo  che  si  pescano  le  perle.  E'  mirabile  l' esatezza  d^  Polo  che  si 
ravTisa  nelle  più  piccole  particolarìti.  Ribeyro  dice  (  Hist.  du  Cejl.  p.  169  )  che  nel 
tempo  della  pesca  delle  perle:  »  outre  les  gens  de  la  barque,  les  enfans  du  voimaga 
ir  ne  manquent  pas  d*accoarìr  sur  les  borda  de  la  mer,  et  d'offrir  leurs  servìces^plutot 
»  pour  pouvoirrolerqaelqueshuitres«quepouraider  lesmarinersou  lesmarcliandsa 

839.  Pipistrelli  (  V.  1. 1.  p.  1 76.  n.  ) 

840.  Offeriscono  le  figliuole  (  ibid.  n.  b  ).  Ciò  conferma  il  Ralatore  Maomettano 
del  Renaudot,  che  appella  quelle  cortigiane  le  donne  degl'  idoli  (  p.  109  )• 

841-  Cantano  e  suonano.  Sono  le  Devadasi  o  Baglìadares  (  T«  L  L  e.  n.  e  )  cosi 
descrilte  dal  GarleUi .  »  Non  vi  mancano  altresì  donne  graziosissime»  e  galanti  nel 
1^  portamento  ,  che  vanno  per  dare  spasso  e  piacere  a  chi  di  ciò  si  diletta  •  Delle 
»  quali  donne  alcune  sono  musiche,  altre  ballerine,  ed  altre  giocolatrìci,  tutte  però 
T^  manierosissime»  talché  nessun  galantuomo  si  vergogna  di  riceverle  in  casa ,  e  di 
sr  gustare  non  solo  dei  giuochi  che  con  somma  destrezza,  e  somma  bravura  fanno 
9  vedere,  ma  ancora  dei  loro  «mori,  ne'quali  non  sì  può  dire  quant'elle  sieno  gra- 
»  ziose  e  dì  quante  belle  e  artificiose  maniere  si  servano  per  incitare,  e  muovere 
»  r  affetto  di  chi  che  sia  »  (  t.  II.  p.  267  ).  Un  clima  ardentissimo  ,  uà  empio  culto 
che  favoreggia  la  dissolutezza,  le  artificiate  e  vezzeggianti  maniere  di  quelle  fem- 
mine, tutto  tende  a  render  quelle  genti  contaminate  e  dissolute.  Perciò  afferma  il 
Polo  poco  sopra  che  non  reputano  quelle  genti  che  la  lussuria  sia  peccato  . 


idno  mdCe  iidiie  la  settimana  a  mangiare  agV idoli,  a' quali  son(> 
offerte  ;  e  dicono  ^  che  gì'  idoli  mangiano ,  e  di  apparecchiano  la  ' 
tavola  avanti  di  loro  con  tutte  le  vettovaglie  eh'  hanno  portato  y  e 
la  lasciano  apparecchiata ,  per  lo  spazio  d' una  buona  ora  sonando 
e  cantando. conlinuamente,.  e  facendo  gran  sollazzo  j  qual  dura' 
tanto  quanto  un  gentil'  uomo  potria  desinar  a  suo  comodo  •  Dico^ 
no  ;)Uora  le  donzelle ,  che  ^i  spiriti  degl'  idoli  hanno  mangiato 
ogni  cosa  ,  e  loro  poi  si  pongono  a  mangiare  attorno  gì'  lAcAì ,  e 
dopo  ritornan'  alle  loro  case .  £  la  causa  perchè  le  fanno  venire  a' 
fare  queste  feste  è,  perchè  dicono  i  monaci  ^  che  '1  dio  è  turbato , 
e  adirato  con  la  dea,  né  si  congiungono  1^ uno. con  l'altro^  né 
si  parlano ,  e  che  se  non  faranno  pace ,  tutte  le  faccende  loro  an- 
deranno  di  male  in  ~f  >eggio^  e  non  li  daranno  la  benedizione  e  grazia 
loiY)  ^  é  però  fanno  venir  le  dette  donzelle  al  modo  sopraddetto 
tutte  •  nude ,  eccettoche  si  cuoprono  la  natura ,  e  che  cantano 
avanti  il  dio,  e  la  dea.  E  hanno  opinione  quelle  genti,  che  il 
dio  rpojiie  f  ohe  sii  aolazza  c(Mi  quella ,  e  che  si  congiungono  in^ 
tteme .  ;  . 

Gli  uomini  hanno  le  loro  lettiere  di  canne  leggierissime ,  e 
don  tale  artificio,  che  quando  vi  %ono  dentro,  e  vogliono  dor- 
ipire  si  tirano  con  corde  appresso  al  solaro ,  e  qui^^  si  fermano.* 
Questo  fanno  per  schivare  le  tarantole ,  le  quali  mordono  gran* 
demente ,  e  per  schivare  le  pulci  e  altri  verminuzzi ,  e  per  pì-v 
gliar'  il  .vento  ]>er  mitigar'  il  gran  caldo ,  che  regna  in  quelle  ban- 
de •  Lia  qual  cosa  non  fanno  tutti ,  ma  solamente  i  nobili  e  gran- 
di y  perocché  gli  altri  doiinono  s(^ra  le  strade .  ^ 

INella  provincia  delta  di  Maabar  *^* ,  v'-è  il  corpo  del  glo- 
rioso/ M.  San  Tommaso  apostolo,  eh' ivi  sostenne  il  martirio, 
ed  è  io  una  piccola  città ,  alla  qual  vanno  pochi  mercanti  per  non 
essere  luogo  a  loro  proposito ,  ma  vi  vanno  infiniti  Cristiani  e 
Saraceni  per  devozione,  perchè  dicono^  ch'egli  fu  grau  profeta, 
e  lo  chiamano  Anania  ^^^ ,  cioè  uomo  santo ,  e  li  Cristiani  che 


84a  Nella  provincia  detta  di  Maabar.  Anche  qui  era  erroneamente  scritto  Afu- 
labur^ÌBL  qvi  Ai  ha  una  solenne  conferma  che  deve  leggersi  Maabar  poiché  il  corpo  di 
S.Tomnnaso  era  nella  città  del  suo  nome  detta  ancora  Afeliapuri  sulla  costa  del  Coro^ 
'niaìtdei  •  li  nòstro  codice  porta  infatti  Maabar  e  non  già  Idalabar  (  v.  t.  I/pag.  179. . 

^th  >.  ' 

843»  Anania.  I  fari  tes(i portano  molte  yarMoti  •  U  nostro  /^arnV .  H  Cod>  Aie*  ' 

54 


fwoo  à  quejiU  d}vo2ìone  j  logUono  della'  tem  di  «(ttel  làoge  i)^' 
y-egli  ftt  ucciso,  la  qual'è  rossa,  e  |x>riaDsel!a  seco  con  riveren« 
7a ,  e  spesso  fanno  miracoli,  perchè  distemperala  in  acqua  ^  la 
danno  a  bere  agji  amniialaiì ,  e  guariscono  di  diverse  infermità  f  ^ 
neir  anno  del  Signore  i  288  ^^^  un  gran,  principe  di  quella  terra  nel 
tempo ,  che  si  raccolgono  le  biade ,  avea  raccolto  grandissinu 
quantità  di  risi ,  e  noni  avendo  case  abbastanza  ,  dovo  poiesse  ri« 
porli ,  li  parve  di  metterli  nelle  case  delia  Chiesa  di  S.  Tom- 
niaso ,  contra  la  volontà  delle  guai*die  di  quelle ,  quali  pregava- 
no ,  che  non  dovesse  occupare  Le  Case  dove  alloggiavano  li  pere- 
girini  ^  che  venivano  a  visitar  il  corpo  di  quel  glorioso  Santo  : 
ma  lui  ostinato^  ve  li  fece  mettere.  Or  la  notte  seguente,  que* 
SulB  Santo  A})ostolo  apparve  in  visione  al  piiucipe ,  tenetido  una 
liancetta  in  mano,  e  ponendogliela  sopra,  la  gok,  gli  disse  :  Se  non 
poterai  le  case,  che  nx'hai  occupato^,  io  ti  farò  malamente  mo- 
rire. Il  jirincipe  svegliatosi  tutto  tremante,  immediate  fece  far 
quanto  ^li  era  stato  comiiodato  :  e  disse  pubblicaineiuea  tutti,  co* 
me  egli  aveva  veduto  in  visione  detto  Apostolo  ;  e  molti  altri  mi*- 
sacoli  tutt'  il  giorno  si  veggono  per  intercessione  di  questo  beato 
Apostolo.  1  Crisiiani ,  che  custodiscono  detta  Chiesa  ,  nanno  molti 
alberi ,  che  fs^no  le  noci  d' India ,  com'  abbiamo  scritto  di  sopra, 
1  quali  li  danno  il  vivere ,  e  pagan'  ad  iiu  di  quésti  re  fratelli  un 
grosso  ogni  mese  per  arbore.  Dicono,  che.  quel  santissimo  Aposto* 
lo,  fu  morto  in^<|iiesio  modo  ^^^,  eh! essendo. lui  in  un  romi- 
torio in  orazione ,.  v'  erano  intorno  moki  pavoni ,  de*  quali  quelle 
contrade  sono  tuue  ripiene  ;  un'  idolatra  della  generazione  dei 
Gavi^  delti  di  sopra-,  passando  di  quivi ,  né  vedendo  detto  sauto, 
virò  con  una  saetta  ad  im  pavone,  la  quale  andò  a  ferire  nel  co- 


eirdiano  Amann  am .  L*  edizione  Bjsilense  Avarijam  .  Credo  retta  la  Lesione 
musiana,  perchè  aiccome  i  Cristiani  di  quella  parte  dell'  India  usano  i  Libri  Sduli  ìq 
lingua  Siro-Caldeoi  poterono  dare  tpiesto  nome  a  S.Toramaso  che  significa  in  Ebrai- 
co Nubes  Domini  (  Blbl.Sacr.  ex  Officia.  Kant.  i6a4.  Voi.  IL  Tab.  Yoc  Hebraic.  et 
Giaec.  rum  interpretat  ). 

844 ,  AÉiiledugentottantoiio  •  Cosi  il  nostro  tostO;  e  il  Aiocardiano.  U  Magliaha* 
cl^ianoll.  1258. 

845.  Fu  mono  in  questo  modo .  Ciò  fu  narrato  dai. Cristiani  di  S.  Toiammao  al 
Folo.  Quei  di  Coulan^  questa  pia  ti  adizione  intorno  olla  morte  del  glorioso  S.  Ap#« 
Jt5>lo  narrarono  al  Biàfbosa  colle  pariJL^f^larita  jaad€Mnit*(  lUm.  t  i.  fk  349> 


4^3 

étato  di  quei  santissimo  Apostolo ,  qual  sentendosi  ferito ,  refe^' 
rendo  grazie  al  nostro  Signor'  Iddio  rese  l' anima  a  quello . 

In  detta  provincia  di  Maabar  gli  abitanti  sono  negri  ^  ^  ma 
non  nascono  cosi  com'  essi  si  fanno  con  artifizio  ^  perchè  repu- 
tano la  negrezza  per  gran  beltà .  £  però  ogni  giorno  ungono  li 
faociuHini  tre  Volte  con  olio  di  susimani  ^^7,  Gli  idolatri  di  que- 
sta provincia  fanno  le  immagini  de' loro  idoli  tutte  nere,  e  di- 
pingono il  diavolo  bianco  ^^^  ^  dicélìdo^  che  tutti  li  demoni  sono 
bianchi .  £  quelli  che  adorano  il  bue ,  come  vanno  a  combat* 
tare  portano  seco  del  pelo  del  bue  salvatico  ^4^,  e  li  cavalieri 
legano  del  detto  pelo  ai  crini  del  cavallo ,  tenendolo  che  sia 
di  tanta  santità,  e  virtù ,  che  ciascuno  che  n'  ha  sopra  di  se  ,^ 
sia  sicuro  da  ogni  pericolo .  £  per  questa  causa  i  peli  de'  buoi 
aalvatichi  va|;liono  assai  denari  in  quelle  parti. 


846 •  Gli  mbkanii  tono  negri,  lì  eolore  dei  Malabarì  é  oscuro  dice  il  P.  Paolino 
(  I.  e.  p.  Ili  )  »  ma  assai  pia  chiaro  dei  TamtUi  cioè  degli  abitanti  della  costa  Giti- 
9  lomandola  (  e  di  questi  appunto  parla  il  Polo  ).  I  pescatori  o  Mucuas ,  i  Paravas 
»  gente  addetta  alla  tessitura,  e  tintura  delle  tele  eolle  quali  traffica  »  e  gli  altri  ahi* 
»  tanti  della  spiarla  del  mare  sono  negri»  perchè  più  esposti  al  sole  ed  all'aria 
ir  marina,  che  tinge  il  volto  di  color  nero.  Le  tribù  nobili,  ed  alcune  altre  famiglie 
»  ofie  abitano  li  palmeti  ,  le  foreste  ,  le  montagne,  e  sulle  rive  dei  fiumi  SDno  assai 
»  bianche*».  Dice  il  Barbosa  :  »  la  gente  è  negra,  bruna,  e  berrettina»  (  apud 
]lam*p.  366). 

847  •  Ungono  lifandylli  con  olio  di  ntsimani  (  V.  t.J.  p.  i8o  n.  e  ) . 

848.  Immagini  de*  loro  idoli  iutie  nere  e  il  diavolo  bianco  •  Fra  le  immagini 
delle  tanto  fantastiche  divinità  dell'  India  f^tte  incidere  dal  P.  Paolino  nel  suo  SU 
stènda  Bramanico  ,  non  vedesi  rappresentato  in  nero  che  F'ishnu  nella  sua  pretesa 
prima  e  seconda  incarnazione  (  Tab.  Vili  et  IX).  Tratto  da  una  pittura  Indica  del 
Museo  Borgiano  vedesi  questo  nume  circondato  da  mali  genj  di  color  bianco  che  il 
Polo  potè  crederli  demonj  vedenduvisi  effigiati  come  si  suole  effigiare  i  diavoli  fra 
Aoi.  Il  dotto  Missionario  dice:  »  malos  genios,  quos  daemoms  vocant ,  e  lari  Bra- 
»  hmanes  cum  tota  antiquitate  docent  »,  ed  ei  discorre  delle  varie  opinioni  dtgl '^ 
Indiani  intorno  a  quei  genj  malefici.Iloro  idoli  che  sono  di  bronzo^odi  basaltech'èil 
marmo  degli  Indiani  (  Paul,  a  S  Bartoiom.  Viag.  p.  49  ),  s' annerano  anche  più  col 
fumo  delle  lampade.  Il  Missionario  descrive  il  modo  spaventevole  con  cui  effigiano* 
Ciardhava^  oJl  nume  igniovomo  (  p.96  )-,  e  il  B^rtema  lo  spaventevole  idolo  del  re  di 
Cnlicut  detto  Deumo  (  Barn.  V*  1. 1.  p.  174  ). 

849-  P^o  del  bue  salvaiico.  Pari  superstizioni  narra  il  P.  Paolino  che  hanno 
grindiani  perula  coda  della  vacca  (  Sjst.  Braham.  p.  noi  ).  »  Gentiles  dum  jltront  , 
»    vaccae  caadam  tangendo,  jure  juraiulo  se  obstrihgunt  ,  dum  morti  proximi  sunt  ' 
»    caudam  vaccae trripiunt, et  ea  incoelum  vehi  volunt,)dest  animam  transmigraiio* 
j^  aie  IO'  vaccum  inducere  se  putant^  dum  caudam  ejus  tangei.do  cxpirant  >• 


»  •  » 

Ci  A  P«     JLlvly 


l> 


Del  régno  di  Murphili  j  ws>ero  Mónsul  i 
II'  régao  di  Murphili  ^^ ,  si  truova  quando  si  parte  da  Ma- 


*h>      «   ■■ 


85oi  //  rc^fio  Marti/ili  (  Nel  Cod.  Par.  il/oin/  )  o  Afwr/?f  Come  4i  disse  (  1 1.  p. 
177  ti.  ).  Congettura  il  Sig*  Maltebrun  (  Geog.  1. 1.  p.  416  )  che.  qui  intenda  di  fhvel* 
lare  del  regno  di  Golconda^  é  sogglun^q  che  significa  regno  deirAvorìò  .Secondo  il 
P.  Zurla  Mnrfilj  o  Merfil  vuol  dire  avorio^  ossia  dente  d'elefante  anche  in  Francese 
0  in  Spagnuglo.  Mh  detta  voce  deriva  dalF  Arabo,  é  si  ravvisa  perciò  che  è  una  ge<» 
Sierica  appellazione  data  a  quella  costa,  perchè  vi' moltiplicano  gli  elefanti  e  vi  traf- 
ficano d'Avorio  (  Zurl.  Disseti,  t.  L  p.  »^  j  .  Seconda  il  testo  della  Gruèca  le  dic^ 
a  mille  miglia  a  tram^mtana  di  Meliapuri .  Secondo  questa  lezione  a  5oo  miglia  dal 
Maabar  o  Marayar,  £*  evidente  che  il  Polo  parla  del  famoso  regno  di  Orissa  e 
non  di  Golconda  come  dimostreremo  .  t  Portughesi  all'  epoca  delle  loro  conquiste 
trovarono  la  costa  del  Goromandel  posseduta  sino  al  Bengala  da  due  soli  Imperanti 
il  re  di  Narsinga  o  di  Bisnagor^e  quelld  d'  OHssà\  Dice  il  Barfos  *.  v  e  riloràando  a 
»  continuare  la  descrizione  della  nostra  costa  dalla  città  di  S.  Tome  dove  ci  slam 
'à  .fermati  per.riverenza  di  questo  Apostolo  nostro  proiettore-  dell'  India.  Dalla  sua* 
»  città  sino  a  Palicaie  vi  sono  ventisette  migliale  più  oltre  sono  Chùicole^  AremO'*' 
».  g€in  f  Caldure >  Careiro ,  Pentepolin  >  Mazulepatani >  Guduvarin^  appresso  il  capo 
»  di  questo  nome  che  giace  in  diciassette  gradi,  nel  quale  finiscono  le  tetre  del  re- 
t  gno  di  Bisnagor  come  abbiajni  detbp,  e  comincia  quello  d^Orissan;  la. costa  del  qua* 
)fr  le  per  essere  biava  (  aspra  )  è  di  pochi  porti.  Ha  solamente  queste lerre'Peyiocof e, 
^  Calinguriy  Bazapaian,  ^isoopoian^  f^itivUipaian,Calinhapatan^  Nacéqtitpatjany 
»  PulurOy  Panagate,  e  il  capo* Segogorai che  ì  nostri  chiamano  il  capo  dei  palmeti, 
w  per  ragiune.di  alcuni  palmeti  che  vi  sono,i  quali,i  naviganti  notano>perché  gli  dun- 
»  no  conoscimento  della  terra.  E  da  questo  ca|>ò  dove  noi  facciamo  il  fine  del  regno 
»  d*  Orissa ,  il  quelle  giace  in  ventun  grado ,  all'  altro  estremo  del  regno  di  Bengala 
»  eh'  é  la  città  di  Chaiigan,  che  giace  in  vèuthlue  gradi,  sono  le  trecento  miglia  che 
^  dicemmo  »  (  Occ.  I.  Lib.  IX  p.  171  ).  Cosi  parla  aiK:he  il  B.irbosa  »  Passalo  il 
»  regno  di  Narsinga^  avanti  per  la  costa -oomincia  il  regno  d'Orixa  eh* è  di  gentili.*.. 
t .  la  m;)ggior  parte  del  suo  paese  é  lontana  dal  mare  ,  sopra  il  quale  vi  sono  pochi 
»  purtii  ed  anche  di  poco  traffico.  Questo  paese  si  prolunga  dietro  la  coata  del  mare 
V  fino  al  fiume  del  Gange  '.  •  .  e  «kilT  altra  parte  del  detto  fiume  comincia  il  re«. 
t  gno  di  Bengala  t  (Ram.  Nav.  1. 1.  p.349-c).  Non  si  parlava  ai  tempi  del  Polo 
né  di  regno,  né  di  città  di  Goigonda .  Tavernier  dà  sommaria  contezza  delle  vi* 
tende  della  penisola  dopo  gli.scuoprimenti  dei  Portughesi.  Il  re  dìNarsiflga  distrus- 
se il  regno  d'  Orissa,  ed  estese  il  confine  dei  suoi  stati  in  tal  guisa  sino  al  paeae  dei 
Mogolli  posteriori  »  divenuti  padrotil  di  buona  parte  dell'  India.  »  «Sotis  le  regne 
t  d*  Alikar  roi  dea  Indes  ...  les  MogoU  n'  etendoient  leur  *domiaattoa  du  coté  du 
y  midi  que  jusqu^aJVer^p^er^et  la  riviere  qu*^  passe,  et  qui  venant  da  sud  vase  jet- 
»  ter  dans  le  Gange^  separoit  leurs  terres  de  celle  du  Raja  de  Narsinguej  qi|i  alloit 
»  jusqu*  att  Gap  Comorm.  L^s  autres  Aiyaiétoieutconune  ses  sajet  teaaatdeliii 


fcbar^  ti*  v»t^erTr»rootkna^citì^T^^  ittlglià!  Ado/àAó^U| 
WoH  /e  non  dsmicx'  tribuio  ad  aSmno .  Vivorto  di  rini ,  ciartte , 
l?ue^  pesce  ^  e  fruiti  •INe'  monti  di  qaeao  'regno , '  sl'lrbvano i 
diamanti,  perchè i|aando  piove ^  Vaoqna  dhcende  da^nelli  con 
griand-  impeto  e  ruinaper.  le  rupi»,  e/ caverne  e'  J)ol  eh' è' 
scerbar  l' aenuà',  gli  uommi, li  vanno ^C^rc^indo^pe^  Ii'fìtimr,  é  n& 
trovaoaihìòtli*,  e,fa:detiOialpFefaio :]ViJl^^  f*'  ^  <3he  la  àìrf<e|' 
ch'è'ghandidsiaìo  jcaldò  e  non  piòvey  montano  mpvà  kìetti  tnontt 
coni  ^an  £aitica  ^  e  per  la  moltitudine  *def^  serpi,  eìmt  -il  tì*o^ano* 
ia  quelli 9  d. nelle  ^sommità ;< vi  sono  alcune  valli  ciiV^ondaté  da' 
grotte  ^  e  caxrerne  y  dove  si  troirano  delti  diamanu  ^^ ,  e  Vi  prai^ 


.         •  _   .  i 


t  t6ute  lem*  {milsaiKe.  ^  Prosegue,  come.  faroxÌQ  sempre  in  gitene  contro  11  GrAn 
Mo^ol^eVullimo  Raja^o  re  dì  Narsinga  teneva^  quattro  putenti  armate  comanda-* 
te  da  altrettanti  generali .  Il  principale  era  stanziato  nel  paese  che  formò  poscia 
il  regno  di  Gòlcdnda.  Essendo  morto' il  Raja  Senza  figtì,  ciascuno  dei  generali 
fec^si  riconoscere  re  del  paese  di  cui  aveva  il  comando .  Per  quanto  il  Rafa  fosse 
gentile,  i  generali  erano  maomettani/e  quello  elei  puese  di  Golconda  era  d*  una  fa* 
miglia  Turcomana  d*  Hamadan  in  Persia ,  e  Scgua9e  della  setta  d'Ali  (  Ttivcc.^Y^y^ 
t.  III.  p.'  i54^  )  Secoildo  il  viaggiatore  Èagna^ar  era  lu  capitale  del  regno  di  Co/- 
conda^  e  appenasi  voìgài^ente  'ùtftconda  da  utia'  fortezza  ivi  poco  distnante  ove 
risiede  il  re.'  ]£gli  è  da  avvertire  che  solo  il  bisavolo  del  re  che  regnava  ai  tempi 
di  TaVemier*fabl)ricò  questa  cittàj  e  le  die  il  nome  d'una  donna  si>a  favorita  che 
si  appallava  Nagar  e  per'cid  appellasi  la  città  Bag  ndgar  .  Ma  è  evi  lente  errore 
del  Tavemier  che  la  donna  si  appeflasse  Nagar  oNagara che  significa  città  in  India* 
no,  ma  doveva  aver  nome  Bag  è  fdrse  Bagun  titolo  elle  significa  sultaha  (ìbid.p.  ^27)* 

85f .  f^  d6U0  al  prefatò  Mùsser  Marcai  Da  ciò  si  desume  ch'ei  visitò  non  que-* 
sto  regno  ,  ma  ne  favellò  per  'sentito  dite  »  * 

852.  Si  trovano  detti  diamanti  »  Io  dfssl  (  1. 1.  p.  177.  n.  a  )   nel  cementare 
questa  parte  della  reluzione  del  Polo  ove  tratta  del  modo  di  eavare  i  diamanti  ch'ei 
n^on  faceva  che  ripetere  una  favoletia  narratagli  dagli  Arabi ,  o  da  altri  Orientali  • 
Mu. questa  congettura  è  un  fiaitto*  positivo ,  dopo  che  il  Sig.  Raineri  ha  pubblicato 
il  trattato  delle  pietre  preziose  di  Ahmed  Tei/ascit».  Esso  secondò  la  traslazione' 
del  dòtto  Orientalista  cosi  diitorlre;  »  fi  dia'ihante  narra  Giovanni  Ebn  M^SUiah  tro- 
9  vasi  nel  pnffoaìo  di  una  valle  dell'India ,  nella  quale  non  penetra  nessuh  uomo , 
»  ed-  i  «uoi  lapilli  sono  ivi  sparsi  come  i  grani  della  sènà()a  e  dell*  òrzo  j  voIohJone  ' 
!r  tuttavìa  fare  acqtiisto,  si  ricorre  al  compenso  di  gettare  in  si  fnttò  luogo  alcuni' 
»  pezzi  di  carne  fresca,  imperocché  vedati  questi  ed  inseguiti  dall' aquila  ^no  nel 
j^  fondo  della  mentovata  valicane  succede,  che  quando  le  meiesimeli  siiisciano  per 
p  terni  ad  oggetto  di  cibarsene,  rimangono  ad  essi  attacati  diversi  di  quei  lapilli  di  ' 
p  diamante.  Vcnenid  poscia  le  istesse  aquile  insieihe  a  contesa,  e  volando  altro- 
^   ve  con  i  riferiti  pezii  di  carne  ne  cadono  loro  alcuni ,  dai  quali  si  va  subito  a  rac- 
9  -collide  quanto  di  tal  gemma  vi  è  restato  attaccato (p. 5 1))» Se  tanto  creduli  erano*, 
^  Arabi  maestri  allora  d'ogni  dottrina  non  recherà  mamrigUu  che  f osselo  il  Poiof* 


ticaQp4^<20nimi]!^*mobe  aquUe^  e  cicogne  ìnmchm^  àm  sici'*^ 
baao  de'  cibiti  serpi  •  Quelli  adunque ,  che  vo^ioiio  arenite  get^ 
tanp ,  stando  s(^'a  le  grotte  itaolti  pezzi  di  carne  io  dette  valli , 
e  r  aquile ,  e  cicogoe ,  vedendo  le  carni ,  lo  vanno  a  pigliare ,  e 
portano  '4  mangiare  sopra  le  grotte ,  ovverò.  sooHnita  de'mònu  ji 
dove  immediate  corrono  gli  uomini ;,.. e  le  discacciano^  to^'en^ 
doti  le  qarni,  e  spesse  fiate  trovano  attaccati  in  quelki  diaonnti; 
$^  se  r  aq4ile.  màngiajoo  le  carni ,;  vanno^al  luogo ,  dòveidormo*' 
no  la  notte ,  e  ìro^aDo  alle  fialb:  die'  diamianti  pdlo  storico ,  e  im'^ 
mondizie  di  quelle .  In  questa  régno  si  fanno  i  migliori  ^  e  pia 
fiottili  boccassioi  ^}^  j  che .  d  trovano  iìn  mtu  V  Indi  a  <i    • 

e  A.  P.    XXII. 

Della  prói'ìtticia  di  Lac'yWirero  Loac  ;e' 'Lm-*^, 

Partendosi  dal  luogo,  dove  è  il  ,corpo  del  glorioso  Apostola 


'    j 


S55.  Boccassini.  ÌTel  testo  della  Crusca  leggesi  il  miglior  Bucherarne  fé  pia 
sottile.li  più'  celebre  em|>orip,(iei.traffi<^i  ài  qiJièlU^costiera  è  Alasulipaiua^  e  sembra, 
che  dal  nome  di  quella  città  óesse  il  Polo  il  nome  di  Atasjul  al  paese  d'  Or  issa  se* 
tondo  la  lezione  del  God.  Parigino  (  N.85o  ).  Il  Bnrros  dice  che  il  fiume  Aliga  dalla 
terre  d' Orissa  sbocca  nel  seno  del  Bengala  fral  XVl,  e  il  XVII,  grado  <li  I  atitudine^ 
dove  stanno  due  citt4  Guadevari^Q  Mosulipatanp» ,  t  dove  si  ianjio  .aaolti  drappi  di 
»  cotone  che  al  presente  vengono  condotti  di  là, e  hanno.il  medesimo  nome  (  Dejc. 
»  I.  Lib.  IX.  p.  168  ).  »  Di  quel  pae^e;  (.^1^1  Bengala  )  portano  ancora  ii^numerabili 
»  sortimenti  di  tele  di  bambagio,  delle  quali  alcune  sono  tanto  fine  «  che  un  pugn» 
»  della  mano  moltissimq  né  p^à  nasrondere»  (  Carletti  t.  II.  p»  ^45).  #  Il  miglior 
»  cotone  è  quello  del  Bengala ,  e  della  costa  del  CoromanJel ,  alle  quali  aucc  edona, 
»  di  Madurét  di  Maravot  e  della  costa  Pescarla ,  e  della  costa  di  Malaòar  infino  a 
»  Canara,  ove  già  deteriora  la  finezza,  e  delicatezza  del  filo,  e  le  tele  sono  assai  pitt 
»   grosse  „  (  P.  Paqlin.  Viag.  p*  547  )• 

854-  Provincia  di  Lac^  ovvero  Loac ,  e  Lar .  I41  questa  rubrica  cred'  io  che  il 
Ramusio  riunisca  le  varianti  ^a  lui  trovate  ^;elativfime9it^  al  paese,  di  cui  qui  tratta 
il  Polo,  tanto  più  che  nel  Testo  non  si  fa  menzipne  che  di  Lac.  Lar  portano  il  co* 
dice  Riccardiano  e  il  Magliubechiano  II.  JM^a  il  Parigino  e  il  Testo  deli^  Cruaca  Jar 
e  credo  yj  più  fondatamente  »  e  ciò  mi  conferpia  nella  opinione  enunciate  (  t.  I.  p. 
i8i«  n.  b  )  che  intese  di  favellare  del  paese  di  laghire  delia  carta  di  Aeanel  che  si. 
estendp  dentro  terra  verso  occidente  da  quella  parte .  Il  Marsden  (  n.  1 554  )  riporta 
una  tradizione  che  i  Bramani,  da  quel  paese  si.spargefisero  neUa  penisola.  Ivi  Tolo- 
meo pone  una  città  detta  Brachma  vicino  a  Arealis  pye  è  Carjeveram^  40  miglia  a 
occidente  un  poco  v^erso  libeccio  daS.  Tommaso.  Tuie  è  1'  opinione  anche  del  cele» . 
brc  Ì41  vilif  •  (vi  hanno  i  firamani  uaa  ce^h|«  scuola .  E  tanto  maggiof  fo|idai|ie»t« 


S.  Tomm^j  «  «ttdaiido  «ehcr  Poneèw,  ut  trova  h  provfiicisr  rif 
La«3  •  DI  abi  hMQO  origine  li  Bramioi  ^^ ,  ohe  sono  sparai  ]K>i 
per  iQita  i'  (odia  *  Qaesii  soao  H^  migliori ,  e  più  veridici  mer-* 
canti  ^^^ ,  che  ai  troviùo  ^  né  direbboao  mai  aita  bugia  per  qua- 
liKiqiie  eosa^  obe  dir  si  potesse  ^*i ancor  se  v'aud;asse  la  vita.  Si 
guardaao  grandemente  di  rubare^  é  bar  là  roba^d'  altnii.  Sono 
aacora  molto  oasti^  perchè  si  cootóataioo  d'  una  moglie  sola  ^'^\ 


■^i^ 
) 


•vyi  di  <A«deré>il  tm*  d«I  Pòlo  il  paese  di  lagiróf  dal  dire  esso  che  ivi  ebbero  origi; 
99  i  Brainam  che  annosi  8pavai:per  CftttUir.liylia»  notii^ia  teoofermata  dalla  tradi« 
zione  riferita  ^al  Marsdea/  .     .      .        ;   ' 

855  Li  Bramini.  A  ciascuno  è  noto  che  non  meno  degli  Egizj/ioiìo  gl'iodiani 
diotintì  in'trlbù.  Di' ciò  chiaramente  e  brevemente  ragiona  il  P.  Paolino  nel  sistema 
Bramanico  (  p»%tj  )  dietro  T autorità  del  libici ntitolato  Amatasinha  .  Le  tribù  sar- 
no le  aeguenti  i  firamini,  i  Kshetria,  i  f^ejrff^^t'i  S$dra.  La  primo  é  la  aieicerdotale  y  * 
la  seconda  la  regale ,  la  terza  degli  agricoltori ,  la  cpiarta  degli  artigiani .  Queste 
principali  tribù  si  suddividono  in  ottantotto  classi^  secondo  i  loro  uffici  civili»  e  se- 
condo il  Thevedot  in  ottantaquattro  (  Yov.  aux  Ind.  p.  189  ) .  O^una  di  queste  ha 
IcggU  costamanaei  cqosiietudiniy  e  particolari  istitnti^GK  addet4!t  ad  ùnàtii  esse  noti 
poAsoBO  passare  dall'una  all'altra  tribù,  né  contrar  fra  loro  maritaggi  ;  ognuno  devt 
seguire  il  paterno  ufficio  e  tribù.Le  opinioni  comuni  alle  caste^  0  tribù  sono:  credere 
ad  tin  Dio  ente  supremo,  e  adorarlo  nel  simbolo  del  sole, del  fuoco, dell'acqua  (Ma  di 
ciò  non  converranno  tuttS  col  PI  Paolino  mentre  gV  Indiani  sono  politeisti  ).  Sperar  ' 
pnemio  per  la  virtrù:  temere  gastigo  per  la   colpa:  desiderare  la   glòria  di  Shiva' ^■ 
e  di  F'ishaui  temere   Shit^a  eh' è  il  giudice  dei  morti  ,   e'  il  preside  dell'infer*  ' 
no',  credere  ii  trasmutamento  dell*  anime  da  un  corpo  bll' altro  :  venerare  ed' ob« 
bedire  il  re 7  dipendere  dai  Bramini;  nudrire  un  particolare  amore  e  devozione  pei 
maestPfì  credere  che  k  abluzioni  del  corpo,  le  preci  ,  i  digiuni  espfanoipec-  ' 
eati^  temere  i  cattivi  genj;  i  poveri  della  sua  tribù  soccorrere  di  denaro  e  d'eie- 
masiiie  $  accogliere  benignamente  ì  pellegrini  della  propria  tribù ,  e  usar  verso  di 
looo  liberalmente  uffici  di  umtfnitè  e  di  carità:  non' toccar  femmina  d'  altra  tribù  • 
Malgrado  ciò  secondo  il  P.Paolino  sono  divisi  in  sei  sette,  und  delie  quali  è  epicurea. 
•     656.  f^eridici  móficatrtnti.  Non  vi  ha-  dubbio  che  il  Pòlo  confuse  i  mercatanti 
cbe  app^rteagMio  alla' terza  ^O^bile  classe  detta  Yejshya  (ibid.  p.22'9  )'còi  Bramini^  ' 
Anche  il  Thevenot  fice  V  errore  di  credere  che'  i  mercatanti  detti  ancora  Baniani 
appartenessero  aHa  qaaiifa  clusse  (  1.  Ck  p.  189  ).  Questo  viaggiatore  come'  il  Polo  dà 
loro  somma  <lade.  »  lls  fontles  choses  si  adroitejn^ti-que  presque  personne  ne  se 
ir    peutpesser  d' eux  ;  ce  qu'  il  jr  A  d'agréable  en  eux,  e'  èst  qu'  aucun  scrvice  vii  oa 
p  humUe  ne  les  rebate,  et  qu'ils  sont  toujours  prèis  A  sfettisfairc  cèux  qui  Ics  veulent 
9   emplojer  »  (  ibid.  p.  iti6.  v.  1. 1.  p.  181.  n.  a  )   é  La  terza  tribù,  dice  11  Gemelli 
W  Carrìeri  (  Viag*<ltl  Mondo  part.  IH,  p:  t65  )dt  Bmiani  è  di  ventisètte  sette  quali  ' 
»  oiuna»  ai  congiunge  in  matrimonio  coir  altra.  Non  mangiano  cosa  Vivehte,  ma  er* 
»  be  e  Ic^mi.  Queate  sono  quasi  tutte  persone  di  negozio  ;  e  perchè  sono  aihmae<* 
>    strale  a  tal  mestiere  dalla  Ainciullezza  soperano  di  gran  lunga  in  furberia  gli  Ar- 
w  jn  eni  e  i  G^illdei  t<  ^  .  -  - 

857^  D'una  moglie  sola.  »  Brahjnanes  Graehastac;  Tcrum  et  indisaolabiU 


E  se  aldnn  m^emté  forestiero ,  e  che  eoa  'oobosca'  li  eòstami 
della  coniracU,  si  raccomandi  a  loro,  e  li  dia  in  salvo  le  sue 
mereanEie ,  questi  Bramini  le  ònscodiscono  ^  vendono ,  e  barata 
tante  lealmente,  proeurandoi!  utUità'  del ^rferóeró  oon  ogni 
cura  ^  e  soHecitudMé ,  non  li  dimandando  albutià  cosa  per  pre* 
mio ,  se  per  sua  gentilezza'  il  mercante  non  gliela  dona  :  non 
mangiano  carne,  .ne  bevono  urina ^^^.:  non  nccidetìano  «ilcnn^a- 
DÌmale  ^^,  ma  lo  fanno  uccidere  da' Saraceni .  Si  conoscono  i 
Bramini  per.  certo  segnale'  cbe  portano,  che  è  un  fil  grosso  di 
b0mb,agio  ^^  sopra  U  spalla,  e  leganlo  sotto'  il.  braccio,  dime- 
db  clie.qneLfik)  appare-  avanti  il  petto, :e  dopo  le  spalle  .  Hanno 
un  re^  quaV  è  mollo  ricco  e  potente,  e  che  si  diletta  di  perle, 
é  pietre  prez^iose  ,  e  quaiiclo  i  mercanti  di  Maabar  gliene  posso- 
no portar iqualcui:ia  f^he  sia  l)^a,  credendo- alla  parola  del  mer- 
cante li  da  due  volte  tanto  quanto  là  gli  costa ,  però  li  vengono 
portale  ihfinite  giòie .  Sono  grandi  idolatri ,  e  si  dìleiian  o  d' in- 
dovinare, e  massime  negli ^  augtiri,  e  se  vogliono  comprare 
alcjanaco^a. riguardano  .subito  nel' «ole  la  sua  propria  ombra ,  9 


■11  .     .  I'  "       Il 


^  '  matrìinoniuin  cum  :ttna  sola  ultore  ineunt  »  (PauLla  S.  Bardiolom.  Syst.  Brihnw 
p.  2a I  ):  la  mosiogainia  dei  GristiaDÌ  e  dei  Gentili,  dice  lo  stesso  (  Viagg.  p. i  io)  ben*' 
che  trai  gentili  non  sia  uoiversalei  contribuiscct  alla  popoiasione* 

.  858.  Non,  mfingiwf^o  carnoy  né  he^Qno  vino  •  Qui  diceva  mtmgianù  Carnee  bevo* 
no  vino  ma  è  stata  ricorretta  la  lezione  dietiro  Y  aiitorìtà<dél  testo*  da  noi  pobbiicato* 
Infatti  ciò  era  erroneo.  Vuole  la  quieta  legge  Indriaua  »  4i  upp  bere  cose  ÌMbrianti  co- 
»  . medino, 4icqua  vìtedipalme^d'orzOydifri^Oy  dican|ìe<^(^uc^ro»  uè  vino  d'Eli- 
»  ,ropa  ».  (  Pad,  Paolino  Viag.  p  a^S  ).  E  perfino  è  viario  agli  hidiaui  di  masitca-i 
re  oppio  e,  la  fugUa  di  Cangiava,  p  di  BangUf  pianta  cbe  somiglia  alla  canapa  Euro» 
pea  (  Vojag,  dk  Forster  du  Beog.  a  S.  Petersb.  t«  IL  p.  4u4t)'  «  ' 

859.  iVoAi  uccidcriai\o  alcuno  animale.  £'  p/er.essi. .ui]^  saciijyrgio  punito  di  mor« 
te  V  uccìder^  la  vacca  .  Pei  filosofa  sacerdoti  ladjani^l^t^eg^  si  estende  aU'uccisio- 
Be  di  tutti  gli. altr|  animali  viventf  (.  P^juJii).  p.  2a4:)»  i.  :    >        . 

•  ,  860^^  Fil  grossiQ  41  ifamlf^gio.  lì  predetto  mispiouario  raxìconta  li  riU  die  ai  pra- 
ticH^Q  quando  nasce  un  tìglio  ii*,un  Bl^^^ano .  JoMjaeiiiatamente  si  celebra  una  festa 
in^tolata  il  rito  sacro  del  ùasciuiento  .  Vi  si  detiijiisce  la  proprietà  della  costella- 
zione e  del  desino  del  fanciullo .  Si  fa  altra  feata  V  undecimo  giomoper  dargli  il 
nome .  Cento  cinquanta  giorni  dopo  il  pdscimento^  altra  festa  per  forargli  le  oree- 
ch^.  Di.^etti^  anni  diviene  Brqhmaciari.oìoè  continente»  .casto.  Il  cordone  detto 
^a^/]^^ra</a»  c^titr^^asegno  djstii^^iv.o  deir.  ordine  sacerdotale  composto  di  cento* 
otto  givi  àiMo  4, si  pojt^e   ^1   fai^ciullo di  sejtte  anni,  i^ueftto  cordone  paaaa    dalla 
•  spalla  ait^isti^a  sotto  if  bif^ccio  destro  «  e  si /chiude  cqn^^ri}  ^odi»  e  dà  le  facoltà  ali* 
iniziato'  di  fare  il  sagritìzio  dovuto  al  Sole  o  a  Mitra,  e  di  leggers  i  tre  jf^ìtdm  o  Uì 
d^Ua  legge.    ^  _    .    •  ,     ,. 


4^9 
facendo  le  regcde  della  sua  disciplina^  procedono  nella  sua  mer<- 
canzia  •  Sono  molto  astinenti  nel  mangiare  ^' ,  e  vivono  lynga- 
inente\  I  suoi  denti  sono  molto  buoni  per  certa  erba ,  che  usa- 
no à  masticare ,  la  qual  fa  ben  digerire ,  ed  è  molto  sana  a  corpi 
umani . 

Sono  fra  costoro  in  detta  regione  alcuni  idolatri,  ertali  sono 
religiosi ,  e  si  chiamano  Tingui  ^^,  e  a  reverenza  de'  loro  idoli 
fanno  una  vita  asprissima .  Vanno  nudi ,  e  non  si  coprono  parte 
alcuna  del  corpo,  dicendo  che  non  si  vergognano  dUndare  mi-* 


s  • 


86 1.  Sonù  astinenti  nel  mangiare.  »  Gl'Indiani  non  pranzano  all'uso  di  tutti 

f  gli  altri  Orientali .  Prima  d'uscir  di  casa  e  di  accingersi  alle  loro  faccende  prcnn 

»  dono  la  maUina  il  loro  Cagni  che  gli  Europei  chiamano  Cangi .  Questa  e  V  a* 

f  equa  del  riso  cotto ,  che  vi  lasciò  la  sua  crema  farinacea ,  nutritiva,  becchioe 

f  rinfrescante .  Con  questa  colazione  essi  si  niettono  nelle  botteghe ,  nella  cam- 

»  pagna  ,  al  telaro,  al  laToro,  e  non  interrompono  le  loro  faccende  se  non  verso 

»  le  ventitre  ore  d' Italia  (  mezza  ora  innanzi  il  calare  del  sole  ):  allora  si  prepara 

»  la  cena  che  si  prende  verso  le  ventiquattro,  o  poco  dopo ,  e  quasi  sempre  si  va  a 

p  dormire  col  sol  ponente,  si  alza  col  levante  »  (  P.  Paol.  Viag,  p.i  i3  ].  Consiste  la 

cena  in  riso  cotto,  e  in  Karit  o  salsa  composta  di  pepe  ^  di  cardamomo  ,  di  legumi  » 

di  fruiti  tutti  ben  cotti ,  e  cucinati ,  con  un  odore  soave  »  e  una  salsa  piccante  che 

corregge  la  crudezza  e  umidità  del  riso  (  ibid.  ).  Sovente  servono  di  condimento  al 

liso  il  latte  acido,  il  butirro,  gli  erbaggi  fritti  coli' olio  e  col  burro  . 

8^^.3àolatri..  e  si  chiamano  Tìngiti.  11  P.Paolino  nel  parlare  di  varie  tribù  India-^ 
ne,  dice  che  quattro  sono  gì'  istituti  de'  Bramani,  cioè  1.  1  Brahamaciarif  i  continenti 
0  celibi.  ILI  Grahastaf  ossia  gli  ammogliati .  HI.  I  Vanaprasta^  cioè  i  solitari  o  ere- 
miti,  che  osservano  anche  il  silenzio  e  vivono  di  radici,  frutti  e  erbaggi.  IV.  I  Bìdk-- 
ihu  ossia  i  mendicanti  che  vivono  di  elemosine  e  che  sono  i  più  numerosi .  I  7a/a« 
poi  ni  del  PegUf  e  di  Siam  sono  di  questo  ordine  o  istituto.  E'  da  notare  ch'evvi  con- 
tradizione nel  P.  Paolino  (  Viag.  p.  25 1  ),  poiché  ei  dice  in  nota  che  questi  ultimi 
filosofi  non  sono  sacerdoti ,  né  della  gente  Bramanica  ,  parla  dunque  dei  sellar j  di 
Budda^  e  che  furono  espulsi  probabilmente  dall'India  Meridionale  allorché  vi  si  di- 
latò  il  culto  di  Brama.  Sehibra  che  il  richiamo  della  nota  sia  fuor  di  luogo  .  Dice 
poiché  i  Bramini  professavano  alle  volte  questo  istituto,  e  appella  Sanjrasjr  quelli 
che  abbandonano  tutto,  e  che  praticano  penitenze  incredibili,  di  cui  fanno  menzione 
lutti  i  viaggiatori.  Avverte  che  impropriamente  sono  appellati  Fakìri,  perché  gli  con- 
fondono coni  mendicanti  Maomettani.  Altri  gli  hanno  appellati  Ko^uft  dalla  voce 
Jogi  che  significa  comunità,  ed  anche  Gosuami  (t.I.p.iSa.n.)  dalle  voci  Go^  vacca,  e 
Suami  signore,  cioè  signori  di  vacche,  perché  sono  imbrattati  e  aspersi  delle  ceneri 
reputate  sacre  fatte  delFesc remento  di  vacca.Questi  furono  detti  dagli  antichi  Samana 
oSamanei  che  significa  i  /iiiri,perchè  non  uccidono  mai  animaii,non  tagliano erbe,non 
mangìan  carne,  né  pesce,  ma  si  cibano  di  riso,  di  radici  salvatiche,  di  frutta,  e  di  er- 
baggi, vanno  nudi,  e  sono  veri  ginnosofisti,  dormono  per  terra  sopra  stuoje  fatte  di 
foglie  di  palma,  non  hanno  comunicazion  cogli  altri  secolari  (  Paol.  Viag.  p.  73.  n.  ). 
Di  questi  che  si  suddividono  in  varie  sette  parla  chiaramente  il  Polo. 

55 


Aio 

àìj  perchè  nacmiero  ancor  nudi,  e  circa  le   parti  Tegc^oose, 
dicono  che  non  facendo  alcun  peccato  con  quelle  non  si  vergogna- 
no di  mostrarle .  Adorano  il  bue  ^^ ,  e  ne  portano  un  piccolo 
di  ottone ,  o  d' altro  metallo  indorato  legato  in  mezzo  la  fronte  • 
Abbruciano  ancor  V  ossa  de'  buoi  ^  e  ne  fanno  polvere ,  con  la 
quale  fliiiho  un'  unzione ,  che  si  ungono  il  corpo  in  più  luoghi 
con  gran  riverenza .  £  se  incontrano  alcuno  che  li  facci  buona 
cera ,  li  mettono  in  mezzo  la  fronte  un  poco  di  detta  polvere  • 
Non  ucciderìano  animale  alcuno  ^  ^  né  mosche ,  né   pulci ,  né 
pidocchi ,  perchè  dicono ,  che  hanno  anima ,  né  mangieriano  di 
animai'  alcuno ,  perchè  li  parerla  di  commettere  gran  peccato  « 
Non   mangiano    alcuna    cosa   verde  ^  né  erbe^   uè    radici  fino 
che  non  sono  secche ,  perchè  tutte  le  cose  verdi ,  dicono ,  che 
hanno  anima  •  Non  usano  scodelle ,   né  taglieri  ^  ma  mettono  le 
sue  vivande  sopra  le  foglie  ^^  secche  di  pomi  d'  Adamo  ^  che  si 
chiamano  Pomi  di  Paradiso  •  Quando  vogliono  alleggerire  il  ven- 
tre, vanno  al  lido  del  mare  dove  è  )a  rena ,  depongono  il  peso  na- 
turale ,  e  subito  lo  disperdono  in  qua  e  in  la ,  acciocché  non  fac- 
cia vermini,  che  poi  morirebbero  di  i&me,  e  loro  farebbero  gran- 
dissimo peccato  per  la  morte  di  tante  anime .  Vivono  lungamen- 
te sani,  e  gagliardi,  perche  alcuni  di  loro  arrivano  fino  a  cento 
cinquanta  anni ,  ancorché   dormino  sopra  la  terra .  Ma  si  pensa 
che  sia  per  l'astinenza  e  castità  che  osservano  ^  e  come  sono  mor- 
ti bruciano  1  loro  corpi . 


865.  Adonmo  il  bue*  t  Una  buona  parte  ddla  religione  e  superstizione  degT 
»  ladi^  consiste  in  certi  segni  geroglifici  i  eh'  essi  portano  dipinti  sulla  fronte  ,  e 
>  sul  petto,  con  i  quali  essi  professano  la  loro  devozione  verso  certi  dei,  e  la  setta  di 
t  filosofia ,  e  di  religione  cui  sono  addetti  »  (P.PaoI.Viag.p.  297  ) .  Questo  missio- 
nario fece  di^gnare  questi  tali  geroglifici,  e  fra  questi  quello  dei  Pudìcìemdr^  è  una 
mezza  lun^  gialla  distintivo  dei  Schivaniti,  adoratori  del  fi|oco  ^  del  sole  «  e  deUa 
luna^. 

864*  ^on  uùcideriano  animale  aLa^no.  Intorno  a  questa  puerile  auperstiùone 
vedasi  { 1. 1.  p.  i83  n.  b,  e  p.  184  n.  a  ). 


invece 


865.   F'i9ainde  sopra  le  foglie.  Tutte  le  infime  classi  del  popolo  usano  le  foglie 
ce  di  tondini.  »  U- riso  cottosi  mette  sopra  una  foglia  di  fico  banano  ;  quaa  lo 


»  manca  il  Odi  o  cucchiajoyprendesi  una  foglia  di  MavOf  e  piegandola  in  maniera  di 
»  cacchiaìo  ^  adopera  per  mangiare  i  cibi  liquidi  »  (  Paol.Yiag.  p.  1 1 S  J  • 


43i 

GAP.    xxin. 


DelV  isola  di  Zeilan  . 


Non  voglio  restare  di  scrivere  alcune  cose  j  che  ho  lasciato 
di  sopra  ,  quando  ho  parlato  dell'  isola  di  Zeilan ,  le  quali  intesi 
ritrovandomi  in  quei  paesi,  quando  ritornavo  a  casa  ^^.  MelF  isola 
di  Zeilan  .j  dicono  esservi  un  monte  altissimo  ^7  cosi  dirupato 
nelle  sue  rupi  ^  e  grotte^  che  ninno  vi  può  ascendere ,  se  non  in 
questo  modo,  che  da  questo  monte  pendono  molte  catene  di  fer- 
ro, talmente  ordinate,  che  gli  uomini  possono  per  quelle  ascen- 
dere fino  alla  sommità ,  dove  dicono  esservi  il  sepolcro  d'Adamo 
primo  padre .  Questo  dicono  i  Saraceni ,  ma  gì'  idolatri  dico- 
DO ,  che  vi  è  il  corpo  di  Sogomonbarchan  ^  che  fu  il  primo  uo- 


866.  Quando  rkùrmgifo  a  casa.  É  da  notare  queste  parole  dette  anche  di  copra, 
colle  quali  parmi  che  dichiarì^cbe  non  fli  né  al  Cey  ldn,nè  anUa  coata  del  CoromaiuUl 
nelle  navigazioni  fditc  od  mar  dell'  India  per  i  iervìfi  dei  Gran  Can  i  ma  aolo  aU'oc-^ 
canone  di  condurre  la  apoaa  ad  Argon* 

867.  Un  tnome  aUisgimo ,  detto  dagli  Arabi  (  Anc  Kelat.  de  Eenaudot  p.  5.  ) 
iadi  dai  Portughesi  Pico  d^  Adama ,  ma  gli  abitanti  U>  appellano  Amaiala  Saripadi 
(  Ribejr.  p.  188  X  Me  ha  data  una  deacnximie  il  Ribf^yro  (  pag  1 18  ).  Queato  monte 
6  ^tena  di  monti  aepam  i 'regni  d*  l/ta  «  di  Candjr  e  delle  due  Curlag ,  e  può  pas- 
sare   per   una   meraTaglia  del   mondo     É  dialante  venti  leghe  dal  mare  1  e  i 
marinari  lo  vedono  da  venti  leghe  in  alto  mare  .  Ha  due  leghe  d' altezza,  e  in« 
aaozi  di  giungere  alia  cima  si  trev^  un  esteso  piano  piaeevolissimo  per  riposarsi,  e 
occorre  farlo  perchè  di  li  in  poi  il  monte  e  scosceso  e  arduo.  La  pianura  è  interseca- 
U  da  molti  rusceUi  che  scendono  dalla  montagna^  è  arborata,  e  ci  sono  vallette  mol<^ 
lo  piacevoli.  I  Gentili  vi  concorrono,  e  fatte  le  loro  abluzioni,  ed  altre  superstizioni 
s' arrampicano  sino  alla  vetta  coir  ajuto  di  catene  di  ferro  statevi  poste  a  tal'  uopo 
t  senza  1*  ajuto  delle  quali  sarebbe  impossibile  il  giungervi  tanto  il  monte  è  dirupa* 
to.  Dal  rammentato  piano  aino  alla  vetta ,  la  lunghezza  del  cammino  ove  occorrono 
le  catene  per  arrampicarvisi  è  un  buon  quarto  di-  lega .  Partendosi  di  gran  mattino 
dal  pie  della  montagna  non  ai  gioiige  alla  cima  che  due  ore  dopo  mezzogiorno  .  |vi 
èana  spiazzata  tonda  di  dngento  passi  di  diametro,  e  in  mttzzo  un  lago  profundis* 
timo  d' eccellentissima  acqua .  Da  quello  scaturiscono  i  rusceUi  di  cui  abbiamo  fat« 
U  ineDzione,e  che  unendosi  alla  pendice  formano  i  tre  più  gran  fiumi  delUsola  :  *vt« 
cino  al  lago  vi  è  una  tavola  di  pietra  sulla  quale  si  vede  l'impronta  di  un  piede  urna* 
ao  lungo  due  palmi,  largo  otto  dita  •  Tutti  i  Gentili  hanno  gran  venerazione  per 
^Ua  impronta,  e  vi  concorrono  da  ogni  parte  . 

868.  Sagamanbarcan.  Congettura  assai  ingegnosa  del  Marsden  (  n.  i554-  )  ^  ehe 
fiesto  nome  sia  stato  composto  dal  Polo  .  £i  cita  Tautontà  dell'  Ajrin  Akbari  ove  è 
detto  che  Budh,  fondatore  della  setta  Buddisiica^  ebbe  fra  gh  altri  nomi  quello  di 


I 

I 


43a 

mo,  che  trovasse  gU idoli,  e  Thaano  per  un'uomo  santo .  Costui 
fu  figliuolo  ^  d' un  re  di  quell'isola,  e  si  dette  alla  vita  solitaria  ^ 
e  non  voleva ,  né  regno  ^  né  alcuna  altra  cosa  mondana ,  ancorché 
il  padre  con  il  mezzo  di  bellissime  donzelle,  con  tutte  le  delizie 
che  immaginar  si  possa ,  si  sforzasse  di  levarlo  da  questa  sua  osti* 
nata  opinione ,  ma  non  fu  mai  possibile ,  di  modo  che'l  giovane 
nascosamente  si  fuggi  sopra  questo  altissimo  monte ,  dove  casta- 
mente, e  con  somma  astinenzia  fini  la  vita  sua.  E  mtti  gl'idola- 
tri lo  tengono  per  santo.  Il  padre  disperato,  ne  ebbe  grandissimo 
dolore,  e  fece  fare  un' immagine  a  similitudine*  sua,  tutta  doro^ 
e  di  pietre  preziose ,  e  volse ,  che  tutti  gli  uomini  di  quella  isola 
l'onorassero ,  e  adorassero  come  Iddio ,  e  questo  fu  principio  deir 
adorare  gì'  idoli  ^^^ ,  e  gl'idolatri  hanno  questo  Sogomonbarchan 
per  il  maggior  di  tutti  gli  altri .  £  vengono  di  molte  parli  lontane 


Shakmuen  e  Shakmuny ,  e  reputa  che  da  detta  voce  cui  aggiunse  il  Polo  raltra  Mo* 
golia  o  Tartara  Barchan  o  Burehan  che  significa  Divimià^  ne  componesse  il  Polo  il 
nome  Sogomonbarcan .  Ciò  si  rende  tanto  più  probabile  dai  leggersi  nei  Testo  da 
noi  pubblicato  Sergami  Borghanl  •  Tale  congettura  è  moko  più  fondata  di  quella 
che  io  feci  nelcommento  al  Testo  della  Crusca  (  p.  184*  n.  d.  ).  Burkhan  seconda 
Pallas  i  Calmuwny  e  i  Mugolìi  seguaei  del  culto  di  Lama  appellano  i  loro  numi|per<^ 
ciò  é  voce  che  può  essere  aggiunta  al  nome  di  qualunque  pretesa  divinità  (  Yoy.  en' 
Russie  t.  II.  p.  199.  ) .  Leggesi  nel  viaggiatore  che  narrano  quei  popoli  »  che  il  loro 
gran  Burkhan  Shakmunjr  fu  il  fondatore  della  setta  dei  Lama ,  e  scese  in  terra  pef 
predicarli^  a  trentuna  nazione  ^  ma  disgraziatamente  ciascuna  ascoltò  »  e  interpretò 
a  sua  guisa  la  sua  predicazione  .  (  ibid.  p.  207.  )• 

869.  Costui  fu  figliuolo.  Molto  si  è  sognato  intomo  a  Budha  o  Budda  dagH  eru- 
diti moderni.  ]1P.  Giorgi  vuole  che  sia  Manete  o  un  suo  discepolo  i  Gl'Inglesi  di 
Calcutta  dicono  che  Buàda  secondo  gt'  Indiani  è  la  nona  incarnazione  di  F'ishnu  • 
Altri  dissero  che  fu  un  ateo^e  novatore  del  culto  Indiano.  Il  P.  Paolino' seguace  del 
sistema  di  Gulielmo  Jones  e  di  altri  che  vogliono  che  siavi  una  perfetta  analogìa  fra 
le  deitA  Greche  e  le  Indiane  lo  crede  Mercurio  (  Sjrst.  Brham.  p.  i54  ) .  Ma  seconJo 
gli  Orientali,  e  il  Polo,  è  un  uomb^eificato  (  V.  1. 1.  p.  1H6  n.  ). 

870 .  Fu  principio  dell*  adorare  gV  idoli.  Si  legge  nel  nostro  testo  ;  e  di  questa 
sono  discesi  tutti  gVidoli.Sx  ravvisa  che  il  Polo  avendo  letto  nel  Libra  della  S^ipien- 
za,  »  Acerbo  enim  luctu»  dolens pater  ,  cito  sibi  rapti  filii  fecit  imaginem,et  il- 
»  lum  qui  tunc  quasi  homo,  mortuus  fuerat,nunc  tamquam  deum  colere  coepit ,  et 
»  cohstituit  inter  servos  suos  saera,  et  sacrificia  ....  Et  haec  fuit  vitae  humanue  dece-* 
»  ptio  :  quoniem  aut  affectui  aut regibus  deservientes  homines,  incomunicabile  nomi- 
la ne,lapidibus  et  Kgnis  imposuerunt».  Sapendo  adunque  il  Polo  quanto  antica  fosse 
r  idolatria  degli  Indiani,  avendo  udito  raccontare  che  il  padre  di  Badda  volle  del 
morto  figliuolo  far'e  adorare  le  immagini,  credè  che  di  lui  si  parlasse  nel  Libro  della 
Hapienza,  e  che  esso  desse  il  primo  esempio  dell'  idolatria  ai  mondo  (  Liber.Sapiea«. 
e.  xiy.  )  * 


•.  «  *» 


't 


r 


433 

io  peregrinaggk)  a  visitare  questo  monte ,  dove  egli  è  sepolto .  EJ 
quivi  si  conservano  ancor  de'suoì  capelli,  denti  ®^*  e  un  suo  cati- 
no, che  mostrano  con  gran  cerimonie.  I  Saraceni,  dicono,  che 
sono  di  Adam ,  e  vi  vanno  ancor  loro  a  visitarlo  per  devozione . 
£  accadde  ,  che  nel  iiSi  il  Gran  Can  intese  da  Siraceni,  che. 
erano  stati  sopra  detto  moiue ,  come  vi  si  trovano  le  cose  sopra-, 
dette  del  nostro  padre  Adam ,  per  il  che  li  venne  tanto  desiderio 
di  averne,  ch'ei  fu  forzato  di  mandar  ambasciatori  al  detto  Re 
di  Zeilan  a  dimandargliene .  Quali  vennero  dopo  gran  cammino, 
e  giornate  al  Re ,  e  impetrorono  duoi  denti  mascellari ,  eh'  erano 
grandi ,  e  grossi ,  e  un  catino ,  eh'  era  di  porfido  molto  bello ,  e 
ancora  delli  capelli  •  E  inteso  il  gran  Gan ,  come  li  suoi  ambascia- 
tori ritornavano  con  le  dette  reliquie ,  li  mandò  ad  incontrare  fuori 
della  città  da  tutto  il  popolo  di  Gambalù ,  e  furono  condotte  alla 
sua  presenza  coir  gran  festa,  e  onore.  E  avendo  parlato  di  questo 
monte  di  Zeilan ,  ritorniamo  al  regno  di  Maabar ,  e  alla  città  di 
Cael . 

GAP.    XXIV. 

Della  città  di  Cael . 
Cael  è  una  nobile  e  gran  città  ^^,  la  quale  signoreggia  Astiar 


871  •  De*  suoi  capelli  e  denti»  Narra  il  Ribeyro  che  altra  volta  eravi  ub  dente  di 
acimmia  nel  regno  di  Jqfanapaian  che  quegli  idolatri  adoravano  come  un  dente  di 
Buda^  ma  che  Costantino  di  Braganza  io  portò  via  nel  i56o  é  volle  piuttosto  arderlo, 
che  venderlo  al  re  del  Pegu  che  a  lui  ne  offriva  quasi  ottocentomila  lire  (  Hist.  du 
Ceyl.  p.  119  ).  E  cosa  di  per  se  stessa  curiosa  che  due  secoli  e  mezzo  innanzi  cer- 
casse questi  denti  Cublai  Can  . 

872.  Cael  è  una  nobile  e  gran  città  p  Passata  la  provincia  di  Quilacare  per  la 
»  costa  avanti  verso  il  vento  di  greco,  vi  é  un  altra  città  che  si  chiama  Coe/.Quest^  . 
t  è  del  re  tli  Culam,  popolata  da  Gentili  e  Mori  gran  mercatanti.Ed  è  porto  di  ma- 
»  re  ,  dove  ogni  anno  capitano  molte  navi  di  Malabar  >  dì  Coromandel  »  di  Ben-- 
t  gala  .  Quivi  si  contrattano  tutte  sorti  di  mercanzie  e  di  tutte  le  parti  )>  (  Barbos» 
Ram.  t.  I.  p.  549  Q  ).  Il  Bartema  fa  menzione  di  questa  città  ;  r  appella  Cliail  e  dice 
eh*  é  sulla  costa  della  pescheria  infaccia  al  Ceylan  (  ibid.  p-  178  C).  Sembra  essere  la  ^ 
città  segnata  i^umicùel  nellacarta  d'Asia  de li'AnvilleJWerita  osservazione  che  nel  nò- 
atro  testa  e  detta  Cayer,e  che  su  quella  qpsta  vi  è  il  fiume  Cd wr*  (P.Paol.  Viag»p.56)e 
Caveripatanam  che  significa  la  città  sul  Caveri  .  Sembra  più  esatta  la  lezione  Ra-^. 
musiana  perchè  Caveripatanam  e  molto  più  a  greco  sulla  costiera  che  qui 
descrive  il  Polo.  Secondo  il  Marsden  Kael  o  /iCo»7  significa  in  Umulico  tempia 


454 

un  de'  quattro  fratelli ,  re  della  provincia  di  Maabar ,  qua!  è  mot* 
to  ricco  d' oro  e  gioje ,  e  mantiene  il  suo  pae$e  in  gran  pace ,  e 
li  mercanti  forestieri  vi  capitano  volentieri ,  per  esser  da  quel  re 
ben  visti  e  trattati .  Tutte  le  navi ,  che  vengono  di  Ponente  •^^ , 
Ormus ,  Ghisi ,  Adem ,  e  di  tutta  T  Arabia  cariche  di  mercanzie 
e  cavalli,  fanno  porto  in  questa  città  per  essere  posta  in  buon  luo- 
go per  mercatantare .  Ha  questo  re  ben  trecento  mogli ,  le  qua- 
li mantiene  con  grandissima  pompa  • 

Tutte  le  genti  di  questa  città ,  e  anco  di  tutta  V  India  hanno 
un  costume,  che  di  continuo  portano  in  bocca  una  foglia  chiamata 
Tembul  ^7^  per  certo  abito  e  dilettazione ,  e  vannola  masticando , 
e  sputano  la  spuma  che  fa .  I  gentiluomini ,  signori ,  e  re  hanno 
dette  foglie  acconce  con  canfora ,  e  altre  spezie  odorifere ,  ed 
eziandio  con  calcina  viva  mescolate .  £  mi  fu  detto ,  che  questo  U 
conservava  molto  sani.  £  se  alcuno  vuol  fare  ingiuria  ad  un'altro, 
o  villaneggiarlo ,  come  \  incontra  gli  sputa  nel  viso  di  quella  fo- 
glia o  spuma ,  e  subito  costui  corre  al  re ,  e  dice  l' ingmrìa  c^e 
gli  è  stata  fatta ,  e  eh'  ei  vuoi  combattere  ^^^ .  £  il  re  U  da  T  ar^ 


(  n.  i56o  )  (  V.  1. 1.  p.  i8i  n.  b  ).  Dice  il  P.  Buchet  »  Entre  Manapar  et  Tutueurim 
»  se  trouve  une  bourgade  appeUée  Pumicael  et  nommèe  par  les  Indiens  Pourreyca" 
jrel  ...  La  latitude  est  de  B.""  38.'  (  Lettr  Edif.  t.  XIII  p.  95  ). 

875.  Le  navi  che  vengono  di  ponente.  Non  parlò  delle  navi  della  costa  d*  Arabia 
•  del  seno  Pt* rsico  il  Barbosa  perchè  per  le  conquiste  dei  Portughesi  e  per  le  loro 
guerre  contro  i  signori  Arabi  non  osavano  più  d' approdarvi  >  e  ciò  probabilmente 
fece  decadere  queir  emporio  di  traffico. 

^^lé^.Chiamata  TembuL  »  Quivi  attendono  per  buona  pezza  a  masticare  quel* 
»  la  foglia  del  Betre  (  Betel  ) ,  il  che  fanno  ancor  tutto  giorno,  ed  é  la  medesima  fo- 
»  glia»  che  trattando  dell'  isole  Filippine  si  chiamtf  B^Jro\e  la  mescolano  con  quelle 
»  frutta  chiamate  da  quei  delle  dette  isole  Berga  e  quinci  nell'India  ^i^ictf (Arecha)* 
»  la  quale  é  una  frutta  grossa  come  una  noce  e  la  produce  un  albero  quasi  somi- 
»  gliante  alla  palma  in  quanto  al  fusto  ,  e  alle  foglie  ,  ma  di  essa  molto  minore  .  Il 
»  sapore  di  detta  frutta  é  aspro  ed  astringente,  e  perciò  vanno  mitigandolo  con  cai* 
»  cina  spenta,  fregando  con  essa  calcina  la  detta  foglia  quando  se  la  vogliono  met- 
t  tere  in  bocca.  In  quanto-ali'  odore  di  essa  ha  gran  somiglianza  con  quel  del  nostro 
»  targone,  e  rende  un  fiato  che  invita  grandemente  ai  piaceri,  a  spezialmente  coloro 
^  che  la  masticano,  i  quali  nel  medesimo  tempo  ristora  »  (  Carlet.  T.ll.  pag.  274  )• 
Altrove  ei  dice  (  t.  I.  p.  167  ).  »  Il  sugo  di  questa  foglia  é  caldissimo  »  e  ciò  ai  cava 
»  dagli  effetti  che  se  ne  veggono,  perché  ajuta  molto  la  digestione,  conserva  le  gen« 
»  gie  e  i  denti  e  fa  buono  e  odorifero  il  fiato  »  Parla  di  questa  costumanza  il  Barbosa 
che  descrive  anche  la  pianta  del  Betel  { Ram.  1. 1.  p.  55i  C  ). 

875.  CK  ei  vuol  eombntiere.  Il  Barbosa  tratta  di  queste  solenni  disfide  nei  ter* 
mini  stessi  del  Polo^  affermandole  autorizzate  dal  re,  e  che  servono  di  grato  spetta* 


435 

mi ,  che  è  una  spada  e  rotella .  E  tatto  il  popolo  vi  concorre ,  e 
qui  combattono  fin  che  un  di  loro  resta  morto.  Non  possono 
menare  di  punta ,  perchè  gli  è  proibito  dal  re . 

GAP.    XXV/ 

Del  regno  di  Cpulam . 

Goulam  è  un  regno  ®7^ ,  che  si  trova  partendosi  dalla  pro- 
vincia di  Maabar  verso  Garbin  ^7?  cinquecento  miglia  ^  adorano  gF 


eolo  alla  plebe,  e  che  terminano  malgrado  che  usino  armi  spuntate  con  la  morte  de  ' 
fiostra(ori .  £i  parla  di  questo  uso  nel  descrivere  il  regno  di  Narsiaga  all'articolo 
§aiicala  (  &rim.  t.L  p.  35a  D).  Che  se  si  rifletta  al  ritji  di  bruciare  le  vedove  ,  ali' 
altro  che  i  fedeli  del  re  si  uccidono  quando  muorcy  all'uso  dopo  crudeli  strazj  d'im- 
molarsi pgl*  idoli  9  al  rammentato  che  é  un  vero  combattimento  di  gladiatori ,  a 
quello  dì  condannare  a  morte  l' uccisore  d'  una  vacca,  non  so  su  qual  fondamento  si 
asaerisca  che  il  popolo  Indiano  é  il  più  umano  dell'  universo  . 

876.  Coulam  è  un  regno  (  Cod.Paris.  Coiian  )•  Cosi  di  questo  regno  parla  il  Bar- 
bosa •  »  Lasciando  questa  isola  di  Zeilam,  e  tornando  sopra  terra  ferma,  dove  volta 
»  capo  Cumerìt  si  trova  sabito  la  terra  di  Coulan  e  di  altri  signori  che  gli  sono  sog- 
»  getti,  e  vivono  in  quella,  la  quale  si.  chiama  Quilacare^  e  vi  sono  dimolti  luoghi 
»  abitati  da  Gentili  con  molti  porti  di  mare,dove  stanziano  molti  Mori  naturali  dei 
»  paescj  che  navigano  con  navi  piccole  che  chiamano  Campane*  A  questi  porti  ven- 
»  gonvi  li  Mori  di  Malabar  a  contrattare,  e  portano  mercanzie  di  Cambaja  che  qui- 
»  vi  vagliouo  molto,  e  alcuni  cavalli,  e  caricano  gran  quantità  di  riso  e  di  paoni  per 
»  Malabar  (  Ram«  1. 1.  p.  348  e  ).  La  città  di  Coulam  che  non  bisogna  confondere 
con  un  Coulan  del  paese  di  Travencore,  nelle  carte  dell*  Anville,  e  del  Rennel,  è  se* 
gnata  in  fondo  a  un  golfo  a  quindici  miglia  circa  nella  prima ,  a  6o«  nella  seconda 
a  greco  del  Capo  Comorino.  Il  P.  Paolino  che  visitò  quella  parte  dell'  India  dice  che 
la  città  detta  dagli  antichi  Argampoli  dagli  Indiani  Arampalli  è  tre  leghe  dentro 
terra  dal  Capo  Comorino  e  da  Covalam  che  i  Greci  appellavano  ColiSyOvt  erapo  an* 
ticamente  più  di  duemila  telai .  É  anche  oggidì  nota  solo  pel  traffico  di  telerie,  ma 
innanzi  era  il  magazzino  delle  merci  del  Malabar  e  del  Maduré.  Estesasi  la  navi- 
gazione, queste  città  furono  da  molti  tessitori  abbandonate,  e  sono  sorte  altre  cit* 
tà  e  stabilimenti  nei  luoghi  che  frequentano  oggidì  i  nàvilj  (  Viag.  p.  37.  ). 

877.  Maabar  verso  Garbin.  Qui  diceva  ancora  Malaòar*  Che  la  correzione  sia 
esatta,  si'  deduce  che  da  Afon^or partendos),andando  cinquecento  miglia  verso  Gar- 
bin si  trova  Coulan.  Ciò  è  esatto  quando  trattasi  della  costa  orientale  dell'India 
che  piega  a  libeccio,  ma  volgendo  la  prua  a  quella  volu  dai  Malabar  non  può  tro- 
varsi che  mare.  Pare  che  queste  cinquecento  miglia  ei  le  valuti  dai  confini  setten- 
trionali del  regno  di  Narsinga  o  di  Bisnagor  che  come  avvertimmo  esso  appella  re- 
gno di  Mabar. 


436 

ìdcdi .  Vi  sono  anco  Cristiani  ''•  e  Giudei  'Td  ^  che  hanno  parla- 


878.  Vi  sono  anche  Cristiani,  lì  P.  Paolino  trattò  di  questa  Cristianità  nell'O- 
pera intitolata  India  Cristiana, e  indirettamente  nel  suo  viaggio  all'Indie  Orientali. 
Essi  si  appellano  Cristiani  di  S.  Tommaso  per  la  tradizione  che  V  Apostolo  operò  la 
conversione  dei  loro  m^iggiori^e  non  già  come  lo  pretende  la  Croze  da  un  Tommaso 
discepolo  di  Monete  .  Opina  il  dotto  missionario  (  Viag.  p.  i55  )  che  molti  di  quei 
Cristiani  vi  passassero  dalla  Caldea.  Fra  le  ragioni  che  ne  adduce  è  che  osservano 
il  rito  Siro-Caideo  ,  perché  i  loro  vescovi  s*  ordinavano  in  Persia,  e  perché  pronta- 
mente divennero  Nestorini  .  Ma  pei  documenti  addotti  dall*  Àssemanni ,  e  dal  Re- 
naudot  antichissimo  é  il  Cristianesimo  in  questa  parte  dell'  India.  Parteno  ai  tempi 
di  Comodo  ardente  promul gii tore  della  fede  di  Gesù  Cristo  penetrò  in  India,  e 
trovò  presso  alcuni  fedeli  il  Vangelo  di   S.  Matteo  in  Ebraico .   Eusebio   Pam- 
filo  congettura  che  vi  predicasse  il  Vangelo  1'  Apostolo  S.  Bartolommeo.  Al  Concilio 
Niceno  assistè  Giovanni  vescovo  di  tutta  la  Persia  e  della  Grande  India.  Si  infet- 
tarono di  Nestorianismo  allorché  questa  selta  si  dilatò  nella  Persia  e  che  fu  favo- 
reggiata dai  regi  di  quella  contrada  in  odio  dei  &reci  Imperadori .  I  Portughesì  tre- 
varongli  seguaci  di  tali  errori  all'epoca  del  loro  passaggio  nell'Indie.  Alessio  Me^ 
nezes  arcivescovo  di  Goà  convocato  il  Sinodo  di  Udiamper  gli  uni  alla  Chiesa  Liati^ 
na.  Nei  paesi  di  Cachin  e  di  Travancore  ebb^o  i  Cristiani  propri  regi,  la  dinastia 
dei  quali  si  estinse  poco  innanzi  la  venuta  dei  Portughesi .  Nel  i653.  malcontenti 
quei  Cristiani  di  essi,  in  un  congresso  tumultuario  fatto  a  Alanga  si  separarono 
nuovamente  dalla  Chiesa  Universale  .  Furono  ricondotti  al  culto  Ortodosso  in  gran 
parte  dai  missionarj  e  oggidì  vi  restano  84*  Chiese  cattoliche,  e  35.  scismatiche» 
che  abbandonati  gli  errori  di  Nestorio ,  hanno  abbracciati  quelli  dei  Giacobiti  (  P. 
■Paolin.  Viag.  p.  i3d  ).  Il  Buchanan  ,  e  il  Kerr  visitarono  nel  1806  quelle  Cristiani- 
tà che  secondo  l'ultimo  si  dividono  in  Giacobiti ,  in  Cattolici  Sirj ,  e  in  Cattolici  La- 
tini, i  quali  discendono  dagli  Europei  che  si  stabilirono  nell'Indie.  Scrissi  una  dis- 
sertazione nella  quale  trattai  del  propagamento  del  Cristianesimo  nelle  parti  orientali 
dell'  Asia  e  del  Pretejanni ,  e  che  pubblicai  nella  Collezione  d' Opuscoli  Scientifici  e 
Letterarj  (  Fir.  1810.  v.  xii  p.  59  ),  che  avrei  ripubblicato  ritocca,  se  pur  troppo  vo- 
luminoso non  fosse  questo  commento.  U  P.  Paolino  computa  che  90000  Cattolici  del 
rito  Siro  Caldeo  siano  sulla  costa  del  Mdlabar,  Soooo  Giacobiti  ,  e  altri  120000  Cri- 
stiani nuovi  del   rito   Latino  convertiti  dai   Missionari  nel   Madurè^  e  di   quei 
Cristiani  appunto  parla  il  Polo,  come  di  quelli  della  Costiera  della  Pescheria.  II  viag- 
giatore confuta  r  asserzione  stravagante  del  Robertson,  che  contro  l'evidenza  asse- 
risce esservi  solo  12000  Cristiani  nell'  India  (  1.  e.  p.  146  )• 

879.  Giudei.  Il  P.  Paolino  nel >a  enumerazione  delle  varie  genti  che  abitano 
V  India  parla  degli  Ebrei  )^  provenienti  {  secondo  esso  )  dalla  Persia  verso  I*  anno 
»  540  avanti  G.  C  Tale  è  la  tradizione  degli  Ebrei  di  Goccino  nel  Malabar,  ma  sem- 
t  bra  esser  più  certo  che  essi  siano  quelle  reliquie  della  nazione  giudaica ,  che  rima- 
»  ste  nella  Persia  e  staccate  dal  corpo  Giudaico  dopo  la  strage  vendicativa  contro 
»  i  Persiani  si  refugiò  nell'  India  verso  l' anno  5oo.  avanti  G.  C.  (  1*  (•  p*  7^  )  »  •  II 
Relator  Musulmano  del  Aenaudot,  trovo  gran  moltitudine  d'Ehrei  nell'isola  Serendib 
o  Cejrlan  ,  ed  anche  dei  Manichei  (  Anc.  Relat.  p.io4)*  Abulfeda  afferma  che  ai  suoi 
di,  gi  an  numero  d'Ebrei  erano  nell'  India*  Giuseppe  Indiano,Cri stiano  di  Cranganor 
che  giunse  a  Lisbona  nel  iSoi,  dice  che  nel  paese  di  Goccino  :  »  etiam  sunt  compia- 


43? 

ré  da  per  sé:  H  re  di  guasto  regnp  noa  dk  tribale,  ad  diccelo ^i 
Vi  aas0p  yer^ìoojtioho,  bi^oiip,  e  pepjB  ^^  in  graiid'ablx>ndaQzà.  peiyi 
ciiè  io  tutte  le  foreste  e  campagne  se  ne  trova .  Lo  raccolgoopi 
nef  mese  di  m^iò^  giugno  e' luglio:  gli  arbori  che  lo  producono 
sono  domestichi.  Hanno  ancora  indaco  ^^'  molto  buono,  e  in  grande 
abbondanza,  qual. fanno  d'erbe,  alle  quali  levateli  le  radici ,  pon- 
gono in  fnast^Ui  grandi  pieni  di  acqoa ,  dove  le  lasciano  stare  fia 
cbe  si  putrefanno ,  e  poi  di  quelle  spremono  fiiori  il  sugo ,  qual 
posto  al  sole  bolle  tanto ,  che  si  dissecca,  e  fassi  còme  una  p^sta  ^ 

3ual  poi  Sì  taglia  in  pezzi ,  al  modo  che  si  vede ,  che  viene  <:oa-» 
otta  a  noi.  Qui  è. gravidissimo  caldo  in  alcuni  mesi,  che  appena 
si  può  sopportare  ;  pur  li  mercanti  vi  vengono  di  diverse  parli 
dei  mondo,  come  del  regno  di  Mangi  ^^^  e  dell'  Arabia^  per  il 


»  re»  judaei,  vero  vilSpenduntur  pluiìmom  t  (  Nov.  Orb.  Grin.  p.  14S  )  •  E  secdh- 
do  Diego  di  Cuto  usavano  ancora  la  loro  favella  (  Anc.  Relat.  p.  556  ) .  Anche  il  P» 
lUcci  è  d*  opinione  che  i  Giudei  ai  dilatassero  nella  parte  centrale  ed  orientale  deir 
Asia  dopo  la  dispersione  Babilonica  •  Dice  il  Barros  (  Asia  Dee.  i.  Lìb.  IX.  ci): 
V  non  é  parte  delta  terra,  dove  questa  cieca  gente  non  si  trovi» senza  proprio  luogo 
1^  0  abitazione,  facendo  penitenza  »  e  non  pentendoai  mai  della  s^a  contumacia  „• 

b8o.  Pepe»  (  V.  1. 1.  p.  i55.  n.  e  ) 

8^1.  Indaco,  Secondo  il  Sig.  Bertollet  (  Eiem.  de  V  art.  de  la  teinture  Par.  181 1 

t.  U.  p.  4^  )«  l'indaco  é  una  sostanze  colorante  turchina  che  si  estrae  da  una  pian» 

la  detta  Ami  e  Indigqfora  Untoria.  Dì  due  sorte  v'  é  a  6.  Domingo  ^  il  gentile  e  lo> 

spurio  •  U  primo  è  un  arbusto  fello  che  cresce  un  braccio  e  mezzo  «  ha  foglia  ro* 

tandettet  fibrose ,  piccole  e  verdastre .  Quando  la  foglia  è  matura  si  t#glia  e  si  pone 

«  macero  in  tini  pieni  d' acqua  nei  quali  fermenta,  'i're  sono  i  tini  che  servono  pe^ 

questo  uso  l' uno  sottoposto  all'  altro .  Pri meramente  la  foglia  si  pone  nei  superi ^re. 

Allorché  si  ravvisa  che  la  fermentazione  è  pi*esso  che  al  suo  termine,  e  che  la  so* 

stanza  colorante  comincia  a  condensarsi ,  si  scola  l' umido  nel  secondo  tino  sotto^ 

posto»  ove  si  sbatte  con  una  macchina  a  posta,  si  crede  che  un  poca  d' acqua  di  caU 

Cina  gettata  nel  tino  agevoli  la  precipitazione  delia  sostanza  tintoria.  U  fluido  .si 

sbatte  s^giustataAiente  y^  si  lascia  posare,  e  dipoi  si  travasa  nel  terzo  tino  |  ove  il 

colore  si  separa  dal  fluido.  Da  questo  si  fa  sgorgare  aprendo  altra  chiavetta*  ed  esce 

come  aostaaza  semifluida  che  si  raccoglie  in  calze  di  tela,  e  assodato  come  pestasi 

coln  iai  forme  quadre»  avendo  cura  di  prosciugarlo  in  capannoni,  ove  circoli  Tarla  e 

non  ibatta  soie  • 

4Hb«  Di  Mangi  (  V.  1 1.  p.  188.  n.  ) .  La  decadenza  della  navigazione  dei  Cine* 
si  fieM'  India  non  dee  ripetersi  dai  Portughesi»  ma  dalle  restrizioni  che  vi  frapposero 
ì  Mingf  s  sovrani  natii  dopo  avere  scacciati  ^rKi^en  o  i  Mogolli,  che  ripristiimrono 
ìlsisteatia  di  non  ammettere  stranieri  ne' loro  porti  senza  licenza,  e  p6r..'iò  non 
avranno  potuto  godere  i  Cinesi  della  libertà  e  franchigia  negli  altri  stati  non  ac« 
cordata  nel  loro.  Credo  che  l'agevolezza  che  diede  l'edificazione  di  Malacca  di  rum- 
bisre  itfjyo  compraire  tutte  le^lnUi4:be  mei  ci  facesse  rinunziare  di  buo^  grado  ì  Uner 

56 


4^ 

fMà  giia^dgik>  y  àie  trovano  delle  ÉOltfegbTaB ,  tbé  fWrtMl»  adulili 
roro  patria^  e  di  quelle  che  riportafvo  eoa  le  loro  navi  di  que- 
llo regno  • 

Yi  si  tmoTauo  molte  bestk  diverse  dalK  altre  àA  mondo  j 
^cbè  vi  8000  leoni  •^  lutti  negri  ^  e  pappagaBi  di  più  sorte  ••♦ 
alcaoi  biaDchi  come  neve  ^  con  li  piedi  e  becco  rosso ,  altri  rossi 
t  azzurri  y  e  alenai  piccolissimi .  Hanno  anco  pavoni  più  belli  e 
inaggiòri  de^  nostri  j  e  di  altra  formar  e  stauifa,  e  le  loro  galline 
sono  mdto  diverse  dalle  nostre  »  E  il  simile  è  in  tutti  li  fratti  ^ 
che  nascono  appresso  di  costoro  »  La  causa  dicono  ^  che  sia  per 
il  gran  caldo  ^* ,  che  regna  in  quelle  parti .  Fanno  vino  di  un 
zucchero  di  palma  ^^  y  qual'è  mollo  buono ^  e  fa  imbrìacare^ 
più  di  quello  d' uva  •  Hanno  abbondanza  di  tutte  le  cose  necesr 
sarie  al  vivere  umano ,  eccetto  che  di  biade ,  perchè  non  vi  na- 
sce se  non  riso  ^^  :  ma  quello  in  gran  quantità .  Hanno  molti 


•i  alia  navigatione  pericolosa  iti  go?fo  èi  Bengal» .  Pare  mfatti  che  il  Barbosa  cW 
tiaggiò  poco  dopo  ^iacuopii  mentì  dei  Portughesi  iieii'  laiia  noa  vedesse  giunchi 
tinesi  che  a  Malacca  (  Ranh  Nav.  1. 1.  p»  344  D  ) 

86S.  Leonk  Dice  il  P.  Paolina  ehc  il  leone  detto  Kisarìf  o  Sinha  è  rarissimo  in 
India  oggidì  (  Viag.  p.  iSo  > . 

884.  '  PappagàUi  di  più  sorte .  H  prelodato  riaggialore  descrive  vari  volatili  In*' 
diani  dividati  dai  nostri  :  y  l  pappagalli  grandi  e  piccoli  d'ogni  genere^  e  specie  ve»* 
it  gono  a  migliaja  a  depredare  gU  alberi  fruttiferi .  Le  scimmie  e  questi  pcpp^S*^^ 
!^  Sbno  i  due  flagelli  del  Malabar.U  pavone  Mail^  iit  lingua  Mèdmbopiea^k  un  animai 
i  le  frequentissimo  nel  Malabar  »..  h»  galRna  silvestre  è  MIMma»  giacché  è  adov«^ 
#  ila  di  varie  penne  rilucenti  di  color  d'oro  it  (  Viag.  p»  167.  eseg^).. 

88S.^  Per  ià  gran  ealdo.  Nota  il  Eamusio  in  maiigine,  che  Diodoro  Siculo  dice,. 
ihe  il  Sole  è  la  cagione  dèUa  varietà  degli  animali ,  uccelli^  e  piante,  rche  scrive  le 
medesime  cose. 

886  Fino  ^ms  zueékero  di  Pahnm.  Di  oft  vino  tratto-dal  sttcchevo  scrissi  ( t.  v. 
pag.  188.  n.  £).  Serve  di  commentario  a  questo  luogo  del  Polo  la  rela«ioile  di  Giù- 
leppe  Indiano  rt^ex  palma  igitur  hoc  modo  quataer  fiunt  finictus  in  mense  Aogasti» 
»  id  enim  est  eia  prì mum  ver  r  paknam  putant  ut  noe  vites>  et  quoniem  Inac  arbo* 
f  res  pottBsItnuin  loxnrìant ,  gemunl  Incìsae,  lacrymssqne  tnstar  eonsanciatae  vitea- 
»  emittant  eàpro  Vhìoasuntur  atbicantc  equa  •  Elapso  triduo  ex  lactioe  fit  aeetana 
»  suapte  natura .  Qui  vero  saccarum  efficere  voluerit  is  aquam  httiuamodi  Sttmat  e-» 
^  manantem  intra  tridnum  ».et  aheis  imposìtani  tanCisper  coquat  »  donee  vis  tertia 
^  pars  supersit  fune  sic  decocta  mei  efficitur  suavissimum  •   Ubi  vero  mei  esl  effe* 
§  etum  id  rursum  aquìs  immergunt ,  et  compurgant  subinde  usqae  ad  vigesinmia. 
t  diem  et  cum  diligenter  defec«^erint|.eo  utuniur  prò  vino,  et  qiiidem  ut  a^iuit  siìcip» 
t  vissime  »  (Mov.  Orb.  Grìne  p.  14^) 

887.  Sé  non  riso^  Netta  appellasi  il  ris6  in  spiga  r  t  qoeilo  che  si  miete  in  set* 
Tk  Hnhre  di'  é  la  prima  raccolta  ohiaBBasi  Firippa.  Quello  dal  Dceembre  o  Gennai^ 


4^ 

ine  4oqiie  sono  qeri  ^ ,  -^  -y9«^9  nudi  ^^  •ctet^e^u»  cb^  ^  «pv^- 
gopo  qkam  belli  drappi  «vm^ì  U  'Oaiova .  Son^o  molto  Jifi^siAirio- 
^  e  piglialo  per  mo^i  le  p^res^"^,  leg^Ji^nuiie,  Mffaa(ri\gP«-«f3  U 
padre  «  morta,  e  W  po^m^  •  £  dpiiefifte  &'  .9^fv.^  fw  ìIUqUo  c^ 
ioi«^$i,  per  tutta  l'I^dw. 


>  • 


GAP.  XXV. 

JPi   Cumari . 

Gumari  ^'  è  uqà  proviùcla  De|r India,  dalla  quale  ^i  vede 
«D  poco  della  stellt  della  nosu*a  traniomana  ^ ,  la  quale  non  si 


»  che  é  la  seconda  raccolta  Mundaven  ;  quello  che  i  coltivato  a  foixa'd'acqua  nelt* 
•t  ealote,  facendola  piwve  per  emanali  o  cond^ttib  4^P9  che  fa  tirala  coi[i  aecchi  di^l 
t  fiume»  chiamasi  Puw;ia*  Questa  è  la  ter^a  raccolta  che  si  fa  nei  marso,  e  aprile...*, 
»  Il  /Velia  pesto»  hianco,  asciutto  diventa  riso  cioè  Ari  quando  é  crudo .  Ciorra  i^ 
t  lipgua  Walabarica  quandp  é  cottp  (  P.  Paol.  Yia|;..p*i  iS  ).  Sembra  che  da  ^ri  sia 
venuta  la  voce  Ariza,  e  Oriza  d^i  Lati^. 
&8&  Nen  (  V.  1. 1.  p.  180.  a.  e  ) 

889.  ymnno  nudi*  Il  P.  Paolino  ha  dati  due  nimi,nei  quali  sono  rappresentata  1 
festi^ri  Degl'Indiani  (  Viag.  p,  1 10.  e  iia)  che  cli^pstrano  quanto  esattamente  quì 
gli  descrivesse  il  Polo.  Altrove  ei^  dice  dei  KuU  0  odiali  (.p.  45  )•  »,  Questi  uomini 
»  sono  ignudi  eccettuato  le  parti  naturali»  che  essi  velanp  con  un  fazzoletto»  9  al* 
»  tro  piinno  di  colore»  attaccato  ad  un  cordoncino  che  cinge  le  reni  ». 

890.  Per  mogli  le  parenti,,  (  V.  1. 1.  p.  109.  n,  e  ) 

891.  Cumari  (  Cod«  Paris  )  Comari  o  il  Capo  Comoriao  (  V.  1 1.  p.  189.  n.b  )  • 
893.  Un  poca  della  stella  della  nostra  tramontana»  E  malagevole  l'interpretare 

^esto  passo.  Il  P.  Zurla  riferisce  che  il  Polo  asserì  aver  da  uniuogo  veduta  la  cq- 
stellazione  del  Polo  Antartico  all'  altezza  di  una  lunga  as(a  ipilitare»  »  della  qusje 
»  maniera  d*  indicare  le  varie  altezze  del  Polo  (  ei,dice  )»  anziché  per  gf^i^di  »  si  haji* 
»  no  altri  esempi  in  Marco  s^s^»  ed  findie  dopo  di  lui»  come  in  Aloise  4* 
»  Cadamosio  alla  metà  del  secoi^io  XV  »•  Ipfattì  osserva  che  di^porrendp  il  Pojo 
del  Capo  Comorino  notò  che  la  stella  polare  vi  apparf  vf^  all'  altezza  di  un  braccio 
{  Disaart.  t.  !•  p«  184  )  •  Il  capo  Comorino  secondo  1*  opera  che  ha  per  titolo  Con-» 
noissQisce  des  tems  (Par.  iSia  )  è  a  7."*  56.'  Secondo  (a  carta  dell'Indie  del  Aennel  a 
8.°Mja  questa  apparenza  é  tanto  variabile»  e  incerta  qhe  non  pi^^  4^dursene  la  con- 
éeguenza  che  in  altro  (uogo  se  TOrsa  Minore  gli  appariva  alta  due  br,accia  il  paese 
fosse,  a  16.*  di  latitudine» mentre  1  prossimi  lyionti  e  l' irregolare  aspetto  c^ell*  oriz- 
zonte i^parentemente  possono  mascherare  l'altezza  cheaocchip  Audo  male  ^d 
inesattamente  si  misura.  Il  Polo  soggiunge  cl^e  defta  stella  non  si  può  vedere  dalla 
dava  sino  a  detto  luogo.  Per  quanto  ciò  non  si  legga  nel  (psto  4^  noi  pubblicato 
&oapuò  supporsi  che  fi^  stalo  iiUe(;poUt^ .  11  /atto.per^  ^P^.poR^)?^?  ^^^fi^^^^" 


/ 


44© 

Sub  vedere  dalF  isola  della  Giava  fino  a  questo  lodge  ^  qbale  an- 
andò  in  mare  trenta  miglia  si  vede  un  cubito  d^  sopra  V  acqua* 
Questa  contrada  non  è  mc^to  domestica  ^ ,  ma  salvatica ,  e  vi 
sono  bestie  di  diverse  maniere,  specialmente  scimmie  di  tal  sorte 
£itte,  e  Còsi  grandi ,  che  pajonp  nomini .  Vi  sono  ^ancora  gatti 
maimoni  ^^  molto  differenti  in  grandes&2a ,  e  piccolezza  da^^  al* 
tri .  Hanno  leoni  j  leonpardi ,  e  lupi  cervieri  in  grandissimo  nu- 
mero • 

CAP.XXVL 

Del  regna  di  Dely. 
Partendosi  dalla  provincia  di  Cumari  ^,  e  andando  versa 


to^qnando  non  si  navighi  dalla  costa  mendionafe  di  Sumatra  dirèttamente  rerifo  il 
Comorino.  Ma  il  Polo  non  fece  quella  navigazione,  ma  A  parti  dalla  eosta  setten* 
trionate  dell'  isola,  riconobbe  quf;Ila  à*  Andaman  che  è  più  a  settentrione  del  capo 
predétto.  Non  si  può  adiini^ue  in  altro  modo  esplicare  T asserzione  del  Polo  ,  ch^ 
esso  fece  quella  navigazione,aik>rcbé  la  stella  polare  non  é  visibile  m  quei  mari,  per* 
che  rimane  sotto  1*  orizzonte  >  lo  che  accade  secondo  il  Marsden  in  quel  le  latitudini 
sci  mesi  deir  anno  . 

895.  Questa  contrada  non  é  molto  domestica  >  Il  P.  Tachard  che  vr  fn*  cosf  ne 
parla  ,y  La  città  di  Cotate  è  grande  e  popolosa  quantunque  come  le  più  delle  città  In* 
p  diane  sia  senza  mura  e  fossa  .  E*  dentro  terra  a  quattro  Teghe  dal  Capo  Camerino 
»  (  che  è  r  estrema  punta  della  catena  dei  Gattes)  a  pie  delle  montagne  che  rendono 
»  famoso  questo  capo  per  le  maraviglie  che  se  ne  raccontano.  Varj  asserrseono  che 
#  in  questa  lingua  di  terra,  che  non  ha  più  di  tre  leghe  d*  estensione,  si  provano  in 
V  un  tempo  medesimo  le  due  stagioni  dell*  anno  le  più  opposte,  Tinverno  e  Tesiate, 
f  e  che  alcuna  volta  in  nn  giardino  di  cinquecento  passi  quadrati,  si  ha  il  gusto  di 
p  vedervi  unite  le  due  stagioni  f  gli  alberi  cioè  carichi  di  fiorì  e  di  frutti  da  nn  lato> 
»  e  senza  foglie  daH*  altro.  Non  ho  potuto  io  stesso  accertarmi  delta  verità  o  falsità 
'  t  della  cosa,  ma  egli  è  certo  che  alfe  due  costiere  del  capo  i  venti  sono  sempre  op- 
»  posti,  e  tirano  come  se  volessero  insieme  venire  a  battaglia ,  dr  modo  che  quando 
*>'  sulla  costa  occidentale  del  capo  r  venti  vengono  da  ponente,  sulla  costa  orien- 
»  tale  vengono  da  levante  »  (  Lettr.  Edifem.  t.  X.  p.  376  ) .  Qa  ciò  si  rileva  che  il  iè-« 
nomeno  di  sopra  notato  (n.;o3  )  dell' alternazione  opposta  delle  stagioni  sulla  costa 
di  Malaòar  e  di  Coromandet  si  manifesta  fino  alla  punta  estrema  delia  penisela.  Il 
Capo  Comari  era  uno  dei  luoghi  i  più  famosi  pei  superstiziosi  gentili  •  Ivi  prediiò 
r  Apostolo  dell'  Indie  S.  Francesco  Zaverio,  e  ivi  gli  fu  eretto  un  tempio  che  esiste 
tuttora  ,  e  venerato  oltre  modo  neli'  India ,  ma  che  vollero  gì'  idolatri  abbruciare  » 

894.  Gatti  Mammoni  (  V.  %•  i.  p.  2o5.  n.  ) 

895.  Provincia  di  Cumari  •  Pare  che  qui  voglia  significare  il  regno  di  Tra^at^ 
m^r  «^  aaiìcamente  «ppellavasi  Cou/on  o  CoUam  seconao  il  P.  Paalino  (  Vìsssp^ 


AH 

ponente  per  treoento  miglia  ^ ,  si  ttuova  il  ^tgacr  ài  Bely  •w  ; 
che  ha  propino  re  e  favella  ;  non  dà  tribaio  ad  alcuuo  ;  quesu 
próvii^ta  oori  ha  ]>orto,  ma  uà  fiatile  grandiamno,  che  ha  buo- 
ne bocche.  Gli  abitatori  adorano  gì' idoli  :  questo  non  è  poten* 
te  inmoliitudioe  ,  ovvero  valore  detti  suoi  popoli,  ma.  è  sicuro 
per  la  fortezza  de*  passi  della  ragione  ^^  '<Ae  sopo  dì  «lai  sorte  ^ 
che  li  tìertìici'  non  vi  jwssono  andare  ad  assaltare  *  Vi  è  aHxm*? 
danza  di  pepe  e  zenzero,  che  vi  nasce,  e  altre» spezierìe.  Se  .aU 
cuna  nave  *  venisse  ^^  ad  alcuna  di  <{aeste  bocehe  del  deuo  iiume^ 


•     ■        •  •       • 

p.  75.))  che  fa  d'uopo  non  confondere  col  Coulan  della  costa  del  Coromandel  di 
cui  parlammo  di  sopra  .  A  tempo  delle  conquiste  dei  Portughesi  era  diviso  il  Mar 
labar  nei  regni  di  Caulan  dì  Cahanor ,  di  Caiicue .  li  Sovrano  di  questo  regno  avea 
illitolo  di  Samuri  o  Impcradore  ,  ed  area  la  supremazia  sugli  altri  re  o  regoli  Ma- 
labarici  (Aol.  i,  e.  p.  uà  Barbo»,  ftan»,  t.  i.  p.557).  Dice  il  P.  Boucbet:  f  depuis 
»  le  Gap  Gomorin  jusque  a  Gochin  et  au  dela ,  les  deux  etats  les  plus  considerables 
»  sont  ceux  de  Travancor  ,  et  du  Zamorin.  Le  premier  etoit  il  n'jr  a  pas  lon||  temps 
»  sous  la  domination  d'une  reine,  la**  ville  de*  Cotaic.  e9i  ce  qa'il  y  avoit  de  plus 
»  remarquable  dans  ce  rojanme  ^.  (  Lettre»  Edif.  t.  Xili.  p-  94  ) 

896.  Andando  per  ponente  per  treoenio  ìnigHa .  Qui  w>n  è  esatla  la  dft'eKiohcft 
Ma  ciò  non  dee  recar  maraYÌglia,gravis9Ìmi  erano  gli  abbiagli  che  prendevano  i  navì^» 
ganti  in  qui  niari/prima  cbevi  si  usasse  la  biiss<rfa^a  quale  mm  vi  era  ancora  i»  uso  a 
tempi  di  NieeolÀ  Gontiehé  poeftif  amente  lo  afferma  (  Rffm.  t  i.  p.  S79  D) .  Del  mo- 
do  erroneo  di  orientare  la  penisola  Indiana,  òkre  la  Carta  Peotingeriaiia,  *edaam> 
solenne  testifiToiùanza  le  catte  di  Tolomeo ,  che  gruBtifieooo  Y  errore  hrctti  cadde  il 
Polo  dì  aver  èreduto'di  navigare  a  ponente  qu's^ndo  navigava  a  móeslro .  fi*  mollo 
probabile  inoltre  éhie  et  rÌGon<»sciuto  il  Capo  Camorin  si  slontanasse  da  tèrra  e  che 
primo  punto  dt  ritìonoSci mento  sn  quella^  costiera  •  fosse  '  il  «^  Oapo  d*  Ely  •  Avverte  le 
Gentil  ne)  descrivere  il  viaggio  dall'  isola  di  Francia  al  Ooromandel ,  che  sogliono»  i 
naviganti  tene>si  alla  disianza  di  una  trentina  di  leghe*  dalhieoata  per  non  naufragar- 
vi stante  r  impetuosità  del  venti  (  Voy.  dans  la  mer  des  Indes  t.  L  p.  645  ) .  E  se  cr6 
fecero  i  piloti  delle  navi  del  Polo,  più  agevol  còsa  fu  che  errasse  nali' assegnare  la 
direzione  dèi  suo  cainmi no  • 

897*  Regno  di  Dely^  è  più  correttamente  il  nostro  testo  Ety^  cosf  11  Iticcardia* 
no  e  il  Parigino.  Jo  asserii  che  intendeva  favellare  del  ragno  dr  CaKcut  (t  l.p.rSgn.d^) 
e  mi  crorifermo  nell'  opinione  che  anticamente  il  regno  di  Calicut  fosse  appellato  re- 
gnod'  Ely{  v.  n.  900).  D^tm  regno  di  qtresto  nome  su  questa  costa  oltre  il  Pòlo  par» 
koo  Niccoli  Conti>  il  Fe^eriai,  e  il  Barbosa  • 

898*  Fortezza  dei  passi  delia  regióne*  »  Questo  paese  è  quasi  inespugnabile 
ir  (  il  Mtflabar  )  essendo  coperto  d'  alte  montagne,  e  tutto  tagliato  di  fiumi  che  im« 
»  pediscono  la  cavalleria,  il  passo  delle  truppe,  il  tragitto  velode  d'  un  esercito,  eia 
»  permanenza  sicura  d' un'  inimico  che  non  è  pratico  del  paese  ^  (  P*  Paol.  Visg» 
p.  7S  ).  Lo  stesso  conferma  il  Barros  {  Dee.  I.  p.  73.  ter.  ). 

899.  Se  alcuna  nai^  venisse  AbdOul-rìzaq,  Ambasciatore  di  Schsl^-R^'ckh  lo 
^onfemu,  t  JS.aUkut  (  ei  dice  )  è  un  porto  dì  mare  molto  sicuro  ^  e  frequ^ortatr;  2«a 


44^ 

owero  porlo  por  ifaUche  Mcideme^  e  non  per  prepoft^  voloiiii^ 
li  togiioQo  tutu)  quello^  die  baiiao  ia  nave  cQ  uerMosie ,  cMceii-* 
do  :  voi  colevate  mdtre  altrove ,  e  il  «ostro  dio  vi  b«  coiMJtoUA 
qnì ,  acdaeohè  abbiamo  U  robe  voAre  •  Le  Davi  di  Maogi  ^^ 
vengono  per  l' estate,  è  si  canrioaiio  per  veoiura  m  oito  gìorai,  'O 
pm  presto  che  possono  ài  partonp ,  perdhè  non  vi  è  inolio  buoa 
etere  ,  })er  essere  la  spiaggia  tutta  di. sabbione,  e  m<4^to  pericolo* 
sa,  ancorché  le  dette  «avi  portino  assai  ancoi^e  di  legiao  così 
grandi ,  che  in  ogni  gvan  Ibnwia  riieiigcinD  le  nitvi  •  Vi  sono  le<H 
Ili ,  e  molte  altre  bestie  feroci  e  salvaiiche  • 

CAP.  XXVIL 


Di  Malahar. 


Malabar  '^.  è  un  regno*  ^gnMidiseiiiìo  nell'India  Martore  ^ 


.,  1       •  ■      \ 


^  iMCtHWza'i  taoAo  ewn^o  ia  questo  p^rta»  e  U  ^iuftiua  tanlo  bene  ammimatrata 
^  che  sbarcate  k  hmm  ataooo  ^poatcì  nei  mercati  aeioa  pericolQ«L*uao  degli  allri  porw 
0  tiisiiU^atasaaiCpata  èiobeae^ui» baatiiaeiito deatinato  per  un  porto  é aatreUo,  dall' 
»  ottnipQtenza  divina  a.toceanxi  un  altro,  le  inercans&ie  veqgaao  fermatale  confiscar 
<a  te  » .  (  J^angU  JUoi«»il  de  J^eit.  Voy.  t.  Il*  p.  96  ]. 

900.  :Le  turni  éi  Mang^rtiìo  che  il  refno  di  Calic^ut  foase^  eoa)  appaiato  dal  sue 
..porto  ai  tempi  daUa  Qooqtiialp  dei  Pomughesitifia  die  aateriormente  lo  appellassero 
•  rc^no  d'£(f «ma  4a  persuade  pur  ancbe  il  rifleaaoohe  Giuaeppe  Indiano  dice  di  Cali- 

cutfxiò  ebe  qui  narra  U  Pvlo^dd  r«gno  d'  ìE/;":  »  ivequentior  «tiam  inibi  iifigotiatio- 
ì»  aum.niiawjusievaitacwn iqoolao Calai j  ìlio proficiscebantar  ».  ( Nov.  Orb.  p.  i5a}. 

90 1 .  Malabmr.  11  nqatro  teato.portii  Melikmr  cosi  il  JÉUceardiano^coai  il  Pari|^no. 
.Secondo  £bn«iialata  il  nome  arabo  dì  questa  provincia  é  MaUiòar^  di  che  non  va 
;  perauaao  il  8tg.  Sacy  (  loum*  dea  Savan,  Jan.  i8ao,  p.  pS  ) .  Il  P.Paolino  cfie  vi  dU 

moro  i5  anni,  che  sapeva  il  Samscredemico  t  il  TamuUco  1  i^  Malabarico ,  ossìa  la 
lingua  doSta  e  le  fiivelle  volgari  del  paeaet^esorive .  topograficamente  il  Afalabar  t  e 

.•dietro  la  scorta  di  lid  ne  daremo  sommaria  contaa^i^  il  vero  nome  Indico  del  JRfa- 
l4ibare  Alajralalam  che  deriva  dalle  voci  JUalm  mièuX/t^Um  abitaupnctcioé  paefc 

.  di  montagna.  ifcGrf/iii^iva  significa  lo  stesso»  e  da  questo  vocabolo  indiano  corrotta 
crede  esserne  derivato  quello  di  Malabar^a  ciò  non  rassembraci  eaatto.  Poiché  sic* 
come  gli  abitanti  sono  detti  secondo  il  riferito  scrittore  MM^yer  o  Montagnuoli  fu 
detto  dagli  Arabi  Malajbar  o  paese  dei  MaloL  In  fatti  dice  TUerbelot  che  i  Gcogrn* 

,  fi  orientali  l' appellano  Afalaibar  (  Vox  MsUi  ) ,  £bn  Batiita  che  acrìase  un  opuacola 
che  tr&latato  porta  il  titolo  Dóscripiio  terrae.  Ualabat^reXcnd»  che  il  nome  Arabo 
del  paese  sia  Mulaibar ,  ma  si  ravvisa  essere  occorso  errore  e  scambiamento  della 
grima  vocale^e  che  debbe  leggersi  Malaihar  (  lourn.  des  Savan*  lanv.  1720*  p.  19  }  Il 
MdfJmf  secondo  iif ,  Paolmo  a  meaaodi  incomincia  0  ZWo^>  cho  é  uj^  pistcUy  a 


445 

verso  ponenrè  ^  del  (faile  noa  vogUo  testare  di  4ire  ancora  alcirot 
pariìcolarità  ^^  ;  le  cui  genti  haaiio  re  ^  e  lìngua  propria  : 
UDO  daoTio  tribmo  ad  alcuoo  »  Dn  questo  regno  appare  la  stella 
della  tramontana  sopra  la  terra  due  braccia  ^  »  Schio  in  q;aestD 


*■*** 


ponente  del  Capo  Gamorino  a  8.'  B.^  di  Lat.  Setteiv.  E^  a  confiite  col  Iffattùrd  e  eolia 
Costa  della  Pescheria^  che  è  la  Pto'aLia  degfi  antichi  :  chiudelo  a  Decidente  il  mare  ^ 
a  levante  la  catena  dei  monti  Gfta//tf#:a8etteotrio»e  ha  il  regno»  di  Cancan  e  il  numte 
d*  JUi  che  e  a  13.^  &'  secoiidorle  oMervaxion»  di  Hamilum  Moore.  La  ionghessa  del 
paeae  dai  Gaiie9  al  marevajri^  dalle  iSaUe  40  laghey  la  kiogbcsza  per  costa  è  di  cen* 
to  venti  leghe.  Lo  bagnano  molti  fiumi  che  vengono  dalle  montagne»e  cke  scorrendo 
iu  varie  direzioni  sboccano  in  mare  (.  PrPaoL'Vlag.  p^  69  )  »  Ma  il  Polo  col  nome  dt 
ttelibaTf  oltre  il  paese  propriamente  dettò  ,  appellò  tiitta  la  costa  ehe  ancbe  dal 
monte  Eiljr  o  lUi  si  estende  sino  al  Guxera$  (  V.  t  J^ttcga  n.  \  etoè  i  paesi  di  Cmnara 
e  di  -Coneami  e  i«  eie  segui  la  cosCiina»za  degl'Arabi  dei  suoi  tempii  che  tutta  la  co-* 
sta  dal  Camorifto  al  Guzerai  appellarono  Jtf«£Ei^r.Cn  iatti  seconde'  Abulfeda  ha  pria- 
tipio  detta  regione  dal  Guzerat  (  Marsd.  n.  1587  ) . 

9oa«  Non  voglio  wesiar  ài  dire  ancora  aloine  altre pàrtUotari là.  Ciò  non  legge» 
A  nel  nostro  Testo^  e  sospetto  che  ^pieste  parole  iòssevo  interpolate  da  akutuik  «he» 
epinòVrntameater  che  alcapv  ao»  parlasse*  del  Maiahat^  «o»  .av verterla  dier  parfib 
del  Maabar  o  delta  parie  meridionale  del  Coromandel .  E  molti  incorsero  i»  tale  ei> 
rore,  e  fra  questi  il  Rennel,  e  il  Malte  Brun  »  periochè  asserirono  che  il  PtAo  satlua*^ 
fiameitte  aveva  descritta  T India,  quantunque  dal  nostro  conunetitario  siasi  potuto 
ravvisare  ohe  la  descrisse  ordinatamente ,  ed  avverte  y  che  dal  Cejdba  poesa  a  de- 
scrìvere i  paeM  a  tramontana  di  S.  TommasO'  o  di  Meliofmri^  e  dopo  ciò  riconduce 
il  leggitore  al  Ce7^r»,quasi  voglia  accennarli,  che  da  queU'ieola  non  si  mosse.per  vi- 
sitare quelle  contrade,  ma  che  a  seconda  della  sua  consuetudine  ne  parla  per  reki«io-^ 
ae,  come  feee  nel  p^^ioMi' libro  al toixhè  trattò  di  Dadagshan^t  di  Cmapùion  o  Kan^ 
tAeu. 

^S  léead  §enii%animre.  Opinai  (t^Lp^  vgo.».  ]F  che  qui  volesse  parlare  del 
paeae  di  Ctknanor^XMk  riflettendo  ai  particolari  qui  narrati  ho  variataópinione.  Sìaco- 
me  si  dice  che  questo  regno  è  poco  lontana  dal  Guaerat^para  che  intenda  vagievape 
del  regfto  di  Dàèan^  di  cui  si  de  cattteaaa>tel  aoMaailo  di  regptt,eittft^/a  pa^l»  a»-: 
entali  (  ftamk  t«  L  p>  365.C  ).  ivi  si  iMirachepoteva  essere  iSa  anfti  abequcaioiregniK 
§a  levato  di  mano  dei  4;enttlldal  Aame^i  elee.  Tar^Af  e  PtfrjtamVtoiaiaaacadda  del» 
regno  di  Camòafa  a:  di  molbe  eitU  itt' terra  ferma ,.  e  .di  molti  posti  di  mare .  IliÌGe:ii 
Sarros  :  #  la  quarta  parte  di  questa  nostra  descrizione  principia  nella  ci  tt^  di  CaOi-* 
w  60/a,  e  ftm'Sce  nett'^iJltstrecapo  ColMMM^M^allb  ^(uak  disto  costa  ^  sono  ac)o 

a  leghe  poco  piùo  marKo,  dove  si  «oa^Nraiìde.qttaaii tutto  il  ior  dell'  Indie  f  che  k 
a  la  più  fi*equpnlaia  parte  da  aai;  111  quale  pcttremo  dividere  in  tre  pai  te  1  eoa  dna 
a  nQtabili  fiumi  .  .  •  Il  primo  divide  itregn#^lOsea#ft  dal  regno  Gacena^i  che  li  restai 
a  a  TrampoCana .  Il  aecoitdo  divklequlesto  negnoDacdit  dal  regno  Canora ;«he  ce-^ 
a   ata  air  ostro  di  quello  t  (Basroa  Asia*  Dèe.  h  Libi  K*  e  L  )• 

yo4,La  stella  della  tramontana  $<jfrm  la  terra  due- braceia-QatUo- regno  alFim^ 
beccatura  del.  Golfo  di  Camboja  è  a  ao.^  di  LaUSelt-»  e  se  Ja  misura  a  braaeia  dell'ai. 
fexxa  del  polo  fosse  stata  esatta^  avrebbe  dovuta  i^erla  Marco  a  due  braccia  e  mas»* 


444. 

tmmt  e  in  tiaello  !cU  CrtisKerat,  qaal.  à  pocolontanb  ^  flttcrlit  cotm* 
ri  ^^ ,  i  quali  vaDQO  in  mare  ogn  anno  con  più  di  cento  natUj ,  e 
prendono  e  rubano  le  navi  de'  mercanti,  che  passano  per  quei 
luoghi.  Detti  corsari. meoaóo.« in  jpQare  le  lor  mogli  e  figliuoli 
grandi  e  piccioli  ^  e  vi  stanno  tutta  la  state .  E  acciocché  non  vi 
possa  passar  nave  alcuna,  cbe-nee^-la  prendino,  si  mettono  in 
ordinanza ,  cioè ,  che  un  nayiiio  sta  solto  con  l' ancora  per  cin- 
que n^iglia  lontano  Tun  dall'  alirp ,  sicché  venti  navil)  occupano 
lo  spazio  di  cento  miglia..  E  subito ,  che  veggono  una  nave  fanno 
segno  con  fuoco  o  con  ftimb .,  e  così  tutti  si  ragunano  insieme  ^  e 
pigliano  la  tiave  che  passa  :  non  gif  offendono  nella  persona ,  ma 
svaligiala  la  nave,  mettono  quelli  sopra  il  lido  dicendoli,  andate 
a  guadagnare  dell'  altra  rol)a ,  forsechè  passerete  di  qua  di  nuo- 
vo ,  dove  ne  arricchirete . 

In  questa  regione  v^  è  grandissima  copia  di  pepe  y  eenzero  , 
cubebe  y  e  noci  d' India  .  Fanoo  ancora  boccascini  ^  ì  più  belli , 
^  i  più  ^pltiliycbe  si  trovino  al  mondo..  E  le  navi  di.  Mangi  por- 
tano del  rame  per  zavorra  delle  navi  j  e  appresso  panni  d' oro , 
di  seta ,  veli ,  oro  «  argento ,  e  rac^te  sorri  di  spezie ,  che  non 
hanno  quelli  di  Malabar  ;  e  queste  tali  cose  còntracambiano  con 
le  mercanzie  della  delta  provincia ,  si  trovano  poi  mercanti,  che 
le  conducono  in  Adem  ,  e  di  li  vengono  portate  in  Alessandria  ^7. 
£  avendo' parlato  di  questo  regno  di  Malabar  ,  diremo  di  Guxze* 
fati ,  che  è  vicino  .  E  sappiate,  che  se  vogliamo  parlare  di  tutte  le 
Città  de' jegni   d' India  saria  cosa  .troppo  lunga  e  tediosa .  Ma 


M»&¥eiidol«  viBdnta  t  un  bnecio  a)  Capò  Gomorino  che  è  a  otto  gradi  di  Lat.L'  erro- 
aeità  di  qpe$io  modo  di  «ompiitareìaiicora  pia  si  manifèsta  poaterìormonte,  ove  dice 
che  nef  reame  di  Guwmrm  videvala  alla  aei  baccia^qoaDtunqae  far  punta  più  aetten- 
inoliale  deUapeniaola  veduta  dal  Polo  tese  V  imbeccatora  del  Golfo  di  Cmek  che  è 
a  aa."*  K.'  di  Lai.  SeUehfc. 

906.  Corsmri  (  V,  t.  T.  p.  190  q.  ).  n  Carletti  narra  che  i  Portugfaeai  con  vaacetU 
n  modo  di  Oaltanlte'  chiamati  da  loro  Fusti  tengono  netto  quel  mare  da  Corsali  In* 
diani  detti  Malabarì ,  i  quali  vanno  sempre  in  giro  per  danneggiar  questo  e  quello  e 
iti  particoUre  i  mercanti  Portughesi  (  Viag.n  li.  p.  !a66  ). 

^.  Boceaseini .  f n  ógni  età  ha  mutatala  moda  i  nomi  delle  stoffe  y  drappi  e 
seterie .  Quelli  di  bombagia  che  si  febbrioavano  in  queste  parti  ai  tempi  del  Garlet* 
ti  erano  detti  Gi/il<?Aiw,  Boffatiahl^  e  Sorniona  (  K  e.  t.  IL  p.  a88  ). 

907*  In  AUssandrìa.  Intorno  que^i  traffici  vedasi  (  1. 1.  p.  204  ji«  ) 


445 

toecheremo  solamente  quelli  delli  quali  abbiamo  avuto  qualche 
informazione»^.-         ^  -»  i 

GAP.    XXVIII. 

•  Del  regno  di  Guzzerat . 

Il  reame  di  Guzzerati  «*^  ha  proprio  re ,  e  propria  lingua  «'*: 
è  appresso  il  mare  d'India  verso  l'occidente.  Quivi  appare  la  stel- 
la tramontana  alta  sei  braccia^''.  Vi  sono  in  questo  reame  imag* 
glori  corsari,  ^'^  chesipossino  imaginare,  perchè  vanno  fuori  eoa 
li  suoi  navilj ,  e  come  prendono  alcun  mercante  subito  li  fanno 
bere. un  poco  d'acqua  di  mare  mescolata  con  tamarindi,  che  li 
maove  il  cor{)o ,  e  fa  andar  da  basso .  £  la  causa  è  questa ,  per- 
che i  mercanti  vedendo  venire  i  corsari  inghiottono  le  perle ,  e 
gioie  che  hanno ,  per  asconderle  •  E  costoro  gliele  fanno  uscir 
fuori  del  corpo . 

Quivi  è  grand' abbondanza  di  zenzeri,  pepe,  e  indaco.  Han- 
no banoibagio  in  gran  quantità ,  perchè  hanno  gli  arbori ,  che  lo 


go8.  Qualche  informauone'.  Questa  è  una  manifesta  dichiarazióne  che  la  mag- 
gior parte  dei  paesi  che  descrive^  che  erano  fuori  della  sua  diretta  navigazione  dal 
Guzerat  a  Ormus  ei  non  vide,  ma  gli  descrìsse  dietro  le  altrui  relazioni  • 

909.//  reame  di  Guzzerati, Gazerai  appellasi  la  penisola  racchiusa  frai  due  Golfi 
di  Cutch  e  di  Cambaja  •  Il  maggior  Rennel  ne  ha  rettificate  non  poche  posizioni 
dietro  la  scorta  di  alcune  carte  manoscritte  e  di  osservazioni  recenti  (  Descrìp.  de 
r  Ind.  1. 1.  p.  375  ).  Ai  tempi  del  Barbosa  era  il  Guzerat  un  potentissimo  regno ,  di- 
stinto da  Cambafa,  La  sovranità  erane  passata  dai  Gentili  ai  Mori  (  Ram.  Nav.  1. 1. 
p.  537.  D  ).  Questo  nuovo  regno  Maomettano  fu  distrutto  da  Acbar  Imperadore  del 
Mogol  (  1. 1.  p.  191.  n*  a  ).  Il  principal  porto  del  paese  è  Surai  ,  la  capitale  Gii- 
zerai  detta  dai  Persiani  ^Amed-^^o^.  Melchisedec  Thevenot  visitò  questa  città  che 
secondo  esso  é  distante  129  miglia  da  detto  porto.  Ei  la  crede  V  Amadarastis  d'Ar- 
riano  (  Voy.  par.  III.  p.  11  )  .  Il  Guzerat  è  bagnato  da  varj  fiumi,  e  il. paese  verdeg- 
gia tutto  r  anno  stante  i  colti  di  grano  e  di  rìso  »  e  ie  varie  specie  d'alberi  che  dan- 
no frutto  continuamente  (  ibid.  p.  16  ). 

910.  Propria  lingua  (V.  1. 1.  p.  191.  n.  ) 

91 1 .  Alta  sei  braccia  (  5up.  n.  904  ). 

912.  Là  maggiori  corsari .  A  Tana  MaiambafyrieziA  del  re  di  Guzerat  dice  il 
Barbósa  che  »  stanziano  alcuni  corsali,  che  usan«>  navilj  piccoli  come  fregate,  con  le 
»  quali  escono  in  marCi  e  se  trovano  qualche  navilio  piccolo  che  possa  manco  dei 
»  loro  lo  pigliano  e  rubano ,  e  alle  fiate  gli  ammazzano  le  genti  »  (  lUm.  1. 1.  p. 
170.  D  )• 

57 


446 

prodacono,  quali  sono  d^akezaa  di  sei  passa,  e  durano  ansi  ▼< 
ti  •  Ma  il  bambagio ,  che  si  cava  da  quelli  cosi  vecchi ,  non  è  buo- 
no da  filare ,  ma  solamente  per  coltre  ^^^  •  Ma  quello,  che  £inno 
fino  a  dodici  anni  è  perfettissimo  per  far  veli  sottili ,  e  altre  ope* 
re .  In  questo  regno  s'  acconciano  gran  quantità  di  pelli  di  bec- 
chi y  bufali ,  buoi  salvatichi ,  leoncorni ,  e  di  molte  altre  bestie, 
e  se  n'  acconcia  tante  ,  che  se  ne  caricano  le  navi ,  e  si  portano 
verso  li  regni  d' Arabia .  Si  fanno  in  questo  regno  molte  oopene 
da  letto  di*  cuoio  rosso ,  e  azzurro  sottikneiue  lavorale ,  e  cuote 
con  fil  d' oro  e  d' argento  •  £  sopra  quelle  li  SwaccBi  dormono 
volentieri .  Fanno  ancora  cuscìbì  tessuti  di'  oro  tirato ,  con  pitture 
d' uccelli  e  bestie  ,  che  sono  di  gran  vakqta  ^  perchè  ve  ne  sono 
di  queUi ,  che  vagliono  ben  sei  narebe  d' argento  V  uno  :  quivi  si 
lavora  me^&o  d' opere  da  cucir» ,  e  pia  settilnienie  ^  e  con  mag- 
gior artificio,  che  in  tutt'il  resto  dee  mondo.  Or  procedendo 
più  okre  diremo  &  so  regno  detto  Gawini  • 

GAP.  XXIX. 

« 

Del  regno  di  Canam . 

Ganam  ^'^  è  un  grande  e  nobìl  regno  verso  ponente  ,  e  iu- 
t efidasi  verso  pooen^ ,  perdiè  MmdL  M*.  Marco  veniva  di  verso 
levante ,  e  secondb  if  suo  cammino  si  tratta  delle  terre ,  ehe  lui 
Uov9,Ma  •  Questo,  h?*  re ,,  e  oon  rende  tributo  ad  alcuno .  Le  genti 


943.  P&if^  cohfB .  N  Capletla  parila  dcUe  cftkbri  coke»  di  «SiroUTe*  Nara«  dMt  ai 
fece  ftiòbricaff»  da  cm  in«pcfiflile<  di  Guamimi  tante  telaiedt  hftmba§ÌA  che  ckiamai»* 
témUhitU ,  Boff etèrni  9  Semkam ,  a  ancor»  a|tMjnatti&ttur«  porr  di  iMUSbagì^t  c^ 
me*  coperte  et'  Retto»  per  portar»  in;  V^HDQfgoUo  :  »  le  ^nali  sonar  trapuntate  dì  kiiar 
P'  ri' carmf  e  MliaMim,  e  eon  punti  tei»te>  fitti  e  fitti  elio  a  gyantpena  ai  acoi)ganQ  a 
ft.mp.a8B). 

9^14^  Canmmy  mopM  eorreltameiite  ittaote  d«Ma-  CinMaa,Kl  EkoMNliano>  il  Pati- 
gìno  Tana.  Questa  contrada  rammentala  AbulMa .  »  Tanak  ostini  ma  GusmaL  Man* 
*  badz  filius  Sahidi  dicit  eam  esse  ultimam  urbom  provyncaor  V  Lar  cekfaoatam 
»  sermonibus  mercatorum.  Litoris  huius  Indk»  incolteo  omnos  aum  nifideko  ìdola- 
»  trae  f  (AìmW.  Geo^--  P^  ^i  )•  Sembra  ii  poeoo  oke  iT  BUfboca.  apfoN%  Témm^Ma* 
jamùarneìkt  carta  doU^'Indìa  do»  Kennel-  Tana  è  segnate  soMto  costa  aettentohmln 
(fclK isola  dr  Saketta .  Ma  non  di  cfoesto-luogo  farelk  à  P^lo^povcU  sooosdo  oaan,  e 
Abnlfcda  era  nel  Guzerai  .  In  Utore  maris  Indici  era  Tanah  secondo  Ifasair  Ettoaeo 
Long.  io2.«  0/  Lat.  19.*^  20.'  (Gcog.  Min.  t.  HLp.  117  ). 


447 

adorano  gF  idoli  ^  e  hanno  lingua  da  per  se .  Quivi  non  nasce 
pepe ,  né  zenzero ,  ma  incenso  in  gran  quantità ,  qual  non  è  bian- 
co,  ma  è  come  nero.  Vi  vanno  molte  navi  per  levare  di  quello, 
e  di  molte  altre  mercanzie,  elle  quivi  si  trovano .  Sì  cavano  mol- 
te mercanzie ,  e  massime  di  cavalli  per  tutta  V  India  ,  alla  quale 
uè  portano  gran  quantità  . 

GAP.  XXX. 

Del  regno  di  Cambaja  ^^ . 

Questo  è  un  gran  regno  ^Ferso  ponente ,  il  qual  ha  re  ,  e  ik^ 
velia  da  per  se .  Non  danno  tributo  ad  alcuno  •  Adorano  le  genti 
gV  idoli ,  e  da  questo  regno  si  vede  la  stella  della  tramontana  più 
alta  9  perchè  quanto  più  si  va  verso  maestro ,  tanto  meglio  ella  si 
vede  •  Si  fanno  quivi  molte  mercanzie ,  e  v'é  indaco  molto ,  e  in 
grand'  abbondanza .  Hanno  boccascini ,  e  bambagio  in  gran  copia. 
Si  traggono  di  questo  regno  molti  cuoi  ben  lavorati  per  altre  pro- 
vincie ,  e  da  quelle  si  riportano ,  per  il  più  oro ,  argento ,  rame  , 
e  tucia  9'^  .  E  non  v'  essendo  altre  cose  degne  da  essere  intese  , 
procederò  a  dir  del  regno  di  Servenath . 


91 5.  Cambaya^e  seconcìo  i  tre  r«ttnthentali  testi,  della  Crusca,  il  Parigi<iO|  é  il 
Ri^^ardiano  Com&oe/,  regno  detto  dagl*  Italiani  Cam^a/a^  distinto  aac^he  ai  tempi  del 
Barbosa  da  quello  di  Guzer^  (  V.  n.909  ] .  Nel  parlare  Marin  Sanuto  dei  traflici  del 
mare  Indiano  dice  »  Hoc  vero  Oceanum  mare  in  illis  partibus  habet  principaliter 
»  duos  portus.Quorum  unus  nonunatur  àtaJuAar  et  alter  Cambeth^m  quibus  major 
9  pars  speciariae  »  et  mercimoniorum,  quae  ab  illis  partibus  Indiae ,  ad  dictos  duos 
»  portus  descendunl  et  in  navigia  honerantur  ec  »(Ge8t.  Dei  per  Francos  t.  II.p.aa  ) 
»  Cambajet  est  Inter  marìtimas  Indicas,  quo  oontendunt  mercatorcs.  Sunt  ibi  quo- 
»  qae  Moslemi ...  est  ad  sinum  maria.  Ejus  longitudo  est  trium  dierum:  urbs  pul- 
ir era  major  a/AfaawoA,  lateribus  constructa,  incolas  habens  Moslemos :  profert 
»  marmor  album:  habet  parum  hortorum  (Abul£Geog.  p.  271  ).  Nella  Geografia 
Nubiense  cosi  è  descritto  questo  regno .  »  Kambaja  distat  a  mari  tribus  paSsuum 
»  millibus:  estque  urbs  per  se  formosa  ,  et  ex  ipsa  viderelicet  naves  proficiscentes , 
p  alias  portura  in  ipsa  capientes .  Possidet  opes,  atque  merces  quam  plurimas,  un- 
»  dique  ad  illam  advectas^quae  deinde  in  partes  universas  distribuuntur.Eadem  pre* 
9  terea  sita  est  ad  flumen ,  per  quod  naves  mgrediuntur  et  anchoras  jaciunt.  Aquas 
»  abundat ,  imminetque  illa  arx  munita  (  Liber.  Rei.  p.  60  }• 

91(1.  Tuda  (  V.  t.  L  p.  24.  n  }. 


448 

GAP.  XXXI. 

Del  regno  di  Servenath, 

Servenath  ^'7  è  un  regno  verso  ponente ,  le  cui  genti  adora* 
no  gF  idoli ,  e  hanno  re  j  e  favella  da  per  se ,  non  danno  tributo 
ad  alcuno  ,  sono  buona  gente .  Vivono  delle  loro  mercanzie ,  e 
arti  ^  e  vi  vanno  ben  de'  mercanti  con  le  loro  robe ,  e  riportano  di 
quelle  del  regno*  Mi  fu  detto,  che  aiielti^  che  servono  agl'idoli 
ne*  tempj,  sono  i  piìi  crudeli  e  perfidi  9«*^  che  abbia  il  mondo.  Or 
passeremo  ad  un  regno  detto  Ghesmacoran . 

GAP.  XXXII. 

Del  regno  di  Chesmacoran  ^*^. 

Questo  è  un  regno  grande^  e  a  re  e  favella  da  sua  posta  ^^. 


917.  Servenathf  e  meglio  il  testo  Riccardiano  Semenach .  Secondo  il  Parigino  e 
V  edizione  Basilense  Semenai.  Sumnat  nella  Carta  dell' Anvìlle  è  segnato  nella  pun- 
ta la  più  occidentale  dalla  penisola  di  Gazerai,  ove  nella  carta  di  Rennel  é  segnato 
/%ar,punto  di  riconoscimento  per  la  navigazione  del  Polo  dal  Capo  Camaritìo  a  Or» 
fnus  •  Secondo  Abulfeda  Sumenai  é  detta  anche  Saramo^  che  significa  Tidolo  :  é  alla 
riva  del  mare  nel  paese  detto  Bawazig^Xìxoffi  rammentato  dai  mcrcatanti,secondo  il 
figlio  di  Said  e  pertinentente  al  Guzerat^  detto  ancora  Lar  e  narra  che  ivi  approda- 
vano le  navi  d' Aden  .  Fu  espugnata  la  città  da  Mohmud  il  Gaznavida  che  vi  distrus- 
se gì*  idoli' e  vi  usò  acerbissime  crudeltà .  Sumanat  secondo  le  tavole  di  Nessir  tttu- 
seo  (ì.  e.  )  Lat.  17.®  0/  Long   io6.®  o.' 

91 8..  Più  crudeli  e  perfidi .  Savia  è  la  riflessione  del  Marsden  (  n,  i4t4  )  •  ^^^ 
le  eccrssive  crudeltà  dei  Maomettani  contro  quei  popoli^ecci tasse  la  vendetta  di  essi, 
e  che  il  Polo  avesse  le  svantaggiose  relazioni  degli  abitanti  dai  Maomettani  delle 
sue  navi . 

919.  Chesmacoran  (Cod.  Riccar.  )  Remnacoran  1  (  Ed.  Bas.  )  Resmacoram,  Se* 
condo  una  variante  riferita  dal  Marsden  Resmaceram.  Secondo  il  Ronnel  questo 
nome  deriva  da  Kidje'Makran.  Kidge  è  la  capitale  del  Afekran  sul  fiume  Destj 
che  visitò  Pottinger  (  Descrìp.  du  Betoug.  t.  II.  p.  1 10  ).  Il  suddetto  R'^nnel  osserva 
esser  uso  comune  in  India  di  aggiungere  il  nome  della  capitate  al  paese .  Ingegnosa 
è  pur  anche  lu  congettura  del  Malte  Brun  che  dà  i  medesimi  resultali ,  che  il  Polo 
avendo  inleso  dire  Raz-Makran  che  significa  promontorio  del  Mehran  ne  formasse 
la  voce  Resmacoran.  Ebn  Auckal  ^nel  Sind  comprende  il  Mehran  (  Orient.  Geogr. 
pag.  162  )  • 

gao.  E  aro  e  favella  da  sua  posta.  Ai  tempi  di  Ebn  Auckal  erano  penetrati  nel 


449 

Alcune  di  quelle  genti  adorano  gì'  idoli ,  ma  la  maggior  parte  so^ 
no  Saraceni .  Vivono  di  mercanzie ,  e  arti .  E  il  loro  vivere  è  ri- 
so ,  e  frumento ,  carne ,  latte ,  che  hanno  in  gran  quantità .  Qui- 
vi vengono  molli  mercanti  per  mare  y  e  per  terra .  E  questa  è 
r  ultima  provincia  dell'  India  Maggiore  ^^^  -  andando  verso  po^ 
nente  maestro ,  perchè  partendosi  da  Malabar  quivi  la  finisce . 
Della  quale  India  Maggiore  abbiamo  parlato  solamente  delle  pr«- 
viocie  e  città  y  che  sono  sopra  il  mare ,  perche  a  parlare  di  quelle , 
che  sono  fra  terra  saria  stata  1'  opera  troppo  prolissa .  Ora  parlere- 
mo d' alcune  isdie ,  una  delle  quali  si  chiama  Mascola ,  l'altra  Fe« 
mina. 

GAP.  XXXIII. 

_  » 

DeP  isola  Mascola  e  Femina  ^**  • 

Oltre  il  Chesmacoran  a  cinquecento  miglia  in  alto  mare  ver- 
so niézzodi  y  vi  sono  due  isole  «  1'  una  vicina  all'  altra  trenta  mi- 


Melran  i  maomettani .  Hosein  ben  Isa  aveva  preso  poMeaso  del  paeae  di  Mihra  i  e 
perciò  secondo  il  Geografo  vi  sì  parlava  il  Persiano ,  e  favella  Mecrana  (  ibid.  ]. 

92 r.  L*  India  Maggiore.  Qui  per  termine  dell'  India  propriamente  detta  pone 
il  Polo  il  Atekran,  che  può  tuttavia  dirsi  che  appartenga  alla  regione  Sindetica  •  E' 
più  esatto  del  Corsali,  il  quale  più  di  due  secoli  dopo  diceva  cominciar  1*  India  dal- 
lo stretto  del  mar  Rosso  (  Ram.  Nav.  I.  p.  197  ) . 

922.  Isola  Mascola  e  Femina,  Intorno  a  queste  isole  favolose  (  V.  t.I.p.i94  n*)- 
Gangettura  il  Marsden  (  n.  14  >9)  che  abbia  voluto  parlare  deirisola  d*  Abd^al-Curia 
0  delle  altre  dette  le  Due  Sorelle,  che  sono  a  libeccio  a  non  molta  distanza  da  Socca- 
tera^e  che  ivi  abitasse  uua  popolazione  che  viveva  della  pesca,  e  che  perciò  i  maschi 
si  assentassero  per  alcuni  mesi  dell'  anno  per  attendere  a  quelle  marittime  occupa- 
zioni, e  che  ivi  anche  i  maschi  appena  giunti  in  età  capace  fossero  condotti  via  dai 
genitori  per  addestrarli  in  quel!'  arte.  Un'  indicazione  delF  origine  di  questa  favola 
leggesi  in  Giovanni  Barios  .  £i  dice  che  )»  le  donne  di  Soccotora  sono  più  bianche 
»  degli  uomini,  e  molto  robuste  e  virili,  cosi  nella  statura  e  composizione  delle 
»  membra, come  nell'esercizio:  perciocché  cosi  combattono  in  ogni  occorrenza  co- 
>  me  gli  Alessi  mariti,oade  é  opinione  che  già  in  altro  tempo  vivessero  senza  la  com- 
»  pagaia  degli  uomini  al  modo  delle  amazoni.  Solamente  per  avere  generazione,daiIe 
»  navi  che  in  quell'  isola  capitavano  ne  avevano  alcuni  1^  (Dee.  II.  p.  10).  Anche  al 
Barbosa  fecero  i  Mori  simil  racconto  (  Ram.  Nav.  Voi.  I.  p.  524  C  ] .  Secondo  il  P. 
Zurla  queste  due  isole  sono  quelle  dette  fratello  e  sorella  vicino  a  Soccotora  e  life- 
risce  una  variante  dal  testo  Soranziano  che  le  dice  a  4^  sole  miglia  di  distanza  da 
detta  isola  (  Dissert.  t.  I.  p.  194  ). 


J 


4^ 

glia .  E  iti  ima  ékmotmka  ^i  ùciaiiai  fiimsa  Feoiaime,  e  si  chiama 
Isola  Mascolina ,  ndil'  akra  sumqo  le  fedunvoe  senza  ^'  aomini , 
e  SI  chiama  bdka  FemmioMa  v  Qudli  ^  che  abitano  m  dette  due 
isole ,  SODO  una  cosa  nedesiiiia^ ,  e  4000  Grwxiaiiii  battezzati^  Gli 
uon^i  Tanno  ali' isola-  delie  ^^miney  e  ^litAoraino  eoo  qaelle 
tre  mesi  cootioui,  cioè  Mare#,  Aptfiie  e  Maggio,  e  ciascuno  a- 
bita  iti  casa  con  la  sua  mo^ìe  ^  e  dfopo'  pitbma  all'  isola  Mascolina, 
dove  dimorano  «uift'  3  resto  dell'  anno ,  facendo  (e  lon^  arti  senza 
femmina  alcuna  .  Xte  ienumioe  tengono  seoo  i  figliuN!)li  6fK>  a*  do- 
dici anni ,  e  dof90  fi  mandano  alti  loro  padri .  Se  ella  è  femmina , 
la  tengono  fin  cW  ella  è  da  marito,  e  poi  la  maritano  agli  uomi* 
ni  dell'  isola  .  E  par  che  queir  aere  non  patisca  j  che  gli  uomini 
continuino  a  stare  appresso  le  femmine  ^  perchè  moririano .  Han- 
no il  loro  vescovo ,  qual  è  sottoposto  a  quello  dell'  Isola  di  Socco- 
tera .  Gli  uomini  proveggpno  al  vivere  delle  loro  mogli ,  perchè 
seminano  le  biade ,  e  le  donne  lavorano  le  terre  ^  e  raccolgono  il 
grano ,  e  molti  altri  frutti ,  che  nascono  di  diverse  sorti  •  Vivono 
di  latte ,  carne ,  risi ,  e  pesci ,  e  sono  buoni  pescatori ,  e  pigliano 
infiniti  pesci .  De'  freschi ,  e  salati  vendono  a'  mercanti ,  che  ven- 
gono a  comprarli,  e  massime  dell'ambra  ^ ,  che  qui  se  ne  trova 
assai . 


«t^irf*«fe4ai^Mla^ 


925.  Jìmbra .  Parlai  delì*  ambra  { 1. 1.  p.  200  n.  )  ma  non  dichiarai  ladiflèrenza 
che  è  fra  le  due  sostanza  dette  in  Italiano  indistfnitamente  ambra .  li'  ambra  gialla 
ossia  il  succino  per  gì'  insetti  o  altre  cosette  che  in  se  talvolta  racchiude»  credono 
i  naturalisti  che  nella  primitiva  sua  formazione  sia  liquida  ,  e  che  possa  essere 
una  sostanza  resinosa  che  trasudi  da  un  albero  .  I  Romani  tennero  T  ambra  in 
sommo  pregio  e  traevanla  al  dire  di  Plinio  daU'  isola  Gìessaria  .  Il  conte  N»- 
pione  congettura  che  il  lìneurìo  degli  antichi  fosse  una  specie  di  succino  ros- 
so o  di  color  di  fuoco .  L' ambra  grigia  pel  consenso  di  tutti  i  dotU  è  sostanza 
anfmale  opaca,  molle  oome  la  ceraie  credesi  che  per  una  malattia  della  balena  si  gè- 
-Sncri  nei  suo  vcntre^e  poi  la  rigetti  in  marcssostanza,  eh'  era  ignota  agli  antichi ,  che 
ha  un  profumo  simile  a  quello  del  succino  ,  lo  che  die  cagione  di  confondere  quel- 
le due  sostanze.  Avverte  Leone  Aflrìcano  che  Ambara  chiamano  i  |)opoll  di  Fez  e 
di  Marocco  la  balena,  e  sembra  che  da  quella  voce  derivasse  quella  di  Amhar  come 
appellasi  nelle  parti  di  Levante  T  ambra.  Gli  Arabi  il  succino  lo  appellano  Katabe 
(Opusc.  sulle  Scien.  e  k  arti.  Milan.  lygS.  t.  XVIII.  Napion.  del  Line.  p.  S25  )•  e  da 
ciò  si  deduce  che  essi  hanno  un  idea  chiara  della  differenza  di  queste  due  sostanze* 
Il  Barbosa  dice  che  nelle  vicinanze  di  Soccotera  »  Si  trova  molto  buono  ambncan, 
^  e,  in  quantità  »'  (  Ram.  Nav.  Voi.  L  pag.  524*  D  }. 


45 1 
GAP.  XXXIV. 

Dell'  isola  di  Soccotera , 

Partendosi  da  dette  ìsole  verso  mezzodì  ^  dopo  cinqueceoto 
miglia  si  trova  l'isola  di  Soccotera ,  ^  la  quale  è  imito  grande ,  e 
abbondante  del  vivere  ^^^.  Trovasi  per  gli  ahi  tanti  alle  rive  di  qua* 
»i'  isola  molto  ambracano ,  cbe  vien  fuori  del  venire  delle  baie* 
ne  9^ ,  e  per  esser  gran  mercanzia^  s' ingegnano ,  d' andarle  a 
prendere  con  alcuni  ferri  ^  cÌm^  hanno  le  l^rbe  ^  che  lìceati  nel* 


9^4  Soccotera  (  V.  1. 1.  p.  195.  ii«  )  •  Abulfeda  (  Geog.  p.  378,)  )^  SokyWa  aut 
»  SoaHhra  est  octoginU  milliaria  (  ma  secondo  la  versione  dell' Assemanni  ottani 
U  paransanghe  Bibl.  Orient.  T.  Ili-  P'  780)  »  eulta  a  Christianìs  NestorinìSy  ducen- 
»  tis  fere  miliaribus  abest  a  Bar  el  Ahkafiiincoìae  ejus  sunt  Christiani  pirataé  irTri- 
ftan  d'  Acugna  fu  il  prime  dei  Portugheii  che  approdò  neH'  isola  adt  1S0&  Gi'iso* 
lanì  da  a6  anni  in  poi  erano  sotto  il  re  di  Casser  che  regnava  sul  paese  di  Fartasque 
in  Arabia ,  il  quale  mandò  un  armamento  navale  e  soggiogoUa  (  Barr.  Dee.  IL 
pag.  io). 

925.  Abbondante  del  vièen.  p  Ifafina  molte  vacche^  •  castrati,  e  palme 
t  e  dattoli  :  le  loro  vettovaglie  sono  di  carne,  di  latte ,  di  datloli  .  In  qiiest'  isola  vi 
»  è  molto  sanfjpe  dì  dvago  (  Draeana  Draco  )  e  molto  aloè  soccotrino  ^  (Jiasb*  Ram. 
t  L  p«  3a4  C  ) .  Il  Barcos  dice  eh' è  troppo  soggetta  ai  venti  setien^rÌMiali  %.  perciò 
multo  arida.  Traversa  risola  «na  catena  di  monti  longitudinalmeate,  che  for* 
ma  alcune  valli  riparate  dai  venti»  ove  gli  abitanti  seminano  il  mìglio  e  cejidMCO- 
no  a  pascolare  gli  armenti  »  La  terra  in  se  non  è  troppo  sterile ,  ma  gli  abitanti  sona 
rozzi  e  di  poco  ingegno,  perciAechè  nei  luoghi  ove  i  ireati  non  regnano  produrreb- 
be ogni  aorta  di  pianDe  (  Dee.  il.  p^  9  t»  ) 

926.  Balate.  Per  quanto  il  metodo  descritto  dal  Polo  sia  tuttora  quello  usato 
dagli  Europei  sulla  costa  di  Groenladia  per  acchiappare  le  balene,  oecorre  prov4re 
che  questo  metodo  si  usasse  nel  mare  Etiopico»e  Indiana' ai  tanpi  del  nostro  viaggia^^ 
tore  .  Narra  1'  ammiraglio  Olandese  Comeliz  che  tre  dei  suoi  vascelli,  nel  1S9&  ap« 
prodarcHio  all'  isola  di  S.  Maria  ,  e  videro  un  baUeUai  iBdtano  eho  danta  la  caccia  ad 
una  balena  ,  e  aggiuntala  gli  gittarono  V  uncino  attaccato  ad  una  eoirda  lunga,  fiitta 
di  scorse  d'  albero.  Ferito  il  mostro  marino,. nelrdibattfevsi  che  faceva,  grisdiani  gli 
dierono  tutta  la  corda  .  Allora  la  balena  si  tsaese  diatre  \m  eanoB  o  batteUor  Indiano 
e  lo  scosse  come  se  fosse  stato  mi  guseie  di  noce,  di  che  non  ai  measero  m  pene 
gl'Indiani  abili  notatori,  la'  balena  perdute  dopo  akun  tempo  le  forze  apparve  a 
galla  e  gì'  Indiani  trattala  a  terra  se  la  divisero  (  Biecii.  de  Voy.  4^  HoUand.  t-  IL 
p.  i5a).  Talché  pessenogH  Europei  avere  apparalo  dagl^  indiani  il  modo  d*  acchiap^ 
pare  la  balena .  Anche  i  Giapponesi*  s-*  occupano  di  qiaella  pesca  (  ibid.  t«X»  p.53  ). 
Le  Gentil  descrive  come  le  peschino'  gli  abitaotì  del  Madagastar  (Yojr.dans  les  Mer 
dcs  Ind.  t.  IL  p.  564); 


45a 

la  balena  non  si  possono  più  cavare  ,alli  quali  è  attaccata  una  cor- 
da lunghissima  con  una  botiicella ,  che  va  sopra  il  mare ,  ac« 
ciocche  come  la  balena  è  morta  la  sappino  dove  trovare  :  e  la 
conducono  al  lito  dove  li  cavano  fuori  del  ventre  T ambracane, 
e  dalla  testa  assai  botte  d'olio.  Vanno  tutti  nudi,  si  niascoli  co- 
me femmine,  solamente  coperti  davanti  ^^7,  e  di  drieto,  come 
fanno  gl'Idolatri .  £  non  hanno  altre  biade  se  non  risi ,  delli  qua- 
li vivono^  e  di  carne,  e  latte  .  Sono  Crisuani  battezzati  ^ ,  e  hanno 
un'Arcivescovo,  eh' è  come  signore^  qual  non  è  sottoposto  al  Pa- 
pa di  Roma  ,  ma  ad  un  Zatolia  ^^9,  che  dimora  nella  città  di  Bai- 
dach  ^^  eh' è  quello,  che  l'elegge,  ovvero  se  quelli  dell'isola  lo 
fanno ,  lui  lo  conferma  .  Arrivano  a  quell'  isola  molti  corsari  con 
la  roba ,  eh'  hanno  guadagnata .  La  quale  questi  abitatori  com- 
prano ,  perocché  dicono ,  eh'  ella  era  d' Idolatri  e  Saraceni ,  e  la 
posssono  tenere  lecitamente  '.  Vengono  quivi  tutte  le  navi ,  che 
vogliono  andare  alla  provincia  d'  Adem ,  e  di  pesci ,  e  d' am- 
bracane (  che  ne  hanno  gran  copia  )  si  fanno  di  gran  mercanzie. 
Lavorano  quivi  ancora  panni  di  bambagio  di  diverse  sorti ,  e  in 


927.  Solamente  copèrti  damanti.  »  Vanno  nudi,  solamente  cooprono  le  loro 
¥  vergogne  con  panni  dì  bombagio  e  con  pelli  »  (  Barbos  Le). 

928.  Sono  Cristiani  battezzati ,  Dice  il  fiarros.*  •  tutti  aono  C^atiani  Giaco* 
»  biti  del  sangue  degli  i^bissini,  ancorché  non  osservino  malte  cose  de'loro  costumi 
»  La  maggior  parte  degli  uomini  hanno  il  nome  degli  Apostoli ,  e  le  donne  di  Ma* 
»  ria .  Adorano  la  Croce ,  e  sono  cosi  devoti  che  tutti  portano  per  abita  una  croce 
»  al  collo  ,  e  in  alcune  case  che  hanno  d'  orazione;  é  questo  il  loro  oracolo  •  •  . 
»  L'  orazione  che  fanno  é  in  Caldeo  .  ,  .  Hanno  la  circoncisione  e  il  digiuno  » 
(  1.  e.  ).  Secondo  il  Maffei,  Tristan  d' Acugna  liberò  quei  popoli  Cristiani  dal  servag- 
gio degli  Arabi  Partaci^  e  deputò  un  religioso  alla  loro  direzione  spirituale  per  to* 
gliere  i  \\t]  eh'  erano  nei  costumi,  e  ne  riti  di  quelle  genti  (  Stor.  dell*  Ind.  p.  i  io  ). 
Il  Barbosa  dice  che  erano  nominati  Cristiani  y  ma  che  mancava  loro  il  battesimo 
(  I.  e.  p.  324.  e  )  . 

929 .  ZaioUa  .  En*ore  tipografico  e  dèe  leggersi  Zatolic  .  Osserva  il  Renaadot 
(Ancien.  Relat.  p.  175  )  che  Marco  Polo  dice  che  i  Soccotrini  erano  sotto  la  giuri- 
sdizione d' un  ZatoliCf  perchè  gli  Arabi  scrìvono  la  vece  CathoUque  con  una  lette* 
ra  aspirata  che  corrisponde  alia  consonante/  (  che  in  alcune  favelle  e  nella  Francese 
ha  il  suono  del  g)  e  perciò  molti  scrissero  e  pronunziarono  indistintamente  JaioUk 
e  ZatolikJÌ  Polo  pronunzio  la  voce  in  quest'ultima  guisa  a  seconda  della  coaliiman- 
za  del  suo  paese  dì  dare  al  ^  il  suono  della  z  quando  precede  1*  e»  e  l'i. 

95o.  Nella  città  di  Baldac,  Ai  tempi  del  Polo  anche  per  attestazione  di  AbuU 
feda  i  Soccotrini  erano  Ncstorini .  I  Portughesi  trovarongli  Giacobiti  e  sottoposti  ai 
patriarchi  eretici  d' Antiochia  e  di  Alessandria.  Questo  cambiamento  come  pei  Cri- 
stiani di  S«  Tommaso  accadde  dopo  il  tempo  del  nostro  viaggiatore  (V<  d.  878  y 


453 

SaaDtità  j  auali  vengono  levati  per  i  mercanti .  Sono  gli  abitanti 
i  detta  isola  i  maggiori  incantatori  e  venefici  ^\  che  si  possano  tro« 
vare  al  mondo ,  ancorché  il  suo  Arcivescovo  non  glielo  permetta, 
e  che  gli  scomunichi  e  maledisca  .  Pur  non  curano  cosa  alcuna  , 
perciocché  se  una  nave  di  corsari  facesse  danno  ad  alcuno  di  Io* 
it),  costringono,  che  ella  non  si  possa  partire ^  se  non  soddisfan- 
no i  danneggiati  ^  conciosiacosachè  se  il  vento  li  fosse  prospero 
e  in  poppa ,  loro  fariano  venire  un'  altro  vento ,  che  la  ritorneria 
air  isola  al  suo  dispetto .  Fanno  il  mare  tranquillo  ;  e  quando 
vogliono  fanno  venir  tempeste ,  fortune ,  e  '  molte  altre  cose  ma- 
ravigliose ,  che  non  accade  a  parlarne .  Ma  diremo  dell'  isola  di 
Magastar , 

GAP.    XXXV. 

Della  grand'  isola  di  Magastar  ^  ora  detta  di  San  Lorenzo  ^ 

Partendosi  dall'  isola  di  Soccotera ,  e  navigando  verso  Mez- 
zodì e  Garbino  per  mille  miglia ,  si  trova  la  grand'  isola  di  Ma- 
gastar ^^  ,  qual'  è  delle  maggiori  e  più  ricche ,  che  siano  al  món* 
do .  Il  circuito  di  quest'  isola  ,  è  di  {remila  miglia .  Gli  abitatori 
sono  Saraceni ,  e  osservano  la  legge  di  Macometto  •  Hanno  quat^ 
tro  Siechi  ^^ ,  che  vuol  dire  in  nostra  lingua  vecchi ,  che  hanno 


93 1.  ìncantùtori  e  venefici.  LosteMo  delle  donne  di  quel  paese  dice  il  Barros  : 
9  che  quando  atahno  separate  dagK  uomini,  solamente  per  «vere  generazione  dalle 
f  navi  che  in  quell'isola  capitavano  avevano  alcuni  *,  e  .quando  tardavano^  per  arte 
f  magica  gli  facevano  venire  per  questo  effetto,  a  che  si  può  dar  fede.«  ai  perché  0o«; 
f  no  virili,  come  perchè  oggidì  sono  cosi  grandi  magiche  e  fattucchiere ,-  che  fanno 
»  cose  maraviglibse  »  (1.  e.  p.  io  ).  Tale  reputazione  forse  diedero  loro  gli  Arabi 
loro  nemici  «perchè  gli  danneggiavano^  e  accoglievano  i  cocsali  che  davano  la  caccia 
alle  navi  dei  Gentili  y  e  dei  Maomettani. 

g52.  Magastar ,  e  più  correttamente  il  nostro  testo  JUadeghascar,  il  Pucciano 
Madegaiear  e  forse  meglio  il  Riccardiano  Madaj^ghasar^^vchh  i  natii  appellano  la 
loro  isola  Madecasse.  Nel  primo  volume  si  è  trattato  diflusamente  di  quest*  isola 
(p.  196.  n.  )  e  sono  slate  confermate  molile  cose  dette  dal  Polo  •  * 

955,  Siechi .  Scheikh  dice  V  Herbelot  non  solo  significa  in  arabo  .un  vecchio  , 
ma  un  principe ,  un  dottor  celebre«  un  capo  d' alcun  collegio  ,  o  comunità  religiosa 
(  vox  scheikh  ) .  Il  titolo  di  Schech  ,  o  a  seconda  della  pronunzia  Àraba  Scheech 
dice  il  Nieburh  (  Descrip.  de  1'  Arab.  p.  i5  )«  è  il  più  usitato  e  il  più  antico.  #  La 
y  lingua  Araba  d' altronde  tanto  ricca,  par  povera  in  parole  per  indicare  i  ranghi, 
»  se  si  comparì  alle  favelle  Europee  .  Perciò  la  voce  Schech  ha  diversi  significati. 

58 


il  dominio  dell'  isola ,  e  quella  governano .  Vlvoao  qùesd  popoli 
di  mercanzie,  ed  arti ,  e  sopra  l'altre  vendono  infinita  quantità  di 
denti  d'elefanti  ^  per  la  moltitudine  grande^  che  vi  nasce  di  det* 
ti  animali  «  Ed  è  cosa  incredibile  il  numero,  che  si  cava  di  questa 
isola ,  e  di  quella  di  Zenzibar  •  Quivi  si  mangia  ^^^  tutto  1  anno 
per  la  mag^or  parte  carne  di  cameli ,  ancorché  ne  mangiano  di 
tutti  gli  altri  animali,  ma  di  cameli  sopra  gli  altri ,  per  averla  pro- 
vata ^  eh'  ella  è  più  sana ,  e  più  saporita  carne,  che  si  possa  tro- 
vare in  quella  regione .  Vi  sono  boschi  grandi  d'arbori  di  sandali 
rossi ,  e  per  la  gran  quantità  sono  in  picciol  prezzo .  Hanno  anco* 
ra  molto  ambracano  ^ ,  qual  le  balene  gettano,  e  il  mare  lo  fa  aa« 
dare  al  lito,  e  loro  lo  raccolgono .  Prendono  anco  lupi  cervieri ,  leo- 
ni ,  leonze  ,  e  infiniti  altri  aoimali ,  come  cervi ,  caprioli ,  daini  y 
e  molte  cacciagioni  di  diverse  bestie ,  e  uccelli  diversi  da'  nostri, 
e  vanno  a  quest'  isola  molte  navi  di  diverse  provinciè  con  mercan- 
zie di  varie  sorti ,  con  panni  d' wo ,  di  seta ,  e  con  sete  di  diver- 
se maniere ,  e  quelle  vendono  ,  ovvero  barattano  co'  mercanti 
dell'  isola ,  e  caricano  poi  delle  mercanzie  dell'  isola ,  e  sempre 
fanno  gran  profitto  e  guadagno  •  Non  si  naviga  ad  altre  isole  ver-^ 


t  Nelle  città  si  da  ai  professori  d'  an  accademia ,  ad  alcuni  impiegati  delle  Mo* 
»  schee^  e  delle  scuole  inferìori,ai  discendenti  d' un  preteso  santo  «ad  alcuni  pazzi 
p  che  diconsi  ispirati,  ai  borgomastri  e  sindachi  dei  villaggi  ».  Questo  titolo  passo 
nel  Madagascar  con  gli  Arabi  che  vi  si  stabilirono  • 

954.  Elefanti.  Il  Polo  non  fu  né  al  Madagesear  come  avvertimmo  (  1. 1.  p.  197 
n.  e  ) ,  né  a  Soceofara  »  né  in  AbUsinia  «  né  nel  Xanguebar ,  ma  di  quelle  come  dì 
tante  altre  contrade  favellò  per  seniifto  diro..  Perciò  Ai  indotto  in  errore  quando  as- 
serisce chf  noli'  isola  sonovi  elefanti  •  IL  JFIacourt  celebre  viaggiatore  che  destuisse 
minutamente  le  cose  e  gli  animali  che  eootlene  non  pe  fa  menzione  (  Hìst.  Gen.  de^ 
Voyag.t.VliLp.597  ).  Non  né  è  fiitia  menzione  da  altri  che  trattarono  di  questa  i^- 
la .  Può  darsi  che  i  Madeeassi  trafficassero  à!  avorio ,  che  ottenevano  in  cambio  di 
altre  merci  dal  vicino  continente  Affricano . 

955.  Quivi  ri  mangia .  Secondo  Flacourt  si  cibano  di  latte  di  vacca  ^  di  riso,  m 
ài  radici  cangiano  qualche  pezzo  di  bove  arrostito  i  giorni  di  festa  ,  o  di  ceremonia 
e  lo  arrostiscono  colla  pelle.  La  loro  diletta  bevanda  é  una  specie  d' idromok  »  com-- 
posto  di  tre  parli  d' acqua,  e  una  di  miele  che  fanno  bollire  e  ristringere  in  nn  vaso 
di  ten*a  nera,  ed  acquista  un  sapore  piacevole ,  ma  questa  bevanda  é  nociva  allo 
stomaco  per  gK  Europei.  Fanno  anche  una  bevanda  spiritosa  colle  canne  di  zuo* 
shero  e  le  banane  . 

^  956.  Ambracano •  t  L'ambre  gris  n'.j  est  pas  rare  sur  la  o6te.  L'auteiur 
»  (  Flacourt  )  embrasse  le  sentiment  de  ceux  qui  le  crojenl  un  flrais  de  poissom 
»  durci  au  solcil  »  (  ibid-  p.  619  )  • 


455 

so  mezzodì ,  ^7  le  quali  sono  in  gran  moltitudine  j  se  non  a  que- 
sta,  e  a  quella  di  Zenzibar ,  perchè  il  mare  corre  con  grandissinu 
velocità  verso  mezzodì ,  di  sortechè  non  potriano  ritornare  più 
a  dietro ,  e  le  navi ,  che  vanno  da  Mabbar  a  quest'  isola  fanno  il 
viaggio  in  venti ,  ovvero  in  venticinque  giorni  •  Ma  nel  ritorno  pe- 
nano da  tre  mesi ,  tanta  è  la  correntia  dell'acque ,  che  di  continuo 
caricano  verso  mezzogiorno. 

Dicono  queHe  genti ,  che  a  certo  tempo  dell'  anno  viene 
di  verso  mezoai ,  una  maravigliosa  sorte  d' uccelli ,  ohe  chiamano 
Ruch  ^^ ,  quale  è  della  somiglianza  dell'  aquila ,  ma  di  grandezza 
imcomparabilmenie  grande ,  ed  è  di  tanta  grandezza  e  possanza , 
eh'  egli  piglia  con  1'  unghie  de'  piedi  un'  elefante ,  e  levatolo  in 
alto  lo  lascia  cadere ,  qual  more .  E  poi  montatoli  sopra  il  corpo 
si  pasce .  Quelli ,  eh'  hanno  veduto  detti  uccelli  riferiscono ,  che 
quando  aprano  V  ali  da  una  punta  all'  altra ,  vi  sono  da  sedici  pas- 
si di  larghezza ,  e  le  sue  penne  sono  lunghe  ben  otto  passi ,  e  la 
grossezza  è  corrispondente  a  tanta  lunghezza .  E  M.  Marco  Polo 
credendo ,  che  fossero  grifoni  y  che  sono  dipinti  mezzi  uccelli ,  ^ 
mezzi  leoni ,  interrogò  questi  che  dicevano  d' averli  veduti  j  i  qua-* 
li  li  dissero  la  forma  de'  detti  esser  '  mtta  d' uccello ,  come  saria 
dir  d' aquila .  E  avendo  il  Gran  Gan  inteso  di  simil  cose  maravi- 
gliose  9  mandò  suoi  nunzj  alla  detta  isola  sotto  pretesto  di  far  rila- 
sciare un  suo  servitore ,  che  quivi  era  stato  ritenuto  •  Ma. la  verità 
era  per  investigare  la  qualità  di  detta  isola  ^  e  delle  cose  maravi* 
gliose  ,  eh'  erano  in  quella .  Gostui  di  ritorno  portò  (  si  come  inte- 
si ) ,  al  Gran  Gan  una  penna  di  detto  uccello  Ruc ,  la  quale  li  fu 
affermalo  che  misurata  j  fu  trovata  da  novanta  spanne ,  e  che  la 
canna  della  detta  penna  volgea  due  palmi ,  ch'  era  cosa  maravi* 
gtiosa  a  vederla ,  e  il  Gran  Gan  n'  ebbe  un  estremo  piacere ,  e  fece 
gran  presenti  a  quello ,  che  gliela  portò .  Li  fu  portato  ancor  un 
dente  di  cinghiale  ^  ^  che  nascono  grandissimi  in  detta  isola ,  co- 


937.  N^n  si  naviga  ad  olire  isole  verso  mezzodì  (  Y.  1. 1.  p.  197.  n.  ) 

938.  RMich .  Intorno  a  questo  iayoloao  uccello  (  Y.  1. 1.  p.  198  n.  ), 

959»  JOenie  dì  cinghiale.  Quanto  alla  favolosa  penna  del  Huch,  e  al  mostruosa 
dente  di  cinghiale  ei  ne  parlò  per  sentito  dire  come  apparisce  dsH'ayer  detto  di  so- 
pirà: siccome  intesi.  Pare  che  questo  dente  fosse  del  ginghiale  detto  Sus-Sthiopicus 
descritto  da  Barrow  (  Yoyag.  dans  la  part.  merìdìon.  de  TAfrique  t.  II.  1801 
p*  1 18  )  «  Gii  Olandesi  lo  appellano  boschwoNte  o  porco  selvatico .  Secondo  il  viag- 
giatore quanto  è  astuto ,  è  altrettanto  brutto  e  deforme .  É  armato  di  alcune  lun- 


r 


456 

me  bufali ,  qual  fa  pesato ,  e  si  trovò  di  quattordici  libbre  .  Vi 
sono  ancor  girailTe  ^® ,  asini  ^*  e  altre  sorti  d'  animali  salvatighi  ^ 
molto  diversi  da'  nostri .  Or  avendo  parlato  di  qaell'  isola  ^  parle- 
remo di  quella  di  Zenzibar  ^^ . 


ghe  zanne  d'  avorio  che  gli  scappano  fuori  dalla  gola  come  due  corni  i  e  che  lo  ren- 
dono pericoloso,  ha  gli  occhi  piccoli  quasi  in  cima  della  fronte  che  è  quadrata ,  ha 
due  ppoturberanze  carnose  pendenti  alle  gote^che  sembrano  un  altro  pajo  d^orecchie, 
che  gli  danno  un'aspetto  anche  più  ributtante  e  spaventevole.  Questo  quadrupede 
esiste  nel  Madagascar  (  Flac.  Hist.  Gen.  des  Voj.  t.  Vili.  p.  602). 

940.  Giraffe»  Non  vedo  fatta -menzione  di  giraffe  dai  viaggiatori  nel  Madaga« 
scar  y  ma  di  molti  altri  animali  molto  diviiSati  dai  nostri,  descritti  da  Flacourt . 

94t.  Asini  .  Sembra-  essere  1*  animale  detto  da  Flacourt  Mancar  sahoe  che 
lo  crede  anche  esso  un  asino  sai  vatico  (ihid.  pi.  604  ).  Secondo  il  viaggiatore  test 
»  un  grand  animai,  qui  a  le  pied  rond  ccmime  le  cheval ,  et  des  longnes  oreiUea  . 
f  Lorsqiie  il  descend  des  montagnes  il  voit  a  peine  devant  lui,paree  que  les  oreiUes 
p  lui  cachent  les  ^eux.  Son  eri  est  ceiui  d' un  ine  »• 

94^*  Zenzibar.  Avverte  l'Herbelot  che  Zeng  significa  in  Arabo  il  paese  detto 
oggidì  Zanguebar^e  che  i  popoli  della  contrada  sono  detti  Zengi^e  perciò  ne  é  deri- 
vata la  voce  Zenghiban  o  paese  dei  Zengi  (  Vox  Zeng  ).  Il  Barros  dice  che  la  costa 
orientale  deli'  Affrica  fra  So/ala  e  il  capo  di  Guarda/uj-   »  gli  Arabi  e  i  Persiani 
9  come  gente  che  non  ha  politezza  di  lettere  ,  negli  scritti  loro  la  chiamano  Zanr 
»  guebar^e  gli  abitanti  suoi   Zanguinif  e  con  altro  nome  comune  gli  chiamano  Ca- 
^  fri  9  che  vuol  dire  gente  senza  legge  (o  infedéli);  nome  che*  essi  danno  ad  ogni  gen- 
#  te  idolatra  »  .  Secondo  i  suoi  computi  questo  Zanguebar  dal  capo  di  Guardqfui 
sino  a  Monzambico  avea  per  costa  la  lunghezza  di  ]65o  miglia;  e  da  Monzambico  al 
Captf  delle  correnti  ultimo  termine  degli  stabilimenti  degli  Arabi  nei  secoli  di  mezzo 
sonovi  5io.  miglia.  E  da  quest'ultimo  luogo  al  Capo  di  Buona  speranza  1040  miglia* 
Talché  dagli  ultimi  stabilimenti  degli  Arabi  a  questa  estrema  punta  dell'Affrica  non 
eravi  che  questa  distanza  per  coste  e  9.^  55.'  in  latitudine,  poiché  il  Capo  delle  cor*- 
reati  e  a'24.<^  Lat.  Men  il  Capo  di  Buona  Speranza  a  55.o55.*Dimostrammo,Della  sto- 
ria che  serve  d*  introduzione  ali*  opera, che  le  cognizioni  degli  antichi  non  erano  tan- 
to Mioltratc  per  quanto  antichissima  mente  vi  si  stabilissero  gli  Arabia  e  che  sempre 
tiùovi  avventizi  di  quella  nazione  vi  sopraggiungessero.Da  una  Cronaca  di  Quilloa  ap- 
prese il  Barros  che  alcuni  sbanditi  Arabi  appellati  Emozaiàin  vi  giunsero.  Essi  era- 
no cosi  chiamati,  perchè  seguivano  le  opinioni  di  un  certo  Zaid  nipote  d'  •Hocem 
figliuolo  à!Ali  genero  di  MaomettOtche  erano  contrarie  al  Coranp,che  perdo  come  e* 
retici  furono  dagli  Arabi  scacciati.Vi  capitarono  poscia  tre  navi  con  gran  nùmero  di 
Arabi  pertinenti  ad  una  popolazione  vicina  alla  città  di  Laza  della  costa  d'Arabia  ba- 
gnata dal  seno  Persico  e  in  facciA  a  BarahinEèsi  fabbricarono  Magadassoe  Braya^LA 
prima  città  crebbe  tanto  in  istato  cho  fu  la  dominante  di  tutti  gli  stabilimenti  degli 
Arabi  da  quella  banda .  Quei  di  Magadasso  aprirono  traffico  colla  costa  di  Sqfala 
non  per  desiderio  di  fare  scuoprimenti ,  ma  perché  una  nave  vi  fu  sospinta  per  forza 
di  temporale  e  di  correnti,e  valutarono  sommamente  quello  scuoprimento  perle  cave 
dell'oro  della  contrada.  Soggiunge  il  Barros  che  per  quanto  avessero  notizia  di  tutte 
le  terre  vicine  a  detta  miniera,non  passarono  il  Capo  delle  Correntiipercioccbè  i  navil; 


457 
GAP.  XXXVIy 

DclV  isola  di  Zenzihar . 
Dopo   qaesti   di    Magastar  ,    si   iruova  quella   di   Zenzi- 


Mnza  vela  e  senza  vento  possono  e^cre  condotti  a  pericolare  nel  canale,  che  è  fral 
Madagascar  e  ii  Continente  ,0  essere  sospinti  nelle  isole  o  seccagne  di  quei  mari  • 
£  siccome  i  Mori  di  questa  costa  Zanguebar  navigano  con  navi  e  con  Zambuchi  cu* 
citi  con  cuojo,  e  non  impegolati  aLn^odo  delle  nostre  navi,perci6  non  atti  a  sof- 
frire i'  impeto  dei  mari  freddi  della  terra  del  Capo  di  Buona  Speranza ,  e  ove  acca- 
dano fortune,  e  temporali  fatti  :  e  siccome  avevano  ancora  l'esperienza  di  alcune 
navi  perdute  che  corsero  contro  quelle  parti  del  grande  Oceano  Occidentale,  non 
volsero  imprendere  lo  scuoprimento  della  terra  che  giace  a  ponente  del  Capo  delle 
Correnti,  ancorché  molti  il  desiderassero  come  essi  confessavano  (Barros  Dec.i.Lib« 

• 

Vili.  e.  4  )•  Ma  o  per  ventura,  o  per  arditezza  alcun  navilio  degli  Arabi  era  pene- 
trato neir  Oceano  Atlantico ,  e  non  era  ignoto  loro  sino  da  antichi  tempi  che  l'Ocea- 
no faceva  il  giro  deli' Affrica  •  II  Relatore  Maomettano  pubblicato  dal  Renaudot 
cosi  ne  discorre.  »  On  a  decouvert  de  notre  temps,  une  chose  tonte  nouvelle,  et  qui 
»  étoit  inconnue  autre  fois  a  ceux  qui  ont  vecu  avanl  nous.  Personne  ne  croyoit  que 
p  la  mer  qui  s'  éstend  depiMs  les  Indes  jusque  à  la  Chine  eut  aucune  comunication 
»  avcc  la  mer  de  Syrie  :  et  on  ne  pouvoit  pas  se  mettre  cela  dans  V  esprit  •  Voicy 
»  ce  qu'  est  arrìvé  -de  notre  temps,  selon  ce  que  nous  avons  apris.  On  a  trouvè  dans 
»  la  mer  de  Roum  (  il  Mediterraneo)  les  debris  d' un  Vaisseau  Arabe  que  la  tem* 
»  pète  avoit  brisé^^,  et  tous  ceux  qui  le  montoient  estant  peris ,  les  flots  1*  ajant  mia 
»  en  pieces  ,  elles  furent  portées  par  le  vent ,  et  par  la  vague  jusque  dans  la  mer  dea 
»  Cozars^  de  la  au  canal  de  la  Mer  Mediterranée,  d'ou  elles  furent  enfin  jettes  sur 
»  la  còte  de  Sjrie  •  »  Ne  adduce  in  prova  che  la  nave  era  un  tambuco  coperto  di 
cuojo  cucito  costruzione  particolare  delle  navi  di  Siraf  (  Anc«&elat.  p.  74  )•  £  sic.co* 
me  il  Relatore  scrisse  secondo  il  Renaudot  V  anno  877  (  Prefac.  p.  ix.  )  questo  scuo- 
primento è  del  nono  secolo.  Egli  é  vero  che  a  mente  del  Relatore  la  comunicazione 
fra  il  mare  dell'Indie  e  il  Mediterraneo  esisteva  per  la  parte  settenlrionale  dell'Asia, 
ma  e  gli  é  evidente  che  gli  Arabi  rettificarono  questo  errore  ,  e  riconobbero  che  la 
comuni  razione  esiateva  per  V  Oceano  Atlantico.  Abulfeda  dice  infatti  che  comunica 
l'Oceano  Ocoidentale  coll'Indico,  e  che  faceva  il  mare  il  giro  dell'Affrica  a  mezzodì 
dell'equatore  (Geogr.p.i4o).Gli  Arabi  servili  copisti  di  Tolomeo  abbandonarono  l'o- 
pinione delle  terre  incognite  che  a  mente  del  Geografo  chiudevano  l' Eritreo  a  mez- 
zudi  .  Di  questo  importantissimo  scuoprimento  degli  Arabi  diede  il  primo  ii  PaJo 
contezza  all'Europa,  ciò  viene  chiaramente  dichiarato  dalla  sua  relazione  del 
Zanguebar  che  appella   isola.  Won  dissimulo  che  esso  che  attingeva   notizie  dar 
gli  Arabi  ,  pptè  interpretare  la  voce  gcziras  isola  ,  quantunque  significhi  anche  pe- 
niaola  .  Ma  siccome  parla  di  quella  estrema  terra  Affricana  che  aveva  stabili- 
mefiti    Arabi  sino  a  Sofala^  e   dice  che   volge  attorno  due  mila  miglia ,  e  che 
è  iAola,  é  evidente  che  viene   a  dichiarare  eh'  era  l' Affrica  accerchiata  dal  ma- 
re a  mezzodì,  «ome  la  aveva   veduto  segnato  nelle  carte  degli.  Arabi,  di  cui 


bar  ^^,  la  quale  per  quel  che  s^intese,  volge  attorno  duemila  miglia. 
Gli  abitatori  adorano  gl'idoli  ^^^  e  hanno  favella  da  sua  posta  ,e 
non  rendono  tributo  ad  alcuno.  Hanno  il  corpo  grosso  ^^^  ma  la 


copia  è  il  Planisfero  del  Sanudo ,  fatto  pochi  anni  dopo  »  ove  l' Afinca  yedesi  accer- 
chiata dal  mare  e  terminata  in  punta  p  come  è  realmente  configurata  ,  e  solo  in  la- 
titudine accorciata  come  sempre  è  addivenuto  nel  delineare  le  terre  poco  note.  Si  ri- 
leva pure  la  verità  della  nostra  asserzione^  e  qual  fosse  a  mente  del  Polo  il  Zangne*^ 
bar  dal  Mappamondo  di  Fr.  Mauro,ove  cosi  è  appellata  l'estrema  terra  Affrìcana ,  e 
come  una  grandissima  isola,formata  dalla  parte  di  tramontana  danno  stretta  caoa* 
le  ^e  unisce  T Atlantico  al  mare  Etiopico .  Abbiamo  poi  altra  solenne  convincente 
riprova  di  questa  importantissima  cognizione  geografica  degli  Arabi  da  Pietro  AU 
varez;  esso  racconta  che  Pietro  di  CovigUan  spedito  dal  re  di  PortogaUa  in  Asia  e 
che  fu  sino  a  Sofala  per  isQuoprire  lo  stato  delle  terre  orientali:  »  deliberò  d'avvi- 
p  sare  il  re  di  tutto  quello  tihe  egli  aveva  veduto,  lungo  la  costa  di  Calicui^ìàit  spe* 
»  zierie  ^  e  d'  Ormu*f  e  della  costa  d' Eiiopiu  e  di  CefiUa ,  e  dell'  Isola  &rande,  con- 
p  eludendo  che  le  sue  caravelle  che  praticavano  in  CoMtfa  navigando  terra  terra*,  e 
»  dimandando  la  costa  di  detta  isola  (  del  Madagascar }  e  di  Gcfida ,  potriano  faicil- 
y  mente  penetrare  in  questi  mari  Orientali  »  e  venire  a  pigliar  la  costa  di  CaUcut  « 
»  perchè  da  pertuttò  vi  em  mare  come  egli  aveva  inteso  t  (Ram.  Nav.  t.  L  pag# 
2S9.  A  )  • 

945.  Si  erara  questui  di  Zenzibar  .  Questa  éspreMpone  del  Polo,  per  esso  che 
veniva  dalla  Cina  e  dall'  India  fa  comprendere  che  intendeva  parlare  della  eosta 
d' Affrica  in  faccia  al  Madagascar^  e  che  estendevasi  sino  al  capo  delle  correnti,det^ 
to  paese  di  Sefala^  celebre  per  le  cave  dell'  oro,  per  lo  che  i  primi  scuoprìtari  Por- 
tughesi  lo  crederono  V  Ophir  di  Salomone  e  ciò  nonaeoza  molta  probabiliti  come 
in  altro  luogo  avvertimmo  .  Il  Geografo  Nubiense  nel  paese  Zengi  comprende 
Melinda  (p-^j)  il  quale  afferma  terminarsi  a  Momèassa^  ove  incomincia  la  terra  di 
Sofala  (  ibtd.  p.  28  )  In  quest'  ultima  regione  numera  le  due  città  di  Hartema  e  di 
Dandema  .  Questo  paese  secondo  i  primi  suoprìtori  Portughesi  apparteneva  al  va- 
vto  Impero  di  Monomotapa  .  Lungo  mare  gli  abitatori  della  costa  quasi  tutti  Arabi 
Maomettani,  erano  sudditi  di  un  certo  Abramo  tiranno  di  Quiiloaf  città  nobile,  e  la 
pia  cospicua  di  quella  costiera  (  Maff.  Stor«  dell'  Ind.  p.  4a  ). 

944*  Adorano  gì*  idoli.  Delia  religione  dei  popoli  del  Monomotapa  e  di  Sofala 
parla  il  Fa  ria .  La  medesima  non  ammette  simulacri  d*  idoli.  Riconoscono  un  aolo 
Dio  9  credono  all'  esitenza  del  diavolo  che  appellano  Muguko  e  lo  credono  mali- 
gnissimo  .  I  loro  Impéradori  dicono  che  passano  dalla  terra  in  eielo,e  in  questo 
sUto  gli  chiamano  Mazimos  e  gf  invocano  (UisLGen.des  Voy.t.  V.  p^a6  ).  L'Hamil- 
ton dice  che  sebbene  ndl'interno  il  paese  sia  abiuto  da  infedeli,  le  costiere  di  Ma- 
gadaxo ,  di  Zeila  e  di  Yaman  (  probabilmente  V  Jnham  )  sino  al  capo  di  GMordafujr 
e  per  i'  estensione  di  circa  3oo  leghe  a  tramontana,  hanno  abbracciato  il  maometti- 
smo y  ma  rimangono  presso  quelle  genti  oeremonìe  ,  usi ,  e  tradizioni  pertinenti  all' 
antico  culto  (  ibid.  p.  ai2  ). 

945.  Hanfio  il  corpo  grosso.  Secondo  il  Lopez  sono  neri  e  ài  statura  mezzana 
(  ibid.  p.  2a5  ).  Secondo  l  Hamilton  gli  abiUnddi  Alevuaiitfrtco  sono  neri  ^  e  di  alu 
statura  e  bella^  e  ben  proporzionati ,  e  ottimi  schiavi  (  ibid.  pjtia  ).  JNon  consolidano 


lunghezza  di  quello  non  corrisponde  alla  grossezza,  secondo 
saria  conveniente ,  perchè  s' ella  fosse  corrispondente  ^  pareria*- 
no  giganti.  Sono  nondimeno  molto  forti  e  robusti,  é  un  so* 
lo  porta  tanto  carico,  quanto  fariano  quattro  di  noi  altri , 
e  mangianp  per  cinque .  Sono  neri ,  e  vanno  nudi .  Si  cuo« 
prono  la  natura  con  un  drappo,  e  hanno  li  capelli  cosi  cre^ 
spi  che  appena  con  l' acqua  si  possono  distendere ,  e  hanno 
la  bocca  moho  grande ,  e  il  naso  elevato  in  suso  verso  la  fron« 
te ,  r  orecchie  grandi ,  e  occhi  grossi  e  spaventevoli ,  che  pajono 
demonj  infernali  ^.  Le  femmine  similmente  sono  brutte,  la 
bocca  grande ,  il  naso  grosso ,  e  gli  occhi  ;  ma  le  mani  sono  fuor 
di  misura  grosse  ,  e  le  tette  grossissime .  Mangiano  carne ,  latte  , 
risi  j  e  dattoli .  Non  hanno  vigne ,  ma  fanno  vino  di  risi  con  zuc« 
chero ,  e  d' alcune  altre  lor  delicate  spezie ,  che  è  molto  buono 
al  gusto ,  e  imbriaca  come  fa  quel  d' uva .  Vi  nascono  in  detta 
isola  infiniti  elefanti  ^' ,  e  de"*  denti  ne  fanno  gran  mercanzia  ^^, 
de'  quali  elefanti  non  veglio  restar  di  dire ,  che  quando  il  maschio 
vuol  giacere  con  la  femmina  ^^  cava  una  fossa  in  quanto  conve- 
niente li  pare ,  e  in  quella  distende  la  femmina  col  corpo  in  suso 
a  modo  d^  una  donna,  perchè  la  natura, della  femmina  è  molto 
verso  il  ventre  ,  e  poi  il  maschio  vi  monta  sopra  come  fa 
r  uomo . 

Hanno  delle  giraffe  ^ ,  che  h  beli'  animale  a  vederlo ,  il  bu- 
sto suo  è  assai  giusto ,  le  gambe  davati  lunghe  e  aUe ,  quelle  di 
dietro  basse ,  il  collo  molto  lungo ,  la  testa  piccola  ^  ed  è  quieta 


nè^I'uDo^  né  Paltro  col  Polo,  che  ne  parlò  per  relazione  degli  Arabi  naviganti,  moho 
pregi acUcati  intorno  ai  popoli  di  patria  e  di  religione  differente  dalla  loro  . 

946.  Pajono  demonj  infernali .  Cosi  discorre  il  Bartema  degli  abitanti  di  Mon- 
sambico.  p  Alcuna  volta  noi  andavamo  a  piacere  per  la  terra  ferma ,  per  vedere  il 
p  paeae  dove  trovavamo  alcune  generazioni  di  gente  tutte  negre ,  e  tutta  nuda  ;  salva 
»  che  gli  uomini  portavano  il  membro  nascoso  in  una  scorza  di  legno ,  e  le  donne 
»  portavano  una  foglia  davanti,  e  una  dietro ,  e  questi  tali  aveano  li  «spelli  ricci ,  e 
a  corti ,  e  le  labbra  della  bocca  grosse  due  dita ,  il  viso  grande,  li  denti  grandi  r  ^ 
p  bianchi  come  la  neve  a  (  Ram.  Hav.  1 1.  p.  189.  B  ). 

947.  injiniti  elefanti .  a  Per  questo  cammino  (  dica  il  Bartema  )  trovammo 
p  molti  elefanti  a  (  1.  e.  )  • 

948.  De^  demi  ne  fanno  gran  mercanzia .  a  On  trouve  dans  le  pay  da  Sena  una 
a  grande  abbondance  de  denta  d'elephans  a  (  Hamilt.  1.  e.  p.  ai  i  )• 

949-  f^uot  giacere  colla  femmina  (  V»  1. 1.  p.  199.  n.  e  )  » 
950.  Giraffe  (  Y.  ibid.  n.  b). 


N 


46o 

animale  ;  tutta  la  persona  è  vermiglia  a  rotelle  ,  e  giungerla  alto 
con  la  testa  passi  tre .  Hanno  montoni  molto  differenti  ^^^  da'  no- 
nostri ,  perchè  sono  tutti  bianchi ,  eccettuato  il  capo ,  phe  è  ne* 
ro ,  e  così  sono  fatti  tutti  i  capi  di  detta  isola ,  e  così  Y  altre  be- 
stie sono  dissimili  dalle  nostre  •  Vi  vengono  molte  navi  con  mer- 
canzie ,  quali  barattano  con  quelle  della  detta  isola ,  e  sopra  l' al- 
tre co'  denti  d' elefanti ,  e  con  ambracano ,  che  gran  copia  ne  tro- 
vano sopra  i  liti  dell'  isola ,  per  esservi  in  quei  mari  assai  balene. 
Alcune  fiate  li  signori  di  quest'isola  vengono  fra  loro  alla 
guerra ,  e  gli  abitanti  sono  franchi  combattitori  ^^^^  e  valorosi  in 
battaglia ,  perchè  non  temono  morire  .  Non  hanno  cavalli  ^^ ,  ma 
combattono  sopra  elefanti  e  cammeli ,  sopra  i  quali  fanno  castelli, 
e  in  quelli  vi  stanno  quindici  o  venti  con  spade ,  lancie  ^^^ ,  e  pie^ 
tre  ^  ed  a  questo  modo  combattono ,  e  quando  vogliono  entrare 
in  battaglia ,  danno  a  bere  del  loro  vino  agli  elefanti ,  perchè  di* 
cono  y  che  quello  li  fa  più  gagliardi  e  furiosi  nel  combattere  . 

GAP.    XXXVIL 

Della  moltitudine  dell'  isole  nel  mare  d' India . 

Ancorché  abbia  scritto  delle  provincie  dell'  India ,  non  ho 
però  scritto,  se  non  delle  più  famose  e  principali ,  e  il  simile  ho 
fatto  deir  isole  ^  le  quali  sono  in  tanta  moldtudine ,  che  alcuno 
non  lo  potria  credere ,  perchè  ,•  come  ho  inteso ,  da'  marinari ,  e 
gran  piloti  di  quelle  regioni ,  e  come  ho  veduto  per  scrittura  ^^ 


9S1.  Hanno  ntomoni  molto  di ff eremi. 'p  Les  mountons  du  pay  (  de  M«>niba«a  ) 
»  ont  la  laine  du  corps  bianche  et  la  téle  de  la  npirceur  du  jais.  Leu»  oreilles  aont 
»  petites^eur  taiile  grosse ,  et  leur  cbair  delicate .  Leur  queue  n'est  pas  moios  lai^ge 
»  que  leur  fesses  »  (  HamilLHìst.  Gen.  des  Voyag.  t.  V.  p.  ai4  ) .  Oa  ciò  si  cam- 
prende  che  sono  della  specie  dei  castrati  detti  di  Barberia . 

gSa.  Franchi  comòaiiiiori^p  Leur  hardiesse  est  exlreme  a  la  guerre  »  (Hamil* 
!•€.  p*  aii  )  • 

g53.  Non  hanno  cavalli  •  »  Prìnceps  istius  regionis  (  Sofaloe  )  babet  exercitos 
»  suos  peditibus  tantum,  extructos ,  cum  equi  non  habeantur  »  (  Geog.  Nub. 
psg.  3o  ) . 

954.  Con  spade,  lance .  Dee  ii^ Paria  che  gli  abitanti  del  Monamoiapa  non  usa- 
no altre  armi  che  l' arco,  la  freccia,il giavellotto  (  Hist-  Gen.  des  Vojrag.  1  e  p-aaS  )• 

955.  Come  ho  veduto  per  scrittura ,  Comprende  in  questo  numero  tutti  i  nu« 
merosi  arcipelaghi  Indiani  delle  Maldive  delle  Achediye .  Secondo  il  Barros  nelle 


46^1 

da  quelli  che  hanno  compassato  quel  mare  d' ludia ,  se  ne  ri- 
trovano da  dodici  mila  settecento  ^  fra  le  abitate ,  e  deserte .  E 
detta  India  Maggiore  comincia  da  Maabar  ^7  fino  al  regno  di 
Chesmaooran ,  nel  quale  son  tredici  regni  grandissimi .  E  noi  né 
abbiamo  nominati  dieci  :  e  V  India  Minore  comincia  da  Ziambi  ^ 
fino  a  Murfili,  nella  quale  sono  otto  regni,  eccettuando  quelli 
dell'  isole ,  che  sono  in  gran  quantità .  Ora  parleremo  dell'  India 
Seconda ,  ovvero  Mezzana ,  cne  si  chiama  Ab&scia  • 

GAP.    XXXVIII. 

Dell^  India  seconda ,  os^s^ero  mezzana  detta  Abascia . 

Abascia  ^^  è  una  gran  provincia ,  e  si  chiama  India  Mezza-* 
Qa  ^  j  ovvero  Seconda .  Il  maggior  re  di  quella  è  Cristiano  ^' , 


Mite  marine  dei  Mori  che  qui  rammenta  il  Polo,  avea  vedute  aef^ate  queste  isole 
come  una  striscia  lunga,  dirimpetto  la  costa  dell'  Indie,  che  avea  principio  dalle  sec-* 
cagne  di  Padua  nel  mare  del  monte  Deiy  e  andava  a  toccare  il  principio  dell'isola  di 
Gi9¥a  e  lo  stretto  della  Sonda  (  Ancien.  Reiat  par  Renaud  p.  127  ) . 
^56.  Dodi^mila  settecento  (  Y  1. 1.  p.  aoo.  n.  b  ) . 

957.  Maabar.  Qui  dioeva  al  solito  Malabar  ed  è  stato  corretto. 

958.  Ziambi.  Qui  dee  leggersi  Ziamba  di  cui  si  parlò  altrove  (  Lib.  IIL  e.  6.  , 
Questo  capo  spiega  esattamente  qual  fosse  la  divisione  delle  Indie  a  mente  del  Polo 
L*  india  prima  secondo  esso  incominciava  dal  Maabar  a  confine  del  regno  d'  Otis^* 
•ra ,  e  si  estendeva  sino  a  Chesmacoran  ossia  al  Meckran  .  L' India  seconda  abbrac* 
ciava  tutta  la  penisola  di  là  dal  Gange,  cominciando  dal  regno  di  Ziampa  compre- 
so tì  il  Bengala  e  il  regno  di  Orissa  • 

959.  Abasda.  Avich^  il  Geografo  Nubiense  chiama  Habascia  V  Abissirda. 
Habesch  Tappellano  gli  Arabi,  voce  che  secondo  il  Ludolfo  significa  mescolamento 
0  ragunamento  di  varie  genti  (  Ludolf.  Gomment.  ad  Hist.  Aetiopi  p  49  )• 

960.  India  Mezzana .  Fu  avvertito  alla  nota  673.  quanto  si  abusasse  della  voce 
India ,  e  quanto  ne  estendessero  i  confini  i  varj  scrittori .  Molti  appellarono  Indiani 
gli  Abissini 9  Crosto  ,  Procopio,  Virgilio,  il  quale  disse  che  il  Nilo  aveva  origine 
nel  r  India  •  Socrate  ,  e  Sozomeoo  dicono  ohe  Frumenzio  operò  la  coversione  degl' 
Indi  Interiori ,  ed  esso  fii  l' Apostolo  degli  Assumiti  e  degli  Abissini  .  »  Postremo 
»  (  dice  il  Ludolfo  )  Indiae  nomen,  atque  Aetiopiae,  tam  vagum  et  incertum  est  ut 
»  nisi  certae  circumstantiae  adsint,  nescias  de  quibus  populis  auctores  loquantur  » 

(  1.  e  p.  65  )  • 

961.  ^'  Cristiano  •  Marra  Sozomeno  (  Lib.  II.  e.  XXIV  )  come  Frumenzio,fatto 
schiavo,  divenne  coppiere  dei  figlio  del  re  d'  Abissinia  ;  come  dopo  la  morte  del  re 
riuscì  a  convertire  la  corte,  e  recatosi  poscia  in  Alessandria  fu  da  S.  Atanasio  con- 
sacrato Vescovo  degli  Abissinj.  Socrate  dice:  ir  Bartolommeo  (Apostolo)  India,  quae 

59 


46a 

• 

gli  altri  re  sono  sei  ^' ,  cioè  tre  Cristiani ,  e  tre  Saraoéiìi  sud- 
diti pure  al  sopraddetto  •  Mi  fu  detto  che  li  Cristiani  per  essere 
conosciuti  si  fauno  tre  segnali ,  cioè  uno  in  fronte  ,  e  un  per  go- 
ta ,  e  sono  fatti  eoa  fèrro  caldo ,  e  dopo  il  battesimo  d'  acqua , 
questo  è  il  secondo  con  fuoco  ^  •  Li  Saraceni  n'  hanno  no  solo, 
cioè  nel  fronte  fino  a  mezzo  il  naso.  £  perchè  vi  sono  assai 
Giudei  ^  ancor  loro  sono  segnati  con  due,  cioè  uno  per  gota. 
Il  maggior  re  Cristiano  ^^  sta  nel  mezzo  di  detta  provin- 


y  Altjopiae  confinisestobtigit.Intorior  aulem  India  quam  gente» accolunt  pluri<- 
»  mae  diverais  utentcs  linguìa ,  ante  Costantini  tempore»  nondum  Chrìsti  fide  fuerat 
f  illuatrata  ».  E  prosegue  come  vi  predicò  Frumcnzio  (  Hist.  Eccles.  Lib.I.  cXIX). 
Esso  fu  consacrato  Vescovo  secondo  il  Valesio  neH'  anno  341.  di  G.  C. 

yfÌ2»Gli  altri  re  sono  gei .  TaiUe  rìvoluzioai  luno  accadute  aeli'  Abissinia  dis 
Ila  mutato  sovente  il  suo  stato  politico.  IIP.  Lobo  ne  ragguagliava  V  estensione  a 
quella  della  Spagna^  possedeva  cinque  regni  e  sei  provincie  parte  delle  quali  dipen- 
devano dairimperadorc  :  le  altre  pagavangli  tributo  o  forzatamente  o  di  buon  grado 
(  Relat.  Hist.  d' Abissin.  p.  66  )  . 

g63.  D<^o  il  èatt  etimo  d*  acqua  ^  questo  è  il  secondo  con  fuoco  •  Fra  le  disser- 
lezioni  ohe  seguono  il  iriaggio  del  9.  Lobo  è  rifenta  la  seguente  autorità  del  P.  Go- 
digao.  »  Apud  antiquiorss  faistericos  reperìo,eic  wterum  imperatoruih  inatìtuto  of^ 
»  se  apud  hanc  gentem  poaìtum  in  mpre,  baptizati  puerili  in  fronte  quacdan  kùx* 
»  rere  stigmata  »  (  Relat.  Hist.  d'  Abias.  p.  Saq  ) .  Franccaoo  AKrarea  Cappellano 
di  Rodrigo  di  Lima  Ambasciatore  dei  re  cK  Portogallo  in- Abiasinia  ^  cbe  scriase  la 
più  antica  relazione  della  contrada^e  che  pubblicò  ti  Ramoaio  dice  t  »  e  quelli  segni 
»  che  vediamo  alcuni  schiavi  negri  portare  nel  naso  ,  o  in  menza  gli  acchì»  ovvero 
a  nelle  ciglia  non  son  fatti  con  fuooo ,  né  per  coaa  che  toochi  alla  CrtstiaaiUi ,  ma 
»  solamente  aono  fatti  per  una  galanteria  con  ferro  freddo  ^  e  dicono  che  sono  belli 
»  da  vedere  #  .  E  dioe  poi  la  maniera  come  si  Amnó  (  Ram.  Nav.  l.  L  p.  217-  )•  Ma 
si  ravvisa  che  il  Polo  segui  la  volgare  opinione  che  facessero  questi  segni  per  mo- 
tivo religioso ,  come  lo  dice ,  e  lo  appellassero  battesimo  di  fuoco  •  C»ó  pu4  essere 
addivenuto,per  essere  ns&nza  degli  Abissini  unici  Cristiani  di  qnella  parte  dell'Af- 
frica .  Del  racconto  popolare  del  Polo  fa  menzione  anche  il  Barbosa,  p  II  loro  bai- 

#  tesimo  è  in  tre  modi^cioè  di  sangue,  di  fuoco  e  d'acqna ,  perchè  si  ctrcoucidono 

*  come  Giudei ,  e  nella  fronte  ancora  col  fuoco,  e  nell'acqua  si  batteszano  coiim 
»  gli  Cristiani  Cattolici  )»  (  Ram.  Nav.  t.  L  p.  SaS.  A.  ) 

964*  Assai  Giudei,  t  Questi  regni  e  provincie  sono  popolate  di  Morì  (  Arabi 
»  Maomettani  )  di  Gentili ,  dt  Giudici ,  di  Cristiani  scismatici .  La  religione  degU  ul- 
t  timi  è  la  domina'nte ,  e  dello  stato .  Tnle  diversità  di  popoli  e  di  religioni  é  causa 
p  che  in  questo  regno  non  vi  è  un'  uguale  civiltà,  e  che  vi  sono  molte  leggi,e  coatu- 
p  mi  diversi  »  (Lob.p.66).Ai  tempi  del  Polo  i  prete^  desccndenti  di  Salomone  rien- 
trarono in  possesso  dell'Impero  Abissinico  (Bpuc.  Voy.  au  Sourc.  du  NiL  t.  IIL 
pag.  i  ) . 

965.  //  maggior  re  Cristiano .  E*  assai  esatto  ciò  che  racconta  il  Polo  della 
Storia  i\bissinica  dei  suoi  tempi.  Nei  1288  era  T  impero  travagliato,  da  rivoluzioni 


463 

da ,  e  li  re  Saraceni  hanno  i  loro  reami  verso  la  proviocìa  di 
A(km  ^  •  U  venire  di  detti  popoli  alla  fede  Gri^tfana  ^  fìi  in 
questo  modo ,  che  avendo  il  glorioso  apostolo  S»  Tommaso  9^7 
predicato  nel  regno  di  Nnl»a  j  e  fattolo  Cristiano  ^  venne  poi  io 
Abascia,  dove  con  le  prediche  e  miracoli  fece  il  simile.  Poi 
andò  ad  abitare  nel  regno  di  Malabar  ^ ,  dove  dopo  l' aver  con^ 
vertiie  infinite  genti ,  come  abbiamo  detto  ^  fu  coronato  di  mar-* 
tirio  y  e  ivi  sta  sepolto  •  Sono  questi  popoli  Abiscini  molto  va« 
lenti  neir  armi  ^ ,  e  gran  guerrieri ,  perche  di  continuo  combat- 
tono coi  Soldano  d'  Adem ,  e  co'  popoli  di  Nubia  ^^ ,  e  con 
molti  altri ,  che  sono  ne'  loro  confini  ;  e  per  il  continuo  esercitar* 
si ,  sono  reputati  i  migliori  uomini  da  guerra  di  tutte  le  provincie 
deir  India  • 

Or  nel  1288  (»*ccome  mi  fu  narrato  )  accadde ,  che  questo 
gran  Signore  d' Abiscini  avea  deliberato  d' andare  a  visitar  il  se* 


e  guerre  intestincie  soprattutto  dagli  Arabi  della  costa  Affricana^e  particolarmente  dal 
Soldino  à*  Adel  e  non  Adem fCome  per  errore  è  scrìtto  nel  tc8to*Secondo  Bruce  nel 
1282  regnava  Igba  Sion*  Dal  ia84  sino  al  i5ia,  cinque  suoi  fratelli  salirono  sul 
trono.  A  Lasia  regnava  altra  regale  famiglia  nemica  del  legtttfmi  signorì  del  pae* 
se.  Il  Soldano  d'Ailel  profittò  dell' indebolimento  deU' Impero  per  impossessarsi 
della  costiera  da  Azeb  sino  a  Melinda^e  rapire  in  tal  guisa  agli  Abissini  il  traffico 
Indiano .  Sotto  Arada  Sion  successore  di  Igbi  Ston^  il  regno  à*Adel  era  potentis- 
simo, eranlo  pur  anche  i  principi  d'orìgine  Araba  stabiliti  lungo  la  costa  marittima 
eh'  è  a  mezzodì  dell'  AbissMa .  Secondo  l' Inglese  viaggiatore  mancano  le  memorie 
de'  tempi  e  ciò  probabilmente  a  cagione  delle  guerre  intestine  e  straniere  (.  Bruche. 
t.  IIL  p.  6.  ). 

966.  Pro^inaia  di  Adem*  Nel  Magliabéchiano  li  e  scrìtto  Aàan^  ma  va  lette 
Adel^e  ffio  che  comprendeva  la  parte  dell'  Affrica  di  là  dallo  stretto  di  Babel  Man* 
deb  la  più  sporgente  ad  Oriente  di  tetta  V  Affrica • 

967.  S*  Tommaso.  Era  una  pia  tradizione  che  printierMnenle  vi  recasse  il 
Vangelo  qaesto  Apostolo.»  Sono  Cristiani  della  dottrina  dei  K  S.  Tommaso  »  e  S. 
»  Filippo  secondo  che  dicona.  Oggidì  sonovi  non  pochi  errori,  e  sono  Giàtobtii 
»   Copti  »  (  Barbos.  Ram.  1. 1.  p.  5a2  D  ). 

968.  Malabar  qui  pure  va  corretto  e  letto  Maabar  (  V*  n.  796  )« 

969»  Moiio  vatenii  nelV  arme  •  Nel  Viaggio  del  Gomito  Vinizl«>o  pmbbHtate 
dal  Rnmuaìo  si  legge  che  il  re  di  Zibii  aveva  dugento  soldati  Abissini  :  t  e  questi 
»  sono  uomini  valenti ,  terrìbili ,  che  non  stimano  la  vita ,  e  vanno  poco  manco  d*UQ 
»  cavaUo  »  (  &am.  1. 1.  p.  309.  B  )• 

970.  D*  Adem  e  co' popoli  di  Nubia.  Qui  va  \dUoAdel.  La  Nubia  é  la  pai^ 
te  deir  Affrica  che  separa  V  Àbiséinia  àaìV  Egiiio ,  or'  è  oggidì  il  regno  di  Sennmmr 
che  visite  il  Brace  nel  restituirsi  in  Europa . 


464 

polcro  di  Cristo  in  Gerasaiemme  ^^  in  persooa,  perchè  ogn'aaao 
ve  ne  vanno  infiniti  de'  detti  popoli  a  quesu  devozione , .  ma  fa  dis* 
confortato  da  tutti  i  suoi  baroni  di  non  lo  fare  per  il  pericolo  graa* 
de ,  che  v'era ,  dovendo  passar  per  unti  luoghi ,  e  terre  di  Sara- 
ceni suoi  nemici.  £  però  deliberò  di  mandarvi  un  Vescovo,  che 
era  reputato  uomo  di  buona  ,  e  santa  vita ,  quale  andatovi ,  e  fat- 
te le  sue  orazioni  in  Gerusalemme  j  e  offerte ,  che  gli  avea  ordi- 
nato il  re,  nel  ritorno  capitò  nella  città  d'Adem,  dove  il  Solda- 
no  di  quella ,  lo  fece  venire  alla  sua  presenza ,  e  quivi  con  minac- 
ele lo  voleva  costringere  a  farsi  maomettano  ^^ .  Ma  lui  stando 
costante,  e  ostinato  di  non  voler  lasciare  la  fede  cristiana,  il  Sol- 
danolofece  circoncidere  in  dispregio  del  Re  d'Abiscini ,  e  lo  li- 
cenziò .  Costui  tornato ,  e  narrato  al  suo  signore  il  dispregio  e 
villanìa ,  che  gli  era  stata  fatta  ^  subito  comandò ,  che  il  suo 
esercito  si  mettesse  ad  ordine ,  e  con  quello  andò  a  distruzione 
e  ruina  del  Soldano  d' Adem  ^^ .  Qua!  intesa  la  venuta  di  que- 
sto re  grande  d'  Abiscini,  fece  venire  in  suo  ajuto  due  gran 
re  Saraceni  suoi  vicini  con  infinita  gente  da  guerra  •  Ma  azzoifa- 
tisi  insieme ,  il  re  d'  Abiscini  fu  vincitore ,  e  prese  la  città  di 
Adem ,  e  li  diede  il  guasto  per  vendetta  del  dispregio  che  era 
stato  fatto  al  suo  Vescovo .  La  gente  di  questo  reame  d'  Abisci- 
ni vive  di  frumento  ^74  ^  risi  ^  carne ,  latte ,  e  fanno  olio  di  susi- 
mani ,  e  hanno  abbondanza  d' ogni  sorte  di  vettovaglie  •  •  Hanno 


971.  Il  sepolcro  di  Cristo  in  Gerusalemme,  »  Di  questa  terra  sogliono  andare 
»  ogni  anno  molti  frati  in  Gerusalemme  in  peregrinaggio ,  e  anche  molti  preti  » 
(  iivarez  Ram.  Nav.  t.  i.  p.  273  ).  Questo  viaggiatore  paMa  d*una  Caravana  che 
vide  partire  da  Bamagasso  composta  di  336.  persone . 

973.  Farsi  maomettano .  Sovente  accadono  queste  violenze  dei  Maomettam 
e  de'Gentili  contro  gli  Abissini.  La  Carovana  di  cui  parla  l'Alvarez  passato  Suachen 
fu  assaltata  dagli  Arabici  quali  uccisero  varie  persone ,  altre  ne  riduaaero  a  aervitù 
e  sole  i5.  scamparono  dalle  mani  dei  Maomettani  (  l.c.  ). 

973.  Adem  9  cioè  Adel . 

974.  Vive  di  frumento  •  L'Alvarez  che  fu  in  un  ricco  monastero  d' Abisstnia 
dice:  1^  che  essi  non  coltivano  altra  cosa  se  non  campi  di  miglio,  e  buche  d'api .  Nu- 
»  triscono  poi  molte  mandre  di  vacche ,  dalie  quali  ricavano  latte  e  butirro  » 
(  Ram.  t.  I.  p.  2i4*  D  )•  Secondo  esso  i  soldati  si  cibano  di  farina  d*orzo ,  di  ceci,  e 
di  miglio  tostato  che  portano  seco  •  Trovano  da  per  tutto  bovi  e  vacche  t  e  se  è  il 
-tempo  del  grano  portano  dì  quello  (  ibid.p.  271.  )•  ^  ^  ^^^^  vettovaglie  sono  car- 
y  ni  di  tutte  le  sorti ,  latte ,  butirro ,  e  miele ,  pan  di  frpmento ,  e  di  miglio  ,  e  di 
»  queste  cose  ve  n'  é  grande  abbondanza  »  (  Barbos  •  Ram.  t.  L  5a2.  D.  ) 


465 

tlefaoti  ^7^ ,  leoai ,  giraffe ,  e  altri  animali  di  diverse  manière ,  e 
similmente  uccelli ,  e  galiioe  molto  diverse ,  e  altri  infiniti  ani- 
mali ,  cioè  scimmie ,  gatti  mammoni  ^'^  ,  che  pajono  uomini .  Ed 
è  provincia  molto  ricchissima  d*  oro ,  e  quivi  se  ne  trova  assai , 
e  li  mercanti  vi  vanno  volentieri  con  le  loro  mercanzie ,  per- 
chè riportano  gran  guadagno*  Or  parleremo  della  provincia  di 
Adem. 

GAP.  XXXIX. 

Di  Adem  prosai ncia . 

La  provincia  d' Adem  977  ha  un  re  ^'^ ,  qual  chiamano  Sol- 
dano  •  Gli  abitatori  sono  tutti  Saraceni ,  e  odiano  infinitamente 
li  Cristiani .  In  questa  provincia  vi  sono  molte  città  e  castella ,  e 
v'è  un  bellissimo  porto979j  dove  arrivano  tutte  le  navi  che  vengono 


975.  Hanno  elefimii .  lì  Bruce  frai  quadrupedi  dell' Abissinia  numera  rino- 
ceronti f  elefanti ,  leoni  j  giràfTe  o  camelopardi ,  e  scimmie  di  varie  specie  (  Yojr. 
L  IX*  p*  174  }• 

976 .  Gaiii  mammoni  (  V.  1. 1.  p.  2o3  n.  ). 

977:  Adem,  e  più  correttamente  il  Parigino  e  il  Riccardiano  jidenppwAe  com- 
preso nella  penisola  Arabica .  Pare  che  Aden  fosse  rifabbricato  sulle  rovine  della 
celebre  città  detta  dai  Greci  Arabia  Felice  per  la  comoda  sua  posizione  all'imboc- 
catura  del  Seno  Arabico.  Dice  Abulfeda  i>  a  quibusdam  peregre  profeclis ,  mihi  nar- 
»  ratum  est  Bab^-Madab  infra  Aden  Locari  ,  ed  ab  Aden  distare  eundo  inter  se« 
»  ptentrionem  et  occasum,  quantum  navis  cursu  diurno  ac  nocturno  conficere  pos- 
»  set  »  (Geogr.  Minor.  t.lIF.  p*7a).  Latitudine  di  Aden  i2.*4o.*(  Nhiebur  p.  aai  }• 

978.  Ha  un  re  qual  chiamano  Saldano,  t^  Vers  V  an  de  J.  C.  1259.  un  Turko- 
»  man  appelJè  Noureddin  Omar^  qui  s'  etoit  emparè  de  ce  pay ,  envoja  demander 
9  au  Kalif  Mostanser  une  patente^  et  l' investiture  en  quali  té  de  Sulta  n  de  1'  Yemen^ 
»  ce  qui  lui  fut  accordé  »  (  Degoign.  1. 1.  p.  426  ). 

979*  Vi  è  un  bellissimo  porto .  Est  autem  Aden  urbs  parva ,  Celebris  tamen* 
»  quia  est  portus  utriusque  maris  .  •  .  Eadem  urbem  Aden  circundat  a  longe  ex 
»  latere  sui  septentrionali ,  mons  quidam  cìrcumductus  ab  uno  mari  ad  aliud  • 
9  Mons  iste  habet  ad  utramque  sui  extremitatem  duo  foramina»  veluti  duo  ostia>  per 
»  quae  ingressus  patet  cgressusque  ....  et  haec  civilas  est  emporetica  »  (  Geogr. 
Nub.  p.  a5).  Secondo  il  Barbosa  la  città  è  edificata  sopra  una  lingua  di  terra  che 
spoi^e  ira  le  montagne  e  il  mare.  Era  ai  suoi  tempi  difesa  da  molti  fortilizj.  Aveva 
case  jgrandi  e  belle,  e  fiorentissimo  eiane  il  traffico  (  Ram*  1. 1.  p.3a4  )•  Se  ne  impos- 
sessò Solimano  Bascii  (ibid.p.SoS.B).  I  Portoghesi  vollero  dar  la  scalata  a  ^</e/t|  ma 
troncatesi  le  scale  per  lo  peso  degli  assalitori  abbandonarono  il  disegno  d'impadro- 
Birsene  (  ibid.  p.  36o  A  }.  Per  lo  scuoprimento  del  Capo  di  Buona  Speranza  deviatQ 


466 

d' India  ^  con  spezierie  ,  e  li  mercjanti ,  che  le  comprano  per 
condur  in  Alessandria  ^',  le  cavano  dalle  navi ,  e  meliono  in  al- 
tre navi  più  piccole,  con  le  quali  attraversano  un  golfo  di  mare  per 
venti  giornate ,  o  più  ^  o  meno ,  secondo  il  tempo ,  che  là .  E 
giunti  in  un  porto  ^^  le  caricano  sopra  cammeli^  e  le  fanno 


il  trafCcQ  Indiano  da  quel  porto  per  quanto  abbia  oggidì  proprio  Schech  o  Signore  è 
nel  massimo  squallore  (  Niebhur  Descr.  de  1*  Arabia  p.  aai  )• 

980.  Zte  navi  che  vengono  d  India .  Le  geografia  compendiata  dell'  Edrisri  che 
abbiamo  tante  volte  citata  col  titolo  di  Geografia  Nubiense,8uUa  scorretta  versione  dei 
Maroniti  Gabriele  Sionita  e  Giovanni  Hersonità  è  di  grande  autorità  per  commen- 
tare il  Polo.  L'  Edrissi  nacque  nel  1099  e  fiori  nel  secolo  duodecimo  (De  Rossi  Di- 
zion.  Stor.  Aut.  Arab.  p. 67  ).  Dice  adunque  il  Geografo:  »  ex  ipsa  (  civitate  Aden  ) 
%  solvuntur  navigia  Sindae,  indine»  et  Sinarum  y  et  ad  ipsam  deferuntnr  vasa  lini* 
»  ca  »  ossiano  le  porcellane  Cineai  (  p«25  ). 

981.  Per  condurre  in  Alessandra.  Intorno  a  questo  traffico  vedasi  (  t.  I.  p.  ao4« 
not.  )  •  E  a  maggiore  illustrazione  dell'  argomento^è  qui  da  riferire,  ciò  che  ne  dice  il 
Sanudo .  »  Portus  vero  quartus  ilomìnatur  Ahaden  qui  est  in  quadam  insuleta  » 
»  qui  quasi  est  in  terra  firma,  in  terris  Saracenorum:  et  iUae  speciarìae,et  mer^imo- 
»  nia  quae  de  partibus  Indiae  ad  portnm  ipsum  descendunt,  ibi  honerantur  et  inde 
t  per  terras  Saracenorum  in  novem  dietis  Cameli  ad  flnmen  NiK  conduointur 
»  in  locum  vocatum  Chus^  et  inde  navigio  ipsiua  fluminis  honerantur,  et  in  ifietia 
»  XV.  in  Babjlonem  (  al  Gairo  )  conducuntur .  Tempore  vero  menais  Octobris  et 
»  circa  flomen  illud  abtmdat  in  tantum,  quod  ipsae  speciartaé  et  mercinania  de- 
t  scendentia  a  Babjlonia  per  dtctum  flumen^intrant  per  quandam  taglìatam  longam, 
'à  et  per  dacenta  milliaria ,  quae  mint  a  Babylonia  usque  ad  Afexandriam  defe* 
»  runtur  ...  De  qufbus  pereipft  Soldanus  in  dìversis  locis  tantum  de  thelloneo  f 
»  quod  tertlum  valoris  omnium  specierum  aeraritim  snum  intrat  »  (  Gest.  Dei  per 
Frane,  t»  IT.  p*  sa  ). 

982.  In  un  porto .  Crede  con  motta  verosimiglianza  il  Marsden  ohe  fosoe  detto 
porto  Cosseìr  nel  seno  Arabico  sulla  costa  d' Affrica  (n.  146^).  Ciò  che  rende 
probabile  tal  congettura  è  che  secondo  Marin  Sanudo  le  merci  facevano  capo  a  Cui 
e  sbarcavano  a  nove  giornate  di  cammeio  da  detto  luogo  ,  ove  mfattì'  anche  oggidì 
si  raguna  la  carovana  che  dal  Nilo  vi  a  Cosseir^e  che  trasporta  ti  grano  per  la  Mecca 
f  Bnic.  Yoy.  1. 1.  p.  32o  ).  Crede  Bnice  che  sm  la  città  detta  dagli  antichi  ApoUinis 
ciritas  parva .  Il  Viaggiatore  raggiunse  la  carovana  a  Kerne^  e  in  sette  giorni  gìonae 
a  Cosseir  (  ibid.  p.  3a3.  e  seg.  ) .  Pare  che  qui  sia  viziata  la  lezione  del  MHione  ore  è 
detto  che  da  detto  porto  occorrevano  So.  giornate  di  cammeio  per  giungere  al  Nilo , 
o  che.il  Polo  non  intese  parlare  di  Cosseir^  ma  di  qualche  altro  porto  più  meridio* 
naie  del  Mar  KoAso.  Cosi  si  discorre  di  questi  traffici  nei  sommario  dei  Regni ,  ctt-> 
tà ,  e  Popoli  Orientai!  pubblicato  dal  Ramusio  (  e.  i.  p.  36o.  B).  »  Li  mercaUntì  che 
»  vi  stanziano  (in  Aden  J  mettono  insieme  tante  spezierie  quante  è  loro  possibile, 
}^  e  mandano  al  Cairo  in  questo  modo:  vengono  all'  isola  di  Cameram  e  da  Came^ 
»  ram  a  Belala  e  di  H  alt'  isola  di  Suaquem,  ò*  onde  possono  andare  per  tutto  lo 
9  stretto  •  E  dal  Suaquem  vanno  a  un  porto  detto  di  sopra  che  si  cìàteaim  Loctui  ^  e 


467 
])ortar  per  terra  per  trenta  giornate  fino  ai  fiume  Nilo ,  dove  le 
caricano  in  navilj  piccoli  chianfiati  Zerme  ^^ ,  e  con  quelle  ven* 
gono  a  seconda  del  fiume  fino  al  Cairo,  e  di  li  per  una  fossa 
fatta  a  mano ,  detta  Calizene  ^^  fino  in  Alessandria  •  E  questa  è 
la  via  più  facile ,  e  piìi  breve ,  che  possino  far  i  mercanti ,  che 
d' Adem  vogliono  condur  le  spezierie  d' India  in  Alessandria  • 
Similmente  li  mercanti  in  questo  porto  d'  Adem  caricano  infini- 
ti cavalli  d'  Arabia  ^^  ^  e  li  conducono  per  tutti  li  regni  e  isole 
d' India ,  dove  cavano  grandissimo  prezzo ,  o  guadagno  .  E  il  Sol- 
dan  d'  Adem  ^  è  ricchissimo  di  tesoro  per  la  grandissima  utili- 
tà, che  trae  de 'diritti  delle  mercanzie^  che  vengono  d'India,  e  simil- 
mente di  quelle,  che  si  cavano  del  suo  porto  per  India,  perchè  que- 
sta è  la  maggior  scala,  che  sia  in  tutte  quelle  regione  per  contrat- 
tare mercanzìe ,  e  ognuno  vi  concorre  con  le  sue  navi .  E  nel 
13 oc.  che  il  Soldano  di  Babilonia  ^^  andò  la  prima  volta  col  s^o 


»  in  sei  giorni  attraversano  per  terra  sino  al  fiume  Nilo  i  e  per  quello  in  Xli  giorni 
»  ranno  al  Cairo  ». 

9B3.  Zerme.  »  Touts  ces  objets  (dice  Volnej  Voy. t.  L  p.  190)  trasporUs 
»  par  in«r  a  RoseUe  sor  des  bateanx  qu'  un  appelle  DJerm  y  sont  d'aibord  deposés  • 
»  pnis  rembarqués  sur  le  Nii  et  reavojés  au  Caire  ».  Dichiara  paitcbe  quelita  DJerm 
t  Zertne  sono  nayiccIH  che  portano  «in  immensa  vela  latina  a  righe  turcUoe  e  scure 
come  i  nostri  tralicci . 

9ti4.  Per  fossa  .  .  .  «fair^a  Ca^'s^/is.Oi  questo  canalefdetto  Ca/iJianche  oggidlf 
che  stabilisce  la  comunicasione  per  acqua  fra  Alessandria  e  il  Cairo  paria  Paolo  Lu* 
cas  noi  suo  viaggio  d'Egitto  (  t.  fi.  p.  58  ).  Questo  canale  trae  1* acqua  dal  rama  del 
Milo  detto  CanopicOf  secondo  la  carta  dei  Delta  data  dal  viaggiatore,  in  un  luogo 
detto  jérkas.  Il  Pockokio  nella  sua  dissertaxione  intorno  alla  Geografia  deU*£gìtto 
crede  ^ìm  di  questo  canale  parlasse  Scrabone  (  L.XV1IK  p-  800  ) ,  e  confi^rma  che 
anche  oggidì  chiamasi  C?iij,o  Canale  4'Alessandrìa  (  Voy.  t.  II.  p.  556). 

985.  CayaHi  d'Arabia  »  Tiene  qvesta  città  (  Aden  )  gran  commerci  e  traffichi 
p  cosi  e«a^là  città  del  Cairo,  come  con  tutta  l'India ,  e  H  medesimo  quelli  dell'  India 
»  con  lei  ...  le  proprie  mercanzie  di  questa  città  soBo'cavalli ,  rubia ,  acque  rosa« 
>  te,  uve  passe  ,  amfìan,  le  quali  vanno  per  tutte  le  parti  dette,  e  da  tutte  le  parti 
»  vengono  a  lei  »  (  Samm.  de  Regni  e  Pop  Orient.  1.  e.  p.  56o  ). 

986.  Jl  Soldano  d'  Adem .  V  ultimo  Sultano  d'  Aden  della  descendeazà  di 
Nurrcddin  Turcomano,rammentato  nelle  tavole  Cronologiche  del  Deguignes  è  Ma- 
lek  el  Medhaffer  che  regnava  nel  i  aSg,  ma  la  sua  dinastia  continuò  a  possedere 
lo  Yemen  sino  verso  il  1597  (  Deguig.  1. 1.  p.  4^7  )• 

5)87.  E  nei  1200  che  il  Soldano  di  Babilonia .  Nen  vi  ha  dubbio,  che  qui  intenda 
parlare  della  spedizione  di  Saladino  Sultano  d'  Egitto,  p<Hchè  secondo  la  costumaa-* 
za  de'tcmpì  del  Polo,  appella  sempre  il  Cairo  Babilonia  .  La  data  dal  i»oo  è  errata 
e  dee  dire  1 187.  Per  l'autorità  di-Giacomo  da  Vitriaco  ,  in  detto  anno  mosse  Saladi- 
no guerra  ai  Latini  di  Palestina,  e  secondo  esso  furono  dati  in  mano  degli  empi  per 


468 

esercito  sopra  la  città  d' Acre ,  e  la  prese ,  mi  fu  detto ,  che  que- 
sto d'  Adem  vi  mandò  da  trenta  mila  cavalli ,  e  quaranta  mila 
camnieli ,  per  Y  odio  grande  j  che  portava  a'  Cristiani.  Or  parie* 
me  della  citta  d' Escier . 

GAP.  XL. 

Della  città  d' Escier  ^ . 

Il  signor  di  questa  città  j  è  M acomettano ,  e  mantiene  la  sua 
città  con  gran  giustizia ,  ed  è  sottoposto  al  Soldan  d'  Adem  j  ed 
è  lontana  da  Adem  da  quaranta  miglia  verso  Scirocco.  Ha  molte 
città  e  castella  sotto  di  se  ^  e  questa  città  ha  un  buon  porto  ,  dove  ca- 
pitano molte  navi  d'India  con  mercanzie ,  e  di  qui  traggono  assai 
cavalli  buoni  ^  ed  eccellenti ,  che  sono  di  gran  valuta  y  e  prezzo 
neir  India . 


le  loro  infinite  colpe  •  Saladino  per  venire  contro  i  Crìstìani  »  ex  omnibos  aabiectisr 
»  regionibus  multitudinem  pugnatorum  congregavìt:  ex  AegjrptOydrahia^tX  Diana* 
»  scOf  Holapia  et  Mesopaiamia  y:e  soggiunge  che  aveva  seco  Soooo  cavalieri  senza 
contare  i  fanti  •  Pugnò  contro  i  Latini  a  Thorono .  Diedero  essi  subito  di  volta  :  e  ne 
fece  il  soldano  crudelissima  strage  .-Guido  di  Lusignano  re  di  Gerusalemme  e  il  gran 
Maestro  del  Tempio  furono  menati  prigioni  •  Conseguenze  della  vittoria  fu  per  Sa- 
ladino la  reddizione  di  Acri ,  o  Tolomaide ,  Berito,  Ascalona  e  Gerusalemme  (  GesU 
Dei  per  Frane.  1. 1.  p.  1 1 17.  e  seq.  )  • 

888  Escier.  E'  il  porto  detto  Siger  o  Sieger fChe  secondo  T Assemanni  è  Fantico 
Siagrium  promaniùrìum  d'Arabia  in  faccia  a  Sòccoiera  {  Bibliot.Orient.t.lII.p.780) 
Il  paese  di  Siger  e  il  ^orto  di  detto  nome  segnò  1'  An  ville  nella  sua  carta  dell'Asia 
in  faccia  a  detta  isola .'  Cosi  ne  parla  il  Geografo  Nubiense  :  »  Terrae  Hadhramutp 
»  contermina  est  ab  oriente  terfa(Se^er,et  eam  colunt  familiaeMahra,moerì  Arabes. 
»  Ab  extremitate  vero  terrae  SegersAAden  trecenta  habentur  milliaria»  (p.5S).M& 
computati  tutti  i  giri  della  costa,può  valutarsene  la  distanza  itineraria  di  400  miglia, 
e  perciò  sembra  che  debba  essere  rettificata  la  lezione  Ramusiana  quanto  alla  di- 
rezione ,  e  in  vece  di  fy>  miglia  a  scirocco ,  debba  leggersi  400  miglia  a  Greco  quarta 
di  levante  •  Infatti  il  Manose.  Soranzo  porta  miglia  400  (  Zurl.  Dìssert.  1. 1.  p.  38a  }• 
Ma  ivi  è  pure  sbagliata  la  posizione  relativa,leggendovisiy  che  Escier  è  a  maestro  di 
Aden  .  Il  Marsden  créde  che  Escier  sia  il  porto  dì  Sahor  della  carta  deli'Anville  di> 
atante  180  miglia  da  Aden.  Mb,  non  potrei  di  ciò  convenire  col  dotto  <^mmentatorej 
perchè  in  tale  supposizione  non  quadrerebbe  la  distanza  che  il  Polo  asserisce  essere 
fra  Sder  e  Dulfar  o  Dqfar .  Osserva  il  Niebhur  {  p.  244  )  che  T  Edrissi  scrìve  que- 
sto nome  Schadsjer  che  potè  essere  agevolmente  corrotto  in  Scier^  come  porta  il 
nostro  Testo .  E  che  a  questo  luogo  il  Geografo  Arabo  parli  di  Sejer  e  non  di  Sahor 
ai  deduce  dall'  affermare  che  ne  dipendono  le  isole  di  Charton  e  di  Martan  (  p*  24  ) . 


469 
Io  questa  regione  nasce  grandissima  copia  d' incenso  ^  bian^* 
f o  molto  buono ,  il  quale  a  goccie  a  goccie ,  scorre  giù  da  ai* 
cuoi  arbori  piccoli  simili  all'  albedo .  Gli  abitatori  alcune  volte 
forano,  ovvero  tagliano  le  scorze  di  quelli ,  e  da' tagli ,  ovvero  bu* 
chi  9  scorron  fuori  goccie  dell'  incenso ,  e  ancorché  non  si  faccia- 
no detti  tagli  y  pur  questo  liquore  non  resta  di  venir  fuori  dai 
detti  arbori  per  lo  grandissimo  caldo  che  vi  fa ,  e  poi  s' indtiri* 
ice .  Sono  quivi  molti  arbori  di  palme ,  che  fanno  buoni  datiaii 
in  abbondanza  ^^ .  Non  vi  nascono  biade ,  se  non  risi ,  e  mi- 
glio ^%  e  bisogna ,  che  vi  siano  condotte  delle  biade  d' altre  regio- 
ni •  Non  hanno  vino  d' uva ,  ma  lo  fanno  di  risi ,  zucchero 
t  dattali  <^  y  che  è  delicato  da    bere  •  Hanno    montoni  pic- 


989  Grandisnma  copia  (t  incenso  •  »  Iiuulae  vero  Charian  et  Marion  sunt  i» 
#  Giun  Alhatcisce  regione  terrae  Seger^ìn  qua  nascitur  /%fi^t  (  Geog.  Nub.  P'^4Ì* 
Nella  seconda  Reazione  pubblicata  dal  Renaudot  leggesi .  »  Dana  cette  mer  qui  est 
a  cornine  à  lii  droite  dea  Indea  en  partant  de  Homan ,  on  trouve  le  pay  de  Schar^oìà 
»  croit  i'  entfena  p  (  p.  i  16  ).  Intorno  ali'  incenso  vedaai  (  1. 1  p.  ao6.  n*  b  ) . 

990.  Dattali  in  grand*  abbondanza.  La  palma  dattila  (  Phoenix  dactjrlifera  )  è 
uno  degli  alberi  i  più  utili  di  quella  zona  arìda  e  calda  della  terra  che  comprende 
la  Baròeria  »  V  Arabia ,  la  reg  one  Sindetica .  La  palma  ha  individui  de'  due  aessi  , 
e  si  caprifica  osi  feconda,  inserendo  nella  pianta  femminì  un  ramunscello  della 
maschia  «  Ove  la  pianta  è  indigena  si  ha  gran  cura  della  sua  cultura.  Fiorisce  nel 
Mekrah  alla  fine  di  Febbrajo  ,  o  ai  pr<mi  di  Marzo.  A  tempo  della  fioritura  s'alleg« 
gerisce  la  pianta,  colla  potatura  di  m/vlti  fiorì  per  rendere  più  saporosi  i  frutti  ,che  ^ 
lasciano  e  che  maturano  all-i  fine  d'  Agosto»  o  ai  primi  di  Settembre  .  Colti  i  datteri 
si  fanno  aeccare  al  sole  sopra  le  stuoje,  se  ne  ^trae  il  nocciolo,  e  s'infilano  in  cor* 
dorelle  di  pelo  di  capra.  1  datterì  che  non  ai  vogliono  seccare ,  appena  colti  si  usa  di' 
stivargli  in  paniere  tessute  di  foglie  di  palma ,  e  V  abbondanza  del  sugo  zaccarìno 
del  frutto  gli  conserva.  Questo  albero  ha  molte  varietà.  Le  più*stimate  nel  Beiom" 
tdUsian  sono  appellate /or  »  poppa  f  mudjuad  e  cAi/igoiA^nd  (  Petti ng.  Tom.  IL 
pag.  i5i  ). 

991  •  Se  non  risi  e  migiio  •  Il  basso  popolo,  secondo  ti  Niebuhr,  mangia  cattivo 
pane  d'una  specie  di  miglio  detto  Durra^  e  questo  mal  cotto.  Pan  di  grano  può 
aversi  nelle  città .  Gli  Schech  o  signori  delle  tribù  Arabe  del  deserto  non  mangiano- 
a  pranzo  che  Pilatt ,  cioè  rìso  cotto  noli'  acqua  (  Descrìpt.  de  r  Arab.  p.  47 1  e  49  )• 
Ma  li  riso  probabilmente  lo  traggono  da  altre  contrade  • 

992.  f^ino  di  risi  t^ucciieroy  e  datiaii.  Il  Niebuhr  fra  le  bevande  spiritose 
degli  Arabi  rammenta.!' acqua  vite ,  l' Arak^  che  si  estrae  dalla  canna  di  zucchero  o 
che  vion  dall'  Indie  ,  che  sembra  essere  il  cosi  detto  vino  di  zucchero  dal  PoI(k  Al-  * 
tri  liquori  estraggono  dalle  uve  secche  che  1  ipongono  in  una  pignatta,afiinchè  fermen* 
tino ,  finalmente  rammenta  il  ^aua,che  cavano  dalla  ferma  eh'  è  una  aperte  di  cervo** 
già  (  L  e.  p.  5o  ),  Questa  ultima  bevanda  cattivissima  parve  al  viaggiatore,  e  pcrctèi 
nerìtevole  del  biasimo  ^e  alla  cervogia  dà  il  Redi  •  * 

60 


470 
celi  ^ ,  li  quali  non  hanno  1'  (pecchie  date  bannp  gK  altri ,  ma  vi 
sooQ  due  cornette ,  e  più  a  basso  vwso  il  paso,  hanno  dna  buchi 
in  luogo  dell'orecchie. 

So^Q  questi  popoli  grau  pescatori ,  e  quivi  si  trovano  infiniti 
pesci  tonni,  che  per  la  grand' abbondanza ,  se  n'averiano  due 
p&s  un  gros&o  veneziano  ;  e  ne  seccano .  E  pereti^  pel  gran  cal- 
do tutto  il  p{^s0'  è  come  abbruciato ,  né  vi  si  trova  erba  verde , 
pero  hanno  assuefatto  li  loro  apimali ,  cioè  buoi ,  montoni , 
€au)meli ,  e  poledri  a  mangiar  pesci  secchi  ^ ,  e  gliene  danno 
di  continuo ,  e  li  iraangìano  volentieri .  E  detti  pesci  sono  d' una 
aorte  piccolini ,  quali  prendono,  nel  mese  di  Marzo ,  Aprile ,  e 
Maggio  in  gra  ndissima  quantità ,  e  secchi  ripongono  in  casa  «  do- 
ve per  tutto  r  anno  ne  danno  a  mangiare  alle  bestie ,  le  quali 
eziandio  ne  mangiano  de'  freschi ,  come  li  secchi ,  ancorché  sia« 
no  più  avvezzi  a'  secchi .  £  per  la  carestia  delle  biade ,  fanììo 
anco  detti  popoli ,  biscotto  di  pesci  ^  grandi  ili  questo  modo^^^ 
che  li  tagliano  miputaniente  in  pé^zi ,  e  con  certa  farina  fanno  un  lir 
qijio.re ,  che  li  U  ten,ere  insiev^e  a  modf^  di  p^isjui ,  e  uè  tbnotaoa 
pani ,  ohe  nell'  a^deme  sole  s' asciugano  e  induriscono ,  e  così  ri- 
posti in  casa  li  mangianp  tutto  V  anno  come  biscotto.  L'iuceqso^ 


».  Chi  la  squaUida  c^vogia 

»  Alle  labbra  sua  congiunge^         * 

».  Bresto  muore  ^  t  rs^óo  giunge   ' 

»  all'età,  vecchia 9  e  barbogia. 
OfiliwiQt  di. datteri  pfirla  il  Pottittger,  che  si  fa  nel  Mskeran  .  »  Sdno  dédltisatmi  a 
»  £ar  uso  d'una  bevanda  inebriante  faXta^eon  datteri  fermentati,  Tuso  delia  quale 
»-  dee  essere  pemiciosissimo .  (  Voy«  au  Belouch  •  t.  II.  p.  1 15<  ) 

99^  Montoni  piceolL»  lì  Hiebuhr  rammenta  ft^  i  ijuadrupedi  dell*  Arabia  i 
cavaUi ,  i  muli ,  gli  asini ,  i  cammeli ,  i  dromedari ,  le  vacche  f  le  pecore  e  altri  ani* 
BRali  domestici  (  p.  142),  ma  non  fa.  parola  di  questa  specie  di  montoni  con  orecchie 
mosjtrttos^.  Può  darsi  che  la  grassezza  dei  .castrati- desse  loro  quell'apparenza  che 
dice  ii.l^ole  e  che  per  quella  sì  ristringesse  loro  il  forame  dell'  orecchio  • 

994t  ^  n^aagiar  pesci  spechi  (  V.  L  L  p.  ao6'n.  }t  Dice  Strabene  degli  Ittiofagi 
di  Garamania  :  »  Icthjopbagorum  r#gio,  mari  vioina.  est ,  et  magna  ex  parte  arbori* 
»:  bus.caretj  penuria  in  ea  palmarum,  acanthi  ^  myricae,  aquarum  et  domestici 
».  cibi  maxima  est.  Vescuntur  piscibus,,  tum  ipeì,  tum  eorum  pecora  »  (  Strab. 
Gedgn  p.  720  ) . 

99S«  Biscauq  di.pe$ci  »  [>omos  ex  osstbus  oetonim,  et  ostreorum  conchis  ma- 
^' «gas  ex  parte,  £aciunt,  namtrabium  et  fulcrorum  usum  cosiae  praestant:  portas 
»'  ipaxiliafc,  e  vertebris^  fiunt^mortaria,  in  quìbus  f\^es  tundunt  adselem  assatos^ 
»  poAea  ex  bis  panem  conficiunt  fnimento  paiiluhim  admiscentes  (  Strab.  1;  e.  ) . 


471 
sopra  è  tanto  buon  nìfefdato  y  cbe  3  signor 
lo  compra  per  dieci  bisanti  il  cantaro  ^  ^  e  poi  lo  rivénde  a'  raer- 
canti ,  che  poi  lo  danno  por  quaranta  bisalùti  :  e  questo  fa  egli  ad 
istanza  del  Soldano  d' Adenti  ^  qual  piglia  tutto  l' incènso  che  na^ 
sce  nel  suo  territorio  per  ii  detto  p<*ezzo ,  e  poi  lo  rivende  al  modo 
detto  di  sopra ,  onde  ne  conseguisce  grandissimo  utile ,  e  guada- 
gno .  Altro  non  V  essendo  da'  dire ,  procederò  a  parlar  della  città 
di  Dulfar. 

CARXLI. 

Di  JDuffar  città  • 

Dulfar  9^  è  una  città  nofoiie  e  grande  ,  qual  è  discosto  dalla 
città  d'  Escier  venti  miglia  ^  verso  Scirocco .  Le  sue  genti  sono 
Macomettane ,  e  •  il  suo  signore  è  sotto  il  Soldan  d'  Adem .  Que- 
sta città  é  posta  sopra  il  mune ,  e  ha  buon  porto ,  dove  vengono 
assai  navi ,  e  quivi  si  conducohò  assai  Cavalli  ^  arabi  d' altre  con* 


gg6.   Cantaro  (  V.  sopra  n.  $70  )  •  > 

997*  Dulfar^  (  GQd.Par.  )  Daifar^  mèglio  il  Testo  delfar  Grùftctt  Bufar.  »  Dafar 
»  civitaA  sita  super  littus  sinus  exeuntis  e  Mari  Austraii^^et  flaéntis  in  oonrinentem^ 
»  septentrìonem  versus  circiter  centum  milliaria  •  In  extreiho  rècessu  huius  sinus 
»  est  civitas  Dafar .  Navigta  a*  Dafar  per  sinum  hanc  laon  feruntHr»  nisi  ventus  a 
s  terra  spiret .  Velìficant  a  sinu  predicto  in  Ifidicm  •  Dmfar  niètropolìs  est  terrae 
»  Alshagiar  •  Ibi  plurimae  ex  Indiae  plantaè  reperi  antUr  »  nempe  nux  muscata ,  et 
f  cucurbita  Indica .  A  Septentrione  Daf4tr  coUcs  flint  arenosi  •  Inter  Dafar  et  So- 
t  naam  XXIV.  parasangae.  Quidem  aj  uni  Z>d/ar  esse  su|>er  j^Z/'amafii  et  hortos 
»  illic  ^M^  communes  .  Dafar  est  instar  magni  vici  ,aut  paullo  major  »  (  Abulf. 
Geogr.  Min*  t.  {U.  p.  5r).  Del  suo  stato  presente  cosi  pnrla  Niebuhr  :  »  Dafar 
r-  ville  connue  et  port  de  mert  d*  on  l' un  eie  pnn^  le  meilieitr'  enteiù  .  Get  èAcens 
>  est  neanmoins  nrauvaìsen  cofftperalsoik  de  cèlui  dcs  Indea  •  Dafar  a  son'  SchèfA 
»  indipendant  »  (  1  0.  p-  348  ). 

g^.  y'enti  miglia .  Ciò  stabilisce  {positivamente  che  te  città  détta  Sciar  dal 
Polo  e  Siger  e  non  ^aAtiryperchè  tale  è  appunto' la  dtslanta  da  Siger  a  Dafar, 

999.  Assai  cavalli .  I  cavalli  Arabi  sono  i  più  generosi  e  veloci  dcU'  universo* 
Essi  dierono  argomento  al  fiii  antico  »  e  più  sublime'  squarcio  di  poosM  descrittiva 
conosciuto  • 

»  Forse  il  destriero  per  tua  man  guarnito 

»   I  fianchi  e  il  colio  di  virtù  robusta^» 

y  Mostrerà  col  nlagkiatthno  nitriN 

p  Da  generò^  ardk>r  V  anima  adusta  l 

f  Porse  ad  un  liève  minaceiar  col  dk» 

p'  Fuggiift  cbat  colale  loeliati'i 


<■ 


47» 

tradc  fra  terra  •  E  li  mercaDti  li  levano ,  e  condacono  in  India 
per  il  grandissimo  guadagno  '^^ ,  che  ne  conseguiscono .  Ha  set* 
to  di  se  città  e  castella;  e  nasce  nel  suo  territorio  assai  incen- 
do ^*^' ,  qual  vìen  condotto  via  per  li  mercanti .  E  altre  cose  non 
V  essendo  da  dire ,  diremo  del  golfo  di  Galaiati . 

GAP.  XLH. 

J)i  Calaiati  città . 
Calatati  '^  è  una  catta  grande ,  ed  è  nel  golfo ,  che  mede« 


»  Quando  awien  che  alla  pugna  ai  prepari 
»  Sbuffa  terror  dall'  orgogticise  nari  • 
^  Percuote  il  auol  colla  ferrata  zampai 

ir  Morde  il  fren ,  scuote  il  crìn,  a'  incunra^  e  a'alxt^ 
t   In  un  luogo  medesmu  orma  non  stampa 
»  Ardimento  e  furor  l'agita  e  sbalza: 
»  Cornei  affronta  l'oSlil  schiera  ch'accampa: 
»  Sprezza  il  timor;  armi  ed  armati  incalza» 
t  E  sonar  fa  nel  violento  corso 
»  Scudo»  faretra,  e  strai  scossi  sul  dorso. 
'l^  Impaziente  e  di  sudor  fumante  | 
»  Cosi  precipitoso  si  disse  rra^ 
I  p  Che  non  aspetta  udir  tromba  sonante 

»  E  par  nel  corso  divorar  la  terra . 
»  Dove  sente  rumor  di  spade  infrante , 
»  Colà,  dice  fra  se»  ferve  la  guerra; 
»  £  de' duci  gli  sembra  udir  le  voci 
»  E  gli  ululati  de'  guerrier  feroci . 

Giobbe  Cap.  xxxix.  volgarizzamento  del  Rezzane  • 
Ma  anche  in  Arabia  di  due  specie  sono  i  cavalli ,  quelli  di  razza  generose*  ff 
cut  pretendono  conservare  la  genealogia  da  due  mila  anni  in  poi .  Gli  altri  di  razza 
ignota  niente  pregiati  e  destinati  agli  usi  comuni .  Anche  quelli  di  rastza  nobile  non 
sono  né  grandi  |  né  bèlli ,  ma  animosi  i  velocissimi  al  corso  |  e  di  questi  si  servono 
per  jnontura.  Alcuni  di  teli  cavalli  furono  pagati  dagli  Inglesi  e  Moka  800, e  tooo. 
scudi  (  forse  scodi  piccoli  di  Francia)  (Niehuhr  1.  e.  p.  144.  ) 

looo.  //  grandissimo  guadagno,  e  Un  Marchand  m'  assura  que de ses  compa* 
p  triotes  avoit  acheté  a  Moka  un  de  ces  chevaux  1  pour  le  quel  om  lui  avoit  ofiert  ae 
f  Bengala  le  doublé  du  prix  d'achat  e  (  Niebuhr  1.  e.) 
looi.  Assai  incenso  (  V.  sup.  n.  089.  ) 

1002.  Ca/eiafi(Cod.Magl.e  Pàrig.)  CalatwÈ  Kmlhai  del  paesed'Oinifiiamezzotii 
di  Moscata  luogo  nella  carta  dell'Anville  detto  Calaiati»  Ai  tempi  del  Polo  dava  no* 
me  alla  manica  che  riunisce  l' Eritreo  al  Seno  Persico .  £  oggidì  piccola  città  ma 
«na  delle  più  antiche  del  paese  di  Oman  seconda  Niebuhr»  L'EdrisaiKapiielU. 


475 
simamente  si  '  dimanda  di  CSalata:  è  discoste  dal  Dolfar  cinque «^ 
cento  miglia  verso  scirocco  '^^:  osservano  la  legge  di  Macoinet* 
to  j  è  sottoposta  al  Melic  d' Ormus  '^ ,  e  ogni  fiata  ^  che  il  det- 
to ha  guerra  con  alcun  re^  ricorre  a  questa  città,  perchè  è  mola- 
to  forte,    e  posta  in    forte   luogo  ,  dimodoché   non   teme  di 
alcuno.  Non  ha  biade   di   sorte    alcuna,    ma   le  traggono   di 
altri  luoghi  :  e  questa  città   ha  un  buon  porto ,   e  molti  mer- 
canti vi  vengoclo  dell'  Ibdia  con  gran  numero  di  navi ,  è  ven- 
dono le  lor  robe,  e  spezierie  benissimo ,  perchè  da  questa  città 
si  portano  fra  ten*a  a  molte  città  e  castella .  Si  cavano  ancora  di 
questo  porto  per  Y  India  militi  cavalli ,  e  ne  guadagnano  grande^» 
mente .  Questa  città  è  posta  nell'  entrata ,  e  bocca  del  dett4i  golfo 
di  Galatu,  dimodoché  ninna  nave  non  può  entrare  in  quello; 
né  uscire  senza  sua  licenza  •  E  molte  volte ,  che  il  Melic  di  que*^ 
sta  città ,  qual  ha  ])atti ,  e  obbligazione  col  re  di  Chermaib ,  e 
gli  è  sùddito ,  non  lo  vuol. obbedire ,  perchè  il  detto  gì' imputa 
qualche  dazio ,  oltre  V  ordinario ,  e  esso  ricusa  di  pagarlo ,  subito 
il  re  li  manda  un  esercito  pei*  costringerlo  per  forza  ;  lui  si  parte 
d'  Ormus  ,  é 'viene  a  questa  città  dì  Galajati ,  dove  stando,  non  la« 
scia  entrare ,  né  passar  alcuna  nave ,  dal  che  avviene ,  che  il  re 
di  Chermain  perde  i  suoi  diritti,  e  ricevendo  gran  danno  è  necessi- 
tato  a  far  patto  còl  detto  Melic«  Ha  un  castello  molto  forte,  che  tie« 
ne,  a  modo  di  dii* ,  serrato  il  golfo  e  il  mare  ^  perché  discoopre 
tutte  legnavi  in  ogni  tempo,  che  passano.. Le  genti  di  questa 
contrada  vivono  di  pesci  freschi  e  salati ,  perché  d'  ambedue  ne 
hanno  di  cotinuo  gran  copia  ;  Ma  li  gentiluomini  e  ricchi  vivono 
di  biade  ^  che  vengono  condotte  d' altri  paesi  •  Or  partendosi  da 


Cgelhai^  come  se  ne  pronunzia  U  nome  a  Mascate^  àecondo  il  moderno  rammentata 
YÌaggiatorè.  Vicino,a  Kalhat^si  mezzodì  è  la  città  di  Tsor  o  Tsuryche  è  a  tramontana 
di  quella  di  Sohar  sopra  un'isoletta,ove  secondo  il  Niibienseir  pHscis  temporibus  ad 
t  ea  proficis^bantur  naves  Sinicae  ».  prosegue  come  ivi  cessarono  di  concorrerei 
trafficanti  «  e  si  trasferì  la  mercatura  ali'  isola  di  Kis  o  Ckisi  come  V  appeUa  il  Pulo 
(  Geogr.  Nubien.  p.  55  ) . 

ioo5.  Ferso  Scirocco  .  Qui  è  errata  la  lezione  .  Il  testoda  noi  pubblicate  dice 
a  Maestro,  ma  anche  ciò  è  falso»  mentre  la  posizione  /iCa/A<!i/yrespettivamente  a  Dafar 
e  a  Greco .  Frequenti  sono  tali  errori  nel  Polo  neirOrientare  i  paesi»  ma  tali  errori 
tono  giustificati  dalie  carte  di  quelle  regioni  fatte  a  quei  tempii  ove  occorrono 
gli  abbagli  medesimi . 

1004.  Melic  d  Ormus  •  Intorno  a  questa  dinastia  vedasi  (  li  1 16. }  :  intomo  al 
titolo  JUeiic i»  56).  .  .  ' 


474 

va  r  isola  d' Ofinas . 

GAP.  XLin. 

Di,  Orfims  é 

y  isola  dbOriBns  '^^  ha  tuia  bèlla-,  e  gran  €Utà  posta  so- 
pra il  mare.  Ha  un  Melic ,  che  è  notte  eli  dignità ,  come  saria  ti 
dire  marchese,  quale  ha  molte  ehtà  e  castella  sQtto  il  suo  domi- 
nio. Gli  abttaoti  sono.  Saraceni ,  tutta  della  legge  di  Maeometto* 
Vi  regna  grandissimo  caldo  ^  e  per  questa  causa  in  tutte  le  case 
hanno  ordinale  le  sue  ventierc'  ^*^,  per  le  ^uali  fanno  vanire  fl 
vento  in  tuue  le  loro  stanze  e<  camere  ^.  do^i^è  li<  piace  ^ .  che  altri* 
mentii  non  potriano  mveve.  Or  di  cpiesto  npo  jdiremo  akro, 
perchè  di  sopra  nel  libro  .abbiano  pallata  di  Chisi ,  e  Gher- 
wain. 

Poiché  s7  è  scritto  dbbasianea)  '^^  delle  pfQvipbie ,  e  tent» 
ddr  India  Maggiore ,  che  sono  appresso,  il  mare^  e  d' alcuna  re^ 
gioni  di  popoli  d!  Etwpia  ,  che  noi  ^ibmiamo  Indiai  Mes^aoa^^ 
avanti  che  kcciamo  fine  al  libro ,  ritorcerò  a*  narrai^e  d' alcane 
regioniv^  che  sono  vicine  alla  Tramontana  ^  delle  quali  io  lasciai  di 
dine  ne'libri  di  sopra .  Per  tanto  è  da  sapere^  che:  nelle  para  ^cine 
sdla  Tranwntana  '^^,  v^'  aiutano  *  molti  Tartari,  eh'  hanno  re*  no« 


» 

looS.  L*  isolm  d*  Ormus .  Siccome  parlò  di  questa  cittì  nel  dare  la  descrizione 
della  Persia  ,  può  vedersi  ciò  che  allt3caneiiLdelto(N.ii5  ) .  Ma  essendo  ivi  «bar* 
cato  nel  restituirsi  in  patria ,  alla  sua  tornkta  dal  Catajo  ,  ne  fa  nuovamente  men* 
tioat  come  e\  stess^,  la  dichiaivi .  Qui  termina  la'descrìzione  dei  paesi  che  furor 
no  da, lui  visitati  in  qpeata.  swi  ultima,  navigazione.  Abbiamo  abbandonata  la  dire- 
zione del  suo  viaggio  al  capo  3a<di  questo  terzo  libro»  ove  pjarla  di  Ciéstaacaran  m 
del  JUiffcrarh  che  dovè  còateggiaxe  nel  recarsi  a  Ormus  • 

190&:  Sue  venìiere  (  V«  t.  L  p.  aot).  n.  b  ). 

1007  .  Poiché  s'  é  senno  abbastanza .  Questo  eapo«e  ciò  ohe  segue  sino  alla  fine 
vacomideratQ.CQme  un'  i^eodicei^vertratta  di  alcuna  altre  cose  apparate  nei  suoi 
tì^ggi  •  Net  .Testo  da  nc^  pubt>Ucato  molto,  diffusa  è  questa  appendice,  ed  aiurhtt 
più  npl.  Testo  Parigino»  Ma  com^  vi  trattò  di  cose  sconoesse»  e  le  storie  dei  Tartari 
lion^po^^  alloro, luogo,  e  ordinatamente^si  raYviaa  che  nel  ritoccare  il  Milione  parte 
di  quelle  cose  lasciò,  altre  ne  abbreviò. 

1008.  Pani  pigiai  alla  TramfMU^m»  S^  noitco  «Testo  appfUò.  questa  regione 
Grani  Turchia  (  1. 1.  p.  209  ). 


/? 


4^7^ 

minato  Gaìda  '*^,  ilquale  è  delU  stirpe ,  e  parenti  prossimo  di 
Gublai  Gran  Gan .  Non  è  suddito  ad  aiewio .  Questi  Tartari  os^ 
servano  l' usanaa ,  e  modi  degli  antichi  suoi  predecessori ,  e  ven- 
gono riputati  veri  Tartari  «  E  questo  re  col  suo  popolo  non  abita 
in  castelli  j  né  fortezze ,  né  città ,  Ria  sta  sempre  alia  campagna 
in  pianure  e  valli ,  e  n^fe  fweste  di  quella  regione ,  che  sono  in 
grandissima  moltitudine .  Non  hanno  biade  di  sorte  alctiivà ,  ma 
vìvono  di  carne  e  latte  '^^ ,  e  in  grandissima  pace  :  perchè  il  lord 
re  non  procura  mai  attro  (  al  quale  tutti  obbedtscoiìo  )  se  non  di 
conservarli  in  pace  e  unione  ,  che  è  il  proprio  carico  di  re  i  Han- 
no moltitudine  grande  di  cavalli ,  buoi ,  pecore ^  ed  ahri  anima^ 
li  •  Qnìvi  si  trovan'ors»  tutti  biandìi  '^',  grandi  elnn^i  la  maggior 
parte  venti  palmi .  Hanno  vol]>i  uitt'e  nere ,  e  mollo  grandi ,  e 
asini  salvatici  '^'^  io  gran  copia ,  e  alcuni  aàfi^itofe  pkrooli ,  chiamati 
Rondea^^  che  hanno  là  pelle  delicatissima  v  eh'  appressò  di  noi  si* 
chiamano  zibellini  '^'*.  Item  vari,  ai^colini  '•'*,!*  di  quelli,  che' 
si  chiamano  Sorci  di  Faraon  '**'^  ;  e  ve  n'  è  tanta  copia  ^  eh'  è  casa 
incredibile ,  e  questi  Tartari  li  sanno  pigliar  cosi  destramente ,  e 
con  tant'  arte  j  eh'  alcuno  non  può  scampar  dalle  lor  mani .  E 
acanti ,,  che^  s\  arrivi  dove  abitano  detti  Tartara .  v' è  una  pia- 
nura Jt*nga^  il  cioiamiooi  dd  qaaltordi(2Ì>  ^ornate»  tutta  disabitaia^ 
e  come  un  deserei,  e  h  eaustr  è  perchè  vi^  sonò'  infiniie^  lag«ie 


IP09..  CaM2uL(  V  jb.1.  [|.  2'!iin.  e),  ^ 

i^io.  J^ivona  di  carne  e  latte.  Di  tutti  questi  usi  dei  Tartari  tu  discorso  nel 
libro  primo  y  ore  possoiu»  vedersi,  confermate  le  cose  dette*  dal  Polo*  *         .     , 

10  II     Orsi  tutti  bianchi  (  t.i.p.aiS.  n.o.  )  Questo  quadrupede  è  detto  da  Pallaa  . 
Vrsus.  Jktmximus  (  Vojfag.  Append  t  Vili.  p.  5<  ).  »•  Magnitudo  aduUorum  tanta  f, 
r.ttt'peUis  lungi tudinem^  seplem  r  et  octo  saepe  pedufn  aequ«t»\ 

IOJ9*  Asinii  Salvatici .  (V.  n«2fa. } 

i»tr5i,  Sl^ibelUni  (  V.  1 1.  p.  86..  n.  a  ) 

ioj4r  .Moolini*  Saspettaiche  siano  gii  Armelliu  di,  cui  fu  data  la  descrizione  ^ 
(T.  ì.  p,  73.  n.  d) 

iojS^  Sorci  di  FaroQn^E. molto  probabile  che  il  Polo  sotto  tale  denominazione 
cfunpreodaaat' collettivamente,  molle  specie  di  sorci  che  ha  la  Siberia  ,  e  di  cui  ha 
descriUe  qu^tprdici  v/irìetà;il  Br^^s^^M*  Pallas  ndl' appendice  al  viaggio  di  RuMia» 
Soperò  hka. inteso  il  Polo  d'indvviduarne  una  ^peciCfSembra  esser  quella  detta  Muf 
Sasftia-j^.óa^i  Arcabi  Jerhoah^hA  è  della  grandez^  dei  sorcio  comune,ma  in  Sibe* . 
ri»  piùviHCColecbe  in  Arabia.  (PalL  T-  Vili.  p.  n>)>  t  On  trouve  le.Jarboa ,  ou  rat 
»  r  eie  Ph^iaon  en  Egjrp^^à^M  le  Ned/ed  anx.  deux  cAtés  du  Golphe  Persique  ,  dans 
»4e.4eei9rt;e«tM/t«fra  aii/fiMretcea^d^^  (;^iebuhr  Desc.  de  r  Arab« 

pag.  147.  ) 


47» 

e  fontane ,  che  l'inondano ,  e  per  il  gran  freddò  statino  di  oontinao 
agghiacciate  ^  eccettualo  alcuni  mesi  dell' anno,,  che  il  sole  le  di- 
sfa ,  e  v'  è  tanto  fango ,  che  più  difficilmente  vi  si  può  passar  a 
quel  tempo ,  che  quando  v'  è  il  ghiaccio  •  £  però  detti  popoli , 
acciocché  li  mercanti  possano  andare  a  comprar  le  loro  pelli ,  che 
è  la  sola  mercanzia,  che  si  trovi  appresso  di  loro,  snanno  In- 
gegnato di  far  che  questo  deserto  si  possa  passare  in  questo  modo, 
che  in  capo  d'ogni  giornata  v'hanno  fabbricate  case  di  legname  '^'^ 
alte  da  terra,  dove  comodamente  vi  possano  stare  le  persone  che 
ricevono  i  mercanti ,  e  che  poi  li  conducono  la  seconda  giornata 
all'  altra  posta ,  ovvero  casa  :  e  così  di  posta  in  posta  se  ne  van- 
no fino  alla  fine  di  detto  deserto .  E  per  esser  i  ghiacci  grandi^ 
hanno  fatto  una  sorte  di  carri,  che  quelli,  ch'abitano  appresso 
di  noi  sopra  monti  a.spri ,  e  inaccessibili ,  li  sc^liono  usare ,  e  si 
chiamata)  tragule  '^'7  ^  che  sono  senza  rote,  piani  nel  fondo,  e  si 
vengono  alzando  dà'  capi  a  modo  di  un  semicirculo ,  e  scorrono 
per  sopra  il  ghiaccio  Jacilmente»  Hanno  per  condur  dette  car-> 


1016.  Case  di  Legname  •  Da  questa  relazione  del  viaggiatore^si  ravvisa  die  in* 
tende  di  favellare  dì  quelle  case  che  ai  c< istruiscono  tuUora  nel  Kamschalka,  edw 
i  Kamschadali  appellano  Balagan  o  case  da  estate;  »  Lea  Bala^ans  (dice  ilLiaaeps) 
»  s' elevent  au  dessus  du  sol  sur  plusieurs  poteaux  planlés  a  d'cgnlts  distancea  f  de 
»  douze  a  treize  pieds  .  Catte  agreste  colonnade  soutient  en  i*air  une  pUtte  formef 
^  faite  desoli?eaux  emboli és  Ics  uns  dans  les  autres,et  revetus  de  terre  glaiseuse; 
t  cette  piate  forme  sert  de  plancher  à  tout  Tedi  (ice  qui  consiste  en  un  comble  de  for* 
»  me  conique,  couvert  d'une  surte  de  chaume,  ou  d*erbe  Sechée  étendue  sur  dea  loa« 
»  gues  j^erches,  qui  se  reunissent  aa  sommet,  et  qui  portent  sur  plusieurs  traversef. 
»  Ce  comble  est  a  la  fois  le  premier  et  le  dernier  étage;  il  iotmt  tout  Tappartementf 
»  e  est  adire  unechambre.Un  trou  prati qué* da ns  le  toit  ouvre  un  passage  A  la  fumèe •• 
Ifel  proseguirli  viaggiatore  la  descrizione  9  dice  non  esservi  altra  apertura  che  una 
porta  bassa  e  stretta  .  Serve  di  scala  una  trave  intaccata,  che  da  un  lato  posa  obli- 
quamente sul  suolo,  dair  altro  sulla  soglia  della  porta.  Pnma  gli  abituri  di  questi 
popoli  erano  sotto  terra  ,  gli  appellavano  j-our/e,  ma  t  Russi,  gli  hanno  proibiti  • 
Hanno  poi  le  case  da  inverno  che  apellano  isbog  ys\ra\\ì  alle  case*  dei  Russi  cbe  sono 
composte  di  travi  poste  orizzontalmente  le  une  sulle  altre  accavigliate  negli  angoli, 
e  rìfloppate  nei  fessi  con  borraccina  ,  e  coperte  di  giunco  o  di  sala  (  Les^ep:  Yoy. 
p.  25.  e  seg.  ) .  L'  unione  di  alcune  di  queste  case  formano  una  borgata  che  i  Russi 
appellano  Ostrega  cW  è  d*  ordinario  cinta  di  palizzate  (  Fiill.  Yoy  t  I.  p.  xxxii  }• 

1017.  Travide.  Il  nostro  testo  dice  tregge,  oggidì  si  dicono  volgarmente  Siine» 
La  voce  tragula  mi  sembrerebbe  adattata  all'  indole  della  nostra  favella  ,  persigni« 
lìcare  dette  slitte  mentre  la  voce  ireggim  ,  fu  adoperata  metaforicamente,  perchè  ìm 
treggia  è  il  traino  senza  ruote,  che  usano  i  nostri  villici  per  trasportare  le  raccoife - 
e  altre  cose  nei  paesi  scosceait  impraticabili  a  carri  con  ruote.-  Intorno  a  queste  tra- 
gule vedasi  (ti. p.a  19 not. e ) • 


477 
rette  preparata  nna  sorte  d"  animali  «imili  a  cani ,  e  quasi  che  si 
possono  chiamar  cani  "••,  grandi  come  asini ,  fortissimi ,  e  usali 
a  tirare ,  de'  quali  ne  legano  sotto  al  carro  sei  a  due ,  a  due  ,  e 
il  carrettier  li  governa  ,  e  sopra  detto  carro  non  vi  sta  altro  che 
lui ,  e  il  mercante  con  le  dette  pelli .  E  camminalo  eh'  hanno 
una  giornata ,  mettono  giù  il  carro ,  e  li  cani ,  e  a  questo  modo 
di  giorno  in  giorno  mnundo  carri ,  e  cani ,  così  passano  detto 
deserto  ooaduceado  ftiori  la  mercanzia  di  dette  pelli ,  che  poi  si 
Tendono  in  tutte  le  parti  nostre  . 

I 

■ 

GAP.  XLIV. 

« 

DéUa  regione  detta  delle  tenebre  "'9. 


L  • 


trovano 


Neir  ultime   pane  del   reame  di  questi  Tartari ,   dove  si 
no  le   pelli   sopradeite  v'  è  un'  altra  regione ,  che  s' esten- 


de finb  nell'estreme  parti  di  Settentrione ,  la  quale  è  chiamata 
deir  oscurità ,  perchè  la  ma^ior  parte  de^  mesi  dell'  inverno 
non  v^  apparisce  il  sole  ,  e  1'  aere  è  tenebroso ,  o  al  modo 
che  gli  è,,  a  vanti  che  si  faccia  Tal  ha  del  giorno,  che  si  ve- 
de,  e  non  si  vede  •   Gli  uomini  di  questa  regione  sono  belli 


ioi8*  Si  possono  chiamar  cani  •  Jatorno  a  questi  cani  vedaai  la  nota  superior- 
mente ciUta,  A  quifSto  luogo  notò  il  Rdinusìo.  »  Questi  animali  ,  che  tirano 
^  queste  carrette  sono  Ran^iferi ,  come  dice  il  Reverenfio  Domino  Olano  Got- 
»  tp  nel  suo  libro» .  Ma  ^ui  è  da  avvertire  che  il  dotto  Ramusio  prese  un  abba-  . 
glìo .  Il  Rangifero  é  T  ani  male  detto  dai  Francesi  Renne^  che  serve  anch'  esso  come 
bestia  da  tiro  presso  le  nazioni  polarij  ma  come  avvertimmo  in  molte  parti  di  quelle 
contrade  atta*  cano  alle  tragule  i  cani  . 

1019.  Roé^one  delie  tenebre.  Si  pubblicò  a  Jena  l' anno  caduto  alcun  frammen- 
to gc^ografico  d'Eòa  Batuta^  viaggiatore  Arabo  del  secolo  XIV.  di  cui  si  dà  contezza 
nel  Diario  Francese  appellato  •  Journal  deaSav«ins  »  (  Janvier  i8ao.  p.  17  )>  Ivi  è 
detto, che Eòn  BotiHa s*  imbarrò  sul  Mare  Nero,  giunse  k  Caffa^  si  ncò  a  Crim^  di 
li  paasò  a  Stirai  rapitale  degli  slati  di  Mohammud'Vsbek'Kan .  Fece,  cioè,  parte  del 
primo  viaggio  «lei Poli  vecchi. Si  narra  come  esso  daSarai  prende  una  gufda  per  an« 
dare  n^lle  tene  dei  Bulgari.  Il  desiderio  di  vedere  la  contrada  delU  dagli  Arabi  Pad*' 
se  delie  f^^re  ìq  determina  ad  ingolfai^si  in.ua  deserto^  che  ha  di  lunghezza  qua- 
ranta giornate  .  Ma  rinunziò  al  suo  disegno  stante  la  difficoltà  del  viaggio .  Da.i^ìó  si 
rileva  che  il  Po|<»  e  Eòn  Batata  attinsero  queste  notizie  dai  medesimi  fonti  »  e  che 
la  Regione  de  Uè  Tenebre  é  quella  parte  appunto  deli'  Asia  che  indicammo  nel  pri-i 
no  volume  (  p.  aao.  n.  a  ) 

61 


•'r- 


_  478 
e  grandi ,  ma  molto  pallidi  ^^'^  •  Non  hanno  re ,  uè  princit>e , 
alla  €ui  gìomdizbne  ^po  sotto|)OMÌ .  Ma  vcvooo  senza  cmiiimi , 
e  a  modo  di  bestia  •  Sono  d'iogagno  groseo,  e  còme  siu|ùdi  ^^^ . 
Lì  Taruri  spesse  6ate  vanno  ad  atsakare  detta  regione  rubandoli 
il  bestiame ,  e  li  beni  di  quelli  ;  e  li  vanno  ne'  noieai ,  cb^  Itano^ 
questa  oscurila  per  oca  ^sser  veduìti:  e  perokè  noo  saperiano 
iornare  a  casa  Con  la  preda ,  però  cavalcano  cavalle ,  che  abbiano 
poliedri  '^^ ,  quali  menaao  se<;o  fino  a'coafini ,  e  li  fanno  tenere 
alle  guardie  nell'  entrare  di  detta  regione .  E!  poi ,  che  hanno  ru* 
bato  in  quelle  tenebre ,  e  vogliono  ritornare  alla  regione  della  lu- 
ce, lasciano  le  briglie  alle  C^Vall^,  che  possano  andare  liberamene 
te  in  qualunque  parte  ,  le  vogliono ,  e  le  cavalle  sentendo  l'usta 
de  poliedri ,  se  ne  vengono  al  diritto,^  dove  li  lasciaroMo .  E  a  que« 
sto  modo  ritornano  a  casa . 

Gli  alitatoi'i  di  questa  Regione  dèlie  Tenebre  pigliano  In  sta- 
te, (che  hanno  di  ConMuuo  giorno  '^'^,e  luce)  gran  moltitudine  di 
detti  arniellini,  vari'^^^,  aroolini,  volpi,  0  altri  simili  imi  mali ,  che 
Iranno  le  pelli  molato  più  delicate  e  pnezJose,  e  di  maggior  vaio- 
ire  ^  che  non  sono  quelle  de'TarCart,  qtiali  per  questa  causa  le 
Vaqno  a  .rubaf:e^  Petti,  popoli  conducoiK)  la  state  le.  pelli  a' pae- 
si vicini ,  dpve  si  vendono ,  e  ne  fanno  grandissimo  guadagno . 
E  per  quello,  che  mi/u  deito ,  vengono  di  dette  pelli  tino  nella 
provincia  di  Rossia  j  della  qual  parleremo  mettendo  fine  al  nostra 
libro . 


jQaQ.  JUOàùfHdlUHY. 1 1.  L  e.  V 

loì)^  Cofw  tflM|K'i^' .  Ktalta  è  U  raUstoM  che  ék  dell' indoU  da*  TìskakiM  ^ 
^i  S^me^fedi  e  degli  uliri  popoli  che  abitano  sullo  U  cardilo  polare. 

4  u^%.CniMdh  c&a  «Muoaa p(UadridMà  qaaatq  racconta  bon  v'é  ty Ilo  quel  favoloso 
che  a  prima  vista  apparisce  .  Egli  è  certo  che  lornaodo  ii^ilietro  Ma  propria  dkniTm 
dvpo  aver  falla  intrigata  via  •  'laacii*a«iosi  dirigere  dal  cavallo,  ordiiunamei>lé  per 
q^flQ  maturale  istinto  riprcndie  la  vera  via .  T^le  ioteUigeoza  d*  istinto  è  da  credere 
che  divetiga  moho  più  squisita  per  i'  amore  che  ha  naa  giumenta  pei  sua  puledro  . 

•oaS.  CÌ0  hanao  di  aoatinua  giorno  e  tuoe  •  Qui  è  stalo  ritocco  il  Tetto  • 
Qi^Uoda  noi  pubblicato,  dice,  che  ivi  non  si  vede  né  sole  «  aéiuoa  »  uè  stella.  Moia 
saprei  affaruaure  se  la  corresiooc  fosse  falla  dal  Poloydopo  migliori  e  più  taatte  no- 
Uftié«.o  dal  Ramusio  (  V.  1. 1.  p.  aai  e.  a  )  • 

1024.  Fétri .  Qui  deve  dire  Fid  animala  in  altro  luogo  daacritto  (  I.  L  p.  75» 
a.d). 


in 

cip.   XLV. 


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*  r  •  •  •  ,  , 

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•  ■  ■       .  ,    *  O 

Lq  provincia  4i  Bq*ia  "'"'^  è  giw»dissiflw ,  ^'  divi^  jn  QipljM, 
parti,  e  giarda  vér39  U  p^^rte  di  'X'rarpotitaria/dpve  ^  dka  «*-» 
tóre<piasta.R«gioa?.d«ll^Xei)^brp.  .LjjjppQU  di  auella  sono  Gr^ 
stiani  '^'^ ,  e  osservano  1'  usanza  de'  Greci  nell'  ofìicio  dflUa  Gijti^t 
sa  •  Sono  bellissimi  uomini ,  bianchi  e  grandi ,  e  similmente  le 
loro  femmine  bianche,  e  grandi,  co' capelli  biondi,  e  lunghi,  e 
rendono  tributo  al  re  de'  Tartari  *°^7  ^  delti  di  Ponente  "®*^ ,  col 


1025.  La  provincia  di  Hasiia^  Intorno  «Uà  iUsaìfù^  ai  Russi  vedasi  (  t.  I. 
p.  221.  n.  a  ). 

1026.  Li  popoli  di  quella  sona  Cristiani  (  ibid.  ). 

1027.  E  rendono  tributo  al  re  de' Tartari .  La  prima  tremenda  rotta  che  eb« 
bero  i  flussi  dai  Tartari,  secondo  Michele  Micheovo,  fu  vicino  al  fiume  Caleza 
nel  1212.  Portavano  i  Tartari  la  guerra  contro  i  Polowtzos  ^che  alcuni  credono 
fossero  un  avanzo  dei  Goti ,  ì  quali  abitavano  verso  il  mare  d'  Azof.  I  Tartari  in- 
viarono ambasciatori  al  Granduca  di  Russia  per  invitarlo  a  non  soccorrere  i  loro 
nemici. I  ma  esso  vioJ,aadail  diritto  delle  genti  «  fece,  uccidere  ^li  Ambasciatori ,  e 
unito  un  esercito  4'  avanzò  contro  di  loro  ;  ma  rimase  Interamente  disfatto  (Ram. 
Nav.  t,  !(.  p.  7,3.  h).  Sembra  che^  T  Vrmatfi  Tartara  fosse  comandata  ò  dà  TuscM' 
figlio,  ii  Gfngis'Can^  o  dà  altro  capitano  da  lui  dependenté.  Sigismondo  d'Herbe^ 
st^.in'nicconta^  che  poste n ormante  BathUo  Baiu  Can  )>  re  detti  Tartari';  con  gràn- 
»  de^e^cito  ^s.cito  fuora  nel  se.iténtrione ,  Bulgaria, \^  quale' é  appresso  al  fiume 
p  f^olga  sotto ^Cfizano  occupò.  Dapòi  nell'anno  segìiente,  det  Mondo  secondo  1*  Era 
»  lli^iSai>7^5;j[^poi)4y  il  Oeguignes  cj«ò  accadde  nel  1-255.  t.  IV.  p.  34o  )  seguitata 
»  la  vittoria  fino  in'Moscovia  pQTVfnne^  dove  la  città  regia  (  allora /ifiot^fii  )  per 
»  alcuni  giorni.  9S^S9diata  finalmente  piglia-  Da  poi  senza  osservare  la  data  fb9e 
»  quasi  tutti  i  Moscoyiiì,  f^^Quo  niorti ,  e  più  oltrà  le  provincie  vicine  fVulodimiria^ 
»  Peifìc^la^^.^  lip^tQw^Sùsdaii^  e  molti  castelli  ^  e  città  spoglia  e' saccheggiò  ,  e' 
»  amma^zò^ii.aivvqpo  co9<iviQcodone  pi  jgioni  |gli  abitatori.  E  TI  Granddca  Giorgio  ^  il 
»  qpaiq  frol  ^uo  i^Qixpito  g}i  era  ito  incontro  profTigò  e  uccise:  e'ÉaSilio^  e  iSostantl-' 
Il  no  cTQin.e^o  j(ai.^^o4^s^  ^  ^m^à^-LÒ  .  Le  quali  «osé  ho  detto'di  sopra  nelf  anno 
9  dei  Mondo  6745  sono  st^te  fatte.  Da  quel  tempo  in  qua,  quasi  tutti  i  princij)! 
t  della  JlHSsia  evafic^  fatti  col  favore  e  arbitrio  lei  fi  Ti  rta  ri  alli  quali  ubbidivano ,  e 
t  d^^ò  questQ  sino  9  tenr\po  di  WitoUo  Granduca  di  Lituaa(a\\\  quelle  sue  provtp- 
»  eie  ^  quelle  co4e  ch*^  erano  state  occupate  idai  Tartari  coti  le  proprie  armi  difese 
t  e  ripigliò  .  •  Afa  li  Granduci  di  IVuIoiomirià  e  della  Moscovia  sino  al  moder*^ 
»  no  ]^uca  Busilipt  .sempre  sotto  la  detta  fe^Je  e  ubbidienza  detti  prmripi  detli  Tar- 
li tari  fermi  restarqr^o  (  R.im*  t.  jl.  p.  1^2.  G)*  Questo  Basilio  é  il  quarto  di  fai 
nome  che  incorni i^ciò  a  regnai  e  nel  iS^S.^  * 

J02B.  Di  Ponente ^  Intorno  a  questi  l'artari  veclasi  (  L  I.  p.  224*  n.  )  •' 


48a 

quale  confiDano  nella  parte  di  loro  regione  che  gnarda  il  Levan^ 
te .  In  onesta  provincia  si  trova  abbondanza  grande  di  pelli  '^^ 
d' armellini ,  arcolini,   zibellini^  vai,  volpi,  e  cera  molta  '^^. 


(  come  p*^*>iamo  detto  di  sopra  ) ,  si  prendono  li  girfalcbi ,  falco* 
ni  pellegrini  in  gran  copia  j  che  vengono  portati  in  diverse  re^ 
filoni ,  e  Provincie  *^, 


Itne  del  Testo  Ràmùnàno^ 


\\ 


»  . 


\. . 


*  4 

1029,  Grande  di  pelli ,  L*Herbestain  citato  (  ibid.p.iSg  )  dice  esservi  grati  difle- 
renza  nelle, peUitdt  cui  i  Ausai  facevano  baratto  con  altre  merci.  Di  quelle  di  ZibeU 
lino  dipende  il  pregio  dalla  nerezza,  lunghezza^  e  spessezza  del  pélo .  {^airla  poi 
delle  pelli  d*,  armellino»  di  volpci  di  cui  le  più  pregiate  erano  le  nere  ;  delle*  pelli 
d*  Asprepli ^  dì  linci  «  di  lupi  t  di  castori  di'  cui  guernivano  i  lembi  defili  abiti:  ed 
anche  delle  pelli  di  gatti  domestici  che  per.  essere  caldissime  usavano  per  le  vesU  da 

v«gg>9-  .  ':  ^  •      ;   - 

iq3o.  Cera  molta.  »  Le  merci  le  quali  si  portano  dal  paese  di  MoscoYia io 
»  Germania^  sono  p'^lli  e  cera  I»  (  ibid.  p/ 1 59.  C  ) . 

io3i.  Si^i:ava  argento  in  gran  fuonriM.. Bella  notizia  che  proVa  quanto  and- 
camente  s'  applicassero  i  Russi  a  cavare  i  metalli  cfalle  hliniere  .  ' 

io5a.  Mare  Oceano  .  Bellissima  e  interessantissima  è  questa  notizia  data  dal 
Polo  atr  Europa  •  Siccome  èi  dice  qhe  la  parte  sette ntnunalè  della  Bussia  era  ba- 
gnata da  quello  stessu  Oceano,  ove  come  narrò  dì  sopra  si  prendevano  i  git falchi 
(Lib.  T.  e.  49  )  j  che  é  quella  parte  del  Mare  Gelato  che  corrisponde  ai  mi^rìdiani 
che  passano  per  Giorgia  ,  e  Bargtt ,  ossia  pei  parsi  all' Oriente  del  lago  di  Baikal  ,  e 
alla  Afanciusia ,  perciò  egli  il  primo  diede  la  sicura  notizia  che  l'Oceano  circuiva 
r  Asia  dal  Golfo  'd'  Arcangel  sino  all'  ismo  di  Suez  ^  anzi  avendo  detto  che  il  Zan^ 
gueùar  era,  isola,  dichiarò  che  il  mare  faceva  il  giro  di  tutto  l'Antico  Continente* 

io53.  Per  quanto  più  copioso  d'  articoli  sia  il  manosòrittd  del  Milione  da  noi 
pubblicato  ,  ed  anche  più  il  Parigino  ,  il  Testo  Raniuslano  finisce  colla  descriuone 
della  Russia  9  e  cosi  il  fticcardiiinoi'  e  VE^ììzìone  Vasiirnse.  Oa  ciò  9Ì  ravvisa  che  gli 
articoli  che  qui  mancano»  furono  dal  Polo  soppressi  nel  ritoccare  il  Milione  • 


4^1 

'    AG<iIUNTE  E  CORREZIOirl. 

Stob.  Muioir.  p.  xviii.  Nel  parlare  della  Raccolta  di  Viaggi,  che  ha  per  titolos 
Foyogcs/aits  principaleioent  enJsie  don  lesxiJ.xai,xir.exr.  Siecles:  a  l'Haye 
chez  Jean  Neaulme  l'jìS»  voi.  2.  in  4-°  la  dicemme  del  Bergeron  :  ma  di  esso  sono 
soltanto  0li  Opuscoli  intitolati,  i.**  Traile  de  la  ^t^sfigation  €t  des  DecouverteM* 
a.®  Traile  des  Moeurs  des  Tarlares^  3.®  L'Abregé  de  V  Bisloìre  des  Sarrasins. 
Il  Bergeron  fiori  versola  metà  del  secolo^  phe  precede  quello  della  stampa   di 
detta  raccolta.  La  medesima  è  anonima;  fa  compilata  per  le  oure  di  P«  yan  der  Aa, 
.  che  mori  innanzi  che  vedesse  la  luce  « 
Jb.  p.  LUI.  Il  chìar.  Canonico  Bandini ,  che  nella  mia  gioventii  colle  più  gentil!  ma- 
niere mi  confortò  ad  inlsiiirmi  nell'  ardua  e  perigliosa  carriera  di  scrittore,  nella 
jua  Fila  e  Lettere  di  Amerigo  Vespucci,  Firenze  xy^^  4*°  pubblicò  una  lettera  « 
che  contiene  la  relazione  della  prima  navigazione  dei  Portughesi  a  Calicut  j  che 
capitanò  il  celebre  Vasco  diOama .  L'armata  parti  di  Lisbona  il  19.  Luglio   i49X« 
eà  una  delle  sue  navi  fece  ritorno  dall' Indiali  io.  Luglio  i499*  ^'  reputò  che 
questa  relazione  fosse  dettata  da  Amerigo  (  p*  6.)  »  perchè  a  lui  parve  di  dettatura 
simile  a  quella  delle  relazioni  che  scrisse  Amerigo  dei  suoi  propri  viaggi ,  e  per" 
chè^e  questa ^e  quelle  erano  di  scrittura  conforme  nel  Codice  da  cui  T  estrasse .  Il 
Bamusio.  pubblicò  questa  lettera  come  d'  un'anonimo  gentiluomo  Fiorentino,  ohe 
SI  trovò  in  Lisbona  quando  tornò  la  nave.  Il  Canonico  trasse  questi  documenti 
dal  Codice  Rlccardiauo  da  noi  descritto  (Stor.  Milion.  p.cxxvji.},  e  nell'elenco  del- 
le cose  che  contiene  vi  è  enunciata  ;  questo  è  quel  medesimo  Codice,  da   cui  fu 
tratta  la  lettera  d'Amerigo^  che  noi  pubblicammo  (  Stor.  Milion.  p.Liii.).  Ma  il  ma- 
noscritto non  è  un  autografo  del  Vespucci,  ma  di  mano  di  Piero  Veglienti  ^  come 
avvertimmo,  lo  che  pare  ignorasse  il  Bandini  •  La  relazione  del  Vespucci,  da  noi 
pubblicata,  dà  conto  della  navigazione  di  Alvaro  Cabrai,  cui  dai  Redattori  4clla 
istoria  Generale  dei  Viaggi,  dietro  l'autorità  degli  scrittori  portughesi  si  dà  la  gto- 
ria  dello  scoprimento  del  Brasile  (  Hist.  Gener.  des  Voyag.  1. 1.  p.  53.  ) .  Ma  è  duo- 
po  avvertire,  -che  Amerigo  non  era  di  tale  opinione,  mentre  dice  delle  navi,  del 
Cabrai:  «  che  posano  in  una  terra^  dove  trovarono  g^nte  bianca  e  ignuda,  della 
m%edcsima  terrai  eh'  io  discopersi  per  Re  di  Castella^  salvo  che  è  pia  a  levante 
(Stor.  Milion.  p.  Liv.}.  Dunque  il  Cabrai  fu  il  primo  dei  Portughesi,  ma  nc^n  il 
primo  degli  Europei  che  vi  approdò,  e  non  ne  fu  lo  scopritore.  Fra  le  due  relazio- 
ni delle  navigazioni  del  Cabrai,  quella  data  cioè  da  Amerigo,  e  l'altra  da' Redattori 
■aeotovati^  sonovi  alcune  leggere  discrepanze;  secondo  la  prima  partì  lo  stuolo 
nell^ Aprile  f  {99*  secondo  l'altra  li  9.Marzo  i5oo.  Nella  tempesta,  che  tollerarono 
•otto  vento  del  Capo  di  Buona  Speranza,  secondo  quella,  perirono  5.  navi,  secondo 
r  ultima  4*  i^  ambedue  è  detto  che  lo  stuolo  era  composto  di  tredici  xiaviJj. 

Ibid.  p.   e  J.  Quantunque   posteriormente  alla  stampd  della  Storia    del  Milione , 
sAAtatuo  potuto  avere  sotto  occhio  ottime  Carte  Geografiche  russe  della  Regione 
Caucasia,  del  Caspio,  e  il  Viaggio ,  colla  Carta  relativa^  al  Canato  di  Kliiva  del  sig« 
Murayiew^  ci  siamo  dati  cura  di  arricchire  la  nostra  Carta  dell'Asia  di  .questi 
nuovi   lumi . 

Stor.  Milieu,  p.  cv.  n  defunto  Cav.  Raillon  versatisslmo  negli  siudj  geografici*  fece 
inulti  lavori  intorno  a  Marco  Polo,  che  gia«.ciono  inediti.  A  me  non  fu  (luto ohe 
di    vederne  T  elenco  ch*è  il  seguente  ;  Mandria  su!  Fiaggi  di  Marco   Potq  j  ed 

Mar    Poi.  T.  IL  tìa 


482^ 

tmaiTsi  scrupolosa  dèlia  Caria  del  Salone  dello  Scudo,  che  li  rappreBent^p^  OUe- 
tavole  di  confronto  delle  longitudini  e  latitudini  dei  luoghi  in  détta  Caria  #e« 
gnatiy  col  confronto  di  quelli,  che  ai  medesimi  sono  assegnati  dagli  Asironomi  € 
Geografi  pia  modèrni-^  Dettagli  sulla  città  di  Sajcdn'fu  —  Tì^aduzione  dall*In^ 
glese  di  alcuni  articoli  delle  DtsseHazioni  dei  Dottor  FinCéfà-^Ptryplus  ce.  rc- 
latis^i  alla  CàHa  dei  s^iaggi  predetti  —  Dtscriziònc  della:  éiith'e  coniorni  di 
'Quinsài-^' Copia' perfetta  delia  Carta,  dei  Salóne  delio  Sbado '—Ifote  di^^erM 
sopra  Vedizione  dei  snàggi  di'  Marco  Polo  ». 

Stor.  IVHIion^p.  cltìs:.' Anche  il  Testò' della' Farragina- ]^a&<  sospetttifsi^  che  non  sia  U 
Gopiff^tte  IVfarcarPòlo  di^e  del  suo  Milione  al  Gepoy,  perchè  ivi  ore  si  (wrla  della; 
figlia  di  GBydu>(  p.  ^SS.)  che-si  pose  a  cimento  contanti: combattitori  >  manca  il  no<« 
me  dèli'  ultimo  dei  principi,  che-  lottò-  con  essa ,  e  che  leggesi'nel  nostro,  ove  è 
detto  clifbra  fìg]io>  del  Re  di  Pamar^enel  PbecianodrPtimar  (Marc.  Pòi.' L  p^  al  i.)*^ 

lltAE.PbL«  T:i.  p.i  I.  n..c.  Bucherarne*,  suirargpmento-leggasi  Mtunitori Distettasiooi 
IlaÌicteM;i-p.393.) 

'A.  p.  Si.  Oye  nel  nostro  leggeri  Mètrucci,  nel* Parigino  lèggesi  lUkcrl{  p*<7i*)^  A^ 

'  evidentefàeote  sonò  i  Mècritif  tribiT  tartara  cognitissima  .> 

'Tb.f.  Sii  Ove  leggesi  nel  nosti^  gfaf^a,  il  Parigino  porta  gaze//a(  p%  73^ 

B>.  p.  56«  Presto  Giovanni  in.  Indiay  manca  in  Thdi»ne[  PàriginO'(  p^  Sa^) 
'  ìb.  p.  57..  Slndatui  :  leggesi  nei  Parigino  JTdifu .. 

Ih.  p.  58«   Vna.  città  che  si  chiama  G^oru  rettamente  léggesi  nel  P&rigino  Cimi^ 
,^anor. 
"Ib^p»  71W  Tàrtari  che  sono  chiamati' Uhgrat;  leggesi  nel  Parigino  Mfgrae, 

Hi.  ^t.'jZ»  Di/uori  è\ermiglia  e  bioda  :  alla  nota  entrociàmmo  la  nostra  congettnr»* 
sui:  color  biodo  ..Nel  Pàrigino^-leggesi  Bloies  etjaunes;  talché  il  colore  blò^  o'tttcw 
chino  .y  il  nostro  Tolgariacaiose  traslatò  ^10^0  • 
'  Ib.'  p.  86.  Leroide  Pelame:,  ci  die  gran  traTaglio  T'esplicare  cbe  significasse  delta 
frase  j.  e  chiaramente  se  ne  raddirizta  la  lezione-col  Testo  Parigino  .  Iti  leggasi 
(  p.  i4o.)che  queste  pelli  chiamanoi  Tàrtari  ,.  les  rois  des  pelaines:  cioèJe  reine 
dèlie  peHi,  Ilvòlgariscatore  che  non  comprese  il  sigoificaio-delle  voci  prime,  per* 
'  che  forse  mal  trascritte  dall'  emanuense  del  suo  Codice  ,  le  unì  forse  credendole 
deriyate  dal  Tartaro  ».  Potrebbe  arricchirai  ii  Vocabolario  della  Crnsca  della  Tooe- 
Ptlame^yper  PelUifciaìf  ma  un-  Tocab<*lo  parto  ddl'  ignoranza  del  Yolgariualore^. 
faon  merita  di.essere  sollcivato  aggrado  eminente d' autorità'.. 

Ib.  ^4,8J^^  Tóstaer,  leggasi  nel  Parigino  TVwcoor  -.' 

'  ^*  p^-HgvJc^  vagliono  una  medagliai: di  iòrnesello piccolo:  quì,  éin  ciò  cbe  segos 
è  difficile  il  trarne  senso^.-  ma  più  corretta è^  la  lezione  dèi  Parigino:  «  qni  yaui  un? 
menile^  la  metà)  de  tornesel  petityet  l*autre  est  d*Un  tornesel  ancor  petit  (p.io8  )z 
cioè  si  facevano  cedole  del  valore  d'  un  tornesello-^  ed*un  mezzo  tornesello  • 

Bi.  p.  91.  Che  Omodco  Tassi  traesse  dlil  Milione  il  divisamento  di  stabilir  le  p^ate 

in  Europa,  parmi  che  lo  dichiari  patentemente ,.!' appellazione  di^o^a^   dat» 

alla  mansione  oie  stanno  i  cavalli  dal  nostro  volgarizzatore ,  chei  tuttora  quella 

che  si  usa  per  indicare  tali  stabilimenti . 

'  Ib.  p.98.  Dn  bel  CasCello  che  ha  nome  Càytui  :  nel  Parigino  leggesi  Cayafu . 

Ih.  p.  no.  CAoro^i^:, questa  provincia  pia  rettamente  nel  P&riginòè  appellata   Ca^ 
raian. 

Io-  p.  Il 8.  J^Areyvuré  é/'oro:  questa  lezione  va  oorrettaj /dare /7iir<(£f'oro^ dietro  la 
scorta  del  Parigino  .•  ivi  leggesi^br  d*  or  seulameni  . . 


4B3 

ìbs  f .  :f«o.  7:ì  buoi  gnh/Rc0me  leofanti.  Questo  onimnle  delBengnla,  e  delFArracan 
non  è'il  Bove  Grugnatite  ,^he  abita  regioni  freddissime  ;  ma  avverte  il  Marsden 
(  iHit  ^.)  di^  il  QayaCy  o  Bove  Gauco^  cbe  si  moltiplica  nelle  provincie^he  soiie 
airoriente  del  Bengala,  descritto  ne»'  opera  intitolata  AsiaticRecherch  t,  vin. 
Tir.  p.  iSg.  La  sopra  nobile  città  di  Quinsai,  che  vale  a  dire  in  Francesco  la  città 
del  Cielo  .  Nel  Parigine  leggesi  .  La  tres^nebilissìme  citè  de  Quinsai,  qui  vaUt 
41  dire  en  Fhancoi^  la  Gite  douCieLJkL  questo  confronto,parmi  che  evidentemen- 
te si  dedoca,  che  il  nostro  Testo  è  volgarizz:irAento  del  Francese,  ma  che  anche 
originiilmente  fu  dettato  in  Francese,  altrimenti, perchè  in  ambedue  i  testi  dichia- 
rare, che  si  dà  in  francese  il  significato  della  Toce  Quinsaiì 
Ib.  p.  170.  Bi  Quinsai,  e  di  Far^  e  di  Ser^  e  di  Dan:  secondo  questa  lesione  è  im- 
posntbile  di  riconoscer  i  luoghi  cttati^ma  è  agevole  secondo  la  lezione  delParigino^ 
ove  è  detto, -dbe  concorrevano  nel  Malabar^i  venderai  cavalli;  i  mercatiinti  di  Qmi- 
^if^  cioè  di  Kis  isola  celebre  del^eno  Persico ,  di  Dufar^  USaer,  cioè  di  Sger  ,  ftl 
Adan,  cteè  di  jéden^  tutti  scali  della  Penisola  Arabica^ 
ft.  p.  a«3.  Primo  signore  dei  Tartari  di  Ponente^  secondo  la leriene  dèt  nostro  fa 
lyaiy  ma  nel  Testo  Parigino  leggeei^ain  (p.a74-)  o  Sair,  soprannome  dato  a  Bota  , 
il qwììe  fb  deito  Sair  Can^ehe  signifi&i  il  buon  sìgnore;tìio\o  che  fu^li  dtfto  proba- 
'bilmeitte  per  la  somma  sua  liberalità,  che  non  ammansi  per  altro  la  sua  ferocia 
gulsrriierft  (  Hist  des  Mong.  p.  556.  ).  Qui  il'Polo  cadde  nel  grave  errore  di  far  suc- 
cessore di  Sair,  Patu^  0  BatUj  essendo  come  si  disse  Jue  nomi  d'  un  personaggi» 
medesime . 
Ib.^  atiS.  Dice^^  questo Frai  oonqnìatò  Russia^  e  Chomama^eMania^e  Laccà^  e 
Megia^  e  Xivri ,  e  Scozia^ e  Gazane .  RMldirizzammo  la  leaiose  oongettkirtflmeote 
nella. notale  \e  nostre  iUasioni.sono  confermate  dalla  lesione  del  Parigino (p«a74)*I vi 
i  detto  che i9ain  conquistò  Rosicj  C  ornante^  Alanie^Lac^  nome  che  meglio  di  quella 
di  Lacca  conviene  alla  Polonia yo  Regno  di  Léc ,  che  ne  fu  V  oscur»  fondatore.  Si 
xauHDOnta  poscia  come  conquista  di  Batu  Mengiar^  o  Mangiar  ^  t:he  come  sì  41384  Jà 
l'Ungheria  4  iafaUtt  JfiM^gior  appelbuio  se  stessi  gli  Ungheresi,  ^ic  èil   paeae 
ie'Zici^  cbe  così  si  appellano  i  Circassi.  Nel  Parigino  leggesi  trucia,  e  non  Soosia, 
eioè  il* paese  ài^GuoL,  o  Gazi  popolo  di  ^urca  originei  rammentato  nelle  Sjtorie  Bia- 
àaoUoe>  oche  dopo  le  sue  sventure,  si  rijMri aetle' Regioni  Cl^ucasÀe^eohe  fu 
domato  da. Batu  Gan.Soor  rettissima  è  la  lista>  che  leggesi  pocO'dopo  nel  oostro.dei 
Signori  del  Gaptcbac,  «  dei  Taftari  di  Poneate^  come  gli  appetta^  il  Polo,  •ubenieo- 
Doi«i)»Ui  aono  secondo  la  lesione  del  Parigino,  che  gli  «yiunnera  cqoie  «eg^^  ;  fatu 
Berca  ^  Mungtetemur  ^  Totamongur  ,  Toctai  • 
Maro.  Pól.t.ii.p.5.  BatumoiiMl  j!i5&(Htst.des  Mong.  1^^556)  ^, 

Ib,  I».  ai«.Je^a#foar  questa  capitale  dell' Armei»ia  Minope>  fappella  AVaiAbulfeda; 
(  AnnaU  MttseU)t;}iv..p>  129,).  liei  Diario,  intitolato  NousAclles  jinnaleside*.  Vo^a^ 
gtMyveàiAXkk  dai&igg»  £yriea<ft Malte  Bpuu  (vstlu-  p«  i6i,.)daiidovÌ8Ì.  relmiuàe  del 
Marco  Polo  del  Marsdea>  si  euaucia  l'opinione  ,  ohe  la  città  di  Seb^atto$  dei  Fole 
non  aia  •9/i,ma  beiiaì  CorycusjO  il  nsodiemo  (?o/v:a^ilMtdLda  Tolomeo  ^eA0^l0^Trat«i' 
ta  Goiraaata  ingegno  il  Malte  BrUA  Rargomeuto ^  ,Ma  se  a  Coireo  fiMse  atat» tliPoki, 
non  ai  cotfaprende;  perchè aviandoia  eua  disposiitoiie  le  galere  del  Re  d'AjrfaeDia,  di 
D  non  avrebbelaftta  vela.per  Aori^tpiiiAtostoclie  da  Lfajas^eJa.Gisa«a94)om6.iliBolo 
h  narra.  Né  svMsiste  lacougetturatcbe  ivi  risiedessero  i  Re  d'^A^ioeuia^  per  ildwai 
recati  al  loro  paasa  da  .Bibars^  aneatre  quelte  devastasi^oiav^taiietie.appiiota, 
quando  i  Poli  di  U  prenderono  la  volta  di  Tarlarla^  per  recarsi  al  Gran  Gin.£  l'ar* 


484 

gomeo^o  ie\  e^\chrQ  Geogra£oyche%e  Sebiistos  non^è  CoriVOf  a vrebbe.tl'VeiieCii 
^ata  f|uesl(i  città  sotto  silenzio^,  può  ritorcersi  coatto  ài  e$so,foìohh se  Sebasio^ 
non  fosse  stato  Sis^  avrebbe  il  Folp  taciuto  della. Capitale  deli' Arifteoia,  oouiiaione 
da  accagionare  maggior  sorpresa  • 

Ib^  p..  28.  L'  etTore  in  cui  incorsi  di  .confóndere  le  Porte  Caspie  ,  colle  Parie  Cmì'^ 
.  casicy  lo  corressi  nella' Storia  delle  relazioni  vicendevoli  libb  rvuaap.  r5. 

Ib.  .p.  t%9.  l^a  di  Geluchalat:  osserva  il  Multe  Bruti  (  Lc^p..  17$  )»  che  leTOci  Ce/», 
.GheluyOS3Ì9i  inTuroOfO  in  Tartai'esco  Gheid^o  GAie/^si^ificane  lago;perciò  Ghelw- 
cfUai  è  voce  composta,  che  sigjaiRca  Z^^^odi  C^/o/, città. celebce^che  siede  alle  rìve- 
del  Lago  d'  j^rgis  . 

Ib.  pv  29.  Per  tuttofi*' anno* non apparono* pesci --  Nei  citati  Ajinali  dei  viaggi  (  I.  e  ) 
ai  osserva  che  il  pesce  di  questo  lago  è  una  specie  di  sardina,  e  reUtivamante  af 
.loro  appacLve  e  sparire  colla  Quaresima^  come  U>> afferma  il  Polo  j  lo  confermano» 
colV  autorità  di  Ta¥ernier(  Voyag,  lib.  111.  c^  5.  ):.  «  le  SardÌQe(  eldice  )  risalgono 
«  al  mese  di  IVlarzo-  dal  fóndo  del  lagp  nel  fiume  di  Btndmahij  e  ne  cuoprono  il 
»  letto:  aV  momento qfae  dopo  aver  depostele  Qova>.voglionorÌ8oeDdereal  lago^li 
«  abitanti  fanno  una  chiusa ,.  e  ne-  prendono- in  gran  o»pia  ^ 

Ibp  p.  3o.  Tè/lisi  il  Marchese  Giuseppe  Pucci,  che  visitò  la  città  di  receote,mi  assicarfr- 
che  l»  sua,  popolazione  oggidì  ascende  a  a5ooo^  anime:  tale  incremento  di  gente 
accade  in  terre,  che  da  un  giogo- ferreo^passano  a  reggimento  civile,  e  moderato». 

Ih.  p.  5i.  Caraunas  .  Nei  citati  Annali  (  p^  168..)  si  osserva  che  evvi  fra  i  Rahillah 
discendenti  dai  Patani  o  afgani,  una  trib^  detta  Kerani  .  Che  i  Roìllah  Paloni  , 
^  Afgani^  che  abitano  presso  BadagshanY  sonò  d'una  razza  medesiiàa  de'Beiutchi,^^ 
•abitanti  dei  Mecrany  che  i  Patani  anno  lungamente  regnato  in  Dhely .  Perete 
isi  chiede  se  non  avvienissejtche  q[uesti  K^ranl  inondassero  l' India  innansi  L'età 
del  Polo. 

Ili.p.  5i.  Fanno  venir  tenebre.  Oristessi  dotti  compilatori  degli  Aonaìi  (  p.  i6g.  ). 
:  oonghietturano,chele  tenebre^di  cui  qui  parla  il  Polo^possano  essere  state  oooasio- 
'nate  non  da  nebbia,  me  da  queir  oscuramento  di  loce^  prodotto  dalla  rena  sottile,, 
•  che  sollevano- nei  deserti  della  Persia  i  venti  impetisosi,che  ti  regnano,  e  chepon* 
-gono  i ir  grandisBimO"  pericoli»  r  viaggiatori  •  Msr  quelle  tenebre  poterono  derivare 
anche  da^quei  vapori  secchi ,.  che  in^  paesi  Caldi  ed  aridi  dbnno  dense  caligini  • 
Ih.  p.  64.^  A'^esfOf  nome  Aloadin»  Abnt-feda*  (  Histor.  Mùslem.  t.  iv;  p.  3i  i.  )  pone  ao- 
-eadttte  la  morte  di  Gelal^d-'din  Mòcadem^  ossia  Tribuno  degli  Ismaeliani  dell'  Al 
Oebal^  nel.  1127.  e>  dice  che  a  lui  successe  il  ^i^^ìoAU^'cA^n^  Muhamed ,  eh' è 
quello  rammenteto  dal  Polo. 
lb.p.67.  Chiamata  Fo/ocA.  Secondo  l'AnTille  non  dMÌra  il'nonae  diBbleh  dtiU'altera— 
alone  dell%ntico  sno  nome  di  Bàctrd;  ma  da  l)^/«^,o.Ai/iicj  come  l'appella  il  Polo^. 
-che  significa  in  Persiano  città  principale  (  Geograph.Ancfen  t.ii;*p.  3oa  ) 
Ibi  p.  75.'  Ptoifincia  detta  Bircia:  meglio  nel  no6ti\>  Tèsto  i^d^/(aii,che-è  il- Bèltistan^ 

o  piccolo  Tibet,  i  cui  abitanti  furono  daTolomeo  Biitae  affilati  ^ 
Ih»  p.«8».  Pianura  la  quale  si  chiama  Phmer .  Marita  di  esser  qui  riferito,  ciò  che 
notan>no<attorno  a  queste  pianura  i  Redattori  più  volte  ^tati  degli  Aninali  Geo- 
grafici (  p^  170^'  )•  n  La  descrizione  della*  piannrB*di  Pìuner  (  date  dal  PóHo  )  per  la 
«  ftuài  fisica  struttura  À-conforme  alte  relaaioni  che  ne  ebbero  i  6igg».  Etpkinstooe^ 
\m  eMacdQpald-*Kinner,ealtri.Ciònonostente  quante  dubbieziw  geografiche?  H 
^  9Ìg«Wahl   nella^fna*  dotte  carta  dellaPersia,  segna  la  piahian  dì  Pamela  ocd-* 


485 

v  Henle  Ae\  Mònte'ÉèlurV'e  V^p^ta  il  Sirr  Bahia  !l  fiatili)  rinnmenrtftto  dal  Voìm  • 
#  Secondo  ciò  fLa9ch|^f ,  Pamer,  VocAftam  aafebbero  e^tittameole  itella  direzione 
«  relativa,  assegnata  a  quei  luoghi  dal  Polo  •  Ma  per  gV  itinerari  raccolti  dagl'lu- 
«r  gied ,  la  pianura  di  Faitier  fareli^  parie  del  pendio  me  rìdionale  dei  Monti  Be- 
«  lur,  e  dei' cMtere  àeW  Indo .  Feriale  svpposicione  farebbe duopo  ravvisarcier* 
«  rate  i»  pia  ^iìi^le  dìfc^ilBioni, «  \é  dist^nce  segnate  dfr  Marco  Polo  ..  Questi  iiir 
«  nerarj  non  sono  tuttayolta  concordi  fra  loro».  Seooado  uno  dicessi,. In  pianura 
'  «  alta  efrtdi^y  frar  Yerkend  e  Ladàk,  è  di'tre  giornate  dì  canuoo:  secondo  l'altro 
a  di  dodici  ,  e  questa  ultima  affermasione  qaadra  oollai  Carta  d' Asia  dell'Ànville, 
«  e  può  conciliarsi  con  cìòche  dice  il  I^lo  .  Questa  eoinoidenua  marita  q^alchie 
«  *  attensioiie  •  €i  par  probabile  che  U  Oirta  cMl'  Auvilie-  recupererà  la  sua:  auAp- 
«  rità ,  e  che  si  separerà  Caschgar^  da  Badag^han,  con  una  pianura*  ptili  vasta  in 
«  lunghezza  e  larghezza- dv  quel br  segnata  nella  Carta  dell'ElphinstoBO  «^  coochinh» 
^ofio  saviamente^  che  le  carte  geografiche  attuali  Qon*haQnordati  positivi  quanto  al 
paese  compreso  fra  Gascbgar,  Yerkend^  Vokan  ^  ^■^'"41*'^*'^  Ladak,  Gasehmir^ 
e  Ruftor.  Ma  io^sono  d'opinione  che  il  Polo  e  TAuiville,  no»  debbano  contarsi,  che 
:per  una-  sola  autorità  ,  e  che  il  Geografo  Fraoceae  per  mancmca  di  altri  doti  si* 
curiyéi  giovasse  oieca mente  dell-' autorità  del  Veneti  Tiaggiatore  ^ 

lìx  p^93.  not-igx.  La^odiLopt  alcmio^  le  crede  ilLagpdli'Att-feAa^>uelquale 
sgravansi  i  fiumi  di  Ferken  e  dì  Karachar  ^ 

Tb»  p»  ^^^esàrto>U'^ual  similmente  ti  chiama  Lop.la  uv  Itinerario  riferito  dal  Vi»* 
■delou  (Supplem.  a  l'Herbel.  p.  189.)  questo  deserto  arenoso  è  chiamato  il  Reoajo 
degli  Spiriti .  Ivi  si  narra  che  in  tre  luoghi  si  può  traversare  1.®  a  43«  gradi  di 
lelstudioe  a  Maestro  di  Pekino.  ib^  a  38.  gradi,  ad  Oriente  della  città  di  ChaoMil 
T^rso  il  confine  del  Tibet .  3J?  più  a  meszodl^  a  ponente  del  Ghen-eivove  ha  lermine 
la  gran  muraglia .  Eccetto  che  in  queste  tre  località  è  impossibile  il  valicarlo  «^ 
Anche  per  queste  vie  è  d'uopo  recarsi  seco  acque  e  foraggi.  I  tre  passi  sono  chiusi 
da  altrettante  catene  di  montt,che  dàllaTartaria-dipartendosiySi  perdono  nei  monta 
che  fronteggiano  ad  occidente  la  Gna.  Racchiudono' que' monti  vallate  fertili,  co» 
acque  buone,  che  bastano  a  dissetare  gli  animali  salvatichi,che  scorrono  quei  renat- 

Ih.  p.  io6»  Characoran .  Il  sig.  Quatremere  scrisse  una*  memoria  per  dimosti*are,  che 
Ghnracorum  era  sotto  il  quarantanovesimo  paralello  a  settentrione  dell'Orgon. 

Ib.pw  ia4-  Dieci  un  Tòman*^  Anche  seeondo  il  sig*  Marsden  Tòm/aa  in  Persiano  si-^ 
gnifica  una  battaglia  di  dieci  mila  nomini  .• 

Ib»p.  191.  R  chiamati  Civici  in  lingua  Tartaretcm.  Nel  Parigino  leggesi:i/  srnit 
appellSs^  cunici ,  ^ue  vaut  a  dire  celz  qe  iienent  le  chien  mastin  .  Si  ravvisa  che 
le  parole  ia  lingua  tartaresc»^  nell»  lezione  Ramusiana.  furono*  interpolate .  Kel 
Parigino  ILlcggesi  (  p.38i.):^^  ip*n  voeaniur  eunicij  né  vi  si  leggerlo  tartaro.  Dnn^ 
que  CunicijO  forse  Cànicij  vuol  dire  canttltieri,e  probabilmente*  devi  vada  qualehe 
parola  italiana  in  uso  in  un  qualche  dialetto  della  penisola  a  quei  tempi  • 

Ib  p.  aSa.not.  ^ij.Mangu  Can  :  non  fu  ucciso  all'assedio  di  ffb^tcheu^  ma  mori  di 
tM>ntagio  (  Hist.  des  Mong.  p.  554-^  ) 

Ib.p.  a53«  Hanno  una  vergognosa  consuetudine.  I  Redattori  degli  Annali  de' Viaggi 
(l.c.  p.  E78.)  osservano  che  questo  uso  infame,  esisteva  in  altri  luoghi:  alle  Filip- 
pine >  nel  Brasile,  sulla  Costa  dell' Oro,  (ed  io  trova  che  si  dice,  che  esiiitesse 
alle  Canarie)  e  credono  come  il  Polo  che  avesse  origine  per  una  superstisione^ 
di  quei  Gentili  • 


Ih» p.'a68.  Tro^ineU .di  Gmrd^ndani  pia. oorrelUm^te .nel •  Facciano, ^-nel  Farlr 
gioo  leggesi  Zardanda:  questo  vocabola significa  ia  Persiaaoteomv  U  Toee  Kitèchi 
in  Cinese,  denti  d'oi*o  •  (  Hist*  desiMoag,  p.  5(^Q.  }  .  . , 

Ib:i^.  36g.'not  69^  Mangisi  Marnai  Gin*  .La  nostra  asaervìone,  idhe  fa  nota  iti  Polo 
ìk^Gina  con  questa* denomioasione  ^  jMirini  ooi|ferinaria  la  lezàsne  del  Testo  Parir 
giòo  (  p;  187.  )  ^  /9  «^os  di  ft  ««  Unga/es  de  tci»j^e-.c(istjrMes  «  ^^ouC  a  dire  Mangi 
^ùant  il  dieni  i)in^'  tfe  òtta  le  vani  •       • 

lU  p.  388.  A  maggior  scbiaram^ato  deHain^A  ^^.i^  ci  pièeeirifenr  qnl  per  intero  ciai 
<<he  Pietro  d'  Abano  dice  avere  iidit#  raocoiitare  da  MUroo  Polo«.  Esso  ricorda  cbe 
j^lìulmasar  dice  né' suoi  Diaiogbi,  che  nelle  sterro  Zingorum^  cioi  degli  ZtMgld^  n 
Neri  :  apparet^tella  magna »U^àccus indi  soggiunge,  Bt  nevi  àaminen^  qui  vidii 
ipsam  )  etdixit  mihi.quod-kabel  lumen  modicum  sicuipetia  nubis^  et  est  semper 
xiUstralis  .  iBe  ipsa^  guoqùe.eumaliis^  n$iki  reUulit  Marcus  Fenetus  ,  ofonium 
*quos  unfùam  scitum^  gròis  éuajor  oirculator^  .et  dUigensindagatar^ifui  ean§dem 
sfidit  stellane siU}  Polo  AtUarìAice 4,  et  est' magna i  habet^eaudam  cuìus pinxit  ts^ 
hmfarefigurnmi»  Rrttuiii.etiamiqUQd  ¥idit  folum  Jniaretic^m  a  terra  ele^atum 
quantitate  lanceae  'miliiis^onga  inappàrenliia^et  Jtcti^um  odeultatunsim  iudf  etiam 
noòis  camphoram  j  tiguùm  aioes ,  et  ^er%i  expùriari  nuneiat é  Testatur  Mie  cm^ 
lórtm'  inteitsum  et  kabitatienes  paucasA  haee  fuiden^  i^iditin  fuadoM  insula  ad 
quamper  mare  adivit,  Bicit  etiam  iUic  kamine*  fore^  tt  arietòs^  quòrum  nsastnos 
pàldè  ^' hdbéntes ianas gròssas..àC  duraSj  ut  setae  sunt  porcorum nostrarum.  Et 
quód  adhtAmioca  nonpatet  uisi  par  mare  acoessus.  Fttri  Aban^  CoucéUati 
Jm-énty&jv 

lh^.'òci%'J)ft si  veggono  \le  àtallc^^Jiésono  nel eajwo..  Kei"  Cadice Pnrijgioo  logma 
ÌiesètoiUesd9Uffteis(ìx^fiepou^tiagrant0{jJi,t^.),. 


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1 1 


487 

INDICE 

BELLE  MAT£ilI£  CONTENUTE 
NEI  DCE  VOLUMITIEL  mUONE, 

«  •  • 

N.  B.  La  Fita  del  Foto  è  indiciUa  con  U  di$e  lettere  V.  P.  La  Storia  del  Milione 
i  indicata  con  le  due  lettere  S.Mt  ambedue  adagine  con  numeri  romani .  //  tomo 
.primo  colle  cifre  arabe  mie,  ^Udvoliat^ju  ejpag.  Il  tomo  ^secondo  ^olP  indica^ 
Mone  U  ^J*  e  jtagina 


À, 


BAGìL  CaD  di  Per  ila  at3. 

J^AJfo  (Pietrod'  ]cìò  ch'ei  scriTesM  del 

.  t*olo  t.  II.  486. 

ÀtASCiA  V.mBBacH:  abitata  da  Cristiani  e 

Saracini  •  Gli  abitanti  armigeri  aoi.le- 

.  rocibi  .*  quadrupedi  della  contrada  aoa^ 

AiBACV  (  Mare  di)  il  Afair Caspio: suoi  vari 
nomi  ed  ampiessa  t.  ii^'ay.  abbonda 
.di^seeaS.  . 

Aao  OiDUMMUQ  ambascialorediSchahRock 

.  t.  u.4o7«  sua  descriaione  di  Narsiqga 

X^^^id):  citato  4io4'i^44'« 
Asuii v  i Jl  V.  Hi^BESCa 

AjaiHAM^vi  incantatori^per  Bramani  169» 
ÀBVif^BAGiq  y.  PoeaoKioS.  M.4.xxkv. 
Abvlfbda  tradotto  dal  Pestello  S.  M«lxx». 
1.XXY11.  citato  L  li.  353.  436*.  44^  44^* 

.  447*  44^«  4^  '-•  4^7*  4^^*  4?  '-* 

AsvhaAvzi  BAJAirua  sua  storia  deiTkuxihi 

e  dei  X^rtari  S.  M  xxxxis.^ 
;AcATV  usunpatope^dellaPeMiaQ.  V.P«xT« 
AcHBf  jk:h  ministro  infedele<Ii  Caiblaiimia 

mcorte  U  m.  i  79-  e  »eg. 
AconrA  citoto  1.  u.  348.  384-  389. 
Acai,o  Toi.oiiais>b  4*  ^  espoanatada&H 
,    ladino  t.  li.  4^7.-dag4i  EtfixjS.  M.  xiiiii. 
AsAwo  suo  favolosa  sepoloro  i84-  Pico 
.   «t'A^laipo-:  ponte  d'Adamo,  ibid^ 
AniL  regno  a  conti  ne  dell'  Abissinia  U  i4% 

4o3-  . 

AoBff  enfporio  dei  traffìci  Indiami  come 

jiassasserole  loercidi  U  in  Alessandria: 
.  suo  squallore  attuale  io4-  Città  reità 
.   4a'an.iSoldanQj  occasione  della  sua  de- 

cadenaa  ^  t.  n.  46S,  principati  artìcoli 
'  '^ir  suoi  trafl&ci,' fra  questi  i  cavalli: -di 
,   grmn  prode  al  Soldauo;.  soccorre  Séla- 

di  00467. 
^DB2f ,  V.  AsBif. 
Adenti  p*  aoi.il  R^no  d'Adfll  sir>3*  ao4« 


AtrrnicA*  Rop  ignorarono  ^1i  Arabi',  il 
.  I^olo^  iISfuittto,  cb' era  circondata  dal 
.  mare  S.  M.  xxtih.  né  i  Genovesi  ci^it; 

vantaggi  cbeauesta  notizia  recò  alla 
.  Geogratìa  CLx.  Il  Relatore  Maomettano 

pubblicata  dal  Renaudoi  primo  ne  die* 
.  de  contessa?  io  seppero  ancbe  Abulfe» 

da,FraMauro,Pietro  Alvarez.t.  II.457* 

Fu  nota  la  possibilità  di  «avigarla  tutt* 
.  attomo-S. 111.  Lik  Cause  cbe  ritardarono 
.  ^1i  scoprimenti  africani  1. 11.-457. 
Agbaman  isole  166.  V.  Abgavan. 
A«NBSE(BATisTA)delineò  accuraUimeiite  il 
^  Mondo  NuovoS.  M.iiX^ 
AoBicoLTuaA  Cinese  sua  eooellettca  tn. 

ao6. 
Aovir  A  (  Tristano.)  souopre  Socootèra  tiK 

454. 
A1T0KE  Armeno,  dettò  le  sue  relazioni  in 
,    Francia  S.M.  xi.Scrisse  de'Tartari:Q>- 
.    -dice  Laurenziano:  errore  dell' Andres 

^MUKYHi.  «Sua  ^lescrision  dell'.  Axmenia 

t.  II.  nu 

Alamvt.  Residenaadel  Veglio  della  Mon» 
•  «tagna^  gnaposisione^  natura  della  con- 

.    trada  1. 11.  ti3. 

^Aìii  loro  sede  p.  ai4*  D'ande  originar)* t 
.    ai  servigi 4fs\  MogoUi  U 11.  3 1.9.. 

>«,AMA  U  lU  483» 

ALAomn  veglio  della  Montagna  1. 11»  484* 
AxiBEBQ  Solo:  '  luogo  di  Persia.  iS.  de  tto 

anche  Albero  Secco  ^5. 
ALBS&àifDRfi^-'Come  vi  pervenivano  le  spe-* 

iierie:  relazione  del  Sanuto  !2o4* 
A»B9SÀ?aB0  Macho  io.  ove  combattesse 

con  Dario  27  :  sposa  in.Balcb  la   figlia 

di  Dario  a8.ig..t.  ii.  62.  chi  fossf  detta 
t    s«a  etppsti:  68» 
AtFABaTP  Tangutaoo  1. 11.96, 
AxfcaiBftt  (  Dante  ) .  Come  conoscesse  la 


490 


I 


BkLUtcìnmir  prorineiiiy*  Pòttùtger- 
BEHDBa  Abassi  sorge  per  la  ro? ina  d' Or^ 

mus  t.  li.  53. 
BfeiiGALà  oon  coinpreso>fieH'Iii<lia  daBi»^ 
•  oo  Polo<  8tus  ▼ioendè  t«.iu  2i84-oofMittin 

statoda  Àltunuk  285.siioi  prodotti a86. 
Bìsa<zx:for8e*it  {rìMo*àM»-Gàrcinim>  Man-^ 

Bta&iKB  Gdif  del  GapfcBMc-ftlirttiaec»- 
gliema  at  Pbli  2^  aa4>  fa-  giierra  a  Ula- 
g^  335.  Mioi  desoendeotì*!..!!*  5»  ^•wJb: 
'pìeende^&  V..P.  p«  U.. 

BkaoRBOir  (  Pietro)  :  la  Raccolta«dei  Viaggi 

•    id  Asia  net  secoli  iìih  •  xit.  ec.  stampa^ 

-    ti^l  Neanlme^  noii  è  di  lui  j  aolo  t  di^ 
scorsi  aagioQtif  i  t.  il.  4^7* 

9kair«Ba  Vmggio^al  paeiedei  Gran  Ifogol 
citato  83»  10&. 

BkaTBscA^  che  sia  661. 

Betel  e  ÀjiBacA:vegefabìlt  elio  maslieaiio 
gP  lodiaoi  t  iK;4^4' 

Btàoto  (  Sàoto  )  OTe  martirisaato  ti  li.  a3*. 
gli  scoprimepti  affricaùi  dei  suoi  Por--    Biodo:  detto  d»LÌBQeo  Ettiamus^^^ 
tughesi  0LXX1..  ci  tato  t«.  Ih  339.  365.373^    •BiXftLA.ifiit  lonr  imperio.   Uinaienqpara 

^descrittacjcbi  priiii04{li  ramoieiiiorasse 


tetkgODo'diiqpDéna  del  PoloV.Plxxx.  e  seg» 

Bìuìbosa(  Odonrdo)  suo  Sommario  deiriti- 

die  Orientali.  S.  M.  lxvUi.  cttat  >  t..ii. 

356. 357.  3<ioJ  3&).  378.  387^  390%  40"!  - 

407. 4 1  !•  4'^*  4i^*  4^^-  4^^*  4^4*  4^4- 
433. 4ii.  445. 446. 44'*..  45o.  45e.  45a. 

462.46346^455. 

Barca  Signor  del  GapIdiBC  'i^y.Btrcke^ 

Baecv  o  Baeou  piaoura  di  Tartaria  5a.. 

Bargu  V.  Giorzat:  paese  alle  rive  del  Bai- 
kal.-  inaffiato  <£it  fiuoie  Bargusin  t.  il; 
109'  in  piti  ampia  significato  il  paese 
compreso  fralBaikal,e4l  MfeirGelatoia7^ 

Baroni  Tartari:  loro  onoranae-e  privilegi 
69:  riccamente-  presentati  diil  Gran  Gmi 
78.  i  dodici  Gran  Barom  8i9».loro  uffi^ 
ciò  91  .L  K..r63..  dbtti  Thai  303. 

Babbos  (  Giovanni  )  sua  Asiarri-  parik  dèi-* 
fee  scoperte  dt  0>lòroboSv.Ali.  cxi».e  seg.. 
del  le  scoperte  dei  I^rtugfaesi  ::  giudiaio 
della  su»  operft  intitolata  r  Asia  ydaO^ 
dal  Sassetti  ltsi:  non  vi  traft&<che  de-^ 


374*  385.  386.  390.398.  4<>7-4(^-  4^4- 
436. 436. 443.  448.  45 1 453.453..456. 

4^7.461.. 
Babbow:  suo  samasmo  cont^ntkriianr  :l 

emendata  S-.M'.xciv. citato  B97..t*ii«455.. 
.Babsaìio.(  Beato  )  soo  IMbnastero  t.11. 4i- 
Babtbma  (  Lodovico  )  suoitinerario  S..M. 

Lxviii..  citato  t.  lu  3^1*  39ak.4i>K*4'^* 

433.  434.^45^.. 
Bascia  provincia:  sua»  favella,  forsedialet- 

to  del  TiBeUno:  è  il  Baltistan  o  Picco- 

1ò  Tibet:  sua  idolatrìa  1. 11.  75. 
]^siLio(Plidre)  8uo«]>iaiooario  Cinese  t^ix». 

334.^ 

Basii  A  reame  di  Sumatrac  il  pftese  diPk-^ 
saman  i'69«  t  ti.  394» 

BassobAì  V.  Bàlsara  i4* 

Bastia»:. «si  degli  abitanti  3oi  y.Bascmh 

Bastba<^  V.  ITa/^ara' 

Batabab  stretto  ove  si  pescan  le  perle  160. 

Batu  Gait,  figlio  di  Tuscbi^fondatore  detl' 
Imperio  del.Gaptchac  334.  Un»  S.detto 
SajerCan  1. 11. 483.. 

Baudac  V.  Saldacca 

Batan  Capitano  di  Gnblai  i3ok 

BBAULiBtT;  sua  descriaione  di  Sumatra  ci- 
tata t.  II.  390.  397*. 

Bbbaim  (  Martino  )  suo  celebre  Biappa- 
mondo  S.M.  lxii  ciòobe  dice  dello  sco- 
primento delle  ABoridi  clxix. 

B  BLOB,  Belobo,  o .  Bblue  tao:  catena  di 
monti  dell'  Asia  Media  3a:  detta  Imaus 
d^li  Anticbi  t.  lu  83. 


t^iL.374.*loro*vicendéa75.  V.Sym€s 

"ÈkBkVTo  monei;»^  suo  valóre  3^. 

BIsootto  di  pesce  tuu  471- 

Bissacbebb^  La)  scrive  dello  statoattnale 
del  Tiitikino^  della*  Gooeineina  :  citato- 
L.ii.  363..  365^  387.  370»<373..373. 

BòcGUBA  città  del  laTrttnsossiaoa3.deactt^ 
ta.t.  IL.  8.. 

BbccAssiifO  tele  di  cotone  I;  iu4^& 

BojAXJOB  (Capo)  noto  avanti  gK  seoprimeii-' 
ti  dei  Portaghesi  S.  M.  cbxvu: 

BoLOABt.  capitale  del  Captchac  S.  BL  sxit». 
ove  fosse  ^  descritta  oal  Pallas  t.  u*  f^ 
IT.  e  5.. 

Bo&oABA  o  BbLOAiTAi  moglie  d'Argna^S.  9*. 

BòBCBAMi  3.  V.  Btreke  Con 

-BoBDOKB  suo  Planisfero;  S«MiLXXTii* 

BoBGHc(  Abate  )  celebre  geografo  ;  rtdat— 
tore  della  Carta  del  Mtl ione  S.  M^xcix. 

Bobiat:  tribìi  tartara-:  detta  Burìat  oggi-^ 
di  t.  II.  i43'« 

B0TT6BB  (Federigo)  malappropositocredi»-- 
toin  ventore  della  porcellana  inSassooia: 
sue  vicende  S«  M.  gxlix.  gli. 

BBAWA^nuine  indiano:  suo  culto:  d'origi- 
ne Cascbemtriana  t  11. 77.  cosa  intett- 
dan  per  Brama  gl'Indiani  409.*  suo-cal- 
to:  opinioni  dei  suoi  settari  4^7- 

BBAMiifi  tribù  Indiana  t.  ii.  4^7*  leali  nei 
traffici:  loro  opinioni  religiose:  oonfo* 
si  dal  Polo  co'Banianì  (ibid.):  non  maa^ 
gjan  carne:  nonbevon  liquori  •  I«oro> 


4gi 


rfti:  peT  mscrmenfò  d'un  figlio:  loro  se* 

giio  distintivo  4^8. 
Beandaho  (  Isola  di  San)  favolosa  S.M.lxi. 
Hnco«Aiu>  Blpamini^ oBramani  originaN 
:  ai  del  regnodi  Jar^  Var;jchfè  il  Jagire, 

•  dìReonelr  loro»oacati  oostitmi  e  su«- 
perstisioiM  t»  tu  i8o^e  seg.> 

Beasi  :  cosi  detta  ilsela  Toesesa^  e  posdiè 

•  S.  AL  CWUL.  .    :     •   .  . . 

BsssiL  legno^etto  anche  Tenin»?dlà*ao» 

me  al  Brasile  t^n,  3S5» 
Bbowh  celebre  dtsegqatoad»  giardini  tiii» 

f4i- 
Inrcs  suo  viàggio  iin  ABrssiitiia  citai»  tu. 

4d3«  46ob 

Bavis  fiume,  i  il  Kincha  Kiaog.t  ti.  360. 
.:  ano  ooraot  detto  jnaelaTclie-'Kiang^a 

fiume  Aarurro  2ar. 
fiavais  fiume  1  ro^  V«  JBhaaV 
BtrcunubHB  1. 11. 48ti. 
Becan'('P«di«);4na  selaaìoordi  Gàef  t!..ii«p 

434  441-^ 

Bea  gibbosoidelI'TndieTdef  Bmcala  lao^ 

•    Taogotaiio  deaeri  tto4»  h..  r3 1  .V^arluk 

BvoLio  (  Padre  )  ,  sue  celebri  scritture 
cinesi  S.  M»iianxiK    > 

BwDocDAuiB  Soldano  d'EoiffiDv  saccheg- 
gia r  Armenia  Minore  S.^ detto  Kbars 
t.  lukS;. 

BooiTA  SpiBji]»A(Gipo  di)  detto  antica* 
mente  Capo  di  Diab  S;Af.  xsxiv.  lii^ 

-BvDDA  numelodianoe. adomto  nel Giap> 
TOae  i54«  1861- déMb  Sogomonbar  ;  dai 
uìoesiFoe:  suoi  altriì  nomt  t.<ii.  160; 

~  adorato  nel Peau, o  regno  di  Mien:'nel<* 
la  penisola  .di  Ik  dal  fiange  ::  altri  suoi 
nomi  :ove  ebbe  origine  ilsuocultooSl. 

:  detto  Bndsokdai  6ta||Kmesi  36 1 .  idola^ 
tria  del  Gejlan  :  perchè  il  Polo  chiami 

'  Budda^SogomonbarohaB;:  storia  di  que^ 
sto  mortale  deificato  43'f-  creduta  la 
pia  antica  idoletria  dal  Polo:  vuriet&d' 
(q»iniani  intorno' a  questo  nume  43a- 
onori  resi  da  Cublai  alle  pretese  reli- 

-    quie  di  questo  nome  433. 

BùsiBiSòrtaciicervogiaidegli  Arabi  t.  114IS9- 

•Bussola  na»lica:Jconoseiataai  Cinesi. an- 
che nel  secolo  xv.  t..ii.  357:  non  era  in 
uso  nel  mar  deir  lodieai  tempi  di  Nio- 
eoli  Guiti44i*- 

GàBLAU  V.  CuA/ot 

Casotto  (Sebastiano  )  Piloto  Maggiore  d'^ 
Inghilterra  S.  M^  lxxhi. 

CAaaAL(  Alvaro  ):  non  fu  il  primo  a  sco- 
prire il  Brasile  1. 11  487* 

GACAracìftàdelCatiq9ia4^. .    .    .     . 


CficciB  delGran  Gàu  82;  col  Leopardb^ife««' 
scritte  da  Bemier:;  con  altre  indi^strie' 
83.  acce)lagiooe84i  leggi  di  caccia  87.- 
00? falconi  193». t^ii- 1894  igiu  <97.ti93. 

CÌACBssia  figlia-  del  re  di  Mangi  9..  . 

Gaoiamfv  città  :.  probàbiliiienle  IhHHte- 

beut  ii;a43««. 

Capamosto  C^l'^is^^)  s^M  scopevte-affirica- 
ne  S.  M.  Lii.Lx^vifi*. 

Gadgi  Mbmvt  suo  itìnerano^ailaGna  t^  iw^ 
.  83.    - 

Gael  :  città  mercantile  del  regnò-diGulams- 
-  m  comsovrevaoo  gli  Arabi  433^  perchè* 

dlBcadesse  434*^     - 
Gaffa  emporio  dei  Genovesi  &  M.  x&iv.o^ 

spugnato  dagli  Ottomanni  x&ix. 
Caidv  parente  di  Cublai:  si  ribella  65.68. 

«no  pcinoipatoa^  costumi  dei  suoi  sos^ 

gietti.:-- ammali  della  eontrada  t,ii.  475* 
Gaim  città  iSs*  V.  (7àj^m;t,ii.3o8. 
Caiirav  cflt&:èYaog-*Mingrfi»  t  tu  aSCTi- 

lago  salso  aMondanlr cn  pevlra57»uso 

infame  desìi  abìtenlf  a58^ 
GAmrr GasteTlood.. V.  Thaiginr 
Gàlacia:  capitale  del  paese  d- Egrigaja  r 

semata  col  noaaedi  Calata  nell^  Atlante' 

dell' Anfilie  t.^  11^  1 34^ 

Gaurdabi  Cinesifoon  quanta  cura  redalV 

K:  intreceiati  di  delicamentt  astrologi^ 

ci  t.  II.  ati6. 
Calicut  Regno:  il  suo  signore-détto  Sa- 

muri^  o  Imperadore  1 11.  44i* 
Califfo  sacerdote  suoremo  dei  Maomet-» 

Itoni .-  Ulaiui  uccide  Mostasem  :distrugp- 

gè  il  Gali&to^  il  Califfo  persecutor  dei 

Cristiani  r5.  t^ii.  33r3S 
Calibbkb  y  fossa  detta  Calis  oggidì ,  o  il  Ga» 

naie  d'Alessandria  t.  ti.  4^7. 
CALMUGcai  conservano  molte  della  costiv> 

manaemogollei  t.  ii.  ia4*  lorp  Cattesae* 

Cama9DI,o  Gaisahdit  città- 20* 

Cam  ahoc  città  del  Kerman^forse  SfismaMi 
t.  Il»  49« 

Gamba j A  reame  del  Gosserat:  sue  indu- 
strie e  prodotti:  città  di. tal  nome  de- 
scritta  ig3.  t.  ii.447" 

Gamsalicbksb.  y^'A^cweseo^adoCamboi^ 
licente- 

Camsauj  residensa-del  Gran  Gan..7t«snè' 
palauiof.  atato4ittuale  del  medesimio«7a. 
giardini.  73.città  nuova  detta Tàidw 75.  • 
descritta:  popolacione  87:  ordinamenSi 
civili  :.  vastità  dei  suoi  traffici  88.  è  la 
città  diPèkino:  sua  latitudine  9  e  tstrì 
nomi  t.  lu  i68.  significa  corte  setten^ 


489 


eostelTarioQe  cb«  segna  il  Polo  A'Ptarw 
tioo  t.  lu  389. 
AfiOB  Legno:  ore  cresca:  saoi  usi  t.  ii« 

370.  3^4- 
AiTAf,  oCikTEiTik  AiTAicA«.  Vi  SI  «epprflS« 

SCODO  ìGran  Gan:  rito  crudele  nei  loro 

funerali  ^jAb.  detUQ&teoa  descritta  di» 

Pallas  1  II.  II 5/  117;. 
Alvarbz  (Francesco)  su»  relas  ione  dell' 

^  .Abì«sini»Lju.  4&2. 4>64« 
*—  (  Pietro^  )  U II.  458»  V.  Affrica  . 

AMSA'LETlVfAirGi  io(i.  Goófine  de'  IVfang!. 

ÀK9aA.à]kMida  imH'.  Oceani  £tk>pì$o».K)(f.. 

Come  sì  formi  è  ignoto  aoo.  £'  di  Aver 

generasioni^  la  ejalla  detta  Succi  noe  la 
«gia,Ghe  credasi  gjcnerata  dalla  balenft 

1.11.410.452.454. 
Aksài<iA»/V.  Agnese  Batista.  S,  Mllxt^   ' 

Aacs&too  Vbsfucgi:  sua  lettera  inedita  sik 

^U  scoorìmenti  de'  PbrtaghesiS.  Miiìk 

.erede  r  America,  le tndìe  OrlenlaliLxiiu 

'  s'applica  al  modo  d'ì^sserTare  fe  long'i— 

*  tlMÌni  LXIY.- 

Amiaitto^  detto  dhl  ftitb Salamandra:  ote 

■  si  tiT>TÌ ,  come  si  fili:  Cablai  ne  manda 
tMia  tela  in  dono  al  Papa  4o« 

Amv  regno:  g4l  abitanti  poi^tano>arnilllfr 
at' bracci  1 22.  è  il  paese  di  Bamita  con- 
fine del- Tu  n-nant.  lu  iSo. 

Amtot  (  Padre  )  suoi  grandi  meriti  nellisr 
letteratura  cinese:  protetto  dall'Imp^- 

'  ' ràdore Chien  Loog..c>..Af;  xc citato  t.  ii». 

361.364.377- 

AnoA^irieo  :  cotigettnre  intorno  a  questa 
sostanza  20.  24.  39.  t.ii.47.<6o.. 

AirafeVAir  V..AiiGA«AN.. 

AicDAnrAWi  loro  deformiti;  religione:  sono» 
i  Neri  che  abitano  TArcipelago  di  Nico- 
bar  t..ii.  402.  Perchè  disse  il  P)>lo  urer 
ceffi) canino:  antropofago  4od.. 

Ahdrbs.  V.  AiroMB' AkiuBito». 

Ahoasuh  is6rla  saa  estenstonetsnoi  feroci 
abitanti  166. 1. 11. 4o3-.*  luogo  di  relega- 
zione pei  deiinqaentidelfiengala»(ibid«) 

A^GERo  Giapponese  citato  t.  ii.  368. 410. 

AnoiOLELiiO  sua  vita  d'UssunvCassan  SJL 

XLTIII.. 

AviA,  COSÌ  appellato  il  Tutikinotb  ii..37a« 

AffSA&i  della  Gina  V.  Mailla  .. 

AmroffB  suo  Peri  pio,  variameute-commen» 

tatoS.M.  CLiii. 
AntronA,  o  UdMio  d'  abbendaosa  ,  tn  laao- 

alkGna  96. 
Ausa  Y.  Ltf^a  Ahstaiictt'm 
AHTicBiilorO'Cognizioni  posttire  tango  la 

Gostaaffl*iòana,bagnata  dair£ritreoS.M. 
ciiii.eseg. 


Ahtiiia!  favole  ad"  essar  reTatÌT6  S»  M.  ixr,- 
AvviLLB  citato  1. 11.90.  ioa.  io5.  i  r  i.SgS» 
401  44^*  4^*  472. Valore  del  suo  Albin«- 
te  Cinese  S.  M.lxxxviii.  xcix.  cxii^. 
Aqui.  (  Giacomo  )  Si  MT  xix:  encomia  il 

Pòlo  XX. 

Aqvìlb  addestn^e-  alla  caccia t.  lu  igir 

faroiOso  racconto  4q5.. 
Arasi  perfénionano   ta  Geografia  S.  BC 

*  xxx?i f  fino  dove  estendessero-i  lorcp 
stabilimenti  soli» costa  aifncana:  occa- 
sione del  le- loro  scoperte,  t.  iiv  456.  pe- 

■etraftOfio-aeirAtlanticoe  seppero  l'Af*- 
frica  circondata  dal  mar/e;antidbità  di 
(piesta  scoperta  ^jA\^\o  consultò  le 
loro  carte  e  relazioni  geografiche  46r- 
aJcuni  ictiofagj,edancnei  loi^o animali- 
470.  generosi  dbstrieri  arabi  descritti 

*  Sa:  Giòbbe  4?^^  còltiTatorì  della  loro» 
avella  e  lelùrratiira  S..!^.  lxxxv.  con-r 

-  fixje-délle  lorocoffnÌ2Ìòni  positire  netl'^ 

'  £ritreo.r'isola  di  Madagascbar  clx. 

Abcajlat  montacna  V.  Armtrdw  Jlfamore^ 

Aaas  fiuDàe'(  r'Axìisse }  ore  abbia  foce- 

'  t;  if..3oi     • 

Absor  Secco  in  Pisrsia  t,  u.  43-Detto  an- 
che del  Sole:  luogo  vicino  alle  Strette 
•dlKiiowlir  :  ivi  si  intei'secarooo  le  vie- 
dei  Polo  all'  andata  e  ritorno  dal  C^ 
tajo  t.  u.  19:  se  ne  precisa  il  sito  6c. 

Arcivbscovaik)'  Camsaiicbvsb  :  cataloga» 
^i  sudi  Arcivescovi  S.  M..xxxvui.  Lii». 
i35. 

Aacon  •  V.  jéi^fm . 

iUtoA^iM  provincia:  era  parte  del  Tan-- 
san  I  i4^Vociam.  sua  capitale:  gli  ab^ 
tanti  cuoprivansi  i  denti  di  lame  d'orpr. 
uso  strano  ibidi  religione  :  i  ncantatórr  r 
loro  riti'  Il 5;,  —    . 

Arook  popoli ,  chi  fissero  t  ii.  t3&  * 

Aboun  Sigiior  di  Porsia:  chiede  moeli^K 
al  Gran  Gan  8*.  vince  Barach  a  1-1.  V.ft 
xsv..  sue  guerre  con  Ahmed  ai4.sii» 
morte  9..9ia..at7. 

AaiBUGA  fratello  di  GuUai:  si  ribella  t  i- 
domato  t«  n.  i55.. 

Arigiì  sorte  d'  astori  t  li.  19* 

Aembiiia  Magoiobb  suoi  confini  t  ik  r^. 
paese  freddissimo  aS.  Ararat,  detto  iL 
Monto  dell'' ArCa-dèscriUo:  r6:  descri- 
Rione  dell'Arinenia  di  Miaiè  di  Ghore- 
ne,  di  Aitone  ai». 

*—  IIAhorb:  suoi  prodotti.-  reame  d archi 

'  ibiuiato  t  II.  ai.snai  aanfiai  ;  SU  sua 
capitale  aa- 

Artigii  brib  sconosciuto  n^aCinaai 
{li  dèi  Pole^'i'34..t  11%  taa..3ia«. 


489 


Xftiii"»i  eHA  ^Arin«iim^  mio  aitoii 

t.  II.  x(» 

ABziROBi,oEASBmvH  Olita  ddrAf iiienia  i  ti 
perchè  coni  dettai  deacritta  t  M.  34* 

Aazizi,  o  ÀBOfJca  città  dell'Armenia  i  u 
•no  silo  t*  H»  aS* 

Aacuia^  (  Fra  )  spedita  ai  Tartari  S.  ÌL 
x«t4  scrife  la  retaaionedel  sko  itiag« 
^io  Fra  SioMMieda  iSaa  Qmotino-:  ill»> 
strata  dal  Eamiuio,  e  dal  PcHTster  (ibid.) 

h»LUMÈMVCR  hiogo  ignoto  L  !«•  a38k 

—  MAiioi:congetttti*e  «atorno  a  q«eale 

-voci  t.ii.  14^ 
AsiM  di  Persia  loro  Ironia  evalore  4.ii.43« 
Anno  Sait Anco  detto  Qnagror  sua  de-> 

scrizione  19.  4^«  somigtianie  ài  malo, 
.  dettoUolan  ji^sYi^a  nel  deserto  d'Etp 

zina  L  ic.  4^  loS. 
AtfAaA^  Sarai  sull'Actuha;  desoritta^*  dt» 

•tratta  da  Tamerlano  U  ii.  6 
AssAssim^  o  MàLABBomn  36u  distrutti  da 

IJlii^a«  £slesi  Boche  in  Siria:  fondatore 

4ÌeUa  setta  U  11.  6%.  loró.di verse  appeU 

laatont^  perchè  ilPologP  chiama  Mul^ 
;  betici:  loro  giardino,  detto  paradiso  63. 
AssBif  A«H4  sua  Biblioteca  Orienlale  citata 

t  11.46& 
AsraACAH  città  distratta  da  Tamerlano 

•S.  M.  i&fx. 
AsTaoLAsio  era  in  uso  alla  Gina  t.  ii«  ai5. 
Asraocoooi-dt  Qainsai  14^  di  Cu  Mai  1 11. 

•  .143.  di  Cambalu  ai 5.  Indiani  ^iS,  t.  u 

175. 

Arj.A9TK.Gne8e  della  MagHabechiana;saa 

•  MaatrasioneS.  M.  C1X»  e  seg<  lo  credè 
il  Rlaproth  delP  età  dei  Geugiscanidi  • 
A|>piir  tenne  al  viaggatore  Cari  etti  cix. 
pili  antico  di  qaello  del  Martini,  e  dell' 
Aoville^  dichiarato  brevemente  dal 
Carletti:  costruito  s«Ue  misure  itine- 
rarie ex.  confrontato,  con  quello  dell' 
Anville  e  del  Martini: somiglianza  del  - 
le  sue  carte  con  quelle  dell'  nllimos  da 
opera  simile  tcasseil  Martini  il  suo  A- 
tiante  exit  :  sna  vera  data  &  M  cxxk 

Ava  regno  t,  lu  ^79.  V.  Sjrnies 

•  Aaoai»!  (  isole)  scoperte  probabilmente 

dai  Genovesi  ;  loro  vicende  S.  M.  qiaix. 
£raiio  conosciate  innanzi  la  metà  del 
secolo  decimoquarto  clxx.  ci.xxi, 
AzzuiLRio  del  paese  di  Teudiict«iu  i3& 
V.  Lapis  JmzuIì  « 

BABBILONIA  d'Egitto»il  Cairo  6.tu.35o. 
Baòcb  br  à  V.  B'tccara . 
Bacbsi;  così  detti  dagli  Arabi  i  sacerdoti 
del  culto  di  LamaU  \u  i4S 


BAìtbOV  (Civ  )  sn/>i  lavori  rdla^lvi  aMa^co 

•  Polo  t.  II.  p«^4^'' 

Bm,ac  \.  Batch 

BALA-OAif,case  dei  Gameiadali^descritte  t.ii* 
476. 

Bàt.^6CAH  ,  o  BAVXxiAit  provinciaT^  suoi 
confitH  Un.  7U  iregi  diella  contrada  di^ 
oevatasi  Zalcarnei,  come  desce  adenti 
da  Alessandro  t.<.  !i^i  eostami  e  lingua 
della  contrada  So.  Città  di  tal  nome  ' 


scritta  t.  K»  7K  rubini  «  era  parte  del 

-    Regno  Persico  Battrìano  72.*  cave  d'az» 

curro,  o  di  laaislasauli:  cavalli  73imon- 

ii  altissimi  74. 

Bala8ci>  rubini  39.  rammentati  dal  Tei* 

fiisciteU  II.73*. 
Balch  città  di  Persia^  rovinata  dai  Tarla* 
ri  37.  Alessandro  vi  sposala  figlia'^ 
Dario:  confine  di  Persia  p^  a^«  l'antica 
Baotra:  descritta  t.  ik  6H.  484. 
Bauihx  sua  natura  :dannegaia.  le  navi't.iK 
358t  modo  di  pescarla  nel  Mare  Etiopi- 
co* 45i.^ 
BaIiBìicga  residenza  dèi  Galitii;  Mia  mer* 
catara;  espugnata  da  Ulagu  :  detta  og* 
gidì  BHgd^i;  chi  la  edificasse:  suoi  a(^ 
grandimenti  e  vicende:  anche  oggidì 
emporio  di  trafico  t  u^  33.  ortì^  e  imi* 
postare  iVi  34» 
Balaacb  V.  Baldaccm 
BALaoTiHo  IL  Imperadordi  Costantinopé* 

li;  sue  vicendi;  t.  it.  5« 
BALSABA,BAS8oaA,o Bassa, ci ttìi  sullo  Scha* 

tul  Arab;  descritta  1. 11.  34* 
Balducci   PaooLOTTf  (  Francesco):  suo 
itinerario  dalla  Tanaal  GatajoS.  M.xLh 
dichiarato  xlii.  citato  t  ik  83«  35o* 
Bambaoia  aCaslicar  t.  ii.84.a  Yerà.en87« 

a- Koten  88%  aPeym  89% 
Bahbbiaokia  ao5.  ^l'j^Un.  i5. V.^iBo^^c* 

Ionia  . 
Bamsvsa  pianta  arttndinea  descritta  Sg^ 
serre  per  farne  corde  1 35.  lebambuse^ 
grossissiroe  nel  Tche-Kiang  t  lu  344'> 
Bamv  V.  Amu 

Ba(s»im(  Cniioaico):  pubUioò  come  d'A*- 
nierigo  una  lettera  non  di  luit.  ii*  4^>* 
Bahoaia  prov inciac  favella  i¥i  tao. 
Baniaxi  V,  Bramini 

BASAcaz  Signore  del  paese  di  Zagatai  a% 
sue  guerre  con  Argua:  altre  vicende 
t.  u.  8.  V-  P.  11% 
BAEACas  V*  Barach 
Barbaro  (  Giosafa  )  soa  legazione  in  Per* 

sia  S.  NL  xfttx» 
— ^  (Marco)  suoi  alberi  Genealogici  del* 
le  famiglie  Viniziane  e  notizie  che  con* 


4ob 


Ceógono'di'qiiéna  del  PoloV.Plxxx.  e  seg» 
Baì(bosa(  Odòardo)  suo  Sommario  dell'In- 
die Orientali.  S.  M.lxvui.  citati  t..ii. 
.    356. 357.  3fio:  365. 378.  387^  390. 4ai  ^ 

4o7.4»'-4'5. 4'^*  4^^*4^^-4^4'  434* 
433. 4ii.  44^5. 446-  44-*-  45o.  4*^-  45a-. 
462.463.464.465. 

Barca  Signor  del  GapIdiBC  ^^V.Bèrcke^ 

Baecv  o  B^rgu  pianura  di  Tartaria  5a.. 

Barou  V.  Giorzm:  paese  alle  rive  dèi  Bai* 
kal.-  inaifiatadal  fiume  Bargucin  t.  ik 
109-  in  pili  ampia  si^^ficato  il  paese 
impreso  fralBaikal^eil  Mbr  Gelato  1*37^ 

Bahoiti  Tartari: loro  onoranee>epi*ivilegi 
69:  riccamente  presentati  dlil  Gran  Gìmi 
70.  i  dodici  Gran  Bacom  80»  loro  uffir 
ciò  9 1 .  t  N.  r6ci.  dbtti  Thai  202. 

Barros  (  Giovanni  )  sua  Asiarvi-  partii  dèl- 
ie scoperte  di  Colómbo  SL  AL  czi-e  ae^.. 
dellesooperte  deiPòrtughestt-giudisio 
dèlia  su»  oper»  intitolata  T  Asia^,  dalh- 
dal  Sassetti  lxsi:  non  ti  trattiiche  de-» 
gli  scoprimenti  affricati i  del  suoi  Por» 
tughes  I  otxxi ..  ci  tato  t. .  1  u  339 .  365.373L 
374.  385.  386.  390. 398.  407.412.  4^4. 
436. 436. 443.  448.  45 1 .452.453..456. 

457.461.. 
Barrow:  suo  sacoasmo  oonCtarTùdiacir  £ 

emendato  S.M'.xgiy.cì  tatto  B97..t*ii455«. 
.BARSAifa(  Beato  )  svo  Monastero  L.ii.  4^- 
Bartkma  (  Lodovico  )  suoitinerario  S..M. 

Lxviii..  citato  t.  tu  39.1.  39a^4^'*4^^* 

4a3.'434«4^- 
Biscia  provincia:  suaTavella,  foraedialet- 

te  dèi  TiBeUno:  è  il  Baltistan  o  Picco- 
lo Tibet:  sua  idolatrìa  t.  ii*  75.. 
]^siLio(Plidre)  sooiDisìoiBario  Cinese  t^ii». 

324*. 

Basm A  reame  di  Snmatrac  il  paese  dLPii«» 
saman  (69»  t  ii.  394» 

Bassora^Y.  Bàlsara  i4- 

BASTtA2»:.vst  degli  abttanli  3o«  V^Basciué 

Bastra<^  V.  Falsar» 

Batadae  strettoorest  pescan  le  perle  160. 

Batu  Gav,  figlio  diTuschìyfondatore  detl' 
Imperio  del.Gaptchaca24ft.-H.  5«  detto 
Sajer  Gan  t.  ii.  4B3. 

Baudac  V.  Baldacca 

Batah  Capitano  di  Gublai  ido^ 

Bbaituiu  :  sua  descriaione  di  Sumatra  ci* 
tata  t.  II.  3901  397Ì. 

BBaAiM  (Martino)  suo  celebre  Mappa- 
mondo S.M.  LxiL  Cloche  dic6  dello  sco- 
prirne nto  delle  Acoridi  cutx. 

B  BLOR ,  Bbloro,  o  .  BsLVE  TAO:  catena  di 
monti  dell'  Asia  Media  3a;  detta  Imaus 
d^Ii  Antichi  t.  lu  82» 


BlELUtcìiTvrAv  proriocià  V*  Pòttinger- 
Bbvdbr  Arassi  sorge  per  la  rovina  d' Ore- 
mus t.  li.  53. 
BiBHGALà  noncompresO'DeH'IodiadaBfap- 
•  co  Poloc  sue  vicende  t..iu  284*  oooqui-^ 
stato4Ìa  Altumah  285.SQOÌ  prodotti  286. 
BìsRSL-forse-it  friitto>€leile-G«reiiM  Hm* 

BiB&BKB  Gait  del  GapCehw:^  fa  Urtai  aeco- 
glienta  ai  Pbli  2k  224*  fa*  guerra  a  Ula- 
gja  225.  8«oi  de8oendenti»t..ii*  5*  7*  tue- 
^ieende6w  V.  P.  p.  ir. 

BkRGJ-ROir  (  Pietro)  :  laRaccolta>dei  Viaggi 

•  id  ^ia  net  teoolixiit.xiT.  ec  stampa^ 
tardai  Neaolme^  non  è  di  lui,  sob  i  di«^ 
scorsi  aggi  notivi  t  ib  4^7* 

BkEirsBa  Vmggio^  pneietM  Gran  BbfoL 
citato  83*  io8«. 

BkaTB8aA.che8Ì«  66*.. 

Bbtbl  e  ABBacA:vegefabifi  cllft  mmliraii» 

-    gì' Indiani  LiK. 4^4' 

Bt  AOto  (  Sirolo  )  ove  martirinato  t.  ti.  23*. 

Biono:  detto  d» Linneo  Bèuomtuj^* 

BiKMAiiar  lom  imperio.*  Umoienipiini 
(iescrittacxhi  prillinogli  rammeqiorasse 
i1.11» 274.*  loro«vicen&  275.  V.  Symas- 

BtoAaTo  moneto:,  suo  valoife  37. 

BlsooTVo  di  pesce  tuu  ^t- 

Bu8AcaBRB<  La)  scrive  dello  statoattnale- 
del  Tiiiikino^  della*  Goceineina:  dtat»- 
t.. li.  263.265.  287.  370^372.. 373. 

Bocci  R A  citlà  del  la  Transossianaa.  dwci t*- 
ta.t.  IL  8.^ 

BocoASsiKo  tela*  di  cotóne  t.  it»4^ 

BoiAiJOR  (Gapo)  notti  avanti  gK  seoprioieii— 
ti  dei  PortQff hcsi  S.  M.  clxvi.: 

BoLOARi.  capitale  del  Gaptchac  Sé  M.  xxit». 
ove  fosse:,  dèsciùtta  oal  Pallas  U  ii«  pw. 
IT.  e  5.. 

B0L6ARA  o  BbusAKii moglie  d'Argaa^S.^*. 

BoRCHAMi  2.  V.  Bèreke  Con 

'BoRDOKB  suo  Planisfero:  SìMìlxjltii* 

BoEGHf  (  Abate  )  celebre  geografo  -;  mdat — 
tore  della  Carta  del  Mtiione  S.  fltLxcix. 

BeaiAT.*  tribii  tartara-:  detta  Buriat  oggt-^ 
dì  t.  il.  143; 

BOttobr  (Federigo)  malappropositocredci-^ 
toioventore  della  porcellanainSaaaonias 
sue  vicende  S.  M.  cxlix.  gli. 

BaAiiA.nume  indiano:  suo  culto:  d'origi- 
ne Gascfaeniiriana  1 11. 77.  cosa  inteii- 
dan  per  Brama  sr  Indiani  409.-  suo  cul- 
to: opinioni  dei  suoi  settari  427. 

BaAiuiii  tribù  Indiana  1. 11.  4^7-  leali  nei 
traffici:  loro  opinioni  religiose:  oonfo^ 
si  dal  Poloco'fianiani  (ibia.):  non  man*» 
gjan  carne:  noabevoa  liquori  •.  Lora- 


49^ 


rftì  pe(  msermenfò  d'un  figUo:  loro  ie*- 

gna  distintivo  4^8. 

Bai.if  DAVO  (  Isola  di  San  )  favolosa  S.M.ucu 

BnooMAvi^  Bramini^  o  Braawni  originaN 

'.  ai  del  regoodl  Jaryo  Var;jchfè  il  Jagìre, 

•'  idi  Eeonel<:  loro»  onesti  costamt  e  su- 

|ierst  isiom  t*  lu  i8o^e  seg*. 
BaAsi  :  cosi  detta  llsola  Te«n»a^  e  pecche 

&iasiL  I^Kno^detto  ancbe  Torsin^rdlè^ao» 

me  al  Brasile  t..ii^  385» 
BÀowa  celebre  dtj^patoadi  gìardiiìr  tii^ 

f4i* 
Mkitcb  suo  viaggiò  -ììd  ABrssìiaia  citato^  t.ii. 

4Sa.4^ 
Bavis  fiame,  è  il  Kineba  Riang^t.  ii.  aGb. 
'i  euo  corset  dello  DooeiaTclie-Kiangf  ah 

fiame  Asrnrro  aar. 
fiatniM  ffume  i  ro^  V.  Bhisis* 

BtfctfasjEiiB  t.  II.  48a« 
B«caR'('Padf«)rsiia  aelaaioordi  Gàef  t..!!- 

434  44'-^ 

Bob  gjbbes^MlTndie^derBlBiijnla  ì^o^ 

•  TaogvCaiiO  descrittoJt  ir..  r3 1  .V^àriuk 
BveLio  (  Padre  )  ,  sue  celebri  scritture 

cinesi  S.  M^urxiu    • 

BvvDocDAias  Soldano  d'EgitfiOv  saccheg- 
gia V  Annenia  Minore  &»> detto  Bibars 
'  t.  luiS;- 

BoovA  Spbkai»a  (  Gipo  d()  detto  antica* 
inente  Capo  di  Diab  SìM*  xxxit.  liu 

BirDDA  niunelfidianecLadoipalo  nelGìap-- 
pone  i54«  i8&dMto  Sogomonbar  .*  dai 
Cinesi  Foe:  sooialtriì  nomi  t.'ii.  160; 
adorato  nel  Pegaso  r^no  di  M ien  t-nel^ 
la  penisola  AlU^  dal  &nge ^  altri  suoi 
nomi  :  ove  ebbe  origine  il  suocttltaafti. 
detto  Bttdsadai  Gtapiionesi  36 1  •>  idola^ 
trìa  del  Gsjlan  :  perchè  il  Polo  chiami 
Bttdda,Sogpmonbaffchan;i  stori»  di  qne^ 
alo  mortale  deificato  43*1.  creduta  la 
pi&  antica  idolatrìa  daL  Po  lo:  varietà  d' 

.  opinioni  intornio' a  questo  nume  43a.. 
onori  resi  da  Gublai  alle  pretese  veli^ 
^ie  di  questo  nome  433. 

Busib  sòrta  ai  cervogia; degli  Arabi  t«  ii4/^- 

•  Bussola  naiiÉica:sconasaiataai  Cinesl.an- 

che  nel  secolo  xv.  t..ii.  357.*  non  era  in 
uso  nel  mar  dell' Indie  ai  tempi  di  Nio- 
.  00I&  Gonti44i^ 

GABLAU  V.  Cablai 

GABOTTo(SebBstiano  )  Piloto  Maggiore  d' 
Inghilterra. S<  M;  lxxiii. 

GiAaaAL(  Alvaro  }:  non  fu  il  primo- a  sco- 
prire il  Brasile  t.  II  487. 

Gl4CAimiCÌttiidel€ataJ9  ia4^. . 


Ckccib  d'eVGnin  Gàn  81;  col  Xeopardb^dè-^ 
scritte  da  Bemter:.  con  altre  indi^strie* 
83.  nocejlagioQe84N  leggi  di  caccia  87.- 
•  ci^' falconi  igSt^t^iu  1894  19X  197. 293. 

Gacbssib  fìiglia' del  redi  Mangi  9^ 

GaaiAUnT  città  :.  probàbìl:aaenle  fiofr-tp- 
beut  ir«a43<«. 

GAPAMorro  C  Aùise)  sue  scopevtraffirica- 
ne  S.  M.  Lii.  LXvVin*. 

Gadoi  Mbubt  suo  itÙMTamo^UaGna  1 11^ 

•  t>3» 

Cabl  :  città  mercantile  del  regnò-diGulams- 

-  vi  comxyarevaoo  gli  Arabi  433(i  perchir 

d)Bcadesse434*^ 
Cappa  en^iorio  dei  Genovesi  &  M.  xiiv-e-^ 

-  spugnato  dagli  Ottomanni  xaix« 
Caidu  parente  di  Gublai:  si  ribella  65.68. 

suo  pcinuipatos^  costumi  dei  suoi  sor ^ 

gatti*  ^aoimaii  della  contrada  tii.  473* 
Gaim  città  i33*  V.  C^àjrm.t»ii.3o8. 
Gaivnv  cftt&:  è  Yan§«*Mingrlf»  t  ii«  aSCPi* 

lago  salso  aBbon&ifterdi  perir 257^uso 

infame  decli  abìtanlf  258^^  « 

GAmnr  Gastello  08^  V.  Thaiginr 
Calacia:  capitate  del  paese  d- Egrinja  r 

segnata  coi  noasediGalaianell^  Atlanta 

dell' Anfilk  t.11..  i34^ 
Gala  IATI  ^  Vr.  Kalhat  -e  Cmlafki'^ 
GAbBHDABi  Clnesi;>con  quanta  cura  redaìIV 

fi  :  inVreceiati  &  dalicamenti  astrologi*^ 

ci  1. 11.  ai6. 
Galiott  Regno:  il  suo  signore  détto  Sa-- 

muri^  o  Imperadore  t.  ii.  ^u 
Galipfo  sacerdote  supremo  dei  Maomet^ 

Itali.*  I^la^  uccide  Mostasem:distrugp-- 

gii  Gali&to:^ il  GalifTo  persecutor  dei 
istiaoi  rS.  t.*  ii.  33.35- 

Calisbhb  j  fossB'detta  Galis  oggidì  9  o  il  Ca^ 
naie  d'Alessandria  1. 11. 457. 

Gauivccbi  conservano  molte  delltf  costui 
mansemogoUe^t.  11. 124*  lorp  iattesaa* 
patì.- 

Gamahpi^o  GAiiAirDir  cittSk'  20. 

Gam  Aiwv  città  dei  Kerman^forae  HbmaMi- 
1 11.49*  .    , 

Gamba j A  reame  del  GosBcrat:  sue  indu- 
strie e  prodotti:  città  di. tal  nomade- 
scritta  193.  t.  11.  447*' 

Gambalicbvsb.  yéj^rcwe3COvado€amba>* 
license- 

Cambalu  residensadel  Gran Gan ^71  «sue 
palasio^  statoattuale  del  medesimo>72. 
fijardini.  73.città  nuova  detta  Taidn^S. 
descritta:  popolacione  87:  ordinamenti 
civili  :.  vastità  dei  suoi  traffici  88.  è  la 
città  di  Pèkino;  sua  latitudine ,  e  tari 
nomi  t*ii.  i68.  significa  corte  sattsa^ 


4o^ 


l 


'^rionale:  la  ribbbric&  Gubtal  :  e  l' ap* 
»ell&  Xa«»ta  19.  Il  palagio  ifmperiale 
trucio*  nuovo  palaùo:siiaifinyÌ6c«ii^9. 
descritU»  170*  173.  suoi  giardini  171». 
Ila  dodici  porte  .*  regolamenti  di  buon 
gorerooi  75.  la  òittàsi  ribella  ;  è  doma-; 
ta  177.  straboccbevole  popolasioaeaf- 
•  fluensa  delle  indicbe  merci ,  e  d'ogiù 

altra  contrada  198. 
Qkiiifeon0A  o  Caéboia^  paese  detta  Tchin<-^ 
la  dai  Cinesi  t.  lu  376.  383.  V.  jLoc&oe. 
Gak  còsa  signiliobi  t.ii.  117. 
Cavale  iMEBaiALS  fatto  «sostraire.  da  Cu- 
bia! ;  descritto  1 28.  1 35.  t.  ».  3 1 7*    .  > 
Casah  reame  d^IGnserat:  è  quello  di  Ta- 
na :  t.  u.  44^*  ricco  d' incenao  e  di  ca- 
▼airt447.V.  TViAA. 
Cah ARA  (  paèfie  di  )  ba  propria  faveUah*  i 
•ulJa  Costa  detta  Piratica:  «orsali  della 
contrada  100. 
Cahaaib  tordi  note  ai  Greci  e  ai  Bomanix 
'   le  appellarono  Isole  Fortunate  S.  M. 
CLiii.,  quante  ne  nmmerassePlimociiv: 
riscoperte  dai-  Gecioresi  culvi*  baaoo 
Itomi  italiani  CLXvii* 
Caitpoba  albero:  detcriito:  come  ae  ne  ri- 
tragga la  sostansa  odarosa:  prospera 
nel  rokieo:  la  Fanfurense  preaiosiasi* 
ma  i48u  i64-t.  11.389. 
Caugiov  il  Tunkino  :  suo  aolice  nome 
t.  11.  a86.  sua  storia,-  capitale  del  paese 
387.  fav'ella  :  spesierie  :  cave  d'oro  288^ 
Caiigiv  città:  Fu-tcheu  capitale  del  Fo- 

kien  t.  !!•  35o. 

Catii  mostruosi  nel  Tibeti07:  posta  co'ca-* 

ni  219.  t.  II.  255.  animosissimi  nel  Se« 

tclitteu292.gli  attaccano  al  le  slitte  477* 

•Casotai  silo  elogio  del  Veapucci  S.!tfxxii. 

confutato  Lxiv. 
X^AMTABO  peso  di  varie  sorti  1. 11.  3i5. 
CABitiB  porto  celebre:  lo  rammenta  il  Po- 
lo col  nome  di  Cantan>  o  Caiton  secon- 
do il  Parigino  147. 
-CaBAGOBVii .  Europei  che  vi  trovò  Rubra- 
quis  S«  M.  xxv:è  incerto  se  il  Polo  vi  si 
recasse  cYiii. prima  resìdenxa  dei  Geti^ 
giscanidi  43*  5a«  sua  posiuone,  e  de- 
scriiione  :  etimologia  dei  nome  t.u.  1 06. 
tua  posisiose  secondo  il  Qnatremaiiv 
t.u.  485.  . 

Cabaoia  I  f  oc  ivi  serpenti  smisurati:  come 
ai  uccidano .-  gì  i  abitanti  assassinano  gli 
ospiti  1 14*  V.  CaTA/aii. 
Cabajan  è  parie  del  Yun-iian  ;  favella  iVt 
'  1 11.261. vi  sì  mangia  la  carne  cruda  263. 
CàftAMBaA  129.  V.  Caramoran» 
<]iAaAaioaAV  il   fiume   detto   dai   Cinesi 


H  )ang«ho^  o  fiume  gidldriiie  «orgeuti 
e  orso:  00  11  Uno  de'iVCin;^i  I29«t.  ik243« 

.-numero dei  anoi  navilj  3ùa^ 
C*BA.uif  \6:.nuisciadieri  del  Kjsrraen  e  loro- 
origine  t.  Il,  So.  elimologW del  nome.* 

-  fiugodar  loro  capai -sanatoria  Si.  pre- 
tese arti  mi^fcbe  di  essi  Sauootig^tture 

'  intorni  ad  essi  U  ii«  4Af  • 
Gabbon  fossilb:  usato  allaCina9S.sueca- 

•   ve  t.  II.  ai3é 

Cargam  23.  V.  F£rkemd 

CAaDAirt>Air^oiZAat»Aiu>A;  forale  U  I«e^b«| 
L  4t.  268.  uso  singolare:  vi  si  venera  il 

.  t:apD  di  casal  atosa  acritlura  e  senxu 
medici  270.  significato  della  voce  4^35. 

.'  y.jirtUmia. 

Gariova  vaays.  PalaaifaroA  SunMtca  t»iu 
4oo. 

Cablbtti  (  Fraofiefca)  suo  Atlante  Gneat 
Oggi  Magliahechiano  S.  ML  Brxxvii:  ano 

*  piaggio  citato*  4*  11. 370.  371.  374*  385^ 
386. 398.4oa4f  3. 4 1  &420.42&  43444& 

CABTAtnàodo  di  fabbrioirliiàllaCiaa  secou^ 
do  il  .KiiempAiero^  e  il  Thundebecg  89. 
t.  11.  199*  *  '  •  .       ,-> 

Cabab^ic  lo  stesso  che  Caravan  t«it.ad4- 
paese  ignoto  agli  Europei:  auoi  serpett- 
ti  moatruoai  «65. 

Cascab>o  Gasboab  paese  e  città:  giUreame.- 
aua  favella  .*  gli  abitanti  gran  mercatanti: 
aonovi  Nestori  ni  1. 11. 92»  con  sede  epi- 

.  scopale  83«  deacrìsione  del  paese  e  del- 
la città  84*  Bua  vera  latitudine  S«  M.  ci. 

Casciab  32.  V«  Cascar. 

Casib»  città  e  reame  di  Persia:  dettaCas- 
vin  oggidì.-  già  fioridà,  óra  squallida 
1. 11  42. 

Casitan,  nome  flelle  guardie  di  Cublai: 
origine  della  vóoe  t^  si.  181. 

CAsrio  (  iVlare  )  esattamente  delineato  nel 
Portolano  Mediceo.  Navigato  dai  Geno- 
vesi S.  NL  GIVI.  V.  jiòbacu. 

Castbovi  di  Barberta^  o  a  coda  grossa  nel 
iLermeo  t.  lu  5o. 

Cata  jo  S.  M.  LX.  Lxtii.  I.XUIII.  La  parte  set- 
tentrionale della  Cina  i.xxvùt.  lxxxiv. 
Dubbi  intorno  alla  contrada^  sebiariti 
dal  Mollerò  ,  e  dal  Goes  :  percbè  così 
detto  369.  suo  governò  e  tribunali  164. 

Catay  53.  sue  provincie  q6.  V.  Catofo* 
Cavalli  Tabtabi  valenti  e  sobri  5o.  gli 
mozzan  la  coda  a  Carajaitf  1 13.  cari  naif 
India  21 5.  a  Esciar  gii  cibano  di  PfB<:aF 
usavano  cosi  Itebe  gli  Ictiofagi  ai  Gà- 
ramania  206.  loro  nutrimento  nair  là- 
dia  172.  Turcomanl  eccellenti  t.  iK  23. 
cosi  i  Persiani  43.  «di  Baiasi  7!.'-  cari 


493 


in  India 4<^-  *  Adèii  46^7*  eccellàisa  e 

Senerosità  de'cavalli  arabi  4?  >•  «ono  di 
uè  rasz0  ia  Arabia;  tgeaarosi  cariai 

simi  4?^* 

Civaa  sua  ntercaftura  167. 

CAtàssSìf^nor  di  Persia  217» 

CitnGVi  i35.  è  Ghiia**tchetttiil Canale  low 
periate  L  lu  3 1 7. 

Cattut  Castello  U  tu  4Si^ 

CàTSSJLBiA;  l'antica  Cesarea  diCappadbeia: 
oggi  Kaissar  :■  dtorttta  U  tu  a3» 

C1TLA.F  isola  celebre  descritta  daRybeiro^ 
da  Roberto  Knox:.  dal  Filacele  &AiLciii: 
soa  grandesxa  160.  t^  ii*4o4- ^^  redi 
Cotta  imperava  saU'  isola  4^  religio» 
net  prodotti  4o5.aionte,detlo>Pioo  cTA-* 
damor^deacrilto  428^riaohiciioa  di  Bud« 
da r  storia  di  essoi  43  >• 

GuÀCLàFV  loo»  \^Cacianfu. 

Chaiou:  Signore-.deUaGran  TorcKarsue 
guerre  contro  CubUi  aio.  surTiceode-* 

.  d  I K^  ff licrre  contro  Abaga,  e  Argun  a  i  tié. 
ribelle  a  Cablai  t.  lu.  1 55-  V«>  Caidu  •» . 
207.  V.  Calaiali. 
lEJLWT reame  9g^,\^Cambaiac* 

Caospictoa capitale  del  Tangpt4r  »53i  lar 
città  di  Can-tcbeu  sol  fiume  Etsiha  :. 
aftasiofie  delle- «attivancf  e*  delle  amba- 

.   sciate  L  ii^fom-le  donno  ji  rioe?ono  1» 

-    dote  roa*. 

CBAiiUL::citt&.e  promicia  3&oostomanaBar 

.    in  ▼ereoondarva«amentervìetatacbi  Ma  n- 

.  gM  39.  tuttofar  io  mo  nei  Cabnlistan 

t.11.  ioi:jè  il  paese  di HamitaUK  propri 

.    r^gi:  descriaione-deila  città  t.  1U99» 

CnAKo-ni  Imperadov  di  grand'àniau>, pro- 
tettore dei  Gesuiti  &  M,  lxxxic  fa  re«> 

'  digere  le  carte  ceogr*ficbe  della  Gina 
fixxxviii^raccoglie  ìm.  storie  dell'  impe^ 
rio  axxxi&i 

CaAaAHsaA  p^ioo*  V.  Càrmmoraft, 
Ciacsàv  :  il  paese  di  Yerkend^o  Yerkuod. 
. città  di  tu  nome  descritta:.!  natii  d»>- 

formati  da  goxxi^  e  percbi^t.  11.87.  • 
Caivoiau  provincia.-  gli  abitanti  s»  di«» 

pingono  iihK>rpo  a  ammali  lai.  V.Can^ 

Cb%tgi.agui  i3k  V.  Coiganau:^ 

CaAYGVi  i3).V.(7a//ifia 

Ca  A T  !c  1 3  a.  Y.  Caim,-* 

CaEivA.li  golfo.'  quello  di  Hai-nan:  suae*-- 

stensioue  1 11.  372.  e  373.  V.  P;  t-. 
CuKSHFU  V.Jref«/tfm^* 
CacMia^^  o  Cavìijs  bevanda^spiritosa  dei 

,Xactnri.*.mododLfarb  49t<tii'ii«t  i^t- 


•  V«  Chemià . 

CaBstMua  il  paese  di  CaschmirSo-descrit- 
to  da'Bernier,  e  da  Forster:  Sennagor 
sua  capitale/ detto  Penjab:  lo  descrive 
Gfiglielmolones:  sua  favella  e  idolatrìa: 
Cttscemìriane  maliarde  t«ii.  77.  Lineai* 
BMBti  de'  Cascemiriaol:  il'  paese  già  re- 
gno 7a      ^ 

GaasMAOoaA  1^3.  V.  (7Aetfiiibrtcor4ii« 

CvasMACoaAir:  il  Miecran  3  £.ìdge  soa  capi-» 

•  :  tale  t.  II.  44^  termine  deirindia  Mà^ 
giove  449. 

Chi  ACAVO  9. 1. 11*^  rgrcbi  &%%^  %if, 

CmiauaV.  Layas  • 

CKtBaHkovG  lotperadordeilaCinaS.IMLlc; 

CMBaiiaH  Regno  :  sue  vicende  :■  eccellenti 
fabbricbe  di  armi  e  di  ricami:  suoi  con-- 
fini  ik  a»  47-  descrisione  delia  contn^da 
48.  K^nneo  capitale^  del.  reametfuaadti* 
chità  e  vioende  58^ 

CauiorrALAs  provincia  1 39:.  varietà  d'  opt-> 
idoni  intorno  a  questa  cofitradà  :  Còrse 
il^paesev^naia.  Tcba-nor  nella  carta* 
deir^villet»!».  tot.. 

CaiasAtfBArjair  capitano  di  Cublai:distrugge 
i  Song.:.deUa>ny.iivdai  Cinedi  t^i«  3o4^ 
eseg* 

GsaisTiB  V.  Fbttinfm^ 

Csift?  o  Siis  isola  e  città  del  seno^Pfersicov. 
ku»  34:empori<»giàdei  traffici  indiani; 
sóoi  regnanti:  presente-  squallore-  di. 
detto  luogo*  44^' 

CaoiEU  reame  i^7.«iaonoCriatiant  eGiur^ 

CaoMAcci  189»  V.  CuBuu%,^ 
CsoMAaiA  contrada  1. 11.  483; 

Cnu5-cniHterritorio4elSe-tchaentLt  ^ì^éjfi'- 

Cauli  cvM  «- V..  Cìum-Chiik .. 

C1A01.Ì  ia3..V.  Clangli. 

CiAGatr  laS.  V.  Cianca. 

OMuì^  rMime:siioi  prodotti  :  cooquis^to* 

da  Cablai^ 1 56.  V.  Zlampa* 
Ga^à^Avoa  &  esatto  significato  dèi  nome 

dalodal  Pblo:  bandita  di Cublai:-  ram^ 

OMO  tate  nelle  stotue-  cinesi  t.  il.  139» 
CiAaoHt  città  137.0  Kia-hing  all'ingresse 

del  .Xcbe»K.iang  1. 11. 3a  i .. 
CiiàiiGaiAaru   i36.èTcben-SLiangrfu  sjtl 

Tche-Kiang:  vi  erano  due  dùesenesto- 

rine  t..ii«  3i8& 
CiiHGLi  citta  mercantiletè  ¥*tcbeu4..ii.a96< 
CiAaoLU  sue  saline  laS.  forse  Afi>a»4obiH 

t.  ti.  29  >. 
Ci AaciAfl  provinciale  città:paese  dette  dai 

Ci  nesi£heu^ben  :  Ser  t«m  dall'  A»viUe 


m 


Cto&o  TAtTAEico  come  diTtftoicncio  -cifMtf  tt 

Ci^Hi  ckA  138.  forse Taii(*-liìent.  "•sgQ* 

Ciir  (  Mare  di)  maiie  de' Mangilo  dellsCi- 

:    hb,  isole  di  détto  isare  t.u.  369.  Sto. 

Ciiu  detta  Chin  Midia  Tchio  dagli  Arabi 

.    i3. a  iemfo  deiMogolii  tì  erano  seoBO- 

.aci«te  le  artifflierìe  i34**  ivi  varie  ma- 

tiiene  di  gentilesimo  6a.  officio  deli'aln 

.    l>ondania  96.  paese  ricohissiaio^i  seta 

.    t.iNi99«saa  immensa  popcSaz]one,diver- 

samente  còmpatata  ao5*  feracità  della 

eontrada:60casRinede1  la  medesima  206. 

•desertata  sovente  dalle  cavallette  s io. 

.   ^e.  maestre  piantate  d'aUberi:  maestra- 

.    to  tche  vi  s<^rintende  aii..  religioni 

.   ^Uaoontradaaiyjprimitivaylapatriar- 

)  ^e:  singolare  «naiogia  ar&4ril>nnale 

.    dei  riti  aio:  ila  Gina  <ltvisa.^ià  m  due 

imperi  :  il  settentrionale  detto  Gatajo  .- 

.'  oonq;Uiotato  da'Kitani^  oCataìni^  indi 

•  dai  Kin  3q  i^Boxivi  composifeione  degli 
•eserciti  3-36.  Ivi  si  usa  una  sola  favella 
variata  in  dialetti  355..'4noi  vari.nonih 

•  •  perchè  deUa  Gina  369.  conosciuta  sotto 

questo  nome  dà  Majvoo  PjoIo  t  ii.  Ij/iS. 

CinssifO  Gatai»:  non  indentarono  le  arti- 
jlierie»  oè  scopersero  laiS^ussalaS.  M. 

.'   ixxvi:  loro  carte  .geograficbe  i.zxv«f. 

^  axxviii.  il  Bolo  gli  conobbe  anche  Con 
mesto  nome  i5S.  navi  i49-:Come  navi- 
ghino: conoscono  i  venti,  «nozioni  i5& 

-  trafficavano  in  India  1^190  seppellì* 
vano  e  ardevano  i  mòrti  im^looo  capo 
d'anno  186.  lóro  calendano,  riformato 
da  Goblai:1t  bianco  colore  di  lieto  au- 

r  ^  gnrio:  187.  sotto  i  Miog  di  scorruccio 
189.  addolcironoleeostumanae  de'Taìw 
tari  ai4*  affabili  e  manierosi  2ao..reve^ 
rensa  pe' parenti  aa6.'eiclo.cinei6  a  16. 

(  '  ^inocatori  iàào»  dicono  barbari  tutti  gli 
stranieri.  aa3.  montf^^  ;i5&  rispetto  11* 

f    iiale  34 iw  navigarono  al  Geyian>  nel  Se- 

-  vo  l^rsico  357.:  se  feiavigassero  fino  al 
.    Madagascar  358.  addetti  sempre  alle 

inedesimecondiaionÌ9oamedistinte3a9* 

perchè  decadessero  le  loro  navigazioni 
.'  4^7.  navigavano  a  Delj  sulla  costa  ma^* 
'    iabarica.*  usavano  ancore  di  legno  44^ 

loro  articoli  di  trafficocol  MalMbar448. 

a  Aden  recavano  la  porcellana  46&  na^ 
>    vi(^vano  a  Ttor  in  Arabia  47^*  V.  Lia- 

§ua  cinese  • 
'Ci^4aliI«otv  i3&  V.  Tiniutgui» 
CiKMkixwv  i36»\,Ciangktan/u. 
CisoHis  primo  signor  de'Tartari:sne  iton- 


•  quistè  44«  vióce  il  PrsteGiaBBi'46  aaoi 

saocessori  47^ 
GiNou  primogenito  di  Cublai  t.  n.  16^ 
GiKGUi  città  ignota  t.  ti.  309.   • 
CiOLOMAvaALA  iiomenidiaiio  delGoronuiH 

del:  significa  costiera  dot  miglio  t*  iu4i7, 
GioàciiL  contrada:  prima  sede  dei  Tailari 

43.  V.  (riorgia. 
CiTiiiGui  o  SunginèSui^tciibett^cittàdel 

'Se*tohtté«  inriva  del  Kinca-^Kiang  dflK 

scritta  t.  11.  a^a*  modo  di  cacciarvi  le 
.  -fiere  293» 
Cs&vioio  (  Gonsalo)  sna  Aoria  di  Tamer- 

lanoS»M.x£Vk 
GoBiiijH  crltÀ  di  Feriiia  a4*è  Kabets  di 
-  £bn*Aukal  ^  X:hdi»is  di  Pottingor;  sua 
.'  presente  oondidene  t.  it.  59. 
Gocci9ci9à  debellata  da  Sotn  ti  tu  87^ 
Cocos  NffcjFMtiJL  V,  Noce  Jt India* 
GoMFÙ  '1  a6.  V«  Tudinfu  • 
GoGATiK  sposa  d'Argon  t.  u.  17. 
Cofrnio  citta  di  Turoomania:c^i  Konie: 

descritta  t.  ji.  a3, 
CoiGAif  zu  :  Hoi-rngàn-ftt  città  del  Kian^ 

«an:  suo  celebre  serriffilio:  vi  si  £sbbn« 
'  JOà.  sale^  luogo  di  traìroo  r3i*  t.  ti.  3oo. 
;    3o7« 
GoMM BO  (Cristofaao)confi>rtato  a  recarsi 

all' India!  per  ponente  dal  ToscaaelU 

S.  M.  Lix.  lavato  da  ingiusta  imputavio- 
f  tie  Lxt.  credè  l'AiÉerica  Tlndie  Orien* 
.    taliiservigi  che  rende  alla  nauticaLXiv. 

encomiato  lxiii.  wv»  cresce  £ima  al 


&XV1II. 

CoMAUJiloro  contrade:  perchè  co^'appeU 
•    lati  3a4« 

CoMoaiao  (  Gano  )  sua  latitudine  t»  u.  439. 
Cotati  città  del  Capo  descritta:  fimomo- 

no  singolare  44^ 

GoMTB  (Padre  le)  nuova  relazione  della  Ci- 
na: citata  L  11.  Ia9«  33Ó.334*  339«  34ob 

GoMCi  Aeame  V.  Foquitni , 

GoHMrs:  risola  di  Polo  Condor:  luogo  di 
riconoscimento  i58«  t  ji.  38i.  descrit» 
ta38a.  .      :  . 

Cu]fooa.%LiirR  :  il  fiume  di  Badaghsan  :  lo 
costeggio  il  Polo  t.  su  79. 

GonGUiCATi  la  città  di  Yo-gui  iSa.- 

GoNosALMi  castellò  del.BLeràaen  ai.  ai^nt- 
ficato  del  nome  1. 11.  Sa,    . 

GoasALMi  V.  Conosalmì  • 

GoxrAaiiro (Ambrogio ) suoi  viaggi 5.   M. 

GonTi  (  Niccolà b  Relazion  dei  suoi  viaggi: 

'  lo  Zìi  ria  resti  tnisce  T  autorità  a- questo 

viaggiatóre.:  ottima  codice  Maglinbe* 


495 


•é  ittx.  xcn.  citato  356.  SyS.  390,  4d3, 

407.413.4ii. 
CoifTì  (  Putrisìo  )  S.  M.Lii. 
Go?ixi^ii  Gbovgi  fondatore  delPImyerioSi- 

birìco^iy. 
CoBDB  di  canna  in  nsoalki  Ckia  4.  «1»  3 16, 
CoRigenerasiopedi  concbi^Ue  dette  por- 

cellane:spendon8Ìper  xnoDeta  1. 11.  384- 
jCoaMos  V;  òrmus-* 
CoRvÈLiz(  Ammirafflio):  saa  descrisione 

•diella  pesca  dellabalena  1. 11.451. 
ComaBiTTi  affricane.-  ritardano  gli  scuopri- 
,    menti  meridionali  dell'Affrica  197. 
Corsala  (  Andrea  )  suoi  viaggi  S.  M-lviii. 

sua  inesatteasa  t.  11.  449* 
CossEia  porto  del  SenoArabicoiTÌ  sban- 
cavano le  merci  indiane,  t.  iu  466. 
CoTAM9.o.^ten.ipirov.incia  33«  e  citt^.-  de» 

scritta .  Sue  f  iade<e  muschio  1. 11.  88. 
Gm>9B  sue^ariefà  nel  Goaerat  1. 11.  446- 
Cco'oiciBaEÀfi^oaaos'descritto  192. 
CoTATis-cìttiV.  Capo  Comorino» 
CouLAM  reame:  vi  sono  Cristiani  e  Giudei 

/    t;4i.  436. freqnetYtatodai  Cinesi:  abbon- 
da di  pepe,e  d'i  odaco  437. 
Covigli  AK,  e  Pi  VI  A  spediti  dai  Portugb^si 
-    ad  esplorare  lexose  .io dianei  ed  abissini- 
che  5.  M.  LUI. 

.Cbbma  V.  Kermeti.  ' 

.CBBMESsofi,il  paese  di  Guermesyr.-Marsden 
emondato'L  11. 4o. 

Gbbmosv  contrada  2I. 

.CaisTiAHi  di  S.  Tommaso  neirindic:  loro 
istoria  1. 11.  436. 

CftOKB  (  la)  confutato  e  corretto  1 79. 

CuBSBB  •' albero  e  droga  descritti:  «cresoe 
io  Giava  157.  t.  .11.  373. 

CvBLAi  Cab:  ad  esso  si  xecano  i  Poli  47*sue 
4!accie  39.    suoi  fatti  63.  combatte  Na- 

.  jam  S6.  sua  giustizia  69.  sue  fatterzc  : 
sue  mógli:  loro  corte: concubine ;1igli: 
^risedeva  a  Cambalu  71.  sue  guardie  ie 

.  JKinchetti  :  76.  festa  del  di  di  sua  nascita 
7&  caccia  Sa.  magnifico  padiglione  85. 
raunifìcenae  87.  94?  96.  conquista  ìi  re- 
f  no  di  Mien  117.il  paese  de'iNfangi  139. 
guerre  contro  Chaidu  aio.  infelice  sum 
apedisionecontro  il  Giappone  i5i.  con- 
quista il  reame  di  Ziampa  i56.  t.  ii.  9. 
3uando  incominciasse  a  regnare.  Nqme 
ato  dai  Cinesi  alla  suadi.nastla  1 16.  ^uo 
gran  potere  117.  suoi  meriti  in  legisla- 
cionéiehi  leUei*Htura  1 53.  vastità  del  suo 
imperio  i54.come  governasse  le  cose  di 
guerra  x36.i 58.  160.  i63.  i64-«difìca 
Taidtt  173.  181.  sua  corte  solenne  i83. 


iSS.festàdt  capod'airnoidS.  189.  i^S.a  re 
^proibisce  i  giuochi  aao.  sue  conquiste . 
173. 3o5.  sueapediaioni  contro  ilGiap^ 
.pone:  TAmyot  ne  dMa stòria  364. cond- 
irò Giava  infelice  377.alCeylan:invari 
regni  delllndie  388.  fa  cercare  alcune 
pretese  reliquie  dii  Budda  433.  suo  ri- 
tra4to  V.  P.  111.  Bue  impref e  ibid.  vi.    , 

CURCUMA  LoN&d  pianta  del  Foquiende» 
scritta  t.  il.  347. 

CuGK I  o  Cingui  :  ivi  termina  il  Polo  là  re- 
Iasione  del  suo  viaggio  aCaràzan  12/L 

CuMABi  antica  loro  sedeia.  t«  11.  29.  Y. 
Comani  • 

GiTHABiipunta  estrema  del  Decan:  vi  si 
Boocge la  stella  che  s^gna la  tramontana 
i8f|.  cosi  detto  il  regno  o  provincia  di 
Travancpre  44o«  ^*  Capo  Comorino  « 

CuR  fiume:  r antico  Cyrus  t.  11.  3o. 

Curdi  :  loro  costumanze  t.  li.  32. 

.GuRDisTABpr^Bbiimenteii  Cusistan  •  t.u. 

4^ 

DAFAR  V.  Z>M//iir . 
DAI1BYMP1.B  V.  t^me^'. 
Damagab  paese  della  Persia:  detto  temo« 
caim  dalPolóS.M.xcviu.  Turoocam  18. 

Tonocan  a5. 
Dampurre:sÌ]OÌ  yiaggicitati  t.ii.  357«  37  N 

Darziz  V.  ^rziz/. 

Dati>ou  qiuàndo  si  raccolgano  t*  11.  57. 

DfiGVi6i»ES  sua  storiandogli  Unni:  suo  pl»- 

.  giato  taciuto  S.  M' l'XXxix.  .pregi  dell'o- 
pera xc.  citata  t.  II.  377.  465-  479- 

—  GiVBiORESuoDizionarioGÌ4ieseÌ.ii  234* 

P£ly  reame:  quello  di  Calicut:aU>inaggìo 
ivi  in  uso  t«  II.  44'*  44^* 

Dbrbebd  (  stretteci  )^ari  nomi  delle  me- 
desime :  da  chi  fortificate  :  città  di  tal 
nome  descritta  t.  11.28.  29. 

Dbscrto  delKermen:sua ampiezza  e  natu- 
ra 23.  24*  del.Corassan  27.  35.  d'Eziua 
42.  1. 11.59.  ^7*  ^^4*  ^'  Yezd.59.di  dar- 
cian  9 1-,  di  Lop:  descritto  :  detto  Chamo 
dai  Cinesi:  Cobi  da  Tartari  92.  .illusioni 
del  Polo  giustìHcate  93. 1. 11.  i85. 

Dbtadasi ballerine  Indiane  176. 1. 11. 4^0. 

Diamanti^  ove.  e  come  si  scavino  177.. 

Diaspri^  e  calcedoni  di  Cìarciaii:al^ui\cen- 
no  intorno  ad  essi  34* 

.Dea  Ile  diCaitnj98.cittàdi  tal  nome  detta 
anche  Cai-cui,  a  quale  corrisponda:saga- 
ce  congettura  del.Mar^dfen  1. 11  240* 
q uesto, re  insidiato dalprete  Gianni  24i* 

Doa4A  (  Teodisip)  naviga  V  Atlantico  per 
giungere  airindie S.M.C£xiv.V.Ce/if« 

64 


49» 


S.M:cÌi.  la Glava Miggiorc  del  Pòlo* 
laGiava  altuiilccvin.sue  8peEierie;dro- 
ghe  e  riccheite:  Cablai  non  laoolè  con- 
*  quistare  157.  quanto  dìsUnlc  da Ts lam- 
pa: suoi  vari  nomi:  detta  dai  Cinesi 
fcua-ia  t.  11.  376.  vi  fu,  il  Polo  con  una 
spedizione  di  Cublai  377.  era  divisa. in 
due  reami  378.  38o.  ampicwa  dell  iso- 
la: favelU;  popolarionc  379.  spezierae 

38o. 

GiAVA  MliroBB  9.  irV  isofe  di  S«jniatra  •  co- 
me  appellai»  dai  vicini^  e  da  Tolomeo 
tii.389.qnaodo  gli  Europei  incomincia- 
rono  ad  appellarlaSumatraSgo*  sna  am»- 
pìezza:  divisa  in  otto  reami  ;<|uando  vj 
penetrassero  i  Maomettani  390.  varietàv 
Si  faveVler.  produzioni  391.  Oli  Orang. 
Cuba,  e  gli  Otang  Gugu  abitaotì  salva- 
ticbi  deU'Isola  399-:     .^,^.^      . 

Giavanesi  di  varie  razze:  idolatri t:  11. ^79- 
quando  penetrassero £ra-loro  iMaomet- 

'  tani  380*  ^ 

GIAzzAporto^dcll•  Armenia  Minore:  »ua- 

localitàevarinomit.ii.  12. 
GiEZA  la  città  di  Kiu^tchca  a<30ofinc  del 

Fokien  fc.ii- 346- .  ^    cm* 

GiGEO  suo  Vocabolario  *rabe  ff^^™^. 
GiNGUi  16  stesso^cbe  Giogm  ;  è  U/Città.iU 

Tso-tcbeu  «.  w*a94--     ^        „   *      / 
Giobbe  sua  icscrizion  dH6avaUo4i.ii47'. 

GiouòuYcitlà.si  partonodi  lidue  vieiuia 
del  Catajo,  l'altra  de'Mkngi97.VGau«a. 

Giorobs  V.  Giorgianim . 
G  OBOI  (Padre)  suo  AlfebetoTibeUno^Ui. 
25 i.a55.,aue opinioni  intorno «^Budda 

43^.. 


Gioao^AHiA  reame  M.i  suo*  re  dfetti David. 

Melic:  industrie  della  contrada  11.12. 
GioBHATA  di  cammino,  misura  itineranar 

■  variàbile  tviu  66.  ,.,.,«    »    •  ^ 

GioBZA  e  Babou:  prime  sedi,  dei  Tartan  e 

dei  W»o«ollì  t-Ji.  109- 
GiPAirou  V.  Giappone .. 
GiBAFFA  descrilU  199- 
GiTBACAii  V.v^^raea/r.,^ 
Giudei  quanto  antichi  ih  Indiat,  114». 
Gir  LL  ABI  conquistano  il  regnodiMieni  19. 
Giuseppe  Indiano  1. 11. 436.  sua  descruto- 

ne  del  vin  di  palma  438. 442. 
GoBiAM  V.  Cùbinam .  .    e  ilt 

Goez  (  Benedetto  )  suo  viaggio  b.M.ixxix. 
ic.t.n  p,83.passò  ilDe9ertodiLop92. 
GoGoo  e  Magooo  67; 
GoLcoNDA  regno:  sua  storia  t.  n-  4^4- 
GoLio  suo  Vocabolario  Arabo  S.  M.lxxxv. 
GoTTino/i  f  Accaderaiadi  ) :  suo  voto  intor- 
'  noatMìUoneS/M^xGV.- 


GouzA  (città),  détta  kncheGiogui: 

tà  di  Tso-toheu  1. 11.  23^  • 
Gbah  Caw,  significato  del  titolo^  origine-' 

del  medesimo  63- 
Gban  Tubcbia  regione  34- 
Gbant.  V.  Powi/i^cr  .- 
GBeGOBlax*  Papainviai  Pòli  al  Gran  Gur^ 

5'«t.iii-ii- 
G«ii8ELivi  V.  Tèladel  SUowdello Scada  * 
Gbub  di  varie  generazioni  58 
GuDDBBi  y.Màscado .  ^ 

GuEBMSYR  litorale  del  SenoPersicot  ii.4»»- 

descrizione  di  quella  costiera  48« 
Guiperchè  il  Pòlo-usi  questa  voce  per  lav 

Cinese  tcheu  i3o*. 
Guinea  nome  dato'dagli  indemi  alla  loro 

contrada  SJMLluu  notaagli  Europei  in-- 

nanzigli  scuopriaienti  dei  Portoghesi 

OLXV.. 

Guglielmo  dà^TripoIi  suoi  scritti  t.  li.  i3«- 

Guzi  loro  coBtraide '224« 

Guzbbat  penisola-e  reame:  distratto/  W 
propria  loquela  191.  suoi  ooafini:  suoi 
oorsari:  cittlkdi  detto  nome  capitale deP 
reame  1 11. 44^*  cotone  della  ooatnda  : 
sue  varietà:  arti  ivi  io^fiorexelebri  ooW- 
ttre  di  SMrat  446* 

HABESCH,rABlSSlMA,percbecosldctt* 
t.ii.46j  .chiamata  India  Mezzana  daiP<^- 
lo:  gli  Abissini  appellati  Indiani  da mol- 

-  ti: .  convertiti  da  Frumenzio:  reggimen- 
to ddla contrada:  abitata  da  Cristiaiiiy 
Maoaiettani  e  Giudei  :  la  circoaciftioiie 

.  iv4  in  ùsoriavolosabattcsima^di  fnooo^ 
quando4  pretesi  descendenti  di  Salomo- 

-nane  conseguissero  la  signoria  4^2:  sto* 
ria  della-contrada-ai  tempi  dal  Polo.H|oal 
sia  U'Setta  cristiana^che  vi  predominai 
valeazad^li  Abissini  nelle  armi  463  .lo- 
ro nutrimentorbelve  deHa  contrada  464> 

HaoEVAEE.aua  descrizione  di  Gambo  jat;  11». 

383. 
Haldo(  Padre  du)  sua  Cina  Illustrata  S^M. 

Lxxxviii.  descrive  i  riti  funebri  dei  Ci-^ 

ncsi  t.  II.  333. xitato  347»- 
HAiuLTOit  sua  rekizione-dei  P*^>  ^ì  SoAk 

la  e  di  Mozanbioo<t..ii.  458*  46o.. 
Han  titolo  d'onore  presso  iTartari;  voce 

mutata  in  quella  di  Cao  dagli  Europei, 


.  perchè  1. 11.09. 

Haug-tgheu  è  la  città  detta  Qniosai  dal 
Polo .  Quando  incominciassero  a  rise- 
dervi  i  Song;  fu  detta  apche  Lin-ngan 
t.  n.  304.  V.  P.  VI.  V.  Qainst^  . 

Hassan  fondatore  deUa  setta  gli  Assassìni 
t.ii.62.- 


4"99 


EkvTBftATBS  coiifatato  t  ii.  Sii.  367, 377. 

Hkbbelot  suoi  grandi  meriti  nelle  lettei*e 
orientali  S.M..lxxxv.  citato  t.  ii.  453.456.. 

HRBBBSTEiTr  (Sigismondo)  sua  Commenta- 
rio della  Sarmaaia  t.  ii.  478*  4^0* 

Hbrdil^  il  Volga  t.  II.  3o.. 

Hbrsoiiit A .(  Giora n ni •  )  V.  E'drissi' 

HiAMUBv,o  Emui  poeto  Celebre  della  Gda 
t.ii.33o. 

HiiTDU-BLOB^  il  Gmcaso ^Indiano  1. 11. 69.. 

HiBAC  provincia  di  Persia  y.Taurisio  ^ 

HoANG-EO  V.  G'aramoran . 

Ho-PAO  voci. cinesi  malapproposito  inter» 
.  pretateper  oaanoni  t..ii«  lax 

HòBM US  città  e  portodel  Seno  E^rsicotem*^ 

Sorio  delle  ftpezierie*e  delle  merci  Id-^ 
iane:  maniera  di  navi  ìtì  in  uso  aa*. 
•  Tenttere  che  visi  praticMio  per  rinfire-- 
scare  le  camere  ac».- 
Husuv  AssAH^oUssamCaseanV.  Tàrcof^mnk 

IkCl  cìiììt  grande.' W  si  spendono^porcel- 
lane  1 1  o.  capitale  'di  Garayan:  i  Tali  fw 
DelYiu)Hian:.84ia locali tàt.  il.. a6i.  lago 
di  Sai  263. 

laooLiT  è  il  cattolico  cagocpìritudle  dei  la  -- 

COplDÌ  t.  11.  3i. 

Iacopj RI  settari  delreame di M6siil  i3-tr< 

n..436.- 
Iacqubs  (  Padre  )  sna  deserlsioiie  di  Pala 

'  Condor  t.  n.-38a.  383.- 
làDus-V.  Jàsdi . 
laH-oui  città:  è  Yang-ptcheu :  la  gorern^ 

.   Marco  Polo  t.i  1.3 IO. 

ksDì  citlà^suoi  celebri  lavori  di  seta;  ab« 

boada.di\  datteri  tj-ii..45.- 
Uva  làMInore isola  i57.divisaìnottoroa<^ 

-  mi::  sn»>ricdiezBa-:.abrtanti  idolatri  / 

•  an tropofagi.*.reami  di  Fèrbct  e  di  Basma  : 
unicorni  o  rinoceronti  nell'  isola  :quan- 

•  do  vi^penetrasaero  i  Maomettani:  favella* 
160.  reame  disamara  i6i.il  Pòlo  vi  di- 

-  moro  cÌDf|ae-inesi  i6m..non  vi  vede  1» 
stella  che  segnr«  la  tramontana  1 5^^ vi 
si  beve  il  via  di  pakaa .  i6a.  reame  di'^ 
Dragona jn  i63...vL  soffocano  i  malati  e- 

'  gIL mangiano  'i63.  reame  di  Lambri:  e  * 
di  Fransor,  o  Fànsnr:  ivi  si  raccoglie 
preziosa  Canfora  i6^V,  Giawa  Minore. 

làoLATaiA^e  templi  a  Champiciou  4  <  •tem- 
pli e  regolati  Ji  Sachion:  simulacri,  ivi 
r  jtt  funebri  t.jt.  07.0  seg:  culto  di  Lama 

.  e  sue  vicende  nella  Cina  ioa.  idolatria 
dei  Tartari  laivdel  regno  diMienaSa- 
del  Giampene  367  .del  paese  diCambodja 
384.  di  dumatra  392.  degli  Andemani 
4Pd.deI  Ceylan4o3.wdeità  indiane  4<>9*' 


prostituBÌoni  indiane  per  gP  idoli  (ao.^ 
idoli  spaventevoli  4^3.super8tÌBÌoni  pel 

gelo  e  la  coda  di  vacca  4^3«  idolatri  del 
anguebar  /^SQ^W.Butlda . 
Idoli  mostruosi  a  Canpion  1. 11.  io3. 
iBDo-caDÌtalc!  delOiappooe  .*  tuo  sontuoso; 

pa lagio  t»  u.  363. . 
Ibbkirsov  suo  viaggio  a  fioccaraSiM.LXxiii. 
Imvbmo  SiUrioo  datshi  fondato  ai^ 
IscAiiTAToai  del  Tibet  107;  deirindie  tu. 

IiióBiisoove  si  raccolga  193.  206.- albero* 
che  lo  sdà»ao7.^  di  Seger  t  m.  4%^  costo 
del  medesimo  47^- 

Ivnncosostanta  colorantcf:  pianta  che  la'' 
produce  ,  modo  di  estranrer  iL  colove" 

t.-ii..4^*' 
Ihj^ia:  varie'  fiivelle^  dèlia»  oontradar  1  tio*- 

Maggiore'  i68«-  Isole  del  mar  Indiano- , 

Kiro^numero  aoo.Jndia  Mèzsana  »  l' A-- 

bissinia  aoi.  dividevasi  ai  tempi  del 

Polo  in  maggiore;  minore  9  e  meszana: 

confini    deHe  dette  Indie:  inutilità  e^ 

ioesattezut  di  tale^  divi  sione  t.  ii.  356«o 

pìogsie  periodiche  nell'  India  417-  con* 

.  fini  dell'India Magffiore,e^Miiiore:  rin-* 

dia  fu^ensa-atoria  &no^llo»storfco  Fe- 

r-ishta  284*  dinastie  che  regnarono»  nek 

-  Decan  406^- 

IjRDiAiri  loro  svpersticioni  i75»4mpu«nci— 
zie:  Devadast- 176.  180.  f 8t.navigarooo*' 
finoa  AdemaoS.loro*  incantatori  285** 
. .  trafBcavano  colla  Cina  t*  ik  35o.  -  igno- 
ranti delle  loro  vicende  4o6-'loro  modo< 
di  orare  4ko.  si  sacrificano  agl'idoli:  ter- 
vedove  usano  ardersi  4k3.'  indole  delle 
.  loro  donne  4^ 3-  loro  venerazione  pel^ 
bue:  rito  singolare  4i4«  ^^J^^  modo  di 
...  combattere:  perchè  adorino  gii  animali:- 
abluzioni  espiatorie:  altre  costumanze  * 
4^5.  loro  credulità  astrologiche  4i8* 
computano  le  ore  dalla  lunghezza  dell*  ' 
ombra  del  loro  corpo  44Q-  in  •  q^MUEite^ 
trib&o  caste  siano  divisi  4^7.  loro  mo- 

■  do  di  cibarsi  4^' loro  redolati  in  quan-^ 
te  sette  divisi  4^9*  maiiticaiio  la  toffUa 

.  di  Betel  434-duello  in  usoappo  loro434  «- 
loro^vestiario{  hanno  ottimi  medici  ;r 
sono  lussu  riosi  439^  V.  Maabar. 

Ihihano  (  Giuseppe^  )  sua.  relaaionc^ aitata  > 
t..ii.  407- 

Ibglbsi  loro  rjvi^^azfoni  a  tramontana: 
cercano  Vt  > .»  viri  Catajo  S.  M^lxuii. 

loffBS  (  <j  u^iitMmo  )  citato  ^t.  u.  4^«  4^^*  ' 

Iojsiso»  suo  viaggio  a  Boccara  S.  NL  lxxiu««> 

Isole  dei  mare  Indiano  in  numero  atn^-  ' 
i)occhevole  t«.Ji»  4^1.- 


5oo 


Italiaiii  loro  traffici  colla  Gina  nel  secolo 

decimo  terso  S.M.'xli« 
Itikeraei  Affricani  S.M.  xxxiv. 
luoui  città  137.  t«  ii«3ai* 

RAEMPFERO  HM  Tiaffgio  al  Giappone  t 
ne  descrÌTC  T  idolatria  i53«  cttalo  36i« 
363. 367. 368. 

Kaih  montanari  delP  Aracan?  loro  ooitn^ 

•  tnanze  1. 11  290.  391. 

Ralhat  terra  delP  Oman:  |;rande ai  (em- 
pi del  Polo  t.  II.  472««ogftetta  aOrmlis: 
|)08ta  al  riiii3K)CCfitttra  del  Golfo  di  Ga« 
lajnti  473. 

Raeatic  popoli  del  Regno  d'Ava  t.ic264* 

KEi-PiM*Fir  citlà  detta  ancora  Clemenfìi, 
eChemenftì  :  residenza  estiva  di  Cablai 
S.  M.  XGYi.  detta  ancora  Gfaan<»tii  ctu. 
1. 1  .  14.  edificata  da  Manga: amplificata 
da  Cablai:  perchè  detta  Chan^tu  :  saa 
▼era  posizione  i4ou  160.  sontaoso  pala- 
gio e  magnifici  cìardini  iri  i4i*  adiiéci 
giornate  da  Pekì no  208. 

Kbnt  celebre  disegnatore  dei  giardini  aiP 
Inglese  1. 11. 14^ 

Rbrmen  reame  19.  ivi  cava  di  t«rcfitese: 
inilustrìedegli  abitanti  ao*  ^3. 

KnoiPBR  (  Strette  di  )  descritte  t.  iC  19. 

Kiy  spogliano  ì  Kitani  della  Cina  setten- 
trionnìe:  ne  sono  spogliati  dai  MogoUi 
t«ii.  3oi.  3oa; 

Sj5-Tcaoo  Km-cai  popoli:qtteste  voci  si- 
gnificano denti  d'oro  1 14*  quando  con<* 
quistati  t.  IU273. 

RiRCDERo  (  Padre  )  sne  congetture  sai 
▼faggi  del  Polo  S.  M.  Lixvt«  tiixxiii. 

Kis  isola  e  città  del  Seno  Persico  i4-  208. 
V.  Chùi  • 

KiTAKt,  o  Cataiiii  swnori  della  parte  set- 
tentrionale dellaCina  tu*  dot. 

Kifox  (  Roberto  )  S.  M.  etti,  citato  sua  sto- 
ria del  Ce^lan  1. 11.  4o4-  V.  Ceylan  • 

KoalberochedàunfilOches^indrappa  ii3. 

LAC  provincia:C08tamanaede'siioi  abitan- 
ti t.  it  4^^'  e  s^K' 

Lacca  :  il  reame  di  Polonia  9^2.  t.  it.483. 

Lama  suo  éulto.-  religione  dei  Tibetani  : 
dilatata  ffa Tartari:  sacerdoti  di  quella 
sette  t.H«  ut. 

Lambri  reame  i63.  otc  fosse  1. 11.  398L  V« 
Giava  Minote  • 

LAifOtftfémendatot.  ii.'4o7. 

Lapislazzoli^ ove  si  trovi  29.  $7. 

LAT«i«i(Briftnetto} detta  in  francese  il  suo 
TrsonoS.M.xi. 

Lav  Aai>AEA,meteoFaeufatica  de'deserti  36. 


Latas  ctClà  dell*  Armenia  Minore  4*  5.  mk 
Lbga  Anseatica  S.  M.  li. 

LbOITCOBKO  O  RufOCBEOHTB   t.   II.  SgS.  V. 

Unicorno  • 
Lbovb  Affricano  citato  t.  ii,  35o.  45o 
LBOHi:fierocia  di  quelli  de'ChaffUi  :  come 
•i  caccine  coreani  i33.  perchè  il  Polo  le 
tigri  chiami  leoni  t.  ii.  igo^rarineirio-^ 
dia  oggidì  4^^ 
Lbopabbo:  le  belva  Cosi  detti  dal  Polo  che 

fosse  t.  lu  i4o. 
Lbssbp  suo  viaggio  citato  1. 11.  476» 
Lessino:  sua  edizione  del  MilioneS.M.xrf  tu 
Lbttbbb  CdificaAtI    loro   pregio   S.  BL 

xxxxviit. 
Lbeoidb  pelame:  rettificasione  di  detta  le- 
zione t.  II.  482. 
Lcuclav  IO  traduttore  della  storia  dei  Tor- 
chi S.  M.  LXXXV. 

Li  tstrumento  cinese  t.  ii.  354* 

LisGVi  citili  128. 

LiTOUA  Indiana  tao.  Malése,  ove  si  parli 
160.  Cinese  manchevole  per  esprimere 
scuoprìinenti  e  cose  straniere  1. 11.  a23. 
i  Missionari  ne  dilatano  la  cognizione: 
altri  suoi  promotori:  DiziònanoGinese: 
antichitSt  di.  quella  figivella:  nionastlla* 
•bica  224*  qaai  dialetto  cinese  primeg-. 
glasse  sugli  altri:  sua  indole:  suoi  tuoni 
ai5.  la  grammatica  semplicissima:  suoi 
pregi  226.  delb  pronunzia  delle  lettere 
23a.  lingua  sacra  e  volgare  deiBirman- 
ni,e  de'popoli  di1i\  dal  Gange  iSxLingua 
Samasci*eaamica  quando  decadesse  284* 
Lingua  Tnòkinese,  dialetto  del  Cinese 
288  Li ngua  Giavanese  379.Malaya,  ma- 
d  re  li  ngua  :  quanto  di  ffusa:  sua  deriva- 
zione :  armoniosa  :  poetica .-  detta  l' Ita- 
liano deirOrieiite  387.  varietà  di  favel- 
le a  Sumatra  391. 

Lio  misura  itineraria  einesc^sua  lunghez- 
za S.  M.  Lxxvii.  ex.  t.  II.  a5o. 

Lobo  (  Padre  )  sua  relaaiooe  dell'  Abissi- 
niat.1j.462. 

LocAT  i58.  V.  Lockae  • 

Loca  AC  il  paese  di  Cambodja:  città  di  tal 
nome:sua  capitale  detta  Lonek  dalPAu- 
villeidescrizionedi Cambodja  :  descri- 
zione della  contradadi  un  ambasciatore 
cinese  1. 11  384.idolatria  della  contrada 
88:5.Cublai  non  potè  oonquistarfa  384. 

Lodovico  xiv.  fonda  le  Missioni  Stranie- 
re: sua  ambasciata  a  Siam  S.  M*  lxxxvi. 

Lohgiuubl  (  Fra  Andrea  )  spedite  io  Tar- 
*  tarla  da  S.  Lodovico  S.  M.  xxv. 

Lonza  che  sia  199. 

Lor  fiìiUk  e  suo  deserto  S.  M.  cii«  fenomeni 


So\ 


c3be  TI  ttCCtdòiMi  esplicaci  36.  tu. gì. 
Lago  di  Lap  ga,  il  deserto  trayersaronlo 

Sii  aodMscimtori  di  Sohah  Rock,e  il  Pa- 
re GGeaga-Lagodi  Lop creduta  il  Lago 

-  Pha^'tchang  tii.  4^5.  V.  Deserto  . 
-XiOPBs  desòrive  gli  Zengbi  abitanti  dioF 

ZaDgaefaar  U  lu  4^9. 
lioa  reame,  probabilmente  il  Lwistaii  t* 

11*4^* 
liOVBBftt  (la)  tda  ambasciatala  Siam  S.M!» 

LucAS  (Paolo»)  tao  yiaggiaiQ'  Egitto  tr  h- 

467* 
luDotFO  MU  Stori»  ABissinica  citata  t..  lu 

356. 46i* 
litrcuisDa  ribelle arCnBlait.  mag^^ 
liouMit  einea»  t.iu  ip3^ 
Luto  cerrierodbscritl»  1 02.. 

MA  AB  AR:^  erratamente  nelHiLevieiie  Ra-^ 
mwffenadettolVIvhibar  sGS^vesliariodel 
re  delh  oonlnjb  170^  costunnante  iva 
171.  ri  si  ardbò  Fe^edòve  173. 

Mjlbae  Io  stesscche  Maabar.'così  detta  da- 
gli Arabi  la  costiera  mer id  ionale  del  Go- 
romandelt.ii4o6«il  suo  re-era  anello  di 
Narsioga  4o7-t  natii  vanno-undic distin- 
ti v»reg»K4og4morto  itvesiardbnot  suoi 
fedeli  e  lesne  denne  :  avariaia  e  riccbea-- 
aa  Jeisiio»imperanti4>  i*4ion  dà.  caTal- 

'     li  4 13.  *? rè  sicaressa  e giiistiiia  4i&-  i 
natii  astemi  Jet' ri no:.disprezaano  i 
¥iganti  :  pioggie  periodicne  iri 4< 7. 
nagione  nera  dei  natii  4^3^ 

•]li.%càaTBirB9(LoTC^)saa  ambasciata  alla 

Cina::dbscri^  un  banchetto  imperiale- 

77.  una  fest»  78ÌI  Canale  Enperialef  27^ 

emendato»  »3g^citMD  t*  11^  1 7.3'so3aa. 

3!ì3.3a6i3a73a8.3aQ33i^  33g.34i.38a. 

•  MiGHAM  s%r  scoprisseMiclera  SJVf.CLX¥iii. 

•  Madoiae.*  oos^cfetla  I-Ungheria  U  ii. 485. 
MAODOirAtiD»KjirviBH  saaBÌBmoria>e<Iarta 

della  Porsia' &M.  e;. 
MiDAOAscArE  isolii  popolata  dì  Saracino  V 

d'indigeni;  chi  la»  scoprisse  dei  Por  ti»- 

ghesi  :  ne  dlerono»  relazione  il  Corsali^ 

a  Flacourt ,  le  Gentile  ig6. 
IfAOBBA  scoperta  dai<GrenovesiS.]V(.Gi.xY  tir 

secondo  gl'Inglesi  da  IVfiichamcLxviiu 

•  non  la  prima  Tolta  dai Portochesi clxix. 
MiAFFXt  (  Padre  )  sua  Storia  delle  Indie  S. 

M-Lxxi.  giudìzio  che  ne  die  il  SassettL 
uxi.  citata  i56. 1. 11.  390.  4^^** 
•MàCUSTAR  lo  stesso  che  Abdagascar  i  co- 
fne  appellino  risola  i  natii:  ampiezza 
dell'  isolat.ii.453éSao  governa'suoi  traf- 

-  fiei  ;  medo  di  cibarsi  degli  abitanti455. 


MAOAOLCAirBs(Ferdlnando)  tratta  con  Caf'-r 
lo  V.di  far  il  giro  del  mondossua  morte: 
il  Oalcano  colla  narelaVittorra  compie 
il  giro  delh  termisuiiretiKionedelviièg- 

.  gìo  aGiti^loV.S.M.LXf lai  Ptgafetta  scrive, 
k'  relazione  di  quella  éurìgaskiiie  lviu 

-^  (  Padre)  dichiara  pia  luòghi  del  Hi- 
lione  Sm IVf. Lxxxiiw  sua  descrizione  deU 

•  la  Reggia  di  Pek.ino7a.ciCato  74^  75.78'. 
g5.  127.  Dei  magistrati  della  Cina  8i. 
.  ooofiriato  89.  i^g^citato  t.  ii.  a3&  ^39. 
!i4d.3oo^.  333.334.  34^.3^58. 

ItfAGoi  di  Gardandan,  sona  t  medici  della- 

>  contrada-t.  11.  270» 

BfAot  (Re  )  fiirolosa  racconto  attorno  ad 
essi  17... 

MiiHMUO'il  Gaznavidh  conqjwsta  ft^Indo-^ 

.   stan  t  II..  284. 

*~  Goal  atroce  persecttlordfegr  fndiani 
t  II.  284. 

*-—  TABAai  impostore  1 11.  5i«. 

M^f-nov' fiume  t  ir.2g2.< 

Maicsa  (lUre)  sua  tradUcione  degli  An^ 
nali  Cinesi  S.  Mi  lxxxis» 

IttttABAa  come  diviso  a  tempo  de'  Portn« 
ghesi  Kiiv.44(-<^on^&da^  difficile  (ibid). 
anni  rari  nomi  44^'^^>^  ^^^^*^^'^^'  "^^ 
gno  di  Malabar'  propriamente  detto  , 
anello  di  Decan  44^  perfidi  corsali 
nelle  sue  costiere^  prodiicioni- della  rm^ 
gione  444*  V.  JifeUbttr. 

Mai»aca  città  S.  M.  lxv^lxvi.  IiXViv.  espti^ 

Snata  da  Albaquerciue  lxvim.  emporio- 
i  tutti  i  traffici  dell' Oriente  t..iK358w. 

AfiALAiua:  il  regno'diMalaca.*  sue  vicende 
t.ii.386.  stato  presente  della  ci  ttÀ:(W 
vella<deNa  contrada  887, 

M&l.ii^iBr  r5g.il  paese  di  Mìtl^ur^snostre^- 
tO|  e  seccagne  (  ibid  ) 

MaIìOiv«  isole  del  mare  Indiano  aoov 

ASallb,  e  FBMBtLB  isolc  ùvolosc  ig^.  àk 
chi  il  Polo  attingesee  le  .tavole  che  se 
ne  contaoa-(  ibio) 

M^iTB  Bevn  dichiara  aktmi  looghi  del 
Milione  S;  M.xu(.  emendato  177.  t..u. 
^a4*  citato  401.  perchè  credesse  aTcre 
il  Pt>lo  saltuariamente  descrìtta  I1ndia> 
443.  sua  sagace  congettiiira  44^ 

Maìvcivsi  conquistanla  Gna&liiri  lxxxit.^ 
furoDo  appellati  Tartari  Orientali  ^  e 
Oìurgi ,  o  Ghorchor  Lu-iogi-loro  bar- 
baro rito  1 18. 

Mandbvilxa  (  Giovanni  )  suoi  viaggi  :  re-^ 
lezione  dei  medesimi  :>  volttarizsamento^ 
di  essi  nella  Riccardiana  §4  M.  x&iii. 

Makgalu  figlio  di  Cttblai  t.  ii..a45«  •»» 
sontuoso  palagio(  ibidi) 


5oiì 


s; 


M'kn'akm  (atti  costratre  dai  PoliV..^aJ4i»» 

fu  134. 
Makoar  Sam^v,  asino  taWatioo  del  Mada* 

.  gascar  t*  11.  456. 
Mavguo  Magi  nome  di  popolo^  e  non  di 

•  contrada.  128. dichiara  qae«ta  voce  Ma*- 

-  fffigliaoea:Bieiinie  de'Maogi  ebbe  per  con- 

-  fine  il  finme  Garamaren   129.  come  io 
<  conquistasse  Cublai  i3o.  come  lo  faces- 
se guardare  :ast  delibi  contrada  1*44  di- 

.  viso  inotto  nroTiocieo  reami  i47*  ^'^^• 
338.  anclie  il  B.  Odorico  chiamò  Mangi 

;  la  contrada  347«  *  Mangi  uccidono i  pro- 
pri tìgli  34 1.  nella  contrada  cresce  la  can- 
na tacearina342*  divisoìn  noveprovin- 
cic346.suaestensione,e(]ivision6  ai  teui" 
^i  del  Polo  355JI  Polo  seppe  che  il  paese 
le'Mangi  era  la  Gina  Meridionale  370. 

Mavou  Graii  Can  dei  MogoUi  sue  vicende 
V.  P.  VI.  t.  11.485. 

MAOMBTTAKrloit)  pravità  Urli,  40.  bevito- 
ri di  vino  43* 

Marca  d'  Oro  e  d'  Argento  moneta  20S. 
suo  valore  t.ji.  4ix 

Mab«  di  òi!f  o  della  Ci  uà:  n  umevo  delle  sue 
isole  t55.  t.  11.  369. 

Mabc  Maggioilb:  il  Mar  Nero  237.  t.4u  5. 

Mabb  Ocbaho  cosi  detto  dal  Polo  il  Mar 
:Gii tacciato  Sa.  ' 

•Mabsdcii  suatraduzionemglesedel  Milio- 
ne ecommentarioS.M.  xcupregidelsuo 

•  -lavoro  xcv4i.  quanto  giovasse  a  questo 

•  ,che  or  vede  laluce  xcviii .  citò  arartele- 
zioni  del  Milione  xviii.  sua  descrizione 

r    del  pq)ei55«  emendato 75. 9i..i3q.  195. 

-  citalo  >i54>  sua  pregievole  avvertenza 
!i4o.  241.  a5o.  189.  39o«  296.  3i3.  3ai. 

•  33q.  confuUto  344.  345.  34^.  35&  376. 
378.  383. 383.  384<  sua. Stona  diSuyna- 
tra  389.  citato  3qu  393.  394*  396.  Sgo. 
401. 406.  430. 440.44845&  468. 

Maatiki  (  Padre  Bdartioo  )  S«  M«  lxxvi  «na 
descrizione  del  laMuragliaCinescLXKvii 
suo'  AtlanleCinese .-  vi  giustifica  J 1  Polo 

•  Lxxxiii  CXI.  Atlante  Cinese  deHa  Maglia- 
bechiana,e. quello  dei  Martini  derivano 

;    da  un  medesimo  fonte  cxii.  citato  1. 11. 

a3Q.a4o«  348.  257v«  a6o.  3oo.  3i4*  32o. 
'  3ao.  3a4'  33a.  34o.  344*  ^4^  ^4^  347* 

34a35!i.3S9. 
Mascoi»a  e  FBKMiirA  (  isole  )  forse  Y  ieola 

d^Abd-al  Curiamo  le  due  sorelle ,  uhitata 

•  da'  Criatikni:  origine  delle  fiivole  che 
'    se  ne  namno.t.  11. 449*  V*  Malie  e  Fem^ 

lìieiU  J 
MAUBo(Fjni  )8U0  Mappamoàdo  S.  M;xxxt. 
redatto  secondo  il  Ramusio  z uUe  carte 


.  ^recate  dàlPò1o:ÒMervAziòni  e  nàore  m« 

-perte  in  torno  a  questo  lavoro  XXXI  i.quaii* 

•  ào  ilPolo contribuisse  al  pregio d  questo 

Mcippiimondo  «xxv.  Liu.-deeciuve  Fi:a 

Manico  le  navi  cinesi  t  h.  3S7«  crt»to  458. 

MBcauri  tribù  tartarica  come  detta  dai-Ck- 

nesi  t.  li.  iij,  Ved.  Metrùcci-^ 

Mbdici  Cosimo  I.  e > Ferdinando  I.  nccoU 

gono  codici  orientali .  Tipografia  Medi* 

^«éa  S.  M.  Lxxìx.  Ferdinando'!,  spedisce 

i  Vecchietti  a  raccorrò  manoscritti  in 

Odiente  lxxx.  concede  l^iiso  Aella  Tipo- 

grali'ri   Medicea  a  Propaganda  lxxxi.  i 

,  Medici  promovono  gli  studi  delle  linr 

§ue  orientali  lxxxii.  munificenza  diFer- 
i  nando  li.  per  V  Hèrbelot  lxxxv  i. 
M^LiAPuai  ci  tu  dell'India:  ivi  èia  Iqjb)mi 

di  S.  Tommaso  Apotlolo  t  ji.  43 1* 
Melibab<;osì  appellano  gli  Arabi  il  Mala- 

•  1)ar,  ó  costièra  «occidentale  dèi  DecaA: 
il  Meli  bar  del  Polo  corrisponde  al  paese 
«diCanara  190. 

Mbkaho-Cabow:  imperio  di  Siimatra:zua 

-  potenza  t.  II.  391. 

Mcndozza  (  Padre.)  sua  relazione  dellaCi- 
nn.S.  M.LXX1V. 

Menìuszi  suo  vocabolario  Turco  e  Per- 
siano S.  M«  LXXXV  1. 

MBAtnix  xitfà:  descritta:  sue  indostrìe  t. 

-  II.  3a. 

MésiAooi  del  Gran  £an  viaggiavaiio  im 

posta  92. 
-Messicaiu  9  loro  origine  •Cinese^  svelata 

dalla  scrittura  geix>glifica  t  ti.  22^ 
Metaitcci.- cosi  appellati  iMecriti  .t.ii.48a. 
MicnBOvo  sua  deacrizìone  .delle  Sarman* 

zie  t.  .IL  479* 
JiiEV  (.reame .di  )  conquistato  da  Cublai r 

viisi  comlmtte  con  gli  elefanti  1 17*  fa- 

•'veUa  della  contrada:  città  di  Mien.-  siao 

famoso  tempio  1 18.  descritto  «da  Symez 

1 19.  questo  reame  ^  detto  dai  Cineai 

MienXien  t.  11. 2^3.  comprendeva  ì  Re- 

.    ^ni  d'Ava  e  del  ren  274-  279-  la  ditik 

•  di  MienèqttellaJiPegU28uV.PcyUam. 
Mh40iìb  :  Testo  della  Crusca  S,  M.  V.xx. 

ne  trae  il  Boccaccio  pai'tedeUa  Ifovella 
di  Ferondo  (  ihid  )4  il  T^ato  della  Cri». 
scaè  il  più  antico  cheei  conosca  di  quel- 
la prosa  .'.cosà  ne  pensasse  il  Saziati,  vi* 
ove  si  ascondesse  :  Testo  Soranzian^ì 
suo  valore:  giudizio  di  quello  della  Cru- 
sca :  fu  df-Uato.*  Testo  Pucciano.vit.' Te- 
sto Ramusiano:  suo  gran  pregio  vitf. 
xTii.  Testo  Riccardiano  ^iii.  Il  MQioiia 
fu  dettato  in  Francese  xi«  il  Testo  dal- 
la Crusca  volgarizzamento  dalFra«c»- 


5o3 


«6  XII.  Miraoscritli  Francesi  del  Milio- 
ne XIII.  caase  delle  discrepnnxe  ebe  si 

-  troTHiio  ne'varj  Testi  del  Milione:  ana* 
lisi  del  Milione  xv.  traslazione  latina 
della  Parigina- XVI.  le  varie  l<^ioni  del 
Miltene  JMBseno  ridarsi  a  tre  princi- 
pali xrai.  percliè  la  Relazione  dei  ^iae- 

•  gì  del  Polo  fosse  detta  Milione  xix.  le 

-  ricckecze  dell*  Asia  decantate  nel  Mi- 
lione invaghisQono  di  8CO|irinienti  xl. 

'  influenza  del  Milione  sugli  scoprimenti 
de'  Portughesi.  D.  Pietro  reca  copia 

•  djtir  Onera  im  Lisbona  Lii.  influenza 
del  Milione  allo -scoprimento  del  Mon- 
do Nuoto Lx.e  seg.  traslazioni  spa^nuo- 
le,  ^itaghesi,  tedescke,  latine  del  MU 

..  lione  LX1X.  eccellenza  della  Lezione  Ra- 
mtflana  &xxi.  posteriori  versioni  spa- 
.  glivole^  tedescbe ,  olandesi ,  inglesi  : 
i  edimne  fratieese  del  Veaulmeidel  Pre- 
.  ^rofll:  intlesi  dell'Harris^del  Puitsbass, 

•  deli'  A§t[ej  xoi.  discorsero  del  Milione 
il  Terrarossa ,  il  Tirabosclii>  il  Marin^ 

t  il  Pillasi,  r  A  postola  Zeno  xcii.deNa  no- 
stra edizione.-  lumi  attinti  dallo  Zurla 
xcv.dal'Màrsdeu  xcvii.Testo  della  Cru- 
sca utilealla  favella:nondi  gran  inomen- 

'  td  alki  storia  e  alla  geoerafia:  lavori  da 
uoì tatti  per  l'illustrazione  del  Milione 
xcviii.  Carta  geografica  per  l' illustra- 

'    ÈioA  del  Milione  .*  su  quali  materiali  re- 

-  daUu/sna  estensione  Xicix.veridicit4del 

•  MHiMeattesUtAdaFraPipinot.H.4.dif« 
fiorita  d'ìllttstràrelaipartedella  relaefo- 

'  Iie4«lntivaùlla  Citia  pel  Tarlo  modo  d'e- 
sprinaere  le  voci  cinesi  nelle  favelle  eu- 
ropitez  oMa^  fa  praticato  da  noimvverten- 

'  se  per  la  prònia«vzi««  !a3a.  altre diflicoltli 
per  renderne  piana  l'intelMgenxa  «34. 
elrnHien  asserzione  387.  suoi  var)  Mano- 
scritti S^,  cxxiii.  e  seg.  Testo  della 

'  CrQMsu  Magltabechianó  IL  t'AiW-Maglia- 

-  bechianolu.  cxxit.  MagliabeckiauoIV. 
cxxir.  Puocìauo  iHd.  Riceardìano  exxvi. 

•  Luocfaesiniano  ibid.  Riccardiauo  II. 
cxxviu  Palatino  di  Firenze  exxvni«  Pa* 

•  rigiaa  I.  cxxix.  «Uro  Testo  Parigino 

•  feascese  cxxxi .  Vaticano  gi&  Ottobo- 
niaiiaft^iW. Parigino  latino  cxxxim.CIIì- 

'.'.AnBiòid,  Barberino  exxxiv;  Vaticano 
IL  ibiéL  Corsiniano  ibid.  Senese  ibid. 
Coltet  Zeìadiani  cxxxv.  Il  Testo  Pari- 
gino p«ò  sospettarsi  non  essere  l'Au- 
•  dato  dal  Polo  al  Gepojr  t.  11. 


giiiop 
tograli 


Miii<&:lfKxmuDoiameoto  della  loro  gran* 
•  def9aS«M.xLT*  loro. diflidenia verso  gli 


stranieri  xlv,  scacciati  dai    Mancinsi 

IXX  XIV. 

Mia  i SOLAVO  droga  :  di  varie  specie  188- 

Missto!ii straniere  utili  alla  religione  calle 
lettere  L  lu  3^. 

MissoNAEi  :  loro  meriti,  e  scoprimenti  8. 
M.  Lxxitfl.  giustificano  il  Polo  lxxvii. 

MoGoLLi:  loro  origine  e  istoria:  adottano 
r  Alfabeto  Tibetano  o  Tangutano:  appo 
loro  ebbe  cuna  Gengiscan:  gente  di- 
stinta dalla  tarlerai.  luioS.  detti  Mon- 

*  gu  dai  Cinesi  ;  loro  antica  sede:  descri- 
zione della  loro  contrada  109.  vivevano 
senza  citili  e  borgate  1 1  o. 

MoGUT  guastò  il  Tibet  104.  V.ilfan^u  Con. 

MOLUCCRE  isole  S.  M.LXV.  LXVI.  IXVII. 

Mondo -Nvovo,*  cosi  chiamata  una  raccolta 

vicentina  di  viagj^4:descrìttaS.M.LXviii. 

edizioni  che  ne  lurono  fatte  in  Milano  , 

in  Basilea,  in  Parigi  lxix 
MoNBTA  di  carta:  modo  di .  fabbricarla . 

Bla'gaglianes  confutato  8:}.  quando  in- 
-  cominciò  ad  usarsi  «nella  Cina  t.  11.900. 

Moneta  cinese  a58.  di  sale  a^. 
Monte  Coavmo  (Giovanni  >-sue  fruttuose 
'  missioni  in  Asia:  primo  Arcivescovo 

Cambalicense  S.1M.  xxxviu  converte  il 

*  re  Giorgio  :  sua  morte  t.  lu  i35. 
Montoni  del  Pamer  detti  Mufloni:descritti 

t.iì.8oldél  Zdnguebar46o.déirArabia470 
Morelli  (Abate  Iacopo  )  sua  Dissert^izio- 
ne  attorno  eriiditiViaggiatoriViniziam 
'  S.  M.LXKix.sua  opinione  sfavorevole  al- 
la Tela  del  Salon  dello  Scudo  cv. 
Moai:  qùal  gente  appellassero  così   gli 
'  Spagnuoli  e  i  Portufibesi:  nlaleapropo- 
-  sitoancheiVeri  appaiati  Mori  tu. 379. 
-^  GBUi  abbondano  nel  Tcfae-K.iang  t.  lu 

*  3aa.  come  gli  eoltivino  3a8. 
Moro  Papi  ri  fero  desontto  89. 
MosGADo:  l'animale  che  dà  il  muscbio  de- 
scritto 54-  moltiplica  nel  Tibet  106.  t 

*  11.  i3i.  254.  detto  Gudcferi:  congettura 
su  detto  nome  a54. 

Mosfi  di  Chorene:sua  division  dell'Arme- 
.'  Illa  1. 11.  àu 

MosTUASEM  Billab  ultimo  Califfo:  sue  vi- 
cende t.  il.  35. 
MqspL:  da  chi  abitato:  vi  si  fabbricano  i 
mossolini  i3.  cittù  di- detto  nomede* 
scritta  t.ii.  3i.  mercatanti  celebri  detti 
'Mossttlini  3qu 
MoxuL.V.  Jfof ci/ • 

Moziovi  venti  reoolaridel  nuir  dell'In  die: 
come  gli  descrive  il  P.  Muffei  i56.   na- 
'  tura  di  quelli  di ~ Sumatra:  etimol  ogia 
del  detto  nome  1. 11.  SoS. 

65 


5o4 


ItfutBnET  y.  d'ssa$8ini\ 

MuLLERo  (  Andrea)  sua  edizione  del  Ml-> 
liotieS.  Su  xviik  sìgÌAvótdella  traslazio- 
ne di  Fra  Pipino  lxxxiu.  sua  disserta»- 
zione  del  Giitiijo  lx^siy. 

]tfcLTiFiXt  reame  176*  opinione  del  Malte' 
Bruii  eonfutatft  177..  V  Af7fr/iAi//« 

MuRPaiti  regno:  non  quello  di  Golconda  , 
ma  d'OrisHa  :  .su-)!  contini  :  sue  vicende 
.  t..ii..4^4'  vHonda  di  dianirtnti  4  ^>  ^i  '^ 
fabbricano  le  cotonine  più  flhe  -{.36^ 

ATu  A  AGL'.i  dulia  Gina  t..ii.  9,1.  noa  visi  pi>- 
r  tè  iiobittere  il  Pòlo  97.  S.^Lcxiv. 

MuR  à.v  I B  w^  s  Ufi  T  iaggio  a  KLh  i  varcar  t  a  i  v  i  ag- 
.  |piuDta.*h{i  fservito  per  quella  cUe  va  a<ì« 
ne^sa  al  Milione  t..ii.48'(^ 

Mftfs,  o  Masca  città .  ove  si»  tr  m».  3x 

ìtffSM RjLRAiDtsiACA  descrìttasi.. 

NABA.SCE  30 e.  \^jibasciar.. 
PIaacuinV.  Nkng/Un . 
riàvomii  provincia  r33.  la  città  di  dbtto 
.  Donaaiqit^lU  di  Nanktntsutt  popolasio- 
oe  e  fabbriche  1. 11..  3  io*. 
Nanoi  i33.  V.  JYànMfi: 
Najim  si  ribella  a  ttublai  65^  TÌnto«eJuo» 
.  ciso67.tiM55..i58«écacr4stiano  iSg 
NiàRsiNGA  reame:. detto  aocora  Bisnagor  t« 

11. 407* 
Nasigcb(  o  Nasioci  :  maniera*  di  broccati 
.  57.  t.  w.  137.. 

NtàTTiGii  nume  dei  Tàrtari  49*  t*u.  lai^ 
.  come  raffigurato  ai8t  sianinoatodi  dilet- 
to uome2i9r 
KàVi  C1HBSI-.  modo  dtcostrairÌ6.-dj  calafa-^ 
.  tarle  :  il  Barroìir  e  il  IhCiilla  confermano 
.   ciò  che  ne  dice  ri  Polo  |53.  navi  d'Or* 
.  mus  come  costruite  t.  ii..5&  del  fiumfi 
Kiang  3  E  S.Giuncbi  Cinesi  descritti:  00-^ 
struiti  d'  ttbeto  33i..338.  come  calafa^ 
luti  359. 
NukViGAzmvB.  quando  perfezionata  Si  MI 
.  Lxiv.  modo<li  nanMgiM^  nel  Mar  dell'In*» 

die  i58. 
NaGV£AAMiSsolai65.  >     .       . 
N«ai  malapproposito  chiamati  Mbri  t.  II*. 

379. 
Neai  dell' Oceànta-:.  loro  descrizione  166» 
Nfisita  EttusBO  Greografat.  11..  44^  443* 
NasToaiifi  nel  reame  di  Mbsul  ì3. 
NtCQBAA  V.  Nocueranèr* 
NiBBiTBE  descrizione  dell'  Arabia?  citaQatU 

11. 433«.468..469. 470*  4?  i^*  47'*  47^* 
ìhiàYi  sorìttore  della  vita  di  GelaleddiM 
.   t  11.  66. 
Noce  p!  inoia  C'qcom  Nueiféra:  suo  mallo* 

aa.  soa  utilità.  tiK  3g6..        . 


PtoGB  MbscAn*  :  ov6'fi«searalft^<i  eénitto 
descritto  iSt^ 

NocuBRAH  isoU:  suoi  eflEerali  abitanti  :  è^ 
r  isola  di  N^cnuiri,  luogp  di.  riconosci-^ 
mento  ai  naviganti:  pertinente  air  Ar- 
cipelago di  rUcobar:  produaionL  dell'I* 
solai  4Óialrogbe  e  speaierie  4oa«- 

NoGO  DAR  capo  di  8^enifHai.V.CàraiMCf^ 

N021  (G;ipo)l  oltrepassarlo  deatafa.  ferrare 
ai  naviganti  S.  M.  clzxi. 

NusiÀ  aBGioifB:aoi*.suoi  confini  t.  u.4b3^ 
NvBiEiisB  (  Geografo  )  oi'  Edaiasr  éitiito  t^ 
11. 4474^4^^4^4tt<^>Mloi  wpesse4fi& 
NoeoDAa  V..  Noffìdar  - 

OC£\;«.E  (  isole  ):  da  chi  abitua  16S. 
Oi>ORico(   Beato)  suoi  Tiaggi  S,  M»  mx. 
.  ci  tato»t.  11*  323^  3ài^334*337»  34i«  34^ 
3^.353.378.390^.  3^397  4o&4'>7*  4!^ 

Oae  Magog;  gji  Orientali  chiamano  oosU 
.  popoli  settentrionali  dell'Aisia  L.  ti«x37«^ 

OcAfv  citta  3.  sua  déscciaione  7»ramiiièn-' 
.  tata-t.  ii..9i..ia5« 

OaANG  Utwo-  belva  bipede  delbit  QAtenk- 
•  Minore  i64-         . 

OaiviK.  significato  della  iN>ce  Ib.iufiS.  ' 

OaMAHvi  (Mictiele)  trascrittore  d«l  Testo 
del  Milione  che*  pubblicbiwao:  qpamàty 
.  vivesse- i».V..JIIZ/»Jt0.  r 

OkMiUs  :  discesa  e  jptanuca  che  ri  oondiaoe 
.  1. 11,  ^dUkdi  gran  mercatura;,  mal- 
.  sana ,  caldissima  :  posta  in  isola;  costu- 
mi degli  abitanti:  suoi  r^tsterriceode- 
53;54>'-iiavi  iva  ia  tt0O«S&.GòttaiiiaJSse 
«feffli  abitanti  57*  474«- 
Oaso  bianco  descritto  %i9*  t;  u*475'    t 
Os9o  fiume:  detto  Ghiou:  su»  s^rgaplaa 

oorsot.  II.  681. 
OraAa^capitale  del  Tórchestaniiagi 

EAIPORTH:  castello  dell' Arnwniasiri  oa- 
.  Te  d' argento:  detto  oggidì  BaÀluiit«*  de-* 

scritto<dà  G^osafa  Barbaro  t..u.  a&  .* 
PELAGIO  Imperiale  di Pèkioo  descritto Lii. 

169.  V.  ÒamMu. 
IfÀtLkB  :  suo  viaggio  nellTmperia  Roaso  • 

carte  geografiche  a  q^ello^relative  SM. 

xci%0  citbto  1 15.  t^iu  43%t  47^*'      • 
FiXMA.  dattila  descrìtta:  sue  tarietà  L  ii. 

469* 
EiMaa  otanaraalpijuadeir  Asili  Su  VL  -an* 

.  .una  delle  maggiori  alture  4^  wafuodfì  : 

suo  lago  L  Up  00. 8f  •  indagini  felative 

alla  sua  posizione  t..fi.  484r 

PXoLiHO  DA.S.  BkaTou>iiiaK>*(  Padre  }oitie^ 


5o5 


I  4^3*  $a6.  497«  i'A.  f^.  4Ìa  4'^  434« 
436.  438.  44  r.  443. 

pAPPAGAin  DEIX'  InDlC  t.  II.  43& 

Pahasaikba  misura  itineraria::  sua  hm- 

glMBxa  S.  M.  ixxTiu  t.  lu  68. 
Patsbiuo  i7!>.sÌK0Ìficat<vdi  questa  voce  63. 
PAtKifei  i3!k.  V.  FaugMn . 
Pahopiii  jCìiilk:  celebre  terraglio  nellaHma 

•  ficinanea  iSi.  serve  di  via  t.u.3o8.  èia 
città  -dì  Pao  vn-^ìen  sei  Kiai^  -  iiao 

.   (i4»id). 

Pasaitfit  cHfk  :  forse  Padtifig-fu  jiel  P^ 

tch&-lt  t  ti.  ig4. 
Pbcv  reame:  suoi  confini  t.  ii.  ijg.  c\tih 

-  dì  tal  nomedcscritla:  vicende  della  con- 

•  tnida  2C8u  religione^  favella  iSi* 
PEUTàv  isola.-  quella  di  Bintan  t.  ti.  385 
pBrB.*  bianco  e  nero:  albero  che  loda  de- 

-  scritto  i55.  a  qnal  misura  si  ^enda  in 

•  India  t.  11.  36o. 

PsBté  rosse  di  Zipangv  1 5 1.  modo  di  pe- 

-  Bearle  Beli'  Indie  i6f^  L  ii.  4^  p6rle 
del  Y«nnan  aSy. 

PBRj»à  reame  17.  comeilivtsa  i8«  traflUea 

di  eavalli  coli'  India  19. 
PBatJviÀiii  d'  origii%e  «inese.-  si  rileva  dai 

-  ^ùi^s  chie  ttéavaoO|>er  iscrittura  t.<u 

Vwttxk  col  Pellicano  nel  lago  Pau-yng  t«ia. 

PvrÀàf  Reame  i58. 

Pbtib  JiKLA  Caoixsua  storia  di  Gengiscan 

S.  M.  u&xvn. 
Pbvm  ciitìà  S.  M.ctu  «so  strane  ìvt  34* 

t  iut^« 
Vntrrv  città  ^.  é  Pin-yan-fu.*  bqo  sito  e 

•nttcbìtà  t.  iK  'i^o. 
IftQkTwrtlki  sub  viaggio  nt torno  al  Mondo 
'  t.iu346'34Ò.t«miiientail  paese  dìGi- 

pliDgìi  del  Polo  36x 
Purovi  etttà  «  confine  de'  Mangi  ia8.  for- 
'  BO  Pi-tcheu  nel  Tcbe-KJang  L  ii.  ^99. 
PuriLUiTon  :  còsa  pensi  della  muraglia  ci- 
nése S.M.lxxvìl.  emendato  xc.  1 11.69. 
Ptoi«t>(  'MiftidèB  )  suei  v^ttggi  &  M.  lxxxiii« 

rara  stampa  della  sua  rebiEione  (  ibid  )» 
pybMB  pé)*fodiebe  delti  lidie  17S. 
Pirone  (Fra)  traduce  in  tiiiiimi  il  Milione 

S.  M.  iriii.  dtCedie  tk  deltirto  in  volga^ 

•  ffl  X.  tirfiitàtti  klàfl  hiihceflie  in  tati  nò  le 
^    «tAHe  di  hbrti^tèò  Tésonerè  ti.  gib^ti- 

fica  ti  YMò  tti.  suo  proèmio  al  Milione 

t  II.  3.  bòcomia  il  P^lo  4- 
TtPisrHBLÌ.o  Indiano  17(5.  V.  Filpistrrìlo» 
9ii^liA  storica  rn  usò  allaCina  t.  n.  338. 
"hkiitsFBao  della  R.  Patatiiia  dì  Firenie 

•  -iffttitrato  dalie  Zilrbi  S.  M.  xxxi. 


Plaho  CiRPiiro  spedito  in  Tartaria--  sua 
patria:  rclatione  dei  suoi  viaggi  :  da 
cbi  pubblicata:  primo  parla  deiSamo- 
iedì  e  del  Catiijo  S.  M.  xxv.  L  11.  1 16* 

PoBDBifOHB  (  B.Onorìco)  z  manoscritto  dei 
suoi  viaggi  della  Atccardiana:  quale  ne 
eia  la  migliore  edisione*  apologia  del 
Beato  S.  M.  xxxix.  xiu  V.  Odorìco  -> 

PocKOKio:stta  tradueiene  d'Àbul&ragioS. 
M.  .xxxxv. 

Polo  (Maffio,  o  Matteo),*  attesta  la  vera- 
cità del  Milione  &  M.  xxi.  V.  Polo  Nio- 
colò  . 

BoLo(Maroo):sua  famiglie  Jonde  origina* 
r  u:divisain  due  diraiaasioni  V.P.i.sua 
prima  educazione:  pas.ia  in  Ai«ia  V.  P. 
IV.  veridico  S.  IVL  vii.  detti  il  Milione  a 
Rustichf  Ilo  Pisaito  :  iX.  commendato  da 
Giovanni  Villani  xiv«  ritocca  il  Milione 
più  fiate  xv.xvi.  xvii.  l'Aqui  logiustiG* 
ea  XX..  e  Fra  Pipino  xxu  come  si  Invi 
dalla  tacciadi  mendace: suo  divisamen- 
te nello  scrivere  il  Milione  xxii.  quanto 
i  suoi  scoprimenti  vincessero  quelli 
dei  precedenti  scopritori  l.  qoiuito  in- 
flnisseaUaecopertadel  passaggio  iéH'I li- 
die Orientali ,  e  del  Nuovo  Aondo  u. 
al  giro  del  Mondo  di  Magni  Ila  nes  Lviii. 
accuse  dateli  per  le  sue  nuove  scoper- 
te lxxiv.  per  aver  taciuto  della  Mura, 
glia  Cinese  lxxvu  giustificato  lxxviu 
eccellenaa  delle  Carte  geogrnficbeca- 
taineda  lui  recate  lxxviii.  estensione 
^i  Bttoi  viaggi  Kciv«  è  incerto  se  ei  fos- 
s<*a  Caraoorumcviii.parte  per  TOrichte 
5.  gitmgea  Clemenftt  6.  V.P.  iv.  spedite 

'  e  QuinsaiV.P.ix.appani  lecostumaiixe 
de'Tartart,  e  quattro  variati  li  nguagei  : 
"Ottali  fossero V.P.xii.7.t.  lu  i5.  assessore 
del  consiglio  privato  del  Gran  Can  V. 
P.  xt.  quanto  restasse  ui  servigi  del 
Gran  Gan  t.  ii.  16.  spedito  a  Carasan  V. 
P.  xik  chiamato  su  tutte  le  ambasciate 
di  Cubisi:  governa  Ya-tcbeu:  sue  lega- 
sioni  V.P.  XIII.  7.  t«tu  16.  grandemente 
amato  da  lui  (ibid«) mandato  ambascia- 

-  tore  al  Papn  e  ad  nitri  n*gi  -  conduce 
Cogatin  inTcrsia  ad  Argun:  approda 

'   alfa  Giava  Minore.*  giunge  da  Àcatu  : 

*  passa  a  Trrbìsonda,  indi  a  Venezia  o, 
L  II.  19.  V.  P.  XV.  sue  avventure  ivi 
xvi«  capitana  una  Galera:  prigionieri 
dei  Genovesi  xvul  ricupera  la  liberta 
itii«  congetture  relative  all' anno  del- 
la sua  morte* XXII.  parallelo  di  lui  e 
d*  Erodoto  xxMi.Sommario  Cronologi- 
co dcUu  sua  vita  xxv.  e  scg.  sua  ar- 


5o6 


me  gf  otilhtia  XXXI.  É  Tlppalo'  deinfMH 
derni  t56.  sua  creduli^  i53.  qtia-nto 
tempo  gli  occorse  dalla  Cina  per  restì* 
tirirsi  ili  patria  t.  ii.  ao.  il  Milione  con« 
tiene  un'  interpolata  reiasione  dei  suoi 
viaggi  t.  li*  3a.  35.  si  recò  a  Tanvim  al 
intorno  3q.  schiarimento  relativo  al  suo  . 
viaggio  4^*  ^ì^  ®^^  tenne  da  YeadaCa- 
8bin45-  <^  Chiara  i'  ititendiiaenta  del 
Polo  nello  scrivere  il  Milione  5^^t.n, 
i47-OMDe  dividesse- L'' opera  i48.con.* 
teftttto^del  prLnioesecoiiClolikro(ibi(?.) 
si  dichiaraove  rientri  nel  suo  cammino 
QSLyg.  sagn^  ossee vscion^  delPolorsn* 
•8C«ra  assecsiofie  fti.ove  esca  dì  strada 
cella  relaaioi>^B5.  99..  giustificato  1  la. 
emendalo.  Ki  5.  ii6.  di  teso  117.  di  con- 
tessa che  l' Asia  a  settentrione  À  ao- 
cevcbiata  dal  mare  laS.  ove  rientri,  nel 
suo  cammino  :  se  ei  visiti  la  parte;  set- 
tentrionale dell'Asia  129»  raecogl  iemale 
singolarità  naturali  1 3-1.  il  suo  silensio 
sulla  Muragl  a  Cinese  giustificato i3a.si 
escusa  la  sua  credulità  per  gì'  incan- 
lesinji  i44-  *"^  credulità  ti.  6i.a  lui 
debbe  il  Tassi  il  divisaomeotodi  atàbilir 
Le  poste  in  Europa  tu.,  oa..  sua  credulità 
relativamente  alfe  regioni  polari  i»  i. 
aai..a  Cugnisecoudo  ilTesto  delfai  Cru- 
sca t.i.ia4*  a  Giugni  secondo  iV  Testo 
ftamusiano  terminala  iielaaione dei  auo 
viaggio  a  Carasan  t..ii.  194-  fu^gover- 
i^atoredi  Yang)ii  t.i«  |33..  giustificato 
Ki.  i38.  i  suoi  coii»ptiJti  delle  vendite 
del  Gran  Can  gli  procaectaa  lataccia  di 
menzognero  t.u  149-  priiufr  degli  Eu- 
ropei posteriori  passò  la  Knea  equiao- 
«bile  1. 1. 159.  slmiò  le  carte  geograficbe- 
degli  Arabi  1. 1. 166.  sua  credulità  t^i. 
170.  sua  legatione  a  Carasan  ea.  MSeik 
t.  II.  148.  a  Qulnsai,  a  Tsiarapa.  i.49-a 
Gin  va  :  alt'  Indie  1 5o»  giustificato*  ^4 
si  dichiara  cbe  ritoccò/ il  Milione  pia 
fiate  175.,  ADI.  fu  rammentato  nelle* 
Storie  Cinesi  iScfu  Assessore  delC^- 
sigi  io  intimo  di  Cluboi  18  u  corretto 
aoS.  non  visitò  cbe  piccola  parte  del 
Tibet  a56..  il  paese  cke  scorse  per  re- 
carsi a  Cnracan*  ignoto  ad  ogni  altro  Eup-^ 
ropeo.a64.  ove  incomincia  a  retrocede- 
re doHa  narrazione  del  viaggio  280..  via; 
ebc  tenne  aoi. ^93..relasione  del  viaggio- 
per  Qui  osai  294*  si  dichiara  cbe  ritoc«- 
eò  il  Milione  296.. giustificato  209.  reg- 
ge la  città  di  Vangui  3 io.  fu  pia  volte 
a  Quinsai  322.  scrivevai  memoriali  dei 
MOL  vi.  gg|(  ibid.):gin8tificato323..324 


743.  ancbe  daT  P.  Martin!  346/ altra 

Srova  che  ritoccò  il  Milione  35 1.  visitò 
uè  sole  provinole  del  paese  de' Mangi 
3S5*  favola  da  lui  raccontata365rdà  no- 
tizia dei  venti  mozioni  )7i»Davig^per 
la  stretto  della  Sonda:  per  esso  ebbe 
Dante  notisiii^  della  costeUaicioae  cke 
segna  il  Polo  AnAavtico  388389.  fi^due 
volte  alla  Giava  Minore (ibid.}r dimorò 
a  Samaca  eiuque  mesi  3q4.  ooosiiitò  i 
mappamondi  degli  Arabi  4o4*  A>  nel 
veglio  di  Narsiiìga  4^^  sv<^  cvednlitl 
escusata  4^^*  approdò  al. Ceylaa  altri 
torno  43 1  .sua  rekiaione  deli  kidie  già 


stificata44^H^ÌBia  degli  Europei  difal- 
gò  la  notizia  che  l'Affrica  è  circondata  dal 
mare  4^  lo  seppe  dagli  j^rabi  46x»  oa* 
servacione  importante  rdativa  ai  suoi 
^■•gfi  474*  ^^  «SBO  apnararonogli  £u« 
ropei  cbe  tutto  il  MondoAntico  era  cir* 

.  condato  dal  mare  48a  via  cl|^  tenne 
neirandata  e  ritorno  dalla  Qna>dicbia-> 
rata  t.  ii.p.  iiu  f u  a .Caschgar  fU.'aodata 
t..  u.  p  vuvide  lacosteilasioBii^detFéla 
Antartico  t«  tv  436. 

Polo  Niccolò  e  Mdffio  si  vecaiio  aCostai»» 

.  tinopol  i  jtk  Soldadia^  aBolgari  daBertke 
Can  y  a  Boccara  ^..  t..  ìu  58.  V^R.  i.vao- 
naa  Cablai  :  bene  accolti  9.apparBno^U 
linguaggio tartaresca-»pediti  ambascisi 
tori  alPaj^  dal  GranCao  lo-V.P,  iiu 
ffi.ungono  141  Acri:,  si  restituiscono  in 
Venezia.  Niccolò  trova  il figlio*Maroo 
1. 1«  5*.  t.iK,  12.  riparte  pes  Acoi  :.  seo^ 
lo  conduce:,  va  con  esso^  e  il  firatello.  in 
Geruéalemme  :.  Gregovio  X»gli  spedi* 
sce  a  Cublai  1. 1.  $..t.i|.  la^^  giungono  a 

.  Cbemenfu  1. 1. 6.  t»iu  i3»  tornano  im 
oatria  t  t.  9.  t.  lu  20w  a  loro  industria 
fu  espugnata  la  città  di  Sajanfu  V*.P.ix. 

.  t,  ut 33»  t..ìi.  '3f  I..Ì  due  fratelli  eaoo^l 
mieti  da  Fra  Pi  pina  t.  ii«.4*a>nffetlar« 
relative  alladirezioQe  dei  loco» vi^gi  t« 
tk83..cfian4|0  morisse- NìodoIòvIe^ul» 
via  che  tempero  nelL'  andataialla.  CiiuS 
dichiarata  L  .11.  p»  iiue-seg.. 

PbRTB.  d'ADoji^i  cosi  detto,  lo  stretto  clie 
separa  ilCeyUn  dalcooii<ieotetui.4o8; 

PDEOELLAjr a.  conchiglia  :.si  spende  per  iitio-^ 
neta  1 10..  ove  si  generi  :  suo  valore- li  i.. 
Liti,  ai  raccoglie  sul  litorali  di  Locaa 
i58..spendeva«i  nelYaa-nantii.263.» 

^-  figulina.*  invenaione  dei  Cinesi  Sé  ML 
cxxxvii.  suoi  varj  nomi:;  fabbricasi  » 
King*te-tcbing  oxxxvif  t  q^nto  anti 
sia  queir  invenzione  nella  Cioa:  in 
dienti  di  cui  si  compone  $«1L 


~v 


"1 


5o7 


moJoJR  (UlITie«rTa^  vernice  della  por- 
oellanacsu.  porcellana  donata  a  Loren«o 
if  M'igoifioocUriii.  fabbrica  di  porcelLa- 
Da  delGranduca  Francesco  Lporcellan» 
èdi  diae sorteci mpastata  di  durone  di  teoe- 
nKaLLiiu  prime  fabbriche  europee  di  te- 
Beroexi.riii.  prima  porcellana  europea: 
di  duro  si  fabbrica  in  Sassonia  cxcnii. 
.  scoperta dalloTicbirnhatisscawix.quan^ 
do  si  cominciasse  ÌD-FnNicia  »tii lubricare 
porceUa  na  d«  doro  gli  i  iiscredota  i  inpa-> 
stata  colle-  spoglie  delle  concbiglie  di 
tal  nome  in.  fabbrica  di  Tingui  iiei^ 
FuLien  149*  t.  lu  SS^-'Oagidt  decaduta* 
(  ibid*.>il  modo-di  faM>ricarla  assai  ac- 
euratamente  descritto  dal  Pòlo  335i  la 
porcellana  dett»l^igfuri  daj^i  Orientali 
3oa.  i  Cinesi  recavano*  la  loro*  porcell»- 
na  fino  a.  Aden  nel  secolo-  decimotenu^ 
466. 
Porti  Cmpii.  distinte  dalle  PbrteCaocasir 

t.ik.4i4. 
PoETB  di  iPérro  in  Georgi  anta  la* 
PbftTO  Pisano  nel  ]MhirMEaggioreSlM.XLiT«* 
PoRTVOHVsi  :D.  Enrico  promuove  gli  sco* 

rimeuti  affricaniS.RIvLi.  Il  Re  Alfonso» 
fare  un  mappamóndo  a  Pira  Mauro 
BtiKgiunsono  a4U Indie ìv?:  Lettera  di 
Amerigo  Yespuoci  relativa  alle  loro 
aGopertexiv.non  accettano- i  servigi  del* 
G>loinbo^'  se-iMs  pentono  lxih.  loro  pri- 
ma ambasciala  alla  Gna  :  scoprono  a* 
caso  il  Giappone  lxx.  non  furono  i  pri- 
mi a  scoprire  Mbder»  e  Pòrto»  Santa* 

CLIX. 

Fo&rvLAiro  della  Medicee^  tAurensianai 
suo  pregio  insigne  S.  A£  XX.1X.  sua  età 
CLiv.  lavoro -d'  un  Genovese  :  descritto^ 
cLv.e  seg.  sua  carta  dell'  Affrica  con- 
frontata con  ^oella  dell' Anville  cLviu* 

.    esattesxa delhiiseconda tàvola checon^^ 

J^rende- parte-  dell'* A*ffrica  clviii..  con- 
ronto  delir  Affrica  del  Pòrtulano  con» 
quella  data  (kl  Sanulo  clx. 
Pòsta  a  cavallo*  in  uso  alla  Cina  99.  e  a« 
piedi*93.  t.  u*.ao3.  igpoto  stabilimento 
in  Europa  ai  téokpi  del  Pòlo;  origine 
del  voealbolb'io4-si  conferma  cbeOmo- 
dèo  Tassi  ne  ebbe  il  dSvisamiento^  dal 
Polo  aoy.  209^ 
TbsTBLix)  traduce  Abulfeda  S^-Afiixxu. 
FoTTiHOBB.-  suo  viaggio  al  Belutchistan  & 

M.  e.  citato  L  11.  44''^*  4^*  4?^* 
PmisTS  GiovAinri  V.  Prete  Gianni 
Furra  GtANHire  43-niorto  da«Ginghis  46» 
insidia  il  re  Dòr  90.  favolosa  denomi- 
nazione :.  era  IJn-Gan:  più  personaggi 


nomi  nati  Prete  Giatint  t.if.roo.  reenaK 
rono  sui  Keraiti  :  quello  dei  tempi  di 
Geng.is-Caii  perchè  detto  Uug-Can  i  io. 
sue  guerre  tx>ntro  e^so:  sua  morte  1 15. 

^  Giorgio  suo  discendente  i35.  il  Polo 
Mppetl'&quet  pn'incipi  Preti  Gianni  di 
Tramontana  299- 

PtiOfAGMijrk  Fimi  (  GMigregovione  di  > no- 
tizie relative  alla  sua  fondazione  S.  M. 
LxxH.  somma  utili tì^  che  recò-  alla  re- 
ligione e  alle  lettere  tu.  ^^4^ 

FuLisiNGAir  è  il  fiumìe  Lu-fLeirt.  iu23a. 

suo  magnifico  ponte  236» 
FULISAIIGHIS97.  V. /'ii^i^anga/i.' 
Pt7LoGo5Doa.  isola  V.  Condur  w 

QUA^ZIT  probabilmente  Veiy-cbing  t.- 
'n*3ooi 

QbARTiwf.T  Re  via  w  Diario:  anticipato  suo' 
giudizio  S.M.  GÌ  V. 

QùELtAFU  città  del  paese  di  Pugni  i46. 
suoi  bei  ponti  147* 

QbÙLiivu  città  del  Fokien:  èKien-nin^ 
fi»tu..248^  ivi  faBbricbe  di  seta'e  at 
cotone  3491 

Q'uBNOuiirvf  100;  VI  QUenzanfu» 

QuBirzA«Ftr  reame  abbondante  di  seta  :' 
città» di  taf  nome  probabilmente  Hanc- 
tchong-fu  t  li.  143.  già  residenza  degli- 
Tsin^  de'Tcheu  (  ibid). 

QbiÀH  larghissimo  Humei  34*  suD'iippmen- 

.  so  navilio  |35.  dettoYang-tse-Kiang^  o 
F%inie  Azzurro  1 11»  a49«  sua  origine  e 
còrso:  ìmmiensa  navigjizioue  del  bunie: 
suo  corso  coa»>araio  a  q^wllo*  d^  altri 
grafi' fiumi  3 14^ 

QbECiATAir :  titolo^de^  Gran  Baroni  di  Cam- 
biai 80.  .      .  f 

ÓtiiNiu' capitile  del  pivesedè'  IVTangl  i3ò. 
(^l^sto  nome  significa  Gittà  del  Cielo: 
relazione  cbe  nedà  il  Polo  glU8tific^t» 
r38.' la  città  dÌ9tta- oggidì  Hìing-tcben  r 
il  Du  Haldo  he  die  la  pianta   139.  ivi 
corporazioni  d*sirti  e  mestieri  i4o.i43* 
riti  funebri  1 43..  rendita  della.città  é 
territorio  i44i'V''  3 aa. ameni tàdel sito* 
(  ibid.)  lago  delizioso  ivi  jirossimor 
strade:  ponti  3a3.-324-  fóndacbi  r mer- 
cati 3a3^  arti  e  botteghe  :•  bagni  326. 
scuole ^tribi^oali  327.  quantità  del  pe- 

SecKé  vi  si  consumava  SaS. avvenenza 
egli  abitanti  :  iiidustriosi  3^8  abbona» 
danza  df  seterie:  ivi  delicato  modo  di 
Teilir  delle  donne:loro  graziose  mani^ 
re  3aa  sofituosità  ed  eleganza  dèlie  ca- 
se :  piacevolesaa  p  lealtà  degli  abitanti  : 
ospitalieri  :  ivi  le  acque  de' tetti  inca^ 


5o8 


«alate  :  ti  erano  in  usn  le  carroKce  Ai 
fìtto  33xasiro1o^gbl  333.torrì  oon  ascol* 
te  che  batt'»no  le  ore  .*  guardie  dei  fno- 
co  334«ospitj  di  carila-:  eccellenza  del 

foTcrno  delta  cittì  3 3 5.3  36  9uo  presidio 
3fs  palagio  imperiale  e  giardini  338u 
popolasionet   maniera  di  censimento 
ó^t*  rèdditi i  quello  del  tale^-  tartfTa  de* 
dasj  34x  t.  11.  483. 
QuisAi  i3o^  V.  Quinsmi* 
QuiH V.  Kii,  o  CIUmì. 

RABARBARO:  ore  cresca:  di  varie  gene- 

rasiont  :  come  si  raccolga  4i- 
Rabbia:  «iceita  per  guarirla  L  Ji.  266. 
Raimov»!  diresse  la  Tipografia  Medicea 

Sv  M.  LXIIX. 

Ramvs.io  sua  ottima  edizione  del  Miliooe 

S.M.viii.sl  confuta  la  sua  opinione  che 

.  l.a  prima  dettatura  ilei  Polo  io^i^^  latina 

iIm  xxit«  Mia  Raccolta  dt  navigazioni  e 

di  Tiagci  uLXi.  pregi  della  medesima 

'  Lxxii.  citato  xcTiii.  emendato  168.  t.  il. 
382. 

RsGioN  DBU.B  Tehbbbe^  o  tcHrc  polari  :4ìiò 
che  ne  narri  Ebn  Batuta  t  ii.  47^'gen« 
ti  che  le  abitano  esatt^unenle  descritte 
dal  Polo  478.  region  i  polari  déscri  ite  i  a8. 

RuAZioHi  antiche  deIrIniUeb  della  Ciha 
di  due  Maomettani,  trastatàte  dal  Re- 
naudotS.  M.Lxixviu  Canfaèla  cittk 

;  detta  dal  Polo  Ganpat.  il  340.  citate 
36 1*  3qo.  4oa.  4o3. 410.  4^^  4^^'  4^7' 
461.469. 

RkLtGiòif'B  degliindrani  snperètikiosé  ^73. 
dei  Tartari  t  ii«  120.  dei  Cinesi  ai8.aei 
¥a6-^éai9.  diFo(iBid.) 

Rbhavdot  (  Abate  )  rettifica  un  passo  ^U 
tribnito  ad  AbiilfedaS.M.k.kxviL  òua 
traslazione  delle  Relazioni  di  due  Miò- 
mettani  txxxvii.  citato  L  \u  36i.  3^7- 
43 i.  45x  V*  Relazióni, 

Rbhii B  o  Rangifero  descritto  t.  n.  1  a8« 

Rt^HBL  (  Maggiore  ) .  sua  Desòrizione  e 
Istoria  deir  rndostnnSJVI.c*pérchè  cre- 
desse saltila  ri  a  mente  descritta  r  India 

dal  VfAù  t.ii443.citaiQ4;i7:44i.446.448. 

Heobablb  regione  dèi  Kérmenau  forse 
Robiit  t^  n.  4g, 

RiBEYBo  sua  Storia  del  C^y^an  S.  M.  tu, 
eiM. citala 4o^ 408.4 1 f  4^ * r 4^?- 

Bicci  (  Padre  $,  iVt  »xit.  s'criTè  con  clas- 
sica autori!!^  il  cinese  tixxii. 

Rjccoiiio  (*^ra  )  da  Monte  Crocce  :  sfioìti- 
nerariò  in  Terra  Santa  S.  M.  iil^    ' 

RiHOCBRONts  i6f  y.Cùicbrno, 

Alò  déll'obo  perchè  coVrappcf tato  ^;M. 


«  r 

«Lxtt.  naTiga  -a  ^pièlla  Tolta  Cioramt 
Ferna  ctxv.  quando  t' incorni ociassero 
«  navigare  i  Genovesi  clxtii. 

Riso:  di  montagna  1. 11. 347*  '^^  varie  ge- 
nerazioni nel r  India  4^8.  origine  della 
▼oce439.  -^ 

Roca  A  (Padre)  osserva  la  laiitvdinedt 
Gasgkar  5.  M.  ci- 

&0S8IA  o  Russia  :  orisine  di  questo  Pria- 
^cipato  211 1..  t.  u.  479*  abonda  di  cera  , 
•di  miele.;  care  d'argento:  lo  bagna  il 
rnìBve  a  tramontana  480. 

Rovx(  Le)  Dr:  HAUTÉRArBs.  V.  Hauierayes» 

RvBRUQVis:  spedito  da  S  Lodovico  in  Tar- 

tariaj  fu  an  esatto  osservatore  j  esten- 

'  alone  del  suo  viaggio  Su  M.  xxv.  ottima 

itelazionedel  medesimo  xxvu.  citato  t. 

Ri7ca  uccello  favolóso  198.  L  ir.4S5. 

RvcaMEDiv  Acbomach  red'Orraust.ii.54* 

Rrssi  di  rito  greco:  betla gente:  loit>  guer- 
re infelici  co'Tartariassoggèttati  a  tri- 
buto t«  11.  479« 

RtJSTicflEixo  Pisano.-  ad  esso  ilPolo'detta 
il  Milione  S.  M*  IX. 

RxjT  i98.V.fiiicA. 


SABBA  o£àlra  cittii  dì  P^fa  :  ivi  sei 
'  i  tré  Maj^i  17. 
SAcaioii  cittÀ  di  confine  della  Citta  36. 

lic^ohee  riti  iyl  37.  taluno  la  crede  la 
'  cittA  di  Cha-tcbeit ,  ma  pi&  probabil- 
mente Sò-tcheu  t;  11.  95.  ivi  culto  di 

Foe;  loquelii  (  ibid.) 
£Acri  Silvestro  )  L  iv  44^  • 
JSikcATt;  o  Sdrb  generale  di  CdBlai  :  tpe* 

ditb  conìtÌD  la  Cobcihcinà  t.  n.  374* 
Saggio    viniziano  sno  valore  L  il.  259. 

a63.  y.  Fioriaù  . 
Suso  vinifero;  paltoià  di  S^èiatm  i6a.pa- 

nifero  t6SuCome  ^e  uk  ritrag^'fi(kÌDay  e 

se  ne  faccia  pane  t.  ii.  ^óq» 
Saiafu  città  I JX  V«  Safatj/ìt  . 
Sajahfu  espugnata  a    industria  de*  Poli 
'   i33«  L  u.  3 1 1«  ^Slang-jaug-fu  neirHtt- 

quang: descritta  3iT. 
Salam AUDRA  è  l'Asbesto  o  Ainianto  39. 
.   chvc  di  questa  sostanza  fn 'Siberia  43* 
i^At e  modo  di  tUblSrìcarlo  a  Clangla   1  a5. 

sale  gemmai  al»kondautìésin(ù>  a  Taicaa 

.  1. 1  .bg. 

Samara  reame  Jl  Stimàtriucredesi  il  paese 
diSajTia  Lunga  t.  ii^SoS. 

San  A  RCA  lo 'stesso  ohéi^amktii  i6f. 

* —  3i,  V.  S'atnàrchan  . 

SAMARcoAif  o  SAM'ARGAirbA  cittl^:  SU»  di- 
stanza daClasghar:  detlk  dagli  Antichi 


5og 


'   MtircmcEi  ;  cnprtale  del  Sogi:  suo  statar 

aiitìoo  e  moderno  U  ii.  86, 
SiMOjvou  loiiXiérnigrasionì  S..^  xxr. 
SvicosrA  redi  Moabar  i(x)v 
Sahuiu  (Min iMik):  suol  vio^gie.iilanisfcroi 

i|pM>fò  le  scoperte  del  F^o  S..!Vf.  x^.f4ir^ 
.  auir opera  mnaoscri tta  ciiatr  dallo  Zamv* 
.    hM-  copia  della  Madiceo-Laureiisiana 

xxTiii.  suo  Planisfero  c<innito<  dalle  car« 
.    %a  degli  Arabi  r  sepj>c  che  V  AfìTrio^  ctT^ 

eircood^aia  dal  n«ai*e  S.  Af^  clix«  cita4k> 

ao4- 44  7- 4'^46o. 
SAfussA  \,Smpurgan  r 
SA9V9^Q^fi  Ci  Ila  della  Pbrsia":  suoi  squisiti 

poponi  27.  detta  Slinbnrkan  d»  AbtH' 

feda:  descritta  t«.||;..67r 
S  AKAìy-jf ssarar^ 

SaeaC'HI  assoldati  dal  rrdel  Geylan  i€8i- 
%>ABLy«ft-..kove  salTalico  descritto  .54*- . 
jSir^BTTiil  viaggiatore  Sa  M^-buVr  suo  giu-^ 

diziodélle  MopedvVMafféi  e  del  Burrai- 


Se  ai.i««ro  citato  S»  MuisxxVv 

SCASSBK  città  '•  suoi  pOTOI  SpioOSI  39».Oggr 

.  .]Le9Ììanr.*  ha  pmrià«*fiiYfiUa  t.|i.,7o«. . 
SenAV  Roec.  svi  am&asciaU  alla  Cina  Oé^k 
.    iiX)i^«vkt*4i«-83i  gli  4m|)!9Sciatori  pffLret-^ 

sarono  il  disserto  di  2^p.  93^ 
S^aBiCft:; titolo  d'òporf  presso^gli  Arabi  ;: 

suo  significato  Y  ir^.4^3«-  j  <  : 

ji««ii<i>l0Baftisfio  viaggio  io  AsiaSJVKxsTifv 
5emoBiiA;»v;  iuMne.Af^rfgiip'd'ÀYa::  suo 
«  t^iPfiioQeleBree  magnifico  1  sg- 1  iutI^, 
ikiuiMHUHio^  cosV  4^1^  l'idolatria  ^é* 
.  Tart^jri  t^  11,  ijjpr. 
SeiAiiLr  del  K.«ro>en:  inondi  fabricarlw 

loro-finessat.  H.  58» 
pciBB  cUt&'^K>6,  V*  Eieier  ^ 
S«4iMciB.  dèlia  Giavfi:  pome  ne  acponcias— 
;   aero  i  QldBTerì  per  imposturare  i&%. 
$eBlTTP«jp€!ÌQese;"00^  alfabetica  j. ma  ge- 
rpgnGc9i*C4»9a3r4ua  senuplioitlli  primir- 
ti^fi[  997.  progressivo^p^rfSnionamentòr 
malpgia  dei  primitivi  segni  qo'  Ql«]pcc> 
deiPéraTiimi  :  i  Kua  aaSi^omesicom^ 
ponga:  spanti  siano  i  cai^tteri  299. 
abiavi::aiM>e  le  scritture  europee  han- 
no effetto  di  geroeli fiche:  la«  scrittura 
gerofflifica  è  mia«  cnpintUTa  delle  cose , 
(sd^llq  ideechesi  fiialKanimo  a3p  scrit-- 
tfUra  Tibetana  detta  anche  Taogutana» 
l'adottarpQOgli  Jhigttrì,*e  i  BlbgoUi  t.i«r^ 
io6. 
S$3À$KW-mW  Armenia  Minare  è  la  città 
di  Sis  L  ii«a2.  ropinioue  ^be  siaComo 

^&it«^t.u«49^- 


SsD'BiiAr  redelCrylan  iSj^  u 

S«YC.L/i!k(  isola t.siri  grandesta:  comeoe-* 
scritta  da  un  Portu^h«!se:  16'i.  di  mag-- 
giore ampiezza* altri  voltn;  dacl^iab|«* 
taf».-  natura  del  Cingalesi:  sue  pietre 
preziose  167.  ivi  éWw  origìue  il  cullo. 
diBtiddiii86; 

3«Bfe»AT  ci tfiv d'Arabia  193 

Self  DE»iP\N DI  nomi;  del  re  di  !Vf  lub^ir:  qi|^«- 

.  atd  no  me  è  VAri  ametrtc  i  u  te  r  p  r^  tato  1. 1  u 
406. 

{Fe5.sm:  cosVdettt  i  seguaci  del  culto  dei 
-  Tao-t5e,o^li£pìcurci  della  Cina  t*ii.  1  ^G. 

Seugamo  BoncaM«4'drMtu  indiana  1 84* pri- 
mo mortale  adorato:  sua  storia  t'avolost» 
l^o.è Rudda:  estensioiie'diqiuesta''idioi^ 
latria  186^ 

SEBrfBNTE  di  Garapn  detto  IVEila  Bkmibar 
despritto  iìi.Ì,  ti.  ^6j^ 

SBBVBNATa  citta  V,Sc(ì9enat7i:  reatue  dèi 
Gru^zerat  détto  &iraaio,o  ridolot.xi.44^t 

ScsiMAtf  o  Sesamo  pianta  da  olio  neU''  In- 
die 167.  t*ii. 73. 

fcTA:eccelleiica  di  4]^t)a  deLTobe-Kiang; 
1. 14.  3^8. 

Sbvaste  o  Sebaste  di  Càppadocia  dètti^  og*- 
gidl  Sivaa  :  descritta  i,  11. 23. 

SisbbijT;  chi  fondò  V  Imperio  Siblricoi' 
antiche  costumanze  de«{li  abitanti  21& 

AecAPirBA(  Stretlo^df  )  (fescrilto'dàl  Pòlc^ 
t..rm386i 

SìGBE  X^JEicer . 

SiG)f  icitff&^su^  grandezzavri  cresime  il  O^n^^ 
giovo  i3^^  . 

Attilli .oiH^i i34;  y.  Sin^up. 

Bìr^B/a  lago  amenissimo  vicino  a'Qtfinsat 
tk-iié  3^a3.-  sua  ampiezza  e  bellezza:  dir* 

'    TC^rtio^enli  :  locande  :  barche  33 1  « 

S«iip:AVA  città*  io3-  it&4'  \'Sindinfu  , 

StuuATVD  seeondo'il  Gbd.  Parigino  Ydafu' 
tu.  489. 

SÌ9i>fiiFVpit>YÌnci  ve  città;  questaèTcbjn-- 
to-fu capitale  del  Se^tchuen^t.  li.  247*fìi 

^  residénca  dei  re  di-  CbOf  .e  def  Tai-paingp: 
espugnata^  dai  MbgoUi:  descritta  g^^*- 

SiifG-maestratar  delle  cose  belliche;  per- 
chè così  «detto*  t.-ii.'3o3t 

SiKGAPirBA  celebre  emporio  di  t|ia|Gici  net^ 

.    la  Penisola  di  IV&laca  t.  ii«  386i- 

SiKGvi  città^  del  Gatajo  54- 1^6.  rarie  opi^- 
nioni  intorno  a  questa  città-;  iSi-gan^ 
fu«capiUle  del  dnan-si  t.  lu  i3o/  344* 

•-•  Bill  Tche-Kiang  forse  KiDg-tcbien  V 
u.  3i3. 

7-r-  vicino  a  Quinsai  città  popolosa  e  m^er^ 
cantile:  dèscri€ta:saa  indostria:  gli  ahi-- 
llMiU  ve»toiiOf4ÌMU:  Btudiosi-o  istruì^ 


5io 


^Su-tcbeu  secondo  SI  Padre Martifìi  nel 

Kiang-nant.ii.3ao.etiinolo£Ìadel  oome 

della  città  3ai. 
Sincu  IH  ATU  è  Lì  n  •t8tn-teke«i.iieIGha  n*t  ong 

1 37. da  questo  luogo  lia pinncipio  il  Ca- 
'    naie  Imperiale  t.««.  298. 
SufKBB  bibliotecario jdi  Berna?  dH  contez- 

sad'unTnanoscrttto  francese  delMìlione: 

confutato  S.  M.  XI  II. 
Simr&A  sua  relazione  de'  ▼>^gi  d*  Affrica 

'S.  M.  Lxix. 
S1vv01.1L  cittSe  Tt  si  fanno  panai  di  scorza 

d'albero:    congetture  sul   vegetabile 
'    che  da  il  filo  1  aS.  V.  Cinìigui  • 
SioniTJL  Gabriele  V.  i?£/rmi . 
SiRis  è  ia  ctttSi  amenissima  di  Schitraf 

nella  Persia  t.  il.  4^ 
StvL  Lago  t.  II.  363. 

Sl;ttb,  o  tragule  descrìtte  ^1  Polo  t  lu 
'   476*  tìrc'te  dai  cani  477* 
SooooTs&A  isola  iq5.  descritta:  sue  produ- 
'   zioni':  abitata  da  Cristiani  Nestorini  ai 

tcoapi  4cl  Polo:  poscia  da*  Giàcobiti  t.  lu 

^  4^*' S^^  ^'^^^^^^P^'^ì  ^fil^Arabi 

453: .  ■'■■ 

SoimR  isola  i58u 

So(^M99^AS  nome  dì  Budda  L  n.  160. 

SòooifoifBA  ACKA  AV  nottie  di  Budda  V.Bud'^ 

da. 
SoTM.k\.  Zanguebar,  '.    ■  .' 

SoLDADiA  tì  si  stanziano  i  Vintziani  S;  M* 

X|.i v.a.  è  Sudak  i  n  Crimea:  descrizione' 
"  '  e  traifici  della  medesinia  1. 1 uS» 
SoLJ)kVìJL\»Soldadia»  -     ,■ 

3oji^A9ÌA  il  paese  di  Singiart'  il  Bfàrffdieia 
-emendato  tu.  4  (•  '  ' 

SoirDURrforseVisola  d2  Pulo  Sajpatolii.SÒa. 
Sovo  signori  della  Gina  MéridTiooale  ò  3e^ 
.  paese  de' Mangi:  storia  dei  loro  inaka- 
'    mento  t.  ii.  3oi .  loro  giustizia  3o3.lora 

stato  .ai  tempi  di  Gubiai  Gan  V.  P.  tu. 
:  come  perdéroDO  V  Imperio  V.  P.  Ylii; 
'    i  IL.  3o5> 

Sorcio  di  Faraone  forse  il  Mus  Oecono' 
'    mus  48.  t.  U.'475^ 
Sortì  niodò  di  consultarle^ L  IL  iia. 
SouiiisTAH  reame;  il  Seje^tan  t.  n.  43. 
Spaaw:  territorio  della  citt2i  d' Ispal^an  già 
.  capitale  del  la  Persias  etimologia  di  qae- 

k\ó  nome  t.  ir.  4^* 
Si»AG]itroii:  toro  rìvalit^^coi  Fortugfaest  S. 
*  M.  xxv; accordò  delle  due  genti  lxtìi 
SpBzibrib- quanto  fruttayirnO  di  gabella  ài 

Soldano  d' Cgi^tp  t.ii.  ^6^.y.  Traffico. 
SpigararjH  :  desfsrizionc  di  (Quésta  piiintÀ 

tao. 
firòoio  che  sia  74*  t*  li*  60. 


•     •   •  •  "■   . . 

Stamford  RAmcs  sua  Storia  dHl  isola  di 

Giava  S,  M.  cu.  t.  |i.  3jj.  V.  Giava  . 

Statittov  (  Gay.  Giorgio  }  emendato  S.ìtt. 

Lxxxi.  indotto  in  errore  diiila  Tela  del 

Sa loD  dello  Scudo  ct*  cviii.  emendato 

•  i3^  \*  AlacarUnejr . 

•^—  (  Gay.  Giorgio  TomtBaM)  )  sno  attesta- 
to relatiyo  al  r  Atlante  CtM«e  Magliabe» 

'    chiane  S.  M.cxxi 

Stella  della  Tramontana.  Mia  apparenza 
L  li.  ia8«  da  Sumatra  395.  apparenza 
del  Garro  t.  i«  i6)«  t.  ii.  3gS*  modo  di 
misura roe  1'. altézza  a  tempo  del  Polo 
439.  erronea  443*  sua  apparenza  alGa- 
zerat  44^* 

Storia  delle  Relazioni  Vicendey<^li  dell' 

Europu  e/lel l'Asia:. ciò  che  die  oceasio^ 

•  né  a  scriyecta:  piapo  dell'  opera.*perchè 

diyersada  altre  storie  S.  M.  cui.  con 

:    quale  intendimento  fosse  scritta  ciy* 

Strabohb  citato  L  ii.  470« 

Strade  lastricate  aQtiinsai^e  Mi  atèiRodi 
della  Gina  1.  (I.  33i. 

$TtTFE:m.o8ò  .di  costruirle  befla  Gte^S. 

•  t  11.  al).     .  .  ' 
i^vccviR  proyiiiciàr  cilt&4A*  iMSta  alla  ri- 

-  ye  del  lago  Sohuc-nor  ék  V  Anyiile:  yi 

•  èi  raccoglie  òttlnip  nibarbaro  t.  lì.  i^. 
Sumatra  Y.  tìiuyàléinore  • 

Strs  jrrf7^oi»/C£rf  defMadagasfart^kacrii- 
tot.ji.  455.  -  ' 
Syii alesila  ambasciata  al  Regnod'Aya,  o 
,  all' Itiiperio  de'  BirmaUni:  dà  un  otti* 

-  ma  carta'  di  Quell'Imperio  S.-  Bf,  ci*  la 
rdaziofie  -  ciélV  ambasciata  atta  ad  illa«> 

.strare,  il  Milione  t.ii.  264*  citata  ^74» 

•  aSa.  4^^-  4^^* 

TAGH  ARD  (  Padre  y.  sua  deacrisiooe  dd 
'  Capo  Gòmorièo  1. 11.  ^o.  '      -  ■ 
TAk-pe  0  la  Città  NuoVa  di  F^ekim  delta 
'  oggidì  là  città  Taliara:de8Cntti  t.11. 1 78. 
Taiui^u  regno:  è  la -proyincia  di  Chan-ai  r 

cittàrè  quella  di  Tai-yyenéfu:  t.  li.  938. 
^    descritta  :  abbonda  di  y  ino  239. 
Tamarirpo  albero  e  frutto  descritto  rga. 
TiMfiRtiAó:  suoi  principi,  ingraBdimeo- 

to ,  e  potenza  «  divisione  iÀ  ìMio  impe* 

rioS.  M.  xLyi, 
Tava  V.  Canam  ,  . 

-  cittiisi^l  Mar  Maggiore .•tftabilioraìftto 
dei  Viniziaiii  S.  mT  xLty* '  distratte  da 

"  Tamerlanoxuyi.  ara  rampOriòdai  tmfr 
,  fici  ^qlle  spe^ierie  ao4«^ 
•—  reaaye'déi  Guzerat;  prodtieè  ioocfnso  ; 

piraterie  degli  abitanti  193*'  ' 

Taugvt  reame  36.'4<«  4^*  ^3.  56.    sua 


S'ir 


esflRntiotie:  detVo  regno  Si  ffia  dai  Ci- 
nesi'dìaastiache  fondò  quel  prìneiparo: 
sue TÌcendet alfabeto tangutano  Ln.gS.. 
ioa.  io5;coinf>rendeva parte dellaCina:- 
ottimo  muach io  della  eontrada  i3t. 

Tao-tss:  gli  EpioarlKi  della  Cina  Lik  i46ì 
loro  optnitfoi*  e'sedoBioni  909.- 

Tapioui*  i45i^'¥.  Tapinzu . 

TATiificr  oiM  i45.'coogetlofe  relative  «Ha 

detta  ctUSf'L- II.  344* 
TARoiòirt'  (  Ottaviano*]  encomiato  Sì  AL. 

CXXXtlK 

XAETARKveloeitf  dèlle*1orDooii€m{steS;P^. 
xuii.  P&pa  Fitnoceniio   ìnv^ìtt  Missio- 
nari in*  Tarlaria^  (ibìd.):  oostùmanEe  "di^ 
essi  46^  akitoTb  47'- virtìi'  dèfle  loro* 
,  donne:  religionerGhemis^sortadi  be<-- 
Tanda imodo  di  i^estiro /^g^'^trmatiure z- 
sobrietà:  ordinamenti  militari e-modo 
di  coin6al1Sere'-3o..giaaKsi«r.sUiini  ma- 
ritaggi Si-origfiiedeS  Tartari  secondo^ 
MMaomettani:. secondo  iCìnesì^t.  .11. 108^ 
distinti  in  Orientali  e  Occidentali  rog.< 
ancora  di  lorocostuoMnnr  ri8.-mat>-^ 
g?ano  ogni  rea*  oame*  1 19»-  ihvan  dote' 
alla  sposa- raOL-ancora  di  (oroTeligione.*- 
abbigliamenli^  afrmadare  -e  modo  di 
gnenh^iggiaver  1  a i .  lax  1 1 3^1oix>  dwea- 
sa  il»  gttPrrar  t-  allre*  loro*  costwnanze' 
ia4*  stravaganti  sponsali  ra7..1ovo<fat«^ 
tteze  :  loro  donne  .*  ih  numero'  oof«  di 
Ifeto  augurio  iSH-fèrooi-  3r4.  cibi  a  16. 
costumanze  guerriere  ^&  libirtari  di 
Ponentoo  dèT*Gaptehae$  loro  signori.; 
estensione  dl^Ma*  loro-sÌMorla»t*.n-333i 
e  seg  ;  Tartan*  d  r  (&{d«^%n>4)ostoman— 
se:  quadrupedi  della  continada'  Ibrooàae 
alla  Gamtchadala-H'ii.  475.-476•• 
TàSSl  (  Omodeo):  dello  slabilf mento  delle 
poste  trasse  idea*d«tMUioae9a.t.ii«4B3.< 
Taveisio  capitale  della Pérsiaisuoi  tratifici 
1 5. 1&  fi.'- 1 0*-  sue  i  nduÉtHere riccbeazer' 
emporio^  i«  mercatura  :  desor i  tta  39.* 
TATsminBB^  narra  le  Tvcende  dfl'fegìiodi 

-Goloonda  toii.-434^ 
TATOicgéosrÉfiche  celebri  dè'lsecoli  dt 
mezso^»  in.  ccr.  furono tielinealepiii 
esattanhentè  per  la  «coperai  dtUa4VÌ.t& 
del  ràgo  oaiatm  tato  clxi« 
-^  d'oro;perchè  date  dai  GranCan  ai  IbiO  ' 
legati:  tuttora 4 n vaso 4 n  Oriente  t«H«iow 
Vatcam  Gistello:  monti  di  sale  ìti  ricini 
s8«  oggiTblcam»  deaeri  tto  t.ii.  69.0  seg.  • 
Xcax-Ki AHO  o  il  fiume  Azzurro  W.Qmam* 
XBBAxnoViscontii  Legato  Pontificio  inPiH 
lostina  1. 11.  II  eietto. Papa  V* P*t. ape* 
"^      i  PolUJCai>laì  la. 


TkBBTa,  o  Tbsot  i  Tibetani  rloro  supet^ 

stizioni  6f .  cosi  detti  i  sacerdoti  di  La-*- 

>  rnirt.  lì.'  i44*- 

TÉPLis  sua  popolazione  d' oggidì' t.  ii;484-' 

TciPASGiTB  Arbtnedr suo  trattato  dèlie  pie* 

tre  prezMMC  t«'ii.*4'2^'' 

Tela  gcogbafica  del  Salone  dèlio  Scudo  :• 
.  BuaauteniicitiiÀ  M  XXXI.' utile  ad  iltus-* 
fra  rè  i  viaggi  del  Polo  io  lartaria  t.*ii. 
-   168^  iri  sono?  segnati' §r  itinerari  dei* 
Pò li:con  ferma  ladiveatonecbeioaa  essi 
assegnai' &  MI  xcvi.-illustrazione  della 
medesima  cr;^r4ginali  da'ciM  futratta  .*^' 
diretta  dal  Leonardi:*  ri  fatta  dalRamu-- 
sio:  indi  dal  Or iselì ni  :  censurata  dal 
Mbrelli:lo  Zurla  le  rende  autori  t&'cv.an-* 

.  tichissimoarcbetipodella medesima cn. 
krparte  antica  <i ella  medesima  tela'Isrse' 
fatta  per  Gasa  P6lo<^  e'tratta  da  un  ori- 
ginale cinese  recato  da  IV&rco  Polo  criw 

.    ornavi  esattamente  segnato  ritioerario 
dèi  Polo  daChan-tcbeua  Xandu^'OChe-- 
menfuc  altri  argomenti  per  dichiarar-^ 

.  ne  l'autenticità  crii  1.  come  siavisegna^ 
ftilaiMbraglia  cinese  cxlii.e  seg.ri  sono* 
segnate  in  trm-  a-d^  fesa  di  Ta  rta  r  ia  cxt: 

TbiiUb  O  Ti iiub« figlio  di  Gublai  ^ir^ 

Tbb  DUC'COotrada45i4^.  ovecomoattesse'-^ 
PoGengiscan  e  Ung-Can  1. 11.  1 14«  prò* 
Tincia''ecitt2i'di  tal-nome:sua  località  ed(' 
estensione*  1 34*  • 

TesiupUMB  i49-  V.  Tiftgui  ,' 

TBBZBa\  (Isola)  delta  Brazi  S.  M.  cvxx.- 

T«sro  deUa.Crtt8ca:  trasorittodall'Ormaa-* 
ni  1;  \%  MI  ione  •• 

TaM^titolodei  Gran  Ba coni  di  Gublai 't^iu- 
apa*- 

TniLiGTii  Gstellb:TÌthitt1  de  i  suoi' regi  98.^' 
uno  di. essi  insidiato  dal  Prete  Gianni 
99«è  lacittà'di.TaipìOgvbien-t.ii.  240* 

Tbsbt  regione: sua^-asprezca  esolitudine .* 
costumanza*  inCan^  iyi  U  i.-ioS.  t.-n; 
^53)r  malvagità  degli  abitanti^fiiTella:  ri 
sisp'nde  il  corallo  10&- il  nome  ;di  Te* 
Let  è-igooto  ai  natii  .*  estensione  e  con* 
fini  delia  contrad««:eranotiii^i anirctu:- 
pregi  della vrela^ioae  dtfl  Pòlof^icefyde' 
oBtoria^lel  Xiibett>q|uiodo^iti'penetPas-- 
se  il  culto  di  Budda;  quando- preiviiesi^' 
^opinione 'della  sua^ trasmigrai jpn^e  nei 
corpi  d^  Gran  Lamr.Lassa  capitale  della - 
contrada:  Tiaggiatori  cbe  descrissero  il 
Tibet- atlante  tibetano  fisitto  dai  .Gioest 
con(|ui8tò  la. contrada -Manga  t.^u.  a5N- 
Ebn  AlTardi  descrive  il  moscàdó  ix54- 
modo  di  vestire  grossolano  degli  abi^ 
tanti.*  abbonda  doro  255. • 


^nBMtTE  o  TiMiTA  sìiccèssore  di  Gttlilai 

detto  dai  Cinesi  Pching'^tsong  1. 1  •iSj^ 

TntVEEfOT  (  M^lchisede'sco  }:  sua  Raccolta 

^ì  ^■aggi  $•  ML  txxxvi.  citata  t«  n.^2'f^ 
445. 

TafKiOMAff  contrada  t.  it.  371.  a  qaat  regio- 
ne  corrisponda  290. 

TavirBsaG:  sne  TÌag^io  al  Griapponc  citata 
t.  II.  36 1, 363. 364. 368. 3»a. 

Tibetani  l'niqm  ;  sordidi:  negromanti  : 
loro  fiiTcllat.  II.  154.  e  se^.  loro  vergo- 
gnosa consaeturfine  t.  if.  4S5. 

TiFLts  capitale  della  Giorgiania:  descritta: 
saa  pepolasioae  attvale  t  11.  3o.  P'ed. 
Teflìs  . 

TiOEi  :  il  Polo  casi  appellò  ì'  Osso,o  Ghion 
t.  II.  7«  suo  nome  orientale  6.  ove  cbo- 
flutsca  coir  Eitfralc.-  conte  «aiti  •'  ap- 

'  •  pelli  no34* 

TiGR's  6«mes. 

TiMOCAiMi  il  paese  di  I>amagan43.6i.  Y. 
Damagan  . 

TtMUE  BEO.  V,  Tamerlano  • 

HiJfATV  cita.-  abbonda  di  filttgelTi  jftV. 
Tain/u* 

TiHoui  cittìi  :  sne  saline  i33. 

—  regolati  indiani:  sono  i  cosi  detti 'Yo- 

5;«i  /  in  quante  sette  si  dividano  t  11. 
o().  loro  modo  aspro  di  vita  eastiBeose 
43o. 

—  e  meglio  Tin^ni  come  il  Testo  deNa 
Crusca  :  Brobabilmente  la  citt&  di  Tai- 
tchea  nel  Kiang-nan  t.  ir.  3og. 

~  o  Tenegai  cittàdel  Foki-n  149.  laciU 
tà  di  Ting-tchea  :  iyi  si  fabbricava  la 
Porcellana  1 1«.  354- 

TiirGuioui  città  i36.  e  Tchang-tcfaeu  net 
Kiang-nan  1. 11.  319. 

TiEABoscnt.sHa  apologiadel  PoloS.Mf  xcii. 

ToALDo:  estensione  che  assegna  ai  viaeci 
dei  Poli  confutata  S.  !Vf.  xcii. 

Toloma:  come  vi  siusiseppellire  tai.  V. 
Tholóman . 

TOLOMAIDE  V.  jécri  : 

ToMMBO:  saaantortt&:sue  cognisioni  po« 
sttive  Ungo  la  costa  affricana  bagnata 
daM'Atlanttco  S.ME.cliii.  carte  della  sua 
geografìa  imperfette  t  n.  441. 

Tom  ATT  o  TnvMEii  cke  sia  t.  ii,  ia4*  eorri- 

,    sponde  al  Voandei  Cinesi  34i« 

;ToMEir  cbe  sia  t  n*  éflS. 

ToMBUL  V.  Betei. 

ToMM A$o(  Apostolo)  :Stto  martirio  !  ni.  1 7A. 

ToEis  V.  r(»iW«o  . 

[ToscAiTEit! (Paolo)  celebre  scientiato  S« 
M.iiriit.  teneva  in  gran  pregio  il  (V(ilio« 
ne:  opinò  ]potersi  giungere  all'Indie oa« 


12 

vigaiidoaponeBteLtz«ooaforti  il  Colom<* 
bo  a  tentare  gli  scoprimeati  cbe  divi* 
Bava:  gT  inviò  una  carta  marina  l%» 

ToscxNi  promotori  delle  soienxe  S.M.  lvi. 

TosTABE  t.  [i.  43  A. 

Teaffico  delle  spexierie  si  volge  alla  Ta* 
na  e  ad  Alessandria  S.M.  Etiit.  le  riva- 
età  di  Genova  e  di  Venesia  j  occasiona 
di  decad^uaa  ai  trafllcn  degli  Italiani 
XLiv.  la  ferocia  dei  Turchi,  presa  Co- 
sstanti  nopoli,  gli  volge  tatti  verso  Alea* 
•andria  xlviii.  yarie  vie  cbe  ba  s^aite 
questo  trafllco  :  fonte  di  riceheire  aile 
regioni  per  le  qaali  valica  :  via  cbe  fa- 
cevano le  spezierte  per  giungere  in  A- 
lessandria  104*  t«  11.^66,  ,F'»Spezierie^ 

Teahoet  AH  A  V,Slcila. 

TEAKsiLVAHo(MassimiliaBo):aaa  Epistola 

S.  M.  I<XV«  LEVI. 

Teesisoeba  città  io.  descritta  1  ii.  sa 

TscaiEHEAUss  scopritore  della  porcella- 
na di  darò  S.  iMU  celie,  saa  atnoufabite 
modestia  cti*  - 

TsiAMPA  reame  V.  ZiMi^«  • 

XuBBiETTOf.p  TuEB^TTo  albero «cdi^gB 
medicifiale:  deaeriti»  191. 

Tuco  Tvo.cbejia.t,(i.  i;)4. 

TvoiEFU  gjA  r«^iAe^bi»onda  di  seta:  ai  ri- 
bella a  Cablai  ia&  la  città,  qvell^  di 
TBÌnan-faaelGbaqg-«UHig:vi  imperaro* 
BO^gJi  Xsi  ^tS.  297. 

luif  kisto  reanae  :  suo  veto. nooM  t  ii.  a86« 

Tuacai  Ottomaqnl  :  loro  origine  e  inore- 
mento  S.  M.  elvii.  loro  rosseEsa:  con- 
quistatori del  Taiwan  :  loro  antica  capi  • 
tale  t.  luSo.  alcaoi  didssi  ^nvertili  al 
Gristiane^oK»  I  lo- 

TuEcaiA  (  Gran }  detta  ancora  Taran  ,  e 
Turcbestan  :  ^aal  regiqoeisi  appellasse 
cosi  ae'  secoli  di  QBessp.'  f/a  )a..sede  se- 
conda dei  Tnrobi:  ebbe  iPer  editale 
Otmr:  confini  della  Gnau  Tancbia  aio. 
Provincie  cbe  comprendeva:  Sila  esten- 
sione a  mente  degli  Abiatici* L  11  •  89. 

TuEcaiBSB'o  TurtcaiKErrs  del  paese  di 
Gbaindu  io3.  del  Ywi-jun  !•  ii.  a58. 

TuEcoMABi  del3imton  3fero,  et  del  Moti- 
tOQ  Biineo:  loro  conquisiti)  S^M.  Ei^tii. 

rTiTEcoaf  AiriAda  cUi  abitata  1 1.  era'l' Ina- 
perio  dei  Selgtaqbìdt  d' Iconio:  obi  lo 
tondo  t.  IL.  ft^tf 

TuENBÈ;.  saa  ambaiieisU  .al  Tibet-  L  11. 

*Tv«Tsoif  o  Imperadqr  detta  Cina  t  ìu   3o% . 

suamQlleEBa339.  .   . 

TvEiA  cbe  sia.  a4<  t.  lu  6o«  > 


,t^)e1  Polo  ali  ludaLi  e  al  rìlorne 
J  chnnti  t.  it.  p.  Il  [  e  seg. 
Polo  all'andaU  e  al  ri- 
ddili) Cini  d  cliiar.-ito  t.  i  .  iii.  e 
*■  "  fl;,>ediVi(,c<»lòtIii:i.iaralo("ii<Ì. 


r 


- 1 

*  •-  l:  -a  „  _ 


j^l  Milione 
CimuiS.'Vl 

(Jlfo\l)Qibp 

[^Otf  itile  dJ 


V   ro  Un. 

hi  origine  l'Ossa- d^ 


^■•S-  «^  «^  «s  -'»* 


S-s»*^- 


;=> 


5i4 


Tszt)  ciltJSf  ci?  Pérsmtsfim  tfnBibt  è  swt  io-^ 
•   dustrie  t;  lu  4^*  V.  Imsdi  . 
YòGtrt  tribù  ladiana  f&2.V.  Tfngui., 

2r%aA.TAi  figlio-  di  GengiacaD  tu.  861 

Zaititm  :  porto  celebre  dèi  renine  dì  Con— 
cbii  o  <nsl  FòkietK  ivi  approdanole  naHri 
tfeH'* India  con  riccbe  merci:    gabelle* 
t48t  i»nticbfi  tariffe  i49*  detto»  oggidì 
Sirenr-tcb^»:  enitm  chiese^ e- conyetiti 

*'   cristtafiì:  ^ye  va  Vescovo  Cattolici»  \(j^ 
novesi  vi  andavacìO«  trafiicare<t  u.  SSa^ 
dcRoritto  353t.  ^  ^ 

7;>^.fQi^iG:tilX>lt^  del  capo  dèi  G4acobiti  t..  ife. 

Za»t^  o^Zàrtao^C  Co*-  Parig^  ),  147..  V^ 
Zaitonu, 

Zbila»  V.  Cfer^rt»^.- 

Zbhdado  dVappo  di  §eti  «ottilfe  97;. 

Zsiioiàir  èli»  città  diNien-tcheu, o  1%d^ 
tclìeu-t^n-345;. 

Zbko'  Ap08tkHo]credè  llrprifiHidettiitaratreL 
Milione  yol'p«rexonfn:tatoSJVLx.xix-xi^ 

^^  Caterino .  Spedito^diil  Vioimni  a  Ut-- 
saaCàssan-  Si  Mt-^aixv 

ZwEiBAE- non  isola  ma  il  arogrobarrè  I^ 
punta  eiCrema  d^irAffrica  i g^-defor- 
mità  delta  gente  delta  contrada  iM-ori- 
cine  ik  questb  nome:  ampiesca  de  1 1  a^xMi* 
trada  détta  dai  Pòrtugbcsi  Imperio  di 
MonomoHapa  tLu.  4571»:^^^?  d'avorio 
'      ivi  ;  costuma  nKC  dè^p  abitan  ti  459.00- 

'     doioroaìcombattere-46o. 

.  Zjsrme;  i  battelli  dtelNilo  tiK  46y* 
ZiAMBà;  il  paese  di  Tsiampa:  natura  dèlla^ 
*  contrada:  credfesi  il  paese  dsetto  Tcbi n- 
»i dai  Cinesi  373.  aveva  pi»prìo«374*. 
ftb  tributario  diCuMai  375* 
ZiBELiiHo  quadrupede  dcscrilt^/dfi» 
Zicat:  così  détti  ì  Circassi  aa4..  ^ 

Z^Tkov  i5ì.V. Zipdng»^ 

ZìfAjro0,c  meglio ^'P^^K^**^**"'*  '^ 


'i|    m; 


,  r 


I  ' 


.  ( 


ricchecB»:' uifaSce*  ficSoìnèr  dS  CUE&ìf 
.  contrarisola  iSi.  idolatria  i53&J vi  cul- 
to di  fìudda^'Uso  crudele  sm^jilito  i54- 
.  t..ii.  36i«.«aci  nooM  ddrbolas:.  perchè 

-  detta  Gipattg«i36'i.la«etvilliivi  penetrò 
dalla  Ciiia.fuitme  relaeiooi  della  oanlra- 
dà  :  se*f  u.  nota  agli   antichi^  dn  li'tta- 

^  vigoase  il' primo»:.  ampiesM» dell' iaol». 
36a.  se* {osse  conosciuta.  da|^t  Ambir 
q[Uftndo>  la  scoprissero  iPbrtttgbeM  36a 
qiianto  vi'  ai  oHatasse  il  Gristumeeiaio  t 
cocue  %\  fu  spento  :  sua  rìbciiesia*dl 
cave  d'oro«'  favoloso-  palasBo»imgerialr 
363»  idoli  della  contrada  367- 

2bR«Ai  regione  ::ove  sìa  b  II..367.: 

ZòRZAif4A.oGtorgÌania'reamet  nomede» 
regi  della  contraila  :  chi  vi  regnasse  ài 

>   tempi  dblPòlo  t.  ii.  ao* 

2R>BBi  (  Alessandroi).<siiii>raccoltadi  viaggi* 

-  S.M,  xxxH.  d^  itinevaq'affi-ieMMXUiv. 
SóftOASimo:  sue  opinioni  religiose?  ove  n^ 

vesserò  origine  t.  ii^-yy*. 

ZoccHBRo^cresce  nel^pnese  de'Mangi  i44- 
snffinemtdel'  Bbkien  i47*pitM(neni  net 
paese^  Balch.l^'iM)8..nel  PoKJen^€Ch^ 
lebre  raffineria-egiiBiana  35or  • 

ZbLOAafiBi»roosUfetti  i  pretesi  desoendèn^ 
ti  di  Aiessandcoye  perchè  ag^t  11  70^  • 

•BuALA  ^  Gardinnle-)u  secoodo'esso  il  Poi» 
non  ignorèi'  esistensa  del  hi-  Muragli» 
della  Ci  na  K  NT.  L'BXV.ii..8ua  illustrasii^ 
ne  del  JMBIionet.  pregi  del  suo  liivoéo 
xcf  •  rettifica  r^  viaggio  di  Niccolò  ConA 
xcvuresUtaiBGe  la  debita  auloriti^alln 
Tela  Geografica  del  Salon  dèlio  Scado 

•  nr.  ann  osàerrasioni  rektive-  al'Testò 
Parigino  del  Afilione^vii^suo  giaditi* 
•  del  Tèsto  iS«raQKÌano>  vj.,e  di  alcnDt 
compendi  del  AfiUone  xix.siio  giodisio 
dèi  Plantsfero'd^  Simoto  xxviit.  xsdL 
corregge  la  Storia.  Generale  de' >iaggt 
lAi  sue  dotte  indagini  relative  al  oosl 
delto'  Prete  Gianni  «•  il.  u  u  ciuto  i^ 
37>37»u3«si.  3%  ^  449,468.. 


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INDICE 


DELLE  MJTERIE  CONTENUTE  NEL    VOLUME  SECONDO. 


Uichiarazione  al  Libro  Primo  Pkg*        i 

Proemio  di  Fra  Pipino  al  Milione  3 

Testo  Ramusiano  del  Milione.  Libro  Primo  5 
Dichiarazione  al  Libro  Secondo,  per  rischiarare  le  Legazioni 

di  Marco  Polo  i4j 

Libro  Secondo  i33 

Dichiarazione   alla  parte  seconda  del  Libro  Secando  •  Detta 

Lingua  Cinese  3^3 

Libro  Terzo  35'] 

yig giunte  e  Correzioni  4^i 


(  :  •• 


»  ^  ♦   • 


• 


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■»  '     •  • 


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n 


VITA  DEL  POLO 


ERRORI 
not,  qaadrìnagjeiita 


CORREZIONI 
qnadriogent» 


pagine 


ERRORI 

dello  stato 


CORREZIONI 


dello  Scudo 


STORIA  DEL  MILIONE 


recarne 
Caudia.  • .  tua 
ricooceronte 
tmi,  descenderani 
ripa  tate 
u  delle  rotine 

L  Etiopia  Austjale 

lii«  9»ùt,  iufenta  in  Sinai 
noi,  temporibis 
nei,  mari  de  Guineae 
delineate  le  carte 
et  redimerunt 
mot»  che  i  dice 
ni*  Ken-tchen 

motAu   ^aelia  et  la  lo 
dichiara 


recare 

Gaudìa  .  .  •  tuta 

rinoceronte 

descenderaat 

ripetute 

dalle  rovine  • 

Etiopia  Australe 

inyenta  in  Sina 

temporibus 

man  de  Ghinoja 

delineate  le  coste 

ctredierunt 

che  si  dice 

Kan-tcbeu 

in  q^ueila  lo  dichiara 


Lxxix.  camuiino  a  Taikor 

—  e  con  pia  disaoHu» 

Lxxxix*  net,  del  Maillec 
CUI.  ampia  messa 

cxiK  del  Pertcheli 

Cxxi  wlàich  corresadspo' 

Cxxix.  aveva   nome  clie 

Marco 
GxLV.       noi,  di  muniagja 
cxLiX»  Tschirnahuss 

CLt.  Pottger 

GLii.  estraneo  il  nostro 

CLxyiIU  pei    Portughesi   le 

scoperse 
CLxxiV*         Difaltta 


cammino  a  Taikan 
e  con  \:iìk  disamina 
del  MaiJIa 
ampia  messe 
del  Pelcheli 
irhicn  eorrcspoad 
che  aveva  nome  Marco 

di  montagna 

Tschirnbauss 

Bottger 

estraneo  al  nostro 

pei  Portughesi  1«  scopersero 

Difalta 


MILIONE 


aor.part€nza  da  Gay» 
Aof . arridi  tà 

/;li  storemead 
n  Bisanto  era 
cioè  idoli  che   adorana 
Mdl  cornetto 
aot.dicta» 
aot.dietas  doem 
iwr.Chanteheu 

è  li  Claustrali  idolatri 
'       è  ne  un  discendente 
I        molle  cassette 
»        per  quai^ti  si  usi 
>  ttot.  ben  gli  diede 
\  acr.Tarteri  Mancasi 
»  aot,[  Art.    Hermine  Oa  Ro* 

selli) 
a9<.Conte  del  Can 
lot.Uomos  che  scriaaa  Co^ 

ma» 
■oi.(   Du  Gorge  Gloat 

chiamati  Quita 
•o<.(  Morus  Papynifera 
Giasala  Barbaro 
sta  alla  cosa 
aoi.Turchi  esche 

presso  a  cinque  giornata 

pare  pure  d'oro 
\     e  non-  ci  si  ^a  per  ponte 


partenza  da  Giaia 

aridiU 

gli  stormenti 

Il  Bisanto  era 

cioè  idoli  i  ohe  adorano  Mal* 

cornetto 
dietas 

dietas  decem 
Can-toheq 

è  di  Claiittrali  idolatri 
é  re  ne  discendente 
molte  casette 
per  quanto  si  osi 
ben  gli  siede 
Tartari  Manciosi 
(  Art.  Hernine  on  Roaelet) 

Corte  del  Caa 

Hormos  ohe  aorisae  Corma» 

(Bu  Gange  Gloas.) 
chiamati  Quecitain(7a«#.Pér*-) 
(Morus  Papj rifera 
Giosafa  Barbaro 
sta  alla  casa 
Turchiese 

presso  a  cinque  masi  di  gior- 
nate 
pare  pura  d' oro 
e  non  ci  si  va  che  per  ponte 


i3o  no^.Mahe  Tehin 
i43oo^.come  ei    dice   sussister 

tuttora 
i6a  not,89  tenir  dans  la  bone 
i—        di  lasci  prendere 
iGe  noi»  inacidisce  se  non  venga  ' 

stillato:  allora 
iS5  Acif .sono  diritti  e  parallele 
»66  Aor.nn  suo  uffiziale  .  • .  ve* 

niva  da 
i68  ao^.Mabar 
—        (  Desoript.  de  l' Indóst, 

I  p.  70«  ) 
177  noi  detto  dal  Polo  Marfili 
iSS-nottces  fuscanx  de  bras 
184  oo^.Roberto  Kinod 
189  not,(  Ram.  Nav.  t.I.  p.  536.) 
19S  Ao^.Aebar  impcradore 
197        ma  ciò  che  dimostra  eh* 

ei  non  vi  fu 
307        passare ,  ikè  usare 
aia  notAi  Mangn-Can  suo  padre 
ai 5        Boiv  vie  da  udire 
ai7  no^.coUegalo  per  religione 

Sultano 
aat  not .la  Cronaca  di  Teodoro 
-«        Sirao,eTiuvor 
aaa  oof.Olega  vedova  del  Duca 

Sviatoslao 
a24aol.Capcthac 


Maha  Tehein 

come  ei  dice  sussiste  tuttora 

se  tenir  dans  la  bone 

si  lasci  prtiwlere 

inacidisce  :  se  venga  stillato  , 

allora 
sono  diritte  e  parallele 
un  suo  uifiùale  che  veniva  dal 

Maber 

(  Descript,  de  1*  Indost.  t.  I» 

p.  60.  ) 
detio  dai  Polo  Murfili 
ces  fuseaux  de  bras 
Roberto  Knox  • . 
(  Ram.  Nav.  t.  I.  p.  336«). 
Acbar  imperadore 
ma  eh*  ei  non  vi  fu 

passare  ,  né  uscire 
di  Mangu-Can  suo  IVatelIa 
non  vi  è  da  adire 
collegato  per  religione  ool  Sul- 
tano 
la  Cronaca  di  Nestore 
Sieneoo  e  Trevor  * 

Olega  vedova  del  Deca  Igor 

Captchao 


MILIONE  VOLUME  SECaND© 


ERRORI 

8  uo^.il  paese  di  Zugatat 
i3  not  r  Onera  dedicala 
i5  not.'m  Badag&haii  tre  anni 
92  nor.  a  Greco  di  Adoao 
a3  «o^.Ait  «aidi  fiUu». 
3o  not.CvLT  a  Tavat 
3i  noi.ìn  odìodalPahra    ^ 
S*)  not.i  Sunoiti  e  gli  Sciti 
4a  not,  parlare  dei  Lnri^tan 
49  not^temhr»  che   per  andare 

a  Ormns 
Sa iM^.ttmuJd  insieme   d'art** 

telUx 
•i-  noi.ìe  parfeT  dt  Reobarle  ,  a 

perciocché 
58  not^appellaconla  anche  Sir^ 

gian 
67  nut.  i  PeT4Ì*ni  *a  Taìmura^ 
69  not.Uindur    Sioh  q   Pagro 

pamrso 
fSnotMn  fiume  piò  lungo 
SiAO^.esso  stesso  Cath^an 
8a  iw^sappiamo  da  Toinson 
84  no<.Apad  Soucict 
^-        asfcgnatali  de  Rennel 
^  fio^«4)e  eorressefo  26.  anni 
67  iBO^Gaubil  1'  appellala 
96/10^;  aegoata  a  me2«od\ 
98  A0<.notizie  del  nostro  Yiag-^ 

fiat«re^ 
X0\  nottole  a  ChifiMtahu 
109  no^nelU  prima  generica  ap- 
pai laùove 
&10  Aof.e  fosse  Mede 
117  Aof.morì  Hfangu  ntt  i^5g*. 
^22  itolXa  lanne  era 

—  pouoit  tuer 
129  /lofinon  f esitasse 
ft3.'|  no^.  Tu/a  e  Kirlon 
i35  ne//,  et  saacìvitea 

Xi38  ool.Btfgnato  nella  d'Alia* 
160  e  putite  Sivéfi'tchev 
vii        s'imbaroaaseSiventcheu 

—  anpeliasi   oggidi   Tcha? 

iLiang 
i.5&«ol>i  Quanto  a  Ciorza  e  come 
169  :iot  il  Kiaporth 
tBa  no/.  too$  de  l'empoly 
317  no/ .nella  vita  Gengiscan 
919  Ao/; le  opinioni  di  Lao-tse 
223        (  Leitr  Edifieant. 
2i3  aa6  e  altrove,  Magaillaiis. 
223        Berol.iÓ09 
226         numero  dei  più* 
»-        le  persone  del  Verbo 
aaS        rafllzionc,  e  la  colleuu 
àgfiuntaTi 


GORRCTZIQNI 


il  pseaa  di  Zagatai 

r  Opera  è  dedicata 

in  Badagshan  nn  anno* 

a  Greco  d'  Adane 

Alt  Saidi  filioa 

Cur  a  Javai 

in  odio  dell'  altra 

i  Sunniti  e  gli  Sciiti 

parlare  del  Luristan 

sembra  che  nel  yenire  dnOr* 

moa 
tenuti  insieme  dal  fratello 

le  parti  di  Reobarle ,  perciec- 

chè 
aj^pelieronla  anebe  «^ìa^i'a/» 

i  Pecsianì  d4  Kaìmuras 
Kindu  Ksih  o  Paroptuniio^ 

un  finme  più  largo 

esso  stesso..  Cashgar 

sappiamo  dal  Jomson 

Apud  Soucietv 

assegnatale  da  Rennel 

che  corressero  12$.  anni 

Gaubtlil'appella 

è  segnata  a  mezzodì 

notizie  dal  nostso  liaggialore 

Qie-Chinchitalas 

nella  secondagenerica  appalla 

zione 
e  fosseMadrb 
n^orl  Manga  neL  ia56». 
Le  lance  erano 
pouvoit  tuer 
visitasse 
2*ula  e  Kerloig, 
et  sua  civitaa- 

segnato  nella  carta  d'Asia 
e  giunse  0  Siven-tcheu 
s*' imbarcasse  a  Siven-lchea 
appellasi  oggidLTche-kiang, 

Quanto  a  Ciorta  come 

il  ELlaproth 

toutf  de  l'èmplois 

nella  vita  di  Gengiscaià^ 

le  opinioni  de'  Tao-4se 

fJLettr.  edifiant 

Magaillànes 

Berlin  i8o9( 

numero  del  pia 

le  persone  del  Terbo- 


]pagine 
23o 


ERRORI 


maritarli 

è  dato  di  scorerà 

—  dì  cui  si  impongono 
23 1         quantunque  scrivano 

—  di  atisumergli  diversa  .  •• 

è  di' sapere 
«3»        (Introd.ao  Diet.  CKin* 

p.  XlV.)Chc  le 
75a  Aordivisa  ce  pasut 

—  LaAa  ut  la  principale 
265  Ao/.(  V.  t.  I.  p.  ut.  not.  ce 

not.  4440 
267        si   conducono  in  India 

a  vederti 
284  Ao/Mohomtid  Gori 
294  not,  si  ravviserà  da  che 
299  Ao/'ha  un  migliò  di  Innghea» 
za  ed  è  motto 
— -        nnmigNo  di  hmgliezzai 

e  che  di  11 
3ti  Ao/.posta  dal  fiume 
5t4.  no  fi  Cinghi  è  chiaramente 
35 1  not.  sono  distanti  cento  mi- 
gli» 
358  Ao/.relazione  dello  Spiizber^ 

gen 
369  not,  hi  Gina  7'eA^ 
òjo  AO^.C^alembaca 

—  Ao/.Calembao  en  esf  coenr 
372 Ao/.apDàrtienc  all'Impero 

Cine 
378  not,  quale  si  baicceato 

—  ili  Raffila  frai  distretti 

386  Ao/ .profoghi  a  Bingapura 

387  Au/.air  opinione  dei  questa* 
399.Ao/.ohe  vtera  eoi  Sumatra 
400  Ao/.ponent  in  sacria 

4o3  no/.Niccolò  Carli; 

4ao  AO/.annt  etmm 

i^ì^not^^ìxo  vigore  existns 
— >        lo  abbiamo  altro  Itiogo 

44  7"       i  «he  sedando 

4^5  Ao/.che  ei  visitò  non  questo 

438  not,  et  akeis-impositam 

^^ò^nutjndiei  era  Tànah  secon- 
do'Messi  r 

450  aoA.che   il  lineurio  degli  an 
tichi 

456«k»/.Ia  voee   Zenghiban  O' 
paese  dei'Zengi 

46t        comincia  da  Ziarabi 

—  AO/.  Sozemoco  dicono- 
46a  Jsas.baptizatLpncrili 
4^8  A0/.888.  Escier 

di  Sejer  e  non  di  Sabar 


If  afiUziooe  e  la.  collen  ,  ng-U^Q  ^^*'  pianta  femmini 
giuntavi  I476  Ao/.e  rìfloppate  nei  fessL 


CORREZIONI 

ammogliarsi 

è  dato  di  scorgere 

di  cui  si    compongono 

auantunque  pronunzine 

di  assumergli  diversi . . .  < 

sapere 

(  lutrod.  aa  Diet.  Ghia. 

XIV.  )  chele 
divisa  ce  paj 
Lassa  est  la  principale      1 
(  V.  t.  Lp.  III.  not.  e.  e^ 

44S,  ) 
si  conducono    in  India  an 

dere 
Mahmud  Gori 
ai  ravviserà  che  da 
Ila  un  miglio  di  Iarghe9a( 

è  molto 
mi   mìglio  di   largbeisa 

di  II 
posta  sul  Som  r 
Cianghi  è  chiaramente 
ne  è  distante  centomiglia 

relazione  dello  Spfaherg^ 

la  Cina  Tehjn. 

Càleroboue 

Calembac  en  est  le  coeur 

appartieneali'  Impero  Clq( 

dal  qnale  sf  ha  accesso 

llRaffles   fra  i  distretti 

profughi  a  Singapura 

•ir  opinione  che  quc*ta 

che  vi  era  in  Sumatra 

ponemin  saccia 

Miccoli  Conti 

sont  eorom 

ano  vigore  existens 

lo  abbiamo  in  altro  luogo- 

a  che  vedendo 

che  ei  oon  visitò  questo 

et  ahrnis  importa m 

Indici  era    Tanah,    Seti 

Nessìr 
•he  iMincnrìo  degli  antici 

a  voce  Zenghlbar  o  paese 

Zenghi 
comincia  da  Ziamba 
Sozemono  dicono 
baptizati  pneruli 
988.  Escier 

di  Sejer  e  non-di  Sahor 
pianta  femmina 
e  rìstoppate  nei 


JK.  2t  Qualche  altra, omissione  si  rimette  alla^discretezztide'  lettori^ 


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Emttaf^PMtlà. 


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